'^.. V . .'■ i ri?^ ■^ ^ ^- ^^>:i^^: ir ■ ^•"V- ^^■«fc^g .i^t^^iT^ jL / ■> ■T|^ • ~'^^ M ^ '/< M m ^^BÉ^ BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALIST riv Bjr.A.i*orvi VOLUME XXVI (SERIE II, VOL. VI) 1913 Ooia. S ta-vole (Pubblicato il 2R febbraio 1914) NAPOLI R. STABILIMKNTO TIPOGRAFICO KHANCKSCO GIANNINI & FIGLI Cisterna dell' Olio 1914 Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli ATTI EMORIE E NOTE) La differenziazione dell'area cutanea dell'arto anteriore degli Anuri nell'interno della cavità peribranchiale. Nota preliminare del socio Paolo Della Valle (Tornata del 17 aprile 1913) Ricliiamo V attenzione su di una interessante pareicolarità dello sviluppo degli Anuri, che, nonostante la sua evidenza, è sfuggita quasi completamente ai numerosi embriologi che si sono occupati dell'argomento. Nella bibliografia non vi sono infatti che due fugaci accenni di Dugès ('34 p. 112 nota) e di Jordan ('88 p. 38, 41, 47) sui caratteri della cute dell'arto anteriore degli Anuri durante lo sviluppo, senza che nemmeno essi abbiano ri- conosciuto il lato importante del fenomeno. Come è noto, nello sviluppo degli Anuri, per un complesso di fattori morfogenetici, che saranno da me analizzati tra poco in uno speciale lavoro, la regione branchiomerica postioidea ed una certa estensione della regione ventrale del tronco posta su- bito caudalmente ad ^ essa, vengono a formare le pareti della ca- vità^ peribranchiale. È noto pure che in tale modo viene isolata dall'esterno anche la regione donde più tardi sorge l'arto ante- riore, cosi che questo non si sviluppa all'esterno come il poste- riore , ma nell'interno della cavità peribranchiale. Nella meta- morfosi terminale esso, perforando le pareti della cavità in cui è contenuto, si estrinseca all'esterno. Ora, come si sa, 1' epitelio che tappezza la cavità peribran- chiale, non solo non si differenzia come il resto della cute che rimane all'esterno, ma si trasforma in una membrana sottilis- sima e trasparente. Si potrebbe quindi supporre che questo fosse _ 4 — effetto delle condizioni speciali in cui questo epitelio viene a trovarsi, come p. es. mancanza di stimoli esterni diretti, conti- nua circolazione di acqua che la traversa dalh* fessuro branchiali allo spiracolo, etc. Ma d'altra parto è fatto di osservazione ovvia che gli arti anteriori, allorché escono all'esterno sono ricoperti da una cute quasi assolutamente identica a quella che riveste gli altri punti del corpo, che sono rimasti all'esterno. Si deve quindi conchm- dere già da questo che una differenziazione della cute, identica a quella avvenuta all'esterno, deve essere avvenuta anche all'in- terno della cavità peribranchiale. Ora r interessante fenomeno, di cui può convincersi chiunque aprendo la cavità peribranchiale di un girino di Rospo alquanto avanzato , è che la regione dell' arto è ricoperta da una cute completamente diversa da quella che tappezza il resto della ca- vità peribranchiale e quasi esattamente identica a quella ester- na '), già da molto tempo prima della fuoriuscita degli arti dalla cavità stessa. Ciò che è'più interessante è che, negli stadii avan- zati tali regioni sono reciprocamente delimitate in modo netto, e per di più la zona differenziata in modo « esterno » è pro- prio quella , e solo quella , che nella metamorfosi terminale di- verrà e resterà esterna ^). Questo fenomeno si collega strettamente con ciò che ha osservato Tornier ('10) per il comportamento delle « aree evo- lutive . della cute di varie regioni del corpo (fra cui anche di quella degli arti anteriori) nella metamorfosi di Xenopus, anuro in cui gli arti si sviluppano all'esterno della cavità peribran- chiale. Anzi che per sterili discussioni arbitrarie sulla possibile origine filogenetica dell'inclusione larvale degli arti nella massima parte degli Anuri (Braus '06) , o per illusorie considerazioni fi- nalistiche , questo fenomeno ha valore come nuova prova della scarsissima importanza dei fattori esterni rispetto ai fattori in- terni nel determinismo della differenziazione dei tessuti anche ad un'epoca avanzata dello sviluppo. 1) Durante il primo periodo della formazione dell'arto anteriore, come ha Giustamente notato Dugks. esso è ricoperto da cute non pigmentata, men- tre l'arto posteriore ha pelle pigmentata come il resto della superficie esterna del corpo. . 2) Ulteriori notizie anatomiche e le figure relative saranno date in un futuro lavoro. — o BIBLIOGRAFIA 1906. Brau.s, H.— Vonìere Extremitnt uml Opercnlum bei Bombinafcor (arvcn: Morph. Jahrb. 85 Bel. p. 509-590, 6 %. Taf. 15-17. 1834. Du(!Ks, A. — B.c. Oltre ai cotogni dei fruiteti del Vesuvio , orano molto ap- prezzati quelli della costa di Sorrento , dove venivano coltivati nelle vigne, e quando si propagginava la vite si piantava nello stesso fosso un ramo di cotogno, che poi, messe le radici, tra- piantavasi ^). G. B. Della Porta ricorda anche la buona riuscita dell'in- nesto del pero sul cotogno. Egli dice: « Pyra superba, quae vulgo Moscarelle dicuntur, inseruntur in cotoneam, et optima poma pro- vcniunt , omnisque generis pyra , colore , odore et magnitudine iusignia » ^ Anche il nespolo veniva innestato sul cotogno °). 2. — Il Melo. Il Della Porta ci dà notizia di ben venti varietà di mele (Pyrus Malus L.) che si coltivavano presso di noi, specialmente ne- gl' importanti, allora come oggi, meleti vesuviani di Somma e di Ottaiano. Egli le distribuisce in tre categorie, secondo il tempo di loro maturazione: praecocia, tempestiva e serotina. Cercherò di attenermi per quanto è possibile a questa ripartizione. 1. La mela di paglia , leggerissima , turbinata , insipida, ed avente l'unico pregio di maturare prima delle altre*'), anche oggi esiste, ma alquanto alterata. Essa corrisponde a quella de- nominata milo stoppa o capa de ciuccio, che matura appunto in^ giugno e luglio, ed i cui caratteri, segnati dal Gtasparrini ''), s 1) Sav ASTANO, L. — La coltivazione delle Pomaccee Drupacee nel Napoletano: Atti R. Istit. Incoragg. Napoli (4) Voi. 9, p. 81. 2) Savastano, Ij.— loco cit. p. 81 3) Della Pokta, G. B.—loco cit. p. 272. 4) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 273. 5) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 273. 6) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 277. 7) Gasparrini, G.— Notizie sugli alberi fruttiferi della provincia di Napoli Annali scientifici, Napoli, 1864. GussoNE, G.—Enumeratio jylantarum vascularium in Insula Inarinie sponte — 9 — assomigliano abbastanza a qutjlli ripuitati dal Dp:lla Porta. In- fatti, questi dice: « ...pendere levissimo, Ibijna turbinata, carne alba, gustu insipido... »; ed il Gasparrini; « .. pomo magno (3-4 poli, alto), globoso-oblongo, odoro, epidermide, undi([iie virente, pulpa sub-dulci, parum sapida, dura... » 2. La mela appiana, detta cosi pi;! suo odore s )Uiig!ianLe a quello della mela appia, era più grande di «piesta, spiccatamente rotonda, bianco-gialliccia, di sapor dolce acidetto, e teucvasi in gran pregio, anche perchè si poteva conservare per lungo tempo ^). Dal Catalogo descrittivo del Gasparrini non risulta che questa varietà esista oggi nella Provincia di Napoli. Si trova , è vero, una mela lappiola grande o lappione (che è il P. Malus levis^ h. major, Gasp.), ma i suoi caratteri non concordano, anche a farvi una larga tara, con quelli segnati dal Della Porta: basterebbe per tutti la forma, che nella varietà del Della Porta « est ro- tunditate insignis » ed in quella del Gtasparbini è « ovato-ob- longa ». La varietà, però, non è perduta: essa, se non esiste più nella nostra provincia, come si rileva dal Gasparrini pel 1854 e dal Savastano pel 1911, si trova tuttora nell'A-vellinese, come ri- sulta dal Catalogo descrittivo del Flores -), avendo conservato l'antico nome inalterato ed abbastanza bene i caratteri che pre- sentava oltre tre secoli dietro. In quel d'Avellino questa mela si chiama lappione di Spagna, il qual nome ci fa intendere che essa fu introdotta in Napoli forse dalla Spagna ^), quando sotto il go- verno dei viceré spagnuoli molte piante ci furono importate di colà. Nell'Avellinese passò senza dubbio da Napoli, dove o si estinse o si trasformò. Il Flores cosi la descrive : « Frutto grosso tondeg- giante irregolare; hnccia a fondo giallo coperta in gran parte di rosso più o meno denso , con spennellature più intense , liscia, a punteggiature bianche appariscenti sul roseo intenso ; polpa al- quanto compatta, non molto acquosa, leggermente stopposa, dolce, aciduletta . ma abbastanza gradevole. Si raccoglie in settembre. Serhevole ». I caratteri che in questa descrizione molto minuziosa provenentium vel oeconomico xisu passim cultarum : Neapoli , MDCCCLIV, p. 125. ') Della Poeta G., ìi. — loco eli. p. 277. 2) Florks, VmcEKzo — Studi sulla poinona avellinese — Mele e pere : Boll. Comizio ajrario Avellinese, 1888. 3) È da por inente però che non sempre la indicazione di Spagna, spa- gnuola, di Calalojna, e simili, denota veramente la provenienza delle piante dalla Spagna, ma piuttosto vale a significare qualità peregrine, come quelle di tante specie esotiche' introdotte in Europa dagli spagnuoli. — 10 — corrispondono a quelli indicati nella frase sintetica del Della Porta li ho segnati in corsivo; gli altri in quella frase non si trovano, e di essi uno solo, quello del colore rosso di cui è soffuso il fondo giallo della buccia, ha una vera importanza, e non si può, — come pel resto dei caratteri non riscontrabili nella frase del Della Porta, — spiegarne la mancanza con la consueta soverchia ava- rizia descrittiva dell'autore della Villa. Non potendo mettere in dubbio l'esattezza dello scrittore, e non potendo disconoscere l'e- satta corrispondenza degli altri caratteri, bisogna piuttosto pensa- re ad una modificazione del colore avveratasi durante la lunga serie degli anni, e per opera forse delle mutate condizioni di clima e di suolo. 3. La 7ìiela òrcola di Pozzuoli, tutta rossa e soffusa di san- guigno, neir estrema maturità nereggiante come mora, donde il suo nome , e pregiata pel sapore dolce , maturava in agosto ^) ; ma essa non è la mela agostegna odierna, che presenta invece co- lore giallo-carnicino. Se non si opponesse il fatto della matura- zione primaticcia , direi senza alcun dubbio che si tratta dell'o- dierna mela aitnarco, la quale non si trova descritta dal Della Porta. A me pare, infatti, che l'unica, fra le tante da quest'au- tore descritte, che si avvicini pei caratteri e pel nome all' an- niirca sia proprio questo milo orcolo: almeno per quanto si può argomentare dalla incompleta frase descrittiva, che e^ui riporto, e alla quale fo seguire quella del Gasparrini sulla mela annurco. Il Della Porta scrive della mela orcola: « ... corticc toto ru- bro, ut cruore perfusa videantur, sapore dulci, in extrema ma- turitate ut mora nigrescunt... » Il Gasparrini sotto il nome di P. Malus deliciosa dice: « Pomo ovato vel subrotundo, levi, rubro-carneo ; pulpa inodora, tenera, succosa, sapida ». Ma forse la frase del Della Pokta trova più esatto riscontro in quella del Flores 2), il quale dice, descrivendo Vannurca del- l'Avellinese: « ....buccia rosea o rosso-sanguigna; talvolta uni- forme con pennellature di color più intenso » ; parole queste che sembrano la traduzione di corlice toto nibro^ ut cruore perfusa.... in extrema maturltaie ut mora nigrescaut. Ed anche il Sava- STANo ^) la dice a buccia rosseggiante con spennellature più rosse. ') Della Poeta, G. B. — loco cit. p. 277. 2) Flores, N .—loco cit. 3) Savastano, Ij.— loco cit. p. 63. — 11 — Il Flores poi dice che lui la polpa « dolco », afifermazione che corrispondo al « sapore dulci » del Della Porta. E, d'altra parto, il vocabolo cumurco degli odierni cataloghi descrittivi si vede che è un raffazzonamento della parola dialet- tale 'nnurco^ che a me pare molto vicina alla espressione milo òrcolo o milo iircolo. In quanto all'epoca della maturazione è da considerare che il Della Porta dice cosi: « Maturescunt augusto uiala, quae ad uos Puteolis asportantur ^) ». E nel Catalogo del R. Orto bota- nico di Napoli del Pasquale ^} trovo elencato un P. Malus Jan- unico o mirco maturante appunto in agosto, con una sottovarietà tardiva, che matura in ottobre. Ma, indipendentemente da ciò, è ben noto che l'agro puteolano ha sempre avuto il primato nella precocità delle sue produzioni. Oggi l'annurco si raccoglie in settembre, e potrebbe essere anche un effetto questo delle modificazioni che col tempo la varietà originaria ha subito, come anche rispetto ad altri caratteri, che l'hanno ormai resa la più importante nella nostra Provincia per bontà, diffusione e commerciabilità ^). 4. Dice il Della Porta : « Vi sono presso di noi due mele uguali per grandezza e per colore, ed ugualmente pregiate, una delle quali ha odore di cotogno e l'altra no. Questa seconda, che è inodora, il volgo la chiama mela rosa: è suffusa di roseo, te- nerissima, di sapore non disprezzabile, di media grandezza, da competere nel primato con le altre » "*). A me pare che essa cor- risponda alla odierna mela rosa bastarda descritta dal Flores, il quale la dice a « buccia giallastra, a faccia rosea o rosso-ciliegia, polpa tenera, farinosa, dolce, aciduletta, leggermente profumata, gradevole » ^). Manca però nel Catalogo del Gasparrini. 5. L'autore della < Villa » seguita cosi: « L'altra anche chia- mata mela rosa presso di noi, niente diversa dalla prima per la forma, ha un odore cosi fragrante, che, nel mangiarla, riempie le fauci ed il palato di un soave profumo di rosa, da non es- servi l'uguale, ed è perciò senza dubbio che si dice mela rosa; essa si conserva fino alla nuova raccolta » •"). 1) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 277. 2) Pasquale, G. A. — Catalof/o del Beai Orto Botanico di Napoli, Napoli, 1867, p. 87. 3) Savastano, 1j.— loco cit. p. 63-64. 4) Della Pokta G. B.— Zoco cit. p. 278. 5) Savastano, Ti.—loc. cit. p. 66. 6) Della Porta, G. B.-loco cit. p. 278. — 12 — Anello oggi vi è una mela rosa vera, che dalla varietà pre- cedente differisce pochissimo per la forma , niente pel colore, molto per l'odoro, essendo soavemente profumata ; però anche questa, come la ini'la rana bastarda, manca nell'Elenco del Ga- sPARiUNi, o trovasi invece registrata con pochissimo difforenze dal Fj.ojiks tra le varietà doll'AvoUineso, dal Savastano tra quelle di Scorni in Abruzzo, e dal JannkliìI por la provincia di Cam- pobasso ^). Tutte queste mele rose convengono nell'avere la buccia più o meno gialliccia, con faccia rosso-ciliogia o rosso- sanguigno, polpa b anca, tenera, di grana piìi o meno fina, dolco, succosa, inofumata. Si tratta, senza dubbio, di varietà molto affini tra loro ed a quella descritta dal Della Po ut a, discose forse da una stessa forma, che poco si è modificata rispetto al tempo e alle condizioni locali. 6. G. B. Della Porta distingue tre varietà di mele appie^ tutte caratterizzate dal loro odore cotognino: la rossa, la comune e la bruna. Cosi dice della prima : « Una varietà che ha l'odore di cotogna e matura in agosto, di color rosso, tenera, rotonda, della stessa grandezza della mela rosa ora indicata (cioè la vera) , è chiamata a Napoli mela appia rossa, perchè ha l'odore della nostra comune mela appia ^). » A quale delle odierne varietà corrisponde? La risposta non è facile. Nel Catalogo del Gasparrini vi sono due mele lappiole, una grande ed una piccola, ma non sono rosse. Invece il Florer re- gistra fra le varietà dell'Avellinese una mela appia rossa, che, se non fosse di tarda maturazione, e se, più ancora, non si oppo- nesse la forma, che è « a cono tronco, alto, leggermente rigon- fiato », potrebbe senza dubbio ritenersi per quella descritta nella « Villa ». Il colore, infatti, e gli altri caratteri non contradicono, essendo essa a buccia liscia a fondo giallo, coperta di roseo intenso uniforme a tratti più intensi, . . . polpa tenera, bianco gialliccia, farinosa, succosa, molto dolce, profumata e gradevolissima ^). Anche la nielu lappinola rossa dello stesso Catalogo del Flores potrebbe a prima vista avvicinarsi alla varietà esaminata, per- chè collima quasi interamente con la descrizione ora riportata ') Savastano, \j.—loco cit. p. 69. 2) Della Porta, G. B.~loco cit. p. 278. 3) •'^AVASTANO, L. — loco CÌt. p. 66. — 13 — della mela oppia rossa, ma, non essendo a polpa tenera, credo conveniente lasciarla da parte. Un'altra mela appia rossa è ricordata dal Savastano tra le mele di Scerni in Abruzzo, a polpa leggermente zuccherina, ma di essa nulla si rileva per la forma e pel colore. Il Jannelli *) descrive una mela appia della provincia di Cam- pobasso, ed anch'essa si avvicina molto a quella del Della Porta, essendo « . . arrotondata alla parte superiore ... a buccia rosso- acceso con sfumature biancastre » ; però egli la dice di i)olpa « duretta », benché « bianca, succosa, dolce », ed aggiunge « gra- dita più per l'aspetto bello e pel profumo, anziché per bontà ». Come vedesi, dunque, non riesce possibile una esatta identi- ficazione; e non saprei dire se per insufiicien/.a della descrizione antica, o perchè, — e ciò parrebbe più probabile, — della originaria varietà si é conservato intatto solo il nome, mentre i caratteri hanno subita l'azione del tempo e dei luoghi. 7. A proposito della mela appia comune il Def.la Porta dice: « Ritengo certamente che il nostro volgare melo appio, che ha grande affinità col precedente [cioè colla mela appia rossa] , sia il melappio di Plinio; esso ha il primato presso di noi, ed ha un cosi grato odore di cotogna, che le sue cortecce messe nel fuoco riempiono la casa di soave profumo, ed ha un sapore tanto gra- devole da non potersi desiderare altro di meglio, e perchè di carne tenace si può conservare per tutto un anno ed anche per due^ e resiste cosi al viaggio da poter traversare il mare; nella ma- turità è di color giallo, e riesce innocua ai malati, come dice il proverbio: omne mcdum, malum, pnieter appium mnìiim » "). Tutte belle notizie queste e piacevoli, ma della morfologia del frutto si apprende ben poco, e però difficile riesce anche per questa mela la identificazione con qualcuna delle odierne varietà. I caratteri che si ricavano dal brano surriferito sono: colore giallo nella maturità, carne consistente, odore soave, sapore gra- devole ; e con questi caratteri tentiamo la ricerca. Scartiamo dapprima le ónemelelappiole del Gaspahrini, perchè, fra l'altro, di « color bianco-carnicino » e « poco odorose . ^), e fermiamoci a tre varietà descritte dal Flores per l'Avellinese, cioè la lappinola bianca, la appia bianca e la mela cannella. Queste tre varietà hanno quasi tutti i caratteri di comune, cioè: frutto 1) Savastano, Jj.—Ioco cit. p. 69. 2) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 278. 3) GussoNE, G.-loco cit. p. 125-126. — lè- di media grandezza o piccolo, in forma di cono tronco legger- mente rigonfio ; buccia giallo-cerea, a faccia rosea, liscia; polpa bianca, tenera ^). E questi caratteri di comune consiglierobbero già a ricercare altrove, perchè nella mela appia di Della Porta si parla di buccia gialla e carne consistente e non si accenna per nulla alla faccia rosea. Però, questo roseo non è della stessa intensità nelle tre indicate melo, ma è leggerissimo nella mela cannella^ e nella lappinola bianca raramente • si presenta ; ed è per ciò che si può ridurre il confronto solo a queste due. Con- verrebbe, fra l'una o l'altra, fermarsi alla lappinola bianca^ nella quale il roseo raramente si trova; ma nella mela cannella invece sono cosi salienti i caratteri dell'odore e del sapore, da farci pas- sare sopra alla difficoltà del colore, che presenta sul giallo-cereo uniforme una faccia leggermente rosea. Ha questa mela una € polpa bianca, tenera, farinosa, succosa, dolce, profumata, gra- devolissima » 2) : un insieme, cioè, di caratteri, che ben si veggono riassunti nella frase di Della Porta, « sapore tam grato, ut nihil gratius exoptetur ». Con ciò non voglio intendere che la ìnela cannella sia proprio la mela appia di Della Porta, ma che, fra le altre, più le si avvicina e però potrebbe esserne de- rivata. 8. Alla terza varietà di mele appiè il Della Porta non dà nessun nome distintivo , ma dice semplicemente che è di co- lore scuro — « colore nigro » — ^ della forma del nostro comune melopero, affine ai melappii e con 1' odore di cotogno ^). Man- cando il nome ed essendo indeterminato il colore, la ricerca tra le odierne varietà sarebbe quasi impossibile, se non sapessimo che aveva la forma della melopera^ cioè ovata; e per tal via ap- prendiamo indirettamente anche il significato che bisogna dare al « colore nigro >, perchè sappiamo che la melopera ha colore grigio scuro. L'unica varietà odierna che potrebbe in certo modo avvicinarsele è la mela cotugno dell'Avellinese, non solo per la forma, ma pel colore ancora, che è più o meno rugginoso ; ma è mediocre nel sapore e nel profumo *). 9. Ecco come il Della Porta descrive la mela 8. Pietro: « La mela che matura verso la fine di giugno intorno alla festa di S.Pie- tro, e però detta volgarmente mela di 8. Pietro^ supera in grandezza ^) Savastano, Ij.— loco cit. p. 67. 2) Savastano, IL. — loco cit. p. 67. 3) Dki,la Porta, Gr. B.—loco cit. p. 278. *) Savastano, L. — loco cit. p. 66. — 15 — tutte le altre, e sulla parte dalla quale usciva il fiore ha una spor- genza, e dalla parte dove è inserito il ramo è più rotondeggiante, e da quivi si allunga verso l'estremo capezzoluto, da somigliare moltissimo ad una mammella, perciò ritengo che essa sia la mela ortomastica di Plinio. La sua carne è friabile e tenera, onde, but- tata giù dal vento, appena batte in terra si fa in pezzi ; è di color rosso ; ha una certa piacevole acidità, ed è così tenera nel mangiarla, che i pezzi appena in bocca si liquefanno ; e non si può conservare a lungo, nemmeno fino al termine dell'estate ^). > A questa varietà corrisponde abbastanza quella che anche oggi va sotto lo stesso nome e che nel Catalogo del Gasparrini, che la chiama P. Maliis solstitialis, si trova definita con la se- guente frase: « Pomo magno (diam. 2-J:-pollicari) subgloboso; sub- depresso, odoro ; epidermide albida, altero latere carnea ; pulpa sapida, tenera ; maturescit Junio- Julio » . ^) Dalle quali parole, come vedesi , sorge il dubbio, pel carattere della forma e del colore. Né questo dubbio viene rimosso dalla frase descrittiva modificata dal Savastano, il quale ^) dice cosi: >* Frutto grande, globoso, oblungo [e questa è proprio la forma descritta dal Della Porta], odoroso ; buccia verdina [e qui la nota del colore si al- lontana anche di più]; polpa alquanto dolce, poco gustosa e dura [e questa nota è in antitesi con quella della descrizione di Della Porta] ; matura tra giugno e luglio » . Tra le varietà della provincia di Avellino ne trovo una *) che porta il nome di mela S. Pietro o favorita, i cui caratteri si avvicinano a quelli della mela 8. Pietro del cinquecento. Eccone la descrizione: « Frutto medio, tondeggiante, acuminato in basso [cioè al polo opposto al peduncolo] e alquanto depresso ; buccia gialliccia, coperta di roseo più o meno intenso ed esteso.... polpa gialliccia, tenera, succosa, dolce agresto, leggermente profumata, gradevole. Si raccoglie in settembre ». In questa descrizione a me pare che si guadagni per la forma, pel colore e per le note della gustosità della polpa, si perda in- vece per quanto riguarda la dimensione e l'epoca della matura- zione. Ma queste due deficienze si possono ascrivere all' azione del clima e del suolo. E resterebbe cosi giustificato anche il nome che porta e che adesso è un vero anacronismo. i; Della Porta, G. B.—loco cit. p. 278-279. 2) GussoNE, G. — loco cit. p. 125. 8) Savastano, L. — loco cit. p. 63. *) Savastano, L. — loco cit. p. 66. - If) — 10. Il milo oltramontano o di Cerrito apparteneva alle va- rietà vernine. « Frutto grande » — dice il Della Porta ^) — e a cartilagine dura, pendente dall'albero fino all'inverno, e che si conserva senza speciale cura fino alla successiva raccolta , e si tiene in gran pregio appunto perchè si conserva più delle altre >. Nulla ci dice però del colore e dei caratteri della polpa. Il dire che tenevasi in gran pregio per la grande serbevolezza — « idque insigne habent » — ci fa sospettare che non fossero queste mele dotate di altre virtìi. Il nome poi ci dimostra che non erano pae- sane, ma che molto probabilmente erano importate, cioè, da oltre i monti, forse da Cerreto del Sannio. Fra le varietà di mele di Scerni in Abruzzo trovo segnata ^) una mela tenella o piana, che « resiste ai venti e ai geli sull'al- bero, e matura da decembre a gennaio ». Che fosse discendente dalla mela di Cerrito? Ma non è necessario uscire dalla provincia di Napoli, dove si trova appunto una mela, che, oltre al nome che ha conservato quasi intatto, presenta il carattere della lunga serbevolezza, e quasi inalterato quello della forma depressa, indicato dal Della Porta: è la mela tramontana, a fratto grande, più ó meno depresso, odo- roso, a buccia verde-gialliccia con faccia carnicina , polpa poco gustosa, e serbevole fino a maggio ^). Il G-asparrini la descrisse sotto il nome di P. Mahis fatua '^). Anche tra le varietà della provincia di Avellino trovasi una mela pianella o chianella a frutto depresso, ma piccolo o medio, che matura tardi ed è molto serbevole. Se il carattere della di- mensione si considera meno importante di quello dell'epoca di maturazione, può questa mela far concorrenza alla mela tramon- tana di Napoli ed alla mela tenella o piana di Abruzzo , nella possibile affinità con la mela oltramontana o di Cerrito del Della Porta. 11. Una varietà che forse sarà più facile rintracciare è quella che si trova descritta cosi dal Della Porta: * Quella mela molto notevole per la bianchezza e pel colore roseo, dalla polpa fria- bile e ricoprente una dura cartilagine, di sapore non ingrato, la quale da noi si chiama milo diece, perchè alcune volte pendono a dieci dallo stesso ramo, credo ohe sia la mela gemella di Pli- 1) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 279. 2) Savastano, Li.— loco cìt. p. 69. ") Savastano, L. — loco cit. p. 63. •*) GussoNE, G. — loco cit. p. 126. — 17 — nio » ^y Si tratta dunque di una mela molto appariscente , che ricorda il colore della salute sulla rosea guancia d'una fanciulla, e potrebbe cercarsi in quella varietà detta mela zitella; ma anche fra lo mele non vi è penuria di zitelle: vi è la mela zitella di Somma, quella dell'Avellinese, quella dell'Abruzzo, quella di Ba- silicata, ecc. A me pare che si possa rapportare al milo diece la mela zi- tella dell'Avellinese, detta anche a mazzetto, — denominazione che concorre a sorreggere la nostra argomentazione — dal frutto grosso, leggermente conico depresso , a buccia bianco-cerea con leggera tendenza al giallo, a faccia rosea più o meno intensa, a polpa bianco-gialliccia, mediocremente tenera, succosa, dolce, profumata, gradevolissima ^). Coni' è facile rilevare , questa descrizione corrisponde ab- bastanza a quella lasciataci da Della Porta. Non disconosco però che anche la mela zitella di Somma ricorda con notevole esat- tezza la mela diece della « Villa », essendo essa molto dappresso a quella dell'Avellinese pel frutto grande e depresso, a buccia giallo-canarina, e per essere molto appariscente. 12. La mela polmonara o mela di stoppa è ricordata da Plinio, e ai tempi di Della Porta conservava i caratteri pe' quali s'era guadagnato quel suo nome dispregiativo : « grossa e fatua, a carne fungosa, a guisa di polmone, insipida, esternamente di color sanguigno o pulmonaceo, di una sola virtù dotata, quella cioè di conservarsi, senza nessuna cura, fino alla nuova rac- colta » ^). Esiste ancora oggi questa mela ? Avverto che il nome non ci può essere di guida, perchè già abbiamo trovato una mela stoppa o capa de ciuccio, che corri- sponde, come innanzi fu detto, alla mela di paglia di Della Porta, e l'altro nome di mela poìmonara si è oggi perduto. Trattandosi di una varietà di quasi nessun valore, è facile che al sopraggiun- gere di varietà moderne migliori sia stata abbandonata. Forse la ricorda un poco la mela fatua del Gaspaurini, cioè, come sopra fu detto, la mela tramontana. 13. Una varietà molto apprezzata era la mela cannamela, detta cosi, dal nome della canna da zucchero, per la sua estrema dolcezza. Il Della Porta, preoccupandosi, come al solito, più di 1) Della Porta, G. B.— /oco cit. p. 279. 2) Savastano, Ij.—Ioco cit. p. 64. 3) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 279. — 18 — identificarla con qualche varietà degli autori latini, poco ci dice dei caratteri morfologici di essa: solo apprendiamo che la mela cannamela era tutta soffusa « velut ex Synopide et Sandyce colo- ribus », cioè di un colore come misto di terra rossa [SynopisJ e di minio [Sandyx], aveva carne così tenace e compatta, da com- primere le gengive mangiandola a morsi e da non esser facile l'inghiottirla, ed il sapore tanto dolce da riuscire fastidioso se masticata a lungo ^). Oggi nella provincia di Napoli pare che la mela cannamela più non esista: almeno, per quanto mi è dato di sapere, né il Gasparrini, né il Savastano la riportano, — la qual cosa, nella più favorevole ipotesi, potrebbe essere segno della nessuna im- portanza di questa mela nei tempi nostri; — la trovo però citata dal Pasquale nel suo Catalogo dell'Orto botanico di Napoli \ dal quale si rileva solamente che matura in settembre. Si trova invece una mela cannamela descritta dal Flores tra le varietà dell'A- vellinese ^) ed i cui caratteri corrispondono in parte a quelli ri- portati dal Della Porta, come vedesi qui apppresso, dove segno in corsivo i caratteri che si corrispondono nelle due descrizioni: « Frutto piccolo, tondeggiante ; buccia quasi liscia, rosea varia- mente intensa, con pennellatare più marcate in alcuni punti, pun- teggiata di bianco, con bitorzoli rugginosi , polpa tenera, bian- chiccia, molto succosa, dolcissima, profumata, gradevole ». 14. 11 milo piro è di color fuligginoso esternamente ed ha un peduncolo lungo come quella di una pera, donde il nome, dice il Della Porta % Oggi questa varietà è quasi scomparsa. Il Ga- spARRiNi cosi la descrive sotto il nome di P. Malus grisea: * Pomo ovato; epidermide sordide fusco-grisea : pulpa potias spissa, sapore Pyri et Mali, parum succosa » '^). La stessa varietà trovasi anche nell'Avellinese e quasi con gli stessi caratteri, come rilevasi dal Catalogo del Flores: « Frutto medio , a cono tronco rigonfiato; buccia Ì7i gran parte rugginosa ruvida; polpa bianca, tenera, a grana fina, poco succosa, profumata e gradevole ^) ». Ho segnato in corsivo i caratteri che si corrispondono nelle due descrizioni. ») Della Porta, G. B.-Zoco cU. p. 279. 2) Pasquale, G. K.—loco cit. p. 87. 3) Savastano, li.— loco cit. p. 68. 4) Della Poeta, G. B.—loco cit. p. 279. 5) GussoNE, G.—loco cit. p. 126. 6) Savastano, Ij.—Ioco cit. p. 67. — 19 — 15. Era la mela di Catalogna grandissima, molto rotonda, dolce, a carne friabile. Si raccoglieva nello stesso tempo della mela oltramontana e si poneva in serbo, ma non durava molto a lungo 1). Anche questa varietà pare che si sia perduta, almeno nella nostra provincia. Non credo però che si possa riferire con certezza alla mela catalogna di Melfi '-), come indurrebbe a pen- sare il nome, essendo questa di media grandezza, di gusto in- certo, e molto serbevole. 16. E vi era pure il mito cetrulo « allungato a guisa di ce- drinolo, molto aspro da non potersi mangiare se non a matura- zione inoltrata, e, tenuto in serbo, riempiente la casa di grato odore, ed avente color citrino, ed, allorché maturo, friabile ^) >. Questa varietà si è conservata, e trovasi descritta dal G-aspar- Rixi sotto il nome di F. M. cucwnerina % con la frase « pomo grandi, oblongo, ex albido-virescente , quandoque colore carneo leviter suffaso, pulpa parum sapida », e ne è indicata la matu- razione in està. Il Savastano però ■') segna « polpa gustosa ». Intanto, i caratteri riportati dal Della Porta si trovano me. glio conservati nella mela citriuolo o ciuccio o barile dell' Avel- linese descritta dal Florks, come appare meglio dal seguente con- fronto. Della Porta (Mela « cetrulo ») Allungata a cedriuolo. Color citrino. Riempie la casa di grato odore. Flores [Mela « citriuolo ») A cono tronco rigonfiato in alto. Gialliccia (qualche volta a faccia leggermente rosea). Profumo gradevole. 17. Il Della Porta riunisce sotto la denominazione di mala verna alcune mele precoci a frutto piccolo o medio, acido o dolce; e descrive cosi la varietà a frutto dolce: « Albero piccolo, che non raggiunge le dimensioni delle altre varietà; frutto di media grandezza, giallo nella maturità, dalla carne tanto tenera e fra- gile, che buttato giù dal vento si fa in pezzi ; dall' odore pe- 1) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 279. 2) Savastano, L..—loco cit. p. 71. 3) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 279. *) GussoNE, G.—loco cit. p. 126. ^) Savastano, L.— Zoco cit. p. 63. — 20 — iiotrante, dal sapore gradevolissimo, molto dolce — « mellei dulce- dine ». Sono tenerissime da liquefarsi noi mangiarle, di brevissima durata, e solo per ciò non contendono il primato a tutte le altre varietà di mela. Per l'abbondante succo acquoso che contengono, i napoletani le chiamano mele acquatole » ^j. Questa varietà tanto gentile si coltivava fra le viti, special- mente nella |)laga di Sorrento, ma era anclio abbondante nella Puglia ed in Sicilia. Per le sue dimensioni nane, colti vavasi spesso tra noi anche nei vasi su i balconi e le terrazze "). A quale varietà corrisponde questa mela delle moderne? Credo alla mela agostegna^ che il Gasparrini descrive sotto il nome di P. M. aiignstina ^), con una frase, che alquanto modificata dal Savastano, suona cosi: < Frutto medio, ovato-rotondo o rotondo depresso, buccia giallo-carnicina: polpa tenera (dice Gasparrini), succosa, sapida ». 18. La mela gaetanella il Della Porta l'ascrive alle varietà acide delle sue mela verna, e dice che aveva quel nome, perchè « un tempo ci veniva importata da Gaeta; esse sono piccole, di un piacevole sapore acido, di forma compressa, tenere, di colore erbaceo, e molto appetite dalle donne nelle loro languidezze di stomaco e nella gravidanza » *). Questa varietà si è conservata quasi inalterata presso di noi, e senza mutar nome. Il Gaspar- rini •^) ed il Savastano ^) però la dicono di sapore poco gustoso. 19. Somiglianti alle gaetanelle erano \e mele grecale e le mele grasse, moltissimo affini tra loro pel sapore acido ^), ma che non mi è riuscito possibile rintracciare con certezza tra le varietà odierne. 20. Il Della Porla parla anche di una mela di S. Giovanni^ tenera, rossa, di un sapore dolce leggermente acidetto, atta a stimolare l'appetito negli ammalati ed avidamente gustata dalle donne gravide ^). Riceve il nome dal tempo di sua maturazione « circa festum Divi Joanni ». 1) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 287. 2) « ... in fenestris fictilibus vasculis et aedium horti.s saepiiis plantetur asserveturque » (Della Porta, G. 'B.—loco cit. p. 285). 8) GussoNK, G. — loco cit. p. 125. 4) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 287. 5) GussoNE, Gt.—loco cit. p. 126. '^) Savastano, 1j.— loco cit. p. 63. ") Della Porta, G. B.—loco cit. p. 287. 8) Della Porta, G. B.—loco cit., p. 2S7. — 21 -- La mancanza di note morfologicho nel cenno ora riportato non ci dà modo di idontilicarla con (j[Lialouna dello varietà odierne; anzi, il nome stesso e l'accennato carattere del colore e del sa- pore e della poca consistenza della polpa, che coincidono con qnelli della mela di 8. Pietro dello stesso autore (vedi il n.» 9j, ci fanno sospettare che si tratti della stessa mela, la quale aveva forse ambo i nomi, perchè, avvenendo la sua maturazione alla fine di Giugno, poteva riferirsi tanto alla festa di S. Giovanni, quanto a quella di S. Pietro, che, come si sa, distano fra loro di appena 5 giorni; e forse il Della Porta, nel mettere insieme le sue note nella compilazione della Villa^ senza accorgesene parlò della stessa varietà sotto l'uno e l'altro nome. Riassumendo dunque, le varietà di mele ricordate dal Della Porta si possono mettere come seguo in rapporto con le varietà odierne coltivate nella provincia di Napoli e finitime: Varieià di Della Porta Mela di paglia corrisponde alla > arpiona > » órcola » > rosa (inodora) » rosa » ajjpia rossa » appia comune » appia scura » iS. Pietro » oltramontana » diece » polmonara » cannamela » pera » di Catalogtia » cetrulo I acquatola » gaetanella > grecola \ grassa S di S. Oiovanni » 1^ ari età odierne Mela stoppa » lappione di Spagna (A- vellinese) » annurco » rosa bastarda (Avelli- nese) j> rosa (Avellino , Cam- pobasso, ecc.) » appia rossa{Ave\\mese)? » cannella (Avellinese) ? » cotugno (Avellinese) ? » S. Pietro (Avellinese) ? » tramontana » zitella (Avellinese) ? » cannamela {\NQ\\mQSQ)'ì » pera » catalogna (Melfi) ? » cetrulo (Avellino) » agostegna » gaetanella [duplicato] — 22 - Eliminando quest'ultima varietà per lo ragioni dotte innanzi, sopra 20 varietà di mele ricordate dal Della Porta, mi è riuscito di identificarne 11 con le varietà odierne, e delle altre resta per 6 più o meno dubbia la identificazione e solo per 3 del tutto impossibile, forse perchè sparite. 3. — Il Pero. Ancora più numerose sono le varietà del Pyrus cornmimis L., che si trovano registrate nell'opera del Della Porta. Cerchiamo di rapportarle alle varietà odierne. 1. Il Della Porta ricorda fra le varietà precoci le pere cloje vote air anno, dette cosi perchè la pianta, producendo il frutto due volte in un anno, mostravasi sempre ornata di fiori e di frutti ^). Credo che questa mela siasi perduta, perchè fra le nu- merose varietà moderne delle nostre province meridionali non ne trovo il nome, né alcun accenno al carattere che lo deter- minò. 2. Chiamavano a Napoli pere hiancoìelle certe pere piccole e bianchicce, cadenti prestissimo dall' albero, le quali, mangian- dole, si riducevauo a mo' di farina , e non altro avevano di buono che l'esser precoci, precedendo tutte le altre nella matu- razione ^). Anche oggi esiste nella provincia di Napoli, e spe- cialmente a Pozzuoli, la pera biancolella, che matura appunto nella 1" e 2* decade di giugno, ed è chiamata anche pera di S. Giovanni, ed ha la buccia verdino-gialletta, la polpa tenera e poco sapida ed ammezzante: caratteri questi che coincidono ab- bastanza bene con quelli accennati dal Della Porta. Essa si trova anche a Scerni nell'Abbruzzo, dove è ricordata dal Sava- STANO ^) sotto il nome di pera UancJiina e con l' indicazione di « buccia bianca », che è più vicina alla « albea » della descrizione di Della Porta. 3. L'autore della Villa cosi descrive le pere moscarelle: < Sono queste tanto piccole da non sorpassare la grandezza di una bacca, portate a gruppi di cinque, sei o più sullo stesso rametto [Egli, per insufficienti cognizioni morfologiche dei suoi tempi, dice « uno pediculo exeuntia »]. Si candiscono [saccharo condiuntur] per con- ') Della Pokta, G. H.— loco cit. p. 288. 2) Della Porta, G. B.— /oco cit. p. 288. ^^ SaV ASTANO, 'L. — IOCO Cit. p. 78. — 23 — servarlo nell'anno successivo, e sono soavemente profumate di muschio » ^). Questa varietà si è conservata presso di noi quasi inalterata e col suo nome di pera moscarella piccola o moscarellina. Il Gta- spARttiNi ^) sotto la denominazione di P. e, moschata la definisce con la frase seguente: « Pomo parvo, ovato-subrotundo, altero latere intense rubro, altero ex viridi-rubro; pulpa quidquam spissa, odora, succosa, dulci, non mitescenti. Pyrorum aestivorum mi- nima, saepe nucis avellanae magnitudine ». E tutto ciò, come ve- desi, corrisponde appieno alla descrizione del Della Porta. Il Savastano dice ^) che questa pera è la prima a maturare tra la '2» e la 3» decade di giugno, e costituisce, per la sua squi- sitezza, una delle migliori primizie. La trovo anche registrata fra le pere di Scerni (Abruzzo) sotto lo stesso nome di tnoscatella piccola e con gli stessi carat- teri ora indicati : solo la maturazione, — e non sorprende, — è un po' meno precoce, andando essa dal giugno al luglio *). 4. « Una certa parentela di odore e di sapore » — dice il Della Porta — « avvicina ad esse [cioè alle pere moscarelle] quelle che volgarmente si dicono pere moscdrellone^ e che di molto le superano per grandezza, e maturano più tardi » ^). Sono, come vedesi, le nostre odierne p^re moscadellone^ le quali, in rapporto alle pere moscatelline , sono cosi definite dal Gasparrini: ^ P. e. moschata, b. major] pomo triplo majori, epidermide griseo-flava, punctis rubris conspersa, pulpa magis tenera, tandem mitescenti > ^). Esse maturano da agosto a settembre. 5, La pera carmosina, denominata cosi dal colore cremisino [carmosiiio], dice il Della Porta che per tenerezza, sapore e forma poco si allontana dalla moscarellona, ma moltissimo invece pei colore; e matura anch'essa in giugno '). Anche questa varietà coltivasi oggi, ma alquanto diversa dall'antica. Il Gasparrini la chiama P. e. periata e la definisce cosi: « Pomo elongato, turbinato, flavido-roseo, inodoro; pulpa teneriuscula, succosa, valde dulci, non mitescenti ^) ». Matura in luglio. 1) Della Porta, G. B. — loco cit. p. 289. 2) GussoNE, Gr.—loco cìt. p. 124. 3) Savastano, Ij.— loco cit. p. 72. *) Savastano, h.—loco cit. p. 78. 5) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 289. 6) GussoNE, G.—loco cit. p. 124. 7) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 289. 8) Gdssone, G.—loco cit. p. 124. - 24 — 6. < Ottimo od abbondanti sono presso di noi > - - dice il Della Pohta — « le pere giacciale di Roma^ chiamate così perchè ci vennero da Roma, dove erano state importate dalla Toscana: tenere, succose, dolci, bianche con una faccia rossa » *). Forse questa varietà più non esiste. Ad ogni modo, la molto incompleta descrizione che troviamo nella < Villa > non ci per- mette di farne ricerca. Solo fo notare che nel Catalogo delle va- rietà di pero di Scerni (Abruzzo) fatto dal Savastano trovasi una pera Jaccione ^), nome che mi sembra affine a quello di pera giac cìola^ tanto più che questa, essendoci pervenuta da Roma, sarà potuto passare anche da questa città in Abruzzo Nel caso poi che siasi perduto il nome e non la varietà, — e ciò mi sembra poco probabile, — potrebbesi pensare alla nostra pera angelica? La buccia gialla con faccia rossa, e la polpa te- nera succosa zuccherina, profumata, gradevolissima, che rendono pregevole questa varietà, ricordano abbastanza bene i caratteri segnati dal Della Porta ; ma non potendo ricorrere al confronto delle note morfologiche, non è possibile rispondere alla domanda. 7. Continua il Della Porta: « Vi sono presso di noi altre pere della stessa specie, che essendo state importate a Pozzuoli dalla Germania, volgarmente le chiamano pere giacciale di Poz- zuoli 0 di Alemagna, le quali si potrebbero chiamare anche yere dell orzo [« hordearia * egli dice] perchè maturano quando si miete l'orzo » '^). Mancando anche per questa varietà qualunque indicazione di caratteri morfologici, non è possibile tentarne la ricerca tra le pere odierne, fra le quali, se tuttora esiste, avrà potuto cam- biare anche di nome. Non è fuori posto però il ricordare che nell'elenco del Flores per l' Avellinese trovasi una pera lama- gna , dal frutto medio o piccolo , piriforme o cidoniforme , a buccia giallo-sbiadita, leggermente punteggiata, a polpa granu- losa, acquosa, dolce, profumata ^) ; la sua maturazione è settem- brina, ma ciò potrebbe essere un effetto del clima più freddo. 8. Si apprende dal Della Porta che lecere rossolelle sono perfuse di rosso vermiglio [rubicundus], e null'altro. Come ten- tai'ne la ricerca? •) Della Porta, G. B.—loco cii. p. 289. 2) Savastano, 1j.— loco cit. p. 78. 3) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 289. ■*) Savastano, Ij.—Ioco cit. p. 76. — 25 - Il Savastano *) cita una ^>e/-(f rossa, fra le varietà estive di Massafra (Lecce). Di tarda maturazione poi è una pera eminenza\ che il Flores descrive per la provincia di Avellino, a buccia li- scia ed in gran parte rosea. Come vedesi, dovendo starsene al solo colore, non v'è da cavarne costrutto. 9. La pera inganna villano dice il Della Porta che è scura (nigra) esternamente o piuttosto fuligginosa, fra tutte le altre buonissima , e che matura in agosto ^). Anche qui la mancanza di qualunque accenno ai caratteri morfologici rende impossibile il tentarne la identificazione con qualche varietà moderna. So- spetto però che siasi, come tante altre, perduta. Trovo intanto nell'elenco del Gtasparrini un piro spino d'està da lui detto P. e. viridis, a buccia verde sporco e a polpa tenera succosa e molto dolce, e nel Catalogo dell'Orto botanico di Napoli del Pasquale ^) un piro spino bastardo, che matura proprio in agosto, i quali fanno pensare sdìapera 'nganna villano ricordata dal Della Porta 10. Lo stesso autore cita anche una pera caravella, ottima fra tutte quelle che sono, come la precedente, sporche di color rugginoso "*), ma non ci dice altro, e nemmeno dell'epoca di ma- turazione; di modo che per essa non è possibile nemmeno il più lontano tentativo di ricerca, li. 11 Della Porta dice che allo stesso grappo delle prece- denti, cioè delle pere di brutto aspetto ma di sapore buono, spet- tano il piro brutto-buono , il piro malevestuto e le pera pozelle "), forse modalità di una stessa varietà, le quali non curate, appunto por il loro aspetto poco promettente, sono andate perdute. 12. « Le pere pane e vino » — egli dice ^) — « ci vengono dal Sannio , e sono dette cosi dal volgo , perchè mangiandole sembra di mangiare e bere insieme: ottime per sapore e por su- gosità, di forma turbinata, verdi prima e poi nella maturità bian- chicce ». Questa pera, notevole specialmente per la sua grande sugo- sità, potrebbe corrispondere alla pera buliro, che è appunto tur- binata, e più propriamente a quella della provincia di Campo- basso, che, secondo la descrizione riportata dal Savastano '), quando •) Savastano, Li.— loco cit. p. 79. 2) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 289. 3) Pasquale, G. A..— loco cit. p. 86. 4) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 28'J. •■') Della Porta, G. B. — loco cit. p. 290. 6) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 290. 7) Savastano, Ij.— loco cit. p. 73. — 26 — è immatura ha la buccia vorde-grigio e quando è matura giallo- cora con sfumature rosee, — colorazione corrispondente abbastanza allo parole « acerba virescunt, matura albescurit » del Della Por- ta,— e dalla polpa bianca, dilicata , finissima, fondente ed assai dolce. Anche la pera hutiro d'Avellino, che pochissimo si differi- sce da quella di Campobasso, vi si potrebbe riferire '). 13. « Le pere che i napoletani chiamano coscia di donna > — dice il Dklla Porta ^) — « hanno il peduncolo carnoso e piegato a mo' di un corno di bue, ed il ventre come un sacco da viag- gio, é sono tenute in poco conto perchè insipide ; esse maturano insieme con l'orzo ». Questa varietà non solo si è conservata, ma bisogna ricono- scere ancora che si è migliorata, perchè non credo che si possa dire oggi di queste pere in modo assoluto « haec vili habentur praetio , nam insipida sunt » come si legge nella « Villa • ; ma piuttosto « parum sapida » come dice il Gaspaubini ^), che le ha definito sotto il nome di P. e. coxendica^ a polpa tonerà e suc- cosa. Piuttosto si possono dire insipide le pere coscialunga , ohe sono appunto perciò tenute in poco conto , e che il Grasjjarrini ha determinate sotto il nomo di P. e. oenophora; ma nella « Villa > è descritto solo il coscia di donna. 14. Vi era inoltre a Napoli un piro cocozzaro^ che prendeva nomo dalla forma somigliante a quella d'uua zucca {cocozza), ossia come una deforme sacca da viaggio , di color verde , scabra al tatto, e maturante in agosto ^). Mi pare che questa varietà sia oggi ricordata nel inro cam- pana descritto dal Gasparrini sotto il nome di P. e. xanthocarpa, benché questo frutto sia di un giallo sporco [sordide flavo], ma è turbinato ed hinc inde gibboso, carattere questo che si avvicina ab- bastanza alla « deforme sacca da viaggio » indicata dal Della Porta; ed inoltre essa matura in agosto ed è « pyrorum aesti- voruni maxima j , cioè la più grande pera di està. 15. Dice il Della Porta: « Anche in agosto maturano due pere, che diciamo legittima l' una, spuria l'altra, ma per nulla a quelle già ricordate inferiori in grandezza, tenerezza, sugosità e sapore: il legittimo è detto piro paccone, lo spurio piro paccone M Savastano, Li.— loco cit. p. 74. 2) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 290. 3) GussoNE, G.—loco cit. p. 124. 4) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 290. — 27 — bastardo , che poco dall'altro è degenere per sapore e gran- dezza ^) ». Che forse questo paccone sia la pera spadona? Il vocabolo « paccone » è nel dialetto napoletano 1' accre- scitivo di « pacca », che significa non solo < chiappa » ma qua- lunque cosa grossa e carnosa, e deriva da paccus della bassa la- tinità, che a sua volta trae origine dal greco pachys, che significa grosso, spesso, ecc. Dunque si tratta di pere grosse e molto car- nose, e le spadone vi si attagliano abbastanza bene, quantunque il nome non abbia nulla a vedere col carattere della carnosità, ma si riferisce invece a quello della mancanza di semi , perchè « spadonius » significa < sterile » e Plinio chiama malum spado- nium una mela appunto senza semi. La nostra pera spadona è descritta dal Gasparrini col nome di P. e. nohilis ^), ed ha frutto obovato piuttosto grande, a buccia sottile verdina, polpa bianca, deliquescente, ammezzante, e ma- tura nella 2» decade di agosto. 16. E l'elenco non è ancora esaurito. « Quelle che noi dicia- mo pere pignatelle sono ottime » — scrive Della Porta — « e non solo raggiungono il peso di una libbra, ma financo di due libbre ^) » . Questa grossa pera corrisponde forse alla pera rotolo o a pigna- tiello dell'Avellinese, che è descritta dal Flores, a frutto grosso o grossissimo, ovale rigonfiato, troncato, a buccia scabra quasi uni- formemente rugginosa sopra fondo verde-gialliccio appena visi- bile, a polpa bianca dura e granulosa, di sapore dolciastro astrin- gente subacido, leggermente profumata ^). Resta però sempre il dubbio a causa della poca bontà dal sapore. 17. Continua il Della Porta: « Quelle che nel Sannio chia- mano pere capacci raggiungono financo il peso di tre libbre, ma- turano in agosto, hanno colore bianco e giallo, sono preferibili cotte, e si conservano per l'inverno •^) ». Forse il vocabolo « capacci » vuoisi qui riferire alla grossezza del frutto, come a significare « grosso capo », o non è da pensare per nulla ad una possibile provenienza da Capaccio, città del Prin- cipato Citra, la quale in veriin modo si potrebbe assegnare al Sannio, anche se a questa regione si dia la più grande esten- ij Della Porta, G. B. — loco cit. p. 291. 2) GossoNE, G. — loco cit. p. 124. 3) Della Porta, G. H.—loco cit. p. '2*J0. 4) SaV ASTANO, Ij. — Ioco CÌl. p. 74. s) Della Porta, G. lo.— loco cit. p. 290. - 28 — siono possibile. Ma intanto nell'Avelli nesu, cioè nel Principato Ultra, vi è una pera grandissima campaniforme detta jìcra troi- foiice, che si raccoglie in settembre e matura durante l'inverno, ed a completa maturità è di color giallo qua e là rugginoso ^), la quale mi sembra che s'avvicini abbastanza alla pera capaccio: tanto più che per la sua polpa duretta, non molto succosa, di sapore dolce astringente e poco gradita, risponderebbe proprio alla qualità indicata dal Della Porta, di essere cioè migliore se cotta. 18. Si viene anche a sapere che alle invernali appartengono inoltre quelle che il volgo denomina pere laure, perchè, mangian- dole, riempiono le fauci dell'odor di lauro, e sono tardive ^). Non è facile però identificare queste pere mediante la sola nota del- l' odore, perchè esistono attualmente parecchie varietà serotine profumate, quali la pera rosa (Vinverno, la pera profumo d'inverno, la principe, Veminema, ecc. Essendo però l'odor di lauro simile a quello di cannella, penso piuttosto aWa, pera cannellina di Poz- zuoli, alla pera cannella del Salernitano, o alla pera cannella d' inverno del Leccese ^). 19. « Le pere bergamotte » — dice il Della Porta — « così de- nominate dalla città di Bergamo, sono di color verdiccio, d'a- spetto non promettente, rotondo-compresse , a peduncolo cortis- simo, da sembrare sessili, sono serotine, di meravigliosa tenerezza, a succo dolce e di sapore squisito. Per le loro proprietà le di- ciamo anche impericdi e più specialmente pel grato succo e per la singolare squisitezza ^) ». Questa varietà si conserva tuttora, ed è la P. e. bergamotta del Gasparrini ''), dal frutto subrotondo, odoroso, a buccia verde gialliccia, a polpa bianchiccia , tenera, succosa, e maturante in inverno. Si avvicinano molto ad essa le pere mastantuono delle varie province napoletane ^). 20. Segue nella « Villa * un'altra notizia monca. « Le poro volgarmente dette sarriole sono invernali, di un piacevole sapore addetto e per ciò vengono senza danno mangiate dagli amma- lati » ''). Quale fra le odierno potrà essere mai questa pera d' in- verno ricordata dal Della Porta ? 2) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 2'JO. ^) Savastano, Li.— loco cit. p. 77-78. '') Della Porta, G. B.—loco cit. p. 291. •■') Gdssone, G.—loco cit. p. 124. 6) Savastano, 'L. — loco cit. pp. 72, 76, 77, 78 e 79. ') Della Porta, G. B.—loco cit. p. 291. ^ 20 - Nell'elenco delle pere (loll'Avellineso il Florks descrivo una pera cV inverno^ che, fra gli altri caratteri che non è possibile tenere in conto per la mancanza dei termini di confronto, pre- senta una polpa fine, tenera, non molto zuccherina e « legger- mente acidula » ^). Anche nt^U'elenco delle per.^ di Scorni (Abruzzo) del Savastano si trova una pera Virgilio dalla polpa gradevol- mente acidula, succolonta, ma la cui maturazione è autunnale 2). 21. Ed eccoci a qualche cosa di più determinato. Il Dklla Porta descrive cosi la 'pera buon cristiano. « Fra lo altro pere della nostra Campania molto prelibata è questa, per eccellente soavità di sapore, per grandezza, e porche così tenera da lique- farsi nel mangiarla; si conserva a lungo, tollera il trasporto, e la mangiamo in inverno cruda e cotta, ed è ottima nell'uno e nell'altro modo; si dà a mangiare senza danno agli ammalati; non prima dell'inverno comincia a maturare. Fu introdotta a Napoli da Carlo Vili quando governò questa regione , e per le sue buone qualità venne [questa pera] in gran considerazione nella nostra Campania Felice » ^). Confrontando questi dati con la descrizione della pera buon cristiano dei tempi nostri della provincia di Napoli '*), si trova nna gran differenza rispetto al tempo della maturazione, che è in està, e alla sua poca esportabilità. Risponde invece benissimo ai caratteri riportati dal Della Porta, e che riteniamo senza dub- bio esatti, la nostra ptera del Carpio^ la quale, oltre ad essere te- nera, succosa, dolce, ed a presentare quasi la stessa forma, la stessa grandezza e lo stesso colore della jjera buon cristiano^ — cioè gibbosa, grossa, più o meno gialla, — matura appunto in inverno, ed è, come dice il Savastano ^), una « varietà eccellente, ma invec- chiata, affetta facilmente dalla vajolatura ed imbitoraolisce; è delle regioni fredde *"), ed è molto esportabile ». Inclino perciò a credere che proprio questa sia la pera buon cristiano di Della Porta, tanto più che nell'opera di costui non si nomina mai una pera del Carpio, che, se fosse esistita in quel tempo , non si sa- rebbe potata, per le sue buone qualità, dimenticare. Introdotta più tardi presso di noi la pera del Carpio^ ha potuto facilmente 1) Savastano, 1j.— loco eli. p. 77.— È diversa dall'altra dello stesso nome de- scritta nel medesimo catalogo (p. 74). 2) Savastano, Ij.— loco cit. p. 78. 3) Della Porta, G. 'B.—loco cit. p. 291. 4) Savastano, Ij.— loco cit. p. 72. 6) Savastano, Ij.— loco cit. p. 72. ^ì Vedi quanto sopra è stato detto per l'origine della pera buon cristiano — 30 - scambiarsi, per ragione di grande somiglianza, con la pera buon cristiano, o col tempo si è avverata la sostituzione reciproca dei nomi. Aggiungo che nel Catalogo del Pasquale ^) vi sono ambo queste varietà e mostrano chiaro lo scambio dei nomi, essendo indicata la maturazione di ottobre per la jìera buon cristiano e la maturazione da dicembre a febbraio per la ^>era del Carpio, che è proprio la maturazione della varietà descritta dal Della Porta. La pera buon cristiano e la pera bergamotto erano quelle che più di tutte venivano conservate per l'inverno sospese a cordi- celle, e si mantenevano quasi fino alla successiva raccolta. Fra i giardini di Napoli che coltivavano lo migliori varietà di pere si distingueva specialmente quello del Conte di Mola e quello dei monaci di S. Teresa, Oltre al mangiarle crude o cotte, le pere si preparavano candite e se ne faceva la conserva con lo zucchero (pere scerup-- paté) ^), nella preparazione della quale, come delle altre conserve di frutta, erano maestre insuperate le religiose dei numerosi mo- nasteri di cui in quel tempo Napoli era ricca. Riassumendo, dunque, le varietà di pere ricordate da G. B. Della Porta corrispondono piìi o meno alle odierne nel modo seguente : 1) Pasquale, G. K.—loco cit. p. 86. 2) Camillo Porzio, nella sua Relazione del Regno di Napoli al Marchese di Mondesciar Viceré di Napoli^ ricorda che le pere non solo ed altri frutti, ma i fiori ancora « si condiscono ... col zucchero soavissimamente » (In Gkrvasio Agostino: Jj Istoria d'Italia neWanno MDXLVII e la Descrizione del Regno di Napoli di Camillo Porzio, per la prima volta pubblicate per cura dell'Ac- cademia Pontaniana..., Napoli, 1839, p. 139). — 31 — Varietà di Della Porta Pera doje iiote alVaniio corrisponde * hiancolella » » moscarella » » moscareUona » » carmosina » > giacciala di Roma » « > di Alemagna » » rossólella » » iìigoAina villano » » caravella » » hndto-huoìio i » malvestita \ * y po^ella I > coscia di donna » » cocozzara » » paccone ì 7> paccone bastardo \ 5> pigncdielìo » » capacci » > Zat»-o » > bergamotta » » sarriola » » ?>i(OW cristiano » odierne alla Pera ? » biancohlla (di Pozzuoli) » moscarella T moscareUona » carmosÌ7ia » angelica ? » tamagna (Avellinese)? y » spino d^està? ? » hutiro ? 7> coscia di donna » campana » spadone? » pignatello (Avellinese)? » trenfonce (Avellinese)? » cannella ? » bergamotta » d'inverno (Avellinese)? » cZeZ Carpio. Sopra ventuna varietà, 8 trovano certo riscontro in varietà odierne della provincia di Nax3oli, per 9 il riscontro non è certo, di 4 solamente non ho potuto trovare nessun riscontro. 4. — Il Sorbo. Il sorbo {Sorbus domestica L.) presentava in quel tempo le stesse varietà di adesso, almeno per quanto si può rilevare attraverso il pochissimo che al riguardo ci dice il Della Porta. E cioè: 1. Il sorbo femmina, a frutti piccoli e rotondi, della gran- dezza d' un' oliva i). Esso corrisponde al Sorbus domestica angu- stana di Gasparrini, che cosi lo definisce: « Pomo sub-rotundo. 1) Della Porta, G. B.— ?oc. cit. p. 297. - 32 - parvo, nncis Avellanao magnitudine, altero latore rubro, matu- rescit augusto » *). 2. Il sorbo maschio^ a frutti grandi o turbinati, grossi quanto un uovo. È questo il siiorvo a panelle , descritto dal Gasparrini sotto il nome di S. d. antumnalis, cioè « pomo subrotundo-tur- binato, altero latore flavo, altero rubro, praecedentis triplo ma- jore; maturescit Septembri » ^). 3. Un sorbo che « inter lentiginosos praecipua... in arbore ad Januarium usque vegetos servat » ^). È questo il nostro saorvo de vetiiiegna o suòvero ìiatalino, definito dal Gasparrini, sotto il nome di S. d. serotina^ a « pomo obovato-turbinato, hyeme ma- turescenti » *). Questi frutti raccolti in mazzi {mazzi 'e sòvere) si tenevano, come oggi, sospesi nelle soffitte o alle finestre per aspettare che divenissero mezze da poterle mangiare. 5. — Il Nespolo. La pagina che il Della Porta scrive sulle varietà di nespolo ^Mespibis germanica L.) che si coltivavano ai suoi tempi suona cosi • « I nostri nespoli sono di due specie, uno a frutto grande quasi quanto una mela, coi rami privi di spine, ed è coltivato e perciò ha perduto l'abito selvatico; l'altro, irto di spine, che nasce nelle selve e nei luoghi incolti , a frutto piccolo e più acerbo e che appena si può mangiare dopo che si è maturato lungo tutto l'in- verno, e a Napoli lo chiamano niespolo canino. Ve n'è poi una terza specie, a frutto più stretto ed allungato, senza noccioli, che credo piuttosto un prodotto della coltura e della bontà del ter- reno, piuttosto che un genere diverso, perchè dallo stesso albero si hanno frutti rotondi con nòccioli e frutti oblunghi e senza noccioli » ^). Come chiaramente rilevasi, sono proprio queste le tre varietà anche oggi esistenti, cioè il Mespilus germanica L., che corrisponde al nespolo canino; il M. g. apyrena, che è Vinternis ossihìis carens di Della Porta; e il M. g. fructìt maximo, che è quello descritto •) GussoNE, G. — loco cit. p. 126. 2) GussoNE, G. — loco cit. p. 126. ^) Della Porta, G. B.—loco cit. p. 297. ^) GussoNE, G. — loco cit. p. 127. ^) Della Porta, G. B. - loco cit. p. 384. — 33 — sopra, il cui fratto « fere malum magnitudine peraequet »: e tutte tre sono registrate nel Catalogo del Pasquale *). 6. — Lazzerolo. Anche il lazzerolo nulla ha mutato dai tempi di Della Pobta. Quest'autore dice: « ...il rosso è più comune, il bianco raggiunge la grandezza d'una mela, ed è più odoroso, più dolce, più ricer- cato » ^). Sono appunto queste, come vedesi, le due note varietà del Crataegus A^arolus L.: quella a frutto rosso (C A. fructo rii- hro) e l'altra a frutto gialletto descritta dal G-allesio col nome di lazzerolo bianco e della quale il Gussone dice: « Fructus in hac ex albo-luteoli , et saepius majores quam in praecedente [laz- zarola rossa], in qua semper sanguinei, ac minores » ^). 1) Pasquale, G. A. — loco cit. p. 67. 2) Della Porta, G. B. — loco cit. p. 387. ^) Gussone, G. — loco cit. p. 123. Di alcuni fenomeni vulcanici del Bacino di Agnano del socio V. GAUTniER (con una figura) (Tornata del 26 giugno 1913) Verso la fine del 1908, nella zona calda del bacino di A- gnano, ove sorgono molte acque termali ed ipertermali ed ove una parte del suolo arido è costituito da fango secco, per alcuni giorni si potè distinguere chiaramente un gorgoglio sotterraneo e battendo il suolo si udiva la risonanza di una cavità prossima alla superficie. Una mattina si trovò una cavità di forma ellit- tica, il cui diametro maggiore misurava circa m. 1.5 ed il mi- nore m. 1, restringendosi in basso ad imbuto. Al fondo della cavità si notava dell'acqua fangosa in continua agitazione per una grande quantità di anidride carbonica, che si sprigionava a grosse bolle dal fondo. La temperatura dell'acqua era di 26o_ C. Nei primi giorni di tanto in tanto venivano lanciate intorno alle pareti della cavità e fino sul suolo, delle grosse pillacchere di fango. Nella stagione estiva dell'anno seguente scomparve ogni traccia di acqua, e veniva fuori l'anidride carbonica, che costituiva nella cavità stessa uno strato in cui un cerino acceso si spegneva. Neil' inverno successivo la falda acquea latente avvicinatasi alla superficie del suolo per effetto delle piogge, ricominciò il ribol- limento, ma meno intenso ed esso tuttora continua nella stessa stagione. Verso la fine del 1911 a circa 10 m. da questa bocca si co- minciò a sentire un rumore sordo, poi un gorgoglio sotterraneo e dopo pochi giorni si apri un'altra cavità più piccola, anch'essa di forma ellittica, ad imbuto, lunga circa 70 cm., larga 35 cm. e profonda 30 cm. Nella cavità vi erano soltanto pochi centi- — 35 — metri di acqua fangosa alla temperatura di 25° C, attraverso la quale si svolgevano bolle gassoso, mentre che da un foro situato ad un estremo veniva fuori un forte getto di gas accompagnato da un rumore cupo. Dal ripetersi la formazione di queste due cavità o bocche nella stagione invernale o verso la fine di questa, credetti spie- gare il fenomeno nel modo seguente. Per effetto della maggiore pressione esercitata dalla falda latente ingrossata dalle piogge sull'anidride carbonica sottostante, che abbondantemente si sprigiona dal sottosuolo, come attraverso le sorgenti, il gas compresso gorgoglia nell'acqua latente, la quale agitata smuove il fango e di qui il rumore sordo in profondità e poi il gorgoglio. Assottigliandosi sempre più lo strato di fango soprastante e d'altra parte accumulandosi il gas al di sotto, ar- riva un momento in cui lo strato di fango assottigliato viene squarciato dal gas e si forma la cavità. Queste bocche hanno dei caratteri di somiglianza con quelle che ad intervalli si aprono nella parte più bassa del fondo cra- terico della Solfatara; ma mentre qui è il vapore acqueo caldo che si fa strada attraverso le screpolature del suolo accomi)agnato da H2S e poco CO2, ad Agiiano invece è una correute di CO2 che si fa strada attraverso il terreno fangoso e l'acqua latente. Ora queste bocche, sia per la bassa temperatura dei prodotti (acqua e fango), sia perchè nel periodo di siccità si riducono a semplici uscite di gas, si assomigliano più alle salse, che non quelle della Solfatara, e si differenziano dalle salse di Sicilia per- chè non si ha espulsione di gas infiammabili, ma di CO2. Ma se questa spiegazione può essere sufficiente per queste due bocche, non lo è per gli altri fenomeni osservati posterior- mente nello stesso bacino di Agnano di cui passo a parlare. Nel giorno 20 marzo di questo anno, a circa 10 metri in distanza delle precedenti cavità, si cominciò ad avvertire un ru- more sotterraneo, poi gorgoglio ed il giorno appresso si ebbe un piccolo scoppio seguito da lancio di pillacchere di fango e spruzzi di acqua calda, e si aprì una piccolissima bocca di forma ellit- tica, ad imbuto, col diametro maggiore di circa 40 cm., il mi- nore di 80, profonda 40 cm., e stretta in basso circa 16 cm. In questa cavità gorgogliava una poltiglia densa, scura, dalla quale si sprigionavano grosse bolle di gas e di tanto in tanto un vero getto tli gas, che lanciava con un sibilo bi-andelli di fango sulle pareti e perfino sul suolo circostante. La poltiglia aveva la tem- peratura di 41 C. — 36 — 11 fenomeno continuò, presentando delle oscillazioni di mag- giore o minore attività fino al giorno 26, poi, sparita la poltiglia fangosa del fondo, cessò il gorgoglio e si ebbe forte getto di gas accompagnato da un sibilo, che si udiva alla distanza di qualche metro. Nel fondo si notavano dei lapilli rivestiti di fango ne- rastro, i quali, spinti verso l'alto dal gas, lasciavano aperto un buco dal quale veniva fuori il gas, dando l'imagine delle scorie attorno ad un conetto eruttivo. Attualmente continua la fuoriuscita di anidride carbonica sotto forma di un piccolo getto accompaguato da un leggeris- simo sibilo, ma la cavità ha subito delle modificazioni per essere stata colmata da pietre. Contemporaneamente a questi fenomeni se ne verificavano altri a poco distanza. r Lo Spiiidcl di Agnano. Il giorno 19 marzo, cioè il giorno precedente a quello nel quale si cominciarono ad avvertire il rumore sotterraneo od il gorgoglio a cui seguì la piccola bocca sopraricordata, lo Spru- del di Agnano (fontana con getto di acqua termale a 74p C. e di gas CO2) verso le 10 cessava di un tratto. Siccome si stava eseguendo una trivellazione per l'allaccia- mento di una sorgente termale, alla distanza di circa 10 metri. — 37 — si credette che, raggiunta la falda termale animatrice dello Sprudel, l'acqua fosse stata deviata verso l'altra sorgente; ma alla osserva- zione si constatò agevolmente che l'acqua dello Sprudel si man- teneva a pochi centimetri al di sotto dell'orlo del tubo, però priva di gas, mentre elio esternamente al tubo, nella vasca di raccolta, comparvero numerose bolle di gas e polle d' acqua. Rimaneva quindi oscura la causa dell'arresto del getto, non essendo suiii- ciente a spiegarla la comparsa delle polle d'acqua allo esterno del tubo, dal momento che in questo 1' acqua vi si trovava ancora. Se non che verso le ore 12 d'un tratto, dopo un breve rumore cupo, profondo, si ebbe un violento getto di acqua e gas, getto che raggiunse 1' altezza di più di 2 metri, e l' acqua fu lanciata all'intorno per un raggio di 4 e più metri, colpendo anche al- cuni operai che non furono in tempo a fuggire. Dopo 6 a 7 mi- nuti il fenomeno andò diminuendo ed il getto ritornò allo stato normale. Il giorno 21 cessò di nuovo il getto e l'acqua nel tubo di- scese di molto. Per assodare se il fatto fosse dovuto alla rottura del tubo in qualche punto per erosione, fu scavata la vasca at- torno al tubo ed alla profondità di 50 cm. fu rinvenuta una grossa polla di acqua con molto gas , la quale scomparve dopo alcune ore. Sempre allo scopo di conoscere la causa di tale arresto, fu tagliato il tubo a circa 30 cm. al di sotto del fondo della vasca e si ebbe di nuovo un'eruzione con un getto che raggiunse l'al- tezza del giorno precedente e, dopo varie oscillazioni, si abbassò fino a sorpas.«are di poco il livello dell'acqua nella vasca. Il lume del tubo tagliato fu trovato di 40 mm., mentre prima era di 60 mm. , per effetto della incrostazione dovuta a carbo- nato di calce cristallizzato, ed a scopo sperimentale fu introdotto nel tubo tagliato e per 30 cm. a colpi di martello , un tubo in ferro del diametro di 40 mm. Si ebbe di nuovo un getto altis- simo con forte emissione di gas, getto che dopo pochi minuti si ridusse a pochi centimetri di altezza, pur seguitando a venir fuori dal fondo della vasca, attorno al tubo, acqua e gas. Il giorno 22 nelle ore pomeridiane lo Sprudel ebbe una più forte eruzione preceduta da un rumore sordo , il tubo più pic- colo, che era stato introdotto in quello tagliato, fu lanciato in alto, e si ebbe un getto di più di 2 metri con abbondante emis- sione di gas, sì da far spruzzare l'acqua spumeggiante a note- vole distanza. — 38 — Contemporaneamente nel tubo della nuova sorgente , i cui lavori di allacciamento erano terminati e che dava un getto con lievi oscillazioni, come in tutte le sorgenti ricche di CO2, si notò una maggiore attività del getto con aumento notevole di acqua e gas, 0 si ebbe un'eruzione, per cui una colonna di acqua di 16 cm. di diametro fu spinta a circa 2 metri di altezza. Dopo 4 mi- nuti tutto rientrò nello stato primiero , ma nei giorni seguenti, quantunque senza eruzioni, il getto si mantenne più attivo. E degno di nota il fatto che l'acqua minerale dello Sprudel ù diversa da quella della nuova sorgente allacciata , giacché la prima è salata con odore di brodo di pollo, giallastra, torbidiccia, ed ha un residuo di gr. 5,1730 per 1000 , la seconda è scipita, inodore , limpida , incolore ed ha un residuo di gr. 4,1762 per 1000. In quei giorni fu pure notato un maggiore sviluppo di gas nella grotta, un tempo detta dell'Ammoniaca, ed in un manu- fatto in vicinanza di una antica fumarola, oggi ridotta allo stato di mofeta e che trovasi presso i serbatoi delle Terme. Il giorno 27 si ebbe di nuovo un forte aumento del CO2 non solo nei suddetti luoghi, ma anche di quello che si sprigiona dalle acque minerali, tanto che le pompe non furono in grado di at- tingere acqua. Ora tutti questi fenomeni svoltisi dal 19 al 27 marzo in vari punti della zona calda del bacino di Agnano, e cioè la comparsa della piccola salsa il 20, le eruzioni dello Sprudel e l'abbondante quantità di gas delle mofete, mi hanno indotto a farne una breve nota per richiamare l'attenzione dei vulcanologi su di essi. Ri- tengo per parte mia che i varii fenomeni osservati siano collegati a quelli dello Sprudel , e dipendono dall' aumento dell' anidride carbonica. Mi piace a questo proposito ricordare che varie volte, ad epo- che [)iù o meno distanti fra loro, anche lo Sprudel di Carlsbad in Boemia presenta delle eruzioni, che talvolta dettero luogo a danni rilevanti nell' abitato per la grande quantità di acqua e di pietre lanciate a grande altezza. Fiori, insetti e fumarole Nota del socio A. Galdieri (Tornata del 26 giugno 1913) Grazie alle ricerche degli studiosi di biologia vegetale, e specialmente alle geniali osservazioni del venerato prof. Delpino, si conoscono molti mezzi con i quali le piante, allo scopo di ottenere la fecondazione incrociata, si procurano l' attenzione e quindi la visita degli insetti. Fra tali mezzi, com'è noto, troviamo in prima linea i colori vivaci e gli odori. Questi ultimi sono assai varii; e naturalmente ognuno di essi sta in relazione con i gusti e le abitudini dello speciale insetto pronubo, ed ha F uf- ficio di attirare questo ed evitare gl'importuni. Di tali odori ve ne sono molti che ci riescono grati, ed altri che a noi, ma certo non al pronubo, sono spiacevoli; ve ne ha di quelli che vengono emessi di giorno, altri, destinati a richiamare gl'insetti notturni, che vengono emanati di notte, ed altri che si svolgono al crepu- scolo, perchè servono a richiamare gl'insetti crepuscolari. Tempo fa mi capitò di notare un caso molto interessante di quest'ultima categoria. Osservai cioè che le infiorescenze della Lonicera impìexa Ait., mentre di giorno hanno un grato odore che ricorda quello dei fiori d'arancio, al crepuscolo tramandano invece un forte e sgradito odore, che ricorda precisamente quello di anidride solforosa; odore che si fa tanto più forte e penetrante quanto più avanza la sera. Naturalmente è da supporsi che la sostanza odorosa abbia composizione chimica ben diversa dal gas di cui simula l'odore, ed infatti essa non reagisce col reat- tivo di Casoria ^). Osservai inoltre che la sera le infiorescenze 1) Casoria, E.— Una nuova carta rivelatrice clelV anidride solforosa: An- nali R. Scuola Sup. Agricoltura, Portici, 1904. — 40 — di quella Lonicera erano visitate frequentemente dalla Lina lìopidi Fab. Quest'insetto non è certo il pronubo della Lonicera implexa , che , avendo una lunga corolla tubulare , è eviden- temente destinata ad esser fecondata mercè l' intervento d' in- setti mellisugi a lunga tromba. Interpretai perciò la presenza della Litia sulla Lonicera come una semplice casualità; e non vi pensai più. Ma quest'anno mi è capitato non solamente di ritro- vare di sera, e solo di sera, la Lina popiili in grande numero sulle infiorescenze della Lonicera ^ ma altresì di osservare che i fiori di Cyclamen hederaefolium Ait., che anche spandono odore sulfu- reo, sono pure frequentemente visitati dalla Lina popidi, e non di rado anche dalla Coccinella septempiuictata Linn. Dall'insieme di queste osservazioni è lecito concludere che la Lina populi e la Coccinella septempìinctata sono attratti sulle dette infiorescenze proprio dall'odore sulfureo. QuegF insetti sono destinati a fecondare determinati fiori, forniti di quello speciale odore. Non credo però che fra tali fiori, siano compresi quelli di Lonicera implexa e di Cyclamen hederaefolium^ perchè questi due non mi pare che abbiano speciali adattamenti morfologici per essi; ma essivi accorrono, tratti in inganno dall'odore. Gl'insetti pronubi, com'è noto, sono spesso tratti in errore: cosi, p. e., gl'in- setti che ricercano le carogne accorrono sui fiori ad odore cada- verico, e cosi la Macroglossa .stellatarum Linn. visita i fiori di- pinti o anche semplicemente disegnati, giusta le osservazioni di Schnabl e, rispettivamente, di Pierantoni ^). Non deve poi sorprendere che i due insetti sopranominati, rite- nuti come carnivori, ricercano i fiori: Knut riferisce che la Coccinella septempìinctata si nutre pure di parti fiorali, e che al- cuni Crisomelidi visitano i fiori, sia per leccarne il nettare, sia per divorarne alcune parti tenere ^). Ad ogni modo le osservazioni sopra riportate, per quanto originali, non avrebbero per se stesse molta importanza: se non che esse si collegano ad un altro fatto, interessante e non an- cora bene spiegato, cioè alla presenza di insetti sulle fumarole del Vesuvio, dell'Etna, in generale dei vulcani. 0. Gr. Costa fin dall'aprile del 1826 riferi alla R. Accademia di Napoli che in alcune fumarole del Vesuvio si raccoglieva un ') Pierantoni, U. — Sul comportamento della Mncroglossa sfellnianim ri- spetto ai fiori disegnati : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 26. 1911-12, p. 182. 2) Kirox, P. — Handbiich der Bliithenbiologie, Leipzig, Engelmann, 1898, 1 Bd. pag. 220. — 41 — o-ran imraei-o di instati i). Il fenomeno interessò molto FA'-ca- demia, ed il presidente, Giuseppe Piazzi, ed il segretario per- petuo, Teodoro Monticelli, proposero ed ottennero che Costa stesso, assieme a Nicola Covulli, ritornasse sul Vesuvio per veri- ficare la cosa: e l'osservazione fu infatti ripetutamente confer- mata nel seguente mese di Maggio ed in altre escursioni nel- l'anno successivo '•^). A. Costa nel 1855 ripetette le osservazioni paterne, accre- scendo di altre specie la fauna vesuviana ^), e l'arricchì ancora di più nel 1856 e 1861-62, in cui la portò rispettivamente a 34 e a 67 specie ■^). Anche lo scrivente od il couipiauto prof. Franco nel 1895 trovarono molti gruppi di Lina populi intorno alle fumarole del cono vesuviano ""). Del pan all'Etna, nel 1865, 1883, 1886, 1910, 1911 e 1912, come rilevo da scritti di Orazio Silvestri") e di G-aetano Platania ^) e da comunicazioni private dei dottori De Fiore e Stella Stauabba, ostato osservato l'accorrere di insetti, specialmote della Cocci- nella septempunctata, alle fumarole del cratere principale e dei crateri avventizii, nelle quali è comune l'anidride solforosa. Ed anche a Vulcano, nei 1909 e 1910, si notava, mi assicura il Dr De Fiore, un gran numero di coccinelle presso le fumarole esalanti, fra l'altro, anidride solforosa, del Piano delle Fuma- role, presso il cratere. A. Costa tentò di dare una spiegazione dello strano fenomeno. Eo-li suppose che gl'insetti, vagando casualmente per la cima del 1) ("OSTA, 0. Gr.— Fauna vesuviana ossia descrizione (h-gV insetti che vivono nei fumaioli del cratere del Vesuvio: Atti R. Accad. Se. Voi. 4, Napoli, 1839. 2) Costa, 0. G.— Rapporto sull'escursioni fatte al Vesuvio in Agosto, Ottobre, Novembre e Dicembre 1827: Atti Accad. Se. Voi. 4, Napoli. 1839. CovELLi, N.— S« la ìiatura dei fiimajoli e delle termantitt del Vesuvio dove vivono e si moltiplicano varie specie d'insetti: Atti Accad. Se. Voi. 4, Napoli, 1839. 3) GoARisi, G. — Palmieri, L.— ScArcm, A. — Memoriti sudo incendio vesu- viano del mese di Maggio ISoò.—Capo 1 1 1 Osservazioni zoologiche fatte durante Veruzione da A Odsta. 4) Costa, A.— Osservazioni sugl'insetti che rinvcngonsi morti nelle fumarole del Vesuvio: Annali E. Osserv. meteor. vesuviano, Voi. 2, p. 21. 5) Franco, ^.-GrALumm A.— U eruzione del Vesuvio nel mese di Luglio del 1895: Boll. Soc. alpina meridionale, 1895. 6) SavESTRi, O.—l fenomeni vulcanici presentati dalVEtna nel 1863, 64, 65 e 66: Atti Accad. Gioeiiia Se. Nat. (3) Tomo 1, 1867, p. 262. 7) Platania, G.—Gl insetti e le eruzioni vulcaniche: Boll. Naturai. Vili, Siena, 1888, p. 27. — 42 — vulcano, attirati dal calore, accorrano itile fumarole. Silvestri ac- cettò tale spiegazione , aggiungendo inoltre che l'aumento di temperatura determinerel)be uno sviluppo più celere e più pre- coce del solito dello uova di quegli insetti; o che nel corso di una eruzione si potrebbero determinare condizioni che favori- scano localmente la vita e lo sviluppo degli insetti. La spiegazione di Costa non è ammissibile: perchè non si può credere che gì' insetti si trovino casualmente in gran numero va- ganti sulla cima del vulcano, cima che nel caso del Vesuvio dista più di un migliaio di metri dalle ultime macchie, le quali si arrostano inoltre a non meno di 500 metri più in basso, e nel caso dell'Etna ne è ancora assai più lontana; perchè essi non sono attratti dal calore, come si può rilevare dal fatto che non accorrono né alle fiamme, né alle lave, e neanche alle fumarole della Solfatara; per- chè al Vesuvio stesso essi non si trovano sempre, né, come fece osservare Palmieri , visitano tutte le fumarole, ma solo alcune, mentre altre con la stessa temperatura vengono da essi del tutto trascurate , ed in ciascun anno scelgono quelle che loro convengono ^). Tanto meno possono accettarsi le ipotesi di Silvestri: è assurdo supporre che gl'insetti trovino attorno ai crateri, sulle nude rocce d'onde fuoriescono i gas vulcanici, le condizioni favorevoli per assolvere il loro ciclo vitale; che viceversa, come è noto, deve svolgersi in condizioni di ambiente specialissime, e spesso di- verse nei varii stadii. Invece la circostanza, che fra gì' insetti che accorrono alle fumarole, anzi fra quelli che vi accorrono più numerosi , come risulta dall'elenco datone da A. Costa, sono appunto la Lina populi e la Coccinella septempìinctatn , mi spinge a credere che q negl'insetti, come sono tratti in inganno dall'odore dei due fiori anzidetti, cosi, e non essi soli, ma anche almeno parte degli altri insetti che si trovano presso le fumarole dei vulcani , ac- corrono a queste, tratti in inganno dall'odore di anidride solfo- rosa che da essi, in determinate fasi, si svolge. Cosi si spiegherebbe anche perché non sempre né a tutte le fumarole accorrono gì' insetti, e perché si tratta sempre delle stesse specie: le fumarole visitate sarebbero quelle ad anidride solforosa, che non sempre si svolge dal vulcano; gl'insetti sareb- bero fra quelli che sogliono visitare, forse ai fini della feconda- zione incrociata, i fiori ad odore sulfureo. 't^ ') Palmieri, L. in Costa, A. — Osservazioìd siigli insetti eie. Aniiali R. Os- serv. lueteor. vesuviano, li, 1862, note a p. 21 e 22. — 43 — Anche un'altra circostanza conforta questa ipotesi, ed è che, quando col prof. Franco raccolsi la Lina populi sul cono vesuviano, il l'umo, come è registrato nella relazione, sentiva ap- punto fortemente di anidride solforosa. Ed a 'tal proposito ag- giungo che durante la stampa di questa nota ho appreso dal prof. Mercalli, che mentre fino a pochi giorni fa, quando l'odore di anidride solforosa era ancora predominante al Vesuvio, egli trovava sul cratere, nelle sue frequenti escursioni, gran numero di coleotteri, attualmente, dopo che, da pochi gioì ni , quel gas è stato sostituito dall'acido cloridrico, non ve ne trova più. Questo nesso, ora intravisto, fra l'anidride solforosa e le coc- cinelle spiegherebbe anche la volgare tradizione che una straor- dinaria apparizione di coccinelle stia tra i fenomeni precursori delle eruzioni: le coccinelle sarebbero richiamate dall'odore di anidride solforosa, gas che , come è noto, è tra i primi che ap- paiono nelle fumarole quando esse, col crescere della loro atti- vità, indicano l'approssimarsi di una fase eruttiva. Ad ogni modo sarebbe bene che coloro i quali avranno altr.' volte occasione di raccogliere insetti sul cratere tenessero conto della presenza o meno di essi intorno alle fumarole ad anidride solforosa, per poter eventualmente confermare questa mia ipotesi. Gabinetto di Mineralogia e Geologia della R. Scuola sup. d' Agricol- tura di Portici. Composizione chimica del Nespolo del Giappone (Eriobotrya jàponicR) del socio Alessandro Cutolo (Tornata del 31 luglio 1913) Sul finin; dell' inverno — quasi ad annunziare che è comin- ciata la primavera in altra parte del nostro paese — appare sul mercato di Napoli , primo fra tutti, il frutto del Nespolo del Giappone, che ci viene da la vicina Sicilia. Il pomo di forma ovale, più o meno allungata , sostenuto da un grosso peduncolo peloso, grigio, è coperto da una buccia di colore arancio, quasi liscia, ed è coronato, d'ordinario, a l'a- pice da i residui del calice. La polpa bianca o gialletta, al giu- sto punto di maturità , è di sapore dolcissimo , acidulo e lieve- mente profumato. Per i suoi caratteri esteriori non molto belli e forse, anche, p>er il suo prezzo modesto, questa frutta non ha l'onore di essere presentata nella tavola di lusso. Ma, d'altra parte, non ha un prezzo cosi basso da poter essere mangiata in abbondanza dal popolo, che ricaverebbe da esso un poco della sua razione di zucchero, resa cosi difficile dal nostro regime protezionista. Nella sua interessantissima monografia ^), « Il Nespolo del Griappone », De Rosa si è occupato di questa pianta sotto tutti i punti di vista: botanico, agrario, e commerciale, e presenta al lettore il risultato dei suoi studi in tali termini : « Appena qualcuno ne consi'lerò pregio la grossezza del frutto o la minore quantità o grossezza dei semi, pochi o nes- suno ne attese alla scolta oculata e fa caso la presenza di buoni prodotti, rari in mezzo alla massa scadente. » « La Nespola del Giappone oggi si è assisa fra la frutta di commercio, e l'attività illuminata di società ed amatori confor- tati , meno qui che altrove, dell'opera degli enti tecnici dello Stato è guida ad una produzione degna, tanto più facile ad ot- tenersi nelle nostre condizioni di suolo e di clima. » Queste considerazioni ed, ancora più, la diffusione che va pigliando la cultura di questo frutto nel nostro paese mi spin- sero ad eseguirne una completa analisi chimica, che finora non mi risulta fatta da altri. BoRNTRAEGER ^) ha studiato solamente gli acidi e gli zuccheri che sono contenuti nel frutto , estraendone il sugo in alcuni campioni provenienti da Palermo. I due primi quasi immaturi ed il terzo ben maturo. Da l'analisi di 100 ce. di mosto ebbe i seguenti risultati : Zucchero invertito 2,74 4,20 6,00 Saccarosio 4,30 2,47 4.94 Acidità, in acido malico 1,75 1,37 0,60 L' acidità, secondo la sua analisi, è costituita da acido malico e citrico principalmente ; quest' ultimo è contenuto nella quantità di 1,12 7o di sugo nel primo campione, e di gr. 0,84 ^o uel secondo. Ballano -) riporta le seguenti determinazioni fatte in un cam- pione proveniente da Cherchell : Il peso di 100 nespole è di gr. 708, dei quali 229 sono rap- presentati da i semi. 1) BoRNTRAEGER. — Su^rh* (icidi orgdnici e mi/li znechcri contemdi in alcuni frutti, specialmente meridionali: Stazioni sperimentali agrarie, Voi. 34, Mo- dena, 1901. 2) Ballano, A..—Les aliments: Parigi, 1"J07. — 46 — La polpa ha fornito, per pressione, 424 gr. di sugo della composizione seguente : Acidità, espressa in acido solforico : 0,289 "/o Materie zuccherine : 10,380 "/o Mi è sembrato, dunque, necessario completare la conoscenza di questo frutto, riservandomi di comunicare il risultato di altre mie ricerche su alcune preparazioni poco note del Nespolo e su le conserve che se ne fanno. Neil' eseguire le varie determinazioni mi sono servito dei metodi più accreditati ed accettati da tutti. Ho lisciviato la polpa, ridotta in poltiglia con quantità mi- surata di acqua calda o fredda, secondo i casi, per dosare le so- stanze solubili, e mi sono servito, invece, della polpa tagliata a piccoli pezzi e seccata per le altre determinazioni. L'acidità ho espressa in acido citrico, perchè, secondo Born- TRAEOER, questo trovasi in maggiore quantità nel sugo. Nel determinare gli zuccheri non ho trovato grande diffe- renza nei dosamenti fatti prima e dopo l' inversione del liquido. I miei risultati possono sembrare differenti da quelli di Born- TRAifiGER se non si tien presente che egli ha dosato i due zuc- cheri nel succo del frutto. Io, in vece, ho operato il dosamento estraendo la polpa con acqua calda; si comprende come per l'acidità del liquido sia av- venuta l'inversione del saccarosio da lui trovato. Per ottenere risultati ancora più attendibili e costanti ho com- pletato addirittura l' inversione con il metodo ordinario, in modo che le mie cifre rappresentano lo zucchero totale espresso solo in glucosio. Mi sono procurato il materiale sul mercato di Napoli, avendo cura di scogliere i frutti in quello stato di maturazione che li rende graditi al gusto, mentre non presentano ancora alcun segno di alterazione. — 47 — Campione I. — E provouiente da Palermo. Frutto grosso, di forma allungata, con buccia sottile di colore giallo-dorato. Polpa lievemente colorata in gialletto, dolce, pro- fumata. Contiene 3 semi. Peso medio di ogni nespolo gr. 32-33. Rapporto tra buccia, polpa e semi 1 : 4.5 : i Polpa Polpa e buccia Acqua 86,80 85,84 Acidità (in acido citrico) 0,14 0,134 Zuccheri (in glucosio) 7,88 6,69 Albuminoidi (N x 6,25) 1,75 1,57 Grassi (solubile in etere) 0,088 0,192 Cellulosa 0,39 0,48 Ceneri 0,70 0,75 Sostanze non determinate e pei "dite 3,252 •4,344 100,000 100,000 Camjnone IL — E proveniente dai dintorni di Napoli. Frutto di inedia grandezza , di forma quasi rotonda , con buccia non molto sottile di colore giallo. Polpa quasi bianca dolcissima. Contiene 3 semi. Peso medio di ogni nespolo gr. 26-28. Rapporto tra buccia, polpa e semi 1 : 3,7 : 0,94 Polpa Polpa e buccia Acqua 84,70 84,68 Acidità (in acido citrico) 0,138 0,13 Zuccheri (in glucosio) 9,12 8,16 Albuminoidi (N x 6,25) 1,77 1,64 Grassi (solubile in etere) 0,08 0,19 Cellulosa 0,42 0,54 Ceneri 0,82 0,80 Sostanze non determinate e perdite 2,952 3,86 100,000 100,00 Napoli, Laboratorio Chimico Municipale, Maggio Ì91ì3. Dei tumori spontanei nei mammiferi Fibroiiiioiiia delle cavità nasali nel cavallo pel socio Claudio Gargano (con la Tav. 1.) (Tornata del 26 Giugno 1913) MoRAU ('894) per primo ebbe la fortuna di poter studiare un sorcio spontaneamente carcinomatoso e potette trapiantare con successo su altri sorci dei frammenti del tumore in parola. Le esperienze di Morau hanno orientato la Patologia sperimen- tale su di un campo fino allora inesplorato, infatti in poclii anni i lavori sui neo|)lasmi dei sorci si sono moltiplicati, tanto da far dire a Borrel ('908) che « gràce à la souris, les plus belles ex- périences peuvent étre permises ». E se è ben vero che nel sorcio si possono osservare tutte le varietà istologiche dei tumori umani e questi tumori i)ossono trapiantarsi in serie, come una cultura di comuni batteri, credo azzardata la conclusione, che vogliono trarre i patologi, che il sorcio portatore di neoplasmi debba chiarire e risolvere l'arduo problema dell'etiologia del cancro umano. Una critica serena ed obbjetbiva delle numerose ricerche sul cancro dei sorci dimostra quanto disparate siono ancora le ten- denze degli AA. e come si sia ben lungi dal venire ad un ac- cordo. Ed allora vediamo che molti sfiduciati, e per lo meno poco convinti , ritornano ad un sistema antico di osservazione , cioè alle statistiche. L'annotare fedelmente i fatti che si presentano allo sguardo dello studioso, il rilevare quali cause abbiano po- tuto influire sullo sviluppo di un determinato neoplasma, le pre- disposizioni individuali, i fattori di benignità o di malignità, preparar doveva un vasto materiale , perchè un occhio sagace avesse potuto leggere e decifrare tal complesso e difficile libro della natura. — 49 — Più utile al certo in questo minuzioso lavoro preparatorio apparisce lo studio dei casi di tumori spontanei verificatisi nei Vertebrati e principalmente nei Mammiferi, che hanno maggiori simÌ2:li^ì'nze con la razza umana. Se ci facciamo a considerare le vecchie statistiche delle scuole veterinarie e degli uffici sanitari annessi ai macelli (per quanto riguarda animali di grossa taglia), vediamo che esse sono molto superficiali ; non si trova in tanta copia di osservazioni il con- forto di una diagnosi istologica, ed apparisce evidente che i tu- mori furono soltanto diagnosticati per i loro caratteri macro- scopici. E volendo per ora soffermare la nostra attenzione ai tumori del cavallo, questi sembrerebbero a 'priori abbastanza frequenti ; infatti una statistica riportata da Gukrbini ('910) dà i seguenti risultati : autopsie casi percentuale Berlino 62,975 580 0,9 o/o Monaco 7,380 156 2,1 Vo Dresda 15,750 395 2,5 o/o Alfort 18,100 218 1,2 o/o Necessariamente viene un amaro rimpianto per tanta copia di materiale cosi ))rezioso, che è andato perduto, ed un monito perchè in avvenire i tumori degli animali sieno studiati con amore e con tutti i migliorati metodi di tecnica dall'anatomista patologo e dal chirurgo. È principalmente il chirurgo colui che meglio di altri può apprezzare i vari fenomeni osservati, notarne le cause e gli effetti e metterli in rapporto con quelli dell'uomo. Di grande importanza appariscono i lavori recenti, promossi dalle varie Società, che si propongono lo studio del cancro per r indirizzo scientifico, che li ha guidati. BoLLiNGER ('887) cred*,'tte stabilire in una maniera abba- stanza sicura che esistono molti tumori negli animali di origine infettiva , ed egli infatti ne descrisse fin dal 1869 uno a tipo fìbromatoso nel polmone del cavallo, il cui agente sarebbe stato un particolare fungo da lui denominato Zoogloea pulmonis equi. Rivolta e Micellonk ('884) ritornando sull'argomento vi- dero che nel cavallo si verificano molti processi infiammatori dopo la castrazione, che si traducimo con una neoproduzione di tessuto. Costante in essi sarebbe la presenza di un fungo il Di- — 50 — sco-myces equi, assai simile all' Adinomyccs hovis per 1' aspetto a grapj)olo d'uva a grani serrati e corti p(Khincoli. JoHNE ('884), come si rileva da un aiticolo riassuntivo cri- tico del Waserzug ^), ebbe occasione di osservare nel cavallo sette casi di tumori in condizioni analoghe. In tre casi ritrovò la forma di un fungo simile all' Actinomyces che aveva indicato Rivolta. Gli altri casi fornii'ono in olirò un organismo di a- spetto un poco difterento e rassomigliant(ì molto all' Ascococcus Billrothii. Era un micrococco riunito in piccole masse o colonie primarie di 5 a 10 [x di diametro e disposti in colonie seconda- rie, che formavano alla superficie del tumore delle piccole pro- minenze coniche di 1 a 3 millimetri. Ciascuna delle piccole masse si trova circondata da una membrana brillante ed omogenea che la chiude come in una capsula. Le prominenze coniche conten- gono frequentemente una goccia di pus giallastro. F. (John, a cui JoHNE comunicò la sua scoperta, dette a questo microorga- nismo il nome di Ascococcus Johnei. Disgraziatamente Johne non potette farne culture pure, né inoculazioni ad animali. La pre- senza di una capsula jalina lo indusse invece a chiamare il mi- crobio col nome di Micrococcus ascoformans. E sopratutto a Rabe ('884) che si deve lo studio completo del microparassita in parola, Rabe lo potette coltivare in cultura pura e farne degli innesti nel cavallo. Dopo formazione di un edema, che si mantiene circa 10 giorni, l'A. ottenne in 4-6 set- timane un tumore sul quale apparvero delle piccole escrescenze molli, della grandezza di una ciliegia. Ciascuna di essa rinchiu- deva un grande numero di colonie simili a quelle da cui pro- veniva la cultura che era servita alle inoculazioni. I micrococchi si coloravano facilmente con i differenti colori di anilina. Montane ('894) , osservando alcuni sarcomi muscolari nel cavallo , ha ricercato il meccanismo di dissociazione dei fasci primitivi, convincendosi che questi si riassorbono per 1' azione dissolvente degli elementi prodotti dalla moltiplicazione del pro- toplasma di costituzione , nel mentre che le cellule in parola concorrono alla formazione del neoplasma. Secondo FA. nelle condizioni normali la funzione muscolare mantiene in sott' or- dine le attitudini cellulari vegetative del fascio primitivo. Sotto l'influenza invece di alcune cause patologiche queste attitudini vegetative si svegliano e l'indiiferenza cellulare , riprendendo i suoi diritti sulla funzione speciale , si esprime con una prolife- ^) Waserzug, E. — Sur un mìcroorganisme pathogène de certaines tumeurs infectieiises: revue critique : Ann. Inst. Pasteur Pai'is, Tome 1. p. 196-197, 1887. — 51 — razione che disloca la sostanza muscolare e finisce per farla sparire. Drouin e Renon ('896j hanno notato su di un cavallo una generalizzazione ueoplastica sottocutanea, simile per alcuni ca- ratteri alla botriomicosi. La malattia si traduceva con tumori fibrosi spessi , svilup- pati alla nuca, al collo , alla spalla , tumori che si ulceravano dando fuoriuscita ad un pus di buona natura, ma di un odore particolare. L'esame microscopico e culturale foco vedere la pre- senza di un micelio ramificato, forse V Aspergillus fumigatus. Non è facile dal reperto anatomo-patologico poter dire se la micosi sia primitiva alla neoplasia o secondaria alla stessa. Il meccanismo bio-chimico di produzione del pigmento nero nei tumori dei cavalli è stato oggetto di un accurato lavoro di Gessard ('903). Il detto A. lo ritiene simile al nero dei Cefalo- podi, e crede si avrebbe per la presenza di due agenti, di una diastasi ossidante e di un cromogeno : la tirosina è il cromogeno, la cui ossidazione, mercè la tirosinasi. determina la formazione del pigmento nero. Petit e Borrel {'907) riferiscon(; una prima loro osserva- zione di epitelioma branchiale nel cavallo, del quale erano riu- sciti positivi degli autoinnesti nella mammella e nella con- giuntiva. Successivamente Guerrini ('908) dà comunicazione di un sarcoma dell' intestino di un cavallo. Il neoplasma aveva sede nella parte non mesenteriale del duodeno a 4-6 cm. dal piloro, e presentavasi sotto forma di un corpo tuberoso, nodulare, senza rapporto con la sierosii. Il reperto microscopico dimostrò risul- tare di piccole cellule rotonde, ammassate le une contro le altro ed in parte contenute in alveoli di tessuto connettivale, L' A. formula la diagnosi di sarcoma a piccole cellule rotonde origi- natosi per metaplasia di un tessuto connettivo iperplastico, po- sto fra gli strati muscolari della parete intestinale. Jàger ('909) prende come argomento delle sue ricerche la melano-sarcomatosi dei cavalli bianchi, che considera come l'e- spressione di una anomalia dei cambiamenti, dovuti alla depig- mmitazione progressiva dei tegumenti p.;r opera di un fermento specilicamente melanogeno, c;he produce melanina in segtiito ad ossidazione intracellulare della surrenina. Nella melano-sarcoma- tosi si avrebbe a rilevare un doppio fattore attivo , e cioè la produzione del pigmento e la proliferazione cellulare. I tumori in parola debbono quindi essere considerati come dei sarcomi — 62 — fusocellulari, anziché comò dei cromot oforomi , nel senso in- dicato da RiBBERT ('899). GuEiiiuNi ('909) in un altro suo notevole lavoro, esamina un sarcoma [iriinitivo della })ortio bulharis della congiuntiva di un cavallo, le cui caratteristiche erano la proliferazione dei suoi elementi, L' etiologia si sarebbe dovuta ricercare in fenomeni nietaplasici del connettivo perivascolare. ScHNKY ('910) si occupa dei cosi detti colesteatomi dei plessi ventricolari nel cavallo, notando una frequenza del 50 «/o su 256 encefali esaminati. È probabile che non debbano considerarsi come tumori veri, ma piuttosto come granulomi per la flogosi prodotta dalle concrezioni di colestearina. Distingue 1' A., due varietà di colesteatomi : il granuloma cholesterinicain midtinodu- lare o agglomcratum ed il granuloma cholesterinicum solidum (co- lesteatoma liscio). Sabrazes, Marchal e Muratet ('910) descrivono un caso di libro -sarcoma nel cavallo con localizzazione nei muscoli pro- fondi del petto, negli stinchi degli arti posteriori e dell'arto an- teriore sinistro, nel polmone, e sulla valvola mitrale. Attorno agli stinchi il tumore formava delle vere guaine, le quali, per com- pressione, avevano suscitato una reazione periostale straordinaria, sotto forma di stallattiti ossee. Nelle fibre muscolari dissociate poste nell'interno del tumore della regione pettorale ed in quelle situate intorno al tumore, gli AA. osservarono dei sarcosporidii. Data la grande frequenza di questi parassiti nei cavalli (secondo Guillaume il 90 "/o ne sono affetti) e la relativa rarità dei neoplasmi negli stessi ani- mali, bisognerebbe essere molto riservati ad ammettere un nesso patologico tra i due stati. Tuttavia gli AA., senzn considerare i sarcosporidii trovati in prossimità del tumore, come agenti del sarcoma, credono che abbiano potuto determinare una ilogosi cronica nei muscoli, per la quale si sarebbe avuto un processo di difesa mesodermica, che, sorpassando alcuni limiti, abbia por- tato alia formazione della neoplasia sarcomatosa. Petit ('911), consecutivamente, a proposito di un secondo caso
  • le loro ricerche sopra i seminomi del cavallo e del mulo, ritenendo questi neoplasmi analoghi a quelli di altri ani- mali ed in particolare dell'uomo. Citologicamente il nucleo è si- mile, il citoplasma solo differisce, perchè nell'uomo è carico di glicogeno e povero di mitocondri, mentre nel cavallo avviene l'inverso. Non è agevole da quanto si è esposto poter ricavare molte conclusioni. Dal punto di vista morfologico sembra che i tumori — 54 — dei cavalli siano assolutamente identici a quelli dell'uomo, né pare dimostrato che i traumi, iincho meccanici ([)\\ìi molto fre- quenti) ed i chimici possano piodisporni allo sviluppo di tessuto di nuova, i'onnazione ; nel ( aso pertanto di Sabrazks, Marchal e MuiiATET ('910) alcuni sarcosporidii avrebbero potuto agire come una causa indiretta. Non si può provai-e in questi animali la natura parassitaria del cancro; infatti le inoculazioni con successo otte- nute fin ad ora possono spiegarsi con l'ipotesi di trapianti di tessuti, più che con (juella di attecchimento di presanti parassiti. In generale i vari studiosi purtroppo hanno tenuto poco calcolo d(3lla Bibliografia precedente alla loro osseryazione ed in- vece si sono sforzati di voler trovare riprodotto un tumore, che avesse avuto il suo parallelo nei neoplasmi della razza umana!.. Che molti tumori degli animali domestici possano essere simili, anzi identici a quelli dell'uomo, nulla di strano, ma che debbano essere sempre identici a quelli umani, qaesto è un er- rore fondamentale che non posso dividere. Sia nei cavalli, che in altri Vertebrati, nei quali ho avuto la possibilità di studiare delle forme neophistiche, i tessuti sono differenti non poco da (}uelli tiell'uomo, anzi in alcuni, come negli Anfibii, si verificano tali cose da restare molto perplessi sulla natura del tessuto. Osservazioni personali I pezzi esaminati provengono da un tumore delle cavità na- sali di un cavallo e mi sono stati forniti alcuni anni or sono dal Dr. Dentice, allora studente della R. Scuola veterinaria di Napoli (a cui rendo sentite azioni di grazie). Il tumore, asportato mediante intervento chirurgico , aveva aspetto molle , bianchic- cio, era ulcerato , e lasciava fuoriuscire una secrezione saniosa, sanguinolenta. Fu diagnosticato clinicamente come un sarcoma, né credo, da quanto mi fu riferito, che se ne fosse fatto l'esame istologico. Ho saputo altresì che il cavallo dopo qualche tempo venne a morte con riproduzione del neoplasma in sito e con i segni di una cachessia generale. Non fu eseguita l'autopsia del detto animale. Se incompleta è la storia clinica, invece il tessuto neopla- stico venne opportunamente fissato nei liquidi di Zenker, di Flemming (soluzione forte), in quello di Hermaj^n e nell' alcool assoluto. Previa disidratazione negli alcooli e chiarificazione in benzolo, i piccoli pezzi si sono imparaf&nati. A titolo di con- trollo si è fatto anche il rivestimento in celloidina. Per la colo- — 55 - razione delle sezioni mi son servito delle varie ematossilìne e specialmente della ferrica, secondo la tbrmola di Heidknhain. Le sezioni dei pezzi fìssati nei liquidi osmici le ho prima decolorate con cloro allo stato nascente e poi ho proceduto come di con- sueto alla loro colorazione con l'ematossilina ferrica di Heiden- UAiN o con la snffranina, servendomi in tal oiso come colora- zione di contrasto del verde luce. Per le forti osservazioni ho adoperato il 2 mm, apocr. ap. 1:40 di Zeiss ad immersione omogenea, con la serie degli oculari compensatori e la luce artifìciale monocromatica, facendo fdtrare i raggi di un lume ad incandescenza a gas a traverso una so- luzione satura di acetato di rame. Fin da quando i pezzi sono immersi nell' intei'medio, una cosa che colpisce è la rapidissima chiarificazione di essi: sem- brano laschi comò spongiosi, e se si fa una leggiera pressione con i polpastrelli delle dita si riceve la medesima impressione. I lolla loro grande morbitlezza. L'esame istologico delle sezioni dà una conferma di quanto macroscopicamente si era notato. .\ piccolo ingiMudimento si vede che il neoplasma risulta di Ila tessuto fibrillare lasco, in alcuni punti laschissimo, quasi trabecolare: sembrerebbe che nelle varie manipolazioni, a cui sono stati sottoposti i pezzi per l'esame microscopico, si sia per- duto qualche cosa che teneva unite, cementate le fibrille del tes- suto fondamentale del tumore. Dirò fin d'ora che non può sor- gere il sospetto che si sia avuta una retrazione qualsiasi per opera della serie degli alcooli o del bagno di paraffina, perchè i nuclei delle fibrille, le cellule libere in mezzo ad esse ed i fasci di cellule muscolari lisce, che si trovano qua e là sparsi, appa- riscono conservati nel più lodevole stato. Lo stesso si verifica sia nei preparati fissati in Zenker, in quelli in alcool o in Flem- MiNG o in Hermann od in quelli rivestiti in celloidina: ed allora è evidente che una sostanza cementante non doveva esistere, perchè sarebbe stato difficile che non si fosse potuta mettere in evidenza con cosi disparati metodi di fissazione e con processi di colorazione tanto vari. In mezzo al tessuto fibrillare si trovano piccole cellule con- nettivali, alcuni elementi speciali sferoidali, i fasci di fibre mu- scolar i lisce ed i vasi sanguigni. Tessuto fibrillare. — Il tessuto fibrillare è quello che costituisce tutto il tumore. — 56 — Nello doppie colorazioni con l'emallume-eosina, e quel che più con i colori di anilina una cosa apparisce subito e si è oltre l;i differenza morfologica d<'llo fibrille, anche il loro vario com- [)ort;nnento chimico rispetto ai coloranti; alcune prendono deci- sa mente i colori acidi di anilina , altre i colori basici , altre si tingono in modo misto nelle doppie colorazioni con prevalenza del colore basico o del colore acido. La loro dispo-iizione e forma è varia. Cercando di schema- tizzare, si può dire che vi sieno dei grossi fasci di fibrille lisce o leggermente ondulate, poste le une vicino alle altre in modo parallelo, risultanti di elementi sottdissimi privi di nucleo. Altri fasci di fibrille sottili, ma più ondulate e più brevi delle prece- denti, hanno dei nuclei bastonciniformi, poveri di sostanza ero-, matica. Questi fasci intrecciandosi , limitano degli spazi vuoti , delle trabecole, nelle quali non si trovano elementi di S(jrta o dei frammenti di fibrille. Il tipo fibrillare più abbondante è quello costituito da sottili e corte fibre, o parallele a quelle dei grossi fasci o intrecciate variamente. Si trovano altresì alcuni fascetti di fibre compatte come ciuffi o come tralci, fasci che si colorano più intensamente della massa delle fibrille, nelle quali sono sparsi. Là dove una fibrilla, si intreccia con un'altra, si nota un punto nodale più brillante. Cellule connettivali. -j- Sono piccoli elementi prevalentemente stellari, con grosso nucleo , carico di sostanza cromatica e con una esigua zona di citoplasma granuloso od omogeneo. Sono negli spazi liberi limitati dalle fibrille, ovvero, in un buon numero di casi, sono addossati alle fibrille stesse. Cellule speciali sferoidali. — Sono cellule libere diesi rinven- gono anche esse nelle maglie del tessuto fibrillare, di forma sfe- rica con una membranella limitante scura, che reagisce su per giù, rispetto ai coloranti, come la cromatina dei nuclei; è una sostanza cromatofila. Nell'interno della membranella si trovano numerosi corpicciuoli brillanti, che si tingono intensamente in nero nei preparati colorati con l'ematossilina ferrica ed in rosso in quelli alla saffranina. Se questi sieno elementi propri del tumore o venuti dal di fuori, ritengo che non possa dirsi in modo assoluto , giacché il neoplasma era ulcerato ed in contatto col mondo esterno. — 57 - Vasi sangìùifui. — ^ Numerosi sono i vasi .sangiiifjni, ma molti di ossi hanno subito un processo eli oblitoraziono. Il vaso san- guigno (giacché non è possibile distinguerò gli arteriosi dai ve- nosi), è circondato dal tessuto fibrillare, che rinforza in modo notevole l'avventizia. Attorco ai vasi spesso una infiltrazione parvicellularo, col suo successivo organizzarsi, dà origine a dei noduli di tessuto connettivo più compatto, nel mentre che un processo infiammatorio dell'intima finisce per obliterare il vaso in parola e per contribuire in tal modo anche esso alla forma- zione del nodulo connetti vale. Cellule muscolari lisce. — Le cellule muscolari lisce nascono dall'attiva neoproduzione degli elementi della tunica media dei vasi sanguigni, si aggruppano in fasci e consecutivamente per un processo di degenerazione, si trasformano in tessuto fibrillare. Osservando una sezione del tumore, molti di questi fasci si vedono tagliati normalmente al loro maggiore asse e sembrano dei noduli, dei nidi di cellule epiteliali od epitelioidi e la somi- glianza è tanto perfetta con gli elementi epiteliali, che ad un semplice esame non si potrebbe esprimere un giudizio definitivo sulla loro natura, se non si tenessero presenti altri caratteri ed altri criteri. E se è pur vero che questi nidi cellulari si mostrano isolati dal tessuto circostante mercè uno strato di connettivo più spesso e che risultano di elementi a forma poliedrica con citoplasma omogeneo o leggermente granuloso, nel cui centro è sito il nucleo carico di sostanza cromatica , nelle sezioni spesse (15 |ji) colpi- sce il non rinvenire il nucleo in tutti gli elementi in parola, ed anzi , avendo l'accortezza di girare in ambo i sensi la vite micrometrica del microscopio, negli elementi forniti di nucleo il nucleo occupa molti piani, dando la certezza di non essere sfe- rico , ma vescicolare , ovoidale e molto lungo , carattere rite- nuto fin dai più antichi osservatori (Kolliker, Ranvier, ecc.) come patognomonico delle cellule muscolari lisce. Infatti Ranvier così si esprimeva al riguardo. « Dans cer- tains de ces champs, on voit un noyau, tandis que d'autres n'en présentent pas. Cette diiférence, ainsi que la variété de dimension de champs, tient à ce que, dans un faisceau musculaire, les cel- lules sont étagées d' une facon très irrégulière , de telle sorte que, sur une trancile transversale, les unes sont coupées au voi- sinage d'une de leurs extrémités, tandis que les autres sont at- teintes au niveau de leur renflement et d(> leur noyau ». 5 — 58 — La posizione centralo del nucleo poi fa scartare Coltre altri attributi morfologici della cellula), la ipotesi di tubi nervosi , nei quali i nuclei (nelle sezioni trasverse) sono sempre alla pe- riferia della cellula. Questi fasci muscolari si trovaìio altresì sezionati oltre che normalmente al loro asse, anche oblitpianiente e longitudinale mente ed in vari stadi degenerativi, dando la certezza della loro natura muscolare. Ai criteri testé enunciati si aggiunga l'altro non meno im- portante della loro birifrangenza, nelle osservazioni eseguite col microscopio di mineralogia. Conosciamo che molti AA. ammettono una coincidenza fra la birifrangenza e la contrattilità. Infatti Engelmann < ha soste- nuto che tutte le strutture contrattili sono birifrangenti , le ti- brille striate e lisce, le ciglia vibratili e la loro radice endocellu- lare, nonché i raggi radiali deW Actinosphaerium Eichornii, parti organizzate temporaneamente in organi contrattili: sono birifran- genti anche alcune fibrille striate di Rizopodi (Schewiakofp) ed in generale i miomeni degli Infusori , le fibrille contrattili del peduncolo delle Vorticelle, e simili organi (Enriques) ». E se in seguito alle ricerche di Vlés le ciglia vibratili , i flagelli, la membrana ondulante dei Tripanosomi, le palette vi- branti dei Ctenofori, gli axopodi dogli Eliozoi non possono dirsi a stretto rigore birifrangenti, avendosi piuttosto il campo lumi- noso a nicol incrociati per fenomeni di depolarizzazione dipen- denti dalla diversità degli indici di rifrazione fra le sostanze in parola e l'ambiente esterno, per quanto riguarda invece gli ele- menti muscolari si ha sempre la birifrangenza, in mezzi di qual- siasi indice di rifrazione, birifrangenza, che secondo le teorie e le ricerche di Vlés sarebbe assai probabilmente dovuta alla pre- senza nel protoplasma delle fibre muscolari in genere di qualche cristallo liquido o semiliquido. Volendo studiare un poco più da vicino le cellule muscolari di questo neoplasma si nota che sono nude, senza membrana, re- golarmente fusiformi, con estremità assottigliate : presentano se- condo la loro lunghezza dei piani provenienti dalle mutue pres- sioni. Alcune sono talmente schiacciate da sembrare larghe, mentre che di profilo sono quasi filiformi, ad eccezione che del loro mezzo, dove presentano un rigonfiamento corrispondente al nu- cleo. La loro lunghezza variabile dai 30-70 ]x può raggiungere anche 100 [x ed il contorno è liscio, senza protuberanze di sorta. Il citoplasma risulta di una sostanza finamente fibrillare, che - 59 — sombra quasi omogetieo ed è molto refVangento : intorno al nucloo il citoplasma è gi'anuloso h soparaio dalla sostanza contrattile, anzi da questo protoplasma centrale partono dei filamenti o sottili setti longitudinali, che, irradiandosi, si dirigono verso la periferia. Tali setti disponendosi fra le fibrille corticali contrat- tili della cellula, giungono alla superficie e si fondono in qualche caso in u i sottile strato di sarcolemma periferico. Il nucleo grande, vescicolare, molto allungato, alcune volte anche a zig-zag, è sito nel centro della cellula ed è carico di sostanza cromatica e di due o più nucleoli. Alla stessa guisa di ogni cellula mesodermica mesenche- miale che può, allungandosi, elaborare una corteccia protoplasma- tica di fibrille contrattili e trasformarsi in fibra muscolare liscia, cosi le fibre muscolari lisce di questo neoplasma, per uno speciale processo di degradazione organica, danno origine ad un tessuto fibrillare. La degenerazione ha inizio nel nucleo, che si ritrae, perde i nucleoli e parte della cromatina: in questo stadio si colora poco con i colori cromatici, nel mentre che avviene una difi'usione di proteidi nucleari nel citoplasma cellulare. Parallela è la degenerazione protoplasmatica dell'elemento: la fibra muscolare acquista un contorno irregolare, si dissociano le sue fibrille fondamentali contrattili e finiscono per restare libere quando il nucleo sarà completamente morto. Esponente di questa degenerazione è il formarsi quei fasci di fibrille lunghe o leggermente ondulate, che si colorano inten- samente in rosa nei preparati tinti all'ematossilina eosina. Da quanto si è esposto sembra abbastanza evidente V isto- genesi del neoplasma studiato. Il tumore ha dovuto sorgere o dal connettivo sottomucoso delle cavità nasali o dal periostio dello scheletro del naeo, sotto forma di fibroma molle e di mioma, che consecutivamente si è ulcerato dando quella secrezione sup- purati vo-icorosa. alla quale si è accennato. Sorge la domanda: E un vero tumore? e a qual tipo di tumore bisogna attribuirlo ? Se per tumore s'intende « una neoformazione di tessuto, che non ha una struttura tipica e che non esercita alcuna fun- zione pel benessere di tutto l'organismo e che non lascia nep- pure nel suo sviluppo riconoscere una finalità determinata (Zie- — m — gler) », i pozzi d(!l caviillu ila noi sludiali fl(!bl»ono chiamarsi tumore. Il tipo (li tumore sarebbe d'un fibro-niioma., sebbene ambo questi tessuti differiscano non poco dagli omologhi dei tumori dell'uomo. E anche probabile che nel punto di impianto del neoplasma in parola si sia andato in secondo tempo evolvendo un sarcoma, che ha prodotto la cachessia e la morte dell'animale. Con ciò non escludo anche la possibilità, che potendo ri- volgere le ricerche su molti esemplari, un buon numero di questi; formazioni patologiche (che negli animali chiamiamo tumori) non debbano invece riconoscere una causa di infezione. 2.* Clinica Chii'urgica della R. Università di Napoli. 61 LAVORI CITATI ') 1911. Amkuìllk, P. — Gancer iìes" capsules surrénales: Bull. Ass. Franpaise pour^l'étude du cancer, Paris, Tome 4, p. 135 5 figg. 1887. B(M,LiNGER, 0. — \Soprii un fmhjo origine d'un tumore nel cavallo]: Deut. Med. Wochenschr. Berlin, 13. Bd. p. Ifj9. 1908, BoRRKL, A. — Le probleme éliologique du cancer. —Co nfér enee faite au comité international du cancer tenu à Berlin le 23 mai 1908 : Ann. Inst. Pasteur, Paris, Tome 22, p. 509. 1913. BoRREL, A.-Masson, P. — Recherches sur le séminome: Bull. Ass. Franpaise pour l'étude du cancer, Paris, Tome 6, p. 51, 1 Pio. 189(j. Drouin, V.-Renon — Note sur une inycose sous-cutanée innomée du cheval: C. R. Soc. Biol , Paris, Tome 48, p. 425. 1896. Frohner — Ueber das Vorkommen der Sarkome beim Pferde: Mo- natshefte Tierheilkunde, 7. Bd. p. 402. 1903. Gessard, ('. — Sur la forìuation du pigment mélanique dans les tu- meurs du cheval : C. R. Acad. Se. Paris, Tome 136, p. 1086. 1908. GuERRiNi, G. — [Su di un caso di sarcoma dell' intestino nel cavallo]: Mouatshefte Tierheilkunde, 23. Bd. p. 10. 1909. — — I neoplasmi negli animali : Pathologica, Genova, Voi. 1, p. 156. 1909. — — I neoplasmi dell'occhio negli animali. Nota statistica e bibliografia: ibid. p. 528. 1909. JaGER, A. — Die Melanosarkomatose der Schimmlpferdc : Yìvchow^s Arch. 198. Bd, p. 1-62, 1 Taf. 1884. JoRSE— [Contributo allo studio dei tumori infettivi]: Deut. Zeit. Thier- med. 12. Bd. p. 73 e 204. 1894. Montane — Dissociation des faisceaux primitifs dans le sarcome musculaire du cheval: C. E. Soc. Biol. Paris, Tome 46, p. 448. 1894. Morau — Recherches expèrimentales sur la transmissibilité de cer- tnins néoplasmes : [épithéliomas cylindriques): Arch. Méd. Expèr. Anat. Path. Paris (1) Tome 6, p. 977, I Pie. 1908. Petit, G. — Phlegmon ancien et cancer consce utif de Vestomac chez ime jument: Bull. Ass. Fran9aise pour l'étude du cancer, Paris, Tome 1. 1911. — — Deuxième cas de cancer branchial chez le cheval : ibid. Tome 4, p. 319. 1912. — — Les sarcomes de la mamelle en pathologie comparée: ibid. Tome 5, p. 135. 1907. Petit, G. -Borrel, A. — -Premier cas de cancer branchial chez le cheval: Soc. Anat., Paris. ^) I lavori preceduti da un * non sono stati da me riscontrati diretta- mente. — 62 — 1911. Prtit, (t. -Gfcrmain , R. — Ptipillome Iraumatique gingivo-jxilati.n chez ìin cheval : Bull. Ass. Fran9aise pour 1' étude du Cancer, Paris Tome 4 p. 377-380. ISS4. Kabk — [So2)ra i tumori del tessuto connettivo che hanno per ori- gine un microorganis>no^ nel cavallo]: Deut. Zeit. Thienned. 12- Bd. p. 128. 1899. RiBBBRT, H. — Ueber Uinbildungen an Zellen imd Geweben: Virchow's Arch. 157. Bd. p. 106. 1S83. Rivolta, S. — Nuova specie di sarcoma della pf.lle d"l cavallo : Giorn. Anat. Fisiol. Animali domestici, Voi. 1.5, p. 260. 1910. Sabrazès, J. - Marchal - Mukatkt, L. — [Fibrosarcoma, sarcosporidiosi-, ecc...]: Revue génér. l\Jéd. Vétér. Paris, Tome 1.5, p. 172. 1910. ScHNKY — [»S'/-ttivo 2 mm. apocr. ap. 1:40 di Zeiss e dell'oculare compensatore 8. Tutte sono state disegnate fa- cendo uso della camera lucida di Ahbe-Apaty all'altezza del tavolino del mi- croscopio. Fig. 1-2. - Disegni di insieme del tumore. Varie strutture del tessuto fi- brillare e del tessuto muscolare liscio. Numerosi i t'asci di fibre muscolari lisce sezionati trasversalmente; anche frequenti i punti di infiltrazione parvicellulare ed infiammazione vasale. Fig. 3. — Vaso sanguigno in fase di obliterazione e di neoproduzione musco- lare delle sue pareti. Fig. 4. — Vaso sanguigno all' inizio del processo di obliterazione e fascio di fibre muscolari lisce sezionato trasversalmente. Finito di stampare il 25 Ottobre 191.8. Di un semplice metodo per lo studio del sistema circolatorio negli Anellidi Nota del socio Attilio Cerruti (con la Tav. 2) (Toraata del !» marzo 1913). Lo studio accurato della topografia del sistema circolatorio in molti anellidi è ben sovente tutt'altro che facile. A ciò si deve se i lavori riguardanti tale argomento non sono molto numerosi ed inoltre non contengono sempre i particolari che si desidere- rebbero. I metodi comunemente usati per le ricerche sul sistema cir- colatorio negli anellidi sono: 1.*^ l'esame di esso sugli animali vi- venti; '2.0 l'uso delle iniezioni di masse colorate; 3.» l'esame delle sezioni seriali. Esaminiamo rapidamente i « prò » ed i « contro » presentati da questi varii metodi. L'esame degli animali viventi ha una importanza cosi grande che non è necessario insistere molto su d'esso. Ogni volta che fosse possibile dovrebbe essere accuratamente praticato, sia per lo studio dei particolari esterni, che per quello di qualsiasi sistema organico. Nell'animale vivo i vasi spiccano sovente in modo me- raviglioso, ed i movimenti di diastole e sistole aiutano non poco a seguirne il percorso. Però talora la presenza o di molto pigmento più o meno opaco, o di grandi masse di prodotti sessuali, ostacola non poco l'osservazione specie dei vasellini profondi e di piccolo calibro. Inoltre certe specie sono cosi delicate da non prestarsi ad un esame prolungato, se gli esemplari vengono un pò compressi od aneste- tizzati. Intervengono gravi alterazioni della cute, vera macera- — 65 - zioni, cho portano sovente alla inutilizzazione del materiale che si studia. Nella maggior parte dei casi si vorrebbe poi poter in seguito ricontrollare le osservazioni fatte antecedentemente, ma non sem- pre è possibile il disporre di nuovo materiale vivente: è allora che altri metodi si impongono. Il metodo delle iniezioni può dare in pochi casi risultati preziosi: solo quando trattisi di specie grosse con vasi resistenti. Esso richiede, fra altro, una grande pratica. Per le specie piccole, per quelle facilmente autotomizzabili e fornite di vasi sottili, non è sempre possibile praticare buone iniezioni, e, quel che è peggio, non si può esser sicuri di evitare stravasi o deformazioni non sempre esattamente apprezzabili. 11 metodo delle sezioni, eccellente per lo studio di molti particolaii anatomici, non lo è egualmente per quello del sistema circolatorio, specialmente in quegli aiiellidi che presentano ricche reti sanguigne formate da vasi molto sottili. Ho perduto sovente delle ore intere nel tentare la ricostruzione del sistema circola- torio in un nuovo Spionide da me rinvenuto a Napoli , senza giungere ad alcun risultato sicuro. Quantunque sia possibile anche con colorazioni molto facili, purché ben condotte, (come p. es. con l'emallume e l'eosina, col- l'ematossiliua ferrica ed il rosso congo) di colorare elettivamente sulle sezioni il sangue, si capisce come non sia sempre o facile o possibile il poter ricostruire con certezza il camino di vasi molto contorti e presentantisi sulle sezioni cime piccolissime lineette o oircoletti microscopici. Avendo osservato talora come in preparati « in toto » lieve- mente colorati e fatti con i soliti metodi talora i vasi risaltavautj di- scretamente, ho pensato di cercare di giungere al risultato di (toagulare il sangue, (quasi sempre più o meno colorato) non al- terandone il colore, e di rendere poi in seguito il corpo dell'a- nimale nel massimo grado possibile trasparente. Volli cercare di ottenere insomma delle autoiniezioni, nelle quali la massa colorata, del sangue avrebbe dovuto sostituire le gelatine colorate delle solite iniezioni. Il metodo al quale son giunto non è neppur esso applicabile in tutti i casi: esso deve essere considerato come un mezzo molto pratico e capace di dare ottimi risultati, atti ad integrare ([uelli ottenuti coirli altri metodi. 'i3' 'library, 5, — 66 - Condizioni favorevoli o necessarie per la buona riuscita sono pigmentazione non eccessiva, sangue colorato, dimensioni non oltrepassanti i 4-5 mm. di spessore. Procedo praticamente nel seguente modo. Supponiamo p. es. di aver da fare con uni Nerine cirratiiliif,- o con una Liimbriconereis impatiens, adulti , poli che, a sangue rosso ed aventi uno spessore medio di 3-4 mm. Gli animali vengono narcotizzati con l'aggiunta del 5°/o di alcool forte (90°-96°) all'acqua in cai giacciono, o mediante l'uso di altri narcotici. Dopo un pò di tempo, che varia in media da un quarto d'ora ad una mezza ora, di solito gli animali sono sufficientemente narcotizzati. Allora li pongo, rapidamente, al- l'asciutto, su d'una lastra di vetro, li distendo, o li ricopro con una altra lastra di vetro sulla quale metto dei pesi per comprimere i vermi. Questo può considerarsi come il punto più delicato, dipen- dendo molto dal grado maggiore di compressione il risultato fi- nale. La pratica indica subito il modo migliore da seguire. Ap- pena gli animali sono stati compressi , con una pipetta faccio scorrere fra le due lastre di vetro, in modo che giunga rapida- mente a contatto con gli anellidi, una soluzione molto forte di formolo, o addirittura la soluzione commerciale concentrata ^) (col 40 "/o di formaldide). Copro il tutto con una campanella per evitare la diffusione dei vapori di formaldeide, e dopo un tempo variabile da una mezz' ora od un' ora, allontano con cautela le due lastre di vetro e porto direttamente i vermi, che si presen- tano ora come nastrini sufficientemente rigidi , direttamente in alcool assoluto, ove li lascio il tempo necessario perchè siano di- sidratati. Indi rischiaro gli animali con xylolo o con un altro buon chiarificante, e li monto o fra due coprogetti, o nel modo solito, ma usando di preferenza un portoggetto sottile, e tale da permettere l'esame, del preparato dai due lati anche usando un obbiettivo acromatico di 7-8 mm. di distanza focale. Disdratando i pezzi con alcool a 96 invece che con alcool assoluto, si possono montare i preparati direttamente in Euparal. Nei preparati cosi fatti nel caso dei due vermi su citati si vedono (cfr. Figurai usando per esempio un obbiettivo di 15-18 ') Ricordo che si tratta solo di sei^uire dei vasi e non di studiare par- ticolari citologi. Prove eseguite impiegando il formolo neutro non hanno dato risultati su. periori. - 67 — mm. di fuoco ed il e o n d tj n s a t o r e d' A l) b e completamente aperto i vasi sanguigni risaltare vivamente in rosso su di un fondo quasi incolore formato dal corpo degli animali, e si pos- sono seguire particolari finissimi. Il disegno che illustra la presente nota dà una idea infe- riore a quanto si può vedere esaminando i preparati , specie se si usa un buon microscopio binoculare ed una buona illumina- zione. Naturalmente l'indice di refazione del mezzo nel quale ven- gono montati i preparati ha grande importanza, e quindi sono da preferirsi i mezzi con indice molto elevato. Prove fatte u.>^ando soluzioni di stirace in xylol invece del balsamo del Canada hanno dato eccellenti risultati. I preparati ottenuti con esso o col balsamo dopo due anni sono completa- mente inalterati. Disidratando con alcool a 96.° si possono montare i pezzi direttamente in Euparal, che però ha indice di refrazione infe- riore al balsamo del Canada. Miscele di glicerina e formolo a parti eguali, usate con lo scopo di ottenere contemporaneamente la coagulazione del san- e la trasparenza del resto dal corpo dell'animale, non hanno dato buoni risultati. Va da sé che il metodo ha anch'esso degli inconvenienti. Esso non vale per gli anellidi che hanno sangue incolore, né per quelli che hanno eccessiva pigmentazione, sebbene in quest'ul- timo caso si possano pure ottenere dei buoni risultati se il pig- mento è trasparente. Cosi pure è da notare che l'auto -iniezione che si produce col metodo descritto fa si che risaltino meglio i vasi che vengono fissati nel momento in cui sono pieni di sangue che quando ne sono quasi vuoti, di modo che solo in al- cune zone dell'animale i vasi spiccano tutti in modo bellissimo. Ma ciò, specie negli anellidi omometamerici, ha poco impor- tanza; ed inoltre disponendo di varii preparati si possono osservare in ognuno d'essi dei particolari atti a completare quelli notati in altri. Generalmente è bene di narcotizzare gli animali prima di fissarli, ma talora è auche vero il contrario. Talora negli anel- lidi trattati come ho detto, ma tralasciando la narcosi , le con- trazioni violente che si producono in seguito all'azione della fis- sazione, fanno si che i prodotti genit:ili vengano espulsi, e che i vasi spicchino in seguito molto meglio. Col metodo descritto ho potuto riuscire a studiare completamente, anche nei particolari - 68 — j)iù mimili, il sisloma cii'colatori<) di alcuni spionidi , mentre, con. gli altri metodi, avevo potuto solo osservare dei particolari isolati e perdendo molto tempo. Preparati di molte altre specie di policheti (Marphy.sa san- guinea, Ncre'is dumerilii e ciiltnfera, Hydroides pedinata, Dio- patra ncapolitana, Lysidice sp., Phyllodoce sp. etc. etcì di disco- fori [Cleiìsine sp.). mi hanno sempre più convinto della praticità del metodo. Nei preparati di Lumbriconereis impatiens ed Arida foetida le reti di vasi capillari sono molto complicato. I partico- lari osservati sono in gran parte pochissimo noti. Per quanto riguarda gli spionidi spero fra breve di poter pubblicare i risultati delle mie ricerche. Il metodo a cui ho accennato dà dei preparati in toto uti- lizza.bili anche per altri scopi: in essi sovente i nefridii sono ben visibili, si possono naturalmente osservare molti altri particolari anatomici. Napoli, Stazione Zoologica. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 2. La tìgiira rappresenta il sistema circolatorio cosi come si vede nel capo e nei primi setigeri di una Nerim cirratulus preparata col metodo indicato nel testo. I cirri tensacolari mancano perchè antotomizzatisi. Leitz. obb. 2 oc. 1. Camera Abbe. Ingr.: circa 30 diametri. Finito di stampare 4 febbraio 1913. Contributo a l'analisi del pane. Determinazione delle ceneri del socio Alessandro Cutolo (Tornata del 14 Dicembre 1913) Nell'analisi del pane è di una importanza grandissima sta- bilire qnale tipo di farina si sia adoperato nella fabbricazione delle diverse qualità. Questa indagine, come la determinazione dell'acqua, ha, sopra tutto, un valore economico perchè, appunto, il tipo di fa- rina influisce su la valutazione del prezzo del pane più che sul valore alimentare di esso. È noto che con i processi odierni di macinazione le marche o numeri delle farine si distinguono fra loro per la quantità di sostanze minerali in esse contenute. La determinazione delle ceneri del pane deve dare, perciò, l'indicazione precisa del tipo di farina adoperato; onde tale ricerca assume una grande im- portanza per l'analista, specialmente, quando è chiamato a de- cidere questioni di indole economica. I metodi adoperati sinora differiscono tra loro solamente nei dettagli, i quali non influiscono su i risultati finali." ma, per (pianto io abbia potuto sperimentare , nessuno tra essi permette al chi- mico di dare un giudizio sicuro. Barral determina le sostanze minerali con l'incenerimento in capsula di platino su lampada Berzelius, sino a che le ceneri sieno bianche, e determina il cloruro di sodio nelle stesse. Ballano secca prima il pane a 50° — 60», lo polverizza e ne determina le ceneri con lo stesso metodo. RivoT, Rupp, BouTROux, Fabkis e Marino, i chimici sviz- zeri, Lehmann, Pellerin, Zoso, Bourrey e Marquet, Gerard e Bonn, Villier e Collin , Rotea , ed altri inceneriscono 9 a 10 grammi di pane nella muffola e pesano il residuo ottenuto. - 70 - Rp:vklli carltoiiizza 8 ;ì, 10 pianimi di pane, «jstrao il carbone con acqua filtrando sopra un filtro senza ceneri. Calcina «piesto, col carbone, sino ad ottenere ceneri bianche; su queste versa la soluzione acquosa, evapora e calcina debolmente. Elsneu determina le ceneri, in 50 grammi di pane col metodo seguente: carbonizza il pane, lo tira fuori da la muffola, lo lascia mezz'ora a l'aria e lo brucia di nuovo. Lava le ceneri con alcool di 60°, per liberarle dal cloruro di sodio, le ris(3alda di nuovo leggermente e le pesa. ViLiiAVECCHiA dosa le ceneri, su la stessa quantità di pane che è servita a la determinazione dell'acqua, carbonizzando pri- ma cautamente a fiamma diretta, indi brucia il carbone in muf- fola al rosso scuro. Calcola il sale aggiunto dosando il ( 'loro nelle ceneri. Girard raccomanda una temperatura bassa; Soldaint carbo- nizza prima lentamente e poi incenerisce nella muffola; MaestrkllI vi aggiunge qualche goccia di acido nitrico. Teyxeira carbonizza il pane secco a fuoco diretto, indi in- cenerisce il carbone, umettato con acqua calda, al rosso scuro e determina il Cloro nel 'residuo. I risultati ed i limiti riportati da i diversi autori sono rag- gruppati nella tabella A. Faccio notare, però, che alcuni di essi indicano che trattasi di ceneri grezze; altri di ceneri da le quali è detratto il cloruro di sodio; altri, in fine, non danno alcuna indicazione. — 71 - T a b o. Ila, A 1» Qualità 2" Qualità Comune Bigio Militare Alessanilri — — 2,00 3.00 — Balland 0,78 1,08 — — — Barrai 1,3-; 1,84 1,48 — — Bertoncelli 0;62 0,71 — — — Chimici svizzeri - — > -^,50 - — Damnier 1,09 1,4-2 — - — Elsner — — 0,80 a 1,27 — — Esercito italiano - — — — 1,041) Fabris e Marino 0,41 0,94 1,20 a 1,45 - - Gerard e Bonn - — > 2,50 — - Girard 0,60 O.bO — — — Kònig 0,88 — 1,27 — — Peli eri n — — > 2,50 - — Revelli — — 0,71 a 1,03 — - Rivot — - 0,60 a 0,81 - — Rupp 1,02 1,22 — — — Soldaini — — > 1,00 — — Teyxeira > 1.00 — > 2,00 — — Villavecchia 0,91 1,50 0,76 a 2,00 0,1)0 a 2,50 1,50 a 1,60 Innanzi a risultati così diversi ed a limiti così larghi ritenni indispensabile raccogliere personalmente elementi di fatto determi- nando le ceneri, con i metodi ordinarli, nei varii tipi di pane che si vendono in Napoli. Le analisi da me eseguite furono moltissime ; ho raccolto, solo, nella tabella B un gruppo di quelle che sono necessarie per intendere lo scopo delle mie ricerche. Ho scelto, in ogni caso, i campioni di pane dei quali po- tetti ottenere anche la farina adoperata, st^condo, però, la dichiara- M Farine barattate al 20*^/0. 7'2 ziono dol panel li(M-(). Non vi ò alcun diildtio su la farina adopu- rata \H'r i campioni di paiuì segnati con i N. 17 a '20 perchè la panificazione fu eseguita in mia presenza nel laboratorio chi- mico municipale. Tabella B Pane Tipo Ceneri NaCl Farina Ceneri 1 Pane di 1^ 2 3 4 5 6 7 8 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 •20 » bruno » casalingo in sostanza secca I I 0.72 0,75 0.80 0,82 0,82 0,92 l,Oi) 1,11 1,17 1,29 1,39 1,69 2,31 2,09 1,14 1,00 0,96 0,85 0,93 0,H9 1,34 0,32 0,38 0,37 0,41 1,83 0,82 1,75 0,69 0,56 0,92 1,56 2,24 2,12 2,11 1,76 1,72 1,69 1,72 1,69 0,44 0,42 0,43 0,49 0,43 0,54 0,62 0,68 0 69 0,71 0,64 0,74 2,23 1,80 0,72 0,51 0,52 0,43 0,49 0,43 Marca li integrale II Note Farine raccolte nei sacchi trovati nel panificio, dietro dichiarazione del panettiere. Esperienze di panj- niticazione fatte in laboratorio, con t'a- rine provenienti da 4 mulini. — 73 Come si vede in questa lal>t'll;i Ir ct-neri «lei pane non eor- rispondono a quelle della farina adoperata. In tutti i casi sono più forti quelle ottenute dal pane e la differenza è tale da far mutare a dirittura il giudizio sul tipo della farina. Questa differenza era stata già notate da Kònig, da Bou- TROUX, (la Gerard e Bonn e da Zoso. Ballano fece la stessa osservazione e fornisce, anzi, i seguenti esempii di analisi di pane preparato con farine stacciate al 75"/o. 1 CJeneri del pane, iti sostanzi secca '^Jq 0,78 2 1.08 della farina » » » 0,58 0.70 Convinto che i risultati ottenuti, con i metodi ordinarli, non permettono di raggiungere il risultato prefìsso, ho voluto, con una serie di esperienze, trovarne la causa. Esperienza I. Ceneri nella crosta e nella mollica. Da molto tempo i chimici che si occuparono dell'analisi del pane ebbaro il dubbio che tra la crosta e la mollica potesse esservi differenza nel contenuto delle sostanze minerali. RivoT trovò, in fatti, che la mollica contiene minor quantità di ceneri della crosta e venne a la conclusione che la crosta su- bisce, durante la cottura, una perdita di sostanza organica. Barral fu d'accordo con lui su la differenza di ceneri nella crosta e nella mollica; ma aggiunse che, spesso, por lo sp(dve- ramento fatto sul pane con farina, la quale non contiene il sale come il pastone, la mollica può, accidentalmente, contenere una quantità più forte di ceneri. Fornisce egli stesso i seguenti esempii : 74 Pane di 2» qualità 1» Ceneri in soh tanza secca Crosta Mollica 1,84 1,21 1,05 1.40 1,36 1,37 1,45 1,51 •2,44 1,57 del mercato . fantasia A questa sua ipotesi si oppone, però, il fatto che lo spolve- ramento può venire praticato con cruschello o con farine di marca più bassa ed in questo caso il contenuto di ceneri sarebbe più forte. . ^ Ballano, con una prova pratica, dimostrò che non vi e dif- ferenza di sostanze minerali tra la crosta e la mollica, determi- nando le ceneri di un pane sia nel pastone, preparato par essere introdotto nel forno, sia nella crosta che nella mollic i dopo la cottura. A l'analisi ottenne il seguente risultato: Pastone (ceneri in sostanza secca) .... 0.95 ^|^f Mollic. 0.94. Crosta <^-96 » Dimostrò, inoltre, che non vi è distruzione di sostanza or- ganica durante la cottura determinando le ceneri in una farina tenuta per 9 ore a i50o o per 40 ore in stufa a HO", con il se- guente risultato: Ceneri della farina normale » » » disseccata 0,88 o/o 0,90 >> Per portare un contributo più completo a la questione ho eseguito le seguenti prove : 1.— Con una farina integrale e con una farina del N.» Il ho fatto preparare alcuni pani senza sale; una porzione col so- lito lievito ed una porzione azima. Durante la cottura, in un forno ordinario, ho introdotto contemporaneamente, a poca distanza dal pane, una certa quan- tità della stessa farina. in una capsula di porcellana, lasciandola durante tutta la cottura. — 75 - A eottura completa ho lasciato rafifreddare ed lio eseguito la determinazio ne delle ceneri, col metodo ordinarie), ottenendo i seguenti risultati, espressi in sostanza secca: Integrale N.oll 2,20 «;o 0,56 o/o 2,21 » 0,56 » 2,21 » 0,57 » 2,20 » 0,56 « Farina normale. » cotta Pane con lievito » senza » Non vi è dunque durante la cottura, distruzione di sostanza organica, 2. — Ho fatto preparare due pani, senza alcuna spolveratura di farina estranea, e li lio fatto cuocere nel forno poggiandoli su di una lastra di ferro pulitissima e riparandoli da ogni specie d'imbrattamento Ne ho eseguita l'analisi separando perfettamente crosta e mollica eliminando, cioè, la parte intermedia che non appartiene né a l'una né a l'altra. La determinazioue delle ceneri ha fornito le seguenti cifre: Ceneri grezze, in sostanza secca oy^^ Cloruro di sodio » » » ^Ceneri per differenza. . . > I Crosta i j 2,090 0,231 1,859 MoUica 2,096 0,234 1,862 Crosta Mollica 2,081 2,081 0,251 I 0,251 1,830 1,830 Altre determinazioni ho eseguito su campioni di pane pro- venienti da esperimenti di panificazione e conservati in labora- torio, allo stato secco, con i medesimi risultati: Ceneri grezze, in so- stanza secca Cloruro di sodio, in so-| 1,68 stanza secca ('eueri, ijer differenza Crosta Mollica ('rosta Mollica Crosta 1,68 1,65 1,77 1,81 2,33 0,61 1,07 0,59 1,20 1,20 1,81 0,52 1,06 0.57 0,61 Mollica 2,37 1,84 0.63 - 76 - Non vie alcun dubbio che il contoiiulo di ceneri non varia nella crosta e nella mollica. È utile , d' altra parte, di utilizzare per la determinazione di esse un pezzo della mollica che, certo, non può essere im- brattata né dalla spolveratura né da sostanze accidentali. Esperienza II. Metodi di incenerimento. Barral nei suoi importantissimi studii sul pane fa notare che € l'incenerimento è una operazione molto delicata che do- manda grandi cure: esso può dare facilmente risultati inesatti a causa dell'agglomeramento dei sali alcalini, che vi sono in gran- dissima quantità e dei quali la fusione si oppone alla combu- stione delle ultime tracce di carbone ; cosi a causa delle per- dite di sali, che può produrre lo sviluppo del vapor d' acqua e delle sostanze volatili, quando la temperatura é elevata bruscamente. Questa perdita di sali è tanto più grande quanto più l'incene- rimento dura a lungo ». Anche Girard. Elsner, Revelli, Villaveuchia, Teyxeika ed altri usano cure speciali nella determinazione delle ceneri come ho riportato nella esposizione dei metodi. Con le prove che seguono ho voluto trovare le migliori con- dizioni per ottenere, nel tempo più breve, ceneri grigie e non fuse. 3. -Ho tagliato il pane in piccoli pezzi di circa 1 cm^ e li ho bruciati in una capsula di porcellana su becco Bunsen: Lo sviluppo del vapor d'acqua, in primo tempo rapidissimo, può produrre, con tale sistema, qualche perdita. 4. — Lo stesso pane, tagliato a pezzetti, venne seccato a llOo e poi bruciato come nel caso precedente : La combustione é lenta, spesso la superficie fonde e rende più difficile r incenerimento. 5. — Il pane secco e polverato è bruciato, come nel primo caso, in capsula di porcellana su becco Bunsen : L' ineenerimente procede bene ma lentamente. L'aggiunta di nitrato ammonico affrettala combustione ma produce una parziale fusione delle ceneri e mette in pericolo la capsula per la deflagrazione che si produce. — 77 — 6. - Il pane secco e polverato è lniiciato nella muffola riscal- data gradatamente al rosso scuro, ma messa iu funzione dopo l'introduzione della capsula : In circa due ore si ottengono ottime ceneri grigie e senza traccia di fusione, quando si tien conto delle norme su dette. Ho eseguita una prova di controllo con ur.o stesso pane in- cenerito a fuoco diretto ed in muffola : Ceneri grezze, in sostanza secca *' q Cloruro di sodio "/^ Fuoco diretto 1,64 0,28 Muflfola 1,67 0,30 Tranne la rapidità dell'operazione, più breve con la muffola, la determinazione procede ugualmente bene con i due sistemi. 7. — Il pane secco e polverato viene carbonizzato a fiamma diretta su becco Bunsen.' dopo raffredamento il carbon(ì è lisci- viato con acqua, filtrando su filtro senza ceneri. Il carbone rac- colto, insieme al filtro, è bruciato nella stessa capsula in muffola. Su le ceneri viene evaporata, con precauzione, la soluzione acquosa, a bagno di acqua bollente ed il residuo è calcinato lievemente su becco Bunsen, facendovi passare la capsula mantenuta con una pinza. I numeri che seguono dimostrano che questa operazione più lunga non modifica i risultati analitici: 1 2 0,56 0,92 0,74 1,10 0,72 1,12 Ceneri delle farine, in sostanza secca % » del pane, previa lisciviazione » » del pane, senza lisciviazione » Da le esperienze eseguite può dedursi che il mezzo mi- gliore per ottenere ceneri bigie e leggiere, consiste nell'incenerimento in muffola, scaldata al rosso Scuro, del pane secco a 110*^ e ridotto in polvere. - 78 — Esperienza UT. Determinazione del Cloruro di sodio In generale tutti i chimici valutano il Cloruro di sodio nel pane determinando il Cloro nella soluzione acquosa delle ceneri; (qualcuno vi aggiunge alcune gocce di acido nitrico. Barral trovava troppo deboli le cifre del sale determinate da RivoT , in confronto alle notizie che egli aveva da l'indu- stria del tempo. La stessa osservazione venne fatta da altri e Zoso, dopo una serie d'esperienze, conchiuse che i cloruri che si rinvengono nelle ceneri non costituiscono che una pa,rte del Cloruro di sodio ado- perato nella salatura. Anche io ho avuto sempre lo stesso convincimento, perchè, conoscendo bene la quantità di sale adoperato nella panificazione a Napoli, ho trovato sempre quantità più piccole. Ho fatto, per ciò, diverse prove anche per questa determi- nazione : 8. — Determinai, innanzi tutto, il Cloruro di sodio in alcuni campioni di sale comune, prelevati presso i panettieri, ottenendo i seguenti risultati : ^ 12 3 Sale secco a l'aria Na CI 'Vo • • • 1 93,10 93,20 | 96,30 » ,» 110° » - . . . 94,70 95,16 | 98,00 » ricristalizzato » * . . . j 97,60 97,90 98,60 11 sale adoperato può considerarsi commercial- mente puro. 9. — Feci preparare due tipi di pane con farine molto diffe- renti : la prima con 0.32 ^/o di ceneri e la seconda con 0,71 ^lo- Vi aggiunsi una quantità dosata di Cloruio di sodio puro e, dopo cottura, eseguii la determinazione del Cloro, in diversi modi con i seguenti risultati: Cloruro di sodio calcolato in pane secco "/o Cloruro di .sodio determinato con lisciviazione del carbone. » » determinato nella .soluzione, acquosa, secondo Mohr ........ Cloruro di sodio determinato nella soluzione nitrica, secondo Volhako 1 >•> 2.00 2.00 1,68 1,50 1,63 1,16 1,70 1,53 - 79 — Questa esperienza dimostra chiaramente che vi ha perdita di Cloro durante la calcinazione e che i migliori risultati si ottengono col metodo Volhard eseguendo, cioè, la determinazione nella soluzione nitrica delle ceneri. Es p e r i e n z a IV. Su la perdita del Cloro Assodato in modo evidente che, determinando le ceneri del pane si ottengono delle cifre che non corrispondono a quelle delle farine e che si ha una notevole perdita di Cloro volli inda- garne le cause. 10. — Nella esperienza 9 avevo già notato che la perdita mag- giore di Cloro si aveva nella farina che conteneva una più grande quantità di ceneri. Per confermare l'osservazione ripetetti la prova con quattro farine, molto diverse per contenuto di ceneri, otte- nendo i seguenti risultati : (Jeneri delle farina, in sostanza secca Cloruro di sodio aggiunto . » » tro>'ato. . perdita I 11 111 0,32 0,48 0,71 2,16 2,16 2,16 1,63 1,51 1,46 0,53 0,65 0,70 IV 1,61 2,16 1,34 0,82 Appare subito che la per dita del CI oro diventa maggiore a misura che aumenta la percen- tuale di ceneri delle farine e mi convinsi perciò, che la ragione era da ricercarsi nella costituzione stessa delle ceneri del frumento. Esperienza V. Su l'influenza del fosforo nelle ceneri È noto che l'acido fosforico contenuto nelle ceneri del frumento rappresenta quasi la metà delle sostanze minerali; onde derivala convinzione che il pane bruno, preparato con farine di marca più bassa, sia il più ricco di fosforo. — 80 — E, (liinque, molto probabile che la perdita del Cloro debba attribuirsi a la presenza dell'acido fosforico. Ed, in fatti, le quat- tro farine da me scelte contenevano : P., 05'Vo .... I 0,14 II 0,23 III I IV 0,83 0,7.5 L'acido fosforico, secondo Gautier, si trova combinato, prin- cipalmente, allo stato di fosfati alcalini e terrosi, ma una parte, notevole di esso deriva da l'ossidazione del fosforo delle lecitine, delle nucleine e dell'acido metilen-fosforico (lafitinadi Poster- nak). Secondo un'analisi del dr. Bernardini un frumento, prove- niente da l'agro di Pomigliano d'Arco, forni i seguenti risultati, per quanto riguarda il fosforo : P2O5 totale .... 1.087° » lecitinico .... 0.03 » > fitinico . . . . 0.74 » » nucleinico. , , . 0.28 » KivoT, partendo da l'analisi di un campione di pane, calcolò che per saturare, allo stato di fosfato bibasico, le basi alcaline ed alcaline terrose, nelle ceneri di 100 grammi di pane, bastereb- bero gr. 0.232 di P2O5 mentre ne trovava in totale gr. 0.470 ; la differenza di gr. 0.238 era, dunque, dovuta a la combustione del fosforo organico, cioè non unito a basi fisse. È, per me, evidente die questo residuo fosforico è, proprio, quello che scaccia il cloro e va a saturare la base alcalina rima- sta libera. Con alcune esperienze lio potuto dimostrare la verità della mia ipotesi : 11. — Ho preparato due soluzioni contenenti la prima gr. 0.107 di Cloruro di sodio in 5 ce. e la seconda gr. 0.069 di P2O5 in 5 ce. Indi ho introdotto in due capsule di porcellana le seguenti miscele : Capsula A : Amido gr. 10 + soluzione di cloruro di sodio ce. 5. Capsula B : Amido gr. 10 - soluzione di cloruro di sodio ce. 5 + solu- zione di P2O5 ce. 5. — 81 — Ho essiccato la luiscola in stufa a. 110'' e poi ho incenerito nella muffola. Nel residuo, sciolto in acqua acidulata con acido nitrico, ho determinato il Cloro col metodo di Volhard ottenendo i seguenti risultati, espressi in Cloruro di sodio : Capsula ^ = gr 0,0994 B^ y . . . . 0,0282 Non vi è alena dul)bio che P2O5, nelle condizioni nelle quali avviene l'incenerimento del pane, scaccia i 1 (^loro dal Cloruro di sodio. 12. — Ho scelto una farina contenente: Ceneri, in sostanza secca = O.-ll "/o P20r, > » = 0.19 » e d'altra parte ho preparato una soluzione contenente gr. 0.116 di Cloruro di sodio in 5 ce. ed una soluzione alcoolica di potassa al 5 o/o. Ho mescolato in tante capsule di porcellana : Capsula A : Farina gr. 10 h soluzione di NaCl ce. 5 Capsula B : Farina gr. 10 -|- soluzione di NaCl ce. 5-|-soluz. di KOH co. 5 Capsula C : Farina gr. 20 -f- soluzione di NaCi ce. 5 Capsula D : Fcirina gr. 20+soluzione di NaCl oc. 5-|-soluz. di KOH ce. 5 Come nella prova precedente ho essiccato nella stufa, ho in- cenerito ed ho determinato il Cloro col metodo di Volhard, otte- nendo i seguenti risultati espressi in NaCl : Capsula A Calcolato Trovato | Differenze Ceneri + NaUl = 0,157 Ceneri totali = 0,141 — 0,016 NaCl = 0,116 NuCl = 0,087 — 0,029 Ceneri delle farine = 0,011 Ceneri per differenza = 0,054 -\- 0.013 — S'2 — Capsula C Calcolato Trovato Differenze Ceneri + NaCl = 0,1!J8 Ceneri lutali = 0,17!) — 0,019 NaCl = 0,116 |NaCl = 0,086 — 0,030 Ceneri delle farine-- 0,082 Ceneri per differenza = 0,093 4- <';011 Nelle capsule B e D ho trovato lo quantità introdotte di Cloruro di sodio. Queste prove confermano la procedente perchè provano la perdita del Cloro e d'altra parte dimostrano chiaramente che la minore quantità di CI fornisce col calcolo una mi- nore quantità di NaCl, onde il residuo Na contri- buisce ad accrescere la quantità di ceneri calcolata per d iffer en za. Dimostrano, ancora, che aggiungendo una base libera, cioè saturando il residuo fosforico, non si ha più perdita di CI, come è avvenuto nelle capsule B e D. Metodo analitico proposto Avendo cosi spiegato, in maniera esauriente, gl'inconvenienti che si incontrano nella determinazione delle ceneri del pane, ho studiato un metodo di analisi che fornisce risultati precisi : Si secca il pane tagliato in piccoli pezzi di 1 cm^, prelevati possibilmente da la mollica, nella stufa a 105<'-110<' per qualche ora ; indi si polverizza e si secca ancora sino a peso costante. In una capsula A si pesano 10 grammi del pane, cosi prepa- rato, si inceneriscono in muffola al calore rosso e si posano le ceneri. In una capsula B si pesano 10 grammi dello stesso pane, vi si aggiungono 4 o 5 ce. di soluzione alcoolica di potassa al 5 o/o, si dissecca la miscela a bagno d'acqua bollente ed indi si ince- nerisce nella stessa muffola, senza pesare il residuo. Si ripigliano le ceneri delle due capsule con acqua acidulata con acido nitrico, in modo da ottenere soluzioni acide, e si de- termina il CI !*ol motodo (li Voi.HART). — 83 - Indi si esegue il seguente calcolo : Capsula A contiene : Ceneri totali = C Cloro -^ ci Cloruro di sodio = nacL Capsula B contiene : Cloro ^ CI Cloruro di sodio ^ NaCI onde il CI perduto nell'inoeuerimento della capsula a risulta: CI— cl= Ch che bisogna aggiungere al peso ottenuto delle ceneri, cioè: C^ Ch da questo peso, che rappresenta le ccueri totali, Ijisogiia detrarre il peso di tutto il Cloruro di sodio ottenuto nella determinazione fatta nella capsula b cioè ((7+ Ch) — NaCl = e questo peso e. rappresenta le ceneri della farina adoperata. Esempio : Pane impiegato gr. 10. Capsula A | Capsula B C ^ gr : 0.243 ci = » 0.098 CI gr: 0.126 nacl = . 0.162 NaCl > 0.208 Onde il Cloro perduto durante l'incenerimento del pane = 0.126 — 0.098 = 0.028. che bisogna aggiungere al peso delle ceneri trovate 0.243 4- 0.028 - 0.271 Da questa cifra si detrae il NaCl ottenuto nella capsula B 0.271 — 0.208 = 0.063 che è precisamente la quantità di ceneri contenuta nella farina adoperata per fare il pane (0,64 °/o). Se SI fosse eseguita la determinazione con uno dei metodi soliti si sarebbero ottenuti i seguenti risultati: Ceneri . . . =0.243 Cloruro di sodio . = 0.162 Ceneri, per differenza -^ 0.081 con un errore di 0.17 "/o in più. - 84 — Nella tabella C ho riunito lo aualisi di quattro tipi di pane prc|)arati con farine a contenuto di ceneri molto diverso e con ijuantità sempre eguale di Cloruro di sodio. Da l'esame dei risultati ottenuti appare in modo evidentis- sima la precisione dei mio metodo V) in confronto di (juelli ado- perati sino ad oggi. lo sono riuscito ad identificare le ({ualità o numeri delle fa- rine ed a stabilire anche il rendimento in pane, teuendo conto del tasso di umidità, nelle ordinarie condizioni , ogni volta che è stato necessario di risolvere questioni d'indole economica. Napoli. — Laboratorio Chimico Municipale. — Dicembre i'J13. ^) Ho applicato lo stesso metodo con identico risultato nella determina- zione delle ceneri di diverse sostanze nelle quali si presentano le stesse con- dizioni del frumento e specialmente nei formaggi. 86 Tabella C Ceneri in sostanza .secca P2O5 totale » » Farina N.*» 0,32 0,14 II 0.48 0.23 III 0.71 0,33 IV 1,61 0,75 Metodo da me proposto CI totale trovato (nella capsula h) CI trovato nelle ceneri (nella capsula a Differenza da aggiungere a le ceneri Ceneri trovate (nella capsula a + CI . Na(^l totale (nella capsula b) Ceneri ottenute . (liff'erevza 1,309 0,991 0.318 2,170 1,309 0,920 1,309 0,885 0,r589 2,280 0,424 2,420 2.488 2,160 0,328 -fO.008 2,669 2.160 0,509 +0,029 2.844 2,160 0,648 -0,026 1.309 0,814 0,495 3,270 3.765 2,160 1,605 -0,016 Metodo adoperato sino ad oggi Ceneri totali trovate . NaCl dosato nelle ceneri Ceneri ottenute . diff'erevza 2,170 2,310 2,420 1.635 1 l,51b 1,460 0,535 } 0.792 0.960 +0,214 '+0,311 +U,250 3,270 1,343 1,927 +0,316 — 86 - BIBLIOGRAFIA 185H. RivoT, M. — "Notefi sur V examen dcs farines et des pains: Annales de Cliimie et Phisique (H) Tome 47. Paris. 1863. Barral, a. — Le hlé et. le yaìn : Paris. 1882. Baudrimont, E. — Dictionnaire des falsification.^ des substanres al\- mentaires: Paris. 1885. Dammoer, 0. — Lexycon der yerfàlchungen: Leipzig. 1890. Maestbklu, D. — Il vitto del soldato: Firenze. 1890. Bertoncelli, B. — Acqua, farina, pane rispetto all'economia ed al- l'igiene: Verona. 1893. Farmacopea militare: Roma. 1894. Ballano, A. — Recherches, sur le blés, le farines et le pains: Paris. 1856. Rupp, G. — Untersughtmg des Nahrungsmittel: Heidelberg. 1894. Revelli, C. — Ricerche e considerazione sul pane grosso di Torino: Torino. 1896. SoLDAiNi, A. — Analisi chimica applicata alla bromatologia: Napoli. 1897. BouTRonx, L. — Le pain et la punification: Paris. 1898. Balland, a. — Fain des froment^ de mais, de seigle: Revue du ser- vice de l'Intendence, Paris. 1900. Elsner, F. ^ Praxis de chemiker: Lipsia. 1900, Fabris G. Marino, — Sopra Panatisi e la composizione di alcune qualità di pane: Roma. 1900. Manuel des chimistes stiisse: Berne. 1901. Lehmann, K. — Die Methoden des praktischen Hygiene: Wiessbadea. 1903. Posternak, S. — Sur la matiére phospho-organtque d'origine vegetale: C. R. Societè Biologie, Paris. 1904. ViLLAVEccHiA, V. — Annali, Laboratorio Chimico delle Gabelle, Roma. 1904. Girard, C. — ■ Analyse des matiéres alimentaires: Paris. 1906. Pkllerin, G. — - Guide pratique de V expert chimiste en denreés ali- mentaires: Paris. 1907. Teyxeira, G. — Trattato di chimica hromatologica: Perugia. 1907. Zoso, A.. — Ricerche sperimentali sulle farine, pane e paste di Venezia: Venezia. 1907. Ballano, A. — Les aliments: Paris. 1908. Gautier, a. — L'alimentation et les regimes : Paris. 1909. Bourrey, G. — Marquet, E. — Traile d'analise der substanres alimentai- res: Paris. 1909. Gerard, E. — Bonn, A. — Traile pratique d' analyse des snbstances alimentaires: Paris. 1609. Villier, a. — CoLLiN, K.— Traile des alteraiions et des falsifications des substances alimentaires: Paris. 1910. KòNiG, I. — Die menschlichen Nahrungs and Genusmittel: Berlin. 1910. Alessandri, P. — Chimica delle sostanze alimentari : Milano. 1910. Rotea, F. — Comment depister Ics fraudes alimentaires: Paris. Finito di stampare il 4 Febbraio 1914. Condizioni che determinano la capacità rigene- rativa delle estremità posteriori nelle larve di Aniiri alle diverse epociie di sviluppo '). Nota preliminare del socio Ermete Marcucci (Tornata dal 14 dicembre 1913) Fin dallo Spallanzani era noto che se ad una giovane larva di Rana o di Rospo si asportano gli arti posteriori, questi ri- generano ; se al contrario si asportano gli arti a larve più a- dulte e prima ancora che cominci la metamorfosi, non si ha più alcuna rigenerazione, ma semplice cicatrizzazione della superficie di ferita. Da che dipende questo diverso comportamento degli arti rispetto al potere rigenerativo ? Tutti coloro, che si sono oc- cupati dell' argomento in parola, ritengono che dipenda dallo stadio di sviluppo del girino nel momento dell' amputazione; cioè che il girino è dotato di potere rigenerativo solo quando è giova- ne, ma quando esso è divenuto più adulto ed ha raggiunto un determinato stadio di sviluppo, perde ogni potere rigenerativo degli arti. Io però ho potuto dimostrare che il potere rigenera- tivo degli arti è indipendente dal grado di sviluppo del girino, ma dipende dallo stato giovanile dell' arto. Infatti, mantenendo giovane F arto per mezzo di successive amputazioni, ho potuto ottenere una rigenerazione più o meno perfetta di esso non so- lamente asportando 1' arto ad individui in metamorfosi, ma per- sino a quelli già metamorfosati. Io ho potuto inoltre dimostrare che quando l'arto è molto giovane tutti i suoi segmenti si rigenerano ugualmente, e che 1) Pubblicherò tra poco una memoria particolareggiata sopra ì fenomeni otìerti dalla perdita progressiva della capacità rigenerativa negli arti poste- riori delle larve di Anuri e sulle condizioni che hanno influenza sopra di essa. In questa memoria darò anche le figure corrispondenti alle afferma- zioni pubblicate in questa nota preliminare. ft8 — m-gli t'iiil>ii<)iii (lill;iiiii prossimi ;i(l usciio dalla (capsula ^ulatinnsa. ppiiino i'iiilcn'a porzione posl(>riorf drll'adrlome è capace di ligene- rare; mn col progjcdiic dello sviluppo il potere rigenerativo inco- mincia a scomparire dalla parte prossimale verso la parte distale, si- no a scomparire del tutto, ed in modi) cIk^ mentre il segmento pros- simale ha perduto il potere rigenerativo, gli altri segmenti sono ancora capaci di rigenerarsi. Ora poiché nello sviluppo normale dell' arto la parte distale è quella che il più tardi si differenzia, questo risultato è una conferma di quello innanzi esposto ; cioè che il potere rigenerativo d-ipeude dallo stato giovanile del seg- mento dell' arto sul ((uale viene, praticata V amputazione. Infine ho potuto notare che il potere rigenerativo dell'arto, indipendentemente dallo stato di sviluppo di questo, dipende anche da condizioni proprie dell' arto ; poiché esso può essere nello stesso individuo differente per 1' arto di ciascun lato. Finito di sta?iipare il 4 Febbraio 1914. Sul campo elettrico e magnetico di un oscillatore hertziano Nota del socio Gr. Vanni (Tornata del 31 Luglio 1913) E noto come 1' uso della quantità diretta introdotta da Max- well col nome di potenziale vettore, sia di grande aiuto nella trattazione dei problemi relativi al calcolo delle forze elettriche e magnetiche. Tuttavia, non essendo tale quantità, a differenza del potenziale scalare , direttamente accessibile alla esperienza, e venendo al contrario ritenuta di natura piuttosto astratta e priva di signiiicato fisico, essa è stata poco considerata dalla maggior parte degli autori. Come è noto, infatti, Hertz ha preso, come punto di partenza delle sue classiche ricerche, le e- quazioni del campo elettromagnetico espresse in funzione delle sole forze elettriche e magnetiche, facendo astrazione dal poten- ziale vettore, e ponendo le equazioni in forma tale, che esse pos- sano considerarsi come la traduzione di fatti sperimentali, e siano quindi indipendenti da ogni teoria. Nella presente nota, mi propongo di mostrare il grande van- taggio che si può ricavare dall' uso del potenziale vettore, facen- done l'applicazione allo studio del campo elettromagnetico ó,i un oscillatore hertziano, con un procedimento che, pur essendo af- fatto generale, riassume e semplifica notevolmente pi'ocedimenti e risultati già noti, ottenuti, in maniera più complicata, da Hertz ^) da Lodge ^) da Fitz-Gerald ^) da Fleming *j da Poincaré ^) e da altri. ') Hertz -Wiedemann Ann. 36 p. 1, 1889. 2) Lodge— Nature 1889. 8) F iTz- Giuralo— British Assoc. Report (1890) Phil. Mag. Sept. 1896. *) Fleming — Electric u-ave ielegrapìiy and telephony 2 Edit London 1910 387. s) Poincaré — Conférences Siir la téle'yraphic sans fils: Paris, 1909. 7 — 90 — Assimileremo, come d'ordinario, un oscillatore hertziano, a capacità localizzata, ad un dipolo infinitesimo {—q,-\-q) {Fùj. 1) di lunghezza l=dz e perciò di momento elettrico qdz^=ql. Fig. 1. Il problema della determinazione del campo elettromagnetico in un punto qualunque P dello spazio circostante all'oscillatore considerato, si riduce essenzialmente alla determinazione, nello stesso punto P, del potenziale vettore che vi si riferisce, supposto beneinteso che si conosca altresì, o si possa calcolare, il poten- ziale scalare ordinario delle cariche — q e J^q dell'oscillatore. E noto, infatti, che, per il principio della unità della forza elettrica, la forza elettrica o elettromotrice totale è, nel punto considerato, la somma geometrica della forza elettromotrice d'induzione, do- vuta alla variazione, nel tempo, del potenziale vettore relativo alla corrente dell'oscillatore e di quella dovuta alla variazione, nello spazio, del potenziale scalare corrispondente alla cariche — q j^q dell'oscillatore medesimo ; la forza magnetica è, invece, la rotazione o curi del potenziale vettore. Detta dunque E la f. elettrica totale, U il potenziale vettore, V il potenziale scalare, si hanno le due equazioni vettoriali, il simbolo 5 indicando la differenziazione parziale : U Ss M = rot U Chiamando F, (?, H le componenti, secondo i tre assi di un sistema destrorso, del potenziale vettore U, X T Z \e componenti secondo gli stessi assi della forza elettrica, a, j3, •( quelle della — 91 — forza magnetica nel punto considerato P, le due equazioni vetto- riali precedenti danno lu(jgo alle equazioni ' scalari : ^_ ÒF bV u òx hG 57 òt Òy OH bv bt bz bH oy bO bz P=lf- bH bx bO ' ^ bx bF by (1) E noto che, nel caso attuale, per poter tener conto della propagazione con velocità finita della perturbazione elettroma- gnetica prodotta dall'oscillatore, bisogna che i due potenziali, sca- sare e vettore, siano entrambi, p otenziali ritardati nel lenso di Riemann ^) e di Lorenz ^). vale a dire devono conside- rarsi non air epoca attuale ^, ma al tempo t — J.r, detta r la distanza del punto P dall'origine ed A la reciproca della velocità di pro- pagazione della perturbazione prodotta. Ammetteremo come evidente, per ragioni di simmetria, che il campo sia di rotazione intorno all'asse dell'oscillatore e che le forze elettriche si trovino nei piani meridiani, mentre le forze ma- gnetiche sono dirette secondo i paralleli. Supposto allora che il dipolo considerato sia collocato col centro nell'origine 0 degli assi (Fig. 1) ed orientato secondo la direzione positiva dell'asse Oz, consideriamo ciò che accade in un punto P collocato in un piano meridiano qualunque, per es. nel piano yz. La quistione, se- condo le (1), si riduce a calcolare i due potenziali scalare e vet- tore al punto P. 1. — Potenziale Scalare — Il potenziale scalare dell'oscilla- tore considerato è evidentemente F=5-Ì = 5.1(«)= iÌf«) (2) n r2 bz \ r) bz\rj detta r la distanza del punto P dalle cariche agenti. Il simbolo 5 indica la differenziazione parziale quando, seguendo la dire- zione positiva dell'asse Oz, si passa da — (/ a -f- g spostandosi per il tratto l = bz. 1) RiEMANN— WerAre : 2 Aufl., p. 288. 2) Lorenz L.-Phil. Mag. t. 34, p. 287. — 92 — Supponendo che la carica q vari col tempo secondo la legge q=Q,f(t) avremo, tenendo conto del fatto che si tratta di po- tenziali ritardati e quindi q=Q„f{t—Ar)^ avendo posto ,= A^). (4) 2). — Potenziale vettore. — Il potenziale vettore relativo alla cor- do rente i =z — A ^f che attraversa l'oscillatore si riduce, evidente- dt ' mente, alla sola componente J? parallela all' asse Oz. Si ha quindj F = Q, G = 0, ff= i_^^_AlZj r r ot Si vede dalle (3) e (5) che, come la derivata parziale di spazio della funzione fp dà il potenziale scalare, la derivata parziale nel tempo della stessa funzione dà il potenziale vettore. Dalle (1), essendo ^=0, ^ = -^ = 0 insieme con F =^ 0, G = 0, si ha A ùy A "òyhz r Componenti della for- > za elettrica totale M= 01.=^ ^ = — AQJ^^TT^ > forza magnetica totale. oy òtÒy <) Tenendo presente il valore della funzione fp dato dalla (4), il calcolo della forza elettrica e magnetica, sia a breve, sia a lunga distanza dall'oscillatore, si riduce, in ultima analisi, al calcolo delle cmque quantità J^^ , .-J , ^^, , ^-^, , g^^. — 93 — 3). — Campo elettromagnetico a breve distanza dalV oscilla- tore.— Forza elettrica — Se si considera ciò che avviene a pic- cole distanze dall'oscillatore, converrà evidentemente nelle espres- Pig. 2. sioni di iyr, y, Z {Fig. 2) ritenere solo i termini contenenti le più alte potenze di r. Tenendo presente che 5/* «d inoltre r^ ^= y^ -\- z'^ q quindi -^— 7 Oli A ^''P ^^'^ì z Òr y = cos Q , -^r- = — = sen e r oy r si trova facilmente, per brevissime distanze: 5(p Qol V == QJ, ~-= Y sen pt. cos s =: — Qol Òz z cos e r" ^Qol da cui F = — ^ 4^ = ^3yz^ -j^ cos e sen e A ozoy Ar^ Ar^ Z = Qol^^-^ __Qolf [ 1 3^ A 5^2 I ^a t*" I Ar Nel piano equatoriale {z = o), si ha quindi Qoif T= 0 Z=E At» (6) — 94 - ▼alo a dire la forzai elettrica totale è parallela alV eccitatore e varia, a parità di altre circostanze, nella ragione inversa del cubo della distanza. 4). — Forza magnetica. — Tenendo presente che H = — AQ„l-^(i clic la funzione '^ equazioni precedenti danno, a grandissima distanza : Q Ip^ E = u M = ° senpit — Ar) seìnd, u^ r ovvero E = — ^^^ sen^Tzy ^ ^- | sene che sono le formole trovate da Hertz. Ma le formole precedentemente ottenute, dedotte senza fare nessuna ipotesi particolare sulla funzione f^ sono affatto generali, a differenza di quelle date d i.i vari autori. Se, per es., si vuol trattare il caso di una vibrazione sinusoidale smorzata , basta sup- porre fit — Ar) =e ^ ' ove a ^ — k -{- pi, cioè supporre che a indichi un numero complesso di cui la parte reale negativa sia la costante di smorzamento, ed il coefficiente di i sia uguale alla pulsazione della oscillazione. Si ritrovano cosi, facilmente, le for- mole di Poincaré e di Pearson e Lee M delle quali ci occupe- remo in altra nota. Ci limiteremo per ora ad osservare che, nell' ipotesi di vi- brazioni non smorzate e che la corrente sia la stessa in tutti i punti di un oscillatore hertziano, è facile dedurre, dalle formole precedenti, la energia irradiata, a secondo, dall'oscillatore stesso a grandi distanze. Chiamando infatti i„ la corrente, in «. e. ni. che corrisponde alla carica massima Q^ dell'oscillatore, si avrà, QoP nel caso di oscillazioni non smorzate di pulsazione^, io = — — / le ampiezze dei vettori E ed M divengono quindi, a grande di- stanza e in un punto alla colatitudiue 9: 2iz l . „ ^Tlll l . Mo = ^lo sen e Eo = -r-«o sene r K r K Per il teorema di Poynting ^) V energia irradiata a secondo e per unità di superfìcie in un punto qualunque della zona sfe- rica elementare di raggio r corrispondente abe0-|-(i6, èe- spressa da: ~t7^ — — o — Vt 2 ~w^o sen 9 dS Siz 2 r^ V 1) Phil. Trans. Roy. Soc. 1000, p. 159. 2) Phil. Trans. Roy. Soc. 1884, p. II pag. 343, — 97 — essendo dS = ^Tzr'^d» sen» l'area della zona stessa e dW il flusso di eiier<^ia corrispondente. Si ha quindi, per l'energia totale ir- raggiata a secondo: W = Il -Il ^"2 ^7 " \ sen^ e de = — — ^- è/ erg. ovvero , approssimativamente , se la corrente «„ è espressa in ampère: W = 400-—i,^ watt. A" Infine, ponendo in luogo del valore massimo i„ il suo valore efficace ig, nella ipotesi di una variazione sinusoidale, si trova W = SOO^i; watt, che è la formola data, sotto altra forma, da Hertz ^) e applicata da RuDENBERG ^) e da Austin ^) al caso, sia di un'antenna mar- coniana semplice, sia di un'antenna a capacità terminale rinfor- r . z>ita. In questa formola, la quantità 800-^^ ^i comporta come u- A na resistenza esprimibile in ohm, e costituisce la cosidetta « re- sistenza di irradiazione» dell'oscillatore hertziano considerato. Isti Ulto militare Radiotelegrafico, Roma, Luglio 1913. ') Wied. Ann. 1889. 2) Wied. Ann. 1908. p. 446. 3) Bull, of Bureau of Standards 1910. Finito di stampare il 27 febbraio 1914. Come si può impedire la rigenerazione del capo nelle Planarie Nota preliminare del socio Paolo Della Valle (Tornata del 31 Luglio 1913) Se si amputa il capo di una Planaria, esso rigenera senza eccezione nelle specie di questo genere, in meno di una setti- mana, a meno che la superficie di sezione sia praticata ad un livello troppo caudale o il pezzo in questione non sia troppo piccolo o non sia mantenuto in condizioni sfavorevoli di vita. A me però è riuscito di impedire sempre tale rigenerazione, definitivamente, per tutto il tempo per il quale ho continuata l'os- servazione (circa due mesi) , facilitando quella riduzione dell'area della superficie di sezione che si verifica sempre subito dopo il taglio , col rendere possibile un avvicinamento maggiore delle estremità laterali di quella, mediante una incisione longitudinale mediana che dall'estremità caudale interessi quasi tutta la lun- ghezza della Planaria. I due antimeri, divenuti anche funzional- mente indipendenti si dispongono come posizione di riposo in modo che una metà della superficie di sezione combaci con la metà opposta e la guarigione avvenga mediante due cicatrici lineari sagittali , dorsale e ventrale, che finiscono anche con lo scomparire in seguito. La forma normale non viene mai più ricostituita. L'analisi teorica del fenomeno, la bibliografia relativa e le figure, vengono pubblicate nel voi. VII dell'Archivio Zoologico Italiano. Finito di stampare il 27 febbraio 1914. A proposito della funzione della glandola digitale degli Scylluim e di quella deirappendice vermiforme dei Mammiferi del socio Arturo Morgera Tornata del 14 Dicembre 1913. Nella tornata del 13 giugno 1909 ho letto una mia Nota preliminare « Sulla glandola digitale degli Scyllium del golfo di Napoli ». In essa, dopo di aver fatto rilevare l'omo- logia della succennata glandola con l'appendice vermiforme del- l'Uomo e dei Mammiferi, che la posseggono, omologia che era stata supposta dall'HowEs e che io ho riconosciuta, esposi il risultato delle mie ricerche sulla funzione eccoprotica della glandola in quistione. Oltre a ciò, per esperienze che avevo iniziate in Cavia co- haya asserii che la funzione suddetta apparteneva anche al- l'appendice vermiforme dell'Uomo e dei Mammiferi, che ne sono provvisti: perciò, quest'ultima, oltre all'essere omologa è anche? almeno per la funzione eccoprotica, analoga all'ap- pendice digitale degli Scyllium. Il 5 Dicembre, detto anno, nel numero 45 della « Gazzetta Internazionale di Medicina, Chirurgia, ecc. >, apparve una recensione della mia Nota a cura del Prof. L. Mine r vini, nella quale egli, dopo di aver fatto notare l'importanza dei miei studii , espresse la possibilità di ricavare un nuovo prodotto opoterapico , 1' appendicina, come rimedio contro la sti- tichezza e ronica. — 100 — Nella Nota suddetta promisi che avrei pubblicato un par- ticolareggiato lavoro al riguardo. Stavo scrivendo il risultato dei miei studi fatti in ScyUiam, por gli Elasmobranclii ed in Cavia cobaija, per i Mammiferi , allorché, il Prof. Ugo Eisig richiamò la mia attenzione su di un fonogramma pubblicato dal Corriere della Sera di Milano, del 4 Novembre corrente anno, in cui si asseriva che il Dott. R. Robinson, nella seduta del 3 Novembre dell' Acadèmie des Sciences di Parigi, aveva fatto una comu- nicazione di grande interesse scientifico e pratico, dimostrante l'importanza dell'appendice vermiforme p,er la sua funzione eccoprotica. Mi sono affrettato a leggere la comunicazione del Robinson ^) ed ho constatato che egli, con metodi di ricerca, in certi casi, meno rigorosi dei miei , è servendosi della medesima tecnica che è stata da me impiegata per i miei studii, ha pienamente confermato, neU' Uomo , quanto io avevo esposto nella mia nota del 13 giugno 1909. Data l' importanza che si e voluta dare a tale scoverta, mi sono premurato d'informare il Presidente dell'Accademia suddetta? come pure il Prof. E. Perrier , che aveva presentata la nota del Robinson, degli studi da me fatti in precedenza, per rivendicare la priorità della scoverta, che, come molte altre italiane, vengono ignorate o trascurate all' estero. Dalla Stazione Zoologica di Napoli, Dicembre 1913. 1) Robinson, R. — Sur la physiologie de l'appendice coecal. L'harmone du vermium. C. R. Acad. Se, Paris 157, N. 18, pagg. 790-791, 3 Novembre 1913. Finito di stampare il 27 Febbraio 1914. La differenziazione della regione endocavìtaria e la determinazione della posizione dello spiracelo nello sviluppo delle larve decapitate di Anuri. Nota preliminare del socio Paolo Della Valle (Tornata del 14 dicembre 1913). Lo studio analitico delle modificazioni morfologiche per le quali si viene a costituire la normale organizzazione della regione branchiale e peribranchiale del capo degli Anuri nella embrio- logia normale di questi organismi, ci indica ^) che lo sviluppo rela- tivamente molto notevole delle regioni mandibolare ed ioidea, pericardica, addominale, pronefrica, acustica, della parte corri- spondente del sistema nervoso e del mesenchima circostante ha un'importanza grandissima nella formazione della cavità peri- branchiale del girino. Da questi fattori dipende infatti l' infos- samento degli archi branchiali postioidei e la loro rotazione secondaria che favorisce l'adesione della regione epibranchiale postioidea alla parete addominale, nonché la formazione e l'ade- sione della plica opercolare latero-ventrale. Non compare però nello sviluppo normale in modo sufficiente- mente chiaro la grande importanza che ha in questo fenomeno, (forse non solo nel caso degli Anuri ma anche per altre classi dei Vertebrati) un altro fattore della morfogenesi che forse è il pili importante di tutti. Come ora vedremo infatti, le espe- rienze ci dimostrano che la cute che viene a costituire le pareti della cavità peribranchiale, non è che si differenzia in modo diverso dal resto della superficie del corpo in quanto si viene a trovare in una cavità quasi completamente chiusa, e quindi in gran parte *) Per un'ampia dimostrazione cfr. un mio lavoro in corso di pubblica- zione nel Voi. VII. dell' Archivio Zoologico Italiano. Le indicazioni bibliogra- fiche complete di questo e degli altri lavori qui citati saranno date nella me- moria definitiva. — 102 — sottratta agli stimoli esterni '), ma piuttosto invertendo tale rap- porto causale si deve dire che è appunto la primitiva differen- ziazione di quella determinata area ectodermica quella che è la vera ultima causa della sua inclusione nell'interno del corpo, quasi per cicatrizzazione di una piaga, analogamente agli altri casi di inclusione simile del cristallino, della capsula acustica, del sistema nervoso e cosi via. La tendenza che si osserva in ogni superficie epiteliale, di assumere il minimo possibile di superficie omogenea compatibile in quelle determinate circostanze, (che ho posto in evidenza nel caso dell'abolizione del capo delle planarie mediante la cicatrizzazione -), trova in questi casi la sua più com- pleta conferma per il caso delle superficie non omogenee. L'esperienza con la quale meglio si mette in evidenza questo fenomeno è la seguente , Se si amputa il capo, al livello del solco branchio-addominale a girini nei quali stiano per comparire le appendici branchiali ^), come è noto, il tronco cosi decapitato continua a vivere per molti giorni ancora e la differenziazione dei diversi tessuti procede in modo del tutto normale. Ora, dopo un poco di tempo comin- cia ad essere riconoscibile sulla regione rostrale del tronco deca- pitato, un'area nettamente distinta dal resto della cute anche per una maggiore trasparenza *). Quest'area è limitata caudalmente da un margine molto netto, specialmente in alcuni casi, e cor- risponde esattamente a quella parte della parete addominale che normalmente avrebbe costituito una delle pareti della cavità peri- branchiale, cavità che è rivestita appunto da epitelio con carat- teri molto diversi da quelli del resto della pelle che rimane al- l'esterno. La linea netta limitante tale regione nelle esperienze in parola, corrisponde proprio al limite dove sarebbe dovuta av- 1) Cfr. però anche P. Della Valle (1913 Boll. Soc. Nat.). 2) Cfr. Della Valle (1913 Arch. Z. Voi. 6) ed il lavoro definitivo in corso di pubblicazione nell' Archivio Zoologico Italiano Voi. VII. ^) Praticando il taglio subito caudalmente al branchiomero ioideo il ri- sultato è anche più netto; meno netto è invece praticando la decapitazione al livello del solco branchio-addominale ad epoche più precoci dello sviluppo. *) Nonostante che queste esperienze semplicissime siano state praticate già da decine di anni ed il risultato sul quale richiamo l'attenzione si veri- fichi qnasi sempre in modo evidente, nessuno finora se ne è accorto, forse perchè tali ricerche non sono state fatte per lo scopo di analisi morfologica. Solo in una figura di Goggio (1904 tav. 7 fig. 8) si riconosce che Fa. ha dovuto avere anch'egli dinanzi questo fenomeno, ma dal modo come egli vi accenna a p. 6, si vede che l'a. non ne ha compreso il significato. — 103 — venire l'adesione del mai'giue caudale della plica opercolare la- tero-ventrale. Questa linea presenta anche, specialmente in alcuni casi, in modo nettissimo, una deviazione caudale verso il lato sinistro, in modo da individualizzare cosi un prolungamento cau- dale della differenziazzione « endocavitaria » che corrisponde esat- tamente alla regione dove normalmente si costituisce il canale spiracolare nelle larve studiate {Rana e Bufo), che da tale feno- meno deve quindi essere determinato nella sua posizione. Nell'ul- teriore sviluppo, anche in queste condizioni cosi anomale la re- gione circostante diflferenziata come cute normale tende a rin- chiudersi al disopra della calotta rostrale, ciò che però di solito non riesce a raggiungere. Riserbandomi di ritornare sull'argomento più ampiamente in un lavoro speciale corredato delle necessarie figure, desidero ri- chiamare l'attenzione sul fatto che questo risultato dimostra che la dilFerenziazzione della regione « endocavitaria > e la posizione dello spiracolo, non possono essere considerate come effetto della funzionalità della regione branchiale. Ciò è specialmente interes- sante per lo spiracolo in relazione alle conseguenze che sono state tratte dall'inversione della posizione di esso ottenuta da Spemann (1911), PREssLER(l9iri e Meyrr (1913). Ciò spiega pure perchè nello Xenopiis l'arto anteriore al principio del suo sviluppo si trova in- cluso nell'interno di uno speciale sacco, indipendente dalla cavità peribranchiale, di cui esso perfora le pareti durante la vita larvale (Bles 1905), nonché l'analogo fenomeno ottenuto in alcune sue espe- rienze da Eokmann(1913ì; come pure l'inclusione della regione bran- chiomerica riinuestata in modo anomalo, osservata da questo stesso autore. Il risultato sopra esposto rende chiara pure la ragione delle differenze regionali nella capacità di dare appendici branchiali per le diverse aree cutanee innestate al posto del normale ectoderma della regione branchiomerica, constatate da Eckmann (1913) ed ha probabilnijute importanza anche per l'analisi delle cause della fuoriuscita dell'arto anteriore alla fine della vita larvale, spe- cialmente tenendo conto della natura e esterna » della differen- zione dell'area cutanea che ricopre l'arto (Della Valle (1913 Boll. Soc. Nat.). Finito di stampare il 27 febbiaio 1914. Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI E COMUNICAZIONI) " Gli autori assumono la piena respoi/sab/l/là ilri loto scritti. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE Assemblea generale del 9 marzo 1913 Presidente: Monticelli — Segretario: Gargano. Socii presenti: Capobiaiico, Zirpolo, Geremicca, Della Valle P., De Rosa, Milone, Siniscalchi. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo verbale della assemblea prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica che il Consiglio direttivo ha nominato alla carica di Cassiex'e il socio Cutolo E., a quella di Vice-Segretario il socio Zirpolo e di aver incaricato il socio Gargano, Segretario, delle funzioni di Bibliotecario. Il Presidente annunzia che il Consiglio direttivo ha trasferito, a norma dell'art. 10 dello Statuto, alla categoria di Socii ordinari residenti, i Socii ordinari non residenti Aguilar, Arena, Caroli, De Lorenzo e Marcucci, ed alla categoria di Socii ordinari non residenti i Socii ordinari residenti Di Paola e Cotronei. Il Segretario legge un lavoro del socio Cerruti: Un metodo semiìUce 2)er studiare il sistema eircolatorio degli Anellidi, e ne chiede la puljli- cazione a nome dell'autore. I Soci Capobianco e Geremicca, revisori dei conti danno lettura della loro relazione sul bilancio consuntivo 1912, che viene approvato. II Segretario dà lettura del bilancio preventivo 1913, che è del pari approvato. Sono ammessi a Socii ordinari residenti i Signori: prof. Chistoni e Mercalli. Si leva la tornata alle ore 17,30. — 4 — Tornata del 3 aprile 1913 Preaideule ff. Dk Rosa — Segretario : Gargano Socii presenti: Cerniti, Zirpolo, Della Valle P., Marciicci, Cutolo A., Galdieri, Milone, Quintieri. La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della assemblea prece- dente. II Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente annunzia che la Società sarà rappresentata al Congresso geologico internazionale del Canada dall' illustre prof. Brok di Ottawa, ed alla Riunione del Comitato della Lega nazionale per la protezione dei monumenti naturali, che si terrà a Roma, dal socio Cotronei. Il Presidente commemora la defunta Signorina Ernestina Cutolo, so- rella del socio Costantino e cugina dei Socii Alessandro ed Enrico, che ai tempi del terramoto Calabro-Siculo mostrò quanto grande fosse la sua abnegazione ed il suo nobile cuore nella cura affettuosa dei feriti rico- verati nella sede della nostra Società. Tutti si associano alle parole del Presidente. Il Presidente avverte che domenica 6 aprile vi sarà una escursione scientifica alla Solfatara, allo scopo di osservare i nuovi fenomeni vulca- nici verificatisi. Si leva la tornata alle ore 23. Tornata del 17 aprile 1913 Presidente ff. Pierantoni — Segretario Gargano Socii presenti: Chistoni, Marcucci, Gauthier, Della Valle P., Guada- gno, De Rosa, Milone, Cutolo A. La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Gauthier riferisce sulla escursione alla Solfatara. Il Presidente annunzia che la Società è stata rappresentata al Con- gresso zoologico internazionale di Monaco dai Socii Monticelli e Pierantoni, ed alle onoranze fatte in Napoli alla memoria del prof. A. Dorhn dall'in- tero Consiglio direttivo. Il socio Della Valle P. legge una nota: La differenziazione dell'area cutanea dell'arto anteriore degli annri nell'interno della cavità peribran- chiale, e ne chiede la pubblicazione. — 5 — Sono ammessi a Socii ordinari non residenti i Signori: dottori Alfano, Bellini, Cozzolino ed il cav. Leonetti. Si leva la tornata alle ore 23. Tornata del 4 maggio 1913 Presidente : Monticelli — Segretario: Gargano Socii presenti: Zirpolo, Bruno, Geremicca, De Rosa, Picrantoni. Si- niscalchi, Quintieri. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i canibii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Bruno in vista della possibile approvazione della legge pre- sentata dal ministro Credaro sull'insegnamento secondario, tratta ampia- mente la quistione, rilevando come la legge in parola sia dannosa oltre che agli insegnanti al progresso delle discipline scientifiche, proponendo che la Società di Naturalisti formuli un voto di protesta da inviarsi a tutti gli onorevoli Senatori e Deputati e alla stampa tutta di Italia. Il Presidente, accettando la proposta Bruno, nomina una Commissione composta dei Socii Geremicca, De Rosa, Bruno, Siniscalchi e Gargano, Segretario, col mandato di formulare nel più breve tempo il voto anzidetto di protesta. Si leva la tornata alle ore 17. Tornata dell' 11 maggio 1913 Presidente: Monticelli — Segretario: Gargano Socii presenti: Geremicca, Bruno, Della Valle P., Zirpolo, Pieraiitoni, Marcucci, Cutolo A., Siniscalchi. La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. 11 Segretario legge a nome della Commissione incaricata di formulare un voto contro la legge presentata dal ministro C)redaro sull'insegnamento medio, la seguente protesta: — 6 — « La Società di N;ituralitìti in Napoli « che ha sempre mantenuto alta la tradizione degli ideali scientifici e partecipato attivamente a tutte le vicende che, con varia fortuna, ha avuto l'insegnameuto medio delle scienze ; « considerato che la nuova legge sulle scuole secondane consacra il decadimento della scuola, attribuendo agli insegnanti cjnipetenze anche in discipline, delle quali hanno solo sostenuto un esame nel corso dei loro studii ; « considerato che tali disposizioni ridondano a certo svantaggio prin- cipalmente delle discipline scientiticbe, perchè esse, eminentemente objet- tive e sperimentali, sarebbero senza dubbio le più sacrificate dall'obbligo di un integramento di orario, imposto con insegnamento di discipline, per le quali mancherebbe, per gli studii seguiti, la necessaria preparazione e competenza nell'insegnante; « considerato che tutto ciò riuscirebbe a discapito ancora del decoro e della serietà dell'inseguameiito e segnerebbe un regresso nell'educaziouti scientifica per la coltura nazionale; « Fa Voti « che dalia legge proposta — indipendentemente da tutte le modifiche che da altri punti di vista possano esser suggerite — venga eliminata ogni disposizione affermante principii cosi contrari all' odierno progresso delle scienze e ai veri interessi della scuola ». 11 voto è approvato ad unanimità. Sono ammessi Socii ordinari residenti i Signori: Sabatino e Quintieri Q. e a socio ordinario non residente la Signorina Parisi. Si leva la tornata alle ore 23. Tornata del 1 giugno 1913 Presidente : Monticelli — Segretario : Gargano Socii presenti: De Rosa, Geremicca, Pierantoui, Siniscalchi. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo veibale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica la morte della madre del vice segretario Zir- polo e propone d'inviargli le condoglianze dell'assemblea. Il socio Geremicca legge un lavoro : Su le Pomacee che si coltivavano a Napoli nel secolo XVI. Noterelle storiche., e ne chiede la publicazione Il Socio Monticelli fa una comunicazione verbale dal titolo: Brevi comunicazioni sulle Temnocefale. __ 7 — Sono ammessi a Sopii oixliiiari non lesidenti i Si<;nori: ]\ra<:;liano e Virdia e le Signorino: De Cillis e Rossigiioli ed a socio aderente il Signor Scalfati. Si leva la tornata alle ore 17. Comunicazioni verbali Monticelli Fr. Sat. — Brevi comunicazioni sulle Temnocefale : 1. Temnocephala lutzii n. sp. Ho riconosciuta questa nuova specie in alcuni esemplari raccolti a S. Paolo (Brasile) dal Dott. Lutz nella cavità branchiale di una Tltel- pìisa (?) e cortesemente inviatimi dal Dott. Alfonso Splendore alcuni anni or sono, quando egli trovavasi appunto a S. Paulo del Brasila alla Di- rezione dello spedale Umberto 1. Questa Temnocephala appartiene al gruppo di quelle che possono dirsi cieche per distinguerle, udì genere, dalle Temnocefale che sono provviste di organi visivi. La nuova specie, che denomino dal raccoglitore (T, lutzii)^ misura da poco più di un mill. a due in lunghezza, e mill uno, incirca, in larghezza. In estensione normale mostrasi dal corpo allungato a contorno ovoidale alquanto ristretto ^Jj\\\i' '*» posteriormente: le cinque digitazioni anteriori sono bre- vi, tozze e terminano a punta acuta: la ventosa po- steriore, a coppa aperta e poco profonda, è piccola ri- spetto alla grandezza dell'animale, misurando un set- timo della lunghezza totale del corpo. La bocca è appa- riscente foveiforme ; il faringe è grande e robusto ; il sacco intestinale poco voluminoso rispetto alla massa del corpo. Gli organi genitali nell'insieme non sono vi- Fig. i.- Temnocephala stosi. Testicoli piccoli collocati posteriormente al sacco ^«'^" n. sp. x 20 intestinale ; quelli superiori un terzo circa minori dei posteriori e da questi molto distanziati; pene a sinistra, di forma allun- gata e caratteristico per un rivestimento interno di peli cuticolari rivolti in fuor , che ne tappezzano il lume e fuorescono in ciuffo all' esterno. Ova- rio piccolo, ricettacolo seminale (vitellino Haswkll) non molto grande, il doppio quasi dell'ovario. Cloaca (antro) genitale molto appariscente, a pa- reti robuste, con distinto orificio esterno di aspetto e struttura caratte- ristica. Uova nettamente piriformi molto più ristrette dal polo donde parte un breve pedicello incirca la metà lungo del diametro maggiore dell'uovo. 2." Di una forma teratologica di Temnocephala fasciata Haswell. In un esemplare (conservato in alcool) di mediocre grandezza di questa specie (mill.) rinvenuto nel materiale inviatomi dal Dr. Ph. Fran- cois, raccolto su Astacopsis sevraius Shaw. a Melbourne, nel 1888, ho os- servato un particolare comportamento delle digitazioni anteriori, che co- - 8 — stituisce una caratteristica anomalia, la prima che mi è occorso di con- statare— uè mi consta ne siano state da altri notate — nelle Teranocefale; delle quali pertanto ho avuto a mia disposizione non piccolo numero di specie adunate per la monografia dei Dacfi/loda, cui attendo da più anni. Le due figure che qui allego e che rappresentano 1' aspetto esterno dell'esemplare in parola, visto dal ventre (a) e • K ^ ' /■\ dal dorso (b), danno una esatta immagine della \y'A'7-^ ^"^{r-y anomalia riscontrata in questo esemplare: da \ f- ^\ esse si rileva subito la differente lunghezza ) delle digitazioni anteriori degradanti in larghez- rf v-^ y za e sviluppo da sinistra verso destra, essendo \SìM^ / normale in lunghezza quella esterna di destra: questa è concresciuta alla base con la seconda che è più breve ed esile: tale fusione delle due Ftg. — Temnocephain fasciala digitazioni appare mcno pronunciata dalla fac- Haswkll, forma teratologica. x.O • i , • rv ^^ e- ■ a dal ventre: b dal dorso. ^^'"^ dorsale, mentre SI afterma nella taccia ven- trale sotto forma di un ben distinto tronco unico emergente dal margine anteriore del corpo; dal quale netto si stacca per poi biforcarsi, dando luogo alle due dette digitazioni diverse in lunghezza e sviluppo. Guardando l'esemplare dalla faccia ventrale, sembra che man- chi il tentacolo medio (terzo) , essendo i due altri di sinistra anch' essi alquanto fusi alla loro origine, cosi da assumere nell'insieme 1' aspetto bi- corne. Ma guardando, invece, l'esemplare dalla faccia dorsale, si ricono- sce 1' esistenza delia digitazione mediana, che è più piccola e più breve di tutte, nascente dalla base interna dorsale del secondo tentacolo di sinistra, in modo da rimanere ventralmente nascosto dal tronco comune d'origine, innanzi descritto, della prima e seconda digitazione di sinistra. Napoli: nel maggio 1913. Tornata del 26 giugno 1913 Presidente : Monticelli — Segretario : Gargano Socii presenti: Galdieri, Chistoni, Zirpolo, Della Valle P., Pierantoni Cutolo, A., Siniscalchi, De Rosa, La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Galdieri legge un lavoro del socio Gauthier: Di alenili fe- nomeni vulcanici del Bacino di Agnano, e ne chiede la pubblicazione a nome dell'autore. Il socio Galdieri legge un lavoro." Fiori^ insetti^ e fumarole e ne chiede la pubblicazione. — 9 — Il socio Gargano legge un lavoro: Dei neoplasmi spontanei nei Mam- miferi. I Fibromioma delle cavila nasali nel Cuv allo ^ e ne chiede la pub- blicazione. II socio Galdieri fa una comunicazione verbale del titolo: J^ origine della terra rossa. 11 Socio Pierantoni fa una comunicazione verbale dal titolo : Di al- cune Cocciniglie raccolte in Tripolifania. Il Presidente riferisce di aver avuto dal Comitato per le onoranze a Filippo Cavolini il bilancio consuntivo, e chiede a nome del Consiglio di- rettivo che si proceda alla sua approvazione. La proposta del Presidente è approvata ad unanimità. Il Presidente annunzia che col 1. agosto si prenderanno le vacanze. Sono ammessi Socii ordinari residenti i signori: Dottori Aloi , Ci- rillo, Piscitelli, Scognamiglio. Si leva la tornata alle ore 23. Comunicazioni verbali Galdikm a. — L'origine della terra rossa, (sunto) Attualmente quasi da tutti si ammette che la terra rossa derivi dal disfacimento dei calcari puri : le acque meteoriche scioglierebbero il car- bonato di calce e lo trasporterebbero seco allo stato di bicarbonato ; il residuo insolubile rimarrebbe in posto, e costituirebbe la terra rossa. Ciò non è ammissibile, almeno per le terre rosse dell'Italia meridio- nale, per le seguenti ragioni : 1." Tra il residuo insolubile del calcare negli acidi e la terra rossa vi sono profonde differenze chimiche, mineralogiche e morfologiche. In- fatti, fra l'altro, quello non contiene alcali o ne contiene solo tracce, ed è povero di sabbia, la quale vi si presenta sopratutto in forma di cristal- lini, spesso con inclusioni calcaree, a spigoli netti; la terra rossa invece contiene quantità sensibili o notevoli di alcali, ed è ricca di sabbia, spes- sissimo a spigoli arrotondati, e con inclusioni varie. Inoltre i minerali della terra rossa non corrispondono a quelli del calcare sottostante. 2,° È da ritenersi, per svariate considerazioni, che le sostanze inqui- nanti il calcare vengono portate via dalla stessa acqua che ha sciolto il carbonato di calce. A tal proposito è sopratutto da ricordare: che le so- stanze insolubili inquinanti il calcare puro vi si trovano in piccolissime quantità, e per solito diffuse in uno stato di estrema suddivisione, mentre per la dissoluzione di esso si richiede una quantità di acqua proporziona- tamente grandissima; e che in profondità, anche dove e' è stata dissolu- zione , nei sotterranei meandri dei calcari non si trova mai terra rossa per la quale possa escludersi la provenienza superficiale. — 10 — 3.° La terra rossa si trova a ))refcrenza sui calcari puri e nelle re- gioni semiaride; mentre, se quell'ipotesi fosse vera, dovrebbe trovarsi piut- tosto sui calcari impuri, che darebbero maggiore residuo, enei climi umidi, dove il processo di soluzione è più attivo. 4.° Se la terra rossa avvesse quell'origine, stante la sua giacitura, non rara su rocce diverse dai calcari puri e frequente su terrazze ed in ca- verne incise 0 rispettivamente scavate nei calcari prima della formazione della terra rossa cbe le ricopre, dovrebbe ammettersi che la terra rossa si trova quasi sempre in giacitura secondaria ; e ciò sarebbe inconciliabile sia con l'ipotesi stessa, secondo la quale si tratterebbe di residuo in posto, sia con il fatto che un materiale cosi scarso e cosi fino, una volta preso dall'acqua, difficilmente viene abbandonato altro che nel mare o nei laghi. 5.° Al contatto della terra rossa con i calcari o manca ogni traccia di dissoluzione del calcare o vi è un residuo del tutto diverso dalla terra rossa, ed al contrario vi sono talvolta depositi di carbonato di calce. Un esame spassionato e minuto della giacitura e dei caratteri mine- ralogici e morfologici della terra rossa ci con luce invece ad ammettere che esso sia un deposito eolico analogo al loess, allo tschernosem, al regm\ diWadohe. Ciò è provato dai seguenti fatti : 1.° La terra rosMa presenta la stessa giacitura del loess e degli altri depositi eolici, e si trova spesso in luoghi, anche a sostrato non calcareo, dove, stante la loro morfologia, non può essere stata deposta se non dal vento. 2." La terra rossa contiene minerali che corrispondono a quelli del pulviscolo atmosferico del luogo e non a quelli contenuti nel residuo in- solulnle dei calcari, sia sottostanti che della regione in generale. 3.° La terra rossa contiene granuli piccolissimi di minerali duri per- fettamente arrotondati: carattere importantissimo, perchè granuli siffatti sono esclusivi e caratteristici dei sedimenti eolici. Ecco poi come devono interpretarsi alcune particolarità della terra rossa, che a prima vista potrebbero sembrare difficili a spiegarsi con l' ipotesi eolica. La giacitura della terra rossa in prevalenza sui calcari puri è do- vuta al fatto che il pulviscolo che cade sulle altre rocce si mescola con il prodotto della loro alterazione e si confonde con esso; quello invece che cade sui calcari, siccome questi non si alterano, ma si sciolgono solo, vi si accumula, e vi si può conservare più o meno puro e riconoscibile. Inoltre esso si accumula a preferenza sui calcari, perchè da questi, a causa della loro deficiente circolazione superficiale , 1' acqua più difficilmente lo asporta. D'altra parte è da notare che tale preferenza non è, nel fatto, cosi asso- luta, come comunemente si afferma La giacitura della terra rossa a preferenza nelle regioni circummedi- terranee si deve a due fatti: quivi, per le condizioni climatiche e pel de- corso delle grandi correnti atmosferiche provenienti dai deserti africani, — li- si forma e rispettivamente cade più polvere clie altrove; quivi, per le speciali condizioni climatiche, il pulviscolo ha potuto trasformarsi in terra rossa, mentre altrove hsig costituito il loess o altri depositi analoghi. Lo spessore talvolta notevole della terra rossa si deve: alla sensibile quantità di polvere che cade continuamente, sebbene inavvertita, daper- tutto; al lungo tempo che è durata la sua formazione ; alle accumulazioni prodotte, nei siti specialmente adatti, dall'acqua e dal vento. L'elevato contenuto in ferro ed in allumina libera, che spesso pre- senta la terra rossa, è da attribuirsi al processo di laterizzazione, cui è andato incontro il pulviscolo atmosferico: per effetto di tale processo, come è noto, i sesquiossidi di feno e di allumina derivanti dalla decom- posizione di'i corrispondenti silicati restano in posto, mentre gli altri pro- dotti dell'alterazione vengono lisciviati. La prova di tali processi chimi- co-fisici verificatisi in seno alla terra rossa ci è data dalle concrezioni fer- ruginose che frequentemente si trovano in essa e dalla presenza, nella terra rossa stessa, di altre plaghe, dove il ferro, per condizioni di am- biente diverse, è passato ad uno stato di idratazione maggiore o d'onde è stato addirittura lisciviato. Li conclusione, la terra rossa dell'Italia meridionale deve ritenersi nient'altro che il limo atmosferico depositatosi sul suolo calcai-eo quando questo era già stato modellato presso a poco nella sua forma attuale e le pai ti che sovrastavano alle superficie di deposizione erano già state erose e fluitate; e deve la sua speciale composizione chimica principal- mente alla elevata temperatura che i luoghi ove la troviamo avevano quando il limo vi si è depositato. Pjerantoni U. — ■ Su alcune cocciniglie raccolte in Tripolitania. Il prof. Cavara, reduce in questi giorni da una lunga permanenza nella nuova colonia italiana, si è compiaciuto di comunicarmi alcuni rami di piante infette di cocciniglie raccolti in Tripolitania. Avendo compiuto sommariamente lo studio di questi esemplari, credo utile di comunicarne il risultato, limitandomi per ora al breve elenco delle forme riscontrate. Su rami d'olivo, raccolti presso il Marabutto della Mellaha ho potuto riscontrare numerosissimi esemplari di Asxndiolas hederae Vallot, cocci- niglia assai frequente anche da noi sull'olivo. La stessa cocciniglia fu da me riscontrata su rami di Acacia melaiioxylon favoritimi dallo stesso Prof. Cavara, e raccolti al ritorno dal suo viaggio, a Sphax in Tunisia. Su rami di fico raccolti in un giardino lungo l' Uadi Eamle rinven- ni un gran numero di grossi esemplari di Ceroj/lastes rusci Lin., anche questi comunissimi in Italia sul fico. Un ultimo reperto molto interessante è l'appresentato da due giovani foglie di palma da da'tero [Plioei/ix daciijlifcra) di cui specialmente l'una, si presenta tutta ammassata nelle sue parti, ed incurvata, in modo che — 12 - l'asse inediiiiio tutto contorto forma una sinusoide, ed i lobi laterali sono strettamente compressi l'uno contro l'altro, ed anch' essi incurvati e ripie- gati più volte, formando linee spezzate. Scostando questi lobi, fra l'uno e l'altro si rinvengono miriadi di scudetti cerosi. Ad un esame accurato di essi, e delle femmine disseccate che spesso si trovano ancora sotto gli scudetti ho riconosciuto in questa cocciniglia la Parlatoria { Weh.steriella) blavchardi Targ., descritta per la prima dal nostro Targioni-Tozzetti nel 1892 sotto il nome di Aonhlia blanchardi, su materiale fornitogli dal prof. Blanchard di Parigi, e rinvenute sulle palme del Sahara. È notevole che il Targioni, pur riscontrando tali cocciniglie su foglie giovani di palma, non parla delle deformazioni di cui sopra; né, per quanto io so, ne parla il Cockerell che s'è occupato in seguito di questa specie di cocciniglia. Ora, quanto mi riferisce il prof. Cavara su confronti fatti da lui e da altri componenti della Commissione Agrologica fra queste foglie contorte e le altre foglie nascenti, sembra metter fuor di dubbio che la deformazione è dovuta alla cocciniglia in parola. Evidentemente le foglie ricevute dal Targioni dovevano essere assai meno infette e quindi non troppo danneggiate. 11 reperto da me osservato mette perciò in luce il fatto che questa cocciniglia, quando infesta le palme con individui assai numerosi, può essere molto dannosa, ciò che finora non si riteneva. Poiché questa cocciniglia per alcuni riguardi merita di essere ancora studiata , ho chiesto del materiale fresco al comandante di tappa della località ove essa é stata raccolta, e mi auguro di riceverne al più presto per poter cosi completare queste osservazioni. Tornata del 13 luglio 1913 Presidente: Monticelli — Segretario ff. Zirpolo Socii presenti: Cavara, de Rosa, Gauthier, Della Valle P., Marcucci. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece- dente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente porge il saluto augurale al socio Cavara, reduce dalla Libia, dove ha preso parte ai lavori della Commissione agrologica, e lo prega di fare una relazione sulle principali cose osservate. Il socio Cavara ringrazia il Presidente e promette la desiderata re- lazione. Si leva la tornata alle ore 16. — 13 — Tornata del 31 luglio 1913 Presidente: Monticklli — Segretario: Gargano Socii presenti : Gauthier, Marcucci, Zirpolo, Della Valle P., Galdieri, Guadagno, De Rosa, Cntolo A., Cutolo E., Pierantoni. La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Segretario legge un lavoro del socio Bellini : Note geologiche e pa- letnologiche sull'Isola di Capri. Il Segretario legge un lavoro del Socio Vanni: Sul campo elettrico e magnetico d''un oscillatore hertziano , e ne chiede la pubblicazione a nome dell'autore. Il Socio Cutolo A. legge una nota : Sulla composizione chimica del Nespolo del Giappone, e ne chiede la pubblicazione. Il Socio Della Valle, P. legge una nota preliminare: Com'è possibile impedire la rigenerazione nelle Planarie., e ne chiede la pubblicazione. Il Socio Monticelli fa due comunicazioni verbali: 1. Ancora sul Gon- gyltis ocellatus Wagl. nelV ex R. Bosco di Portici — '2. Per uua possibile naturalizzazione di Axolotl nelle nostre acque dolci. Il Socio De Rosa fa due comunicazioni verbali : 1 . Di una nuova sta- zione del Polysaccum pisocarpium Pr. — 2. Un buon uso della Lavatera arborea L. Il Socio Cutolo A. fa una comunicazione verbale : Un pezzo di carne colorato in violetto. Si leva la tornata alle ore 23, 30, Comunicazioni verbali Monticelli Fr. Sav. — Per una possibile naturalizzazione di Axolotl sulle nostre acque dolci. Panceri pel primo pensò alla possibilità di una naturalizzazione degli Axolotl (di recente importati in Europa) — che egli aveva allevati nel suo laboratorio— nelle nostre acquo dolci; e tentò una immissione (marzo del 1868) di 100 larvette nel lago di Agnano (oggi prosciugato) e di 30(J in quello di Averno. Ma della sorte di questa immissione egli non dotte ulteriore notizia, né risulta a mia conoscenza che siano stati posteriormente rinvenuti degli Axolotl nell' Averno. Ora io voglio comunicare, anche alla no- stra Società, un nuovo tentativo da me fatto per naturalizzare, nelle nostre acque dolci degli Axolotl (prelevati dall'allevamento dell'Istituto Zoologico), in vista del pratico vantaggio che parmi potrebbe ricavarsene (a scopo di - 14 — profilassi biologica) per la distruzione di larve di Zanzare, delle quali gli Axolotl, ed in ispecie le larve, fanno volentieri loro cibo; come ciò è di- mostrato dalla pratica dell'allevamento; tenuto anche conto che gli Axolotl si adattano bene a vivere in acqua quieta, stagnante, poco profonda. Per questo tentativo ho creduto di poter sfruttare il lago stagno-cra- terico degli Astroni date le condizioni favorevoli che mi è sembrato possa esso offrire ad una acclimatazione degli Axolotl; sia per la poca profondità delle sue acque tranquille, sia per l'abbondante nutrimento che la micro- fauna vagante in quelle acque — della quale fanno parte costante, fra gli altri artropodi, numerose larve di insetti e fra queste di ditteri — può for- nire alle larve nel loro sviluppo, sia perchè l'area circoscritta del lago- stagno può permettere una maggiore, più facile e seguita sorveglianza degli Axolotl in esperimento. Un primo tentativo fu fatto nel mese di maggio dello scorso anno 1912 con l'immissione di moltissime larvette lanciate libere nelle acque del lago: ma di esse non si è avuta piìi notizia, perchè nelle pesche fatte in questo anno 1913 in diverse zone del lago, non si è rinvenuto alcun giovane Axolotl. Ciò evidentemente se non permette di escludere che delle tante larve alcune abbiano potuto raggiungere ulteriore sviluppo, lascia anche supporre che esse non sieuo sfuggite ad eventuali nemici che ne abbiano fatta larga preda. Ad ogni modo, quest'anno ho voluto ritentare la pruova con una immissione, nello scorso mese di giugno, di ancora piii numerose larve (al- quanto più avanzate di quelle lanciate nel 1912) messe in condizioni favo- revoli per ti'ovar nutrimento, e nel tempo stesso difese dall'aggressione di voraci predatori. Queste larve sono state, difatti, immesse in un determi- nato punto del laghetto (1,40 di profondità), non libere, ma chiuse in una sorta di nassa (con coperchio) fatta tutta di rete , le maglie dalla quale, mentile permettono il passaggio alla microfauna, assicurando con- tinuo e variato alimento alle larve, garantiscono queste dai predatori impe- dendo una immediata loro diffusione. Finora l'esperimento dà affidamento di riuscita, perchè il personale della R. tenuta degli Astroni. incaricato di sorvegliare questo allevamento, già un mese dopo riferiva che le larvette erano cresciute in grandezza per quanto di molto diminuite in numero : U che evidentemente deve attribuirsi al mangiarsi che fanno tra di loro stesse le larve; cosa che non si può impedire avvenga anche negli alle- vamenti di laboratorio, malgrado la grande sorveglianza e l'abbondante nu- trimento che si fornisce loro i). Queste larve sarà conveniente di tener ancora isolate nella detta nassa tino a quando le sopravviventi avranno raggiunta una sufficiente grandezza che permetta di ripartirle in determinati favorevoli ambienti lungo le acque ij Mentre corregevo queste bozze di stampa una gita agli Astroni (11 A- gosto) mi ha permesso di constatare che l'allevamento procede normalmente, numerosi essendo i sopravviventi che hanno raggiunto dimensioni fors'anche di poco alquanto maggiore (cent. 9-10 in circa) delle corrispondenti larve della stessa schiusa (di questo anno) allevate in Laboratorio. — 15 — basse del perimetro del lago in modo che possano guadagnare il fondo e non sia difficile seguirne lo ulteriori vicende. 8e questo esperimento di naturalizzazione sarà per riuscire, si potrà, insistendovi, col tempo, ottenere nel lago- stagno di Astroni un alleva- mento naturale di Axolotl, che potrà fornire largo materiale per ulteriori immissioni in altre acque dolci , permettendo così di sfruttare , nella distruzione di larve di Culicidi, quest'altro raszzo di quella larga profilassi biologica, nella lotta contro la malaria, sulla quale ho richiamata l'atten - zioue in un mio apposito scritto inserito negli Atti del R. Istituto d'Inco- raggiamento del 19U(), determinato appunto dalla discussione ivi tenu- tasi, per inteusitìcare la lotta contro la malaria nel mezzogiorno. E come allora notai, voglio ora ricordare di aver, tin dal 1904, propugnato questo concetto della profilassi biologica in seno della nostra Società a proposito di una comunicazione del Socio E. Trani su Pirata inraticus; proponendo la possibile utilizzazioie di questo ragno, e di altri congeneri (Dolotnedes, Tetragnalha, ecc.) che vivono alla superficie delle acque, per la distruzione delle larve di Zanzare; delle quali, come constatava il Trani, questi ragni sono molto voraci. De Rosa Fr. — Di una nuova stazione del Polysaccum jnsocarpium, Fr. Il giorno 6 aprile, andando in escursione con un gruppo di soci della nostra Società di Naturalisti alla Solfatara di Pozzuoli, fui sollecito a l'i- chiamare la loro attenzione su di un fungo, che in cospicuo numero di esemplari si presentava per terra in forma piìi o meno globosa, in quel settore dell'ampio cratere, che è situato verso la parte orientale di esso, costituente suolo alquanto accidentato e non molto discosto dal pozzo di acqua termale, che vi si riscontra. Frequenti in quel posto sono le Eriche ed i Cistus mentre non man- cano rade graminacee comuni. Il terreno è alquanto sabbioso e biancastro, massime alla superficie dilavata un pò dalle piovane e dopo pochi centimetri al di sotto è rela- tivamente un poco più ricco di detriti organici di conseguenza più colo- rato. La superfìcie del suolo della Solfatara come è noto è alquanto va- riato nella sua naturale consistenza e sistema per l'azione dell'uomo e per quella delle acque che la spostano e la modificano lentamente. Nel punto nondimeno dove ebbi occasione di quella raccolta certamente la frequenza umana non aveva potuto essere recente a giudicare dalla vege- tazione spontanea. E poi i visitatori della Solfatara sono più attratti d'or- dinario alla parte meno coverta di piante o brulla addirittura per l'a- zione vulcanica , dove i frequenti meati o le incrostazioni , che accom- pagnano le accidentalità del suolo, li fanno dirigere verso le fumarole di maggiore entità e dove vi sono depressioni ed escavazioni, naturali od — 16 — artificiali in conseguenza della raccolta dell' allumite, che vi è cosi diffusa. A me quel fungo, che incontravo la prima volta, mi sembrò cosa miova, mentre non avevo avuto occasione di vederne anche altrove presso di noi. Non mancai perciò di raccoglierne un certo numero di esemplari, globosi o brevemente peduncolati, sarei per dire piriformi o sub-piriformi. Il colore poco differente da quello del suolo aveva una tendenza come al ferrugineo e la consistenza della massa alquanto pulverulenta, mi confermava nell'idea che fossero esemplari in periodo avanzato di ma- turazione. Evidentemente si trattava di un fungo ipogeo e la presenza delle piante menzionate mi metteva il dubbio di un possibile simbiotismo, ri- cordando che in molti casi, di esso non manca la certezza come in altri vi è fondata ragione di ammetterlo in via relativamente dubitativa, me- ritevole di dimostrazione. Non mancai di far ricerca in autori, che si sono occupati di funghi della nostra regione e non ebbi agio di poterne trovare notizia. Intanto memore ed ammirato dell'opera costante ed illuminata del Ch.mo Prof: Mattirolo, che tanto amore e cura spende nello studio dei nostri funghi ipogei, credetti opportuno rivolgermi alla sua cortesia ed alla sua autorità e mi diedi il piacere di inviargli qualche esemplare del fungo raccolto con un po' della zolla sulla quale viveva, notandogli le piante che erano più frequenti in quel posto e pregandolo di volermi fa- vorire nella determinazione della specie. Ero felice di aver così potuto dimostrare che non avevo dimenti- cato una sua circolare ed un invito cortesissimo , che avevo avuto anni sono dalla sua viva voce, appunto in ordine alla eventuale raccolta di funghi ipogei delle nostre provincie meridionali. Il Ch.mo prof: Mattirolo mi rispose con una cortese lettera, dalla quale mi compiaccio riportare le notizie, che possono interessare a proposito di quella specie fungina , che ho avuto il piacere per primo di racco- gliere qui. « Ho già segnalato, così egli dice, questo fungo interessante in alcuni lavori sugl'ipogei ed ho pure raccolta la specie in località dell'Italia set- tentrionale. Il Polysaccmn pisocarpimn Fr. che appartiene agli Sderodermatacei è fungo apprezzatissimo come specie edule dai siciliani , così da alimen- tare un discreto commercio di esportazione con l' America e coi coloni siciliani. È pure specie tintoriale e si adopera per colorare le lane delle sot- tane delle contadine siciliane. Il bel color giallo è solubile in acqua ed in alcool. La specie è segnalata in relazione coi Cistus, ma anche coi Cytisus e colle Genìata. — ir- lo però, lo raccolsi come Ella ha fatto, sotto le Eriche, la relazione di simbiotisiuo tra le due piante uon è pei'ò dimostrata. Il Folysaicnm è noto sotto i nomi di Terratuiole — Tartufole — Terratuffole — Tari tuff ole In primavera in Sicilia si esercita la industria della sua raccolta cercando fra le piante ospiti sopra menzionate con una specie di spiedo affondandolo nel terreno là dove si vedono delle fenditure nel suolo. Interessantissima è la località nella quale Ella fece la raccolta. lo non credo che altri naturalisti abbiano notata la specie in terreni vulcanici leucitiferi. Le sono cordialmente riconoscente per la gentilezza colla quale Elia ha voluto ricordarsi di me inviandomi cosi belli esemplari, dai quali farò trarre la figura destinata alla mia futura Flora ipogea italiana ». Non sembri vano che io abbia voluto ricordare la raccolta di un fungo non nuovo, ma certamente in una nuova stazione. Non a tutti, né sempre è possibile fare delle scoverte, ma è sempre possibile a chi si occupa di ricerche scientitìche di trovare qualche cosa che è degna di essere ricordata. Aggiungo che il caso fra gli altri qui notato, mi conferma sempre più nella idea della utilità delle escursioni in campagna. Esse sono vere oc- casioni allo studio del piìi gran libro della natura che è parato innanzi alla mente degli studiosi e perciò mi fo augurio che si ripetano e spesso. C'è sempre tanto da rivedere, tanto da apprendere, tanto da ricor- dare ! Monticelli Fr., Sav. — Ancora sul Gongylus ocellatus Wagl, nell'ex R. Bosco di Portici. Nel n." 551 del 7 scorso luglio della «Feuille desJenunes Naturalistes»a pag. 114, il Dr. 0. Sièpi riferisce che alcuni (^tre) Gongylus ocellatus Wagl., portati a Marsiglia dalla provincia di Orano (Algeria) dal fu Dr. Haqenmcllek del Museo di Storia naturale di Mar- siglia, or sono tredici anni, e lasciati in libertà nei terreni circonvicini al palazzo di Longchamp, si sono moltiplicati nella detta località e si sono del tutto adattati al clima. Il Dr. Sièpi, notando che questa stirpe locale avrebbe già subito, in un tempo relativamente breve, una leggiera modi- ficazione di colorito (più carico rispetto agli esemplari della provincia di Orano che dà, perciò, maggior risalto alle strie laterali chiare) conclude sulla possibilità, col tempo, in base ad una maggiore differenziazione del tipo originario oranese, di distinguere questa stirpe di Gongylus ocellatus di Marsiglia, come una forma locale, che fin da ora proporrebbe, nel caso, di denominare G. ocellatus forma massiliensis. Lasciando da canto queste conclusioni alquanto premature del Dr. Sièpi, mi fermo sul fatto della av- venuta naturalizzazione di Gongylus importati dalla costa Algerina nel territorio di Marsiglia, perchè questo fatto trova riscontro ed è confermato, — 18 — per analogia, dalla naturalizzazione di Gongijliis occllatus^ provenienti, come dimostrai, di Sicilia, nell'exR. Bosco di Portici e colà importati con piante di (piella provenienza. Fatto sul quale ho richiamata l'atteuzioae della no- stra Società , con una mia comunicazione verbale nell' adunanza del 23 giugno 1902 (V. Boll. 1902, voi. 10, p. 305), cercando di spiegare la li- mitazione dell'area di diffusione locale della specie da assai più di uà secolo diventata endemica nel detto bosco. Nella mia comunicazione riferivo, sulle notizie che allora erano a mia conoscenza per esemplari raccolti, che il Gon- gilo era circoscritto in determinato luogo (viale cosidetto della Regina) della sola parte inferiore del R. Bosco di Portici: colgo l'occasione che mi porge la nota del Sièpi j^er aggiungere che, in seguito, ho potuto constatare, da esemplari arrecatimi o da me fatti ivi catturare, che anche in altre località del detto ex R. Bosco, non solo di quello iaferiore (e precisamente nell'a- grumeto che trovasi a ridosso del loggiato di destra della spianata del Granatello), ma anche di quello superiore sono diventati endemici i Gongili Pertanto nel Bosco superiore (ora Parco Gus.sone) questi sono stati finora rinvenuti solo in quella parte estrema a destra del detto bosco, che trovasi all'altezza di Pugliano, dove havvi una depressione del suolo (piano della vaccheria) ora adibita ad uso di Orto didattico e sperimentale. La parete ad occidente di quest'orto è limitata e garentita dal soprastante terreno del bosco, da muri a secco (macere) costruiti con grossi pezzi di lava, che presentano fra loro larghi interstizii : nelle anfrattuosita di questi muri si annidano appunto i Gongili che si vedono fuoriuscire di fra le pietre e correre sul terreno circostante per di nuovo rintanarsi rapidamente-, ciò che rende difficile catturarli. Finora ne sono stati raccolti all'incirca una trentina dal giorno che ne ho avuto notizia, or sono non molti anni: ne ho ricevuti di giovani ed adulti, e tra questi anche di femmine pregne che hanno partorito in cattività. Le osservazioni di Sièpi sulla variazione di colorito della stirpe di Gon- gyìus ocellatus di Marsiglia, hanno richiamato la mia attenzione sulla in- dagine di eventuali variazioni, dirò locali, per avventura determinatesi nei G. ocellatus di Portici; ma finora non mi è riuscito di constatarne alcuna che permetta distinguere gli esemplari di Portici da quelli di Sicilia e di Sar- degna. Con ciò non intendo infirmare le osservazioni di Sièpi, che possono trovar anche ragione nella differenza di natura e di colorito del suolo, assai maggiore tra la regione di Orano e quella del marsigliese, che non tra la Sicilia, donde provengono i Gongili di Portici, ed il versante tirreno del continente peninsulare del mezzodì d'Italia. Ed, appunto, a conferma di quanto asserivo nella citata mia comunicazione verbale del 1902 , che cioè i Gongili di Portici sono certamente di importazione siciliana, mi torna ora opportuno di aggiungere che, se da un lato le ricerche fatte nel Grande Archivio, negli incartamenti (siti reali) riguardanti la costruzione del R. Palazzo di Portici e la creazione del Bosco che lo circonda a valle (inferiore) ed a monte (superiore, ora Parco Gussone) , hanno provata l'as- serita introduzione intorno alla metà del 700 di piante e specialmente di agrumi dalla Sicilia nel detto Bosco; dall'altro il nome col quale sono tut- — 19 — torà indicati i Gongili dagli attuali impiegati del bosco (in gran parte discen. denti più o meno lontani del vecchio personale della R. Casa) diLacerta palermitana, 0 di Lacerta siciliana, convalida e conforta il mio asserto sulla prima origine e provenienza di queste stirpi dei Gongili na- turalizzati nelle diverse località, finora note, del Bosco di Portici dove ora si trovano. E, difatti, tradizione tramandata, che alcuni vecchi del per- sonale di custodia del Bosco tuttora ripetono per dare una spiegazione del fatto, che, cioè, al tempo dei primi Borboni di Napoli fossero state impor- tate le cosidette Lucertole siciliane nel Bosco «per bel- lezza». Nella collezione del R. Museo Zoologico di Napoli esiste un esemplare di Gongylus ocellatus Wagl (preparazione tassidermica N" 2519) con la indicazione « Portici » : dal Catalogo risulta che questo esemplare fu immesso in Museo nell'anno 1863 (dono del Dr. N. Tiberi). Ora, per quanto ho sopra detto, è fuori dubbio che questo Gongilo proviene anch'esso dal R. Bosco di Portici e resta, così, spiegato l'enigma di tale località con- tinentale segnata sul cartellino di detto esemplare, l'itenuta, prima della mia comunicazione del 1902, a ragione errata, dal compianto Prof. E. Gi- GLioLi, il benemerito studioso e collettore della Fauna italiana. Di certo non si può mettere in questione che il Gongylm ocellatus sia diventato endemico nella regione dove ora trovasi acclimatato (Bosco di Portici), e che esso è già diffuso in diverse località della detta regione Pertanto, se per i Gongili di alcune di queste località del bosco si può so- stenere che 1' area del loro habitat attuale sembra circoscritta a quella primitiva dell'epoca di loro importazione, per gli altri Gongili nessun dato si ha per affermar ciò: che anzi, le differenti località dove essi si rinvengono nel bosco inferiore potrebbero appunto rappresentai'e il prodotto di diffu- sione, in ambiente adatto, dall'area primitiva d'importazione: ciò che lascia ammettere la possibilità di una ancora più larga naturalizzazione continentale di questa forma insulare di Scincoide italiano. Ad ogni modo, se, come ho messa innanzi l' ipotesi nel 1902, il muro di cinta del Bosco di Portici poteva aver circoscritta l'ai'ea di diffusione del Gongilo fuori del bosco stesso nelle circostanti terre, ora che tale ostacolo va scomparendo, non si può escludere a priori che questa specie possa in seguito espandersi ed alli- gnare anche in altre località dell'agro porticese ed estendere cosi, col tempo, ancora maggiormente il suo habitat continentale. Ciò posto non vedo ra- gione perchè il Gongilo, sia pure esso circoscritto in una determinata e li- mitata località, nella quale senza dubbio è diventato endemico (^da oltre un secolo), non possa oramai considerarsi come faciente anch'esso parte, di fatto, della fauna erpetologica continentale d'Italia. — 20 — Dk Rosa Fr. — Un buon uso della Lavatera arborea L. Il probleina del foraggio verde, massime nei paesi caldi durante l'e- state, è sempre imo di quelli più difficile a risolvere. Infatti è argomento di continui studi ed esperimenti l'uso di piante diverse, delle quali spesso assistiamo al tramonto, dopo che hanno goduto fugace fama per quanto maggiore e più efficace né è stata la reclame. Io non pretendo di consigliare un foraggio nuovo, ma un mangime cer- tamente pòco usato e non credo che possa dubitarsi che il suo valore debba intendersi in modo alquanto relativo. Dove è notevole la divisione di territorio e dove la coltivazione di- venta sempre più intensiva, Fallevamento degli animali, bovini in ispecie, assume carattere, sarei per dire, casalingo essendo esso costituito per lo più da uno o pochissimi capi, ed il potere avere a portata di mano qual- che cosa di fresco da dare agli animali, è sempi-e una grandissima utilità. Se poi si consideri che già qui nella nostra penisola sorrentina non man- cano esempi dell'uso di questa pianta come foraggio e che si tratta di pianta indigena, che trovasi a vegetare perfino verso gli estremi d'Italia, si potrà ritenere come non sia di difficile coltura, né il mio dire ha pretesa di novità La pianta della quale voglio dire é la Lavatera arborea L, che è una delle specie maggiori di questo genere di Malvacee che fu da Linneo staccato dal gen. Malva e dedicato ai fratelli Lavater di Zurigo, medici e naturalisti di buona fama nel sec: XVIII. Distinto dal gen. Malva principalmente per il caliculo a tre pezzi sal- dati fino alla metà della loro lunghezza questo genere risulta costituito da una ventina di specie più o meno rustiche, annuali, biennali o perenni, erbacee o suffrutescenti talvolta, di notevoli dimensioni, e disperse nelle varie regioni del globo. La L. arborea è frequente sulle coste marittime, di quasi tutta Eu- ropa e celle isole, nelle regioni dell'ovest e del mezzodì della Francia, in Inghilterra, in Ispagna, nel Portogallo, nelle Canarie, in Grecia, nel Cau- caso, nell'Africa boreale, specialmente in Egitto, nell'Algeria e nella Libia e presso di noi in Sardegna, in Sicilia, nella Riviera Ligure ed in quasi tutto il Mezzogiorno continentale fino a Castro e Leuca, cioè agli estrerai di Terra d'Otranto. Nella nostra provincia trovasi alquanto frequente in tutte le colline, marittime, a Cuma, al Vesuvio, ad Ischia, spontanea e coltivata dovunque, e massime nella penisola sorrentina. La L. arborea è anche detta volgarmente Mal va arborea, M. d'E- gitto, Altea arborea ed anche Malvone, benché con tal nome si chiami più comunemente VAUhaea rosea Cav. I francesi e gli inglesi la chiamano rispettivamente Mauve en ar- l>re e Tree Mallow, In Libia dove trovasi coltivata ed anche subspontaea nei dintorni di Tripoli come si rileva dalla interessante pubblicazione del Ministero d'A- — 21 - gricoltura Industria e Commercio dal titolo: •« Ricerche e studi agrologici sulla Libia » e che nel primo voi. stampato tratta della zona di Tripoli, v'è nota con il nome di Melliha, che ricorda il greco Mal a e li i Malva (da Malasso rendere molle quasi a ricordo della sua proprietà emolliente) e vi si dice pure Kobeza; tal nome nondimeno serve più spesso ad indicare la Malva silvestris L. che pure vi è molto comune. Non è fuori luogo che io ricordi in ispecie la Libia perchè certa- mente ogni nostro interesse passa oltre mare, specialmente per quel nuovo territorio italiano. Generalmente la L. arborea è ritenuta pianta biennale e tale è nei luoghi estremi della sua area, ma in opportune condizioni e coltivata, è da considerarsi come è infatti pianta perenne. Ne ho presenti anche qui a Napoli esemplari ancora rigogliosi, che contano quattro o cinque anni e che sono dei veri alberetti a rami sublegnosi, eretti col fusto che si eleva ad oltre tre metri di altezza con un diametro di circa cm : 10-12 perfet- tamente lignificato, benché a grana lasca, poco densa, bianchissima. Questa condizione del resto non è un fatto speciale, avendo analogia con quello che avviene, del ricino, del tabacco, del pomodoro, della melan- sana, del peperone, del cotone ecc: che pure essendo nella coltivazione considerate piante annuali, riescono quel che sono, piante perenni, quando sono sottratte a cagione nemiche in ordine alla temperatura ed alla umidità. La L. arborea vegeta bene in tutti i terreni preferendo quelli rela- tivamente freschi e di medio impasto e tollera volentieri la mezza ombra, come si dice, cioè l'esposizione a solatio le riesce tanto più opportuna quanto meno è continua la sua azione. Ciò non toglie, che si mostra ben resistente alla siccità, relativamente prolungata. D'ordinario la L. arborea^ dove non nasce spontanea, suole essere col- tivata a scopo ornamentale nei giardini, dove ben presto si diffonde e nella condizione di pianta sub-spontanea si moltiplica cosi che quasi tal volta riesce un pochino infesta. Certa cosa è, che avendo la foglia lungamente picciuolata con la lamina a 5-9 lobi arrotondati, che giunge 10-12 cm. su 14-16 dal color verde schietto matto, riesce gradito ed utile a tem- perare l'effetto estetico delle altre piante, che d' ordinario costituiscono gruppi e macchie dal color verde più o meno cupo ed a foglie minute. Si aggiunge a tale effetto quello della fioritura, che la pianta si adorna simultaneamente o quasi e per lunga durata d'innumeri fiori 'cospicui dal color violaceo intenso, tendente al coccineo. La pianta è adulta al secondo anno e fiorisce dal febbraio all'autunno, secondo l'andamento dell'annata ed il posto dove si trova. Per lo più tal pianta è coltivata come ho detto a scopo ornamentale principalmente per la sua adattabilità ed il rapido accrescimento. Anzi ve ne è una varietà a foglie screziata di bello effetto e molto decorativo Si usa in terapeutica talvolta analogamente alla Malva rotundifolia L. ed alla M. silvestri^ L. facendone cataplasmi delle foglie lessate a cottura avanzata e che riescono emollienti e lenitivi. 3 — 22 — Anche i fiori sostituiscono per decozioni quelli delle malve e possono anche dar colore da intingere carte per reazioni chimiche. Vi è chi dice che dalla corteccia si possa trar materia atta a fabbricar carta, tessuti e cordami, s'intende previa macerazione, ma la fibra riesce breve e non troppo resistente alla torsione. Quello però che a me interessa rilevare ed è lo scopo di questa mia comunicazione si è ohe essendo la pianta ricca di fogliame ampio ed al- quanto succulento, massime quando è tenero, malgrado sia leggermente pubescente, pure è appetito dai bovini ai quali si somministra con van- taggio essendo di facile digeribilità e contribuendo a ridestarne l'energie; nella Penisola sorrentina si suol dare alle vacche puerpere. Spesso all'uopo vi si vede sul margine dei fondi e degli appezzamenti coltivata la L. ar- borea non altrimenti che i comuni cavoli da foraggio. Colà tale uso va sempre piìi diffondendosi ed io credo opportuno di richiamare l'attenzione degli allevatori e dei coltivatori delle altre plaghe di questa e delle altre Provincie meridionali, nelle quali facilmente la L. arborea prospera, sia che vi nasca spontanea sia che vi si possa con poco fastidio coltivare. Ripeto non è già che abbia la pretesa di avere esposta qualche cosa di nuovo , ma ho creduto di far bene di ricordare questa pianta che parmi possa riuscire in certi casi assai utile per lo scopo indicato. CuToiiO A. — Un pezzo di carne colorato in violetto. Fra le tante cose strane che possono presentarsi a coloro che si oc- cupano della vigilanza igienica su gli alimenti nelle grandi città me ne capitò una nuova, che vale la pena di raccontare. Venne in Laboratorio un cuoco fortemente impressionato, perchè nel preparare un piatto di carne aveva visto, a poco a poco, questa e tutta la salsa colorarsi in violaceo. Di qui l'ira del suo padrone , che gli attribuiva a colpa o a negli- genza la poca bontà di quell'alimento. Guardai attentamente il reperto e vidi che esso, in fatti , era colo- rato in violetto, mentre tutti i suoi caratteri organolettici— per ciò che ri- guardava lo stato di conservazione — erano normali. Pensai subito, che la colorazione potesse essere dovuta allo sviluppo rapido di batterli colorati — che avrebbero invaso tutta la massa — o alla so- luzione di qualche colore di anilina impiegato per bollare la carne. La prima ipotesi fu subito esclusa da una indagine batterioscopica fatta dal mio collega D.r Calendoli ; la seconda risultò negativa ad un esame chimico fatto con i metodi ordinarli di ricerca dei colori derivati dal catrame. Questa ricerca mi fu resa, anzi, più facile, perchè conosco, per ragioni di ufficio, i colori adoperati dal macello di Napoli. La presenza di alcuni pezzi di pomodoro circondati da una zona più intensamente colorata mi fornirono il mezzo di risolvere il problema. — 23 - Raccolsi con una pinza tutto il pomodoro e lo feci macerare per circa 15 minuti in pochi centimetri cubici di alcool di 60°, riscaldando lievemente. Dopo raffreddamento filtrai il liquido e lo lasciai evaporare, a bagno d'acqua bollente, in una capsulina di vetro. Ottenni un residuo cristallino, in forma di aghi, che potetti facil- mente identificare per acido salicilico. Diventò chiara la ragione della colorazione violacea : Il pomodoro adoperato era proveniente da qualche preparazione con- servata con acido salicilico ; il tegamino era sporco di ruggine — passata in soluzione per una ragione qualsiasi — e quindi i due corpi reagendo tra loro avevano prodotto la colorazione violacea, che aveva tanto impres- sionato il cuoco ed il suo padrone. Tornata del 20 novembre 1913 Presidente : Monticelli — Segretario ff. Zirpolo Soci presenti : Gauthier, Geremicca, Siniscalchi, Gargano, Pierantoni, De Rosa, Cufcolo A., Cutolo E., Milone. La tornata è aperta alle ore 21. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente riferisce sulla festa degli alberi avvenuta il giorno 1 1 Novembre a Montecassino e dice che la Società di Naturalisti è stata rappresentata dal Presidente e dal Segretario Il Segretario legge una lettera d'invito della Società degli Insegnanti per le onoranze, che vogliono tributarsi al Prof. Alfonso Siniscalchi, che compie il quarantesimo anno del suo insegnamento. Il Presidente propone di aderire alla festa, tanto più che il prof. Siniscalchi è uno fra i più antichi ed attivi Soci della Società di Na- turalisti. La proposta del Presidente è approvata ad unanimità. Il socio Monticelli fa una comunicazione verbale: Di una cattura di Erysmatura leucocephala Scop. nel napoletano. Sono ammessi Soci ordinari residenti i signori: Prof. Raffaele Mi- nervini , e Francesco Ranfaldi ed il Dottore Nicola Caprioli, e Socio ordinario non residente il Signor Prof. Alessandro Malladra. Si leva la tornata alle ore 23. - 24 — Comunicazioni verbali MoNTIc^:LLI Fr. Sav. — Di una cattura di Erysmatura leucocephala Scop. nel napoletano. Nel resoconto di Caccia del giornale il «Mattino» del 9 no- vembre di quest'anno N. 312 ho letto che al lago di Patria erano stati ammazzati, fra gli altri uccelli cacciati dal Sig, Pasquale Bellusci, « due palmipedi (di un branco di circa ventiquattro avvistati dai cacciatori) mai veduti nel Meridionale, tanto rari da farli imbalsamare ed esporre »: no- tizia riportata integralmente dal giornale «Caccia e Pesca» del 16 novembre 1913, a N. 57. Per cortesia del Sig. Gr. Varriale ho potuto esa- minare uno di questi palmipedi, del quale con gentile pensiero egli ha voluto far dono al nostro R. Museo Zoologico per la Collezione faunistica napo- letana, ed ho riconosciuto in questo esemplare, un maschio del «Gobbo rugginoso» 1' Erysmatura leucocephala Scopoli, che è, difatti , per quanto si ricaverebbe dagli scrittori di Avifauna italiana, specie, come pare, poco frequente nel Napoletano (dintorni e provincia di Napoli), per quanto essa sia designata come piuttosto meridionale dal Martorelli (p. 308), e di passo ed anche stazionaria e nidificante nelle parti meridionali, dal- l'Arrigoni. (Elenco Uccelli italiani, 1912, p. 87). Il Salvadori (Fauna d'Italia, p. 270) costatando come il Costa 0. G. non annoveri V Erysmatura leu- cocephala fra gli uccelli del Napoletano, aiferma che fece acquisto in Na- poli di due individui di questa specie uccisi nelle vicinanze (nell'anno 1860, come crede il Giglioli, Avifauna 1886, p. 323). Di altre catture nel Na- poletano di questo palmipede non trovo notizia anche nelle Avifaune più recenti (Giglioli, Arrigoni, Martorelli). Nelle Collezioni del R. Museo Zoologico di Napoli vi sono due esemplari femmine di Erysmatura leu- oecephala: uno (N. 2308) con l'indicazione di catalogo « Collezione antica », l'altro (N. 2309) con l'indicazione « Napoli , acquisto, 1867 » ; entrambi da ritenersi pertinenti alla Fauna napoletana. Ho creduto di dar notizia, alla nostra Società, della cattura di que- sto palmipede interessante la fauna locale ; tanto più che essa mi porge occastone di far noto anche le due sopradette antiche catture di Erysma- tura leucocephala nel napoletano , non registrate dagli ornitologi italiani^). ') Mentre correggevo le bozze di questa mia comunicazione da una let- tera del D.r M. Schettino, comparsa nel giornale « Caccia e Pesca » dei 23 Novembre 1913, N.° 58, rilevo la notizia di un altro esemplare (^fj di questa specie, anclie ucciso al Lago di Patria, nel marzo 1912, che trovasi nella sua privata raccolta. - 25 — Tornata ordinaria del 14 Dicembre 1913 Presidente : Monticelli — Segretario ff. Zikpolo Soci presenti : Gargano, Marcucci, Morgera, Delia Valle P., De Rosa, Pierantoni, Gautliier. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambii e le publicazioni pervenute in dono. Il socio Cutolo A. legge un lavoro : Contributo alV analisi del pane., e ne chiede la pubblicazione. Il socio Marcucci legge una nota prelim inare : Coedizioni che de- terminano la capacità rigenerativa delle estremità posteriori nelle larve di Anuri alle diverse epoche di sviluppo., e ne chiede la pubblicazione. Il socio Della Valle P. legge due note preliminari : 1. Come si imo impedire la rigenerazione del cajyo nelle Planarie. 2. La differenziazione della regione endocavitaria e la determinazione nella posizione dello spiracolo nello sviluppo delle larve decapitate di Anuri, e ne chiede la pubblicazione. Il socio Morgera legge una nota : A propos ito della funzione della glandola digitale degli Scyllium e dell' appendice vermiforme dei Mam- miferi, e ne chiede la pubblicazione. Il Segretario legge un lavoro del socio Bellini : I molluschi extra- marini dei dintorni di Napoli, e ne chiede la pubblicazione a nome del- l' autore. Si leva la tornata alle ore 16. BO. Assemblea generale del 31 dicembre 1913 Presidente: Moutigelu— Segretario : Garoano Soci presenti : Siniscalchi, Pierantoni, Della Valle P., Geremicca, De Rosa, Zirpolo, Gauthier, Cozzolino, Grande. È presente il notaio signor Gio- vanni Battista Sodano. La tornata è aperta alle ore 15. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. H Presidente annunzia che il giorno 11 gennaio 1914, nella sede so- ciale sarà commemorato il defunto socio Antonio Jatta dal socio Fridiano Cavara. Viene approvato ad unanimità il seguente deliberato : — 26 — « La Società di Naturalisti, riunitasi oggi in Assemblea generale or- dinaria di line di anno a norma deirArticolo XVI dello Statuto Sociale in 2, Convocazione, Ietto ed approvato il verbale di 1. Convocazione (ne- gativo per mancanza di numero legale), v< Sciogliendo il voto da lungo tempo maturato di ottenere la sua co- stituzione in Ente morale, crede giunto il momento opportuno perchè le sue aspirazioni sieno tradotte in atto a fine di assicurare con vincolo di legge il ricco patrimonio di libri che essa possiede e di acquistare con la costituzione in Ente morale quella garenzia di stabilità per l'avvenire, che è vivo e sentito desiderio di tutti i Socii. « L'Assemblea perciò, in conformità del capo 2° dell'ordine del giorno della presente assemblea, inviato a tutti i Socii, con voto unanime dei presenti (interpreti anche del sentimento degli assenti), delìbera che la Società sia eretta in Ente morale, e dà mandato al Consiglio direttivo ed al Presidente di provvedere a tutte le pratiche del caso perchè il voto dell' Assemblea possa avere sollecita attuazione, nominando all' uopo il Notaio di Napoli Signor Giovanni Battista Sodano per tutte le pratiche occorrenti alla Società ;•;. Di questo voto è stato a cura del sopradetto notaio Sodano redatto verbale nelle forme di legge. Il Presidente comunica all'Assemblea il seguente voto trasmessogli dalla Commissione dei Campi Flegrei: « La Commissione per lo studio dei Campi Fregrei, udita la rela- zione del prof. Chistoni intorno alla rimozione del Mareografo Thomson dall'Arsenale di Napoli ed il suo collocamento in altro sito. « Convinta che sia dal lato scientitico che dal lato pratico, lo studio del bradisismo non possa farsi in un sito più adatto che nel tempio di Serapide a Pozzuoli e perciò basterebbe mettere il piazzale del tempio in libera comunicazione col mare vicino : Fa voto « che venga collocato un Mareografo, sistema Thomson, presso le colonne del Serapeo. « Qualora poi pel momento non fosse possibile mettere il Serapeo in comunicazione col mare, la Commissione esprime il voto che il dettoma- aeografo si collochi sotto il castello di Pozzuoli, incaricando persona a- datta alla manutenzione. « La Commissione nell'esprimere questo voto tiene a far conoscere che essa non fa quistione da quale Istituto scientifico debba dipender il detto Mareografo, giacché tiene soltanto a che esso venga collocato nel detto sito e sia ben mantenuto ». Il voto della Commissione dei Campi Flegrei è approvato ad unani- mità dall' Assemblea che stabilisce sia trasmesso al Ministro della Ma- rina, al Ministro dei Lavori Pubblici, all'Ufficio idrografo della R. Marina, e gli sia data larga diffusione a mezzo della stampa. L'Assemblea respinge le dimissioni del Socio Ricciardi. -ar- sone ammessi i Soci ordinari residenti i signori: Alberto Mastrolilli- De Angelis e Francesco Giordano, e Socio ordinario non residente il si- gnor Alfredo Stilon. L'assemblea delibera la radiazione per mora dei Soci: Giuseppe de Lo- renzo, Domenico Vigorita, Luigi Melpignani, Antonio d'Adamo, Euclide Armenante. Si procede all'elezione annuale dei membri del Consiglio Direttivo' uscenti di carica per compiuto periodo: e risultano eletti : Alessandro Cutolo Vice Presidente Claudio Gargano Segretario Luigi Quintieri i ^ . ,. . Pasquale Romano J ^onsighert Si procede pure all' elezione dei Revisori dei Conti del 1 913 e risultano eletti i Soci Eugenio Aguilar e Michele Guadagno. Il Presidente prima di sciogliere l'adunanza riferisce all'assemblea sui lavori della Commissione dei Campi Fleg rei, istituita con deliberazione dell'assemblea del 29 agosto 1912 (Vedi Bollet- tino, Voi. 25, 1911-12, pag. 178-179), durante l'anno 1913, riguardanti: gli studi sui Rotiferi del lago-stagno craterico di Astroni della dott. Isabella Iroso, la illustrazione di nuovi ciliofori appartenenti alla microfauna del lago-stagno craterico di Astroni della dott. Livia Savi, le indagini del prof. Gauthier fatte ad Agnano per rintracciare il sito ove sprigionasi più forte il calore che veniva utilizzato nel sudatorio romano, e quelle iniziate al Monte Rosso e più propriamente sul cratere esplosivo di Concola; come an- cora le ricerche del prof. Monticelli sulla naturalizzazione degli Axolotl nelle nostre acque dolci per la distruzione delle zanzare e quelle del prof. De Rosa sul PoLisacco : nonché il voto fatto su proporta del prof. Chi- stoni per la messa di un mareografo a Pozzuoli. Il Presidente informa altresì l'assemblea che, per deliberazione del Con- siglio Direttivo, col prossimo Bollettino verranno pubblicati annualmente i processi verbali della Commissione stessa. Si leva la tornata alle ore 17, dopo avere approvato questo verbale seduta stante. CONSIGLIO DIRETTIVO PER l'anno J914: Monticelli Francesco Saverio Cutolo Alessandro Gargano Claudio Zirpolo Giuseppe De Rosa Francesco \ Galdieri Agostino f Quintieri Luigi i Romano Pasquale ^ Cutolo Enrico Gargano Claudio Presidente Vice-Presidente Segretario Vice-Segretario Consiglieri Cassiere Bibliotecario ELElSrOO IDEI SOCII (i gennaio 1914) SOCII ORBINARII RESIDENTI 1. Amato Carlo — Via Tribunali 339. 2. Aguilar Eugenio — Vico Neve a Maferdei 27. 3. Alci Vincenzo — Via Sapienza 11 4. Anile Antonino — Istituto Anatomico a S. Patrizia. 5. Arena Mario — Via Roma 129. 6. Balsamo Francesco — Via Foria 210. 7. Bassani Francesco — Istituto di Geologia della R. Università 8. Bruno Alessandro — Via Bari 30. 9. Capobianco Francesco — Via Sapienza 18. 10. Caprioli Nicola — S. Cristofaro alV Olivella 34. 11. Caroli Ernesto — Istituto Zoologico della R. Università. 12. Cavara Fridiano — R. Orto Botanico. 13. Cerruti Attilio — Stazione Zoologica, Villa Nazionale. li. Chistoni Ciro — Istituto di Fisica terrestre, S. Marcellino li. 15. Cirillo Giuseppe — .S'. Giovanni in Portico 34. 16. Cufino Luigi — Via Veterinaria 7. 17. Cutolo Alessandro — Via Roma 404. ' 18. Cutolo Enrico — Via Roma 404. 19. De Biasio Abele — Vico Tagliaferri a Foria 12. 20. D' Evant Teodoro — Piazza dei Matiri 259. 21. Della Valle Antonio — Via Salvator Rosa 259. 22. Della Valle Paolo — Via Salvator Rosa 259. 23. De Rosa Francesco — Via S. Lucia 62. 24. Forte Oreste — Via MonteoUveto 37. 25. Galdieri Agostino — Strada Stella 94. 26. Gargano Claudio — Via S. Lucia 62. 27. Gauthier Vincenzo — Via Sapienza -29. 28. Geremicca Michele — Largo Avellino 4. 29. Guadagno Michele — Via Foria 193. 30. Giordano Francesco — Corso Umberto I 34. 31. Ii-oso Isabella — Via Foria 118. Palazzo Castelcicala. 32. Jatta Mauro — Piazza Vitf. Emmanuele 12, Roma. 33. Kernot Giuseppe — Via S. Carlo 6. 34. Marcucci Ermete — Istituto di Anatomia Comparata B. Università. — 32 — 35. Mastrolilli De Angelis Alberto — Via Ventaglieri 76. 36. Milone Ugo — Via Foria 166. 37. Minervini Raffaele — Via Nardones 14. 38. Monticelli Francesco Saverio — Via Ponte di Ghiaia 27. 39. Morgera Arturo. — Vico Neve a Ghiaia 31. 40. Oglialoro Agostino — Istituto di Ghimica della B. Università. 41. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I 27. 42. Piscitelli Michele — Via Magnocavallo 92. 48. Police Gesualdo — Via S. Maria Ognibene 6. 44. Praus Carlo — Via Antonio Vlllari 56. 45. QuLntieri Luigi — Via Amedeo i8. 46. Quintieri Quinto — Via Amedeo 18. 47. Ranfaldi Francesco — Istituto di Mineralogia della R. Università. 48. Ricciardi Leonardo — Via Guglielmo Sanfelice 24. 49. Rippa Giovanni — R. Orto Botanico. 50. Romano Pasquale — Via Porta Medina 44. 5L Sabatino Carmine — Parete (Aversa). 52. Scacchi Eugenio — Istituto di Mineralogia della R. Università. 53. Schettino Mario — Via Roma 320. 54. Scognamillo Raffaele — Via S. Carlo 31. 55. Siniscalchi Alfonso — Via Salvator Rosa 330. 56. Trani Emilio — Via Campanile ai Miracoli 47. 57. Viglino Teresio — Piazza Dante 4i. 33 SOCII ORDINARI NON RESIDENTI 1. Alfano Giovanni Battista — Osservatorio Meteorico — Geodinamico Valle di Pompei. 2. Bellini Raffaello — R. Liceo Edmondo De Amicis, Oneglia. 3. Cozzolino Marzio — Corso Garibaldi 74 , Portici. 4. De Cillis Maria — Corso Garibaldi 79., Portici. 5. Di Paola Gioacchino — JB. Istituto tecnico., Caserta. 6. Foà Jone — Via Avvocata a Piazza Dante 19. 1. Lionetti Giovanni — Via Costantinopoli 23. 8. Marcello Leopoldo — Piazza Cavour., Farmacia Marcello. 9. Mugliano Rosario — Lagoneqro. 10. Malladra Alessandro — R. Osservatorio Vesuviano Resina. 11. Mercalli Giuseppe — R. Osservatorio Vesuviano, Resina. 12. Misuri Alfredo — Istituto di Zoologia della R. Università, Palermo. 13. Patroni Carlo — R. Istituto Tecnico., Arezzo. 14. Piccoli Raffaele. — Via Avvocata a Piazza Dante 19. 15. Parisi Rosa — Via Colombo N. 40, Caserta. 16. Raffaele Federico — Istituto di Zoologia della R. Università, Palermo. 17. RosLiignoli Rachelina — Vico Carminiello a Toledo 23. 18. Stefanelli Augusto — R. Liceo Ginnasio G. B. Vico, Chieti. 19. Stilon Alfredo — Via Fabrizio Pignatelli 5. 20. Trinchieri Giulio — Via Properzio 17, Roma. 21. Vanni Giuseppe — Via Cola di Rienzo 180, Roma. 22. Villani Armando — R. Liceo. Foggia. 23. Virdia Valentino — Tropea. 24. Zirpolo Giuseppe — Vico Storto S. Anna di Palazzo 21. SOCII ADERENTI 1. Cotronei Giulio — Istituto Anatomia Comparata R. Università, Roma 2. Cutolo Costantino — Via S. Brigida 39, Napoli. 3. De Franciscis Ferdinando — Corso Vittorio Emmanuele 626. 4. Filiasi Emmanuele — Riviera di Ghiaia 270. 5. Filiasi Giuseppe — Riviera di Chiaia 270. G. Grande Loreto — R. Orto Botanico. 7. Marcolongo Ines — R. Orto Botanico. 8. Morese Giuseppe — Piazza Municipio 48. 9. Nicolosi-Roncati Francesco — R. Liceo, Monteleone (Calabria). 10. Scalfati Mario — Via Nardones 17. Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli Elenco delle pubblicazioni pervenute in cannbio ed in dono Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio [31 dicembre J9J3) EUROPA Italia Acireale Aosta Bologna Brescia Cagliari Cassino Catania Firenze Genova — R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Ze- lanti i^Memorie^ Rendiconti). Bollettino della R. Stazione sperimentala di agrumi- coltura e frutticoltura. — Societé de la Flore Valdòtaine (Bollettino). — R. Accademia delle Scienze dell'Istituto {Rendiconti). — Commentari dell' Ateneo. — Bollettino della Società tra i cultori delle Scienze mediche e naturali. Bollettino della Società Regionale contro la malaria. — Bollettino mensile dell'Osservatorio meteorico - Aero- logico Geodinamico. — R. Accademia Gioenia {Bollettino, Memorie). — Archivio per l'Antropologia e 1' Etnologia. Società Botanica italiana {Bollettino). Nuovo Giornale botanico italiano. Bollettino bibliogratico della Botanica italiana. Monitore Zoologico italiano. R e d i a , Giornale di Entomologia. R. Società toscana di Orticoltiu'a {Bollettino). R. x4.ccademia dei Georgolili {Atti). Società entomologica italiana {Bollettino). L'Ai'aldo Medico - Periodico bimestrale. Bollettino meteorologico dell' Osservatorio Ximeniano. dei PP. delle Scuole Pie. — R. Accademia medica {Bollettino, Memorie). Museo civico di Storia Naturale {Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università {^Bollettino). IV Genova — Società ligustica di Scienze Naturali e Geografiche (Atti). Rivista ligure di Scienze, Lettere ed Arti. Intra — Scuola Industriale. Lodi — R- Stazione sperimentale del Caseificio (Annuario). Lucca — R- Accademia lucchese (Atti). Milano — Società Italiana di Scienze Naturali e Mu.seo civico d Storia Naturale (Atti). Messina — Rassegna Tecnica. Giornale di Ingegneri, Architetti, Agronomia ed Arti industriali. Modena — Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. — Annali della R. Stazione Chimico- Agraria sperimen- tale di Roma. Napoli — R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (Memorie, Rendiconti, Annuario). Accademia Pontaniana (Atti). Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli. Orto Botanico della R. Università (Bollettino). GÌ' Incurabili. Zoologischen Station zu Neapel (Mittheilungen). Annali di Nevrologia. Rivista agraria. Società africana d' Italia (Bollettino). Appennino meridionale. Bollettino trimestrale del Club Alpino Italiano. — Sezione di Napoli. Rassegna di Batterioterapia. Atti del R. Istituto d' Incoraggiamento. L' Agricoltura. Annali della Stazione sperimentale per le malattie infettive del bestiame. La Medicina sociale. Associazione napoletana Pro montibus (Bol- lettino). Giornale della Associazione napoletana di Medici e Naturalisti. Padova — Accademia scientifica veneto-trentino-istriana (Atti). R. Stazione bacologica (Anmiario). La Nuova Notarisia. Il Raccoglitore. Palermo — Il Naturalista siciliano. Giornale del Collegio degli Ingegneri agronomi. R. Istituto Botanico. Contribuzioni alla Biologia ve- getale. R. Orto Botanico e Giardino coloniale (Bollettino). Palermo — Annuario biografico del Circolo Matematico. Perugia — Annali della Facoltà di medicina e Memorie della Accademia medico-chirurgica. Pisa — Società toscana di Scienze Naturali (Memorie^ Pro- cessi-verbali). Portici — R. Scuola superiore di Agricoltura (Annali). La Campagna Agricolo - Antimalarica. - Supplemento alla Rivista Agricola. Laboratorio di Zoologia Generale ed Agraria (Bol- lettino). Potenza — Rivista di Credito Agrario. Roma — R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). R. Accademia medica (Bollettino, Atti). R. Comitato Geologico italiano (Bollettino). Ministero di Agricoltura (Annali). Laboratorio di Anatomia normale della R. Università (Ricerche). Accademia pontilìcia dei Nuovi Lincei (Atti). Società Zoologica italiana (Bollettino). Società italiana per il progresso delle scienze (Atti). R. Stazione chimico-agraria sperimentale (Annali). Società per gli studi della malaria (Atti). A.rchivio di Farmacognosia e Scienze affini. Rendiconti delle Società Chimica Italiana Rovereto — Accademia degli Agiati (Atti). Museo civico (Puhblicazioni). Sassari — Studi sassaresi. Scafati — Bollettino tecnico della coltivazione dei Tabacchi. Siena — Rivista italiana di Scienze Naturali. Torino — R. Accademia delle Scienze (Atti). Club Alpino Italiano (Rivista^ Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Università (Bollettino). Biologica. Raccolta di scritti di Biologia. Udine — Mondo Sotterraneo. Rivista di Speleologia. Venezia — L'Ateneo veneto. Venezia — Bollettino bimestrale del R. Comitato Talassografico Italiano. Verona — Madonna Verona, Accademia di Agricoltura , Scienze , Lettere , Arti e Commercio (Atti, Memorie). Valle di Pompei — Bollettino delle Specola Meteorica nell'istituto d'Igiene della R. Università di Napoli. Bollettino dell'Osservatorio meteorico — geodinamico. VI — Austria-Ungheria Budapest Brùnn Kolozsvar Prag- Wien A quii il. Magyar Ornithologiai Kozpont Folyóirata. Societé Royale liongroise des Sciences Naturelles. Naturtbschenden Vereines ( Verhandlungen). IMùzeumi Fiizetek az erdilyi nem/eti àsvànytàranax értesitòje. Ceské Akademie Cisare Franti ska Josef a prò vedy slovenost. a umeni (Pubblicazioni). Casopis Ceské Spolecnosti Entomologické (Ada So- cieiatis Entomologicae Boheniiaei Jahresbericht der K. Bóhmischen Gesellschaft der Wisseuschaften. BuUetin International. Classe des Sciences Mathé matiques, Naturelles et de la Medicine. K. K. Naturhistorischen Hof-Museum (Annalen). K. K Zoologisch-Botanisclien Geseilscliaft (Verlian- dlungen). Belgio Bruxelles Louvain Société royale malacologique de Belgique (Annales). La Cellule. Finlandia Helsingfors — Societas prò Fauna et Flora fennica (Ada, Medde- landen). Francia Bordeaux — Société d'Océauographie du Golfe de Gascogne (Rap- ports). Cherbourg — Société natiouale des Sciences Naturelles et Mathé- matiques (Mémoires). Langres — Société de Sciences Naturelles de la Haute Marne. (Bìilletin). Levallois-Perret — Association des Naturalistes (BuUetin). Nancy — Société des Sciences et Réunion biologique de Nancy BuUetin des séances). VII — Nancy Nantes Paris • Bilìliographie iuiiifcoinique. - Sociótó des Scieuceti iiaturelle.s de l'ouest de la France (Bulletin). - Joui-nal de l'Anatomie et de la Physiologie de riiomme et des animaux. Société Zoologique de France [Bulletin. Mémoires). Muséum d'Histoire naturelle (Bulletin). La feuille des jeunes Naturalistes. La Revue de Phytopathologie et des maladie.s des Plantes. Germania Berlin Bonn Giessen Giistrow Leipzig - Bericht iibex- die Verlagsthàtigkeit. Naturae Novitates. Botanische Verein der provinz Brandeburg ( Verhaml- limgen). Sitzungsberichte der Gesellschaft Naturfnrscliender Freuude. Deutsche Entomologische National Bibliotek. Bibliotheca Entomologica. • Naturhistorischen Vereines der Preussischen Rhein- lande und Westfalens ( Verliandlnngen). Niederrheinischen Geseilschaft filr Natur-und Heii- kunde ( Sitzungsberichte). - Oberhessischen Gesellsciiaft filr Natur-und Heilkund (Bericht). - Verein der Freunde der Naturgeschichte in Mecklen- burg (Archiv). - Zoologischer Auzeiger. Matematische und Naturwisseuschaftliclie Berichte au Ungarn. Zentralblatt fùr Allgemeine und Experimentelle Bio- logie. Inghilterra Cambridge — Philosophical Society (Proceedings, Trans actions). London — Royal Society (Proceedings , Reports of the Sleeping sickness Commission). Plymouth — Marine biological Atisociation of the United Kingdoin (Journal). — vm — Tromsoe Norvegia Tromsoe Museum, Olanda Amsterdam — Academie Royale (Memoires). Portogallo Coimbra Lisbona -Annaes scientiiicos da Academia Polytecnica do Porto. - Broteria — Revista de Sciencias Naturaes do Collegio de S. Fiel. BuUetin de la Société Portugaise de Sciences Na- turelles. Russia Kiew Moscou Tittis Société des Naturalistes (Memoires). Société imperiale des Naturalistes (Bulletin). ■ Giardino botanico {Lavori). Mouiteur du jardin Botanique. Spagna Barcelona Cartuja Madrid Zaragoza Institució catalana d'Historia Naturai (Butletij. Institució Catalana de Ciences Naturals (Butleti). La Ciencia Agricola. Butleti del (Jlub Montanyenc. ■ Boletin niensual de la Estación Sismologica - La Naturaleza. Memorias de la Real Sociedad espanola de Ristori a Naturai. Sociedad espanola de Historia Naturai (Anales, Bo- letin). -Sociedad aragonesa de Ciencias Naturales (Boletin). Associaciòn de Labradores de Zaragoza y suprovincia. Anales de la Facultad de Ciencias. — IX Svezia Upsala — Geological Institutioii of the University of Upsala (BuUetin). Stockholm — K. Vet. Akadems-Bibliothek (Arkiv for Botanik, Arkiv for Zoologi). Chur Lugano Zurich Svizzera ■ Naturforschenden Gesellscliaft Graubimden's (Jahres- bericht). Società ticinese di Scienze Naturali (Bollettino). - Societas Entomologica. Tokyo ASIA Giappone — Annotationes zoologicae japonenses. Cairo AFRICA Egitto Société Entomologique d' Egypte ( BuUetin , Mé- moires). Capetown Colonia del Capo South African Museum (Annals). AMERICHE Argentina Buenos-Ayres — Museo nacional (Anales, Comunicaciones). Brasile Rio de Janeiro — Archivos do Museu Nacional. Canada Halifax — Nova Scotian Institute of Science. Chili Santiago — Société scientifìque du Chili (Actes). Verliandlungiui des Deutscheu Wissenschaftlichen Vereins. Colombia Bogotà El Agricultor. — Organo de la Sociedad de los Agri- cultores colombianos. Messico Messico -Sociedad cientilica Antonio Alzate (Menun-ins, Revista). Institùto Geològico (Boletin, Parergones). Anales del Institùto Medico Nacional. La Naturaleza. Paraguay Asuncion Revista de Agronomia y de Ciencias aplicadas. Perù Lima Boletin de la Societad geografica. San Salvador San Salvador — Museo Nacional (Anales). XI Stati Uniti Berkeley Boston Brooklyn Chapell Hill Chicago Madison Missoula New York — University of Culitoniia ( Publìi'atìon.s, Bidletin). — Society of Naturai History (Proceedings). — Gold spiing harbor Monographs. — Elisila Mitchell scientitic Society [Journal). — Academy of Sciences [Bnllelin, Annual Report). Field Museum of Naturai History (Department of Botanti). — Wisconsin Academy of Sciences . Arts and Lettres {Tran-saction.s). Wisconsin Geological and Naturai History Survey {Bulletìn). — Bulletin of the University of Montana [Biologi cai Serieò-ì. — Botanical garden (Bidletin). Notre Dame Indiana — The American Midland Naturalist. Philadelphia — Academy of Naturai Sciences [Proceedings). Saint-Louis — Academy of Science (Transactions). Missouri Botanical garden (Annual Report). Springfield ( Massachussets) — Museum of Naturai History. Tufts College (Massachussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual Report). U. S. Departmtent of Agriculture. — Division of Or- nithology and Mamraalogy i Bulletin North Amt- rican Fauna). Smithsonian Institution (Annual Report). U. S. National Museum (Bulletin). U. S. Department of Agriculture (Jearbook). U. S. Department of Agriculture. — Bureau of Ani- mal Industry (Annual Report). Carnegie Institution of Washington (PubUcations). The Rockefeller Sanitary Coramissiim for the Era- dication of Hookworm Disease. Uraguay Montevideo — Museo nacional. Seccion historico-filosofica (Anales, Comunicaciones). Wellington OCEANIA Nuova Zelanda Geological Survey (^PubUcations). PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO (31 dicembre 1913) Alfano G. B. — I fenomeni geodinamici della sorgente minerale di Valle di Pompei. Pavia 1909 (Dono dell'Autore). » — Suir importanza di una stazione meteorico geodina- mica di Valle di Pompei. Napoli 1909 (Autore). » — La Sezione geodinamica. Sua inaugurazione — Il Mu- seo Vesuviano Sua inaugurazione e sue collezioni Valle di Pompei 1912 (Autore). Balsamo F.— Geremicca M. — Botanici e Botanofili napoletani Cenni, sto- rici e bibliografici. Napoli 1911 (Autori). Bassani F. — Sopra una nuova fumarola nel fondo della Solfatara di Pozzuoli. Napoli 1913 (Autore). BoRDiGA 0. — - Sullo stato presente della cooperazione agraria ita- liana e straniera ed in particolare del mezzogior- no d' Italia. Napoli 1911 (Autore). BoRDiGA 0. — L'espropriazione per mancata bonifica agraria in segui- to a compiuta bonifica idraulica. Napoli 1911 (Autore). Brambilla G. — I Campi dimostrativi agricolo-antimalarici e la loro attuazione nel mezzogiorno d' Italia. Milano, 1911 (Autore). CozzoLiNO M. — Il Fagiolino. Napoli, 1911 (Autore). — Gli orti di provincia di Napoli. Napoli , 1912 (Au- tore). » — Una speciale industria napoletana : il pelo di seta da pesca. Napoli, 1913 (Autore). Chirone V. — Manuale di Materia medica e Terapeutica ad uso della gioventù studiosa e dei medici pratici. Na- poli (Dono del socio Monticelli). » — Trattato critico di medicamenti nuovi. Napoli (Dono del socio Monticelli). CmsTONi C. — Segni meteorologici internazionali. Roma 1912. XIV COBKLLI R. C RISTA LM Cj. Gufino L. COTOLO A. » » Davenport C. B. Di Franco L. Di Pace I. De Anna F. Del Pezzo P. De Rosa F. Forte 0. Galdieri a. Galdieri a. — Paolini Janet Oh. L'estate più calda e l'estate più fredda a Rovereto in trent'un anno di osservazioni 1882-1912. Ro- vereto 1913 (Autore). Res gestae di un ostetrico commissario in un con- corso a<^li Incurabili. Napoli 1913 (Dono del socio Monticelli). Esplorazioni lloristiche nell'Italia meridionale. 1913 (Autore). - Su l'uso del riso nel diabete. Napoli 1912 (Autore). - L' acido tartarico in enologia. Napoli 1913 (Autore). L'arsenico ed il piombo in agricoltura. Napoli 1913 (Autore) - Departement of experimental evolution of the Car- negie lustitution of W ashington, 1912 (Autore). - Dell'Assicurazione obbligatoria dei lavoratori della terra contro gl'infortuni. Napoli 1910. La trasformazione dei laghi, degli stagni e delle pa- ludi in saline. Napoli 1911. - Contribuito allo studio della protilassi chininica- antimalarica, relativamente alia sua efficacia ed immunità. Napoli 1911. - Commemorazione di Dino Padelletti. Napoli 1895. - Il Nespolo del Giappone. Napoli 1913. - Elementi di Chimica per istituti tecnico, indus- triali. Parte I. Generalità: Metalloidi: Chimica or- ganica. Napoli 1914 (Autore). - Su di una lencofonolite haiiynitica del Vulcano di Roccaraoniina. Napoli 1913 (Autore). - Fiori, Insetti e fumarole Nota. Napoli 1913 (Autore). - Sulla dissoluzione del calcare in acqua carbonica, Portici 1913 (Autore). - Di una nuova calente feltriforme di Nocera. Por- tici 1913 (Autore). — L' origine della terra rossa. Portici 1913 (Autore). — Sul bolo di Terra d'Otranto. Portici 1913 (Autore). — Osservazioni sui calcari di Pietraroia in provincia di Benevento. Napoli 1913 (Autore). — Sulla fosforite di Leuca, Napoli 1913 (Autore). — Il tufo Campano di Vico Eqdense. Napoli 1913 (Autore). — Constitution morphologique de la Bouche de l'in- secte. Limoge 1911 (Autore). — XV Janet Ch. Kahanowicz M. Lo Re a. Del Rk A. Lombardi L. Lombardi. L. — Scarpa Lungo. B. Manfredi L. Marcolongo I. Mastrolilli Dk Angki Monticelli Fr. Sav. Oddo G. » Paoloni B. Pacioni B. — La sporophyte et le gamétophyte du végétel ; le soma et le germeii de l'iusecte. Limoges 1912 (Autore). — Sur l'existence d'un organe chordotonal et d' une vésieule pulsatilo chez 1' Abeille et sur leinorpho- logie de la tète de cette espèce. Limoges 1911 f Autor e). — Organe.s sensitifs de la mandii)ule de 1' Abeille [Apifi mellifere L. O ). Limoges 1914 (Autore). — La costituzione dell' atmosfera terrestre. Roma 1912. — Acta Fruraentaria. Foggia 1912. — Sulle Trasformazioni Voigt — Lorentz in elettro- dinamica. Napoli 1913. — Le nuove condizioni della istruzione industriale in Italia con particolare riguardo alle R. Scuole in- dustriali di Napoli. Napoli 1918. 0. — Sur les élements qui cai-a ctérisent le facteur de puissance des fours à carbure de calcium — Comuuication au Vlleme Oongrès International du Carbure de Calcium et de l'Acélytène. Napoli 1913 — Di nuovo sul Ficus carica L.. Firenze 1912. — Relazione sul Tischler. G. Ueber die Entwicklung der Sammeulagen in Parthenokarpen Augii spermen Fruchteu (Estratto d. Annali di Botanica, Voi. XI fas. II) — Sulla disinfezione della biancheria e di 5 altri ma- teriali affini con speciale riguardo all' impiego del Lysoform greggio. Milano 1912. (Dono del socio Monticelli). — Lattatoi civici moderni. Genova (Dono del socio Monticelli). — Su l'accrescimeoto del Cijperus Pa/r/m5, Napoli 1913. ,is — Sulla pretesa varietà della specie leonina. Na- poli 1913 (Autore). - Notizie intorno agli Axolotl dell'Istiteto Zoolngico della R. Università di Napoli. Napoli 1913 (Autore). - Congresso internazionale di chimica applicata di Washington e New Jork. Torino 1912. - Sulla proposta di fondazione a Napoli di un Istituto internazionale di Vulcanologia. Pavia 1913. - Osservazioni preliminari allo studio del clima e dello stato endogeno di Montecassino. Torino 1910. - I sette fulmini che colpirono in un'ora JMontecassino il 20 febbraio 1712. Roma 1912 — XVI Perroncito e. Petti F, Piscicela M. RiQNANO E. » Ricciardi A. Rossi G. Rubino A.. Scarpa R. Scorciar] NI Coppola Trotter A. VlSMARA S. — Sull'azione disinfettante del Lysoforra denso riguar- do al suo impiego nei luoghi di conservazione e vendita delle derrate alimentari. Milano 1911 (Dono del socio Monticelli) — Un'assicurazione dei prodotti agrari contro tutti i rischi a garanzia del credito agrario. Napoli 1911. — Nel paese dei Bango - Bango. Napoli (Dono del socio De Rosa). — Che cos' è il ragionamento? — Le Ròle des « Theoriciens » dans le sciences biolo- giques et sociologiques. Bologna 1912. — La bonifica della palude Stornara nel comune di Giuosa (Lecce). Napoli 1911, — Discorso inaugurale. Napoli 1911. — Rendicondo del II Corgress ) Agricolo-antimalarico — La Croce Rossa Italiana per i danneggiati dall'eru- zione del Vesuvio 9. aprile. Napoli 1906. — Malaria e profilassi chininica nelle Piana di Velia. Napoli 1911. A. -- Del credito agrario nelle provincie Meridionali Roma 1910. — A Traverso il Gargano — Notizie ed osservazioni botaniche. Napoli 1911 (Autore). — Gli elementi balcanici. Orientali della Flora Ita- liana e l'ipotesi dell' Adriatide. Napoli 1912. (Do- no del Socio Monticelli), — Montecassino e il suo osservatorio meteorico — geodinamico. Roma 1910. Atti del Congresso Agrario meridionale tenuto dal 7 — 11 giugno 1909 in Napoli (Dono del socio Monticelli;. Opera del Club Alpino Italiano nel primo suo centenario 1864-1913. To- rino 1913. Questioni che si collegano col nuovo regolamento sui concorsi a cattedre di Scuole Medie, Pavia 1912. Rapporto tecnico sul movimento degli animali durante l'anno 1912. So- cietà Italiana del Giardino Zoologico di Roma. 1913, r:vi3iOE0 ATTI i M EMORI E E NOTE). Della Valle P. — La differenziazione dell'arto anteriore degli A- nuri nell'interno della cavità peribi*anchiale. — Nota pre- liminare pag. 3 Gekemicca M. — Le pomacee che si coltivavano a Napoli nel XVI secolo. Noterelle storiche . » 6 Gauthier V. — Di alcuni fenomeni vulcanici del bacino d'Agnano . » 34 Galdieri a. — Fiori, insetti e fumarole. Nota ...... 39 CuTOLO A — Composizione chimica del Nespolo del Giappone [^E- riohotrya japonica) . » 44 Gargano C. — Dei tumori spontanei nei mammiteri. Fibromioma delle cavità nasali nel cavallo. ^ Ta''. 1. . . » 48 ('erruti a. — Di un semplice metodo per lo studio del sistema cir- colarorio negli Anellidi. Nota. — Tav. 2 » 64 CuTOLO A. — Contributo a l'analisi del pane. Determinazione delle ceneri ............ 69 Marcucci e. — Condizioni che determinano la capacità rigenerativa delle estremità posteriori nelle larve di Anuri alle diverse epoche di sviluppo. — Nota preliminare . . . . » 87 Vanni G. — Sul campo elettrico e magnetico di un oscillatoi'e hertziano. Nota .......... 89 Della Valle P. — Come si può impedire la rigenerazione del capo nelle Planarie. — Nota preliminare . . . . » 98 MoRUERA A. — A proposito della funzione della glandola digitale degli Scyllium e di quella dell'appendice vermiforme dei Mammiferi » 99 Della Valle P. — La differenziazione della regione endocavitaria e la determinazione delta posizione dello spiracelo nello sviluppo delle larve decapitate di Anuri. — Nota prelimi- nare ...» 101 iibobi) — XVIIl — RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI E COMUNICAZIONI). Processi verbali delle tornate. pag. 3-27 Coiiitinicazionì vcibali. Monticelli Fr. .Sav. ~ Brevi comunicazioni sulle Temnocefale : 1. Temnocephala lutti n. sp. . . . . » 7 2. Di una forma teratologica di Temnocepìiahi fasciata Haswell ....... 7 Galdieri a. -- L'origine della terra rossa (Sunto). ...» 9 PiERANTONi U. — Su alcune cocciniglie raccolte in Tripolitania . » 11 Monticelli Fr. Sav. — Per una possibile naturalizzazione di Axo- lotl nelle nostre acque dolci . . . . . . » 13 De Rosa F. — Di una nuova stazione di Folysaccum pisocar- pium Fr ...» 15 Monticelli Fr. Sav. — Ancora sul Goncjylux ocellatus Wagl. nell'ex R. Bosco di Portici . . . . . . . » 17 De Rosa F. — Un buon uso della Lavatera arborea. L. . . » 1 ) CuTOLO A. — Un pezzo di carne colorato in violetto . . •> 22 Monticelli Fr. Sav. -Di una cattura ài Erijsniatura leucncepìtalu Scop. nel napoletano ........ Consiglio direttivo per l'anno 1914 ........ 29 Elenco dei socii » 31 Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono. Gli Autori as-suììiono l'intera respoìtsahilità dei loro scritli. /i<,//.f/.So(\diA>r/: m AVf/yo// lUXAT/ % / •S'i I r^ì^^^^'^'■... /v^_^ ^ti^^^ /:.-• ' .0^:''^% "^■u. -r^- '-W^ /: ^«■^^fe,:;^ ;t/ ■^. C^. ' - -2^;- ••^-. ■^ ■ìi^ 7m: /. 'f/o. pf\r 4^^' V*^ -»■'/•■ %. f'A:' t^- #%;'« <^4 '# %9^ '-^3; . .-^^:V. ^ /.il. /(iiiiiiiinrili e rerrori-i nrid Boll. d. Soc. cHAcU. ùi A'a/^oà' IbUÀT/ Tav./f Ld. hicclniiurdi r rei /fin f aija BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATUKALIST iiv iViVF»or^i VOLUME XXVI (SERIE II, VOL. VI) 1913 Coxx S ta-vol« {Puhblicafo il 2fi febbraio 1914) NAPOLI R. STABILIMENTO TIPOGRAFICO FHANCRSCO GIANNINI «: FIGLI Cisterna dell'Olio 1914 IJVI3IOBD ATTI ^MEMORIE E NOTE). Dklla Valle P. — La differenziazione dell'arto anteriore degli A- nuri neir interno della cavità peribranchiale.— Nota pre- liminare V^'^fl- •'• (ìKREMiccA M. — Le pomacee che si coltivavano a Napoli nel XVI secolo. Noterelle storiche ■ " •> Gauthier V. — Di alcuni fenomeni vulcanici del bacino d'Agnauo . » 3i (jaldieki a. — Fiori, insetti e fumarole. Nota » -J-' (JuTOLO A. — Uomp )sizione chimica del Nespolo del Giappone (-K- riobotrya japonica) . » 44 Gargano (J. — Dei tumori spontanei nei mammiferi. Fibrornioma delle cavità nasali nel cavallo. — Tav. 1. . . . » 4-> Oerruti a. — Di un semplice metodo per lo studio del sistema cir- colarorio negli Anellidi. Nota. — Tav. 2 » <)4 CuTOLO A. — Contributo a l'analisi del pane. Determinazione delle ceneri » *^!'' Marcucci e. — Condizioni che determinano la capacità rigenerativa delle estremità posteriori nelle larve di Anuri alle diverse epoche di sviluppo. — Nota preliminare . . . . > 87 Vanni G. — Sul campo elettrico e magnetico di un oscillatore hertziano. Nota . . » b'J Della Valle P. — Come si può impedire la rigenerazione del capo nelle Planarie.— Nota preliminare » 98 MoRQERA A. — A proposito della funzione della glandola digitale degli Scyllium e di quella dell'appendice vermiforme dei Mammiferi » 99 Della ^'ALLE P. — La differenziazione della regione endocavitaria e la determinazione della posizione dello spiracelo nello sviluppo delle larve decapitate di Anuri.— Nota prelimi- nare » 101 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI E COMUNICAZIONI). Processi verbali delle tornate. pag. 3-27 Comunicazioni verbali. Monticelli Fr. Sav. — Brevi comunicazioni sulle Temnocefale : 1. Temnocrphala lutzi n. .sp » 7 2. Di una forma teratologica di Tetnnocephaln fasciata Haswkll » 7 fìALDiERi A. -- L'origine della terra rossa (Sunto). ... * 9 PiKR.-vNTnNi IT. — Su alcune cocciniglie raccolte in Tripolitania . » 11 MoNTicELH Fr. Sav.— Per una possibile naturalizzazione di Axo- lotl nelle nostre acque dolci » 13 Dk Rosa F. — Di una nuova stazione di Polysaccum pinocar- piutn Fr »15 Monticelli Fr. Sav. — Ancora sul GongyliiH ocpllatiis W.agl. nell'ex R. Bo-sco di Portici » 17 De Rosa F. — Un buon uso della Lavatera arborea L. . . » 19 CuTOLO A. — Un pezzo di carne colorato in violetto . . » 22 Monticelli Fr. Sav. -Di una cattura di Erysmatnra leucoeephala Scop. nel napoletano . . . . . . » Consiglio direttivo per l'anno 1914 » 29 Elenco dei socii ............ 31 Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono. Gli Autori as-wmono l'infera responsabilità dei loro scritti. Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ Dr. Prof. Claudio Gargano, presso la sede della Società Ex Collegio Medico a S. Aniello a Capo Napoli Prezzo del presente volume L. 20,00. MHI. WIIOI I IHRARY H 1 RH H f^. W""*"**' \jX. -ii^> •/T:*.<5,