'RTABi ine s i : È aa pd, dit REL) HAT "TORRI i SPENTA TARZE TETTO RPS TNIVIAVIRIPANO RI TOTP VORRAI TI PPPIPIA TO PIENI SO SERI POTEVI ROOT A ISOTTA VIAN" OVVIA TT TRT TINI ION Pubblicato il 23 Dicembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1266 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Vacca — 1909 N. 596-615. TORINO TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE Via Gaudenzio Ferrari, 3 ilt= 2 azz o = 2a az INDICE . Zayattartrì E. — Sulle varietà, di cui una nuova, dell’A72m20phila hirsuta Scopoli. . Griffini A. — Di una varietà della Gry/lacris laeta Walker e sopra un esemplare anomalo di questa. . Cecconi G. — Intorno al nutrimento dell’Agama stellio L. . Cognetti de Martiis L. — Un nuovo Dichogaster africano. . Cognetti de Martiis L. — Nota sulla drilofauna del Benadir. . Cametano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — I manoscritti di Franco An- drea Bonelli. VII. . Cognetti de Mattiis L. — I lombrichi dell'Isola Christmas. . Borellî Ai. — Nuove forficole del Kashmir (India). . Cognetti de Martiis L. — Diagnosi preliminari di due nuove Pheretima e di due nuovi Endrilini. . Zavattari E. — Imenotteri del Kasmir. . Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — I manoscritti di Franco An- drea Bonelli. VIII. . Salyvadorì E. — Nota intorno al Garrulus melanocephalus Gene. . Pcilonera C. — Note malacologiche. IV. Sui Limacidi della Siria e della Palestina (con una tavola) . Parisi 8. — Sulla composizione chimica dei bastoncini del Tricho- sphuerium Siebolli, Schn. . Griffini fl. — Sopra alcuni Grillacridi di varie collezioni. . Borelli fi. — Forticole nuove e poco note di Costa Rica. . Della Beffa G. — Note coleotterologiche: 1° L’Erochomus mi- nutus Kraatz in Italia. 2" Specie e varietà nuove per l’Italia o pel Piemonte. . Zavattari E. — Descrizione di una nuova specie di Mutilla dele l'Isola Riunione. . Rosa 99. — Saggio di una nuova spiegazione dell'origine e della distribuzione geografica delle specie (Ipotesi della « ologenesi »). 5. Silvestri F. — Descrizione di un nuovo genere di P0/ydesmoidea (Diplopoda) del Messico. ottima "deb paso sol iso iÉ “Ae elloe. ee (017 Bg) " ‘..Jforgog8: nni À STONOZIA Mt ata fantino altob FI PAP0A nur ja. > 9 pd PA, deva 16 otsizonae po di Al DIA PIRRO osrracei ibra # omnotel — Si ing Odino tia stanti ovo vl —- 4 alitrabi sh H3isngo dba eroi lab dpestAinb alloa gio . da alitrni sh 134908 gitatt ti? #igolooN Allab abiota nl 104 freni - ssd OSATO (n Ik appa ti Jr istttosonmn Lo Ri fossa fab: vani biniag boe i) IU 5teaoila I Reese) aloul'ilati idojincot 1,42 atlitai ai Iionbo li “tata t) vida) lab rari svonti Ah itio 'agoam anfibi reicisig is0aght = 4 allina Mi sb 1 1apgi Oa pra lvonm sub ib a ivi sieinh 9 fab linrsonerdi — LE pn Vi, QUA ni cigalonS alla aitota raf vaq TairstalA — cal CRISIOLA i a Sad (onora ib Mriogombnti I — XIX diover lof Ater. UIitau alla RE , SS n IDE noi ao CI 5 LAns® ROS NCEREEORE Lulro nd La pusbiti 410% MORE: | Inobew} EA re gine alisf ibidauii inAUYI (adrigalonate n intoll cd aisnolk # i intovat an mon) ahlisolsi ntled bo | Loki vi lb ininuotsad lab rvion:la anolbieogmo» alto? — 8 ia ta i Vidor, si ida svelati stunisdllon apra 16 iBivanttia® igniolo opa in IE % stri: sto) ki sipi paog ra nina al sti DA intane METTO Batrronanis il E *iriarainolc10ttagins ato) — O nito® sllgi Mi did llesl' Luo sos tara 5 Mis 48 Soilait at RI Pitt Last Î : a mondi rid alli ai i dioaga ccà pp sbiatraen O a Mattone anointrist alcal'ipà stfobc a amigino that sr'olaagniie deiilà bom ib vigget —T@ naof {a iggegalo » allah inotogl) Givi sita l'ontet @Etiai: 0°) soia sais n \ SIRO mambo ul piarto gpronDg no vg di able att SI isJesiet | puligan li 16h (ifiogola it BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Toriiò Numero 596 — Volume XXXIV === Dott. EDOARDO ZAVATTARI Sulle varietà, di cui una nuova; dell AMMOPHILA HIRSUTA Scopoli. Lo studio di una piccola raccolta di Imenotteri fatta dal Conte Calciati nel Nepal; sulla catena dell'Himalaya a circa 2500 m. s. L d. m., mi ha portato a riconoscere fra le specie raccolte una va- rietà nuova dell’Ammophila (Psammophita) hirsuta Scopoli, la quale costituisce una forma di passaggio alla Psammophila mervensis Radszk. considerata dal Kohl (1) nella sua recente monografia come varietà del- PAmmophila hirsuta Scop. Questa constatazione però mi ha portato anche ad esaminare i tipi della Psamunophila ebenina Spin. (la rac- colta Spinola è per l’appunto conservata al Museo di Torino) per ve- dere se si dovessero accettare, rispetto alla specie di Spinola, le in duzioni del Kohl], secondo le quali la Psammophila ebenina Spin. cor- risponderebbe all’ A72m0phila micipsa F.D. Morice e non alla mervensis Radszk., alla quale dovrebbero attribuirsi 1’ 4,7r20prila ebenina di Le- pelelier (il quale nella descrizione si riferisce al Musée de M. Spinola) e Costa. L’esame però del tipo (1 9 proveniente dall’Egitto, in buone condizioni di conservazione, mentre un altro esemplare 9 pure dell’E- gitto è assai deteriorato) mi ha condotto a credere che la Psazmunophila ebenina di Spinola corrisponde perfettamente alla mervensis Radszk, e che la micipsa Morice è invece molto distinta. (1) Fr. Fr. Kohl. Die Hymenopterengruppe der Sphecinen. III. Monographie der Gattung Ammophila W. Kirby. Abteilung A. Die Ammophilinen der pal&ar- ‘ktischen Region. Annalen des K..K. Naturhistorischen Hofmuseums Wien. B. XXI 1906. ie Infatti questo -ésemplare non presenta alcuno dei caratteri che sì © riscontrano nell’ Anmophrila micipsa Morice. Il vertice, il collare, il mesotorace non sono 77/7da punctis paucis intrucla, ma al contrario sono ‘assai densamente ed uniformemente punteggiati, le mesopleure sono punteggiato-rugose, e non striate obliquamente, l’ area dorsale del metanoto è punteggiato-rugosa tanto in avanti che in addietro, come pure punteggiato-rugosi sono i lati del metanoto. Spinola aveva . quindi esattamente osservato quando scriveva: « Dos du metathorax finement ponctué » e non come dice Kohl « Wahrscheinlich wollte Spinola schreiben “ finement strié ,, ». Le anche anteriori non pre- sentano spina alcuna al loro apice interno, i pulvilli non sono distinti, e manca assolutamente (anche esaminando con un forte ingrandi- mento: 60 diametri circa) traccia di dente alla base del margine in- terno delle unghie. Comparato poi questo esemplare con molti altri esemplari riferibili, senza dubbio, alla Psamnmmoprilta hirsula Scop. ti- pyca, e con esemplari riferibili alla varietà mervensis di varie località, risulta chiaramente che i caratteri di scultura e delle unghie sono assolutamente corrispondenti, per cui non havvi dubbio che la specie di Radoszkowski è la stessa di Spinola. Venendo così a mettere in . giusto valore la specie di quest’ ultimo autore, avremo la sinonimia seguente : Ammoplhila (Psammophila) Inirssuta Scopoli Var. ebemina Spin. 1813 — Savigny. Explor. d’Egypte. PI. 14 - fig. 10 9. 1838 Ammeophila ebenina Spinola. Ann. Soc. Enton. France Vol. VI. p. 464 9. 1345 Ammophila ebenina Lepeletier. Hist. nat. Ins. Hymén T. III. P_1300 2409. 1864 Psanunophita SISI Costa. Annuario Mus. Zoolg. Napol. Anno EVS) porre. 1886 Psammophila ebenina E. André. Spec. Hyménp. Europe T. III. p. 79 9. 1887 Psammophila mervensis Radoszkowski. Hor. Soc. Ent. Hole Vigle XXI p. 8900. 1889 Psammophila hirsula (var. Mervensis) Kohl. Verh. Zoolg.-bot. Ges. Wien XXIX p. 21 9. 1897 Ammophila hirsuta var. ebenina. Dalla Torre. Cat. Hymenpt. Vol. VIII p. 402 9. 1905 Ammophila ebenina. Zavatt. Boll. Musei Zoolg. Anat. Comp. To- rino, Vol. XX. n. 518. p. 4 9. 1906 Ammophila (Psammophila) hirsuta subsp. ebenina W. A. Schulz. Spoglia hyimp. Paderborn. p. 44 o 9. PAGA 1906 Ammophila hirsuta var. mervensis. Kohl. Ann. K. K. Hofm. Wien Bi XXI pedone dea P. 1906 A472mophila (Psammophila) ebenina. Kohl. Ann. K. K. Hofm. Wien Bi XL" pae870; DeTs. Vanno poi radiate dalla sinonimia dell’ 477» 0phrila (Psammophila) micipsa Morice. (op. cit. p. 295 n. 2) le citazioni riguardanti Spinola. Venendo ora alla varietà da me ritrovata e che ha data in parte la ragione di questa brevissima nota, osservo che, come diceva in principio, essa costituisce la forma di passaggio dall’Amm. Rhirsuta Scop. tipyca alla varietà ebenina Spin. Essa presenta quindi le seguenti differenze : Ammophila (Psammophila) hirsuta Scop. Var. nepalensis. mn. Var. Perfettamente simile alla forma tipica, presenta il corpo totalmente nero ad eccezione del primo tergite dell’addome il quale è rosso bruno, della stessa tinta presentata dai primi tre segmenti addominali dalla Amm. hirsuta tipyca. Le due varietà insieme alla forma tipica quindi verrebbero distinte ‘Come segue: I tre primi segmenti ad eccezione del peziolo e del margine estremo “del terzo anello, rosso-bruni . È . 7 hirsuta Scop. tipyca Primo segmento dell’addome rosso bruno . Var. nepalensis. n. V. Addome totalmente nero . È : . Var. ebenina Spin. ____ —————————————— e Y_ _1_1—r——r—————rrrret Pubblicato il 19 Gennaio 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1293 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 597 — Volume XXIII a Dott. ACHILLE GRIFFINI Di una varietà della GRYLLACRIS LAETA Walker e sopra un esemplare anomalo di questa Ho ricevuto ultimamente dal noto naturalista commerciante signor H. RoLLE di Berlino, alcuni Grillacridi, fra i quali una lunga serie di esemplari riferibili alla GryWacris laeta Walker. Questa specie fu dapprima descritta da WALKER in modo, come al solito. poco esatto, con omissione di caratteri importanti e colle con- suete ripetizioni di caratteri punto interessanti e proprî a tutte le specie del genere. Fu poi descritta sotto il nome di Gr. chinensis da BruNNER, in modo ben più preciso; solo l'Autore non ne diede la lun- ghezza dell’ovopositore. In seguito, non la trovo più ricordata nei lavori entomologici che sono a mia conoscenza. La sinonimia fra Gr. laeta Walk. e Gr. chi- nensis Br. è stabilita da KirBy nel suo recente Catalogo, e nessuno meglio di lui poteva stabilirla, avendo egli la fortuna d’aver sott’occhi nel British Museum i tipi di Walker. Nondimeno, anche studiando attentamente la descrizione di Walker si potrebbe giungere a quella sinonimia, se non si desse importanza a qualche carattere o erroneo o eccezionale indicato dall’autore. Questi infatti nella sua descrizione parla di « labrum black », mentre in nessun esemplare di Gr. Zaeta Walk. io vedo il labbro neppur legger- mente oscuro; sarà stato forse questo organo, per eccezione indivi- duale, di colore nerastro nel tipo descritto dall’Autore inglese (1). (1) Il Dr. Kirby da me pregato di voler verificare questo carattere del tipo di Walker, gentilmente mi scrive: « the labrum is paler than the rest of the face, in the type. » RS Fra gli esemplari della Gr. Zaela Walk. che acquistai al Sig. Rolle _ uno solo, proveniente dal Tonkino, corrisponde esattamente alla forma tipica descritta da Brunner; tutti gli altri, che provengono dall’Annam, concordano pienamente fra loro anche nel differire dalla forma tipica per qualche leggero carattere che ne permette la facile distinzione nel seguente modo: A. Tibiae posticae spinis (in specimine a me viso utrinque 6) nigris et basi nigro circumdatis. Spinae tibiarum 4 anticarum fuscae: geni- cula fusca; apex tibiarum et tarsi fusci. Elytra cinereo tineta, venulis subtotis fuscis. Fastigium verticis lateribus distincte carinulatis ; color niger verticis sub oculis parum extensus Gr. ltaeta Walk. (= chinensis Br.) AA. Tibiae posticae spinis (in omnibus speciminibus a me visis extus 7, intus 6) fuscis basi pallidioribus. Spinae tibiaram 4 anticarum genicula, apex tibiarum, tarsi, multo minus et fere indistinete infu- scati. Elytra basi testaceo tincta, venulis tantum in campo antico et apice fuscis. Fastigium verticis lateribus minus carinulatis ; color niger verticis sub utroque oculo vittaeforme continuatus. Gr. laeta var. annamita m, Gryllacris laeta Walker Q Gryltacrîs laeta Walker 1869 (4), pag. 184. SQ Gryllacrîs chinensis Brunner 1888 (2), pag. 385, Tab. VIII, fig. 41 B. Gryllacris laeta Kirby 1906 (3), pag. 14Ll. Habitat : Amoy, China (Walker). Hongkong, Cochinchina (Brunner). Tonkin (c. m.). L’esemplare della mia collezione è una 9 e porta precisamente la seguente indicazione di provenienza: Than Moi, Tonkin, 2-3000’, IV-V. Eccone alcuni principali caratteri a complemento delle descrizioni date dagli Autori della specie tipica. Longitudo corporis mm. 86 (abdomine extenso) » pronoti > Ù » elytrorum >». 194,2 » femorum anticorum >i vi d10 » femorum posticorum >» «182 » ovipositoris > i e2d ‘ Fastigium verticis articulo primo antennarum parum latius, late- ribus carinulatis. Antennae post basim sensim picescentes; articulus primus subtus macula basali interna fusca signatus. Facies testacea, macula parva fusca irregulari in angulo interno infero scrobum an- tennarum, puncto fusco utrinque inferius in lateribus frontis, punctisque 5 uz minutis fuscis 4 in clypeo distantibus (2 superis, 2 inferis) signata. Clypeus, labrum, testacea pallida; mandibulae apice infuscatae; palpi longi, pallidi, articulis apice leviter infuscatis. Occiput et vertex testa cea et nigro-fusco varia; occiput postice testaceum sed in medio hujus partis posticae leviter infuscatum, lateribus et anterius usque ‘ad ver- ticem nigrum, colore nigro ideoque arcum latum efficiente atque post et sub utroque oculo breviter continuato. Pars supera fastigii verticis irregulariter nigro bimaculata. Pronotum breviusculum, a supero visum haud longius quam latius, convexiusculum; margine antico in medio sat prominulo, sulco antico latiusculo et parum profundo, valliforme, sulculolongitudinali abbreviato latiusculo, inaequali, sulco postico parum impresso, margine postico truncato. Lobi laterales modice adpressi, sensim (haud tamen multo) longiores quam altiores, postice distinete altiores, angulo antico late rotundato, postico rotundato-truncato, margine postico br eviter verti- cali, sinu humerali parum explicato. Sulcus V-formis et sulcus pòsticus optime impressi; intervalli gibbulosi. Color pronoti nigro-piceus irre- gulariter totus circumcirca testaceo-marginatus; metazona subtota testacea, margine antico in medio latiuscule testaceo, ‘disco maculas 2 parvas medias approximatas vittasque 2 laterales obliquas irregu- lares parum definitas, testaceas, includente. In lobis lateralibus color piceus praecipue in sulco V-forme extensus; caeterum cum testateo late permixtus. ni 931g Elytra leviter cinereo infumata, venis venulisque subtotis fuScis. Pedes robusti, pubescentes, testacei, seniculis breviter nigro- fuscis. Femora omnia superne apicem versus leviter fusco longitudinaHtér bilineata. Femora postica sat longa, basi incrassata, ad apicem resu- lariter attenuata, ibique tamen haud gracilia, subtus utrinque in di- midio apicali spinis totis nigris 6 armata. Spinae tibiarum 4 anticarum longae, nigro-fuscae, tantum summo apice brevissime pallidae. Tibiàe posticae superne post basim deplanatae-subconcavae, utrinque spinis 6 nigris et basi nigro-circumdatis praeditae, necnon paulo post basim superne fusco maculatae. Ovipositor longus, rectus, subtiliusculus, haud rigidus, apice. non acuto. Gryllacris laeta var. annamita m. d' 9. A specie tvpica differt fastigio verticis lateribus minus cari- nulatis, vittis duabus nigris subocularibus semper magis explicatis, spinis tibiarum 4 anticarum pallidioribus, tarsis, apicibus tibiarumret geniculis indistincte infuscatis, tibiis intermediis spinis minus. long: . praeditis, elytris basi testaceo tinctis, et praecipue tibiis: posticis -spi- RR pg nulis haud nigro circumdatis neque basi nigris. Caeterum cum specie congruit. Longitudo corporis dq mm. 28,5 — 35 » pronoti » » 61 — 6,8 » elytrorum » » 31,5 — 96,4 Latitudo maxima elytrorum > » I e Longitudo femorum anticorum » » 9 » femorum posticorum » » 16,2 — 17 » ovipositoris 9 » 25,5 — 275 Habitat: Phuc Son, Annam. Typî: 7 & et 10 9 collectionis meae, D. H. Rolle acquisiti, necnon nonnulla reliqua specimina e, 9, in collectione D. H. Rolle, verisimi- liter omnes a D. Fruhstorfer XI-XII collecti. Facies ut in specie, testacea, clypeo labroque concoloribus, raris- sime maculis in angulis inferis internis scrobum antennarum et punctis 2 fuscis parum distinctis lateralibus in parte infera frontis praedita. Palpi et antennae ut in specie, tamen pallidiores, articulo primo an- tennarum persaepe immaculato. Maculae ocellares fastigii verticis melius distinctae. Occiput et vertex ut in specie picta. Variat occi- pite in medio pallido vel infuscato vel maculato vel nigrato, hoc co- lore cum arcu nigro verticis rarissime coniuncto. Arcus niger verticis rarissime in medio divisus, persaepe cum maculis duabus nigris fastigii verticis coniunctus, ideoque in hoc fastigio utrinque in medio brevi- ter extensus; post oculos color niger plus minusve extensus et sub utroque oculo semper vittaeforme continuatus. Pronotum ut in specie, colore nigro-piceo nitido saepe tantum me- tazonam testaceam, partem anticam mediam productam testaceam marginis antici et latera intera loborum lateralium testacea liberante, totum spatium inter ramos sulci V-formis occupante, ultra verticem sulci V-formis usque ad marginem inferum extenso, atque superne utrinque marginem anticum tangente. Hic color nigro-piceus interdum uniformis, ininterruptus, interduam maculas paucas testaceas superne includens, quarum macularum 2 in medio approximatae interdum plus minusve coniunctae, distinctae vel indistinctae, et 2 posticae laterales raro bene definitae, rarissime conspicuae, adsunt. Pedes leviter graciliores; spinae tibiarum 4 anticarum (praecipue intermediarum) leviter breviores. Femora postica subtus in utroque margine spinis 5-7 nigris vel basi leviter pallidioribus armata. Tibiae posticae in speciminibus omnibus extus spinis 7, intus spinis 6 prae- ditae, his spinis fuscis, basi pallidis. Elytra ut in specie, sed venis venulisque plurimis testaceis et basi PI gen testaceo tincta. Alae vitreae sat elongatae, venis testaceis, vénulis subtilibus numerosis fuscis. Genitalia 0 et 9 ut in specie (Vide descriptionem Brunneri). Anomalie, Fra i vari esemplari sopra ricordati, tutti provenienti dalla stessa località, noto quattro 9 più o meno anomale, di cui terrò qui parola. Una, piuttosto gracile, è evidentemente immatura; ha le elitre e le ali ancora posteriormente un pò arricciate, ma altro non presenta di notevole. Una seconda è ben sviluppata, non immatura apparendo ben chi- tinizzati i suoi tegumenti ovunque; gli organi del volo del suo lato sinistro sono perfettamente sviluppati, mentre quelli del lato destro sono arricciati e piccoli, deviati all’esterno ed all’ingiù. Una terza, ben conformata ed a pieno sviluppo in tutto, ha l’ovo- positore atrofico, molle, piegato, sconnesso, lungo appena circa 10 mm. L’ultima, quì figurata, è certo la più interessante ed è quella che Gryllacris laeta var. annamita 9 anomala (molto ingrand.) merita maggiori osservazioni. Ha dimensioni relativamente piccole, e propriamente fra le principali le seguenti : lunghezza del corpo mm. 24 » del pronoto » 5,9 » delle elitre x 20/8 » dei femori anteriori » 8 » dell’ovopositore Pio, Le sue zampe anteriori sono ambedue normali. Invece, mentre la Digi DES zampa media sinistra e la zampa posteriore sinistra sono normalmente fatte in ogni loro parte, la zampa media destra e la zampa posteriore. destra sono ridottissime e anomale. Eccone anzitutto le dimensioni poste a confronto: i sinistra (normale) destra (anomala) femore medio mm. 8,5 4 ‘. tibia media » 9,4 n) tarsi medii >» eZ, 2 femore posteriore di 13155 4,5 tibia posteriore a 05:59 2 tarsi posteriori » 6,2 2) “Zampa media destra: Il femore è subcilindrico e sensibilmente curvo, colla concavità in basso: saperiormente è ben convesso, infe- riormente non è solcato ma solo lievemente depresso e quivi munito da ambo i lati di un rudimento di spina oscura subapicale. La tibia è -pure -subcilindrica, convessa anche inferiormente, un po’ sinuosa, inerme, e solo munita di un rudimento di spina oscura apicale infe- riore. I quattro articoli del tarso sono atrofici, mal formati. poco di- stinti fra loro. Zampa .posteriore destra: Il femore è subcilindrico, lievissimamente sinuoso, inerme, non fatto come i femori posteriori normali che sono ingrossati alla base e attenuati verso l’apice. La tibia è cilindrica, dotata di un rudimento di spina apicale inferiore. Gli articoli del tarso sono anche quì quasi atrofici; mal formati, però megiio distinti fra loro ; l’ultimo di essi è discretamente conformato. Come dunque. appare, queste due zampe (media e posteriore) ano- male, si trovano nelle stesse condizioni, ed è facile convenire che la causa della anomalia dell’una deve essere pur stata la causa dell’a- nomalia dell’altra. Insisto alquanto sui caratteri di questa Gry/acris anomala perchè essa si presta ad alcune considerazioni che possono guidare alla mi- gliore interpretazione di casi consimili. ©. Anomalie di tal natura non sono rare ad osservarsi negli Ortotteri come pure in altri insetti ed in altri artropodi. Fra gli Ortotteri, quelli che credo più facilmente le presentino de- vono essere i Fasmidi : ciò era già stato segnalato da. GRAY (9), e basta passar in rassegna le tavole che accompagnano le Monografie di WestwooD (4) e di BRUNNER e REDTENBACHER (5) per vedervi in più casi figurati dei Fasmidi dotati di qualche zampa molto ridotta. E l’interpretazione ne è naturalmente quella di zampe riprodotte ‘dopo amputazione, cosa che avevano già segnalato vari autori, fra cui Montrouzier, Desmarest e Durieu. Spetta però a Borpage il merito di aver dimostrato con sicurezza (6, 7, 8) la rigenerabilità delle Zzampé dei Fasmidi, il che fu pure confermato da VAN DER WEELE (11) e da GODELMANN (LO). E mentre BrinpLEY ha studiata e dimostrata la rigenerazione di questi organi nelle B/attidi (12), cosa. già accennata da Marshall, Brisout de Barneville e Newport, il quale ultimo aveva pur indicato lo stesso fatto per le For/iculidi, BorpaGE (14) e più recentemente PRZIBRAM (17, 18) l'hanno chiaramente descritta ed illustrata per le Mantidi. Per quanto è degli Or/otteriî sallatori, GraBER fin dal 1867 (L9) aveva asserito che i Grilli e le Locuste rigenerano le antenne. Casi poi di anomalie riflettenti le zampe in modo analogo a quello qui de- scritto, ne furono pure indicati, e ricorderò fra gli altri quello accen- nato da WaLker nella descrizione del tipo Cella sua Gryacris or- nata 9 (1, pag. 173): ecco le parole stesse dell’autore « The specimen described has a rudimentary reproduced hind leg « complete in all its parts, but without spines. » E mi preme far notare l’interpretazione datane dal Walker. Ricordo ora i vari casi da me osservati : Un Pristes tuberosus Stàl , con zampa posteriore sinistra ridot- tissima e anomala (20, pag. 1-3, fig. ), Il tipo del Platyphyllum Regimbarti Griffini d, con zampa anteriore destra ridotta e anomala (21, pag. 3, fig. ). Un Adapantus transmarinus Krauss d, con zampa media Shut ridotta e anomala (22, pag. 371-72). Una Zyperhomala lanceolata Brunner 9, con zampa posteriore st nistra ridotta e anomala (23, pag. 647-48). Il tipo del Polyglochin Richardi Griffini 9, con zampa anteriore sinistra ridottissima e anomala (24, pag. 52). i Il tipo della Polzchne mukonja Griffini 9, con zampa anteriore destra ridotta e anomala e zampa media sinistra leggermente ridotta (25, pag. 208). _ Uma Gryllacris signifera Stoll d, con zampa posteriore sinistra vi- dotta e anomala (26, pag. 10). La Gryltacris laeta var. annamita Griffini 9 quì descritta, con zampa media destra e zampa posteriore destra ridottissime e anomale. Una Gryllacris fuscifrons Gerstaecker d della mia collezione, avente una zampa anteriore destra leggermente ridotta e leggermente ano- ‘ mala, colla tibia a spine minute. Nei casi sopra citati si comprendono specie appartenenti a diverse : famiglie (Pseudofillidi, Fanerotteridi, Mecopodidi, Grillacridi); vi si trovano 5 d e 5 9, di cui una descritta da Walker. Questo autore non ha indicato da quale lato sia l'anomalia della Gr. ornata da lui lg x descritta; degli altri casi 6 sono a sinistra e 4 a destra, avendo uti esemplare (Polichne) una anomalia a destra ed una a sinistra. Prina conclusione: Tutto fa credere che anche negli Ortotteri saltatori tali anomalie colpiscano indifferentemente l’uno e l’altro sesso, l’uno e l’altro lato del corpo. Nei casi sopra citati si osservano colpite 4 volte le zampe ante- riori, 3 volte le zampe medie. 5 volte le zampe posteriori. Una volta l’anomalia della zampa media è accompagnata da quella della zampa anteriore del lato opposto; un’altra volta l'anomalia della zampa media è accompagnata da quella della zampa posteriore dello stesso lato. Seconda conclusione: Tutto fa credere che anche negli Ortotteri saltatori tali anomalie colpiscano con eguale indifferenza le zampe sia del primo che del secondo e che del terzo paio. Allorquando descrissi e figurai il caso notevolissimo del Préstes tuberosus avente una zampa posteriore ridottissima e anomala, si pre- sentò subito alla mia mente la stessa spiegazione che si era presen- tata alla mente di Walker per l’anomalia della sua Grylacris ornata; io interpretai pertanto quella zampa come dovuta ad una rigenera- zione dopo la perdita della zampa normale avvenuta probabilmente nei primi periodi larvali. La mia interpretazione fu riportata da BrINDLEY (12) ed accettata dal compianto prof. Grarp (27) che accennarono nei loro studi quel curioso caso da me descritto. PEYERIMHOFF (28), interpretò quel caso non come una rigenera- zione ma come una anomalia dovuta ad una sosta nello sviluppo della zampa. E Borpace in due suoi lavori (30, 31) negò la capacità a rigenerarsi delle zampe posteriori negli Ortotteri saltatori, pur dimo- strando la rigenerabilità delle zampe anteriori e medie degli stessi insetti. Certamente l’unica conclusione convincente non potrà esser data che da positivi risultati di esperienza; nondimeno a me ripugnerà sempre l’ammettere che nei casi osservati l’anomalia delle zampe del terzo paio non deva avere la stessa causa di quella delle zampe del secondo o del primo paio, mentre come abbiamo visto queste anomalie così come colpiscono indifferentemente maschi o femmine, lato destro o lato sinistro, colpiscono pure con indifferenza zampe anteriori, medie o posteriori, e si presentano in ogni caso nello stesso modo. Le anomalie osservate infatti si palesano sempre sotto forma di riduzione delle parti, assenza o atrofia delle spine, cilindricità più, pronunziata degli organi, minor distinzione nelle articolazioni, princi- palmente pegli articoli dei tarsi talora più o meno fusi. Certo queste zampe anomale, siano anteriori, medie o posteriori non sono per me dovute ad un arresto di sviluppo della zampa nor- sin EL _—_ e ba glo MORO male, perchè dovrebbero avere in piccolo i caratteri dellé zampe nor- mali, insomma i caratteri delle zampe delle larve della specie alla quale l'esemplare appartiene, e pertanto pur essendo piccole dovreb- bero avere le parti fatte e proporzionate come negli adulti normal- mente conformati, colle stesse spine, gli stessi organi secondari, la stessa forma dei tarsi ecc. Ciò non essendo, se interpretiamo come rigenerate le zampe ante- riori e medie anomale descritte, perchè non dovremmo dare la stessa interpretazione alle zampe posteriori pure descritte, presentanti la stessa precisa anomalia di quelle? Tanto più poi nel caso della Gry- lacris laeta var. annamita di cui qui particolarmente mi sono occu- pato, parrebbe assolutamente assurdo il dover ammettere due cause diverse per la stessa anomalia che si verifica nella zampa media destra e nella zampa posteriore destra che le è subito accanto, ridotte in egual modo, e che saranno state colpite dallo stesso fenomeno, causa del loro presentarsi in questo modo. Le zampe posteriori, oltre che pel noto fenomeno di autotomia, il quale potrebbe provocare condizioni molto particolari e forse talora contrarie ad una possibile rigenerazione, come sembra accennare PrzIBRAM (17, pag. 177), possono andar perdute per diverse altre cause, capaci di colpire queste zampe tanto come quelle delle due paia an- teriori, strappi dovuti a violenze per parte di vari animali e forse qualche volta per parte di individui della stessa specie. Si tenga pure presente la rimarchevole auto-mutilazione segnalata da WeER- NER (32). i Io non mi tratterrò qui a parlare dell’interessantissimo fenomeno della rigenerazione, rimandando il lettore alle opere che ne trattano e particolarmente a quelle recenti di PrzIBRAM (16, 34) ed alla este- sissima bibliografia contenutavi come pure all’articolo ultimamente pubblicato sullo stesso argomento generale dal prof. KurscHELT (33). Lascierò di rammentare le ricerche e i risultati positivi ottenuti da esperienze fatte sopra molte diverse classi di animali, e mi limiterò a ricordare come negli Ar/ropodi (Crostacei, Limulus, Picnogonidi, Chelicerati, Miriapodi, Insetti) la rigenerabilità delle appendici ed anche di altri organi importantissimi, sia stata dimostrata. Ma anche riguardo a questo tipo rimando alla bibliografia molto completa contenuta nell’opera di PrziBRaM (16) ed alla critica ivi fattane, limitandomi io a citare al fine della presente nota le opere che più strettamente hanno interesse pel caso quì fatto conoscere ed alcune altre da aggiungersi alla bibliografia contenuta nell’opera sud- detta perchè in generale pubblicate dopo l’edizione di quella. Si vedrà pertanto, venendo ora in particolare agli sei, che sono noti fenomeni di rigenerazione negli Apterigoti, nei Pseudoneurotteri, Bis | negli Ortotteri, nei Rincoti, nei Fisapodi (Karny), nei Coleotteri, nei’ Lepidotteri in diversi periodi della metamorfosi, persino nei Ditteri, che secondo me sono i più evoluti fra gli insetti. E dunque, ritornando agli Or/otteriî, poichè per quelli non saltatori è dimostrata la rigenerabilità delle zampe, e si noti bene persino delle zampe anteriori delle Mantidi così modificate quali organi di presa, e poichè anche per gli Ortotteri saltatori è dimostrata la rige- nerabilità delle zampe anteriori e medie, sarebbe invero una troppo strana eccezione anche alla legge di Lessona la assoluta non rigene- rabilità delle zampe posteriori in questi ultimi. Tanto più poi quando noi osserviamo, come nella GryZacris oggetto del presente studio, zampe posteriori piccole, anomale, perfettamente corrispondenti a quelle piccole e anomale appartenenti a qualche paio anteriore. Per parte mia sono convinto che le ricerche iniziate a tale riguardo sperimentalmente dal prof. PRrZzIBRAM, alle quali accenna in un suo la- voro (17, pag. 177), continuate ‘anche da altri valenti zoologi, ver- ranno tosto o tardi a confermare le mie opinioni. Certo le esperienze devono farsi sopra individui estremamente giovanì. Lo stesso prof. PRZI- BRAM è del mio medesimo avviso scrivendo: « Es ist freilich sehr wahrscheinlich, dass auch diese (Springbeine « der Orthoptera Saltatoria) auf sehr jungen Stadien amputiert, noch « Zeit zur Neubildung finden wirden, da man ab und zu Exemplare « mit anscheinend regeneriertem Hinterbein, charakteristischerweise « dann ohne die Komplizierte Differenzierung des PERRRENA findet » (34, pag. 5-6). Resterebbe ora a sollevarsi la questione della scarsa, problematica utilità, di queste zampine anomale rigenerate, per l’animale. A nostro giudizio esse appaiono come organi privi di funzione ambulatoria effi- cace, tutt'al più come tentativi dell’organismo tendenti più che altro a correggere lo squilibrio del corpo mutilato. Genova, 4 Gennaio 1909. BIBLIOGRAFIA CITATA 1. F. WaLKER 1869 — Catalogue of the spec. of Dermaptera salla- toria ete., London. 2. C. 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[Veggansi in quest'opera molte altre indicazioni bibliografiche], 18. H. Przigram 1907 — Aufzuchit. Farbwechsel und Regeneration unsrer europ. Gotlesanbeterin (Mantis religiosa L.). Ibidem, XXIII Band. 19. V. GraBER 1867 — Zur Enlwichelungsgesch. und Reproductions- fiinigheit der Orthopteren. Sitzungsber. Akad. d. Wiss. Wien. Band I. 20. A. GRIFFINI 1896 — Di un Prisles tuberosus anomalo, racc. net Darien dal Dott. E. Festa. Boll. Mus. Zool..Anat. Comp. Torino, vol. XI, n. 234. 21. A. GRIFFINI 1898 — Descrizione d'una nuova Pseudofillide del Perù ed cnr al sopra una anomalia del tipo di questa specte. Ibidem, vol. XIII, n. 323. 22 A. GriIrrini 1906 — Ortolteri raccolli da L. Fea nell’ Africa occi- dentate T°. Annali Mus. Civ. Genova, ser. 3, vol. II (XLII). 23. A. GrircIni 1908 — Phlyllophorinae del Civico Museo di Stor. Natur. di Genova. Zoolog. Anzeiger, Leipzig. Band XXXII, n. 19. 24 A. GrIrrini 1908 — Phasgonouridae africane det R. Museo di Storia Nat. di Bruwelles. 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Zool. Anzeiger, Leipzig. n. 384. 353. E. KorscHELT 1908 — Veber Regeneration und transplantation im Tierreich. Naturwiss. Rundschau, Braunschweig, XXI Ihg. . 43-44-45. SA. Di Przigram 1906 — Die Regeneraltion als allgem. Erscheinung in den drei Reichen. Naturwiss. Rundschau, Braunschweig, XXI Ihg., n. 47-49. 35. M. Lessona 1869 — Sulla riproduzione delle parti în molli ani- mati. Atti della Riunione straord. Soc. ital. Scienze, Vicenza, peli; 2 Oltre le opere sopra ricordate ed oltre l’estesa bibliografia conte- nuta nella memoria di PrzisraMm (16), veggansi sulla rigenerazione negli Ar/ropodi e particolarmente negli /usetti, i seguenti lavori di questi ultimi anni; Archiv f. Entwicklungsmech. der organismen, Leipzig, Band. 15 - 26, 1903 - 1908. Con lavori di BrBERHOFER, E\iMeL, HASEMAN, KLINTZ, NusBauwm, Ost, PRZIBRAM, SCHULTZ, ZELENY, ZUELZER, sulla rigene- razione nei Crostacei, di FrieDRICH e Wriss sulla rigenerazione negli Aracnidi, con molte indicazioni bibliografiche, e con recen- sioni di opere generali di ChiLp, Morgan, e d’altri autori. F. Meier 1906 — Regenerationsversuche mit Apus cancriformis. Wo- chenschr. fùr aquar. und terrarienfreunde, Braunschweig, III P. KAMMERER 1907 — Verdndertlichkeit und Anpassung der zelnfus- sigen Krebse. Blàtter fur aquar. u. terrarienkunde, Stuttgart, XVII Ihg. H. PrziBRAM u. E. I. WeRBER. 1907 — Regenerationsversuche allgem. Bedeutung bei Borstenschwtinzen (Lepismatidae). Arch. f. Entwick- lungsmech. der organismen, Leipzig, XXIII Band, IV Heft [con ricca bibliografia]. C. M. CHILD and A. N. Youne. 1903 — Regenerat. of Ihe appendages in nymphs of the Agrionidae. Archiv. f. Entwicklungsmech. XV Band, IV Heft. H. Karny 1908 — Veber die Vertinderlichkeit systemat. wicht. Merk- male, nebsi Bemerk. zu den Gatt. Thrips und Euthrips. Wiener Entom. Zeitung XXVII Ihg., Heft IX-X. P. KamMmeRER 1907 — Regenerat. des Dipterenfliigels beim Imago. Arch. f. Entwicklungsmech. d. Organismen, Band XXV. V.L. KeLLOGG 1906 — Prysiological regeneration in insecis. « Science » New York. XXIII. V. L. KeLLOGG 1904 — Regenerat. in larval legs of Silkworms. Jour- nal exper. Zoology. Baltimore, LL E. Verson 1905 — Manifestazioni rigenerative nelle zampe toracali del Bombyx mori. Atti R. Istit. Veneto, LXIV. H. H. BrinpLEY 1902 Regeneral. in Samia ailanihus. Proc. Cam- bridge Phil. Soc. XI. I. HirscaLER 1903 — Sludien ber Regeneralionsvorgànge bei Lepi- dopleren-puppen. Anatom. Anzeiger. XXIII. I. HirscaLer 1904 — Weitere Regenerationsstudien an Lepidopteren puppen (Regenerat. des vorderen Kòrperendes). Ibidem. XXV. E. MeGusaR 1907 — Regenerat. des Caudalhorns bei des Seidenspin- nerraupe (Bombyx mori L.). Archiv. fur Entwicklungsmech. der organismen, Leipzig. Band. 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Uni rorstto Mi ‘Portan fà - hi ud 4 7% ag - Bumevo, BB%X L'ASINO, 2) CRE ANTRETI sPrratà ta T j ws è È gna: © ZI TICO Gi si Loan Tatertto al''iutrimento dAbalta STELLINA si; "20 } % ton Ct) RAEE Pete ALe dI cei DIRI: js Riu MALI IRA OLII Tax HIT, SINO) i K 3! la Bregittarizcone | altra ab rovariitn è Lu Mita dal Shi va cardano de barato) (WE PR I né TIVO (ATA DEA Lia FTTIVOLO tu uri tal i sd mMjtro “bt nto dl Asino. giab Ae ì NI E. E Mrrbgtirites. DOTAITTO beth LIMA Du Te trarne: US da Buia hi micdo pato chi eneian'o rt eomnafreail di vit Saia / parve LASA Medi dille di e TA 4 IVI LI TOA H De alri SMIRAI(11 Ta Ot pd Mn erat det mp MRI materie st nanifinen pil ciechi Bgiato Malin adi anast vote fisriznale betropbaà dI MR Lun dll LARE AZIO Pedisi Li ti i; seit; 1a sidegii 1 LT n) st bin vpi pate dh) Lornioti9, fra aa 4 thuopgselbila ft imezuplare di ‘Age pstrù peg vagiet4A, MUSIC Lenna vu i nobA bitte atla Was, nitidi ELLI A Ik (00 | 6 I ve ire dip RT COTTI CORRIERE sale» Faizo he ui i enon sui i qa A Pubblicato il 17 Febbraio 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1352 — Tip, Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino E Numero 598 — Volume XXIII ESS DOoTTOR GIACOMO CECCONI Intorno al nutrimento del’AGAMA STELLIO L. Si sa che gli Agamidi si cibano generalmente di sostanze animali, e in particolar modo di insetti svariati, non disprezzando le sostanze vegetali, che talora si trovano dentro il loro stomaco. Nella escursione da me fatta nell’isola di Cipro, durante tutto il gennaio 1901, potei trovare sotto un sasso profondamente interrato un esemplare soltanto di Agama stellio L., che in quell’isola chiamano Kurkhutades; peraltro, nel maggio che immediatamente segui, la mia guida mi mandò parecchi esemplari, conservati in alcool, dei quali mi parve cosa importante esaminare il contenuto dello stomaco per avere dei dati di fatto intorno al nutrimento del rettile ricordato sopra. Il materiale si componeva di individui giovani e adulti, che ho te- nuto distinti nel quadro che segue. ho Contenuto dello stomaco d:gli Età gsbmplari finimale | Vegetale Minerale studiati | Artropodi 3 |:iovan| Molti e minutissimi pezzetti di in- setti, la maggior parte di coleotteri, e pezzetti di formiche, fra i quali riconoscibile un esemplare di Myr- mecocystus viaticus, appartenente con probabilità alla var. orientalis For. tra i quali riconoscibili pezzi di Pi- melia bajula Oliv. e pezzi di un Bombus sp. 1 » Molti e minuti pezzetti di insetti, | N° degli esemplari studiati | 1 giovane | wo | Contenuto dello stoimna co Animale Minuti pezzetti di coleotteri, con alcuni pezzi di Opatroides longulus Rche; due crostacei isopodi inde- terminabili. Minuti avanzi di formiche e di co- leotteri; pezzi di larve di coleotteri. Pezzi di Dicomma dardanum Stev. e di altri coleotteri; una larva in- determinabile di lepidottero. Minuti pezzetti di insetti, Minuti avanzi di insetti, fra i quali si distingne il capo e il corsaletto di un Curcenlionide. Molti avanzi e pezzetti di formiche, quasi tutti appartenenti al .Messor barbarus L. Minuti avanzi di insetti, fra i quali il capo di un Brackhycerus junix L. Minuti avanzi di insetti, tra i quali molti pezzi di formiche e alcuni pezzi di Brachynus sp. Minuti avanzi di insetti con pa- recchi pezzi di Vespa crabro L. Molti avanzi chitinosi, fra i quali pa- recchi di larve diverse di lepidot- teri e di coleotteri, pezzi e un’elitra- di. Buprestide e pezzi di formiche. Pezzi di Dicomma dardanum Stev. Molti pezzi di Gcotrupes sp., di altri coleotteri e di formiche. Avanzi minuti di insetti. Minuti avanzi di formiche e pezzi di un esemplare di Vespa cradro L. Mivuti avanzi di insetti. Minuti avanzi di insetti, con un pic- colo Histeride quasi intero, ma in- determinabile. Molti e minuti pezzetti di coleotteri, alcuni dei quali appartenenti a Te- nebrionidi. Molti e minuti pezzetti di insetti, con predominio di coleotteri e di pezzi di Geotrupes sp. Molti e minuti pezzetti di insetti, con predominio di coleotteri. Molti e minuti avanzi di insetti di versi, con alcune larve indetermi- nabili. Vegetale Pochi avanzi vegetali e due semi di grani- nacea indeterminabile. Due piccoli semi inde- terminabili. Tre piccoli semi inde- terminabili. Alcuni semi di grami- nacea. Alcuni avanzi vegetali. Aleuni piccoli semi di leguminosa. __—__——_om Minerale Alcune piccole pietruzze sr AAA ua TOS uan ug elimina rie pico i "TO - de P OSE a - è 4 i: 7 Me) OST. DUET walt Pte raga e Eton va ì ” @ tiaflanigea giena ‘a Pei Bf sip n. . i sibare i Bientina, Sf vaierepaa DR LARE gi d Metto n, {NI ARIA OE TAM liagv dani ia Ì i ; smbiii ife nu aos Bra sodsti | 1 n eil Saia d i Vi gia bi ROIO de ca Namero ‘nto dec Lib avi giai, A ARTT Do RAR Do E nta sn Dorne snovato Alt ina te Da En ‘gina :Teg 3. i Sagl gpl ati EL si SETA i i POSNIAT91 > i oi a A ui I SANE ì i ; N SE sw ingoio PR das): 100004 Una ras sor: bio ap SIAM ) TT SER dpi: vb Jet #| :#_NEE Lu à siblalicaiani A) Teri ie i E ITS (at = % 1 c PA _ i , ; i salt Tr CLEVISE i È Pt? A: 3 si; > HI i ; di: MESS Us nedvo BIOH OT ERIAZAROT pa | \ovegl? 2 i” ? “ua Sint kia Hue ) Tie: ponti gt. LÌ patta ì si Res LIRA, ix: PRE IA H ite TIA i Li si i dp sù. PCI. dipen inibito Limana So iL e leali vu spe a È: i ASTRA dr LARA RESA prati: 4 a ba le (IRE R. LATI pet À matita COLI) at % E La i S pos; ia naso il: lago, dia do dui tic ibi ego IE là 1a 23 Airola ene: rape al NY sMeratintià do pe sy 1 3 o] gii pi Pr VAT SI bi lnt ia dd wébga ti; ale. ci SETA pa terne È “agua. ? 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RETE e RIRTROO a 1a e n nre nopar. na, fa davi ning stano tarato SEED: - Pubblicato il 4 Marzo 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1878 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino DoTT. LuIGI COGNETTI DE MARTIS Un nuovo DICHOGASTER AFRICANO Dal Sig. Prof. F. .J. BeLL ricevetti tempo fa un lombrico appartenente alla collezione del British Museum: l’esame dei suoi caratteri mi fece ravvisare in esso il tipo d’una nuova specie di cui quì riferisco la descrizione. Al Prof. BELL mi è caro esprimere il mio animo grato per il nuovo attestato di stima. Dichogaster eudrilima nov. spec. Un esemplare giovane. CARATTERI ESTERNI. — Lunghezza mm. 155; diametro mm. 7-8. Se- gmenti 233. Forma cilindrica, brevemente conica alle due estremità. Colore cenerognolo. Il prostomio è ritratto nel vestibolo preorale, onde non potei vedere i suoi rapporti col primo segmento. I segmenti anteriori, dal 4° al 20, appaiono nettamente triannulati. Le setole sono geminate strettamente, e allineate in 8 serie paral- lele, nella regione ventrale; alla regione mediana del corpo: aa = de; dg—eds d0°—'* perimetro. Il primo poro dorsale è all’intersegmento 5/;. All’intersegmento */, è ben visibile una piccola e breve fessura impari mediana ventrale a labbra rugose: è l’apertura delle spermaleche (v. caratt. interni). Una seconda apertura impari mediana ventrale, simile alla prece- dente, a labbra un po’ tumide ma pure rugose, estesa trasversalmente dall’una all’altra serie di setole ventrali esterne (20), trovasi all’inter- segmento ‘°/,,: è il poro maschile, da cui escono i prodotti seminali e i secreti delle prostate. DIE Una terza apertura impari mediana ventrale, in forma di brevissima fessura lineare, potei intravedere a metà del 14° segmento: è il 700 femminile. Manca ogni traccia di clitello. CARATTERI INTERNI. — Primo dissepimento visibile è il 4-5, ispes- sito: pure ispessiti, in grado maggiore, sono quelli che seguono fino all’ 11-12, in particolare 8-9 a 11-12: ancora ispessiti, ma debolmente, sono i setti 12-13 e 13.14. I setti 6-7 a 9-10 sono spostati di un se- gmento all’indietro, il 10-11 s' inserisce alla parete del corpo a metà dell’11° segmento; i setti, che seguono hanno inserzione normalmente interseementale. I due ventrigli muscolosi, robusti, sono l’uno al 5° l’altro al 6° segmento. Le ghiandole calcifere, sono in numero di tre paia, ai segmenti 159, 169, 17°. Appaiono di tinta bruniccia, e profondamente e irregolarmente sol- cate; abbracciano per intero il tubo esofageo e sono di egual volume inetutte tre le paia. Segue alle ghiandole un breve tratto di tubo dige- rente sottile, che si continua, nel 19° segmento, nell'ampio intestino soe- culato. Quest'ultimo presenta, oltre ai riconfiamenti seementali, anche una serie di c/eck/ digitiformi disposti in numero di un paio in ciascuno dei segmenti 26° - 57°. Tali ciechi sono dorsali, originati per solito dalle pareti laterali dell’intestino, e diretti verso il vaso dorsale, fino, talora, ad oltrepassarlo: ma qualcuno di,essi trae invece origine dalla parete intestinale presso il vaso dorsale, e si dirige. lateralmente: talvolta, specialmente alla fine della serie, non v'è simmetria sui due lati d’uno stesso segmento, nè nella disposizione, nè nella lunghezza dei ciechi. Questi ciechi ricordano esattamente quelli descritti e figurati da 3BEDDARD (Proc. Zool. Soc. London 1894 pag. 381, 384, 386) per le sue due specie Dichogaster (= Millsonia) rubens (= Dicli. minus Michlsn), e Dich.(= Mill.) nigra. Lateralmente dalla parete esafogea si origina nel 7° segmento un paio di grossi tronchi intestino-tecumentali, diretti in avanti. Cinque paia di grossi cuori non moniliformi, sono distribuite nei segmenti 89-12°, I micronefridi sono riconoscibili circa dal 18° segmento: nel tratto mediano del corpo se ne contano circa da 14 a 20 per lato in ciascun segmento, estesi circa dalla serie dei fasci di setole dorsali fino a rag- giungere quasi la linea mediana dorsale. Sono disposti in modo affatto irregolare come sì osserva nella figura di BEDDARD (ioc. cit. p. 381) per Dich. nigra. I micronefridì più dorsali e quelli più ventrali sono minori di quelli laterali, e più ravvicinati. i Sistema riproduttore. — I testes sono liberi, in numero dei due paia, distribuite al 10° e 11° sesmento. Il ravvicinamento dei setti 9-10, a 11-12 determina una costrizione del lume dei segmenti 10° e 11°. Nel. ei Est 111° e nel 12° pende rispettivamente, dal setto anteriore, un paio di sacchi seminali mediocri, spiccatamente mamillonari, depressi contro il setto da cui pendono. Nel 13° segmento pende, pure dal setto anteriore, un paio di organi bianchicci, simili nell’ aspetto ai sacchi seminali e ad essi omologhi, ma di mole alquanto minore. AI 13° seemento trovasi un paio di grossi 0r47? con follicoli disposti a ciuffo, assai ravvicinati alla catena gangliare ventrale; di fronte ad essi le piccole tube degli ovidotti. ha È presente un solo paio di prostate (fig. 1), disposte con la parte distale, muscolosa, nel 17° e 18° seg- mento, mentre la porzione prossimale, ghiandolare, si estende nel 19°, 20°, e 21°. Quest'ultima è tubulosa, bianca, e strettamente ripiegata su se stessa (4.): per ciascuna prostata occupa un volume che equi- vale circa a !/, del tratto muscolare. Questo è ro- bustissimo, subsferico, di aspetto sericeo (7.). Le due prostate, ravvici- natissime fra loro, sboccano in una /asca copulatrice tegumentale im- pari mediana, a pareti profondamente grinzose, il che rivela la sua estroflessibilità (fig. 1. {). Anche le spe;yz4teche sono in un paio soltanto, avvolte anteriormente dal setto 8-9, fra loro contigue sulla linea mediana ventrale, sicchè sboccano entrambe in una /asca atriale tegumentale impari, mediana, omessa nella figura, che s'apre all’esterno per una breve fessura posta all’in_ tersegmento 8-9. Ogni spermateca è formata di ampolla, canale musco- lare, e diverticolo. Quest'ultimo (fig. 2, 47.) è seminascosto nello spessore della parete del canale muscolare, nella sua parete anteriore, ove fa ernia verso la cavità del corpo, manifestandosi per la tinta bianca ch e spicca su quella sericea del canale. Il canale ha l’aspetto d'una cu - pola che aderisce per la base alla parete del corpo; il suo diametro antero-posteriore è circa triplo di quello dell’ampolla. Questa (a.) è piccola, tondeggiante, disposta dorso lateralmente al canale. Loc.: Sud Nigeria. D. eudrilina mostra un chiaro esempio di convergenza con la sotto- famiglia Eudrilinae nella posizione impari mediana ventrale del poro maschile e dell’apertura delle spermateche, ma la disposizione de lle ghiandole calcifere e dei nefridi la tiene discosta da quel gruppo di terricoli. Pubblicato li 8 Marzo 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1382 — Tip. Pietro Gerbone — Torine BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di l'orino — sr“ Numero 600 — Volume XXIV _e Dott. LUIGI COGNETTI DE MARTIIS Nota sulla drilofauna del Benadir. Il Sig. Tenente CesARE TaRAMASSO delle truppe coloniali italiane inviò recentemente al R. Museo Zoologico di Torino, assieme ad altro copioso materiale zoologico, alcuni lombrichi da lui raccolti a Merca e a Caitoi nel Benadir (Somalia Italiana). Mi è caro rinnovare qui all'ottimo amico e distinto ufliciale i miei ringraziamenti per avermi dato modo di concorrere allo studio della fauna di quella interes- sante regione. I lombrichi appartengono a due specie di quelle decisamente pere- grine, dotate cioè di amplissima distribuzione geografica in seguito a diffusione per opera dell’uomo o di agenti naturali (1). Tengasi conto che Merca è posta su una spiaggia ricca di dune sabbiose, inospitale quindi alle forme terricole endemiche dell’interno; Caitoi è posto sul- VUebi Scebeli a 13 Km. a occidente di Merca. Fam. Biegascolecidae, Subfam Trizastieimae. Dichozaster RnB :alian ya mia (Horst). 1893 Benhamia malayana, Horst, (2°. 1900 Dich. in., Michaelsen (3). (1) Cfr. W. MicHaxLSEN, Die Geographische Verbreitung der Oligochaeten, Berlin, Friedlinder 1903, pag. 2. + (26 R. Horst, Earthworms from the Malay Archipelago, in: Weber, Zool. Er- gebu. Reise Niederliindisch Ost-Indien, Bd. II, pag. 35, tav. 2 fig..10-13 (Leiden, Bri]l.1892). Î | ARA {3) W./ MicHaELskN, Oligochaeta, in: Das Tierreich. Lief. 10, pag. 341, (Berlin, Fricdlîuder 1900). PA 10) Un adulto e un giovane. V’è perfetta corrispondenza fra i caratteri visti nei due esemplari e la descrizione e le figure di HorsT (loc. cit.). La setola peniale più sottile (lunga mm. 0,3; spessa presso la base mm. 0,006, e presso l’apice mm. 0,003) è realmente « spoon-like dilated » all’estremità distale, non « skalpellartig » come è detto con dubbio nella diagnosi in « Das Tierreich » (loc. cit.). La setola peniale più lunga, robusta (lunga mm. 0,35; spessa presso la base mm. 0,009, e presso l’apice mm. 0,004), porta i denti robusti ricordati e figurati da HoRsT. Nella medesima diagnosi sopra ricordata, come pure nella tavola dicotoma in « Das Tierreich » (pag. 338, n° 51) sono descritti i solchi seminali come curvi, convessi verso la linea mediana ventrale; a questo carattere, per la specie in discorso, va dato poco valore, chè la curva di detti solchi è lievissima, quasi nulla, come appare dalla fig. 11 di HoRsT, e come potei notare nei due esemplari di Merca. Meglio che la curvatura dei solchi seminali, quale carattere che distingue net- tamente Dich. malayana dall’ affine Dich. papiltata (Eisen) conviene scegliere la forma delle setole peniali, che è marcatamente diversa nelle due specie. Loc.: Merca; racc. Ten. C. TARAMASSO. Dich. malayana era stata raccolta precedentemente alle isole : Ce- lebes, Flores, Samao a occidente di Timor, e a Sumatra. Dichozaster papillata (Eisen). 1896 Benhamia papiltata, Eisen (1). 1900 B. p., Eisen (2). 1900 Dickhog. papil!., Michaelsen, Oligochaeta, in loc. cit. pag. 3ft. Varî esemplari, in parte adulti. A complemento della descrizione di ErsEN (1) riferisco le misure delle setole peniali che, come è noto, sono di due forme. Setola liscia, a punta esilissima e circonvoluta: lunghezza mm. 0,34; diametro: presso la base mm. 0,004, a metà mm. 0,0025, presso l’apice mm. 0,001. Setola ornata, a punta attenuata e terminata in una .capocchia: (1) G. Eisen, Pacific Coast Oligochaeta, in: Memoirs of the California Academy of Sciences, Vol. 2, n°. 5 pag. 135, tav. 48 fig. 43 A-E, tav. 49 fig. 52 G-H. (2) G. Eistn, Researches in American Oligochaeta, with Especial Reference to those of the Pacific Coast and adjacent Island, in: Proc. of the Calif. Acad. of Sci. (ser. 32) Zool. vol. II, n°. 2. tav. 10, fig. 75, 80, 81. — di — lunghezza mm. 0,4: diametro: presso la base mm. 0,006, a metà mm. 0,005, presso la capocchia mm. 0,0015. L’ornatura consta di 12-20 den - tini mozzi posti sul terzo distale che è assai lievemente omlulato. Per le differenze fra la forma tipica, cui vanno riferiti gli esemplari del Benadir, e la var. hawatiensis di Eisen rimando a pag. 212 del lavoro di questo autore (1). Loc.: Merca, Caitoi; racc. Ten. C. TARAMASSO: La forma tipica di Dich. papilltata era prima d’ora soltanto ricor- data pel Messico dove EIsEN la scopri, ma la sua varietà sopra citata, venne raccolta a San Francisco di California, alle Hawaci, e a Samea. ‘Onde la specie in discorso è decisamente peregrina; MicHAELSEN nel suo lavoro sulla distribuzione geografica degli Oligocheti (1903) non ha tenuto conto (pag. 112) della distinzione d’ una var. hawatziensi ; invero i caratteri di quest’ultima (posizione del diverticolo spermate- cale ornatura della setola peniale maggiore) non sembrano molto sicuri. (1) G. Ersen, Researches in American Oligochaeta, with Especial Reference to those of the Pacific Coast and adjacent Island, in: loc. cit, Pubblicato il 1 Aprile 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile. 4424 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 601 — Volume XXXIV Prof. LORENZO CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX AELLE I manoscritti di Franco Andrea Bonelli VII. Oltre ai manoscritti di Franco Andrea Bonelli che si riferiscono alle questioni «di « Filosofia naturale » già da me pubblicati (1) credo utile pubblicare anche i seguenti. Sono considerazioni che il Bonelli scrisse in forma di brani staccati sopra alcuni argomenti e che dovevano ser- vire per un opera complessiva. Tralascierò di stampare quelle consi- derazioni che sono essenzialmente una ripetizione delle idee che già si trovano nei manoscritti precedentemente pubblicati. Alterazione delie Specie « Credo abbastanza provata l’ alterazione delle specie caggionata col lungo andare, dall’influenza locale, vale a dire dall’esistenza della concatenazione formata dagli analoghi e subanaloghi. Aggiungerò a questo medesimo scopo ancora quest’ osservazione, cioè che esistono specie fra le analoghe che paiono essere antichis- sime e da immenso tempo rimaste in eguali circostanze per cui non (1) Boll. Musei di Zoologia e Anatomia Comparata di Torino. Vol. XXI n. 535, vol. XXIII n. 579, 586, 591. LO furono soggette ad alterazioni sensibili che ne abbiano prodotto delle vicine, bensì delle sensibilissime nella sola catastrofe che distruggendo il primitivo tipo, lo conservò soltanto in parte, ed in altra parte l’alterò senza però allontanarne le forme abbastanza per non potervi più riconoscere le primitive. Queste specie nel passare al nuovo stato, vi passarono pendente un lungo stadio di tempo, pendente il quale le loro spoglie non poterono conservare, e le successive transizioni per conseguenza più non esistono, e come un salto è necessario ora di fare per giungere dall’antico tipo al nuovo. Io citerò all'appoggio di questa asserzione diversi fossili dai quali i discendenti si sono dipartiti non nell’essenziale; ma in qualche parte al punto che nel modo attuale di considerare le cose sarebbero divenute ora delle nuove specie. Tali sono il Dolio che chiamò triplicatum, la Panopoea' che fu illustrata del nome di A/drovandi, ecc. Conseguenza dell’insusistenza in natura di divisioni g qualunque di ordine, per mancanza di limiti La gerarchia graduata delle nostre distribuzioni, convenuto che non esistono veri limiti in loro, poichè gli esseri qualora non si sono per- duti i loro anelli, o intermedii, sono tutti strettamente collegati, ap- punto perchè procedenti gli uni dagli altri, dovrà necessariamente considerarsi come distribuzione non riconosciuta dalla natura, però utilissima per lo studio delle operazioni per le quali la natura passò a cotanto moltiplicare le forme degli esseri nessuno lasciandone per così dire, di intentata, e nessuna lacuna lasciando fra tutte quelle che si potrebbero immaginare perchè compatibili nel senso dell’ armonia necessaria delle rispettive parti e delle loro forme, in una parola, in- compatibili coi piani già adottati dalla natura stessa. Colle distribuzioni nostre il grande scopo non potrà consistere a cercare ciò che non esiste cioè i limiti fissi ad una immensa molti- plicità di divisioni e suddivisioni e di specie che si credono distinte dalla natura stessa, ma bensì a parer mio unicamente a stabilire nel complesso della attuale creazione tanti gruppi gli uni negli altri su- balterni relativamente e perciò sempre meno complessivi di esseri, quasi tutti composti di uno o più esseri centrali, i meglio caratteri- stici per avere i proprii attributi meglio sviluppati od esseri più con- seguentemente più isolati quindi più facili in natura a distinguersi da altri che hanno egualmente attributi proprii localmente armonici e quindi tanto più pronunciati, numerosi e importanti per l’esistenza locale che abbraccierebbero attorno a loro tutti gli altri in ragione della loro maggiore aflinità, e verso i limiti quelli che ne hanno meno a che nella loro qualità di anelli òssia esseri in transizione verso altri gruppi, sono già privi di qualche attributo del proprio gruppo al quale per ogni altro sono visibilmente collegati per gli attributi di maggior importanza. Dietro questo principio proporrei di non voler tanto divi- dere e suddividere onde non esporsi a fondare le divisioni sopra ca- ratteri fissi soltanto per il tempo in cui viviamo noi e li osserviamo, o che finiranno per sparire o moltiplicarsi al punto da cessar poi ogni limite possibile il che condurebbe necessariamente al chaos (se pur [?]) non ci siamo di già per molte famiglie (Curculionidi, Carabi, Sylvie ecc.) cioè quelle che più numerose furono anche più studiate: chi dietro la monografia dei Carabici del C.te Dejan giungerà a ben de- terminare, ed esserne intimamente persuaso, tutti gli Arpalini della propria raccolta? e così dirò d’altri tantissimi gruppi. Il sistema adunque da me adottato non esiggerà limiti fissi che non so ne credere esistenti e tanto meno vederli in pratica. Un certo tatto che l'abitudine d’osservare molto fa acquistare, insegna facilmente come le specie primitive, almeno per rapporto alle nostre conoscenze, el alla nostra egualmente breve esistenza,....(?) e prescinderò da quelle divisioni che fondate sopra differenze delle quali ragionevolmente non si può definire il motivo nè i rapporti che hanno coll’esistenza del- l’essere, ne i rapporti negativi che stabiliscono tra questi e gli altri vicini, semplificandone così la classificazione a commodo più generale, riducendo nel tempo stesso la verbiosa, confusa, variabilissima, in- certa, ed oramai intollerabile mania del nuovo ....(?) di nomenclatura. Tanto più che mai si giungerà ad intendersi poi sull’addottamento dei suoi principii essendo essa alla disposizione dell’ultimo scuolare cui l’accidente somministri un insettuccio o una pianticella a cui nessuno abbia anteriormente badato e ben soventi senza consultare nè i mezzi di farlo, nè gli autori che possono già possederne la priorità in stra- niere contrade. Esempi di questi sopra carichi di nomi generici e di doppi impieghi di una medesima specie per due o più diversi nomi ne abbiamo già tanti che lo studio della sinonimia e della critica che e- sigge, assorbisce oramai l'occupazione intiera del naturalista che il suo tempo molto meglio e più utilmente potrebbe impiegare. Armonizzazione Facoltà degli organici di conformarsi alle circostanze locali, ossia alle influenze, risiede questa facoltà e ne è forse una medesima cosa che la vera vitalità. La vitalità è ovunque ove l’armonia si osserva, la vitalità si sviluppa cogli esseri vitabili in gradi diversi; è tanto minore quanto gli esseri stessi sono più semplici, s’accresce collo svilupparsi dell’ organizzazione vitale, e la modifica in ragione delle impressioni operate dalle cause circondanti, tende a sviluppare, perchè. qual fuoco elettrico nascosto tende , do SV olgersi, ‘a moltiplicarsi, dila-. tar: 1066. Ad un fuoco aio si può benissimo comparare la dilatabilità e lo sviluppo progressivo della vitalità qualora sì fa attenzione che ap- punto i più semplici degli esseri organici sono.i più freddi, quelli che vivono nell’ acqua e sotto terra, meno quegli più elevati che vivono nell'aria e più che tutti i mammali e gli uccelli che sono i meglio organizzati e più vicini di quell’estremo che l’attiva vitalità ha po- tuto attingere colla sua forza sviluppatrice e armonizzante. ‘La vitalità è ancora quella forza che tende a risanare le ferite, a ristabilire certe parti perdute degli esseri organizzati senza che queste . siano dovute nè ai rimedii, nè agli agenti esteriori i. quali non ope- rano altrimenti in questi casi che col contenere il calore e la vitalità, ed impedendo l’azione contraria delle circostanze atmosferiche e d’ogni qualunque agente esteriore non favorevole all’azione della forza vitale. Gruppi geografici Una delle prove più convincenti dell’ influenza locale sono i generi locali, cioè i gruppi di piante e di animali che composti sovente di più generi, e questi di più specie per i nostri Catalogi, tutti fra di loro si collegano per caratteri affatto stranieri alle produzioni delle altre parti del globo, e tutti impressi in quelle di un determinato paese. Di questi gruppi propriamente chiamati geografici, vale a dire proprii di un punto più o meno esteso del globo, abbiamo moltissimi esempii, fra i mammali, gli elefanti, i diversi sottogeneri di scimie, i kanguri ecc. fra gli uccelli, i buceronti, le bufaghe, i cotibri, i tucani i diversi generi della Nuova Olanda, fra i rettili..... fra gli insetti..... e perchè - non maggiormente sparsi questi generi? — La risposta sta nell’armonia reciproca delle circostanze, edin quella dell’organizzazione colle su- dette che la provvida natura tende continuamente a stabilire per la conservazione di tutti i suoi prodotti modificandoli a norma dei loro bisogni che variano necessariamente da un sito all’altro. Se si potesse amettere una creazione locale per ognun punto del globo, questi generi locali rappresenterebbero appunto le immediate discendenze di un solo tipo primitivo poco alterato per la poca va- rietà delle circostanze influenti alle quali si sono assoggettati questi esseri. Ma la creazione essendo, per quanto si crede, stata in un solo luogo e comune a tutte le primitive specie l’esistenza dei generi na- turali locali non possiamo spiegarla che col supporre una permanenza di identità di circostanze in determinati sili che per le catastiofi, e come la. separazione dei continenti per i generi insulari, ha. messo una permanenza negli attributi che distinguono gli esseri primi giunti ed armonizzati con quei siti, dove isolati dai mari o da altri impedi- menti di propagazione si sono vieppiù uniformati fra di loro, per es- sere tutti sottoposti ad una permanente e solo genere di influenza non variato. dalla mescolanza dell’azione di nuove estranee. influenze ne dalla mescolanza delle specie che giuntovi per altre strade e perciò con proprii attributi, avrebbero concorso ad alterarle dal chie però non andarono esenti tutti i gruppi locali, poichè vediamo i marsupiali che si direbbero proprii dell'Australia, anche ritrovarsi nell'America me- rid. e qualcuno anche nell’India ecc. Prove in favore del successivo passaggio che gli animali 3 marini han fatto alla terra E..... (?) ancora del sentimento universale che i primitivi animali ebbero la loro origine nelle acque, gli uni del mare e gli altri dalla pu- tredine. Senza ammettere che l’acqua e molto meno la putredine ab- biano la facoltà di produrre spontaneamente animali e vegetali della natura di quelli che sarebbero accessibili all'occhio del volgo che li estende anche alle specie di organizzazione complicatissima tutto che piccoli, vermiformi e abietti come li dice ; pare cosa provata. che nella acqua ebbe origine il massimo numero non delle piante che sono in’ complesso più fatte per vegetar a terra e respirar l’aria pura; ma degli animali: Le prove sono palpabili. i 1° - I prodotti organico-animali di ogni genere che ci restano delle antiche generazioni sono marini tutti quelli dei primi tempi: marini e fiuviatili, e pochissimi rispettivamente agli acquatici i terrestri; quelli delle generazioni meno antiche, e delle quali le marine in gran parte, le fiuviatili in minor quantità, e i terrestri in tenuissima ‘06- corrono allo stato fossile. Appena i nostri terreni somministrano sopra | 800 circa fossili, una centesima porzione di testacei fiuviatili e’ ter- restri, sulla quale quest’ultimi non entrano che per due o tre specie, delle: quali due elici che potrebbero benissimo non essere che subfossili. | 2° - Le specie si sono perdute» per circa due terzi e per l’altro-terzo han subito in gran parte una degradazione notabile nei mari vicini: attuali, e conservato per quelle delle quali si conoscono gli analoghi, il.primitivo grado nei soli mari equatoriali dei due continenti. 5° + La transazione manifesta che ogni classe.terrestre (cioè ogni piano di organizzazione) presenta per mezzo di specie pi o meno ac- quatiche nelle quali ora in un modo ora in un altro, v’a diversi gradi d’armonizzazione colla vita acquatica, tutti i tratti caratteristici con- - == n ae ciliabili, mediante leggiere modificazioni, s'appartengono alla classe superiore e sono in procinto, per dir così, di riunirsi ai terrestri. Chi crederebbe all’ esistenza dei Cetacei animali sempre acquatici ma a respirazione aerea e alla transizione loro ai mammoli terrestri, se le foche che vengono frapposti come anelli rappresentanti del pas- saggio degli acquatici ai terrestri di vari ordini fossero intieramente spariti nelle catastrofi come tanti altri che non servono che a colle- gare specie con specie, o generi con generi ? Provvidenza della natura La natura provvede ai bisogni degli esseri organici dando loro la facoltà d’ armonizzarsi successivamente ed in ragione dell’ accresci- mento di quei medesimi bisogni motivati dalla variazione delle cir- costanze, coi nuovi bisogni e quindi colle nuove circostanze alle quali sono stati fin dalla loro origine chiamati a sottoporsi in virtù del su- blime e provvido commando di propagarsi e popolar la terra, i mari, i fiumi ecc. che costituiscono il mondo abitabile, e ciò nella perma- nenza dell’ ordine naturale delle cose, ma non provvede ai casi subi- tanei e straordinari cioè d’origine straniera agli esseri medesimi ed alle circostanze colle quali essi si sono messi in armonia come sono le conseguenze naturali delle inondazioni estese e ristrette, degli in- cendii, sconvolgimenti terrestri dovuti tanto al fuoco sotterraneo quanto agli immensi vani che stanno sotto la superficie terrestre ed altre cause o lenti o subitanee, non conosciute che di natura distruggi- trice tutto sconvolsero alla superficie della terra e distrussero quanto non si potè col nuovo sistema formatosi subitaneamente conformare, caso applicabile a tutti quegli innumerevoli animali e piante dei quali ritroviamo ancor ora sepolti nel seno dei monti e dei colli d’origine non primitiva le spoglie più o meno conservate, o più o meno ana- loghe agli esseri attuali in ragione della minor loro antichità e della natura più superficiale dell’ evenimento che ne operò la distruzione. Troviamo diffatti ancora sulla terra e nei mari attuali molti degli animali stessi dei quali i terreni detti terziani ci han conservato le spoglie, di altri ne troviamo ancora le specie non più identiche, ma leggermente alterate, di altri si sono perdute le primitive specie, ma ne ritroviamo ora delle altre al medesimo genere, di altre finalmente, che sono le più antiche, il genere stesso si è affatto perduto forse perchè le prime catastrofi furono più estese, più importanti e di maggior durata. Questi antichi sconvolgimenti della superficie della terra e dei mari, libero effetto di cause ben più attive grandi e generali che sono ine- i nn sagiei af: a I po renti alla costituzione stessa della terra sono certamente di un im- portanza superiore, e ben lungi dal disdire alla divina Sapienza che le permise, essendo conseguenti delle eterne leggi fisiche e chimiche, stabilite per la conservazione del mondo, sono anzi state l’origine del nuovo ordine di cose in cui una maggior perfezione si osserva ovunque fra gli esseri come lo prova l’esistenza attuale dell’uomo in partico- lare, e di altri animali che ne partecipano quanto al fisico, e un più stabile sistema di relazioni fra i diversi agenti, per cui non potrà più essere d’or innanzi sconvolto l’ordine attuale. Difatti i fuochi sotter- ranei che desolavano immense porzioni della terra, si sono ridotti quasi al nulla, e nessuna influenza più non sono capaci d’avere i loro resti sull'ordine e sullo stato della natura dell’epoca attuale. Influenza delle circostanze L'influenza delle circostanze la troviamo naturale, universale, co- stante, perpetua e vera non solamente nelle cose fisiche, ma persino nelle morali; e da quella non volle esimere il Creatore e perpetuo regolatore dell’universo neppure l’uomo morale, lasciandone il libero arbitrio di obbedire all’impero di quelle anche nelle cose contrarie ai precetti particolari imposti in genere alla sua specie; così le circo- stanze, o come più comunemente le chiamiamo, le occasioni, allonta- nano l’uomo dalla retta strada che sarebbe destinato senza quelle a seguitare, col indurlo a peccare volontariamente contro il proprio sen- timento, la tendenza ossia l’inclinazione al peccare diviene tanto mag- giore quanto l’occasione più prossima, più potente e più induttiva. L’evitare queste occasioni che vale quanto dire non esporsi alle cir- costanze che ci eccitano a modificar in male i nostri desiderii e le nostre azioni fu dunque il mezzo di seguire senza ostacolo il primi- tivo ed originale impulso ricevuto verso la buona condotta: ed ebbero origine da questo principio le congregazioni religiose dirette ad al- lontanare l’uomo dalle occasioni dell’errare e dal peccare; ma nella natura non è poi sempre in arbitrio degli esseri (cioè se ne accet- tiamo alcuni come gli uccelli emigranti che abbandonano spontanea- mente prima di sentir le variazioni della stagione e mentre nulla ancor li costringe stante che molti rimangono stazionari in quelle medesime regioni, un paese per recarsi in altro ove la stagione cattiva lo sarà meno per loro) di evitar queste occasioni influenti sul fisico perchè fisica l’influenza loro e variatissima perchè risultamento essa stessa di altre cause influenti ancora egualmente variatissime e prodotto eziandio di altre ed altre fino all’origine del primo impulso ricevuto dalle prime circonstanze contemporanee della Joro origine queste cir- ge costanze prodotte o modificate da altre ed altre anteriori e delle quali s'ignorano i principii e le maniere d'azire, nel tempo stesso che non si possono dagli esseri nè alterare, nè evitare mettono gli esseri nella necessità di perire, ovvero di sottomettersi poco per volta coll’ alte- rare la loro organizzazione e metterla in armonia perfetta con quelle, e come nell’esempio del peccatore esso perde le antiche sue abitudini, le sue credenze, per uniformarsi, quanto al morale, a quegli altri suoi simili che in pari circostanze si trovano. I tanti cangiamenti che fecero successivamente di religione i diversi popoli non sono dovuti che ai cangiamenti anche successivi delle circostanze di ciascun paese, senza questi cangiamenti avressimo ancora la religione primitiva, come senza i cangiamenti di circostanze nelle quali si sono o eventualmente trovati, o spontaneamente esposti gli animali come le piante tutti questi esseri sì rassomiglierebbero ancora ai primitivi, che conserva- vano rapporti od erano in perfetta armonia colle circostanze del luogo ove ebbero la loro origine primitiva tutti gli esseri stati creati di primo commando del Creatore. Animali primitivi frugivori L'’abitudine carnivora e quindi l’organizzazione relativa non paiono di creazione primitiva. Oltre che il ristretto numero di quei primi animali che sono nella creazione stati stabiliti nel medesimo luogo avrebbe cessato di esistere prima ancora che si compisse l’intenzione del Creatore, di servire cioè quelli ad estendere la creazione (chiamo qui creazione non la vera che avrebbe avuto luogo dal nulla, ma quella che con un essere modificandolo ne avrebbe fatto un altro, e da quest'altro altri ancora tanto più diversi dal primitivo quanto più allontanato ne suoi attributi e caratteri dalla diversità delle circo- stanze incontrate nello estendersi sulle altre parti della terra), a mo- tivo del loro appetito che gli avrebbe indotti a divorar gli altri, per la medesima ragione che non possiam neppure ammettere come pri- mitivi tutti i veri animali parassiti, non essendo ragionevole di sup- porre che l’uomo primitivo avesse già ricoverato dentro se tutta la caterva di quei vermi e insetti che l’ avrebbero divorato nel più bel momento di sua libertà, perchè d’organizzazione tale quegl’ animali che non altrimenti avrebbero potuto vivere. La loro apparizione pare debba ricercarsi nei tempi più posteriori e nei quali l’opra del Creatore erasi propagata per ogni dove, aveva riempito il suo scopo, e un termine già si esiggeva al moltiplicarsi dei frugivori, e che la conservazione universale esiggeva moderatori che stabilissero la bilancia tra le piante ed i loro divoratori, che la natura stessa trovò in altri della stessa natura erbivora, che a poco Shi + a poco e per la scarsità del vegetabile e l’abbondanza dell’animale si adattarono a questo alimento secondati dalla loro naturale tendenza al perfezionamento della propria organizzazione modificatasi perciò nel senso della nuova circostanza in cui si sono a poco a poco ri- trovati. Degenerazione in Natura Che gli esseri non solo tendono a modificarsi, non solo in più; ma anche in meno, vale a dire, ma solo a sviluppare, a perfezionare se- condo il nostro modo di vedere la propria organizzazione adattandosi contemporaneamente e successivamente sempre meglio alle nuove cir- costanze, ma anche a perdere nel grado della loro rispettiva organiz- zazione primitiva, e quindi a degenerarsi secondo il medesimo nostro modo di pensare e vedere, è cosa manifesta non solo per la presenza inutile di alcuni organi, degradati fino alla insuperfluità in animali che non ne fanno uso, ma per l’esistenza di una categoria d’esseri ai quali non potrebbesi attribuire origine e abitudini primitive senza offendere le intenzioni che soprastarono alla creazione stessa dell’ u- niverso che tutta doveva essere armonica e consentanea alla conser- vazione degli esseri. Questi esseri sono quegli che vivono abitualmente a dispendio, a danno, a tormento ecc. dell’uomo e degl’animali ai primi- genii dei quali non si potrebbero attribuire i pidocchi, le pulci, le tenie, e ogni altro flagello della vita animale. Tuttavia l’esistenza di questi debbe necessariamente aver avuto un principio, o lungi dal supporla contemporaneamente di quei pochi animali creati d’ogni specie contemporaneamente, e molto meno di una nuova particolare loro creazione, crederei più naturale e più confacente a ogni nostra credenza e al buon senso stesso, di trovarne l’origine per via di suc- cessive e lunghe metamorfosi di specie non parassite d’ animali che introdottisi colla bevanda, cogli alimenti, coll’alito, colle piaghe, colla disposizione propria ad alimentarli ecc. nel corpo degli altri animali vi hanno preso possesso e moltiplicato in ragione dei luoghi abitati, o della differenza delle specie abitate, le specie loro proprie conser- vando fra esse delle analogie in ragione di quelle dei primitivi ani- mali che loro diedero origine per cui formarono gli animali intesti- nali un gruppo molto eterogeneo nei loro caratteri anche i più gene- rali, parendo trar la loro origine da animali di uni superiori gli altri inferiori d’organizzazione e variatissimi questi ultimi anche fra di loro. Sulle grandi e primarie divisioni dei corpi naturali, osservazioni filosofiche del settembre 181" Provai nelle mie pubbliche lezioni, ciò che altronde da altri era già stato sospettato, o indicato, cioè che esisteva in natura una vita cce- SIG | 0 60 mune a tutti i corpi, e per conseguenza una morte egualmente co- mune ed immancabile ad ogni cosa. Lo stato di vita naturale o comune quello chiamai in cui ogni corpo tende da se stesso indipendentemente da forze a lui estranee ad as- similarsi e riuscire a se stesso le diverse sostanze seco lui omogenee, onde prendere un delerminalo grado di accrescimento dopo il quale egli si conserva nel medesimo stato non ostante le forze meccaniche e chimiche che lo circondano e tendono a decomporto. Se ne muore poi il corpo naturale quando venendosi o per causa par- ticolare determinata, o per vetustà a diminuire gradatamente, 0 subi - tamente cessare le forze al corpo inerenti con cui egli teneva le parti sue costiluenti riunite in quel tal ordine, queste se ne separano e st decompongono poco per volla mediante le nuove combinazioni chimiche che în quelle siî operano. Dietro questo principio, l’animale che esce dal suo uovo, cresce e quindi prolonga la sua esistenza sotto una medesima natura di forme, la pianta che s’innalza da terra fino ad una determinata altezza, e che vi si conserva per secoli, tirando dall’aria, e dalla terra un ali- mento continno atto a riparare Ie perdite pure continue che essa fa, vivono di una vita diversa bensi nel numero delle facoltà che com- pongono la loro vita particolare, e nel modo con cui esse si esercitano, ma identica però per l’effetto principale, che è quello di crescere, e quindi di conservarsi, in cui consiste la vera vita, che nel loro caso fu chiamata meritamente vila organica perché essa vi si esercita mediante certi organi alle diverse loro funzioni addattati le quali funzioni essendo maggiori in numero e più complicate nel modo d’es- sere negli animali, costituiscono in questi un genere di vita un poco diverso da quello delle piante, per cui fu chiamata vila animale a differenza di quella delle piante detta vi/a vegetabile o semplicemente vita organica, la quale essenzialmente è la medesima della prima, meno soltanto quelle diversità nel modo d’esecuzione e quelle funzioni che nei soli animali hanno luogo, ed alla sola vita detta annate com- petono. Le due principali funzioni della vita dei corpi organizzati, cioè il formarsi, crescere, sotto certe forme, e proporzioni, ed il conservarsi, sono comuni non solo agli animali ed alle piante, ma agli stessi mi- nerali considerati nel loro vero e particolar modo d’esistenza, che si è quello del loro cristallo, sotto la qual forma crescono, si conservono, formano dei veri individui come si compete ad ogni vera specie di corpo naturale vivo, ed hanno forme costanti nella propria specie, e diverse sempre da quelle di diverse specie. Il loro modo di formarsi, e di crescere diversissimo è bensì da quello che nei corpi organizzati, ai quali solo il nome di ita applicato si I i i ct 3 2 MR 34 — DI vorrebbe, ma chi non sa che anche tra gli stessi corpi organizzati dif- ferenze vi sono nel modo con cui si esercitano quelle medesime fun- zioni, e nel numero e forma degli organi, anzi che fra le stesse piante, e tra gli stessi animali, degli esseri vi sono che per la loro sempli- cità cotanto differiscono dagli altri sotto il rapporto delle loro funzioni dei loro organi, che tra gli esseri organizzati appena si possono col- locare per analogia o per induzione prodotte in noi da osservazioni che supponiamo essere d’immediato risultato della presenza di quelli organi, e delle loro rispettive funzioni (il movimento delle spugne p. es.) quantunque in realtà nè quelli nè quelle esistano, cosichè se vi possono essere animali così semplici per non aver più alcun organo, a più forte ragione ciò deve accadere anche pei vegetabili, ed a ben più forte ancora nei minerali che più lontani da noi, diversissima- mente da noi devono vivere, onde accordando a questi la vi/a la più semplice quella cioè che alcun altra fonzione esigge che quella di formare il proprio individuo colla riunione dei principii e mollecole disseminate, operata per via d’ attrazione, e di accrescerlo mediante il meccanismo il più semplice che è quello dell’applicazione, o justa- posizione esterna di molecole attratte però per propria o plastica forza, ossia attrazione chimica. Accorderemo ai vegetabili una vita più complicata che esigge l’ e- sistenza d’organi particolari per riprodurre la propria specie, ed altri per attrarre dal di fuori la necessaria ed adattata dose di materia per il loro accrescimento (al qual modo di attrarre il nutrimento si dà il nome di nutrirsi) la quale vita si chiama comunemente vita organica. Distingueremo finalmente col nome di vita organica ani- male, o semplicente vila animate quella propria degli animali, che agli organi sopra ennunciati esigge ancora la riunione di altri per il mo- vimento spontaneo, e per le sensazioni. Dal sin qui detto si vede che tra la vita dei minerali, quella delle piante, e quella degli animali, altra differenza non vi passa che nel numero delle fonzioni, minore nei primi, maggiore nelle seconde e più grande ancora negli ultimi, nel modo con cui esse si fanno, che è di- verso in tutti i tre regni e che finalmente accordando il nome di vita alla sola vita dei vegetabili e degli animali, altro nome non vi sarebbe per indicar il modo di esistenza di un minerale allo stato di individuo crescente, sotto il quale esso si assimila agli altri due regni, e da cui a propriamente parlare ne furono sempre riguardati diversi sotto il rapporto dell’esistenza della vita, perchè fu mai sempre mal limitato il regno minerale, che anzi fu sempre questo risguardato come com- posto di tutte le sostanze brute morte e assolutamente estranee ad ogni legge comune agli altri esseri di modo che ai metalli ed alle gemme, si viddero sempre assocciati gli ossidi metallici che sono i Idi metalli allo stato morto e decomposto, le arene ché non sono che frammenti divisi da varii individui, i carboni fossili e le torbe, che. sono veri vegetabili statici conservati da circostanze particolari come le ossa di certi quadrupedi, i pesci fossili, le conchiglie del seno dei terreni di alluvione ecc. che altro di comune non hanno coi veri in- dividui minerali che la propria materia allo stato morto o decomposto. Quanto sia strano e vizioso questo genere d’aggregazioni, e quale sia stato il motivo che spinse i naturalisti ad addottarlo, apparisce. chiaramente dalle due osservazioni seguenti. l" Ammessa la qualità di minerale, come nella zoologia e nella ho- tanica, e quelli soltanto fra i corpi inorganici che formano degli in- dividui. (La divisibilità di un polipo o di una pianta non togliono: niente al vero carattere d’integrità di questi individui, perchè la di- visione non sia portata oltre quel ponto da cui non potendosi più rientegrare, se ne muojono) la riunione dei quali costituisce la vera. specie mineralogica, egli diviene evidente che tutto corpo il quale è divisibile non può più essere riguardato come un minerale, giacchè se è divisibile senza perdere i suoi caratteri, segno si è che egli è amorfo e non costituisce più che una semplice massa di materia mi- nerale del pari che un pezzo di legno può essere diviso e suddiviso, e ciascuna porzione formerà sempre una massa di materia vegetabile e non un individuo vegetabile. Se poi esso è divisibile alterandosi o perdendosi, o dividendosi i suoi caratteri, segno è che per essere perfetto con tuttii suoi attri- buti, non amette divisione, e per conseguenza forma dei veri individui come gli esseri organizzati. Non vi sarebbe altronde maggior ragione per riguardare come un vero individuo minerale un pezzo di ferro fuso, di Kaolino o altra materia minerale, di quel che ne sarebbero per riguardare come un vegetabile un pezzo di legno, una statua, una tela ecc. Quivi ravvi- siamo bensì la materia prodotta da quel tale individuo vegetabile, ma non più l'individuo stesso, come nella statua di marmo ravvisiamo il carbonato di calce: ma non il suo individuo minerale. } SD Dal sin qui detto apparisce che limitando la Zoologia, la Botanica e la Mineralogia a comprendere quelle sole cose che formano specie composte di individui esistenti con tutti i loro caratteri e. proprietà, nello stato attuale del nostro globo, escluderemo dalla prima tutte le. conchiglie, tutte le ossa ed altri resti del mondo antico, cioè che esi- stettero in un tempo in cui le circostanze del globo essendo verosi- milmente state diverse, le sue produzioni erano pure. diverse, ‘e non tutte comparabili con quelle d’oggidi; escluderemo dalla botanica le © piante e i frutti fossili come fortunatamente nessuno finora intraprese pg ET di assocciarli; finalmente dalla mineralogia eseluderemo tutte le s0- stanze semplici o composte che non cristallizzano, cioè le torbe i car- boni fossili ed antraciti, li gas e gli acidi, l’aria, l’acqua, i biturmi, le gomme, le terre, gli ossidi metallici e le roccie o pietra composte. Elementi di zoologia per l'anno 1818 Manoale Zoologico ad uso della scuola di Zoologia della R. Univ. di Torino del Prof. Bonelli Piano degli elementi di Zoologia Principii da svilupparsi negli elementi di Stor. nat. “I manoscritti indicati nel titolo contengono appunti scritti dal Bonelli per una introduzione ad un trattato « di elementi di Zoologia » e che gli servivano anche per esporre le cognizioni generali nel suo corso di lezioni ancora nel 1820, come risulta da una nota a margine scritta dal Bonelli nel manoscritto primo indicato. In questi manoscritti sono ripetuti parecchi dei concetti che si trovano già ampiamente svolti dal Bonelli nei manoscritti da me pre- cedentemente pubblicati. Credo perciò inutile stampare intieramente i manoscritti in questione: ma soltanto ‘i brani di essi che conten- gono concetti nuovi o chiarimenti importanti intorno ad alcune idee del Bonelli accennate in altri suoi scritti. + x% X $ 6. Tutti gli esseri naturali sono composti d’un certo numero di sostanze semplici o credute tali, le quali come elementi variando solo nelle proporzioni possono talora essere affatto identiche in corpi di- versissimi. — Questi elementi che gli antichi limitavauo a quattro, l’acqua cioè, la terra, il fuoco e l’aria sono divenuti in seguito alla nota decomposizione di questi, operata dalla chimica moderna, molto numerosi, e se ne va anzi accrescendo la lista a misura che si va perfezionando l’arte di analizzare esattamente le sostanze. S 7, Dalla prima riunione e combinazione di questi elementi in di- verso numero e in diverse proporzioni, risultano le particelle e mol- lecole componenti dei diversi corpi, le quali sono però ancora così piccole e tenui che non altrimenti, che per uno sforzo d’intendimento noi ce ne formiamo l’idea, e non altrimenti che per un raflinamento di calcolo noi giungiamo a determinarne le forme. $ 8. Queste particelle poi attraendosi e mischiandosi fra di loro in ragione delle loro rispettive forme ed affinità, e secondo certe leggi, PIE pied costituiscono il corpo naturale, il quale è dotato di una vera véla sino al momento in cui cessando l’azione di quelle forze che tenevano le sue molecole primitive riunite tutte in quel determinato ordine, il corpo tendendo a decomporsi, ne succede la 77107°te. In questo solo senso può esser considerata la vita come una proprietà comune anche ai corpi inorganici stessi. $ 9. La vita propriamente detta, ossia quella dei corpi organizzati va riunita ad altre proprietà che non osservansi nei corpi inorganici o bruti, queste sono la nulrizione con cui gli esseri organizzati con- servano il loro individuo e crescono per via d’ assorbimento e frap- posizione di molecole ad altre molecole, e la generazione, con cui i medesimi propagano la loro specie senza che l’ individuo propagante perda nella sua integrità. $ 12. Vengono poi suddivisi i corpi organizzati in due altre sezioni, cioè in corpi organizzati inanimati, ossia provvisti della sola vita or- ganica, che per essere la propria dei vegetabili 0 piante dicesi anche vila vegetativa, ed in corpi animati, ossia provvisti di altre sorta di o*gani per cui, accoppiando alle facoltà della vita organica o vegeta- tiva altre facoltà loro particolari quali sono la sensibilità e la loco- mozione spontanea diventano molto superiori agli altri, per il potere che ne ricevono, di prender cognizione e mettersi in rapporto colle circostanze che li circondano. Questi organi e ficoltà di sentire e di muoversi spontaneamente diconsi oryani e fucolta della vita animale. — Il complesso poi di tutte queste facoltà organiche ed animali in un essere, ne costituisce propriamente l’aniz:a donde gli esseri che le posseggono chiamansi animali. I * x Scopo della St. nat. non può essere «di tutte conoscere le combina- zioni esistenti perchè sempre crescenti, e anzi illimitate; ma quelle sole che nello stato attuale delle cose possiamo osservare e distribuire secondo i gradi di parentela, vale a dire, delle rispettive aflinità le quali non sono mai interrotte che là dove le nostre ricerche non sono ancora suflicientemente inoltrate 0 dove catastrofi e altre circostanze troppo oscure per noi hanno interrotto qualche ramo della serie, non lasciandocene che i vestiggi. è SE Il mondo è stato fatto piuttosto per perfezionarsi che per degradarsi fino all’epoca della sua finale distruzione. ia e che l’uomo sia parto antico della natura, dietro un piano stu- bilito dal principio del mondo, al quale tendono ancora tu tti gli altri apt — n= di posterior formazione senza potervi mai giungere, rimanendovi la- cune che mai si riempiono per non essersi in tempo opportuno svi- luppate certe parti, proporzioni e altri attributi che al solo uomo s'appartengono. Pare questa la vera cagione del salto o lacuna che passa tra l’uomo e la scimia. L'uomo il solo isolato, il solo della sua perfezione, il solo del suo #7ppo (sic), il solo che sia fatto a immagine della Divinità: La scimia è solamente l’apice del ramo animale diretto verso l’uomo, ossia modellatosi nel piano della di lui organizzazione, così che mai parmi che potrà attribuirsi all’ uomo l’ origine in una scimia perfezionata. * x x In natura (dice il Bonelli) non vi è l’esistenza di una vera catena rappresentata dagli esseri sotto forma d’ anelli, nè di un albero dal quale tutti, come i rami dell’albero, da un solo stipite provengano, nè di una rete che ammette bensì connessioni moltiplicate in diverse di- rezioni ma suppone una eguaglianza d’ organizzazione negli esseri, ma all’incontro la creazione di un numero di esseri primitivi, perfetti nella loro organizzazione rispettiva, vale a dire, formati ed armoniz- zati colle circostanze vigenti nel sito nel quale la loro prima abita- zione è stata fissata; atti perciò per la natura della loro organizza- zione a poter convincere (il che esclude gli animali rapaci, parassiti eec.) e dai quali come da altrettanti arbusti ramificati, siansi a se- conda della diversa direzione presa dai rami, diversificata la suces- sione successivamente e fino all’estremo che rappresenterebbe l’odierna popolazione primitivamente originaria di un tippo che può essersi con- servato nel sito di sua prima origine seppur questo non ha come tanti altri, subito cangiamenti per l’effetto e l’azione d’altri agenti stranieri e indipendenti dallo strato superficiale della terra. . O 0 . . 0 O . 0 ® . . L'uomo superiore in tutte le sue facoltà corporali e morali seppe in parte andar allo incontro dell’ azione influente dei diversi climi e locali circostanze ove esso si è trasportato. Le sua specie si è bensi alterata come il veggiamo nelle diverse sue sottospecie o razze come soglionsi denominare quelle dell’uomo, e di tutti gli animali e piante che esso ha assoggettato alle medesime sue circostanze e colla sua arte anche accresciutene le influenze, ma non abbastanza per non ri- conoscere ancora in lui delle forme, delle proporzioni, delle facoltà comuni a tutte che stabiliscono l’unità in ogni tempo e luogo ricono- sciuta della sua specie quantunque non sia facile il riconoscere e sta- bilire il vero tippo primitivo: giacchè il principio di prender per tippo l’uomo di quella sottospecie che più bella e regolare nelle sue forn e e proporzioni a sola competenza del giudicio nostro, è poco ragione- RENT, ,; got vole e tende a fur supporre nelle altre razze una degradazione non presumibile nè conforme all'ordine divino che tende a tutto perfezio- nare nella propria maniera d’essere di ciascun oggetto. Così le razze che noi tacciamo di degradate, quantunque inferiori alla nostra per la bellezza, per lo sviluppo delle facoltà morali e degli organi che vi han rapporto, non le possiamo però giustamente con- siderare che come rami della specie umana, modificati per un altra via, perfezionati in un altro senso, vale a dire influenzate dalle par- ticolari circostanze locali della zona torrida ovvero del polo artico colle quali si sono gradatamente armonizzati, ed in altri termini per- fezionati a norma ed a richiesta dei bisogni di quei siti di natura:così opposta determinati e inerenti alla natura del loro proprio stato di cose. Pubblicato il 5 Aprile 1909 -_L — —— — i 9 el __r——————————————————_—_——_—_—_———__@—_———_—__——————__———— ———————_—________—— mn. Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsa! ile 1429 — Tip Pietro Gerbone — Torino È BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 602 — Volume XXXIV Dott. LUIGI COGNETTI DE MARTIIS I itombrichi dell’Isola Cristmas. Lo studio testè compiuto di una piccola collezione del British Mu- seum di Londra mi ha indotto a coordinare in questa breve nota le conoscenze sulla urilofauna dell’isola Christmas posta a sud di Giava (1). Il prof. D. Rosa aveva avuto prima d’ora occasione dì studiare lom- brichi di quella località pure appartenenti al British Museum; i ri- sultati del suo studio vennero pubblicati nel 1898 (2). Le specie indicate dal Rosa per detta isola sommano a quattro. Altre tre debbonsi ora aggiungere, avendole io trovate nella piccola colle - zione studiata. Le sette specie di cui è nota la presenza all’ isola Christmas ap- partengono alle famiglie Megascolecidae e Glossoscolecidae, e sono, una sola eccettuata, state raccolte anche in altre località più o meno discoste. Si tratta di forme peregrine, le une con abito prettamente terricolo, altre con abito litoraneo marino (3). Fam. Megascolecidae. Subfam. Megascolecinae. Pontodrilus ephippiger Rosa 1898 P. e., Rosa, loc. cit. pag. 281, tav. 9 fig. 4 e 5. 1900 P. e., var. /aysiana MICHAELSEN, Oligochaeta, in: Das Tierreich, Lief. 10; pag. 180. (1) La piccola collezione mi fu inviata dal Prof. F. J. BELL al quale porgo i miei più sinceri ringraziamenti. (2) D. Rosa, On some new Earthworms in the British Muscum, in: Ann. and Mag. of Nat. Hist., ser. 7, vol..2, pag. 277. (3) Per ciò che riguarda l’habitat dei Lombrichi rimando alla pregevole opera 8) — ad 1907 P. e., MICHAELSEN, Olig. von Madagaskar, Comoren ecc. in: Voel- tzkow Reise in Ostafrika 1903-1905; vol. 2°, pag. 43. 1907 P. e., MICHAELSEN, Oligochaeta, in: Die Fauna Suùdwest Austra- liens; vol. 1, pag. 187 (Jena, Fischer), ubi liter. 1908 P. e. COGNETTI, Lombrichi Is. Capo Verde e Golfo di Guinea in: Annali Mus. Civico Genova (ser. 3?) vol. 4 (44) pag. 81. Questa specie venne descritta da Rosa appunto in esemplari della costa orientale dell’isola Christmas. Oggi è nota con certezza la sua esistenza anche a Celebes, alle Hawaii, a Denham in Australia, all’i- sola Sainte Marie a NE. di Madagascar, e ancora alle isole del Capo Verde, alle isole Bissao nel Golfo di Guinea. Pont. ep. à specie lito- ranea marina, che vive nella sabbia umida sotto gli amassi di alghe morte. Megascolex mauritii (Kinb). 1900 M. wm., MICHAELSEN, Oligochaeta, in: Das Tierreich, Lief. 10, pag. 227, ubi liter. Questa specie, terricola come tutte le congeneri, venne da Rosa (loc. cit. 1898) segnalata all’ isola Christams costa orientale. Trovasi pure a Sumatra, Nias, Borneo; in Cina, a Singapore, in Birmania, nella penisola indiana; a Ceylon, Minikoy, alle Seychelle, a Mauritius, a Madagascar, e a Zanzibar. Pheretima cingulata (Vaillant). 1900 Amyntas cingulalus, BEDDARD, Revis. gen. Amyntas (= Peri- chaeta), in: Proc. Zool. Soc. London 1900, pag. 615, ubi syn. Loc.: Baia Flying Fish, is. Christmas. Questa specie terricola trovasi pure a Giava, Sumatra, Celebes, Men- tawei, alle Filippine, e sulle coste dello stretto di Torres. Pheretima brevis (Rosa). 1898 Perichaeta brevis, RosA, loc. cit. pag. 283. Questa specie non venne finora raccolta che all’isola Christmas, costa orientale. Pheretima posthuma (Vaillant). 1900 Amyntas posthumus, BEDDARD, Revis. gen. Amyntas (= Perichaeta), in: Proc. Zool. Soc. London 1900, pag. 641, ubi syn. di MICHARLSEN: Die Geographische Verbreitung der Oligochaeten (Berlin, Fried- linder 1903), in cui il primo capitolo tratta diffusamente questo soggetto. A pag. 173 v'è una lista delle tre specie terricole note fino al 1903 nella fauna dell’ isolw Christmas. PART: pe 1900 4722. posih., BEDDARD, On Earthworms « Skeat Exped. » Malay Penins. 1899-1900, in: Proc. Zool. Soc. London 1900, pag. 892. 1902 Pheret. posth., Bepp. e FEDARB, On a new Coelomic Organ in Earthworm, in: Proc. Zool. Soc. London 1902, II, pag. 164. Questa specie, già da Rosa trovata nella collezione di cui diede conto nel suo lavoro del 1898, ritrovai io nella piccola collezione della baia Flying Fish, rappresentata da tre esemplari adulti. Uno di questi mostra anomalia nella disposizione delle papi/e presso i pori maschili: in luogo di un paio al 17° e un paio al 19°, ne possiede un paio al 19° e un paio al 20°, e inoltre possiede una papilla sola al 17° posta sul lato sinistro, tutte le papille tuttavia pur sempre allineate con i pori maschili. Riguardo ai caratteri interni va notato che Pher. posth. ha il primo paio di capsule seminali posto al 10° segmento contro la parete an- teriore del setto 10-11; il secondo paio di capsule, assai più svilup- pato, è all’11°, ove avvolge pure il primo paio di sacchi seminali. Questa specie venne raccolta oltrechè all’is. Christmas anche nelle seguenti località: is. Groot - Bastaard presso Flores, Giava, Celebes, Molucche, Filippine, Cocincina, Malacca, Calcutta, is. Bahama. Subfam. Trigastrimae. Questa sottofamiglia comprende quattro generi, uno dei quali — Dichogaster — molto ricco di specie (oltre 115), e rappresentato in una zona tropicale perigea. Coordinai recentemente (1) i quattro ge- ‘neri in una tavola dicotomica. Dichogaster papillata (Fisen). 1900 D. pap. var. hawaiiensis, MICHAELSEN, Oligochaeta, in: Das Tier- reich, Lief. 10, pag. 341 e 342, ubi liter. 1903 D. p., MICHAELSEN, Geogr. Verbr. Olig., pag. 112. 1909 D. p., COGNETTI, Nota sulla drilofauna del Benadir, in: Boll. Musei Torino, vol. 24, n° 600 pag. 2. Trovai due adulti di questa piccola specie peregrina nella piccola collezione della Baia Flying Fish. Dich. p. già venne raccolta nelle seguenti località: Messico, California, is. Hawaii, is. Samoa, Benadir. Fam. Glossoscolecidae. Subfam. G@lossoseslecinne. Rimando a un mio lavoro su « Gli Oligocheti della Regione Neotropi- (1) COGNETTI DE MartuSs 1905, Gli Oligocheti della Regione Neotropicale, parte I, in: Mem. R. Accad, Sci, Torino (ser. 2°) vol. 56, pag. 33. der fia cale » (1) per la revisione di questa sottofamiglia, caratteristica di detta regione, e per una tavola dicotomica dei suoi generi. Fontoscolex corethrvrurus (Fr. Mill.) 1900 P. c. + P. arenicola, MICHAELSEN, Oligochaeta, in: Das Tierrich, Lief. 10, pag. 425. 1908 2. c., MIcHAELSEN, Die Oligochiten Westindiens, in: Zool. Jahrb., Suppl. 11, Heft. 1, pag. 29, ubi liter. Due adulti e varì giovani di questa specie fanno parte della piccola collezione della Baia Flying Fish. 7. c. venne già raccolto a Giava; è originario della regione nectropicale, di dove si diffuse ampiamente come chiaro dimostra la piccola cartina redatta da MICHAELSEN nel suo lavoro già citato sulla distribuzione geografica degli Oligocheti (carta0l*). (1) Parte seconda, in: Mem. R. Ace, delle Scienze, Torino (ser. 2%) vol. 56, pag. 147, e segg. Pubblicato il 5 Aprile 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile. 1433 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino =" i Numero 603 — Volume XXIV = Dott. ALFREDO BORELLI Nuove forficole del Kashmir (india) Le specie descritte nella presente nota vennero raccolte insieme ad altri insetti dal Conte Calciati durante l'esplorazione Bullock- Vorkman nel N. E. del Kashmir e furono da lui generosamente man- date in dono al R. Museo di Zoologia di Torino. Mi faccio un dovere di ringraziare il distinto gentiluomo al quale sono lieto di dedicare una: delle due specie nuove da lui scoperte: l’Anechura Calciatii. Gen. Pseudisolabis, Burr. ... Pseudisolabis, Burr in: Ann. Mag. Nat. Hist. (8), II, p. 254 (1908). i Pseudisolabis burrî, n. sp. Capo nero-pece, clipeo bianco sporco labbro superiore e palpi boez cali bruni; liscio e lucente, più lungo che largo, cordiforme, alquanto convesso, leggermente declive lungo il margine posteriore ; suture non distinte ad eccezione dell’occipitale segnata da un solco ben marcato. Antenne-di 150 16 articoli bruni, pubescenti, di forma tipica del genere, Pronoto nero-pece coi lati bruni, liscio e lucente, quadrangolare sensibilmente più largo che lungo, anteriormente della larghezza del capo poco più largo posteriormente; pianeggiante coi margini late- rali riflessi, margine posteriore tronco ; superficie superiore segnatà per metà della sua lunghezza da un leggero solco mediano. Mesonoto e metanoto molto leggermente punteggiati, pubescenti. Mesonoto più di due: volte largo che'lungo, coi lati non carenati, il margine posteriore tronco e gli angoli posteriori arrotondati. Meta- noto allargantesi sensibilmente, dall’avanti all’indietro col margine po: steriore concavo e gli angoli posteriori arrotondati e alquanto sporgenti} OOO Di Zampe: femori ingrossati di colore nero-pece col terzo distale giallo, tibie molto più sottili brune coll’estremità distale gialla, tarsi giallo-bruni forniti inferiormente di fitti peli, il primo articolo lungo quanto il secondo ed il terzo uniti, il secondo uguale ai due-terzi del terzo, il terzo più sottile. Segmenti dell'addome molto leggermente punteggiati, pubescenti con alcuni peli più lunghi sui lati, allargantisi dal primo al sesto restrin- gentisi dal settimo all’ultimo, poco convessi. Terzo e quarto segmenti privi di pieghe tubercolari, quinto sesto e settimo segmenti prolun- gati lateralmente in angolo ottuso oltre il margine posteriore e mu- niti di una leggera carena longitudinale. Ultimo segmento di larghezza superiore a due volte la lunghezza, quadrangolare a lati paralleli; superiormente fortemente convesso, quasi tumido, nei due terzi ante- riori, declive lungo i margini posteriori e laterali, la parte convessa arrotonlata posteriormente, il tratto declive limitato da due ripiega- ture dirette obliquamente verso l’esterno sporgenti leggermente sopra le carene mediane delle branche della pinzetta, margine posteriore tronco fra le branche della pinzetta, obliquo lateralmente. Segmenti inferiori di colore bruno -rossiccio coperti di una pube- scenza gialla; penultimo segmento trasverso largamente arrotondato posteriormente, ultimo segmento quasi completamente nascosto, ridotto a 2 piccoli lobi laterali appena sporgenti oltre i margini del penultimo. Pigidio appena distinto, trasverso, trapezoide coll’apice posteriore sporgente ad angolo ottuso. i Branche della pinzetta simmetriche e volte all’insù, distanti fra loro alla base, triquetre diritte e dirette obliquamente verso l’esterno per due terzi della loro lunghezza poi cilindriche, fortemente incur- vate l’una verso l’altra e assotigliantisi sino alle punte che non s’in- contrano; internamente liscie e leggermente bordate inferiormente. Di colore nero - pece coll’apice rossiccio. g Segmenti dell'addome allargantisi meno che nel d'; ultimo se- gmento trasverso, trapezoide restringentesi sensibilmente nella parte posteriore, convesso, regolarmente declive dall’avanti all'indietro, for- nito nella parte posteriore di una depressione triangolare, nel mezzo della quale notasi un piccolo solco longitudinale, fiancheggiata da due sporgenze triangolari sopra le branche della pinzetta; margine posteriore fortemente concavo fra le due sporgenze, leggermente con- cavo e obliquo lateralmente. Pigidio sporgente in forma di punta triangolare. Branche della pinzetta separate dal pigidio, triquetre e dirette per più dei tre quarti della loro lunghezza poi arcate verso l’interno ; in- grossate alla base per un breve tratto indi assottigliantisi alle spese «del margine interno sino alle punte acuminate che s’incrociano; inter- ‘namente liscie col margine inferiore leggermente sporgente. Penultimo segmento ventrale fortemente arrotondato. Lunghezza totale : 9 13, 9 11 mm. » della pinzetta: & poco più di 2, 9 1,5 Loc. 43 e 3 9 raccolti lungo la strada che conduce da Sirinagur a Gilghit, N. E. del Kashmir; altitudine 2500 metri circa, maggio 1908. Specie molto vicina alla Pseudosolabis alkeri Burr, tipo del ge- nere, dalla quale essa differisce principalmente per la lucentezza del “capo e del pronoto, per le piccole carene che ornano i lati dei se- gmenti 5-7 dell'addome e la forma caratteristica dell’ultimo segmento. Gen. Anechura Scudd. Anechura, Scudder in: P. Boston Loc., v. XXVIII p. 289 (1876). Anechura calciatii n. sp. Capo rosso - ferrugineo ornato sulla fronte di una grande macchia inerastra, clipeo rosso-ferrugineo, labbro superiore castagno ornato di rosso -ferrugineo, mandibole e palpi mascellari rosso-ferruginei oscu- «rati di bruno; rugoloso con alcuni peli su gli angoli posteriori, su- ture trasversale e principalmente occipitale distinte. Antenne di 12 articoli castagni, il primo più oscuro, pubescenti. Pronoto nero-pece coi margini laterali bruni, quadrangolare di lar- «ghezza appena inferiore a quella del capo e alquanto superiore alla propria lunghezza, margini laterali diritti e leggermente riflessi, mar- gine ed angoli posteriori arrotondati: superficie superiore debolmente convessa, rugolosa, segnata per metà della sua lunghezza da un leg- gero solco. Elitre bruno-rossiccie, di lunghezza superiore a una volta e mezzo «quella del pronoto, sparsamente punteggiate con alcuni peli sui lati, margini posteriori obliqui verso l’esterno, angoli interni apicali, arro- tondati. i Ali molto brevi appena sporgenti oltre i margini delle elitre, dello stesso colore più chiaro. Zampe testacee coll’estremità distale dei femori e l’estremità pros- simale delle tibie nerastre. Segmenti dell'addome nero-pece, rugolosi e sparsamente punteggiati; pieghe tubercolari dei terzo e quarto segmenti ben marcate. Ultimo . segmento rosso-ferrugineo oscurato di nero sui lati e lungo il margine posteriore, quadrangolare, di larghezza pressochè doppia della lun- - ghezza; margine posteriore leggermente concavo fra le branche della. «pinzetta e fornito di due grossi tubercoli spiniformi corrispondenti = alla base delle branche, i quali limitano una grande depressione che- occupa il terzo posteriore del segmento, in questa depressione notasi una piccola fossetta mediana. Pigidio trasverso, molto più Jargo che lungo, volto all’insù nella metà posteriore, col margine posteriore arrotondato e frastagliato. Branche della pinzetta rosso - ferruginee colle punte oscurate di bruno, punteggiate e pubescenti, distanti fra loro, robuste allargate e diritte vicino alla base per un breve tratto, poi assotigliantisi ed in- curvantisi leggermente e gradatamente sino alle punte che s° incon- trano. Superiormente arrotondate e armate internamente, in corri- spondenza dell’apice del pigidio, di un forte dente spiniforme, a poca distanza di questo ed inferiormente notasi un’altro dente spiniforme poco più grosso, ugualmente nero ma rivolto all'indietro ed all’ingiù. Segmenti inferiori dell'addome bruno rossicci rugolosi e più forte- mente punteggiati che i superiori, penultimo segmento posteriormente subtriangolare coll’apice arrotondato. Segmenti dell’addome restringentisi posteriormente più che nel dg;. ultimo segmento dorsale nero-pece, trapezoide, fornito di due ripiega, ture al posto dei due tubercoli. così spiccati nel de. Pigidio trapezoide col margine posteriore compresso e fornito di 3. punte di cui una mediana e due sugli angoli. Branche della pinzetta contigue, inermi, allargate vicino alla base poi assot.tigliantisi gradatamente sino alle punte acuminate che s’incro- ciano, diritte quasi per tutta la loro lunghezza, leggermente incur- vate verso, l’apice. Lunghezza totale: ® 15,5; 9 18 mm. » della pinzetta: 0 4; 9 4,5 mm. Loc. 1 de 3 6, lungo la strada che conduce da Sirinagur a Gilghit, altitudine 2500, m. circa, maggio 1908. Specie vicina all’Anechura sokotrana Burr dalla quale essa diffe- risce per. il colore del capo e delle elitre, la presenza delle ali e dî un dente inferiore nelle branche della pinzetta e la forma caratteri- stica del pigidio. Amechura zubovshif Sem. A. Semenow, Horae Soc. ent. Ross. t. XXXV p. 4, 1901. Loc. 1 9 lungo la strada che conduce da Sirinagur a Gilghit, alti tudive 2500 m. circa, maggio 1908. Pubblicato li 5 Aprile 1909 i. "Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile \ 142 — Tip. Pietro Gerbane — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di ‘Torino Numiero 604 — Volume XXXIV Dott. LuIiGI COGNETTI DE MARTIIS Diagnosi preliminari di due nuove PHERETIMA e di due nuovi EUDRILINI. In una collezione di lombrichi ‘esotici testè ‘affidatami dal I. R. Museo di Storia. Naturale di Vienna ho trovato quattro nuove specie, una «elle quali è tipo di un nuovo genere. Il lavoro completo sulla . collezione in discorso verrà pubblicato negli Annali di quell’ I, R. Museo. Qui riferisco le diagnosi delle nuove specie. Pheretima Zavattarif n. sp. Un esemplare. Lunghezza mm. 100, diametro mm. 5; segmenti 80. Capo zigolobo. Setole ‘assenti al clitello; 28 al 3° segm., 60 al 10°, 70 al 17°, 100 al 28°. Clitello 14°-16°. Pori ‘maschili al 18°, grossi, ventrali, preceduti ognuno da un piccolo tubercolo; fra i due pori 18 setole. Pori. delle spermateche appaiati ?/; e 5/, affatto laterali. Primo poro dorsale ‘'/,,. Dissepimenti 8-9 e 9-10 assenti. Ciechi intestinali semplici, estesi dal 26° nel 25° segmento. Capsule seminali appaiate al 10° e 11°, sacchi seminali allungati all’11° e 12°. Prostate prive di borsa muscolare, con canale sigmoide. Spermateche con diverticolo lungo quanto 1’ ampolla e il canale presi assieme. Loc.: Madagascar. Pheretima Rechingeri n. sp. Un esemplare. Lunghezza mm. 70, diametro 4-5 mm. ; segmenti 83. Capo epilobo ‘/,. Setole assenti al clitello; setole robuste alla faccia ventrale dei segmenti 3°6°; 24 al 4° segm: e al 6°, 45 al 7°, 50 al 26°. Clitello 14°-16°. Pori maschili al 18% seguiti ognuno da 3-4 papille ventosiformi disposte in due serie trasverse, alterne; fra i due pori 14 setole. Pori delle spermateche °/; 5/7 ?/s, allineati coi pori maschili; fita i pori di un paio */, del perimetro. Primo poro dorsale ‘9/,,. Disscpimenti 8-9 e 9-10 assenti. Ciechi intestinali al 26°, un po’ in- taccati al margine inferiore.; Capsule seminali al 10° e 4/,, (1). Prostate prive di borsa muscolare. con canale avvolto in un giro di spira; ghian- dole piriformi presso ogni poro maschile. Spermateehe con ampolla pi - ‘riforme a canale-flessuoso, diverticolo pari in lunghezza al canale. Loc: Isole Samoa. Rosadieilus camerunemnsis n. gen. (2) n. sp. Un esemplare. Lunghezza mm. 190, diametro mm. 4-6; segmenti 313. Capo pro - lobo. Setole, ventrali. ampiamente geminate alla regione media e po- steriore del corpo, setole dorsali geminate streftamente. ‘Pori sessuali maschili, femminili; e delle spermateche appaiati. Due paia di aper- ture prostatiche, al 17° il primo, al 18° il secondo, quest’ultimo con . Valore di pori maschili. ‘Aperture. delle . spermateche !°/,;, presso la «Tinea mediana ventrale. Pa ‘‘unisce il vestibolo spermatecale all’ovisacco. È ia 5 Ventriglio muscoloso al 5° ; tasche aa HOpart i mediane o venitiani ‘al. 10°:e 119; un paio di “A calcifere al 13°. Sacco tubuloso ‘av- volgente l'apparato riproduttore, la catena gongli: re ventrale, e Ate cCa- nale digerente dopo il setto ‘*/,;. Olandrico. Serbatoi seminali al 10° e 11°. Padiglioni dei-vasi’deferenti nei:sacchi-seminali posti all’11° e al de Due paia di prostate con follicoli di setole peniali. Apparato sper- matecale con ampolle fuse dorsalmente in organo unico periesofageo ; ‘un diverticolo presso‘ogni poro spermatecale. Su ciascun lato un tubo Loc.: Camerun. Eminoscolex Steindachneri n. Sp. ‘Un esemplare. i da Lunghezza mm. 70, diametro mm. 5; segmenti 120. Capo pro-epilobo */.. Setole geminate; ampiamente le ventrali, un po’ strettamente dorsali. Clitello 14°-18°. Pori maschili ‘*/,g. Pori delle spermateche ‘*/,, in direzione dei fascì dorsali. (1) Le capsule erano irriconoscibili nel tipo; le potei vedere in un ‘esemplare della stessa specie proveniente da Honolulu, del quale è fatto cenno in una mia . mota che verrà pubblicata nel « Bollettino del Laboratorio di zoologia generale e agraria della‘ R. Scuola s8upi.*. d'Agricoltnra in' Portici », vol. III. : (2) Dedicato al Prof. Daniele Rosa dell’Istituto di Studî Superiori ip Fira? Sto Ventriglio muscoloso al 5°, tasche chilifere impari mediane ven- rali al 9°, 10°, e 11°, un paio di ghiandole calcifere al 13°. Testes li- beri al 10° e 11°; serbatoi seminali al 10° e 11°; padiglioni dei vasi deferenti contenuti nei sacchi seminali posti all’11° el2°. Prostate con tratto prossimale grosso, lungo circa 4 vo!te il tratto distale che è ‘sottile, sigmoide. Capsule ovariche tubolose al 13°, continuate ognuna ‘ in due tubi diretti all’ovisacco e all’ampolla della spermateca. Ovidotto brevissimo. Spermateca con ampolla sacciforme e canale sottile. Loc. : Camerun. esesgotel soda i ni (aa 1% VARI SRG \ È WILISES, alt ‘n° À TESUTENONA 1 9 0 RG I 00 TI sì h 4446” _ Do Pietro = ora - Torino. nb Lit BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino ne——_—t__ — ene — = === = Numero 605 — Volume XXIV Dott. EDOARDO ZAVATTARI Imenotteri del Kashmir, Durante la spedizione Bullock-Vorkman nel N. E. del Kashmir il Dott. Conte Cesare Calciati, che di tale spedizione faceva parte, rac- colse alcuni insetti, che, generosamente inviava in dono al R. Museo. Zoologico di Torino. Fra questi insetti vi erano pure i pochi imenot- tori, di cui è fatta parola in questa breve nota, che vennero più spe- cialmente raccolti lungo la strada che conduce da Sirinagar a Gilghit N. E. Kashmir; altitudine 2500 m. s. I. d. m. maggio 1908. « La faune du Cachemire, du Pendjab et de la Rajputana est encore très peu ou pas connue, elle paraît étre surtout paléarctique et. serait fort interessante à mieux connaitre ainsi que celle de l’Af- ghanistan, comme passage à la faune de l’Inde proprement dite » così scriveva Forel nell’introduzione ad un suo studio sulle formiche del Museo Zoolg. dell’Accademia Imp. delle Scienze di Pietroburgo: (1). Ed invero la fauna di tali regioni è pochissimo conosciuta, per cui questa piccola raccolta porta un qualche contributo e meritava. perciò di essere segnalata. Al distinto donatore vadano pertanto i miei più vivi ringraziamenti, | | qua Apidae \ 33 Bombus melanurus Lep. vl Morawitz. Bulletin de l’Acad. Imp. Scien. de St. Pétersbourg, Tom. 1 XXVI., 1880. p. 337, n. 1. (B. allaîcus). ir 2 Esemplari 9 %. Specie dell'Europa orientale, Asia settentrionale è centrale: (1) Annuaire du Musée Zoolog. de Vl’ Académie imperiale de TR de. Bb. Pé tersbourg, Tom. VIII. pag. 368, 1903, 1.82 A SE e B:mbus prshewalshkyi Mor. Morawitz. idem. pag. 342, n. 15. 2 Esemplari 9 %. Specie esclusiva, anche secondo Friese (Annuaire du Maglio ZOO- logique de l’Acad. imp. des Sciences de St. Pétersbourg. Tom. IX 1904 pag. 518 n. 11) dell'Asia centrale e più specialmente del Kashmir, * Eomhus longiceps. Smith. Smith. Hymenoptera in Scientif. Results of the Second Yarkand Mission. Calcutta 1878, p. 9, n. 20. 7 Esemplari d (3) 9 3 (4). Siccome la descrizione di Smith è molto breve e non considera che in poca parte i caratteri plastici, così credo utile ridarne una altra più completa. 9 haud 9. Caput satis longum, genis laliludine apicis pauto lon- gioribus, labro fovea profunda medio instructo. Hirsuties corporis satis longa, densa, praesertim supra thoracem, aequalis, velutina; So ventrale ullimum laevissimae carinatum. Long. 16 mm. o. Antennae salis longae, fiagellti articulo secundo quarto fere sesqui longiore, mandibularum barba flavescens. Segmentum ventrale ultimum parce incisum. Long. 16 mm. È Parles genilales. Spata longa atque lata, apice laevissime serrata angulis lateralibus calde prominulis. Sagittae' aa apicem volutae, apice ipso lransverse dilalato el intus longe producto. Stipes excavalione interiore profunda, apice rotun- dato, ada basim in laminam rotundatam calde producta: Squama magna in duas lamellas divisa, lametta postica foliata atque leviter carinata. Lacinia distincte squamam superans, valde medio coarctata, apice interno Mo sparse el breve pilosa. i gi. Altro - hirsutus, thorace toto laele pilis citrinis vestito, segmientis tribus ullimis puniceis, larsis piceis fulvo-hirtis; mas ut femmina, sed elypeo cîtrino piloso utrinquée el superne pilis nigris marginato (non col clipeo totalmente nero, come dice Smith). Friese (Annuaire du Musée Zoolg. de l’° Acad. Imp. des Sciences. de St. Pétersbourg Tom. IX 1904 p. 522 n. 13) considera il 5. longiceps Smith come una varietà del B. Rortorum Lin. L'esame dell’ apparato copulatore del maschio però separa in modo definitivo queste due specie. Basta invero confrontare la figura da me disegnata dell’appa- rato copulatore del 2. ‘orngiceps Smith con quella del B. XKortorum Lin. data 0 da Radoszkowski (Bulletin de la Société imper. des Natu- ralistes de Moscou Tom, LIX 1884 Tav, IV fig. 36) o da Smiedecknecht PED (Apidae europaeae, 1882-84, Tav. 8 fig. 1-2) per convincersi'che queste due specie non hanno alcuna stretta parentela. La forma caratteri- stica della sagitta accartocciata su di se stessa e successivamente prolungata in senso trasversale, la squama bifida e tutte le varie forme delle altri parti avvicinano invece il 2. longiceps al B. vorli- cosus. Gerst. (Radoszkowski, op. cit. Tav. I fig. 11) od ancor meglio al morailzii Rad. (Radoszkowski, op. cit. pag. 89, Fig. 44). Tuttavia differisce pure da essi per la forma un po’ diversa della squama, per la scavatura piu profonda della stipes, per la lacinia terminata in- ternamente con una specie di uncino. Volendo adunque instituire dei rapporti fra le varie specie di Bonus dovremo piuttosto concludere che il B. /ongiceps appartiene. al gruppo del B.: WirAeini Radszk. (Radoszkowski op. cit. pag. 65) alla qual ultima specie si avvicina pure per la colorazione (Radoszkowski, Bulletin de da Société Imp. des Naturalistes de Moscou Tom. XXXII, 1859, pag. 482. Tav. V fig. 4) dal quale differisce nulla di meno, per non avere.i primi due segmenti dell'addome ricoperti di peluria. citrina. È | Aylocopa violacea Liùn. Friese. Bienen Europas.Th. VI. 1901. p. 202. : n! Esemplare Ci Specie comunissima in tutta la regione Rata Vespidae Vespa germanica Fabr. sii Buysson. Ann. Soc... Ent. France. Vol. LXXIII, 1904, p. 609. ì Esemplare è. Specie comunissima e ne diffusa in tutta È Ti li ‘parte ‘dell’ Asìa, Africa SARA America del Nord, Filippine, dti Sechi ica ecc. È Eumenes mavillosa De Geer. RP Spec. Hyménopt. Europ. Algerie Tom., II, 1881 p. 630, n..12 (Eu. tinctor Christ). l Esemplare s.. Ma i x Questa specie.non è stata mai citata, per quanto mi risulta, del- ‘I° Asia centrale, dna Dalla Torre in Vespidae (Wystman, Genera In- sectorum) 1904 p. 23 n. 118 da come patria dell Eumenes marillosa D. G. solamente l'Africa. Anche Bingham negli Imenotteri della Fauna of British India non rammenta ] Eumenes maxiltosa. Io non dubito però a riferire alla specie di De Geer, l'esemplare del Kashmir, poichè confrontandolo con parecchi individui provenienti da varie località del- l'Africa non ò potuto riscontrare alcuna differenza fra quest'ultimi ed dA SY ica il primo. E assai interessante ritrovare quindi ad oltre 2500 m. s. 1 ‘d. m. fra specie esclusivamente paleartiche una forma propria invece delle regioni equatoriali dell’Africa. Eumenes anomaluas n. sp. O Ferrugineus, mandibulis margine interno, clypeo situ oculorun i atque macula supra clypeuin, antennarun articulo proòno, macula parva in marginis protho;racis medio atque dimiidio apicale parti segmentorum secundo usque ad sertun ciltrino piclis. Macula nigra in ca- pitis vertice. Alae luteae, apice fuscentes. Antennarum arliculus ulti;nus pareus, brevissimus, globosus. Ab- ‘domiinis petiolus ‘ut in divisio della Saussure. Segimenti dorsalis ultimi ‘aper inlaminam productus atque dilatatus, (fig. b) segimentuim ventrale ultimmuon abbreviatum atque inflatum (fig. a). Long. corp. 24 nin. Il colorito generale del corpo è ferrugineo, un po’ abbrunito in cor- rispondenza delle suture del torace e soltanto il vertice intorno agli ocelli e la base del peziolo addominale sono neri. La metà interna delle mandibole, il clipeo, una macchia occupante ciascun seno ‘ocu- lare, un’altra triangolare fra la base delle antenne, la faccia anteriore dello scapo, una linea lungo le orbite posteriori, una macchia appena accennata sulla parte media del margine del protorace, il terzo poste- riore del secondo segmento addominale, le metà posteriori del terzo, quarto, quinto e sesto segmento di un bel colorito giallo citrino. An- tennè abbrunate verso le estremità; zampe totalmente ferruginee più oscure alla base dei femori, più chiare ai tarsi. Ali limpide, flave- ‘scenti, con una macchia bruna sul loro apice. ‘.' Clipeo ricoperto di pubescenza breve argentata. Mandibole molto lunghe leggermente dentellate lungo il margine interno, clipeo ta- gliato dritto con gli angoli arrotondati, antenne ingrossantisi verso l'estremità, col tredicesimo articolo brevissimo globiforme mon for- mante nè un uncino, nè applicantesi contro gli articoli precedenti. Peziolo addominale come nella divisione delta di Saussure, con i due denti laterali assai sviluppati e la parte estrema alquanto ri- gonfia, con un solco dorsale mediano poco profondo. “Settimo segmento addominale stranamente conformato. Il tergite è “dapprima assai compresso lateralmente poi si assotiglia per successiva- mente allargarsi a formare una lamina disposta trasversalmente col margine leggermente ondulato (fig. 9). Lo sternite è rigonfio trasver- salmente e forma una specie di cercine, in seguito termina appuntito contro la faccia interna del tergite (fig. a). I margini del tergite e dello sternite delimitano fia di loro una rima molto ampia. | Il facies generale ricorda molto l'Emenes petiolata Fabr. però da questa si distingue per la diversa colorazione, per la formy dell'ultimo articolo delle antenne. che nell’ Exmenes petiolala è lungo ed appli- cato contro gli altri articoli, mentre nell’ Z#77,720nes ano0malrs è breve e globoso. Anche il peziolo addominale è alquanto differente, più glo- boso nella nuova specie che non nella specie di Fabricius. Vi è poi la forma dell'ultimo segmento tutt'affatto speciale. Infatti dapprima sono rimasto molto dubbioso se dovessi considerare questo esemplare come una nuova specie o non piuttosto come una mostruosità. | La forma stranissima dell'ultimo anello addominale, quale non s’in- contra in nessun'altra specie di eumenide farebbe piuttosto propendere per la seconda opinione. Ma la detormità, se così si può chiamare tale caratteristica forma, è simmetrica e regolare, inoltre anche gli altri caratteri morfologici sono differenti dalla specie più vicina, per cui io ò creduto conveniente di descrivere questo individuo come una specie distinta, lasciando che ulteriori materiali possono risolvere la ‘que- stione nell’uno o nell’aitro senso. Formicidao Camponotus maculatus thoracieus Fab. var. xerxes For. Emery. Deut. Entom. Zeitschrift, 1908 p. 195. 4 Esemplari è. La varietà rer.wres è propria dell'Asia centrale ed occidentale, e più specialmente della regione transcaspica e della Persia e non è mai stata citata del Kashmir. sphegidae Ammophila (Psammophila) hirsuta Scop. var. mepalensis Zavattari (1). Zavattari. Bollettino Musei Zoolg. Anat. Comp. Torino Vol. XXIV, N. 596 - 1909. l Esemplare ?. Ammophila (Psammophila) caucasica Mocsary. Kohl. Annalen K. K. Hoffmuseums. Wien B. XXI 1906, p. 294, n. 20. (1) Gl’imenotteri elencati in questo breve lavoro mi vennero inviati in due ri- prese. Il primo invio conteneva solamente poche specie, e portava l’indicazione : Himalaia, Nepal. Per conseguenza io chiamai questa varietà nepalensis. L’ invio successivo più numeroso, invece portava l'indicazione precisa che è riportata iu principio della nota, e conteneva le forme più interessanti e che meritavano di essere segnalate. 2 Esemplari o < Sono rimasto di dubbioso se riferire tali due isomplari iaquesta od alla specie 4/fîinis Kirby, data però la mole piuttosto piccola, sopra- tutto del o (13 mm) ò creduto esatto riferirli alla specie di Mocsary Mutillidae Pseudophotopsis Homarovi Radszk. André. Spec. Hyménopt. Europ. Algerie, Tom. VIII, 1899, p. 163 n. i. 1 Esemplare e. Specie citata dell’Algeria, Egitto, Cipro, Caucaso e Turkestan. g g pro, Chrysididae Chrysis (Tetrachrysis) nitidula Fabr. Buysson. Spec. Hyménopt. Europ. Algerie, Tom. VI, 1891 pp. 48485 N. 93. 1 Esemplare 0. Specie citata. da Mocsary di tutte l'Europa, della Siberi ia; Turke- stan, ed anche dell’ America settentrionale. RETTIFICA Avendo inviata una copia di questa nota al dott. Calciati, ricevetti da esso una lettera nella quale mi scrive, che ripensando ricorda con certezza di aver raccolto l’Eumenes maxillosa D. G., anziché nel Kashmir, a Bombay nei primi d'ottobre. Mi affretto perciò a rettificare quanto scrissi nelle pagine prece- denti. — L’Eumenes maxillosa D. G. non fu dunque raccolto fra Si- rinagar e Gilghit, ma a Bombay. Viene così chiarito un fatto che mi era parso interessante e nello stesso tempo motto strano, la presenza cioè fra specie esclusivamente paleartiche di una forma propria alle regioni equatoriali dell’ Africa. E..Z Pubblicato il 21 Aprile 1909 2 5 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 4455 — Tip, Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino _—————= Numero 606 — Volume XXIV = Prof. LORENZO CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX ER i manoscritti di Franco Andrea Bonelli VII. Franco Andrea Bonelli fu nominato Professore nell’Università di Torino nell’anno 1811, e per 19 anni vale a dire fino al 1830, epoca della sua morte, insegnò dalla cattedra le teorie Lamarkiane e le sue proprie intorno alla evoluzione degli animali. Fino al 1814; come ri- sulta dai manoscritti da me pubblicati in questo bollettino (XXI. n. 535 — XXIII. n. 579 - 586 - 591 — XXIV n. 601) egli trattò i vari argo- menti di filosofia naturale senza alcuna preoccupazione. Dopo il 1814, vale a dire dopo la sistaurazione, le cose in Piemonte cambiarono e sebbene il Bonelli insistesse sempre sulla variabilità della specie, tuttavia senti più volte l'opportunità di dimostrare che ciò che egli insegnava era in perfetta armonia colla Genesi. Sono a tal riguardo interessanti i manoscritti che qui vengono stam- pati dai quali appare lo sforzo che il Bonelli faceva per stabilire una conciliazione fra le teorie evolutive e la Genesi e dai quali appare anche come spesso siano assai curiosi e di tenne valore gli STORIA che egli porta. Sulle conseguenze della soverchia moltiplicazione delle specie in storia naturale e Sull'Unità del Genere umano, provata colla incostanza o variabilità degli animali e questa coll’osservazione e colle parole della Genesi. Sin dai tempi i più remoti non isfuggirono all'occhio umano le di- verse affinità che regnano evidentemente fra certi esseri alironde però ancora fra di loro più o meno distinti e queste affinità, ovvero reciproche rassomiglianze, si osservarono in tanto maggior numero dl’esseri quanto fu maggiore quello degli esseri messi a confronto. Da questa prima osservazione nacque l’idea, che il tempo comprovò sempre più, dell’esistenza di una certa concatenazione non interrotta fra gli esseri, e che fu dal Bonnet colle prove che il suo tempo per- metteva di ofirire, stabilita e denominata la Catena degli esseri; quale + fosse però il motivo ed il fine della natura. nell’esistenza di questa e come essa fosse una necessaria conseguenza di una legge naturale, di una legge cioè imposta ab initio dal Creatore medesimo, non era cosa che si potesse in allora ancor travvedere, Moltiplicatesi le ricerche e quindi i mezzi di paragonare un im- menso numero d’oggetti, la suddetta osservazione del Bonnet diventò una verità tanto più importante che le affinità dal dotto e oculato naturalista non solo furono travvedute tra un essere ed un altro; ma tra un essere e molti altri contemporaneamente e di natura ora, iden- tica ora affatto diversa, il che non permette più di ammettere, quel- l’unica e continuata catena che gli esseri tutti, tra due estremi, col- locando alla fila l'universalità loro, avrebbe compreso. Non v'ha diffatti classe, ordine, famiglia, o genere alquanto nume- roso in specie d’animali o di pianie che non ci presenti molte specie fra di loro già in egual erado affini ed affini poi anche. ciascuna, ad una 0 più altre e che ad un tempo non ne contenga. eziandio uno 0 più che conservino delle intime affinità colle specie di più altri, ge- neri cogli uni per un verso, cogli altri per un altro, e la medesima affinità l’osserviamo nelle divisioni di 1° e ?° ordine paragonate, fra di loro, dal che nasce quell’idea più conforme all'osservazione, del- l’esistenza in natura non di una catena, ma d’una rete o meglio, assai di una intricatissima diramazione della quale gli esseri affini rappre- senterebbero il tronco e la sua separazione in due, o più rami, ed. i meno affini le estremità «dei medesimi e gli esseri maggiormente. af- fini che l’arte non giunge che scarsamente e incertamente a distin- guere come lo sono per modo di esempio le farfalle tutte Qui si presenta naturalmente la questione se questi punti di contatto, questi anelli rappresentati dagli esseri animali e piante che tra di loro hanno una evidente, decisa affinità, siano da riguardarsi come esseri stati sempre e originariamente simili, oppur come sem- plici alterazioni, o come sì suol dire, degenerazioni di alcuno di quegli altri che già stan vicini. Oltre all’impossibilità riconosciuta nella pratica in entomologia, in malaeologia, in botanica, di poter distinguere e assegnare a questi es- seri dei caratteri esclusivi, costanti, sì cade con questa ipotesi in un gravissimo inconveniente disdicevole al decoro della comune origine trasmessaci dalle S. Carte, della specie umana, quello cioè di dover poi ammettere, per niecessaria conseguenza, come appunto lo vediamo fare, ora due ora trenta e più specie d’uomini, poichè fisicamente par- tando, le differenze che passano fra le principali, e sovente anche tra le varietà ‘subalternie d’uomini, sono diffatti ben più conseguenti e importanti che non quelle che passano tra un animale ed un altro, una pianta ed un’altra, di quelle alle quali si attribuisce, nel uso, il nome di vera specie, e ne prendo la prova nel Merlo e nel Tordo nel..... fra i quali il colore, anzi una porzione sola di questo costi- tuisce tutta la differenza specifica fra di loro non comparabile certa- mente colle differenze che presenta un africano paragonato ad un eù- ropeo. Tenendusi pertanto all’unità primitiva della specie umana, non pos- siamo allontanarci dal principio solo che concilia questa verità col fatto, vale a dire, ammettendo in essa, e per analogia negli altri es- seri, una certa variabilità, incostanza, versatilità, suscettibilità di alterarsi ossia di variare in conseguenza e in direzione dell’influenza che hanno su lui e sugli altri animali le circostanze fisiche nelle quali si trova. Questa tendenza è provata: 1° Col fatto nell’uomo che, creato in un solo individuo e di qua- lunque conformità e colore si voglia supporre essere stato primitiva- mente, dovette di necessità modificarlo in diversi sensi per presentare in ora le diversità che lo distinguono in negro, in mongolico, in caù- casico, in eschimese ed altre varietà o razze tra di loro diverse quanio lo possono essere le specie le più distinte d’animali e di piante nei generi molto ridotti e così detti naturali. 2° Col fatto negli animali e nelle piante, fra i quali le specie do- mestiche ci offrono analoghe diversità sviluppatesi fra gli individui di ciascuna specie primitiva, per cui si formarono altrettante varietà in loro, che, quantunque comunemente denominate razze, appunto per- Wd# peas chè sì ha luogo di crederle d’un’origine comune, presentano non ostante caratteri differenziali che provano l’incostanza dei primitivi ed ori- ginali di ciascuno, e che paragonati con quegli altri leggeri caratteri che ci servono a distinguere le specie nei generi più numerosi sono infinitamente più importanti, e più distinti come appunto lo vediamo tra le diverse razze di cani, di colombi, di pecore ecc. paragonate alle diverse così dette specie nei generi del pipistrello, della scimia, del papilione, della tignuola, del ceritio, della cyprea, del corvo e senza cercar ulteriori e più lontani esempi, degli stessi summentovati generi del cane, del colombo, e della pecora. 3° Coll’espresso divino comando che la Genesi ci ha trasmesso, n. cioè che il Creatore dopo aver fatto. : loro ingiunse colle parole Crescile el a dosaggi a a quest’ultimo commando il senso il più ovvio e naturale quello cioè di moltiplicarsi in individui col mezzo della generazione ; è affatto evi- dente che, a meno di supporre un pleonasmo, cosa contraria alla con- cisione che osserviamo dapertutto nelle divine carte, e per altra parte l'accrescimento conseguente di quel primo commando non potendo es- sere un accrescimento di volume, stante che sappiamo dalle istesse S. Carte che gli animali primitivi, non meno che l’uomo furono creati adulti e perfetti, ma bensì un accrescimento di numero; questo acere- scimento numerico non si può diversamente immaginare che con una moltiplicazione diversa dalla naturale e perciò con una tendenza a diversificare le loro forme in ragione della maggiore o minore diver- sità dei climi, dei viveri, dei bisogni motivati dalla crescente molti- plicazione loro medesima, ed altre circostanze locali alle quali per la varia superficie della terra, nel propagarsi dovette necessariamente soggiacere. La S. Scrittura non fa precisa specificazione né del numero né della qualità degli animali e delle altre produzioni nell'atto della creazione, primitive collocate dal Creatore sulla terra onde servire di tippo alle loro generazioni future, per cui ci è permesso di credere ciò che vi è di più naturale e consentaneo al buon senso, vale a dire, che gli esseri primitivi o prototipi delle specie fossero di una struttura per- fetta e perciò assolutamente armonica coi loro bisogni e colle circo- stanze locali nelle quali furono primitivamente collocati. — Erano allora già creati gli altri, fissato il corso e la rispettiva influenza loro quindi anche la varietà che tratto tratto la terra doveva pre- sentare sulla sua superficie rispetto al clima e conseguentemente ai mezzi che avrebbe offerto al mantenimento degli esseri organizzati. Nessuno perciò dei primitivi animali dotati di forme che armoniche colla loro primitiva abitazione, divenivano discordanti in ragione che se ne allontanavano, poteva obbedendo al generale impulso che quel commando divino aveva dato alla natura intiera recarsi altrove e procurarsi e prosperarsi senza gradatamente modificarsi e presen- tarsi completamente sotto sembianza di esseri animali diversi per cui il numero loro dovette accrescersi senza limite, nessun limite avendo messo il Supremo Creatore al sno duplice commando, Crescite et mul- liplicamini. La Genesi nel raccontarci la creazione degli animali non ne speci- fica le qualità nè il numero, noi siamo perciò al buio nè nessun mezzo abbiamo per quanto credo, di giungere a conoscere quei prototipi degli animali attuali; ma riconosciuta una volta in loro, come non possiamo a meno di riconoscerlo nell’uomo, la tendenza a cangiare, e modificarsi a seconda della variazione dei bisogni e delle circostanze; qualunque poi sia il nome che a queste variazioni vog'iam dare di specie, di razze, di varietà, di abberrazioni, anomalie, trasformazioni, di dege- nerazioni o altro ne risulterà sempre in favore della religione e della scienza che la verità vogliono egualmente, la conciliazione di: più questioni che rimaste indecise lasciano dell’ambiguità nelle opinioni e pregiudicano direttamente la solidità della morale. Dissert. sulla incostanza, instabilità, versatilità della specie negli animali, e sue conseguenze nella loro classificazione (1) Nelle mie pubbliche lezioni ho più volte avuto occasione di mani- festare con più o meno di argomenti e di precauzioni un’opinione che credo di tutta certezza nella sua essenza, conforme alla credenza cristiana, ma alquanto difficile a concepirsi da chi non ha una estesa ed esatta cognizione non dirò della Storia Naturale in complesso neppur d’uno dei 3 regni, ma soltanto di una classe, 0 anche semplicemente di un'intera famiglia purché numerosa in specie. Io lasciai più volte travvedere che ero ben lontano dal credere d’origine primitiva, cioè contemporanea della creazione tutte quelle moltiplicatissime varietà d’esseri alle quali si usa ora dare il nome (1) E un piccolo brano di nn lavoro che doveva essere più esteso e che non pare che il Borelli abbia continuato. DARI di specie quantunque i caratteri che li distinguono tra di loro con- sistàno in minute differenze di proporzione in alcuna parte loro, in leggere differenze di colore, soventi di tinta soltanto, e anche di mac- chie diverse di forma, di posizione, o di grandezza rispettiva ecc. e travvidi sempre in questo abuso dell’arte di distinguere gli esseri due inevitabili inconvenienti, l’uno quello di condurci a non poter più di- stinguere alcuna specie determinata a norma di quel principio e di dover infine riconoscere che tutte non sono che varietà ossia altera- zioni d'un piccolo numero di primitive che non possiamo però deter- minare. L’altro più grave e contraddittorio colle parole del S. Testo (e per cui mi attenni a sostenere il primo) quello di condurci come diffatti successe alla necessità di ammettere per analogia, e per la necessaria conseguenza del modo di considerare le cose, anche nel- uomo la pluralità delle specie fondata sulla quantità delle differenze fisiche che da un celo all’altro esso presenta e per il sempre mede- simo principio, che si sarebbe adottato per le specie degli animali, anche a riconoscere nell'uomo l’originalità delle medesime. Creazione La creazione fu locale poichè il Creatore presentò ad Adamo tutti gli animali. Essa fu unica poichè nulla sappiamo di contrario, che anzi il Creatore ordinò ai viventi di moltiplicarsi e crescere. Essa fu di esseri perfetti in quanto all’età adulta e in quanto alla rispettiva loro organizzazione giacché tutti dovettero vivere da prin- cipio nel medesimo suolo ove furono creati, epperciò avere una orgà- nizzazione nel rispettivo rango loro assegnato, propria e adattata di cibi, al clima e alle circostanze del sito, armonica cioè colle eirco- stanze, senza del che ne sarebbero periti e ciò non poteva essere nello scopo ne l’intenzione dell’ordine divino primitivamente stabilito per la popolazione universale del mondo. Gli esseri dovettero tutti dunque avere la loro origine da questi primi ,ma il mondo era già formato, la sua posizione rispettivamente al sole già stabilita, la varietà risultante peri climi, e per l'idoneità diversa nelle diverse posizioni a ricoverare ed alimentare esseri di- versi era fissata e nessuno degli esseri di prima creazione vi si po- teva sussistere senza esservi in armonia cioè avere le forme, le pro- porzioni, i colori e gli altri attributi individuali consentanei a quelle diverse circostanze. (> n si) Fu dunque saviezza somma quella colla quale mediante il suo divino commando, il Creatore loro impose di crescere in numero e di molti- plicarsi in individui, dando loro quella suscettibilità di accomodarsi alle diverse circostanze prodotte dalla diversità delle rispettive posi- zioni locali, con recarvi per gradi insensibili, e modificare le loro abi- tudini, e le loro forme in ragione della diversa azione delle suddette nuove circostanze. Era mente della Creazione che la materia somministrasse alla ma- teria, che fosse in questa conservato un equilibrio proprio alla con- servazione della medesima, quindi che ovunque esistesse certa misura nelle varie produzioni, che non amettesse ne esiggesse distruzione totale dell’una, ma bensi che essa passasse continuamente e succes- sivamente e sotto forme diverse nella universale serie degli esseri. Questo fine l’ottenne la natura nella graduazione degli esseri, gra- duazione che osserviamo in tutto, e sotto diversi aspetti. Difiatti la vita acquatica, terrestre, aerea ci presentano questa graduazione, la vita distruggitrice dell’altrui e chiave della rigenerazione d'ogni cosa, l’osserviamo in gradi diversissimi. Nulla v’ha sulla terra veramente isolato e sui generis, ovunque esiste la concatenazione, conseguenza necessaria delle leggi conservatrici del mondo, e ciò che la materie brutte non eseguiscono con organi, le proprietà fisiche chimice di diversi agenti lo fanno, ed ogni materia a lungo andare è destinata a comporne altre, a decomporsi nuovamente, a ricomporsi ancora in modi diversi dai primi per sempre presentarsi sotto forme nuove ossia pro- gressivamente più adattate ed armoniche coi luoghi. da alri SR da NT E DI g | Pubblicato il 10 Maggio 1909 STE I Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile O 1487 — Tip. Pietro Gerbone — Torino rie MORE DEI Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino === Numero 60" — Volume XXIV "=" T. SALVADORI Nota intorno al GARRULUS MELANOCEPHALUS Gené. ll Museo di Torino possiede ancora i due tipi del Gary2/s meta- noceplialus descritto e figurato dal Gené (Mem. R. Acc. Sc. Tor. XXXVII p. 293, Tav. I, 1834 (1)). Questi fece notare che essi erano cià stati riconosciuti dal Bonelli siccome appartenenti ad una specie non ancora descritta, che egli aveva chiamato Corvus melanocephalus nel Museo di Torino e nel relativo catalogo ai numeri 4092 e 4103. Richiamo su ciò l’attenzione, giacchè il Dresser (B. of Eur. IV. p. 495) afferma di avere ricercato invano quel nome negli scritti del Bonelli, laddove, se avesse più diligentemente esaminato il lavoro originale del Gené, vi avrebbe facilmente trovato quale parte avesse avuto il Bonelli nel: denominare la specie. I due esemplari tipici erano stati inviati al Museo di Torino dal sig. Crolla medico e chimico piemontese, il quale li aveva raccolti presso Balbek, 0 Baalbek (\'antica Heliopolis), non sul monte Libano, come si afferma generalmente, ma in un altipiano posto fra i monti Li- bano ed Antilibano. Questa cosa merita di essere notata, giacché finora quegli esemplari sono stati considerati come identici col tipo del Ga; rulus atricapittus (Geoffr. St. Hil.), del quale non sappiamo esattamente il luogo di provenienza, venendo esso vagamente indicato come Libano (Coll. Botta). Oltre agli esemplari suddetti, il Museo di Torino possiede un esem- plare raccolto dal Dr. Festa presso Es-Salt (Boll. Mus. Tor. n. 174, (1) Sebbene la Memoria del Gené si trovi nel volume XXXVII, che porta Ja data 1834, essa era stata letta nella seduta dell’accademia del 24 febbraio 1833. paz. 4, sp. 56, 1894), cioè in un luogo cirta 2 gradi più meridionale di Balbek, ed un altro similissimo, ma d’ignota provenienza. Questi due esemplari somigliano ai due di Balbek per avere il pileo nero, le piume nasali, la fronte, la gola ed i lati della testa hianchi, ma ne diffe- riscono per avere il bianco della fronte molto più esteso in addietro, le piume anteriori del pileo più cospicuamente marginate di bianco, e pel colore vinaceo del dorso più chiaro e più vivo. Io penso che tali esem- plari appartengano al vero Garrulus atricapittus (Geoffr. St. Hil.), dal quale, secondo me, il G. melanocephatus Gené sarebbe sufficientemente distinto, ed intermedio fra quello ed il G. Ar&icki. Anche la forma delle piume del pileo dei due esemplari, che io considero siccome appartenenti al G. atricapittus, è alquanto diversa da quella delle stesse piume del pileo del G. melanocephalus, essendo quelle piume più arrotondate all’apice, meno lunghe e formanti un ciuffo poco sviluppato. Segue da quanto ho esposto che il @. aticapillus (Geoffr. St. Hil.) ed il G. melanocephalus (ené (ex Bonelli) sono due forme abbastanza distinte. Page ti » ffi A . LU pé #4 # RA. Alle gi A Madcaan Y o P. Pubblicato il 10 Maggio 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Diretiore responsabile — 1488 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino e XXXIV Numero 608 — Volum CARLO POLLONERA NOTE MALACOLOGICHE IV. Sui Limacidi della Siria e della Palestina. Parecchi anni fa avevo incominciato a studiare un piccolo numero di Limacidi raccolt: in varie località della Siria e della Palestina dal Dott. E. Festa, ma altre occupazioni mi costrinsero allora ad inter- rompere il mio lavoro. Lo riprendo ora in condizioni meno favorevoli, perchè in alcune boccette essendosi svaporato l'alcool, qualcuno di quegli animali si è dissecato per modo da rendere impossibili certe ricerche anatomiche. ‘'uttavia, malgrado ciò, il materiale che rimane è ancora meritevole di studio. Heynemann nel 1885 (Die nackt Landpulm. des Erdbodens) enu- merando le specie di quelle regioni, fino allora conosciute, cita le seguenti: Limarx barypus Bgt., berylensis Bgt., eustriclus Bgt., Ehren- bergi Bgt., phoeniciacus Bgt, tenellus Mull.; quest’ultima citata da Tristram. A queste aggiunge sulla fede di Boettger(Binnenconch. aus Syrien, 1882) i L. varzegatus Drap. e agrestis L. Recentemente poi il Dott. Simroth (Nachr. Blatt. d. deut. Mala- cozool. Ges., 1906) descrisse il L. Cecconii di Gerusalemme. Di queste 9 specie due devono essere eliminate, cioè i L. Elren- bergi Bgt. e fenellus Mull. Bourgnignat ha dato il nome di L. Ehrenbergi ad una limaccia di Beyrut che Ehremberg aveva attribuito al L. varzegatus, ed aveva descritto come priva di limacella. Evidentemente questo fu un errore di osservazione di Ehrenberg, poichè Heynemann potè esaminare nel Museo di Berlino un esemplare originale di Ehrenberg e assicurarsi Lei ad che esso apparteneva al L. variegalus Drap. (Mavus L.) Dunque il nome creato da Bourgnignat deve essese radiato. Quanto al ZL. lenelus, citato da Tristram, anch’esso va cancellato dall’elenco delle specie della Palestina perchè non vive là. Questo nome è certamente dovuto ad un errore di determinazione. Oltre a ciò, se si seguisse l’opinione del Dott. Boettger, bisogne- rebbe ancora radiare il L. pRoeniciacus Bgt, che secondo lui non sarebbe che un agrestis ; ma io esito ancora ad accettare questa iden- tificazione e preferisco mantenere ancora, almeno provvisoriamente, questa specie. Resterebbero così finora accertate 7 specie per la Siria e la Palestina, ed a queste io credo di doverne aggiungere altre 4 che ritengo nuove. Passo senz’altro alla loro enumerazione. 1 Limax flavus L. (variegatus Drap.) Beyrut, Nahr-el Kelb, Brumana nel Libano, Baalbek, Haiffa. Il Dott. Festa non raccolse questa specie, 2. Blalacolimax Cecconi - Simroth - Fig. 11, 12, Limax Cecconii (partim) Simroth, 1906, 1. c. p. 20 et 34. Il Dott. Simroth ha riunito sotto un solo nome due specie; una unicolore ed una a macchie pallide con una zona mediana dorsale pallida che si stende fino al cappuccio. È per questa ragione che egli riscontrò due modi differenti nei rapporti fra il pene ed il suo canale deferente. Io limito il nome di M. Cecconti alla forma unicolore e ne do una descrizione regolare poichè il Dott. Simroth ha tralasciato di darla. «A. niger vel nigricans unicolor, nec maculis nec zonis notatus, lateraliter leviter pallidior; solea medio pallida, zonis lateralibus omnino vel partim nigrescentibus. Dorsum minute rugosum, rugis tuberculosis; postice brevissime et obtuse carinatum. Clypeus minute rugosus, postice acute angulitus. Long. dorsi 10; long. clypei 6; long. soleae 14 !/, mill. ». Hab. Gerusalemme (Cecconi e Festa). La radula di questa specie è, come in tutte le altre di questo genere, del tipo di quella degli Agrio/îmax; e quindi ben differente da quella dei veri Limax. Il pene è brevissimo e tozzo ; il suo canale deferente è ben termi- nale più grosso nella sua parte inferiore si assottiglia nella superiore. La borsa copulatrice è formata da due rigonfiamenti sovrapposti e da un collo brevissimo. è lunga quanto il pene col suo canale defe- rente. La vagina nella sua parte inferiore è grossa e piriforme. 5. MI. Festac n. sp. Z. Cecconii Simr. (partim) - Fig. 17, 18. « A. niger vel nigricans, maculis pallidioribus conspersus et zonula dorsali pallida usque ad clypeum producta notatus; solea pallida, ip E margine externo nigrescente. Dorsaum rugosum, rugis subpentagona- libus, non tuberculosis, sulcis nigrescentibus, postice breviter sed sat acute carinatum. Clypeus minute rugosus, postice acute angulatus ; nigricans, maculis pallidioribus variegatus. Long. dorsì 12; long. clypei 7; long. soleae 17 mill. ». Hab. Gerusalemme (Cecconi e Festa). Esternamente questa specie differisce dalla precedente per le sue dimensioni un poco maggiori; per le macchie chiare sparse sul dorso e sul cappuccio e per la striscia chiara dorsale che sono visibili anche negli individui di tinta più scura; per le rugosità del dorso non tubercolose e per la breve carena più aguzza. L'apparato ripro:luttore differisce per l’ingrossamento terminale della vagina cilindrico e non piriforme, ma più ancora per il. pene più grosso e per il canale deferente non esattamente terminale, ma che sbocca un po’ lateralmente, lasciando terminare il pene in un piccolo sacco a fondo ceco. 3. MI. hierosulymitamus n. sp. - Fig. 19. « A pallide et sordide cinereus, ab lateribus pallidior, sulcis nigre- scentibus reticulatus, ad caudam breviter et obtusissime carinatus, utrinque maculae nigrescentes, irregulares, fere indistinctae, carinam concomitantes; rugis dorsalibus numerosis, brevibus, subpolygonalibus. Clypeus postice obtuse sed distincte cuneatus, maculis nigrescentibus latis, nebulosis (praesertim in parte mediana) obscuratus; apertura pulmonea parum postmediana. Solea pallida, zonis lateralibus flavo-ci- nereis, zona mediana flavescente. Long. dorsi 17; long. clypei 9; long. soleae 22 mill. Hab. Gerusalemme (Festa). Esternamente differisce dal M. Cecconzi per le sue dimensioni assai maggiori per la sua colorazione pallida a macchie sfumate grigio- nerastre (invece di nera unicolore) per le zone laterali della suola più chiare di quella mediana. Anche le rughe del dorso sono affatto diverse nelle due specie, perchè quelle del Xier0so/ymilanus sono appiattite, poligonali e divise da solchi nerastri ben segnati; quelle del Cecconîi invece sono più piccole a solchi meno visibili e con 2 o 3 sporgenze tubercoliformi su ciascuna ruga, cosicchè l’aspetto del suo dorso appare tutto granuloso. Il pene è brevissimo e tozzo, col canale deferente ancora più breve, e esattamente terminale. La borsa copulatrice piccola e ovale con un collo lungo e grosso, dilatato nella sua parte mediana, e lateralmente. a questa dilatazione una piccolissima ‘appendice ovale, sostenuta da un sottilissimo penducolo, che non ho ancora mai ossevato in nessuna altra specie. = {= Il canale digerente è a 6 circonvoluzioni e senza caecum, come nelle due specie precedenti, ma mi sembra più ritorto che non in quelle. Che sia questa la specie attribuita al L. leneltus dal Tristram? 5. MI, depictus n. sp. - Fig. 14, 15, 16 = L. eustrictus Boettg. (non Bgt.) Binneconch. aus Syrien - 1882. « A. mediocriter rugosus, brevissime et perobtuse carinatus ; pallide ochraceus; griseo, brunneo et nigro obscuratus et zonatus. Dorsum superne zona pallide ochracea lata (antice posticeque minuente), extus adjuta zonula nigerrima subinterrupta signatum; deinde maculis gri- seis dilutis, versus pedem evanidis, conspersum. Clypeus parvulus, postice obtuse angulatus et fere indistincte circumscriptus; apertura pulmonea postmediana; pars mediana pallide ochracea maculis dilutis pallide brunneis obscurata, zonula nigerrima irregulari circumscripta; deinde maculis griseis, versus margines inferiores evanidis, conspersus. Solea pallida unicolor. Long. dorsi, 14; long. clypei, 7'/,; long. soleae, 19 mill. ». Hab. Dscherash (Est del Giordano); Festa. Haiffa, spiaggia presso Tiro, e Brumana nel Libano; Boettger. L'unico esemplare raccolto dal Dott. Festa era ancora giovane, co- sicchè non ho potuto esaminare l'apparato riproduttore affatto rudi- mentale. Il canale di gerente è a 6 circonvoluzioni e senza caecum, ma molto contorto. La 1* circonvoluzione, anch’essa molto ripiegata, forma due gomiti e la sua parte grossa (lo stomaco) non giunge che al 2° gomito; dopo questo si direbbe che incomincia l’intestino, cosicchè lo stomaco sembra quasi assumere la conformazione e la lunghezza di quello degli Agriolimazr. L’ornamentazione di questa specie ricorda quella del L. armenia- cus Simroth, accennando pure a quella del gen. Lytopette per la parte mediana del cappuccio chiara, deliminata dalla fascia scurissima e irregolare e sfumata sul contorno esterno. Singolarissima è la fascia chiara del dorso, che si ristringe tanto all’avanti qaanto all’indietro. Il limite fra la parte posteriore del cappuccio e il dorso è quasi invisibile, tanto è poco marcato. Non si può confondere questa specie col L. armeniacus per la chia- rezza della parte mediana del suo cappuccio; per le sue zone nere sfu- mate al contorno esterno invece di essere contornate di chiaro; per la zona dorsale chiara assai più larga e che va restringendosi anche verso il cappuccio. Ma quello che separa assolutamente queste due specie è il cappuccio molto più piccolo nel depictus, non arrotondato posteriormente e ad apertura polmonare distintamente postmediana, mentre nell’a7n2en/acus è antemediana. La posizione anteriore dell’a- 39); AS pertura polmonare in quest’ultima specie la avvicinerebbe al gen. Paralimax, ma il suo canale digerente con 6 circonvoluzioni, mentre nel Paralimax ve ne sono 4 soltanto, non permette che la si com- prenda in questo genere. Perciò bisognerà accettare l’infelice deno- minazione di Vitrinoides, proposta dal Simroth nel 1891 e quindi da lui abbandonata e chiamarla: Virinoides armeniacus Simroth. 6. Agriolimax pheniciacus — Lima» pheniciacus Bgt. Cat. mol. Saulcey, 1853, p. 4*; pl. I. fig. 1-4. Hab. Dintorni di Beyrut (Bgt.). Specie ancora dubbia. Il D.r Boettger la crede identica all’agrestis, ed Heynemann dice che, stando alla figura, potrebbe anche essere uno stadio giovanile del L. //avus. Quest'ultima supposizione non mi sembra molto fondata. Più probabile è quella del Boettger; ma tanto dalla descrizione dell'A. preniciams, come dalla figura, si vede che questa specie ha una distinta fascia chiara dorsale che dalla carena va fino al cappuccio: ora questa fascia chiara, così netta, non si riscontra negli agrestis d’ Europa, nè l’ ho trovata in quelli di Gerusalemme rac- colti dal D.r Festa. Per queste ragioni conservo ancora la denomina- zione di Bourguignat. 7. A. agrestis L. Hab. Haiffa (Boettger): Gerusalemme (Festa). Non conosco gli esemplari di Haiffa. Quelli di Gerusalemme sono affatto simili a molti europei e più o meno abbondantemente screziati di bruno. Anche anatomicamente sono identici ai nostri, e soltanto forse il c@cum dell’intestino è un po’ più sviluppato, e citi un poco più lontano dall’apertura anale. 8. A. berytensis Bgt. - Limax berytensis Bgt.; Cat. moll. Sauley, 1853, p. 5, OC Rio ns 5- ta Hab. Beyrut (Saulcy); Nahr-el-Kelb, Djebel Kneiseh, Brumana (Li- bano), Tiro, Damasco, Baalbek (Boettger); Afsa, sorgente del Nahr- Ibrahim (Festa). Malgrado la sua colorazione uniformemente nera o nerastra, si di- stinguerà anche dall’esterno facilmente questa specie dal Malac. Cec- conii per le sue dimensioni assai maggiori, per il cappuccio appena ottusamente acuminato al di dietro, per le rughe del dorso meno ser- rate, piatte e non tubercolose, e per l’apertura polmonare largamente e nettamente marginata di un grigio più chiaro che la tinta del cappuccio. bescrivendo, nel 1853, questa specie, il Bourguignat ebbe sotto gli occhi esemplari che si erano poco contratti nel liquido che li conser- vava, cosicchè tanto il collo che il capo sporgevano in avanti del cap- E Ip puccio, e questo prendeva così una posizione più mediana che nel pler- niciacus figurato nella stessa tavola. Egli scambiò questa accidentalità della contrazione (del resto abbastanza frequente) per un carattere reale di questa specie, e nella descrizione scrisse: « clypeo aterrimo, ovato-rotundato, gibboso, în parte corporis media sito». Più tardi, nel 1877 (Descr. de deux nouv genres algér. etc.), basandosi su questo ca- rattere illusorio stabili il nuovo genere Mabilléa, e lo caratterizzò così: «Ce nouveau genre, auquel javais primitivement donné le nom de Mesaspis (bouclier médian), se compose de singulières espèces caracté- risées par un corps fluet, très-allongé, attenué en avant et en arrière, renfié au milieu et orné, à égale distance de la téte et de la quene, d’vne protuberance médiane recouverte par un manteau de forme ar- rondie. Manteau détaché en avant, très-fortement échancré à droite sur la partie postéro-médiane, par l’orifice pulmonaire. Màchoire ro- strée. Limacelle sans lignes concentriques en dessus. Les Mabillies pa- raissent particulières aux chaînes du Liban et de l’Antiliban. Jen connais 5 espèces ». Il Bourguignat non dice quale specie debba con- siderarsi per tipo del nuovo genere, ma evidentemente è il suo L. de- rytensis; le altre 4 specie della stassa regione, che dice di conoscere, non le descrisse mai. Evidentemente il genere Mabillia non ha nessuna ragione di sussi- stere, essendo basato sopra un carattere puramente illusorio e imma- ginario, e il L. berylensis è senza alcun dubbio un Agrio/imar per- fettamente caratterizzato. 9. A. libamnoticeus n. sp. - Fig. 9, 10. A. parvulus, tenuissime rugosus, brunneo-nigricans, versus pedem pallidior, postice obtuse carinatùus, carina usque ad ‘/; dorsi producta, capite nigricante. Clypeus parvulus, postice fere rotundatus, brunneo- nigricans, marginibus pallidioribus. Solea pallida unicolor. Variat dorso brunneo non nigricante et obscure subreticulato. Long. 12-13; long. clypei 5 mill. Hab. Schtora e M.te Ermon nel Libano (Festa). La borsa copulatrice piriforme, a collo breve e sottilissimo, è molto più grande che nell’agrestis. IL pene forma una massa corta e arro- tondata, divisa profondamente in due lobi disuguali; il minore di questi” sopporta un flagellum ripiegato, non ramificato ed appena lobato. Il retrattore si attacca nel solco che divide i due lobi del pene. Questa specie si distingue dalla precedente per la sua piccolezza (mill. 12-13 invece di 25-27 come nel derytensiîs), pel suo colore bru- niccio-nerastro invece di nero ardesiaco, pei suoi fianchi pallidi e per la-suola uniformemente pallida e non a zone laterali più scure che la e mediana. Differisce ancora per la forma diversa della borsa copula- trice, del pene e del flagellum. L’intestino del Zbanoticus mi è sembrato essere privo di c@cum, ma non posso asserirlo con sicurezza dato il pessimo stato di conser- vazione degli individui esaminati. 10. Miesolimax ? eusftrietus Bgt. Krynickillus eustrietus, Bgt. Moll. nouv. litig. etc., 7° déc., 1 Fèvr. 1866. N°. 63, pl. 82, fig. 1-6. Hab. Nella valle del Nahr-el Kelb presso Beirut. Riferisco qui la descrizione del Bourguignat. «Animal très grand, cylindrique, caréné à sa partie postérieure et légèerement aminci. Tissu épidermique d’une teinte uniforme grise-en- fumée, orné d’une quantité de petites linéoles brunes-noiràtres couvrant tout l’animal comme d’un réseau de filet et surchargé, en outre, de deux zonules de méme teinte, interrompues, s’étendant sur les cOtés depuis la partie antérieure du bouclier jusqu’àè l’extrémité caudale; les linéoles s’évanouissent aux abords du plan locomoteur. Rides dor- sales prononcées, subanguleuses, oblongues, séparées les unes des autres par les petites linéoies noiràtres signalées ci dessus. Queue aigùe, munie d’une forte carène saillante qui s'évanouit vers la moitié de la longueur totale du dos. Pied d’un ton plus pàle. Bouclier très développé, oblong, très antérieur, libre et arrondi en avant, aigu et comme rostré en arrière, sillonné par de petites rugosités concentriques et délicates. Orifice pulmonaire presque médian, échancrant fortement le manteau] Grands tentacules gréles, allongés, d'un brun noiràtre. Petits tenta- cules médiocres, d’un ton plus pàle. Limacelle petite, mince, ovalaire, a stries concentriques peu marquées, à nucléus médian à sa partie su- périeure. Màchoire très petite, cornée, lisse, avec un rostre médian très prononcé. Long. de l’an. en marche, 120-125 mm.; contracté 70 mm. ». Il Dott. Festa non ha trovato questa interessante specie che io co- nosco soltanto dalla descrizione e dalla figura del Bourguignat. Anche il D.r Simroth non la conosce. Il D.r Boettger, nel succitato lavoro, la indica bensi di tre altre località, cioè: Haiffa, spiaggia presso Tiro e Brumana nel Libano, ma da un esemplare (anch’esso non adulto) in- viatomi tempo fa dal Dott. Boettger ho potuto accertarmi che egli aveva dato questo nome al mio M. depictus. Non avendo nessun dato anatomico su di essa, nè una descrizione dettagliata della sua suola, ascrivo dubitativamente questa specie al mio genere Meso/imazx, che vive nell'Asia Minore. Questo genere ha la suola e la limacella come le Amalia, cioè a nucleo supero-mediano, ma differisce da queste per la mancanza del solco sul cappuccio, per la carena limitata alla parte posteriore del corpo, per l’apparato ri- produttore che è come nei veri L77247; e per la radula come quella sagre degli Agriolimax. Inoltre nel mio M. Brauni ho osservato che l’aper- tura polmonare era quasi mediana e non postmediana. L’eustrictus presenterebbe dunque parecchi dei caratteri che distinguono il gen. Mesolimax, cioè la mancanza del solco sul cappuccio e la carena in- completa combinate colla limacella a nucleo supero-mediano; di più l'apertura polmonare sarebbe quasi mediana, come nel M. Brauni. Il Dott. Simroth (Nack/schn. Russ. Reiches, 1901, p. 133) è di opi- nione che si debba eliminare il carattere basato sulla limacella, che dice non essere stato confermato dalle osservazioni più recenti, e crede che non si possa far calcolo sui caratteri presentati da questi organi rudimentali. Io non sono all'atto della sua opinione, ed osservo a mia volta che la limacella, sebbene organo rudimentale, presenta sempre certi caratteri invariabili nello stesso genere; così nessuno ha mai riscontrato una limacella a nucleo mediano in nessuna specie dei gen. Limax, Matacolimax e Agriolimax, nè una a nucleo laterale nelle Amalia, mentre in tutti questi generi gli organi più perfetti sono ben lungi dal presentare una simile stabilità; quindi ritengo eccellente e sicurissimo questo carattere della limacella. Io non ho potuto consultare il lavoro nel quale il Dott. Simroth de - scrive il suo Mesolimar Reibischi, e non so di questo che il pochis- simo che l’autore riferisce nella sua grande opera sopra citata (Nacktse. Russ.), dove nulla si dice della limacella. Quanto alle due nuove specie da lui descritte in quest’ultima opera osservo che esse noi contrad- dicono punto questo carattere della limacella. Infatti il M. Escherichî (1. c. p. 133, t. XIII, f. 1-7) che ha la-suola a zona mediana più larga assai che le laterali, ha pure la limacella a nucleo mediano; mentre l’altra specie (per la quale il Simroth ha stabilito il sottogenere 70- xolimax), il T. hopliltes, che ha la limacella a nucleo lateraie, diffe- risce ancora dai Mesolinax per avere un principio di solco sul cap- puccio, per la suola come nella maggior parte dei generi di Limacido e non come nelle 4724/74; infine per il pene meno lungo, non ripie- gato e munito lateralmente di una sporgenza in forma di sprone, aflatto caratteristica. Da tutto ciò appare ben evidente che il 7oxolimax si deve considerare come genere autonomo e non come sottogenere di Mesolimax, e che nelle 2 sole specie ben conosciute di questo genere, cioè M. Brauni e M. Fscherichi, la limacella è a nucleo mediano. 11. Amalia barypa Bgt' Milax barypus Bgt. Moll. nouv. litig. etc., 1866, p. 208, pl. 31, L. 7-10. Hab. Nazaret. Non conosco questa specie, e non è a mia cognizione che altri l’abbia osservata e studiata dopo la descrizione del Bour- guignat. ta rire ve Y. - Sul'Agriolimax pasormitanus Nel 1882, insieme a M. Lessona (Monogr. Limac. ital., p. 52, tav. I, f. 5) descrivevo questa specie di Palermo. Essa si distingue dall'A. ugrestis per le dimensioni maggiori, per la sua tinta fondamentale olivastra, che diventa di un bruno nericcio sul dorso e più cupa sul cappuccio, ma senza nessuna traccia di macchie scure o di rudimenti di fascie. Il suo apparato riproduttore (1. c. tav. II, f. 12) differisce da quello dell’agrestis per il suo pene munito di ap- pendici flagelliformi più numerose (5, invece di 2 0 3), più lunghe, non lobate, e rotonde invece di essere appiattite. Malgrado queste notevoli differenze, il Dott. Simroth (Vers. Naturg. d. deut. Nacktschn., 1885) eonsiderò il panormitanus quale semplice varietà dell’agrestis, e figurò (1. c. tav. VIII, f. 15-16), come apparte- nenti a questa varietà, due forme dell’isola di Creta. La prima (fig. 15) a tinta fondamentale azzurrina, oscurata superiormente, senza traccia di macchie o fascie, somiglia alla nostra forma di Palermo per la gran- dezza e la forma. La seconda (fig. 16) ha la tinta fondamentale bian- chiccia dell’agrestis, oscurata sul cappuccio e sul dorso da una tinta rosso-mattone che svanisce sui fianchi in una minuta macchiettatura. Quest’ultima forma può forse essere una varietà dell’egrestis, ma non certo la prima, come non lo può essere il panormitanus. L’A. agrestis giunge alla unicolorità coll’attenuarsi e col perdersi della macchiettatura bruna; ma anche nelle sue varietà più scure questa macchiettatura è sempre ben visibile, e non giunge mai ad intensificarsi tanto da produrre una tinta uniforme e far scomparire la tinta bianchiccia fondamentale dell’animale. D'altronde se l’agrestis potesse raggiungere l’unicolorità scura coll’addensarsi della sua mac- chiettatura, non potrebbe produrre che forme unicolori di un castano nerastro o di un bruno rossiccio e non mai olivastre o azzurrine, poichè di queste tinte non v’è traccia alcuna in questa specie. Ma alle differenze finora notate fra VA. panormitanus e VA. agrestis posso ora aggiungerne un’altra, ed è che il suo intestino è privo del cocum che c'è sempre nell’agrestis. E vero che il D.r Simroth, dopo aver attribuito un’importanza preponderante alla conformazione del canale digerente ed alla presenza o mancanza del c@cum all’intestino, ora toglie quasi ogni valore a quest’ultimo carattere, tanto che ha de- scritto due specie di Agrio/îmax nelle quali la forma tipica è senza cocum, mentre una varietà della stessa specie lo possiede. Ma come non lo potei seguire nella sua prima opinione, così non posso seguirlo in questa sua più recente. Non ho mai potuto persuadermi che i ca- raiteri forniti dal canale digerente fossero così importanti da poter SID basare su di essi la classificazione dei Limacidi, e lo stesso D.r Sim- roth ha dovuto convenirne; così ora non posso ritenerli così destituiti di ogni valore da non poter neppure più indicare fina separazione spe- cifica fra due forme. Ritengo quindi più che mai VA. panormitanus quale specie perfet- tamente distinta dall’agrestis e da tutte le altre dello stesso genere. Ritengo pure che la forma di Creta rappresentata nella citata fig. 15 del D.r Simroth debba essa pure stralciarsi dall’agrestis. Se i suoi caratteri anatomici concordassero con quelli del panormitanus, si po- trebbe considerare come una varietà di colore di questa specie; ma se mancasse questa concordanza dei caratteri anatomici, si dovrebbe costituirla come specie distinta tanto dal panormitanus come dal- l’agrestis. Sul genere Dopeita. Nelle Malakozoologische Blitter del 1867 (p. 191) Heynemann pub- blicò la seguente diagnosi del Mòrch: Gopelta Morch g. n. Limaceorum. Clypeus ovalis postice acutiusculus, confertissime grosse granulosus, tertia antica parte libera. Rima respiratoria obliqua paululum ante medium sita. Testa interna nulla. Abdomen obtuse carinatum, sulcis costalibus distantibus. Sulci intertentaculares 2 approximati. Fovea mucipara nulla. Solea pedis linea longitudinali obsoleta divisa, utrinque sulcis divergentibus sat remotis. Maxilla semilunaris loevis medio prominens. Copelta nigropumetata Morch. Clypeus medio punctis nigris rotundis biseriatim vel quincuncialiter dispositis. Long. 24 mill., alt. 11 mill., long. clypei 14 mill, lat. 8-9 mill., lat. pedis 7 mill. Hab. Litus guineense ad coloniam quondam danicas. L’Heynemann non dà di questa specie nè la figura, nè una deseri- zione più dettagliata, ma rappresenta e descrive minutamente la sua radula, rilevandone la sostanziale diversità da quella dei Lima. La diagnosi di M6rch, pur essendo esattissima, non dà un’idea suf- ficiente dell’aspetto esterno di questi molluschi. Nelle Oope/ta il cap- pucio, granuloso e ad apertura respiratoria ante-mediana, è molto grande, più lungo del dorso; anteriormente è arrotondato, verso l’in- dietro si attenua gradatamente in forma di cuneo e termina in una È È . : s Pt eee el È O RE, I VALE n == = punta smussata. Sul dorso due solchi ravvicinati, ben marcati, si esten- dono dalla estremità del cappuccio fino a quella della coda, che non ha poro mucoso. Da questi due solchi mediani si staccano obliqua- mente e ad angolo molto acuto i solchi dei fianchi, assai distanti fra loro, e che si fanno sempre meno profondi verso la parte anteriore del corpo. Lo spazio che sta fra i due solchi dorsali è nella 0. capensis allo stesso livello del resto del dorso, mentre nelle 0. nigropunciata e minor è rilevato, e quindi forma una carena ottusa. L’apparato riproduttore non si estende nella cavità addominale, come in quasi tutti i polmonati nudi, ma è tutto compreso nella cavità del cappuccio; disposizione che ho trovato finora solamente nel genere Dendrolîmax. La suola non è trizonata, è segnata da solchi obliqui convergenti verso la linea mediana, dove talora si osserva un solco mediano lon- gitudinale. In un altro suo lavoro (Die nackt. Landpulm. Erdbod. 1885, p. 59) l’ Heynemann cita lO. nigropunciaia, oltre che della Guinea, anche del Capo di Buona Speranza, e riferisce che Semper dice di aver ve- duto 3 es. di questo genere, identici fra loro, uno di Giava, l’altro di Ceylon ed il terzo del Capo di Buona Speranza, ma quest’ultimo sol- tanto Vl Heynemann riteneva esattamente determinato. Fra i molluschi nudi, conservati in alcool al Museo di Torino, ho trovato 3 esemplari di Qopelta, colla indicazione: Capo di Buona Spe- ranza. Uno di questi di dimensioni un po’ superiori a quelle indicate dal Morch per la nigropunctata; gli altri due assai più piccoli e di colore diverso, li avevo a prima vista creduti esemplari giovani della stessa specie, ma l’esame anatomico li palesò perfettamente adulti e diversi specificamente da quello di dimensioni maggiori. Entrambe queste specie differiscono dalla O. nigropunctata, Vunica di questo genere, a mia cognizione, finora descritta. Esse sono le seguenti: Oopelta capensis, n. sp. - Fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6. A. uniformiter pallide terreus, clypeo punetis nigris irregulariter sparsis. Clypeus magnus, confertissime granulosus, postice cuneatus et obtuse angulatus, apertura pulmonea ante-mediana. Limacella nulla. Dorsum rugoso-granulosum, non carinatum; regione carinale sulcis duobus subparallelis definita; lateribus obliquiter, transverse sat di- stanter sulcatis. Solea pallida unicolor, sulcis obliquis medio conver- gentibus. Long. dorsi 13; long. clypei 14‘/,; long. solea 29 mill. Hab. Capo di Buona Speranza. L’O. capensis differisce dalla nigropunctata, per le dimensioni un poco maggiori, per il dorso non carenato, per la mancanza del solco longitudinale mediano della suola e per i punti neri del cappuccio cat disseminati in modo irregolare invece di essere disposti in due serie o a quinconcia. In entrambe le specie sopracitate la mandibola è identica a quella dei Lîmax, cioè liscia e con una sporgenza rostriforme mediana; la radula invece è simile a quella degli 4770, cioè a dente centrale con 3 aculei, e quelli dei campi mediani con 2 aculei che non si allungano a lama di coltello nei campi laterali. Tuttavia la radula dell’0. ca- pensis, pur essendo assai simile a quella dell’C. nigropunctata, ne dif- ferisce per gli aculei più forti nel dente centrale e in quelli dei campi mediani, per la loro base a contorni meno rettilinei e più contorti, e per l’aculeo secondario che si conserva ben distinto fin presso le ul- time serie marginali. dopelta minor, n. sp. - Fig. 7, 8. Differt a precedente statura valde minore; dorso cinereo obtuse ca- rinato; clypeo brevitercuneato. Long. dorsi 7 !/,; long. clypei 9; long. soleae 17 !/, mill. Hab. Capo di Buona Speranza. Questa specie, oltre che per le dimensioni tanto minori, differisce dalla precedente per il suo colore più cinerino, per lo spazio collocato fra i due solchi longitudinali del dorso un po’ rilevato, cosicchè il dorso diventa ottusamente carenato; inoltre la suola ha il solco me- diano longitudinale che si trova nelia 0. nigropunctata e che manca alla capensis. Heynemann non dà nessuna informazione sull’apparato sessuale della specie di Moòrch. Nelle due specie che ho ora descritto esso è sem- plicissimo, senza nessun organo accessorio, piccolo, e tutto contenuto nella cavità del cappuccio. Nella O. capensis (fig. 6) il pene è di mediocre lunghezza, subci- lindrico, senza rigonfiamenti ed appena leggermente ricurvo. Il suo retrattore esattamente terminale va ad inserirsi al di sotto dell’estre- mità posteriore del cappuccio; il canale deferente sbocca nel pene ac- canto all’inserzione del retrattore. La borsa copulatrice piccola, arro- tondata un po’ compressa, ha il collo breve e piuttosto sottile. Nella»O. minor (fig. 8) il pene è più lungo, più ritorto, rigonfio nella parte mediana e attenuato alle due estremità. Il retrattore non è terminale, nè immediatamente vicino allo sbocco del canale defe- rente. Questo pure non è esattamente terminale, e lascia da una parte sussistere un piccolissimo cacunm. La borsa copulatrice è arrotondata, ancora più piccola che nella O. capersis ed a collo più breve. L’apparato digerente è a 4 circonvoluzioni alquanto ritorte e senza cecum all'ultima circonvoluzione dell’intestino. Lo stomaco, grosso e. contorto, finisce in un fondo ceco perchè l’intestino si stacca da esso L'fg a lateralmente e non terminalmente. Questo fondo ceco dello stomaco, più sviluppato nella 0. 126207 che nella 0. capensis (fig. 7 e 5), ri- corda quello meno accentuato osservato dal Simroth (Vers. deut. Nacktschn. 1885, tav. XI, fig. 1 e 16) negli Aron empiricorum e hor- tensîs di Germania, che però Moquin-Tandon (Moll. France, pl. I, f. 5) sembra non aver riscontrato nell’ 40m rufus di Francia. La 1.8 cir- convoluzione dell’intestino presenta nella 0. capensis una forte spor- genza globulosa ad ‘/, circa del suo percorso. Questa sporgenza, 0 cacum rudimentale, nella O. minor è quasi insensibile, ed appena leggerissimamente indicata subito dopo l’uscita dell’intestino dallo stomaco. Il Fischer (Manuel Conch. p. 466) colloca dubitativamente il genere Oopelta nella fam. Helicido, mentre il Tryon lo colloca nella fam. Li macide. Malgrado la sua mandibola liscia e la mancanza del poro mucoso caudale, non credo che esso possa venir collocato in questa famiglia, perchè la sua radula, la conformazione dell’apparato dige- rente, e sopra tutto Ja sua suola non suddivisa in tre zone lo acco- stano assai più agli Elicidi. Vil. - Due forma misconosciute di Zonites italiani Tutti gli autori che hanno trattato del Zonites gemonensis Fèrussac hanno citato la figura originale dell’autore di questa specie (Féruss. Hist. tav. 80, fig. 6), ed in seguito quella del Rossmissler (Icon. III, 153). Ora, basta confrontare queste due figure -per accorgersi che esse rappresentano due specie suflicientemente distinte. Siccome non a tutti è possibile consultare la grande opera del Férussac, basterà confron- tare colla figura del Rossmàssler quella del Kobelt (Icon. N. F. fig. 1567) che raffigura bene il vero Z. gemonensis, od anche quella del Clessin (Moll. Oesterr. I, p. 96, fig. 33), sebbene assai rozza. Il Z. gemonensis Fér. è una specie relativamente piccola, assai com- pressa superiormente, poco convessa inferiormente, ad ombelico largo, aperto, e che lascia agevolmente scorgere nel suo interno tutti gli an- fratti, a carena assai acuta e sporgente a guisa di cordoncino, che si protrae (sebbene indebolita) fino all'apertura, la quale presenta un angolo ben visibile nel punto in cui termina la carena. Questa specie abita nelle prealpi del Veneto, dal Friuli fin sopra Verona, oltrepassa il Lago di Garda, ritrovandosi sulla riva lombarda di questo. Nella Collez. Mortillet ne ho trovato un esemplare di Pil- zone, sulle rive del Lago d’Iseo, che sarebbe forse la località più occi- dentale-in cui essa fu ritrovata. Come lo indica il suo nome stesso, la sua località tipica è Gemona nel Friuli. sini RUI e La forma descritta e fisurata dal Rossmiissler è di Recoaro nella provincia di Vicenza, e di questa ho trovato nella Collez. Mortillet due esemplari (pure di Recoaro) mandati dallo Spinelli, al quale la dedico. Zonites Spiselli?, n. sp. Hetix gemonensis Rossm. (non Férussac). Icon. III - 1836, fig. 153. Differt a Z. gemonensi testa supra et subtus minus compressa; ca- rina valde debiliore, non prominente, ad aperturam fere evanida; um- bilico minus amplo, profundiore, minus perspectivo; apertura lunato- subovale, magis alta, extus debilissime vel non angulata. Diam. 18 '/s; alt. 10 mill. i Hab. Recoaro (Veneto). Non la conosco di altra località, perciò la credo molto localizzata, mentre il Z. gemonensis ha un’area assai estesa. Anche a Vicenza si trova il gemonensis e non lo Spinelli. Nella ricca Collez. Paulueci ho veduto numerosi esemplari del Z. ge- monensis di non poche località del Veneto, ma nessuno di Recoaro, e nessuno del Z. Spineltii. Quest'ultimo dunque si distingue dal primo per la conchiglia meno schiacciata, specialmente al disotto; pel suo ombelico assai meno ampio e più cilindrico, cosicchè nel suo interno non sono così appariscenti i giri della spira; ma più ancora per la sua carena non sporgente e non a cordoncino come nel gemonensis, ma che si potrebbe meglio definire una forte angolosità, e che va quasi scomparendo verso l’a- pertura. Aniche l’apertura di queste due specie è assai diversa, perchè la forma meno compressa della conchiglia e la maggior debolezza della carena nel Z, Spinellii rendono la sua apertura più arrotondata, assai meno schiacciata e poco o punto angolosa sul margine esterno. La seconda forma italiana misconosciuta, è quella che vive sul Monte Gargano, che fu sempre attribuita al Z. a/g7 vs, senza neppure con- siderarla come semplice varietà di questo. Pure essa non è identica all’algirus della Provenza e della Liguria occidentale, e credo si debba da quello distinguere, se non come specie, almeno come varietà. Nella Collez. Blanc (Museo di Torino) ne ho trovato un esemplare non ancora perfettamente adulto, ma nella Collez. Paulucci (Museo di Firenze) ne ho potuto esaminare due bellissimi esemplari. Ne dò qui la diagnosi. Zonites algirus L. var nova gargamica. Differt a typo testa minus compressa, subtus convexiore, spira ela- tiore; umbilico minus amplo; anfr. convexioribus, ultimo magis di- stincte angulato; apertura rotundata (non transverse ovata), margine basali fore semicirculari. Diam, 43-44; alt. 27-30 mill. vee = “re "Loose cC———n——— — ME Hab. Monte Gargano (Capitanata. Italia merid.). Così i Zonites conosciuti dell’ Italia sono i seguenti: 1. Z. algîrus L.; Nizzardo e Liguria occidentale, var. garganica Poll.; Monte Gargano. 2. Z. verticillus Féèr.; Friuli e Calabria. 8. Z. italicus Kob. (compressus Paul.); Abruzzo, var. Pawlucciae Kob.; Abruzzo. 4. Z. Spinettii Poll.; Recoaro (Veneto). 5. Z. gemonensis Fér.; Prealpi del Veneto e della Lombardia, var. ruralis West.; Veneto. Vill. - Una nuova Tacheocampylea dell’isola di Capraia Dall’amico Prof. Arturo Issel ho avuto in comunicazione 4 esemplari (dei quali uno solo adulto) della nuova specie che sto per descrivere, raccolta nell’isola di Capraia dell’Arcipelago toscano dal sig. C. Bick- nell, botanico. Questa nuova specie appartiene al sottogenere 7acheocampylea Pfr., che ora è dai signori Kobelt e Hesse considerato non solo come genere distinto dal gen. Campytea, ma allontanato da questo e collocato nella Subfamilia Helicina, fra il gen. Iberus e il gen. Eremina. Allorchè lessi nel volume riassuntivo del Kobelt (Icon., Elfter Band, 1904, p. 72) questa recisa sentenza: «il gruppo Zacheocampylaa T.. Pfr. non ha nulla a che fare colle Campylea, ma invece si collega strettamente colle Pentat@nia », confesso che rimasi colpito e molto perplesso. Certamente le specie sarde, fatte conoscere dalla March. Paulucci, anche pei caratteri della conchiglia si allontanano notevol- mente dagli altri gruppi di Campylwa, ma pel tramite delle C. vena- censis e Brocardiana esse si collegano colla Raspaili. Se poi dalla Raspaili si passa, per mezzo delle specie semi-umbilicate, a quelle de- cisamente ombelicate (C..Reveliere?) ed alle ispide (C. Deschampsiana), ci troviamo davanti a forme che hanno tutti i caratteri esterni delle più genuine Canpy/oea. L’assoluta somiglianza di queste ultime forn:e colle vere Campylaea mi rendeva molto restio ad accettare tale di- stacco, non indicando il Kobelt i dati anatomici che glie lo avevano suggerito. Io avevo già osservato nella C. Raspazli di Bastia che le prostate vaginali erano formate di vescicole sottili, disposte in due ciuffi disu- guali per numero (2 da una parte e 3 dall’altra, oppure 3 contro 4), mentre negli altri gruppi di Cam:py/02a queste vescicole sono più grosse e simmetriche. Nei gruppi delle C. zonata e cingulata le vescicole sono 2 sole (una per parte) e semplici, mentre in quello della C. p/4- — ia nIspira sono 2, ma suddivise ciascuna in 2 bracci. Questa diversità nelle vescicole mucose delle Tacheocampylea, come la mancanza del- l'ombelico nella maggior parte di esse, indicava, per me, una tendenza di questo gruppo ad avvicinarsi al gen. /berzs, ma non mi sembrava imponesse il suo distacco, e tanto meno poi l’allontanamento, dal gen. Campylea; poichè anche nel gen. /berus (in senso largo) le vescicole mucose sono talora sottili o grosse, simmetriche o asimmetriche. Ora il sig. Hesse (Kobelt, Icon., 14 Band, 1907-08) ha intrapreso uno studio anatomico molto accurato dei vari gruppi delle Pentat@nia, ed ha dato bellissime figure e descrizioni dettagliate dell’anatomia delle Tacheocampylwa Raspaili e Brocardiana. Da queste ricerche del- l’Hesse risulta che il solo carattere essenziale che legherebbe questo genere alle Pen/ate@enia, sarebbe il dardo ad asta scanalata e munita di 4 creste longitudinali sporgenti, come in molte Pental@nia ; tuttavia lo stesso sig. Hesse fa osservare che il lungo e svelto collo del dardo ricorda quello delle vere Campylea. È questo un carattere di tale importanza da giustificare il distacco di questo gruppo dalle Campy/@a ed il suo collocamento in un’altra sottofamiglia? Io non lo credo affatto. Anzitutto, se il dardo delle 7a- cheocampylea è per una parte somigliante a quello degli /berus, per un’altra è simile a quello delle vere Campyl@a. Questo carattere del dardo concorda con quelli sopra accennati della frequente mancanza dell’ombelico nella conchiglia e della conformazione delle vescicole mucose, che indicano in questo gruppo di Capy/@a una tendenza ad avvicinarsi al gen. /berus. Per tutti gli altri caratteri la Raspazli e specie aflini, si collegano alle Campy/@a. La loro conchiglia ne ha tutta la particolare fisionomia, e le 3 fascie brune attestano chiara. mente che esse non sono delle Pentas@eniae. Io credo quindi che esse non si debbano allontanare dal gen. Ca:mpyiea, ma ritenerle come sottogenere di quello (oppure come genere distinto accanto al genere Campylea) caratterizzato dalla conchiglia per lo più inumbilicata, dalle vescicole mucose sottili e per lo più asimmetriche e dalla forma scanalata ed a 4 creste sporgenti della punta del dardo. Le Zacheocampytea della Corsica sono quelle che meno si discostano dalle vere Campyt@ea per le loro forme ombelicate e pelose, dalle quali i passaggi alla tipica inumbilicata Aaspazii sono graduali. Ma, sieno esse munite o prive di ombelico, conservano sempre visibilissima la fisionomia particolare delle Campy@a. Le forme sarde invece, molto più globose e a spira più elevata, accennano nella C. Gennari ad assumere quasi una forma di Pomatia. Invece questa della Capraia, si avvicina, per la forma della conchiglia, alle Zackea, colle quali si potrebbe confondere se le 8 fascie brune caratteristiche. e l’aspetto speciale delle Ca::pyloea non ne palesassero la natura. [os SOS ly pe Camnyioea (Tele)camp.) tacheotfes, n. sp. - Fig. 15, T. imperforata, depresso-subglobosa, striata, cornea, colore castaneo, fusco-trifasciata; spira conico-subdepressa; anfr. fere 5 convexiusculi, ultimus versus aperturam dilatatus et rapide descendens. Apertura transverse subovata, intus cyanescens; peristomate labiato et reflexo, pallide castaneo, marginibus interruptis, callo tenuissimo junctis; mar- gine externo arcuato, basali subrecto et supra umbilicum late expanso et calloso. Diam. 3; alt. 2 cent. Hab. L'isola di Capraia nell’Arcipelago Toscano. Questa specie è meno globosa che quelle di Sardegna e più globosa che la massima parte di quelle di Corsica; differisce poi da tutte le altre dello stesso gruppo per lo svolgimento meno rapido degli anfratti, perchè l’ultimo si dilata solamente nella sua seconda metà. Inoltre si distingue da tutte per la sua tinta castano-rossiccia assai intensa e senza traccia di olivastro, e per il castano (pallido, ma bn deciso) del labbro e del callo ombilicale, che nelle forme sarde è sempre bian- chissimo ed in quelle di Corsica bianco sporco o bruniccio. È questa la prima Zacheocampylea trovata fuori della Corsica e della Sardegna. È per un errore di determinazione che la C. Carotii Paul. venne indicata dal Caziot (Moll. Corse, 1903, p. 141) come vivente a Vizzavona in Corsica; finora nessuna delle forme sarde fu ancora rinvenuta in quest'isola, come nessuna di quelle di Corsica fu raccolta in Sardegna. d VIRA nolo: 8 ia Maia (2 at] iy Venuto: ing HATE I ionssdego aroloo asostioo abit uao rig ; ano cAgisero gode "gino se i Rrpdiagle anabuomoD biagi dercantbtel ib: istinto i oxelignta cisidefotameteiiog 26n0spans nuo. sti0in astà | alare linaviomisziugok allea sal quit de 2 OSGRASA, ne: paia sane dò, Ri orta land RTS Li AR E ri p KIA LIL fiv ta may U Va Lie mai caro = sati radi î Ms, i dan ta dal Arti legioni nes prua ‘rato n Peer tnt SONORA sad pag de gulfaliivat ‘Avealloa sinonislon isti? ‘ib condi | a aegisiginiseri siaziezor panteso nidi inesaletag: appodolte Pb; fariogl t0 PIT bbIHag) 0astagd la ‘59 A; caeritito ih sipo si Magico alia annitioliao sia stasilitalo pitssi lab 1) reato «Mtoolagatro obte4e,, esi sdlera0: ip albsepil. ba. s RAiagi salfeb.cinonì! stevoni arri smiulgalaà 0 Hlonn), JAal ada rofsgginiotal ibo adito dia sp dea to siasvie amor: {Eb u@6001 92400 dol) iosa dat Stoottetiti fi. afusmip cut. ,0d 8» reniot a Hol artiazeoo 10 tania atte “Saate SU +90) aa ib agio smov SRORRE ida D $} bei j DI vt i] - Li! di Hi vo ATI î lu turni: LI n È. | Di LA ll I 9a | 4 ' è ® K n" à { aJ) [| f / ì fi 4 ? Aa n 1/9 i | MELIA I È | Ù pa ] Den Di d CI ' Lu Ù { U 13 na È \ î ATO © n l Vic Ai È \ CT ì Ù ATO InAare i int ili LIO Li Uh \ MR ve) i Duri is Ae e: Sud ibEniAtne , 4 vi Sq latte TIA 0 h 15 “RA h Bratt D no Sagl. if. AO Nani i VWATAzi AI URI PR I + \ r 4 è sn “al suite Var viti al PR qQUuesia tata (I Sa o n st ) I b Ho 44 MITO RII ei PIT : i SAUL conda ui fi È : ( bd . Y mi i MTRTRIRAT RIA iam: (134) € RO STAT 1A e o Tool a iatale IU Asi Ed nani) dir a EMI) pi f 291 f x Ù Wo Î = gr SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1, 2, 3, 4,9, 6 - Qopelta capeasis; 1, radula; 2, mandibola ; 3 e 4, l’animale veduto di sopra e di fianco; 5, canale digerente ; 6, appa- rato sessuale. Fig. 7,8 - Uopelta minor; il canale digerente e l'apparato sessuale. Fig. 9, 10 - Agriolimax libanoiicus; 9, apparato sessuale ; 10, il pene veduto da un’altra parte per mostrare l’inserzione del retrattore. Fig. 11, 12 - Ma acolimax Cecconii Simr.; apparato sessuale e li- macella. Fig. 13 - Campylea Tacheovides, grand. naturale. Fig. 14, 15, 16 - Malacolimax depietus; limacella, canale digerente e l’animale veduto dal di sopra. Fig. 17, 18 - Malacolimax Festa, limacella e apparato sessuale. Fig. 19 - dMalacolimax hierosolymitanus; apparato sessuale. Pubblicato il 3 Luglio 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1561 — Tip. Pietro Gerbone — Torino 608 IV Boll.Musei Zool.e Anat.Comp. Torino.- \ ORRE VE POI SETE VETTA OTO I I OLE n Lit. Salussolia Torino C.Pollonera dis.e lt. BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino —_r——___—_m__roo—ez aos SS“ Numero 609 — Volume XXXIV e Dott. BRUNO PARISI Sulla composizione chimica dei bastoncini del TRICHOSPHAERIUM SIEBOLDI, Schn. Avevo incominciato queste ricerche ad Heidelberg su materiale degli acquari marini di quell’ Istituto zoologico, materiale che per la cor- tesia del sig. prof. Bùtschli mi fu dato portare a Milano; anche qui però nelle vasche marine dell’Acquario municipale trovai una grande quantità di Trichosphaerium. Per quanto riguarda il suo ciclo di sviluppo questo rizopodo fu ma- gistralmente studiato dallo Schawdlinn, che lo tenne in osservazione per cinque anni: altrettanto però non mi pare si possa dire per la parte chimica riguardante la composizione dei bastoncini dell’in- volucro. Lo Schneider, il primo che descrisse il Trichosphaerium, scrive che questi bastoncini restano immutati in idrato potassico e che vengono invece intaccati dall’acido cloridrico. Il Gruber aggiunge che sono so- lubili in acido cromico ed il Moebius che si smussano in acido acetico con residuo di filamenti scoloriti (!) e che trattati con acido osmico diventano bruni; li ritenne costituiti di sostanza organica. Lo Schau- dinn fece uno studio più completo sul loro comportamento chimico: li trattò con acidi, alcali, ecc. e per vedere se contengono del calcio fece la reazione dell’ossalato d’ammonio, con esito negativo. Da questa rea- zione non riuscita trae la conseguenza che nei bastoncini del Trichos- phaerium il calcio non si trova in quantità accennabile. Fece poi la reazione del fosfato d’ammonio per il magnesio e dice d’aver ottenuti i cristalli del fosfato doppio di calcio e magnesio. In base a questo risultato conchiule che « il componente principale dei bastoncini del LORCA Tr. è dato da carbonato di magnesio ». Siccome io ottenni risultati diversi, credo non inutile riferire le osservazioni fatte. Com’è noto i bastoncini si trovano solo negli schizonti, piantati ra- dialmente sulla superficie esterna del loro involucro. Sono di forma allungata, diritti o lesgermente ricurvi, con le due estremità di solito arrotondate. Hanno una lunghezza media di 15 micron ed una grossezza di 2 micron., ma queste misure possono variare anche fra quelli di uno stesso individuo. Si presentano di colore chiaro od oscuro a seconda che si osservano a luce incidente o riflessa; devono avere, come giu- stamente osserva lo Schaudinn, un indice di rifrazione superiore a 1.535, perchè nel balsamo del Canadà sono visibilissimi. I vari reagenti furono fatti agire su individui freschi oppure fissati con alcool assoluto: in ambi i casi tanto prima che dopo furono lavati bene con acqua distillata per allontanare quella marina. Le razioni furono fatte parte sul portaoggetti, parte fra il porta e copri oggetti, tenuto sollevato agli angoli con della cera o dei bastoncini di vetro; talvolta il preparato fu orlato con paraffina per poterlo osservare pa- recchie ore dopo. In acqua di fonte sono solubili in un tempo più o meno lungo, a seconda della maggiore o minore purezza di essa: in quella distillati invece sono insolubili. Sono solubili in acido acetico, sia concentrato che diluito, nitrico, solforico e cloridrico con sviluppo di gas. Restano invariati in acido osmico. Sono insolubili in ammoniaca, solubili in cloruro d’ammonio. L’idrato sodico (35°) agisce su essi lentamente: nei preparati or- lati con paraffina ed osservati molte ore dopo i bastoncini erano scom- parsi ed al loro posto s'era formato un deposito granuloso che copriva tutto il corpo. Anche l’idrato potassico (35 °,) ha un’azione lenta: dopo due 0 tre ‘giorni i preparati chiusi non mostravano traccia di bastoncini, ma in- ‘vece numerosi cristalli discoidali e tavolette esagonali, con tutta pro- babilità di Ca H,0.. Su dei Tr. fissati con alcool assoluto e lavati con acqua distillata fu fatto agire dell’ acido solforico diluito ; sul.corpo e vicino ad esso sì formarono dei cristalli di gesso: numerosi i prismi monoclini e. ì geminati a ferro di lancia. I Tr. fissati e lavati furono trattati con. ossalato di ammonio diluito -ed acido acetico (1°/,)): i bastoncini scomparvero ed il corpo si. copri di. piccoli cristalli di ossolato di calcio. Ga 00, + Hs0. I Tr. fissati e lavati furono trattati con acido acutico al 1 °/,,ed una soluzione concentrata di tartrato sodico: dopo un po’ di tempo (la rea- i zione avviene lentamente) i bastoncini si sciolsero e si formarono dei graudi cristalli di tartrato di calcio Ca.C,H,0, + 4H,0. Lic Da int tt Str) o pae Su dei Tr. fissati e lavati fu fatta agire a parti eguali una solu- zione satura di carbonato potassico e idrato potassico (35 °/,); il pre- parato fu chiuso in paraffina ed osservato molte ore dopo: sui corpì e vicino ad essi si formarono delle tavolette esagonali, delle quali poi ‘ molte si trasformarono i dischi rotondeggianti; questi cristalli del sale doppio di calcio e potassio avrebbero la formola secondo il Butschli 2Ca CO, + 3K,C0,; + 6H,0. I Tr. fissati e lavati furono trattati con una soluzione a parti eguali di carbonato sodico conc. e idrato sodico (35 %,); il preparato orlato con paraffina fu osservato parecchie ore dopo:i bastoncini erano spa- riti e vicino al corpo si trovavano numerosi cristalli di gaylussite Na,Ca'C0;)} + 5H,0. Delle suddette reazioni fu sempre fatta la controprova su carbonato di calcio puro, con gli stessi risultati. Ora, sicconie la reazione del fosfato d’ammonio per la prova del magnesio quantunque ripetuta molte volte mi diede sempre dei risultati negativi, mentre la controprova su carbonato di magnesio puro riusciva naturalmente bene, sono indotto ad escludere, contrariamente allo Schaudinn, il carbonato di Mg come componente principale. E siccome invece riuscirono sempre le prove del calcio credo di poter conchiudere che i bastoncini del Trichosphae- rium sono costituiti di carbonato di calcio. BIBLIOGRAFIA SCHNEIDER A., Beztrige zur Kennt. der Protozoen. Zeilschr. f. wiss. Zool. Bd. 30, 1878. GRUBER A., Untersuch. liber einige Rhizopoden. Zeilschr. f. wiss. Zool. Bd. 38, 1883. MòoBIus K., Bruchsliehe einer Rhizopodenfauna der Kieler Bucht. Abhanadi. Akad., Berlin, 1889. SCHAUDINN F., Unleruch. iber den Generalionswechsel von Tricho- sphaerium Sieboldi. Abh. der Kon. preuss. Ah. d. Wiss., Berlin, 1899, BuTSCHLI 0., Veber die Einwirkung von Konz. Kalilauge u. Konz. Losung von hohlemsaurem Kuli auf Kohlems. Kalk. Verhandl, Naturnhist. Medizinvereines zu Heideiberg. N. F. Bd. vir, 1906. t: MA REST: SUE i è Ca CS der +, Pubblicato il 5 Luglio 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile. 1562 — Tip. Pietro Gerbone — Torino PIORETTINO di' Zaolagia cc Anatomia” gampatata caltà Mc Uatrnioti) ll ‘avinò ae iedinenee fa i E È È Wugdaro GIO -' "I (08 0) ri” NUM k ha 4 2 PG e x Bed + Hol ti, Rie Baja alboni; BRILLALRIM! utvarte collezioni i dalai nt oftdsonte Faoco abio omérea magie fade th ques im Micol SANTA. iter dopanti): ti (A ef) ‘Ra +) Dt entogr Jogtcha, pripo siga aerappirte venti ceti Me ef. Maiden di srt niuiu: alzi ti ci rit) De ROTTA) snai in] nihil +, AISVERIÌ i ì, ela zi) N its00 00 ti 00M puro Sbarinati, fargli r rirottagina), si Pb Mige petti wtinamett Un detto. «Opplaniaglarne par uxr0A008 pr (a h. Bieni#ofn (2° selcareo rattalto fitta ld Evpetra dall ‘aObinra fà cicli del Masci Li Storia ira rale. dl Ciaoo. Ik itegtad ìì Ò : it i nc io SEA ! it Qua anftinni 06 Dorata: niuolo | pueriuar Pr dono n bla hiv pinzal piva Gu rap sel 1A77, da hg ‘rca iu canto, dal quali do ‘eta mumya te vi PERIPATETÀ Manda zia poi 109 COTTA pi pianto; al gquaroh fe vasto iù “gii ca, illa copta specie tei Mega e pliontit. (uypt fot det N04, nda pile Lillo l gui o toeti panai ital RR ma a riuti Miri Vol XIV 990005 fe caltezio. Wisige ie) ha stagna pet Witt pla LI 4050, der pur torti dita clan TO di Ms lil plafgituri i PRIA I) vii RT edo Rode 4 = bin palo goltezzoni del DI nada Ò og ugo hl snabo la diguenio Mia pueiti chat Ieeltentoni © î Sei dh Apfltatos tà Mal Alegre di 12,1 ? apiitte ationiehe, THRANE PT Pa di Feronia, fit ali conii Limiti Stliaboy. val. RENI, 000 iii br: ll pel MER 0 rioni, Spora de 7 Nalpr. iflutacy e get? pe ae A | Fa TI SIVIPRIRZAI SE CLS (A pr punte : Pi dalia La ciena 1809 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino = Numero 610 — Volume XXIV ————: Dott. ACHILLE GRIFFINI Sopra alcuni GRILLACRiDI di varie collezioni Riunisco nel presente lavoro alcune osservazioni fatte in questi ultimi mesi sopra vari Grillacridi appartenenti a diverse collezioni entomologiche, principalmente appartenenti a quelle del R. Museo di Storia naturale di S/0occo/ma, comunicatemi dal prof. Y. SJ6sTEDT (1), a quelle del Museo Zoologico Universitario di 0/04 (Gran Brettagna), di cuì ricevetti ultimamente un invio supplementare per parte del prof. R. SHELFORD (2), ed alle raccolte fatte a Sumatra dal dottore W. MoRtoN del Museo di Storia naturale di Lausanne (8). Incidental- (1) Queste collezioni contenevano anche i preziosi tipi delle 9 specie filippiniche descritte da StaoL nel 1877, da me chiesti in esame, dei quali dò una nuova ed estesa descrizione necessaria pel loro esatto riconoscimento, con qualche osserva- zione critica, nella mia memoria : « Le Gryllacris descritte da C. Stil », che ho pub- Llicato negli Atti della Società italiana di Scienze naturali di Milano, vol. XLVII, 1909 Alls collezioni stesse appartengono gli esemplari dei quali parlerò nel mio arti- colo « Sulla Gryllacris rubrinervosa Serville » che ho comunicato al giornale « Redia » di Firenze. (2) Sulle collezioni del Museo di Oxford veggansi anche le seguenti mie recenti pubblicazioni : a) Studi sui Grillacridi del Museo di Oxford: specie etiopiche, indo-malesi ed au- straliane. Atti Società italiana Scienze naturali Milano, vol. XLVII, 1909, pagine 300 338. b) Two new Species of Gryllaoris in the University Museum, Oxford. Annals and Magaz. Natur. History, vol. 3, eighth serie, N. 16, 1909, pagg. 366-371. (3) Iutorno al viaggio fatto dal Dott. W. MoRTON, si consulti la sua pubblica- zione: Récit de voyage à Ceylan età Sumatra. Bullet. Soe. Vauduise Sciences Natur, Lausanne, 5 S., vol. XLIV, 1908, n Da (e mente ho pur occasione di ricordare qui qualche esemplare apparte- nente alle Collezioni del Civico Museo di Storia naturale in Genova, sempre liberalmente messe a mia disposizione per studio, a quelle del Museo di Storia naturale di Ginevra ora ricevute in esame, inviatemi dal prof. BeporT, ed alla mia piccola raccolta. Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente le gentili persone che vollero affidarmi per determinazione i Grillacridi ricordati nelle pagine che seguono. Genova, R. Istituto tecnico, 18 aprile 1000, Paragrylineris longa (Walker) var. perleîdes (Walker). e Gryllacris perloides Walker 1869, Catal. Dermaptera Saltat. Bri- tish Museum, London, I, pag. 181. 9 Paragrylacris pallidolinea Tepper, var minor Tepper, 1892, The Gryllacridae and Stenopelmatidae of Australia and Polynesia: Transact. R. Soc. South Australia, Adelaide, vol. XV, Part. II, pag. 160. Paragryltacris perloides Kirby 1906, Catal., vol. II, Part. I, pag. 149. Di questa varietà ho veduto nelle collezioni del Museo di Stoccolma una g avente l’ovopositore rotto; essa portava l'indicazione: « Australia (Boucard)». Eccone i principali caratteri: Longitudo corporis mm. 33 » pronoti sali: » elytrorum ». 99% Latitudo maxima elytrorum » 115 Longitudo femorum anticorum » 8,9 » femorum posticorum >OTO Paragr. tongae Walk. omnino similis. Fastigium verticis tantum latitudinem 1'/, primi articuli antennarum perparum superans, late- ribus carinulatis superne divergentibus. Antennae ferrugineae, arti- culis 2 primis pallidioribus flavicantibus. Maculae ocellares ut in specie; macula ocellaris frontalis superne utrinque dilute piceo cincta. Lineola verticis et lineolae occipitis admodum indistinetae. Pronotum ut in P. longa, vittis marginalibus, etiam a Walker descriptis, ut in illa specie. Abdomen, elytra, alae, ut in specie. Genicula leviter infuscata (apex femorum minime, basis tibiarum melius distincte quamvis sat breviter et dilute). Femora postica subtus utrinque spinulis 5 apice nigris armata. Tibiae posticae superne longe post basim planiusculae, utringue spinulis perparvis 5 apice fuscis praeditae. —- € —- Ovipositor longus, subrectus, tevissime incusvu-, forrugineus. La- mina subgenitalis g subrotundata, lateribus late subincrassatis, apice in medio leviter sinuato, lobis apicalibus parum expressis, late ro tundatis. Gryllacris hyalima Brunner. o GryUacris hyalina Brunner 1888, Monogr. der Stenopelmatiden u. Gryllacriden, Verhandl. K. K. Zool. Bol. Gesellsch. Wien, Band XXXVIII, pag. 361. e, g Gryllacris hyalina Griffini 1909, Studi sui Grillacridi del Museo di Oxford, Atti Soc. Italiana Scienze naturali, Milano, volume XLVII, pagg. 322-24. Nelle collezioni del Museo di Stoccolma vedo una 9 recante l’indi- cazione « Queensland », che io credo di poter riferire a questa specie, corrispondendo essa discretamente alle 9 del Museo di Oxford da me descritte, benchè ne differisca pure per alcuni caratteri. Le sue dimensioni principali sono le seguenti: Lunghezza del corpo mm. 16,3 » del pronoto > è » delle elitre PMT » dei femori anteriori » 4,5 » dei femori posteriori » 9 > dell’ovopositore >IPELES ll fastigium verticis raggiunge appena la larghezza del primo arti- colo delle antenne, ed è anche qui nero, protendendosi inferiormente tale colore a formar due linee oscure che abbracciano ai lati la mac- chia ocellare frontale piuttosto grande; sotto il mezzo di questa di- scende pure una incerta fascia verticale pallida fino all’apice del clipeo, fiancheggiata da ciascun lato da una fascia incerta bruniccia. Il pronoto appare superiormente più largo che lungo, un po’ nebu- loso, col solco longitudinale abbreviato piuttosto largo e ben impresso, a lati tumidi, e subito dopo questo un solco trasversale molto im- presso, tangente all’apice del solco abbreviato suddetto, situato circa ad 1 mm. di distanza dal margine posteriore; dopo questo solco la me- tazona appare molto ineguale, coi lati esterni gibbulosi, il margine posteriore troncato. Lobi laterali posteriormente molto più alti che aateriormente; la loro altezza posteriore è «li pochissimo minore della lunghezza dei lobi stessi; margine anteriore e infeiiore formanti una. unica curva arrotondata, angolo posteriore troncato, margine posteriore verticale abbastanza alto. i dp: "Ber Elitre ed ali come negli altri esemplari. Spine delle tibie anteriori brevi. Femori posteriori con appena 3-4 piccole spine sia sul margine esterno come anche su quello interno. Spine delle tibie posteriori piccolissime. Le parti genitali esterne sono circa come nelle altre 9; l’ovopositore però è considerevolmente più breve. A proposito di questa specie, nel mio recente lavoro sopracitato, io scrivevo sembrarmi inammissibile la sinonimia che Kirby stabilisce fra essa e la Gr. munda Walker, anche per le dimensioni che questo autore assegna alle elitre della sua specie. Rifletto però che proba- bilmente nell’opera di Walker la lunghezza data delle elitre va intesa piuttosto come espansione alare, cioè come distanza fra gli apici delle due elitre quando queste sono completamente aperte; con tale inter- pretazione la Gr. munda Walk. viene realmente ad essere molto pros- sima alla Gr. Ryalina Br.; lo studio della descrizione farebbe ancora ritenere diverse le due specie, ma delle descrizioni di Walker c’è poco da fidarsi, e non è difficile che la sinonimia deva realmente ammettersi. Gryllacris Michaelisi Griffini. , 9g Grylacris Michaelisi Griffini 1908. Intorno a quattro Grillacr. dell'America meridionale, Zoolog. Anzeiger, Leipzig, Band XXXIII, pa- gine 65-67. — Griffini 1908. Note sopra alc. Grillacridi, Bollett. Musei Zoolog. Anat. comparata, Torino, vol. XXIII, n. 587, pagg. 13-14. Una 9 nelle collezioni del Museo di Oxford, perfettamente corrispon- dente ai tipi, e indicata come proveniente dal Brasile. Giyiineris Iyrata Kirby. o Gryllacris aliena Brunner 1888, Monogr. cit., pag. 338 (nec Walker). Gryltacris lyrata Kirby 1899. Notes on a collection form. by Distant in Transvaal etc., Annals and Magaz. Natur. History, London, vol. III, Seventh series, pag. 479. — Kirby 1906, Catal. cit., pag. 142. — Griffini 1908, Le specie africane del gen. Gryllacris, Siena, pag. 29-31. Questa specie è indicata finora delle seguenti località : Zanzibar (Brunner); Pretoria, Baberton (Kirby); Machuma, Taru desert, British East Africa (Kirby); Deutsch-Ost-Afrika (K. Zoolog. Museum, Berlino); Mpapua, Deutsch. Ost-Afrika (K. Zoolog. Museum, Berlino). Var. Lademanni, Griffini, 1908, op. cit., pag. 31-33. SR Finora non fu data la descrizione del e. Nelle collezioni del Museo di Stoccolma trovo appunto un o recante l'indicazione: « Caflraria (Wahlberg) », che io dopo accurato studio credo vada riferito a questa specie. Esso però e pei disegni del pronoto e per lo sviluppo molto maggiore delle elitre si discosta sia dagli esemplari tipici della Gr. /yrata come dalla var. Lademanni; probabilmente la Gr. lyrata è specie molto va- riabile e presenta differenti sottospecie. Senza dar un particolare nome al o in discorso, passo a descriverlo: o Longitudo corporis mm. 16 » pronoti » 3,8 » elytrorum » ol » femorum anticorum » 457 » femorum posticorum > 19,2 Color corporis testaceo-fulvus, capite et pronoto nigro variis. Caput parum robustum, ab antico visum ovoideum perparum elon- gatum, anterius depressiusculum. Vertex convexus, linea longitudinali impressa praeditus, fere longitudinaliter sulcatus; fastigium verticis latitudinem 14/, primi articuli antennarum aegre attingens, lateribus sat rotundatis. Maculae ocellares non distinguendae. Frons inferius depressa, sub lente praecipue ad latera transverse minute rugulosa. Color capitis testaceus. Occiput posterius in medio fuscum; vertex vitta transverse arcuata utrinque supra et post oculum oriente, nigra, ornatus; margo posticus hujus vittae undulatus. Fastigium verticis maculam sat magnam posterius (superne) cum parte antica vittae ver- ticis subcontiguam, a sulculo longitudinali verticis ibique extenso in medio leviter fissam, praebet. Facies punctis 6 nigris ornata, quorum 2 sat proximi in fastigio frontis, 2 leviter majores et levissime magis inter se remoti, in parte supera frontis sub illis positi, 2 inferi parvi, laterales, in lateribus partis inferae frontis. Sub utroque oculo, et cum oculo contigua, macula punctiformis etiam nigra adest. Antennae totae concolores. Pronotum circiter ut in specimine a me descripto confectum, testa- ceum, lineola media in sulculo longitudinali subnulla, tantum posterius sagittata, et linea utrinque 7 — formi distincta, colore nigro, superne ornatum; sulcus anticus concolor testaceus; in utroque latere externo sulci antici linea valde obliqua nigricans, ab angulo lincae 7 — formis ad marginem anticum extus versa, adest. In utroque lobo laterali vertex (inferus) et ramus posticus sulci V — formis vitta nigra sunt signati; haec vitta superne (posterius) in latere metazonae sinuata et postice leviter angulata. Elytra longa, sat lata, testaceo-subhyalina; basi magis testaceo tincta, GoRi a venis venulisque concoloribus vel perparum fuscioribus. Alae obtuse triangulares, hyalinae, venis venulisque pallide flavis. Pedes concolores, tibiis omnibus basi breviuscule rufis, dein pallidis, stramineis. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis utrinque 4, bre- vibus; tibiae intermediae utrinque spinis 3-4 etiam brevibus. Femora postica breviuscula, basi crassiuscula, apice breviter et parum atte- nuata, carina infera externa quam interna evolutiore, subtus margine externo spinulis 6, margine interno spinulis 5, nigerrimis et basi le- viter nigro circumdatis, armata. Tibiae posticae superne post basim planatae, spinulis nigerrimis et basi nigra praeditis, utrinque 6. Abdomen (in hoc typo laesum) apice videtur superne infuscatum; segmentum abdominale dorsale ultimum e videtur cucullatum, mar- gine infero leviter crassiusculo, in medio levissime sinuato. Lamina subgenitalis * sat magna, subtrapetioidea, margine postico in medio obtuse distincete producto, utrinque subsinuato, stylis admodum late- ralibus, longiusculis, teretibus, cylindricis, parum puberulis, apice sub- rotundatis. Pars media obtuse producta marginis postici apice levis- sime est sinuata, lobulis leviter rotundatis, minime prominulis, inferius forsan longitudinaliter sulcata. Corrisponde molto bene al d° sopra descritto, anche pei particolari disegni del pronoto, una 9 appartenente alle collezioni del Museo di Ginevra, raccolta a Delagoa Bay dal Missionario Junod. Le sue principali dimensioni sono le seguenti : Longitudo corporis mm. 19 » pronoti >» 48 » elytrorum ai28 » femorum anticorum FOO » femorum posticorum Dog L’ovopositore è alquanto guasto e tutto contorto, impossibile a mi- surarsi con esattezza, pare però non superi la lunghezza di 20 mm. I femori posteriori hanno 6-7 spine sul margine esterno, e 3 sole sul margine interno. La struttura del capo, del pronoto, delle zampe, persino la disposi- zione e il numero degli ornamenti neri, sono come nel & del Museo di Stoccolma. Gryllacris fuscifroms Gerstaecker, var. melamnica m. d Capite et pronoto totis alris nilidis, illo tantum maculis ocella= ribus 3 punctiformibus flavis signato; abdomine salurale ferrugineo, segmentis dorsalihus 2 ultimis piceis ; femoribus ferruginea castaneis, DE apicem versus picescenlibus, tibiis anlticis el postlicis superne piceò- alris, libiis intermediis basin versus picescentibus ; elytris teslaceis, în dimidio basali magis testaceo linclis, venis venu'isque concolo- rihuss alis hyalinis, venulis late et definite nigro-fusco marginatis, ideoque nigro-fusco et hyalino lessellatis, fascis nigro-fuscis sal latis, irregularibus, oplime circumscriplis. Longiludo corporis mm. 27 » pronoti » 7 » elytrorumi da 1925 » femorum anticorum »i 40 » femorum posticorum RIO » segmenti octavi abdominis » 4,5 Habitat: Sumatra. Typus: 1 3, a D.re W. Morton collectus, et collectioni meae libe- raliter donatus. Ho lungamente studiato questo esemplare che sembrava essere Lut- t'altra specie, e che nel sistema della Monografia di Brunner avrebbe dovuto collocarsi vicino alla Gr. luciuosa Br. Pel colore del capo esso ricorda la Gr. aethiops Br.; per le fascie oscure delle ali così ben marcate e ben definite ricorda la var. pulchra della Gr. fuscifrrons Gerst., varietà da me recentemente descritta, nella quale il pronoto è nero ma colla parte posteriore del dorso (metazona) e la parte posteriore dei lobi laterali di color giallo rossiccio; in essa inoltre il capo, colorato all’incirca come nella specie tipica, ha la mac- chia ocellare frontale grande, quasi ovale, carattere che molto ne la separa. Ho finito col persuadermi che l’esemplare in questione rappresenti una varietà melanica della Gr. fuscifr'0ns; nondimeno per alcune sue particolarità di struttura non coincide esattamente coi caratteri della specie, per il che reputo utile descriverlo. Caput ut in specie confectum, leviter angustiusculum, colore toto atro, maculis 3 ocellaribus punctiformibus angustis flavis, bene dis- tinctis, apice clypei et basi labri in castaneum vergentibus, palpis castaneis, articulis basi et apice pallidioribus. Antennae ferrugineae, basi castaneae. Pronotum a supero visum subquadratum, sulculo longitudinali ab- breviato antice et postice fossulari, fossulis fere seiunctis, Pronoti pars supera bene convexa, post sulculum abbreviatum depresso concavius- cula, metazona fere planata, minime ascendente, lateribus gibbulosis, margine postico truncato. Lobi laterales longiores quam altiores, postice altiores, angulis solito modo confectis, margine infero ante coxas an- 9 de ticas levissime sinuato, margine postico verticali sat alto, sinu hume- rali parvo sed distincto; sulci soliti optime impressi, intervalli gib- bulosi. Color pronoti ater nitidus, tantum margine postico verticali loborum lateralium et margine postico metazonae incerte angustissime ferrugineo castaneis. Elytra ut in specie confecta, in dimidio apicali magis testaceo-sub- hyalina, in dimidio basali magis testaceo tincta. Alae hyalinae, venulis late distincteque nigro-fusco circumdatis, vittas latas trans- - versas optime definitas sed valde irregulares circiter 8 efficientibus, fere hyalino et nigro- fusco tessellatae, vittis marginalibus angu- stiusculis, vittis ante - marginalibus raro inter se partim coniunctis, areolis hyalinis omnibus maculam parvam albidam sub- opacam, per transparentiam visendam, in- cludentibus. Femora ferrugineo-castanea, ad apicem breviter picescentia, sed summo apice rursus ferruginea. Tibiae an- ticae superne, excepto imo apice ferrugineo, atro-piceae; tibiae inter- mediae basi atro piceae, dein in castaneum vergentes, imo apice fer- rugineo; tibiae posticae superne atrae, apicem versus picescentes, apice ferrugineae. Tarsi ferruginei, primo articulo superne basi infuscato. Spinae tibiarum 4 anticarum longae, longitudine apicem versus de- crescentes, ferrugineae. Femora postica ad apicem sat longe attenuata, subtus margine externo spinis 8, margine interno spinis 10-11, quarum basalibus minoribus, omnibus atris, basi pallidioribus, instructa; tibiae posticae superne post basim planatae, utrinque spinis 6 atris, basi pal- lidioribus, armatae. Abdomen saturate ferrugineum. Segmentum dorsale octavum valde productum (magis quam in specie et quam in fig. 41 £ Brunneri), sen- sim decurvum, piceum. Segmentum nonum etiam piceum, breve, cor- niculis haud ut in fig. 41 £ Brunneri longiusculis et seiunctis, sed in medio leviter productum, parte producta apice brevissime bicornuta, corniculis leviter divergentibus, apice rotundatis; hoc segmentum subtus concaviusculum, minute transverse rugulosum et verticaliter ibi sub- sulcatum. Cerci longissime sed haud conferte pilosi. Lamina subgeni» talis & circiter ut in specie confecta, transversa, apice late subrotun- data, in medio levissime sinuato-emarginata, lobulis latis, brevibus, subrotundatis. Styli longi, pallidi, Gryllacris fuscifrons var. melanica. Ala Gryllacris Panteli Bolivar. d Grylacris Panteli Bolivar 1899. Les Orthoptères de St. Joseph's College à Trichinopoly (Sud de l’Inde). Annales Soc. Entomolog. France, LXVIII, pag. 788. Dopo qualche esitazione, riferisco a questa specie di cui è noto solo il , una 9 appartenente alle collezioni del Museo di Ginevra, e indi- cata come proveniente da « Mepadi Malabar ». Essa corrisponde bene per dimensioni al d' descritto da Bolivar, ma non ha il pronoto nero, come quello, avendolo invece pallido come il resto del corpo, con qualche esiguo disegno nerastro. Eccone dunque i caratteri: ? Longitudo corporis mm. 32 (abdom. extenso) » pronoti dai CO. » elytrorum "MM » femorum anticorum » 10 » femorum posticorum Sp 7; » ovipositoris » 0 ‘1D;9 Corpus statura media, sat robustum, pallide testaceo-stramineum. Caput pronoto parum latius, robustiusculum, ab antico visum late ovoideum, fere orbiculare, anterius planiusculum. Occiput \et vertex optime convexa, nitida. Fastigium verticis anterius (inferius) depres- siusculum, lateribus obtusis tumidulis, latitudinem primi articuli an- tennarum levissime superans. Maculae ocellares omnino nullae. Fasti- gium frontis superne in medio depressum, lateribus latiuscule tumidulis. Frons sub lente sparse punctata et transverse rugulosa, inferius supra clypeum impressa; clypeus etiam sparse punctatus et rugulosus, cum labro parum elongatus, latiusculus. Sulci suboculares optime expressi. Color capitis subtotus pallide testaceus, linea utrinque latiuscula atra ab oculo per sulcum subocularem ad basim mandibulae perducta, et lineola angusta atra etiam verticali utrinque inter fastigia capitis et basim antennarum per marginem internum scrobum antennarum perducta et in frontem breviter continuata, ibique evanida, ornatus. Labrum parum infuscatum. Mandibulae atrae, basi extus breviter tes- tacea et intus testaceo maculatae. Palpi et antennae cum reliquo ca- pite pallida, concoloria. Occiput dilute incerte nebulosum. Pronotum a supero visum levissime longius quam latius, lobis late- ralibus parum adpressis. Margo anticus crassiusculus, in medio rotun- dato leviter prominulus; sulcus anticus valliformis modice impressus: sulculus longitudinalis incertus, seu tantum pronotum in medio levis- sime et latiuscule depressiusculum, parte antica huius depressionis e po fere bipunetata, lateribus irregularibus, et ante sulcum posticum de- pressiones duas cum parte postica sulculi longitudinalis convergentes, praebens. Sulcus posticus transversus primus parum impressus; subito post eum metazona transverse prominula, fere transverse carinata, ad latera supra humeros gibbulosa, dein transverse depressiuscula sub- concava, margine postico solito modo limbato, truncato subrotundato, leviter ascendente. Lobi laterales sat humiles, postice altiores quam antice, margine infero subrecto, angulo postico late subtruncato, mar- gine postico subverticali brevissimo, sinu humerali fere nullo. Sulcus U-formis et sulcus posticus bene impressi: intervalli tumiduli. Color pronoti pallide testaceus, parum atro varius. Sulcus anticus utrinque maculam atram subtriangularem praebet, vertice posterius verso et cum macula minore melius delineata, transversa, fere vexil- liformi, etiam atra, contiguo: hae 2 maculae vexilliformes posterius lineas fuscas dilutas incertas posterius convergentes emittunt. Meta- zona utrinque transverse indefinite atro maculata. In utroque lobo laterali sulcus U-formis est nigratus, hoc colore in ramo antico sub- tiliore, cum macula sulci antici dorsalis superne augustissime subco- niuncto, in ramo postico leviter latiore, ibique in extremo supero postico leviter dilatato et digitato; in vertice infero sulci U-formis color ater est dilatatus, usque ad marginem inferum extensus, et ibi posterius subtiliter parum continuatus. Sulcus posticus loborum lateralium in- ferius leviter etiam atratus. Elytra apicem abdominis (extensi) haud attingentia, alis distincte breviora, fere lanceolata, testacea areolis fusco-piceis subrectangula- ribus, seu fusco-picea venis venulisque omnibus pallide testaceis et testaceo-subhyalino late circumdatis, ideoque elytra fusco tessellata. Alae subcycloideae, fuscae, levissime violaceo nitentes, venulis pal- lidis utrinque latiuscule hyalino marginatis, series transversas fascia- rum hyalinarum irregularium circiter 8 eflicientibus. Pedes longiusculi, concolores, pallide testaceo-straminei. Tibiae an- ticue et intermediae solito modo spinosae, spinis basim versus sitis (praecipue in latere interno) anticarum longioribus, valde elongatis. Femora postica basi parum incrassata, apicem versus sat longe atte- nuata sed haud gracilia, subtus in utroque margine spinulis 5-8 di- midio apicali fuscis armata. Tibiae posticae post basim superne pla- natae, margine interno spinis 6, margine externo spinis 6-7, modicis, tantum summo apice fuscis, praeditae. Tarsi validi. Abdomen concolor, segmentsis dorsalibus forsan utrinque inferius puncto fusco maiore vrnatis. Segmentum dorsale ante-ultimum $ breve; segmentum ultimum sat productum tumidum, nitidum. Cerci longe pilosi. Ovipositor modice falcato-incurvus, ferrugineus sat nitidus, la- tiusculus, rigidus, utrinque longitudinaliter sulcatus, sulco sat lounge IL = ante apicem evanido, apice subtriangulari, seu superne subobliquo, post sulcum lateralem subdilatato, vertice sat acuto. Lamina subge- nitalis 9 trapetioidalis, apicem versus attenuata, sed ibi in medio pro- funde triangulariter incisa, lobis triangularibus acutis, elongatis, late- ribus subsinuatis. Segmentum ventrale ultimum 9 ipsum a basi lobum latum convexiusculum trapetioidalem subtriangularem efficiens, basi latum, vertice posterius verso prominulo, obtuso sed tuberculum irre- gularem gerente, basim laminae subgenitalis subattingente. Gryliacris Panteli subsp. Poultoniana m. 9. — A spectîe typica differt praecipue: statura leviter robusliore, elytris longioribus, venulis angustius hyalino marginatis, capite et pronoto cum pedibus tolis saturate ferrugineis concoloribus, inimacu- tatis, femoribus posticis crassioribus, segmento ventrali ullimo in lobum lriangularem acutum producto. Longitudo corporis mm. 28 » pronoti >» 10 » elytrorum E » femorum anticorum » 10,8 » femorum. posticorum » 18,5 » ovipostitoris Slo Latitudo maxima elytrorum >» 10,4 Habitat: Silhet. Typus: 1 9 (Musaei Universitatis in Oxford). Corpus statura modica, robustum, saturate ferrugineum. Caput ut in specie sed totum saturate ferrugineum, facie minime pallidiore, clypeo partim incerte levissime fusciore ; labro, mandibulis, palpis, antennisque cum reliquo capite concoloribus. Frons punctulis minoribus praedita; fastigium verticis parum latius, latitudinem tamen 14|, primi articuli antennarum non attingens. Pronotum concolor, immaculatum, saturate ferrugineum, leviter ro- bustius, sulcis circiter ut in specimine typico supra descripto. Elytra apicem abdominis leviter superantia, dimidium circiter ovi- positoris attingentia, sat lata, alis perparum breviora, fusco-picea le- vissime violaceo nitentia, venis testaceis, venulisque testaceis, utrinque anguste hyalino marginatis, ideoque fusco-piceo tessellata. Alae circiter ut in specimine typico supra descripto, ima basi latiuscule tota fusco picea. Pedes circiter ut in specie, femoribus posticis basi modice in- crassatis. Abilomen concalor, segmentis dorsalibus posterius indistinete fuscic» SI ribus. Segmenta dorsalia ultima et ovipositor ut in specie. Lamina subgenitalis 9 circiter ut in specie, lobis triangularibus acutis elon- gatis, inferius longitudinaliter tumidulis, his tumescentiis etiam versus basim laminae inferius continuatis, basi laminae tamen transverse de- pressa et rugulosa. Segmentum ventrale ultimum 9 in medio posterius lobo triangulari convexiusculo, basi lato, vertice posterius verso acuto basim laminae subgenitalis tangente, praeditum; hoc lobo forsan su- perne (seu inferius si ab infero conspicitur) toto per carinulam inferam cum segmento et basi laminae connexo. Ho dedicata questa rimarchevole sottospecie al nome del prof. Poul- ton F. L. S., che gentilmente mi concesse in esame i Grillacridi del Museo di Oxford. Grylliacris tibialis Serville. Q Gryllacris tibialis Serville 1839, Hist. Natur. Ins. Orthoptères, Paris, pag. 393. S % Gryllacris tibialis Gerstaecker 1860, Ueber die Locustinen Gatt. Gryllacris, Arch. fùr Naturgesch., Band XXVI, pag. 2606-67. — Brunner 1888, Monogr. cit., pag. 88-89. — Kirby 1906, Catal. cit., pag. 140. — Griffini, 1908, Note sopra alc. Grillacridi, op. cit., pag. 4. Di questa specie, oltre la 9 da me ricordata nelle note sopra citate, ricevetti dal sig. H. Rolle di Berlino una seconda 9 perfettamente cor- rispondente alla prima, e pure proveniente da Giava. Questo secondo esemplare è solo di statura leggermente minore, ed ha il colore oscuro del capo e del pronoto un po’ meno sviluppato. Esso fa passaggio alla seguente varietà: var. Calva m. o 9 A specie typica differt capite toto (etiam in occipile et vertice) pallido, testaceo-ferrugineo, villis subocularibus nullis vel omnino in- dislinctis; colore fusco-piceo dorsi pronoti minus evoluto, dilutiore, angustiore; lobis lateraltbus pronoli maxima partie vel totis testaceis; parte dorsali fusco-picea testaceo pius minusve varia. ce Segmento abdominati dorsali octavo parum produclo ; segmento nono cucullato, non sulcato, apice în medio inferius leviler rotundato- producto, spinulas 2 nigras rectas sat proximas verticaliter inferius versas basi partim obtegenie; lamina subgenitali margine postico sub- iIruncato, in medio lobulis duobus angustis longiusculis, subparallelis, apice rotundatis, praedita. d Genilalibus ut in specie, — 3 — o S Longiludo corporis mm. 24,8 22 (abdom. contracto) » pronoti » 6 5,8-6 È » elytrorum » 33,5 32-33 Latitudo maxima elytrorum » Ile glde5 Longitudo femorum anticorum » 8,1 8-8,5 » femorum poslicorum » 15 15-16 » oviposttoris » — 21 Habitat: ITava. Typi: 1 & et 1 9, in Musaeo Zoologico, Stockholmiae. 1 9, in Musaeo Zoologico, Oxford. Corpus statura ut in specie. Caput ut in specie, sed concolor, pallidum. Frons sub lente sparse minute punctulata rugulosa, inferius utrinque puneto maiore impresso plus minusve distineto. Antennae cum reliquo capite totae concolores. Pronotum breviusculum, a supero visum subquadratum, in 9 fere latius quam longius; margine antico rotundato, sulco antico valliforme bene expresso, sulculo longitudinali abbreviato latiusculo, sulco postico la- tissime V-formi vel arcuato metazonam praecedente, necnon pone eum sulco transverso minus distincto. Metazona leviter ascendens, margine postico truncato. Lobi laterales parum longiores quam altiores, poste- rius parum altiores, angulis solito modo confectis, margine postico verticali sat alto, sinu humerali bene expresso, sulcis solitis bene impressis. Color pronoti testaceus, superne fusco-piceo circiter ut in Gr. trans- lucens Serv. pictus (1). Elytra et alae ut in specie. Pedes ut in specie, geniculis pallidis, tibiis post basim et usque ad medium vel sensim usque pone medium fuscis vel atris. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis distincte apicem versus longitudine decrescentibus, fuscis, apice pallidis. Femora postica basi crassa, ad apicem regulariter attenuata, subtus utrinque spinis 5-7 apice nigratis armata, quarum 2 apicalibus majoribus. Tibiae posticae superne post basim planatae, spinis in parte atra atris, ante apicem leviter pallidoribus, spinis in parte testacea testaceis apice fuscis. Genitalia & ut in Gr. translucens. — Lamina subgenitalis 9 subel- lyptica sat angusta: segmentum ventrale ultimum 9 ut in specie. (1) Veggasi la nuova ed estesa descrizione da me data di questa specie nelle citate mie Note sopra alcuni Grillacridi, 1908, Bollett. Mus. Zool. Anat. Comp., To- rino, vol. XXIII, n. 587, pag. 4-6. #0 7 Gryllacris amplipennis Gerstaecker. Q Grylacris umplipennis Gerstaecker 1860, op. cit., pag. 271-72. d, 9 Gryllacris amplipennis Brunner 1888, Monogr. cit., pag. 336. — Brunner 1893, Révision du Système des Orthoptères, Annali Mus. Civico, Genova, ser. 2, vol. XIII, pag. 189. — Brunner 1898, Orthopt. Malaysch. Archip. gesamm. von Kukenthal, Abhandl. senckenb. Naturf. Gesellsch., XXIV, pag. 199. — Kirby 1906, Catal. cit., pag. 141. Questa specie deve essere stata più volte confusa colla Gr. trans- lucens Serv. e reciprocamente; negli stessi lavori di Brunner io dubito che qualche volta tale confusione abbia potuto verificarsi. Le due specie infatti sono simili, tanto che si potrebbero persino considerare a prima vista come sottospecie di una sola. Pure, io sarei d’avviso di mantenerle separate, come già indicai allorquando descrissi nuovamente la Gr. lranslucens. Della Gr. ampliplennis ho visto i seguenti esemplari: G. Una 9 nelle collezioni del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, recante l’indicazione: « Malewoon, Tenasserim (L. Fea VII-VIII, 1887) ». È questo l’esemplare che fu determinato da Brunner e da lui ricordato nella sua Révision du Système des Orthoptères. O. Una g nelle collezioni del Museo Zoologico di Oxford, coll’ovo- positore rotto, e portante l'indicazione: « Malacca? ». Questi due esemplari si corrispondono abbastanza bene: l’esempl. 0, lexgermente minore, ha però la metazona del pronoto piuttosto tu- mida, ma ciò potrebbe essere carattere individuale e forse anomalia. G O Lunghezza del corpo mm. 34,5 30 » del pronoto » ID 6,3 » delle elitre >» 4l DT » dei femori anteriori ETA LC) 9,5 » dei femori posteriori » 19 17 » dell’ovopositore »(ir23,5 ? Il vertice del capo ha un largo arco occipitale nerastro anterior- mente alquanto proteso nel fastigium verticis, ma quivi leggermente diviso in senso longitudinale. Il fastigium verticis non raggiunge la larghezza 1 '/, del primo articolo delle antenne. La sommità della fronte è indecisamente pallida, con due indistinte fascie laterali oscure scen- denti dall’angolo interno inferiore degli serobi antennarii. Fascie sub- oculari indistinte. Ocello frontale in O distinto, sebbene piccolo. An- tenne del colore del corpo, col primo articolo un po’ più pallido del secondo e di quelli che a questo subito seguono. Labbro piuttosto al- lungato. Pronoto nitido, nero-piceo, eccettuato il margine posteriore abba- stanza largamente ma poco definitamente giallastro, e due macchiette superiori poco dopo il mezzo notevolmente lontane fra loro, una a destra e una a sinistra, giallastre, subovali; i lobi laterali hanno il margine abbastanza largamente giallastro, connesso all’indietro con questo stesso colore della metazona. Parte anteriore del pronoto, dopo il solco anteriore, ben convessa; dopo essa, verso il mezzo del solco longitudinale abbreviato, che è piuttosto largo, il dorso si fa subconcavo, specialmente nell’esempl. 0. La metazona nell’esemplare G è piatta, leggermente ascendente; in 0 invece è distintamente ascendente, trasversalmente convessa, col mar- gine posteriore nuovamente curvato all’ingiù (in modo però leggeris- simo). Questo potrebbe anche essere carattere di una sottospecie locale. Margine posteriore troncato. Lobi laterali poco più lunghi che alti, posteriormente un po’ più alti che anteriormente; margine posteriore in G verticale, in 0 obliquo; seno omerale in G benissimo distinto, in O meno distinto. Le elitre si corrispondono nei due esemplari; hanno le vene radiali principali giallastre, le altre oscure e così le venule trasversali; le elitre stesse sono grandi, lunghe e ampie; nell’esemplare O che è il minore dei due, esse arrivano alla larghezza di 13 mm. Le zampe pure si corrispondono. Le spine delle zampe anteriori de- crescono di lunghezza verso l’apice. I femori posteriori hanno sul mar- gine esterno 7 spine, sul margine interno 5-6 spine, tutte nericcie. Le tibie posteriori sono superiormente piane dopo la base, e portano sul margine esterno 6-7 spine, sul margine interno 6 spine. Ovopositore dritto, piuttosto esile, appuntito. Lamina sottogenitale della elittica, allungata e piuttosto stretta, alquanto convessa, a margine intero. Il segmento ventrale che la precede è posteriormente fornito di un lobo mediano piuttosto breve, abbastanza largo, arroton- dato, un po’ convesso, oscuro, dotato di pubescenza pallida; questo nell’esemplare G è benissimo visibile. Gryliacris translucems Serville. ct, 9 Gryllacris transtucens Serville 1839, Hist. Nat., op. cit., pa- gine 394-95. — Griffini 1908. Note sopra alc. Grillacridi, op. cit., pa- gine 4-6. Di questa specie, oltre gli esemplari 7 e 9 descritti nelle mie note sopra ricordate, ho avuto dal sig. H. Rolle di Berlino un altro d e un’altra 9, pure di Giava, e ben corrispondenti a quegli esemplari. — |() — Noto soltanto che in questa nuova coppia è invece la , più inten- samente colorata del o. La 9 ha le parti oscure del pronoto svilup- pate come nel o da me prima descritto, e di colore anche più carico; il è ha il pronoto pallido con pochissimi segni oscuri, meno ancora di quanto non fosse nella 9 da me primamente descritta; il suo pro- noto è brevemente oscuro al mezzo del margine anteriore, fin poco dopo il solco. anteriore, rendendosi la tinta oscura diluita all’intorno; pre- senta poi oscuro il solco longitudinale abbreviato e due macchiette poco definite, ai lati dell’estremo posteriore di questo, situate verso i fianchi del dorso. Gryliscris submutica Brunner, var. Neavei m. Gryllacris submutica Griffini 1908. Le specie afric. del gen. Gryl- lacris, Siena, pag. 56 (partim). ct, 9g A specte typica differt statura leviter minore, pronoto sensim breviore, femoribus posticis distincle brevioribus, necnon nonnullis notis sequentibus. Segmento dorsali ultimo d apice sublus anguste si- nuato-inciso, ibique intus utrinque bidenticulato: lamina subgenitali 3 apice distincle incisa. o SG Longitudo corporis mm. 10,5-11,5 13 » pronoti » 2,5 ID » elytrorunmi > . 19 -194 19,8 » femorum anticorum - » 42- 4,4 4,5 » femorum posticorum » ddp e ero » oviposttoris » _ 14 Habitat: Africa orientalis. Typi: 1 9 (Musaei Universitatis in Oxford) indicationem sequentem gerens: « Port. E. Afr-. — E. bk. Loangwa, Plain 30-50 m. — N. of Zumbo. about 1400 ft. — Capt. 19 VIII 26 IX 04. S.A. Neave. — Pres. 1906 by him et B. S. A. Co. ». 2 d' (collectionis meae), D. Bang-Haas acquisiti, indicationem: « Ma- now, D. O. Africa » gerentes. Corpus ut in specie graciliusculum, pallide ferrugineo-stramineum vel stramineum, leviter nebulosum. Caput ab antico visum ovatum subelongatum, angustiusculum. Fa- stigium verticis articulo primo antennarum minime latius, lateribus subcarinulatis; maculae ocellares interdum indistinctae, interdum sat conspiciendae, haud perfecte delineatae; frons inferius depressiuscula : organa buccalia et antennae cum reliquo capite concoloria. Pronotum a supero visum subquadratum; margine antico in medio POLL Ly rotundato sat prominulo, suleo antico valliforme, sulculo longitudinali etiam valliforme, sat bene expressis, sulcis posticis parum definitis, margine postico distinete sinuato. Lobi laterales sat bene adpressi, postice altiores, fare subaeque alti ac longi, angulo postico subtrun- cato, margine postico verticali sat alto, sinu humerali distincto; sulcus acute V-formis et suleus posticus sat impressi. Elytra et alae ut in specie. Pedes 4 antici graciliusculi; tibiae an- ticae et intermediae ut in specie subtus utrinque spinulis 2 armatae; femora postica brevia, basi crassa, apice breviter attenuata, subtus in utroque margine spinulis 4-6 apice leviter fuscis armata; tibiae posticae supra tantum post medium leviter planiusculae, spinulis parvis utrinque 5-6 apice fuscis praeditae, Segmentum dorsale ultimum d convexum, fere cucullatum, margine postico (infero) apice in medio angustiuscule sinuato-inciso, ibique intus utrinque denticulis fuscis duobus (supero et infero), vel per excep- tionem tribus, infero semper leviter fortiori, armato. Lamina subge- nitalis ® transversa, apice anguste incisa, lobis proximis, rotundatis; stylis extus positis sat evolutis. Ovipositor ut in specie, longus, angustus, subrectus, haud rigidus, pubescens, valvulis apice rotundatis. (Lamina subgenitalis 9 in typo haud bene conspicienda). Pubblicato il 25 Settembre 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1654 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 611 — Volume XXIV Dott. ALFREDO BORELLI Forficole nuove o poco note di Costa Rica Ho riunito in questa nota i risultati dello studio di parecchi invii di forficole fatti ultimamente al R. Museo di Torino dal professore J. F. TRISTAN, residente in San Josè di Costa Rica. Il ricchissimo ma- teriale fu raccolto in diverse località della Repubblica di Costa-Rica, finora poco conosciute dal lato entomologico, ed è dovuto alle dili- genti ricerche dello stesso prof. Tristan e del Dott. Mauro Fernandez. Benchè il maggior numero delle specie già conosciute di Costa-Rica, e fra esse alcune rarissime, siano state raccolte, mi sono limitato alla descrizione delle specie nuove o di quelle, come l’Ecninopsalis guttata Borm. e la Sparatta Biolleyi Borelli, di cui non si conosceva il maschio, riservando lo studio delle altre specie ad un prossimo lavoro nel quale farò la revisione di tutte le specie di forficole mandate da Costa Rica al R. Museo Zoologico di Torino. Delle specie descritte alcune provengono da S.ta Maria de Dota, regione coperta di foreste a 1600 metri di altitudine, che il profes- sore Tristan esplorò durante tutto il mese di gennaio 1909. Altre fu- rono raccolte nei dintorni di Cartago (1436 m.) e a Chicoa (3032 m.), paesi scaglionati lungo i fianchi del vulcano Irazu, dove lo stesso prof. Tristan fece accurate ricerche durante alcuni giorni del mese di maggio 1909. Parecchie finalmente furono trovate a « El General», località situata a Sud Ovest di S.ta Maria de Dota, che fu visitata dal Dott. Mauro Fernandez durante il mese di giugno 1909, e dove egli, dietro incarico del prof. Tristan, ebbe la cortesia di fare alcune ricerche. Mi faccio un dovere di esprimere, anche a nome del Direttore del R. Museo Zoologico di Torino, i più vivi ringraziamenti al prof. Tristan ed al dott. Mauro Fernandez per l’invio di questo ricco ed interessante materiale, di cui essi fecero generoso dono. id ria na” rue Gen. Echinopsalis Borm. 1893 Echinopsalis Bormans, Biol. Centr. Amer., Orth., T, p. 2. Tipo: XX. guttata Borm., 9. Ho poco da aggiungere alla descrizione di De Bormans fatta sulla 9. Prosterno col margine anteriore sporgente a mò di triangolo; mar- gini laterali convergenti cosicchè la parte posteriore del prosterno è più stretta dell’anteriore, misurata alla base del triangolo, mar- gine posteriore tronco. - Penultimo segmento ventrale più largo che lungo, ottusamente trian- golare alla base coll’apice fortemente arrotondato e molto sporgente, di modo chè non solo i lobi dell’ultimo segmento rimangono comple- tamente nascosti, ma le branche della pinzetta sono per un breve tratto coperte dal margine posteriore del penultimo segmento. Terzo articolo dei tarsi provvisto di pulvillo fra le unghie. Branche della pinzetta come nel genere Psalis, poco più corte e più ricurve che nella 9. Echinopsalis guttata Borm. | 1893. Zchinopsalis guttata, Bormans in: Biol. Centr. Amer., Orth. p. 3, tav. 1, fig. 4 (9). Md che non fu ancora descritto rassomiglia in tutto alla 9 salvo che nella metà posteriore. Segmenti dell'addome nero bruni, segmenti 8 a 10 rossicci; molto leg- germente punteggiati, coperti di corte setole bianchic- cie e forniti lateralmente di lunghi peli bruni; a lati pressocchè paralleli, segmenti 5 e 6 a lati debolmente ! sporgenti e arrotondati posteriormente, segmenti 7,8 e 9 sb DI fortemente carenati lateralmente e prolungati in punta + triangolare oltre il margine posteriore. Ultimo seg- T___=i mento fortemente punteggiato, privo di peli: quadran- i golare di larghezza anteriore uguale a due volte la (Up propria lunghezza, poco più stretto posteriormente, Pazoar debolmente convesso, alquanto depresso lungo il mar- \ tai 7 / ARPA gine posteriore, segnato da un solco mediano longitu- dinale ben marcato il quale non raggiunge il margine posteriore, quest’ultimo tronco ed ingrossato fra le Fig.1.-E Tu range della pinzetta e munito di due piccole spor- ta 71) genze in corrispondenza della loro carena superiore mediana, obliquo ai lati. Penultimo segmento dell’addome di colore rossiccio, pubescente, ru- goloso e leggermente punteggiato; due volte più largo che lungo, ottu- samente triangolare col margine posteriore fortemente arrotondato e i e sporgente oltre la base delle branche della pinzetta, segnato da ùn leggero solco mediano longitudinale, debolmente declive lungo il mar- gine posteriore. Branche della pinzetta rossiccie: quasi contigue alla base, allargate diritte e fortemente carenate superiormente per più dei due terzi della loro lunghezza, poi più sottili arrotondate e fortemente incurvate verso l’interno sino alle punte, la destra prima della sinistra, la quale é poco più lunga. Internamente coperte vicino alla base di una pube- scenza giallo-chiaro, compresse e divergenti col margine inferiore for- nito di alcuni piccoli tubercoli per i due terzi della loro lunghezza, poi arrotondate e liscie; inferiormente piane. Lunghezza totale del corpo: 13,5 mm. » della pinzetta a sinistra: 2,5 mm., a destra: 2,3 mm. Un solo esemplare & da: El General. Dott. Mauro Fernandez. ì Brachylabis Fernandezi nov. sp. &. Capo nero pece, labbro superiore e palpi boccali bruno-testacei, opaco, fornito di una leggera pubescenza giallognola. Triangolare cogli angoli posteriori sensibilmente arrotondati, di lunghezza pressocchè uguale alla maggior larghezza; sensibilmente convesso con suture non distinte, fornito in corrispondenza della base delle antenne di due pic- cole linee curve, mediane, di cui la convessità è rivolta verso l’in- terno. Antenne di 13 articoli di colore castagno, ad eccezione del secondo e di parte del terzo giallo-bruni, del decimo e dell’undecimo a destra dell’undecimo a sinistra, testacei. Pronoto nero-pece, rugoloso, pubescente lungo i margini laterali e anteriore. Trapezoidale cogli angoli ed il margine posteriore debol- mente arrotondati; anteriormente di larghezza pressocchè uguale alla maggior larghezza del capo e quasi di un terzo inferiore alla propria lunghezza, posteriormente di larghezza appena inferiore alla propria lunghezza. Superficie superiore convessa coi margini laterali forte- mente riflessi, segnata per più di metà della sua lunghezza da una linea mediana a destra della quale notansi due altre linee più corte leggermente curve. A poca distanza dal margine posteriore incontrasi una leggera depressione trasversale. Mesonoto fbrnito di due carene debolmente arcate e convergenti, marcate nella metà anteriore, le quali svaniscono prima di raggiun- gere il margine posteriore; pianeggiante, alquanto rialzato nel terzo posteriore. Metanoto allargantesi SARRI verso la parte ig mar- gine posteriore sensibilmente concavo, dai. Pd: ua «Mesonoto -e metanoto del ‘colore ‘del pronoto, rugolosi e pubeseenti ai lati. Femori di colore nero-pece, gialli all’estremità distale; tibie giallo- testacee leggermente oscurate di bruno alla base, tarsi giallo-testacei. Segmenti dell'addome di colore nero pece, rugolosi e molto finamente punteggiati, forniti lateralmente di alcuni lunghi peli bruni. Convessi, allargantisi debolmente dal primo ‘al quinto, restringentisi dal sesto all’ultimo, la di cui larghezza anteriore è uguale a quella del primo. Fig. 2. — 5. Fernandezi, S' eli Pieghe tubercolari marcate sul terzo e sul quarto segmento. Ultimo segmento tipico, più fortemente punteggiato dei precedenti, declive e restringentesi sensibilmente dalla base all’apice col margine posteriore fortemente ‘concavo e fornito di due sporgenze triangolari addossate alle branche della pinzetta. Inferiormente di colore più chiaro. Segmenti del torace rugolosi. Segmenuti dell'addome rugolosi, finamente punteggiati e coperti di una peluria gialla con alcuni peli più lunghi sui lati. Penultimo segmento | ut | corto, largamente arrotondato posteriormente e sporgente oltre la base delle branche della pinzetta. Branche della pinzetta nero-pece cogli apici rossicci, pubescenti. Quasi contigue alla base, ingrossate diritte e leggermente carenate per un breve tratto, poi cilindriche inceurvantisi ed assottigliantisi sino alle punte acuminate che s’inerociano. Lunghezza totale del corpo: 11,5. mm. » della pinzetta: 1 Un solo © da El General, giugno 1909. Dott. Mauro Fernandez. Specie vicina al Brachylabis nigra Scudd.; essa ne differisce per la maggior lunghezza del pronoto, la forma del mesonoto pianeggiante e di cui le carene sono marcate e salienti per tutta la loro lunghezza in B. nigra, per la mancanza dell’iridescenza così caratteristica in B. nigra e per il colore diverso delle zampe. Erachylabis montana nov. sp. e. Capo castagno rossiccio col labbro superiore ed i palpi boccali giallo- bruni o giallo-sporco. Triangolare cogli angoli posteriori fortemente arrotondati, poco più lungo che largo, sensibilmente convesso, lucente, leggermente punteggiato, fornito di due piccole linee curve mediane di cui la convessità è rivolta verso l’interno, impresse vicino alla base delle antenne; suture non distinte. Antenne di 12 articoli, il primo castagno-rossiccio, gli altri irregolarmente giallo-bruni o bruno gri- giastri. Pronoto castagno-rossiccio coi margini laterali giallo-bruni, lucente, fortemente punteggiato. Trapezoidale col margine posteriore tronco, anteriormente di larghezza appena inferiore alla propria lunghezza e pressocchè uguale alla maggior larghezza del capo, posteriormente sensibilmente più largo che lungo. Leggermente convesso, largamente depresso nel mezzo lungo i margini laterali i quali sono fortemente riflessi. Segnato nella metà anteriore da una linea mediana longitu- dinale fiancheggiata da due impressioni più corte e più marcate. Mesonoto tumido nella metà posteriore, fornito lateralmente di due ripiegature o carene ottuse che non raggiungono il margine posteriore. Metanoto allargantesi nella parte posteriore col margine posteriore sensibilmente concavo. Mesonoto e metanoto di colore e punteggiatura simili al pronoto. Zampe: femori bruno-testacei, tibie e tarsi giallo-testacei, forniti di peli gialli più numerosi sulla superficie inferiore dei tarsi. Segmenti dell'addome castagno-rossicci più oscuri verso l’apice, pun- teggiati, pubescenti forniti di peli gialli, più lunghi ai lati e lungo il Na: I margine posteriore. Pieghe tubercolari dei segmenti 3 e 4 poco mar- cate ma distinte; segmenti 5 a 8 leggermente sporgenti lateralmente ad angoli molto ottusi quasi arrotondati. Ultimo segmento trasverso, declive, restringentesi dalla base all’apice, fortemente punteggiato e segnato per tutta la sua lunghezza da una leggera linea mediana; margine posteriose fortemente concavo e fiancheggiato da due. spor genze triangolari addossate alle radici della pinzetta. Branche della pinzetta castagno-rossiccie fornite di peli giallo-chiari; poco distanti fra loro, ottusame triquetre quasi cilindriche, ingrossate e diritte per i due terzi circa della loro lunghezza, poi arrotondate, incurvate l’una verso l’altra e assottigliantisi sino alle punte acumi- nate ed incrociate. Inferiormente di colore più chiaro, bruno-rossiccio. Segmenti del to- race fortemente punteggiati; segmenti dell'addome leggermente pun- teggiati e coperti di una-peluria gialla con alcuni peli più lunghi sui lati. Penultimo segmento molto corto largamente arrotondato poste- riormente col margine posteriore sporgente oltre la base delle branche tia pinzetta. . Segmenti 5 a 8 dell'addome non sporgenti lateralmente. Penultimo 2 ERBA ventrale più grande che nel o, fortemente arrotondato, semi- eircolare posteriormente. Branche della pinzetta contigue, arrotondate, assottigliantisi dalla base alle punte fortemente incrociate, margine interno liscio. Lunghezza totale del corpo, 7: 8 mm., 9: 9,25 mm. i > della pinzetta, o; SI Ns: de cda S.ta Maria de Dota — è e £ da Ojo de Agua Chicoa (falde del vulcano Irazu a poca distanza dal ‘cratere, 3032 metri di Alt tudine).-I. F. Tristan. Specie vicina alla B. chi/ensis (Blanchard) della quale differisce per la mole; la punteggiatura, il colore delle zampe, il pronoto sensibil- mente più largo che lungo nella parte posteriore, la pubescenza dei segmenti inferiori dell'addome. Spongiphora dissimilis nov. sp. 9. Capo nero-pece col clipeo giallo, il labbro superiore ed i palpi boc- cali giallo-bruni; non lucente, sparso di pochi punti leggermente im- pressi. Priangolare poco più lungo che largo, debolissimamente. con- Vesso con suture appena distinte. Antenne di 14 articoli, tipici, di colore castagno oscuro, il secondo testaceo. “Pronoto.nero-pece largamente orlato di giallo lungo i lati princi- palmente: nella rmetà posteriore, lucente. Trapezcide, anteriormente:dì Sl e larghezza appena inferiore a quella del capo, posteriormente sensi bilmente più largo; tumido nella metà anteriore, depresso lungo i lati coi margini laterali leggermente riflessi; margine posteriore debol- mente, angoli posteriori fortemente arrotondati; segnato superiormente da un leggero solco mediano longitudinale il quale a poca distanza dal margine anteriore incontra una piccola depressione ed è fiancheg- giato a destra ed a sinistra, per un breve tratto, da due leggere im- pressioni. Elitre di colore castagno ornate esternamente di una macchia gialla la quale dagli angoli umerali si estende per un terzo circa della loro lunghezza, rugolose sparsamente e leggermente punteggiate. Di lun- ghezza uguale a quasi due volte quella del pronoto che oltrepassano li poco coi loro angoli umerali arrotondati; margini posteriori leg- germente concavi. Alì castagne con una grande macchia gialla, esterna, la quale occupa la metà anteriore della loro superficie; rugolose sparsamente e leg- germente punteggiate. Zampe di colore giallo: femori castagni nella metà prossimale, quelli del primo paio soltanto anteriormente e posteriormente, tibie oscurate di bruno vicino alla base. Segmenti dell'addome di colore castagno, ferruginei dal quinto al- l’ultimo, rugolosi e lucenti. Debolmente convessi, a lati paralleli; pieghe tubercolari distinte nel terzo seg- mento marcate nel quarto. Ultimo segmento quasi nero col margine posteriore rossiccio, liscio e lucente, ret- tangolare, due volte più largo che lungo; vicino al margine posteriore notasi una piccola fossetta mediana la quale è circondata da una leggera depressione limi- tata da due piccole prominenze in corrispondenza delle branche della pinzetta. Margine posteriore tronco, leg- germente ingrossato e fornito di alcuni granuli disposti in serie. Inferiormente: segmenti del torace giallo-testacei. Segmenti dell'addome giallo-bruni forniti di peli bruni; Fig. 3. penultimo segmento grande, quadrangolare, margine Sp. dissimilis g' _ posteriore quasi tronco cogli angoli debolmente arro- (ca. spal) tondati, leggermente smarginato nel mezzo. / Pigidio trapezoide più stretto posteriormente, poco sporgente, col margine posteriore leggermente concavo fiancheggiato a destra ed a sinistra da una piccola punta spiniforme prima della quale notasi una piccola sporgenza esterna. ‘ Branche della pinzetta di colore castagno, ferrugineo vicino call base ed all'apice. Distanti fra loro, diritte triquetre ed allargate per da ufì terzo circa della loro lunghezza, poi leggermente arcate e cilin- driche, fortemente attenuate nell’ultimo tratto, sino alle punte ricurve che non s'incontrano; internamente margine inferiore compresso di- latato e dentellato per un terzo della loro lunghezza, poi arrotondato e liscio sino alle punte. 9. Ultimo segmento dell’addome trapezoide, più stretto posteriormente, più lungo e più convesso che nel o, segnato quasi per tutta la sua lunghezza da un leggero solco mediano, depressione e prominenze po- steriori più marcate che nel d. Penultimo segmento ventrale fortemente arrotondato col Hanno posteriore convesso. Pigidio quadrangolare più lungo che largo col margine posteriore lesgermente sporgente nel mezzo e fiancheggiato da due piccole punte spiniformi. Branche della pinzetta quasi contigue alla base; allargate e diritte per un terzo della loro lunghezza, poi alquanto divergenti esse vanno assottigliandosi ed incurvandosi leggermente sino alle punte che si incontrano; margine interno sporgente e quasi liscio per un breve tratto, poi dentellato sin dopo il secondo terzo della loro lunghezza; superiormente fornite per metà della loro lunghezza di una carena ben marcata e dentellata, poi arrotondate. Lunghezza totale del corpo, : 14 mm., 9: 12 mm. » della pinzetta, 7: 4 mm., 9: 2,5 mm. d e 99 da El General. Dott. Mauro Fernandez. Questa specie appartiene al gruppo della Spongiphora croceipennis Serv.; essa è molto vicina alla Sp. Bormansî Burr. dalla quale diffe- risce per il colore delle elitre e delle ali che ricordano la Spongi- phora insîgnis (Stàl). Può darsi che essa sia semplicemente una va- rietà della Sp. dysoni Kirby. Labia orae-divitis nov. sp. d. Capo di colore nero col clipeo giallo pallido il labbro superiore ed i palpi bruno-testacei ; liscio e lucente. Cordiforme, poco più lungo che largo, convesso con suture indistinte. Antenne di 12 articoli, bruni o giallo-bruni, il secondo e talvolta anche il primo, testacei. Pronoto nero-pece coi margini laterali giallo-bruni, liscio e lucente. Trapezoide, anteriormente di larghezza appena inferiore a quella del capo alquanto superiore posteriormente; poco convesso nel mezzo, de- presso lungo i margini laterali leggermente riflessi, segnato per tutta la sua lunghezza da una leggera linea mediana; margine puster iore insensibilmente arrotondato, Ya Elitre nero pece rugolose e lucerti, di lunghezza poco superiore a quella del pronoto che oltrapassano appena coi loro angoli laterali insensibilmente arrotondati, margini posteriori tronchi. Ali assenti. Zampe: femori nero bruni coll’apice testaceo, tibie testacee oscurate di bruno, tarsi testacei. Segmenti dell'addome nero-bruni variegati di fulvo rossiccio princi- palmente i segmenti mediani, rugolosi e finamente punteggiati. Leggermente convessi allargantisi sensi- bilmente dal primo al sesto, a lati pressocchè paralleli dal sesto all’ultimo, pieghe tubercolari dei segmenti 3 e 4 poco marcate. Ultimo segmento nero-bruno va- riegato di fulvo rossiccio, rugoloso; rettangolare, quasi tre volte più largo che lungo, fornito di una piccola fossetta rotonda vicino al margine posteriore attorno alla quale il segmento è leggermente depresso; mar- gine posteriore debolmente sinuoso alquanto ingrossato e fornito di due leggere prominenze che corrispondono alle carene mediane delle branche della pinzetta. Inferiormente segmenti del torace testacei; segmenti dell'addome di colore fulvo rossiccio, rugolosi finamente punteggiati e coperti di una leggera peluria gialla. | 8 Penultimo segmento trasverso col margine posteriore er cy largamente arrotondato e smarginato nel mezzo, supe- rior iibehte fornito di una leggera ripiegatura mediana per tutta la sua lunghezza. Pigidio, testaceo, sporgente, quadrangolare e alquanto convesso vi- cino alla base, poi fiancheggiata da 2 piccoli denti compresso e pro- fondamente intaccato a guisa di triangolo di cui l’apice alquanto ar- rotondato è rivolto verso la base, cosicchè la sua parte posteriore è fornita di due lunghe punte triangolari. Branche della piuzetta fulvo testacee fornite di corti peli gialli, di- stanti fra loro, triquetre e robuste per un terzo circa della loro lun- ghezza poi arrotondate assottigliantisi e leggermente incurvate luna verso l’altra sino alle punte acuminate. Internamente divergenti, ar- mate dopo la metà della loro lunghezza di un dente triangolare spor- gente dopo il quale esse sono concave per un breve tratto, fornite di un’altra sporgenza triangolare e dinuovo concave sino alle punte. 9: Segmenti posteriori dell'addome restringentisi più fortemente che nel d; ultimo segmento trapeziforme, convesso, fortemente depresso. nella metà posteriore, fornito di una piccola fossetta mediana e di due prominenze, più marcate che nel e, addossate alle branche della pin- zetta; margine posteriore tronco, Fig. 4. L. orae divitis JY° = Pigidio poco sporgente, quadrangolare, leggermente concavo. ai‘ lati, margine posteriore tronco. Branche della pinzetta poco distanti fra. loro, robuste, ini e diritte per metà della loro lunghezza, poi arrotondate, assottigliantisi ed incurvantisi gradatamente sino alle punte accuminate che s’incon- trano. Internamente compresse a poca distanza dalla base col margine inferiore sporgente e leggermente denticolato per i tre ‘quarti della loro lunghezza, poi liscie e arrotondate: sino alle punte. - - tti Lunghezza totale del corpo, c': 11,1 mm., 9: 10 mm. » della pinzetta, è: 2,8 mm., 9: 19 mm. è de 9 da Santa Maria de Dota. | Questa specie è molto vicino alla Labia mexicana (Borm.). Essa ne differisce per il colore uniforme delle elitre; la forma della pinzetta, armata di un solo dente nella Labia mexicana, e per la forma diversa del pigidio; inoltre le elitre della Labia mericana sono marcatamente carenate lungo il loro margine esterno mentre le elitre della Labia orae divilis sono semplicemente angolose. i Labia cyamescens nov. sp. Capo nero-pece col clipeo giallo, il labbro superiore ed i palpi boc- cali giallo-bruni, liscio e lucente. Poco più lungo che largo, sensibil- ‘mente convesso con suture indistinte. Antenne di 12 articoli bruno- testacei oblunghi e pressocchè di uguale lunghezza dal sesto all’ultimo, il quarto sensibilmente più corto del quinto il quale è poco più corto del sesto. po “ Pronoto nero-bruno, più chiaro lungo i margini laterali, liscio e lu- cente; pressocchè quadrato cogli angoli posteriori arrotondati, poco più lungo che largo e di larghezza poco inferiore a quello del capo: tumido e segnato da un leggero solco longitudinale nella metà ante- riore, pianeggiante nella metà posteriore e ai lati coi. margini late- rali sensibilmente riflessi. ° ‘ Elitre di colore nero con riflessi metallici blu d’acciaio, lucenti ; di lunghezza poco inferiore al doppio di quella del pronoto che oltrepas- sano sensibilmente coi loro angoli umerali arrotondati. ig Ali del colore delle elitre, di lunghezza poco inferiore a quella del pronoto. deli Zampe bruno-testacee coi tarsi più chiari, fornite di alcuni lunghi peli gialli più numerosi ma più corti sulla superficie inferiore dei tarsi. Primo articolo dei tarsi sensibilmente più lungo del terzo. Segmenti dell’addome, bruno ferruginei, rugolosi e coperti di corti peli ‘gialli; convessi, allarsantisi dal primo al sesto poi a lati pres- Rs séeché paralleli sino all'ultimo. Pieghe tubercolari appena distinte'sul tetzo segmento, marcate sul quarto. Ultimo segmento quadrangolare, quattro volte più largo che lungo, leggermente depresso nella metà posteriore, fornito vicino al margine posteriore di una piccola fossetta mediana fiancheggiata da due leggere prominenze addossate alle branche ‘della pinzetta; margine posteriore tronco. i ‘Inferiormente segmenti dell'addome bruno ferruginei rugolosi e, co- perti di corti peli gialli; penultimo segmento molto più largo che’ lungo col margine, posteriore largamente arrotondato. Pigidio grande e sporgente; subtrapezoide coi margini laterali arro- tond: ti ed il margine posteriore concavo; . superiormente convesso, gi ranuloso lungo i margini laterali. < ‘Brarichie della pinzetta del colore dell'addome coperte di corti peli gialli. Robuste, arro tondate, insensibilmente arcate, quasi dir itte, per uiì terzo della loro lunghezza; poi assottigliantisi, fortemente piegate . e convergenti sino alle punte ricurve ad uncino che s'incontrano; in: ternamente div ergenti per un breve tratto poi concave. sin oltre la loro metà basale, fornite di una piccola sporgenza spiniforme schiac- ciata, colla punta rivolta all’indietro, indi leggermente convesse, poi dinuovo concave e convergenti sino alle punte. 9: ultimo segmento dell’addome restringentesi sensibilmente nella parte posteriore. | Pigidio sporgente, più lungo che lano, conico, coll’apice legger mente inciso fornito di due punte. i Branche della pinzetta pubescenti, separate dal pigiiio, ingrossate diritte e parallele alla base per poco più di un terzo della loro lun- ghezza, poi assottigliantisi e leggermente incurvate l’una verso l’altra sino alle punte acuminate: margine interno liscio. ‘Lunghezza totale del corpo; o: 10,5 mm., 9 10,6 nm. » della pinzetta, di l};8, auf piu a "deg sodi S.ta Maria de Dota. ‘Dida? San Jòsè; J. Fid: Tristan. Specie molto vicina alla Labia conspicua Borelli, dalla quale essa” differisce per la lunghezza e il colore delle elitre e delle ali che ri- * cordano ‘la Zabia chalybea Dohrn, da cui essa è ben distinta per la. D forma della pinzetta. Sparatta Biolleyi Borelli. 1903 Boll. Mus. Zool. Anat. comp., Torino, vw. XVIII, n. 449, p. 2-3 (6). d: Pigidio poco sporgente, trasverso, trapezoidale; margine poste- ” riore troico foriifo di due piccoli tubercoli spiniformi, sporgente fi’ a. gli0àngoli laterali posteriori prolungati in spine triangolari, Pong Branche della pinzetta separate. dal pigidio, fortemente carenate. superiormente, diritte parallele ed allargate per i tre quarti della loro lunghezza, poi sottili cilindriche o fortemente piegate ad arco l’una verso l’altra sino alle punte che s'incontrano; internamente compresse e fortemente dilatate a guisa di lamina col margine interno legger- mente dentellato per i tre quarti circa della loro lunghezza, poi bru- scamente interrotte ad angolo acuto e sporgente, liscie ed arrotondate nel loro ultimo quarto lasciando fra loro un largo spazio ellittico. Lunghezza totale del corpo: 12,7 mm. » della pinzetta: PA sea d e 9 raccolti sui fianchi del vulcano Irazu nel tratto compreso fra Navarro (1100 metri) e Cartago (1436 metri), — aprile 1909, J. Fid. Tristan. Questa specie appartiene al gruppo della Sparatta pelvimetra Serv.; la forma del pigidio e delle branche della pinzetta ricorda la forma ciclolabia della Sparatta pulchra Borelli (Boll. Mus. Zool. Anat. comp., Torino, v. XXI, n. 581, p. 12, 1906), essa ne è però ben distinta per il colore e la lucentezza metallica delle elitre e delle ali e per il co- lore delle antenne e delle zampe. Sparatta sp.? g da Cartago (1436 metri) sui fianchi del vulcano Irazu. Quest’esemplare per il colore delle elitre, nere con riflessi blu ac- ciaio, ricorda la Sparatta colombiana Borm., mentre per la forma del pigidio e della pinzetta esso si avvicina alla Sp. schotté Dohrn. Sparatta lobata nov. sp. d': Capo di colore nero col clipeo giallo. il labbro superiore ed i palpi boccali giallo-bruni. Cordiforme col margine posteriore concavo e fortemente intaccato nel mezzo; alquanto depresso punteggiato e pu- bescente sul vertice, convesso e lucente ai lati. Antenne di 18 articoli di forma tipica, il primo nero gli altri giallo-bruni o bruno-grigiastri, pubescenti. Pronoto nero, di forma pressocchè ovale, ristretto nel terzo ante- riore e sporgente a guisa di un piccolo collo. Tumido e. lucente, se- gnato da un leggero solco mediano longitudinale fiancheggiato da due prominenze cerciniformi nella metà anteriore; pianeggiante, molto finamente punteggiato e segnato da una leggera costa mediana lon- gitudinale nella metà posteriore. Elitre di lunghezza pressecchè uguale a una volta e mezzo quella del pronoto che oltrepassano fortemente coi loro angoli umerali sens ART sibilmente arrotondati; di colore nero, rugolose, finamente punteggiate e coperte di corti peli bruni. Margini posteriori obliqui dall’interno all’esterno. Ali molto sporgenti di lunghezza poco inferiore a quella delle elitre, arrotondate posteriormente; nere, finamente punteggiate, rugolose e pubescenti. Zampe di forma tipica, di colore giallo cromo, pubescenti. Segmenti dell'addome di colore testaceo-ferrugineo, i primi seementi oscurati di bruno; fortemente punteggiati, pubescenti con alcuni peli più lunghi di colore giallo-bruno lungo i lati. Fortemente compressi, allargantisi leggermente e gradatamente dal primo al settimo, poi a lati paralleli. Pieghe tu- bercolari dei terzo e quarto segmenti non distinte. Ultimo segmento grande, qua- drangolare, di lunghezza uguale a una volta e mezzo la larghezza; lucente con pochi punti disposti in serie longitudi- nali, segnato nel mezzo da una fossetta ovale a poca distanza dalla quale notasi una doppia impressione longitudinale in forma di U. Margine posteriore tronco fornito di due grandi prominenze roton- diformi in correspondenza della base delle branche della pinzetta. Inferiormente: segmenti del torace neri e lucenti; segmenti dell’addome ferruginei, punteggiati e pubescenti. Penultimo seg- Fig. 5. — Sp. lobata J' mento grande, quadrangolare col margine (ca. i posteriore tronco debolmente smarginato ; nel mezzo e gli angoli posteriori leggermente arrotondati; ultimo seg- mento interamente nascosto. Pigidio molto sporgente, in forma di lamina stretta e alquanto con- vessa per metà della sua lunghezza, poi allargato e fiancheggiato da due appendici triangolari, orizzontali, fra i quali sporge il margine posteriore depresso e diviso in due lobi arrotondati. Branche della pinzetta ferruginee, fornite lateralmente di peli giallo-bruni. Distanti alla base, diritte e leggermente divergenti per. metà della loro lunghezza poi debolmente arcate e convergenti sino alle punte che s'incontrano. Internamente margine inferiore compresso dilatato e leggermente dentellato per un terzo della loro lunghezza, in questo punto s'incontra una forte sporgenza spiîniforme colla punta. rivolta all'indietro, poi il margine è meno sporgente e liscio per un — ld — altrò:terzo e Te: branche sono fornite superior'mette di unarspina‘oriz- zortale, indi margine inferiore; di nuovo dilatato e bisinuoso sino alle: punte; superiormente fortemente no dalla base alla spina poste- riore, poi arrotondate. “o Penultimo segmento ventrale: grande, subquadranzitare col mar- gine posteriore largamente arrotondato e intero; estre- mità posteriore dei lobi dell’ultimo segmento, scoperti. Pigidio quadrangolare, convesso superiormente, for- ìnito agli angoli posteriori di due punte triangolari. Branche della pinzetta separate dal pigidio, triquetre' ‘e diritte quasi per tutta la Toro lunghezza, poi arroton-. date arcate e più sottili per un'breve tratto sino alle. punte che s'incontrano. Internamente, margine infe=" riore fornito vicino alla base di una forte spina ri- curva all’indietro, leggermente saliente per metà della. cd a De - loro lunghezza, in questo punto s'incontra una piccola fa ». (0Data E . BEE È nt a aa S 7.5 spina orizzontale, poi il margine inferiore è fortemente (ca i ‘ dilatato a mo’ di lamina sino ad una breve sinuosità. apicale (fig. 6). Lunghezza totale del’ corpo, d': 13 mm., 9: 12 mm. » della, piaztttà,. 0-00. > e Yad cd e 9 da S.ta Maria de Dota; gennaio 1909, I. Fid. Tristan. Specie vicina alla Sparatia Bolivari Borm. dalla quale differisce per la forma del pigidio e dele pinzetta. Gen. Mixocosmia nov. ta vd: Capo debolmente convesso, appena più largo che lungo. Antenne. di 12 articoli, sottili ed allungati; il primo lungo, claviforme più stretto . alla, base, il secondo. cilindrico, molto corto, il terzo cilindrico lungo .. cirta metà del primo, il quarto di lunghezza poco inferiore alla somma, del secondo e del terzo, poi assottigliantisi ed allungantisi legger- mente é gradatamente, il settimo di lunghezza uguale al primo. te6 3 "Pronoto di larghezza poco inferiore a quella del capo, un terzo più . Lutto go che lungo, fortemente arrotondato quasi semicircolare nella metà posteriore. Elitre carenate Ro per Hc; la. loro. lunghezza e fornite. lungo il loro margine interno di una leggera costa, di lunghezza su- periore alla somma della loro larghezza. ‘Ali sporgenti di lunghezza uguale a metà di quella delle elitre. ..; Tibie ‘del terzo paio di lunghezza poco inferiore a quella. dei nia più, Sottili, primo articolo dei tarsi di lunghezza poco superiore. alla: be (oe (15 “o somma del secondo e del: ‘terzo, inferiore si A della: lunghezza del terzo. 1: PIPA RIE iuoo Addome leggermente convesso poco dit nel mezzo, PIVESTA I bercolari distinte, fortemente marcate net:quarto sesmento, Ultimo segmento trasverso, debolmente declive. Angoli laterali ‘posteriori spor- genti, forniti inferiormente di due tubercoli spiniformi. diretti si mente verso l’esterno. i Branche della pinzetta cilindriche, allargate e poco distanti dea Di alla base, fornite all’apice. di due punte alquanto. distanti fra loro. © Penultimo segmento ventrale del 3 più largo che lungo, trapezoidè fornito agli angoli posteriori di due piccoli lobi. o appendici ..trian- golari diretti obliquamente verso l’esterno. 9: Segmenti dell’addome restringentisi sensibilmente. dal sesto al- l’ultimo. Do» Branche della pinzetta diritte, contigue, assottigliantisi. gradàta- mente dalla base alle punte ricurve ad uncino. Genere vicino al genere Paracosmia Borelli (tipo: Paracosmia Sil vestrit, in: Boll. Lab. Zool. R: Sc. Sup. Agr., Portici, vol: III, p. 323, 1909), dal quale differisce principalmente per la presenza delle ali e la forma del pronoto e delle elitre; la presenza .nella parte. inflessa dell'ultimo segmento dell'addome di due. sporgenze apicali ricorda l’Opisthocosmia americana Borm. (Biol. Centr. Am., Orth., p. 8, v..I, fig. 22). i Tipo del genere: Mixocosmia Tristani. Mixocosmia Tristani nov. sp. d. Capo rosso-ferrugineo col clipeo ed i palpi boccali bruni, labbro su- periore giallo-sporco: liscio e lucente. Pentagonale col- margine poste- riore leggermente concavo, debolmente convesso, fornito di due fossette mediane alla base delle antenne; suture appena distinte. Antenne;di 12 articoli di colore castagno ad eccezione del decimo quasi intera, mente bianchiccio. ; | Pronoto rettangolare nella metà anteriore, semicircolare un posteriore; di larghezza poco inferiore a quella del capo e di un terzo superiore alla propria lunghezza. Superiormente, la sua parte mediana anteriore in forma di semicerchio, di cui il diametro è. costituito dal margine anteriore, è tumida di colore giallo- -bruno ed. è segnata da un leggero solco mediano longitudinale fiancheggiato da due punti; i lati e la parte- posteriore sono pianeggianti e di colore giallo-testaceo. Elitre di lunghezza superiore a due volte quella del. pronoto, care- nate lateralmente per tutta la loro lunghezza con .carene .ben..mar- cate e salienti; angoli umerali arrotondati, margini posteriori legger- pes, pe" mente concavi ed obliqui dall'interno all’esterno. Di colore bruno-oscuro cogli angoli umerali testacei, rugolose non lucenti. “Ali di lunghezza uguale a metà di quella delle elitre, più strette, col margine esterno leggermente arrotondato ed il margine posteriore tronco; di colore bruno-oscuro con una macchia mediana gialla alla base ed un’altra molto più piccola, testàcea, nell'angolo interno po- steriore. Zampe giallo-testacee coi femori oscurati di bruno nella metà distale, e le tibie nella metà prossimale, tarsi forniti di peli gialli sulla super- ficie inferiore. Segmenti dell'addome castagno-rossicci, rugolosi, debolmente con- vessi, allargantisi leggermente dal primo al quinto, restringentisi insensibilmente . dal sesto all’ultimo, il quale è di larghezza uguale al terzo. Pieghe tubercolari distinte nel terzo segmento, ben marcate e spor- genti oltre il margine posteriore nel quarto. Lati dei segmenti 5 a 7 leggermente. pro- lungati ad angoli molto ottusi quasi arro- tondati oltre il margine -posteriore. Ultimo segmento quadrangolare di larghezza supe- riore a due volte la propria lunghezza, ap- pena più stretto posteriormente; declive dal- l’avanti all’ indietro, depresso nel mezzo lungo il margine posteriore il quale è al- quanto ingrossato e riflesso e presenta due Fig. 7. — M. tristani J' piccole prominenze arrotondate in corrispon- Sta A 5 denza delle branche della pinzetta; a poca (oa distanza dal margine posteriore notasi una i i piccola impressione mediana ovale. Super- ficie laterali leggermente depresse cogli angoli posteriori forniti infe- riormente di un tubercolo spiniforme sporgente verso l’esterno. Segmenti inferiori dell'addome rugolosi e pubescenti. Penultimo seg- mento tre volte più largo che lungo, trapezoide più stretto posterior- mente, col margine posteriore bisinuoso, leggermente convesso nel mezzo, fornito ai lati di due piccoli lobi o appendici triangolari diretti obliquamente verso l’esterno. Ultimo segmento quasi interamente na- scosto dal penultimo. Pigidio poco sporgente, quadrangolare. Branche della pinzetta di colore giallo ferrugineo, cilindriche, poco distanti fra loro alla base, debolmente divergenti e arcate verso l’e- sterno per un: terzo della loro lunghezza, poi convergenti e quasi di- ritte sino all’apice vicino al quale esse sono debolmente ingrossate e ot fornite di due punte di cui l’anteriore è corta e triangolare.e la po- steriore è molto più lunga e ricurva ad uncino. Internamente debol- mente dilatate e compresse per un breve tratto vicino alla base coi margini paralleli e forniti posteriormente di un piccolo tubercolo, poi leggermente concave col margine inferiore saliente per un terzo della loro lunghezza; in questo punto notasi una piccola sporgenza spini- forme seguita a poca distanza da una o due altre poco distinte, indi quasi diritte e arrotondate sino alla prima punta apicale; tratto com- preso fra le due punte apicali leggermente concavo e pubescente. 9 Ultimo segmento dell'addome trapezoide, più stretto posterior- mente. Penultimo segmento ventrale fortemente arrotondato nella parte po- steriore, privo di appendici laterali. Pigidio conico, poco sporgente. Branche della pinzetta quasi contigue, simmetriche, diritte e arro- tondate, assottigliantisi gradatamente dalla base alle punte ricurve ed acuminate; margine interno molto leggermente dentellato. Lunghezza totale del corpo, o: 12,6 mm., 9: 11,5 mm. » della pinzetta, | di: 3/9 tati oriana 20 e 2 9 da S.ta Maria de Dota — gennaio 1909, Varietà: Due esemplari o dalla stessa località, sono di mole più piccola, di colore più oscuro colle elitre interamente bruno oscure; le branche della pinzetta sono quasi diritte, leggermente convergenti verso le punte che s'incontrano. Lunghezza totale del corpo: 10,5 mm. » della pinzetta: PA ne Gen. Tristanella nov. cd. Capo leggermente convesso nello spazio compreso fra gli occhi, poco più lungo che largo. Antenne di 12 articoli, il primo lungo, claviforme più stretto alla base, il secondo molto corto cilindrico, il terzo cilin- drico lungo metà del primo, il:quarto appena più lungo del terzo, il quinto uguale a una volta e mezzo il quarto e poco più corto del sesto, dal settimo all’ultimo uguali fra loro e di lunghezza uguale al primo, l’ultimo alquanto più corto; dal quarto all’ultimo sottili e cilindrici colla base e l’apice arrotondati. Pronoto di larghezza poco inferiore a quella del capo, poco più largo che lungo, rettangolare. Elitre rudimentali, rappresentate da due scaglie. Ali assenti. Tibie del terzo paio di zampe di lunghezza poco inferiore, a quella dei fèméri, più sottili; primo articolo dei tarsi di lunghezza poco supe- riore alla somma del secondo e del terzo, inferiore al doppio del terzo. Addome depresso, stretto alla base, dilatato nel mezzo, restringentesi nella parte posteriore. Pieghe tubercolari marcate, segmenti mediani carenati lateralmente. Ultimo segmento rettangolare, pianeggiante. Branche della pinzetta cilindriche, separate dal pigidio alla base, forte mente arcate verso l’esterno cogli apici ingrossati e forniti di due punte. Penultimo segmento ventrale più largo che lungo, restringentesi nella parte posteriore, margine posteriore bisinuoso sporgente nel mezzo, for- ito agli angoli di due lobi triangolari sporgenti verso l’esterno. 9 Seementi dell'addome leggermente depressi; ultimo segmento re- stringentesi fortemente nella parte posteriore. Penultimo segmento ven- trale attenuato posteriormente col margine posteriore fortemente ar- rotondato e sporgente oltre la base della pinzetta. ‘ Branche della pinzetta contigue, cilindriche, assottigliantisi dalla base all'apice colle punte ricurve ed incrociate. Genere vicino agli Ancistrogaster privi di ali (Praos Burr.) (1) da cui si distingue principalmente per le elitre rudimentali. Tipo: Tristanella ltuberculata. Tristanella tuberculata nov. sp. d. Capo bruno ferrugineo col labbro superiore ed i palpi boccali testa» , lucente, sparso di corti peli gialli. Pentagonale, appena più lungo che largo, insensibilmente convesso nel tratto compreso fra gli occhi, fornito di due fossette mediane dietro la base delle antenne; suture poco distinte, la medio-posteriore segnata da una leggera depressione. . Antenne di 12 articoli, testacei, pubescenti, Pronoto bruno-testaceo coi margini laterali gialli, lucente, rugoloso nella parte meridiana; rettangolare col margine posteriore insensibil- fuente arrotondato, di larghezza appena inferiore a quella del capo e di poco superiore alla propria lunghezza. Pianeggiante coi margini laterali riflessi, segnato da un leggero solco mediano fiancheggiato da due corti impressioni nella metà anteriore, fornito di una leggera costa nella metà posteriore. Mesonoto di lunghezza inferiore a metà di quella del pronoto, se- gnato per tutta la sua lunghezza da una leggera costa mediana, for- nito lateralmente di due elitre rudimentali rappresentate da due pieghe scagliose rugolose e pubescenti, le quali lasciano fra i loro margini interni fortemente arrotondati uno spazio uguale alla metà della lar- (1) Malcom Burr, in; Preliminary revision of the For Siculidao, Trans, Ent. Boe, Loalo n, june 1907, p. 107, è" — 19 — chezza «del mesonoto che oltrepassano col loro margine posteriore for- temente arrotondato. Metanoto allargantesi gradatamente dalla base all’apice, margine posteriore fortemente concavo, angoli posteriori arrotondati. Mesonoto e metanoto di colore testaceo. Zampe giallo-testacee coperte di peli gialli, molto fitti sulla super- ficie inferiore dei tarsi. I Segmenti dell'addome di colore bruno di noce, gli ultimi più oscuri, molto leggermente punteggiati e pube- scenti, ornati lateralmente dal terzo al penultimo di due impressioni appaiate di colore bruno in rilievo e liscie; depressi, allargantisi sensibilmente dal primo al sesto, restringentisi fortemente dal set- timo all’ultimo la di cui larghezza è in- feriore a quella del primo. Pieghe tuber- colari ben marcate nella parte posteriore lei terzo e quarto segmenti. Segmenti 4 a 6 forniti di una carena ben marcata e saliente che oltrepassa il margine poste- riore del segmento il quale si prolunga lateralmente in punta triangolare; nel terzo e nel settimo segmento la carena è ridotta alla sporgenza triangolare del segmento. Ultimo segmento quadrango- Fig. 8. — T. tuberculata lare una volta e tre quarti più largo che d'; ® ultimo segmento e piu- lungo segnato nella metà posteriore da zetta, di profilo, un leggero solco longitudinale, fornito vi- (ca. pi cino al margine posteriore, tronco, di due 1, grossi tubercoli spiniformi, di cui la punta arrotondata è volta all’insù, che corrispondono ai margini interni delle branche della pinzetta e tra i quali il segmento è alquanto depresso. Segmenti inferiori dell'addome giallo-bruni, rugolosi e pubescenti, Penultimo segmento circa due volte più largo che lungo, trapezoide più stretto posteriormente, col margine posteriore bisinuoso sensibil- inente convesso nel mezzo e fornito agli angoli di due lobi o appen- dici triangolari diretti obliquamente verso l’esterno. Ultimo segmento quasi completamente nascosto dal penultimo, il quale lascia in parte scoperti i lobi infiessi dell’ultimo segmento dorsale forniti posterior- mente di un piccolo tubercolo spiniforme. Pigidio poco sporgente quadrangolare fornito posteriormente di un piccolo tubercolo mediano, Branche della pinzetta giallo ferruginee, pubescenti, cilindriche, sepa= id rate dal pigidio, diritte e dilatate alla base per un breve tratto, poi for- temente piegate ad arco verso l’esterno e assottigliantisi sino agli apici leesermente allargati ed ingrossati e forniti di due punte poco distanti fra loro di cui l’anteriore, interna, è piccola e ottusamente triangolare mentre la posteriore, esterna, è molto più lunga e ricurva ad uncino. Internamente liscie e arrotondate; nel tratto compreso fra le due spine apicali il margine interno è alquanto compresso e intaccato. 9: ignota. Lunghezza totale del corpo, & 14,2 mm. » della pinzetta, d 44 » 9 da Ojo de Chicoa, sui fianchi del vulcano Irazù, 3032 metri; sotto le foglie secche. Aprile 1909, I. Fid. Tristan. Tristanella biacweleata vov. sp. d: Capo bruno-testaceo, più chiaro nella parte posteriore, col labbro superiore ed i palpi boccali testacei, lucente, sparso di corti peli gialli. Pentagonale, poco più lungo che largo, leggermente convesso nel tratto compreso fra gli occhi, fornito di due fossette mediane dietro la base delle antenne; suture distinte, la medio-posteriore segnata da una leg- gera depressione. Antenne di 12 articoli testacei, pubescenti. Pronoto testaceo coi margini laterali più chiari, lucente, rugoloso nella metà posteriore. Quadrangolare cogli angoli posteriori legger- mente arrotondati ed il margine posteriore tronco; di larghezza ap- pena inferiore a quella del capo e alquanto superiore alla propria lun- ghezza: pianeggiante, depresso lungo i margini laterali sensibilmente riflessi, segnato anteriormente da una linea mediana, la quale si pro- lunga nella metà posteriore con una leggera costa ed è fiancheggiata vicino al margine anteriore da due corti impressioni longitudinali. Mesonoto di lunghezza inferiore di un terzo a quella del pronoto, segnato da una leggera costa medio-longitudinale; fornito lateralmente di due elitre rudimentali in forma di pieghe scagliose, rugolose e pu- bescenti, molto strette nel terzo anteriore, col margine interno arro- tondato e orlato, le quali distano fra loro di un tratto superiore alla metà della larghezza del mesonoto che oltrepassano alquanto col loro margine posteriore. Metanoto allargantesi nella parte posteriore, col margine BOVO. fertemente concavo. Mesonoto e metanoto di colore giallo-bruno, più oscuri nella metà posteriore, rugolosi e pubescenti ai lati. Zampe giallo-testacee coi fèmori e le tibie leggermente oscurati di bruno, fornite di peli gialli, più fitti sulla superficie inferiore dei tarsi. = dt Segmenti dell'addome bruno-rossiccio, più oscuri lungo i margini posteriori, punteggiati e pubescenti, forniti lateralmente di due piccole impressioni appaiate, in rilievo e liscie. Alquanto depressi, allargan- tisi dal primo al sesto, restringentisi dal settimo all’ultimo, il quale è di larghezza uguale al secondo. Pieghe tubercolari marcate sul mar- gine posteriore del terzo segmento e del quarto che oltrepassano alquanto. Segmenti 4 a 7 forniti lateral- mente nella metà posteriore di una carena ben mar- cata e saliente che oltrepassa il margine posteriore del segmento, il quale si prolunga in punta triango- lare. Ultimo segmento rugoloso e punteggiato con tratti lisci e lucenti; quadrangolare una volta e un terzo più largo che lungo, la sua faccia superiore presenta quattro prominenze di cui due laterali poco marcate rispon- dono al margine esterno delle branche della pinzetta e due interne grandi, rotondiformi, sono addossate alla radice delle branche medesime; lo spazio compreso fra queste due è avvallato con un leggero solco lineare impresso nel mezzo. Margine posteriore leggermente concavo fra le radici della pinzetta, obliquamente tronco ai lati. Segmenti inferiori dell'addome giallo-bruni, rugolosi e pubescenti. Penultimo segmento circa due volte più Fico largo che lungo, restringentesi fortemente dalla base 7, i To E, all'apice; margini laterali leggermente arrotondati, 5,7 margine posteriore bisinuoso, fortemente convesso nel (ca. 1 mezzo e fornito agli angoli di due lobi o appendici trian- golari diretti obliquamente verso l’esterno. Lobi dell’ultimo segmento scoperti nella metà posteriore, parte inflessa dei lati dell’ultimo seg- mento dorsale fornita di una carena ben marcata parallela ai margini esterni. Pigidio poco sporgente, trasverso, quadrangolare col margine poste- riore tronco. Branche della pinzetta ferruginee, pubescenti ; cilindriche, separate dal pigidio ; dilatate alla base per un breve tratto, diritte, debolmente divergenti e leggermente volte all’insù sin dopo il primo terzo della loro lunghezza, in questo punto esse presentano sulla faccia superiore una forte sporgenza triangolare spiniforme rivolta all’insù e alquanto obliquamente verso l'interno, poi esse volgono all’ingiù e vanno assot- tigliandosi ed incurvandosi verso l’esterno sino agli apici debolmente ingrossati e forniti di due punte poco distanti fra loro di cui l’ante- riore, interna, è piccola e triangolare mentre la posteriore, esterna, è molto più lunga e ricurva ad uncino. Internamente liscie e arroton- E e Di date, leggermente intaccate nel tratto compreso fra le due spine apicali. 1 9: Segmenti dell'addome leggermente convessi, privi di carene late- rali, allargantisi molto meno che nel o. Ultimo seg- mento trapezoide, restringentesi sensibilmente nella parte posteriore, leggermente declive dall’avanti all’in- dietro, fornito di una depressione mediana posteriore. fiancheggiata da due prominenze rotondiformi più mar cate che nel e. A poca distanza dal margine poste- riore, tronco, notasi una minuta impressione lineare,, mediana. Penultimo segmento ventrale grande, di un terzo più largo che lungo alla base, restringentesi fortemente nella metà posteriore la quale è fortemente arroton- data e sporge oltre la base delle branche della pinzetta. Branche della pinzetta bruno-rossiccie, punteggiate e pubescenti, diritte, contigue e arrotondate per tutta la loro lunghezza, piuttosto robuste vicino alla base 5,7 esse vanno assottigliandosi leggermente e gradata- te I mente sino alle punte rieurve ad uncino ed incro- ciate; margine interno leggermente dentellato. Fig. 10. T. baculeata 9 Lunghezza totale del corpo, 7: 18,1 mm., si 16,2 um. » della. pinzetta, i. 9,6 ». gi 3,290» d e 9 da El General, giugno 1909. Dott. Mauro Fernandez. Questa specie, la seconda del genere, si distingue fitcilmente dalla Tristanella tuberculala per la mancanza di tubercoli spiniformi sul- l’ultimo segmento dell'addome, e la presenza di una forte sporgenza triangolare sulla faccia superiore delle branche della pinzetta. CI 5 ti i i n î De nes : | j 1 ad îy tro afidi Tae ausol RELITTI Di iii i Mio di / sit Niag irta NE Eno: 1): 1% du pi Pa uo ui Ei. 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DELLA BEFFA NOTE COLEOTTEROLOGICHE 1° L’Exochomus minutus kraatz in Italia. Potei trovare questa rarissima specie falciando dei prati lungo il T. Cormor nelle vicinanze di Udine, il luglio 1908, Il Ganglbauer ri- produce la descrizione originale, e non potè mai esaminarne degli esem- plari. Fu descritta della Turingia, e non fu mai citata d’Italia: è quindi una specie nuova per la,nostra fauna; da attribuirsi finora al solo Friuli. (Un esemplare fu da me ceduto alla collezione del prof. Fiori). Do Lei Specie e varietà nuove per l’Italia o pel Piemonte. Carabus cancellatus IN. v. nigricornis Dej. Frequente qua e là nei dintorni ‘di ‘Torino, specialmente sui colli di Rivoli dove trovansi dei grandi esemplari, mentre quelli dei boschi del T. Stura alla Veneria sono più piecoli: questa var. fu già segnalata dal Piolti nel 1880, ma nel catalogo dei coleotteri d’Italia' del dott. Bertolini, forse per omis- sione, viene attribuita solo alla Liguria. Bembidion ustulatwn L. Indicato della Toscana e Trentino: è fre- quente lungo i corsi d’acqua sia in pianura che in collina (Torino). Bembidion fluvialite Dej. Fu indicato dell’Italia meridionale. Potei raccoglierlo qualche volta lungo il F. Po (Torino). Bembidion modestum F. Era noto finora del Trentino. Potei racco- glierlo in pareechi esemplati*lungo il T. Sangone (presso Beinasco), Se in giugno. L’insetto di giorno sta nascosto nella ghiaia della deriva, e si può farlo uscire gettandovi dell’acqua. Bembidion tenellum Er. v. triste Schilsky. Si trova non comune nei dintorni di Torino, nei siti umidi vicino ad acque correnti e stagnanti. Questa var. non fu trovata in Piemonte, nè la trovo segnalata fra le specie italiane. Credo però che si debba trovare mista al tipo, nelle località frequentate da questo. Perileptus areolatus Creutz. v. niger Heyd. Si può raccogliere molto raramente mescolata al tipo, di primavera specialmente lungo la Stura nelle vicinanze della Veneria (Torino). Sta nascosto sotto la fine sabbia vicino all’acqua. Lionychus quadrillum Duft. a. bipuncetatus Heer. Fu indicato della Calabria; da noi rinviensi raramente mescolato al tipo (T. Sangone, presso Beinasco, maggio). Microlestes erilis Schm. v. luctuosus Holdh. Raro sulle colline di Torino in aprile. Hydroporus bilineatus Sturm. Si può trovare negli stagni della col- lina di Torino in aprile. Scydmoenus cornutus Motsch. Fu raccolta vagliando il terriccio ai piè degli olmi lungo il viale di Stupinigi, in settembre (Torino. Trichotichnus Knauthii Ganglb. Questa specie fu descritta nel 1900 sotto il gen. A4smerina Tsch. del Trentino. Nel luglio 1906 potei rac- coglierla per la prima volta nelle Alpi occidentali, alzando delle pietre sui monti sopra Exilles (val di Susa). Nossidium pilosellum Marsh. Conosciuto dell'Emilia e della Liguria. Lo trovai più volte in luglio vagliando il terriccio nei boschi del Sangone (Mirafiori-Torino). Saprinus maculatus Rossi. Lo raccolsi sul cadavere d’un coniglio, messo in luglio a marcire nei boschi del T. Stura (Bertolla-Torino). Saprinus sparsutus Solsky. Trovato d’estate sulla collina di Torino, in un cadavere di talpa. Saprinus rubripes Er. v. granarius Er. e v. arenarius Marsh. Queste due var., nuove pel Piemonte, e rare anche nelle altre regioni d’Italia, le raccolsi nel 1906 in mucchi di sabbia lasciati dal Po nei prati vi- cini, dopo le sue piene primaverili. Il fatto di essere specie trasportate dalle alluvioni dimostra che debbono trovarsi oltrechè nei dintorni di Torino, anche in molte altre regioni del Piemonte. Helophorus aqualicus L. v. Milleri Kuw. Si trova in maggio negli stagni delle colline torinesi. Helophorus brevipalpis Bed. Raccolta in aprile nelle acque stagnanti delle colline di Rivoli e Torino aggrappata alle erbe sommerse, Laccobius scuteltaris Motsch. Frequente d’estate nei piccoli corsi d’acqua quasi stagnante, pieni di vegetazione, nei dintorni di Torino, pt Cantharis fusca L. v. immaculicollis Lap. Rinviensi talora nei din- torni di Torino mista al tipo. Cantharis nigricans Mull. ab. decolor Fiori. Si trova, ma rara, in maggio nelle boschine del T. Stura (Veneria R.). Malachius heteromorphus Abeille. Si può raccogliere in luglio sul M. Musiné. Malachius falcife» Abeille. Si trova raramente falciando i prati della pro incia di Torino. Meligethes alter Bris. Lo raccolsi in collina in tutti i dintorni di To- rino, di primavera, sui fiori di Hyeracium. Meligethes atramentarius Forst. È raro sulle erbe fiorite nei boschi del T. Stura, Veneria-Bertolla (Torino). Cryptophagus Milleri Reitt. Non è segnalato fra i coleotteri italiani. Lo trovai in cantina in una scatola di vecchi insetti che avevo eet- tato via (Torino). Caenoscelis ferruginea Sahlb. Questa specie la ebbi vagliando il terriccio ai piedi dei vecchi olmi nei boschi «del T. Sangone presso Mirafiori (Torino) nel mese d'agosto. Phalacrus aeneus F. Falciando le erbe nelle boschine del torrente Sangone (id.). Lathridius nodifer Westw. Falciando le erbe in giugno nelle bo- schine e nei prati vicino al Po, Moncalieri (Torino). Apistus Rondanii Villa. Questa specie che non fu indicata del Pie- monte finora, potei trovarla in numero grandissimo nel viale di Stu- pinigi (Torino) ai piedi degli olmi vicino a Mirafiori, nel terriccio, sotto a masse di piccoli funghi marci, già quasi disseccati, nel mese dd giugno e luglio. Non si trovava nel terriccio sotto ai medesimi funghi ancora freschi. Sibhcoccinella 2 punctata L. a. limbata Moll. e var. meridionalis Motsch. Si trovano frequenti in tuttii dintorni di Torino, falciando i prati di erba medica, e sulla Saponaria. Adunia variegata Goeze. Frequente sulle ombrellifere e sulle car- luacce (Torino). Semiadalia I notata Schn. a cardui Brahm. Frequente nei din- torni di Torino, miswa al tipo. Adalia bipunctata L. a. Rettteri Walt. Si trova raramente sulle colline torinesi. Adaulia bipunctata L. a. pantherina I, Si trova talora sui giovani cespugli di salici lungo il Po (dintorni di Torino), d'estate. Adalia bipunctata L. a. conjuneta Schn. Non frequente, mista al tipo (Forino). Non è citata fra i coleotteri italiani. ‘Coccinella 11 punclala L. v. 9-punctata L. Frequente col tipo (Torino), 1 ST Siege Coccinella 10-punctata L. a. 8-punclata Mull. Nota della Corsica e della Liguria, trovata in aprile sulla collina di Torino. Propylea 1t-punclala L. a. telragonata Laich e a. suluralis Ws.In- dicate della Sardegna e del Trentino. Si possono trovare nei dintorni, di Torino colle altre variazioni, falciando le erbe dei prati. Ù Melanotus crassicollis Er. La trovai qualche volta nei funghi e nel terriccio sotto questi, ai piè degli olmi .nel viale di Stupinigi (Mira- fiori-Torino) e in altre località dei dintorni. Athous niger L. Si trova raramente misto all’X67-/us nei Rs di Rosa canina (Torino). Athous haemorrhoidalis F. a. faeculentus Bauyss. Non fu ancora in- dicato d’Italia; si trova sulla collina di Torino in primavera, raramente misto al tipo. Athous austriacus Desbr. v. delphinas Reich. Specie nota fincra della Francia orientale. Potei raccoglierlo raramente sui cespugli delle colline torinesi come sui monti della Val di Susa. Athous longicollis Oliv. a. unicotor Torre. Non si trova nel catalogo dei coleotteri italiani. Lo raccolsi raramente misto al tipo (‘Torino . Calcophora Fabriciî Rossi. Su alberi fruttiferi nella valle del T. Cu- rone (nel Tortonese), luglio 1907. Buprestis 9 maculata L. v. tristis Schilsky. Questa variazione fu indicata solo per la Toscana. La trovai, molto rara, in collina (Torino). Bostrychus cavucinus L. v. luctuosus Oliv. Questa bella variazione non ancora stata raccolta in Piemonte mi fu donata dal cav. Pezzi che la raccolse sulla collina di Torino. Dev'esservi però molto rara, e forse importata con dei legnami d'altra provenienza. Anoncodes dispar Dufour. Si trova raramente nei dintorni. di Torino. Mecynotarsus serricornis Pauz. ab. immaculatus Latr. Quest'aber- razione non segnata fra i coleotteri italiani si distingue per avere ie elitre interamente fulve anzichè grigio-cineree come nel tipo. Lo trovi mescolato a questo, ma assai meno frequente, nei mucchi di sabbia depositati dal Po vicino a Torino dopo le sue piene. Di giorno sta na- scosto, ed esce solo verso sera, correndo, ed affondandosi con grande rapidità nell’arena. Formicomus pedestris Rossi v. alratulus Reitt., Questa, var. non è indicata che di Calabria e Sicilia. La trovai rara suile colline di To- rino mescolata al tipo. Anthicus fascialus Chevr. v. opacus Rev. Si può raccogliere fal- ciando le erbe basse aromatiche in Val di Susa. Raramente sul monte Musiné, Mycetochara azillaris Payk, v. morio Ridtb. La trovai in maggio, radunata in una piecola famigiia, sotto la scorza d'un acero in Torino. TI —__———_—_—kzkn ì$ Gr a Helops angustatus Luc. Lo trovai raramente sulle colline di. Torino misto ad altre specie, sotto la scorza, 0 ai piè di vecchi alberi, Stenostola ferrea Schr. Trovata raramente alla Venaria R. (Torino) battendo i cespugli di salici, in primavera. Il Bertolini la dà di loca- lità incerta per l’Italia. Lema cyanella L. a. obsenra Steph. Trovata in maggio battendo i cespugli nei boschi della Stura (Torino: Non è segnata nel catalogo dei coleotteri italiani. Cryptocephalus Loreyi Solin. a. pasticeoculalus Pic. Trovato mesco- lato al tipo sul M. Musiné e in Valle di Susa. Non ancora indicato d’Italia. Cryplocephalus sericeus L. a. pratorum Suffr. Frequente sul monte Musiné e in Val di Susa sulla composite gialle d’estate. Cryptocephatus cristula Duft. a. frigidum Jacobs. Si può raccogliere sul M. Musiné e più abbondante sulle alpi vicine. Non è ancora se- gnalato fra i coleotteri italiani. Cryptocephalus connexrus Ol. v. subconnexus Weise. Frequente sul M. Musiné ed in Val di Susa. Chrysomela cerealis L. a. ornata Ahr. Si trova mista alle altre var. sul M. Musiné di primavera ed autunno sull’erba dei prati, o radu- nata in famiglie sotto pietre e scorze d’alberi. Chrysomela menthastri Suft. v. herbacea Daft. Non ancora indicata d’Italia. La trovai in numero solo un anno sulle ortiche lungo fossati in praterie vicine al F. Po presso Torino. Hylastes opacus Er. Potei raccoglierlo sulle colline di Torino e Ri- voli sotto la scorza di vecchi tronchi. Homaloplia ruricola F. v. atrata Geoffr. Trovai un esemplare di questa variazione ad elitre completamente nere nel giugno 1906 alle falde del monte Musiné. Finora era stata raccolta nel Lazio e nel Trentino. Melolontha hippocastani F. a. tibialis Muls. e a. suluralis Kr. Non sono ancora state segnalate d’Italia. Si possono raccogliere nei dintorni di Torino miste al tipo, ma assai rare. Polyphytla phullo Harris. a. nvumorata Muls. e a. lucltuosa Muls. Si trovano raramente miste al tipo nei giardini dei dintorni di Torino, volano di sera intorno ai pini in giugno-luglio. Anoria scutellaris Muls. Specie della Toscana e Sardegna. Ne trovai un esemplare nel 1905 nei giardini del Valentino (Torino), morto sotto un lampione di luce elettrica dal quale probabilmente era stato attirato. Anomala vitis F. a. cupreonitens Ban. e a: azur'escens Reitt. Queste due belle variazioni non ancora segnalate 'per l’Italia, le rinvenni in pochi esemplari raccogliendo delle centinaia di individui di anomala vitis F. sui cespugli dei giovani castagni, il luglio 1906 (Rivoli). MON Cetonia aurata L. v. piligera Muls. e a. iynicollis Fiori. Queste due . variazioni caratteristiche della Provenza e dell’estrema Liguria, potei trovarle assai rare sulle colline di Torino. 30 Descrizione di nuove varietà raccolte nei dintorni di Torino. Cicindela campestris L. v. bilineata m. Questa variazione la trovai in esemplari isolati sul M. Musiné il luglio 1906, e in agosto in Val di Susa, sui monti sopra Exilles. La parte dorsale dell’insetto, comprese le elitre, è d'un colore bruno- pece mentre la parte ventrale ha la colorazione del tipo. Le macchie dlelle elitre sono d’un color bruno-ocraceo anzichè gialle, e le due mac- chie oculari che si trovano sul disco ai due terzi dell’elitra sono assai allungate, in modo da formare due linee della lunghezza di due mil- limetri, che si uniscono posterior mente all'apice delle elitre, mediante una sfumatura d’un colore più chiaro del fondamentale dellaliirà stessa. Perile rus arcotatus Creutz. v. apicalis m. Questa variazione potei trovarla ultimamente in rari esemplari, misti al tipo nella sabbia lungo il T. Stura. Si distingue per la mancanza della fascia o mac- chia nera alla base delle elitre: queste sono fulve, con la sola macchia apicale, anche questa più ridotta che nel tipo. Harpuus dimidialus Rossi v. fulripes m. Lo trovai frammischiato al tipo sotto pietre nei dintorni di Rivoli, in primavera. È caratterizzato per avere le zampe fulve. Adonia variegata Goeze. a. triangularis m. È un'ab. analoga alla carpini Geoffr. Ma si differenzia per avere le tre macchie delle elitre saldate fra di loro, in modo da formare un triangolo coll’arigolo volto verso l'esterno: le due macchie suturali sono unite alla macchia marginale. Si trova in tutti i dintorni di Torni. La trovai raramente mista al tipo sui cespugli di carduacee. Agriotes ustutatus. L. a. major m. Si trova sulle graminacee nei prati dei dintorni. Si differenzia dal tipo per la mole maggiore della metà. Lyltta vesicatoria L. v. semicoerulea m. Ne raccolsi alcuni esem- plari fra migliaia che si trovavano sopra un ailanto vicino ai laghi di Casellette. Questa varietà si differenzia dal tipo per avere una macchia d’un bellissimo azzurro violaceo intenso che occupa quasi tutta la metà basilare delle elitre, Phymathodes testaceus L. a. di i n. Questa ab. caratteristica. . 1 ; Na de potei raccoglierla insieme ad altre ab. e costituisce un passaggio di- stinto dall’ab. /ennicus F. all’ab. analis Rdb., ed è forse il risultato dell'incrocio di queste due aberrazioni, che trovansi pure da noi. È di color nero più o meno lucente, coi femori e i tarsi tendenti al bruno, e le elitre fulve con alla base una fascia d’un nero-bluastro lucente della larghezza d’un terzo dell’elitra. (L’a. /ennicus F. ha tutte le elitre di questo colore, mentre l’a. analis Rab. le ha completamente fulve). Dedico quest’ab. al prof. Camerano del quale sono devotissimo allievo. Chryptocephalus cristula Duft. a. Fiorii m. Quest’ab. costituisce un passaggio dal tipo all’ab. /igidum Jacobs. Le elitre ed il resto del corpo sono della colorazione verde-metallico del tipo, il capo ed il cor- saletto sono del colore dell’ab. frigidum Jacobs, e cioè a riflessi az- zurro-violacei. Quest’ab. trovai sul M. Musiné, nonchè in Val di Susa sui monti sopra Oulx ed Exilles nel mese d’agosto : la dedico all’egregio prof. Fiori. Cassida ferruginea Goeze. v. scutellaris m. Questa var. trovai in pochi esemplari mista al tipo, nelle boschine e prati incolti vicino al T. Stura, in maggio. Si differenzia dal tipo, poichè manca quasi completamente la fascia bruna suturale, che è ridotta ad una semplice macchia scutellare. Metotontha hippocastani F. a. nigritarsis m. Quest'ab. si trova talora mista al tipo nei nostri dintorni E caratterizzata per avere i tarsi neri, costituendo così un termine di passaggio dal tipo all’ab. nigripes Corm. Hoplia farinosa L. v.-9 coeruleipennis m. Credo opportuno di dare un nome a quest’ab. forse già nota ma assai caratteristica. Da noi si trova frequente mista al tipo sulle Alpi occidentali (raramente nei nostri dintorni. M. Musiné) e si distingue per avere le squame delle elitre d’un bel azzurro, talora tendente al violaceo mentre il colore tipico che si riscontra generalmente, anche nella 9 è il giallo-verde o giallo-aranciato. A x Lat b4g | PIT 4 : }i OTO Li i MERLINO E. 4 cioo de PP’ vie” 8) : vi Î | ° i ì ì) MASSA Ai dro [| \ \ ‘ 7 \ \ n è î % N CALA Vi ì : ‘ ] Li 3 Is r \ N * 7 bi : ì ? T n $- ” rigi Ao DE f A 1 p ‘ | . Y Lis i X Pubblicato il 4 Onore 1909 Prof. LORENZO CA MERANO, Direttore responsabile 1074 — Tip Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino = Numero 613 — Volume XXIV Dott. EDOARDO ZAVATTARI Descrizione di una nuova specie di Mutilla dell'Isola Riunione Miyrmilla reumnionis n. sp. G. Rufo -ferruginea, capite, antennis, thorace pedibusque magis aminusve brunnescentibus; abdomine mnigro, sublus ferrugineo, seg- mento secundo macula media, tertio, quartoque fascia lata, flavo-se- riceis ornatis. Caput subquadraltum, vix thorace latius, thorax fere reclangularis, margine postico dente unico medio armato, abdomen sessile, ovatum, area pygidiali nulla. Long. 9 mm. Testa, torace, antenne e zampe di un rosso ferrugineo passante al bruno sulla fronte, le tempie, le mesopleure, la faccia declive del me- tatorace e l’estremiià delle mandibole; la parte anteriore del primo segmento dorsale, e tutti i segmenti ventrali dell'addome rossastri, speroni bianchicci. Secondo segmento dell'addome revestito di pube- scenza nera con una macchia arrotondata di pubescenza giallo-dorata nel mezzo del suo disco; terzo, quarto e quinto segmento portanti ciascuno una fascia parimenti giallo dorata occupante grande parte della larghezza del segmento, la fascia però del quinto segmento è appena distinta ed appena marginale. Tutto il corpo, comprese le zampe, sparso di peli lunghi e poco abbondanti bianchicci, mescolati a peli neri sul capo. : Testa quadrangolare, più larga che lunga, di poco più larga del torace. cogli angoli arrotondati ed il margine posteriore incavato ad arco. Tubercoli antennali salienti, ma arrotondati all’apice; occhi si- tuati alquanto in avanti, distanti dal vertice di uno spazio superiore al maggior diametro di essi; secondo articolo del flagello antennale lungo quasi quanto i tre articoli seguenti riuniti insieme; mandibole accuminate all'estremità e munite di un robusto dente lungo il loro Do NSA margine interno. Testa e torace longitudinalmente striati, gli inter- valli abbondantemente e fittamente punteggiati. Torace quadrangolare a margini paralleli, leggermente concavi, troncato in addietro, ma non a spigolo vivo, armato al bordo superiore della troncatura di una breve spina acuta mediana; i fianchi del torace concavi, quasi lisci ed alquanto lucenti. Addome sessile, ovale, ristretto in addietro, con il primo segmento munito in prossimità della sua articolazione col torace di due piccoli denti laterali ed al disotto di un tubercolo spi- niforme. Secondo segmento densamente e longitudinalmente striato sul dorso; segmento anale convesso, senz’area pigidiale, fornito di lunghi peli giallastri. Tibie con spine lunghe rossastre, assai numerose. I sola 9. Isola Riunione. Questa specie è, a quanto risulta dalla descrizione, simile sopratutto alla Myrmilla tricuspis Andrè (Ann. Soc. Ent. France, vol. LXIII, 1894, p. 681, n. 13) di Madagascar, dalla quale differisce per la mole al- quanto maggiore, per la forma dei tubercoli antennali, che nella Myr- milla tricuspis sono acuti, mentre nella Myr. reunionis sono arroton- dati, per la presenza di una sola spina mediana sulla troncatura posteriore del torace, anzichè di tre come nella Myr. tricuspis ed in- fine fors'anche per la scultura del capo e del torace, la quale è meno marcata nella Myr. reunionis che nella Myr. tricuspis. —_— + tt rm m——_— BOLLI ‘TRINO RA Ù 19; LA) ORTA CILE fatta î. Muparittà sui Madia Fn ili ue» #10, + EU sua La bet n Eno nh : de sj lane Nurneso pi sl ri WAP IRA E ni = ur i jo diet pi 5 1A 9 * Ù Pra NE ° hà (I z i Ù SI "db I Cy Dre Dista DANIILIRORÀ., J En dr de rato) i i Pelia è ratio Ba È; Na n Baggio di uan nativa” "Mt a Forse è olla alistribizinea et api: adi te Upper > (O Ttpotasi Cella -Arlicfeinsn i Wifsotionno Vegerita Pa p Anagni iù a ga saba: M: midi eb +1 pete “da nen 0° O ue Lr Ze RAT S incristretio datto al'inrifpinià di ali MA OE Ceriano nia di edit nta. a i i » Enpa Most. cy PRA» 1A OT ri ve 8, I E MILE REI RATOLL ‘mola st rm a PT cai oi (A eroe ui portytar glia abc Texteviumnite È eresia hora che: peter pesa veli inte ct ata nn ali Nogt Chagi pei oe’ di AMORE Pc Lei ge Apo pei, A Man anizionaa arditi MBIMSR:. al’ cant pupetee a topi aver PT PRASSI o TP I SI IN) COTTI: 014 RNA OTO 0) Pra (fregi Ir pria “at. pai toa Îo #46 arriratace ic. bee: cigni ir IA ALA Pe _16164) id Ru vee 0%: y De i Poni sl Zuglio b1-3 i pal Se VII di PAGLIA NERE iva Cc AE Mar MEO IE-0E, Pstvt 0) val mi ctogris La dts once è Alano capelli | da le gn VI a Riise rallo fe Pubblicato il 19 Novembre 1909 I eeeee_____________________—___.—_..... .. ZF.MWWWMWYX-—--7 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1740 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 614 — Volume XXXIV = DANIELE ROSA (in Firenze) Saggio di una nuova spiegazione dell'origine e della distribuzione geografica delle specie. (Ipotesi della «ologenesi») Nella moderna biogeografia regna incontrastato il dogma del 70- nogenismo, secondo il quale le singole specie ed i singoli gruppi hanno avuto un ristretto centro d’origine, dal quale si sono poi diffusi su tutta la loro area di distribuzione. Questo dogma non deriva necessariamente dai fatti che ci sono of- ferti dalla distribuzione geografica (presente e passata) dei viventi; esso è invece un portato della teoria dell’evoluzione. Si è creduto finora che questa teoria conducesse inevitabilmente al monogenismo. Così scrive p. es. il Beddard: « A new species recently come into existence would naturally, at least on any theory of evo- lution, have a limited range because it would have come into being at one locality.....» (BEDDARD, A Text-Book of Zoogeography, Cam- bridge, 1895). Ora io sono arrivato a persuadermi: 1° che è possibile trovare una forma di teoria dell’evoluzione la quale non conduca al monogenismo; 2° che una tale forma di teoria dell’evoluzione è almeno tanto verosimile quanto le precedenti ed anzi può spiegare molte cose che sinora rimanevano inesplicate; 3° che precisamente i fatti della biogeografia sono più natural- mente spiegabili col poligenismo e perciò ci offrono una forte presun- zione in favore di una teoria di evoluzione la quale si accordi con esso, or L'argomento mi sembra interessante e sto preparando su esso un lavoro sufficientemente esteso. Qui io mi limito a dare un’idea som- maria delle mie vedute colla speranza di provocare qualche obhiezione che potrà essermi preziosa, Linee generali della nuova ipotesi. — mai cs Il nome di ipotesi della « ologenesi » significa che in questa ipotesi ciascuna specie prende origine da lutti gli individui della specie-madre e perciò su tutta l’area, continua o discontinua, occupata da questa. Io parto dal noto concetto di Naegeli secondo il quale l'evoluzione filogenetica è essenzialmente determinata da cause interne, tanto come l'evoluzione ontogenetica, ma sviluppo questo concetto sino alle estreme conseguenze mentre lo stesso Naegeli a un certo punto lo abbandona. Se da un uovo di rana nasce sempre una rana e.non un rospo, ciò è dovuto alla costituzione speciale dell'uovo di rana. L'ambiente non può cambiare l’indirizzo di questa evoluzione; esso fornisce solo i ma- teriali e le condizioni necessarie perchè questa si compia. Similmente se nel corso dei tempi una specie si evolve, la direzione di questa evoluzione filogenetica è determinata dalla natura di quella specie (dalla natura della sua cellula-stipite), e se quella specie si scinde in nuove specie, la costituzione di queste è determinata dalla costituzione della specie-madre. Anche qui l’ambiente non potrà far sì che una specie si evolva in una piuttosto che in un’altra direzione o che essa invece di produrre certe nuove specie ne produca invece certe altre. Io qui non posso discutere questo parallelismo; ma se esso è legit- timo noi vi troviamo un’indicazione sul modo d’origine delle specie. Infatti noi diciamo che dall’uovo di rana nasce una rana. Più pre- cisamente noi possiamo dire che l’uovo di rana si scinde successiva- mente in 2, 4, 8... cellule, cioè che dall’uovo (o cellula-stipite) di rana nasce una serie ramificata (e precisamente dicotomica) di cellule- fi figlie il cui complesso finale è una nuova rana. Similmente noi vediamo che ciascuna specie-stipite ha dato origine ad una serie ramificata (che potrebbe. anche essere dicotomica) di specie-figlie. i A primo aspetto il paragone. può sembrare forzato, ma dobbiamo considerare che la formazione di nuove specie in ultima analisi è una formazione di nuove cellule (di nuove cellule-stipiti). Ciò essendo noi potremmo rappresentarci il suddividersi delle specie nel modo seguente: « Da ciascuna specie-madre sì formano dovunque due stesse. specie- « figlie (predeterminate dalla struttura della specie-madre) ed il feno- « meno si riduce semplicemente ad una divisione cellulare. « In fondo si tratterebbe solo-di ciò: che nelle cellule ger minali di «una specie giunta a un determinato « grado di. maturazione » ay; « viene in qualche stadio precoce una particolare « divisione, differen- « ziale »: per cui le cellule-stipiti dei figli, invece di riuscire come al « solito uguali fra loro (A = A) e uguali a quelle (4) della madre, rie; « scono invece diverse fra loro (B,C) e diverse da quelle (4) della « madre. x «Quando il fenomeno sia avvenuto in tutti gli individui della specie- «madre (su ciò vedi pagina 4) quest’ultima necessariamente cessa. di « esistefe ». i }- Ora è notevole che a questo concetto (che qui è basato solo su cri- terii d’analogia) si pervenga anche per altra via, cioè svolgendo.lo- gicamente i principii stessi della ortogenesi. Anzi questo svo]gimento ci dice qualchecosa di più, esso ci lascia comprendere perché codeste scissioni di specie-madri in specie-figlie debbano avvenire. nai Gli-ortogenisti ammettono che l’«idioplasma. specifico » (il plasma peculiare per il quale due specie differiscono intimamente l'una dal- l’altra già allo stato di cellula germinale) si evolve lentamente nella serie dei tempi e che l'evoluzione visibile delle forme viventi non è che una manifestazione di codesta evoluzione invisibile dell’idioplasma. Essi ammettono ancora che, purchè il mondo esterno fornisca le condizioni ed i materiali opportuni, l’evoluzione dell’idioplasma segue necessariamente tanto come lo sviluppo di una pianta dal .suo seme. Codesto idioplasma specifico lo si ritiene rappresentato essenzialmente dalla cromatina nucleare (propriamente da quell’«idiocromatina » dalla quale si formano i «veri cromosomi »). i Una volta accettati questi principii come è possibile non dt che l’idioplasma specifico non potrebbe indefinitamente evolversi e compli- carsi senza soltostare a periodiche scissioni? i Tali scissioni sono inevitabili ed esse devono essere scissioni diffe- renziali, perchè non si comprenderebbe come. l’idioplasma p. es. dei molluschi debba essere sopracaricato degli elementi che sono invece. necessarii a determinare: le strutture proprie degli artropodi. Ma v'ha di più. Le condizioni numeriche dei cromosomi sembrano realmente conservare traccia delle scissioni filogenetiche da noi. po- stulate. (Ciò, s'intende, nella supposizione che i cromosomi veri rap- presentino l’idioplasma specifico). i Il numero dei cromosomi varia in complesso entro limiti non molto larghi. Inoltre esso non ha alcun rapporto colla posizione sistematica. Gli stessi numeri si ritrovano: in specie alte e basse di gruppi diver- sissimi; in specie vicinissime essi variano spesso nel rapporto di l a 2, alta Una spiegazione semplicissima di questi fatti si avrebbe ammet- tendo che nella lenta evoluzione dell’idioplasma fra due successive scissioni filogenetiche il numero dei cromosomi vada lentamente au- mentando e che esso ad ogni scissione si riduca distribuendosi fra le due specie-figlie. Forse l’Ascaris megalocephata, di cui una forma ha nelle cellule’ so- matiche 4 cromosomi mentre l’altra ne ha 2, ci rappresenta appunto una specie che recentemente si è scissa in due specie esternamente non ancora differenziate ma internamente già distinte. Come si vede, anche queste considerazioni appoggiano l’ipotesi di un parallelismo fra la formazione di nuove specie durante la filogenesi e la formazione di nuove cellule durante l’ontogenesi. Questo parallelismo si potrebbe esprimere così: Nello sviluppo ontogenetico ciascuna cellula, dopo un breve periodo d’evoluzione rettilinea (cosidetto « periodo di riposo » fra due scis- sioni) subisce una scissione differenziale per cui essa si divide in due cellule che in via normale si sviluppano divergentemente ed hanno una prospettiva ontogenetica diversa, dando origine (direttamente o indirettamente) a diverse parti dell'organismo. Similmente nello sviluppo filogenetico ciascuna specie, dopo un pe- riodo (che può duraremillenii) di evoluzione rettilinea, subisce (nel- l’idioplasma delle sue cellule germinali) una scissione differenziale per cui essa si divide in due nuove specie che dapprima possono apparire ancora molto simili ma si evolvono divergentemente ed hanno ‘una potenza prospettiva filogenetica diversa dando origine a diversi gruppi. In entrambi i casi questo differenziamento ha un limite; in ultimo non appaiono più forme nuove di cellule e, nello stesso modo, le specie finiscono per diventare immutabili. Una differenza fondamentale fra i due processi sta in ciò: che nelle scissioni ontogenetiche l’idioplasma conserva la sua specificità, mentre nelle filogenetiche esso la perde scindendosi nell’idioplasma caratte- ristico di due nuove specie (1). Naturalmente il fenomeno della scissione filogenetica deve avvenire în entrambi i sessi, ma non potrebbe essere diversamente dal mo- mento che tale scissione è la conseguenza necessaria del punto di maturazione cui è giunta la specie. Per la stessa ragione il fenomeno deve avvenire în tulti gli indi- vidui della specie. Qui però noi non dobbiamo aspettarci un sincro- nismo completo. Le condizioni fisico chimiche dell'ambiente possono (1) Da ciò deriva ché nello sviluppo ontogenetico un differenziamento acquisito possa talora essere ampiamente reversibile, i TO E I TI ET Pi LR Ret n tn i fare sì che alcuni individui giungano al punto di scissione prima ed altri vi giungano con molte generazioni (forse con secoli) di ritardo. Del resto anche l’evoluzione ontogenetica può dalle circostanze esterne essere accelerata o ritardata. Tali sono le linee fondamentali della mia ipotesi la quale è in pari tempo una teoria dell’evoluzione lenta e una teoria della mutazione (nel senso di De Wries). Tra una scissione e l’altra la specie si trasforma per evoluzione tenta, mentre dalla scissione stessa si producono per mutazione due nuove specie. Ma si tratta qui di una mutazione interna in quanto che le due nuove specie vanno poi lentamente divergendo nella serie dei tempi, ma in principio possono essere similissime fra, loro e simi- lissime alla specie-madre. Quest'ultima, al momento di scindersi si può considerare come una specie di 7brido fra le due specie figlie. È superfluo notare che le due nuove specie avendo idioplasmi di- versi non possono più essere soppresse dall’incrocio. Qualche altro schiarimento riguardo alla nuova ipotesi si. troverà ancora nelle pagine seguenti. Qui mi limito ad osservare ancora che quest’ipotesi si distingue da tutte le altre pel fatto che essa conduce necessariamente ad ammettere un ampio poligenismo. Fatti spiegati dalla nostra ipctesi. Fatti contrarii alla nuova ipotesi io non ne ho saputo trovare ed aspetto che mi siano segnalati. Trovo invece che essa spiegherebbe molti fatti i quali fin qui rimanevano oscuri e fornivano armi temibili agli avversari delle teorie evolutive. Mi limiterò qui a pochi punti principali. Isolamento dei grandi gruppi. — Il fatto che non si conoscano forme le quali connettano fra loro i gruppi maggiori diventa, colla nostra ipotesi, affatto naturale. Nel mondo vivente vere forme connettenti non possono trovarsi, dal momento che ciascuna forma-madre scindendosi scompare. Fra i fossili noi potremmo ritrovare le forme-madri dei gruppi mi- nori, ma non quelle dei gruppi maggiori. Infatti è facile vedere che il sistema dicotomico conduce necessa- riamente ad ammettere che le forme stipiti dei grandi gruppi fossero estremamente basse, per cui, oltre a non essere in generale fossiliz- zabili, esse non presentavano ancora i caratteri dei gruppi che esse connettono. Se dunque noi ritrovassimo quelle forme, il loro carattere di forme connettenti ci sfuggirebbe assolutamente. Nel nostro sistema il progenitore dei, molluschi era forse un ga- streade, era una forma inferiore (rappresentata naturalmente da mi- ia pan si individui) la cui prospettiva filogenética | ‘era’ Quella’ di daré origine (dopo ripetute scissioni), non ad un mòllisco i ma a singole classi od anche ordini di molluschi.’ ’ “— Un « protomollusco » non è mai esistito; esistette solo un « promol- lusco » » che non aveva alcun carattere visibile di mollusco. Così quando noi diciamo che primitivi vermi furono progenitori dei molluschi, degli echinodermi, dei vertebrati, ecc., ciò, secondo la nostra ipotesi, non sì deve più intendere nel senso che quei vermi’ fossero un gruppo indifferente dal quale, secondo le circostanze, potessero ori- ginarsi i molluschi, gli echinodermi, i vertebrati, ecc. Invece ciò si deve intendere in Ai senso, che questi gruppi sono passati per una fase. di bilaterio inferiore (di verme) nella quale tuttavia’ essi erano già intimamente ben diversi e caratterizzati‘ di’ una' diversa prospettiva filogenetica, sebbene noi li avremmo tr ovati molto simili e forse non li avremmo saputo distinguere, come spesso non sappiamo distinguere embrioni di esseri diversi nella stessa fase di sviluppo. i Persistenza delle forme inferiori. — Ecco una questione che ha dato RON pochi imbarazzi ‘agli n n Il Naegeli non ‘trovava altro modo di uscirne che quello di ammettere che le formé inferiori tuttora viventi appartengano a speciali pry/a le cui forme-stipiti {uni- cellulari) sarebbero nate per generazione span ano in epoca relati- vamente recente. i ; Nella nostra ipotesi, le forme inferiori ora viventi non sono mai (ini primitive (queste scindendosi sono scomparse), sono solo forme che avevano una prospettiva filogenetica più limitata la quali perciò sì sono allontanate meno dalle primitive. Per noi una specie-madre si scinde in due pel fatto di una divisione differenziale che avviene nell idioplasma delle sue cellule germinali. 19 ammissibile che tale divisione abbia anche quest’elletto che una delle due specie figlie” abbia una potenzialità filogenetica: molto mag- giore dell’altra e per conseguenza possà dar origine in ultimo a gruppi di specie aventi una moltò maggiore complessità. (Patti paralleli. a questo. si osservano nel differenziamento ontogenetico). È Facciamo un caso concreto: oggi ancora persistono animali unicel- lulari (protozoi); perchè essi non si tr asformano in metazoi? Perchè essi Don sOnO più unicellulati indifierenti, primitivi. Questi sono scom- parsi, scindendosi in due gruppi di unicellulari, gli ubi provvisti di ampia, potenzialità filogèneticà e capaci di dare origine in ultimo a metazoi, gli. altri con ristretta capacità filogenetica e destinati a evolversi più oltre rimanendo sempre unicellulari. È RR COM il fatto che RSA tutti” 1 ‘grandi | gruppi, di animali e rive cul Li badgiunge ‘ina elevatezza molto” nico dell’altro: —t . Adattamento. — Nessuna delle teorie dell’evoluzione le quali sonò state presentate finora riesce a spiegare bene perchè certe strutture e funzioni talora complicatissime siano mirabilmente adatte. Il Lamarckismo non spiegherebbe ad ogni modo che una piccola parte degli adattamenti. Al Darwinismo si è obbiettato, fra altro, che le variazioni sulle quali esso si appoggia sono troppo insignificanti per dare presa alla scelta naturale. La teoria di De Vries parve rappre- sentare un progresso su quella di Darwin perchè le sue « mutazioni » possono rappresentare subito un carattere già decisamente utile. Tuttavia alla teoria di De Vries si può muovere un grave appunto il quale, del resto, vale anche per quella di Darwin. Non basta che tra infinite mutazioni che avvengono in ogni senso appaia una mu- tazione utile, bisogna anche che essa appaia nell'ambiente in cui essa è utile; ora, anche se la stessa mutazione si ripresenti in molti in- dividui, la probabilità che quella circostanza si verifichi, rimane piccola. i Ma v'ha di più. Molti adattamenti richiedono una lunga serie di mutazioni (0 di variazioni) adatte. Colla teoria di De Vries (come con quella di Dur:vin) è difficile ammettere che due identiche serie di mutazioni (o di variazioni) possano prodursi indipendentemente più volte, per cui la probabilità che una tale serie si produca precisa. mente nell'ambiente al quale essa avrebbe costituito un adattamento è praticamente nulla. Invece nella nostra ipotesi quando una specie (dopo millenii di vita) si scinde, l’identica scissione avviene tosto o tardi in tutti gli indi- vidui di essa e su tutta l’area da essa occupata (area che è in gene- rale tanto più ampia quanto più la specie è primitiva). In tal modo ogni nuovo carattere che appaia può con ogni facilità trovare un am- biente nel quale esso sia utile. Di più, nella nostra ipotesi, tutti gli individui di una specie hanno la stessa prospettiva filogenetica; essi hanno la potenzialità di pro- durre la stessa serie dicotomica di specie-figlie. Di qui la massima probabilità che di questi alberi dicotomici fra loro uguali possa in un ambiente 0 nell’altro sussistere almeno qualche ramo. Questo ram rappresenterà una più o meno lunga serie di mutazioni che in un dato ambiente si sarà mostrata utile, Ari così un adattamento com- plesso. Hi | Ripeto: nella. nostra ipotesi una mutazione o una serie di mutazioni possono con grande probabilità trovare l’ambiente nel quale esse co- stituiscono un adattamento utile; nella teoria di De Vries la proba- bilità di trovare l’ambiente adatto è piccolissima per gli adattamenti richiedenti una sola mutazione, mentre per gli adattamenti che richie dono una serie di mutazioni essa è nulla, s Sn Ma anche per un altro riguardo la nostra ipotesi permette una mi- gliore spiegazione degli adattamenti. Infatti, mentre nelle ipotesi di Darwin e di De Vries le variazioni o le mutazioni avvengono in «quasi tutte le direzioni », nella nostra ipotesi esse avvengono secondo determinate leggi per le quali cresce la probabilità che i nuovi caratteri si producano in direzione adatta. Nè qui c’è finalismo alcuno. Per esempio, sta di fatto che l’evoluzione filogenetica avviene in complesso seguendo la legge della divisione del lavoro. Questo fatto, che una volta si poteva considerare come un risultato della selezione naturale, ora noi lo dobbiamo considerare come una necessità mecca- nica che ha la sua base nella chimica stessa dell’idioplasma, negli atti di scissione differenziale dai quali prendono origine nuove specie. (Nuovo parallelismo coll’ontogenesi). Da questo fatto dipende che i nuovi caratteri, se anche non pre- sentano un’utilità immediata, procedono tuttavia frequentemente verso una disposizione utile. Infatti ogni nuovo carattere è una forma più differenziata di un carattere anteriore che nella sua forma più indif- ferente si era già dimostrato compatibile coll’esistenza delle specie- madri. Di qui una maggior probabilità che in qualche ambiente più specializzato esso sia utile ad una delle specie-figlie. Certo che, a primo aspetto, può sembrare che l’ammettere che cia- scuna specie si divida direttamente in due sole specie renda meno probabile la comparsa di mutazioni adatte. Però bisogna notare che i primi viventi non possono essere stati unicellulari, ma bensì primitivi precellulari (plastidulari). Se ammet- tiamo che siano stati necessarii anche solo dieci stadii (dunque dieci divisioni dicotomiche) per arrivare dai primi precellulari ai primi uni- cellulari, alla decima divisione noi avremo già oltre un migliaio di specie diverse (esattamente 1024), le quali specie avranno tutte una diversa prospettiva filogenetica. Con sole cinquanta divisioni si arriva già ad oltre un quattrilione di specie. ù Si vede che anche nella nostra ipotesi non manca alla scelta na- tùrale un ampio materiale sul quale essa può esercitare la sua azione. Le forme inferiori sono in numero relativamente piccolo, ma esse sono forme più indifferenti sulle quali l’azione eliminatrice della scelta na- turale è poco severa. Quest’azione grava molto di più sulle forme su- periori, più specializzate, ma qui le forme sono in numero enorme, sono miriadi di gemme fra le quali qualcuna riescirà sempre a svi- luppare un ramo vigoroso. Con tutto ciò non è certo esaurita la questione degli adattamenti; vi sono gli adattamenti speciali collegati col polimorfismo e colle 'va- riazioni fluttuanti, vi sono le misteriose correlazioni ed autoregola= Se ogio g @È- zioni ecc.: ma non è piccolo indizio a favore della nostra ipotesi il fatto che con essa rimanga così semplificato un problema che finora spingeva molti a dubitare di tutta la teoria dell’evoluzione. Molti altri fatti trovano nell’ipotesi dell’ologenesi una migliore spie- gazione, cito p. es. l’«irreversibilità dell'evoluzione », la « riduzione progressiva della variabilità » (o meglio della potenzialità filogenetica), l'estinzione delle specie, la speciale disposizione tassonomica dei vi- venti, ecc., ecc. Ma qui non voglio più trattenermi che sui fatti della biogeografia. Biogeografia. Do un posto speciale ai fatti della distribuzione geografica degli ani- mali e delle piante perchè essi rappresentano un severo controllo per la nostra ipotesi dell’ologenesi. Le teorie di Lamarck, di Darwin, di De Vries (come già abbiamo detto a proposito dell’adattamento) conducono al monogenismo o tutto al più ammettono un leggero grado di poligenismo. Invece la nostra ipotesi conduce ad un necessario ed ampio poligenisino in questo senso speciale che tutti gli individui di una specie e su tutta l’area da essa occupata sono destinati ad evolversi nella stessa direzione ed a pro- durre per sdoppiamento le stesse specie figlie. (Naturalmente dove mancano le condizioni adatte le specie si estinguono e così nasce la diversità delle faune e delle flore). Per noi dunque ogni nuova specie ed ogni gruppo ha le sue radici in miriadi di individui e su un’area che può anche essere discontinua. Siccome le nuove specie, di regola, se non si espandono su nuove aree, si suddividono secondo i loro speciali adattamenti l’area della specie madre, così l’area su cui nasce una nuova specie è in gene- rale tanto più vasta quanto più la specie è primitiva. Si tratta di vedere se i fatti della biogeografia non siano davvero spiegabili che col monogenismo. Se ciò fosse, la nostra ipotesi sarebbe condannata. Spero dimostrare invece che il poligenismo che viene fuori dalla nostra ipotesi non solo è ben conciliabile coi fatti della biogeografia, ma ancora ci dà di essi una spiegazione incomparabilmente più sem- plice e naturale di quella dei monogenisti. Io sono convinto che se i moderni biogeografi sono monogenisti ciò avviene solo perchè essi hanno creduto che uscendo dal monogenismo si dovesse necessaria- mente cadere nel dogma delle creazioni indipendenti. Mi limiterò a pochi punti essenziali. 1° Quasi tutti i gruppi erano anticamente più diffusi e le faune e flore erano più miste. — ‘Esempi di questo fatto sono presenti a tutti. E noto che in Europa, accanto alle forme tipicamente paleartiche, vissero pure lemuridi, ta- piri, rinoceronti, elefanti, ippopotami, marsupiali, coccodrilli, rincocefali, ceratodi, nautili, lingule, ecc., ecc. e che nel terziario una flora mista quasi uniforme si stendeva su quasi tutto il globo, vivendo allora in Australia le quercie ed in Europa le caratteristiche epacridee au- straliane (Banksia, Dryandra, ecc.). Per spiegare questo fatto i monogenisti sono costretti a far passare le specie e i gruppi per due periodi, il primo di espansione ed il se- condo di concentramento. i Ora che il periodo di concentramento ci:sia stato è cosa evidente e risulta anche dal fatto che per solito l’area delle specie e dei gruppi non è limitata da confivi naturali. Invece il periodo di espansione non risulta dai fatti della biogeografia; è una semplice ipotesi dovuta al preconcetto che ciascuna specie e ciascun gruppo debba, in qualunque teoria dell’evoluzione, aver avuto un ristretto centro di apparizione. Certamente nelle epoche passate grandi migrazioni sono avvenute: le terre spopolatesi all’epoca glaciaria han dovuto ricevere le loro faune e flore da regioni vicine, i primi abitatori delle terre vennero dal mare, molte forme terrestri sono ridivenute marine, ecc. Ma altro è ammettere questi cambiamenti d’rabitat e quelle speciali migrazioni, altro è pretendere che primitivamente quasi tutti i gruppi abbiano potuto espandersi in modo cosi straordinario ed incrociarsi l’un l’altro su quasi tutta la superficie del globo. Ad una simile espansione si sarebbero opposte anche allora le difticoltà della lotta per la vita. Molto più semplicemente l’ipotesi dell’ologenesi elimina quell’ipote- tico periodo di fantastica e, generale espansione e reciproco incrocia- mento di quasi tutti i gruppi, ammettendo solo il periodo di concen- tramento. x 2° Anche oggidì forme fra loro simili od affini abitano punti non solo distanti ma anche isolati. .Citiamo a caso: i Zapirus (una specie nel Sud ni una a Ma- lacca), gli AZigator (americani, una sp. in China), i Boa (America e Madagascar), i discoglossidi-(paleartici ma un genere nella Nuova Ze- landa), gli A0/ystoma (nordamericani con una sp. nello Siam), i pro- teidi (una sp. nel Texas, una nella Carniola), ecc. r Citiamo ancora, fra.i pesci d’acqua dolce; ScaphyrRhynchus (una sp. nell’Asia centrale, una nel Mississipi), Polyodon (una. sp. nel Yang- tse Kiang, una nel Mississipi), Amiurus e Catostoma (nordamericani, ciascuno con una sp. in China), Lepidosiren (una sp. nel Sud America, una in Africa), No/opterus (due sp. indiane, due nell’Africa occiden- tale), Synbranchus (due sp. indiane, una sudamericana),. Galaaias (Au- stralia, Nuova Zelanda, Sud America), ecc. ateleiretoniaa rane biia 1 i Cp ‘Fra gli oligocheti citiamo Cri0dri2us (Sud America e regione paleai- tica, Octoctaetus (India e Nuova Zelanda), Haplotaxis (Nuova Zelanda e regione paleartica), ecc., ecc. | Simili esempi si potrebbero moltiplicare, sempre scegliendoli, come abbiamo fatto, fra forme non soggette ad essere accidentalmente traspor- tate. Anche specie identiche abitano spesso località isolate, p. es., fra i pesci, Lates calcarifer (India e Queensland), Galarias altenualus (Tas- mania, Nuova Zelanda, Isole Falkland, Patagonia), senza contare le tante specie comuni alle regioni paleartica e neartica. Non sì può davvero dire che simili fatti parlino indubbiamente a favore del monogenismo, che anzi i monogenisti per spiegare tutto ciò senza tradire i loro principii han dovuto compiere veri miracoli. Essi hanno fabbricato continenti, lanciato istmi, scavato mari e poi utilizzando ogni mezzo di trasporto accidentale, per inondazioni, per correnti aeree e marine, su zattere di legnami o di ghiacci, su zampe d’uccelli, ecc. ecc., hanno spiegato ogni cosa. Ora, senza negare che per simili vie gli esseri viventi abbiano avuto modo di uscire dalle primitive sedi io mi limito ad osservare: che ampie comunicazioni fra regioni o sotto-regioni aventi faune e flore diverse esistono anche oggidiì ; che la massima parte dei mezzi di trasporto accidentale soprac- cennati sono ancora oggi utilizzabili; che tuttavia le faune e le flore non tendono affatto a confondersi sempre più. Certamente anche oggidi certe forme riescono a stabilirsi in nuove aree, ma questa è l’eccezione e nulla dimostra che l’eccezione avesse dovuto essere la regola sino ad epoca relativamente recente, quando pel più dei gruppi era maggiore che adesso la ricchezza di forme e perciò era anche più temibile la concor renza. ‘Di fronte all’artificiosità delle cento spiegazioni particolari dei mo- nogenisti, la nostra ipotesi pone una sola spiegazione generale. Pur stando sul terreno dell’evoluzionismo, essa permette di ritenere che le forme identiche od affini che si trovano in punti isolati possono anche essere autòctone. di Così il Lepidosiren d’America'e quello d’Africa (da taluni distinto come Protopterus) sarebbero discendenti d’una forma marina antichis- sima e quasi cosmopolita, la quale non era ancora un dipnoo. Sic- come tutti‘ gli individui di una specie hanno la stessa prospettiva filo- genetica, così quest'antica forma, migrata poi nelle acque dolci, ha potuto in più aree diverse dare origine agli stessi dipnoi e fra altro a dei Lepidosiren dei quali una specie si è conservata in Africa ed una in ‘America. (Allo stesso modo un altro dipnoo, il Ceratodus, che esistette pure in Europa, si è conservato solo in Australia), - j9, = Invece il monogenismo (quale risulta dalle teorie, di Lamarck, di Darwin e di De Vries) non può ammettere che uno stesso genere si sia formato in due aree discontinue da un progenitore così lontano. Esso può tutt'al più vedere nel Lepidosiren d'Africa e in quello di America due specie nate separatamente da uno stesso progenitore im- mediato che era già un Lepidosiren, od almeno un lepidosirenide, (dunque un pesce d’acqua dolce). Così è che i monogenisti, per spiegare la distribuzione di questo genere sono costretti a lanciare uno stretto continente attraverso al- l'Atlantico, a far comunicare attruverso ad esso i fiumi dell’Africa con quelli dell'America e a far viaggiare per tali vie dall’Africa al- l'America (0 viceversa?) quel povero Lepidosiren; allo stesso modo han fatto viaggiare dall'Europa all’Australia per via fluviale il Ce- ratodus. E come questa cento altre ipotesi speciali non meno arrischiate alle quali sono ricorsi i monogenisti sono colla nostra ipotesi rese inutili. Ripeto che con tutto ciò bisogna lasciare un largo posto alle mi- grazioni, ma certo l’importanza di queste deve essere stata esagerata. Tali migrazioni sono ammesse con speciale larghezza dai paleontologi ma le loro affermazioni a questo riguardo hanno valore molto prov- visorio per l’insufficienza del materiale, l'incertezza dei dati circa il sincronismo di terreni geograficamente distanti e per più altre ragioni. Così si era sempre affermato che gli equidi europei discendessero da quelli americani; si sa ora che ciò non è vero. Le moderne ri- cerche sui mammiferi fossili hanno condotto a riconoscere un pro- fondo polifiletismo; moltissime forme che si credevano costituire una serie filetica si sono riconosciute appartenere a gruppi non uniti fra loro che all’ima radice. Cadono dunque in gran parte le affermazioni che erano state fatte dai paleontologi circa le antiche migrazioni. Queste affermazioni erano basate sulla supposizione che una data specie che si trova in una regione fosse discendente d’un’altra specie più primitiva che si trova invece in altra regione; ora il più delle volte esse appartenevano a due rami collaterali discesi indipendentemente da un comune lonta- nissimo antenato generalmente ignoto. Chiusa. In conclusione io credo di aver mostrato che l’ipotesi della ologe- nesi non è a priori meno probabile delle teorie di Lamarck, di Darwin o di De Vries, che essa ha al suo attivo il parallelismo con un fatto noto, cioè coll'evoluzione ontogenetica e che infine essa ci dà una mi- gliore spiegazione di molti fatti generali. Spero dunque che essa vorrà essere presa in qualche considerazione, PRESE ET Non mi nascondo che questa nuova ipotesi è un po’ troppo rivolu- zionaria; essa modifica profondamente molti concetti che ci sono fa- migliari in zoologia e in botanica, cambia quasi le basi della biogeo- grafia, interessa certo la paleontologia e per mezzo di questa anche un poco la geologia. In antropologia essa porterebbe a ritenere inutile la ricerca della « culla del genere umano » che può anch’esso essere nato su un’area amplissima, mettendosi così d'accordo coloro che lo fan nascere nella famosa Lemuria con quelli che lo vogliono europeo e con Ameghino che lo vuole Patagone. Ho ben visto tutto ciò e me ne sono un po’ spaventato. Ma realmente mi è parso che la nuova ipotesi urtasse molte teorie ma non fosse realmente contradetta da nessun fatto positivo. Tuttavia quello che è sfuggito a me potrà esser trovato da altri. Firenze, R. Istituto di Studi superiori. NEL VE AVIO ENER O IRE O NA N A 3S vd è 7A NÉ SÉ a Pd Si A 2 A NA Fig. 1. — Porzione di un albero genealogico dicotomico. ita 148 Pi n Orti pago lO deste Abe pese ueà; de POSI MIL, My Wi) dC DI i W Bitta zione di un fivova, gquere: di co pvbesmonei sala ni \ foi lmisorsi: P hi È n la i PR \ De E, ARA peri PRAGL'I Liguria fa ‘gl I a mea etazi GIVEN cia I Wa ala il SPE Pe 7 Ain al Ius sh ea ti Una MIBERETIT ST. VUGIMINON i I). ERA. : Gipi bic pe ge AEREO 5 PMR CAIO ri E AZ pat E °,, (ATER PREMO To vi see e LAS, 4 uri (AA LIDL NITTO, ELA At mu Pao POSI Je, (5% i») i: E. W y ì pg psn Vigne Libia he Pia de; dA od pre: ; (VBA sasnimi is Al qa Pia" WIRRABA UTO, (1.0 &. #9, SR Krdk Pi NE Cisa i TELA Usa) ‘hi Mr La vaio (UPON Ki A ro LI ", dA E é A infra anse 30 vr ze et | DI nm Sgr vi 1/4) «os e”, ar si 0, PIVACA I di eo di | TL CAIO N N MAI i. Do Mio gra ho ò “E odo A da PRICE soa i DI PR) tra tiomità vete, ora (DI AMI CAGLI n 1 4 sd Og te vati vin DIRI Menlyasein o Inni Cigotala Due: cu ie A MR i: Ce 4%) Aa na Ii »; Meral EPIOI to % J0StE ca , sE di ba Ar Pubblicato il 14 Dicembre 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile - 1777 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino —_————— Numero 6i5 = Volume? SESGIvI == alla. F. SILVESTRI Descrizione di un nuovo genere di POLYDESMOIDEA (Diplopoda) del Messico. L'On. Senatore Prof. L. Camerano colla sua solita gentilezza e be- nevolenza, di cui gli rendo vive grazie, mi ha mandato in istudio alcuni Miriapodi di Tabasco (Messico) che il Museo di Torino ebbe dal signor Dompé. Essi comprendono tre specie, delle quali una essendo rappresentante di un genere novo e assai singolare per la struttura dell'organo copulativo viene descritta in questa nota. Il nuovo genere viene denominato Zo/fstophatlus dalla forma del- l’organo copulativo, il quale è composto di un solo articolo ed è sprov- visto anche di uncino alla sua parte basale. Quest'ultimo carattere si riscontra anche in varii altri generi del Messico e di Costa Rica che il Carl (1) ha riunito nella. sottofamiglia Rac/kydesminae, però per quanto a me consta, in nessun altro genere di P0/ydesmotidea è stato fino ad oggi trovato un organo copulativo composto «di un’asta intera e non almeno biarticolata come è negli altri generi. Nell’organo copu- lativo di ZHolistophallus manca anche una fossetta ed uno speciale ca- nale seminifero. Quale sia la naturale posizione di questo genere tra i P0/ydesmoidea è per ora difficile precisare. Certo si è che esso ha la /@cies delle Fontaria Gray, ma ne è diversissimo oltre che per la mancanza di processo spinoso all’apice del secondo articolo delle zampe, special- mente per la forma doll’organo copulativo. Il genere Zo/istophallus ha per ora una posizione affatto isolata ed (1) Rev. suisse Zool., XI, p. 553. è bene che venga ascritto ad un nuovo gruppo, che chiamo Zo/îsto- phullidae nov. Gen. Holistophallus nov. Corpus eidem /ontaria Gray simile, capite, collo, segmento anali et Fig I. 1. Caput et collum antice inspecta ; 2. sesmentumi nonum pronum; 3. segmentum nonum retrorsum inspectum: d. corporis pars postica prona; 5. corporis pars postrema supina. segmentis aliis 19 constitutum, magis quam quadruplo lonugius. quam latius, convexum, sed pronum carinarum latitudine subdepressum ap- paret, antice et postice parum angustatum. Caput (fig. I, 1) forma consueta. Antennae (fig. II, 2) articulo se- cundo quam ceteri c. 4, longiore, articulis 3°, 5° et 6° inter sese lon- gitudine subaequalibus et quam articulo 4° c. 4 longioribus. Ilypostoma (fig. II, 1) praeter basilare, subquadratum, antice quam ad basim, parum (c. 4/,,) latius. Collum (fig. I, 1) fere triplo postice latius quam longius, quam caput spatio magno latius et parte laterali postica partem lateralem anticam segmenti sequentis obtegens. Sezmenta cetera carinis (fig. I, 2-3) magnis, laminaribus, contiguiîs, parun sub dorsi medii libella nascentibus, subhorizzontalibus, paullu- lum deflexis, margine parvo, paullulum incrassato lateraliter termi- nantibus. Carinarum margines integri sunt, tantum margo lateralis ad angulum anticum incisione parva affectus est. Carinae posteriores gra- datim minores. de \ Cauda (fig. I, 4-5) detecta, triangularis apice ipso truncato. \ Pori parvi, superi-laterales in segmentis 4, 6, 8-9, 11-12, 14-18 (45, "7, 9-10, 12-13, 15-19 Auct.). a Sterna parum lata, transversaliter suleata, ad basim pedum parum inflata et in segmentorum parte postica subeonica, retrorsum parum producta, in segmento 16° aliquantum producta, setosa. Fig I. 1. Hypostoma (basilari excluso); 2. antenna; 3. maris pes paris secundi; 4. feminae pes segmenti noni; 5. maris pars mediana segmenti sexti supina: 4 foramen ex quo pedes copulativi, in figura haud delineati, exeunt. Pedes (fig. II, 4) longi, tenues, articulo primo brevi, articulo tertio quam secundus 5/,; longiore, articulis 4° et 5° inter sese longitudine subaequalibus, articulo sexto quam quintus aliquantum longiore et quam tertius duplo breviore, ungue terminali sat brevi et sat robusto, subrecto. o quam femina brevior et angustior. Pedum parium 1-5 (fig. II, 3) articulus sextus infra pulvillo setarum brevissimarum instructus est. Sesmentum sextum (fig. II, 5) organi copulativi apertura transver- sali lata sed a processu mediano retrorsum productum in foramina dua subcircularia partita. Organum copulativum (fig. III, 1) hastis duabus integris uniarticu- latis inter pedum par octavum retrorsum directis et ad basim seiunctis tantum membrana unitis, unco nullo, Observatio. — Genus hoc corporis habitu generi Fontaria Gray si- mile, sed pedum articulo secundo inermi et praesertim organi copula- tivi forma a Fontaria et a Polydesmoidearum generibus hucusque de- scriptis distinctissimum est. Typus: Mol/istophallus peregrinus sp. n. Mexico: Tabasco. Holistophallus perezrinus sp. n. Ardesiacus, segmentorum parte media postica (praeter collum) et. parte laterali postica carinarum subcremeis ut caput, venter et pedes. Capitis vertex sulco tenui profundo exaratus et facies setis non- nullis instructa. d3° | Dorsum laevigatum. Colli angulus anticus excisus, late rotundatus, » Fig. III da 1. segmenti sexti pars ventralis supina cum pedibus copula- tivis; 2. hasta copulativa supina; 8. eadem prona: A segment; margo antico et B margo posticus, C pedum paris secundi segmenti sexti articulus primus, D pedum copulativorum aphophisis basalis, E pes capulativus vel hasta, / hastwe processus externus, M processus apicalis. angulus posticus acutus. Carinae ceterae (fig. I, 2) angulo antico. ro- tundato, angulo postico acuto, retrorsum producto, praesertim in cor- poris parte posteriore (fig. I, 4-5), margine postico concavo. Lamina subanalis (fig. I, 5) magna, subtrapezoidea. Long. corp. mm. 36, lat. segmenti noni cum carinis 8,5, sine carinis 4,1; long. antennarum 6,5, long. pedum 6. d Organi copulativi hasta (fig. III, 2-3) apicem versus gradatim magis dilatata, subtus parum convexa et apice ipso processibus tribus terminato, quorum processus longior (M) laminaris est, aliquantum re- curvus et in margine parum profunde dentatus, alius (F) etiam lami- naris, reflexus, in margine rotundato setis minimis instructus et su- perficie rugosa, alius internus obtuso-rotundatus. Long. corp. mm. 30, lat. segmenti noni cum carinis 7,2. Habitat: Tabasco (Mexico, Dompé legit). =— -@ S Sci, liti ei * Pubblicato il 31 Dicembre 1909 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1809 — Tip. Pietro Gerbone — Torino pera! svi BL WHOI Library - Serials chi RI Carate RE, RADI aa SAGA È 7 : PETE ine dat ap TALI za Rca Fig o iper peri