dr 4 al IERI SES MECSAT Sa loi LAN \n fait da NANRANAA A E NC Peri mmm PAOEOT ARTI ada AN È A OR OR SA Van MR RA: A ROÀ A ANI È NARA * O È Na % CARDIO re DR NNANARRAA DI \ i \AANARALL ia) RAR PARA — LARE RAT | RARARAA PORARER PA, SNARRARE to » PI (A RARRERA D ARA ANA AA, 2A ALMA nali RRARITAA MM | LA AZANAIL ARA AA n ON A oper NAL ARR ARA AA NANNA ABARAARA AA RR RE AAA. VAN ret MN RR DI x DD ARARERAAaRA A ABAAANAANNAABRA \A} SAARA | NATANAAANA AAA Ra - di aa ANA Mracanani ARAAGA i Selrnas i RoE e. x > 053 > dt. RANA ar A COMETA SREARAARA RANONAA ARARE "aa: RA ARAN NANNA MAD RARA A GRAR Seven SR NAARR a PAANAN APAANANAA AN N AMA Ta \ A RARAARAZZA IAA MARA ANNAR NA ARRE NNANAANARARARRAA RAI a >», DI A APARNAANAANANA \ Vi AAA PARA sy VR R\ AMARA AA MI dai PA N Lu Pane a IMM rn N Fia PORRO RAIN A AAA MOANA \RAMs TERA NADA À PA NONO na Ano RARA ci N99 e \SRRRAT NA nà 0A NRAARA OARRNARA NOE ANALAR DÒ s ANNA Nr; Ri Ì | £ ; P î \fe (@' 7 A Sa Virna ROLO È VARA AAAARA Na RARA ANANRA ARAN AA A MANNA. AA "AANCO ARRAA sar i RCA ANA ARIA AG RON AnD. ERRATA A a: ONE NANA PRNTARNO , acari sil Sasa n ti è ; n; cala Bei APART tale i ma VIA gia chi 50 ine db x n ) as $ Librarp of the Museum OF COMPARATIVE ZOOÒLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. DALAI nn ezio pfnah Alti È he nplicli ef ela} lea a lf Vas Nd i UTI Nd riga x r % 4 to x SIR Stra ergo scie A i ll ASI x SI È *% V Ì pù, ha TS Mx iù A) SE i \ sa e ds BOLLETTINO SOCIETÀ ADRIATICA SENZE NATURALI IN TRIESTE REDATTO DAL SEGRETARIO AVS T.0 VIERTHALER VOLUME DECIMOQUARTO TRNESS'T E TIPOGRAFIA DEL LLOYD AUSTRIACO Sw 1893. en) Re La Società Adriatic NOTIZIE INTERNE È I Ù ASME, NL È Di ° J Ù A NRE MAY 12 1893 DEDUTA DEL CONETRE S SORGE NERAIITE RENUTO:.IL209, GENNAIO» 1893: Presiede, in sostituzione del Presidente Dr. Biasoletto, impedito da malattia, per anzianità dei Direttori presenti, il Sig. Eugenio Pavani. Constatato il numero legale, il Presidente rivolge alcune pa- role di ringraziamento agli intervenuti e dichiara aperta la seduta. Concede la parola al Segretario, Prof. A. Vierthaler, per ri- ferire sulle agende sociali. Il Segretario prende la parola: Onorevoli Signori, Il 5 Maggio di quest’ anno, venne rapito ai vivi il nostro socio onorario Augusto Guglielmo de Hofmann. — Sono decorsi appena quattro anni dacchè il Congresso generale della nostra So- cietà volle partecipare alle onoranze fatte al Hofmann nell’ occasione del suo settantesimo genetliaco. — Ancora nell’ Aprile di questo anno il settuagenario, robusto e giovanile di pensiero, fu ospite di Trieste, ed in unione alla gentilissima sua Consorte ed alla figlia, volle ammirare le meraviglie sotterranee del nostro Carso, a San Canziano. CS VA PAIA Oggi m’incombe la triste missione di tesservi un breve ne- crologio di questo gigante della scienza chimica, il di cui nome sta appresso a quelli di Berzetius, Liebig, Wéòhler, Bunsen, Dumas, Reignault, Faraday e Graham ! Hofmann vide la luce l 8 di Aprile del 1818 a Giessen, nel- l’Assia, città nella quale suo padre fu Architetto di quell’ Univer- sità. — Educato con squisita cura, assolvette gli studî ginnasiali e volle anzitutto dedicarsi allo studio della giurisprudenza. Per cagione di una lunga convalescenza del padre, che ri- chiese un soggiorno prolungato in un clima meno rude, il Hof- mann, in compagnia d’ esso visse per quasi un anno a Bologna, ove frequentava le lezioni giuridiche. — Da quel soggiorno nel- l’Italia gli rimase per tutta la vita l’amore verso la terra italiana, per quei costumi e verso quelle genti. — Infatti la maggioranza delle sue ferie il Hofmann le passò in Italia e dal 1882 fece spesso soggiorno a Trieste. — Il più bel documento di questo suo amore verso gli uomini illustri dell’ Italia, è indubbiamente la sua Bio- grafia del Sella. Nel 1836 vediamo il Hofmann, reduce dalla Germania, in- scritto nella Facoltà legale dell’ Università di Giessen. — Gli studî aridi del diritto creato dall’ uomo come barriera fra l’ uomo sin- golo verso la massa componente la specie umana, non arrisero al geniale giovanetto ripieno ancora dello splendore di luce, dei con- torni artistici e della vita energicamente pulsante che egli ebbe la fortuna di scorgere nell’ Italia. — Se il caso non avesse diretto il titubante principiante nella carriera scientifica sulla via della Chi- mica, il Hofmann sarebbe divenuto un artista! Infatti sono classici modelli di stile, di forma e di plasticità tutti i ricchi scritti lasciati dall’ illustre chimico Hofmann. Fu il Liebig, conoscente del padre di Hofmann allora nel suo apogeo, a Giessen e fu Liebig che indusse il giovane a cam- biare la toga cogli apparati destinati allo scrutinio ed all’esplora- zione della natura! —- Il Liebig, unitamente a Dumas, avevano già allora aperta una larga via perfettamente orientata nel campo dap- prima ignoto della chimica organica. — E col sacro fuoco della passione giovanile, vediamo entrare il Hofmann nella già aperta via. Il laboratorio chimico di Giessen fu allora l'alta scuola di chimica esperimentale, alla quale accorsero aspiranti da tutte le parti della terra. — VI — Nel 1840 il Liebig si vide costretto ad erigere un laboratorio filiale, per poter corrispondere al sempre crescente affollamento della gioventù studiosa. La direzione di questa filiale venne affidata a Will ed al posto di Assistente, da questi finora occupato, venne chiamato il Hofmann La scintilla quasi magica uscita dall’impulso in contatto col sommo maestro, cadde sul genio latente del giovane Hofmann e come stella assorgente al suo orizzonte, stella che poi con inspe- rato fulgore accompagnò tutto il suo avvenire, comparve l’idea di scegliere come materia di studio quel miscuglio denso, nero e ca- rico di aromi acuti : il catrame del carbone fossile! Infatti, i primi lavori indipendenti del Hofmann, nel 1845 divenuti dissertazioni inaugurali, furono gli studî sulle basi volatili del catrame. Dallo studio di queste basi la scienza esatta trasse di poi il materiale per la costruzione di un intero edificio nella teoria chi- mica, che tutti conoscono sotto la denominazione di Chimica delle combinazioni aromatiche. — E dalla scienza venne poi fecondata l'industria, la quale sovranamente si sviluppò nella fabbricazione dei svariatissimi colori più o meno direttamente derivati dal catrame. Nel 1845 il Hofmann si abilitò presso 1° Università di Bonna e scelse, seguendo le orme di Liebig, la chimica agricola come materia delle sue lezioni libere. — Quasi contemporaneamente il Principe Alberto d’ Inghilterra, il Mecenate dell’arte e della scienza, in unione ad altre personalità cospicue della Granbrettagna, idearono di fondare una Società chimica con annesso laboratorio da svilup- parsi secondo la organizzazione dell’ Istituto chimico di Giessen. Dopo un carteggio fra i reali dell'Inghilterra con Liebig, Bunsen e Mitscherlich, venne posto in vista il giovane Professore Hofmann come la persona più adatta alla creazione del nuovo sta- bilimento scientifico. — La decisione non era ancora presa; essa venne però accelerata da un episodio quasi da romanzo. — La regina Vittoria, seguendo l impulso della donna amante, volle fare una visita all’ ambiente dell’ Università di Bonna, ove Alberto aveva vissuto durante il periodo dei propri studî! — 1 locali già abitati dal Principe erano presi a pigione dal chimico Hofmann, il quale, oltre alla sua modesta dimora, vi aveva installato il suo laboratorio privato. Comparvero i reali, e dalla visita dell'ambiente, si sviluppò una lezione estemporanea di chimica esperimentale e poco dopo — VII — era deciso che il Hofmann si dovesse trasferire a Londra per ivi or- ganizzare il laboratorio chimico. Ebbe allo scopo un permesso di mesi; ma i mesi divennero anni e 20 anni soggiornò il Hofmann a Londra, brillando colle sue scoperte, col suo insegnamento e col suo consiglio scientifico quale astro di primo ordine al , Royal College of Chemistry, divenuto non molto dopo, istituzione dello Stato. Nel 1862 il Hofmann fece ritorno in Germania. — Sebbene chiamato alla cattedra di chimica a Bonna, seguì immediatamente la sua nomina a Berlino dopo la morte di Mitscherlich. Nel 1868, per iniziativa del Hofmann, venne creata la Società chimica tedesca, società la quale per la mazionalità ed ubicazione dei soci, si può chiamare con tutto diritto, internazionale. Non è qui il luogo per citare tutti i lavori e tutte le scoperte del Hofmann, ciò equivarrebbe a voler iniziare un corso intiero di chimica organica. Il Hofmann ebbe la fortuna di un raro dono intuitivo nel suo insegnamento, collegato al fascino della sua parola e della sua persona. Fortunatamente ci sono conservati i suoi metodi d’in- segnamento nella ,Introduzione allo studio della chimica* e nei sContributi all'esperimento chimico“, inseriti negli annali della So- cietà chimica tedesca. Nel 1888, quasi come presentimento della non lontana sua morte, comparvero 3 volumi con biografie, scritti in memoria. di amici già trapassati, ricordanti Liebig, Wéhler, Dumas, Kirchhoff, Wurtz, Graham, Magnus, Fehling, Pebal, Mendelsohn-Bartholdy, Quintino Sella, Bieft, Oppenheim. Che ad un uomo come Hoffmann non mancarono le ono- ranze, è cosa superflua a ricordare. — Accenno soltanto che egli era commendatore della Legione d'onore! — Dall’ Imperatore Fe- derico gli venne conferita la nobiltà ereditaria, e calda ammiratrice, gli conserva ancora oggi affetti di grande estimazione la vedova imperatrice Vittoria, giù sua scolara durante il suo soggiorno in Inghilterra. — Fra le molte decorazioni che lo distinsero non posso fare a meno di ricordarne una italiana, perchè collegata ad un gra- ziosissimo aneddoto, Il Hofmann era durante il soggiorno in Inghilterra in corri- spondenza scientifica continua con Quintino Sella, il quale distin- tissimo cristallografo, volentieri si prestò a descrivere ed a misurare o le molte combinazioni cristalline scoperte dal Hofmann. ‘Tratta- vasi di cristalli di basi fosforo - amminiche; la cassettina col pre- zioso suo contenuto, che tante volte aveva fatto il viaggio fra l'Inghilterra e l’Italia e viceversa, un dì fece attendere il suo ri- torno. Era nel 1860. Lo stampato del manoscritto era pronto, ma mancavano le illustrazioni cristallografiche. Finalmente giunse la cassettina e con essa la lettera accom- pagnatoria, nella quale il Sella scrisse che gli avvenne la disgrazia di esser stato fatto ministro e che perciò il suo goniometro riposa coperto da polvere. Spera però che i santi inevitabili, spediti as- sieme ai cristalli, possano dare un po’ di consolazione per | in- solito ritardo della spedizione. Le parole incomprensibili riguardo ai soliti santi, si spiegarono appena dopo aver aperta la cassettina. Essa conteneva un piccolo involto coll’ ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, offerto per cura del ministro italiano allo Scienziato tedesco. Chi, come io, ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Augusto Guglielmo de Hofmann, essere stato per ore ed ore in sua compagnia, sa come la sua conversazione fosse ricca di ricordi, di fatti e di apprezzamenti della più schietta filosofia fondata sulla benevolenza! Quei giorni che mi era concesso di passare con lui, erano per me i momenti più felici di tutta la mia vita! La Società chimica tedesca pensò di commemorare in modo imperituro la memoria del suo fondatore colla creazione del ,Hof- manns-Haus£ — un domicilio per l’esercizio sociale di tutte le scienze naturali. La vostra Direzione decise di contribuire nel modesto limite de’ suoi mezzi con un invio di 50 marchi. Se per l’importanza dell’ illustre decesso più a lungo mi do- vetti occupare con accenni riguardanti la sua vita, non meno dolente sono di dovervi dare comunicazione della morte di altri nostri soci, distinti scienziati e cospicui cittadini. L’anno 1892 fu fatale per la nostra Società. Furono colpiti dalla morte: il Barone Felice Thiimen, insigne micologo e collaboratore del nostro bollettino ; 2 A il commendatore Giuseppe Defacis, Presidente dell’ i. r. Tri- bunale d’ appello, già Presidente della Sezione preistorica della nostra Società, specialmente amante e cultore di questo novello ramo delle scienze etnografiche. l’egregio Avvocato Antonio Dr. Vidacovich; l'Avvocato Augusto Dr. de Hochkofler ; e finalmente il Dottore A/berto Levi, distinto agronomo ed iniziatore dei metodi razionali di viticoltura, di enologia e di bachi- cultura nel Litorale austriaco. Onorevoli Signori! V’invito ad onorare la memoria di questi nostri soci rapiti dalla morte, colla vostra alzata. *_ Ora però è tempo di ritornare ai vivi ed alla vita della nostra Società. Fanno parte di essa: 7 Soci onorari $$ corrispondenti e .228., effettivi Si contraccambiano gli stampati con 225 Società, fra le quali vanno annoverate le più distinte Accademie : 41 nell’Austria-Ungheria 57 nella Germania 34 nell’ Italia rr nella Svizzera 4 nella Francia 7 nel Belgio i nel Lussemburgo 3 nei Paesi Bassi 8 nell’ Inghilterra i nella Danimarca 3 nella Svezia-Norvegia 5 nella Russia glo ac pg r nel Portogallo i nell’ Egitto 16 negli Stati Uniti 12 negli altri paesi dell'America 5 nell'Asia (Bombay, Calcutta, Batavia, Shanghai, Yokohama) 5 nell’ Australia DIZIA Per cura dell’ instancabile nostro condirettore Prof. Michele Dr. Stenta, la biblioteca sociale, ormai una fonte ricchissima per gli studî naturalistici, trovasi in ammirabile ordinamento e disposta in modo che l’attingere alle singole memorie riesce facilissimo ai cultori della scienza. Alacremente procedono gli escavi preistorici a S.ta Lucia ed a Caporetto per cura del chiarissimo Direttore Cario Dr. de Marche- setti, e quanto prima seguirà l’ edizione riccamente illustrata, con- tenente la descrizione sui risultati conseguiti negli escavi accennati. Conferenze scientifiche ebbero luogo: Due. -—- Cenni storici sul tabacco — per cura del Sig. Pavani. Due. — Sulla necropoli di S.ta Lucia -- per cura del Dr. C. Marchesetti. Una. — Cenni critici sul Weis — per cura del Sig. Pavani. Una. — Sul Primorje dalmato — per cura del Prof. Ad. Stossich. Due. — Sulla Trasmissione elettrica — per cura del Prof. de Job (sospesa finora per cagione dell’infuriare della bora) Per il bollettino vennero consegnate le monografie: Prof. Michele Stossich. — Continuazione degli studî elmintologici. G. B. Vallon. -- Contribuzioni allo studio sopra alcuni uccelli delle nostre paludi e della marina. Prof. Aug. Vierthaler. — Analisi chimiche di alcuni oggetti di S.ta Lucia. Era intenzione della Vostra Direzione di partecipare, rappre- sentata dal Sig. Antonio Valle, al Congresso antropologico-zoologico tenutosi nell’anno decorso a Mosca, però, causa il fatale morbo asiatico, non potè aver luogo l’ideata partecipazione. — XII — Siccome nell’anno sociale decorso cadde il quarto centenario della scoperta dell’ America, la Vostra Direzione si diede operosa- mente allo studio del come festeggiare in modo degno la ricor- renza. — Per evitare che commemorazioni analoghe avessero a scemare la solennità della festa ideata, si fece invito alle so- cietà più anziane, la ,Minerva“ e l’, Agraria“, per unirsi, allo scopo di porgere un ramoscello d’alloro da parte della Trieste scientifica al grande ligure Cristoforo Colombo. — Sorse un co- mitato composto dalle tre società ed in merito di questo potè aver luogo la solenne Commemorazione di Cristoforo Colombo il 12 Ottobre 1892 nella Sala della Borsa, gentilmente concessa e degnamente addob- bata con fiori e sempreverdi dall’ ispettore alle piantagioni Rai- mondo Tominz, previo consenso del Magnifico Signor Podestà Dr. Pitteri, il quale come primo cittadino caldamente appoggiava la solennità commemorativa. La seduta venne aperta con una breve allocuzione del Sig. Tanzi, Vicepresidente della , Minerva“, quindi si mise il Sig. Ven- drame con maestria indicibile a declamare gli splendidi versi di Riccardo Pitteri: Cristoforo Colombo*. Calmatasi la frenesia di giubilo, il Prot. Michele Dr. Stenta lesse un capolavoro di studio storico su Cristoforo Colombo è la scoperta dell’ America. Più tardi, in seno alla nostra società, dedicò all’ occasione il Sig. Eugenio Pavani il bellissimo suo ricamo letterario, che porta nome: ,Cenni storici sul tabacco“. La solennità era riuscita splendidamente. Grandissima fu 1’ ac- correnza dei cittadini, anzi tanto grande, che moltissimi dovettero ritornarsene per l'impossibilità di poter trovare nemmeno un mi- nimo posticino. — L'unica nota discordante era la mancanza di spazio. Circa nello stesso tempo che si festeggiava la ricorrenza sto- rica, pervenne alla Presidenza una lettera gentilissima da parte del Marchese Palphy di ‘Teano, addetto alla Legazione d’ Italia a Caracas in Venezuela, già chiamato a far parte della Commissione — XII — italiana di Etnologia ed Archeologia alla prossima esposizione di Chicago. — Il Signor Marchese Palphy offriva alla nostra Società il suo concorso del tutto gratuito, proponendo d’inviare notizie su tutto ciò che sarà rilevante nei varî congressi che si formeranno jin Chicago nell'occasione dell’ esposizione internazionale. La Vostra Direzione accettò la gentile offerta e si rivolse a Sir G. R. Davis, Direttore generale dell’ Esposizione Colombiana, comunicandogli la nomina del Signor Marchese a corrispondente della ,, Società adria- tica di Scienze naturali in "Trieste. — Ebbimo in contraccambio da parte del Direttore generale, l'assicurazione che il nostro rap- presentante scientifico verrà accolto coi segni della massima con- siderazione. Infine m’ incombe il dovere di porgere caldo ringraziamento alla pubblica stampa, la quale in ogni occasione venne incontro con simpatia agl’ interessi della nostra associazione. Chiudendo la mia relazione, mi permetto anche in questa occasione di raccomandare alla nuova Direzione che verrà eletta quest’ oggi, l’idea già coltivata per lo addietro, che la Trieste scien- tifica proceda unita! — Allorquando questa idea prenderà forme plastiche sotto la mano di qualche nostro Prometeo, le tante asso- ciazioni scientifiche, tuttora esistenti, potranno procedere alla crea- zione d’una specie di Ateneo, di un domicilio degno per l’ opero- sità scientifica delle varie Società, le quali professano in uno od in altro ramo il culto del progresso sulla via del pensiero. Il Presidente invita il Sig. Direttore Carlo Dr. de Marchesetti a riferire sull’ operosità della Sezione preistorica. Relazione sugli scavi preistorici eseguiti nel 1892. Se anche gli scavi praticati nell’anno testè decorso non ebbero l'estensione di quelli dei precedenti, tuttavia anch’ essi ci diedero notevoli accrescimenti, rivelandoci parecchi documenti ignorati della ia nostra paleo-istoria. IL’ esplorazione principale ebbe luogo a Capo- retto, ove si scoperchiarono altre 60 tombe, che. ci fornirono una bella serie di oggetti, i quali aggiunti a quelli fornitici dalle ante- riori esplorazioni, ci dànno un quadro eloquente della coltura del- l'antico popolo che fioriva in questa vallata alpina. Mercè gli scavi di quest’ anno si constatò un’ ampiezza maggiore del cimitero che s’ estendeva fino alla sponda dell’Isonzo, ove tuttavia le tombe paiono essere più scarse e più povere. Interessante fu il ritrova- mento d’ un coltello di selce in una tomba fornita di oggetti di bronzo, caso che sebbene si sia riscontrato in molte altre necropoli, riesce però del tutto nuovo nelle nostre regioni, ove pure si aper- sero più di 7000 tombe. Quest’ anno mi fu pur dato di scoprire il luogo ove si ergevano i roghi per abbruciare i cadaveri. Esso giaceva sur un terrazzo un po’ inferiore dell’ Isonzo, però a pochis- sima distanza dalla necropoli. Vi si rinvenne grande quantità di car- boni misti a cocci e bronzi, e sopratutto copiosi resti di animali incombusti, quali buoi, cavalli, pecore e maiali. In una gita di esplorazione per la vallata superiore del Nati- sone, si constatò | esistenza di un castelliere sulla collina isolata di Sant’ Elena presso Sedla, sebbene le successive fabbriche ne abbiano quasi totalmente distrutte le tracce. Meglio conservato è il castel- liere di Robig, ove con buon successo furono fatti alcuni assaggi, d’onde trassi parecchi oggetti interessanti, riferibili all’epoca del bronzo, identici a quelli che raccolsi nella sottostante vasta caverna, che mi propongo di esplorare maggiormente, Sebbene il numero delle tombe aperte a S.ta Lucia non fu che di sole 30, tuttavia la messe fattavi, se non per quantità, è pregevole per qualità. Vi primeggia una bella perla di vetro, fog- giata in forma di testa virile barbuta, la cui tecnica ci dimostra in modo evidentissimo la sua provenienza fenicia. Vi si raccolsero inoltre altre grandi perle policrome, un ago a forchetta, parecchie fibule, tra le quali una ad arco semplice fornita di moltissimi pen- dagli, una situla di bronzo, ece. Nella necropoli di S. Pietro al Natisone! mi riuscì di sco- prire altre 16 tombe, che, sia per costruzione che per le aggiunte, dimostrano grandissima affinità con quelle della vallata dell’ Isonzo. ! Vanno rese grazie al Sig. A. Miani per avermi gentilmente concesso di scavare sur un fondo di sua proprietà. Non -vi mancano nemmeno i grandi ossuari cordonati, e le fibule ad arco semplice ci offrono la particolarità del riccio bilaterale, co- mune a Caporetto ed a S.ta Lucia, ma ignota a tutte le necropoli più meridionali. Varie furono le ricerche fatte nei castellieri dell’ Istria, come in quello di S. Spirito presso Cittanova, ove apersi alcuni altri tu- muli, appartenenti ad un periodo più arcaico, in quelli di Villa- nova e di S. Dionisio al Quieto, che mi fornirono oltrecchè numerosi cocci e resti d’animali, anche parecchi oggetti di bronzo, in quello di Leme, interessante per i fittili disegnati, in quello di Vermo, ove m’imbattei in un piccolo lembo di necropoli non ancora ro- vistata, in quello di Draguch, di Cernotich, ecc. Gli scavi intrapresi in una grotta presso Permani, nel Carso liburnico, se anche mi diedero interessanti resti dell’ Ursus spelaeus, intorno ai quali ebbi già a riferire nella nostra Società, non mi ri- velarono alcuna traccia dell’uomo trogloditico, mentre da quelli fatti nella vasta caverna di S. Romualdo, non solo trassi prove non dubbie dell’ esistenza di quella fiera, ma raccolsi pure una ricca serie di cocci vagamente ornati. Infine mi piace ricordare che gli scavi già da parecchi anni iniziati dalla benemerita Società alpina austro-germanica nella ca- verna di S. Canziano vennero attivamente proseguiti dal Signor Marinitsch, nostro egregio collaboratore. accrescendosi notevolmente la raccolta paletnologica di questa interessante stazione. Pongo fine a questa mia succinta relazione, porgendo le più vive grazie al patrio Municipio, che a mezzo della mostra Società Adriatica, validamente sorregge le esplorazioni preistoriche della nostra provincia, lusingandomi che anche per l avvenire questo appoggio non ci verrà meno e ci permetterà di trarre dall’ oblio ancora molte ed importanti pagine del nostro lontano ma non in- glorioso passato. Il Signor Pavani, in qualità di Cassiere sociale prelegge poi: il Resoconto sociale per l’anno 1892 ed il Preventivo per l’anno 1893. Introito Esito | | I. Civanzo Cassa risultato alla chiusa Î REAiittoniocaliadellagS'oGetal e ee e | cellfannoni Sort. de ee, ) If. 027|—- 2. Emolumenti e mercedì: : SOR | AVATCUSOAI TM Ia DR GATTO IMC AR ISO CIA RR | TIdo ) : - ; eo | | b) per riscossione canoni _. . .|, 41|50|, agi: | 2 n . . ee . ceca a JA | 3. Interessi: | SMiStfampe, litografie e' incisioni i a) del capitale fondazionale Tom- | 4. Spese di cancelleria: calefazione, illu- | IP IGI OA A i 00 A E RR LAST 0) 9] minazione, oggetti varî, copie ecc. | . | | x ) » . ” . . € | = . . ® | | b) di 8 cartelle del Credito fondiario |, 23/90|, 569) 90 do Legatura co ae Cad Une aS | ; ; | EE 2] | UMSPSs sposta ltesno leer a» | 4. Contributo per conservazione del giar- | q. Sicurtà Mw 7 IM AL ; | dino botanico-farmaceutico: | SI Bollibpertquietanzenne. ea . | a) dal Comune per l’anno 1892 . I. 100 —| OMCONSEnvazione Nm ob ee | b) dal Gremio farmaceutico p. 1891 |, 100] —|, 200 —|| 10 Conservazione del giardino botanico- | | ‘ : a a) LATEST Ot e RS E | 5. Contributo comunale per studî di an- BE Ir. Studî di antropologia e preistoria | fropolosiaNe preistoria ene. . [ngi ODO a (VIBREsocontoss peciale) SE sta l|ooi opa DOO i | 12. Straordinarie ed imprevedute: | a) per la festa pel IV centenario | | della scoperta dell'America .|f. 81|02| | | SE | b) rifusione spesa gita a Cormons |, 2| 29] | — c) per 5 viglietti d’ingr. al veglione si | ca | organizz. dalla Lega nazionale |, I] NS | | È c s 5 = d) per 2 ghirlande per i defunti | | | | RISO per aquisianzene ode ao odo 3 14 x Di 260 3 9 &; dI na ESITI | $ - . . . . | 5. Rifusione spese per festività e pub- | 10. Conservazione giardino botanico e | | blicazioni pel IV centenario della | | fanmaceutieo n ku, a 0 ON 00 È | | | scoperta dell’America: | II, Studî di antropologia e preistoria . |f. 0600) . | \ ; ION | $ R | a) dal Gabinetto di Minerva. . .{|, 100 — | PerstaltriM/st idee e ZIO AVA | b) dalla Società Agraria . . . .|n 100 —|, 200) —|| 12. Varie ed imprevedute . . . . .|. - | PRRNO (610) il SO TIA 2730] 95 Somma . . .|{. |. |- 541497 | Ino OR I O 2770:92 | | PIISANANZO RTRT a OTO Î | che verrà coperto col civanzo del 1892. [ANNI | | | || | | | | | BIT Ivg SA Aperta la discussione, nessuno avendo preso la parola, si di- chiarano approvati il resoconto ed il preventivo. Il Presidente chiede, se qualcuno dei Signori Soci avesse da fare qualche mozione su questioni sociali. Non avendo preso nessuno la parola, si passa all’ ultimo punto dell'ordine del giorno, all’ elezione della nuova Direzione per la durata di un biennio. Sono invitati i Signori Prof. Postl, Seemann e Prof. Dr. Farolfi ad assistere allo spoglio delle schede Riescono eletti i Signori : Presidente : Biasoletto Dr. Bartolomeo Vicepresidente : Marchesetti Dr. Carlo Segretario : Vierthaler Augusto Prof. Cassiere : Pavani Eugenio Direttori : Benussi Dr. Bernardo, Prof. Brettauer Dr. Giuseppe Friedrich Dr. Francesco, Prof. Graeffe Dr. Edoardo Job de Emanuele, Prof. Merlato Dr. Adriano Perhauz Giovanni, Prof. Pervanoglù Dr. Pietro Stenta Dr. Michele, Prof. Stossich Adolfo, Prof, Tominz Raimondo Valle Antonio te Ta) dti ES ì i È ì i fili x o» ; = | A K É *. 2. Claus Dr. Carlo, prof. Vienna. 3. Graff Dr. Lodovico, prof. Graz. 4. Haeckel Dr. Ernesto, profess. Jena. 5. Heller Dr. Camillo, prof. /nns- bruck. 6. Virchow Dr. Rodolfo, profess. Berlino. 7 Wiesnersy Dr. ., Giulio, -profess. Vienna. . Canizzaro Dr. Stanislao, prof. . Accurti Giuseppe, prof. ELENCO dei Membri della Società Adriatica di Scienze naturali in Trieste alla fine dell’anno sociale 1892 Soci onorari. Roma. CONI . Brusina Spiridione, prot. Soci corrispondenti. ZLa- gabria. . Ciamician Dr. Giacomo, prot. Padova. . Dal Sie Giovanni, prof. Verona. Kornhuber Dr. Andrea, prof. Vienna. . Lanzi Dr. Matteo, medico pri- mario. Roma. Lovisato, prof. Sassari. . Luciani cav. Tomm. Venezia. . Sennoner Adolfo. Vienna. Soci effettivi residenti in Trieste. . Alber Augusto cav. de Glan-| statten. . Alberti Emilio conte de Poia. DLE Allodi Rodolfo. Artico Dr. Giovanni. 6. Baldo Giovanni, prof. 7: Begna Antonio. 8. Benigher Dr. Nicolò. SO RISI 9 IO ASTI UE QQ DR Su (SS) 'D ATE 2. . Benvenuti Silvestro, prof. . Bonavia Edoardo. . Brettauer Dr. Giuseppe. . Brisker Enrico. . Brugnaller Antonio. . Brumatti Avtonio, prof. . Brunner Dr. Massimiliano. . Burgstaller cav. Giuseppe de | . Cambon Dr. Alfredo. . Camus Ernesto. . Ceconi Anna, maestra. . Cesare Alessandro. . Claich Michele. . Costa Alfonso, prof. (SO) U DB 9 N . Covacevich Giovanni. . Cristofolini Cesare, prof. . Daninos cav. Dr. Angelo. . Dase Julius. | . Defacis Carlo, Cav, i. r. Con- | Benporath Dr. Giacomo. Benussi Dr. Bernardo, prof. | Biasoletto Dr. Bartolomeo. Boara Dr. Francesco, direttore | dell’ ufficio edile. Bohata Dr. Adalberto. Bidischini. Cambon Dr. Luigi, avv. Cambon Ugo Caracari Aristide. Carara Giacomo, dirigente Castiglioni Dr. Arturo. Cofler Dr. Attilio. Cortina Ernesto, prof. Costantini Dr. Achille, proto- fisico. sigliere. Dejak Cristiano. Deputazione di Borsa. SIIT ZI ur a DIN — Dessenibus Vincenzo, ing. . Dompieri Dr. Carlo. -. Richelter Giov prof . Escher Dr. Teodoro. . Faber Alfonso. . Faber Carlo. . Fabris Dr. Gioachino. . Farolfi Dr. Vincenzo, prof. . Feriancich Dr. Enrico. . Filippi Augusto, farm. . Finazzer Giovanni. . Fontana Carlo. . Frauer Emilio. . Friedrich Dr. Francesco, prof. . Galatti Giorgio. . Gandusio Zaccaria, dirigente del Magistrato. . Ganzoni Carlo. . Garzolini Giuseppe, dirigente. . Geiringer Dr. Eugenio, ing. . Gelcich Baldassare, cap. 3. Gentilomo Oscar. . Gialussi Pietro. . Graetfe Dr. Edoardo. . Gregorutti Dr. Franco. . Grignaschi Emilio, prof. . Guastalla Dr. Eugenio. . Guttmann Enrico. . Guttenberg cav, de Ermanno, i. r. ispettore forestale pro- vinciale. Gvozdanovich Tommaso. . Hausenbichler Dr. Augusto. Henke Silvino D. Hochkofler de Sig." Mary. Hortis Dr. Attilio. . Huber Enrico. lanovitz Dr. Edoardo, avv. . Idone cav. Domenico. — XXIII — Jeklin Edoardo. (116. Minas G. . Jeroniti Norberto. 117. Mitrovich Bartolomeo, prof. Job de Emanuele, prof. 118. Monti Ovidio, cap. Jones Pietro, Prof. 119. Morpurgo Dr. Eugenio. . Klodich-Sabladovschi cav. de) 120. Morpurgo baronessa Nina. Antonio, i. r. ispettore sco-| 121. Morteani Edoardo, prof. lastico prov. 122. Musner Giuseppe. . Kugy Dr. Giulio. 123. Nazor Dr. Giuseppe, prof. Kugy Paolo. 124. Nicolich Dr. Giorgio. . Lanzi D. Alessandro. 125. D’'Osmo Dr. Davide. . Laudi Dr. Vitale, prof. 126. Pardo Dr. Leone. Lauro Francesco. 127. Pardo! ©* Luigi. Lazzarini Giovanni, prof. 128. Pardo-Buzolich Maria Anna. . Levi Dr. Carlo. 120. Pascoletto Nicolò Damaso. . Liebman Dr. Carlo 130. Pavani Eugenio. . Liprandi G., farmacista. 131. Pellegrini cav. Luca. - Lorenzetti: Dr. Ettore. \ 132. Peressini Giovanni, prof. . Lorenzutti Dr. Lorenzo. 133. Perhauz Giovanni, prof. Loser Dr. Edoardo. 134. Perhauz Giacomo. 5. Pernecker Giacomo, prof. Lunardelli cav. Dr. Clem., avv. | 13 3 . Lutschaunig Vittorio, prof. | 136. Pertot Dr. Simeone. . Luzzatti Dr. Giuseppe. \137. Pervanoglù Dr. Pietro. o. Luzzatto Dr. Attilio. (138. Pettener Giovanni, maestro. . Luzzatto Rattaele. 130. Petritsch Francesco. Luzzatto Dr. Moisè. 140. Picciola Giovanni Antonio, Lyro Rodolfo, cons. farmacista. . Machlig cav. Felice. | 141. Piccoli Dr. Giorgio, avv. . Machlig Pietro, farm. 142. Pichler cav. de Carlo. . Manussi cav. Dr. Alessandro. | 143. Pick Dr. Edoardo. Marchesetti de Dr. Carlo. |144. Pigatti Andrea. Marin Simeone. 145. Pinter Dr. Adolfo. Marinitsch Giuseppe. | 146. Pitteri Dr. Ferdinando, Massopust cav. Ugo. | Podestà. Mauroner Leopoldo. 147. Pitteri Dr. Riccardo. Mazelle Edoardo, prot. | 148. Pizzetti Pietro, prof. Menegazzi Eugenio. \149. Pienker Bar. de Giorgio. . Merli Dr. Antonio. 150. Pollitzer Alfredo. Merlato Dr. Adriano. | 151. Porenta Dr. Ugo. . Miklaucich Giuseppe. 1152. Pospichal Eduardo, prof. v9I N . . . Postl Adolfo, prof. . Pozzetto Dr. Guido. . Presel Mario. . Pulgher Dr. Francesco. . Quarantotto Dr. Giuseppe. . Ralli bar. Paolo. . Ravasini Angelo. . Reinelt bar. Carlo. . Renner de Osterreicher Enr. . Revelante Felice, dirigente. . Richetti Edmondo. . Richetti Dr. Ettore, avv. . Righetti Dr. Giov. cav. ). Rosenzweig Ferdinando. . Rota Giuseppe. . Sandrinelli Dr. Pio, prof. . Sartorio de Giuseppe. . Saunig Don Edoardo. . Scalmanini Giovanni. . Schell Dr. Alessandro. . Schivitz M. V., ing. . Schnabl Federico, ing. . Seemann Rodolfo. . Sencig G B., maestro. . Serravallo Dr. Vittore. . Skerle Giuseppe. . Simoni Dr. Giorgio. . Slataper Luigi. . Stenta Dr. Michele, prof. 1182. Stossich Adolfo, prof. | 183. Stossich Michele, prof. 184. Stransky Francesco. 185. Suppan Erminio, prof. 186. Suppancich Dr. Michele, prof. 187. Suttina Antonio. 188. Suttina Girolamo. 189. Suvich Pietro. ‘190. Tedeschi Dr. Vitale. \191. Tedeschi Vittorio. 192. Tominz Raimendo. 193. Tommasini Dr. Antonio cav. 104. Tonicelli Dr. Giacomo, avv. 195. Turck Dr. Andrea. | 196. Ursich Giov., prof. | 197. Valle Antonio. | 198. Venezian Dr. Felice. 199. Vettach Gius., direttore gin- | nasiale. 200. Vierthaler Augusto, prof. 201. Vio Arturo, ing. 202. Vlach-Miniussi Benedetto. 03. Welponer Dr. Egidio, prof. 1204. Wranitzky Gustavo. 05. Zalateo Giovanni. 1206. Zampari Dr. Edoardo. 207. Zavagna Enrico, i. r. ispettore. 208. Zenker cav. Antonio. 1209. Zenker Antonio, prof. Soci effettivi residenti fuori di Trieste. . Bizzarro de Dr. Paolo. 5. Ebner de Ebenthal Natalis, Gorizia. i. r. consigliere ministeriale. Bolle Giovanni. Gorizia. 6. Giaconi Andrea. Comisa Carbucicchio G., farmacista. | (Lissa). Pola. 7. Giunta provinciale dalmata. Cleva Dr. Giov. Dignano. Zara. — XXV — S. Giunta provinciale istriana. |13. Rizzi Dr. Lodovico Pola. Parenzo 14. Rizzi Nicolò. Pola. o. Gregorutti Dr. Carlo, avvoc.|15. Salvetti Antonio. Pirano. Fiumicello. 16. Schiavuzzi Dr. Bernardo. Pola. 10. Gremio farmaceutico Gorizia. | 17. Vallon Graziano. Udine. 11. Haenisch Ricc. ing. Zara. | 18. Vranyczany de bar. G. Fiume. 12. Museo provinciale. Gorizia. 19. Zallocortas, farm. Atene. , dl i si A fi e: i N Meer Me Dagli: 4 aut Ù cu ipa tà ef i indagate a { Ul ; I j SE i; î n io1 0 ui s It | A ter i du ì TL i ì di i 93) VISTI | f TI UNI iii L' Ì SRI ; hà ti FIARDO 4 ] - ' J 4 Ria; A hi Ì I. do (S Ai ( 9. Zoolog. Institut. LISLOR . Naturforschender Verein. . Musée national de Hongrie. . I. R., Società Agraria. $. Naturwissenschaftl. Verein. . Siebenbirg. Verein fiùr Natur- | Società colle quali si gode lo scambio degli stampati Austria. Bistritz. K. Gewerbeschule. Briinn. Budapest. Tek. Magyar tudomanyos aka- demia, ungar. wissenschaftl. Ge- sellschaft K. M. Termeszetter domany Tarfulat. Gorizia. Grax. Hermannstadt. wissenschaft. Innsbruck. Ferdinandeum fir Tirol und | Vorarlberg. 10 Klausenburg. Magyar névénytani lapok. Laibach. . Krainischer Musealverein. Linz. Verein filr Naturkunde in Oesterr. o. E. Parenzo. Società archeologica istriana. Praga. K. bòhm, Ges. schaften. der Wissen- Rovereto. I. R. Accademia degli agrari. Spalato. . Museo archeologico. Trento. Consiglio provinciale d’agri- coltura pel Tirolo ,Sezione Trento”. 20. © 99 109 (I i . e) uI N 40. 4T. 42. . Unione stenografica triestina. . Ospedale civico (Resoconto). da . K. k. Militàr-geogr. Institut. SRG Serajevo. Direction des bosn.-herzegov. | Landes-Museums. Trieste. | Società agraria. Museo Ferd. Massimiliano. Museo civico d’antichità. I. R. Osservatorio metereolo- gico. Società pedagogico-didattica,. Società degli architetti ed in- gegneri. Società alpina delle Giulie. Vienna. Akademie der Wissensch. K. k. geograph. Gesellschaft. K. k. geolog. Reichsanstalt. K. k. zoologisch-botanische Gesellschaft. K. k. ©sterr. Gradmessungs- Bureau. k. museum. naturhistorisches Hof- Oesterr. Fischerei-Verein. Wissenschaftlicher Club. Verein z. Verbreitung naturw. Kenntnisse. Zagabria. Hervatskoga arkeologickoga DruzZtva. Kroatischer naturwissenschaftl. Verein, Narodni zem. Muzei. XXVIII (S Ai . Germania. Altona (Hamburg). Naturwissenschaftl. Verein. Augsburg. Naturhistorischer Verein. Bamberg. Naturforschende Gesellschaft. Berlin. K. pr. Akademie der Wissen- schaften. . Botan. Verein der Provinz Bran- denburg. . Gesellschaft fiur Anthropologie, Ethnologie u. Urgeschichte. Bonn. Naturhistor. Verein der preuss. Rheinlande. Braunschweig. Verein f. Naturwissenschaften. Bremen. Naturwissenschaftl. Verein. Breslau. Schlesische Ges. f. vaterlind, Cultur. Verein deutscher Studenten. Cassel. Verein fiùr Naturkunde. Chemnitz. Naturwissensch. Gesellschaft. Colmar. 56. Société d' histoire naturelle. Danxig. 57. Naturforschende Gesellschaft. 60. Darmstadt. | 58. Verein fùr Erdkunde. \70 Dresden. | 59. Naturwissenschaftliche Gesell- | 71 SChatto Isis. | Erlangen. | 7 Di | 73 60. Physikalisch-medicinische So- | cietàt. | Frankfurt a. M. | (74 61. Seckenberg. Naturforscher-Ge- i sellschaft. |dIE [796 Frankfurt a. O. | 62. Societas litterae. 6 isa Frauenfeld. | 63. Thurgauische Naturforschende | Gesellschaft. E AE Freiburg (Breisgau). 78 64. Gesellsch. fir Befòrderung der | Naturwissenschaften. 79 Fulda. | 65. Verein fiir Naturkunde. | 18 Giessen. | i 66. Oberhessische Gesellschaft fiir Natur- und Heilkunde. | ES, 8I Gorlitz. | 67. Oberlausitzische Gesellschaft | der Wissenschaften. | 82 68. Naturforschende Gesellschaft. | Greifswald (Pommern). Naturwissenschaftlicher Verein fiìr Neu-Vorpommern und Rilgen. . Geographische Gesellschaft. Halle. . Kais. Leopold. Carol. Deutsche Akademie. 2. Verein fur Erdkunde. . Zeitschrift fir die gesammten Naturwissenschaften. Hamburg. . Verein filr naturwissenschatftl. Unterhaltung. Naturhistorisches Museum. Hanau. Wetterauische Gesellsch. f. die gesammte Naturkunde. Hannover. Naturhistorische Gesellschaft. . Gesellschaft fiùr Mikroskopie. Heidelberg. . Naturhistorisch-medicinischer Verein. Jena. Medicinisch-naturwissenschafît]. Gesellschaft. Karlsruhe. . Naturwissensch. Verein. Kiel. . Naturw. Verein f. Schleswig- Holstein. Kònigsberg. sellschaft. Leipzig. Naturforschender Verein. Liineburg. Naturhistorischer Verein. Magdeburg. Naturhistorischer Verein. Mannheim. 87. Verein fir Naturkunde. Miinchen. 88. K. bair. Akademie d. Wissen- schaften. Miinster. 89. Westphil. Provinzial - Verein firm Wissenschaften. Niirnberg. 90. Naturhistorische Gesellschaft. Offenbach a. M. or. Verein fur Naturkunde. Passau. 92. Naturhistorischer Verein. Regensburg. 93. Zoologisch-mineralogischer Verein. Riga. 94. Naturforscher-Verein. Sondershausen (Thiiringen). 95. Botanischer Ver. ,Irmischia£. Physikalisch-6konomische Ge- TOO. IOT, 102. I 108. Stuttgart. Verein filr vaterlind. Natur- kunde: Wirttemberg. Wiesbaden. Nassauischer Verein f. Natur- kunde. Wiirzburg. Physikalisch-medicinische Ge- sellschaft. Zwickau. Verein fiur Naturkunde. Italia. Arezzo. R. Accademia Petrarca di scienze. Bologna. Accademia delle scienze dei- l’ Istituto. Catania. Accademia Gioenia di scienze naturali. Firenze. Società entomologica italiana. R. Museo. Genova. Società di lettere e conversa- zioni scientifiche. Museo civico di Storia nat. Società ligustica di scienze naturali e geografiche. Lucca. Accademia di scienze, lettere eduarti. 100. LIO. 112. 114 nacao 116. F32. 23. Milano. | Restistituto Lombardo: di|.125. scienze e lettere. | 126 127. Modena. 7 125. Società dei naturalisti. R. Accad. di scienze, lettere ed arti. | 120. Napoli. NEGRE : 130. Accademia di scienze fisiche e matematiche. R. Istituto d’incoraggiamento 3 131 alle scienze naturali ecc. DEG Società africana. Società di naturalisti (ex Mo-| 3, nastero della Sapienza). Padova. Società veneto - trentina di scienze naturali. T95% Palermo. R. Accad. di scienze, lettere ed arti. 134. sl naturalista Siciliano *. Atti del collegio d’ ingegneri , 25 ed architetti. L99, Società di acclimazione. Parma. 208 Bollettino di paletnologia. Pisa. Società malacologica. Società toscana di scienze|137. naturali. Portici. sAgricoltura meridionale“. 138. Roma. R. Accademia dei Lincei. R. Comitato geolog. d'Italia. R. Accademia medica. Rassegna delle scienze geo- logiche in Italia. Siena, Società di naturalist!. di scienze Rivista italiana naturali. Venezia. Civico Museo Correr. Verona. Accademia d’agricoltura, arti e commercio. Svizzera. Aigle. Société murithienne du Valais. Basel. Naturforschende Gesellschaft. Bern. Gesellschaft fitr die gesammten Wissen- Schweizerische schaften. Allgemeine schweizerische Gesellschaft filr Naturwissen- schaften. Frauenfeld. Schweiz. naturwissenschattl. Gesellschaft. Graubiindten-Chur. Naturforschende Gesellschaft. — XXXII — Lausanne. Nimes. 130. Société helvétique de sciences | 151. Société d° étude des sciences naturelles. naturelles. 140. Société Vaudoise. È Ùi Paris. Neufchatel. 152. Société de Géographie. I a A . 2 x . 7 . 141. Société de sciences naturelles. | 122. Journal de micrographie. 5 154. Société zoologique. St, Gallen. 55. Redaction de la feuille des 142. Naturwissenschaftliche Gesell- jeunes naturalistes. schaft Rochechouart. Schaffhausen. 156. Société — Les amis des 143. Société entomologique suisse. sciences et arts. Rouen. Francia. 157. Société nationale de sciences Amiens. naturelles. 144. Société linnéenne du Nord de ° Belgio. la France. 5%, Bruxelles. Béziers. 158. Acad. R. des sciences, lettres 145. Société d’études de sciences et beaux-arts. naturelles. cha dave: 1509. Société entomologique de Caen. Belgique. . 3 6 SME A I È Di 146. Acad. national des sciences,|!°° Société malacologique de arts et belles lettres. È Belgique. i 161. Société R. de botanique de Cherbourg. Belgique. 147. Société nationale des sciences 162. Société belge de microscopie. naturelles. Liège. Lione. 163. Société geolog. de Belgique. 148. Société botanique de Lyon, | 164. Société R. des sciences. 149. Société des sciences, belles lettres et arts. Paesi Bassi. Nancy. Amsterdam. Dì 1 150. Académie de ,Stanislas“. 165. Académie R. des sciences. 166. 168, 1609. 170. I71I. . Société Néerlandaise de Zoo- | Harlem. Soc. hollandaise des sciences, | Leide. logie. Danimarca. Kopenhagen. Académie Royale. Lussemburgo. Louxembourg. Institut Grand Ducal. Inghilterra. Belfast. Natural history and physical Society. Dublino. Royal Society. Edimburg. Royal physical Society. Glasgow. . Naturalhistory Society. Geological Society. Liverpool. . Biological Society. London. Royal Society of Sciences. . R. Microscopical Society. XXXIII | ISI. 182. 183. 184. 185. 186, Russia. Dorpat. . Naturforschende Gesellschaft. Ekathérimbourg. . Société Ouralienne d’amateurs des sciences naturelles. Helsingfors. . Finska Vetenskaps Societeten. Moscou. K. Gesellschaft der Natur- forscher. S. Petersbourgh. Académie imp. des sciences. Svezia - Norvegia. Cristiania. Kong Norske Universitet. Goetheborg. Kong Vetenskap. od. Vitterh. Samhailles. Stoccolma. Kong Vitterhets Historie och Antiquitets Akademien. Portogallo. Lisbona. Commissao Central perman. de geographia. 188. 189. 190. 194. 195. Egitto. Cairo. . La Khédiviale de géographie. Indie inglesi. Bombay. Indo-portuguese numismatic Society. Calcutta. Asiatic Society of Bengal. Shanghay. China Branch of the R. Asiatic |: Society. Indie olandesi. Batavia. . Kon- Natuurkundige Vereeni- gung f. nederlind Indié. Giappone. Yokoama. . Deutsche Ges. filr asiatische Forschung. America. Baltimora. . Biological laboratory. Boston. Society of natural history. Buenos Ayres. Academia nacional de cien- cias. XXXIV Cambridge (Massachussetts). 196. Museum of comparative Zoo- logy at Harward’s College. Chapel Hill. 197. Mil. Scientif. Society. Charlestown. 198. Elliot Society. Cordoba (Rep. Argentina). 199. Acad. nacional de ciencias. Filadelfia. 200. Acad. of natural sciences. Halifax. 201. Institut of nat. science. Messico. 202. Sociedad csentifica Montreal (Canadà). 203. Natural History Society. 204. Geological a. natural history Surwey. 205. Toronto-Canadian Institut. New- Orleans. 206. Academy of Science. New- York. 207. American Museum of natural history. Rio de Janeiro. 208. Observatoire impérial. 209. Instit. historico-geographico et ettnographico do Brasil. 210. Museo nacional. ni S. Francisco (California). 211. Academy of sciences. S. Josè. 212. Museo nacional. S. Louis (Missouri). 213. Academy of sciences. 214. Historical Society. Raleigh. 215. Elisha Mitchell Society. Santiago (Chilì). 218. 210. Deutscher wissenschaftlicher 222. Verein. Tacubaya (Messico). 217. Observatorio astronomico nacional, 1225) 224. DIA | Trenton. Nat. history soc. Washingto n. . R. S. Coast. Survey office. . Smithsonian Institution. Australia. Melbourne. Soc. of nat. hist. Sidney. R. Soc. of New-South-Wales. Australian Museum. ‘irustees of the Australian Museum. Australian Association for the advancement of sciences. INCONCGIE DI So TOFORO COEOMBO EReSÙdeE NFEL OTTOBRE DEL MDECEXxEli Pa) (3 cs@l9o a NO A COMMEMORAZIONE DI Bri TOFORO COLOMBO TENUTA IL 12 OTTOBRE 1892 NELLA SALA MAGGIORE DELLA: BORSA PER CURA DELLE SOCIETÀ DI MINERVA, AGRARIA ED ADRIATICA DI SCIENZE NATURALI % De CS P) PI m N Ù è » 11 7 + î dd T, de Ve» i —e A Ò dat) n 1 } ui du: La Ù » * alia — » È, Il Jr i e, Ù La DI 3 Da 1a i RA ” o hi ha E) n ” RT i Pe O Me pianali mi ni. A Creo FORO COLOMBO VMEESR.S] DI RICCARDO PITTERI Unus erat mundus; duo sint, ait iste: fuere. GAGLIUFFI g | Tontie le vele a l’ intentata via i Dell’ Oceano favoloso, snelle (Guizzano tre leggere caravelle: Prima e più audace va Santa Maria. Lungi, da poppa, digradando al giallo Mattutino vapor come oltre un vel, Par si ritragga il vecchio Portogallo : S' apre dinanzi il mare ampio ed il ciel. Il cielo e il mar lun |’ altro ricorrenti Via per la solitudine infinita: Sola, male augurante orma di vita Un gabbiano turbina ne’ venti. Delle rotte balzanti onde al rimbombo, Fiso lo sguardo nell’ immensità, Su la tolda Cristoforo Colombo, Alta l ardimentosa anima, stà. Folle lo chiama con burbanza antica Salamanca togata e lo dileggia, Folle! fischia l’ invidia, a laurea reggia Ahi, troppo nota e lusingata amica: E s'ei pur tien tre navi per la gloria Di conquistare un nuovo mondo al re, È del tenace mendicar vittoria, Giusta vittoria del pensier non è. Ora lassù nella beata siesta Della dolce cattolica Isabella Fan, beffeggiando, del Catài novella I cortegiani col cappello in testa. Ed han di brame le pupille accese Quando Gonzalo assevera che un di Un monte d’oro di quel bel paese Si venderà per un maravedì. Ahi nuova terra! da le tue montagne Coronate di selve e nevi eterne, Da Vl’alleganie tue fonde caverne, Da’ fiumi azzurri delle tue campagne Brillerà, prezzo di mercato infame, Tra l'oppressione ed il servaggio, l’ or, Macero l’ uno di torture e fame, Pingue l’ altra di molli ozî e tesor! E gemerà con le catene al piede Un popolo non reo, sepolto vivo, Mentre su con la croce e con l’ olivo Le orrende pire accenderà la fede. Così cupido e crudo il mondo antico Al novo mondo la sua legge da. Oh! tu lo narra, imtrepido Cacico, Come ei faccia pagar la civiltà, Ma non Colombo a l’anelata via Si spinge per libidine d’ impero: Reca la mite maestà del vero, Dolce simbol d’ amor, Santa Maria. E verrà dì che da le rie procelle Si vedran, nuove pleiadi, salir L’ arco del ciel quarantaquattro stelle Libertà radianti a l’ avvenir. Corre Santa Maria. Già bieca intorno Move la ciurma ed agita le braccia, Nè più val la preghiera o la minaccia, Chè i riluttanti vogliono il ritorno. Pur non trema Colombo: alto sul ponte Ei forte crede perchè forte sa, E, data a’ venti la sdegnosa fronte: La terra, sclama, o sciagurati, è là. Corre Santa Maria. Più non risponde L’aspro timone a la nervosa mano, Già s' oppongono al grande capitano, Con la scettica Europa, i cieli e l’ onde. Ma un grido erompe per l'immenso spazio, Un grido, un grido d’ infinito amor: Signore onnipossente, io ti ringrazio! — Nuota su l’ acque un ramoscello in fior. Ecco alfin, dopo tanta ansia di mare, In fondo a l’ orizzonte, con le prime Di nebbie avvolte desiate cime, La bruna striscia della terra appare. Oh! schiudano i potenti emuli piene Di calunnie le mani incontro a te, Ti paghi con gli oltraggi e le catene L’ingiustizia del popolo e dei re. a LE E invano! Su l'età trista ed acerba Più bello e grande ed inclito il tuo nome Si risolleva, o Genovese, come Oltre le nubi 1’ aquila superba; E Italia nel perenne monumento -- Cristoforo Colombo — ‘a seriver va Tra Galileo signor del firmamento E Dante vate dell’ eternità. Trieste, 12 Ottobre 1892. fuccarpo PirteRI, — uao soa È “us E : | di DISCORSO COMMEMORATIVO Un uom della Liguria avrà ardimento All’incognito corso esporsi in prima: Nè '1 minaccevol fremito del vento, Nè l’inospite mar, nè il dubbio clima, Nè s' altro di periglio o di spavento Più grave e formidabile or si stima, Faran che ’1 generoso entro ai divieti D' Abila angusti l’ alta mente acqueti. Tasso, La Gerus. lib. c. XV. str. 81 Se è vero, che la riconoscenza dovuta ad un grande benefattore dell’ umanità si possa lealmente manifestare nella straordinaria comune esultanza, che in questi giorni echeggia per le città di popoli civili, anche noi, aperta l’anima ad uguale sentimento, entreremo nel coro dei festanti. — Se 1 omaggio postumo ad un martire di crude peripezie, ordite 0 compiute dalla materialità di profani contemporanei, possa significare ammenda, anche noi il nostro risentimento uniremo all’ uni- versale, deplorando l'ingiustizia fatta al propugnatore d'una potente idea. E perchè l’imtendimento di noi tutti, raccolti all’ odierna solennità, com’ è informato a nobile sentire, così sia pure con- forme al postulato della coscienza e verità, noi renderemo onore a Cristoforo Colombo ricordando le egregie cose da lui immaginate e compite. Lode piena e meritata coglierebbe sicuramente chi del- l’immortale Ligure avesse ritratto appieno il carattere, e come da lui derivasse uno dei più forti incentivi all’'umano incivili- mento: e credo sia lecita la speranza, che in un secolo inda- gatore, come il nestro, egli trovi finalmente lo storico autorevole e spassionato quale gli s' appartiene. — Considerate le notizie incerte, spesso contraddittorie di tempi passati e le opinioni così divergenti di scrittori moderni intorno un argomento di tanta importanza, io commetterei un’ irriverenza imperdonabile, se presumendo di me volessi eccedere i limiti d’ una modesta commemorazione di Colombo. La mia prestazione anzi non mira ad altro che a corroborare la gentile disposizione d’animo e verso lui in voi, o signori, cui trasse qui non già l’aspettazione di novità, bensì il desiderio di raffermare tutti uniti il sentimento di venerazione verso un grande infelice. Per ciò che mi sono proposto mi sarà guida la storia; la leggenda, pregevole per ettetti lirici od altrimenti artistici, non aggiungerebbe nulla alla gloria di lui: come non aumenta il pregio del solitario nella cerchia di minori gemme. AI crollante ordine feudale, allo sfasciarsi del potere gerar- chico, che avevano sostenuto l edifizio sociale cristiano nel medio evo, il XV. secolo sopravanza colla ferocia d’ ambiziose autocrazie, grandi e piccole, e colla prepotenza d’un abuso, che fu detta la ragione del più forte e del più astuto, onde crebbe materia per il ,Primcipe* di Niccolò Machiavelli. Vi albeggia, è vero, l’idea nazionale: ma la nobilissima manifesta- zione avviene tra lo scoppio d’odî selvaggi, tra sanguinosi conflitti, che qui fermarono il trono d’un Carlo VII e la fama di Giovanna d’Arco, là atterracono il prestigio dell’ autorità sotto le mazze dei fieri Ussiti. In mezzo all’ orgasmo universale le anime bennate trovano asilo nel tempio della scienza e dell’arte; immerse nella medi- tazione del vero e del bello, sembrano quasi ignare del profano tumulto; e da questa sola pacifica gara d’ eletti ingegni il se- colo bellicoso ritrae, come in compensazione, il rinascimento, onde prima in Italia, erede privilegiata di reliquie classiche, poi altrove lVumano pensiero si scioglie dalle pastoie dello scolasticismo, ed in Firenze risorge bella e serena l'età di Pericle. Tali essendo le tinte caratteristiche del quattrocento, nes- suno vi ravviserebbe sulle prime le necessarie condizioni favo- revoli alle idee ed ai fatti di Cristoforo Colombo. Ed è per quella strana proprietà della natura dell’uomo di appassionarsi, diremo per esempio, ad una sola truce azione di Cesare Borgia più che non alle dotte elucubrazioni di tutti gli umanisti insieme, che la scoperta dell’ America parve alla moltitudine quasi effetto d’una ispirazione miracolosa; ed il buon umore, per eliminare alle corte una molesta incognita, si piacque di compendiare nell’aneddotico uovo tutto un complesso di con- dizioni positive, date in quei tempi, le quali mossero l’intelli- genza e la volontà d’un privilegiato mortale e ne accesero ia facile immaginativa a tentare un problema novello. Grande pro- blema davvero, e per la sua semplicità, e per la perseverante energia dimostrata dall’ autore nel cercarne la soluzione, e per le conseguenze che a quattro secoli da esso derivano. Siccome i fatti memorabili, pietre miliari sul lungo tramite del progresso umano, non sono che la risultante d'un viluppo di cause, direi quasi d’una mirabile interferenza di energie maggiori e minori, ne consegue, che per bene comprendere un certo risultato bisogna aver prima messo in chiaro debita- mente i fattori che lo hanno prodotto. Applicando noi questo modo al tema del giorno, ci converrà di rivedere le circostanze in cui Cristoforo Colombo visse e lavorò; e ciò fatto l’opera di lui ci verrà come una necessaria conseguenza di date pre- messe. L'ammirazione poi, che scaturisce dal nostro animo impressionato dal grande avvenimento, sarà più sincera, più pregevole, più degna dell’eroe, perchè prodotta da intelligente disamina della sua opera. Dal principio delle crociate all’età delle scoperte corre non interrotto un pensiero, che prima esile, appena latente nel- l’esuberante idea religiosa, coll’andare del tempo prende vigore e finalmente soverchia la originaria tendenza di quella pia età: lo chiameremo il pensiero mercantile. Alla solenne radunanza di Clermont (1095) chi mai poteva prevedere che 1’ entusiasmo delle miriadi sarebbe un dì spento dalla ponderazione aritme- tica di lucri materiali, — che l ardire delle sacre legioni avrebbe incamminato in Terrasanta l accorta speculazione del mercatante -— che dalla reciproca avversione dei cristiani e dei maomet- tani sarebbe poi risultato l accordo di pacifiche operazioni commerciali tra fedeli ed infedeli? Eppure così fu. Ma è naturale che ciò avvenisse, perocchè un’ esaltazione, anche se nobilissima, non può durare più in là d’ un certo tempo, e dura tanto meno quanto prima ci fallisce l'intento, mentre la reci- procità di vantaggi materiali lega facilmente gli uomimi qua- lunque si sia la loro nazione e la loro credenza. Non è opportuno di documentare qui l’ognora crescente intensità del pensiero mercantile suddetto nelle crociate, prim- cipalmente da quella dei Veneziani in poi, i quali a Costantino- poli stabiliscono l'impero latino, come pure fattorie e colonie nelle terre del vecchio dominio bizantino, tutto ciò in onore dA di San Marco, realmente in pro del decoro politico e dell’ inte- resse economico della republica. Mi basti soltanto d’ asserire cosa provata da altri, che la più durevole, la più imponente conseguenza delle crociate fu l'ampliamento dei commerci tra l'Oriente e l’ Occidente in ogni riguardo; dirò dunque l'aumento del numero e della quantità degli articoli, l’ estendersi delle vie di comunicazione per terra e per mare, l’accorrere sempre maggiore come di persone così d’associazioni ad un lavoro, che richiedeva slancio e tenacità, ed apportava ricchezza; onde il ceto cittadino, in passato la cenerentola della società, oramai serrato in falange compatta impone al blasone non solo nel- l’ordine sociale, ma con esso gareggia anche nel campo del- l'autonomia politica. Per usare una similitudine direi, che se innanzi le crociate il movimento commerciale tra i litorali euro- pei e quelli del Levante erano un mediocre finmicello, dopo le crociate ed a cagione delle medesime esso divenne un im- ponente fiume reale, che, diramandosi dappertutto, apportava insolita prosperità. Siffatta corrispondenza vastissima d’interessi tra popoli numerosi ed eterogenei era consolidata su vie stabili di mare e di terraferma. Importanti rotte marittime partivano da Barcellona, Marsiglia, Pisa, Amalfi, le principali da Genova e da Venezia: grandi flotte di navi onerarie, scortate da ben armate galee, andavano di conserva a deporre e pigliare mercanzie nei porti di Barberia, d'Egitto e Soria; e le due potenti rivali italiane ricercavano gli scali del Mar Nero, accanitamente di- sputandosi il monopolio, quasi argonauti redivivi, instancabili nella conquista del vello d’oro. Pari alacrità, favorita spesso anche dalla propria industria, regnava nei centri danubiani Vienna, Ratisbona ed Ulma e nelle vicine Augusta e Norimberga, nelle città sul Reno e delle Fiandre, e sopra tutto nelle novanta città dell’ Hansa, cui il bisogno di sicurezza insegnò la concordia e la mutua assistenza contro le minacce feudali. Continuazione delle vie marittime erano le strade battute dalle carovane attraverso | Asia citeriore fino all’ India, ove abbondavano spezie e legni coloranti, seta e perle, gemme ed oro. Da Tana alla foce del Don per la Persia ed i Tartari la via settentrionale s’inoltrava sino a Pechino; la meridionale da ori Alessandria, passando la Soria, Bassora e Tebris entrava diret- tamente nell’eden dell’ India. 1 principi tartarici proteggevano i forestieri nelle loro operazioni concedendo pasaggio sicuro e privilegi, e appoggiati dal Gran Can di Mongolia salirono in fama i fratelli Niccolò e Maffeo Polo e più di tutti Marco, il figlio di quello, che, avendo attraversata tutta 1’ Asia (1271—1295) descritte le cose vedute e magnificate specialmente le terre del Cataio e l'isola di Cipango, aggiunse nuovo stimolo al rigoglio commerciale e contribuì essenzialmente ai problemi tanto mer- cantili che geografici, che in appresso verranno tentati. Ma i tempi cangiarono, e venne il giorno in cui non fu più possibile di somministrare materia sufficiente alle esigenze dei consumatori, cresciute anch'esse durante un secolo di vivere attivo e florido. Sì levò un uragano dalle steppe turaniche — antica residenza del malefico genio Ariman — ed infuriando verso 1 lidi del Mediterraneo dalle contrade levantine spazzò le carovane, come dal Ponto Eusino il sollecito naviglio dei latini: furono le orde nomadi dei Turchi che annidaronsi nelle dimore altrui; si presero le sostanze di popoli maomettani civili, ma ricusarono l eredità d’un lavoro lucroso e negarono persino la tolleranza alle ingegnose imprese dei loro vinti. Conquistatori feroci, temuti ancora più da quando un ordina- mento militare li rese disciplinati, recisero il saldo vincolo commerciale, che legato aveva le più lontane parti della terra conosciuta allora. L'Europa sente il contraccolpo funesto e s'allarma. Io non dispongo di prove statistiche nè di numeri che vi informino anche approssimativamente dei danni recati alle piazze d’ Occidente; ma voi li stimerete bene pensando alle fatali crisi economiche dei nostri trempi, qualora il flagello della guerra o d’un’ epidemia abbia interdetta la libera circo- lazione soltanto in pochi centri di attività produttiva. Alla prostrazione da noi seguì la reazione. Il risentimento questa volta non si manifestò nella forma solenne dell’ entu- siasmo religioso simile a quello veduto allora che altre orde turchesche avevano oppressa Terrasanta; e la natura degli oggetti perduti giustifica la differenza. Come ricuperare il cessato vantaggio di grossi interessi materiali, fluenti e rifluenti nelle terre dei popoli civili? Non c'è che un mezzo: andare dall’ Europa direttamente all’ India per la via di mare . — 16 — È con ciò abbiamo enunciato il problema della scoperta di tale via, pensiero questo che nutrì il desiderio di molti, ed affa- ticò la mente di pochi eletti per la durata di circa due secoli. Nè lo scioglimento s' addimostrò tanto facile. Le cose rimpiante aumentano di pregio; questa è una vecchia sperienza. Così Il mdia perduta predicavasi regione d’inenarrabili ricchezze, un Ofir, un Eden certamente; e dovi- zioso più di Creso diverrebbe colui che più direttamente potesse arrivarci e cogliere a sno agio il sempre lucido oro e le gemme scintillanti. — Ma giacchè una specie di zelo vuolsi ‘assodare o anche giustificare con altra specie, 1 fautori del nuovo pensiero piangono l'esito infelice delle crociate per ciò che riguarda il motivo religioso, e non si stancano di predi- care il trionfo del cristianesimo in quei lontani paesi, ma paesi di miscredenti, conquistati che fossero; al più ferventi sorride poi la sommità del paradiso terrestre, sito in quell’ estremo oriente secondo una vecchia leggenda medioevale. Così il desiderio di lucro mondano legittimano coll’idea, spirituale. Siffatte aspirazioni bastarono ad iniziare gli uomini alla fatica delle scoperte. Rare furono da principio le imprese, ed i navigatori non giungevano lontano, 0 soccombevano ad infor- tunio non previsto. Ed invero non si poteva allora presumere, ligi come s'era all'autorità di precetti antichi, che un primo venuto sfidasse impunemente il periglioso oceano di là dei riguardi che segnò Ercole, come il poeta chiama la grande porta dlel Mediterraneo; e forse i più prudenti al principio del secolo XIV. stimavano inattuabile ciò che il subitaneo desiderio di molti aveva azzardato come opera sicura. In questa opinione mi ferma la versione dantesca sull’ ultimo viaggio d’ Ulisse, il quale mai più ritornò a rivedere Itaca e la sua fida Penelope, ma periva coi compagni in un turbine, lontano lontano, alla vista d'una montagna bruna, egli vittima d’una folle brama. Quanta analogia tra questa avventura, che è descritta nel canto XXVI. dell’ ..Inferno“, e la triste sorte toccata ai due fratelli Vivaldi ed a Teodisio Doria, i quali nel 1285 o forse nel 1291 con due galere armate a Genova erano usciti da Gibilterra in cerca d’una via marittima per l'India nè mai più fecero ritorno! — Ma l'infortunio di costoro non trattenne in seguito altri dal ritentare la prova; ed ogni nuovo cimento aumentava negli ardimentosi la confidenza coll’ oceano. Tanto è vero, che intorno al 1800 navigatori genovesi trovarono le Canarie, e verso il 1330 una spedizione portoghese, visitato il detto gruppo d’ isole, ritornava a Lisbona con prodotti e gente che vi ebbe rapita. Nel 1541 due navi bene armate ed una barca da Lis- bona in cinque giorni arrivarono alla stessa destinazione sotto il comando di iecco genovese e del fiorentino del Tegghia; e l'equipaggio componevasi di Genovesi, Fiorentini, Portoghesi e Castigliani. Prima della metà del secolo XIV. fu scoperto il gruppo di Madeira, evidentemente da navigatori italiani, se il suo primiero nome .insula do legname“ trovasi sulla carta ca- talona del 1375 e soltanto più tardi venne in uso l’ equivalente termine portoghese. Anche le Azore furono in quei torno sco- perte da Italiani. Tutti questi fatti provano l’ardire marina- resco e l’ abilità nelle lontane ricerche dell’ oceano. Un celebre storico disse, che quando un’ età è matura a novelle creazioni tutte le forze convergono in un punto, per cui s' accelera anche l’ ottenimento del successo : il radunamento e la cooperazione delle forze costituisce il genio dei tempi, il quale affretta il compimento di grandi imprese. E la verità della sentenza viene provata nel secolo NIV. da tutto quello che fu fatto nella ricerca della via per l’ India, da quello che indeliberatamente s’ottenne nella scoperta d’isole e di parti di continente con una perseverante pratica del mare. Quel genio dei tempi aleggiò dapprima ed a lungo sulle marine del Portogallo, alimentando il vigore delle popolazioni e la munificenza di principi saggi perchè s’ accudisse alla grande opera. Come è necessario ad un’ era importante, qui le circo- stanze favorirono l’uomo, e luomo alla sua volta resse il de- stino; onde viene, che l’intante Enrico il Navigatore, terzo- genito di Giovanni I. ed il re Giovanni II. (1481-1495) rap- presentano quel memorabile capitolo della storia portoghese, che preparò il seguente dominio della nazione nelle vaste co- lonie dell’ Asia meridionale sotto Emmanuele il grande. L’ af- fluire di forze straniere collaboratrici nell’assunto geografico- commerciale prova il fervore. che mettevano nell’ esecuzione dell’idea; sono forze italiane, la maggior parte Liguri, in fama allora d’abilissimi uomini di mare, e che per ciò si collocavano 2 Ca MOLE facilmente in altre marine del Mediterraneo, in Francia ed in Inghilterra. Nè credere questo affaccendarsi limitato al puro bisogno materiale della navigazione, chè allora anzi si moltiplicano i portolani, e persone versate nel calcolo e nel disegno sulla fede di notizie pervenute dagli esploratori apprestano carte nautiche, fondamento indispensabile in quei tempi agli ulteriori sempre più lontani viaggi, a noi preziosissimi documenti per lo studio del passato e misura delle cognizioni geografiche nel secolo delle scoperte. Trovate una volta le isole suddette rimpetto l’ Africa, nuovo problema, subordinato però a quello della via marittima per l India, è la scoperta e conquista della Guinea, che di nome era conosciuta sino dal principio del secolo XV. dalle notizie d’ un monaco spagnuolo, il quale pretendeva d’esser arrivato attra- verso il Sudan fino all’ Abissinia, ossia nel regno di prete Gianni. L’infante Enrico, fornito di mezzi ed intento unica- mente a spingere innanzi le spedizioni, fu caldo fautore del progetto. Ma lente s'avanzavano le navi portoghesi lungo la costa d’ Africa, e ci volle molta arditezza a superare il capo Non, poi gli altri, come capo Boiador e capo Bianco; occor- sero più di trent'anni di cauto procedere fino oltre il capo Verde per disdire le teorie degli antichi, dell’ autorità di cui nessuno finora dubitava; più spauracchi che teorie, secondo le quali a bassa latitudine il sole è più vicino alla superficie ter- restre e per ciò l’ ardore dei suoi raggi così potente da rendere i siti inabitabili e bollente il mare. Rinfrancate da vani timori le spedizioni seguirono sempre costeggiando fino alla Guinea, e fedeli all’avvertimento dell’infante Enrico procuravano d’ a- vere notizie della via all’ India. Voglio accennare ancora come il coraggio per le imprese di là dell'Equatore trovasse nuovo alimento nel lucro, che agli esploratori veniva dalla caccia e dal traffico di indigeni: sono questi i primi tristi saggi della futura tratta dei Negri. Sicchè con maggiore franchezza si con- tinuò nella rotta meridionale sotto Giovanni IL, e Diego Cao, traversato il golfo di Guinea, nel 1484 trovò la foce del Congo e preparò così alla nostra generazione argomento interessantis- simo da risolvere per opera del più ardito e fortunato esplo- ratore dell’ Africa. Memorabile resta poi l’anno 1486, in cui Da gr le Bartolomeo Diaz toccava l'estrema parte del continente, capo delle Tempeste, che agli equipaggi tolse l’animo di proseguire, al ralente capitano invece la speranza di toccare la meta nell’ In- dia sospirata. In mezzo a siffatti successi, nel fervore per il secolare progetto, cui non rattepidirono le fatiche di molti decenni, bensì accendevano i recenti lucri commerciali, nella stessa terra che preparò e godette tanta fortuna, sorge propugnatore d’ una nuova idea Cristoforo Colombo. in omaggio al grande Genovese ed alla sincerità storica, e fermo nel mio dovere di mostrarvi lo scopritore dell’ America nella luce del suo secolo, io non sarò panegirista. Le circo- stanze in cui egli, uscito appena dalla puerizia, visse e lavorò; quel genio dei tempi, che durante la lunga famigliarità di lui coi Portoghesi, gli toccò l'animo suscettibile così delle cose esterne come delle cognizioni e delle passioni umane: ecco i fattori della individualità di Colombo. Soltanto se lo avremo studiato come carattere formato per l'influsso di quell’ età così pronunziata, e simultaneamente della sua tempra soggettiva, lo comprenderemo a dovere, ed in lui apprezzeremo vie meglio uno dei più robusti collaboratori al benessere nostro, — pre- messo però che tale benessere, l’ «sdèxtpovia» degli antichi sofi, significhi non esclusivamente opulenza e piacere sensuale, ma piuttosto coscienza d’un retto sentire, operare e sapere a van- taggio della progrediente umanità. Chi diversamente l’immagina —- e ciò ha potuto fare illecitamente una spensierata e vana iperbole, onestamente, perchè con intendimento educativo e di nobile effetto artistico, la sempre giovane poesia — ce 1’ offre quasi un veggente del mito omerico, apportatore ai mortali d’ una nuova rivelazione, un privilegiato sovrumano, — dunque per noi meno grande. Colombo trasse le cognizioni, che poi servirgli dovevano all’ alto proponimento, dalla vita pratica, condita più d’ama- rezze che d’agi; ed a questa scuola appunto egli deve, oltre le cognizioni teoriche, l’indomita energia, indispensabile sempre a chi sente vocazione per le grandi imprese. Imparò così le regole accessorie allora all’uomo di mare, come quel tanto di calcolo e d’ astrologia, onde si determinava la latitudine geo- grafica, poi la corsa della nave e la longitudine, non scevre da * LIO errore, perocchè i cosmografi fino a quei tempi stimavano |’ E- quatore da 6000 a 6300 leghe e non si conoscevano i soleo- metri. (Gli studi di matematiche, che egli avrebbe fatti a Pavia fino al compimento del suo 14.° anno, sono contraddetti da documenti, che provano invece come egli fino a quell’età fosse cardassiere e tessitore di lana nel lavoratorio di suo padre Domenico, e più tardi si desse a fare il marinaio; circostanza questa, che non può non accrescere il merito di colui, che in avvenire avrà titoli e fama d’uomo insigne. Dalla sua penna ab- biamo a proposito la più autorevole testimonianza mentre rac- conta, che navigò sino dalla prima sua età e che ]’ arte nautica stessa gl’inspirò il desiderio di conoscere i segreti del mondo. sba per tutto dove si naviga andai“ prosegue egli, ,ed ebbi conversazione con gente erudita, ecclesiastici e secolari, latini e greci, ebrei e mori e d’altre sette ancora; e Dio fu molto propizio ai miei desiderî, e mi diede spirito per intendere. Nell'arte nautica mi fece molto intelligente, nell’ astrologia sut- ficiente e così nella geometria e nell’ aritmetica; e mi diede ingegno e mani atte a disegnar la sfera, e collocare in essa le città, i fiumi, 1 monti, e l’isole e i porti, ciascuno a posto. In questo tempo ho letto e studiato in vero tutte le scritture e cosmografie e storie, e cronache e filosofie ed altre cose.“ Per Colombo tu decisiva la dimora in Portogallo nel pe- riodo 1473-1484. Già pratico delle cose marinaresche per aver più volte visitati 1 porti del Mediterraneo, da Scio fino in Bar- beria, si trasportò in quel regno, mosso certamente da desiderio di far fortuna, come vi erano riusciti parecchi suoi connazionali, Bartolomeo Perestrello fra gli altri, primo feudatario dell’ isola di Porto Santo presso Madeira. Sposata la figlia di lui s’ aperse con la nuova relazione l’adito alle più ragguardevoli persone della capitale, che discutevano gli avvenimenti del giorno, sco- perte fatte ed incamminate, e speculazioni commerciali sulla linea dell’ Africa occidentale. Il viaggio alla Guinea e 1’ altro in in- ghilterra e più oltre ancora,. forse all’Islanda, gli valsero co- gnizioni nuove e vaghezza dei segreti dell’ oceano. Meditando le cose vedute, ragionando con sè stesso delle informazioni attinte nei luoghi di novità interessanti, studiando le cosmo- grafie, i santi padri, i geografi arabici, e stringendo il risultato di tutto ciò in un giudizio ponderato concluse, essere effettua- bile un viaggio dal Portogallo in direzione occidentale e l' ar- rivo all’ India. Trovare per Ponente il Levante, questa è la sua formola, questo il problema che lo tormenta, la meta a cui egli coll’impegno di tutte le sue forze fisiche e morali vuole arrivare Ma la priorità dell'idea spetta a Colombo oppure ad Aa Non fu Paolo Dal Pozzo Toscanelli fiorentino il primo che già nel 1474 in una lettera scritta a Ferdinando Martinez, confessore del re Alfonso V. del Portogallo, raccomanda, siccome prefe- ribile per arrivare direttamente alle terre delle spezie e dei te- sori, la via occidentale, e corrobora il progetto allegando una sua carta, dove l Atlantico figura una grande area, a cui sono cornice l Europa a Levante e a Ponente l’ Asia? Non si addice a quest’ aula festiva una diatriba non an- cora definita. Ma per evitare lacune nell’argomentazione che ci preoccupa, non posso a meno di presentare al vostro criterio soltanto alcuni fatti, che valgano ad appoggiare, se non un’ at- fermazione, almeno una opinione bastantemente giustificata. Le fazioni, come s' indovina, sono due: l'una ascrive tutta la gloria come del fatto così pure del concetto a Cristoforo Colombo; l altra, commiserandolo quasi uomo troppo materiale, sostiene che il vero scopritore dell’ America è Paolo Toscanelli. V'è poi oggi una terza scuola, meno compatta è vero, che dai ragionamenti dei campi opposti piglia ciò che meglio s'attaglia al dilettante di cose storiche, — e con un paziente lavoro al tavolino tenta di conciliare opinioni già emesse, piuttostochè attendere la possibile verità da ulteriori documenti storici. Eliminiamo intanto la questione del merito troppo spesso allegata; non ne avrebbe nè il celebre fisico nè il Genovese, se è vero che è l'intenzione quella che lo costituisce, e né l'uno nè l’altro intesero mai di scoprire terre nuove, studiavano bensì il modo di trovare una via marittima diretta all’ India. Fermiamoci piuttosto ai fatti seguenti. La lettera di Paolo fisico al Martinez è del 1474 quando Colombo non era ancora entrato nella famiglia Perestrello e negli influenti circoli por- toghesi. Quella lettera non valse in Portogallo a smuovere dalla via praticata già molti decenni lungo l'Africa; ma ap- punto perchè non vi si arrendevano ai consigli del celebre scienziato, è probabile che non l'abbiano tenuta segreta, e che Ea > TE Colombo, attento osservatore di tutto ciò che gli pareva inte- ressante, ne sia stato informato. Se egli fosse l’autore del pro- getto, perchè rivolgersi allora a Toscanelli? il quale nella ri- sposta accompagnatoria d’una copia di quella famosa lettera e d’ una nuova carta ha parole di lode per lui animato da gene- roso e grande desiderio di recarsi al paese dove crescono le spezie, ed accenna espressamente d’ aver così corrisposto ad una preghiera fattagli. Importantissima mi sembra un’ altra cir- costanza: ad una seconda domanda di Colombo, Paolo fisico risponde e tra altro dice: ,riconosco il nobile e grande tuo de- siderio di navigare per Ponente ai paesi orientali come si vede nella carta che ti ho mandato.“ Non si potrebbe inferire che Colombo, istruito dopo il 1478 del nuovo progetto, e conosciu- tolo integralmente dalla prima corrispondenza con Toscanelli, siasi convinto dell’ effettuabilità del viaggio in direzione occi- dentale ed abbia in questo senso rescritto? — C'è poi nella seconda lettera del fisico un passo così chiaro da meritare che lo citi: ,m'è caro che la carta fu ben compresa; il viaggio non solo è possibile ma giusto e sicuro, rende onore e gua- dagno inestimabile ed apporta gloria a tutta la cristianità; — voi altri non potreste comprender ciò perfettamente se non aveste come me, tante volte l'opportunità di ricevere notizie atten- dibili da uomini chiari e dotti, i quali sono venuti da quelle terre a questa romana, e da mercanti, uomini assal stimati, che molto tempo vi hanno trafficato.“ — Aggiungo ancora questo, che la rotta tenuta da Colombo nel primo viaggio dalle Canarie in la dovrebbe attribuirsi a puro caso, se non concordasse in tutto colla carta del Toscanelli; e non è ammissibile che 1’ e- sperto marinaio s'affidasse mai al capriccio della ventura. La questione, se bene argomento, si risolve dunque senza troppe sottigliezze da sè. Paolo Toscanelli, celebre per dottrina tra i suoi contemporanei, coltiva la cosmografia, studia gli scrittori pagani, i cristiani e gli arabi; raccoglie le notizie che gli pervengono dalle lontane città dell’ Asia, e si ferma sopra tutto su Marco Polo, vissuto nei regni del Grande Can, e su Niccolò Conti, che reduce in Italia narra le immense bellezze dell’India e dell’ Arcipelago Malese. Da tutto ciò scaturisce il fatto delle lettere e della carta, onde si raccomanda la nuova via; e da questo l’altro fatto, che in Portogallo si parla del SIN progetto, e che Colombo se ne occupa, e trovatolo di suo ge- nio, chiede un valido consiglio all'autore. In tutto ciò io ravviso la logica dei fatti e la prova del- l’evoluzione storica nelle idee e negli avvenimenti umani. La gloria di Colombo rimane lucida come loro se anche non ha creata egli l’idea, tostochè da acuto osservatore, egli solo tra migliaia di periti in cose marinaresche, s’ interessa d’un pro- blema, lo studia, lo fa dimostrare da uno scienziato celeber- rimo, e trovatolo così semplice nella sua grandezza ci mette ogni studio, tutto l’ entusiasmo e tutto il vigore possibile per effettuarlo. Così egli m’ appare grande, perchè umano sempre, e non l’innalza punto quel pregiudizio così facile, così fre- quente, che da cervello di uomini segnalati l’idea erompa tutto d’un tratto, nuova e geniale, come un di dal capo di Giove usciva perfetta la dea della sapienza. Accennata così la questione della priorità mi preme di ricordare ancora un fatto, onde si raccomandava allora di pigliare la via occidentale. È un felice errore cosmografico che contribuì essenzialmente a tentare un viaggio per Ponente; chè se fosse stato diversamente i piccoli e deboli legni e l’irrego- lare funzionamento d’una bussola primitiva forse mai avrebbero indotti gli uomini a sfidare i pericoli dell'immenso ignoto oceano. Prendevasi cioè la distanza tra Lisbona e Quinsai, grande emporio del Mangì (China meridionale), direttamente oltre l Atlantico di soli 130 gradi, ossia un terzo della reale, e quella tra Lisbona e Cipango di 100 gradi, pari a 5000 miglia italiane; la quale cosa non poteva cagionare la minima paura poichè ad ogni tratto si giungerebbe a qualche isola, come al- l Antilia, segnata a Ponente delle Canarie, all'isola di San Brandano, ad altre minori ancora. Ecco come da una premessa erronea, ma ritenuta vera, risultò un’ attività novella nella storia della navigazione e la scoperta delle terre d’ America. Ma non solo alle ricchezze dell’ Oriente rivolse Colombo il pensiero, bensì da schietto credente alla gloria di Dio e del- l’intero mondo cristiano: Scoperta ed occupata l’ India, prima cura dovrà essere la diffusione del vangelo tra gl’indigeni; organizzato il paese a modo europeo una parte dei proventi verrà destinata per la guerra santa e per la liberazione del sepolcro di Cristo dal dominio profanatore dei Turchi. Nè ci veda qualcuno o anacronismo o finzione, chè anzi a quei tempi il desiderio d’ avere Terrasanta era alimentato non solo dai ri- cordi delle crociate, ma anche dal generale rammarico per la caduta di Costantinopoli. Colombo oltracciò viveva in un paese» che si gloriava d’avere scacciati i Mori dall’ Algarvia e inten- deva di vincerli anche in Africa. Quale meraviglia dunque se egli si palesa figlio del secolo anche nel dominio del senti- mento religioso? Come giubileranno un giorno i cristiani -- così egli pensava — quando l'usurpatore dei luoghi santi potrà venir attaccato da occidente e nel tempo stesso da oriente, e così incagliato tra due forze cooperanti alla sua sconfitta eli- minato per sempre! — Esagerato non parrà di certo questo disegno se si consideri che una guerra santa contro gl’infedeli del Marocco potè avvenire un secolo più tardi per opera del re Sebastiano, e che alla fine del secolo XVI. dopo la giornata di Lepanto l'opinione publica si commoveva all’idea d'una crociata talmente, da inspirare il Tasso al canto del pio Got- fredo e dei suoi cavalieri. Mentre in Colombo andava raffermandosi il pensiero d’un viaggio transatlantico, crebbe in lui la coscienza di poterlo anche eseguire; e così incomincia la storia dei suoi fatti. — Raccogliere i mezzi necessari a ciò, questa è la prima e la più difficile condizione da adempiere. Glieli fornirà qualche potente mecenate, forse Giovanni II stesso, che rianimava le imprese marittime, alquanto rallentate sotto il re Alfonso suo predeces- sore. A lui appunto fu nel 1483 presentato il disegno del Ge- novese, e sottoposto poi a disamina d'una commissione, che allora studiava il modo di meglio determinare la posizione in alto mare. Si ascoltarono anche le argomentazioni prodotte verbalmente dall'autore. È noto il giudizio ed il responso. La predilezione della via d'Africa, il precedente del Toscanelli, che non era riuscito a far accettare la nuova da lui proposta, il compenso che chiedeva Colombo, e probabilmente la preven- zione dei commissari sfavorevole allo straniero, tutto ciò basta a spiegare il rifiuto. Se più tardi, cioè nel 1488 quel medesimo re invitava Colombo a ritornare da lui, non potrebbe essere che frattanto mutassero pensiero a corte, poichè la scoperta del lontano capo di Buona Speranza non dimostrava ancora vicina la meta di tanti viaggi? E ciò credo potersi ammettere, se dal sei O fatto di Diaz a quello di Vasco da Gama trascorsero ben do- dici anni. Potrebbe anche essere che il celebre cosmograto Martino Behaim, come aveva già fatto in quella commissione, così di nuovo raccomandasse al re di accettare la proposta di Colombo: il suo globo del 1492, tanto conforme alle dottrine di Toscanelli, giustificherebbe tale supposizione. Sarà forse anche il timore del re, che altra nazione non traesse vantaggio dall’ offerta, dacchè Colombo nel 1484 o nell’anno seguente era passato in terra castigliana. Ivi nel neocreato regno di Spagna, teatro finora di guerre regionali e d’ accanito odio tra cristiani e maomettani, ma dove mancava ancora l'interessamento delle cose cosmografiche e di speculazioni mercantili, il protugo trovò inaspettatamente fautori, 1 quali lo raccomandarono ai sovrani Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona di lei consorte. Ammesso alla regia udienza a Cordoba nel 1486, e sapendo che stava davanti un consesso meno autorevole in materia scientifica che versato in argomenti di religione, — Las Casas dice esiguo il numero di coloro che potevano giu- dicare delle idee di Colombo -- conoscendo l'entusiasmo ge- nerale per l'imminente guerra contro i Mori, a cui volevasi strappato l’ultimo baluardo in Granada, crede utile al proprio intento di non insistere tanto sopra le ragioni cosmografiche e sopra quelle che toccavano dell’ interesse commerciale, quanto di scuotere il sentimento religioso. In una successiva comuni- cazione fatta al re egli, accentuando la sua missione divina, con trasporto profetico addita le contrade degl’infedeli e sol- lecita la loro conversione per opera della Spagna, perocchè ad essa allude Isaia quando dice: . Noi abbiamo uditi i cantici dall’ estremità della terra. Neppure questa volta hassi un’ artifi- ciosa declamazione od una impostura premeditata; ma è il cuore generoso da cui trabocca il sentimento di pietà e che snoda la lingua ad un’eloquenza biblica mentre si tratta di guadagnare gli animi ad un progetto ritenuto il migliore per la gloria di Dio e il bene degli uomini; — così il figlio del secolo parla agli eredi del Cid un linguaggio acconcio al loro temperamento e ad una grande impresa che essi vorranno compiere. Anche in Ispagna la cosa tu rimessa ad una giunta. Nella relativa disputazione in Salamanca furono fatte obie- = Se zioni all’ attuabilità del progetto; i motivi addotti sono tolti gran parte dalla vecchia cosmografia scolastica; nè scemava gravità ed autorità alla venerabile commissione esaminatrice l’udire da taluno, che non esistono antipodi, — che la terra sita in occidente non è abitata, — che navigando per Ponente in giù s'arrivava in qualche luogo, ma ritornare poi in su non esser possibile. Ai giudici impone la nuova teoria cosmologica di Colombo e l'animo suo fisso a così audace avventura; e pure essi non hanno il coraggio di ledere certe vetuste tradi- zioni; ma per uscire in qualche modo d’ imbarazzo, dichiarano immaturo l'argomento e sospendono la decisione; a Colombo per non troncargli ogni speranza, si concede dalla coppia reale un posto tra il personale di corte; e Isabella poi si mostra disposta a non dimenticarlo. Troppo a lungo egli attese. Sei anni interminabili ed amari trascorsero e cancellarono anche quel poco del primo interessamento pel progetto, poichè ci venne a mancare la novità. Riprendere il pellegrinaggio pel mondo, ricchi ancora d’illusioni ma poveri di mezzi, cercare patrocinio in Francia oppure in Inghilterra: tale fu la risoluzione di Colombo. Come avviene talvolta che per consolidare una mole basta una picciola scaglia posta abilmente tra due macigni, così nella vita umana un grande successo sovente è assicurato da qualche lieve accidente, per natura anche eterogeneo. Un convento d’umili frati decise questa volta l'attuazione del disegno co- lombiano. Lasciata Siviglia per recarsi a Palos, l’ esule chiede in Santa Maria di Rabida pane ed acqua pell’estenuato figlio e per sè. Il priore Giovanni Perez ode lo straniero meravi- gliosamente discorrere di cosmografia e di progetti, ed altret- tanto sorpreso ne rimane il giovane medico Garcia Hernandez, versato in argomenti scientifici; sì conviene tra i due valen- tuomini di non lasciar partire ospite così distinto, ma di rac- comandarlo alla regina mediante il piloto Sebastiano Rodriguez, latore d’uno scritto al campo di Granada. Così fu fatto, e l’in- tercessione fruttò il rogito famoso di Santa Fè del 17 aprile 1492: s'accordano a Colombo tre navi per il viaggio e gli si assi- curano condizioni onorevolissime, come: la dignità d’ ammiraglio in vita in tutte le isole o terre che avrà scoperte, — onori e diritti uguali a quelli dei grandi ammiragli di Castiglia, — il se. Me potere di vicerè ossia governatore generale, — il diritto di proporre per gli uffici una terna nella quale il re sceglierà la persona idonea all’ amministrazione, — la decima di ogni pro- vento della sua provincia, — ed il diritto di partecipare con un ottavo alle spese ed agli utili d’ogni intrapresa commer- ciale tra i possessi e la madrepatria. Vinta colla minaccia di voler andarsene ancora qualche titubanza della corte, Colombo s’accinse alla risoluzione del gran problema. Fin qui noi abbiamo seguito il progressivo maturarsi d’una idea, che è nobilissima manifestazione del secolo NV. Altri più valente di me sappia interessare il vostro animo ri- cercando ed esponendo tutte le singole impressioni, che furono decisive nella scoperta del nuovo mondo! La piccola Palos vide il 3 agosto*) del 1492 partire il vivace equipaggio. Quante speranze, quali illusioni portano le fragili caravelle! Come alla gioia del principio presto subentra il sospetto, poi la paura, poichè più del bisogno le tumide vele ubbidiscono all’impero d'un vento costante! Come vince la stanchezza le membra e gli animi nei fallaci amplessi del sar- gasto! — Quegli uccelli, salutati messaggeri della vicina terra promessa, non recano che l'estremo addio della terra natale perduta per sempre! — Ed il supremo capitano, ferma la mente alla ragione del tragitto, conforta la generale nostalgia con semplice ma risoluto trovato, onde i compagni si credono meno discosti del vero. — Già quasi due mesi e mezzo dura l'av- ventura fatale: si perirà! -— C’è però ancora un'ultima lusinga, forse l’ultimo inganno, che sostiene i depressi: un incerto lume, che dicono rompesse il buio della notte. — Finalmente sono redenti, ed il primo sole del 12**) ottobre accoglie gli ospiti stranieri sul tranquillo lido di Guanahani! Nè mi sono proposto la particolareggiata narrazione dei viaggi di Cristoforo Colombo, nè la vostra coltura, o signori, ha bisogno della mia interpretazione. Mi premeva soltanto di mostrare, che la scoperta delle isole e delle terre poste intorno *) Stile giuliano = 12 agosto stile gregoriano, *#*) Cioè il 21 ottobre gregoriana. SL O i due grandi mediterranei d’ America, se pure successo inopi- nato, non è nè più nè meno d’una conseguenza di certi fatti positivi tolti alle condizioni mercantili, religiose, sociali e scien- tifiche di alcune regioni europee alla fine del quattrocento, e riflesse nella spiccata individualità di un uomo, l’importanza del quale sta appunto in ciò d’aver formato una tempra ga- gliarda in quel dato ambiente, e conscio dello scopo prefisso e della sua alta missione, essere divenuto alla sua volta una delle più efficaci energie modificatrici dei tempi in cui operò. Quel certo sentimento dell'equilibrio morale, che luomo onesto prova e vorrebbe effettuato sempre in omaggio all’ idea dell'equità o della giustizia, ci farebbe ora attendere un com- penso adeguato al merito anche per Cristoforo Colombo. Ma che vi posso dire io degli onori e dei vantaggi assicurati a lui nella stipulazione di Santa Fè ? che del suo meritato trionto presso i popoli iberici, non alieni ad un certo fare cavalleresco nè difficili all’ entusiasmo, se molti esempi del loro passato lo dimostrano ? Il meglio sarà di non dir nulla: chè Vimmane disgrazia, in cui lo scopritore dell’ America gettarono la diffidenza e l’in- gratitudine degli uni, l'avidità e la calunnia degli altri, credo nemmeno mitigabile dall’ illusione in cui travagliò nei tardi anni e a Valladolid spirò nel 1506, — l'illusione dico, d’aver approssimati 1 confini dell’ Asia. La grandezza di Colombo riposa salda sulle sue gesta. Egli è il prototipo dell’uomo, che sa formarsi da sè, e tanto più vale quanto maggiori furono le avversità a vincere. Chi modernamente gli muove censura perchè non fu umanista © non tu versato profondamente nel calcolo nautico, dimentica che sino dalla tenera gioventù egli lottava colle onde, e quel tanto di dottrine cosmografiche imparò durante la sua pratica marinaresca, e ne ebbe abbastanza per comprendere i consigli di scienziati superiori a lui e per stabilire così il compito della sua vita. Nei viaggi egli è ognora l' attento ossservatore della natura, e spesso tra l’infuriare della tempesta e nei travagli dell’oftalmia e della gotta egli nota i fenomeni che più lo col- piscono, e se può acconciamente li spiega. Nel primo viaggio osserva e studia la variazione dell'ago magnetico, nota e definisce il movimento diurno della stella polare, rimarca le 29 correnti nel golfo di Paria e nel Mare delle Antille; di queste isole le minori suppone costituire gli avanzi d’un lungo cor- done terrestre che poi sia stato eroso dalle acque. Colle sue sperienze egli conferma la rotondità del solido terracqueo contro la teoria di molti contemporanei, che lo volevano discoidale : stabilisce il prodromo della navigazione oceanica verso occi- dente, e così prepara il gran successo geografico ai compagni di Magellano. Quanto merito, accompagnato da antitesi così pronunziate. onde rimane tocco fortemente il nostro sentimento e la nostra mente trascinata a seria meditazione! Un vicerè ed ammiraglio di Castiglia, dove e quando nacque egli? Lui vivo, a nessuno premeva di saperlo: oggi invece ben un dodici città e borgate st contendono l'onore della sua culla. La sua oscura giovinezza, i motivi incogniti che lo spinsero tra i Portoghesi e poscia in Ispagna; -- l'emancipazione dalle volgari cure d’ una vita più che modesta col patto del 1492, e poi il forzato ritorno alla parca esistenza dopo il 1498, avendo l’anima ulcerata per le catene inflittegli da un Bobadilla: — dimenticato tra i contem- poranei, dopo morto glorificato dal secolo e festeggiato anche dalla chiesa! — Questi sono contrasti così forti, che non do- vranno trascurarsi dal poeta, il quale in avvenire è speranza s'invaghisca d’un eroe degno della musa di Shakespeare ! Se io avessi il dono d’una fervida fantasia e d’un vi- brato eloquio poetico, vi direi una visione. Nella mia visione vi condurrei alla cattedrale dell’ Avana, nella cripta là dove riposano le ossa di Cristoforo Colombo. Noi lo destiamo dal lungo sonno, e sulle nostre braccia, valicato il ponte delle grandi e delle piccole Antille, lo trasportiamo sulle 1ive del- l Orenoco. Là s' eleva fino nell’etere altissimo il monte del suo paradiso terrestre: lo credereste quello di Dante. Sulla sommità di quel monte noi l’estolliamo. Ivi ci accolgono i de- legati dei popoli della terra, e lui riverenti salutano. - La vista spazia infinita, dal settentrione al meriggio. — Un im- menso drappo dai vivaci colori è steso sull’ argentifera conca di Cuzco, difesa da due muraglioni eccelsi d’ignivomi nevados, — 830 — affinchè al mite sguardo del veglio si celino i ricordi di Fran- cisco Pizarro. Simile drappo coprirà anche il metallifero Anahuac e le sevizie di Hernando Cortez. — Egli gira l’ occhio intorno, e contempla i fiumi, vasti come un mare europeo; contempla la Pampa dagli innumerevoli pingui armenti e dai lanigeri ovini; fisa lo scintillio adamantino nelle grigie alluvioni brasiliane; sorride all’ affaccendarsi dei solerti suoi connazionali nei popolosi ostelli del Plata. -- Poi si volge all’Orsa ed at- fissa la mente nelle meravigliose opere della giovine prole di Washington e di Franklin, che riconoscente da lui nomina e fiumi, e città ed il primiero distretto, ove sorge il Campidoglio, sacrario di libere istituzioni e di fratellevole accordo. — Lo allettano le ubertose pianure, festanti al riedere di Cerere be- nigna, e la interminabile savanna, cui fa lieta il muggito dei buoi; lo allettano le squarciate montagne dagli antri artificiali, da cui sbucano formicolanti i minatori onusti del prezioso metallo e dell’indispensabile ferro. — Egli accompagna con lo sguardo attonito il nero serpe, che, sbuffante fumo e fuoco, sibila e scivola sul quintuplicato tramite delle lucide guide, nelle viscere asconde creature umane, e le va distribuendo per le cento città, da un mare all’ altro*) — Come estatico rimane il veglio all’insolito panorama. Poi ritornato al suo sguardo be- nigno in dolce accento esclama: » Nelle lunghe veglie della mia povera cameretta, là a Lisbona, e sul castello della scorrente caravella io non ho me- ditata questa terra. Essa non è dell’ Asia; non è l'India ago- gnata, non il Cataio nè il florido Cipango. Ma è sempre terra, dove il seme di Prometeo, compiendo il proprio destino, soffre e geme, s’ allegra e gode, pensa e crea; è come la terra donde io venni. — Mirate anco una volta tutto all’ intorno: io vi ho preparati questi soggiorni; nè mi dolgo del mio in- volontario errore, onde fu civilizzato un nuovo mondo!* E stretti intorno a sè irappresentanti delle due Americhe, dell Europa madre, della vetusta Asia, della nera Africa e della gagliarda Australia, in volto come trasfigurato, il veglio sog- #) S'allude alle cinque grandi linee della strada ferrata tra i due oceani. SI le giunge ancora: Poichè mi fu concesso di contemplare tanto prodigio, recatemi alla mia cella dell’'Avana, a riposare le ossa umiliate, che esultarono a così grande vista! — Umana prole, come mi onorate a gara, vogliate seguire il canone su- premo che vi lego: pace e lavoro, onore e prosperità !“ Prof. Dr. M. Stenta. Pi TO a A sdx1.) MIVae e UEIO i fg rasi i PIT w RARE, IMAA dre sà A ie ce in +oteitaftee vale eiiL si À so. TI *, A Fail A LV y DE. FA BACCO CENNIESEOREGI Il sole del venerdì 12 d'ottobre dell’anno 1492 salutava co’ raggi dorati del mattino tre navi che approdavano all'isola piana di un verde lussureggiante, che, prima, accoglieva lo Scopritore del Nuovo Mondo. Gli abitanti di quell’isola, detta Guanahani, una delle Lucaje, che il Grande Ligure, in segno di gratitudine alla Provvidenza che lo aveva scòrto sin là, chiamò S. Salvador, gli offrirono in dono gomitoli di cotone filato, pappagalli, zagaglie, altri piccoli oggetti, e certe foglie secche di cul pareva facessero gran conto. Simili foglie secche, un po’ di pane di cassava ed uma zucca piena d’acqua formavano tutta la provvigione della pic- cola canoa del povero Indiano, che Cristoforo Colombo incon- trò per via portandosi sulla spiaggia dell’isola Fernandina ap- pellata dagl'indigeni Yuma. Gettata l'ancora all’ampio sbocco di un fiume dell’isola di Colba (Cuba), che nomò , Fiume de’ Mari*, Colombo, cre- dendo di aver toccato la tanto vagheggiata Cipango, l'isola famosa, che per lunghi anni fu la visione de’ suoi sogni, il sospiro della sua vita, spediva Rodrigo de Jerez ed il dotto ebreo Luigi de Torres in ambasciata alla residenza del sup- posto monarca orientale per presentargli le lettere portate dalla Spagna, esplorare il paese e per via informarsi sulla [o] vo esistenza degli aromi. Al loro ritorno, i due ambasciatori riferi- rono all’ammiraglio l’ effetto del loro viaggio, memorabile per la importante e sorprendente scoperta di un costume singola- rissimo che, in tempo relativamente molto breve, doveva fare il giro del mondo per diffondersi su tutta la terra, accrescendo il numero delle abitudini e de’ piaceri fittizî di una gran parte degli uomini. Notevolissimo è il racconto che il domenicano Bartolomeo Las Casas fa a proposito di siffatta scoperta, alla notizia del fatto aggiungendo con vivi colori la impressione prodotta su- gli Europei; esso chiarisce a quale uso servissero le foglie secche offerte dagl’indigeni di Guanahani a Cristoforo Colombo e da lui vedute tra le parche provvigioni della canoa guidata dall’ isolano della Fernandina. Questi due cristiani (cioè 1 due ambasciatori), dice il Las »sUasas, trovarono per via molta gente, sì uomini che donne, »Che andavano alle loro capanne; e gli uomini portavano sempre sin mano un carbone acceso e certe erbe per profumarsi. Erano serbe secche chiuse in una foglia egualmente secca, accomo- sdata in forma di que’ fuochetti d’artifizio onde fanno uso i »tagazzi nel giorno delle Pentecoste. Erano accesi ad una ,estremità, mentre che succiavano l’altra e l’assorbivano; e »sbevendo internamente il fumo, gli addormentava ed ubbria- scavagli per così dire le narici: in tal modo non sentivano pQuasi la fatica “ Ecco in qual guisa gli Europei, che primi calcarono il suolo americano, conobbero il tabacco; quale fu l'origine dei sigari e delle sigarette che noi fumiamo, e come la denomi- nazione di ,tabacco*, che nel linguaggio degli Indiani d’ occi- dente significava il rotolo a guisa di candeletta fatto di foglie secche (lo sigaro), fu attribuita erroneamente dagli Europei alla pianta donde venivano spiccate le foglie; la qual pianta nelle Grandi Antille era detta ..cohoba 0 gioia“, siccome narra il frate Romano Pane, un povero eremita spagnuolo, dell’ or- dine de’ Geronimiti, lasciato da Colombo nell'isola d’ Haiti per convertire gl’indigeni al Cristianesimo e per studiare i loro costumi e le loro usanze. sTabacco* si chiamavano eziandio, a detta del medesimo eremita, certe cannucce biforcute che gl’ Indiani applicavano da una parte alle narici, tenendo l’ estremo opposto sopra le foglie che bruciavano su carboni ardenti, aspirandone il fumo nel naso; il che rendevali ebbri e gli addormentava. Di qui la denominazione di erba inebbriante* da lui data alla pianta. Egli aggiunge ancora, che le foglie verdi della ,cohoba* erano un’eccellente vulneraria, di cui gl’ indigeni facevano molte- plici usi. Più particolareggiata descrizione di Romano Pane in- torno alla pianta del tabacco ed al suo uso ci porge Gonzalo Hernandez de Oviedo y Valdez, governatore della Spagnuola. »G@l' Indiani dell’isola, dice egli (nella sua Historia general de slas Indias* 1535), hanno un costume assai nocivo consistente sNello aspirare per il naso certo fumo che chiamano tabacco“ scol quale s'ubbriacano. Producono il fumo mediante un'erba somigliante al giusquiamo, alta quattro a cinque spanne ed psavente foglie larghe, grosse e pelose, il cui verde so- smiglia a quello della borragine. I cacichi ed altre persone yragguardevoli traggono il fumo di questa erba da bacchettine »cave, lunghe un palmo, che hanno la forma di una cannuccia sbisulca. Pongono essi la estremità biforcuta ne’ buchi del »snaso, tenendo l’altra sopra le foglie che bruciano su carboni »accesi sino a ch’ entrano in uno stato di sbalordimento e ca- sdono in sonno profondo. Gli arnesi da cui aspirano il fumo, »@1 Indiani li nominano tabacco“: non così l'erba, che chiamano pxCogioba, cohoba, giuoja“, che grandemente apprezzano e col- stivano ne’ loro orti. Stimano l’effetto prodotto dal fumo non sSoltanto igienico, ma anche santo.“ L’'Oviedo non comprende qual piacere possa recare l’uso di fumare se non quello di ubbriacarsi, come fanno i bevitori di vino; ed il milanese Benzoni, che dal 1541 al 1555 si trat- tenne in Haiti, in Cuba e nella Nuova Spagna, narra, che gl’ Imdiani usano il fumo del tabacco per curare gli ammalati, benchè abbia un odore fetente e diabolico. Intorno agli effetti del fumo, Francesco Hernandez di T'o- ledo, al quale dobbiamo un prezioso corredo di notizie sul tabacco, dice, ch’ esso provoca il sonno, allontana la sensazione della stanchezza, rimuove i dolori, particolarmente l’ emicrania, favorisce la salivazione, alleggerisce l'asma, fortifica lo stomaco. pa L'abuso nuoce, cagionando affezioni di fegato, la cachessia ed altre malattie imenrabili. Dal ,tabacco* trasse nome anche l'isola di Tabago, 1 i- sola più meridionale delle Antille, scoperta da Vincenzo .Jaùez Pinzon e da’ suoi nipoti Diego Fernandez e Perez Arias nell’anno 1500, che così la nominarono per la grande quantità di piante di tabacco che vi erano coltivate. AI tempo della scoperta del Nuovo Mondo, il tabacco era coltivato in tutte le Antille, come abbiamo da Gnaltiero Ra- leigh, che le visitò negli anni 1595 e ’96 veleggiando per la Guiana; e a mano a mano che il caso e l’ardimento rive- larono altre contrade, la coltivazione della pianta e la usanza di fumare, annasare o masticare tabacco, si trovarono diffuse nella maggior parte di quel vastissimo continente, tranne che nell’ America meridionale. Nella regione della Plata, dell’ Ura- guay e del Paraguay, il tabacco non si adoperava punto. Nelle regioni della costa occidentale, cioè nel Perù e nel Chili, si annasava e masticava. (rarcilasso della Vega menziona la pianta »Sayri*, ch’esiccata e ridotta in polvere, si annasava nel Perù. Nell’ America del Nord, dall’istmo di Panama e le Antille sino al Canadà ed im California, l'uso di fumare era generale. Esplorato da Giovanni de Grijalva il doviziosissimo Yu- catan, gl’'imdigeni, tra altri oggetti, gli presentarono cannnece cariche di foglie secche e di gomme odorose che, accese, -da- vano gradevole profumo. Quando Fernando Cortez conquistava il Messico, scoperto dal detto Grijalva, la costumanza di fumare tra que’ popoli di lingua e natura diversi, e d’origine mal chiarita, ma certo an- tichi, era comunissima, come nelle Antille. Si fumava o dalle foglie accartocciate o da cannucce riempite di foglie secche di tabacco commiste ad altre erbe aromatiche e a gomme odori- fere, spalmate con carbone polverizzato ed umido, e fregiate con figure di fiori, animali ed altri ornamenti; alcune erano dorate. Gli Aztechi masticavano le foglie del tabacco, e per fiu- tare le riducevano in polvere con l'aggiunta di un po’ di calce. Essi avevano l'abitudine di fumare dopo il pranzo per allettare il sonno. Levata la mensa. fanciulle di grande bellezza e vaghezza, recavano all'imperatore Montezuma coppe d’argento colme d’acqua per sciacquarsi la bocca e per pulirsi le mani ; quindi gli porgevano cannelle da fumo bellamente colorite e dorate, riempite di erbe inebbrianti. Egli, spingendo il fumo ora dalla bocca ora dal naso, si dilettava degli scherzi de’ buf- foni, della musica, delle danze e de’ canti delle donne, così preparandosi al riposo del dopo desinare. Ridestandosi, dava udienza agli ambasciatori e a’ cacichi. Il tabacco in lingua azteca dicevasi ,Pycietl* o , Yetl®. Lungo tempo innanzi alla scoperta e conquista del Mes- sico, gli Aztechi, e probabilmente prima di loro, i Toltechi, per fumare adoperavano pipe di argilla, simili a quelle pure di argilla, di lardite, lavagna, quarzo, porfido ed altre pietre, con rappresentazioni di teste umane ed animali propri dell’America settentrionale, come: mammiferi, specie di gatti, orsi, castori, lontre, uccelli, falchi, gufi, rondini, oche, rane, rospi, lucerte ecc. Queste pipe di lavoro straordinario, che palesa molta perizia e gusto artistico, furono trovate in gran copia ne’ tumuli e ne’ se- polcri, tanto numerosi quanto diversi, ne’ paesi del Nord-America sulle rive de’ mari dolci, i laghi Superiore, di Eriè, Ontario, Huron e Michigan, lungo i fiumi, e principalmente per la ster- minata valle del padre delle acque, il Mississipì. Sopra que’ vetusti monumenti, testimonî di generazioni anteriori alla rossa, erano cresciute immense foreste, due volte rinnovate, che, a giudicare dal diametro degli alberi e dal nu- mero degli anelli del tronco, avevano età di parecchi secoli. Siffatte circostanze valgono a dimostrare che i nuclei di popolazioni si formarono lunghesso i finmi ed i mari, e fanno attestazione che l’uso di fumare dalle pipe era nell’ America sì antico da perdersi nelle nebbie dell'origine di que’ popoli. Simbolo di pace, di amicizia e di ospitalità, la pipa era presente a tutti 1 solenni convegni: trattati di pace o di guerra, stipulazioni commerciali, limitazioni di confini ed altri aftari di grave momento. Qualunque straniero che fumasse dalla pipa del selvaggio diventava suo amico e poteva fare sicuro asse- gnamento sul suo aiuto e sulla sua protezione. Chi osava re- spingere la simbolica pipa portagli dall’indigeno, firmava la sua condanna di morte. Queste costumanze reggono ancora oggi tra i selvaggi d’ America, L’intrepido missionario Hannequin, che discese il Missis- sipìi, vide con Roberto La Salle il Niagara, e spintosi tra i selvaggi, sì espose a continui rischi di morte, dovè la sua sal- vezza alla pipa della pace, sacra al Sole e al Grande Spirito Manitto, Signore della vita, vivente nel Sole. Scoperta da’ Russi la penisola di Alaska, gli abitanti li accolsero con la pipa pacifera ornata di ali di falco: arnese, del quale si servivano gl’'isolani di Unilaska, allorchè il navigatore Vito Behring intraprese il suo viaggio sulle coste del Kamsciatka e scoprì lo stretto che porta il suo nome, ac- certando così la separazione dell’ America dall’ Asia. Ogni popolo ebbe i suoi Dei particolari: ma il Sole è stato il Dio dell'universo. Il culto del grand’ astro della luce e del calore, della vita e della fecondità era largamente sparso anche nel Nuovo Mondo. A questo culto era strettamente legato il tabacco, che i Naturali, per le sue virtù prodigiose, stimavano un dono del Grande Spirito; onde l’ usavano ne’ sacrifizi e per amuleti, ed i maghi per presagire il futuro e quale farmaco. Gl’ indigeni d’ Haiti, di Cuba e delle altre Antille, della Florida e di tutti i paesi dell’ America settentrionale chiama- vano il tabacco ,erba santa“; e come tale la reputano tuttodì. Essi veggono nel fumo del tabacco qualche cosa di cui si com- piace il Grande Spirito Manitto, che viene invocato patrocina- tore e testimonio di ogni atto solenne della vita; il che suc- cede sempre sotto i festevoli auspici della pipa accesa, le cui prime boccate si espirano nella direzione del Sole. Là dove il lago di Huron comunica col lago Superiore a tramontana di Michilimackimac, sorge un’ alta rupe dall'aspetto di un essere umano, che gl’ indigeni considerano quale il Chit- che-Manitto o Grande Spirito, spirito buono a differenza dello spirito maligno, Matchi-Manitto. Ogni volta ch’essi con le loro canoe passano di là, gettano nel lago tabacco e varî oggetti d’ornamento in segno di sacrifizio. La medesima cosa ripetono là dove lungo il Missuri superiore corre un’ alta parete roc- ciosa, che reputano luogo sacro, nella credenza che il Grande Spirito vi tenga temporanea dimora. Essi si soffermano presso quella roccia deponendovi in olocausto tabacco e penne d' a- quila. 1-99 Oltre ad aver fede nel Grande Spirito Manitto, gl'Indiani d'occidente credono eziandio negli Spiriti soggetti a lui, dal quale ricevono potenza e signoria sugli elementi. All’avvici- narsi di una tempesta o di una burrasca si rivolgono all’ aria invocando lo Spirito Manitto onde li preservi dal pericolo. A placare l’'irata divinità o in mamfestazione di riconoscenza sparpagliano per l’aria polvere di tabacco o la gettano sulle onde. Credenti nella esistenza di certi spiriti benevoli sotto forma di animali destinati a proteggerli, gl’ Indiani, udendo di notte il lugubre canto della civetta, balzano dal letto per get- tare sul fuoco un po’ di tabacco, convinti che linnalzantesi fumo vada a raggiungere l’ uccello per avvisarlo che la prote- zione e bontà sua verso la nazione non è posta in dimen- ticanza. Varie stirpi indiane avvolgono una porzioncella di ta- bacco in una pezzetta di tela appendendola al collo de’ bam- bini per preservarli dalle malattie e dalle malie. Ne’ pampas della Patagonia, Darwin vide l'albero sacro di Wallitsciù sopra una collinetta in mezzo la pianura. GlIn- diani, scorgendolo da lontano, lo salutavano con alte grida. Tutti i rami erano coperti di fili da’ quali pendevano le offerte: pane, carne, pezzette di stoffe e sigari; nelle fessure dell’ albero si versava acquavite tratta da’ grani; fumando, si emetteva il fumo del tabacco verso i rami e si sacrificavano all’ ingiro ca- valli, le cui ossa rimanevano lungamente sul terreno. Così gl’ Indiani credono di procacciar fortuna a sè medesimi ed ai loro cavalli. Simbolo di allegria, il fumo del tabacco è prezioso, co- stante e indispensabile compagno de’ festini. I primi Europei che percorsero l’ America centrale ed ebbero uccasione di assi- stere alle feste degli abitatori di Chiapa, Honduras, Guatemala e Nicaragua, videro tutti, tranne le donne, fumare senza tregua il Yampaquete“ (così chiamavasi il tabacco), tra canti e balli, al suono del tamburo e le libagioni di certe bevande tratte dal mais e dal cacao simo a che s'ubbriacavano. LE, Il tabacco è pianta annua della famiglia delle solanacee, famiglia considerevole per i terribili veleni narcotici che dà e che cagionano la letargia, il delirio, la pazzia, la paralisi e la morte. Ha lo stelo alto un metro e più, diritto, viscoso: le foglie sessili, larghe, lanciolate; i fiori alquanto rossi o giallo-verdi bianchicci. Si conoscono più specie di tabacchi, la maggior parte originarie dell'America meridionale: per la immensa quantità di semi che offrono, tornava facile di seminarli, coltivarli o più o meno naturalizzarli in vicinanza delle abitazioni. La pianta aveva denominazioni diverse in tutti i differenti linguaggi indiani. Da’ Caraibi era detta ,Yolif; nel Brasile chiamavasi ..Petun“; nelle varie tribù della Guiana Kawai, Yarri, Akae, Tamoh, Tamai, Sciama“; nella Florida , Ripavoc£; nella Virginia .,Yppovoc“, e via dicendo senza ripetere i nomi già da noi menzionati parlando degli altri paesi. Per l’ influenza della diversità de’ terreni, del clima e della coltivazione, le specie originarie subirono modificazioni. Da ciò una quantità di sottospecie e varietà, che da’ botanici furono erroneamente enumerate come specie particolari. Le specie più note ora coltivate nell’ America sì riducono a quattro, che hanno per patria regioni diverse e per conse- guenza origini differenti. La ,Nicotiana tabacum“, la cui patria primitiva estendesi a giudizio di De Candolle, a settentrione, dalla Virginia sino al Messico, a mezzogiorno verso la Bolivia, ad oriente nel Vene- zuela, è la specie più diffusa e qualche volta la sola usata nell’ America meridionale e nelle Antille. Edoardo Andrè rac- colse piante di questa specie in una vergine foresta sul ver- sante occidentale del vulcano Corazon nella repubblica del- l Equatore. Il Pavon dice che la medesima specie cresce nelle foreste umide e calde delle Ande peruviane. La . Nicotiana rustica”, diversissima dalla precedente, che offre un tabacco grossolano, era più frequentemente coltivata SAMI MT dagli antichi Messicani e dagl’'indigem al nord del Messico, del Texas e della California. La , Nicotiana macrophylla*, o .,.N. latissima“, è indigena del Maryland: e la ,Nicotiana quadrivalis* ha per culla il Missuri. Oltre alle quattro specie testè nominate, altre ne reca VA- merica, come la , Nicotiana multivalis“, la ,N. nana“, la ,N. repanda“ e la .N. angustifolia*, le cui foglie vengono impie- gate nella fabbricazione de’ sigari o fumate dagli indigeni. Humboldt e Bonpland raccolsero nella Guiana le specie N. paniculata“ e .N. glutinosa“, e sul durso delle Ande, al- l'altezza di 4500 metri, altre due specie, la ,N. loxensis* e »andicola“. Quale fu il motivo che spinse le antiche popolazioni del mondo occidentale ad accendere le foglie diseccate del tabacco per aspirarne il fumo, non è noto. Il fisiologo Federico Tiedemann, nella celebre sua Storia del tabacco*, per iscrivere la quale consulto, come narra Flou- rens, più di seicento volumi, dice, che a spiegare l’ arcano con- viene ricorrere alle congetture. Egli vede nelle foglie e negli steli delle piante selvatiche del tabacco il prezioso combustibile che i prischi abitatori del- l'America nelle loro correrie e migrazioni impararono a cono- scere e usare per cuocere le vivande, riscaldarsi dal freddo. e, mercé il penetrante odore del fumo, difendersi dalla molesta importunità delle innumerevoli turbe d’insetti e de’ densi sciami de’ moscerini che, massime nelle regioni acquitrinose, sono un vero flagello. L'effetto stimolante. inebbriante e disinfettante del fumo suggerì a rotolare le foglie del tabacco per portarle alla bocca, accenderle e fumarle: il che cagionò stimolo piacevole alla lim- gua e servì di passatempo per cacciare la noia. Ditettando spesso i cibi, l’esperienza deve aver insegnato, come il fumo del tabacco quietava la sensazione della fame. Le foglie del tabacco selvatico furono a mano a mano raccolte, prosciugate e custodite, e la pianta medesima divenne oggetto di coltiva- zione presso la capanna del selvaggio, il quale ideò e mise in opera gli arnesi donde trarre il fumo per adoperarli a piaci mento e goderne gli effetti, Esperita l'efficacia salutare delle foglie verdi, queste servirono di farmaco. Il che spiegherebbe perchè gl'Indiani d'occidente annettano al tabacco virtù ar- cane e lo reputino un dono, un benefizio della divinità, del Sole, dal quale, secondo le loro leggende, discendono. Così pensa il Tiedemann. Cercando nelle memorie de’ costumi di altri popoli del- l’antichità troviamo, che al fumo del tabacco degl’ mdiani d’ oc- cidente corrisponde il fumo delle frutta di un albero che cre- sceva nelle isole di Arasse, che i Massageti, popolo scita, git- tavano sul fuoco quando tenevano le loro adunanze per ineb- briarsi tra canti e balli, come gli antichi Greci facevano col vino ed altri popoli con diverse bevande spiritose Altro popolo scita, quello del Boristene, al medesimo effetto, si serviva del fumo inebbriante del seme della canapa selvatica. Altrettanto costumavano fare gli abitatori della Tra- cia, valendosi di un’ erba simile all’origano che cresceva al fiume Ebro, le cui cime svettate mettevano sul fuoco per aspi- rarne il fumo, ubbriacarsi e cadere in sonno profondo. Vuolsi che anche gli antichi Galli e Germani avessero nelle loro foreste l'equivalente del tabacco; che aspirassero il fumo della canapa bruciata sopra pietre ardenti e si ubbria- cassero come 1 loro druidi o sacerdoti dinanzi gl’idoli di Teuta- tete e d'Irmin. INOR Per quanto disgusto provocasse dapprima la usanza del fumare negli Europei (di che Giacomo Cartier fa testimonianza là dove parlando dell’erba che nel Canadà si metteva in serbo dopo diseccata al sole per fumare, dice: noi ci provammo, ma il fumo ci bruciava la bocca come pepe“), tuttavolta, su- perati i sintomi tossici che si manifestano (grave malessere, nausea, tendenza alla lipotimia) in chi per la prima volta tenta di farne la prova, essi tosto se ne compiacquero e l’ accolsero con molto favore. slo ho conosciuti:, narra il Las Casas, ,alcuni Spagnuoli sdi quest'isola spagnuola (cioè di Cuba), che s'abituarono a starne uso; e siccome facevansi loro de’ rimproveri su ciò, «dicendo loro ch’ era male, rispondevano, che non potevano ab- sbandonare quell’ abitudine; ignoro qual favore e qual bene ne plitraessero.“ Ma l’uomo per la sua natura è sempre proclive ad acco- gliere le cose nuove, straordinarie e rare, e ad esperirne gli effetti. Primi a cercare distrazione nel fumare furono i marinai. I più appassionati fumatori divennero i Negri, che gli Huropei rapivano dalle coste dell’ Africa e trasportavano in America per lavorare in luogo de’ milioni de’ miseri Indiani barbara- mente distrutti. Chi primo recasse la pianta del tabacco in Europa, non è bene accertato. Alcuni designano il frate carmelitano Fran- cesco Andrea Thévet siccome quello che l'avrebbe importata dal Brasile, dove conobbe il ,Petun* nel 1555. In ogni modo egli fu il primo che ne desse la figura nella sua ,Cosmografia universale“ del 1575. Altri attribuiscono a Gonzalo Hernandez de Oviedo il merito della importazione del seme del tabacco nella Spagna, dove veniva coltivato come pianta d’ ornamento e com’ erba eminentemente medicinale, di cui s' occuparono Nicolò Monardes, professore di medicina all’ università di Si- viglia, ed altri medici spagnuoli, fondandosi sulle notizie dei loro compatriotti reduci dall'America, che ne esaltavano le virtù terapeutiche. Certo è, che Giovanni Nicot di Nîmes, ambasciatore di Francesco II in Portogallo, ottenuta nell’anno 1559 da un gentiluomo reduce dall’ America la semente del tabacco, la se- minò nel suo giardino, e con le foglie della pianta, le cui virtù curative gli furono tanto celebrate, si accinse a fare esperi- menti. Ad un giovane, che aveva al naso un tumore maligno, applico foglie fresche del tabacco; ed il giovane guarì. Nella stessa guisa guarì il cuoco dell’ambasciatore che s° era tagliato la mano in modo pericoloso. Un gentiluomo impiegò le mede- sime foglie con giovamento contro un tumore ad una gamba, ed una signora contro una forte espulsione al viso La voce di queste cure si sparse per tutta Lisbona; sicché la gente ricorreva con frequenza al giardino dell’ambasciatore per conseguire il farmaco rinomato, che il popolo chiamò ,,erba dell’ ambasciatore“, ce (Re I Avuta notizia che a Parigi era soccombuta per un carci- noma una signora di sua conoscenza e che un’altra dama sof- friva di erpete alla faccia, per curarsi della quale aveva infrut- tuosamente consultati i più insigni medici, il Nicot pensò allora di far conoscere in quella metropoli il nuovo farmaco, dal quale aveva ottenuto effetti segnalati. Nel 1560, mandò il seme ed alquante foglie della pianta a Caterina de’ Medici con la istruzione sul modo di coltivarla; per ciò la pianta stessa fu detta ,,erba Nicoziana“, che divenne il nome sistematico omo- nimo, ed anche ..erba Caterina*, erba Medicea“ ed ,erba della regina.“ Onde il poeta canta: «Giunto il tabacco in Francia a Caterina, Erba della regina fu chiamato, Né chiamato l’ avrian della regina Se veramente egli non fosse stato Un’ erba prodigiosa, un'erba buona, Un’erba degna di real persona.* Alla diffusione del tabacco in Francia concorse eziandio il gran priore di casa Lorena; il quale, essendo in Lisbona, ne portò la semente dal giardino di Nicot; per questo fatto la pianta fu pure nominata .erba del gran priore“. Allora in Francia nessuno fumava, come non vi si fumava nemmeno al tempo di Enrico IV, stimandovisi il tabacco sol- tanto quale pianta farmaceutica. Ma non andò guari .che s'importò in Parigi da Spagna e Portogallo, ov era in gran voga, l’uso di fiutare la polvere del tabacco. Il re Francesco II soffriva di forti emicranie, ribelli. ad ogni maniera di cura. La madre, cui sorrideva la speranza di guarire il re se avesse fatto uso di detta polvere, sollecito gli archiatri a prescrivergliela. I cortigiani, pronti sempre a far da scime, seguirono l’ esempio, e l annasare venne in moda alla corte. Il tabacco acconcio, rapato, in polvere, non si usò prima ciò Lupipis XEU Il tabacco era molto caro, pagandosi lire 10 la libbra, mentre la vendita non poteva farsi che dalle farmacie e sol- tanto a prescrizione del medico, a > L'uso di annasare si fece molto vivo al tempo di Luigi NIV, benchè questo re fosse un accanito avversario del tabacco. Vuolsi ch'egli odiasse la signora di Sevigné, perchè, come tutte le scrittrici d’ allora, si era data al vizio del tabac- care: ragione per cui anche la bella marchesa di Montespan sarebbe caduta in disgrazia. Senza speciale permesso nessuna principessa della corte poteva prendere una presa di tabacco. Il sig. de Lauzun, essendosi permesso di oftrire al re la presa fu mandato alla Bastiglia. Per annasare, le dame adoperavano certa pasta, detta .bomboni di tabacco”. La famosa marchesa di Pompadour, donna delle più amabili e più corrotte, il cui imperio sopravvisse all’ amore, inventò una essenza speciale di tabacco ..l’essenza tabacco Pompadour per rafforzare la memo- ria, che salì in estimazione e che forse giovava a togliere Luigi XV a’ due suoi più gravi fastidi: la noia e gli affari. In quel tempo fondavasi in Siviglia la fabbrica di tabacco da naso, che riduceva le foglie della pianta in polvere minu- tissima sotto il nome di ..Spamol*, che venne in grande ri- nomanza. In Italia il tabacco fu noto verso la fine del secolo XVI sotto il nome di ..erba Santa Croce“ e di .erba Tornabuona* perchè lo recò in Roma il cardinale Prospero Santa Croce, nunzio pontificio a Lisbona, e Nicolò Tornabuoni, legato in Francia, ne spedi il seme all'arcivescovo di Firenze, che lo coltivò nel suo giardino, come attesta il celebre Cesalpino. Frattanto la conoscenza della pianta miracolosa del Nuovo Mondo aveva fatto rapidi progressi di guisa che in venti anni, cioè dal 1560 al 1580, oltre che essere nota in Portogallo, Spagna, Francia ed Italia, i botanici della Germania e della Svizzera la coltivavano ne’ loro orti, ma sempre com’ erba farmaceutica e sotto varie denominazioni. Adolfo Occo, fisico d’ Augusta, ne mandava, come rarità botanica, alcune foglie al medico Giovanni Funk di Memmingen, che le spediva. nel 1565 al celebre botanico Corrado Gessner in Zurigo. In quel- l’anno il padre Aretius la coltivava in Berna. Roberto Dodo- neus, disegnandone la figura, la presentava, nel 1563, sotto il nome di .Hyoscyamus peruvianus*; ed il suo contemporaneo Matteo de Lobel (1576) la descriveva sotto il titolo di ..erba sancta sive Tabacum majus* e .Sana sancta sive Tabacum ce Mo = minus“. Il botanico Carlo Clusio (1574), ottenutone il seme di- rettamente dal Brasile, ne presentava quattro specie: . Petum latifolium*, . Petum angustifolinm*, ,Petum tertinm£ e ,Petum quartum“. Il Tabernomontano ed altri ancora la illustravano sotto la denominazione di ..erba nicoziana“, ,giusquiamo indiano“ ed .erba miracolosa“. Egidio Everard, medico in Anversa, la chiamò .erba panacea” (1585). IV. Botanici e medici pratici de’ secoli XNVIe XVII vedevano nella solanacea ogni maniera di proprietà atte a guarire tutti i mali, onde prescrivevano il tabacco contro l'emicrania, le flussioni, le piaghe, le morsicature de’ cani idrofobi, la gotta, l’idropisia, la verminazione, i mali di petto e de’ polmoni, il gozzo, i tumori, il carbonchio, il cancro, le malattie cutanee, come la rogna e simili, ed anche contro diverse malattie del bestiame. Non v'era quasi malattia che non si volesse curare con quest’ erba. Come farmaco o si applicavano le foglie fre- sche del tabacco o si preparavano sotto forma di decotti, sci- loppi, unguenti, empiastri ed olî. Alle voci esaltatrici de’ botanici e de’ medici facevano eco i poeti, tra quali mi piace nominare Castore Durante ( 1590), che cantò le lodi e le virtù mediche dell’ erba prodigiosa in un carme latino; Raffaele Thorius (Thoris { 1625), che ne esaltò i pregi nel suo ,Hymnus tabaci*, e Giovanni Neander, che ne fece il panegirico nella sua . Tabaccologia”. Sotto l'impero di giudizi esagerati e favolosi, che attri- buivano alla pianta narcotica tante, sì svariate e sì potenti fa- coltà curative, non è meraviglia, se l’uso di accendere le sue foglie e di aspirarne il fumo, -— uso, al quale si ascrivevano altrettante e ancora più efficaci qualità igieniche, — si acco- gliesse con grande favore là dove una volta si mostrava lo strano e curiosissimo spettacolo dello sigaro e della pipa, sti- molando la curiosità e la imitazione. Così verso la metà del secolo XVI la Spagna ed il Por- togallo, vedendo i marinai che ritornavano dal Nuovo Mondo fumare le foglie esiccate del tabacco accartocciate e avvolte in foglie secche di palma e di mais, presto s'appropriarono la costumanza, che si diffondeva anche nell’ Imghilterra mediante i pochi miseri superstiti della colonia fondata da Ralph Lane nella Virginia, ricondotti in patria dal famoso navigatore F'ran- cesco Drake. Questi, giunti a Plymouth (27 luglio 1586), sor- presero di meraviglia i loro compatriotti che li vedevano aspi- rare il famo da’ caminetti di argilla: usanza, di cui tosto s'im- possessò la marinaresca, la soldatesca e la plebe. Alla diffusione nell’Inghilterra contribuì particolarmente l’infelice amante della regina Elisabetta, Gualtiero Raleigh; il quale, conosciuto il ta- bacco nella Virginia, donde lo importò nell’anno 1578, erasi abituato a fumare .a modo indiano“: circostanza aggravante postagli a carico da’ suoi giudici nel famoso processo, che nel 1618 lo condusse al patibolo. Si racconta, che fumando egli in tutta segretezza nel suo gabinetto, il suo servo, entratovi una volta improvviso, trovollo in una densa nube di fumo, e spaventato diede indietro cre- dendo che il cervello del suo padrone avesse preso fuoco per- chè evaporava il fumo per le narici. Nel giorno stesso del suo supplizio, il celebre navigatore, pria di montare sul palco, fu- mava tranquillo la sua pipa. L’usanza di fumare, ristretta da principio al basso popolo, penetrò in breve tempo nella società più elevata. In Londra sotto il regno di Elisabetta 1 fumatori si raccoglievano nelle bettole, e si fondavano pubblici spacci di tabacco, che porta- vano per contrassegno la figura di un moro fumante, intagliata, in legno, ed i vasellai fabbricavano le pipe modellate su quelle della Virginia. Verso la fine del secolo XVI in Inghilterra fu- mavano tutte le classi sociali. I fumatori comparivano con le pipe accese per le vie, in tutti i pubblici ritrovi e sino nei teatri ed anche sul palcoscenico. Tra preti e moralisti, medici e fisici s' impegnò aspra disputa intorno all’ uso di fumare, chi reputandolo una costu- manza abbominevole degna de’ selvaggi d'America, corruttrice de’ buoni costumi della vecchia Albione, sommamente dannosa alla salute: chi un calmante insigne, un blando stimolo, un medicamento universale. Ben-Jonson, Vl amico di Shakespeare, il poeta laureato di Giacomo 1, propostosi di correggere il vizio con la satira ed il ridicolo, scriveva la brillante commedia ig TSE «Every Man in his humor”, rappresentata in Londra nel 1598; Joshua Sylvester condannava il barbaro costume in un poema. E meritavano veramente il ridicolo quegli uomini che per dare al fumo più libera uscita allargavano le proprie narici con una verghetta, come sappiamo che qualcuno usava fare nel 1599. Giacomo I, despota, pedante, pusillanime e caparbio, pas- sando dalle discussioni teologiche a’ piaceri della caccia, della tavola e degli spettacoli grossolani e da questi allo scrittoio, pubblicava nell’anno 1603 il libello latino in odio del tabacco «Misocapnos*, cercando di provare, come il fumare fosse il vero emblema dell’ inferno ove doveva condurre. Se la cosa, scriveva egli, dovesse progredire come incominciò, anche le donne sarebbero costrette di trovar rifugio presso il tabacco, atteso che tornerebbe loro impossibile di convivere con uomini puzzolenti. In opposizione al libello regale, i Gesuiti della Po- lonia pubblicavano 1°. Antimisocapnos*. Il re emanò eziandio un’ ordinanza, che proscriveva 1’ uso del fumo, e autorizzava il Lord-Tesoriere a prelevare dal 26 ottobre del 1604 per ogni centinaio di tabacco la imposta di 6 scellani e LO pence: Piacque ancora a S. M. di far bastonare senza pietà dai popolani, tutti quelli che fumavano e annasavano, e di sfrattare da Londra i fumatori nobili a piedi scalzi e con la barba rasata. o Durante la visita che il re fece nell’anno 1605 alla città di Oxford, la università reputò non poter meglio raccomandarsi all'alta sua grazia che ordinando pubblica disputa contro il vergognoso uso del tabacco. Il re accolse l'invito; frutto delle deliberazioni del dotto consesso fu lo scritto del re medesimo: .counterblast to tobacco* (controsoffio del tabacco). Se non che ci voleva ben altro espediente che il ..controsoffio* del re per ispazzare la grassa fuliggine che imbrattava i biondi figli di Albione; onde fu giuocoforza al re di tenersi pago al dire, che s’ egli dovesse invitare a mensa il diavolo, gli presenterebbe tre pietanze: un porco, del baccalà acconciato con la senapa ed una pipa per la digestione. Nell'avversione al tabacco, Giacomo I trovò nel devoto suo suddito Pietro Columbell un invidiabile alleato. Non see Le contento d’aver mortalmente odiato in tutta la sua vita il tabacco da lui chiamato erba sporca e puzzolente“, con disposizione di ultima volontà proibì a’ suoi eredi in perpetuo di usarne in qualunque guisa, sotto pena di perder la sua pingue fortuna, che andrebbe agli spedali. Da una rappresentazione inglese data nel 1616, che ha per titolo ,il diavolo è un asino*, si apprende, che anche gli spazzacamini usavano il tabacco. Nell’ , Alchimista“, altra rappresentazione del 1610, si de- scrive una bottega di tabacco alla moda, dove si trovava un blocco di acero a sminuzzarvi le foglie, molle d’argento per tenere i carboni, e fuoco di legno di ginepro per accendere le pipe. Il re Carlo I, meno intento a limitare o proibire 1 uso del tabacco, cercò piuttosto di trarne profitto per sanare le im- miserite finanze: onde, appena salito al trono, istituì un colle- gio chiamato ad impartire licenze di spaccio del tabacco verso una forte imposta. Introdotto nell’anno 1625 il monopolio, si tentò di coltivare la pianta; ma non ostante avesse fatto buona prova, per non danneggiare le colonie, si vietò la coltivazione. Durante il regno di Carlo II il consumo del tabacco prese proporzioni straordinarie, ed alla sempre crescente sua diftu- sione molto contribuì la peste del 1665, avendolo i medici con grande calore raccomandato come preservativo: sì che in Londra tutti fumavano, non escluse le donne ed i fanciulli. Il viaggiatore Joverin de Rochefort narra ne’ suoi viaggi in Inghilterra, pubblicati nel 1672, che appena finito il pranzo si poneva sulla tavola una mezza dozzina di pipe ed un pac- chetto di tabacco che famavano uomini e donne. Quando i fanciulli andavano a scuola, portavano nel loro sacchetto in- sieme co’ libri una pipa di tabacco, che le madri avevano cura di riempire la mattina, perchè servisse loro in luogo di cola- zione. All’ora usata ciascuno de’ fanciulli metteva a parte i libri e accendeva la pipa; il maestro fumava con loro ed in- segnava come si dovessero tenere le pipe. I marinai ed i soldati masticavano il tabacco, potente antidoto contro lo scorbuto. 21050. = Frattanto l'usanza del tabacco aveva invaso tutto il con- tinente europeo. Navigli inglesi, che trafficavano coll’ Olanda, e studenti inglesi, che frequentavano la umiversità di Leida, la diffondevano ne’ Paesi Bassi. Nella guerra de’ trent'anni, i volontari inglesi che il re Giacomo spediva al proprio genero, il principe elettore Federico del Palatinato, sotto il. comando del conte Grey, e le truppe olandesi guidate dal generale Spi- nola, la importarono in Germania, donde penetrò nella Svizzera in Austria ed in Ungheria. Le ciurme delle navi inglesi la reca- vano in Isvezia edin Norvegia e di là passava in Lapponia. I bastimenti inglesi la propagarono anche in Russia. In Francia si cominciò a fumare regnando Luigi XIII. Sotto Luigi XIV il consumo si fece più largo, particolarmente presso i soldati e i marinai. Per mantenere l’esercito di buon umore e non fargli sentire la fame, il ministro Louvois, durante la campagna d’ Olanda del 1665, distribuiva a’ militi tanto tabacco, che gli fu fatto rimprovero di avere approvvigionato i soldati meglio col tabacco che col pane. In Turchia, principalmente in Costanti- nopoli, le pipe da fumo entrarono già nell’anno 1605 diffon- dendosi poi nella Valacchia, Serbia, Slavonia, Bosnia e Croazia quando questi paesi caddero sotto il giogo musulmano. Quasi dovunque il tabacco metteva radici alte suonavano le querele in odio suo. Autorità spirituali e temporali gareg- giavano in zelo per estirpare la mala pianta, non soltanto con la parola, co” proclami, con le multe pecuniarie e con le pri- gioni, ma anche con pene crudeli. I preti che vennero di Spagna a Roma recarono l’uso di fiutare il tabacco. Non ostante che alcuni medici si fossero pronunciati contro l'usanza avvisandone gli effetti perniciosi, essa fece in Italia rapidissimi progressi, massime tra i chierici, favorita da alcuni pregiudizî. Il padre Giuseppe da Copertino, un tabaccone per eccellenza, richiesto dal medico Antonio Vi- taglioni, perchè nasasse tanto tabacco, rispondevagli: ,,L’ espe- rienza insegna, che usando il tabacco si rende servizio a Venere“. Papa Urbano VIII, indignato che non soltanto i laici, ma anche gli ecclesiastici durante l'ufficio divino usavano ,la presa*, con bolla del 1684 minacciò di scomunica tutti quelli che avessero annasato in chiesa. Ed è da notare, che la cosa recava grave disturbo, atteso che allora non si poteva aver il tabacco già rapato, che fu introdotto più tardi, ma ciascuno portava seco una piccola grattugia per sbricciolare le foglie di volta in volta: operazione che, fatta in chiesa, tornava di non lieve distrazione. E pareva brutto vedere, che i preti, stando in coro, insudiciassero le mani, il viso, i breviari, la cotta con questa polvere. La bolla pontificia fu conseguenza di una rimostranza del capitolo cattedrale di Siviglia in odio a’ sacerdoti che anna- savano dmanzi all'altare e che per il continuo starnuto turba- vano la devozione. Quando Urbano VIII vietò il tabacco, Pasquino disse: sContra folium, quod vento rapitur, ostendis potentiam tuam et stipulam siccam persequeris”. Nell'anno 1698, papa Innocenzo XII rinnovava la bolla di Urbano VII per quelli che avessero tabaccato nella basi- lica di S. Pietro in Roma. Nella Turchia i preti (mutti) dichiararono l’uso del ta- bacco contrario a’ precetti del corano ed ottennero dal sultano Amurat IV la proibizione dell’ uso sotto pena della perforazione del naso e della perdita delle labbra. Il reo veniva condotto per le vie di Costantinopoli legato sopra un asino per esporlo alla derisione, a’ motteggi ed agli insulti della plebe. Opinando che il fumo rendesse il popolo infecondo, il sultano pubblicò un editto che condannava i fumatori alla pena capitale. Scop- piato nel 1633 nella metropoli turca un grande incendio, Amu- rat colse il pretesto per ordinare la chiusura e la distruzione di tutte le catfetterie siccome ridotti di persone sediziose e mormoratrici contro il governo, ritrovi de’ fumatori, .che met- tevano in pericolo la sicurezza della capitale*. Ed affine di accertarsi che i suoi comandi fossero serupolosamente osser- vati, il tirannico sultano faceva egli stesso di nottetempo la ronda. Chi veniva scoperto in caffetteria o con la pipa, era spacciato. Così non pochi infelici pagarono con la vita il tri- buto alla passione del cattè e del tabacco Nella guerra che Amurat imprendeva nell’anno 1638 contro i Persiani, le vessazioni e le condanne capitali continuavano il * SM o sanguinoso cammino, poichè se un soldato fosse stato ardito di fumare di nascosto, era o sbranato, o squartato, o decapi- tato, o impalato, o almeno gli si stritolavano mani e piedi per quindi gettare la vittima in infetto ed oscuro carcere. Lady Maria Montague, nelle sue celebri Lettere sulla Turchia,“ racconta, come un turco molto accorto sì servisse di un mezzo assai destro per deludere il firmano di Amurat con- tro i fumatori. Egli fece scavare una fossa profonda in cui sì ritirava per fumare. Il sultano venne a saperlo e cercò di sor- prenderlo. — Hai tu intenzione di minacciarmi? Dovresti pu- nirmi, gli rispose il fumatore: ma il tuo editto è fatto per lassù e non può aver valore sotto terra. Io mi sono sottratto al tuo potere liberandomi dal suolo sul quale comandi! Amurat rise di questa spiritosa difesa e perdonò al contravventore della sua legge. Modi non meno barbari contro i fumatori continuò il suc- cessore di Amurat, il sultano Ibrahim; e gli appassionati del tabacco, più non potendo fumare, contentaronsi di fiutare. A Mosca, dove gli abitati erano costruiti di legno, lo ezar Michele Fedorovich, a suggestione del patriarca, che vedeva nel fumo del tabacco una prostituzione dell’incenso dovuto alle sacre immagini, emanò nel 1613 un divieto, rinnovato nel 1634, con comminatoria del knut, taglio del naso ed esiglio in Siberia. Nel 1650 si raffermò la proibizione, che durò in Russia più che in alcun’ altro paese. Nella Svizzera, nel 1653, il consiglio del cantone di Ap- penzell citava e puniva i fumatori ed ordinava a tutti gli al- bergatori di denunziare quelli, ch’erano trovati fumando. A Berna, nel 1661, bandivasi divieto in forma de’ dieci comanda- menti: l’abuso del fumare, considerato come un delirio de- bilitante la facoltà della procreazione, teneva luogo del sesto comandamento. Le pene erano: berlina, carceri e multe. Nella medesima città sedeva a ciò proprio tribunale (chambre du tabac), che durò sino alla metà del secolo scorso; ma la seve- rità della legge era modificata e mitigata nel senso, che l’ uso del tabacco era interdetto soltanto agl’ individui che non ave- vano 24 anni. Anche negli ultimi tempi, per porre un freno alla sempre crescente abitudine del fumare, il governo di Ob- walden ordinava con decreto 20 maggio 1874 di mantenere in vigore il decreto del consiglio provinciale 12 dicembre 1848, A) ce col quale si proibiva di fumare a giovani dell’età minore di 18 anni sotto pena da 18 a 20 Batzen. I recidivi dovevano venir denunziati al governo per un castigo più severo. Dopo la pace di Westfalia (1648), che pose fine alla guerra de’ trent’ anni, i governi della Germania tentarono con varie punizioni di mettere argine alla esecrata ed infernale corrente del tabacco (così la chiamavano alcuni scrittori), che invadeva tutte le classi della società. Un rescritto del 1652 del governo della Svevia diceva: tutte le bibite spiritose di tabacco ed altri frutti, e particolarmente il libare tabacco, siccome essenze grandemente nocive alla salute e pericolose alla sicurezza del fuoco e per molti altri riguardi, sono intieramente vietate.“ Nel 1691 una legge data a Liineburg condannava i fumatori alla pena di morte. I preti da’ pulpiti scagliavano i fulmini della chiesa contro i ,beoni del fumo,“ invasi dal demonio. , Nei giorni festivi, (così predicava Skriver, un fervente teologo di quel tempo) si vede nelle bettole una massa di gente che si riempie di bibite; e per bere d’avvantaggio converte il collo in fumaiuolo e accende un fuoco artificiale in onore del dia- volo“. Filandro di Sittewald qualiticava le libagioni del fumo e l’annasare il tabacco, per astuzie e seduzioni di Satana. Il vecchio teologo e cancelliere di Tubinga, Jàger, in un sermone contro i peccati del tempo, esclamava: ,essi trincano, divorano, amoreggiano e persino fumano tabacco.“ È curioso che sino all'anno 1848 — dunque due secoli e più dopo che tutto il mondo tedesco fumava — nella massima parte delle città e delle residenze della Germania era vietato di fumare sulle pubbliche vie e particolarmente di passare con lo sigaro o la pipa accesa avanti le sentinelle, come afferma Gustavo Klemm. Il che avveniva anche in altri luoghi fuori di Germania; onde il patrizio triestino Antonio de’ Giuliani, ben- veduto da Giuseppe II, nel 1785 scriveva: ,Sarebbe a deside- srarsi, che del militare se ne facesse il minor uso che fosse spossibile. Il soldato ordinario è per lo più inclinato alla vio- slenza: il suo amor proprio n° è lusingato : il suo cuore sente sun piacere tutte le volte che può dare una bastonata. A sTrieste il marinaro, il forastiero è purtroppo esposto a tali sinsulti per ignorare le convenienze di rispetto dovute ad una ,sentinella, che ordinariamente non si osserva. Se alcuna legge ada snon obbliga se non dopo esser promulgata, quando mai si spubblicò, che in vista di una sentinella abbia ad essere un sdelitto il fumare una pipa di tabacco ? “ Nell’ Ungheria e nella Transilvania si pubblicarono negli anni 1670, 1683, 1686, 1688 parecchie disposizioni in odio ai fumatori. Le pene oscillavano tra f. 6 e f. 300 di multa e mi- nacciavano anche la confisca de’ beni. Abbas il Grande, scià di Persia, tanto esacrava il tabacco, che proibì a’ suoi soldati di farne uso, pena l’ amputazione del naso e delle labbra. Un mercante, che nel suo campo, tra altre mercanzie introdusse il tabacco, fu bruciato vivo insieme con le sue merci. In Santiago, nel 1692, furono murati vivi cinque monaci per aver fumato in coro durante gli uffizî notturni. Ma quali puntelli possono mai arrestare i popoli se vien loro il ticchio di girare? Que’ medesimi che tentano di fermare la ruota, girano come gli altri senz? accorgersene. ME Se sacerdoti e principi cacciarono il tabacco con ignomi- nia, siccome corruttore de’ costumi e ammollitore delle fibre, esso finì con trovare ospitalità trionfale presso 1 medesimi prin- cipi e presso tutti i popoli della terra senza distinzione di razza di religione, di costumi, di coltura, di condizione. Il pontefice Benedetto XIII, sempre ligio alle abitudini del chiostro e nemico delle sontuosità, spesso desinava co’ suoi frati domenicani scambiando con loro la presa di tabacco, del quale era grande amatore. Fu egli che tolse le bolle lanciate contro il tabacco da’ suoi predecessori. A grande gioia de’ fedeli, il sultano Mahomed IV cassò il divieto di fumare e ripristinò le botteghe da caffè, le quali si erano trapiantate in Londra già nell’anno 1652 e in Parigi nel 1672, e si aprirono in Olanda e in Germania mediante i Levantini e 1 Veneziani, divenendo in brevei convegni prediletti di con- versazione della buona società, che alla bibita tanto gradevole del caffè univa la pipa, la presa di tabacco ed il buon umore. Lo ezar Pietro il Grande liberò i fumatori dalle mimacce di Michele Fedorovich, e trovandosi nel 1697 in Londra con- cesse a’ negozianti della City d’introdurre il tabacco ne’ suoi stati; e in ricompensa s’ ebbe in dono 15000 lire sterline che fruttarono ad usura a’ venditori di tabacco. Lo czar Pietro III, beone, fumatore, bordolliere, cupo, om- broso, spendereccio così da restar sempre in secco, ma di buon cuore, fondava la società de’ fumatori, che fu una delle cause de’ disaccordi e litigi con la moglie Caterina, che presolo in odio, lo fece avvelenare e strozzare. Federico ILI, principe elettore di Brandenburgo, grande fumatore, introdusse nella sua Corte, una società di fumatori nella quale si osservavano scrupolosamente le auliche cerimonie. Più democraticamente correva la società sotto il nome di »collegio del tabacco,“ di storica rinomanza, istituita dal re Federico Guglielmo I, tutto soldato, bevitore e fumatore. Ogni sera il re raccoglieva intorno a sè generali, ministri, officiali, ambasciatori e forestieri illustri. Tutti prendevano posto su semplici panche di legno intorno ad un grande tavolo di ro- vere, il boccale di birra dimanzi e la pipa olandese in bocca, giocando al .trictrac* un soldo la partita. In mezzo ad una nube di fumo, che spesso era tanto densa da spegnere i lumi, e tra i frizzi ed 1 motteggi, si discorreva delle novità del giorno ridendo alle spalle del prossimo. Il successore di Leibnitz, pre- side dell’ accademia delle scienze, una specie di buffone e bevitore intrepido, il Gundling, che, dopo morto, fu sepolto in un barile, leggeva ad alta voce i giornali. Al piacevole passa- tempo prendevano parte eccelsi personaggi: il duca Francesco di Lorena, il duca Ferdinando Alberto di Braunschweig, il principe Alessandro di Wiirtemberg, il re Stanislao di Polonia ed altri. La madre di Federico Guglielmo, la regina Carlotta di Prussia, era così schiava dell’uso del tabacco da dimenticarsi al punto da portarlo più volte al naso per rompere ia noia della solennità della sua incoronazione, ch’ ebbe luogo nell’anno 1701, non senza scandalo del regal suo consorte. Così, una pianta straniera, il cui fiore nulla ha di attraente, che non dà frutto atto alla nutrizione, giunse a guadagnare un carattere simbolico quasi fosse un vero e proprio elemento di civiltà, ed acquistò per la navigazione, il commercio, l’ agricol- tura e l'industria, fattori potenti di progresso, un valore pro- digioso, e divenne per gli stati una miniera inesauribile di ricchezza. VII. Revocate le leggi draconiane, che colpivano i consumatori del tabacco, una moltitudine di braccia coltivarono la pianta e numerose fabbriche sorsero per prepararla. La nuova industria fece nascere delle altre ed una folla di merciaiuoli dovette la sua esistenza a questi prodotti. Gran numero di navi cariche di preziosi tabacchi solcarono i mari per trasportarli a’ lidi più lontani, che gli accettarono con particolare premura in iscambio di altri prodotti e in sostituzione della moneta. Abbiamo accennato come il tabacco fosse venuto in Éu- ropa; ora seguiamone il corso in altre parti del globo. Navigli mercantili portoghesi, spagnuoli e olandesi lo re- carono alle coste dell’ Africa, donde ss addentrò nel paese per mezzo degl indigeni. I paesi della costa settentrionale: Egitto, Tripoli, Tunisi, Algeria e Marocco, l’ ottennero parte dagli Osmani e parte da’ navigatori cristiani. I Negri della costa occidentale dal Capo Bianco al Capo di Sierra-Leona 1° ebbero direttamente dal Brasile e dalla Guiana mediante i Portoghesi e gli Spagnuoli che facevano il traffico degli schiavi. Al Capo di Buona Speranza e a’ paesi vicini giunse mediante gli Olan- desi che, facendo vela per le Indie orientali, sostavano al Capo. I Portoghesi lo importarono nelle contrade del litorale orien- tale, a Mozambico e Sofàla e all’ isola di Madagascar. Nell’ Asia minore, nella Siria e nella Mesopotamia il. ta- bacco arrivò da Costantinopoli. Dalla Siria e dall’ Egitto pe- netrò per via terra con le carovane nell’ Arabia. Benchè i Per- siani avessero appreso l’uso di fumare da’ Turchi nella guerra combattuta contro lo scià Abbas il Grande, tuttavia ottennero la pianta del tabacco mediante i mercanti inglesi, come si ar- guisce dalla denominazione d’,Inglis Tambaku£ che i Persiani diedero al vegetale, che dalla Persia e dall’ Asia minore passò nell’ Armenia e nelle regioni del Caucaso. Nell’ Imdostan, cioè nell'India cisgangetica, il tabacco entrò verso l’anno 1605; ed al principio del secolo XVII era eziandio noto ne’ paesi dell’ Imdia transgangetica, in Asan, Siam, Birma, nella penisola di Malacca, in Aman, Cambogia, Cocincina e Tonchino. Nelle isole dell’arcipelago indiano : Ceylon, Giava, Sumatra, Borneo, Macassar; nelle isole della Sonda, nelle Molucche e nelle Filippine lo importarono i Portoghesi e Olandesi sino da quando vi posero le loro colonie. Avendo essi nel medesimo tempo avviate importanti comunicazioni con la Cina, il tabacco penetrò nel celeste impero, dall'una parte per via di mare in- trodottovi da loro, dall'altra parte per via di terra col mezzo delle carovane che vi giungevano dalla Persia e lo diffusero eziandio tra 1 Mongoli. Il Giappone lo conobbe da’ Portoghesi, come afferma Carlo Pietro Thunberg ; il che sarebbe avvenuto ne’ primordi del secolo XVII. Le carovane della Buccaria, della Cina e della Russia lo propagarono nell’ Asia alta e nell’ Asia settentrionale. Tardi comparve il tabacco nell’ Australia mercè de’ navi- gli inglesi, nordamericani, olandesi, francesi e delle città an- seatiche che davano la caccia alle balene. Tutti i popoli di cotesti paesi accolsero l’uso del tabacco ne’ medesimi modi e con la stessa voluttà degli Europei. Al- cuni tra essi andarono anche più in là adattandolo alle proprie inclinazioni naturali; altri, ma ben pochi, l’avversano tuttodì. Gli Arabi dell’ Egitto e della Siria, i Turchi dell'Asia minore, i Curdi e gli Abissini, gl’ Indiani ed i Cinesi, non con- tenti di narcotizzarsi col tabacco, vi aggiungono il mortifero oppio, al quale li trascina una fatale passione, che indarno si tentò di sradicare. Nella Persia e nella Siria si riduce il fiore della canapa comune (Cannabis sativa) in polvere per prepa- rarne una pasta, onde si fanno pallottoline per unirle al tabacco a fine di renderlo più forte e stimolante. Mezza pallottolina in una pipa è sufficiente per ubbriacare wi uomo. I Seichi (setta religiosa fondata da Nanak [1469 1540], che voleva unire il Bramismo con l Islamismo e che diffonde- vasi nel Punjab), la cui fede religiosa vieta l uso del tabacco, affermeranno che esso è il più vile degli stimolanti, dacchè il seguace della loro setta, Gorow Govind Sing (} 1708), lasciò detto, che l’ interno del corpo del fumatore è per il putridume simile alla pipa. Essi ci diranno che il tabacco e le mosche sono ì mali maggiori di questa età degenerata: ma essi sup- pliscono il tabacco con l’ oppio e con un’infusione di cassole di papaveri. Mi» “gino Una setta in Russia, detta de’ dissenzienti dall’ antica fede“, ha in grande orrore il tabacco, ch’essa chiama erba a Dio spiacente“ o ,erba babilonica”. Nella Piccola Russia, il tabacco passa per un’ erba male- detta. I IhascoMmichi lo chiamano erba del diavolo“: sì offre a’ genî, agli spiriti e al demone delle selve. Nella stessa Pic- cola Russia vive la leggenda, che ..i Tsciumachi incontrarono una volta una donna idolatra in certa posa indecente che met- teva a prova la loro castigatezza. Comparso Iddio ordinò, che sì dovesse mettere a morte la seduttrice. Il marito di lei piantò sul suo sepolcro un ramo; ed il ramo diventò una pianta « foglie larghe. I Tsciumachi, passando di là, osservarono che lo spettro dell’idolatra spiccava quelle foglie riempendone la pipa. Essi lo imitarono e vi presero tanto piacere, che più non ces- sano di fumare; ma verrà giorno in cui, dopo il fumo, il fuoco consumerà gli empî“. La pianta che mette fumo è considerata come la figura del diavolo; il quale, passando per un luogo, vi lascia le tracce, cioè il fumo e la puzza. Se la costumanza di fiutare è più comune alle razze latine, in prima a’ Portoghesi e agli Spagnuoli, poi agl Italiani e ai Francesi, la più esorbitante stranezza di cosiffatta costumanza offrono le popolazioni dell’ Africa meridionale e gli Ulema. di Bocara, che uniscono al tabacco da naso mezzi irritanti. Gli abitatori di Angola e delle rive del Congo vi aggiungono pepe del Chili; e per mantenere costante l’ irritazione del naso si lasciano crescere quanto mai possibile i mustacchi caricandoli di polvere di tabacco. Al medesimo effetto i poveri Cafri si legano sotto il naso un pezzetto di pelliccia, preparata a questo fine. Gli Otomachi usano ridurre in polvere la corteccia della mimosa (Acacia niopo), che aspirano nel naso mediante un osso di uccello. Gli abitanti da Massaua a Cartum, le genti che vivono presso il Tibu del Sahara, i popoli dell'Asia meridionale e sudorientale, dove l’uso del masticare il tabacco è privilegio dei pitocchi, gli associano la soda, per renderlo più pizzicante. Nella stessa guisa che nell'isola di Cuba il sigaro vale per moneta spicciola, le popolazioni del Nilo superiore impie- gano panetti compressi di tabacco in luogo di moneta. Vi. fu un tempo durante il quale gli emigrati inglesi nella Virginia si dedicavano con tanto fervore alla coltivazione del tabacco da seminarlo sino sulle vie di Jamestown e da farlo servire come moneta comune. Una libbra di tabacco valeva 66 cent ; e con tale moneta si pagava il nolo di passaggio d’intieri carichi di ragazze, che dall’ Inghilterra si trasportavano a Jamestown, per appagare i giovani coloni, ardenti di ottenere una compagna della madre patria. 120 libbre di tabacco era da principio il prezzo di nolo per una ragazza, che, per la grande ricerca di questo curioso articolo di esportazione, aumentò sino a 150 libbre. VIII. Quale sia il consumo del tabacco in tutto il mondo, cal- ‘colò il Crawtord, che lo valuta in media a 4,480 milioni di libbre, ossia libbre 4'/, per testa. La coltivazione della pianta occupa circa 9 milioni di campi. (Queste cifre fanno ampia testimonianza del grande potere che esercita la pianta narcotica sull’ uomo e dell’ immenso cam- mino che ha fatto un’ abitudine che oggi va considerata per molti come una indispensabile necessità della vita, come una seconda natura. Un vivo quadro della potenza di siffatta abitudine, ci ot- fre il ., Giornale di Trevoux“, fondato nel 1701 da’ Geswiti : sNel 1831 un candidato di avvocatura a Belley alloggia- Va presso un canonico, archeologo e fumatore arrabbiato, che lo trattava da amico e lo lasciava profittare a piacere del suo giardino e della sua biblioteca. Sul caminetto e’ era sempre un grande vaso ripieno di tabacco; il canonico fumava da una lunga pipa di radice, ed il candidato d’ avvocatura rivaleggiava con lui empiendo da mane a sera una pipa di Kummer, meno capace, ma più bella di quella del canonico. Un giorno, mon- signore, assumendo un contegno grave, disse: Il tabacco è un veleno che distrugge le facoltà morali; per il vostro interesse e per il mio sarei d’ opinione che rinunciassimo alla nostra perniciosa abitudine di fumare. Se foste capace di un simile sacrificio, 10, per me, sono risolto a farlo: altrimenti no; perchè conosco il contagio dell'esempio, e se voi accendete la vostra pipa in mia presenza sono sicuro che non farei di meno di ac- cendere la mia. Ebbene, rispose il candidato, mi proverò senza rimpiangere l’uso del tabacco; ma voglio prendere un partito definitivo; non a mezzo ; niente che assomigli a un giuramento i AR illusorio. Jo propongo un espediente radicale, che tagli corto ad un’ abitudine inveterata: scavare cioè nel vostro giardino una fossa profonda e seppellire le nostre pipe, che verranno un giorno scoperte in uno stato fossile ed antidiluviano. Ac- cettata la mozione, le pipe vennero sotterrate. La sera corse triste, quasi noiosa; la conversazione languiva. Il canonico si ritirò di buon'ora nelle sue stanze ; il candidato lo imitò. A mezzanotte risvegliatosi in uno stato di malessere indefinibile, questi disse tra sè: Mio Dio! quanto volentieri fumerei una pipa! La coscienza mi grida che ho preso un impegno teme- rario, non obbligatorio. Fermò di andare clandestinamente a disotterrare la sua pipa. Si alzò, ed indossata la guarnacca, scese nel giardino dirigendosi pian piano verso la tomba delle pipe. Ma quale non fu la sua sorpresa quando scorse a pochi passi da lui un fantasma bianco che pareva uscir dalla terra brandendo un’ arma; dal canto suo lo spettro sembrava impau- rito. In quella apparizione riconobbe tosto il canonico, che sì mise a ridere e che si trovava. .... im camicia. Non occorre dirlo : lo stesso pensiero lo guidava a riprendere la sua pipa.“ Goethe, ch'era avverso al tabacco, pretendeva, che un uomo geniale non potesse fumare, e congetturava che Lessing non avesse mai fumato. Il bibliotecario di Wolfenbiittel, Ebert, presente al discorso, non tardò di rivolgersi ad una vecchia donna del luogo, che per molti anni era stata al servizio di Lessing per informarsi sull’ attendibilità dell’ asserto del grande poeta. Alla domanda, se Lessing avesse mai fumato, la vecchia ingenuamente rispose: Fumare e scrivere ben sapeva il signor Lessing, ma a null'altro era buono. Il celebre medico Hufeland qualificò il gusto del fumo per un piacere incomprensibile, per una cosa impropria, sudicia, fetida. E’ mai possibile, diceva egli, che simile gusto possa di- ventare un bisogno della vita? è mai possibile che un uomo non possa essere desto, allegro, felice; non possa nè pensare, nè lavorare, se non dopo che abbia aspirato per bocca ed espirato dal naso il famo ? Tuttavia egli medesimo era incli- nato al tabacco. E quanti esempi di altri uomini celebri in tutti i rami dello scibile non si possono addurre ch’ erano amanti del ta- bacco? Milton, Addison, Klopstock, Magliabechi, Walter Scott, — 6l — Byron, Schiller, Schlegel, Francesco Bacone, Locke, Kant, Newton, Barlow, Boerhave, Haller, Eugenio di Savoja, Federico il Grande, Bliicher, Oudinot, Napoleone I, Napoleone III, Vittorio Emanuele, Cavour, Federico III di Germania e molti altri uomini illustri o fumavano o annasavano il tabacco. L’ e- roico Giovanni Sobiesky sconfisse i Turchi, che assediavano Vienna, nella famosa battaglia del 12 settembre del 1683, fu- mando la pipa, che in ricordo regalò a quel Comune. IX. Quando i governi s'avvidero che l'uomo più non poteva rinunciare all’ abitudine del tabacco, que’ governi medesimi che sì erano schierati tra 1 più accaniti e severi oppositori, comin- ciarono a speculare sul vizio che non potevano togliere; onde in vece delle proscrizioni, che nulla fruttarono, lo colpirono d’imposte enormi, che sono le meno odiose, perchè tributo spontaneo, al quale il consumatore si assoggetta per propria scelta e volontà affine di procacciarsi un elemento di lusso, un godimento per quanto sia, come dice G. B. Say, il più super- fluo della superfluità. In alcuni Stati, come in Inghilterra ed in Polonia, il ta- bacco fu tassato per via di dogana; nella Prussia si tassa il suolo coltivato a tabacco; nel Belgio v' ha un dazio sullo spac- cio; ma il più comune sistema fu ed è sempre quello che ri- pone nelle mani o sotto il controllo governativo tutte le ope- razioni mediante una concentrazione esclusiva, che si riassume nel nome di ,, monopolio“, e costituisce la maniera più produt- tiva di tassare il tabacco. Essa prevalse in Francia, Spagna, Italia, Austria ed in altri stati; è oggi la più diffusa, e non è lontano il giorno che sarà di tutta Europa. Sino dal 1629, sotto il cardinale Richelieu, s’ introdusse in Francia la dogana sul tabacco, che venne assoggettato al dazio d’ entrata di soldi 30 la libbra. Nel 1674, il governo di Luigi XIV s' impadronì della manipolazione e della vendita, che furono date in appalto. Il prodotto del privilegio, che in origine era di 500 mila lire. salì nel 1730 ad 8 milioni, nel 1778 a 22 e nel 1787 a 29 milioni. Nel 1789 la regia veniva tolta e quindi ripristinata nel 1811. Nel 1854 il prodotto aveva già oltrepassati i 100 milioni; oggi è il triplo. 22: (GIO NES In Italia, l’amministrazione de’ tabacchi variava ne’ di- versi Stati e ne’ diversi tempi; ma in generale somigliava alla francese. La Serenissima nell’anno 1657 ne dava la mamfat- tura e lo spaccio in appalto, guadagnando nel primo quinquen- nio annui ducati 46 mila '). Ne seguì l'esempio il governo pontificio, che dichiarò regalia il commercio e la fabbricazione del tabacco. In Piemonte il monopolio si trova nel 1647, e sembravi stato introdotto poco tempo prima; in Toscana nel 1645; a Napoli nel 1627, poi tolto e rimesso nel 1646, 1650 e 1789; in Sicilia nel 1680. A Bologna, Alessandro VII (1659) aveva posto un dazio di 6 bolognini per ogni libbra di tabacco che si vendeva, che da Clemente XII fu cresciuto di altri 2 bolognini. Attualmente, nel Regno, è monopolio dello Stato e la fabbricazione è locata ad una società per azioni Il reddito odierno è di 100 milioni di lire. Il medesimo sistema vige in Rumenia. In Austria, dove da parecchio tempo esisteva già una im- posta sul tabacco *), se ne deliberò il monopolio nel 1692, ma ) Im via d’eccezione Venezia permise a’ Sette Comuni la coltiva- zione e lo smercio del tabacco con l'obbligo di vendere all’ appaltatore del monopolio le piante che avevano coltivato, ricevendo di ritorno per il medesimo prezzo tanta quantità di tabacco manifatturato, quanta era stimata sufticiente a’ loro bisogni. In Sardegna concedevasi pure a questo o quel privato di piantare tabacco, ma senza che conservasse alcun diritto sulle foglie, che, fatto il raccolto, doveva vendere allo Stato, al quale unicamente era riservata la manipolazione ed il commercio delle medesime. (Pertile. Storia del Diritto Italiano). ?) Nel 1684 ne’ due consigli della città di Trieste fu presentato ed approvato ,nel merito del tabacco“ un memoriale de’ mercanti della città, che, oltre molte altre querele contro gli esattori imperiali, diceva riguardo al tabacco: ,non esser stato mai uso di metter noui dacij in alcuna città simperiale se prima quella non sij stata sentita dalla C.a Maestà Sua, nè sin questa esser uenuta alla Ces.a risoluzione, ma un ordine solo dell’eccel. »Camera ad istanza dei appaltatori al sig. Esattore, nè questo mai fu in- ,Sinuato a questa città, non potendo dunque essere questa città maggior- ,mente aggrauata di dacij, essendo purtroppo pregiudicata e lesa ne’ suoi spriuileggij a segno tale che è ridotta in stato miserabile, però s’ incarica sil spett. Magistrato di informare 1’ eccel. Camera e nell’istesso tempo sSupplicare la M. S. C. a ciò uenghi liberata questa città e suoi mercanti di simili molestie“. (Dagli Atti di Consiglio nell’Arch. Diplom. del Comune). ” — 63 — solo in teoria, poichè fu attuato appena nel 1701. Nel 1704 il monopolio fu convertito in una imposta sulla produzione e sulla vendita del tabacco, che per essere troppo gravosa, fu ridotta nel 1713 !). Riattivato il monopolio nel 123%. per- mettendo la coltivazione del tabacco verso concessione delle autorità, riservando però al solo erario la manipolazione del tabacco greggio, fu vietato tanto il libero commercio del ta- bacco quanto la imporiazione del tabacco estero 8). Nel 1766 4) fu ripreso in amministrazione camerale il dazio del tabacco lasciato per lo innanzi agli Stati provinciali. verso un certo correspettivo di reluizione e fu reintegrata la privativa della introduzione, fabbricazione e vendita?) del tabacco, ed in tal modo fu abolita la gabella ch’ era stata imposta agli Stati pro- vinciali in alcuni paesi dell'Austria. Nel 1785 il governo prese il monopolio in propria regia con sistema simile a quello di !) Patente di Carlo VI 22 Aprile 1713 (v. Documento). ?) Patente dell’imp. Carlo VI del 1925 ordina la istituzione di regie fabbriche di tabacchi sì da fumo che da naso per provvedere al pubblico non soltanto qualità migliori e genuine non miste di surrogati. ma anche perchè il denaro non vada fuori dello Stato. Nell’ anno 1722 il medesimo imp. Carlo VI comandò al comune di Trieste di dare esatte informazioni intorno alla quantità di tabacco col- tivato da noi e a’ luoghi dove questo viene spacciato. (Dagli Atti dell'Archivio Diplomatico di Trieste). ?) Nel 1729 (10 aprile) il Comune di Trieste denunciava trafficanti ed appaltatori di tabacchi, che da’ paesi turchi erano sbarcati nel porto sotto Pirano detto delle Riose e poi s'erano fatti gettare con barca sotto il Monte di S. Croce nel territorio di Trieste e di là erano passati a Gorizia. Essi venivano da Antivari, yluogo turchesco sospetto e sospet- tissimo*, dove fecero il carico del tabacco. Oltre all’ accusare tanta vio- lazione contro i regolamenti sanitarî, il Comune conchiudeva: ,,quanto bene riuscirebbe di seruicio cesareo e di sollievo a’ suoi fedelissimi su- pditi, se la città auesse questo appalto come quello delle carni che uiene »spontualmente pagato, al certo non ui sarebbero tante corutele praticate ,nel alteracione de’ tabacchi con euidente ingano per particolare guada- »gno, con danno notabile de’ compratori*. Vedi anche i Rescritti del 16 aprile e del 5 novembre 1729. (Dagli Atti dell’Arch. Diplom. di Trieste). 4) Patente di Maria Teresa del 1766. ?) Sov. Ris. 4 ottobre 1782 permette la vendita de’ tabacchi al mi- nuto anche ne’ giorni festivi. — 64 — Francia '). In quell’anno il tabacco aveva reso allo Stato circa 2 milioni di fiorini; nel 1861 il reddito saliva già ad oltre 30 milioni; oggi la sola Cisleitania dà più che 54 milioni °). In Inghilterra, Spagna e Portogallo la coltivazione del tabacco non è permessa. In Inghilterra e Portogallo la sua importazione, gravata di tasse enormi, soggiace a severa vigi- lanza, e la fabbricazione è, come in Russia, ristretta a grandi stabilimenti per le ingenti cauzioni che devono prestarsi. L'Im- ghulterra riscuote per diritti doganali sul tabacco più del 600%, del valore primitivo, ricavando più di 200 milioni di franchi all’ anno. Gli Stati Uniti incassarono per imposta sul tabacco dal 1871-75 lire sterlime 172, 247, 718 ossia in media annue lire sterlime 34, 449, 543, che negli anni seguenti s’ accrebbe di molto, massime per il dazio d’ introduzione che colpisce i fab- bricati esteri. Senza dilungarci intorno alle rendite degli Stati, le poche cifre esposte dimostrano a sufficienza gl’immensi tesori, che afftuiscono giorno per giorno nelle casse erariali in virtù, onore e gloria dell’ erba narcotica. X. Per l’ enorme suo consumo, il tabacco rappresenta uno de’ più importanti articoli delle finanze mondiali; il suo valore aumenta grandemente a grado a grado che si dà il bando alla pipa e che cresce il gusto per le sigarette e per i sigari, alla cui preparazione è necessario per la massima parte della mano d’ opera, che in Europa è affidata principalmente alle donne. Importante è l industria della manipolazione del tabacco per prepararne la foglia alla fabbricazione de’ sigari, de’ rotoli o corde, degli scaferlati o tabacchi da pipa, delle sigarette, del tabacco da naso e da cantina. ) Sov. Ris. 50 novembre 1783 e 3 febbraio 1784 ordinano che l’ ar- renda de’ tabacchi debba cessare con la fine del 1784 e che dal l. gennaio 1785 vada per conto del Sov. Erario. 4) Nel conto di previsione del 1892 l’introito lordo del tabacco figura con fior. 84. 211, 300, la spesa con fior. 30, 175. 900 ed il reddito netto con fior. 54. 037, 400. ono È In Europa le fabbriche di tabacchi ammontano a più di 16 mila con circa 350 mila operai, di cui oltre 37 mila lavo- rano nelle fabbriche austro-ungariche. La fabbrica di Siviglia dà occupazione a 4500 operai, che preparano annualmente non meno di 1 milione di chilogrammi. Nella fabbrica centrale di Jostantinopoli sono impiegati 180 operai (turchi, greci, armeni ed arabi) nello scegliere le foglie delle varie qualità di tabacchi secondo la provenienza. Nella preparazione delle sigarette sono occupati da 80 a 90 tra uomini e giovani ed oltre 240 ragazze; ogni ragazza è in grado di preparare 3 mila sigarette al giorno; venti macchine governate da una sola ragazza allestiscono circa 30 mila sigarette al giorno, che hanno spaccio in tutta Europa, nelle Indie, nell’ America e nell’ Australia; 30 macchine taglia- trici, mosse dal vapore e servite da due uomini, sono destinate al taglio del tabacco; 400 ragazze lavorano nella formazione de’ pacchetti. Nell’America i soli Stati Uniti contano oltre 16 mila fab- briche di tabacchi con 125,498 operai. In Europa il più grande consumo di tabacco, lo fanno i Paesi Bassi, il minor consumo l’Italia e la Spagna !). Industria profittevole è anche quella delle tabacchiere nata sul suolo spagnuolo, che venne in gran moda nel secolo XVII, allorchè la corte di Francia soleva farne dono a’ grandi dignitari delle corti straniere in segno di grazia. La moda delle tabacchiere, come ogni altra, varcò i con- fini di Francia propagandosi in tutti i paesi a mano a mano che si diffondeva la costumanza di annasare. Il ministro sassone Briihl, morto nell’anno 1763, posse- deva parecchie centinaia di mute di vestiti e per ogni muta aveva propria tabacchiera. Altra industria più lucrosa della preaccennata sorta prima in Inghilterra, fa quella delle pipe, che in origine si fabbrica- vano di argilla plastica sul modello delle americane, poi di altre terre, di radici di legni duri e di altre sostanze, tra cui !) Secondo il Kònig il consumo ascende per testa: in Belgio chilogr. 2.500; Olanda chilogr. 2.000; Svizzera chilogr. 1.600 ; Austria chilogr. 1.245; Germania chilogr. 1.205; Norvegia 1.025; Danimarca 1.003; Russia chilogr. 0.888; Inghilterra chilogr. 0.616; Italia chilogr. 0.571 ; Spagna chilogr. 0.490. 5 RM. = la più stimata è la schiuma di mare, che i fumatori a forza di fumare avevano la costanza e l'orgoglio di annerire. Il duca di Reggio (Oudinot) possedeva una grande rac- colta di pipe valutata franchi 150 mila. Il nostro patrizio, il vecchio barone Geremia de’ Zanchi, che assistette alla rivolu- zione francese, e fu testimonio alla esecuzione dell’ infelice Luigi XVI e della regina Maria Antonietta, possedeva nella sua villa di Catinara, ove si ritirò nel 1848 e vi morì, una ricca e rara collezione di pipe di schiuma di mare, ch'egli, tra altri oggetti artistici e preziosi, mostrava al forestiero in prova e ricordo della sua valentia nel fumare, abitudine che abbandonò giunto al sessantesimo anno di sua vita. Ma dacchè le pipe furono condannate all’ ostracismo, si sostituirono a queste i bocchini di schiuma di mare e di ambra per i sigari e le sigarette siccome attrezzi più comodi e più gentili, de’ quali fa uso anche il bel sesso. Spagnuole e Portoghesi. hanno un vero culto per il tabacco. La sigaretta, tanto vantata da Alessandro Dumas, è preferita ad ogni altra cosa più delicata; essa è omai una squisitezza che, purtroppo, abbruttisce le rosee labbra delle donne di altri paesi europei. Che direbbe la principessa Carlotta d’ Orleans, se vedesse fumare le donne? Ella, che aveva in tanto orrore il tabacco, sicchè scrivendo nel 1713 alla sua sorellastra Luigia dicevale: ,Abbominevole cosa è il tabacco ; spero che voi, cara Luigia, non ne prenderete. M° in- dispettisce oltremodo quando veggo le donne col naso sporco come se fosse stato fregato con lo sterco“. Di una sua nipote quattordicenne scriveva nel 1715: Ella era una cara fanciulla ed io pensava che diverrebbe assai bella: ma mi sono grande- mente ingannata. Il naso le è cresciuto oltre misura guastando tutto; ne indovino la ragione : le fu permesso di fiutare il ta- bacco ; il che le fece venire il naso grosso“. Ed in altro seritto : «Nessuna cosa al mondo mi fa tanto schifo quanto il tabac- care; esso fa i nasi orribili, rende l'accento nasale e puzza orribilmente. Ho conosciuto delle persone che avevano l'alito più dolce del mondo; ma dacchè si sono date al tabacco, in sei lune sono divenute più puzzolenti de’ castroni*. Il Paradiso, in un’ opera pubblicata nel 1708, scriveva: sil tabacco, non ha molto, era riservato alle donne libertine ; presentemente qualunque donna, che pretende esser dama, se ne diletta“. Nel 1743 fu stampato in Germania un libro che rispon- deva alla domanda, se fosse permesso alle donne gentili di fu- mar tabacco e se fosse utile alla loro salute. Di Li I più pregiati tabacchi vengono tra il 15 e 35° di latitu- dine; ma nè il clima nè la postura del suolo esercitano sensi- bile influenza sullo svolgimento della pianta, ch’estende il suo regno entro la zona della vite, cioè sino al 50° di latitudine, in qualunque terreno purchè ricco di sostanze organiche e di nitrati. Spossando fortemente il terreno, la sua coltivazione non torna rimuneratrice se non lè dove stanno a disposizione gl’in- grassi. Il prodotto di un ettaro coltivato a tabacco varia da 1500 a 3800 chilogr. di foglie allo stato normale. Per offrire un buon prodotto, il tabacco chiede, come la vite, un accurato ed intelligente trattamento. Ne fanno testi- monianza l'isola di Cuba ed i paesi turchi, dove il tabacco co- stituisce quasi l’unica occupazione dell’agricoltura. Si presta di preferenza alla piccola coltura; e come prodotto coloniale, di- venne veramente rimuneratore, quando passò dal lavoro forzoso al lavoro libero. Abbiamo detto che la coltivazione del tabacco è diffusa in tutto il mondo: ma nessun’ altro luogo della terra è in grado di soddisfare il gusto del fumatore delicato come l'isola di Cuba, donde vengono i famosi sigari d’ Avana. La preminenza del prodotto dipende dalle favorevoli condizioni del suolo e del clima e dall’intelligenza di que’ coltivatori bianchi che mettono molta cura nello scegliere le foglie: circostanze che pongono l'isola in istato da non temere concorrenza. Il prodotto, che in massima parte viene esportato per gli Stati Uniti, per la Spagna ed Inghilterra, rende all’ isola da 120 a 150 milioni di lire all’ anno. Tra i celebri territori di coltivazione della pianta il più celebre dell’isola è la uberto- sissima valle d’ Abajo. Con Cuba potrebbe rivaleggiare, per la sua felicissima postura e per le sue doti naturali, l’ isola d’ Haiti, traversata da BA BE — 68 — quattro catene di montagne e da numerosi fiumi navigabili, con clima caldissimo, ma temperato da’ venti alisei e dalle pioggie abbondanti. Se non che le interminabili lotte delle razze dal giorno della sua emancipazione, hanno convertito le fio- renti sue pianure, già tanto celebri per le piantagioni del ta- bacco, in vastissimi pascoli per modo che la sua coltivazione vi è quasi intieramente negletta e limitata al territorio di San Domingo. Altra isola delle Antille, che fornisce al commercio di esportazione un tabacco assai pregiato, è Portorico. Benchè i sigari della Giamaica per aspetto esterno, co- lorito e delicatezza delle foglie abbiano grandissima rassomi- glianza con quelli d’ Avana, tuttavolta non hanno nè il fino sapore nè l’ aroma di questi. Nell’ America si coltiva il tabacco eziandio nelle isole Bahame, nelle piccole Antille, nel Messico, in Guatemala, nel- l Honduras, in S. Salvador, Nicaragua e Costarica, nella Co- lumbia, in Venezuela, nella Guiana, nel Brasile, nel territorio del Rio della Plata, nel Perù, nel Chili, nella Bolivia, nell’ E- cuador, negli Stati Uniti e nel Nord-America inglese. Tra co- testi paesi i più grandi produttori sono gli Stati Uniti. La coltivazione della pianta, che occupa oltre 300 mila ettari di terreno e 675 mila coltivatori, è diffusa in tutti gli Stati di quella vastissima confederazione, che somministra in media quasi la metà del prodotto di tutta la terra. Per qualità e quantità del genere nessun’ altra contrada dell’ Unione può competere col Kentucky, col Maryland e con la Virginia, benchè in quest’ ultima regione la coltivazione del tabacco sia in regresso. Il solo Kentucky dà il 40%, del complessivo pro- dotto dell’ Unione. Il Kentucky meridionale ed il limitrofo Tennessee dànno que’ tabacchi sostanziosi, pesanti e grassi che servono per masticare e non allignano in nessun altro luogo della terra. De’ tabacchi dell'Asia meridionale meritevoli di partico- lare menzione è il ,Manilla*, che viene nell’ isola di Luzon delle Filippine e si distingue per la finezza delle sue foglie, onde serve egregiamente alla fabbricazione de’ sigari ricerca- tissimi da’ fumatori. IONI Un tabacco, che si segnala per finezza e forza, producono la provincia di Cadoe nella feracissima isola di Giava e la provincia di Malva nell’ Indostan. Nella Persia meridionale è largamente coltivato il ,Tom- beki“, un tabacco preferito per il nargillè. Il più apprezzato è quello di Sciraz. Un tabacco ottimo otftre il vilajet di Trebisonda nella Turchia asiatica e segnatamente il territorio di Bafira. Dalla Siria esce il famoso ,Latachia“, che è uno de’ mi- gliori tabacchi da pipa. Delle varie qualità de’ tabacchi dell’Africa i più celebri sono il ,Cheblif ed il ,Khachna® dell’ Algeria. Nell’ Europa il paese più notevole per la coltivazione della pianta è la Macedonia, grandemente favorita dal clima e dalle condizioni del suolo. Il tabacco macedone è per la pipa e per le sigarette ciò che il tabacco della Vuelta d’ Abajo è per i sigari. XII. Perchè si fuma ? Narra il dottor Guglielmo Ritter: Un principe russo, che dopo il pranzo fumava di buon animo il suo sigaro, divenne curioso di sapere perchè veramente si fumi. Seguendo ll esem- pio de’ saggi principi orientali, prese la risoluzione di portarsi tra la gente per scrutarne il segreto. Cominciò dallo scanda- gliare l'opinione del migliore de’ suoi amici, un arrabbiato fu- matore e gran ghiottone. Caro amico, dimmi un po’, perchè fumi tu? ,Tu lo sai quanto me“, rispose l’ amico, ,che non è cosa migliore in questo mondo che di fumare dopo il pranzo uno sigaro per aiutare la digestione“. Sarà così, pensò il prin- cipe; ma da parte mia non me ne sono mai accorto. Alcuni giorni dopo si mise in viaggio. Imbattutosi, strada facendo, in un povero vecchio che suonava un violino rotto e fumava una pipa corta, fermò i cavalli chiedendo al vecchio sonatore perchè fu- masse. , Vede, buon Signore, io sono ancora digiuno, e se posso avere una pipa di tabacco, sento meno la fame*. Sorpreso della risposta, il principe disse tra sè: l’uno fuma per facilitare la digestione, l’ altro per satollare la fame. Nella notte a tarda ora il principe scese in un albergo ov'era atteso. L’albergatore era SR ancora in piedi e camminava su e giù per l’ atrio fumando lo sigaro che, appena vide il suo ospite illustre, tentò di nascon- dere. Il principe non indugiò di rivolgere al locandiere la do- manda: Mi dica sinceramente, signor mio, perchè fuma lei ? sMi scusi molte volte, Altezza; io non poteva reggermi in altra maniera; voleva attendere Sua Altezza; e perchè non sono uso di rimaner desto sino a quest’ ora, fumando, rompo il sonno“. Il principe si mise a ridere: dunque costui caccia il sonno col fumo. Nella sera seguente il principe era invitato a cena da un pascià turco. Dopo il pasto, il servo, come d’uso, presentò cibuki e sigarette. Osservando come il pascià fumava oltre mi- sura, il principe gli fece chiedere dall’ interprete la ragione per cui tanto fumasse. La risposta non si fece attendere : il pascià non poteva dormire se non fumava da vero turco. Ah, ciò è troppo! esclamò il principe. Non occorre che io vada più oltre in cerca per eruire la ragione del fumare. Se l'uno fuma per digerire, se l’altro fuma per quietare la fame, se il terzo fuma per tenersi desto, se il quarto fuma per dor- mire, è certo che il fumare torna buono a tutto. Egli continuò a fumare per tutto il resto della vita senza più curarsi della ragione perchè veramente sì fuma. XIII. Se dobbiamo considerare il protumo del tabacco come un mezzo allegro, capace di annebbiare la limpidezza talvolta im- portuna dell'umano cervello, massime quando al profumo del- l’erba sacra al Grande Spirito, Bacco accoppia il vapore del succo della vite sacra a lui; se il profumo ha la virtù di dis- sipare la noia, di suscitare le idee dello studioso, di sollevare l'operaio curvato sotto il peso di faticoso lavoro; se quel pro- fumo aiuta la digestione, supplisce alla insufficenza della nutri- zione, caccia 0 alimenta il sonno; se è capace di prevenire e guarire certe malattie epidemiche '); se in fine sì disse e si dice 1) Il dott. V. Tassinari, prof. dell’ istituto d’igiene .sperimentale in Roma, studiando, come ha fatto in questi ultimi tempi il David in Francia, l’azione del fumo del tabacco su alcuni microorganismi patogeni, con- statò, che il crescimento di tutte le specie di batteri soffre sotto 1° a- zione del fumo de’ tabacchi non trinciati e di certe qualità di sigari molto bene e molto male del tabacco e si fuma sempre e più che mai, vediamo cosa si aspira col profumo di questo incantatore, che usurpò tanta parte de’ rapporti economici e de’ costumi de’ popoli. Secondo i chimici, i componenti organici del tabacco sono : nicotina, olio volatile, proteina, grasso, acidi organici, zucchero, amido, sostanze pectiniche, tessuti legnosi ed acqua, la cui (Virginia, Cavour, toscani). Egli ottenne una completa sterilizzazione del bacillo della pneumonite (Friedlinder) e del bacillo del colera. Meno fa- vorevole si mostrò la disinfezione del bacillo del tifo e del bacillo dell’antrace. Il dott. Wernecke, assistente all’ istituto d’igiene dell’ wmiversità di Berlino, prese occasione dall'ultima epidemia colerosa di. Amburgo, per fare una serie di esperimenti al fine di accertare, se il bacillo virgola e per conseguenza se la diffusione della malattia da un luogo ad altro possa trasportarsi mediante i sigari e particolarmente mediante le cassette nelle quali i sigari vengono impaccati e spediti. Senza ripetere la narrazione minuziosa de’ detti esperimenti recati dal periodico ,,Hygienische Rund- schau“ del 1 novembre 1892 N.o 21, ci limiteremo a riferire, che per imitare la possibilità dell’ infezione, il dott. Wernecke si servi di quattro differenti qualità di foglie di tabacco (Avana, Sumatra, Brasile e Seeclees), infettando dapprima l’acqua necessaria per umettare le foglie con bacilli di colera derivanti da una coltura di Agar-Agar. Mentre nell’ acqua del- l'acquedotto riscontrò in un centimetro cubo 120 bacteri, nell’ acqua infetta riscontrò sopra le piastre oltre 1,500.000 colonie di bacilli. Di cia- scuna delle quattro qualità di foglie di tabacco preparò altrettanti sigari. In ogni sigaro inserì un pezzetto di tela impregnata con una coltura di colera. Depose i sigari così preparati nella camera umida e questa a sua volta nel termostata alla temperatura di 30° R. Per portare i bacilli virgola principalmente sulla foglia esterna dello sigaro, le dita del prepa- ratore furono ripetutamente umettate con acqua contenente bacilli del colera. Dopo che i sigari erano stati per quattro giorni nel termostata, il dott. Wernecke trasportò pezzettini dei medesimi nella gelatina, che, posta su piastre, più non presentò colonie di bacilli del colera. Il medesimo risultamento oftrirono i sigari dopo T o 10 giorni. Per esperire 1’ azione micidiale del fumo del tabacco sui bacilli del colera contenuti nella saliva, l'operatore raccolse 40 ce. m. cubi di saliva in un matraccio sterilizzandola in proprio apparato, innestando la saliva contenuta nel matraccio con bacilli virgola e tenendola per 24 ore nel termostata. Essendosi per anteriori esperienze dimostrato, che tanto nella saliva sterilizzata quanto in quella non isterilizzata i bacilli nella tem- peratura del termostata si moltiplicavano oltre misura, egli fece passare il famo del tabacco di mezzo sigaro attraverso una simile coltura me- diante un aspiratore ; dopo 5 minuti avverò che i bacilli erano tutti distrutti, quantità nelle foglie fresche varia dall’ 85 all’ 89%, e nel tabacco preparato dall’ 8 al 13%. Per usare il tabacco da fumo si sottopone alla fermenta- zione, che in alcuni casi giunge alla temperatura di 35° cent. Vi si mescolano sostanze varie che ne facilitano la combustione e ne migliorano il sapore e I odore. Le miscele sono segreti della fabbricazione. S'impiegano all’uopo sale comune, nitro, salammoniaco, tartarato di potassio, decozioni di uva, lampone, bacche di sambuco, pomi, caffè, cannella, vaniglia, mastice, vino, acquavite, zucchero ed altri ingredienti, e talvolta anche urina secondo i paesi ove si fabbrica. Tanto l’esiccamento quanto la termentazione del tabacco hanno considerevole influenza sulla composizione e sulla qua- lità del medesimo. L’ effetto del fumo sull'organismo dipende da’ prodotti, che si svolgono durante l’ azione del fumare secondo il modo della combustione. Il fumare è una distillazione secca del tabacco preparato, con maggiore o minore accesso dell’aria. I prodotti della distillazione secca variano secondo il con- tenuto d’acqua del tabacco e secondo la composizione che la foglia acquista in conseguenza della sua preparazione. Se dunque sì vuol sapere quali sono i componenti del fumo del tabacco, si fa passare il fumo attraverso certi liquidi assorbenti conte- nuti in una serie di recipienti e vi troveremo : nicotina, nico- zianina, acido carbonico, ossido di carbonio, acqua, idrogeno solforato, acido acetico, fornico, butirrico, valerianico e acido prussico ; carbonato, acetato e cloruro d’ammonio, piridina, pi- colina, lutidina, collidina; oltre di ciò azoto, cianuro d’ammo- nio, anilina, acido carbolico ed altre sostanze empireomatiche e fuliggine. Se accendiamo uno sigaro e lo fumiamo, noi aspiriamo nella nostra bocca i prodotti della combustione del tabacco, portandoli a contatto con le pareti della bocca e delle fauci, ed eventualmente anche con le cavità del naso, della laringe e de’ bronchi per espirare di nuovo il fumo. Basta dunque riflettere a’ tossici che aspiriamo ed espi- riamo, quali la nicotina, la piridina, la colidina, l’ossido di carbonio ecc., per comprendere agevolmente quanto funesta possa tornare l’ abitudine di fumare massime quando se ne abusa. Per fortuna le proporzioni della nicotina, di questo veleno potentissimo, variano grandemente da tabacco a tabacco, ed anche la sua azione fisiologica e tossica subisce grandi varia- zioni. Vi sono tabacchi di qualità pregevoli, come quelli della Siria, di Cuba, di Portorico ecc., che contengono molto poca o quasi nessuna nicotina. Di fronte alla potenza venefica di questa è singolare il fatto che 1’ assuefazione al suo uso è molto rapida; il che forma la scusa quasi logica e la garanzia qnasi sicura del fumatore. Essenziale potere esercitano il modo di fumare e la du- rata del tempo che il fumo resta a contatto con la mucosa mediante gli attrezzi che s' impiegano, vale a dire, o fumando col nargillè, sì comune nell’ Oriente, o con la pipa a cannuccia lunga o corta, o con il sigaro, o con la sigaretta. Il mezzo più innocuo da fumare è certamente il nargillè, mediante il quale, il fumo, passando per un recipiente colmo d’acqua, abbandona grande quantità de’ prodotti della com- bustione del tabacco, si raffredda e giunge nella bocca più mite, però meno saporito. Il mezzo peggiore è la sigaretta per essere molto corta, ed anche perchè la carta, che avvolge il tabacco, durante la distillazione secca produce un quantitativo maggiore di creosoto che irrita la lingua e le labbra. Chi sì trattiene in un’ atmosfera pregna di fumo di ta- bacco ne risente le dannose conseguenze per la presenza del- l’ossido di carbonio. Quali componenti il fumo del tabacco agiscano special mente come mezzi piacevoli, non s'è ancora scoperto. Certo è che sono in massima parte indipendenti dal contenuto della nicotina, attesochè, come si è detto, le più fine qualità di ta- bacchi si distinguono appunto per il poco o quasi nessun contenuto di nicotina Per quanto poco sensibile sulla vita del fumatore possa apparire l’ abitudine del fumare, l’avvelenamento cronico me- diante il tabacco forma un capitolo importantissimo della Patologia. Effetto patologico produce anche l’uso di masticare il tabacco; la nicotina e gli oli eterei in questo caso agiscono NI. DEE direttamente in modo deletereo sugli organi della digestione, laddove l’azione del tabacco da naso è più limitata ed è pre- cipuamente meccanica e locale. “i * # nChi avrebbe creduto, dice il Navarrete, che l’uso del tabacco diverrebbe sì comune e generale e che su quest’ ozio novello e singolare si sarebbe stabilita una delle più lucrose rendite per lo Stato“ ? Se la grand’ anima di Cristoforo Colombo tornasse a vi- vere per lanciarsi di nuovo sulla immensità delle acque in cerca della terra che doveva procacciargli l’ oro, le gemme e le dro- ghe per annichilire l’ Islam, convertire i sudditi del Gran Khan alla fede cristiana, che credeva unica e vera via di salute, e conquistare e riedificare Gerusalemme, quale mai sarebbe la sua meraviglia in vedere come l’erba insignificante, che serviva all’uso singolare di ubbriacare i miseri Indiani, diventò una miniera inesauribile d’oro ben più importante di tutti i tesori del Nuovo Mondo? Co’ proventi del solo tabacco egli avrebbe riedificato non una ma cento Gerusalemme. Spesso si grida, sì tumulta contro una imposta che può salvare la patria e tutto il giorno si dà fuoco ad un'erba che ci costa cara per il pazzo gusto di convertirla in una nube di fumo, onde divaghi per l’aere: immagine della leggerezza, in- stabilità e stranezza dell’ umano cervello, che trova espressione nel canto del vate francese: sTabac, dont mon àme est ravie, Lorsque je te vois perdre en V'air Aussi promptement qu un éclair, Je vois l’image de ma vie”. EUGENIO PAVANI. DOCUMENTO (Dagli Atti dell’ Arch. Dipl. del Comune). Noi Carlo VI Imperatore de’ Romani, Re di Spagna, Hungaria, Boemia, Dalmatia e Schiavonia etc. ete. Arciduca d’ Austria etc. Annontiamo la nostra Ces. e Reggia Gratia et ogni bene a tutti, et a cadauno delli nostri sottoposti Tribunali Ecclisiastici et mondani officianti, habitanti suditi et fedelli di che dignità statto et condicione si siano nelli Principati et paesi ereditari) dell’ A. I. cioè Stiria, Carintia, Cragno, Gorizia, Trieste, S. Gio. di Duino, Fiume, Buccari, Porto Rè et nelli Circoli habitanti, et gli facciamo anco con le prest.'i Gratiosam.'° intendere qualm.'° dalli nostri August." Re- gni, et Prouincie hereditarie già più uolte contro il leuare il primiero manupolio del Tabacco è stato Graziosam.!* risolto il datio del tabacco, non ostante mediante questo è statto lasciato tanto alle Prouwincie quanto alli trafficanti la libera coltura, In- troducione, Compreda et Vendita, ma nulla di menno sono in- sorti diuersi granami, cioe che questo dacio principalm.'* respectu del Tabacco racolto in Paese, quale per forastiero uenisse re- putato el datiato troppo et non menno ancora la tansa per la uendita et conuenienza particolare di mercancia fosse molto grauaminosa. Perciò noi per l’auenire li presenti nostri statti et suditti senza di questo aggrauati di queste steure et contri- bucioni, habbiamo determinato non solo di moderare et rego- lare detta tansa della uendita del Tabacco per conuenienza et Giustitia totalm.'°* hauere la medema impositione specialm.'* re- spectu del tabacco Paesano nella seguente forma ciouè, primo: 1." che come per il passato così ancora per 1’ hauenire a ogni uno è statta permessa la Coltura del tabacco nelli nostri nn. SA Paesi dell’ A. I, però nelle Campagne et Campi, non già in picioli sitti et horticelli nelle casse, il che totalm.t* è proibito; come non menno è statto conceso il libero traficho alli Citadini, mercanti, et Crameri tanto di Tabacco Paesano che forestiero et ancora prohibiti con tutto uwigore li contrabandi, come in tutte 1’ altre cosse della Muda, così ancora nella cosa del Ta- bacco, nella confiscacione di quello tante uolte che uenise al- cuno attrapato con tabacco et non solo quelli che lo coltiuano o che lo comprano in Paese o l’ordinano fuori del Paese et lo introduchino in Paese sia poi per loro proprio usso o per ul- terior traficho et Vendita, douerà esser pagatta dogni funto la seguente impositione fedelm.'° et infalibilm.'* douerà esser de- positato a mani dell’ officiante è sostitutto posti à quest’ og- gietto, m’ ancora quelli li qualli sono intentionati traficare col tabacco coltiuatto in Paese sì per euitare ogni ingano; quanto per diretione dell’ officiante che la riscosione et incasatione del- l Aspetante inpositione sotto la quì specificatta penna doueranno addimandare d’anno in anno a essi officianti un Vigliletto per coltiuare e traficare il Tabacco, qual Vigliletto a richiesta subito gli douerà esser datto gratis senza minima tansa, non menno quelli che Coltinano il tabacco saranno tenutti et obligatti di fedelm.'° insinuarsi et dinotare prima il locho doue sono inten- tionati Coltiuarlo per poter mostrare poi tal Vigliletto di Col- tura et traficho al tempo del pagam.'° dell’ Impositione; così ancora ; i pro 2.° per quanto concerne la Gratios." Risolta imposi- tione d’ogni funt di tabacco in foglia coltinato in Paese lauo- rato et coltiuato ordinariam.!* da fumare pagare 4 K." parim.* d’ogni funt di simil sorte di Tabacco d’ Hanouer, di Neremberga, di Magdemburg, d’ Hungaria, di Crouatia 6 K." il funt, del Tabacco Bresille et altri Tabacci forestieri da fumare pagherà 9 K." per funt, poi del nostrano Tabacco di naso 6 K." il funt, del forastiero Tabacco di naso 12 K." il funt, et. finalm.t*. del Spagnuolo, Trentino, Bolognese et altri cari Tabacci d’ odore ò senza odore douerà pagare senza contradicione 24 K.® il funt; pro 3.° douera esser pagatto senza renitenza questo datio del tabacco subito uerso una stampata boletta nel loco doue uerà introdoto per consumarlo ò exitarlo, fatta prima la riuista et presso et succesiuam.!° farli l’ ordinaria sigilatione et Piom- batione; quelli poi che uolesero solam.!* per transito condure per li nostri C." Regni et Paesi ereditari alcun Tabacco colti- uatto, racolto et comprato fuori del paese et che con quello uolessero trafficare in altri paesi uenghono estreti totalm.t* da questa noua impositione, mà pero douera esser praticatta ogni antiuidenza aciò sotto pretesto di transitto non uenise fatta qualche discarico et exito nelli nostri statti ereditari] in pre- giudicio et danno di questa nostra Ces.® Impositione, onde in di auenire si douerà contenere con la condota nella seguente forma: che ogni uno che condura ò portera tabacco, douera fedelm.'° annotare la conducente robba con nominare i Cappi et Numero alla prima muda doue anderà per li nostri Statti ereditari] con farla siggilare, piombare, segnare et pesare et sopra di cio dalli officianti destinati à questo finne un atestato Ò passo è ogni uno deue esser distribuito senza minimo paga- mento, et esaminato in che fosse seratto il tabacco, se in Casse, Barilli, sachi ò Vasi, il che poi deue esser prodotto et datto tal atestato nel Ultima Muda, deue questo Tabacco di nuouo serà condotto fuori delli Nostri Paesi et sopra di ciò douera esser acudito et guardato che dalla specificatta robba non ne ne fosse statta leuatta uia et discarichata in Paese. Allincontro pro 4.° resputa d’introdure il tabacco forestiere, ogni uno deue esser prima prouisto col solito passo dell’ officio qualle uerà datto gratis et alcuno nelle nostre Prouincie dell'A I debba Coltiuar Tabacci et condurli ulteriorm.'* ne tanpocho lauorarli, fabricarli se prima non fara a questo fine la doutta insinuatione a bocha ò in scritura et leuatto il Viglieto stampato di licenza di frabicare, et coltiuare dalli Instituiti officianti di questo, ò più prosimo luoco qual è ogni uno senza minima tansa di pagam * douera esser datto tal Viglieto, et cio sotto la qui nominatta pena. Così ancora per il tabacco di naso non sarano tenuti, ne obligati di darlo sino a tanto che prime seguisca il giusto pesso, et pagata prima l’impositione della Muda, acio il Tabacco possi esser ordinatam.'° sigilato et piombato. Apreso di cio Vogliamo Gratiosam.'* che per sicura riscossione di questa imposicione li sin hora Vsatti molini à manno in grane detrim.!* di questo dritto, con li quali nascostam.'* nelle casse uenina macinato il tabacco lauorato, fabricato, et smaltito senza pagare la doutta Impositione inganeuolm.'* in danno delli con- sumanti è statto fabricato. Onde sotto effettina pena di L. 15 ogni uolta che alcuno trasgredira et confiscatione di tutto il tabacco talli molini sono affatto prohibitti et impediti, se il transgresore non hauesse cio di pagare con denaro così, per esser statto a noi humilm.!* rapresentato, che per il pasato le barche cariche di tabacco solenano uwenire nelli Porti di Mare delli nostri Paesi del’A: I: et queste di notte tempo e na- scostam.** lo smaltinano senza pagare alcuna Muda in non liene detrimento delli nostri diritti, percio; 5.° tutte le barche che ueranno, et introdurano Tabacco nelli detti Porti di Mare, Città, Borghi et altri luochi: (non già nelle Ville già molto auanti proibite: et alri nascondigli) deue esser da principio subito discaricato nel destinato locho da doue non uenghi permeso l’ulterior estrati oue senza prima giu- stifichare e dare idonea cautione et sigillare il tabacco, altrimente il Compratore ò Venditore come trasgresore di questo nostro mandato deue esser astretto è pagare la quì sotto dittata condana come ancora li Caratori quando si trouasero fuori delle ordinarie et solite strade al antiquo douerano perdere tutto il tabacco che sopra sì ritrouera con li Caualli et Cari, Come ancora le Barche et simili; Se poi il Caradore nascostam.'* dimostrase talle inten- tionate transgresioni, in tal casso esso non douera patire cos’ al- cuna, mà anzi douera godere il dritto del denuntiatiante: così ancora. ') i 6. Vogliamo Gratilosam.f* per ewitare ogni contrabando et astutia nel ispedire, et condure li Tabacci, che ogni traficante del Tabacco nel pagare la muda debba dimandare et leuare dagli officianti a questo fine destinati Vna certa Boletta di- spensata è quello Gratis, et senza alcuna ulterior particolare tansa 60 pagam.'°, nella qualle deue esser espresso il numero del peso è quallità del Tabacco et locho da doue è statto con- doto et quella d’ Vn loco al altro ogni uolta mostrare et insi- nuarsi per doue quella robba ulteriorm.'* uenghi condotta et destinata, per il che alora sopra li Confini nel piu prosimo locco nel riceuer le bolette è d’estradere all’ incontro un ri- uersò che in termine di quatro settimane il Compradore è ') 1729 reclamo Trieste. Mercante uogli produre un attestato et prouna cioe che il deno- tatto Tabacco è statto condotto nel locho Competente altrim.* si douerebbe il doppio dritto della Muda. et le bolette doppo che fossero statte oseruatte debban esser particolarm.'® segnate dal Riuisore destinato è questo fine accio non potessero essere adoperate per altre Volte, onde per sicurezza della pagatta impositione douerano essere conservatte dal proprietario e mentre il Reuerso non fosse trouatto esser suficiente douerebbe render Conto. per quello Percio in ogni casso di bisogno esso douera ricercare sufficiente Asicuratione per wia di una sigurta in scritura ò pegno secondo le quantita delle cosse et douera notare il med."° offitiante ordinatam.'* l'ora et giorno della detta boletta che hauera datto et licentiato il Tabacco. Fi- nalm.'* pro 7.0 Vogliamo Noi ancora per maggior sicurezza è stabilità di tutti li sudetti punti et habiamo con le presenti conceso che per maggior atrapam.‘° delli transgresori di questa nostra Ces® Patente, l’offiante posto a questo fine et li sostituti ha- bino facoltà et posino senza impedim.'° liberamente wisitare tutti li luochi si de Ecclisistici che mondani aspetanti cuius- qunque status aut conditione doue il Tabacco suol essere tra- tenuto sia poi Case, Cantine, Camere, Magazeni de Mercanti, Botteghe, ostarie, Molini et altri luochi, Come non meno li Conducenti Chari, fagotti, Crosgne et similli et mentre uno ò l’altro si mostrase renitente in questo particolare, ò fosse tro- uatto in una effettina transgressione, deue esser subito denon- ciato alla superiorità di quel locho del quale deue esser prestato subito pronto comando et asistenza, et pol che 8." Noi dobbiamo intendere che non ostante 1’ impositione del tabacco publicata et da Noi Gratiosm.!* risoluta mediante questa Patente è molto tempo prima leuato et Cassato il ma- nupolio del Tabacco, al Incontro permeso ad ogni mercante Cittadino et Cramero il libero tratficho del Tabacco, tutta uolta alcuni priuatti nelle loro Sig.° et benni contro questo nostro Gratios.® Comando formano qualche apalto et manupolio et lasciano il trafico del Tabacco solamente è uno ò al altro se- condo il loro piacimento uerso un certo quanto con che et per uia di cio impediscono nottabilm.!* il libero traffico, Per tanto s° estende il nostro Gratios." Comando, Che tutti questi Manu- poli nelle Giurisditioni de priuati sotto irremisibile penna ven- ghino dismesi et admesso il Libero Trafficho è ogni uno che sera giustificato dalli destinati offitianti ò loro sostitutti me- diante la distributione del solito Viglietto di licenza è qual fine ancora : 9.0 Li transgresori di questa nostra Ces.* Patente non sollo ogni Volta con la Consueta qui prouista penna del Contrabando et secondo la Constitutione delle cose et enidenza del Loro errore mentre fossero più Volte attrapati debann esser castigati con l’ingionta doppia tridoppia e quatrodoppia penna di de- naro, più ancora se uno o l’altro non havesse di pagare con danari talli Condanne, si possi ben procedere contro questi talli secondo la Costitutione delle persone anco con una penna Corporale non meno contro quelli che ora si trouassero hauere Tabacco et tralasciasero di fedelm.!* notificare, oltre la perdita di tutto il Tabacco che ancora hauessero, dene esser Castigato 10 L. per funt della suma che non hauese Palesato e quelli che contro questa nostra legge et ordine Coltiuano, lauorano et fabricano il Tabacco senza esser segnato et Piombato. et lo uendano senza il qui consueto fabricato segno come non menno uenne trouatto nelle Bottegge, habbitationi, Camere, Cantine et seragli de mercanti et altri di chi sisia Tabacco che non fosse posto per proprio consumo, parim.'* deue esser Confiscato et castigato per ogni funt 3 L., allincontro quelli che per intro- dure il Tabacco Richiedendosi il passo et non prendono la licenza di poter Coltiuare, traficare, lauorare o fabricare il Tabacco, che pure a ogni Vno Gratis et senza minima Tansa dall’officianti deue esser datta solam.'* per piu bona diretione delli medemi e non ostante prendessero alcuni l’ ordine di coltiuare il Tabacco, trafficarlo, lanorarlo et frabicarlo appreso la confiscatione di tutto il tabacco che si ritrouera appreso li med. ancora douera esser castigatti in denaro 12 L. et ogni uolta che trasgredisero uenghino condanati et il denontiante non esser nominato, ne palesato, ma è quello mentre fosse bastantem.!® fondato nella sua quarella per la dichiaratione gli douera esser datta la terza parte della Condana doppo detrate le spesse del Giuditio et altre. sopra del che Comandiamo è tutti li nostri Tribunali delli statti dell’A: I: et sottoposti Mi È superiori ecclesiastici et mondani principalm.'° alli nostri Ra- presentanti Mareccialli del Paese, Capitanei, Prelati, Conti, Baroni, Caualieri, seruitori, inspetie alli nostri Cameralli officij et officianti di quelli, et per che questa Impositione del tabacco importa molto alle Nostre Cesare Rendite delle zolle et mude; onde con le presenti Gratiosam '!° è seriosam.t® co- mandiamo alli nostri fedelli et suditti che non solo la loro medema superiorità, mà anco i Nostri Capitani, Giudici, (rouernatori, fattori, scriuani et altri Officianti debbano fer- mam.'* questa nostra patente, et vigorosam.'* difendere, et pro- tegere li otficianti et i loro subordinati è questo fine et non lasciarli aggrauare in alcuna forma mà alli medemi sopra con- cedente insimuatione et ajuto contro li transgresori, et sempre deuono prender questa nostra General Patente per special ordine qualle in questi cassi fosse necessario, et che potese esser ri- chiesto altrim.'* mostrandosi renitenti è tall’ Asistenza sucedendo questa con qualche pretesto d’ Vno o l’altro Priuilegio e fran- chigia ò senza qualle con questa impositione del Tabacco af- fatto non hà alcuna concessione, ò anco in altra forma tanto quel danno che risorgese per Causa di tal tardanza ò della non prestata assistenza uenghi cerchato il Valore del Contrabando et spesse ocorse da quelle Superiorità et officianti et princi- palm.f* contro quelli li qualli prendessero 1’ ardire di prendere per arestar li Mudari Sberaiteri et altri offitianti a questo fine destinati ò ancora realiter ò Verilibiter ò in altra maniera si tratassero malam.'°, onde come disubidienti Vassalli è suditi sprezzatori della nostra Ces® Hauthorita con la penna statuita dalle Leggi mediante li nostri Fiscalli et Procuratori cameralli douera esser proseguito Poi che questo è il nostro Gratioss.m° e serio Volere et sapra ognuno regolarsi et guardarsi di danno. Vienna li 22 Aprile 1713 secondo anno del nostro Rom.° Imp.° Decimo dell’ Hispanico et anno secondo dell’ Hungarico e Boemico. CARLO m. p. Giò: Federico Co: Sailler m. p. Ad Mandatu Sac.® Ces.' et Catholica Maiestatis prop. Giacomo Ernesto B.* de Plechner m. p. 6 NOTE ELMINTOLOGICHE DI MIGHELE*STOSSICH Ascaris mystax Zeder. (Fig. 6). Lo raccolse l’egregio professore S. Brusina in molti esem- plari nell’ intestino di un Felis catus (Vinica in Croazia, 6 ottobre 1880). Le ova, tanto caratteristiche per questa specie, sono di È ’ ] } ‘ forma sferica più o meno irregolare, a guscio relativamente grosso e tutto coperto da minute impressioni semisferiche. Ascaris mierocephala Rudolphi. Nell’ esofago di un Ardea purpurea (Ospo presso Trieste, 25 aprile 1891; racc. A. Valle). Ascaris ensicaudata Rudolphi. Nell’intestino di un Vane/!lus cristatus (Clanaz, presso Trieste, 24 marzo 1892; racc. A. Valle). Ascaris spiculigera Rudolphi. Raccolto dal mio amico A. Valle nell’anno 1886, nel ven- tricolo di un Carbo graculus della Narenta, e dal benemerito cul- tore delle scienze naturali 1’ egregio signore M. Baraé, nel ventricolo di un Podiceps minor (Grobnik presso Fiume, 13 settembre 1880). Ascaris micropapillata Stossich. Nel ventricolo di un Pelecanus crispus (Narenta, 1886; racc. A..Valle): Asearis depressa Rudolphi. Nell’intestino di un Bubo maximus (Jamiano, 1. febbraio 1892; racc. (AVWWValle). Ascaris acus Bloch. In esemplari giovanissimi dall’ intestino di un Belone acus (Trieste, 26 marzo 1890; racc. A. Valle). Ascaris capsularia Rudolphi. Per gentilezza dell'amico mio Dr. Fr. Sav. Monticelli, posso registrare come ospiti di questa diffusissima specie i seguenti pesci: Conger vulgaris (Napoli), Ruvettus pretiosus (Napoli, 29 marzo 1886), Aulopus filamentosus (Napoli, 26 maggio 1886), Lepidopus caudatus (Napoli, 9 novembre 18809), Zeus faber (Napoli, 30 no- vembre 1885). Io stesso raccolsi in diverse epoche questa specie nello Zeus faber (Trieste) e confrontati gli esemplari con quelli da me rac- colti nello Scomber scombrus, mi convinsi trattarsi della stessa specie e perciò ritengo opportuno di riguardare Vl Agamonema Fabri quale sinonimo dell’ Asearis capsularia. Heterakis inflexa Rudolphi. Moltissimi esemplari, però tutti femminili, nell’ intestino di un Anas boschas dom. (Trieste, 1. ottobre 1890). Heterakis maculosa Rudolphi. (Fig. 7). Corpo cilindrico, assottigliato alle due estremità; bocca con tre grandi labbra quasi eguali e prive di labbra intermedie. All'estremità caudale del maschio le papille postanali sono sferiche, mentre che le preanali sono allungate; ai lati della cloaca 2 Ri E si osserva una grande papilla sferica c ad ogni lato di questa, un’altra, ma molto piccola. Cirri due grandi, dritti, assottigliati, con apice rotondato; in tutta la loro lunghezza presentano una fitta striatura trasversale. L’ estremità caudale della femmina è maggiormente assotti- gliata, conica ed appuntita; vulva semplice nel mezzo del corpo; ova minute, elittiche, coi poli larghi arrotondati. Nell’ intestino di Columba domestica (Trieste, 23 gennaio 1892; racc. A. Valle). Dispharagus latieeps Rudolphi. (Fig. 4). Gli esemplari da me osservati, avuti per somma cortesia dal- l’amico A. Valle, non corrispondevano esattamente alla frase dia- gnostica della specie rudolphiana (Il genere Dispharagus Dujardin, 1891. Specie N. 11) e specialmente la differenza si rendeva palese nello sviluppo dei cordoni cutanei. Questi, negli esemplari suddetti, erano brevi, increspati, ripiegati molto all’ innanzi e confluenti (come nel D. aduncus); così pure non vidi la papilla cervicale. Maschio lungo 6”, femmina o". Nell’ esofago del Cerchneis tinnunculus (Ospo presso Trieste, 7 aprile 1891; racc. A. Valle). Filaria nodulosa Rudolphi. Sotto la pelle del Lanius collurio (Trieste 18913 racc, A. Valle). Filaria quadrispina Dicsing. Sotto la pelle di Mustela foina (Cittanova in Istria, 9 gen- naio 1890; racc. A. Valle). Spiropterina daenodes Diesing. (Fig. 1 e 5). Nella valvola intestinale del Mustelus laevis (Napoli, 9 no- vembre 1885, racc. Dr. Fr. Sav. Monticelli); nell’ intestino dello Scyllium canicula (Napoli, 30 novembre 1886, racc. Dr. Fr. Sav. se Re Monticelli), nello stomaco di Raja asterias (Napoli, 29 novembre 1889; racc. Dr. Fr. Sav. Monticelli) e nello stomaco della Dasy- batis clavata (Trieste, 19 novembre 1888; Napoli, 17 settembre 1886; racc. Dr. Fr. Sav. Monticelli). L’ estremità caudale del maschio è assottigliata con apice ro- tondato, circondata dalla borsa genitale, sostenuta questa da 8 paia di papille peduncolate, delle quali 3 preanali, 2 alla cloaca e 3 apicali. Il cirro nella sua parte emessa si presenta di molto allar- gato e terminante in una lunga punta, all’ estremità della quale si osserva una specie di cappelletto. Ova minutissime, a guscio molto grosso, perfettamente elit- tiche con sezione circolare. Agamonema Ranzaniae Stossich. (Elo 42693): Corpo estremamente sottile, filiforme, assottigliato alle due estremità, giallognolo, con cute liscia relativamente spessa. All’ e- stremità anteriore si osserva l'indicazione delle tre labbra; manca il dentino trapanatore. Dalla bocca diparte l’esofago lungo e stretto, il quale sviluppa posteriormente un piccolo bulbo esofageo; al punto di partenza dell’ intestino si rivolge all’innanzi una breve appendice pilorica. Estremità caudale conica, assottigliata, con apice intagliato. [funehezza tota. La raccolse il carissimo amico mio A. Valle, in cisti attaccate alla parete esterna dell’ intestino della Rawngania truncata (Pirano in Istria, 23 ottobre 1891). Physaloptera elausa Rudolph. Nello stomaco di un FErinaceus europaeus (Trieste, 26 marzo 1892). Oxysoma brevicaudatum Zeder. Nell’ intestino crasso di un Anguis fragilis (Trieste, 26 maggio e 3 giugno 1802), di un Bombinator igneus (Trieste, 29 settembre 1892), e nella cloaca del Bufo vulgaris (Venezia, 9 giugno 1891; racc. Dr. A. P. Ninni). Echinorhynehus transversus Rudolphi. Nell’ intestino dello Sturnus vulgaris (Trieste, 7 marzo 1892; racc. A. Valle). Echinorhynchus globocaudatus Zeder. Nell’ intestino crasso di Syrnium aluco (Trieste, 20 gennaio 1892; racc. A. Valle), e nell'intestino di Cerchneis tinnunculus (Staranzano, 13 marzo 1892; racc. A. Valle). Taenia laevis Bloch. Riferisco a questa specie alcuni frantumi di una grossa tenia, larghi 8" e con cirri conici bilaterali, trovata nell’ intestino di una Fuligula nyroca (lago di Doberdò 15 settembre 1889; racc. A. Valle). Taenia parina Dujardin. Un unico esemplare di uno Sturnus vulgaris (Trieste, marzo 1892; racc. A. Valle). / Taenia multistriata Rudolphi. Nell’ intestino del Podiceps nigricollis (Trieste, 8 marzo 1892). Taenia globifera Batsch. Nell’ intestino del Fa/co subbuteo (Sesana presso Trieste, 22 aprile 1892; racc. A. Valle). Taenia porosa Rudolphi. Nell’ intestino della XNema ridibundus (Vrieste, 25 marzo 1892; racc A. Valle). Taenia vaginata Rudolphi. Nell’ intestino del HMimantopus rufipes (Trieste, 30 aprile 89,1, race. A%Walle): PIERONI ARSA Phyllobothrium lacetuca Beneden. Nell’ intestino della Lamna Spallanzani (Pola 1888; racc. A. Valle). Bothriocephalus Wageneri Monticelli. Nell’intestino del Centrolophus pompilius (Trieste, 23 aprile 1892; racc. A. Valle). Holostomum variabile Nitzsch. Nell’ intestino del Bubo maximus (Jamiano, 1. gennaio 1892; racc. A. Valle), del Brachyotus palustris (Staranzano, 13 marzo 1892; racc. A. Valle) e del Fa/co subbuteo (Sesana presso Trieste, 3o aprile 1892; racc. A. Valle). Distomum italicum Stossich. L’amico mio, A. Valle, rinvenne nel ventricolo di una Lichia amia (Trieste, 16 settembre 1889) tre esemplari di un distoma, lungo 14"" e largo 5"", i quali esaminati attentamente e confron- tati con le specie grandi viventi nei pesci, si dimostrarono appar- tenenti ad una specie del tutto nuova; purtroppo che il loro stato di conservazione non permise che l’ osservazione macroscopica. Il loro corpo era grosso, inerme, appiattito, diviso dalla ven- tosa ventrale in due parti quasi eguali ed elittiche, inferiormente concavo ed aveva la cute sviluppata in forti pieghe trasversali. Il diametro della ventosa ventrale era di 4"", di 2"" quello della ventosa orale. Gli organi genitali si aprivano al margine superiore della ventosa ventrale SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1. Cirro della Spiropterina dacnodes s 23. Agamonema Ranzaniae n . Dispharagus laticeps PARISE »s 5. Ova di Spiropterina dacnodes s 6. Ova di Ascaris mystax . Ova di Heterakis maculosa NI ®© 370afI 31130 3moISARAINa ali Lv Ù î PI Ù i th Il I Ni Pars. zi patara ME LI dd vii dn 4 sv fi ni cia b A Pa PI E, +ERLI RS, ” to, x TT è Y si pù, * 1, x a) si è ù Ù» Pa Lili Efo RADÙ: CRTISOTI EA : 2A i Ù \ DT! vi 4 è $$ " 4 (o J I da 1.1 ; peg» j darte, frer su Des f mf #31 n "0 PIO IDATISISONOO BUOI VIRATA . : e Ù Pe Vi 1210" Ù x ITA Ce x adi IRPIsi 1 GIMANOMERALLE I leeGENERE ANGIOSTOMUM DUJARDIN PER MIGHELE. STOSSICH A questo genere appartengono nematodi meromiari provve- duti di una grande capsula orale e caratterizzati inoltre pel dimor- fico sviluppo delle corrispondenti specie. Il Dr. O. v. Linstow di Géòttingen è quello, che con tutto amore si dedicò allo studio di questi interessantissimi esseri, e fu lui, che in base a questi studi, determinò la loro forma erma- frodita parassitaria e la sessuale libera. Le forme ermafroditi sono provvedute di un esofago, che alla sua estremità è appena ingrossato, mentre che gli embrioni e Je forme sessuali hanno all’estremità del loro esofago un rilevante bulbo sferico contenente l’ apparato denticolare. Nei maschi, oltre ai due cirri fusi all’ apice, si osserva un pezzo accessorio. Le forme ermafrodite sviluppano nei loro ovari dapprima spermatozoi e poi ova, le quali così fecondate, vengono depositate nei polmoni o nella cavità pleurale del loro ospite; gli embrioni che ne escono, emigrano nell’intestino e da questo all’esterno, ‘oppure per la morte del loro ospite e per la susseguente putrefa- zione degli organi, diventano liberi per poi trasformarsi nel terreno in forme sessuali. Avvenuta la fecondazione, nell’ utero delle femmine si svilup- pano di solito soltanto due ova e gli embrioni che ne escono, per il loro forte movimento, distruggono non soltanto le altre ava, | È | ma benanche gli organi dell’ individuo madre; all’ occasione abban- donano questo morto involucro per emigrare nei polmoni di un ospite adatto e trasformarsi nella forma ermafrodita. Vivono nei polmoni degli uccelli, dei rettili e degli anfibi. N. 1. Angiostomum sanguinolentum Linstow. Linstow. Arch, f. Naturg. XLVI. 1880. pag. 46. tav. III. fig. 11. Linstow. Arch. f. Naturg. LI. 1885. pag. 11. F. 11”"; esofago 1/12:2 della lunghezza totale. Corpo di colore rosso sangue, con l'estremità caudale conica appuntita; intestino cieco per la mancanza di un'apertura anale. Capsula orale robusta, armata al fondo di 8 dentini. Ova elittiche, lunghe 0'072"" e larghe 0*002"". Strix flammea (Hameln); cavità pleurale e ventrale. N. 2. Angiostomum macrostomum Linstow. Linstow. Arch, f. Linstow. Arch. f. Naturg XLV. 1879. pag. 182. tav. XII. fig. 20. Linstow. Arch. f. Naturg. LI. 1885. pag. 7. tav. I. fig. II; tav. II. fig. 12-15. Linstow. Arch. f. mikr. Anat. XXXIX. 1892. pag. 327. tav. XV. fig. 5. Naturg. XLI 1875. pag. 201. tav. IV. fig. 28. Lunghezza 3:3""®. La bocca è circondata da un ingrossamento annulare, provvisto di 6 papille; al fondo della capsula orale si osservano 6 punte acuminate; manca un aculeo orale; l’ intestino non presenta co- lorito nero. Gli embrioni hanno una lunghezza di 0:36"; il loro esofago corrisponde ad 1/3*7 della lunghezza totale. Le larve trovate incistidate dal Linstow nel fegato dell’ or- bettino, misurano una lunghezza di 0.38"" ed il loro esofago im- porta 1/3*1 della lunghezza totale ed è provveduto di due rigon- fiamenti. Il maschio è lungo 0‘62””; l’esofago suo corrisponde ad 1/48 della lunghezza totale; i cirri hanno una lunghezza di 0'033""" La femmina, molto assottigliata, alle due estremità, è lunga o'83—1*1®"; il suo esofago corrisponde ad 1/6:8 della lunghezza totale ; la vulva è situata posteriormente vicino alla metà del corpo; le ova sono al massimo in numero di 8, e di queste le due mag- mm . giori hanno una lunghezza di 0‘049"" ed una larghezza di 0‘039 Anguis fragilis (Hameln); pleura. N. 3. Angiostomum entomelas Dujardin. Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845. pag. 262. tav. VI, fig. 6 Diesing. Syst Helminth. II. 1851. pag. 138. Linstow. Arch. f. Naturg. XLI. 1875. pag. 2or. tav. HI fig. 26—27. Linstow. Arch. f. Naturg. XLVIII. 1882. pag. 8. tav. I. fig. 14—15. Linstow. Arch. f. Naturg. LI. 1885. pag. 3. tav. I. fig. r—10. Bocca priva di un cercine e di papille; al fondo della cap- sula orale si osservano 3 punte acuminate; aculeo crale aghiforme, movibile j intestino nero Anguis fragilis (Rennes Hameln); polmoni. Interessanti sono gli studi fatti dal Linstow sopra lo sviluppo di questo parassita, in base ai quali risulta l’ esistenza di due forme ben distinte: una la forma partenogenica vivente allo stato paras- sitario, l’altra la forma sessuale che vive libera nella terra umida. La forma partenogenica ha una lunghezza di 4'7—4'8"" ed il suo esofago presenta 1/92— 1/99 della lunghezza totale. Gli embrioni che escono dalle ova, che in grande quantità si rinvengono nel polmone dell’ orbettino, hanno una lunghezza di o:31— 0'39"" ed il loro esofago corrisponde ad 1/3 1—-1/3:6 della lunghezza totale; l'estremità orale è provvista di una piccola calotta, alla quale segue la capsula orale; 1’ esofago termina in un bulbo sferico, contenente l’ apparato denticolare. Messi questi embrioni a coltura in terra umida, dopo 2—3 settimane si trasfor- mano nella forma sessuale. Maschio lungo o 64"”, con un esofago corrispondente ad 1/48 mm . della lunghezza totale; cirri lunghi 0‘033 Femmina a cute finamente annulata, lunga 0'82""; all’ estre- mità orale un vestibolo cilindrico con 6 piccole prominenze; eso- fago con due rigonfiamenti, dei quali l’ultimo contenente l'apparato denticolare; vulva situata alquanto sotto la metà del corpo; utero unicorne con due ova lunghe 0‘:049 e larghe 0‘029"", aventi un guscio membranaceo e due sfere di segmentazione. N. 4. Angiostomum nigrovenosum Rudolphi. Linstow. Arch. f. Naturg. XLVIII. 1882. pag. ro. tav. I. fig. 106. Linstow. Arch. f. Naturg. LI. 1885. pag. 0. Linstow Arch. f. Naturg. LII. 1886. pag. 113. Linstow. Arch. f. Naturg. 18090. pag. 185. tav. X. fig. XVII[—XX. Ascaris nigrovenosa, Rudolphi. Entoz. Synops. 1819. pag. 43 e 270. 5; 5 Bellingham. Ann. of Nat. Hist. XIII. 1844. pag. 170. A 5 Dujardin. Hist. nat. d. Helm. 1845. pag. 178. 3 È Baird W. Catal. of Entoz. London. 1853. pag. 21. 3 È Wedl. Wien. Sitzsber. XIX. 1856. pag. 40-tav. I. fig. 0. A > Molin. Wien. Sitzsber. XXXIII. 1858. pag. 207. s n Molin. Wiener Sitzsber. XXXVIII. 1850. pag. 24. > D Diesing. Wien Sitzsber. XLII. 1860. pag. 666. 5 î Diesing. Wiener Sitzsber. XLIII. 1861. pag. 278. n ti Molin. Denkschr. Wien. Akad. XIX. 1861. pag. 280. o L Walter H. Ber Ver. f. Naturk. Offenbach. VII. 1866. pag. 10. si, 5 Schneider. Monogr. d. Nemat. 1866. pag. 316. tav. XXVI. fig. 5. Secondo le osservazioni di Linstow, lo sviluppo di questa specie è identico a quello della specie precedente. La forma ermafroditica polmonare presenta in media una lunghezza di 9""; l’esofago corrispondente ad 1/21 della lunghezza totale possiede due rigonfiamenti privi di apparato denticolare; capsula orale piccola; epidermide del capo rigonfia; apertura vul- vale alquanto sotto la metà del corpo; ova a guscio sottilissimo, lunghe o‘09”” e larghe 0 048""; estremità caudale conica ap- puntita. Gli embrioni passano dai polmoni nell’intestino ed escono dippoi cogli escrementi all’ esterno, per trasformarsi al massimo dopo tre giorni in forma libera sessuale. Il maschio è lungo 0‘68"”, con un esofago corrispondente ad 1/4 della lunghezza totale; cirri due ed un’esile borsa con 4 papille preanali e 3 postanali. La femmina è lunga 0°9""; le ova, delle quali soltanto due arrivano a completo sviluppo, hanno una lunghezza di 0‘079””" ed una larghezza di 0'046. Anguis fragilis (Hameln, Berlino, Vienna), Bombinator igneus (Vienna), Rana temporaria (Irlanda, Rennes, Hameln, Offenbach, Vienna), Rana esculenta (Padova, Vienna, Berlino), Bufo vulgaris, Bufo viridis (Vienna), Bufo cinereus (Rennes, Vienna), Pelobates fuscus (Vienna); polmoni. N. 5. Angiostomum rubrovenosum Schneider. Schneider. Monogr. d. Nemat. 1866. pag. 318. tav. XXVI. fig. 4. Linstow. Arch. f Naturg. LI. 1885. pag. ro. L° estremità caudale del maschio è priva di una borsa e la posizione delle tre papille postanali è alquanto differente che nell’A. nigrovenosum. Bufo cinereus (Berlino); polmoni. ELENCO degli animali alberganti gli angiostomi i. Strix flammea L. Ang. sanguinolentum Linst. N Anguis fragilis L. Ang. macrostomum lI.inst. Ang. entomelas Duj. Ang. nigrovenosum Rud. 3. Bombinator igneus Ròs. Ang. nigrovenosum Rud. 4. Rana temporaria L. Ang. nigrovenosum Rud. 5. Rana esculenta L. Ang. nigrovenosum Rud. 6. Bufo vulgaris Laur. Ang. nigrovenosum Rud. 7. Bufo viridis Laur. Ang. nigrovenosum Rud. 8. Bufo cinereus Ang. nigrovenosum Rud. Ang. rubrovenosum Schn. Pelobates fuscus Laur. Ang. nigrovenosum Rud. 3 CONTRIBUZIONI ALLO STUDIO SOPRA ALCUNI UCCELLI DELLE NOSTRE PALUDI E DELLA MARINA G. VALLON «GONNA 2ENTE CANTO CET) I. Ardetta minuta, Linn. Nonnotto. (Tav. I e Tav. Il). Ardetta — diminuitivo di Ardea — Airone. Minuta = piccola, da minuo = io diminuisco (Pietsch) Nonnotto, Tarabusino, Guacco, Aghirono piccolo, Tarabugino, Cannaiola, Pennacchino. Le Blongios. (L’indication du nom de localitè donnée à la suite du mot Blongios, pourrait faire supposer que ce mot se retrouve quelques patois des bords du lac Léman. Jusqu’à présent son explication est attendue, »Nos Solognets l’appellent Quoimeau, et par cor- ruption Quoimiau ou Quoamiau, parce que quand il couve ses oeufs, son attitude représente, selon eux, un de ces pots à deux anses, qu’ils appellent ainsi.“) (O. Gaillard). Routairé, Blongios nain, Blongios de Suisse (Buff) (franc.). The little Heron, Little Bittern (ingl.). Garcia (spagn.). De kleine Roerdomp (oland.). Zwergrohrdommel, Kotreiher, Quartan- oder Zwergreiher, Rohrreizer (ted.). Ardea Danubialis et Soloniensis. Gmel. p. 367, 1788. Ardea minuta. Linn. p. 240, 1766. — Temm. p. 584 et 383, 1820 et 1840. — Dresser. Brds. of Eurp. p. 401, 1880. — Gatke. Vogelw. Helg. p. 471, 1891. Ardea minuta et pusilla. Brehm., Naumannia. p. 200, 1873. Ardea parva. Edw. p. 174, 1876. Ardeola minor. Salerni. Ornt. p. 315, 1767. Ardeola minuta. Linn. 1766. — Bchst. Briss. 1831. — Bnpt. Bds. of Eurp. p. 48, 1838. — Naum., 1838. — Kays. et BI. p. 218, 1840. — Degl. et Ger. p. 305, 1867. — Gmel., Lath, Fritsch. Vogel Eurp. p. 387, 1870. — Savi. Ornit. Tosc. H. p. 358 et Ornit. Ital. II. p. 460, 1874. Ardeola et Ardeola naevia. Briss. p. 407, 1760. Ardetta minuta. Gray. List. sp. Brit. p. 163, 1840. — Gigl. Ann Agr. N. 36, 1881. — Romita. Avif. Pugl. 1884. — Bonomi. Avif, Trid p. 59, 1884. — Ferr. Avif. Crem. 1885. — Gigl. Avif. Ital. p. 283, 1886. — Salvd. El. d. ucc. ital. p. 245, 1887. — ©Carazzi. Mat. p. Avif. ecc p. 44, 1887. — A. P. Ninni. Mat. p. una Fauna Veneta, p. 115, 123 e 188. — O. Galliard. Contb. à la Faun. onit. ecc. p. 122-120. fasc. XV, 1891. — Th. Stud. et Dr. Fatio. Cat, d. ucc. d. Svizz. 1802. Botaurus minutus. Boje. p. 550, 1822. — Gould. Brds. of Eurp. p. 282, 1837. — Reichb. Handb. p. 406-497, 1851. Botaurus minutus pusillus et melanotos Brehm. Isis p. 770, 1842. Botaurus pusillus. Brehm. Handb. p. 508, 1831. — Vogelf p. 207, 1855. Botaurus rufus. Brehm. Ibid. p. 458. Botaurus striatus. Brehm. Orn. V. p. 454. Butor minutus. Swains. Class of Bds. p. 354, 1837. Cancrophagus minutus. Kaup. Nat. Syst. p. 42, 1820. Caratteri distintivi: Testa e centro del dorso nel maschio adulto nero-verde con alquanta lucentezza metallica, nella fem- mina e nei giovani bruno oscuro. Il dorso, in questi ultimi, macchiato di rosso-ruggine e bruno, gambe co- perte di penne fino al calcagno, ali e steli nericci; la seconda e terza remigante appena intaccata alla barba esterna; ali in proporzione grandi con la seconda remi- gante più lunga, coda breve e debole, becco lungo, di- ritto, appuntito, occhio piccolo. Abito: Maschio adulto. — Una larga macchia nera con debole lucentezza metallica verde comprende tutta la testa e finisce in punta alla base del collo. Le penne della nuca, alquanto prolungate, del medesimo colore e così pure il dorso ed il sopracoda. Nera la breve coda, le remi- ganti secondarie e le rispettive copritrici; bruno-nero le remiganti primarie. Gola bianca con larga macchia cen- trale che finisce in punta alla base del collo, fulvo; collo anteriormente a fascie longitudinali bianche e fulve, lati del medesimo, guancie, regione temporale fulvo con tendenza al violetto-cenerino, tinta più pronunciata nelle parti posteriori e specialmente verso il groppone. Co- pritrici delle remiganti primarie bianche con tinta fulva, specialmente all'origine; ventre e sottocoda bianchiccio- giallo, lati del ventre e coscie fulvo; lati del petto a larghe macchie bruno oscuro, con sottili margini fulvi. Il becco è lungo, snello, diritto, appuntito e schiac- ciato ai lati, i margini leggermente rientranti e taglienti, di colore giallo, con le fauci carnicine e le redini giallo- verde pallido, l’ iride e palpebre gialle, i piedi giallo- verde. Femmina. — Alquanto più piccola del maschio, di tinte più pallide. Giovani del secondo anno. — Testa nera, quasi affatto priva di lucentezza; il dorso ed il sopracoda bruno-rosso, quest ultimo più oscuro, con alcune penne marginate sottilmente di fulvo; la coda è nera, le copritrici secon- darie del colore del dorso e con le medesime margina- ture, gola bianca con larga macchia centrale fino alla base del collo, fulvo, le singole penne con macchietta- tura sottile centrale bruno-neraj del medesimo colore e con la medesima disposizione delle macchie il collo ed il petto. Lati del collo e le guancie rosso-fulvo, tinta più pronunciata nelle parti posteriori del collo e special- mente verso il dorso. Il petto, il ventre ed il sottocoda bianchi tinti di fulvo con larghe macchie centrali bruno- nere sul petto e sulle parti anteriori del ventre; remi- ganti brune con la base più oscura, le copritrici delle primarie fulviccio chiaro. Le penne delle parti superiori * — 40) 0 Maa del petto sotto alle grandi penne prolungate del petto, bruno-nere con margini fulvicci. Becco verdiccio, occhio e piede di tinta più pal- lida che negli adulti. Giovani che lasciano il nido. — Il corpo è generalmente an- cora ricoperto di piumino della lunghezza di cent. 1!/,, più abbondante alle parti superiori che inferiori e di colore fulviccio, colore predominante anche nelle penne, le quali, ad eccezione di quelle del dorso che sono bruno-oscure con larghi margini fulvi, sono poco svi- luppate e specialmente quelle della testa e del collo. Le copritrici delle ali come il dorso; le remiganti pri- marie nere, le secondarie fulvo chiaro. Le ultime penne del collo verso il petto hanno lunghe macchie lungo lo stelo bruno-nere; gola, petto, ventre, regione anale e sottocoda bianco tinto di fulvo. La coda brevissima ed appena sporgente è fulva. Becco carniccino con punta della mandibola supe- riore un po’ bruniccia, base del becco giallognola; oc- chio molto vivo cenerino chiaro; piedi verdognoli con suole giallognole ed unghie carniccine. Pulcini (dopo tre giorni) — Quasi tutto il corpo è ricoperto da un piumino sfilacciato di color isabella (terra di Siena) pallidissimo. Il becco grosso e lungo è carniccino, i piedi son giallolini-carnei; l'occhio nero. Il piumino è più spesso sul dorso e sulla testa, più rado nelle parti inferiori. Misura in lunghezza 36 cent.; l'ala 15; la coda 47; il becco 55; il tarso 5, il dito medio compresa la unghia 5. Nell’ ordine suesposto riporto le misure indicate da varî autori: ? o".048 0”069 o".051 ?_ (Savi) 0".145..0%.049 0.047: .0”,05. 02.051 (O. (Gailland) î 0”;048 “orp52;eror.05 lo? 048 (Fidi) ? ? î ? ?_+qa(Tritsch) o".i4. (005 ? î î_ (Brehm)ecc. = 101 =; Il Nonnotto è comune nelle nostre paludi, vi arriva negli ul- timi giorni del marzo e parte, al più tardi, in ottobre prima della seconda quindicina. È comune pure nelle altre parti d’ Italia, così a dire del Gi- glioli!, vi giunge verso la seconda quindicina dell’aprile e parte dall’ agosto all'ottobre, nidifica quasi ovunque nel maggio e giugno; il Salvadori ® lo dice uccello estivo e comune che arriva nell’ aprile e parte nell’ autunno per svernare nell'Africa. Il De Romita lo annovera fra le specie estive comuni; il Ferragni* scrive: ,Comu- nissima è questa specie fra noi, arriva nell’ aprile e maggio e parte nel settembre ed ottobre; il Carazzi® lo pone fra gli uccelli di passaggio regolare e lo dice più scarso nel ritorno. Nel Trentino, 6, giunge in aprile e riparte nel settembre ed a dire del Bonomi ottobre. Più o meno comune tanto nelle parti meridionali che set- tentrionali della Svizzera 7, ove nidifica nei luoghi paludosi con canne. Piuttosto raro nel Belgio® ove è di passo irregolare tanto nella primavera quanto nell’autunno, ma nidificante forse nelle Ar- denne, osservato nel Nord-Tatra®, lungo l’ Elba nelle parti meri- dionali 1°, comune nel Brandeburgo"! e comunissimo presso Franco- forte, ove nidifica in piccole colonie, rarissimo a Helgoland!?, ove venne catturato una volta soltanto, ciò che però si spiega facil- mente pel fatto che questa specie non nidifica in regioni così set- tentrionali. Abbastanza frequente e nidificante nel Bavarese !*, nella ' Annali di Agr. N. 36, 1881 et Avif. ital. — 1886-1880. ? Elenco d. ucc. ital. — 1887. 5 Avifauna pugliese — 1884 ' Avifauna cremonese — 1883. 5 Mat. p. un’Avif. d. Golfo d. Spezia e d. Val d. Magra — 1887. 5 Avifauna tridentina — 1884. ® Th. Studer e V. Fatio. — Cat. d. ucc. d. Svizz. — 1892. * Dr. A. Dubois. —- Die Vogel von Belgien. —- Mittheil. d. Ornit.-Ver. WiengN, 1,41887- ® Kocyan — Die Vogel d. Nord-Tatra. — Mittheil. d. Ornit.-Ver. Wien, N. 7, 1884. !0 Fr, Boeckmann. — Beitràge z. Vogelfauna d. Niederelbe. — Ornit. Centralb., N 5 u. 6, 1882. !! Schalow. —- Ornit. d. Mk. Brandemburg. — Zeitsch. f. d. ges. Ornit, 1885. !'? Gatke. -- Die Vogelw. Helgolands — 1801. !8 A. Mirbach-G-E. — Ornit. Jahresb. v. Roggenburg. — Ornit. Zeits. d, D. V, z. S. d. Vogelwelt, N. 15, 1891. Posnania', nel ducato di Hessen ®, nel Transcaspio* anche sui monti, nella Polonia 4, più raro ma nidificante nell’Alsazia supe- riore ?, comune nell’ Olanda $, raro nella Caucasia?, di accidentale comparsa nella Svezia 5, di passo, più abbondante in primavera nella Dobrodja e Bulgaria ®, di passo accidentale nel gruppo di Madera 1°. È comune in Germania, Austria-Ungheria, Francia e Spagna, più frequente ancora in Grecia ed in Turchia, isolato nell’ autunno in Egitto, nella Nubia ed Abissinia (Keuylin). Giunge fino all’ e- quatore, anzi fino al Capo di Buona Speranza (Brehm) e nell'Asia penetra fino al Giappone (Blasius). L’ estremo limite di diffusione settentrionale sembrano essere le parti meridionali della Svezia, quan- tunque dal Catalogo del Sundstròm non risulti essere nidificante. Nell’ opera del Gaillard!! riscontrasi qualche contraddizione circa alle singole località, percui riporto quanto è scritto a p. 127 del fasc. XV: sLuoghi di dimora: Osservato due volte soltanto nella Svezia (Nilss), rarissimo nella Danimarca (Kjérb), molto raro presso Riga (Seidlitz), non comune, nidificante nel Sarepta (Moeschl), non raro nella Bulgaria (O. Fintsch), di passo presso Ginevra (Fatio), raro nella Germania (Brehm), nella Slesia (Gioger), non raro in autunno al lago di Costanza (Koch), nella Svizzera (Meisner et Schinz), comunissimo nel- l'Olanda (T.), nell’ Inghilterra, non nella Scozia (Macgill), di passo irregolare in primavera ed in autunno nel Belgio (de Sélys), dall’aprile a settembre nell’Alsazia (Kroener), comu- nissimo nella Lorena (Godron), nidificante nella Senna inf. ' E. E. Kretschmer. — Ornit. Nachr. a. d. Prov. Posen. — Ornit. Zeits. dIDIAVEIZAS Id Vogelwel BENT NMIS9NE ? Preuschen. — Avif. d. Herz. Hessen. — Ornit. 1801. 3 Radde u. Walter. — Die Vogel Transcaspiens — Ibid. 1889. ' Taczanowsky. — List d. Ois. obs. d. le Roy. de Pologne — Ibid. 1888. 5 Schneider. — Die Vogel v. Oberels. — Ibid. 1887. 5 Albarda. I. Orn. Jahresber. a. Holland — Ibid. 1885. ° G. Radde. — Orn. Cancarica — Ornis 1800. 8 Sundskròm. — Verz. d. Vògel Schwedens — Ibid. 1880. ® C. A. Alléon — Les Ois. d. 1. Dobrodja et 1. Bulgarie — Ibid, 1886, !'° Hartwig. — Végel d. Madeira-Ins.-Gruppe -- Ibid, 180r. Contrib. à la Faune Ornit. de l’Eur. occid. — log, — (Lernetteil), sul lago di Bourget, di Aiguebelette, Myans e Mareles (Bailly), nel Jura (Ogérien), Costa d’oro (Marchant), molto raro — Loiret (Nouel), raro — Sarthe (Gentil), ra- rissimo — Morbihan (Taslè), poco comune — Loire inf. (Blandin), rarissimo — Charente inf. (Beltrem), Charente (de Rochebrune), nidificante — Anjou (Vincelot), comune — Indre (R. Martin), comune — Allier (Olivier), nidificante — Rhòne (L. O. G.), nidificante nelle fosse di Grenoble, Dauphinè (Bouteille), nidificante — Loire sup. (Moussier), comune, raro nell'inverno (?) — Gard (Crespon), Landes (Dubalen), Aude, Ariège, Gers, Haute-Pyréneés, Tarn, Tarn- et-Garonne, Herault, Pyréneés orient. (Lacroix), Corsica (G. By. Warton), Murcia (Guirao), Andalusia (H. Irby), Porto- gallo (A. C. Smith), Cicladi (Erhard), Grecia (Linderm.), raro a Messina (L. Benoit), nella Sardegna (Cara), alle Azzorre (Godman). Algeria (Loche), Tangeri, sempre in compagnia dell’A. comata (H. Irby), Madera, Azzorre (v. Heugl), Natal (Gurney), Egitto, Nubia, Senar, Abissinia (Ripp.). Sedentario nell'Asia minore e Palestina (v. Heugl), Tur- kestan (Severtz), Candahar (T. Hutton). Da due anni ch'io ho rivolto la mia attenzione e con ciò totalmente le mie escursioni ai nostri luoghi paludosi delle Basse che si estendono fino alla marina, ho avuto occasione di poter osservare frequentemente questa bella specie e di studiarne le abitu- dini, quantunque la vita occultatissima che la medesima conduce, rende difficilissima e spesso penosa l’ osservazione. Il Nonnotto predilige a sua dimora i folti, a stento penetrabili boschetti di giunchi, frassini, trammisti ad una vegetazione di canne, che stanno alla riva dei fiumi, dei canali e di altre acque, nonchè delle torbiere, delle paludi, delle pozzanghere, ove l’uomo appena con stento e talvolta anche con pericolo può arrivare. In queste mede- sime località il Nonnotto pure nidifica. Di giorno sta sempre nascosto nel più folto del complesso o appollaiato sul ramo di qualche albero ed è puramente il caso che lo può far scoprire e ciò anche ad un occhio abituato a scorgere le più piccole differenze di terreno e di tinte. — Una volta ch'io stavo cercando il nido di Cannaiola verdognola in un folto com- plesso di giunchi e di canne e che, per rendermi più facile la sco- perta, mi ero nascosto in un denso cespuglio, di dove potevo spiare le mosse del maschio e della femmina, osservai, dopo circa un quarto d’ora che stavo fermo, ad una ventina di passi da me, un tronchetto d'albero che si piegò in modo strano verso terra. Rivolsi subito il mio cannocchiale da quella parte e con mia sor- presa constatai che il creduto tronchetto era un Nonnotto che aveva abbassata la testa probabilmente per cogliere qualche verme o qualche insetto. Subito dopo si raddrizzò ed assunse la posizione che doveva aver conservato prima e che lo aveva reso assoluta- mente invisibile. Col collo rattratto, il becco un po’ in su e diritto sulle zampe, rivolto verso me, rassomigliava stupendamente ad un piccolo tronco d'albero come se ne trovano tanti nelle nostre pa- ludi; non me ne sapevo capacitare e specialmente quando deposto il cannocchiale io lo guardavo ad occhio nudo. Naturalmente ch’ io dimenticai la Cannaiola e mi dedicai interamente all’ osservazione di quell’ uccello strano. Quando fui stanco, e visto che il Tarabusino non aveva al- cuna intenzione di prestarsi onde offrirmi nuovo campo d’ osserva- zione, presi pian piano dal terreno un po’ di polvere e la lanciai lesto verso di lui. Naturalmente che lo strepito della polvere cadente sulle foglie circostanti, abbenchè leggiero, destò l’attenzione dell’ uccello, che scattò il collo come fosse una molla e dondolò la testa per la durata di alcuni secondi. A me parve che con quel dondolamento egli cercasse di vedere da dove veniva e come s’ era prodotto quello strepito. Diffatti 1’ occhio, per quel movimento del capo da destra a sinistra, veniva a porsi in tutte le direzioni e l’ uccello poteva, senza fare dei movimenti troppo forti che lo avrebbero messo in evidenza all’ immaginario suo persecutore, esaminare mi- nutamente tutta la località che lo circondava. Man mano si calmò, ma io distinguevo benissimo con | aiuto delle lenti, siccome |’ oc- chio vagava inquieto e tradiva l’ interna agitazione. Un altro pizzico di polvere bastò perchè il Nonnotto non si accontentasse più di allungare il collo, ma prendesse immantinente la fuga. La testa al- quanto abbassata, scuotendo la breve coda quasi di continuo, rag- giunse con passo celere le canne che gli stavano a breve distanza e vi si arrampicò su con una destrezza ammirevole. Pensai di — 105 — sorprenderlo in quella fuga, e con un paio di salti fui sul posto, ed egli allora vista la mala parata, prese il volo, che fu dapprima un po’ incerto, forse anche per lo spavento provato, ma che si fece subito sicuro ed elegante. Ad un centinaio di metri più in là raggiunse un forte complesso di vimini, ove lo seguii nella spe- ranza di poterlo vedere ancora. Fu inutile però il mio tentativo, giacchè per quanto io cercassi ed esaminassi con la più minuta attenzione tutti i punti di quel boschetto, il Nonnotto non si lasciò più vedere. Durante la notte è in movimento continuo, viene alle sponde delle acque nei siti anche dove non c’è vegetazione ed è tutto in- tento alla caccia dei pesciolini, dei vermi, degli insetti, ecc., che formano il suo nutrimento principale. Durante le prime ore del giorno e della sera spiega la sua maggior attività ed è all’ epoca degli amori che specialmente durante questo tempo il maschio emette per due o tre volte di seguito un grido strano, cavernoso, moito basso che si potrebbe definire con un .,bumm* o ,bumb“. Il nido viene posto sempre nel più folto di un complesso di vimini, di canne o d'’ altre piante acquatiche ed è sovente difficile assai il poter raggiungerlo, il più delle volte assolutamente impossi- bile, sia per l’ intricatissima vegetazione, sia anche per il terreno nel quale sta, affatto impraticabile. Dail’ acqua (ove vien posto però di rado assai) o da terra dista da 30 a 120 cent. al più. Ecco quanto risulta dalle mie annotazioni circa l’ epoca, la durata ed il modo d’ incubazione. Il 22 maggio io scopriva un nido di Nonnotto che conteneva 3 uova, il 23 erano già in numero di 4 e formavano la covata completa. Il numero delle uova oscilla secondo i varî autori da 3 a 7, io non ne trovai mai meno di 4 nè più di 6. Sono di color bianco con leggera tendenza al verde- azzurrognolo, di forma più o meno allungata e della grandezza pressapoco di un uovo di colombo — l’asse maggiore misura 3 cent. il minore 2°, 27, 25. Il guscio è liscio, debole e privo di lucentezza. la femmina cova le sue uova con amore, giacchè non le ab- bandona che per portarsi a poca distanza dal nido. Il 7 di giugno i piccini erano nati tutti e quattro ed il 10 io mi portai di bel nuovo sul sito, un’ ora di ferrovia e mezz'ora di cammino dalla mia residenza, per esaminare tutto |’ andamento con la massima attenzione. — 106 |— La femmina che li copriva, al mio approssimarsi, abbandonò silenziosamente il nido all’ ultimo momento, ed allorchè mi trovai in immediata vicinanza del luogo, vidi siccome i quattro nati si stavan ritti con il collo allungato, così da sembrare quattro grosse bacchette di color chiaro e se non fossero stati i nerissimi e vivis- simi occhi che erano in moto continuo, l’illusione sarebbe stata completa. Dopo essermi notati tutti i particolari che per me avevano interesse, mi mascosi in un cespuglio ad una ventina di passi ed in linea retta dal nido, per vedere quello che starebbe per succe- dere. Esaminai il mio orologio che segnava in quel punto le 3 ore e 5 m. pom. Dopo cinque o sei minuti tutt'al più d’ aspettativa, capitò pure silenziosamente la femmina, la quale prese posto immediatamente nel nido, coprendo i piccini. Io la osservavo attentamente col mio cannocchiale non facendo il minimo movi- mento, ed essa girava la testa ora a diritta ora a sinistra, guar- dando poi fissamente nella posizione ove io mi trovavo. Quella macchia nera ed insolita fra il verde, le diede certamente sospetto, perchè la vidi subito involarsi chetamente nella direzione opposta. Retrocessi allora di altri dieci passi, procurando nascondermi di più fra quella vegetazione foltissima di vimini, canne, frassini € d’ altre piante. A stento, da quella distanza e fra quel folto, io potevo ve- dere il nido ; pure, con l’ aiuto del mio buon cannocchiale, discer- nevo nettamente fra le mille foglie e l’ interminabile alternarsi. dei rami dei cespugli i quattro piccini che stavano nel nido. Allunga- vano sempre il collo, tentennando la testa e facendo anche qualche movimento col resto del corpo, Passarono altri cinque o sei minuti ed intesi a breve distanza dal nido un grido rauco ma sommesso che si potrebbe definire con le. parole ,craac*, ,ycraac*, ripetuto per sei volte di seguito ad intervalli di un secondo e mezzo o due e che attribuisco alla femmina dell’Ardeola. I piccini non dettero però nessun segno di attenzione a quella voce e rimasero immobili nella posizione acco- vacciata che avevano assunta dopo pochi minuti che la madre era partita. Un minuto subito dopo il grido, la femmina ricomparve silenziosa come la prima volta ed assunse la posizione sopra indi- cata. Girò la testa due o tre volte per esaminare bene il luogo e parve che più non mi scorgesse, inquantochè, compiuta l’ ispezione, che durò poco, alzò il collo e la testa verso l'alto e persistette in quella posizione, assolutamente immobile come un pezzo di legno, per la durata di ben ottanta minuti. Durante questo tempo io non notai che il batter dell'occhio splendente, che sembrava da lontano aver assunto una posizione anormale e cioè verticale alla testa, e tre girate di capo sempre verso destra, le due prime della durata di mezzo secondo, la terza di un secondo intero ed eseguite in modo da sembrare un automa che si movesse per l’ impulso di un meccanismo. Altro non scorsi e non udii, quantunque io avessi costantemente rivolti gli occhi al nido, tanto che mi sentii stanco al punto di vedere due nidi e due femmine, anzichè un nido ed «una femmina soltanto. I piccini all’ incontro non erano fermi un momento e le loro testine sporgevano ad ogni istante fra le penne del corpo della madre e si spingevano in su per sotto alle ali fino a sbucare dalla piegatura. Intesi anche ripetutamente un ,piu*, ,piu* delicato. Il maschio, per tutto il tempo ch’io stetti fermo al mio posto, non si fece vedere nè udire. Alle 4 ore e 30 m. abbandonai stanco il mio posto e la femmina quando mi scorse a pochi passi, s’ allontanò chetamente senza premura, lasciando scoperti i piccini, i quali al mio appros- simarsi, allungarono il collo ed apersero ripetutamente il grosso becco, domandando del cibo. Il 14 dello stesso mese visitai ancora il nido e trovai che sul corpo dei piccini spuntavano le canne nere delle penne. Ai 19 venni al sito coll’intenzione di appropriarmi di due pic- cini almeno, per allevarli possibilmente a casa mia e studiarne più davvicino i costumi. Ma quale non fu la mia sorpresa ed il tremendo disinganno, trovando il nido abbandonato. Mia prima cura fu di frugare nelle piante adiacenti, per vedere se i quattro nati, che ormai non potevano aver più posto nel nido, si fossero rifugiati su per le bacchette o le canne. Approssimandomi, intesi un leggero tonfo come di corpo che si lascia cadere a terra fra le piante e le foglie e fui subito al punto, non badando in quel momento di ansia, all’ intricatissima vegetazione che mi lacerava le vesti e la faccia. Per quanto cercassi però con la più scrupolosa atten- zione, nulla rinvenni. Corsi di quà e di là allora nei gruppi vicini di frassini, esaminando il terreno e le piante, ma i piccoli Nonnotti erano irreperibili. — 108 — Scorato ritornai al posto, presi in mano il nido, lo portai ad una ventina di passi di distanza, ed intanto che attendevo un com- pagno che fra breve mi avrebbe raggiunto per indicarmi un altro nido della medesima specie, ed anche per spiare nell’ istesso tempo se qualche mossa imprudente dei fuggitivi o della madre mi avesse messo sulle loro traccie, presi gli appunti seguenti: costruzione piuttosto rozza, ma abbastanza solida, tutta formata da steli secchi intrecciati in tutte le direzioni; nessun’altra sostanza unita o co- intessuta. La conca presenta una profondità quasi nulla, appena sensibile, Il nido ha la forma un po’ conica !, superiormente misura in diametro circa 13 cent e l’altezza circa 11. Giunto il compagno, al quale narrai il triste caso, ci demmo uniti e a tutt'uomo alla ricerca dei piccini, Si esaminò ancora accuratamente il posto occupato dal nido, quandochè alzando gli occhi verso la cima delle grosse bacchette — e ove certo li avevo rivolti altre volte — scorsi a mia gioia uno dei piccini arrampicato sopra ad una delle medesime e quasi nel medesimo tempo il com- pagno ne scopriva un altro un po’ più in la. Tutti e due stavano ritti sulle larghe e grosse zampe, immobili con il collo allungato il più possibile. Potei allora impadronirmene senza stento e por- tarmeli a casa. Ed ecco ora le osservazioni fatte sui medesimi il giorno dopo : Uno dei nidiacei e precisamente quello che a prima vista sembra più debole e men pasciuto, mostra un’ irrascibilità sorpren- dente. Appena gli si avvicina la mano, saetta con rapidità prodi- giosa il becco verso la medesima, protraendo il collo per tutta la sua lunghezza e puntando abbastanza sensibilmente la pelle. Ripete tenacemente gli attacchi ogni qualvolta si fa mostra di avvicinargli la mano od un altro corpo qualunque. Stando un po’ distanti dalla gabbia ove si trovan rinchiusi, ma fissandoli, stan ritti sulle zampe o seduti, allungano il collo, alzano la testa e si dondolano legger- mente sul corpo. (Vedi figura superiore a sinistra della tavola II). Lasciati tranquilli, assumono volentieri le posizioni come mostra il disegno superiore a destra e l'inferiore della tavola II. Se una ! Tutti gli altri nidi scoperti erano formati dai medesimi materiali, in uno trovai delle foglie secche di canna; la forma è sempre costante e trovo che il nido in generale è molto piccolo rispetto alla grandezza dell’ uccello, Saki, mosca od altro insetto passa vicino alla gabbia, ne seguono attenta- mente con l’ occhio il volo e se l’insetto viene a poggiare sui ferri della loro prigione o subito dappresso, allungano il collo in quella direzione, si alzano pian piano e facendo larghi passi tenendo il corpo quasi a terra, cercano con un colpo lesto d’impadronirsene. Assai spesso si allungano il più possibile sulle zampe, abbassano in tutta la loro lunghezza le piccole ali e battendo un pochino la brevissima coda, scuotono le membra intirizzite. Stanno quasi sempre uno attaccato all’altro, così da sembrare un sol corpo provvisto di due teste, e quando dormono non si vede delle estre- mità neppure una punta, tutto è un gomitolo di penne. Il primo ed il secondo giorno fui costretto ad imbeccarli, non volendo prendere cibo da sè, il terzo però, il piccino più grosso incominciò a pigliarsi i bacherozzoli ed anche le uova di formiche che loro fornivo ed ebbi il piacere, sul mezzo giorno, di vederlo a correre verso di me e prendere la tarma dalla mia mano stessa. L’ altro, il più meschino, era ancor timido, ma cominciava pure a mangiare da solo col buon esempio del fratello. Allorquando stanno uniti e specialmente dopo aver mangiato, fanno udire un pigolio che si potrebbe dire circa con le parole pista psu cn”. Dopo alcuni giorni aggiunsi al cibo suddetto dei pezzetti di carne e della farina di grano turco umidita col latte. Un po’ alla volta il piccino rimasto in vita, giacchè quello che si mostrò de- boluccio sin da principio, morì dopo pochi giorni, rifiutò e bache- rozzoli e uova e si cibò unicamente di carne. Gliela mettevo a piccoli pezzetti all’ orlo di un gran tondo ripieno d’acqua ed era un piacere a vedere con qual appetito il piccino divorava un dopo l’altro tutti i circa venti pezzetti di carne ch'io gli fornivo ad ogni pasto. Quindi per lungo tempo restava immobile o sul terreno o su qualche legno alto e sempre poggiando su d'una gamba sola. Mostrava una facilità d’arrampicarsi straordinaria e gli bastava una bacchetta sottilissima e posta in qualunque direzione anche se la medesima era mobile, per tenersi fermo ed in equilibrio. Durante il giorno e nell’ epoca che lo rfenevo libero per la stanza, stava possibilmente nascosto fra la legna in un camerino oscuro attiguo e di rado usciva per soleggiarsi. Verso sera usciva dal suo nascon- diglio e faceva due o tre volatine per la stanza con tal leggerezza che non s’ udiva menomamente il fruscio delle ali. Dormiva sempre = 5 (oe o su qualche tavolo o su qualche altro mobile, preferiva insomma a starsene alto e sul terreno non passò mai le ore della notte. Durante il tempo che visse, non lo vidi mai a prender bagno, quantunque io costantemente gliene fornissi l’ occasione ed era raro persino ch’ entrasse con le gambe nell’ acqua. Fu sempre timido anche con me e fuggiva a nascondersi appena si faceva mostra di avvicinarglisi. Il suo rauco grido lo si sentiva assai di rado, fatto eccezione per una quindicina di giorni, allorchè liberato dalla gabbia per il subentrare della stagione primaverile, lo lasciai libero un’altra volta per la stanza. Tale grido si potrebbe paragonare ad un sommesso gracchiar di rana. Il suo andare era a larghi passi ed accompagnava il movi- mento delle gambe con la testa, ora allungando ed ora accorciando il collo e se stava fermo, la testa appoggiava sul dorso. Da queste mie osservazioni fatte su di un individuo che visse. in cattività, risulta chiaramente che le abitudini allo stato libero, descritte da varî autori sono pressochè le medesime e concordano anche con quelle che ho potuto fare io stesso sui numerosi indi- vidui che vivono nelle nostre paludi. Aggiungerò ancora, ch’ io ebbi occasione di vederli spesso appoggiati su qualche albero ed un giorno anzi inseguito costantemente da un cane nel folto di un piccolo complesso, ove non avrebbe potuto nascondersi più oltre, s'involò chetamente e solo dopo molte e costanti ricerche, lo sco- primmo appunto appollaiato sul ramo basso di un cespuglio. Osservo finalmente che il Tarabusino pone talvolta il suo nido nei boschetti più sopra descritti, anche in prossimità dell’abi- tato e mi è occorso di rinvenirne uno a circa un centinaio di passi da un molino in vicinanza di una stradicciuola che conduceva al- l'orto del mugnaio. Ritengo però questi casi come assolutamente eccezionali per la somma cura che quest uccello pone, nello sfuggir l’uomo e nel scegliere le località ove possa condurre una vita tranquilla. surreazilio ra Ardelta minuto. Linn. 16 ad-2.4 giw-dp che riscalda i piecini.= 4. uovo gr: nat. Prev Lit E. Passero Udine i ee Tav Il trdetta minuta. Linn. nmidiaccei tn differenti posizioni assunte e loro abito dopo 13 giorni dalla nascita E Fazzero-&dine Prem, Lit. Riccardo »Pitteri. | Cristoforo Colombo. Versi. STR STRA Metis. ; PERSA . Prof. Dr. M. Stenta. Discorso commemorativo in . Colombo . . . . ? e) Eugenio Pavani. - Il tabacco. Cenni storici . . RR " AIR | Prof. M. Stossich. Note elmintologiche . . . sea Nail È è LAVA Il genere Angiostomum Dujardin È G. Vallon. Contribuzioni allo studio sopra alcuni uccelli delle nostre paludi e della marina . ./././.0.. ì ro è ì | Tipografia del Lloyd austriaco în Trieste, Letta eci UL tito) SAT A ai ea, 6’ 709 Mi FIVERATA. patio 4 CR ho TRE a vata a Au Vr 3 Da Pres ie dai SRI sì più Lega È Si AI, I NE ARANAR, A NA PARAC da AAA OMAR NGN Ne ar DA ANRSA Va) MERA AMAPÀ NR AAA MANN ni ante ì 0) È AM NANNO RARA È 20 AAAARAAA Ac daAgi N von ANA ta RARA ARAN MANA AR E PANE Ron NARA RARRA AAA IANAIAATUANA 1 i Ya\ ATA \ lo) n IAA ITA SARÒ A AAGINZIA Na N ANANAAAN AAN, nÉn) a ANAAAN AAARA ARE NALADA A = ANY A GRA neon ARAN ARE AARAGA Da GIA RANADO QUE ALE AMANO SAI n A A dal lald AAA Mae, ANA N î AMO RUM Ar AOAANAA ia RAINER i ZA Rat AA NANARRAAAARE TA RENT AMARA NARNIA ARRE nDÉ AAA ANA a ASTA DAR n) N NANA, AAA n do ARR LARA AAA ARA GIA MINI A DAR DA fadia An A DAI ‘ NA ARPRARARANA Sa ANA # Ii NA sa “PROD I "porn an pata Ana" My corno CE ARARARRA@AA Ra ETITCARA NEGA AMANI XA ANTA IMAA A AAANAAAA TARA DA ARAARANPALLATT a SR SNA, È a ALE ARENA LANA) DON o qa I TOTO sa si anice * DR; AANAANTO fi VOL, A PANAMA 3ARRAARRS2M2r AA Aa Ki man \nf A MIA AN, vi, LIROOMPA n i n AR n n MEAN, “A NONPANAA ANA IN MA È sa dl A È ns Na NANA un AAA RANANMAMR 3 SARA ga van Pn N enna ANON, A RANAARNNNA g n À AnRRAAAT An AARAPARRA nr NAT 0A o \ Rai alalalitaY N ADAN i, N RAR ARA NAVANARETA ATTA PANNA ORAMAI AL NOMPPARII AAA DA NATI mali Ta AIN AOA al \ dsl. 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