tati} Îi "il 4 ORI A IA VIALI H N TASTO SATIRA SUICREILA) 4 sino ‘ ls RARA ME AAT MII PI 'RIM Id n AIAR fplal Ù mei t pit [) PIRIGLA I AL sunt MING TITTIRIZIA Lbe SARA, LICEI alpfezavà UTERO t; Hide] VARI cas TUNE AAA U ju sit 190 IND è ti ai Hi i Ka) { BALL) UIFLU IRR SION) IIC RICE) Teti i Lyla Ion ) MIRATA Vigili (HU n°Yi 4 ca La ù VIS TAL APR Mint Mari H U CERRI Ti RIC RITI i IM i HAR ) 7 RARE? Maori FIMTEINAOITA hi mare i RETTA i dI vl tà bip Rido Hi; Ù hat ia Mor î tha HI, toi LATINA IRGLII Ha Ù te nre N) pei ieorcesniente Mfesarzim » e nigi ariani ftp dt agi fr bien 1904 wi ri orsi ib nata Kians d A 4 re tac di ey P0 494 fodptirb nta n v e3 fida pride r+4 tr, M pad pid rp. meteo LA - pi ti; s eri Mi Belek ettari Miss IR sa at [nti tadyar Run GROTTA ORE 1 Sen n DE ai tre Ta a: tia (ni Roiate sto PE IE los Lp bai 4 ] pregnant eepisen ret dei E©REIERERRE ORE EORCEDVCAMON EORSSCIENIGE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY i har MICRA Isen ATI 340 DALAI hat)? MUPINLA Can) Fasc. I-II. Serie H. - Vol, XI, Anno XIX, - 1910. BOLLETTINO DELLA SUIICIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA SA.06(45)E ———————_— Presidente Onorario S. M. il RE 2. ROMA TIPOGRAFIA COOPERATIVA SOCIALE Via dei Barbieri, n. 6 IQIO ti LA sa CPU NEVI + "o ‘Sulle condizioni economiche, scientifiche e mo= rali della Società Zoologica Italiana, durante l’anno XVIII (1909) della sua esistenza A PRESIDENTE ONORARIO S. M. IL RE RELAZIONE del presidente prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO letta nell’ Assemblea generale amministrativa tenuta il 6 febbraio 1910 e pubblicata per voto unanime dell’ istessa assemblea Se oggi voleste rivolgere uno sguardo attento al cammino felicemente percorso, se affermaste che la vita scientifica «della nostra Società, istituita in Roma sono ormai 18 anni interamente compiuti, fu vita quanto attiva, altrettanto in- dipendente e proficua, non vi pare, egregi consoci, che vi ‘varreste di un vostro legittimo diritto? E per la schietta | verità dei fatti aggiungete che se in così gran numero non ‘aveste contribuito già per lunghi anni, a consolidare la esi- stenza sociale, non provereste nuovamente il sincero com- piacimento che vi dà la convinzione di poter bene prose- guire nei vostri lavori e studi anche in questo diciannovesimo ‘anno. Ed è pure affermazione di schietta verità che l'affetto «alla scienza ed alla Società zoologica l’avete di nuovo di- mostrato e in modo assai largo, nell’anno testè trascorso, sia . coll’assiduo intervento alle diverse adunanze regolarmente tenute durante l’istesso anno, sia colle numerose e interes- santi comunicazioni teorico-pratiche presentate in quelle ‘adunanze. Ho detto teorico-pratiche perchè lo svolgimento «delle comunicazioni fu accompagnato, come sapete benis- ‘simo, o con dimostrazioni di scelti preparati anatomici, o col- l'osservazione ‘diretta di un gran numero di specie animali diligentemente montate dal tassidermista dell'Istituto, o ‘conservate in alcool; delle quali la maggior parte non mai ‘prima osservate in Roma, perchè da veruno possedute: e 4 ANTONTO* CARRUCCIO* non poche, sia per la loro rarità, sia per qualche singo- lare pregio, vennero convenientemente: illustrate. Mi fu gradito constatare che non pochi consoci ab- biano espresso il loro compiacimento per la puntualità con. cui venne pubblicato il volume XVIII del Bollettino sociale, formato da 12 fascicoli, contenente molte memorie ed un. insolito numero di pagine. Invero quelle sono 34, e queste, cioè le pagine, superano il numero da cui risulta formato: ognuno dei 17 precedenti volumi, essendo più di 500. Annunciai altre volte che il Consiglio direttivo, com'è suo dovere e diritto (art. 7 dello statuto) aveva stabilito che ciascun volume annuò dovesse comprendere 384 pagine; ma tutti avete potuto constatare che per questo del 1909 si poterono dare oltre 100 in più. Nelle 34 memorie e note sono trattati parecchi argo- menti riguardanti © il tipo dei Vertebrati (classe dei Mam- miferi, degli Uccelli, dei Pesci), o il tipo dei Molluschi, o- quello degli Artropodi (classe degli Insetti, ordini dei Co- leotteri, Imenotteri e Lepidotteri), o il tipo dei Vermi (so- vratutto di forme parassitarie) assai interessanti. Ricordo che nel volume in discorso si contengono oltre lavori di zoologia descrittiva, anche talune importanti co- municazioni di anatomia, fisiologia ed istologia, quali sono quelle dei soci dott. Barnabò Valentino, prof. Marchesini Rinaldo e prof. Zanichelli Wilfrido. Gli studi sulla fauna regionale, da me sempre predi- letti e raccomandati il meglio che potei ai giovani, fin da quando insegnavo nell’Ateneo modenese, ebbero notevoli aggiunte dai soci eonte prof. Arrigoni degli Oddi, dottor G. Bertolini, senatore Di Carpegna Falconieri, conte F. Ca- vazza, principe D. F. Chigi, prof. M. Condorelli-Franca- viglia, prof. G. Damiani, dott. N. De Leone, dott. G. Gulia, prof. marchese G. Lepri, dott. L. Masi, prof. A. Neviani, marchese dott. F. Patrizi-Montoro, comm. F. Rostagno, dott. A. Vacca e laureando signor L. Zapelloni. Di tutti questi distinti ed operosi soci vennero appunto. pubblicate integralmente le fatte. comunicazioni nei precitati. fascicoli del volume XVII. RELAZIONE 5 tia —. 9 Dei miei quattro contributi, che fan parte di parecchi fascicoli (I e. IV; IX. e X),, non vorrei. far cenno: e soltanto li cito perchè .con essi ho compiuto il dovere «di far conoscere i nuovi e recentissimi doni che il nostro Museo universitario ricevette non solo da S. M. il Re, ma anche dalla Regina Elena, doni che tutti abbiamo notato «con gradimento e riconoscenza. ‘Prima di tener parola del lavoro compiuto nelle sin- gole adunanze scientifiche tenute dal gennaio al dicem- bre 1909, debbo richiamare rapidamente la vostra atten- zione sulle condizioni economiche della Società durante il predetto anno. Queste, come ci ha fatto chiaramente ri- levare l’egregio consocio ed economo-cassiere, ragioniere sig. Vittorio Zambra, furono migliori dei precedenti 17 anni; e ciò risulta dai bilanci da lui compilati, e trasmessi a tutti i soci ordinari e straordinari. Il consuntivo adunque «del 1909 raggiunse la cifra di lire 1703.97. Ed è dav- vero confortevole che non ostante il prezzo sensibilmente più elevato che a cominciare dal gennaio 1909 abbiamo dovuto pagare per ogni foglio di stampa, e quindi per ogni Bollettino, onde. avere un'edizione più accurata e ‘corretta; non ostante il sussidio dato sui fondi della So- ‘cietà in occasione dell’orrenda catastrofe che colpì la bella regione calabro-messinese; non ostante l'aumento delle spese per il maggior numero .di.cambi spediti anche nelle più lontane regioni dell'Europa, dell'America e dell'Asia, «cambi che ci si domandano in modo così onorevole per la Società, siansi potute soddisfare dal vostro Consiglio di- rettivo, con costante puntualità, tutte le spese occorse. E quella della tipografia fu di lire 1090.50, pagate a saldo dal signor Zambra senza il minimo indugio. Come inoltre avete pure potuto rilevare dalla copia dei bilanci compilati «dallo stesso economo-cassiere, già sottoposti all'esame del Consiglio direttivo, ci.è rimasto un piccolo avanzo di cassa, oltre il fondo che deve rimanere intatto di lire 200, pro- ‘veniente dalla quota di un socio a vita e depositato nelle R. Casse postali di risparmio in Roma. 6 ANTONIO. CARRUCCIO Le spese di stampa per questo nuovo anno I9IO po- tranno essere alquanto inferiori, se sarà minore il numero: delle comunicazioni, e se non avremo memorie voluminose da pubblicare, come furono quelle pregevolissime dei soci Patrizi-Montoro sugli Uccelli della provincia romana, e del Lepri sui J/olluschi terrestri e d'acqua dolce del Lazio. Debbo però avvertire che non tutte quelle che furono già presentate nelle trascorse adunanze, poteronsi pubbli care, anche perchè taluna è accompagnata da tavole il- lustrative, per le quali si richiede una spesa che, al pre- sente, il Consiglio direttivo non può consentire che sia fatta. Ma affinchè riesca più facile la dimostrazione del lavoro compiuto dalla Società nel passato anno, vi prego di se- guirmi nel rapido cenno che faro delle comunicazioni e dimostrazioni che ebbero luogo nelle singole riunioni te- nute durante l’istesso anno. Adunanza del 3Ì gennaio 1909. In questa il consigliere Lepri presentò il manoscritto completo lasciato all’egregia famiglia dal compianto con- socio marchese dott. Filippo Patrizi-Montoro, manoscritto in cui l'istesso Lepri introdusse parecchie aggiunte e op- portune note. La memoria del Patrizi-Montoro, di oltre 100 pagine, ha questo modesto titolo: AM/aterzali per una avifauna nella provincia di Roma. Essa costò lunghi anni di studio e di osservazioni accurate fatte da lui personal- mente in campagna. Ed a ragione il Lepri in sulla fine della introduzione che precede la memoria dell’ istesso Pa- trizi-Montoro, così scrive: « Chiudo, offrendo l’opera del mio diletto cugino agli ornitologi italiani, sperando che ad essi, e scienziati e di- lettanti, possa tornare utile ». Dissi a ragione, perchè sappiamo come da naturalisti competenti (fra i quali dal- l'illustre nostro socio onorario il conte prof. Tommaso, SO ALI RELAZIONE 7 ce — tn Salvadori del R. Museo Zoologico di Torino) sia stato assai elogiato il coscienzioso lavoro del dotto gentiluomo romano. In questo lavoro quanti desiderano acquistare esatte co- noscenze sull’avifauna romana troveranno la indicazione di ben 328 specie tra sedentarie, estive, invernali, di passo ed avventizie. E mi compiaccio nel ricordare che tutte sono già rappresentate nel nostro Museo universitario. Nel quale, giova ricordarlo, la collezione ornitologica romana com- prende ormai più di 1330 individui, e la collezione orni- tologica generale non meno dî 4000, oltre la didattica pure da me istituita, e che ho tenuto separata dalle due precedenti. servendo quest'ultima esclusivamente per l'in- segnamento, insieme a scheletri intieri e crani in buon numero ed a diversi interessanti visceri. Nell’ istessa adunanza io potei presentare diverse specie animali donate con incomparabile generosità da S. M. il Re, cioè un bellissimo Pferomys alborufus, una Lutra vulga- ris © gravida, un Sus scrofa juv. var. ferus e un Felis catus pure var. ferus. Sul primo dei doni citati stimai tratte- nermi alquanto, stante l’importanza della specie, nuova affatto pel nostro Museo. Presentai inoltre un Ak%amphlastos dicolorus del@Para: guay, e due scelti esemplari di Crex prafensis, parimenti donati da S. M. il Re. Aggiunsi brevi parole d'illustra- zione anche intorno un grosso Py/Mor sebae portato da S. A. R. la Duchessa d'Aosta, reduce da un viaggio fatto nell'Africa tropicale, da lei donato a S. M. la Regina Elena; la quale, alla sua volta, lo donò al nostro Museo. E in quel giorno io vi pregai di unirvi meco per rendere sincero omaggio alla squisita bontà e gentilezza della colta e amata Regina. Mi sia pure permesso di accennare che poco dopo S. A. R. la Duchessa d'Aosta onorò di una sua visita il Museo. Ricevuta. nella mia assenza, perchè indisposto, dall’aiuto marchese dott. Lepri, Essa con molto interesse esaminò le nostre collezioni facendo perspicaci os- | servazioni sovratutto sulle specie africane, molte delle quali Ella stessa nell’ardito viaggio fatto in Africa potè vedere 8 ANTONIO CARRUCCIO ed uccidere, fra cui il precitato Py/or, benissimo prepa- rato dal nostro Coli. Sempre nell’ istessa adunanza del 31 gennaio presentai, in ottimo stato di conservazione, parecchi esemplari di V2- pera ammodytes del Montenegro, donati da S. M. la Re- gina Elena, fornendo alcune notizie. che mi parvero op- portune, specialmente sulla distribuzione generale di questi ofidi. Quindi feci osservare un notevole numero di uccelli, circa 500, provenienti dall’America e donati al Museo zoo- logico della capitale per mezzo del Ministero della pub- blice istruzione. Dissi che il donatore era l’egregio signor Gallardo, governatore del Rio Negro. Segnalai all’atten- zione dei presenti uno splendido esemplare di Apterodytes Forsteri del mari antartici che offre le massime dimen- sioni date da illustri scrittori. Le altre numerose specie di uccelli appartenenti ad ordini diversi, e donate dallo stesso governatore, le affidai al competentissimo ornitologo, il con- socio prof. Giovanni Angelini, il quale accettò di buon grado l'incarico di studiarle. Ed egli riferirà volta per volta, cioè a misura che avrà diagnosticato le specie medesime. Da parte mia le comunicazioni in quell’adunanza ebbero fine con la presentazione di un raro pesce cane preso nel golfo di Cagliari, speditomi con lodevole premura dal di- stinto preparatore e naturalista, il socio signor Pietro Bo- nomi. Nella breve relazione dissi che dallo studio di questo squalo mi risultò trattarsi dell’Odox/asp:s taurus, specie che non pare sia stata mai annunciata come esistente nelle acque dei mari sardi. Nell’ istessa adunanza vennero pre- sentate altre aggiunte da farsi alle collezioni ornitologiche del Museo, quali ad es. una Mycetala Tengmalmi, donata dal prof. G. Angelini; un Psytfacus erythacus donato dal l'egregio dott. Armellini di Roma, al quale dobbiamo altre gentili offerte; una bella varietà di A/azda arvensis do- nata dal signor Agostinelli, ed un cranio di /e/agius mo- nachus inviato dal predetto signor Bonomi. Il socio prof. Rinaldo Marchesini riferì sulla razza e funzione dei cromatofori della rana, facendo vedere una RS) RELAZIONE e) PIE tr | lireizre cv i eacceapnemrisace net 23. = net tavola con figure assai bene eseguite. Dal socio prof. Gia- como Damiani venne comunicato il lavoro Sw alcuni rar? scombridi dell'isola d'Elba, e dal dott. Luigi Masi una nota sopra un gruppo d’imenotteri parassiti della fauna ita- liana (generi: Chalcis, Aphycus, Encyrtus, Dinarmus, CCC.) Ebbe poi la parola il socio prof. G. Alessandrini che riferì sulle malattie degli animali utili e specialmente su due parassiti rinvenuti nel maiale: il Globicephalus longe- mucronatus Molin, e sulla Spiroptera sexalata Molin. L'autore osservò come sia la prima volta che tanto l'una come l’altra specie si rinvengono in Italia, e a com- plemento del suo studio espose parecchi interessanti par- ticolari anatomici. Poscia il socio dott. Bertolini descrisse un caso di echinococcosi diffusa che interessava oltre che il polmone ed il fegato, anche le ossa ischio e pube in un bue, nonchè i muscoli adiacenti ed il peritoneo pa- rietale. Parlò inoltre dell’Urcimaria radiata e di un £Esopha- vostoma rinvenuti in alcuni bovini della Campagna romana e della Sardegna. I cenni rapidissimi che vi ho fatto mi pare che ba- stino per avvalorare il convincimento mio e vostro, che cioè la prima adunanza scientifica del 1909 fu davvero una delle migliori. Adunanza del I7 maggio 1909. In questa seconda adunanza proclamai dapprima i nuovi soci ordinari nelle persone dei signori conte avv. Alfredo Caruana Gatto e dott. Gulia Giovanni; ed i soci straor- dinari : signorina Donati Gemma Vittorina, avv. conte Bardi Giovanni, Rivera Vincenzo e Garroni Edoardo, studenti in scienze naturali. Dopo ho adempiuto il doloroso com- pito di commemorare i soci testè defunti: prof. Carlos Eeo- poldo Baruchello, maggiore medico veterinario, insegnante zootecnia nella nostra Università, e il comm. Riccardo De Wagner, distinto entomologo. IO ANTONIO CARRUCCIO Del primo ricordai la soda dottrina ed il valore acqui- stato specialmente quale bacteriologo (1), e del secondo le ampie conoscenze sovratutto nell'ordine dei Coleotteri, i quali sovente portava nel nostro Museo per studiarli com- parativamente con quelli delle nostre collezioni. Alla triste notizia di queste perdite potei far seguire il lieto annunzio della nomina a senatore. del Regno del- l'illustre prof. Lorenzo Camerano, membro onorario della nostra Società, direttore del Museo zoologico e rettore della R. Università di Torino; e ricordo con vero com- piacimento quanto fu gradito a tutti i presenti l'annuncio della ben meritata nomina. Venuta la volta delle comunicazioni scientifiche pre- sentai ai colleghi uno stupendo esemplare di fagiano ve- nerato (Syrmalhicus Reevest Gray), donato da S. M. il Re Vittorio Emanuele III, non lasciando di fare un cenno il- lustrativo sui caratteri morfologici e sulla provenienza di questa bella specie. In pari tempo citai e mostrai altri pregevolissimi esemplari di specie diverse di fasianidi, pa- rimenti donati tempo prima all'istesso Museo dal nostro Sovrano. Dopo presentai un esemplare di orang-utang (Stia satyrus L.) ben preparato e in buonissimo stato di conservazione, caratterizzato specialmente dall’oscura co- lorazione dei peli e da alcune altre particolarità, che non mi sembrarono sufficienti per farlo rientrare in una delle varietà date dal prof. Selenka. Poscia il vice presidente senatore Di Carpegna Falco- nieri presentò un bellissimo esemplare di Cursorzus gal- licus adulto, catturato nelle spiaggie romane poco lungi da Fiumicino, illustrandolo dal punto di vista descrittivo, sistematico e corologico. Il consigliere comm. Rostagno trattenne i soci sulla Me/azargia arge Sultz., specialmente per quanto riguarda le forme esistenti nella Campagna ro- (1) Nell’Annuario della R. Università di Roma per l’anno sco- lastico 1908-1909 pubblicai, per incarico della Facoltà, l’elogio me- ritato del defunto maggiore medico vet. prof. Baruchello, già inse-- gnante la zootecnia nell’ istessa Università. E x Pie RELAXIONE II "a mana, e dimostrò che deve considerarsi quale distinta va- rietà quella forma che l’istesso distintissimo lepidotterologo ha denominato var. Zara. Con questa denominazione ha voluto riaffermare la di lui stima verso l’esimio patrizio e naturalista lombardo, conte Emilio Turati. Il consigliere prof. Giovanni Angelini presentò e illu- strò una serie di specie di uccelli facenti parte della col- lezione Gallardo, della quale feci cenno nella precedente adunanza. Taluna delle specie studiate dall’Angelini man- cava nella nostra collezione ornitologica generale, come ad esempio il Lusarellus nigricollis ed il Cataristes atratus, l'Aenops urubitinga e la Speotyto cunicularia. Le altre specie esaminate dall’istesso prof. Angelini furono l’Asturzza vel Rupornis Pucherani, V Ibyster vel Milvago chimango, il Buteo latissimus, V Heterospizias meridionalis, il Cerchneis connamomuna, il Falco fusco-coerulscens, Vl Accipiter pilcatus, l'Accopiter fuscus, V Urubitinga zonura, ecc. L'istesso prof. Angelini, passando ad altra sua comu- nicazione, disse di aver osservato una insolita frequenza sulle spiaggie romane tanto dell’An/4us cervinus quanto dell’Actodroma Temmunck:. Alla sua volta il consigliere principe D. Francesco Chigi comunicò le sue osservazioni sui caratteri sessuali e sulle fasi evolutive nel piumaggio dell’Azas Jboschas. A. nome dei soci prof. Condorelli Mario, conte Arrigoni degli Oddi di Padova, dott. V. Barnabò e conte Filippo Cavazza di Bologna ho presentato e riferito sulle memorie da essi in- viate, cioè: Sul parassitismo dell'Anthocephalus veptans Wag. nel Brama Raji pel primo; Sulla comparsa di un Occhione del Senegal nel Vicentino per il secondo; Sulle r:- cerche sperimentali per la fisto-patologia del sangue in alta montagna per il terzo; Sulle donnole e sull'ermellino in Italia per il quarto. Il socio Lepri prese la parola per presentare ed illustrare un Strex nuovo per la fauna en- tomologica romana, e trattò di un singolare nido di for- mica (Lasius emarginatus rinvenuto presso Corneto) del quale descrisse la interessante costruzione. E finalmente in questa adunanza ebbe la parola il socio dott. Masi che. 12 ANTONIO CARRUCCIO presentò l'importante opera del prof. G. W. Muller: Dre Ostracoden der sitdpolar Expedition, notevole non solo per le numerose specie nuove, ma anche per la bellezza delle tavole. Adunanza straordinaria del 26 maggio 1909. Nell istesso mese di maggio ricorderete come ci siamo di nuovo adunati straordinariamente avendo la presidenza accolto ben volentieri il desiderio espresso da alcuni egregi consoci insegnanti di scienze naturali in Roma; i quali op- portunamente vollero trattare una’ questione d'attualità, quella cioè riguardante la penosa posizione fatta agli in- caricati di storia naturale nelle scuole medie, in conseguenza delle due non bene ponderate leggi approvate nell'aprile del 1906. Ricorderete che in questa adunanza fecero in- teressanti considerazioni i soci prot. Antonio Neviani e il dott. Leonardo Lavarra, come pure il prof. Domenico Ca- sagrande. A questa numerosa riunione intervennero anche parecchi non membri della Società, essendosi esteso l' in- vito a tutti gl’ insegnanti di scienze naturali delle scuole medie della capitale. Il consigliere prof. Neviani, del R. Liceo Ennio Quirino Visconti, trattò con la nota sua competenza dell’insegnamento delle scienze naturali nelle scuole medie d'Italia, e fece. conoscere proposte di saggie e utile forme, che tutti i presenti accolsero con grande favore. Dopo la discussione venne presentato un ordine del giorno, sul quale finiroro per trovarsi d’accordo tutti i pre- senti. Giova che io lo richiami alla vostra memoria : « La Società zoologica italiana con sede in Roma, riunita in assemblea generale il giorno 26 maggio 1909: « Presa cognizione delle condizioni fatte agli ex-in- caricati delle scuole medie dalle due leggi 8 aprile 1906, MARIAE MADE « CONSIDERANDO che fra essi vi sono parecchi lau- reati in scienze naturali, cui, dalla legge n. 142 che ri- RELAZIONE 13 duce ad un quarto il numero delle cattedre esistenti nelle scuole tecniche (art. 24, tabella A), fu creata una condi- zione assai dolorosa e difficile ; « CONSIDERANDO che non dipendeva dal loro merito l'avere o no il corso o l'orario completo; « consineranDo che la loro assunzione in ruolo era nello spirito della legge, e ora non crea un precedente; « RITIENE sia opera di giustizia l'integrazione del- lang della legge n...:142 ‘per sistemate la posizione giuridica ed economica di detti ex-incaricati; « E FA VOTI che S. E. il Ministro voglia al più presto presentare al Parlamento una legge che estenda agli at- tuali ex-incaricati i benefici che godettero i loro colleghi nel 1900 ». Riletto l'ordine del. giorno (che era stato preparato dagli egregi professori Angelini, del R. Liceo Tasso, Mazza, dele istituto tecnico; Neviani, (del ‘predetto ‘R. (liceo PXXO*.Visconti; d'accordo col. dott. Ravarra idelR. Liceo Umberto I), venne approvato a voti unanimi. L'assemblea mi rivolse gentile preghiera che questo ordine del giorno fosse da me sollecitamente trasmesso a S. E. il Ministro della pubblica istruzione; ciò che feci senza indugio, ac- compagnando la trasmissione con lettera in cui vivamente raccomandavo la giusta causa degli ex-incaricati, e spe- cialmente degli insegnanti naturalisti. Adunanza del 22 luglio 1909. Non essendosi nel giugno potuta tenere altra adu- nanza a causa delle non lievi e continue occupazioni che tengono occupati quanti insegnano, in sulla fine dell’anno scolastico, tanto nell'Università, quanto nelle diverse scuole liceali e tecniche, e sovratutto, a causa dei numerosissimi esami, perciò la nuova adunanza venne rimandata al giorno 22 luglio. Essa fu abbastanza numerosa, e fu presieduta 14 ANTONIO CARRUCCIO dall’esimio vice-presidente prof. Meli, non essendo io po- tuto intervenire per sopravvenuta indisposizione. Ringrazio di bel nuovo tanto il collega prof. Meli per la lettera in- viatami subito dopo l'adunanza, quanto i cari consoci pre- senti in quel dì, per la gentilezza e cordialità dei voti da essi fatti ond’io mi ristabilissi sollecitamente. Per l’adu- nanza medesima io avevo trasmesso al vice-presidente una particolareggiata relazione nella quale feci rilevare l' im- portanza dei lavori pubblicati nella splendida opera riguar- dante la spedizione sul /tzzverzore. Dissi del merito degli studi fatti dal punto di vista zoologico, precisando i singoli argomenti e i distinti autori delle memorie (1). Il prof. Meli presentò pure a mio nome una breve nota Sovra wr esem- plare intatto e bellissimo di Janthina, trovata sulla spiaggia di Castelporziano da S. M. il Re e da lui donata al no- stro Museo. Un ulteriore studio su quest'esemplare verrà fatto dall’istesso prof. Meli, che di buon grado si è as- sunto l’incarico di riferire anche su altre specie a lui note. Venne dopo presentata una memoria del dott. Gio- vanni Gulia, nella quale son date ampie e precise indi- cazioni bibliografiche sulla tauna vertebrata maltese. Quindi fu fatta la comunicazione del dottor Vacca Alfredo di Ca- tania Sovra un notevole caso di elmintiasi da Dipylidium caninum in un bambino di 3 mesi di età. Fu pure dal prof. Meli comunicato il lavoro del dot- tor Zanichelli Wilfrido Sw/o sviluppo dello scheletro vi scerale della trota (Salmo faro). Altra pregevole comuni- cazione venne fatta a nome del socio prof. Mario Condorelli Sul parassitismo dell'Anthocephalus reptans Wag.nel Brama ftaji Schnerder. A nome del socio prof. Giacomo Damiani di Porto- ferraio furono lette le notizie da lui favoriteci « Sopra un invasione di Loxia pytropsittacus nell'isola d'Elba ». (1) Per la solita ragione del limitato spazio nel Bollettino, e per quella pure della spesa di stampa, non potè pubblicarsi quel mio re- soconto (come non vennero pubblicate altre larghe recensioni biblio- «grafiche lette in diverse adunanze). RELAZIONE 15 Il socio consigliere prof. Angelini presentò un’ altra serie di uccelli della collezione Gallardo da lui studiati, fra i quali vi sono specie che mancavano nella collezione or- nitologica generale del Museo nniversitario; fra queste ram- smenterò : il Chrysoptilus cristatus I (OA Do vOgON SUVUCUVA, Colaptes agricola; e presentò pure specie appartenenti al gen. Melanerpes, Ceryle, Celeus, Ceophlocus, Chloronerpes, Dendrocopus, Guira, ecc. Nell’ istessa adunanza il prof. Lepri ha fatto osservare la nuova stufa ideata dal prof. Berlese Antonio, costrutta e modificata dallo Zambelli di Torino, e fece rilevare la praticità e utilità della medesima per la ricerca e facile . raccolta dei piccoli artropodi; e spiegò ai colleghi pre- senti il modo di funzionare dell'apparecchio. Il socio dott. Masi presentò una serie abbastanza nu- merosa di Curcultonidi laziali da lui studiati nel Museo, tra cui due specie non ancora indicate per la provincia romana. E finalmente il consigliere prof. Neviani presentò uno splendido e raro esemplare di Psammophyllum (È) Haéck. che pare possa appartenere a una nuova specie; e nel caso propose che s'abbia a chiamare /’sazzzzophyl- lum lacimniatum. Adunanza del 28 novembre 1909. Trascorse le vacanze estive ci fu possibile riprendere le consuete adunanze scientifiche, poco dopo terminati gli esami della sessione autunnale. Il 28. novembre potei adunque riavere il compiacimento di salutare i più assidui colleghi, e di proclamare i nuovi soci nelle persone della dottoressa signorina Gemma Pichi, insegnante effettiva di Scienze naturali in una delle scuole normali governative di Roma, il signor Marini Giorgio, studente nella R. Univer- sità pure di Roma, e il dottore Vacca Alfredo assistente nello Istituto parassitologico della R. Università di Catania. An- 10 ANTONIO CARRUCCIO nunciai quindi con rammarico la recente perdita dei due egregi consoci, il comm. Guido Fausti e il prof. dott. Orsio Franchetti insegnante scienze naturali nel Seminario di Viterbo, laureatosi con molta distinzione nella nostra Uni- versità. Nel periodo delle vacanze pervennero numerosi cambi, che furono presentati, fra 1 quali alcuni affatto nuovi di- rettamente richiesti alla Presidenza ; e presentai pure pa- recchie pubblicazioni trasmesse in omaggio alla Società. Dovendo esser breve il mio dire, non ripeto oggi tutti i titoli delle diverse pubblicazioni, fra le quali parecchie dovute al defunto consocio comm. prof. Nosotti, donate alla Società dall’egregio socio dott. Leonardo Lavarra. E presentai pure una nuova serie di Ditteri romani stu- diati e donati al Museo dal socio consigliere prof. comm. Tuc cimei. Trovandosi presenti all’adunanza entrambi i donatori mi fu gradito di poterli subito ringraziare. Passando alle comunicazioni scientifiche presentai prima un bellissimo esemplare di 7adorza cornuta ST adulto pro- veniente. da S.. Rossore e #donato; (dal:S- Eee questo esemplare confrontai con altri numerosi già esi- stenti in Museo, e specialmente con due assai pregevoli per lo sviluppo del piumaggio, uno ucciso a Maccarese, pur*donato; da S-MEtilise ted un'altro dallesenaton duca Caetani. Quindi feci osservare i graditi ed impor- tanti doni avuti per mezzo dell’illustre socio onorario pro- fessore senatore Lorenzo Camerano, riguardanti specie portate in Torino dopo la celebre spedizione sul uzwer- z0x diretta‘:das. A ReblDucardegli: Abruzzi Oct specie, studiate dal distinto erpetologo conte dottor Peracca, sono: fra gli Aridi il Bufo regularis Reuss. (Fort Portal): Xenopus laevis Daud.; e la lana Nutti Blgr.; ambedue di Fort Portal. Fra i Sauri lAgama atricoltis Smith, il Lygosoma Fer- nandi Burton, pure di Fort Portal, e il Chazzaeleon Ellioti Gthr. (Bujungolo). Cogliendo l’ opportuna occasione feci osservare altre notevoli specie di Camaleonti che testé potei acquistare pel nostro Museo. RELAZIONI 17 Tra gli Ofidi della predetta spedizione presentai I’ //0- malosoma lutrix L.; il Boodon lncatus Ptrs.; il Chlorophis wregularis Leach ; la Naja melanoleuca Hallow, anché questi di Fort Portal; e la £7%s arzetans L. proveniente da Mitiana. Ho preso occasione della presentazione di queste un- dici diverse specie per ricordare che nella collezione ge- nerale del nostro Museo possedevamo altre otto specie del gen. 2/0 ; un'altra del gen. Xezopus (1 A . Mullert); sei del gen. Rana. Dei sauri cinque altre specie del gen. Agama, e coll’'Agama atricollis testè gentilmente in- viataci dal prof. Camerano, possediamo ora sei diverse specie. Del gen. Zygosoma esistevano in collezione sette specie, ed otto con questa della spedizione al Ruwenzori. Del gen. Chamaeleon possedevamo cinque diverse spe- cie, e sei col precitato C%. E/zoti dell'istessa spedizione. Degli Ofidi nella collezione, che in questi ultimi anni potei aumentare in modo così notevole, mancavano l’'/7o- malosoma lutrix, il Bitis arietans, il Chlorophis rregularis e la Naza melanoleuca. Possedevamo già il Boodon lineatus ed altre specie del gen. Vaza. Presentai dopo un esemplare benissimo conservato di Putorius communis d' ucciso il 24 ottobre nelle montagne di Carpegna, e gentilmente inviato dal. vice- presidente senatore D. Guido di Carpegna Falconieri. Presentai pure due uccelli dei gen. 7wrdus e Galli nula ed un pesce del gen. Claetodon provenienti dalle isole Seychelles e mandati in dono dal signot Pakeria Pillay. Quindi ho presentato ed illustrato un giovane C%z72- panzè col relativo scheletro, recentissimamente acquistati. ‘Su questo Ar/ropithecus troglodytes, dopo date le esatte misure, ho fatto alcune considerazioni a proposito di quanto non ha guari fu scritto da diversi intorno alla distribu- zione geografica, alle varietà ed anche a taluna nuova specie che venne proposta. E ricordati i principali lavori sul sistema osseo feci cenno dell'importante opera del prof. Giuseppe Sperino, col titolo: « Awatonza del Chimn- 2 e] (0.0) ANTONIO CARRUCCIO panzè » nella quale sono accuratamente trattati i capitoli concernenti la Mo/ogra, l'Angiologia e la Neurologia. Ricordai.un altro acquisto, quantunque d’ importanza assai minore, ed è quello di un esemplare di’ Sp/Ayzza zygaena, notevole per le sue dimensioni, come poterono osservare gli egregi consoci presenti. Il socio prof. Lepri riferì sovra un imenottero da lui preso e studiato in Roma, e precisamente sull’ Azzzezes unguiculus, e presentò alcune /ezze rinvenute nell'intestino della Zadorza mandata in dono da S. M. pochi giorni prima dell'adunanza. Il dott. Luigi Masi fece una particolareggiata comu- nicazione sui molti Ai4sed: e Girinidi appartenenti alla ricca collezione entomologica del nostro: Museo. Il consigliere princ. D. Francesco Chigi presento nuove osservazioni critiche intorno ai gen. Auser e Melanonyx. Vennero pure comunicate le interessanti notizie tras- messeci dal socio conte Cavazza di Bologna sull’invasione e nidificazione della Loxza curvirostra nell'Emilia; e. dal comm. F. Rostagno e dal laureando L. Zapelloni fu fatto largo cenno sui Lepidotteri romani delle tre famiglie MNy- phalidae, Libitheidae e Erycinidae raccolti in numero con- siderevole e con tanta diligenza studiati da entrambi i consoci. L'istesso giorno in cui tenemmo questa ben. nutrita adunanza scientifica giunse una nota del socio dott. Gio- vanni Gulia residente, nella città Vittoria dell’isola. di Malta, ed in essa riferiva intorno alla comparsa acciden- tale del Luvarus imperialis nei mari dell’isola di Gozo; ed io non ho mancato di segnalare il fatto ai colleghi presenti. Il capitano medico della R. Marina cav. dott. Roberto Marantonio, benemerito del nostro Museo pei molti doni portati specialmente dal Giappone, ci mandò un mano- scritto nel quale sono riassunte prima alcune osservazioni sulla respirazione nei Teleostei, poi sulle rimarchevoli abi- tudini dei Perzophtalmus descritte. dal Dei ecc.; quindi su quelle degli Op/zocefhalus, Chana e Anabas. RELAZIONE 19 I generi e le specie che il dott. Marantonio cita nel suo manoscritto sono accompagnati da tavole con. bellis sime figure ad acquarello, eseguite dallo stesso egregio capitano medico. E mi dorrà assai se non potremo darle nel nuovo volume dal Bollettino sociale stante la no- tevole spesa che occorrerebbe per riprodurle debitamente. Dall'Socio: prof ‘Ettore: Ricci idel''R. Liceo di Mace- rata ricevetti una comunicazione, che ho esattamente ri- ferita, riguardante diverse interessanti aggiunte fatte alla collezione ‘ornitologica del predetto Liceo ; e secondando il desiderio dell’istesso valente consocio feci noto alla So- cietà che per opera di un autorevole Comitato si prepa- rano in Macerata onoranze nazionali al grande e bene- merito figlio di quella città, universalmente riconosciuto col titolo di apostolo e primo geografo della Cina, cioè a P. Matteo Ricci, nel terzo centenario della di lui morte, che cade precisamente nel maggio del 1910. L'adurianza ebbe fine colle” gradite notizie fornite dal consigliere prof. Neviani intorno ad una notevole specie di Gorgonia. Adunanza del 29 dicembre |909. L'ultima e recentissima adunanza ben sapete come siasi tenuta il 29 dicembre, alla quale molti presero parte anche per un sentimento gentile dell'animo e pel desi- derio di scambiarsi vicendevolmente sinceri auguri di pro- sperità per l'imminente anno novello. In questa adunanza scientifica cominciai dal proclamare il nuovo socio dott. Gioacchino Sera, Assistente nell'Istituto antropologico della R. Università di Bologna, e presentai i più recenti cambi pervenuti e gli omaggi. Passai subito a commemorare con profondo e sincero rammarico l'il- lustre consocio onorario prof. Enrico Giglioli, la cui ina- spettata perdita dissi essere deplorabilissima per quanti, «e sono moltissimi, ne apprezzavano non soltanto il vario 20 \ ANTONIO CARRUCCIO e vasto sapere, ma le doti più belle dell'animo, degne di un perfetto gentiluomo, e la costante operosità nel campo della zoologia descrittiva e geografica. Voi sapete che esposi una serie di particolari precisi, quali a me era concesso di fornire, avendo per parecchi anni, nel Museo Zoologico fiorentino, vissuto nella più cara intimità del compianto collega ed amico Giglioli (1). Dovendo oggi serbare la massima concisione non riassumerò neppure al- cune importanti circostanze di fatto che esposi ; e mi per- metto appena di citare le parole adoperate dall’ egregio Segretario nel processo verbale che, poligrafato, fu subito trasmesso ai soci. In esso giustamente affermasi che io con affetto ricordai la vita operosa ed i grandi meriti scientifici del Giglioli, primo tra i quali quello di aver fondato e, si può dire, portato a compimento la collezione dei Vertebrati italiani che è il vanto del Museo Zoologico di Firenze. | Nell’istessa adunanza del 29 dicembre ho compiuto: un altro mesto dovere, quello di annunciare la morte del benemerito fondatore della celebre stazione zoologica di Napoli, l'illustre prof. Antonio Dohrn, stimato in tutto il mondo scientifico da quanti coltivano gli studi zoobiologici. Avuta la parola il socio. prof. Ugo Vram. presentò ed illustrò largamente una serie di crani sceltissimi di specie diverse di Cyrocefhalus. I Il socio prof. Alessandrini comunicò dopo le sue recenti e ben condotte indagini sull'azione patogena degli Eckzmorerez,. quali parassiti dei diversi animali superiori e dell’istesso uomo. Il socio Lepri fece note le sue osservazioni sulla mo- dificazione parassitaria dello St/0um cvanurum var. calens; . (1) Fummo infatti contemporaneamente nominati in esso Museo, io ad Aiuto e Giglioli a Settore anatomico per le cattedre riunite di Zoologia e di° Anatomia comparata, allora diretta dall’ illustre profes- sore Adolfo Targioni Tozzetti, dopo cioè che il.valente fisiologo profes- sore Maurizio Schiff ottenne di conservare esclusivamente la cattedra di Fisiologia sperimentale, rinunciando alla direzione del Museo Zoolo- gico dei Vertebrati. Poscia si fece una nuova divisione, rimanendo al prof. Targioni Tozzetti la cattedra di Zoologia e Anatomia comparata. degli Invertebrati, e al compianto Giglioli quella dei Vertebrati. RELAZIONE 2I e dietro l’incarico da me avuto fece una prima comuni- cazione su parecchie specie del. gen. £/aps provenienti dalla Republica Argentina, e recentissimamente acquistate per il Museo. Dell’istesso acquisto, .e quindi dell’ istessa provenienza, furono gli uccelli presentati in questa adu- nanza e studiati diligentemente dietro mia preghiera dal prof. Angelini. Lascio da parte, per ragioni di brevità, gli ordini e le famiglie cui essi appartengono, e cito sol. tanto i generi in cui vanno annoverate le specie finora da lui diagnosticate. Questi generi sono: /byeter, Cerch- neis, Cyanocorax, Cibernetes, Querula, Batala, Caprimulgus, Melanerpes, Ceophloeus, i Crotophaga, Odon- tophorus e 1'grisoma. Il socio dott. Masi rispondendo con intelligenza e pre- mura ad un incarico da me affidatogli studiò un esem- plare di pesce, che non era punto rappresenta‘o nella collezione ittiologica generale del Museo; e trovò che offriva tutti i caratteri propri alla specie denominata .Sy7- branchus marmoratus. Il Masi espose le singolari particolarità anatomiche e fisiologiche di questa specie dell'America tropicale : essa fa parte dei vertebrati della Repubblica Argentina che | ‘acquistai in questo stesso mese dal signor Bondima]. Il senatore e vice- presidente Di Carpegna Falconieri presentò a nome del consecio marchese Wladimiro Cam- panari due interessanti uccelli. da lui testè riportati dalla Russia, appartenenti ai gen. Zelrao e Larus. Per alcune particolarità del piumaggio, per le dimensioni, per l'epoca in cui furono uccisi fecero su tali esemplari parecchie op- portune considerazioni lo stesso Di Carpegna ed i pro- fessori Angelini e Lepri. Ho ringraziato vivamente l’egre- gio marchese Campanari pel nuovo dono fatto al nostro Museo. Prima di dar fine all’adunanza pregai i consoci di osservare i belli esemplari di Gemnofione e di Amphisbaenae acquistati dal predetto signor Bondimai, dicendo che avrei affidato lo studio dei desi al o. Luigi Masi, il quale riferirà a suo tempo. PML FRANCIS ITA II ME AL ANTONIO CARRUCCIO N | 0 Presentai infine un giovane esemplare di De/fhinus delphis L. 9 preso nel nostro mare, e precisamente a Porto: d'Anzio. Inoltre ho presentato un mammifero rampicante del- l'ordine dei Roditori e della fam. Cercol/abidae vel Coen- didae che trovai in mezzo alle altre pelli di mammiferi americani testè acquistati, e riassunsi i caratteri della specie, dai quali mi risultò trattarsi di un Cercolades prehensilis (Sinetheres prehensilis F. Cuv.) Il Trouessart volle richiamare l'antico nome generico Coendu, usato dal Lacépède nel 1800; e quindi: per di- ritto di priorità, dovrebbe adottarsi in luogo delle deno- minazioni generiche usate dal Cuvier, dall’Allston ecc. Se il C. prehensi:s mancava finora nella collezione mammolo- gica del Museo, questo però possedeva già le altre due specie brasiliane, il C. spezosus e il C. vellosus. Appena possibile, verrà pubblicata nel Bollettino anche questa comunicazione. Egregi Consoci, parmi di aver tratteggiata fedelmente l’opera compiuta nel trascorso anno da quanti vollero colle loro comunicazioni concorrere alla comune istruzione; Altrove, cioè in altre città d'Italia, nell’istesso periodo di tempo, od anche in un intiero biennio, si è forse fatto di più e meglio? Se tale maggiore operosità ci venisse dimostrata, noi davvero non sentiremmo verun sentimento d'invidia, anzi vorremmo imitare il buon esempio. Con maggiori mezzi si possono certamente ottenere più confortevoli risultati. Tutto adunque è relativo, ma tutto dovrebbe pur giudicarsi secondo è prescritto dalla vera rettitudine. Nel gettare le fondamenta di questa Società avevamo il desiderio di raggiungere un duplice SCOPo : riunire in Roma un nucleo ‘di studiosi nei vari rami in cui si può dividere la vasta scienza zoologica, e continuare ad ar- ricchire le collezioni faunistiche, mettendo all’istesso tempo a disposizione dei soci il materiale studiato e da studiarsi, man mano che lo s’introduceva nel nostro Museo univer- RELAZIONE N (SS) sitario. Il successo ottenuto fu evidente : e l'esempio dato eccitò molti allo studio, alla ricerca, non soltanto in Roma, ma in più parti d'Italia, come ne sono prova non soltanto le numerose comunicazioni ricevute: e presentate alla So- cietà, ma le memorie pubblicate nei 18 volumi del Bol- lettino da soci non residenti nella Capitale. Riaffermando adunque che lieto e onorevole fu. il passato della nostra Società, sempre indipendente, possiamo sperare assai bene per l'avvenire; e questo potrà essere, come io lo bramo, splendidamente progressivo sotto la direzione dei miei . successori. L'accoglienza ottima e leale che la Società ha incontrato anche presso non pochi dotti eminenti di ogni nazione, accoglienza che si è resa sempre più manifesta, dimostra la estimazione che la stessa Società ha saputo meritarsi. Questo modesto centro di studi zoologici fondato in Roma con larghezza di criteri, senza cioè voler imporre privative di sapere, oppure indirizzi presuntuosi, che non si confanno né colla libertà, nè coll’amore della scienza, la quale i naturalisti dovrebbero coltivare senza servitù di pensiero e in quel miglior modo che possono, questo mo- desto centro di studi, ripeto, può esser fiero dell’opera finora compiuta con onesta perseveranza da molti di voi, egregi Consoci, cui nuovamente rivolgo i miei più sinceri ringraziamenti. Un altro esemplare italiano della SAXICOLA DESERTI, Riippel PER PICCHI CECILIA Comunicazione: fatta alla Seciela Zoologica Italiana con sede in Roma Come già dimostrò il Salvadori nella dotta sua intro- duzione alla « Aauza d'Italia, Uccelli», 1872, l'Italia per la sua ubicazione attraverso il Mediterraneo si trova in con- dizioni favorevolissime pel passaggio degli uccelli, giacchè con le sue isole maggiori si direbbe che formi quasi un doppio ponte tra l'Europa da una parte e l’Africa e l'Asia dall'altra. Ricchissima poi, dal lato ornitico, è la regione cir- cummediterranea, che può considerarsi come un vasto centro a cui affluiscono in numero veramente straordinario e quasi. da ogni parte del mondo, uccelli migratori od erratici; è dungue naturale che essi passino e ripassino per. l' Italia in grandissima quantità - assai più che nelle altre con- trade di Europa - e che il nostro Paese, in grazia della sua felice posizione, sia anche ricco per il numero delle specie diverse che vi transitano, o che soltanto acciden- talmente lo toccano; perciò le svariate specie affatto av- ventizie, che di tratto in tratto vi possono giungere, sono sempre state argomento di osservazioni e di note inte- ressanti. Eccomi dunque a segnalare l'avvenuta cattura di un individuo di .Saazcola deserti, Riipp., nell'isola di Capri golfo di Napoli), il 10 maggio del passato anno 1909, a me inviatomi in carne dal cav. dott. Ignazio Cerio di. Capri e del quale mi è grato render quì a lui pubbliche grazie. UN ALTRO ESEMPLARE ITALIANO DELLA « SAXICOLA DESERTI » 25 Con questa mia Nota non ho davvero la presunzione di fare la monografia della Monachella del deserto, ma ho nologico, onde presentarmi per la prima volta a questa il- lustre Società Zoologica, riferendo intorno ad una specie veramente avventizia, non soltanto per l’Orzzs italiana, ma anche per quella europea. Sapevo che all'isola di Capri all’epoca del passo gli uccelli vi transitano in buon numero e che molti ne ven- gono catturati, però desiderando di aumentare le serie delle varie specie di Saxzco/ae della mia collezione, mi rivolsi al chiarissimo dott. Cerio, che, con quella cortesia che lo distingue, me ne mandò diverse, unitamente ad altri uc- celletti. Ame interessava di poter avere buoni esemplari di « Monachella a gola bianca » ed a <« gola nera » e non sognavo davvero tanta fortuna! Fu appunto nell'ultima spedizione che trovai questa rara aus. Rimasi subito sorpresa: nel veder questa Monachella assai differente da due altri individui che si trovavano nel pacchetto e che altro non erano che due maschi della usuale S. melanoleuca (Gild.), i quali alla sezione dimostravano di essere in grado di generare, quantunque fossero, pro- babilmente, uccelli del maggio antecedente, perchè non soltanto ancora in abito autunnale, ma apparivano di es- sere pure in quello di gioventù: - Superiormente sono di un cenerino-rossiccio e con le penne nere della gola ter- minate di rossiccio-gialletto (1). Il terzo individuo, cioè quello che è oggetto di questa mia Nota, come ho detto, differiva assai dagli altri due. Lo spiccato colore isabel- lino delle parti superiori, così caratteristico ai membri della fauna del deserto, la coda in gran parte nera, il nero sul davanti del collo tanto esteso in basso e sui lati. mi fe- cero intravedere un possibile soggetto della A/ozachella (1) ‘Ciò dimostra che. anche questa specie si riproduce nel suo primo annò di età, ma rivestendo tuttora l’abito di gioventù. Ritengo poi che le Saxrzco/ae impieghino più di un anno ad assumere l’abito -definitivo di adulto. 20 PICCHI CECILIA del deserto, le cui apparizioni in Europa, affatto acciden- tali, sono rappresentate da pochissimi esemplari. Confron- ‘ tato l'individuo con le descrizioni che il Dresser, l’Arri- goni e il Whitaker danno della Saxzco/a deserti, Riippel, mi convinsi che non trattavasi d'altro che di questa rara specie. Ma per maggior sicurezza, sapendo che non è sem- pre facile l'esatta determinazione di alcune forme di Saxz- colae, nel novembre u. s. lo inviai a Padova al conte Ar. rigoni, come quegli che con la speciale sua competenza e con il ricco materiale di confronto della sua collezione, poteva darmi il 72/a osta. Con un interesse ed una sollecitudine veramente cortesi, egli mi scrisse queste precise parole: « Ho confrontato la di lei Saazco/a con. parecchie S. de- serti che io ‘ebbi dalla Tunisia (ex Blanc), esse sono del tutto simili alla sua di Capri, soltanto il di lei esemplare è più bello dei miei », e me lo rimandò insieme ai di versi soggetti della sua collezione, affinchè io pure potessi confrontarli. è Prima di riferire qualche dato sull’Aab:fa/ e sui carat- teri biologici di questa specie, do la descrizione dell’esem- plare catturato a Capri il 10 maggio 1909 e che fa parte della mia collezione. Esso riveste l’abitò perfetto di adulto, ha soltanto i margini delle penne alari un poco consunti, del resto il piumaggio è freschissimo. Alla dissezione, da me eseguita, riscontrai essere un maschio, esso pure pronto ad accoppiarsi, avendo i testicoli assai grossi ("/, 7 XK 5,5): era discretamente grasso ed il ventriglio conteneva resi- dui di coleotteri, due chioccioline e qualche pietruzza. Fronte, che si prolunga in un distinto e lungo soprac- ciglio e che, allargandosi, si estende sin oltre il di sopra delle copritrici auricolari, di un bianco appena lavato di color crema sulla fronte e sopra l'occhio : pileo, nuca e schiena di colore isabellino-cinereo, che diventa di un brillante isa- bellino, leggermente tinto di fulviccio, sul dorso e sulle scapolari; groppone e sopraccoda bianchi, quest’ultimo la- UN ALTRO ESEMPLARE ITALIANO DELLA « SAXICOLA DESERTI » 27 vato di color crema; le penne sopra le narici (che for- mano una stretta linea alla base del becco sino al cul- mine, ma che però si 27/erromype sullo spigolo del medesimo), redini, penne ciliari, lati delle testa, mento, davanti e lati del collo sino alle spalle e lati dell’alro petto di un bel nero lucido; resto del gastreo bianco tinto di leggero co- lore isabellino sul petto ed agli apici delle penne nere dei suoi lati e più debolmente sui fianchi; penne tibiali bian- castre; penne dell’aletta e copritrici gprimarie superiori interamente nere; le piccole secondarie nere terminate di bianco crema: le medie esterne nere sul vessillo esterno - che presenta tracce di bianco sul margine un po' logoro - e bianco-crema .su quello interno; le intermedie di questo colore con qualche macchia nera e le più interne di color crema chiaro; grandi copritrici nere con piccolo apice e bordo interno bianchi,c he diventano tanto più estesi quanto più ci approssimiamo al corpo - così sull’ala apparisce un largo spazio chiaro; remiganti di un bel nero, che degrada in brunastro verso l’apice-; le secondarie con stretto mar- gine esterno ed impercettibile apice bianco; le cubitali cenerino-brunastre, le più piccole bianco-crema ; vessz//o 2r- terno di tutte le vemiganti con largo margine bianco, che nelle secondarie giunge sino all'apice delle penne e nelle primarie sino ad un terzo dal medesimo, di modo che la faccia inferiore dell’ala, cioè delle remiganti, apparisce in gran parte 6zarca; copritici inferiori della parte distale nere, . le grandi copritici alari inferiori quasi interamente bianche nella parte esposta e grigio-scure nel resto, le altre e le ascellari nere largamente terminate di bianco ; coda bianca nel terzo basilare e nera nel rimanente. Becco, tarsi, diti ed unghie nero-lucide; iride bruno- cupa.. Jeumob: tot. mm. (56. culmine (13: (1); sonide 8;5,; dla: coda (68 tarso 2555. (1) Per un errore tipografico nell’ AM/arze ornitologico dell’ARRI-- GONIE(P- 175) SI legge Mm. 10. (0) | 00 PICCHI CECILIA Questa è la descrizione dell'esemplare di Capri nel ca- ratteristico abito di 9 adulto, ma stimo utile il riportare ‘anche le differenze che presentano la g ed i giovani, onde aumentare le probabilità di constatarne ulteriori catture, qualora questa interessante specie ci favorisca delle sue visite un po’ più di frequente di quanto non l'abbia fatto sino adesso, cosa, del resto, che non sembrami affatto im- probabile : . ad. (prim. Sud-Tunisia). Superiormente di colorito quasi simile a quello del maschio, ma con il nero della coda e delle ali degradante in brunastro; la gola ed i lati del collo alquanto grigi, resto del gastreo bianco rossiccio. Sembra che nelle femmine molto vecchie.la gola ed 1 lati del collo diventino nerastri come nei ‘giovani maschi (1). In questi le parti nere sono di un tono meno intenso che negli adulti e le penne delle ali hanno i margini chiari più estesi ( Wztaker). In questa specie l'abito primaverile non sembra offrire una differenza notevole da quello ‘autunnale; alcuni indi- vidui catturati nell’ inverno essendo eguali a quelli di pri- mavera ( W/itaker). Ho esaminato un es. 0° ad., con piumaggio freschis- simo, della Tunisia, preso in ottobre, che differisce da altri della primavera soltanto per avere le timoniere con sottile margine apicale bianco-crema, ma un altro soggetto pure 9 ad. del dicembre, dall’Algeria, ha le penne nere della gola terminate sottilmente di cenerino-isabellino, le parti superiori di un isabellino meno brillante e, nell’ala, le copritici inferiori della parte distale sono nere, ma con largo bordo biancastro. Forse questo individuo non è vecchio. (1) L’OGILVIE-GRANT ricorda una femmina di .S. montana, da-So- cotra, che aveva il mento e la gola neri con gpiccolissimi apici isa- bellini alle penne, come in molti maschi che ebbe dalla. medesima località e nella stessa epoca (/dzs, 1900, p. 168). Del resto credo che casi di girandria consimili si riscontrino anche in altre specie (S. melanoleuca, S. occidentalis). UN ALTRO ESEMPLARE ITALIANO DELLA « SAXICOLA DESERTI » 29 "a Qui ricordo un es. JT ad. del marzo 1905 da Shirax (Persia) - gentilmente comunicatomi dal signor C. Ragio- nieri di Firenze - il quale differisce alquanto, nel tono di tinta delle parti superiori, dagli esemplari dell’Africa da me veduti, giacchè mentre in questi spicca un vivace co- lore isabellino leggermente cenerino, in quello predomina il cenerino volgente all’ isabellino, ma nel rimanente è simile alla S. deserti del Riippel. Quest esemplare. pro- babilmente presenta una leggera differenza individuale, giacchè sembra che i soggetti dell’Africa settentrionale non differiscano in nessun modo da quelli dell'Asia cen- trale-occidentale, e questo mi viene comunicato (22 42.) anche dal prof. Martorelli che, cortesemente, volle esa- minare per me la ricca serie di S. desert nella collezione Turati. Il carattere che @ 72072 distingue questa specie in ogni livrea, come pure le femmine, che dicesi assomiglino a quelle della .S. oezazihe, melanoleuca e stapazina, si è la coda quasi interamente nera (o bruno-nerastra a seconda del sesso e dell’età) essendo il bianco limitato al terzo ba- silare delle timoniere. La tinta nera nella coda della .S. de- serti è disposta a forma di larga fascia trasversa regolare, mentre nella S. oezazzhe il nero è sempre assai più esteso nelle timoniere centrali che nelle altre e nella Sì 772e6/270- leuca e stapazina lo si trova irregolarmente distribuito, anche nelle singole penne; in alcuni individui vecchi ta- lora la coda può avere le timoniere interamente bianche, eccettuato Je due medie e le esterne. Nei giovani poi, il nero benchè formi una larga banda apicale, pure è sempre assai più esteso sulle due timoniere centrali e sulle esterne, presentando una linea doppiamente curva e non diritta, come nella S. deserte. Inoltre questa specie differisce dalla S. me/anoleuca, stafaziza e loro forme, per la freza remigante primaria eguale o quasi alle copritrici primarie. Nelle altre specie sopra menzionate, comé pure nella S. z:07:0 H. e E., e leucura (Gml.) la prima remigante primaria sofra- vanza sempre le copritrici primarie e nella S. cenazzke | DI (e) PICCHI CECILIA .ed zsabdellina, Riipp., invece è 2% breve delle copritrici primarie (1). Affinchè possa essere maggiormente apprezzata l’im- portanza dell'apparizione di quest’ uccello deserticolo nel nostro Paese, riassumo brevemente alcuni dati circa le sue comparse oltre i limiti della sua area. In Europa ne erano state registrate sino ad ora otto sole catture, delle quali due verificatesi In Italia, cioè: Pre volte nell’ isola di Helgoland - d ad. 26 ottobre 1856; £ 4 ottobre 1857 (da primo ritenuta S. sfapaziza); 9 ad. ab. prim. compl. (2), 23 giugno 1880 (Gatte). Tre volte nelle isole. Britanniche - d ad. ab. aut., 26 no- vembre 1880, presso Alloa nel Clackmannshire (Scozia e.), in possesso del ‘signor | |: Dalgleish. (PZ Sen P. 453); £ 17 ottobre 1385 presso; le ‘costeseliblelol derness nell’ Yorkshire (Inghilterra - e.) illustrato da W. Eagle Clark (PZ. S 1885, p. 335); conservato nellaWeolle zione |. H. Gurney; d° giovedì 28 dicembre 1887, presso Arbroath, nel Forfar (Scozia - e.), illustrato dal Tenente Co- lonnello H. M. Drummond - Hay (0, 1888, p. 283) —. Infine una prima volta in Italia il 20 novembre 1891, uc- ciso alle falde del Monte Pellegrino (Palermo) inviato nel gennaio 1892 al prof. Giglioli, dal signor Martorana, come una usuale S. mee/anoleuca; è un 9 ad., ab. ant., che si conserva nella nella Collezione dei Vertebrati italiani nel R. Museo di Firenze, ma che rimase ignorato sino alla pubblicazione fatta dal Giglioli nell'ultima sua Av:/auna Ita- Zca del 1907. Un secondo esemplare italiano lo ebbe il prof. Martorelli; questo pure è un 9° ad. in ab. aut., preso vivo il 3 ottobre 1905 in Lombardia dal signor Vittorio (1) Riguardo questo carattere, che non ho trovato notato da nes- sun autore, non posso per ora pronunziarmi circa le altre specie di Saxicolae, non avendo avuto a mia disposizione materiale sufficiente. (2) Riporto i dati come sono riferiti dagli autori. nali UN ALTRO ESEMPLARE TLALIANO DELLA « SAXICOLA DESERTI » 3I Isacco nel suo roccolo a Fino Mornasco (Como) e donato alla sezione dell’Avifauna italiana nella collezione Turati nel Museo di Milano; quest'esemplare il prof. Martorelli lo descrisse e maestrevolmente figurò, nei suoi Uccelli d'1- talîa, p. 530, 1906. Il nono individuo europeo e terzo per l’Italia, è quello dell’isola di Capri (1); isola che, spe- cialmente in primavera, esporta una buona quantità di cac- ciagione, ma nella quale non viene davvero importata né viva, nè morta; inoltre essa è affatto priva di voliere - già le Saxzcolae in genere sono tutt’ altro che suscettibili di schiavitù - così che non può ingenerarsi alcun dubbio sulla autenticità di questa cattura. Infine quest'esemplare rappre- senta il secondo preso in primavera, gli altri sette essendo tutti dell'ottobre, novembre e dicembre. Il compianto prof. Giglioli (2) sino dal 1883 aveva ricevuto in dono per la Collezione centrale dei Vertebrati italiani (3) dal cav. C. A. Wright, il noto ornitologo mal- tese, una Monachella presa in quell’isola nel settembre 1867, che tanto il Wright che il Dresser ritenevano fosse la .S. de- serti, ma dopo un accurato esame il Giglioli riscontrò es- sere semplicemente un esemplare, alquanto anomalo, della S. melanoleuca. Circa la provenienza e la via seguîta da quest’ indi- viduo e dagli altri otto citati, non è facile pronunziarsi, essendo molto estesa l’area di diffusione di questa Mona- chellafiche abita: tanto. il nord: dell’Africa che Rosicchianti Microtus amphibius (D.) . | Di ) arvalisi (09660 | 57 Corduelisticlega ns 0 Uccelli Es certa COR eee orti Cp pod Resei Specie dannose 2 — Specie innocue /. Chi anche per poco guardi codesta tavola rimarrà su- bito sorpreso dall'enorme differenza che corre fra un nu- mero e l’altro, il che dimostra la preferenza che ha la donnola per cibarsi con alcune specie di animali. Ora quali sono queste specie maggiormente cacciate e distrutte dalla donnola ? Il Maicrotus arvalis, il Microtus amphibius ® 18 Talpe, cioè le tre specie di mammiferi minori che nei nostri paesi sono le più dannose agli interessi dell’uomo. E disgraziatamente la loro triste fama è tale che non importa addurre nè esempi nè citazioni ! Vengono poscia in proporzione molto diversa, le lu- certole : e in ciò sta il fatto che rimane quasi il solo capo d'accusa contro le donnole : la distruzione (?) delle lu- certole che, se non tanto utili quanto vorrebbero alcuni autori, pure possono in certi casi render buoni servigi, Nn CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. DELLA DONNOLA 7h mentre non sono mai nocive. Ma può dirsi veramente che le donnole distraggano le lucertole? Su IIOo individui di donnole solo 12 contenevano resti di tale rettile e ben 7 di questi li contenevano insieme con resti di Arvicole, di Topi e di Talpe. Constatai inoltre che le donnole che contenevano avanzi di rettili provenivano serzpre da loca- lità dove erano assai scarsi i Muridi e le Talpe. Le cin- que donnola poi che contenevano esclustvamente resti di lucertole furono tutte raccolte in una medesima località ; furono anzi le sole che vi fossero rinvenute. Ebbene, io potei facilmente assicurarmi (occupandomi proprio quivi d’agricoltura) che in quella località da pa- recchi anni sono quasi rari gli Arvicolini e che anche le Talpe vi sono assai scarse. Per mezzo di queste diverse osservazioni stabiliti. che la donnola, ben lungi, dall'esser ghiotta delle lucertole le uccide e divora solamente in mancanza di meglio, man- canza che deve esser rara, data l’estensione e la nume- rosità dei Muridi (Arvicolini) e delle Talpe. Vengono poi le due specie di /J/xs che, se pure poco ricche d’individui, sono da annoverarsi fra le specie le più dannose. Ed io non credo di averne trovati resti poco numerosi perchè la donnola le risparmi o non le insegua e distrugga con lo stesso accanimento con cui dà la caccia agli Arvicolini, ma semplicemente perchè, pur essendo no estese queste due specie, sono quasi ovunque rap- presentate da un numero non grande d'individui. Di Mammiferi che non siano dannosi all'agricoltura, che siano anzi forse utili, ritroviamo resti in uno solo dei II1O stomaci osservati, e sono resti di un Toporagno. E degli uccelli? Degli uccelli, che tanti autori asseriscono essere fra i bocconi più ghiotti della donnola e che tutti poi dicono esser fra gli animali che essa in maggior copia distrugge, ritrovai traccia in uno solo dei 770 stomaci osservati. Dove son dunque fuggite le donnole che ogni anno scarnano migliaia d'uccelli e che arrampicano fin sulle cime degli alberi e vanno ad impossessarsi degli uc- celletti nei loro nidi ed a succhiarne le uova è Nè si creda 76 FILIPPO CAVAZZA che io abbia osservato in una sola località ed in una sola stagione, giacchè sui monti come al piano, nelle umide e incolte bassure come nelle campagne asciutte intensa- mente coltivate, ovunque raccolsi e durante tutti i mesi dell’anno. Nelle donnole che ebbi numerosissime in aprile, maggio e giugno m'aspettavo sempre di ritrovare traccie di uccelletti sorpresi nel nido o di uova ; chè, se la don- nola prediligesse gli uccelli, non le sarebbe certo difficile nei suddetti mesi impossessarsi dei giovani appartenenti alla specie che nidificano sul terreno, ma invece fui me- ravigliato di non ritrovarne segno. L'unico individuo che conteneva un uccello era un maschio, ucciso nel mese di agosto sull’alto Appennino bolognese. Di uova poi e di sangue non rinvenni mai traccia; ma ciò vorrebbe dir poco, perchè non essendo essi cibi solidi poco tempo ri- marrebbero intatti così da poter esser riconoscibili... Volli però fare una prova e diedi ad una donnola che mi era stata portata adulta e che già da due mesi tenevo in ischiavitù, un uovo di pollo, per vedere come si sarebbe comportata; essa non mostrò affatto di avere esperienza di tale oggetto e fu solo dopo aver giocherellato per molte ore coll’ovo, come faceva con ogni cosa, quando non si credeva osservata, che essendosene rotto il guscio essa ne cominciò a bere il contenuto sparso sul fondo della gabbia. Come di uccelli così anche di pesci ne riscontrai in uno stomaco solo. Questa donnola pescatrice fu uccisa in una località della bassa pianura bolognese coperta di pa- duli e risaie. Nondimeno debbo dire che su circa 25 don- nole che ho raccolte in risaie e paludi dessa fu l’unica che contenesse resti di pesci; così che non esito a con- cludere che se /a donnola va perfino nell'acqua a pe- scare î pesci questo fatto, ben lungi dall'esser comune, è raro ed eccezionale di guisachè è ragionevole concludere che la donnola non può recare nessunissimo danno ai pi- scicultori. Dividendo ora le specie animali che sono preda delle donnole in dannose, innocue o utili e domestiche, dirò NI CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. DELLA DONNOLA 7 che sui 11O stomaci osservati nel Bolognese ben 095 con- tenevano esclusivamente resti di animali dannosissimi al l'agricoltura, mentre non erano che 7 quelli che conte- nevano solamente specie innocue e utili ; nessuno poi mo- strava traccie di specie domestiche. Siccome quest’ultima osservazione, pure essendo si- gnificantissima, non bastava perchè potessi farmi un con- cetto preciso e sicuro della donnola come distruttrice di animali domestici, così feci una specie d'inchiesta. Scelto perciò un paese che sapevo piuttosto ricco di donnole, andai chiedendo ai padroni di pollai da quanto tempo e in quali condizioni erano stati saccheggiati. Dalle assunte informazioni, seppi che non è mai olo Coni tale ra- pina da parte dei Mustelidi e compresi che il più delle volte essa è opera della faina, qualche volta della puzzola, e solo molto di rado della donnola. Le conclusioni derivanti da tutto ciò che son ora ve- nuto esponendo nelle osservazioni fatte sulla maniera di cibarsi delle donnole sono così evidenti, che mi dispensano dall'enumerarle da che son certo che ogni lettore saprà facilmente da se stesso dedurle. Ebbene, a queste identiche conclusioni io fui condotto osservando circa 90 individui che potei avere muniti di apparato digerente da tutte le altre parti d’Italia e da parecchie regioni d'Europa. Anzi dirò che, se nel numero grande d'individui colti nel Bolognese, ne ritrovai, circa in proporzione del 13 per 100, “che contenevano specie innocue, non ne trovai quasi nessuno fra quelli d’altre parti d'Italia e d'Europa che ne contenesse, e i pochis- simi non mostravano, mescolate a resti di rosicchianti, che scarse traccie di rettili. Tutti invece, tanto quelli che io vidi nelle diverse parti d'Italia, quanto quelli di alcuni lontani paesi d'Europa, avevano nello stomaco resti, ge- neralmente abbondanti, di Murini e (ancor più) € di ne vicolini. E per accertare la mia idea che anche sn paesi assar lontani e diversi la donnola vive quasi esclusivamente di Muridi e che ne distrugge un numero grandissimo, riporto 78 FILIPPO CAVAZZA la seguente osservazione del.Cornish: Nelle basse terre di Scozia un pastore che si era divertito a seguire la gal- leria d'una donnola, su di una collina piena di Topi cam- pagnoli, vi vitrovò ben 13 corpi di questi che essa aveva da foco uccisi. Così credo che, per ogni paese, se anche la don- nola distruggitrice delle galline nei pollai non è un mito, pure essa è rarissima ed apporta danni molto inferiori a quelli arrecati dalle altre specie di Mustelidi; così anche sono d’'avviso che, ovunque il caso d’una don- nola, non s2/200nda di morte ma semplicemente affamata dal digiuno, che non risparmia gli uccelletti graziosi e ne devasta i nidi, sia così eccezionale da non avere nes- sun peso calcolabile nell'economia generale della natura, mentre ogni anno i ragazzetti, in tutti i paesi del mondo, distruggono, e non per naturale istinto di conservazione, migliaia di nidi e di nidiacei. Per tutto ciò se il Brehm ed il Ménegaux, pur non avendo che poche notizie e scarsi dati precisi, finiscono entrambi col dire che: Questo utilissimo animale do- orebbe essere protetto e difeso dall'uomo per l'utlità che arreca nell'economia generale della natura, mentre è danni che arreca non hanno proporzionalmente alcuna impor- tanza, io aggiungerò che la donnola deve esser rite- nuta il più utile di tutti gli animali selvatici dei nostri paesi e che gli agricoltori potrebbero offrirle ogni anno più d'un pollaio come segno di riconoscenza pel bene arrecato ai loro campi. Un'altra questione, non meno discussa, che riguarda la vita di questo piccolo mammifero, è quella della ri- produzione e del periodo dell’anno in cui questa avviene. Su ciò gli autori sono, come di solito, di pareri assai disparati. Mentre il Brehm, l’Hensel, il Schaff e moltis- simi altri, asseriscono che la donnola si riproduce una sola volta all'anno e che più normalmente « /2 periodo degli amori corrispondente al mese di marzo e che in maggio o giugno la femmina partorisce da 3 a 8 fpeccoli > il Macgillivray, il Ménegaux ed il Pohl affermano che si CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. DELLA DONNOLA 79 riproduce ugualmente in ogni’ mese, ed i due primi as- seriscono che la stessa femmina partorisce 2 0 3. volte all'anno. Il Pohl che ha condotto osservazioni numerosis- sime e precise, ritrovò femmine gravide o con mammelle | turgide e giovani da poco nati, così nei mesi d'aprile e luglio come in quelli di settembre, novembre, dicembre e gennaio | Come è chiaro, da tali osservazioni risulterebbe pro- vato che la donnola può accoppiarsi e dar in luce la prole in qualunque mese dell’anno; ma è codesto fatto quasi eccezionale, come dice l’Hensel,, o è normale in ogni annata ed in ogni paese? Le mie osservazioni mi pare confermino luminosamente questa seconda ipotesi. Io ebbi infatti femmine gravide in marzo, aprile, maggio, luglio e settembre, femmine con mammelle turgide in feb- braio, luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre, un neonato in settembre e del giovani di poche settimane in dicembre e gennaio. Siccome l’Hensel dice che il caso delle donnole ge- stanti fuori della primavera può spiegarsi ammettendo che queste femmine siano giovani dell'annata, gravide per la prima volta, così volli assicurarmene e dai diversi caratteri anatomici delle femmine raccolte in tali condi- zioni, potei stabilire che quella spiegazione è assoluta- mente infondata ed erronea, essendo le femmine da me rinvenute gravide dal luglio al gennaio tutte perfetta- mente adulte ed alcune presentando anche caratteri di vecchiaia. Concordando pertanto, e perfettamente, le os- servazioni da me fatte durante tre anni sulle donnole ita- liane, con quelle fatte a Breslavia dal Pohl, ritengo ab- bastanza confermato e sicuro il fatto che in ogni paese ed in ogni annata avviene che normalmente la donnola si riproduce in ciascun mese dal gennaio al dicembre. Non posso invece, poggiando sulle mie osservazioni, rispondere con sicurezza se la stessa femmina partorisca una o più volte in un anno; ma essendo stabilito che non vi è un determinato periodo degli amori, così credo anche che la stessa femmina possa trovarsi in condi- So FILIPPO CAVAZZA zioni adatte all'accoppiamento due o forse tre volte in un anno. La ragione addotta dallo Schaff contro chi ammette che la donnola si riproduca più volte nell’annata, cioè esser tale fatto impossibile, perchè della sola donnola, in confronto di tutti gli altri mammiferi carnivori, si verifi- cherebbe, perde la sua importanza, avendo noi già visto che la donnola è diversa dalle specie a lei affini, che tutte hanno nell'annata un periodo fisso di riproduzione. Ora intendo parlare un po’ delle differenze che nelle abitudini di vita gli autori hanno creduto trovare fra le diverse specie e sottospecie che sono andati creando della donnola. Nei miei tre lavori sopra citati io mi oc- cupai lungamente della sistematica del Putorzus nevalis e credo aver dimostrato che non vi è fra le donnole eu- ropee nessuna differenza nè specifica nè subspecifica, e che i caratteri ritenuti di specie o sottospecie null'altro sono (tolte alcune piccole varzetà locali) che irregolaris- sime variazioni individuali. Mi meravigliavo perciò che gli autori potessero dividere queste false entità sistema- tiche anche per diversità d’istinti, di cibo e di abitudini. Vero è che una stessa specie può vivere diversamente secondo quello che le offrono i luoghi che abita, ma visto che le donnole mantengono immutate quasi tutte le loro abitudini nei luoghi i più disparati, così non com- prendo perchè avessero dovuto modificarle in ambienti che ben poco diversificano da quelli che le sono più comuni. Per non andar troppo in lungo parlerò solo delle don- nole di Sardegna che furono per moltissimi anni speczft- camente distinte col nome di /. boccamele Bech. Dopo aver lungamente studiato ed osservate donnole sarde ed averle comparate con quelle del continente italiano ed europeo, conclusi che il 0occazze/e delle solite descrizioni, corrispondendo ad una delle tante forme di /. 720205, la quale non è affatto costante in Sardegna, mentre è irregolarmente estesa in molte altre regioni, e, non pre- sentando nessun speciale carattere anatomico, non può venir distinta nè come sottospecie nè come varietà. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. DELLA DONNOLA SI Ebbene, gli autori, non contenti di fare delle don- nole sarde una specie uniforme (?) e distinta (1), vollero anche sostenere che dz/ferisce dalle donnole non solo per caratteri, fisici, ma per costumi ed istinti e annoverando queste differenze dicono fra l’altro che « la Loccamele non puzza (!), che s'affeziona all'uomo e si addomestica con molta facilità, che è ghiotta di bacche e di frutti, che non mangia che carne fresca, rifiutandola se viziata, e che net mesi d'inverno e d'autunno è avidissima di miele. Negli individui piuttosto numerosi che ebbi della Sar- degna, ed in ogni stagione, io non trovai mai altro che resti di rossicchianti minori (Topi, Arvicole) e raramente traccie di rettili (Lacertilia). In quanto poi a resti vegetali, ritrovai nell’apparato digerente di un individuo sardo alcuni rari fili d'erba come già avevo ritrovato nello stomaco di 10 o II don- nole dal continente. Tali insignificanti traccie vegetali vengono forse ingerite inavvertitamente dall’animale fra i bocconi di carne oppure, nella stessa guisa che fanno i cani e i gatti, come medicina o rinfrescante, ma non cérto come cibo. I frutti, dunque, sia sul continente, sia in Sardegna, non sono sicuramente da annoverarsi fra i cibi, sia pur eccezionali, della donnola. Le donnole in tutti i paesi preferiscono poi la carne fresca vivendo di preda che divorano appena scannata, e, come potei ve- rificare, solo quando vi siano costrette per fame si adat- tano a cibi viziati. Anzi la donnola bolognese che tenevo in ischiavitù, sebbene ghiottissima di latte, rimase pa: recchi giorni senza nè bere ne mangiare piuttosto che ci- barsi col latte poco fresco che le avevo messo innanzi. Che poi la donnola sarda sia ghiotta di miele lo credo facilmente, perchè tutti i Mustelidi sono avidi di cibi dolci; ma quello di cui fortemente dubito si è che sappia estrarre il miele dagli alveari e che non tema le pun- ture di un intero sciame di api. Di una cosa son certo, ed è che se una donnola del continente trovasse del miele in condizioni tali da poter essere facilmente preso, non lo lascierebbe certo imputridire. 2 62 FILIPPO CAVAZZA - CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. Per quanto poi si riferisce alla puzza, sto in forse se quei Signori abbiano mai osservate donnole sarde, o se fossero privi di olfatto! L'odore emesso dalle glandole anali delle donnole sarde è ugualmente acre e disaggra- devole di quello emesso dalle glandole delle donnole con- tinentali. Per assicurarmene meglio e per esser certo che non vi è alcuna differenza fra questi organi, osservai, facendo parecchi preparati microscopici, molte glandole anali d’in- dividui sardi confrontandole con quelle d’individui di di- verse parti del continente e di Sicilia. Mi risultò che nes- suna differenza esiste nello sviluppo e nella grandezza di tali organi, fra le donnole delle isole e del continente. Non è quindi la puzza delle donnole che varia da paese a paese, ma forse il naso degli osservatori. Posso quindi asserire che, come sistematicamente non sono distinguibili dalle donnole continentali, così anche nei costumi, le donnole sarde sono 24ertzche a quelle della penisola .ed a quelle della Sicilia. Le osservazioni che potei direttamente fare su indi vidui in carne (purtroppo non numerosi) raccolti in di- verse altre parti d'Europa, e i dati riferiti dagli autori più scrupolosi e che hanno osservato un grande numero d’'esemplari, mi conducono alle stesse identiche conclu- sioni a cui giunsi per le donnole italiane. Credo quindi poter affermare che in tutti i paesi di- versissimi d'Europa (e forse in tutta l'estensione del suo habitat) il Putorius nivalis mantiene quasi sempre inva- riate le abitudini di vita. Dal Laboratorio di Zoologia della R. Università di Bologna. FiLippo CAVAZZA. KO Ss TERNOMETRO nuovo strumento per la misurazione rapida dello sterno degli uccelli per il Dottt ENRICO BALDUCCI Libero docente di Zoologia e Anatomia comparata al R. Istit. di Studi Sup, di Firenze Lo studio da me fatto sullo sterno degli uccelli (1 ); mi convinse che, i soliti compassi a punte diritte o ri- curve, non erano, per il mio caso, strumenti della voluta precisione, e per quanto le differenze fossero di pochi millimetri, e non potessero nuocere alle leggi che andavo cercando su sterni di uccelli dalle grandi dimensioni, pure non era conveniente proseguire con tale sistema su sterni di uccelli di piccola grandezza, perchè la differenza di uno o due millimetri poteva esser causa di errori di una certa importanza. Di più il tempo che io impiegavo per le sin- gole misurazioni era davvero opprimente. Le misure prese con i compassi a punte diritte o ri- curve non mi riuscivano della dovuta esattezza data la dif- ficoltà di posare le punte del compasso nei medesimi punti, e sebbene, dopo un po’ di pratica fatta, riuscissi ad avere una sufficiente precisione, pure in alcuni casi questa non era quale l’avrei voluta. : (1) EnRrIco BaLpucci. Morfologia dello sterno degli uccelli, con ricerche originali. — Annesse al testo n. 28, tav. lit. con 248 figure. Prato 1905, tip. succ. Vestri, C. e G. Spighi proprietari. 84 ENRICO BALDUCCI Pensai allora di porre uno sterno, appoggiato orizzon- talmente, su di un sostegno, e a traguardare i punti che ritenevo, i limiti dell'apertura del compasso. Fu così che ripetendo la misurazione, mi trovavo in condizioni favorevoli per l'esattezza che ne risultava. Allora mi fu facile pensare allo strumento che breve- mente descrivo e del quale riproduco il disegno. fl: 2 == NENINELTTLE TREE ERE EEE Ri ÀRoRgt|É”INNI_ÈÌL::Xkx | e ___ _<—_—_—__--: ZA Ut; 0, Lo strumento misuratore degli sterni e che chiamerò ster- nometro, per quanto possa servire ad altri usi, consta di un telaio di legno P-/ (v. tav. annessa) di centime- tri 25 X_.21 e dello spessore di due centimetri. LO STERNOMETRO © 85 \ Questo telaio è sorretto da ‘piedi forti ed alti 12 cen- timetri, e porta una lastra di vetro smerigliato sulla quale ho tracciato alcune linee sia longitudinali che trasversali, per mezzo delle: quali posso facilmente porre i varî sterni, che misuro, nella medesima posizione rispetto al traguardo 2. Ho evitato di far costruire il piano dello strumento, tutto in legno perchè facilmente si sarebbe potuto imbar- care mentre così son sicuro di avere una superficie per- fettamente piana. Sopra il telaio e da un lato, si trovano due scana- lature ove scorre il traguardo (2). Questo è formato da un prisma rettangolare di noce della lunghezza di 12 cen- timetri, e largo quattro. Sulla faccia laterale sinistra trovansi alla distanza di tre millimetri due fili sottilissimi di seta paralleli fra loro (£-E). Il traguardo (2), ha un indice che scorre su di un doppio decimetro graduato (C-C). Cosicchè è pos- sibile avere il valore della misura ottenuta traguardando un dato punto dello sterno. Il lato opposto al traguardo e il lato sinistro dello strumento portano due lastre verticali di vetro alte quindici centimetri (V-V°-V"). La prima è di vetro smerigliato e mi serve di fondo per meglio traguardare i punti dello sterno, l’altra è di vetro trasparente e mi serve per ap- poggiarvi lo sterno con la sua parte inferiore. Messo lo sterno orizzontalmente sul sopporto (2), lo faccio toccare sulla lastra di vetro (/-/?), e secondo la forma dello sterno, potranno appoggiare su questo le apo- fisi, i posternali o lo xifisterno. Facendo allora scorrere il traguardo, prendo nota dei punti traguardati (n. 1. 2. 3. 4. 5. 6.7 e 8 - v. figura), con molta rapidità e preci- sione. Ottenuti questi valori, mi è facile conoscere le di- stanze che passano frai varî punti traguardati; cioè cono- scere la. distanza che. vi è fra l’apofisi episternale e l'estremità del processo xifoideo (1-7), oppure fra l’apo- fisi episternale e le apofisi iosternali (1-3), e così di se- guito. 86 ENRICO BALDUCCI — LO STERNOMETRO In questo modo, come si vede, con pochi punti tra- guardati posso avere in poco tempo un gran numero di misurazioni dalle quali stabilire i rapporti utili per la de- terminazione delle leggi di variabilità di questa parte dello scheletro che si presenta di così grande interesse. Lo sternometro, che ho fatto costruire. è della mas- sima semplicità, e potrebbe essere perfezionato aggiun- gendo, per il movimento del traguardo, una vite microme- trica; e aggiungendo all'indice il nonio, per ottenere an- che le frazioni di millimetro. ISTIRURONZOOLOGICONDELIANRI UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm..-AaToNIO CARRUCCIO Dott. Lo MASI ROZiEe SUIERETTILI EORICATI del R. Museo Zoologico di Roma Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana nell'adunanza del 24 aprile 19I0 La collezione erpetologica del Museo si è arricchita recentemente di non pochi esemplari nuovi di Rettili e Anfibî, provenienti per la maggior parte dalla Repubblica Argentina, e gli altri da diverse regioni. La determina- zione di quelli che appartengono alla classe degli Anfibî e di alcuni della classe dei Rettili, quasi tutti dell'ordine dei Loricati, mi è stata affidata dal Direttore del Museo, prof. A. Carruccio, e nel tempo stesso ho avuto incarico di confrontare con diagnosi e descrizioni recenti alcune determinazioni che già da parecchi anni erano state fatte. In questa comunicazione riferirò brevemente sugli esem- plari di Loricati di cui mi sono occupato. Ma nel dare notizia di quelli aggiunti recentemente alla collezione, credo utile di fornire anche alcune notizie su quelli che già vi esistevano determinati, sebbene nei volumi prece- denti del £o//ettino ne sia stato scritto da coloro che se ne occuparono. Fra gli acquisti fatti ultimamente, è un piccolo Cai- mano, il quale non misura più di 60 cm. di lunghezza, e proviene della provincia di Minas nel Brasile. L’'esem- plare, sebbene presenti due prime serie di scudetti postoc- cipitali piccolissimi, e poi altre tre di scudi mediocri, che precedono le tre serie dei grandi scudi nucali; dagli 88 Le MASI altri caratteri si riconosce facilmente per un Cazzzar lati rostris (Daud.) o A/ligator cynocephalus (Dum. et Bibr.). In questa specie, tipicamente, vi devono essere due serie soltanto di scudi postoccipitali.. Ed altri caratteri spe- cifici sono poi la presenza delle due fosse sopratemporali e di cinque denti in ciascun osso intermascellare, la pre- senza di rugosità i nelle palpebre superiori, e il. muso tanto largo che lungo o poco più lungo che largo. Alla forma tipica della specie meglio corrisponde un esemplare, la cui provenienza è ignota, che già da parec- chio tempo era stato acquistato ma non era ancora de- terminato; ed è un individuo piuttosto giovane, misurando m. 1,50 di lunghezza; mentre si sono osservati individui della specie, che raggiungevano anche 3 metri. Questo secondo esemplare di Cazzzan lattrostris presenta degli scudi postoccipitali di grandezza media disposti in due serie, e tutta la parte della cute da cui sporgono tali scudi, sparsa di altri scudetti minutissimi ed assai numerosi. Inoltre in esso la cresta caudale diviene impari a comin- ciare dal quindicesimo anello di piastre cornee. Nell’esem- plare più piccolo di cui ho parlato, la cresta si mantiene doppia fino al diciassettesimo anello. In un individuo che da molto tempo fa parte della collezione, ed è il più grande della specie posseduto dal Museo, poichè raggiunge m. 1,70, la cresta caudale diviene impari al sedicesimo anello. Tale carattere, del resto, varia secondo gl’individui; ed infatti il Boulenger non ne tiene conto, fra i caratteri diagnostici, se non per due specie; il C. frzg0ratus (Schneid.) e il C. palpebrosus (Cuv.), nelle quali il termine della cresta doppia sembra che possa spostarsi soltanto di un anello. L'esemplare più grande di Cazzar latirostris, il quale proviene dal fiume Guayas ‘dell’ Equatore, ed era posto nella collezione col sinonimo di A/Xigator cynocephalus, ha una notevole disposizione degli scudi nucali, poichè questi vi rappresentano tre serie trasversali, ma la terza serie non ha che un solo scudo, quello‘ di destra, e di piccole dimensioni: i due scudi della seconda serie e i due me- i 3 ) Ì È | 1 i NOTIZIE SUI RETTILI LORICATI 59 diani della prima son molto grandi, ed inoltre nella prima, che di regola deve essere formata di quattro pezzi, esiste esternamente il solo scudo di sinistra. In questo esem plare poi, il muso è un poco più lungo che largo. Un quarto individuo della specie /azrostris, la cui spoglia è ora in preparazione, misura m. 1.65, ed è una forma quasi tipica. Esso ha tre serie di scudi occipitali con svi- luppo regolarmente simmetrico, La cresta caudale impari incomincia al quindicesimo anello. Un altro esemplare di Caimano recentemente acqui- stato dal Museo, e d’'ignota provenienza, è un individuo giovanissimo : forse da poco sgusciato dall’ uovo, poichè misura solo 25 cm. di lunghezza ed appartiene alla specie che raggiunge le maggiori dimensioni, cioè al Cazzzar niger Spix. Si crede che questo Caimano possa arrivare alla lunghezza di 20 piedi (1). Esso si distingue dalle altre specie per i rilievi longitudinali del muso che vanno, in ciascun lato, uno dall’orbita al quarto dente mascellare, l’altro da una fossa frontale al quinto dente intermascel- lare; per le palpebre senza rugosità e percorse da sol- cature; pel vomere visibile sul palato osseo, ed inoltre per le serie di scudi postoccipitali, che sono in numero di quattro o cinque, pel colorito nero superiormente e giallo inferiormente negli adulti, con macchie gialle riunite spesso a formare striscie trasversali nelle parti superiori d'individui giovani. Al pari del Cazzzan latirostris e dello selerops (Schneid.) presenta il Cazzzan niger le fosse so- pratemporali non obliterate, e cinque denti in ciascun osso intermascellare. Va ricordato anche, che fra le altre specie di Caimani si distingue per l'indole più fiera e aggres- siva, e per l'abitudine di emigrare annualmente dai fiumi alle foreste nel tempo della stagione piovosa, per poi ri- tornare ai fiumi nella stagione asciutta. Di questa specie il Museo possedeva da molto tempo un esemplare molto giovane, di 60 cm. di lunghezza, (1) Cfr. Gapow, in 7%e Cambridge Natural! History, vol. VIII, P. 472. 90 L. MASI posto col nome di A/igator sclerops Cuv., in conformità ai caratteri che Dumeéril e Bibron assegnano al Caimano da loro così denominato. E veramente l’esemplare in discorso corrisponde a quasi tutti i caratteri indicati nella descri- zione di quegli autori; ma esso corrisponde anche a quelli indicati dal Boulenger pel Cazzzaz niger nel Catalogo dei Coccodrilli del Museo Britannico. Questa corrispondenza con le due descrizioni potrà sembrare strana, poichè nel Catalogo del Boulenger la descrizione di Duméril e Bibron è citata solo nella sino- nimia del Cazzzan sclerops e non in quella del Cazzzar niger. Ciò si deve, secondo me, al fatto che i due autori francesi descrissero insieme esemplari del Caimano nero e dello sclerops. Essi, infatti, mettono nella sinonimia il Caimano! nero di 'Spix ((Lacert. Bras., pi 3,060 Rea posto dal Boulenger nella sinonimia del Cazzzar nzger, e su tale sinonimo insistono particolarmente, scrivendo a proposito della forma da loro descritta: Ceffe espèce a été très bien veprésentée par Spix dans son Histoire naturelle des feptules nouveaux du Bresiu; c'est elle, comme nous l’avons dit plus haut, quil nomme Facare now (1); e nel dare i caratteri specifici scrivono: De langle anterieur d'un ci à l'autre, il règne une arète dont les extrémates se vecourbent et se prolongent en avant, pour se diviser en deux ou trois branches tortueuses et aflatres... La surface de la paupiòre offre un nombre considérable de petites stries... Les trots doigts externes postorieurs sont réunis ensemble dans la moitté de leur longuenr environ.... Les ecussons osseux sur la nuque sont A por quatre rangces transversales de hut à douze écales chacune.... Derrière ces quatre bandes d'ecautes nuchales se trouvent cing vrangs d'écussons... L'armure du dos se compose de dix-neuf bandes transversales de flaques osseuses, à carènes tranchantes, avant toutes la méme hauteur... Toute la partie supérieure du corps est d'un now profond, avec des taches (1) Vedi DUMERIL et BiBRON, A7petologie ou Hist. nat. des Reptiles, Paris, 1836, Tome 3, pag. 86. NOTIZIE SUI RETTILI LORICATI 9I faunes qui, par leur réunton, forment des bandes transver- sales, particulirement sur le dos et sur la quene.. Cuvier dit avo vu un individu appartenant à cette espèce, long de 4,62 m. Del resto, comunque si voglia risolvere questa que- stione di sinonimia, sta il fatto che l'esemplare suddetto di giovane Caimano, fra gli altri caratteri propri del Catman niger, presenta nel punto in cui dovrebbero con- correre sulla volta palatina gl'intermascellari ed i mascel- lari, il vomere, ben visibile nella forma di un piccolo rombo, o meglio di un pentagono, essendo l'angolo che è rivolto anteriormente, troncato secondo una linea quasi dritta. Il piccolo esemplare lungo 25 cm., differisce dall'altro per il capo meno allungato, presentandosi il diametro longitudinale di 37 mm. e quello trasversale di 20,men- tre nell'altro esemplare si hanno rispettivamente 80 e 42 mm.; inoltre in esso le orbite non vengono quasi a contatto sulla linea mediana della fronte, gli scudetti po- stoccipitali formano tre serie, le quali sono però prece- dute da due pieghe trasversali della cute ben manifeste. Il cranio è poi relativamente più alto, ma questo è un carattere che è in rapporto esclusivamente con l’età del- l'individuo. Ambedue gli esemplari presentano il capo di color giallo bruno: nel più grande anche la parte postoc- cipitale presenta questo colore: nel più piccolo ile parti inferiori sono bianco-giallastre. Una terza specie di Caimano rappresentata nel Museo è il Cazmar sclerops (Schneid.) il quale si distingue dal lattrostris per il muso manifestamente più lungo che largo alla base e per la presenza, negli adulti, di scudi ossei sul corpo, sulle zampe e sulla coda. Di questa specie si ha un esemplare di 53 cm., interessante perchè proviene dall'Isola Trinidad: esso per molti caratteri si avvicina alla forma descritta da Duméril e Bibron sotto il nome di A/igator punetulatus Spix (1). ()fVediliquesto 80/420, vol \VE(23)*p.. 182: Prof. (A-Car- RUCCIO, Di un giovane A. sclerops proveniente dall'Isola Trinidad. 92 L. MASI - NOTIZIE SUI RETTILI LORICATI Il vero genere A/zgator, al quale spettano le tre specie prississipiensia smnensis ed helois, è rappresentato nella col- lezione da un esemplare della prima specie, il quale misura m. 1,40 di lunghezza. Due esemplari che non erano determinati, spettano al Crocodilus vulgaris Cuv. (0 néloticus Laur.). Uno di essi è di piccolissime dimensioni, misurando solo 30 cm. di lunghezza, e proviene dal Lago Tanganica. L'altro, lungo m. 1,80, proviene dall'Africa occiden- tale, e propriamente dalla Sierra Leone. L' esemplare, destinato alla Collezione didattica, è del tipo a muso ri- stretto, poichè questo si presenta due volte più lungo che largo. Del Crocodius vulgaris il Museo possiede altri cinque esemplari, di cui uno di grandi dimensioni, che misura m. 4,40 di lunghezza, ed è forse il più grande che. si trovi nei musei d'Italia. Questo esemplare è del tipo a muso largo, come due altri, che sono di medie dimensioni, presentando una 24 di 3 m. Due esemplari, lunghi uno m. 2,20, l’altro m. 2,35, hanno il muso della forma più allungata che possa E: nella specie. Il Crocodilus porosus Schneid., la più grossa fra le specie del genere Crocodz/us attualmente viventi, abitatrice della costa del Golfo di Bengala, del Sud della Cina, di Borneo, dell'Australia settentrionale e della Malesia; è rappresentato da un esemplare molto giovane, lungo 72 cm., proveniente da Borneo. (V. in questo Zo/ettino, vol. I (29), p. 102, le notizie date dal prof. A. Carrtecio nell’adu- nanza 5 luglio 1900). Del Crocodilus americanus Schneid. (o C. acutus Cuv.) non si sono avuti finora se non tre individui, e tutti gio- vanissimi, lunghi circa 30 cm. Uno di essi è destinato alla Collezione didattica. In tutto gli esemplari di Loricati che attualmente fanno parte della Collezione generale del Museo e della Colle- zione didattica sono in numero di diciannove e apparten- gono a sette specie. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA. R. UNIVERSITA DI ROMA diretto dal Prof. Comm. Anxronio CARRUCCIO Dott. Lo MASI Notizie su alcune Cypridae raccolte a Maccarese La presente nota riguarda diverse specie di Ostracodi della famiglia Cypridae, che ho trovate recentemente a Maccarese (non lontano dal mare, a Nord della foce del Tevere). La raccolta è stata fatta sul finire della stagione invernale, e propriamente il 12 marzo, e limitata ad una piccola quantità di fango preso in un fosso in due punti poco discosti: tuttavia con questo fango ho potuto avere contemporaneamente tredici specie, appartenenti a dieci generi, e rappresentanti tutte e quattro le sottofamiglie in cui [secondo i criterìî tassonomici da me esposti in altra pubblicazione (1)| si possono distinguere le Cypr:4ae di acqua dolce. Segnalo questa abbondanza di specie nella località in cui le raccolsi, perchè finora nelle frequenti ricerche di Ostracodi che ho fatte nel Lazio, mi è accaduto pochissime volte di ritrovare in uno stesso luogo più di sei od otto specie; sebbene la coesistenza di diverse Cypr:4dae sia sempre, secondo me, da ritenersi come una regola, ed i casi in cui si rinviene una specie sola, come un'eccezione. (t) Vedasi questo Bollettino, vol. XIV, fasc. 4° e 5°. « Nota sugli Ostracodi viventi nei dintorni di Roma ed osservazioni sulla classifi- cazione delle Cypridae ». 94 L. MASI Darò qui l'enumerazione delle forme raccolte, aggiun- gendo delle osservazioni che ho avuto occasione di fare riguardo ad alcune di esse. I. Notodromas monachus (O. F. Miiller). — Ne ho avuto un solo individuo femmina, il quale ha maturato le uova verso la metà di aprile. 2. Eurycypris bispinosa (Lucas). — Di questa bella e rara specie, di cui altra volta ebbi degli esemplari che suppongo provenissero dal Lago di Fondi (1), ho trovato due individui con uova già mature nel fango raccolto. Circa due mesi dopo, dallo stesso fango mantenuto in una bacinella, ho preso un individuo giovane, di mm. 1,8 di lunghezza, che presentava la conformazione degli adulti, ma ne differiva pel colorito uniforme verde giallastro, mentre gli adulti presentano delle striscie verdi longitudinali sopra un fondo bianco verdastro. 3. Cypris virens (fur.). — Ne ho trovati alcuni esem- plari giovani e due con uova mature. Tali esemplari si possono riferire alla forma denominata var. z2e4:a dal Miiller. Ritengo riferibile alla specie in discorso un individuo molto giovane, che ho potuto mantenere in vita fino alla metà di aprile) epoca in cui presentava ancora la parte poste- riore del guscio poco sviluppata e misurava mm. 0,93 di lunghezza: tale esemplare era di un bel verde smeraldo, colore che non si riscontra mai negli individui adulti, e le sue appendici non trasparivano quasi affatto attraverso le valve. 4. Cypris ornata (O. F. Miiller). — Un solo esem- plare giovane, trovato insieme con la specie precedente, ho potuto allevarlo fino a sviluppo completo, ed ho con- statato in esso un cambiamento graduale nella colorazione del guscio, analogo a quello che ho riscontrato nella £w- ryeypris bispinosa. Il guscio era dapprima di un color verde erba intenso e quasi uniforme dapertutto; poi, al principio (1) Vedasi nell’ Archivio Zoologico Italiano, vol. III, fasc. 4°, « Descrizione di alcune Cypridae italiane », p. 353. NOTIZIE SU ALCUNE « CYPRIDAE » RACCOLTE A MACCARESE 95 di aprile, la pigmentazione ha cominciato a farsi meno in- tensa in certe parti, fino a che si sono determinate le grandi aree bianco-verdastre sul fondo verde porro, secondo la colorazione caratteristica della specie.. 5. Merpetocypris intermedia Kauf. var. latialis. — Ne ho avuto un solo esemplare giovane. 6. Cypridopsis vidua (O. F. Miiller). — Di questa specie ho trovato soltanto due esemplari immaturi. 7. Llvocypris australtensis (G. O. Sars). — Ne ho trovato un individuo il quale era di piccole dimensioni, sebbene avesse già alcune uova mature, e presentava, in confronto con la forma tipica della specie, una maggiore lunghezza delle setole natatorie del secondo paio di antevne, e una. disposizione poco regolare dei gruppi di peli che su tali arti e sul primo paio di zampe formano, normalmente, una specie di ventaglio. Tali differenze rispetto alla forma tipica sono tuttavia di poca entità, e non infirmano il con- cetto di una limitata variabilità delle specie d'//yocy972s, della quale discussi in una pubblicazione precedente (1). 3. Cypria ophthalmica (Jur.). — Di questa cipride comunissima non ho avuto che un solo esemplare. 9. Cyclocypris pygmaca Croneberg. -- Ne ho presi due esemplari insieme con quello della specie precedente. 10. Candona neglecta (G. O. Sars). — Di questa specie ho trovato molti individui, la maggior parte dei quali avevano raggiunto la maturità sessuale. 11. Candona rostrata (Brady and Norm.) — Ri guardo a questa Cardona valgano le stesse osservazioni che per la C. reglecta. Insieme con gli esemplari adulti d'ambo i sessi, vi erano già alla metà di marzo parecchie larve della forma indicata nella figura della monografia di Brady e Norman del 18096 (2). Il colore di queste larve è (1) Vedasi questo ZBo//ettino, vol. XV, fasc. ‘4°-9°, « Contributo alla sistematica delle //yocyprinae » . (2) Brapy and NoRMAN, A Monograph of the marine and fresh- water Ostr. of the North Atlantic and of North-Western Europe. Trans. R. Dublin Soc., vol. V, 1896 (appendice). 96 L. MASI —- NOTIZIE SU ALCUNE <« CYPRIDAE » ECC. un giallo pallido, oppure giallo canario, però sempre un po sbiadito: verso il margine le valve sono più chiare, non tuttavia scolorite: esse presentano inoltre dei punti bianchi sparsi, piuttosto grandi, corrispondenti ai poricanali. Questo colorito più o meno giallo e la forma a margine dorsale e ventrale quasi dritti e paralleli, si sono osservati spesso nelle larve di Cazdona, se pure non sono un carattere generale delle Cazdozzzac, il quale potrebbe aggiungersi a quelli che le distinguono dalle Cyeocyprinac. Su tale questione spero di poter tornare in seguito, quando avrò un numero sufficiente di osservazioni. 12. Candona fabaeformis (Fischer)) — A questa specie ritengo doversi riferire alcuni esemplari maschi e femmine, sessualmente maturi, i quali presentavano dimen- sioni un poco minori del solito, cioè mm. 0,86 — 0,90. 13. Candonopsis Kingsleti (Brady and Robertson). — L'ho trovata abbastanza frequente. Gl’individui di ambo i sessi, quando li ho raccolti, erano già quasi tutti maturi. La Candona rostrata e fabaeformis, e la Candonopses Kingsletti, non erano state indicate finora come apparte- nenti alla fauna italiana. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI ROMA diretto dal Prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO Dott. Le MA SI Aggiunte alla collezione ittiologica. Symbranchus marmoratus BI. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana, il 29 dicembre 1909 Un esemplare di recente acquisto, proveniente dal ter- ritorio di Missiones nella Repubblica Argentina, è venuto a colmare una lacuna nella collezione ittiologica del Museo. Trattasi di un Syr0ranchus marmoratus Bl., una delle poche specie appartenenti ad un gruppo (ordine dei Teleostei, sottordine dei Sydrarchiformes, secondo Goodrich) (1), il quale appunto dal genere Sy6razchus ha preso il nome, ed al quale spettano forme più o meno comuni nei paesi tropicali, ed anche non rare nelle collezioni, ma di par- ticolare interesse per certi caratteri anatomici e fisiologici che presentano. I pesci di tale gruppo hanno una somiglianza notevole con gli Anguilliformi o Apodi, e specialmente con quelli, “come sono le Murene, in cui mancano anche le pinne to- raciche: ma questa somiglianza, che una volta aveva fatto credere ad una parentela, non è che superficiale. E gli autori più recenti, sebbene mettano i Simbranchiformi an- cora vicini agli Apodi, li considerano come appartenenti ad un ramo affatto distinto per l'origine (2). (1) A 7reatise on Zoology, edited by Rav LANKESTER; Cyclo- stomes and Fishes, by E. S. GooDpRrICcH. London, 1909. (2) E. PERRIER, nel suo 7yazté de Zoologie (1903) li considera tut- tavia come una famiglia del sottordine Apoda. 3 08 L. MASI Senonchè la derivazione è tuttavia incerta: secondo il Boulenger potrebbero provenire da alcuni Clupeiformi od Eso- ciformi, se pure non hanno avuto origine da qualche gruppo primitivo. di Teleostei. E’ notevole il fatto che non sono stati ancora trovati allo stato fossile. Come ho detto, tali pesci nell'aspetto esterno somigliano agli Apodi; però ne differiscono principalmente per diversi caratteri osteologici e per la mancanza di ovidutti. Ad eccezione del genere Chilobranchus, presentano una coda breve, avendo l’aper- tura anale nella seconda metà del corpo e quindi lontana dall’estremo anteriore. Sono sempre sprovvisti di vescica natatoria. La pelle, ricoperta di minute squame nella fa- miglia Amphipnordae, cui spetta il solo Amzphipnous cuchia, è nuda nelle altre forme appartenenti alla famiglia Sy- branchidae. Ma il carattere che ha valso il nome al genere Symbranchus e quindi a tutto il sottordine, è la singolare disposizione dell’apertura branchiale. Questa si presenta come una fenditura impari, situata sulla gola: la pelle che ricopre le ossa opercolari più o meno ridotte, si estende senza interruzione sul lato del capo e del collo e forma in ciascuna parte una specie di camera branchiale, che termina nella fenditura della gola. I Simbranchi sono dotati, come ho detto più innanzi, di un modo particolare di respirazione e, ciò che è più no- tevole, di un tipo di circolazione sanguigna con presenza di sangue misto nel cuore, diversa da quella degli altri pesci, compresi i Dipnoi. Un bello studio compiuto alcuni anni fa dal dott. Volz (1) riguardo alla circolazione e re- spirazione del Monofpterus javanensis Lac., ha messo in chiaro queste particolarità anatomo-fisiologiche, completando le notizie che già erano state date da Hyrtl ed altri au- tori (2). (1) Der Circulation- und Respirationsapparat von Monopterus ja- vanensis Lac. (Reise von Dr. WaLTER VoLz) von Dr. W. Volz. In: «Zool. iJabrb.,;\ /Abt Anat:'5> vol XXIII 1906, Hetto:vnitibatelmox In questo lavoro è riprodotta tutta la bibliografia. (2) HyRTL J., Amphipnous und Monopterus. In: « Denk. Ak. Wien », vol. XIV, 1858. SYMBRANCHUS MARMORATUS 99 Nel Monopterus la parete dell'intestino è sottile, ma la mucosa è relativamente di spessore notevole, sebbene presenti un epitelio formato da cellule molto basse. L'ar- teria celiaca, la quale trasporta sazgze misto, invia molte diramazioni all’intestino, visibili anche ad occhio nudo, che si dividono e suddividono ripetutamente un gran numero di volte e dànno origine così ad una fitta rete capillare, situata immediatamente sotto l’epitelio, simile a quella che è stata descritta pel M:sgurnus (o Cobitis) fossus (1). L'ossigeno dell’aria che viene deglutita e raccolta nell’in- testino, serve a trasformare in sangue arterioso quello che affluisce dall'arteria celiaca; sebbene la trasformazione pro- babilmente non sia completa, poichè nella parte anteriore dell'intestino non avviene scambio gassoso. Comunque sia, un sangue ossigenato è raccolto dalla vena porta, e attra- versa il fegato ed è versato quindi nel seno venoso dalla vena epatica. Esso si mescola col sangue non ossigenato che viene dalle vene cardinali posteriori, e con quello che viene dalle cardinali anteriori, il quale subisce, ma solo parzialmente, l’ematosi. Questa parziale” ossigenazione del sangue portato dalle cardinali anteriori, è dovuta poi al fatto che la parete boccale ha una funzione respiratoria, simile a quella dell'intestino, sebbene di effetti più limi- tati. Il risultato di tutte queste condizioni è la presenza di sangue misto nel cuore. E' questo sangue che viene distribuito come succo nutritivo alle varie parti del corpo, passando nell’aorta senza subire ulteriori modificazioni ; giac- chè le branchie, in corrispondenza alle quattro arcate, sono soltanto rudimentali. Inoltre l’aorta ha origine solo dai due rami che corrispondono all'ultima arcata, i quali de- corrono senza formare una rete di capillari. Questo schema di circolazione, così diverso da quello tipico della classe dei Pesci, dipende dunque dalla possi- bilità dell'ematosi nella mucosa intestinale e boccale, Pro- babilmente le condizioni della funzione circolatoria sono (tr Vedansi a questo proposito i lavori di LAURENT e ERMAN. 100 L. MASI poco diverse nel genere Syw0razchus, il quale è fornito di quattro paia di branchie normalmente sviluppate. Ma questo genere, come pure il genere C/zlobranchus, meri- terebbero di essere oggetto di uno studio particolare esau- riente, che ancora non è stato fatto. La proprietà della respirazione intestinale che ci pre- sentano i Simbranchi, non è però un fatto isolato nella classe dei Pesci. E' ben noto infatti che il I/isgurnus fos- szlis, ed anche altre specie affini, godono della facoltà di respirare attraverso la parete dell'intestino. E lo stesso fatto si osserva in certe specie di acqua dolce dell’Ame- rica meridionale appartenenti ad alcuni generi della fami- glia Seuridae e della famiglia Lorzcartidae, come i Cal- lichthys, Doras, della prima, /Vecostomus, Loricaria, della seconda. In certi casi si trovano anche particolari spor- genze o pieghe della mucosa intestinale, destinate ad au- mentare la superficie respiratoria. Forse la condizione che è stata il punto di partenza per l'adattamento a compiere l’ematosi con l’aria raccolta nell'intestino, ce Ta presentano tutte quelle specie le quali hanno l’abitudine di venire alla superficie per ingoiare l’aria e così saturare di ossigeno l’acqua che passa fra le ar- cate branchiali. Nei casi in cui l’acqua di un bacino si vada riducendo continuamente per. l’evaporazione ed il pesce sia costretto a vivere in un ambiente sempre più limitato, in cui il liquido si va saturando di gas dovuti al- l'alterazione delle materie organiche, la necessità di prendere ossigeno dall'aria atmosferica deve aumentare sempre più, e produrre alla fine come atto abituale la deglutizione dell’aria nell’esofago, e quindi l'accumulo di essa nell’ intestino. La respirazione intestinale è una delle varie forme dî: respirazione mediante organi accessori che sostituiscono temporaneamente la funzione delle branchie: delle quali forme si potrebbero ricordare qui diversi esempi, riguar- danti più di una ventina di specie, che sono state oggetto: di osservazioni più o meno accurate e complete (1). (1) Questi modi particolari di respirazione dei Pesci si possono trovare ben riassunti dal BOULENGER nel vol. VII della Cambridge Natural Hist. SYMBRANCHUS MARMORATUS IOI Nei Simbranchiformi, come ho detto, si distinguono due famiglie. Alla famiglia Amp/pnordae spetta il solo Ame phipnous cuchia del Bengala, una specie delle quali si è ben studiata l'anatomia, e caratteristica per la presenza di due sacchi aerei estensibili, che sono un diverticolo della camera branchiale, e son destinati ad aiutare nella fun- zione respiratoria l’unico paio di branchie, il quale si trova in corrispondenza alla seconda arcata. L'altra famiglia, quella dei Symérarchidae, comprende tre generi: Ceo branchus, con due specie, dell'Australia e della Tasmania, viventi nel mare e nelle acque salmastre; AMoropterus, con la sola specie IM. 7avarzicus, diffusa nella Cina, Java e Re- gione Malese, assai comune in acque dolci e salmastre, ed anche ricercata per alimento ; per questa specie il Volz vorrebbe che si istituisse una famiglia a parte; il genere Symbranchus, con le due specie S. bengalensis e S. mar- moratus, anch'esse viventi nelle acque dolci e salmastre. Il Sywbranchus bengalensis è assai frequente nell'India, nelle isole Malesi e nelle Filippine (1). Il Sywobranchus marmoratus non è meno comune nel. l'America meridionale e centrale. Mi è stato riferito che questa specie, nella regione in cui l'esemplare che ora pos- sediamo fu catturato, e probabilmente in tutti i paesi in cui la specie è diffusa, non si pesca mai perchè si crede che sia assai velenosa; e perciò è anche difficile di procurarsene degli esemplari. Ma io dubito che tale tossicità non sia altro che un pregiudizio popolare, invalso forse soltanto in qualche provincia; giacchè, non trovo menzione di qua- lità nocive dei Sywdranchus in nessuno degli autori d'it- tiologia o tossicologia consultati, nè trovo che siasi par- lato mai del veleno di altri Simbranchiformi. Almeno che non si tratti di una tossicità analoga a quella che si ri-- scontra nel sangue delle Anguille e delle Murene, che venga distrutta cioè dalla cottura, o anche dalla semplice azione del succo gastrico. Il che spiegherebbe ad un tempo (1) Questa specie è rappresentata in una figura della Vita degli Animali del BREHM, p. 444 della seconda edizione italiana. TO2 L. MASI — SYMBRANCHUS MARMORATUS il consumo non indifferente che si suol fare di qualche specie, come il Monofpterus javanensis, per alimento ; e l’avversione a nutrirsi, della carne del Sywdbranchus marmoratus e qual- che altra specie del genere, in paesi dove, per l’uso di mangiare certi pesci confezionati in modo da non distrug- gerne sempre le proprietà tossiche, può essere avvenuto che i Simbranchi abbiano prodotto più volte dei casi, più o meno gravi, di avvelenamento. Ma prima di terminare questa nota occorre ch'io for- nisca qualche notizia sui caratteri dell'esemplare di Syrz- branchus marmoratus. Esso misura 52 cm. di lunghezza, dei quali solo 14 spettano alla coda; la fenditura bran- chiale della gola, larga circa 1 cm., dista dall’apice del muso cm. 6.5: in corrispondenza ad essa la circonferenza del corpo è di più di 9 cm. (essendo l'esemplare molto contratto e indurito, non posso dare questa misura se non approssimativamente): il corpo alquanto compresso e quasi laminare dopo l’ano, diminuisce gradatamente di altezza dalla regione branchiale all'estremo posteriore, ed ha verso il mezze una circonferenza di circa 7 cm. Nel lato dorsale la pinna incomincia a 20 cm. dall’estremità posteriore, ma sul principio è ridotta ad un semplice rilievo lineare della cute. Il profilo del muso e della regione faringea somiglia molto a quello di una comune Murena; il muso osservato dal disopra apparisce troncato anteriormente; gli occhi son discosti l'uno dall'altro più della loro distanza dall’estremo anteriore, e lo squarcio boccale misura 4 volte e mezzo questa distanza. Le labbra formano una larga piega cu- tanea. Il colorito è superiormente nerastro, inferiormente grigio rossiccio con numerose e piccole macchie nerastre. Dott. ALFREDO. MISURI Ricerche sulla struttura della coda nor- male e rigenerata nella. Lacerta mu- ralis Merr. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma NOTA PRIMA CARLIROBOSI Osservazioni sulla rigenerazione di code semplici. a) Notizie storiche. ARISTOTILE (1) conosceva il fenomeno della rigenera- zione, specialmente nelle Lucertole e nei Serpenti, ma, dopo di lui, non vi furono altri che osservarono tali fatti, sino all'anno 1580, in cui Geronimo CarpaNO (2) scriveva; « Proprium videtur esse animalibus a putredine genitis, quae insecta sint, ut fraccisa membra, lis renascantur : ut caudae serpentum et lacertarum... Causa huius est quod in- perfecta sunt ». Cardano accoglie nell'opera sua notizie fa- volose, ma viene abbozzando l’idea che la rigenerazione di parti mancanti avvenga più facilmente negli animali in- feriori (2r29erfecta) ed in quegli organismi che non rag- (1) ARISTOTELIS Xistoria de animalibus. lulio Caesare Scaligero in- terprete, cum eiusdem commentariis. Tolosae, MDCXIX. (2) HvERONIMI CARDANI mediolanensis, medici, de subtilitate lib. XIX. Lugduni MDLXXX. IO4 ALFREDO MISURI giunsero ancora il loro completo sviluppo, come afferma in seguito: c... unde non hirundimibus, sed pullis hirundinum oculi venascuntur, et in factibus etiam persaepe dum in utero sunt, membra obtaesa restaurantur ». In seguito ALseRTo Macno (1) attribui la rigenera- zione della coda dei Rettili all'umidità dell'ambiente e del cibo ingerito e ad una formativa virtus accoppiata ad uno spiritus” formativus; GIOVANNI JoANSTON (2) poi dette pel primo la figura d'una coda rigenerata. Sino a questo punto gli osservatori non avevano fatto che esaminare code rigenerate naturalmente in seguito a rottura casuale, ma allorquando il metodo sperimentale entrò nella indagine scientifica, gli studi sulla rigenerazione presero un grande sviluppo. Tal metodo fu inaugurato da THEvENOT e PERRAULT (3) che tagliarono la coda ad una Lacerta viridis e ne se- guirono il processo rigenerativo, tenendo conto dell’accre- scimento giornaliero. Il viaggiatore Giorgio MarccRAv (4) racconta di lu- certole brasiliane che perdono e rigenerano facilmente la coda. PERRAULT (5) descrive qualche particolarità anatomica delle code rigenerate di Lacerta, ma il tempo ch'egli asserisce essere occorso perla rigenerazione completa (quat- tordici giorni) è eccessivamente brene. Secondo le sue fan- tastiche idee, la rigenerazione della coda delle lucertole sarebbe simile a quella dei denti, delle piume e delle corna (1) Beati ALBERTI MaGNI Ratisbonniensis episcopi, ordinis prae- dicatorum de arimalibus lib. XXVI, operum t. 6. Lugduni MDCLI, lib. XXV. (2) IOANNES IOHNSTONUS. Historiae naturalis de quadrupedibus libri cum ‘aeneis figuris. Amstelodami MDCLVII, t. I, lib. IV. (3) Histoire de l Académie royale des sciences. Tome 11, 1686. (4) Grkorci MARCGRAVI de Liebstadt, misnici germanici, /zsf0rza rerum naturalium Brasiliae libri octo, lib. VI. (5) De la génération des parties qui reviennent à quelques animaux après avoir été coupees. Essai de physique, t. IV, MDCLXXXVIII, RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS >» MERR. 105 dei cervi; tutte le porzioni che si sviluppano sarebbero state, primitivamente, ripiegate e compresse insieme. M. NeepHAM (1) osservò spesso in Portogallo lucertole con code rigenerate e bifide e crede che, precedentemente, esse siano state mutilate dai bambini: ma ciò è sempli cemente puerile. Il xvim secolo è il periodo aureo degli studi sulla ri- generazione, iniziati da Réaumur e da Trembley sugli in- vertebrati e proseguiti da Bonnet e da SPALLANZANI (2) sui vertebrati. Questo geniale naturalista moltiplicò le espe- rienza sulle riproduzioni animali, tentate da principio da Thévenot e da Perrault. Spallanzani mostrò che, oltre agli invertebrati, anche i giovani Tritoni ed i girini di Rane e di Rospi si prestano magnificamente per simili esperienze, di cui egli ebbe il merito di compiere una ricca serie, se- guendo un'idea determinata. Ecco dunque riaffacciarsi e perfezionarsi l’idea di Ge- ronimo Cardano, dapprima nebulosamente accennata, che oggidì potrebbe enunciarsi in questa guisa: 7arto più age- volmente avviene la rigenerazione, quanto più basso è 1 grado filogenetico cd ontogenetico degli organismi sui quali si espe- vimenta. Bory DE SAINT-VInceNT (3) dà alcune notizie sulla ri- generazione della coda nelle Lucertole e stabilisce una grande differenza di struttura e di origine tra code sem plici e bifide. Nel suo /ègne azzzia! riafferma l’asserto del Marcgrav della estrema facilità di rigenerazione della coda nelle Lucertole esotiche. Notissime sono le ricerche istituite da Ducks (4) ed i suoi tentativi per ottenere la rigenerazione delle code (1) Nouvelles observations microscopiques avec découvertes intéres- santes sur la composition et la décomposition des corps organisés. Pa- risi MDCCLCXIII. ; (2) Prodromo di un’ opera da imprimersi sopra le riproduzioni animali, dato in luce dall'abate SPALLANZANI. Modena, MDCCLXVIII. olo d'histenol 1 ‘oi8-9 art < Lezards». (4) Memoire sur les espéces indigènes du genre Lacerta inséré dans le cahier d’avril du tome 16 (1829). « Arzales des sciences naturelles ». P a 106 ALFREDO MISURI di Lucertola. Egli però tenne conto pel primo di un im- portante fattore, cioè della temperatura, cosicchè, mentre | Thévenot, ottenne in dodici giorni una coda rigenerata di otto linee, Dugès, nello stesso spazio di tempo, inalzando la temperatura, ne ottenne una di un pollice e mezzo. GACHET (1) dà importantissime notizie bibliografiche ed afferma che il potere di riproduzione nei Sauri è così straordinario, da esser sufficiente una rottura anche par- ziale per produrre una nuova coda. Il grande potere di riproduzione di questi Rettili, comprese le grandi Lucer- tole americane, sarebbe accoppiato alla estrema fragilità della coda. Anche Gachet, dopo i risultati ottenuti da The- venot e da Dugès, ammette la dipendenza del processo rigenerativo dalla temperatura. Pa. Gosse (2) narra di un Rettile Scincoide della Giamaica (IMabouja ages) al quale si rompe e si rigenera facilmente la coda. CALORI (3) tratta superficialmente il fenomeno della ri- generazione e lo spiega coll’accorrere, nel punto ove av- viene una lesione, di umori che produrrebbero una gemma. Egli tentò di far riprodurre artificialmente delle code di Lu- certole, seguendo il metodo di Thévenot e Perrault, ma non vi riuscì. GLiicksELIG (4) attribuisce la frequenza di Lucertole dalla coda mutilata alle feroci lotte fra maschi durante l'epoca degli amori e ciò è confermato da vari altri er- petologi. TyrLER (5) osservò la rigenerazione della coda in nove specie di Ascalaboti, ed ammise essere sufficiente per la rigenerazione completa un tempo di tre settimane. (1) Memoire sur la reproduction de la queue des reptiles sauriens. « Actes de la Société Linn. de Bordeaux », n. 36-25; juillet 1834. (2) Annales of Nat. Soc., III, 1849. i . (3) Sulla scheletrografia dei Sauri. Nota III. Scheletro di Lae certa viridis, ecc. Bologna, 1858. 1 (4) Ueber das Leben der Eidechsen. « Verhandlungen des zool. bot. Vereins in Wien », 1863. (5) Journal of the Asiatic Soc. of Bengal, 1860, RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR. 107 HoLrerT (1) dà soltanto un breve cenno della rige- nerazione sperimentale e stima 2 mm. in media l'acere. scimento giornaliero in lunghezza d'una coda rigeneran- tesi di Lacerta agulis. FRAISSE (2) più che ricerche personali dà ricchissime ed accurate note bibliografiche, frutto di lungo e paziente lavoro. Egli ottenne la riproduzione sperimentale della coda, in seguito allo strappo ed al taglio con le forbici, in Lacerza agilis, L. ocellata, Platydactylvs facetanus ed Angus fra gilis. Le sue osservazioni biologiche sono interessantissime avendo egli notato essere adatte, per nutrire i Sauri pri- gionieri, le mosche, manifestarsi l’autotomia e ripetersi più volte la muta in cattività ed il prodursi di stadi precoci del processo rigenerativo, ripetendo più amputazioni sulla stessa coda. Il suo lavoro sarà utilmente consultato da tutti quegli studiosi che tratteranno della rigenerazione, per la grande quantità di notizie diligentemente raccolte, tantochè il suo nome ricorrerà in tutti 1 capitoli di questo mio lavoro. Vicror Fato (3) accenna alla frequente rottura della fragile coda delle Lucertole e degli Orbettini ed alla non- curanza di questi nel perdere un organo simile. Dice della prontezza nel cicatrizzarsi e nel germogliar d'una nuova coda e della possibilità di riconoscere dall'esterno una coda rigenerata « sia in uno scompiglio delle scaglie, sia in un subitaneo cambiamento di colore ». Attribuisce all’autotomia delle Lucertole un vero scopo difensivo ed aggiunge: « Questa precauzione della natura non è soverchia, perchè alcuni mammiferi, molti uccelli e parecchi serpenti fanno incessantemente guerra a questi piccoli animali ». Avendo anche osservato delle lotte tra maschi durante l'epoca degli amori, fa risalire a quell'epoca molte tracce di morsi e molte rotture di code. . (1) Sttzungsber. der Gesellschaft Isis in Dresden, 1869. (2) Die Regeneration von Geweben und Organen bei dem Wirbel- thieren, besonders Amphibien und Reptilien. Cassel und Berlin, 1885 (3) Zaune des Vertébreés de la Suisse. Tom. III « Reptiles et Ba- traciens ». Genève et Bale, 1872. 108 ALFREDO MISURI WeRrNER (1) ritiene che la rigenerazione della coda manchi o sia eccezionale, quando essa coda serva per arma, come nei Varanidi, 0 per organo di prensione, come nei Camaleonti. Secondo ToRnIER (2) in Padydactylus, Phyllodactylus e Platydactylus la coda si rigenera differente dalla nor- male e con un maggior numero di squame e solo in se- guito divien somigliante a quella, ma alquanto più sottile. Ciò sarebbe dovuto, prima, ad ipernutrizione di tessuti, giac- chè i vasi portano la stessa quantità di sangue e fanno rigenerare una coda spessa, poi, ad insufficienza di nutri- zione della parte notevolmente accresciuta. Rigenerazione sperimentale di code semplici. b) Ricerche personali. I risultati ottenuti dapprima da Thévenot e da Per- rault m'indussero a tentare la rigenerazione sperimentale di code di Lacerta muralis Merr. e, per controllo, di L. viridis Daud., operando su duecento individui della prima specie e su cinquanta della seconda, in vari stadi d’'accrescimento. Le Lucertole furono poste in alcuni terrari costituiti da casse metalliche ricoperte di vetro, che durante il mese di agosto 19038 furono esposte in luogo aperto e soleg- giato. In tal modo, riscaldandosi le pareti delle casse, ottenni una temperatura di 39°40° C.; la sera i terrari venivano protetti da assicelle di legno che impedivano alquanto la radiazione notturna: così la temperatura non discendeva che a 25° 20° C. Verificatosi un brusco cambiamento di stagione nella prima quindicina di settembre, tutti i ter- (1) Veber die Schuppenberkleidung des regenerirten Schwanzes bei Eidechsen. « Sitz. Ber. Akad ». Wien, 1896. 5 (2) Veber Schwanzeregeneration und Doppelschwanze bei Eidechsen. « Sitz. Ber. Ges. Nat. Freunde ». Berlin, 1897. RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR. 109 rari vennero riposti al coperto, ma, avendosi in tal guisa una temperatura costante non molto elevata, convenne tenerli artificialmente ad una temperatura di 369-38° C. Tenni conto in modo accuratissimo della temperatura, occorrendomi ottenere code rigenerate per studio nel più breve tempo possibile. Ma era pur necessario che, ripren- dendo l’idea del Dugès, la sottoponessi al controllo spe- rimentale ; pertanto cinque terrari furono tenuti a diverse temperature, prima, per insolazione, poi per riscaldamento artificiale, mentre un sesto terrario sin da principio fu te- nuto al coperto e non fu mai riscaldato. Tuttavia, anche nei terrari esposti al sole, le lucertole avevano perduto ia loro vivacità sin dai primi giorni di prigionia e più ancora crebbe il loro intorpidimento allor- quando furon poste al coperto; nel terrario che non fu riscaldato le lucertole rimanevano immobili, come paraliz- zate, e solo a stento muovevano talvolta un arto per di- rigersi a fatica verso il cibo loro offerto. Da un lato fu giovevole questa loro immobilità al buon andamento del processo rigenerativo, che se i Saurî pri- gionieri avessero conservata tutta la prontezza dei loro movimenti, si sarebbero avute nei terrari delle lotte tra i vari individui e specialmente tra maschi, ad onta che l'epoca degli amori fosse pià passata. Come è noto dalle osser- vazioni di Gliickselig, durante queste lotte gli avversari tentano spezzarsi la coda a morsi, non solo perchè essa è necessaria a questi animali per seguire, correndo, una linea retta a guisa di freccia (1), ma anche perchè que- st organo sembra un’ valido mezzo d’eccitamento sessuale per la femmina, cui il maschio gira attorno in posizione eretta roteando in alto la coda. Tutti gli autori concordemente affermano che le lu- certole desiderano una preda viva per cibarsi e suggeri- scono, per la loro alimentazione in terrario, chiocciole, varie (1) Gli animali, cui fu mozzata la coda, strisciano penosamente con rapidi moti serpentini del corpo (LEYDIG). IIO ALFREDO MISURI specie d’ insetti e le loro larve, vermi di terra, ma l'ul- timo e più attendibile osservatore il Fraisse, consiglia le mosche. Ma come provvedere delle mosche ozve per . duecentocinguanta Saurî? Necessariamente ha dovuto tar la provvista di cibo con un comune acchiappamosche ad acqua, ed ho notato che i miei rettili venivano acquistando l'abitudine di cibarsi di quegli insetti morti. Ma nella prima quindicina di settembre le mosche ven. nero a mancare (1) e furono sostituite con lombrichi, i quali però, ad onta delle osservazioni in contrario del Gliickselig, per le Lucertole, e del Boettger, per i Ramarri, non sono molto appetiti dalle Lucertole, sì che queste, con un simile regime alimentare, intristirono notevolmente. Altra causa d'intristimento è la muta che questi ani- mali, privi della luce e del calore solare diretto, compiono reiteratamente in prigionia. Pare che le mutate condizioni di vita, la restrizione nella libertà dei movimenti, il cibo fatto di prede morte e, soprattutto, la mancanza di sole, inducano nei poveri Saurî uno stato semi-letargico. Dopo 7-8 giorni la pelle comincia a disquamarsi ed essi ne fa- cilitano il distacco strisciando sulle pareti del terrario, e già non è compiuto il rinnovamento totale, che il nuovo strato corneo si disquama a sua volta. Già la semplice muta annua turba le condizioni fisio- logiche degli organismi che la subiscono; tanto maggiore dunque è la dannosa influenza di mute successive nelle Lucertole in cattività. Ho notato tutto questo perchè, se in prigionia questi animali non deperissero, si avrebbe senza dubbio. un’ ac- celerazione nel processo rigenerativo. Quando essi, per tal cumulo di circostanze sfavorevoli dimagriscono, primi a scomparire son quei depositi di grasso giallo e compatto che si trovan diffusi in tutte le parti del corpo e sl ri- duce ancora quella guaina adiposa che circonda le vertebre (1) Si noti che le esperienze sulla rigenerazione furono eseguite in Castel del Piano (Perugia). RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR. TERe] caudali; in tal guisa la configurazione generale della coda viene ad essere alquanto modificata. Alcune delle code di Lucertole furono per un certo tratto asportate con le forbici o con un taglio netto di bistorì, ma difficilmente con l'uno o con l’altro metodo si ottennero buoni risultati di rigenerazione. Infatti, quasi tutti gli individui ai quali venne in tal modo amputata la coda, soccombettero in seguito ad una totale degenerazione del tronco di coda rimasto loro; alcuni pochi che sopravvis- sero poterono riprodurre molto stentatamente ed in modo assai imperfetto l'organo perduto. Come fu già notato dal Fraisse, riesce quasi sempre, in breve spazio di tempo ed in maniera molto più per- fetta, la rigenerazione che segue il semplice strappo della coda. In tal modo ottenni dei buonissimi risultati. Per seguire il processo di rigenerazione ogni individuo veniva contrassegnato con un numero inciso su di una laminetta di piombo attaccata ad uno degli arti posteriori e sopra un quaderno d'appunti giornalieri si notava la va- rietà cui apparteneva ciascun individuo, l'età, il sesso, la lunghezza totale del corpo; veniva determinato il segmento in corrispondenza al quale si operava l’amputazione e la lunghezza della porzione di coda asportata prima di porre gli “animali in terrario. Naturalmente in precedenza si era notata la lunghezza della coda, il numero dei dermatomeri e la lunghezza di ciascun dermatomero, indicato con una sola cifra quando essi si presentavan quasi uniformi, con due cifre, quando invece la loro disuguaglianza esigeva se ne determinasse la massima e la minima estensione in lunghezza. Quando si avevano individui che già avevan perduta e rigenerata la coda sin da quando conducevan vita libera, si notavan separatamente le lunghezze e la quantità di dermatomeri della porzione di coda normale e di qnella rigenerata in antecedenza, oltre alla lunghezza particolare dei rispettivi dermatomeri. L'aver tenuto conto dello sviluppo di cia- scun dermatomero nelle parti di coda di formazione dif- ferente, mostra come nelle proporzioni dell’appendice cau- II2 1 ALFREDO MISURI dale rigenerate anche da gran tempo, sia turbata quella euritmia nella disposizione dei dermatomeri, che /si nota quasi sempre nelle code normali. Nè minore utilità mostra il prender nota del colore le cui differenze rendono evi- dente il passaggio da un segmento di coda normale ad uno rigenerato. Si tenne esattissimo conto del tempo im- piegato nella rigenerazione sperimentale. A rigenerazione incominciata, si uccideva un individuo al giorno sino al 459; poi, non presentandosi variazioni notevoli nel processo ri- generativo, si operò con intervallo di cinque in cinque giorni sino ad esaurire la serie. (Il materiale di studio, così ot- tenuto, fissato in alcool nitrico per 24 h. veniva conser- vato in alcool a 70°). Degli individui appartenenti a La- certa mural:s Merr. furono istituite due serie; la prima d’ individui adulti (16-21.7 cm. di lunghezza) tenuti al sole nella buona stagione e riscaldati al coperto, nei primi d’au- tunno; la seconda, d’individui giovani (9-13 cm. di lun- ghezza) tenuti sempre al coperto in terrario non riscaldato. Compiuto il processo di cicatrizzazione della coda mutilata, si venne notando la lunghezza di quella neoformantesi, il numero dei dermatomeri che andavan differenziandosi in essa ed i limiti entro i quali si rendeva evidente tal dif- ferenziazione e così pure la lunghezza di ciascun derma- tomero rigenerato ed il suo colore, dati indispensabili per ben determinare lo stato d’accrescimento della nuova ap- pendice caudale. D'altra parte occorreva determinare se, a rigenerazione compiuta, la lunghezza totale della coda dovesse ripetersi soltanto dall’allungamento della porzione neoformata od anche da un parziale allungamento di quella preesistente. Perciò ne fu determinata la estensione allor- quando i Sauri furon posti nei terrari e la misura fu ri- petuta quando, essi furon sacrificati, in modo da conoscere il parziale accrescimento di essa durante il processo rige- nerativo. Le quotidiane osservazioni trascritte nel giornale, fu- rono riassunte nelle tabelle che mi piace riportare, dalle quali emergono i fatti seguenti : RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR, II3 1° Le Lucertole che appartengono alla var. camjfe- stris, rigenerano la coda più lentamente delle altre appar- tenenti a varietà diverse, per la loro mole maggiore: 2° Quanto più gli animali son’ giovani, tanto più presto e facilmente rigenerano la coda. Essa, in questi casi, si raccorda in modo quasi perfetto, nei caratteri esterni, alla preesistente ; 3° Sebbene non esista affatto il più piccolo accenno a dimorfismo sessuale nei caratteri esteriori, nondimeno le femmine sono alquanto piu piccole che i maschi della va- rietà corrispondente; perciò in esse con rapidità maggiore avviene la rigenerazione; 4° Quanto più verso l'apice fu asportata la coda, tanto più facilmente e perfettamente rigenera, mentre, quando l’'amputazione avviene in vicinanza della cloaca, lenta e difficile è la rigenerazione, si ha scompiglio nel- l'ordinamento delle scaglie della coda rigenerata, anomalie varie e differenza di dimensioni (in senso trasversale) tra la parte preesistente e la parte riprodotta; 5° Entro segmenti di egual lunghezza di coda nor- male e rigenerata, non è mai compreso lo stesso numero di dermatomeri; di solito, nella porzione neoformata essi stanno molto più ravvicinati; 6° Anche il colore della coda subisce modificazioni notevolissime nella rigenerazione; anche se questa sia da lungo tempo avvenuta (in libertà) la nuova porzione di coda, pur mantenendo il tono fondamentale di quella vec- chia, appare molto più uniforme e sbiadita. Su vecchi mon- coni dalla ricca e svariata pigmentazione, dalla gamma in- finita del verde commista al rossastro od al giallo con linee, punti, chiazze brune o nere, germogliano nuove code che, anche a completo accrescimento, variano dal grigio al grigio rossastro, al grigio bruno, al grigio verde; 7° Come ho già accennato ($ 2) i giovani sono stati più precoci nel rigenerare la coda, quantunque tenuti in terrari freddi, se i terrari in cui furon messi gli adulti non fossero stati riscaldati, forse, a parità di tempo (80 giorni) si sarebbe appena iniziato il processo rigenerativo ; 4 II4 ALFREDO MISURI 8° Dopo la mutilazione della coda, il coagularsi del sangue e l’inizio della cicatrizzazione, si compiono in al- cuni giorni. Il 4° giorno, nei giovani, il 6°, negli adulti, ebbe principio la formazione di una escara terrosa, che il 9° giorno, nei giovani, ed il 12°, negli adulti, fu sostituita da un’ escara bruna, liscia. Ad essa sussegue un porro ne- rastro coperto da segmenti morbidi, lisci, splendenti e for- temente pigmentati di nero, rispettivamente nel 14° e nel 19° giorno. Dal 17° nei giovani e dal 24° giorno negli adulti, cominciano ad irruvidirsi i segmenti per lenta cor- neificazione, ed a differenziarsi i dermatomeri; 9° Irregolare e saltuaria è la formazione dei derma- tomeri ed irregolari anche le loro dimensioni; graduale il passaggio dalla pigmentazione esclusivamente nera, allo scialbo colorito uniforme proprio delle code rigenerate; 10° Quanto all’accrescimento parziale del moncone di coda rimasto in sito, esso è quasi nullo negli adulti; sol- tanto eccezionalmente in due individui che non avevan rag- giunto ancora il loro massimo accrescimento raggiunse i 2 millimetri e mezzo in 55-65 giorni. Nei giovani invece, comincia a rendersi evidente dopo 10 giorni ed in 80 giorni raggiunge II cm.; 11° Quando la rigenerazione avviene su code pre- cedentemente rigenerate una o più volte, si può appena discernere dai caratteri esterni ove avvennero le rigene- razioni SUCCESSIVE ; POS Sopravvissero alla prigionia, alle successive mute da riferirsi ad essa ed all'amputazione della coda e giun- sero a rigenerarla, il 53 per cento degli individui tenuti in terrario; Le esperienze condotte per controllo su 60 in- dividui di Lacerta viridis, provarono che per questa specie, la quale ha una coda molto tozza e massiccia, la rigene- razione è assai più lenta e difficile che nella specie pre- cedente. Sopravvissero soltanto 25 individui. RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR. II5 ECRITKOLOME Osservazioni sulla rigenerazione di code multiple. a) Notizie storiche. Dopo qualche cenno di ArisToTILE, PLINIO il Giovane notò che nelle Lucertole possono esservi doppie code. Ma le prime discussioni sull'origine delle code multiple furono iniziate da ULisse ALpovRANnDI (1) il quale però, inge- nuamente, riteneva che fossero primitive e provenienti da uova con duplice vitello. Egli descrive pure una Lucertola con quadruplice coda: « Quae monstra (Lacertae duabus et tribus caudis) non ab alia causa, nisi ab ovis dilecytis, 1d est, gemainis, dimauare possunt. Verum magis adnuranda fuit lacerta quadricauda quae anno domini MDACVI nobis dono data fiut. Etenim longior cauda tres alias tamquam ramusculos producebat. Quod monsirificum animal ex abundantia ma- teri natum fuisse existimamus, et peaecipue, quoniam ceterae corporis partes, justo granduwores erant » . Anche G. B. DerLra Porta (2) dice d’aver veduto diverse Lucertole con due o tre code e crede che abbiano avuto origine da uova doppie. G. Jonnsron (3) riferisce le notizie lasciate dai suoi predecessori e ritiene che le code doppie rappresentino casi teratologici. (1) ULySSISs ALDOVRANDI pazrzitii bononiensis de quadrupedibus di- £gitatis oviparis, lib. II. Bononiae, MDCXLV, et /7isforia monstrorum, MDCXLII, cap. VIII. (2) Io. BAPTISTAE PORTAE weapolitani magiae naturalis libri vi- ginti. Rhotomagi, MDCL, lib. II, De varzis animalibus gignendis. Cap. XVIII; Serpentes pluris capitibus caudibusque. (3) IoannEs IoANsTONUS M. D. Historiae naturalis de quadrupe- dibus libri, ecc. Amstelodami, MDCLVII. 116 ALFREDO MISURI GESsNER il Vecchio (1) conosceva anch'esso l’esistenza di Lucertole con doppie code. Gli autori sin qui menzionati esaminavano superficial- mente, soltanto nei loro caratteri esterni, tali anomale ri- produzioni e soltanto nel 1718 il bistorì dell’anatomico: andò tentando il segreto della loro intima struttura. In quell’anno infatti MarcHAND (2) presentò all’Acca- demia delle scienze di Francia una Lucertola con due code molto più brevi delle normali; nel punto della bi- forcazione v'era un’ appendice lunga due linee, ed ammise che da essa potesse derivare un'altra coda. La prepara- zione mostrò nell'interno delle tre code dei tubi cartila- ginei in luogo di vertebre. Ecco dunque un gran progresso compiuto nell’am- mettere che le code multiple si hanno in seguito a rige- nerazione e non provengono sin dalla nascita ab ovs di lecytis, come affermarono i precedenti autori. Ma ecco, in seguito, ARNOULT DE NOBLEVILLE ( 3) tornare a quest'idea, sostenendo esser le code doppie dovute ad una originaria mostruosità e non a rigenerazione. Egli sostiene la sua idea dicendo che una Lucertola comune da lui osservata aveva due code dell’identica grandezza e lunghezza e non mostrava traccie di ferita o cicatrice. Ciò non ha significato, perchè un'attenta osservazione esterna, o meglio, la dissezione, avrebbero mostrato ove la rige- nerazione avvenne; nè ha significato il fatto al quale egli attribuisce molta importanza, d’averla trovata in un luogo ove i ragazzi non potevano averla mutilata (‘) come se i Saurî stessero sempre fissi in una determinata località e soltanto i ragazzi li mutilassero! Com'è evidente, la prova addotta è puerile. (1) CONRADI GESNERI TIGURINI med. et phil. professoris in -schola Tigurina, historiae animalium lib. II qui est de quadrupedibus oviparis. Francofurdi, MDCLXXXVI. (2) Memoires de l Académie des sciences. Année 1718, p. 24. (3) Suite de la matière médicale de GrorcrRoy, MDCCLVI, t. 12, II partie. ù RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR, 1e1r// Sorge con M. NEEDHAM (1) ‘una nuova maniera d'’'in terpretazione delle code bifide, la quale, sebbene fosse er- rata, dovè sembrare all'epoca sua, più convincente delle altre. Egli ammise che, quando una coda è divisa nel senso della sua lunghezza, le due parti si arrotondano ed hanno origine cosi due code; descrisse pure la fragilità delle vertebre, che facilmente si separano l'una dall'altra. L'idea di Needham fu accolta da LAcEPÈDE (2), il quale scrisse che la coda della Lacerta muralis, secondo ch’essa è stata divisa in maggiore o minor numero di parti, sa- rebbe sostituita da due o tre code più o meno perfette, una delle quali conterrebbe delle vertebre, le altre non conterrebbero che un /exdzze! Quantunque il passo del- l'opera di Lacépède non sia chiaro, sembra ch'egli voglia parlare di divisioni longitudinali, e ciò che chiama ferdine sarebbe il tubo cartilagineo che, nelle code rigenerate, so- stituisce la colonna vertebrale. Bosc (3) accenna pel primo alla possibilità di ottenere sperimentalmente code doppie o triple, ma partendo dal solito concetto errato: « Les doubles et triples queues dont les charlatans tirent souvent parti pour duper les igno- rants, peuvent étre produites artificiellement. Il ne s’agit que de fendre l’extrémité d'une queue de lézard préa- blement cassée ». Più degne di fede sono le osservazioni del Ducs (4), al quale il Moquin narrò avere osservato il principio d'una nuova coda sopra un'altra rotta incompletamente. Egli - tentò più volte di produrre rotture parziali in code di Lu- (1) Nouvelles observations microscopiques avec des découvertes inté- yessantes sur la composition et la décomposition des corps organisés. Paris, MDCCLXIII. (2) /fistoire naturelle des quadrup. ovip. et des serpents, 1° édi- tion en 1790. Paris. (3) MWouveau dictionnaire d’ histoire naturelle, 1817, t. 17, article « Lézards ». (4) Memoire sur les espèces indigènes du genre « Lacerta », in- séré dans le cahier d’avril du tome 16 (1829) des « Amzales des scien- ces naturelles ». 118 ALFREDO MISURI certole, sperando di veder rampollare, vicino alla primi- tiva, una nuova coda, ma i movimenti dell'animale produ- cevano sempre l’intera rottura. Ritiene pertando doversi ‘le code bifide ad una 7r2produzione simultanea e, sulle cause del fenomeno dice: « Il semble (ce phénomène) étre inhé « rent à quelque disposition ou aptitude individuelle et « l'on ne peut expliquer que de cette fagon l’existence « d'une queue triple. Si les bouts sont réellement tous trois « de nouvelle formation, il faut alors qu'une première « rupture arrivée à l’une des branches de la bifurcation, « ait renouvelé au bout de celle-ci la mème duplication; « c'est toujours, en effet, de deux bouts différents, et non « dun méme lieu, que naissent les trois appendices ». GACHET (1) osservò cinque Lucertole con coda doppia, ed avendo, in una di queste, trovato il tubo cartilagineo in tutt'è due i rami della coda, sostenne contro Lacépède e Bonnaterre, che non sempre in una delle due code si rinvengono vertebre. In un altro individuo osservò due code, lunghe ognuna un pollice, di cui una, più sviluppata, si trovava due segmenti innanzi all'altra. Egli spiega, come già Dugès, questo fenomeno esser avvenuto mediante am- putazione incompleta. In un terzo esemplare, i pezzi sche- letrici cartilaginei erano uniti tra loro per la lunghezza di sei linee prima di dividersi. Egli ritorna sull'idea del Dugès, che la rigenerazione di code multiple sia dovuta ad una attitudine individuale, ed afferma essere ciò il risultato della potenza di rigenerazione nei Sauri. Nota il Carori (2) aver origine le code bifide nel punto in cui si hanno vertebre composte e che, quando la estremità del troncone porta, oltre la ferita della tron- catura, un’ altra ferita laterale accompagnata da lussa- (1) Memoire sur la reproduction de la queue des reptiles sauriens, in « Actes de la Société linnéenne de Bordeaux », n. 36-25, juillet 1834. (2) Sulla scheletrografia dei Sauri, nota I, Scheletro di « L. vi- ridis » e riproduzione della coda nelle Lucertole. Bologna, 1858, e nota III, Le Lucertole scodate riproducono, quando una coda sola, quando due, ecc. Bologna, 1859. x RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS >» MERR. 119 zione, si hanno due code. Pensa che la riproduzione sia dovuta a germi che s'annidano tra una porzione e l’altra delle vertebre, nel caso di code rigenerate bifide. Ciò è espresso in una nota seguente, breve, confusa ed acciden- tale, essendo premessa ad un lavoro che tratta dell’osteo- logia del P/atydactylus muralis Dum. et Bibr. EveERSMANN (1) vide nelle collezioni dei musei di Al- geri, alcune Lucertole con doppia coda, ed una con tri- plice coda; talora una delle appendici caudali era la pri- mitiva;j più spesso erano tutt'e due rigenerate. Osservò GriicksELIG (2) in animali tenuti in prigionia e privi della coda, che, se sorge per una causa esterna qualsiasi, un solco nel margine della ferita, questo è causa di rigenerazione d'una coda bifida. Si tratta anche qui di un ritorno alle idee dei precedenti autori sulla divisione longitudinale; idee che debbono ritenersi errate. GieBEL (3) ha ricevuto una Lucertola con due code, ma non ne dà particolari anatomici. Il Farro (4) ammette che, se la coda, durante il pro- cesso di rigenerazione, subisca lesioni secondarie o pres- sioni di corpi estranei, possa dividersi in due o più rami. Il solo lavoro che si occupi di proposito d'un tale ar- gomento, si deve a TornIER (5) il quale, in una nota preliminare, espone i metodi, coi quali si possono ottenere nella Lucertola tre code. La rottura delle vertebre deve esser condotta in guisa che la vertebra composta sia, solo parzialmente, lesa; rompendo così due o tre vertebre, si possono ottenere due o tre code. In natura, le punte cau dali sarebbero raramente nitide; più spesso si avrebbero (1) Erinnerungen aus einer Reise in's Ausland 1857-1858, in « Bul- letin des Naturalistes de Moscou ». (2) Uebder das Leben der Eidechsen. « Verhandlungen des zool. bot. Vereins in Wien », 1863. (3) Zestschrift f. d. ges. Naturw.- 24, 1865. (4) Zaune des Vertébrés de la Suisse. Tome III « Reptiles et Ba- traciens ». Genève et Bale, 1872. (5) Ueder eaxperimentell erzeugte dreischwinzige FEidechsen und Doppelgliedmassen von Molchen (Vorliufige Mittheilung), 1397. 120 ALFREDO MISURI due o tre punte, unite sotto un rivestimento cutaneo co- mune. La dizione del Tornier è assiomatica e poco di- mostrativa; le figure, quantunque sien fatte da un disegna- tore specialista, non sembrano evidenti ed illustrative. Di recente è comparsa una nota del Gay (1) sulla coda mostruosa delle Lucertole. In essa si parla di una Zacerta muralis con coda bifida, trovata in Val Pellice. Il ramo più lungo sembra la vera continuazione della coda, ma in realtà questa sarebbe data dal ramo più breve, che s'in- serisce sull’altro ad angolo retto, per la somiglianza tra le squame di questo e quelle normali. La mostruosità, se- condo l'A. sarebbe dovuta a rigenerazione, oppure con- genita. Non è il caso di risollevare ai nostri giorni la ipotesi della mostruosità congenita, quando sappiamo che, nelle code multiple, una sola ha caratteri osteologici normali, mentre le altre rivelano la loro origine per neoformazione, in seguito a lesioni. b) Osservazioni personali. Il primo accenno dato da Bosc sulla possibilità di ot- tenere code multiple per divisione longitudinale, accenno confermato da Gliickselig, mi parve errato. Nondimeno rac- colsi l’idea di Dugès, da ultimo ridotta a metodo per opera del Tornier, delle rotture parziali di vertebre composte, come causa della produzione d'una coda accessoria sulla parte lesa. Ciò è verosimile ed è confermato anche dall’osserva- zione anatomica di code naturali bifide o multiple. Per- tanto mutilai delle cose strappandole, e quindi più pros- simalmente (4 verticilli innanzi allo strappo, ed un numero multiplo di 4) introdussi la punta d’un bistorì o d'un ago lanceolato in uno spazio intersquamoso tra due verti- (1) Monitore zool. ital., n. 2-3, febbraio-marzo 1909. RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS >» MERR, I2I cilli successivi, cercando di sguainare i fascetti muscolari e di lussare la vertebra composta sottostante. Però, quasi sempre, i muscoli lesi si necrotizzavano, producendo la morte dell'animale. Tentai anche, sulla stessa coda, delle lussazioni di ver- tebre successive, ma, frequentemente, gli adulti che le su- birono, si sbarazzavano di tutta la parte della coda lesa. Infatti, come sappiamo, potentissimo e il potere auto- ‘tomico delle Lucertole adulte, per quel che riguarda i segmenti caudali (questione che sarà argomento di una mia nota successiva) e percio le lussazioni multiple riuscivano più facilmente nei giovani, non ancora capaci di una vio- lenta autotomia. Per gli energici movimenti dei rettili, ta- lora non si poteva dunque ottenere la rottura parziale della coda, che invece si staccava tutta, nè avveniva nel punto voluto, chè in seguito all’ irritazione prodotta all’ intromet- tersi dell'ago lanceolato tra i muscoli, si spezzava alcuni segmenti più indietro, verso la cloaca. Per ottenere l'im- mobilità degli animali durante il procedimento, bisognò dunque ricorrere all’anestesia, dapprima tentata con l'etere e col cloroformio, che, però, si mostrarono spesso troppo energici e produssero effetti letali; anche usati in dosi minime e con le dovute cautele, produssero nei Sauri dei lunghi tremiti che si protrassero per qualche ora. Più adatte si mostrarono infinitesime dosi di nicotina, ma questo metodo non è scevro di rischi; infatti è noto che quest'alcaloide è, per i Sauri, uno dei più micidiali veleni. In seguito a moltissimi tentativi ripetuti su gran nu- mero d’animali, non ho potuto ottenere la rigenerazione di code multiple, sia perchè le Lucertole morivano in se- guito a necrosi delle parti lese, sia perchè, riavutesi dopo l’azione dell’anestetico, si sbarazzavano di quella porzione di coda incompletamente. rotta ed offesa in più punti e la rigenerazione procedeva dal segmento cui corrispose l’ultimo atto autotomico. Come è ovvio, si otteneva in tal guisa una rigenera- zione semplice e null'altro. fe. - el nr AI SIR ROTTO PI RISRA ARI Ba VO A RARE de E s Lilia n ut ret x ‘ STR VISA dEVa 1 PEA Tea N $ 122 ALFREDO MISURI In qualche caso, quando la lussazione della vertebra composta non avvenne completamente e quando i muscoli non degenerarono, sulle labbra beanti della ferita, si stese un blastema cellulare, analogo, per consistenza e pigmen- tazione, ai tegumenti della coda rigenerata nei primi stadi di sviluppo, ma il fenomeno si arrestava a questo punto, senza che si avesse l’accenno alla neoformazione d'una coda. A me sembra pertanto che, data la relativa rarità di trovar Saurì con coda bifida, in natura, tale anomala ri- generazione debba aver luogo, indubbiamente, per lussa- zione di vertebre, ma in condizioni specialissime e non riproducibili in laboratorio. Anzi, non son lontano dal ri- tenere che la lussazione d'una vertebra composta possa avvenire accidentalmente, senza che le parti molli vengano offese, alquanto prima che l’animale cada in letargo, forse nel rivolgersi di questi animali entro i crepacci e gli an- gusti fori di roccia o di muraglia, per assumere, entro il riparo, una posizione adatta allo svernamento. Quantunque nello stato letargico si verifichino condizioni fisiologiche specialissime e l'accrescimento generale del corpo sia minimo e si verifichi anzi un notevole riassorbimento di materiali adi- posi, deposti in varie parti dell'organismo durante la buona stagione, pure la nuova coda potrebbe venire abbozzan- dosi nell’inverno, per rampollare fuori in primavera, al ri- destarsi delle energie vitali. Non e chi non veda quanto sian favorevoli queste ec- cezionali condizioni che offrono il sonno ed il torpore le- targico alla rigenerazione. Quando la temperatura esterna discende ed i Saurî agghiacciano, col respiro difficile, pe- nosamente col tardo serpeggiare del corpo, si dirigono al destinato rifugio. Rivolgendosi nelle strette fessure, nem- meno avvertono le eventuali lussazioni di vertebre della coda, nè, anche accorgendosene, potrebbero produrre vio- lente contrazioni muscolari, quali si richiedono per l’auto- tomia. Così, nell’immobilità assoluta, dalle parti divari- cate della vertebra composta, il midollo spinale, parzialmente offeso, produce una gemma che darà luogo ad una specie di filum terminale. Attorno a questo, dal setto cartilagineo < RICERCHE SULLA CODA DELLA « LACERTA MURALIS » MERR. 123 che divide il pezzo principale dal pezzo accessorio della vertebra, migrano colonie di cellule che formeranno un tubo cartilagineo; attorno ad esso si costituirà una guaina di connettivo spugnoso, destinato ad empirsi di adipe. Su di essa si distenderanno corone verticillari di muscoli sui quali i segmenti, dapprima lisci, pigmentati in nero, in- formi, andranno disponendosi in dermatomeri. In tal modo, in corrispondenza alla lussazione, lateral mente, si originerà una gemma composta di tutti gli ele menti dei vari tessuti che compongono la coda primitiva; la saldatura delle vecchie parti lese, con quelle di nuova formazione ed il completo abbozzo dell’appendice caudale laterale, saranno completate in inverno. In primavera, lo sviluppo della nuova appendice caudale, si Aiiecnaà in modo rapidissimo. Se alcuni autori descrissero code bifide o multifide ot- tenute artificialmente, con probabilità non fecero che chiamar tali delle code riprodottesi in natura, ovvero attesero che una coda neoformantesi, abbozzata già lateralmente alla coda normale quando il Saurio era libero, si sviluppasse durante la cattività dell'animale stesso. Perciò, a mio cre- dere, anche quello che Tornier chiama w2ef0d0 non è, pro- babilmente, che una concezione sua, giacchè non regge al controllo sperimentale condotto in modo scrupolosamente esatto. Esso non ha dunque importanza che da un punto di vista soggettivo; è una convinzione personale qual È quella da me esposta più sopra sul riferimento dell'origine di code bifide allo stato letargico. (Continua). 124 ALFREDO MISURI a) Lacer mini eee ne! AA ° o ES © £ cli O 0) og | 5 nu = ata A e 2 ; Mo, aa ne Vv e Varietà | Eta e sesso 5 ei E 6 | 3 | 3 È ESE do Colore ic) d2 ey N | a ® | C [on dn) () E Dv & Oris ES NOS R 2 o | Bionda Wclalani non DRRAN ONE d E a | IRR ON RIQNNI i] NEC ESE MESE cme 2 | DO LESENE MES Pb; 5 Eton NOD vini Sia SI Sicu Sisde Esa Z| | A D A SIA RZ: a | | | cm. | cm cm. mm. 156). Zzeata | adulto p | 17.5| 200 | 8.o|1r.1| 95 | 15/,-t |verde-nerastro screziato 160| campestris | TAMARA DIS 33008 174 SONA AR Toi verde-bruno | | Ù . | | screziato Î 161 | id. IONICA OZ 3400 079) SI200 (500) MIE) SI verde-bruno . I | uniforme î I ù . 159 | id. Id CH NS S3A NT907 (80) 2534 (0210 PI id. | | 150 | id. id. zi.5) 0 2000731307102) 1 9/ACRA Mede Pumo | : | | | screziato | . D | I TA 3 ” 57 | id. id: Ici IS. 2007200124 07, DA id. | | | Î 99) dreata id.‘\\\di\20.5:20% (12.1 13.1 ION 1 -Mverde-screziato | o | | | | | 05 ; | | Rea I51) campestris | IRON RIEN (N20 ZIO 8| 82 |I PSR verde-bruno | | screziato 200 id. IRONICO ZIONA NI 020 | 3.4|14 o ian id. $ È | | E 154 | td. | id. £ | 16 L27220 NI ZU-OT id. | . | | 155 | id. | oz 20° | 10,9] 13.8 | 104 2-1 id. | | | | 162 id. Fiato Teli Manieoli 82 2 Nona na id. Î | il | | 2 id. id. Ù Sa 3 STO] id. 15 id. | Roio 7 OMIZI MITE 9 | L3/S Ì | | | | 176 | id. | IA NOA YZ. 0002000) AI T149 STAMI MOTI DST id. 169 id. eZ ZO LE NO] dun verde-nero | . | screziato | i | | | 7 ; È 170 | id. | Id GI (205) 0200 LIO SIZSI MSG 2-1 id. Î | | 172 id. | IRE NILO GORI CONO) AISCESi N37, 2-1 | verde-bruno | | screziato im Q E | | | | | | | | | | | | | | | | S (SI a N Luni (eni bb di (se) N°) n (CN) (SÌ > > bb = Si mi Hi 3) e]ppu 03eSoidwi odulo], 3 ‘En gà se a SE ssa 5 de Sa = RD © © ©) o 9 e) O :D6 4 “STO £ v 50 L e v 1908e P_& E 3 g DO 5 a Q I RR i °| È bo E = ai a | | | pieni pre al | 9 S Ss ©) S= 3 i d OSE SE : O) Toda 9 LE ‘o 8 to ks «Ba E hs 5) [a 53 (D) > Vv | O) > ) > ba È = = fara ozuo:sIso91d 03EI 5 in si SES; SÒ ® Lai (07) -QuUaSII 01901032 UIIOP E | m “Queo | | | | co | la la | | | < i 3 È E es H È DS SS n = UnIsSElI ip ezzoySung E di m CR n Al e > ALFREDO MISURI | = DE Cr) c "A v sa 5 5 Uci 3 0) ONT Sir | Le A A o) osa Es o E | 5 .2 0 © 05 | SS 25 | = Ln n | Sr 2 Ì Bi do fe im E.7 2) 5 LI AOL ea ° Ta DI | DV Si ? Varietà Età e sesso pr 2 3.2 | Uci ZO © 5 E oS St] i E lo) Ud © SAGA Ù 4 V 2. | iS (OS È @È | ERS| a2| af (55) hi 5 58) ans [OSS] Sis (EE SÒ z À D Opi ZIE EU, A | cm cm. | cm. mm | 175| campestris | adulto g | 18 20008 13 KLONSN070) 2-1 174 id. ica ZO OOO ASCA MIRI OZ MZ È | 182 lineata | IAERONA RIU 200 | 09 II 97 |15/,-1 179 | id. | gd 7 200 PAZZA TOI 88 | 15, - I 177| campestris (AURA N95 300 SO 43 DARE | | 1809 | rubriventris | ISO LO N54 INZ4IOO 7 II 97 Da I | h 144 | campestris IA RO 2 OZI IZ OOTIETAI: 12.5| 95 DINI 130 lineata I TS 200/4(ION\I (IIS 07 2-1 54 | campestris I] MISSA ‘2025 ORI ASNT ON no, 138 | id. id oe 203° 2000) Vol Mozi4 1/0 | I21 | id. IO STA 20099) ARTO 200 115 | id. IAN 18249 MAZZO, 92) RTAS 2-1 128 | nigriventris i RTONSA MAZOO 75, LORIA MELE 2-1 È 159. si I 190 | campestris | ION KILI AZ OO HO 4° DI Io5 |15/,- “fa 143 | ‘d. Idi (20121 WNN20058 ATI 2::81| DICA N20 124 | id. IA OR RI7-157|NA209| MO: 12) AIIA5S NOS BIT | 104 | id, CR CS ARI go |15/,-I | 101 | flaviventris IA RON ISIS MIZOOI 3970 LLTOZI NOI STO SI Colore verde-bruno screziato id. verde-bruno lineato id. verde-bruno screziato rosso-bruno screziato verde-bruno screziato verde-bruno lineato verde-bruno screziato id. id. id. nerastro screziato verde-bruno screziato id. id. id. verde-giallo screziato Lunghezza della coda dle base rita) drill sta ul Dì Sr de pe "4 ali Si od t | cAnEIRUaSII 0Ssa9 ; O n Ò -o1d |1 siutInp o3u a ce == = A | | | | | | o) | | H va | miosaI9de aeizied ons - i re CISCUILI È (co) tm O \O nni E mn <+ < N lo A È fa ad It sIueInp 0708u1 È N - (e) 9 De H H N H È DÒ | —tosazsoe a]erzied ong i 3) "a È ES | | 2 VISCUIL IN 2 . 2 | \poo e]lp E 5 IS pa È n & Sh Si 3; e 9, A (se) Ù DS co n @ Si | ti a d o . 0 È È 5 Î a "E pi (sì] ie) (Se) mn mM q Mi (SÌ q di si = 9 S 0) 5 0) o v v A v a le) a de DT te fo) È a sE > h ca AS E Q .9 N D v 3 O) DI © “Si S ecs Ra fe asso ; ; | 8 si CERCO E è È) Ò Ò ò d OM e < | È S) 6n Se o io a e IS si è | to) ca ai to) «Da [RI ch) Hi 2) SA E Dr Solda pesci Se orchi = GERA = È n t) < i oqeI RIS OSE I TSO RE ZO * G E -au2SiI 019UO]EULIAP Bo Sil US Ho Si la Bi Si emo no o Ho a q Da Î DR si fond UnNOSsElo Ip ezzoyoune E “SS = 1 Su n= Si Si j "a ai E n ° n Sla esi I ECO Il » > >» > =: Le: S| (creziodse nJ epoo xv] z 4 2A0 03und ]ep) 0190107 É SS S S i | | -@2U01Op UNOSEIO 1p QUOIZ pia S Le 2 as Si 125 = > 9 19 E CN =_ 9 er Resi Sa = I | -2IZUSISYIP ©IPP HU] > È si E S - 3 qeIusSII Hi si LIOWOJEULIOP T9p c19UNN SD Co) D ni 0 9 ai eg a 2 q (e) CN in o) x = a DA Ei (SÌ bel (n > > 93u93SIS9DId 0JEI 3 a Si Si ù -209511 019UOZEUIIOP E | | n | | 4 "i : ai a unoselo Ip ezzoySung È SI HO S | Ti | I L = q I [2] N so ° ISIN to $ fit sen ts sn AAT PA Lat (4 trat pis VPI 07 4 E SIVE SERRANO EV ROGO 130 ALFREDO MISURI ‘ "9 | [n= I. ad ci Gi sE E 5 Lu, | ve 9 SiR È a o) Cla MERE o E | n) no (3) OD ok ua i ic | | Sl È SALI d9 di = San a ire sa | 3A £ | e e E Varietà Età e sesso È 2 3.9 ho) uo) È iS) 55 Colore $ | i eee © N OSO ata NES os NES To) do |fesca d = ICI CONE d E ni SO | ONE | £9 | £ E SUE ZE E | Du 5) Eoa Di n | du o_| go Do 5 5 30 | do 3a 35 R 5 lie] ZEN S n (GA POINZ: fsi cm cem cm mm 3 | zigriventris | giovane Of Li 200) 0.207 A 072 È nero Il Il | | % 29 | faviventris LAM CONF NO, 409 34 SO SE | I - !/,| verde-giallo | | | | SCATII È | | | [RS A 44| campestris id di 10.9] 400 ZI aL 024 0 Ae n nero-verde | Ì I | I i I I 20 | id, IO MORI 400 NE 7 94 | 1"/,- “/,| bruno-verde I | ; i z i i 12, id. LA SRARO | 9.5| 400 I Gti 7 I RETE id. 5 | magriventris | ehi I | TORA N40 RIESI UO I - '/,| verde-nero Ì | I 7o| campesiris Ia RIZITA0 400 4:5) 8.1 93 | 15/- */,| bruno-verde Ì Î Il 192 | rigriventris IA ON MISI 4007 (2 MO 00 ILS nero 85 | campestris id. (piaz 400040 77 oz I - 5/, bruno-verde | id. id N20) 750121187) (344 (EA id 30) Zizeata Ida MONO) N40 30 MONO Lab bruno-verde lineato 109 | campestris do 2 400, 532 (7 2 OS I - !/,| mero-verde 12 id. is i 00 it, 8 2-1 | bruno-verde 3 screziato II lineata Id o Mz IN ZOO, 400) (07/2) (032 Mg bruno-verde Du lineato | | 31 | zeigriventris Ido to Sia TOO Lo 912) I o nero 42| campestris Ivi (0268 FAZIONI ezio 67 | 15/,-1 | bruno-verde 108 CORTI IRR UO 400 2 OSON MANZIANA id. | 2 | 0ANBUISII 05599 A Ln) | 5 x (N) (S] Sed -o1d jr 23uvInp 03UEWI È | | | | I | | | | | | Ho a Si Gi 23 n | 210sa1991 a]jeizied. ons ; CISCUILI SCO + mn + N o = aj IU . . FA E g . . Ù af u . - 25 È eee Se ea : D 6) 6 È ia 5 bo Dì & 9 n bo Au n} v n a OLI NO << s «oli eee e È fà UNOSEII Ip EezzaySUunT E > fe S pr = 2 | (@rep1odse n; epoo e] î È aA0 ogund ]ep) o19UI0] Ri gaoh -2ULIOp UNOSEIO IP 2UOIZ E | | | | | | | | | | | | | | Sì SQ -\IZUSIQGIp è]]ep 2] < ni HeQUITII . ‘ a 119 UIOZEULI9P 19p 0IJQUNN | | | | | I | | | | | | | | | DI Ni < SIUSI DI CI a m N SÌ Si Sì = “qeruewniods vaesouoSlI Bros | | | | È È SI = m a m Da + o) I © epoo e]jap ezzoySun] E È 8, È di Ni 9 Si 2 : ie e i, e RI «a 5 bo f Dì 6n f 5) ; S fatela sais eee E dee . (©) uo) e’) ino) È : © $ a Vv > D) > 3 Ù Z equagsisooId 0321 | 3 i Di @ GI La -auaSi 0IOMOIEWLIOP . E | | | | | | | | | | | | ) | Gi Hi | : E ; a LI Ù I unoseto ip ezzogung | fo : mi RI È ALFREDO MISURI SOA RIO i us) Varietà Età e sesso S 2 S 6 È © è 3 d Ko) e DR di DA v S odS | Ss | Sg | Sa 2 ò Ecal 0 d È os : DÈ | ESS) i | SÉ BE È ao (EPG EEE sz a (07) sl 4 Zi cm. cm. cm. | 186 | campestris | giovane d' | 13 40° | 5.2| 8.5| 96 199 id. IO RARONI I27) 4005 9 80 6| flaviventris Mb a 400 N30) 72 MIS 28| campestris bha 4005) 40011 (0070150 (MO5 47 id. id fox 1255): 4029 N40) Ng 95 183 id. Id O NL 2:92) 2008 15 TS07 A GRGLO, 135 | 2zigriventris LO SO MOLE 40° | 2.9 AZ 117| campestris edi MENA da 187 id. I OI RIIEY4 | (4/00 4808 MZ DIO2 198| izeata LO BIt7 | CIAOO 4A 007 85 142| campestris o oa 40000 0-2 SATA NCTONTA MANTO 195 lineata Ido LONSI MN 400441 0007530 077, 33 | zigriventris Le Mc MIZAR Me 4 OI io 49 0-10) OO 62| oampestris Gb edi ACOMEG TAI ZO 41 td. IA RRIRON UTO 60 3923 ON7 6 21 id. ih toga 20° | 6 208) MI2O 147 id. obo puoi 40° | 3 1302 46 id. IV dies IG) ZODNI ROSSA MISSILI NOE 3 bi (ei (n) = N Lunghezza di ciascun dermatomero normale Colore nero-verde screziato bruno-verde verde-giallo nero-verde screziato bruno-verde id. | nero Ì nero-verde bruno-verde bruno-verde lineato nero-verde screziato - nero-verde lineato nero bruno-verde id. bruno-verde screziato id. nero-verde screziato nel OANEIQUASLI 0SS99 | . N a N a SÌ a q N E° ord jr oÌuemp o7uaw E = SE DE SÌ N HT av m HO Tao SÌ + TE (o) n m CONTE È 2I9saI09e apeizied ong E vel N Lo] co De) q Si So) - AR VISCUILI EMI.) (Se) ©) E 60 o) 2 bn la 5) En da : È ; È È ) ci Fl fi D) io) s) dig e FIG] LS Fi _ WE IZIN® 2% a. NO N 3 AR AUESGE RED) * i SUE qa En H R2 Ton oa N Dai nas QI ET PR 220) 7 a SS Pa x mauaSia 012U10IV || LBeezia I I Ì ZI ' H I I H Ù Ù H Ù | H ! LE al q q NI = DI o DN I q q ql N È 202 "A dee= DI NS N H Lt i “SI = (| < + pa os SS an) (RS FS 1a) Sp Fa "o ve 7 Si ua Eco Epo9 ep oySun E Ge < o SI H H H 99 iS) lette —— _——tmÉp rr iii tatto —— Ser SSA OS e —_ rr —_—— PP ___t_—t__ o ‘v (e) o (°] {=} (=] (e) (=) (©) (e) (=) (e) o (©) ° (e) ° (©) (=) < QUOLZ s 0 Q (o) (o) le) (o) (©) Q (e) (e) Q le) o) lo) a] RI RI I 3 ; : L_Q q (SÌ (SI Qq IN] (I (N) (SÌ (SÌ N] [N] (SÌ (SI H Hi H H < IUS | QUUBAAT 59 1 I Ù | ' I I \ I \ I I \ ] I I (| ' È È ia pinna) È 5 © © © © © © o si aqenb. ele im priodwa ], f n Le] tel in în in în în in in mn în in in D DO dd (ve) son CIA N (SÌ n q N (N) n a q a N) a N Hi n Pi HH Ca auiuou (Gc i © i ; n por Parra Dr n EMI e ga SCE FESSFI ù LESSE o 2119 ds auorzzIsuaSII RULES co D e) bel q te) + bre) \o > AQ (cn e) i DS) (Sn) + ps i SA 2 om H H (N) (SÌ (S) N S) q (N) N N N m m m m (Ke) & 2[|jpu 0v2951dui oduo ], in Si REA (bip È b » Sdi ai LANE Re I IAS ENI a RE PER MAI [Si 2 5 3 ‘o pa v ‘bp lo) 9 b i5) e 6 | | | Î | È G . Î o) Î Bò P n È bo 7 l io è | n dI Ao BOITO) ) he î (e) Lo) . ri fd [ma] er] Dre] () De] 9 o) I) Fi > da > - - - CL : QquogsisovId 0pnr a O a Fi “3023 ; 3 E 1 c I | QUISII 0I9UIOTLULIOP | | | | | Ati Di | | ES) UnOstvIO Ip ezzayiun] E oa Hi Ho “RA = H Hi | 134 ani e a E i SAS o o 2 | UE os 5) È | 2 Sai «5 È $ 5 | 5 5 È 9 © | (si = ad cè SA | e] .L Saia È SI ere e E A E Varietà Età e sesso S de Cita È ce $ ò I Colore Ro) son ci ni = A E © S ori Sia SL | Si S 8 o. d o les ada OE | SE Ò È È ARE SE 5 53 | &g® | 5% | 58 | EG ES z A DÒ Re 3 Z a cm. cm, cm, mm 164 | campestris | giovane d' | 13 4 OO 25/200) 77 NA 2 15/2-1 bruno-verde screziato 184 id. id. |12.5| 40° | 4.5.| 8.2 | 92 | 15/2-*/ | bruno-verde 2| faviventris TONO FLORA MZ OO 3-0) 7 ALA SS 1-1/2 giallo-verde 131 | 2igriventris IAT 400 | 3.6 |-6.7 | 85 1-5/ bruno-verde 39| campestris Id ANI Gre 40° | 2.9 | 0,8 7 | 1/2-3/4 nero-verde screziato I id. IAN MIT: 400 | 5.3 | 1.8.) 20 | 17/2-*/2 | bruno-verde 25 id. IGN CGA ug A OO 13100 (75 SO 1-/2 bruno-verde screziato 16 id. I Ia 400 ASA NZI7ACCL70) (I id. 137 Id. idi palmo 200 5 6057 SI MDEIONErdE 181 id. Ian MI 400 | 4.1 | 8.3 | 85 | 1%/2-*/2 | bruno-verde screziato a È Ò al N A + w = i xo) S bi ZE T F, 23 AI 4qe mi = bei Hi S | LAGLEE HE 23UQUI HH Na) 5 È S Mm Q 5 È H q ù _epo9 ellp TEZORZI È SI N ce 93 Ta) Le <+ + TS, < zz3ySun \°) SS = lo) = + (A £I: E To. Altezza (Basion-Bregma) (Col. 12 TI). Ha una media di 49.8 mm. nei crani del I gruppo con un minimo di 46 mm. nel supposto più giovane ed il massimo di 52 e 53 mm. nei supposti più vecchi, e dei quali abbiamo dovuto intrattenerci parlando della capacità sui loro probabili caratteri sessuali. Nel II gruppo uno dei crani ha un'altezza di 54 l’altro di 51 la media dunque è di 52.5 mm. Nel III gruppo abbiamo un'altezza che va da 58 mm. a 60 mm. nelle g con una media di 59 mm. e da 59 mm. a 61 mm. nei d con una media di 60 mm., dando una SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 157 0 media generale di 59.5 mm. in questo gruppo l'altezza è minore nelle femmine che nei maschi. Nel IV gruppo, nel gruppo degli adulti, la media è dil05:7 inm..peri die di 60.3 mm. per le p, va da 58 a 62 mm. nelle p e da 59 mm. a 70 mm. nei g; la media anche in questo gruppo è dunque maggiore per i maschi che per le femmine (media generale 63.5 no): Di questo diametro possiamo dire che raggiunge la sua stabilità nelle femmine prima che nei maschi, che negli adulti è sempre superiore nei maschi che nelle femmine. Parlando di questo diametro reputo utile parlare nel medesimo tempo di un’altra altezza che misurai su questi crani, altezza presa col metodo delle proiezioni cioè della altezza auricolare. 6. Altezza auricolare (Col. 13-14 T1)- Esaminando le su accennate colonne vediamo come questa altezza ci può dimostrare qual'è la parte del cranio che maggiormente concorre all’accrescimento nel senso verticale. A questo scopo divisi il cranio in due parti, una inferiore alla massima circonferenza ed una superiore ad essa. La col. 13 riporta l'altezza dal forame uditivo esterno al bregma, misurando dal suddetto forame uditivo alla massima circonferenza ove questa si incontra con la curva biauricolare della quale abbiamo parlato a pag. 143; e sottraendo questo valore dall’altezza auricolare avremo l'altezza della parte del cranio che si trova superiormente alla massima circonferenza, e che chiameremo altezza della calotta (vedi col. 14). Noteremo innanzi tutto che l’altezza auricolo-bregma- tica è minore dell'altezza basio-bregma, e di ciò terremo conto in seguito, per ora esaminiamo come cresce l'altezza auricolo-bregmatica e le sue due parti che chiameremo inferiore quella che si trova sotto alla massima circonte- renza e l’altra che abbiamo chiamato altezza della calotta, o più brevemente altezza superiore. 158 UGO G. VRAM Nei crani del I gruppo cresce l’altezza totale e le due sue parti inferiore e superiore, la media di quest’ultima ‘è di 24 mm., la media dalla prima di 21.mm., la media dell'altezza auricolare totale è di 45.2. Nei crani del II gruppo a maggior altezza totale cor- risponde maggiore valore per le sue due parti. Nei crani del III gruppo vediamo che l'altezza auri colare in media è superiore pei cani: 9)l\cheniiogiche in questi in media è superiore la parte inferiore, mentre nelle prime lo è la parte superiore. Nel IV gruppo quest’'altezza va da 44 a 52 mm. con una media di 48.6 mm. nelle , e da 49 a 52 mm. con una media di 50.5 mm. nei La parte superiore è in media di 29 mm. per i crani g e 29.5 mm. pelo), menteellafparte ‘infertore ic (dii 20 fmi per le p e di 26.0 pei d. In questo gruppo la parte supe- riore ha un'altezza maggiore di quella della parte inferiore. Si sviluppa il cranio in senso verticale anche nella sua parte basale, e questo accrescimento ci è dato dalla diffe- renza di livello fra il piano sul quale si trovano i punti auricolari e. quello Hove si. trova il basion che WeWal punto più sporgente della base. Questa differenza cresce col crescere dell'età e ci dà le seguenti medie: nei cranî del I gruppo 10 mm., per quelli del Il 11 .5. mm.) perllolio del II 155 mm., per let, del IVi16,pei g dei io 5. Anche in questo lo abbiamo un continuo accrescimento e maggiore ner gihnche melle Aggiungendo queste differenze all’ altezza auricolare avremo l’altezza totale del cranio proiettata che risulta per i singoli gruppi in media: Altezza della calotta Differeriza Altezza totale l*sruppoi | (55/2 imm) (24/0 mm.) 302) So SPO DIS ZIO III > SODO TE DION) QUO INERTE, SUO. 5a DO 23.065 IV » vo, 6.3.6 » ZOO 30 > IN SONE ZO Ao SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 159 Dall'esame dei valori esposti, risulta che l accresci- mento del cranio mel senso verticale è avvenuto qua st esclu- swwamente nella parte che si trova sotto alla massima cr- conferenza. Larghezza biparietale (col. 15 T1). Nel I gruppo questo diametro va. da un minimo di 5$ mm. ad un massimo di 66 mm. con una media di 61.4 mm. . Nel II gruppo la media nei due crani è di 64 mm. Nel II gruppo la media nei due crani femminili è di 67.0 mm. e di 66.5 nei due crani maschili. Nell'ultimo gruppo troviamo nei crani femminili un minimo di 67 mm. ed un massimo di 70 mm. con una media di 68.6 mm. e nei crani maschili un minimo di 69 mm. ed un massimo di 74 mm. con una media. di 70.5 mm. L’accrescimento massimo di 8 mm. lo troviamo fra i crani del I gruppo; occorre arrivare al IV gruppo per trovare un maschio che abbia lo stesso diametro. Fra la larghezza dei crani del I e quella dei crani del II non vi è differenza, un piecolo accrescimento di appena 2 mm: lo troviamo nei crani del III gruppo nei quali questo diametro non presenta differenze sessuali, nei crani del IV gruppo troviamo due maschi che presentano le due mas- sime larghezze, ma vediamo anche ripetersi i medesimi valori indipendentemente dal sesso. Non daremmo dunque nessun valore sessuale a questo diametro e considereremo le medie indipendentemente dal sesso, la media del I gruppo abbiamo detto è 61.4 mm., quella del IV 9 e p di 69.5, l'accrescimento dal I al IV gruppo è di 8 mm., accrescimento che abbiamo trovato già entro il I gruppo. I valori di maggior frequenza stanno fra i 66 e 69 mm,, inclusivi, il valore di massima fre- ‘quenza è di 66 mm., valore che è già raggiunto nel I ‘gruppo. 160 UGO G. VRAM Possiamo dunque concludere che la larghezza del cranio pur crescendo coll’età raggiunge già nei crani più giovani il valore più frequente e che gli altri valori più frequenti sono senza distinzione di sesso quelli inferiori ma più vicini a questo. 8. Rapporto fra lunghezza e larghezza. Nei crani della presente serie quest’indice si presenta con un massimo di 82.4 ed un minimo di 64. Nei crani del I gruppo va da 76.7 a 82.4, ed in questo gruppo troviamo i due valori massimi, cioè 81.4 e 82.4 (crani n. dle n02) Net craniideli II\oruppol va dal fa in quelli del III gruppo pei crani p va da 73.3 a 75.5 nei 9 65.0-68.0 e fra i cranî del IV gruppo si presenta con un massimo di 71.1 e minimo di 70,0 nelle £ ed un massimo di 71,1 ed un minimo di 64,4 nei d'. I crani più giovani dunque posseggono un indice più alto che va man mano decrescendo col crescere dell'età e che nei gruppi a sesso distinto è sempre più basso nei maschi che nelle femmine. 9. Diametro frontale minimo (col. 1671): Preso sui punti più vicini dell'osso frontale dietro al- l’apofisi orbitarie esterne evitando le creste. | Il minimo valore di questo diametro nei crani del I gruppo è di 44 mm. ed il massimo di 47 mm. con una media di 46.5 mm. ed una differenza fra i due estremi di 3 mm. Si ripetono questi valori nei crani del II gruppo nei quali troviamo una media di 46.5 mm. Un accrescimento di questo diametro lo troviamo nei crani maschili del IM gruppo nei quali si presenta con una media di 50.5, re- SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 161 "a stando la media pei crani femminili di 46.5. Nei crani maschili del IV gruppo la media cresce ancora arrivando a 51.6 mm. con un minimo di 47 mm. ed un massimo di 55 mm., nei crani femminili questo diametro va da 48 a 50 con una media di 49 mm. Diremo dunque di questo diametro che egli va sog- getto in media ad un accrescimento, accrescimento molto debole, essendo la differenza, presi i casi individuali, fra il massimo dei più giovani ed il massimo dei più vecchi (valore massimo che si presenta una volta sola) appena di 8 mm. I medesimi valori si ripetono in tutti i gruppi. Nei maschi è in media maggiore che nelle femmine e l'accrescimento sembra svilupparsi prima nei maschi che nelle femmine. Diametro frontale massimo (col. 17 T1). Preso sul punto d'incontro dello squamoso col fron- tale e col parietale. Nel I gruppo troviamo per questo diametro un mi- nimo di 51 mm. ed un massimo di 56 mm. con una media di 54.5 mm; in tutti due i crani nel II gruppo troviamo un valore di 55 mm., perciò anche la media è di 55 mm., maggiore in media ma minore in certi casi individuali di quello trovato nei crani del I gruppo. Nei crani del III gruppo troviamo un accrescimento nei femminili ed anche in uno dei maschili, nel più vecchio. Farmedia è di 57.50mm: ‘nelle \p edi 59° nei ‘d Nei crani del IV gruppo troviamo la media di 59.6 nelle o con un massimo di 62 mm. ed un minimo di 57 mm., ed una media di 61,2 con un massimo di 63 mm. ed un minimo di 60 mm. nei 4. Anche di questo diametro l'accrescimento è debole; soltanto di 7 mm. è la differenza fra il massimo valore del I gruppo e quello del IV gruppo; le medie sono maggiori nei o che nelle p, ma vi sono 7 162 UGO G. VRAM casi individuali ove le g hanno dei valori superiori ai d'. Nei maschi sembra che la stabilità sia raggiunta prima che nelle femmine. ri. Diametro biauricolare (col. 1871). Questo diametro è stato misurato immediatamente sopra il foro uditivo esterno in quel punto ove la cresta sub- mastoidea passa nell’apofisi zigomatica del temporale. Questo diametro che ci indica la larghezza del cranio alla base è in continuo accrescimento, aumenta da gruppo a gruppo nei gruppi a sessi distinti e sempre maggiori nei maschi che nelle temmine. Le sue medie sono: pel Lorippo eo 00 O II » DEROnt CUL RR III io TILORGD II dio TEORIE IV » p. 168 » IV » Giù otel) Esaminando i casi individuali vediamo che anche fra i crani del IV gruppo vi è accrescimento tanto fra i che fra le e non si ripetono mai i valori del gruppo precedente. Il diametro biauricolare cresce fin nella tarda età nei crani di questi animali, e parlando della lunghezza basale a pag. 155 abbiamo visto che anch'essa va soggetta a graduale accrescimento fin nella vecchiaia e un gra- duale accrescimento lo abbiamo trovato anche nella ‘ differenza fra il piano sul quale si trovano i punti aurico- lari e quello nel quale si trova il basion. Questi tre diametri crescono dai crani più giovani ai più vecchi, ma special mente i due primi (lunghezza basale e diametro biau- SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 163 ricolare) raggiungono i valori più alti nei crani più vecchi, e ci dimostrano che in questi animali la base del cranio è l’ultima a raggiungere il suo completo sviluppo. 2. Rapporto fra larghezza biparietale e larghezza biauricolare. Questo indice (larghezza biauricolare 100: larghezza biparietale) va nei crani del I gruppo da 95.0 a 101.6, nei crani del II gruppo da 98.4 a 109.6. Nei crani £ del II gruppo da 108.8 a 110.6, nei 9 del'imedesimo ‘gruppo T13.8'a 117.6. Nei‘erani del IV gruppo nelle e va da 111.6 a 116.4, nei % 116.2 a 126.3 Questo rapporto cresce col crescere del cranio e nei gruppi a sesso distinto è in media superiore nei maschi che nelle femmine. Il crescere di questo rapporto dimostra craniometrica- mente ciò che abbiamo detto parlando della norma occi- pitale del cranio (vedi pag. 146) cioè, che col crescere s'allarga verso la base. 13. Diametro biasterico (col. 19 T 1). Questo diametro, che è la larghezza massima della squama - dell’occipitale, cresce nei crani del I e II gruppo e anche in quelli del III, in quest'ultimo gruppo lo troviamo mag- giore nei crani maschili che nei crani femminili; le medie di questo diametro nei crani dei primi tre gruppi sono pel I gruppo 47.4 mm., pel II 54: 6 mm., pel III 56.0 mm. per g € 59.5 mm .per CÀ Nei crani del IV gruppo, che son quelli che hanno rag- giunto il loro massimo sviluppo, la media è di 61.3 mm. per g e 61.0 mm. pei d, la differenza sessuale dunque sparisce in questo gruppo di crani ed esaminando i casi 164 UGO G. VRAM individuali troviamo il massimo valore fra le femmine (crani n. II), mentre negli altri crani dei due sessi la differenza è minima. 5 14. Larghezza bizigomatica (col. 071). È chiamata anche larghezza facciale dagli antropologi ed è la massima distanza fra le faccie esterne delle arcate zigo- matiche che nei crani presentati in questa memoria cade sempre sull’apofisi zigomatica dell'osso temporale, esteti- camente rimane però un carattere craniometrico della faccia. Questa misura cresce nei crani dei diversi gruppi; nel I gruppo vi è un minimo di 57 mm. ed un massimo di 67 mm. con una media di 60.8 mm. Nei due crani del II gruppo la media è di 70.0 mm., in quelli del III per le due la media è uguale ai due valori, cioe 82 ‘mm. pel di è di\orio \essendonclinpy giovane di 87 mm., nel più vecchio di 95 mm. Nel IV gruppo la media nei crani è di 89.5 mm., pei $ 107.5 mm., con un minimo di 86 ed un massimo di 95 perle pe un*minimoldi ro2 edi unfimassimoe di srrompelltzo Possiamo dunque conchiudere che questa misura cresce fin nella più tarda età, e che il suo accrescimento è mag- giore nei maschi che nelle femmine, vedremo in seguito la relazione di questo diametro coll’accrescimento gene- rale dello scheletro facciale. 15. Larghezza bimascellare (col. 21). Questa misura è la distanza fra i due punti nei quali termina inferiormente la sutura mascellare-malare; anche questa misura è in continuo accrescimento e nei gruppi ove i sessi son distinti vediamo che nei maschi è molto più grande che nelle femmine. SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 165 è Nel I gruppo va da 39 a 45 mm. con una media dimm enel JI la media :è di 46.5 mm; nel: HI le femmine son tutte e due eguali, cioè 57 mm.; nei maschi la media è di 63.5 con la differenza. di 3 mm. uno dal- l’altro. Nel IV gruppo le femmine hanno un minimo di 57 mm. ed un massimo di 63 mm. con 63.5 di media, i maschi hanno un valore di 69 mm. e 70 mm. con una media di 69.5 mm. Vi è dunque un accrescimento non. indiffe- rente dei. crani del III a quelli del IV gruppo. 16. Lunghezza diretta della faccia (col. 22 T 1). E chiamata anche in antropologia altezza della faccia e si misura direttamente dal nasion al punto alveolare supe- riore. Le medie per i singoli gruppi sono le seguenti: I gruppo, media 36.3 mm, minimo valore 34 mm, massimo 4I mm.; II gruppo, media 46.0 mm, minimo 42 mm, mas- simo 50 mm; i III gruppo, media delle femmine 63 mm, dei maschi 75.5 mm, con rispettivi minimi di 64 e 68 mm @ MESIIONI CI 72 93 sie IV gruppo, media delle femmine 72.0 mm con un minimo di 70 mm. ed un massimo di 73 mm., media dei maschi di 97.0 mm. con un mi- nimo di 93 mm. ed un massimo di 99 mm. Questa misura è maggiore nei maschi che nelle fem- mine nei gruppi a sessi distinti ed anche il suo accresci- mento è maggiore nei maschi, essendo l'accrescimento fra i valori più bassi del III e IV gruppo di 25 mm. nei ma- schi, mentre per le femmine lo e soltanto di 16 mm.; fra 166 UGO G. VRAM i valori più alti del III e del IV gruppo la differenza per i maschi è di 16 mm., mentre per le femmine è di 3 mm soltanto. Oltre a queste misure dirette abbiamo preso altre mi- sure proiettate sulla faccia e questo abbiam fatto poichè la lunga pratica in craniometria ci ha portato al convin- cimento che esse danno molto meglio delle misure dirette l’idea esatta di certe variazioni, sostituiscono le incomode ed incerte misurazioni degli angoli coi goniometri e nu- triamo speranza che dette misure verranno in seguito più frequentemente usate specialmente fra i craniologi italiani che sembrano averle dimenticate. L'orientamento del cranio da noi scelto è il condilo alveolare e ciò per ragioni di praticità. La prima di queste misure è la 17. Lunghezza proiettata della faccia (col. 23 T 1). È la distanza dal punto nasion al punto alveolare pro- iettata su di un piano orizzontale, linea orizzontale del Topi- nard (1 ) (misurata con la solita tecnica della doppia squadra) e ci indica la sporgenza dello scheletro facciale, cioè il progna- tismo. Servendosi delle altre misure da noi prese sullo sche- letro facciale chi volesse potrebbe calcolare anche un an- golo facciale. Anche questa sporgenza cresce col crescere dell'età; la media pel I gruppo è di 18 mm., con un minimo di 16 ed un massimo di 19 mm., nel II gruppo la media è di25 mm. Mel IM sed: im perle fico: di 52.5 mm. per i maschi, nel IV gruppo va da 48 a 50 mm. nelle femmine con-una media di 49 mm. e da 65 a 70 mm. nei maschi con una media di 68.5 mm. + L’accrescimento massimo di questa lunghezza è nei crani (1) V. lett. n. 24-25. SUL' CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 167 del III e del IV gruppo sia per le femmine come per i maschi, ma la differenza enorme è specialmente per questi ultimi. Nei maschi questa lunghezza è sempre superiore che nelle femmine, e negli adulti la differenza è consi- derevole. 18. Altezza proiettata della faccia (col. 2471) Altra misura proiettata da noi presa su questi crani è l'altezza che va dal punto alveolare al nasion proiettata su d'un piano verticale anche questa, come le altre mi- sure, che cresce collo sviluppo del cranio. Si mantiene omo- genea nel I gruppo avendo una media di 31.4 mm. con una minima di 30 mm. ed una massima di 33 mm., nel II gruppo cresce ed arriva ai 42 mm. con una media di 39.0 mm., cresce ancora e nei due ultimi gruppi la tro- viamo aumentata specialmente nel IV ove e in media e nel casi individuali è maggiore nei maschi che nelle fem- mine, avendo nei primi una media di 64.7 mm. con un massimo di 68 mm. ed un minimo di 59, e nelle femmine un massimo di 56 ed un minimo di 50 con una media di 52.5. Nel II gruppo troviamo la media nei maschi superiore a quella delle femmine, ma in singoli casi le femmine superano i maschi. Vedremo in seguito quali sono i rapporti fra queste due misure. 10. Altezza proiettata della glabella e del vertice epic 260270400) Altre due misure proiettate abbiamo preso su questi crani, l'una va dal punto alveolare alla glabella, l’altra dal suddetto punto al vertice del cranio, proiettate, si in- tende, su di un piano verticale posto innanzi alla norma facciale. 168 UGO G. VRAM La differenza fra queste due misure ci dà l’ altezza dalla glabella al vertice del cranio, questa ‘altezza ci esprime la posizione della glabella nelle differenti età e il modo di svilupparsi e di evolversi dell’osso frontale, esprime adunque uno dei più importanti caratteri estetici della faccia. Esaminando i valori di questa differenza troviamo per i crani del I gruppo una media di 15 mm. con un mas- simo di 16 ed un minimo di 14, nei crani del II gruppo troviamo un minimo di 13 ed un massimo di 18 mm. con una media di 15.5 mm., nei crani del III gruppo troviamo per le femmine un minimo di 9 mm. (femmine più vec- chie) ed un massimo di 17 mm. (femmine più giovani) con una media di 13 mm. e nei maschi (crani più gio. vani) massima di 13 mm. e minimo di 8 mm. con una media di 10.5 mm. Nel IV gruppo la media delle fem- mine è di 10.3 mm. con un massimo di 13 mm. ed un minimo di 9 mm., nei maschi la media discende a 7.2 mm. con un massimo di 9 mm. ed un minimo di 4 mm. Coll’avanzare dell'età dunque questa differenza decre sce e decresce più nei maschi che nelle femmine e ciò dipende che nei maschi a causa del più forte sviluppo delle arcate sopra orbitali ove abbiamo stabilito trovarsi la glabella, questa viene spinta in avanti ed in alto, tanto in alto da raggiungere quasi l'altezza del vertice della calotta. Per chi guarda il cranio dalla norma fac- . ciale la calotta cranica è nascosta dalle arcate sopra or- bitali, tale è lo sviluppo che esse raggiungono nei crani maschili adulti (fig. 8). Anche la depressione postorbitale sull’osso frontale è dovuta all'enorme sviluppo delle arcate. L'accrescimento delle due altezze proiettate cioè: al veolo — glabella e alveolo — vertice, non è estraneo a produrre i sumenziati fatti poichè vediamo che dai crani del I gruppo a quelli del II l'accrescimento della prima delle suddette altezze è minore che quella della seconda, mentre che nei crani dal III al IV_ gruppo l'accrescimento della prima è maggiore di quello della seconda. L'ac- crescimento della prima nei crani dal I al II gruppo SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 169 è di 4.9 mm., l'accrescimento della seconda è di 5.4 mm. mentre l'accrescimento della prima dai crani dal III al IV gruppo è per le p di 3.1 e pei d di 13.5, perla sceondamaltezzarteperile no di 'o:steipetigNdi 10,5. 20. Rapporti fra le lunghezze della faccia, triangolo di prognatismo e rapporto fra altezza e larghezza. Il rapporto fra la lunghezza e l'altezza proiettata della faccia, linee chiamate dal Topinard (1) col nome di proiezione orizzontale e proiezione verticale e da lui studiate su crani umani, era stato dallo stesso stabilito in (orizzontale ){ 100): verticale. Io ho creduto di modificare questo rapporto calco- lando un indice di prognatismo nel quale ho posto in rap- porto la lunghezza proiettata con la lunghezza diretta della faccia. (Lunghezza proiettata X 100) : lunghezza diretta, ed ha ottenuto i seguenti indici medi: Crani-delibliioruppot series » ese Ria » et 66.9 ) reno 69.5 > IV Pene DE UOO » IV » E 70.6 Con la lunghezza diretta, la lunghezza proiettata e l'altezza proiettata della faccia possiamo calcolare la su- perficie del triangolo che chiamai triangolo di progna- tismo e che rappresenta approssimativamente l’area me- (1) Vedi lett. n. 24-25. I70 UGO G. VRAM diana della faccia. Presento nel seguente specchio le medie di questo triangolo : I Gruppo MRAZ 01204 II » eee o III > Li TO Iso AR 000 IV » PRIZE IV » GR 22 2/64 Mettendo in rapporto l'altezza proiettata della faccia con la larghezza bizigomatica: (Altezza proiettata > 100): larghezza bizigomatica, avremo per i singoli gruppi i seguenti indici: I Gruppo SITO II » ee o We P 507 eee CI 58.2 Neo dk 67.0 IV » S 68.0 PARSDEVIE Fsame morfologico e craniometrico degli altri elementi del cranio e della faccia. I. Orbita (© Ie fig. 7 e 8). Rotondeggiante alta con la larghezza massima verso .la fronte e ristretta alla sua parte inferiore, sembra per- dere di altezza col crescere per acquistare in larghezza; di fatti la larghezza aumenta sensibilmente, mentre l’al- tezza aumenta soltanto di qualche millimetro in media, SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » I71 ed esaminando i casi individuali troviamo il medesimo valore fra altezze orbitali dei crani più giovani e più vecchi e al centro della serie. Il crescere di tutte le altre parti dello scheletro fac- ciale specialmente dei mascellari che limitano l’' orbita in- feriormente e delle arcate sopraorbitali che la limitano superiormente fanno apparire l’orbita dei crani più vecchi più bassa di quelli più giovani mentre come abbiam detto l’altezza rimane uguale. L'altezza orbitale dei crani del I gruppo è in media di 20.1 mm., in quelli del II gruppo di 20.8 mm., in quelli del II gruppo è di 21,5 mm. nelle femmine, di 23.0 nei maschi, in quelli del IV gruppo è di 22.7 nelle femmine di 22.1 nei maschi. Esaminando i casi singoli non si può malgrado le piccole differenze delle medie stabilire un carattere sessuale nell’altezza dell'orbita. La larghezza dell'orbita aumenta costantemente col crescere dell’età. Fra 1 crani del I gruppo vi è già un aumento, in questi troviamo che i ritenuti più giovani hanno una larghezza di 20 mm., i più vecchi di 21 mm., con una media’ di 20.1, aumento vi è nei crani;del II gruppo e in quelli del III fra i quali la larghezza orbitale è mag- giore nei maschi che nelle femmine. Dal II al IV gruppo, non vi è notevole aumento, questo è piccolissimo pei maschi e per le femmine vi è diminuzione. Le medie dei singoli gruppi sono: pei cranicdel I-oruppo i 008 » II > . SERALI 24.I » HP seo 24.1 » ie DOSI > eee 221 > Ieri pia gr DIO La terza dimensione dell’orbita la profondità è quella che presenta il massimo accrescimento. Nei crani del I gruppo cresce dai più giovani ai più vecchi da 24.0 mm. 172 UGO G. VRAM a 26.5 mm. con una media di 24.8 mm. nei crani del II gruppo vi è aumento su quelli del I e la media è di 27.4 mm. nei crani del III gruppo troviamo ancora un au- mento ed una media di 28.2 mm. per le femmine e 33.5 mm. pei maschi, in quelli del IV gruppo vi è piccolissimo aumento per le femmine e nessuno pei maschi. Interessava a conoscere anche qual fosse l’inclinazione orizzontale dell'apertura orbitale e misurai questa inclina- zione col metodo da me proposto (1), e il risultato fu che l'angolo ricavato diminuiva col crescere dell’età del cranio, il più ampio l’ abbiamo nei crani più giovani, il meno ampio nei più vecchi maschi, nelle femmine e nei maschi del III gruppo è uguale, e più ampio nelle femmine che nei maschi fra 1 crani del IV. gruppo. Ciò significa che il margine esterno è più rivolto indietro nei crani più giovani e man mano che lo scheletro facciale cresce questa inclinazione diminuisce. Questo fatto sta. in rela- zione coll’aumento della profondità dell'orbita. Ecco le medie dell'angolo d’inclinazione : I gruppo ea STod8E II » - SORIA - " I ON ee e IV » (ORSI «0 5 I O INVE ci TAO Riassumendo possiamo dire che nello sviluppo dello scheletro facciale l’orbita aumenta in lunghezza e in pro- fondità e che l’asse trasversale delle due orbite tende col crescere alla linea retta, e da ciò diminuzione di spor- genza della parte centrale della faccia all'altezza biorbi- tale (platopia superiore). Il rapporto fra altezza e larghezza orbitale cioè l' in- dice orbitale, sta in rapporto inverso coll’età del cranio; (Vedetta 0? SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYTAS » 178 LL.» — - - » nel cranio più giovane larghezza ed altezza sono eguali cWilindieelimedior'derterani del IMsruppo e ‘di i97:3% di venta di 94.0 nei crani del II gruppo, di 88.7 fra le femmine del II gruppo e di 87.1 fra i maschi del me- desimo gruppo, di 87.9 fra le femmine del IV gruppo e di 83.4 fra i maschi dello stesso gruppo. L'indice orbitale decresce dunque col crescere del cranio e nei gruppi a sesso distinto nelle femmine è mag- giore che nei maschi. La distanza che separa le orbite è esigua; il suo mas- simo valore nei crani dei due primi gruppi è di 4 mm., cresce al massimo di 1 mm. per le » del III gruppo ed I.5 mm. per quelle del IV gruppo, il suo accrescimento è maggiore nei crani gd nei quali arriva ad un massimo di 9 mm. fra gli adulti; questa distanza è sempre mag- giore nei maschi che nelle femine. Naso (T_ IIl e fig. 7 e 8). Le ossa nasali son saldate fra loro già nei più giovani crani, tuttavia vi rimane una traccia della sutura naso-nasale nella metà superiore di dette ossa, traccia che va sparendo col crescere dell'età, mentre la parte inferiore di dette ossa non conserva traccia di sutura’ nemmeno nei più giovani crani. L'esame attento dello stato delle ossa ci fa supporre che ad accelerare questa sutura non siano estranei dei traumi ai quali l’animale è esposto. Le ossa nasali ridotte così ad unico osso sono di forma triangolare piana con il profilo concavo, di una concavità che diminuisce col crescere del osso (vedi profili della faccia). La metà superiore articola con il mascellare, la parte inferiore con l'inframascellare, nei crani più vecchi la parte inferiore della sutura naso inframascellare è scomparsa. Una varietà troviamo nel cranio n. 15 9° adulto, poichè in questo 174 UGO G. VRAM cranio le due ossa mascellari articolano fra loro (1) con le rispettive apofisi montanti, impedendo così alle ossa nasali ‘o meglio all'osso nasale di arrivare fino all’apofisi orbitaria interna del frontale. Intorno al nasion si osservano delle ossicine wormiane che sono più frequenti nei crani giovani (crani n. 2, 5, 6, 7, 8) e che si osservano anche in altri più avanzati in età e adulti (crani n. 14, 17, 13, 16). La parte inferiore come abbiam detto articola cogli in- framascellari che formano gli orli laterali dell'apertura na- sale e si uniscono fra loro nella parte inferiore formando l'orlo inferiore di detta apertura. La sutura che articola i due inframascellari comincia a saldarsi, quando le radici degli 7 principiano ad atrofiz- zarsi ed è saldata dopo che gli / hanno preso il posto degli :, questa sutura sparisce del tutto ancora prima che spunti il 3 //. Nei crani giovani del primo gruppo l’aper- tura nasale ha la forma dello spaccato di una pera con la parte più stretta rivolta in giù, col crescere delle radici degli z l'apertura si restringe relativamente anche nella sua parte superiore e all'epoca che gli 2 stan per essere costituiti dagli / l'apertura assume la forma di un triangolo equilatero capovolto, ed il clivo mascellare è molto accen- tuato, sostituiti gli z dagli /, l'apertura nasale riprende la forma a pera che perde man mano che l’osso cresce per assumere una forma che rassomiglia ad una ellisse, ellisse schiacciata nella parte superiore ed appuntita nell’inferiore. In tutti 1 crani dai più giovani ai più vecchi troviamo il clivo naso alveolare. Descritto così lo sviluppo morfologico di questa parte della faccia esaminiamo il suo sviluppo prosometrico. Le misure prese son tre, una va dal nasion al punto più basso dell’apertura nasale (punto che in antropologia si chiama spina nasale anterio-inferiore) e che chiamo altezza totale, la seconda dal nasion al rinion cioè al punto ove dovrebbe terminare inferiormente la sutura naso-nasale, e (2) Veditletti:m 22: BNMITA GRA EZIO NIINZOI PE Set |; LIA) A Pi Pim CARI HA i N P AO SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 175 "a questa misura ci dà la corda della curva concava delle ossa nasali (profilo nasale), la terza è la larghezza dell’aper- tura nasale. L'altezza totale del naso cresce gradatamente fino ai crani del quarto gruppo per id, e del terzo per le p, presenta le seguenti medie: 32.6 mm. per i crani del primo gruppo, 41.0 mm. per quelli del secondo ; per i crani del terzo gruppo le medie son di 62.7 mm. per le p e 68.7 mm.; per id per quelli del quarto 62.9 mm. per le p e 85.5 Mn per 1 La seconda altezza presenta le seguenti medie per i crani del DINO gruppo 18.4 mm.; per i crani del secondo go, mm.:. 39.7 mm.: per i crani femminili del terzo e 44.9 mm., per i maschili del medesimo gruppo, per i crani del quarto gruppo 39.7 mm. per le pe 55.2 mm. per i. Questa misura ci dà l'indice di accrescimento della lunghezza delle ossa nasali, le quali come abbiam visto sono in continuo accrescimento e raggiungono il loro limite nei I fra i crani del quarto gruppo e nelle p fra quelli del terzo gruppo. Stabilito ciò per queste due misure ne segue logica- mente che anche l'altezza dell'apertura nasale segue la medesima legge d'accrescimento. Vediamo ora come cresce la larghezza dell'apertura nasale: la media è di 9.2 mm. per i crani del primo gruppo e di 10.2 mm. per quelli del; secondo; 15.5 mm. per ge 14.8 mm. per i 9 del Leizo; gruppo; € ;14:9.imm. per le) p..e'20.2.\mm.; per i 4 del quarto gruppo. Perciò concluderemo che la larghezza dell'apertura nasale cresce col crescere dell'età, che nelle femmine del terzo gruppo è leggermente mag- giore che in quelle del quarto gruppo e di quella dei maschi dello stesso terzo gruppo e ciò come abbiam detto è in relazione col crescere degli /. La larghezza dell'apertura raggiunge il suo, massimo. valore: nei. maschi del quarto gruppo nei quali è superiore a quella delle femmine del medesimo gruppo. 176 UGO G. VRAM 3. Palato (r Iv). Il palato è quella parte dello scheletro facciale che è più direttamente influenzata nel suo sviluppo da quello dei denti. La sua composizione anatomica risulta dalla unione d'una porzione dell’intermascellare con le apofisi palatine del mascellare e dalla parte orizzontale delle ossa palatine circondato tutto intorno dall’apofisi alveolare. Le sue di- mensioni principali sono la lunghezza, la. larghezza e la profondità. La lunghezza cresce nei crani del primo gruppo da 28.7 mm. a 36 mm. con una media di 31.8 mm., continua a crescere così che nei crani del secondo gruppo troviamo una media di 41.4 e nei crani del terzo gruppo una media di 56.6 per f e una media di 63.4 per con rispet- tivi minimi e massimi che vanno da 56.3 a 57 mm. per femmine e da 61.4 a 65.5 mm. pei maschi. Nel quarto gruppo troviamo dei valori ancora maggiori; 59.4 è la media per le con un minimo di 58 ed un massimo di (015. medialperii gi edi“. con iniiginano di 78.5 ed un massimo di 81.0. La parte che più: con- corre nell’accrescimento della lunghezza è quella data dalle apofisi palatine dei mascellari; i palatini propriamente detti e la parte palatina degli intermascellari la quale s'incastra fra l’apofisi palatina del mascellare e l’apofisi alveolare dell’alveolo dell’incisivo, vi concorrono quasi in egual mi- sura. Nei crani del primo gruppo la lunghezza delle apofisi palatine misurata lungo la sutura che le articola fra loro è in media di 14.8 mm., ed è dunque circa la metà della lunghezza totale, nei crani del secondo gruppo è di 19 mm. Nel terzo gruppo per i crani femminili è di 26 mm., pei maschili 29 mm., e di 26 mm. per le femmine e di 33 mm. per i maschi del quarto gruppo. Posta la lunghezza delle ossa palatine, misurata come abbiamo detto sulla sutura che le articola fra loro, eguale a I troviamo che essa sta alla lunghezza totale del palato nei crani dei singoli gruppi come segue in questo specchio : SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 17/47, Craniicelo iSeruppo (ML. palati VI fotale 2.15 » II » » » I » » PIT » III IRE o) » » I » » 2 IT » III » TT » » I » » 2.19 » IV » fo) » » I » » DI 8 » IV » 3 » » I » >» DA 3 9 Nei crani dei primi gruppi essa occupa dunque mag- gior parte della lunghezza totale che in quelli dei gruppi più avanzati di età, e specialmente nei maschi. L'apofisi palatina del mascellare si prolunga ai due lati in forma di due corna fra le quali s'incastra l’intermascellare. La larghezza del palato o meglio le larghezze del pa- lato da noi misurate sono due, fra il labbro interno delle apofisi alveolari dei denti canini d'ambo i lati la prima (larghezza fra C), fra le labbra interne delle apofisi del- l’ultimo molare la seconda (larghezza fra M), dico ultimo molare, poichè secondo l'età del cranio, ora questa mi- sura è presa fra gli ultimi molari decidui, ora fra i primi molari o i secondi o i terzi permanenti. Le medie della larghezza fra i canini sono pel primo gruppo di 17.1 mm., pel secondo di 21.1 mm., per il terzo di 20.5 mm., per le femmine'\e di' 22.2 mm. per i maschi, nel quarto di 22.7 mm. per le femmine e di 27.5 mm. per i maschi; abbiamo dunque un graduale aumento di questa larghezza la quale per le femmine raggiunge la sua stabilità nei crani del terzo gruppo essendo minima la differenza fra quelli del terzo e del quarto gruppo e piccola la differenza anche fra quelli del secondo e terzo gruppo, e ciò dipende dalla piccola mole del C nelle femmine e dall’aver esso ces- sato di crescere nei crani del terzo gruppo, cioè quando era spuntato il 247. La grande differenza di larghezza fra i canini che troviamo fra i crani maschili del terzo e del quarto gruppo dipende dall’accrescimento del C che con- tinua a crescere ancora negli adulti. La seconda larghezza fra i 2 m (di latte) pei crani compresi nel primo gruppo è in media di 15.7 mm. 8 178 UGO G. VRAM con un minimo di 13 mm. ed un massimo di 18 mm.;i crani presumibilmente più vecchi presentano valori mag- giori, da. ciò si può supporre che vi è un accrescimento il quale è in relazione collo svilupparsi dei singoli denti. Nei crani del secondo gruppo la media di questo dia- metro fra i 72. è di 18.9, mentre fra i due 1/V dei quali è spuntato soltanto la corona la larghezza non è che di 15 mm. nel più giovane (cr. n. 6) e di 18 nel più vecchio (cr. n. 7), mentre in questo la larghezza fra i due #2 è di 20.4 mm. A cagione di questa differenza di dimensioni la forma del palato nei crani di questi due gruppi è diffe- rente da uno all’altro gruppo, nel primo gruppo è para- boloide, nel secondo ellissoidale. Nei crani del terzo gruppo questo diametro è stato misurato fra i 2/7 e ci dà pei maschi una media di 22.2 mm. e per le femmine una media di 21 mm., lo sviluppo del 3/V/ è più avanzato nei due crani femminili che nei maschili, perciò la forma del palato nei crani femminili è più ellissoidale che nei crani maschili essendo fra le labbra interne degli alveoli dei 347 di questi crani una distanza minore che fra quelli dei 2.44. Arriviamo ora all'ultimo gruppo ove i 34/7 son completa. mente spuntati in tutti i crani, nei crani femminili troviamo una media di 20.2 mm., nei maschili di 25.2 mm., in tutti i crani di questo gruppo, sia femminili che maschili, la di- stanza fra i 2// è maggiore che fra i 34, le medie di questa distanza son di 23 mm. per i crani femminili e 26 pei maschili. I palati dei crani di questo gruppo hanno tutti la forma ad U con i lati convergenti. Nei palati del quarto gruppo troviamo la curvatura dietro ai denti incisivi più concava nelle femmine che nei maschi. Nei maschi la suddetta curvatura è legger-- mente appianata, a causa della maggior mole dei denti. Il foro incisivo è molto più grande nei maschi che nelle femmine. La profondità è in media di 4 mm. nei crani del primo gruppo, di 5 mm. nei crani del secondo gruppo, 4.5 mm. nelle femmine e 5 mm. nei maschi del terzo gruppo, 7.2 nei maschi del quarto gruppo e 6 mm. nelle femmine del SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 179 bia "o medesimo gruppo. Queste profondità furono misurate al l'altezza dei molari di latte oppure del secondo molare. La curva sagittale del palato è molto piana. Il foro occipitale (7. v). Il foro occipitale varia per forma, grandezza ed incli- nazione nei crani di questa serie. Nei crani dei due primi gruppi si presenta in forma di un rombo con angoli roton- deggianti, di questi angoli uno si trova al basion l’altro all'opistion e gli altri due immediatamente alla parte dor- sale dei condili articolari. Il diametro antero-posteriore è nei crani del primo gruppo di 16.8 mm. in media, il trasverso è di 14.9 mm., i massimi e i minimi sono pel primo dei diametri 17.8 mm. e 15.7 mm., pel secondo diametro 16.2 mm. e 14.0 mm. L'area del foro è di circa 181.4 mmq. Nei crani del se- condo gruppo il diametro antero-posteriore misura in media 17: 70) mm. con un massimo di 18.7 mm. ed un minimo di 15.2 mm. ed il trasverso 15.5 mm. con un massimo di 15.8 mm. ed un minimo di 15.2 mm.; l’area è di 206 mmq. Fra i crani del primo gruppo la massima area l'abbiamo avuta pel cranio segnato col n. 4 con 200 mmgq., la minima del cranio n. 1 con 156. Nel secondo gruppo la massima è di 225, la minima di 187. Nei crani del terzo gruppo i contorni del foro occipi- tale perdono le loro angolosità che diventano molto arro- tondate e delle volte essi presentano la forma orbicolare specialmente nei crani femminili, forma che troviamo sempre nei crani del quarto gruppo. © . Le medie delle misure per questi due gruppi sono le seguenti: III gruppo, diametro antero-posteriore: femmine 15.5 mm., maschi 18.2 mm.; 180 UGO G. VRAM III gruppo, diametro trasverso: femmine 15.2 mm., maschi 15.3 mm., area femmine 174 mq, maschi 216 mq; IV gruppo, diametro antero-posteriore : femmine 17.4 mm., maschi 17.5 mm.; IV gruppo, diametro trasverso: femmine 15.3 mm., maschi 16.1 mm.; area femmine 196 mq, maschi 221 mq. In craniologia comparata interessa conoscere la dire- zione dell’asse antero-posteriore del foro occipitale, linea che passa tangente pei due punti basion ed opistion, poichè la conoscenza della direzione di questa tangente della base cranica ci indica l'inclinazione del piano del foro occipitale rispetto alla base del cranio. Parecchi sono i metodi usati per determinare l'inclinazione, ed io ho creduto che il mi- glior modo fosse quello che la determina misurando la amplitudine dell'angolo basilare (1). Come è noto quest’an- golo è formato dall’ inclinazione del prolungamento del lato facciale del sunnominato asse del foro occipitale con la base del cranio rappresentata dalla linea nasion-basion. Col crescere dell’amplitudine di questo angolo l’ asse del foro occipitale si solleva nella sua parte posteriore al basion e con essa tutto il piano del foro. Nei crani della nostra serie quest'angolo oscilla per quelli del I gruppo da 34° a 40° e per quelli del II gruppo da 38° a 40°. Nelle femmine del III gruppo va da 45° a 47° e nei maschi da 49° a 53°; nelle femmine del IV gruppo da'33%a48° e nei maschi ‘da 46%a 35° presentandobie seguenti medie : (1))AVediflettafin das: SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYTAS » 18I "a nelicranii dell oruppo. mala 60:306: » Il » TOGO > IRR, ALARE, 5 » IN ACETI ORO) Nel IV gruppo, in cui furono esclusi dal computo della media il più vecchio cranio maschile ed il più vecchio femminile perchè presentavano un ingrossamento anor- male all’ opistion che faceva diminuire l'angolo per abbas- samento dell'asse del foro nella sua parte posteriore, gli angoli sopradetti erano di 38° per la femmina di 46° per il maschio. Il Broca su 6 Cinocefali adulti trova una media di 45° con un massimo di 51° ed un minimo di 37°. L'unico giovane da lui misurato aveva un angolo basilare di 33°. Negli antropoidi misurati da Broca lo ‘troviamo sempre maggiore nei maschi e negli adulti che nelle femmine e nei giovani, le medie ricavate dalle misurazioni su crani umani di diverse razze variano da un minimo di 14°.36 ad un massimo 260.32. -Dall’esame dei caratteri del foro occipitale nei crani studiati in questo lavoro ci risulta che non esiste un ac- crescimento dei due diametri corisiderati singolarmente, poichè i medesimi valori si ripetono senza distinzione di sesso nei diversi gruppi d'età, anche la superficie dell’area presenta dei valori alti fra i crani giovani e dei valori bassi fra i vecchi, nei crani vecchi son più frequenti i valori più alti Sommando i due diametri vediamo che i valori più alti non si trovano che nel IV gruppo. L'angolo basilare, eccettuati il cranio più giovane ove le ossa dell’occipite non sono affatto saldate e i due sum- menzionati più vecchi, cresce con una certa regolarità dai più giovani ai più vecchi ed è sempre maggiore nei maschi che nelle femmine, 182% UGO G. VRAM 5. La mandibola. Vediamo innanzi tutto l'accrescimento della sostanza. ossea che è dato dal peso della mandibola, e come ab- biamo già detto parlando del peso del cranio a pag. 153. anche il peso della mandibola è in continuo accrescimento. Il peso cresce col crescere dell'età e nei crani adulti è maggiore nei maschi che nelle femmine, Una misura che ci da un'idea esatta dell’accrescimento- generale nel senso orizzontale della mandibola è l’area da essa inclusa, area interna limitata dall’ orlo inferiore. Tra i crani del I gruppo essa aumenta e va da un minimo di 425 mmq. ad un massimo di 619 mmg. con una. media di 516 mmq. Nei crani del II gruppo troviamo una media di 666 mmq. con un minimo di 625 mmq. ed un massimo di 707 mmq. Nel III gruppo la media per i crani fem- minili è di 1181 e per i crani maschili 1420; questi ul- timi hanno valori eguali alla media, mentre nelle prime troviamo un massimo 1279 e un minimo 1084. Fra i crani del IV gruppo la media per ifemminili è di 1850.6 con un massimo di 1134 e un minimo 1039 mmq. e pei crani maschili la media è di 1085.5 con un massimo di 2106 mmq. ed un minimo di 1567. L'area della mandibola è dunque in continuo accre- scimento fintantochè non sia spuntato il 3 A. Nelle femmine del III gruppo il 3 4 della mandibola è spun- tato a metà e a tre quarti dell’alveolo, mentre non lo è nei maschi; da ciò nasce che fra le aree mandibolari dei crani g del III e IV gruppo vi è poca differenza, mentre fra i maschi nei quali i 3 4 non sono spuntati la diffe- renza è maggiore. È In tutti i gruppi ove i sessi sono distinti essa area è maggiore nei maschi che nelle femmine. La larghezza bigoniale ci dà le seguenti medie: 32 mm. pei crani del I gruppo e 35 mm per quelli del II. Fra i crani del III gruppo troviamo una media SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 183 Stati. Vper (pile di 4755 mm, per (0, Wei crani del IV gruppo una media di 43.6 mm. per p e 54 per i d. La media nei crani p del III gruppo è superiore di quello che nei 0°, e ciò è dovuto al minor sviluppo del 3 VM. La media nei crani g del III gruppo è superiore alla media dei crani p del IV gruppo che hanno il 3 47 completamante sviluppato. La larghezza bicondilordea presa sui condili seguendo la traccia dell’orlo posteriore della branca ascendente ci dà le seguenti medie:. per le mandibole del I gruppo 45.6 mm., per quelle del II gruppo 54.0 mm., per quelle del III gruppo pei crani femminili 59.0 mm. e pei maschili 63.5 mm., per quelle del IV gruppo e pei femminili 61.6 e pei maschili 70.5 mm. Vi è dunque da gruppo a gruppo un continuo crescendo e nei due gruppi a sesso distinto questa distanza è maggiore nei maschi che nelle femmine. Ho creduto che in questo caso un indice ci possa dare l’idea di quanto la branca ascendente della mandibola divarica col crescere e perciò l’ho calcolato ed ho ottenuto i se- guenti valori : I= (Larghezza bigoniale ){ 100): Larghezza bicon- diloidea: per le mandibole del I gruppo abbiamo I== 70, periquelle\\del.Il: 166.6, periquelle:del'Ilt p :j=82.2 dilfosro per quelledeliliVino :ji==70:980yo 8a massima divergenza la troviamo nelle mandibole dei crani del II gruppo, la minima. nelle del III gruppo. Mentre le surriferite larghezze ci danno un'idea esatta dell’accre- scimento in toto della mandibola, la larghezza presa fra 1 72 0 M secondo il loro apparire ci dà un'idea esatta dell’accrescimento della parte alveolare della mandibola e ci permette di porre in confronto quest'ultimo accresci- mento con l'accrescimento totale, e vedere quanto ha influito su esso. Nelle mandibole del I gruppo la distanza fra i 7 dei due lati è in media di 16.5 mm. Nelle mandibole del II gruppo sono spuntati i 1 47 e la distanza fra loro è di 18 mm. Nel HI gruppo delle due la corona dei 34 è spuntata ma non completamente nei due d' è an- 184 UGO G. VRAM cora chiusa nell’alveolo e perciò prendiamo la distanza che passa fra i 2 / che nelle 6 è in media di 20.5 mm. d di 22.0 mm. ed individualmente maggiore nel cra- nio d° nel quale è più sviluppato il 3 // che è visibile in quasi tutta la sua lunghezza attraverso il foro dell’alveolo. Nel IV gruppo ove tutti i 3 // sono sviluppati abbiamo per le mandibole p una media 27.5 e pei 0° di 28 mm. La larghezza della parte alveolare della mandibola cresce collo spuntare dei denti molari permanenti. L'accrescimento della lunghezza ci è dato dalla lux- ghezza totale presa dal punto alveolare interno ad un punto dine situato fra le due branche ascendenti all'altezza del bordo alveolare. Questa misura cresce nei diversi gruppi e fra le femmine del terzo e del quarto gruppo presenta una piccolissima differenza mentre questa differenza è molto considetevole fra i maschi dei due suaccennati gruppi; ecco le medie di questa misura : mandibole dei crani del primo gruppo 47 mm., del secondo gruppo 59.2 mm., del terzo gruppo femmine 84.5 e maschi 95 mm., del quarto gruppo femmine 86.6 e maschi 118.0 mm. Questo ‘accrescimento di lunghezza si distribuisce spe- cialmente sul tratto molare e sulla larghezza della branca ascendente della mandibola. Intendiamo per tratto molare quella parte di mandibola occupata nel primo gruppo dai due molari di latte ai quali nel secondo gruppo si ag- giunge il 1 47 e che poi col cambiamento dei denti di- venta il tratto provvisto dei premolari e molari perma- nenti, questo tratto misura nel primo gruppo 16.2. mm. nel secondo diventa di 26 mm. per l'aggiunta del 1 MU, nel terzo gruppo (premolari e molari) di 36.5 mm. per i crani femmine, 41.7 mm. pei maschi, nel quarto gruppo 48.7 mm. per le femmine, 58,4 mm. pei maschi. La larghezza della branca ascendente misura nel primo gruppo 18.6 mm., nel secondo 24 mm., nel terzo per le femmine 30.5 mm. e pei maschi 35 mm., nel quarto gruppo per le femmine 33.7 mm. e pei maschi. 44.3 mm. Dalle qui esposte misure risulta che il tratto molare e la larghezza della branca ascendente sono in continuo SUL. CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 185 i) accrescimento dal primo all'ultimo gruppo, che nei ma- schi questi valori sono superiori che nelle femmine e che l'accrescimento stesso è maggiore nei maschi che nelle femmine, e questo specialmente per ciò che riguarda la grossezza della branca ascendente. Concorre alla formazione della lunghezza anche un piccolo spazio che si trova fra il margine anteriore della branca ascendente ed il margine posteriore dell’ ultimo molare, spazio piccolissimo e trascurabile quando il 3 47 è spuntato del tutto. Concorre ancora alla formazione della lunghezza quella parte della grossezza della sinfisi mandibolare, che porta ile Cmaldi questo parleremo \altrove. Delle dimensioni verticali della mandibola ne abbiamo prese tre e cioè: una direttamente che è la corda della sinfisi mentoniera e due proiettate, l’altezza della sinfisi e l'altezza dei condili, ambedue dal piano dell’orlo inferiore della mandibola. Le due altezze crescono nei diversi gruppi e, mentre per le femmine la massima altezza della sinfisi è raggiunta nelle mandibole del terzo gruppo, nei maschi continua a crescere. Nel III e IV gruppo, è sempre maggiore per i maschi che per le femmine. L'altezza ai condili è anche essa sempre maggiore nei maschi che nelle femmine, ma nei maschi del quarto gruppo è minore che in quelli del terzo e ciò dipende dall'aumento dell'angolo gonico che nelle mandibole dei crani del quarto gruppo è molto maggiore che in quelle del terzo. Ecco le medie per l'altezza della sinfisi, primo gruppo 12.6 mm., secondo gruppo 18 mm., terzo gruppo 21 mm. per le femmine 25.5 pei maschi, quarto gruppo 21.2 mm. per le femmine 31.5 per i maschi. Le medie per altezza dei condili sono: primo gruppo 14.8 mm., secondo gruppo 32 mm., terzo gruppo 38 mm. per le temmine 43 pei maschi, quarto gruppo 40.6 mm. per le femmine 41.5 pei maschi. La coraa della sinfisi mentoniera ci dà le seguenti medie : primo gruppo 15 mm., secondo gruppo 23 mm. 186 UGO G. VRAM terzo gruppo femmine 27.5 mm. maschi 37.0, quarto gruppo 29.6 mm. maschi 42.0 femmine; continuo e gra- | duale accrescimento, e tanto la misura come l'accrescimento sono maggiori nei maschi che nelle femmine. Ci resta in ultimo a parlare dell’inclinazione dell'angolo e della sinfisi del mento. Angolo gonico presenta nelle serie le seguenti medie: mandibole di questa upper cat 2 290248 I ERISStO TOO] ate FIANO: III » gi. TOSO0i INTE OSIO Narni ION LO Fra il primo e il secondo gruppo la differenza è di 200 l'angolo mantiene ed anzi diminuisce la sua am- piezza nei maschi del terzo gruppo, nel quale gruppo le. femmine hanno un angolo di maggiore ampiezza dei ma. schi, il che si spiega col fatto che nelle mandibole delle femmine il 3 /I/ è più sviluppato che nei maschi. Nel quarto gruppo le mandibole femminili hanno l'angolo della medesima ampiezza dei maschi del terzo gruppo, mentre nelle mandibole. maschili del gruppo è molto più ampio. Si può quindi concludere che. nelle. mandibole che hanno raggiunto il completo sviluppo l'angolo è più ampio nei maschi che nelle femmine. Adottiamo il nome di sinfisi mentoniera anche nelle mandibole degli animali come si è fatto per l’uomo; nelle mandibole più giovani questa sinfisi è una linea retta che va da avanti all'indietro e dall'alto al basso, col crescere della mandibola questa linea da retta diventa curva, e questa curva è appena accennata in qualcuna delle man- dibole del primo gruppo, maggiormente lo è in quelle del secondo, e in quelle del terzo e del quarto gruppo è ben sviluppata e maggiore nei maschi che nelle fem- mine; col crescere della curva cresce anche la gros- SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 137 sezza dell'osso. La sporgenza della sinfisi la espressi nei crani umani con un indice che chiamai alveolare inferiore (1) e misurai col compasso a tre punte, nel caso presente ho ritenuto meglio di stabilire una relazione fra le due mi- sure prese su questa parte della mandibola, cioè fra l’al- tezza proiettata e la corda (Altezza proiettata 100): corda. E otteniamo i seguenti rapporti: per la mandibola del I gruppo 84.0 » » II » 78.2 » ) HI > PiZiOSA ; uri d 71.6 > » IV » OA 5 » » IV » SETTORI 6. — Denti. La dentizione decidua è rappresentata dalla formula Laos i) e quella permanente dalla formula di(2:I € o Peg M=32, formule comuni a tutti i primati del vecchio mondo. L': centrali di latte sono molto più robusti nelle ma- scelle che nelle mandibole, mentre i laterali sono di eguali dimensioni. Le radici dei : centrali superiori son rivolte dal lato del mascellare nel quale è conficcato il dente; a sinistra quella del dente sinistro, a destra quella del dente destro. ii/tantoil superiore che l' inferiore, hanno una gran- dissima rassomiglianza coi c umani se visti dal lato labiale (D)pVedizlett:4nt287 î } MITAC ISS UGO G. VRAM dal quale lato poco si vede un talloncino posteriore che è meglio visibile dal lato linguale; visto da questo lato il dente si allunga alla base della corona. I due ultimi denti . sono per la loro forma due veri molari, il secondo più grande del primo. I due superiori posseggono quattro cuspidi ciascuno divisi ida due solchi in croce, uno trasversale l’altro antero posteriore. Ai due lati distale e centrale del l’ultimo dente si trovano due talloncini piatti e ben visibili, i quali sono appena accennati nel penultimo, ed il solco antero posteriore termina in questi, mentre il solco tra- sverso continua sulla faccia linguale e labiale della co- rona specialmente nell’ultimo dente. La parte interna di ciaschedun tubercolo possiede una cresta che termina nel solco antero-posteriore; in certi casi questa cresta si unisce a quella del tubercolo del lato op- posto, e per maggior precisione diremo : la cresta del tuber- colo linguale centrale si unisce a quella del tubercolo labiale centrale e così per i tubercoli distali. I due 7 in- feriori hanno una forma più allungata, i tubercoli sono disposti come nei superiori, son più grandi nel secondo che nel primo, nel quale il tallone anteriore è bene svi- luppato e porta una puntina a forma di piccolissimo tu- bercolo. Il primo dente permanente che spunta è il // il quale riproduce più in grande la forma dell'ultimo molare deciduo tanto nel .17 superiore che nell’inferiore. Si sviluppa prima nella mandibola che nella mascella. Date le condizioni del materiale che posseggo, non posso seguire lo svilupparsi degli altri denti, ma sono co- stretto dallo spuntar del 1 7 ad arrivare allo sviluppo quasi completo della dentatura permanente e totale sparizione d'ogni traccia di dentatura decidua. Da quanto riferiscono altri autori (1), nella maggior parte dei primati del vecchio mondo gli incisivi dovrebbero es- sere cambiati presso a poco all’epoca che spunta il 1 M, (1) Vedi lett. n. 7. — 2V2. Si suppone che il cambio dei denti avvenga fra il 3° e il 4° anno di vita. i SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 159 ma nei crani della nostra serie ciò non è avvenuto, però li troviamo cambiati in tutti quei crani nei quali è già spuntato il 2 4%. Esaminando attentamente i fenomeni che presenta la parte palatina dell’inframascellare, siamo autorizzati a rite- nere che gli incisivi mediani spuntino contemporaneamente al 2 MI, e presso a poco un po’ più tardi gli incisivi late- rali, poi i canini ed i premolari e da ultimo il 3 JM. Il C nei maschi specialmente è l’ultimo a compiere il suo svi- luppo. Questo è l’ordine nel quale spuntano probabilmente Didenti. Abbiamo detto che il 1 4 superiore riproduceva l’ul. timo 7 più in grande, il 2 // è uguale al 1 47 per forma ma di dimensioni maggiori. Il 3 / riproduce la stessa forma un po’ più arrotondata e delle volte diminuita di volume nella parte distale, i cuspidi in alcuni 3 / son più avvi- cinati che nel 2 /V/ ed in uno solo ho potuto csservare un tubercolo sopranumerario situato dal lato labiale della corona fra le due cuspidi e appoggiato specialmente alla cuspide distale (1) Abbiamo parlato di differenze di grandezza e misurando le corone di alcuni denti fra i meglio conservati troviamo che il 1 47 misura so mm. di diametro antero posteriore ed 1124 12 mm, anche il diametro trasverso del 2 // è di I mm. maggiore di quello del primo; queste differenze fra il 1 e il 2 // si trovano in ambo i sessi. Nella mandibola troviamo che il 1 / è quadricuspide con cuspidi divisi da un solco in croce, il secondo ripro- duce il primo in dimensioni maggiori; una sola volta notai una puntina sul tallone anteriore situata verso il tubercolo labiale centrale e ciò avveniva in ambo i secondi molari della medesima mandibola. Il 2% è più grande del 1 // e più grande ancora è il 3 4%, il quale possiede due cuspidi centrali, due distali molto più piccole, ed una quinta più piccola che delle volte si trova in mezzo alle due ultime accennate e spesso è spo- (1) Vedi lett. m. 26. 190 UGO G. VRAM stata dal lato labiale del dente; in questo dente qualche volta vi si notano delle punte così che i tubercoli sembrano . divisi in due, ed al lato centrale del dente si nota sempre un talloncino. La lunghezza delle corone aumenta dal 1 al 2 ed al 3 di circa 2 mm. per ciascuno: Il tipo molare è dunque il quadricuspide per i 4 su- periori, il quadricuspide per i due primi molari inferiori, e il cinquecuspide pel 3 .Z inferiore. Fra i molari ed i canini vi sono i due premolari. Nel mascellare troviamo il 1 / provvisto di due tubercoli, uno labiale e l’altro linguale, il primo tubercolo è il doppio più grande del secondo e delle volte anche più, son divisi fra loro da un solco distalmente il quale si accenna la for- mazione di un talloncino, il 2 / riproduce in dimensione maggiori il 1 ? e porta un talloncino al lato centrale. Il secondo / inferiore ricorda la forma del 1 molare deciduo, ed ha due tubercoli grandi dal lato centrale, due piccolissimi quasi atrofici dal lato distale che tendono a fondersi in uno; un solco antero-posteriore divide i due primi ed è appena accennato ‘fra i secondi ed un solco trasversale limita i tubercoli più grandi. Il primo / inferiore ha una forma del tutto speciale, cioè appiattita nel senso trasversale e possiede una cu- spide di forma triangolare e molto robusta seguita al lato distale da un talloncino che delle volte porta una pic- colissima punta; esso rassomiglia ad un dente ferino di carnivoro ed è piantato nell’alveolo obliquamente dall’avanti all'indietro e col crescere la sua corona si porta all'indietro così che lo vediamo piantato obliquamente anche dal basso in alto, con parte della sua radice anteriore scoperta e col- l'apice del tubercolo rivolto indietro. Questo dente nelle femmine è della metà più piccolo che nei maschi. Fra questo dente e gli incisivi spunta il potente canino permanente, e spunta prima del 3 //, ed è ultimo a com- pletare il suo sviluppo, ha la faccia labiale. convessa e la linguale piana e queste due faccie si incontrano posterior- mente (lato distale del dente) in uno spigolo acuto e ta- gliente concavo dall'alto in basso; sulla linea anteriore SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYTABS » 19I d'incontro delle suddette faccie si nota un solco che va dall’alto in basso, e nell'insieme il dente somiglia ad un cono curvato verso la parte posteriore. Con l'avanzare dell'età lo spigolo posteriore diviene sempre più aguzzo, mentre la punta e la parte anteriore, specialmente nei punti di contatto col canino inferiore, si usurano, e il dente si presenta come un cono smussato a parecchie faccie. Il C inferiore differisce per maggiore con- vessità delle sue facce che anteriormente si incontrano in uno spigolo, dietro al quale sulla faccia linguale si nota un solco esilissimo; questo dente si ingrossa molto al co- letto nel senso antero-posteriore. Nelle femmine il C è molto più piccolo che nei maschi ed assomiglia ad un C umano, sporge di poco sulla linea di masticazione dei mo- lari, ha la faccia labiale arrotondata, e la sua faccia linguale possiede uno spigolo che lo percorre nel mezzo dall’alto in basso; il canino inferiore delle femmine è una ridu- zione del superiore. Sull’ infra-mascellare sono piantati i quattro incisivi, due centrali e due laterali più piccoli della metà dei centrali, ed anche nelle femmine, nelle quali questi denti sono più piccoli, vi è lo stesso rapporto fra centrali e laterali. Gli incisivi inferiori sono più piccoli dei superiori. Fra canini ed incisi laterali superiori havvi il diastema, che nei maschi è molto sviluppato e nelle femmine appena accennato. Il C inferiore, a mascellari uniti, si caccia nel diastema superiore, mentre il C superiore si pone fra l’inferiore ed il 1/., il quale rivolge la sua punta verso il 12. supe- riore. Abbiamo già detto che con l’avanzare dell’età il I P. si volge obliquamente indietro; questo volgimento del dente sta in relazione col crescere del C superiore. L'articolazione delle arcate dentarie fra gli altri denti avviene come nell’uomo. Gli / inferiori poggiano col loro margine superiore sulla faccia linguale dei superiori, nei molari i tubercoli labiali inferiori si poggiano fra i tuber- coli labiali e i linguali superiori; i linguali superiori fra i linguali e i labiali inferiori. 192 UGO G. VRAM Il peso dei denti superiori è di regola maggiore di quello degli inferiori, tanto per i denti decidui come per quelli permanenti; il peso e maggiore nei maschi che nelle femmine. Queste differenze di peso si notano anzi- tutto nei denti canini; un dente canino femminile inferiore ben sviluppato pesa 0,95 gr., un maschile ben svilup- pato 4,10 gr.; nei crani nei quali il 3/47 non è ancora spun- tato il C pesa ji gio nei maschi e 0,67 gr. nelle femmine; i superiori pesano circa un grammo di più; la icona di peso fra maschi e femmine la troviamo quindi nei 3/4, minore differenza fra 1 2/V/ e 1. La differenza ridiventa più sensibile fra 1 / inferiori. Il peso complessivo della dentatura di una femmina è circa di 35 gr., quella di un maschio almeno di 50 gr. Fra i denti decidui il più pesante è il 2/4; il suo peso varia da 36 centig. nel cranio più giovane e 42 nei più vecchi. Il canino pesa circa 30 centig. il superiore e 25 l’infe- riore. Gli incisivi centrali superiori pesano circa 25 centig., e'liinferiore pesa ti2fior Il massimo peso della dentatura di latte si può calco- lare a circa 7 grammi. I denti incisivi e canini, tanto decidui che permanenti, sono provvisti di una radice sola. I molari superiori di latte sono provvisti di tre radici, due dal lato labiale, una dal lato linguale; quelli inferiori di due radici, una dal lato centrale, l’altra dal lato distale. I premolari superiori hanno di regola tre radici, due dal lato labiale ed una dal lato linguale. Lo stesso dicasi dei molari, nei quali le radici sono relativamente più robuste; la radice che si trova dal lato linguale è sempre la più voluminosa; gli alveoli sono co- struiti e divisi in modo da poter ricevere le summenzio- nate radici. SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 193 erro Lili et at RIASSUNTO. Descritte nella prima parte del presente lavoro le mo- dificazioni della forma cranica avvenute durante l’accresci- mento del cranio del C. Hamadryas, ora ci resta di riassu- mere i dati principali del suo accrescimento quantitativo in ambo 1 sessi. tO delle osservazioni craniometriche risulta: ° La capacità del cranio cresce maggiormente nella Luk preauricolare che nella porzione post-auricolare, l'accrescimento è maggiore nei maschi che nelle femmine in tutte le due porzioni; nei maschi è maggiore nella por- zione preauricolare che nella post-auricolare, nelle femmine avviene il contrario. Alla porzione preauricolare è dovuto maggiormente l'accrescimento di capacità in genere; e sol. tanto all’accrescimento di questa porzione è dovuto l’au- mento di capacità che avviene dopo spuntato il 1 M.; ° Il peso aumenta considerevolmente di più nei ma- schi che nelle femmine tanto nei crani che come nelle mandibole. Il rapporto fra il peso della mandibola e quello del cranio = I è maggiore nelle femmine che nei maschi (1 ) 3° L'’accrescimento della lunghezza totale è maggiore nella sua parte preauricolare che nella parte post-aurico- lare; l'accrescimento della lunghezza basale è maggiore di quello della lunghezza totale; quest’ultimo cresce in rap- porto di 1:11.42 mentre il ‘primo cresce nel rapporto di 1:11.74. La lunghezza basale è sempre maggiore nei ma- schi che nelle femmine ; z0015, session in larghezza è maggiore alla base che alla vòlta del cranio. Le larghezze in generale sono maggiori nei maschi che nelle femmine; (Vedi lett: n; 20. 9 194 UGO G. VRAM 5° L'accrescimento in altezza avviene specialmente in quella parte del cranio che si trova al disotto deila massima » circonferenza ; 6° L'accrescimento della faccia è continuo tanto in larghezza che in lunghezza, maggiore nel senso della lun- ghezza, che in quello della larghezza. La lunghezza cre- sce nel rapporto di 1:2.7, la larghezza in quello di 1:1.9. L'accrescimento in ambo i sessi è maggiore nei maschi che nelle femmine. Nelle femmine è maggiore l’altezza dalla glabella al vertice. 7° L'accrescimento dello scheletro facciale con tutti i suoi elementi e della parte frontale dello scheletro ce- rebrale è in intima relazione con lo sviluppo dei denti. i DN IO. SII SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRIAS — 195 dolo 4STLISRE _ ” FRRERATRURA: . Agassiz Ludwig. — Descriptio speciei novae e genere Cynocepha- IUSWDrissi “sis, B. XXI, Heft VIITa IX. . Brehm A. — Thierleben. Broca Paul. — Recherches sur la direction du Trou occipital et sur l’angle occipital et basilaire. Revue d’Anthropologie, tome deu- XICMEeMNS73; 0,2% Camerano L. — Materiale per lo studio della sutura temporo-frontale nell’Orango e nei Miceti. Boll. dei Musei di Zoologia ed Ana- tomia comparata della R. Università di Torino, vol. XII, n. 291. Cuvier Georges. — Le Règne Animal distribué d’après son organi- sation, Paris Vota a pag. 119: « Nous avons vu nous-mémes, ainsi que M. Geoffroy, deux ou trois mandrilles ou .S. 7477207 se changer en moras ou S. mormon dans la ménagerie du Mu- seum. Le bouquet du poil qu'on ajoute comme caractère du 7n207-- mon est souvent aussi dans le mazz20n ». Nota a pag. 178: « Tou- tes ces espèces factices ne tiennent qu’au plus ou moins bon état des individus ou à leur àge ». . De Candolle A. — Histoire des Sciences. Paris, 1873. . Ducroy De Plainville H.M.>— Ostéographie. Paris, 1839. . Dumortier M. — Observations sur les changements de forme que subit la tèéte chez les Orangs-Outangs. Annales des Sciences na- turelles, 2° série, XI, Zoologie, 1839, Paris. . Ehremberg G. P. — Ueber den Cynocephalus der Aegyptier nebst einigen Betrachtungen iber die aegyptische Mythe des Thot u. Sphins von naturhistorischen Standpunkt, gelesen in der Akad. des Wissenschaften am 18 October 1832. Zd. — Ueber den Cynocephalus und der Aegyptier u. iber das Weschelverhaltniss der Affen u. Menschen. Berlin, 1834. Geoffroy Saint-Hilaire Is. — Famille des Singes. Premiers Mémoi- res. Description des Mammifères nouveaux ou imparfaitement connus de la collection du Museum d’histoire naturelle, etc., pag. 23, paragr. II: « Modifications de la forme générale de la téte... Il n’est point de famille naturelle où la conformation de la téte, ou les proportions de la face et du cràne, en particulier, présentent, d’un genre à l’autre, des différences aussi nombreu- ses et aussi remarquables que chez les Singes. En comparant, parmi les Cynopt., le Sempt, le Cynoch. et parmi les Cebiens, 196 UGO G. VRAM I2. mac Tue TIGt un Saimiri et un Hurleur on apergoit relativement à propos du cràne ou de la face, plus de differences qu’il n’en existe sou- vent entre des animaux d’ordres différents (ad analog. al para- grafo VIII). « Je cherchais il y a quelques années (Etudes zoologiques, pre- mier livre, 1832) à me rendre compte de ces faits et à expliquer comment des diversités si nombreuses et si remarquables peuvent se concilier avec l’unité d’une famille dont les diverses espèces, sous presque tous les autres points de vue, se lient par des rapports si complètement naturels et si intimes. L’explication que je cherchais, et qu’il suffira de rappeler ici, m’a été fournie par la téorie si féconde des arréts ou mieux des inégalités des dé- veloppements. « En comparant Cympt., Sennopt., Cercopl., Macaque et le Cignopt., le Cynocéphal à museau si allongé dans l’état adulte, a eu, lorsqu’il était jeune, les proportions cràniennes et l’angle facial d’un Macaque; et avant ceux-ci il avait eu celles d’un Ma- caque et méme, si l’on remonte à l’état foetal, d’un Semno- phithèque. Le Cynocéph., et il en serait de méme du Macaque et du Cercophithèque, a donc présenté successivement et d’une ma- nière transitoire, les conditions cràniennes que l’on observe d’une manière permanente chez les autres: il a traverse les diverses lignes des développements qui caractérisent ceux-ci pour arriver à ceux qui le caractérisent lui-méme: par conséquent il n’en est véritablement qu’un degré, et si l’on peut s’exprimer ainsi, qu’un age plus avancé. Et ce qu’il y a de plus remarquable ce n’est pas la conformation seule de la téte, mais aussi le naturel qui se transforme à mesure que l’animal avance dans la série des dé- veloppements ». Geoffroy Saint-Hilaine senior et Cuvier. — Histoire naturelle des Orangs-Outangs, dans les Magasins encyclopédiques, t, III, p. 451, 1795. (L’angolo facciale del Cynoc. è di 30°). Hartmann R. — Le scimmie antropomorfe. Milano 1884. Haake W. u. Kuhner! W. — Das Thierleben Afrikas. Berlin. Hugues P. — Storia naturale delle Scimmie o dei Machi. Milano. 16. Jaeger D. Georg. — Einige Beobachtungen uber Shàdel mehreren 7 Wirbelthière in Verlaufe der Entwickelung bemerkbaren Ver- anderungen Miiller s. Archiv 1847. Le Double A. F. — Traité des variations des os du cràne de l’homme. Paris, 1903 (a proposito dell’osso di Kerckring vedi a pag. 39 e seguenti). 19. 20. SUL CRANIO DEL « CYNOCEPHALUS HAMADRYAS » 197 . Ménegaux A. — Les Mammifères (La vie des animaux, illustrée sous la direction de E. Pernier). Paris. Mbobius Dr. P. J. — Geschlecht und Kinderliebe, Halle, 1904, pag. 61 e seguenti, ripetendo le osservazioni di Gall e Vimont ha confermato l’esistenza d’una bozza nella parte posteriore del cranio all’altezza del lambda nelle scimmie giovani. Morselli E. — Sul peso del cranio e della mandibola in rapporto col sesso. Archivio per l’antropologia ed etnologia, vol. V, 1875 (a pag. 183, Crani di Scimmie). . Selenka Emil. — Menschenaffen, Wiesbaden, 1898. . Staurenghi C. — Note di craniologia. Annali del Museo civico di storia naturale di Genova, s. 2, XX, 1899. . Topinard P. — Anthropologie. . ZA. — Du Prognathisme Maxillaire. Revue d’Anthropologie, tome deuxieMe:NTS73) Dot. . Za. — Du Prognathisme facial supérieur, id. id., n. 2. . Troussart E. L. — Catalogus Mammalium. Berolini, 1897, Fried- lander Solm. . Vram U. G. — Studio sui denti molari umani. Atti della Società Romana di Antropologia, vol. V, f, 2 1898. . ZA. — Contributo all’antropologia antica del Perù. Id. id., vol VII, f. 1, 1900. Confr. la fig. 14 che rappresenta lo sviluppo dell’osso timpanico nell’uomo. . Za. — L'indice alveolare inferiore. Id. id., vol. XI, f. 1. . Za. — Metodo per determinare l’ inclinazione dell’orbita. Id. id., VOLI: 21900) UGO G. VRAM Misure generali diff’ Î o Di QUA Peso Capacità Lunghezza LOMSII Si 59) D) SRD Gi "i si o Ea SE e DEVE | A OH 55 È o È Si Ka) Rea g Va Fall Sri Shi i È È E Z Rua PT N I 2 3 4 5 6 7 8 9 xo MEA 12 13 14 grammi | grammi | c.c. CHE c.c. | mm. | mm. | mm. | mm. | mm. | mm | soi ì | 334200 AL I 22:(0\ 0408 gori 480 AZ 7A 39085 A o ez "i 3343 2 220) 4090) MUSO. 4074 (390 35 OR SON O: 23 91 3344 302357 4.0|0090)| 58.) 320077 41) 360 dz 3 3 3 | o; Rd 3345 ARNO AZOTO MONZA RITZ 68 | 44 81 4I | 40| 52 | 53 | 48 | 24 3346 GUI go, 05 I000 0 00,40) EST 4470 SZ ZA NAS E | È Î | 7 3347 SL c60ig08) dolo! ro. 60. 050 83.488 5A i 3348 i 60 0(iyi5i| 102! (51 {ga 185 | 4936 | | i 3349/05 III {8960 30 TI8 0850/90) 50) N34 044 SS 40 29 | Ù 3350 I7p | 82.0| 30.0 124 7450 | 90% 155 (350/008 00% 4476 0228 1 | “ 3351 189 97.0 40.0 | 124, 76 | 48 | 100, 56 | 44 70| 59| 45 | 24 | | | | h) 3352 I4 gi127.0| LO Igo 92) 48 | 10015904100 (07200 MO 49 zI, ei 3 | RA | È | | | ® 3353. IV! ‘9p |. ‘97.0|124.0 | 1227.705295. .62 337720) SSA 02408 3354 109 | 105.0 | 28002400072 |52; ggal (ss 4207 on io 27 3355 II1g 114,0 32.0 122 73 5I | 100 | 61 39 | 70 | 62 50 31 3356 139 | 173.0| 66.0 | 160 | 108 | 52 104 | 65 | 39| 80, 69 | 49 23 3357 159 |155.0) 58.0 l'aa | 88| 56 | 100 eni 397 |i3ui dist zo 22, 3358 169 | si 64.0 | 136 82 | 54 | 104 60 | 44 | 82 70 | 52 (208 3359 12d | 152.0 67.0 | 160 | 108 | 52 | 1og| 65 40 | 8r| 50. 52. 2a | | I 0 VB. 11 N. dell’inventario è quello segnato nell’inventario delle collezioni del R. Museo Zoologii cà A | £ oO RI O RE SA CO Co MI se) TI OVE CO MCO OVINI CO RIO VIN ONT CO RI CO Re 3 | Le-gt vi} azuas gia & 2 bai Hi a i Li (3) ni E Ei Lai > RI z a pra = MI + i i < i [dI A È Gdl GdR TI OMO va O a ld 00 PO) n qa HW Ì ul 29mgISA Je & È mn n n n mn \O \0 0 m 0 N°) ‘0 m 0 (C.0) Lo rat asc] Chi al das SEA GEE È a = de £ È A N" : > NS | 2 & E (C°) Tsi 00 m_N (SÌ n (Co) Hm <+ Hi ONMRSE= Nt a hu IMRE CO w So] MPANId Il a È) m (se) m ct + =} + STIRO, n 0 mn n mn ISO Db b >= O 5 | PF 5 s RESTI: : vo S 2 a. | ; 97) Q = | Sea NI (o) la mom (°) SI + SÌ ONG. (cc) (o) mi TITO inn L00) 5 Si 3 | UOISEU Je al COMCORINICO SE COEICO CREARSI: Sp a da I TARE Eri ORA ORO SI a (3) < 9 = gr î Mot) n 5 sa = > PID] E][Pp eri =o E 0 (e 0) ‘O ()) (Ni m (©) n \\o} (N) \0 00 (©) (©) (CN mn (o) D Vv 5 -39101d ezzoySun] S| £ up i a Di Hi q ov SR) SP e dr N) m 0 vu A $ < : e | È EIDOE] EI]PPp RE n + + [ni (co) N (o) + q Mm. 0 EMO, COMMON coNget= (oli z fi : enomp ezzoySunq S E m m (se) ’ Ms E e) (Co) SS le) fo) fe} (on Mm 5 -ooumerq exzaySae] © E LOMIGRILO ES OOO (o) \o} Tree Mr IE DO IE 00 E CO E00 (cal £ p) > i < SE mi Tipi e) n m m 00 mm (o) ma MH (o) al = o Cha euIsseuI È È MEAN, min n mm n O No) mo 0 \o) (o) VOMERO AU È |:5 È $ ue) Do $ \o Il Fatio (1) accenna alla variabilità di tale specie, tanto per le dimensioni generali, quanto per la conformazione del bec- co; ma dimostra con evidenza di credere tali modificazioni nulla . più che caratteri individuali, ammettendo che la specie L. curvi- rostra sia uniforme, tolte je modificazioni individuali, in tutto il suo vastissimo « habitat ». Venendo poi egli a parlare della L. pityopsittacus così si esprime: « // maggior numero dei « caratteri successivamente addotti dai diversi autori per di- « stinguere la L. pityopsittacus dalla L. curvirostra parmi siano « spesso troppo incostanti;...... così l opinione dello Sharpe, « che non vuol vedere in questi due Crocieri che due razze « o sottospecie d'una stessa specie, pare essere, fino a nuovo « ordine, giustificata ». (1) Fatio « Faune des Vertebres de la Suisse », 1899. 216 Filippo Cavazza L’Arrigoni (1) dice esplicitamente di non ritenere che siano altro che variazioni individuali le numerose forme della £.. cur- virostra e conclude così : i « Sotto forme leggermente differenti, le quali, secondo « me non meritano nè meno rango sottospecifico, abita le fo- « reste di pini di quasi tutta la regione paleartica e dell’ Ame- « rica settentrionale ». E questo afferma l Arrigoni, di cui tutti ammirano la vasta coltura ornitologica, dopo che già era pub- blicata la trattazione dell’ Hartert. In quanto alla £. pifyopsittacus | Arrigoni la ritiene una forma nordica della £. curvirostra, così differente da dover essere giudicata una razza geografica o sottospecie. Il Martorelli (2) che già citai nel mio incriminato articolo, non parla neppure delle numerose forme della £. curvirostra, alle quali egli non dà nessuna importanza, da che tenderebbe a negare perfino valore di sottospecie alla £. pityopsittacus e con queste parole: « Del Crociere comune (L. curvirostra) si « conosce, oltre alla razza ordinaria, anche un’ altra di dimen- « sioni un po’ maggiori; questa è la Loxia pityopsittacus, le « cui fasi sono perfettamente ccrrispondenti a quelle del cro- « ciere ordinario: ed io non saprei davvero come distinguere « gli individui piccoli della pityopsittacus da quelli grandi della « curvirostra! Però debbo anche aggiungere che esistono gra- « dazioni tali fra le due razze, le quali fanno dubitare assai « della validità della loro distinzione ». — Mi pare che il Mar- torelli, di cui sono ben lungi, in questo caso, dall’accettare inte- ramente le idee, passi colle sue affermazioni molto oltre a quello che io osai di esprimere, e che quindi egli sia agli antipodi di quanto asserisce l’ Hartert. È quindi sempre vero che chi cerca di rimanere nel giu- (1) Arrigoni « Atlante ornitologico degli Uccelli Europei », 1902 « Manuale degli Uccelli Italiani », 1904. (2) G. Martorelli. « .Gli Uccelli d’Italia », Milano, Cogliati, 1906. di gite Lol Ad O Sr AA ie II ARA] LOpraii LaT i ù i Ancora sulle forme della Loxia curvirostra, Lin. 217 sto mezzo finisce col divenire « A Dio spiacente ed ai ne- mici sui ». Il Giglioli (1) da ultimo, nel 1907, quattro anni cioè dopo la comparsa del primo fascicolo dell’opera dell’ Hartert e tre dopo quella del fascicolo contenente la trattazione delle Loxiae si esprime molto chiaramente tanto intorno alle idee generali che guidano il nostro autore, quanto intorno all’ applicazione che di esse fa nei paragrafi dedicati alle. Loxiae. Venendo poi il Giglioli a trattare della Loxia curvirostra, di cui aveva avuto agio di studiare serie numerosissime, e in tutti quasi i più importanti musei ornitologici esistenti, dice: « È specie individualmente variabilissima nelle dimensioni generali, in quelle del becco e nel colorito, indipendentemente dal sesso e dall’ età ». E dopo aver nominate tutte le sottospecie che si trovano separate nell’ opera dell’ Hartert, prosegue: « Queste distin- « zioni sono principalmente fondate sulle proporzioni e la forma « del becco, tanto variabile individualmente, come ho già notato, « in questa specie ; fatto facilmente spiegabile dal grande e sva- « riato uso che fa quest uccello di quell’ organo in condizioni « diverse. Con tali sistemi si va direttamente alia diagnosi di « ogni singolo individuo: con assegnazione di un nome proprio Ce « e si giunge all’ infinito. Cosa direbbero questi “ splilters ,, « se un antropologo si pigliasse il divertimento di classare gli « uomini di una contrada basando le sue diagnosi differenziali « sulla forma e sulle dimensioni del naso ? ». Certo questo non è che un giudizio personale, ma, oltre che essere di un ornitologo di vero valore, esso è nelle sue diverse parti condiviso da molti e molti altri; inoltre poi è ben più rude e poco rispettoso verso le idee dell’ Hartert di quello che non fossero i miei pensieri, pianamente esposti e riguardanti solo (1) E. H. Giglioli. « Avifauna Italica » Firenze, 1907. 218 Filippo Cavazza il valore di dati fatti particolari e scaturiti in gran parte ‘da osservazioni dirette, che io ho diritto siano ritenute vere quanto quelle del dott. Hartert. i E mi fermo dall’addurre testimonianze, giacchè non voglio opprimere i lettori e tanto meno il dott. Hartert con un ecces- sivo numero di citazioni; per quelli le credo già sufficienti, per lui sono forse anche troppe ! Venendo dunque agli errori di logica, alle contraddizioni e alle enormi leggerezze che il dott. Hartert crede di aver sco- perto nel mio articoletto, mi duole di dovergli dire o che ha letto troppo in fretta, o che ha risposto senza ben conoscere a che cosa rispondeva. Egli asserisce anzitutto che non appare spiegabile come io « possa giudicare » sulle diverse forme geo- grafiche da lui ammesse « senza aver osservate serie derivanti « da ciascuno dei paesi, dove ognuna di esse è nidificante ». Dunque l’Hartert ammette (forse per chi è del suo parere) che per giudicare ci si serva del solo strumento degli occhi, lasciando in riposo il cervello, che si giudichi cioè senza aver ben chiaro e logico il concetto da applicare ai fatti o direttamente veduti o talvolta anche solamente riferiti da altri. lo invece cerco di aver dei concetti stabili e piuttosto logici, sulla base dei quali faccio raffronti tra il particolare e il generale, tra l'evi- dente e l'improbabile che mi si vien raccontando. È quindi, presa come definizione di soffospecie quella sopra citata, re- puto assai importante, per lo studio delle variazioni d'una spe- cie, osservare un gran numero d’individui di un territorio ristretto, per accertare anzi tutto se quella specie, in determinate con- dizioni d'ambiente, simile per tutti gli individui, vada soggetta a variazioni individuali, e se codeste variazioni individuali siano, per entità e per direzione, tali da spiegare certe forme che a primo aspetto potrebbero parere di maggior valore. Tale con- cetto (piuttosto chiaro e fors'anche scientifico), seguii nell’osser- ‘ Ancora sulle forme della loxia curvirostra, Lin. 219 vare i Crocieri e lo ribadii dicendo : « /7o potuto istituire con- « fronti di qualche rilevanza mercè un materiale proveniente da « ur territorio ristrettissimo ed anche fra individui colti nello « stesso branco ». Secondo l’Hartert in Italia non debbono esser venuti « che individui di L. curvirostra c. », cioè di una sola delle nove sot- tospecie da iui ammesse. Ora nulla di più razionale che l'osservare e studiare indi- vidui unicamente di questo paese, i quali dovrebbero apparte- nere tutti a una medesima forma, così nettamente descritta e sicuramente stabilita dall’Hartert, per accertarsi se essa sia una forma ben stabile e precisa, oppure se offra variazioni indivi- duali così fatte, da divenire esse ponti di passaggio fra le di- verse razze geografiche descritte, o da uguagliare pur anche, per importanza di modificazioni morfologiche, le stesse sotto- specie o razze geografiche di altri paesi. Se avessi studiato su di un vasto materiale e fossi giunto alla constatazione che proprio le forme descritte come razze geografiche esclusive della Spagna, dell'Himalaia, delle Baleari, della Scozia ecc. ecc. si trovano rappresentate fra gli individui colti, e senza nessuna causa accidentale, nello siesso paese, come troverebbe inspiegabile e leggero il prof. Hartert se io concludessi che le sottospecie descritte per quei paesi, non es- sendo più esclusive d’un ambiente, mostrandosi scevre di qual- siasi carattere di fissità ed essendo riunite fra di loro da infi- - nite \variazioni intermedie, non possono nè debbono più esser tenute in conto di razze geografiche ? Può esser dunque tutt'altro che illogico il giudicare, su la base di osservazioni e per mezzo di raziocinio, dei valore di forme descritte come proprie di un paese, da cui non si è mai avuto materiale. Quello che invece dovrà parer sempre piuttosto leggero sarà l'ammettere e anche creare delle nuove sottospecie sopra l osservazione di quattro o cingue esemplari, tutti dello stesso luogo e talvolta in maggioranza giovani, cosa che non è difficile veder fare ad alcuni ornitologi. 220 Filippo Cavazza Se volessi, cosa che in questa risposta è ben lontana dal “mio proposito, occuparmi veramente della sistematica dei Cro- cieri e discuterne per esteso, potrei trovare uno spunto e‘ una linea direttiva alle mie idee nelle stesse parole dell’ Hartert, il quale contro le mie figure e le mie deduzioni non sa dire che questo : « /ull'altro dimostrano se non che il Cavazza ha os- « servati nei branchi di Loxia curvirostra curvirostra individui « che per la forma del becco si avvicinano ora all'una ora « all'altra delle sottospecie da me osservate » ; e io sono grato all’Hartert, giacchè così dice che esse dimostrano proprio quello che dovevano dimostrare. Ma ciò che man mano va divenendo sempre più inconcepi- bile è il concetto che ha l’Hartert di sottospecie! Dopo infatti d'aver ammesso colle parole qui sopra citate che”la stessa forma (?) Loxia curvirostra curvirostra presenta nello stesso paese variazioni individuali che si avvicinano ora all’ una ora all'altra delle rimanenti 8 sottospecie, egli parla di un' altra sottospecie da lui creata la Loxia c. scotica, riconoscendo che è « varia- bilissima » e dicendo anche nei suo primo lavoro che « alcuni « individui colti in Iscozia si possono più facilmente attribuire « alla Loxia c. anglica » e che alcuni colti in Inghilterra si possono attribuire alla Loxia curvirostra curvirostra, o alla L. c. scotica. Della Spagna poi gli basta di avere 3 esemplari adulti e 2 giovanissimi (ganz junge), derivanti tutti da Aguilas presso Mur- cia ed uccisi tutti nello stesso mese, per creare una nuova sot- tospecie e dichiararla razza geografica della... Spagna. Per quellò poi che si riferisce ai caratteri differenziali di questa sottospecie, io mi permisi nel mio articolo di rilevare che essi « sono tratti quasi esclusivamente da tenui differenze, « riscontrate nelle proporzioni e nella forma del becco; cioè « sono tratti proprio dalle modificazioni di quell’organo, che in « tutti gli uccelli va più o meno soggetto a variazioni indivi « duali e che in questa specie poi è irregolarmente mutevole « secondo l’uso e le condizioni esterne ». Supponevo che tutti Si a st la N? i ); x Ancora sulle forme della Loxia curvirostra, Lin. 221 C) avrebbero capito la conclusione contenuta in queste premesse e cioè che tali caratteri, tanto esposti alle azioni esterne e tanto mutevoli pel diverso uso, non potevano assumere mai valore di caratteri differenziali, neppure secondari. Ma l’Hartert pare non l'abbia capita, perchè per tutta risposta dice: « Che /a varia- « zione si mostri specialmente nel becco, ciò deriva dalla di- « versità dei frutti delle conifere, dai quali i Crocieri tolgono « il loro nutrimento ». E viene così anche questa volta a ripe- tere quello che io avevo detto e quindi, certo senza accorger- sene, a rinforzare la mia conclusione. Appare inoltre chiaro dalle sue parole che egli ammette quali caratteri principali distintivi fra le diverse sottospecie, dei caratteri che si modificano e variano secondo la durezza del frutto delle conifere!! Infatti conclude col dire che « ‘se un collezionista volesse « presso una serie di Crocieri uccisi nell'epoca della cova fare « anche una raccolta delle pigne delle conifere che vegetano in « quello stesso luogo, si potrebbero forse fare dei confronti « interessanti ». E io, che approvo pienamente questo suo ultimo asserto, mi chiedo come è possibile dare un valore più che indi- viduale a variazioni temporanee, prodotte da un'azione esterna, che può sempre andar soggetta a mutazioni! Ma se studiassimo l’uomo con simili criteri (e l'uomo è pure un animale dal punto di vista zoologico) non andremmo incontro a conclusioni diver- tentissime ? Non creeremmo, per esempio, secondo le variazioni della mano (e si sa che possono esser grandissime) tante sot- tospecie.... una di fabbri, l’altra di scrivani, |’ altra di zappatori e via via? Tornando ai Crocieri basterebbe fare nel bel mezzo d'Eu- ropa una vasta piantagione di conifere provenienti dall'America del nord o dall'Australia per veder apparire dope qualche anno dei Crocieri appartenenti nel primo caso a una razza geografica propria d'un paese d’ America, nel secondo a una nuova forma che verrebbe poi descritta come razza geografica... o d'Europa o d’Australia!!!... Che entità sistematiche siano queste sottospe- 229 Filippo Cavazza cie io non so capire e che imbroglio derivi dalla loro inconsi- . derata formazione non voglio ora star a dimostrare! Vengo quindi all’accusa che mi fa l' Hartet di aver ripro- dotti nelie mie figure, perchè fossero fra loro confrontati, indi- stintamente becchi di adulti e di giovani: ma io vorrei sapere su che cosa può aver fondata egli tale accusa, visto che, quando ho citato la mia figura e confrontati tra. loro i diversi disegni, ho scritto fra parentesi queste parole: « folto il n. 8 che è d'un giovane ». Vi sono invece degli ornitologi che non esitano di fare una diagnosi sottospecifica, e descrivere nuove forme, avendo come tipi quasi solo individui giovani e neppure un maschic adulto; e le conclusioni di cotesti ornitologi |’ Hartert le accetta senza rilevare le leggerezze, che va cercando poi tal- volta dove non esistono. Parlando poi della £L. curvirostra pityopsittacus egli così sentenzia: « Cavazza afferma che ia forma pityopsittacus è da « ritenersi come una vera forma geografica 0 sottospecie; e ciò « mentre egli stesso ha da principio detto di non sapere come « distinguerla ». Mi sembra che anche in questo caso il Dott. Hartert abbia veduto quello che non c'è; abbia cioè scoperto una contraddi- zione della quale mancano i termini. A metà circa del mio articolo avevo riportato il giudizio del Martorelli, il quale, come sopra abbiamo visto, sostiene che non è possibile distinguere la £. c. pityopsittacus dalla £. curviro- stra tipica; ma di mio non avevo aggiunto nessun giudizio, espo- nendo solo un fatto osservato e con queste parole: « Fra gli À individui di L. curvirostra catturati quest'anno nel bolognese, « ne trovai raramente alcuni, i quali avevano una forma di becco, « che non saprei certo come distinguere dalla forma propria « della tipica L. c. pityopsittacus ». E non parlavo che della forma del becco, mentre la £. curvirostra pityopsittacus diver- sifica dalla specie tipica per un complesso di piccoli caratteri, statura generale, lunghezza delle ali e forma del becco caratte- Ancora sulle forme della Loxia curvirostra, Lin. 228 ristica perchè poco variabile. Voleva forse il prof. Hartert che io tacessi a bella posta una mia osservazione? Quest'osservazione poi, mentre è contraria all'ipotesi che la pityopsittacus sia una specie distinta, collima perfettamente con quella che ne fa una sottospecie o razza geografica; giac- chè, se nella -Scandinavia e nel Nord-Ovest della Russia appare quasi esclusivamente la forma di becco della pityopsittacus, forma che raramente si trova in individui di curvirostra tipica e vi appare poi sempre in unione con certi altri caratteri, ne segue che la forma propria di quei paesi corrisponde perfetta- mente colla definizione che ho dato sopra per le sottospecie che « debbono diversificare dalla specie tipo solo per l'esagerazione « o per la diminuzione di caratteri che già sono accennati o in « tutti gli individui delle specie tipo o in alcune sue forme in- « dividuali ». Quindi non solo senza contraddizione, ma in buona « logica ho dopo affermato che « /c forma pityopsittacus è più « distinta dalla tipica L. curvirostra che non tutte quelle se- « condarie forme individuali, ed è poi specialmente comune in « paesi ben determinati », così che appare essere una vera forma geografica o sottospecie. Non rilevo | accusa che ll Hartert vorrebbe farmi, di non essermi, cioè, accerto che la pityopsitfacus ha una lunghezza d’ ali diversa dalla tipica curvirostra: e di che cosa credeva che io parlassi, quando dicevo che la pityo- psittacus « è, per un complesso di caratteri, più distinta dalla « curvirostra che non tutte quelle altre forme individuali ? ». Alla fine poi dell’ articolo l’Hartert ironicamente dice che « sarebbe un caso oltremodo raro che un uccello così larga- « mente esteso, che non è un regolare migratore, nè un gran vo- « latore rimanesse sempre invariato.....ecc. ecc. » e questo dice come se io avessi sostenuto l'opposto, mentre non fa (come pare abitudine sua) che ripetere ciò che io avevo detto nel mio ar- ticolo e' quasi con le medesime parole: « Come quasi tutte le « specie non regolarmente migratrici, che hanno una vastissima - « area di diffusione, la Loxia curvirostra presenta una varia- E ao b: \« grafiche ». Filippo Cavazza « bilità di forme cho generalmente si vogliono ritenere geo " E così chiudo chiedendo ai lettori qual specie di critica. Son quella del prof. Hartert! i 6 Dall'Istituto Zoologico della R. Università di Bologna. Aprile 1910. Ù È Filippo”Cavazz a sn i Ù W ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm. Antonio Carruccio Dott. L. Masi Idrofilidi appartenenti al Museo Zoologico della R. Università di Roma (Comunicazione fatta alla Società Zoologica con Sede in Roma) Il presente elenco di //ydrophilidae il quale riguarda le spe- cie che sono possedute in questo Museo, fa seguito a quello delle due famiglie Dyfiscidae e Gyrinidae, che ho pubblicato nei fasc. XI-XII del vol. X, 2° serie (1909) di questo Bollettino (1). Ri- mando perciò a quanto ho detto nelle prime pagine di tale pubbli- cazione per gli schiarimenti riguardo alla scrittura dell'elenco e per le notizie sul modo come la collezione fu iniziata e poscia arric- chita di numerosi esemplari da parte di diversi donatori. Delle Aydrophilinae è posseduta quasi la metà delle specie europee, e son rappresentati quattordici dei diciassette (2) generi della nostra fauna. Mancano il genere Sfernolophus, cui spetta _la sola specie nofaticollis Muls., ed i generi Paracymorphus ed Hemisphaera) ciascuno rappresentato pure da una specie, il /. globuloides Kuw. e la MH. infima Pand. (1) Devo qui rettificare un errore incorso nella compilazione del prece- dente catalogo dei Ditiscidi. Ho indicato l' A/ygrotus decoratus Gyllh. come specie mancante nell'Europa mer., e ciò in conformità di quanto scrive il Gan- glbauer, dimenticando che il Bertolini lo menziona come già trovato nel Tren- tino, nel Piemonte e nel Lazio. (2) Il Bertolini indica diciotto generi per questa sottofamiglia, ponendo come genere distinto dal Berosus Leach il sottogenere Erioplurus Hope. 226 L. Masi Delle Sphaeridiinae, cui appartengono otto generi europei, si hanno 24 specie su 309 registrate dal Reitter, e mancano due | generi rappresentati da specie unica, cioè i generi Pelosoma e Pachysternum, il primo con la specie Lafertei Muls., il secondo con la specie pusillum Kuw. Le due sottofamiglie Hel/ophorinae e Hydraeninae non sono fra le meglio rappresentate nella col- lezione. Infatti della prima si hanno 16 specie su le 49 che ne registra il Catalogo Reitter, e della seconda se ne hanno 34 su 109. Tuttavia gli esemplari delle specie possedute sono suf- ficienti per mettere a conoscenza degli studiosi i tipi principali di specie, che si trovano in ciascun genere. HYDROPHILINAE. Gen. Berosus Leach. B. luridus L.: provenienza Belgio; — affinis Brull.: Bel- gio; — signaticoliis Charp.: Napoli, Morges, Sassonia, Austria; — spinosus Stev.: Eisleben (Prussia). Gen. Hydrous Dahl (/ydrophilus Degeer). H. piceus L.: Roma, Maccarese e Furbara (Lazio), Spo- leto, Chianciano (Siena), Napoli, Portici, altra località d’Italia, Calabria, Sicilia, Berlino; — pistaceus Lap.: provenienza? Fra i diversi esemplari dell'/7. piceus, uno di Maccarese (,0) è della varietà nero-violacea, distinta dal Camerano con la let- tera 4, e presenta anche una fascia rossa scura sulle elitre, presso la seconda metà del margine esterno. Due esemplari «di Napoli ed uno O preso in Roma sono riferibili alla var. e dello stesso autore. Un altro esemplare preso in Roma, in cui i tre ultimi articoli della antenne sono bruni ed il resto di co- lore testaceo, può riferirsi alla var. mr. Idrofilidi appartenenti al Museo Zoologico ecc. PAT Della seconda specie, /7. pistaceus, esistono nella colle- zione due soli esemplari ;, d’ignota provenienza. La specie, ed è quasi superfluo ricordarlo, è diffusa nell’ Europa meridionale e nell’ Africa sett.: nella regione italica, secondo Camerano, si trova in Liguria, nella Sardegna e Corsica, in Sicilia e nell'Isola di Malta. T. spinipennis Gory (Tetracanthus aegyptiacus Peyr. Ste- thoxus aculeatus Sol.) Egitto, Senegal? Gen. Hydrophilus Degeer (/7ydrous Brll.). H. caraboides L.: Roma, Maccarese (Lazio), altra località d'Italia, Carditello (Napoli); — f/avipes Stev.: provenienza? Due esemplari del caraboides spettano alla forma denomi- nata /. intermedius da Mulsant (var. B secondo Camerano). Gen. Limnoxenus Rey. L. oblongus Herbst.: Capodimonte, altra località d’Italia. Gen. Hydrobius Leach. H. convexus Brullé: Nimes; — fuscipes L.: Fiumicino e Furbara (Lazio), Belgio; — var. Rottenbergi Gerhdt. (H. Rot- fenbergi): Slesia. È Gen. Anacaena Thomson. A. limbata F. (Hydrobius sp.) Roma, Cava de’ Tirreni, Ca- saluce; (7. limbatus) Inghilterra; (7. variabilis Steph.) Inghil- terra; Roma, altra provenienza — ovata Reiche (77. globulus 2928 L. Masi Payk.) Sassonia, Sciaffusa, altra proven. — g/obulus Payk. (/Hy- drobius sp.) Sassonia. | Uno dèi due esemplari di A. ovatta di Sciaffusa è riferi- bile alla var. ochracea Steph. essendo nelle parti superiori di color giallo-bruno, eccetto la testa, con tre macchie scure sul corsaletto, situate in modo che lasciano due aree gialle trian- golari in corrispondenza al margine posteriore: lo scutello è del colore delle elitre, ma più scuro ai margini. Ho annoverato fra gli esemplari di A. limbata F. due indi- vidui che portano nella Collezione Emery il nome di //ydrobius variabilis Steph.: tale sinonimia, ammessa dal Ganglbauer, non | è indicata nel Catalogo Reitter nè dal Kuwert. Tuttavia, anche seguendo le tabelle di questo autore, si viene alla determina- zione della specie /imbata F. Gen. Paracymus Thomson. P. aeneus Germ.: Lande. Gen. Crenitis Bedel. E punctatostriata Letzn.: Slesia. Gen. Philydrus Solier. P. melanocephalus OI. (Hydrobius bicolor Payk). Inghilterra ; (P. melanacephalus) Cremona; — festaceus F.: Fiumicino e Maccarese (Lazio), Napoli, Svizzera, Germania; — bicolor F, (maritimus) Fiumicino (Lazio) Inghilterra; — frontalis Er. (nî- gricans Zett.) Sassonia; — agrigentinus Rottbg. (cossiriensis Ragus) Sicilia; — mnutus F. (marginellus Thoms.) Fiumicino (Lazio) Sassonia, Morges; — guadripunctatus Hbst.: Fiumicino (Lazio). Pel P. festaceus il Bertolini cita solo il Piemonte, la Si- cilia, la Sardegna, e con un punto interrogativo il Trentino; pel Idrofilidi appartenenti I Museo Zoologico ecc. 229 P. bicolor (grisescens Gyll.) cita il Trentino, la Corsica e la Sardegna ; pel P. minutus (affinis Thunbg.) il Trentino, il Pie- monte, Veneto e Sardegna. Dal Catalogo Bertolini non si può conoscere in quali parti d'’ Italia sia stato preso il P. guadripunctatus che ivi è messo in sinonimia col P. me/anocephalus: secondo Ganglbauer le due specie spettano a sottogeneri diversi. Il guadripunctatus Hbst. va posto nel sottogenere Philydrus s. str., insieme col bicolor F., cui rassomiglia, fra gli altri caratteri, pel secondo articolo del palpo mascellare affatto nero : se ne discosta principalmente per la forma meno allungata. Tuttavia il Lazio non è citato dal Bertolini nemmeno per le varietà del P. melonocephalus: è ci- tato invece dal Luigioni. Gen. Helochares Mulsant. H. lividus Forster : Roma, Colli Laziali, Napoli; (dilutus Er.) Corfù; — griseus F. (punctatus Sharp.) Inghilterra. Gen. Cymbiodyta Bedel. C. marginella F.: Slesia. Gen. Laccobius Erichson. L. minutus L.: Greifensee; — alfernus Motsch.: Ginevra Sion (Svizzera ?); — gracilis' Motsch. (viridiceps) Cava de’ Tirreni. Lago di Averno ; (fhermarius Tourn.) Baden, (var. sar- deus Baudi) Greifensee; — nigriceps Thoms.: Napoli, Portici, Cava de’ Tirreni, Caserta, Bologna, altra località d’ Italia, Monti Carpazi; — var. maculiceps Rottbg.: prov. ? — pallidus Muls.: Pignataro (Caserta); — evelieri Perris.: Corsica; — bipunctatus F.: Slesia; — alutaceus Thoms.: Roma, Napoli, Pignataro, Monti Carpazi; — Emeryanus Rottbg.: Cava de’ e i Pe 230 L. Masi | Tirreni, Pompei, Sicilia; — sinuatus Motsch. (obscuratus) pro- venienza ? Per il Z. Gracilis il Bertolini cita solo il Trentino, il Pie- monte, l’ Emilia e la Sicilia: il Lazio è citato dal Luigioni. Per il £. pallidus la Liguria, Sardegna e Corsica. Pel L. alutaceus il Trentino, il Piemonte, la Liguria, l'Emilia. Non trovo che pel L. Emeryanus sia stata indicata finora altra regione oltre la Sicilia. Un esemplare di L. alutaceus, proveniente da Pignataro, presenta le elitre giallo-grige e la macchia sul corsaletto non più larga della testa: tuttavia non è riferibile alla var. griseus Rott.. Del L. Revelieri esiste nella Collezione Emery un solo esem- plare della forma tipica. Se ne trova in Corsica anche la var. leucaspis Kiesw. Nel £L. thermarius Tourn. il lato esterno delle tibie ha dentelli più forti e più numerosi di quelli del L. gracilis Motsch.; perciò il Kuwert lo considera come specie distinta, mentre Ganglbauer a ragione lo ritiene specificamente identico. Gen. Chaetarthria Stephens (Cy/lidium Erichson). C. seminulum Hbst.: Roma, Landes, Merseburg. Gen. Limnebius Leach. L. nitiduloides Baudi: Cava de’ Tirreni; — #runcatellus Thunbg.: Rennes, Sciaffusa; — papposus Muls.: Francia; — furcatus Baudi: Napoli, S. Giuseppe, Caserta; — mucronatus Baudi : Cava de’ Tirreni; — picinus Marsh. (atomus Duft.) Na- poli, Astroni, Cava de’ Tirreni, Sciaffusa; (sericans) Slesia. Pel L. furcatus Baudi (L. similis Baudi, secondo il Cata- logo Reitter) il Bertolini cita la Sardegna, l'Appennino, il Pie- monte e il Luigioni il Lazio. Pel mucronatus il Bertolini cita I Emilia, la Sardegna e Corsica. Pel L. picinus non cita l' Ita- lia mer. [drofi\idi appartenenti al Museo Zoologico ecc. 231 SPHAERIDIINAE Gen. Dactylosternum Wollaston. D. Insulare Lap.: Cava de’ Tirreni, Capodimonte (Napoli), Sicilia. Riguardo alla distribuzione di questa specie, il Kuwert nelle sue « Bestimmungs-Tabellen » non cita la Sicilia, e il Bertolini non cita il Napoletano. Gen. Coelostoma Brullé (Cyc/lonotum Er.). C. orbiculare F.: Maccarese e Fiumicino (Lazio) Morges; — hispanicum Kiist.: Napoli, Sicilia. Gen. Sphaeridium Fabricius. S. scarabaeoides L.: Roma, Napoli, Pignataro (Caserta) altra località ignota, Wengern Alp; — dipustulatum F. var. . 4-maculatum Marsh.: Roma, Bolsena, Bologna, Napoli, altre lo- calità; var. Aumerale Westh.: provenienza? Un esemplare dello scarabaeoides (da Pignataro-Caserta) - manca del tutto delle macchie posteriori gialle sulle elitre e pre- senta le anteriori molto scure e appena visibili: esso è propor- zionatamente anche un po’ meno largo di tutti gli altri esem- plari della specie. Gen. Cercyon Leach. C. hoemorrhoidalis F. (flavipes F. ed haemorrhoidalis) Roma, Napoli, Trento, Lusanna; var. erythropterus Muls.: Roma, Ca- podimonte; — /ugubris Oliv. (obsoletum Gyl.) Napoli; ustu- latus Preyssl. (haemorrhoum Gyl.) Sciaffusa, Merseburg (Sas- sonia); — flavipes Thunbg. (anale Payk.) Germania; var. margi- 232 L. Masi nellus Payk.: Roma; — pygmaeus Ili.: Roma, Napoli; — littoralis Gyll.; Portici, Francia, Mare del Nord [sic]; — marinus Thoms. (aquaticum Steph.) Francia; — melanocephalus L. : Inghilterra ; — quisquilius L.: Bologna, Napoli; — wripunctatus L.: Slesia; — nigriceps Marsh. (centrimaculatus St.) Napoli, altra provenienza, Prilly; — minutus Gyll. (minutum F.) Francia; — /ugubris Payk: Inghilterra; — granarius Er.: Napoli; — rAomboidalis Perr.: Corsica; — /ateralis Marsh.: Léveil (Svizzera). Il C. /ugubris è specie rara, che talvolta si trova insieme col C. impressus ; la collezione ne ha solo tre esemplari. Un'altra specie rara della collezione è il C. marinus, di cui si hanno due esemplari. Pel C. /ittoralis il Bertolini segna solo « località incerta ». Del C. rkhomboidalis vi sono due esemplari, di cui uno lungo poco più di 1 mm., l’altro mm. 1,7. Kuwert indica solo la lun- ghezza di mm. 1,9. Gen. Megasternum Mulsant. M. boletophagum Marsh.: Roma, Cava de’ Tirreni, Pigna- taro, Slesia. Gen. Cryptopleurum Mulsant. C. minutum F. (atomarium F.) Roma, Cava de’ Tirreni, Pi- gnataro, Slesia; crenatum Panz. (Vaucheri Tourn.) Landes. SPERCHEINAE. Gen. Spercheus Kugelann. S. emarginatus Schall.: Napoli. TAO Aa E 4 Visto Idrofilidi appartenenti al Museo Zoologico ecc. 236 HELOPHORINAE. Gen. Helophorus Fabricius. H. rufipes Bosc. (rugosus Oliv.): Portici; — rubilus F.: Sle- sia; — alternans Géné: Napoli, Carditello, Corsica; — Schmidtii Villa (a/pinus Heer): Monte S. Bernardo, S. Gottardo; — fuber- culatus Gyll: Finlandia; — aguaticus L.: Roma, Maccarese (Lazio) Carditello (Napoli) Parpano, altra provenienza ignota; — var. aegualis Thoms. (H. aequalis): Slesia; — arvernicus Muls.: Monti Sudeti; — viridicollis Steph. (obscurus Muls.): Corsica; — gra- nularis L.: Roma, Fiumicino (Lazio) S. Rocco (?) altra prove- nienza ignota; — /aticollis Thoms.: Finlandia; — griseus Her- bst: Roma, Napoli, altra provenienza; — nanus Sturm: Marsi- glia; — g/acialis Villa: Monte S. Bernardo; — var. insularis Reiche (7. insularis): Corsica; — quadrisignatus Bach.: Bale; — dorsalis Marsh.: Fiumicino (Lazio); — Sa4/bergi Kuw.: Slesia. Riferisco all’ /7. SaA4/bergi Kuw. due esemplari che si tro- vano nella Collezione Emery, uno dei quali ha un cartellino col nome brevipennis Thoms. Un Melophorus brevipennis non è re- gistrato, nemmeno come sinonimo, dal Reitter, nè si trova de- scritto nell'opera del Thomson « Coleoptera Scandinaviae ». Non credo che questo autore l'abbia descritto in altro luogo. Comun- que sia, i due esemplari vanno riferiti secondo me all’7. Sa4l- bergi. I piccoli peli rigidi che si trovano allineati, con disposizione quasi verticale, sul margine esterno della metà posteriore delle elitre, nonchè quasi tutti gli altri caratteri, mi permettono di cre- dere giusta questa determinazione. Soltanto si osserva nei due esemplari che i due solchi interni del corsaletto, in prossimità del margine anteriore di questo, si piegano un poco verso l’ e- sterno, ma solo per la loro parte estrema; inoltre i rilievi me- diani son forniti di tubercoli ombilicati non più piccoli e non 234 L. Masi meno evidenti di quelli dei rilievi esterni; anche si osservano sui tarsi dei piccoli peli natatorî bianchi, che il Kuwert non trovò nei tipi da lui descritti. Data la variabilità che sogliono presentare le specie del genere, tali differenze rispetto ai tipi del Kuwert sarebbero ap- pena sufficienti per istituire una varietà distinta. L’ Helophorus aquaticus e il granularis sono rappresentati nella collezione da parecchie delle diverse forme che presen- tano. Tra le specie di //e/ophorus rappresentate, sono rari l’ /7e- lophorus Schmidtii Villa, il fuberculatus Gyll., l arvernicus Muls., il narus Sturm, il guadrisignatus Bach. HYDRAENINAE. Gen. Hydrochus Leach. H. elongatus Shaller: Sciaffusa; — drevis Herbst: Slesia; — angustatus Germ.: Inghilterra, Slesia; — var. foveostriatus Frm. (/7. foveostriatus): Brindisi; — carinatus Germ.: Sciaf- fusa; — /lavipennis Kiist.: Caserta, Pignataro, Casaluce, altra ‘provenienza ignota. Il Catalogo Bertolini indica solo la Sicilia per l' 7. angu- status var. foveostriatus; per il f/avipennis (che mette come varietà dell’ angustatus) indica il Piemonte, la Liguria e la Sar- degna. Gli esemplari del f/avipennis provenienti da Pignataro (Ca- serta) hanno sul corsaletto depressioni marcate, e rilievi del co- lore delle elitre: in altri esemplari, di provenienza ignota, si os- serva che la testa e il corsaletto sono di color verde dorato e le elitre brune con rifessi in alcuni punti verdi o azzurri ; gli esemplari di Casaluce hanno le elitre cupreo-violacee, il corsa- letto e la testa verde dorati, il margine anteriore del corsaletto più o meno rossastro e le depressioni poco marcate. e ER I Idrofilidi appartenenti al Museo Zoologico ecc. 235 Gen. Ochthebius Leach. O. exsculptus Germ.: Sciaffusa, Rennes, Burghélzli; — Lejolisi Muls.: Cherbourg; — gibbosus Germ. : Glatzer Schnee- berg (Slesia); — pusillus Steph. (marginipallens Latr.): Na- poli; — marinus Payk.: Napoli; — pygmaeus Payk: Inghil- terra, Belgio; — dicolon Germ.: Napoli, Cava de’ Tirreni, altra provenienza; — exraratus Muls.: Napoli; — pellucidus Muls.: Belgio; — serratus Rosenh.: Spagna; — foveolatus Germ.: Slesia; — metallescens Rosenh. : Erlangen; — punctatus Steph. (O. punctatus e O. hibernicus): Andalusia; — sericeus Muls.: Egitto; — guadricollis Muls. (0. submersus Chevr., O. qua- dricollis Muls. e O. sp.): Erlangen, Corsica, Brindisi, altra pro- venienza; — quadrifoveolatus \Wollaston: Madera; impressi collis Lap. var. imperfectus Kuw. (0. Mulsanti): Ìle de Ré, altra provenienza? — /feeri Wollaston: Madera. L'Ockthebius Lejolisi è rappresentato dalla forma tipica, la quale è limitata alle coste del Mare della Manica: in Italia se ne trova ia var. sudinteger, per la quale il Bertolini indica la Liguria e la Sardegna. L’O. bicolon e V'exaratus non sono citati dal Bertolini per l’Italia meridionale. Nella Collezione Emery, oltre agli esemplari che portano l'indicazione di O. bicolon Germ., sono da riferirsi alla stessa specie (che è sinonimo del C2walinae Kuw.) gli esemplari senza nome specifico, di Cava de’ Tirreni, uno dei quali porta la nota « pellucido affinis », ed inoltre i due esem- plari dell’Île de Ré con l’indicazione di Ockthebius Mulsanti. Il nome di O. Mulsanti non è registrato nel Catalogo Reitter: il Bedel scrive « Mulsanti (Pand.) in lit. » e lo mette fra i sino- nimi dell'O. impressicollis Cast., che ritengo identico all’impres- sicollis Lap. Ad ogni modo, seguendo le tabelle del Kuwert, si viene alla determinazione di O. impressicollis Lap.; e poichè gli esem- plari presentano la serie di punti abbreviata presso io scutello, 236 L. Masi . si tratta di una delle varietà della specie, avendo la forma ti- pica tale serie di punti prolungata fin presso l'estremità del- l'elitra. La var. a cui ritengo che spettino gli esemplari, è la var. imperfectus Kuw. I due esemplari di O. guadricollis provenienti da Brindisi corrispondono quasi perfettamente ai caratteri indicati dal Ku- wert per la specie submersus Chvr. (posta nel Catalogo Reit- ter, come sinonimo dell’ O. guadricollis Muls. ma non ri- tenuta come tale dal Kuwert). Nei due esemplari di Brindisi le elitre sono di un rosso bruno molto scuro, mentre nell’ O. submersus secondo Kuwert tutto l’animale sarebbe verde scuro metallico. Per questa forma il Kuwert indica solo l'habitat nella Corsica ed Algeria, mentre l’O. qguadricollis è stato trovato nella Corsica, nella Francia mer. e in Provenza. L’O. Stfein- biihleri Reitt. che per diversi caratteri apparisce come intermedio fra la due forme ora ricordate, ma si distingue facilmente per i palpi e le zampe di un nero metallico, si trova, sempre secondo le indacazioni del Kuwert, in Dalmazia e nell'Italia mer., ed in questa propriamente a Gaeta e Capri. Esso è posto come spe- cie distinta nel Catalogo Reitter. lo ritengo che i due esemplari di Brindisi, e così pure al- cuni altri della collezione, di cui non è indicata la provenienza (che tuttavia è probabilmente la stessa), debbano riferirsi all’O. submersus Chevr. Occorrono ulteriori ricerche per stabilire se questa specie debba considerarsi come distinta dall’O. guadri- collis, come ha fatto il Kuwert. Gen. Hydraena Kugelann. ._ H. riparia Kugelann: Sciaffusa, Sassonia, un esemplare di ignota provenienza; — palustris Er.: Slesia; — rugosa Muls.: Landes; — angustata Sturm: Corsica ; — polita Kiesw. : Sciaf- fusa; — dentipes Germ.: Sassonia; — gracilis Germ.: Zurigo, Sassonia, Prussia; — atricapilla Waterh. (flavipes Sturm e atricapilla): Sassonia, Inghilterra; — pu/chella Germ.: Hes- Idrofilidi appartenenti al Museo Zoologico ecc. 237 se nnt ————+ sberge; — pygmaea Waterh. (Siebo/di Rosh.): Sassonia, Er- langen; — festacea Curtis: provenienza ignota. Le pubblicazioni più importanti di cui mi sono giovato per la deter- minazione delle specie e per la compilazione di questo elenco, sono: Gan- glbauer, Die Kéafer von Mitteleuropa, IV, Wien, 1904. — Kuwert, LBe- stimmungs-Tabellen der europdischen Coleopteren, XIX, XX Heft, Briinn, 1890. — Bedel, Faune des Coléoptéres du bassin de la Seine, |, Paris, 1881. — Reitter, Catalogus Coleopterorum Europae, etc., Paskan, 1906. — Bertolini, Catalogo dei Coleotteri d’Italia, Siena, 1899. — Luigioni, Coleotteri del Lazio notati od omessi nel Catalogo Bertolini, Rivista Co- leotterol. ital, 1905. — Camerano, Monografia degli Idrofilini italiani, Atti R. Accad. d. Scienze Torino, 1884. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm. Antonio Carruccio Dott. L. Masi Diagnosi di alcuni Imenotteri Calcididi (Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma) Nel fascicolo XI-XI del vol. IX (23 serie) di questo Bol- lettino (1), ho dato un elenco di un certo numero di specie di Imenotteri Calcididi, quasi tutte nuove per la fauna Italiana e che ho avuto occasione di raccogliere e di descrivere, ed ho pubblicato la diagnosi delle forme nuove per la scienza. In questa nota, che fa seguito alla precedente, sebbene con diverso titolo, darò la diagnosi di alcune nuove specie che ho studiate e de- scritte recentemente. Tali specie sono: Encyrtus vinulae, Ha- brocytus hyponomeutae, Prospaltella lutea, Encarsia parteno- pea, Coccophagus niger, Physcus testaceus. ENCYRTUS VINULAE 1909. Masi. — Contribuzioni alla conoscenza dei ©Calcididi italiani. Boll. Lab. Zool. gen. e agraria, Portici, vol. IV, pag. 12. Femina. Caput supra inspectum fronte atque vertice guam oculis pa- rum angustioribus. Funiculi articulus primus aeque longus atque latus, se- quentes paullum longiores et gradatim latiores. Clavae longitudo dimidiam funiculi aequans. Nervus marginalis subquadratus. Tibiae posticae unical- (1) L. Masi. Sullo studio dei Calcididi, con particolare riguardo alla fauna italiana, pag. 393-374. Diagnosi di alcuni Imenotteri Calcididi 239 2 caratae. Frons, vertex et pars anterior mesonoti punctis maioribus impres- sis. Corpus obscure viridi-aeneum. Facies superius caerulescens, reliquum capitis vix nitore purpureo. Scutellum postice aureo-viride micans, extremo apice cyaneo. Antennae griseo-luteae, scapo tamen toto, basi apiceque cla- vae et funiculi articulorum brunneis, his primo et secundo obscurioribus. Coxae anticae et mediae basi, posticae totae obscuratae ; femora media dimidio proximali obscuro, antica et postica extremitatibus tantum pallida; tibiae anticae et mediae annulo obscuro ad basim notatae, posticae dimi- dio basali obscurae. Long. 1,3 mm. HABROCYTUS HYPONOMEUTAE 1909. Masi. — 4 c., pag. 13. Femina. Caput thorace haud latius, genis buccatis, clypei parte me- dia truncata vix sinuata. Funiculi articulus primus latitudine sua fere du- plo longior. Thorax crassus, collari latera versus haud dilatato et margine acuto, scutelli basi dimidiam scuti longitudinem aeguante, metathorace haud carinato, nuca distincta, spiraculis magnis ; praesternis parvis, mesosterno haud sulcato. Proalae nervo marginali quam stigmatico 1]8 longiore, post- marginali aequilongo, basali pilosulo. Corpus, pedes pro parte, aenea, lenì- fer purpureo et aureo micantia; abdomen interdum totum cuprescens vel aureo-viride fasciis violaceis. Scapus dimidio basali aeruginoso, ceterum aeneo-viridis ; funiculi articuli et clava flavo-brunnei, basi interdum obscu- riores. Coxae apice obscurae luteae ; genua, tibia antica tota, media apice, postica tertio basali, aeruginosa, haec vero tertio apicali flavo; tarsus pedum anticorum obscurior. Long. 3,2-3,7 mm. PROSPALTELLA LUTEA 1909. Masi. — 4 c., pag. 25. Femina. Antennae : clava distincta pedicelli et funiculi longitudinem fere aequante eiusque segmento apicali quam paenultimo magis elongato. Pedicellus latitudine sua sesqui longior; funiculus articulo primo guam pedicello manifeste angustiore, sesqui longiore quam latiore ; articulo se- cundo longitudinem primi 1]5, latitudinem 116 superante; tertio quam prae- cedenti maiore. Proalae longe ciliatae, cellula costali vix quam nervo mar- ginali breviore ; alae metathoracis pilis earum latitudine duplo longioribus 240 ; L. Masi in margine postico ornatae. Color flavus, oculi obscure violaceo-rubri, ocelli sanguinei, alarum nervi grisei, hypopigium brunneum. Long. 0,52 mm. Alis ‘expansis lat. 1,836 mm. ENCARSIA PARTENOPEA 1909. Masi. — 4 c., pag. 32. Femina. Scapus clavae longitudinem aeguans, pedicellus latitudine sua maxima sesqui longior, funiculi articuli subaequales, vix quam pedicelli apex angustiores, longitudine duplam latitudinem aequante. Scutum setis guator binis medio ornatum. Tarsorum articulus primus tribus sequentibus aequi- longus, quatuor ultimi aeguales, vix elongati. Thorax nigro-brunneus ; caput minus obscurum, facie lineis luteis ornata; antennae, pedes praeter coxas, abdomen, sublutea, hoc autem lateribus obscure maculatum. Long. 0.7 mm. Mas differt antennis corpori aequilongis, pallide flavis, lineolis brun- neis (sensillis), notatis, pilis brevibus vestitis, pedicello fere aeque lato atque longo, articulis quinque sequentibus evidenter pedunculatis, sexto conico a praecedente separato; abdomine thoraci concolore, apice tantum flavo-griseo. Long. 0,66 mm. COCCOPHAGUS NIGER 1909. Masi. — 4 c., pag. Femina. Coccophago flavoscutello et Howardi similis et affinis, differt corpore toto nigro, coxis omnibus et femoribus etiam nigris, excepto fe- morum anticorum tertio apicali griseo-luteo. Genua et tibiae sulphurea, hae tamen in pedibus anticis macula obscura externe notatae. Long. 1,1 mm. alis expansis 2,6 mm. PHYSCUS TESTACEUS 1000 MESI Zi pae. è Femina. Pedicellus et funiculi articuli aequilongi, hi gradatim vix la- tfiores, latitudine sua sesqui longiores; clava funiculo paullo brevior, biar- ticulata, segmento basali breviore et funiculi articulis aequilongo. Corpus POTRBAIAR RATA NICO INI: (64 a) MA MRI A NSA) Diagnosi di alcuni Imenotteri Calcididi 241 . obscure testaceum, in specimine exiccato aeruginoso. Scapus et pedicellus sublutei ; funiculi articulus primus brunneus, reliqui albi; clava brunnea se- gmento secundo dimidio apicali albo. Pedes grisei, coxis, femoribus tibiis- que dimidio basali vel 2)3 nigrescentibus. Alarum nervi sublutei. Long. 1 mm. Pi VIA e va o Ù Lie at digti) SITA EER AI ERRLIVA A " a — CE ‘ è} ù * La n° È TI = ai DINA 4 CORI y Una visita al Giardino Zoologico di Berlino Notizie comunicate dal socio Dott. T. De Felice alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Trovandomi a Berlino sul finire dell’ agosto 1909, per par- tecipare al V Congresso internazionale odontoiatrico, volli visi- tare attentamente anche il Giardino Zoologico, avendo presente che presto in Roma potremo godere di un vero e grandioso Giardino Zoologico, situato nella deliziosa Villa Umberto, il quale dobbiamo supporre riescirà non inferiore a quello di Berlino e di altre grandi città capitali d’ Europa. Ecco perchè spero che non torneranno del tutto sgradite le notizie che comunico ai miei egregi colleghi della Società Zoologica Italiana. Mi limiterò solo a descrivere tutto ciò che maggiormente mi colpi in questo magnifico istituto, ricercato e visitato da tutti, il quale chiamerò non soltanto Giardino Zooclogico, ma vero Cor-. servatorio dimostrativo di un numero grandissimo d’ interessanti animali viventi, quì trasportati da ogni parte del mondo. E prima un po’ di storia. — ll Giardino Zoologico di Ber- lino sorse nel 1844, e per ben 25 anni rimase quasi sconosciuto perchè piccolo e povero di esemplari non poteva destare grande interesse. (1) E fu nel 1869, che convenientemente trasformato, in- grandito ed arricchito d' interessanti soggetti, divenne uno fra i (1) Debbo ricordare che per quanto riguarda il Museo e I’ Istituto Zoolo- gico di Berlino esiste una diligentissima relazione scritta e pubblicata dal prof. Antonio Carruccio nel 1891, nella quale sono forniti non solo dati storici sulla costruzione del grandioso edificio scientifico, ma importanti notizie sulle varie e ricche collezioni zoologiche, da lui minutamente osservate. ER sat, 14! Una visita al giardino Zoologico di Berlino 243 più importanti e bei giardini zoologici d’ Europa. Difatti attual- mente la collezione complessiva degli animali comprende allo incirca 1400 specie, e buona parte di esse sono state fornite dalle colonie tedesche. Ha per recinto un muro, in cui apronsi tre ingressi: l’ uno guarda la stazione ferroviaria (Bahnhof Zoologischer Garten), l’altro il parco (7iergarten), e il terzo la strada Aurfiirstenn Damm. Chi entra per quest’ ultimo ingresso trova : a sinistra un palazzetto, ove risiedono gli uffici di Amministrazione e di Di- rezione del Giardino Zoologico; dinanzi due larghi viali, fian- ‘cheggiati da mortelle che, col loro bel verde cupo, fanno uno spiccato contrasto con i fiori coltivati con cura in aiuole poste a grazioso ornato nel mezzo dei due viali: in fondo, ove essi hanno termine, si apre un piccolo piazzale, ove sorge una spe- cie di rotonda coperta, il cosidetto « Tempio Cinese » a cui si accede per mezzo di pochi gradini. A dritta e a manca per tor- tuosi e molteplici viottoli, tutti ben puliti e imbrecciati, fra bo- schi e laghi, il visitatore, girando e rigirando, si trova passo passo dinanzi a gruppi di animali diversi, più o meno irrequieti, dei quali citerò qualche esemplare fra i più importanti, osser- vandoli nell’ intimità loro, cioè come che stessero ciascuno nella propria casa. Così i Rapaci (Accipitriformes — Ord. XXV — nel re- cente grande catalogo di R. Bowdeler Sharpe) potei bene os- servarli nelle loro speciali gabbie, costruite parte in materiale e parte in ferro, ove a seconda del modo di vita vi è ripro- dotto ora il dirupo roccioso o la località inaccessibile, in cui è scavato il nido, ora | arbusto od il troncone d’ albero, ora il ruscello ecc. M' interessarono assai le vigorose Aquile e forme affini. Lascio le note aquile reali (Aguile chArysaétos), e mi fermo ad osservare l’ Aquila dalia lunga coda (Uroaétus audax) 244 ma Dialtir'e Meg dell’ Australia (Tasmania), e poi l’ Aquila del ciuffo (Spizaétus coronatus) del S. d'Africa; le Aquile di mare (Maliaétus albi- cilla) che hanno grande estensione geografica spingendosi dal- I Europa, alla Groelandia, N. Asia, India ecc. Vedo 1° Aquila marina dalla testa bianca (Maliaétus leucocephalus) dell’ Ame- rica temperata (N.); l Aquila gridatrice (/7aliaétus VOCiCa) ) del- l’ Africa tropicale. E basti colle belle Aquile. Che dire ora dei veri Falchi ? Il Fa/co peregrinus è ben noto in tutte le parti del mondo, e lasciamolo lì. Val la pena di citare l’ americano /ierafalco rusticolus, ed anche il così detto Falco giocoliere, ch’ è però un /e/otarsus ecaudatus, appartenente all’ Africa tropicale. Una parola sugli altri gruppi: e mi affretto a ricordare di volo i brasiliani Milvago chimachina, lasciando qualche specie del genere Polyborus, pure dell’ America. E lascio anche l’ africano E/anus melanopterus dalle penne dolci al tatto come seta; ed il bello e grosso Nibbio dalla gran coda forcuta (Nauclerus o Elanoides furcatus) pur noto col nome di Nibbio della Carolina, mangiatore di serpenti, lucer- tole ecc. E lascio pure da parte gli Astori, gli Sparvieri p. d. e le Poiane, perchè soltanto un ornitologo di professione potrebbe ricordare con esattezza forme specifiche le più scelte, a comin- ciar dall’ Astore sghignazzante (/7erpetotheres cachinnans) del- l America centrale, e la Poiana chinese (Buteo plumipes), e così via dicendo. Per quanto cerchi di affrettarmi non posso non prender nota di scelti /bycter americanus e fb. megalopterus del Perù. Ed eccomi davanti, quando meno me l'aspettavo, un bell’ esemplare ardito e svelto nei suoi lunghi passi, precisamente il Serpenta- rio (Serpentarius secretarius), che in altri tempi lo si conside- rava altamente benemerito distruggitore dei più nocivi rettili. Anche dotti scrittori domandano, senza sapersi dare risposta, perchè gli Arabi lo chiamino l’ Uccello del destino. Quale imponenza hanno i grossi e robusti Gipeti od Avol- Una visita al giardino Z'oologico di Berlino 245 toi barbuti (Gypdetus barbatus)!? Già un'idea me ne ero for- mato in Roma ammirando lo splendido esemplare regalato dal Re Vittorio Emanuele III, che ebbe a preparare con vera abi- lità artistica il nostro Coli, esemplare che ha le massime di- mensioni proprie dei più avanzati in età. E maggior imponenza offrono i Sarcoranfi o Condor (Sar- corhamphus gryphus), i così detti re degli avoltoi, abitatori e po- tentissimi volatori, com'è noto, sulla elevatissima catena delle Ande e sopra le immense Cordigliere. Humboldt lo vide aleggiare sovente sulla vetta del Chimborazo, all’ altezza di 7 mila metri sul livello del mare (così Brehm). Fra i Grifoni citerò soltanto il Grifone del Riippel (Gyps Ruppellii), dell Egitto, del Transvaal ecc. Osservai diversi altri Avoltoi propriamente dela cioè l’avol- toio col ciuffo (Vultur lophogyps o Lophogyps occipitalis) del- l'Africa tropicale e l’ Avoltoio orecchiuto (Ofogyps auricularis) pure dell’ Africa tropicale. Ma gli Avoltoi sono meno aggraziati delle Aquile, dei Falchi e d’ altri rapaci diurni. Mi allontano per visitare il Be/vedere (Aussichts-turm). Vedo una serie di gabbie, graziosamente e bizzarramente costruite più o meno grandi e comode, occupanti un lungo tratto del giar- dino zoologico : in esse fanno bella mostra multiformi e nume- cosi uccelli. Quante varietà di colori, di aspetto, di grandezze si possono ammirare osservando quella scelta riunione di ele- ganti e vivaci esseri viventi! Un largo e bel viale fiancheg- giato da fiori e da verdure a bella posta coltivati, si estende lungo tutta qnella serie di gabbie. Ogni visitatore, con molto suo agio, può accedervi e fermarsi a vedere lo strano asilo, rallegrato dal grazioso cinguettio e dal differente motteggiare di tutti quelli individui, che sembra vogliano far sentire le loro così diverse /ingue. A nominar tutti questi parlamentari mi ci vorrebbero molte pagine. Eccone pertanto alcuni, omettendo, s’in- tende, i più comuni. E lascio infatti le graziose e note tortorelle per fissare un istante la Colomba delle Antille (Columba /eucocephala) ; la 246 T. De Felice Colomba dal Ciuffo (Ocyphaps lophotes) dell’ Australia, e la Colomba sparviera (Geopelia striata) del Siam. Ma belli e quasi maestosi sono i Gouridi: ad es. cito la Goura coronata della Nuova Guinea e la Goura victoria del Misori. Il gruppo dei Gallinacei, con generi e specie di non comune interesse, meriterebbe pure un largo cenno; e l'occhio esperto degli osservatori intelligenti si ferma volentieri ad esaminare ora le Numide, fra le quali la Numida Vulturina (Acry/lium vultu- rinum) della Somalia ecc. ; la Numida dal ciuffo (Guttera Pu- cheranii) dell’Africa; ia Numida dal pennacchio (Numida ptilor- hyncha) di Abissinia, dell'Uganda ecc.; ia Numida mitrata (Nu- mida mitrata) dello Zambesi ecc. E vedonsi scelti esemplari del Gallo d'India o di Sonnerat (Gallus sonnerati), di cui tanto si scrisse sulla sua antichità, gallo che ritiensi viva ancora allo stato selvaggio nelle montagne del- l’Indostan e dell’isola di Giava. Non mancano i noti esemplari del Gallo Bankiva (Gallus Bankiva). E dovrei ora far cenno degli splendidi Fagiani, che sembra vogliano far pompa dei loro ornamenti e dei riflessi argentati, aurei o bronzati, e di piume sì belle e lunghe, che taluna si- gnora strapperebbe volentieri... Preferisco subire il rimprovero di tacere i temi specifici di certi superbi individui, aristocratici piu- mati, che l’ornitologo fa appartenere ai generi Nyctimerus, Eu- plocomus, Lophophorus, Polyplectron ecc. Ma il lusso, lo si sa, è fatto più dai signori maschi, che dalle modeste mogli alate. Quando il visitatore crede di aver finito la rassegna di uccelli variatissimi per grandezza, apparenza ed attitudini spesso ammirabili, ecco che vi trovate davanti altri anche di mole maggiore, dalle forti e lunghe gambe, sì da superare in altezza gli altri già visti, e di esse, più che delle ali, si valgono come organi di attivissima locomozione: si direbbe che rappresen- tano, nella C/assis Aves, i velocipedisti. Ognuno che ha la cortesia di leggermi ha già inteso che vò ri- cordare gli uccelli così detti dallo Sharpe Struthioniformes, Casuariformes ecc. quelli cioè che volgarmente chiamansi uccelli ME SEA DALIA IL AR alca ni rat Ni VETTA e ù fo î, Una visita al giardino Zoologico di Berlino 247 corridori. lo ho presenti belli esemplari di Casoar dall’elmo (Ca- suarius galeatus) di Ceram; di Casoar ad una caruncola (Ca- suarius uniappendiculatus) di Salarvati; di Casoar a due caruncole (Casuarius bicarumculatus) delle Isole Aru; di Casoar Austra- liano (Casuarius australis), ed anche del Mooruk (Casuarius Bennetti). Ma non potei non osservare di buon grado il notis- simo Struzzo (Struthio camelus), ed anche il Nandù minore o di Darwin (Rhea Darwini) della Patagonia. Ho da far commenti su tutti questi grossi messeri, non ap- partenerti alla moderna e ardita falange degli aviatori, velocipe- disti ecc. ? Se lasciati liberi correranno ‘senza far uso di bicicletta, e arriveranno chi sa dove, ma dichiareranno che non vogliono sa- pere dei pericolosi aereoplani.. Essi citerrebbero a far sempre il loro mestiere di corridori; e pare vi guardino mesti perchè li hanno tra- sportati in Europa solo per soddisfare la umana curiosità, e per farsi strappare la più belle piume... Non potete allontanarvi dal Giardino Zoologico di Berlino, anche se stanchi, senza dare un saluto ad altri piumati: ma que- sti son quelli che preferiscono passare gran partox della loro vita nell'acqua (Natatores). Essi hanno a disposizione ameni laghi, ombreggiati dal Pla- | tano, dal Salice, dalla Quercia, dal Lauro, dal Lauro regio ecc. Delle reti metalliche, ben disposte all’intorno, circoscrivono detti laghi, comprendendovi lingue di terra, parte coltivate a prato, e parte fornite di fitti cespugli e di alberelli, ove i detti animali, secondo le loro. abitudini vengono a passeggiare o a nascondersi per riposare. Vidi colà i sempre belli e cari Fenicotteri: (Phoe- nicopterus ruber e Ph. roseus) cittadini aerei dell’Africa tropi- cale ecc. ma molti amici, anzi costanti visitatori di parecchie regioni d'Italia. | Forse a molti sono più dui Cigni, che a Berlino non mancano di far la loro buona figura, e lo provano il Cigno reale (Cygnus olor), che potete considerare come Asiatico, Eu- ropeo ecc. Queste specie di Cigni le vediamo pure in Roma nella Villa 248 TED SEtalilete Umberto (Giardino del Lago), oltre che numerosi e bene imbal- samati nel Museo Universitario. Più conciso sarò nel ricordo degli 'Anserini ed. Anatini: non mi sfuggì il bell’ esemplare di Oca del Nilo (Chernalopex aegyptiacus), il Cereopside (Cereopsis Novae-Hollandiae) di Ta- smania ecc. L' Anatra mandarina (Lampronessa galericulata) della China; la Sposina (Lempronessa sponsa) del N. del Mes- sico; la Casarca (Casarca rutila), della quale specie, in più luoghi rarissima, ricordo con piacere che il Museo Zoologico dell’Università Romana ebbe in dono due bellissimi esemplari dal marchese Patrizi, uno e l’altro, da lui stesso uccisi diversi anni or sono, salvo errore, nelle paludi pontine. E non mi trattengo a conoscere l'umore americano dell’Ana- tra vedova (Dendrocygna viduata); nè a rilevare i meriti della nordica e bella Somaferia mollissima; nè le mosse graziose dell’'Anthropoides virgo, nè di altre più o meno vergini Gru, sia del Giappone, sia della China... E così, di questo mio sguardo fugace, non si possono aver a male le diverse Cicogne, le /bis, anche se religiose, gli africani Marubù (Leptoptilus cruminiferus) ecc. ecc. Ma è tempo che lasci gli alati pennuti, per quanto sempre attraenti, per osservare il meglio che posso non pochi mammi- feri forti, agili e temuti, quali sono i Fellini. In ufi isolato, tutto sui generis, simile ad una grande casa che ricorda in parte, per la sua bizzarra costruzione lo stile pom- peiano, potei vedere, non dirò sempre ammirare; gli animali fe- roci. Le loro gabbie, disposte innanzi e torno torno all’isolato, fanno ricordate le pagode cinesi. Esse sono formate da un pie- distallo in muratura alto dal suolo circa un metro, che costituisce un piano a loggiato, fornito di sabbia pulitissima, su cui gli ani- -mali fanno bella mostra di loro stessi, e da una robusta arma- tura tutta in ferro chiusa da ogni lato, che cinge ciascuno di detti piedistalli; al disopra delle verghe di ferro, vi è una co- pertura in vetro. Innanzi, un ostacolo impedisce al visitatore di avvicinarsi di molto alle gabbie. Notai fra i Carnivori Felini, Una visita al giardino Zoologico di Berlino 249 che possono considerarsi quasi i dignitari dell'ordine, i seguenti, cioè : Il Puma o Leone argentato (Felis concolor) ben noto e te- muto in America; il Puma della Patagonia (felis puma patago- nica). E fra le belle Linci noto quella del Canadà (Lynx cana- densis), la Lince leopardina dell’ Estremadura (Lynx pardina), che si distingue dalla vera Lince delle montagne alpine, della quale ultima il Museo dell’ Università di Roma ha ottimi esem- plari donati dal Re Vittorio Emanuele III; l'Irbis o Leopardo delle nevi (Leopardus uncia) dell'interno dell’Asia ; il Leopardo marmoreggiato (Leopardus marmoratus). Questo è il nome scien- tifico di cui presi nota, ma può darsi che invece sia la specie denominata Zibethailurus marmorata Martin, così indicata dal Trouessart; la Tigre di Siberia (Tigris /ongipilis) di Fitzin- ger, che da altri scrittori si fa rientrare nella specie Felis figris L. Belli sono gli esemplari di Tigre reale (Felis figris), la Pan- tera nera (Leopardus pardus var melas). Osservai pure giovani Pantere nate nel parco il 16 maggio 1909. Bello è il Giaguaro, americano (Leopardus onga), che credo sia la più importante specie di felino fra quelle abitanti I America. Notevole un giovane Giaguaro nato nel parco il 6 giu- gno 1909. Il Leone di Barberia (Felis /eo) adulto, che vidi ne! Giar- dino, è un bel soggetto, dono del vecchio imperatore d’ Abis- - sinia, Menelick. Vidi pure parecchi giovani Leoni nati nel parco il 18 aprile 1909. Procedo avanti e visito la casa degli Orsi. Questa è formata in modo da rassomigliare ad una enorme grotta turrita, e si presenta come divisa in tante tane; per cia- scun individuo vi è una gabbia, di cui i tre lati sono in mura- tura, mentre il quarto, che è innanzi, è formato da una robusta inferriata. Al di sopra, dette gabbie non hanno nessuna aper- 250 T. De Felice tura, solo vi è un loggiato, ove il pubblico può accedervi me- diante scaletta posta a tergo dell’edificio, e osservare le soli- tarie belve dall'alto, a suo agio e senza pericolo alcuno. Il pa- vimento di ciascuna gabbia è alto dal suolo circa un metro, è nudo ed è costruito in mattoni lavabili. Innanzi un bastone in ferro, impedisce al visitatore di accostarsi troppo alle gabbie. Eccone i grossi e temuti abitatori, plantigradi dai forti unghioni; TOrso comune (Ursus arctos); l'Orso del Tibet (Ursus thibe- tanus) della Siberia merid., vivente pure in altre regioni; l'Orso Grissly (Ursus horribilis) dell'America settentrionale: l'orso ma- rittimo o polare, dal pelo bianco-gialliccio (7kelassarctos mari- timus) dello Spitzberg ecc. Vi è pure I Orso isabellino (Ursus isabellinus) dell’ Hymalaya ecc. Tutte bestiole da osservare a distanza... e da non carezzar troppo. Îl Museo Zoologico della R. Università di Roma da poco si è arricchito di buonissimi esemplari di specie appartenenti a questo genere ; ricordo sol- tanto il bellissimo Ursus aretos degli Abruzzi donato da S. M. il Re Vittorio Emanuele Ill, e due TAalassarctos maritimus, testè comprati dal direttore prof. A. Carruccio, dei quali il più adulto offre davvero dimensioni massime. Un'altro quasi colossale, e nell’istesso tempo eccentrica- mente costruito, è il fabbricato, ove sono ricoverati i bravi Ele- fanti e i non simpatici Rinoceronti. Per nulla attraenti sono que- sti ultimi dal lato artistico; gli Elefanti invece destano sempre un certo interesse. Tornando alla loro abitazione dirò che chi bene ne osserva il disegno vi scorge un'impronta che fa ricor- dare abbastanza lo stile gotico bizantino. Le porte si presen- tano ampie e dagli archi slanciati, alcuni fori praticati in alto, ben grossi, torno torno alle pareti, assicurano agli enormi stan- zoni, ridotti a stalle, una buona asreazione. Uno stazzo spazioso con arena, diviso e protetto da una o più stecconate in ferro assai alte, serve ai grossi pachidermi di passeggio e di diva- gamento. Mi trattenni ad osservare l’ Elefante africano (E/ephas africanus), e l' Elefante indiano (E/ephas indicus). Mi parvero discretamente annoiati, o almeno non disposti a danzare come ca A e Rote Marg Y e, dui fo i) P più Late «71, er rt RO "i mu Una visita al giardino Zoologico di Berlino 251 dicesi che facessero quando davano prova della loro abilità agli antichi romani. Sappiamo tutti bene quanto colla loro preziosa proboscide possano rendersi interessanti e pericolosi. Di lato alla casa degli Elefanti e Rinoceronti, (RAinoceros) proprio sul piano del viale attiguo, in una specie di cupo e largo lago protetto tutt'all'intorno da robusta inferriata, vidi guazzare, sbuffanti due poderosi Ippopotami (/ippopotamus amphibius). Se sono maldestri e buffi quando vengono sulla terra, quasi bar- collando, appena buttatisi nell'acqua ridiventano nuotatori agili. Poscia mi fermai ad osservare ie Foche (Pinnipedi), interes- sandomi alle mosse svelte di una bell’individuo di Foca comune (Phoca vitulina), e di un altro di Foca della Groenlandia (Pagophi- lus groenlondicus vel Phocha groendalica), della quale notevole specie il nostro Museo in Roma possiede un bel .Feto dal pelo quasi candido; e vidi pure la Foca grigia (alichoerus gry- pus) che dalle coste della Scandinavia, dalle isole Lofoden ecc. si spinge talvolta fino alle coste Nord dell’Alemagna e a quelle della Scozia ecc. Questi curiosi e intelligenti mammiferi marini si osservano entro specie di gabbie chiuse, rotonde, tutte in ferro. Essi hanno a disposizione spaziose e profonde vasche, ove tuffansi e ca- priolano a loro talento, mentre possono anche risalire e ripo- sarsi sugli scogli più comodi a loro portata, e a bella posta costruiti a guisa di scalino. Preferisco le brave e innocue Foche ai potenti signori Orsi, polari siano, o d’altrove. I Ruminanti. — Speciale considerazione per l'originale co- struzione, in pretto stile moresco, va riserbata alla casa ove sono le Giraffe e le Antilopi, rappresentanti ben noti e singo- lari nell'ord. Ruminantia. Questa casa abbastanza grande, solidamente costruita dagli archi appuntiti e afilati, è disposta in modo da dar ricetto ad ambedue le famiglie ora ricordate, i membri delle quali presen- tano forme speciali e un curioso modo di vivere. Nel piazzale che circonda la bizzarra casa, ricco di alberi grossi ed alti, in piccoli recinti divisi e protetti da fitte e robuste stecconate, mi 952 TOUD IR ne trattenni ad osservare due belle Giraffe adulte (Camelopardalis | girafa), oltre una piccola assai vispa e graziosa Giraffa, che era nata nel parco il 17 aprile 1909. Questa dal modo con cui guardava le sue maggiori, pareva volesse dir loro: non dubi- tate, allungherò anch’io il mio collo... Fra ie Antilopi notai: l’ Antilope dei Carici propriamente detta (Eleotragus arundinaceus), il Cama (Boselaphus oreas) e il Tahir (MHemitragus jemlaicus), il Cobo (Mobus- ellipsipry- mnus) il Kokun (Catoblepaym taurinus). E girando sempre at- torno alle varie stecconate potei anche osservare, non dico am- mirare, altre forme di ruminanti più o meno grossi, cioè: il Bue grugnente o Jak dell'Asia centrale (Poephagus grurniens) lo Zebù dell’Africa (Bos africanus) il Gayal dell’Indie (Bos fron- talis) il Cafro dell’ Africa (Bubalus caffer) il Bufalo (Bubalus vulgaris) il Bisonte d'Europa (Bison bonasus) che può raggiun- gere l'altezza di m. 1 e 90; oggi, come si sa, è limitato alla Lituania; il Bisonte d’ America (Bonasus Americanus), un gio- ‘ vane Bisonte nato nel parco il 3 luglio 1908. Ed ecco ora che devo dare un breve sguardo ai ben noti ed importanti rappresentanti d’altre specie utili, e cioè: il Cam- melo della Battriana (Camelus Bactrianus) il Guanaco o Llamas (Auchenia huanaco) la Vigogna (Auchenia vicugna), la Pecora merinos (Oris aries) la Capra mombrica (/Hircus mambricus) la Capra tebaica (Hircus thebaicus). Proseguendo, senza stancarmi, per il viale, per cui mi era incamminato, mi trovai dinanzi ad un prato chiuso e diviso da stecconate; in esso si ergevano delie capanne appositamente costruite a mo’ di stallette, alcuni alberi e dei fontanili. Colà erano rinchiusi altri scelti mammiferi, del gruppo dei solipedi. Noto specialmente una bella Zebra (/7ip- potigris Zebra), il Quagga (Hippotigris quagga) dell’Africa au- strale; il Kiang (Asinus Kiang) dell’ Asia centrale; il Danvo (FHippotigris Burchelli) dell’Africa meridionale ed altri. Altri mammiferi ancora. — Potrei enumerare una serie lunghis- sima di animali, che il visitatore ha modo di vedere con tutto e Ataf IMTO Ora PEA RAR Una visita al giardino Zoologico di Berlino 253 suo agio, poichè essi si trovano rinchiusi, alcuni in speciali gab- bie grandi munite di sportelli, con ramata a maglia fitta; altri in cuccie basse abbastanza profonde, fatte a guisa di veri e proprii stalli, in cui i tramezzini di separazione, sono tutti in vetro opaco, simile a quello usato per pavimenti. Mi contenterò per brevità di citare, prima alcuni non grossi ma notevoli carnivori, quali : la Mangosta zebrata (Merpestes fasciata - il celebre Mungo (Herpestes javanicus) - il Nyula (/ferpestes nyula) - il Paradossuro larvato (Paradoxuros larvatus) - il Musang (Paradoxurus musanga) - il Maupalon Cynogole Bennettii) il Tanrek (Cenfetes ecaudatus) - il Tasso (Meles taxus, specie che abbiamo abbastanza copiosa nella provincia ro- | mana: ed è bene rappresentato nella collezione locale fondata dal prof. Carruccio nel Museo Universitario. Vedo ‘anche il Grigione (Galictis vittata) ed il Taira (Galictis barbara); come quando gli eleganti e piccoli esemplari di Ermellino (Mustela erminea) e lascio la notissima Lontra (Lutra vulgaris) comune anche nel Lazio. Dovrei ora ricordare la piccola rivista fatta ai cani (ncn politici). Ma chi verrà a Berlino potrà osservare con maggior | pazienza della mia e il cane degli Eschimesi, e il molosso te- desco, e l’ alano del Tibet, ed altri se li vanno a grado più degli Sciacalli, dei lupi e via dicendo, i quali sono pure ospitati nel Giardino Berlinese. Passo a dire pochissime parole sui Mammiferi singolari dell’ Australia, cioè sui Marsupiali. Vedo, fra gli altri, il Mir- mecobio fasciato (Mirmecobius fasciatus); il Taguan (Petaurus taguanoides), la Falangista volpina (Phalangista vulpina), il Canguro orsino (Dendrolagus ursinus), il Canguro rupestre (Petrogale penicillata) ecc. i .Si capisce che in un giardino Zoologico come questo di Berlino, non manchino anche i mammiferi sdentati, ed ecco li qualche grosso formichiere (Myrmecophaga jubata) ecc. Ho lasciato per la fine di questi miei brevi ricordi di visi- 254 T. De Felice tatore la citazione di specie di Mammiferi dei due ordini Ao- . dentia et Primates. Fra i primi scelgo i celebri Castori (Ca- stor fiber), il Miopotamo Coypu (Miopotamus Coypus), la Marmotta (Arctorys marmota), lo Spermofilo comune (Sper- mophilus citellus) della Polonia, Silesia ecc., l’ Istrice di Giava (ystrix javanica) e l Aguti o Lepre dorato (Dasyprocta aguti) la Lepre delle Alpi (Lepus variabilis) e la Lepre d'Ima- laia (Lepus /Himalaiensis) come pure | Erneb degli Egiziani (Lepus aethiopicus) ecc.; la Viscaccia (Lagostomus trichoda- ctylus) ed altri. Se potessi trattenermi a dire di un’ altra numerosa famiglia di Roditori (Sciuridae), cioè dei comuni ed anche dei rari Sco- jattoli viventi che si osservano nel Giardino Zoologico di Ber- lino, andrei per le lunghe. Dirò soltanto ch' è bello l'esemplare di Pteromys petaurista, ma più bello assai è, quantunque non vivo, più grosso e più raro il Pferomys alborufus regalato da S. M. il Re al Museo di Roma, sul quale esemplare ricordo che fece alla Società Zoologica una particolareggiata comunicazione il Presidente Professore Carruccio. Ricorderò pure il bel Chin- chilla (Eriomys /aniger) visto nel giardino zoologico di Berlino. Questa collezione di Scoiattoli e di Topi è alquanto inte- ressante, perchè numerosa in esemplari, e ricca per specie e per varietà di soggetti. Gli animali bene si osservano entro gabbie costruite sopra un loggiato tutto a legno rustico coperto, a cui si accede mediante scalinata a scogliera. Le gabbie sono divise da tramezzi, sono alte e spaziose in modo da lasciar vivere con tutto loro agio questi esseri vivaci e graziosi, ma spesso assai nocivi se in libertà. Colà dentro, appese a tron- coni d’ albero, messi a bella posta si veggono dondolare delle palle vuote e forate, che servono di nido e di riposo, mentre in basso, sul piano di ciascuna gabbia, si ergono delle casine co- struite in legno, munite di finestrella e di piccoli pertugi, ove i detti animalini vanno a nascondersi per riposare. Il loggiato, durante la notte, può essere chiuso completa- mente mediante appositi sportelli. re or Una visita al giardino Zoologico di Berlino 255 Scimmie (Primates). — Anche questi mammiferi più ele- vati hanno la loro abitazione, senza tema di rincaro della pi- gione, l'hanno anzi gratuita... In una civettuola e originale casina costruita in legno rustico a guisa di capanna, sonvi adunque le irrequiete scimmie. Delle grandi gabbie in ferro, munite di tron- coni d'albero, di scale, di trapezii, ecc., servono loro quale ri- trovo di convegno e di giuoco. Quivi accedono, dalle loro cuccie mediante adatte finestrelle o passaggi, fatti a guisa di botole, con sportelli mobili, cui le scimmie vanno e vengono a loro ta- lento, senza mai stancarsi, specie le più piccine, che costitui- scono quasi un vero moto perpetuo. Ho visto che formavano un grande divertimento per gli spettatori, anche per quelli dall’ap- parenza più distinti e seri. Tutti infatti si soffermavano volen- tieri ad ammirare i ridicoli giuochi, gli strani e rapidi movimenti, il curioso motteggiare e i vicendevoli immancabili dispettucci che esse sanno così bene combinare e rinnovare in diverso modo, secondo loro salta il capriccio. Accennerò dapprima a talune « Cotarrhinae » (scimmie del- l'antico continente). Conoscevo un buon esemplare di Scimpanzè (cioè l Anthro- pithecus troglodytes vel Troglodites niger) acquistato di recente dal Direttore del Museo Universitario di Roma, e vivo, ecco che in Berlino ho visto quest'altro parente più o meno prossimo del- l’uomo. Non mi è sembrato che sia il caso di farne un elettore politico e amministrativo, quantunque fra i veri elettori ve. ne siano forse dei meno ragionevoli... Belli sono gli esemplari di Macaco nemestrino (Macacus nemestrinus), il Macaco Sileno (Macacus vel Vetulus silenus), il Nasobianco (Cercopithecus petaurista), il Cercopiteco moro (Cercocebus fuliginosum) dell’Africa occidentale, il Cinocefalo nero (Cyropithecus niger), delle isole Coelebs; il Budeng (Macacus maurus) delle isole Coelebs; il Mandrillo (Papio mormon) della Senegambia ecc.; il Drillo (Papio /eucophaeus) dell’Africa occi- dentale. Fra le « Platyrrhinae » (scimmie d'America) citerò pa- rimenti pochi esempi delle forme viventi osservate, cioè: {(Cebus 256 T. De. Felice capucinus) della Colombia, Guiana ecc.; il Cebo dai ciuffetti (Cebus fatuellus) del Brasile, della Colombia ecc. Nel gruppo dei Chrysothrix (i Saimiri) citerò il CArysothix sciureus dell'’Amazonia ecc. Non mancano esemplari di Bracky- teles e di Afeles, fra i quali ultimi, il celebre Be/zebuth mes- sicano, piccolo e buon diavolaccio da non temersi. E non mancano neppure parecchie Prosimiae o Lemuroidei, fra i quali il Bari (Lemur macaco) del Madagascar settentrio- nale, il Catta (Lemur catta); e il Mongoz (Lemur mongoz) an- che questi del Madagascar. Ed ora due parole mi restano a dire intorno ad una grossa scimia antropomorfa: il Trog/odites gorilla. È un simpatico sog- getto, questo sovrano degli scimioni del Gabon, Congo ecc. Egli se ne sta dignitosamente solo e rinchiuso, per reo destino, in una gabbia in ferro, coperta a vetri. Il forte Gorilla dimostra di essere abbastanza rassegnato, intelligente tanto che lo si è po- tuto ammaestrare. Infatti mentre ero li innanzi osservando gli strani giuochi che questo ragazzone stava facendo, entrò un cu- stode, recando in mano una scodella con abbondante zuppa, che posò su di un tavolo, collocato nel mezzo della gabbia. L'amico fu dal custode chiamato per nome, che io non riuscii ad inten- dere, ma egli si voltò subito verso il custode medesimo, e av- vicinatosi alla tavola, prese un seggiolone e vi si assise da pa- drone, lasciandosi passare attorno al collo una salvietta. Tosto brandito il cucchiaio si pose a mangiare con molta disinvoltura, dimostrando di avere un discreto appetito, poichè oltre alla zuppa, si divorò pure delle frutta e del pane. Rimase però soddisfatto ? Erano circa le ore 19, il sole era già scomparso dall’oriz- zonte, il Giardino zoologico, cominciava a prendere un aspetto fantastico, tutto illuminato in vario modo; il popolo vi affluiva sempre per assistere alla festa che il Comitato del Congresso odontoiatrico, aveva stabilito di fare in onore dei Congressisti; e mentre il Restaurant e i Caffe, che colà dentro vi erano, ve- nivano pian piano animandosi, la musica incominciò a far sen- tire le sue note armoniose. Una visita al giardino Zoologico di Berlino 257 == — = - —————t——_b-—- lo mi sentivo assai stanco, e prevedendo di non potermi riposare quanto mi sarebbe stato necessario, trattenendomi fino a tarda ora colà, abbandonai il Giardino e.tornai in Albergo con l'animo soddisfatto, e con il fermo proposito di dedicare queste poche pagine alla succinta descrizione del Giardino Zoologico di Berlino, che, auspice S. A. l'Imperatore di Germania, pro- gredirà sempre più, destando già fin d'ora vivo interesse: e per il profano perchè piacevole e ricercato è il suo ritrovo, essendo custodito con la più scrupolosa pulizia, ovunque evidente, e col- tivato con accurata e fine arte; e per il cultore di scienze na- turali, perchè colà si trova ricco materiale per le sue osserva- zioni, e quindi una buona palestra di studio. Altra ragione, come accennai in sul principio di queste mie impressioni e notizie, è quella di potere un bel giorno, che non è lontano, far confronti col Giardino Zoologico di Roma, i cui lavori progrediscono con intelligente sollecitudine. E per questa ragione ho per l'appunto descritto le principali costruzioni del Giardino Berlinese, onde si possano far rilevare le differenze. Febbraio 1910. A proposito dei recenti studi sovra una nuova specie del gen. Talpa (Talpa romana Oldfield Thomas) Nota riassuntiva del Prof. A. Carruccio (1) Poco tempo dopo che avevo preso conoscenza del lavoro del dott. Oldfield Thomas sulla nuova specie del notissimo genere di mammifero insettivoro, e della memoria del prof. Lorenzo Ca- merano, potei riuscire nell’intento di procurarmi il più largo ma- teriale possibile, principalmente di crani di Talpe di località di- verse della provincia romana (circond. di Roma e di Viterbo); ma specialmente in gran numero ne ebbi dai dintorni di Tolfa (circond. di Civitavecchia). E quindi con un centinaio di crani, accuratamente preparati, appartenenti a cy e ,°, a giovani e adulti, mi fu facile verificare le osservazioni dei due egregi col- leghi, e confermare col Camerano la esistenza della nuova spe- cie instituita dall'Oldfield Thomas. Il Camerano nella sua accuratissima memoria non solo espose i caratteri differenziali della specie appartenenti al gen. 7a/pa Linn., ma in modo speciale volle esaminare e discutere il va- lore dei caratteri propri della nuova specie proposta dal dottor Oldfield Thomas. Il quale non ebbe a sua disposizione che un materiale molto più scarso di quello di cui si volse il Came- rano e di quello, anche maggiore, di cui poscia io potei disporre in Roma. Il zoologo inglese potè esaminare due talpe, una colta in Ostia, e l'altra presso Frascati, nelle quali località vennero (1) Da una comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana che l’au- tore non potè prima pubblicare per mancanza di spazio nel Bollettino. La comunicazione era molto particolareggiata, ma ora basterà pubblicare un riassunto. A proposito dei recenti studi sovra una nuova specie del gen. Talpa 259 dun nots ie lui prese dal dott. Sambon durante il breve soggiorno ch’ egli ha fatto nelle medesime. Ma anche con si scarso materiale l'Oidfield rilevò che esi- stevano differenze naturali cogli esemplari della 7a/pa europea Linn., e della 7a/pa caeca Savi, sovratutto per le diverse pro- porzioni dei denti molari superiori ed inferiori e degli archi zi- gomatici. Egli si credette perciò autorizzato a distinguere que- sta nuova forma specifica, chiamandola 7a/pa romana. Premetto che pel Camerano non era nuovo lo studio di questi mammiferi insettivori, avendo già nel 1885 pubblicato un'altra memoria intitolata: Ricerche intorno alle specie italiane del Gen. Talpa Linn. L'autore in questa memoria concludeva dichiarando di non trovare un complesso di caratteri costanti da rendergli possibile una diagnosi differenziale sicura fra la T. europaea e la T. caeca. Nella nuova memoria dopo di aver riferito quanto già opi- narono e scrissero gl’ illustri zoologi italiani Bonaparte e Savi, vennero dal Camerano formulate diverse domande; e la prima cui si propose di rispondere fu la seguente : « La talpa della regione romana (7a/pa romana Oldfield Thomas) è realmente specie distinta dalla 7a/pa caeca Savi, alla quale il Bonaparte la riuniva »? Il buon materiale, appartenente a molte località, di cui si valse il Camerano per compiere il nuovo lavoro comparativo, gli ha permesso di prendere nella dovuta considerazione una serie di caratteri, quali ad esempio la statura, la lunghezza e larghezza del muso, quella degl’ incisivi anteriori ecc., la lun- ghezza e larghezza massima del cranio, la colorazione generale del pelo ecc. L'esame poi speciale fatto sui denti molari, sui canini superiori ed inferiori, sulla lunghezza del palato e via dicendo, completano lo studio diagnostico. E questo stesso esame non solo dentario, ma delle varie parti del cranio ho voluto in Roma ripetere scegliendo i migliori esemplari delle numerose teste di Talpe della Tolfa, di cui sono in possesso. Acquistai così anch'io il convincimento, che tutti gl’individui di questo no- 260 A. Carruccio tissimo mammifero insettivoro appartenenti alla regione romana rientrano nella forma specifica instituita da Oldfield Thomas col nome ai Talpa romana, e quindi diversificano dagl’ individui di Talpa d’altre località. Ma non credo possa ancora dirsi di tutte, quindi in altri circondari ed in diverse provincie d’Italia giove- rebbe fare diligenti ricerche comparative. Debbo in modo speciale far rilevare che nelle mascelle dei crani da me posseduti si ha la conferma del fatto che il se- condo dente molare offre sempre una piccola eminenza, o cu- spide basale esterna, posta tra le cuspidi maggiori, variabili alquanto per dimensione. Anche l’ultimo molare offre una piccola cuspide, notata già dall’Oldfield e dal Camerano, e da me riosservata quasi costan- temente. Ma sui denti canini superiori ed inferiori trovai qualche differenza che merita di essere posta in rilievo, anche perchè le mie osservazioni si allontanano alquanto da quelle del Ca- merano. Il quale a pag. 28-29 della sua memoria dà un diligente prospetto contenente molte misure assolute in millimetri, prese in individui di 7a/pa romana di Macarese, Ostia e dintorni di Roma, e concernenti la lunghezza massima del cranio, la lar- ghezza zigomatica, la lunghezza e larghezza del secondo molare superiore ed inferiore e l’ altezza dei canini superiori ed infe- riori. Ora è appunto quest’ultima misura che trovo sensibilmente diversa dall’altezza dei canini nelle teste che ho procurato pel Museo Romano. Infatti in nessuna di quelle esaminate dal Ca- merano, tanto di ,°, quanto di 7, i canini gli hanno dato un'al- tezza maggiore di 3 mm. 25 se superiori, e di 2 mm. se infe- riori. o Per l'opposto in più teste di Talpa prese alla Tolfa, a Mon- ° tecompatri ecc. trovai che i canini superiori sono alti da 3 a 4 mm., ed i canini inferiori quasi altrettanto. Anche i secondi molari superiori misurati -dal Camerano gli hanno dato quasi sempre una lunghezza di 2 mm. 25, ed una sola A proposito dei recenti studi sovra ina nuova specia del gen. Talpa 261 volta di 2 mm. 79, ed un’altra di 3 mm. (Le misure furono prese su 25 teste, come risulta dall’indicato prospetto, quasi tutte ap- partenenti a ,°). Invece nelle teste di cui dispongo i molari su- periori che ho, come il Camerano, misurato esattamente, rag- giungono sovente i 3 mm. di lunghezza. Ho pure ripetuto le misure sulla lunghezza dell’ arcata zi- .gomatica da un angolo all’ altro, e trovo ch’ essa raggiunge od oltrepassa alquanto: quella del canino. Nei molti crani di Talpe della Tolfa da me esaminati tro- vai che le arcate zigomatiche sono relativamente lunghe (da 10 a 12 mm.), con uno spessore di ‘/, mm. o poco più. Le lunghezze craniali massime da me trovate, misurando i più grossi crani, sono di 38, 39 a 44 mm.; la lunghezza massima trovata da Camerano in 2 soli crani di Talpe c dei dintorni di Roma (pag. 22-23) fu di 40 mm. Nel maggior numero dei crani misurati dal collega di To- rino, la lunghezza massima ottenuta fu di 37 mm. (20 crani su 52); in altri 6 crani fu di 38 mm.; e in altri 5 di 36. Un cranio di Talpa proveniente da Modica in Sicilia, diede una lunghezza di 39 mm. (pag. 26-27). Riguardo alla statura posso dichiarare che degli individui conservati nel Museo di Roma, in alcool o a secco, i più lunghi misurano da 180 a 190 mm. Però nel settembre del 1909 potei misu- rarne alcuni vivi presi nelle vicinanze di Viterbo, e mi diedero la lun- ghezza totale di 202 mm., e due altri, pure adulti, appena uccisi, erano lunghi 204 mm. Questi individui adunque non avevano subito alterazione alcuna nelle dimensioni nè per l’azione dell'alcool, nè per la preparazione a secco, più facile essendo in quest’ ultimo caso od un lieve accorciamento, od un lieve allungamento del corpo. i Il Camerano ha potuto misurare la statura d’individui non solo provenienti dal Piemonte, ma da Firenze ecc., oltre da lo- calità straniere (Amburgo, Praga ecc.), e dichiara (ved. pag. 93) che: « Gli individui maschi della regione Romana giungono a 262 A. Carruccio dimensioni notevolmente maggiori che non quelli di tutte le altre località. (La stessa cosa si dica per gl’ individui femmine) ». La lunghezza totale massima ch'egli ottenne pei 3 è di 207 mm. in individuo di Maccarese (pag. 22); e per le O la lunghezza totale massima la riscontrò in un individuo d’ Ostia, che misurò 200 mm. (pag. 27). Non credo dover riferire le misure che presi per avere la lunghezza e larghezza massima del muso, perchè quest’ organo una volta essicato negli individui imbaisamati, o ridotto in vo- lume per l’azione dell’ alcool o di altri liquidi conservatori, non può offrire dati sicuri. Ma a me pare possa bene accettarsi la misura massima indicata dal Camerano (lunghezza cioè del muso 10 mm., larghezza, pure massima, 13 mm). Le misure dei piedi, da me prese, le unghie, non comprese corrispondono a quelle date dal Camerano tanto per le talpe 37, quanto per le O : nei primi i piedi anteriori mi diedero una lunghezza spesso superiore ai 20 mm.; ed i posteriori altrettanto, con una lar- ghezza massima di 9 mm. © nelle talpe dei dintorni di Viterbo. La massima lunghezza dell’appendice caudale da me misurata nel y° è di 34 mm., e nelle (O di 30 mm. con un minimo di 29 mm. Ometto di ricordare alcune altre misure prese colla mag- gior diligenza dal Camerano, che tutti sappiamo quanto sia esperto nel valersi del criterio somatometrico, misure in parte da me ri- petute : non credo però sia necessario esporle, parendomi suffi- cienti le già riferite. La lunga e paziente serie di ricerche fatte in Torino se per- suase a ripeterle in Roma, deve persuadere altri a ripeterle in diverse altre regioni o provincie. Così avranno la più larga ac- cettazione le conclusioni formulate dal zoologo di Torino (vedi pag. 21); delle quali la prima maggiormente c’ interessa, ed è ‘questa : : « La Talpa romana Oldfield Thomas è specie distinta net- tamente dalla Ta/pa caeca e dalla Talpa europaea ». Ed il Camerano rinnova parecchie volte la dichiarazione A proposito dei recenti studi sovra una'nuova specie del gen. Talpa 263 che gl’individui appartenenenti alla specie denominata dall’ Old- field th. Talpa romana sono tutti completamente ciechi. Avendo per molti anni percorso gran parte dei Circondari delia provincia di Roma, posso confermare quanto anche il Ca- merano ricorda intorno alla. distribuzione geografica di questo insettivoro, esser cioè frequente nei contorni di Roma, tanto nella regione del piano, quanto in quella montuosa, massime lungo la catena dei monti Cimini. Ha pur ragione il Camerano quando osserva essere « ne- cessarie altre ricerche per determinare i limiti di estensione verso il Nord di Roma ed anche verso l'Est, sopratutto dal lato del versante adriatico ». Ai giovani in particolar modo spettano, e sono anzi viva- mente da raccomandarsi, queste ed altre ricerche faunistiche. Le quali pur nel Circondario Viterbese, quanto altri in Circondari della provincia romana, offrono circostanze favorevolissime per riuscire oltremodo fruttuose. Ciò affermando mi unisco al chiaro collega prof. Romolo Meli, della Scuola superiore d'applicazione degli Ingegneri, egli, che conoscitore può dirsi quasi palmo a palmo, del suolo assai vasto di questa provincia, ebbe in due delle sue pubblicazioni (1894 e 1898) a ripetere « di essere si- curo che dalla esplorazione scientifica del territorio viterbese, sarebbero venuti fuori copiosi materiali per la storia naturale della provincia di Roma » (1). Le parole del Meli hanno, è vero, una estensione assai maggiore, specialmente dal lato geologico e paleontologico; men- tre io le applico soltanto a una parte della Fauna viterbese, quella che, come scrissi altra volta, è la meno conosciuta: ed in questa parte è appunto compreso l'ordine dei mammiferi in- settivori, del quale ritengo vadano studiate e ristudiate le forme generiche e specifiche; talune delle quali, non vennero precisate (1) Prof. Romolo Meli. Appunti di Storia naturale nei Viterbese. Roma, Tip. della R. Accademia de Lincei, 1898, pag. 3. 264 A: Carruccio nè dal Bonaparte, nè da altri. Ed invero sarebbe duopo non soltanto di determinare, come giustamente desidera il Camerano la estensione del genere 7a/pa e delle specie che vi appar- tengono, ma io ritengo che nello stesso genere Erinaceus, Sorex, Crocidura, Crossopus etc. vi siano .per un giovane zoologo, che possa e voglia faticare, da compiere ricerche e studi di molto valore (1). Ne mi indugio a ripetere ciò che in altro mio iavoro accennai sul gen. Crossopus. E quanto bramo sia fatto per i mammiferi insettivori della provincia romana, intendo benissimo che con molto utile e con gradimento di chi ama il progresso della Zoologia descrittiva in Italia, possa esser fatto per altre provincie. Le famiglie £ri- naceidae, Talpidae, Soricidae, rappresentate nella nostra peni- sola, dal lato della distribuzione, estensione, frequenza, e del numero delle specie, e perfino delle stesse abitudini, sono forse note con quella profondità con cui conosciamo altri ordini della classe del Mammiferi? Viterbo, 24 agosto 19009. (1) È superfluo che faccia rilevare a quanti non conoscono geografica- mente la provincia di Roma, ed hanno presente la Circoscrizione circondariale della medesima, come sia appunto il Circondario che prende il nome dell’an- tica città di Viterbo uno dei più numerosi per mandamenti e comuni, che sono oltre 60. Dei 12 mandamenti io potei visitare nell'estate e raccogliervi anche sufficiente materiale zoologico, i mandamenti di Ronciglione (per 3 anni di se- guito), di Soriano nel Cimino (per 2 anni), di Montefiascone (per 1 anno), di Viterbo (per 3 anni). Non conosco i mandamenti di Acquapendente, Bagnorea, Civita Castellana, Orte, Sutri, Toscanella, Valentano e Vetralla. Anche in questi so che vi sono splendide posizioni, elevate, ricche di vegetazione e di forme animali. Per queste ultime quanto vi sarebbe, anzi vi è di certo, da fare per giovani studiosi e fervidi ricercatori? Chi li impedisce di seguire il con- siglio che sempre ho loro dato ? Pare che da parecchi giovani, che preten- dono esser considerati zoologi, non possa essere infranto il voto della clau- sura volontaria nei Laboratori, dove si può avere ogni commodità senza affaticarsi. Aggiunta : Sulle specie del gen. Talpa viventi in Europa secondo la recentissima opera del Prof. L. E. Trouessart Credo sia utile ed importante la conoscenza di un’ opera pubblicata or ora, cioè nel secondo semestre del 1910, dal com- petentissimo mammalogo, prof. E. L. Trouessart, del Museo Na- zionale di Storia naturale di Parigi, edita dai ben noti librai di Berlino, R. Friedlinder e Sohn. L’opera, che riuscirà pregevo- lissima, e di cui sono pubblicate 266 pagine, ha per titolo: Con- spectus Mammalium Europae. Faune des Mammifères d'Europe. Nel capitolo dedicato alla Fam. Ta/pidae (pag. 59-64) sono annoverate le specie dei due generi /Myogale Cuvier, 1800, e Talpa L., 1758. In questo secondo genere il Trouessart com- prende, come viventi in Europs, fra specie o sottosp. distinte: la 7. europaea L.T. europaea brauneri Satunin (che è propria della Russia, Bessarabia, Crimea ecc.), 7. caeca Savi (la quale oltre che in Italia in cui fu da prima descritta dall’ insigne zoologo Prof. P. Savi, vive anche in Francia, Grecia ecc.); 7. caeca occidentalis (che è propria della Spagna centrale); 7. caeca caucasica Satunin (della Caucasia settentrionale); e 7. caeca romana Thomas per la quale anche il Trouessart non cita che due sole località: Ostia e Frascati, mentre che io la trovai in diverse altre della provincia come già ho detto. Nella diagnosi che in riassunto ci vien data dal Trouessart, fra gli altri carat- teri sono ricordati i seguenti: « dents, sourtout les molaires plus grandes. Incisives supérieures plus larges, accolées l’un à l’autre, la paire moyenne plus grande, comparée aux autres, que chez T. europaea; les molaires trés fortes dans toutes leurs dimen- sions, à lobes internes plus grands, plus hauts et plus allongés que chez les autres formes européennes (long. de ia série de trois molaires 7, 5 mm. au lieu de 6, 2 dans (7 europaea) ». « Seconde molaire inférieure avec un petit tubercule basal supplémentaire dans le sillon séparant les tubercules, princi- paux; derniére molaire avec une légère indication de ce tuber- 266 LEI Xones'isla rt cule accessoire (ce caractére n'est peut-étre pas constant mais mérite d’étre noté) ». Prima però di questi caratteri riguardanti i denti della 7. ro- mana, che ho voluto riferire perchè si possa rilevare qualche differenza con quanto abbiamo esposto il Camerano ed io, il Trouessart ha pure riassunto i caratteri del cranio. Per l’ ap- punto così scrive esso Trouessart: « Cràne de la méme taille que celui de 7. europaea, mais plus robuste; arcades zygoma- tiques plus épaisses et plus grandes, l’extremité postérieure s'in- sérant sur le cràne plus près des angles externes de la boîte cérébrale, et presque ou tout-a-fait au dessus du bord anteriéur du méat anditif (et non tout-à-fait en avant de celui-ci). Trou lacrymal beaucoup plus grand que d’ ordinaire ». Prof. A. Carruccio Sovra un raro Odontaspis taurus Mill. catturato presso il golfo di Cagliari ed acquistato dal Museo Zoologico della R. Università di Roma Nell’adunanza generale scientifica tenuta il 31 gennaio 1909 dalla nostra Società Zoologica in questo Istituto, pronunciai le seguenti parole : « Presento un raro pesce cane accuratamente preparato, e preso non sono molti giorni nel golfo di Cagliari. Mi fu spedito con lodevole premura dal distinto preparatore-na- turalista il socio sig. Pietro Bonomi. « Dallo studio fatto di questo squalo, mi risultò trattarsi del- l'’Odontaspis taurus, specie che per le ricerche bibliografiche che ho potuto finora compiere, pare non sia stata mai annun- | ciatata come presa nei mari sardi. « Mi riservo di proseguire queste ricerche e di pubblicare appena potrò una nota illustrativa su questa interessante ag- giunta ora fatta alla collezione ittiologica generale, cioè pochis- simo tempo dopo che ebbi la fortuna d'introdurre nella mede- sima la Selache maxima ed il Rhinobatus halavi, per tacere d'altre specie pure notevoli, e che in Roma ci mancavano af- fatto ». Ora aggiungo queste alîre notizie: Il sig. Bonomi con sua lettera mi fece conoscere come questo insolito pesce fosse stato preso « al Poetto-Cala Regina (S. Elia), Cagliari ». I pescatori gli dissero, trovandosi egli presente, che un si- mile pesce cane non mai era loro capitato. Il Bonomi si affrettò con ogni diligenza a farne la pelle che, fresca e ben conser- vata, giungeva in Roma. Nella lettera l’istesso Bonomi mi avvertiva che l’occhio di questo squalo presentava « una pupilla oblunga, verticale, pic- colina, nero ebano; vedesi come un giro o spazio tondo giallo, 268 A. Carruccio quasi d'oro pallido, che si espande in altro giro a sprazzi di un verde chiaro calcato ». Il Bonomi chiude le lettera chiedendomi: a che specie appartiene questo squalo, lungo oltre tre metri? Fatte prendere dal tassidermista sig. Coli tutte le neces- sarie misure, egli preparò lo squalo colla nota sua abilità e pre- cisione. Aggiungo che avendo trovato il cranio intatto, e non man- cando nelle mascelle i denti caratteristici potei, insieme a tutti gli altri caratteri, fare la diagnosi di specie appartenente al gen. Odontaspis. Dapprima rimasi alquanto dubbioso se si trattasse dello Odontaspis ferox Agassiz, noto particolarmente nelle acque della Sicilia, e del quale hanno scritto fra gli altri naturalisti italiani, gli illustri C. L. Bonaparte e P. Doderlein ecc. Il prof. V. Carus, che ha indicato nel modo più completo che gli fu possibile le località dei nostri animali marini, nel suo Prodromus faunae mediterranae sive descritio animalium maris Mediterranei, fornisce a pag. 506 del 2° volume, le seguenti in- , dicazioni per l'habitat dell’ Odontaspis ferox: « Litora Hispaniae mediterr. (Cisternas); Nizza (Risso ?, Reguis), Genova (Sassi), Messina (Cocco), Malta (Gulia), Adria, Venezia (Nardo, Ninni), Trieste (Trois, Graeffe), Dalmazia de. Kolombatovic), mare Aegeum (Erhard) ». i E per l'habitat dell’Odonfaspis taurus il Carus serive : « Habit.: Litora Hispaniae mediterr. (Cisternas); Alger (Gui- chenot, fide Dumeril); Nizza (Risso, fide Moreau, Reguis); Si- cilia (Rafinesque); Palermo (Doderlein); Malta, raro (Gulia); Dalmazia (Marchesetti fide Kolombatovic) ». Nè per l’una, nè per l’altra specie sono citati i mari della Sardegna sia dal Carus, sia da altri scrittori. Questo bell’ esemplare appartiene adunque alla specie de- nominata Odontaspis taurus Miill. (che è | antico Carcharias taurus Rafinesque, 7rig/ochis taurus d’ altri autori). Quali precipui caratteri differenziali delle due specie, QOdon- taspis ferox e Od. taurus, da competenti ittiologi, fra i quali Sovra un raro Odontaspis taurus Miill. 269 ——. — _—_—— _———m€ il Doderlein, vengono indicati i seguenti: Nella 1° specie ogni dente porta alla base due o più denticelli per parte ;. nella 2 (Od. taurus) ogni dente porta alla base un dentello per parte, e la pinnà dorsale anteriore nasce vicino all’ origine delle ven- trali, mentre nell’ O. ferox nasce distante dall'origine delle ven- trali. Il numero totale dei denti nel O. faurus è alquanto minore di quelli dell’ O. ferox. Il 4° e 5° dente della mascella superiore sono più corti degli altri; il 6" dente è più alto senza però eguagliare la lunghezza del 2° e 3°. Verso gli angoli della bocca tanto in alto come in basso i denti sono assai più piccoli e numerosi. L’ O. faurus fu erroneamente da parecchi scrittori cre- duto identico all’ O. ferox. Qui torna opportuno aver presente un’ osservazione che in appoggio al de Blainville fa il Moreau nella ben nota sua opera (1): « Il faut rapporter à cette espèce le squale féroce de Risso. En effet, voici ce que de Blainville écrit, Faune francaise, pag. 37: « Cette espèce... a été découverte dans la mer Mediterranée par M. Risso. Malheuresement la descri- ption qu’ il en a donnée est trés-incompléte. Nous n'en avons que les machoires et les dents, ce qui nons a permis de sup- pléer à l’insuffisance de ce que l’ichthyologiste de Nice en avait dit. ». i Il muso dell’ O. faurus è piatto, un po’ allungato e puntuto; la testa tanto nell’ una come nell’ altra specie è più o meno ap- pianata, ma nella regione orbitale si fa rigonfia. Gli occhi nell’ O, faurus sono in proporzione più piccoli di quelli del ferox. La 1° dorsale è trapezoidale, a margine anteriore rotondeg- giante, inserita sulla 2° metà della lungh. del corpo e prolun- gata sino all’ origine delle ventrali come già si disse. La 2* dor- sale è quasi triangolare col margine posteriore quasi rettilineo. La base s'inserisce di fronte al terzo anteriore dell’ anale, che trovasi vicinissima alla caudale. (1) V. Hist. nat. des Poissons de ia France — T. I. pag. 292-293. 270 A. Carruccio Le pettorali sono piccole, triangolari col margine posteriore quasi rettilineo mentre invece è incavato superiormente nelle pettorali dell’ O. ferox. La prima caudale ha il lobo superiore lunghissimo, uguale almeno ad '/, della lunghezza totale del pe- sce. Il colore del dorso suol essere grigio rossastro con mac- chie brunastre, ma in minor numero che nell’ O. ferox. Ometto altri caratteri, perchè essi bene corrispondono a quelli specifici esposti nelle migliori descrizioni date degli odon- taspidi. | Qualche scrittore, ad es. il prof. A. Dumeril, parlando della colorazione dell’ O. faurus distingue due varietà : Var. — Teinte générale d'un gris jaunatre uniforme, plus clair en dessous; nageoires à bords foncés. Var. II.° — Teinte générale tirant sur le rougeatre, avec de petites taches noires; rappelant l’ aspect de lO. ferox. L'istesso Dumeril scriveva che il più grande dei due esem- plari posseduti dal Museo di Parigi era lungo m. 2,33 ed era stato preso nel mare di Algeri da M. Guichenot. È probabile, essendo trascorsi più anni dalla pubblicazione dall'opera di Du- meril, che il predetto Museo abbia avuto qualche esemplare di maggiori dimensioni (1). Il Doderlein ed altri scrivono che la lungh. dell’ O. faurus è da 2 a 3 metri. Il Moreau crede che lO. ferox possa raggiungere una lunghezza massima di m. 4. La carne di questo squalo è rossigna e d’ ingrato sapore. L’ ittiologo della Sicilia ci fa noto come in quei mari VO. faurus apparisca per lo più d'inverno e di primavera. Ed aggiunge che | questa specie si è resa più frequente mentre era rarissima per lo passato. Essa abita generalmente le grandi profondità e tuttavia si rende abbastanza infesta per la sua voracità. Dell’ O. ferox l’ istesso benemerito scrittore ci dice che è (1) A proposito di questo esemplare del Guichenot devo avvertire che Moreau crede sia appartenente non all’ O. ferox, bensì all O. faurus. Sovra un raro Odontaspis taurus Mill. 271 specie coraggiosa, forte, voracissima, temuta dai pescatori. In generale vive nelle maggiori profondità, e ad onta della sua or- dinaria rarità, in certe annate di rende abbastanza frequente lungo le spiagge della Sicilia. Vi appare per lo più d'estate, ma non se ne prendono più di 3 a 4 individui per anno. Dell’ O. faurus pare che se ne pigli anche un minor numero. Pel mare di Cagliari e dell’ intiera isola di Sardegna, come già dissi, non sono riuscito finora a trovare veruna indicazione scientifica su questi squali, e quindi debbo credere che gli Odontaspis vi siano assai rari, e O. faurus in particolar modo rarissimo e credo sia la prima volta che lo si annunci nei mari dell’ anzidetta isola (1). Prima di por fine a questa breve nota mi piace ricordare che il prof. Corrado Parma nel diligente lavoro che pubblicò nel 1898, col titolo « La pesca marittima in Liguria » cita nel Capit. IV « Prospetto delle specie più importanti del Mercato di Genova « il solo Odontaspis ferox Agass. » col nome vol- gare genovese di Cagnasson de Fon. Aggiunge queste notizie : « carne di sapore ingrato; rarissimo; estate » (2). Nè il genere nè la predetta specie (O. Ferox) non li trovo citati dal prof. Giacomo Damiani negli « Appunti ittiologici sul Mercato di Genova » pubblicati nel 1896 (3). Del pari, nè del genere Odontaspis, nè di veruna delle due specie, trovo indicazione di sorta nella pubblicazione del pro- (1) Nel manuale Hoepli — /ftiologia Italiana — Descrizione dei pesci di mare e d’ acqua dolce del prof. Achille Griffini, Milano, 1903, pag. 98 è indicato anche l' Od. faurus. E per l habitat l’ aut. scrive: « Vive a grandi profondità ed è raro; fu trovato nei mari di Sicilia e di Nizza; appare specialmente in inverno e primavera ». (2) V. Boll. dei Mus. di Zool. e Anat. comp. della R. Univ. di Genova n. 66 1898, pag. 22. (3) V. Riv. Ital. di sc. nat. An. XVI, 1 ottob. e seg. 272 Ù Ai. Carruceio fessor Luigi Paolucci del R. Istituto Tecnico di Ancona, col ti- tolo «Le Pescagioni della Zona italiana del medio Adriatico » (1). Osservasi da parecchi scrittori d’ ittiologia che l’ O. faurus pare abbia una maggiore estensione delle altre specie del ge- nere, potendosi trovar oltre che nell’ Atlantico, del Mar Pacifico, e persino nei Mari d’ Australia e di Tasmania. (1) Ancona — A spese della P. Camera di commercio, 1901, pag, 9, 11, | Plagiostomi. Il Canestrini (Fauna d’Italia, Pesci) si limita a scrivere appena alcune parole per la diagnosi, e per l'habitat scrive queste sole: « Vive nei mari della Sicilia », pag. 44. ll Perugia (Elenco dei pesci dell’ Adriatico) a pag. 54 cita soltanto l' Odontaspis ferox. Il Dott. A. Tuttolomondo (Fauna ittiologica del compartimento marittimo di Catania) cita pure il solo O. ferox (pag. 98). Altre citazioni, che potrei fare, non sono necessarie in questo riassunto. Prof. Antonio -Garruccio Su due individui del gen. Phrynosoma Wiegmann portati vivi dal Texas (America N.) e donati al R. Museo Zoologico Universitario di Roma (Cenni illustrativi comunicati alla Società Zoologica Italiana). È già da tempo che in una delle adunanze scientifiche della Società avevo presentato vivi due esemplari consegnatimi dal signor Docchi Cosimo di Pietrasanta, scultore. Egli li catturò in una escursione fatta nelle vicinanze di Austin (Texas, Ame- rica del N.), da cui fece ritorno in Italia, per ristabilirsi in Roma. Con molta cura e pazienza riuscì a mantenere vivi e vispi i due curiosi rettili durante il lungo e disagiato viaggio. Il Docchi, venuto in Museo, volle gentilmente cedermeli in dono, tanto più volentieri quando gli dissi che nelle collezioni dell’ istesso Museo mancava qualsiasi rappresentante di questa specie di Sauri, pur essendo rappresentato il genere. Come allora nell’ adunanza feci rilevare la spontanea e bella azione dell’ artista, e pronunciai davanti ai consoci meritate pa- role di ringraziamento, così oggi le ripeto pubblicando riassunta la nota, che avevo messo da parte e dimenticata. La denominazione generica PArynosoma fu introdotta nel- l'Erpetologia dal Wiegmann nel 1829, valendosi delle due pa- role greche che equivalgono alle due italiane: rospo e corpo, per quanto la rassomiglianza col rospo non sia la più appro- priata, o tutto al più l’ha, come nota qualche scrittore, allor- quando cammina : infatti i Frinosomi saltellano come i rospi. Nell’ opera del Daudin troviamo che i Phrynosomi rientrano parzialmente nel gruppo delle Agame orbiculari. 274 AGI Gtainimuicicito Cuvier nella prima edizione del Regno animale si vale della ‘ denominazione Tapaya di Fitzinger. Non è necessario che moltiplichi citazioni intorno alle de- nominazioni generiche, alle affinità ed alla posizione fatta ai Phrynosomi secondo i diversi Erpetologi che ne scrissero. Vi fu chi ravvicinò i Phrynosomi ai 7ropidolepis del Cu- vier; ma ben fecero Dumeril e Bibron quando rilevarono le differenze esistenti tra le due forme, a cominciare dalla dispo- sizione delle scaglie. Passati in rassegna i caratteri distintivi e differenziali delle singole specie comprese nel gen. Phkrynosoma, trovo che i due esemplari portati in Roma dal Sig. Docchi appartengono alla specie denomiuata Phrynosoma coronatum Blainv. Uno degli esemplari è >” ed è più grande, l’ altro più pic- colo è una ©. Sono bene sviluppate le spine circumcefaliche, specialmente le due laterali posteriori od occipitali che sembrano due picco- lissime corna bovine, lunghe 10 mm., con la base larga 4 mm. Vengono dopo per grossezza le due post-oculari che hanno co- lore nericcio. In totale queste spine rigide sono 10, cinque da un lato e cinque dall'altro; hanno forma appiattita eccetto le due maggiori, già ricordate, che sono coniche. Lungo i due fianchi si vedono molte e piccole sporgenze epidermiche o punte, non tutte egual- mente elevate: le linee laterali del corpo appaiono perciò quasi seghettate. Le punte si proseguono sui margini dell’appendice caudale. Numerosi tubercoletti acuminati nell’apice si vedono sulla faccia dorsale, sulla testa, sul davanti del collo, sui lati degli arti ecc. ‘ Caratteristica è la conformazione della testa che ha quasi la figura di un triangolo equilatero di cui l'apice che sta in sul davanti corrisponde al muso; e questo è corto ed ottuso. Tutta la superficie del cranio è ricoperta da piastrine poli- gonali che hanno una tinta ora grigiastra ora nericcia, e nel cen- Su due individni del gen. Phrynosoma 275 tro di molte si vede un piccolo rialzo, quasi tubercoletto, d’ un bruno intenso. La piastra rostrale è scutiforme col margine libero più esteso degli altri margini. La lunghezza totale del corpo del maschio, dall’ apice del muso all’ apice della coda, è di 12 cm.‘/,, cioè lunghezza del tronco 7 cm., della testa 2 cm.'/,, della coda 3 cm. La larghezza della testa è, alla sua base, di 12 mm,, nel mezzo di 10 mm, all'apice del muso di 5 mm. La massima larghezza del corpo si ha quasi nel mezzo della regione ventrale ed è di 36 mm., sopra le coscie è di 18 mm.. al davanti degli arti anteriori, e quindi sotto il collo, che è bre- vissimo, la larghezza è di 21 mm. La breve coda è larga alla sua base 14 mm. e gradata- mente restringendosi, da appiattita si fa rotondeggiante per' fi- nire con un apice che ha appena 1 mm. di spessore. Non è molto esatto dire, come si legge in qualche opera, che la coda è addirittura conica. Le estremità anteriori sono lunghe non più di 4 cm. misurando dalla loro origine all’ apice del dito: il me- diano è un pò più lungo delle altre dita. Le estremità posteriori sono lunghe 5 cm. o appena poco più. Il colore fondamentale della faccia dorsale nei due indivi- dui, appena portati nel nostro Museo, era d’un bel grigio cene- rino, con macchie nere regolari ai due lati di essa faccia, in prevalenza rotondeggianti, oppure a forma di un / rovesciato, cioè coll’apertura rivolta all’ ingiù, colle due branche divergenti relativamente assai grosse. Sul mezzo della fronte si vede una fascia nera trasversale che spicca sul fondo cenerino, il quale è più chiaro di quello proprio al dorso. Altre due fascie nere, pure trasversali, stanno sulla regione frontale che si fa declive in sul davanti. Di queste due fascie una è marginale e superiore, e va a finire a destra ed a sini- stra presso ciascuno dei cornetti. Un'altra fascia inferiore è più 276 Ad iarinule cito larga, ma meno intensamente colorita, e si avanza presso il muso. Ben evidente è una lunga fasciettina mediana che comincia dalla nuca e si porta fin quasi alla terminazione dell’ appendice caudale. Questa spiccatissima fascia longitudinale di un bianco cenerino uniforme è più larga in alto, dove misura circa 4 mm., in basso invece misura appena 1 mm. Ad un lato ed all’altro dell’istessa faccia sopra la regione scapolare, si vede una grossa macchia nericcia lunga 15 mm. e larga 10. Alla distanza di © mm. dalla stessa fascia longitudinale, ed alla distanza di circa 25 mm. dalla base della testa, si vedono due macchie rotonde nere con un punto bianco candido nel cen- tro, e tutto attorno a ciascuna macchia, esiste un anelletto bian- castro che più nettamente le delimita. * Altre due macchie nere equidistanti dalla fascia longitudi- nale, ma un po’ più piccole e col punto bianco nel mezzo, si vedono a breve distanza dalle precedenti, ed altre ancora mi- nori sono regolarmente disposte all’ esterno delle già men- zionate. Anche sulla superficie esterna e superiore delle quattro zampe, sovra un fondo grigio cenerino, si osservano da 8 a 10 macchie nere regolarmente disposte. La faccia ventrale ha un colorito bianco cenerino chiaro con macchiettine nericcie collocate irregolarmente: sono in to- tale una sessantina. Ho riferito fedelmente la colorazione quale a me si è pre- sentata. Chi legga opere diverse troverà parecchie differenze. Bisognerebbe però sapere se la tinta giallo-sudicia o giallo d’ocra notata ad esempio dal Brehm sulle parti superiori del corpo dei Phrynosomi, appartenga ad individui essicati, oppure tenuti nel- l'alcool o in altro liquido conservatore. Le macchie negli individui che vissero per molti giorni nel Museo di Roma io le vidi nere : altri le ha viste brune o bru- niccie, o d'altra tinta. Ma i biologi ben sanno che per molte cause può variare la colorazione. Su due individui del gen. Phrynosoma 277 Mentre le Agame appartengono all’emisfero orientale, gli ‘Iguanidi (anche questi variabili per dimensioni ecc.) appartengono all'America. Ma un genere, il PAryrnosoma, offre specie che a prima vista si prenderebbero per appartenenti al genere australiano Moloch; e per l’opportuno confronto vi presento due buoni esem- plari di Mo/och horridus esistenti nella collezione generale erpe- tologica del nostro Museo. Ma se il rivestimento cutaneo dei Phrynosomi ci offre spine e cornetti come nei /Mo/och, nei quali ultimi però sono men forti, la dentizione ha una diversa disposizione nei due generi, sia per il numero, sia per la forma. Pur essendo entomofagi entrambi, si è osservato che i Moloch sono voracissimi di formiche ecc. e più arditi. Pur di formiche, di ragni, di coleotteri ecc. si alimentano i Phrynosomi, ma si direbbe che stentano a inghiottirli. Nè sono persistenti nell'inseguire la preda, e in generale aspettano che questa passi loro vicina. Stanno volentieri nella sabbia, e così li tenevamo anche noi in Museo, e con curiosità li osservavamo quando con la loro testa armata dei già indicati cornetti scavavano per affon- darsi e nascondersi. La difficoltà per alimentarli si fece sempre maggiore, e quindi li abbiam visti perdere gradatamente ogni vigoria nei mo- vimenti e dimagrire notevolmente. Naturalmente si alterarono i colori negli uttimi giorni della loro esistenza e più ancora dopo morte, avendoli conservati in alcool con pochissima formalina. Leggiamo nel Brehm che in questi ultimi tempi il Simons riuscì a tener vivo un Phrynosoma per otto mesi, ed il Fischer potè mantenere per 6 anni in schiavitù un P4ryrosoma coro- natum. È notevole il fatto narrato da autorevoli scrittori (Wallace, Dugés, Boucourt, ecc.) che cioè i Phrynosomi possano emettere e spruzzare con una certa forza dalla regione oculare un liquido 273 A. Carruccio dall'aspetto sanguigno; ma mancano ancora osservazioni ana- tomo-fisiologiche che ci diano una spiegazione soddisfacente del fatto, se pure è costante. La località più frequente in cui trovasi la specie di cui ho fatto cenno, a cominciar da Dumeril e Bibron a venire ai recen- tissimi scrittori Harmer e Shipley, è la California. Mostra ltaliana alla prima Esposizione internazionale di Caccia Vienna 1910 Quando sul finire dello scorso inverno si parlò di far par- tecipare l’Italia alla I.® Esposizione Internazionale di Caccia da tenersi in Vienna, l’idea fu dai più accolta con scetticismo, a molti parve puerile ad altri irrealizzabile, sopratutto in Italia : for- tunatamente la tenacia e l’entusiasmo di pochi trionfò dello scet- ticismo e della sfiducia di molti, sopratutto per l’opera del Com- missario generale M.se Carlo Centurione-Scotto e di un Comitato promotore di cui facevano parte il nostro egregio vicepresidente senatore Falconieri di Carpegna, e varii consocii: E l'Italia par- tecipò alla mostra, facendovi, ora lo possiamo dire con soddi- sfazione, tutt'altro che meschina figura, malgrado la ristrettezza del tempo, la scarsità dei mezzi finanziari posti a disposizione del Comitato, e la non troppo larga cooperazione di enti e di privati. Tra gli Enti che concorsero al buon esito dell’ impresa il primo posto parmi spetti al Museo Zoologico della R. Univer- sità di Roma ed al suo Direttore il prof. comm. Antonio Car- ruccio : contribuirono ancora il Museo Civico di Storia Naturale di Milano, la Collezione dei Vertebrati Italiani del R. Istituto Superiore di Firenze, il Museo Zoologico della R. Università di Pisa e molti altri privati. Ad essi si deve se anche in questa circostanza l’Italia ha potuto tenere decorosamente il suo posto, in mezzo alle nazioni consorelle. Credo quindi che possano in- teressare i lettori del « Bollettino », alcune notizie intorno a questa prima esposizione di caccia ed al contributo che vi ha portato il nostro Museo Zoologico. L'idea del Comitato italiano che una mostra di Caccia non dovesse essere una rassegna dei mezzi di distruzione di specie animali e dei loro risultati, ma piuttosto un modo di conoscere 280 G. Lepri le varie, sorta di selvaggina che popolano una data regione, la sua distribuzione, i suoi costumi ecc. mi è parsa altamente en- comiabile: Dare alla Caccia una vernice scientifica è nobilitarla : Le si toglie allora qualsiasi aspetto brutale ed accanto all’uti- lissimo esercizio fisico che fortifica il corpo, riposa la mente, abitua al sangue freddo, al maneggio delle armi ecc., sorge anche l'educazione dell'animo nella comunione con gli incanti della na- .tura, l'ammirazione per mille e mille fenomeni della vita animale donde il desiderio, mai pienamente soddisfatto, di sempre meglio conoscere questo meraviglioso regno animale che vive intorno a noi. Così intesa la Caccia può diventare un validissimo sussidio della Zoologia. Queste idee che io alla meglio esprimo credo che abbia avuto in mente il prof. Carruccio allorchè di gran cuore acce- dette alle richieste del Commissario generale inviando all’Espo- sizione una ricca suppellettile di animali appartenenti alle rac- colte del Museo Universitario, rappresentanti le diverse specie di selvaggina proprie dell’Italia. E cominciando dalle nostre Alpi egli inviò, a rappresen- tarne la fauna 3 splendidi esemplari di Stambecco (Capra ibex) due maschi ed una femmina, donati tutti al Museo da S. M. il Re, di cui un maschio di grandi dimensioni, ucciso dal compianto Re V. Emanuele Il ci offre le maggiori dimensioni che si pos- sano riscontrare in questo interessante ruminante, il quale nelle reali riserve del Gran Paradiso ha trovato un rifugio contro la distruzione, che lo ha fatto scomparire da tutto il rimanente di Europa, e come sta per avvenire del suo congenere dei Pirenei (Capra pirenaica *). Oltre questi tre esemplari imbalsamati, figurarono all'Esposizione varie collezioni di trofei di Stambecco: sia teste imbalsamate, sia corna: e tra queste, interessante la collezione del Museo di Firenze, rappresentante le diverse età (*) Vedi prof. A. Carruccio. - Sullo stambecco dei Pirenei - Bollettino della Società Zoologica Italiana, vol. X, serie II, fasc. I-IV 1909. Mostra Italiana alla prima Esposizione internazionale ecc. 281 dello Stambecco e notevolissimi i trofei di quel gran Re e gran cacciatore che fu Vittorio Emanuele II, inviati dal conte Gastone di. Mirafiori, tra essi si ammiravano delle corna di Stambecco sorpassanti il metro di lunghezza! Altri trofei, pure di Stam- becco furono inviati dal conte Aghemo di Torino, dal commen- dator dott. Quirico, e da altri. Il Camoscio (Antilope Rupicapra), questa vaga antilope delle Alpi, fu rappresentato da un raro esemplare perfettamente albino inviato dal Museo di Roma, a cui era stato donato da S. M. il Re e da una ricca serie di trofei appartenenti al Conte di Mi- rafiori, al marchese Centurione-Scotto, al conte Aghemo, al conte maggiore Rignon, al cav. dott. E. Festa, il distinto zoologo e viaggiatore, così benemerito del Museo di Torino. Il Festa adunque ha largamente contribuito con i trofei delle sue caccie ad illustrare nell’ Esposizione di Vienna, la fauna delle nostre Alpi. Tra i quali ricordo quelli bellissimi del grazioso Capriolo delle Alpi, così differente pel colore e per la statura dal Ca- priolo delle nostre maremme. Un’ altra specie interessantissima anch'essa ormai in via di scomparire, e che il Museo Romano ha inviato all'Esposizione, è il Felis Iynx. Com'è noto, questo è l'unico grande felino europeo, la Lince delle Alpi, anch'essa donata all’istesso Museo da S. M. il Re, e proveniente dalla Val d'Aosta. A completare la serie di mammiferi alpini ricorderò un bel- lissimo Lepus mutabilis, Lepre alpino, nel candido abito inver- nale, inviato dal prof. Ficalbi dell’Università di Pisa. L’avifauna alpina per quanto può interessare il Cacciatore, è rappresentata da magnifici esemplari di Gallo cedrone (Tetrao wrogally) di Fagiano di Monte (7etrao fetrix), di Francolino (Borasia betu- : lina) di Roncaso (Lagopus mutus) uccisi dal dott. cav. Festa nelle sue riserve di caccia nel Cadore. Molto ammirato nel nostro padiglione fu il gruppo di ani- mali dell’Abbruzzo, interessante non solo pel cacciatore ma anche pel zoologo a cui fanno rilevare le grandi analogie tra la fauna alpina e quella delle grandi cime appenniniche. Nel gruppo del 285 G. Lepri Gran Sasso infatti ancora balza qualche Camoscio (Antilope ornata) distinto dal confratello delle Alpi per le forme più svelte, pel colorito più chiaro e per una marcata striscia scura lungo i lati del collo, e nelle foreste si aggira qualche raro esemplare di Orso (Ursus arctos). La prima specie fu rappresentata al- l’Esposizione da una testa imbalsamata del M.re Carlo Centurione- Scotto e da una pelle appartenente all’on. De Amicis. La seconda da una testa appartenente al Museo Zoologico di Firenze e da una pelle pure appartenente all’on. De Amicis: E qui voglio ri- cordare che era appena partita la ricca suppellettile inviata dal Museo di Roma, che ad esso museo giunse, munifico dono di S. M. il Re, una magnifica pelle di Orso d’Abbruzzo, adulto, che ora maestrevolmente montata dal sig. Coli si può ammirare nella sala di mammiferi del nostro Museo. La Fauna Sarda fu rappresentata da molte teste e pelli di Mufflone (ovis musimon) inviate dal conte Rignon di Torino, e dai migliori cacciatori di Firenze quali il marchese E. Niccolini, il duca Massari, il conte Paver. Una festa di Cervo fu man- data dal Museo Civico di Storia Naturale di Milano, e vari esemplari di Pernice di Sardegna (Perdrix petrosa) di Pollo Sul- tano (Porphyrio coeruleus), di Fenicottero (Phoenicopterus ro- seus), dal Museo zoologico di Roma. Speciale interesse desta- rono due teste di Capra selvatica dell'Asinara esposte dal co- lonnello Giovanni Pauer di Firenze, in quantochè queste Capre, viventi allo stato selvatico da tempo immemorabile hanno as- sunto notevoli caratteri che le differenziano dalle Capre dome- stiche. Ad illustrare il rimanente della nostra selvaggina, almeno nelle sue specie caratteristiche, ha contribuito largamente il no- stro Museo inviando un bellissimo gatto selvatico ucciso dal Re. a Castel Porziano, due grosse Istrici (/fysfrix cristata) (1) ed (1) Per equivoco, il catalogo dell’ Esposizione indica queste due istrici ed il gatto selvatico, come provenienti dalla Maremma Toscana, mentre tutti e tre furono colte nel romano. Mostra Italiana alla prima Esposizione internazionalo ecc. 288 un caratteristico esemplare di Volpe riferibile alla var. melano gaster Bp ed una numerosa serie di uccelli tra cui ricordo le seguenti specie, Grus cinerea, Plegadis falcinellus, Ciconia ni- gra, Gallinago maior, Gallinago coelestis, Limnocryptes galli- nula, Otis tetrax, Coturnix Comunis, Perdrix saxatilis, Anser albifrons, Callichen rufinus,. Anas tadorna, Aquila clanga ecc. Finalmente la caccia grossa romana e della Maremma To- scana venne molto bene illustrata da numerose teste e crani di Cinghiali, inviati dai M.si Guglielmi di Roma e dal M.se Nic- colini, conte Pauer di Firenze e da molti altri. Bellissimi trofei di Cervi, teste intiere, e corna di svariate dimensioni, appartenenti ai M.si Guglielmi, al duca Massari e sopratutto al Sen. M.se Medici mostrarono come anche da noi vi siano cacciatori che proteggono l' introduzione e l'acclimatazione delle più nobili specie di selvaggina. E così il loro esempio fosse su più larga scala imitato ! Speciale ammirazione destarono i trofei del Sen. M.se Medici, di Cervus elephus incrociato con Cervus Wapiti dell'America Settentrionale, uccisi nella Tenuta della Mandria a Venaria reale: ibridi che erano stati ottenuti per le cure del compianto Re Vittorio Emanuele Il. È qui è doveroso ricordare come in questa utilissima opera di introdurre e proteg- gere nuove specie di selvaggina si distinguessero nel passato i Granduchi di Toscana: Si deve a loro se fino a pochi anni or sono sull'Appennino Casentinese erano abbondanti i Cervi ed i Muffloni, perfettamente acclimatatisi, e grandemente moltiplica- tisi in poco più di un secolo! E di questi cervi e di questi Muf- floni, belli trofei furono inviati all’ esposizione da varii caccia- tori di Firenze quali il M.se Niccolini ed il conte Pauer ecc. Un altra caccia caratteristica dell’Italia e sopratutto del- l' Italia settentrionale, la così detta Caccia di Valle agli uccelli aquatici fu molto bene illustrata per le cure del conte E. Ninni di Venezia e del Prof. G. Martorelli di Milano: oltre una bella serie di uccelli che comunemente formano oggetto di tale caccia, forniti dal nostro Museo, e da quello di Milano, il conte Ninni espose delle riproduzioni in plastica, di una Valle da Caccia, 984 GLi e di un posto da caccia ossia una specie di tino immerso nel- l'acqua fino all'orlo, nascosto da zolle palustri, agganciato a grossi pali, ed entro cui si asconde il cacciatore. Una sala speciale fu consacrata ad un ammiratissimo Dio- rana del gruppo del Gran Paradiso con il ghiacciaio così detto della Tribolazione, visto dal fondo di una capanna alpestre: Il pregevole lavoro pittorico è opera di due pittori Italiani, residenti a Vienna: il conte Guiscardo Sbroiavacca di Treviso ed il si- gnor Luigi Bonazza di Rovereto. La parte diremo così artistica dell’ esposizione è completata da una serie di incisioni, disegni, acquerelli, riferentesi a -soggetti cinegetici. Il Padiglione italiano, ideato dall’ architetto on. Manfredo . Manfredi riproduce una casa italiana nello stile del sec. XV ed è stato ispirato da quel gioiello architettonico che è la così detta: casa della bella Galliana in Viterbo: Esso come è detto nel Cata- logo dell’ Esposizione, spicca gradevolmente tra gli altri fabbri- cati, appunto perchè tanto diverso da essi; nell’ insieme è opera geniale che piace molto al pubblico accorrente e che onora il nostro paese. La Mostra italiana, quindi, alla | Esposizione internazionale di caccia a Vienna, che qui da noi, secondo il solito, fu accolta quasi con un sorriso di compassione (quando non fu ostacolata), che fu oggetto di barzellette più o-meno spiritose da parte di varii giornali, rappresenta per il nostro Paese un lusinghiero successo. Le lodi e l'ammirazione dei pubblico non hanno fatto difetto alla nostra mostra e più di tutte lusinghiere quelle più volte e lungamente espresse da S. M. l’ Imperatore che in fatto di cinegetica è una vera ed indiscussa autorità: e di ciò il Museo zoologico romano e quanti ad esso hanno consacrato le loro cure e la loro attività, primo il nostro amato Presidente, possono essere giustamente orgogliosi. Roma, 29 ottobre 1910. Giuseppe Lepri. Notizie 285 "4 Notizie. Il parto del Kéinguruh. — La gestazione del Kanguruh calcolata dal momento della copula all’ uscita del feto dalla maruspia, dura 11 mesi; il primo periodo avviene entro all’ alveo materno e dura 39 giorni, a la fine di questi periodi sorte dalla vagina un embrione della grandezza d'una grossa noce che la madre prendendolo con la bocca trasporta nel marsupio. La piccolezza dell’ embrione rende difficile l’ osservazione rimanendo na- scosto fra le labra della madre, pochissimo liquido e nessuna traccia di san- gue accompagna quel feto. La seconda parte della gestazione avviene nel marsupio, attraverso le pareti del quale è percettibile il movimento del feto, l’ orifizio del marsupio prende un colorito giallo dopo alcuni giorni, colorito causato dalla presenza del meconio. La femina è molto inquieta ed irritabile durante la trasparizione | del feto. Il feto ceco e nudo rimane, come abbian detto per circa 10 mesi pro- tetto e riscaldato nel peloso marsupio della madre attaccato alle mammelle non però nel senso che credeva Geoffrey S. Hillaire, secondo il quale il feto sì intimamente si attaccava alla madre, che il suo distacco rappresentava un secondo parto. Il feto nell'interno del marsupio si sviluppa gradatamente e respira in- dipendentemente dalla madre e si muove. Per contrazione dei muscoli delle glandole mammarie viene introdotto nella bocca del feto il latte necessario alla sua nutrizione e ad evitare il pericolo di soffocazione durante la dige- stione, la parte superiore della laringe si proietta nelle narici posteriori man- tenendo una libera comunicazione fra l’ esterno e i polmoni. Questa disposi- zione transitoria è simile a quella permanente nei Cetacei. Dopo solo sette mesi il feto comincia a sporgere la testa dall’ apertura della borsa marsu- piale, e man mano che avanza col crescere si sporge con maggior parte del corpo fuori dalia borsa, ritirandosi ad ogni più piccolo rumore. Non è escluso che nei momenti nei quali regni profondo silenzio, egli esca dalla borsa materna per nascondersi precipitosamente al minimo rumore. La copula avviene come negli altri animali, il maschio insegue la femmina e se non raggiunge presto il suo intento diventa violento, e la maltratta cau- sandole delle ferite e riducendola in cattivissimo stato. Negli individui in li- bertà la copula avviene in determinate stagioni, mentre che in animali in cat- tività essa avviene in tutte le epoche dell’ anno. Prof. Ugo G. Vram. 286 Notizie D ® VII Congresso Internazionale di Zoologia. — Nella seduta generale 19 Agosto scorso del VIII Congresso internazionale di Zoologia tenutosi. a Graz, è stata favorevolmente accolta la proposta del nostro consocio e rap- presentante prof. dott. Ugo G. Vram di istituire pel prossimo Congresso una sessione speciale per la storia della zoologia. Il proponente motivava la sua proposta dimostrando l' importanza intrinseca e didattica della storia della zoo- logia in modo speciale, e della storia delle scienze naturali in generale. L'Italia possiede sotto ogni rapporto un materiale così ricco per lo stu- dio della storia delle scienze naturali, ed ha dato i natali a numerosi e illu- stri naturalisti, che hanno fatto progredire in modo sicuro la scienza degli organismi animali, perciò la proposta del nostro rappresentante non può che riuscir gradita a quanti con questa bella scienza amano la propria patria. R. Cenni Bibliografici 287 Cenni IBEDII og raficio Renato Perlfni. — 1° L’opera scientifica dell'ingegnere Antonio Curò. — 2.0 Contribuzione alla fauna dei lepidotteri italiani : alcune rare specie rinvenute nel Monferrato. Sono profondamente grato al collega dott. Renato Perlini, lepidotterologo bergamasco, di aver inviate alla nostra Società Zoologica ed a me, le sue ultime due pubblicazioni, delle quali credo far cosa utile dando brevemente cenno sul nostro Bollettino. Nell’ « Opera scientifica dell’ ingegnere Antonio Curò », il Perlini, con forma elettissima, e con impronta di affetto profondamente sentito ricorda il la- voro fecondo dell’ ingegnere bergamasco, e ne rievoca la maschia, severa e serena figura. Il Curò è considerato quale scrittore entomologo e quale alpinista poeta ed artista nell’ anima. Pur tralasciando questa seconda figura del Curò, della quale non ho conoscenza sufficiente, debbo convenire perfettamente col Per- lini sulla figura dell’ entomologo. L’opera del Curò è seria, non peritura, per- chè di tale valore che non sminuirà nel tempo. La morte ha tolta troppo presto quella preziosa esistenza: Se Egli avesse potuto darci una seconda edizione del suo Catalogo dei lepidotteri italiani, avremmo avuto un lavoro seriamente inteso e tuttora mancante in Italia. È opera degna dei seguaci di questi maestri, occuparsi specialmente de- gli studi delle faune locali. Ormai la Scienza entomologica ha fatti in pochi anni passi così giganteschi, che occorre specializzarsi per raggiungere un serio intento con mezzi limitati quali sono a portata in genere degli studiosi. Îl Perlini ha date già apprezzatissime prove dei suoi studi. Voglia proseguire l’opera del Curò nel Bergamasco o nel Monferrato ed avrà reso alla scienza un grande servizio ; alla memoria del maestro ed amico un sacro omaggio. Nella monografia su « alcune rare specie rinvenute nel Monferrato » il dottor Perlini con esattezza scrupolosa di dettagli dà notizia di importanti catture da esso fatte, importanti specialmente per la località, facendole pre- cedere da osservazioni generali biologiche interessanti e che condivido pie- namente. Le specie di cui ci dà notizia in questo suo nuovo pregievole lavoro il 288 R. Perlini dott. Perlini sono: tutte le var. della Colias Edusa F. S. R.; il Chrysopha- nus Dispar var. Rutilus Wb.; la Mamestra Calberlai Stgr. (1); la var. Hispana B della Episema Glaucina ; la Leuconia Lythargyria var. Argy- ritis Rbr.; lo Xanthodes Malvae Esp.; la Telesilla Virgo Tr.; le Plusie Chrysitis var. juncta Tutt.; la /ota ab. Percontationis Pr. e la GO: var. Gammina Stgr. (2); la Acidalia Tabianaria Tr. * ko * Apprendo con viva soddisfazione che il valente lepidotterologo ha in- tenzione di portare un nuovo contributo nel campo della lepidotterologia con le aggiunte che ci promette sui Lepidotteri esclusivamentn italiani, è compito altamente apprezzabile per il suo carattere speciale e opportunissimo. Roma, 20 ottobre 1910. F. Rostagno. (1) Comune in Oricola, campagna romana, confine Abruzzo. (2) Credo questa forma da accettarsi con riserva. Tutte queste ab. per dimensioni. in ge- nere dipendono le larve mal nutrite. Si Avviso. — Facciamo noto che la sventura gravissima che ha colpito il consocio dott. Alfredo Misuri (che improvvisamente fu privato del carissimo genitore in ancor giovane età) gli ha impedito di attendere alla pubblicazione di un altro capitolo del diligente suo lavoro sperimentale sulla rigenerazione della coda nella /ucerta muralis: del quale nei fasc. III, IV, V e VI del Bollettino del corrente anno fu pubblicato il primo .capitolo. Speriamo che l' egregio autore possa proseguire la pubblicazione medesima nei prossimi fascicoli XI e XIl. Intanto, interpetri degli amici e colleghi, gli rinnoviamo le più sincere condoglianze. La Redazione. Comm. Prof. Antonio Carruccio — Direttore e Redattore resp. Perugia, 1910 - Stab. Tip. Vincenzo Bartelli & C. - Piazza V. E. Fasc. XI e XII. Serie Il - Vol. XI Anno XIX - 1910 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario 5, DI. Coleotteri della famiglia Parnidae appartenenti al Museo Zoologico dell’ Università di Roma (Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana il 28 novembre 1910). Dopo aver dato in due precedenti pubblicazioni (1) l' elenco delle specie dei Ditiscidi, Girinidi e. [drofilidi, che fanno parte delle collezioni del Museo Zoologico di Roma, pubblico nella presente nota .l’ elenco di un'altra famiglia di Coleotteri acqua- tici, quella dei Parmnidi. A questo gruppo si da anche il nome di Driopidi, dal ge- nere Dryops, che. è sinonimo di Parnus nella. nomenclatura del Ganglbauer, adottata nel Catalogo Reitter ed anche. in questa nota. Latreille ha usato il nome di. Macrodattili; nella. Storia Naturale dei Coleotteri. di Francia del Mulsant e Rey, le specie formano due gruppi, quello degli Unciferi e quello dei Diversi- corni. - 1 (1) V. questo, Bollettino : Vol. X. (2); 1909, pag. 494-506, Ditiscidi e Gi- rinidi appartenenti ecc. — Vol. XI (2) 1910, pag. 225-232, Idrofilidi apparta- nenti ecc. 290 L. Masi Sebbene distribuiti in tutte le regioni del globo, i Parnidi non costituiscono una famiglia molto ricca di specie: tuttavia è certo che di queste ne sarebbe stato descritto un numero molto maggiore se non si trattasse di forme che, per il loro modo di vivere e per essere tutt’ altro che appariscenti, attirano rara- mente l’ attenzione della maggior parte degli Entomologi. Le spe- cie della famiglia finora conosciute non superano le 400. Per l Europa, secondo il Catalogo Reitter, se ne conoscono 64. La collezione del Museo Zoologico di Roma ha solo 27 specie, le quali però rappresentano quasi tutti i generi europei. Mancano il genere Dupophilus Muls.. che comprende due specie, ed i generi Ludye/la Reitt. e Microdes Motsch., ciascuno con una specie sola (1). POTAMOPHILINI. Gen. Potamophilus Germar. P. acuminatus F.: Landes. DRYOPINI. Gen. Dryops Olivier (Parnus F.). D. auriculatus Geoffr. (prolifericornis F.): Cremona, Sciaf- fusa; — algiricus Luc.: Bòne ; (/. striatellus Fairm.): Corsica; — var. hydrobates Kiesw. (P. Aydrobates Kuw.): Napoli; — griseus Er.: provenienza ignota; — /utulentus Er.: provenienza ignota; — sfriafopunctatus Heer: Ungheria, Alpi; — vien- (1) Per la descrizione delle specie europee interessano particolarmente le due opere: Die Kafer von Mitteleuropa, von L. Ganglbauer, 4. Band, 1. Halfte, Wien, 1904; e: Bestimmungs-Tabellen der Europàischen Coleopteren. Parnidae, von A. Kuwert. Wien, 1890. Coleotteri della famiglia Parnidae 291 ________—Èr_—_ nensis Heer: Erlangen; — rufipes Kryn. (P. pilosellus): Un- gheria; — ritidulus Heer: Cava de’ Tirreni; — auriculatus Geoffr: Alpi. Il Dryops griseus sembra essere una specie limitata nella distribuzione e quindi non comune nelle collezioni. Il Ganglbauer dice riguardo alla distribuzione di essa: « Scoperta presso Ber- lino, si trova anche in Slesia, ed è stata raccolta dal professor Oscar Schneider in gran numero nell’ Isola Borkum nel Mare del Nord ». Riguardo al D. nitidulus il Ganglbauer scrive che esso si trova nell’ Europa media, nelle raccolte di acqua dei paesi di montagna, e spesso in compagnia del D. Ernesti, ma tuttavia meno raro di questo. La specie però è indicata nel Catalogo Bertolini come già raccolta non solo nel Trentino, ma nella Lom- bardia, nel Piemonte ed anche nel Lazio. Nella collezione, come è detto più sopra, ve ne sono esemplari dell’ Italia meridionale. Gen. Helichus ÉErichson. H. substriatus Mill. : Belgio. HELMINTINI. Gen. Stenelmis Dufour. S. canaliculata Gyll.: Landes; — corsobrina Duf.: Francia. La Sfenelmis canaliculata è specie molto rara: secondo Ganglbauer sarebbe stata riscontrata in Europa nella Svezia meridionale, nella Francia, Germania, Austria e Italia setten- trionale. Il Bertolini indica per l’Italia anche la Sardegna e la Corsica. La Collezione Emery ne ha due esemplari. La S. consobrina secondo il Bertolini sarebbe stata rac- colta, in Italia, soltanto in Sardegna. 299 L. Masi Gen. Limnius Mill. L. variabilis Steph. (rivularis Rosh.) Malaga; (fubercula- tus Miill.) Napoli; — trog/odytes Gyll.: Landes. I cinque esemplari provenienti da Napoli (Capodimonte) e posti nella Collezione Emery con la denominazione di Limrius tuberculatus Miill., non differiscono da quello proveniente da Malaga, che è posto col nome di L. rivularis Rush. sinonimo di L. variabilis Steph.; e quindi tutti questi esemplari vanno indi- cati come L. variabilis. È dubbia l’ esistenza del L. fuberculatus in Italia, poichè, sebbene il Bertolini citi il L. Dargelasi Latr., che è ritenuto da alcuni per sinonimo del fuberculafus, come raccolto non solo nel Trentino, ma nel Piemonte, nella Liguria e nella Sardegna, tuttavia l’ identità specifica fra L. Dargelasi e fuberculatus, è sempre da dimostrarsi. Il Ganglbauer, a proposito della distribuzione geografica del Limnius tuberculatus scrive: « Nell’ Europa sett. e media, e, se i sinonimi del fuberculatus ammessi da Grouvelle non sono da riferirsi invece al variabdilis, anche nella Regione Mediter- ranea ». La differenza fra L. variabilis e tuberculatus consiste, secondo la descrizione del Ganglbauer, nella forma più ristretta nel variabilis e più allungata e meno convessa; nel corsaletto alquanto più ristretto e più lungo, maggiormente spianato sul disco, con le linee dorsali di regola incurvate in fuori e prima della metà spostate un po’ indentro; nelle elitre più allungate e meno convesse, al primo terzo della lunghezza non infossate presso la sutura. Delle tre interstrie esterne, quella intermedia, verso la metà della lunghezza, è solo un poco più stretta del- l’interna e quasi due volte più larga dell’ esterna. Gen. Esolus Mulsant. E. angustatus Miill. : Sciaffusa, Slesia; — parallelopipedus Miill. : Sciaffusa. Coleotteri della famiglia Parnidae 293 Gen. Latelmis Reitter. L. Perrisi Duf. (Elmis Germari Er.): Riesengebirge; — Volkmari Panz.: Sciaffusa; — opaca Miill.: Corsica. La Latelmis opaca è specie rara, tuttavia fu già nel Ca- talogo Bertolini indicata come vivente in diverse parti d'Italia e nelle isole Sardegna e Corsica. Gen. Riolus Mulsant. R. subviolaceus Miill.: Lusanna; — nitens Miill.: Corsica ; — cupreus Miill.: Sciaffusa. Il A. nifens è raro: nel Catalogo Bertolini si trova indicato come raccolto nel Trentino, nel Piemonte e e nella Corsica. Gen. Helmis Latreille. H. Maugei Bedel: Slesia, Austria, Monti Sudeti; — var. aenea Miill. (Elmis aeneus Miill.): Sciaffusa, Slesia; — od- scura Miill.: Hessberge. La /Melmis obscura indicata dal Ganglbauer come specie dell’ Europa media, è stata raccolta anche in Italia, oltre che nel Piemonte, nella Toscana. È specie rara. Gen. Macronychus Miller. M. 4-tuberculatus Miill.: Landes, Sassonia. Dott. L. Masi Alcuni Anfibî introdotti recentemente nel Museo Zoologico di Roma (Gimnofioni ed Anuri) (Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana) Presento alcune specie di Anfibî, affidatimi dal Direttore prof. Carruccio, le quali sono state aggiunte ultimamente alla raccolta erpetologica del Museo. Ad eccezione di una, tali specie provengono da Cerro S. Ana (Repubblica Argentina) e spettano ai due ordini degli Anuri e dei Gimnofioni. Nella nostra raccolta i Gimnofioni erano rappresentati finora da un solo esemplare dell’Epicrium (o /chthyophis) glutinosum Wagler, una delle specie più note e più importanti, sia per l'ampia distribuzione, dall’Imalaia al Ceylan e dal Siam alle isole della Malesia; sia perchè è quella di cui meglio son conosciuti lo sviluppo e i costumi. Si è avuto ora un esemplare del ge- nere Syphornops, il quale spetta alla specie Syphonops pau- lensis Boettg. Esso presenta infatti i seguenti caratteri propri di tale specie (1): l'occhio è ben visibile ; il tentacolo è situato innanzi all'occhio e alquanto al disotto di esso; degli anelli se (1) Boettger, O. Xatalog d. Batrachier Sammlung in Museum d. Sen- ckenbergischen Naturf. Gesellsch. Frankfurt a. M. 1892, p. 62. Boulenger, G. A. Syropsis of tke species of Syphonops. Proc. Zool. Soc. London, 1895). Alcuni Anfibî introdotti recentemente nel Museo Zoologico di Roma 295 ne contano 109 tutti completi; e la lunghezza del corpo, per quanto può giudicarsi nonostante la forte contrazione e l’ecces- sivo indurimento prodotti dall'alcool nell’esemplare, può calcolarsi di 32 volte il diametro. Gli altri Anfibî, pure della Repubblica Argentina, apparten- gono tutti agli Anuri e rappresentano sei specie di generi diversi, le quali mancavano nella collezione, eccettuato il Bufo marinus Schneid. Di questo, che si considera come uno dei più grossi Anuri, potendo raggiungere 20 cm. di lunghezza, ed è una delle forme più comuni nell'America meridionale, indicata dagli autori anche col nome di Bufo agua, B. horridus, o maculiventris, e diversi altri sinonimi; si è ottenuto un esemplare di grandezza media e di colorito fulvo : mentre quello che era già posseduto dal Museo, di grandezza poco inferiore, è di colore verdastro. Un altro degli esemplari acquistati rappresenta ora nella collezione il genere Ergysfora, che mancava; ed è un individuo femmina della specie Ergystoma ovale Giinth. Esso è di un colore grigio olivaceo nelle parti superiori e bianco rossastro nelle inferiori. Duméril e Bibron menzionano per questa specie due sole varietà di colorito (1): può essere la parte su- periore bruna e l’inferiore interamente bianca, oppure si ha un colore ardesia superiormente, e al disotto delle macchie o pun- teggiature fulve o bruno rosse, sul fondo bianco. L'esemplare che ora presento, partecipa dell’una e dell'altra varietà di colo- rito. È una caratteristica della specie la linea biancastra lungo il lato posteriore delle coscie. Il terzo esemplare degli Anuri spetta al genere /#y/a e pro- priamente alla specie //7y/a pulchella Dum. et Bibr.. Trattasi di un maschio; ed il sesso è facilmente riconoscibile per la piega cutanea della gola, che nasconde il sacco vocale : inoltre l'esem- (1) Duméril et Bibron. Erpétologie générale, Tom. VIII, Paris, 1841, p. 741. 296 L. Masi plare presenta le parti superiori di un colore nocciuola, con pic- cole macchie sparse, nerastre: carattere questo che è in ac- cordo con l'ipotesi fatta dal Boulenger, il quale ‘nel suo Catalogo degli Anuri del Museo Britannico (1) serive che il colo- rito predominante bruno degli individui deve ritenersi come. pro- prio del sesso maschile, mentre le femmine sarebbero sempre di colore verdastro nelle parti superiori, e senza macchie: Due esemplari, uno maschio ed uno femmina, spettano alla specie Paludicola marmorata (Giinth). Due altri, rappresentanti pure i due sessi, spettano alla Rana ocellata, Leptodactylus (o Cystignathus) ocellatus (L.), una delle forme più belle e più comuni di Anuri della parte orientale del Sud America, dove tale specie tiene quel posto che hanno nei nostri paesi la Rana esculenta e la femporaria. Ma dello stesso genere Lepfodactylus si è avuto un esem- plare di cui non mi è stato possibile finora di determinare la specie con certezza, e che adesso presento indicandone i carat- teri, e riservandomi di presentarlo di nuovo in una ulteriore co- municazione. Dalle ricerche che ho fatte ‘per determinare la specie, mi risulta che si tratta di una forma molto affine al Leptodactylus longirostris Boul. e forse di una sottospecie di esso. L’esemplare non presenta pieghe cutanee marginali nelle dita dei piedi posteriori, ha la lingua ellittica e leggermente in- taccata nella parte posteriore, le estremità delle dita ‘posteriori non rigonfiate, e l'articolazione tibio-tarsica, ripiegando gli arti addominali in avanti lungo il corpo, viene a trovarsi oltre l'apice del muso. Inoltre i denti vomerini formano due serie leggermente arcuate all'indietro delle coane; il muso è acuto, lungo 1 volta e °/, il diametro maggiore dell'orbita; la narice si trova al terzo anteriore della distanza fra l’apice del muso e l'occhio ; lo spa- (1) Boulenger, G. A. Catalogue of Batrachia Salientia in the British Museum, London, 1882. Alcuni Anfibî introdotti recentemente nel Museo Zoologico di Roma 297 zio interorbitale è un po’ meno largo della palpebra superiore, il diametro del timpano uguaglia i °/, del diametro maggiore del- l'orbita. Le dita anteriori sono mediocremente sviluppate, il primo dito tuttavia molto più lungo del secondo ; le dita posteriori sono sottili; i tubercoli subarticolari grandi, specialmente nelle dita anteriori. Vi è un piccolo tubercolo metatarsale interno ed un altro, assai meno evidente, esterno. La pelle è leggermente aspra al tatto nelle parti superiori laterali, verrucosa nella parte infero- posteriore dei femori. Esiste una riga glandolare dorso-laterale in ciascun lato. Nell’esemplare, che da parecchio tempo è conservato in alcool, le parti superiori sono bruno-chiare con macchie nere o brunonere ben delimitate. Una linea bianca molto sottile va dal punto più sporgente del muso alla cloaca, dimezzando una fascia chiara mediana del dorso. Lungo i lati della regione dorsale vi è un'altra linea bianca, e di questo colore è pure la riga glandolare laterale che va dall'orbita all'attacco del femore. Le tibie pre- sentano due linee bianche sottili lungo il lato esterno. Due stri- scie nere irregolari contornano la fascia chiara mediana del dorso, incominciando fra le orbite. Una fascia nera va poi dal- l'apice del muso all’ occhio e contiene la narice, e si continua dietro l'occhio avvolgendo il timpano. Essa è limitata in basso da una fascia chiara irregolare, più ristretta, che la separa da quella scura estesa in corrispondenza ai mascellari. Il margine del labbro superiore e la parte inferiore dell’apice del muso sono bian- chicci come pure le parti inferiori del corpo e delle zampe. Queste presentano superiormente delle macchie nere più o meno grandi, come se ne osserva anche sui lati del tronco. La lunghezza dell'esemplare dall’apice del muso all’ estremità del dorso è di 42 mm. I caratteri che ho esposti concordano nella maggior parte ad uno ad uno con quelli della descrizione data dal Boulenger per il Leptodactylus longirostris. Tuttavia, a differenza di que- sta specie, non si riscontrano delle verruche appiattite sul dorso, manca la piega discoidale della pelle del ventre, manca la mac- chia scura interorbitale, e le zampe posteriori non sono fasciate 298 L. Masi di scuro trasversalmente, inoltre queste zampe posteriori, ripie- gate in avanti, superano l’ apice del muso con la loro articola- zione tibio-tarsica; vi è di più la fascia chiara longitudinale nel mezzo della parte superiore del dorso. Il secondo dito anteriore è nell’ esemplare un poco più corto di come lo rappresenta la figura del Leptodactylus longirostris data dal Bo ulenger. Inol- tre la lingua, sempre in confronto alle figure date dal Boulen- ger, è un poco più larga. Ma certamente alcuni di questi carat- teri possono dipendere dall'età o dal sesso degli esemplari esa- minati. Presenterò per ultimi due esemplari di Xenopus laevis (Daud.). Non occorre ricordare che tale specie è propria della Regione Etiopica : il genere Xeropus Wagler è infatti un rap- presentante nel Continente Africano del sottordine degli Aglossi, che nell’ America meridionale è rappresentato dal genere Pipa Laur. Ma da alcuni anni si è scoperto nell'Africa un terzo ge- nere, l’A/ymenochirus Boul., il quale è particolarmente impor- tante perchè presenta caratteri intermedî fra gli altri due generi: per questo fatto si è creduto opportuno di abbandonare la. di- stinzione degli Aglossi in due famiglie, quella cioè delle Dac- tylethridae, cui spettava il genere Xenopus, e caratterizzata specialmente dalla mascella superiore dentata, e quella delle Pi- pidae, in cui mancano i denti completamente. È si ammette or- mai una sola famiglia, che prende il nome dal genere Pipa (1). Gli esemplari di Xeropus laevis che presento provengono dal Capo di Buona Speranza e li dobbiamo alla cortesia del dot- tor Boulenger, il qualeli ha inviati in cambio di alcuni esem- plari di Salamandra maculosa della provincia di Roma. Esi- steva già in Museo un individuo di Xeropus laevis appartenente (1) Notizie piuttosto dettagliate riguardo agli Aglossi si possono trovare nell’ opera relativamente recente del Gado w: Amphibia and Reptiles, che forma il vol. VIII della « Cambridge Natural History ». Alcuni Anfibî introdotti recentemente nel Museo Zoologico di Roma 299 alla raccolta fatta dal Duca degli Abruzzi nella spedizione al Ruvenzori (1): tale esemplare, che tuttavia è un individuo molto ben conservato, è di piccole dimensioni, misurando 5 cm. e ‘/ dall’apice del muso all'estremità posteriore. Esso è inoltre, nella parte inferiore del corpo e in quella anteriore dei femori, di un colore rugginoso, e nel rimanente delle parti inferiori è bian- chiccio; mentre delle piccole macchie nerastre sono sparse sul ventre e sulle zampe. Le parti superiori sono di un bruno ver- dastro uniforme. Non sempre nella specie in discorso le parti inferiori si presentano colorate, ed anzi Duméril e Bibron descrivono il Xenopus laevis come « en dessous toujours blanc ». Questa mancanza di colorazione si riscontra in uno dei due esemplari mandati del Boulenger, quello cioè di maggiori dimensioni, che misura 10 cm. e '‘/, dall’apice del muso all’ estremo poste- riore del corpo. L'altro esemplare, che misura solo 6 cm. di lunghezza, presenta inferiormente delle piccole macchie sbiadite di colore rossiccio. Il primo è d’un bruno olivaceo, marmoreggiato per linee nerastre sfumate che determinano una specie di reti- colato irregolare. Tutti gli esemplari Xenopus /aevis posseduti finora dal Museo sono femmine, come si può riconoscere facil- mente dalle tre pieghe cutanee che presentano presso la cloaca. Un’ altra specie del genere Xenopus, il X. Muelleri Ptrs., era gia posseduta dal Museo oltre allo Xernopus /aevis, mentre manca nella collezione il ca/caratus Bouchh. (1) Vedasi la Relazione del prof. A. Carruccio sulle « condizioni eco- nomiche, scientifiche e morali della Soc. Zoologica ital. ». nel vol. XI (2), fasc. 1-2, pag. 15. Dott. Alfredo Misuri Ricerche sulla struttura della coda normale e rigenerata nella Lacerta muralis Merr. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma NOTA PRIMA CAPITOLO I. Osservazioni sulla rigenerazione di code semplici. (Continuazione vedi Fase. III, IV. V e VI). Se i tentativi di rigenerazione sperimentale di code doppie non sortirono felice risultato, nondimeno ebbi la fortuna di rice- vere sei lucertole che nella struttura delle loro code rigenerate mostrarono particolarità atte a confortare le mie supposizioni. Quattro di esse hanno code bifide (così appaiono dai caratteri esterni) e due le hanno semplici. A me soprattutto interessano queste che disegnai alia Tav. III (figg. 1° - 1°, 22- 2°) perchè dimostrano sino all'evidenza come esse andarono rigenerandosi durante il letargo e si modellarono sulle anfrattuosità del foro o del crepaccio di roccia entro il quale gli animali svernarono. Quella raffigurata in 1 a, lunga cm. 11.8, per 3 cui è normale e per 8.8 cm. è rigenerata. La porzione normale non offre al- cuna particolarità degna di nota; l’ultimo verticillo normale, come di regola, ha scaglie più allungate di quelle del precedente. La porzione rigenerata comprende sessantaquattro dermatomeri irre- golari, dalle scaglie piatte ed ineguali, che verso l'apice vanno divenendo sempre meno evidenti. A quattro centimetri di distanza Ricerche sulla coda dalla « Lacerta muralis » Merr. 301 le _—— ” . dal punto in cui la coda fu spezzata, la parte di nuova forma- zione s' incurva verso destra dolcemente; per un tratto di 7-8 mm. assume una posizione normale all’ asse longitudinale della coda preesistente. Poi s’incurva bruscamente e forma con la parte più prossimale un angolo quasi retto, sino a che, dopo essersi estesa per 1 cm. circa, bruscamente s’incurva in alto e forma una specie d’ansa, dalla quale s'allontana la punta estrema della coda con direzione serpeggiante. La dissezione ha mo- strato un asse scheletrico formato da un tubo cartilagineo del tipo comune il quale però è ispessito e calcificato in corrispon- denza alle anse descritte dalla nuova coda. L'altra, che ritrassi in 2 a della tav. citata, è lunga cm. 8.9 e per cm. 4.5 è rigenerata. L'ultimo dermatomero normale ha la caratteristica di esser festonato e di coprire quindi inegualmente il primo dermatomero rigenerato il quale è incompleto sulla parte mediana dorsale. La porzione rigenerata consta di cinquanta der- matomeri disposti senz’ordine ; molti incompleti, tutti costituiti di scaglie irregolari, appiattite, molte prive di carena. A cm.1.8 di distanza dall’ultimo verticillo normale, la nuova porzione di coda si piega verso sinistra ad angolo retto perfettissimo, ed in corrispondenza all'angolo presenta una specie d’ingrossamento a manicotto, appena percettibile. Ma nell’ interno, il tubo cartila- gineo presenta in quel punto una dilatazione di calibro ed una calcificazione notevolissima. Se non si tenessero nel dovuto conto particolarità nei carat- teri esterni che non possono sfuggire neppure alla superficiale osservazione, considerando queste code nello stato attuale, si potrebbe pensare ad un irrigidimento dovuto all’ alcool il quale avesse fissata in tal guisa la posizione che avevano i varî pezzi nel recipiente che li conteneva. Ma di fatto tale irrigidimento della coda esisteva sin da quando gli animali mi giunsero vivi, e, dopo sacrificati l'osservazione del tubo cartilagineo mi tolse ogni dubbio. Dunque i due Sauri penetrarono entro il rifugio in- vernale quando ancora le loro code, appena rigenerate, eran molli e pieghevolissime ; l’uno si allogò, per svernare, in un cre- 302 A. Misuri paccio sinuoso, l’ altro in una stretta galleria che bruscamente piegava ad angolo retto. Se durante il letargo l’ accrescimento ‘ della coda.non fu notevole, s’indurirono però gli elementi defor- mati ed ebbe luogo l’ infiltrazione di sali calcarei nel tubo car- tilagineo e nelle scaglie. In quei luoghi ove il tubo cartilagineo faceva una curva, la calcificazione procedeva più lenta e va- riava così il calibro del tubo. Le due prime code bifide sono d'una struttura quasi sche- matica. Quella a tav. III fig. 3 a, lunga cm. 9.8, è rigenerata per cm. 7.8. Il seguente normale ha dermatomeri del tipo co- mune, eccettuati gli ultimi due che hanno scaglie eccessiva- mente allungate. Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr, 303 CAPITOLO III. Storia del processo rigenerativo. a) Notizie storiche. Sui primi stadî di rigenerazione della coda dei Sauri ab- biamo un cenno di Gachet (1) il quale scrive che nei primi giorni la coda rigenerata è formata da una massa omogenea, grigiastra, spessa e tenace; alcuni giorni dopo si differenzia la pelle, e dopo ciò si forma la cartilagine nel punto di mezzo, la quale, dopo che si è fissata, si circonda di muscoli. Anche Rankin (2) riferisce le sue ampie ricerche sul pro- cesso rigenerativo della coda di Anguis Fragilis. Egli ammette che in questo rettile la perdita della coda sia dovuta ad uno sforzo istintivo. Dapprima scorre del sangue che ricopre il mon- cone come una crosta ed in seguito v'è un allungamento gior- naliero di mezza linea (mm. 1.27). L’accrescimento è in rapporto con l'età dell'animale. Il pezzo neoformato, coperto dapprima da una pelle incompleta che vien gettata via in seguito, in quattro o sei mesi ha riprodotto le squame ed il processo di rigenera- zione è finito. In un caso, il pezzo riprodotto, distante tre pol- lici dalla cloaca, misurava © linee ed aveva 7 fila di squame, mentre in un individuo più giovane, due pollici dopo la icloaca, si rigenerò un pezzo di 7 linee con 10 fila di squame. Accenna anche ad anomalie nel numero delle scaglie riprodotte, che è costante per ogni verticillo di quelle normali. Leyhg (83) riferisce osservazioni microscopiche sui tessuti (1) Memoire sur la réproduction de la quene des reptiles sauriens. Actes de la Societè Linnéenne de Bordeaux 1834. (2) Ou the structure and habits of the Slouworn (Anguis fragilis). - Linn. in Edimburg new. Philosophical Iournal - Vol. V, New Series 1897. (3) Istologi dell’uomo e degli animali. 304 i AIM astanti dell’apice della coda delle Lucertole, durante la rigenerazione, osservazioni che si collegano alla genesi del fenomeno. Leydig (1) riferisce il processo rigenerativo nel modo che segue; « Dopochè la ferita si è chiusa, comincia immediata- « mente la neoformazione, sotto forma di un porro nerastro, che si allunga a cono. La porzione neoformata, è, per lo più, ric- chissima di pigmento, sul principio; raramente chiara, come nella Lecerta muralis var. campestris, dove, solo più tardi, il dorso riceve una striscia nerastra, come prolungamento della striscia oscura primitiva. Nell'inverno, l'accrescimento della nuova por- zione, è quasi trascurabile. Però il primo a studiare sistematicamente il processo rige- nerativo, fu Spallanzani (2) che va citato a titolo d'onore anche in questo lavoro, quantunque si sia occupato della rige- nerazione della coda nei girini dei Batraci. Egli stabili esser più attiva la riproduzione qualora al girino si tagli più coda; minore, se se ne taglia pochissima (il contrario di ciò che avviene. nella Lucertola). Il massimo accrescimento si avrebbe nella. coda ta- gliata a metà circa. « Dopo il taglio, se i girini sono d'età acerba, prestissimo « manifestasi la riproduzione. In un giorno d'estate, fa un pro- « :gresso rapidissimo... » (vedremo che tutto questo, nelle. Lu- « ‘certole, si verifica esattamente). « Ma se i girini sono assai «adulti, tarda più a palesarsi il principio della riproduzione e «questa. cresce in parità di cose, più lentamente. Dal che ne « nasce il seguente canone, sempre da me trovato verissimo, « cioè che la prontezza della riproduzione, tanto nel manifestarsi « che nel crescere, sta nella ragione inversa dell’età del girino... «'Seguitano ad aversi successive riproduzioni, sinchè il. girino « ritiene la coda ». (1) Die in Deutschland lebenden Arten der Saurier - Tiibingen 1872. (2) Opere Vol IV - Tomo I - Prodromo di un’ opera da imprimersi sopra le riproduzioni animali, - Milano Soc. Tip. Class. It. MDCCCXXVI. Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 305 n) E più sotto aggiunge : « Alla differenza nella manifestazione e nell’ andamento « della riproduzione, se ne aggiunge un’ altra che riguarda il « troncone. Nei girini d’ età avanzata, il troncone in tutto il « tempo della riproduzione non si allunga nè punto nè poco; « quando sono giovanissimi, s’ allunga mediocremente ; moltis- « simo essendo nella loro infanzia ». Ciò che afferma lo Spallanzani, fu controllato su Tritoni adulti e riconosciuto scrupolosamente esatto; gl’ identici risultati ottenni sperimentando su code di Lucertole. Straordinariamente efficace ed esatta, è la descrizione d’os- servazioni microscopiche istituite su code di girini in rigenera- zione e specialmente | affluire del sangue dei grossi vasi ta- gliati ed il ricostituirsi della nuova circolazione, è reso con grande evidenza. Descrive poi la neoformazione dei tegumenti che si rigenerano in modo simile a quei di prima, e dei muscoli, le cui fibre nuove, hanno tutta l'apparenza d’un prolungamento delle fibre vecchie. Però soggiunge : « Talvolta le fibre vecchie e le nuove, nei punti dell'unione, « soffrono qualche piegatura o aberrazione; sebben questa con « l'andar del tempo, o si toglie, o almeno si diminuisce. Il qual « tempo è cosa mirabile quanto contribuisca a far simili le code « riprodotte alle naturali, o sia non mutilate ». È meraviglioso come le stesse parole citate possono usatsi per descrivere le anomalie che si riscontrano nella disposizione dei muscoli rigenerati, in contiguità di quelli normali, nelle code di Lucertole e come in maniera simile debba enunciarsi per esse il fatto, che il tempo dà assetto sempre più simile al normale, alle parti rigenerate. Parlando, in un capitolo seguente, delle ri- produzioni della coda nella Salamandra acquatica, afferma esser più sorprendente il fenomeno nella Salamandra che nella Lu- certola, perchè in quella si ha più complicata struttura e si ri- generano « vere vertebre e vere ossa ». A questo riguardo, però, il geniale naturalista non intuì la ragione vera dell’ inte- resse del fenomeno, il quale nella Salamandra avviene in modo 2. 306 A. Misuri tanto più perfetto che nella Lucertola, essendo la prima d’orga- nizzazione più bassa, ed essendo perciò, meno differenziato il suo potere fisiologico. La serie di esperienze che condusse a tale scopo, sono riassunte da Lui in un questionario, d'una laconica brevità, che riproduce tutti i multiformi tentativi fatti, dai quali risulta come fosse ricco d’ espedienti l’ ingegno del Grande Osservatore. b) Osservazioni personali. Per poter eseguire ricerche microscopiche, varî metodi fu- rono da me tentati infruttuosamente, trattandosi d'un materiale assai difficile a manipolare, per la poca coerenza tra le sue varie parti, e difficilissimo a tagliare, per la forte calcificazione dello scheletro e dei tegumenti. Potei giungere finalmente ad avere sezioni longitudinali o trasverse anche nei punti ove le code raggiungevano maggior grossezza, coi procedimenti che seguono: Dei pezzi di coda della lunghezza di 7-8 mm. compren- denti 3-4 verticilli di squame, vennero fissati in alcool a 90’ con 10 per cento d’acido nitrico, per 24 h. se i pezzi eran piccoli: per 36-48 h. se molto grossi e duri. Ottenni in tal modo una decalcificazione quasi perfetta e delle vertebre e del tubo car- tilagineo e delle scaglie. La decalcificazione col metodo di Fraisse (alcool nitrico 3 per cento 24 h.) non riesce nelle code normali e nemmeno in quelle rigenerate da lungo tempo, ina solo pei giovanissimi stadî di rigenerazione. Anzi, trattandosi di grossi pezzi ed essendo pericoloso per le parti molli il lungo soggiorno in alcool nitrico, completavo la decalcificazione facendo rimanere i pezzi per 3-4 giorni in soluzione acquosa 1 per cento d’acido cromico, il quale dava così anche una consistenza un po’ mag- giore ai tessuti molli che tendevano a disgregarsi dalla pelle e dallo scheletro. Tentata la inclusione semplice in paraffina anche dura notai come questa non bastasse ad offrire, una volta compenetrato il pezzo, una superficie omogenea al taglio del coltello. Usai dun- Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 307 . que una doppia inclusione facendo prima compenetrare i pezzi di celloidina, risciacquando appena in alcool a 100 affinchè un sot- tile strato di celloidina vi rimanesse aderente e passando, da ul- timo, in xilolo, per la definitiva inclusione in paraffina. Questa manipolazione era indispensabile per ottenere un piccolo blocco omogeneo. Infatti ai tegumenti scagliosi e duri, succede un con- nettivo sottocutaneo reso poco resistente dall’ acido nitrico, quindi una corona di fascetti muscolari, resi duri dall’ acido cro- mico. Essi delimitano la guaina adiposa dello scheletro, la quale costuita com’ è da connettivo vacuolizzato, pieno di grasso, in seguito alla soluzione di questo durante il passaggio in xilolo rimane, formata dalle sole trabecole commettivali, e, quasi libero entro di essa lo scheletro. La colorazione delle sezioni fu eseguita con Ematossilina ed Eosina e con Emallume, ma, migliore tra tutti i coloranti, si mostrò l’ Emateina per 24 h. Con decolorazione parziale in Ailume. In alcune serie di tagli trasversali d'una coda in via di rigenerazione, ho potuto seguire passo passo l’ origine dei tes- suti neoformati, che, salvo alcune variazioni di poca importanza dovute al processo rigenerativo più o meno remoto e più o meno attivo per la età dell’ individuo nel quale si compie, o per dif- ferenze di temperatura, può riassumersi rniel modo seguente : Coagulatosi il sangue fuoriuscito dai vasi beanti dopo la rottura della coda e agglutinatesi con esso delle particelle estra- nee, si forma un’ escara spessa, terrosa che prende attacco sul- l'ultimo verticillo di scaglie rimasto in sito. Formasi, al coperto di tale effimero rivestimento, l’ abbozzo della nuova coda, per ricostruire la quale, sembra che si utilizzino, per quanto è pos- sibile, gli elementi rimasti della vecchia; quelli però che, per cause esteriori, non degenerano, giacchè sappiamo come gli elementi in degenerazione, entrino a far parte dell’ escara stessa. Dopo due a tre giorni le particelle estranee si sono agglu- tinate col sangue coagulato, in modo da coprire i tessuti rimasti a nudo; dopo 6-7 giorni l’ escara è completa ed ha perduto 308 A. Misuri l'aspetto terroso e dopo 9-12 l’ escara cade e rimane allo sco- perto una protuberanza nera che è la nuova coda (1). Considerandone l intima struttura si vede come da una massa informe ed anista, nerognola per l’ accumulo di pigmento, cominci, verso l’ apice dell’ organo neoformato, a differenziarsi un blastema cellulare, ad elementi piccoli, pervaso da corpu- scoli sanguigni, che irradia dal centro verso la periferia, la quale rimane, per un certo tratto, indifferenziata. (Tav. IV, fig. I). Negli stadî successivi a questo, ingrandisce la porzione che si differenzia, diventa chiara, giacchè il pigmento si dirige verso la periferia, ove si accumula; gli elementi differenziatisi diven- gono più grandi e più radi, quantunque non abbiano ancora dei limiti ben definiti, e tra di essi vanno irregolarmente formandosi delle lacune. Ad un certo punto, vediamo come vadano diradan- dosi le cellule nel centro della sezione, sino a che si forma una lacuna semilunare la quale sembra vada tagliando circolarmente la sostanza entro la quale si forma, sino a far risultare (giunti che siano i due capi del semicerchio a congiungersi) un foro circolare, entro il quale rimane, spazieggiato, un cerchietto. Si tratta, evidentemente, di due tubi inguainati l’uno nell'altro. (Tav. IV, figg. 2 e 3). Attorno al tubo esterno, gli elementi rimangono addensati come si trovavano nello stadio precedente a questo, e la pic- cola quantità di pigmento rimasta ancora senz’ordine, va dispo- nendosi alla sua periferia, formando una zona pigmentaria. Questa vien circondata da una seconda zona che è costi- tuita dal blastema più differenziato, nella quale sono scavati dei canali di.varia grandezza, dapprima irregolarmente disposti, che vanno man mano assumendo una disposizione a circoli con- centrici. Segue ad essa la zona esterna, spessa, che ancora non può esser risolta per la presenza del pigmento e perchè va torpidamente differenziandosi. In caso d’anomalia di rigenera- (1) Esperienze estive. Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 309 zione, la zona esterna può presentarsi in un punto talmente introflessa da strozzare in parte la sostanza tondamentale, ma in seguito di sviluppo, con la formazione dei tegumenti, la zona esterna riprende la sua regolarità. Essa si assottiglia sempre più, sino a formare un orlo oscuro attorno alla sezione, aila pe- periferia della quale si son già disposti la maggior parte dei fori. (Tav. IV, fig. 4). Negli stadî che seguono si notano delle introflessioni dei primitivi tegumenti che s’ infossano in modo irregolare; poi si abbozzano i solchi laterali che vanno man mano assumendo le proporzioni e la forma che si riscontrano nelia coda normale. Le sezioni seguenti mostrano il succedersi, prima senz’or- dine, poi ad intervalli sempre più regolari, degl’infossamenti della zona esterna, il semplice strato della quale si sdoppia e prende, lontanamente, l'aspetto della pelle normale. (Tav. IV, fig. 4 e seg.). Intanto, immerse nel blastema fondamentale ancora indiffe- renziato, vengono accennandosi delle areole disposte a corona, più fortemente colorate, essendovi i nuclei più fitti, i quali si ordinano in qualche punto a vortice. Da queste areole, che spic- caso sempre più per forma e per potenza elettiva dei coloranti, avranno poi origine i nuovi fascetti muscolari. Di pari passo si nota un aspetto simile attorno al foro che è la sezione del futuro tubo cartilagineo rigenerato e attorno ad esso si scavano dei fori irregolarmente disposti, i quali formano un'area intensamente colorita e cribrata. Si accenna entro il tubo cartilagineo la presenza di un cor- done o, per meglio dire, di un tubo nervoso semplicissimo, costi- tuito da un solo strato di cellule, che è la continuazione del primitivo canal dell’ependima. Il tubo cartilagineo che lo racchiude, assume ora l'aspetto caratteristico ovato in sezione, che man mano verso la parte prossimale, divien cuoriforme, con l’apice rivolto in alto, per raccordarsi al forame vertebrale della coda primitiva. A questo punto, negl’intervalli compresi tra l'uno e l’altro infossamento dei tegumenti, ha luogo la formazione di rilievi e 310 A. Misuri di carene mediane, analoghe a quelle delle scaglie delle code normali. Il. doppio strato della nuova pelle si distingue ancor più e già differenziasi il connettivo sottocutaneo. In prossimità della porzione di coda primitiva, al di sopra ed al disotto del forame centrale, entro l’area più cribrata, si abbozza un tessuto d’apparenza cartilaginea, il quale si dispone ad M molto larga superiormente, ed a V inferiormente. Poi le branche libere dell'una e dell'altra formazione scheletogena si riuniscono, si saldano, e si forma così una guaina che di carti- laginea va diventando man mano ossea, ed in sezione si pre- senta irregolarmente cuoriforme. È questo un pezzo accessorio scheletrico (che verrà descritto nella parte di querto lavoro che riguarda le ricerche osteologiche) il quale vien formandosi per raccordare l’ultima vertebra nor- male rimasta in sito, al tubo cartilagineo che costituirà lo sche- letro della parte rigenerata. Attorno al pezzo accessorio, gli elementi cellulari, accollati tra loro, formano come una fascia d’apparenza connettivale, che s'allunga inferiormente in guisa da imitare la forma della ema- pofisi rimasta, e ventralmente si costituisce, all'estremità di questa, un nucleo osseo. Si nota già l’abbozzo dell'arteria ‘caudale. Contemporanea- mente vanno costituendosi qua e là delle colonie muscolari; (in seno alle areole cromatofile disposte a corona e precedente- mente descritte) che in sezione si presentano sotto forma di aiuole ellittiche o poligonali, anch'esse vivamente colorabili. Altre colonie sparse senz’ordine, costituite da vecchi elementi musco- lari, vanno riunerdosi, formano dei fasci prossimalmente sempre più complessi e rimangono eccentriche alle aree miogene. Com'è facile sottintendere, avvicinandoci con tagli succes- sivi alla parte normale, i fasci muscolari normali, prendono il posto di quelli neoformati, ma tale sostituzione non avviene con- temporaneamente per tutti, che anzi in alcuni punti il fascio mu- scolare normale ha conservata la forma e le dimensioni primi- Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 311 "a tive, mentre vicino ad esso rimangono, lente a differenziarsi, alcune aree miogene. In alcuni dei fori sparsi nel blastema ‘fondamentale, si 0s- serva come penetrino i nervi periferici, mentre nella cavità di alcuni altri, prendono posto i vasi sanguigni. Ventralmente al pezzo accessorio neoformato della vertebra esiste pure un nucleo di ossificazione il quale si raccorda col corpo della vertebra stessa, dapprima omogeneo, che poi si scava prossimalmente il forma di lacune, divenendo spugnoso, come nelle vertebre normali. I tratti rimasti del blastema fondamentale, si. foggiano a lamine, rivestono ciascun fascio di muscoli, fasciano esterna- mente tutt'intiera la corona muscolare, la saldano al connettivo sottocutaneo e spingono nell’ interno dei prolungamenti, tra i quali sono da notarsi pei primi, i dorsoventrali, che uniscono ai tegumenti, al di sopra, la neurapofisi, al di sotto l’emapofisi; ed i trasversi, che uniscono ai tegumenti stessi le apofisi la- terali. Nel blastema rimasto tra il pezzo accessorio della vertebra ed i muscoli neoformati, gli elementi s’ingrandiscono, prendono la figura di connettivo straordinariamente lasso, il quale s'im- pregna di sostanza grassa e riproduce la normale tunica adiposa che riveste lo scheletro. Il tubo nervoso, che si presentava nei primi stadî come un semplice ‘anello, comincia internamente ad inspessirsi; si diffe- renziano elementi nervosi ben riconoscibili, ed il lume del tubo va gradatamente restringendosi fino al punto in cui si ricon- giunge al midollo spinale normale. 3 Man mano che la coda rigenera, quella vecchia subisce la muta negli ultimi verticilli. Anche nella nuova coda, con mag- giore evidenza quanto più prossimali sezioni si osservano, assi- stiamo alla disquamazione dello strato corneo superiore, quando ancora l’ apice cresce ed è ricoperto d’un rivestimento molle, ricco di pigmento e non corneificato. 312 ° A. Misuri Riassunto delle varie fasi del processo rigenerativo. Dopo avvenuta ia rottura della coda, il processo rigenera- tivo può riassumersi nel modo che segue: 1. - Coagulazione del sangue ; formazione dell’escara; 2. - Caduta dell’escara, comparsa d’un porro nero ; 3. - Formazione d’un blastema cellulare che va differen- ziandosi del centro verso la periferia ; 4. - Formazione d'un abbozzo di tubo nervoso con zona pigmentaria attorno ; 5. - Apparizione di canali disposti circolarmente ; 6. - Differenzazione progressiva della zona esterna e formazione dei tegumenti ; 7. - Comparsa delle primitive aree miogene ; 8. - Il tubo nervoso si circonda d’un tubo cartillagineo ; 9. - Si differenzia dai tegumenti, un connettivo sottocu- taneo ; 10. - S'abbozza il pezzo accessorio neoformato della vertebra ; 11. - Si ricostituiscono i grossi vasi caudali ; 12. - Vecchie colonie muscolari si riattaccano alle nuove; 13. - Penetrano nei fori del blastema, vasi e nervi pe- riferici ; 14. - I residui del blastema formano lamine connettivali d'attacco delle parti molli allo scheletro ; 15. - Si riforma la tunica adiposa dello scheletro ; 16. - La coda neoformata subisce delle mute succes- sive. ‘)9p *qou ‘po LINSIJ/ ‘VV ‘auolzelsauafdia egpuoodas è] QuuanAAB a10 0} und HAok ‘euolzessuafiI ewutid e] suuanAe an0 0}und *x* ‘Bpoo 8]|au O][iol}zio9A è a}sodsip e] 9pgoLiquia ‘Le]oFuez}oad cuofuanip osiOp [PP IpioQuioOI al]feos o] Mo ul oz und * ‘9UOIZEsSU SII Ul S17D4NW4 D7439D] Ip apoo pe] ‘5314 ‘)9p “gpu “pp LINSIJA 'V ‘9P!Hg 9peiouSdII apoo ‘5 — | ‘AU} è suo — dol Tak 7 a pel AP | | Perna ALI i pale: RARE 2 ‘]9p ‘pu ‘pD LISI FAVA ‘apije ajuiauafli apoo - °D — 9apiHg 37gI9UAf"LI apoo - O — III AB} BAU — doo be] ‘8814 ra di iisss=332% ERA 7 ‘ee:| Bui g-p-e ‘#94 ‘G:| “Fui g-g-] ‘#814 9de|ooIosEpl9}ui oAIH}9uuod - /19 — ijoosnui - 4 — aqeurds 0[|op 2IUI - SI — (OLIOSSAIIE) BIqG}19A è[[jap odioso - ao — B1Q9GI9A E[[9p 00948 - QD — 09UE}N90}}08 0AI}}AUU0I - DS9 — ajepneo ejioe - na — suafonu sode - UD — OSOAISU 0Qn} - 43 — 110} - f — oauISEgABO 0Qn} - 97 — eutS}SE[q - q — auo!zewenbsop ul apiuriapida [ap 09uIOI 0}e13s ‘a — oonuiapido 070478 (2 9 :2Indiy a] 97}}N} è IUNWIOI [UOIZBO!Pu] ‘uoIzelSUSSIlI UL SI7D4NW ‘7 Ip epoo Ip asioAS]tI} LUOIZAS 9-| ‘F814 | | | Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 313 NOTA SECONDA 000 CAPITOLO I. Osservazioni sui caratteri esterni. a) Notizie storiche. I primi naturalisti che ebbero in istudio code di Lucertole da lungo tempo rigenerate, non le ritennero tali dai caratteri esterni, avendo le parti neoformate acquisito un aspetto somi- gliante a quelle primitive, e solo poterono pronunciarsi sulla loro natura, quando la dissezione di esse, mostrò l’ esistenza di un tubo cartilagineo anzichè di vertebre. Ma un attento osserva- tore, Gachet (1) scrisse che una coda rigenerata si può fa- cilmente distinguere anche dall'esterno. La lunghezza, il colore, la forma e le proporzioni dell’or- gano, la forma e la grandezza delle squame, sono diverse da quelle della coda primitiva, la cui lunghezza è raggiunta soltanto per eccezione. Calori (2) accenna alla differenza di colorito nelle squame della coda rigenerata e narra d'aver ricevuta una Lucertola con tre anelli nella coda, che egli erroneamente interpreta rigenerata da tre anni, mentre si trattava, quasi con certezza, d'una mera accidentalità. Parla anche superficialmente dello aspetto este- riore delle squame del Gecko. (1) Mémoire sur la réproduct. de la queue etc. Act. Soc. Lion. Bor- deaux 1834. 3 (2) Sulla Sscheletrografia dei auri, nota II, Scheletro di L. viridis etc. - Bologna 1858. 314 A. Misuri Tytler (1) trattò dei cambiamenti di colore, della muta e della rigenerazione della coda negli Ascalaboti. Werner (2) crede che le squame delle code rigenerate dei rettili sian conformate come sulle code normali delle specie filogeneticamente più antiche della corrispondente famiglia e tutte le più spiccate differenzazioni (che mancano fino ad un certo stadio negli embrioni) come squame tubercolari, spine, cannelli, non vengono riprodotte. Si perde anche la disposizione esterna segmentale delle squame e dove la serie di squame della coda primitiva si allontanano dal resto della coda, ivi coincide la coda normale con quella rigenerata. Nei casi di doppia rigenerazione successiva, la copertura della coda terziaria è simile a quella della secondaria. La di- sposizione sarebbe identica per tutte le specie della stessa. fa- miglia. b) Osservazioni personali. AI solo esame superficiale risaltano le differenze esistenti tra le code normali e quelle rigenerate, anche quando la rige- nerazione avvenne da lungo tempo e fece sì che i varî verticilli rigenerati, imitassero la forma ed il colore. di quelli normali. Esiste dunque in tutto e per tutto una imitazione nel. rigenerarsi di quest'organo in molte cose simile a quello. preesistente, ma sembra che la natura non possa ottener due, volte di seguito la stessa perfezione, e quindi la parte neoformata risulta sempre sotto molti riguardi, manchevole ed imperfetta. Anche quando il processo rigenerativo è giunto al suo ter- mine, appare evidente, nella generalità dei casi, il. distacco.tra la coda primitiva e quella rigenerata, per la maggiore opacità (1) Journal of the Asiatie Soc. Of. Bengal = 1865, p. 535. (2) Uber die Schuppenbekleidung des regenerirten Schwanzes bei Eide- chsen, 1896, in Sitz. Ber Akad. Wien. Ricerche sulla coda della « Lacerta muralis » Merr. 315 r) e per le tinte meno vive di questa rispetto a quella. Ma anche se questo dato venisse a mancare, come quando tutto lo strato corneo superiore degenera poco prima della muta, si scorge sempre che il primo. verticillo rigenerato è di qualche frazione di millimetro più lungo di quello ultimo normale e dei segmenti rigenerati che seguono, che è lievemente strozzato, prossimal- mente, e, distalmente, più espanso. Più gracili e sottili e meno carenate, sono le squame rigenerate che le normali ed in non rari casi manca il numero normale tipico di 24 di esse ; la dor- soventralità, è meno distinta. Spesso si constatano anomalie nello sviluppo rigenerativo dei tegumenti; frequentissimo il caso d'irregolarità nelle dimen- sioni trasverse delle scaglie, e così pure delle dimensioni longi- tudinall, che producono irregolarità nella lunghezza dei verticilli, i quali sono per una data estensione esageratamente allontanati, per un altro tratto, esageratamente ravvicinati tra di loro, op- pure variamente si alternano verticilli lunghi e brevi. Accade anche sovente di riscontrare dei brevissimi verticilli incompleti nel punto in cui si rigenerò -la coda, e l'anomalia segue per un buon tratto, prima ch'essi prendano una stabilità di forme e di dimensioni, oppure è lungo il decorso o verso l'apice della nuova coda, che possone alternarsi verticilli lunghi e brevi incomple- tamente. Già dai precedenti osservatori fu notata questa impetfe- zione della natura e sopratutto da Werner il quale considerò le speciali scolture ed i varî ornamenti della pelle. lo potei riscontrar ciò anche nel P/atydactylus, la coda normale del quale è rivestita di squamette romboidi, embricate e lievemente carenate, tra le quali spuntano degli aculei a forma di rostro adunco, disposte circolarmente in serie; nella coda rigenerata, le squamette romboidi sono sottili, prive di carena e non si rigenerano gli aculei. Nella Lacerta viridis, le code procedono quasi identica- mente che nella Lacerfa muralis già descritta. In rarissimi casi la coda rigenerata raggiunge la lunghezza di quella normale. 316 A. Misuri Talvolta, dopo avvenuta una rottura ed una successiva ri- generazione completa, si ebbe, lungo l'organo neoformato, una seconda rottura, seguita da una seconda rigenerazione; anche in tal caso non è affatto difficile distinguere il punto preciso in cui avvennero le due rotture, giacchè la seconda rigenerazione ripete quasi identicamente le modalità della prima. Può anche darsi che il fenomeno si ripeta per la terza volta, come provai sperimentalmente. Onando avvenga la lussazione d'una delle vertebre composte e si rigenerino le code multiple note sin dai più remoti tempi, avviene la cicatrizzazione sotto un'escara, caduta la quale, rimaue a nudo uua piccola area della pelle morbida e fortemente pigmentata, dalla quale avrà origine una gemma che si trasformerà poi nella coda definitiva. lo ebbi una coda rigeneratasi bifida in natura, ed osservai che l’inser- zione della piccola coda laterale (inserzioue intersegmentafe) presentava le maggiori anomalie. Irregolare la disposizione dei nuovi verticilli, per un buon tratto incompleti, i primi dei quali non son costituiti da squame quasi rettangolari, ma combiche e variamente embricate. (Continua). ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comm. Antonio Carruccio Aggiunte alla raccolta erpetologica del Museo Zoologico Ofidii del Benadir pel Prof. Giuseppe Lepri libero docente in Zoologia aiuto nel predetto Istituto Nello scorso inverno il nostro Museo, riceveva, dono gen- tile e graditissimo del Capitano Casale, residente al Benadir, insieme a varii altri animali, specialmente invertebrati, una pic- cola raccolta di Ofidii, catturati nei dintorni di Mogadisciu, ed il prof. Carruccio diede a me l'incarico di studiarla. Come ho detto si tratta di una piccola serie di specie (10 in tutto reppresentate da 34 esemplari) pur tuttavia, così quale è, non è scevra d'importanza: Essa contiene specie interessanti, alcune rare, e quasi tutte poi mancanti alla ricca collezione erpetologica del Museo Zoologico della nostra Università. — Inoltre parecchie di esse non erano ancora state citate per la regione da cui le abbiamo ricevute. Mi lusingo quindi che questo mio elenco possa portare un modesto ma non inutile contributo alla conoscenza della corologia degli Ofidii africani. Per la determinazione mi sono principalmente servito del « Ca- talogue of the Snakes in the British Museum » di G. A. Boulenger ma per maggiore sicurezza ho sottoposto quasi tutti gli esemplari da me studiati all’ autorevole parere dell’ Esimio erpetologo del Museo di Torino, conte prof. Mario Peracca, il quale ha confermato tutte le determinazioni che io ne avevo fatto prece- dentemente in Museo, salvo una, ed a cui io rivolgo l’ espres- sione della mia riconoscenza. Ed un ringraziamento, vada ancora all’ egregio Capitano Ca- sale, con l’ augurio che il suo esempio sia seguito da molti dei suoi valorosi colleghi. 318 Giuseppe Lepri Ordo : OPHIDIA. Fam: Typhlopidae. — Questa interessante famiglia è molto bene caratterizzata dal corpo cilindrico lumbriciforme, rico- perto di piccole squame cicloidi, uniformi tanto dorsalmente che ventralmente. La testa, con gli occhi ricoperti dagli scudi cefalici e non sempre distinguibili, non è distinta dal corpo, la coda cortissima. I caratteri scheletrici più importanti sono: il cranio, con le ossa saldamente riunite insieme, privo di ectopterigoide e di supratemporale. Il mascellare corto e largo è lassamente attaccato al prefrontale e porta pochi denti posti in serie tra- sversale all’ asse longitudinale del cranio. Mancano denti pala- tini e mandibolari. La famiglia 7yplopidae è largamente diffusa in tutto il mondo (Europa meridionale-orientale. Asia meridionale, Africa, America tropicale, Australia). Comprende i generi 7yphlops Schn; /elminthophis Ptrs e Typhlophis Ptrs. Gen: Typhlops Schn. È caratterizzato, rispetto ai due generi affini, dagli scudi cefalici larghi, dai due nasali estenden- tesi sul lato superiore della testa, lateralmente al rostrale: nel genere /e/minthophis i nasali sono più piccoli e non si esten- dono sulla parte superiore della testa: nel genere 7ypA/ophis la testa è ricoperta di piccole ed uniformi squame. 1. T. unitaeniatus Petrs. Caratteri distintivi. — Testa anteriormente adunca, con un largo rostrale .il cui apice è costituito da un margine traversale tagliente, narici poste inferiormente, 1 preoculare ed 1 subocu- lare : occhi ben distinguibili sotto alla squama nasale — Colo- rito bruno piceo uniforme con il margine delle squame gialla- stro-corneo. Il grosso rostrale molto convesso è giallastro sfu- mante lateralmente in bruno, con due strie laterali molto più chiare. Nei giovani il rostrale è quasi per intero giallastro più chiaro. Così pure è giallastra la regione orale ed anale. Ofidii del Benadir 319 La coda cortissima termina con una spina conica poco aguzza. Habitat. — Somaliland e Zanzibar (Boulenger); dintorni di Mogadisciu. 8 esemplari di varie dimensioni; sembra quindi che questa specie sia piuttosto comune nei dintorni di Mogadisciu. Essi presentano rispettivamente le seguenti lunghezze totali, in milli- metri : 426, 371, 368, 322, 303, 295, 156. — Nell’individuo più grosso la coda non ha che una lunghezza di 4 millimetri. — Le dimensioni maggiori quindi, sono alquanto superiori a quelle date dal Boulenger di 375 mm. In nessuno dei suddetti esemplari ho osservato la stria dorsale giallastra menzionata dal Boulenger. 2 oT.cuneitostris,- Ptrs. Caratteri distintivi. — Parte anteriore della testa molto depressa cuneiforme, non adunca come nella specie precedente, rostrale stretto non oltrepassante gli occhi, una preoculare, manca la suboculare, occhi molto distinti. Colorito generale bruno chiaro, parti inferiori giallastro chiare : i scudi cefalici e le squame del collo sono brune margi- nate di giallastro, quelle del dorso presentano tutto i margini laterali bruno più scuro, in modo da costituire 8 strie dorsali che risaltano lesgermente sul fondo più chiaro. Habitat. — Brava; Somaliland (Boul); dintorni di Moga- disciu. Non è molto comune: ne abbiamo avuto due soli esemplari non completamente adulti lunghi rispettivamente 108 e 109 mm. compresa la brevissima coda. Secondo il Boulenger la lunghezza totale può giungere a 146 mm. Fam. Boidae subfam Boinae: Distinta dall'altra sottofami- glia Pythoninae per la mancanza dell’ osso supraorbitrario. 320 Giuseppe Lepri Gen. Eryx, Daud. Questo genere appartiene al secondo gruppo della sottofamiglia per avere la testa punto distinta dal collo, ricoperta di piccole squame, con rostrale larghe, e per avere le squame dorsali, specialmente le posteriori, leggermente care- nate, distinguendosi così dai due generi affini: Lichanura Cope e Charina Gray. in quantochè il primo ha tutte le squame lisce ed il rostrale piuttosto ristretto, il secondo ha la testa ricoperta di veri scudi. 3. — E. tebaicus Reuss. Caratteri distintivi. — Corpo grosso tozzo, con testa. po- chissimo distinta dal collo, ricoperta di piccole squame, con oc- chi latero-superiori, rostrale largo, muso terminante in un mar- gine trasversale tagliente : squame lisce, leggermente carenate nella parte posteriore del dorso. Anale intera, coda corta aguzza. Il colorito, nell’ unico individuo che ho esaminato, varia un poco da quello descritto dal Boulenger per questa specie, forse a causa dell’ età giovanile. Testa grigio-bruno chiaro, uniforme con due fascie chiare laterali, che dall’ apice del muso vanno agli angoli della bocca, passando sotto agli occhi. Superiormente il dorso presenta larghe macchie trasversali, irgolari, grigio- brune, parzialmente coalescenti fra loro in modo da formare una larga striscia, irregolarmente e traversalmente sinuosa, con stretti interspazi giallastri; questa striscia sui fianchi sfuma in numerose macchiette grigio-brune, a contorni irregolari. Le parti inferiori sono di un bianco giallastro uniforme. Habitat. — Alto Egitto, Africa orientale (Boulenger); din- torni di Mogadisciu. Ne ho avuto un solo esemplare giovane lungo mm. 220 di cui 16 per la coda. Può giungere, secondo il catalogo del Mu- seo Brittannico a mm. 620 di lunghezza di cui 50 per la coda. Fam. Colubridae Aglipha con denti pieni non solcati, nè perforati. Subfam. Colubrinae, il cui cranio presenta un postfrontale Ofidii del Benadir 321 non sorpassante la regione sopraorbitaria e con dentatura bene sviluppata, distinguendosi così dalla 1° subfam. Acrochordinae in cui il postorbitale sorpassa la regione supraorbitaria e dalla 3° Rachiodontinae che ha la dentatura rudimentale. Gen. Boodon D. & B. Questo ed i due generi seguenti appartengono al 1° gruppo della sottofamiglia presentante in tutta la colonna vertebrale delle ipoapofisi, rappresentate nelle vertebre posteriori da una cresta o tubercolo sporgente sotto al condilo. I denti anteriori, tanto mascellari che mandibolari sono più svi- luppati, e separati da un piccolo spazio dai posteriori più. pic- coli e diminuenti in grandezza dall’ avanti all’ indietro. Testa poco distinta dal collo, depressa, con occhi piccoli a pupilla ver- ticale, due nasali, squame liscie con fossette apicali. 4. — B. lineatus D. & B. Caratteri distintivi — Il Boulenger (cat. of. the Snakes in the Brit. Mus. vol. I, pag. 332) da per primo carattere di questa specie: occhi piuttosto piccoli (Eye rather small.). Negli esem- plari che ho esaminato invece l'occhio si presenta piuttosto largo misurando circa un sesto, ed in un solo caso circa un settimo della lunghezza totale della testa, come si può rilevare dal seguente specchietto: 1. Lung. totale della testa mm. 32 diametro dell’ occhio mm. 5.5 DA » ZO » » 4.0 3. » mer 12 » » 2.8 4 » » 80 » »..4.3 5 » Dun 20 » » 3.9 Non do le misure di altri due esemplari, perchè troppo dan- neggiati nella testa per permettermi di calcolarle con esattezza. Tutti gli altri caratteri coincidono esattamente con quelli dati dal Boulenger (loc. cit.). Un solo esemplare, il più grosso, presenta un colorito generale molto più chiaro degli altri, con le 3 322 Giuseppe Lepri strie chiare dei lati del collo e della testa appena distinguibili. Anche la forma della testa varia un poco rispetto agli altri esemplari: il muso è più largo, più arrotondato all’ apice, inoltre sulla testa si osserva un piccolo scudetto triangolare compreso tra i due prefrontali ed il frontale. Habitat. — Africa tropicale e meridionale (Boulenger); dintorni di Mogadiscio. Questa specie sembra essere molto abbondante visti i nu- merosi esemplari citati dal Catalogo del Museo Britannico. Nella piccola raccolta del Capitano Casale ne ho trovato 7 individui di varia grandezza: deve essere quindi comune anche nella So- malia italiana. Gl’ individui che ho esaminato presentavano un massimo di lunghezza totale di mm. 865 di cui 120 per la coda; ed un minimo di mm. 215 di cui 37 per la coda. Gen. Lycophidium D. & B. Affine al genere Boodor, se ne distingue per avere lo scudo nasale unico, seguito da un piccolo postnasale; e per avere la testa ancora meno distinta dal collo. o. — L. abissinicum Blgr. Caratteri distintivi. — Questa specie è caratterizzata: dalla presenza di un preoculare che separa l'occhio dal frenale, dalla presenza di 8 labiali superiori, e dall’ avere le squame in 17 serie. Il colorito è bruno a riflessi porporini superiormente e infe- riormente, le squame sono più o meno marginate di bianco su- dicio, nelle squame dorsali però queste margine è ridotto a poche macchiettine apicali non sempre facilmente riconoscibili, sui fianchi il margine, a contorno interno molto irregolare, è più marcato ; le squame ventrali presentano il margine regolare, sottile, dilatato agli angoli esterni. Abitat. — Abissinia (Boulenger); dintorni di Mogadiscio. 323 Ofidii del Benadir Un solo individuo lungo mm. 390 di cui 40 per la coda presentante quindi dimensioni alquanto maggiori di quelle date dal Boulenger cioè mm. 200 di lunghezza totale con 20 di coda. Gen. Simocephalus Gthr. Questo genere si distingue su- bito per le squame robuste carenate, quelle della serie dorsale mediana più larghe, ancora più robuste e fortemente bicarenate. 6. — S. poensis, Smith. Caratteri distintivi; Testa depressa, leggermente convessa sul terzo anteriore, ricoperta di scudi finemente granulosi per la presenza di numerosi minutissimi tubercoli, ben distinta dal collo, con occhi larghi a pupilla quasi rotonda; 3 postoculari e 7 labiali superiori di cui la 3° e la 4° sono a contatto con l'occhio. Corpo compresso lateralmente in modo da presentare una sezione approssimativamente triangolare. Squame in 15 serie fortemente carenate. Quelle della serie mediana dorsale, grosse, robuste, prominenti, fortemente bicarenate, ai lati di ciascuna delle due carene principali se ne osserva un altra più piccola spesso interrotta: Le altre squame presentano una ben distinta carena fiancheggiata da piccoli tubercoli. Squame ventrali con due carene ottuse laterali — Le squame subcau- dali dovrebbero essere in due serie: l’ esemplare che ho esa- minato presentava l’ anomalia di averla in una serie sola dalla 18 alla 68, in due dalla 7? alla 98, di nuovo in serie unica dalle 10° alle 16°, le altre erano normalmente in serie doppia. Il colorito è superiormente di un bruno nerastro uniforme: Testa e collo inferiormente giallastri e tutte le altre squame ventrali sono bruno - chiare marginate di giallastro chiaro, dello stesso colore sono le due carene in modo che costituiscono due sottili strie più chiare percorrenti tutta la faccia centrale. I caratteri dati dal Boulenger non coincidono perfettamente in tutto, con quelli che ho rilevato dall’ esemplare di Mogadi- scio e che ho riferito: così il Boulenger non accenna alla mar- cata convessità della parte superiore del muso, nè alla granu- 324 Giuseppe Lepri lazione degli scudi cefalici: inoltre menziona due soli scudi | postoculari. Habitat — Africa occidentale, Cameroons, Sierra Leone ecc. (Boulenger) — Dintorni di Mogadiscio. Un esemplare adulto presentante una lunghezza totale di mm. 996 di cui 126 per la coda. Gen. Chlorophis Hall, appartiene al 2° gruppo della fami- glia: con la vertebre dorsali posteriori, senza ipoapofisi, con la superficie inferiore, quindi, liscia o con una piccola carena — Il genere Chlorophis è caratterizzato inoltre dalla presenza di denti palatini e pterigoidi e per avere i denti mandibolari su- beguali. La testa è bene distinta dal corpo, con occhi larghi a pupilla rotonda — Le squame sono disposte obliquamente e di eguale lunghezza tanto le dorsali che le laterali, mentre nel- l’ affine genere TArasops quelle laterali sono più corte delle dorsali. 7. — C. irregularis, Leach. Caratteri distintivi — Le squame ventrali leggermente carenate lateralmente, e l’ anale intera. La testa con 9 labiali superiori di cui tre a contatto dell’ occhio; 1 + 2 temporali ed 1 preoculare. Habitat — Africa tropicale (Boulenger); Fort. Portal (spe- dizione del Duca degli Abruzzi al Ruwenzori). Mogadisciù. Un esemplare lungo 917 mm. di cui 315 per la coda: pre- senta quindi dimensioni un poco maggiori di quelle date dal Boulenger, (820) anche il colorito è più decisamente tendente al bleu olivastro. Confrontandolo con l’° esemplare di Fort - Portal, posseduto dal nostro Museo ho rilevato qualche differenza — + Nell'Esemplare di Mogadiscio la testa è più allungata, più ristretta verso l'apice, più marcatamente distinta dal collo, presenta i due scudi infraoculari più sporgenti. Probabilmente si tratta di variazioni locali : Ofidii del Benadir 325 Colubridae Opistoglipha con uno o più denti mascellari posteriori solcati. Subfam.. Dipsadomorphinae — Narici laterali e denta- tura bene sviluppata, distinguendosi così dalla 1 sottofam : Homalopsinae che ha le narici poste superiormente e la s° Elachistodontinae con denti rudimentari. È la sottofamiglia dei Colubridi Opistoglifi che ha la mag- gior diffusione essendo quasi cosmopolita, e la più ricca di generi comprendendone ben 69 mentre la sf. Homalopsinae ne comprende 10, e la sf. Elachistodontinae, uno solo. Gen. Leptodira Gthr, appartiene al 2° gruppo dei Dipsa- domorphini con vertebre dorsali posteriori prive di ipoapofisi, e con denti mascellari bene sviluppati e crescenti in lunghezza dall’avanti all’ indietro. Testa ben distinta dal collo, occhi con pupille verticali, narici tra due nasali di cui la posteriore è concava; frenale non a contatto dell’ occhio per la presenza di un preoculare. 8. — L. hotambeia, Laur: Caratteri distintivi. — Squama anale intera: questo carat- tere la distingue subito perchè tutte le altre specie del genere l'hanno divisa — La testa è piuttosto depressa con 1 preocu- lare 2 postoculare, 1 2 temporali, 8 labiali superiori di cui il 4° e 5° a contatto con l'occhio: Le squame sono liscie nella parte anteriore del corpo e leggermente carenate nella parte posteriore. Colorito di un bruno plumbeo uniforme superiormente, due fascie biancastre dall’ apice del muso alla regione tempo- rale, ricoprenti la metà inferiore dei supralabiali. — Parti in- feriori bianco giallastre. Nei giovani la testa è più appiattita e più larga la fascia bianca laterale — Il colorito generale è più chiaro, qualche volta tende”all’ olivastro chiaro. Habitat — Africa tropicale e Meridionale fino alla Sene- gambia ed alla Nubia (Boulenger) — Dintorni di Mogadiscio. Questa specie sembra abbondante nel Benadir: Infatti 326 Giuseppe Lepri nella piccola raccolta del Cap. Casale è rappresentata da ben 11 individui di varia età. L’ esemplare più adulto è lungo mm. 565 di cui 88 di coda. Le misure massime date dal Boulenger, il quale cita nu- merosi esemplari di questa specie posseduti dal Museo Bri- tannico sono: Lunghezza totale mm. 610, coda mm. 90. Gen. Micrelaps Bttgr. Anche questo elegante genere ap- partiene al 2° gruppo dei Dipsadomorphini — I denti mascellari solidi in numero di due sono seguiti dopo un interspazio da un grosso dente solcato posto sotto all’ occhio. Il dente mandi- bolare anteriore è il più lungo — Lai testa è poco distinta dal collo : occhi con pupilla rotonda, postoculare in contatto con un temporale, nasale unico in contatto con il rostrale, prefrontale raggiungente l’ occhio, preoculare e frenale mancanti. 9. — M. Vaillanti, Moca. Caratteri distintivi. — Corpo sottile allungato, con testa depressa, postoculare piccolissimo, temporali 1 + 1; 7 suprala- biali di cui il terzo è in contatto il prefontale e il 3° ed il 4° con I occhio, squame in 15 serie, anale divisa. Il colorito dell’ individuo che ho esaminato, probabilmente perchè molto giovane, differisce da quello descritto dal Bou- lenger : Testa bruna, dorso bruno chiaro con una larga mac- chia trasversale contratta nel îmezzo, più scura sul collo. Le squame dorsali presentano tutte una macchietta bianco - sudicio, all’ apice. Le squame ventrali sono bianco sporco, più scure e fino a divenire grigie verso la coda, e presentano due mac- chiette laterali più chiare. Habitat. Somaliland (Boulenger) — Dintorni di Mogadiscio. Sembra essere specie rara: ne abbiamo avuto un solo esemplare molto giovane misurante mm. 157 in larghezza totale con 15 di coda. Il Boulenger registra una lunghezza totale di mm. 282 con 32 di coda. Ofidii del Benadir 327 L’ affine M. Muelleri Bttgr. distinto soprattutto per la colorazione che è nera annellata di biancastro, vive nella Pa- lestina. Il genere non comprende altre specie. Gen. Aparallactus Smith. Il genere, anch'esso appartenente al 2° gruppo, è caratteriz- zato, principalmente dall’ avere il mascellare corto con 6 — 10 denti solidi subeguali, seguiti, dopo un interspazio, da un dente robusto profondamente solcato. Testa poco distinta dal collo, occhi con pupilla rotonda, squame liscie, subcaudali in una so- la serie. 10. — A. concolor. Fisch. Caratteri distintivi’ — Testa con due temporali; scudo simfisiale non in contatto con i scudi del mento; postoculare unico nasale diviso non in contatto con il preoculare. Colorito bruno uniforme con leggerissimo riflesso porporino, un poco più chiaro inferiormente. Habitat : Africa centrale orientale (Boulenger). Dintorni di Mogadiscio. 1 Esemplare non perfettamente adulto lungo mm. 395 di cui 101 per la coda. | Non sembra specie molto comune. 328 Giuseppe Lepri Specchio riassuntivo delle specie citate I generi e le specie controsegnati con asterisco mancavano alla collezione erpetologica del Museo Zoologico Universitario. Fam. TYPHLOPIDZ. Gen. 7yphlops. FI \unitaeniatus@ibtrs) ... . > 0 Esepiplazi UPRACUNCIFOStrAs RR Eris O N SNO » Fam. BOIDZ — subfam. Boinae. * Gen. Eryx. * E. thebaicus Reuss . Fam. COLUBRIDZ — Aglipha — subfam, Co/ubrinae. Gen. Boodon. B.slincatusgiD aa, Bio see Pe » » * Lycophidium. * IEvabyssinicum Blgr...0; . 1. 1-BROR » » * Symocephalus. * S. poensis Smilh . » Clorophis. CsirregularisglLeach:s tinta does al » O pistoglipha — Subfam. Dipsadomorphinae. Gen. * Leptodira. eL*shotambeta Laure » » * Micrelaps. * M. Vaillanti Mocq. » * Aparallactus. * A. concolor Tesch.. . . Su » Dal Laboratorio dell’ Istituto Zoologico — Roma 3 dicembre 1910. Prof. Giuseppe Lepri. Oscar De Beaux Conservatore nel R. Museo Zoologico dei Vertebrati in Firenze Il primo Turdus sibiricus, Pall. catturato in Italia (con una tavola dell’ autore) Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con Sede in Roma. Il 13 ottobre 1910 fu catturato a Monte Antico in provincia di Grosseto un tordo nuovo per l' avifauna italica : esso è un Turdus sibiricus, Pallas. Questa specie è caratterizzata come segue. Maschio adulto: Vertice e lati della testa grigio lavagna molto intenso, colle singole penne marginate di nero. Larga stri- scia sopracigliare bianco puro. Parti superiori color lavagna blua- stro assai cupo, rachide e margine fdelle singole penne quasi neri. Coda nerastra; la timoniera esterna con una grossa mac- chia terminale bianca sul vessillo interno ; anche sulle timoniere 2°, s* e 4 (contando dall'esterno verso l’interno) vi sono mac- chie terminali bianche ; nella quarta timoniera la macchia è però così piccola da non essere riconoscibile che nel fresco o negli individui non vecchi. Remiganti nerastre col vessillo esterno grigio lavagna. Su quasi tutta la metà prossimale del vessillo interno si estende una macchia bianca; solo la prima remigante manca di questo distintivo. L'insieme delle macchie bianche suddette forma una striscia che attraversa la superficie inferiore dell’ala. Cuopritrici alarii nferiori grigie con punta bianca ; ascellari bianche con punta grigia. Parti inferiori uguali alle superiori ma un poco più pallide nella regione addominale. Centro dell'addome bianco. Sottocoda grigio lavagna coi margini delle penne bianchi. Becco nero : iride bruno cupo; zampe gialle. Ala 116 mm; coda da 80 a 85 mm, tarso 28 a 32 mm, culmine del becco da 20 a 22 mm. 330 Oscar De Beaux Femmina adulta. Parti superiori bruno olivastre. Vertice un po’ più cupo; centro delle penne dorsali pure un poco più cupo della tinta generale. Una striscia bruna attraverso ed al disopra dell'occhio. Questa colorazione bruna si estende anche sulla parte superiore della guancia, che del resto è biancastra, colla punta delle pennine nerastra. Baffo (striscia che partendosi dal margine inferiore della mandibola costeggia il mento e parte della gola) bruno come la striscia oculare summentovata. Gola bian- castra. Petto giallo olivastro col margine delle penne bruno. Parti inferiori biancastre col margine delle penne brunastro, che forma altrettante macchie semilunari sulla parte inferiore del petto sui fianchi e sui lati della regione addominale. Il centro dell'addome è bianco. Remiganti bruno cupe con margini ocracei. Striscia trasver- sale sulla faccia inferiore dell'ala gialliccia anzichè bianca. Coda bruno cupa slavata d’olivastro sulla sua faccia supe- riore. Macchie bianche terminali sulle timoniere come nel ma- schio. I giovani somigliano alle femmine adulte ma i maschi hanno tinte generali più tendenti al grigio. Il primo esemplare di 7urdus sibiricus catturato in Italia è in ispecial modo interessante anche per il suo abito: esso è un maschio dell'annata, è cioè un individuo adulto, ma immaturo. Ha l'abito quasi completamente uguale a quello del maschio adulto, ma il vertice è brunastro olivaceo, anzichè di color grigio lavagna intenso. La striscia sopracigliare, invece d'essere bianco Il primo Turdus sibiricus 381 puro, è formata da pennine gialliccie contornate di grigio. La gola è biancastra come nella femmina e nei giovani. Le guancie partecipano dei caratteri giovanili e degli adulti. Esse sono, salvo qualche macchiolina bianchiccia, grigie nella loro parte superiore, e di colore biancastro tendente al giallo, con la punta delle pennine grigia, nella loro parte infe- riore. Esiste pure il baffo, che è però nerastro anzichè bruno come nelle femmine e nei giovani. Il petto è pure a caratteri misti: grigio cupo slavato di oli- vaceo, colle singole penne munite d’ una macchiolina centrale bianca e d'una macchia marginale nerastra. Il bianco addominale è più esteso che nel maschio adulto. Le parti inferiori somigliano del resto perfettamente a quelle del maschio maturo, ma parecchie penne tra le più vicine alla mac- chia bianca addominale hanno una macchietta bianca centrale ed una macchia terminale nerastra. Le macchie bianche terminali sulle timoniere sono forse più grandi che negli adulti, e si può riconoscere una piccola mac- chiolina perfino nella quinta timoniera. Le ali somigliano perfettamente a quelle degli adulti, ma le grandi cuopritrici hanno il margine distintamente ocraceo. Il becco è nero come nel maschio adulto ; le zampe però sono di color gialliccio corneo. Le misure del nostro individuo sono: ala 116, coda 85, tarso 30, culmine 20. Esso era in eccellente stato di nutrizione. Venne freschis- simo sul mercato di Firenze e fu acquistato dal signor Tertul- liano Pierotti di quì, che possiede una bella raccolta di uccelli italiani, ricca specialmente di catture accidentali. Il furdus sibiricus fu catturato finora 10 volte in Germania, 2 nel Belgio, 2 in Olanda, 1 in Bulgaria, 1 in Francia ed 102 in Inghilterra (1) (Ann.). (1) Ann. Confr. Dr. E. Hartert Die Vòge/der paléiartischen Fauna, Volume VI, Berlino 1910, pag. 645. 332 Oscar De Beaux Siamo lieti di poter ora registrare la prima cattura italiana, «che soddisfa in ispecial modo per l'interessante abito e per la perfetta bellezza dell'individuo. Il tordo siberiano nidifica nelle vallate del Jenissei e della Lena vicino al circolo artico, e sverna principalmente nella Cina meridionale, nelle. Andamane nel Bengala a Borneo ed a Giava. Il nido è posto nei cespugli; è formato d’ erbe impastate con terra ed è foderato con erbette e foglioline. Le uova somi- gliano a quelle del Turdus viscivorus e sono generalmente di colore fondamentale bluastro (conf. ann. preced.). * * Oltre alla specie tipica, che nella nomenclatura moderna è il 7Turdus sibiricus sibiricus Pall., esiste il Turdus sibiricus cla- visoni (Hume), che se ne distingue per essere un poco più grande, per avere il g ad. colorito generale più intenso e per mancare completamente o quasi della macchia addominale bianca. Questa seconda specie nidifica al Giappone. (Vedi annotaz.). Lepidoptera Faunae Romanae per F. Rostagno e L. Zapelloni Lycaenidae et Hesperiidae VI LYCAENIDAE XXVII Gen. — Thecla F. 1807 75. — Spini Schiff (Stgr. 1-460) — Sufficientemente co- mune il > in alcune località tanto di pianura che di montagna: noi l'abbiamo trovata alle Acque Albule e ad Oricola. La 9 rarissima. Sviluppo : giugno-luglio. Fere communis in montibus et in planis. T0. — W-album Knoch (Stgr. 1-461) — Il Calberla la dà come rara nei pressi di Monterotondo, il Casagrande e il Manzone come non molto comune in Roma a Villa Umberto I. Noi non la abbiamo mai trovata. Sviluppo : maggio-agosto. Rara. TT. — Ilicis Esp. (Stgr. 1-464). — Il Calberla la porta come frequente nei boschi frondiferi di tutta la campagna, il Casa- grande e il Manzone come non comune nei boschi di Acquatraversa. Noi l'abbiamo trovata sufficientemente comune nelle macchie di Acquatraversa, Farnesina, Castel Gandolfo, Oricola, Pereto. Sviluppo : maggio-agosto. Frequens in silvis. a) — ab. Cerri Hiib. (Stgr. 1-464 a). — Rara in Arsoli. Sviluppo: agosto. Rara. 334 F. Rostagno e L. Zappelloni b) — var Aesculi Hiib. (Stgr. 1-464 b). — Piuttosto rara in montagna :. Oricola, Valle Fioio. Sviluppo : giugno-luglio. Rara in montibus. c) — ab. alineata Rost. (1).— Più piccola del tipo, più scura, priva affatto, nella pagina inferiore delle quattro ali "/, delle linee trasversali biancastre. L’ abbiamo rinvenuta a Monte Virginio. Sviluppo : giugno. Minor, obscurior, alis subtus lineis albis nullis. Rara, in Monte Virginio. 78. — Acaciae F. (Stgr. 1-465). — Non comune; l'abbiamo rinvenuta tanto in pianura (Albule) come in montagna (Camerata nuova). Sviluppo: giugno-luglio. Non communis; in planis et in montibus. 79. — Pruni L. (Stgr. 1-466). — IH Calberla la porta co- me non frequente nei pressi di Monterotondo. Noi non l'abbiamo mai rinvenuta. Sviluppo : maggio. Rara. XXVII Gen. — Cal!ophrys Billb. 1820 80. — Aubi L. (Stgr. 1-476). — Abbastanza comune ovun- que presso le- siepi, nelle macchie soleggiate. Sviluppo : aprile-giugno. Communis. (1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, serie Il, vol. VI, fasci- colo 1, 2, 3, pag. 92, aprile 1905. Lepidoptera Faunae Romanae 335 XXIX Gen. — Zephyrus Dalm. 1816 81. — Quercus L. (Stgr. 1-482). — Comune nelle macchie di alta collina e montagna (Manziana-Oricola); Casagrande e Manzone la portano come rara in pianura (Villa Umberto, già Borghese). Sviluppo : luglio-agosto. Communis in montibus. 82. — Betulae L. (Stgr. I-492). — Non comune in monta- gna (Oricola, Camerata), specialmente in alcune annate. Sviluppo : agosto. Non communis in montibus. XXX Gen. — Chrysophanus Hib. 1816 83. — Virgaureae L. (Stgr. I-500). — Casagrande e Manzone lo portano come non molto comune sui monti del- alta valle dell’ Aniene (Cotento, Viglio, Faito). Noi l'abbiamo rinvenuto nella valle Fioio e alle falde del monte Autore: comunissimo. Sviluppo : luglio-agosto. Communis in montibus. 84. — Thersamon Esp. (Stgr. 1-506). — Si rinviene quasi in ogni luogo di pianura e collina: non molto comune. Sviluppo : maggio-luglio. Communis. a) — var. (gen. aest.) Omphale Klug (Stgr. 1-506 a). — Nelle stesse località del tipo: non comune. Sviluppo : luglio-settembre. Non communis. 89. — ippothoé L. (Stgr. 1-510). — Raro, in alta montagna (Autore): nella nostra collezione è rappresentato da una ,9. 336 F. Rostagno e L. Zapelloni Sviluppo : giugno. Rara. . a) — var. italica Calb. (Stgr. I-510 b). — Comune in alta montagna (Autore, Valle Fioio, Campo della pietra). Casagrande e Manzone portano la var. Eurybia O. come esistente nel- l’alta valle dell'Aniene, mentre non portano la comune var. italica Calb. Noi abbiamo ragione di crederefche i loro esemplari appar- tenessero invece a quest’ ultima var. Sviluppo : giugno-luglio. Communis, in montibus. 86.a — Alciphron Rott. var. intermedia Stef. (Stgr. 1-511 :c). — Nella campagna romana e specialmente in alta collina (Oriolo, Monte Virginio, Monte Calvario, Monte Cave) trovasi, ma non molto comune, questa varietà 7 e ,° sostituendo completamente il tipo che da noi manca, secondo le nostre osservazioni. Sviluppo : maggio-luglio. Non communis, in collibus. b) — var. Gordius Sulz. (Stgr. I-511 b). — Il Casa- grandeeil Manzonela portano come non rara nell'alta valle dell'Aniene e del Simbrivio, nonchè sull’altipiano dell’Arcinazzo. Noi non l’ abbiamo mai trovata e riteniamo che gli esemplari al- lora ascritti a questa var. debbano riferirsi alla intermedia Stef. Sviluppo : luglio. Non rara (dubia). 87. — PhHlaeas L. (Stgr. 1-512). — Comune in tutto il ter- ritorio. i Sviluppo : maggio-luglio. Communis. i a) — ab. caeruleopunctata Stgr. (Spuler, vol. I, pag. 58) — Quasi comune come il tipo e nelle stesse località. Sviluppo: giugno-agosto. Fere communis tamgquam forma typica. Lepidoptera Faunae, Romanae 337 b) — gen. aest. E/eus F. (Stgr. I-512 b). — Quasi comune come il tipo e la precedente ab., nelle stesse località. Sviluppo : luglio-settembre. Fere communis tamquam forma tipica. 88. — Dorilis Hufn. (Stgr. I-513). — Non molto comune, trovasi però specialmente in tutta la parte bassa della campagna romana. Sviluppo : aprile-agosto. Communis. a) — ab. © fulvior Stef. (Stef. op. cit. pag. 49). — Rara; l abbiamo rinvenuta a Valle dell’ Inferno. Sviluppo : maggio. Rara. XXXI Gen. — Lampides Hiib. 1816 89. — Baeticus L. (Stgr. I-529). — Non molto comune, però non rara come risulterebbe dal Calberla e dal Casa- grande e Manzone. Noi l’abbiamo catturata a Castel Gan- dolfo, Monte Cavo, Farnesina. Sviluppo : maggio-settembre. Non communis. 90. — Telicanus Lang (Stgr. I-530). — Quasi comune nei dintorni di Roma, specie nei luoghi umidi. Sviluppo : maggio-agosto. Fere communis. XXXII Gen. — Lycaena F. 1807. 91. — Argiades Pall. (Stgr. 1-540). — Casagrande e Manzone la portano come rara a Trevignano e dintorni. Noi l'abbiamo rinvenuta rara a Maccarese in aprile. 388 F. Rostagno e L. Zapelloni Sviluppo : aprile-settembre. Rara. : a) — ab Coretas O. (Stgr. 1-540 a). — Meno rara del tipo: noi l abbiamo trovata tanto in pianura (Ponte Salario), quanto in alta collina (Poli, m. 500) e montagna (Monte Guadagnolo, m. 1200). Sviluppo : aprile-settembre. Rara. 92. — Argus L. (Stgr. I-543). — Comunissima ovunque, sia in pianura che collina e montagna. Le indicazioni date dal C al - berla sugli esemplari romani corrispondono alle nostre osser- vazioni: solo noi abbiamo trovato anche esemplari ,9 3° con una completa serie di macchie rosse sulla linea antemarginale delle ali anteriori. Sviluppo : primavera-autunno. Communis. a) — ab. ° Bina Rost. (1). Pagina superiore delle quattro ali di un uniforme colore marrone scurissimo; mancanti assoluta- mente le serie di lunule fulve. Fu da noi rinvenuta rarissima ad Acqua Traversa. Sviluppo : giugno. Ab. © alis supra obscurissimis, absque lunulis fulvis. Rarissima. 93. — Argyrognomon Brgstr. (Stgr. 1-544). — La forma tipica è rarissima. Sviluppo : giugno. Rara. a) — var latialis Rost. Zap. — Nella campagna romana noi abbiamo trovata se non comunissima, abbastanza frequente la Ar- gyrognomon su alta collina e montagna (Monte Cavo, Oriolo, Ca- stel Gandolfo, Oricola). Però questa forma di Argyrognomon dif- (1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, anno 1906, pag. 273. Lepidoptera Faunae Romanae 339 ferisce dal tipo classico per le sue dimensioni più pronunziate, per un taglio più allungato delle ali e per colori più vivaci. Nei 73 poi la pagina inferiore delle quattro ali tende al grigio ceruleo anzichè al bruniccio, e la fascia antemarginale di lunule fulve delle seconde ali è molto più larga. Queste lunule sono di forma ellittica pronunziata anzichè rotondeggianti, corrispondenti in ciò alla forma allungata generale delle ali in confronto del tipo : al di sotto le lunule verso il margine dell'ala hanno un largo bordo bianco. Le 00 oltre al carattere generale delle dimensioni (in esse ancora più accentuato che nei 7”, tanto che alcune di esse rag- giungono le dimensioni delle °_° Amandus Schm.) presentano di caratteristico quasi tutte una più o meno accentuata colorazione cerulea alla base della pag. sup. delle quattro ali, che le avvi- cina alla seguente ab. Ca//arga Stgr. Alcune presentano, sempre nella pag. sup., uno sviluppo molto maggiore delle lunule fulve, così da formare come quattro larghe fascie antemarginali. Riteniamo che questa interessantissima forma della campagna romana sia da considerarsi come affatto speciale e degna di ve- nire singolarizzata, col nome con cui l’ abbiamo distinta. Sviluppo : giugno-agosto. Var. major, laetius picta. Frequens; in collibus et in montibus. b) — ab. © Callarga Stgr. (Stgr. I-044 a). — Rara, nelle stesse località. Questa femmina è quella della forma precedente nella quale però il colorito ceruleo, di cui abbiamo detto trovarsi traccia in tutte le 70,0 della campagna romana, è maggiormente sviluppato, tanto da coprire quasi completamente il bruno della pagina superiore delle quattro ali. Noi l'abbiamo catturata ad Oriolo e a Castelgandolfo. Sviluppo : giugno. Rara. 340 F. Rostagno e L. Zapelloni 94. — Baton Berg. (Stgr. 1-573). — Rara, ma sparsa dalla | pianura alla montagna. Noi l’ abbiamo catturata alle Acque Al- bule, a Castel Gandolfo e ad Oricola. Sviluppo : aprile-agosto. Rara. 9%. — Astrarche Bgstr. (Stgr. 1-589). — Comune in tutta la campagna. Sviluppo : maggio-giugno. Communis. a) — gen. aest. Calida Bell. (Stgr. 1-589 b). — Comune come sopra. Sviluppo : luglio-settembre. Communis. 96. — /carus Rott. (Stgr. I-604). — Comunissimo in tutta la campagna. Anche noi abbiamo osservato ciò.che in proposito nota il Calberla, e cioè che alcuni esemplari 70 nella pag. inf. delle ali post. hanno un colorito bruniccio anzichè grigiastro. Dob- biamo pure accennare come alcune 9,9 nella pag. sup. delle prime ali abbiano evidente cenno della macchietta nera esistente nella pag. inf. in corrispondenza della cellula discoidale, per cui confermiamo la osservazione del Bramson, che le nostre lcarus. ° 0 si avvicinano talvolta alle. 9,0 Bellargus Rott. Sviluppo : primavera-autunno. Communissimus. a) ab. /carinus Scriba (Stgr. I-604 a). — Accidentale, più facile in pianura. Sviluppo: maggio. Non rara. 5) ab. Minima Rost.-Zap. — Non comune abbiamo trovata una Icarus Rott. che assai differisce dal tipo pei seguenti carat- teri, cioè dimensioni ridotte a quasi la metà di quelle del tipo, tanto da avvicinarsi alla Minimus Fuessl.; di più nel 0’ il colore della pag. sup. delle quattro ali anzichè ceruleo è violaceo e nella pag. inf. Lepidoptera Faunae Romanae 341 il grigio del fondo è nereggiante : nella °° tanto la pag. sup. che la inf. delle quattro ali presenta una colorazione più diluita che nel tipo. Crediamo dover distinguere questa forma col nome sopra riferito. Sviluppo: maggio-agosto. Ab. duplo minor, 5° alis supra violaceis, © pallidior. Non communis. c) — ab. © caerulea Fuchs (Stgr. 1-684 b). — Non rara, assieme al tipo. Svilupppo : maggio-giugno. Non rara. d) — ab. isabellata Rost. (1). — Differisce dal tipo per avere le quattro ali nella pag. sup. un colorito isabella giallastro tendente al bruniccio e nella inf. tendente al giallognolo. Sviluppo: settembre. Ab. alis supra pallide flavobrunescentibus, subtus pallide flavidis. Rara. e) — ab. celina Aust. (Stgr. I-604 d). — La forma tipica è piuttosto rara, noi l'abbiamo rinvenuta a Monte Virginio. Molte forme di passaggio. Sviluppo : maggio. Rara. 97. — Amandus Schn. var. splendida Rost.-Zap. — Il tipo Amandus Schn. non esiste nella campagna romana. Abbiamo però trovata non comune una forma variante, la quale si distingue dal tipo per essere un po’ più piccola, ed avere la pagina superiore delle quattro ali molto splendente e di colorazione cerulea bril- (1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. VII, VIN, IX, anno 1906, pag. 272. 342 F. Rostagno e L. Zapelloni lante, anzichè tendente al viola come il tipo. Il disotto delle quattro ali è di un cenerognolo poco più chiaro che il tipo. Riteniamo po- terla distinguere come varietà locale. Noi l’ abbiamo rinvenuta a Valle Fioio (Monte Autore). Il signor Querci ce ne ha fornito esemplari dei monti Aurunci. Sviluppo : giugno. Var. minor, splendens, caerulescens. Non communis. 98. — /ylas Esp. (Stgr. 1-610). — Non comune, insieme alla precedente e nelle stesse località. Sviluppo : giugno-settembre. Non communis. ‘ 99. — Meleager Esp. (Stgr. 611-1) — Sufficientemente co- mune ad Oricola. Sviluppo: giugno-agosto. Communis (Oricola). a) ab. ° Steevenii Tr. (Stgr. 161-1 a). — Rara, negli stessi luoghi del tipo. Sviluppo : giugno-agosto. Rara. 100. — Be/largus Rott. (Stgr. 1-613). — Comune in alta col- lina e montagna, (Poli, Oricola, Monte Autore); la ° più rara. Sviluppo : giugno-agosto. Communis in collibus et in montibus. a) — ‘ab. Ceronus Esp. (Stgr. 1-613 b). — Non rara, assieme al tipo. Sviluppo : giugno-agosto. Non rara, una cum forma tipica. 101. — Coridon Poda (Stgr. I-614). — Secondo il Cas a- grande e il Manzone si troverebbe a S. Maria di Galena a Formello. Noi non abbiamo mai rinvenuta la forma tipica. Lepidoptera Faunae Romanae 343 Sviluppo : giugno-luglio. Dubia. a) — var. apennina Z. (Stgr. 1-614). — Comune sui monti, m. 900-1200 (Oricola, Guadagnolo). Sviluppo : agosto. Communis, in montibus. 102. — Minimus Fuessl. (Stgr. 1-635). — Non comune. Oricola. Sviluppo : giugno. Non cormunis, in montibus. 103. — Semiargus Rott. (Stgr. I-637). — Comune in alta collina e in montagna (Manziana, Oriolo, Monte Cave, Autore, Oricola). Sviluppo: maggio-giugno. Communis, in collibus et in montibus. 104. — Cy/larus Rott. (Stgr. I-638). — Comune. Alcuni esemplari per le dimensioni si avvicinano alla var. B/achieri Mill., ma li consideriamo come semplici forme accidentali di svi- luppo, mancando gli altri caratteri. Alcune 9,9 sono evidente- mente, specialmente per il di sopra delle ali, forme di passaggio alla ab. Andereggi Ruhl. Sviluppo : aprile-giugno. Communis. a) — ab. O Andereggi Ruhl. (Stgr. I-638 in Syn.) — Non rara. Sviluppo : ultimi giorni di maggio-giugno. Non rara. b) —ab.a — Costa (1). — Non rara, assieme al tipo. (1) O. G. Costa — Fauna del Regno di Napoli, Lepidotteri, vol. IV, pag. 192. 344 F. Rostagno e L. Zapelloni Sviluppo : maggio-giugno. Non rara. c) — ab. aeruginosa Stgr. (Stgr. 1-638 c). — Rara. Monti Aurunci. Sviluppo : aprile. Rara. 105. — Arion L. (Stgr. 1-646). — Non rara in alta col- lina e montagna (Castel Gandolfo, Oricola, Fioio). Sviluppo : giugno-agosto. Non rara, in collibus et in montibus. XXXII Gen. — Cyaniris Dalm. 1816 106. — Argiolus L. (Stgr. 1-650). — Comune. Nella no- stra collezione un es. ginandro pei caratteri delle ali. Sviluppo : giugno-agosto. Communis. VII HESPERIIDAE XXXIV. Gen. — Heteropterus Dumeril 1806 107. — Morpheus Pall. (Stgr. 1-651). — Il Calberla lo dà come frequente in alcuni boschi di alberi frondiferi presso Monterotondo. Noi confermiamo questo per le nostre ricerche. Ne- gli esemplari romanii 77 sono in genere senza macchie nella | pag. superiore e biancastri sia in tali macchie quando esse esistono, sia nel disotto delle ali. Le © © in genere hanno macchie e pag. inf. di un bel giallo dorato. Sviluppo : giugno-luglio. Frequens in Monterotondo. Lepidoptera Faunae Romanae 245 XXXV Gen. — Adopaea Wats. 108. — ZLineola O. (Stgr. 1-661). — Comune in tutta la campagna. Sviluppo : giugno. Communis. 109. — 7TAaumas Hufn. (Stgr. 1-662). — Comune in tutta la campagna. Sviluppo : maggio-giugno. Communis. 110. — Acfeon Rott. (Stgr. 1-664). — Comune in tutta la campagna. Sviluppo : maggio-agosto. Cormunis. XXXVI Gen. — Augiades Wats 111. — Comina L. (Stgr. I-670). — Comune in montagna, A rara in pianura, c° più comune della 0. Sviluppo : giugno-agosto. Communis in montibus, rara in planis. 112. — Sy/vanus Esp. (Stgr. 1-671). — Comune. Sviluppo : maggio-luglio. Communis (2). XXXVII Gen. — Parnara Moore 1881 113. — Nostrodamus F. (Stgr. I-680). — Rara in pianura nei pressi di Roma, ,° più rara del <. (2) Vedasi in proposito /Addenda di prossima pubblicazione. 346 F. Rostagno e L. Zapelloni Sviluppo : giugno-luglio. Rara. 114. — Lefebriî Rbr. (1). — Comune sufficientemente in una limitata zona nei pressi di Formia dove ha quattro appari- zioni ben distinte. Sviluppo: maggio-ottobre. Fere communis a Formia. XXXVII Gen. — Carcharodus (Hiib 1816) Wats 1lo. — Alceae. Esp. (Stgr. 1-686). — Comune. Sviluppo : aprile-ottobre. Communis. 116. — A/thaeae Hub. (Stgr-687). — Non rara in alta col- lina e montagna (Monte Cavo, Bracciano, Castel Gandolfo Oricola). Sviluppo : maggio-agosto. Non rara. XXXIX Hesperia (F. 1703) Wats 117. — Sidae Esp. (Stgr. 1-693). — Non rara nelle stesse località della specie precedente. La forma romana è di dimen- sioni alquanto maggiori di quella della Toscana e dell'Alta Ita- lia: noi non crediamo però doverla distinguere come varietà a sè. Sviluppo : maggio-giugno. Non rara. (1) Rambur — Catalogue Systematique des lépidoptéres de l° An- dalousie, parte I. pag. 90. Lepidoptera Faunae Romanae 347 118. — Carthami Hiib. (Stgr. 1-694). — Abbiamo rinve- nuto il Carthami corrispondente perfettamente alla forma tipica quale è figurata dall’Obertir (1). Secondo i risultati delle nostre ricerche questa Esperia appare piuttosto rara in monta- gna (Oricola, Camerata). Sviluppo : maggio-luglio. Rara, in montibus. 119. — Sao Hiib. (Stgr. I-700). — Non comune, ma tro- vasi in pianura, collina e montagna. Sviluppo : maggio. Non communis. a) — var. gen. aest. Minor Rbl. (2). — Comune nelle stesse località. Sviluppo : giugno-agosto. Communis. 5) — ab. Eucrate O. (Stgr. I-701 a). Comune quanto la forma tipica negli stessi luoghi e tempi. Sviluppo : giugno-agosto. Cormmunis tamquam forma tipica, in iisdem locis. 120. — Serratulae Rbr. (Stgr. 1-701). — Raro in monta- gna (Monte Autore). Sviluppo : luglio-agosto. Rara in montibus. 121. — @ Alveus var. Armoricanus Obthr. (3). — La forma tipica dell'Alveus Hiib. non esiste nella campagna ro- (1) Charles Oberthir. Études de Ispidoptérologie comparée. Fasc. IV, tav. LV. n. 475, 476. Questa pregevolissima e rara opera ab- biamo avuta signorilmente in dono dall’illustre Maestro, al quale testimoniamo quì pubblica azione di ringraziamento e gratitudine. (2) Berge-Rebel. Schmetterlingsbuch, Stuttgard, 1910, pag. 83. (3) Oberthiir. Op. cit., fasc. IV, pag. 411. 348 F. Rostagno e L. Zapelloni mana : la maggior parte degli Alveus da noi raccolti in varie località di pianura, collina e montagna crediamo dover. riferire alla forma Armoricanus dell’ Oberthiir. Sviluppo : luglio-settembre. Non communis. b) — var. Onopordi Rbr. (Stgr. 1-703 c). — Trovasi nelle stesse località della forma precedente e forse alquanto più comune. i Sviluppo: giugno-luglio. Non communis. 122. — Fritillum Hb. (1). — Di questa rarissima ed inte- ressantissima specie, finora confusa col Malvae L. o. coll’ Al- veus Hb. si occupa ampiamente C. Oberthiir nel IV volume della sua opera, offrendo riproduzioni esatte e precise di do- cumenti, nonchè valide ragioni per dimostrare che si tratta di una unità specifica ben distinta. La risoluzione definitiva della questione spetterà a M. Reverdin di Ginevra; il quale ha intrapreso lo studio comparativo dei genitali. Frattanto noi per per quanto riguarda gli esemplari italiani concor- diamo perfettamente coll’ illustre lepidotterologo francese e por- tiamo il Fritillum Hb. come specie distinta. Possiamo assicurare che il 31 agosto 1902 a Castelgandolfo abbiamo catturato un esemplare oggi esistente nella collezione Rostagno, il quale coincide esattamente nella pag. sup. con la fig. 450 della Tav. cit. e nella pag. inf. con la fig. 452. Un altro esemplare di vero Fritillum Hb. determinato come tale dall’ Oberthiir, ci asserisce il signor Orazio Querci di aver raccolto il 26 agosto 1910 nelle vicinanze di Formia. Riteniamo che le notizie fornite così dal Calberla come dal Casagrande e dal Manzone, i quali danno il Fritillum Hb. come quasi comune o comune nella campagna romana, deb- (1) Oberthiir. Op. cit., tav. LIV. Lepidoptera Faunae Romanae 349 bonsi accettarsi con molta riserva e probabilmente sieno da ri- ferirsi alla forma Armoricanus Obthr. dell’Alveus Hb. anzichè al Fritillum Hb. 123. — Cacaliae Rbr. (Stgr. 1-704). — Rarissimo. (Monte Autore). Sviluppo : luglio. Rarissima, in montibus. 124. — Malvae L. (Stgr. 1-709). — Comune ovunque per tutta la stagione. Sviluppo: aprile-ottobre. Communis ubicumque. a) — ab. Fritillans Obthr. — Un esemplare preso a Poli il 2 agosto 1901 concorda con le fig. 461 e 463 dell’ opera ci- tata, pur presentando il rosso delle ali più sbiadito ed il bordo anche molto più bianco. Non abbiamo dubbio che si tratti di una var. del Malvae L. e molto probabilmente del Fritillans Obthr., ma facciamo su ciò le nostre riserve nella eventualità di nuove cat- ture. Sviluppo : agosto. Rara in montibus. XXXX Thanaos B. 1832-3 129. — Tages L. (Stgr. I-713). — Non comune nella cam- pagna romana: comunissimo verso il confine meridionale (Monti Aurunci). Sviluppo: aprile-ottobre. Communissima in Montibus Aurunci. 350 F. Rostagno e L. Zapelloni ADDENDA Col presente fascicolo è ultimata la nostra pubblicazione per ciò che riguarda i Rhopaloceri della campagna romana. Nel prossimo Bollettino daremo un Addenda per le osservazioni fatte e le notizie raccolte dopo questa pubblicazione. Ancora sul Plautus impennis Brinnich Ecco le notizie date recentissimamente dal prof. Otto Zun Strassen Direttore del Museo di Francoforte, alle quali facciamo seguire qualche aggiunta: « Le Alche esistenti in tutto il mondo sono soltanto 80 esem- plari in pelle, dei quali 20 nei Musei della Germania; uno di questi nel Museo di Francoforte sul Meno. (Quello esistente nel Museo Zoologico della R. Università di Roma è davvero uno dei più belli, benissimo preparato e mirabilmente conser- vato. Fu comprato a prezzo elevato dal Re Vittorio Ema- nuele II, e donato dal Re Vittorio Emanuele Ill). « L’esemplare del Museo di Francoforte si trovava in con- dizioni tutt'altro che buone e non era bello a vedersi. Il piu- maggio era arruffato e imbrattato di sangue, ed in alcuni punti, a causa del grasso trasudato, era brunastro invece che bianco. La testa troppo ripiegata verso il petto, gli dava un aspetto quasi ridicolo. Ma sotto le mani abili dei preparatori Adamo e Augusto Koch, l’Alca è risorta, come una Fenice. Mediante ap- propriati mezzi (argilla, benzina, persile, acqua ossigenata ecc.) si è tolto tutto il grasso ed il sangue dalle penne, cosicchè il colore bianco candido è apparso di nuovo. L'intera pelle venne rammollita con precauzione, aperta e rivoltata, e poi nuovamente preparata ». « È oscura l'origine di questo esemplare. Hartert nel 1891 nel catalogo della collezione di uccelli ha scritto: « avuto in cambio dal Prof. Fries in Stocolma nel novembre 1837 ». « Ma non trovandosene alcuna indicazione nelle liste dei cambî e nel protocollo, la notizia data da Hartert potrebbe es- sere una semplice supposizione ed una affermazione non sicura del precedente preparatore Erckel. Nell'anno 1831 furono uccise due dozzine di P/autus impennis nell'Isola Eldey presso l'Islanda, 392 A. Carruccio impagliate ‘con procedimento affatto speciale: si usò un taglio longitudinale .sotto l’ ala destra — e gli esemplari furono ven- duti per la maggior parte a Kopenagen. (Le notizie che io ebbi mi farebbero credere che l'esemplare ora posseduto dal Museo Zoologico Romano possa essere per l’ appunto uno di questi esemplari, che proveniente da Kopenaghen, e spedito a Torino in sulla fine del 1866, fu acquistato dal Re Vittorio Ema- nuele II). Poichè l’ esemplare di Francoforte è stato preparato in tal maniera, è verosimile che provenga da Eldey ». « Nel 1869 Guglielmo Schliiter in Halle comprò nel Museo di Washington una pelle per 1500 dollari. Ma il sig. Schliiter figlio ne valuta adesso il prezzo non meno di 20000. marchi. Ma è certo che non si darebbe l’esemplare di Francoforte per tale somma ». « Ancora più rari delle pelli sono gli scheletri interi del Plautus impennis: non ne sono posseduti che 23 nei Musei. Scheletri preparati dall’animale fresco non ve ne sono forse che due soli: uno a Parigi e l’altro nel Collegio Chirurgico di Lon- dra. (E quando visitai e rivisitai i Musei delle due capitali, non mancai di osservare i due famosi scheletri, dei quali diedi notizia dopo tornato in Roma). « Tutti gli altri scheletri li ha forniti l'Isola di Funk presso la Neufundland. Ivi deve aver abitato una numerosa colonia di quegli uccelli, poichè sotto il suolo torboso, spesso a parecchi piedi di profondità, vi sono numerose ossa isolate, colorate in bruno scuro dal terriccio, ed anche un piccolo numero di corpi mummificati, ed inoltre qualche scheletro completo. Un caso cu- rioso è che una radice era cresciuta attraverso lo speco di una colonna vertebrale e ne aveva mantenute in sito le vertebre. Parecchi scheletri sono stati fatti con ossa d’individui diversi. (E non soltanto dell’ istessa specie, ma di specie più o meno affini — Anche al Museo di Roma fu offerto, uno di questi scheletri industriali... ma non si abboccò all’ amo, e /o scheletro fu venduto altrove). « Dalla :menzionata località proviene lo scheletro, che è Ancora sul Plautus impennis Briinnich 353 = Di ——. A Le e SITI _—— senza difetti, e solo in qualche punto. artificiale, posseduto dal Museo di Francoforte, scheletro che venne offerto alla Sencken- bergischen Gesellschaft da Ch. Girtanner in Clarens, per il prezzo di 2850. marchi — prezzo veramente mite avuto riguardo alla bellezza dell'esemplare ». « L'esemplare dello scheletro lascia riconoscere come la somiglianza fra Pinguini ed Alche nei caratteri esterni, si trovi anche nelle parti interne ». « Sfortunatamente il Museo di Francoforte non possiede alcun uovo del Plautus impennis, ma solo un modello. Delle 72 vere uova che si conservano, l'Inghilterra ne ha la parte del leone — non meno di 49 — specialmente posseduti da colle- zionisti privati. Tutta la Germania non ne ha che cinque sole. Le somme che sono state pagate per le uova del //autus im- pennis, sono veramente già enormi: gli ultimi esemplari si son pagati da 4000 a 6000 marchi. Il Direttore del Museo, profes- sor Strassen, conclude : « È un dovere pel Museo di Francoforte di non perdere la prima occasione che si presenti per l'acquisto di un esemplare di uovo del P/autus impennis ». (Dal Bericht der Seniken. Naturforschenden Gesellschaft in Frankfurt am Main). Io ho pubblicato in Rorna nel 1902 (Tipografia Forense) un opuscolo con 2 tavole che rappresentano in modo esattis- simo lo splendido esemplare donato dal Re Vittorio Ema- nuele III. fn questo opuscolo sono riprodotte due comunica- zioni speciali che feci alla Società Zoologica italiana (1), ed in esse ho dato tutte le notizie più estese che potei procurarmi sul Plautus impennis, bastevoli certamente per cople- fare quelle più brevi, per quanto interessanti, fornite dal chiaro (1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. ital. con sede in Roma, fasc. IV, V e VI, vol. III, serie II, pag. 1-20. 5 354 A. Carruccio direttore del Museo di Francoforte. Nell’ istesso mio opuscolo vien dato. un elenco il più esatto, delle uova di Plautus impennis (ved. pag. 17-20) possedute da privati e da Mu- sei di diverse nazioni. Questo elenco mi venne favorito, insieme a due belle fotografie dell’ uovo della specie in discorso, dal competentissimo Sir Edward Bidwel di Londra; e dell’ elenco medesimo, coll’ indicazione di tutti i proprietari delle rare e co- stose uova, potrà prendere conoscenza il prof. Strassen ora ch'è in possesso delle mia pubblicazione del 1902. A. Carru'ccio. Sul Congresso internazionale di Zoologia tenuto a Gratz nell’ Agosto 1910 Relazione del Delegato della Società Zoologica Italiana con sede in Roma prof. Ugo G. Vram, letta nell’ adunanza del 27 Novembre 1910 IIlustrissimo Signor Presidente, egregi Consoci, Nell’ adunanza sociale dello scorso Giugno voi voleste gentilmente affidare a me la rappresentanza della nostra So- cietà al VIII Congresso Internazionale di Zoologia che doveva aver luogo e che ha avuto luogo a Gratz dal 15 al 20 Ago- sto di quest’ anno ; nel rinnovare i miei ringraziamenti per la fiducia in me riposta, mi è grato oggi riferirvi ciò che al Con- gresso si è fatto di più importante per i cultori della nostra scienza in generale e per noi Italiani in particolare. Dal programma che accludo alla presente relazione Voi vedrete che molto e grave lavoro si presentava alle Commis- sioni e molte e importanti erano le comunicazioni dei Congres- sisti tanto alle Sedute generali come in quelle delle Sezioni. Aperto il Congresso in presenza delle Autorità locali, di S. E. il Ministro della P.I. dell’ Impero a. u., di S. Mag. il Ret- tore dell’ Università, e da questi gentilmente e cordialmente salutati gli intervenuti ; il Presidente del Comitato permanente dei Congressi Internazionali di Zoologia propone nel suo di- scorso inaugurale d’inviare a S. M. A. l'Imperatore Francesco Giuseppe l un telegramma di augurio per l'imminente giorno an- niversario del Suo 80° compleanno. Il Dr. Pf. F. E. Schultze saluta in nome dei delegati dei: Governi gli intervenuti. La se- duta si chiude con le conferenze segnate nel programma (pa- gina 12). Il primo argomento trattato nella seduta del giorno succes- e 356 Ugo Vram sivo (Martedì 16) è stato la relazione della Commissione Inter- nazionale dei premi. La commissione si occupò dei premi stabiliti nel Congres- so di Mosca 1901 e portanti i nomi di premio Alessandro III e Nicola Il. I Il primo premio venne assegnato al Prof. Standfuss del Politecnico di Zurigo per il lavoro intitolato: Azione degli agenti esterni sopra lo sviluppo delle farfalle. Del secondo premio furono ritenuti degni ambo i due concorrenti, cioè il Dr. I. Wilhelmi di Berlino che aveva presentato una memoria sulle Tricladi, ed il Pr. O. Fuhrmann dell’ accademia di Neuchatel per la sua memoria sui cestodi degli uccelli: la somma a di- sposizione era troppo piccola (600 lire circa) per esser divisa, e così venne assegnata al primo, mentre il Dottor Fuhrmann venne proclamato laureato senza premio. Il premio Kovalesky venne assegnato al Dr. Brutz della scuola di farmacia di Nancy per il suo lavoro sopra gli organi di secrezione e sopra la fagocitosi negli invertebrati. La suddetta commissione ebbe a lamentare la morte di uno dei suoi membri il Prof. Sharp e al posto di questi venne eletto il Prof. Vard. La commissione decise per l’ avvenire di non fissare più i temi, ma di scegliere fra i diversi lavori pub- blicati quelli da premiarsi, ritenendo opportuno che professori e direttori d’ istituti indichino alla presidenza della Commissione i lavori che credono degni di essere presi in considerazione. I prossimi premi saranno assegnati ai lavori di anatomia com- parata. Seguono le comunicazioni scientifiche come dal programma. Il giorno seguente (17) vi fu innanzi tutto la relazione della Commissione per il Concilium bibliograficum del quale mi risparmio di discorrervi unendo a questa mia, la relazione spe- | ciale della suddetta commissione; mi è grato comunicarvi che anche l’ Italia è rappresentata in questa organizzazione scien- tifica e che il rappresentante dell’ Italia è il prof. Monticelli di Napoli. à Sul Congresso internazionale di Zoologia ecc. 357 Prima che cominciassero le comunicazione scientifiche, il Prof. Monticelli propose al Congresso di stabilire che in ogni Stato venga istituita una collezione centrale di parassitologia e che fra Stato e Stato avvenga lo scambio dei contipii. La proposta venne accolta favorevolmente e fu eletta una Commissione per studiarla, commissione che riuscì composta di Monticelli, Blanchard e Like che come vedremo riferì poi in un’ adunanza seguente ; intanto si passò alle comunicazioni scientifiche. Era stabilita per il giorno 18 la decisione della città nella quale avrebbe dovuto aver luogo il prossimo Congresso, cioè il IX Congresso Internazionale di Zoologia, la Commissione di ciò incaricata propose al Congresso di scegliere Monaco (Prin- cipato) e in caso che questo non fosse possibile Parigi; ed il Congresso accettò le proposte della Commissione lasciando pieni poteri ad essa pel disbrigo delle necessarie pratiche. Con le comunicazioni scientifiche si chiude la seduta del giorno 18 Agosto e passiamo a quella del 19. La prima questione all’ ordine del giorno era la relazione della Commissione per la nomenclatura Zoologica. Nel (VII) Congresso di Boston nel 1907 come lo vedrete dagli atti che fra breve si pubblicheranno, era stato nominato a far parte della Commissione per ia nomenclatura Zoologica anche il Prof. Monticelli, che nelle attuali adunanze della Commissione ottenne che si facesse anche un edizione italiana delle regole sulla nomenclatura Zoologica. La Commissione della quale vi parlai a proposito della proposta Monticelli per le collezioni parassitologiche riferì sul proprio operato per mezzo del suo relatore Liike. Essa accettò la proposta del Monticelli trovandola utile, e stabili come sedi per le collezioni parassitologiche centrali di stati le seguenti città: Washington, Parigi, Berlino, Vienna e Napoli. Quale necessario complemernto di questa proposta si votò la formazione di una Commissione Internazionale di Zoologia medica delle quale è riuscito eletto a presidente il Prof. Monti- celli e a Segretario il Prof. Steits di Washington. 358 Ugo Vram Viene in seguito accettato l’ ordine del giorno Vinciguerra che invita tutti gli Stati intervenuti ad aderire alla Commissione oceanografica presieduta da S. A. il Principe di Monaco. E qui conviene ricordare che S. E. il Ministro dell’ Istruzione nel portare il saluto del Governo ai Congressisti volle rilevare il fatto, « che fra i due Stati che possiedono la maggior parte delle Coste dell’ Adriatico vi è un’ intesa per la sua esplora- zione oceanografica e biologica in comune ». lo credo che l'ordine del giorno Vinciguerra non sia privo d' importanza. s Del pari benevolmente venne accolta la proposta del Vo- stro rappresentante : che nel prossimo Congresso vi sia una Sezione per la storia della Zoologia, data la importanza intrin- seca e didattica di questo ramo delle scienze naturali come dello studio della loro storia in generale. Esposto così il lavoro scientifico del Congresso vogliate ora accogliere qualche notizia di cronaca che credo potrà inte- ressarvi. D'’ italiani regnicoli eravamo circa una quindicina fra i quali alcuni Soci della nostra Associazione quali il Vinciguerra, il Piovanelli, il Tosi, ed altri. Rappresentava il R° Governo il Prof. Monticelli della R.° Università di Napoli che in questo come nei precedenti Con- gressi fece ‘opera veramente patriottica adoperandosi con tutte le forze acciocchè all’ Italia sia serbata quella posizione che il prodotto scientifico, la posizione politica ed il passato esigono che abbia. I risultati del congresso ne danno prova del conto nel quale fu tenuto il nostro paese. Nelle ore che i lavori del Congresso ci lasciavano libere il Comitato del Congresso e le Autorità della « ville des graces aux bords de l'amour» come volle chiamarla un ufficiale Napo- Sul Congresso internazionale di Zoologia ecc. 399 ra = leonico al quale sembra riuscisse simpatico acquartieramento, ci allietarono con visite agli stabilimenti e gite. Anche in tali occasioni gli italiani mostrarono tale concordia che prima d'ora non si era veduta; a noi sempre si unirono fraternamente i no- stri connazionali d’ oltre Alpe, anche gli spagnuoli si unirono a noi, ed a loro dobbiamo esser grati di aver usata la nostra lingua. Il Principato di Monaco era largamente e ben rappresen- tato al Congresso. Signor Presidente, nel consegnarVi la relazione sul VIII Congresso Internazionale di Zoologia, nel rinnovarVi i miei rin- graziamenti per la missione affidatami, fo caldi voti che quella concordia tanto necessaria al prosperare e progredire della scienza, che sempre regnò nella nostra Società e contribuì a portarla in un ventennio appena all'attuale altezza, regni sovrana in tutta la famiglia Zoologica italiana. Con questi augurii io spero di assistere a nuovi successi della Zoologia Italiana al prossimo Congresso. « Laboremus pro patria et scientia ». 360 Ugo Vram Recensioni bibliografiche. Dott. Wilheim Branca: Der Stand unserer Kentnisse von fossilen Menschen, Leipzig, Verlag v. Veit e Comp. 1910. — (A gua! punto sono le nostre conoscenze sull'uomo fossile). Al V Congresso internazionale di Zoologia l'A. aveva riferito sulle co- noscenze che si aveva 9 anni or sono sull’antenato dell'uomo. | Già allora egli dimostrava come il teschio di Cavalleras non fosse niente affatto terziario e nemmeno diluviale ma molto più recente, che le orme dei piedi scoperte a Carom non fossero umane ma d'un quadrupede ; quelle trovate su le sabbie austrialiane non sono in terreni indubitatamente terziari. L'uomo viene seppellito in terreni d'età differenti da quelli nei quali ha vissuto, perciò nel determinare l’età bisogna affidarsi alla suppellettile funera- ria. L'esistenza dell’ uomo diluviale è resa certa dagli oggetti d’ uso comune e dagli avanzi dei suoi pasti, che ci rivelano l’esistenza d'un uomo caccia- tore provvisto d'armi di pietra, carnivoro e antropofago malgrado la sua denta- tura onnivora, senza grano, senza cognizioni d'agricoltura, unica bestia domestica la propria femmina; ma se conosciamo il suo modo di vivere non conosciamo la sua forma. I resti trovati nelle caverne del Brasile son dubbii, poichè queste caverne poterono benissimo servire a sepoltura ad abitanti posteriori della regione. In Europa si trovano molti avanzi dell’ attività umana ma pochi avanzi corporei ; l'uomo dev’ essere immigrato in Europa dal sud verso il nord, poi dirigendosi a occidente dev'essere passato in Siberia e da questa terra attraverso a qual- che istmo trasmigrato nell’ America del Nord e poi in quella del Sud; l' A è portato a questa conclusione dall’eguaglianza dei tipi umani nelle su nominate regioni e nell'Africa del Nord. Un altro tipo dissimile dal testè menzionato popola e popolava l'Au- stralia, la Polinesia e l'Africa del Sud; di questo tipo non si trovano avanzi fossili. Dato il dubbio sulla natura diluviale dei giacimenti l'A. non usa il nome di « uomo diluviale » ma bensì quello di « Homo antiquus ». Dei crani fin allora scoperti son indubitatamente diluviali quelli di Speyz e Brichamp che appartengono al tipo neanderlaloide. Nell’ opera testè uscita e della quale ci occupiamo l’ A. rifà in breve la storia degli avanzi fossili umani, e per quanto concerne il cranio egli trova due forme principali: prima quella che rassomiglia all'uomo attualmente vivente in Recensioni bibliografiche 361 Europa e ch'egli chiama superiore secondo un’ altra che rassomiglia alla forma cranica delle popolazioni originarie dell’ Australia, e per la grossezza della mandibola agli Eschimesi; in quest'ultima forma distingue caratteri di primo e di secondo grado. Di primo grado sono la fronte sfuggente e la bas- sezza della calotta cranica che impediscono lo sviluppo delle circunvoluzioni frontali del cervello; in un teschio di tale forma se si sviluppa nella porzione posteriore, il cervello può benissimo svilupparsi malgrado la bassezza e la sfuggentezza dei frontale, come si sviluppa nei teschi alti. Di secondo grado sono le arcate sopraorbitali sporgenti che danno alla faccia un aspetto truce, il prognatismo e la grossezza della mandibola. L’A. distingue tre tipi: primo uno superiore tipo bro-Magnon al quale appartengono i crani trovati dopo il 1901 nella grotta di Gough presso Ched- dar (1907), nella grotta Romanelli in Terra d’ Otranto (1907), presso Combe la Chapelle e nelle grotte des Enfants presso Mentone, e il più antico di tutti scoperti a Galley-Hill che possiede arcate sopraorbitali sporgenti, ma non tanto sviluppate come nel tipo Neanderthal, e un 3 M più grande che nei teschi attuali. 20 Un tipo ibrido rappresentato da un solo scheletro delle grotte des Enfants, che Verneau chiamò razza Grimaldi e che se si fossero trovati sol- tanto i denti e la mandibola sarebbero stati attribuiti al tipo Neanderthal. Infine il terzo tipo inferiore chiamato tipo Neanderthal al quale tipo appar- tengono i crani rivenuti a Crapina, lo scheletro giovanile scoperto nelle vici- nanze di Le Moustrier: la mandibola di Maur e il cranio trovato a La Cha- pelle aux Saints (1908). Questi sono gli avanzi trovati in Europa, e l'A. passa ad esaminare gli avanzi supposti terziari e di tipo inferiore trovati nell’ America meridionale che sono: 1° Il cranio di Fontezucelas, Homo pliocenius Kobelt; artificialmente defor- mato nella parte posteriore secondo Lehman-Nitsche. 2° Un cranio di La Tigra, con fronte più sfuggente che quella del cranio neandertalode ma senza arcate sopraorbitarie, chiamato Homo pampaeus dal- l' Ameghino, e dichiarato artificialmente deformato dal Lehmann Nitsche, se- condo il quale non è stato trovato in un giacimento terziario ma bensì nel panpeano superiore cioè: diluvio recente. 8° Scheletro di Necochra, scoperto da Ameghino e secondo il Sergi il più antico cranio umano. Il profilo triangolare e la quasi mancanza di fronte, ricorda troppo la deformazione artificiale. 4° Un framento di cranio umano rinvenuto dall’Ameghino in uno stratto del pliòcene inferiore. Il suddetto frammento si compone di parte del frontale ed una piccolissima porzione di parietale. L’Ameghino ne fece una specie che separò dalla specie Homo e chiamò Diprothomo. Il Luschan crede che la 362 Ugo Vram forma speciale descritta dall'Ameghino si deve attribuire a un difettoso orien- tamento, e crede che il cranio in questione abbia avuta la forma dei soliti crani europei dell’epoca attuale. 5° Una prima vertebra cervicale ed un femore, trovati a dieci anni di distanza una dall’ altra, a Monte Hermoso. Su questi due pezzi di scheletro l Ameghino fondò una nuova specie umana che chiamò Tetraprothomo ar- gentinus. L'Ameghino ritiene provata l'esistenza delluomo a Monte Hermoso dalla presenza di alcune scorie, ma il Branca dimostra con argomenti geologici che le scorie trovate a Monte Hermoso non sono mioceniche ma bensì del pan- peano inferiore. Secondo Lehmann Nitsche e Steinmann gli avanzi più antichi dell'uomo non arrivano che alli strati più recenti. L'atlante trovato dieci anni or sono e descritto dal S. Rolh senza dargli grande importanza secondo l'A. appartiene ad un animale più grande di quello al quale doveva appartenere il femore che secondo Abel è di un Lemuroide. L'atlante secondo Lehman Nitsche è troppo piccolo per poter esser umano e lo ritiene rappresentante una specie estinta che chiama H. neogeus. L’A. con una serie di misurazioni di atlanti e femori e atlanti di scim- mie e di ucmo di statura media conclude che l’atlante dell'uomo è soltanto di un terzo più largo di quella del supposto Tetraprothomo, mentre che il femore di uomo e 2'5 volte più lungo di quella del supposto Tetraprothomo. Am- bedue le ossa sono di individuo adulto, e per ciò egli ritiene che queste ossa non appartengano a individui della medesima specie, un tale rapporto fra larghezza dell’atlante e lunghezza del femore non si trova in nessuna scim- mia, si avvicina soltanto nell’Orango. Nel Pliocene l’uomo può aver dimorato in America senza essersi ivi formato ma giunto per immigrazione. In Europa i due tipi, l'inferiore o neandertaloide e l’altro il superiore si trovano insieme già nel diluvium, per le nostre idee sullo sviluppo siamo spinti a ritenere che il tipo neandertaloide sia il più antico, ma il cranio di Gallez Hill appartiene all’ epoca eollittica, la più antica epoca diluviale, tre sono le ipotesi che si possono trarre; 1° che il tipo superiore sia derivato dal tipo inferiore nell'epoca terziaria, e che nelle epoche posteriori abbiano vissuti in- sieme ; 2° che l'origine dell’uomo sia difilettica e che ie due forme craniche abbino origine diversa; 3° che il tipo inferiore si sia sviluppato fuori del- l Europa e quindi immigrata in questa parte del mondo, e si sia lentamente soppiantato al tipo inferiore che vi esisteva già da prima. Il tipo inferiore chiamato da Schwalbe Hprimigenius si è trovato anche in sepolcri più recenti, Macnamara e Klaatsch hanno dimostrato che questo tipo cranico si trova fra le popolazioni attuali dell'Australia, vediamo dunque che questo tipo si conserva inmutato, e come si diè il nome di H. sapiens al- l’Australiano convien darlo al Neandertalese. Recensioni bibliografiche 363 Quale dei due tipi sia il più antico, e può l’uno discendere trasforman- dosi dall'altro, a questo quesito l' A. esamina le diverse teorie esposte sulla meccanica della trasformazione del cranio, e .i lavori importanti dell’Adloff sui denti umani e degli altri primati, e ritiene che il tipo più semplice (Gally-Hill) sia geologicamente il più vecchio. Dai risultati dell'esame dei denti, delle 0s- sa lunghe e del bacino umano e degli antropomorfi conclude che l’uomo non può discendere dalle scimmie antropormofe simili alle recenti. Un tipo di cranio ancora più inferiore del Neandarthloide è quella del Pithecantropus erectu Dub. del quale l'età terziaria è contrastata, altri avanzi umani plioceanici accertati o forme a lui affini e indiscusse come il Pilhecan- thropus non son state trovate fin'ora, perciò l'A. giustifica quello che ha detto nel 1901 che non considerando il P. erectus, l’uomo si trovava nella serie animale come un parvenu senza antenati, vero homo novus, mentre dei ruminanti, suini, rinoceronti, equini, ecc. conosciamo a base di sco- perte sicure il loro albero geneaologico fino nel terziario, l'A. dichiara di es- sersi espresso in tal maniera per opporsi alla falsa affermazione di Haeckel : di conoscere tutti gli anelli più importanti che formano la catena degli ante- nati dalle più antiche proscimie all'uomo. Necessariamente nel terziario ci devon essere stati degli antenati del- l'uomo, nessun zoologo può opporsi a questa ipotesi ma noi fin'ora non gli conosciamo, perciò l'asserzione di Haeckel, è pura fantasia, anche gli avanzi fossili delle scimmie antropormofe son ben poca cosa; e quì enumera la serie delle forme fossili degli antropormorfi, molti dei quali son conosciuti per qual- che dente soltanto, ed esprime col Rutot: « Purtroppo nella scienza si tro- vano le cose tali, quali sono, e non come si desidera di trovarle ». Discendendo nella scala animale dal tipo neandartaloide, fino ad ora non abbiamo incontrato che un solo avanzo fossile, che si potrebbe riguardare quale precursore terziario dell’ uomo, cioè il P. erectus, e non curando i dubbi sulla natura della giacitura si potrebbe anche considerare quale antenato del- l'uomo se si potesse stabilire che egli aveva gli arti anteriori corti, poichè in caso diverso va considerato come un collaterale dell'uomo, come sono le altre scimmie antropomorfe, malgrado la rassomiglianza del teschio ecc. Per stabilire la posizione sistematica del P. erectus occorre conoscere ancora la sua den- tatura. Il P. erectus può essere anche un bastardo, queste questioni sono dall'A. largamente discusse. Gli avanzi terziari delluomo si troveranno forse in seguito e forse non si troveranno mai, poichè possono essere seppelliti in fondo al mare o sotto i ghiacci polari, convien cercarli in Australia, e in quelle parti del globo che una volta erano unite a questa, prima bisogna però studiare le forme umane recenti e da queste discendere alle fossili, non viceversa. Anche gli avanzi del- 364 Ugo Vrain l’attività umana nel terziario, gli eolitti si presentano delle volte in tali con- dizioni che non si possono distinguere dagli oggetti paleolitici e neolitici. Chiude l’interessante libro l'A. con due capitoli, in uno opponendosi agli scrittori ultra montani che mal interpretando i suoi scritti lo citano come so- stenitore della teoria della creazione umana mentre egli è evoluzionista con- vinto, e nell’ ultimo capitolo esamina e confuta le diverse ipotesi sulla forma- zione del mondo animale. Ugo G. Vram. (1) Rauff H. (Si. ber. di meder rh. ges. Natur a. Heilhunde, Ronn. 1903) dichiara che è impossibile stabilire con mezzi geologici l’età geologica del cranio di Neanderthal. Nioskgeziz e Inaugurazione del Giardino Zoologico nella Villa Umberto in Roma Il 5 del corr. gennaio ebbe luogo la solenne inaugurazione del Giardino Zoologico, e quantunque la giornata fosse rigidissima, considerevole fu il nu- mero delle autorità della capitale, delle gentili signore, e dei distinti cittadini intervenuti, la maggior parte invitati. Ci manca il tempo e lo spazio per esporre interessanti particolari, che potremo dare più tardi. Nè possiamo riferire gli opportuni discorsi del Sotto Segretario di Stato al Ministero di Agricoltura Industria e Commercio e del Sindaco di Roma. Ci limitiamo a far note le belle parole pronunciate dal pre- sidente del Consiglio d’ Amministrazione del Giardino Zoologico, principe don Francesco Chigi. Siamo lieti che un diligentissimo consigliere della Società Zoologica Ita- liana presieda con si vivo interesse la predetta Amministrazione, e plaudiamo al ricordo da lui giustamente fatto di un altro membro della stessa Società, il vice-presidente senatore principe di Carpegna Falconieri, benemerito non solo della nostra società, ma del Museo Zoologico Universitario. Il grande contributo che l’ uno e l’altro socio diedero in Roma agli studi zoologici, avrà ora anche il. valido concorso del Giardino Zoologico. Ecco il discorso del principe Chigi : Signori, « Quando Roma potente e dominatrice assoggettava con la forza i po- poli, Roma nei più remoti paesi incettava le belve perchè servissero a quegli spettacoli di sangue onde fremente il popolo suo attingeva l’indomito coraggio. Inaugurazione del Giardino Zoologico 365 ul n tO -—_ —_ ———- cer — = « Oggi Roma, che in una nuova èra di civiltà e di progresso affascina il mondo con i ricordi della sua antica grandezza e col suo morale immutato prestigio, accoglie le belve, non per eccitare violenti e cruenti sentimenti nel suo popolo, ma per curarne la più nobile cultura, per fargli conoscere da vi- cino una delle più belle manifestazioni della natura qual'è la grande e mera- vigliosamente variata serie delle forme animali. « E Roma, sola fra le città italiane, può vantare oggi un Giardino Zoo- logico impiantato con criteri veramente moderni, sia riguardo all’ estetica, sia riguardo all'igiene ed al benessere degli animali che in esso vengono custo- diti e acclimatati. « A Carlo Hagenbeck spetta il merito di avere a Roma largamente ap- plicato il principio di lasciare agli animali la maggior libertà possibile e di far sì che comprendano come l’uomo non li tiene assoggettati con la violenza, ma con la dolcezza, che l'uomo non è il ioro tiranno, ma il loro amico. A Carlo Hagenbeck spetta il merito di averci fornito per il primo impianto una colle- zione di animali assai importante, che il marchese Salvago Raggi ed il Co- mune di Roma hanno arricchito di molti interessanti esemplari. « La nostra istituzione, accoppiando lo scopo di offrire un largo campo allo studio degli animali, con quello di educare il popolo, non dubitiamo che avrà l'appoggio degli Enti preposti alla pubblica istruzione, appoggio nel quale abbiamo sempre sperato. « Permettetemi ora, o signori, di soddisfare ad un mio vivissimo deside- rio, di ricordare cioè coloro i quali idearono questa nostra civile istituzione e prestarono l’opera loro per portarla ad effetto. « L’idea di creare in Roma un Giardino Zoologico non è nuova: da circa quarant'anni il senatore principe Guido di Carpegna Falconieri ha sempre tenacemente sostenuto tale idea contro coloro che ia credevano follìa. Nel 1905 il cav. Nicodemo Severi chiaramente esponeva all’Amministrazione comu- nale un programma per l'istituzione di un Giardino Zoologico e di un Giardino orticolo sperimentale nella Villa Umberto I. Al principio pertanto del 1908, su proposta dell'assessore comm. Eugenio Trompeo, l’Amministrazione comu- nale deliberò in massima la creazione di un Giardino Zoologico; e quindi, con- vinta della praticità e della genialità del nuovo sistema adettato da Carlo Hagenbeck nel suo Parco zoologico di Stellingen, accolse l'iniziativa di un Comitato promotore composto dai signori avv. cav. uff. Riccardo Villanis ed avv. Ettore Ferrini, cui si unì poscia e presiedette il barone senatore Giorgio Sonnino. Questo comitato assunse il non facile compito di istituire a Roma un Giardino Zoologico degno della capitale d’Italia. « Si deve poi all'opera assidua e tenace del Prefetto di Roma, senatore Angelo Annaratone, se, ispirando la più grande fiducia nella riuscita, il comi- 366 Dio. tato promotore, con l' aiuto di alcuni volonterosi, potè giungere alla costitu- zione della Società per l'impianto e l'esercizio del Giardino Zoologico. « Questa ebbe confermata dal Comune la concessione dell’area secondo quanto i promotori avevano già ottenuto, e sotto l'alta direzione di Carlo Hagenbeck, iniziò subito i lavori. i « Se oggi, in poco più di un anno, le opere sono ultimate ed il Giar- dino è popolato da numerose specie di animali; se non poche difficoltà furono superate, e se lusinghiero è il risultato di un lavoro nuovo e difficile, gran lode ne va data al Banco di Roma per la simpatia sempre dimostrataci e pel suo valido appoggio. « Porgendo vive grazie a S. M. il Re per le due visite di cui ha voluto onorare il Giardino, e per i doni di animali che si è compiaciuto di fare, sento il dovere di presentare calde attestazioni di riconoscenza al sindaco comm. Er- nesto Nathan, al senatore Annaratone, al presidente del Banco di Roma si- gnor Ernesto Pacelli. « Ringrazio la stampa di Roma, delle altre città d’Italia e dell’ estero, che ha seguìto con simpatia le varie fasi del nostro lavoro di preparazione. « Mando finalmente un saluto a Carlo Hagenbeck, il quale purtroppo non ha potuto esser presente alla realizzazione del suo sogno perchè tratte- nuto ad Amburgo da importanti affari. « Il Consiglio d'amministrazione, che ho l’onore di presiedere, è stato e sarà zelante custode degli interessi morali ed economici della società, la quale confida che la benevolenza dei cittadini e l’aiuto delle autorità non le verranno mai meno. « Dichiarando aperto il Giardino Zoologico, faccio il più fervido voto per il suo prospero avvenire, sicuro presagio del quale è per me l’interessa- mento dimostrato oggi dalle autorità e da quanti vollero onorarci della loro pre- senza mentre il Giardino Zoologico di Roma entra nel periodo di esercizio ». Il discorso del presidente principe Chigi fu accolto da vivissimi applausi. Il Bollettino della Società Zoologica Italiana ha già più volte tenuto parola dell'importante e utile istituzione quando fu progettata, ed ora con'inso- lita rapidità realizzata in Roma, dove come è noto — tutte le imprese migliori vanno per le lunghe, sono cioè eterne come !Urbe. E come altra volta pro- mettemmo, dall’istesso Bollettino saranno date a suo tempo ampie notizie sul numero e sulla bellezza delle scelte specie animali già arrivate e da arrivare nel Giardino Zoologico, che si è reso già benemerito coi doni fatti al R. Museo Zoologico Universitario. Date le condizioni favorevoli dell’ amenissima Villa, le cure intelligenti della direzione del Giardino Zoologico, la mortalità. degli animali, che sono già in grande quantità, è per fermo minima. Basta cono- scere ciò che avviene nei più grandi giardini zoologici per poter affermare quello che affermiamo pel novello Giardino Zoologico di Roma, che diventerà; ce lo auguriamo sinceramente, sempre più interessante e gradito ai cittadini residenti ed ai forestieri. D. R. Indice generale delle materie contenute nel vol. XI (XIX colla serie Il) del Bollettino della Società Zoologica Italiana con Sede in Roma Anno 1910 [. - PARTE UFFICIALE. 1. - Carruccio prof. Antonio. - Sulle condizioni economiche, scientifi- che e morali della Società Zoo- logica Italiana durante l’anno XVIII (1909) della sua esistenza. - Relazione pubblicata per voto unanime dell'assemblea Pag. Processo verbale dell’ adunanza gene- rale amministrativa - Proclama- zione di nuovi soci - Rielezione del presidente, di un vice presi- dente e di quattro consglieri » Relazione del socio delegato dalla So- cietà Zoologica, professore Ugo Vram, sul Congresso Interna- zionale Zoologico tenuto a Gratz nell'agosto 1910 e» II. - COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. Balducci prof. Enrice. - Lo ster- nometro, nuovo strumento per la misurazione rapida dello ster- no degli uccelli (con figura). » .- Carruccio prof. Antonio. - Pri- me notizie su diversi vertebrati delle Missiones (Repubblica Ar- gentina), e cenno intorno ad un Coèéndu prehensilis Lacepéde » Id. id. - A proposito dei recenti studi sovra una nuova specie del genere Talpa (Talpa romana Oldfield Thomas). . . . . » Id. id. - Sovra un raro Squalo, Odontaspis taurus Miiller, cat- turato presso il Golfo di Cagliari ed acquistato dal Museo Zoolo- gico della Regia Università di Romana Id. id. - Su due individui del genere Phrynosoma Wiegmann portati vivi dal Texas in Roma. » 6. - Id. id. - Ancora sul P/autus im- a ' 1-23 396-359 83-86 49-55 258-272 273-278 273-272 | 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. pennis Briinnich. Relazione del Direttore del Museo di Franco- forte prof. Otto Zun Strassen, con aggiunte riguardanti l’esem- plare della stessa specie regalato al Museo Universitario di Roma da S. M. il Re Vittorio Ema- nuele Ill . » 351-354 . - Cavazza conte Filippo. - Con- tributo alla conoscenza della vita e delle abitudini della Donnola (Putorius nivalis L.) . . . » 65-82 . - Id. id. - Ancora sulle forme della Loxia curvirostra. Risposta al prof. Ernesto Hartet di Berlino » 209-224 - De Beaux Oscar. - Il primo Turdus sibiricus Pallas catturato in Italia. (Con una tavola del- l'Autore). Rieti» (909-990 - De Felice dott. Tito. - Una vi- sita al Giardino Zoologico di a » 242-257 - Giulia dott. Giovanni. - Sulla comparsa accidentale del Luva- Berlino rus imperialis Rafinesque nei mari dell'Isola di Gozo (Malta) » Lepri prof. march. Giuseppe. - 46-48 Materiali per un catalogo degli Imenotteri del Lazio (Crisidi) » - Id. id. - Sulla mostra italiana alla 38-45 prima esposizione internazionale di caccia - Vienna 1910 . . >» - Id. id. - Aggiunte alla raccolta erpetologica del R. Museo Zoo- logico di Roma. (Ofidi del Be- 279-284 RACIL) INLINE - Masi dott. Luigi. - Notizie sui Rettili loricati del R. Museo Zoo- logico Universitario di Roma » 777-999 87-92 Id. id. - Su alcune Cypridae rac- colte a Maccarese . . . . » - Id. id. - Aggiunte alla collezione ittiologica del predetto Museo. Symbranchus marmoratus BI. » 93-96 97-102 - Id. id. - Idrofilidi appartenenti al Indice generale 19 20. 21 22 23. 24. 25. Museo Zoologico della R. Uni- versità di Roma . . . .. » Id. id: - Diagnosi di alcuni Ime- notteri Calcididi . . . . » Id. id. - Coleotteri della famiglia Parnidae appartenenti al Museo Zoologico della R. Università di Roman: e san E Id. id. - Sopra alcuni Anfibî re- centemente introdotti nel predetto Museo. (Gimnofioni ed Anuri). » .- Misuri dott. Aifredo. - Ricerche sulla struttura della coda normale e rigenerata nella Lacerta mu- ralis Merrimach. . . . . » Picchi sig.na Cecilia. - Un al- tro esemplare italiano della Saxi- cola deserti Riippel. . . . » Rostagno comm. Fortunato e Zappelloni dott. Lorenzo. - Le- pidoptera Faunae romanae - Familia Lycaenidae et Hesperi- dae. (Continuazione e fine) » Vram prof. Ugo. - Accresci- mento e sviluppo del cranio del Cynocephalus hamadryas (Con tavolette Ri Zio ERI AI 225-237 | 338-241 289-293 | 294-299 667-777 24-37 333-339 136-299 II. - RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. Prof. G. W. Miller. - Die Ostracoden der Deutschen siidpolar-Expedi- | Dott. sull'uomo fossile. (Wram profes- sore Ugo)}t:po .aetoiene = Perlini dott. Renato. - L’opera scien- tifica dell'ing. Antonio Curò - Contribuzione dei Lepidotteri italiani. Alcune rare alla fauna spocie del Monferrato (commen- datore Fortunato Rostagno). » IV. - COMMEMORAZIONE. Richard Bewdler Sharpe capo del dipartimento ornitologico del Museo (conte professore Arrigoni degli Oddi) ec tI RN Britannico in Londra. V. - NOTIZIE Il parto del Canguro. - Congresso in- ternazionale di a Gratz. zione speciale per la storia della Zoologia. (prof. Ugo Vram). « Zoologia tenuto - Creazione di una se- La inaugurazione del Giardino Zoolo- gico in Rema: Discorso del presi- dente del Consiglio d’ Amministra- 360-364 287-288 56-59 285-286 zione, principe D. Fr. Chigi « 364-365-366 VI. - INDICE GENERALE delle materie contenute nel volume XI tion, (pel socio dott. L. Masi). » 60-62 | (XIX colla serie Il) . : . 367-368 Dott. Wilhem Branca. - Der Stand | unserer Kenntnisse von fossilen VII. - ANNUNZI DIVERSI Menschen, Leipzig, 1910.- A qua SULLE COPERTINE punto sono le nostre conoscenze DEI SINGOLI FASCICOLI. Comm. Prof. Antonio Carruccio — Direttore e Redattore resp. Perugia, 1911 - Stab. Tip. Vincenzo Bartelli & C. - Piazza V. E. Anno 1910 (XIX dalla fondazione). i BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA #0 CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE lil SOMMARIO. I. - PARTE UFFICIALE. III. - COMMEMORAZIONE. ‘ } { : D. Ri ) € del .- Sulle condizioni economiche, scieutifiche e one Si Sap edo, dipartimento ornitologico del Museo Bri- tannico in Londra (Notizie comunicate dal socio conte prof. Arrigoni degli (OLII DARE PERO o e E oi . morali della Societa Zoologica Italiana durante l’anno XVIII (1909) della sua esi- stenza. - Relazione del presidente prof. comm. A. Carruccio, pubblicata per vote Vate Luzi fenutasi IV. - RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. in Roma il 6 febbraio rgro nel palazzo della R. Università degli studi . Pag. 1-23 Prof. G. W. Miiller. - Die Ostracoden der deutschen Siidpolar Expedition (pel socio DELE M asi) E GS | I. - COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE V. DEI SOCI. N Processo verbale dell'adunanza gene- ; i rale amministrativa tenuta il 6 feb- 1. Picchi Cecilia. - Un altro esemplare ita- Il braio 1910. — Rielezione dei membri del | liano della Saazcola deserti Riippel. » 24-37 Consiglio Direttivo che scadevano dal- a l’ufficio. | 2. Lepri march. prof. Giuseppe. - Mate- SISI riali per un catalogo degli Imenotteri VI. - ANNUNZI SULL/ INA. e aige Sii CONTI re Giovanni. © Sulla comparsa 1. Sede della Società — 2. Per l’acquisto dei W - i i E i i accidentale del Luvarus inperialis Raf. | Volami dl Bel ciagsSorile (18920920) 3% nei mari dell’isola:-di Gozo (Malta) . » 46-48 5 sa. Seal ra 3 MUSICI CONPOUSEE Te il Consiglio Direttivo nell’anno XIX 4. Carruccio prof. Antonio. - Prime notizie (1910) — 4. Articoli principali dello Sta- su diversi Vertebrati della Jissiozes {Re- | tuto sociale (ripubblicato, dopo la riforma pubblica Argentina), e cenno intorno ad del medesimo nel Volnme I, Serie II, un Coendu prehensilis Lacep . . . » 49-55 | Anno IX, pag. 6-7, 1900). _ . Conto corrente con la Posta -—- Pubblicazione bimestrale (Finito di stampare il 15 aprile 1910). Care AL ST ea & Sede della Società: ISTITUTO e MUSEO ZOOLOGICO, | Palazzo della R. Università degli Studi - Via della Sapienza, ROMA. 2. — I Signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. 3.- MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO XIX Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, special- mente Vertebrati). Senat. D. Guipo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (Orzz/o/ogia). Prof. cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (La/eozoologia e Malacologia). Rag. sig. VirroRIo ZAMBRA — Cassiere (Orzizo/ogia). i CHIGI principe D. FraNcEScO — Consigliere (Orzzfo/ogia). È Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia gezzerale, specialmente 257/0202). Prof. FELICE Mazza — Idem (/Wologia, ecc.). i Prof. GIOvaNNI ANGELINI — Idem (Zoologia gererale, specialmente Orzzitologia). Comm. FortuNnAaro RostAGNO — Idem (Exzomologia, specialmente Zepidotteri). March. prof. Giuseppe Lepri — Idem (Ez/omologia-Ornitologia). Prof. cav. RinaLpo MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. comm. GiusepPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia generale e Ditteri). - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, ap- poggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia ani- male anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, em- briologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che pos- sono interessate gli studiosi. (0a 3. — La Società Èè composta di tre categorie di soci: ° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2 Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio diret- tivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. - Roma, 1g10 — Tipografia Cooperativa Sociale — Via de’ Barbieri, 6. de: . IN IV, Ve VI. . Serie II - Vol. XI. Anno 1910 SALA E VO: TT shardalla tondazigne), . W BOLLETTINO DELLA | SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE II SOMMARIO. I. -:COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE 6, Misuri dott. Alfredo. - Ricerche sulla : DEI SOGI. struttura della coda normale e rigene- rata nella Zacerta muralis, Merr. — Capitolo I. (Osservazioni sulla rigene- 1. Cavazza conte Filippo. - Contributo razione di code ‘semplici. Notizie sto- alla conoscenza della vita e delle abi- riche). CIA, tudini della Donnola (Puforius ziva- VAGO RA Pag 582 7. Vram. prof. Ugo. - Accrescimento e 3 sviluppo del cranio del Cyrocedha/us . Balducci prof. Enrico. - Lo Sferzo- 2 hamadryas. (Con fig.) . . . . » 136-209 metro. Nuovo strumento per la misu- - razione rapida dello sterno degli uc- celli. (Con fig.) . . . . +. . . » 83-86 II. - ANNUNZI SULLA COPERTINA. È i dott. Luigi. -— Notizi i Rettili TESS È EN ii ME 1. Sede della Società — 2. Per l’acquisto loricati*deli R. Museo Zoologico Uni- : 3 o ) soRaO È 5 d Pe 5 dei volumi del Bollettino Sociale (1892-, MEESICAV IO (AI PROMO TG i rgro) I e II Serie — 3. Membri com- 4. Id. id. - Su alcune Cypridae_ raccolte ponenti. il Consiglio Direttivo nel- FARSI A RISSA io 93-96 l’anno XIX (1910) — 4. Articoli prin- 5 cipali dello Statuto sociale (ripubbli- 5. Id. id. - Aggiunte alla collezione ittio- î cato, dopo la riforma ‘del medesimo logica del predetto Museo (Sy728rax- __ nel Volume I, Serie II, Anno IX, chus marmoratus, Bl.) . . . . » 097-102 pag. 6-7, 1900). Conto corrente con la Posta — Pubblicazione bimestrale (Finito di stampare il 25 luglio 1910). ai na tl (hi » Li. UT l'A Vr — Sede della Società: ISTITUTO e MUSEO Z0OLOGICO, Ù 21) Palazzo della R. Università degli. Studi - Via della SIRO ROMA. Pal 2.— I Ce le Librerie, le Società che intendono acquistare | uno 0 più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo modo ne una ag RR AotE 3 De, - MEMBRI ‘COMPONEN TI IL CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO XIX Prof. comm. AntoNIO CarruccIo — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, special- mente Vertebrati). Senat. D. Gurpo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (Orz4/0/0g70). Prof. cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Rag. sig. VirrorIO ZAMBRA — Cassiere (Orzizologia). CHIGI principe D. FrAaNcESCO — Consigliere (Orz/o/ogia). Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia gererale, specialmente 8770207). Prof. FELICE Mazza — Idem (/?Wiodogia, ecc.). i Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoo/ogia gezerale, specialmente Orzzztologia). Comm. ForrunATO Rostagno — Idem (Z7/0720/ogia, specialmente Zepidotteri). March. prof. Giuseppe LEPRI — Idem (£xr/omologia-Ornitologia). Prof. cav. RinaLpo MARCHESINI_— Idem (/stologia generale). Prof. comm. GIusePPE TucciMEI — Idem (Zoologia gererale e Ditteri). - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, ou ap- poggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia ani-. male anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti | dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le 4 comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, em- | briologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che pos- sono interessare ghi studiosi. SR di La Società è composta di tre categorie di soci: ° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, 1 quali pagheranno lire Dieci all’anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio diret- _ tIVo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od 4 altrimenti benemeriti della Società. ? Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini sociali D è, naturalmente, unico responsabile delle idee ed opinioni esposte nel rispet- tivo lavoro. | Roma; 1910 — ‘l'ipografia Cooperativa Sociale — Via de’ Barbieri, 6, SES IL - Vol XI " ii" sa MS AE +9 , Anno 1910 (XIX dalla fondazione) bOLCcETTINO DELLA SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA © Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE HI SOMMARIO. I- COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI. | vi: da, ‘ DE «sità di Roma, . 0... 90 TERE sta sl prof. /7artert) Cavazza conte Filippo - Ancora sulle forme della Loxia curvirosta (Rispo- Pag. 209-224 Masi dott. Luigi - Idrofilidi apparte- nenti al Museo Zoologico della R. Uni- versità di Roma. . . . .-. .. >» 225-237 Id. id. - Diagnosi di alcuni Imenotteri Calcididi. .-..... » De Felice dott. Tito - de visita ‘al Giardino Zoologico di Berlino . . » 238-241 242-257 - .Carruccio prof. Antonio - A propo- | sito dei recenti studi sovra uua nuova specie del gen. e (Talpa romana Oldfield Thomas) . CUISA » Id. îd. - Sovra un raro squalo - Odon- taspis taurus Mill. catturato presso il golfo di Cagliari ed-acquistato dal Museo Zoologico della Reale Univer- 267-272 Id. id. - Su due Phrynosoma Wiegmann. portati vivi individui de gen. dal Texas in Roma ... . » 273-278 Lepri march. prof. Giisone - ‘SA mostra italiana ‘alla prima esposizione 279-284 internazionale di caccia - Vienna 1910 « 258-266 | II. - NOTIZIE. Il-parto del Kanguruh - Congrssso Inter- nazionale di Zoologia'tenuto a Gratz - Creazione di nna sezione speciale per la storia della Zoologia (prof. Ugo Vram). Pag. 285-286 Il. - CENNI BIBLIOGRAFICI. Fortunato. comm. Rostagno - L°opera can ' scientifica dell’'îng, Antonio Curò - Contribuzione alla Fauna dei Lepidot- alcune rare specie del » 287-288 teri itsliani: Monferrato (Dott. Renato Perlini) IV.:--ANNUNZI SULLA COPERTINA. Sede della Società - 2. Per l’ acquisto dei volumi del Bollettino Sociale (1892-1910) Le- Il Serie - 3. Membri componenti il Consiglio Direttivo nell’anno XIX (1910) - 4. Articoli principali dello Statuto sociale (ripubblicato, dopo la riforma del medesimo nel Volume-l, Serie Il, Anno IX, pag. 6-7, 1900). Conto corrente con la Posta — Pubblicazione bimestrale (Finito di stampare il 9 Loves 1910). Wide TOVMI a È e di: Rit tu 5) "i ame RENE. A ; po < SS (e 1. — Sede .della Società : stero. e Musto (DO .OGI 9; i 2. I signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare uno o più volumi del Zo/eztino sociale, è meglio che si rivolgano direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. — MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO. ANNO XIX Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia compa- rata, specialmente Vertebrati). d Senat. D. Guino ORAZIO FALcONIERI Conte di Carpegna. — Mice- ‘Presidente. (Ornitologia). * i Prof. cavî RomoLo MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Rag. sig. VITTORIO ZAMBRA. — Cassiere (Orzz/ologta). CHici principe-D. Francesco — Consigliere (O771%0/0g1a). SCA Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Idem (Zoologia generale, specialmente Briozoi) Prof. FeLICE Mazza — Idem (Z?f0/ogia, ecc.). pa Prof. GrovanNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale, ‘peoinae Ornitologia) Comm. FortunaTo RostAGNO — Idem (ZErtomologia, specialmente Lepidotteri) March. prof. Giuseppe Lepri — Idem (Zrfomologia-Ornitologia). Prof. cav. RinaLDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. comm. Giuseppe Tuccimei — Idem (Zoologia generale e Ditteri). ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della bio- logia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei ‘modi. stabiliti dal regolamento un ZLollettino contenente ‘i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche. d’ indole biologica, ana-. tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. 1 3. — La Società è composta di ‘tre categorie di soci: .* Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 2. Soci straordinari, i quali pagheranno' lire sette annue ; 3.8 Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dio. scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo-. gici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione 0 memoria pubblicata nei Bollettini sociali | è naturalmente, unico responsabile delle idee ed opinioni esposte nel SOI lavoro. Perugia, 1910 —- Stabilimento ‘Tipografico Vincenzo .Bartelli e O. Fasc. XI e XII. Serie II - Vol. XI Anno 1910 (XIX dalla fondazione) BOLLETTINO DELIA SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re. VITTORIO EMANUELE I! SOMMARIO. SI COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI - 4. - Lepri prof. marchi Giuseppe. - Ag- ]. - Masi dott. Luigi - Coleotteri della Famiglia Parnidae appartenenti al Mu- seo Zoologico della R. Università di Roana Pag. 2. - Id. id. - Sovra alcuni Anfibi recente- mente introdotti nel predetto Museo (Gimnofioni e Anuri). . . . . . » 3. - Misuri dott. Alfredo - Ricerche sulla struttura delta coda normale e rigene- rata della Lacerta muralis Merr. (Con- tinuazione). . . ) giunte alla raccolta erpetologica ge- . nerale del R. Museo Zoologico Uni- versitario in Roma (Ofidii delle famiglie Typhlopidae, Boidae, Colubridae' » - 9. - Oscar De Beaux - Il primo 7urdus Sibiricus Pall- catturato in Italia (con una tavola eseguita dall'autore). . » 6. - Rostagno comm. Fortunato e Zap- pelloni dott. Lorenzo - Lepidoptera Faunae Romanae - Fam. Lycaenidae et Hesperidae (Continuaz. e fine). » 7. - Carruccio prof. Antonio - Ancora sul Plautus impennis Briinnich (Museo di Francoforte). Relazione del prof. di- rettore Otto Zun Strassen (con ag- giunte riguardanti l’ esemplare dell’ i- stessa specie regalato al Museo Uni- versitario di Roma da S. M. il Re Vit- torio Emanuele Ill)... /./.. 0. . » oc II. - PARTE UFFICIALE. Relazione del Delegato della Società Zoo- logica Italiana con sede in Roma, pro- fessore Ugo Vram. letta nell’adunan- 289-293 294-299 300-316 317-328 329-332 | 333-350 | 351-354 za scientifica generale tenuta il 27 No- vombre 1910 - Sul Congresso Interna- zionale di Zoologia tenuto a Gratz nell’agosto 1910 Pag. 359-399 III. - RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. Dott. Wilhem Branca (Leipzig 1910). A qual punto sono le nostre conoscenze sull’uomo fossile. (prof._Ugo Vram) » 360-364 IV. - NOTIZIE. La inaugurazione del Giardino Zoologico in Roma: Discorso del presidente del Consiglio d’Amministrazione principe DFrChigi 00 A i 365:309 V. - INDICE GENERALE - delle materie contenute nel volume XI del Bollettino - Anno 1910 (Serie Il). » 367-368 ANNUNZI SULLA COPERTINA. 1. - Sede della Società - 2. Per l’acquisto dei volumi del Bollettino Sociale (1892- 1910) I e II Serie - 3. Membri compo- nenti il Consiglio Direttivo nell’anno XIX (1910) - 4. Articoli principali dello Statuto sociale (ripubblicato, dopo la riforma del medesimo nel Volume I, Serie II, Anno IX, pag. 6-7, 1900). Conto corrente con la (Finito di Posta — Pubblicazione bimestrale stampare il 31 gennaio 1911). e Fao i i: d (ze Ù te 4 x. , x tia î ‘ a ‘ Get ! Z P RN PA y "SA? TS A È ù: K i C) } A e S Naiai piedi ne ta 5 5 ; } A cal, - % ps ast pe Xe Ap : IN si} i si HANOI o i Ù ei x sì sì 4 ì: “ Mi) È x a ) : li : RAT) 3 È a pit PRA a sà "i $ 3 vis nt MR a 4A IO ARIA STA, I Crati à Paliezgi della R Università . 2. — I signori, le i È Società che intendono! uno o più volumi del Zo/lettino sociale, è meglio che si direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno modo. ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. ' ANNO Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO -- Presidente (Zoologia ed Anatomia co 17, rata, specialmente Vertebrati). . Senat.. D. Guino ORAZIO FALCONIERI principe di Carpegna. Falconieri Vice-Presidente (Orzzto/ogia). £ Prof. cav. RomoLo MELI.— Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Rag. sig. VirTORIO ZAMBRA — Cassiere (O7zz/0/0gta). psi: CHici principe D. FRANCESCO — Consigliere E. ) uf. comm. a VATO oi = “idem Erin Fed O, March. prof. Giuseppe Lepri — Idem (En/omologia-Ornitologia). Prof. cav. RinaLpo MARCHESINI — ldem (/sto/ogia generale). Prof. comm. Giuseppe Tuecimer — Idem (Zoologia generale e Ditteri). © 1: ESTRATTI DALLO STATUTO ART. 2. — La Società ha lo SCOpo , di dare istruzioni, consig? appoggi ai e possibilmente aiuti materiali ai cultori della. logia animale anche nelle sue varie applicazioni ; ‘di pubblicare. modi stabiliti dal regolamento un 2o//ettino contenente i resocon delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’ indole biologica, ana ‘. tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica ;. e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. mar: n: 3. — La Società è composta di tre categorie di socia ' Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sole volta ; i Soci straordinazi, i quali pagheranno lire sette annue ; .* Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consigl direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zo0l gici, od altrimenti benemeriti della Società. 1 Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini so NA e naturalmente, unico 2955 DAGLI, delle idee ed opinioni esposte nel risp tti Perugia, iyit — Stabilimento Tipografico Vincenzo Bartelli e C. } 3 i pe % ° ALTE MUNE