< BOLDETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI BODDETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI ijsr isr j^F" (DT^T SERIE I.— VOLUME XVI. -A. IQ- 3Sr O 2C "V I ^902 ( Ocxi. 5 ta,-^ole e 2S fL^-cLxs 2:i.el testo (Pubblicato il 28 febbraio 1903) NAPOLI R. TIPOiiRAFlA FllANCESCO GIANNINI & FIGLI Strada Cisterna dell'Olio 1903 Secondo contributo allo studio della flora cavese pel socio Leopoldo Marcello. (Tornata del 16 febbraio 1902) Trovandomi, anche quest'anno, in Cava dei Tirreni, ripresi le mie escursioni botaniche, allo scopo di proseguire la compila- zione dell'elenco di piante che vegetano in quella bella e fertile regione. Le specie che adesso ho raccolte e determinate, e che credo opportuno rendere di pubblica ragione, sono 190, le quali, ag- giunte alle precedenti, formano il numero di 516. In forza di ciò, il quadro riportato nel primo contributo allo studio della fiora cavese resta modificato come appresso : Numero totale delle famiglie,, dei generi e delle specie Famiglie Dicotiledoni ....... 62 Monocotiledoni. ...... 8 acotiledoni vascolari ..... 3 acotiledoni cellulari . . .' . . 3 76 Generi Dicotiledoni ....... 223 Monocotiledoni . , . . ... . 56 acotiledoni vascolari . . . . . 11 AcOTlLEDONI CELLULARI ..... 10 300 Specie Dicotiledoni ....... 403 Monocotiledoni. . . . . . 81 Acotiledoni vascolari . . . . . 16 AcOTlLEDONI cellulari . . . . . 17 517 — 2 — DICOTILEDONI I. RANUNCULACEAE Anemone Hepatica L. Nei boschi alla Parata, a Cesinola — Maggio - Giugno. RANUNCUÌ.US LANuaiNOSUS L. Alla Parata, a Croce. - Maggio- Giugno. R. NE.M0R0SUS DC. A Cesinola, a Castagneto. - Maggio - Giugno. . . R. BULB0SU3 L. Al piano della Valle, a Passiano. - Aprile- Giugno. . -r, , , Nigella damascena L. Sul limitare dei campi a Rotolo , a Croce. — Giugno-Luglio. . Delphixium Consolida L A Rotolo , a Croce. - Giugno - Agosto. D. Ajacis L. Nel vallone Summonte , e qua e la nella re- gione, — Giugno - Luglio. IL PAPAVERACEAE Papaver dubium L. Qualche individuo nei campi o lungo le vie della regione, ma oltre i 400 m. di altezza. - Maggio-Giugno. Fumaria capreolata L. var: miiralis Soud. Sui muri a b. Ur- bano, a Rotolo, a Croce. — Maggio - Luglio. III. CRUCIFERAE Nasturtium officinale R. Br. Nei valloni Traustino e Sum- monte. — Giugno - Ottobre. Arabis muralis Bert. Sulle roccie e sui muri alla Pietra Santa, a S. Cesareo, ecc. — Maggio - Giugno. var: rosea DC. Qualche individuo insieme alla specie precedente. — Maggio - Giugno. A. Turrita L. Sulle rocce alla Parata, alla Pietra Santa, ecc- Maggio - Giugno. Brassica rapa L. 1) Qua e là qualche individuo. - Giugno- Luglio . 1) Certamente sfuggita alla coltura. — 3 — SiNAPis ARVENsrs L. Nei campi e lungo le vie a Rotolo , a Croce. — Maggio - Luglio, DiPLOTAxis MURALis DC. Sui muri e sulle rocce, dovunque. — Maggio - Settembre. Eruca sativa Lam. Nei campi a S. Cesareo, a Castagneto. — Maggio - Giugno. Raphanus sativl's L. ^) A Cesinola, a Croce. — Maggio-Giugno. Alyssum CALYcrxuM L. Nei campi e sulle rocce a Rotolo, a Croce. — Maggio-Agosto. Thlaspi Bursa - PASTORis L. Nei campi e luoghi incolti in tutta la regione. — Gennaio - Dicembre. Lepidium graminifolium L. Sulle rocce a S. Arcangelo , al ponte di S. Francesco. — Giugno - Ottobre. IV. CAPPARIDEAE Capparis rupestris Sbtli. Sm. Sul campanile della chiesa di S. Pietro , a M. S. Adjutore , e qua e là sui muri. — Maggio - Settembre. V. CISTINEAE CrsTus viLLosus L, Sulle rocce a Croce, a Rotolo. — Maggio- Giugno. C. SALVIF0LIUS L. Nella via rocciosa al disotto della Badia di Cava, a Rotolo, a Croce. — Maggio - Giugno. VI. VIOLACEAE Viola iurta L. Nei boschi a Cesinola ed a Castagneto. — Marzo - Mago-io . V. CANINA L. Qualche individuo alla base dei Monti S. An- gelo e Finestra. — Giugno - Luglio. VII. CARYOPHYLLEAE DiANTHus BARBATus L. Sulle rocce alla Parata, a M. S. An- gelo, a M. Finestra. — Luglio - Agosto. SiLENE CONICA L. Sulle rocce, lungo il vallone Summonte. — Giugno - Settembre, ') Sfuggito alla coltura. _ 4 — Lychnis Flos-Cùculi L. Nei campi e lungo le vie alla Pietra Santa, nel vallone Summonte. - Maggio - Giugno. Vili. HYPERICINEAE Hypericum caisPUM L. Lungo le vie, sulle rocce a Cesinola, a S. Cesareo, nel vallone Traustino. - Luglio - Agosto. IX GERAKIACEAE LiNUM ANGUSTiFOLiuM Huds: Nella parte superiore del vallone Summonte. — Marzo - Maggio. X. RUTACEAE Ruta angustifolia Pers. Sulle rocce alla Pietra Santa, alla Parata. — Giugno - Luglio, XI. EMPETRACEAE PisTACiA Lentiscus L. Lungo la via rocciosa prospiciente al mare alla Valle, a Croce. - Marzo-Maggio. XII. RHAMNACEAE EvoNYMUs EUEOPAEUS L. In vicinanza dei coltivati a Rotolo, sulla via del Camposanto. — Aprile - Maggio. Vm. vinieekI L. -) Qua e là spontanea sulle rocce e nei margini dei campi. -Maggio -Giugno. _ L _ var: lacmiosa L. ^) Nel boschetto a Cesinola. - Mag- gio - Giugno. XIII. SAPINDACEAE T \ ATont-ft S Ano-elo, a Rotolo, AOER PSEUDO - PLATANUS L. A Monte D. iiu^ , a Croce. — Maggio - Luglio. XIV. LEGUMINOSAE Cytisus sESsiLiFOLius L. A Cesinola , a Rotolo, a Croce. - Maggio - Luglio. 1) Indubbiamente sfuggita alla coltura. — 5 — C. RAMOsissiMUS Ten. Ai Monti S. Angelo e Finestra. — Mag- gio - Luglio. Medicago hispida G-aert. Sui margini di un campo a S. Ur- bano — Maggio - Giugno. Thipolium scabrum L. Sulle rocce a S. Urbano, alla Para- ta. — Maggio - Giugno. T. MEDIUM L A Cesinola. — Giugno - Luglio. T. STELLATUM L. Nei campi a S. Urbano, a Croce. - Maggio- Giugno. T. TOMENTOSUM L. vSulla via di Rotolo, a Passiano. --Maggio- Giugno. ANTHYLLrs VULNERARIA L. var: rublifiora Koch. A Rotolo, a Croce, ai monti S. Angelo e S. Adjutore. — Aprile - Maggio. Robinia Pseudo-Acacia L,, var: ìnermis DC. Qua e là insieme alla specie. — Maggio - Giugno. Coronilla varia L. Alla Parata, alle falde del M. Finestra, a Rotolo, a Croce. — Maggio - Luglio. Lotus parviflorus Desf. ^) Sulla roccia alla Pietra Santa. — Aprilo - Maggio. L. OcHRUs DC. Lungo i margini dei campi a Rotolo , a Croce. — Maggio - Giugno. L. SYLVESTRis L., var: latifolius L. Lungo le siepi alla Pa- rata, a S. Urbano, ecc. — Giugno - Luglio. ViciA peregrina L. Lungo le siepi a Rotolo ed a Croce. ^ Giugno - Luglio. XV. ROSACEAE Geum urbanum L. Sulla roccia a Cesinola. — Maggio-Giugno. Potentilla verna L. a S. Cesareo , a Rotolo , a Croce. — Maggio - Agosto. P. REGTA L. A Castagneto, a Cesinola, a Croce. — Giugno- Luglio Fragaria collina Elirh. Lungo i margini dei campi a Ca- stagneto ed a S. Cesareo — Aprile-Maggio. Crataegus Oxyagantha L., var: monogyna Jacq. Nelle siepi alla Pietra Santa, a Passiano, a Rotolo , ecc. , insieme alla spe- cie. — Aprile - Maggio. 1) In questa .specie lo stendardo diviene verde allorcliè il fiore si dissecca — 6 — XVI. ONAGRAEIEAE Epilobium lanceolatum Seb. et Maur. Boschi e siepi a Ce- sinola, alla Pietra Santa, alle falde del M. S Ang-elo. • — Giusno- Luglio. E. PARViFLORUM Soliueb. Nel vallone Suininonte. — Luglio- Agosto. CiRCAEA LiTTETiANA L. Nel valloue Summoiite, alla Parata. — Giugno - Agosto. XVII. CRASSULACEAE CoTYLEDON Umbilicus L. Suì muri e sulle rocce in tutta la regione. — Maggio - Giugno. Sedum Cepaea L Sulle rocce alla Pietra Santa, a Rotolo, a Croce. — Luglio. S. RUBENS L. Sui tetti a S. Cesareo e su di un muro a S. Urbano — Maggio - Giugno. S. RUPESTRE L. Sul muro a S. Urbano. — Giugno-Agosto. S. DASYPHYLLUM L. , var : neapolitanum Ten. Sulle rupi e sugli alberi — Maggio-Giugno. XVIII. UMBELLIFERAE. CoNiuM MACULATUM L. Nei valloni Traustino e Summonte, a Cesinola, a Castagneto. — Giugno - Luglio. BuPLEURUM PROTRACTUM Hoff. et Link. Lungo i margini dei campi a Rotolo, a Croce, ecc. — Giugno - Luglio. Pimpinella saxifraga L. Sulle rocce alla Pietra Santa , a S. Urbano, a S. Arcangelo. — Luglio - Settembre. Angelica sylvestris L. Nella parte superiore del vallone Summonte. — Luglio - Settembre. Caucalis daucoides L. Sulla via Rotolo - Croce. — Giugno - Luglio. ToRiLis NODOSA Gaertn. Sul limitare di un campo a Rotolo. — Giugno - Luglio. XIX. RUBIACEAE. Galtum Mollugo L. Sul margine di un campo e sul muro a S. Urbano. — Maggio - Giugno. — 7 — G. DivARiCATUM Desf. Su rialzi di terra a Rotolo, a Croce. ^ Giugno - Luglio, XX. CAPRIFOLIACEAE ViBURNUM TiMus. Luiigo le siepi ad Alessio, ai Marini, a Croce. — Gennaio-Agosto. Sambucus Ebulus L. Nella parte superiore del vallone Sam- monte. — Giugno - Luglio. XXL VALERIANEAE. Valeriana officina lis L. A Cesinola e lungo il corso d'acqua alla Parata. — Giugno - Agosto. XXir. COMPOSITAE Erigeron LiNiFOLius Wild. Lungo i margini dei campi alla Pietra Santa, a S. Urbano, a Cesinola, a Castagneto. — Luglio- Ottobre. Petasites officinalis Moench. Lungo i corsi d'acqua e spe- cialmente nei valloni Summonte , Traustino , Oscuro , ecc. — Marzo-Aprile. TussiLAGO Farfara L. Nel vallone Summonte, alla Parata. — Marzo - Aprile. Chrysanthemum indicum. ^) Sui margini di un campo a S. Arcangelo. — Novembre - Dicembre. Leucanthemum latifolium DC. Sulle rocce nel vallone Sum- monte. — Giugno - Luglio. Anthemis arvensis L. Su di una terrazza alla Scavata ^). — Agosto - Ottobre. Inula graveolens Desf. Sui muri e lungo i margini dei campi, dovunque. — Agosto - Ottobre. Helichrysum angustifoliuìi D C. ^) Sulle rocce, lungo la via che mena alla Valle. — Giugno - Settembre. Laps.^na communis L. Sulle rocce alla Parata , a S. Arcan- gelo. — Giugno - Luglio. 1) Sfuggito alla coltura? 2) Località situata poco al disopra della chiesa di S. Cesareo. 3) Questa specie, dal volgo, vieu chiarnata fiure eterne. Lactuca sativa L. 1) Nel vallone Summonte.— Maggio-Agosto. SoNCHUS OLEiiACEUS L. Nei seminati qua e là nella regione.— Giugno - Novembre. S. ASPER Bartol. Nei seminati della regione. — Giugno -No- vembre. S. AiivENSis L. Nei campi a Rotolo, a Croce, ecc.— Agosto- Ottobre. Crepis lacera Ten. Sulle rocce alla Pietra Santa, a S. Ur- bano. — Giugno - Luglio. C. viRENS L. Nei campi alla Pietra Santa, a Rotolo,— Giugno- Ottobre. Hieracium Pilosella L. Sulle rocce alla Parata, a S. Urbano, a S. Arcangelo. — Maggio - Luglio. H. PALLTDUM Biv. A Rotolo, a Croce. — Giugno - Luglio. H. murorum L Nei bosclii a Cesinola, a Castagneto.— Giugno- Agosto. H. vuLGATUM Fr. Sulle rocce alla Pietra Santa, a Monte S. Angelo. — Aprile - Ottobre. XXIIL OLEACEAE Fraxinus excelsior L. Nel vallone Summonte e nei boschi ai Monti S Angelo e Finestra. — Febbraio - Aprile. XXIV. BORRAGINACEAE Cerinthe ASPERA Rotli., var: gymnandra Gasp. Alla Parata, alla Pietra Santa, a Rotolo. — Aprile - Maggio. Myosotis intermedia Lk. Nei seminati a Rotolo, a Croce. Aprile - Maggio. M. HisPiDA Schlecht. Lungo i margini dei campi alla Pietra Santa, a S. Cesareo, a Croce. — Maggio - Giugno, Symphytum officinale L. Nel castagneto a Cesinola.— Apnlo- Agosto. Omphalodes linifolta Moench? Lungo le siepi a Rotolo, a Castagneto, alla Parata. — Marzo-Aprile. XXV. SOLANACEAE Hyosciamus albus L. Nelle siepi e sui vecchi muri a S. Ur- bano, a Corpo di Cava. — Maggio - Agosto. 1) Sfuggita alla coltura. — 9 — Capsicum annuum L. M Lungo il margine di un campo a Botolo. — Luglio - Agosto. XXVI. SCROFULARIACEAE ScROFLLARTA PEREaKixA L. Lungo Ì margini dei campi a S. Cesareo, a Castagneto. — Aprile - Giugno. Anthirrinum ORON'xruM L. Sul muro in vicinanza di S. Ar- cangelo. — Dicembre. LiNARiA vrjLGARTs Mill. Nei campi e nelle siepi a Rotolo, a Croce. — Giugno - Novembre. L. sTuiCTA Guss. Qua e là qualclie individuo sulle rocce. — Maggio - Agosto. L. MINOR Desf. Nei campi e sui margini di essi alla Pietra Santa, alla Parata, a Rotolo. — Giugno - Ottobre. Veronica montana L. Nei boschi a Cesinola , a Castagneto, a Croce. — Maggio - Giugno. V. arvensis L. Nei margini dei campi a Rotolo , a Pregia- to. — Marzo - Ottobre. V. HEDERAEFOLiA L. Nei Seminati e sui muri in diversi punti della regione. — Marzo - Aprile. XXVIL OROBANCHACEAE Orobanche Epithymum DC. Parassita della Micromeria, alla Parata, a Rotolo. — Maggio - Giugno. 0. MINOR Sutt. Parassita del Trifoglio, nel vallone Summon- te. — Aprile - Giugno. XXVIII. LABIATAE Mentha rotundifolia L. Nel vallone Sammoute. — Lug-lio - Settembre. Thymus vulgaris L. Sulle rocce a Rotolo, a Croce, al disopra del vallone Summonte. — Luglio - Settembre. Salvia glutinosa L. Nel vallone Summonte , alla Parata, a S. Cesareo. — Luglio - Settembre. Nepeta Glechoma Benth. Lungo i margini dei campi a Ro- tolo, a Croce, a S. Cesareo. — Aprile - Maggio. Brunella alba Pallaz Sulle rocce a Rotolo , a Croce. — Giugno - Settembre. 1) Sfuggito alla coltura. — 10 — Lamium flexuosum. Lungo le siepi a Cesinola, a Castagneto.— Maggio - Giugno. L. PURPUREUM L. Lungo i margini dei campi, nelle siepi alla Parata, a Rotolo. — xA.prile - Ottobre. L. MACULATUJi L. Nei luoghi incolti e nelle siepi , qua e là nella regione. — Aprile - Maggio. Teucrium flavum L, Al monte S. Adjutore, a S. Liberatore, alle falde del monte S. Angelo. — Giugno - Luglio. T. PoLiUM L. Sulle rocce a Croce, a Rotolo.— Luglio-Agosto. XXIX. PRIMULACEAE Cyclamen repandum Sibth. Nei boschi a Cesinola, a Casta- gneto. — Aprile - Maggio. XXX. POLYGONACEAE Rumex conglomeratus Murr. Lungo il corso d' acqua sulla via della Pietrasanta ed al vallone Sammonte.— Maggio-Giugno. R. Acetosa L. Lungo i margini dei campi alla Pietra Santa, a Croce. — Giugno - Luglio. R. Acetosella L. In vicinanza dei seminati a Cesinola , a Croce. — Maggio - Giugno. R. AMPLEXiCAULis Lap. Sui monti alla Pietra Santa, a Croce, a S. Liberatore. — Aprile - Maggio. XXXI. URTICACEAE Urtica urens L. Nei valloni e nei campi della regione. — Maggio - Novembre. Partetaria lusitanica L. Sui mari e nelle macerie della re- gione. — Febbraio - Giugno. XXXII. SANTALACEAE OsYRis alba L. Nella parte superiore del vallone Summonte.— Aprile - Giugno. xxxni. aristolochiaceae Aristolochlv longa L. Sulle rocce alla Parata, a Rotolo. — Aprile - Maggio. — 11 — XXXIV. EUPHORBIACEAE EuPHORBiA coRALLOiDEs L. Qualclie individuo sulle rocce e luiigo i corsi d'acqua a Croce, a Rotolo. — Aprile - Luglio. Mercurialis perennis L. Nei boschi ed al vallone Summon- te. — Maggio - Giugno. XXXV. SALICACEAE Salix purpurea ^) L. Nei valloni Traustino e Summonte. — Aprile - Maggio. XXXVI. BETULACEAE Betula alba L. Xei boschi ed al vallone Summonte. — Aprile- Maggio. XXXVII. CUPULIFERAE Carpinus Betulus L. Nei boschi e lungo le siepi , dovun- que. — Aprile - Maggio. QuERCus Robur -) L., var: pedunculata W. Nel vallone Sum- monte^, a S. Cesareo, a Castagneto. — Aprile - Maggio. var: sessìliflora Sai. Ai monti S. Angelo e Finestra^ a Croce. — Aprile - Maggio. MONOCOTILEDONI XXXVIII. ORCHIDACEAE Cephalanthera RUBRA Rich. Nei bosclii al vallone Summonte, alla Parata, a Cesinola, a Croce. — Giugno - Luglio. Epipactis latifolia Ali. A Cesinola, a S. Cesareo, a Casta- gneto, — Luglio - Agosto. var: atrorubens Schult. A Croce, a Rotolo, a monte S. Angelo. — Luglio - Agosto. ') li volgo chiama minghielle le diverse specie di Salix. -) I contadini dicono Ce7-ze le diver.ge specie di querce, ad eccezione della Quercus Ilex, che è detta lécina. — 12 — Spiranthes autumnalts -Rich. Sulla roccia alla Pietra Santa, alla Valle, a Croce. — Settembre-Ottobre. Orchis Morto L. A Cesinola , a Castagneto, a Rotolo. - Aprile - Maggio. . 0. TRIDENTATA Scop. Lungo i margini dei campi a Rotolo, a Croce. — Aprile - Maggio. . 0. PALUSTRis Jacq. Sulle rocce e nei margini dei campi al vallone Summonte. — Aprile - Maggio. 0. LATiFOLiA L. Nei boschi a Cesinola , a Castagneto. — Giugno -Luglio. t a n • Ophrys apifera Huds. Alla Parata, vicino la grotta di S. Cri- stofaro, ecc. 1) — Aprile - Maggio. 0. ARANIFERA Huds. A Rotolo, alla Valle, a Croce -Marzo- Aprile. XXXIX. DIOSCOREACEAE Tamus communis L. Sulla via Rotolo - Croce, alla Pietra San- ta, ecc., intorno agli alberi. — Aprile - Maggio. XL. IRIDACEAE XrPHioN PsEUDO-AcoRUS Pari. Nella parte superiore del val- lone Summonte. — Aprile - Giugno. XLI. AMARILLIDACEAE Ajax incomparabilts Car. Alle falde delle colline a Casta- gneto — Marzo-Aprile. Narcissus aureus Lois *). In vicinanza di un campo a Ce- sinola — Febbraio-Marzo. XLII. LILIACEAE TuLTPA sYLVESTRis Teu. Nel versante orientale di Cava , a Rotolo, a Croce, ecc. — Maggio. MuscARi NEGLECTUM Guss. Nei margini dei campi alla Parata, a Rotolo, a Croce. — Marzo - Aprile. 1) All' ingiù della Badia di Cava. dicato per l' Italia unicamenl -vi specie quindi deve esser considerata affatto nuova per l'Italia meridionale 2) Indicato per l'Italia unicamente nel Lucchese e nel ^'^ano. Questa. — 13 — Allium roseum L. Sulle rocce a monte S. Angelo, a monte S. Adjutore. — Maggio - Giugno. A. SPHAEROCEPHALU.M L. Nel Castagneto a Cesinola. — Luglio- Agosto. XLIII. ARACEAE Arisarum vulgare 1) Targ. Sulle rocce lungo la via della Pie- tra Santa^ in vicinanza di S. Urbano. — Novembre - Dicembre. A. PROBOsciDEUM Savi. In una grotta poco discosta da S, Cesareo. — Febbraio - Marzo. LXIV. GEAMINACEAE Phalaris coiìrulescens Desf. Nei valloni Summonte ed Oscu- ro. — Maggio - Giugno. Anthoxanthuai odoratum L. Vicino ai coltivati nel vallone Summonte. — Aprilo - Maggio. Phleum pratense L. Lungo le vie della Pietra Santa , di Rotolo, di Croce. — Maggio - Giugno. Ph. tenue Schrad. Sui margini dei campi a S. Cesareo , a Castagneto, — Maggio - Giugno. Andropogon pubescens Vis, Sulle rocce a Rotolo, a Croce. — Maggio -' Settembre, Avena sterilis L. Sulle rocce alla Parata, a S. Urbano, alla Pietra Santa. — Aprile - Maggio. A. BARBATA Brot. Luugo i margini dei campi e sui muri a Rotolo, a Croce, — Maggio - Giugno. PoA ANNUA LAS, Urbano, alla Pietra Santa, a S. Arcan- gelo. — Gennaio - Dicembre. P. compressa L. Sui muri, nei campi, ecc. a Rotolo, a Croce, a monte S. Adjutore. — Giugno - Luglio. P, PRATENsis L. Lungo i margini dei campi e sulle rocce alla Parata, alla Pietra Santa. — Aprile - Maggio. Briza media L. Sulle rocce a Croce, a Rotolo, alla Parata, ecc. Maggio - Luglio. Bromus maximus Desf. Sulle rocce a Rotolo, a Croce. — Aprile- Giugno. B. TECTORUM L, Sui muri e lungo le vie a Passiano , alla Parata^ a Rotolo, a Croce. — Aprile - Giugno. 1) Questa specie, insieme aWArum italieum, è chiamata leugua 'e cane. — 14 — B. KUBENS L. Sui muri e sulle rocce della regione. - Aprile Giugno. . B. ERECTUS Huds. Sulle rocce a S. Pietro, a Croce (raro).- Maggio - Giugno. LoLiuM PERENNE L. Lungo i margini dei campi, dovunque.- - Maggio - Giugno. ACOTTLEDONI VASCOLARI XLV. POLIPODIACEAE Cystopteris fragilis Bernli. Sulle rocce a monte S. Angelo, a monte Finestra, a Rotolo. — Giugno - Agosto. AsPLENiuM Ruta -MURARIA L. Sui vecclii muri e sulle rocce in tutta la regione. — Gennaio - Dicembre. Pteris lomgifolia L. Sulle rocce a Rotolo, a Croce. -Mag- gio - Agosto. XLVI. EQUISETACEAE Equisetum maximum Lam. Nel vallone Summonte.-Maggio- Agosto. ACOTILEDONI CELLULARI XLVII. MARCHANTIACEAE Marcantia polymorpha L. Sulle rocce e sugli alberi, in tutta a regione, specialmente lungo i corsi di acqua.-Marzo-Maggio. XLVIII. AGARICINEAE Agaricus Caesarius Scop. Nei boschi a Cesinola , a Casta- gneto, a monte S. Angelo. — Estate. A. Musgarius L. a S. Angelo ed a monte Finestra, (pmttosto raro). — Estate. A. ALUTACEUS Fr. a Cassiano, alla Parata. — Autunno, A. DELiciosus L. A Cesinola, a Castagneto - Autunno. Boletus edulis Bui. A Castagneto, a S. Cesareo, a Rotolo, a Croce. — Estate - Autunno. B. iiuDus Scli. Nei castagneti a Bassiano , a S. Cesareo , a Cesinola. — Estate - Autunno. - 15 - Cantharellus cibarius Fr. Nei boschi a Cesinola, a Casta- gneto, a Corpo di Cava. — Autunno. Morchella esculenta Pers. Nei boschi a monte S. Angelo ed a monte Finestra. — Primavera. Clavaria flava Pers. A Castagneto, al vallone Summonte, a Croce. -- Autunno. PoLYPORUs igniarius Fr, Nei boschi ai monti S. Angelo e Finestra. — Estate. Peronospora iNFEsTANs De By. Parassita dei Solanum tube- rosum e lycojmsicum, in tutta la regione. — Estate. P. VITICOLA De By. Parassito della Vitls vinifera , in tutta la regione. — Estate. Brodo di sangue (nuo^ro terreno di cultura). -ì^ot^ del socie A. Cutolo. (Tornata del 16 marzo 1902). Mentre mi occupavo dello studio del brodo di saligne dal puuto di vista dell'alimentazione, ebbi l'idea di prepararne una certa quantità in condizioni tali da poterlo adoperare come tern^eno di cultura per i microrganismi, ed avendo ottenuti deinsu tati molto soddisfacenti, credo far cosa utile comumcandoli ai cultori di bat^ teriologia. Ho preparato i seguenti prodotti : Ho mescolato agitando TI.. gr. 500 sangue di bue . . . > & q- r^^ +a . » 1000 acqua distillata ed ho riscaldato per un'ora alla temperatura dell'ebollizione. Dopo raffredamento ho filtrato. . Ho ottenuto un liquido di colore rosso-bruno, di reazione lie- vemente alcalina, che all'analisi ha fornito i seguenti risultati : residuo secco a I00" = gr. 0,780 % sostanze minerali = gr. 0,270 o/o n. Ho mescolato, come nella prima operazione , T u ^ . er. 500 sangue di bue *= ^^^^ acqua distillata acido cloridrico sino a reazione acida. Questa miscela ho fatto bollire per circa un'ora in capsula di porcellana, rimpiazzando a poco a poco l'acqua evaporata. Dopo raffreddamento ho filtrato. — 17 — Ho ottenuto un liquido di colore rosso-carne, di reazione lievemente acida, che all'analisi ha fornito i seguenti risultati : residuo secco a lOO^^gr. 0,G90 % sostanze minerali = gr. 0,303% III. Ho mescolato in un matraccio di vetro : sangue di bue gr. 500 acqua distillata » 1000 pepsina secca » 15 acido cloridrico » 15 La miscela cosi preparata è stata abbandonata per 12 ore circa in un termostato alla temperatura di •l:0'-42°. Indi ho fatto bollire per mezz'ora e, dopo raffreddamento, ho filtrato. Con soluzione di soda decinormale, ho neutralizzato sino a reazione lievemente alcalina il liquido ottenuto. 11 brodo risultante da tale preparazione si presenta di un co- lore giallo-ambrato che, dopo conveniente sterilizzazione, si con- serva inalterato. 100 ce. di questo brodo hanno dato all'analisi : residuo secco a 100° .= gr. 7,28 sostanze minerali = gr. 1,10 IV. Ho mescolato in un matraccio di vetro : sangue di bue gr. 500 acqua distillata » 1000 acido tartarico » 10 pepsina secca » 10 Come nella precedente preparazione, ho abbandonato la mi- scela por 12 ore circa nel termostato alla temperatura di 40<'-42°. Trascorso questo tempo, ho fatto bollire x^er mezz'ora e, dopo raf- freddamento, ho filtrato. 2 — 18 — Il liquido ottenuto ho diviso in due parti : una delle due ho neutralizzato con carbonato potassico e l'ho quindi mescolata con l'altra metà. Abbandonata la miscela per alcune ore, l'acido tartarico im- piegato si è depositato per la sua trasformazione in tartrato acido di potassio. Ho filtrato di nuovo e con poche gocce di soda nor- male-decima ho reso lievemente alcalino il liquido ottenuto. Anche così preparato il brodo si presenta di un bel colore giallo-ambrato ed inalterabile. 100 ce. del liquido hanno dato all'analisi : residuo secco a 100°= gr. 6,37 sostanze minerali = gr. 0,90 Dall'esame di questi risultati analitici appare chiaramente che i brodi da me ottenuti, mediante digestione, forniscono una quantità di sostanza nutritiva che non era stata ottenuta con nessun altro mezzo. I risultati ottenuti colla preparazione IV per mettono poi una certa economia di pepsina. Con l'aiuto gentile del dott. A. Zinno, batteriologo capo del laboratorio municipale, sou potuto arrivare ai seguenti risultati positivi, per quanto riguarda le esperienze di cultura. Col brodo ottenuto secondo il metodo III sono stati prepa- rati i varii terreni di cultura con gelatina e con agar, con i me- todi ordinari. Sia nel brodo liquido, sia in quello con gelatina o con agar sono stati innestati parecchi batterli, specialmente molti tra i più difficilmente coltivabili. Cennerò qui principalmente al bacillo della difterite, a quello del tetano, allo streptococco piogeno, al pneumo- cocco. Essi non solo sono cresciuti rigogliosamente, ma la loro vi- rulenza si è mantenuta molto alta in paragone all'ordinario brodo di carne. È degno di nota anche che le culture filtrate di tetano e di difterite presentavano una gran quantità di tossine. Ad esempio, la cultura di 7 giorni del bacillo difterico, dopo filtrazione, uccideva una cavia di circa 300 grammi di peso nella proporzione di 1/150 di ce. , mentre nel brodo ordinario , in con- dizioni sperimentali del tutto simili , la morte si otteneva solo con Yso di ce. — 19 - Come si vede, i risultati sono importanti e sarà molto più utile applicarli per quei microrganismi per i quali la presenza di emoglobina è condizione indispensabile di svilupi)0 : quale è so- pratutto il bacillo dell' influenza. Continuando le mie ricerche, mi riserbo di studiare princi- palmente le modificazioni chimiche apportate nel mezzo di cul- tura da questo e da altri batterli patogeni. Napoli, laboratorio municipale di chimica. I molluschi del Lago Fusaro e del Mar Morto nei Campi Flegrei. — Nota del socio Raffaello Bellini. (Tornata del IG marzo 1902). D' alto interesse è lo studio delle fanne d' ambiente misto , causa di notevoli modificazioni. Sulle ridenti coste di Napoli è universalmente nota l'esistenza di laghi o di acque quasi chiuse nella Regione Flegrea, rive piene di naturali bellezze e d'incanti, in cui la fervida immagiri azione degli antichi aveva riposto 1' esistenza degli Elisi e la via del- l' Averno. Il lago Fusaro, il Lucrino, il Mar Morto, il cupo lago d'Averno costituiscono un ambiente d'alto interesse per lo studioso di zoo- logia, come la terra vulcanica da cui sono circondati è la meta di quanti s' occupano di quei fenomeni che la geologia classifica tra i più importanti modificatori della superficie terrestre. Qualche accenno alle forme organiche viventi in queste acque miste dei Campi Flegrei si trova in parecchie opere di Oronzio Gabriele Costa i); ma le notizie del naturalista napoletano non hanno più che un valore appena storico. I siti da me esplorati sono principalmente il Fusaro ed il Mar Morto presso Miseno ; il Lucrino ed il lago d'Averno sono molto più poveri in molluschi. II Fusaro, V Acherusia palus di Strabene, trovasi tra Cuma ed il promontorio di Miseno ; ha la forma di un semicerchio col diametro rappresentato dal lato del mare. Il fondo del lago è im- butiforme e di natura melmosa. E nota la rinomanza di questo sito per 1' ostreicultura. Le sue acque sono impure , ricche di sostanze animali decomposte, inegualmente in alcuni siti riscaldate da sorgenti o da altri feno- meni vulcanici, I molluschi abitanti queste località appartengono alla zona littorale {facies fangosa). Sebbene abbondantissimi in numero, si ') V, a tal proposito: Aììnnarin zoologico, 'Napoli, 1834, in S". Da pag. 13— Corrispondeìiza zoologica; voi. I, Napoli, 1S39. Da pag. 41. — Catalogo dei te- stacei delle Due Sicilie. Napoli, 1829. —Del Fusaro, delle sue industrie, alte- razioni, ecc. Napoli, 18G0. - 21 - riferiscono però a poclie specie ; sono notevoli per la colorazione ■oscura della conchiglia o perchè questa è incrostata dai depositi delle acque. È anche degno di attenzione il fatto che 1' abbon- danza degli individui è a danno della loro statura, venendosi di conseguenza a produrre spiccate variaziojii e differenziazioni, do- vute alle speciali condizioni delle acque. Le specie raccolte sono le seguenti ^) : Haminea hydatis, L. sp. = Bulla pisum, Delle Ghiaie. Conus (Chelyconus) mediterraneus, Brug. — Tipo e varietà se- guenti : * var. franciscanns, Lam. — Conchiglia con due fascia bianche su fondo bruno. * var. (jalloprovincialis Locard. — Più allungato del tipo. * var. triinculus , Monterosato. — Più abbreviato e variamente colorito. Columbella rustica, Lam.^Voluta fringa, 0. G. Costa (non Lam.). Nassa mutabilis, L. sp. N. (Hinea) reticulata L. sp. — Carnivora e dannosa alle Ostriche. N. cTelasco) Ferussaci Payr. =B«cc. variabile, Phil. — Nassa co- stulata [non Ren. nec Brocchi] auct. * var. Cuvieri, Payr. Si distingue la varietà dal tipo per i due ultimi giri lisci, per il suo color d' ambra trasversalmente striato di rossiccio e bianco. Zeuxis ('Hima Incrassata), Mtill. sp. =Bmcc. ascanias, Brug.— B. asperulum, Eroe. * var. Lacepedei, Payr. ■^ var. varicosa, B. D. & D. Amycla corniculum, OKvi sp. * var. raricosta. Risso z=z semiplicata, 0. G. Costa, Gatal. Giri superiori semiplicati od ondati. Cyclonassa neritea, L. sp. Le Nasse sono forme molto modificabili nei diversi ambienti. Al Fusaro ed al Mar Morto ognuna di queste forme accennate offre variazioni estreme rilegate da passaggi intermedii. Nella fig. 1 sono rap- presentate una serie di varietà ex forma della Nassa reticulata del Fu- 1) In molte delle mie escursioni in questi siti ebbi compagno appassionato il mio ottimo amico Alfonso Castriota-Scanderbeg, barone di Fcssaceca, im- maturamente rapito da morbo che non perdona il 20 ottobre dell'anno scorso. Egli lavorava intorno ad una monografia degli Scafopodi italiani, quando morte lo colse. La sua ricca collezione e biblioteca, che a me lasciava in le- gato, i suoi numerosi appunti e materiale ordinato mi permetteranno forse di completare la di lui opera appena mi sarà possibile. Nel Bollettino di questa Società, di cui fu uno degli antichi .soci, mi è grato dedicargli un mesto ricordo. 0') sarò La var. rio-oufia è quella che più dista dal tipo, già per sé stesso abbastanza modificato nelle acque della regione , e si riferisce evidente- mente alla var. curia degli autori dei MoUusques du RoussiUon. Murex iBolinus) brandaris, L. sp. M. (Muricantha) trunculus, L. sp. Specie carnivora clie danneggia le Ostriche. Insieme al precedente era dagli antichi usato per l'estrazione della Porpora. A P.nupei si sono scoperti ammassi di questi molluschi. Triforis (Monophorus) perversa, L. s^.^^Marex Savignyus, Delle Ghiaie - M. granulosus, Brocchi- Cer. inversim, 0. G. Costa. T. (Monophorus) cylindrica, Monterosato, CeritMum (Thericiunij vulgatum, Brug. sp. (excl. var. Phihppi). Tipo e var. spinosa, Blainville. C. (Thericium) alucoides, Olivi sp. C. (Thericium) intermedium, Reg. = C. vulgatum var. tuhercu- lafHW., Phil. (non C tuherculafum, L) - C. Servaini, Locard. C (Thericium) subsalsum, Monterosato. C. (Thericium) renovatum, Monteros.=a vulgatum var. pulchella, Phil. (non G. pulchellum, Big. Loc. etc). C (Thericium) protractum (Bivona m. s.), Aradas et Benoit.=rC. vulgatum .var. gracilis, Phil. - C. vulgatim var. angustissimum, Weink. (non G angustissimum, Porbes). C. (Thericium) lividulum, Rissose, fuscatmn, 0. G. Costa (non Qmel)— C. rupestre var. pUcata, B. D. & D. Bittium Latreillei, Payr. sp. r^ Ger. lima, Phil , ecc. (non Brug ; specie della Guadalupa). * var. variegata, Monterosato. — Con macchie bianche. * var. minor, Monteros. — Statura minore. B Jadertinum, Brusina==Cer. lima, Phil (non Brug.) var. minor, Phil. _ Cerithiolum spina (non Partsch. foss.) Tiberi-5 reticulatum (non Da Costa) var. Jadertina, B., D. & D. B. paludosum, B., D. & D. var. minor, Monterosato. Al Pusaro. Specie d'acqua salmastra, caratterizzata dai giri molto con- vessi, con lina scultura decorrente e pliche longitudinali Cerithiopsis tubercularis, Mtg. sp.= Cn-. pggmaeum, Phil. * var. acicula, Brusina. Metaxia rugolosa, Sow. sp. -= Gerithium Grosseanum, Tiberi — ? Murex Melaiae, Delle Chiaie (figura mala). Dofania triquetra , Biv. sp. =: Vermetus coutortuplicatus, Scacchi var. solitaria discoidca. ■ D gregaria, Montero.sato. =7. ^rz(/«e^er, Phil. (pars)— 7. contortu- plicatiis, Scacchi, var. aggregata-contorta. Turritella communis, Risso. " var. soluta, B. D. & D. Giri molto convessi , sutura profon- dissima, apertura rotonda ; conchiglia in apparenza om- belicata. Un esemplare al Fusaro (v. fig. 2). — 23 - Rissoa 'Persephonai violacea, Desm. R. (Zipporai oblonga, Desm. Alvania variabilis, V. Mùhlf. sp. = B. costnlata , Risso — B co- stata, Desm. — B. Desma resti, Forbes — Turbo rissoanus, Delle Ghiaie. Peringia viridescens, Risso sp. = Paliulina Salinasi, Aradas et Calcara. Comune sulle rive del Mar Morto. Alcuni autori invece del nome Peringia , Paladilhe 1874, adottano quello più antico di Leachia , Risso 1824 ; questo termine però era già stato adoperato tre anni prima dal Lesueur (Leachia, Les. 1821 = Loli- gopsis, Lam. 1812). La specie più nota , V Hydrohia ulcae, è più atlantica che mediter- ranea e mostra numerose forme di modificazione e di degenerazione. Hydrobia acuta, Drap. sp. — Mar morto. Compresa da molti nel genere Paludestrina, d'Orbigny 1824, che ha rinconveniente di non esser sufficientemente caratterizzato. Scalarla (Clathrus; communis, 'Lsim..=Turbo clafhrus, L. (pars.) é Fk Fìk. 4 Fig. 2 Fìk. 3 I Fi-. Fig. 6 Fi":. 7 Fig. 8 Torino, K. Forma photog 1. Serie biforme di Nassa reticulata, L. sp. 2. Turritella communis, Risso var. soluta, B. D. e D. 3. TrocJiococJdea Castriotae, n.f. 4. Magidus ardens, V. Salis sp. var. acutispira, n.f. 5. Gibbida umbilicaris, L. sp. Acheriisiae, n.f. 6. Mytilus lacustris, O. G. Costa. 7. Parvicardium cxiguum, Gm. sj). var. imludosHm, n.f. 8. » » » » » minimum, n.f. - 24 — Nelle varie opere di Linneo le figure del Ticrbo dafhrus si riferi- scono in parte alla S. commimis ed in parte alla S. commutata. La figura di Philippi (voi. I, t. X, f, 3) più che alla specie di Lamarck rassomiglia al Olatliras lìroximus, De Boury. Trochocochlea turbinata, Brug. B]).z=Monodonta fragarioides, Lam. T- Castriotae, n. f. (v. fig. 3). Nettamente distinta dalla precedente specie e facilmente riconoscibile per i giri turricolati e la sutura canali- colata. Caratteri dell'animale, grandezza e colorazione come nella T. turbi- nata, di cui non saprei ritenerla né una varietà, né un'alterazione, tanto più che mi venne dato raccoglierne parecchi esemplari perfetti al Mar morto. Gibbula fForskalia) magus, L. sp. G. (Forskalia) fanulum, Gìn.sip.= Trochus aeguiìtim, 0. G. Costa. G. Adansoni, Payr. sp. Tipo e var. paludosa, Monter osato. G. (Phorculus) varia, L. sp. G. (Magulusj ardens , v. Salis sp = Trocìms Fermonii , Payr. - Tr. canaliculatiis (non Lam., delle Indie) auct. * var. elata, Scacchi=j;romm?t/a, ls3e\=Gibbula barbara, Mon- teros. Più elevata e giri meno convessi. * var. acut ispira , n f. ( fig. 4 ). Più acuta e più ristretta della precedente. Mar morto. G. umbilicaris, L. sp. var. Achernsiae, n f . (fig. 5). Prossima alla var. conica, Monterosato, ma più piccola e striata Giri sei di color ros- siccio con macchie rosse e bianche, con cordoncini sporgenti ed ombelico aperto. Lago Fasaro. Haliotis lamellosa, Lam.=i?. tuberculata (non L., oceanica) auct. Ostrea edulis (L.) auct.- Specie in alto grado polimorfa. Allevata al Pusaro, ma non negli altri siti o laghi della regione. 0. lamellosa, Brocchi — Al Pusaro. Secondo gli autori dei Mollu- sques du Roussillon sarebbe una varietà della precedente , più spessa e più grande. A. ephippium (L.) Poli. A. cspa (L.)Poli--=:4. striata (Scacchi) non Bv.—A. polimorpha, Phil. Più piccola della precedente. L'.L squamula, L è lo stato giovane di questa specie. Monia margaritacea. Poli sp. Pinna nobilis, L. = P. squamosa, Vhì\. (pars). Al Pusaro rara e rappresentata da piccoli individui. È il più grande pelecipodo dei mari europei; alcuni individui del Mediterraneo possono sorpassare i 70 cm. di lunghezza, vivono nella sab- bia con l'apice in basso e fermati per mezzo del bisso. Mytilus galloprovinciali S Lam.=.il/. cdidis (non L.) Costa, Scac- chi, Phil. — M. sayiltalus, Poli. — 25 — Là più comune tra le nostre specie di mitilidi. Per molto tempo ven- ne ritenuto che vivessero nel Mediterraneo sia questa che il M. edidis , L ; devesi però notare che sin dal 1836 il Philippi aveva escluso que- st'ultima dalle specie vivami nel mar di Sicilia. La differenza tra le due forme è anche fondata su caratteri anatomici (v. Krukenberg in Verglei- chend-x>hjsiologische Studien, II Rèiche, I Abtherlung, p. 176. Heidelberg 1882) ed in quanto a\V habitat il 21. edulis è atlantico; mentre l'altro è mediterraneo ed atlantico (coste di Francia e d' Inghilterra). Si distingue dal 31. edulis perchè è più ovale , superiormente allar- gato e con strie concentriche più numerose; nell'interno è debolmente ma- th'eperlaceo. * var. dilatatus, Phil. — Conchiglia più larga. * var, ung Hiatus , Poli — Conchiglia più piccola , col margine cardinale convesso, colore ceruleo intenso esternamente ed argentino internamente. Al Fusaro è comune il tipo, più scarse le vaiùetà. Mytilaster minimus, Poli sp— Comunissimo in caterve d'individui sugli scogli, sui pali e su altri corpi sommersi. Amando le acque basse e ferme, non vive che in pochi siti del gol- fo, ma in numero immenso. * var. dilatatus, Phil. — Conchiglia larga quasi il doppio della lunghezza. ■" var. angustatus, Phil. — Conchiglia larga quasi due volte e mezzo la lunghezza. * var. mimifissimus, Monterosato. — Conchiglia piccola, sottile o sagittata. * var. lacustris, 0. G. Costa = Mgtilus lacustris, 0. G. Costa. Varietà dovuta all' ambiente speciale in cui la specie vive. Costa descrisse questa forma prima a p. 47 e 50 della sua Corri- spondeiua zoologica (1830) e poi la figurò nella tav. IV, fig. 3, dell'altra sua opera Del Fusaro, delle sue industrie, alterazioni, ecc. (1860). Sebbene il Philippi (Moli. Sic , II, p. 53) ritenga il M. lacustris la stessa cosa del 21. minimus, e gli autori dei MoUusques du Roussillon se- guendone l'esempio sieno dello stesso parere, credo, in seguito alla osserva- zione di numerosi esemplari, che questa forma possa considerarsi una mo- dificazione locale del tipo, dovuta all'ambiente salso termale in cui abita. Trovasi aderente ai legni sommersi nel lago Fusaro ed il Costa lo fa derivare da una degenerazione del 21. edulis (ossia galloprovincialis). Ma in verità questa forma deve considerarsi una varietà del 21. minimus, con cui convive insieme al 21. galloprovincialis. La fig. 6 mostra un individuo di questa varietà raccolto nel maggio dell' anno scorso. Modiola barbata, L. .sp. Lithodomus lithophagus, L sp. ^ L. dacfglus, Cuvier. — 26 — Il Mìjtilus litliophagus, L. , comprende due forme; la più comune e meglio conosciuta è quella mediterranea, a cui si è lasciato il nome speci- fico linneano , sebbene Cuvier l'avesse denominata L. dactylus. L' altra forma è indiana e venne dal Philippi chiamata L. teres. Comune sugli scogli. Oltre l'interesse malocologico, questa specie ha anche un lato cospicuo nell'archeologia e nella geologia a causa delle sue perforazioni sulle colonne del tempio di Serapide presso Pozzuoli. Il Poli crede che i fori di questo mollusco sieno dovuti allo strofinio delle valve come lime ; sono notissime le moderne vedute su questo im- portante e vecchio argomento ^). Arca Noae, L. .sp. Cardium (Parvicardium) parvum, Phil. sp =(7. exiguum, Scacchi (non Gm). Intermedio tra Y edule e Vexigiium. Pusaro. C. (Parvicardium) exiguum, Clm. =C. suhannnlatum, Scacchi - C. parasiticum, 0. G. Costa (Bajaj Pusaro. Specie molto polimorfa. Il C. SHhangalatiim., Scacchi potrà foi-se ritenersi una varietà di dimensioni maggiori , a sommità rigonfie e sporgenti, con 23 a 26 coste appiattite. * var. paludosum, n.f. (fig. 7) — Notevole per la sua larghezza dovuta all'eccessivo sviluppo del diametro antere - po- steriore. * var. minimum (fig. 8) — Dimensioni piccolissime. Ambedue le varietà vivono al Pusaro insieme alla specie. C. (Cerastoderma) edule, L. — Porma modificabilissima di ambiente marino, salmastro e può anche acclimatarsi in acque dolci. Gli esemplari del Pusaro e del Mar morto sono notevoli per l'ispessi- mento della conchiglia. * var. quadrata, B., D. & D.^=clodiensis, Brusina, Monterosato (non Ren. nec Brocchi). Subquadrangolare, poco spessa, obHqua, postei'iormente troncata. C. (Cerastoderma) Lamarki, Eeeve = C. rusticum, Chem., Lam. (non L). Evidentemente è una dipendenza della specie precedente, come anche l'itengono il Bucquoy , Dautzenberg e Dollfuss. Inequilatera compressa , posteriormente rostrata. Pigurata nella tav. IV, f. 13, 14. Voi. I, del Phi- li])pi. Chama gryphoides, L. Tapes (Amygdalaj floridus, L. sp. = T. decnssafus (non L) Hi- dalgo, B., D. & B.— T. exfensus, Locard, Il più grande Tapes del Mediterraneo; può giungere sino a GO mm. La conchiglia differisce da quella del Tapes deciissatus per la reticolatura più ^) V. a tal proposito : D. C.4K\zzi — La perforazione delle rocce calcaree per opera dei datteri (Lithodomus dactijlus, Cuvier). Atti Soc. ligustica di Se. Natur., anno III, Fano. IV, Genova 18!}2. — 27 — sottile e le strie più numerose; posteriormente è più allungata ed arroton- dita. Il T. floridas di Lam. è una specie diversa. Tapes CAmygdala) laeta , Poli sp. (non L.) = Tapes aurea Gm. (fide II, D. & e D.). Loripes leucoma, Turton. =r Lucina lactea, auct. (non L.). Macoma exigua, Poli sp=:TeUina tennis (non da Costa) Hidalgo. Più piccola e più rigonfia della tennis, di cui è da ritenersi varietà mediterranea. Gastrana fragilis, L. sp. z=z Petricoli ochroleuca, Lam. " var. rarilamellosa, ni. Strie più larghe e più distanti; forma dipendente dal polimorfismo di questa specie. Scrobicularia rubiginosa (Poli sp.) Scacchi.— Conchiglia piccola, fragile, a superficie rugosa, epidermide rossastra. Poco comune al Fasaro. Monterosato la ritiene specie distinta; Bucquoy, Dautzenberg e Doll- f ass la considerano modificazione locale della .S'. plana. Da Costa; Jeffreys la crede forma giovanile di S. Cottardi, Payr. Lutricularia ovata, Phil. sp.=:Amphidesìna segmenium, 0. G. Costa.. Forma ovale, trigona, appena rostrata. Lago Fusaro. Torino, febbraio 190:2. Contributo alla Cecidiologia della Flora avellinese per la Sig.* Anna Calabrese-Milani. (Tornata del 6 aprile 1902) Alcuni anni or sono, in seguito a pazienti ed assidue pere- grinazioni per l'agro avellinese, raccolsi un ricchissimo erbario , che spedii al Ministero della Pubblica Istruzione, non tanto come frutto dei miei studii scientifici, che come tributo d'affetto alla terra che mi dette i natali. E , animata sempre dagli stessi intendimenti, ■ dietro i savii consigli dell'illustre e compianto prof. Achille Costa, ripre i. nella primavera del 18U8, le mie escursioni, con lo scopo di fare uno studio accurato e coscienzioso sugli Eiitomooecidii della flora avellinese, sperando di apportare cosi un modesto contributo alla CecidioJogia delle nostre province meridionali, fin qui di so- verchio trascurate, se ne togli il lavoro del Licopoli, riguardante alcune regioni del napoletano i), quelli del De Stefani-Perez, sopra alcuni luoghi della Sicilia 2), e qualche nota del Peglion ^) rela- tiva alla flora da me studiata. Sento intanto il dovere di rivolgere un riverente ossequio alla memoria di Achille Costa, che, con la sua illuminata parola, con la sua vasta competenza in entomologia, mi agevolò il com- pito, snebbiandomi non pochi dubbi nello studio degli insetti e delle larve, ed incoraggiandomi a non arrestarmi dinanzi ad osta- coli di simil genere. Si abbia, del pari, i miei vivi ringraziamenti il prof. F. Dei- pino, che pose cortesemente a mia disposizione i mezzi per com- jjletare la parte istologica del mio studio; né vadano esclusi dalla 1) Licopoli Gt. Le galle nella flora di alcune provincie nap al itane. Napoli, 1877. Oca 5 bav. 2) De Stekani-Perez T. Descrizione di alcune galle e catalogo dei Cinipidi trovati in Sicilia. Palermo, 1891. . — Zoocecidii del R. Orto botanico di Palenno. Boll. d. R. Orto boi. di Palermo, voi. I, Palermo, 1897. — Zoocecidii e Cecidiozoi àoiV Atrìple.r, Haliinus L. in Sicilia. Atti Acc. Gioen. in Catania, Ser. 4.% voi. XIII, con 1 tav. 3) Peglion V. I Zoocecidii della flora avellinese. Avellino, 1891. Rivista di Patologia vegetale, diretta da A, N. ed A. Beiiese, voi. III. — 2r) — mia riconoscenza il prof. Francesco Bassani, che gentilmente mi ospitò nell'Istituto geologico i), e il dott. Carlo Patroni, che mi fa largo di efficaci consigli e di validi aiuti nelle mie ricerche bi- bliografiche. Prima di venire all' elenco e alla trattazione dei cecidii stu- diati , credo utile premettere che del copioso materiale raccolto parte mi servi per le ricerche istologiche, parte psr la determi- nazione e per la descrizione delle specie. Ho diviso cosi il mio la- voro in due parti: in una, generale, mi son fermata a considerare l'origine, la formazione e la struttura delle galle ; nell'altra , spe- ciale , mi sono occupata della morfologia e della istologia delle diverse specie, notando l'insetto costruttore e spesso anche gl'in- quilini ; ne, a complemento delle due parti, ho trascurata qualche ricerca micro-chimica sulle sezioni delle diverse galle. Per ciò che riguarda la sistematica , ho tenuto di guida la classificazione adottata dal prof. Massalongo 2), distinguendo i ce- cidii esaminati in tre gruppi : l.» Cecidii prodotti da Afidi ^) ; '2.« Cecidii formati da Ditteri; 3.° Cecidii prodotti da Imenotteri. Per la determinazione mi valsi dei caratteri degli insetti, poi- ché è noto scientificamente che da una galla si sviluppano quasi sempre gli stessi insetti; ma, nei casi in cui questi non arrivarono a schiudersi , tenni presenti i caratteri delle larve ed ancora la forma e le altre particolarità morfologiche ed anatomiche dei ce- cidii medesimi. Ed ora eccone, senz'altro, 1' elenco : 1." APHIDOCECIDIA 1. Pemphigus spirothecae (Pass) su Populus nigm L. 2. Schizoneura lanuginosa Hart. su Ulmus campestris L. 3. Tetraneura Ulmi De Geer, sa Ulmus campedris L. 1) Essendo rimasto chiuso, per qualche tempo, il Museo di Zoologia per le consuete formalità amministrative, in seguito alla morte del prof. Costa. 2) Massaloxgo C. B. Le galle nella flora italica (entomocecidii). — Vero- na, 1893, con XL tav. ^) In tutto il materiale da me messo assieme , quantunque abbondante^ corno ho già detto, non ho riscontrata galle dovute ad altro gruppo dell'or- dine dei Rincoti. — 30 — 2° DIPTEROCECIDIA 4. Diplosis Buxi (Lab ) su Baxus sempervirens L. 5. Hormomyia Corni Gir. su Comus sanciuinea, L. G. Cecidomyia Euphorbiae H. su Eaplwrhia Cyparissias L. 7. Hormomyia Fagi Hartig su Fagus sylvatka L. 8. Hormomyia piligera H. Lòw su Fagus sylvatica L. !». Cecidomyia Cerris Koll, su Quercus Cerris L. 10 Diplosis dryobia Fr. su Quercus puhescens Willd. 3.0 HYMENOPTEROCECIDIA al Cec'xlii prodotti da Tenthraedinideae. 11. Nematus gallicola (Redi) Westw. su Sallx alba L. 12. Nematus gallarum Hart. su Salix Cajjrea L. 13. Nematus vesicator Eremi su Salix purpurea L. b) Galle causate da Cgnipideae. 14. Aulax minor Hart, su Papaver RJioeas L. 15. Aphelonyx cerricola (Gir.) su Quercus Cerris L,. 16. Andricus fecundatrix (Hart.) su Quercus puhescens Willd. 17. Andricus lucidus (Hart.) su Quercus pubescens Willd. 18. Biorrhiza terminalis (Fabr.) su Quercus puhescens Willd 19. Cynips argentea (Hart.) su Quercus pedunculata Ehrh. 20. Cynips conglomerata Gir. su Quercus pidiescens Willd 21. Cynips coriaria Haimh su Quercus inihescens Willd. e Q. Su- her L. 22 Cynips Kollari Hart. su Quercus puhescens Willd. e Q. pedun- ctdata Ehrh. 23. Cynips Stefanii Kieff. su Quercus puhescens Willd , Q. Rohur L. e Q. Suher L. 24 Cynips sp su Quercus puhescens Willd. 25. Dryophanta pubescentis Mayr, su Quercus pidjescens Willd. 2G. Neuroterus baccarum (L.) su Quercus sessili flora Sm., Q. pe- dunculata Ehrh. e Q. pnihescens Willd. 27. Neuroterus lenticularis (Oliv.) su Quercus Rohur L. e Q pedunculata Ehrh. 28. Neuroterus numismalis (Oliv ) Mayr su Quercus Rohur L. e Q. pedunculata Ehrh. 29. Cynips caput-Medusae Hart sa Quercus puhescens Willd , Q. sessiliflora Sm. e Q Rohur L. 30. Cynips Mayri Kieff. su Quercus Rohur L. 31. Cynips coronaria De Stef. su Quercus Rohur L. 32. Rhodites Mayri Schlecht. su Roscv agrestis Siixi e R. canina h. — 31 -~ 33. Rhodites spinosissima Gir. su Rosa agrestis Savi e R. ca- nina L. 34. Rhodites Eglanteriae Hart. su Rosa canina L. 35. Rhodites Rosae ih) Hart. su Rosa canina L. 36 Rhodites Rosarum Gir. su Rosa canina L 37. Aulax sp. su Salvia pratensis L, 38. Pediaspis Aceris Foerst. su Acer pseudoplatamis L. 39. Synophrus politus Hart. su Quercus puhescen-i Willd. 40. Cynips sp. su Acer pseùdoplataniis L. 41. Cynips sp. su Quercus pnhescens Willd. 42. Xestophanes Potentillae (Willd.) su Potentina reptans L. I. PARTE GENERALE I. — Generalità siili' origine e formazione dei Cecidii. Le anomalie di sviluppo, o mostruosità delle piante, rispetto alla loro etiologia, dividonsi iu due grandi categorie: quelle che hanno origine da parassiti animali e vegetali, e quelle dipendenti dallo stesso organismo, subordinato alle condizioni fisico-chimiche dell' ambiente. Io mi occuperò delle prime, e solamente di quelle anomalie di natura parassitaria animale, cioè di quella parte di nosologia vegetale detta Zo ocecidiologia , dal vocabolo cecidio (Fr. Thomas), col quale s' indica ogni deviazione di sviluppo dei ve- getali per efletto dell' azione di un parassita, e che, in senso più largo, corrisponde a quello, più generalmente usato, di galla. Per siffatte galle, nelle quali si trovano delle larve d' insetti, oggidì, non si ha nessuna difficoltà uell' ammettere la loro origine da quegli insetti medesimi, come fu dimostrato da Malpighi, verso il 1675, nel suo Hbro De Gallis. E risaputo come il Malpighi, con pazienti osservazioni, riusci a sorprendere un cinipide posato su di una gemma di quercia , tutto intento a pungerla, ed esaminate attentamente le piccole foglie, di cui quella gemma era composta , vi trovò delle uova perfettamente simili a quelle che egli estrasse dal corpo di un cniipide , e simili pure a quelle che egli trovò, più tardi , nelle galle. Messa dal Malpighi la questione nel suo vero aspetto scien- tifico, nel secolo seguente e sino ai tempi nostri, fu confermata da osservazioni più numerose e più esatte. — 32 — In questo mio lavoro considero di preferenza le galle di Ci- ni pidei, come quelle che sono più comuni e che io stessa ho avuto occasione di raccogliere più frequentemente. La galla di un cinipide si forma dunque in seguito all'azione dell' insetto sopra una pianta. Essa è, secondo Dufour, una pro- duzione complessa, risultante dal concorso simultaneo, o dall' a- zione combinata, d'un vegetale e d' un insetto. Il prof, l^tassalongo afferma: « porche sulla pianta possa for- marsi un zoocecidio occorre la compartecipazione attiva di essa, la condizione di sviluppo dell'organo aifetto, vale a dire che i tessuti costitutivi di questo siano almeno in parte nella fase o stadio meristematico, e T azione del parassita ». Ed anche il Mal- pighi aveva riconosciuto che le galle possono formarsi su tutte le parti di una pianta, purché i tessuti di questa siano in istato di accrescimento e possano ipertrofizzarsi. Pare intanto che ciò non possa ritenersi in modo assoluto , perchè si hanno esempii di galle di Cinipidi, che si sviluppano in settembre ed ottobre , quantunque le uova fossero depositate in maggio, allorché le foglie giii cominciano ad ingiallire, quando, cioè, le loro cellule non sono più in grado di moltiplicarsi. Fu- rono, infatti, vedute, come asserisce l'abate J. J. prof. Kieffer nel suo bellissimo lavoro Les Cinipldcs , che fa parte, com'è noto , della splendida opera di Edmond Andrei), oltre la metà di set- tembre, le galle ancora nascenti del Trigoìiaspis renum e si videro altresì continuare nel loro sviluppo, fino a raggiungere le dimen- sioni normali. Ed io ho inoltre notato che le galle del Neuroterus lenticularis continuano 1' accrescimento e cambiano , delle volte, anche di forma, quando nella foglia, staccatasi dall'albero, comin- cia lo stato di decomposizione. Tale mia osservazione, che non è del tutto priva d'interessa, mi porta a richiamare 1' attenzione dei miei maestri su questo fatto da me osservato, che pare di grandissima importanza bio- locrica e fisiologica. È noto il fatto di organi, i quali, staccati dalla pianta, possono, per un periodo più o meno lungo di tempo, a- vere vita indipendente , ed in cerbi casi , per la formazione di gemme, servire alla riproduzione della pianta; ma un organo, la cui finalità è intimamente legata allo sviluppo della larva, e che, staccato dall'organismo produttore, compie interamente il suo svi- luppo, è affatto nuovo. 1) André Ed. — Species des Hyincnoptères (l'Europe et d'Algerie (continue sousla direction scientifique de Er. André).-Pari,s 1879-98, toni. VII. pag. 140- — B3 — Per verificarsi ciò è necessario ammettere che un lavorio vitale s'accentri nella galla e che questo lavorio abbia un ca- rattere di speciale autonomia. Questa speciale autonomia tende sempre più a far conside- rare le galle, non come un prodotto morboso, ma come organi simbiotici, il cui significato deve al certo collegarsi intimamente alla vita delle piante, e dei quali lo scopo non verrebbe a man- care nemmeno colla caduta delle foglie; sicché anche in questo caso la vita dell'insetto resterebbe protetta e la sua diffusione assicurata. Il cambiamento di forma che si nota in questi casi può fa- cilmente spiegarsi per la mancata relazione coli' organismo, sul quale si è prodotto, e per la necessaria e conseguente diminuzione di materiale nutritivo: fatto che deve certamente svolgere un'a- zione finale biochimica, se non definitiva, almeno parziale. Se non che si domanda: È possibile la formazione di una galla, quando il tessuto vegetale non è stato lacerato dal ci- nipide ? Poniamo mente a quel che dice il De Stefani-Perez i) Egli afferma che la galla non'comincia a formarsi dal momento che la foglia, la gemma, o altra parte della pianta vien punta dal cini- pide, né dopo che questo ha deposto il suo uovo, ma dal momento che la larvetta esce dall'uovo. A me pare che il De Stefani al ri- guardo non sia completamente sul retto sentiero, perchè 1' iper- trofia dei tessuti incomincia non appena è determinata l'irrita- zione dal liquido iniettato; e, poi, i varii tessuti, destinati alla protezione ed al nutrimento della larva, non avrebbero tempo a completarsi e, quindi, lo sviluppo della galla, in questo caso, sa- rebbe inopportuno. Il Massalongo 2), d'altra parte, dice che riguardo all'azione del parassita poco si sa di positivo, soltanto sembra accertato che la medesima sia molto complessa. Egli soggiunge: generalmente il parassita inocula nella pianta, in maniera e condizioni dilierenti, un liquido di ]3articolari proprietà specifiche, che determina una irritazione, in seguito alla quale si verifica un abbondante afflusso di succhi plastici verso il luogo irritato. Stando col Massalongo, questi succhi, in quantità esuberante, non solo servirebbero ''di 1) De Stefani-Perez T. - Descrizione di alcuni Ginipidi. Naturalista Si- ciliano. An. XIII, pag. 239-40. Palermo, 1894 2) MASS.ALONGO e. - AcarocecidLi nella Flora veronese. Nuovo gionude bo- lanico itahano. Voi. XXUI, pag. 68-119 con 3 tav. Firenze, 1891. 8 - 34 — alimento al parassita , ma fornirebbero anche i materiali per la formazione dei tessuti del cecidio. Se non si ammettessero delle spe- cifiche proprietà nel liquido inoculato , sarebbe impossibile spie- gare la diversità dei cecidii provocati da animali differenti e, per contrario, la identità di quelli dovuti ad un medesimo parassita. Gli antichi addirittura credevano che, se il tessuto vegetale non fosse preventivamente lacerato dal cinipide , non si ^ potesse avere la formazione della galla; ma le osservazioni posteriori han dimostrato che , per dare origine ad una galla, basta che le uova siano deposte nell'interno della oellula, sopra le giovaui foglie, an- che senza che queste siano state perforate. Questo fatto risulta dalle ricerche di Beyerinck e di Paszlavszky ^). Soddisfatto cosi alla domanda, che ci siamo rivolta, un altro punto controverso è il seguente. La formazione d'una galla esige una pianta determinata ed un orgauo vegetale determinato? Per chiarire la questione rispondiamo anzitutto che finora in x^merica e in Europa, come asserisce anche il prof. Kieffer, nessun cinipide produsse delle galle sopra inante di genere diverso e che, in- vece, si trovano galle di un gran numero di cinipidi sopra specie di piante appaiienenti allo stesso genere. Prova ne sia quella del Rhodites Rosae L, che fu trovata sopra diverse specie di rose D'al- tra parte giova constatare che non mancano delle galle, le quali pare che appartengano solamente ed esclusivamente a certe piante determinate, e che non faron mai trovate sopra altre specie ve- getali , neppure dello stesso genere. Un esempio lo riscontriamo nel Rhodites centifolia Hart , che si rinviene, per ora, solamente sulla Rosa centifolia. Cosi pure fu osservato che le galle del cerro [Qiiercus Cerris) sono, per lo più, particolari a questa specie di quercia. Nello stesso modo non fu trovata alcuna galla sopra la quercia rossa, originaria dell'America, piantata in una foresta di querce indigene, benché quest'ultime ne fossero cariche. Parimenti sopra specie vicinissime fra loro, tanto che certi autori le conside- rano piuttosto come varietà d' una medesima specie (quali Qner- cus piihcscens, Q. sessilifiora e Q. pedanculata), si trovano galle par- ticolari all'una o all'altra di esse. Ora, se galle si hanno su piante della stessa specie e dello stesso genere, su piante determinate e non su altre della stessa specie e dello stesso genere, e se troviamo infine delle galle par- ticolari sopra specie vicinissime di piante, pare che il nodo della questione debba ridursi all'organo della pianta, sul quale il cini- 1) Vedi Ed. André. Op cit., tom. VII, pag. 142. — 35 — pide deve deporre ìe uova perchè possa prodursi la galla. A questo proposito il prof. Kiefier afierma ) che di regola queste produ- zioni richiedono un organo vegetale determinato, perchè il loro sviluppo sia possibile. Non si troverà, dunque, quasi mai, chela stessa galla, la quale si sviluppa sui fiori, possa pure svilupparsi sulle gemme o sulle radici e viceversa. Se non che, alcune galle del Cijìiips Maijri si sviluppano sui frutti della quercia e tulle gemme; cosi anche il Neuroterus baccarum , che ordinariamente trovasi sulle foglie del Quercus pedunculata, si trova anche, benché raramente, sui picciuoli, sulle stipule, sulla corteccia dei giovani polloni, e, qualunque sia l'organo sul quale si è generato, la sua forma non cambia. Ed altri esempi, che noi potremmo riscontrare nel genere EhocUtes (Rhodites Rosae, Rh. Mayrl e Rh. Eglante- riae), in cui le galle si trovano talvolta sul frutto, sai calice e su altre parti della pianta , ci inducono a concludere decisivamente che la regola non è generale. Possiamo, invece, ritenere in modo assoluto che lo sviluppo delle galle è intimamente collegato alla vita della larva. Se la larva muore prima del tempo, cessa lo sviluppo della galla , meno il caso in cui fosse ormai prossimo il completo sviluppo. Questo fatto della morte prematura della larva può mettere in serio imbarazzo l'osservatore, perchè allora la galla incompleta potrebbe prendere forme ed apparenze diverse da quelle che avrà nella completa formazione, tanto da poter e.ssere indotti a cre- derla erroneamente una specie distinta. Tale fenomeno bisogna attribuirlo alla morte prematura della larva , ma ciò non toglie che lo sviluppo della galla dipenda direttamente dalla presenza di quella. E, senza tema di errare, possiamo affermare che se si uccide la larva, la galla si arresta nel suo sviluppo, come ocular- mente ho potuto osservare sul Salix Caprea. Ora, ammesso lo sviluppo della galla dovuto alla presenza della larva, altro non ci rimane da ricordare se non che alcuni dapprima credettero che la formazione cominciasse dopo la na- scita della larva; ma Réaumur, con le sue pazienti ricen^he, trovò che la produzione era già incominciata quando la larva era an- cora chiusa nell'uovo. Altri, come il Prillieux , confermarono le esperienze del detto naturalista e notarono ancora che la galla comincia subito a formarsi allorché l'embrione, ancora chiuso nel- l'uovo, ha raggiunto un certo grado di sviluppo. In forza delle 1) In André Ed. — Op. cit., toin. VII, pag. 145. — 36 — quali cose risulta evidente l'asserzione del Réaumur, clie la for- • . _i: ..„, ™„iio A\ P.inirvirlp Asip-e la oresenza maz ione di una galla di Cinipide esige la presenz d'una larva, sia libera, sia ancora chiusa nell'uovo. II, _ Cause che determinano la formazione delle galle dei Cinipidi. Fu osservato che mentre le larve dei Cinipidi producono delle galle, ciò non avviene cosi frequentemente per quelle di altri in- setti, come Ditteri, Lepidotteri e Coleotteri, le cui larve vivono parimenti nell' interno delle piante come quelle dei Cimpidi , e al pari di esse si nutrono a spese delle piante medesime. Ora , come si spiega la reazione della pianta nel primo caso e la ina- zione nel secondo ? - Per rispondere a tale quesito si affaccia- rono varie teorie. Il Malpighi credeva che quella gocciola di liquido , secreta dal Cinipide, nell'atto di deporre l'uovo, producesse una fer- mentazione, da cui avesse origine la tumefazione dei tessuti, ossia la galla. Lo stesso principio, si può dire, professava il La- caze-Duthiers, il quale ammetteva che quella gocciolina di liquido fosse un veleno, che, inoculato con la puntura, agisse come un virus animale, producendo una pustola, ossia la galla. Questa teo- ria ritenuta valida da molti naturalisti , non escluso il Darwin , non pare che abbia tutto il fondo della verità e che possa spie- gare tutti i casi di formazione delle galle. Noi, invero , abbia- mo già fatto rilevare innanzi che alcune volte 1' uovo vien de- posto senza pungere l'organo, e quindi senza inoculazione di li- quido nel tessuto della pianta. Del pari imperfetta ci sembra la teoria di Réaumur, secondo il quale la formazione della galla sa- rebbe dovuta, non ad un veleno, ma alla sola azione traumatica della puntura. Egli dice < . . . . i bordi di una ferita, fatta al a corteccia d'un albero, crescono e si sollevano più che la rimanente parte e la linfa affluisce maggiormente là dove incontra meno resistenza, ed, in questo caso, dove il tessuto fu lacerato. E dunque necessario che crescano, più delle altre, le parti circostanti a quel punto ». Di questo modo di vedere non parve il Réaumur in- teramente soddisfatto , e più tardi ammise che altre cause vi debbano concorrere, come il succhiamento della larva, lo sviluppo di calore, prodotto da questa, e l'azione puramente meccanica della larva stessa. Simili teorie partono evidentemente da un punto sbaglia- to , ed è più naturale e più logico concludere che non bisogna — 37 — attribuire la formazione delle galle ad un' azione sia chimica, sia meccanica dei Cinipidi , dal momento che il loro sviluppo comincia con quello della larva e termina quando questa peri- sce. Piuttosto possiamo ammettere che una secrezione partico- lare della larva venga a determinare la formazione della galla, e che questa speciale secrezione eserciti un'irritazione sul tessuto vegetale circostante , il quale si troverebbe in tal modo spinto ad una moltiplicazione di cellule e produrrebbe un tessuto net- tamente distinto dal tessuto normale, che a poco a poco si sviluppa formando una tumefazione, detta galla. Veniamo ora, ad esaminare più precisamente il modo di for- mazione delle galle dei Cinipidi. E prima d'ogni altro, siccome alcune sono prodotte sopra piante erbacee ed altre su piante' le- gnose, converrà esaminarne lo sviluppo tanto nelle prime, quanto nelle seconde. L— In una pianta erbacea, il Cinipide, dopo aver scelto un individuo, si jDosa su di una foglia, alla sommità di una gemma, e vi pianta Yovo-posifore. Esaminando, si vede che l'insetto ha pro- dotto una cavità colma intieramente delle uova, che vi ha deposte; sezionando, si osserva che la parete della cavità è tappezzata da uno strato bruno, molle e pastoso, che è prodotto dalle cellule distrutte e da un succo lattiginoso, sparso su tutta la superficie della parte ferita. Le uova, dunque, sono separate dalle cellule per mezzo di uno strato di sostanza morta. La cavità , poi , della galla nelle piante erbacee ha forma di canale, e ciò è dovuto a questo fatto. L'accrescimento del fusto è rapido, e la cavità, ove sono le uova, trovandosi ordinariamente nella gemma terminale, in quella parte che va soggetta a tutte le fasi dell'accrescimento in lunghezza, ne deriva che quella cavità dovrà allungarsi. Si osserva, infatti, in tutte le piante erbacee, attaccate dal Cinipide , un vaso lon- gitudinale, in forma di canale e che si può estendere per due o tre decimetri ^). Intanto le uova vengono portate lontane dal posto, ove furono depositate, e cosi si trovano in parte aderenti alla parete superiore e in parte a quella inferiore della cavità. Nello stesso tempo che il fusto cresce in lunghezza, si moltipli- cano, presso il detto canale, le cellule, e, se ciò avviene anche nel foro praticato dall' ovo-positore dell' insetto , ne verrà la galla chiusa, se al contrario, aperta. Da ciò deriva che in certe piante le galle non si formano là dove furono deposte le uova. 1) André Ed. — Op. cit., tom. VII pag. 160-161. — 38 — Ora, mentre le larve si trovano libere nell'interno della pian- ta, il tessuto della parete, alla quale aderiscono, subisce una mol- tiplicazione cellulare , producendosi cosi una neoformazione che sporge nel!' interno della cavità. Pertanto , ovunque sono delle larve, la parete di questa cavità si copre di uno strato di cellule più piccole di quelle normali. Questo tessuto secondario , che si forma in seguito all'azione della larva, fu chiamato meristema gallificante (Oallplastem), perchè è in realtà il tessuto generatore della galla: esso possiede la proprietà di circondare la larva, d'im- prigionarla e di formare altresì la camera larvale. II. — Vista la formazione delle galle su di una pianta erbacea, passiamo ad esaminare quella su di una pianta legnosa. Pren- diamo ad esempio il Neuroterus baccarum, che vive sul Qiiercus puhescens. L'insetto si pone dapprima sopra una gemma, nella cui som- mità introduce il suo ovo-positore, che spinge sino all'asse, e de- posita l'uovo fra le due metà di una foglia piegata, in maniera che questo si trova in contatto immediato col tessuto vegetale. Dopo un certo tempo , si vede già distintamente 1' embrione, e l'inviluppo dell'uovo è già cosi aderente alla foglia, che difficil- mente si potrebbe distaccamelo senza lacerarlo. Da questo mo- mento comincia a formarsi la galla. Come, ora, si forma il galljjlastem ? Per meglio intenderci, osserviamo prima la struttura di una foglia di quercia in condizioni normali. In essa si vede: 1.° l'e- pifillo^ di cellule tutte, o quasi, dello stesso diametro; 2.° lo strato a ijalizzata^ formato di cellule di un verde intenso e molto più lunghe che larghe; 3.° lo strato medio di parencliima, formato di due o tre strati di cellule, anche queste dello stesso diametro; 4.° lo strato sotto epidermico inferiore^ che differisce poco dal precedente per la forma delle cellule, ma è più ricco di clorofilla; 6.° Vepi- dermide inferiore o ipofìUo, di cellule simili a quelle deWejnfillo^ ma più piccole. Ora, quando questo tessuto normale si trasforma in meristema gallificante , tutti questi strati subiscono un tra- mezzamento anormale delle loro cellule, che si ripete un gran nu- mero di volte , tanto che 1' epidermide , per es. , raggiunge uno spessore almeno 30 volte maggiore di quello normale. Lo stesso può dirsi per lo strato a palizzata. Ma dove si osserva la più forte divisione è nelle cellule del parenchima; in queste la clorofilla non vien distrutta, anzi essa dà il color verde alla galla. Mentre in tal modo il tessuto normale si cambia in tessuto galliare (gallplastem), si produce in quest'ultimo, e prò- — 39 - prio là dove tocca la larva, un arresto nell' accrescimento, che è la causa della formazione della camera larvale. In conclusione, noi possiamo affermare che la formazione di una galla non comincia che dopo lo sviluppo della larva, per cui è a ritenersi che sia dovuta ad una secrezione della larva stessa. La camera larvale si forma in seguito alla ineguaglianza di ac- crescimento del tessuto galliare. Le parti che sono in contatto immediato con la larva subiscono un arresto nel loro accresci- mento, mentre s'accrescono quelle che ne son lontane. ITI. — Struttura delle galle. Una galla, in tutti i casi, dev'essere tale da poter sommini- strare all' insetto il nutrimento necessario, e inoltre, per la deli- catezza della larva, dovrà essere atta a proteggerla dagli agenti atmosferici e dai suoi nemici. Studiando , pertanto , la struttura di una galla vi si trovano, a partire dall'interno, varii strati cosi disposti : 1.° Lo strato alimentare. 2.° Lo strato protettore , che forma col precedente quella parte che dicesi galla interna. 3.° Il parenchima. 4.° L'epidermide, che col terzo strato forma la galla esterna. Tutte le galle contengono;, inoltre , dei fasci fìbro- vascolari, situati negli strati più esterni del tessuto protettore. Ora, riserbandoci di parlare insieme del parenchima e della epidermide, per ragioni di opportunità, quanto allo strato alimen- tare diciamo che esso è composto di cellule a pareti molto sot- tili e molli, un po' allungate nella direzione dei raggi della galla. Queste cellule contengono dei granelli di amido in molta quantità, dell'albumina e goccioline di olio. Questo strato si va natural- mente assottigliando man mano che progredisce lo sviluppo della larva, a cui serve di nutrimento. E tale fatto si può riconoscere imbevendo il taglio di una galla con tintura di lodo, che dà una colorazione bleù carico , indizio della presenza dell'amido. Passando allo strato protettore, noi sappiamo che esso è il più duro e serve a proteggere la larva dai suoi- numerosi nemici. Non è raro , pertanto , vedere delle galle attraversate da cana- letti, ma questi s'arrestano appunto ove il detto strato incomin- cia. Ebso è composto di cellule durissime, a pareti ispessite e di colore biancastro; le quali cellule essendo piene di aria, ed a pa- — 40 — reti attraversate da numerosi pori, può darsi che lascino passare fino all'insetto il gas, che gli è necessario per respirare. Il parenchima, poi, che è compreso fra il tessuto protettore e r epidermide, differisce assai nelle diverse specie di galle, che furono perciò classificate in cinque gruppi, fondati sulla diversa natura del parenchima stesso. 1.° Gruppo — Oalle a parenchima duro e spugnoso] o galle complete. Queste contengono tutti i tessuti che concorrono alla formazione delle galle più complete dei cinipidi. Il loro paren- chima è composto di due strati, dei quali il più interno, o pa- renchima duro, è formato di cellule allungate, strettamente ade- renti le une alle altre , le più interne prismatiche , le esterne cilindriche , e formano un nocciolo centrale duro e compatto. L'altro strato più esterno, o parenchima spugnoso, è formato di cellule ramose , che hanno fra loro dei larghi meati e disposi- zione raggiata rispetto al centro. Esiste pure uno strato sotto- epidermico che serve di passaggio fra lo strato spugnoso e 1' e- pidermico. Quanto all'epidermide, infine, le sue cellule non dif- feriscono da quelle delle altre parti della pianta ; soltanto essa manca di stomi e non esiste che nelle galle giovani {Cynips Kollari, C. tintoria). 2.° Gruppo — Oalle a imrencMma duro. Manca in queste lo strato spugnoso del parenchima, il quale è in esse composto uni- camente di cellule prismatiche a pareti grosse , ma molto più voluminose di quelle corrispondenti del gruppo precedente. Questo parenchima è talmente duro che non si può agevolmente tagliare (Dryoplianta divisa e D. agama). 3.0 Gruppo — Galle a parenchima spugnoso. Qui avviene l'in- verso di quanto si è visto nelle galle del secondo gruppo , cioè manca il parenchima duro, ed esiste solo quello spugnoso, che non offre nessuna resistenza per l'estrema morbidezza. E formato di cellule ramose e vi sono ampie lacune sempre piene di aria {Cy nips argentea, Biorrhiza terminalis). 4." Gruppo — Galle a imrenchima cellulare. Nelle galle spet- tanti a questo gruppo il parenchima nou ha un'impronta speciale, ma somiglia a quello normale delle altre parti della pianta. Per averne un'idea, basta ricordare i tessuti del primo gruppo. In quelli si osserva un parenchima duro , poi un parenchima spugnoso i indi uno strato cellulare di passaggio fra quest'ultimo e l'epider- mide. Or bene, il tessuto di quest' ultimo gruppo di galle è in tutto somigliante a questo strato cellulare sottoepidermico. Se ne ha un esempio nel Neuroterus lenticularis e nel N. numismalis. — 41 — 5.° Gruppo — Galle completamente cellulari. Sono formate queste da uu parenchima aifatto omogeneo in tutte le sue parti, costituito da cellule piene di liquido. Non vi è, insomma, nella galla intera nessuna differenziazione, eccettuata 1' epidermide; o, vogliam dire, non esiste alcuna stratificazione, perchè, mentre nei quattro gruppi precedenti vi è sempre uno strato protettore at- torno a quello che serve di alimento alla larva, qui manca anche questo. Alcuni esempi di questo gruppo si riscontrano nel Bho- dites Rosae e nel Rh. Eglanteriae. * * * In quanto alla localizzazione delle diverse sostanze, dirò che non senza grande interesse mi sono riuscite le ricerche sulle se- zioni delle diverse galle, per le quali ho adoperato , come reat- tivi, la tintura di lodo, 1' acido osmico, il percloruro di ferro , il reattivo di Millon, l'etere, il solfuro di carbonio, il reattivo di Feh- ling. Trattando le varie sezioni con siffatti reattivi, ho potuto sta- bilire la localizzazione delle diverse sostanze studiate. Con Tacido osmico, in via eccezionale, ho constatato la presenza del tannino nella parte più interna della galla . mentre in gran copia 1' ho trovato nello strato esterno periferico, dove ho potuto notare una intensa colorazione azzurra. Anche il percloruro di ferro mi ha dato, per la stessa ricerca, gli stessi risaltati. La tintura di lodo, poi, mi ha mostrato chiaramente la localizzazione dell'amido nei tessuti nutritivi più interni ed, in qualche caso, la quantità dell'a- mido, nella parte centrale , è stata tale che alla reazione quella parte è apparsa di- una colorazione violetta eccessivamente in- tensa. La localizzazione delle sostanze albuminoidi l'ho osservata esclusivamente nella parte più centrale della galla, ed i migliori risultati li ho ottenuti per mezzo del reattivo di Millon, col quale ho potuto riscontrare , in moltissimi casi , una colorazione rossa abbastanza intensa nelle cellule della zona nutritiva. Un bellissimo caso, e che ha richiamato di più la mia at- tenzione, r ho osservato in alcuni peli , riposti nella parte più centrale di diverse galle e che , trattati col reattivo di Millon, acquistano una bella tinta rosso-mattone assai intensa Qualche volta ho anche notato tracce di sostanze albumi- noidi nello strato esterno. Ho infine messo in evidenza co' soliti reattivi (etere e, meglio ancora , solfuro di carbonio) alcune so- stanze grasse, e specialmente olio, nella zona nutritiva. — 42 — II. PARTE SPECIALE Dopo di aver cercato , nella parte generale del mio lavoro , di dar luce a parecchi punti controversi o addirittura oscuri nel campo scientifico, studiandomi di fissare chiaramente le norme ed i criterii intorno all' origine , alla formazione e struttura delle galle, passo, in questa seconda parte, alla trattazione speciale dei cecidi della Flora avellinese da me studiati, dei quali ho già dato r elenco. Avverto però che, per ogni cecidio, ho creduto necessario pre- mettere la bibliografia, che mi è stata di sussidio nelle mie scru- polose osservazioni e deduzioni. Ed ora, senz'altro, seguendo per la sistematica, come ho già detto, la classificazione adottata dal prof. Massalongo, veniamo alla descrizione delle specie. I. — APHIDOCECIDIA POPULUS NIGRA L. 1 . — Pemphigus spirothecae Pass. Malphighi — Anatonie plantarum « de Gallis » tav. IX, fig 29. Lacaze-Duthiers— jBecAerc/te5 pour servir à l'ìiist. des galles, pi XIX, fig. 8. Passerini G —-àphididae italicae, pag. 198. LicopoLi G. — Le galle nella flora di alcune prov. napoletane, tav. II, fig. 9, NapoK, 1877. KiEFFER — Hémiptérocecid. Lorraine, pag. 5 e 7, fig. 2. Peglion V. — Rivista di Patologia vegetale, voi. Jll, pag. 30. — Avel- lino, 1894. Trotter A. — Zoocecidii della flora mantovana. Atti d. Società dei Naturalisti di Modena— Ser. Ili, voi. 16, An. XXXI, Modena, 1898, pag. 32, n. 59. Trotter A. — Zoocecidii della flora modenese e reggiana , Atti d. Soc. nat. Modena, Ser III , voi 16, An. XXXI , Modena. 1898, pag 125, num. 21. Il picciolo del Populus nigra si ripiega ad elica sopra se stesso ed, allargandosi ed inspessendosi, dà origine ad un cecidio subrotondo di color verde con leggera tinta rossastra. Tirando il picciolo e la lamina in direzioni opposte, 1' elica si allunga e — 43 — lascia vedere internamente un gran numero di afidi. La parte del cecidio, formata dall' ipertrofizzazioue del picciolo, è costituita al disotto dell'epidermide da parenchima fondamentale attraversato da fasci fibro-vascolari. Ma la cosa più rilevante è che mentre nello spessore di questo parenchima , come ha anche notato il Massalongo, trovansi le cellule disposte in serie più o meno pa- rallele alla superfìcie della galla, nel lato interno ed esterno, in- vece, ho osservato che incontransi delle cellule più piccole e col- leuchimatiche, fra le quali, verso la periferia delle pareti, alcune contenenti delle druse cristalline (probabilmente di ossalato di calcio). La cavità del cecidio è rivestita da numerosi e corti peli pluricellulari e, per lo più, disposti in una serie. Spesso il picciolo porta due o tre di questi cecidii. Log. Si trovano frequentissimi ed abbondanti sui pioppi , lungo la via di Montesarchio e Mercogliano, nei mesi di luglio ed agosto. ULMUS CAMPESTRIS L. 2. — Schizoneura lanuginosa Hart. (Tav. I, fig. 1) Malpighi — « De Gallis » tav. XII, fig. 13. Réaumur — Mém hist. Insecfes. T. Ili, tav. 25, fig. 5-7. HiERONYMus. — Beitràge europ. Zoocecid , p. 70, n. 36L Passerini G. — Apliicl. ital. p. 181 e p. 193. KiEFFER. — Hémiptérocecid. Lorraine, pag. 8, u. 73. Peglion V. — Rivista di Pat. veg., voi. Ili, p. 31. Avellino, 1894. Trotter A. — Zoocecid. FI. mani, p 33, n. 63. Trotter A. — Zoocec. d. flora mod. e reggiana, pag. 139, n. 72. Questo insetto produce, sulle foglie dell' Ulmus campestriSy dei cecidii voluminosi in forma di vesciche. Essi si formano a spese di parte o di tutta la lamina, che, in seguito a tale formazione, si ipertrofizza ed estroflettesi, dilatandosi considerevolmente. Tal- volta si formano anche sui rami ed in principio hanno , in ge- nerale , una leggiera tinta verde con sfumature rossastre , ma giunti al completo sviluppo , si presentano di color bruno. Essi non cadono dall' albero, come la maggior parte dei cecidii , ma persistono anche durante l'inverno; quindi, non è raro il caso di vedere, accanto ai giovani cecidii, quelli formatisi nell' anno precedente. Si nota che il ramo, come pure il picciolo delle fo- glie gallifere si presentano, il più delle volte, ingrossati in pros- — 44 — simità delle inserzioni di questi cecidii. Le femmine, poi, vivipare ed alate del parassita, escono dal cecidio attraverso le aperture irregolari, prodottesi nelle sue pareti, le quali sono di consistenza carnosa e d'uno spessore triplo di quello della lamina fogliare, o poco più, e provviste di peli sulle due facce. Tali cecidii si mo- strano sotto svariatissime forme , che noi possiamo riassumere in due tipi principali : 1. Cecidii suhovati o subì) iri formi, ristretti alla base , irregolarmente solcati, ed in vario modo lobati, con ostiolo angusto ; 2. Cecidi sub-rotondi, con solchi profondi alla su- perficie in corrispondenza delle nervature della foglia, che spor- gono nell'interna cavità, e con ostiolo, rappresentato da un'am- pia apertura, sul cui contorno si vedono ancora i denti del mar- gine fogliare. Spesso, in questo secondo tipo, una parte sola del lembo fogliare viene ad esser trasformata dal cecidiozoo, restando l'altra inalterata, come appendice della patologica formazione. Sif- fatti cecidii si formano in primavera, ma, come ho già detto, si rinvengono sulla pianta anche nel cuore dell'inverno. Log. In molte località; più specialmente presso la villa Soldi e Balestrieri, lungo la via di Montesarchio. ULMUS CAMPESTRLS L. 3. — Tetraneura Ulmi De Geer (Tav. I, fig. 2; Réaumur. — Mém. hist. Insedes. t. Ili, tav. 25, fig. 4. HiERONYMus. — Beitriige europ. Zoocecid., p. 70, n. 362. Passerini G. — Aphid. it. p 201 e FI. Afid. it., p. 45. KiEFFER. — Hémipférocécid. Lorraine, p. 8, n. 74 e pag. 7, fig. 6. Peglion V. — Rivista di Pat. veg., voi III. p. 31. Avellino, 1894. Trotter A. — Zooc. fi. mod. e regg , pag. 139, n. 74. Son questi i numerosissimi cecidii, assai più piccoli di quelli precedentemente descritti, subglobosi e con superficie rugosa, che in principio di primavera si scorgono sulla ))agina superiore delle foglie di Ulmus campestris. Su di una foglia ne ho contati fino a 20. Sono di color verde, raramente con leggiera tinta rossastra ; hanno un diametro di 8 a 10 mm. e pareti spesse circa 1 mm., di consistenza erbacea, costituite da parenchima omogeneo, nel cui spessore, in vicinanza della superficie interna, decorrono dei fasci fibro-vascolari, che si anastomizzano, formando un reticolo a maglie molto allungate. Sulla pagina inferiore della foglia si scorge l'ostiolo, contornato da fìtta e candida peluria, che s'interna per un piccolo tratto nel — 45 — canale, limitato dallo stipite del cecidio. Dopo un certo tempo dalla formazione, la parete scoppia, formandovi un foro a mar- gine interrotto, per il quale vien fuori la femmina alata del pa- rassita. E da notarsi che attorno alla base del cecidio la foglia si scolora, si fa più spessa, e in questo tratto il mesofiUo non si dif- ferenzia in parenchima a imlizzata e lacunoso^ ma resta omogetieo. Siffatti cecidii incominciano a comparire in sul principio di pri- mavera, subito dopo che le piante si rivestono di verde e durano per quasi tutta l'estate. Log. Li ho trovati comunissimi lungo la via del Tuoro e di Atripalda. II. — DIPTEROCECIDIA BUXUS SEMPERVIREXS L. 4. — Diplosis Buxi Lab. HiERONYMus. — Beitràge europ. Zoocecid., pag. 77, n. 394. ScHLECHTENDAL — Gallbilcìung. deutsch. Gefàssjjfl., pag. 62, n. G02. Sulle foglie del Baxus sempervirens si vedono spesso dei ce- cidii leuticolari e allungati, i quuli, anzi che di cecidii, han più l'aspetto di pustole, di color biancastro e di diametro oscillante da 3 a 5 mm. Questi piccoli cecidii sporgono su le due pagine della foglia, ed albergano da una a tre larve. Li loro camera larvale è prodotta per sdoppiamento del mesofiUo, precisamente nel punto ove termina il parenchima a palizzata per dar principio al lacunoso. Le cellule, che circondano queste cavità, diventano più grandi e mutano forma , allungandosi in senso perpendicolare al piano fogliare. Log. Questi piccoli cecidii li ho raccolti nel giardino della Scuola normale e nel viale della villa Solimene. CORNUS SANGUINEA L. 5. — Hormomyia Corni Gir. (Tav. I, fig. 3) Malpighi. — Anat. PI. « de Gallis » tav. VII, fig. 14. HiERONYMOs. — Beitràge europ. Zoocecid., pag. 81, n. 409. Frank, — Krankli. d. Pfl. II. p. 741. Peglion V. — Rivista di Pat. veg., voi. IH, p. 31. Avellino, 1894. — 4:6 — Jj Hormomyia Corni produce le sue galle sulle foglie del Cor- nus sanguinea L. Esse son quasi tagliate trasversalmente dalla lamina fogliare, di cui occupano la regione mediana, formandosi a spese dei tessuti della nervatura principale. Nella pagina supe- riore sono rotondeggianti, nell'inferiore acuminate e spesso divise in due o tre denti. Il colore dominante, in principio verde, si fa poi rossastro e delle volte rosso vivo superiormente e verde sbia- dito inferiormente. Il numero di esse su ciascuna foglia è varia- bile; se ne contano generalmente da due ad otto e quasi sempre aggruppate verso la base della lamina. Alcune sono uniloculari, altre pluriloculari, con camera larvale, talvolta ovale, tal'altra in forma di fessura e di grandezza variabile, contenente delle larve di color roseo. Praticando una sezione trasversale , si osserva la parte esterna della galla formata da un'epidermide a cellule piccole con la parete superiore appena ispessita, e da un ipoderma leg- germente collencliimatico, a cellule ellittiche o sferiche. La parte profonda è rappresentata da una larga zona di sostegno, formata da libre allungate, a pareti abbastanza spesse di cellulosa poco densa, percorse da numerosissimi poro -canali. La parte caratte- ristica di queste pareti sta nella forma speciale dei poro-canali, i quali sono quasi imbutiformi, con la parte slargata rivolta verso l'interno. Da questi tubi partono numerosissimi piccoli canali, sia dalla parte superiore, sia dalla parte ristretta ; spesso questi ca- naletti sono ramificati. Si nota, infine, che i diversi strati hanno uno spessore variabile nelle diverse parti della galla. Compariscono nel mese di luglio, e non arrivano a maturità se non nel mese di settembre. Loc. Si rinvengono presso il monastero di Loreto , a pochi passi da Mercogliano. EUPHORBIA CYPARISSrAS L. 6 — Cecidomyia Euphorbiae H. Low MiK J. — Ueber Zoocecid. auf Taxus haccatan. Etqyhorhia Cyparissias ^ p. G5, tav. I, fig. 3. HiERONYMcs. — Beitrdge europ. Zoocecid ,y). 83, n. 419. Massalongo C. B — Le Galle nella flora italica (Entomocecidii), p- 85, n. 52. Verona, 1893. All'estremità dei rami àeW EupìiorMa Cyparissias si osservano dei rigonfiamenti, formati da foglie dilatate, che si accartocciano — 47 — le une sulle altre per la presenza di questo dittero. Molte volte questi rigonfiamenti sono di un verde pallido, altre volte rossastri. Loc. Questo cecidio 1' ho spesso trovato nei luoghi erbosi , lungo la via di Mercogliano, nel mese di agosto. FAGUS SYLVATICA L 7. — Hormomyia Fagi Hartig (Tav. I, fig. 4) Malpighi — Anat. PI. « de Gallis » tav. Vili, fig, 21, Réadmdr. — Mèm. Hist. Ins. t. Ili, tav. 38, fig. 7-11. LicopoLi G. — Loc. cit. pag, 12, tav. I, fig. 11. Massalongo 0. B. — Galle fi it. pag. 85, n. 53. Pkglion V. — Loc. cit., pag. 31. Questi cecidii si sviluppano costantemente lungo la costola mediana, o sulle nervature secondarie della pagina superiore delle fòglie, la quale spesso ne è ricoperta interamente. Loro specia- lità è di aggrupparsi fino a saldarsi con le loro pareti, tanto da simulare un cecidio composto, terminato superiormente da tante punte quanti sono i cecidii fusi , ma nondimeno le camere lar- vali restano sempre tra loro separate. Sono di forma ovale , e terminano alla sommità in una breve e robusta appendice pun- gente. Verso il punto d'inserzione sono più larghi che all'apice, e misurano una larghezza da 6 a 8 mm. e un diametro trasver- sale da 4 a 6 mm. Sono a superficie liscia , ma , nella parte sporgente sul dorso della foglia, si scorgono numerosi peli, che ostruiscono l'ostiolo, il quale si apre nel centro di essa foglia. Si mostrano di color giallo-rossastro, o rosso-cupo, e spesso ancora a zone , che verso i due estremi si presentano più sbiadite. A maturità si staccano dalla foglia, lasciando una depressione cir- colare. Le pareti di siffatti cecidii, molto spesso, dalla base ove il diametro è massimo, si vanno man mano assottigliando verso l'a- pice; essi sono molto duri, tanto che resistono anche quando ven- gono fortemente compressi. Quanto, poi, alla loro struttura, essa è più semplice di quella degli altri. Facendone una sezione trasversale si osserva , andando dalla periferia verso il centro , prima uno strato esterno di cellule, quasi pavimentose a pareti ispessite. Que- ste cellule sono piuttosto piccole e serrate ; la loro parete pò-' larizza leggermente la luce. Segue, subito dopo, un parenchima a grosse cellule di forma rettangolare, le cui pareti sono spesse — 48 - e formate da cellulosa più densa, come si può agevolmente os- servare, facendo uso dell' appareccliio di polarizzazione. Queste cellule contengono granelli di amido in abbondanza, nettamente visibili alla luce polarizzata: a luce ordinaria è estremamente difficile osservarli quando i tagli sono montati in balsamo. Si trova in seguito uno strato di resistenza, formato da cellule con pliche trasversali sulle faccie radiali. Queste cellule polarizzano assai debolmente la luce; esse formano due file, ed evidentemente sono destinate a rafforzare la parte esterna. La parte più interna, poi, della galla è formata da uno strato di cellule a pareti sottilissime, includenti cristalli rombici di ossa- lato di calcio, che alla luce polarizzata appariscono di color porpora e verde smeraldo. Nella parte interna manca la capsula centrale, che include generalmente ì' insetto. La larva del dittero costrut- tore e piccolissima, nera ed assottigliata, appena visibile ad occhio nudo: riesce molto malagevole averla allo stato d' immagine. Log. Si sviluppano abbondantemente in giugno, luglio ed ago- sto; e sono comunissimi nelle fagete di Montevergine. FAGUS SYLVATICA L. 8. — Hormomyia piligera H. Low (Tav. I, fig. 5) HiERONYMUs. — Beitràge europ. Zoocecid., p. 8, n. 422. KiEFFER — Diptérocécid. Lorraine, p. 7, n. 55. Anche questi cecidii son dovuti ad un dittero, come quelli innanzi descritti. Compariscono sulle foglie e sono in parte di origine endogena, formandosi a spese del mesofìllo , ove si ini- ziano. Si trovano sempre sul punto in cui si diramano le nerva- ture secondarie, raramente lungo le stesse nervature, e sempre sulla pagina palmare, sporgendo, però, in un piccolo rigonfia- mento lenticolare sulla pagina dorsale. Sono uniloculari, ovali, di color rosso ruggine, ricoperti da numerosissimi peli semplici, uni- cellulari, che cadono facilmente. Il diametro varia da 2 a 4 mm. Si formano nel mese di settembre e, quando sono giunti a completo sviluppo, si staccano dalle foglie e cadono, lasciando delle piccole cavità, che presentano al centro una sporgenza, quella appunto ove erano attaccati i cecidii. La natura istologica ne è molto semplice. Attorno all'unica camera larvale si osserva il tessuto nutritivo, circondato da uno — 49 — strato di cellule allungate e con membrane ingrossate, indi, lo strato epidermico con numerosi peli alla superfìcie esterna. Log. Frequenti nel luogo denominato Le selve, presso A- vellino. QUERCUS CERRIS L. 9. — Cecidomyia Cerris Koll. Mayr. — Miiteleurop. Eicliengnllen, t. II, pag. 53, tav. VI, fìg. 77. HiKROMVMus. — Beitriige europ. Zoocecid pag. 1 10, ii. 493. Massalongo C. B.~Op. cif. pag. 119, n. 82, tav. XXXVI, fìg. 1, 3. Questi cecidii sporgono da una faccia e dall' altra della la- mina fogliare. Superiormente sono di forma conica, inferiormente depressi, circolari, con diametro da 3 a 5 mm. Sono uniloculari e presentano, nel centro della parte emisferica, un infossamento, che viene in seguito colmato da abbondanti peli grigi, fra i quali trovasi l'ostiolo. La parte superiore del cecidio, sprovvista di peli, è di color verde sbiadito. Quando è giunto a maturità , la parte inferiore cade, lasciando sulla foglia una depressione dovuta alla camera larvale. Le pareti sono cosi costituite : dalla parte inferiore della galla, dopo il tessuto nutritivo, si trova uno strato di cellule scle- rotizzate, indi il parenchima, formato di cellule disposte in serie quasi in direzione raggiata, ed in ultimo, l'epidermide pilifera; dalla parte superiore , poi , dopo il tessuto nutritivo del cecidio, si osserva uno strato molto sviluppato di cellule sclerotizzate, indi, il i)arenchima molto ridotto, ed infine 1' epidermide glabra, Loc. Trovasi in vicinanza di Sammonte, nel mese di ottobre. Il Peglion la cita di S. Angelo a Scala. QUERCUS PUBESCEN8 Willd. 10. — Diplosis dryobia Fr. Lòw (Tav. I, fìg. Ga) Mai.pighi — Anni. PI. « de Gallis » tav. VI, fig. 8. KiEFFER — Dlptérocécid. Lorraine, p. 12, n. 125. Massalongo C. B. — Op. cit., tav. XVIII fig. 4, n. 88. Pfcglion V. — Loc. eli., pag. 32. Trotter A. — Zoocecid , Ji. mnntov. pag. 27, n. 42 (su Quercns peduli- celai II Elirli.) — 50 — Osservando attentamente ho notato che su Qnercus inibescens e delle volte, anche su Q. sessiliflora, i lobi del lembo fogliare si estrollettono, adattandosi contro la pagina dorsale; vi aderiscono per i margini, e limitano cosi una piccola cavità, che è la dimora della larva. Queste formazioni patologiche si presentano di color foo-lia secca e, rare volte, anche di color rossastro. "^ Il Massalongo nota che sopra le foglie portanti questo ce- cidio spesso si osserva che anche il tratto del margine, situato fra due lobi del lembo, si ripiega, accartocciandosi verso il lato dorsale, e dando origine ad uno stretto orlo turgido. Egli dice esser probabile che quest' alterazione sia da attribuirsi parimenti alla Dqìlosis dnjohia. Loc. Lungo la via di Montesarchio, presso il villino Brescia- morra, nel mese di settembre. Il Peglion la rinvenne nelle boscaglie attorno a S. Angelo a Scala sa Q. pedìincnlata. III. — HYMENOPTEROCECIDIA Abbondantissimo è statq il materiale raccolto riguardo ai ce- cidii spettanti a quest' ordine ; nel descriverlo lo divido in due gruppi: Cecidii prodotti da Tenthredinidae e Cecidii prodotti da Cynipidae. A. - Cecidii prodotti da Tenthredinidae SALIX ALBA L. 11. - Nematus gallicela (Eedi) Westw. (Tav. II, fig. 1) HiERONYMUs — Beitrage europ. Zoocecid. p. 200, n. 742. KiEFFER — Hijniénoptérocécid. Lorraine, pag. 10, n. 61. LicopoLi G. - Galle nella fi, prov. napolet. p. 12, tav. Il, fig. 7 (sa Massalongo C. B. - Galle nella FI. ital. pag. 148, n. 112. Peguon V. — Loc. cit , pag. 33. Trotter A. — Zoocecid., fl. mod. e rerjg. p. 135, n. 59. Queste galle fcrovansi quasi sempre nello spessore della foglia, in prossimità della costola; sporgono egualmente nella pagina in- feriore e superiore ed hanno forma allungata e strozzata trasver- salmente verso la metà. Il diametro longitudinale misura fino a 7 0 8 mm , e quello trasversale varia da 3 a 4 mm. In principio — 51 — della loro formazione il colore è verde pallido, che si fa più ca- rico a maturità, e, delle volte, anche rossiccio. Si cominciano a formare nel mese di maggio ed arrivano a completo sviluppo in giugno e luglio. L'insetto costruttore vien fuori nel kiglio e spesso anche in agosto da un forellino che pratica esso stesso ad una delle due estremità. Sezionando trasversalmente una di queste galle, ho osservato che essa risulta di due zone : la più interna ricca di cellule a clorofilla, detta anche zona nutritiva, e la più esterna , che cir- conda la prima, costituita da parenchima di cellule di varia gran- dezza e ricoperta, a sua volta, dall'epidermide pubescente. Loc.^ Son comunissime nei dintorni di Avellino, ma per quanti esemplari io abbia raccolto, non l'ho mai rinvenute su altre specie se non su 8alix alba. ' Il Peglion la raccolse lungo le siepi della strada Altavilla. SALIX CAPREA L, 12. —- Nematus gallarum Hart. (Tav. Il, fig. 2) HiERONYMUS — Beitràge euvop. Zoocecid, p. 20G ; n. 759 Massalongo C. B. - Galle nella fi. Hai. p. 150,'n. "l 15, 'tav. XXIV Trotter A. - Zoocecid., fi. niod. e reggiana, pag. 137, n. G4 (su Salix purjmrea L.) Sulla pagina inferiore delle foglie del Salix Caprea, in vici- nanza delle costole e talvolta anche sulle costole medesime si trovano spesso delle galle quasi sferiche e che vi aderiscono per un punto molto piccolo. Sopra una foglia se ne contano una, due, tre al più, nel qual caso la lamina si ripiega ne' punti d' inser- zione delle galle. La formazione di questa galla è dovuta ad una tentredine detta Mmahis gallarum; incomincia nel mese di agosto e giunge a maturità nel mese di settembre. È galla uniloculare , del dia- metro da 7 a 8 ram. e di un colore rosso vivo, quando ha raggiunto il completo sviluppo. Le pareti hanno consistenza erbacea, sono un po' carnose, grosse duo o tre mm., e risultano formate da una epidermide a cellule piatte, fortemente cutinizzate alla parte ester- na. Al di sotto dell' epidermide si nota un parenchima a cellule irregolarissime, a pareti sottili. Queste cellule sono variabili per grandezza. — 52 La parte interna della galla è rappresentata da cellule piut- tosto schiacciate, a pareti sottili e colorate in giallo. Evidente- mente in questo caso, alla mancanza della zona di sostegnio, sop- perisce la forte cutinizzazione delle cellule dell'epidermide. Da queste galle vien fuori una larva di color verde, che, messa in condizioni speciali, si trasforma m insetto perfetto. Le calle, prodotte da questo insetto, si staccano dalla foglia quando sono giunte a maturità; e sul suolo la larva, sprigionatasi dall ni- volucro sferico, raggiunge il suo completo sviluppo. _ Loc. Le ho raccolte in prossimità della villa Balestrieri, lungo la via di Montesarchio, nel mese di S3tteinbre. _ SALIX PURPUREA L. 13. _ Nematus vesicator Eremi KiEFFER - Hìjménoptérocécid. Lorraine, pag. lO, n. G5 ^KKO^yrns - Beitnige europ. Zoocecid , v^g- 209, n. ibL Quest'imenottero produce, nello spessore delle foglie del Salix punmrca, delle galle allungate e un po' compresse, con superfìcie liscia e di color verde-rossastro. Galle che sporgono sulle due facce della foglia e sono carnose, con pareti molto sottili costi ui e da parenchima, nel quale non si vedono nettamente distinte le '^''' Compariscono nel mese di giugno e persistono sulla pianta fino a settembre. Sono piuttosto rare in provincia di Avellino. Loc. Lungo la via, che mena ad Atripalda. B. - Cecidii prodotti da Cynipìdae PAPAVER RHOEAS L. 14. -- Aulax minor Hart. (Tav. Il, %• 3) Uay^- Europ. Cijnipiden-GaneumtAnssrìdas^ d. auf. Eìrhm vork- Arten. p. 24, Taf. Ili fig- 2 J. , ^ ai ■ 1807 08 Andrk ¥.,.-Spedcs des Byrnévopl. d^Enrope et .VMjeric, 189^-98, pag. G9, pi. Vili, fig. 3. Sezionando la capsula di un rosolaccio, spesso capita osservare dPlle piccole galle, dovute all' Aulax minor. Queste gal e unilocu- lari talvolta, per reciproca compressione, si alterano di forma e — 53 — si presentano aggruppate in un corpo angoloso, che contiene perù tante camere larvali per quante sono le galle riunite a formare quel gruppo. Osservate con una lente, si mostrano superficialmente reticolate e di color giallo pallido. Le pareti di queste galle sono formate da un ])arenchima con cellule poligonali, che vanno gradatamente crescendo dall'interno all' esterno. Le camere larvali, di forma quasi rotonda, misurano da uno a due mm. di diametro, e sono circondato da cellule con pareti lignificate ed alquanto inspessite, con numerosi pori. Le capsule, che contengono le galle, conservano la loro forma, raramente si mostrano un pò più gonfie dell' ordinario. Il solo indizio che se ne può avere consiste in ciò, che la capsula infetta offre maggior durezza delle altre. Loc. Comunissime nei campi durante i mesi di giugno e luglio. QUERCUS CERRIS L. 15. — Aphelonyx cerricola Gir. Mayk — Eiivop. Aften d. Gallenhe/vohn Gjjnipiden, pag. 30. ScHLECHTENDAL — G allhildung 6% detitsch Gefàsspfi. pag. 17, n 155. Mayk — Mittelenrop. Eichengallen, pag. 6, Taf. I. fig. 6. Massalongo C. B.—Le gcclleu. fl. italica, n. 120, tav. XXVII, fig. 2-4 André 'ED. — Species des Hyménopt. d'Eur. et d' Algerie 1897-98, p. 78, pi. XVII, fig. 4. Trotter A. — Zooceeid. fior. mod. e regg. 1898, p. 127, u 29. Queste galle crescono sui rami giovani del Qaercas Cerris, e li abbracciano incompletamente. La grossezza è variabile; il dia- metro oscilla fra 6 e 20 mm. Si vedono ora isolate, ora in gru])pi e quindi variabili di forma, cioè irregolarmente sferiche, quando sono isolate, compresse ed angolari quando sono addossate le une alle altre. La superficie non è liscia, ma talora solcata da piccole rughe, od anche leggermente verrucosa. Giovani, sono d"un bel verde, ma a poco a poco perdono questa tinta e prendono il colore di foglia .secca, come altre congeneri. L' epidermide vellutata porta dei peli semplici o ramosi, come si ])uò osservare con una lente or- dinaria. Sotto alle cellule dell'epidermide, che hanno una mem- brana ispessita, esiste un abbondante parenchima, di cellule po- liedriche, tondeggianti o ellissoidali e fortemente allungate, attra- versato da fasci fibro-vascolari. Questo parenchima è separato — 54 — dalla cavità, che serve d' alloggio alle larve, da un piccolo spazio per cui si hanno due galle concentriche, delle quali 1' interna è quasi un terzo di quella esterna. La galla interna è subrotonda, uniloculare, e contiene da 3 a 7 larve. Ha pareti sottili e fragili , e giunta a maturità resta quasi isolata dai tessuti circostanti parenchimatosi. Le cellule di questa zona sono tondeggianti e poliedriche, a pareti inspessite, percorse da numerosi poro-canali, e contenenti amido. Questo cecidio si forma nel mese di settembre su alberi di grandezza media , e l' insetto produttore vien fuori alla fine di ottobre dello stesso anno. Log. Lungo la via di Montesarchio, alle falde del Partenio, nel mese di ottobre. QUERCUS PUBESCENS Willd. 16. — Andricus fecundatrix (Hart ) Malpighi — Anat. PI. « de Gallis », tav. XIIT, fig. 42. Réaumur — Mcm. hisf. Insedes. T. IH, tav. 43, fig. 5-6. Lacaze-Duthiers — Jìecìierches pour servir à V histoire des Galles ^ tav. 19, fig. 12-15. Mayr — Europ. Arten ci. Gallenheìvolin Gynipiden, p. 23. LicopoLi G. — Galle n. fi di alcune prov. napolltane, p. 10, tav. I, fig. 3 (galla a carciofo). Schlechtendal. — Gallbild. deìdscli. Gefasspji., p. 24, n. 210. KiEFFER — Hyménoptérocécid. Lorraine, p. 4, n. 23. Massalongo C. B. — Galle fi. it. , p. 166, n. 129, tav. XXXVIII , fig. 4. Peglion V. — Loc. cit., pag. 33. André Ed. — Species des Hijménoptères d' Enroue et d'Algerie, toni. VII, 1897, pag. Ili, pi. XIX, fig. 3. Trotter A. — Zoocecid. d flora niod. e regg. 1898, pag. 129, n. 39. Le gemme ascellari o terminali del Qucrcus piibescens si iper- trofizzano degenerando in una galla, che fu paragonata dal Li- copoli ad un piccolo carciofo, e dal Kieffer ad un fratto di luppolo, essendo formata di scaglie embricate, che nel loro insieme arrivano alla grossezza di una ciliegia. Le scaglie stanno inserite attorno ad un disco subcupoliforme, sono pubescenti sul dorso e con margine scarioso; le esterne ovate, le mediane lanceolate, e le interne sublineari e più lunghe delle oo — mediane. Queste scaglie circondano una piccola galla uniloculare subcilindrica, con superficie leggermente striata,detta galla interna, che racchiude la camera larvale. Essa ha il diametro longitudi- nale di 8 a 9 mm. e quello trasversale di 4 a 5 mm. Le pareti della galla interna, sottili e fragili , sono formate da uno strato epidermoidale, di cellule quasi a palizzata, conia membrana esterna fortemente ispessita, e da parenchima sclerotizzato , percorso da numerosi cordoni fibro-vascolari. Siffatte galle, giunte a maturità, verso la fine d' autunno si staccano dall' involucro e cadono al suolo , molto tempo prima dell' uscita del cecidiozoo, che, secondo Adler , avverrebbe dopo tre anni dalla formazione della galla e nel mese di aprile. Loc. E comunissima nei dintorni di Ospedaletto su Quercus inihescens e su Q. lìedimcnlata. Il Peglion la raccolse lungo la strada di Teora su Q. pedun- culata. QUERCUS PUBESCENS Willd. 17. — Andricus lucidus Hart. (Tav. Il, fig. I) Malpighi — Anat. FI. « de Gallis » tav XV, fig. 52. Mayr — Eiirop. Arfen g allenò eivohn Cynipklen, p. 23. Mayr — Mitteleurop. Ekh'enfjallen, p. 23, tav. III. fig. 27. LicopoLi G. — Galle n. fi. prov. napol. p. 7., tav. I, fig. IG (galla echiuata). SCHLECHTENDAL Gallbìlll., p. 28, 11. 234 Massalonuo C. B — Galle fi. it., p. 170, ii. 131. André Ed. — Specles cles Hyménoptères d^Eiirope et d'Algerie 1897, pag. 130, pi. XX, fig. 11. Su Q. puhesceìis ed anche su Quercus pedunculata, nell'angolo ascellare delle foglie, si rinvengono delle galle della grossezza di un" avellana e somiglianti ad un piccolo cardo od echino , tanto che dal Licopoli furono denominate « galle echinate ». Tale so- miglianza è dovuta al fatto che queste galle portano alla superficie numerose e sottili produzioni lunghe da 4 a 8 m.m., ingrossate all' estremità a forma di clava , e spalmate , quando la galla è matura, da una sostanza resinosa attaccaticcia. Sono galle pluri- loculari , subglobose, di color verdognolo, che passa al rossiguo all' epoca della maturità. Racchiudono molti insetti della stessa specie, ciascuno però dimorante in una particolare cavità. — 56 — Nelle pareti della galla, dopo 1' epidermide, si trova ini pa- renchima di cellule lignificate , con le membrane interrotte d abbondanti poro-canali, nei quali decorrono dei cordoni fibro-va- scolari, che mandano ramificazioni nelle suddette appendici. Le stratificazioni più esterne di questo parenchima vengono rappre- sentato da un ipoderma a cellule ispessite. Attorno alle singole logge larvali, le cellule più interne delle pareti del cecidio diven- gono più piccole ed ispessiscono maggiormente le loro membrane, senza però formare una zona protettrice speciale. Queste galle le ho trovate spesso congiunte ad un altro ce- cidio CyniiJS glutinosa sullo stesso ramoscello. Lue. Nelle boscaglie, in vicinanza di S. Martino Valle Cau- dina, nel mese di ottobre. QUERCUS PUBESCENS WiUd. 18. — Biorrhiza terminalis (Faljr.) (Tav. II, fig. 5) Malpighi — Anat PI. « de Gallis » tav. X. fig. 33. Réaumur— Meni. hist. lusede.s. T. Ili, tav. 41, fig. 1-1. KiEh'FEii — Hvménoptérocécid. Lorraine, p. 5, n. 31. Mayr — Enrop. Arten gaUcubewohn Qjnipklen , p. 32. LicopOLi G. - Galle nella fi. prov. uapol., p. 9, tav. 1 fig. 5 ipuino di quercia). HiERONVMus — Beitriige europ. Zoocecid., p. 171), n. 602. ScHLECHTKNDAi- — GallMld. deittscìi., Gefasspli., p. 20, n. 224. Lacaze-Duthiers — Ecclierches polir servir à l'ìiist. de.S' galle s, tav. 18, fig. 16-17. Massalonoo C B.- Galle fi. it. p. 102, n. 133, tav. XL, fig. 2-3. Peguon V. — Loc. di., pag. 33. De Stefani-Perez T. - Descrizione di alcune galle di Cuupidt, Na- turalista sicifiano, an. XLV, p. 18-Palermo, 1895. André Ed. — Sjìecies des Hgménoptères d' Europe et d' Algerie . p. 112, pi. XIV, fig. 9. Trotter A. — Zoocecid. fi. mod. e regg., 1898, p. 130. Trotter A. — Zoocecid. fi. mani. 1898, pag. 14, n. 7. È un grosso cecidio, che può misurare fino a 4 cent, di dia- metro trasversale, ed ha origine quasi sempre dall' invasione della gemma terminale, ma si trova anche sulle gemme ascellari. Ha forma irregolarmente sferica, con contorno sinuoso , un po' de- presso e con colore che mal si definisce : ora giallastro pallidis- simo, ora verdastro molto sbiadito, talora, allo stato fresco, con sottili venature rosse o violacee, che penetrano anche nel parenchi- — 57 — ma. Questo è bianco, molle, saccolento da principio; a maturità acquista maggiore consistenza all' interno e le cellule appaiono colorate in giallo bruno; è spugnoso alla periferia, per modo che cede a qualunque leggera pressione , ed è formato di cellule si- nuose, cui si frappongono numerose ed ampie lacune La parte clie circonda la galla interna è formata da cellule allungate, a pareti ispessite e fortemente incrostate di materia bruno-nerastra. La parte, poi, che forma la parete della galla in- terna è formata da cellule ellissoidali, a pareti fortemente inspes- sito , polarizzanti leggermente la luce e percorse da numerosi poro-canali. Nella parte più consistente trovansi le camere larvali, spesso in numero di 16-18, aventi forma di coni rovesciati. Sono fre- quenti le galle incomplete, non che quelle abitate da inquilini , come da larve di formiche. Si forma in primavera e l' insetto vien fuori nel mese di giugno. Loc. E frequente nelle adiacenze di Avellino, sia nei boschi di querele, sia su querele isolate. QUERCUS PEDUNCULATA Ehrh 19. — Cynips argentea Hart. (Tav. II, tlg. G) M.vLPiGin — Aìi.at plani. « de Gallis » tav. 48-10. Lacazk-Ddthiers — Becherches imur servir à lliist dea (jalles, tav. 17, fig. 1-;:}. Mayr — Earop. Arten gaUenheioohn. C/juipideit, p 29; % Milteleurop. Elcheììcjallen, p 14, tav. II, fig. 15. LicopoLi CI. — Galle prov. napol. p. 10, tav. I, fig. 12. (galle a co- rona massima, galla di Bordeaux). HiERONYMus — Beitrl'uje earop. Zoocecid , p. 180, n. (JG3, tav. XXIX figura 3. ScHLECHTENDAL — Gallhild. deutscli. Gefiisspfl.^ p. 26, n. 226. Massalongo C. B. — Le galle nella fiora ital. pag. 175, n. 135, tav. XXIX, fig. 3. Peglion V. — Loc. cit., pag. 33. De Stefani Perez T. — Descrizione di alarne galle di Cinipidi, Nu- tur.ilìsta siciliano, an. XIX, p. 14 — Palei'mo, 1895. André Ed. — Sxìecies des Hyménoptères d'Europe et d'Algerie^ 1897, p. 115, pi. XII, fig. 1. Trotter A. — Zoocecid. fi. niant. 1898, p. 22, n. 26. — 58 — Questa galla è una delle più voluminose, essendo il suo dia- metro trasversale di 2 a 3 cent, ed il longitudinale di 3 a 4. Na- sce sempre dall' ascella delle foglie, ed è caratteristica per la sua forma , che ricorda il frutto del Mespilits germanica, del quale, in certo modo, imita anche il colore. In sul nascere è verde, mol- liccia e vischiosa al tatto , e la parte esposta ai raggi solari è rossastra ; a maturità diventa legnosa e di un bel colore giallo cuoio: talvolta si ricopre di una patina biancastra, quasi argentea, da cui ha ricevuto, molto acconciamente, il nome specifico. Di forma subsferica, presenta alla base una gibbosità, divisa in tre lobi, per mezzo dei quali abbraccia il ramo ed il picciolo della foglia, su cui è inserita. Verso la sommità presenta un ri- lievo circolare formato da denti ottusi ed acuti, variabili di nu- mero e di grandezza, ora separati, ora insieme congiunti da una sporgenza, che costituisce un cercine, il quale talvolta è incom- pleto, od eccentrico, E da notarsi che superiormente il cecidio ha la forma di mucrone ombelicato al vertice. La parte esterna è a preferenza formata da tessuti di resistenza , specialmente verso 1' estremità superiore, dove le cellule presentano il massimo di ispessimento. Queste cellule, variabili per forma, quasi sempre allungate e spesso flessuose, han la parete fortemente ispessita e lignificata densa- mente, la quale alla luce polarizzata, a nicols incrociati, appare di un bianco splendente, in alcuni punti di un giallo dorato, e, nei punti di massimo ispessimento, di azzurro cupo. Il contenuto è ricco di tannino e di granulazioni di un colore giallo oscuro. Negli altri punti della galla, non molto dissimili si presentano gli elementi , che formano la parete esterna , ma la lignificazione , però , delle loro pareti non raggiunge il maximum delle cellule della parte superiore. Quanto alla parte interna fondamentale della galla , essa è rappresentata da parenchima lacunare, le cui cellule sono grosse, ellissoidali, spesso triangolari, e si congiungono per due o tre punti di contatto. Talvolta queste si allungano in forma di tubi e limi- tano sempre spazi intercellulari di estensione relativamente consi- derevole. Le pareti di queste cellule sono leggermente ispessite, po- larizzano debolmente la luce, e sono vuote e colorate leggermente in giallo. Il tessuto, infine, della capsula, che circonda 1' insetto, è for- mato da cellule poliedriche, a pareti fortemente ispessite di cel- lulosa pura, con poro -canali visibilissimi. Queste cellule conten- gono numerosi piccoli cristalli di ossalato di calcio. — 09 — II tessuto di resistenza è limitato alla parte superiore e peri- ferica, ed il parenchima lacunare, che forma tutta la parte interna della galla e cinge la capsula centrale, potrebbe considerarsi come parenchima aerifero. Siffatte galle si formano nei mesi di agosto e settembre, e l'insetto, secondo il prof. Massalongo, ne esce agli ultimi di gen- naio da un piccolo forellino, che io ho osservato aprirsi costan- temente in prossimità del cercine. Lue. Comuni sulle boscaglie di Rocca Bascerana. Il Peglion le cita comuni nelle boscaglie attorno ad Aiello del Sabato. QUERCUS PUBESCENS Willd. 20. — Cynips conglomerata Gir. Mayr — Enroj). Arfen gaUenbewohn. Cynlpiden, p. 29; e Mitteleurop. Eicheng alien, p. 17, tav. II, fig. 20. André Ed. — Species cles Hyméìiopt. (VEurop. et Algerie 1897-98, p. 116, pi. Xir, fig. 6. Trotter A. — Zoocecid. della fi. mant., 189S, p. 15, n. 9. E una galla tondeggiante, spesso più grossa in alto che alla base. Ordinariamsnte se ne trovano parecchie ravvicinate in o-lo- meruli alla sommità dei rami , donde il nome specifico ; mentre, solo per eccezione, all' ascella delle foglie, sono solitarie. E di color verde sbiadito e del diametro di circa 8 a 9 mm., raramente di 5 a 6. Alla sommità, nel punto opposto a quello di inserzione, questa galla presenta una piccola protuberanza conica, sotto la quale sta la cavità in cui abita la larva. Sulla superficie si notano dei piccoli peli ramosi, che presto cadono. La camera larvale è circondata dal tessuto protettore, e superiormente, dal parenchima ricco di clorofilla, nel cui spessore si osservano de'i fa- sci fibro vascolari. In alcuni punti questo parenchima non trovasi a contatto con la zona protettrice, ma fra loro s'interpone un tes- suto privo di clorofilla e con numerose fibre radiali. Queste galle si formano nei mesi di agosto e settembre , ed il cecidiozoo ne vien fuori nel mese di ottobre. Loc. Frequenti su piante cespugliose del Q. imhescens, in vi- cinanza del villino Guarino. — GO — QUERCUS PUBESCENS Willcl e Q. SUBER L. 21.— Cynips coriaria Hart (Tav. II, fig. 7) Malpighi — AìHit. Plaid. « de G-allis » p. 28. fig. 53. LicopoLi G. — Galle nella fi. prov. najJ., tav. I, fig. 7 (galla conii(ui- lata composta). Mayr — Euro}). Arten gaMenheivohn Gyn'qndcn, p. 29; e Mitteleurop. Eicliengallen, pag. 19, tav III, fig. 22. ScHLECHTENDAL — GallbUdungeu. dentsch. Gefàsspfl., p. 28, n. 235. Massalongo C. B.-Galle fior. it. p. 180, n. 138, tav, XXX, fig. 1. De Stefani-Perez l.—Note intorno ad alcuni Zoocecidi del Q. Robur e del Q. suber, raccolti nel territorio di Gastelvetrano (Sicilia) Naturai, si- cil, au. II, p. 164, n. 5 — Palermo, 1898. André Y^D.—S^jecies des Hyménoptères d'Europe et d'Algerie, tom. VII, 1897-98, p. 118, pi. XIV, fig. 2. Trotter A. — Zoocecid. fi. mod. e regg. 1898, p. 132, n. 49. Le galle dovute a Cynips coriaria sono plariloculari ed hanno origine per degenerazione delle gemme ascellari. In principio, hanno un color verde carico , che va gradatamente cambiandosi in giallo cuoio. La loro forma è molto irregolare ; presentano or- dinariamente verso la sommità e nella periferia, meno nella re- gione per cui aderiscono all'angolo ascellare, delle appendici co- niche, assottigliate all' apice e delle volte forcate o trifide Sono di grandezza variabile, secondo il grado di sviluppo, ma non rag- giungono mai la grandezza di una noce. Sezionando una di queste galle, si trovano nell'interno molte logge larvali, subsferiche, ch'coscritte da un primo strato di cellule a pareti fortemente ispessite, attraversate da numerosissimi poro- canali , a contenuto giallo-bruno. Questo strato è cinto da una larga zona di grossi elementi sclerenchimatici, allungati, disposti con l'asse longitudinale perpendicolarmente alla parete della ca- vità. Le pareti di queste fibre sono fortemente ispessite e lignifi- cate e sono attraversate da numerosi poro-canali. Polarizzano po- tentemente la luce. La zona di sostegno, attraversata da fasci fibro-vascolari, è cinta da un parenchima corticale, formato da cellule di vana forma; le une allungate, a pareti incrostate di materia giallo-bruna, lo altre sclerificate ed a pareti fortemente ispessite. Fra questi ele- menti spesso si scavano numerose lacune. La parte esterna è protetta da un'epidermide a cellule i)iatte, a pareti fortemente ispessite, con peli stellati, rinforzata da un ipoderma a cellule ispessite e di grandezza variabile. — 61 — Si formano nel mese di agosto, su Q. piibesceìis e su Q. Saher^ ed arrivano a maturità in settembre. Log. Comunissime nelle vicinanze di Summonte, alle falde del Partenio. QUERCUS PUBESCENS Willd. e Q. PEDUNCULATA Ehrh. 22. - Cynips Kollari Hart. (Tav. Ili, fig. 1) Malpighi — ^jm?". PI. « de Gallis » tav. XIV-XV, fig. 47. Réaumur — Mérn. Jiisf. Insects, T. Ili, tav. 41, fig. 7. Lacaze-Duthiers — Berherckes pony servir à llilst. des galles. tav. 10, fig. 1-7. Mayr — Ettrop. Arten gaUenheìvohn. Cìjnipiden, p. 30; e Mitteleurop. Eichengalleìì, p. 16, tav. II, fig. 18. LicopoLi G. — Galle nella fi. prov. naj)., tav. I, fig. 1. HiERONYMUs — Beitrdge eiirop. Zoocecid., p. 181, n. 664. ScHLECHTEisDAL — GallMM. deiituch. Gefdsspfl. p. 27, n. 229-230. Massalongo C. B. — Galle fl. it., p. 182, n. 139, tav. XXX, fig. 2-5. Peglion V. — Loc. cit., pag. 33. De Stefani-Perez T. — Descrizione di alcune galle di Cinijndi. Nat. siciL, an. XIX, p. 15 — Palermo, 1895. André Ed. — Species des Hyménoptères d'Europe et (?' Algerie, toni VII, 1897-98, p. 115, pi. XIII, fig. I. Trotter A. — Zoocecid. fl. mod. e regg. 1898, p. 130, n. 43, Trotter A. — Zoocecid. fl. mani. 1898, p. 22, n. 28. Su QuercHS piéescens e su Q. peduncalata lio raccolto delle galle perfettamente sferiche , conosciuto comunemente coi nome di noci di galla. Esse sono sessili e si trovano attaccate nell'an- golo ascellare, hanno superficie quasi levigata ed un colore gial- liccio con punti quasi neri, che spiccano sul colore dominante. Queste galle sono uniloculari , con camera larvale quasi sempre centrale, che racchiude la larva biancastra dell'insetto costruttore {Cynips Kollari). MÌ5Ui-ano un diametro di 18 a 24 mm., sicché la loro gran- dezza può paragonarsi a quella di una ciliegia. Le pareti^ che li- mitano la camera larvale, raggiungono uno spessore di 8 a IO mm., e risultano formate dal tessuto nutritivo, che circonda la larva, dalla zona protettrice, con elementi induriti, e da uno strato me- dio, formato da parenchima lacunoso di cellule ellittiche, sferiche o triangolari, le quali comunicano fra loro per mezzo di piccoli prolungamenti. Le pareti di queste cellule sono leggermente i- spessite e limitano numerosissimi piccoli spazi intercellulari, i quali — 62 — danno un'apparenza caratteristica al tessuto, che lo ravvicina, su per giù, al tessuto midollare di alcune piante. Questa zona è per- corsa da numerosi cordoni raggianti, formati da cellule allungate a pareti ispessite, sclerificate e percorse da numerosi poro-canali; pareti che polarizzano fortemente la luce. La parte, che si trova nell'interno della zona di sostegno, è rappresentata da parenchima nutritivo, formato da cellule a pareti sottili, contenenti numerose gocce di olio denso di color giallo- bruno. Loc. Comunissime in tutte le località dell'avellinese dove cre- scono Quercus puhescens e Q. pedunculata; arrivano a maturità in autunno. QUERCUS PUBESCENS WiUd. Q. ROBUR L. e Q. SUBER L. 23. — Cynips Stefanii Kieff. (Tav. II, fig 8) LicopoLi G. — Galle fi. prov. napol, p. 10, tav. 1, fig. lo (galla a sottocoppa). Massalongo C. B —Le galle biella fi. Hai. p. 18G, n. 142, tav. XXIX, fig. 65 (Cynips sp.). KiEFFER — Description de noveaux Ci/m'pides d'Europe. Bull, de la Soc. Ent. de Erance, an. 1897, p. 8, André Ed. — Species des Hyménoptères d'Europe et d'Algerie , tom. VII, 1897-98, p. 114, pi. XI, fig. 12. De Stefani-Perez T. — Note int. ale. Zoocecid. del Q. Robur e del Q. Suber. Nat. sicil., an. II, p. 159, Palermo, 1898. Trotter A. — Zoocecid. della fl. mod. e regg., 1898, p. 133, n. 51. Il Licopoli definisce questa graziosissima galla con le parole imbutiforme e a sottocoppa.^ la quale ultima denominazione è usata anche dal Kieffer. È costituita da un pedicello molto ristretto, sormontato da un disco più 0 meno espanso. Questo è concavo o piano, di rado leo-qrermente convesso, con contorno sinuoso o deutellato : il dia- metro oscilla fra 15 e 20 mm. E una galla uniloculare, con ca- vità larvale situata nello spessore del disco, di forma ovale e con l'asse maggiore perpendicolare al pedicello. L'insetto costruttore si apre l'uscita nella parte convessa ed inferiore del disco. Intorno alla camera larvale, tappezzata, come sempre, dal tes- suto nutrivo , il disco della galla presenta la strattura seguente Si osserva prima una zona protettrice, molto sviluppata, formata da grosse cellule ellittiche, a pareti fortemente ispessite e ligni- — 63 — fìcate, le quali alla luce polarizzata, a nicols incrociati, ajjpari- scono colorate iu azzurro , in rosso ed in giallo. Le pareti sono forate da numerosi poro-canali, che contengono molti granuli di amido e grosse druse di ossalato di calcio. La zona parenchima- tosa corticale, che si assottiglia verso il contorno della galla , è costituita da grossi elementi, irregolari per grandezza e per for- ma, a pareti poco inspessite, incrostate da una materia giallo-bruna. Superficialmente si trova lo strato epidermoidale, in cui le cellule presentano membrane molto ispessite. Il centro del peduncolo è occupato dallo sclerenchima, attorno al quale si vede una cintura di fasci tibro-vascolari, che si rami- ficano superiormente e si espandono nella regione del disco. Più in fuori si riscontra un sottile strato, che verso la periferia attra- versa l'ipoderma; esso è ricoperto dall'epidermide, e si compone di cellule a membrane inspessite. La galla è formata a spese di una gemma e trovasi costan- temente su piante cespugliose o sui germogli di piante arboree, alla base del tronco. Il cinipide costruttore è stato recentemente descritto dal Kiefter. Lgc. Nelle boscaglie di Aiello del Sabato , e nella località detta « i Pennini », nel mese di agosto. QUERCUS PUBESCENS Willd. 24. — Cynips sp. iTav. Ili, fig. 2 e tav. I, fig. G, b) LicopoLi G.— Galle nella fi. prov. napol. tav. I, fig. 3 (galla crespa). Massalongo C. B. — Galla nella fi. ital. p. 188, n. i43, Tav. XXIX fig. 7-8. Queste galle si formano quasi sempre nell'ascella delle foglie e raramente alla sommità dei rami del Quercus puhescens e spesso anche del Q. Rohur. Sono piriformi, verdastre in principio della loro formazione e color terracotta a completo sviluppo. Sull'epi- dermide presentano qua e là piccoli tubercoli, che talvolta si ri- ducono a punti neri rilevati. Quando son fresche , si presentano con superficie liscia ; disseccate, invece, fanno vedere delle grinze, dovute al ripiegarsi dell' epidermide in seguito al disseccamento dei tessuti sottostanti. Lo strato esterno è formato da grosse cellule a pareti colo- rate in giallo, le quali sono riempite di una sostanza resinosa di colore giallastro. A questo strato segue immediatamente un — 64 — altro di sclereiicliima ad elementi abbastanza allangati, a pareti fortemente inspessite, a cavità assai ristrette con poro-canali net- tamente visibili. La parete di queste fibre polarizza fortemente la luce, mostrando agevolmente la lignificazione. Di tratto in tratto tali fibre sono interrotte da cellule allungate, a pareti poco inspes- site, non polarizzanti la luce, le quali hanno una colorazione si- mile a quelle dello strato superiore. Tutti questi strati, ad occhio nudo, compariscono come zonati per il colore , che varia dalla periferia al centro. Siffatte galle racchiudono una sola camera larvale, circon- data dal tessuto nutritivo. Si formano nei mesi di luglio, agosto e settembre ; l'insetto vien fuori al principio di novembre e, qual- che volta, anche prima. Loc. Sulle querele lungo la salita dei Cappuccini, in prossi- mità di Avellino. QUERCUS PUBESCENS Willd. 25. -- Dryophanta pubescentis Mayr (Tav. HI, fig. 3) ScHLECHTENDAL — Ga???>/Z«. dcnUcli. Gefllsspfì. p. 33, n. 2G2. Questa galla, grande quanto un pisello, si forma sempre sulla pagina dorsale delle foglie e, leggermente, per un punto solo si attacca alle nervature secondarie. Essa è uniloculare, sferica, gla- bra, sessile e, a completo sviluppo, di consistenza quasi legnosa. Il colore è variabile, giallo-bruniccio o rossastro con delle pun- teggiature giallo-pallide alla superficie. La camera larvale, di forma ellittica, lunga da 4 a 6 mm. e larga da 3 a 4, giace pa- rallelamente alla lamina fogliare. Essa è ripiena dal tessuto nu- tritivo, circondato dalla zona protettrice, che è avvolta dalla zona corticale, costituita da elementi quasi tutti parenchimatosi, meno quelli delle stratificazioni periferiche. Nella parte interna di questa zona trovansi numerosi fasci fibro-vascolari. A quest'ultima segue lo strato epidermico, con cel- lule fornite di membrane inspessite e fortemente cutinizzate. Comparisce nei mesi di agosto e settembre, e l'insetto co- struttore ne vien fuori ai primi di dicembre. Loc. Comunissima su Qmrcns xmhescens ed anche su Q. ses- silìfloìa, lungo la via dei Cappuccini. — 65 — QUERCUS SESSILIFLORA Sm., Q. PEDUNCULATA Ehrh. e Q. PUBESCENS Willd 26. — Neuroterus baccarum (L.) Mayr (Tav. HI, fìg 4) Mayr — Mi.ttelearop. Elchengallen, p. 49, Tav. VI, fig. 70. Mayr — • Earop. Arten Gallenheivolm Cynipiden, p. 38. LicopoLi G. — Galle nella fi. proxK nap. tav. I, fig. 14, HiKRONYMDs — Bcitràge eiirop. Zoocecid. p. 181, n. '365. ScHLECHTENDAL — GallbUd. deutsch. Gefàsspfl. p. 20, n. 181. KiEFFER — Hyménoptérocécid. Lorraine, p 5, n. 32, Massalongo C. B. — Galle nella fi. ital. p. 197, n. 149. De Stefani-Perez "Y.— Descrizione di alcune galle di Cinipidi. Natili', sicil., an. XIV, pag. 21 — Palermo, 1895. André Ed. — Species des Hymènoptères d' Earop. et d'' Algerie, tom. Vn, 1897-98, p. 121 pi. XVI fig. 11. Trotter A. — Zoocecid. d. fi. mod e regg. 1898, p. 129, n. .38. Trotter A. — Zoocecid d. fi. mani. 1898, p, 18, n. 15. La galla, dovuta al Neuroterus baccarum, si trova, quasi sem- pre , aderente alla pagina inferiore della foglia, raramente alla superiore. E grossa poco più di uà pisello ed ha un diametro di circa 6 a 7 mm. E uniloculare, di forma sferica, carnosa, lucida, glabra, pubescente su Qnercus pnhescens., di color verde con sfu- mature rosse. Oltremodo notevole si mostra, all'esame microscopico, la sua sezione trasversale. La parte esterna è formata da uno strato di cellule piccole, pavimentose , poliedriche, a pareti estremamente esili, il cui protoplasma, include gocciole di una resina colorata in giallo- bruno. Segue uno strato di parenchima poliedrico, a gran- dissime cellule con pareti inspessite. Queste cellule sono assai ric- che di una materia resinosa di un giallo biancastro, che occupa, alle volte, sotto forma di una sferula, il centro della cellula, alcre volte ne tappezza le pareti. La parte più interna è rappresentata da uno strato di resi- stenza, formato da grosse cellule, le cui pareti, nei punti di con- tatto, hanno subito un notevole inspessimento di forma semilunare o triangolare. La parete, in questi punti, è lignificata, ed appare, alla luce polarizzata, con tinte brillanti. Non è possibile , però , anche adoperando l'obbiettivo ad immersione omogenea , distin- guere la stratificazione della parte inspessita. Log. L'ho raccolta nelle adiacenze di S, Angelo a Scala, presso Avellino, nei mesi di lui^ho ed ao-osto. _ 66 — QUERCUS ROBUR L e Q. PEDUNCULATA Elirh. 27. - Neuroterus lenticularis (Oliv.) Mayr (Tav. I, fig. 6, e) Mai,ptghi - Anatom. PlanL « de Gallis » tav. VII, fig. 15. Réaumur - Mém. Jiist. Insedes T. III. tav. 42, fig. 9-10. Mayr— -Ewroi;. Aden, d. Gallcnewohn. Cijnipiden, p. 39; e MiUelen- rop. Eidiengallen, p. 45, taf, 6, fig. 63. LicopoLi G. - Galle nella fi. prov. nap., p. 11. ScHLECHTENDAL - Gallihild. deutsdi. Gefdsspfl. p. 33, n. 265. KiEFFER — Hi/ménoptérocédd. Lorraine p. 5 n. 36. De Stefani- Perez T. — Descrizione di alcune galle di Cinipidi. Na- turalista Siciliano, an. XIV, p. 21 -Palermo, 1895. _ André Ed.- 5'j^ec/e.s des Hyménoptères d' Europe d d'Algerie, tom. Vii, 1897-98 p. 125, tav. XIX f. 4. Trotter A. - Zoocecid- d. fi. mod. e regg., 1898, p. 12.3, n. 35. Queste galle, che si mostrano costantemente sulla pagina dor- sale delle foglie, sono uniloculari, discoidali, piano-convesse su- periormente e di un diametro di 3 a 5 mm.; dapprima di color giallo e in seguito rosso-ruggine. Sono numerosissime, potendo- sene contare sulla stessa foglia da 15 a 20 ed anche più, e svi- luppansi lungo le nervature, alle quali restano attaccate per mezzo di cortissimo stipite. In corrispondenza della loro inserzione os- servasi , sull' altra pagina della foglia , un piccolo punto bian- castro. Dalla parte che resta aderente alla lamina fogliare esse si mostrano quasi concave e del tutto sprovviste di peli ; nel lato opposto, invece, si presentano convesse, rigonfie nel centro e ri- coperte da numerosissimi peli. Le pareti di tali galle sono attraversate da fasci fibro-vasco- lari, e la camera larvale trovasi nel centro, circondata dalla zona protettrice, che va assottigliandosi verso la periferia della galla. Queste galle ci offrono una bella prova di quanto ho detto innanzi: esse, cioè, continuano il loro sviluppo anche quando le foglie cadono dall'albero ; talvolta avviene che si distaccano per- fino dalle foglie e cadono sul terreno, ove si rigonfiano prima del- l'uscita dell'insetto costruttore. Loc. Oomunissime su Q. peduncidata e su Q. Bohur, nei boschi di Roccabascerana, nei mesi di ottobre e novembre. — 67 ^ QUERCUS PEDUNCULATA Ehrh. e Q. ROBUR L. 28. — Neuroterus numismalis (Oliv.) (Tav, III, fig. 5) MALPiam — Aìiat. Plani. « de Gallis » tav. Vili, fig. 16. Lacaze-Duthiers — Becherches x>our servir à V hid. des yalles, tav. 18 fig. 1-9. Mayr — Milteleurop. Eichengallen p. 44. tav. "VI. fig. 6. Mayr — Europ. Arten. Gallenbewohn. Cynipid., p. 39. LicopoLi G. — Galle nella fi. prov. nap , p. 11, tav. I, f. 10 (Galle in forma di ciambella). Schlechtendal — Gallhild. deutsch. Gefàsspfl. p. 33, n. 2G3. KiEFFER — Hijménoptérocécid. Lorraine, p. 5, n. 35. Massalongo C. B.— Galle fi. it. p. 200, n. 151, tav. XXVIII, fig 3,b. Peglion V. — Loc cit., pag. 34. De Stefani-Perez T. — Descrizione di alcune galle di Cinipidi. Natur. Sicil. An. XIV, pag. 20. Palermo, 1895. André Ed. — Species des Hyménopières d' Europe et d^ Algerie, tom. VII, 1897-98, p. 124, pi. XIX, fig. 8. Trotter A. — Zoocecid. d. fl. mod. e regg. 1898 p. 129, n. 36. Questi graziosi cecidi uniloculari trovansi sempre attaccati per un punto alle nervature delle foglie , sulla pagina inferiore. Essi sono in forma di ciambella con diametro di 2 a 3 mm. , piani dal lato a contatto con la lamina fogliare e convessi dal lato opposto. Nel centro presentano una depressione o concavità; ricoprono spesso per intero il lembo fogliare e si mostrano rivestiti da lunghi peli, i quali sono unicellulari, a pareti inspessite e scie rifìcate; sono arrotondati nella estremità superiore, dove si mostrano generalmente incurvati ; essi polarizzano fortemente la luce. Solo le cellule dell'epidermide, che trovansi sul fondo della cavità, man- cano di peli. L'epidermide è formata da cellule con membrane assai inspes- site, e, come nella specie precedente, il parenchima, che trovasi sotto all' epidermide , contiene dei granuli di amido. La camera larvale è rappresentata da uno spazio lenticolare occupato in parte dal tessuto nutritivo, e chiuso dalla zona protettrice. Questa zona risulta di due strati : uno strato più esterno a cellule irregolari, a pareti fortemente inspessite e contenenti druse di ossalato di calcio ; l'altro più profondo, formato da fibre perpendicolari alla superficie, a pareti inspessite e striate trasversalmente. Dal tessuto della foglia partono dei fasci fibro-vascolari , che si diramano nella parete dei cecidi. Nel me.se di novembre o di- — 68 — cembre questi si staccano dalle foglie e cadono al suolo. L'uscita del cecidiozoo avviene nella primavera successiva. Loc. Comunissimi in tutta la provincia di Avellino su Qaer- cus imhescens e su Q. pedunculaia. QUERCUS PUBESCENS Willd. Q. SESSILIFLORA Sm. e Q. ROBUR L. 29. — Cynips caput-Medusae Hart. Malpighi — Anat. Plcmt. « de Gallis » tav. XI, fìg 34. Mayr — Earop. Arten gallenhewolm. Gynipiden, p. 29; e Mitteìenrop. Elchengallen, p. GÌ, tav. YIII, fig 89. ScHLECHTENDAL — GallMld. deutsck. Gefdsspfl. p 22, u. 195. Massalongo C. B.- Galle fi. if. p 203, n. 153 tav. XXVIII, fìg. 4. Bkrtoloni G. — Intorno a tre galle del bolognese, tav. 11. Akdré Ed — SiJecies des Hyménoptères d' Europe et d'Algerie, tom. VII, 1897-98, p. 130, pi. XIV, fig. 10. Trotter A. — Zoocedd. d. fi. mod. e regg. 1898, p. 133, n. 52. Questa galla, molto appariscente , potrebbe paragonarsi per la forma a quella del Rhodites Bosae. Si trova sulla ghianda e specialmente sulla cupola, quando il frutto è ancora immaturo, e da principio si presenta a guisa di disco. In seguito, dalla su- perEcie partono numerosissime appendici , che , ramificandosi ed intrecciandosi fra loro, coprono bizzarramente il disco suddetto, in maniera da formare un glomerulo della grossezza di una noce, o poco più. Nel centro di questo vi è la camera larvale, di forma allungata e circondata dallo strato di cellule protettrici; essa dopo qualche tempo si stacca dai tessuti vicini, in modo da aversi così distintamente la galla interna, in forma di bozzolo e quella esterna, coperta di produzioni ramificate. Delle detto produziom le più sviluppate sono formate da tessuto lacunoso di cellule allungate, nel quale si diramano diversi cordoni fibro-vascolari, e dall' epi- dermide sprovvista di stomi. È comunissima su Q. pubescens e su Q. sessilìfiora, e giunge a maturità fra settembre ed ottobre. Spesso, oltre all'insetto costrut- tore (Cynips caput-Medusae), alberga degli inquilini, che producono variazioni nella camera larvale. Loc. Presso le boscaglie di 8. Angelo a Scala, in ottobre e novembre. — 69 — QUERCUS ROBUR L 30. — Cynips Mayri KiefF. (Tav. Ili, fig. (3) LicopoLi G. — Galle fi. prov. nap. tav. I, f. 2. De Stefani-Perez T. — Cinipidi e loro galle. Atti della R Aco. di Scienze, Lettere ed Arti. — Palermo, 1888. André Ed. — Species des Hyménoptères d'Europe et d'Algerie, tom. VII, 1897-98, p. 129, pi. XXIT, fig. 2. E un cecidio che risalta subito all'occhio dell'osservatore, non solo per la sua forma , ma anche pel fatto che si sviluppa , a preferenza , alle estremità dei rami esterni. Pare che prescelga i grossi alberi, avendolo più frequentemente trovato sulle querele più annose. In S. Martino Valle Caudina, nella seconda quindicina di ottobre, se ne possono raccogliere moltissimi già maturi e ca- duti al suolo. La conformazione di questa galla è davvero bizzarra; ricorda un piccolo fungo porcino, avendo la parte superiore allargata in forma di disco ed inferiormente una specie di gambo ventricoso. Tutta la sua superfìcie è attaccaticcia, lucente, di color rosso-vino, e come coperta da uno strato di vernice. Il disco ha il margine frangiato con lacinie, ora rivolte in alto, ora riflesse, ed il centro è generalmente convesso nel primo caso , concavo nel secondo. La parte inferiore , che è sempre la più voluminosa , termina essa pure in lacinie, che vanno ad avviluppare la cupola della ghianda. Questa galla si presenta sempre all'estremità di piccoli rami, ove ricopre per intero la gemma terminale, o la ghianda, avvol- gendo talora anche i picciuoli delle foglie e porzione del ramo. Osservandone dalFesterno all'interno una sezione trasversale, si trova prima lo strato esterno protettore, formato da una zona di cellule ellittiche o poliedriche, la cui parete, fortemente inspes- sita , polarizza la luce. Questa zona è divisa, nell'epidermide a cellule tabulari, a pareti inspessite, e nell'ipoderma a cellule ellit- tiche o poliedriche, a pareti pure inspessite. Al di sopra di queste cellule si notano frequentemente peli pluricellulari. Al disotto della zona di protezione si osserva \m parenchima corticale, formato da cellule di grandezza varia. Alcune, molto inspessite, polarizzano fortemente la luce; altre, invece, sono meno inspessite ed hanno le pareti assai incrostate di materia bruna. Lo strato , che circonda la camera larvale , è formato da fibre — 70 — sclerenchimatiche, a pareti inspessite, a poro-canali assai evidenti. Questo strato cinge immediatamente il parenchima nutritivo. L' insetto costruttore {Cymps Maijri) si apre la via torando la calla nel punto più stretto, fra il disco ed il piede. hoc. È comunissima nelle boscaglie di Roccabascerana presso Avellino, nei mesi di ottobre e novembre. QUEROUS ROBUR L. 31. — Cynips coronaria De Stef. André Y.^.-Spedes des Hyménoptères d'Europe et d'Algerie, tom. VII, p. 119, pi. XIII, fig. 4 {Cynips (jlutinosa Gir. var. coronata). Questi cecidi hanno molta affinità colla Cymps May ri descritta innanzi. Essi si trovano isolati o riuniti a due a tre, su Q. Bolur, quasi sempre, nell'ascella delle foglie, o sulle gemme terminali dei giovani rami. Si manifestano per una piccola escre- scenza irregolare di color rosso-vinato e sin da questo imzio si accennano \ denti periferici del disco, che formano poi la corona della galla adulta. In questo stato giovamle, però, la parte cen- trale del disco , anziché esser convessa , come nella galla ma- tura , è concava , o meglio , infossata come 1' interno di un imbuto , il cui labbro è contornato dai dentini, ancora non net- tamente separati fra loro, ma che mostrano distintamente 1 inci- piente corona della galla adulta, sulla quale, in seguito, vengono a disporsi in tutt' altro modo, acquistando, cioè, forma di coni appuntiti con larga base, molto divaricati fra loro. La galla adulta è, in media, grossa quanto una piccola noce, subcilindrica, ristretta verso la metà e sormontata da un disco , che si ripiega in giù, diviso in varii lobi appuntati e portante nel centro un piccolo ombelico, corrispondente, forse, al sito ove V insetto costruttore produsse la puntura per deporre 1' uovo. È legnosa , ma non molto dura ; è lucentissima e quasi ri- coperta da vernice, e spalmata, a simiglianza della Cymps Mayn, da una sostanza attaccaticcia. . ,, i • La parte esterna della galla è ricoperta da peli unicellulari e pluricellulari, le cui pareti sono assai sottili e colorate m giallo. Il primo strato è rappresentato da cellule schiacciate , a pareti sottili, contenenti una materia incrostante di un colorito nerastro: esso ricopre un tessuto sclerenchimatico , a cellule piccole , con — 71 — pareti inspessite che polarizzano fortemente la luce , con cavità interna quasi nulla e poro canali evidenti. La parte interna della galla è costituita da una larghissima zona di parenchima a cellule ellittiche, iil-egolari per grandezza, ordinariamente, cioè, più grosse verso l'interno. La parete di sif- fatte cellule è poco inspessita, ma non polarizza la luce. Questi strati sono frequentemente attraversati da grossi cordoni a cellule allungate e con pareti incrostate da materia di un colorito rosso bruno. L' insetto costruttore ed i parassiti vengono fuori dalla galla per dei fori praticati ora in vicinanza della base, ora lateralmente ed ora sul disco. L'unica camera larvale giace nel centro , quasi distinta dalla massa galligena, a pareti sottili , e per lo più cir- condata da due o tre logge di locatari. Il De Stefani osserva che più che una varietà della C. gluti- nosa questa galla debba ritenersi come una forma distinta; non- dimeno per quante differenze si possa rilevarne, non si può ne- gare la grande affinità di forma e di colore fra le due galle. • Loc. Presso Mercogliano, nel mese di ottobre. ROSA AGRESTIS Savi e R. CANINA L. 32. — Rhodites Mayri Schlecht. HiE[ioNYMUs — Beitràge europ. Zoocecid. p. 196, n. 729.' KiEFFKR — Hyménoptérocécid. Lorraine, p. 9, n. 58. Massalongo C. B — Galle nella fl. Hai. p. 205, n. 154, tav. XXXII fig. 1. Amdré Ed. — Species des Hi/ménoptères d' Europe et d'' Algerie, toin. VII, 1897-98, p. 72, pi. V. fig. 2. Trotter A. — Zoocecid. d. fl. mai. e regg. 18S8, p. 131, n. 54. Per degenerazione delle foglie, e talvolta anche dei sepali, della Basa agrcstis S si formano delle galle pluriloculari, riunite in glomeruli , raramente isolate. Spesso si presentano con super- ficie liscia , ma il più delle volte con produzioni duro a somi- glianza di aculei. Sono piuttosto a])pariscenti per la grossezza e per il colore rossastro. Con accurata e diligente osservazione si arriva spesso a scor- gere, in alcune depressioni, avanzi di gineceo e di androceo ; il che dimostra sempre più che i cecidii si formarono a spese degli organi fiorali. — 72 — Presentano pareti dure, di consistenza quasi legnosa, e for- mate da parenchima , le cui cellule hanno membrane liguificate. In vicinanza della camera larvale le cellule vanno gradatamente diminuendo di spessore, 'dall'esterno all'interno, e sono interrotte frequentemente da numerosi poro-canali. Loc. È rara : ne ho raccolto un solo esemplare in vicinanza di Ospedaletto, nel mese di ottobre. EOSA AGRESTIS Savi e R. CANINA L. 33. — Rhodites spinosissima Gir. (Tav. Ili, f 8 e 9) HiERONYMus — Beitràge europ. Zoocecid. p. 190 n. 699. Massalongo C. B. — Galle nella fi. Hai. p. 215, n. 155, tav. XXXII, %. 2. André Ed. — Species cles Hyménoptères d' Europ. et d'Algerie, tom. VII, 1897-98, p. 71, pi. V. %. 5. Questa galla aderisce alle foglie per tutta la sua larghezza, di maniera che sporge sopra ambedue le pagiue. Essa offre molte forme; la più frequente è quella che descrivo, di cui do pure la figura. La sua grandezza e la sua forma sono molto variabili. Le pili piccole hanno, al più, la grossezza di un pisello, e stanno ordinariamente sul fusto; le più grandi, sulle foglie, e la loro su- perfìcie è più 0 meno coperta di piccole spine, come il fusto me- desimo. Sulle foglie e sui frutti sono quasi lisce e, allo stato fresco, di color verde, roseo, o rosso: qualche volta raggiungono le dimensioni di un' oliva , o poco più Ve ne sono di sferiche, di ovali, di reniformi e spesso con appendici aculeate. Si for- mano sul picciuolo, sulla nervatura principale, o sopra un punto qualunque della foglia, producendo, il più spesso, delle sporgenze sulle due pagine. Sono di consistenza spugnosa e cedono facil- mente alla lama del coltello, anche secche. Nell'interno vi è un numero variabile di camere larvali, separate da tramezzi in- spessiti. È da notarsi che le galle più precoci seccano in luglio e provocano la caduta prematura delle foglie che le portano, men- tre quelle del fusto non si distaccano mai. Se ne trovano alcune, che risultano da un rigonfiamento fusiforme del picciuolo. Altre infine, le più frequenti, consistono in un rigonfiamento del lembo di una fogliolina, lungo la nervatura mediana, il quale ne occupa quasi tutta la superfìcie. Questo rigonfiamento è molto appiat- — 73 — tito, appena sporgente sopra l'una o V altra pagina della foglia. Sono generalmente pluriloculari. Loc. Lungo la via che mena a Benevento. ROSA CANINA L. 34 — Rhodites Eglanteriae Hart. Lacaze-Duthiers — Recherches pour servir à Vhist. cles galles, tav. 18 f. 10-13. KiEFFER. — Hyménoptérocécid. Lorraine, p. 9, n. 60. Massalongo C. B. — Galle nella fi. ital , n. 158. tav. XXXI, fig. Qa. André Ed. — Species cles Hyménoptères d'Europe et d'Alg., tom. VII, 1897-08, p. 72, pi. V, fig. 3. La galla di questo insetto si trova sulla pagina inferiore, e, più di rado, superiore, delle foglie della Rosa canina L. ed anche sui picciuoli , fissata per un punto ad una nervatura , talvolta anche su di una spina , sulla corteccia di un ramo , sopra un sepalo, ed infine pure sopra i filamenti della galla del Rodites Ro- sae. Essa è di forma sferica, della grossezza di un pisello, ossia del diametro da 3 a 5 mm. di color verde o rosso ; è uniloculare , a superficie liscia e glabra, raramente un po' granulosa, con pa- rete sottilissima, avente appena un mezzo mm. di spessore. Cade neir autunno. Quando è abitata dall' inquilino diventa molto più grossa, irregolare, multiloculare ed a parete inspessita. Osservando in sezione le pareti della camera larvale, si nota prima un parenchima a grandi cellule, di cui le più interne spe- cialmente sono riempite di protoplasma, indi la zona protettrice, costituita di elementi a membrane più o meno inspessite e pun- teggiate, che diminuiscono di grandezza verso la periferia; dopo viene lo strato corticale, risultante da due o più serie di cellule clorofillifere, ed in ultimo, l'epidermide a cellule poliedriche, inter- rotte raramente da qualche stoma. Loc. Presso Ospedaletto, in autunno. - 74 - ROSA CANINA A. 35. — Rhodites Rosae (L.) Kart. (Tav. Ili, fig. 7 r) Malpighi - Anat. PI. « de Gallis » tav. XVII-XVIII, fig. 62. Lacaze Dhutiérs — Recherches pour servir à Vhist. des galles, tav. 18 fig. 14-15. LicopoLr G. — Galle nella fi. prov. nap., tav. 2, fig. 5. KiEFFEK — Hijménoptérocéc. Lorraine, p. 8, fig. 57. ÌIassalongo C. B. — Galle nella fl. ital. n. 59, Tav. XXXI, fig. 06. Peglion V. — Loc. cit., pag. 34. André Ed. — Species des Hyménoptères d'Europ. et d'Alg., tom VII. 1897-98, pi 5, fig. 1. Trotter A. — Zoocecid. d. fl. moden. e regg. 1898, p. 134. n. 35. Trotter A. — Zoocecid. d. fl. mani. 1898, pag. 24, n. 32. Questa produzione, chiamata volgarmente bedeguar, è cono- sciuta da più secoli, ed è la più comune delle galle della rosa sel- vatica. Qualche volta è grossa quanto una capsula di castagno d'India e, a maturità, è carica di lunghissimi filamenti di color verde rossastro ed ha un aspetto quasi muschioso. Questi filamenti, arricciandosi , ricoprono la galla e ne formano la chioma , ed hanno origine dalla parte più esterna di essa, che è la più solida. La massa della galla non è che nn insieme di nocciuoli, posti gli uni contro gli altri ; è formata, cioè, da un gran numero di picole galle, di cui ciascuna ha nel suo interno una cavità presso che sferica, destinata a ricoverare una larva. Le pareti di questa cavità sono assai dure e con superficie interne liscie. Ciascuna galla parte ordinariamente da una gemma; se ne os- servano però anche sulle foglie, sebbene molto più piccole , ma per il resto in tutto somiglianti alle altre. Si può , quindi, concludere che queste galle si trovano co- munemente al posto di una gemma, più di rado all'estremità di un frutto , sopra una foglia o fogliolina. In quest' ultimo caso non si tratta' di una grande agglomerazione di logge, ma di una loggia unica della grossezza di un seme di canapa, che lascia la fogliolina inalterata. Spesse volte tali galle si trovano pure ag- glomerate all'estremità dei rami e altre volte sembrano attraver- sate dal ramo stesso. Sezionando una di esse, si trova l' interno diviso in varie camere larvali, fra loro separate da un parenchima di cellule pò- — (O liecU'iche, molto allungate e con membrane quasi lignificate, in- cludenti una sostanza di un colorito biancastro. Frequentemente queste cellule sono variabili per grandezza e per lunghezza La parete è spesso attraversata da un gran numero di poro- canali. Il parenchima è da tutti i lati percorso da grossi fasci fibro- vascolari , e da grosse zone di fibre assai allungate ed a pareti inspessite e lignificate. Le galle, che sviluppansi sulle foglie, cadono in autunno, invece le altre resistono anche nell' inverno. Generalmente sono invase da un gran numero di parassiti, a colori metallici, che si schiudono in settembre ed ottobre dello stesso anno in cui si formò la galla, a differenza dell'insetto costruttore, che vien fuori nel maggio o giugno dell'anno susseguente. Log. Comunissime in tutta la provincia, lungo le siepi. Io l'ho raccolte lungo la via che mena ad Ospedaletto, nel mese di set- tembre. ROSA CANINA L. 3G — Rhodites Rosarum Gir. (Tav. Ili, fig. le e 7/'). Malpighi — Anat. PI. « de Gallis » tav. Vili, fig 233 d. Mayr — Europ. Arten gallenbewohn. Cynipiden. p. 3 ; e Europ. Cyni- piden. Gallen mit Aussduss d. auf Eichen vorkomm. Arten, p. 18, Taf. Ili fig. 14. Massalongo C. B. — Galle nella fi] Hai. p. 214, n. 163. André Ed. — Species des Hijménopf. d' Europ. et d' Al' 6 — Parenchima corticale con fascio fibro-vascolare di Cynips Kollari. » 7 — Cellule del tessuto di sostegno della Hormomyia Fagi Hartig. » 8 — Tessuto di sostegno di Cynips Stefanii. » 9 — Parenchima corticale dell' Aphelonix cerricola (Gir.) » 10 — Cellule del tessuto di sostegno di Cynips sp. su Acer pseudoplata- nus (a maturità). » 11 — Taglio trasversale del Nematus gallarum su Salix Caprea L. a) — cellule dell'epidermide a cuticola fortemente sviluppata. h) — cellule del parenchima corticale, e) — cellule con pliche ti-asversali. » 12 — Cellule del parenchima protettore dell'Andricus lucidus (Hart.). 13 — Cellule del parenchima corticale. 14 — Sclerenchima protettore di Cynips Mayri Kieff. 15 — Cellule del parenchima corticale del Rhodites Rosae (L.) Il clima di Napoli nell'anno meteorologico 1900-901 — Nota del socio E. Annibale. (Tornata del G aprile 1902) COORDINATE GEOGUAPICHE DHLL' OSSERVATORIO DELLA R. UNIVERSITÀ Latitudine N = 40°50' Longitudine E da Roma = 1°47' ■» da Green vich = 14° 10' Altitudine = metri 57 Nell'Osservatorio dell'Università si eseguono quotidianamente quattro osservazioni, alle ore 9 (tempo medio Europa centrale) 12, lo e 21, succedentisi nell'intervallo di 3 ore, tranne 1' ultima, il cui intervallo dalla precedente è di 6. Ciascuna osservazione consiste principalmente nella determi- nazione della pressione atmosferica , temperatura , tensione del vapore, umidità relativa dell'aria, direzione del vento e idrome- teore, le quali, quando ne è il caso, si notano anche fuori le ore di osservazione. La pressione dell'aria si determina a mezzo di un barometro Fortin avuto dal E. Ufficio Centrale di Meteorologia; essa viene espressa in mm., corretta della costante di capillarità (mm. 0,74) e ridotta a 0° per mezzo delle tavole di Haeghens. La temperatura dell'aria viene letta nel termometro asciutto del psicrometro d'August, dal quale, mediante le tavole psicrome- triche dell'Haeghens ampliate dal Morosini, si ricava la tensione del vapore e l'umidità relativa dell'aria. Le temperature estreme si hanno da due termografi, l'uno a massima e l'altro a minima, perfettamente d'accordo fra loro e col termometro asciutto del psicrometro. Tutti gli apparecchi termometrici, insieme col ter- mometro grafico a registrazione continua Richard, si trovano dentro una balconata meteorologica.' in questo anno migliorata, posta a N dell'edificio universitario. Essa, fornita nei tre lati più esposti di una doppia serie di gelosie e coperta da una doppia tettoia in cui circola liberamente l'aria, protegge gli apparecchi dai colpi — 84 — I di vento, dalle precipitazioni atmosferiche, dalle radiazioni e ri flessioni solari, ecc , mentre li tiene esposti liberamente all'aria. La temperatura media diurna si ebbe dalla nota formola del Cantoni : mass. + min. + 9^^ + 2P Tempei'atura media diurna = t = » Per evitare ogni possibile errore di calcolo, le temperature medie decadiche, come per le altre meteore, le ricavai, ottenendo sempre uguali risultati, seguendo due diverse vie, chiaramente indicate dalle seguenti formolo: Temperatura media decadica = „,,,^ dei giorni delhTd^^^ ~ 1 S mas. , S min. , 29'' 221" numero dei giorni della decade Le temperature medie mensili ed annuali le calcolai con le altre : 2D Temperatura media mensile = — =:ilf 21f , Temperatura media annuale = — = A Con formole simili alle precedenti, sostituendo, cioè, alla mas- sima e alla minima le rimanenti due osservazioni giornaliere, ot- tenni le rispettive medie della pressione atmosferica, tensione del vapore, umidità relativa e nebulosità. La direzione del vento viene determinata da un anemoscopio semplice e la sua forza relativa a stima dell'osservatore. Per ciò che riguarda la misura dell'altezza della pioggia o neve e grandine liquefatta, si fece uso di un pluviometro semplice fatto costruire in quest'anno. Consiste in un collettore circolare di 314 mm. di diametro a labbro tagliente e a fondo imbutiforme, al quale fa seguito un tubo verticale che si immette nel misura- tore corrispondente posto nella stanza meteorica. Il collettore è piazzato sul terrazzo della detta stanza in un'area completamente libera da ostacoli e all'altezza di m. 1,25 dal terrazzo stesso e di m. 34,0 dal suolo dell'edifìcio universitario. L'anno meteorologico 1900-901 è specialmente caratterizzato dai Hmiti estremi raggiunti dalla temperatura. Nel periodo di 32 anni di osservazioni sulle temperature estreme, solo in un anno — 85 — (1874-75) il massimo raggiunse e superò di appena 1 decimo 3G°,9 e solo in 7 (1868-69, 1875-76, 1876-77, 1885-86, 1888 89, 1892-93 e 1894-95) il minimo scese al disotto di — 2*3,2. A questo massimo tanto elevato ed a questo minimo corri- sponde nell'anno considerato una media estiva relativamente alta ed una media invernale relativamente bassa. Fatta notare la caratteristica dell' anno, verrò esponendo i varii elementi che costituiscono il clima di Napoli, in questo anno meteorologico, nell'ordine seguente : Pressione atmosferica , tem- peratura, tensione del vapore, umidità relativa dell'aria, direzione del vento, nebulosità, precipitazione acquea, temporali e fenomeni straordinarii. Pressione atmosferica La media annua della pressione atmosferica, calcolata sui va- lori osservati alle ore 9, 12, 15 e 21, risultò di mm. 756,58, su- periore a quella del 1899-900 di mm. 1,13. Le medie pressioni invernale, primaverile, estiva e autunnale furono rispettivamente: 757,72 : 755,84 : 756.29 : 750,47. Solo la prima risultò superiore alla media annua, le rimanenti tre, mantenendosi inferiori, vi si avvicinarono con l' inoltrarsi dell'anno sempre più, talché quella dell'autunno non ne differì che per 1 1 centesimi di millimetro. Inoltre, come si vede dal seguente specchietto, le prime tre risultarono superiori alle corrispondenti dell'anno precedente, solo l'ultima ne fu inferiore per mm. 1,06. STAGIONI MEDIE 1899-900 1900-901 DIFFERENZE Inverno. Primavera Estate . . • Autunno Anno 753,58 754,45 756,24 757,53 755,45 757,72 755,84 756,29 756,47 756,58 + 4,11 + 1,39 + 0,05 -- 1,06 + 1,13 — 86 — Il mese che ebbe la media pressione atmosferica massima, come si osserva nel quadro I , fu dicembre (mm. 759,06) , quello che l'ebbe minima fu marzo (mm. 753,56). A questi due mesi corrispose altresì rispettivamente la media decadica massima (1.» mm. 765,49) e la media decadica minima (3.^ mm. 752,67). La pressione barometrica media diurna del 24 gennaio su- però tutte le altre dell'anno, nel 20 marzo rimase a tutte inferiore; la prima risultò di mm. 768,92, la seconda di mm. 738,88. Alle ore 9 (ora di osservazione) dello stesso giorno di gennaio si os- servò la massima pressione assoluta in mm. 769,82 e alle ore 9 (ora di osservazione) dello stesso giorno di marzo la minima as- soluta in mm. 736,48. L'escursione maggiore , quindi, fatta dal barometro durante l'anno fu di mm. 32,34. Come dai diagrammi ottenuti dal barometro a registrazione continua Richard ho po- tuto riscontrare, la massima e la minima pressione barometrica si verificarono presso a poco nelle dette ore di osservazione, quindi si può ritenere che durante l'anno l'oscillazione massima assoluta fatta dal barometro sia di mm. 32,50. Il mese in cui la pressione atmosferica oscillò fra limiti più estesi fu marzo e quindi gennaio, nei mesi di luglio, agosto e anche giugno la pressione si mantenne quasi sempre vicina alla media annuale senza grandi oscillazioni. Solo 4 su 12 medie mensili e solo 12 su 36 medie decadiche risultarono superiori alla media annuale, i ^3 ^^i mesi e delle decadi si mantennero inferiori. I mesi, le cui medie decadiche maggiormente diiferiscono fra loro, sono dicembre e gennaio: marzo, pur avendo la massima oscil- lazione mensile, ha le sue medie decadiche quasi uguali. Ciò dice che in marzo si ebbero dei forti dislivelli nella pressione. Contrariamente all'anno 1899-900, in questo si ebbero poche depressioni, anzi, di notevole e forte non ve ne fu che una, la quale avvenne nel marzo corrispondentemente al minimo assoluto già ricordato con mm. 20,10 al disotto della media annuale. Essa fu accompagnata da impetuoso vento di SAV, pioggia e mare tempe- stoso. La depressione barometrica che nel quadro I comparisce nel dicembre si notò nel 1.° di detto mese, dopo aver toccato il culmine alle ore 12 del 30 Novembre dell'anno precedente, essa fu accom- pagnata da temporale con pioggia e grandine, vento fortissimo di SW e mare tempestoso. — 87 OS «=1 co - i ^ « O» co co t- OO f^ co ^^ t- 1-1 co OS o S iS S •>J< -j< t- N iZ> OS co co J^ tH s-f ^-< tH lH ed s s IO a> 1 T-l ed \ •B^npssB 3 o oo •* 00 OO OS OS co 5 co XO co co OS xO XO ^ ì^ •Bniiuij\[ U5 t- co 00 00 o o •<»< co ■* ■>!< xO "1< 'l' XO t- T ■rH oa M ^ 03 C>J CM (N .t ajQ '\ o "^ ^ ■* 03 C5 -^ OS xO 00 o TU.IOI£) Tjl eo c s: oo "*< « o ctì ««; e t- d •r-l 1H co OS oo ed OS ^_l 1-1 co c o OO T-l 00 XO 00 oo oo oo •* o Ci3 co oo oo xO o OS o ed XO co co CO co co co co xO co co co co s t- spsuani •^ co co (M co ^ " o C5 IO OS o iO xO xO xO XO xO ' n3 o •>!< 'f •* co t- xO (B rt -s< 'J» oo OS ^ xO t- , _ 'Ti ^ IO ea ■*! ■* XO co •* c^ XO •>a< XO t- 1 co co IO XO XO XO xO XO XO xO XO xO a t3 e ai te <=> co XO co k— 1 ■^ Ci o 05 o o e<> 1 (^ lO la Ui XO co XO IO xO xO XO T . .a C5 . e: H C W • • • «E w '3 ^ o 'S o s 'O te 0 s fi rO O o '3: rj _o -XJ a o ^ ? fi ,o S- ^ iC > ^ o e< fi Ò tH 3 co tH Mi o co •ssu "- U5 IO 00 o^ o co «» 00 co ". C3^ a> euiissejv; co T-1 Ti N -1< oo C4 Ci CO co co co Ci CJ co co ^ o U5 >o io ,3 ■* oo I- t- t- 03 luaoiQ 0; CO CM tH o 05 cb >o <=> «H o io tH 00 th IO òo e» tH o tH 1 00 t- o ■* ^ UO o I- IO ^ o 05 00 CO t- c^ 05 •>!< 00 CO ■Btpoj^ ^ t- co M ■^ éa =, ■Ti» ^ 00 ■^ TH tH tH N ea evi -^ co t- ve O» a» co ea co A 00 t- 00 t- N co o >o 1—1 ò f- èb tH Tl< co ^ èa ^ co eJ e co 00 00 t- C^ o -'■ z - "^ -' -' .'^ o ' ^' 1—1 o a> o Tfl } t- rll U3 tH •^ CO CO co co co TS M o •^ co ;^ ■* •^ ^ ^ IH tH s "3 1 S "ili 'è 3 QJ a o 5 a 'a OS _a f/j ce a S s 1 22,57 18,0 28,8 10,8 25,35 21,5 29,1 7,6 28,50 24,4 33,8 9,4 2 22,73 17,7 28,2 10,5 24,20 21,8 27,4 7,6 25,20 23,2 28,4 5,2 3 22,02 18,5 25,7 7,2 25,12 18,3 31,0 12,7 25,42 21,5 29,2 7,7 4 22,35 18,8 27,0 8,2 23,50 21,8 26,6 4,8 26,90 22,5 32,0 9,5 5 22,02 20,0 25,0 5,0 22,02 19,5 25,9 6,4 25,13 22,8 29,5 6,7 6 23,05 18,4 27,8 9,4 22,73 18,8 27,8 9,0 25,00 20,0 29,4 9,4 7 23,87 20,0 28,8 8,8 22,32 18,0' 27,5 9,5 24,75 21,5 28,0 6,5 8 24,15 19,6 29,0 9,4 23,75 20,0 27,6 7,6 24,82 20,8 29,0 8,2 9 24,18 20,0 28,5 8,5 25,20 20,0 30,3 10,3 24,48 20,5 29,1 8,6 10 24,07 20,5 28,0 7,5 24,35 20,0 29,3 9,3 25,28 20,4 30,5 10,1 11 23,55 19,8 27,2 7,4 23,62 20,0 27,9 7,9 25,65 21,0 30,2 9,2 12 23,37 19,0 29,1 10,1 22,60 18,7 27,7 9,0 25,02 21,5 29,5 8,0 13 23,25 19,0 27,0 8,0 22,42 18,5 27,4 ' 8,9 24,65 20,5 29,2 8,7 14 23,80 19,9 27,0 7,1 24,45 20,2 28,8 8,6 24,33 20,6 28,2 7,6 15 25,80 20,3 31,0 10,7 24,62 21,3 28,2 6,9 25,05 20,5 29,0 8 5 10 22,72 22,0 24,5 2,5 24,35 20,9 28,3 7,4 23,40 22,3 26,6 4,3 17 20,30 17,5 23,5 6,0 24,38 19,6 30,4 10,8 22,85 18,5 27,7 9,2 18 19,35 15,0 23,0 8,0 25,55 21,2 30,6 9,4 24,90 20,5 29,6 9,1 19 17,98 17,0 21,9 4,9 25,47 21,5 30,4 8,9 24,87 20,4 30,8 10,4 20 16,55 11,5 20,9 9,4 24,90 20,8 29,6 8,8 25,80 21,0 30,6 9,6 21 19,32 15,5 22 2 6,7 25,65 21,6 30,0 8,4 25,42 21,5 29,6 8,1 22 20,55 15,4 25,4 10,0 25,55 22,0 29,2 7,2 24,60 22,0 29,5 7,5 23 22,27 17,5 26,8 9,3 25,47 21,5 29,0 7,5 24,25 20,5 29,0 8,5 24 22,48 18,4 26,1 7,7 25,65 22,0 29,4 ■ 7,4 24,20 19,8 28,2 8,4 25 23,12 19,8 26,7 6,9 26,07 21,2 31,5 10,3 24,98 21,4 29,0 7,6 26 24,75 18,8 30,0 11,2 25,75 21,0 30,5 9,5 24,45 21,2 27,6 6,4 27 24,90 19,5 30,9 11,4 26,22 22,4 30,6 8,2 24,92 23,3 27,0 3,7 28 25,80 21,2 31,2 10,0 27,25 20,8 33,8 13,0 22,47 19,6 25,9 6,4 29 25,60 21,2 30,2 9,0 28,58 23,8 34,0 10,2 23,00 20,0 26,5 6,5 30 25,90 20,8 31,3 10,5 29,90 23,4 36,9 13,5 23,03 19,0 27,8 8,8 31 — — — — 30,02 25,0 36,2 11,2 23,80 19,4 29,0 9,6 Mese 22,75 18,69 27,12 8,43 25,00 20,83 29,70 8,87 24,77 21,04 29,04 8,00 ed estreme diurne SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE media e 3 a a 0 S .5 ci •a i 2 8 'è 0 V. S 2 g "a a Vi a sa 0 s 2;), 15 19,2 27,7 8,5 21,07 17,8 25,3 7,5 14,57 11,9 18,7 6,8 24,00 20,7 27,5 6,8 20,83 .17,4 24,7 7,3 12,25 10,8 14,4 3,6 24,15 20,3 28,7 8,4 21,00 17,0 25,2 8,2 10,73 9,5 13,2 3,7 24,45 20,4 27,3 6,9 21,30 17,7 24,7 7,0 10,28 7.5 14.1 6,6 22,20 17,8 26,4 8,6 21,47 18,5 24,6 6,1 10,45 8,0 14,2 6,2 23,28 19,6 26,6 7,0 21,58 18,5 24,7 6,2 10,75 7,0 15,0 8,0 23.50 20,0 27,0 7,0 22,10 20,7' 24,0 3,3 11,12 8,8 13,7 4,9 24,27 20,0 29,0 9.0 19,35 17,8 22.0 4,2 13,55 10,4 16,8 6,4 24,18 20,8 28,1 7,3 17,75 14,0 21,0 7,0 14,05 12,6 16,0 3,4 23,67 19,6 27,5 7,9 18,75 165 22,7 6,2 14,52 13,0 17,5 4.5 24,32 20,4 28,2 7,8 16,15 13,0 19,8 6,8 13,07 10,0 16,8 6.8 24,98 21,4 28,1 6,7 16,20 12,6 21,3 8,7 15,03 11,8 18,1 6,3 20,20 18,0 23,0 5,0 17,40 13,6 22,0 8,4 14,92 12,9 18,5 5,6 20,65 17,5 24,0 6,5 15,90 15,2 16,7 1,5 16,53 13,0 18,9 5,9 21,55 17,8 24,8 7,0 18,02 15,0 22,1 7,1 18,50 17,0 20,6 3,6 20,42 17,0 23,8 6,8 18,10 15,4 22,2 6,8 19,00 17,5 21,0 3,5 20,55 1G,8 24,4 7,6 18,67 16,0 22,0 6,0 18,35 16,5 21,2 4,7 20,50 16,6 24,8 8,2 18.93 18,3 21,5 3,2 16,97 14,4 19,6 5,2 21,00 18,5 25,8 7,3 18,37 16,5 21,6 5,1 12,95 11,4 17,4 6,0 20,50 15,4 26,0 10,6 18.33 15,5 22,0 6,5 12,05 9,0 16.2 7,2 21,57 17,5 25,6 8,1 18,17 15,0 21,2 6 2 13,02 10,0 17,1 7,1 20,42 18,0 24,5 6.5 17,78 15,3 20,3 5,0 13,78 11,5 16,4 4,9 21,68 18,0 26,3 8,3 17,83 14,5 21,9 7,4 12,82 10,6 16,3 5,7 22,50 18,8 26,7 ^,9 16,95 13,0 21,5 8,5 12,15 10,8 15,6 4,8 20,12 16,6 24,0 7,9 15,82 14,6 17,1 2,5 10,82 85 14,2 5,7 18.50 15,5 23,0 7,5 15,28 13,5 18,8 5,3 9,03 8,7 10,0 1,3 19,08 15,0 23.5 8,5 17,37 14,5 20,6 6,1 9,90 7,0 13,7 6,7 20,30 16,5 25,7 9,2 16,62 13,8 19,9 G.l 8,88 5,8 12,3 5,5 21.00 18,5 25.6 7.1 17,65 13,8 22,1 8,3 8,02 5,0 11,6 6,6 21,95 18,6 26,4 7,8 17,68 15,2 21,1 5,9 7,38 4,4 11,7 7,3 - — — — — 16,75 13^7 20,3 6,6 — — — 21,95 18,34 20,02 7,68 18,40 15,65 21,82 6,17 12,85 10,54 16,03 5,49 — ge- li termometro oscillò fra limiti più estesi in giugno (min: ll,"5-mass: 31,° 3) con nna escursione mensile massima di 19,° 8, e fra limiti più ristretti in dicembre (min: G," 0,-mass: 16,^ 3) con una escursione mensile minima di 10," 3. La maggiore escur- sione termometrica diurna fa di 13,° 5 e si verificò il 30 luglio, giorno in cui avvenne la massima assoluta dell'anno; la minima escursione fu di 1,° 3 e si registrò il 26 novembre. Le escursioni medie mensili fra le estreme temperature, in generale, seguono 1' andamento delle medie mensili ordinarie, esse cioè, aumentano e diminuiscono con l'aumentare e diminuire del caldo nell' anno. Queste escursioni si mantennero fra i 5o,68, che è la minima dovuta a gennaio, e gli 8°,87, che è la massima dovuta a luglio. I soli mesi invernali ebbero le escursioni inferiori a 6°,0, mentre nei mesi estivi e nel maggio superarono gli 8°,0. Per la stagione invernale la media delle escursioni fu di 50,79 , per la primavera di 7", 31, per 1' estate di 8°,43 e per l'autunno di 6°,45. L' escursione fra i due estremi assoluti dell'anno, che risultò di ben 39°, 1, in 32 anni di osservazioni non fu raggiunta e su- perata che nel 1869 (39°^4), primo anno in cui incominciaronsi ad eseguire le osservazioni di massima e di minima temperatura in questo Osservatorio. Le ore in cui si verificarono i minimi ed i massimi, come potei sempre rilevare dal termografo Richard, avvennero in ore diverse secondo i mesi dell' anno. Le temperature minime avvennero, in generale, nelle ore prossime al nascere del sole, le massime verso le 14'' nei mesi freddi e verso le 15'' nei caldi. Nel quadro seguente noto nella seconda e terza colonna le ore in cui più comunemente avvenne rispettivamente la massima e la minima dei giorni del mese e nella quarta colonna 1' ora del nascere apparente del sole del primo e dell' ultimo giorno di ciascun mese. 97 MESI Dicembro Gennaio . Febbraio. Marzo. Aprile. . Maggio Giugno . Luglio . Agosto . Settembre Ottobre . Novembre Ore tra cui | Ore tra cui avvenne i avvenne più I più di frequente ili frequente pnmo il massimo il minimo del mese NASCERE APPARENTE DEL SOLE 14ii.]5h 14h 13h.i4h 14h .1511 I411 -1511 1/0 14h.i6h 1411.1511 1411.1511 1311-14111/0 (]h .711 i|^ Oli -7'i 1/0 Gli .711 C'i -711 511-GI1 4'i -5 Vo 411 -511 4h.5k 411 V0-5I' 1/^ 5h-Gii 5I1 V0-711 6I1 -711 1/2 711 201" 7 li 40"' 711 25"! Gli 47,11 511 55"! 511 8'" 411 39m 4I1 39,11 511 4>" 511 36"! Gli 431U ultimo del mese 7I1 40ui 7I1 0(;m Gli 4S"i ò'i 50'" 511 10'" 411 391H 4I1 39'" .511 3'" 511 35'" Gli 7 IH Gli 49,11 7 li 19'" Tensione del vapore acqueo dell' aria La tensione media annuale del vapore acqueo, rappresentata da mm. 10,01 , fu per 0,89 inferiore a quella dell' anno pre- cedente. Nell'inverno la tensione del vapore fu minima (5,96), nella state massima (14,15), in primavera (8,74) minore che in autunno (11,18). Nel seguente specchietto sono riportatele medie delle sta- gioni meteoriche di questi due ultimi anni con le corrispondenti differenze. 98 STAGIONI 1899-900 1900-901 Differenze Inverno Primavera .... Estate Autunno 7,17 8,57 15,1G 12,09 5,96 8,74 14.15 11,18 - 1,21 + 0,17 - 1,01 - 1,51 Anno 10,90 10,01 — 0,89 La tensione del vapore acqueo di quest' anno fa quindi solo in primavera per appena 0,17 superiore a quella del passato anno. L'andamento della tensione del vapore , come dalle medie mensili del quadro IV si vede, fu regolare durante l'anno, seguendo perfettamente 1' andamento della temperatura. Così essa scende da dicembre a febbraio per raggiungere il minimo di 5,38, quindi sale fino a diventar massima a luglio con 14,78, in cui comincia di nuovo a scemare per raggiungere a novembre la media di 8,08. Le maggiori differenze tra le medie mensuali si riscontrano tra i mesi di maggio e giugno, e di ottobre e novembre; la prima con un aumento da un mese all' altro di 3,28, la seconda con una diminuzione di 3,48. Lievissime differenze si notarono trai mesi di gennaio e febbraio, luglio ed agosto, ed agosto e settembre cor- rispondentemente alle minime differenze tra le medie temparature mensuali. Li agosto la tensione oscillò tra più ampi limiti, in febbraio tra più ristretti. Da maggio ad ottobre inclusivi , perfettamente come nelle temperature, le medie mensuali superarono la media annuale. La tensione media giornaliera si estese da un minimo di 2.71 nel 14 febbraio, primo giorno del secondo periodo di freddo ec- cessivo, in cui fu anche registrata la minima assoluta di 2,39 alle ore 9, ad un massimo di 18,00 nel 12 settembre. La massima assoluta, invece, fu notata in luglio nel periodo più caldo della state e precisamente nel giorno 27 alle ore 15, benché non sia stato il giorno più caldo dell' anno. — 99 — lO lO '— 1 Ci »o lO 1—1 'Ci fN T— t Ci ^H (M Ci 6 T-l T— 1 1— ( Ol rH et Ol 1—1 o a o X -H lO Ci T— 1 o C^ 00 (>) o o o O co co T— 1 T-l :^< G^ Ci co ci ce Ci 00 c:ì (-> o oi -TfH Ci »o <>4 e »o Ci = s 00 Ci co co C") iO 'Ci co l^ -f o co e O co (M (M -^ '^ co CD o co L^ o -^ (M •^ w '^ a (D im ira IO (>> o Ol )0 IO IO CM IO lO • O •r— 1 r-i rH 1— ( 1—1 T-l 1—1 T— ( 1—1 (M tH T-l o G r— 1 u CO on IO co co o Gì l^ o ^ CO co r- bO o (M co <^J c^ C^J T-l (M 3 O H-] p -ti o r- Ol ^ o co i— o CO o co t- 03 t^ (T) o ^ co c^y Tt^ co '^ o L^ Tr< l/J - o ■Ci 00 1—1 (M IO 00 co 05 o co co co ts ^ T-l T— 1 T-l 1—1 tH Oi T-l Oi tH 1—1 ^ CS cS co co 1—1 -. CO o 1— ( Ci .o ^ o L^ 1 — r l^ a ^ CO Oì '^ '^ c- «) o t^ 1—1 lO -* '-.1 =3 g tH tH ^ Ci ZD fM IO co 00 Ci I>- o 00 Oì o 03 co T— 1 t- l>- co > o 1— ( '^ CD t^ t^ 00 IO co X ca T-l 1— 1 ■I— 1 tH 1-1 1—1 T-i 1—1 rH a cS c^ t^ no co no o 00 00 (Ti tH co oo 1—1 TS <^ ^ co -* -ti co lO c^ o O'i IO CD o_ 0) t>- ■o IO l^ on o co ■^ •^ co T— ( 00 o ^ tH 1— 1 tH T— 1 tH 1—1 hH ce H ." l— 1 f=i a O P 'ce a a "a n o 'u a, < o o Sb 3 .2 Te o rn o bD < a C/2 cu "o o a o e < — 100 — Qui è bene ricordare che i veri esfremi assoluti della tensione del vapore e, come vedremo, dell' umidità relativa dell'aria, quasi certamente non furono quelli osservati e qui riportati , essendo molto probabile che essi si siano verificati in ore diverse da quelle delle osservazioni. Umidità relativa dell' aria Nell'anno meteorico 1900-901 l'umidità relativa media si calcolò di G3,60 in centesimi di saturazione, essa rimase inferiore di 2,54 a quella dell'anno precedente, superando invece quella del 1893-99 per 2,56 , cosi che 1' umidità media relativa di questo anno risultò la media esatta dell' ultimo triennio, L' umidità diminuì dall' inverno alla state , crebbe poi rapi- damente per essere massima in autunno con 67,04; la primaverile fu inferiore all' invernale per meno di 1 centesimo di saturazione e all'autunnale per circa 3 centesimi. Nello specchietto seguente noto, come ho fatto per le altre meteore, i valori medii delle singole stagioni dell'ultimo biennio con le relative differenze. STAGIONI 1899-900 1900-901 Differenze Inverno Primavera .... Estate Autunno 68,4J 64,54 64,09 67,53 64,95 64,11 58,29 67,04 — 3,46 — 0,43 — 5,80 — 0,49 Anno 66,14 63,60 -2,54 Tutte le stagioni di questo anno furono meno umide di quelle dell' anno precedente, la state fu molto più asciutta, come pure l' inverno. Ciò è in relazione con la maggiore ed eccezionale precipitazioae acquea avvenuta nell' anno passato. Secondo i varii mesi l' andamento dell' umidità non riusci del tutto regolare: in agosto si ebbe la minima , in ottobre la massima — 101 - (V ^ o lO Ol '^-' lO (M lO CM àO iO lO 1 0 Ol 6 1—1 T-H T— ( tH T-H T— 1 T— ( 1—1 1—1 1—1 1 -r-t 1—1 0 'S C3 00 u o ai 0 0 C^l 0 t^ 00 CI or) 0 Oi 0 co p bD bc ce co T-l CN »-l tH 1—1 S co 00 00 00 1—1 ce ctì .3 ^ >o t^ 0 10 <-) iO l^ HH t^ CD 0 OS l^ a o • -1 rjì co CN CO CO co co CO CO Ol ^ (M co (M S^ (D OJ Tò ^ o Gì C7^ Oì ^ Gti c^y 1— 1 — 1 ■t— 1 Gì r-H 1—1 1—1 1—1 (M iH (TJ Ci CN c-i Oì tH Oi .^ T— 1 (X) t- JO 0 C3 Ci c:> o3 a --5 »o )0 0 IO 0 ^ lO 10 0 0 0 lO a o (M C^i LO (M c:> c3 04 CM 0 IO 0 o> e a 00 0 10 CO CO t- •-t^ 01 C-) 10 (t) t^ 0 'S -rfl CO -ti '^ d -^ 'ti ■^ co 0 co ^ co ■13 c« ^ ce 0) p: o >a -:> lO 0 0 >o 0 0 r5 0 lO lO ._ O) t^ 0 t^ f^ 0 c» 0 0 0 0 t~ L^ ^ i/; fN co 10 (M 0 co >o CO (~) 0 co 00 (M ce 00 co 00 0 Cj 00 L^ t^ i^ 00 CJO 00 Gì ce -+ fM 00 CI 1—1 ■^ ■^H t^ 00 1-1 C7ì (M 0 TJ 1:0 0 co co lO 03 CO 0 1—1 t^ -^ 0 CO 0) 10 CI CD '^ CM •ri" c-t) 00 co 10 cn CO co S ■::d 0 CO co CD CO co 0 lO co co CD co yj H k^ . (==5 d • cu (V 53 ce 3 0 "àO bJO 0 So 0 0 a (D 0 > 0 a (p "^ — a» "^ N NE N SW SW SW SW SW SW SW SW NE N SW SW SW 57 SW — 104 — si vedrà che esso è in perfetto accordo con quello dell' anno considerato. Il vento spirò forte per solo 13 giorni dell' anno, cosi distri- buiti rispetto alle stagioni: 8 in inverno , 3 in primavera , 0 in estate e 3 in autunno. Come dallo specchietto che qui riporto si vede, dicembre e gennaio furono i mesi che ebbero maggior numero di giorni con vento forte, il primo 3, il secondo 4^ marzo e novembre 2, febbraio e ottobre 1. Di questi venti 2 furono di N, 2 di NE, 1 di S, 7 di SW ed 1 di W. Impetuosissimo fu nel primo dicembre quello di SW. Il mare in questi giorni di forte vento, eccettuati quelli in cui spirò il N ed il NE, fu sempre o agitato, o grosso o tempe- stoso Esso fu anche agitato nei giorni 2, 9 e 20 marzo. Mese e giorno Vento Ore in cui fu osservato il vento Stato del mare nei giorni corrispondenti Dicembre 1 SW 9, 12, 15 Tempestoso » 7 W 15 Agitato » 31 s 15 Molto agitato Gennaio 13 NE 21 Calmo - U N 12, 15 » » 22 N 9, 12, 15, 21 » » 29 SW 15 Agitato Febbraio 2 SW 12, 15 » Marzo VJ SW 15 Tempestoso » 20 SW 9 Grosso Ottobre 22 SW 9 Molto agitato - Novembre NE 9, 12, 15 Mosso » 14 SW 15 Agitato — 105 — Stato del cielo La nebulosità dell'atmosfera si calcolò a stima dell'osserva- tore in decimi di cielo visibile. Per tutto 1' anno 1900-901 tale rapporto risultò di 4,24, inferiore a quello del 1899-900 per 0.66 e superiore a quello del 1898-99 per 0,08. Ciò è in relazione con la quantità di pioggia caduta nei rispettivi anni. Le stagioni ebbero un cielo in media più prossimo al sereno, la primavera fu meno delle altre favorita dal bel tempo (Vedi Quadro VII). I mesi di maggiore nebulosità furono febbraio con 6,15 di cielo coperto e Marzo con 6.10, viene quindi ottobre con 5,71 e Maggio con 5,00. Luglio fu il mese più sereno con 1,81 , lo seguono gli altri due mesi della stagione estiva. Dei 12 mesi 6 superarono la media annuale , dei quali 3 spettano alla pri- mavera. I giorni sereni i) di tutto l'anno furono 82, il massimo nu- mero (17) si notò in luglio corrispondentemente alla minima nebulosità relativa e in dicembre. Maggio non ebbe nessun giorno sereno , marzo ne ebbe 1. Si notarono luuglii periodi di giorni sereni o quasi sereni: in dicembre, dal 10 al 21 (inclusi), in gen- naio, dal 15 al 24, tra giugno e luglio, dal 23 del jDrimo al 3 del secondo, ancora in luglio ed il più lungo, che comprese quasi interamente la seconda e la terza decade , in agosto , dall' 8 al 15 ed in ultimo tra il 27 settembre e il 4 ottobre. I giorni coperti risultarono meno numerosi dei sereni e nel- l'anno se ne contarono 46; di essi il massimo numero spetta a febbraio e a maggio che ne ebbero 7 oguuno , nessun giorno coperto ebbero luglio ed agosto, uno solo giugno e settembre. I rimanenti giorni dell' anno si mantennero tra i limiti di 1 e 9 decimi (esclusi) di cielo coperto, essi, come .è chiaro, risul- tarono in numero molto superiore ai coperti ed ai sereni. Il mag- gior numero di giorni misti 1' ebbe aprile , a cui fanno seguito gli altri due mesi della primavera , il minor numero 1' ebbe di- 1) A fine di rendere paragonabili le osservazioni e quindi studiarne i dati che esse somministrano, mi attenni sempre alle norme stabilite dal R. Ufficio Centrale di Meteorologia : cosi, nel caso speciale di questa Specola, in cui le osservazioni giornaliere sono 4, ritenni sereni quei giorni pei quali la somma dei decimi della nebulosità osservata in tutte e quattro le osservazioni fu compresa fra 0 e 4, misti quelli in cui la detta somma variò fra 5 e 35, coperti quelli in cui variò fra oG e 40. — 106 — cembre. In tutti i mesi deiranno, tranne in dicembre e in luglio, i giorni misti superarono i sereni. Tra le stagioni , I' estate ebbe la prevalenza sulle altre pei giorni sereni, in essa se ne contarono 37, la segue l'inverno con 24; in primavera se ne notarono solo 4, in ragione della nebu- losità, essa ebbe anche la prevalenza nel numero dei giorni misti e, se si toglie l'inverno, anche nei coperti. Giorni piovosi si ebbero in tutti i mesi, e nell' anno se ne contano 144. Il numero maggiore si riscontra nell' ottobre (21), il minore nel luglio (4), nell'agosto (7) e nell'aprile (7). Febbraio Quadro VII. Mesi, Stagioni ed Anno Nebulosità relativa NUMEE sereni 0 DEI misti aiORNI coperti NUMERO DEI GIORNI CON Pioggia Pioggia e neve Neve Gran- dine Dicembre. . . 4,15 13 12 6 1-2 » » » Gennaio . . . .4,01 9 18 4 9 » 1 » Febbraio . . . 6,15 2 19 7 14 1 » 3 Marzo .... 6,10 1 24 G 16 » » 3 Aprile .... 4,39 3 25 2 7 » » 1 Maggio . . . 5,00 0 24 7 15 » » 1 Giugno . . . 2,98 10 19 1 12 >' » » Luglio .... 1,81 17 14 0 4 » » » ■ Agosto . . . 2,58 10 21 0 7 » » 1 Settembre . . 3,26 7 22 1 13 » » » Ottobre . . . 5,71 3 22 6 21 >' >> » Novembre . 4,77 7 24 17 49 6 17 14 35 1 1 1 3 Inverno . . . 4,77 Primavera . . 5,16 4 73 15 38 « » 5 Estate .... , 2,46 37 54 1 23 » » 1 Autunno . . . 4,58 17 61 13 48 >> » 1 Anno .... 4,24 82 237 46 144 1 1 10 — 107 — e marzo, che superarono gli altri mesi per nebulosità, ebbero ri- spettivamente 14 e 16 giorni con pioggia. La stagione più piovosa fu l'autunno in cui si notarono 48 giorni con pioggia, numero superiore di molto a quello delle altre stagioni , benché si sia riscontrata rispetto ad esse (togliendo la state) una minore nebulosità. L'inverno fu meno ricco di giorni con pioggia della primavera, in esso, nei due periodi più freddi di gennaio (giorno 5) e febbraio (giorno 16), comparve la neve, precipitazione questa non frequente nella stazione meteorica di Napoli. In tutto l'anno vi furono 10 giorni con grandine, dei quali la metà spetta alla primavera. Precipitazione acquea. L'acqua caduta in quest'anno meteorico raggiunse 877.0 mm. di altezza, essa fu inferiore di 22,0 mm. alla media normale (mm. 899_,0) che calcolai su 37 anni di osservazioni udometriche, e di ben 454,0 all'altezza eccezionale raggiunta nell'anno passato. Si possono noverare nell'anno tre periodi di pioggia, il primo di 9 giorni, dal 2 al 10 febbraio , in cui caddero 66,4 mm. di acqua, il secondo, dal 1° al 10 marzo con 44,3 mm. ed il terzo di ben 20 giorni, solo interrotto da un giorno sereno, dal 14 Ot- tobre al 2 novembre, in cui ne caddero 166,0 mm. Ottobre quindi, che ebbe la maggior parte di giorni piovosi e il più lungo pe- riodo di precipitazione , fu il mese in cui si raccolse maggiore quantità di pioggia (mm. 182,5): la 3.^ decade di esso con mm. 92,1 superò tutte le altre (Vedi Quadro Vili). Gli altri due mesi dell' inverno superano anch' essi i rima- nenti per la quantità di precipitazione acquea. Per lo contrario lugUo fu il mese più povero di pioggia (mm. 1,5), esso fu com- preso in un lungo periodo di siccità della durata di 55 giorni, tra il 22 giugno e il 15 agosto , interrotto solo da qualche giorno con poche stille o piccola quantità di pioggia. Scarsi ancora fu- rono agosto (mm. 24,0), gennaio (mm. 28,3) e giugno (mm. 30,7). Tra le decadi, oltre la terza di ottobre, già ricordata, ebbero prevalenza sulle altre la seconda dello stesso mese, la prima di febbraio e la terza di settembre. In 2 decadi dell' anno , la se- conda di dicembre, e la terza di luglio, non cadde stilla alcuna d' acqua. La maggiore altezza raggiunta in un giorno fu di mm. 30,5 nel 24 dicembre. — 108 — Nelle stagioni la pioggia venne molto irregolarmente ripar- tita: la massima, di mm. 411,4, l'ebbe l'autunno, solo la metà di tale altezza fu raggiunta dall' inverno e dalla primavera , nella Quadro Vili. Dicembre Gennaio . Febbraio Marzo Aprile . Griugno . Luglio . Agosto . Settembre Ottobre . Novembre Anno ACQUA CADUTA IN MILLIMETRI l.^Dec. 38,6 12,6 66,4 41,3 4,1 20,8 3,8 stille 1,0 11,6 29,0 43,6 2.^ Dee 3/' Dee 6,5 23,0 19,0 17,3 37,1 26,5 1,5 8,8 53,6 61,4 19,2 47,1 9,2 2,6 16,7 14,1 30,0 0,4 » 14,2 61,2 92,1 39,7 Mese 85,7 28,3 92,0 80,0 35,5 87,9 30,7 1,5 24,0 126,4 182,5 102,5 877,0 B .2 co tì §1 .2 a 30,5 8,5 19,6 26,0 10,6 16,5 9,2 1,5 12,0 28,0 27,0 22,4 30,5 24 1 7 2 29 7 19 12 22 22 22 24 24 dio. state risultò di molto inferiore avendo toccato appena 56,2 mm. pari a circa la sedicesima parte dell'altezza totale annua. In confronto alle corrispondenti stagioni dell' anno meteoro- logico precedente, caratteristico per la grande precipitazione ac- quea, solo r autunno ebbe maggiore quantità di pioggia, le altre risultarono molto meno piovose. Neil' inverno, come dal riportato specchietto si può prender visione, la precipitazione fu meno della metà della corrispondente dell' anno precedente. In relazione a questa minore 0 maggiore quantità di pioggia caduta nelle corrispondenti stagioni dei due anni si riscontra, rispettivamente una media 'pressione atmosferica maggiore o minoro. — 109 — STAGIONI Acpa caduta in niilliinetri 1899-900 1900-901 Differenze min. Inverno Primavera .... Estate Autunno 480,5 359,5 115.1 375,8 20G,0 203,4 50,2 411,4 — 274,5 — 156,1 — 58,9 + 35,0 Anno 133.J,9 877,0 — 453,9 Temporali Durante 1' anno meteorico 1900-901 si segnalarono 42 tem- porali, dei quali 2 in lontananza senza pioggia in città. Nessun mese ne fu esente: solo uno ne ebbero gennaio, aprile e novembre, 2 luglio e ottobre , 3 dicembre , marzo e agosto , 4 febbraio . 6 maggio e giuguo e LO, il massimo, settembre. Abbiamo quindi 8 temporali in inverno, 10 in primavera, 11 in estate e 13 in au- tunno. Di tutti i temporali registrati nell' anno, 30 avvennero durante il giorno (dalle 9'' alle 21'') e 12 durante la notte (dalle 21'' alle 9''), dei quali 9 appartengono a settembre. La provenienza fa varia, più frequentemente ebbero origine da NE e da N, meno frequentemente da S. Qui appresso riunisco in quadro tutti i temporali segnalati durante l'anno meteorologico, dandone di ciascuno qualche breve notizia. Temporali DATA ORA in cui tocca la città, PRO- VENIENZA OSSERVAZIONI Dicembre 1 7 29 Gennaio 26 Febbraio 7 9 20 7 Marzo » » Aprile Maggio 8 23 13 3 13 14 20 21 30 2 5 11 12 18 19 Luglio 11 Giugno 11'' 17'' 30 3'; 2P 20 11" 40 16' 15 23" 15 17" 30 18" 30 20" 0 18" 0 17" 30 18" 30 13" 30 16" 15 13" 30 14" 45 15" 00 15" 00 17" 45 l'i" 15 17" 00 notte 19" 30 11" 45 S NW inosservata wsw NW inosservata N SW w AV inosservata NW NE NE inosservata N SE > E NE i^ NE NE inosservata N SE Qualche tuono, acqua poco copiosa mi- sta a grandine e forte vento di SW. Lampi e tuoni con scarsa pioggia e vento forte di W. Toccò appena la città. Con forti scariche elettriche ed acqua copiosa. Con qualche tuono, poca pioggia e vento di SW. Fin dalle 10" 15 sì sente il fragore del tuono lontano, invade alle 11" 40 la città e alle 12" 20 passa verso NE. Pioggia non troppo copiosa e vento di SW. Con tuoni e poca pioggia. Con liimpi e tuoni e pioggia copiosa. Pochi lampi e qualche tuono. Acqua con grandine minuta. Lampi e tuoni e vento impetuoso di W. Pioggia poco abbondante. Qualche lampo e pochissima pioggia. Qualche lampo e tuono lontano senza pioggia. Pochi tuoni e lampi. Pioggia mista a molta grandine. Tuoni e grandine con acqua. Molti tuoni e lampi. Durò fino alle 15 con pioggia discreta. Tuoni lontani. In città cadde solo qual- che stilla. Pochi tuoni e lampi e scarsa pioggia. Fin dalle 14" 15 si odono frequenti tuo- ni. Acqua scarsissima. ] 1 lontananza qualche tuono. Sfiora la città senza pioggia. Qualche tuono e pioggia leggiera. _ Lampi e qualche tuono e leggiera piog- gia. Girò verso E senza toccare la città. Con tuoni e poche stille. Poco acqua a grosse gocce. Si riversò ad E. Con fortissime scariche elettriche e con acqua abbondante. Alle 8" un colpo forte di tuono. For- tissime scariche elettriche. Acqua abbondante prima, forte grandinata poi. I chicchi raggiunsero la dimen- sione di 1 cm. di diametro. Vento forte di W. Frequenti tuoni con poche stille. Vento forte di N. Ili — 1 ORA ^ i! t DATA in cui tocca la città, PRO- VENIENZA OSSERVAZIONI Luglio 12 13" 40 N Frequenti tuoni. Gira lentamente verso E lambendo la città. Pochissima pioggia e vento di NE. Agosto 5 16" 30 NE Con tuoni tocca la cittcà. Passa a SW girando per E. Pochissima acqua. » 19 17" 00 E Con lampi e forti- tuoni. Pioggia copio- sa (mm. 8,2). ^' 22 16" 10 NE Lampi vivi e tuoni fortissimi. Acqua a rovesci con grandine (mm. 12,0). Vento ordinario. Settembre 4 9" 12 W Gira verso N con scariche elettriche, una molto forte alle 9" 20. Poca acqua a grosse gocce. » 5 4" 30 inosservata Molti lampi e tuoni secchi. Pioggia a grosse gocce abbondante (mm. 8,6). » 12 22" 00 N Lampi frequentissimi con qualche tuo- no. Stille in città. » » notte inosservata Con lampi e tuoni e poca pioggia. » 16 4" 00 » Forti scariche elettriche. Pioggia co- piosissima (mm. 17.4). 22 8" 30 AV Fortissime scariche elettriche e pioggia dirotta e abbondantissima (mm. 18,8). Passa a SE. » 24 19" 25 W Fortissime e frequenti scariche elettri- che e pioggia a rovesci (mm. 19,8). Alle 20" 30 il temporale si riversò a NE. » » 23 inosservata Con lampi e tuoni e discreta pioggia. » 2G notte » Con lampi e forti tuoni con pioggia. » '' 8" 45 NW (/on tuoni rasenta la città. Pochissima pioggia. Ottobre 28 13" 00 N Forti scariche elettriche. Abbondante pioggia. Gira verso W. Il rombo del tuono si fece sentire con intensità crescente fin dalle 10" . » 30 16" 30 SW Con lampi e tuoni. Acqua abbondante (mm. 9,6). Novembre 24 19" 00 NNW Scariche eletti'iche. Acqua copiosa mi- sta a grandine (mm. 8.2). — 112 Fenomeni straordinarii Pioggia melmosa. — Il giorno 10 marzo nelle ore pomeridiane, preceduta da forte aumento di temperatura (la massima di tal giorno superò per 6°, 33 la media delle altre del mese) e accom- pagnata da vento caldo e caliginoso, cadde assai copiosa, insieme con scarsa pioggia , una polvere finissima impalpabile di colore giallo-rossastro. La luce in tutto il giorno, e specialmente nelle ore pomeridiane , divenne opalina ; il crepuscolo si colorò forte- mente di una luce rispeccliiante la polvere stessa Questo fenomeno, tutt' altro clie nuovo , si estese su di una vastissima zona comprendendo 1' Italia e 1' Europa centrale, esso si verificò in generale con progressivo ritardo da Sud a Nord: a Palermo , per esempio , ebbe luogo nella notte dal 9 al 10 , a Firenze, invece, in quella dal 10 all' 11. Dall' analisi qualitativa, eseguita dal Prof. Pai meri a Napoli, dal Prof. Passerini a Firenze e da altri molti, risultò costituita principalmente di silicato di alluminio, silicato di calcio , ossido ferrico e materia organica con piccola quantità di altri silicati, carbonati, solfati cloruri, nitrati, ecc. Dai più si riconobbe la sua provenienza sahariana o dalle regioni intertropicali. Fra le ipotesi generalmente ammesse sul- l'origine di essa, merita esser ricordata quella che la fa derivare dagli alisei e T altra che la considera di origine ciclonica. Terremoti — Il 31 luglio alle ore 11,40 il sismografo elettro- magnetico del Palmieri segnalò una forte scossa ondulatoria in direzione da E ad W della durata di 20 secondi. Due nuovi generi di olig-oclieti marini rinvenuti nel Golfo di Napoli — Nota preliminare del socio U. Pierantoni. (Tornata del 20 aprile 1902) Di recente, in una breve comunicazione i), ho esposto i ca- ratteri di una nuova specie d'oligocliete del genere Enchijtraeus rinvenuta nel golfo di Napoli. Mi riserbavo in essa di compiere in seguito uno studio anatomico completo della specie, augurandomi di poter portare cosi un utile contributo alla organizzazione di que- sti animali, sulla cui struttura e funzioni (e massimamente le ripro- duttive) tanti punti sono ancora dubbi o del tutto ignoti ; e lo avrei già fatto se in appresso non mi si fosse presentata l'oppor- tunità di allargare anche su altri animali marini dello stesso or- dine il raggio delle mie osservazioni. Infatti delle assidue ricerche fatte nello stesso ed in diversi ambienti , sulle coste del nostro golfo , mi fecero rinvenire una serie di animali ignoti di questo gruppo. Al presente oltre dieci specie di oligocheti marini sono oggetto delle mie ricerche ; di queste buona parte ci forniscono dati anatomici sufficienti per poter fondare ancora dei nuovi generi. La bibliografia oligochetologica del golfo di Napoli poco o nulla ci porge all'infuori di brevi osservazioni fatte dal Hesse nel 1893 5^) sopra due specie, che del resto io non sono ancora riuscito a rinvenire. Oggetto della presente comunicazione preliminare saranno due forme delle più interessanti che ho in osservazione, appartenenti entrambe alla famiglia dei Tubifìcidae , alle quali , pei caratteri esposti in seguito, credetti di dare i nomi generici di Pliallodrilus ed Heteroclrihis 1) Sopra una nuova specie di oligochete marino {Enchytraeus macrochaetus n. sp.) Rendiconto del convegno Zoologico di Napoli (10-13 aprile 1901). Monit. Zool. Ital. V. XII, n. 7, 8. 2) Hesse R. B>;itrilge zur Kenntui.s des Baues der Enchytraeideu.— Zeitschr. f. wiss. Zool. V. 57, p 1-17, tav. I. 8 — 114 — Caratteri del genere PHALLODRILUS, n. gen. Gruppi dorsali e ventrali ugualmente provvisti di setole for- cute. Pori maschili all' 11.°, pori delle spermateche al 10.° seg- mento. Testicoli nel 10.°, ovarii neU'll.o. Atri con due grosse ])ro- state ciascuno, l'una presso lo sbocco dell'atrio all'esterno, Taltra nel punto in cui esso si continua collo spermadutto. Manca il pene, ed in cambio vi sono, presso ciascun poro maschile, due forti se- tole copulatrici di forma speciale. Spermateche nel 10.° segmento. Caratteri del Phallodrilus parthenopaeus, ìi. bp. È un piccolo verme di color gialliccio, della lunghezza mas- sima di dodici millimetri, per lo spessore di non oltre Ys mm. Con lobo preorale mediocremente sporgente, ottusamente conico. Il numero dei segmenti varia dai 40 ai 60. I ciuffi di setole sono quattro, due dorsali e due ventrali , fin dal segmento boccale. I ciuffi dei segmenti anteriori del corpo sono di 4 setole ciascuno fin verso il 16. » segmento ; seguono altri dieci circa con ciuffi di tre setole; questi sono di due sole setole nei segmenti successivi, fino all'estremo codale. Le setole in tutti i segmenti, tranne il 10 ° e l'll.°, sono eguali, leggermente sigmoidi, forcute neir estremo esterno, con nodulo appena visibile (v. fig. 1, a). Il decimo seg, ha le setole ventrali trasformate come nella fig. 1, Z^, e ciascun ciuffo di due se- tole è posto immediatamente dietro i pori ■Phaiiodriins pnrtìiciio- delle spermateche. Le setole ventrali del- , /»(7ens n g. u. sp. r 11.0 seo-mento sono di forma speciale, a, .setole ueU'intero corpo. C5 i ' *, setole pre.sso lo sbocco delle assai più grosse , ili numcro di due per .spei-mateclic. . . -, . c, setole copulatrici. gruppo, c poste immediatamente dietro : pori maschili. Il testicolo è all'intersegmento 7io, l'ovario al ^'^\\\ Habitat: Golfo di Napoli a circa quattro metri di profondità Per non eccedere dalla mole di questa nota preliminare mi soiTermerò brevemente solo su quei caratteri che costituiscono dei fatti nuovi, e quindi più interessanti. Il carattere generico più importante è quello della presenza di due grossissime prostrate verso i due estremi dell'atrio. La posi- zione di esse prostate rispetto all'intero condotto deferente è rap- — 115 — presentata nella fig. 2 {pr o p. r). Il volume delle prostate è tale che il sog. 11° ne è tutto ricolmo. Questo nuovo oligochete mi ha dato ancora occasione di con- statare un fatto biologico di un certo interesse. Da lungo tempo cercavo invano di compren- dere come potesse avvenire la fuoruscita delle grosse uova che occupano ciascuna uno intero dei segmenti che se- guono il ditello, dal momento che non mi fu possibile riscon- trare alcun ovidutto. Pelle sezioni in serie di animali nel- l'atto di deporre le uova mi dimostrarono che esse escono dal lato dorsale dei segmenti ovigeri, per lacerazione della parete dorsale di questi. Nei preparati suddetti si vede co- me l'uovo abbia già lacerato lo strato peritoneale, entrambi gli strati muscolari, e, nel suo punto culminante, l'ipoderma e la cuticola. Vlg. 2 - PUalìodrilns parthenopaens n. g. u. sp. Il fatto, già noto per altri aspetto geueralo soinisehematieo^ degli organi . . . . eiaculatori coliteli liti nel seg. XI. anellidi, non credo siasi an- s^j^^ spermadutto. Cora trovato fra gli oligocheti, i"''i'- *■' p^'ostate. . at, atrio. ed è strano in questi, in cui g^, setole copuiatrici. la dim,ensione dell'uovo maturo è tale da dover indarre ben altro che una lieve lacerazione temporanea nella parete del segmento in cui avviene. — Ho in corso delle esperienze tendenti ad assodare se le parti dell'animale, deteriorate per la deposizione delle uova, si rigenerano. p.i Caratteri del genere HETERODRILUS, n. gerì. Setole in quattro gruppi, due dorsali e due ventrali per cia- scun segmento. I fasci dei segmenti che precedono il ditello dif- feriscono per forma e numero di setole da quelli che lo seguono. Il ditello occupa l'il." segmento e parte del precedente e del suc- cessivo. Due pori maschili al segmento 11.° provvisti di setole — 116 — genitali e di peni. Spermadutto con atrio senza prostate ; con piccole glandole sboccanti in prossimità dei pori maschili, diretta- mente all'esterno. Senza spermateche. Caratteri dell' Heterodrilus arenicolus 7i. sp. Piccolo verme giallastro , della lunghezza di circa 15 mm. dello spessore di ^/4 mm., con lobo preorale poco sporgente ed ot- tusamente conico. Il numero dei segmenti è di circa cinquanta o poco più negli esemplari più grandi. I quattro fasci dei seg- menti 2.0-11." sono di due setole ciascuno, grosse setole di forma leggermente sigmoide, con estremo esterno tridentato, a denti di- suo-uali. Setole dell'll." segmento in poi impiantate isolatamente e quindi in numero di -4 per ogni segmento : quelle dell'Ilo seg- mento (genitale) sottili, piccole e terminate a punta, presenti solo ventralmente ; quelle dei segmenti 12."^ e segmenti ancora più o-randi delle anteriori, con estremo esterno terminante con due rilievi poco visibili. Testicolo voluminoso all' intersegmento 7io, ovario anch' esso voluminoso all' intersegmento i^/n- Padiglione ciliato a forma di coppa ; deferenti ed atrii brevi e piuttosto spessi Pene piccolo, retrattile. Habitat: Golfo di Napoli a circa quattro metri di profondità. La fìo-ura qui a fianco meglio di qualunque descrizione potrà mettere in chiaro la forma delle setole anteriori, posteriori e ge- nitali. Questa forma, è assolutamente caratteristica di questo animale ; le anteriori per il numero dei denti po- trebbero esser messe fra le setole pet- tinate, quantunque la differenza nella dimensione di essi denti le facciano allontanare dal tipo. La presenza di setole isolate nel maggior numero dei ^ ^ ^ segmenti del corpo fa avvicinare VHe- Fig. Z — HeterodrUns nrenicolnsn. g. terodrilus a quelle pochissime forme ^^ JtoiT appaiate dei seg. 2." a lO". di oligocheti aventi tipicamente quat- f>. setole copuiatnci. . -.. . e, setolo isolato dei segmenti successivi tro sole setole per segmento, di cui ^i ditello. una ebbi la fortuna di trovare nello stesso ambiente, e descrissi nella comunicazione già citata {Encliytraeus macrocJiaetiis^Vìera,nt.). La mancanza assoluta delle spermateche, costatata da me in tutti i periodi di maturità sessuale dell'animale, ed in tutti i mesi dell'anno, insieme con la mancanza di prostate, ed anche di un — 117 — vero invohicro glandolare dilf uso degli atrii, ed iu cambio la pre- senza di una serie numerosa di piccole glandolo sboccanti diret- tamente all'esterno nella regione che circonda i peni, sono i ca- ratteri principali che mi hanno autorizzato a stabilire con questo oligochete, evidentemente appartenente alla famiglia dei Tubiii- cidae, il nuovo genere Heterodrihis, con la sua specie arenicolus. Degli altri caratteri in cui non ho riscontrato note caratte- ristiche differenziali del genere molto spiccate, taccio, rimandando ad un lavoro completo lo studio anatomico più profondo di questo e di altri oiigocheti. Stazione Zoologica di Napoli, Aprile 1902. Ricerche sperimentali sulla g-enesi dell' acido clori- . drico nel succo gastrico pel socio Gr. Mascolo. (Tornata del 20 aprile 1902) La dottrina dell'acidità del succo gastrico si presenta sotto un duplice aspetto, con ineguale sviluppo nei suoi due lati. Pe- rocché, mentre la nozione dell'esistenza dell'HCl, del suo signi- ficato e dello stato chimico delle sue combinazioni ha percorso tutti i periodi , pei quali passa ogni nuova acquisizione della scienza, che , prima affermata secondo un concetto teorico , poi negata in seguito allo prime ricerche sperimentali , viene infine solidamente ribadita e completata per migliore conoscenza e più sicuro apprezzamento dei fatti; la interpetrazione invece dell'in- timo meccanismo della sua genesi, lo studio particolareggiato che riavvicina il prodotto alla fonte da cui prende origine rimane ancora nel campo delle teorie aprioristiche^ per quanto sintetiche, e sfiora appena il periodo di più esatte osservazioni con i me- todi d'indagine perfezionati. I miei esperimenti fanno parte appunto di queste osserva- zioni e contribuiscono ad accrescere quell' insieme di fatti, che, giustamente coordinati e vagliati, potranno in tempo posteriore condurre a una conclusione più generale. Diamo prima di tutto uno sguardo al cammino fatto. Esso ci permetterà di comprovare 1' esattezza della valutazione, che abbiamo fatto dello stato delle nostre conoscenze. Passato il periodo delle antiche concezioni sulla natura dei fenomeni digestivi , intesa prima come una cozione, poi come una dissoluzione puramente meccanica, indi rassomigliata ad una pu- trefazione da Plistonicus e ad una fermentazione da van Helmont (1644) ; il primo accenno ad un' azione chimica ci è dato dalle esperienze di Eeàumur, che ebbe l'idea (1752) d'introdurre nello stomaco degli uccelli dei tubi metallici forati, contenenti sostanze alimentari, e vide, dopo l'estrazione, che queste si erano modifi- cate o scomparse, mentre i tubi erano rimasti intatti. — 119 — Più tardi compaiono le memorabili esperienze dell'abbate Spal- lanzani (1780-85), che per il primo ottenne il succo gastrico dagli animali e praticò la digestione artificiale in vitro. Carminati parlò poi di una secrezione acida (1785). In se- guito si moltiplicarono gli studii mediante la digestione artificiale e qualche osservazione interessantissima di fistola gastrica trau- matica (Beaumont, 1825). Ma noi, senza tener dietro all'evoluzione di tutti i lavori sul processo digestivo in generale , ci fermiamo a quella parte che riguarda la secrezione acida dello stomaco. Pront 1) nel 182 4 fu il primo ad attribuire l'acidità del succo gastrico all' HOl. Egli prese tre porzioni eguali di succo gastrico dello stesso animale , e, dosando nella prima il CI fisso, dopo la calcinazione ; nella seconda il CI totale dopo la calcinazione , previa aggiunta di alcali fisso, cioè CI dei cloruri più CI libero; e nella terza l'acidità mediante soluzione titolata alcalina, per dif- ferenza otteneva la quantità di CI libero, che trovava corrispon- dente al grado di acidità. Più tardi dimostrò la presenza dell'HCl con altro metodo, per mezzo della distillazione. A queslio stesso risultato giunsero pure Tiedmann e Gmelin, i quali avevano giustamente opposto al primitivo metodo di Pront l'errore del falso presupposto, che mancassero altri acidi liberi nel succo gastrico. Ma mentre Bracounot e altri- confermavano questi risultati, verso il 184:0 numerose pubblicazioni vennero a scuoterne le basi. Lassaigne (1825) designa 1' acido acetico a fattore dell'acidità. Lehmann (1850), Tomsen e altri designano l'acido lattico. Il primo ne ottiene in discreta quantità dal succo gastrico oppor- tunamente trattato, dopoché Claude Bernard e Barreswille, avendo avuti gli stessi risultati, sia nella distillazione del succo gastrico, che nella distillazione di una miscela di acido lattico e sai di cu- cina , avevano concluso 1' unico acido libero del succo gastrico essere 1' acido lattico. D'altra parte Blondlot , verso il 1813, designava il fosfato acido di Ca come 1' acido primario libero, e la sua presenza age- volmente potette dimostrarsi mediante la precipitazione di uh fosfato basico di Ca per la neutralizzazione del succo gastrico. Più tardi però ammise che nella mucosa dello stomaco, sotto la influenza di un' azione elettrolitica — come meglio vedremo in segaito— avvenisse uno sdoppiamento del NaCl in NaOH e HCl, e 1) Pront — Philosoph. Transad. 1824, 1-32. — 120 — ohe oltre alla combinazione col fosfato e al prodotto del fosfato acido di Ca, una traccia di HCl e acido fosforico resti libera nel sangue e non saturata; altrimenti non potrebbe spiegarsi il fatto che il succo gastrico scioglie alquanto carbonato di Ca. In appog- gio dell'esistenza del fosfato acido, egli diceva che nel succo ga- strico si trova CaCl2 contenente tanto Ca, per quanto ne è con- tenuto nel fosfato. A C. Schmidt ^) e alla sua scuola devesi la novella dimo- strazione con metodi più rigorosi della presenza di HCl libero nel succo gastrico. Egli e Bidder (1852-63) , dosando da una parte tutte le basi contenute nel succo gastrico , e dall' altra tutto il CI, notarono che questo rimaneva in eccesso su quelle espresse sotto forma di cloruri, e , poiché V acidità totale corrispondeva approssimativamente alla quantità di CI in eccesso, ne conclusero che r acidità fosse dovuta ad HCl libero. Sebbene questi risultati, confortati anche dal rigore analitico, rappresentino anche oggi una delle migliori prove della presenza di HCl libero nel succo gastrico , pare non mancarono da quel tempo in poi studii e ricerche che ne contrastarono il valore. La presenza, molte volte confermata, di acido lattico nel con- tenuto dello stomaco e il potere di peptonizzazione di una solu- zione di pepsina in acido lattico diluito , la facile dimostrazione di altri acidi organici, quali 1' acido acetico e il butirrico, nonché quella dei fosfati acidi, erano invocate tuttavia in luogo dell'HCl, che per la sua qualità di acido minerale veniva da alcuni rinne- gato (Laborde, 1874 2). Tralasciando altri metodi di minore importanza, come quelli di Bernard e Barreswille, Lòwenthal, Lenzen ^), diciamo ancora qualche cosa di quelli, che, o più importanti, sono anche oggi ri- masti in uso, 0 che, partendo da altri principii, aggiungono qual- che cosa di nuovo alle conclusioni oramai classiche di Schmidt e fino a un certo punto di Front. Eabuteau *) (1875) fondandosi sull'insolubilità dei cloruri mi- nerali neir alcool amilico e sulla ffraude solubilità in esso dei 1) Bidder iind Schmidt — Die Venlaimìingssaf'te, 1853. 2j Laborde — Nonvelles rechcrcJies sur l'acide libre du sue gastriquc — « Gaz. incd. » 1874. ^) Cit. da Hermann — Hnndbiich die Phis. — Bund. V. — Maly Chem: die Vcr- daunuìig. *) Rabuteau — lìecherches sur le sue g^istriqtie —Com-ptes rendus de l'Aca- dèmie des Sciences, 1875. — 121 — cloridrati dogli alcaloidi, trattava il succo gastrico con eccesso di cliinina e cinconina e riprendeva con -alcool amilico il residuo dell'evaporazione ; in questo dosava i cloridrati, dai quali dedu- ceva la quantità di CI non mineralizzato e che riferiva tutto ad HCl libero. Gli studii di Oh. Richet ^) (1878) segnano un nuovo pro- gresso nella conoscenza dell' acido del succo gastrico. In pri- mo luogo egli confermò i risultati di Bidder e Sclimidt , do- sando le basi allo stato di solfati (il che è più esatto) e dedu- cendo la presenza di un acido clorato nel succo gastrico. Con ricerche analitiche infirmò i nuovi tentativi di Heintz e Lehmann a favore dell' acido lattico, dimostrando come questo, quando si trovi nel succo gastrico, non rappresenta che una piccolissima parte dell' acidità totale. In secondo luogo, applicando all'esame del succo gastrico il metodo di Berthelot del coefficiente di di- visione (coefficient de partage) , che è il potere di solubilità nel- l'etere degli acidi di una soluzione acquosa,— massimo per gli acidi organici, minimo per i minerali, — dimostrò quanta parte avesse l'HCl nell'acidità normale del succo gastrico rispetto alla minima parte che rappresentano gli acidi organici, e, come, aumentando per condizioni speciali il contenuto di questi, s'invertissero i ri- sultati. In terzo luogo, istituendo ricerche comparative tra succo gastrico e soluzioni di HCl dello stesso grado di acidità, per varie prove, come per la dialisi, la saccarificazione dell'amido, l'inver- sione dello zucchero di canna , il coefficient de partage , notò sempre una differenza in meno nell' intensità della reazione da parte del succo gastrico, e quindi dedusse che l'acido non si com- portava tutto come acido libero, e formulò l'ipotesi dell'esistenza di un acido clorato sotto forma di labile combinazione con so- stanze organicfie, quali la leucina e la tirosina. Ewald ^) oppose che la leucina e la tirosina non sojio un ele- mento normale del succo gastrico , ma si formano dalla decom- posizione degli alimenti. SuU' esistenza di combinazioni cloro-organiche molti lavori si sono succeduti. Bisogna anzitutto ricordare che già molto prima di Ricliet vi si era pensato. Lehmann si era accorto che nella distillazione del succo gastrico solo in ultimo si aveva acqua contenente CI, ') Richet — Des propriétés chimiques et iMsiologiques du sue gastrique chez V homme et les aniniaux — Paris , 1878. 2) Ewald — Die Lehre voti den Verdammny — Berlin. 187'J. — 122 — mentre l'HCl di una soluzione acquosa passava fin da principio. Schraidt, Wassmann, Brùcke i) e poi Hoppe-Seyler 2) parlarono di combinazioni dell'HCl con l'albumina e col peptone. Dopo i lavori di Richet , cioè a dire dal 1879 in poi , numerosi studii si sono fatti. Alcuni, profittando specialmente delle reazioni particolari del- l'HCl coi colori di anilina, hanno notata la scomparsa di esse per la presenza di albumina in soluzione di HCl (Pfungen 3, Martius e Llittche *). Altri ha preparato combinazioni di albumina e pep- tone con HCl, studiandone le proprietà e le reazioni (Mizerschi Nencki "'), cercando di stabilire le affinità chimiche tra le diverse so- stanze albuminoidi e l'HCl (Danilewschi—Blum— Sansoni e). Infine Hayem e Winter ^) hanno richiamato tanto l'attenzione sull'impor- tanza del cloro combinato , che sono gianti a negare del tutto quella dell' HCl. Con una nuova teoria che esporremo meglio più innanzi, essi giudicano che il CI combinato rappresenti l'elemento veramente utile nel processo digestivo e che dalla sua quantità si possa giudicare dell'efficacia di questo. Tuttavia questi studii non ci hanno dato delle conoscenze molto esatte sulla natura chimica di queste combinazioni cloro-or- ganiche, ma essi, insieme cogli altri fatti già notati, ci menano alla conclusione incontestabile che: nel succo gastrico V HCl, che è il fattore dell'acidità normale, esiste solo in piccola parte allo stato li- bero e in massima parte allo stato di comi inazioni labili con le materie azotate : il rapporto tra le due quantità varia per speciali condizioni legate al iwocesso digestivo o a stati patologici. Mentre tutto questo cammino si è fatto nel campo delle prove fisiologiche e del laboratorio, i bisogni della clinica hanno con- tribuito non poco, specialmente negli ultimi tempi, alla conoscenza dell' HCl. Tutta una serie di metodi numerosi, tanto per la determi- nazione qualitativa, che per la quantitativa, ci hanno messo oggi in grado di dimostrare e dosare 1' HCl in tutti i suoi stati chi- 1) BRiìCKE—SUzunysb. d. Wleìier Akad. d. IT. — Bd. XXXVII, 1859 (citato da Hoppe-^eyler). 2) Hoppe-Seyler — Phisiologische Chemie, li. Th. Beiliu , 1878. 3) Pfungen — Wieìi. Klin. Vochenschr. 18S9. ■*) VoN Martius und J. Lììttche— Z)«e Magensllure des Menschen— 1812. 5) Archiv. des Se. biolog. par l'inst. imp. de S. Petersbourg, t. 1. 1892. 6) Sansoni — Trattato delle malattie dello stomaco — 189G. ") Hayem et Winter — Du chimisme stomacai — Paris, 1891. — 123 — mici, e ciò, facendo un'opportuna scelta e talvolta combinando parecchi metodi insieme. Passiamoli a rassegna, il [)iù rapidamente possibile. Fra i metodi di ricerca qualitativa notiamo : Per 1' HCl libero : 1) Violetto di metile — Diventa azzurro per HCl, sensibile fino a 0,5 "/"o- 2) Trojjeolina 00 dei Tedesclti — Colorazione gialla che passa al lilla e al rosso, usata o direttamente o colla modifica di Danilewschi o di Boas. 3) Rosso di Congo — 0 in soluzione o iii carte. Colora- zione da rosso in bleu. Questi tre reattivi hanno tutti 1' inconveniente di reagire, meno sensibilmente però, anche agli acidi organici. Più sensibili sono : 1) Reattivo di Boas ') — Soluzione alcoolica di resorcina e zucchero -- colorazione rossa a caldo — -modifica del Cantù -). 2) Reattivo di Oiìnzhurg '^) — Soluzione alcoolica di liuoro- glucina e vanillina: colorazione rossa a caldo. Quest'ultimo è il più sensibile, ha un limite netto tra la rea- zione e la mancanza di essa. Insieme col precedente non è in- fluenzato dalla presenza di sostanze albuminoidi (Krukenberg , Sansoni e Molinari "*). Però entrambi sono reagenti di un acido minerale libero, non dell' HCl. Altri reattivi meno importanti sono: la Fucsina — colorazione dal rosso al rosa ; Reattivo di Reocli (acetato di ferro e solfocia- nuro di potassio) — colorazione da rosso bruno a rosso ciliegia ; Reattivo di Mohr (solfocianuro di ammonio e tartrato ferrico) da cui le carte rodanate utilissime in pratica — colorazione rosso ru- bino; Sostanza colorante del vino di Bordeaux — colorazione rosso rosa ; Sostanza colorante delle carte di Mirtillo — da bleu diven- tano rosse; Verde brillante {Lepine) — bleu- verdastro al verde chia- ro— giallo ver dastro. Significativi dell' HCl sono invece i metodi più rigorosi della : 1) Boas — Centralhlatt f. kl. med. 1888, u. 25. 2) Cantù — Di un metodo di riccr% dell'acido clor. nel cent, stomacale. — Com. Soc. med. eh. di Pavia, 1894. 3) GiiNZBURG — Centralblatt /'. klin. med. 1887, u. 40. *) Cit. da Sansoni, loc. cit. — 124 — 1) Distillazione — Facendo passare i vapori di CI per so- luzioni di nitrato d'argento ; e della 2) Dialisi — Istituendo nel liquido dializzato (Bordoni ^) le reazioni coloranti. Per r HCl combinato : 1) Dimostrata la mancanza di acidi organici, una sensibile reazione acida colla fenolftaleina o tornasole di grado elevato, da non potersi attribuire a fosfato acido. 2) Metodo di Contejan -) — Trattamento coll'idrocarbonato di cobalto — formazione di cloruro di cobalto — colorazione bleu a caldo , rosa a freddo, e cristalli caratteristici — facendolo se- guire dalle reazioni di Giinzburg e Boas. Riassumiamo i molti metodi di dosamento in : Metodi colorimetiuoi —Fondati sulla titolazione delle diverse acidità per mezzo di soluzioni sodiche, servendosi di diversi in- dicatori , ciascuno corrispondente ad una di esse ; per esempio : Fenolftaleina- Alizarina — Reattivo di Giinzburg — Dimetilamido benzolo— corrispondenti rispettivamente all'acidità totale -all'HCl libero + acidi organici — all' HCl libero soltanto. Fra essi : 1) Metodo di Minz ^) — Abbastanza utile in pratica, de- termina V acidità con soluzione sodica fino alla scomparsa della reazione di Giinzburg. 2) Metodo di Mijrner e Boas ^) —Meno esatto —Si serve del rosso Congo e sottopone il succo gastrico all'estrazione con ebere per allontanare gli acidi organici. Metodi detti per incenerimento. 1) Rientrano qui i Metodi di Front, Sclimidt, Richet. 2) Metodo di Kietz ^) — Cerca mediante determinazione del CI direttamente , dopo F evaporazione e dopo neutralizzazione o calcinazione, di avere il CI fìsso, il CI totale e l'HCl libero. 3) Metodo di Hehner- Seemann ^) — Prima proposto per sco- prire la quantità di acidi minerali nell'aceto. Neutralizzato il succo gastrico mediante una soluzione titolata di alcali , si dosa con soluzione titolata di H2SO4 l'alcalinità residua delle ceneri. Poiché ') Bordoni — Dialisi nella ricerca dell'ac. clorid.—Jìif ovina, medica, 1889. 2) Citato nel Dicfionnairc de Phisiologie par Ch. Richet, t. V, fase. 2', liJOl. 3) MiNZ — Wien. Klin. Woch. — 1887, n. 20. *) MòRNER — Maly's lahr. f. Thierch. - Bd. XIX, p. 253. ^) Richet — loc. cit. «) Zeitsch. f. Klia. med. Bd, V. p. 272. — 125 — gli acidi minerali hanno formato sali neutri e gli acidi organici hanno formato carbonati alcalini , si sa per differenza Y acidità degli acidi organici da una parte e dall'altra tutto insieme HCl libero e combinato. Non è neanche esatto tecnicamente , perchè piccole porzioni di alcali si perdono ^nella calcinazione, piccole se ne aggiungono, e inoltre si ha produzione di acido solforico e fo- sforico per decomposizione degli albuminoidi. 4) Metodo di Sjoqvist ^) — Si determina 1' HCl allo stato di cloruro di bario (titolando con soluzione di bicromato potas- . sico) ottenuto mediante calcinazione del succo gastrico con car- bonato di bario puro , sapendosi che i sali di bario degli acidi organici vengono trasformati in carbonati insolubili , mentre il cloruro resta immutato. Questo metodo anche con le modifica- zioni di von laksch, Katz^ Boas, Bourget ^) dà sempre l'HCl libero + il combinato. Inoltre non è esente di errori — sia per alterazioni ohe subisce il cloruro di Ba durante la calcinazione , sia per la produzione diBaCl^ da parte dei cloruri fissi per doppio scambio, sia per formazione di fosfato di Ba insolubile a spese del cloruro. 5j Metodo di Hayem e Winter ^) — Questo metodo ha l'im- portanza di costituire il primo tentativo per dosare l'HCl in tutti gli stati chimici sotto cui trovasi nel succo gastrico , e ha con- tribuito, come più sopra abbiamo accennato, allo studio dell'HCl combinato alle materie organiche. Però i risultati non sono esatti. Il processo è elegante e si riconnette in certo qual modo al pri- mitivo metodo di Front. In una porzione A di succo gastrico si dosa il Ci totale, dopo aver prima neutralizzato con carbonato di soda e poscia fatto evaporare e calcinato. In una porzione B si dosa il CI fisso, minerale ed organico, dopo aver fatto prima evaporare e poscia nsutralizzato con car- bonato di soda e calcinato : per differenza tra A e B sì ha l'HCl libero. In una porzione C si dosa il Ci minerale che rimane dopo la calcinazione fatta direttamente senza aggiunta di carbonato di soda; per differenza tra B e C sì ha il CI delle combinazioni organiche. I risultati di questo metodo, pregevolissimo pel fine cui ten- de, non sono rigorosi. Essi danno una cifra troppo bassa per l'HCl 1) Sjoqvist — Zeit. f. Phis. Chem — Voi. XIII, p. 1, 188S. -) Sansoni — Ice. cit. 3) loc. cit. — 126 — libero , perchè durante 1' evaporazione non tutto 1' HCI sfugge , ma parte si fìssa invece alle materie albuminoidi (Bouveret e Ma- gnenn, Wagner^ Rosenheim, Sansoni, iVIartius e Liittche) ; una cifra troppo alta per 1' HCI combinato alle materie albuminoidi per questa stessa ragione e per una perdita die subiscono i clo- ruri minerali sotto l'influenza della calcinazione, per i fosfati acidi (Kòssler) e per 1' acido lattico (Lescour e Malibran) ; una cifra troppo bassa per i cloruri minerali, per questa stessa ragione. 6) Metodo di Martlus e Lilttclie ^) — Riunisce varii metodi dei quali ha i pregi e i difetti. Determina acidità totale , CI totale col metodo di Volhard , CI fìsso e CI dell' HCI colla tropeolina ; per differenza ottiene altri valori. 7) Metodo di A. Oautier ^) — Riunisce il processo alcali- metrico e il processo clorimetrico per stabilire le quantità' delle varie combinazioni di CI. Non è agevole, né esatto. 8) Metodo di Lescour e Malibran ^) — Mediante la distil- lazione si separa l'HCl clie è dosato nel distillato, e poi si dosa a parte il CI del residuo. Oltre che con questo metodo si ha solo l'HCl totale, la cifra del CI fìsso è troppo alta per l'incom- pleto incenerimento , e quella dell' HCI può essere falsata dagli acidi organici. Altri metodi speciali sono : 1) Metodo di Cairn e Von Mehring ^) — a) Processo della cinconina. Analogo a quello di Rabuteau. Ma prima di trattare con la cinconina, si libera il succo gastrico dagli acidi organici con la distillazione e dall'acido lattico con 1' etere — b) Processo della titolazione. Consiste nel fare diverse titolazioni dell'acidità sul liquido genuino , dopo distillazione e dopo trattamento con etere. Entrambi i processi danno HCI totale. Non mancano er- rori. Nella distillazione possono formarsi cloruri da sali organici (lattati, acetati) o HCI dal cloruro con gli acidi organici. 2) Metodo di Leo ^) — Si propone, oltre la titolazione del- l' acidità organica e minerale come nel precedente , la differen- ziazione di questa in acidità dovuta ad HCI ed acidità dovuta a fosfati acidi, e ciò mediante trattamento con carbonato di Ba clie 1) loc. cit. 2) RlCHET — loc. cit. 3j RlCHKT — loc. cit. -*) Cahn und V. Mehring. — Die SUurm des (jcsiindcn und kranken Ma- gens — Deut. Arch. f. Kl. med. Bd. 39, p. 2o!). ^) Centralblatt f. die. med. Wiss. 188'J, n. 2G. — 127 — neutralizza le soluzioni di un acido minerale , mentre non ha azione sui fosfati acidi. Non pare che i fosfati acidi non ri- sentano per itiente l'azione del carbonato di bario.— Neil' estra- zione con etere , come nel metodo precedente , si corre rischio di estrarre anche uua parte dell' HOl. 3) 3Ietodo di Laurent i) — È semplicissimo. E fondato sai fatto da lui scoverto, che in presenza di alcool, solo gli acidi minerali decompongono il carbonato di bario. -^ Con due titola- zioni, prima e dopo trattamento con esso, si ha l' HCl libero e gli acidi organici. Nou si sa se l'alcool induce modifiche nel succo gastrico. Merita uno studio ulteriore. 4) 3Ietodo di Hoffmann '^) — Si determina 1' HCl libero, studiando l'intensità della reazione del succo gastrico o suUo zucchero — giudicando col polarimetro — o suU' acetato di me- tile—giudicando dalla quantità di acido acetico messo in libertà. Molto complicato, non è scevro di errori, perchè pare che anche gli acidi organici possano invertire lo zucchero, e poi percliè occorrendo la temperatura di 40o si cambiano i rapporti tra HCl libero e combinato. 5) Metodo di Jolles ^) — Fondato sulle strie di assorbi- mento nella parte bleu dello spettro, che presenta l' cosina in soluzione neutra o alcalina, e che scompaiono per presenza di poco HCl Né pratico, ne esatto. Lo stesso autore ha ideato pure un altro metodo colorimetrico col verde brillante. 6) Metodo di Geigel e Blass ^) —È essenzialmente clinico, determinando 1' HCl assoluto, cioè di tutto il contenuto stoma- cale, ottenuto mediante lavaggio. Niente di nuovo dal lato chimico. In ultimo diciamo che di tutti questi metodi, nessuno può servire da solo alla determinazione esatta dell'HCl nelle sue di- verse forme : invece ciascuno può dare dei risaltati molto ap- prossimativi , sufficienti dal punto di vista pratico : e combi- nati poi insieme ci forniscono risultati esatti, anche secondo il rigore chimico, quando si voglia un analisi completa. 1) RlCHKT — loc. Cit. 2j lloFFMANN — Ceutr. f. Klin, med. — n. -AG, ISSO. ^) Jolles- Wlen. med. Presse. 1S90 , n. 50.— Wicu. med. Woch. 1891, n. 22. ■«) Geigkl und Blas.s — Zeit. f. Klin. med. — Bd. XX. H. 3, 1892. — 128 — La non breve enumerazione di tutti questi metodi, impiegati i primi a scopo fisiologico, gli ultimi a scopo clinico, ci rende esatto conto dell' evoluzione della conoscenza dell' HCl e dello stato chimico delle sue combinazioni. Essa, come dicevo in prin- cipio, si può dire completa e le conclusioni inoppugnabili a cui oggi siamo giunti ne sono una prova. Invece lo studio della genesi dell' HCl si presenta non solo incompleto, ma appena abbozzato. La maggior parte delie nozioni al riguardo non escono dal campo delle ipotesi. I pochi fatti spe- rimentali non sono vagliati con uniforme apprezzamento, onde si assiste gradatamente a un lavorio di demolizione di queste concezioni teoriche. Procediamo all'esame di queste teorie. Teoria elettrolitica (Blondlot— Briicke -Ealfe i) -Per intendere come dal sangue alcalino si potesse separare un acido minerale si ricorse all'idea di un'attività elettrolitica, la quale si eserci- tasse su i sali del sangue, e Blondlot cercò di studiare i prodotti che si ottenevano dall' azione di una debole corrente su una so- spensione di Ca3(P04)2 in una soluzione di NaCl. Al sistema ner- voso in connessione cogli apparecchi glandolari si attribuiva il potere di dirigere gli acidi alla superficie e le basi in direzione opposta. Lussana 2) riguardò 1' HCl come il prodotto della scompo- sizione nelle glandole dei cloruri alcalini predominanti nel sangue: pensava quindi che, variando il contenuto dei sali neutri nel sangue, variasse anche il prodotto. Istituì delle ricerche in pro- posito. Ma non ebbe sempre risultati costanti : per iniezione di fosfati , di borati ebbe separazione di acido fosforico , borico ; altre volte per iniezione di solfati e altri sali non ebbe gli acidi corrispondenti. Nell'epoca che queste ipotesi sorgevano, non si avevano quelle conoscenze precise che si hanno oggi sul luogo della mucosa dello stomaco dove veramente appare 1' HCl , e allora si pensò, per spiegare l'origine di esso, che il secreto glando- lare, separato neutro, diventasse acido alla superficie della mu- cosa. E classico l'esperimento di Claude Bernard 3) che iniettò nella gnigulare di un cane del prussiato giallo, nell'altra del lattato di ferro e costatò che la reazione del Bleu di Berlino com- ') Cit. di(j der Fundusdriiseìi des Magens — Pflugei-s Arcli. XIX, 148. '') Edeljiann — Vergleichend anat. imd j^his. Untersuch. ilber cine besondere Regioìi der Mayenschleimìiaut (Cardiadriisenregion) bei dem Saugetìiiercn — Leip- zig, 1889. ^) Sehrwald. — Die Belegzellen des Magens als Bildungstatten der Siiuren — Munch. med. Woch — XXXVI, 11, 1889. *■') FRÒEHKF.L—Bcitrage zur Phis. der Magendriisen — Arch. f. d. ge.s. Phis.— XLVIII, 3, 4, p. 63, 1890. ■') Loc. cit. **j Maly — Liebig's Annalen, CLXXIII, p. 227, 1874. 9 — 130 — formazione dell'acido lattico, onde questo processo chimico è le- gato ad una fermentazione microbica del contenuto gastrico. Ricordando " pure che Schmidt aveva dimostrato 1' assenza dell'acido lattico nel succo gastrico normale , risultato che egli confermò per altra via, Maly concludeva nettamente che l'acido lattico non potesse essere l'acido primario dello stomaco, e quindi rimaneva assodato che fosse l'HCl, la cui genesi non ancora ve- niva chiarita. Oggi poi, dopo i lavori di Ewald e Boas, confermati da altri , sappiamo come procede la formazione di acido lattico nelle fasi digestive, indipendente dall'HCl, e come quello sia le- gato agli alimenti o al prodotto di fermentazione degl'idrati di carbonio. Ipotesi di Buclieim ^). — Questa è rimasta nel campo puramente ipotetico senza nessun conforto di qualche fatto sperimentale. Se immaginiamo che i sali alcalini del sangue possano com- portarsi rispetto all'albumina come i sali dei metalli pesanti, p. es. solfato di rame, — di cui si sa che da una parte dà un albu- minato di rame e dall'altra una combinazione labile solfo-albumi- nata capace di dare sviluppo ad H2SO4 — , parimenti dal cloruro di sodio, in presenza di albumina, potrebbe aversi un albuminato di sodio e una combinazione cloro-albuminata, dalla quale si svol- gerebbe HCl libero. Teoria di Maly — Maly ^) cerca di stabilire prima di tutto i composti metallici che fanno parte della costituzione del sangue. Da analisi risulta che il sangue di reazione alcalina , con- tiene insieme con cloruri neutri di sodio e calcio (Pribram e Gerlach) e fosfato neutro di calcio, sali acidi la cui reazione è mascherata, quali il monofosfato e il difosfato sodico Sperimen- talmente dimostra che il monofosfato (NaH2P04) è capace di scomporre parzialmente i cloruri neutri con formazione di HCl, dimostrabile con un apparato a diffusione; quindi esso si comporta manifestamente come un acido. In secondo luogo il difosfato (Na2HP04), che è reagente alcalino, deve riguardarsi come un corpo acido teoreticamente : infatti anch' esso può dar luogo a forma- zione di HCl pel suo idrossile. Ciò secondo la equazione : 3CaCÌ2 + 2Na2HP04 - Ca; (P0,)2+ 4NaCl + 2HC1 1) BucHEiM — Ardi. f. d. ges Phis.—X\I, p. 326. 2) Maly — Ber. a. d. cliem. Crcs— 1876, p. IGà—Zeits. f. phls. CJiem. I, p. 174, 1S77 — Hkkmann, loc. cit. — 131 — Inoltre, il difosfato (Na2HP04) di reazione alcalina , facil- mente passa a monofosfato (NaHgPOi ) , di reazione acida per V azione di massa esercitata dall'acido carbonico : fatto riprodotto sperimentalmente. Quindi nel sangue, dice Maly, pel turbine di tante svariate combinazioni acide , che si formano sotto l'influenza dell' acido carbonico non esistono alcali nel senso teorico della parola. A spiegare finalmente la secrezione da parte delle glandole peptiche di quest'acido particolare HOl , formantesi di continuo nel sangue, egli invoca il potere di diffusibilità di esso, che, se- condo Graham, è 34 volte maggiore di quello del NaCl, che pure occupa un posto molto alto tra i cristalloidi. Cosi dunque la for- mazione dell'HCl non è che un tipico esempio della formazione degli acidi nell' organismo dalle sostanze madri alcaline, sangue e linfa ; e le glandole peptiche non sono che degli apparati a diffusione più completi di quelli che non sieno le glandole sudo- rifere per il sudore acido, le renali per l'urina acida, la glandola mammaria pei composti acidi del latte. Ipotesi di Landwehr ^) —Questa si riannoda in certo modo a quella di Brùcke. Avendo ottenuto dalla gomma animale, per azione di un fermento, acido lattico , egli immagina che dalla gomma del muco gastrico si origini dell'acido lattico per mezzo di un fermento della mucosa stessa. Questo scomporrebbe poi il NaCl dando HCl libero e lattato di soda, che sarebbe riassorbito. Teoria di Hayem e Winter "'). — Secondo questi autori 1' HCl non sarebbe un prodotto di secrezione dello stomaco, che invece formerebbe Na CI; per scomposizione di esso in CI e Na il CI si fisserebbe all'albumina per peptonizzarla, dopo di che il CI ritor- nerebbe al Na, rimanendone però una parte libera che idratandosi darebbe HCl. Questo, quindi, è intimamente legato alla fermenta- zione peptica. A questa teoria Bonveret ^) giustameute obbietta che essa è in contradizione coi fatti fisiologici e patologici ; pei primi basta la secrezione di HCl ottenuta a digiuno, come anche io ho praticato, per la stimolazione del vago ; pei secondi basta ricordare la gastroxinsi del Rossbach e quei casi di ipersecre- zione acida permanente (morbo di Reichmann) senza ritenzione di cibi, in cui il succo gastrico contenente HCl è secregato perfetta- mente a digiuno e a stomaco vuoto. 1) Landwehr— Ceiitr. f. d. med. Wiss. ii. 19, 188G. ~) Hayem et Winter — Du chimisme stomacai. — Paiis, 1891. 3) Bonveret — Traité (Ics maladies de Vestomnc — Paris, 1893. — 132 — Ipotesi di B. Moore i). — Costatato che acidi debolissimi pos- sono, per azione di massa , spostare acidi più forti (Thiomseu), che l'acido forte per diffusione può essere separato (Maly), si può supporre che le cellule delle glandole peptiche formino dal ma- teriale organico a loro disposizione , mediante speciale processo metabolico, un acido organico, il quale agendo sui cloruri spo- sterebbe una piccola quantità di HCl (che sarebbe separato), men- tre il sale organico sarebbe ritenuto nelle cellule e scomposto nuovamente nella base, che tornerebbe al sangue, e nell'acido or- ganico che seguiterebbe il suo ciclo. Questa ipotesi avrebbe il pre- gio di far entrare nella genesi dell'HCl, come elemento di mag- giore importanza, l'attività metabolica delle cellule specifiche della mucosa gastrica , ma essa non ha il conforto di nessun fatto sperimentale e non indica che troppo vagamente il chimismo intimo della genesi dell'HCl. * Dalla semplice esposizione che abbiamo fatto delle diverse teorie succedutesi , dalle antiche alle più recenti , sorge a parer mio spontanea la tendenza a considerare le vedute di Maly come quelle fondate, almeno teoreticamente; sopra un concetto più ri- gorosamente chimico. Ora esaminando brevemente alcuni fatti sperimentali e cli- nici, su cui io penso possa poggiare la detta teoria, verrò anche a esporre il concetto che mi mosse nell'attuare le mie ricerche. Maly stesso fece un' importante considerazione a proposito dei suoi esperimenti. Egli diceva : Se da una soluzione, in cui si trovano corpi neutri e alcalini insieme a corpi realmente acidi, reagenti cioè sulle carte di tornasole, e a corpi teoricamente acidi, ma che danno reazione alcalina alle stesse carte, si sottraggono, mercè un apparato a diffusione, tutte le molecole acide, non è più possibile avere dalla massa rimanente ulteriore diffusione di so- stanze acide. Così, provocando negli animali una secrezione gastrica, me- diante sostanze introdotte con la sonda esofagea, come polvere di osso, granelli di pepe, etc, e nello stomaco faceadola venire in 1) Citato da Bottazzi — Chimica fisiologica — 1899. - 133 — . contatto con sostanze capaci di neutralizzare 1' acido, come car- bonato di calcio o magnesio, ebbe a notare che la secrezione uri- naria si modificava nella sua reazione, divenendo neutra e poi al- calina. Gli studii clinici avevano già messo in evidenza clie la se- crezione urinaria si modificava in quei casi in cui il vomito o il lavaggio dello stomaco allontanava una quantità di succo gastrico anormalmente prodottosi in eccesso. In seguito poi col progredire nella conoscenza delle gastropatie, queste ricerche sulla secrezione urinaria si sono riprese (Quinke, Russo Giliberti ed Alessi, Matoni e Lusini, Ferrannini) e si è giunti alla conclusione, che l'acidità delle urine diminuisce sempre che vi sia da parte dello stomaco un eccesso di secrezione acida. D' altra parte la conoscenza di una speciale malattia, che è un esempio tipico d' ipersecrezione acida permanente, il Morbo di ReicJimanii, ha messo fuori dubbio l'ipoa- cidità dell' urina e ci ha appreso la diminuzione nella cifra dei cloruri (Stiker e Hiibner, Bouveret e Devio). Infine, anche fisiologicamente, durante la digestione, almeno nelle prime ore, si sa che l'urina diventa meno acida. Se però la secrezione urinaria è stata oggetto di molte ri- cerche, non si può dire lo stesso delle variazioni dell'alcalinità del sangue negli stati fisiologici e patologici. Lasciati da parte i vecchi concetti sull'alcalinità del sangue e su i fattori di essa, e messo in chiaro che il sangue, pur avendo reazione alcalina, contiene acidi liberi e fosfati acidi, era naturale che esso dovesse essere studiato in rapporto alla secrezione acida dello stomaco durante la digestione e in quelle malattie in cui questa si altera. Invece la letteratura a questo riguardo è scarsa. Esistono degli studii fatti in tempi, in cui molte malattie dello stomaco andavano confuse sotto la stessa denominazione e quando i metodi analitici erano molto imperfetti. A questo periodo appartengono i lavori di Canard , Peiper , Eumj)f, laksch per 1' alcalinità del sangue nel catarro, nella di- spepsia acida, nella dilatazione, nel carcinoma dello stomaco, e quelli di Drouin durante la digestione. In un' epoca molto più recente Ferrannini trovò aumento dell'alcalinità del sangue nelle prime ore della digestione, e di- minuzione nelle ore successive Più tardi Greco ^), istituendo delle ricerche in casi d'iperclo- ridria e di anacloridria a digiuno e durante la digestione, viene ') Riforma medica, 1889. — ist- alla conclusione che 1' alcalinità del sangue aumenta e 1' acidità delle urino diminuisce relativamente alla maggiore secrezione ga- strica; dippiù, il risultato varia durante tutto il periodo della di- gestione, diventando inverso nelle ore successive. Ora io credo che la questione della genesi dell' HCl possa molto giovarsi di questi fatti. Dal momento che non possiamo direttamente studiare il chimismo cellulare relativo alla produzione di una data sostanza nell' organismo , dobbiamo cercare, almeno per ora, di stabilire quelle modificazioni chimiche che accompa- gnano il processo. Cosi giustamente Maly rivolgeva l'attenzione alla secrezione urinaria, che doveva essere espressione delle varia- zioni del sangue. Fa invece meraviglia costatare come tutti gli altri, che si sono occupati in seguito di ciò, non abbiano cercato di risalire dai ri- sultati ottenuti a considerazioni sul meccanismo della genesi del- l'HCl; e lo stesso Greco cita solo incidentalmente la teoria di Maly e vi si mostra contrario^ invocando le vecchie esperienze di CI. Bernard, che noi vedemmo già demolite, per ritenere che l'HCl, poiché comparisce solo alla superficie della mucosa e non nelle cellule gastriche, non sia preformato nel sangue. Dippiù, le ricerche di questi ultimi osservatori lianno tutte un vizio nel procedimento. Tutti, operando sull'uomo sano o am- malato, hanno dovuto ricorrere al periodo della digestione come mezzo naturale di secrezione da parte dello stomaco e non hanno potuto quindi evitare l'effetto del chimismo gastrointestinale sulla costituzione del sangue e dell'urina. Ora chi non vede quanto si complichi l' interpetrazione di un risultato analitico, quando si pensa alla produzione di acido lattico e di altri acidi organici nella digestione gastrica e alla produzio- ne di sostanze alcaline in quella intestinale, che non possono ri- manere senza influenza, nel periodo dell' assorbimento, sulla co- stituzione del sangue? Le nuove osservazioni adunque non sono, a parer mio, molto più attendibili delle vecchie, sotto il punto di vista dello studio della genesi dell' HCl. Convinto adunque che, almeno per ora, questa sia la via da battere, per contribuire alla conoscenza della genesi dell'HCl, mi sono proposto di studiare da una parte le modificazioni chimiche subite dal sangue e dall'urina per la secrezione gastrica fisiologica, e dall' altra, per via inversa, le modificazioni della secrezione ga- — 135 — strica in seguito a mutamenti indotti nella costituzione chimica del sangue Ho voluto, come condizione essenziale, che rimanesse esclusa qualunque influenza del chimismo gastro -intestinale: in altri ter- mini io ho cercato di realizzare sperimentalmente le condizioni teoriche di Maly: avere nell' animale sottoposto all' esperimento una massa circolante (il sangue) e dall'altra un luogo di produ- zione e separazione di HCl (lo stomaco). Per questo scopo ho pensato di ricorrere alla stimolazione del vago nei cani tenuti a digiuno, anche perchè ho voluto vedere se questo fatto indicato già da parecchi anni, ma contradetto fino a qualche anno fa, desse un costante risultato. L' effetto della stimolazione del vago sulla secrezione gastrica ci deriva dalle esperienze di Pawlow e Schumow-Simanowsky ^) Prima di lui molti avevano avuti risultati contradittorii (Hei- denhain, Schiff, Bidder e Schmidt, Longet, Bouchardat, etc). Dopo di lui, e fin recentemente, non sono cessate le contradizioni (Du- ron, Contejan, lurgens, Leubuscher e Schàfer ^). Ma Axenfeld ^) nei piccioni, Abbamondi nei cani, in questo istituto, ed io nei cani, nelle presenti ricerche , abbiamo avuto sempre una secrezione gastrica abbondante e acida per la stimo- lazione del moncone periferico del vago reciso. E ora vengo alla descrizione dei miei esperimenti: I. Volendo istituire delle analisi comparative sulla costituzio- ne chimica del sangue e dell' urina prima e dopo la secrezione del succo gastrico, ottenuto mediante la stimolazione del vago, cominciai col raccogliere le urine del cane , destinato all' espe- rimento e tenuto nella gabbia, per alcuni giorni, ogni 24 ore. Nei primi esperimenti studiavo soltanto il grado di acidità dell'urina, ulteriormente cominciai a dosare anche i cloruri e i fosfati. Ma per l'acidità mi convinsi subito che avevo risultati non molto at- tendibili, per r alterazione che subiva l'urina nelle 24 ore, onde ^) Pawlow et Schumow-Simanowsky Innervalion dcs t/landcs sfonuicales clu chien — « Wratsch » 1890, n. 41. -) Cit. da Sansoni, Ice cit. '^) Axenfeld — Uazione del v(igo sulla secrezione gastrica degli uccelli — Atti e Read. Acc. med. chir. di Perugia, 1890. — 136 — negli ultimi esperimenti, e specie in quelli di cui riferisco i risultati, mi sono attenuto alle cifre ricavate dall'urina emessa dall'animale 0 volontariamente, poco prima dell'esperimento, o pure di quella ottenuta col cateterismo, al quale parecchie volte ho dovuto ri- correre. Quanto poi al dosaggio dei cloruri e fosfati, le medie sta- bilite dopo parecchi giorni di osservazione mi sono state inutili, perchè non ho potuto mai ottenere, durante o dopo gli esperi- menti, quantità di urine tali che mi permettessero di farne il do- samento, oltre la determinazione dell'acidità che mi era di maggiore interesse e per la quale pure qualche volta per la stessa ragione ho dovuto contentarmi della sola prova qualitativa. (V. Esp. II e IV). . Per lo determinazioni sul sangue, nei primi esperimenti, te- nendo r animale per 48 ore a digiuno, alla fine del primo giorno ne raccoglievo una quantità dalla carotide, da cui il siero, sepa- rato dopo 24 ore, veniva analizzato; alla fine del secondo giorno istituivo l'esperimento e verso la fine di esso prendevo di nuovo la quantità necessaria di sangue per ottenere il siero da studiare dopo 2-1 ore. Così lo ricerche comparative erano eseguite perfet- tamente nelle stesse condizioni. Negli esperimenti ulteriori ho preso nello stesso giorno le due quantità di sangue, una prima e l'altra dopo dell'esperimento, e ho avuto delle difierenze più sensibili. Le quantità di sangue che servivano alla determinazione dell'alcalinità, venivano raccolte in modo perfettamente asettico e tenute poi x^er 24 ore in un luogo freddo allo scopo di ottenerne il siero. Per il dosaggio dei cloruri nel sangue, si prendevano mediante pipetta graduata 5 o 10 ce. di sangue prima e dopo l'esperimento, e si sottoponevano nello stesso giorno al trattamento dovuto. L' esperimento veniva condotto nel modo seguente. Immobilizzato il cane, dopo aver isolata la carotide, dalla quale dovevano poi prendersi le diverse porzioni di sangue già indicate, procedevo all'operazione di una fistola gastrica estemporanea. Per questo mi sono servito in alcuni casi della nota cannula di Bocci e Levi, che infiggevo nello stomaco dopo aver aperta la parete addominale; giacché operando con l'animale a digiuno, per essere sicuro che lo stomaco fosse completamente privo di succo gastrico, che invece dovevo ottenere mediante la stimolazione del vao-o, non mi sarebbe stato agevole infiggere direttamente dalla parete epigastrica la cannula, come si pratica quando lo stomaco è con- venientemente disteso pel suo contenuto. Ma in seguito, negli altri casi, ho ricorso ad un mezzo ])m semplice e che rispondeva più — 137 — direttamente al mio scopo di allontanare completamente la secre- zione che si produceva. Aperta la cavità addominale andavo alla ricerca del piloro,e, praticata prima una legatura al duodeno, aprivo parzialmente il piloro, nel quale infiggevo un' adatta cannula di vetro, che assicuravo in sito con opportuna legatura. Do]jo essermi assicurato dell'emostasi, suturava la parete addominale, lasciando fuoruscire la cannula secondo la direzione del piloro , ])er modo che da essa potesse agevolmente colare il secreto a misura che si raccoglieva nello stomaco. Questo sistema impediva anche che il contenuto intestinale e qualche volta anche la bile refluisse nello stomaco, inconveniente di cui ebbi a lagnarmi in qualche caso. Infine, isolato il vago al collo, lo si recideva previa legatura e sul moncone periferico si esercitava l'eccitazione prodotta da una corrente faradica colla slitta di Du Bois-Reymond graduabile. Le stimolazioni si facevano a intervalli, variando l'intensità della corrente. L' operazione si protraeva per parecchie ore fino a ottenere una discreta quantità di succo gastrico e fino a che le coudizioni dell'animale lo permettessero. In ultimo si raccoglie- vano dalla carotide le quantità di sangue necessarie per le de- terminazioni ; e per l'urina alle volte si è raccolta mediante un catetere tenuto a permanenza in vescica durante 1' esperimento, saggiandone di tanto in tanto la reazione^ altre volte si è pro- fittato dell'emissione spontanea dell'animale, altre volte infine si è legato precedentemente la vescica e si è svuotata alla fine del- l' esperimento. Mi resta ora a dire dei metodi analitici usati, prima di esporre i risultati. Per l'acidità dell'urina mi sono servito di una soluzione ti- N tolata di soda -^ , usando per indicatore la fenolftaleina^ compa- rativamente alle carte di tornasole, molto sensibili appositamente rese. Secondo la quantità delle urine a disposizione, la soluzione di soda si diluiva fino a renderla -~ , tenendone poi conto nel calcolo. Questo metodo, data la natura delle mie ricerche essen- zialmente comparative , ha risposto bene allo scopo, ne d'altra parte sarebbe stato agevole il metodo che si fonda sulla determi- nazione dei diversi fosfati, applicando la formola di Huppert, che del resto non vedo adottato molto spesso. L'alcalinità del sangue fu dosata nel siero separato dopo 24 ore da quando era stato raccolto. — 138 — Il dosamento si faceva con una soluzione titolata di acido . . N ... solforico T--r, servendomi per nidicatore delle carte molto sensibili di laccamuffa, che mi convinsi essere le migliori, dopo aver spe- rimentato ]5arecchi indicatori, non esclusa la stessa soluzione di tornasole. Non ho reputato necessario ricorrere al noto metodo di Landois, dal momento che, operando su animali, io potevo ot- tenere una discreta quantità di siero per più prove, e anche per- chè, in fondo, nel metodo di Landois il momento finale della rea- zione si basa sempre sull'apprezzamento dell'indicazione delle carte di laccamuffa I cloruri furono dosati secondo il metodo di Mohr, previa calcinazione con nitro e soda. Riferisco alcuni dei risultati più tipici dei molti esperimenti istituiti, per lo studio delle variazioni dell'alcalinità del sangue e dell' acidità dell' urina e della cifra dei cloruri prima e dopo la secrezione del succo gastrico, ottenuto col metodo di Pawlow. I. Cane del peso di Kg. 7.300. Durata dell'esperimeuto 4 ore. Stimolazioni colla slitta di Du Bois-Reymond, variando d' inten- sità a intervalli di 15 o 20 minuti. Secrezione gastrica non molto acida, ma abbondante. Acidità media delV urina x>rima delVesper. espressa in HCl gr. 0.139 o/„ Acidità » dopo » » » » 0.127 » Alcalinità del siero prima dell' esper. espressa in NaOH » 0.0340 » Alcalinità » dopo » » » » 0 0380 » II. Cane del peso di Kg. 8.400. Durata dell'esperimento 5 ore. Stimolazioni come sopra. Secrezione gastrica in notevole quantità. Urina prim-i delV esperimento notevolmente acùla. Urina dopo » debolmente acida, quasi neutra. Alcalinità del siero prima delV esperimento in NaOH gr. 0 548 "/„ Alcalinità del siero dopo » » » » 0.6 » Acidità » dopo Alcalinità del siero prima Alcalinità » dopo Cloro nel sangue prima Cloro » dopo — 139 — ni. Cane del peso di Kg 7.900. Durata dell'esperimento 6 ore. Stimolazioni come sopra. Secrezione abbondante e acida. Acidità delV urina prima dell' esper. espressa in HCl gr. 0.145 "/q Acidità " dopo » » » 0.041 » Alcalinità del siero ijrima » espressa in NaOH ^ 0.1 Alcalinità » dopo » » » » 0.12 Cloro nel sangue prima ^ » 0 78 » Cloro » dopo » » 051 IV. Cane del peso di Kg 8.500. Durata dell'esperimento 6 ore. Stimolazioni come sopra. Secrezione abbondante e molto acida. Acidità media deiV urina prima deW esper. espressa in HCl gr. 0.1092% reazione alcalina espressa in NaOH » 0.08 » » 0.10 » » 0.60 » » ■ 0 39 » Da questi risultati emerge cliiaro il fatto, che: se si provoca una secrezione di succo gastrico acido mercè la stimolazione del vago a stomaco vuoto si lia : 1) Aumento dell' alcalinità del sangue, 2) Diminuzione del cloro in esso, 3) Diminuzione dell' acidità dell'urina fino all'alcalinità. II. In una seconda serie di ricerche, mi sono proposto di modi- ficare io la costituzione chimica del sangue e studiare l'influenza che si esercitava sulla secrezione gastrica. Devo dichiarare che la mancanza di tempo necessario mi ha impedito di spingere abba- stanza oltre queste ricerche, che forse possono condurre a risultati anche più direttamente significativi di quelli del primo ordine già esposti. Però l'importanza del risultato ottenuto in alcuni pochi casi giustifica, a parer mio, il bisogno di riferirli, pur riservandomi di confermarlo, continuando queste ricerche. In due primi casi, dopo aver provocato colla stimolazione del vago una notevole secrezioue, nella quale, dopo aver costatata la reazione acida, mi assicuravo della presenza dell' HCl mediante la reazione di Giiuzburg, praticai un' iniezione nella giugulare del cane sottoposto all' esperimento di una soluzione isotonica di car- bonato di soda. Furono iniettati 250 ce. Dopo 1' iniezione ripresi — 140 — la stimolazione e vidi immediatamente la secrezione diventare for- temente alcalina, mentre fino a qael momento era stata acida per HCl. Protratta la secrezione per oltre due ore, essa si mantenne sempre alcalina. Questo risultato, secondo me, ammette una sola spiegazione: che cioè la secrezione alcalina del succo gastrico non possa rife- rirsi ad altro, clie alla saturazione dell'acidità latente del plasma sanguigno. Mi propongo di studiare comparativamente, prima e dopo l'iniezione di carbonato di soda, nella secrezione gastrica il con- tenuto del CI totale, fìsso ed eventualmente combinato, per defi- nire con precisione se 1' alcali introdotto influisce solo sulla pro- duzione dell'HCl libero o anche del CI totale. In un terzo caso, guidato dal concetto di volere aumentare r acidità del plasma sanguigno, e studiare in queste condizioni le variazioni della secrezione, iniettai una miscela di cloruro di sodio e fosfato acido di sodio. Il solo esperimento eseguito, forse per- chè di troppo breve durata , non mi diede risultati attendibili. Anche qui sarà interessante vedere, prima e dopo comparativamen- te, come si modificano le quantità di HCl libero, combinato, del CI fisso e totale. Dall' insieme dei miei esperimenti e dalle considerazioni fatte mi sembra di poter venire alle seguenti : CONCLUSIONI I. La stimolazione del vago costituisce un ottimo mezzo per ottenere un'abbondante secrezione di succo gastrico. II. Questo metodo è il solo che permette di venire a dei ri- sultati attendibili circa le modificazioni del sangue e dell' urina, perchè resta esclusa l' influenza del chimismo gastro-intestinale, e del riassorbimento di HCl, quando si ha cura, come io ho fatto, di allontanare la secrezione. III. Esiste un costante rapporto tra l'alcalinità del sangue, la quantità del CI e 1' acidità dell' urina da una parte e la secrezione dell' HCl del succo gastrico dall'altra. IV. Questo rapporto dimostra che la genesi dell' HCl non può essere considerata, secondo il concetto, più recente di Moore , co- me l'efiPetto di un'azione ciclica di un acido organico prodotto in loco dal metabolismo cellulare, perchè in questo caso non si spie- gherebbero le variazioni o;ià indicate. — 141 — V. Per questa stessa ragione la genesi dell' HCl è intima- mente legata ai processi chimici die si svolgono nel sangue tra i composti basici ed acidi; quindi la teoria di Maly, almeno nella sua parte fondamentale, risulta vera. Ed ora rendo i miei ringraziamenti all'Illustrissimo Direttore dell'Istituto prof. Albiui, al prof. Malerba, nonché ai coadiutori Prof. Jappelli e Montuori i quali mi furono larghi di consigli e mi- sero a mia disposizione tutto quanto fu necessario per menare a termine le presenti ricerche. Napoli, Istituto Fisiologico della R. LTuiversità, Agosto 1901. Su la determinazione volumetrica della durezza delle acque potabili. ■ — Nota del socio Ugo Milone. (Tornata del l.» giugno 1902). Per la determinazione volumetrica della durezza delle acque si conoscono tre metodi : di Clark modificato da A. Faiszt e C. Cnausz ^), di Boutron e Boudet ^) e di Wilson ^). Tutti questi tre metodi sono fondati su l'impiego della sd- luzione di sapone alcalino quale reattivo per dosare volumetrica- mente i sali di calcio e di magnesio delle acque potabili , come per il primo propose Clark *), Tralasciando il metodo di Wilson che viene usato solo dagli inglesi, gli altri due metodi più generalmente usati, il francese ed il tedesco , sono fondati su 1' impiego di soluzioni di sapone empiriche : difatti la soluzione di sapone col metodo di Boutron e Boudet dev'esser fatta in modo che cm^ 2.4 contengano il sa- pone alcalino necessario a reagire esattamente, cioè a fornire la schiuma tipica con 40 cm^ di acqua contenente gr. 0,0114 di ni- trato baritico corrispondente a gr. 0,0088 di CaCOa (cioè gr. 0,22 di CaCOg per litro); quella di Clark dev'esser fatta in modo che 45 cm^ contengano il sapone necessario per dare la schiuma per- sìstente cinque minuti a contatto di 100 cm^ di acqua contenente gr. 0,0523 di cloruro di bario cristallizzato (BaCl2 + 2HoO) cor- rispondente a gr. 0,012 di CaO (gr. 0,120 di CaO per litro). E noto che il saggio col sapone non ha che un valore em- pirico e non si saprebbe accordargli un esatto significato quan- titativo. Si sa specialmente che le acque contenenti quantità con- siderevoli di magnesia danno col liquido idrotimetrico risultati molto inferiori a quelli calcolati , anzi si è tentato di scoprirne 1) Gewerbeblatt aus Wurtemberg , 1852 , 193. — Ghem. phann. Gentnil- blatt, 1852, 613. 2) Ann. d. Chem. u. Pliarm. CXIX, 318. 3) Zeitschr. f. analyt. Chem. I, 106. '') Note on the examination of Water of Tawns for its hiirdness and for the encrustation it deposits on boiling in Jahresber. fiir Chem. 1850, 608. — 143 — il motivo, studiando l'azione isolata dei singoli acidi grassi del sapone su i sali di calcio e di magnesio (1). Malgrado, ciò nella pratica il saggio col sapone , grazie alla rapida e facile esecu- zione, è rapido e però molto comodo per far conoscere se un'acqua possa servire agli usi domestici od industriali. Allo scopo di rendere più comprensibile la determinazione volumetrica della durezza, fondandola completamente sul sistema decimale, ho immaginato un metodo che mi pare offra maggiori vantaggi pratici e sia più in armonia con le moderne cognizioni su lo stato delle sostanze saline in soluzione acquosa {cataioni e anioni). Difatti, mentre la soluzione di sapone viene impiegata con buretta come nel metodo di Clark , la lettura dei cm-^ di essa consumati dà direttamente i gradi in centigrammi di calcio. Dal momento che i gradi di durezza rappresentano sostanze a cui convenzionalmente si riferiscono i sali di calcio e di magnesio delle acque, io ho creduto di adottare un nuovo grado di durezza, cioè il grado italiano , il quale rappresenta un centigramma di calcio per un litro di acqua. Se questo metodo avrà benevola accoglienza, vorrei proporre di chiamarlo metodo italiano. . Ed ora eccone senz'altro la descrizione. 1. Si sciolgono gr. 0,601 di cloruro di bario cristallizzato puro e secco (BaCl2-l-2H20) in acqua distillata da fare un litro. Questa quantità di bario corrisponde a gr. 0,10 di calcio e quindi a 10 gradi italiani di durezza. 2. Si disciolgono 30 parti di sapone potassico in 1000 di alcool a 560 (d=r 0,9213). Per titolare la soluzione di sapone, si versano 100 cm^ di soluzione di cloruro di bario in una boccetta a tappo smerigliato della capacità di circa 200 cm^ e vi si fa cadere da una buretta graduata al decimo di cm^ la soluzione di sapone fino ad avere la schiuma alta ^2 centimetro e persistente per 5 minuti. La soluzione di sapone è corretta quando la schiuma tipica si ha col consumo di 10 cm^ di sapone. Ma poiché quella preparata è più concentrata, se ne farà la correzione al solito modo. Ora , poiché la soluzione corretta è tale che 10 cm"^ di essa contengono il sapone necessario a dare la schiuma con i 10 mg. di Ca in 100 di acqua, è evidente che i centimetri cubici di so- luzione di sapone rappresentano altrettanti gradi italiani di du- rezza. — 144 — Ogni cm^ di soluzione di sapone corrisponde alle seguenti quantità di carbonato , di ossido di calcio e di calcio nei tre metodi : CaCOg CaO Ca 0,00366 0,001 K4 0,00130 metodo francese 0,00476 0,00266 0,00188 » tedesco 0,00261 0,00140 0,00100 » italiano Un grado di durezza italiano corrisponde a 1,4 tedesco , a 2,5 francese. Pertanto il mio metodo : è più esatto di quello francese , perchè adopero una buretta graduata al decimo di cm.'' ed una soluzione di sapone più diluita ; è più rapido di quello tedesco, perchè non si fanno calcoli ; è più moderno, perchè il grado rap- presenta un centigramma di calcio e non carbonato od ossido di calcio. Napoh", Istituto dlgiene della R. Università, 20 Maggio 1902. Su la determinazione acidimetrica mediante 1' acqua di calce — Nota del socio Ugo Milone. (Tornata del 1.» giugno 1902) Si conoscono parecchi acidimetrl , cioè apparecchi destinati alla determinazione acidimetrica di varii liquidi mediante l'acqua di calce, la quale, allo stato di saturazione, alla temperatura or- dinaria contiene disciolta una costante quantità di ossido idrato di calcio , corrispondente quindi ad una soluzione titolata empirica. Scopo di questa mia nota è quello di presentare quest'apparecchio, il quale mostra abbastanza chiaraìnente il mòdo di funzionare. Elimino l'impiego di spe- ciale buretta e sostituisco quel rigonfia- mento o bolla che si trova in alcuni acidi- metri vantaggiosissimamente col pallon- cino , con tappo a doppio foro, uno per la buretta e l'altro per un bastoncino di vetro per l'aria da fare entrare. Nel pal- loncino con una pipetta si fa dapprima scorrere un quantitativo determinato di acqua di calce (10 cm^j e quindi dalla buretta il liquido acido fino a reazione completa. Gì indicatori saranno variabili a se- conda dei casi. Ho esperimentato col vino e con l'a- ceto ed ho avuto risultati migliori degli ordinarii acidimetri. La cosa importante è di usare una buretta da cui il liquido scorra esattamente a goccia. Operando cosi, si hanno risultati molto esatti. Napoli, Istituto d'Igiene della E. Università, 20 Maggio 1902. 10 Il nervo del cuore nello Scorpione — Nota del socio G. POLIUE. (Tornata del 22 giugno 1902) Lungo la linea mediana del vaso dorsale dei Miriapodi , fu 'notato un cordone,- che dapprima fu creduto un vaso sanguigno. Più tardi fu osservato ancora nel Peripatus e, stante la grande affinità col cosidetto cordone syìignoso (spongiòsen Stbange) dei Pla- telminti, fu considerato come un nervo. Lungo il suo decorso sono state trovate delle cellule gangliari, onde qualcuno è giunto ad affermare clie si tratti addirittura di una catena gangliare dor- sale. Tutti coloro che più recentemente si sono occupati dell'ar- gomento, si sono sforzati a cercare le relazioni di questo nervo con i centri nervosi cefalici, nessuno però ha dimostrato di averle trovate. Io son riuscito ad osservarle con evidenza nello Scor- pione. Debbo dire, intanto, che se di questo nervo si è molto par- lato nei Miriapodi e negli Onicofori, non se ne è parlato affatto negli altri Artropodi. E se negP insetti la sua presenza non è ne- cessaria, perchè vi troviamo un centro nervoso del sistema sto- matogastrico che manda nervi al cuore, non possiamo dire lo stesso negli Aracnidi , in cui , a volere arrestarsi alle cognizioni che finora si hanno, quest'organo non avrebbe alcuna innervazione speciale. Nello Scorpione il nervo epicartUco 1' ho riscontrato anche sotto forma di un cordone longitudinale, comportantesi nell'istesso modo come nei Miriapodi e negli Onicofori. Mai però, nelle mie dissezioni mi è riuscito di seguirlo fino alla sua origine. Fa soltanto con una serie assolutamente completa di tagli dell'intero animale adulto, spogliato del rivestimento chitinoso, che io ho potuto osservare questo nervo lungo tutto il suo cam- mino, e notare le sue relazioni con la massa nervosa sopraesofagea. Esso non è sempre unico, ma nel torace è diviso in due rami, onde sfugge nelle dissezioni, sia perchè lo si cerca sempre unico e sulla linea mediana, sia perchè i due rami aderiscono talmente agli organi circostanti, che riesce impossibile isolarli con gli aghi „ 147 - Possiamo quiadi dire clie il nervo epicardico, benché appaia come un nervo solo , partuttavia risulta dalla fusione di due nervi. Questi due nervi partono dalla parte posteriore del proto- cerebron. Essi sono in relazione con quella parte del cervello chia- mata organo stratificato posteriore, a cui finora non s' era potuto dare un' interpetrazione in nessuno degli Aracnidi. Per un bre- vissimo tratto questi due nervi vanno lungo l'esofago, lateralmente a due vasi sopraesofagei ; poi si dispongono lungo le pareti late- rali inferiori del vaso dorsale; ma a misura che procedono, si avan- zano verso la faccia superiore, accostandosi sempre di più , fino a che si fondono in un nervo solo , che corre diritto lungo la linea mediana del cuore, assottigliandosi verso la parte posteriore di questo e gradatamente scomparendo nel postaddome. Il nervo epicardlco, quindi, è in relazione con un centro ner • voso stomatogastrico omologo al paio di gangli stomatogastrici anteriori degl' Insetti. Esso quindi diviene notevole sia perchè permette di interpretare 1' organo stratificato , sia perchè per il suo modo di comportarsi avvicina ancora gli Aracnidi ad Artro- podi primitivi, quali sono i Miriapodi e gli Onicofori. Dirò che l' organo stratificato si compone di due segmenti : il superiore in relazione con i nervi del cuore e l' inferiore in relazione con un altro paio di nervi che vanno alle appendici dell' intestino e forse anche ai muscoli laterali del corpo. Possia- mo quindi ritenere che Yorgano stratificato posteriore del cervello dello Scorpione è costituito dalla fusione di due centri stomato- gastrici. Oltre i suesposti, ho potuto notare anche altri nervi stoma- togastrici : tutti insieme formano un sistema nervoso complesso, che io ho trovato perfettamente omologabile a quello degl' Insetti e che ci fa conchiudere che negli Aracnidi esiste uno stomatoga- strico bene sviluppato, mentre dalla esiguità delle osservazioni finora note si sarebbe condotti a credere che esso sia quasi del tutto mancante. Di questo sistema nervoso stomatogastrico dello Scorpione, mi occuperò estesamente in un prossimo lavoro. Giugno 1902. Sopra alcuni alberi long-evi di Cava dei Tirreni. — Nota del socio Leopoldo Marcello. (Tornata del 22 giugno 1902) Essendo piuttosto scarse le notizie che si hanno sugli alberi longevi dell' Italia meridionale, ed avendone in Cava dei Tirreni trovati di veramente apprezzabili, non credo fuor di opera redi- gere una piccola nota in proposito. Una delle attrattive della regione cavese è una specie di cac- cia che chiamano il giuoco dei colombi. Qaesto gioco ha ben an- tica origine, giacche rimonta al 700, o forse anche prima, e co- stituisce uno sport speciale , del quale , per quanto mi costa , si trova qualche cosa di simile nelle montagne iberiche, In vicinanza appunto dei giuochi (sito in cui si distendono le reti per la caccia suddetta) si vedono diversi alberi annosi, di CUI alcuni lasciano ammirare le loro ampie e superbe chiome. Alla Valle vi è un' elee {Quercus Ilex) ohe raggiunge un'al- tezza totale di 24 metri, mentre il pedale, relativamente corto, misura solo metri 3,32 ; questo ha una circonferenza , alla base di metri 8,37, ed al di sotto delle ramificazioni di metri 5,83. La chioma, veramente gigantesca, presenta, nella sua parte più larga , un diametro di 22 metri , ed ha 6 rami principali e ben 28 rami secondari. Questi prima erano 30, come può benis- simo scorgersi da una cicatrice rimasta dal taglio di uno di essi e da una grande erosione, opera certamente del fulmine, la quale lascia vedere solamente un moncone dell'altro ramo distrutto. Si può ritenere che quest'elee, coasiderato anche che vegeta nella roccia compatta (dolomite), sia più che millenaria. Pure notevoli sono altre due elei ed uu tiglio che si tro- vano alla Costa, presso la collina di S. Croce. Delle elei, una sorge proprio nella parte più alta del piano, l'altra, più in basso, lateralmente al piano stesso. La prima, che ha un x>edale di 7 metri, oltrepassa 15 metri di altezza , e la circonferenza del tronco , alla base , è di metri — 149 - 5,35, e sotto le ramificazioui , di metri 2,83 ; il diametro della chioma è più di 15 metri ; mostra inoltre 3 rami priucipali e 10 secondari. Originariamente però i rami principali erano 4, ora uno è scomparso perchè distrutto dal fulmine. L'altra, la laterale al piano, ha un pedale, piuttosto corto, di 3 metri soltanto, ma complessivamente si eleva per più di 13 me- tri ; presenta una circonferenza del tronco, alla base, di metri 5.30. e sotto i rami di metri 4,20. Anche questa pianta dovette essere bersaglio del fulmine . giacché dei due rami principali, in cui il fusto si biforcava, è rimasto uno solo ; inoltre il pedale, in continuazione della grande cicatrice che si scorge, e fino alla base , mostra tracce più che evidenti del danno patito ; ed anzi, inferiormente, ha una porzione staccata dal tronco restante e dalle radici, alcune delle quali sono distrutte. I rami secondari, derivanti dall' unico principale super- stite, sono 6 e formano, ramificandosi a loro volta, una chioma del diametro di metri 9,50; le branche radicali, che rimangono ancora incolumi, fuorescono, per un certo tratto, dal terreno, rag- giungono il numero di 7 e sono abbastanza grosse. Il tiglio ha un pedale alto metri 5 e , fino alla sommità misura metri 16,35 ; presenta, alla base, una circonferenza di me- tri 4, 43, e sotto le ramificazioni, di metri 3,35 ; conta inoltre 9 rami principali molto sviluppati, ed una chioma, il cui diametro supera i 12 metri. Presso i giuochi della Serra, di Arco, di Campitello si no- tano pure alberi abbastanza grandi, quasi sempre elei e tigli. Nel versante opposto di Cava poi, nell'occidentale, vi è una chiesa, detta di S. Cesareo, innanzi a cui, ed in mezzo ad una piazzetta sorge un bellissimo a grandissimo tiglio (Tilia eiirojKiea). Esso è alto poco meno di 30 metri, ed il pedale raggiunge appena metri 2,30 ; ha una circonferenza, al di sopra delle radici, di metri 4.50, ed al di sotto delle ramificazioni di metri 4. La sua chioma, grandemente espansa^ ha un diametro di metri 16,50 e consta di 5 rami principali e 20 secondari, oltre a tre cicatrici di rami abrasi. Due dei rami principali appaiono come la biforcazione del fusto e sono molto notevoli, uno avendo, nella parte più grossa, una circonferenza di metri 3,43, l'altro una circonferenza di metri 3,20. Alla base poi, che ha una circonferenza di metri 9,65, si mo- strano scoverte, per quasi un metro e mezzo di altezza, le branche radicali esistenti, che sono 13, non che le cicatrici di 8 branche radicali tagliate. — 150 — Questo tiglio dev'essere al certo vecchissimo, ed è facile che sia stato piantato quando fu costruita la chiesa di S. Cesareo, di cui si trovano notizie sin dalla metà del IX secolo, o pure quando fu edificata quella di S. Maria della Peschiera, prospiciente an- ch'essa sulla piazzetta, e che si ritiene più antica. L'attuale chiesa di S. Cesareo, però fu, nel 1766, rifatta sul- l'antica, che pare avesse anche una forma diversa, e dovette es- sere allora che per fare una piazzetta continua innanzi ad essa, fu tolta della terra intorno al tiglio, per cui, come sopra ho ripor- tato, le radici furono, per un bel tratto scoverte ed alcune anche tagliate. Sulla correlazione dei fenomeni vulcano-sismici con le perturbazioni magnetiche all'Osservatorio Ve- suviano. — Nota del socio G. Di Paola, (Tornata del 20 luglio 1902) Da quasi tre anni ho seguito con assidua sorveglianza , al- l'Osservatorio Vesuviano, il magnetometro differenziale Lamont. apparecchio ordinato a conoscere le variazioni relative dei tre ele- menti del magnetismo terrestre. Dalle osservazioni fatte trassi argomento per indagare la na- tura delle agitazioni che spesso patiscono gli aghi calamitati (o- scillazioni verticali ed orizzontali), che potrebbero dipendere da due cagioni: o da un effetto puramente meccanico del suolo, ov- vero da azioni elettro-magnetiche. Per eseguire queste indagini mi sono avvalso di un appara- tino di confronto, formato da un ago di rame simile a quello di declinazione. E noto, intanto, come gli aghi magnetici presentano alcune volte dei moti istantanei ed accidentali, che si distinguono netta- mente dalle variazioni regolari o periodiche ; questi moti sono do- vuti a parecchie cause, tra cui, la più efficace e la più certa, l'au- rora polare (a). Ma in occasione di terremoti e di manifestazioni vulcaniche, si sono visti gli aghi calamitati rimossi dalla loro gia- citura, modificando il loro andamento regolare. Queste anomalie apparse negli aghi magnetici, durante i ter- remoti e in occasione di parosismi vesuviani , furono notate da molti osservatori , come ci attestano il P. Beccaria \i, 1' Hum- (a) Durante i temporali vicini, all'Osservatorio, le folgori hanno influenza sull'ago calamitato, come ho potuto verificare in parecchi temporali, nell' a- gosto 1901. — L'eclisse di sole sembra avere una influenza sull'ago magne- tico. Però nell'eclisse solare parziale avvenuto il 28 Maggio 1900, feci osser- vazioni per tre giorni consecutivi (27-28-29) di mezz'ora in mezz'ora dalle 5^ alle 19'» , e non riscontrai alcuna perturbazione. 1) M. S. De Rossi — La meteorologia endogena (pag. 59-126) Voi. I. Mi- lano, 1879. (Si trova un lungo capitolo sui fenomeni elettro-magnetici sotto il punto di vista dell'endodinamica). — 152 — boldt 1), l'Arago 2), il Pilla ^}, il P. della Torre ^) nella eruzione del 1767, ed il Palmieri in quella del 1855. Vi furono osservatori diligenti che intrapresero delle indagini sulle perturbazioni magneto-sismiche per ricercarne la causa, ma ebbero risultati dubbi ; in questa conclusione pervenne lo stesso P. Secchi nella « Escursione scientifica fatta a Norcia ad occa- sione dei terremoti del 22 Agosto 1859 ». Ma il fatto che richiamò l'attenzione generale di questo spe- ciale fenomeno fu, da prima, il terremoto andaluso del 25 dicembre 1884, durante il quale si videro influenzati gli aghi magnetici neo-li osservatorii di Greenwicli in Inghilterra, di Lisbona e di Wilhemshaven in Grermania ^), e, poi il famoso terremoto ligure, avvenuto il 23 febbraio 1887, il cui radiante sismico fu il golfo di Genova (lungo la linea die da Albissone e Savona si protende sino a Mentane e Nizza). Durante quest'ultimo terremoto gli aghi maguetici dei regi- stratori furono perturbati in quasi tutti gli osservatori di Eu- ropa. Fu in quest' occasione che tra gli scienziati *') s' ingaggia- rono delle discussioni, venendo a conclusioni opposte, e, cioè, alcuni credettero essere queste perturbazioni originate da azioni elettro- magnetiche, che agendo sull' apparecchio stesso ne han fatto va- riare la posizione dell'ago; ed altri le ritennero dovute unicamente a scuotimento di suolo. Fu merito del Palmieri "') ^) essere stato 1) Humboldt — Cosmos. Tom. I, pag. 298. ') Arago — Astronomie populaire. Tom. IV, pag. 595. 3) Pir-LA — Istoria del terremoto di Toscana del 14 agosto 1846, p. 99. •*) P. DELLA Torre — Storia e fenomeni del Vesuvio (pag. 38 del supple- mento) Napoli, 1768. 5) FouQUÉ F. - Les tremblements de terre. Paris 1886, pag. 121. 6) V. Comptes Eendus. Tom. CIV. I Sem. pag. 606, 634, 744, 1238-45 e 1350-52. ■J) GuARiNi, L. Palmieri ed A Scacchi— Memoria sullo Incendio Vesuviano del mese di maggio 1855 — R. Acc. di Scienze di Napoli^ 1853. 8) Il Carlini, astronomo di larga riputazione e di indiscusso valore , di- rettore dell'Osservatorio di Brera (1833-62), nel 1842 scrisse una lettera al se- gretario dell'Accademia di Verona, dicendo : « Molte volte i nostri grossi aghi « fmagnetici) sospesi ci hanno indicate le scosse sotterranee avvenute in luo- « ghi remoti; il che, secondo il mio sentimento, avviene non già per un'in- « fluenza magnetica, ma per una semplice scossa meccanica comunicata al « centro di gravità dell'ago pendente da un sottilissimo filo ». Poi 'il Carlini ') 2) consiglia di sospendere una grossa palla di piombo ad un filo verticale, in modo che può conservare le vibrazioni ricevute ed in- dicarle urtando in alcuni corpi leggieri. 1) GoviAN A. " Seconda appendice al catalogo dei terremoti Veronesi „ Accademia di Afiricoltnra, arti e commercio di Verona, voi. LXVII. serie 3», pag. 42, 1892. 2) Agamennone — E,. Accademia dei Lincei, voi. II, maggio 1893. — 153 — il primo a mettere in evidenza la necessità di discernere i moti dinamici dell'ago calamitato dalle agitazioni meccaniche, consi- o-liando insieme alle osservazioni del magnetismo terrestre quelle sismometriche. Ma chi istituì osservazioni sperimentali di interesse scienti- fico, è stato il Moureaux, direttore dell'Osservatorio magnetico del Pare di Saint-Maur a Parigi. Egli si è servito di un magnetografo di Mascart i) e di una sbarra di rame portata da una sospensione bifilare, munito di uno specchio che inscrive i suoi movimenti sul registratore stesso delle variazioni magnetiche. Il Moureaux 2) col suo bifilare dinamico, in occasione di ter- remoti, ha raccolto diversi diagrammi ottenuti in segaito a per- 1) Lumière Electrique — Tome XXIX, pag. 543. 2) Con le osservazioni stabilite dal Moureax la quistione sembrerebbe risoluta, invece il D.r Agamennone i). sin dal 1890, dimostrò cbiaramente che per uno stesso scuotimento impresso alla sbarra di rame e a quella calami- tata , il vantaggio in quanto a sensibilità sta sempre dalla parte di que- st' ultima. Il calcolo può essere condotto facilmente in questo modo. Un ago calamitato (sospensione unifilare) deviato per un angolo 0 dal me- ridiano magnetico , tenendo conto della torsione del filo , ha il momento e- spresso da G = MH sen tì essendo M il momento magnetico e H la componente orizzontale del magne- tismo terrestre. Per un magnetometro bifilare invece la sensibilità è diminuita , e il coefficiente di torsione C è proporzionale alla carica, alle due distanze dei punti di attacco e in ragione inversa della lunghezza dei fili. Sicché, per una tor- sione e la coppia che tende a ricondurre il sistema verso la posizione d'equi- librio è ab „ mg ~j- sen H onde mg —r- sen 6 = C sen 9 Per la deviazione ò prodotta dalla torsione 6 la condizione di equilibrio della .sbarra è data da C sen (0 - 5) = MH sen 5 (1) Allora il momento con cui la sbarra bifilare, rimossa dal meridiano ma- gnetico di un angolo 5, tende a ritornare alla sua posiziono di equilibrio è : G = MH sen d - C sen (G - 5) (2) 1) Eendiconti Accademia dei Lincei (pag. 21) 1890. — 154 — turbazioni registrate dagli aghi magnetici, e in diverse circostanze ha trovato che le curve magnetiche sono d'un carattere speciale, mentre la traccia corrispondente alla sbarra di rame è in linea retta; sicché egli ha potuto concludere che l'agitazione degli aghi Differenziamo rispetto a S dG = dS [MH cos 5 -f C cos (9 - ò)] ' (3) Dalla (1) si ha e sapendo che per la (4) sai'à , ^ MH sen 5 sen (6 - 6) = -—— (4) cos (e - §) = 1/ 1 — sen 2 (6 - S) V/C2 - MH2 sen2S COS (6 - S) = -^ -^ \P) \j donde la (3) dG = d5(MHcos 5 + ^C2 — MH2seii2 s) (^) E noto come lo strumento (bifilare) si dispone in modo, che per una in- tensità media l'ago si trovi perpendicolare al meridiano magnetico, per evi- tare gli errori provenienti dalle variazioni della declinazione e per avere me- glio indicate le più piccole variazioni nella componente orizzontale. Quindi per 5 = 90" la (5j e la (6) diventeranno y C2-MH2 cos (0 — 90c ) = sen tì C onde C sen e = 1/ C2 -MH2 (5)- d 5 — dG _ dG ''~V/c2:ilm2^csene («)' Quest' iiltinia espressione ci i-appi'esenta il grado di sensibilità del bifi- lare magnetico. Sostituiamo , ora , alla sbarra di acciaio una di rame , tra- scui'ando il momento d'inerzia, essendo piccolissima T influenza, e poiché la sbarra di rame non ha polarità magnetica,' deviata dalla sua posizione d' e- quilibrio, e tenuto conto della torsione, essa tenderà a ritornarvi con un certo momento di rotazione, quindi la (3) diventerà dG' = dd' C donde d.'=f: (7) — 155 — sia prodotta da correnti elettriche. In queste idee convenne la commissione inglese del Krakatoa ^) nel 1888, che non trovò al- cuna connessione eifettiva tra i due ordini di fenomeni sismico e magnetico. E il Mascart, l'illustre direttore dell'Ufficio Centrale di Meteorologia di Parigi, nell'ultima edizione del suo Traité de Magnetisme terrestre cosi si esprime : « Sans pouvoir étre affir- « matif sur une question qui donne lieu à beaucoup de contro- « verses^ il nous semble donc que les troubles indiqués par les « appareils magnetiques , à l' epoque des tremblements de terre, « doivent étre attribués à des causes purement magnetiques ou « electriques, plùtot qu'à une trasmission mécanique des secousses « du sol » ^). Questo è l'argomento che mi ha indotto a fare delle osser- vazioni per potere aggiungere alcuni fatti che potrebbero contri- buire a provare che le perturbazioni magnetiche, in occasione di azioni vulcaniche o di terremoti, sono dovute allo scuotimento del suolo in seguito al passaggio delle onde sismiche. Debbo far notare, dispiacevolmente, che l'Osservatorio è sprov- visto, tuttora, di magnetometri grafici, e, quindi ho dovuto pro- fittare dell'apparecchio di variazione di Lamont, quello stesso che fece vedere, al Palmieri, l'ago di dedicazione mettersi in sensibili ed insolite perturbazioni, due giorni prima che l'incendio del 1855 si appalesasse. Il sudetto apparecchio venne fatto riparare, dietro mia inizia- tiva, dall'abile meccanico del Reale Osservatorio Astronomico di Capodimonte, ed installato nell'Osservatorio Vesuviano in Agosto 1899. Dividendo quest'ultima con la (6)' e supponendo dG = dG' si ha il rap- porto -^' = sen9 (8) Questa formola ci mostra che il vantaggio per la sensibilità è per la sbarra calamitata, nel caso che alle due sbarre sia stato comunicato un mo- vimento di rotazione azimutale, che è quello che dovrà avvenire quando vi ha scuotimento meccanico del suolo, per avere un' anomalia nelle curve t'o- tografiche. 1) The Eruption of Kraiatoa and subsequeiit pheuomena (Report of the Krakatoa committee of the Royal Society) pag. 465 — Comptes Rendus — To- me CXXXIX — I Sem. 1902, pag. 1325. 2) Mascart — Traité de Magnetisme terrestre (pag. 400) Paris, 1900 (Gau- thier-Villars). — 15() — Le parti prÌDcipali del magnetometro i) souo tre aghi di de- clinazione leggieri, unifilari, del peso ciascuno di gr. 1,1137 e col- locati innanzi a tre cannocchiali che portano delle scale di vetro, divise in millimetri, le quali si riflettono su specchi circolari che trovansi nel mezzo degli aghi. Di questi aghi, due servono per la componente orizzontale e verticale, ed uno per la declinazione. Lo stesso meccanico esegai l'apparatino di confronto indipendente, con l'ago di rame della medesima forma e peso di uno di quei calamitati, con sospensione bifilare, come suggerì il Palmieri 2j , per meglio dirigerlo a piacimento. L'ago di rame, ch'io chiamo ago testimone^ e quello di decli- nazione sono collocati su pilastri, ad una distanza eguale di me- tri 2 dallo specchio alla scala, e ciò perchè i moti oscillatori delle sospensioni non siano diflferentemente percepiti nei rispettivi campi visivi. Con quest'apparecchio pendolare si può apprezzare il de- cimo di millimetro, avendo calcolato per 1 millimetro della scala un valore angolare di 51 ",57 ^). 1) Poggendorff Annalen LXXXII, pag. 440, CXII, pag. 606. Palmieri —Nuove lezioni di fisica sperimentale e di fisica terrestre (pag. 869-874) Napoli, 1883. 2) Palmieri — Sull' incendio vesuviano del 1867-68 — E. Acc. di Scienze Fisiche e Matem. di Napoli. Voi. IV, pag. 24. 3) Ho condotto il calcolo servendomi del metodo subiettivo dovuto a Pog- gendorfF e a Gauss. Intatti per la disposizione dell'apparecchio, come si vede 5" .Oc SS=^scala C=^cannocchialetto ;=distanza specchio alla scala J/==specchio S e — 157 — Dai registri dell'Osservatorio, senza riportare la lunga serie di osservazioni, ricavo i fatti più notevoli, sufficienti per mo- strare il carattere di concordanza e di simultaneità tra le oscil- lazioni dell'ago calamitato e quello di rame. Nel 1900 si ebbero diverse fasi di recrudescenza nell'attività dinamica del Vesuvio, e di queste riporto le registrazioni avute nel periodo di Maggio, Settembre e Novembre. Nei due anni successivi, il Vesuvio continuò nella fase strom- boliana, ma senza vere fasi cospicue nel dinamismo, tranne qual- che giorno nel Febbraio 1901 ; ciò non pertanto si registrarono varie anomalie negli aghi magnetici, come si scorge dagli spec- chietti riportati. In ultimo ho segnalato due scosse di. terremoti, registrate dal Sismografo elettro-magnetico Palmieri, e le perturbazioni con^'O- mitanti avute nell'ago calamitato e in quello di rame. dalla figura, si ha che per un angolo a di deviazione, col cannocchialetto si legge una lunghezza 5 tale che tg 2 a = _ da cui a = - — are tg -p 2 ° / Sviluppando in serie are tg— trascurando i termini che contengono -,- ad una potenza superiore alla o.* l(l_ll!)....(i) Applicando al caso nostro l = 2000 millimetri S =^ 1 millimetro a = 0,00025 in parti di raggio. Ora nel raggio 1 si contengono 206264",8 (.secondi), quindi 1 : 206264'',8 : : 0,00025 : x = secondi = 51", 57. — 168 3 o E-t<5 O 35 ^ -DO) S -=^ ^ " •'^ ^ o g £; a ^d <» a " ^ O ^ 'S •-= o r S H 05 o CO Ti 0 d U O e ^ ^ ^§.25 ;=! ^^^ 03 05 05 -. ■*^ t< r- r' =! O " S g 05 O .^"05 ^ 5 ;^ '^ o o '-7 -d a, 'o Ì2 O cr'i— I -2 ":e^ '5 e bO 05 cS OS f> tn .^ ? ^ 0 — • > 2 ,-1 C 0 cS a 0 M :;h -5 'Ci 0 CS 0 0 ^ S2^ cS r/1 0 •= .2 ^ Ci bC t« bu «0 ^ ", 'Si 4) ^^^^ ;- ci 0 • -- 1 -rp"^ 1;- C3 3 eS 05 !=! J;; -tj a P -P OJ O d (^ o a rt o s §.s a K- c3-- c3 t» H O :3 VI 3 = ^ ri M 4^ '^ ^ "^ 'S "^ 05 2 ^ 05 !S] 05 U •— -— ' ^ « 05 2'3r^ ce y. 05 «05-^ o ce a eS -u 05 sa ^5 NO — e -r; : ca 5S ^— ' ce bJD o *^ .ti 1— I • 05 ^ t: ' ii S cs 3 ;r: re ® c5 ^ «r-- S > 05 9-, ce =3 oS _ o p .2 ^ o • ii 05 ^ ^ S 2 05 'bb ':2 ci .-: d ?^ os ■? S.2 " o-S O bC 05 bC 03 > O • ^ ?^ > s ^" 05 d 05 a ^ ^ Qj 'TS !^ o'p-g 2 ^ -H -O 05 -2 '^-2^ cj o3 :'■' '" '^ ^ 0 ^^ a-H3 ni de ere g - Fu mo d 05 d 05 0 -ki ' Uì Ti (]> N ij +j d r-i Tj 0 5 05 s-^^.s &( ._: 05 05 '^ ^ '^ ^ O rd ."t, T^ '55 ^ 53 f-i £„ JTl ■>^ ..i 5 -^ ^ ^1 -4-J r^ -^ (D -o ;d 05 " ® ^- ^3 ci ^ 2 "^1- 'Ce rti !h O i-H , •" cé cS "(DO 0» .2 05 O '^ 05 a Cu =! 05 [^ ci o 05 o o a s g ri 05-- ^ i^ r/i C3 05 05 cn 03 C/3 ce O O OQ Q ^r^ d ® ce co s Sd 8^!^ - > 1^ ain O 05 "5h o =« 2 -:^ a O 05 » 05 Q ri CB 4^ ri " a Oj— . 05 s^ a d > O cS cs s d ce 4J co .OJ co !> .ti «^ ri r^ . 05 a S ^ " 05 ce ri Ph O O; "" !-i Ol 'd 05 .d O bD 05 -^ S i! 05 a "^ bn ri Si^ |g rH M 'X P^ — 159 — Il 13 maggio il Vesuvio ripigliò la sua attività stromboliana e non mancarono fortissime esplosioni, alle quali corrisposero agi- tazioni negli aghi Dopo questo periodo esplosivo vi furono altri incrementi di attività, ma di minor conto. Cosi nel 27 luglio dello stesso anno nelle ore pomeridiane avvenne qualche esplosione molto violenta con grossi proietti, e si notarono oscillazioni nel- r ago di declinazione , fin dalle ore 15 , con una deflessione di mm. 14 tra 26-40, e nell'ago di rame oscillazioni tra 30-41. SetterciTore 1900 Nel mese di setteoibre del 1900 vi fu una fase di re- crudescenza nell'attività di- namica del Vesuvio. Le e- splosioui di pietre infuocate cominciarono accentuate il giorno 2 , con torti boati e vivissimi riverberi, e prose- guirono il b, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11. I) giorno 11 i boati erano udibili da Resina. Il giorno 12 e 13 l'attività sce- mò e il 14 era facile l'ac- cesso su] cratere. Aoo di flecllnazioDe ■ Ago testimone ili rame In questo periodo l'ago magnetico ebbe continue e sensibili oscillazioni verticali , con maggiore accen- tuazione nei giorni 3 e 11. L'ago testimone di rame segui le oscilla- zioni patite dall' ago di declinazione, oscil- lando continuamente in senso verticale e mostrando maggiore abitazione nei giorni 3'^e 11. IsTovemlore 1900 iDioamisnio del Vesuvio —Nof. 1900 Ago magnetico di declin. Aoo testimone di rame la questo mese si ebbe una j L'ago calamitato di altra fase di recrudescenza I declinazione, durante del Vesuvio. Questa fase co- questo periodo, ebbe minciò il giorno 6 ; nel di seguente il dinamismo del cratere fu molto pi'onanziato nelle sole ore antimeridiane con fortissime esplosioni e boati, udibili dai paesi cir- convicini. Dal di 8 sino a quasi tutto Novembre l'atti- vità fu sempre animatissi- raa ; ma i giorni di più forte dinamismo furono i giorni 16, 20, 27. sempre forti oscilla- zioni verticali , ed i giorni in cui fu più f jrtemeiite agitato fu- rono il 7 ed il 27. L'ago di rame pati forti oscillazioni ver- ticali , con agitazioni più sensibili nei gior- ni 7 e 27. — 160 — Dal B al 16 Dicembre dello stesso anno 1900 il Vesuvio fu sempre attivo, con fortissime esplosioni accompagnate da boati, e in coincidenza si notarono oscillazioni verticali all' ago magne- tico e all'ago di rame. -A-niio 1901 — Feloloraio 1901 15, 16 e 17— La sera del 15 alle ore 21 circa vi furono fortissimi boati , udibili da Napoli , con grandiose pro- iezioni di lava, della durata di circa iin'ora. L' attività dinamica , con buffi di cenere e getto di brandelli di lava , continuò il 16 e 17. 18 — Nella mattina appe- na 3 forti boati. Dopo l'attività della sera del 15, nel giorno seguente e poi nel 17, si notarono forti oscil- lazioni verticali e o- rizzontali e l'ago usci fuori i limiti della scala. Oscillaz. verticali. L'ago nei giorni 16 17 fu agitato con o- scillazioni verticali e orizzontali ; la scala usci fuori il campo visivo. Oscillaz. verticali. Dal 23 Febbraio 1901 a tutto Marzo , Aprile e Maggio , il Vesuvio si mantenne m una modestissima fase di attività strom- boliana ; l'ago magnetico di declinazione pati spesso oscillazioni verticali ed orizzontali, simultaneamente 1' ago di rame si man- tenne agitato con oscillazioni verticali ed orizzontali. IS- -Xì lO L^ lO L ' co co co óòóóòoóocl) TlCO-tliO-f^i-H'-li-l H 0 H 0 •H O CPl CO <» <-< r! > +-> aj g^l C3 O O 'ShO "ri a) r; -u r/) n3 m a -ci a o > cu ce rC-O +i ^ w '-i2 ri ■Z, .2 -a ^ o ._■ rH •_;3 > .3 S r' ;:^ ' ,_, ^ tuo 0) > -u 'S ••-^ a « « « R « o 'y 'tsi (Z! o "o ■73 o LO O O O Ol (5> CD O IO IO lO ó ò ò ó c::q iC IO -H '^ 't3 c3 « J, j5 R J, ^^ CC3 =3 -M ci '~^ •rH _CJ 0:3 "ci o « J, O ^ > c=> N s 'a ,^ *^ > _o "So o 'n c^ • l-l ce faX) ca s o 'o o s « o s ^ CD ci 0) - a a o -S c3 eS ai CI3 o rH •rH 1 i-/3 o 1 ^ .2^ a ^ s-s CTS 6Xì « ■J^ CD Q ai bfi-j3 (=1 a, <1 o OS > a pi a) C3 c5 U C13 Ci Ol lO Ci Ol lO e=) 1— 1 iH 1—1 1— ( , 'cs co -t CO = Ol Ol Ct3 _ ^ ^^ o cr. O o Ci o P O o CO o o faJO O p^ ci ^ a 3j o s > a!? co '^ a-* a C3 =^ =" O ^ bCi= IS ^ -^ o o pi o ' fM CO , CO " o :^ ^ bC.a-;:: N 5 Ci o) -t-i co a =S A , -t^ co 03 '13 Ci - o a •2 2^1 a ^ > » •rH 03 O ^ O CD ce ^ J ;:3 ai bC o CD .J2 geo a CD o :— 9. -9.^0 o -^ o — -*^ o a (E J cS O a -r! a tì (D Ph a 1^ Qj =: i^ 1 S <» , H ^-^ T! -Ui - a Ph a -- =3 ^ 4j jj r— I 2 S ® ai > bX) aO ^H 1 I CO e o3 O^ ■^..4 6=^:3 c3 o3 o S P o o ^ o a^' M .2 'CV'-iS ■ ■ IN ^=0 ^ a CN S a g ia O O ^ oS o O! O +3 co O a.^ o ,a .2 ._ o N bi)0 S^ Q 1^ (XI ^^ 8 CD ,0 Ph .2 S^ ® 2rS •^ arJ3 'T3 CB 49,3 «/o Densità 2,6 2,6 2,7 2,98 Isola di Ponza Silice 75,09 68,99 56,09 Isole Antille (Guadalupa) Sihce 74,11 69,66 — Colli Euganei Silice 74,68 68,56 61,47 49,42 48,71 1) Zeit. f. Krystall. u. Miu. di P. Grotli, voi. 8. — 191 — Monte Somma Silice — — 53,94 47,54 Vesuvio Silice — — 50,17 48,25 Etna Silice — — 55,66 48,45 « Ora sia per la graduale diminu/iione nella quantità di si- « lice dalla roccia tipo granitico all'ultimo tipo basaltico, che per « la differenza nei pesi specifici delle suddette rocce, si rileva il « graduale passaggio dalle rocce acide alle basiche i), metamor- « f'osi verificatesi , nelle località sopra indicate , nelle successive « eruzioni, come dalle ricerche di Cocchi, Lotti e Nessig risulta « che le rocce feldspatiche dell' Elba siano una modalità d' una « stessa formazione , e 1' istesso fatto rilevasi nella roccia d' Or- « ciatico presso Montecatini , che presenta tre tipi : la trachite « micacea identica a quella di Montecatini, una trachite a grana « minuta e una varietà nera, compatta, di aspetto basaltico. « L'isola di Pantelleria nelle sue successive eruzioni subac- « quee ci porge esempi indiscutibili del graduale passaggio di « una roccia da un tipo ad un altro, e, se esco dall'Italia, trovo « che simili fatti si ripetono nei vulcani d' Ungheria, che dap- « prima eruttarono trachiti, poi seguirono le andesiti e le claciti « e finalmente le rioliti ed i hasalti. « In Boemia invece le lave eruttate dai vulcani nello stesso « periodo di tempo furono dapprima delle fonoliti e quindi dei « has^alti (Richthofen). « Ma in Italia abbiamo ancora un fatto eloquentissimo e che « presenta un interesse speciale su le relazioni fra i graniti e le « trachiti ed è ciò che si vede nei Monti di Campiglia e Casta- « gneto nella Maremma Toscana. Da una massa di liparite cor- « dieritica ben caratterizzata, che presso Donoratico ha interes- « sato gli strati eocenici senza alterarli menomamente, dipartonsi « filoni che presso Campiglia attraversano i calcari del Lias in- « feri ore. 1) L. Ricciardi — Sul graduale passaggio delle rocce acide alle rocce ba- siche — Gazzetta Chimica Italiana. Voi. XVII, 1887. - 192 — « La roccia di questi filoni è un porfido quarzifero pure con « cordierifce « i). Le teorie , da me allora enunciate , furono trovate ardite, nondimeno si discussero specialmente perchè fondate sulla com- posizione chimica e sulla quantità di silice contenuta nelle rocce. L'ingegnere Romby giunse a dire che i fatti da me enun- ciati costituivano una legge. Il geologo Antonio Verri 2) accettando le mie osservazioni si espresse come segue : « I prodotti vulcanici successivamente « eruttati nel territorio Cimino , indicano non un aumento (di « silice), ma una diminuzione di acidità , e le osservazioni geo- « logiche combinano in massima colie vedute esposte dal Ric- « Ciardi nel suo lavoro Sulle rocco eruttive sottomarine ecc. e Sul « graduale passaggio delle rocce acide alle rocce basiche ». In questi giorni mi è poi capitato sott'occhio il trattato di Geologie et Mineralogie di Henri Charpentier , pubblicato nel 1000 ^); nel quale con viva soddisfazione ho rilevato che tanto il fatto del graduale passaggio delle rocce dal tipo acido al tipo basico , come la classificazione delle rocce in due perioc^i sono entrati ormai nel dominio della scienza geologica, poiché a pa- gina 20 si legge (juanto segue : « Les roches éruptives forment dans l'histoire du globe deux « sèries bien tranchées. La première , commencée au début de « l'ere primaire, continue pendant la première partie de l' ère se- « condarie; elle est caractérisée par la forte teneur en silice des « roches qui la composent. L'activité interne cesse ensuite de se « manifester dans les èpoques connues sous le noms de juras- « sique et de cretacee: puis, dans l'ere tertiarie et jusqu'aux temps « actuels, les roches éruptives viennent de nouveau se mèler aux « dépóts sédimentaires. « Cette seconde pèriode est caractérisée par des épanche- » ments de matières qui, encore acides au debut, devieunent de '< plus en plus basiques et de plus en plus lourdes. ) L. Ricciardi. L'Etna e l'eruzione del mese di Marzo 1883 — ^^^J del- l'Accademia Gioenia di Catania. Ser. III. Tomo XVII, pag. 219. — 197 — Composizione centesimale Anidride silicica 98,07 Sesquiossido di alluminio 1,02 Ossido ferroso tracce Ossido di calcio 0,81 Ossido di magnesio 0,12 Alcali tracce 100,02 Densità a + 21» C = 2,471 « Esposi all' azione del calore le singole parti costituenti le « bombe, ma non subirono perdite. « La composizione chimica dell'involucro può ritenersi iden- « tica a quella delle scorie e lave spugnose di questa eruzione « come i seguenti risultati dimostrano : Involucro Lava Anidride silicica 48,62 48,05 » solforica tracce tracce » fosforica 1,31 1,23 Cloro tracce tracce Sesquiossido di alluminio 14,17 14,56 » di ferro 4,18 5,09 Ossido ferroso 10,07 9,54 » di calcio 12,02 12,18 » » magnesio 5.49 5,S6 » » potassio 1,84 1,98 » » sodio 2,76 2,57 100,46 100,89 « L'essere state ejettate da una bocca ignivoma molte bombe il cui contenuto è di frammenti di quarzo, m'induce a credere che detti frammenti furono staccati da qualche deposito che deve trovarsi in quell'immenso baratro sotto il monte Etna, e la silice trasportata dai gassi, quando giunse nella zona in cui trovavasi il magma ignescente, si rivestì d'un leggiero invo- lucro di lava , prendendo la forma di pera per la forza cen- trifuga. « Ammetto che in quelle inaccessibili caverne debba trovarsi del quarzo depositato, perchè alcuni campioni che io posseggo sono stratificati e tra uno strato e 1' altro osservasi un tenue — 198 — « straterello di silice semi-vetrificata, la quale fa da cemento. La « sua composizione dimostra che è quarzo inquinato da piccola « quantità di sostanze estranee, oppure , si può ammettere , che « l'allumina, il ferro, la calce, ecc. derivino dalla presenza di fram- < menti di Labradorite mescolati col quarzo. « Ecco i risultati analitici della sostanza vetrificata in parola: Anidride silicica 94,70 Sesquiossido di alluminio 3,17 Ossido ferroso 0,53 Ossido di calcio 1,33 Ossido di magnesio 0,21 Alcali per differenza 0,06 100,00 « Teoria sulla formazione della lava — La genesi delle lave « vulcaniche è stato argomento che molti hanno preso a trattare « ma nessuno finoggi , secondo me , ha pubblicato fatti che ap- « paghino completamente gli scienziati. « Io volendo spiegare la formazione delle bombe di quarzo, « comtj dianzi ho detto, ammetto sotto l' Etna 1' esistenza di ca- « verne ed in esse deposito di quarzo; e la deposizione del quarzo « verrebbe fatta dall'acqua d'infiltrazione. « E noto che le acque, quando non contengono disciolte altre « sostanze che facilitano l'azione dissolvente, come l'anidride car- « bonica , 1' acido cloridrico e solforico^ che quasi sempre conten- « gono in soluzione nei terreni vulcanici, cadendo sul vulcano o « sopra altre rocce , si infiltrano e sciolgono piccole quantità di « silice. Avviene poi che quando l'acqua giunge nelle profonde « caverne, deposita la silice , come 1' acqua d' infiltrazione delle « zone calcaree e depone il carbonato di calcio sotto forma di « stalattite o stalagmite. « Ma in questo caso i depositi consterebbero di silice amorfa « e non di quarzo. Recentemente Dieulafait in un elaborato la- « voro « sul!' origine e la formazione dei minerali metalliferi », « ammette che il quarzo possa formarsi « avec de la silice dissoni « dans V cau à la temjìerature et à la x>ression ordinaires , e con- « elude : il Ti'est xìIus iiìdispensable de supposer, comme on Va fait, « jusqu^ici, Vexistence necessaire d'une temperature et d' une pression « differentes de celles qui existent anjourd'hui *). ^) DiKULAKAiT. L'origine et la formation des minerals mètalliferes — Revue Scientifique. N. 20, p. 611, Paris, Mai 1883. — 199 — « Nel mio caso posso ammettere col Dieulafait che la silice « invece di depositarsi allo stato amorfo, si depositi allo stato di « quarzo, ma se questa ipotesi non soddisfa, io ricorro alle clas- « siche esperienze di Sènarmont, Daubrèe, Houtefeuille, Friedel e « Sarrasin, i quali, facendo agire contemporaneamente il vapore « acqueo ad elevata temperatura e forti pressioni, ottennero ri- € sultati interessantissimi per lo studio della genesi delle rocce « eruttive. Quindi ammettendo pure che il deposito sia amorfo, « esso, per l'azione del vapore acqueo e forti pressioni, può pren- « dere Io stato cristallino. « Ora ammettendo col Thomson che la eruzione si determina « per disquilibrio di pressione, e che questo disquilibrio avvenga « sempre nei punti ove sono i vulcani , ivi trovandosi la silice « deposta ed altri silicati e il tutto con altre rocce , la miscela « per l'azione del calore e della presenza del vapore acqueo prende « la forma di magma, il quale eruttato forma la lava, oppure le « ossidiane se la temperatura più elevata. « In appoggio di quanto ho esposto ricordo che alcune lave « contengono quarzo' isolato , la presenza di questa sostanza fu « ancora constatata nelle lave del Vulture e di altri vulcani. Ar- « rogi che spesso in altre lave si rinvengono inclusioni di silice « come nei materiali del Monte Nuovo (Pozzuoli) si trovò silice « mescolata con altre sostanze. « Ma il magma lavico è ricco di sostanze cristalline : come « si spiega la loro presenza ? « E vero che il magma contiene sostanze cristalline, ma esso « però consta per la massima parte di sostanze amorfe. Del resto « la presenza dei minerali cristallizzati nelle lave vulcaniche si « può spiegare coU'aiuto della chimica generale. « Vi sono alcuni corpi che, comportandosi come solventi di « altri, godono la proprietà di abbandonarli in seguito allo stato « cristallino. L' acqua scioglie molte sostanze amorfe e coli' eva- « porazione le abbandona allo stato cristallino. Il boro, il silicio «; ed il carbonio hanno per solventi, l'alluminio, lo zinco ed il ferro, ". e nelle masse di questi metalli pel raifredamento, si rinvengono « allo stato cristallino. « Per i cristalli che fanno parte del magma j)Ossiamo am- « mettere due ipotesi : a) che in quelle profondità vi siano rocce « che li contengono belli e formati, ed essi mescolati con la massa « amorfa vengono eruttati conservando la forma cristallina, se la « temperatura non li altera, come ij più delle volte avviene; « b) che i corpi per la loro affinità reciproca, date le opportune — 200 — « condizioni e trovandosi a contatto in quella bolgia, danno oii- « gine a composti definiti. « A-llora la silice trovandosi ivi mescolata con altre sostanze, « può formare composti definiti, e questi pur mescolati con altre « sostanze che farebbero da solventi, possono conservare la loro « composizione, se la temperatura non li dissocia. « I composti definiti ]ìOÌ che si trovano mescolati nel magma « possono rapprendersi nel tragitto che questo fa dalle profondità « alla bocca eruttiva, oppure cristallizzare col raffreddamento « della lava, nella quale restano cementati dalle sostanze amorfe. » Charpentier ^) diciassette anni dopo la mia teoria sulla genesi delle lave vulcaniche, parlando dei silicati, si esprime come segue: « pendent cette cristallization des silicates mètalliques , les mè- « talloides ont jouè sans doute le ròle de dissolvants... », Per me la deposizione del quarzo nei baratri vulcanici è do- vuta come ho detto all'azione dell'acqua: che la sostanza quar- zosa del 1883 sia stata tormentata dal calore non v'è alcun dub- bio, anzi se ne ha una prova inconfutabile nel fatto che ove il quarzo è venuto a contatto con la lava della stessa eruzione si formò uno straterello di sostanza fusa amorfa della seguente com- posizione: I. II. 111. IV. (Silvestri) (Ricciardi) Silice . .' . . . . 94,G97 87,7;M 98,07 94,70. Sesquiosssido di ferro, di alluminio 5,303 12,266 1,95 5,30 100,000 100,000 100,02 100,00 La differenza delle cifre deriva dal fatto che la sostanza da me analizzata era più pura di quella del Silvestri , anzi la sostanza indicata col numero II contenente l'87,734 di silice, prova che fu per un maggior tempo a contatto con la lava, poiché circa il 12 per cento di silice si era trasformato in silicato. Nelle rocce vulcaniche spesso si rinviene del quarzo allo stato libero o come sostanza amorfa vetrosa: ciò dipendo dal fatto che la silice , la quale , come è noto , è il composto mineralizzato re per eccellenza , non ha trovato o non è venuta a contatto con sostanze minerali sufficienti a trasformarla in silicato. Ora dopo la riproduzione per sintesi dei minerali del silicio, non che delle lave del Vesuvio e dell'Etna, il fatto naturale con- ') Geologie et Mineralogie, Paris 190O, p 20. — 201 — statato nelle bombe quarzifere ^), cioè quello dell'appropriazione degli ossidi metallici componenti le lave etnee , non appena la silice 0 quarzo è venuta a contatto col magma lavico, mi indusse ad enunciare la teoria della formazione delle lave vulcaniche. Non sarei tornato su questo argomento , accettato oramai dagli studiosi di vulcanologia, se non mi fosse capitato sott'occìiio un lavoro del mio amico Prof. Giuseppe Mercalli ^) , dove par- lando delle bombe quarzose del 1883 si esprime come segue : « Anche nella lava in colata dell'eruzione etnea del 1886 ho « osservato molti inclusi quarzosi affatto simili a quelli ora de- « scritti e il compianto Prof. 0. Silvestri ha descritto per il primo « le bombe a nucleo quarzoso ritrovate nei prodotti della eru- « zione etnea del 1883 », Devo ammettere che al Prof. Mercalli sia sfuggito il mio lavoro , altrimenti egli che è tanto coscienzioso avrebbe messo indubbiamente le cose a posto, tanto più che dalla mia pubbli- cazione risulta che, fatta l'analisi del contenuto delle bombe del 1883 e studiati i caratteri fisici che corrispondevano a quelli del quarzo , io annunziai la presenza di questo minerale senza titu- banza e senza ricorrere al controllo di scienziati stranieri. Infatti io sono stato sempre della opinione che un cultore di scienze allora deve annunziare un fatto quando ne è sicuro ; ora nel caso della constatazione del quarzo libero io ero cosi si- curo del fatto mio e di ciò che aveva appreso alla scuola di Ar- cangelo Scacchi, onore e vanto della nostra Università, che non mi credetti in dovere di oltrepassare i confini per apprendere che il quarzo era quarzo. Pur troppo all' estero sogliono mettere nel dimenticatoio le scoperte degli italiani, come in Italia c'è l'abitudine di accettare tutte le teorie che ci vengono dall'estero senza il benefizio della constatazione. Molti anzi si rendono banditori e sostenitori delle nuove teorie, dimenticando persino che le prime idee in propo- sito spesso furono emesse da Italiani. Per citare qualche esampio: Lorenzo Moro si occupò prima d'altri delle cause attuali ed oggi le lodi dei geologi si fanno a Leyll. Malpighi nel secolo XVII, dopo Anassimandro ed Empedocle, incominciò a studiare le leggi delle trasformazioni, Kant e Goethe carezzarono le idee di Mal- ^) FoDQUÈ et Miciiel-Lkvy. Synthése des mineraux et des roches, p. 63. Paris 1882 e L. Ricciakdi : bui graduale passaggio delle rocce acide alle rocce basiche. Gazzetta Chimica Italiana, 1887. -) G. Mercalli. Sopra l'eruzione dell'Etna cominciata il 9 luglio 1892. Atti della Soc. Ital. di Scienze Sat. 1893, n. 1157. — 202 — pigili; Lamark^ Geoffroy Saint-Hilaire le accolsero, altri pure se ne occuparono, finche Carlo Darwin non diffuse le sue accurate ricerche. Ebbene, Haeckel che si rese banditore delle teorie Darwiniane, accenna al filosofo greco Anassimandro , ma non ha una parola per i nostri Empedocle e Malpighi, laddove costoro come natu- ralisti potrebbero benissimo rappresentare l'Italia tra gli scienziati poeti e filosofi inglesi, tedeschi e francesi, senza nostro disdoro. E così dicasi delle fumarole vulcaniche , cioè , che mentre Monticelli e Covelli furono i primi ad occuparsi delle fumarole secche o anidre, e dello sviluppo dell'anidride carbonica nelle re- gioni vulcaniche, Deville ed altri, senza mentovare i nostri con- cittadini, vi fondano su delle teorie più o meno fantastiche. Ed un nostro concittadino , e probabilmente non solo , rivede o ri- moderna le classificazioni di Deville e neppure lui cita le osser- vazioni dei nostri predecessori. Io apprezzo l'ingegno a qualunque nazione esso appartenga, ma non mi piace farmi sgabello dei benemeriti scienziati che ci precedettero, come alcuni fanno, inneggiando ai viventi; e mi ricordo sempre di esser nato nel hel paese che Appennin parte e il mar circonda e V Alpe. Napoli, 27 Agosto 1902. Sopra una nuova Orchidea di Cava dei Tirreni — Nota preventiva del socio Leopoldo Marcello. (Tornata del 30 agosto 1902) Nel rivedere le ultime piante che raccolsi a Cava dei Tir- reni, e che mi daranno l'opportunità di presentare un nuovo con- tributo allo studio della flora delia regione, mi è capitato osser- vare un certo numero di Orchidi , che , a prima vista , mi son sembrate differire da tutte le altre che fin qui conosciamo. Si tratta di un.'' Orchis, certamente affine alla Or- chis^ papilionacea L. (fig. 1), ma tuttavia differen- ziatasi da questa per pa- recchi ed importanti ca- ratteri, e specialmente per il labello fortemente vel- lutato, carattere nuovo af fatto nel genere Orcliis. Anzi la presenza del labello vellutato mi ha fatto pensare trattarsi di una forma ibrida fra il genere Orchis e qualche genere affine , cioè Serajnas, oppure Ophris. In realtà trovo alcune caratteristiche che rammentano le specie del genere Serapias ; e per questo propendo a credere che, se realmente è forma ibrida, questa sia ibrida fra nn Orchis ed una Sercqiias : e propriamente sarei per indicare, come probabili genitori , 1' Orchis papilionacea e la Serapias Lingua L. , specie, entrambe, abbastanza frequenti nella regione Cavese. Fig. 1. 204 — Cora' è noto, nel regno vegetale, sono rari gli ibridi fra ge- nere diversi ; tuttavia il caso presente non deve recare sorpresa, conoscendosi già qualche altro caso d' ibridi appunto -tra Orchis e Seraiìias, come è, ad esempio, la Serapias triloha Viv., ritenuta ibrida fra V Orchis rubra Jacq. e la Serapias neglecta De Not. Per altro noto che queste forme ibride fra Orchis e Sera- pias, già registrate dagli autori, si avvicinano tutte, per i loro caratteri , più al genere Serapias che al genere Orchis, special- mente per la completa mancanza dello sprone nel fiore; mentre gli esemplari, da me raccolti (fig. 2), rappresenterebbero il caso in- verso, avvicinandosi assai più ad Orchis che a Serapias, avendo an- cora uno sperone normalmente sviluppato, quantunque più breve che nella vera Orchis papiliona- cea. Si avvicinano poi anche a Fio-. 2. Serapias per il numero maggiore di venature presentate dal labello , e specialmente, come ho detto, per il rivestimento vellutato del me- desimo, fatto da numerose scagliettine triangolari, avvicinatissime fra loro (fig. 3). Fig. 3. Un carattere però che fa restare alquanto perplesso nell'am- mettere decisamente che questa sia una forma ibrida, è dato non solo dall'averne trovato una ventina di esemplari, tutti confor- mi ; ma ancora, e specialmente, dal presentare, alcuni di questi esemplari, capsule perfettamente abbonite e sviluppate, con semi giunti, per quanto pare, a maturità. Questo fatto sarebbe contrario alla regola, giacche gl'ibridi sono sterili. Per tali ragioni mi riservo di studiare nella prossima pri- mavera questa specie, quando cioè sarà nuovamente in fiore ; e contemporaneamente di fare tentativi di coltura con i semi ot- tenuti dagli esemplari raccolti , per vedere , qualora riescano a svilupparsi, se i caratteri di questi esemplari si riproducono inal- terati, o pure se è possibile, per atavismo, il ritorno ad uno dei genitori. Intanto per non lasciare questa forma senza nome, essendo realmente diversa da tutte le altre Orchis conosciute, e non po- tendo, con sicurezza, stabilirne i genitori, se realmente si tratta — 205 — di forma ibrida, xjropongo di distinguerla col nome di Orchis lìapilionacea L., Destefciìii, assegnandole i seguenti caratteri : Orchis papilionacea. L. Deste f ani ^). Orchis spica laxiuscula, iMucif.ora\ hracteis angustis ^ ovario longiorihus ; lahello siihrotnndo, ohscure triloho, basi angustato^ sa- prà dense imhescente, margine crenulato ; calcare brevi obtaso, ovario dimidium breviore. 1) Sento il dovere di dedicare questa forma all' eccellentissimo abate di CaVc^ D. Silvano De Stefano. Nuovi derivati deg-li acidi paracresolglicolico e para- cresolcinnamico, pel socio Mariano di Gaetano. (Tornata del 30 agosto 1902) Proponendomi di studiare le anidridi e gli eteri fenici degli acidi paracresolglicolico e paracresolcinnamico onde estendere an- che a questi acidi quanto risulta dalle ricerche fatte in questo stesso Istituto dalla signora D.^ M. Bakunin (Sulla eterificazione di acidi con fenoli. Atti della R. Accademia delle Scienze Fisiche e matematiclie di Najioli ; 1901, voi. XI-2, n. 4 — Sul nuovo me- todo per la preparazione delle anidridi ed eteri , ibid.) ho prepa- rato l'acido paracresolglicolico di Gabriel ^) dall'acido monoclo- roacetico e dal paracresol purissimo, ed in seguito ho fatto rea- gire una porzione di questo acido .con aldeide benzoica ed ani- dride acetica, secondo le indicazioni del prof. Ogliarolo e Forte {Oazz. Chim. 1890, p. 510) per preparare dell'acido paracresol- cinnamico. Dopo essermi assicurato della identità dei prodotti ottenuti son passato a prepararne i seguenti derivati, che formano oggetto del presente lavoro. I. PRODOTTI DELL'ACIDO PARACRESOLGLICOLICO Anidride CH3 {^'^'(o.'cm-coì^P ■ In questa preparazione, come pure per quella degli eteri fe- nici , ho applicato il procedimento suggerito dalla D.^ Bakunin, cioè 1' azione dell' anidride fosforica sull'acido sciolto in solvente opportuno, da solo per l'anidride e mescolato con i diversi fenoli per gli eteri fenici. Ho adoperato in quasi tutte le mie preparazioni 1) Gazz. Chim. pag. 511. Oglialoro e Cannone: Su l'ac. o-cresolglicolico. — 207 -^ come solvente la benzina, con la quale si ottengono dei buoni ri- sultati, e talora il cloroformio. L'acido paracrosolglicolico, previamente essiccato, si sciolse a caldo in cloroformio ed alla soluzione ancora calda si aggiunse anidride fosforica a piccole porzioni ed agitando continuamente. Dapprima compariscono dei punti gialli, cke subito scompa- riscono, e la massa fosforica si mantiene quasi bianca. Decantato il liquido cloroformico di color gialletto e distil- lato, si ebbe un residuo bianco, che, come la massa fosforica, si sciolse completamente in soluzione fredda di carbonato sodico, senza lasciare alcun residuo che potesse considerarsi come l'ani- dride cercata. Se si sostituisce la benzina al cloroformio, si ha dapprima colorazione rossiccia sino a rosso-arancio ; e separando la benzina e distillandola, essa fornisce un residuo, che dopo trattamento con carbonato sodico si presenta vischioso, di color rosso mattone scuro, come quello che si ottiene analogamente dalla massa fosforica. Tali prodotti non solidificano, ne col tempo, ne per raffreddamento con neve e non si riesce a cristallizzarli con diversi solventi, come acetone, benzina, alcool, etere. Né migliori risultati si hanno adoperando come solvente il toluene e variando in diverse guise la temperatura e la tecnica dell'operazione, nonché la quantità di anidride fosforica aggiunta: cosicché è da conchiudersi che, anche ammettendo la formazione dell'anidride, questa é sempre accompagnata da altri prodotti, che ne impediscono la purificazione e quindi l'identificazione. Etere fenolico " "^x 0 . CH2 -CO-0-CoHo Sciogliendo pesi equimolecolari di acido paracrosolglicolico e fenolo in benzina e trattando la soluzione co)i anidride fosfo- rica, il liquido si colora in paglierino e la massa fosforica in rosso carminio. Dopo i soliti trattamenti — cioè separazione e distilla- zione del liquido benzinico é trattamento del residuo con solu- zione di carbonato sodico — si ha l'etere, che purificato, cristalliz- zandolo dall' alcool acquoso bollente, si presenta sotto forma di laminette splendenti di color giallo-aranciato, che fondono a 60°- Gl» e sono solubili in alcool, benzina, cloroformio, pochissimo in etere. — 208 — Fattane l'analisi, si ebbe : Gr. 0,167 di sostanza diedero gr. 0,090 di H2O e gr. 0,455 di COg. E calcolando per cento, si La : Trovato Calcai aio — C15H14O3 H = 5,98 H = 5,78 C = 74,25 C = 74,38 Etere ortocresolico P TT X CH3 n • 9ì ' S 0 . CH2 . CO-O-CGH4-CH3 ^ ' Operando come per l'etere precedente, il liquido benzinico si colora prima in verde e poi in rosso mattone e la massa fosforica in rosso scuro. Il residuo della distillazione del liquido benzinico dopo trat- tamento con carbonato sodico si solidifica difficilmente in una massa gialletta, che purificata, cristallizzandola dall'alcool bollente, si presenta in belle pagliette bianche, che fondono a 265°67. Sono solubili in alcool , discretamente solubili in benzina e cloroformio, poco in etere. Fattane l'analisi, si ebbero da : Gr. 0,239 di sostanza gr 0,137 di H^O e gr. 0.659 di CO2. Quindi, calcolando per cento, si ha : Trovato Calcolato — CicHioOs H= 6,36 H= 6,25 C = 74,89 C = 75,00. Etere metacresolico ^' '\ 0. CH2— CO-O-CGH4 -CHa ^ ' La massa fosforica si colora iu rosso carminio ed il liquido benzinico in rossastro. Da questo si ottiene un residuo giallo che solidifica difficilmente. Purificato, cristallizzandolo dall'alcool bol- lente, si presenta in pagliette bianche fondenti a 76" — 77°. — 209 — Solubili in alcool etere ed etere , solubilissimi in benzina e cloroformio. Fattane l'analisi si ebbe : Gr. 0,245 di sostanza diedero .gr. 0,150 di H2O e gr. 0.674 di COo. Quindi, calcolando per cento : Trovato H=:6,77 C = 75,10 Et3re paracresolico ri TT / CH3 , \ 0 . CH2-CO-O-C6H4— CH3 ^ ^^ Dei tre isomeri questo si forma più facilmente ed abbondante in bellissimi aghi gialletti, che purificati, cristallizzandoli dall'al- cool bollente, si presentano in pagliette minutissime di color bianco che fondono a 123". Sono solubili in alcool, solubilissimi in benzina e cloroformio, poco o nulla in etere. Fattane l'analisi, si ebbe : Da gr. 0,257 di sostanza gr. 0,125 di HoO e gr. 0,706 di CO2 corrispondente per cento a : H = 6,56 C = 74,90 Etere timolico ^' ^^ 0 . CH.- CO-O-CoH/ ^^' Il liquido benziuico e la massa fosforica si colorano in giallo rossiccio. Il residuo ottenuto dal primo viene purificato cristallizzandolo dall'alcool bollente e si presenta in bellissime pagliette splendenti di color bianco- gialletto , che fondono a 275°. Sono solubili in alcool, molto in benzina e cloroformio, pochissimo in etere. Da gr. 0,242 di sostanza si ebbero gr. 0,165 di H-jO e gr. 0,690 di CO2. 14 — 210 — E per cento : Trovato Calcolato — C/1'jHoìO,ì H=r 7,46 H= 7,38 C =76,73 C =76,51. Etere eugenolico CHs ^\ 0. CH,>-C0-0-CfiH3 C«H4; ,-. ;,,, ,,^ ^ ^,, /CH3-O. \ C3H5. La soluzione benziniea si colora in bruno e nello stesso co- lore la massa fosforica. Si ottiene 1' etere in cristalli giallo -bruni , e purificato dal- l'alcool si presenta in minutissimi cristalli bianco-gialletti che fon- dono a 2810. E solubile in alcool e benzina, poco solubile in cloroformio, pochissimo in etere. Fattane l'analisi si ebbe : Da gr. 0,285 di sostanza gr. 0,111 di H. e gr. 0.500 di COo. E quindi, calcolando per cento : Trovato Calcolato . CmHouOi H= 6,42 H= 6,41 C = 73,51 C = 73,07 ETJERI NAFTOLTCI Etere a-naftolico CH3 " -^N OOH2— co O-C10H7 Appena una colorazione giallo-arancio si manifesta nel liipùdo benzinico : la massa fosforica si colora in giallo, Vien purificato l'etere formatosi dall'alcool acquoso e si pre- senta in pagliette splendenti rosso-giallo fondenti a 82°-83°. E solubilissimo in alcool, benzina e cloroformio ed etere, in colorazione gialletta. All'analisi si ebbe : Da gr. 0,279 di sostanza gr. 0,150 di H:^0 e gr, 0,800 di COo. — 211 — Quindi per cento : Trovato Calcolato — CiyHicOa H= 5,73 H= 5,47 C = 78,13 C = 78,08- Etere fi - naftolico / CH3 r ru^ n /-^ TT ^ O.CH,— co— O-CiuH; L'etere formatosi vien purificato cristallizzandolo dall' alcool acquoso e si presenta in cristalli splendenti giallo-ocra, fondenti a 110." Solubilissimo in alcool, bcnizina. cloroformio, ed etere, con co- lorazione giallo-rossastra. Da gr. 0,303 di sostanza si ebbe gr. 0,160 di H^O e gr. 0,867 di CU. Da cui per cento : H = 5,61 C -= 78.28 ETKRI PrilOCATECHINrCI Per la preparazione dell'etere monosostituito si fecero agire quantità equimolecolari d'acido e fenolo; per ottenere invece quello bisostituito si usarono quantità rispondenti ad una molecola di fenolo con due molecole di acido. Etere monosostituito P TT /OH ^ ' '\ 0 . CO-CH2O-CUH4-CH3 ^ ' La massa fosforica dapprima si colora in giallo, indi in rosso arancio e finalmente in carminio con tendenza al rosso vinoso. Il liquido benzinico si colora in giallo. L'etere ottenuto fu cri- stallizzato dall' alcool e si ebbero delle pagliette giallette fon- denti a llé^-llò", solubili in alcool, benzina, molto in clorofor- mio ed etere. Fattane l'analisi, si ebbe : Da gr. 0;290 di sostanza gr. 0,144 di H2O e gr. 0,743 di CO-i' — '212 — Quindi calcolando per cento : Travedo (Jalcoìato — C10H14O4 H= 5,15 H= 5,42 C = 69,65 C = 69,76 Etere bisostituito O-CO-CH2O-C0H4-CH3 '"«^K0-C0-CH,0-CcH4-CH3 ^ ' Viene purificato l'etere ottenuto cristallizzandolo dall'alcool e si presenta in minuti cristalli bianchi, che fondono a 2790-280° È solubile in alcool, poco solubile in benzina e cloroformio, pochissimo in etere. Da gr. 0,215 di sostanza si ebbero gr. 0,110 di H2O e gr, 0,560 di CO2. Quindi si ha per cento : Trovato Calcolato. — C24H22O6 H= 5,67 H= 5,41 C = 70,69 C == 70,93. ETERI RESORCINICI Etere monosostituito ^'-^\0.C0-CH20-CcH4-CH3 ^^'^^ Il liquido benzinico si colora in gialletto, la massa fosforica in o-iallo rossastro. Vien purificato l'etere dall'alcool bollente in cristallini gialletti tendenti al rossastro, che fondono a 103°-104°. Essi sono solubili in alcool, benzina, poco solubili in cloro- formio, pochissimo in etere. Da gr. 0,268 di sostanza si ottennero gr. 0,135 di H2O e gr. 0,684 di CO2. Corrispondente per cento a H = 5, 59 C = 69,40 213 Etere bisostituito • /0-CO-CH20-C,3H4-CH3 ' \0-C0-CH20-C,iH4-CH3 ^^ L'etere viene purificato cristallizzandolo dall'alcool e si pre- senta in cristallini gialletti fondenti a 127<». E solubile in alcool, benzina, cloroformio, quasi insolubile in etere. Fattane l'analisi si ebbe : Da gr. 0,206 di sostanza gr. 0,108 di H2O e gr. 0,536 di CO2. Quindi si ha per cento: H = 5,82 C =: 70,87 ETERI IDROCHINONICI Etere monosostituito ^«^VO-CO— CH2O— CeHi-CHa ^ ' La massa fosforica si colora in rossastro e quindi in bruno - rossastro, il liquido benzinico in giallo -citrino. E purificato l'etere cristallizzandolo dall'alcool bollente in cristallini gialli, fondenti a 102°-103°. Essi sono solubili in alcool, benzina e cloroformio, pochissimo solubili in etere. Fattane l'analisi, si ebbe : Da gr. 0,207 di sostanza gr. 0,105 di H2O e gr. 0,538 di CO2. E quindi per cento si ha : H = 6,60 C = 70,00. Etere bisostituito /O— CO-CH2O-C6H4-CH3 ^ -^K o_co— CH2O-C0H4-CH3 ^ ^^ L'etere si presenta in cristalli bianchi, che purificati, cristal- lizzandoli dall'alcool bollente, assumono una tinta lievemente gialla, e che fondono a 123*'. Sono solubili in alcool, benzina, solubilis- simi in cloroformio, poco solubili in etere. — 214 — Da gr. 0,198 di sostanza si ebbe: gr. 0.100 di H2O e gr. 0,516 di CO^ E quindi per cento si ha : H = 5,55 C = 70,70 ETERI PIROGALLOLICI Per ottenere i tre diversi eteri, mono-bi- e tri-sostituiti, pre- visti dalla teoria, si adoperarono delle quantità corrispondenti ad una molecola di piro-gallolo e rispettivamente una, due e tre mo- lecole di acido, procedendo successivamente come per i primi deri- vati. In tutti e tre i casi però il prodotto finale ottenuto si pre- senta presso a poco dello stesso aspetto, e purificatolo si hanno dei cristallini di color bianco sporco, che fondono a 279°, e sono molto solubili in alcool, benzina e cloroformio, poco in etere. Questi risultati fanno sospettare trattarsi di un unico prodotto che si forma qualunque siano le condizioni in cui si mettono a reagire l'acido ed il piro-gallolo, ciò che del resto è confermato, come si vedrà, anche dai risultati analitici che si ottennero sepa- ratamente coi tre singoli prodotti. Infatti essi furono i seguenti : 1 .0 Nel tentativo fatto per l'etere monosostituito, da gr. 0,246 di sostanza si ebbero gr. 0,120 di acqua e gr. 0,620 di anidrite carbonica. 2.° In quello fatto per 1' etere bisostituito si ebbero da gr. 0,202 di sostanza gr. 0,101 di acq. e gr. 0,516 di anidride carb. 3." In quello per V etere trisostituito gr. 0,256 di sostanza fornirono gr. 0,126 di acq. e gr. 0.650 di anidride carbonica. Cosi che, calcolando per cento, si ha 1° 2j^ 3p H 5,40 5,44 5,35 C 68,69 69,30 69 21 Mentre la teoria richiede : per l'et. monosoàt. per l'et. bisost. per Tet. trisost. H 5,01 5,21 5,26 C 66,69 66,24 69,47 — 215 — I quali risultati, salvo la deficienza di C, in vero un po' no- tevole per la prima, concordano tutti sensibilmente con i valori richiesti per 1' etere trisostituito, e tutto induce a credere che si tratti veramente di tale prodotto in tutti i tre casi, specialmente se si tiene presente che la sua stabilità, dopo il trattamento al- calino, deve essere maggiore relativamente agli altri due, per la completa assenza di ossidrili fenici, e anche in altri casi analoghi si verifi.ca presso a poco lo stesso, come risulta da altre ricerche simili eseguite in questo stesso Istituto. Perciò, salvo ulteriore conferma per la determinazione del peso molecolare, si può ritenere il prodotto ottenuto corrispondente alla formola : / 0-CO - CH..O-C0H4— CH3 Ce. H3- ()-C0-CH20-C6H4-CH;, \ 0-CO— CH2O-C6H4-CH3 IL PRODOTTI DELL'ACIDO PARACRESOLCINNAMICO Anidride C6H4 -CH=C-CO-0-OC— C=CH— CeHó I I 0- C6H4-CH3 0-Cr,H4-CH3 La formazione di quest'anidride presenta una certa difficoltà ed il suo rendimento è alquanto scarso. Procedendo però con op- portune ca.utele nell'operazione, adoperando come solvente la ben- zina ed evitando con la massima cura l'influenza dell'umidità du- rante la preparazione, si riesce ad ottenere come prodotto finale una massa di consistenza vischiosa, di color giallo sporco, che dopo pochi giorni si solidifica. Vien purificata cristallizzandola dall'alcool bollente e si pre- senta in minuti cristalli bianco gialletti, fondenti a 119", solubili in alcool, cloroformio, etere, solubilissimi in benzina. Fattasi l'ana- lisi, si ebbe : da gr. 0,182 di sostanza gr. 0,090 di acq. e gr. 0,523 di anid. carbon., e quindi, calcolando per cento, Trovato Calcolato — C:52 H.>,;0.-, H 5,49 5,30 C 78,02 78,36 — 216 — Oltre all'anidride dell'acido paracresolcinnamico, avevo inten- zione di preparare una serie di eteri fenici, come ho fatto per il paracresolglicolico, ma disponendo di poco prodotto, a causa dello scarso rendimento che, come si sa, si ha nella sua preparazione ed avendo dovuto consumarne gran parte per la preparazione del- l'anidride, che a me pareva più interessante e per la quale il ren- dimento è addirittura minimo, non ho potuto, mio malgrado, com- pletare la serie, tanto più che per mancanza di tempo non mi era possibile preparare nuova quantità di materiale. Tuttavia ho cercato di fare dei saggi in piccole proporzioni di acido con i diversi fenoli per verificare se, ed in quali condi- zioni, la formazione degli eteri aveva luogo, riserbandomi di com- pletare tali dati quando mi sarà possibile aver maggior quantità di materiale. Non ho trascurato; per altro^ in quei pochi casi in cui il ren- dimento piuttosto favorevole e l'aspetto piuttosto puro del pro- dotto lo permettevano, di eseguirne l'analisi a scopo di identificarli Etere fenico CeHs— CH=C— CO-0— CgHó I O-C6H4-CH3 La massa fosforica si colora iu giallo e poi in giallo arancio, il liquido benzinico si colora ni giallo intenso. Il residuo benzi- liico si presenta liquido, che si rapprende subito in cristalli gialletti. Dopo trattamento con carbonato sodico, si ha un prodotto che, dopo alcuni giorni, si mostra formato di cristallini minuti aghi- formi riuniti a ciufifetti di color gialletto. Vengono purificati cri- stallizzandoli dall' alcool bollente ed allora si presentano bianchi, fondenti a 115°-11G°. Essi sono solubili in alcool, cloroformio, solu- bilissimi in benzina, pochissimo in etere. Fattasi l'analisi, &i ebbe : Da gr. 0,20-4 di sostanza gr. 0,805 di acq. e gr. 0,600 di anid. carb.; quindi calcolando per cento : Trovato Calcolato — C22H18O3 H 5,63 5,45 C 79,90 79,99 — 217 Eteri ere solici (orto-, meta-, para-) CtìH4— CH=rrC— CO - O-CeHi-CHs I 0 — C6H4 — CH3 La massa fosforica si colora in rosso intenso, il liquido ben- zinico in rosso giallo. Questa colorazione si ebbe per tutti e tre gl'isomeri: orto, meta, para; ed il residuo benzinico, trattato con carbonato sodico, lascia in tutti tre i casi solo delle goccie oleose che, separate opportunamente con etere e fatto evaporare l'etei-e, danno residui che non si solidificano, anche dopo moltissimo tempo in presenza di acido solforico. Etere timolico CH3 p CeHs — CH=^C — CO — 0 — CeHa's^ P tj_ 0 — C6H4 — CH3 Si presenta, come gli eteri cresolici, liquido, e sottoposto al- l' identico trattamento permane in tale stato. Etere eugenolico y CH3O e, C6H5-CH=C-C0-C6H3( QgJ|. 0 — C6H4 — CH3 Anche questo si presenta liquido e si mantiene per moltis- simo tempo sempre liquido. ETERI NAFTOLTCI Etere ^-naftolico CeHs - CH=C -CO -0 - C10H7 I 0_C6H4 — CH3 — 218 — L'etere si presenta gialletto, clie purificato dall'alcool bollente si ottiene in cristalli gialli fondenti a 95°-9H'^. E solubile in alcool ed etere, solubilissimo in cloroformio e benzina. Siccome si ottiene in quantità quasi teorica ed abbastanza pvu'o, ne fu fatta l'analisi, la quale ha dato i seguenti risultati. Gr. 0,200 di sostanza diedero gr. 0,102 di H2O e gr. 0,(329 di CO2. Quindi si ha per cento : Trovato Calcola to — CoeHooO;! H 5,4) 5,26 C 81,81 82,10 Etere ,':;-naftolico ChH5-CH=G-CO-0-CioH7 I 0-CgH4 -CH3 Il prodotto ottenuto viene purificato dall' alcool in cristalli minutissimi bianco-gialletti, fondenti a 109°- 110". E solubile in alcool, etere; solubilissimo in cloroformio e ben- zina. Anche per questo fa possibile eseguire l'analisi. Infatti : Gr. 0,225 di sostanza diedero gr. 0,109 di H2O e grammi 0,678 di CO2. Quindi si ha per cento : H 5^37 C. 82,17 ETERI PI ROCAT ECHI NlCl Etere monosostituito ^'^'^ 0 . CO -C^CH-CeHó r ^ (1:2) ? 0 — CgHì — CH3 Il prodotto purificato dall'alcool bollente si presenta in cristalli minutissimi bianco gialletti, fondenti a 149'\ Sono solubili in alcool, benzina, solubilissimi in etere e clo- roformio. — 219 - Etere bisostituito O-CO— C^CH-CeHó p rr / I '^'^S 0-C6H4-CH3 \ 0-CO— C=CH-C6Hó I O-C6H4— CH3 / (l:'2j L'etere cristallizza dall'alcool bollente in cristalli giallo spor- chi tendenti al verde, che fondono a 126''. Sono solubili in alcool, benzina, solubilissimi in etere e clo- roformio. Ne ottengo una quantità da farne l'analisi. Infatti : Da gr. 0,193 di sostanza si ebbero gr. 0,096 di H2O e gr. 0,555 di CO2. E quindi, calcolando per cento : Trova to Ca Icola lo — C;ì8 HaoOo H 5,49 H 5,15 C 78,24 C 78,35 ETERI IIESORCINICI Etere monosostituito p rr OH 0— cau-cHg L'etere formatosi vien purihcato dall'alcool. Si presenta in cri- stalli gialletti fondenti a 153». E solubile in alcool benzina, so- lubilissimo in cloroformio ed etere. Etere bisostituito / 0-CO— C=CH— CeKó C6H4< 0-C«H4— CH3 (1:3) X O-CO— C=:CH-Cr,H, 0_CoH4— CH3 — 220 — Ottengo l'etere purificato dall'alcool in cristalli gialli, fondenti a 139°. Essi sono solubili in alcool, etere, benzina, solubilissimi in cloroformio. ETERI IDROCHINONICI Etere monosostituito p TT OH L.orii.^ 0— CO-C=CH— CeH,-, .,. 1 ( 1 ."ij 0=rC6H4-CH3 L' etere purificato dall' alcool si presenta in cristallini color giallo-ocra, fondenti a 146°. E solubile in alcool, cloroformio od etere, molto solubile in benzina. Etere bisostituito / 0— C0-C=CH— CeHó n TJ y I •^'^^X O-CeHó— CHg \ 0— C0-C=CH— C6H5 I O-rfiHó-CHs L'etere purificato dall'alcool si presenta in cristalli gialletti fondenti a 156 » E solubile in alcool, etere, cloroformio, poco so- lubile in benzina. 2-21 — PRODOTTI DELL'ACIDO PARACRESOLGLICOLICO P. di F. 1. 2. 3. 4. 5. G. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. M. 15. 16. 17. 18. Anidride Etere fenolico Etere o-cresolico » m-cresolico » p-cresolico » ti moli co » eugeuolico » a-naftolico » ^- » pirocatecliinico fmonosost. )C25 » (bisost.) resorcinico (monosost.) (bisost.) idrocliinonico (monosost.) 0^5 » (bisost.) pirogallolico (monosost.) » (bisost.) » rtrisost.) p y ^'ló Hi4 O3 GOo C'ie HjQ O3 fl:2) 265" Cic Hjg O3 (1:3) 7Go ^16 Hi e O3 (1:4) 124° ^19 H22 O3 2750 ^19 ^20 O4 2810 Cl9 H^Q (>2- 82° Cl9 Hjg O2 1 l()o Ci5 Hi, 0, (1:2) 114° G-zi H22 Oo (1:2) 279° Ci5 Hii 0, (1:2) 1030 C24 H22 Og (1:2) 127" Ciò Hi4 O4 (1:4) 1020 C'24 H22 ('e (1:4) 123° y ? ? y ^33 H3() O9 277° PRODOTTI DELL'ACIDO PARACRESOLCINNAMICO 1. 2. 3. 4. 5. C. 7. 8. 9. 10. 11. 12 13. 14. 15. Anidride Etere fenolico » o-cresolico » m-cresolico » p-cresolico » timolico » eugenolico » a-naftolico C32 H28 O5 ^22 Hjg O3 C23 H20 O3 (1 ^'23 H20 O3 (1 C23 H20 O3 (1:4) ^20 H26 O3 Cgo H24 (.'4 ^26 H20 O3 r " ^20 H20 O3 pirocatechinico (monosost) C2.> Hj^ 0, (i:2) (bisost.) Gay H3,) {\. resorcinico (monosost.) C22 Hj^ 0, (1:3) (bisost.) C38 H30 Oo » idrocliinonico (monosost.) C22 Hjg O4 (1:4) (bisost.) C38 H30 Oq P. di F. 1190 1150 ? y y y y 1)5° 109° 1490 12G» 1530 139" 145" 157" Su la determinazione dell'acido fosforico. Nota del socio Ugo Milone. (Tornata del 10 agosto 1902) Coloro i quali si occupano di analisi di concimi, di sostanze alimentari e di analisi cliniche, sanno bene quante difficoltà offra la determinazione .dell'acido fosforico, sia ])onderale come volume- trica, anzi io sarei per dire più nel primo caso che nel secondo. Non mi è consentito in questa nota di fare una rassegna cri- tica dei numerosi metodi e delle non meno numerose modifica- zioni apportate a ciascuno di essi, ovvero osservazioni di speri- mentatori su la maggiore o minore attendibilità dei risultati di questo o quel metodo. Uno studio critico sperimentale su la determinazione dell'acido fosforico sarà l'obbietto di una prossima mia comunicazione. In questa nota intendo di mettere in onore un metodo volu- metrico , che a me pare ingiustamente dimenticato , perchè esso unisce alla rapidità di esecuzione un' esattezza che^ secondo me, è di gran lunga superiore agli altri metodi volumetrici non solo, ma altresì a quelli ponderali. Questa mia affermazione non sem- brerà strana od azzardata a coloro che sono al corrente della que- stione Per la determinazione volumetrica dell' acido fosforico sono stati proposti molti metodi, ma pochi, per non dire qualcuno sol- tanto, hanno trovato impiego pratico, e la causa è da ricercare: 1.° nella poca esattezza dei metodi; 2.o nella limitazione di essi o al- l'acido fosforico puro ovvero ad alcuni fosfati. Stolba ^) fu uno dei primi ad occuparsi del dosamento alca- liraetrico dell'acido fosforico e dei fosfati. Thomson -) propose un metodo diretto di dosamento dei fo- sfati alcalini. Bongartz ''i applicò il metodo di Thomson al dosamento del fosfato di calcio, di magnesio, di ferro e di alluminio e fece notare 1) Zeitschr. f. anal. Chem., XX, 112. 2) Chemical Neues, 1S93. — Zeitschr. f. anal. Chem., XXIV, 232. 3) J. Bongartz, Archiv. dar Pharm., XXII, 1. — 223 — che il suo metodo era più rapido di quello al molibdeno o all'uranio (anche in presenza di più di 1 7o di acido fosforico combinato al ferro ed all' alluminio). Il metodo di Thoinson è fondato su questo principio. Se si mescola la soluzione di. un fosfato alcalino con l'arancio di metile e se vi si versa dell' acido titolato, il colore del liquido diventa giallo pallido, quando il sale è trasformato in ortolosfato biacido (B,H2P04). Ora, se a questa soluzione si aggiunge dell'alcali nor- male, si può riconoscere, coli' aiuto della fenolftaleina, la trasfor- mazione dell'ortofosfato biacido in monoacido 1R2HPO4), lascian- do cadere 1' alcali normale lino a che apparisce la colorazione rossa. Secondo Bongartz, se si discioglie nell'acido cloridrico del mo- nofosfato di calcio (CaHP04), si forma del bisolfato di calcio: 2CaHP04 + 2HC1 = CàH4(P04)2 + CaCl.. Ora, si mescola la soluzione con dell'arancio di metile ed una quantità sufficiente di cloruro di calcio e poi si neutralizza l'acido cloridrico libero con soluzione di potassa, fino a che il color rosso passa al giallo. Se a tal punto alla soluzione addizionata di qual- che goccia di soluzione di fenolftaleina si aggiunge una soluzione di potassa normale, fino a debolissima colorazione rossastra della fenolftaJeina, si ó formato, oltre dell' ortofosfato neutro di calcio [Oa3(P04)2], del monofosfato di calcio (OaHP04) e del monofo- sfato di potassio I K2HPO4 ) : 2CaH4 1PO412+6 KOH-f 2CaCl2-Ca,(P04)2+6 H20+CaHP04 + +K2HPO4+4 KCl. La quantità di acido fosforico si deduce dalla quantità di po- tassa normale adoperata, essendo 3 KOH (167,97) corrispondente a P2O5 (141,72). Questo metodo è stato criticato da Christensen, il quale affer- ma che la reazione limite non è rigorosa. Io ho eseguito parecchie determinazioni con questo metodo, con quello di Lecoute e Pincus \i modificato da Neubaner '^) e col metodo al molibdeno di Sonneschein '^) e relative modifiche del 1) Chem. Centralbl.. 1857, 157, 182.— Jouni. f. prackt. Chem.; LXXVI. 2 2) Aualj^se des uriues, 4" édit., p. 148 — G" édit., p. 171. 3j Journ. f. prackt. Chem., LUI, 343. — L>-i4 — Koenig 1), allo scopo di paragonare questi metodi e vedere se il metodo di Bongartz dà risultati attendibili. Ecco il risultato delle mie determinazioni riportato in questa tabella riassuntiva. Le determinazioni sono state eseguite sopra soluzioni titolate di fosfato sodico ammonico, di fosfato calcico in acido cloridrico fe' di carne muscolare di pesci. I. Soluzione di fosfato sodico ammonico : ' P20_^ trovata I ' II III Bongartz 0,078S 0,0425 0,0369 Leconte e Pincus 0,0780 0,0422 0,0373 Souneuscheiii 0,0785 0,0426 0,0367 P2O5 richiesta 0,0787 0,0427 0,0371 IL Soluzione cloridrica di fosfato calcico PaO^ trovata 1 II III Bongartz 0,0850 0,0891 0,0570 Leconte e Pincus 0,086 1 0,U888 0,0568 Sonnenschein 0,0844 " 0,0886 0,0571 P2O5 richiesta 0,0852 0,0889 \0,0573 III. Carne muscolare di pesci : Bongartz , Leconte e Pincu; Sonnenschein P2O5 richiesta I 0,0689 0,0688 0,0690 0,0691 P2O. trovata " JI 0,0612 0;0613 0,0610 0,0614 III 0,0918 0,0917 0,0915 0,0920 Dalle mie esperienze risulta adunque che il metodo di Bongartz dà risultati attendibili ed è raccomandabile per la speditezza e perchè è adoperabile, senza eccezione, per qualunque dosamento, anche in presenza di ferro, calcio, alluminio, etc. Napoli, Istituto d'Igiene della R. Università. ') Zeitschr. f. analyt. Chem., X. 4G9. Sopra un' applicazione dell' elettrometro capillare di Lippmann alla misura della frequenza di una cor- rente alternata. — Nota del socio G. Vanne. (Tornata del 7 dicembre 1902). La forma comoda e semplice di elettrometro capillare de- scritta nella nota del Giugno 1898 [Rendiconti della R. Accademia dei Lincei^ voi. VII, serie 5.^) si presta bene alla misura della frequenza di una corrente alternata col metodo stroboscopico. Supponiamo che, per mezzo di un microscopio foto-elettrico, si proietti, sopra uno schermo, l'immagine reale del menisco di un elettrometro capillare avente la forma indicata. Se la forza elettromotrice agente sugli elettrodi dell'elettrometro è alternata, il menisco assumerà, come è noto, nn moto oscillatorio, il periodo del quale, per il teorema delle vibrazioni forzate, diverrà, dopo brevissimo tempo, eguale al periodo della corrente alternata da misurare. Si interponga ora, fra lo schermo e il microscopio da proie- zione, un disco metallico o di cartone munito di un certo numero di fenditure rettangolari equidistanti di opportune dimensioni, ed animato da un moto uniforme di rotazione, del quale si possa fa- cilmente far variare la velocità. L' immagine del menisco verrà, per tal modo, ad essere periodicamente interrotta e ristabilita e, dopo pochi tentativi, sarà facile regolare la intermittenza della illuminazione , in modo che la immagine reale del menisco di mercurio apparisca immobile, in una fase qualunque del suo mo- vimento, anziché animata da un moto oscillatorio. Stante la opa- cità del mercurio , la immagine si proietta spiccatamente sullo schermo e l'immobilità può constatarsi con molta nettezza. In tal caso, è chiaro che se si chiama m il numero dei giri a secondo del disco rotante e j? il numero di fenditure, la illuminazione del- l'immagine sarà ristabilita periodicamente ad intervalli di tempo uguali a — di secondo, e poiché, con tale periodo, si è ottenuta la immobilizzazione della immagine, esso è evidentemente eguale al cercato periodo della corrente alternata, o ad un multiplo di questo. 15 N — 226 — Resta ora a vedere con quale metodo si possa , in pratica , misurare la velocità di rotazione del disco ed assicurarsi della sua costanza, durante un certo periodo di tempo. Il metodo che, dopo molti tentativi, mi è sembrato il più semplice e il* più co- modo di tutti, è il metodo acustico, il quale mi fu consigliato dal prof. Sen. Blaserna. Ecco brevemente in che cosa consiste, e come fu tradotto in atto per misurare la frequenza della corrente di città a Roma. Il disco rotante di cartone, destinato a produrre l'intermit- tenza della illuminazione del menisco, munito di quattro fenditure rettangolari equidistanti, venne fissato sull'asse di un piccolo mo- tore asincrono a corrente alternata, appartenente all'Istituto fisico della R. Università di Roma. Su questo stesso asse era disposto un altro disco munito di tre serie di 50, 40 e 30 fori equidistanti, contro i quali si dirigeva, con un cannello, la corrente d'aria fornita da un mantice. Si aveva cosi un suono ben determinato, del quale era facile determinare l' altezza col metodo del cordo- metro. A tale scopo , avendo disposto sopra un cordometro una corda sottile di acciaio, tesa in modo che 900 mm. della sua lun- ghezza corrispondessero alla nota do^ = 256 vibraz. doppie di un corista campione, si spostava il cavalletto mobile fino ad ottenere l' unisono fra il suono reso dalla parte vibrante della corda e quello del disco. Un facile calcolo dava allora l'altezza del suono e il numero di giri fatti dal disco girante in un secondo. Il metodo è semplice, rapido e di facile applicazione, oltre che di notevole esattezza ; basta un po' di esercizio, perchè l'o- recchio, guidato dai battimenti, possa facilmente, e con grande precisione, giudicare della uguaglianza dei suoni resi. Per dare un' idea dell' accordo dei risultati ottenuti , riferirò qui i valori medi di una serie di prove che furono fatte nel laboratorio di Fisica del Liceo E. Q. Visconti, nel Giugno 1898, con le tre in- dicate serie di 50, 40 e 30 fori. La lunghezza di 900 mm. della corda essendo tesa in modo da dare la nota do^ = 256 v. d. , se si rappresentano con m n-i ed 723 rispettivamente i valori delle noie all'unisono coi suoni resi dal disco rotante, valori trovati cor- rispondenti alle lunghezze ?i = 416 mm., Z2=514mm., ^3 = 687 mm. della corda, si ha 900 ■.liz=n\: 256 da cui n\ = 555,18 vibraz. d. 900 : h = m : 256 » n-z = 448,25 900 : h = ni : 256 » «3 — 335,37 — 227 — Se m è quindi il numero di giri a secondo del disco , sarà pure : l.a serie di fori m x 50 = 555,18 da cui m= 11,10 giri 2.a » mx 40 = 448,25 » m = 11,21 » 3.^ » mx 30 --335,37 » m = 11,18 » media m = 11,2 giri Col valore medio m = 11,2 giri del disco e con ^j ^ 4 fen- diture, si ottenne, in una serie di prove, 2)m = 44.8 per il cercato valore della frequenza della corrente alternata. — Tu una prossima nota esporrò i risultati ottenuti immobilizzando la immagine del menisco con un diapason stroboscopico. Sento il dovere di ringraziare sentitamente il prof. Sen. Bla- serna, il quale, oltre che fornirmi i mezzi sperimentali necessari per queste prove, mi è stato largo di consigli ed incoraggiamenti. Roma, .agosto 1902 Sopra un nuovo metodo di misura della frequenza di una corrente alternata — Nota preliminare del socio G. Vanni. (Tornata del 7 dicembre 1902) Per il principio generale delle oscillazioni forzate, si sa che quando una forza variabile, avente un dato periodo, agisce sopra un sistema oscillante, questo finisce col l'assumere un moto vibra- torio avente un periodo uguale a quello della forza i). Tenendo presente questo principio, si può misurare la fre- quenza di una corrente alternata con un artificio semplicissimo, di cui lo scrivente ebbe l'idea fino dal Novembre 1898. Si mandi la corrente di cui si vuol misurare la frequenza in uno dei circuiti di un galvanometro differenziale Deprez-D'Ar- sonval, di cui l'altro circuito sia chiuso con una piccola resistenza per ottenere, in tutti i casi , • la perfetta aperiodicità del sistema oscillante. Sotto 1' azione elettromagnetica della corrente questo prenderà, per il principio sopra accennato , un movimento oscil- latorio il cui periodo è eguale a quello della corrente stessa; sic- ché, facendo cadere sullo specchio del galvanometro un fascio di luce proveniente da una sorgente puntiforme , il fascio riflesso sarà pure esso animato da tale moto oscillatorio e darà, sopra uno schermo posto a conveniente distanza, una linea luminosa oriz- zontale, che è l'insieme di tutte le immagini del punto luminoso, e la cui ampiezza dipende dalla intensità della corrente, oltre che dalle costanti meccaniche e geometriche del sistema oscillante. Si prenda ora un corista campione di cui il periodo sia, al- l'incirca, eguale a quello della corrente da misurare (del quale periodo è sempre possibile conoscere, approssimativamente, il va- lore) ; ciascuno dei rebbi del corista sia munito di uno specchietto e di un cursore mobile, capace di produrre, spostandosi, una va- riazione nota nel periodo del corista. Messo questo in vibrazione, e fatta cadere sopra uno degli specchietti la linea luminosa oriz- zontale, i due moti vibratori rettangolari, quello dello specchietto del galvanometro Deprez-D' Arsonval e quello dei rebbi del co- 1) PoYNTiNG-TiiOMSON — Text book of Physics, p. I, pag. GO. 229 rista, si comporranno producendo, come è noto, una figura di Lissajous. Se ora si fa variare, per successivi tentativi, la posizione del cursore mobile .fino ad ottenere la figura corrispondente al per- fetto isocronismo dei due moti (retta, cerchio o ellisse) si potrà facilmente giudicare, dalla stabilità della figura stessa, quando si sia ottenuto V accordo perfetto dei due movimenti. In tal caso, dalla frequenza delle vibrazioni del corista campione, relativa alla posizione del cursore, si dedurrà immediatamente e con notevole esattezza, la cercata frequenza della corrente alternata. Come è facile intendere, il metodo proposto è di facile ap- plicazione e di grande sensibilità. Basta la più piccola variazione di frequenza della corrente, per produrre la instabilità della curva di Lissajous. Applicato dallo scrivente più volte alla misura della frequenza della corrente di città a Eoma, il metodo stesso rivela le piccole variazioni che si hanno, per es., quando, verso sera, si mettono in azione gli alternatori dei Cerchi per sussidiare quelli della sta- zione centrale di Tivoli. Esso può quindi tornare assai opportuno in tutte quelle ricerche di laboratorio o industriali nelle quali im- porti di accertare e controllare le sopra indicate variazioni. Dei risultati ottenuti nella misura effettiva della frequenza (misura che non mi è stato possibile eftettuare finora, per ragioni indip.endenti dalla mia volontà) e delle possibili cause di errore, si terrà parola in una prossima nota. Roma, aì^osto 1902. Osservazioni biologiche sulV Oxalis cernila — Nota del socio G. lllPi'A. (Tornata del 7 dicembre 1902) I. Da non molto tempo, i prati del R. Orto Botanico, come quelli delle adiacenze di Napoli, si sono arricchiti di una nuova pianta, la quale per diversi mesi dell' anno tiene la supremazia, a disca- pito delle altre. La pianta della quale parlo è la Oxalis cernua Thunb , spe- cie originaria del Capo di Buona Speranza i) ed introdotta fra di noi con la cultura, grazie alla quale si è diffusa in quasi tutta la regione mediterranea, mancando solo in quei paesi, nei quali il termometro d'ordinario scende qualche grado al di sotto del- lo zero. Tanta diffusione è dovuta esclusivamente a bulbilli ipogei , che la pianta numerosi produce : ma io son d' avviso che a que- sto modo di propagazione presto o tardi si aggiunge pure quello per semi. Primo ad indicare 1' Oxalis cernua come inselvatichita per 1' Italia meridionale pare fosse stato il Tornabene ^), il quale as- sicurava che nel 1838 essa erasi talmente moltiplicata nel suo giar- dino da « doversi tenere a vile » ^). Invero il Parlatore ^) 1' aveva già qualche anno innanzi ve- duta comparire nelle vicinanze di Palermo ; ma la osservazione del Parlatore è stata soltanto pubblicata nel 1872. Egli dice di rammentare benissimo quando di questa specie non v' era nean- che una pianta nello vicinanze di Palermo , ed aggiunge esser stato « testimone del modo come vi si è introdotta ed estesa, a- « vendo veduto buttare dal R. Orto botiuico una carrettata di ^) De Candoli,e — Geogr. hot. voi. 1, pag. 72i. 2) Tornabene— /Soj^ra alcuni fatti di anatomia e fisiologia vegetale. Memoria II : Sulle radici delVOxaXìa cernua. Catania, 1838. ^) Op. cit. p. 2'J. •*) Paulatoke. Flora italiana voi. V. p. 258. — 231 — « spurgo , nel quale erano alcune piante di questa Oxalis , nel « vicino Piano di S. Erasmo. Ciò fu verso 1' anno 1836. L'anno « di poi cominciai a trovare quella pianta nel detto Piano di !S. « Erasmo, poi al vicino Ponte dell'Ammiraglio, poi nei campi vi- « cini e cosi di seguito. Lasciato Palermo nell' anno 18-10 e tor- * natovi nel 18-13, 18-lG, 18-18 e 1868 la vidi estesa per molte « parti di Sicilia ». Non pertanto la Sicilia non è stata, come potrebbe credersi, il centro di diffusione di questa specie , la quale nel contempo era già spontanea in altri luoghi, e lo stesso Parlatore ^) l' indi- cava per Napoli (Granatello di Portici), per la Corsica, per Malta G per « molti luoghi della regione mediterranea ». In questi ul- timi tempi E. Buruat ^) l'ha veduta « tres repandu sous les Oli- ■t vies près du torrent Merula entre Audora et la station du Che- « min de fer ! (L6 Avril 1899 fi.) ». Il dominio dell' Oxalis cor ima non si limita alla sola regione mediterranea, ma fin nel sud dell'Australia. Cosi il Prof. Delpino, nel 1880, scriveva nello Aìinuario Scientifico Industriale che « in- « trodotta verso il 1840 , ingombra i giardini e minaccia i campi « di frumento. Si moltiplica per bulbilli e non vedesi modo di ' dei fiori C a s s ul e F O PtlvO: -A. fecondati raccolte 1 L mesostila Micrustiln, impollinata con la ^ 25 16 ' longistila 38 24 ( microstila 12 10 Mesostila, impolliuata con la l ( longistila 1 21 19 1 1 microstila 32 31 Lon(j/stiI(i, impollinata con la \ f mesostila 90 Si B) FECONDAZIONE ILLEGITTIMA N.o dei fiori Cassale rOPtlvaZ^A. fecondati raccolte e mesostila 10 3 Microstila, impollinata con la longistila 14 5 microstila 10 1 Mesostila, impollinata con la < longistila 8 0 microstila 36 10 LoiKiistila, impollinata con la ( mesostila 28 7 — 236 - Inoltre, ho fecondato alcuni fiori di Oxalis cernua con pol- line di piante appartenenti alla stessa forma, ma di individui di- stinti, ed ho avuto il seguente risultato; i^o:R3vr-A- N.o dei fiori fecondati Cassale raccolte L stami brevi Microstila, con polline degli \ \ stami lunghi 27 34 3 0 i stami lunghi Mesoslila, con iwlline degli < \ stami brevi 7 3 0 1 /" stami lunghi Longistila, con pollina degli ? ( stami brevi 37 11 10 2 Da queste tabelle appare chiaro, che soltanto le fecondazioni legittime sono quelle, le quali danno, come era da prevedersi, un numero maggiore di cassule. A causa dello scatto elastico mi è riuscito impossibile numerare i semi contenuti in ciascuna capsula.' La comparsa della forma mesostila e longistila deìV Oxalis cer- nua neir Orto botanico di Napoli, ha indotta qualche modifica- zione in quella microstila. Questa forma, malgrado enormemente diffusa, non mai ha dato frutti. Per spiegare una tale sterilità, si disse, che tutti gli individui microstili, nascenti nella regione mediterranea, spettavano alla stessa individualità fisiologica. In un mio lg,voro preventivo sul soggetto ^) ammettevo pure che la sterilità poteva esser messa in conto dell' atavismo e della leg(/e del compenso, perchè in queste piante la propagazione aga- mica tiene più potentemente le veci di quella sessuata. Ma dopo pochi anni dal completamento delle specie, anche la forma microstila comincia ad essere feconda, ed io in quest'anno, nell'Orto botanico, ne ho raccolte diverse cassule, contenenti semi del tutto abboniti. Qui cade acconcio far notare, che alcune cas- sule di Oxalis cernila, raccolte nell'Orto, e spettanti alla forma longistila, avevano 8 su 10 semi sterili. 1) RiPi'A G. Osscr. biologiche stilla Oxalis cernua — Bull. Orto botati, di Napoli liJOO, pag. 57. — 237 — È facile che in tali piante la fecondazione sia avvenuta con polline spettante alla stessa forma: quelle da me legittimamente fecondate dettero semi più copiosi ed abboniti. La cassula raccolta dal Prof. Nicotra, e della quale ho par- lato poc'anzi, può essere anche stata prodotta da una fecondazione; effettuata con il polline della stessa forma microstila: ne parle- rebbero in favore: 1) il fatto che il Prof. Nicotra su altri fiori scorse gli stimmi impollinati ; 2) Je mie osservazioni, dalle quali si deduce che in qualche caso la impollinazione fatta con polline di piante della stessa forma può riuscire feconda. Resta ora a dire in qual modo si sieno potute produrre nei prati del nostro Orto botanico le altre dae forme deìVOx al is cor - mia. L'ipotesi di una introduzione diretta è da rigettarsi, e sol- tanto è da prendere in considerazione quella di una produzione di semi da parte di fiori cleistogami, perchè, come è noto , tali semi, per atavismo, possono riprodurre gli antenati. Sulla forma o disposizione delle foglie nell'Jioveziia dulcis Thunb. — Nota del socio G. Rippa. (Tornata del 7 decembre 1902) Nel rivedere alcune piante raccolte nell'Iraalaja dal valoroso botanico Prof. Diithie, mi sono capitati sott' occhio alcuni esem- plari fioriferi di Hovenia dulcis^ i quali, paragonati con altri, e- gualmente fioriferi, ma appartenenti a piante coltivate in questo E,, Orto botanico, si mostravano alquanto diversi fra loro; epperò io stimo opportuno occuparmene nella presente nota. E ormai risaputo, che la cultura è capace di modificare siifat- tamente i caratteri morfologici d'una pianta, che, messa questa in confronto con altre della stessa specie, ma allo stato selvatico, si può, in qualche caso, esser tratto in errore. Negli esemplari imalaici di Hovenia duìcis le foglie, intera- mente glabre nelle due facce, erano piuttosto ristrette e parteci- panti più delia forma ovale-ellittica. Di esse la base gradatamente passava nel picciuolo, mentre l'apice era abbastanza acuminato e qualche volta addirittura falciforme. I margini presentavano una pronunziata seghettatura, e sui rami, poi, si notavano numerose lenticelle allungate e bianche. Per contrario, negli esemplari raccolti da piante coltivate le foglie , tipicamente ovali , avevano un margine con seghettatura appena visibile o qualche volta addirittura integro; un apice poco acuminato ed una base ora più ed ora meno cuoriforme. Sui rami le lenticelle erano più scarse ed alquanto brunicce. Come la forma, anche la grandezza delle foglie differiva tra gli esemplari spontanei e quelli coltivati. In questi ultimi esse erano sempre più grandi, e in qualche ramo, non fiorifero però erano di proporzioni assai rilevanti. Anche in questi ultimi ho notato che i rami , i quali vengono dal basso delle piante , al contrario di quei della parte alta, erano, in uno alle foglie, inte- ramente rivestiti di piccoli peluzzi, di colorito rossastro. Il Dott. Hooker nella sua flora indiana ^) dice che i rami inferiori sono spesso pubescenti. A me pare ch'essi debbano piut- tosto dirsi villosi. 1) S. D. Hooker. Flora of BritiìiH Tiìdin voi. 1. paf?. G40. ■239 IL Mosaici foliari È noto che la distico filila ha Io scopo di disporre le foglie dei rami laterali su di un sol piano, quasi orizzontale, e questo por meglio orientarle alla luce. Può essere ottenuta in varii modi : vale a dire per una vera fillotassi distica, per torsione di inter- nodii, per torsione di picciuoli, ecc. (3rdi nari amen te l'appiattimento è dato da un solo asse, in- dipendente affatto dai vicini : in alcuni casi però concorrono due o più ordini di assi, cosi come succede nel Paliurns. Nella Hovenia diilcis i rami laterali presentano la solita fil- lotassi quincouciale, e la disticofiUia si ottiene, come in molte altre specie, mediante torsione dei picciuoli. E fin qui niente si avrebbe di notevole : ma una particolare disposizione vi si aggiunge, ten- dente ad appiattire intere frondi, ed a disporre le foglie a mosaico, in modo da occupare tutto lo spazio , senza che si ricoprino a vicenda. Questa disposizione è data dalla regolare presenza di alcune gemme soprannumerarie, imperocché non solo le foglie dei rami laterali , originariamente a quincoucie , hanno alla loro ascella — 240 — . gemme normali, le quali si svolgeranno più tardi, ma ancora al- cune foglie , superiormente alla gemma normale , portano una seconda gemma soprannumeraria o di superfetazione, la quale non subisce alcun periodo di sosta, bensì si sviluppa contemporanea- mente al ramo che tende ad appiattirsi. I prodotti di queste gemme soprannumerarie, con lieve torsione, si dirigono alternativamente uno a destra ed uno a sinistra, dispo- nendosi essi pure in ordine perfettamente distico. Ordinariamente, nei rami laterali, presentano gemme sopranumorarie di pronto svi- luppo le foglie 5''^, 1^ e d^ del ramo, portando le rimanenti foglie una sola gemma normale. Stante il precoce svolgimento delle gemme soprannumerarie, contemporaneo al ramo die le porta, il loro prodotto acquista gros- sezza e robustezza pari a quello; di guisa che la ramificazione in- tera (V. fig.) assume un' apparenza di vera dicotomia. Quelle foglie poi, alla cui ascella si svolse una gemma sopranumeraria, con lieve spostamento e torsione del picciuolo, si dispongono late- ralmente al prodotto di detta gemma in modo da occupare con la lamina lo spazio lasciato vuoto dalla divergenza dei due rami, cioè il mezzo della apparente dicotomia ottenutasi. Così si riesce ad avere un perfetto mosaico follare: l'appiatti- mento della intera fronda è completo, e tutto lo spazio è occupato col minimo consumo di materia, imperocché nessuna foglia ricopre le vicine, ne è da queste ricoperta. Studii sul nitrato b antico del socio P. Franco (eon la tavola V.) (Tornata del 7 dicembre 1902) È noto clie il nitrato baritico si presenta con forme tetartoe- driclie del sistema cubico , che spesso però passano alle forme emiedriclie limiti, come il nitrato strontico e il nitrato piombico. É pure noto clie i cristalli di nitrato baritico spesso sono biri- frangenti, non presentano però polarizzazione rotatoria, né i cri- stalli , né le soluzioni di questa sostanza ; mentre la presentano i cristalli di clorato sodico ^) , di bromato sodico , d' acetato di sodio e d'uranio, e di solfoantimoniato sodico, die pure sono cubici tetartoedri. Soret scrive « la polarizzazione rotatoria, quale noi la cono- sciamo, non può riscontrarsi che nei mezzi a struttura enantio- morfa. » 2j pare noi abbiamo ])arecchie sostanze, che presentano le stesse forme enantiomorfe, ma alcune hanno polarizzazione ro- tatoria nei loro cristalli, altre no ; cosi : nel sistema del cubo hanno polarizzazione rotatoria nei cristalli: non hanno polarizzazione rota- toria nei cristalli: Clorato sodico NaClO^ Langbeinite K230* + 2MgS04 Bromato sodico Na BrO^ Cloruro potassico KCl -g^ Solfo-antimoniato sodico Na''SbS-'4-;)H20 Clor. ammonico NH-^Gl ;g;S Selenio-antimoniato sodico Na^SbSe^-j-OH^O Cuprite Cu-0. ' §^ Acetato di soda e d'uranio NaC2H30-4-UO^C^HGO^ Nitrato baritico BaN^C» Allume di amilamina (attivo in cristalli e in Nitrato strontico SrN-O" soluzioni) tNH-2C5Hn]SOn.,^jj2Q Nitrato piombico PbN^QC A12S3012 ) 1) Ho esaminato alcuni cristalli di clorato sodico che presentano contem- poraneamente emiedria dodecaedrica e tetraedrica, quindi sono tetartoedrici ; le forme osservate sono 100, 110, :: (210), y. (Ili); in uno di essi colle facce del cubo predominanti e abbastanza limpido si nota distinta la polarizzazione rotatoria, ma debole. -) Soret. — Crist. p. 411. IG 242 vcl Sistema quadratico Solfato di stricnina con G molecole d' acqua Solfato di nichelio con mole- (C2iH22N202)2.H2SO<, emìedrico trapezoedrico cole d'acqua NzSO-'+GH^O. per le figure di corrosione , attivo in cri- stalli e in soluzioni. Solf. dietilondiamina(Cll2NH2_CH2NH2)SO^ Destro-tartrato d'ammonio e potassio più solfato di soda (K Am)2C^H406-j-Na2SO< ? Carbonato di guanidina (CH-'N^)- H^t'.O^ ' Diacetilfenolftaleina CS^HiSQe nel sistema esagonale Quarzo SiO^ Canfora di patcliouli C^^HasQ i) Cinabro HgS Ditionato (iposolfato) di calce CaS20'"'-|-4H-0 Ditionato di piombo PbS2O0-|-4H2O Ditionato di strontio SrS20«4-4H20 Ditionato di potassio K2S20" Ditionato di rubidio Rb2S20G Ditionato di cesio Cs-S20'' Benzile CJ^Hio02 Maticocanfora Ci»Hi«0 Porjodato sodico (ogdoedrico) NaI0^+3H'-0 i) Solfato di litio e potassio KLiSO^ Solf. di pot. e cromato di litio K^SO^-f Li2CrO<. La si:ruttura enantiomorfìi che ])roduce polarizzazione rota- toria nei cristalli può, come da assai tempo hanno dimostrato gli esperimenti di Reuscli, aver luogo indipendentemente dalla sim- metria della molecola e dalla sua azione ottica ; ma in generale la dissimmetria delle molecole e dogli atomi si rivela con forme enantiomorfe. A proposito degli atomi di carbonio dissimmetrico Van't Hoff scrive « in seconda linea la dissimmetria (dell' atomo del carbo- nio) si manifesta sotto il riguardo cristallografìco , e veramente gì' isomeri che dipendono da atomi di carbonio dissimetrico mo- strano una enantiomoriìa nei loro cristalli corrispondente alla loro struttura molecolare, come i bimalati ammonici destrorso e sini- strorso : possiamo aggiungere che Soret ha dimostrato come tale conseguenza sia necessariamente generale » -). E Soret scrive: 1) Soret cita pure la diiraite dell' etere succinilsuccinico. Non si è te- nuto conto di altri esempi dubbii. 2) Van't HofI'\ — Die Lagerung der Atome m. Raume p. tì. — 243 — « Se un corpo che contiene molecole dissimmetriche di una sola specie è capace di cristallizzare, i suoi cristalli saranno pure dis- simmetrici. Essi dovranno appartenere ad un sistema (classe?) emiedrico non sovrapponibile, e i due corpi coniugati daranno sempre nei loro cristalli le due forme inverse » i). Moureu invece contraddice a Soret e a Van't Hoff : solo le sostanze attive in soluzioni hanno molecole dissimmetriche, quelle attive in cristalli e non in soluzioni non risultano di molecole dissimmetriche, ma di molecole simmetriche e inattive aggregate con disposizione elicoidale -) (esperimenti di Reusch), E questa sarebbe una conseguenza logica, se le molecole non disturbassero vicendevolmente la loro azione. Soret rileva l'osser- vazione di Van't Hoft : non esser necessario a priori che la po- larizzazione rotatoria si manifesti tutte le volte che nel composto è un atomo di carbonio dissimmetrico, potendosi produrre com- pensazioni tali , che si stabilisca la simmetria della molecola ri- spetto alle proprietà ottiche ^). Però recentemente Van't Hoff si esprime in modo assoluto sulla relazione che corre tra la dis- simmetria della molecola e la sua polarizzazione rotatoria '*). D'altra parte nei cristalli monorifrangenti o monoassiali spesso si sviluppano tensioni che li rendono biassiali , come è il caso del nitrato baritico ^), e sappiamo che nei biassiali non è possibile la polarizzazione rotatoria. Quello che si è detto dei composti con atomi di carbonio dissimmetrico, si può oggi estendere ai composti dell'azoto e del solfo, risultando dai lavori di Le Bel e di altri che i corpi che p()ssedono un atomo d'azoto pentavalente saturato da cinque ra- dicali diversi, cioè un atomo d'azoto dissimmetrico, sono suscet- tibili di esistere nelle due forme otticamente inverse. E lo stesso dei composti di solfo, nei quali esiste un atomo di solfo tetra- valente e asimmetrico "). Moureu generalizzando, formola la legge: « Perchè un corpo possegga potere rotatorio è necessario e suf- ficiente che la sua molecola non abbia alcun piano di sim- metria » ''). ''j SoRKT. — Cristallograpliie p. 418. -) MoDREu. — Chimie organique. Paris IdOB, p. 53. 3) Soret. — Cristallographie p. 422. ■*) Van't Hofk. — Statifiue chimique. Paris 1899, p. 93. ^) Braun. — Die optische Aiiomalien der Krystalle p. 208 e seg. ^) MouREtJ. — Cliimie organique p. 59. ■*) Moureu. — l. e. — 244 - Mi si permetta un' osservazione. Noi abbiamo combinazioni biazotiche, le idrazine H H \ / N-N / \ Il H che danno molecole dissimmetriclie e attive nelle idrazine biso- stituite con due radicali diversi, e danno composti inattivi nei prodotti della ossidazione loro, mancando in questi la dissimme- tria della molecola, come rileva Van't Hoff i). RI I Ri_N-H Ri-N— H N R2-N-H H-N-E2 N Isomeri delle idraziue bisostituite Prodotto della ossidazione delle idrazine bisostituite. Da questo si deduce: 1.° che non solo l'atomo d'azoto penta- valente può essere dissimmetrico, ma pure l'atomo d'azoto triva- lente; 2." che un atomo d'azoto dissimmetrico nelle idrazine biso- stituite diviene simmetrico nei prodotti della loro ossidazione. Quindi un atomo d'azoto dissimmetrico può avere alcune sue va- lenze saturate da radicali simili e dar luogo a molecole simme- triche e inattive. È chiaro d'altra parte per l'azoto pentavalente, che la dissimmetria della molecola potrebbe restare anche non es- sendo le valenze saturate tutte da radicali diversi (tav. V. fig. 1). Sicché è la simmetria della molecola soprattutto quella che determinerà l'attività ottica e la enantomoriia: e rimane spiegata la osservazione di Van't Hoff rilevata da Soret , che si possono produrre in composti con atomi di carbonio dissimmetrico com- pensazioni tali che ristabiliscono la simmetria della molecola ri- spetto alle proprietà ottiche. 1) Van't Hoff. — Die Lageruiig der Atonie, p. 128 e seg. Moureu. Chim. erg. p. 232. — 245 — Nell'acido azotico l'azoto è ritenuto penta valente, e Moureu •) ne esprime a questo modo la costituzione molecolare : 0 // 0=N \ 0-H Che si voglia riguardare questa molecola come simmetrica o asimmetrica -j, quella del nitrato baritlco sarebbe sempre sim- metrica : 0 O /^ ^ ^ (A) 0=N . N==0 0-Ba— 0 Se non clie Van't Hoff, che si è occupato della struttura molecolare con tanto successo, scrive che la isomeria nelle com- binazioni minerali è un fatto eccezionale, e il prodotto è indi- pendente dalla costituzione simmetrica dei componenti ^). Quindi, ammessa pure la costituzione simmetrica molecolare dell' acido azotico secondo Horstmann, il nitrato baritico potrebbe avere una costituzione dissimmetrica, diversa della fA). p. e: O 0— N— O (C) o 0-N-Ba II O e l'appoggerebbe la enantiomorfia dei suoi cristalli. ^) Moureu — Op. cit. p. 19. Horstmann lascia incerto se l'azoto nell'acido nitrico sia trivalente o peutavalente e ne dà le forinole : H-O-Nf i , H-O-NZn \ Q — u -) Horstmann scrive la formula dell'acido nitrico q~N— 0 — H, che è sim- metrica. Horstmann, in Grahm-Otto. Lehrb. 1° 2^^ 319; mi pare che non vi sia differenza tra la formula di Horstmann e quella di Moureu. 3) Van't Hoff. — Statique chimiqi;e. Paris 1899, p. IG. — 246 -^ La obbiezione che il nitrato baritico non è attivo in solu- zioni, non ha gran valore, perchè le combinazioni minerali non sempre conservano, quando sono sciolte, la costituzione primitiva, onde sono escluse dai metodi criometrici ^). Prima di trattare qualunque altra questione riguardo al ni- trato baritico, s' impone quella di sapere se la sua molecola sia simmetrica o dissimetrica. E un indizio della sua simmetria credo averlo trovato nel seguente fatto. È noto per la legge di Gladstone che la rifrazione moleco- lare di un composto è uguale alla somma delle rifrazioni atomi- che dei componenti; ed è pure noto per le ricerche del Brùhl che nei composti del carbonio 1' ossigeno ha una diversa rifrazione atomica, secondo la maniera con cui distribuisce le sue valenze : la rifrazione atomica di 0=:(ossigeno del carbonile) è 3,25, mentre la rifrazione atomica di — O— (ossigeno dell'idrossile) é 2,7 2). Ora, siccome nel nitrato baritico di costituzione (A) vi sono quattro at tmi di ossigeno a valenze unite, e due atomi d' ossi- geno a valenze separate , mentre nel nitrato baritico di costitu- zione (C) si ha l'inverso, ho cercato se la legge di Gladstone si verificava nella costituzione (A) o nella costituzione (C). Siccome Horstmann ammette che l'azoto nei nitrati possa essere triva- lente 3), ho preso in considerazione anche le formule di costitu- zione del niti'ato baritico. O 0 \ /' N I 0 0— N— 0-0 ' I / (B) Ba (D) .0 ! \ 0 0— N-O-Ba I / \ 0 0 La formola (D) avrebbe una certa analogia colle idrazine dissimmetriche. 1) KoiiLKAuscH ~ Praktisclio Piiysik 8. Auf. p. 123 e seg. ") liiMUACH in Gii.viiM-Ori\j — Lehrb. tlcr Cliem. I, 3. p. 600 e .scg. 3) in L. Meykr. — Lea tliéories mcdenies de la Chimie. Voi. I, p. 170. — 247 — Voglio prevenire un'obiezione, ed è che non si possono a- vere molecole dissimmetriche quando gli atomi sono disposti in un piano ^) ; ma gli schemi A e C per 1' azoto penta valente si applicano benissimo all'azoto pentaedro, come mostrano le figure 2 e 3, ove si vede pure che la molecola dissimmetrica dà due iso- meri corrispondenti alle forme enantiomorfe. Notisi che molecole simmetriche nel piano possono dare par- ticelle, cioè gruppi di molecole unite per coesione cristalliaa. dis- simmetriche nel piano, come nel cinabro : , Hg-S ) ( S-Hg \ e nel clorato sodico i Na— 0-0-0 CI ^ ì Cl-0-0— ONa^ Le particelle del clorato sodico, soprapponendosi senza girare, datino un parallelepipedo limite retto senza piani di simmetria (fig. 4), com'è il cubo limite del pentagonododecaedro tetartoe- drico. Nel cinabro le particelle sarebbero trigemine nella posizione dei plagiedri e si avrebbe la disposizione elicoidale. I cristalli sui quali sono state fatte le seguenti ricerche pro- vengono da nitrato baritico esente di nitrato piombico e contenente solo piccole quantità di nitrati alcalini, 0,45 o'q. Esiste una difficoltà per applicare la legge di Gladstone al nitrato baritico, ed è che la rifrazione atomica dell' azoto varia secondo i composti in cui questo entra a far parte, ma per i ni- trati in generale Gladstone assegna il valore 6,3 -). Nelle tavole di Landolt ^) non è registrato l'indice di rifra- zione del nitrato baritico per la riga A dello spettro , rispetto alla quale sono state calcolate da Gladstoue le rifrazioni ato- miche ^). Sono invece riferiti gì' indici di rifrazione del nitrato bari- tico rispetto alle righe C , D , H , mediante i quali ho calcolato colla formola di Cauchy 1' indice di rifrazione rispetto alla riga •) MoNOD. — Stérèo-chimie. p. 10. -) In L. Meyer. — Les théories modernes de la Chimie, 1, p. 170. 3) Lanuolt uiid BòRKSTEiN. Physikalischc-Cliemische Tubellen — Berlin, 1894. ^) ili L. Mkyer — l. e. — 248 - A, e riio trovato 1,5615, approssimato alla quarta cifra decimale. Ho misurato l'indice di rifrazione pel giallo medio e l'ho trovato 1,572, assai prossimo a quello rispetto alla riga D registrato da Landolt. Ho misurato pure l'indice di rifrazione verso l'estremo rosso dello spettro e l'ho trovato 1.560, Anche la densità del ni- trato baritico varia tra 3.208 e 3.241; si è impiegato nel calcolo il valore medio 3.230 registrato da Landolt. La rifrazione molecolare del nitrato baritico calcolata colla il — 1 formola di Gladstone — = — P, e la somma delle rifrazioni atomi- d che nei diversi tipi di costituzione, tenendo conto dell' ossigeno a valenze unite e dell'ossigeno a valenze separate, sono : Somme delle rifrazioni atomiche Differenza (A) 45.4 0.3 Eifrazione molecolare del ,^ ' .^ o e, a ., , , .^. ,, .- - C 43.3 2 4 nitrato Dantico i) 4o, <. ^ '^ (B) e (D) 42.2 3 5 Per modo che solo nel tipo di costituzione (A) la differenza è nei limiti d'osservazione; ne dovremmo conchiudere che il ni- trato baritico corrisponde alla costituzione dei nitrati oggi am- messa in chimica con azoto pentavalente, senza legame comune, e la sua molecola è simmetrica. Ed è bene ricordare che per le ricerche del Brtihl e del Nasini nelle molecole a legami doppii la rifrazione molecolare è elevata, e in quelle a catena complicata vi sono differenze notevoli. Avrei voluto confortare i risultati ottenuti con altre ricerche e due metodi si presentavano. 1.° Sostituire nel nitrato baritico al bario il sodio mercè il solfato sodico, nella quantità esatta di sostituzione: il nitrato ba- ritico di costituzione (A) certamente si sarebbe scisso in due mo- lecole di nitrato sodico, mentre il nitrato baritico di costituzione (0) poteva non scindersi in due molecole : nel secondo caso il nitrato sodico proveniente da tale sostituzione avrebbe avuto un peso molecolare doppio che nel primo. Ma per assicurar questo non vi era altro mezzo che il metodo criometrico, che, si sa, non è applicabile ai sali. 1) La rifrazione atomica deirazoto nei nitrati è, secondo Gladstone, 5.3 quella registrata da Eimbacli (Grahm— Otto, I, 3. G46) è 4,8: nel calcolo si è impiegata la media 5. Cosi si è impiegato il valore IG per la rifrazione a- tomica del bario, media tra 15,8 (Gladstone) e 1G,1 fRimbach). — 249 — 2.° L' altro metodo è fondato sulla variazione nei parametri fondamentali quando in una molecola si fanno sostituzioni iso- morfe ^). Questo metodo non si applica ai cristalli del sistema cu- bico, e quelli di nitrato baritico vi si riferiscono per le loro in- clinazioni. Ad ogni modo il metodo della rifrazione molecolare dà un buono indizio per la simmetria della molecola del nitrato baritico. Ciò posto , la polarizzazione rotatoria nei cristalli cubici a molecola simmetrica può provenire da disposizione elicoidale delle molecole ? Io non conosco riguardo alla polarizzazione rotatoria prodotta da lamelle soprapposte e girate altro che gli sperimenti di Reuscb, fatti con tre lamelle di mica biassiale soprapposte e girate di 120», e la teorica di Mallard, onde risulta che questo si- stema di lamelle offre tutte le condizioni per avere la polarizza- zione rotatoria 2). Ma siccome nel clorato sodico il fenomeno si os- serva anche normalmente alle facce del cubo, cioè, ammettendolo t3tartoedrico , secondo un asse binario , non si può invocare nei cristalli cubici la struttura elicoidale, almeno finché nuovi esperi- menti o nuove teorie non abbiano mostrato possibile l'attività ot- tica per lamelle soprapposte con angoli diversi di 120.° Giova però considerare che se l'attività delle soluzioni o dei fluidi è data dalla dissimmetria delle molecole, l'attività e la enan- tiomorfia dei cristalli può esser data tanto dalla dissimmetria delle molecole, quanto dalla dissimmetria delle particelle (particule Am- père), che, come abbiamo detto, sono gruppi di molecole unite non per affinità chimica, ma per coesione cristallina: nella teoria delle reti cristalline queste particelle sono i nodi. I numerosi fatti di mimetismo dimostrano che con elementi di una certa simmetria si possano avere complessi di un'altra simmetria. Ora, molecole simmetriche possono aggrupparsi in particelle dissimmetriche ^) ; cosi pel clorato sodico , di cui la costituzione non può essere espressa altrimenti che da Na-0— 0-0— CI 1) Vax't Hoff. — Statique chimiqu3. Paris 1899, pag. loó. -) Mallard. — Expl. d. phén. opt. an. p. 121. ■^J Trovo nelle mie note di cristallografia , senz' altra indicazione , la se guente : « Esiste una serie di fatti da cui si rileva che la molecola del cri- stallo (particella Ampère) risulta da un uumei'o più o meno gi-ande di mole- cole chimiche, e quindi la particella del cristallo rappresenta uno stato poli- mero rispetto allo stato gassoso; p. e. le ricerche di Voigt sull'elasticità del — 250 — simmetrica socondo il piano che passa per la catena, come i pro- dotti di ossidazione delle idrazine bisostituite con radicali diffe- renti Ri 1 N 11 N I R2 si possono avere particelle dissimmetriclie formate da due mo- lecole : LNa— 0— 0-0-Cli Cl-0-0-0~Nai che ricordano la dissimmetria delle idrazine bisostituite con ra- dicali diversi I H-N-R. Notisi che nella dissimmetria delle molecole si escludono i piani di simmetria, non il centro, e che il rettangolo limite di un romboide delle due molecole di clorato sodico ha due lati opposti che sono linee di affluita chimica, e gli altri due sono linee di coesione cristallina. Ed è chiaro che la dissimotria della particella si può rilevare nei cristalli 0 per la enantiomorfia o per l'attività ottica; ma nelle soluzioni, cessando la coesione cristallina, la particella cristallina dissimmetrica si scinde in due molecole simmetriche e 1' attività ottica scompare. salgemma mostrano che le molecole cristalline (particelle) di esso esercitano azioni un poco differenti tra loro nelle diverse direzioni : questo non può con- venire coir ipotesi che le particelle di salgemma risultino di un atomo di cloro e di un atomo di sodio ». — 251 — Ora nel nitrato baritico, qualunque sia la costituzione della sua molecola. O 0 0 0 \. // X / N N I ! O 0 I I Ba Ba ! I O O I I N N // ^ / \ 0 O 0^- — 0 non si riesce a formare particelle dissimmetriche in qualunque modo si aggruppino le molecole simmetriche; possedendo queste, oltre al piano di simmetria, un centro di simmetria Quindi si spiega che mentre il clorato sodico e il nitrato baritico presentano la stessa enantiomorfia, nel primo si ha polarizzazione rotatoria nei cristalli e nel secondo no. Intanto, se nei cristalli di nitrato baritico manca la polariz- zazione rotatoria , è per altro comunissima la doppia rifrazione anomala , e i cristalli cubici si mostrano come gruppi d' indivi- dui biassiali deformati. Sapendosi che la rotazione del piano di polarizzazione dipende dal comporsi di due raggi polarizzati cir- colarmente, che neir attraversare il mezzo l'uno si muove più ra- pidamente dell'altro, è lecito supporre che quando per nuove ten- sioni, in qualunque modo sviluppatesi nel cristallo, il movimento luminoso è disturbato e non sono possibili raggi polarizzati cir- colarmente, il potere rotatorio debba sparire. Di fatti, mentre i cristalli di nitrato baritico presentano abi- tualmente doppia rifrazione anomala e chiari indizi! di tensione interna^), quelli di clorato sodico, che hanno potere rotatorio , abitualmente non presentano anomalie ottiche -). Il Braun, che ha studiato con grande accuratezza le anoma- lie ottiche del nitrato baritico , crede esse dipendano dalla pre- 1) Bbaux l. e. 2) Il Braun nota che il clorato sodico puro è monorifrangente ed ha po- larizzazione rotatoria; ma quando contiene mescolato bromato sodico diviene fortemente birifrangente e biassiale. l. e. p. 332. — 252 — senza del nitrato piombico , che non mancava mai nei cristalli studiati ^), producendosi tensione nell'allinearsi delle molecole di specie differenti, E crede ancora che queste tensioni dipendono dal diverso coefficiente di dilatazione delie diverse molecole, sa- pendosi che al momento della cristallizzazione la temperatura si eleva. Specialmente pel nitrato baritico e pel nitrato piombico la differenza è grandissima : Coefficiente di dilatazione cubica nel nitrato baritico tra 0° e 100°. . 0,000452 » » » nitrato piombico » » . . 0,00839 Io , come ho detto innanzi , ho ottenuti cristalli di nitrato baritico esenti di nitrato piombico e contenenti solo piccolissi- ma quantità di nitrati alcalini, 0,45 °/o, in massima parte nitrato di soda; ciò malgrado, essi spesso presentano doppia rifrazione ano- mala , sebbene debole ; sicché questa può esistere indipendente- mente dal nitrato piombico. Non oserei dire a priori che le pic- colissime quantità di nitrati alcalini non vi contribuiscano, sapen- dosi che i cristalli d' allume potassico con doppia rifrazione os- servati da Biot contenevano almeno tracce d'allume ammoniacale; e quelli che ne erano affatto privi non manifestavano alcun in- dizio di birifrangenza "). Dopo tutto quello che abbiamo detto appare chiaro che solo uno studio particolareggiato delle loro proprietà geometriche e fisiche potrà farci intendere i cristalli di nitrato baritico ; e ne ho osservati molti, alcuni provengano da soluzioni neutre, altri da soluzioni acidificate con acido nitrico. Cristalli ottenuti da soluzioni neutre. Alcuni di questi sono assai grandi, oltre un centimetro di larghezza e quasi mezzo di spessore, predominano le facce dell' ottaedro , di cui due, quella d' appoggio e l'opposta, assai estese: le altre sono alternamente più e meno sviluppate. È noto che nei cristalli di nitrato bari- tico le facce 111 alterne e le alternate presentano elettricità di- versa. Hankel lo ha assicurato sperimentando col suo metodo, che è di un'estrema sensibilità ^). Io no a sono riuscito ad avere decisa la distribuzione dell' elettricità sui cristalli di nitrato baritico 1) Braiin — l. e. p. 223 e seg. 2) Biot. — Mémoire sur la polarisation lamellaire, p. 560. 3) Hankel. — El. Un. 21^ Ab. — 253 — sperimentando col metodo di Kundt, mentre un cristallo di tor- malina osservato nelle medesime condizioni agiva benissimo. Le facce del cubo sono piuttosto piccole, piccolissime quelle del pifi- toedro 210. Le facce grandi dell'ottaedro di rado danno una sola immagine, per lo più sono poliedriclie; ma quando danno imma- gine unica e nitida, esse sono inclinate di 70° Sl'-è invece che di 70"31' 44": la differenza è inferiore all'errore di osservazione. Quin- di per le loro inclinazioni dobbiamo rigaardarli come ottaedri re- golari. Non mostrano alcuna traccia dei tetartoedri 421, 53L I cristalli mostrano dalla parta opposta alla faccia d'appoggio strut- tura a tramoggia di figura esago na^ con tre lati più lunghi paral- leli alle intersezioni delle 111 superiori colle Hi adiacenti e tra lati più corti paralleli all'intersezione delle 111 superiori colle 100 adiacenti. Guardando attraverso le altre facce 111 , si veggono nell'interno del cristallo in corrispondenza di esse anche tramog- gie , ma meno spiccate. Le facce non presentano poliedria rego- lare, tranne il caso che la faccia sia costituita dalla tramoggia , ne in zona determinata. L' indice di rifrazione al giallo medio (spettro di luce bianca a zone molto ristrette) è 1,572; quello osservato da Topsoe per la riga D è 1,5712. I cristalli non presentano alcun indizio di doppia rifrazione, ne di polarizzazione rotatoria, osservati normalmente alle facce dell'ottaedro. Osservati colla lamina di o-esso al rosso di 1." or- dine, la tramoggia si rivela con zone di colore verde quando i suoi piani sono a 45" dal piano di polarizzazione dell'istrumento, ma contemporaneamente sono colorate in verde le facce dell'ot- taedro a cui i piani della tramoggia sono paralleli. Questo fenomeno dipende da raggi riflessi polarizzati: basta mettere uno schermo per impedire che nell'analizzatore giungano raggi riflessi dalle facce del cristallo, perchè il colore verde scom- parisca. Dalla soluzione si formarono prima i grossi cristalli ottae- drici, e poi numerosi piccoli cristalli, in cui ora predominano le facce del cubo, ora quelle dell'ottaedro: queste o esistono emiedri- camente o sono sviluppate emiedricamente; talvolta sono dispo- ste in maniera irregolare. Sono state pure osservate 211, 311, e facce vicinali a queste ed a 111. In cristalli piccoli ottaedrici di un millimetro di spessore, e anche meno, non ho avuto indizii di birifrangenza colla lamina di gesso al rosso di 1° ordine. — 254 — Come confronto ho osservato un cristallo di nitrato baritico contenente nitrato piombico, spesso circa nn millimetro: sulle facce dell'ottoedro si nota birifrangenza. distinta a nicol incrociati: colla lamina di gesso si osserva;no sei settori triangolari colle basi in corrispondenza dei lati della faccia e gli apici al centro. In nn cristallo ho trovato la 511 un po' poliedrica, ma di- stinta, le sue inclinazioni sono: mis. cale. 511:111 39" 41' 38" 56'i 511:100 16'-' 21' 15-^ 47'i- Un altro cristallo mostra la fliccia 997, avendosi mis. cai. 997:111 G» 25' G» 27'1 Oltre il piritoedro 210, sono stati osservati i dodecaedri pen- tagonali 940; 11, 1, 0 e si è avuto : mi.s. cale. 940:100 24° 1' 23° 68' 11.1.0:100 5° 1' 5o 8'. La faccia 511 è stata osservata da Wulf, la 940 occorre nella pirite, le 997, 10. 1. 0 potrebbero essere facce vicinali. Facce di pentagonododecaedri tetartoedrici non ho osservato che in due cristalli solamente , ma scabre e tali da non permettere buone misure. La fìg. 5 rappresenta 1' insieme delle facce osservate. In qualche caso sono sviluppate quattro facce dell' ottaedro e le due del cubo che sono in zona con esse, cosi che il cristallo presenta l'aspetto trimetrico; ma «nche in questo caso le 111 adia- centi sono inclinate di 70° 33' e s' inclinano sulle 100 di 54° 45': la differenza di 0° 1' è inferiore agli errori d'osservazione. Que- sti cristalli osservati a luce polarizzata nou presentano tracce di birifrangenza normalmente alle facce del cubo ; l'indice di rifra- zione del giallo medio è 1,572. Altri cristalli mostrano birifrangenza ben distinta, sebbene debole; e una faccia di cubo si mostra divisa in quattro settori secondo i lati e quattro settori secondo le diagonali: i primi sono più sviluppati dei secondi, le linee scure che li separano sono al- quanto irregolari (fig. 6, 7, 8) e la estinzione è completa secondo — 265 — i lati della faccia. In uno di questi cristalli i settori danno pola- rizzazione cromatica, giallo, verso il centro. Colla lamina di mica al bianco gialliccio i settori secondo i lati, che hanno le loro bi- settrici parallele al piano degli assi ottici della mica, mutano il giallo chiaro in giallo ranciato, che passa verso il centro del set- tore al rosso violetto : i settori normali al piano degli assi ottici della mica vanno al bianco ; quindi 1' asse di minima in questi settori è secondo la loro bisettrice. Al conoscopio danno una croce sbiadita, che si deforma un poco, ma non si risolve in due rami d'iperbole: non danno tracce di zone colorate. Un caso analogo è stato osservato da Klocke , che nota esser la figura d'interferenza simile a quella che mostra il vetro temprato. Nel cristallo poc' anzi descritto le facce sono inclinate di 70° 38' e danno immagine unica e nitida: in altri che mostrano biri- frangenza le facce dell'ottaedro sono pure spostate, le facce del cubo danno immagine doppia o multipla nella maggior parte di essi, E evidente che la birifrangenza è effetto di deformazione causata da tensioni sviluppatesi nel formarsi i cristalli. Ora, sic- come la poliedria delle facce e la birifrangenza si osservano in alcuni cristalli, in altri no, è assai dubbio che esse possono di- pendere dalle piccole quantità di nitrati alcalini, perchè dovrem- mo trovarle nella maggior x)arte dei cristalli. E si ha certezza che non ne dipendono, quando si consideri che spesso i settori sono assai deformati (fig. 1 , 8). Sicché bisogna cercare altra causa che spieghi queste tensioni. Nel nitrato piombico ho potuto osservare molti dei fenomeni descritti dal Braun nei cristalli di nitrato baritico contenente ni- trato piombico. Genesi dei cristalli di nitrato baritico Si son fatte cristallizzare liberamente sulle lastrine gocce di soluzione neutra di nitrato baritico. La cristallizzazione s' inizia con lamine allungate a contorni leggermente curvi, che poi pren- dono un contorno esagono allungato , mostrando ad uno degli estremi un angolo acuto (fig. 9, 10,. Ingrandendosi, queste talvolta divengono lamelle esagone con angolo di 120", talvolta si trasfor- mano in lamelle rombiche con angolo di 73" circa. Si osservano pure lamelle rombiche con angoli di 70° e altre con angoli» quasi — 256 — retto. Le lamelle rombiche spesso sono unite per i loro vertici, o allineate secondo la diagonale maggiore; nell'interno di alcune di esse si osserva lo scheletro con disposizione pennata (fig. 10, 11). Le lamelle esagone sono facce d'ottoedro che si costituiscono come facce di appoggio, le rombiche sono sezioni d'ottaedro parallele agli spigoli di esso. Non si può dire se l'estremo acuto sia l'estremo iniziale o il finale; ma come nei casi in cui esse si geminano a croce, l'estremo per cui s'incontrano è l'acuto, si può con grandis- sima probabilità ritenere che questo sia l'iniziale. Talune lamelle hanno figura esagona dissimmetrica (fig. 12), con i seguenti ano-oli : a 06° 24-' \ h 69° 18' ^ osservati. e 43° 18' S Non danno alcun indizio di birifrangenza , ne collo stauro- scopio Schrauf, né colla lamina di gesso al rosso di prim'ordine. L'angolo a di 69°18' differisce poco da 70'^ 32', angolo delle facce dell'ottaedro regolare, meno dell'errore di osservazione (due puntate col goniometro oculare a fili). Considerando ad come traccia di Ili e ac come tracisia di 111, ec sarebbe la traccia di 111, e he quella di 118. In fatti, ponendo (fig. 13) &c?2 = 44^44' invece di 43°18', ti- rando ev parallela a eh, avremo : rev = 54"44' — 44"44' = lO'O' rv=er taug 10^0' =,"=^tg. 10^0'r=0,12483=0,125. Wulf ha osservato la faccia 338. Un'altra lamella di forma analoga alla precedente ha i se- guenti angoli a 68° h 56" e 56° j e in questo caso la he è la traccia del cubo, correggendo a=70" 32' e h =0= 64° 44". Come si vede, le lamelle iui/.iali che servono di scheletro ai nuovi cristalli non sono sempre terminate da facce di ottaedro, o — 257 — di cubo, ma occorrono anche facce di rombododecaedro e di tra- pezoedri. La fig. 12 mostra ottaedri che si sono iniziati sopra una lamina quadratica e vicino ad essi altri che si sono iniziati sopra una lamina rombica. Lord Kelvin ammette come rete minima di uno spazio omo- geneo ittracJiedecaedri di diversa specie i) ; nel nitrato baritico il cubo combinato coirottaodro sixrehhe un tetmchedecaedro ortica. L'ultima lamella descritta, che rappresenta una maglia i cui lati sono intersezioni tra facce di cubo e facce d' ottaedro, insieme col presentarsi abitualmente il nitrato baritico in cubottaedri, appoggerebbe l'opinione di Lord Kelvin. Spesso però le lamelle iniziali hanno figura esagona o rombica, e prima di queste abbia- mo figure ovali, ellittiche o altrimenti curve -). Fig. 9. Notisi che nelle forme curve, che precedono le lamine poli- gone iniziali, la sottigliezza è estrema, da produrre colori d' in- terferenza : nel mezzo è il rosso, all'esterno è il verde. Ora, qualunque sia la forma della lamina iniziale, le forme finali sono l'ottaedro e il cubo; e questo è fenomeno comunissimo nella genesi dei cristalli: a principio, quando la sostanza comincia a depositarsi dalla soluzione, tutte le disposizioni molecolari com- patibili colla simmetria della classe e la legge di razionalità sono possibili, anche le facce vicinali ; ma finiscono quasi sempre per predominare quelle forme che hanno indici più semplici. Quale delle forme finirà per predominare non è facile pre- vedere, quando i cristalli provengono da nuclei iniziali semplici; quando invece provengono da nuclei iniziali geminati, si può fino a un certo punto argomentare la simmetria dei cristalli che ne risultano. Non si può in alcun modo argomentare la simmetria della lamella iniziale dalla simmetria della molecola. La molecola del nitrato baritico ha un solo piano di simmetria , ed uno ne mostrano le sue lamelle iniziali , esagone con un angolo acuto ; ma si aggruppano in quattro (fig. 10, 11, 14), e non si può dire se siano nello stesso piano, o in due piani paralleli^ cioè se siano aggruppate intorno a un asse di 4° ordine o a uno di 2° ordine 1) Lord Kelvin — The molecular tacfcic of a crystah. Oxford 1885, p. 23 e seg. 2) Vedi pure le figure iniziali dei cristalli in Lehmann. Mol. Phys. voi. I. Le figure iniziali dei cristalli di resorcina (Lehmann /. e. p. 340, fig. 154) hanno la più grande analogia colla curva di una lamina vibrante fissata ai due estremi, e che vibri in modo che la curva sia sem}>re tangente alla retta che passa per i punti ove è fissata la lamina. Eulero. De curvis elasti- cis, p. 308, tav. V. fig. 25. 17 — 258 — (,tìg. 17) ; perchè al microscopLO le lamelle si veggono projettate sullo stesso piano. E pare che si abbia il secondo caso, piuttosto che il primo : il cristallo rappresentato dalla figura 15 mostra nel suo interno un nucleo formato da tetraedri, e poi si è completato assumendo la forma predominante del cubo. La fig. 16 fa vedere due scheletri ettaedrici , che ingrandendosi assumeranno facce o costituzione a tramoggia. Assicurato il nucleo tetraedrico nel cri- stallo della figura 15, l'ottaedro è la combinazione di due tetraedri correlati (fig, 18). Abbiamo veduto innanzi cbe i cubi di nitrato baritico , os- servati a luce polarizzata, mostrano la faccia del cubo divisa in quattro settori birifrangenti, che si estinguono secondo i lati del cubo. I quattro settori birifrangenti rivelano che il cubo risulta di quattro o otto complessi cristallini, secondo che proviene da un nucleo tetraedrico o da due nuclei tetraedrici correlati, che è il caso più comune (fig. 17 e 18). E ancora, che le lamelle sono biri- frangenti per mutua compressione e non perchè anisometriche. Di fatti in questo caso la simmetria loro richiederebbe un asse di ela- sticità secondola loro lunghezza, che corrisponderebbe alla diago- nale della faccia del cubo ; invece abbiamo veduto che i settori si estinguono secondo i lati. Ora la tensione nelle lamelle cristal- lizzanti si esplica in tutti i sensi, ma le lamelle contigue di due tetraedri correlati si toccano secondo rette parallele ai lati del cubo, e solo normalmente a queste la tensione è efficace (fig. 19). Sappiamo che nei mezzi isotropi compressi la velocità di propagazione della luce è maggiore secondo 1' asse di compres- sione, ^) quindi gli assi di elasticità ottica maggiore nei settori debbono essere diretti secondo il lato del cubo, che è base del set- tore, e l'asse di minima parallelo alla sua bisettrice, come abbiamo osservato nei cubi birifrangenti di nitrato baritico. Stabilito che i cristalli del nitrato baritico provengono da un complesso di lamelle ordinate con simmetria tetraedrica, s'in- tende che un lieve spostamento delle lamelle iniziali causato da tensioni vicendevoli possa far mancare i piani di simmetria nel comjjlesso, e alla simmetria tetraedrica si sostituirà la simmetria tetartoedrica limite; solo in casi eccezionali possiamo avere forme tetartoedriche predominanti, come realmente avviene nei cristalli di nitrato baritico. 1) Mallard. — Cristallographie, II. p. 325. — 259 — In fine, siccome la mancanza dei piani di simmetria nei cri- stalli non è originaria, ma si produce per spostamenti nelle la- melle primitive prodotti da tensioni , si comprende che nei cri- stalli tetartoedrici si alibia birifrangenza per deformazione e non ])oIarizzazione rotatoria. E la deformazione può essere grande come mostrano le fig. 7 e 8, fino al punto ch3 settori opposti, allogati secondo lo stesso lato del cubo o la stessa diagonale, os- servati colla lamina di gesso, diano colori complementari (fig. 20), sicché nei settori opposti gli assi di elasticità sarebbero invertiti. Questo fenomeno ha una certa analogia con quelli che presen- tano alcuni cristalli d'apofillite, che sono monoassiali positivi ad un estremo e monoassiali negativi all'estremo opposto. La dispo- sizione dei colori osservata da Biot in un cristallo d'apofillite ^) è analoga, specialmente nella parte centrale, a quella che presen- tano due settori opposti nel cristallo di nitrato baritico rappre- sentato dalla fig 20. Da quel che precede risulta che i cristalli di nitrato baritico provengono dall'aggrupparsi di lamelle cristalline con disposizione tale da produrre forme tetraedriche , o tetartoedriche limiti del sistema del cubo, e che le lamelle sono birifrangenti per mutua compressione. E la mu.tua compressione loro le deforma in modo che la elasticità ottica nel cristallo è irregolarmente distribuita, ciò che impedisce che si manifesti la polarizzazione rotatoria, anche se fosse possibile con una disposizione elicoidale di lamelle birifrangenti ad angolo diverso di 120''. Né possiamo avere polarizzazione rotatoria nei cristalli che non presentano birifrangenza o deformazione, perchè la molecola del nitrato baritico è simmetrica e non si può aggruppare in particelle dissimmetriche. 1) Biot. — l. e. Tav. V, fig. 42 e. L'attività vulcanica nella Campania secondo la tradi- zione e la storia. - Pel socio P. Franco. (Tornata del 7 dicembre 1902) lie «inali oose non si debbono esaminar tutte iiiinii- taiiien e, uè tniscurarle come prive di radici e di fondamenti, e disgiunte però da ogni vero e da ogni iitilità. Strabone Historical information is indispensable in order to enable us to obtain a clear view of the connection and alternate mode of action of different vonts in a single volcanic group. Lyeli^. :^el 1886 io illustrai un affresco pompejano che Helbig so- spettava fosse il Vesuvio, e confermai, come precedentemente ri- teneasi dai geologi , che il cono vesuviano non esistesse prima del 79, e ancora che il cratere del Somma fosse demolito a sud, come riteneva Palmieri, ' . ,. ■ Ora son pochi anni si rimise in discussione 1' opinione di autorevoli scrittori , Nissen tra gli altri, che il cono vesuviano esistesse prima del 79 : io ho risposto in alcune note pubblicate nel Bollettino della Società geologica italiana, dimostrando come il dipinto pompejano non lascia alcun dubbio che il cono non esistesse prima dell'era volgare. Ma l'opinione del Nissen che le eruzioni vesuviane anteriori a quella del 79 non doveano essere cosi antiche (preomeriche), come si credeva una volta, mi parve deo-na di ogni considerazione. A parte argomenti addotti da altri, l'appetto delle scorie che formavano il piano del cratere descritto da Strabone è troppo fresco, e nel 79 la lava s'innalzò-niell'antico camino del Somma quasi senza grandi commozioni di suolo, linche non giunse prossima alla superficie , proprio come nell' eruzione del 1631 Ho voluto vedere se da quel che ne scrissero gli anti- chi e da quel che narrava la tradizione si potesse trarre con- clusione alcuna; e mi pare che resti ancor ferma la convinzione nostra che il Vesuvio fosse vulcano estinto dai tempi omerici, e che durante questa fase di calma l'attività vulcanica nella Cam- pania si manifestò con eruzioni solo nelle isole flegree. — 261 — Il più antico accenno di manifestazioni vulcaniche nella Cam- pania lo abbiamo nel nome Vesuvio e nella tradizioue popolare. Vitruvio scrive: « non minus etiam memoratur rmtiqiiitus crevisse ardores, et ahtindavisse sub Vesuvio Monte et inde evomuisse circa agros Rammas ^). E Diodoro di Sicilia scrivo « Chiamasi questa pianura flegrea da un colle che anticamente eruttava gran fuoco, come l'Etna in Sicilia. E il luogo dicesi Vesuvio e mostra molti iudizii che arse in tempi antichi » 2). Anche Strabene '^) ac cenna alla tradizione delle antiche eru- zioni vesuviane, e le crede dei tempi omerici, scrivendo « Quale poeta o scrittore avrebbe persuaso ai napolitani di vantare un monumento alla Sirena Partenope , e ai Cumani e a quelli che abitano Dicearchia o presso il Vesuvio (avrebbe insinuato) il Piri- • ilegetonte e la Palude Acherusia e 1' oracolo dei defunti nell' A- verno e Bajo, e Miseno compagni d'Ulisse ? » ■*). Plutarco in fine ricorda alcuni vaticini di eruzioni al Vesu- vio e a Dicearchia cantati nei carmi sibillini ■''). Queste, che io sappia, sono le sole notizie di eruzioni al Ve- suvio prima del 79. Il nome Vesuvio però indica montagna ardente nella lingua osca ^), nella greca ^) e forse nella fenicia ^). Nissen scrive « non bisogna lasciar inosservato che i dintorni del Vesuvio si trovavano nel dominio osco, e quindi erano poco familiari agli cileni che 1) ViTRDVio. — Architettura. L. VI. 2) DioDORO DI Sicilia. — L. lY. e. 21. 3) Il Nissen— Italische Laudeskunde I, p. 269 — scrive « né Strabene, che come testimone oculare descrive il monte a principio del nostro secolo , né Dione Cassio, che nelle stesse condizioni lo descrive due secoli dopo, lo hanno salito ». Consento per Dione Cassio; ma, riguardo a Strabone, io ho dimostrato che questi sali il Vesuvio dalla parte meridionale e l'osservò esattamente. Fra.n'co. Il Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Strabone. Atti dell' Accademia Pontaniana. — Napoli, 1887. *) Strabone. — Geografia. L. I. e. 2.o 5) Plutarco. — Scritti morali. Didot 1 p. 684 e 486. 6) Corssen, Vanicek e Pianta in Cocchia. — La forma del Vesuvio nelle descrizioni antiche, p. 4.— Nelle tavole Eugubine il Vesuvio è chiamato Ocre Fisove (Ocre montagna). Hdmboldt. Kosmos Ediz. frane. 1, p. 257 e p. 526 citando LossEX. Deutung der Eugubinische Tafeln. 1832 p. 287. '') 'Eaxia fuoco (pronunziata vestia pel digamma). La parola OÒBJOùi'.q adoperata da Strabone è la parola latina Vesuvius grecizzata. V. Kramer in Strabonis Geographica, Didot. p. 942. 8) Jacopo Martorelli in Mecatti. Eacconto storico e filosofico del Vesu- vio, p. CLXXIV. — 262 ^ abitavano il lato settentrionale del golfo » ^). La coesistenza dei due popoli della Campania non può far decidere se il Vesuvio fosse monto ignivomo ai tempi delle prime immigrazioni greche. Ve- dremo che ai tempi omerici il Vesuvio era spento , ne pare che vi sia stata , come crede Nissen , altra eruzione prima dell' era volgare. Se si potesse accertare l'origine fenicia del nome Vesuvio o Vesevo, potremmo stabilire la data delle ultime eruzioni preisto- riche 2). Questo non potendo fare, non si può dire altro che le ultime eruzioni preistoriche del Vesuvio sono anteriori all'Odis- sea, ove nel libro X abbiamo le prime notizie dell'attività vul- canica nella Campania , ma sono di vulcano semispento , ne si riferiscono al Vesuvio. Ulisse partito la seconda volta dall' Isola di Eolo, dopo sei giorni di continua navigazione a remi, giunge a Lestrigonia , eccelsa città , che si ritiene sia Formia ^) ; e la distanza percorsa corrisponde assai bene al tempo impiegato. La flotta d'Ulisse entra nel porto, che Omero descrive cinto da rupi alte, e all'entrata le spiagge si avvicinano al punto da ren- derla angusta: là dentro le acque sono tranquille, né vi sono ondate grandi o piccole. Ulisse sale sopra una rupe alta , non vede opera di buoi, ne di uomini, ma un fumo che esce con vio- lenza dal suolo ^). Cluverio ritiene che il porto descritto da Omero sia il porto di Gaeta, e la rupe su cui salì Ulisse sia il promontorio di Gae- ta ^). Da qui si veggono nelle giornate chiare i Campi Flegrei ^). Ulisse, fuggito da Lestrigonia , giunge all' Isola Eea , 1' isola di Circe, e dopo tre giorni sale sopra una rupe e vede fumo uscire dal suolo attraverso selve e querceti '^). E notevole il ripetere due volte a breve distanza il fumo che esce dal suolo. Il secondo luogo « Mi apparve un fumo da un ampio terreno nelle case di Circe tra selve e querceti » è po- sto da Clarke in riscontro coli' « aperlre iwocul montes ac volvere fmnwn di Virgilio — iEn. III, 206 — che Heine comenta: volvere 1) Nissen. — op. cit. p. 251. 2) xu Secolo (?) a. Cr. Wagner. Lehrbucli der Geograpliie. 6.'» EJ. 1, p. 838. 3) Cicerone. — Ep. ad Att. ii, 13. Plinio. Hist. nat. Ili, 5. ^) Omero. — Odissea. Lib. X, v. 86 e seg. ^) Cluverio. — Italia antiqua p. 1071. ^) Uà sul promontorio di Gaeta si scoprono ad occliio nudo le Isole Pon- tine, non che Vcntotene e Iscliia. Cassetti. Costituzione geologica dei monti di Gaeta Boll. Comit. (jeoloy. ital. voi. xxvii, 18'J(j. '^) Omero. — Odissea, L. x. vers. 97-91). — 263 — funiìim incensis imssim ignihus in litoralihis hahitationihus, ut fieri solet. Nani de nehulis se attollentihus accipere velie, esset physici ^ non cjuf<, qui 2)oetam interpretatur; conf. Odiss, K' v. 99 et al. >. Veramente il fuoco nell'isola di Circe è ritenuto fuoco artificiale, oltre che per le parole « nelle abitazioni di Circe (K:pxrj^ ev [xs- yàpocaO, anche perchè qiu si ripete presso a poco la descrizione dell'Isola di Calipso, ove è detto : « al focolare ardeva un grande fuoco e l'odore del fìssile cedro e della tuja, che ardevano, si span- dea lontano per l' isola > ^). I versi d'Omero sono tradotti da Virgilio , parlando di Circe , Urit odoratam nocturna in lumina cedrimi ^'). Ed io non vorrei insistere troppo sulla interpretazione delle parole « mi apparve un fumo dalla terra spaziosa > {Kal \ioi èec'aato xauvò^ àTzb ybovò;, eùpuoosÓT]?) ^) ; ma queste parole non escludono che possa trattarsi di fumo naturale, e mi pare che accennino al- l'essere stato veduto un fumo uscire dal suolo, e il Poeta lo abbia riferito alle legna che ardevano nelle abitazioni di Circe. Non posso invece accettare per nulla il confronto che fa Clarke tra il fumo che esce con violenza dal suolo presso Le- strigonia e il fumo dei camini quale lo descrive Virgilio: Et j ani summa prociil villarum culmina fumant *). Il fumo descritto da Omero è fumo naturale ed esce con violenza (afacrovia) dal suolo deserto , ove non si veggono opere di uomini, né di buoi, ma solo fumo. 'EvOa [jLÈv ouTs poòjv, out' àvopwv cpafveto epya, KaT^vcv b^olov ópw[j.£v àuò xOovòs àfoaovxa. Od. X, 98 e 99. Questo è terreno vulcanico, non ancora coltivato , con forti emanazioni gassose : uno stato simile a quello della Solfatara di Pozzuoli. Da sul Promontorio di Gaeta si potea vedere qualche cosa di simile ai tempi omerici 't Io credo di no. A tale distanza non si può distinguere il suolo incolto e il fumo che ne esce con violenza: la specola dove sali Ulisse nel paese di Lestrigonia non può essere il Promontorio di Gaeta. Ne il porto è quello di Gaeta: l'entrata come la descrive Omero è troppo stretta (àpatr]), le acque 1) Omero. — Odissea. L. V, vers. 59 e GO. 2) Virgilio. — Eneide, L. \u vers. 13. 3) Omero. — Odissea, L. x, v. 149 e seg. sùpooSair/g, a terra lata. Clarke a terra quam possumus quaquaversus peragrare. Ebeling. *) Virgilio. — Ecl. I. 83. — 264 — sono troppo tranquille non solo dentro di esso, ma pure tutto al- l' intorno où [JiÈv yàp ìTot' àéceio xOiJià y'àv aùifò, OuT£ [xéy', ouz ' oXiyoy Xsuxtj o'fjV àvfl yaXyjVT^ ^). in essa non si eleva mai l'onda Né grande, né piccola: all'intorno é una candida serenità. A me pare che si accenni piuttosto al porto di Miseno, anzi che a quello di Gaeta ^J. Che anche il porto di Gaeta fosse ce- lebre e pieno di navi ai tempi romani è cosa conosciuta ^) , ma il porto di Gaeta non ha l'entrata cosi angusta , né si può dire che all'intorno regna una candida serenità. E poi il Poeta scrive che i Lestrigoni, che sono giganti, get- tarono grandi pietre dalle rupi sulla flotta d'Ulisse che era nel porto, le pietre uccisero uomini e fracassarono navi. Ora che sassi lanciati da uomini possano uccidere è vero , ma che fracassino navi è troppo esagerato; inoltre quei sassi erano pesanti per es- sere lanciati da uomini. Qui nei versi omerici parmi sia adom- brato un ricordo di eruzione vulcanica^ e che si ripeta l'idea del Ciclope che lancia contro la nave di Ulisse il vertice svelto di un gran monte "*). La personificazione delle eruzioni vulcaniche nei giganti è antichissima ^'). Strabone scrive : « la medesima cir- 1) Omero.— Odissea, x vers. 93 e 94. Às!jx7j....Y^xXY)vy;, da yaXa latte, Scoi. in ScAPULA Lexicon ; quindi traducendo a senso « e tutto intorno il mare era tranquillo come bianco latte ». 2\ 1 (^uem augebit populus « ì\e.ipolitanus ; nui juxta tranquillum tegmen « Jliseni portuum saxosa habitabit promoiitoria ♦ LicoFKONE, in Cluv. Italia antiqua p. 1116. ^) Cicerone. — Pro lege Manilia « An vero ignoratis, portum Cajetae ce- « leberrimum, atque plenissimum navium, inspectante prsetore a prsedonibus « esse direptum V » . ■*) 'H)(e ò'àTioppTjgag xop'jcpvjv òpsog ixsydXoio Omero. — Odissea, IX v. 4SI. •'') Essi camminavano come se tutta la teri-a fosse divorata dal fuoco, la terra gemeva al di sotto come quando Giove fulminante essendo irato per- cosse la terra intorno a Tifeo in Arime, dove dicono sia il cubile di Tifeo. Omero. — iliade. I, 7SS e seg. yf^g éyévovto y.ai y.iixy.zog o'jpavóio genei'ati dall'unione della terra e del cielo Orfeo in 0. Stephanu.s. Dict. Jiist- per indicare 1' insieme delle forze telluriche e delle forze dell'atmosfera. < Terrao feros partus, inuuaiiia mou.stra Gijjantes » Ovidio, Fasti, IV. Tiuii partii teiTa nefando Caecumquc .Japetuuiquo croat, saevuinque Typliaea Virgilio. — Georgica I. v. 279. — 265 — costanza (essere il territorio pieno di emanazioni solforose, di fumarole e di sorgenti termali) avrebbe fatto dare il nome di Flegra a tutta la campagna di Cuma, e bisognerebbe riferire alle eruzioni di fuoco e di acqua le ferite dei giganti abbattuti, pro- dotte dalla folgore ^). Se qui si accenni alla stessa tijidizione cui accennano Vitruvio, Diodoro di Sicilia e Strabone, o ai vaticinii ricordati da Plutarco, o a qualche eruzione antichissima d'Ischia non saprei dire. Stando però all'Odissea la eruzione non può es- sere appartenuta al Vesuvio, se il porto è quello di Miseno, Il Nissen scrive « Sul grande cono di ceneri e il suo rapporto col circo manca una tradizione chiara. Né Strabone^ che come testimone oculare descrive il monte al principio del nostro secolo, ne Dione, che nella stessa condizione lo descrive due secoli dopo, lo hanno salito. Entrambi pare riguardassero il cono come una parte del Monte Somma, e prima dovette essere più depresso di quello che lo conosciamo oggi. Ma della sua presenza si può appena du- bitare. Quando noi consideriamo che il cratere prima della cata- strofe del 1631 era coperto di antichi boschi , e che nell' Atrio erano capanne , allora la mancanza di vegetazione rilevata da Strabone ci fa pensare che nell'antichità la fase di riposo ebbe una durata assai più breve che nei tempi moderni » -). Quanto al cono vesuviano io ripeto che ne ho dimostrata la mancanza prima del 79, e ho dimostrato pure che Strabone descrive con grande esattezza il monte e pare lo abbia salito dal sud, mentre Spartaco fuggendo da Capua lo sali dalla parte nord , rifugian- dosi sulle vette del Somma, donde scese sul piano del cratere de- scritto da Strabone (onde lo dice piano in gran parte, e non piano del tutto) per mezzo di tralci contesti di vite labrusca '^'). Sono d'accordo col Nissen che Dione non abbia salito il monte, anzi, e lo vedremo appresso, quel che scrive del Vesuvio e della eru- zione del 79 non è in gran parte che una ripetizione di quel che si era scritto prima. Bisogna però notare che per quest' ultima riferisce fatti raccolti dalla tradizione popolare che meritano ogni 1) Strabonk. — Geografia, L. V. e. 4.°. L'idea del vulcanismo era cosi leo-ata all'idea dei giganti, che Dione Cassio, narrando l'eruzione del 79, scrive « Cosi accadde che molti uomini e grandi da superare la natura umana, quelli che si descrivono come giganti, ora nel monte, ora nei dintoi'ni e nelle città pareano di giorno e di notte che si aggirassero sulla terra e vagassero nell'aria . . . Ad alcuni parve risorgessero i giganti, perchè trasparivano nel fumo molte immagini di essi e si udiva inoltre un suono come di trombe ». L. Lxvi e. 21 e 22. 2) Nissen. — Op. cit. p. 269 e 270. 3) Franco. — Il Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Strabone. ~ 266 - nostra considerazione, a parte alcune, dirò cosi, leggerezze, come l'apparizione di giganti, e simili. Solo qui mi preme rilevare che della configurazione del Monte Dione Cassio scrive « il Monte somiglia ad un antiteatro (a un teatro cinegetico) e le parti alte di esso hanao alberi e molte viti, il circo invece è abbandonato al fuoco (è sterile pel fuoco ? i). La circostanza che le parti alte dell'anfiteatro hanno alberi e molte viti, mentre il fondo dell'an- fiteatro, il circo, è abbandonato al fuoco, ricorda bene le parole di Strabone, « coperto da bellissimi campi tranne il vertice »; il quale ai tempi di Strabone era in gran parte piano, invece ai tempi di Dione Cassio, cioè dopo l'eruzione del 79, era stato scavato si da formare un grande cratere. E noi sappiamo che le eruzioni pa- rossistiche scavano i crateri precedenti, non elevano coni di eru- zione. Dirò ancora che questa osservazione non mi pare di Dione Cassio e dei suoi tempi, ma un'osservazione fatta da chi, abitando nei dintorni del Vesuvio, lo avea osservato non molto dopo l'e- ruzione del 79- Difatti Lucio Anneo Floro verso il 110 dopo Cr. cioè un 30 anni dopo l'eruzione di Plinio, scrivea del Vesuvio : Hic amidi vitihus montes Oauriis, Falernus, Massicus, et imlcherri- mus omnlìim Vesuvius JEtlinei ignis imitator '^) e appresso parlando della guerra servile « Prima velut arx viris Mons Vesuvius placuit. Ibi qìium ohsidcì'entur a Clodlo Fulcro, per fauces cavi montis etc. ^) Dione Cassio non fa che commentare quel che scrive Lucio Floro del monte cavo e quel che scrivono Strabone e Lucio Floro delle viti e degli alberi che ne coprivano 1' esterno fino alla sommità. Col dipinto pompejano , e col fatto che Spartaco partendo da Capua riparossi sulle vette del Somma , donde poi i gladia- tori scesero per mezzo di tralci di vite contesti sul piano descritto da Strabone si può mettere in relazione quello che scrive Plu- tarco : « Obseditque Clodius eos in monte unum tantum liahcnte angustum aditwn, quem et ipsum insederat custodia : cetera montis 2)raeci'pitla amhiehant, asperaeque cautes, et multa lahrusca vite omnia integehanlur. Gladiatores vero iialmites^ quos usui ad eam rem. esse sentiebant, caedentes, scalas ex iis validas contextaerunt^ itaque loti- gas, ut superne de pirwruptis saxis demissae subjectam planitiem at- tingerent, tutoque omncs per eas descenderunt » ^). 1) Dione Cassio. — 1. e. 2) Lucio Floro. — Ep. Hist. Rem. L. I. e. IG. 3) Plutarco nella Vita di Crasso. — 267 — Queste parole si spief^ano coli' affresco pompejano illustrato da me, ammettendo che Spartaco e i suoi si accamparono sullo vette del Somma salendovi da nord ; e spiegano pure il vertice jìkiìio in gran j>arte (non in tutto) di Strabone. Il cono vesuviano non esisteva prima del 79. Per maggiori particolari vedi le mie memorie che hanno per titolo : « Il Vesuvio ai tempi di Spar- taco e di Strabone. » < Quale fu la causa che demoli la parte meridionale del cratere del Somma. » « Se il cono del Vesuvio esistesse prima del 79. » Il Nissen aggiunge « Quando noi consideriamo che il cratere prima della catastrofe del 1631 era occupato da antichi boschi e che nell'Atrio erano capanne , allora la mancanza di vegeta- zione rilevata da Strabone ci fa pensare che nell'antichità la fase di riposo ebbe una durata assai più breve che nei tempi mo- derni » 1). La eruzione antecedente al 1631 è quella del 1138 o 1139 citata dall'Anonimo Cassinese « Mons Vesiwius jìer qiiadraginta dies eriictavit incendiam » e da Falcone Beneventano nelle sue Croniche. « Hoc anno {1139) IV Kal. Jnlii mons ille, qui proiw civi- tatem Neapolis esse videhahir, ignem valldiim et flanmias visihiles ■projecit ])er dies odo, ita ut civitates ei contigiiae et castra mortem ex- pectabant, ex cujus incendio pidvis niger et liorridiis exivit et usque Salernum et Beneventum et Ca'pnam et Neapolim pulvis ille a facie venti pervolavit; ignis^ero ille per dies odo visus est; de quo pmlvere cives midti Beneventanorum et ego istius operis descriptor collegimus, per dies vero triginta pulvis ille super terram visus est » La eru- zione del 1306 è un errore, è la stessa eruzione del 1036 ^). L'eruzione del 1500, ricordata da Ambrogio Leone , non è altro che una gittata di cenere, se pure non è un errore. Io du- bito moltissimo che la cenere rossigna sottilissima che questo Autore descrive non sia che sabbia sottilissima proveniente dai deserti d' Africa e trasportata da venti sciroccali. Questa anche oggi il popolo suole riferire al Vesuvio, e solo l'analisi micro- scopica ne rivela l'origine. Ecco le parole di Ambrogio Leone. Nostra vera tempestate id ostendit Vesuvii caminus. Triduo enim aereìn teterrimum vidimus usque adeo ut candi mirantes compave- scere coeperint. (Dunque non videro nulla sul cono vesuviano, vi- dero solo un' aria assai tetra). Deinde uhi deferbait aestus , q_ui materiam extollendo omnia texerat, pluit cinere subrufo qaamplu- rimo, quo cuncta veluti nive tenui ohruta videbantur, neque ignis ille 1) Nissen. — /. e. 2) Scacchi. — Storia delle eruzioni del Vesuvio. — 268 — extinctus adirne prorsus est. In vertice enim montis ejus loca multa excavantar in rupìs ut vaporaria fiant » ^). Che la polvere rossiccia che ingombrò 1' aria sia provenuta dal Vesuvio è una supposi- zione; e non v'è alcun fenomeno nel monte, né rumori, nò scosse? né grandi getti di vapore che la giustifichino, perchè, ripeto, si vide l'aria ingombra di cenere rossiccia, ma non si vide questa uscire dal Vesuvio. E poi nessun altro scrittore ne fa positiva menzione; e A. Leone era a Venezia quando avvenne questa pioggia di cenere, e scrisse quel che gli riferirono. Quindi una eruzione incontestata prima del 1631 è quella del 1139, sicché si sarebbe avuto un periodo di calma di quasi 500 anni. Anche ammettendo che la cenere del 1500 fosse pro- venuta dal Vesuvio, questa non poteva distruggere i boschi che si erano formati nel cratere , come la cenere copiosa nella eru- zione del 1872 non distrusse i castagni che nascevano sulla col- lina del Salvatore e sul fianco esterno del Somma. E lascio altre considerazioni che mi fanno ritenere la polvere rossiccia descritta da Ambrogio Leone non sia provenuta dal Vesuvio, ma da desórti africani. Voglio solo ricordare che nella eruzione del 1872 da ambi i lati della collina del Salvatore cor- reano due fiumane di lava enormi ed estuanti, e pure le piante di castagni sui fianchi della collina io le vidi danneggiate solo nelle fronde e nei giovani rami ; e dopo alcuni mesi le ritrovai che aveano ripreso tutto il loro rigoglio. Dobbiamo dunque calcolare a cinque secoli, tra le due grandi eruzioni 1139 e 1631, il tempo in cui crebbero i boschi nel cra- tere; le piccole eruzioni di ceneri o di vapore in questo inter- vallo non poteano distruggerli. Ciò non per tanto la obiezione di Nissen rimane. Se in cinque secoli di calma relativa crebbero boschi nel cratere, come è che in più di otto secoli, quanti ne corsero dai tempi omerici al 79 dell' era volgare, il cratere del Vesuvio rimase sterile, non solo , ma le scorie che lo ingombravano conservarono quasi la loro freschezza? Di vero le parole con cui Strabone le descrive non le farebbero supporre antichissime; dico non le farebbero, perché non é raro trovare in regioni vulcaniche campi di scorie che hanno ancora aspetto freschissimo dopo molti secoli. D'altra parte il cratere del cono vesuviano prima del 1631 non aveva alcuna fenditura laterale e le acque vi si poteano rac- 1) Ambrogio Leone. — Hist noi. L. I. — 269 — cogliere al fondo, e in questo esistevano due pozze d'acqua ^). L'ac- qua clie si raccolse nelle parti basse del cratere permise d'attac- carvisi la vegetazione^ che alla sua volta sviluppandosi gradata- mente nelle parti alte, ritenne in queste una parte delle acque piovane e cosi i boschi si estesero in alto. Il piano descritto da Strabone è formato da scorie e vi sono molti cunicoli ; V acqua quindi non vi si poteva arrestare, ma scendendo nel sottosuolo tro- vava un largo e facile discarico in due valli, quella della Yetrana e quella del Fosso graiide_, che esistevano prima del 79, come si rileva dall'affresco pompejano. Questo rapido discarico dell'acqua impe- diva che nel piano dell'antico cratere si stabilisse una vegetazione di boschi e di frutteti. Una vegetazione nana e di virgulti forse non mancava e lo farebbe supporre la parola àzapuo?, mentre per indicare il fianco nudo del cono centrale dell'Etna Strabone ado- pera la parola ^iXoi.. Cosi gli argomenti di Nissen per ammettere eruzioni vesu- viane posteriori all' età omerica mi pare che perdono molto di valore. Solo la storia o la tradizione potrebbe dircelo. Ora lo stesso Nissen rileva che le prime notizie sulla Cam- pania noi le abbiamo dai Greci; e le colouie greche erano nella parte nord, mentre la parte meridionale era occupata dagli Oschi-); ma un'eruzione del Vesuvio non poteva sfuggire ai greci che abitavano Napoli e Pozzuoli , come non sfuggirono le procelle di fuoco nelle Isole Lipari ai navigatori dei tempi omerici ^). Omero conosce i dintorni di Napoli, il 2^>'<^fio fiorito delle sirene *}: Circe impone ad Ulisse, che ritorna in patria, di evitare la voce delle Sirene e il prato fiorito. Questo non può essere la campagna di Cuma, perchè dalle spiagge di questa si entrava in boschi che divenivano sempre più folti sulle colline a ridosso di Baja e di Pozzuoli ^). Ai tempi dell'Odissea dunque il Vesuvio non faceva eruzione, cioè verso l'ottavo secolo a. Cr. Nel V secolo Pindaro **) ricorda 1' eruzione d' Ischia (non Cuma) ^; nel IV Timeo ricorda pure eruzioni d'Ischia, '^) Aristo- 1) Ignazio Sorrentino. — Istoria del Monte Vesuvio, p. 9. -) Nissen. — Op. cit. p. 251. ^) Omero. — Odissea, L. xii v. 67. ■*) Zsipvjvwv ]j.èv Tipòitov àvióyst. OsoTtsatàwv 9dYY0v àXcOaaOai, xai Àst|jiò)v' àv9e[iÓ£Vxa. Omero. — Odissea, xii, v. 158 e 159. ^) Omero, — Odùssea, X, 509. 6) Pindaro. — Pitie, I, 1^. '') Scoliaste di Pindaro in Pindari Carmina a Clir. Got. Heyne. Lendini 1824, III, p. 297. ^) Strabone. — L. V, cap. 4.o. — 270 — tile scrive delle sorgenti termali d'Ischia e dell' Averne i). Etoro ci avverte clie nei dintorni di Coma si scavavano grotto ove vivea una casta di sacerdoti; e questo costume durava da' tempi ome- rici ^). Negli autori greci e latini del primo secolo a. Cr. non abbiamo accenno di eruzioni vesuviane. Non troviamo dunque nessun dato storico che ci autorizzi ad ammettere eruzioni del Vesuvio nel periodo che corre tra i tempi dell'Odissea e il 79 dell'era volgare. Né solo al Vesuvio pare che ai tempi omerici mancasse la attività parossistica: la Solfatara era in uno stato di attività assai moderata, in essa non sono descritte procelle di fuoco. Ischia non si può dire se avesse grandi eruzioni. Ulisse partendo dall' Isola di Circe approda alla terra dei Cimmerii e va a consultare nella casa di Plutone le ombre dei morti: si accenna alle spiagge di Cuma , all'Averno e alla Sol- fatara. Cluverio scrive che l'isola di Circe bassa e circondata da mare sterminato non si può riferire al Promontorio Circello, senza ammettere che la fantasia del Poeta abbia variato le cose ^). Che il Circello fosse stato un'isola nell'antichità e che gl'interrimenti avessero poi colmati i bassi fondi che lo separavano dal monte è ricordato da Teofrasto *); ne le parole d'Omero circondato da mare immenso debbono far pensare ad un'isola pelagica: qui l'aggettivo infinito (àizeipoTOQ) non si riferisce al mare che circonda l' isola, ma al mare in generale , e spesso il Poeta nominando il mare gli aggiunge una delle sue qualità: immenso, pescoso, infruttuoso. E più difficile ammettere che l'isola di Circe sia il promontorio Circello, perchè 1' isola è bassa ^). Le parole di Omero: < Il terzo giorno salii sopra una specola scoscesa e vidi un' isola circondata da mare infinito, ma essa è bassa :> non convengono al Circello. Piuttosto mi ricordano la impressione che si ha guardando da sul Monte di Procida le Isole di Procida e di Vivara, che sembrano unite come un' isola in gran parte bassa. Notisi che Heyne com- mentando le parole di Virgilio « Prochyta alta iremuii » osserva che alta è un aggettivo che si dà in genere alle isole. Non è mancato chi abbia creduto che l'isola di Circe possa essere l'Isola 1) Aristotile. — De Mir. Ause. ed. Teubner, p. 5G. 2) Strabone. — L. V, e. 4. — Omero. Odissea, L. xi, v. 14 e seg. 3) Cluveeio. — Ital. antiq. p. 998. *) Teofrasto. — Hist. plant L. X. V. 8. ^) 'Au-cv] Se ^6a|jLaXYj xEi'xai ipsa vero humilis jacet. Clarke. Omero, Odis- sea X. 196. — 271 — di Ponza i;; considerando però clie le prime immigrazioni greche furono nell'Isola d'Ischia, se l'isola di Circe non è il Circello, do- vrebbe essere Ischia; ma nell'Odissea non vi è indicazione sicura -). Tanto più che la favola di Circe si ritiene anteriore ai tempi ome- rici, e sta per indicare come le dolcezze di paesi meridionali ab- brutissero gli uomini. Heyne scrive: « Fabula de Circe una ex iis esse viddur , quam Homerus ah ahtiquiore aliquo poeta acce- 2)erat , qui forte voluptatum vini ad mores hominibus belluinos in- ducendos lioc myto de mutatis a Circe in belluas hornhiihus do- cuerat » ^). E quando si consideri che 1' Isola di Calipso ( Malta o Gozo) è descritta come isola assai deliziosa , tanto che Filo- 1) Vedi in Trigoli, Le Isole Pontine. -) Circe accomiatando Ulisse e i suoi compagai dà loro pane e molta carne e vino generoso rosso. Omero Odissea, XII. 19. Nel Circello Teofrasto (Hist. plant. L. V, e. 8.°) non menziona la vite, ma densissime selve di querce, allori e mirti. E vero che dove vegetano il mirto e l'alloro può coltivarsi la vite, ma di fatto non vi era ; perchè Teofrasto ne avrebbe fatta menzione. Però è bene notare che Omero dice l'isola Circe Selvosa « N'^aov àv'óXì^saaav » Odissea, X. 308. Strabene scrive che gli Eretrii e i Calcidesi occuparono l'Isola d'Ischia per la fertilità (s'V/.apTiiav) del suolo e per l'oro che vi si trovava. L. V. e. 4.0 L'aggettivo selvosa non potrebbe convenire ad Ischia, e converrebbe benissimo al Circello. Non può dare alcuna indicazione la pianta menzionata da Omero MwXo. Si è d'accordo che sia una specie di allium, ma Valliwn Moly L. è spontaneo solo nella Spagna, nella Francia meridionale è importato (Nyman. Sylloge tlorae europeae), in Italia si sarebbe trovato secondo Linneo a Monte Baldo (Prov. di Verona) ; ma in seguito non è stato più ritrovato (Arcangeli, Flora italiana). Sprengel e Clusio credono che il MwXu di Omero possa esser allium nigrum di Linneo (Trophrastì Opera, ed. Schneider, Lipsiae 1818, I, B», p. 801), e questo è diffuso in tutta la PenisDla (Arcangeli, op. cit). Liiik invece crede che il MòjXu sia Vallium magicum L. ma questo è ri- tenuto varietà deìVallium nigrum L. Anche questa indicazione dunque non ci giova per vedere se Omero si riferisce realmente al Circello. L'averlo detto selvoso è indizio quasi sicuro ; perchè parlando di Ogigia (Malta) la descrive con selve di olmi, di pioppi e di cipressi, con prati di viole e di sedani e con vigiieti (Odissea V, ver. 63 e seg.). La descrizione |dell'isoìa di Calipso conviene cosi ad Ischia, che Filostrato credette l'Isola di Calypso prossima a Pozzuoli (FiLOSTRATO, La vita d'Apollonio, L. Vili, e. 10). Ma l'isola di Ca- lipso è isola pelagica. Omero la dice ombelico del mare (ó(i-^aÀÓ5 èatt, eaÀdaar,s Odissea, V ver. 50), e quindi non può esser Ischia, che è isola costiera, a parte che la via percorsa a nuoto da Ulisse dopo il naufragio presso Scilla in- dica un'isola a sud dello stretto. Inesatta è pure la indicazione di Ogigia nel Periplo di Scilace, che la pone vicino al Capo delle Colonne, presso la costa jonica della Calabria. (Scilacis Car^-andendis Periplus-Geographi graeci mi- nores. Didot. I, p. 22). 3) Heyne.— Esc. I. ad VII. ^n. — 272 — strato suppose essere Ischia i), e d'altra parte l'Isola di Circe è posta da altri Autori presso la riviera ligure, o uell'Atlantico (le Canarie ? 2) ^non si può dalla omonimia conchiudere assolutamente che l'Isola di Circe sia il Promontorio Circello. E vero che Stra- bene "^), e Cicerone ■*) asseriscono che nel Circello fosse un tempio a Circe e che i naturali ne conservavano il culto; ma non è certo che quel tempio sia di epoca omerica: potrebbe essere di epoca posteriore, quando cioè le eruzioni d'Ischia fecero emigrare le pri- me colonie greche. Tutto questo per spiegare < il fumo che esce da una terra spaziosa » che non si potrebbe intendere nel Cir- cello e parrebbe accennare ad Ischia. Venendo ai Campi Flegrei, la Maga dice ad Ulisse che parte: « Dove sono l'umile lido e i boschi di Proserpiaa E gli alti pioppi e gli sterili salici Approda e va tu stesso alla casa di Platone » •''). E Ulisse vi trova il popolo e la città dei Cimmerii, coperti da densa caligine e da nebbia e non possono vedere il sole^ ne quando sorge, ne quando tramo nta, ma regna per loro una notte perniciosa ^''). L'umile lido non può essere che la spiaggia di Cuma, e i boschi di Proserpina sono le selve presso l'Averno, prima che Agrippa le facesse tagliare. I Cimmerii sono gli antenati di quei sacerdoti che, per quel che riferisce Eforo ''), seguendo la maniera di vivere dei loro maggiori , faceano scrupolo di vedere il sole, ne uscivano da' sotterranei, se non di notte. La caligine è la nebbia che le selve condensavano sull'Averuo. La casa di Plutone con Cocito e Piriflegetonte e la palude Stige è la Solfatara, non l'Averno ; perchè, come abbiamo detto innanzi, sui fianchi di questo cratere erano scavate le grotte dei sacerdoti che esercitavano negromanzia. Innanzi abbiamo veduto che la Sol- fatara è descritta come suolo abbandonato, dal quale esce con vio- lenza fumo , perchè veduta da un luogo elevato. Qui invece è descritta come luogo vulcanico , la casa di Plutone, il Piriflege- 1) FlLOSTRATO. — l. C. 2) Heyne — /. C. '') Strabone. — Geografia. L. v. e. C. "*} Cicerone. — De natura Deorum, L. III. TeotVasto scrive che nel Uiroeo era la tomba di Elpenox-e. (Hist. plaiit. L. v. e. 8). ^) Omero. — Odissea. X v. 509 e seg. '^) Omero. — Odissea. XI. v. 14 e seg. ") Strabone. — Geogratìa. L. v. e. 4. -.- 273 — tonte, perchè è osservata da vicino e vi si poteano notare i caldi vapori che uscivano dal suolo. E la Solfatara talvolta ricorda la palude Stige ; perchè av- viene che le acque di pioggia si raccolgono in fossati e diven- gono melmose per una certa argilla _, detta bianchetto, prodotto di decomposizione della trachite e dei tufi trachitici, operata dalle emanazioni solforose. Se da questi fossati si svolgono emanazioni gassose, si elevano bolle che o dopo gonfiate risiedono, o scop- piano. Nel 1875 si formò una di queste pozze melmose , e Gui- scardi ^) descrivendola non potè fare a meno di ricordare i versi delFAlighieri: Io vedea lei, ma non vedeva in essa Ma' che le bolle che il boUor levava, E gonfiar tutta e riseder compressa Inf. XXL Forse in tempi anteriori la Solfatara avea fatto qualche eru- zione-e se ne serbava memoria; almeno vi accennano le profezie dei Carmi sibillini , e i giganti che scagliano sassi sulla fl.otta d' Ulisse mentre è nel porto di Lestrigonia. Ai tempi omerici non vi doveva essere attività parossistica, che Ulisse andandovi l'avrebbe notata, come la nota nelle Lipari. Nell'Averno non pare vi fosse attività vulcanica, nemmeno moderata. I versi di Virgilio talis sese halitus atris Faucibus efFundens supera ad convexa ferebat. Unde locum Graì dixerunt nomine Aornum ^) esprimono più una tradizione, che un fatto osservato ; perchè ai suoi tempi l'Averno era disboscato e vi erano tempii e ville ^). Si crede che 1' ultimo verso non sia di Virgilio ^), ma i due primi non sono sospetti e significano emanazioni gassose ; e il luogo che descrive è proprio il lago d'Averno colla vicina gal- leria^ detta oggi grotta della Si'billa. Virgilio trasporta al lago d' Averno il fatto che gli uccelli cadono morti passando a volo su vulcani in eruzione, indicato la ■•) GmscARDl.— Sopra una nuova sorgente di acqua minerale nella Solfatara di Pozzuoli. Rend. Ac. se. Napoli, 1875. -) Virgilio. — Eneide. L. VI v. 240 e seg. ^) Strabonk. — Geografia. L. v. e. 4. 4) Wagner. — Cemento all'Eneide. 18 — 274 — prima volta da Omero per le eruzioni delle Eolie ^) e in tempi moderni riconfermato da Bory di S'. Vincent, il quale, secondo riferisce Lyell, scriva che gli uccelli cadono al suolo privi di vita sull' Isola di Lancerote, ove erano ai suoi tempi emanazioni de- leterie al punto da far morire gli armenti ^). Virgilio ammette le emanazioni gassose nell'Averno solo a causa del nome, seguendo Lucrezio, Principio, quo Averna vocantur nomine^ icl ab re Impositum est, quia suut avibus coubraria cunctis ^) Se vi era un' uscita del tunnel, non vi doveano essere ema- nazioni deleterie. Invece emanazioni di vapori e solforose si trovavano presso la spiaggia di Baja ■*), sul lato esterno nord-ovest della Solfatara (Colli leucogei , Acqua di Pisciarelli ^) , e all' entrata del Lago d'Agnano. Cosi che la parte dei vulcani flegrei dal Gauro fino ai fondi di Baja dovea essere ai tempi omerici estinta ; ma non possiamo dire se i luoghi avessero la stessa configurazione di oggi. La spiaggia di Cuma, Vuniile lido, potea essere meno avvanzata, ma non era diversa : non si può dire lo stesso della Pianura d'acqua morta. Muller scrive « Ma Cuma per mezzo del Lago d'Averno e del Lago Lucrino , era direttamente collegata col Golfo di Miseno, una comunicazione interrotta per la prima volta quando fra i due laghi si elevò il Monte Nuovo fino all'altezza di 130 metri » *''). Qui certamente Muller è in equivoco, il Lucrino sbocca al disopra del seno di Baja, non nel Porto Miseno ; e tra Cuma da un lato e il Lucrino e l'Averno dall'altro corre una serie di colline che la ferrovia per Torre Gaveta traversa in trafori. Se esistea una comunicazione tra Cuma e Porto Miseno, dovea essere per il Lago del Fusaro e la Pianura d' acqua morta , a meno che per Golfo di Miseno Muller non intenda il Golfo di Pozzuoli. Questa nella sua parte meridionale più alta non giunge a 30 metri sul mare e potrebbe essère stata colmata dai detriti tra- 1) Omero. Odissea, VII v. 62. 21 Lyell. Principles of Geology. 11. Ed. Voi. I, p. 603. 3) Lucrezio. De rerum natura. L. VI, v. 740 e seg. 4) Ovidio. De arte amandi. L. I Metumorph. L XV. Stazio. Sylv. L. III. carm. v.; VI car. 111. Plinio. Hist nat. L. XXX 1. e. 2. •'') Muller. Handljuch der Klassischen Alterthums - Wissenscluiften. Bd. IIL p. 479. — 275 — sportati dalle colline che la fiancheggiauo , e in seguito anche prosciugata per opera di bonifiche : le ceneri dell' eruzione vesu- viana del 79 trovarono in parte a secco la bassura di acqua morta, perchè quei di Miseno fuggendo con carri non potevano dirigersi verso Baja, che si sarebbero avvicinati al Vesuvio, ma verso Cuma, e aveano la nube di ceueri alle spalle ^). Le ceneri del 1538, nella eruzione del Monte Nuovo , vi si aggiunsero in gran copia ^). Però verso il primo secolo dell'Era volgare la Pianura d'acqua morta non era del tutto prosciugata. Straboiie scrive: « tra Cuma e il Promontorio Miseno è la Palude Acherusia, un relitto fan- goso del mare » ^) ; e aggiunge che il territorio da Cuma a Miseno formava una penisola legata al continente da un istmo largo ap- pena alcuni stadii sotto il quale passava la via sotterranea che va dall' Averuo a Cuma e al mare '*). Da questo si rileva che ai tempi di Strabene la Pianura di acqua morta era separata da Mare morto e Porto Miseno ; altrimenti Miseno non potea esser congiunto al territorio di Cuma. Ma precedentemente la barriera tra Mare morto e la Pianura d'acqua morta dovea essere interrotta : Ovidio scrive : ■') Has ubi praeterit et Parthenopeja dextra Moenia deseruit, laeva de parte canori Aeolidae tumnlum et loca foeda palustribus iilvis Littora Cuniarum, vivacisque aatra Sibyllae Intrat. Ovidio suppone che Ja nave d' Enea approda ai lidi di Cuma traversando il Golfo di Pozzuoli , cosi da avere Partenope alla destra e Miseno alla sinistra ; e come anticamente tutto il terri- torio fino a Pozzuoli era detto territorio cumano, può anche in- tendersi che littora Cumarum si riferiscano alla spiaggia tra Poz- zuoli e Baja , alla quale prima della eruzione del Monte Nuovo ^) C. Plinu Caeciui Secundi Epistolae. L. VI , ep. XX. 2) Et vidi 1' incendio et molti maravegliosi effetti che con quello erano successi, il mare verso Baja per gran spazio s' era ritirato benché di cenere e di rviine di pietre pomice rotte et buttate dall'incendio di modo verso il lite ricoperto fusse che tutto secco pareva. Dell'incendio dì Pozzuoli. Marco Antonio delli Falconi all'Illustrissima Signora Marchesa della Padi^la nel M. d. xxxviii cum gratia et privilegio. 3) Strabone. Geografia. L. V. e. 4. 4) Strabone, l. e. ^) Ovidio. Metamorph. L. XIV. — 276 — succedeva urica pianura ove sorgea Trii)ergola i). Essendo il Lucrino e l'Averno allora accessibili a navi piatte -), si sarebbe giunti allo sbocco avernale del tunnel, che oggi si chiama Grotta della Si- billa. Tanto più che i versi d' Ovidio non parlano di Cuma , ma dei hdi di Cuma e dell'Antro della Sibilla. Se non che bisogna ve- dere che cosa intendano gii antichi scrittori per Antro della Si- billa, che parecchi commentatori interpretano per quella grotta che dal lago d' Averno attraversando le colline sbocca nella pia- nura di Cuma. Virgilio dice che l'antro della Sibilla era scavato nel fianco della rupe eubea Excissum Euboicae latus ingens rupis in antrum Aen. VI. 42 né pare che si riferisca alla grotta che traversa la collina che se- para l'Averno dalla pianura cumana scavata da Coccejo su tracce di antiche escavazioni nel primo secolo a. C. ^) Paoli sostiene che le rovine del tempio d'Apollo siano quelle che ora si chiamano arco felice e allora 1' antro della Sibilla sarebbero escavazioni pros- sime al tunnel suddetto. L' opinione di Paoli può essere giusti- ficata da che Enea attraversa boschi prima di giungere al tem- pio d' Apollo. Ora la rupe di Cuma è in riva al mare, mentre i boschi di Proserpina son presso 1' Averno *). Si noti però che Enea lascia a Miseno la flotta : il verso Et tandem Euboicis Cumarum adlabitur oris ^) non si riferisce alla spiaggia di Cuma quale la intendiamo oggi tra Torre Gaveta e la Foce di Licola; non sarebbe stato da buon nocchiero ancorare la flotta in una spiaggia aperta, mentre avea a Miseno un sicuro rifugio. Innanzi abbiamo detto che il terri- torio Cumano comprendeva pure le spiagge di Baja e di Pozzuoli; Enea per andare da Miseno a Cuma dovea traversare i boschi che coprivano il fianco esteriore dell' Averno, se la pianura d' acqua morta era seno vadoso di mare. L'antro a cui accennano Virgilio 1) Scacchi — Memorie geologiche sulla Campania, p. 61. 2) Strabone. — l. e. 3) Strabone. — l. e. 4\ Nec te Nequìdquam lucis Hecate praefecit Averni Aen. VI, V. 1.18. 5 Virgilio. — En. VI, v. 2. — 277 — o Ovidio era scavato sul fianco della rupe di Cuma. Agatia scrive che quest' antro scavato sul lato orientale della rupe di Cuma fu distrutto da Narsete che assediava i goti rifugiatisi su quella rocca ^), e Giustino Martii'e riferisce di aver veduto egli stesso r antro della Sibilla scavato in un masso di pietra di un sol pezzo 2). Dopo questo, i loca foeda palustribus ulvis non possono essere che la pianura di acqua morta, ove le acque nei canali anche oggi sono infestate da piante palustri (Potamogeton, Chara). E allora si spiegherebbe anche il verso di Virgilio Tura sonitu Prochyta alta tremuit, ^) perchè il monte di Procida, congiunto ora al continente, allora ne era separato da un seno vadoso, come il Circello. C è però una difficoltà nella topografia virgiliana ed è che lantro della Sibilla è lontano dal tempio d'Apollo arces, quibus altus Apollo Praesidet, horreudaeque procul secreta Sibyllae, Antrum immane ■*) a meno che lìvocul non si voglia intendere con Servio: haucl longe, procìil enim est quocl prae ocidis est ^'). Se poi yrocul debba inten- dersi lontano, non sapendo come rifiutare le asserzioni di Agatia e di Giustino Martire, è evidente che Virgilio col nome di antrum immane ha indicato come una cosa sola l' antro scavato nella rupe di Cuma e le escavazioni sotto le colline dell' Averno , credendo che altra volta vi fosse continuità fra essi, onde antro immane. Nelle Isole flegree 1' attività vulcanica nei tempi preomerici non dovea essere molto intensa, se vi si poterono stabilire colonie provenienti dalla Colchide Eubea, che poi passarono sul continente e fondarono Cuma ^). (XII? secolo a. C). Le rivolte interne pri- ma e poi le eruzioni fecero emigrare una gran parte delle colonie '^). Timeo accenna a queste eruzioni e dice che gli antichi ne esage - 1) in .Cluverio. — Italia antiqua. 1113. 2) lUd. p. 1112. 3) Virgilio. — Eneide. L. IX. v. 715. E bene notare però clie Heyne scrive Procliyta alta,epitheton comniune omnium insularum, quatenus mari eminent.» ■*) Virgilio — Eneide L. VI. v. 9 e seg. 5) Servio. — Cemento all'Eneide. 6) Livio. — Historiae. L. Vili. '') Strabonk — Geografia. L. V. e. 4. — 278 — rarono la violenza *). A queste eruzioni pare accenni anche Fere- cide nella Teogonia, se non ad eruzioni anche più antiche -). Ti- meo però descrive un' eruzione violentissima che avvenne poco tempo prima della sua nascita (352 a. C.) e che fece fuggire le colonie mandatevi da Gerone di Siracusa (quasi un secolo prima); perchè nel vicino Monte di Vico fu trovata un'antichissima iscri- zione in caratteri greci scolpita in un grande masso di lava , la cui interpetrazione è « Pachio figlio di Ninfio, Majo figlio di Pa- chillo comandanti innalzarono il muro e i commilitoni ^) ». La de- scrizione che ne fa Timeo, secondo riferisce .Strabene, è « L'Epo- meo ('ETìWusa Mein.), collina situata al centro dell'isola, che eruttò fuoco dopo violente scosse di terremoto e rigettò nel mare tutto quello che era fra esso e la riva: una parte del suolo convertita in un mucchio di ceneri fu sollevata in aria, poi ricadde nell' i- sola in forma di tifone e fece ritirare il mare per circa tre sta- dii: ritiratosi, dopo non molto ritornò, e in questo riflusso inondò l'isola e spense in essa l'incendio; a causa del rumore quelli che nel continente erano sulla riva fuggirono nella Campania » *). Aristotile scrive d'Ischia a questo modo « E anche in Pitecusà dicesi essere luoghi che emettono fuoco e calore in modo inusi- tato , che però non brucia ^) ». Lyell ritiene che l'eruzione che fece fuggire dall'isola le colo- nie siracusane sia avvenuta dal cratere di Monte Corvo sopra Forio, e crede potervi riconoscere la corrente di lava, che ne uscì, per le scorie che si possono seguire dal cratere al mare ^). Io non so da quali indizii Lyell trae questa conclusione: solo posso dire che dopo il terremoto d'Ischia del 1883 trovai le sorgenti .di Citara più calde e le fumarole più attive. Dopo questa grande eruzione Fattività vulcanica si mantenne assai moderata nell' isola, perchè vi si stabilirono nuove colonie, e Scilace scrive sul Periplo « Dopo i Volsci vengono i Campani, e nella Campania sono Napoli e Cuma città greche, vicina è l'I- 1) Strabone. — Le. -) Ferecide, secondo lo Scoliaste di Apollonio, in Fragmenta Histoi-icorum graecorum. Didot, p. 72. Se pure non si allude ad eruzioni più antiche, sa- pendosi che Ferecide trasse le sue dottrine da libri fenicii. Ibùl. p. XXXIV. 3) Breislak. Topografia fisica della Campania, p. 337. '*) Strabone, l. e. ^) Aristotile. — De Mir. Auscult. Teubner, p. 56. «) Lyell. — Princ. of Geol. I, p. 601. — 279 — sola di Pitecusa con città greca » i). Il Periplo secondo 0. Mai- ler sarebbe stato scritto non prima dell'anno 438 a. C. -) Timeo nacque l'anno 352 a. C. e mori l'anno 25G a. 0. ^) Le colonie spedite da Gerone di Siracusa ammontano all' anno 460 a. C. Di un' altra eruzione parla Giulio Ossequente avvenuta nel- l'anno 662 di Roma (663 Petav. 90 anni a. C.), essendo consol L. Marcio e Sesto Giulio. « Aenaria terrae hiatu fiamma exhorta in coelum emicuit » ^). A questa erazione forse accenna Lyell quan- do scrive che da una delle eruzioni posteriori a quella avvenuta da Monte Corvo ebbe origine Monte Rotare^ che mostra tutti i segni di un'origine recente ^). Non abbiamo altra eruzione d'Ischia nell'era antica. Cornelio Severo, contemporaneo d'Ovidio, scrive Dicitur indiciis flagrans Aenaria quondam, Nunc extincta superque satisque ^) E questo concorda col fatto che Cesare Augusto cedette Ischia ai Napolitani per avere Capri '^). Sappiamo intanto essere opinione antica che Ischia e Procida fossero staccate dal continente ^); è un' opinione che può avere fondamento di verità nel fatto di trovarsi nel tufo giallo dei campi ilegrei frammenti di tufo verde simigliante a quello dell'Epomeo d' Ischia ^). Plinio dopo aver notato che isole vulcaniche sorsero dal mare soggiunge « sic et Pithecusas in campano sinu ferunt ortas » 1'^). Forse si erano già notate le marne conchiglifere. E dice Procida profusa (sic) da Ischia, onde il suo nome 7rpo-)('jat; (pro- fusio, effusio) ^^), quasi si fosse formata coi prodotti di un' eru- zione dell' Isola d' Ischia. Lo Scacchi ^^) giustamente nota che i blocchi di leucilite inclusi nel Monte di Procida hanno stretta re- ^) Scylacis Caryandensis Periplus 10. in Geographi graeci minores. Didot. 2) Ihid, p. XLÌv. 3) C. MuiLEK in Fragmenta Historicorum graecorum, I p. 4. ■*) in Cheverio. — Italia antiqua, p. 1166. 5) Lyel l. e. 6) Cornelio Severo. — L'Etna. ') Strabone. — Geografia, l. e. 8) Strabone. — Geografia, Z. e. e L I, cap. 3.° 9) Franco. — Il piperno e il tufo di Fiano. Boll. Soc. Nat. Napoli, 1900. 10) Plinio. — Hist. nat. L. II, cap. 88. 11) Plinio. — Hist. nat. L. Ili, e. 6. 12) Scacchi. — Memorie geologiche sulla Campania, p. 65. (lu ( L f B R / — 280 — lazione con quelli inclusi nell' Isola di Procida ; quindi , se mai , questa si sarebbe formata per un' eruzione avvenuta presso le spiagge del Monte di Procida ^), e forse vi accenna lo Scoliaste di Pindaro quando scrive non essere a Cuma le eruzioni, ma alla vicina Procida (Prostila), che è detta pure Pitecusa. Forse si ri- ferisce alla eruzione descritta da Timeo, come parrebbe dalle pa- role « perchè vi accade movimento di onde grandissime, e soffii di vento assai impetuoso, e apparizione di presteri (varietà di tur- bini con fulmini) ^) e incendii di fuoco » ^). Io credo però che qui si tratti di eruzione avvenuta presso il Monte di Procida, e che neir accennarvi lo Scoliaste abbia ricordato quel ohe Timeo avea scritto d'Ischia *), Procida nel primo secolo dell'era volgare avea aspetto aspro , come rocce di fresco eruttate. Stazio scrive : Haec videt Inarimen, illi Procliyta aspera paret. SiLV. II. Car. II. Anche Nisida pare non fosse del tutto estinta nell'ultimo se- colo dell'era antica, come lo attestano i versi di Stazio : Inde malignum Aera respirat pelago circumflua Nesis. SiLV. III. car. I. Ma ritengo effetto d' immaginazione poetica quel che scrive Lucano : Tali spiramine Nesis Emittit Stygium nebulosis aera saxis Antraque lethiferi rabiem Typhonis aulielaut. L. VI. Ai tempi di Cicerone Nisida era luogo di villeggiatura , vi era Bruto, 0 Cicerone andava a visitarlo ^). Che vi fosse qualche emanazione mefitica, come scrive Stazio, sta bene; ma un'eruzione parossistica come la descrive Lucano, avrebbe desolata 1' isola. Da tutto quel ohe precede appare che le manifestazioni vul- caniche nella Campania dai tempi omerici al 79 dell'era volgare ^) Breislak. —Topografia fisica della Campania, p. 309. — Fk.anoo. Il pi- perno e il tufo di Fiano. 2) Gassendi. Philosophia Epicuri. I, p. 538. •^) Pindari carmina, l. e. ^) Franco. Il pi2)erno e il tufo di Fiano. 5) Cicerone. — Ep. ad Att. II. IH, IX. — 281 — furono localizzate nelle Isole Flegree e a quella parte del conti- nente che è loro vicina (Baja, la Solfatara). Verso la parte orien- tale della Campania nei tempi preomerici 1' attività valcanica si era manifestata con eruzioni al Vesuvio ; ma dai tempi omerici fino al 79 dell'era volgare avea taciuto nelle sue manifestazioni eruttive, ricordando solo con terremoti che non era spenta; per- chè a me pare che siano stati più terremoti di tensione , che di scoscendimento o di frana : essi o non recano danni , o ne pro- ducono in area assai limitata, come nel 63, Seneca scrive: « Cam- paniam niimquam sècuram hujiis inali, et toties defimctam meta ^) » e Plinio il giovane « iwaecesserat per multos dies tremor terrone mi- nus formididosus, quia Campaniae solitus » ^). Il terremoto del 63 ha il suo epicentro nella regione vesu- viana e il suo centro di scossa nel focolare del vulcano e non molto profondo; perchè mentre Pompei rovina completamente ed Ercolano in gran parte, Nocera se la passa con sola, paura e a Napoli soffrono gli edifìzii privati nelle parti basse della città, non i pubblici, né quelli sulle colline ^). Che nella parte bassa della città non soffrissero gli edifìzii pubblici si spiega per la migliore costruzione loro; e che le ville sulle colline tremassero soltanto si comprende perchè erano costruite su tufo gialli) in massa; mentre Quelle nella parte bassa ^ costruite sul tufo Bruno sciolto, se non ebbero buone fondamenta, caddero più per movimenti di terreno, che per la scossa: proprio come avvenne di Oasamicciola nel ter- remoto del 1883. Le villae praeruptae debbono essere le ville po- ste sulle colline intorno a Napoli , che hanno i fianchi scoscesi , non si può pensare a ville poste sui fianchi del Vesuvio ; e perchè di esse si parla dopo che si è parlato di Napoli, e perchè i fianchi del Vesuvio non sono scoscesi. Sarebbe qui il caso di discutere se il terremoto del 63, che precede di 13 anni l'eruzione vesuviana del 79, dopo una quiete di circa otto secoli^ sia dovuto allo spostarsi di qualche spigolo di volta in una grande cavità del sottosuolo , onde si • ritiene oggi siano prodotte le eruzioni vulcaniche iu regioni o intatte, o da lungo tempo estinte*). Ripeto: l'area assai ristretta del terremoto con danni gravissimi solo presso l'epicentro, mi fa ritenere il terremoto del 63 più di tensione, che di sprofondamento. Più che allo spostarsi 1) Seneca — Questioni naturali, L. XI. 2) Punii Caecilii Secondi. Ep. L. VI, ep. 20. 3) Seneca. — l. e. •*) SuEss. — Antlitz der Erde. I, p. 228 e seg. — 282 — di uno spigolo di volta, io credo che esso sia dovuto all'essersi riaperta la comunicazione tra il focolare profondo e il focolare su- perficiale 1) e all'essere pervenuto in questo gas ad alta tensione; 0, se la comunicazione persisteva, all' essersi elevata la lava dal focolare profondo al focolare superficiale; ove giunta, per diminuita tensione e per un certo raffreddamento, avrebbe dato luogo a svi- luppo di gas con forte tensione, che scosse il suolo soprastante 2). Passiamo ora alla eruzione vesuviana del 79, seguendo prin- cipalmente quel che ne scrissero Plinio il giovane e Dione Cassio. Precedettero piccoli terremoti, ne la eruzione cominciò con forti scosse: queste vennero dopo, quando la eruzione avea rag- giunta la massima intensità, perchè la madre di Plinio il giovane richiamò l'attenzione di Plinio il vecchio , che, giacendo al sole sorseggiava acqua fresca e studiava , solo per aver veduto una nube di grandezza e d'aspetto non comune. Pare dunque che la lava si fosse innalzata nell' antico ca- mino senza strepito, e solo quando fu prossima alla superficie la tensione dei gas cominciò a produrre i suoi effetti: fenomeno or- dinario nel meccanismo delle eruzioni ^). Anche nella eruzione del 1631 nulla avea fatto supporre che la lava si era innalzata nel cratere, ove da cinque secoli non avvenivano eruzioni *), ed era densamente boscoso; e se ne accorsero casualmente alcuni torresi che fecero una passeggiata alla cima del monte ^). Che la lava sia venuta all'aperto per l'antico camino e non per nuovi squarciamenti formatisi sui fianchi del monte, risulta dal coincidere quasi Tasse del cono vesuviano con quello dell'an- tico Somma, come dimostrano il rilevamento topografico fatto dal Briganti e la sezione del Monte discussa da me *'); e anche dalle parole con cui Plinio descrive la nube « Cuius similitudinem non alia magis arhor , qiiaìn ])inus expresserìt. Nani longissimo velut truncG elata in aitimi, qidbusdam ramis diffundebatur >. Se l'eruzione fosse avvenuta per fratture radiali non avremmo avuto una nube a pino col tronco lunghissimo; ma una nube a cumuli , a balle di cotone, come nella eruzione del 1872. B-isulta pure che la nube proveniva da esplosioni nel cratere da che essa era ora bianca, ora scura per cenere, e il colore scuro 1) Scrofe. — Volcanos. 2) Franco. — Meccanismo delle eruzioni. 3) Franco. — Meccanismo delle eruzioni. ^) Vedi innanzi sulla eruzione del 1500. ^) Ignazio Sorrentino. — l. e, p. 113. 6) Franco — Il Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Strabone. — 283 — non era diffuso, ma a macchie « candida interdum, interdun sor- dida et macuìosa ». La nube che si forma da vapore che esce dai fianchi del monte è sempre bianca , perchè le esplosioni che ri- gettino cenere o mancano, o sono lievissime ^). Plinio il vecchio, che avea ordinato gli si apprestasse una liburuica per studiare da vicino il fenomeno, ricevuto un biglietto di E-ettina, che domandava soccorso, perchè dalla sua villa sotto- stante al Vesuvio non era altra via di scampo che per mare, fa uscire le quadriremi , ne assume il comando e si dirige verso il luogo del pericolo ^). Come più le navi si avvicinavano cominciò a cadervi cenere, e poi pomici, e poi sassi combusti. « Jam ìiavihus cinis inciderai^ quo 2)ropii(s accederent calidior et densior, jam inimices etiam^ ni- gri et amhusti et fmcti igne kqndes », La descrizione non solo è esattissima riguardo alle dimensioni e il peso dei proietti , che crescono secondo che la flotta si avvicina al luogo d' eruzione , ma pure perchè in questa vi fu gran copia di pomici leucitiche ^) in mezzo alle quali troviamo scorie brune di leucilite recente, la- pides nigri et ambusti ; e frammenti di leucilite antica a grana finissima, lapides fracti igne. Griunti presso le spiagge vesuviane, non si potè sbarcare, per- chè trovarono il fondo del mare sollevato e i lidi resi innacces- sibili per la rovina del monte. « Jam vadum suhitum (inatteso) ndnaque montis litora ohstantia » ^). La grandiosità della eruzione è espressa benissimo colle parole mina montis. E la eruzione dovea essere davvero minacciosa, perchè Pli- nio il vecchio, malgrado il maximo animo con cui era partito per recare soccorso a B-ettina e agli altri che villeggiavano su quelle spiàgge, si fermò pensando se fosse il caso di tornare indietro, e al pilota che glielo suggeriva ordinò di navigare verso Stabia suir altra sponda del golfo, ove era Pomponiano. Qui, sebbene non del tutti sicuri, non di meno si potea pensare a raccogliere le masserizie, porle sulle navi e aspettare un vento propizio alla fuga ; e Plinio potè anche prendere il bagno e cenare. 1) Scacchi. — Eruzioue del Vesuvio del 1850.— Franco. Meccanismo delle eruzioui. -) In questo prmto il testo non è sicuro , e da oltre un secolo si fanno discussioni : io preferisco l'interpretazione di Mecatti. 3) FouQUÈ. — Etude microscopi qug et anaU'se mediate d'une ponce du Vé- suv. Compi. Rend. 1874, voi. LXXIX. ■*) Alcune edizioni hanno « ridnaque moutis, litora obstantia ». — 284 — Intanto dal Monte Vesuvio in più luoghi rilucevano fiamme larghissime e alti incendii, il fulgore e la chiarezza dei quali au- mentavano, per le tenebre della notte. Gli alti incendii sono gittate di scorie incandescenti, le fiamme larghissime sono lave che dila- ga.no e che riflettono la loro incandescenza sul soprastante va- pore. Plinio diceva, tanto per rassicurare la famiglia di Pompo- niano, che gl'incendii fossero fiamme sviluppatesi nelle ville a causa di fuochi lasciati da quelli che ne erano fuggiti per lo spavento e non li aveano prima spenti. Che in alcune case si svilupparono incendii, cagionati da pomici assai calde o da fulmini ^), non pare improbabile. M, Ruggiero rileva che nelle case di Pompei si sono trovate scorie che caddero incandescenti ed effetti di fulmini. Ma non si può escludere che vere fiamme si ebbero in questa eruzione, cosi quelle che apparvero sul lido insieme con odore di solfo, che fecero fuggire quelli che si erano ricoverati e produssero la morte di Plinio. E le credo fiamme d'idrocarburi, da che questi si svol- gono in alcune eruzioni vesuviane, non meno che in quelle di altri vulcani : 1' odore di solfo che le precedeva era di anidride solfo- rosa; Plinio il naturalista non avrebbe scambiato questo coU'odore di bitume. L'odore di anidride solforosa proveniva da lave lontane, che si sa non esser giunte a Pompei e nemmeno a Stabia ; e vi era portato dal vento che da ponente era passato a nord e spingea la colonna di ceneri verso Capri ^). Basta una piccola quantità di anidride solforosa per recare gravi molestie al respiro: quantità notevoli d' idrocarburi presso la spiaggia si svolsero pure nella eruzione vesuviana del 1861 ^) ; e nell'eruzione del 79 rinfiam- marono le pomici assai calde che cadevano, jam navihus civis m- ciderat, quo projnus calidior et densior », Il secondo giorno la caduta delle ceneri e delle pomici dalla parte di Stabia divenne più copiosa, cosi da obbligare Pomponiano e la sua famiglia e Plinio ad uscire in fretta all' aperto, perchè altrimenti 1' uscita ne sarebbe stata impossibile x^er l'accumulo di cenere e pomici innanzi la porta. E il bisogno di uscir prouta- 1) Scacchi. — Sopra un masso di pomici saldato per fusione trovato in Pompei. — Id. Le case fulminate di Pompei. Lo Scacchi ritiene che le pomici saldate per fusione e i vasi di vetro fusi siano solo effetto del fulmine. 2) Il vento nel primo giorno era di ponente , quindi favorevole alla tra- versata da Miseno alle spiagge Vesuviane e contrario a salpare da Stabia « si contrarius ventus resedisset, quo tum avunculus meus secundissimo invectus » C. Plinii Caec. Sec. L. VI ep. 16.a « illa nubes descendere in terras , operire maria cinxerat Capreas et abscouderat : Miseni quod procurrit , abstulerat » Id. ep. 20. a 3) Palmieri. — Il Vesuvio e la sua storia. — 285 — mente dalie case era aumentato, perchè erano sopravvenuti ter- remoti violenti, che fino allora o erano mancati o erano stati as- sai deboli. L' una e 1' altra cosa, la caduta di cenere in maggior quan- tità e di pomici più grosse, e i forti terremoti nel secondo giorno dimostrano aumentata l'intensità della eruzione: questo è feno- meno ordinario nelle eruzioni, e si spiega, perchè ad un primo pe- riodo d'energia, che potremmo dire superficiale, dovuto allo svol- gersi del vapore dalla lava venuta presso alla superficie, succede un periodo d'energia profonda, se non più intensa, dovuta allo spri- gionarsi dei vapori della lava nel focolare vulcanico, a frane, o al pervenire di vene d' acqua nel focolare vulcanico i). E che nel secondo giorno lo sviluppo del gas avveniva nella profondità risulta dalla profondità del centro di scossa dei terremoti, che sono violenti a Pozzuoli^ si da far fuggire gli uomini dalle case malgrado la pioggia di ceneri e di lapilli, e ritirarsi il mare dalla spiaggia, lasciandone gran parte a secco con molti animali marini ^ì. Questo ritrarsi del mare, senza riflusso da innondare i lidi, avvenne pure nella eruzione del Monte Nuovo; e non si potrebbe riferire a maremoto, non essendovi stata onda di ritorno. Ne può dirsi che non sia stata rilevata dagli scrittori , perchè essa pro- duce gli effetti più disastrosi, e Plinio il giovane, che rileva par- ticolari di minore importanza, non li avrebbe taciuti. L' onda di maremoto nelle eruzioni vulcaniche era fenomeno conosciuto d'assai tempo , descritto da Timeo nell' eruzione d' Ischia e riferito da Strabone. Ora sa questo fenomeno, che durante un'eruzione il mare si ritira senza onda di ritorno, il Suess ha richiamato 1' attenzione dei geologi, e suppone che il materiale rigettato dal vulcano, ces- sando di attrarre il mare, sia causa che questo si allontani dalla spiaggia ^). Ma il calcolo dimostra che la massa venuta meno al" 1' attrazione non è tale da produrre notevole dislivello nel mare ^); ed io temo che il fenomeno non fu esattamente osservato. Dione Cassio scrive che vi furono rumori, quelli sotterranei simili a tuoni e quelli epigei simili a mugiti ^). L* autore , che scrivea oltre un secolo dopo 1' eruzione pliniana , raccolse le no- 1) Franco — Meccanismo delle eruzioni. 2) C. Plinii Caecilii Secundi. Ej). L. VI, ep. 20. 3) Suess. — Antlitz der Erde. Voi. II, p. 493. 4) Ibid. ^) Dione Cassio, l. e. > — 286 — tizie di questa in parte dagli storici del tempo , in parte dalla tradizione popolare. Quello clie scrive dei rumori è esatto, tranne che nel paragone, perchè è noto che nelle eruzioni, oltre ai fra- gori sotterranei, avvengano scoppii nel cratere, che da lontano si odono come tuoni ^). Questi scoppii non pare siano dovuti alle folgori che si sca- ricano dalla nube di cenere quando vi è pure grande quantità di vapore acquoso; forse son dovuti a scoppio di grosse bolle nella lava del cratere. Nella eruzione pliniana le folgori non manca- rono, come attestano, oltre alle parole di Plinio il giovane « nn- hes atra et horrenda, ignei spiritus tortis vibratisqae discursibns riqita », anche gli effetti del fulmine riscontrati nelle case di Pompei 2). La eruzione terminò con una grande quantità di ceneri e di lapilli, che trasformò in terra arida piccoli seni di mare a Pom- pei ^) e a Capri *): a Miseno coperse tutto di uno strato non lieve ^), giunse a Roma in quantità da occultare il sole e si estese in Si- ria, in Egitto e in Africa *'). Non si ebbero dopo questa eruzione piogge terrenziali, come non ne avemmo in quella del 1872. Per quest' ultima Palmieri spiegava il fenomeno osservando che nelle eruzioni violente il va- pore è lanciato a grandi altezze , e se vi sono venti forti va a condensarsi in pioggia in regioni lontane. Che i venti non fos- sero deboli durante la eruzione pliniana risulta da che cenere grossa cadde a Miseno, e che la tenue si estese fino in Africa ; e dalle parole di Plinio il giovane « adspicere ecqiiid jam mare ad- mitteret^ quod adliuc vastmn et adversnm permanehat » il mare era agitato da forte vento, oltre che dalle scosse del suolo. Pompei fu coperta da una pioggia di ceneri e di scorie "'). Ercolano invece da una corrente di fango, che si consolidò su- bito in massa rocciosa ^). ') Scacchi. — L'Eruzione del Vesuvio del 1850 — Hamilton. Eruzione del Vesuvio del 1766. 2) Scacchi. — Le case fulminate di Pompei. 3) Imianzi l'eruzione del 79, Pompei avea un porto, 'il principale emporio della Campania (Muller. Handbuch, der Klasischen Alterthums-Wissenschaft, Voi. Ili, p. 452) che tu quasi colmato dalle pomici e lapilli rigettati. 4) A Capri si ebbe quasi lo stesso ; Tacito scrive : « Spectabatque pulcher- rimum sinum , antequam Vesuvius mons ardescens faciem loci verter et ». Ann. IV. ^) C. Punii Caecilii Secundi. Ep. L. VI e. XX. 6) Dione Cassio — l. e. ') M. EuGGiERO in « Pompei e la regione sotterrata dal Vesuvio. » 8) M. EuGGiEBO in « Pompei e la regione sotterrata dal Vesuvio. » — 287 — Le acque che insieme alla cenere vulcanica produssero il fango non furono acque di pioggia, che non si spiegherebbe la corrente fangosa solo sul fianco meridionale del monte, mentre dalle altre parti si ebbero ceneri sciolte : Cuncta jacent flammis mersa et tristi favilla Mart. IV, 44. Le acque furono eruttate dal monte, essendo pervenute dal mare nel camino vulcanico per fenditure apertesi lungo la spiaggia , come nel 1631 i). La corrente- fangosa si riversò solo sul fianco meridionale, perchè le altre parti erano più o meno p]-otette dal circo del Somma come risulta dall' ajBfresco pompejano. Il monte, che prima della eruzione era nella sua sommità in gran parte piano, rimase scavato in un profondo cratere, donde si svolsero esalazioni d'ogni specie ^). Da tutto quello che finora abbiamo detto risulta chiaro che r attività vulcanica nella Campania non si è mai interrotta dal tempo che vi si manifestò per la prima volta. Solo che le mani- festazioni eruttive sono avvenute ora in un punto, ora in un altro di un' area assai ristretta, e quando sono avvenute in un punto (Ischia, Vesuvio, Solfatara, Monte Nuovo) gli altri taceano. Que- sto fatto, che ha strettissima relazione con quello che le diverse bocche in una stessa eruzione s'alternano nella loro attività •^), mo- stra piuttosto la relazione tra i vulcani flegrei e il Vesuvio, anzi che la indipendenza. Né ha grande valore a contrastarla 1' es- sere il Vesuvio un vulcano soprattutto leucitico, mentre nei Campi Flegrei predomina la sanidina parzialmente sodica, quando si con- sideri che al Monte di Precida e a.Procida non mancano massi rigettati di leucilite e che a Rocca Monfina alla fase andesitica è successa la fase leucitica. Rimarrebbe che il Vesuvio ha conser- vato sempre lo stesso camino dalla sua formazione ; ma la Solfa- tara non lo ha cambiato nemmeno. Finalmente che il Vesuvio abbia avuto molte eruzioni, mentre i vulcani flegrei in generale ne hanno avuto una sola, nemmeno può valere a dimostrarne la indipendenza; perchè Ischia ha pure avute molte eruzioni e la Solfatara non ne ha avuto una sola. 1) Gli scrittori del tempo riferiscono essersi trovate dopo questa eruzione conchiglie marine sul Vesuvio. . 2) Dione Cassio — l. e. 3) De Bottis. — Istoria del Vesuvio, p. 14 q seg — 288 — La persistenza dunque del cammino eruttivo nel Vesuvio, le sue numerose eruzioni, e i suoi prodotti quasi esclusivamente leu- citici non bastano per escludere la relazione del Vesuvio col foco- lare flegreo ; e mi pare che la vulcanologia oggi non possiede mezzi sufficienti per spiegare come boccile eruttive che hanno relazione fra loro si comportino diversamente nelle manifestazioni dinami- che e nei loro prodotti. L' unica cosa che possiamo rilevare è che Ischia, la Solfatara, Monte Nuovo e il Vesuvio sono prossimi alla linea di spiaggia del golfo campano , che secondo Suess sarebbe r ultima linea di scoscendimento della depressione campana ^). Questo Autore suggerisce di ricercare la spiegazione dei fenomeni nella distribuzione delle linee di frattura nella nostra contrada , studio già intrapreso dai signori Walter e Schirlitz 2) e che, con- tinuato con accuratezza e serenità, potrebbe contribuire molto alla geologia della Campania ^). 1) Suess Antiitz der Erde, Voi. II, cap. 9. 2) Walter e Schirlitz — Boll. Comit. geol. it., 1886. 3) Ho ricevuto il secondo volume della classica opera di Nissen quando questa memoria era già stampata, e mi duole non averne potuto profittare. Non ancora ho ricevuto il secondo volume dell' opera di Berard. « I Feiiicii e l'Odissea ». Per Sebastiano Miele — Commemorazione fatta dal socio Ugo MlLONE. (Asi^emblea del 21 dicembre 1902) Signori ! L'anno scorso, due o tre giorni prima. del Natale, io incontrai il prof. Sebastiano Miele. Come al solito, discorremmo a lungo. Ma clii mai avrebbe pensato che quella era V ultima volta che 1' avrei visto ! Ed ora è affidato a me 1' onorifico e mesto ufficio di com- memorare il socio, parlando del quale non posso tenermi dal par- lare dell'amico, perchè io fui del suo ingegno e del suo carattere grande ammiratore. Il professore Sebastiano Miele , che mori poco più che cin- quantenne, il 7 Febbraio ultimo, appartenne ad un gruppo di stu- diosi di scienze naturali i quali fecero i loro studii in un tempo in cui professori di gran valore , come il De Luca , il Cesati , il Costa, il Panceri, lo Scacchi, il Guiscardi, tenevano le cattedre di Chimica , di Botanica , di Zoologia, di Anatomia Comparata , di Mineralogia, «di Geologia. Scienziiafti veri costoro ; ma per ragioni varie non formarono delle vere scuole, quantunque avessero l'autorità del nome e l'op- portunità pratica di farlo, perchè i cultori di scienze naturali al- lora erano in numero molto esiguo , non offrendo la laurea in scienze naturali, pel ristretto numero di scuole secondarie ufficiali, un avvenire sicuro agli studiosi. La maggior parte di essi erano medici che poi studiavano anche le scienze naturali ed alcuni anzi, attratti dagli studi biologici, lasciarono da parte l'esercizio della medicina e si dettero alle discipline naturali, alle quali portarono un notevole contributo di lavori sperimentali fatti con indirizzo personale , perchè , come ho detto, mancava la scuola sperimen- tale, ossia il laboratorio. I professori in quel tempo si davano principalmente premura di fare la lezione cattedratica. Per tale ragione pochi privilegiati frequentavano i laboratori! ed i musei ed erano essi che, in luogo 19 — 290 — dei professori^ si occupavano specialmente dell'insegnamento di- mostrativo e sperimentale. Si possono poi contare sulle dita di una mano quelli che, in- sofferenti di simile lavoro, si fecero valere in pubblici concorsi per la loro produzione scientifica o per la loro attitudine operosa, e potettero occupare posti d' insegnamento in qualche scuola su- periore. Quei professori pensavano che chi volesse darsi alle scienze naturali dovesse molto studiare nei libri, cioè immagazzinare prima quanto era noto nella scienza, e poi poter arrischiarsi a fare qual- che ricerca sperimentale. E perciò, di quei tempi, il penetrare in un laboratorio, il ficcar lo sguardo in un microscopio era cosa che faceva brillar gli occhi di gioia a colui che finalmente, dopo molte peregrinazioni, vi riusciva ! Specialmente coloro che volevano darsi all'insegnamento se- condario, tutto studiavano su i libri e poco nei laboratori e nei musei. Il contrario adunque di quanto si fa oggi ! Ora si osserva molto, si sperimenta molto e non si studia. Due errori: perchè è facile intendere come sia uno scienziato a metà tanto il primo, quanto il secondo. Chiedo scusa, se ho per poco divagato, e ritorno al periodo universitario napoletano che corse dal 1870 al 1880. In quel periodo, in quell'ambiente universitario che alla men neo-o-io ho descritto, si trovò a fare i suoi' studii il nostro socio Sebastiano Miele. Egli nacque a Caserta, il 12 settembre 1849, da Alessandro e da Raffaella Borgia. Fece gli studii classici privatamente, studiando, si può dire, quasi esclusivamente da sé, e consegui la licenza liceale a primo scrutinio nel 1868 a Napoli, Le condizioni di famiglia non gli permisero di frequentare l'Università, dove avrebbe voluto seguire i corsi di fisica. Dopo di aver cercato, insegnando privatamente la matema- tica a pochi e fidi studenti suoi ammiratori, di procurarsi i mezzi per attuare il suo desiderio, gli si offri l'occasione di concorrere per allievo verificatore metrico. Egli, facendo di necessità virtù, si piegò a tentare il concorso, anche in considerazione che, trattandosi di un i)rogramma tecnico- scientifico, e però mollo diverso da queUi dei concorsi per impiegati amministrativi, gli sombrò più conveniente per lui, che desiderava — '291 — occuparsi di cosa che avesse avuto attinenza con gli stuelli da lui jpreferiti, cioè quelli della fisica. E, difatti, appena approvato, andò a Catania, . dove contava di poter pure frequentare 1' Università. Ma le occupazioni con- tinue e faticose dei suo ufficio, che lo costringevano spesso ed a lungo a stare lontano della sua residenza abituale, non glielo per- misero. Dopo alcuni anni di una vita piena di sagrifizii, potè mettere m serbo un po' di danaro, risparmiato con l'avidità dell'avaro, ma con intento nobilissimo. Egli desiderava ardentemente di sottrarsi al giogo burocratico per dar darsi con tutte le sue forze a studiare Fisica e Chimica. Ed in lui noi vediamo iin esempio altissimo di carattere forte e tenace, che volle, fortemente volle. — E vinse ! Difatti , maturato bene il suo disegno, si dimise dall' ufficio governativo e venne a Napoli, dove il 28 agosto 1878 consegui la laurea di dottore in scienze naturali a pieni voti assoluti e con lode. Appena addottoratosi in scienze naturali, ottenne d'insegnare queste discipline nell'Ateneo Cristoforo Colombo: —una scuola pri- vata molto fiorente di quei tempi, nei quali poche erano le scuole classiche governative e pochi erano i padri di famiglia che si ac- conciassero a mandarveli, i più ritenendo che in quelle scuole, più che il vero insegnamento, si facesse della politica e della propa- ganda antireligiosa. Ed egh ben presto si rivelò un ottimo insegnante e, fu molto stimato da colleghi e discepoli. Ma la scuola non era per lui il fine, si bene il mezzo per coltivare le sue scienze predilette. E difatti, egli che non aveva il temj)0 di frequentare quei laboratorii che a pochi si aprivano e che, secondo lui, spesso acco- glievano coloro che meglio sapevano piegar la schiena e bruciare incenso,— pratiche da cui il suo spirito fiero ed indipendente rifug- giva, — non mancava di trovarsi presente alle lezioni di Scacchi, di Cesati, di de Luca e di Giordano, dove lo si vedeva premurosa- mente prender nota di quanto gli pareva nuovo ed interessante. L' arte di bene esporre le cose e con ordine gli riempiva l'a- nimo di ammirazione profonda. E perciò egli fu ammiratore en- tusiasta di Arcangelo Scacchi e specialmente di Vincenzo Cesati, che fu veramente botanico completo. Fu pure un frequentatore assiduo delle biblioteche di Napoli, dove noi , allora studenti , lo incontravamo sempre.', perchè egli VI consultava i trattati più moderni e con la scorta delle lezioni — 292 — raccolte nelle varie cattedre compilava libricini a stampa o dispense litografate di varie discipline. E cosi noi compravamo con avi- dità ed interesse il suo compendio di Botanica in 58 puntate (anno 1878), i suoi principii di Mineralogia (18 dispense poligrafate nel 1880 e ristampate nel 1885), il suo compendio di analisi chi- mica per lo studio dei minerali (28 dispense nel 1883). Quanta chiarezza di esposizione, quanto ordine m quelle mo- deste pagine litografate ! Era evidente che quello che stava scritto si trovasse ben chiaro nella mente dell'autore. E cosi egli, mentre insegnava nelle scuole secondarie,— perche più tardi insegnò anche in altri atenei privati di grido, come in quello del Marciano in via Tribunali,— continuava a studiare all'U- niversità, stampava libricini e dispense, perchè era molto modesto, e conseguì il 31 agosto 1881 anche la laurea di dottore m chi- mica con la relativa abilitazione all' insegnamento, come aveva fatto per le scienze naturali, all'insegnamento delle quali fu abilitato dalla Scuola Superiore di Magistero il 25 agosto 1880. ' Fu uomo di retti principii, che ammirava, anzi idolatrava gli uomini onesti, anche senza conoscerli da vicino. Pareva retrogrado a chi non lo conosceva intimamente, ma invece era liberale vero e religioso convinto con tendenza democratica, come apparve sem- pre dal suo tenore di vita modesta e corretta. Accettò di buon grado l' insegnamento della chimica nella scuola Operaia all' Egiziaca a Pizzofalcone, dove si recava la sera e faceva lezione dimostrativa o sperimentale , come la scarsezza dei mezzi gli consentiva. Ed anche qui, come all' Università, egli portò nell' insegna- mento agli operai ogni premura e grande intelletto di amore, preoc- cupandosi della mancanza di un libriccino dove gli operai potessero studiare quello che egli loro andava chiaramente esponendo nelle sue lezioni, ed all'uopo stampò le lezioni di chimica sperimentale ed applicata sotto forma di dispense. Più tardi per pubblico concorso fu nominato professore straor- dinario di chimica e storia naturale nel Collegio militare della Nunziatella, dove ha insegnato fino a qualche settimana precedente alla morte. Ma il posto che conquistò con maggiore entusiasmo tu quello della Scuola Industriale Alessandro Volta, scuola che è lustro e decoro di Napoli, dove si ^udia e si lavora davvero, e dove egh passava volentieri le ore disponibili, sia a sperimentare, come a ideare apparecchi di fisica e di chimica. — 293 — Il Direttore di quella Scuola Ingegnere De Luca, che ne ap- prezzava le doti di mente e di cuore e che Io secondava nel con- cedergli il materiale da esperimento, era per lui la persona più cara e stimata. Posso ben dire che non mancava mai di parlarmene tutte le volte che ci incontravamo ! La chimica pratica e la fìsica sperimentale erano state ap- prese da lui senza aiuto di alcuno; ed era riuscito un lavoratore esatto, coscienzioso ed elegante. Curava tutti i particolari di ogni esperimento. Sapeva trarre partito da un pezzo di legno e da un tubo di vetro vecchio, per fare un apparecchio da esperimentare o da dimostrazione. Anche la sua casa, dove viveva solo per non essere molestato nei suoi studii, era piena di simili apparecchi, di pile Baasen, pile a secco, fili di rame , reagenti , microscopii diversi : — mi pare di averne veduti quattro ! Quando le finanze glielo permettevano, comprava libri. Era molto meccanico. Faceva economia sui i bisogni della vita mate- riale, ma spendeva per i bisogni della vita intellettuale ! Quest'uomo, di cui vi ho raccontato brevemente la vita così varia, malgrado le occupazioni poco tempo gli lasciassero, seppe trovar modo di fare parecchi lavori di ricerca, alcuni dei quali di notevole pregio. Dopo un lavoro di compilazione fatto nel 1876 su 1' acqua ed i suoi elementi ed un altro del 1877 dal titolo Lavoro di fisica su la cainllarità, — cose giovanili, ma non x>i"ive di pregi, — nel 1879 pubblicò un lavoro intorno al problema algebrico su la in- tensità della luce e poi nel 1880 uno su l'ipsometria e longime- tria, etc, ed un altro, di compilazione, su le metamorfosi degli animali. Nel 1883 pubblicò nella Rivista scientifica industriale del Vi- mercati di Firenze un cenno sul metodo di Borda ; sul quale nel 1892 ritornò a portare un contributo , pubblicando il metodo di Borda applicato alla pesata multipla. Nel 1881 pubblicò un lavoro di chimica analitica quantitativa dal titolo : Determinazione della quantità di cloruro di potassio e di sodio in un mescuglio di questi due sali. Nel 1900 trovo pubblicato un lavoro riguardante il problema sidla costruzione d^ un segmento circolare di data arca (Firenze, Tip. Niccolai), dedicato alla memoria del suo venerato maestro Michele Zannotti, — 294 — Questo lavoro è preceduto da poche parole indirizzate al let- tore sotto il titolo di prefazioncella, che mi piace qui riportare, perchè possiate formarvi un concotto completo dell' jiomo, « Intelligenti pauca. « Se qualche Sommo nella Scienza d'Archimede non voglia degnar ne pure di uno sguardo questo lavoretto come cosa inu- tile 0 vieta, lo scopo di esso e le cagioni che mi hanno mosso a pubblicarlo, non vengono perciò mutati. Poiché non per soddisfare (come suol dirsi) ad un bisogno universalmente sentito, non per colmare una delle solite lacune (che in fatto di Matematica la la- cuna può trovarsi nel cultore, non già nella Scienza), e molto meno per portar nottole ad Atene ho speso parte del mio tempo e del mio denaro (questo e quello tutt'altro che esuberanti) per raccogliere non lucro o soddisfazione o fama, bensì critica senza dubbio, come cosa già prestabilita. « Pur tuttavia, come avviene talora a qualche persona, an- che la più pacifica ed aliena dalle contese e dalle dispute, di do- ver battersi perchè sfidata o di sfidare perchè provocata apposta, così una circostanza mi ha costretto lìvaeter intentionem a pub- blicare un risultato d'indagini, che avrei preferito di serbar solo per mio conto. « Ma se, non certo i matematici eminenti, bensì qualche mo- desto cultore di disegno geometrico possa reputarlo utile talora al suo scopo , anche ciò sarà per me di alcuna magra soddisfa- zione; maggiore senza dubbio di quella ch'ebbi quando, dopo d'a- vere investigato in parecchi libri di geometria teorica e pratica fino al più recente di tutti (tanto recente che porta la data del- l'anno venturo) qual' è il 294.° dei Manuali Hoepll^ dell'ingegnere I. Ghersi sulla soluzione di problemi di geometria elementare, non trovai altro che nulla sul problema in esame. « Che se poi qualche critico sottile (mi fermo a quest'epiteto) abbia ad arricciare il naso pel risultato non matematicamente esatto^ ma approssimato ai millesimi od ai centesimi, che si consegue colle costruzioni geometriche da me indicate nella soluzione di questo problema ; pur dolendomi con me stesso per la turbazione passag- giera involontariamente ii.idottagli nel sistema nervoso, mi farò le- cito di ricordargli non solo che in mol te applicazioni matematiche, anche più elevate ed importanti, le approssimazioni sono un fatto ordinario, quasi normale ed inevitabile ; ma nel caso particolare della misura dell'area del segmento circolare v'è qualche trattatino — 295 — pratico e non dispregevole i) che addita un metodo con risultato anche meno approssimato, e ciò non pertanto adoperato in pratica. . « Finalmente se qualche erudito spigolatore di notizie antiche si compiacerà di provarmi che l'oggetto di questa pubblicazione era già noto parecchi secoli prima dell'era volgare; nel ringraziarlo di tanta premura lo pregherò di consentire che anche l'America esisteva da molti secoli prima dell' era moderna, e pur tuttavia soltanto da quattrocento e sette anni ci è noto l'aneddoto dell'uovo di Cristoforo Colombo ». E cosi, o Signori, alla meglio, per quanto le mie modeste forze me lo consentivano , vi ho prospettata la vita scolastica, didattica, scientifica e morale del professor Sebastiano Miele, so- cio di questo sodalizio fin dal 18S2, dove faceva rare apparizioni, gradite agli antichi suoi amici ed ammiratori, per i quali egli, geniale ed arguto, aveva sempre in serbo un motto, e tra i quali io, ultimo per ogni riguardo, sono ben lusingato di essere stato scelto a parlare di lui innanzi a voi. 1) Antonio Olementini — Manuale di Geometria feoyico-jjyatica, seconda edi- zione. Trieste 18G1; pag. CI § 89. *W«l(trMM«vm^ -('(^««nrtnffs*-»-»'»* ^ ♦*v<-rf r^FlOOESSI VEF^BALI DELLE TORNATE dal 16 febbraio al 31 dicembre 1902 Assemblea generale e tornata ordinaria del 16 febbraio 1902 Presidente: Monticelli Fr. Sav. — Segretario: Pierantoni U. Soci presenti: Jatta G. , Amato C. , Geremicca M. , De Biasio A. , Diamare V., Cutolo A., Di Paola G., Gabella A., Cutolo E., De Rosa Fr. ^4) Assemblea generale La seduta è aperta alle ore 14. Il presidente annunzia , con parole commoventi, la morte del socio ordinario residente Sebastiano Miele, avvenuta, per fiero e fulmineo morbo, pochi giorni innanzi, e comunica che il Consiglio Direttivo ha dato inca- rico al socio Milone di farne la commemorazione. Cutolo A., segretario uscente, legge la relazione su i lavori della So- cietà durante l'anno 1901. Pierantoni U., segretario, presenta i cambii e le pubblicazioni per- venute in dono. Il presidente conmnica che il Consiglio Direttivo non può obbligarsi per quest'anno a concedere la tavola gratis agli autori, ma che si augura che le migliorate condizioni del bilancio durante l'anno sociale 1902, po- tranno permettergli di concedere un notevole contributo alle spese per le dette tavole. Si procede alla votazione per 1' elezione di un revisore dei conti in sostituzione del defunto socio S. Miele. Risulta eletto il socio F. Capo- bianco. B) Tornata ordinaria Il presidente comunica che il Consiglio Diretti v^o ha nominato il socio Geremicca a redattore del Bollettino, ed ha confermato i socii Cutolo E- e Patroni C. nelle rispettive cariche di cassiere e bibliotecario. Geremicca M. legge un lavoro del socio Marcello « Secondo contri- hnto allo studio della flora cauese » e ne domanda in nome dell'autore, la pubblicazione nel bollettino. — 298 — Sono ammessi soci ordinari residenti i dottori Gino Abati ed Erne- sto Annibale, socio ordinario non residente il dottor Adolfo Falciani e socio aderente il generale Luigi Garetti. L'assemblea prende atto del passaggio del socio ordinario residente Francesco Cascella alla categoria dei. non residenti. La seduta è tolta alle ore 15,20. Tornata ordinaria del 16 Marzo 1902 Presidente : Monticelli Fr. Sav. — Segretario : Pierantoni U. Socii presenti: Macchiati L. , Annibale E., Di Paola G. , Jatta G. , Geremicca M., Cesarò S., Albati G., De Rosa Fr., Milone U., Catolo A., Leuzzi Fr., Polico G. La tornata si apre alle ore 14. Si approvano i pi'ocessi verbali dell' assemblea e della tornata del giorno IG febbraio. • Cutolo A. legge la sua nota « Brodo di sangue (nuovo terreno di cultura) » e ne chiede la pabblicazione nel bollettino. Il segreta,rio legge il lavoro del s:)CÌo Bellini « I Molluschi del lago Fusaro e del Mar Morto nei Campi Flegrei » e ne chiede la pubblica- zione nel bollettino in nome dell'autore. Sono ammessi socii ordinari non residenti i signori: Generale Luigi Garetti, dott. Guglielmo Mascolo e dott. Anna CalalDrese-Milani. L'assemblea prende atto delle dimissioni del socio Leopoldo Rizzo e del passaggio del socio ordinario residente Alfio Motta-Coco alla catego- ria dei non residenti. La tornata è tolta alle ore 15. Assemblea generale e tornata ordinaria del 6 Aprile 1902 Presidente : Monticelli Fr. Sav — Segretario : Pierì^ntoni U. Socii presenti; Capobianco Fr., Macchiati L, Annibale E., Di Paola G., latta G. , Geremicca M, Marcello L. , Forte 0., Patroni C, Casaro S., Abati G, De Rosa Fr., Milone U., Catolo A., Catolo E., Leuzzi Fr. A) Assemblea generale La sodata è aperta alle ore 14. » Si approva il processo verbale della tornata precedente. Per l'assenza del revisore Gabella, l'approvazione dei bilanci del 1001 è rimandata ad altra assemblea. 299 — B) Tornata ordinaria Il segretario presenta i nuovi cambii e le pablilicazioni pervenute in clono. Patroni C. legge un lavoro del socio Calabrese-Milani « Contributo alla Gecidiologia della flora avellinese » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino in nome dell'autore. Annibale E. legge il suo lavoro <« Il clima di Napoli nelV anno me- teorologico 1900-901 » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. Sono ammessi soci ordinarli residenti i dottori Giovanni Vastarini- Cresi ed Antonino Anile, e soci ordinali non residenti i signori Eugenio Aguilar ed Alessandro Bruno. Il presidente comunica che , a cominciare dalla ventura tornata , la Società si riunirà nella nuova sede, in via S. Sebastiano. La seduta è tolta alle ore 15, .SO. Tornata ordinaria ed assemblea generale del 20 Aprile 1902 Presidente : Mon-tickij,! Fr. Sav. — Segretario : Pierantoni U. Socii presenti: Geremicca M., Cutolo A, Bruno G., Aguilar E., Cu- tolo E., Jatta G., De Rosa Fr., Porte 0., Mascolo G., Aliati G., Milone U., Cesarò S., Praus C. A) Tornata ordinaria La seduta è aperta alle ore 13.4.5. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il presidente saluta i socii, riuniti per la prima volta nella nuova sede, col seguente discorso : Carissimi amici, Dopo le molte e lamentevoli vicende, che vi sono note, per ottenei-e alla nostra Società dalle autorità cittadine un locale in fitto, — mentr'esse ne concedono così spesso, e gratuitamente, ad altri, ed il perchè s'intende — , Hndique repulsi, ma non fracti hello, eccoci finalmente a casa nostra 1 La nostra Società ha, dunque, una sede: l'I 1^ vorx-ebbe, vedo, ricor- darmi l'amico Geremicca, quasi con rammarico, da che essa è sorta, ven- tunanni or sono ! Proprio cosi , il conto torna ; ma che vuol dir ciò , se per cosi lungo volger d' anni e malgrado tanto mutar d'eventi la società nostia visse vita prospera e tortunosa? Che, anzi, da questa constatazione di fatto dell'amico Geremicca, no traggo ragione di compiacimento, perchè - 300 — essa, quale che sieuo state le sue passate sorti, pel comune concorde te- nace volere , non solo ha resistito e vinto , e superato ostacoli ( come ci insegna la sua storia), ma quanto la sua compagine ha rinsaldata. Ciò che è grande affidamento per il suo avvenire, e di questo ci assicura. Questa forza vitale della società nostra sta nella sua organizzazione, nello spirito, pili che nella lettera del suo statuto. Fondata dall' amicizia di pochi , d' amicizia vive, si che da ventiinanni e nuovi e vecchi soci, nel coutinao avvicendarsi, si aifratellano, compresi e raccolti nel comune affetto per la nostra società. Ai suoi soci questa non chiede né gradi, né titoli accade- mici, ma solo onestà d' intenti, amore per le discipline naturali. E una so- cietà di amici, dove non supremazia gerarchica di grado, o di sapere alli- gnano; dove le cariche non rappresentano onorifiche, infeudabili sinecure; socii tutti , uguali nei dritti e nei doveri, un comune intento ci riunisce, giovani e vecchi, anziani e novizii: di mantener vivo e giovane l'entusiasmo per le scienze naturali e conservare le nobili tradizioni di queste nel nostro paese in maniera viva e vitale. Sorta per opera di giovani, allora « studenti », essa é fatta per i gio- vani e di giovani. Ed a questi, in nome dei vecchi socii, io faccio caldo appello, perchè si aggreghino numerosi al vecchio nucleo e piglino, grado a grado sostituendoli , parte attiva alla vita sociale e, ringiovanendola sempre, continuino le sue tradizioni ; e dall'esempio del passato traggano fede per l'avvenire sempre più prospero e fortunoso della Società nostra Gol quale augurio, ringraziandovi ancora una volta per avermi voluto presidente, — onore, che devo solo al mio affetto per la Società, che non muta per mutar fortuna, — io dò il benvenuto in questa nuova sede ai vecchi e nuovi socii, saluto di cuore i vecchi e nuovi amici presenti e lontani ; che se tali , sono pertanto sempre pi*esenti alla nostra mente ed al no- stro cuore Pierantoni U., legge la sua nota « Due nuovi geìieri di oligoclietl ma- rini rinvenuti nel Golfo di Napoli » e ne chiede la pubblicazione nel bol- lettino. Mascolo G. legge il suo lavoro « Ricerche sperimentali sulla genesi dell'acido cloridrico nel succo gastrico » e ne domanda la pubblicazione nel bollettino. B) Assemblea generale Sono messi a partito ed approvati all'unanimità il bilancio sodalo consuntivo 1901 e il presuntivo pel 1902. La seduta si toglie alle ore 15,40 — 301 -^ Tornata ordinaria dell'll Maggio 1902. Presidente : Monticelli Fr. Sav, — Segretario : Pierantoni U. Soci presenti: Geremicca M., Police G. , Jatta G , Capobianco Fr., De Biasio A, Abati G , Petraroia L., Aguilar E., Di Paola G., Qaintieri L., Macchiati L., Amato C, Cesarò S., Annibale E., De Rosa Fr., Cutolo A., Leuzzi Fr., Cutolo E. La tornata è aperta alle ore 14. Si approvano i processi verbali della tornata e dell'assemblea pre- cedente. Il segretario presenta i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Comunicazioni scientifiche Il socio Monticelli, a proposito di una osservazione del Dott. Lo Bianco (contenuta nel suo lavoro « Le pesche pelagiche abissali eseguite dal Maja nelle vicinanze di Capri » Miti. Zool. Stai. Neapel 15 Bel. 1901 p. 482) sulla comparsa, nel marzo ed aprile 1 900, nel golfo di Napoli di numerosissimi individui di Velella, PhysaUa e Janthina « che covrivano molti milioni di metri quadrati di superficie » spinti dai continui e forti venti di S. E. e di S. 0. ricorda, come sulla fine del novembre 1842 il Briganti (Fr.) ha osservato nel golfo di Salerno la comparsa di un pro- digioso numero di Acalefi del genere Velella, per richiamare l'attenzione su questo ricorso del fenomeno, dovute allora, come nel 1900, probabilmente alla stessa causa, a cosi grande distanza di anni. Fa notare che se tale fenomeno è spiegabile per il fattore del vento forte che spinge verso le coste « questi animali galleggianti superficiali , proprii d' alto mare, che presentano parte del corpo fuori dell'acqua » come afferma il Lo Bianco (loc. cit.), resta ancora da indagare la causa determinante questo straor- dinario numero di Velella, comparse tanto nel 1842 che nel 1900 in speciali condizioni biologiche, — che si ripetono anche ad intervalli di tempo molto lunghi — le quali inducono una straordinariamente grande produzione di individui, che, date peculiari condizioni metereologiche, possono, spinti dal vento, raccogliersi in grandissimo numero in prossimità della costa in de- terminati punti, secondo dove spira il vento. Il socio Jatta G. dà notizia di un piccolo Gasteropodo trovato dal Dott. Lo Bianco nell'arena iusieme cun gli Amphioxus. Avendo studiato — 302 — il piccolo mollusco, non gli riuscì di riferirlo a nessuna specie conosciuta e nemmeno a determinare il genere e la famiglia. Ne inviò parecchi esem- plari a R. Bergli di Copenhagen, noto specialista per i Gasteropoii , in- sieme con un disegno a colori preso dal vivo. Il Bergh rispose di ignorare la specie, il genere e la famiglia del piccolo ed interessante Gasteropode del Golfo. Intanto in una Memoria postuma del Kowalewsky intitolata « Les Hedylides (1901-1902) » si trova descritto e figurato l'animale in discorso col nome di Hedijle T^/r^oe^-'w Kovv. Il Kowalewsky riferisce il Gasteropode al gen. Hedyle ed alla famiglia Hedylidae del Bergh, e presenta lo studio anatomico e la descrizione di tre specie appartenenti al genere medesimo. Le osservazioni del Kowalewsky sono in generale esatte, ma incomplete. È inesatta la sua affermazione riguardo alla sessualità. Egli crede che i sessi siano separati, ma la constatazione negli stessi individui di uova e spermatozoi dimostra, senza permetter dubbio alcuno, che anche in He- dyle Tyrtoivii esiste ermafroditismo. Il socio Monticelli riferisce sulle importanti conclusioni alle quali è pervenuto il Dott. G. Zirolia in una recente nota "preliminare « Sul ba- cillo della peste bubbonica nell' organismo delle pulci » [Policlinico (se zione pratica) anno 1902]. Il Dott. Zirolia , che ha atteso , nell' Istituto zoologico della R. Università di Napoli, ad uno studio sulle pulci, ha po- tuto constatare che le pulci (P. irritans e serraticeps) tenute a digiuno e portate sull' ospite per farle succkiare , oltre alla goccia di sangue, che, come è noto per precedenti ricercke, sogliono emettere dall'" ano non ap- pena succhiato, tenendo sempre la proboscide infissa nella pelle, proiettano a distanza, relativamente grande, per due o tre volte di seguito, dei veri zampilli di sangue, compiendo così una sorta di lavaggio del tubo dige- rente, che si riempie poi definitivamente, succhiando di nuovo. Portate delle pulci su topi infetti di peste bubI)onica, ne succhiano il sangue trattenendo nel loro interno i bacilli, vivi e virulenti, che vi si mantengono anche vivi per un tempo relativamente lungo (7-8 giorni) se la pulce è tenuta a di- giuno e vi si moltiplicano, conservando la loro originaria virulenza, I ba- cilli passano anche nelle feci e si conservano a lungo nei cadaveri delle pulci morte in vario spazio di tempo dopo il succhiamento. L' importanza di queste ricerche risalta evidente, perchè da esse vien dimostrato che le pulci non sono del tatto esclusive di un ospite, ma possono, a digiuno specialmente, succhiare anche da un ospite che non sia il pi'opiio; e che, — 303 — mercè il lavaggio del tubo digerente, possono disseminare sulla pelle del- l'ospite, sia proprio, sia accidentale, i bacilli del sangue infetto che hanno succhiato contenuto nel tubo digerente, e determinare cosi una infezione. Ciò che escluderebbe ogni azione diretta di inoculazione di infezione per mezzo della puntiu'a delle pulci. Sono ammessi soci ordinarli residenti i dottori Ferdinando de Fran- ciscis e Vincenzo Petitti ; e soci ordinarli non residenti i signori Arcan- gelo Distaso, Giovanni Modugno. Arturo Morgera ed Ugo dal Poggetto. Il presidente comunica che ad iniziativa del consiglio è stata fissata per domenica 15 giugno una escursione scientifica al Monte Nuovo ed alla Solfatara. La tornata è tolta alle ore 15,30. Tornata ordinaria del 1.° Giugno 1902. Presidente: Monticelli Fr. Sav. — Segretario: Pierantoni U. Soci presenti : De Rosa Fr., Geremicca M., Capobianco Fr., Petra- Toia L, Liuzzi Fr , Macchiati L.. Forte 0-, Anile xA., Milone U., Patroni C, Cutolo A., De Franciscls F., Modugno G, Polica G , Casaro S., Abati G., Petitti V., Cutolo E., Quintieri L., Di Paola G. Si apre la tornata alle ore 13,5'). Sì approva* il processo verbale della tornata precedente. Pierantoni U., segretario, presanta i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. De Rosa Fr.. vic3-presidente, delegato dal Consiglio Direttivo a rap- presentai'e la Società al Congresso botanico di Palermo, riferisce sui la- vori del congresso e sulla parta da lui presavi quale i-ap presentante della Società. Milone U. legge le sue due note « Su la determinazione volumetrica della durezza delle acque potabili » e « Su la determinazione acidìmetrica mediante Vacqua di calce » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. E ammesso socio ordinario residente il Dottor Attilio Cerruti e soci ordinari non residenti i signori Raffaele Bologna , Gustavo Sacchetti e Giovanni Barile La tornata è tolta alle ore 15. — 301 — Tornata ordinaria del 22 Giugno 1902 Presulcufc: Monticelli Fr. Sav.— Segretario: Pierantoni U. Soci presenti: Forte 0 , Vastarini-Cresi G., Della Valle A., Jatta G , De Rosa Fr., Abati G., Sacchetti G, Police G., Modugiio G., Morgerà, A., Dal Poggetto U., Olitolo A,, Agallar E., Geremicca M , Distaso A., Di Paola G, Macchiati L., Annibale E., Cutolo E., Patroni C, Milone U. La tornata è aperta alle ore 14.20. Si ajDprova il processo verbale della tornata precedente. Il segretario pi"esenta i nuovi cambii , e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica un memorandum diretto al Ministero della P. I. da laureandi e laux'eati in scienze naturali di Napoli, in favore dell'inse- gnamento di dette scienze. Il socio Di Paola presenta a tale proposito il seguente ordine del giorno : « La Società di Naturalisti in Napoli, presa cognizione del vciQm.ov2iXi.- dum dei laureati in Scienze Naturali, per V insegnamento delle scienze na- turali nelle scuole secondarie, unanimamente vi si associa, e fa voti perchè S. E. il Ministero della P. 1 nelV interesse della cultura nazionale, e per sollevare le sorti della scuola, voglia accogliere favorevolmente i giusti voti dei laureati e laureandi, a tutela dei loro interessi professionali » È approvato all' unanimità , e su proposta Della Valle s' incarica il segretario di comunicarlo alla facoltà di Scienze della R. Università di Napoli. I soci Di Paola G., De Rosa Fr., e Pierantoni U. riferiscono, cia- scuno nella proprie branca di studii, sulle osservazioni geologiche, botani- che e zoologiche fatte nella escursione scientifica del giorno 10 giugno ai Campi Flegrei. Della Valle A. e Geremicca M. propongono che la Società si renda promotrice di uno studio biologico, chimico e fisico del Napoletano, pren- dendo come punto di partenza la Solfatara. II Presidente spiega che lo scopo di queste escursioni e delle ana- loghe relazioni è appunto quello di promuovere tale studio, e che il Con- siglio farà di tutto perchè la proposta dei soci Della Valle e Geremicca possa essere nel piìi breve tempo attuata. Geremicca M. legge la nota del socio Marcello : « Sopra alcuni alberi longevi di Cava de' Tirreni » e ne domanda la pubblicazione nel bollettino in nome dell' autore. Police G. legge la sua nota « Sul nervo del cuore nello scorpione » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino — 305 Comunicazioni scieiìti fiche. Il socio Monticelli richiama 1' attenzione sul latto della presenza del Gongylns oceìhdxs Wagl. nell'ex R. Bosco di Portici — della quale già fa- cevano fede due vecchi esemplari del 18G3, dono del P. Tiberi di Portici [N. inv. 2519], del Museo Zoologico della R. Università di Napoli — dove questo iScincoide è stato di poi rinvenuto a più riprese anche dal Prof Berlese della R. Scuola superiore di Agricoltura in Portici, che ne pos- siede esemplari nella collezione zoologica della Scuola e ne ha inviate al D.'" Peracca di Torino. Anche il Museo dei Vertebrati italiani in Firenze ne possiede esemplari raccolti in detta località. Quest'anno egli stesso ne ha avuti parecchi esemplari, fra i quali una femmina gravida, ciò che prova che il Gongylus ocellatus normalmente vive e si ripi'oduce nel ex R Bo- sco di Portici ; mentre esso finora non è stato mai ritrovato in alcun punto dell' Italia continentale da quanti in Italia si sono occupati di rettili, nep- pure nelle sue regioni più meridionali , ed è, invece, forma comunissima in Sicilia e Sardegna. La presenza del Gongyhis nel R. Bosco di Portici si spiega facilmente, considerando le condizioni di questo bosco creato ar- tificialmente da Carlo III, intorno al 17ò6, sulle lave del Granatello e con importazione di alberi e di terra di ogni parte, ammettendo che degli in- dividui possano essere stati trasportati insieme a terra degli alberi fatta venire da Sicilia. Comunque, sta il fatto che ora il Gongylus, ammessa così r origine della sua presenza nel Bosco di Portici, è più di un secolo che vi si è acclimatato e riprodotto, continuando la specie, e raccogliendovela aVjbastanza di frequente si può bene ora considerarlo come divenuto in- digeno del continente, dove trovasi localizzato nel posto dove le condi- zioni ambienti hanno permesso lo sviluppo deUa specie. Le quali non sappiamo se siano state da sole ad impedire la diffusione della specie,, op- pure a determinare la circoscrizione di essa non abbia influito il fatto, che essendo il detto bosco circondato da muri da tutte le parti non vi è stato contatto dei suoi terreni con quelli circostanti , da impedire così l' e- scursione del Gongylw fuori i suoi confini ; in favore di che pai'la il fatto che il Gongylus non solo è localizzato all' ex R. Bosco di Portici , ma più propriamente alla parte inferiore di esso, e non trovasi in quella superiore , nettamente separata dalla prima dal gran fabbricato del Pa- lazzo Reale. 20 — 306 — Il socio Morgera A. in alcuni tagli di organi genitali maschili di Zamenis viridlflavus, ha avuto agio di vedere alcuni parassiti, che ha potuto con faciltà classificare Essi appartengono alla classe degli Sporozoi e propriamente all' or- dine dei Ooccidii. Da pi'eparati a fresco ha visto che essi vivono, allo stato di sporo- zoiti, parassiti nell'interno degli spermatogonii e spermatociti, distruggen- done il protoplasma. Allorché essi hanno completato il loro sviluppo, s'in- cistano e si segmentano, formando così delle pallotboline nelle quali tro- vansi un numero più o meno grande di gameti falciformi, che, alla rottura della cisti che li contiene, vengono messi in libertà nell' interno del de- ferente, dove vivono mescolati cogli spermatozoi. Non è stato possibile, per mancanza di materiale, di osservare i di- versi stadii evolutivi del parassita, né di definirne la specie. Si riserva di far ciò in una prossima pubblicazione, se ne sarà il caso. Il socio Dal Poggetto U. comunica che nello studiare tagli di testi- coli di Gallo, gli si sono presentate delle forme parassitarie (Coccidi), le quali, per il loro modo di comportarsi, hanno attirata la sua attenzione. Nel riproporsi di ritornare di proposito sull' argomento, crede neces- sario rendere verbalmente di pubblica ragione la cosa, per farne in se- guito oggetto di piccola nota. Il socio Sacclietti G. comunica che occupandosi dell'organo di Rosen- mtiller nell' ovario della Cavia cohaya, ha avuto la fortuna di riscontrare in alcune parti di esso, vale a dire nella rete ovarica e nei canali effe- renti, certe forme parassitarie, che ha riferite ai Coccidii , senza poters, per il momento, determinare la specie. Avendo letto in Doflein (Die Pro- tozoen, 1901) che i Coccidii, mentre sono stati trovati nei testicoli e nei deferenti, giammai sono stati rinvenuti negli organi genitali femminili, cosi crede opportuno di fare una nota per comunicare la consfatata presenza. É ammesso socio ordinario non residente il signor Antonio d'Adamo. Su proposta del socio Della Valle si approva che lo svolgimento del resto dell'ordine del giorno sia rimandato alla prossima tornata. L'Assemblea delibera che per l'avvenire si apra la seduta all'ora precisa della convocazione , qualunque sia il numero dei soci presenti ; e che quest'ora di convocazione sia portata alle 13.30. La tornata è tolta alle ore 15,50. — 307 — Tornata ordinaria del 20 luglio 1902. Presidente : Monticelli Fr. Sav. — Segretario : Pierantoni U. Soci presenti: Geremicca M., Miloue U., Di Paola G. , Tagliarli G., Gabella A., Bellini R., Villani A., Gerruti A, Macchiati L., De Franci- scis F., Modagno G., Vastarini- Cresi G., Patroni G , Jatta G , De Rosa Fr., Della Valle A., Diamare V. 8i aj^re la tornata alle ore 13,35. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il segretario presenta i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente in nonae del Consiglio Direttivo propone che 1' assein- l)lea faccia un voto al Ministro perchè anche in Italia siano istituite delle stazioni sperimentali di biologia vegetale. Il socio Geremicca si associa e propone che al voto sia aggiunto che, nel caso, una di queste stazioni sia istituita a Napoli. L'assemblea approva le due proposte. Il socio Di Paola legge il suo lavoro « sulla correlazione dei feno- meni vidcano-sismici con le jìerturhazioni magnetiche alV Osservatorio Vesu- viano », e ne chiede la pubblicazione nel bollettino, 11 socio Macchiati legge il suo lavoro : =< Sulla fotosintesi ftiori del- l'organismo e sul suo primo prodotto » e ne chiede la pubblicazione nel Ijollettino. Comunicazioni scientifiche. Il socio Pierantoni U. comunica che sulle coste del Golfo di Napoli, a tre o quattro metri di profondità , vivono in alcuni punti varie specie di policheti di piccola mole, appartenenti alla famiglia dei Sillidi. Fra questi alcune Sphaerosijllis e Pionosyllis si trovano dal mese di maggio fino ad agosto nel periodo della riproduzione, dando esempio di un fenomeno per cui le uova emesse dalla madre rimangono attaccate sul dorso o sotto il ventre di essa, ed ivi compiono il completo loro sviluppo; per modo che è possibile trovare delle femmine che portano sul dorso o sotto il ventre una 0 due serie di larve. Il fenomeno osservato per la prima volta dal- l'Oersted (1845) fu in seguito osservato nuovamente dal Pagenstecher, che lo interpetrò erroneamente come un caso di riproduzione per gemmazione laterale, tanto da porre all'animale in cui l'osservò (un unico esemplare) il nome di Exogone gemmifera. Osservazioni in proposito fecero più re- — 308 — centemente il Vignier e il Saint-Joseph, i quali però neppure disposero di materiale sufficiente per uno studio completo sul feuomeno. Alcune specie del genere Pionosyllis che si rinvengono gestanti nel golfo di Napoli sono notevoli, perchè le larve si trovano ancora aderenti alla madre in uno stadio molto avanzato di sviluppo (sette segmenti setigeri); in questa spe. eie le uova, e poi le larve, formano una sola serie ventrale, la quale rende assai difficili i movimenti della madre; nel genere SphaerosylUs le serie, anche ventilali, sono due. Avendo potuto disporre di un materiale piut- tosto abbondante, farò lo studio particolareggiato del fenomeno oggetto di un prossimo lavoro. È ammesso socio ordinario non residente il D.r Vincenzo Barrese. Su proposta del Consiglio Direttivo .si ajxprova che le vacanze que- st'anno decorrano dal 15 agosto al 5 novembre. Si leva la tornata alle ore 16. Tornata ordinaria del 10 agosto 1902. Presidente: Monticelli Pr. Sav. — Segretario: Pibrantoni U. Soci presenti; Balsamo Pr., De Franciscis F., Macchiati L., Marcello L. , Cerruti A. , Leuzzi Fr. , Morgera A. , Di Paola G. , Geremicca M., Forte 0., Gabella A , Raffaele F., PiccoH R., Tagliani G., Mazzarelli G., De Rosa F., Jatta G., Amato C, Milone U., Abati G. Si apre la tornata alle 1 3,30. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il segretario comunica i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica ai socii l'invito pervenuto dall'Ateneo di Bre- scia di assistere alla festa centenaria. Il socio Marcello legge il suo lavoro « La polidattilia nelV uomo a Cava dei Tirreni » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. Il socio Macchiati legge le sue « Note di biologia sidla Tolypothrix hi/ssoidea » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. Il socio Milone legge il suo lavoro « Su la determinazione dell'acido fosforico » e ne domanda la pubblicazione nel bollettino. - 309 — Comunicazioni scientifiche. Il socio Monticelli comunica di aver riconosciuta una nuova specie del genere in una Temnocephala rinvenuta dal D.r Filippo Silvestri su i Palemonetes argentinus Nob. che vivono nelle acque dolci dei dintorni di Buenos Ayres comunicanti durante Falta marea col Rio della Piata. Riserbandosi di pubblicare una particolareggiata descrizione della n. sjo., si limita a mettere sommariamente in rilievo le caratteristiche proprie di questa, che chiama T. digitata. Essa si distingue dalle altre specie del genere per l'aspetto generale, la forma e lunghezza delle digitazioni , la disposizione e grandezza della ventosa posteriore, la forma del pene. Ca- ratteristico è il modo come la T. digitata attacca le sue uova su 1 Pa- lemonetes , fissandole per il breve pedicello in unica serie lungo i due margini liberi laterali dello scudo dorsale. La nuova specie misura da 2-3 mill. in lunghezza. L'habitat della T. digitata è notevole per il fatto che è questa la prima Temnocefala trovata su di un Macruro del gruppo dei Natantia. Su proposta del consiglio direttivo, si approva all'unanimità il seguente ordine del giorno in prò dell'Osservatorio Vesuviano : La Società di Naturalisti in Napoli, preoccupata dal fatto che la fer- rovia elettrica vesuviana , così com' è stata tracciata , recherà nelVOsser- catorio vesuviano tali perturbazioni agli apparecchi sismici e magnetici, da rendere impossibile il funzionamento di qi{,elV importantissimo istituto scien- tifico, deplorando che a tempo non si sia pensato ad impedire tale grave danno, fa plauso alla autorevole iniziativa della facoltà, di Scienze Natu- rali della nostra Università, che ha inteso alto il decoro delle nostre tra- dizioni scientifiche, si associa ptienamente al voto da essa fatto, ed insiste presso il Rettore e j^resso le autorità cittadine, perchè facciano intendere al Governo la grave responsabilità che assume verso il Paese e verso la scienza, non provvedendo a tutelare le sorti delV Osservatorio. Coglie intanto V opportunità per ricordare come dalla morte dell'illustre prof. Palmieri (1896) l'Osservatorio sia rimasto in deplorevole abbandono, e malgrado i numerosi voti fatti dai vari corpi accademici, non si sia provveduto neppure alla nomina del direttore titolare , trascurando così anche Vimportante insegnamento della fisica terrestre e vulcanologica nella nostra Università; e fa voto che con opportuni ]3rovvedimenti V Osservato- rio sia portato al grado di elevata importanza scientifica cui si mirò nella sua fondazione e che gli viene universalmente riconosciuta per la sua pri- vilegiata posizione. — 310 — Tornata straordinaria del 18 agosto 1902. Presidente: Forte 0. (cons. anz.) — Segretario: Pierantoni U. Soci presenti; Cerruti A., Felice G., Praus C, Cesare S., Ricciardi L., Capobianco F., Della Valle A, Tagliani G., d'Adamo A., Agallar E., Bel- lini E.., De Franciscis F., Geremicca M., Mazzarella G., Abati G. , Pic- coli R., Gabella A., Amato C., Raffaele F,. Jatta G. , Di Paola G., Pa- troni C., Quintieri L., Milone IT. La tornata si apre alle 14,50. Forte 0., presidente, richiama l'attenzione dei soci sulla polemica sorta fra il presidente e il vice-direttore dell'Osservatorio , in seguito al voto approvato nell'assemblea del 10 agosto. Il segretario dà lettura della lettera del vice-direttore dell'Osserva- torio e della risposta del presidente, pubblicate dai giornali cittadini. Su proposta del socio Ricciardi L., si approva all'unanimità il seguente ordine del giorno : « La Società di Naturalisti, riunita in tornata straordinaria, presa cognizione della lettera del presidente Monticelli puhhlicata dai giornali cittadini del 16 agosto, approva pienamente la condotta del suo presidente e passa alV ordine del giorno ». La tornata è tolta alle ore 15,50. Tornata straordinaria del 27 agosto 1902. Presidente : Forte 0. (cons. anz.) — Segretario : Pierantoni U. Soci presenti: Ricciardi L., Viglino T., Geremicca M , Macchiati L., Cerruti A., Police G., Praus C, Cesarò S., Belliai R., Agallar E., De Franciscis F., Milone U., Tagliani G., Piccoli R., Gabella A., Morgera A,, Marcello L., Patroni C, Abati G., Di Paola G. Si apre la tornata alle ore 14,35. Si approvano i processi verbali della tornata ordinaria e dell'assem- blea generale del 10 agosto, e della tornata straordinaria del 18 agosto. Il socio Ricciardi L. legge i suoi due lavori : « Dalle rocce acide alle basiche e loro classificazioni » e « Sulla genesi delle bombe quarzose e delle lave vulcaniche » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. 311 Comunicazioni scientifiche. Il socio Cerruti A. comunica che nelle proglottidi giovani della Oochoristica [Tamia) tuhercnlata Rud. la tasca del pene sbocca in un antro genitale, ovoidale, subcuticolare, non comunicante con l'esterno, e ripieno, nei primi stadi, di piccole cellule clie più tardi scompaiono , lasciandolo vuoto. Nelle proglottidi in maturità sessuale la cuticola viene a mancare, in corrispondenza dell'antro , dando luogo ad un poro genitale simile a quello delle altre tenie. In stadi ulteriori, intorno all'antro si sviluppano numerose fibre mu- scolari , prevalentemente in senso radiale, le quali, ove si contraggono, possono far sporgere gli orli del poro genitale a guisa di tubercolo — onde il nome di 0. tubercnlata. In questa tenia i due tronchi escretori longitudinali maggiori sono riuniti fra loro non, come di solito, da un tronco trasverso, ma da una rete di canalicoli anastomizzantisi tra loro. Con gran probabilità la 0. tubercnlata R. e la T. rotimàata Molin. sono la stessa specie Gli esemplari da lui studiati provengono dalla Po- ilarcis muralis. La tornata è tolta alle ore 15,50. Tornata ed assemblea generale straordinarie del 30 Agosto 1902 Presidente: Monticelli Fr. 8av. — Segretario. Pierantoni U. Soci presenti : Praus C , Cerruti A , Aguilar E , Police G , De Fran- ciscis F. , Bellini R. , Marcello L. , Geremicca M. , Ricciardi L. , Viglino T., Di Paola G., Barrese V., Macchiati L., Piccoli R., Forte 0., Gabella A., Cesjarò S., D'Adamo A., Jatta G., Milone U, Patroni C. A) Tornata straordinaria Si apre la seduta alle ore 15. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il socio Marcello L. legge la sua « Nota sopra una nuova orchidea di Cava dei Tirreni » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. Il socio Cesarò S. legge il lavoro del socio Di Gaetano : « Nuovi derivati degli acidi paracresolglicolico e paracresolcinnamico » e ne chiede la publjlicazione nel bollettino in nome dell'autore. ;i2 B) Assemblea generale Dopo ampia discussione sulla questione dell'Osservatorio Vesuviano in ordine alla ferrovia elettrica, dietro analoga proposta dei socii Gabella, Jatta e Miloiie, si approva che il Consiglio Direttivo, aggregandosi alcuni soci, compili un viemorandum in cui tratti ampiamente la quistione. La seduta è tolta alle ore 16. Tornata straordinaria del 10 settembre 1902 Presidente: Forte 0. (cons. anz.) — Segretario: Pierantoni U. Soci presenti : Geremìcca M., De Franciscis F., Bellini R., Cerrutj A. Praus C, Di Paola G, Milone U., Police G. Si apre la tornata alle ore 14,45. Il socio Milone U , relatore della commissione pel memorandum sulla quistione dell'Osservatorio, in ordine alla costruzione della ferrovia elettrica, comunica come la commissione stessa, in vista di nuovi fatti avv^enuti dopo l'ultima tornata abbia deciso di soprassedere pel momento alla compilazione del detto memorandum. Espone i fatti, e le ragioni di tale decisione. Dietro proposta del socio Police, l'assemblea approva pienamente la condotta della commissione. La tornata è tolta alle ore 15,30. , Tornata del 7 dicembre 1902 Fresidente : Monticelli Fk. Sav. — Segretario : Pjerantoni U. Soci presenti: Tagliani G., Franco P., Di Paola G. Macchiati L., Bal- samo G , Quintieri L., De Franciscis F. , Geremicca M. , De Rosa Fr., Cerruti A , D'Adamo A., Annibale, E , Gabella A., Amato G-, Forte 0 , Abati G , Patroni G,, Rippa G. La tornata si apre alle ore 15.45. Si approvano i processi verbali della tornata e dell'assemblea stra- ordinaria del 30 agosto, e della tornata straordinaria del 10 settembre Il segretario comunica i nuo\I cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il segretario legge le due note del socio Vanni: « Sair applicazione dell'elettrometro capillare alla misura della frequenza di una corrente alternata » e « Sopra un nuovo metodo di misura della fre- quenza di una corrente alternata », e ne domanda la pubblicazione nel bollettino, in nome dell'autore. — 313 — Il socio Rippa G. legge le siui due note: « Sulla forma e disposizione delle foglie neirìlo\em&. dulcis » e « Osservazioni biologiche suWOx-àWs cer- nua » e ne chiede la pubblicazione nel bollettino. Il socio Franco P. legge i suoi due lavori: « Studi sul nitrato baritico » e * L'attività vulcanica della Campania secondo la tradizione e la storia » e ne domanda la pubblicazione. Comunicazioni scientifiche Il socio de Rosa presenta dei rami di Evonymus japoniciis affetti da una crittogama, e dice come ha riscontrato tale infezione in molti giar- dini di Napoli e specialmente in quelli pubblici. Rileva i caratteri delia malattia e la sua grande diffusione in Napoli ed esprime il dubbio che si possa trattar.e proprio della Phillosticta Bolleana, Sac. {Ph. Evonymi, Thum.) specie nuova per le nostre contrade. Aggiunge che in proposito ha richiamato l'attenzione del Prof. Mot- tareale della R. Scuola Sup. d'Agricoltura in Portici, e che per ora non ha ancora avuto una risposta concreta. Accenna al danno che ne viene al commercio orticolo, che fa esporta- zione di questa specie per altre parti, dove gli Evonimi sono affetti da quella infesta cocciniglia che è la Chionaspis Eoonymi. Il Presidente comunica che in seguito alle nuove publicazioni com- parse sulla quistione dell'Osservatorio vesuviano, e specialmente per quella del Prof. E. Semmola, che attacca direttamente la Società di Naturai 'sti per il suo voto del 10 agosto, il Consiglio Direttivo ha creduto opportuno di formulare il memoriale deliberato dall'assemblea del 30 agosto, la cui compilazione fu soltanto sospesa : e dichiara che tale memorandum sarà sottoposto all'approvazione dell'assemblea nella prossima tornata. È ammesso socio ordinario non residente il dott. Emilio Paglia. Si prende atto delle dimissioni del socio Ludovico Petraroia. Il Presidente dichiara chiusa la ricezione dei lavori pel bollettino del- l'anno 1902. Si leva la tornata alle ore 15,45. Assemblea generale e tornata ordinaria del 21 dicembre 1902 Presidente: Monticklli Fr. Sav. -- Segretario: Pierantoni U. Soci presenti: Di Paola G. , Balsamo G. , Cerruti A., Mascolo G., Amato C, Milone U., Cabella A , Franco P., Geremicca M , Quintieri L., Distaso A., De Rosa F. — 314 — A) Assemblea generale Si apre la seduta alle ore 14.30. Il socio Milone U, commemora con un discorso il socio defunto Pro- fessor Sebastiano Miele. B) Tornata ordinaria Si approva il processo verbale della tornata precedente. 11 segretario legge il lavoro del socio Bellini dal titolo : « Notizie sulle formazioni fossilifere neogeniche recenti della regione vulcanica napo- letana » e ne domanda la pubblicazione nel bollettino del 1903, in nome dell'autoi-e. Il segretario dà lettura del memoriale sulla questione dell'Osservatorio Vesuviano. 11 Presidente lo mette ai voti. Il socio Fi'anco dichiara di astenersi per ragioni personali. L'assemblea approva all'unanimità. La seduta è tolta alle ore 16,45. Assemblea generale del 31 decembre 1902 Presidente : Monticelli Fr. Sav. — Segretario : Pierantont U. Soci presenti: Geremicca M., Abati G. , Kicciardi L. , Di Paola G., Annibale E., Aguìlar E , Marcello L., De Rosa Fr., Diamare V., Di Biasio A,, Balsamo F., Milone U. ,Patroni C, Distaso A., D'Adamo A. Si approva il processo verbale della tornata e dell' assemblea pre- cedente. È ammesso socio ordinario non residente il signor Angelo Guerriero. La presidenza costituisce il seggio per 1' elezione del presidente (in sostituzione dell'uscente Fr. Sav. Monticelli) e di due consiglieri (in so- stituzione degli uscenti R. Piccoli e G. di Paola) e di due revisori dei conti, incaricando il socio Abati G. di presiederlo e i soci Marcello L. e Aguilar E. di funzionare rispettivamente da segretario e da scrutatore. Risultano eletti : Geremicca M , jìresidente. Tagliani G. ) • 7- • ° ' consxilieri. Cutolo A ' ■' Vastarini-Cresi G. ) ■ • , • ,• , revisori dei conti. Cerruti A. ' La seduta è tolta allo ore 16. U. PlEBANTONl. CONSIGLIO DIRETTIVO per l'anno 1903 Geremicca M. de Rosa F. Forte 0. Quiutieri L. Tagliarli G. (Jutolo A. Pieraiitoni U. Presidente Vice-Presidente. Consiglieri. Segretario. (dicembre 1902) SOCII ORDINARIl RESIDENTI 1. Abati Gino — Istituto di CJdmica Farmaceutica, R. Università. 2. Amato Carlo — Via Tribunali, n. 339. 3. Anile Antonino — Istituto Anatomico {Santa Patrizia). 4. Annibale Ei-nesto — Gabinetto di Meteorologia, B. Università. 5. Balsamo Fx'ancesco — Vico Avvocata a Foria, n. 5. 6. Baratti Alberto — Via S. Giovanni a Carbonara, n. 102. 7. Bassani Francesco — Museo di Geologia, B. Università. 8. Gabella Antonio — Istituto Chimico, B. Università. 9. Canna viello Enrico — Via Nilo, n. 32. 10. Capobianco Francesco — Sapienza, n. 18. 11. Cerruti Attilio — Largo Orticelli, n. 32. 12. Cesarò Salvatore — Vico Berio, n. 2. 13. Cutolo Alessandro — Via Bonia, n. 404. 14. Cutolo Enrico — Via Boma, n. 404. 15. Damasceni Domenico — Corso Vitt. Emanuele, n. 440. 16. Pe Biasio Abele — Via Antonio Villari, n 96. 17. De Franciscis Ferdinando — San Gennaro ad Antignano, n. 16. IS. Della Valle Antonio — Via Salvator Bosa, n. 259. 19. De Rosa Francesco — Via S. Lucia, n. 64. 20. Diamare Vincenzo — Via Gonfalone, n. 1. 21. Di Gaetano Mariano — Vico Gigante, n. 28. 22. Di Paola Gioacchino — Vicoletto Ecce Homo, n. 9. 23. Fittipaldi Emilio Ugo — Trinità delle Monache, n. 33. 24. Forte Oreste — Via Monteoliveto, n. 37. 25. Franco Pasquale — Corso Vitt.' Emanuele, n 397. 26. Geremicca IMichele — Via del Duomo, n. 242. 27. Giangineco Angelo — B. Scuola Veterinaria. 28. Jatta Giuseppe — Piazza Principe di ]S!apoli, n. 2. 29. Jatta Mauro — Direzione di Sanità, Boma. 80. Leuzzi Francesco — Mergellina, n. 170 31. Macchiati Luigi — Via Cirillo, n. 13. 32. Massa Francesco — Via Fuori Portamedina, n 20. 33. Mattel Giovanni Ettore — Via Macedonio Melloni, n. 94. 34. Milone Ugo. — Via Cesare Bossarol, n. 200. 35. Monticelli Francesco Saverio — Ponte di Chiaia, n. 27. — 318 — 36. Oglialoro-Todaro Agostino — Istituto Chimico, B. Università. 37. Pansini Sergio — - Ospedale Clinico Gesì( e Maria. 38. Patroni Carlo — Istituto Zoologico, R. Università. 39. Petitti Vincenzo — Via Sansevero, n. 5. 40. Piccoli Raffaele — R. Istiinto Tecnico, Jesi. 41. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I, n. 27. 42 Quintieri Luigi — Palazzo Angri. 43. Ricciardi Leonardo — R. Convitto Vittorio Emanuele. 44. Rippa Giovanni — R. Orto Botanico. 45. Rodriguez Filippo — Palazzo Colonna, Avella.. 46. Scacchi Eugenio — Museo Mineralogico, R. Università. 47. Tagliani Giulio — Via Cappella Vecchia, n. 4. 48. Vastarini Cresi Giovanni — Corso Vittorio Emmanuele, n. 440. 49. Viglino Teresio — Piazza Dante, n 41. SOCII ORDINATir NON RESIDENTI 1. Aguilar Eugenio — Via Paradiso alla Salute, n. 39, Napoli. 2. Barile Giovanni — Via Bernini al Vomero, n. 25, Napoli. 3. Barrese Vincenzo — R. Scuola di Agricoltura, Portici. 4. Bologna Raffaele — Vict Sapienza, n. 51, Napoli. 5. Bruno Alessandro — Via Bari al Vasto, n. SO, Napoli. 6. Calabrese-Milani Anna — B, Scuola Normale, Benevento. 7. Capezzoli Rinaldo — Aquara (Salerno). 8. Cascella Francesco — Manicomio provinciale, Aversa 9. D'Adamo Antonio — Via Vergini, n. 19, Napoli. 10. Dal Poggetto Ugo — Salita Stella, ». 15, Napoli. 11. D'Avino Antonio — Liceo, Nocera Inferiore 12. Distaso Arcangelo — Gavone a Piazza Dante, n. 70. 13. Falciani Adolfo — Cangallo, n. 1201, Buenos- Aires. 14. Garetti Luigi — Nocera Inferiore. 15. Germano Eduardo — Ospedale Clinico, Napoli. 16. Giglio Giuseppe — Vico II port." S. Tommaso d'Aquino , n. 15, Napoli. 17. Grimaldi Clemente — Modica {Siracusa). 18. Guerriero Angelo — ■ Via Consolazione, n 10, Napoli. 19. Jatta Antonio — Euro di Puglia. 20. Marcello Leopoldo — Liceo (Badia), Cava dei Tirreni. 21. Mascolo Guglielmo — Vico Campanile al Consiglio, n. 27, Napoli. 22. Mazzarelli Giuseppe — Museo civico di storia naturale, Milano 23. Modugno (Giovanni — Vicoletto Mezzocannone, n. 5, Napoli. 24. Morgera Arturo — Via Duomo, n. 125, Napoli. 25. Motta-Coco Alfio — Via Etna, n. 198, Catania. 26. Paglia Emilio — Sessa Aurunca (Caserta). 27. Police Gesualdo — Badia di Monfecassino. 28. Praus Carlo — Casandrino (Aversa). 29. Raffaele Federico — B. Università, Palermo. 30. Rioja José — Gonzdlez del Valle, 8, 3.^ izqda, Oviedo. 31. Romano Pasquale — Via Porta Medina, n. 44, Napoli. 32. Russo Achille — R. Università, Catania. 33. Sacchetti Gustavo — Via Milano al Vasto, n. 33, Napoli. 34. Savastano Luigi — Vico Eqaense. 35. Tagliani Giovanni — Via Vittoria Colonna, n. 26, Milano. 36. Vanni Giuseppe — Via Panisperna, n. 207. Roma. H7. Vigorita Domenico — Melfi. 38 Villani Armando — R Scuola tecnica, Parma. SOCII ADERENTI 1. Cutolo Costantino — Napoli, Via S. Brigida, n. 39, Napoli. ILEIISrOO IDEI 0.^3^BIX [31 dicembre 1902) EUROPA Italia Acireale Bolog-na Brescia Gag-liari Catania Goneg-liano Firenze Genova Lodi Lucca Messina Milano Modena Accademia di Scienze, Lettere ed Arti dei Zelanti e P. P. dello studio {Atti e Rendiconti). R. Accademia delle Scienze dell'Istituto (Rendiconti). - Commentari dell' Ateneo. Bollettino della Società tra i cultori delle Scienze mediche e naturali. R. Accademia Gioenia {Bollettino e Memorie). ■ L' Enotecnico — Periodico di Viticoltura e di Enologia. Archivio per 1' Antropologia e l' Etnologia. Società botanica italiana {Bollettino). Nuovo Giornale botanico italiano. Monitore zoologico italiano. R. Società toscana di Orticolturtx {Bollettino). Società entomologica italiana {Bollettino). L' Ateneo ligure. R. Accademia medica {Bollettino e Memorie). Museo civico di Storia Naturale {Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della r. Università {Bollettino). Rivista di Filosofia scientifica. Società ligustica di scienze naturali e geografiche Rivista ligure di Scienze, Lettere ed Arti. R, iStazione sperimentale del caseificio {Annuario). R. Accademia lucchese {Atti). L' Agricoltore messinese. La Rassegna tecnica. Società Italiana di scienze naturali e Museo civico di Storia naturale {Atti). Società dei Naturalisti {Atti). 21 Napoli Padova Palermo Pavia Perugia Piacenza Pisa — Portici — Porto Maurizio Roma — Rovereto — Salerno — Sassari — Scafati — — 322 — R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche (Memorie, Eendiconti ed Annuario). E,. Istituto d' Incoraggiamento {Atti e Bendiconti). Accademia Pontaniana (Atti). Associazione napoletana di Medici e Naturalisti (Gior- nale). Gì' Incurabili. L'Appennino meridionale {Bollettino). Zoologischen Station zu Neapel (Mittheilungen). L'Italia orticola — Rassegna tecnica ed economica. Annali di nevrologia. Società veneto-trentina di scienze naturali {Bollettino ed Atti). R. Stazione bacologica {Annuario). La nuova Notarisia. Il Raccoglitore. Il Naturalista siciliano. Giornale del Collegio degli Ingegneri agronomi. R. Istituto botanico — Contribuzioni alla Biologia ve- getale. Bollettino scientifico. Annali della facoltà di medicina e Memorie della Accademia medico-chirurgica. L' Italia agricola — Giornale di Agricoltura. Giornale di Agricoltura della Domenica. Società toscana di scienze naturali {Memoì-ie cessi verbali) R, Scuola superiore di Agricoltura {Annuario lettino). — Associazione scientifica ligure {Bollettino). R. Accademia dei Lincei {Rendiconti). R. Accademia medica {Bollettino ed Atti). R. Comitato geologico italiano {Bollettino). Ministero di Agricoltura {Bollettino ed Annali). Laboratorio di Anatomia normale della R. Università {Ricerche). Annali d'Igiene sperimentale. Club alpino itahano {Annuario). Accademia pontificia dei Nuovi Lincei (Atti). Società zoologica italiana {Bollettino). R, Stazione agraria sperimentale {Bollettino). Accademia degli Agiati (Atti). Museo civico (Pubblicazioni). Il Picentino. Studi sassaresi. Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. Pro- Boi- Siena Torino Trento Trieste Venezia — 323 — Bollettino del Naturalista. Rivista italiana di Scienze naturali. Avicula — Giornale ornitologico italiano. Bullettino del Laboratorio ed Orto botanico. R. Accademia delle Scienze (Atti). Club alpino italiano (Rivista e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia f^omparata della r. Università (Bollettino). L' Agricoltore. Museo civico di Storia naturale (Affi). Società adriatica di Scienze naturali (Bollettino). ■ L' Ateneo veneto. La Notarisia. Spagna Barcelona Madrid Zaragoza — Institució catalana d'Historia naturai (Biitllet)). Sociedad espanola de Historia naturai (Aìiales y Bo- letin). La naturaleza — (Revista decenai ilustrada). Sociedad aragonesa de Ciencias naturales (Bolefin^. Portogallo Lisboa Porto Ero teria— Revista de Sciencias naturaes do Collegio de S. Fiel. Ministerio da marinba e ultramar— OAquario « Vasco da Gama ». • Annales de sciencias naturaes. Francia Gherbourg" — Société nationale des Sciences naturelles et matlié- matiques (Mémoires). Montpellier — Société d' Horticolture et d'Histoire naturello de l'Hé- rault (Annales). Nancy — Société des Sciences et Réunion biologique de Nancy (Bulletin des séances). — Bibliographie anatomique. Nantes — Société des Sciences naturelles de l'oucst de la Frane e (Bidletin). Paris — 324 — Bulletin scientifique de la Erance et de la Belgique. Journal de l'Anatomie et de la Physiologie deriiomme et des animanx. Société zoologique de Trance (Bnlletm , Mémoires et Gauseries scienti fiqiies). Muséum d'Histoire naturelle (Bulletin). La feuille des jeunes Naturalistes. Gazette medicale de Paris. Archives provinciales des Sciences — Bulletin de la Société pour la diffusion des sciences pliysiqnes et n^turelles. Bruxelles Louvain Belgio Société royale malacclogique de Belgique (Annales) La Cellule. Germania Berlin Bonn Leipzig Giessen Bericlit iìber die Verlagsthatigkeit. Naturae novitates. Botanisclie Verein der provinz Erandeburg {Verhand- lungen). Index der gesammten chemisclien Litteratur. Naturhistorischen Vereines der Preussischen Rhein- lande und Westfalens (Verhandlungen). Niederrheinisclien Gesellschaft fùr Natur-und Heil- kunde {SitzungshericJite). - Zoologischer Anzeiger. • Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur-und Heilkund (Berirht). Svizzera Ghur Zuricli Genève — Naturfoschenden Gesellscliaft Graubiinden's (Jahres- hericht). — Societas entomologica. — Insti tut national genevois (Mémoires). Austria Wien K. K. Naturhistorischen Hof-Museums {Annalcn) Zoolog. botan. Gesellscliaft {Verhnndlungen). Pras- — 325 — Ceska akademie cisare Frantiska Josefa prò vedy slovenost. a umeui v praze (Pubblicazioni). Inghilterra Cambridge — Pbilosophical Society (Proceedings and Tr ansaci ions). "London — Royal Society {Proceedings). Plymouth — Marine biological Association of the United Kingdom (Journal). Svezia Upsala Geological Institution of the University of Upsala (Bulletin). Finlandia Helsingfors — Societas prò fauna et flora feunica (Ada et Medde- landen). Russia Kiew^ Moscou TifLis Société des Naturalistes (Mémoires). Société imperiale des Naturalistes (Bulletin). Giardino botanico (Lavori). ASIA India Madras Government centrai Museum (Pubblicazioni). Tokyo Giappone Annotationes zoologicae japoneuses. 32G Monte video AMERICHE Uraguay Museo uacional (Aìialcs y Comiinicaciones) Paraguay Asuncion — Revista de Agronomia y de Cieucias aplicadas — Boletin de la Escuela de AgTÌcultura de la Asun- cion del Paraguay. Repubblica Argentina Buenos Ayres — Museo nacioual (Anales y Comuni caciones) . Revista farmacèutica — Organo de la tSociedad na- cional de Earniacia. Santiago Chili Deuteh. wissenscliaft. Verein (Verhandlungen). Société scientifique du CLili (Acteò-). Bogotà Colombia El Agricultor — Organo de la Sociedad de los Agri- cultores colombianos. Costa-Rica San José — Museo Nacional {Anales). Messico Messico — Sociedad cientilica « Antonio Alzate » {Meniorias y Revlsta). La Naturaleza — Periodico cientitìco de la Sociedad mexicana de Historia naturai. Institùto geologico [Boletin). — 327 — Stati Uniti Boston — Society of Naturai history {Proceedmgs). Chapell Hill — Elissa Mitcliel scientific Society (Journal). Chicago — Academy of Sciences (Bulletin and Annual report). Madison [Wisconsin) — Academy of Sciences, Arts and Lettres (Trrtw- sadiones). Wisconsin geological and naturai History Survey [Bid- letin). Meriden (Connecticut) — Meriden scientific Association (Transaction). Minneapolis (Minnesota) — Minnesota botanical studies (Bulletin). The Geological and naturai History Survey of Min- nesota — Reports of the Survey Botanical Series. Missoula (Montana) — Bulletin of the University of Montana [Biolo- gical Series\. PhiladeljDhia — Academy of Naturai Sciences (Proceedings). Saint-Louis — Academy of Science (Tratisactions). Missouri botanical garden (Annual report). Tufts College {Masmchussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual report). U. S. Department of Agriculture — Division of Or- nithology and Mammalogy (Bulletin North Ame- rican Fauna). Smithsonian Institution {Annual report). U. S. Department of agriculture (Jearhook). U. S. Department of agriculture — Bureau of ani- mal indnstry (Annual reports). Canada Halifax - Nova Scotian Institute of science. PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO {31 dicembre 1902) Alpe V. Annibalk e. Anonimo Balbi V. Baldassarre S. Beccari 0. Bellini R. Berlese a. Calabrese-Milani A — Caseificio industriale. — Firenze, 1901. (Dono del socio De Rosa). — Gondmihilitd elettrica dell'acido solforico e delVa- cido di Nordhausen. — Firenze, 1900, (Dono autore). — Il clima diNapoli nelVanno meteorologico 1900-901 — Napoli, 1901. (Dono aut.). — Index plantarum qiiae extant in horto publico Bo- noniae anno MDCCCIl. Accedunt observationes circa duas species agaves necnon continuatio histo- riae horti ejusdem. — Bologna. (Dono De Rosa). — Archivio per V Antropologia e l'Etnologia. In me- moria del XXX anno della Società italiana d'an- tropologia. — Firenze, 1901. — Osservazioni meteorologiche fatte nell'anno 1901 al- l' Osservatorio della B. Università di Torino. — To- rino, 1902. — Studi sperimentali sugli animali del r. deposito di Portici. — Parma, 1883. (Dono De Rosa. • — Sul trasloco delle Collezioni botaniche della Male- sia dal Museo di Storia Naturale in Via Romana nei nuovi locali presso il giardino, dei Semplici. — Firenze, 1901. (Dono De Rosa^. — Les ammonites da valcaire rouge ammonitique (toar- cien) de VOmbrie. — Paris, 1900. (Dono aut.). — Impjortanza nella economia agraria degli insetti endofagi distruttori degli insetti nocivi. -Portici, 1902, . _ Contributo alla cecidiologia della flora avellinese. (con 4 tavole)— Napoli, 1902. (Dono aut.). — 330 — Campanilk V. Ceresole G, CUELLI G. e. ClCCONE A. cobelli e,. Comes 0. Costa A. CUTOLO A. - Cùlendrier Alpin avec des notices sur les éruptions volcaniques, explorutioìis jìolaires , etc. — Naples, 1902. (Dono aut.). - Di un caso di ossificazione completa del pericardio di un'anitra domestica. — Padova, 1899. (Douo aut.). Un caso di ascessi splenici multipli nella capra pro- dotti dal «Bacterium coli conimunis-». — Milano, 1900 (Dono ani ) Difendiamoci daW «Anchylostoma duodenale. ! » —Ve- nezia, 1900. (Dono aut.). Gli erbaggi del mercato di Padova in rapporto alla diffusione delle malattie infettive e parassitarie. — Padova, 1900. (Dono aut.). Analisi batteriologica deWacr^ua di « S. Gottardo » salso-hroyno-jodico-solforosa. — Padova, 1901. (Dono autore.) ■ La quistione della coltivazione del tabacco in Ita- lia. — Roma, 1899. (Dono De Rosa). ■ Due nuovi teoremi di fisica appilicati specialmente ai fenomeni dell'economia animale. — Napoli, 1885. (Dono De Rosa). Sui risidtamenti ottenuti dalle osservazioni sulle mac- chie e sui corpwicoli del baco da seta. — Napoli, 1885' (Dono De Rosa). Le cicadine del trentino. — Rovereto, 1902. (Dono Museo Civico di Rovereto). Relazione sulla coltivazione sperimentale dei tabacchi nel regno durante la campagna _Z(ii'turbazioni sarebbero scemate (2° rapporto) e poi ancora divenute addirittura nulle (3.» rapporto). Come potrebbe il Prof. Semmola giustificare che la ferrovia spostatasi appena di pochi metri per potere salvare l'emiciclo si sia messa in condiziono di non produrre quelle « inevitabili j) erti irò azioni sugli ajìparecclii si- smici magnetici » da lui denunziate nel suo primo rapporto, quando cioè doveva passare sull'emiciclo ? Dunque la ferrovia, poiché la distanza dal portone dell' Os- servatorio alla curva dell'emiciclo è di metri 33^ (e calcolando, a voler essere larghi, un cinque metri oltre l'emiciclo per la lar- ghezza delia linea) si troverebbe a passare ad una distanza di meno che 40 metri , e neppure di ()0 come afferma il Prof. Semmola, E può egli in buona fede aftermare che gli strumenti sismici e magnetici non ])otranno esserne perturbati, e che potranno coii- tinuare a funzionare, come sostiene nel suo scritto ? Quantunque egli si sforzi di dimostrare, ora che hanno un interesse secondario , ora elio non ne hanno aifatto , per difen- dere il tracciato della ferrovia elettrica, pure ammette, nel continuo contraddirsi, che le osservazioni sismiche e magnetiche fanno parte di quelle che si debbano fare nello studio del Vesuvio. E come potrebbe non ammetterlo, egli che non deve avere di- menticato gli studi del Melloni e quelli del suo Maestro, il Prof. Palmieri ? Egli non può negare che i problemi del vulcanismo, vanno studiati tenendo dietro a tutte le manifestazioni , grandi e piccole, di qualunque natura; ed in questo senso vanno intese le parole di Palmieri, da lui citate, non a proposito, le quali sono completate da altre importanti" conclusioni del Palmieri stesso, del 18G5-69, ch'egli sembra avere dimenticato e cioè : « gli stru- menti che hanno finora dimostrato avere un'' attinenza immediata con le azioni sotterranee del vulcano sono due : V apparecchio di Lamont ed il mio sismografo elettro-magnetico, ... », ed ancora : — ai5 - « r attenta osservazione dunque di questi due ajìpareccìii può far [yresagire un incendio qualche giorno prima che si appalesi ^). Invano dunque il Prof. Semmola si sforza di dimostrare, i)or giustifica del suo operato e per eludere le sue responsabilità, la in- utilità delle osservazioni sismiche e magnetiche, asseverando che le osservazioni sismiche doj)o « mezzo secolo di vita sono ancora bambine », in base ad una citazione monca ed incompleta. Egli non può ignorare quali conclusioni importanti si sono tratte dallo studio dei fenomeni sismici , cosicché oggi deve ritenersi che la sismologia « contribuirà efficacemente alla soluzione di ardui proble- mi che interessano il fisico, V astronomo, il geologo^ il geografo » '-^j. Ne vale il dire che l'Osservatorio essendo posto in sito dove soffre continue scosse e trepidazioni, gli apparecchi sismici stabili saranno sempre in oscillazione. Basterebbe questa unica ragione per rendere colà necessaria una stazione sismica, onde studiare le particolarità di questi movimenti sia in corrispondenza con i fe- nomeni eruttivi, sia con i terremoti di provenienza lontana. Il prof. Semmola nella sua abituale contraddizione, finisce poi col dire che le osservazioni magnetiche e sismiche si possono benissimo continuare, anzi « si faranno in condizioni migliori^ per le scemate trepidazioni meccaniche dovute ai carri » che passano avanti il cancello dell'Osservatorio. Ma i carri certamente seguiteranno a esercitare la loro azione dannosa, perchè pel contratto la ferrovia è destinata al solo tra- sporto dei passeggieri, vale a dire sarà aggiunta all'azione dei carri quella della ferrovia , che passerebbe a distanza presso a poco eguale, considerando ch'essa rasenterebbe l'emiciclo. Ne in buona fede perciò può affermarsi che in conseguenza della costruzione della ferrovia diminuirebbero gli scuotimenti '^). 1) Annali del R. Osservatorio Vesuviano — Yol. IV (1B65-G9) pag. 19 e 137. 2) Vicentini — Atti R. Istituto Veneto di scienze etc. Tom. Vili, S. VII 189G-97. 3) E qui torna opportuno di far notare che il passaggio delle carrozze e dei carri per la strada che corre davanti il cancello dell' Osservatorio, invo- cato dal prof. Semmola nella sua difesa del tracciato della ferrovia, è abu- sivo per parte della compagnia Cook. Questa strada è di proprietà dell'Osservatorio e dovrebb' esserne proibito il transito. Carri e car- rox-ze dovrebbero, invece, valersi della via provinciale che pa.ssa molto più lungi ed in giù rasentando la scarpata delTOsservatorio Giusta è l'osserva- zione del prof. Semmola, che, anche pigliando questa via, carri e carrozze si troverebbero sulla strada che rasenta il lato orientale dell' Osservatorio e si continua con quella della funicolare. Ma anche qui vi è da regolare un abuso! Conoscendo bene la proprietà dell'Osservatorio, il nuovo direttore potrà facil- mente rivendicare anche questa strada ed ottenere che il riaccordo ti-a la via provinciale e quella della funicolare sia fatto oltre la zona di proprietà del- — 346 - Male a proposito il Prof. Semmola si avvale della notizia favoritagli dal prof. Palazzo, direttore dell'Osservatorio centrale di Meteorologia e geodinamica in Roma, « che il passaggio dei tram elettrici non jìroduce sugli istnimenti sismici del Collegio Romano alcuna per turi) azione; » perchè il prof. Palazzo aggiungeva, com- ha detto, che il tram passa dalla stazione sismica alla distanza di ben 170 metri. Il prof. Semmola vorrà bene ammettere che fra i 170 metri anzidetti, i suoi pretesi 60 metri ed i 40, quanti sono in realtà, come noi affermiamo senza tema di smentita, ne corre!! E se le osservazioni sismiche venissero perturbate dal pas- saggio della ferrovia elettrica a cosi breve distanza, quanto non sarebbero perturbate quelle magnetiche dalle influenze meccaniche ed elettriche ? A torto il Semmola asserisce che l'Osservatorio Vesuviano, non si presti per osservazioni magnetiche. Queste servono per studiare 1' andamento della variazione diurna e le perturbazioni, che nella declinazione e nella inclinazione potessero accadere in tempo di eruzione; anzi queste osservazioni, che non debbono essere misure assolute degli elementi del magnetismo terrestre, po- trebbero insieme con le sismiche essere feconde d' indagini pre- ziose per la soluzione di problemi di fisica terrestre. E di quanta importanza siano queste osservazioni magnetiche lo si può desumere dalla memoria pubblicata dalla Commissione (Guarini, Scacchi, Palmieri) che studiò, per incarico della Reale Accademia delle Scienze di Napoli , la conflagrazione vesuviana del 1855 1). La quale ricordando le osservazioni fatte dal prof. Della Torre nell'incendio del Vesuvio del 1767 , ne trasse argo- mento jjer speciali indagini sul magnetismo terrestre al Vesuvio, mettendo la importante questione se le vibrazioni che patiscono gli aghi magnetici in tempo di eruzione siano di origine mecca- nica o dinamica. E non è inopportuno ricordare quanto si legge a pag. 116 della citata memoria: e Da due giorni prima che Vincendio si appalesasse Vago che serve ad indicare le variazioni della declinazione si miss in pertiir- l' Osservatorio, garenteudo questo anche dal passaggio dei carri, per quel tratto di via che rasenta il lato orientale dell'Osservatorio. E cosi carri e carrozze passei-anno molto lungi da questo. Ciò che per il prof. Semmola, come egli scrive, è un sogno, potrà tradursi in realtà per l'opera di un direttore conscio dei dritti dell'Osservatorio e zelante nella difesa di questi. 1) G. Guarini, L. Palmieri ed A. Scacchi — Memoria sullo incendio Ve- suviano del mese di nr.iggio 1855, Napoli. — 347 — bacioni così sensibili ed insolite, che perfino il custode del Reale Osservatorio predisse che il Vesuvio sarebbe jìcr accendersi s . E tanto più al Vesuvio dovrebbero compiersi stuclii sulle proprietà magnetiche delle lave, appunto perchè cariche di ma- gnetismo. E già il primo direttore, il Melloni, aveva iniziato ri- cerche importanti di questa indole, e ne fa testimonianza il ma- gnetometro Lamont da lui acquistato, che servi poi al Palmieri per le speciali ricerche che compi all'Osservatorio vesuviano. Al Vesuvio, dunque, meglio che altrove, potrebbe venir con- dotta una serie di interessanti studii, paragonabili, ad esempio, a quelli eseguiti dal Keller e Polgheraiter proprio sul suolo emi- nentemente magnetico della campagna romana, e da altri (Oddone, Franchi e Sella) che studiarono le proprietà magnetiche di am- massi rocciosi delle Alpi. Da quanto si è detto finora risulta provato che le osser- vazioni sismiche e magnetiche non hanno quell'in- teresse secondario di che le gratifica il prof. Sem- mola, ma sono parti integranti dello studio del Ve- suvio. E poiché esse, come è stato chiaramente dimostrato, sa rebbero parturbate dal passaggio della ferrovia elettrica, cosi com'è tracciata a 40 metri appena dall'Osservatorio, la Società non può che confermare il suo voto ed insistere perchè questa ferrovia si costruisca in condizioni da non offendere il R. Osservatorio, cioè a tale distanza da questo da assicurargli, come giustamente os- servò la Facoltà di Scienze Naturali della nostra Università, « in « ogni tempo ed in qualunque modo il normale e regolare funzio- « namento scientifico, cosicché nulla possa turbarlo, per qualunque « sia il genere di ricerche che in esso al presente come in avve- « nire possano e vogliansi eseguire ». E la Società si rivolge fidente al Ministro della Pubblica I- struzione, e, denunziati i fatti, chiede che siano assodate lo re- sponsabilità, sia vagliato il modo come sono state condotte le cose e come senza una sufficiente cognizione di causa da parte delle autorità universitarie, si sia potuto concedere suolo di proprietà dello Stato, per uno scopo che, cosi come è concepito, riu- scirebbe di provato danuo ad un istituto scientifico, privilegiato per l'alta missione cui è destinato, e riconosciuto dallo stesso mi- nistro Nasi coi suoi recenti provvedimenti. La Società non dispera che voglia intervenire energica l' a- zione del ministro, il quale non può e non deve disinteressarsene. — 348 — E ben avrebbe tuttora modo di provvedere a garentire T Osser- vatorio , esaminando la legalità dei procedimenti ; e rivedendo i termini della concessione e le basi sulle quali fu accordato il de- creto di espropriazione per pubblica utilità ; tenendo conto che già atti legali sono stati spiccati da privati espropriandi per la ferrovia Cook , che tendono ad infirmare la validità di quel de- creto, nel caso, che la ferrovia, come corre voce^ non debba più essere la Napoli-Bellavista-Vesuvio, con partenza dall' Immacola- tella, giusta la concessione, ma invece un semplice tronco da con- trada Pugliano alla stazione interiore della Funicolare. iztrnDZGEi Marcet.lo L. — Secondo contributo allo studio della flora cavose . imfj. 1 CiJTOLO A. — Brodo di sangue (nuovo terreno di cultura) Nota . » 16 Bellini R. — I molluschi del lago Fusaro e del Mar Morto nei Campi Flegrci. Nota (con 8 figure). . ...» 20 Cal.abrese-Milaxi A. — Contributo alla Cecidiologia della flora avel- linese (eoa le tavole I-IV) » 28 Annibale E. — Il clima di Napoli nell'anno meteorologico 1900-901. Nota , , » 83 PiERANTONi U. — Due nuovi generi di oligocheti marini rinvenuti nel Golfo di Napoli. Nota preliminare (con 3 figure) . -> 113 Mascolo G. — Ricerche sperimentali sulla genesi dell'acido clori- di'ico nel succo gastrico . . . . . . • » US Milone U. — Su la determinazione volumetrica della durezza delle acque potabili. Nota. ........ 142 Milone U — Su la determinazione acidimetrica mediante l'acqu i di calce. Nota (con fig.) » 145 PoLiCE G. — Il nervo del cuore nello Scorpione. Nota ...» 146 Marcello L. — Sopra alcuni alberi longevi di Cava dei Tirreni. Nota » 148 Di Paola G. — Sulla correlazione dei fenomeni vulcano-sismici con le perturbazioni magnetiche all'Osservatorio Vesuviano. Nota (con fig.) .......... 151 Macchjati L. — Sulla fotosintesi fuori dell" organismo e sul suo primo prodotto Nota preventiva . . . . . » 165 Macchiati L. — Note di biologia sulla Toljjpothrix byssoidea (Ber- keloy) Kirchn, e sulle spore delle Oscillariacee . . » 175 Marcello L. — La polidattilia nell'uomo a Cava dei Tirreni. Nota (con 7 figure) » 180 Ricciardi L. — Dalle i-occe acide alle basiche e loro classificazioni. Nota » 188 Ricciardi L. — Sulla genesi delle bombe quarzose e delle lave vulcaniche. Nota ...,....» 194 Marcello L. — Sopra una nuova Orchidea di Cava dei Tirreni. Nota preventiva (con 3 fig.) ....... 203 Di Gaetano M. — Nuovi derivati degli acidi paracresolglioolico e paracresolcinnamico ......... 206 Milone U. — Su la determinazione dell'acido fosforico. Nota » 222 Vanni G. — Sopra un'applicazione dell'elettrometro capillare di Lippmann alla misura della frequenza di una corrente alternata. Nota . » 225 Vanni G. — Sopra un nuovo metodo di misura delia frequenza di una corrente alternata. Nota preliminare ...» 228 — 350 — RippA G. — Osservazioni biologiche snlVOxalis cernua. Nota. RiPi'A G. — Sulla forma e disposizione delle foglie neli' Hovcnin dulcis Thunb. Nota (con iig.) ..... Franco P. — Studi! sul nitrato baritico (con la tav. V). Franco P. - L'attività vulcanica nella Campania secondo la tra- dizione e la storia ....... MiLONE U. — Per Sebastiano Miele. Commemorazione . Processi verbali delle tornate Comunicazioni scientifiche : Monticelli Fr. Sav. — A proposito della comparsa nel Golfo d Napoli di numerosissimi individui di Velelln, Physdlis e Jnnthina ......... ■Jatta Gì-. — SaìVHedyle Tyrtoivii Monticelli Fk. Sav. — Sulle ricerche del dott. G. Zirolia intorno al bacillo della peste bubbonica nelle pulci . Monticelli Fr. Sav. — Sulla presenza del Govgylus occllatus ne ex R. Bosco di Portici MoRGERA A. — Su alcuni parassiti degli organi genitali di Zamenis V iridi flavus. . . ■ ■ . . . Dal Poggetto U. — Su alcune forme parassitarie ne" testicoli del gallo ..... ... ... Sacchetti G.— Sopra alcune forme parassitarie nell'ovario di Cavia cobaya. . . . • • . • • • PiEHANTONi U. — Sul fenomeno della gestazione esterna in alcune specie di Sillidi. Monticelli Fr. Sav. — Su la Temnocepliala digitata n. sp. . Cerrcti a. — Su la (hchoristica {Taenia) tid)ercnlata Rud. . De Rosa Fr. — Sopranna crittogama parassita dell' JJvo?J?y»msjV/jJO nicus .....••••• Consiglio direttivo • • Elenco dei socii ........ Elenco dei cambii . . > Pubblicazioni fcrvemite in dono Alligato Per l'Osservatorio Vesuviano (con fig.). 2ìag. 230 » 238 » 241 » 260 >> 289 » 297 oOl ivi 302 305 30G ivi ivi 307 309 311 313 315 318 321 329 337 I nM d.Scc.di ■ ìal.ui < \apoli.\U.XVÌ..A.I^02 luv.J. Ì.'M-llan,.c,: F. ll.r,^,:.:::, ,h> . cP oc.^^ 11 9 \ C^/ 0 j'"/^ ^y jjrr rn.-)nir! il ricì'Cf ai-cUims Boli d. Soc. di Mi m MpoU VolJVI. A. 1902 Tal/, r PFranc SilI nUraio baìuiicn L tt A. Sirin a-NapoU V/A (j>r* 4^67S3 BODDETTINO Y DELLA T\rw A iJUl À DI NATURALIST iisr nsr.A.FOi^i SERIE I. —VOLUME XIV. -^ ]sr isr o 35: I -v ^900 lE^a-scicolo ""CTiiico (Pubblicato il 28 gennaio 1901) jujJLIBRAR Y 2 Mi S^i .N> e NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Via Cisterna deirOlio 1901 IlsTIDIOE RippA G. — Su di un probabile discendente dell'Oj^a^ì.s cernua. pag. 1 Di Paola G. — Riassunto delle osservazioni meteorologiche eseguite nell'anno 1898-99 all' osservatorio meteoro- logico della R. Università di Napoli ...» 5 Franco P. — Il tufo della Campania ...... 19 Franco P. — Il piperno ........ 34 Marcello L. — Primo contributo allo studio della flora cavese .......... 53 Processi verbali dellr tornate ...... 87 Elenco dei socii ......... 95 Elenco dei cambii ........ 99 PahUicazioni \pervemUe in dono ..,..» 107 Per quanto concerne la jìaite scientifica ed amministrativa dirif/crsi AL SEGEETARIO DELLA SOCIETÀ Dr. a. Cutolo, Via Roma, n. 404, Napoli. Sono vivaìnente pregati i soci ordinarii non residenti di spedire la loro retribuzione annuale al socio cassiere Dr. E. CUTOLO, via Roma, n. 404 — Napoli. ESTRATTO DAL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (ajyprjvifo nella fornata del 14 agosto 1898) IV. Del Bollettino Art. 31. La Società pubblica un Bollettiuo contenente i pro- cesasi verbali delle assemhlee e delle tornate e lavori originali dei soli soci ordinari. Art. 32 1 processi verbali delle tornate ordinarie debbono con- tenere : a) l'elenco dei soci presenti ; /;) r enumerazione dei lavori originali letti, con 1' indica- zione se vengono o no pubblicati nel Bollettino ; e) una breve notizia delle comunicazioni verbali ; d) l'indicazione delle letture e delle conferenze fatte nella tornata ; e) e i nomi dei soci ammessi e quelle deliberazioni che si crederà opportuno pubblicare. Art. 33. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno esser letti nelle tornate. Sui lavori letti potrà esser fatta discussione. Quindi i lavori restano sette giorni in segreteria a disposizione di quei soci, che volessero ponderatamente esaminarli. Trascorsi i sette giorni, se non è pervenuta alla Segreteria nessuna osser- vazione da parte di alcun socio, il lavoro è passato alla stampa. Essendovi discussione, questa verrà fatta nella prossima tornata, informandone l'autore perchè possa intervenirvi: la discussione sarà publicata nel Bollettino, in seguito al lavoro , tenendosene pure conto nel processo verbale. Art. 34. I lavori già pubblicati non possono essere stampati nel Bollettino. Art. 35. Il socio, che non è in regola con la cassa sociale, non può pubblicare nel Bollettino. Art. 36. I soci ammessi a far parte della Società da meno di un anno non hanno dritto a pubblicare nel Bollettino, se non pa- gano anticipatamente l'annata intera. Art. 37. Nel caso di lavori fatti in collaborazione da più soci, questi debbono essere tutti in regola con la cassa, perchè il la- voro possa essere pubblicato. Art. 38. I lavori debbono versare sopra argomenti di scienze naturali o loro applicazioni. Art. 39. Il Consiglio direttivo cura la pubblicazione del Bol- lettino. Art. 40. Il numero dei fascicoli del Bollettino sarà determi- nato anno per anno dal Consiglio direttivo. Art. 41. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. Il numero di questi sarà ogni anno determinato dal Consiglio direttivo. Art. 42. Gli autori potranno avere un numero maggiore di estratti a proprie spese. Art. 43. Le tavole e le figure nel testo saranno fatte a cura della Società, e gli autori pagheranno, per ciascuna tavola o fi- gura, un contributo, che sarà caso per caso stabilito dal Consi- glio direttivo , tenendo conto dell' importo delle tavole e delle condizioni del bilancio. Gli autori, pertanto, saranno obbligati a depositare una somma , che sarà anche volta per volta stabilita dal Consiglio, prima di dare alla stampa il lavoro. Essi potranno indicare il litografo dal quale intendono siano eseguite le tavole, salvo il consenso del Consiglio direttivo. Art. 44. La Società può limit^ire i fogli di stampa, cui gli autori hanno diritto, in ciascun anno sociale, su proposta del Con- siglio direttivo in un'Assemblea generale. Tuttavia nel caso, che sia presentato un lavoro, che per la sua mole importi una spesa considerevole, il Consiglio direttivo può' invitare la Società anche in una tornata ordinaria a deliberare sopra la opportunità di stamparlo. Art. 45. Per quei lavori , che importino una spesa tipogra- fica straordinaria, gli autori dietro proposta del Consiglio diret- tivo, approvata dall'Assemblea in una tornata ordinaiia, potranno essere obbligati a concorrere alla spesa. Del LÌ) erazioni del Consiglio direttivo coìuunicate cdV Assemblea generale, che ne ha iweso aito, nella tornata del 4 febbraio 1900. La società concede a proprie spese, per questo anno sociale, una tavola per ogni lavoro. Ai nuovi socii ammessi , ed ai vecchi socii che ne faranno richiesta , saranno dati in dono i numeri arretrati della Rivista e del Bollettino. Per questo anno la Società dà agli Autori 50 copie eli estratti. Gli Autori i quali ne vogliono un maggior numero pagheranno le copie in più secondo la seguente tariffa : E3EIìv^I=Ij^^I^ e 25 SO "75 lOO L. 1 75 » 2 25 >> 3 50 « 4 — L. 2 25 » 3 50 » 5 — >> 5 — L. 2 30 » 4 — » 6 75 » 8 — L. 4 — » 5 50 >> 9 - >> 10 — "^'j^ foglio (4 pagine) . ^,2 foglio (8 jjagine) . 3/^ foglio (12 pagine) 1 foglio (IG pagine) N.B. — i\^ei sopra segnati -prezzi va iìtclusa la legatura e la covertina senza stampa. Prezzo del presente fascicolo L. 8,oo liiiiiif UH l°iK^ ^