BULLETTINO SOCIETÀ ENTOMOLOGICA ITALIANA ANNO TRENTADUESIMO FIRENZE TlrOGRAFIA DI U. RICCI Via S. Gallo. N. 81. 1900 (JU ^(,1 S"!» STORIA NATURALE OEOLI ACARI I ]Nr S EXTIGO LI MEMORIiV del Dott. GUSTAVO LEONARDI assistente del Laboratorio di Entomologia Agraria presso la R. Scuola Superiore d'Agricoltura in Portici L' argomento ha avuto alcuni monografì, i quali o hanno descritto, senza più, le forme occorrenti sugli insetti, in lavori speciali, o qua e là ne hanno detto in scritti generali, oppure si sono più particolarmente occupati di quel che si riferisce alla biologia delle forme che si sono trovate sugli insetti, senza però che si possa riconoscere preoccupato il posto conveniente ad un' ulteriore scritto sull'argomento, quale si è il presente, in cui mi accingo di rivedere e di riordinare le notizie altrui, vagliando, con severa critica, ancora, la sinonimia delle spe- cie, la quale talora è molto complicata, giacche troppi autori, alle prese con forme insetticole le hanno descritte e nominate senza troppo riguardo ai lavori altrui sullo stesso proposito. Gli acari i quali si rinvengono sugli insetti, per ciò che riguarda i rapj^orti loro con l'ospite, possono essere divisi in tre distinte categorie, cioè: I. Forme viaggiatrici. II. Commensali. III. Parassiti veri. I. FoEME VIAGGIATRICI. — Gli acari i quali vivono in am- bienti che ospitano ancora insetti, essendo piccoli e quindi Anno XXXII. 1 _ 2 — meno adatti degli insetti stessi, anche perchè meno bene for- niti di organi locomotori, alla rapida ricerca di analoghi am- bienti, dove potere comodamente stabilire colonie nuove, con probabilità di riuscire a vita prospera, salgono sugli insetti stessi per essere trasportati. Ma per ciò che riguarda le comodità e il buon esito del viaggio, la forma migratoria è provvista di mezzi acconci ad assicurare l' intento e non ricevere danno per via. Quindi è necessario che essa abbia, primieramente, una opportuna veste da viaggio; in secondo luogo possegga adatti organi per rima- nere con sicurezza aderente all'ospite; in fine sappia scegliere sul corpo dell'ospite stesso un luogo conveniente per non es- servene rimossa contro la propria volontà. Come è facile credere tutto ciò varia a seconda delle spe- cie ed è di ciò che si dirà particolarmente. Intanto è bene osservare, anzitutto, che questa attività migratoria, con questi mezzi, non è comune a tutti gli acari, ma in uno stesso or- dine si limita ad alcune famiglie od ad alcuni generi ed anche in uno stesso genere per alcune sjjecie soltanto. Inoltre è bene riconoscere che l'attività stessa varia notevolmente di grado, inquantochè alcune forme ben di rado si trovano sugli insetti, altre, invece, li frequentano assai più, e le loro peregrinazioni rappresentano, nella specie, un abito tutto affatto normale. Per ciò che riguarda poi le condizioni intese ad un esito felice, come sopra si è detto, devesi primieramente notare che alcune di esse, come, ad esempio, veste adatta e buoni organi di ade- sione, sono assunti dalla specie solo per la circostanza ; in altri casi, invece, altre forme, trovandosi presti i mezzi in di- scorso, perchè propri al suo organismo durante tutta la vita o maggior parte di essa, ne trae profitto al di fuori delle co- muni abitudini, anche per questa particolare manifestazione biologica. Vediamo ora da vicino i singoli casi. Accade per un certo numero di forme, tra le minori, che la fabrica generale del corpo e degli organi suoi, negli indi- vidui sedentari!, non sia adatta a proposito per viaggiare, ed — 3 — allora si può avere una radicale modificazione di tutto l'orga- nismo, la quale importa, come risultato ultimo, la costituzione di una forma tutto affatto particolare e inadatta ad altri scopi, elle non sieno quello della diffusione della specie per via di peregrinazioni a mezzo di altri animali, ma a questo scopo adattatissima, in modo veramente meraviglioso. Saranno queste le forme più differenziate per la circostanza, e di qua fino a quelle che compiono le peregrinazioni loro senza precauzioni speciali, che si traducano in anormali modificazioni dell'orga- nismo solo per la circostanza, la via è segnata di gradazioni molte e notevoli. E facile comprendere, che, nel primo caso, e più mirabile, incorrono quelle specie le quali nella vita se- dentaria sono cosi male provviste delle condizioni di costitu- zione necessarie alle peregrinazioni, che, dovendo imprendere queste, come la necessità le spinge ed anche la particolare abitudine, debbono assolutamente, in tutto, radicalmente mu- tarsi. Ora in questo caso si trovano precisamente gii acari di una intera famiglia, quale si è quella dei Tyroglijphidae^ che nello stato sedentario sono cosi molli, fragili e delicati, che senza pericolo di danno al corpo, per via di disseccamento o di ferite negli urti, non possono avventurarsi all'impresa, la quale per condurre bene è necessario sieno modificati non solo gii organi esterni, ma ancora quelli interiori. Per ciò, di fronte a cosiffatte esigenze hanno, la maggior parte dei Tirogiifidi, la facoltà di dar luogo ad una ninfa tutta affatto speciale, che prende il nome di Hypopus o di ninfa ipopiale che dir si voglia. E da notarsi, che questi Tirogiifidi, in via normale, presentano nel loro ciclo evolutivo postembrionale, oltreché una larva esapoda colle forme generali dell'adulto, ancora una ninfa ottopoda, che segue alla larva e la quale, del pari, so- miglia nella fabrica generale del corpo all' adulto in cui si deve alla fine trasformare, ma, in via anormale, per quanto frequentissima, questa ninfa, trasformandosi, dà origine, non già all'adulto, come nel caso più ovvio, ma alla ninfa viag- giatrice, o Hijpopus che dire si voglia. E questo è destinato — 4 — esclusivamente alla ricerca di un opportuno veicolo su cui fis- sarsi e viaggiare. Fatti analoghi si possono vedere in alcuni Analgesidi, ovverosia Acari avicoli, per i quali gli Hypopiis sono stati descritti come forme a se, sotto i nomi di Hijpoderas, Hypodectes ecc. e che sembrano destinati, infossando oppor- tunamente sotto la pelle dell'ospite, a conservare la specie parassita sull'ospite stesso, non ostante la muta delle penne. Ora tutte queste forme ipopiali possiedono un involucro epi- dermico così fatto, per cui possono resistere facilmente alle variazioni di umidità e alla scarsa umidità stessa in ambienti cosi asciutti come è la nuda epidermide degli insetti, nei quali invece, assai rapidamente sarebbero le forme sedentarie con- dotte a perire. Infatti, si sono potuti mantenere parecchi esem- plari àeìV Hypopus del Trichotarsus X/jlocopae, viventi in pic- cole camerette di vetro, per la durata di quindici giorni circa. Questa osservazione dispone anche in favore della resistenza al digiuno, notevolissima per corpi così piccoli, che queste forme presentano. Ecco dunque soddisfatto intanto, da parte dell' //nente rotondato, il più sp)esso fuso assieme col ventrale, separato dall'anale ordinaria- mente triangolare. Esiste il perii rema. Maschi con un unico scudo — 42 — ventrale. Apertura sessuale maschile interposta fi -a il margine anteriore dello scudo ventrale e il rostro. Epistema Jalino, poco chitinoso, davanti rotondato o acuto, raramente denticolato. Man- dibole robuste, chelifere, nel maschio con uno sprone al dito mo- bile. Piedi anteriori^ il più spesso, forniti di ambulacro, eguali nei due sessi, raraìnente calcar ato. Larve e ninfe nude. Le specie appartenenti a questa famiglia vivono nei muschi, nelle sostanze vegetali putrescenti, sotto le pietre, e le forme ovigere si trovano anche su animali, viaggiatrici o parassite. In queste famiglie si notano frequenti casi di polimorfismo, tantoché molte specie del genere Iphis, sono state conside- rate come appartenenti a specie, le cui forme massime rien- trano nel genere Laelaps. La famiglia comprende sei generi, dei quali il genere Neoberlesia, mirmecofilo, comprende una specie {N. equitans) che sale sulle formiche, il genere Iphiopsis con una specie che si trova sugli lalus ; il genere Podociìium e Seius non comprendono forme migratrici su altri animali; mentre sugli insetti si trovano specie ajDpartenenti al genere Laelaps e Iphis. Genere XVI IPHIS Koch Iphis, Eumaeus, Gama.ms (ex p.) Koch, C. M. A. Deutschl. Uibersicht des Arachnidensystems. Laelaps (ex p.) G. R, Canestrini, Gamasi italiani. Iphis G. Canestrini, Acarofauna italiana. Id. A. Berlese, Ac. Mir. Scorp. ital. fase. 40, N. 8. Scudo genitale della, femmina fuso col ventrale, formanti in- sieme un piccolo scudetto che rimane molto discosto dallo scudo anale ; il quale è triangolare e porta un pelo impari dietro Vapertura dell'ano. — 43 — Alcune specie di questo genere si incontra'no sugli insetti, molto probabilmente solo per viaggiare, ma una forma, Iphis pterophilus, sembra essere un vero e proprio commensale. Fra le forme occorrenti sugli insetti meritano di essere ricordate le seguenti : 1. Iphis drepanogaster Berlese. Descritto negli Ac. Scorp. ital., fase. I, n. 3 e pochi giorni appresso da Gr. e R. Canestrini (Acari nuovi e poco noti) col nome di Loelaps falcinellus. Questa bella specie si trova, sia libera nel musco, sia, molto spesso, attaccata sulla regione pettorale àeW Atheucus variolosus. Si tratta adunque, in questo caso, di una forma viaggiatrice. "2. Iphis crinitus Beri. Descritto per la jjrima volta dal Berlese nei Gamasidi nuovi e poco noti, pag. 6 e in seguito negli Ac. Mir. Scorp. ital. al fase. 28, n. 10. Anche questa specie si trova attaccata sul ventre dell' Atheucus variolosus, assieme ?i\V Iphis drepano- gaster di cui, del resto, è molto più comune. Non mi consta che sia stata trovata libera. 3. Iphis pterophilus Beri. Anche questo descritto nei Gamasidi nuovi e poco noti a pag. 7, e negli Ac. Mir. Scorp. ital. al fase. 28, n. 9. E una bella e grossa forma, la più grande del genere, la quale si trova, molto spesso, sotto le elitre del Copris lunaris e veramente si può supporre che in questo caso si tratti di un commensale, anche perchè non è mai stata rinvenuta libera in altri ambienti. — 44 Genere XVII LAELAPS Koch. Laelaps, Gamasus (ex p.) Koch. loco citato. Gamasus (ex p.) Canestrini e Fanzago, Acari italiani. Gamasus (ex p.) A. Berlese, Polimorfismo e partenogenesi di alcuni acari Gamasicli. Laelaps (ex p.) A. Berlese, Note acarologiche. Id. id. G. e E.. Canestrini, Gamasidi italiani. Hypoaspis G. Canestrini. Acarofauna italiana. Laelaps A. Berlese, Ac. Mir. Scorp. ital., fase. 40, n. 8. Scudo genitale, nelle femmine, saldato al ventrale, il quale ordinariamente è così ampio da coprire tutto il ventre e rag- giungere quello anale con cui talora è fuso. Vi ha un gruppo composto delle più piccole specie, perti- nenti a questo genere e forse forme non definitive, che per i caratteri loro si accostano assai al genere Iphis, tanto che è difficile distinguernele se non si tiene conto della forma del corpo, il quale, invece di essere discoidale come si mostra negli IphiSj è qui ovale allungato, come nei Laelaps ordinaria- mente avviene. Fra questi minori precisamente, si incontrano forme inset- ticole, all' infuori di quelle molte che frequentano i formicai e delle quali si è avuto occasione di parlare altra volta, per cui non se ne dirà qui; ma tra quelle che occorrono sopra al- tri insetti è bene ricordare le seguenti: 1. Laelaps (Iphis) bombicolens (G. Can.). Descritto nel genere Ij^kis dal Canestrini (Acarof. ital., pag. 96) rientra però nei Laelaps, secondo i caratteri dati dal Berlese. La forma si trova, non di rado, sui Bombus ed è stata a Padova raccolta più volte dal Berlese e dal Canestrini. 45 2. Laelaps (Iphis) Kramerii Gr. et E. Can. Questa bella specie, descritta da G. e li. Canestrini (Nuove specie del genere Gamasus e Gamasidi italiani, pag. 60) non- ché dal Canestrini Gr. (Acarof. ital. pa. 80) è stata illustrata nuovamente dal Berlese sotto il nome di Laelaps {Iphis) cam- pestris; giacché quest'ultimo autore non conosceva i maschi, i quali sarebbero subito stati ravvisati mercè la particolare ap- pendice lunghissima che portano al dito mobile delle mandi- bole. Ma i Canestrini G. e R. avevano primamente trovato i loro esemplari nel legno fracido, mentre il Berlese descrisse la sua specie su individui insetticoli. Infatti la forma è comu- nissima sul Pentodon punctotus, al cui ventre sta fissata, anzi può essere detto che rari sono gli individui di questo insetto, che non portino su di se molti dei Laelaps in discorso e questi stanno al ventre, nella insenatura fra il protorace e il mesoto- race, quivi raccolti in gran numero. Sulle larve poi del Pentodon stesso e di altri Lamellicorni del genere PhyUognathus, Anoxia ecc. si trovano, fra le pieghe della cute, numerosi individui di quest'acaro e questa volta si rinven- gono ambedue i sessi. Il Berlese, negli Acari agrarii, riferisce il singolare processo, mediante il quale questi Laelaps^ che evi- dentemente sono forme sotterranee, si lasciano rinchiudere nel follicolo che la larva si costruisce, per sortire poi con l'insetto, all'aperto, quando esso si è trasformato in adulto, ed in seguito per riprendere la vita sotterranea ogni volta che l'adulto, per le necessità della sua riproduzione, penetra entro terra a de- porre le sue uova. Ecco, adunque, una notevole maniera di emigrazione e che merita di essere tenuta presente. Il Laelaps (Iphis) agrestis Berlese, che secondo l'autore che prima lo ha descritto (Ac. Mir. Scorp. ital., fase. 40, n. 7) ha stretti rap- porti di parentela col precedente, ne è però molto maggiore, quasi del doppio, e si incontra sotto le elitre della Melolontha — 46 — fullo, così bene, come sul pelo àoiV Orictes nasicornis, compor- tandosi, quanto alle sue emigrazioni entro e fuori di terra, non diversamente da quello che si è notato nella specie precedente di cui è altrettanto comune. E molto probabile, poi, che le due forme vivano, sotterra, di quelle stesse sostanze, radici, tuberi, ecc. di cui si nutrono gli insetti che le accolgono nei momenti delle loro peregrinazioni. Famiglia ANTENNOPHORIDAE. Di questa famiglia non sembra il caso di parlare qui, giac- che, per quanto composta di forme, alcune delle quali frequen- tano volentieri gli Artropodi, pure delle specie del genere An- tennophorus una: A. ticolopendrarum, Beri, si rinviene sulle Scolopendre, una seconda, A. Uhlmanni Hall, è mirmecofila, e tra le due forme descritte per l'America del Sud dal Berlese, di una, A. caputcarabi, non è detto che sia stato raccolto sugli insetti e l'altra, A. viduus Beri., rinvenuta sugli Scarites al Paraguay, per essere extraeuropea non se ne tien conto nel 23resente prospetto. FAmGLiA GAMASIDAE. Corpo ovale. Epidermide liscia, dura sugli scudi. Scudo dor- sale il più spesso diviso in due parti da un solco trasverso. Scudi ventrali: nelle femmine uno sternale a cui segue uno geni- tale a triangolo o a trapezio o semicircolare e più spesso di- stinto posteriormente dal ventrale, il quale, il più delle volte, è riunito coli' anale. Esiste il peritrema. Maschi, per lo più, col ventre protetto da tino scudo unico, che abbraccia anche l'ano, e al cui orlo anteriore si apre il poro genitale. Epi.^toma ben chi- tinizzato, innanzi semplicemente mucronato, oppure fornito di dentelli di varia foggia. Mandibole cheligere, nel maschio col dito — 47 — 'mobile, calcarato o perforato. Piedi tutti atti al corso., solo nel genere Holostaspis gli anteriori antenni formi. Maschi con robu- ste apijendici a forma di sprone ecc. sui piedi del secondo paio e talora anche .m quelli del quarto. Larve e ninfe nude^ oppure protette da scudi duri. Nel primo caso gli adulti, sono essi al- lora ricoperti da epidermide dura, nel secoìido caso., invece., gli adulti stessi sono rivestiti da epidermide meno robusta che non le rispettive ninfe. Gli acari di questa famiglia abitano nei muschi, fra le so- stanze putrescenti, sieno vegetali che animali, taluni ancora sono veri parassiti di animali superiori, altri si incontrano sulle rive del mare. La massima parte, però, sono eccellenti predatori di insetti ed acari minori. La famiglia comprende sei generi europei, ma le forme che si trovano sugli insetti appartengono solo al genere Gamasus ed Holostaspis. Genere XVIII. GAMASUS Latreille 1806. Acarus (ex p.) Linnè, De Geer, Schrank, Scopoli, Villers, Rossi, Hermann, Panzer ecc. ecc. Gamasus (ex p.) Auctorum. Id. G. Canestrini, Acarofauna ital. A. Berlese, Ac. Mir. Scorp. ital., fase. LXVIII, n. 1. Piedi anteriori forniti di ambulacro. Epiginio., ossia scudo genitale nelle femmine, triangolare colla punta disposta in una insenatura della placca sternale. Seconda ninfa provvista di scudi resistenti^ al dorso e al ventre, i due scudi dorsali sono separati da una linea trasversa; adulti pressoché nudi. Le specie del genere, numerosissime, frequentano le sostanze vegetali ed animali in decomposizione, e le ninfe seconde (coleoptrate) si trovano sugli insetti, in atto di emigrare, spe- cialmente sui coleotteri coprofagi e sono ricordate dagli autori — 48 - da tempo grandissimo. Ricorderemo le principali specie. Nes- suna forma del sottogenere Eugamasus Beri, si è rinvenuta migrante, ne quelle appartenenti al genere Hologamasus Beri. Ma vi ha una serie di forme coprofile, comunissime nello stal- latico, le quali dal Berlese sono tutte richiamate ad una spe- cie, e che sono le più ovvie sugli insetti coprofagi. Ricorderemo brevemente le tre finora trovate migranti sugli insetti, cioè: 1. Camasus coleoptratorum (Linn.). È citato continuamente dagli autori, anche più vecchi, per- chè assai frequente sugli insetti stercorari, specialmente dei generi Geotrupes^ Aphodius, Onitis, Bubas, Copris ecc. ecc. sui quali si trova raccolto al ventre, fra le zampe, specialmente del primo e secondo paio. Però gli autori, di cui sopra, cono- scevano soltanto la seconda ninfa, cioè quella coleoptrata. Le forme ovigere sedentarie sono state per la prima volta descritte dal Berlese (Polimorfismo e Partenogenesi di alcuni acari Ga- masidi, pag, 31; Ac. Mir. Scorp. ital., fase. 69, n.° 7) e sono comuni nelle concimaie. È questo uno degli acari più frequenti sugli insetti e confuso spessissimo con molte altre specie. 2. Gamasus crassus Kramer. Sotto questo nome è stata descritta dal Kramer la forma generante libera nelle concimaie, di cui la seconda ninfa si trova in grande abbondanza viaggiante sugli insetti coprofìli ed è stata certamente confusa col Gamasus coleoptratorum, di cui è molto più grossa. Il Kramer stesso la descrisse come forma a sé, sotto il nome di Gam. similis; ma i rapporti del- l'una forma con l'altra sono stati primamente riconosciuti dal Berlese (Polimorf, loco citato), il quale considera il Gamasus crassus come la forma definitiva del Gam. coleoptratoruìn. Del resto le abitudini di questa forma sono affatto identiche a quelle rammentate a proposito del Gam. coleoptratorum. — 49 3. Gamasus rubescens G. et R. Canestr. Descritto primamente da G. ed R. Canestrini nella loro memoria sui Gamasi italiani, pag. 42, tav. 6, fig. 2, i quali però non ne conoscevano die la ninfa coleoptrata, la quale si vede migrante sui Ditteri del genere Pterospilus^ come antece- dentemente si è indicato. Fu il Berlese che riconobbe la forma generante e la descrisse e figurò negli Ac. Mir. Scorp. ital., fase. 69, n." 9. Sopra altri insetti si trovano forme ninfali, di dimensioni talora notevoli, di cui gli adulti non sono noti. Cosi è della specie seguente. 4. Poecilochirus fucorum (De Geer). E un grosso Gamaso die si trova sia sui Bomòns (B. terre- sfris), e, talora, sui Carabus ed è una forma giovane, cioè una se- conda ninfa di adulto ignoto. Q.uanto al genere istituito dal Ca- nestrini, sarà bene riconoscere, con nuove osservazioni, trovata la forma definitiva delle specie pertinenti a questo grujDpo come e quanto si avvicinino ai veri Gamasus. Il Berlese stabilì an- cora il genere IpJiidosotna , separandolo dal genere Poecilochirus^ già stabilito da G. et R. Canestrini (Gamasi ital.), per due sin- golari forme che si devono considerare come seconde ninfe di specie appartenenti al genere Gamasus od a genere affine (poiché lo scudo dorsale è intero) e di cui l'una {H. fimeiarium G. et R. Canestrini) si è trovato, sia nelle concimaie, come sopra gli insetti, ma gii autori non dicono su quali ospiti; ma un'altra molto simile (H. ovatum Beri.), comunicata al Berlese dal Trouessart, che la raccolse sugli insetti, senza ulteriori in- dicazioni, fu trovata anche in Italia, libera nei muschi, a Yal- lombrosa nel Fiorentino. Aniio XXXIT. 4 — 50 Genere XIX HOLOSTASPIS Kolenati 1857. Acarus (ex p.) Hermann. Mém. apt. pag. 76. Gamasiis (ex p.; Dugés, Ann. Se. nat., ser. II, voi. I, pag. 19 idem, ibid. Ili, pag. 26. Gamasus (ex j).) C. L. Koch, Uibersiclit des Arachnid. Holostaspù Kolenati, Parasit. d. Cliiropt. Id. (ex p.) Mùller, lui., Insect. Epiz. pag. 178, 180. Gamasus (ex p.) Kramer, Zur. Nat. ein. Gatt. Gamasiden, p. 95. Id. (ex p.) Mégnin, Gamasides, pag. 331. Id. (ex p.) Canestrini e Fanzago, Acari ital., pag. 39. Id. (ex p.) A. Berlese, Polimorfismo e partenogenesi di al- cuni Acari. Gamasidi. Holostuspis A. Berlese, Xote acarologiclie_, pag. 19. lei. G. et E.. Canestrini, Gamasi ital., pag. 20. Gamasus (ex p.) Haller, Milbenf. Wlirtenb., l)ag. 298. Holostaspis G. Canestrini, Acarofauna ital., pag. 55. Id. A. Berlese, Ac. Mir. Scorp. ital., fase. XLIV, n." 2. Piedi anteriori sprovvisti di ambulacro, antenniformi. Adulti coleoptrati, ninfe igniide. Scudo dorsale intero. Epiginio semi- circolare all' innanzi. Il genere è composto di specie, talune di dimensioni note- voli, viventi, sia nel muschio, clie nelle sostanze putrescenti, concimaie ecc. Queste ultime emigrano per mezzo degli insetti, assai comunemente e sono precisamente le forme ovigere quelle che ciò fanno, appunto j^erchè meglio jjrotette da scudi robu- sti; invece, le ninfe sono sempre sedentarie. Due forme, che il Berlese crede pertinenti ad una medesima specie, per via di quel complesso j^olimorfismo, di cui si è fatto cenno, si tro- vano migranti sugli insetti e sono le due prime seguenti. — 51 — 1. Holostaspis badius (Kocli). Fu primamente descritto dal Koch nel genere Gamasiis e corrisponde -àìV Flolodaspis hadtns di lui. MiiUer, al Gamasus stercorarms del Kramer ecc. E una forma comunissima nelle concimaie, dove talora si sviluppa in gran numero. Anch'essa frequenta assai gli insetti coprofìli, mescolata col Gam. coleo- ptratorum e Gain, similis e se ne vede talora qualche esem- plare attaccato ad una zampa di mosca domestica. Emigrano però le sole femmine. 2. Holostaspis marginatus (Herm.). Anche di questo non- si conosceva che la sola femmina, cor- rispondente diìVAcarus marginatus e xic. cadaverìmus dell'Her- mann, &1 Gam. marginatus Dug. e al Gam. latus e Gam. tar- duH di Koch e aW Holostaspis favosa di Julius Miiller, al Gam. copromorgus di Mégnin ecc. Fu il Berlese che primamente de- scrisse il maschio (Polimorfismo, loco citato). Anche questa forma è comune nelle concimaie, però forse meno frequente si trova sugli insetti; del resto sembra avere abitudini conformi a quelle dell' Holostaspis hadiiis^ di cui è molto maggiore. 3. Holostaspis Pisentii Beri. Descritto primamente dal Berlese nella memoria sul Poli- morfismo (loco citato), come una varietà del tardiis, ma poi, come meritava realmente, come specie a sé, negli Ac. Mir. Scorp. ital., fase. 45, n." 1. A questa forma, che è la maggiore di due che si incontrano migranti sugli Af/teu<;iis e libere nel fimo, il Berlese attribuisce anche una minor foruia //. rernaiis, la quale ha essa jjure le sue femmine ovigere. Ambedue si tro- vano sul petto, tra il protorace e il mesotorace àeW Atlteucus semipunctatus e sono molto comuni e cpiesto è il loro ordina- rio veicolo. 52 4. Holostaspis vernalis Beri. Descritto, come si è detto, dal Berlese col precedente. Famiglia UROPODIDAE. Foro genitale nei maschi aperto nel centro dello sterno^ pro- tetto da un opercolo. Ventre ordinariamente protetto da un solo scudo, come il dorso; in quest'ultima regione esiste talora uno scudo centrale circondato da uno marginale. Rostro il piìi spesso infero, uscente coi piedi anteriori da un'apertura unica, detta camerostoma. Epistoma, il più delle volte, terminato in una spina unica e ciliata. Mandibole chelifere eguali in ambedue i sessi. Piedi eguali in tutti e due i sessi. Larva esapoda, il più spesso molto diversa dairadulto, anche nella fabrica del corpo o per gli scudi che lo ricoprono. Esistono due ninfe, di cui una molto simile alla larva, non emigrante] la seconda, invece^ incito si- mile all'adulto, bene protetta da scudi duri; emigra viaggiando sugli insetti a cui si attacca, sia sporgendo dall'ano un filo ro- busto di seta, sia protrundendo dalVano stesso una papilla a guisa di ventosa. La famiglia è molto ricca di generi e di specie ed è anche assai bene distinta dalla famiglia precedente per i caratteri sopraindicati. Racchiude specie pigre ed alcune notevolissime per le eleganti sculture delle placche che rivestono il corpo, per gli ornamenti delle zampe ecc. ecc. Molte forme si trovano migranti sugli insetti, dove stanno immobili e poco reagiscono anche se molestate, essendo assai meno attive e irritabili che non i damasi. I più vecchi autori conoscevano bene un Acarus vegetans descritto dal De Geer, raccolto sugli insetti, per cui il Latreille ha fatto, in seguito, il suo genere Uropoda, ed il De Geer stesso, partendo dall'idea che si trattasse anche (jui di un vero e prò- — 53 — prio parassita, riteneva, fuori affatto dalla verità .delle cose, che l'acaro succhiasse l'insetto, esaurendone gii umori mercè il filo con cui si attacca, e nel caso, poi, non raro, in cui un in- dividuo di Uropoda è all'altro attaccato mediante il suo filo, il De Geer riteneva, quindi, che il liquido nutritizio, tolto al- l'ospite, circolasse dall'uno all'altro parassita, attraverso i fili, come fa in una pianta l'umore. La famiglia contiene sei generi europei, in quattro dei quali si trovano forme, che, in determinate epoche della loro vita, emigrano col soccorso degli insetti, rimanendone esclusi i ge- neri Dinychus e Celaeno^ che questo non fanno. Genere XX. UROSEIUS Berlese, 1888. (Ao. Myr. Scorp. ital., fase. 49, n. 8). Uropoda (ex p.) C. L. Koch, Kritische Eevision der Insecten- fauna Deutschl., pag. 260. Uropoda (ex p.) Haller; Acarinologisches, pag, 186. Maììca il camerostonia. Il corpo è di forma ovale allungata, presso a poco come nei Gamasidi. Il ventre è copeì^to da cinque scudi. Mancano le fosse pedali. Tutti i piedi sono lateralmente provvisti di frangie; quelli del primo paio mancano di ambula- cro. Il dorso è protetto da uno scudo ovale mediano, circondato da un anello chitinoso marginale. Il genere comprende due specie finora conosciute, cioè: 1. Uroseius acuminatus (Koch). Corrisjionde coW Uropoda acuminata del Koch e aìVUrop. dongata dell' Haller, Miiller e Mégnin. La ninfa si è trovata su parecchi insetti, tra quelli che frequentano le carni j)utre- scenti tra le quali alberga volentieri e in gran numero l'adulto che è di dimensioni assai vistose. — 5-i — 2. Uroseius ovatus Leon. Descritto primieramente da me sopra parecchi esemplari di seconda ninfa, che da prima ho trovata libera sotto le pie- tre, ma poi in grandissimo numero snWOcfjpus olens ed altri Stafilinidi; ma dalla coltura che tentai non potei ottenere che una sola femmina adulta. Rimando il lettor© alla mia memo- ria (Notizie intorno sugli Acaroidei viventi nei Formicai) per le differenze fra le due specie. Genere XXI. POLYASPIS Berlese, 188]. (Indagini sulla metamorfosi di alcnni acari insetticoli, pag. 35;. Piedi anterion senza ambulacro. Scudo dorsale negli adulti evanescente. Manca il camerostoma. Peritremi diritti. Epistoma terminato in spina acuta. Maschi coi piedi del secondo paio calcarati. Prima ninfa col dorso protetto da quattro piccoli scudi, discosti fra di loro. Seconda ninfa con uno scudo unico dorsale., che ricuopre tutto Vaddome e due scudi disposti longi- tudinalmente al ventre; questa ninfa può emettere dalV ano un filo piìi 0 meno lungo., mediante il quale essa si fissa agl'in- setti su cui intende emigrare. Si conosce una sola specie. 1. Polyaspis patavinus Beri. Descritto primieramente dal Berlese nelle « Indagini sulle metamorfosi di alcuni acari insetticoli ». L'adulto vive nel legno putrescente, come anche le prime larve; ma le seconde ninfe si trovano, mercè un lungo filo, come le Uropode sopra de- scritte, sui coleotteri xilofagi, particolarmente sugli adulti del OO — Dorcus parallelepi/pedus e Lucanus Cervus; quivi si trovano al- cuni esemplari, vicini gli uni agli altri, disposti in varie parti del ventre, oppure sulle zampe. E questa una bellissima specie, di dimensioni discrete e degna di osservazione per le eleganti sculture degli scudi e per gli ornamenti dei piedi ecc. Genere XXII. UROPODA Latreille, 1797. Acarus (ex p.) Linné, Schrank. Uropoda Latreille, Precis des caracter. genér. des Ins. Notaspis (ex p.) Hermann, Mém. Apt. Id. Koch, C. M. A. Deutscld. Uropoda (ex p.) Gervais, Apt. III. Notaspis (ex j).) Kramer, Gamasiden. Uro2)oda (ex p.) Mégnin, Gamasiden. Notaspis (ex |)-) Canestrini e Fanzago, Acari italiani. Id. A. Berlese, Indagini sulla metamorfosi di ale. ac. ins. Uropoda (ex p.) A. Berlese, I^ote acarologiclie. Id. (ex p.) Kramer, Ueber Gamasiden. Id. Canestrini G. et R., Specie nuove e poco note di Ac. it. Esiste il camerostoma. Peritrema ondulato o variamente pie- gato. Zampe anteriori pirovviste di ambu/acro. Nel genere stanno forme, alcune delle quali presentano lo scudo dorsale intero negli adulti, come nelle seconde ninfe; altre, invece, nelle quali lo scudo dorsale è composto di una parte ovale mediana e di un' altra anulare, talora posterior- mente incompleta che abbraccia la prima ed è quindi total- mente marginale. Queste ultime hanno, generalmente, l'epider- mide molto scabra in confronto delle prime, dove invece è levigatissima; e le prime sono tipo del genere Tradì ìjiiropoda del Berlese ossia Glypliopsis Michael. Sugli insetti si trovano le seconde ninfe delle Uropode liscie, all'infuori, ben inteso, delle specie mirmecofìle. Spetta al — 56 — Berlese il merito di aver trovato primieramente la doppia ninfa delle Uropode e di aver studiato l'attività dell'una e del- l'altra (Note acarologiche). 1. Uropoda patavina Can. La seconda ninfa di questa piccola specie si trova aderente agli insetti del genere Blaps, attorno al collo, ma sugli in- setti non si attaccano per via del filo anale, come fanno le altre Uropode^ bensì colle loro zamjDC e colle loro mandibole. Gli adulti si trovano nel terriccio, nelle stalle ecc., dove sono comuni le Blaps. 2. Uropoda obscura (K.). È una delle più grosse specie del genere ed è nota da molto tempo per la sua seconda ninfa, clie si trova comunissima su- gli insetti, a cui aderisce per un filo sericeo lunghetto, e sem- bra che gli autori stessi, più vecchi, sotto il nome di fJr. ve- getans volessero precisamente intendere di questa specie o della Discopoina romana^ o dell'una o dell'altra. La specie è comune, in certi casi, nelle concimaie e subito è riconoscibile per la sua struttura, per la forma del corpo perfettamente obovata, di dietro acuminata, la tinta rosso- bruna molto carica e gli scudi perfettamente lisci. La larva e la prima ninfa sono molto diverse, per gli scudi che le pro- teggono, dall'adulto; la seconda ninfa però lo somiglia assai. Si trova questa su moltissimi insetti coprofagi, che talora rico- pre in cosi grande quantità da impedirne perfino i movimenti. Genere XXIII. DISCOPOMA G. et R. Can., 1882. Notaspis (ex p.) Hermann, Meni, apt., pag. 1)3. Id. (ex p.) Koch, Uibersicht des Arachnidensystems, pag. 94. — 57 - Uro]}oda et Orihata (ex p.) Gervais, Ajjt. Ili, pag. 221 et 260. Notaspis (ex p.) Canestrini e Fanzago, Acari ital., pag. 127. Uropoda (ex p.) Haller, Acarinologisclies, pag. 182. Id. (ex p.) Kramer, Ueber Ga,masiclen, pag. 414. Discopoma G. et E. Canestrini, Acari ital. nuovi e poco noti, pag. 13. Id. G. Canestrini, Acarofauna ital., pag. 58. Id. A. Berlese, Ac. Mir. Scorp. ital., fase. LXVIII, n. 7. Caratteri del genere Uropoda, però mancano gli ambulacri nel primo paio di zampe. 1. Discopoma romana G. et E. Can. Descritta la prima volta da G. et E. Canestrini (Acari ital. nuovi e poco noti, pag. 15), ma forse già conosciuta da Megnin e illustrata col nome di Uropoda scutulata. Anche questa specie è comunissima nelle concimaie e si comporta in modo affatto identico alla precedente, invadendo, allo stato di ninfa, tutti i coleotteri, specialmente coprofagi, che può incon- trare. Ordine Prostigiiiata. Questo vasto gruppo, per consiglio dei più accreditati autori, deve essere diviso in due sezioni. Nella prima stanno le forme terrestri e corrispondenti al gruppo dei Trombididi, con molte Famiglie, il secondo racchiude forme acquatiche, ossia gii Hg- drachnidi e gli Alacaridi degli Autori. E degno di nota che, ad accrescere la somma delle affinità che .avvicinano i più alti terrestri {Rhgncholopjhidi, Tronibididi) alle Hydrachne più evolute (famiglia Hvdraclmidae), concorra il fatto che, nell'un caso e nell'altro, le larve vivono sugli insetti parassiticamente, nel primo caso su insetti perfettamente aerei, nel secondo su insetti che frequentano le acque, come Idrocorizi, Libellule ecc., — 58 — ed anche le larve molto si corrispondono, quanto a fabrica degli organi tutti e configurazione generale, tanto che il Mé- gnin erroneamente ritenne per prima forma larvale del Trom- hidiuìn holosericeum, una giovane larva di Hydrachna globosa, comune sulle ali delle Libellule e già ben nota agii autori. In questo ordine dei Prostigmata adunque, per ciò che ri- guarda i loro rapporti cogli insetti, si troveranno, primiera- mente, come si è già avvertito, forme puramente viaggiatrici, ed anche poco frequenti ed in secondo luogo forme veramente parassite. Le prime (accidentarsi) sono adulti di Eupodini e Cheyletidi, le seconde sono forme larvali di lihijncholophidi, Trombididi e Hydracnidi. Diremo brevissimamente dell'un gruppo e dell' altro, trat- tandosi, nel primo caso di forme assai poco frequenti, nel se- condo caso di forme riconosciute ben distinte fra di loro, ma di cui non si conosce l'adulto al quale appartengono. Famiglia EUPODIDAE. 1. Ereynetes polymitus (Koch). E un acaro frequentissimo nei letamai, molto piccolo e vi- vace, che il Berlese incontrò una volta in numero di tre esem- plari aggrappato al ventre della Saycophctga carnaria (Inda- gini sulle metamorfosi; loco citato). Famiglia CHEYLETIDAE. 1. Cleyletus venustissimus Koch. Quest'acaro frequenta i detriti del fieno o si trova anche altrove nelle case. Il Berlese lo incontrò, una volta aderente alle ali della Asoplia farinaio e sopra farfalle del gruppo delle Geometridae. 59 — 2. Cheyletus Montadoni Beri, e Troness. È descritto dal Berlese e Tronessart (Diagnoses d'Acariens nouveaux ou peu connus, j^ag. 13) e fa trovato su insetti del genere Aradus (A. varius). 3. Cheyletus squamatus (De Geer). Il De (i-eer descrisse questa specie che rinvenne su una cimice della Betulla {Aradus Betulaé) e l'Ondemans riconobbe, avendo rinvenuto la stessa forma sull' insetto sopradetto, clie è quella stessa che 1' Haller descrisse ool nome di Cheyletia laureata e il Michael con quello di Chei/Ietus fìaheìlifer. Pare adunque che il caso di questo acaro sopra l'insetto in discorso avvenga in via ordinaria, giacche l'osservazione, come si vede, è stata ripetuta. Famiglia RHYNCHOLOPHID.E. Corpo rivestito fittamente di peli Si'mpìici o piumati. Rostro protrattile e retrattile.^ con mandibole stiliformi, ìun(///issime. Palpi append'icolati, coWultimo articolo munito d^unghia. Larve esapode, molto diverse, quanto a fahrica del corpo, del rosti-o ecc. dagli adulti. Larve parassite di altri artropodi od animali su- periori; adulti sempre liberi sulle piante o fra le erbe, predatori. Genere XXIV RHYNCHOLOPHUS Dug, Acarus (ex p.) De Geer, Linné, ecc. Tromhidium (ex p.) Hermann, ecc. — 60 — Rhyncholophiis Dugès, Koch, Kamer, Canestrini e Fanzago, Berlese ecc. Le larve pertinenti alle specie di questo genere vivono parassiticamente sugli insetti, piantate col rostro loro nell'in- tegumento degli insetti medesimi, che succhiano di continuo, fino al momento di trasformarsi in ninfa, nel qual tempo ab- bandonano la vittima ed entro terra si mutano. Esse sono di color rosso vivacissimo ed hanno servito a formare i generi Leptus e Astoma di Latreille, (Honyssus del Kolenati ecc. e cor- rispondono, con quelle di Tfombidmm, al Rouget dei Francesi e non è difficile che, come quelle dei Tromhidium^ inquietino anche animali superiori fra i rettili, uccelli e mammiferi. Di due forme, fra i Rhijncholophidae^ si conoscono bene le larve e sono le seguenti. 1. Rhyncholophus quisquiliarium (Herm.). Corrispondente al Tromhidium quisquiliarum di Hermann, probabilmente RliyncìiolopTius cardinalìs di Koch, Canestrini e Fanzago ecc. L'adulto si trova libero fra le erbe o sulle piante, ma ancor più spesso sui muri ed è molto vistoso per statura e colore. La sua larva, descritta e figurata primieramente dal Berlese (Prostigmata, tav. XI), attacca gli Afidi, su cui si trova infissa. 2. Rhyncholophus phalangioides (De Geer). Di questa larva, pertinente ad una specie molto più grossa della precedente, hanno già dato una figura Canestrini e Fan- zago ed un'altra, con particolarità anatomiche, il Berlese (Pro- stigmata, tav. V), che la descrisse minutamente (loco citato, pag. SI) e la trovò più volte sugli Ortotteri dei generi Calo- ptenus, Stenobothrus ecc., sotto le elitre, alla base delle ali, in- sieme alle larve del Tromh. holosericeum. — 61 Famiglia TEOMBIDIDAE. Corjjo rivestito di peli variamente foggiati. Rostro non pro- trattile ne retrattile, con mandibole terminate da unghia, brevi. Palpi appendicolati, coH'ultimo articolo unguicolato. Larve esa- pode, molto ddverse, quanto a fabrica del corpo ^ del rostro etc. dagli adulti. Larve parassite di altri artropodi ed animali su- periori. Adulti sempre liberi sulle piante o fra, le erbe; predatori. Genere XXV. TRONIBIDIUM Fabr. Acarus (ex p.) Auct. veter.; Trombidium Aiict. Il Beiiese ha figurato due larve pertinenti ai due più co- muni Trombibium^ cioè: Tr. holosericeum e Tr. gymnopterorum. La larva, però, del Tr. gymìiopteroriim sembra essere parassita esclusivamente dei vertebrati {Leptus autunnalis Auctorum). 1. Trombidium holosericeum fL.). L'adulto è conosciutissimo e fu descritto molte volte da- gli autori. Vive libero nelle erbe. La sua larva, clie corri- sponde qXV Astoma parasiticum di Latreille, aìVOtotiì/ssus brevi- pes di Milller, aìVAstoìna^ gri/llarinm, Ocypete rubra, Tromb. gryllarium di altri autori è stata minutamente descritta dal Berlese nel Voi. dei Prostigmata a pag. hus oedipodarum (48), — R. phalangioides o T. lioloseri- ceum (larve). — phalangioides (39 e 51). — quisquiliarura (51). Sjìhaerogyna venfricosa (62). — Pediculoides ventricosus. Tarsonemus Robinii (48). — Tarsonemus floricolus. Trichodactyliis Osmiae (14 e 48). — Trichotarsus Osmiae. — Xylocopae (25, 39). — Trichotarsus Xylocopae. Trichotarsus Osmiae (51). — Xylocopae (64 e 51). Trombidium apkidis auctorum. — Trombidium quisquiliarum. — culicis auctorum. — Larva di Trombidium o Rhynchlophus sp. — gryllarium Auctorum. — Tr. holosericeum o Rh. phalangioides (larva). — holosericeum Auctorum. — libellulae (48). — Larva dì Hydracna o Hydrodroma globosa. — parasiticum (48). — Larva di Trombididae o Rhyncholophidae. Tideus velox (45). — Ereynetes polymitus. Tyroglyphus corticalis (63). — Monieziella Mali. ■ — Krameri f45). — Mahis (27). Monieziella mali. — mycophagus (30), — rostroserratum (30). — Hitiostoma julorum. Uropoda acuminata (15). — Uroseius acuminatus. — collaris (52). — Ninfa di adulto ignoto. — 68 — Uropoda elongata (49). — Uroseius acuminatus. — marginata (23 e 48). — Ninfa omeomorfa di Uropoda o di Discoporaa. — obscura (51). — ovalis (23 e 48). — È un hypopus del genere Histiostoma sp. — parallela (23 e 48). — È un hypopus pertinente a qualche spe- cie del genere Tyroglyphus o Histiostoma. — scutulata (38 e 48). — Uropoda obscura. — setigera (23 e 48). E una ninfa seconda di qualche specie della famiglia Uropodidae, forse appartenente al genere Polyaspis. — tecta (35 e 48). — truncata (38 e 48). — ? Discopoma romana. — patavina (60 e 51). — vegetans auctorum. — Uropoda obscura e Discopoma romana, seconde ninfe. — — (35, 60, 51). — Corrisponde ad una particolare specie vivente nel muschio e altrove nelle sostanze putre- scenti, e che non ha niente di comune con la forma degli autori antichi; la quale, invece, è una seconda ninfa peduncolata, viaggiante sugli insetti. Uroseius acuminatus (51). — ovatus (73). Elenco degli ospiti di acari ìnsetticoli (Questi sono trascritti a destra dell'ospite loro). Acridii — Trombidium holosericeum (larve). Afidi. — Trombidium quisquiliarum. Agrilus biguttatus, — Uropodae o Discopomae (ninfe omeomorfe). Ampedus brunnicornis. — Ninfe seconde della famiglia Uropodidae. Ancistronycha pilosa. — Rhyncholophidae o Trombididae (larve). Anthophora retusa. — Pediculoides ventricosus. Aphodius fimetarius. — Gamasus crassus (ninfa coleoptrata).. — 69 — Aphodius fossor. — Gamasus coleoptratorum, Poecilochirus fucorum (ninfe coleoptrate); Uropoda obscura, Discopoma ro- mana (seconde ninfei. — rufescens. — Gamasus cr'assus (ninfa coleoptrata). Apis mellifica. — Hypopus alicela. Aradus varius. — Cheyletus Montadoni. — Betulae. — Cheyletus squamosus. Asoplia farinalis. — Cheyletus venustissimus. Atheucus aeruginosus. — Gamasus coleoptratorum. — infernalis. — Holostaspis infernalis. — sacer. — • Pachilaelaps giganteus. — semipunctatus. — Holostaspis Pisentii, H. vernalis. — variolosus. - — Iphis crinitus, I. drepanogaster. Blaps mortisaga etc. — Canestrinia Blaptis. — tenebricosa. — • Uropoda patavina. Bombus hortorum. — Gamasus coleoptratorum. — hortorum. — Disparipes bombi, ? Trichotàrsus bomborum, Poe- cilochirus fucorum. Bostrichus curvidens. • — Hypopus del genere Histiostoma. — laricis. — Hypopus del genere Histiostoma. — stenographus. — Hypopus del genere Histiostoma. Carabus glabatus. — Iphis ? (Holostaspis fimetaria di Mailer). — sp. — Coleopterophagus carabicola, Poecilochirum fucorum. Cerambix cerdo. — Canestrinia cerambicis. Cerylon histeroides. — Hypopus del genere Histiostoma e Tyro- glyphus. Cetonia aurata. — Colepterophagus Megninii, ninfe seconde di Urop. obscura e Discopoma romana. — hirta. — seconde ninfe di Uropoda obscura e Discopoma romana. — metallica. • — • Coleopterophagus Megninii. — sp. — ■ Uropoda obscura. Chrysomela populi. — Linocoptes Coccinellae. — tenebricosa. — Linocoptes Coccinellae. — sp. — Canestrinia Giardi. Coccinella 14 pustulata. — Rhyncholophidae o Trombididae (larve). Cochylis Bauraaniana. — Ehyncholophidae o Trombididae (larve). Coleotteri stercorari. — Holostaspis marginatus. — (piccoli). — Tyroglyphus Kramerii. — 70 — Coleotteri sp. — Gamasus crassus, Uropoda obscura, Gamasus co- leoptratorum. Copris lunaris. — Iphis pterophilus, seconde ninfe di Uropoda ob- scura e Discopoma romana. — mimas. — Pachilaelaps giganteus. — sp. — ninfe coleoptrate di Gam. coleoptratorum. Cossus Ugniperda. — Laelaps Cossi, Laelaps sp. Cybister Roeselii. — Hydracna globosa (larve). Cyrtoneura stabulans. — Hypopus e adulti di Histiostoma muscarum, Holostaspis badius. Dermestes lardarius. — Tarsonemus floricolus. Dityscus marginalis. — Hydracna globosa flarve). Ditteri sp. — Trombidium e Rbyncholophus (larve). Dorcus parallelepipedus. — ■ Canestrinia dorcicola, Polyaspis patavinus. Feronia picimana. — Hypopus di Tyroglyphus o Histiostoma. Fillossera. — Hoplophora dasypus ? Geotrupes stercorarius. — Gamasus crassus (ninfa coleoptrata), Holo- staspis badius, Histiostoma julorum, ninfe seconde di Uropoda obscura e di Discopoma romana. — sylvaticus. — Gamasus crassus (ninfa coleoptrata). — sp. — Gamasus coleoptratorum (ninfa coleoptrata). Gryllotalpa vulgaris. — Trombidium holosericeum (larve). Harpalus aeneus. — Gamasus sp., Podapolipus (larve). — distinguendus. — Podapolipus (larve). Hister bimaculatus. — Holostaspis marginatus (forma massima). — fimetarius. — Gamasus coleoptratorum (ninfe coleoptrate), bypo- pus del genere Histiostoma. — sp. — Ninfe seconde di Uropoda obscura e Discopoma romana, e adulti. Hydrophilus piceus. — Hydrachna globosa (larve). Imenotteri pelosi sp. — Poecilochirus fucorum. Insetti varii. — Aleurobius farinae, Histiostoma fimetarium, Histio- stoma rostrosei'ratum, Monieziella Mali, Rhyncholo- phidae e Trombididae (larve). Lamellicorni (larve) sp. — Uropoda sp. (ninfe). Libellula sp. — Hydracna o Hydrodroma globosa (larve). Lina grossa. — Linocoptes Coccinellae. — populi. — Linocoptes Coccinellae. — 71 — Limosina lugubris — Laelaps sp. Malytes germanica. — Holostaspis fimetaria. Mantis. — Trombidium holosericeura (larve). Mesembrina mystacea. — Pecliculoides Mesembrinae. Mosche varie. — Holostaspis marginatus, Gamasus rubescens (ninfa coleoptrata, Holostaspis stercorarius, Tyroglyphus Kramerii. Musca domestica. — Holostaspis badius, hypopus Histiostoma mu- scarum e Histiostoma julorum. Necrophorus humator. — Gamasus crassus (ninfa coleoptrata), ninfe seconde di Uropoda obscura e Discopoma rorr-ana. — vespillo. — Gamasus coleoptratorum e Gam. crassus (ninfa co- leoptrata), ninfe seconde di Uropoda obscura e Di- scopoma romana. — vestigator. — ? ninfa coleoptrata di Poecilochirus. — sp. — ? ninfa coleoptrata di Poecilochirus, ninfe seconde di Uropoda obscura e Discopoma romana. Nepa cinerea. — Hydrachna globosa (larve). Ocypus olens. — Uroseius ovatus. Oedipoda variabilis. — Rhyn. phalangioides e Trombidium holoseri- ceum (larve). Onthophagus coenobita. — Holostaspis contigua. — sp. — Holostaspis badius. Oryctes nasicornis. — Laelaps agrestis, — sp. — Tyroglyphus mycophayus. Osmia bicornis. — Trichotarsus Osmiae. — fronticornis. — Trichotarsus Osmiae. Pentodon punctatus. — Canestrinia dorcicola var. Pentodontis, Lae- laps Kramerii. Peltosomis sudetica. — Rhyncholophus e Trombidium (larve). Polyphylla fullo. — Laelaps agrestis, Tyroglyphus mycophagus. Procrustes coriaceus . — Canestrinia Procrusti. Psithyrus sp. — Gam. coleoptratorum e Poecilochirus fucorum (ninfa coleoptrata). Pterospilus sp. — Gamasus rubescens (ninfa coleoptrata) e adulti. Ranatra sp. — Hydrachna globula. Raphidia sp. — Rhyncholophidi e Trombididi (larve). Rbagonycha nigripes. — Rhyncholophidi e Trombididi (larve). — 72 — Sarcophaga carnaria. — Ereynetes polymitus, Scarabeus sp. — Discopoma romana, Gamasus coleoptratorum, Gam. crassus, Holostaspis badius, Hol. marginatus, Uro- poda obscura, Uroseius acumìnatus. Sciara sp. — ? Laelaps sp. Sylpba obscura. — Holostaspis badius. Staphilinus birtus. — ninfe seconde di Uropoda obscura e Discopoma romana. — maxillosus. — Gamasus coleoptratorum, Holostaspis badius. — sp. — Discopoma romana, Uropoda obscura (ninfe seconde e adulti). Tipula sp. — Trombidium (larve). Xylocopa violacea. — • Laelaps, Glyciphagus peregrinans, Laelaps bombicolens ? Tricotarsus Osmiae, Tricbotarsus Xy- locopae. Elenco dei lavori citati nella presente memoria 1. 1746 LiNNÉ. — Fauna Suecica (Stocholmiae). 2. 1752 De Geer. — Mém. pour servir a Vhistoir des Ins., Voi. 1-7 (Stocbolmiae). 3. 1762 Geoffroy. — Mém. des. Ins. (Parigi). 4. 1763 ScoPOLi. — Entomolog. carniolic. (Vindobonae). 5. 1770 LiNNÉ. — Syst. nat. Insecta aptera, T. L, Pars. V. Ediz. 18. (Vindobonae). 6. 1775 Fabricius. — Syst. Entomol. Voi. I. (Lipsiae). 7. 1788 SCHRANK. — Emimeratio insectorum Àustriae indigenorum. 8. 1789 ViLLiERS. — Caroli Limnaeii Entomol., Voi. 1-4. (Lugduni). 9. 1797 Latreille. — Precis des caract. gen. des Ins. (Paris). 10. 1804 Hermann. — Mém. apterologique. (Strasbourg, an. XII). 11. 1834 DuGÈS. — Recherches sur l'ordre des Acarieìis (Ann. de se. nat., ser. II, tom. I, II e III). 12. 1835-44 KocH. — Crustac, Miriap. und Arach. Deutschl. (Norim- berga). 13. 1837-42 KocH. — Ubersicht des Arachnidensystems (Norimberga). — 73 — 14. 1839 Ddfour. — Descript, et fig. de qiielques paras. des Vordre des acariens. (Ann. Se. Nat., Voi. XI). 15. 1842 KOCH. — Kritische revision der Insectenfaune Deutschl. (Nachtrag einiger neuen Milben arten. « Uropoda acuminata »). 16. 1844 Gervais. — Histoir. nat. des Insect. Apt., Tom. Ili (Nouvell. suit a Buffon). 17. 1849 DuJARDiN. — 3Iém. sur les acar. sans houche doni on a fait le genre Hypopus et qui sont le premier age des Ga- mases. (Ann. des Se. Nat., Tom. 12, ann. 1849;. 18. 1849 » — Addit, au mém. sur les hypopus (Ann. Soc. Nat., Voi. 12). 19. 1850 Netvport. — Heteropus ventricosus. (Proc. Soc. Linn. Lon- don, Tom. 2). 20. 1851 Lagrèze Tossot et Montane. — Recueil Agronomigue (Soc. des Se. Agric, et Belles. lettres. Tom. 32, n.° 2). 21. 1852 Laboulbène. — Acarus entomophagus (Lab. Ann. Soe. Ent. Franca, Bull.). 22. 1857 Kolenati. — Die Parasiten der Chiropteren (Drenden). 23. 1859 Mùller Jul. — Insekten Epizoen des Mahrischen Fauna. (Jahrescheft prò 1859 dar naturw Section der k. k. mahr. schles. Gesellscaft zur Befòrderung der Aeker- banes, der Natur und Landeskundes). 24. 1867 Fdmouze et Robin. — Mém. Anat. et zool. sur les Acariens des genres Cheyletus, Glyciphagus et Tyroglyphus. (Journ. de l'Anat. e de la Phys.). 25. 1868 DONNADIEU. — Recherches anatomiques et Zoologiques sur le genre Trichodactyle (Ann. des scien. nat., 5.* ser., Voi. IX-X). 26. 1868 Lichtenstein. — Lettre relative au Physogaster larvarum. (Soc. Ent. de France). 27. 1869 Shimer. — Trans. Ills. Hort. Soc, pag. 281. 28. 1873 MéGNIN. — Mém. sur le Tyroglyphus rostroserratus. (Journ. de l'Anat. et Physiol., Tom. IX). 29. 1873 RiLEY. — 5"'- Missouri Report, pag. 87. 30. 1874 MéGNIN. — Les hypopus. (Journ. d'An. et Phys., ann. X). 31. 1875 Targioni-Tozzetti. — Relaz. della Staz. di Ent. agr. (Ann. di agric). — 74 — 32 1875 Canestrini e Fanzago. — Numi Acari Hai., Ser. I. (Att. Soc. Ven. Tr. di Se. Nat. Voi. V, fase. I). 33. 1876 » — Nuovi Acari ital, Ser. II. (Att. Soe. Ven. Tr. di Se. Nat., Voi. V, fase. II). 34. 1876 Kbamer. — Beìtrage zur Naturgeschichte der Milhen (Arch. fùr Natur. Jahrg. 42, Bd. 1). 35. 1876 » — Zur Naturgeschichte einiger Gattung aus der Fami- lien des Gamasiden. (Arch. ftir Natur. Jahrg. 42, Bd. 1). 36. 1876 » — TJber Dendroptus. (Archiv. f. Naturg. XLII, Jahrg. Bd.). 37. 1876 MégNin. — Mém. sur Vorganis. et la distrib. Zool. des aca- rien de la fam. Gamasidae. (Journ. de l'Anat. e de la Ph. de M. R.). 38.' 1876 » — Monogr. de la fam. des Gamasides. (Journ. de l'Anat. et de la Phys.). 39. 1877 Canestrini et Fanzago. — Acari ital. (Att. R. Ist. Ven. di se. lett. ed arti, ser. V, voi. IV). 40. 1878 Canestrini Giov. — Intorno ad alcuni acari parassiti. (Att. Soc. Ven. Trent. di se. nat., Voi. VI, fase. I). 41. 1878 Michael. — On a species of Acarus of the genus Cheyleius believed to be neio. (R. Micr. Soc., Mag.). 42. 1879 Karsch. — Uebersicht der von W. Peters in' Monzambique ges. Arachn. (Im Monatsberichte der Kgl. Preuss. Alt. der Naturw in Berlin). 43. 1880 MÉGNIN. — Les 23arasites et le mal. parasit. chez l'homme et les anim. domest. (Paris). 44. 1881 Berlese. — Sopra un nuovo genere di acari parassiti degli insetti. (Att. R. Ist. Ven. di se. lett. ed arti, voi. VII, Ser. V.). 45. 1881 Idem. — Indagini sulle metamorfosi di alcuni a^ari inset- ticoli. (Att. Soc. Ven. Trent. di se. nat., Voi. Vili). 46. 1881 Canestrini Giov. e Rice. — Nuove specie dd genere Ga- masus. (Att. R. Ist. Veneto di se. nat. lett. ed art. ser. V, tom. VII). 47. 1881 Canestrini Giov. e Berlese A. — Nuovi acari. (Att. R. Ist. Venet.. Voi. VII, Ser. V.). 48. 1881 Canestrini Riccardo. — Contrib. allo studio degli acari — 75 — paras. degli Insetti. (Att. Soc. Ven. Trent. di Se. Nat.. Voi. VII, fase. II). 49. 1881 Haller. — Acarinologisches. (In Archiv. ftìr Naturg.). 50. 1882 Berlese. — Note acarologiche. (Att. R. Ist. Ven. di se. lett. ed art., ser. V, Voi. VIII.). 51. 1882-98 » — Acari Mir. Scorp. ital. ecc. (Padova). 52. 1882 » — Gamasidi nuovi e poco noli. (Bull. Soc. Ent. Ital., Anm. XIV.). 53. 1882 » — Il polimorfismo e la partenogenesi di alami acari Gamasidi. (Att. R. Ist. Ven. di Se. lett. ed arti, Voi. VIII, Ser. V. 54. 1882 Canestrini Giov. e Rie. — I Gamasi ital. (Att. Soc. Ven. Trent. di se. nat., Voi. Vili, fase. I.). 55. 1882 » — Acari nuovi e poco noti. (Att. R. Ist. Ven. di se. lett. ed art., ser. V, Voi. VIII.) 56. 1882 Haller. — Beitrag zur Kenntnis der Milhenfauna Wiirthemh. (Aldr. aus den Jahr. d. ver. f. vat. Naturk. in Wtirth.). 57. 1884 » — Berschr. einiger neuen Milben. (Archiv. f. Nat. L. Jahrg. I. Bd.). 58. 1884. Michael. — On the Hypopi question of life-History of cer- tain acarina. (Estr. from the Linn. Soc, Journ. Zool., Voi. XVII;. 59. 1885 Berlese. — La sottofamiglia dei Tarsonemidi. (Bull. Soc. Ent. Ita]., Ann. XVII). 60. 1885 Canestrini G. — Acarofauna ital. (Parte I;. Oribatini, Ga- masini, Oplopini, Trombidini Iìhyncholophini.{Fa,àovsi). 61. 1885 Canestrini G, e Berlese A. — Intorno a due acari poco conosciuti. (Att. S. V. T. di se. nat,. Voi. IX). 62. 1885 Labodlbène et Mégnin. — 3Iém. sur le Spaerogyna ven- tricosa. (Journ. de l'An. et Phys., T. XXI). 63. 1885 Michael. — Notes on the life. Histor. of. some of the little. knoiun Tyrylyphidae. (Journ. R. Mier. Soc., Ser. 11^ Voi. V, PI. III,. 64. 1888 Canestrini G. — Acarof. ital. (Part. III) Tarsonemini, Ti- roglifini e appendice agli Analgesini. (Padova). 65. 1888 Rovelli e Grassi. — Di un singolare Acaride « Podapo- lipiis reconditus ». (Boll. Soc. Ent. Ital., Ann. XV). — 76 — 66. 1889 Berlese et Trouessaet. — Dìagn. d'Acar. nouveaux ou peu conmts. (Bull, de la Bibl. Se. de l'Ouest., 2.° ann., 2.^ partie, n.° 9). 67. 1892 MoNlEZ. — Mém. sur quelques Acar. et Thysan. paras. ou Commens. des Foiirmis (Revue Biolog. du Nord de la France, 4." année, n.° 10). 68. 1893 LiGNlÈRES. — Etud. Zool. et Anat. de V Hemisarcoptes eoe- cisugus. (Mém. de la Soc. Zoologiq. de France). 69. 1894 Canestrini G. — Acarof. Hai., Psoroptidi, append., ai Fi- tojJtidi ital., Varia: Psorergates, Hemisarcojytes, Hi- stiogaster, Psoroptes ovis, Otodectes furonis. Gli Epi- dermotini. (Padova). 70. 1894 Wasmann. — Kritisches Verzeichnis des Myrmecojjhilen und Termiiophilen Arthropoden. (Berlin). 71. 1896 Berlese. — Sojyra una nuova specie di PodajJolipus. (Riv. di Pat. Yeget., Ann. V). 72. 1896 Oudemans. — List of Dutdi Acari; Second. Part. Gavia- sìdes. (Ov. uit deel. XXXIX van het Tijdschr. voor Entomologie). 73. 1897 Leonardi. — Notizie intorno agli Acarodei viventi nei for- micai. (Estr. Acar. ital. di G. Canestrini). 74. 1897 Canestrini G. — Acarof. ital. [Famiglia dei Llstroforidi — Listrophoridae — Acaroidei dei Formicai, (Dott. G. Leonardi). — Famiglia Canestrinidae, — Appen- dice alla fam. Proroptidae). (Padova). 75. 1897 Janet. — Étud ser les Fournis, les Guepes et les Aheilles. (n.° 14), Limoges. 76. 1897 Oudemans. — List of Dutch Acari., fifth part. Trombidi- des. (Overgedrukt uit deel XL van bet Tijdschr. von Entomologie). Portici, 30 Maggio 1899. — 77 — CONTRIBUZIONI ALLA FAUNA DLLTEROLOGICA ITALIANA del Dott. MARIO BE^ZZI II. — Ditteri delle Marcile e degli Abruzzi Seconda continuasione (1) A. Osservazioni ed ag'g'iunte ai due precedenti fascicoli. Nell'Agosto 1899 ebbi occasione di passare due settimane nei monti Sibillini delle provincie di Macerata ed Ascoli Piceno; mal- grado la stagione troppo avanzata, pure potei fare discrete raccolte. Mi fu anche dato di ritrovare qualcuna delle specie che avevo de- scritte come nuove, e di rinvenirne alcune che ancora non avevo raccolte in quelle località, come risulta dalle seguenti pagine. 326. Chlorisops tibialis Mgn. — Trovai questa specie in alcuni esemplari presso Bolognola, verso la metà di Agosto, in compagnia della già indicata Beris Morrisii Dale, che è allora assai comune. — La Beris hyaliniventris A. Costa, che ha una certa affinità di aspetto col Chloì'isops (Actina) tibialis, ma che ne è genericamente distinta, pare diffusa per tutta Italia, avendone io esemplari anche di Genova (race. Mantero) oltreché di Sicilia e Sardegna. 327. Sargus iridatus Scop. (infuscatus Mgn.). — Raccolto nel piano di Fossato dal signor Leoni. 328. Odontomyìa limbata Mgn. — Ho esemp'ari di questa elegante specie trovati in Romagna, nonché altri dell'Emilia raccolti dal prof. Fiori; (1) Vedi i due primi fascicoli in questo Bollettino, 1898, pag. 19-50 e 1899, pa- gine 121-161. — 78 — si veda la descrizione riformata che ne dà il prof. Strobl nella Wien. ent. Zeit. del 1898, pag. 295-297. La CliteUaria pacifica Mgn., che Schiner indica della Sicilia (e come tale è riportata nella Enumerazione di Bezzi e De Stefani, Naturai. Sicil. 1897, pag. 43) non è altro che la $ di questa spe- cie, vivente nella Spagna ed a Corfù. La Od. annulata Mgn. la trovai in Agosto a 1600 m, di altezza nei prati di M Rotondo, che è il massimo limite a cui la osservai. — A pag. 27 (11) della prima parte, 1898, al num. 24, invece di Chry- sops pet'spicillaius si legga perspicillaris l^w. 329. Tabanus tergestinus Egg. — Presso Macerata, ed a Cerchio negli Abruzzi, ove fu raccolto dal barone Ant. d'Amore Fracassi. 330. T. paradoxus Jaenn. — Trovato a Chiusi dal signor Leoni. 331. Chry sopila nubecula FU. — Frequente verso la metà d'Agosto alle sorgenti del fiume Tenna, a 1500 m., sulle foglie del Sambucus Ebulus; rara invece nei dintorni di Bolognola. Risulta adunque che questa specie è estiva, comparendo nell'Agosto e non avendola mai rinvenuta in quelle località negli anni precedenti. Notai che la $ era assai più rara dei O, essendo nella proporzione di 1 per 8 ; essa è interamente gialla, come in quella varietà di cui parla Schiner nella Fauna austriaca, I, pag. 176. 332. Psilocephala eximia Mgn. — Altra delle interessanti catture di quel diligente ed abile raccoglitore, che è il signor G. Leoni, capostazione a Fossato di Vico, nei cui pressi fu trovata. 333. Dasypogon teutonum L. — Trovato in parecchi bellissimi esemplari nel piano di Fossato dal signor Leoni predetto. Il gen, Dasypogon viene qui preso nel suo senso più moderno, di cui scrissi a pag, 122 (2) del secondo fascicolo di questo lavoro, 1899; è il più stretto vicino del gen. Dioctria, nella fauna italiana. — Avendo avuto occasione di studiare maggior numero di esemplari dei due sessi, di quella specie che elencavo dubitativamente e solo in via provvisoria, al num. 113 del primo fascicolo, 1898, col nome di Holopogon fumipenne Mgn., sono venuto nella convinzione che si tratti di una nuova e distinta forma, che così descrivo. Ilolopog'on iiigrifacieis n. sp. O $. — Niger, pedi- bus concai oì'ihus, abdomine elongato violaceo-nitenie, tibiis posticis eximie clavaiìs, halteribus luteo-flavis. O facie nigra, nitida, tomento cinereo nullo, mystace ditissimo — 79 — toto nigro; thorace nigro, nigropiloso, opaculo, maculis, cinera- scentibus nullis; sciUello nigro, nitidissimo ; alis fusco-nigricnnti- bus, fuscedine in celhdis basalibus mm^gineque postico dihdiore. 5 facie tomento cinereo-lidescente tecta, my stace nigro; tho- race maculis anticis cinerascentibus praedilo, alis aequaliter infu- mafis. Long. corp. mm. 6-8,5; alar. 4-6,5. Questo grazioso dasipogouide, che è comune in Agosto nel val- lone dell'Acquasanta, presenta tutti i caratteri plastici àeXVH. fumi- penne Mgn., e gli è anche simile per l'abito ed il colore. Ciò mal- grado non lo posso ritenere specificamente uguale perchè: 1.° la statura è costantemente maggiore e l'addome più allungato; 2." la testa nel O manca di ogni traccia di tomento cenericcio, sia sulla fronte che sulla faccia; 3° il raistace nei due sessi è tutto nero, senza mescolanza di peli chiari; 4." i peli sul dorso del torace sono neri, e nel O questo non presenta alcuna traccia delle solite mac- chie grigiastre; 5.° le ali sono assai più scure nel O che non nella 5- Le rimanenti specie europee di questo genere, che sono di abito assai costante, differiscono da quella qui descritta, già spiccatamente pel colore delle ali, che sono o bianchiccie oppure giallognole alla base (come nel venustum Rossi, nel nigripenne Mgn., nel sicidum Macq., nel nobile Lw.), od oscure alla base e chiare nella metà api- cale (come nel dimidiatum Mgn., nel timiduìu Lw., nel digrammum Lw.), 0 del tutto ialine (come nel priscum Mgn. Strobl, nel mela- leucum Mgn., nel clavipes f^w , nel claripennis Lw., neWimbecilhim Lw.). l>ie]Vaicribarbis Mgn, e nel dubbio bì'unnipes Mgn. il mistace del O è di colore affatto diverso; VHeydenii Lw. se ne scosta as- sai per parecchi caratteri organici; i Dasypogon melas L. Duf, e chalcogaster L. Duf, che alcuni ascrivono agli Holopogon, sono pure lontani, il secondo anzi è da riferirsi al gen. Pseudholopogon del prof. Strobl. Nel o la testa è tutta nera, e non presenta, in nessun punto, nemmeno all'occipite, traccia di tomento cenerino; i peli, lunghi ed abbondanti, sono tutti neri, meno qualcheduno bianchiccio nella parte inferiore del capo; nella $ invece, tanto la faccia che la fronte hanno abbondante tomento; il mistace della 5 presenta solo raramente qual- che pelo più chiaro affatto in basso. Il dorso del torace nel cT è del tutto nero, e piuttosto opaco; i fianchi sono tomentosi di grigio, con peli più chiari; le metapleure hanno un ciuffo di peli lunghi e neri. — 80 — Nella 5 il torace è pure nero, né le macchie di tomento cenere- giallognolo sono molto distinte; solo guardando quando la luce cade dal di dietro, appaiono le macchie scapolari largamente congiunte; la macchia interna si prolunga all'indietro con una sottile linea fin verso la metà del torace. L'addome è molto allungato, lucente, e con ri- flessi violacei sul dorso, nero sul ventre. I genitali del (j sono pic- coli e l'addome termina in punta; l'ovopositore della 5 presenta la corona di spine generalmente nascosta. Le zampe sono di un color nero lucente, meno le anche che hanno tomento cenericcio; i teneri e lunghi peli ne sono per la maggior parte bianchicci, soprattutto nella ^5 i femori posteriori presentano da 4 a 5 lunghe ciglia al di sotto, dal lato esterno; le tibie posteriori sono alquanto ricurve e fortemente davate nei due sessi, il metatarso corrispondente è in- grossato. — Le tre Laphriae marginata, /uliginosa e fulva si trovano miste in Agosto nel vallone dell'Acquasanta, dove vive pure la ephippium. 334, Tolmerus atripes Lw. — Alcuni maschi nel vallone dell'Acquasanta; spesso nel O i due ultimi segmenti dell'addome sono del tutto lu- centi e di color nero azzurrognolo, come neWitamus cyanurus Lw., che vive pure in quella località. — Nel primo fascicolo di questo lavoro, 1898, a pag. 44 (28), nella diagnosi della n. sp. num. 150, Psilopus evanidus, alla linea 15 dall'alto, là dove dice « ....quarto argenteo, suhdilatato.... » deve leggersi invece « ....quarto argenteo, quinto subdilatato.... ». Nella descrizione che fa seguito a detta diagnosi l'errore non è ripetuto, ma la cosa vi figura detta esattamente. A proposito di questa specie ricorderò come essa sia ampia- mente diffusa e come fosse già stata raccolta prima di me, benché non ancora descritta. Il signor B. Lichtwardt di Berlino infatti mi scrive che di essa si conservano otto esemplari nella collezione di Hermann Loew, segnati col nome inedito di macrodactylus e rac- colti presso Bolzano (Tirolo) nel 1873. Il prof. Langhoffer la rin- venne in Croazia ed il signor Becker mi comunica di averla presa nei dintorni di Genova. 335. Hypophyllus obscurellus FU. — Lo trovai in Agosto nel vallone del- l'Acquasanta, in esemplari identici a quelli delle Alpi di Valtellina. — Nel primo fascicolo, 1898, a pag. 46 (30), a proposito del num. 172, Haltericerus impar Rd., ricordavo come il Loew, nella sua mono- — 81 — grafia dei dolicopodidi dell'America del nord, dichiari che una delle due specie di Spagna da lui descritte in tal genere sia stata tro- vata nell'Italia settentrionale dal signor Haliday. Ora posso dire che probabilmente si tratta del notevole H. eucerns Lw., che lo scorso Luglio io trovai in Valmalenco presso Sondrio, socio àeWHypophyl- lus cìnnipes ed obscurellus e à.Q\V Hercostomus longiventris. — Il prof. Strobl, nel suo lavoro sui ditteri della Bosnia, che ho rice- vuto dopo la pubblicazione del mio secondo fascicolo, descrive una Empis Thalhammeri n. sp. la quale si distinguerebbe dalla E. ma- cropalpa di Egger per gli stessi distintivi che ne differenziano la mia E. sibillina. Non credo però ad una sinonimia, perchè la spe- cie dello Strobl pare più piccola della mia ed inoltre viene da esso collocata nel gruppo della chioptera; disgraziatamente non posso trarre partito della descrizione, essondo questa stesa in lingua serba e scritta in caratteri cirillici, né essendo ancora comparsa la pro- messa traduzione in tedesco. 336. Empis (Pachymeria) Erbori Now. Lw. — Nel vallone dell'Acqua- santa ebbi la fortuna, nello scorso Agosto, di raccogliere numerosi esemplari della specie descritta come nuova col nome di Empis (Pa- chymeria) picena nel secondo fascicolo di questo lavoro. Con mia sorpresa trovai sugli stessi fiori delle carduacee da essa frequentati, anche la specie del prof. Nowicki qui sopra ricordata, nota dei monti Tatra, che io ebbi d'Ungheria dal Museo nazionale di Budapest, e che non sospettavo nemmeno si potesse trovare in Italia. Era più rara della picena, ed anche di essa le femmine erano in numero assai maggiore che i maschi. Nei monti della Valtellina trovai poi frequente lo scorso Luglio la E. (Pack.) palparis Egg., che è più affine alla Erberi che non alla femorata, e frequenta pure i fiori delle carduacee in compagnia della caratteristica E. crassa Now., del gruppo della ciliata. — Nel secondo fascicolo, a! nura. 268, riferii dubitativamente alla Le- ptopeza flavipes due esemplari di un empidide raccolto presso Ma- cerata; ora sono in grado di stabilire che si tratta di una nuova e ben diversa specie più sotto descritta; la L. flavipes Mgn. non è però da cancellarsi dalla lista, poiché nel bosco di San Liberato tro- vai una 5 biella L. ruftcollis Mgn. Ora io sono convinto che questa ultima specie non sia che la 5 della L. flnpipes: tutti gli autori parlano solo di una L. flavipes O e di una L. ruficollis $; già lo Anno XXX II. 6 — 82 — Zetterstedt sospettava di questa sinonimia, come si può vedere a pag. 4979 delia sua opera sui ditteri delia Scandinavia. Aiiclie nei dintorni di Sondrio, ove la specie non è rara, io non potei trovare mai né le 5 della flavipes né i O della 7'u/ìcoU.is, per quanto abbia condotto le ricerche per più mesi di seguito in una zona assai ri- stretta: non ebbi però la fortuna di osservare la copula, che sola potrebbe dare la prova decisiva. 337. Leptopeza setig-era n. sp. cf $ — Nigra^ nìtidiusculo, pal- lide pilosq, pedihus Jialterihusque luieis; antennis articulo terlio an- gusto, elongato, acuminato, seta apicali tenuissimaperlonga; probo- scide longiuscula, horizontali; tliorace gibboso, scutello setis longis marginato; pedihus pilosis longeque setosis; alis perynagnis^ laiis, hijalinis. macula stigmatica maxima rotunda fusco-nigra, vena quarta longitudinali a tertia non remota atque cum ea omnino parallela, cellula discoidali magìia, lata, angulis rectis, ultra me- dium alae longe producta, nervos duo tantum, poslicum brevissi- mum, emittente, rudimento iertii nullo, cellula anali denique prae- cedente valde breviore quam in ceteris speciebus. O ìiypopygio parvo, suolili, superne breviter penicillato, inferne appendictda parva pendula bicuspidata; 5 terebra brevi, lamellis terminalibus parvis exsertis. Long. corp. mra. 3,5-4; alar. 4-4,5 Questa specie, che trovai assai rara nelle bassure presso Mace- rata, lun2:o il fiume Potenza, è spiccatamente distinta dalle altre poche forme europee di questo genere sopratutto per le lunghe se- tole delle zampe, che ricordano quelle della Trichopeza, per la grande e rotonda macchia stimraatica delle ali e per il decorso dei nervi alari. Non si può quindi confrontare colle altre specie, ma forma una sezione a sé, che più tardi si potrà forse elevare a valore generico. La testa è rotonda; gli occhi, per quanto se ne può giudicare da esemplari secchi, sono ravvicinati nei due sessi; la parte poste- riore del capo è coperta da tomento cenerino e marginata di corti peli pallidi; solo al vertice, fra gli occelli, vi è qualche pelo più lungo, curvo all'innanzi. Le antenne hanno il terzo articolo molto allungato ed acuminato, come pure assai lunga è la sottilissima se- tola terminale. La proboscide, alquanto più lunga che nelle specie affini, ma sempre brevissima, è nera, lucente, diretta orizzontalmente in avanti; i palpi, negli esemplari descritti poco manifesti, sembrano — 83 — di colore oscuro. Il torace è assai convesso, di color nero, alquanto lucente nel disco, ma opaco sui lati per un leggero tomento ceneric- cio oscuro, che è poi assai più abbondante e più chiaro sui fianchi; una strettissima striscia ai calli omerali, e più largamente i due calli ovali che si osservano nella parte posteriore del pronoto ai lati dello scudetto, appaiono di colore gialliccio; la corta peluria è di color pallido, e solo al margine posteriore dello scudetto si nota una corona di peli eretti piuttosto lunghi. 1 bilanceri. assai grandi, sono bian- chicci, e colla clava allungata. L'addome è allungato, sottile, acumi- nato posteriormente, tutto coperto di teneri peli, pallidi e lunghetti. Le zampe sono del tutto gialle; solo gli ultimi articoli dei tarsi, e l'apice dei femori e delle tibie dell'ultimo paio, un po'infoscati; tutti sono forniti di peli pallidi, frammezzo ai quali spiccano alcune setole, lunghe ma sottilissime. Alle tibie anteriori mancano le lunghe setole; il solo margine esterno presenta una serie di peli equidistanti, uguali e di mediocre lunghezza. Caratteristiche sono invece le tibie inter- medie; esse hanno al lato interno, poco dopo il mezzo, una lunga setola, ed al lato esterno ne presentano tre, raramente due, lunghis- sime, una dopo l'altra a regolari intervalli. Le tibie posteriori pre- sentano pure al lato esterno due o tre lunghissime setole; anche i feraoi'i dello stesso paio presentano inferiormente una fila di lunghi peli sporgenti fra quelli più corti. Le ali sono più ampie e lunghe che nelle specie congeneri; sono trasparenti, ma non vitree, poiché la loro superfìcie è come picchiet- tata da minutissime rugosità tondeggianti; la macchia stiramatica è assai grande, appariscente, quasi nera, rotonda od appena ovale, ed assai avvicinata col margine posteriore al secondo nervo longitudi- nale, pur essendone nettamente disgiunta; il margine posteriore del- l'ala è teneramente frangiato di corti peli, e l'incisione ascellare ne è grande, tagliata ad angolo retto. Le nervature sono di color oscuro e robuste; la seconda longitudinale è leggermente ricurva iu avanti; la terza invece si inclina gradatamente all'indietro a mano a mano si accosta al margine esterno dell'ala; ne succede" che ([ueste due nervature sono assai divergenti fra loro. La quarta nervatura longi- tudinale invece si mantiene pressoché diritta lungo tutto il suo per- corso, poco lontana dalla terza, colla quale si conserva perciò paral- lela, a differenza di quanto accade nelle alti'e specia del genere, presso le quali dette nervature sono largamente divergenti. Non si — 84 — nota rudimento alcuno del terzo nervo partente dalla cellula disco- idale. La cellula discoidale è assai ampia, molto estesa oltre il mezzo dell'ala; la nervatura trasversa che la limita all'esterno è quasi del tutto verticale e alquanto convessa all'infuori; il tratto del quinto nervo longitudinale che sta oltre detta nervatura trasversale è note- volmente più corto della stessa. La sesta nervatura longitudinale è ben distinta, lunga, e termina solo poco prima di raggiungere il mar- gine posteriore dell'ala. La cellula anale è quasi della metà più corta della sovrapposta cellula basilare; la nervatura trasversa che la deli- mita all'infuori è perpendicolare e leggermente convessa verso l'esterno. Riguardo alle numerose specie di Clinocere ricordate nel secondo fa- scicolo, posso dire che le ritrovai quasi tutte e colla solita abbon- danza negli stessi luoghi, lo scorso Agosto; ma non mi fu dato rin- venirne di nuove. Nel sscondo fascicolo di questo lavoro, a pag. 157 (37), alla seconda riga dal basso, per la Tachydromia nigrina, invece del numero 113, si deve leggere 313. B. Cyclorrhapha atliericera 0. S. Continuando ora nella enumerazione ordinata del materiale rac- colto, sono giunto a que'ditteri che sono compresi nei lavori pub- blicati dal nostro sommo ditterologo, prof. Camillo Rondani. La loro conoscenza è quindi già abbastanza larga anche per la fauna italiana, né in questi gruppi mi venne fatto di trovare specie nuove per la scienza, come accadde non raramente negli altri. Per quanto la mo- derna ditterologia, ed essa sopratutto, abbia riconosciuto i grandi meriti del Rondani, applicandone ed allargandone le vedute nella si- stematica di parecchi gruppi, pure molte delle specie da esso istituite si sono dovute passare alla sinonimia di altre gicà prima fondate. Onde il suo nome in questa enumerazione, e sopratutto nella fami- glia dei sirfidi, appare più raramente di quanto potrebbe credere chi ha conoscenza dei suoi numerosi lavori e di quanto si potrebbe aspettare per la fauna di una regione italiana così vicina e simile a quella ove egli condusse le sue ricerche. In diverse recenti mono- grafie, sopratutto di autori tedeschi ed austriaci, potrà il lettore trovare tutti quegli schiarimenti di cui può aver desiderio, e che qui non sarebbe opportuno ripetere. — 85 — 338. Platypeza holosericea Mgn. — Presso Macerata. 339. PI. atra Fall. — Nel vallone dell'Acquasanta. — Nel XII volume della Wienei- entomologische Zeitung, 1893, a pag. 304-305, io ho descritto una nuova specie col nome di Callo- myia aio-antiaca, su un solo esemplare O raccolto nel Trentino, e che non ho più avuto la fortuna di ritrovare. Ora mi permetto di richiamare l'attenzione dei ditterologi sopra una cosa che allora mi è sfuggita, e sulla quale altri forse potrà dare sicuro giudizio. E questa è che il Dott. J. Schnabl, nel Pamietnih Fizyjogr. 1884, pag. 1 (estratto) descrive una Callomyia Wankoiciczii n, sp. $, la cui brevissima diagnosi la fa sembrare assai simile alla mia auran- tiaca. Disgraziatamente anche in questo caso non mi è possibile valermi della descrizione, essendo questa scritta in lingua polacca: per quanto io sia convinto esser necessaria per uno zoologo la cono- scenza di parecchie lingue moderne, credo però che questa possa limitarsi alle principali e più diffuse; onde certi lavori, nella pratica della sistematica, rimangono lettera morta anche per chi trova la cosa assai deplorevole. 340. Pipunculus terminalis Thoms. — Presso Macerata, nei Sibillini ed al Gran Sasso. Questa e le seguenti specie (dal num. 340 al num. 352) sono disposte secondo l'ottima monografia dei pipunculidi europei del signor Becker, nella Beri. ent. Zeitschr. 1897, pag. 25-100; anzi parecchie di esse furono esaminate da quel chiaro autore, e quasi tutte furono classificate col confronto di esemplari tipici. 341. P. unicolor Zett. — Macerata. 342. P. zonatus Zett. — Macerata. 343. P. fuscipes Zett. — Macerata. 344. P. varipes Mgn. — Macerata. 345. P. ater Mgn. — Macerata, dove è la specie di gran lunga più co- mune di tutte le altre. 346. P. campestris Latr. — Macerata, 347. P. nigritulus Zett. — Macerata, Portocivitanova. 348. P. rufipes Mgn. — Vallone dell'Acquasanta. 349. P. xanthocerus Kow. — Presso Sarnano. 350. Verrallia aucta FU. — Nel bosco di S. Liberato; tal nome generico venne proposto dal prof. Mik per quello di Prothechus Rondani, usato impropriamente dal signor Becker. — 86 — 351. V. villosa (v. Ros.) Beck. — Presso Sarnano; l'affine V. pilosa Zeit. vive nella Valtellina, ove io la trovai nella scorsa estate. 352. Chalarus spurius Fall. — Presso Macerata e sul monte della Regina, fino a 2300 m. 353. Baccha elongata F. — Macerata, Bolognola, Acquasanta. 354.Sphegina clunipes FU. — Frequente all'Acquasanta in Agosto, non che in altri luoghi dell'Appennino marchigiano; anche nel gruppo della Majella, 355. Ascia floralìs Mgn. — Macerata, Acquasanta. 356. A. podagrica F. — Colla precedente. 357. Xantogramma ornatum Mgn. — Rarissimo presso Macerata. 358. X. dives Rond. — Frequente in tutto il territorio; è la forma meri- dionale del precedente. 359. Sphaerophoria scripta L. — Macerata, Fossato. 360. Sph. dispar Lw. — Macerata. 36 1 . Sph. nigricoxa Zett. — Macerata. 362. Sph. taeniata Mgn. — Portocivitanova ed anche fra i monti, al- l'Acquasanta. 363. Catabomba selenitica Mgn. — Acquasanta, Assergi. 364. G. pyrastri L. — Assai comune in tutto il territorio, dal piano ai monti. Nei pressi di Macerata si osserva poi frequentemente la var. unicolor Curt. sui fiori del Paliurus australis. 365. Lasiopticus albostriatus FU. — Dalla marina sale fino a circa 100 m. sui monti: Portocivitanova, Serravalle, Arquata del Tronto. 366. L. topiarius Mgn. — Io lo trovai al piano del Castelluccio, ed il si- gnor Leoni lo prese presso Fossato. 367. Syrphus bifasciatus F. — Macerata, Fossato. 368. S. balteatus Deg. — Ovunque per tutto il territorio. 369. S. grossulariae Mgn. — Raccolto una volta presso Pioraco negli Appennini. 370. S. Ribesii L. — Dappertutto. 371. S. nitidicoUis Mgn, — Pioraco e Sanseverino. 372. S. auricoUis Mgn. — Macerata. 373. S. cinctus FU. — All'Acquasanta in Agosto. 374. S. maculicornis Zett. — Macerata, Pioraco. 375. S. lasiophthalmus Zett. — Macerata, Cingoli. 376. S. amoenus Lw. — Macerata, Pizzo Barro, Serroni, Acquasanta. 377. S. luniger Mgn. — Tutto il territorio. — 87 — 378 S. corollae F. — Macerata, Portocivitanova. 379. Melanostoma hyalinatum FU. — Macerata ed alle sorgenti del fiume Tenna. 380. M. mellinum L. — In lutto il territorio; all'Acquasanta trovai la varietà coll'addome interamente nero. Sotto questo nome qui si in- tende la forma più piccola, colla faccia spoglia di tomento, nel senso dello Zetterstedt e non del Kowarz; così pel seguente. 381. M. gracile Mgn. — Col precedente. 382. Platychirus albimanus F. — Macerata, Acquasanta. 383. Chilosia personata Lw. — Vallone dell'Acquasanta. Le numerose specie di questo genere sono ordinate secondo la monografia del si- gnor Becker del 1894, e classificate in gran parte col confronto di esemplari tipici del eh. autore, esistenti nella mia collezione. 384. Ch. antiqua Mgn. — Nei dintorni di Macerata e in tutti i monti Sibillini. 385. Gh. nivalis Beck. — Al Pizzo Berrò in Giugno. 386. Ch. longula Zett. — Macerata. 387. Ch. scutellata FU. — Macerata, Acquasanta, Monte Rotondo. 388. Ch. oestracea L. — Nei monti: Pizzo Berrò, Regina, Serroni. 389. Ch. variabilis Pz. — Valle del Tennacola. 390. Ch. barbata Lw. — Frequente in Agosto presso Bolognola sui fiori di Daucus; manca al piano e sui colli. 391. Ch. hypena Beck. — Alcune $ nel vallone dell'Acquasanta, in Giu- gno, sui fiori di Heracleum Orsinii Guss. 392. Ch. intonsa Lw. — Macerata. 393. Ch. griseiventris Lw. — Frequente presso Macerata, dal Marzo in avanti. 394. Ch. pigra Lw. — Vallone dell'Acquasanta e sorgenti del Tenna. 395. Ch. brachyptera Palma. — Presso Macerata,- vive anche nei dintorni di Milano. 396. Ch. canicularis Pz. — Frequentissima in Agosto al vallone del- l'Acquasanta e nella valle del Tenna; anche la varietà accennata dal Becker al 1. e. 397. Ch. Langhofferi Beck. — Venne raccolta presso Pesaro dal prof. Car- dinali. 398. Ch. ilavipes Pz. — Nell'Appennino toscano, a Vallombrosa. 399. Ch. gigantea Zett. — Nei maggiori monti : Serroni, Acquasanta, Serravalle; anche sul Pizzo Camarda nel gruppo del Gran Sasso. — 88 — 400. Ch. proxima Zett. — Sorgenti dei Tenna. 401. Ch. gemina Beck. — Macerata e Bolognola. 402. Ch. impressa Lw. — Non rara nei monti Sibillini. 403. Ch. Viduata F. — È la specie più comune in tutto il territorio; nei monti non sale oltre i 1000 m. 404. Ch. vernalis FU. — Presso Macerata e sul monte della Regina. 405. Ch. correcta Beck. — Presso Assergi negli Abruzzi. 406. Ch. mutabilis FU. — Presso Macerata e nella valle del Tennacola. 407. Ch. praecox Zett. — Macerata. — Si vede dunque che le specie di questo genere, anche nell'Italia di mezzo, come sulle Alpi, sono assai più freqienti sui monti più alti, che non al basso o sui colli. Sono caratteristiche della zona marina e collinosa le specie griseiventris, viduata e praecox^ tra le comuni. 408. Brachyopa bicolor FU. — Rara presso Macerata. 409. Rhingia rostrata L. — Frequente nei Sibillini. 410. Volucella bombylans L. — Nei Sibillini. 411. V. mystacea L. — Colla precedente. 412. V. inflata F. — Rara nei dintorni di Macerata; parmi notevole il fatto che non rinvenni mai la V. pellucens L.; vive però a Vallom- brosa. 413. V. zonaria Poda. — In tutto il territorio. 414. V. inanis L. — Colla precedente. 415. Arctophila bombiformis FU. — Non rara nel vallone dell'Acquasanta e nel vicino bosco di Lefro; catturai la 5 mentre si recava a de- porre le uova nelle ceppale fradicie; i O invece li osservai sempre sulle foglie larghe di Petasites. La vicina Arct. mussiians F. vive in Piemonte, e nell'Appennino bolognese, di dove la ebbi dal pro- fessore A. Fiori. 416. Eristalinus sepulcralis L. — Macerata. 4 1 7. Lathyrophthalmus oeneus L. — Presso Macerata; l'affine L. quin- quelinealus F., ignoto al Rondani, ma non al Costa, vive in Sar- degna, avendone avuti abbondanti esemplari da Cagliari. 418. Eristalodes taeniops Wdm. — Il conte Barbiellini lo rinvenne presso Roma; la specie è del resto diffusa per tutta l'Italia, non essendo rara perfino nella Valle di Susa, fra le Alpi piemontesi, d'onde la ebbi dal prof. Gribodo; nel genovese la raccolse il signor Mantero. 419. Eristalomyia tenax L. — Ovunque per tutto il territorio. 420 Eristalis intricarius L. — Una sol volta nel vallone dell'Acquasanta. — 89 — 421. E. arbustorum L. — Tutto il territorio. 422. E. nemorum L. — Lo trovò ad Aquila il signor Leoni. 423. E. pertinax Scop. — Pure ad Aquila. 424. E. pratorum Mgn. — È la specie frequente nella parte montuosa maggiore del territorio. 425. E. horticola Deg. — Io lo trovai presso Macerata ed il signor Leoni a Fossato, 426. Myiatropa ilorea L. — Tutto il territorio. 427. Helophilus trivittatus F. — Macerata. 428.]yiaIlota eristaloides Lw. — Una sol volta nei boschi del Potenza presso Macerata. 429.Merodon eguestris F. — Frequente al primo principio della prima- vera presso Macerata, dove vivono promiscue le seguenti varietà, distinte pel diverso colore dei peli: 1. Thorax in parte antica pilis rxifis vel luteis vel albicaìitihus, in parte postica nigris, ornatus 2. — Thorax pilis unicoloribus tectus, vel totis nigris, vel totis hUescen- tibus 4. 2. SciUelluìn nigropilosiim, ut pars postica thoracis. (bulborum Rond.) — Scutellum fulvopAlosiim 3. 3. Abdomen fascia nulla transversa pilorum nigrorum. fequestris Mgn.}. — Abdomen in medio fascia nigra transversa pilorum. (nobilis Mgn.}. 4. Thorax et scutellum pilis nigris omnino tedi . . (nigrithorax n.}. — Pili thoracis et scutelli non nigri quamvis semper unicolores . 5. 5. Corpus pilis laete rufescentihus undique vestitum. . (flavicans F,). — Pili corporis vel lutescentes vel alhicantes 6. 6. Abdomen fascia nulla transversa pilorum nigrorxnn. (Narcissi F. rr tuberculatus Rond. pt.}. — Abdomen in medio fascia transversa pilorum nigrorum praedi- tum • (transversalis Mgn.). Dette forme si trovano spesso in copula fra di loro, come ebbi occasione di osservare più volte; volendo sottilizzare si potrebbe di- stinguere im numero maggiore di varietà, sempre basate sulla mu- tevole colorazione dei peli. 430. M. clavipes F. — Trovato presso Perugia dal prof. Bafelli. 431. M. aberrans Egg. — Frequente nei monti maggiori di tutto il ter- ritorio, fino al Gran Sa.sso d'Italia; lo si trova sopratutto in grande quantità sulle vette dei monti più elevati, volante attorno ai segnali — 90 — trigonometrici o posato sulle pietre; le femmine invece si rinvengono nelle valli, sui fiori delle ombrellifere. È agilissimo, ed il ronzìo che produce quando vien catturato è assai più acuto che nelle altre spe- cie. Ai miei esemplari si attaglia benissimo la descrizione che il prof. Mik dà del suo M. Knerrii, del resto già messo fra i sino- nimi della specie di Egger. 432. M. pruni Rossi (sìcanus Rond.) — Non è raro nella parte più bassa del territorio, sia alla marina che nei colli, nei quali ultimi frequenta di preferenza i fiori del Paliurus australis. Mi accosto all'opinione di H. Loew {Beschreib. europ. Dipi. I, pag. 254) nel ritenere che il Syì'phus pruni Rossi Fauna etnisca, II, 1790, pag. 293, n." 1473, sia quella stessa specie che il Rondani descrisse come M. sicanus, e che lo Scliiner credette sinonimo del M. fulous Aiacq. Il Rondani era del parere che il pruni Rossi fosse la 5 àeWavidus Rossi (come sospetta lo stesso Rossi al 1. e. « Forte alter sexus? »), e riuniva ambedue sotto il nuovo nome di rufitiMus sibi: la qual ultima cosa non era giusta, anche se fosse stata suffragata dalla verità del fatto; onde a diritto i moderni mettono il M. rufitibius del Rondani fra i sinonimi del Syrphus avidus del Rossi. Il Lòw però non diede in alcun luogo, che io mi sappia, le ragioni della sinonimia da esso esposta al luogo sopra citato; onde essa non fu accettata dai mo- derni autori, vedi ad esempio il prof. Strobl nella Wien. ent. Zeit. 1893. pag 76. Vedrò dunque di indicare io dette ragioni, ricavan- dole appunto dalle seguenti frasi tolte dalla descrizione del Rossi : « Praecedenti (cioè il Syrphus avidus] a/finis, ai corpulentior, et abdominis apice minime obtuso AMometi vero..... fasciae duae flavescentes nullo modo interruptae — praetereaque ille (cioè il S. avidus] gerit corpus eì'ectum; Me deflexum. » La specie in discorso è infatti assai caratteristica per la larghezza del suo corpo (anche il Rossi assegna aWavidus linee 1 '/^ di larghezza ed al pì'uni 2), onde appare particolarmente robusta; per la predominanza del colore fulvo all'addome: infine per le dimensioni maggiori. Uno sguardo poi alla figura colorata (VII della tav. X) che completa la descri- zione ò pure di conferma all'opinione qui esposta. 433. M. annulatus F. — Trovato presso Roma dal conte Barbiellini; altri esemplari dei due sessi ne posseggo di Coti'one. Si tratta di una forma distinta dall'avere nel sesso femminile tutti i piedi completa- mente rosso-gialli, senza alcuna traccia di anelli neri, né ai femori — 91 — né alle tibie; nel O invece i femori sono neri, e solo le tibie ed i tarsi rossi. Perciò sono convinto che il M. dislinctus, descritto come nuovo dal Palma nel suo lavoro sui sirfldi della fauna napolitana del 1864 pel solo O , sia appunto il O del M. annulatus F., che figura in detto lavoro colla sola $. Anche Fabricius e Meigen ricordano la sola $, della Francia meridionale; i miei esemplari del Napoletano furono presi in copula. Stabilisco dunque che il/, annulatus F. Mgn. Palma 5 ~ distinctus Palma O . 434. M. nigritarsis Rond. — Aquila, monte Rotondo. 435. M. spinìpes F. — Nella parte collinosa di tutto il territorio. 436. M. avidus Rossi {rufUihws Rond.) — Col precedente. 437. M. armipes Rond. — Al monte Regnolo e nella valle del Tennacola. 438. M. mucronatus Rond. — Al monte Regnolo, al Pizzo Berrò, ed al Pizzo Camarda al Gran Sasso. 439. M. varius Rond. — Macerata e Sibillini. 440. M. funestus F. — Frequentissimo presso Macerata e nella parte col- linosa; non sale sui monti. 441. M. aeneus Mgn. — Frequente nei monti, sopratutto attorno alle più alte vette, in compagnia del .1/. ahevì^ans. 442. Criorrhina oxyacanthae Mgn. — Ai Serroni di monte Rotondo in Agosto. 443. Cr. berberina Mgn. — All'Acquasanta in Giugno; probabilmente non è che una varietà dell'altra. 444. Brachypalpus valgus Pz. — Una sol volta presso Macerata, in Marzo. 445. Myiolepta vara F. — Presso Macerata. 446. M. luteola Gm. — Frequente nei dintorni di Macerata; il sig. Leoni la catturò presso Fossato. 447.MilesÌa crabroniformis F. — Il più volte lodato signor Leoni la rac- colse ad Orvieto, Chiusi e Fossato. 448. M. splendida Rossi. — Trovata dal signor Leoni ad Aquila ed a Chiusi. 449. Spilomyia saltuum F. — Io la trovai ad Assergi nell'Abruzzo, ed il signor Leoni ad Aquila, Foligno e Fossato. 450. Temnostoma speciosa Rossi. — Raccolta nell'Appennino toscano a Vallombrosa dal dott. Cecconi. 451. Orthoneura brevicornis Lw. — Macerata, Assergi. 452. Chrysogaster amethystinus Macq. — Trovato presso Roma dal si- gnor Barbiellini. 453. Chr. chalybaeatus Mgn. — Macerata. 454. Chr. splendens Mgn. — Macerata. — 92 — 455 Chr. viduatus L. — Macerata. 456. Pipizella varians Rond. — Tutto il territorio, anche sui monti più alti. 457. Pipiza festiva Mgn. — Macerata, Aquila. 458. P. austriaca Mgn. (non sensu Schiner). — Trovata dal signor Leoni a Fossato. 459. P. lugubris F. (non SchinJ. — Macerata. 460. Cnemodon brevidens Egg. — Macerata. 461.Paragus bicolor F. — Macerata. 462. P. ebracatus Rond. — Arquata del Tronto. 463. P. thymiastri FU. — Macerata. 464. P. majoranae Rond. — Macerata. 465. P. tibialis FU. — Tutto i! territorio; la var. trìanguliferus presso Amatrice negli Abruzzi. 466.Eumerus olivaceus Lw. 1848 = alpinus Rond. 1857. — Trovai questa specie non rara nei monti del territorio, fra i 1500 ed i 2000 metri, dal Giugno all'Agosto, specialmente sui fiori di quella singo- lare ombrellifera che è il Prangos feriilacea Lindi. I miei esemplari corrispondono benissimo alla descrizione fatta dal Loew su esemplari raccolti dallo Zeller in Sicilia; sono poi identici a quelli dell'E. alpinus, raccolti dal Bellardi nel Piemonte, e che ebbi occasione di esaminare nella raccolta Rondani a Firenze. Sono perciò in grado di indicare un errore sfuggito al Rondani, Prodr, II, pag. 91, dove è detto che la lunghezza àeWE. alpinus è di mill. 7 circiter: detta lunghezza è almeno di mm. 13 anche negli esemplari tipici dell'autore. È questa infatti la specie maggiore nel suo genere, come anche notava il Loew. È deplorevole che il prof. Rondani né nel 1850 quando scriveva per gli annali della Società entomologica francese la nota sulle specie italiane del gen. Eicmerus, né più tardi nel 1857 quando pubblicava il secondo volume del Prodromo, né in seguito mai, abbia avuto di- retta conoscenza del lavoro magistrale già fin dal 1848 scritto dal prof. Loew nel giornale entomologico di Stettino sugli eumeri euro- pei. Onde la maggior parte delle sue specie son da ridursi a sino- nimi; e nei casi rimanenti assai incerto è il giudizio, mancando l'aiuto di ogni critico confronto per parte del nostro ditterologo. 467. E. iris Lw. — Raccolto presso Roma; io ne posseggo poi vari esem- plari di Sicilia, i quali mi fanno ritenere che gli E. barbaru& e Tru- quii del Rondani, non siano altra cosa che la specie in discorso. In — os- tai caso però la specie dovrebbe portare il nome di barhariis^ datole assai anticamente dal Coquebert: non conoscendo la descrizione di que- sto autore, debbo lasciare insoluta la questione. 468. E. ornatus Mgn. Ew, — All'Acquasanta. 469. E. lunulatus Mgn. Lw. — È la specie più frequente nei dintorni di Macerata; gli esemplari a piedi completamente neri sono da riferirsi all'È", melanopus Rond. Trovasi anche nei Sibillini ed a Fossato, 470. E. basalis Lw. [angusticoy^nis Rond.) — Macerata. 471. E. uncipes Rond, — Bolognola in Luglio. 472. E. argyropus Lw. {exilipes Rond.) — Fu trovato al .Vulture, ed è comune in tutta Italia. 473. Xylota segnis L. — Macerata, Acquasanta, Aquila. 474. X. pigra F. — Macerata, 475. X. lenta Mgn. — Macerata, Aquila; anche nei monti Sibillini a San Liberato. 476. X. silvarum L. — All'Acquasanta in Agosto. 477. X. florum F. — Nei boschi del Potenza presso Macerata. 478. Syritta pipiens L. — Tutto il territorio, ad eccezione della parte montana. 479.Chrysochlamys cuprea Scop. — Bologr.ola, Aquila, Pesaro, Chiusi. 480. Chrysotoxum silvarum Mgn. — Sanseverino, 481. Chr. cisalpinum Rond. — Presso Assergi nell'Abruzzo. 482. Chr. vernale Lw. — Macerata, Aquila, Foligno, 483. Chr. festivum L. — Frequentissimo nella parte montana di tutto il territorio. 484. Chr. octomaculatum Curt, — Col precedente. 485. Chr. italicum Rond. — È la specie del piano e dei colli; manca nei monti. 486. Chr. bicinctum L. — Macerata, Aquila, Fossato. 487. Callicera Spinolae Rond. — Trovata a Camerino dal barone A, d'Amore Fracassi. 488. C. aenea F. — Raccolta a Cei'chio negli Abruzzi dal prelodato signore e presso Rimini dal dottor Tosi; non sembra rara a Vallombrosa, dove fu catturata dal dottor Cecconi. 489. Ceria subsessilis F. — Trovata a Foligno dal signor Leoni. 490. C. conopsoides L, — Raccolta dal signor Leoni ad Aquila, Foligno, Fossato. 491. C. vespiformis Latr. — Una sol volta nei boschi del Potenza presso — 94 — Macerata; sembra più frequento nei dintorni di Roma, giusta le rac- colte del conte A. Barbiellini. 492. Conops rufipes F. — Macerata, Aquila; frequente in Agosto sui fiori di Eupatorhim cannahinum allAcquasanta. 493. C. vittata F. — Macerata, Aquila, Orvieto. 494. C. lacera Mgn. — Macerata. 495. Dalmania aculeata L. — Macerata. 496. D. punctata F. — Macerata, Perugia. 497. D. marginata Mgn. — Macerata. 498. Myopa ferruginea L. — Frequente in tutto il territorio, dalla marina ai monti. 499. DI. dorsalis F. — Macerata, Aquila. 500. M. variegata Mgn. — Aquila, dove la catturò il signor Leoni, come la precedente. 501. M. stigma Mgn. — Macerata, monte Regnolo. 502. M. testacea F. — Macerata. 503. M. pietà Pz. — Raccolta a Cerchio negli Abruzzi dal signor Barone dAmore Fracassi e presso Rimini dal dott. Tosi. 504. Occemyia distincta Mgn. — Acquasanta. 505. 0. atra F. — Macerata, Acquasanta. 506. 0. pusilla Mgn. — Bolognola. 507. 0. melanopa Rond. — Macerata. 5G8. Glossigona bicolor Mgn. — Macerata, Aquila. 509. Zodion cinereum F. — Macerata. 510. Z. notatum Mgn. — Macerata, Assergi, Acquasanta, Sorgente del Tenna a 1500. 5 1 1 . Z. erythrurum Rond. 1865 =. ì indchrvm Lw. 1868. — Raccolsi due maschi presso Macerata, che corrispondono bene alla descrizione data dal Rondani su esemplari della Toscana negli Atti della Società ital. di Scienze naturali, Milano, Vili, pag. 146. La speci(! è assai ben distinta dallo Z. Caì'celii R. D. che ha pure i piedi rossi; credo piuttosto che lo Z. pulchrum Lw., Beri. ent. Zeitschr. XII, p. 384, num. 15, della Cilicia, sia un suo sinonimo, posteriore di tre anni. 5 1 2. Gastrophilus equi F. — Venne raccolta in abbondanza dal sig. Leoni sulla cima del Monte Maggio presso Fossato, nell'Umbria; il prof Tuc- cimei lo raccolse sulla vetta del Monte Gennaro, presso Roma. 513. 6. inermis Brau. — Due soli esemplari furono presi dal signor Leoni in compagnia del precedente, nello stesso luogo e tempo. — 95 — 514. 6. pecorum F. — Raccolto presso Roma. 515. Rhinoestrus purpureus Brau. — Questa interessante specie, che vive nella faringe del cavallo, non ancora nota di Italia, fu trovata dal prof. Taccimei sul monte Gennaro, in compagnia del Gastropldlus equi. 516. Oestrus ovis L. — Il signor Leoni lo prese ad Aquila, ed il ba- rone D'iVmore a Cerchio. Ottenni poi molti esemplari dalle larve che si trovano comunemente a Macerata nei seni frontali delle pecore. 5 1 7. Meigenia majuscula Rond, — Non rara nelle vette dei monti più alti, come alla Regina, Pizzo Berrò, M. Rotondo ed in Carapopericoli al Gran Sasso; spesso in copula. Tutie le seguenti specie di rauscidi, fino agli antomiidi esclusi (ed a cui non si arriva col presente fascicolo) sono ordinate secondo i lavori dei signori Brauer e Bergenstamra, e del prof. Brauer. 518. M. bisignata Mgn. Rond. — Nella regione montana di tutto il ter- ritorio. 510. M. floralis Mgn. Rond. — Colla precedente. 520. Viviania pacta Mgn. — Macerata, Assergi. 521.Meriania puparum F. — Presso Macerata, in Marzo é Aprile. 522. Masicera silvatica (FU.) Girschn. — Macerata, Bolognola, Acqua- santa; questa e la seguente specie sono prese nel senso indicato dal prof. Girschner nelle Entomolog. Nachricht, 1899, pag. 178. 523. M. pratensis (Mgn.) Girschn. — Macerata, Assergi. 524. Ceromasiaìlorum Rund. — Macerata, Pausola; comune all'Acquasanta. 525. Dexodes machaeropsis B. B. — Una $ ali" Acquasanta. 526. D. spectabilis Mgn. — Assergi, Montemonaco, Acquasanta. 527. D. spinuligerus Rond. — Macerata. 528. Paraphorocera senilis Rond. — Macerata. 529. Hemimasicera ferruginea Mgn. — Frequente in tutto il territorio, dai colli ai monti. 530. H. gyrovaga Rond. — Bolognola. 531.Exorista crinita Rond. — Trovata a Roma dall'ing. Gribodo. 532. Parexorista fimbriata Rond. non Mgn. — Acquasanta e M. Rotondo. 533. P. glirina Rond. — All'Acquasanta. 534. P. confinis FU. — Specie assai carattestica pel colore e pel numero delle setole sternopleurali che sono quattro; frequentissima presso Macerata sui fioi'i di Pafiuriis; più rara nei monti. Ho raccolte altre specie di questo genere, che lascio per ora in disparte. 535. Tryphera lugubris Mgn. Brau. -— Macerata. — 96 — 536. Sisyropa cheloniae Rond, — Macerata, Aquila. Avuto riguardo alla variabilità del carattere delle setole delle tibie posteriori, il genere Sisyropa è qui limitato a quelle specie che hanno due setole ster- nopleurali, nel senso indicato dal prof. Girschner nel luogo sopra citato. 537. S. gnava Mgn. — Pioraco, Sarnano. 538. Winthemia erythrura Mgn. — All'Acquasanta in Agosto. 539. Epicampocera succincta Mgn. — Bolognola, Acquasanta. 540. Nemoriila floralis Rond. — Pausola, Tennacola. 541. N. maculosa Mgn. — Macerata, Arquata, Assergi. Acquasanta. 542. Blepharidea vulgaris FU. — È davvero la specie di gran lunga più comune, in tutto il territorio e particolarmente nella regione più bassa; varia assai nella statura e nella colorazione dello scudetto. 543. Prosopaea nigricans Egg. — Macerata. 544. Dolichocolon paradoxum B. B. — Raccolto presso Roma dall'inge- gnere Gribodo. 545.Gaedia connexa Mgn. — Macerata e M. Rotondo. 546. Boria nigripalpis Rond, — Macerata. 547. Compsilura concinnata Mgn. — Bolognola. 548. Tritochoeta poUeniella. Rond. — Alla sorgente del fiume Tenna. 549. Phorocera cìlipeda Rond. — In tutto il territorio, non rara anche nella parte bassa. 550. Ph. pumicata (Mgn.) Rond. — Più rara, e solo nei monti come al- l'Acquasanta. 551. Bothria pascuorum Rond. — Una sol volta presso Macerata, in Marzo. 552. Lecanipus patelliierns Rond. — Macerata. 553. Buponchelia segregata Rond. — Bolognola, Acquasanta, 554. Sturmia (Blepharipoda) sciitellata Rond. — In tutta la regione dei monti Sibillini: Cingoli, S. Liberato, M. Regnolo, Acquasanta; anche a Pioraco negli Appennini. 555. Argyrophylax pupiphaga Rond. — Acquasanta. 556 Ar. bimaculata Hart. — Macerata, Assergi. 557. Eutachina larvarum Rond. — Rara presso Macerata; comune nei Si- billini, ove si spinge fin nelle più alte vette. 558. Ghaetotachina rustica Mgn. — Macerata, Arquata, Bolognola, Acqua- santa. 559. Microtachina erucarum Rond. — Macerata. 560. Stomatomyia filipalpis Rond. — Macerata, M. Rotondo ed in Campo- pericoli al Gran Sasso. — 97 — 56 1 . Perichaeta unicolor FU. — Macerata. 562. Germana ruficeps FU. — Assergi ed Acquasanta: si rinviene rarissima ed isolata, sui fiori delle ombrellifere, fino ai 1500 m, di altezza: sembra limitata alla zona montuosa. 563. Conia ornata Mgn. — Frequente presso Macerata nei primi giorni di Marzo. 564. G. capitata Deg. — È specie estiva, frequente nei mesi di Luglio e di Agosto nella parte montuosa di tutto il territorio, dove vola tal- volta in gran numero attorno alle più alte cime. 565. G. fasciata Mgn. — Presso Macerata, dove è comune nei primi giorni di Febbraio, ma poi scompare quasi subito. 566. Pseudogonia cinerascens Rond. — Macerata e Roma. 567. Cnephalia multisetosa Rond. — È specie distintissima, propria dei monti: Bolognola, Acquasanta, Tennacola. 568. Thelymorpha vertiginosa FU. — Acquasanta, M. Rotondo, valle del Tanna. 569. Aporomyia dubia FU. — La rinvenni una volta in gran numero in Marzo sui ginepri a Colle Torri, presso Macerata. 570. Somoleia rebaptizata Rond. — Rara nel vallone dell'Acquasanta. 571. Mintho praeceps Scop. — Macerata, Pausula, Portocivitanova. 572. Hyria tibialis Fall. — Una sol volta al M. Rotondo. 573. Steinia protuberans Zett. — A Serravalle, sulle foglie dei pioppi; fu trovata anche a Roma. 11 fatto di trovare tale specie presso ai pioppi, ricordato anche dallo Zetterstedt a pag. 1116 della sua opera sui dit- teri della Scandinavia (habitat in Populi Tremulae junioris foliis) mi fa sospettare che essa possa esser parassita dell'una o dell'altra o di tutte e due le specie di Lina [populi L. e tremulae F.), che sono coleotteri comunissimi nel territorio. Tale supposizione è anche con- fermata dal fatto che di detti coleotteri sono appunto già note come parassiti delle specie affini di Tachinidi, come la Aporomyia dubia FU. e qualche Macquartia, oltre la Meigenia bisignata Mgn. 574. Loewia setibarba Egg. — Una sol volta presso Macerata. 575. L. brevifrons Rond. — Nei monti, come a Pioraco e a Bolognola; frequente poi presso Montemonaco. 576. Ptilops chalybaeata Mgn. — Macerala. 577. Pt. nigrita FU. — Macerata. 578. Macquartia chalconotaMgn. — Frequente in tutta la parte montuosa dei Sibillini, rara invece presso Macerata. Anno XXX IL 1 — 98 — 579. M. coelebs RoikJ. — Rara presso Macerata; anche a Roma; è spe- cie assai caratteristica. 580. M. nitida Zett. — Macerata. 581. M. grisea FU. — Macerata, Serravalle, valle del Tenna. 582. M. occlusa Rond. — Non rara sui monti, nei quali si trova più vo- lentieri sulle vette, come sulla Regina, a 2300 m.; le nervature lon- gitudinali quarta e quinta delle ali sono per lo più disgiunte, ma assai avvicinate. Il prof. Strobl nella sua pregevole e diligente opera sui ditteri della Stiria, II, 1894, pag. 31, ritiene essere la M. occlusa Rond, Prod. Ili, 1859, pag. 89, num. 4, sinonimo della Tachina umorosa Zett. Dipt. Scand. XIII, 1859, pag. 6122, num. 136-137. Anche pre- scindendo da quanto verrà detto più sotto, non so quale sia la ra- gione per cui il prof. Strobl dà la preferenza al nome dello Zetter- stedt su quello del Rondani: il tredicesimo volume dell'opera dello Zetterstedt ed il terzo di quella del Rondani, non sono forse com- parsi nel medesimo anno 1859? Nessuno dei due autori potendo van- tare una completa conoscenza della specie, poiché descrissero il solo O, mi pare che si dovrebbe conservare il nome del Rondani, perchè egli metteva la specie nel suo giusto genere Macquartia, men- tre lo Zetterstedt la teneva fra le sue ancora non suddivise Tachina. Ma in ogni modo io non credo che si possa parlare con sicurezza di una sinonimia delle due specie. Per quanto io legga attentamente la descrizione dello Zetterstedt, mi pare che l'unico punto che possa aver indotto il prof. Strobl a credere le guance della T. umorosa pelose come nella dispar sia, oltre la citata somiglianza con que- st'ultima, il seguente : « setarum frontalium paucae infra anten- na.rum basin descendentes ». Ora questo non può alludere ad una pelosità delle guance, poiché lo Zetterstedt nel descrivere la T. di- spar, esprime detto carattere nel modo seguente: III, pag. 1138 « epistema breve^ ad lalera pubescens. » Nulla di simile è detto per l'epistoma della T. umorosa, e credo quindi che le surriferite parole si debbano ritenere come riferentisi alle setole frontoorbitali. È da riconoscersi però che la descrizione dello Zetterstedt si atta- glia abbastanza bene agli esemplari della occlusa Rond.; repugnano solo certi caratteri della coerenza degli occhi, della forma della arista antennale, e sopratutto del colore dei palpi, che nella occlusa sono sempre interamente gialli. Le guance della M. occlusa sono aliret- — 99 — tanto pelose che quelle della M. dispar FIL: il solo esame degli esemplari tipici potrà decidere se la medesima cosa si può dire delle guance della T. umorosa Zett. — Lo Schiner, Fauna austr. I, p. 528, mette impropriamente la M. occlusa nel genere Loeioia, col quale non ha nulla a vedere; Brauer e Bergenstamm, Musc.^ II, pag. 404, considerano le due specie come distinte. Anche il prof. Strobl in Dijpt. Bosn. 1898, pag. 63, pare si ricreda sulla sinonimia da lui proposta: peccato che non si possa capire ciò che ne scrive. Egli la raccolse anche in Spagna. 583. M. dispar Fall. — Frequentissima in tutto il territorio, sopratutto nella parte montuosa. 584.Thelaira intuenda Rond. — Macerata. 585. Th. leucozona Pz. — Macerata, Acquasanta. 586.Aphria longirostris Mgn. — Macerata, Assergi, Acquasanta. 587. Rhinotachina sibarita Mgn. — Macerata, Assergi, Acquasanta. 588.Leskia aurea FU. — Macerata, Muccia. 589. Fischeria bicolor R. D. — Presso Macerata, sui fiori del Paliurus ausiralis. 590. Rhamphina pedemontana Mgn. — Presso Assergi al Gran Sasso, al Pizzo di Sevo e sul Vettore; esemplari identici a quelli delle Alpi. 591. Chaetolya setigena Rond. — Trovata presso Roma dal sig. Barbiellini. 592. Zophomyia temula Mgn. — Rara e solo nella parte montuosa, come al Pizzo Berrò, nella valle del Tennacola ed a Montemonaco. 593. Olivieria lateralis F. — Macerata, Acquasanta. 594. 0. latifrons Brauer. — Bolognola. 595. Cylindrogaster sanguinea Rond. — Frequente nei Sibillini; trovato anche ad Aquila dal signor Leoni. 596. Ocyptera bicolor 01. — Frequente presso Macerata; più rara nei monti; Arquata, Foligno. 597. 0. pilipes Lw. — Acquasanta. 598.0. excisa Lw. — Macerata. 599. 0. interrupta Mgn. — Acquasanta. 600. 0. brassicaria F. — Macerata; frequente nei monti, dove si osserva spesso in quantità attorno alle più alte vette. 601.0. brevicornis Lw. — M. Rotondo, Acquasanta. 602.0. cylindrica F. — Nei monti, spesso frequente attorno alle alte vette isolate. 603. Ocypterula pusilla Mgn. — Macerata, Assergi, Bolognola. — 100 — 604. Cuphocerapyrogaster Rond. — Macerata, rara; pare però che questa specie si estenda molto verso il Nord, poiché io la trovai, non senza stupore, lo scorso Luglio presso Sondrio, nel cuore delle Alpi. 605. Micropalpus comptus FU. — Macerata, Acquasanta. 606. Bonellia vulpina FU. — Frequente presso Macerata; Pausula. 607. B. pietà Mgn. — Macerata. 608. B. frater Rond. — Frequentissimo all'Acquasanta. 609. Homoeonychia lithosiophaga Rond. — Macerata, Acquasanta, ma as- sai raro. 610. Erigone consobrina Mgn. Brau. — Acquasanta ed in Campopericoli al Gran Sasso. 61 1. Servillia lurida F. — Trovata a Foligno dal signor Leoni. 612. Tachina grossa L. — Frequente nel vaUone dell'Acquasanta. 613. Fabrìcia ferox Pz. — Non rara nei monti di tutto il territorio, spesso attorno alle alte vette isolate, come al Pizzo di Sevo; la var. atrlpal- lìis R. D. {nigripalpis Gi. Tos.) si trova dappertutto commista alla forma tipica. 614. Echinomyia fera L. — Frequente in tutto il territorio, ed assai va- riabile. 615. Eudora magnicornis Zett. — Colla precedente, ed altrettanto comune e variabile. 616. E. casta Rond. — Macerata, Tennacola. 617. Peleteria ruficeps Macq. — Macerata; il prof. Cardinali la raccolse presso Pesaro. 618. P. tessellata Mgn. — Bolognola, CasteUuccio. 619. Plagia ruralis Fall. — Macerata, Acquasanta. 620. Ptiloparia marginata Mgn. — Macerata. 621.Cyrtophloebia ruricola Mgn. — Macerata, Muccia, Arquata. 622. Phorichoeta lacrimans Rond. — Macerata. 623. Phytomyptera nitidiventris Rond. — Presso Macerata, nei boschi del fiume Potenza, sulle foglie dell'ontano. 624. Arrhinomyia tragica Mgn. — Macerata. 625. Roeselia antiqua FU. — Al CasteUuccio. 626. Gymnoparia crassicornis Mgn. — Macerata. 627. 6. bicolor Mgn. — Macerata. 628. G. tibialis Rond. — Macerata. 629. Glausicella suturata Rond. — Frequente presso Macerata, sui fiori di Paliurus. — 101 — 630, Siphona geniculata Mgn. — Tutto il territorio anche nei monti. 631. Gymnosomarotundata L — Tutto il territorio, 632, Stylogymnomyia nitens Mgn, — Macerata, Bolognola. 633. Syntomogaster delicata Mgn, — Trovai presso Macerata due esem- plari di questa specie, di cui uno è da riferirsi al parvidus Rond, e l'altro al debilis Rond. 034. Cercomyia curvicauda FU. — Acquasanta. 635. Besseria melanura Mgn. — Macerata, 636. Psalida brevis Rossi, Rond. — Macerata, Acquasanta. 637. Ps. simplex FU. — Macerata. 638. Labidogaster setifacies Rond. — Macerata. 639. L. forcipata Mgn. — Acquasanta. 640. Xysta holosericea F. — Trovata presso Roma dal signor Barbiellini. 641.Phasia crassipennis F. — Si trovano nel territorio le seguenti va- rietà del O: I. rubila Girschn. — Aquila, Chiusi; II. strigata Girschn. — Fossato, Foligno, Chiusi; III. nigra R. D. — Roma, Chiusi; IV. micans Girschn. — Orvieto. Dette forme furono quasi tutte raccolte dal signor Leoni; la $, ossia Ph. analis F., fu trovata a Macerata, Foligno, Chiusi, Fossato. 642. Ananta lateralis Mgn. — Roma. 643. Alophora hemiptera F. — Raccolsi un d^ e due $ di questa magnifica specie sui fiori di Mentha e di Eupatorkcm, Io scorso Agosto nel vallone dell'Acquasanta; detto O è da ascriversi alla var. vittata Girschn. 644. Hyalomyia obesa F. — Frequente presso Macerata. 645. Paralophora pusilla Mgn. — Colla precedente; Roma. 646. Clytia helvola Mgn. — Foligno, Roma. 647. CI. continua Pz. — Macerata, Foligno. 648. Phyto melanocephalus Mgn. — Macerata, Treja, Bolognola, Tennacola. 649. Stevenia maculata FU. — Al piano del Castelluccio, Assergi. 650. St. parmensis Rond. — Al Gran Sasso, nella valle del Rio Arno sopra Pietracamela. 651. Melanophora roralis L. — Macerata; il prof. Cardinali ne raccolse parecchi esemplari nelle casse ove si conserva la farina, dove certo si trovavano come parassiti della Asopia farinalis L, — 102 — 652.AcemyÌa SUbrotunda R. D. Rond. — Nella valle del Tenna. 653. Brachycoma devia FU. Rond. — Frequentissima nei dintorni di Ma- cerata sui fiori del Paliurus; alquanto più rara nella zona montuosa dei Sibillini. (Continua). Soiidrio 30 Gennaio 1900. 103 INTORNO AL TORACE DELLE FORMICHE E PARTICOLARMENTE DEI NEUTRI Stiitlìo di C. KMIÌLRV. Avendo assunto l'impegno di scrivere la parte che riguarda le Formiche nella grande pubblicazione « Tieireicli » della So- cietà zoologica tedesca, ho provato il bisogno di stabilire con precisione la nomenclatura delle parti del corpo di questi Ime- notteri. I lavori di Mayr mi sembrano potersi considerare come definitivi, per quanto concerne il capo delle Formiche; per la venatura delle ali, dopo maturo esame, ho accettato lo schema proposto in manoscritto alla Redazione del Tierreicli dal Konow. In quanto all'addome, l'espressione morfologicamente inde- terminata di peduncolo o peziolo addominale, ora di uno, ora di due segmenti, ambigua nel caso in cui, come in talune Po- nerinae e Dorylinae, il 2." segmento è ben differenziato, ma non pare che appartenga al peduncolo, meritava di essere ri- formata. Credo di aver dato una buona soluzione, riservando il termine peziolo (pettohis) al solo primo segmento del pedun- colo delle Myrmicinae, omologo al peduncolo unisegmentale di altri, e chiamando postpeziolo (postpetiolus) il segmento se- guente, quando esso è differenziato dal resto dell'addome (1). A quel resto non differenziato, ho dato il nome di gastro (ga- li) D'altronde il termine di postpeziolo non è nuovo ed ò, adoperato nel medesimo significa/to da altri imenotterologlii. — 104 — ster) riservando quello di addome (abdomen) per tutto il com- plesso di peziolo, postpeziolo, e gastro. Come si vedrà più in- nanzi, io non comprendo nell' addome dell' adulto il « segment médiaire » di Latreille, il quale, dal punto di vista rigorosamente morfologico, è il vero 1.° segmento addominale, e si comporta come tale nella larva; però, dopo la metamorfosi, esso è total- mente assimilato al torace, di cui fa parte integrante, essendo talvolta fuso senza limite riconoscibile con esso. L'addome de- gl' Imenotteri apocriti adulti incomincia dunque, per me, dal segmento che equivale al 2.° segmento addominale della larva, e che, nei Formicidi, costituisce il peziolo. Il peziolo verrà quindi considerato d' ora in poi nelle mie descrizioni come 1.° segmento addominale, il postpeziolo come 2.°, e cosi di se- guito. Molto meno perfetta è la nostra conoscenza del torace delle Formiche, e molto più complicate le questioni che vi si con- nettono. Il maggior numero dei mirmecologhi, seguendo le orme di Mayr, hanno ammesso che il torace delle Formiche fosse costituito di tre soli segmenti, ed hanno considerato il « segment médiaire », come parte integrante del metatorace, le stigma che gli appartengono (stigrae del 3." paio) come stigme metatoraciche (1). Solo Janet (2) ha tenuto il punto di vista corretto, e conta il segment médiaire come l.'' segmento ad- dominale. Nei miei scritti anteriori al 1897, io aveva seguito lo schema di Mayr, ma poi riconobbi l'esattezza dell'altro con- cetto e lo feci mio, modificandolo in questo senso che consi- derai il segment médiaire come segmento distinto, in origine pertinente all'addome, ma poi incorporato come 4.° segmento (1) Per conseguenza, le stigme del 1.° paio che appartengono al mesotorace ven- gono falsamente attribuite al protorace, quello del 2." paio che spettano al metato- race al mesotorace. (2) Etudes sur les fourmis, 6. Sur la morplioìogic des sefiments post-thoraciques chez les myrmicides {Myrmica rubra L. femelle) in: u Mém. Soc. Acad. de l'Oise " v. 15, 1894, pag. 591-611. Si riscontri la tabella riassuntiva dei segmenti postcefalici a pag. 594. — 105 — dorsale al torace: a questo segmento aggiunto diedi il nome di « epinoto » (1). Se le Formiche fossero tutte alate, o fornite di un torace di struttura normale, la questione sarebbe molto semplice, e non richiederebbe di esser trattata in un apposito lavoro. Ma, nelle operaie e nelle cosi dette femmine ergatomorfe, il torace è privo di ali e molto semplificato nella sua composi- zione. Era d'uopo stabilire in qual modo quella riduzione avesse luogo nei segmenti posteriori, e in quale misura il metatorace e l'epinoto partecipassero alla formazione del cosi detto meta- torace degli autori. Scopo del presente scritto è di risolvere questo problema e altri minori che vi si connettono. La forma più completamente segmentata del torace delle Formiche, io l'ho trovata in un grosso (^ di Natal del grup- po delle Ponerinae che attribuisco allo Sire-- hlognatJms aethiopicus. La divisione dei pezzi pleurali e sternali e la limitazione dell'epinoto sono molto ben marcati; nel mesotorace e nel metatorace /^^^e/ si possono Fig. 1. — Streblof/nathus aethiopicus F. Sin. Q. capo, torace e peziolo, di fianco : a, a, ali; em, em' epime- ■ rite del mesotorace e metatorace; es, es' epister- riCOnOSCerC. nite dei medesimi segmenti; epn epinoto; g ghian. j '^,j,- „,.,7„ c'fnQfr» dola metasternale; mtn metanoto; pet peziolo; pjyet ^ K£Jiii(,ti ne biLUdUU postpeziolo; pn pronoto; ppt parattero del meso- dorsalmente e Caudal- noto; se scudo del mesonoto ; set soutello; st, st sternite del mesotorace e metatorace; sigr 1, 2, 3, 4 niente Ìl ClUale C'Oli la stigme. — Le parti del protorace sono rigate di ' 1 ? linee interrotte, quelle del mesotorace, come an- sua estremità Ventrale che l'epinoto sono bianche, quelle del metatorace rigate di linee continue, variamente dirette nei ristretta, VlCllC a COntat- singoli pezzi. L' articolazione dell' ala è ombreg- giata a punti. to COll lo Sterilite. 1j episterìiite più o meno quadrilatero ; esso trovasi innanzi allo sternite e all'epimerite, col suo angolo caudale incuneato (1) Emery. Revisione del genere Diacamma Mayr, in: h Ilendiconto Accad. Bologna, anno 189G-97. — 106 — fra quei due pezzi; verso il suo angolo antero-dorsale, cioè presso il limite che lo separa dall'epimerite, è perforato dalla stigma. La stigma del mesotorace è ricoperta da uu lobo del pronoto; quella del metatorace sta nel margine di una pia- strina a forma di squama che trovasi all'estremità dorsale del metepisternite e che ricopre così la stigma stessa. Designerò questo pezzo col nome di « piastra stigmatica ». Lo sterilite è il pezzo più vistoso del fianco dei segmenti del torace, e costituisce l'articolazione del paio corrispondente di zampe. Sul metasternite, si scorge, al disopra di detta arti- colazione della zampa, una fossetta ovale profonda, o una ca- vità aperta in fuori e in dietro, la camera di sbocco della ghiandola metasternale. Questa ghiandola è un organo poco conosciuto, sebbene sia stato già menzionato dal Meinert (1), descritto e figurato più completamente dal Lubbock (2) che lo chiama organo metato- racico e dal Nassonow (3); Janet (4) lo ha studiato più com- pletamente in due lavori successivi. Quest' organo risulta di una camera più o meno spaziosa, di forma complicata, aperta all'esterno, la cui parete chitinosa presenta un'area perforata a crivello, che costituisce lo sbocco di un gruppo di ghiandole unicellulari. Secondo Janet i cui studi ebbero per oggetto principale il genere Mìjrmica, esso non spetterebbe al metato- race, bensì al segment médiaire. Questo risultato che io consi- dero come un errore non è sorprendente, quando si rifletta che, nelle Mgrmica, nessuna demarcazione riconoscibile separa il metasterno dall'epinoto, per cui, volendo stabilire un limite morfologico, il Janet ricorse alla comparazione col torace della Vespa, insetto che non ha ghiandola metasternale. L'esame delle Ponerinae, e particolarmente dei loro (/ J" mi sembra non (1) Meinert. Bidrag til de danske myrers naturhistorie. Kjobenliawn 18G0. (2) J. Lubbock. On the anatomy of ants. u. Tr. Lin. Soc. London (2) Zool. " pag. 141, 1879. (3) Nassonow. Materiali per la storia naturale delie fònnicìie {in russo) Mosca 1883. (4) Janet Ch. Études sur les fourmis, les guepes et les aheillcs, 19.*^ note in : u Móm. Soc. Zool. Franco " v. 11, 1898, pag. 419. — 107 — lasciare nessun dubbio su questa questione. Un limite netto, a forma di sutura corre al lato dorsale e caudale dello sbocco dell'organo, e separa il metasterno dall' epinoto. Quest'ultimo chiude in sopra e in dietro il torace, unito con le parti vicine })er mezzo di suture che non danno luogo a movimenti, e co- stituisce il 4," segmento del torace che porta il 3° paio di stigme (1). Il (/ di Platythyrea offre sul profilo del suo torace un'im- magine consimile; però la partizione delle pleure è meno completa ; l' episternite e l' epimerite non sono più chiara- mente separati l'uno dall'altro; soltanto la piastrina squami- forme che ricopre la 2.^ stigma rimane come pezzo distinto e conserva la sua indipendenza, anche in altre Formiche, e per- fino nelle operaie, quando molte suture del torace sono total- mente scomparse. Fig:. 2. — a torace di Platythyrea Con radti 'Emery (j ; h ài Myrmecia sanguinea V . Sm. O • Lettere come a fig. 1. Il torace del (^ di Myrmecia si può riferire ancora più esattamente a quello di Strehlognatlms. La sutura tra l'epime- rite e l'episternite è in parte scomparsa, tanto al mesotorace quanto al metatorace. Confrontando con questo ^f la 5 elei medesimo genere (fig. 4 J.), è agevole riconoscervi i singoli elementi dello scheletro dei fianchi, più o meno fusi insieme per la scomparsa delle suture. Riprenderemo più innanzi l'esame del torace della Myrmecia $ alata, per confrontarlo con quello ridotto della $ ergatoide e dell'operaia. Gioverà ora esaminare il torace aligero dalla faccia dorsale, (1) Il Janet attribuisce ancora al segmento intermedio una porzione ventrale che serve ad articolarsi col peziolo. — 108 — )a, ^a z per riconoscere la composizione dei suoi segmenti e partico- larmente del mesonoto. Scelgo a questo scopo il torace del (^ di Paraponera clavata. Una sutura nettamente marcata, e che sembra offrire una leggiera mobilità, corre da una tegula all' altra e sejDara lo scudo (scutum) delle parti die- trostanti. Dal margine posteriore dello scudo si vede partire, in ciascun lato, una sutura assai netta, diretta longitudinalmente innanzi, la quale però non ar- riva fino al margine anteriore; questa sutura separa incomple- tamente da ciascun lato dalla porzione principale o mediana dello scudo un pezzo laterale. Quei pezzi laterali sono le pa- rassidi [ijorapsides) del Mac Leay (1), e perciò le suture che limitano queste possono dirsi suture parassidiali. Esse sono molto costanti e si osservano in tutte le 5 $ ^ i cTc/" S'Irti, Dal margine anteriore dello scudo partono due solchi profondi, i quali convergono indietro, e confluiscono alla fine in un solco mediano impari che raggiunge il margine posteriore; per mezzo di questi solchi, lo scudo va diviso in tre aree con- vesse, una anteriore e due laterali. Mayr si valse di questi solchi come carattere diagnostico e li designò nei suoi scritti più antichi col nome indifferente di solchi convergenti {con- vergirende Furchen). Più tardi (2), egli li identificò erronea- mente con le suture che limitano le parassidi del Mac Leay, Fig. 3. — Torace di Paraponera clava- ta 01. O veduto di sopra: pps paras- side; ppt, ppjV paratteri del mesoto- race e del metatorace : s M. solchi di Mayr. (1) Mac Leay. Exposilion de, l'anatomìe du thorax dans les Inscctes ailés, in: u Ann. Se. Nat. » V. 25, 1830. (2) Mayr. Sudamerilcanische Formiciden, in: u Verh. Zool. Bot. Ges. Wien i v. 37, 1887, pag. 511-631. — 109 — chiamandoli solchi parassidiali (1) {Parapsiden Furchen). Io li chiamerò d'ora innanzi solchi di Mayr; essi si trovano soltanto nei maschi e non in tutti i generi. In certi generi sono co- stanti, in altri mancano sempre; in talune jDonerine (p. es. Pai- tothi/reus tarsatus F.) benché manchino abitualmente, se ne trovano tracce riconoscibili in certi esemplari. Ritornando all'esame del torace di Paraponera (f , troviamo dietro lo scudo, ossia tra questo e lo scutello, una sottile stri- scia trasversa, le cui estremità laterali dilatate a triangolo prendono parte al contorno dell'articolazione dell'ala anteriore. In altre Formiche, e nel maggior numero degl'Imenotteri, que- ste parti laterali dilatate sono sole riconoscibili. Mayr (2) le chiama lobi laterali (Seitenlappeti); Mac Leay le designa col nome di paratteri (paraptera) del mesotorace. Dietro i paratteri, segue lo scutello, più o meno elevato nei singoli generi e specie. La parte dorsale del metatorace costituisce un cercine tra- sverso più o meno vistoso, il quale va designato talvolta col nome di post-scutello. Mac Leay la considera come scudo del metatorace. Avuto riguardo alle sue relazioni di ]30sizione con i paratteri del metatorace, situati innanzi ad esso, mi sembra che quel cercine corrisponda piuttosto ad un « metascutello » ; però il nome più indififerente di « metanoto » mi sembra me- ritare la preferenza. Il segmento intermediario o epinoto, veduto di sopra, non offre nulla di notevole. Lo scopo di questo lavoro non essendo di fare uno studio esauriente del torace ; ma solo di stabilire alcuni punti impor- tanti per 1' entomologia descrittiva, e sopratutto di fissare la nomenclatura, non mi sono occupato delle parti chitinose che, (1) Non avendo avuto occasione, fuorché in questi ultimi tempi, di studiare la bi- bliografia relativa alla morfologia del torace degl'Imenotteri, ho seguito finora nei miei scritti l'esempio di Mayr, cadendo nel suo stesso errore. E pur sempre perico- loso jurare in verba magistri ! (2) Conf. Mayu, Die europaeischen Formiciden. Wien 1861. — no — in forma di apodemi o di apofisi, si addentrano nella sua massa. Ci resta a riconoscere in qnal modo si comportino la com- posizione e la segmentazione del torace nelle formiche prive di ali, e j)i'incipalmente nelle operaie. Sceglierò per questa ricerca il genere Myrmecia. Ne cono- sciamo già il ^ e la 5 alata. Una forma intermedia tra ^^S mt ppt' kScL 9 ^^i9x is'-t-tnC es-i-erru e^-f-em. dta^ \$'+-em.' Fig. 4. — A. Myrmecia piriformis F. Sm. Q alata (priva delle sue ali); B. 31. spa- dicea Mayr Q ergatoide; C M. piriformis H : torace di fianco: msn mesonoto non dif- ferenziato nelle sue parti; le altre lettere come a fig. 1. $ e 5 ci viene offerta dall'insetto descritto da Mayr sotto il nome di Myrmecia spacUcea (1), e che io considero come la $ ergatoide di una varietà della M. tncolor Mayr. Nel torace di questa forma, si riscontrano ancora tutte le parti dorsali del torace della 5 alata. Però il pronoto è rela- tivamente più grande. Tutte le parti del mesonoto sono in- vece molto più f)iccole, lo scutello non sporgente, ma al con- ci) Matr, Novara lieise Formiciden, pag. 83, t. 3, f. 23, 1865. La figura di Mayk mostra chiaramente lo scutello differenziato che non si trova nella tt del genere. Non è conosciuta la femmina alata della HI. tricolor, ne dell'affine nigriventris. Forse la femmina ergatoide è forma normale e costante. L'esemplare esaminato da me proviene dal Queensland. — Ili — trario, più basso dello scudo; i paratteri sono piccoli e stretti. Anche il metanoto e i suoi paratteri sono molto più piccoli che nella 5 alata. Si vedono pure dei moncherini di ali, minuti e irregolari; sono evidentemente semplici rudimenti, i quali non hanno mai sostenuto vere ali. Al disotto del ru- dimento dell' ala posteriore, trovasi la squama ritondata che ricopre la stigma del metatorace. Ma, la segmentazione delle jjleure del mesotorace e del metatorace è scomparsa : l'epister- nite e 1' epimerite sono fusi senza limite con lo sternite: il limite fra metasterno ed epinoto, già poco marcato nella $ alata, è qui riconoscibile soltanto all' estremità inferiore. Se dalla $ ergatoide passiamo alla operaia, troveremo che la segmentazione del mesotorace è totalmente ridotta e rimane accennata appena da solchi superficiali. Il metanoto costitui- sce una striscia trasversa, infossata tra mesonoto ed epinoto, fiancheggiata dalle piastre stigmatiche; le metapleure sono an- cora meno chiaramente distinte dall' epinoto che nella $ er- gatoide. Il carattere fondamentale del torace degl' Imenotteri apocriti consiste nel grande sviluppo delle parti dorsali del mesotorace, le quali, differenziandosi, acquistano una complicata composi- zione. Questo segmento tende a ricoiDrire, in avanti, il pro- torace, in dietro, il metatorace. D' altra parte, il segmento intermedio, appartenente in origine alla regione addominale, e venuto a costituire il quarto segmento del torace, cioè l'ejDinoto, si estende anch'esso in avanti, verso il metatorace la cui parte dorsale, stretta fra il mesonoto e l 'epinoto, si riduce ad un cercine trasversale. Qualora poi segua la riduzione delle ali, con modificazione corrispondente del torace, prima di tutto sparisce il differen- ziamento delle parti del mesonoto, la cui grandezza va di molto diminuita. Ma ancora il metanoto si rimpiccolisce: se nella Myrmecia ^ , persisteva ancora in forma di una striscia non sporgente, nel maggior numero delle Ponerinae esso sparisce del tutto. Le figure 5 B, C, che rappresentano il torace del — 112 — Paltothyreus tarsatus ^ , fanno vedere ancora, in un esemplare grandissimo B, lungo 20 mm. una striscia strettissima, ultimo residuo del metanoto, che manca nell'operaia di grandezza or- dinaria (7; ira le piastre stigmatiche del metatorace, il meso- noto e l'epinoto vengono a contatto fra loro, costituendo una sutura mesoepinotale. Il confronto col torace della $ .4 mo- strerà la corrispondenza delle parti. Fig. 5. — Paltotyreus tarsatus F. A. Q normale; B. W massima, quasi Q ergatoide; 0. K normale. Lettere come a fig. 1. In molte altre Ponerinae, la sutura meso-epinotale sparisce a sua volta, e il dorso del torace si mostra diviso dalla sutura promesonotale in due parti ; il pronoto e il complesso che può dirsi meso-epinoto. L'insieme dei fatti qui mentovati mi fa ri- tenere che, nelle Ponerinae in generale, il metanoto non prende nessuna parte alla formazione del tegumento del dorso, il suo posto essendo occupato dal mesonoto e dall'epinoto; e perciò le stigme del metatorace si trovano (fuorché in Myrmecia) si- tuate alquanto in basso sul fianco del torace. In parecchi generi, sparisce anche la sutura pro-mesonotale, o almeno perde la sua mobilità, e tutto il torace costituisce allora un complesso rigido ; sparisce allora d' ordinario anche la segmentazione delle pleure, e perfino la piastra stigmatica, del metatorace che serba più generalmente la sua indipendenza finisce per sparire a sua volta (cosi p. es., nei generi di Do- rylinae Acanthostichus, Cerapachys ecc. e anche in Typhlomyr- mex e Acanthoponera. Quelle stigme si riducono allora a pie- — 113 — cole fessure poco appariscenti e difficili a riconoscere. Non mSn credo però che siano completamente ridotte in nessuna Formica. Nelle operaie di talune Ponerinae, il mesonoto trovasi ri- dotto ad una zona trasversale (p. es., in Myopopone e Dia- camma), ma non credo che sparisca mai del tutto, ne pure nel singolare genere Thaumatomyr- mex; in questa Formica, il pronoto e l'epinoto ricoprono tutto il dorso del torace; soltanto una sottile stri- scia, che dall' apice della pleura del mesotorace si estende verso il dorso, separa ancora i due segmenti estremi, ricoprenti il torace. Negli Ectomomì/rmex, Plectroctcìia e altre Ponerinae, si vede sul fianco del mesotorace un pezzo quadrilatero, limitato da profondi solchi. Per la sua posizione, questo pezzo che desi- Fig. 6. — Thaumatomyrmex mti- tilatus Mayr, rt . Torace di fianco. Lettere come nelle figure precedenti. Fig. 7. — A. Ectomomyrmex sundaicus Mayr M , torace di fianco; B. Diacamma rugosum Guil. parte posteriore del torace. Lettere come nelle fig. lei. gnerò col nome di scudo pleurale corrisponde evidentemente all'episternite : però esso non può comprendere tutto l'epister- nite, perchè la stigma del mesotorace trovasi fuori della sua area. Il suo lato antero-dorsale confina con un'area triangolare infossata, con l'apice rivolto indietro, che conduce alla stigma metatoracica, mentre la base s'inoltra sotto il pronoto ed è forata nella sua parte inferiore dalla stigma mesotoracica. L'area depressa sembra corrispondere all'epimerite più il lembo dorsale dell'episternite. In questa disposizione, io scorgo l'ac- cenno del vestibolo stigmatico di più complicata struttura, che Anno XXXII. 8 — 114 — ho descritto nel genere Diacamma (1); in questo genere, lo scudo pleurale è ridotto ad una sottile striscia che forma il lembo ventrale del vestibolo stigmatico ; l'area triangolare del- V Ectomomyrmex si è differenziata nel Diacamma a formare il vestibolo. Questo vestibolo più i suoi margini sono, nel Dia- camma^ l'equivalente completo dell'episternite più l'epimerite. In altre Ponerinae che non hanno scudo pleurale distinto, e in altre formiche ancora, si può riconoscere un solco più o meno distinto che rappresenta l'area triangolare àeWEctomo- myrmex, serbando gli stessi rapporti con le stigme. Lo si os- serva p. es., nella ^ di Myrmecia (fig. 4 C). * La struttura del torace delle Dorylinae e Myrmicinae si può ricondurre senza difficoltà a quella delle Ponerinae. Anche in queste Formiche, il metanoto viene totalmente escluso dalla superficie dorsale del torace delle operaie, o tutt'al più appa- risce come sottile striscia al fondo di un'incisura più o meno profonda del dorso, tra il mesonoto e l'epinoto. Fanno ecce- zione i così detti soldati di Pheidole e PJieidologeton: nei sol- dati di molte specie, il torace ricorda quello delle femmine, per l'esistenza di uno scutello differenziato dal resto del me- sonoto, e perchè il metanoto forma sul dorso una zona di- stinta, talvolta perfino spor- Fig. 8. — Pheidole sciilpturata Mayr, sol- gente a mo' di cercine. Anche dato ; torace di fianco ; lettere come in alcune Myrmicinae, si os- ^ ^s- i- serva la totale scomparsa delle suture del torace. Nel genere Eciton sparisce la sutura promesonotale, mentre la meso-epino- tale persiste; similmente si comportano alcuni Crematogaster. \ V (l) Revisione del genere Diacamma ecc. 115 ^ H: Il torace delle Dolichoderinae si connette direttamente a quello delle Myrmecia. Il metanoto è sempre riconoscibile come piccolo pezzo dorsale, e le stigme corrispondenti stanno molto in alto, spesso addirittura sul dorso. Però le Dolichoderinae differiscono dalle Ponerinae e Myrmicinae, perchè le loro sti- gme metatoraciche sono scoperte e si aprono in forma di forami ovali, alquanto eccentricamente sopra una sporgenza verruciforme che corrisponde alla piastra stigmatica delle Po- nerinae. Il singolare genere Aneuretus si connette alle Dolichoderi- nae, per la struttura del suo torace e per la posizione delle stigme metatoraciche. Perciò, nonostante la presenza di un aculeo sviluppato, Forel ha creduto doverlo classificare tra le Dolichoderinae (1); dopo maturo esame, credo dover accettare questa opinione. Certo, per l'aculeo, questo genere si connette alle Ponerinae, tra le quali, descrivendolo, l'avevo collocato; esso è forse un residuo della serie genealogica che, dalle Po- nerinae primitive a torace del tipo Myrmecia, condusse alle forme affini agli attuali Doliclioderus. Il torace delle Camponotinae è facilmente riducibile a quello del gruppo precedente. Nel maggior numero dei generi, il me- tanoto si può riconoscere, come pezzo dorsale che porta le stigme del 2." paio, situate molto in alto o anche sul dorso; però i suoi confini non sono sempre ben marcati. Nelle forme (1) Forel. Les Formicides de l'empire des Indes et de C'eylan. V. in: u Journ. Bom- bay, Nat. Hist. Soc. n V. 9, 1895, pag. 461. — 116 eptv mttt ejjrt TTztn epn con torace allungato, come Oecophylla e Myrmoteras l'esten- sione del metanoto è ancora maggiore, più grande ancora in Gesomyrmex, Dimorphomyrmex e Gigantiops. In alcune Pla- giolepis, esso costituisce perfino uno stretto cercine trasversale (P. pygmaea e affini), e questa forma- zione raggiunge il massimo svi- luppo nel genere australiano No- toncus. Neil' 5 di questo genere, il torace è molto completamente seg- mentato, e nel mesotorace si rico- noscono il tergite, la pleura e lo sternite, separati da solchi marcati. Il numerosissimo genere Cam- ponotus offre condizioni svariate, spesso di difficile interpretazione, per la scomparsa totale di alcune suture. Tra le specie di questo genere, il C. Buclineri For. dell'Africa oc- cidentale presenta una speciale condizione. Il metanoto occupa nella composizione dal dorso della 5 un'estensione poco minore di quella del mesonoto, dal quale trovasi diviso per mezzo di un solco. Presso questo solco, stanno la stigme metatoraciche. ^. ,„ ^, X r, , • Nel gruppo indo-australiano del Fig. 10. — Camponotus Bitchneri ° ■'•■'• For. »; torace di fianco; lettere C. cineraSCeUS F. 0 formC affini, il come a fig. 4. metanoto è generalmente fuso col mesonoto ' e separato dall' epinoto per mezzo di una incisura. Però, nelle forme con torace snello (C. Carazii e Podenzanai Emery), in cui le stigme metatoraciche si trovano collocate in alto, il metanoto può occupare sul dorso una lunghezza eguale alla metà del mesonoto. Nel maggior numero delle altre specie, il metanoto forma Fig. 9. — a. Oecophylla smaragdi- na F. tt ; 6. Gigantiops destructor F. "0 ; e. Notoncus ectatommoides For. K ; torace di fianco. Lettere come a fig. 1. mS/L min ej>rL 117 sul dorso una striscia trasversa stretta^ la quale, massime nei piccoli esemplari, tende a fondersi col mesonoto. In quelle specie, nelle quali il dorso offre un'incisura, come p. es, nel C, ìateralis 01. dell'Europa meridionale, questa si trova tra il metanoto e l'epinoto, o pure il metanoto è molto corto e forma il fondo dell'incisura. Nel singolare C. polyrhacMoides Emery {Polyrhachis paradoxa Er, André) la porzione posteriore elevata del torace presenta una sutura che ne di- /7Z.//Ì Ttr-tn ce vide trasversalmente la faccia dorsale, se- parando dall'epinoto una porzione ante- riore che apj^artiene senza dubbio al me- tanoto e che termina in avanti nel fondo della incisura, dove incontra il mesonoto. Trovo una disposizione analoga nel C. Edmondi Er. André e nel C. Qchinoploides For., dove il metanoto costituisce una sot- tile striscia declive innanzi, tra epinoto e m^esonoto. In altre specie, appartenenti come le precedenti al gruppo dei Camponoti angulosi, il metanoto è ancora maggiormente Fig. 11. — a. Camponotus jyolijrhachioicles Emery {Folijv- hachis paradoxa TIt. André) "0; b. C. Edmondi Er. An- dré G; torace di fianco, mtn. metanoto. Fig. 12. — Camponotus fitlvopilosus F. ^- torace di fianco; segni come a fig. 4. Fig. 13. — Hcmtoptica scissa Eog. O torace di fianco; lettere come a fig. 4. ridotto: nel C. fulvopilosus, forma il fondo di un solco assai stretto, e nelle forme dei gruppi dei C. foraminosus For., C. se- riceus F., e C. senex F. Sm. sembra essere totalmente scomparso dalla faccia dorsale del torace delle operaie. Cosi si compor- tano ancora i generi Pol/jrJiacJiis e Echinopla. l^eìV Hemioptica scissa Rog., il pronoto e l'epinoto s'innal- — 118 — zano a formare gobbe elevate, tra le quali il mesouoto e il metanoto, molto corti, occupano il fondo di una profonda scissura. * Chiudo questo scritto con alcune considerazioni intorno alle pseudogine. Con questo nome, il AVasmann ha designato un genere di forme mostruose che si osservano spesso nelle so- cietà della Formica sanguinea^ più di rado in quelle delle F. rufa e pratensis, qualche volta in numero grandissimo di esemplari. La produzione di esse è dovuta al parassitismo dei coleotteri dei generi Lomechusa e Atemeles, che induce le for- miche a mutare il regime di allevamento di larve, primitiva- mente destinate a divenire femmine alate, determinandone cosi lo sviluppo anormale (1). Il torace delle pseudogine presenta caratteri diversi nelle singole specie. Cosi nelle pseudogine di F. sanguinea (delle quali devo al Wasmann una serie di esemplari), mentre il me- tanoto assume, anche nei piccoli individui, una forma molto ras- somigliante a quella che è normale nelle vere $, e lo scudo del mesonoto si mostra fortemente convesso, lo scutello rimane depresso, e diviso dallo scudo per mezzo di una linea debol- mente impressa e piegata ad angolo in avanti; così anche in un esemplare fornito di ali, quindi vicino alla forma $. Nelle F. rufa e pratensis, lo scutello è, al contrario, forte- mente sporgente, anche nei piccoli individui. Un esemplare boliviano che, insieme a parecchie operaie normali di una varietà del Camponofus senex F. Sm. (passaggio al C. auricomus Rog.), mi fu mandato dalla ditta Staudinger e Bang-Haas sembrami doversi considerare come pseudogina. Wasmann (2) ha citato questo esemplare dietro mia comu- nicazione epistolare, e suppone che debba la sua origine al pa- rassitismo della Xenodusa Sharpi che vive nel nido del C. senex. (1) Conf. Wasmann. Die ergatogynen Formen bei den Ameisen und ihre Erkldrung, in: « Biolog. Centralbl ", v. 15, n.o 16-17, 1895. (2) Zar Biologie der Lomechusa Gruppe, in: i: Deutsche Ent. Zeit. 1897, pag. 276. 119 La Formica in questione ha la grandezza di una piccola operaia, mentre, nel gruppo del C. senex, le 5 ? sono molto più grandi. Il capo della pseudogina è un po' più grande che quello Fig. li. — a. Camponotus sencxF. Sm. var., capo e torace di un'ergatogina; a* le stesse parti di una ^ normale, h, b* ergatogina e O normale di Formica sangui- nea Latr. della 5 , con occhi più grandi, ma senza ocelli. Il torace non è più lungo che nella §, ma molto più alto; il mesonoto è più lungo in proporzione, e sporge al disopra del livello delle altre parti, ma non ha scutello differenziato; non v'è meta- noto; l'epinoto è molto alto, la sua faccia basale è breve e si ricongiunge ad arco con la faccia discendente, per cui ricorda l'epinoto della $ . Per questi caratteri e per la larghezza mag- giore che nella ^ , il torace acquista forma globosa. Peziolo e gastro come nella 5 . Io sosjjetto fortemente che gli esemplari sui quali il Roger, stabiliva le due specie Camponotus spJiaeralìs e sphaericus e che si distinguono pel torace convesso e quasi globoso fossero delle pseudogine. Il primo di essi sarebbe a mio parere una pseudogina del C. gilviventris Rog., il secondo spetterebbe ad altra specie che non sono m grado di determinare, ma che ap- partiene senza dubbio egualmente al gruppo neotropico del C. senex. 121 — LABORATORIO DI ANATOMIA COMPARATA DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA Dott. A, ]Nr]SrA FOA Esistono il polimorfismo e la partenogenesi nei Gamasidi ? Nella sottoclasse degli Acari, specialmente per opera di Megnin, Berlese, Canestrini e Trouessart vennero messi in luce fenomeni di jjolimorfismo importantissimi per i problemi relativi alla variazione della specie. Tra questi fenomeni si presenta- vano come più singolari quelli scoperti da Berlese nell'Ordine dei Mesostigmati, ripetentisi con un ritmo ben determina- bile in molti generi. Secondo il Berlese, il grande numero di specie di alcuni generi di Mesostigmati è conseguenza del loro Polimorfismo, come il gran numero di individui di ciascuna specie è con- seguenza della loro Partenogenesi. I resultati delle osservazioni del Berlese, pubblicate nella nota « Polymorpliisme et Partlié- nogénèse de quelques Acariens (Gamasides) » (1) sono, breve- mente riassunti, i seguenti. Molte specie di acari nel loro sviluppo possono seguire due vie differenti. Nel caso più semplice, le forme adulte, vivipare, danno luogo a larve esapode, queste si trasformano in ninfe (1) ArcMves italiennes de Tìiologic. — Tom. II Fase. I. 1882. Anno XXXII. — 122 — ottopode, le ninfe in seguito ad alcune mute si trasformano in individui adulti, eguali a quelli da cui ebbero origine. L'insieme di queste forme (larve, ninfe, adulti (/ e 5 ) co- stituisce la cosidetta « serie normale » o « ordinaria ». Nel caso più complicato la forma adulta deriva invece per metamorfosi da una forma inferiore, che presenta peculiari larve ninfe e individui adulti maschi e femmine, tanto che fi- nora tutti gli autori precedenti al Berlese furono concordi nel ritenerla una specie distinta. Secondo il Berlese gli individui maschi e femmine di queste specie inferiori, che egli chiama « ninfe ebontomorfe » perchè hanno le gonadi delle forme adulte, possono o generare larve, le quali divengono poi ninfe e infine individui simili ai genitori, e questo indefinitamente, oppure, in circostanze speciali non ben determinate, possono trasformarsi in ninfe « senza sesso e sterili » le quali in se- guito ad alcune mute danno luogo alla forma definitiva. Lo stesso fenomeno si può verificare per questa forma in- feriore la (juale a sua volta può derivare dalla metamorfosi di un'altra ninfa ebontomorfa. Cosi per giungere alla forma de- finitiva si può passare attraverso una quantità di forme infe- riori, vale a dire: « larve ninfe e sessuati della prima ninfa ebontomorfa o protoninfa, larve, ninfe e sessuati della seconda ninfa ebontomorfa o deutoninfa, a volte si aggiunge anche una tritoninfa ». Tutte queste forme costituiscono la cosi detta « serie anormale » o « partenogenetica » perchè essendo nelle forme interiore il numero delle femmine assai maggiore di quello dei maschi, l'autore ritiene, senza asserirlo con certezza, che esse possano riprodursi partenogeneticamente. L'autorità che il Berlese si è meritatamente acquistata nel campo degli Acari, reso accessibile a tutti gli studiosi per mezzo delle sue pubblicazioni pregevolissime, fece si che le sue sco- perte fossero accettate senza discussione da eminenti zoologi come Canestrini, Korschelt e Heider ecc. L'interesse grandissimo che questi fatti presentavano per la variazione della specie, mi ha indotto a ripetere le osser- — 123 — vazioni e tentare esperimenti per stabilire quali fossero le cause capaci di determinare simili fenomeni. Lo studio che ho intrapreso a questo scopo presentò fin dal principio gravi dif- ficoltà e fu necessario prima d'ogni altra cosa, considerare i di- versi casi di polimorfismo già noti nel regno animale, esami- narne le cause, studiare se alcune di queste, e quali, potessero applicarsi ai fenomeni descritti dal Berlese. La nozione del polimorfismo è intimamente collegata al principio della divisione di lavoro introdotto nella Zoologia da Henri Milne-Edwards fin dal 1827. Tale principio fu fecondo di grandi ajDplicazioni e fu in seguito ad esso che E,. Leuckart nel 1851 definì come « Polimorfismo degli individui » le dif- ferenze che si riscontrano negli individui di una data specie quando essi compiono funzioni diiferenti. Con questo concetto si potè spiegare la costituzione di molte forme di animali in- feriori marini, di cui prima era stato impossibile acquistare un'idea esatta, come per esempio dei sifonofori, fatti cono- scere nei 1813 dall'illustre viaggiatore Lesuer, e molti pro- blemi che nel principio del secolo avevano affaticato le menti degli scienziati trovarono in esso, fino ad un certo punto, la loro spiegazione comune. Nel 1819 iVdalberto de Chamisso, viaggiatore, romanziere, poeta ed esatto naturalista aveva se- gnalato fenomeni inattesi nella riproduzione delle salpe. Si distinguevano già due sorta di salpe; le une più grandi che vivevano isolate, le altre assai più piccole, diverse dalle prime oltre che pei caratteri esterni anche per l'organizzazione in- terna, le quali vivevano associate in lunghe catene, A. De Chamisso annunciò ai naturalisti che le salpe aggregate erano figlie delle salpe solitarie, e riproducevano salpe solitarie, di modo che le figlie non somigliavano alla madre, ma alla nonna. Questa si credette piuttosto un'invenzione del romanziere che un'osservazione del naturalista. — 124 — Nel 1828 Michael Sars, Pastore in Norvegia, scopriva una sorta di polipo avente la forma esteriore di un' idra, a cui dava il nome di Sct/pliistoma; nello stesso tempo descriveva un altro polipo diverso dal primo per il suo corpo cilindrico diviso in una serie d'anelli sovrapposti, di cui ciascuno ras- somigliava ad una piccola medusa. Alcuni anni dopo, nel 1835, vide che lo ScypMstoma crescendo si trasforma in strobilo e che poi ogni anello dello strobilo a poco a poco prende l'aspetto di una piccola medusa e finisce per staccarsi nuotando poi libero nel mare. Da queste jDiccole meduse che chiamò Ephyra vide derivare poi per trasformazioni successive le grandi me- duse conosciute coi nomi di Aurelia e Cyanea. Ciò era ana- logo a quanto era stato scoperto nelle salpe. Ben presto altri fenomeni simili furono osservati da altri studiosi e si stabili così in modo assoluto, che animali di forma determinata possono dar luogo ad altri di forma e costituzione completamente diverse. A questi fatti dovevano evidentemente collegarsene altri già osservati in molti cestodi e trematodi e non ancora spiegati. Giapeto Steenstrup nel 1842 pubblicò a Copenaghen uno scritto in cui sotto il nome di « generazione alternante » riunì sotto una legge unica tutti questi fenomeni osservati se- paratamente aggiungendovi lo sviluppo di alcuni vermi inte- stinali (trematodi) da lui scoperto. Il fatto dominante nella ri- produzione di tutti questi animali è che un essere sessuato di forma determinata, dà luogo ad altri esseri asessuati in tutto dissimili, i quali per gemmazione o per divisione del loro corpo o per sporogonia danno luogo ad altri sessuati eguali a quelli che li hanno generati. Le forme sessuate e asessuate si alter- nano regolarmente. A questo modo di rij)roduzione il Leuckart applica il princi- pio della divisione di lavoro ammettendo che, siccome gli indivi- dui che producono le uova e quelli che producono solo gemme o restano sterili debbono compiere funzioni differenti, così la loro organizzazione deve adattarsi all'ufficio a cui sono destinati. — 125 — Cosi il Leuckart spiega l'organizzazione dei sifonofori: un sifonoforo è una colonia composta di individui prenditori, loco- motori, riproduttori i quali tutti non sono altro che meduse o polipi modificati a seconda della loro funzione (1). Al polimorfismo delle colonie animali può essere parago- nato assai facilmente il polimorfismo che si riscontra nelle Associazioni di animali (api-formiche-termiti). Anche qui l'a- nione degli individui e le loro modificazioni di forma sono subordinate al fatto della divisione di lavoro, alcuni individui sono capaci di generare, altri no e questi ultimi hanno sol- tanto l'incarico di compiere i lavori necessari alla comunità e allevare i giovani, anche qui, come avveniva pei celenterati, gli individui neutri presentano una forma diversa dai sessuati, infine anche nelle Associazioni di animali, moltissimi indivi- dui di forma diversa hanno tutti origine da uno o pochi fon- datori. Possiamo dunque dire che si ha il Polimorfismo, nel primo significato attribuito a questa parola, quando tra i diversi in- dividui usciti da un uovo fecondato vi è una divisione di la- voro fisiologico necessario alla conservazione della specie per cui essi rivestono forme differenti. La generazione alternante ne è un caso particolare (2). Le diverse forme di generazione alternante si possono in generale dividere in due categorie; metagenesi ed eterogonia. Nella metagenesi si avvicendano generazioni sessuate e genera- zioni agame, nell'etorogonia si alternano generazioni anfigoni- che e generazioni partenogenetiche o ermafrodite. Spesso le generazioni partenogenetiche si succedono per lungo tempo senza regola finche apparisce una generazione amfigonica (Afidi). In molti casi il ciclo evolutivo si complica perchè le varie (1) In seguito a studi ulteriori gli individui che fanno parte della colonia sono stati meglio studiati e designati con altri nomi. (2) Le varie teorie relative alla generazione alternante sono magistralmente espo- ste e discusse dal Prof. Todaro nella « introduzione al corso di Embriologia Compa- rata tenuto nel 18S1 nell'Università di Roma «. — 126 — forme vivono in ambienti diversi, cosi avviene ad esempio, pei Cinipedi delle galle della quercia. In essi da una galla delle radici esce la forma partenoge- netica Biorliiza apfera la quale depone le uova in una gemma e vi produce una galla spugnosa; da questa galla esce la forma anfigonica molto diversa dalla precedente e nota col nome di Teras terminalis. In altri casi da una specie unica possono de- rivare tanto forme che restano nell'ambiente in cui nacquero, quanto forme migranti. Citiamo ad esempio il ciclo evolutivo dei Chet'ìnes come fu descritto da Cholodkovsky (1). Esistono due specie di Chermes, dette Chermes strobilohius e Chermes lapponicus le quali sono eguali per la forma e diffe- riscono solo per il ciclo evolutivo. Tali specie furono denomi- nate « specie sorelle ». Il Chermes strohilohius compie un ciclo biennale in due am- bienti. Si ha la femmina alata partenogenetica che sverna sul pino; in primavera genera individui alati {migranti alati), i quali vanno sul larice e depongono le uova sulle foglie. Da queste uova nascono larve che svernano sullo stesso larice, poi nella primavera successiva, subite parecchie mute, danno luogo a due forme diverse; femmine senz'ali (esuli) che si riproducono sul larice indefinitamente, e sessipari alati che tornano sul pino vi producono una generazione di sessuati senz'ali, da cui in- fine si genera di nuovo la forma alata partenogenetica. Nel Chermes lappioìiicus la femmina alata ptlrtenogenetica, simile a quella del Chermes strobilobius tanto da non poter- sene distinguere, resta sul pino e vi si riproduce indefinita- mente per partenogenesi. Accade a volte che gli esuli^ divengano sj^ecie autonome nel qual caso si hanno 3 specie sorelle. Si ha così un esempio di polimorfismo prodotto non solo dalla divisione di lavoro, ma anche dalla differenza di ambiente. Da questo caso si passa ad altri in cui la divisione di lavoro (1) Delage. — Année Bioìogique, 1S96. — 127 — non appare più affatto come fattore della variazione della specie, mentre invece è manifesta l'influenza di cause esterne quali sarebbero la stagione, il clima, il nutrimento ecc. In tal modo il significato della parola polimorfismo va allargandosi e viene a comprendere un' altra quantità di fenomeni scoperti e stu- diati successivamente. Un caso molto noto e caratteristico è quello del dimorfismo di stagione che si riscontra nelle fiirfalle. Gli studi recenti di Harcout-Bath hanno dimostrato che nelle Pieris hì-assicae, P. rapae, P. napi le forme di stagione sono molto variabili secondo lo stato climaterico dell'anno in corso. Gli individui più precoci della prima generazione sono quelli che presentano più spiccati i caratteri particolari della generazione stessa, mentre i ritardatari stabiliscono una tran- sizione colle forme della generazione seguente. Quando l'estate è umida, e per conseguenza più fredda, le forme estive pre- sentano in certo grado i caratteri della 1.'' generazione, se è calda i caratteri della 2.''^ sono più manifesti, se è asciuttis- sima e caldissima può aggiungersi una 3.^' generazione con caratteri estivi ancora jjiù marcati. Per la Vanessa C. album si presenta una curiosa parti- colarità. In Gran Brettagna la forma chiara (hitescens) normalmente non appare che in modo accidentale, in numero variabile da un anno all'altro secondo la temperatura. Mentre manca affatto o è , scarsissima nelle stagioni eccezionalmente fredde, è fre- quente nelle stagioni più miti, finche in annate assai calde non si trova più il tipo normale, ma solo questa forma chiara (lu- tescens) che è quella normale nel Sud e nel centro d'Europa. Continue ricerche di sperimentatori dimostrano che mu- tando l'alimentazione, la temperatura ecc. si possono ottenere modificazioni in moltissime specie di animali. Tenendo conto delle variazioni prodotte dall'influenza del- l' ambiente il Coutagne nella sua opera « Eecherches sur le 2)olymorphisme des mollusque de France » riduce enormemente — 128 — il numero delle specie riunendo sotto un solo nome specifico tutte quelle varietà di cui passando da un luogo a un altro si possono trovare le forme intermedie, o che possono provenire da incrociamento di forme affini, o dalla modificazione di ca- ratteri morfologici per diversità di habitat. In tal modo, una specie necessariamente viene a comprendere individui molto diversi tra di loro. L'autore chiama queste specie polimorfe e distingue un jìolimorfistno monotassico o diffuso quando le di- verse forme sono riunite' tra di loro da un numero indefinito di intermediari, e un polimorfismo poUtassico quando le di- verse forme costituiscono parecchi gruppi distinti senza lega- me d'intermediari. Esemj)i di quest' ultimo caso sarebbero quelli già citati nelle api, nelle formiche, quelli di dimorfismo sessuale ecc. Quanto al polimorfismo monotassico dice l'autore che « tutte le specie vegetali o animali sono più o meno variabili, vale a dire presentano tutte un polimorfismo più o meno esteso. » Riassumendo: In natura non incontriamo mai limiti netta- mente definiti, ma solo passaggi graduali e continui, quindi quelle definizioni che l'uomo crea per comodità di studio pre- sentano sempre nella loro applicazione gravissime difficoltà. Cosi il concetto di polimorfismo che fu introdotto dal Leuckart riferendosi sopra tutto ai fenomeni di generazione alternante ha modificato il significato primitivo man mano che nuovi fatti sono stati scoperti, tanto che mentre per gli uni vi è solo poli- morfismo là dove è evidente la divisione di lavoro, j)er gli altri sono polimorfe dal più al meno tutte le specie vegetali e animali. Come casi particolari di polimorfismo possono citarsi fino ad un certo punto i fenomeni di neotenin. che si hanno quando in- dividui divengono capaci di generare prima di giungere alla forma definitiva, conservando caratteri infantili. Il Chun ha osservato che le larve di piccoli ctenofori diven- gono mature e si riproducono, poi crescono, si metamorfosano e ritornano feconde un' altra volta dopo raggiunto lo stato adulto. — 129 — Questi fenomeni, a cui il Chun dà il nome di dissogonia, sono anch' essi importantissimi per la variazione della specie. Questa digressione sul polimorfismo, che forse a tutta pri- ma può sembrare superflua, era necessaria per rendere un' idea generale dei fenomeni di cui passo a considerare un caso par- ticolare. Si possono riferire i fatti descritti dal Berlese a qualcuno dei casi cui abbiamo accennato? Si può spiegare coi concetti della divisione di lavoro, della differenza di stagione, di ambiente ecc. il succedersi di tante forme diverse che mettono capo ad una sola forma definitiva? Questo è quanto le mie osservazioni debbono stabilire. Le prime ricerche del Berlese, di cui ho già parlato in prin- cipio riguardano tre specie di Acari Mesostigmati appartenenti ai generi Holostaspis, Gamastis e Laelaps (1). Le conclusioni a cui egli venne per queste tre specie fu- rono estese per analogia a moltissime altre, così che nella pub- blicazione « Acari, Miriapoda et Scorpiones hucusque in Italia reperta » nel solo ordine dei Mesostigmati ammette 25 specie polimorfe appartenenti alle famiglie Lelaptide e Gamaside. Cia- scuna di queste specie polimorfe ha una protoninfa una deu- toninfa, a volte anche una tritoninfa, e una forma definitiva, quindi m 25 specie se ne comprendono quasi un centinaio. Considero ora in particolare le specie che Berlese studiò direttamente. Nel genere Holostaspis le specie //. merdarins (Beri.) e //. badiiis (Koch) sarebbero la protoninfa e deutoninfa del- l'//", marginatus (Herm.). Nella serie normale si ha una larva esapoda ialina, arro- ti) Nella memoria del Berlese, u Polimorfisme e parthenogènése " i nomi degli acari sono diversi. Io seguo qui la nomenclatura adottata definitiva dal Berlese nella pubblicazione Acari Miriapoda etc. — 130 — toiidata lunga circa 450 a, una ninfa anch'essa ialina, ma ot- topoda, di dimensioni eguali all'adulto, e infine gli adulti cT e $ U). La serie anormale è costituita dalie forme che passo ad enumerare. Prima viene la protoninfa = Holoslaspis merdarius Beri. Di questa specie sono note le ninfe, la femmina ovigera caratte- rizzata dalla lunghezza (500 pO, e dalla forma dello scudo anale che è quasi due volte più lungo che largo; il J^ lungo 350 [j.. Questi adulti possono riprodursi e dar luogo ad altri H. me.ì'darius^ ma possono pure dar luogo alla forma succes- siva che è la deutoninfa = Ilolost. badius Kocli. Anche di questa si conoscono le larve, le ninfe e gli adulti. La $ è lunga circa 1 mm., ha lo scudo anale quasi tanta lungo che largo, il (/ è lungo 900 ]j. e differisce dal . tamente definita. ^l - \''P'_ -■ La mia ipotesi è stata con- fermata dalla scoperta di alcuni Holostaspis maschi non descritti . ' ' .^ ' ^ dal Berlese, i quali per le loro - dimensioni, per la concordanza ^ nella forma dell' epistoma che è diversa in altre specie, per esser ^'^- '■ ' ^^Z^^^:^,!^'-'-^"' -'"- stati trovati insieme a queste femmine non possono l'jferirsi che ad esse. Tali maschi (fig. 4) hanno il corpo quasi ovale col mar- gine posteriore acuminato, setole semplici e brevi. La lunghezza è di 60 |j., la larghezza massima di 450 [j.. Il dito mobile della i i-^^-'f .■'A o- ■£;..!: V y^. .{^ — 136 — mandibola è munito di sprone. Il 2.° paio di zampe è molto ro- busto, e presenta al femore (1) un grosso sprone e pareccki piccoli tubercoli, al ginocchio e alla tibia un piccolo tubercolo. ,-5-'" ,/ / Fig. i. — Maschio di TIolostaspis submarginutus. Il 3.° paio presenta un piccolo tubercolo, assai poco visi- bile al trocantere, il 4.° paio, lunghissimo, presenta un tuber- colo al trocantere, un robusto sprone semplice al femore, tarsi contorti con un piccolo tubercolo. Lo scudo anale è unito allo sternale. Questa forma in complesso somiglia al (/ del badms, ne differisce per la dimensione minore, per aver lo scudo ven- trale tutto unito, per la forma e il numero e la disposizione dei tubercoli nel 4.° paio di zampe. A questa forma nuova ho dato il nome di //. sub-mar gì natus (n. sp.). L'ultima forma intermedia descritta dal Berlese, è la seguente: « Maschio intermedio tra H. badius e H. marginatus — statura maggiore del badius scudo ventrale integro, caratteri tutti come (1) Seguo per la nomenclatura dogli articoli quella del Berlese che è la seguente: coscia, trocantere, femore, ginocchio, tibia, tarso. — 137 — l'adulto, ma nel secondo paio di zampe il femore lia due tuber- coli, la tibia un tubercolo, il terzo paio è inerme, il 4.° ha tro- cantere con due tubercoli e il femore inerme. Colore terreo, vive insieme agli altri ». Neanche questa forma presenta caratteri di passaggio, per quanto abbia dimensioni intermedie tra il hadius e il margi- nafus. Consideriamo per esempio il trocantere del 2.° paio di zampe; nel marginaUis presenta 1 tubercolo, nella cosidetta forma intermedia ne presenta 3, nel hadius nessuno. Io credo che questa ultima forma descritta dal Berlese sia un esemplare di altri maschi di Holostospis che ho rinvenuto in grandissima quantità e che a tutta prima concordano colla descrizione di questa forma intermedia, poi osservati più minutamente si vede che presentano al femore del 4," paio di zampe altri 2 o 3 piccoli tubercoli, e un altro piccolo nel trocantere del 4.° paio. Forse il Berlese non possedendo che pochi esemplari non potè darne una descrizione del tutto esatta. Questa mia opinione è confermata dal fatto che non ho trovato mai questo maschio mentre ho rinvenuto tutte le altre specie descritte dal Ber- lase ed anche altre a lui sconosciute. Tutti gli esemplari da me rinvenuti mantenevano costanti le dimensioni, il numero dei tubercoli delle zampe, per cui non era possibile confonderli con altre specie, si trattava dun- que di una specie nuova a cui ho dato il nome di H. confusus (sp. n.), (fig. 5, 5^-). Ho sempre trovati questi maschi molto più numerosi dei maschi di tutte le altre specie di Holostaspi'i^ insieme agli Holostaspis marginatus. Per molto tempo non ho saputo determi- nare quali femmine si dovessero riferire a questa nuova specie. Un esame più accurato ha dimostrato che le femmine prima credute tutte di Holostasjjìs marginatus possono distinguersi in due sorta a seconda della forma dell'epistoma. Le une presentano un epistoma eguale a quello descritto dal Berlese per 1'^, marginatus, costituito cioè da un asse centrale biforcato all'apice a cui è attaccata una membrana Anno XXXIl. 10 — 138 — più corta dell'asse che termina con un doppio cirro, (fig. 6) le altre hanno un epistoma costituito da un asse centrale, bi- 'iì'. "^^ 71 Fig. 5. — llolostaspis confusus Q. Fig. 5'''* — Epistoma di Ilulusta- spis coiìfitnas f-y . Fig. <5. — l'Jiiistdiiia di llolostu- SJJÌS COÌì/uSlltf Q. forcato all'apice, la membrana è aderente a quest'asse solo con breve tratto nella parte inferiore, poi si divide in 2 parti, — 139 — una a destra, l'altra a sinistra dell'asse, nettamente separate l'una dall'altra, (fig. 7). Il (/ descritto dal Berlese come Holostaspis marginatus presenta questa seconda specie (fig. 8) di epistema, che è Fig. 7. — Epistoma di Jloìosta- Fig. S. — Epistema di Ilolosta- sjiis ììiarginatiis V- sx>is marginatus q pure quella dell'//, hadius, e //. merdarius. Il nuovo (/ da me trovato (forma intermedia del Berlese) presenta invece la prima specie di epistoma. Si deve dunque concludere che esi- stono due sj)ecie di Holostaspis^ H. margÌ7iatis e H. confiisus di cui le femmine differiscono soltanto per la forma dell'epi- stoma, mentre i maschi, oltre che per questo carattere diffe- riscono ancne pei tubercoli delle zampe e per le dimensioni. Come conferma di quanto ho stabilito sta il fatto che ho rin- venuto più volte il (jf di H. confusus in copula con una ninfa ialina concordante con esso nei caratteri dell'epistoma. Insieme agli H. marginatus si trovano anche abbastanza frequenti i maschi di H. vagabundns. Molto probabilmeute la femmina di questa specie non è distinguibile da quella del- V Holostaspis margiìiatus. Concludendo: per quanto riguarda il genere Holostaspis si deve escludere il polimorfismo e la presenza di forme inter- medie. Per gli altri generi le ricerche erano molto più semplici, tanto per il maggior numero di caratteri differenziali tra una specie e l'altra, quanto per la mancanza di ap|)arenti forme di passaggio. Nel genere Gamasus il Berlese considera come ninfe ebon- ~ 140 — tomorfe del Gamasus coleoptratorum L., il Gamasiis pusilhis Ber. ed il Gamasus coleoiÉratorum Lr. Nella memoria citata « Polimorf. ecc. » aggiunge anche una tritoninfa che poi non considera più nell'opera « Acari Miriapoda ecc. ». Queste 3 spe- cie sono nettamente distinte sopratutto per i caratteri del- l'epistoma il quale nel Gamasus pusillus presenta tre punte di cui quella mediana accuminata più lunga delle altre due, nel Gamasus coleoptratorum presenta tre punte di eguale lun- ghezza quella di mezzo è bifida, nel Gamasus coleopratorum adultus (Ber.) o Gamasus crassus presenta solo un robusto sprone dentellato ai margini. Quest'epistema si mantiene costante per le larve e le ninfe e gli adulti di ciascuna specie eccezione fatta del Gamasus pusilhis^ in cui si verifica un fatto strano. La ninfa è descritta coll'epistoma terminato da due sole punte mentre l'adulto ne ha tre. Io ho trovato una femmina adulta con un uovo nel ventre, la quale aveva l'epistoma terminato da 2 punte, come è descritto nella larva del G. pusillus. Essendo le larve dei Gamasus, tutte quante esapode ialine, senza traccia di scudi, molto facilmente possono confondersi l'una coll'altra e forse quella attribuita dal Berlese al Gamasus pusillus deve invece riferirsi a questa femmina da me trovata, così il Gamasus pu- sillus rientrerebbe nella regola generale conservando l'epistoma costante. Il (/ del Gamasus ptisillus era finora ignoto, io ho potuto trovarlo nel letame insieme alle femmine della stessa specie. Questo maschio (fig. 9) ha una lunghezza di 800 [j,. lar- ghezza 360 |j,. corpo ovale, con setole semplici più lunghe al 4.° paio di zampe, epistoma come la femmina. I palpi non presentano appendici. Il 2.° paio di zampe è più grosso degli altri e presenta al femore un lungo sprone, al ginocchio uno sprone più breve, alla tibia uno altro sprone lungo come il precedente, al tarso uno sprone molto più piccolo. Sono riuscita ad allevare parecchie forme di Gamasus. Ho preso la ninfe di G. crassus e ne ho ottenuto gli adulti (/ e $ — 141 — e da questi adulti souo nate altre ninfe, sempre senza che av- venissero trasformazioni di una specie nell'altra. A questi ri- sultati era giunto anche il Michael fino dal 1881 (1). Di più ho allevato anche le ninfe del Gamasus coleop. deuton. e ho visto nascere gii adulti e poi le ninfe mantenendosi sem- pre della stessa specie. Devo dunque conchiudere che an- che nel genere Gamasus non vi è po- limorfismo, a meno di non ammettere ■ /| v lu':j^'' che una specie si trasformi nell'altro V^'- vìi'.). «'/^N pel solo fatto che si trovano insieme. ^ J Dopo i resultati negativi ottenuti - per i generi Holostaspis e Gamasus ' '^'A ^ ho creduto inutile spendere altro tempo ■ fì^'^' ~' ripetendo le osservazioni anche sul ''^^ (, genere Laelaps per il quale le con- clusioni del Berlese appaiono subito ,,. , Tr-ii- n • Fi?- 9- — Gamasus nusillHS. ry molto incerte. Intatti nella prima me- moria « Polimorfismo ecc. » egli occupandosi delle metamor- fosi del Laelaps stahuiaris K. ne descrive come protoninfa il G. himacidotis (Koch) e come deutoninfa il Seius murica- tus (Koch). Nella pubblicazione « Acari ecc. » nelle tabelle delle specie polimorfe dà come protoninfa Vlphis foenaììs (Beri), e come deutoninfa Vlphis cubicularis, ma avverte però che nella descrizione delle specie (Fase. XXXVIII) ammette come protoninfa il Laelaps vepallidus la quale è invece la ninfa ebontomorfa del Seius ohtusus. Questi successivi cambiamenti fanno pensare che il Beiiese abbia stabilito il polimorfismo in seguito all'esame delle varie forme, ma non abbia fatto esperimenti decisivi, a cui altri- menti avrebbe accennato. La presenza di specie molto simili tra loro, come avviene negli Holostaspis^ la difficoltà di rintracciare nel litanie e di- (1) Ohservations on tue Life-historie of Gamasinae u Linn. Soc. Jour. Zool. n Voi. X^' London ISSI- ~ 142 — stingnere le une dalle altre le larve di forme affini, il trovare sempre parecchie specie in nno stesso ambiente sono tutte cause che possono facilmente indurre in errore. Però in seguito agli allevamenti più volte ripetuti, sempre cogli stessi resultati, in seguito alle osservazioni sulle abitu- dini di questi animali, si deve escludere con certezza il poli- morfismo nei generi Gamasus, Holostaspis e Laelaps. Resta ora a trattare la questione della partenogenesi. In molte specie di gamasidi il numero delle femmine è as- sai superiore a quello dei maschi, in altre i maschi sono an- cora sconosciuti, doveva perciò necessariamente sorgere l'idea che tali fò:me potessero propagarsi partenogeneticamente. Il Canestrini nelle « Osservazioni intorno al genere gama- stis, » (1) dice « di aver osservato in alcuni gamasi la parteno- genesi in stato giovanile, (pedogenesi) » ma non aggiunge al- tri schiarimenti. Il Michael nella descrizione dell'apparato ge- nitale femminile àeìVH. montivagus dice che nell'organo ch'egli chiama saccuhis fbemmeus ci sono tre sfere cave, nel cui in- terno si trova una sostanza con fini granuli i quali possono essere spermatozoi, certo non sono spermatociti. « Potrebbe forse essere » aggiunge « che in questa specie di cui non è an- cora mai stato trovato il maschio il sacculus si sia modificato in un organo con altre funzioni non ancora comprese, e che vi possa essere una generazione agama.... Ma queste sono ap- pena ipotesi e non le espongo ne come fatti ne come pro- babilità. » Il Berlese riferisce di aver esaminato insieme al Canestrini centinaia di femmine della prima forma ebontomorfa dell'if. marginatus senza aver trovato un sol maschio, e tuttavia que- ste femmine contenevano tutte uova ed embrioni. Egli ne de- duce che possono riprodursi per partenogenesi, e suppone che dalle uova fecondate nascano dei maschi, e dalle altre, delle femmine, però aggiunge « Io parlo di una teoria la quale (1) Atti del lì. Istituto Veneto, u Voi. VII ser. V. pag. 511. » Anno 1S80-81. Venezia. — 143 — benché abbia a 3uo favore fatti che possono renderla accetta- bile, e sia verosimile, resta sempre una supposizione fino a prova sperimentale decisiva, in questo caso difficile al più alto grado ». L'autore ritiene che tale fenomeno si verifichi solo nelle forme della serie anormale. Negli adulti, egli dice « la partenogenesi è molto dubbia, e a mio parere non esiste per- chè i maschi sono quasi cosi numerosi che le femmine, come per es. nel G. Crassipes, G. coleopratoriim, IL viarginatus ecc. Perciò chiamo forme partenogenetiche le ninfe ebontomorfe ». Poiché le mie ricerche sul polim.orfismo dimostrarono che le A'arie sj)ecie riunite insieme dal Berlese, erano in realtà specie indipendenti, diveniva molto singolare il dovere ammettere che quelle con individui di dimensioni maggiori, ritenute prima specie definitive, avessero solo la generazione sessuata, mentre le altre ne avessero anche una partenogenetica. Ricercando i maschi delle varie forme, sono riuscita, dopo aver acquistato una certa pratica, a riconoscerli anche senza l'aiuto del microscopio, osservando che le loro dimensioni sono j)iù piccole che nelle femmine, e che gli Holostaspìs ^ si presen- tano di solito di colore più chiaro, hanno il corpo più stretto, camminano più lentamente e più impacciati delle femmine, mentre i maschi dei gamasns presentano nella parte anteriore del corpo una macchia scura non più visibile al microscopio, e che deve esser prodotta dal riflesso delle mandibole robustissime. Cosi senza dover esaminare gli esemplari uno per uno ho potuto estendere moltissimo le mie ricerche e ho ottenuto re- sultati importanti. Ho potuto trovare i maschi di tutte le forme di cui mi sono occupata, e anche parecchi altri che erano sconosciuti. Oltre a quelli già citati e descritti ho trovato anche quelli del G. rttbescen.s (1) e dell'//, pisenti. [1) La femmina e la ninfa del G. rubescens sono descritte nella notti u Polymor- pliisme eco. " col nome di G. coleoptratorum varietas lunaris iBerl.) nella pubblicazione a Acari ecc.. ■' ne vien fatta una specie a si'. -^ 144 — Il Gamasus ruhescens (^ (fig. 10) ha il corpo ovale allun- gato, più piccolo della femmina (lung. 850 ]j.) terminato da poche setole. Palpi senza appendici. Zampe del 2.*^' paio più. grosse delle altre, recanti al femore un grosso sj^rone che verso l'apice si divide in due rami, uno molto più lungo dell'altro Epistoma come nel la femmina. Mandibole col ,,-: dito mobile perforato, il foro è quasi ovale. Il dito mobile nel margine interno ha un piccolo dente, il dito fisso ha un dente considerevole verso la metà, e due o tre piccoli Fig. 10. — Gamasus ruhescens. cf denti verso 1' apice. Colore come la femmina ; spesso vi sono macchie di pigmento rossa- stro ma possono anche man care. JjHolostaspis pisen- ' ^/ cf (fig- 11) è anch'esso ^ .-'v ' più piccolo della fem- mina relativa. Ha il cor- po ovale, posteriormen- te arrotondato, setole sem23lici. Epistema co- me la femmina; scudo anale distinto dallo ster- nale. Il 2." paio di zam- pe è più grosso delle al- tre e presenta due tu- bercoli al femore, tutti gli altri articoli sono senza tubercoli. Il 4." paio di zampe non presenta tubercoli. Il colore è come nella femmina. Si trova insieme ad essa nel terriccio ove cadono foo-lie secche o marcie. Fio;. 11. llolostdspis piseiìti. Q — 145 — Un altro resultato importante è quello di aver potuto sta- bilire come la maggiore o minor frequenza dei maschi sia di- pendente dalla stagione. Mentre in tutto l'inverno mi è avve- nuto, come al Berlese e al Canestrini, di esaminare una gran- dissima quantità di //. badiiis e H. marginatus senza trovare un sol maschio, al principio di primavera ho rinvenuto i maschi di queste due forme in numero abbastanza considere- vole, più tardi ne trovai molto meno. Lo stesso fenomeno si è verificato l'anno successivo ; in aprile ho trovato il maschio dell'/f. pisenti che prima avevo cercato invano per circa un anno. Anche nella stagione pro- pizia i maschi dei Gamasus sono molto più frequenti di quelli degli Holostaspis ; nei Gamasus se ne possono trovare 6 su 10 femmine, negli Holostaspis al massimo 1 su 10 femmine, ma di solito molto meno. Non si può dire, come asserisce il Berlese. che nell'i7. ììiay- ginatus sieno più numerosi che neWH. badius] la proj^orzione si mantiene presso a poco eguale nelle due specie. Gli esperimenti, come ho accennato più addietro, hanno dimostrato che i maschi hanno vita più breve delie fem- mine, perciò si poteva spiegare l'assenza assoluta dei maschi per un lungo periodo di tempo anche senza ammettere la partenogenesi, supponendo che, come avviene in altri ani- mali, avvenuta la copula restassero in vita solo le femmine fecondate. Quest'ipotesi era resa molto verosimile dal fatto che du- rante la presenza dei maschi, la riproduzione si manifesta molto più attiva, si trovano facilmente le larve e le ninfe delle varie specie, mentre in seguito divengono molto rare. Però si poteva anche ammettere che ad una .generazione pri- maverile o estiva amfigonica, ne seguissero una o più parte- nogenetiche. Per decidere in favore dell' una o dell' altra ipotesi ho se- zionato le femmine, tanto nel periodo in cui si trovano i ma- schi, quanto durante la loro assenza. — 146 — Per l'anatomia di queste forme ho consultato le opere del Winkler(l) e del Michael (2). Per i gamasus ho verificato quanto descrive il Winkler; nelle femmine è facile trovare la spermateca la quale quasi sempre contiene gli spermatozoi; non c'è quindi ragione di am- mettere la partenogenesi. Tale risultato si poteva già preve- dere considerando la frequenza dei maschi. Negli Holostaspis il Michael oltre agli organi soliti di tutti gii acari descrive nelle femmine degli organi nuovi : due parti, che costituiscono un organo detto organo Uriforme, eh' egli ritiene parti germigene dell'ovario, un organo in forma di sacco a cui dà il nome di sacculus foemineus contenente tre sfere cave da ciascuna delle quali parte un tubo. Uno di que- sti tubi termina chiuso nel sacculus, due (tubi annulati) ne escono e non si sa con precisione dove terminano. Il Michael ritiene che si aprano all' esterno tra 1' accetabolo e la coscia del 3.° paio di zampe. Seguendo il metodo usato dal Michael ho cercato di isolare gli organi colle dilacerazioni, per ultimo sono ricorsa ai tagli. Le sezioni molto difficilmente riescono intere a causa degli scudi durissimi di chitina che rivestono le femmine degii Ho- losfaspis. Usando il collodion per tenere insieme i pezzi (3) sono riu- scita a distinguere il sacculus foemineus (fìg. 12) colle tre sfere e dentro a queste tanti piccoli corpi che certariiente sono sper- matozoi perchè sono in tutto eguali a quelli che si trovano nel maschio. Anche nei preparati a fresco, per mezzo delle dilacerazioni sono riuscita a vedere le stesse cose. Gli spermatozoi si vedono non solo nelle sfere, ma anche (1) WiNKLER. AnatGinie der Gamasiden negli .; Arb. Zool. Inst. von Claus. » C. VII, H. I, 1886. Wien. (2) MiCHAKL. On the variations in the inferiial nnatornij of the, (Uniiusinae. u Trans, of Linn. Soo. of London. " Nov. 1892. London. (3j Precisamente prima di fare la sezione si distende uno straterello sottilissimo di collodion sulla paraffina in cui è incluso l'animale. — 147 — Pig. ri. — Sezione loiigitudi- 11 ale di Ilolostaspis ba- dius P. a) Sacculus foe- mineus, b) spermatozoi. nell'interno del sacculus (iìg. 13) e appaiono come piccoli ba stoncini un po' acuminati. Sono lunghi circa 9 [j.. Quale strada tengano per giungere nel sacculus non so, e neanche il Mi- chael è riuscito a determinarla. A me !' \ parrebbe che i due tubi annulati invece (I ^ 1 • • • • flv -^ I di aprirsi all'esterno debbano mettersi ^h .-■:•,' — in rapporto coll'ovario, il terzo tubo che '^ è descritto a fondo cieco forse può spiu- /| gersi fuori del sacculus e mettersi in rap- porto colla vagina. In tal modo si ri- chiamerebbe la disposizione di cose che si riscontra in altri acari (Falctger vo- stra tus). Queste non sono che supposizioni; è assai diffìcile verifi.care la disposizione delle cose, perchè tali tubi sottilissimi nelle dilacerazioni si spezzano; nel- le sezioni pure si conservano difEcilmente o si confondono ■^ con le trachee che circondano l'ovario numerosissime, i Queste difficoltà non mi hanno trattenuta dal tentare, ma purtroppo non sono riu- scita che ad ottenere dati frammentari come quelli del Michael e non credo oppor- tuno riferirli. Quel che rimane stabilito con certezza è. che il sacculus foemineus degli Holostaspis è una vera e propria spermateca e non richiedeva un nome speciale; essa contiene quasi sempre gli spermatozoi non solo jiell' H. marginatus, ma anche nel- 1' //. hadius che è una delle forme studiate particolarmente dal Berlese e da lui ritenute partenogenetiche. h Fig. 13. — Sacculus foemineus ài Ilolosta- spis badius P; (da un preparato a fresco) a) tubi annulati; b) spermatozoi. — 148 — L'esser questi spermatozoi in certi casi in picciol numero si spiega facilmente considerando che tali forme sono vivipare, che si matura solo un uovo per volta e deve occorrere un tempo considerevole prima che l'embrione raggiunga nel corpo della madre un alto grado di sviluppo. Dunque anche negli Holostaspis manca qualunque prova in favore della parteno- genesi. CONCLUSIONI. Da quanto ho esposto finora risulta: I. — Che nei gamasidi non si dà poliformismo. Ogni specie presenta caratteri ben determinati. Alcune delle suppo- ste forme intermedie sono esemplari di specie nuove affini a quelle già conosciute, ma sempre nettamente distinguibili da esse per caratteri costanti, altre sono individui di specie al- quanto variabili, ma non polimorfe. Le forme che secondo il Berlese costituiscono la serie anormale del Gamasus coleoptratoriim sono invece tre specie distinte: Gamasus pusillus (Beri.); G. coleopfratorum (Kr.); G. crassus (Kr.); altrettanto avviene per gli altri Gamasus e Laelaps. Per gii Holostaspis tutte le forme che secondo il Berlese costituiscono la protoninfa, la deutoninfa, l'adulto e le forme intermedie dell'i/, marginatus appartengono a cinque specie diverse che disposte in ordine decrescente di grandezza, sono: 1.° H. marginatus (Herm.); 2." H. confusus (sp. n.}; — 149 — 3.° H. badius (Koch); 4.° H. suhmarginatus (sp. n.) ; 5.° H. merdarius (Beri.). II. — Non vi è nessuna prova in favore della parteno- genesi. In epoche opportune si trovano i maschi di tutte le specie. Negli Holostaspis i maschi compaiono solo in primavera e in estate e muoiono dopo breve tempo lasciando in vita le femmine fecondate. Nei Gamasus in ogni epoca dell' anno il numero dei maschi è quasi uguale a quello delle femmine. 150 GIOViVNNI NOE UNA NUOVA SPECIE DI 7AM (Tav. I.) CULEX WIIWIETICUS, Noè (1899). Palpi della femmina aventi un 4° articolo^ evidente, per quanto hrevissimo ; pulpi del maschio con anellature bianco-nivee ni 2" articolo, alle articolazioni seconda e terza) il 5° articolo è completamente bianco. Notazione deìiticolo-ungueale della fem- mina 0.0-0.0-0.0, del maschio 1.1-1.1-0.0. Ginocchi chiari, tarsi alboannullati con anelli basali negli articoli; manca od è poco emdejite V anellatura tra il 4.° ed il 5." articolo. Ali colorate in nero ed in giallo-paglieì'ino ; il margine anteriore, nero, è iìiter- rotto da tre linee giallo-paglierine, le quali, ad intervalli pres- soché uguali si seguono sino alla curva anteriore dell'ala. Que- ste linee sono delimitate da altrettante linee nere di cui la prima incomincia alla base e giunge a circa im terzo della lunghezza dell'ala; le altre due si intercalano fra le linee gialle. Addome con bande chiare anteriori nei segmenti. Capo. — La proboscide è nera e j^resenta un largo anello giallo-chiaro alla porzione prossimale della seconda metà; Voliva è molto acuminata. Le antenne sono nere; il primo articolo, superiormente, è giallo-fulvo. I palpi in ambedue i sessi sono fondamentalmente neri; nella femmina è visibile un'anellatura bianca alla base del 3." articolo, la cui estremità è pure bianco- — 151 — nivea; a questo segue un 4.° articolino, dello stesso colore; nel maschio spiccano sul nero le seguenti ornamentazioni bianco- nivee : una larga fascia al terzo distale del 2.° articolo ; un pic- colo anello alla strozzatura di questo stesso articolo; altre anel- lature si trovano alle articolazioni seconda e terza, il 5.° articolo è completamente bianco, però leggermente offuscato da un certo numero di peluzzi neri. I peli, poco lunghi, si trovano in di- screta quantità sul 3.° e sul 4." articolo, sono rari sul 5.° Gli occhi sono orlati di una fina peluria giallo-cliiara; la nuca, sopra un fondo nero, presenta nel mezzo una fitta peluria gial- lognola, la quale però va lateralmente diventando rara sino a scomparire, cosicché dietro agii occhi appare da ambe le parti una macchia nerastra. Torace. — Il torace, veduto dorsalmente, è bruno cioc- colata, coperto da peluzzi giallo-rossicci. Xel mezzo sono visibili due linee brune ravvicinate, le quali, partendo dal margine anteriore tendono a raggiungere il margine j^oste- riore. Lateralmente a queste esistono due altre strisele (una per parte) che, incominciando dalla metà del dorso, arrivano sino al margine' posteriore del torace. Ai lati, questo, sopra un fondo di color garofano, presenta alcune macchiette bianco- argentee. La gradazione delle tinte ora accennate presenta però, come in tutte le specie di Culex, una grande variabilità; nel maschio specialmente la colorazione del torace e di tutte le altre parti del corpo è più pallida. Lo scudetto, glabro, è bruno: inferiormente il torace è chiaro, con una ornamentazione nericcia fatta a Y avente l'apertura rivolta anteriormente. Veniamo alle ali. I r a muli delle forchette sono molto più lunghi dei ri- spettivi scapi. La tinta fondamentale dell'ala è nericcia, causa l'abbondanza delle squame che ricoprono le nervature, e va diventando più carica verso il margine anteriore, dove le ner- vature marginali, 1 e 2 formano una linea nera. Questa linea viene interrotta, ad un terzo dalla base dell'ala da tre seo-menti di un bel color giallo-paglierino, che si seguono, ad intervalli pressoché uguali, sino alla punta dell'ala : il primo di essi (in- — 152 — cominciando dal più interno) occupa le nervature marginali ed I, ed arriva sino alla 2 senza però interessarla; il secondo, più lungo e più largo del precedente, comprende, oltre la mar- ginale e la 1^ anclie il tratto corrispondente della 2; il terzo è situato quasi all'estremità, nella curva anteriore dell'ala; essa occupa un tratto che comprende la nervatura marginale^ l'estre- mità della 2 e la porzione distale della nervatura 3, la quale però, alla sua estremità, presenta un brevissimo tratto nero. Da questa descrizione appare evidente che i tre segmenti gialli sono delimitati da altrettante linee nere, di cui la prima in- comincia alla base e si estende sino ad un terzo circa della lunghezza dell'ala; le altre due si intercalano fra i segmenti gialli. Altre macchie gialle, ma sempre più chiare a mano a mano che si passa al margine posteriore dell'ala, occupano i seguenti tratti: IT della forchetta anteriore; la nervatura 6, eccettuati i due estremi; l'F della forchetta posteriore; la ner- vatura 8 tranne gli estremi; l'estremità distale della nerva- tura 9 ; finalmente la frangia della lunula^ dove la colorazione è diventata quasi bianca. Da questa disposizione di colori ri- sulta che una fascia irregolare gialla attraversa l'ala al di sotto del segmento giallo mediano. I bilancieri sono chiari nel peduncolo, brunicci nella ca- pocchia. Veniamo agli arti. Le anche sono chiare con punteggiatura nera. I femori del primo e del secondo paio di zampe sono neri superiormente ed anteriormente, bianchicci inferiormente e po- steriormente ; i femori del terzo paio sono totalmente bianchi per più di due terzi; solo, superiormente, si trova accennata una linea sfumata oscura; l'estremità distalo dei femori è prov- vista di un sottile orletto bianco-gialliccio che fa apparire i ginocchi come punto bianco. Il nero dei femori, veduto con- tro la luce, mostra degli elegantissimi riflessi bluastri. Le tibie hanno una colorazione nericcio-chiara, specialmente dalla parte ventrale, decisamente nera però verso l'estremità distale, dove sono provviste di un'orlatura bianco-gialliccia. I — 153 — tarsi sono alboannulati in modo evidentissimo, e le anellature, bianco-argentee, sono limitate alla base degli articoli; però, alla seconda e terza anellatura partecipano con tenuissima or- latura anche il primo ed il secondo articolo. Fra il quarto ed il quinto articolo non è visibile alcun anello o ne esiste uno piccolissimo; l'estremità distale del quinto articolo è leggermente gialla. La maniera dell'unghiatura è la seguente: nel maschio, il i.° ed il 2° paio di arti hanno 1' unghia anteriore maggiore della posteriore; ambedue le unghie sono unidentate; il terzo paio possiede unghie di eguali dimensioni e semplici. Nella femmina le tre paia di arti sono equiungulati ad unghie semj)lici. h^ addome è bruniccio superiormente con bande bianco- argentee anteriori nei segmenti. Le fascie, nel mezzo, sono semilunari, colla convessità rivolta all'indietro; inferiormente l'addome presenta un uniforme color giallo-chiaro. E una specie piccola, raggiungendo al massimo la lun- ghezza di 6 mm. Il Ciilex mimeticus fu da me scoperto ai primi di Giugno del 1899 nel laboratorio di Anatomia Comparata dell'Univer- sità di Roma; siccome alla scoperta è legata la spiegazione del nome specifico assegnatogli, così ritengo opportuno rac- contare come andò la cosa. Il prof. Grassi, reduce da un viag- gio in Basilicata col suo cercatore, aveva portato seco delle larve di Anopheles, prese a Grassano, e che si sospettava fos- sero di A. siiperpictus, Grassi. Tra esse c'erano anche parec- chie larve di Culex, in parte penicillaris, in ^2i.rte pipiens, che si trasformarono in insetti alati nei primi giorni del loro al- levamento. Si aspettava sempre 1'^. superpictuH (1), ma invano. Una mattina però, osservai, sotto la zanzariera che copriva (1) A quel tempo il prof. Grassi ed io, a cui ora stato assegnato in laboratorio lo studio riguardante la sistematica dei Culicidi, avevamo già trovato il carattere che distingueva tra loro le larve di Anopheles claviger e bifurcatus e che doveva poi servire anche alla distinzione delle altre due specie. Esaminate molte delle larve Anno XXXII. 11 — 154 — l'acquario, una bellissima zanzara, che dal modo di poggiare (osservazione fatta da me già molto tempo prima, che trovai sempre infallibile e che sarà pubblicata altrove) riconobbi per un Culex; ma, cosa stranissima, questo culice presentava gli stessi colori àeW Anopheles tanto atteso; si può dire che sem- brava un Culex mascherato da A., superjncttis (1). Per questo motivo dubitai di aver male veduto, o, quanto meno, che la mia osservazione sul modo di poggiare dei Culicidi fosse ine- satta; perciò esaminai in una provetta la specie in parola, e quale non fu la mia meraviglia e nello stesso tempo il mio compiacimento nel riconoscere che non aveva errato nel mio primo giudizio. Feci allora vedere la bellissima sjDecie a pa- recchie persone del laboratorio e tutti caddero in errore, in- gannati dalla sua grande somiglianza col superpictus. E per questo motivo che denominai il nuovo Culex col nome di mimeticus. Pur troppo però allora non potei averne che due esemplari femminili, ciò che mi impedi nell'estate scorso di dare del C. mimeticus una descrizione completa nel « Bollet- tino della Società Entomologica Italiana ». Ma, il 3 Novembre, il Signor Ficacci (studente in medicina) mi portò da Sezze delle larve di Culex da cui nacquero una femmina e due ma- schi della nuova specie, che mi permisero cosi di fissarne me- glio i caratteri. All'infuori di Grassano e di Sezze, il C 7ni- meficus non è stato sin'ora trovato altrove. prese a Grassano, non le trovai diserse da queUe di A. hifurcatus. Tali infatti fu- rono tutti gli Anofeli alati che nacquero da esse. Malgrado però la distinzione suac- cennata si sospettava sempre nell'acquario la presenza di qualche A. supcrpictus, sia perchè il gran numero delle larve non permetteva di esaminarle tutte, sia per- chè queste furono catturate in una località, dove era stato trovato altra volta il Huperpictiis. (1) Dalla descrizione qui data del Culex mimeticus appare evidente la somiglianza di questa zanzara colVA. superpictus. Per rendere più chiara la cosa ho aggiunto a questa nota le fotografie delle due specie in parola. Bisogna però avvertire che l'in- grandimento dei preparati ha reso meno marcata la tinta di alcune parti delle ali. lliilI.Soc Ki.l.ll. Anno XXXI Tiiv. I ('.(Tiipri-iiii.. ini'. I,il,l'(iiiisti Firenze — 155 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tavola I. Fig. 1/^ — Culex mimetici'.s. Noè. — Preparato a secco di un esemplare ma- schile; molto ingrandito. Fig, 2.^ — Anopheles superpiclus, Grassi. — Preparato a secco di un esemplare maschile; molto ingrandito. Fig. 3." — Culex mimeticns. — Preparato a secco di un esemplare femminile. Fig. 4.' — Apparecchio sessuale esterno di Culex tìiimeticus Q. — 156 T>. STEF.Au3>TELI-,I Nuovo catalogo illustrativo dei lepidotteri ropaloceri DELLA TOSCANA PREFAZIONE, Sono ormai trascorsi oltre trent'anni da che pubblicai la prima parte del mio Catalogo illustrativo dei lepidotteri toscani; quella cioè relativa ai ropaloceri (1). lu questo luugo periodo di tempo diligenti e fruttuose ri- cerche, con amoroso zelo eseguite da pochi entomologi, note- volmente allargarono il campo delle cognizioni concernenti le nostre farfalle diurne. Frattanto a grandi passi progredì la lepidotterologia gene- rale e quella particolare dell'Europa e dei singoli stati che la compogono. Parecchie specie e moltissime forme secondarie non per anche comprese nell'inventario patrimoniale della scienza furon trovate e descritte; nuovi, importanti e numerosi fatti di svariata natura vennero scoperti, approfonditi, discussi; i mezzi e i modi di studio si accrebbero e si perfezionarono, ed (1) Fw inserito nel voi. I (anno 1869) del BuUettmo della Società entomologica ita- liana. Ne vennero poi separatamente tirate per l'autore alcune copie, (l^'irenze, tipo- grafia Cenniniana). — 157 — a più larghi intenti si volse 1' opera degli osservatori, pur nelle indagini destinate a illustrare qualche piccola fauna locale. Per tutto ciò, mi parve che convenisse d'imprendere a ri- comporre in più moderna e più diffusa maniera il mio primo catalogo del 1869. E cosi feci, prefiggendomi, tra gli altri scopi, i seguenti: 1.° di mettere in piena armonia con lo stato presente della scienza le mie precedenti indicazioni; 2.° di cor- reggere alcune inesattezze e qualche errore in cui già incorsi; 3.° di mostrare quale incremento, rispetto ai ropaloceri^ abbia avuto nell'ultimo trentennio la lepidotterologia toscana; 4.° di preparare o agevolare, massime ai giovani lepidotterofili, la via per nuove e proficue ricerche. Ed ecco come andai svolgendo il soggetto. Pei limiti del territorio toscano continuai ad attenermi a quelli tracciati secondo natura dal prof. Teodoro Caruel nel suo Prodromo della flora toscana. Ecco, a scanso di malintesi o d'incertezze, la testuale descrizione che egli ne dette. « Ho considerato la Toscana nei suoi confini naturali, comprenden- dovi tutto quel tratto di paese ch'è racchiuso fra il Tirreno e gli Appennini, dal golfo della Spezia nella j^arte contermine della Liguria fino ai laghi (Trasimeno, di Bolsena, ecc.) che, posti in linea fra l'Appennino e il mare, ci separano dal Ro- mano; oltre tutte le isole del Tirreno. Cosicché della Toscana politica, tale quale era una volta, ho escluso l'acquapendente dell' i^driatico, ossia la Romagna toscana, mentre vi ho com- preso tutta la Lunigiana, la Grarfagnana, Massa e Carrara, e r isola di Capraia, che prima appartenevano alla Sardegna e ai ducati di Parma e di Modena ». Per la classazione, pei nomi specifici da preferire e pel modo di scriverli, seguii, in luogo del Genera et index me- tliodicus europaeormn lepidopterorum (1) del dottore J. A. Boi- sduval, il Catalog der Lepidopteren des europàeischen Faunen- (1") Parisiis 1810. ~ 158 — gehiets (1) del dottore 0. Staudinger, che è per vari risj)etti migliore. Prescelto quest'ultimo libro, che ormai da parecchio tempo va per le mani di tutti i lepidotterologi europei, mi parve, in generale, superfluo di riprodurre una gran parte delle indica- zioni sinonimiche e bibliografiche contenute in quella pubbli- cazione per le specie e per le forme secondarie da me ricordate. Perciò me ne astenni, facendo solo eccezione per qualche ri- chiamo iconografico di cui ebbi particolare bisogno, e per alcuni sinonimi che stimai conveniente di riferire onde porre il presente catalogo in buona corrispondenza con l'altro mio precedente, con la Fauna etnisca e la Mantissa insectorum del Rossi, e, in certi casi, anche con altre pregiate opere di autori italiani di poco anteriori, o contemporanei, o posteriori all'illustre entomologo di Pisa. Ad agevolare il riconoscimento delle formo secondarie, molte delle quali non trovansi figurate o descritte nelle maggiori opere di lepidotterologia, aggiunsi dopo il nome di ciascuna varietà o aberrazione una compendiosa diagnosi che ne ac- cenna i principali caratteri distintivi. Ciò fecer pure nei loro cataloghi lo Staudinger, il Curò ed altri, ma in più stretta misura per non accrescer di troppo la mole di quelle pubbli- cazioni comprendenti un gran numero di forme da illustrare. Nel mio lavoro invece, essendo il numero di queste assai li- mitato, potetti, senza soverchio aumento di pagine e forse (mi è grato sperarlo) con notevole vantaggio di qualcuno dei miei lettori, soffermarmi un po' più nel rilevare per ogni forma le caratteristiche che la rendono differente dal respettivo tipo o da altre modificazioni di esso. Dopo il nome di ciascuna specie (accompagnato o no dalla citazione delle opere del Rossi, con qualche sinonimo o senza) 0 dopo la compendiosa descrizione che segue al nome di ogni (1) Dresden 1871. — 159 — forma secondaria (1), posi le consuete indicazioni sui luoghi di accertata dimora dell'animale, sul tempo della sua appari- zione allo stato perfetto e sul grado di frequenza o di rarità col quale si mostra. Ma in quanto al tempo di apparizione torna opportuno il ripetere in più brevi parole l'avvertenza che detti nella prefazione del 1869, giovandomi allora di due brani del chiaro entomologo piemontese cav. Vittore Giuliani (2). Sebben raccolti con molta cura, i dati da me riferiti debbonsi considerare come approssimativi, potendo andar soggetti a non lievi modificazioni in conseguenza della varia esposizione dei luoghi, della maggiore o minore altitudine dei medesimi, della stagione più o meno precoce o in ritardo, ecc. Sotto a quelle adesso rammentate, troverà il lettore, per un buon numero di specie e di forme secondarie, altre notizie attinenti alla storia generale e più spesso locale dei nostri ro- paìoceri al terzo stadio di vita. Queste notizie, molto più co- piose e svariate che nella prima edizione, o sono il frutto di mie particolari osservazioni e ricerche, o furon tratte da autori italiani e stranieri che mi precedettero, e dei quali sempre mi tenni a dovere di citare i nomi. Venute a mancare alcune delle ragioni che nel 1869 m'in- dussero, eccetto pochissimi casi, a non far cenno delle larve, sentii, nel por mano al presente lavoro, nascermi il desiderio, che poi si cangiò in assoluto proposito, d'imitare rispetto ad esse l'esempio dato nei loro cataloghi dal Curò, dal Tacchetti, dallo Spada e dallo Schiavazzi in Italia, non che da vari altri al di là delle Alpi. Perciò, in ogni paragrafo consacrato ad (1) Per alcuno forme secondarie mi parve utile d'indicare, mediante abbrevia- zioni poste in parentesi avanti i nomi delle medesime, che quantunque esse sieno comunemente considerate come varietà, da noi mostransi invece come aberrazioni. E in simil modo ebbi cura di rilevare l'opposto caso; quello cioè di una form.a secon- daria eh' è d'ordinario citata come aberrazione (p. e. Vanessa Egea Cr., al). -/. album Esp.l, mentre nel territorio di cui presi a occuparmi costituisce un'assoluta e co- stante varietà. (2). Materiali per servire alla compilazione della fauna entomologica italiana, ossia elenco delle specie di lepidotteri esistenti negli Stati Sardi. Torino, 1852. - Ved. Pre- fazione, pag. 10. — 160 — una specie, indicai la pianta o le piante (1) di cui il bruco si nutre, il mese o i mesi durante i quali vi abita, e, in qualche caso, anche i danni che arreca agii orti, ai giardini, o ai campi. Feci largo uso di note per citazioni bibliografiche o d'al- tra natura, e spesso ancora per complementi ad alcune delle sopra rammentate parti dei paragrafi. Sarebbe stato, in fine, mio desiderio di porre in fondo al testo qualche tavola con figure colorate, o almeno in nero, per far meglio apprezzare i caratteri distintivi di alcune forme nuove 0 poco note; ma sfavorevoli circostanze me lo impedi- rono. L'insuccesso non mi ha fatto però abbandonare l'idea, che potrò forse condurre in seguito a compimento, se, per ag- giunte 0 correzioni, mi occorrerà di comporre e dare in luce un'appendice alla presente edizione. Affinchè poi a prima vista apparisca quali specie e forme secondarie, tra quelle da me registrate, non furono conosciute dal Eossi come abitatrici della Toscana, premessi al loro nome un asterisco (*) se già comprese nel mio primo catalogo, e due asterischi (**) se in esso pur non citate. Ed ora passiamo ad un riassunto numerico, da cui apparirà di quanto per la speciologia siasi accresciuto, in poco più di un secolo, il complesso delle cognizioni intorno ai ropaìoceri della Toscana. Le specie descritte dal Rossi ammontano a 73, se togliamo da esse la Coìias PMcomone Esp., rispetto alla quale vi fu certo, per parte dell'illustre autore, un equivoco di determi- nazione. Nel mio catalogo del 1869 ne citai 122, non comprendendo in tal numero la RJiodocera Cleopatra L., che, sulla scorta del Boisduval, riferii come varietà maschile alla Rhodocera Rhamni L., da cui però, varii anni dopo, la separai per tra- sferirla nella categoria delle specie distinte, secondo l'opinione (1) Riguardo allo piante ebbi cnra di tener conto soltanto, tra le varie indicate dagli autori per certe specie di lepidotteri, di quelle die alla fiora della Toscana appartengono. — 161 — ormai prevalsa tra i lepidotterologi di maggior fama. D'altro canto mi accorsi ch'eran da cancellare nel mio primo elenco non soltanto la sopra rammentata Colias Phicomone Esp., ma ben anche la Lycaena Sehrus B. e la Melitaea Cynthia Hb., per le ragioni che più oltre dirò. Per queste due correzioni il mio totale del 1869 (122) riducesi a 120. Nella presente pubblicazione il numero complessivo delle specie sale a 135, con un aumento di 62 specie sul totale del Rossi e di 15 su quello del mio primo catalogo. Stando adunque alla somma che dalle seguenti pagine emerge (135) , possiamo ritenere clie la Toscana possegga quasi ^/s delle specie diurne appartenenti alla fauna dell'in- tera Italia. Ma tal proporzione non devesi considerare che come approssimativa ed inferiore al vero, dappoiché restano ancora varie parti del territorio poco o punto esplorate ri- guardo ai lepidotteri. Fra le quali parti credo opportuno di citare, perchè molto più delle altre imj^ortanti, tutta l'alta re- gione del nostro Appennino, alcune porzioni di terreno palu- doso e le principali isole del nostro arcipelago. Le resultanze che ottenni nel 1858 e 1860 passando a scopo di cacce ento- mologiche il mese di luglio e la prima quindicina di agosto a Boscolungo (Abetone) sulle montagne pistoiesi, e quelle che ebbi nel 1857 dalle escursioni fatte al medesimo fine, tra la metà di luglio e la metà di agosto, nelle adiacenze di Porto- ferraio all'isola dell'Elba, danno bene a sperare in nuove, più estese e in vari tempi ripetute indagini per la ricerca di al- tre specie da aggiungere al gruppo dei ropaloceri toscani. Possa questa avvertenza servir di utile eccitamento e di guida a qualche giovane naturalista prevalentemente inclinato al ge- niale studio del più vago tra gli ordini degl'insetti. Assai più che per le specie, largo è statò il progresso nel- l'accertamento delle forme secondarie (varietà e aberrazioni) dagli autori distinte con nomi particolari. Di esse, infatti, tro- vansene indicate come abitatrici della Toscana 8 nelle opere del Rossi, 24 del mio primo catalogo e 61 nel presente. 162 Ecco, per ultimo, come le 135 specie e le 61 forme secon- darie della Toscana si reparton per generi: GENERI Numero deUe specie Numero delle forme secondarie OSSERVAZIONI Papilio Thais Parnassius Aporia Pieris Anthocliaris. . . Leucojjhasia. . . . Colias Riioclocera Thecla Polyommatus. . . Lycaena Nemeobius Cliaraxes ApaU^ra Limenitis Vanessa Melitaea Argynnis Melanargia Erebia Satyras Pararga Epinephele Coenonympha. . Spilothyrus Syrichthvis Nisoniades .... Hesperia Carterocephalus 2 1 2 1 3 1 3 2 8 6 21 1 1 2 3 8 7(*) 10 1 8 10 3 5 4 3 7 1 6 1 135 3 6(*) 2 3 2 4 2 1 1 61 (*) (*') Una specie (cioè la M. Dictynna Esp.) eduna forma secondaria (l'ab. Pyronia Hb.l non mi sembrano abbastanza bene accertate finora. — 163 — Delle molte pubblicazioni di cui mi valsi pel mio lavora mi par qui doveroso di separatamente citarne due, eh' ebbi più spesso tra mano e che mi furono di grande utilità. La prima di esse, meritevole al certo di occupare un posto ono- revolissimo nella biblioteca lepidotterologica italiana, è il Saggio di un catalogo dei lepidotteri d'' Italia compilato dal- l'ingegnere Antonio Curò (2/'' edizione, parte prima, Rliopa- locera ecc.). L'altra, che per una importante porzione della nostra j^enisola fa lodevole seguito alla precedente, è La fauna dei macrolepidotteri della campagna romana e delle provincie limitrofe dell'Italia centrale del signore Enrico Calberla {Die Macrolepidoptereìi fauna der romischen Campagìia und der an- grenzenden Proviìizen Mittelitaliens) . Ai due egregi autori espri- mo i sentimenti del mio grato animo. Esaurito cosi quel tanto che mi ero proposto di dire in questa prefazione, altro non mi rimane che augurare al let- tore, che debbo supporre entomologo, larga copia di quelle modeste ma dolci soddisfazioni che i nostri studi facilmente procurano ai loro operosi cultori. Firenze, li 14 febbraio 1900. Pietro Stefanelli. 164 Sii [ireviaziofii usali nel seguente catalogo. 1. — Nomi d'autori. B = Boisduval. Berg » Bergstrasser. Bkh » Borkhausen. Bon » Bonelli. Cr » Cramer. Cyr » Cvrillo. De Prun. » De Prunner. De Selys. » De Selys-Long- champs. Dup » Duponchel. Esp » Esper. E » Fabricio. Eri- » Ereyer'. Euessl. . . » Fuessly. God » Godart. Hb » Hiibner. Hbst » Herbst. Hufn. ... » Hufnagel. Kn » Knoch. Koll . . . . . =Kollar. L . » Linneo. Lat . » Latreille. Led . » Lederei'. Meig. ,. . » Meigen. 0 . » Oclisenlieimer Pali. .. . » Pallas. Pet . » Petagna. Rbr. ... . » Rambur. Eott. . . . . » Rottembiirg. Schiav. . . » Scliiavazzi. Scliiff. . . » Schiffermiller Schrk. . . » Schranck. Scop. . . . » Scopoli. Stef. . . . » Stefanelli. Stgr. . . . . » Staudinger. Stph. . . . » Stephens. Snlz. . . . » Sulzer. Z . » Zeller. 2. — Indicazione di un' opera composta da più autori. S. Y. = Systematisches Verzeichniss der Schmetterlinge der Wiener Gegend ecc. Wien, 1776. — Ossia: Elenco sistematico delle farfalle dei dintorni di Vienna ecc. Vienna, 1776. 3. T. la T Dint. di Eir. Altre abbreviazioni. = Tutta la Toscana. » Dintorni di Eirenze. generazione jirima. » seconda. var " varietà. ab » aberrazione. (gen. I) (gen. II) (d. n. ab.) » (da noi aberrazione). (d. n. var.) .... ? ( » varietà). s » sopra, sullo, sulla, sugli, sulle. e a. p >- e altre piante. e V. a. p » e varie altre piante. 4. — Segui. (^. = maschio. 'i^cf » maschi. g » femmina. Qp » femmine. * » Specie o forma secondaria non conosciuta dal Rossi, ma ci- tata nel mio precedente catalogo. ** » Specie o forma secondaria non conosciuta dal Rossi e non citata nel mio precedente catalogo. (?) » Specie, o varietà, o citazione, o determinazione ecc. dubbia. AVVERTENZA. — L'elenco bibliografico verrà posto in fondo al catalogo. — 165 - G^^T-A^LOOO RHOPALOCERA. I. PAPILIOÌVIDAE. Gen. PAPILIO L. Podalirius L. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 141, ii. 987. T. la T. — Dal principio a circa la metà della primavera. — Giardini, orti, pomari, campi ecc. ■ — Piano, colli, monti. — Comune. In Toscana, come in gran parte del rimanente d'Italia, il Podalirius tipico (quello cioè col disopra dell'addome tutto nero) proviene soltanto dalle crisalidi che passarono il verno, e perciò non si trova che nel sopra indicato periodo della buona stagione. Qualche individuo se ne vede talvolta nei luoghi bene esposti e caldi di pianura e di collina fin dagli ultimi giorni di marzo. Frequente, pur nei piani e sui colli, divien poi nell'aprile, e d'ordinario scompare poco dopo in- cominciato il maggio. Più o meno in ritardo suol mostrarsi sui monti, secondo la varia loro altitudine e posizione. Il Podalirius in forma tipica o secondaria ama, nelle ore più calde del giorno, di posarsi e intrattenersi sulle vette de- gli arboscelli, o sui rami alti degli alberi. Se non è disturbato, scioglie di tanto in tanto un breve, leggiero ed unitissimo volo, quindi torna a fermarsi nel punto stesso da cui parti, o — 166 — in un altro vicino. E cosi di seguito per un tempo spesso as- sai lungo. La larva appare da giugno a settembre sul pesco, s. man- dorlo, s. susino di macchia (Prunus spinosa) e s, a. p. In qualche annata di straordinario sviluppo reca notevole danno a varie sorta di alberi fruttiferi. ** ab. (gen. II) Zanclaeu s Ti. Il disopra dell'addome intei-araente. o quasi, bianco, massime nelle ^^{1). Quest'aberrazione differisce dal nostro PodaUrius tipico, os- sia da quello che sviluppa soltanto in primavera (2), anche pei seguenti caratteri secondari. Ha in generale una statura più grande, il fondo delle ali più biancheggiante, il margine addominale debolmente grigio al disopra o anche bianco (3), le due seguenti fasce nere (pagina stessa) più sottili e più brevi, e le appendici caudali più lunghe di quanto esigerebbe il totale aumento di statura dell'animale (4). Lo Zanclaeus ben caratterizzato s' incontra in scarso nu- mero dalla fine di giugno alla metà di agosto, frammisto a (1) Il bianco che ricopre in gran parte o tutto il disopra dell'addoine deriva da un sottile polvisculo, che spesso nei QQ annerisce durante o dopo la disseccazione dell'animale a motivo di una materia grassa proveniente dai sottostanti tessuti. In conseguenza di ciò, assai di rado si vedono nelle collezioni, comprese quelle italiane, esemplari maschili di Zanclaeus col principale carattere d'istintivo dell'aberra- zione ben conservato. Ma a questo inconveniente potrebbesi rimediare, se incomodo ed anche alquanto costoso non fosse il correttivo, tenendo l'insetto per alcuni giorni immerso in un bagno di etere solforico concentrato e poi rimettendolo in mezzo all'aria. (2) Nell'Europa centrale sviluppa anche in estate e differisce allora dal nostro tipo, unicamente primaverile, per essere più grande (senza giunger però alla statura dello Zanclaeus) e per avere molto meno proni^nziata l'orlatura nera del margine addominale (ved. nota seguenteì e la prossima fascia della stessa tinta. (3) Nel nostro PodaUrius primaverile, e in special modo negl' individui di più precoce sviluppo, il margine addominale ha una larga orlatura di un intenso nero, •con la quale combacia, o quasi, la contigua e pur larga e nerissima fascia longi- tudinale. (4) La var. Feisthamelii Dup. (propria della Spagna e del Marocco), la quale ha pure individui (probabilmente estivi) con l'addome in parte o in totalità bianco e — 167 — individui che meno dissomigliano dal tipo e che rappresentano graduali passaggi da esso alla forma in discorso. Questi indi- vidui vedonsi anche, ma senza la contemporanea presenza del perfetto Zanclaeus, nel maggio ed in parte del giugno. Machaon L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 141, n. 988. T. la T. — Primavera, estate, autunno. — Giardini, orti, campi, terreni incolti, pascoli, ecc. — Piano, colli, monti. — Comune. Di rado, nei luoghi almeno da me visitati in Toscana a scopo di cacce entomologiche, s'incontrano individui riferibili al tipo di questa specie. Essi però non corrispondon del tutto, ma solo mediocremente, a quelli dell'Europa settentrionale e media per la strettezza della fascia nera che nella pagina su- periore segue il margine esterno delle quattro ali, per lo scarso sviluppo, nelle inferiori, delle macchie azzurre, per l'abbon- danza e pel debole tono del giallo costituente il fondo, ecc. (1). il fondo delle ali più biancheggiaute che il tipo, non può andar confusa con la nostra ab. Zancìaeus, da cui la distinguono 1.° le fasce longitudinali nere alquanto più larghe e di una tinta più intensa; 2." la parte aranciona delle macchie ocellari toc- cauti il margine addominale delle ali inferiori, che è più accesa, più stretta, tutta unita in larghezza a modo di sottile nastrino e raolto arcuata ; 3." il color giallo sulla costola delle ali anteriori nei tratti compresi tra le fasce longitudinali nere. (1) Ir un lavoro « Sull'influenza dell'isolamento nella formazione delle specie « il professore Augusto Weisniann dice a pag. 76: « tutti gli esemplari che io posseggo di Papilio Machaon di varie provinole italiane hanno al disotto delle ali inferiori, nelle cellule 5.^ e 7.^, macchie di color rosso ruggine, che mancano negli esemplari tedeschi ". Ma in una nota posta in fondo alla pagina stessa avverte che riferisce tal fatto con riserva, perchè il numero degli individui da lui esaminati non è grande abbastanza per autorizzarlo a formixlare una conclusione pienamente si- cura. Parecchi anni dopo, il signore Enrico Calbe)'la osservò (come si legge nella si^a u Fauna dei macrolepidotUri della campagna romana e dei paesi limitrofi dell' Italia centrale «) che nei Blachaon delle adiacenze di Roma le supposte macchie caratteri- stiche delle cellule 5.^ e 7.* non sono costanti, mancando spesso l'una o l'altra, o essendo appena accennata, u Del resto ", egli aggiunge, u posseggo anche degli esem- plari tedeschi che non differiscono da quelli italiani su questo rapporto «. Il disaccordo delle indicazioni fornite dai due autori mi fece nascere il desiderio di ripeter la indagine sui Machaon dei dintorni di Firenze. Al qvial desiderio mi fu — 168 — Frequentissima, invece, è una forma intermedia con carat- teri elle la rendono molto più prossima all'aberrazione Sphy- rus che al tipo. Grl' individui primaverili (come avvertì l'ing. Curò) hanno, specialmente in pianura, il color giallo del fondo più chiaro che quelli delle successive generazioni. Rapido, vigoroso e di sovente alternato da bruschi cangia- menti di direzione, è il volo del P. Machaon. Per ciò, volendo dargli facile caccia, convien coglierlo a fermo su varie piante fiorite che predilige, tra le quali primeggiano il trifoglio e l'erba medica dei campi e delle praterie, e lo scardiccione giallo dei siti incolti, sterposi e molto battuti dal sole. Il bruco si nutre, al cominciar dell'estate e nell'autunno, di carote (foglie), finocchio, ruta, prezzemolo, ferula e a. p. agevole l'ottemperare con alquanta larghezza in grazia di oltre un centinaio d' in- dividui di detta specie, che avevo disponibili e che erano stati da me direttamente raccolti. Nell'esame di essi tenni conto, anziché di due sole (quelle cioè rammentate di sopra\ di tutte le macchie cuneiformi di color ruggine comprese entro le cellule o spazi internervali, valutati, riguardo alla posizione, in ordine progressivo dall'angolo anale al margine anteriore. Ecco il riassunto di ciò che osservai: Con macchie nelle cellule ce a a «5 c35 , ijur differendo da essa per gli — 179 — Di ut. di Fir. — Assai comune nel luglio ed al principio di agosto sulle colline fìesolane, ove nel 1875 la rinvenni per la prima volta e dove, da allora in poi, 1' ho ogni anno rac- colta (1). Una bella $ , che con piacere osservai in una pic- cola collezione del signor Ruggero Verity, fu da questi tro- vata presso il Forte dei Marmi il 27 di luglio del 1899. ** ab. Erganoides Stef. Il disotto di ambedue i sessi corrisponde perfettamente a quello della P. Ergane Hb. di Dalmazia, di Grecia e dell'Asia Minore, sia per l'as- senza delle macchie nere nel disco delle ali anteriori, e sia pel colorito (giallastro con fitta velatura nera) delle ali posteriori. Nel disopra il (^ difterisce dalla detta specie per la macchia apicale delle prime ali, che è stretta e ad arco, anziché a rettangolo, e per la macchietta mediana che le succede in basso, la quale trovasi un poco meno vicina al margine esterno, quantunque più j^rossima ad esso che nella P. Papae tipica. Il disopra della ^ somiglia moltissimo a quello delV Ergane. La statura dei due sessi è all' incirca come in quest'ultima, ma le ali anteriori, parti- colarmente nel o, sono più lai-glie al margine esterno. Dint. di Fir. — Sulla fine di marzo e nella prima metà di aprile. — Insieme al tipo. — Non frequente. Napi L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 143, n. 992. T. la T. — ■ Marzo e aprile. — Ovunque, ma specialmente sulle praterie e sulle sponde erbose dei piccoli fiumi e dei tor- spazi basali bianchi al disopra (invece che nereggianti), per la macchietta discoidale delle ali anteriori più sviluppata in ambedue le pagine, e pel disotto delle seconde ali molto meno velato di bruno. (1) Più volte ho trovato in estate sulle colline che circondan Firenze qualche esemplare (q © 2) di P. Rapae coi caratteri della var. Rossii, ma di si esigua sta- tura da pareggiare o superare di poco quella della Lyc. Bellargus. Tali individui — che sono al certo da considerarsi come prodotti di uno sviluppo imperfetto, dipendente da anticipato incrisalidimento della larva per difetto di cibo o per cause morbose — non credo clie possansi con buon fondamento riferire alla var. minor del prof. Ga- briele-Oronzio Costa {Fauna del Regno di Napoli ecc. Lepidotteri). La qual varietà probabilmente comprende soltanto i più piccoli esemplari di una forma particolare (forse la P. Rapae var. Dehilis Alplieralaj), che, secondo recenti osservazioni, abita — 180 — rentelli. — Piano, colli, monti. — Comune. — Vola insieme alle varie foj-me primaverili della P. Rajìae. Trovansi spesso nel sesso maschile individui privi del con- ij sueto punto nero nella pagina superiore delle prime ali. Non ' è inoltre infrequente che nel disopra delle medesime ali man- chi pure o sia ridotta ad una debole traccia la macchia apicale. La larva rode le foglie dei cavoli, delle rape, dei ramolacci, della Reseda lutea e luteola ecc. Qualche volta reca notevole, ma (da noi almeno) giammai grave danno agli orti. * var. Napaeae Esp. Nel disotto delle seconde ali la listatura delle nervature è completa come nel tipo, ma molto più chiara e d'ordinario più stretta, specialmente tra il contorno inferioi'e della cellula discoidale e il margine esterno. La statura è, in generale, alquanto maggiore di quella della P. Napi tipica (1). Dint. di Fir. e forse t. la T. — Seconda metà di maggio e principio di giugno; ottobre e primi giorni di novembre. — Orti, giardini, campi e luoghi incolti, purché ricchi di vege- tazione e ben soleggiati. Incontrasi frammista alla P. Bapae. — In scarso numero nell' indicato periodo di primavera; co- mune invece in quello autunnale. Avanti la comparsa autunnale della vera var. Napaeae, mostransi, nel settembre, frequenti forme intermedie, che dalla var. Meridionalis Stgr. insensibilmente a quella conducono. Non ho potuto per anche accertare se (come sembra proba- bile) in primavera sia pur graduale il passaggio dal tipo alla perfetta Napaeae. vari ijunti dell'alta regione appenninica, e che molto somiglia alla vera Pieris Er- <]ane Hb. della penisola dei Balcani e dell'Asia Minore. Tal forma sembra che sia stata in passato scambiata da qualche entomologo con la detta P. Ergane. (1) Questa varietà, inesattamente descritta da vari autori, trovasi rappresentata molto bene dall' Esper (tav. 116, fig. 5) e con minor precisione, quanto al disotto, dall'Hiibner (fig. 664 e 665). — 181 — ** var. Me r i dio n ali s Stgr. (1). Nel disotto delle seconde ali manca affatto la listatura delle nerva- ture, o è ridotta a pochi tratti (2 o B) grigiastri, che partendo dalla base, non oltrepassano il mezzo dell'ala. Nel disopra del O gli spazi basali, anziché neri o nereggianti, sono bianchi. La statura eguaglia e spesso anche sorpassa quella della precedente varietà. Diffusa probabilmente come la forma tipica. — Molto co- mune nei dint. di Fir. dalla fine di giugno a tutto agosto. — Frequenta, in unione alla P. Rapae estiva ed alla var. Bossii, i medesimi luoghi che ho rammentati per la var. Napaeae. Tra gì' individui femminili che hanno il disotto delle &,li inferiori privo al tutto di velatura grigia sulle nervature, non è molto raro di trovarne alcuni che per abbondanza di nero nella pagina superiore delle ali anteriori possono a primo colpo d'occhio sembrare § $ della var. Rossii. Ma se si os- servano con attenzione, non si tarda a vedere che posseggono caratteri differenziali più che bastanti per distinguerli con si- curezza da quelle. Accennerò i principali. Le ali anteriori di questi individui hanno il margine esterno più convesso che le $ $ della var. Rossii. La prima delle due macchiette, che nel disopra delle medesime ali susseguono alla grande mac- chia dell'apice, è in essi (invece che sensibilmente quadrilatera e sjjesso dentata) rotonda o un poco ovale e, salvo rare ecce- zioni, con una esigua ma ben visibile sinuosità che guarda il mezzo del disco. L'altra macchietta (quella cioè prossima al margine posteriore) è assai più grande che nelle $ $ della var. Rossii, bislunga nella direzione della larghezza dell'ala e non lunulata. Le due predette macchiette son collocate in modo (1) La var. Meridionalis fa in passato confusa con la vera var. Napaeae Esp. e, in consegnenza, compresa sotto il nome di questa in vari cataloghi di lepidotteri italiani, tra i quali il mio del 1869. — 182 — che, stando 1' insetto ad ali aperte e un po' divaricate come si soglion disporre negli esemplari da collezione, una linea retta che passi pel mezzo delle macchiette medesime traversa, pro- seguendo in basso, il margine anteriore delle seconde ali in un punto che è più o meno, ma sempre alquanto distante, verso la base, dal dente nero — mentre nelle $ $ della var. Rossii una tal linea traversa il margine stesso passando pel dente nero, o rasentandone il contorno. Daplidice L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 144, n. 994. T. la T. — Estate ed autunno. — Campi, luoghi incolti ecc. — Piano, colli, monti. — Assai comune nei dint. di Fir. Bruco alla fine della primavera ed in estate sulla Reseda lutea, s. Turritis glabra^ s. Sisymbrium erucastrum e S. sopJiia, s. Thlaspi arvense e s. varie altre piante della famiglia delle cruci fere. * var. (gen. I) B e Ili di e e 0. Il disotto delle ali inferiori col fondo di un verde più cnpo che il tipo e le macchiette bianche più piccole. Molto ridotte le parti nere nel diso- pra di ambedue i sessi. Statura minore che nella Daiìlidìce tipica. T. la T. — Primavera. = Nei medesimi luoghi abitati nella successiva stagione dal tipo. — Comune. Gen. ANTHOCHARIS B. * Belia Cr. Fu trovata dal Mann, durante il maggio ed il giugno, nei dintorni di Livorno e di Pisa.' — Non frequente. Affermano alcuni autori, ma non sembra per anche ben certo, che la larva, adulta nel luglio, si nutra dieW Erucastrum incanum {Sinapis incana) e della Barharea vulgaris. — 183 — * var. (gen. II.) Ausonia Hb. Il disotto delle ali inferiori con le parti verdi molto più ciliare che nel tipo e cosparse di giallo-zolfo; le macchie bianche i)iù grandi e non madreperlacee. Diut. di Fir., Figline uel Valdarno superiore, Livorno, Grosseto. — Fine di primavera e principio di estate. — Prati, balzi erbosi, campi di biade ecc. — Mostrasi in generale non comune, e in certe annate rara. Nel 1896, con mia viva sorpresa, ne incontrai e raccolsi due esemplari freschissimi (cf $ ) il 13 settembre presso Fie- sole. Forse tale ritardo di apparizione ebbe origine dall'ecce- zionale andamento della estate, che fu in quell'anno da noi molto piovosa e con temperatura atmosferica alquanto infe- riore alla normale. ** var. S i m p Ionia Frr. — Ma r e h a n d a e H. G. Il disotto delle seconde ali di nn verde più deciso e meno cosparso di giallo che neW Ausonki e, come in questa, con le macchie bianche non madreperlacee. Le parti nere contigue all'apice e all'orlo costale nel di- sopra delle ali anteriori della Q più grandi, e gli spazi basali in ambedue i sessi più nereggianti e più vellutati sulla pagina stessa delle medesime ali e delle iufeiiori. Alla qui indicata varietà credè il Mann di poter riferire alcuni esemplari da lui raccolti sulla fine di giugno, insieme alla Bella tipica, a Montenero presso Livorno. Ma a me sem- bra che l'asserzione del precitato entomologo meriti di esser confermata da nuove osservazioni. Cardamines L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 144, n. 995. T. la T. — Aprile e maggio nei piani e nelle basse col- line; giugno e luglio sui monti. — Contorno dei boschi e larghe radure interne di essi, purché ben soleggiati e con vegetazione — 184 — erbacea; praterie, balzi erbosi dei campi ecc. — Comune in varie parti dei dint. di Fir.; abbondantissima poi sopra certe aree di terreno (pur talvolta assai piccole), dalle quali par che provi una decisa ripugnanza ad allontanarsi di lungo tratto. I e/ cT sono sempre in grande eccedenza di fronte alle $ 5 , e gl'individui dell'ultimo sviluppo sogliono avere una statura alquanto maggiore di quella dei precedenti. Non è diffìcile il procurarsi nelle adiacenze fiorentine esem- plari maschili col punto nero delle ali anteriori appena ap- pena discosto dalla parte bianca. Nessuno però ne ho trovato finora che esattamente corrisponda alla var. Turritis 0., pro- pria della Sicilia; nella qual forma il detto punto è a per- fetto contatto con la porzione bianca dell'ala. La larva abita sulla Turritis glabra^ s. Cardamine impa- tiens e s. Cardamine pratensis nei mesi di giugno e di luglio. * Euphenoides Stgr. — Eupheno Hb. Qualche rappresentante di questa specie fu rinvenuto dal signore Apelle Dei nella campagna senese e, alcuni anni dopo, dal Mann presso Livorno sul principio di giugno. Nel 1868 mi parve, verso la metà di aprile, di vederne un esemplare di sesso femminile sopra un piccolo prato posto a breve distanza dal luogo denominato Baronia nei dint. di Fir., ma non riu- scii ad impadronirmene. Da allora in poi, nessun individuo di A. Euphenoides è stato da me o (ch'io sappia), da altri raccolto 0 veduto nell'agro fiorentino. II bruco vive sulla Biscutella laevigata nel luglio. — 185 — Gen. LEUCOPHASIA Stph. Sinapis L. (1) — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 14B, u, 993. T. la T. — Fine di primavera, estate ed autunno. — Siti erbosi, boschetti ecc. — ■ Piano, colli, monti. — Assai comune il (/, infrequente la $ . — Vola insieme alla var. Diniensis. Bruco s. Lotus corniculatus, s. Lathyrus pratensis e s. altre leguminose nei mesi di maggio, giugno e settembre. * var. (gen. I.) Lathyì'i Hb. (2). Il disotto delle ali iuferiori col fondo verdastro più o meno scuro e le nervature e le fasce parallele molto più sviluppate che nel tipo e di un bruno assai cupo. T. la T. — Marzo, aprile e principio di maggio. — Nei medesimi luoghi in cui successivamente si mostra il tipo. — Molto comune il ^^ ^ poco la $. * var. (gen. II.) Diniensis B. Il disotto delle ali inferiori bianco-giallastro, senza traccia di fasce scure. T. la T. — Estate ed autunno. — Insieme alla forma ti- pica, ma, nei dint. di Fir., molto più copiosa pel sesso ma- schile. La $ assai di rado s'incontra. ab. 5 Erysimi Bkh. — Rossi, pag. e n. citati pel tipo, ove è detto: « Sexus alter variai alis totis albis ». Tutta bianca al disopra e nella pagina inferiore delle prime ali. Bianco-giallastra, senza nessun segno scuro, nel disotto delle ali poste- riori. (1) Credo non affatto superfluo di rammentare che il tipo linneano, molto spesso confuso nelle collezioni con la varietà primaverile {Lathyri Hb.), ha il disotto delle ali inferiori col fondo bianco-giallastro o paglierino chiaro e le fasce parallele di un debole grigio-cinereo o di una tinta poco più scura. (2) Quello che nel mio primo catalogo (§ 14) dissi a proposito della Sinapis prima- verile, ossia della prima generazione, si riferisce alla qui indicata var. Lathyri, e non già al tipo, come allora erroneamente credetti. Anno XXXII. 13 — 186 — Con la precedente varietà. In scarso numero. Nella seconda metà della primavera e talvolta anche al principio dell'estate appare, ma non frequente, una forma in- termedia, elle j)otrebb6 dirsi un^ Erysimi incompleta. Essa è interamente bianca al disopra, ma più o meno raggiata di scuro nel disotto delle seconde ali, che hanno nella pagina stessa il fondo di color paglierino. Gen. COLIAS F. Hyale L. — Palaeno Esp. — Eossi, Fn. etr., t. II, j)ag. 144, n. 996 (1). T. la T. — Da aprile a ottobre. — Praterie, campi, luoghi incolti. — Piano, colli, monti. — Dove molto, dove mediocre- mente e dove poco comune. Abbondante in alcune parti dei dint. di Fir., come, ad esempio, in Pian di Mugnone dietro Fiesole. Larva nel giugno e nel settembre sulla Coronilla viaria e sopra un considerevole numero di altre piante appartenenti ai generi Trifolium, Medicago e Vida. ** Chrysotheme Esp. È annoverata dal Mann tra le specie ch'egli raccolse nel- l'aprile del 1872 a Pratovecchio. Non si sa con certezza su quali piante abiti il bruco, ma è da supporsi, come scrisse il Curò, che si nutra di varie legu- minose erbacee. (1) Malgrado la dichiarazione u alis integerrimis flavis " contenuta nella frase ri- prodotta dal Kossi, è molto probabile, per non dire certo, che sotto il nome di Palaeno egli abbia inteso d' indicare soltanto la ^ dell' Hyale di Linneo e del Fabricio. La qual cosa deducesi : 1." dalle figure dell'Esper e dello Schaeffcr, di cui fa unicamente menzione; 2." da quello che nella seguente nota esporrò. — 187 — Edusa F. — Hyale Esp. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 144, n. 997(1) (cf). T. la T. — Quasi tutto l'anno. — Campi, praterie e luoghi incolti. — Piano, colli, monti. — Molto comune. GÌ' individui che appaiono sul cominciare della primavera sogliono essere alquanto più piccoli di quelli che sviluppano nell'estate e nell'autunno. Tra i secondi e tra gli ultimi non di rado s'incontrano nei dint. di Fir. bellissimi esemplari, particolarmente maschili, di grande statura, d'intenso colorito e con maggiore abbondanza di nero al disopra che i comuni individui. — Nelle $ $ varian molto per numero e per gran- dezza le macchie gialle comprese entro le fasce nere nel diso- pra delle ali anteriori. Larva su varie specie dei generi Ct/tisiis, Lotus e Vieta nei mesi di giugno, agosto e settembre. ** ab. (/ F (lilla e Stef. Dai « Materiali per la Fauna lepidotterologica della Sicilia » rilevasi a pag. 25 che il signor Luigi Failla-Tedaldi raccolse in quell'isola un (^ di C. Edusa « con tutte le nervature gialle bene spiccate e che arrivano sino al margiìie di tutte le ali». Maschi eguali o molto simili a quello — cioè con le fasce antemarginali (tanto anteriori quanto posteriori) striate di giallo lungo il percorso di tutte le nervature che le attraversano (2) — trovansi spesso, e qualche volta anche in mediocre numero, nelle adiacenze iiorentine. Volano da aprile a novembre insieme al tipo e a varie forme intermedie, nelle quali la striatura è più (1) Mi pare evidente che il Rossi sia caduto nel medesimo errore in cui cadde lo Scopoli, dando per ^ alla vera Edusa il Q dell'i7(/«Ze di Linneo e del Fabricio. In fatti, nel penultimo verso del numero citato il nostro autore- dice: « Mas alis auran- tiis, /emina sulphureis ". (2) Pei collettori molto giovani rammento che nella C. Edusa normale sono gialle soltanto, entro le fasce nere delle ali anteriori, quelle 4 o 5 nervature che vanno al- l'apice, o in prossimità di esso. Tutte le altre, sì delle prime come delle seconde ali, sono nere. — 188 — 0 meno sviluppata. Al pari degl'individui tipici, i cf • • • • dS? I f rfP ^. (^> — 217 — CENNI BIOGRAFICI DI FERDINANDO PICCIOLI A clii tiene fiso lo sguardo della mente in quelle serie in- finite di fatti e di cose che hanno luogo in natura, e che non si misurano con le convenzionali divisioni del tempo, ma che dal loro stesso congenito ritmo, dal loro ciclo evolutivo trag- gono speciale ragion d'essere, più che ad ogni altro mortale deve sembrare troppo fugace il succedersi degli avvenimenti, troppo rapido sopra a tutto il trascorrere della vita umana. Ond' è che il naturalista vorrebbe indefinitamente aver modo e misura per analizzare, determinare, sintetizzare. E pur nell'animo del compianto amico, del consocio nostro carissimo Ferdinando Piccioli devono essere apparsi, quasi il- lusione di miraggio, splendori di lusinghiere immagini in lon- tano avvenire per altri e nuovi risultati delle opere sue, delle sue ricerche e dei suoi studi, ai quali la vita, sebbene non breve, anco a lui non fu bastante. Ciò è dimostrato, se non da altro, dal fatto stesso che, mentre 1' infermità, pur serbandogli integre le facoltà della mente, lo aveva tolto negli ultimi dieci e più anni alla vita attiva dell'Entomologia, il pensiero ebbe egli sempre rivolto a questa scienza; ed i periodici, le pubbliòazioni che trattano dei minimi viventi lo interessarono incessantemente, gli resero efficacissime distrazioni e validi conforti nelle lunghe sofferenze sopportate con animo sempre sereno. Anno XXXII. 15 — 218 — L'amore alle scienze naturali era in lui profondamente sen- tito, perchè innato e quasi ereditario. Fu infatti Ferdinando il nipote di Giuseppe Piccioli, che era stato chiamato al posto di Giardiniere Botanico del Museo di Storia Naturale dal fondatore del Museo stesso il Granduca Pietro Leopoldo e che scrisse varie opere botaniche; e fu il figlio di Antonio, Giardiniere anch' esso del medesimo stabili- mento. Siccome la famiglia, per ragione di ufficio, abitava nel Museo, qui ebbe la vita Ferdinando Piccioli il 26 Luglio del 1821; e per delegazione venne tenuto al Fonte Battesi- male da S. A. I. e E,, Maria Ferdinanda di Sassonia, da poco tempo sposa al Granduca Ferdinando IIL A soli sette anni perde la madre Sig. Luisa, nata Chelli; donna di animo gentile e cultrice appassionata della musica. Fece i primi studi fino al latino ed al greco sotto i Padri Scolopi; finche, più avanti negli anni, frequentò le lezioni della Scuola di Medicina nello Spedale di S. M. Nuova. Ma non gli fu concesso di ottenere la desiderata laurea di Medico; perchè appunto in quell'epoca, colla sop^Dressione della detta Scuola, venne stabilito che dovessero iscriversi all'Università di Pisa tutti coloro che volevano compiere tali studi; cosa che le condizioni economiche della famiglia non gli permisero. Svanita questa prima speranza ed incominciate così le lotte combattute contro avversità dominanti in tutta la sua vita scientifica e domestica, volse la mente alla Storia Naturale; e, profittando degli insegnamenti del padre per la Botanica, e delle lezioni dei Professori del Museo Antonio Targioni-Toz- zetti, Nesti, Mazzi e Passerini per gli altri rami, potè in breve farne propri gli elementi. Ebbe giovanissimo la prima nomina di Apprendista, uffi- cio intieramente gratuito. Onde, per supplire in qualche modo alle sue limitate condizioni economiche, si occupò nel fare pu'e- parazioni di Anatomia comparata per conto del Museo e dello Spedale, e nel raccogliere ed ordinare collezioni di vario genere. In questo periodo, nel quale incominciarono a ben delinearsi — 219 — iu lui le doti di intelligenza e di operosità, egli attese mag- giormente alla propria istruzione, per la quale quei vasti mezzi di studio, quei Professori, quell'ambiente insomma gli procu- ravano modo in vasta misura. 11 Professore Carlo Passerini sopra a tutti colla sua bontà di animo e colla sua dottrina fu specialmente quegli che seppe ispirargli il culto per l'Entomologia; e verso di lui il Piccioli professò sempre grande venerazione come discepolo e profondo affetto come amico. Chi scrive ricorda con grata compiacenza come il Piccioli raccontava entusiasticamente tutte le minute indagini fatte da lui e dal fratello Demetrio nei terricci dell'Orto botanico, sotto la direzione del Passerini, quando questi eseguiva i suoi clas- sici studi per giungere a conoscere il ciclo biologico del più grande dei nostri Imenotteri, la Scolia flavifrons; e con Cjuanta ammirazione parlava del modo con cui fu scoperto il parassi- tismo delle larve di questa nelle larve di Or/jctes nasicornis. Il 16 Griugno 1842 gli sopraggiunse il dolore grandissimo della perdita del padre. In quello stesso anno corse pure pe- ricolo di essere colpito dal tetano, in seguito ad un morso ri- cevuto al tendine di Achille da un Tasso di America che egli credeva aver quasi addomesticato. Ne ebbe lunghe sofferenze; alle quali si aggiunse lo sgomento per le condizioni economi- che rese ben tristi dopo la morte del padre, giacche nessuno sti- pendio fisso eragli ancora stato concesso. Ed allora i dolori fisici e morali eran quasi per soggiogare la sua forza di animo, quando la benevola intercessione del Professor Mazzi, che lo aveva curato nella malattia, fece si che il Direttore del Mu- seo, Marchese Vincenzo Antinori, dal quale pure era il Pic- cioli amato e stimato, gli procurasse il posto di Giornaliero presso il Professore di Zoologia e di Anatomia comparata, il 15 Marzo 1845, con lo stipendio ben misero di due Lire to- scane al giorno. Bastò questo non lauto compenso ai molti anni di la- voro gratuito per infondere nuova lena nell' animo del Pie- — 220 — cicli, perchè ciò era almeno una certezza del presente e quasi una promessa per l'avvenire. Ed egli infatti con tanto ardore intraprese l'adempimento dei suoi nuovi doveri, e tali prove dette di perfetta conoscenza dell'Anatomia comparata e della Zoologia, che con sovrano Motuproprio del 19 Maggio 1852 venne nominato Dissettore anatomico ed incaricato delle fun- zioni di Aiuto al Prof. Passerini per l'Entomologia e per l'Or- nitologia, In tale qualità egli eseguì sotto la direzione del Prof. Mazzi varie preparazioni anatomiche; le quali, riprodotte in cera dal valentissimo Egisto Tortoli, figurano nelle collezioni di Anato- mia del nostro Museo. Ed anche il riordinamento delle colle- zioni zoologiche venne da lui compiuto, insieme ad altri lavori, cosi onorevolmente che un Rescritto Sovrano del 10 Settem- bre 1858 gli conferì l'ufficio di Aiuto alla cattedra di Zoologia e di Anatomia comparata. Un altro attestato di fiducia e di stima ricevè pure il Pic- cioli in quel tempo dalla direzione del Museo; giacché, mentre presso Livorno si estraevano da Montetignoso i materiali per la costruzione del nuovo porto, vennero dal Marchese Carlo Strozzi segnalati in quelle roccie dei Mammiferi e Molluschi terrestri e marini, fossili di rilevante importanza; ed al Pic- cioli fu dato incarico di recarsi sul posto e di impedirne la dispersione, inviandone i migliori esemplari alle collezioni pa- leontologiche del Museo di Firenze. L'alba del risorgimento unitario di Italia così bella di rosei colori, così lieta, così ricca di grandiosi ideali fu causa di nuovi sconforti per il nostro Piccioli. Egli infatti nel giorno 27 Aprile del 1859, non solo fu addolorato per quei vincoli di affetto e di riconoscenza che lo avevano unito alla famiglia del Principe nel veder questo partire per sempre dalla Toscana, ma sentì pure in quel giorno stesso sfuggire sotto al suo piede il principale gradino che doveva dargli accesso al mondo uffi- ciale degli scenziati. Stava infatti allora per essere pubblicato il Decreto che lo nominava Professore Aggregato per 1' Ento- 221 — mologia, in sostituzione del compianto Prof. Passerini. In spe- cial modo poi lo amareggiò la lontananza del giovane Arciduca Luigi Salvatore di Lorena; il quale, occupandosi di Scienze naturali e particolarmente di Entomologia, ebbe nel Piccioli più che un maestro un consigliere efficacissimo. Di che fanno testimonianza tutte le opere scritte di poi dal detto Arciduca, ed inviate in dono al Piccioli con le più lusinghiere ed affet- tuose espressioni. Ma nondimeno la riconoscenza personale e la profonda gratitudine non turbarono l'animo suo nella sede di più elevate virtù; e lo svolgersi dei nuovi destini che si preparavano alla patria trovò in lui un cittadino esemplare ed un funzionario zelantissimo nel compimento dei . propri doveri. Lifatti un decreto del nuovo Governo della Toscana del 22 Dicembre 1859 non tardò a confermarlo Aiuto alla catte- dra di Zoologia comparata nel nascente Istituto di Studi Su- periori e di Perfezionamento. E nell'anno 1861 tornò, il Piccioli a compire un nuovo e radicale riordinamento delle collezioni dei Vertebrati, per com- missione del Direttore Marchese Cosimo Ridolfi, succeduto al- l'Antinori. Nel brevissimo tempo di due mesi, in cui fu com- piuto tale lavoro, dovè pure attendere ad ordinare parte della collezione che il Museo mandava alla prima Esposizione ita- liana tenuta in Firenze; alla quale per propria iniziativa con- corse ancora il Piccioli con una raccolta di Imenotteri e con i resultati delle sue indagini sull'allevamento di un nuovo baco da seta dell' Ailanto, V Attacus cynthia vera; per le quali cose fu premiato con medaglia di bronzo. Ne i suoi studi, né le sue occupazioni di laboratorio gli toglievano modo di associare le cognizioni apprese sui libri con quelle preziosissime per il naturalista che si acquistano direttamente sul gran libro della natura, -cioè coU'osservazione in aperta campagna. Poiché l'innata attività ed il desiderio di raccogliere sempre nuovi materiali di studio lo spingevano a frequenti gite ed escursioni; e fu in una di queste, eseguita 222 — uel 1SG2, che, ritornando da Monte Senario, in compagnia del Prof. Cesare D'Ancona e dell'ornitologo Benvenuti, egli andò a rischio di perdere la vita per le gravi ferite riportate nella caduta dal legno, trascinato dal cavallo a corsa vertiginosa per una ripida discesa. Altri dolorosi particolari della sua esistenza ebbero luogo quando il Direttore gli propose il posto lasciato vacante dal Prof. Mazzi alla cattedra di Zoologia dei Vertebrati; infatti, sia che egli avesse per indole una repugnanza eccessiva ed invincibile a far pubbliche lezioni^ sia perchè egli preferisse i suoi studi prediletti di Entomologia, chiese di essere invece nominato Professore Aggregato per l'Entomologia, posto che a lui era quasi stato conferito nel 1859. Ma, nonostante la benevolenza e la stima che aveva per lui il Direttore Marchese E-idolfi, la cosa non fu possibile; ed invece gli venne assegnato un ufficio di ordine amministrativo col titolo di Sotto Ispet- tore e Conservatore dei Cataloghi, per effetto del R. Decreto in data o Ottobre 1864. Tante avversità, e lo sconforto che invasero quell'animo sensibilissimo, e sempre quasi sospettoso che tutto e tutti po- tessero attentare al suo decoro ed alla sua dignità, non giun- sero a soffocare l'amore all'Entomologia; e, siccome le nuove attribuzioni non gli avevan recato troppo gravi doveri, il Pic- cioli potè aver agio di frequentare il Gabinetto degli Inver- tebrati per cercarvi nella scienza più lieto e geniale lavoro e quei conforti che trovò larghissimi nella benevolenza e nella stima che seppe acquistarsi dal Prof. Adolfo Targioni-Tozzetti. E allora un nuovo periodo di iniziativa scientifica inco- minciò per Ferdinando Piccioli. L'impianto della grande col- lezione dei Coleotteri Italiani che l'occupò per lunghi anni; le questioni di Entomologia applicata all'Agricoltura; il rior- dinamento di vecchie collezioni d'insetti in quel Gabinetto at- tirarono tutta l'opera sua. Oltre a ciò le relazioni di amicizia da lui con la media- zione della Entomologia così ben cementate co' signori Ales- — 223 — sancirò Haliday, inglese, ed Emilio Von Brnck, di Crefeld, col Maggiore Odoardo Pirazzoli, col Dott. Demetrio Lorenzini gli permisero di accompagnarsi con entomologi cosi provetti in piacevolissime e fruttose escursioni e al Gombo ai Bagni di Lucca, all'Abetone, a Vallombrosa, a Pratolino, a Monte Se- nario, a Camaldoli, a Monte Morello, all'Isolotto, alle Cascine ed in altre località classiche per la ricerca e per lo studio degli insetti. Le rarità che seppero trovare questi appassionati esploratori furono importantissime. Basti ricordare V Anopthal- mus della Tana a Termini, presso i Bagni di Lucca, che il Piccioli descrisse col nome dell'amico chiamandolo A. Bruckìi, e che il Bedel dedicò poi a lui col nome di ^1, Picciolii. E pure un'altra meraviglia dei Coleotteri appartenenti al mondo ipogeo veniva scoperta tra i detriti lasciati dalle piene del- l'Arno e descritta pure dal Piccioli col nome di Glyptomerus etruscuSj affine al G. cavicola delle grotte della Carniola. Ne la collezione dei Coleotteri e lo studio di essi occupa- rono esclusivamente l'opera sua; ma quasi in ogni altro ordine d'insetti ebbe egli vaste cognizioni e più specialmente poi ne- gli Emitteri e sopra a tutto negli Imenotteri, che raccolse in gran copia con gli Icneumonidi e con le Apiarie, per le quali aveva tanta ammirazione a causa degli interessantissimi loro costumi. Il Piccioli si formò in tal modo valentissimo entomologo, ben conosciuto ed apprezzato in Italia ed all'estero; e potè acquistare quel raro senso pratico nella difficile distinzione delle specie affini di insetti che è chiamato il colpo d'occhio della specie; la qual dote è solo concessa a chi ha passato sotto i jDropri occhi grandissimo numero di individui, a chi ha molto confrontato, a chi ha molto determinato. In questo tempo alcuni studenti e uditori, che eran soliti frequentare le lezioni ed il laboratorio del Prof. Adolfo Tar- gioni Tozzetti, furono ammirati delle profonde cognizioni e della molta esperienza nelle cose entomologiche possedute dal Piccioli; e, desiderosi di attinger da lui aiuti nei loro studi, 224 — e attratti pure dal suo animo benevolo e dal piacevole e lieto conversare, presero ad accompagnarlo nelle frequenti e quasi settimanali escursioni. E qui sorride tutto un lietissimo passato allo scrivente, du- rante il quale gii ammaestramenti, i consigli, le facilitazioni, i materiali, somministratigli dal Piccioli, sia nel laboratorio del Prof. Targioni, sia privatamente, resero ad esso j^ossibile di varcare con facilità gii aridi e difficoltosi primi passi del- l'Entomologia sistematica. Nelle escursioni dei dintorni di Firenze facevan lieta co- mitiva col Piccioli alla testa, il Calandrini, Achille Quadri, Leone Usslaub, Andrea Batelli, Antonio Berlese, Carlo Della Torre, talvolta il Prof. Stefanelli ed anche quel buon veterano dell'Entomologia che era il Dott. Antonio Dolirn di Stettino; e tornavamo spesso con abbondante messe entomologica, e sempre con animo sereno e sodisfatto. Il nuovo e quasi giovanile ardore per tal genere di studi che sentiva in quel tempo il Piccioli lo spinsero ad associarsi con l'Haliday, col Targioni e con lo Stefanelli per lanciare agii studiosi di Italia la proposta della istituzione di una So- cietà Entomologica Italiana. E l'appello trovò tanto favorevole accoglienza, che furono in breve tempo raccolti intorno ad essi 130 tra soci ed associati; ed al cominciare dell'anno 1869 ebbe vita il nuovo sodalizio con la pubblicazione del primo suo BuUettino. Non è a dire quanto il Piccioli avesse affretto grandissimo per la Società Entomologica Italiana e come ad essa dedicasse gran parte della sua efficace operosità. Altre prove di stima e di fiducia furono tributate a lui successivamente.-^jiacchè venne chiamato dal Consiglio Comu- nale a far parte di una Commissione istituita per la raccolta dei prodotti naturali del territorio fiorentino. Un R. Decreto poi del 1." Gennaio 1874 lo nominava Aggregato alla cattedra di Zoologia e di Anatomia comparata dagli Invertebrati. Allora, quasi a testimoniare quanto grande fosse l'affetto che egli portava al Museo, volle nel Gennaio del 1875 donare — 225 — al medesimo la sua ricca collezione di Coleotteri toscani, co- stituita da oltre 2000 specie, frutto di lunghi anni di fatiche e di studio. L' Istituto di Studi Superiori perciò lo premiava con medaglia di argento. Al Prof. Adolfo Targioni-Tozzetti, che si vedeva così vali- damente coadiuvato dal Piccioli nell' Entomologia, è dovuta la istituzione nel Museo di Firenze della E.. Stazione di En- tomologia Agraria, dipendente dal Ministero di Agricoltura. Ed il Piccioli con Decreto Ministeriale del 29 Settembre 1875 ne fu nominato Assistente. In tal qualità ebbe agio di eser- citare le sue vaste cognizioni in provvedimenti contro gli in- setti nocivi: ed in special modo poi, come Delegato Governa- tivo per la Fillossera, dovè eseguire esplorazioni in varie località della Provincia di Firenze e di Siena ed all'Isola dell'Elba. Ma, se le cose della vita scientifica procedevano in una via meno irta di avversità, nella sua famiglia, per la quale era stato sempre singolarmente affezionato, aveva luogo un luttuoso avvenimento. Nell'Agosto del 1882 cessava di vivere la Signora Barbera Pampaloni vedova Calamai, che era stata fedele, amorosissima compagna della vita sua e che lo aveva reso padre dell'unico figlio Antonio. Più tardi anche il con- forto del figlio ebbe a mancargli, giacche questi dovè abban- donare Firenze per ragione di ufficio. Ed allora, nella speranza di rendere all'animo un po' di tranquillità, decise di passare a seconde nozze e sposò la Sig. Teresa Bardi. Nel Maggio del 1887 la sua salute fu gravemente scossa da un penosissimo antrace alla nuca ; al quale fece seguito un principio di diabete. Ma la costituzione sua robustissima, dovuta in gran parte alla abitudine di lunghe escursioni a piedi, sembrò resistere alla malattia completamente; ciò per altro non lo fu del tutto, perchè un principio di corea erasi manifestato ed andò man mano facendosi sempre jdìù grave. E questa infermità tanto si estese in seguito che, non potendo più egli accudire alle delicate e minuziose occupazioni del — 226 — suo ufficio, dovè volontariamente rinunziare a qualunque in- carico. Non può descriversi quanto fosse per lui dolorosa la sepa- razione dai superiori, dai colleghi, dal Museo in cui era nato ed al quale per ben 52 anni aveva consacrato tutto se stesso. In seguito a sua dimanda venne collocato a riposo il 20 Apri- le 1890, dopo che un Decreto Reale del 6 Agosto lo aveva nominato Cavaliere della Corona di Italia, j^^i" le sue beneme- renze e per i suoi lunghi servigi. La vita di campagna, dove si trasferì nell'autunno del 1893, presso Castello, la quiete, l'aria libera, il moto regolato reca- rono qualche vantaggio a quella malferma salute; ma nel- l'estate dell'anno seguente furono ancora in pericolo i suoi giorni. Egli però sembrava destinato a sopportare nuove sventure domestiche; ne la pace, la tranquillità, il riposo che avrebbe potato aspettarsi dopo una vita spesa nelle fatiche, nel lavoro e nello studio, vennero giammai ad allietare i suoi giorni. Anche la seconda sua compagna, che lo assisteva in mezzo alle infermità, cessò di vivere prematuramente nel Dicembre del 1895; mentre anche il figlio Antonio amatissimo ed amo- revolissimo versava in condizioni quasi disperate di salute, dalle quali potè risorgere solo dopo lungo tempo. Sopraffatto da questi e da altri dolori, dai progressi della corea, che quasi tutte le membra avea invase da un tremor di morte, le sue passeggiate si fecero sempre più brevi e più rare. Ma nelle grandi sofferenze e nelle grandi sventure non ebbe mai parole di sdegno o di sconforto; ed il suo sorriso benevolo, sebbene improntato a mestizia, spuntava sempre alla lettura di un libro, alla visita di un amico, nel rivedere un parente. E allora egli sapeva ritrovare la sua gioconda fami- liarità, e spesso gli ritornavano ancora traccie del suo antico spirito ed il motto argutamente toscano e gioviale. Pareva quasi che questa esistenza dovesse conservarsi qual- che anno ancora in grazia alle cure indefesse del figlio. — 227 — quando venne troncata da una polmonite cagionata da in- fluenza. Ebbe sette giorni di malattia sopportata senza un la- mento; e, munito dei conforti della religione Cattolica, spirò nelle braccia del figlio il 14 Febbraio 1900. Al di là della vita terrena possa ora aver pace quell'animo ardente di verità e di sapere, che per anni non mai abba- stanza lunghi studiò nei minimi viventi le innate forme, le intime strutture, gli innumerevoli atti ed i rapporti di loro esistenza. E ora sia dato a lui il godere la completa cono- scenza dell'Eterno Vero. Nel corso della lunga carriera scientifica pubblicò vari la- vori; ma sempre con molto ritegno, perchè non credeva mai di aver completamente esaurito lo studio di un argomento. E spesso, dopo di aver condotto a termine uno scritto, era solito, metterlo a dormire^ come diceva, per poterlo rivedere più tardi a mente riposata. Le sue pubblicazioni figurano neW Annuario del E. Museo di Storia Xatiirale degli anni 1859 e 1860, negli Atti della E. Accademia dei GeorgofiU del 1861 ; nel Giornale Agrario del 1864; nel Giornale La Nazione N. 131 del 1872; e nel Buìlettino della Società Entomologica Italiana, dove, oltre gli indici accuratissimi, comparvero i seguenti lavori: Catalogo sinonimico e topografico dei Coleotteri della Toscana. Descrizione di una nuova specie di Imenotteri della famiglia degli Sfecidei. (Sìlaon compeditus n. g., n. sj).). Descrizione di una nuova specie di Imenottero della famiglia degli Sfecidei appartenente alla fauna della Toscana (Hastata Costae n. sp.). Nuovo Coleottero italiano della famiglia degli Antrihidi (Cratoparis Tar- gioni n. sp.). Elenco delle specie di Coleotteri raccolte sugli Apjpennini Pistoiese, modenese e parmense nel Luglio 1870 e determinate da Ferdinando Piccioli ; con descrizione di una nuova genere (Podabrus Majori n. sp.). Caso di melomelia in una femmina dd elitre liscie del Dytiscus mai'ginalis. Piccioli e Cavanna. Rivista dei Coleotteri spettanti alla fauna sotterranea recentemente scoperti in Italia e descrizione di due nuove specie anoftalrne (Anophthalmus Bruckii n. «^j. e Glyptomei'us etruscus n. sp.). — 228 — Appartenne Ferdinando Piccioli a varie Accademie e So- cietà scientifiche e letterarie nazionali ed estere, essendo stato: Socio corrispondente della E. Accademia dei Georgofili. Socio corrispondente della Accademia dei Fisiocritici di Siena. Socio della Società Entomologica di Francia, Socio della Società Entomologica di Stettino. Consigliere residente della Società Entomologica Italiana. Socio della Società di Scienze Naturali di Milano, Socio UrlDano della Colombaria fiorentina. Socio Onorario della Società Apistica toscana, Corrispondente della Accademia degli Aspiranti Naturalisti di Napoli, Corrispondente dell'Accademia valdarnese del Poggio, Socio del Circolo Promotore Educativo <■ Ugo Foscolo >^ di Asti. March. Pieeo Baegagli. 229 OSSERVAZIONI INTORNO AD UNA NUOVA COCCINIGLIA NOCIVA AGLI AGRUMI IN ITALIA ED AL MODO DI IMMUNIZZARE LA PAKTE LEGNOSA DELLE PIANTE contro la puntura delle Cocciniglie in generale e di distruggerle NOTE ED OSSERVAZIONI del Dott. Giacomo Del Guercio della R. Stazione Entomologica di Firenze La cocciniglia in parola è una Cerojììastes, prossima ma non identica alla Ceroplastes cirripediformis Comst., di Ame- rica; gli agrumi infetti, per ora, sono quelli della riviera Li- gure, e le piante attaccate sono, in special modo, quelle di Chi- notto {Citrus sinensis), largamente coltivato, ed i cui frutti sono ivi l'oggetto di un'esportazione, che gli agricoltori interessati hanno reso attivissima, fiorente e rimuneratrice. Ecco i caratteri e le altre indicazioni interessanti relative a questo nuovo nemico dell'agrumicoltura italiana, per cono- scerlo, impedire che si diffonda maggiormente, e combatterlo dove ormai si è tanto diffuso da rendersi dannoso. In occasione di questi rilievi. Signori, ne ho fatti altri, per la difesa contro le Cocciniglie, che ad essi si connettono, e di tutto, permettano, che dia qui un piccolo cenno, riser- bandomi di estendere altrove le ricerche e le osservazioni che ho fatto da cinque anni in diverse parti della penisola nostra, e delle isole. Della Ceroplastes^ che presento, non si conosce che la fem- mina, e questa proviene da un uovo allungato, di color casta- gna chiara. — 230 — Appena nata, la larva, dalla quale la femmina proviene, è obovata-allungata, presso a poco del colore dell'uovo, con an- tenne più chiare e zampe molto allungate del colore delle an- tenne. Queste sono formate come nella fig. E, con i primi due articoli cortissimi, il terzo cilindrico, allungato, più lungo del quarto, ed il quinto con vari peli, più lungo dell'articolo pre- cedente. Le setole precaudali sono lunghissime, e quelle dei lobi caudali sono cortissime, appena visibili. Dopo alcune ore la larva si fissa, ritira le antenne e le zampe sotto il corpo, e senza mutamento sensibile nel colore, in 24 a 36 ore circa, presenta sul dorso due linee di punti di una efflorescenza cerosa, bianca, che aumenta, e le due linee lon- gitudinali, al terzo giorno si trovano sostituite con delle strie trasverse, prima limitate agli anelli del torace, poi estese al capo e sugli anelli dell'addome. Intanto mentre la cera au- menta nel disco dorsale, sui margini compariscono altre forma- zioni consimili, come tanti pennelli c&rosi, per le quali e per l'altra, tutto il dorso dell'animale sembra come spruzzato di bianco. I pennelli cerosi marginali, prima piccoli e numerosi, si riducono ad otto soltanto più tardi: sei, tre per parte, sui lati, e due, uno per parte, alle estremità. Quello della estremità anale dell'insetto è bifido, e sembra chiaramente come formato da due pennelli collaterali. La lunghezza di questi pennelli si riduce successivamente di poi, e l'animale coprendosi di uno strato di cera, compatta, raccorciandosi si arrotonda, e si pre- senta discoidale, rossiccio- scuro, con una macchia cerosa bianca, nel mezzo, ed altre non meno candide sul contorno, ma più piccole di quella centrale. Questo è quello che si vede nell'agosto, nel settembre e nell'ottobre; nel novembre e nel dicembre le cocciniglie ingros- sano e divengono distintamente convesse, mentre il colore della cera che le ricopre si fa di un bianco latteo untuoso, e lo strato ceroso ispessito si mostra diviso in tante placche di- stinte, una centrale, e sei laterali, ciascuna con un nucleo rosso bruno ed un pennello di cera bianca nel mezzo. La placca — 231 — anale è più grande delle altre, e siccome presenta due nuclei, appare come formata da due placche unite insieme. Le placche e le linee divisorie che le fanno distinguere sono visibili tanto nelle femmine giovani che nelle adulte, ma in quelle sono meglio evidenti e meno arrotondate che nelle altre. Nei mesi di gennaio, febbraio e marzo gli insetti conti- nuano a crescere, ma con processo lentissimo, che si accelera nei mesi di aprile, di maggio e di giugno, ed allora le fem- mine più precoci si dispongono per la deposizione delle uova. In questo momento la base aderente delle cocciniglie sulle piante segna già il massimo delle sue dimensioni, mentre quella dell'altezza è ancora a due terzi del suo sviluppo e la zona superiore centrale del guscio ceroso dell'insetto, sollevandosi sensibilmente da un estremo, quasi nasconde la bianca efflore- scenza cerosa che porta nel mezzo: la cocciniglia, in una pa- rola, ha la forma apparente allora di un elmo, o di tronco di piramide con la base superiore inclinata, e per una parte con- formata a cappuccio. Ai primi di luglio però, mano a mano che le cocciniglie si sgravano delle loro uova, la parte centrale si solleva e si di- stende sensibilmente, si arrotonda uniformemente, e prende una tinta roseo-vinosa, che per quanto leggiera, resta ben distinta da quella della parte basilare del guscio, che si presenta di color bianco-latteo. Il colore dell'animale sottostante, dal momento che è rico- perto di cera, non è più giallo legno, come nella larva ap- pena nata, ma è di color rosso laccato intenso, tanto più in- tenso quanto più la larva si avvicina allo stato di adulto. Questo colore si può vedere facilmente staccando le coccini- glie dalla pianta e guardandole dalla parte con la quale stanno aderenti su quella. Cosi però non si vede che la parte ven- trale dell'animale; ma chi volesse vedere di più, rompa il guscio con un temperino o con uno spillo, o lo sciolga nei solventi ordinari della cera, e vedrà che tutto il corpo è del colore indicato; che le antenne e le zampe sono giallo rossa- — 232 — stre, e che la estremità anale dell'insetto ha una robusta punta molto sporgente, in posizione orizzontale. Esaminando par- ticolarmente le antenne (fìg. D.), si vede che queste hanno il terzo articolo più corto del quarto, che è il più lungo di tutti; che il quinto è uguale al sesto, e clie il settimo, fornito di vari peli, è più lungo di uno dei due precedenti. Fìg. A. Ceroplastes sinensis Q, vista di sopra, e molto ingraudita. — B. Id. vista di lato. — C. placca eentrale al suo massimo di distenzione. — D. antenna dell'ani- male adulto. — E. antenna della larva, con la setola più lunga, spuntata. Verso la metà di luglio, dalle uova numerose nascoste sotto il corpo della madre, comincia la nascita delle larve, che si protrae fino ai primi di settembre. Le larve si fissano per tutto, tanto sui rami che sulle fo- glie, ma da queste poco per volta ritornano sui rami, e quasi su questi soltanto passano l'inverno, crescono e ripetono la infezione nell'anno seguente. I chinotti non sono le sole piante sulle quali l'insetto si trova, giacche l'ho visto e raccolto sull'Arancio {Citrus aurcén- tium), sul limone (Citrus limonum) e sul mandarino (Citrus deliciosa) ; ma quelle del chinotto devono essere le preferite giacché sulle altre, per quanto coltivate con queste, finora al- meno, l'ho trovata molto rara, da noi. La Ceroplastes descritta oltre che sugli agrumi però si trova _ 233 — su altre piante fra le quali è una poligonacea australiana, cono- sciuta col nome di Mtihlenbeckia platyclados Meissner, ora comunissima ed inselvatichita perfino nella Liguria, dove i giardinieri l'hanno introdotta. Gli agrumicultori Liguri da me interrogati non m'hanno saputo dire da quanto tempo questa pianta vi è stata impor- tata. Essi anzi non hanno nemmeno dubitato che la infezione sugli agrumi sia venuta da questo nuovo vegetale, e riten- gono invece che la Cocciniglia sia quella stessa del Fico, e che sia passata da questa pianta sui Chinotti, in seguito ad una grande infezione avvenuta verso il 1890-91. Le due specie di Ceroplastes^ quella del Fico e quella del Chinotto sono nel fatto, molto vicine, ma non sono identiche. Dal punto di vista anatomico la Ceroplastes del Fico (Ce- roplastes rusci) ha la placca mediana o centrale, molto più grande di quelle circostanti, la sporgenza anale rivolta in su ed il terzo articolo delle antenne lunghissimo, come non si trova nella Ceroplastes del Chinotto. Malgrado queste ed altre differenze notevoli, e nel dubbio che non fossero va- riazioni (molto profonde del resto) dipendenti dal cambiamento della stazione indicata, ho fatto due serie di allevamenti, por- tando le uova e le larve della Ceroplastes del Fico sul Chi- notto, e quelle della Ceroplastes del Chinotto sulla pianta del Fico; ed ho visto che la Cocciniglia del Chinotto muore sul Fico, che quella del Fico muore sul Chinotto, e che tutte e due allevate sulle loro piante risjDcttive vivono entrambe e vi si moltiplicano. La distinzione anatomica per tanto segue quella biologica, almeno per l'af&nità diversa rispetto alle piante sulle quali vi- vono, per quanto non tutte le piante della stessa specie si com- portino egualmente rispetto allo stesso ospite, a quella guisa che ospiti congeneri diversi possono, spesso, stazionare insieme, sulla stessa pianta, come ha luogo della Ceroplastes rusci, che vive sul Fico e su altre piante, come quella del Ruscus, dal quale ha preso nome. Anno XXX JI. 10 — '234 — D'altronde non mancano le contradizioni a questo riguardo, giacche mentre l'Ashmead, nell'Orange Insects, parla della Ce- roplastes 7'usci come cocciniglia degli agrumi, il Comstock at- tribuisce ad errore la determinazione dell'Ashmead e del Rile}^, i quali, secondo lui, avrebbero confuso la Ceropìastes del Fico con l'altra, che egli ha descritto col nome di Ceroplastes fìori- densis. Targioni-Tozzetti parla anche lui della presenza della Ceroplastes riisci sugli agrumi; ma l'Hubbard non la ricorda, e mentre Penzig la figura come rarissima negli agrumi della Liguria, il Gossard sottroscrivendo ai rilievi del Comstoch non ne tiene conto veruno (1). Nelle mie escursioni in Liguria, nelle provincia di Napoli, Caserta, Salerno, nelle Calabrie e nella vSicilia non ho mai trovato la Ceroplastes del Fico sugli agrumi, e poiché in tutte le località indicate le piante del Fico sono per tutto infette, ei'-insetto non si è visto che due volte e per eccezione rarissima sugli agrumi, vuol dire che la Ceroplastes rusci non è propria alla famiglia delle Auranziacee, come è certo d'altronde che la nuova stazione non fa perdere all'insetto nessuno dei caratteri per i quali si distingue dai congeneri viventi sugli agrumi. Per notizie dello stesso Comstock, dell'Hubbard e del Gos- sard, intanto, si sa che sugli agrumi della Florida, della Volusia Comty e di lacksonville si trovano due Ceroplastes dannose, indicate dal Sig. Comstock con i nomi di C. flori- densis e di C. cirripediformis^ e delle quali, quest'ultima ha quasi tutte le apparenze della specie, che nella Liguria dan- neggia i Chinotti. Un esame attento della descrizione delle due specie però mostra che le antenne della C. cirripediformis sono di sei articoli, col terzo più lungo di tutti e presso a poco eguale (1) Comstock, Departement of Agriculture Keport for 1H7S, pag. 208. — Takoioni- TozzETTi, Relaz. Reg. Staz. Entom. Agr., Firtrize, 1879-1882, pag. 78. — Hubbard, In- sects affecting the Orange, pag. 57, 66, an. 1885. — Penzig, Studi botanici sugli agrìimi ISSI, pag. 519, tav. 77, fig. 8-14. — Gossard, Some common Florida Scales. u Florida Agricul. Esp. Stat. Bull. 51 " Jan 1900. — 235 — alla somma della lunghezza dei seguenti; mentre nella Cero- plastes del Chinotto gli articoli sono sette, ed il terzo arti- colo è 25Ìn corto del quarto, che è il più lungo di tutti, e questo stesso è sempre, e distintamente più corto dei tre ri- manenti. Per questo, e per gli altri caratteri surricordati, la specie, ch'io sappia, non si può riferire ad alcuna di quelle descritte, e la indico col nome di Ceroplastes sinensis (1). Chi desiderasse ora di sapere come, la specie, dalle piante della Muhlenheckia platyclados sia venuta sui Chinotti della Liguria e sagli altri agrumi della riviera, a modo di spiega- zione dirò che le Muhlenheckia importate da noi, forse verso il 1880, vi si sono diffuse e naturalizzate cosi che anche dove ora non si coltivano, si trovano spontanee; e poiché le piante ornamentali e quelle degli agrumi, nell'esposizione soleggiata, favorevolissima all'insetto, sono ivi una cosa sola, il passaggio è stato relativamente facile, la infezione col tempo si è diffusa, e gli effetti ultimi sono quelli che tutti sul posto si sanno. Ma se questo, con la distruzione della Muldenhecìda^ può giovare e giova ad evitare il danno di una maggiore diffu- sione, a nulla vale contro il male già fatto, e all'altro che l'insetto va facendo, ed è opportuno il passare ad un'altra serie di considerazioni non meno importanti per la pratica. Alludo ai resultati delle esperienze da me fatte sulla riviera ed al- trove, per le indicazioni che è lecito dedurre in ordine alla distruzione dell'insetto sui Chinotti, e le altre cocciniglie su- gli agrumi. La cocciniglia cerifera dei Chinotti, al pari di quella del Fico, ha una sola generazione, e come ho visto, questa gene- razione in Liguria principia nel mese di luglio, con la nascita (2) Questa specie ha delle somiglianze anche con la Ceroplastes depressus Cocke- rell, della quale, fra l'altro, non ha le linee purpuree radianti sui lati e ad una delle estremità: con la C. Plumhagini Cockr., con la C. denudatiis Cockr., e, fino ad un certo punto anche con la C. utilis dello stesso A , descritte nell' « Entomologist " vo- lume XXVI, n. 358, pag. 81-3S. An. 1893. — 2B6 — delle larve, e che la nascita di queste si protrae fino al mese di settembre. Ho pure notato che i gusci delle femmine, sotto i quali restano nascoste le uova fino alla nascita delle larve, si sollevano sen- sibilmente dalla jjarte corrispondente alla estremità anale del- l'insetto, e che, senza di questo, le larve nate resterebbero pri- gioniere sotto il guscio della madre. Ora il sollevamento parziale dei gusci, che precede di una diecina di giorni il momento della nascita delle larve, e che segna la fine della deposizione delle uova, è pure il momento nel quale bisogna prejjararsi alla difesa contro l'insetto; e per combatterlo, come per ogni altra cocciniglia, due vie vi sono : immunizzare le ]3Ìante dalle punture sue, e distruggerlo con trattamenti meccanici ed insetticidi, invernali ed estivi. Per impedire alle larve della Ceroplastes, e di tutte le altre cocciniglie, di fissarsi sulle parti legnose delle piaiite, ho visto che basta asjjergere su di queste un miscuglio catramoso di olio di catrame alcalinizzato secondo la formola Olio di catrame .... litri 10 a 15 Carbonato neutro di soda . kg. 7 a 10 Acqua .- . litri 90 a 80 Questo miscuglio non danneggia i rami induriti dei Chi- notti e di tutte le piante legnose a foglia persistente, come gli agrumi, gli olivi, etc, e su quelle a foglia caduca, come il pero, il melo, il susino, ecc., si può aumentare fiiio al 20 7o ^^ dose dell'olio di catrame senza danno veruno per esse; men- tre viceversa vi distrugge sicuramente tutte le cocciniglie e per ciò non i Dacti/lujnus, le Ceroplastes soltanto, ed i .Le- caniiim, che sono i più vulnerabili, anche allo stato di adulto, ma uccide indubbiamente le Diaspis e gli Aspidiotiis^ le Ao- nidia e le Aonidiella, i Mytilaspis e le Chionaspis, le Pinnaspis e le diverse Parlatoria, senza eccezione di soj-ta. Della esattezza di questi rilievi posso essere garante; ma ognuno se ne può assicurare di scienza propria, spennellando — 237 — le piante infette con la miscela indicata, la quale nel caso delle Ceroplastes e dei Lecanium^ penetra per il margine col quale il guscio dell'insetto aderisce sulla pianta; nell'altro, degli Aspidiotus, delle Diaspis^ dei Mytilaspis^ ecc., penetra per lo stesso margine, attraversa (imbeve certamente) per fino il guscio, ed uccide l'animale che vi si trova nascosto. Quando la spennellatura è ben fatta, e l'olio di catrame è della qualità voluta, per fino le uova vengono in breve tempo attaccate e distrutte, e nel caso dei Diaspini la distruzione è totale, mentre nel caso dei Lecanini, quella si limita allo strato delle uova che aderiscono sul vegetale. A questi, che sono gli effetti indiscutibili, diretti, dell'azione delle miscele catramose alcaline sulle cocciniglie delle foglie e del fusto della pianta, altri ne corrispondono, di ragione mediata, che non sono meno attendibili dei precedenti, e cioè che le larve provenienti dalle uova delle femmine delle cocci- niglie scampate alla morte^ non si fissano sulle parti legnose delle piante bagnate dalle miscele indicate; di guisachè se la loro stazione è quella dei rami e del fusto soltanto, esse sono condannate a morire, e muoiono, nel fatto, egualmente, per fame. Non si può sempre dire fino a che tempo l'azione di un trattamento all'olio di catrame serve per impedire alle larve di fissarsi, e trarre nutrimento dalle parti legnose delle piante, ma dalle esperienze fatte dal 1896 al 1899 so che nel j)iù forte della infezione, tratti di rami e rami interi di piante possono restare e restano immuni da tre mesi ad un semestre circa, se non di più, e la immunità è tale che, in fine, le parti difese restano le sole parti sane in una chioma di seccume. Le piante che presento, e che ho serbato come ricordo delle esperienze fatte, attestano in tutta la loro pienezza- la verità enunciata, a quella guisa che l'esame, alle lenti ed al microscopio, dei gu- sci, del corpo, e delle uova delle cocciniglie in esperimento, mostra che tutto è impregnato di catrame, annerito o imbru- nito, aggrinzato sempre, e morto, negli insetti combattuti, men- — 238 — tre negli altri, lasciati per confronto, si trovano con tutti i caratteri della vita prospera e fiorente: gusci bianchi, femmine turgide e gialle, ed uova in perfetto stato di conservazione. Queste esperienze che tante volte ho ripetuto in laborato- rio, e altrettante volte ho confermate, le ho ripetute pure di- verse volte nel campo, sopra piante attaccate da cocciniglie, come peri, meli, susini, ciliegi, peschi, e simili, ed ho sempre visto che i resultati, meno poche differenze, sono in fondo gli stessi, e sono affatto identici quando le applicazioni catramose si ripetono. L'acqua, l'aria, e la polvere, sono le cause della modificazione degli effetti indicati nel campo, ma la modifica- zione, 0, in altri termini, la riduzione della virtù immunizzante delle miscele di catrame sulle parti legnose delle piante, non ha luogo che a lungo andare, e la ripetizione della difesa, op- portunamente fatta, la ripristina cosi da includere nel nuovo periodo i termini delle nuove nascite dei pidocchi, che si vo- gliono compromettere. Delle miscele catramose, quella indicata è la più economica, ad un tempo, e la più attiva; le altre, preparate con lo stesso catrame, nelle quali, questo, per la profonda modificazione su- bita, è reso meno untuoso e diffusibile, sono meno efficaci come insetticidi, e meno durature, come immunizzanti, essendo meno diffusibili e più soggette alla rapina delle acque piovane, che dilavano la chioma ed il fusto della pianta. Esse però, se sono meno pronte sulle cocciniglie, sono anche molto più tol- lerate dalle piante, sulle quali, grazie al nuovo modo di pre- parazione, si possono adoprare fino alla dose dell' 8 al 10 °ff^ senza danni gravi per le stesse foglie della pianta. E questo che mi ha permesso di portare contro le cocciniglie, di estate, una difesa potente, senza gravi danni per i vegetali; ed il se- greto sta tutto nei rapporti fra sapone, catrame ed acqua, come altrove sarà indicato. Questo a parte, per ora, gli effetti della incatramatura sulle parti . legnose delle piante, fatta con olii grassi di catrame o di petrolio, non si limita, come si potrebbe credere, alle coccini- — 239 — glie viventi sopra di esse soltanto, od a queste, ed a quelle, che, per costume loro, dopo una stazione più o meno prolungata sulle foglie e sui frutti, fanno ritorno sai fusto e sulle sue ramifi- cazioni; giacché la difesa di queste parti, limitando indubbia- mente il campo di azione delle altre cocciniglie, che stazio- nano su tutte le parti della pianta, alle foglie ed ai frutti so- lamente, riesce per sé una grave limitazione ed una riduzione non meno certa degli insetti, e mette i superstiti nella condi- zione di lasciare la pianta per subire la sorte delle foglie e dei frutti sui quali si trovano. Questo, che io ho visto accadere sulle piante di Xerium con V Aspidiotus liederae, sulle piante di Evonimo attaccate dalla CMonaspis^ sulle piante di Limone e di Chinotto, attac- cate largamente dal Lecanium hesperìdum Burm., in labora- torio, e sulle piante di Olivo attaccate dal Lecanium oleae Bern., nel campo, la pratica l'ha potuto notare nelle coltiva- zioni agrumarie delle Calabrie, della Sardegna e della Sicilia, dove ha spennellato le parti legnose delle piante, infette di Aspidiotus e di Mytiìaspis, con l'olio di catrame, e col catrame del gas. Uno poco pratico della vita degli agrumi potrebbe obiettare che questi avendo fogliame persistente si scaricano soltanto delle cocciniglie, che l'agricoltore porta via con i frutti; ma, chi conosce queste coltivazioni sa che nei mesi di gennaio, di febbraio, e di marzo specialmente, con l'imperversare dei venti, cade ogni anno quasi tutto il fogliame che deve lasciar posto alle formazioni di rinnovo, e con esso cade anche l'al- tro che si trova maltrattato dalla infezione, e ne cade tanto talvolta, che, per gli insetti perduti, le piante acquistano nuova ragione di tregua e di vita, la quale sarebbe anche più dura- tura se, malgrado lo squilibrio del momento, il fogliame ca- desse tutto, per lasciare la pianta pulita da ogni sorta di cocciniglia. Quanto ora al momento ed al modo più opportuno di pro- cedere, contemporaneamente, alla distruzione delle cocciniglie — 240 — sulle foglie e sul fusto, e alla immunizzazione di questo con i suoi rami contro le punture di quelle, le indicazioni variano evidentemente con gli insetti, la natura delle piante, la loro resistenza agli insetticidi, il periodo di fogliazione, di fiori- tura, etc, nel quale si trovano, il momento e gli usi ai quali sono adibiti i frutti raccolti, ed i rapporti colturali esistenti fra esse e le altre piante con le quali spesso si trovano con- sociate. Lascio da parte la difesa delle piante erbacee dalle cocci- niglie, perchè, quelle dei campi e degli orti ne sono quasi sempre immuni, e sarebbe rimedio sufficiente bruciare gli steli con le foglie infette, dopo il raccolto, per mettere argine va- lido alla diffusione degl'insetti su di esse; mentre le piante ornamentali trovano larga considerazione in un' altra parte di questo lavoro. Per le piante a foglie caduche, come il pero, il melo, il pesco, il susino, il ciliegio, il gelso, il fico, e simili, i momenti ed i mezzi opportuni della difesa sono diversi ; uno cadrebbe bene nei mesi di novembre e di dicembre, ove si volesse ri- I^etere il trattamento dalla fine di marzo ai primi di aprile; oppure uno si potrebbe eifettuare in questo tempo, se l'altro si volesse dirigere contro la generazione delle larve nascenti o da poco nate, delle femmine sfuggite alla morte nelle ope- razioni precedenti. Operando dalla fine dell'autunno alla fine dell'inverno vi è il benefìzio di colpire tutti gli stadi nei quali l'insetto si trova, e di operare in un periodo di tempo, nel quale, tutto essendo in riposo, non vi è da preoccuparsi menomamente delle piante che si vogliono difendere: le operazioni (spennellature, od aspersioni) sono più facili in assenza del fogliame, e la spesa è anche relativamente minore. D' inverno l' unica preoccupa- zione è quella di titolare in modo le soluzioni, da uccidere indubbiamente gli insetti, che si vogliono distruggere, e di- struggerli là dove, quelli, formando strati, è 23Ìù facile che sfuggano all'azione degli insetticidi. Se a questo scopo i m.ezzi — 241 — di applicazione, spazzole, pennelli, etc, aiutano con 1' azione meccanica, alla penetrazione sotto gli scudi degli insetti, tanto meglio, ma si guadagna di più affidandosi all'azione degli in- setticidi, per non correre rischio di lasciare tante cocciniglie vive sulla pianta, da dover ripetere ogni anno la difesa con ag- gravio continuo del bilancio economico della coltivazione. Ed è per questo che ho tenuta piuttosto elevata la proporzione dell'olio di catrame e della soda rispetto all'acqua, nella for- mola sopra indicata, mentre si sa che per alcune cocciniglie come i Dactt/lopiuSj il 4 al 5 "/„ di olio di catrame basta; per altre, Chionaspis, il 6 air 8 "/„ è sufficiente; l'S al 10 serve contro gli Aspidiotus , le Diaspis^ e le Mytilaspis; e il 10 al 15 °/^ contro le PoìUnia che sono le più resistenti di tutte. Nella primavera e nell'estate, quando la chioma delle piante è ricoperta di foglie, di fiori e di frutti, le miscele catramose cosi concentrate riuscirebbero nocive alle nuove vegetazioni, e sarebbero eccessivamente concentrate per ottenere la morte delle larve appena nate, che sono perfettamente nude, e per ciò molto più vulnerabili delle madri, che sono ricoperte di grossi ammassi di cera, di gusci o di scudi. Sicché ove le operazioni invernali, con miscele molto concentrate si effet- tuino dalla fine di marzo ai primi di aprile, contro le cocci- niglie adulte, quelle contro le larve, da farsi nella primavera e nella estate, possono effettuarsi con miscele più diluite, ripetendo tante volte le operazioni, successivamente, da por- tare sulle parti legnose della pianta la stessa quantità di ca- trame, che occorre, per immunizzarle, contro le punture delle larve, che sfuggissero all'azione dell'insetticida. La quantità necessaria di catrame solubile per ottenere, nella primavera e nell'estate, la morte delle larve appena nate, sarebbe uguale a quella di un litro in cento litri di acqua; e que- sta è la proporzione, 1 °/o, che è stata indicata anche in Italia, allo scopo sopraindicato; ma all'atto pratico, non basta perchè essendo eccessivamente diluita, con la polvere che trova sulle piante, e con gli strati di fumagine che spesso accompagnano — 242 — la infezione delle cocciniglie, più di una volta non colpisce, spesso perde del suo valore, e finisce col mostrarsi poco effi- cace. Il barone Quintani di Messina, dal quale e da altri, nel 1897, sono stato per prendere notizie dirette sugli effetti ottenuti, con liquidi simili, nella difesa degli agrumi, mi fa- ceva vedere che 4000 piante curate avevano tante cocciniglie quante ne avevano le altre lasciate per confronto, ed afìer- mava che egli, esplorando le foglie delle piante bagnate con gli insetticidi cosi concentrati vedeva che le larve contro le quali erano stati diretti, non morivano. Il barone Quintani è un distinto agricoltore, al quale, non difettano gli ordinari mezzi di osservazione, ne le macchine perfezionate per compiere un accurato lavoro. L'altra ragione di questi e di resultati simili, constatati ad Acireale, a Catania, ed altrove, sta nel fatto che ove an- che le soluzioni all'i °/^ si mostrassero efficaci contro le larve appena nate, esse riescono indubbiamente inefficaci nella di- fesa contro le altre che si sono fissate. Ond'è che con un'asper- sione insetticida praticata di primavera, di estate, o di au- tunno, non si può colpire che il 70 "/^ circa delle larve che sono nate negli ultimi tre giorni. Per chi volesse sapere a che cosa poi corrisponde quel 70° j^ di insetti colpiti fra le larve, che nascono sopra una pianta, dirò che bisogna mettere a calcolo due cose : la quantità di uova che ogni cocciniglia depone, ed il tempo che quelle impie- gano a nascere. La quantità di uova che ogni cocciniglia depone varia molto: da una diecina, come nelle Parlatoria {Parlatoria zizyphi, o Pidocchio nero degli Agrumi), ad una sessantina circa, come nelle Myiilaspis {Mytilaspis cit ricola Pack., o Pidocchio virgola degli Agrumi), fino a diverse centinaia, come nei Lecanium {Lecanium citri Inz.), nelle Ceroplastes (Ceroplastes rnsci o cocci- niglia cerifera del Fico) e nei Kermes {Kermes variegattis, ecc.). Così varia pure il tempo che le uova mettono a dare le larve, le quali, se nelle Parlatoria vengono alla luce in quattro — 243 — a cinque giorni,' nelle Hytilaspis^ negli Asjìidiotus e nelle Dia- spis, che hanno più uova delle Mytilaspis, il tempo è di una diecina ad una quindicina di giorni, e nei Lecanium la nascita delle larve, dalle uova di ogni femmina, non dura meno di 15 o 20 giorni. Ma qui bisogna osservare che la durata della nascita delle larve provenienti dalle uova di una sola femmina, non è la durata complessiva delle nascite delle larve di tutte le femmine di una generazione di cocciniglie, che vivono a milioni sulle piante e formano camicia intorno ai rami del fusto, e larghe croste di esse sulle foglie e sui frutti. Questo considerato, come di una cosa che non viene mai meno, si capisce di leg- gieri che quel 70 °/o di larve distrutte fra i nati di tre giorni consecutivi, nella migliore ipotesi, posto eguale a 30 il numero dei giorni nei quali le larve nascono numerose, le larve di- strutte con un trattamento primaverile-estivo sarebbero in me- dia rappresentate da ^^ X 30? cioè dai ~ delle larve, che in 30 giorni nascono da tutte le cocciniglie, che si trovano sulle piante. Ora posto eguale ad 1, 10, 100 milioni il numero delle larve che nascono sopra una pianta, esse, dopo la difesa, ver- 1-1 T- • -, 1 .• , T 7 . . 1.000.000 7 . , 10.000.000 rebbero diminuite relativamente di ^^ X — j — ' ino ^^ i ' ~ X ^°°-7 °°" > e cioè di 70.000, nel primo caso, di 700.000 nel secondo, e di 7.000.000 nel terzo: cifre, le quali, stanno a dire che gli effetti di una difesa simile non possono influire e non influiscono sensibilmente, tanto sulle sorti degli insetti, da una parte, quanto su quelle delle piante, dall'altra, perchè la diminuzione di una tale somma di cocciniglie, anche se fosse duplicata e triplicata, sparisce completamente sotto il nugolo delle larve, che la miriade degli insetti superstiti, in 40 a 60 giorni, dà alla luce, nella generazione seguente. D'altra parte il consiglio di ripetere la difesa primaverile- estiva contro le larve delle cocciniglie non è mancato, ma la indicazione non ha sortito gli effetti voluti, perchè i momenti nei quali le operazioni furono consigliate non sono quelli utili, sia perchè non hanno ragione di continuità, sia perchè, re- stando ferma la dose del catrame solubile, indicata, 1 °/o, le — 244 — cocciniglie già fissate sfuggono, e quelle non ancora nate si trovano bene al coperto dalle ingiurie delle azioni presenti, e sono sempre in tempo per fissarsi e sfuggire alle altre dei trattamenti successivi, consigliati, il primo, in giugno, il se- condo ed il terzo in luglio, ed il quarto in agosto. Per conseguire resultati più convenienti, con i trattamenti estivi, bisogna coordin&.rli tutti alla distruzione delle larve di una generazione sola, qualunque essa sia, e dosare il liquido cosi, che l'azione sua valga, senza dubbio, a soffocare, e soffochi le larve libere e quelle nate e fissatesi dopo la difesa prece- dente, e contribuisca, quanto più è possibile, ad immunizzare le parti legnose della pianta dalle punture delle altre che si sottraggono alla morte. Ora dalle mie osservazioni, resulta che le miscele di olio di catrame alla dose del 2 °/o (tra catrame ed eccipiente emulsivo) uccidono le larve fissatesi da una set- timana circa, e che le dosi del 2 '/', al 3 "j^ colpiscono anche le altre, che, dopo una quindicina ad una ventina di giorni, si preparano o stiano per subire la prima muta. In campagna ho visto che le soluzioni, per le cause già ricordate, si dovrebbero concentrare di % all' 1 °/o di più, ma gli effetti distruttivi sugli insetti non sono più dubbi e le larve da poco fissatesi non sfuggono per questo alla morte. In queste esperienze ho potuto veder pure che giova alla difesa adoprare liquidi sempre più concentrati, cominciando con quelli alla dose del 2 °j^ e seguitando con gli altri al 2 Vs? al 3 ed al 3 V2 7o) con l'intervallo di una diecina di giorni uno dall'altro, per coprire un periodo di tempo, eguale o quasi, a quello, che, in generale, le uova di una intera generazione di cocciniglie impiega, a dare le larve. Chi, d'altra parte, ha frequentato agrumeti, oli veti e pometi infetti di cocciniglie, ed ha seguito l'allevamento delle specie che molestano le piante ornamentali, sa che le larve non na- scono nella primavera, nell'estate e nell'autunno soltanto, ma queste sono le stagioni nelle quali, tratto tratto, le nascite sono eccessivamente numerose e continue, e quasi collegate — 245 — fra loro dai prodotti dei ritardatari di un anno, che poi do- ventano i più precoci dell'altro, e per i quali appunto, (che evoluzionano dall'autunno alla primavera), nella bella stagione si hanno di continuo : uova deposte, larve nascenti, che guar- dano ancora la stazione della madre, larve in giro per la pianta, larve fissate e in muta, larve mutate e femmine gio- vani ed adulte, che si preparano alla deposizione delle altre uova. Ora con la difesa primaverile-estiva condotta col primi- tivo criterio, non si colpiscono, direttamente, che le massi delle grandi generazioni delle larve in giro e da poco fissate, e sfuggono invece, pel momento, le uova coperte dal corpo della madre, e le madri giovani ed adulte che non possono essere uccise dai liquidi indicati, e che in breve volgere di tempo ripristinano la infezione primitiva sulle piante. Questo però non può accadere e non accade col sistema di difesa ora proposto : 1." perchè con la difesa invernale, fine marzo, primi aprile, a forte dose di insetticida, si taglia corto tanto alla diffu- sione degli ibernanti normali quanto e, con più forte ra- gione, agli altri che sono in anticipo o in ritardo, per- chè sono peggio difesi; 2." per la difficoltà naturale che la massa dei superstiti incon- tra nell'evitare la catena fitta degli anelli della difesa, con la quale si investono i nuovi nati; 3.'^ per la necessità fatta alle rare larve che sfuggono di ridursi sulle foglie e sui frutti, e sparire con essi. Se questo risolve il problema della difesa per quello che riguarda gli effetti degli insetticidi sugli insetti ed il modo di graduare la materia attiva di quelli per gli effetti migliori contro di questi, lascia indiscusso l'argomento dal punto di vista della economia vegetale, e della convenienza o meno, di combattere la generazione primaverile meglio che quella esti- va, e magari quella autunnale dello larve sopraindicate. Non è indifferente prendere di mira una piuttosto che un' al- — 246 - tra di esse, anzi tutto, perchè non può essere indifferente per il sistema e l'unità delle operazioni, dalla opportunità delle quali dipendono gli effetti ultimi della difesa; poi perchè que- sta difesa si deve svolgere cosi da giovarci più che può con- tro gli insetti, ma col menomo danno possibile, e meglio an- cora se con nessun danno per la vita delle piante, ed il minimo necessario della spesa per conseguire gli effetti desiderati. Per distruggere le cocciniglie ed impedire che le superstiti si fissino e vivano a spese delle parti legnose delle piante, la di- fesa primaverile è preferibile a ciascuna delle due altre, (l'estiva e l'autunnale) ed è preferibile anche, perchè, soppressa o quasi la prima generazione, vengono a mancare necessariamente, o restano di molto diminuite le altre, che da quella provengono, e le foglie stesse, e i frutti, più tardi, si troverebbero comple- tamente mondi, o quasi, dagli insetti. Prendendo a combattere le larve della generazione estiva, e peggio ancora, quella autun- nale, si lascia maggior ragione di pace agli insetti, che nel frattempo ne approfittano ; l'azione immunizzatrice dell'olio di catrame dopo i tre mesi potrebbe essere insufficiente; e le coc- ciniglie da combattere, le troveremmo moltiplicate e diffuse, anche sulle parti legnose, che sono i veri centri, ed i centri più temibili della infezione delle piante; senza dire che questo sa- rebbe un grave errore tecnico ed economico, ove la infezione delle cocciniglie fosse di quelle che si accontentano delle parti legnose soltanto delle piante coltivate. In un caso solo, per ora, potrebbe essere giustificato il derogare da questa linea di difesa, ed è quello della infezione delle cocciniglie sui gelsi, che si coltivano per 1' allevamento dei bachi da seta. Quanto alle altre piante a foglia caduca, come il pero, il melo, il susino, ecc., la opportunità di operare contro le larve della generazione primaverile non iDOtrebbe ora essere messa in dubbio da ragioni di fisiologia vegetale, pel rischio di com- promettere la fecondazione, l'allegamento dei frutti e le gio- vani vegetazioni, perchè la fioritura e l'allegagione dei frutti hanno luogo prima dell'avvenimento della nascita, in grande, — 247 — della prima generazione delle cocciniglie, e la dose per °/o dì materia attiva del primo trattamento insetticida è tale da non portare danno molto sensibile sui vegetali. Quanto ora alla difesa delle piante a fogliame sempre verde, si può praticare su di esse l'uso delle miscele catramose molto concentrate, raccomandate per la difesa autunno-invernale delle piante a foglia caduca ? Certamente l'uso delle miscele indicate sulle piante a foglie persistenti, come l'olivo, gli agrumi, ecc., porta con se la di- struzione di una gran parte del fogliame, e le piante per ri- fornirsene, nei primi due anni, scarseggiano nel frutto. Questo certo, non è l'ideale della difesa, per gli effetti sui vegetali; ma un tale trattamento libera così bene le piante dagli insetti, da valere insieme le migliori operazioni estive sopraindicate, e tutte le cause naturali di distruzione, che colpiscono le coc- ciniglie e lasciano quasi immuni le piante, che ne sono infette. Ritengo perciò fermamente che, anche nel caso delle piante a foglia persistente, non si possa far senza della difesa au- tunno-invernale nelle infezioni gravi, e che quanto meno essa sarà da estendersi al castello della chioma, per togliere di mezzo i più grossi focolari della infezione, e lasciare quella delle foglie e dei rami minori all'azione della cura primave- rile-estiva, ed alla caduta naturale del fogliame stesso, che libera la pianta da un considerevole numero di cocciniglie. Nel caso delle cocciniglie poi che hanno una sola genera- zione annuale, come la Ceroplastes del fico, almeno, [Cerophistes )'uscì)j la difesa invernale con gli insetticidi può essere sosti- tuita utilmente con un'azione meccanica diretta, per far ca- dere le femmine dell'insetto ; e l'operazione si riduce al passag- gio vigoroso di uno straccio, diretto dal basso all'alto dei rami. Dopo questa operazione, nella quale, si possono utilmente occupare dei ragazzi, di luglio si procede ai lavori della difesa estiva con gli insetticidi, operando nel modo che sopra ho in- dicato. Gli insetticidi più adatti alla difesa contro le cocciniglie, — 248 — nella primavera, nell'estate e nell'autunno, in ordine ai resul- tati delle osservazioni sopraindicate, sono due: il sapone di catrame, formola Del Guercio, e l'olio di catrame emulsionabile (formola Berlese) presi nelle dosi graduali a suo luogo indi- cate (1). Il sapone al catrame indicato si ottiene nel seguente modo. Si fa bollire una parte di sapone in tre parti di acqua fino a soluzione completa. Nella soluzione saponosa bollente si ver- sano poco per volta e si mescola, da una a tre parti di olio pesante di catrame. Si leva la pasta saponosa al catrame, dal fuoco, si lascia raffreddare, e poi si scioglie nelle proporzioni volute nell'acqua, per versare il liquido nelle pompe e applicarlo sulle piante. La formola concentrata pertanto di questo insetticida, per il primo trattamento, è la seguente : Sapone molle . . Kg. 1 Acqua Lit. 3 Olio di catrame . » 1 L. 0,47 Nel secondo trattamento questo stesso liquido conterrà il 2 ^/,, di olio di catrame; e nel terzo il 3, portando ad 1 Ve la quantità del sapone, per non danneggiare le piante. Le pompe migliori sono quelle a getto vigoroso; le altre, qualunque esse siano, sono da scartarsi. Per la difesa dei Chinotti bastano da noi le comuni pompe, ben pulite, da solfato di rame. Per le piante più alte occorrono le pompe montate su car- retti e con tubi di gomma forniti di lunghe canne polverizzanti, per bagnare comodamente, da terra, e dal carretto stesso, le parti basse e quelle più elevate della chioma. Quanto ora alla pratica delle operazioni, l'aspersione degli a L. 0,35 il Kg. L. 0,35 » 0,00 a L. 0,12 il Kg. => 0,12 (1) Il catrame preparato dal prof. Berlese, alla dose del 2 e del 3 "/,„ riesce ad ■effetti abbastanza sensibili sulle formazioni più tenere della pianta; ma non vedo in questo un ostacolo tale da non farlo consigliare nella pratica. — 249 — insetticidi d'inverno può farsi in qualunque momento; di pri- mavera, di estate e di autunno, bisogna ben determinare con saggi ed osservazioni preliminari la generazione che si vuol combattere e sorvegliare la nascita delle larve, che vanno ri- cercate per tutto, ma specialmente lungo le nervature delle foglie, alle estremità tenere dei rami e sui frutti, e sotto i gusci delle madri. L'esame, anzi, dei gusci delle femmine, per le uova che contengono non ancora schiuse, deve servire di guida nel determinare il numero e la condotta delle opera- zioni, delle quali, la prima si farà quando i nuovi nati sono già numerosi sulla pianta, e questo accade dopo una diecina di giorni dal momento delle prime loro apparizioni. Le operazioni successive potranno essere due o tre, ed in tutte si avrà l'avvertenza di colpire largamente, col getto li- quido polverizzante, il fusto, 'i rami e le foglie, procedendo- dairinterno all'esterno, e dall'alto al basso della chioma. Chiudono le operazioni della difesa quelle della concima- zione e della lavorazione del terreno, perchè le piante si pos- sano rimettere al più presto dall'esaurimento patito e dar pro- dotti, come prima, più abbondanti e rimunerativi. Se ora la presidenza e gli egregi colleghi me lo consentono, con l' esposizione dei fatti accennati avrei da sottoporre e sottopongo alla osservazione di tutti alcune delle piante infette, che ho messo in esperimento. Qui, come vedono, sono pure tutti i mezzi occorrenti per assicurarsi effettivamente: 1° Che questa e le altre piante trattate con le miscele di olio pesante di catrame alla dose del 10 al 15 °/^^, non muoiono, neanche quando sono piccole come c^uelle che presento. 2.° Che sui rami di esse, spennellati con l'insetticida, gli insetti sono morti, e le uova deposte sono morte al pari degli insetti. 3.° Che sui rami e sulle foglie non curate, gli insetti sono vivi. 4." Che i gusci degli insetti {Aspidiotus e Mitylaspis) seno- stati completamente penetrati dall'insetticida e sono divenuti — 250 — bruni, come il corpo degli insetti sottostanti, e le uova sono aggrinzite. 5.° Che sui rami spennellati con le sostanze catramose indicate non si sono fissate altre cocciniglie. 6." Che, viceversa, questi insetti si sono fìssati ovunque, ■dove i rami non sono stati incatramati. Per ciò mi si consenta di ritenere che l'uso delle miscele all'olio di catrame immunizzano le parti legnose delle piante contro le punture delle cocciniglie. Ciò posto, ecco le indicazioni con le quali mi pare di ri- spondere ai quesiti che la pratica economica italiana mi ha iino ad ora proposti. Cocciniglia cerifera dei Fico (Ceroplastes rusci). Dal mese di dicembre al mese di marzo asportare il sec- cume ed i rami intristiti della chioma e bruciarli, e passare sui rami restanti dal basso all'alto, uno straccio per schiac- ciare e far cadere le femmine dell' insetto, che vi si trovano fissate. Dalla metà di luglio alla metà di agosto colpire le larve con gli insetticidi, operando due o tre volte, con liquidi con- tenenti, in questo caso, al massimo il 2 al 2 '/j di materia -attiva. Cocciniglia cerifera dei Chinotti {Ceroplastes sinensis). Distruzione della Muhlemhechia platiclados. Riduzione della chioma della pianta d'inverno, come si è detto per il Fico. Di estate, dal 15 luglio ai primi di settembre tre applicazioni insetticide con dose dal 2 al 2 Va °/o ^i mate- ria attiva. — 251 — Altre cocciniglie (Asj)iclìotv.s^ Mijtilaxiìis, Diaspis. e/c). Per infezioni incipienti, difesa primaverile con gli insetti- cidi dalla dose del 2 al 3 V-a °/o) dal mese di giugno alla se- conda decade di luglio. Per la pianta del Gelso che serve per la foglia, la difesa va fatta contro la generazione delle larve, che vengono alla luce dopo la raccolta di quella. Quando la infezione è grave, bisogna ridurre più che è possibile la chioma della pianta, con la potatura, per facilitare il passaggio e l'uso degli insetticidi, e praticare la difesa in- vernale con soluzioni concentrate in ordine alle spiccie che si devono distruggere. La difesa invernale si completa con quella primaverile in- dicata contro le infezioni ancora incipienti. Per le piante a fogliame verde, la difesa invernale si j^uò ridurre al castello della chioma. Gli aranci che si vogliono innestrare a limoni, si disinfet- tano a questo modo e poi si opera il capitozzamento della j)ianta per procedere all'innesto indicato, avendo cura di sce- gliere marze immuni, o sulle quali gli insetti siano stati di- strutti con le soluzioni estive ricordate. La lavorazione e la concimazione del terreno sono il com- plemento della difesa contro le cocciniglie, e sono un comple- mento utilissimo, perchè aiutano a far uscire le piante dallo stato di s|)OSsamento nel quale le cocciniglie le riducono. 252 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV. Pier. A. — Ramo di Chinotto con le femmine (iella Ceroplastes sinensis, a gran- dezza naturale, dal vero. Fig. A,. A... — Rami della stessa pianta egualmente infettati. Yi's. B. — Ramo di Muhlembeckia platyclados quasi interamente coperto dalla Ce- roplastes sinensis. Anche questa figura è al naturale ed ottenuta sviluppando una fotografia, che devo alla cortesia del chiarissimo Prof. E. Beccar i. Bull. Soc. Ent. It. Anno XXXII. Tav. lY. INTORNO ALLE MODIFICAZIONI DI ALCONI TESSCTI DURANTE LA NINFOSI DELLA CALLIPHORA ERYTHROCEPHALA MCemoria di ANTONIO BERLESE La presente nota è suggerita dalla lettura di una recentis- sima memoria inserita in questo Bollettino e della quale io ho avuto da qualche giorno gli estratti. La prelodata memo- ria si deve al dott. Supino F. e viene in seguito ad altra, collo stesso titolo inserita nei Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, voi. IX, 1" sem., s. 5, fase. 5, 1900 (1). Di quest'ultima credo inutile occuparmi, poiché è ripro- dotta quasi letteralmente nella seconda nota, della quale in- vece è bene discutere, inquantochè vi sono affermazioni che, al giudizio mio, non sembrano convenire colla verità delle cose. Due scopi si prefigge il lavoro in discorso, od almeno due serie di ricerche, l'uno a riconoscere se o meno sieno fagociti od altrimenti elementi cellulari i corpi rotondeggianti che oc- cupano le cellule del tessuto adiposo larvale durante la nin- fosi, o non sieno piuttosto sostanza immagazzinata in riserva; l'altro indaga l'origine del tessuto adiposo immaginale. Dallo studio della natura di questi corpi, si può giungere a giudicare del valore da attribuirsi alla teoria della fagoci- tosi come fenomeno essenziale nella ninfosi. Questo studio che è stato il precipuo scopo delle mie memorie precedenti quelle (l) F. ScpiNo, Osservazioni sojjra fenomeni che avvengono durante lo sviluppo po- stembrionale della u. CaUiphora erythrocephala 'i. Idkm., Boll. Soc. Entomol. Rai., Anno XXXII, pag. 192, 216. Anno XXXII. 17 — 254 — del Supino (1) ha condotto anche altri recenti autori alla con- clusione che l'intervento fagocitico è una ijDotesi ormai da ab- bandonarsi, ed io sono bene lieto di essere stato il primo a dubitarne fortemente, anzi a negarlo risolutamente, indagando non su un solo insetto ma su molti di tutti gli ordini fra i metabolici. Sono tuttavia dell'opinione che a comprendere bene la na- tura dei fenomeni complessi che si svolgono durante la ninfosi, non sia prudente limitare le ricerche ad un solo insetto, ma sia necessario vederne assai e molto diversi per posizione si- stematica. Se il Eees ed il Kowalevsky cosi avessero fatto, non avrebbero certo scambiato con elementi cellulari, le inclu- sioni del tessuto adiposo larvale della CallijjTiora, poiché se nei muscidi ed in altri ditteri non troppo bassi i detti corpic- •ciuoli rotondeggianti presentano dei pseudoìmclei, ossia delle parti sferoidali, interne, tingibili, non altrettanto avviene nei Coleotteri, Imenotteri, Lepidotteri e Neurotteri, nei quali, e, specialmente nei primi, la natura vera dei detti corpi inglo- bati nelle cellule adipose, è trop^DO manifesta perchè sia pos- sibile confonderli con elementi cellulari. Se il dott. Supino, alla stessa guisa, avesse studiato altre forme oltre alla Calliphora, molte sue recise affermazioni non sarebbero venute all'onore della pubblicità, poiché riconosciute infondate; e questo mi sarà facile dimostrare. Inoltre, il modo di comportarsi delle cellule adipose larvali durante la ninfosi, specialmente nei muscidi trova cosi stretta corrispondenza con quello che fanno le cellule del mesenteron degli aracnidi e di alcuni miriapodi, nonché di altri tessuti in altri animali (pareti del corpo àelVOioenia fusiformis) (2) etc. (1) A. Berlese, Osservazioni circa fenomeni che avvengono nella ninfosi dei mu- scidi, e Eiv. di Patol. Veget. ", Anno VI, pag. 269; Idem, Osservazioni su fenomeni che avvengono durante la ninfosi degli insettiime- tombolici, ti Ibidem », Voi. Vili, da pag. 1 a pag. 155; (2) V. GiLSON, La Cellule, T. XIV, 189S, pag. 87. — 255 — che una visione anche di questi tessuti è necessaria, almeno per non dubitare di cose dimostrabilissime e dimostrate anzi, come è accaduto, con suo torto, al Supino, ed io lo mostrerò in appresso. Intanto mi è grato riconoscere che nella prima parte della sua memoria, per quanto si riferisce alla ricerca della natura delle inclusioni contenute nel grasso larvale durante la nin- fosi della Callipliora, il Supino conviene esattamente con quello che io ho detto già con maggiore ampiezza di partico- lari. Infatti tre buoni quarti della memoria, cioè 18 pagine su 24 (da pag. 192 a pag. 209) sono occupati da un compendio delle mie osservazioni, il quale riassunto, per essere fatto dietro l'esame di preparazioni altrove fatte e per altra mano, è molto opportuno ad accrescere fede alle mie affermazioni, e di que- sta sua opera io sono particolarmente grato all'Autore, mentre mi dolgo di non poter esser sempre della sua opinione, quando egli qualcuna ne espone che, scostandosi dalle mie conclusioni, sembra a me si scosti anche dalla verità delle cose. Forse altri potrà osservare che l'esposizione bibliografica nella memoria del Supino riesce in proporzione soverchia di fronte alle osservazioni dirette, tanto più che la stessa biblio- grafia, a puntino o più estesa, io stesso avevo esposto, ed il ripetere alcune di queste cose può far credere, più che altro, che si dubiti della diffusione dei miei scritti, ne si vede che ad altro giovi. Lo stesso potrei dire di parecchie figure, poiché, oltre che io sono disposto a ritenere che la mia mano abbia meglio servito a me che quella del disegnatore suo al Supino, e la modestia non attenui il vero, veggo che la fìg. 2, del Supino, corrisponde esattamente alla 14 della mia memoria; quella 3 dello stesso Autore, conviene colla 17 mia, salvo che io non ho dimenticato di accennare anche nella figura al ci- toplasma reticolato, il quale non si vede nella figura del Su- pino per quanto rammentato invece nel testo, ed io non ho dimenticato di segnare il plasma coagulato non solo al di fuori della cellula, ma ancora al di dentro, lungo il suo orlo; — 256 — la fig. 4 del Supino conviene colle 24 e 26 mie; la fig. 9 del- l'Autore, trova riscontro colle figure 32, 34, 35 mie, e quella 10, colla mia 31, salvo che per questa io ho anche meglio de- finito (fig. 33) il modo di distruzione delle inclusioni albu- minoidi. Vediamo ora, in che il riassunto del Supino, oltre che nella bibliografia conviene col mio più esteso lavoro, e vedremo poi in che e perchè se ne scosta. Dopo lo sguardo bibliografico, comincia da pag. 198 della memoria del Supino (1) la descrizione del grasso nei diversi momenti della larva e si protrae fino a pag. 200, riassumendo, adunque, senza divario, quello che da jDag. 19 della mia me- moria io ho esposto fino a ]3ag. 41 inclus., con questo però che i vacuoli delle cellule adipose giovanili, io li ho senza più nominati per tali, senza ricorrere a quella speciale circonlocu- zione, ripetuta in ambedue le note del Supino, per le quali il citoplasma « mostra qua e là delle macchioline incolori le quali.... costituiscono veri vacuoli. » Nelle pagine seguenti, cioè da pag. 201 a pag. 203, il Su- pino riassume quanto io dissi da pag. 42 a pag. 59 e con me conviene circa al fatto che le inclusioni contenute nelle cellule adipose larvali, durante la ninfa, non sono elementi cellulari, come vorrebbero il Rees ed il Kowalevsky, ma sferette di so- stanza albuminoide, per le quali conclude che « sembra lecito (pag. 205, linea 28) ammettere che tali sferette colorate fuo- riescano dalle cellule adipose, poiché se ne trovano numerose sparse per tutto il corpo dell'animale, e le cellule adipose si mostrano vuote » ed a pag. 214, linea 26. « E logico supporre che queste gocciolette colorate fuoriescano dalla cellula adi- posa per andare a nutrire gli organi in accrescimento o di nuova formazione, poiché se ne trovano numerose sparse nel (1) Intendo di quella inserita nel Bollettino di Entomologia agraria, poiché la pre- ventiva inserita nei « Rendiconti dell'Accademia dei Lincei ■\ vi è ripresa integral- mente, se non ad liUeram. — 257 — corpo clell'animale e si cominciano a vedere le cellule adipose vuote ». Ciò conviene perfettamente con quanto io esposi a pag. 54 e disegnai a tav. II, fìg. 24, 27, ma non conviene più con quanto il Supino stesso aveva affermato a pag. 203, dove, a riga 17 scriveva « La ipotesi del Berlese che.... infine queste (le sferette) una volta elaborate fuoriescono per andare a nu- trire gli organi di nuova formazione od in accrescimento della ninfa, sarà geniale quanto si vuole, ma io non la credo di- mostrata ne per ora facilmente dimostrabile ». 10 non mi sono assunto qui impegno di mettere d'accordo il Supino con lui stesso, in modo da convenire che quello che a pag. 203 è indimostrabile, a pag. 205 diventi lecito ad essere ammesso, e a pag. 214, logico ad esser supposto, ma ho occa- sione di credermi d'accordo coll'Autore con ciò che due affer- mazioni seguenti sembrano avere maggior valore di una nega- zione precedente. Queste sono le cose nelle quali il Supino conviene con me perfettamente e la sua conclusione prima a pag. 215 concorda esattamente con tutto il risultato precipuo del mio lavoro. Vediamo ora in quali punti differiscono le opinioni nostre, per ciò che si riferisce al primo argomento di cui sino ad ora si è detto. In linea generale io sono d'opinione che queste ricerche cosi minute ed intricate debbano richiedere molto tempo ed indagini non sulla sola Calliphora, che è la forma più compli- cata, ma su molti altri insetti di tutti gli ordini e su altri artropodi, come ho detto. 11 Supino ha opinione diversa e ritiene invece che pochi mesi di indagini da ottobre all'aprile successivo (pag. 198) e sulla sola Calliphora sieno sufficienti, non solo a comprendere bene le cose già dette da altri in precedènza, ma ancora ad emendarle anche in quelle conclusioni alle quali gli autori pre- cedenti sono giunti dietro lungo esame di più anni, esteso a molte altre forme non indagate dal mio egregio contradittore. — 258 — Ancora, in linea generale, sembra l'Autore più propenso al dubbio che alla ricerca di quelle verità che pure agevolmente si jDOssono dimostrare od almeno indagare. Il dubbio è la prima fase della ricerca, ma il saj)ere non si compone di sole dubi- tazioni. I punti speciali nei quali non conveniamo il Dott. Su- pino ed io possono dimostrare quanto sopra ho affermato. Cosi, non veggo che in tutta la memoria il Supino defi- nisca la natura di quelle tali sferette^ che spesso ricorda e di- segna. Ora, i nostri mezzi di ricerca sono abbastanza innanzi per riconoscerne la essenza chimica, almeno per quel tanto che basta per disporle in un dato novero di sostanze. Ciò è essen- ziale per comprendere il fenomeno tutto della ninfosi; trascu- rando questo punto troppe cose debbono essere lasciate in disparte. Una molto semplice indagine microchimica, poteva definire se si tratta o meno di guttule adipose; altre reazioni semplici abbastanza, potevano escludere che si trattasse di chitina, di lecitina ecc., che però sono sostanze quaternarie, ed altre rea- zioni d'indole positiva, avrebbero dimostrato trattarsi di so- stanze proteiche, albumiuoidi, come io ho fatto per le stesse sferette del mesointestino di molti aracnidi (1). Inoltre, pur trattando di hella e di geniale la mia ipotesi, (che per ipotesi veramente ho espresso) che cioè, le sferette raccolte attorno al nucleo e non tingibili coll'emallume rap- presentino albumiuoidi insolubili (albumine) e quelle tingibili sieno ormai peptonizzate (solubili), e ciò per opera di enzimi dipendenti dal nucleo, l'Autore ne dubita di continuo, eppure credo che abbia maggior fondamento la mia ipotesi che il suo dubbio, del quale. non dice mai, l'Autore, la ragione. Se cosi fosse, egli avrebbe dovuto battere in breccia quelle fondamenta all'ipotesi, che, non indicate nel lavoro sulla Cal- liphora^ dipendono però dalle ricerche mie sugli acari e sugli (1) Vedi Rivista di Patologia vegetale, Voi. V, da pag. 158 a 161. — 259 — aracnidi già pubblicate, come da quelle di altri, come dallo studio delle cose analoghe in altri insetti. Vediamo brevemente tutto ciò. Se il Supino, anziché limi- tare le sue ricerche alla sola CallipJiora, le avesse estese almeno ai Coleotteri, avrebbe veduto che in questi il nucleo delle cel- lule adipose non contiene mai quelle granulazioni che lo cir- condano nella Calliphora^ ma neppure i globuli albuminoidi raccolti nella cellula presentano pseudonuclei. Ciò avrebbe potuto far dubitare di un rapporto fra pseu- donuclei e le dette granulazioni. Lo studio poi di quello che si vede nelle grosse cellule del mesointestino degli aracnidi od almeno la lettura delle mie memorie in proposito gli avrebbe dimostrato che queste gra- nidazioni o meglio minute gocciole da me considerate come enzimi, sono assai più grosse ed abbondanti nelle dette cellule e la natura loro, giacche questo liquido può essere raccolto in abbondanza, è definita da chimici valorosi come l'IIoppe Sey- ler, e da un fisiologo della virtù del Plateau. Tutto il processo poi di trasformazione delle guttule albu- minoidi insolubili in peptoni solubili entro le cellule stesse, nel mesointestino degli aracnidi, è esposto in lungo ed in largo nella mia precitata memoria sugli Acari, a pag. 164 e seg. ed in quella sul mesointestino di alcuni aracnidi (1) da pag. 11 a pag. 17 (estratto), e se non si vuole prestare fede alle mie osservazioni, si veggano almeno i bei lavori del Bernard e del Bertkau, poiché se pure è lecito dubitare di alcune ricerche fondamentali, è conveniente almeno esporre le ragioni del dub- bio, con che la discussione può procedere e la verità venire in chiaro. Per conto mio, ho esposto la ipotesi non essendo in quel mio lavoro sulle mosche il luogo a svolgere le prove in fa- vore, mentre ciò deve venire più tardi, ma il dubbio è venuto e prima di essere portato nel pubblico doveva trovare il tempo (1) Rivista di Paiolo g. vegetale, anno VII, N.' 5-8. — 260 — e la ragione di affermarsi, almeno contro i fatti ormai in no- stro possesso. Altra dubitazione esprime l'Autore a proposito dell'ingresso degli albuminoidi nelle cellule, e questa è forse meno a pro- posito, giacche più agevole a torsi via. L'Autore dice a pag. 201 e 202: « In stadi ulteriori, e precisamente quando sta per formarsi la pupa, si comincia a notare che all'esterno delle cellule adi- pose non si trova più un plasma in forma di minutissimi gra- nuli, come avevamo visto negli stadi precedenti, ma si vede invece un plasma che appare in forma di granuli più grosso- lani, plasma che persiste ed anzi si fa più abbondante fino alla pupa di tre o quattro giorni. Tale modificazione del j)la- sma è molto probabilmente in rapporto con la distruzione di organi larvali e specialmente dei muscoli della regione ante- riore del corpo, che sono i primi a disfarsi. « Nello stesso tempo si osserva che nell'interno delle cel- lule adipose si trovano, oltre ai granuli colorati o meno di cui abbiamo fatto più sopra parola e che qui sono aumentati di volume, anche delle sferette più grandi, che mostrano nel loro interno delle particelle sferiche simili a nuclei, le quali si co- lorano intensamente coiremallume. « Se il plasma che abbiamo visto all'esterno delle cellule adipose, penetri nelle cellule stesse per formare i granuli più o meno colorati come asserisce il Berlese, è cosa che non po- trei ben definire. Io non vidi il ^^lasraa esterno penetrare nel- l'interno delle cellule adipose, e se qualche volta si vede dentro la cellula del plasma uguale a quello che si trova all'esterno, ho sempre potuto osservare che ciò si riscontra quando la pa- rete della cellula adiposa si è rotta in qualche punto o quando per la preparazione mal riuscita detto plasma occasionalmente si è collocato al disopra della cellula adiposa; ma in questo caso è facile chiarire il dubbio osservando il piano diverso nel quale si trovano e il protoplasma e la cellula e osservando accuratamente tutta la preparazione. — 261 — Del resto qui si può dire che si tratta di fenomeni cosi complicati e d'altra parte cosi difficili a risolversi, dati i mezzi che la microchimica oggi ci dà, che credo sarebbe per lo meno temerario, il voler dare un giudizio esatto. È perciò che io mi limito alla esj)osizione di quanto ho potuto osser- vare, lasciando che l'interpetrazione di fenomeni cosi com- plessi si risolva quando la tecnica ci darà mezzi sufficienti per dire con sicurezza come procedono le cose. Nella pupa del primo giorno si vedono, quantunque poco numerose, nell'interno delle cellule adipose, quelle sferette, di cui ho fatto sopra parola, le quali sono ormai abbastanza grandi e contengono uno o più corpicciuoli che si tingono bene con l'emallume. Ora le cellule adipose della porzione an- teriore del corpo misurano circa 200 {J.., mentre quelle della porzione posteriore ne misurano 150. Nella pupa del secondo, terzo e quarto giorno, le sferette sono divenute più grandi e più numerose e si vede molto chiaramente una disposizione simile alle figure date dal Rees come dimostrazione dei fagociti nell'interno della cellula adi- posa (vedi Rees, Beitràge zur Kenntniss der inneren Lleta- morphose von Musca vomitoria, fìg. 22, 23). Si vedono, cioè, attorno al nucleo numerose gocciole rin- frangenti la luce, che hanno nel loro interno uno o più corpic- ciuoli fortemente colorati. Tali cocciole sono di varia gran- dezza e misurano in media 8-10 jx. Nello stesso tempo si nota che nel contorno esterno del nucleo della cellula adiposa si vedono come dei piccoli granuli fortemente colorati che pare si stacchino dal nucleo stesso ». Ora siccome non vi ha effetto senza causa, così il Supino avrebbe dovuto esporre una sua congettura circa l'apparizione di queste guttule albuminoidi tanto abbondanti durante lo stato di ninfa e che prima non erano affatto nelle cellule. L'Autore vede aj^parire e crescere le dette sferette, e non si è chiesto di dove possano derivare. Pel Viallanes, Rees, Kowalevsky ecc , per cui le dette sfe- — 262 — rule erano elementi cellulari, si comprende che questi autori non abbiano indagato la ragione dell'apparsa e deiraccresci- mento, ma per me e pel Supino non si può ammettere altro che una formazione da sostanza preesistente al di fuori. Ora, io ho detto a pag. 29, a proposito della larva matura II stadio: « Per ora mi è necessario osservare che tutto il contenuto dell'intestino è ormai stravasato di fuori ed in una sezione si vede benissimo tutto questo plasma largamente intercalato fra gli organi interni ». Questo io ho disegnato a fìg. 17 ed il Supino a fig 3, Più sotto però, a pag. 33, a proposito della larva matura IH stadio, io dico: « Il fatto cardinale è che di quel plasma il quale si era veduto cosi abbondante nella precedente forma, qui non ha più traccia. Tutti gli organi nel torace e nell' addome sono isolati, non circondati da sostanza coagulata ». Il Supino non tien conto affatto di questa totale scomparsa del plasma ambiente dopo lo stadio di cui ha dato figura al n. 3, ma sta il fatto, egualmente, che mentre nelle cellule adipose si formano e crescono le sferette o guttule albuminoidi, il plasma congulato ambiente scompare. Adunque è lecito cre- dere che esso sia penetrato nelle cellule stesse e quivi assuma la forma sferica. Adunque, allorquando il Supino parla di microchimica per chiederle ragione di questo ingresso, parmi che non ve ne sia necessità, poiché basta alquanta di quella facile tìsica delle attività osmotiche, per cui una spugna immersa in una cati- nella d'acqua se ne imbeve e l'ambiente rimane all'asciutto. L'Autore dice « io non vidi (pag. 202, linea 3) il plasma esterno penetrare nell'interno delle cellule adipose », e ciò è credibile quando si pensi che il plasma stesso, fissato, impa- raffinato, compreso stabilmente nel balsamo, deve avere ragio- nevolmente dimesso ormai qualsiasi inclinazione a muoversi più. Il dubbio poi che io non mi sia accorto di sovrapposizione — 263 — di frammenti o di membrane cellulari interrotte ritengo che non possa essere giustificato in modo alcuno, ne può essere preso sul serio. ]\[a vi ha di più. Mercè semplici azioni fìsiche, al di fuori di qualsivoglia microchimica o rottura di membrana cellulare, il Supino ammette (come si è veduto) che le sferette fuori- escano dalla cellula per versarsi nella cavità ambiente; egli dice infatti (pag. 214): « Come avvenga questa uscita non potrei con precisione dire; certo è che avviene in tal jnodo che la parete cellulare persiste completa, anche quando la cellula adiposa è quasi del tutto vuota ». • Ciò io pure ho detto e figurato, ma non comprendo perchè il Supino ammetta così agevolmente Tesodo delle sferette, senza Fig. 1. — Cellule adipose larvali che assorbono il plasma ambiente; A tolte da una pupa bianca (appena formata) nella regione tora- cica, pi plasma; e' porzione della cellula non occupata da gocciole albuminoidi ed in cui è penetrato il plasma circostante. B Cellule cefaliche tolte da una pupa di 5 giorni (estate). Lettere come in A. rompere altrimenti la membrana cellulare, eppure le sferette sono di sostanza coagulata e grossette nelle loro dimensioni, e neghi l'ingresso, quando non soccorra una microchimica oppor- tuna 0 non si rompa la membrana, al plasma fluido e tenue. — 264 — Del resto, segno a fig. 1, parecchie cellule delineate dal vero da pupe a vario stato di sviluppo, nelle quali si vede (come a fig. intere. 4 della nota) come il plasma sia tanto bene di dentro che al di fuori della membrana cellulare, in una re- gione dove la cellula si allunga quasi in tensione, ed i pre- parati sono a disposizione di chi voglia consultarli. Altrove il Supino conviene completamente con me e quando (a pag. 201, linea 19) rileva nella pupa la nuova qualità di plasma che circonda le cellule e lo ritiene derivato dalla di- struzione degli organi larvali. A questo proposito io mi sono trattenuto assai a lungo. Quanto poi alla ragione per cui il plasma, fluido di fuori si raccoglie in gocciole rotondeggianti entro le cellule, io potrò dire che non diversamente avviene la formazione del vitellus nelle uova, ed i depositi di albuminoidi in genere, come ma- teriali di riserva, dovunque, almeno, io li ho veduti. Un'ultima difficoltà è messa innanzi circa alla divisione da me proposta del periodo preninfale della larva da poi che è matura. Il Supino non accoglie la mia distinzione, ma pure nessuna altra ne sostituisce, e ciò affermando che essa non sempre si verifica. Ora, ninna classificazione, come ninna cosa al mondo è perfetta, ma se si dovesse tutto rigettare quello che non è perfetto, senza però proporre alcunché di meglio, o di peggio, ne classificazione alcuna ne cosa di sorta sarebbe alla mano di noi. D'altronde l'accusa mossa dal Supino alla mia divisione di questi estremi momenti larvali, pecca alquanto di confusione « poiché » dice l'autore a pag. 200, riga 18 « ho visto spesso che tali momenti, per ragioni speciali, possono non avvenire con regolarità, cosicché, per esempio, dalla larva matura che ha finito di nutrirsi e si locomuove, si può pas- sare senz'altro allo stadio III del Berlese e magari a quello di larva già da tempo raccolta su se stessa » (1). Ora, giacché il « senz'altro » ed il « già da. tempo » non (1) Cioè da tempo immobile. È come dire che dallo stato di uomo vivente si può senz'altro passare in quello di morto da tempo. — 265 — si corrispondono esattamente, è credibile che nel periodo che tra questi due avverbi intercede si comprenda appunto quello stadio intermedio che io ho indicato nel mio sistema (1). * Molto più serio è il divario di opinioni relativo all'origine del grasso immaginale nella Calliphora., poiché mentre io faccio derivare il grasso stesso dai nuclei muscolari larvali, il Supino 10 fa derivare da elementi mesenchimatici. Ora, per trattare tutta questa questione e dimostrare ad evidenza l'errore del Supino, sono costretto a seguire passo passo tutto il discorso suo a proposito della formazione del grasso larvale e ciò perchè mi è pur d'uopo riconoscere che troppe inesattezze sono nelle sue brevi parole, perchè io possa accomodatamente impugnarle senza tema di lasciarne sfuggire alcuna, con che l'errore in cui è caduto il Supino potrebbe non essere bene dimostrato. 11 compito non è piacevole ma si deve pur seguire per isco- prire il vero in argomento tanto importante. Già a pag. 205 l'Autore parla,' per la prima volta, di quei particolari ammassi di sarcoliti inglobati da leucociti o meno, che Weismann chiamava Kot'nchenkugeln. Cosi si esprime il Supino: « Ora piuttosto conviene dire due parole di quei corpi chia- mati dal Weismann e Kowalevsky Kórclienliugeln » (sic) « pa- rola tradotta dal Berlese con quella di sferula di granuli^ benché quest'ultimo comprenda fra le sferule di granuli molti (1) La conseguenza immediata del niuno ordinamento degli stati preniufali dopo la fine della ingestione di cibo, si può rilevare negli errori in cui il Supino non manca di incorrere, quando, ad es., afferma che le cellule adipose sono più o meno allontanate l'una dall'altra, nella larva che ha cessato di nutrirsi- Ora, se l'Autore ritiene di poter così definire qualunque stato della pupa, fino all' adulto, pur non essendo in errore meriterà accusa di indeterminatezza ed im- proprietà grandissime; però se egli considera per larva che ha cessato di nutrirsi, qualcuno di questi stati che io ho diviso a puntino, egli sarà alquanto più preciso, ma certo contro la verità, poiché le cellule adipose sono tuttavia assieme riunite nella pupa rossa del primo giorno. — 266 — elementi che non hanno niente a che fare coi Korcheìiku- geln » (sic). 10 mi debbo pur difendere da queste accuse che non hanno fondamento di verità, e comincio a dire subito che se io ho adottato la parola italiana s ferula di granuli, ho fatto ciò per tradurre, in certa quale maniera il Kórnchenhugeln tedesco, al quale ho voluto però conservare, colla n indispensabile, un qualche significato, e questa traduzione non riuscirebbe forse ostica neppure al Supino, quando egli volesse concedere alla parola anzidetta quella n di cui sempre, cioè per 12 volte, nella sua memoria la vuole privata assolutamente e contro ogni equità; poiché, cosi ridotta, la parola Korchenkugeln, come egli la scrive, non ha significato di sorta. Io comprendo benis- simo che in questo ultimo caso essa non può essere tradotta in italiano colle parole sferula di granuli. Inoltre il Supino mi accusa di confondere molti elementi sotto il nome di sferule di granuli. Ora, in scienza e special- mente in queste minute ricerche non so se di istologia o del- l'errore altrui, conviene principalmente essere esatti, e con ciò il molti sarà troppa cosa per due soli generi di elementi ed esorbitante affatto per uno solo. Infatti io non so di avere confuso nulla. 11 Weismann e tutti quelli che mi hanno preceduto, chia- mano indifferentemente KornchenJcugeln gli ammassi di sarco- liti accompagnati da leucocito, senza però nucleo muscolare, come quelli che portano invece in se un nucleo muscolare ; quelle due cose diverse adunque che io qui disegno a fig. 4 M ed X. Si vegga nella mia memoria, a pag. 60 nota, come io distingua due specie di sferule di granuli, dicendo « alcune di queste sferule di granuli derivano certamente da nuclei mu- scolari che si sono staccati dai muscoli larvali assieme a fram- menti di stroma muscolare ». E più su, sempre a pag. 60, parlando di queste ultime pro- duzioni io dico (linea 10). « Queste ultime sferule di granuli^ sono molto diverse da quelle che assai prima di questa epoca — 267 — si sono vedute a if oliate nei luoghi dove i muscoli immaginali dovevano sorgere, poiché quelle sferule, racchiudevano un nu- cleo ciascuna o due, assai piccolo, e delle dimensioni appunto dei nuclei propri agli amebociti larvali ed affatto simile, an- che nelle parvenze, cioè non molto ricco di cromatina e non più tingibile del circostante citoplasma. « Invece le attuali sferule di granuli ancora rimaste, si mostrano per la massima parte, arricchite di un globulo assai grande e talora grandissimo, per lo più sferico a puntino e che tutto od in massima parte si colora colle tinture (emal- lume, carmino ecc.) intensissimamente, senza che mostri nel suo interno struttura di sorta ». Ed a pag. 62 io distinguo ancora, in queste sferule di gra- nuli, quelle sterili, e quelle che mancano di sarcolitii Adunque, l'impiegare due buone pagine di stampa per distinguere tra loro due qualità di elementi significa confonderli fra loro, e ciò al giudizio del Supino, il quale, in tutta la sua memoria non spende una parola per distinguere fra loro le diverse spe- cie di Kornclienhugeln, ma si contenta di dire a pag. 206, linea 26, « Io non ho fatto di questi corpi oggetto speciale di studio ». Adunque queste sono solo due sorta di elementi (come li chiama il Supino) che ne io ne il Supino stesso non abbiamo distinto con speciale nome, bensì per le caratteristiche loro e li abbiamo lasciati compresi sotto il comune nome di Kórn- cheìikugeln loro imposto dagli autori precedenti. Accennato poi alle diverse opinioni in proposito, per quanto dell'origine del tessuto adiposo immaginale io solo abbia detto alcunché, l'Autore, a pag. 211 scrive: « A parte che io non ho mai visto quei fenomeni riguar- danti le modificazioni cui, secondo il Berlese, andrebbero soggetti i nuclei muscolari liberi, fenomeni cui ho sojDra accen- nato, io penso che le cose procedano in modo del tutto dif- ferente ». A questo punto della questione, altri potrebbe dolersi che — 268 — l'Autore, dopo essersi chiesto (a pag. 208, linea 31) che cosa avvenga dei leucociti, dei KorncTienkugeln e dei nuclei musco- lari che si staccano dai muscoli in degenerazione, dalla fine di questi non faccia più menzione se non per dire che alcuni nuclei muscolari vengono inglobati dai leucociti, altri forse si distruggono, soggiungendo « su questo punto, già da altri ampiamente studiato e descritto, non credo opportuno intrat- tenermi più a lungo e del resto esso non ha stretta attinenza col presente studio fpag. 208, 209) ». Questo è un mezzo per evitare la questione, ma non ])ev risolverla, da poi che io avevo già affermata falsa la ipotesi del Rees che i nuclei muscolari venissero distrutti dai leuco- citi, ipotesi messa innanzi dal Rees stesso timidamente, e que- sta è la sola cosa che nel giudizio del Supino meriti il titolo di punto ampiamente descritto e studiato da altri. Vedremo però subito che lo stesso Supino non afferma distrutti tutti i nuclei muscolari al tempo in cui comparisce il tessuto adiposo imma- ginale. Infatti egli dice: (pag. 211) « A buon conto debbo dire che i nuclei muscolari isolati (cioè inglobati dai leucociti) via via * che si vanno formando i muscoli immaginali, divengono sem- pre meno numerosi, e quando si formano le colonnette del tes- suto adiposo immaginale, essi sono ormai cosi scarsi che non si capirebbe come potesse da questi formarsi tutto il tessuto adiposo oltre che molti muscoli immaginali che ancora non si sono completamente formati ». A queste parole io debbo osservare: 1.° L'Autore afferma senza più che i nuclei muscolari Uberi sono inglobati dai leucociti, ciò che non concorda con quanto l'Autore stesso, alle figure 5 e 6, mostra, dove i nuclei muscolari liberi (e) sono disegnati senza leucocito alcuno an- nesso. Ma sta invece il fatto che i nuclei muscolari larvali, non solo non periscono distrutti in modo alcuno, ma hanno vita ed ufficio assai notabili, come dimostrerò poi. 2." L'Autore è in pieno errore quando afferma che al mo- — 269 — mento in cui si formano le colonnette adipose immaginali, i nuclei muscolari liberi sono scarsi e l'equivoco non saj^rei come potesse essere scusato quando l'osservazione diretta afferma il contrario. Certo l'Autore mostra di non sapere che nella Cal- liphora la distruzione dei muscoli avviene in due periodi di- versi. Infatti i cefalici e toracici della larva e della ninfa gio- vanissima sono distrutti assai per tempo e già nel quinto giorno dello stato ninfale non se ne ha più traccia di sorta, ma quelli addominali non scompaiono che assai più tardi e precedono di due o tre giorni al massimo la formazione delle colonnette adipose immaginali. Questo fatto è importantissimo poiché solo nei ditteri su- periori si manifesta in modo notabile ed è una delle cause della formazione del grasso immaginale (in sole queste forme), come dirò a suo tempo. Adunque, la formazione dei muscoli cefalici e toracici ha bensì tolto di mezzo molti nuclei muscolari larvali, ma quelli che daranno la massima parte del grasso immaginale, non com- pariranno, e saranno in numero grandissimo, che più tardi assai. L'x^utore prosegue: « Io dubito che quei corpi che il Berlese ha scambiati per nuclei muscolari, sieno invece degli elementi liberi o leucociti che in questi stati si trovano sparsi nel corpo dell'animale e che si colorano più o meno intensamente con l'emallume, mo- strando nel loro interno uno o più nuclei. Ma tali elementi esistono, come abbiamo già visto, sino nelle pupe del primo giorno e non hanno quindi nulla a che fare coi nuclei mu- scolari ». Qui debbo osservare due cose; la prima si è che io non posso, senza dubbio alcuno, scambiare un" leucocito con un nucleo muscolare, e lo affermino le varie descrizioni e le figure. Il leucocito può essere di dimensioni varie, però entro un certo limite e non oltre, ma non mai quanto un nucleo musco- lare, ma il nucleo suo, per dimensioni e struttura è cosi ca- Anno XXXII. 18 — 270 — ratteristico che nou è jjossibile confondere il vero leucocito con altri elementi. La seconda si è che io non veggo in che differiscano quei corpi che io ho descritto e figurato per nu- clei muscolari larvali, da quelli che a fig. 5 e 6 (e) disegna l'Autore. Quanto poi agli elementi di cui il Supino dice infine, ne io ne ho trovato altrove parola nella sua memoria, ne so a che l'Autore alluda, poiché nel corpo delle mosche, durante la ninfosi, non vi hanno elementi liberi all'infuori di leucociti, sferule di granuli, nuclei muscolari larvali e miociti. Il Supino prosegue: « Ma se diamo una occhiata alle figure, la cosa appare molto chiaramente e già dall'esame delle cellule che costitui- scono la colonnetta adiposa si può facilmente capire che si tratta qui di cellule mesenchimatiche che si osservano anche nei primi stadi della ninfa ». Io ritengo che non alle figure è bene dare una occhiata, ma alle cose in natura, se non vuoisi fare errore, ma rilevo intanto che l'Autore non specifica a quali figure è bene dare uno sguardo, poiché se si tratta di tirare a mano le figure del Rees, tav. II, fig. 13, si vede che in mes le cellule mesenchi- matiche stanno formando un muscolo, e confrontata la detta figura con quella 8 del Supino, la concordanza è assoluta, di modo che si dovrebbe definire per muscolo in costruzione an- che quanto il Supino disegna a figura 8 e scambia per colon- netta di tessuto adiposo; se poi si guardano le figure mie 32, 35, 34 {A) nonché 53, 54, si vede che sempre la colonnetta adiposa, nei suoi primordi, é circondata da un'unica membrana, la quale membrana non é disegnata a fig. 8 del Suj)ino e ciò sta bene perchè la detta figura rappresenta un muscolo in co- struzione, ma non é segnata nemmeno a fig. 9, e questo è con- tro alla verità, poiché la detta figura 9 rappresenta veramente una colonnetta di tessuto adiposo immaginale. Ora, qualsivoglia preparazione mostrerà agevolmente che io ho ragione su ciò. Se poi si confrontano tra loro le figure 8 e 9, del Supino, — 271 — e si misurano ancora i singoli elementi attentamente con le seste, giacche l'ingrandimento è lo stesso, si vedrà die a Rg. 8, sono tre elementi, quello con due nuclei, quello immediata- mente sovrappostogli e uno presso^l'estremo posteriore, i quali sono notabilmente più grandi di ciascuno di quelli a fìg. 9 e per lo più corrispondono a due di questi ultimi presi insieme. Adunque, in tre giorni, giacche la fìg. 8 é tolta da una pupa di 15 giorni e quella 9 da una di 18 giorni, dico in tre giorni di vita ninfale, gli elementi cellulari adiposi sarebbero sce- mati di volume od almeno non cresciuti aifatto. Questo, per chi conosce la rapidità di sviluppo delle ninfe di mosca e del tessuto adiposo, è assolutamente inammis- sibile. Veggasi infatti, dalle mie figure, il progresso del tessuto adiposo (in febbraio) dalla pupa di 20 giorni (fìg. 35 a tav. Ili) all'adulto di ventidue giorni, figurato a fig. 37 stessa ta- vola (A). È certo che in tre giornila dimeìisione delle cellule del tes- suto adiposo immaginale die sta formandosi, deve essere almeno qìiadruplicata in diametro. Inoltre, il Supino non dice quali sieno, nella colonnetta adiposa (a fig. 9), le cellule più giovani, ma lo dico io quando affermo che quelle molto tinte, angolose, uninucleate sono le prime a formarsi, e quelle più pallide, più grandi e binucleate vengono di poi. Ora, a farlo apposta, mentre a fig. 9 si ve- dono molte di queste cellule giovani (sembra ve ne sieno quat- tro) a fig. 8 non se ne vede alcuna, perchè tutte sono ■ egual- mente poco tinte. Vi ha di più. Il Supino disegna a fig. 9 una colonnetta in cui poche sono le cellule angolari e non bene caratteristiche, ma la mia fig. 32 A, che credo sempre migliore, ne mostra assai e molto angolose, come parti di una sfera che si svolga, la quale con- figurazione è caratteristica di queste colonnette nascenti, come quelle che derivano da una pallottola che si divide per squame — 272 — o zone (1), ma la fig. 8, che, più giovane di tre giorni do- vrebbe avere cellule più che mai stipate, ha queste libere, di- scoste l'una dall'altra, ovali e senza angoli acuti. Questo è quanto si rileva dalle figure. Proseguendo^ l'Autore, dopo aver citato le opinioni diverse circa l'origine del mesenchima, parla più specialmente degli elementi mesenchimatici, dei quali dice: « Queste cellule sono caratteristiche per essere di forma variabile; sono arrotondate, ma per lo più fusiformi e presen- tano nel loro interno uno o due nuclei arrotondati od al- lungati. Tali elementi si vedono bene, come ho già detto, in pupe del primo giorno, e nei giorni successivi divengono sempre più numerosi, talché, specie in vicinanza di alcuni organi in formazione, se ne possono scorgere moltissimi ». L'Autore continua affermando che questi elementi, riunen- dosi assieme, danno origine ad una colonnetta di tessuto adi- poso e ciò già nella ninfa di 16 giorni. Discuterò poi questa affermazione, per ora debbo ripren- dere in esame quelle che sono contenute nelle righe citate più sopra. Ognuno vede che nella descrizione del mesenchima e nel valore da attribuirsi alla parola elementi mesenchimatici vi ha, non solo confusione ma improprietà. Lo stato di ninfa è caratterizzato appunto dalla presenza di un mesoderma composto tutto di elementi liberi. Solo l'ecto- derma rimane in posto e si modifica senza che i suoi elementi si stacchino l'uno dall'altro. Ma il mesoderma è tutto disgre- gato; perciò la ninfa degli insetti metabolici è immobile. I pochi movimenti che può fare il suo addome dipendono dal fatto che i muscoli addominali si disfanno in tempo diverso (1) Tutto affatto come si vede in quegli ammassi di cellule che dai dischi imma- ginali dell'intestino mediano sorgono in mazzetto, dapprima stipate, piccole, molto tinte ed angolose, formando nell'insieme un corpo subsferico; di poi assumendo altra forma. — 273 — da quelli anteriori e del mezzo del corpo, ma più presto o più tardi anche questi organi si disgregano come è legge per tutti i tessuti mesodermali. Or dunque di qui si comprendono due cose; la prima che il ricercare le origini del mesenchima nella ninfa ed il discu- tervi tanto sopra, come tropjDi hanno fatto, è opera risibile, perchè nella ninfa il mesenchima non ha diversa origine da quel che si abbia avuto nella larva, ed i primi momenti dello sviluppo embrionale ci insegnano di dove il mesoderma procede. Peggio poi adunque il far derivare, come vogliono il Ga- nin, il Kowalevsky e il Rees, il mesoderma dall' ectoderma e ciò nella ninfa. Il Viallanes, più acutamente, lo richiama a cellule embrio- nali sparse nel corpo della ninfa; ma il Supino ha torto quando accetta l'ipotesi del Viallanes (pag. 212) solo per aver visto delle cellule mesenchimatiche sparse nella cavità del corpo. In secondo luogo, quegli elementi che appartengono al me- sederma, nella ninfa disgregati e liberi, sono i seguenti : 1.° Cellule embrionali o leucociti; 2.° Cellule adipose; 3,° Cellule muscolari. Vedremo che tutta la confusione e l'errore in cui non è mancato di cadere anche il Supino, dipendono dal fatto di aver limitato il nome di elementi mesenchimatici, solo a quelli che io ho segnato al u. 3, anziché a tutti gli elementi meso- dermali. Ora, le cellule embrionali o leucociti, amebociti, fagociti etc. che dire si vogliano, si trovano libere anche negli altri stati, oltreché nella ninfa e quando ne sia bisogno sembra che pos- sano dare origine indifferentemente all'una od all'altra specie di elementi che ho indicato ai numeri 2° e 3°; però più vo- lentieri ai primi che non agli ultimi, e cosi, quando il Supino, a pag. 209 dice: « Dei leucociti non ho sempre seguito la traccia, ma secondo l'opinione della maggior parte degli auto- — 274 — ri^ essi a poco per volta, via via che hanno terminato il loro compito (1), si dissolvono e forniscono elementi di nutrizione per lo sviluppo dei vari organi » rasenta una questione molto complessa, ed esprime una opinione che certo non può giusti- ficare in modo alcuno. E necessaria assai poca fatica per convincersi che i leuco- citi possono dare il tessuto adiposo larvale, e ciò si vede be- nissimo nei primi momenti della vita postembrionale di tutti gli insetti metabolici. Io ho studiato con grande cura le gio- vanissime larve di Pieris, Baco da seta, CalUphora etc. ed a suo tempo dimostrerò ciò con figure etc. per ora basti la af- fermazione. I leucociti stessi, affatto tipici, possono fors' anco trasfor- marsi in elementi muscolari, ma su questo punto sono assai meno sicuro. Certo è che nella CalUphora e nei ditteri più alti in ge- nere, i leucociti intervengono nella distruzione dei muscoli larvali, o meglio si impossessano dei detriti muscolari (sarco- liti) e li trasportano al luogo dove debbono andare per offrire nutrimento ai nuovi muscoli che si vanno formando; non è vero che li digeriscano, come vorrebbero i partigiani della fa- gocitosi, ma solo li trasportano. Giunti in posto i sarcoliti sono liberati ed il leucocito dà origine ad elementi muscolari solo perchè si trova impigliato in un muscolo che sta forman- dosi. Queste sono cose affermate già da parecchi autori, ma che ancora agevolmente si vedono nelle pupe giovani. Quanto alle cellule adipose (larvali) esse sono collegate as- sieme nei due stati di larva e di adulto, ma riescono libere sempre in tutte le ninfe di tutti gli insetti metabolici. Sono cellule ormai differenziate e non occorre qui dirne di più. Ma quanto alle cellule muscolari, qui mi è giocoforza esporre molte cose in gran parte vedute dagli autori. (1) Quale? forse queUo della fagocitosi che pure il Supino non ammette? — 275 — Ho detto che, nella ninfa, anche gli elementi muscolari SODO liberi, come tutto ciò che appartiene al mesoderma. Ora, tutti questi elementi muscolari, sono compresi sotto il nome di miociti, ed hanno caratteri speciali che li fanno tosto riconoscere. Infatti essi sono molto diversi dai leucociti, sia per la forma, essendo per lo più a fuso, sia per la struttura del citoplasma, che per lo più non mostra struttura definita e si tinge abba- stanza gagliardamente, sia per la speciale struttura del nucleo, diversa da quella del nucleo dei leucociti ecc. ecc. Io do qui la figura di miociti e leucociti assieme mescolati, tolti dal corpo di una ninfa di Hyponomeuta malinella. P ig. 2. — Miociti (larvali) e leucociti tipici tolti dalle puaine delle ali (base) di ninfa di Hi/ponomevra malinella di un giorno, a miociti; b leucociti. Ordunque questi miociti sono elementi ormai differenziati ed assolutamente muscolari, e quando il Rees, con altri, li chiama elementi mesenchimatici o cellule mesenchimatiche, non spe- cificandoli opportunamente, ingenera quella confusione, me- diante la quale il Supino fa poi trasformare direttamente questi veri e propri elementi muscolari in tessuto adiposo, incorrendo cosi in quella affermazione che egli vuole combattere, quando in forma più razionale e verisimile è messa innanzi da me. Il Supino, il quale dice a pag. 213, delle sue cellule me- — 276 — senchimatiche, come egli le chiama, ossia dei miociti, come sono detti dagli autori « queste cellule sono caratteristiche per essere di forma variabile; sono arrotondate ma per lo più fusiformi e presentano nel loro interno uno o due nuclei arrotondati od allungati » ammette senza più la differenzia- zione di fronte ai leucociti ecc.. Ma quando altri gli chiedesse con quale criterio egli esclude dal complesso degli elementi o cellule mesenchimatiche i leucociti e le cellule adi]30se, io non so come potrebbe rispondere. Quando egli avesse definito le sue cellule mesenchimatiche per miociti^ come realmente sono e sono stati bene classifi- cati dagli autori, non sarebbe incorso nell'errore appunto che di proposito intendeva evitare. Se egli avesse fatto derivare il tessuto grasso dell'adulto da leucociti tipici, non peranco differenziati quindi, molto più difficile sarebbe stato combattere la sua ipotesi, la quale non avrebbe presentato forse tanti punti cosi agevolmente vulne- rabili; ma quando egli, per combattere la mia affermazione, della quale dice Q^ag. 211). « Qui si avrebbe, adunque, secondo Berlese, una trasformazione diretta del tessuto muscolare in tessuto adiposo » egli fa trasformare un vero e proprio ele- mento muscolare, nascente, dirò così, e quindi con tutt'altro scopo definito innanzi a sé, in cellula adiposa, assai più in- corre in quello che a me rimprovera per errore. Si vedrà da quello che io dirò in seguito che le mie affermazioni sono assai più razionali, perchè io non sostengo che da un miocito definito e tipico sorga un elemento adiposo, ma da elementi cellulari, derivati bensi dal nucleo muscolare, ma che non hanno ancora raggiunto lo stato caratteristico di miocito, e non potendo raggiungerlo, poiché i muscoli ormai sono tutti fatti, si arrestano nel loro sviluppo e degenerano, inquinandosi di grasso, in uno speciale tessuto adiposo. Ora vediamo quale sia la origine dei miociti propriamente detti, ossia di quegli elementi che il Supino chiama, tanto a torto, cellule mesenchimatiche. — 277 — Essi hanno origine varia cioè: 1." Si trovano formati orinai nei dischi immaginali, dei quali rivestono il ricco ipoderma. Siccome in tale stato si vedono già nelle larve giovanissime, cosi la loro origine do- vrebbe essere ricercata nell'embrione. È lecito credere che dipendano da leucociti già da tempo differenziati e fermatisi nel disco immaginale, in attesa. Ciò concorda col significato di questo stato di larva, mediante il quale è da credere che l'embrione si arresti nel suo sviluppo verso l'adulto, quando sono appena posti i rudimenti degli arti, non solo per quello che riguarda l'involucro ectodermale, ma ancora il rivestimento mesodermale loro, e quindi si formi il nuovo involucro larvale provvisorio, con ectoderma e mesoderma proprii, col quale esce la larva. Io chiamo questi miociti larvali. Adunque nei dischi immaginali noi abbiamo, non solo l'ectoderma formato, per quanto meno abbondante di quello che sarà nell'adulto, ma ancora un rivestimento muscolare, composto di miociti, non peranco riuniti fra loro in fascetti muscolari, ma pronti a ciò fare quando ne sia il tempo. Questi miociti degli arti, ossia dei dischi immaginali, non abbandonano più il loro punto di origine^ ma si accrescono in posto; anzi, per lo più, sono già compresi sotto la mem- brana basale, fra questa e l'ipoderma, per dare origine all'at- tacco dei muscoli che deve trovarsi a contatto colla cuticola. Quindi, tutti gli elementi muscolari (miociti) che si trove- ranno liberi di poi nel resto del corpo, sono di origine poste- riore, e noti si rinverranno mai altro che nella ninfa. 2.° Derivano per moltiplicazione dal nucleo muscolare larvale. Già il Metchnikoff (1) affermava (nella dissoluzione dei mu- scoli nella coda dei girini) che i nuclei muscolari staccatisi dal muscolo, vivevano liberamente distruggendo il muscolo stesso e chiama questi nuclei, fagociti muscolari. Il Korotneff ed il Karawaiew, nelle memorie già più volte (1) Compi, rend. de la Soc. de BioL, N. 11. 1892. 278 ~ citate, come, affatto più recentemente l'Anglas (1), affermano elle in taluni imenotteri (Ves^m, Apis) il nucleo muscolare larvale dà origine a nu- clei piccoli immaginali, in gran numero e 1' osservazione è confermata dal Terre. Sembra doversi convenire adunque che i nuclei muscolari immaginali derivino dai larvali. Nella Calliphora cosi è infatti. Nella figura 3 che io do qui, tolta da un mio vecchio disegno, riferentesi all' occipite di una pupa di 12 giorni si vede la membrana basale {mh) traversata in più punti da sfe- rule di granuli^ di quelle speciali che con- tengono il nucleo muscolare larvale e que- ste sferule sono immerse nell'ipoderma {ip.) a contatto colla cuticola. Ora, in A e B ì nuclei muscolari larvali (a) hanno abban- donato i sarcoliti, ed hanno dato origine ad elementi cellulari secondarli {h) in gran numero, però tuttavia rotondeggianti. Però in C si vede che ormai i detti elementi secondarli sono di nuovo usciti fuori della membrana basale ed hanno dato origine, di- sponendosi per lungo, ad un fascetto mu- Fiir. 3. — Porzione di occipite rli ninfa di Calli- phora (12 giorni) nella quale si vedono i Kòroichen- kugeln provvisti di nucleo muscolare larvale, pene- trati nell'ipoderma attraverso alla membrana basale e quivi, liberatisi dei sarcoliti, dare origine a elementi secondari, quindi ai miuciti ninfali ed ad un muscolo. A Kòrnchenkugeln che hanno solo abbandonato i sarcoliti; B hanno già dato origine ad elementi se- condari; C un muscolo è già in via di costruzione. Lettere minuscole come a fìgg. 4, 5, 6, 7; inh mem- brana basale; ip ipoderma. (1) Compt. rend. de la Soc. de Biol., 1899. 279 — scolare primitivo, in cui vi è ancora un nucleo muscolare larvale non suddiviso, ma gli estremi elementi (6') hanno già acquistata la speciale forma di fuso, caratteristica dei veri miociti. Ora se si confronta la figura 5 colla figura 4 si vede ohe identico è il processo di suddivisione del nucleo muscolare, e conformi i prodotti (b) della moltiplicazione, ma diverso è solo l'elemento estremo, mentre è un miocito (b') nel caso del mu- scolo, ed una cellula binucleata in quello della colonnetta adiposa. Vedasi poi quanto la serie segnata in C a fig. 3 corrisponda alla fig. 8 data dal Supino. Inoltre, studiando accuratamente i nuclei muscolari larvali appena staccatisi dal muscolo o poco di poi, come ad es,, nelle pupe col guscio ormai rosso (1 giorno), specialmente nei lobi- d » 9^. « . i' • Fig. 4. — Da A a.d L varie modificazioni del nucleo muscolare larvale per dare origine ai miociti ninfali, nella Call'phora (pupa rossa 1." giorno, lobi cefalici). A un nucleo muscolare voluminoso che sta dividendosi diretta- mente in due; B un altro che dà origine ad un piccolo nucleo od ele- mento secondario; C, un nucleo grosso larvale, divi.so in due; D, un al- tro che sta originando quattro miociti secondari; E un grosso nucleo, compreso in un Kórnchenkugcin, che ha già dato origine a due nu- clei ; F due nuclei secondari appena formatisi ed ancora assieme riu- niti; G nuclei secondari liberi ; IT miociti liberi ormai formati e defi- niti; I un Kofnchenkugeln, nel quale il nucleo muscolare ha già dato origine a quattro nuclei secondari; L altro Kórnchenkugcin in cui il nu- cleo muscolare ha originato sette nuclei secondari; M KOrnchenkugeln contenente un grosso nucleo muscolare larvale; JY un Kórnchenkugeln dei comuni senza nucleo muscolare. a nucleo muscolare larvale intero; a' in divisione; h nuclei secon- dari; d sarcoliti ; m nucleo del leucocito. — 280 — cefalici, si vedono molti Kórnchenkugeln contenenti nuclei mu- scolari larvali. Questi nuclei si moltiplicano per via diretta, subito, secondo le figure che io ho qui disegnate e che ho ^ ^ Fig. 5. — CalUphora. Prime modificazioni del Kórnchenkugeln contenente nucleo muscolare larvale, per dare origine alla colonnetta adiposa (è la fig. 32 della mia memoria). A. Colonnetta di cellule risultante da due sferule di granuli, la seconda venuta rimane nella parte gibbosa della colonnetta, (a. nucleo muscolare che si dispone alla proliterazione ed è già limitato entro un involucro citoplasmatico ; b cellule di prima formazione (elementi se- condari) ormai indipendenti, uninucleate; e cellule che ormai hanno due nuclei e sono più grandi; d detriti (granuli) di muscoli che stanno disfacendosi; d' conformi detriti in più avanzato disfacimento. B. Colonnetta risultante da una sola sferula di granuli. I detriti muscolari non sono ancora espulsi; le cellule neoformate (elementi se- condari) si trovano ai due apici ma la cellula madre a col nucleo mu- scolare larvale ancora nel suo primo stato. (Stesse lettere della figura precedente A). G. Sferula di granuli in cui il nucleo muscolare ha prolificato di modo che ne sono risultate nuove cellule uninucleate. I detriti musco- lari id) sono stati espulsi. (Stesse lettere come in A). D. Sferula di granuli in cui principia la evoluzione e i detriti sono in via di essere espulsi. Si vede in a il nucleo di muscoli lar- vali già risolto di guisa che ne sono riuscite tre cellule. (Lettere come in A). E. Una sferula di granuli non avente detriti muscolari, che si è già risolta in sette cellule, di cui una binucleata. F. Sferula di granuli originata dal nucleo muscolare larvale in cui il nucleo stesso ha già dato origine a tre elementi secondarli, ma i detriti muscolari sono tuttavia in posto. (Lettere come in A). (Dal- l'addome di pupa di 16 giorni, Marzo). — 281 — tolte da un solo preparato molto dimostrativo. Si vede che dal primo nucleo muscolare, compreso o meno in una sferula di granuli, anche se questa è accompagnata dal fagocito, si ot- tengono molti elementi cellulari sempre più piccoli, che io chiamo elementi secondari (F, G) i quali, una volta liberi, acqui- stano la forma di fuso (Gr). Nei muscoli in costruzione, si ve- dono molti di questi elementi, e molti ancora si infiltrano fra i miociti larvali (cioè che tappezzano i dischi immaginali), che però si moltiplicano j;er via indiretta, e quivi si riconoscono temporaneamente al loro nucleo compatto, molto tingibile e sferico. Confrontando il modo di originarsi di questi nuovi miociti (ninfali) colla maniera con cui sorge il tessuto adiposo immaginale (fig. 5} la identità dei primi processi salta su- bito all'occhio. Di più non insisto su questo punto, poiché dovrò dirne assai a lungo nella memoria sulle trasformazioni a cui va soggetto il tessuto muscolare degli insetti metabolici durante la ninfosi, nella seconda parte del lavoro che ho im- preso a condurre. Le osservazioni, che io ho seguito su un gran numero di altri insetti, confermano pienamente il modo di vedere degli autori precitati. L'origine dei miociti ninfali forse è duplice. Essa può di- pendere o da leucociti che si trasformano direttamente, ma però sempre nel muscolo stesso o nelle sue vicinanze, come io credo di aver veduto nelle mosche, oppure dai nuclei musco- lari larvali. Questo è il caso più comune. Del caso delle mo- sche ho già detto. In altri insetti (Formiche, Aphodius, Lepidotteri) i nuclei muscolari hanno le stesse dimensioni dei nuclei dei leucociti, quindi spesso si può essere in dubbio se i miociti dipendano dai primi o dai secondi. Tuttavia vi ha un dato sicuro per accertarsi che realmente il nucleo muscolare larvale concorre à formare i nuovi elementi muscolari e ciò accade quando si studia un muscolo in via di dissoluzione, nel quale, in posto, già il nucleo muscolare si è moltiplicato. Fra le tante figure — 282 — che io ho fatte iu proposito e che ho sott'occhio scelgo una fra le più semplici e si riferisce ad un muscolo perirettale di una ninfa 2° giorno di IIi/po7ìometifa, fig. 6. 'W Fig. 6. — Porzione di muscolo perirettale di H>/p. malinella in disfaci- mento, nel quale stanno formandosi i miociti ninfali, dal nucleo musco- lare larvale. a nucleo muscolare larvale ancora iu posto e colla cromatina in granuli; a' nuclei muscolari larvali nei quali la cromatina è già densa e raccolta in diverse masse; h nuclei muscolari secondari ormai liberi ed in via di diventare miociti; h' miociti liberi e ormai definiti; Z leu- cociti tipici (carichi di detriti muscolari); ra muscolo in isfacelo; d sarcoliti sparsi. Ma in altri casi, come ad es., negli Aphodhis, Imenot- teri ecc. il muscolo si dissolve bensì, ma i nuclei suoi non si moltiplicano previamente od in posto. Ciò si vede a fig. 7. In questo caso, i nuclei muscolari emigrano inalterati verso il punto dove debbono dare origine ai nuovi muscoli immaginali. Ho detto inalterati, intendendo che non moltiplicano se non nel nuovo posto ove sono destinati, ma una modificazione è ^ià avvenuta nel fatto che da nuclei veramente come è credi- bile fossero nel muscolo, durante la dissoluzione di questo, hanno acquistato un tenue citoplasma ed una membrana cel- lulare e per veri elementi cellulari debbono essere considerati. E difficile in questo caso distinguere questi elementi dai leu- cociti e, come ripeto, solo nel caso delle mosche si ha giudi- zio sicuro. — 283 — Tornando alla ninfa di Apliodius^ si vede che, giunte que- ste cellule muscolari al loro luogo di destinazione, il nucleo loro moltiplica gagliardamente e la cellula finisce per conte- nere un grande numero di elementi cellulari piccoli e rotondi. Nella annessa fig. 7, che rappresenta un muscolo del proto- y § Jjl ^y^ \.y W ^0 ^ m 0 -s -« ' ■■à\w ^ '^^ ^ 'SsT'^ Fig. 7. — Costruzione del grande muscolo del corsaletto nella ninfa gio- vane di Aphodius. Non si vede il nucleo muscolare larvale tipico, poiché tutti sono già in via di originare elementi secondari. Lettere come a figure 3, 4, 5, 6; solo in' rappresenta i miociti già ordinati in fascio. race di ninfa giovane, il quale si sta costruendo, non trovo anzi neppur un elemento muscolare che non abbia moltiplicato. Queste cellule sono segnate in a. Gli elementi secondari {b) a cui danno origine, sono rotondeggianti con nucleo eccessivo, ricco di cromatina in granuli grossi. Questi elementi che io chiamo secondari, e sui quali richiamo l'attenzione, non sono peranco veri miociti, poiché, anche quando sono appena libe- rati dalla cellula madre (e) non solo si veggono rotondi o leg- germente ovali, ma hanno pochissimo citoplasma all'intorno e molto tenue. Ingrossano intanto essendo liberi, sempre più allungano, fino a diventare fusiformi, come si vede in d. In questo caso abbiamo il miocito tipico, l'elemento muscolare con- — 284 — trattile, ormai perfettamente definito, nel quale il nucleo è al- lungato e con cromatina in punti più minuti e fitti, il cito- plasma è denso e fittamente punteggiato ed abbondante. Questi miociti si trovano cosi liberi, 'ma poi, come si vede in e si addossano l'uno all'altro per lungo e danno origine alla fibra muscolare. Questi sono i miociti ninfali. Le stesse cose a puntino avvengono nelle Formiche. Io potrei portare molti altri esempi desunti da troppi altri insetti, ma basti il già esposto (1). Or dunque si vede che allorquando il Supino, per dare ap- poggio alla sua ipotesi circa l'origine del tessuto adiposo im- maginale, avverte che le cellule mesenchimatiche (miociti) si trovano già nella pupa del 2° giorno « quando cioè l'istolisi dei muscoli è appena cominciata ed in ogni modo quando non sono ancora avvenuti tutti quei fenomeni che, secondo il Ber- lese, porterebbero alla formazione del corpo adiposo » nulla dice che sia in suo favore e che non sia già noto a me come al Rees, ed io avrei torto solo quando volessi far nascere il grasso immaginale già fino dal secondo giorno della vita nin- fale, il che certo io non ho mai sognato di pensare e tanto meno di dire. (1) Non posso però lasciar passare questa occasione, come la prima cbe mi si presenta, per ricredermi di un processo già esposto nella memoria idìù volte citata a pag. 114 e seg. e figurato a fig. 65, mediante il quale il nucleo del tessuto adiposo diverrebbe senza più nucleo muscolare. Siccome questo esempio delle Cecidomie di- vergeva troppo dalla comune degli altri, nei quali i nuclei muscolari immaginali si vedono benissimo derivare da quelli larvali, cosi ho ripreso lo studio della Cecido- mia del Buxus e mi sono convinto che se la figura è esattissima, (come credo che sieno tutte le altre) pure l'interpretazione ne deve essere diversa. Tutto l'equivoco dipende dalla grande somiglianza dei nuclei mviscolari secondarli, ormai liberi, coi nuclei del tessuto adiposo e dalla estrema piccolezza di questi elementi. Ricercando però l'origine di tutti quegli elementi mesodermali, come li ho detti giustamente, che, di subito, nella ninfa abbondano fra gli organi, ne ho potuto constatare 1' origine dal nucleo muscolare larvale in posto. Seguendo poi questi nuovi elementi, li ho vi- sti o formare in sito i muscoli immaginali (muscoli dell'addome) o recarsi nei centri di costruzione di muscoli nuovi, come sono i toracali etc. Quivi io li ho, altra volta, scambiati coi nuclei adiposi, i quali, consumandosi il deposito delle cellule adipose, si vedono più spessi ed in maggior numero. Il processo, adunque, sembra identico per tutti gli insetti. — 285 _ L'Autore doveva invece, almeno col soccorso della figura 13 (mes) del Eees, dubitare che quelle sue parvenze segnate alla fig. 8 tanto corrispondenti alla figura citata del Rees, si do- vessero riferire ad un muscolo in via di costruzione, tanto più che egli potrà trovarle, se non nell'addome dove sono più tardive, almeno nel torace e nel capo, non solo nella ninfa di 15 giorni, ma in tutti i momenti della vita ninfale, anche giovanissimi. Anzi, precisamente all'apparire delle vere colon- nette adipose, egli non troverà più appunto alcun miocito (cellula mesenchimatica come egli la chiama) che sia libero nel corpo. La differenza che, tra le mosche ed altri ditteri alti de- corre e tra gli altri insetti già citati, sta in ciò che nei dit- teri anzidetti, molti dei nuclei muscolari larvali se ne ven- gono liberi nella cavità viscerale al momento della distruzione dei muscoli addominali della pupa, cioè assai tardivamente, quando ormai la maggior parte dei muscoli più grossi del corpo è già fatta. Avvenuta quésta distruzione tardiva, vi sono nell'addome i seguenti elementi: 1.° Grasso larvale; 2." KorncJienJcugeln (veri); 3." Nuclei muscolari larvali, conglobati o meno con sar- coliti. Ora avviene che alcuni di questi nuclei danno, al solito, dei miociti tipici, e questi formano tosto i pochi muscoli ad- dominali, precisamente nel modo indicato dal Supino a fig. 8. e precisamente al quindicesimo giorno o giù di lì. Terminata anche questa costruzione, rimangono sempre molti nuclei muscolari larvali, derivati dalla detta ultima di- struzione di muscoli, e ciò può essere accertato facilmente. Ora, questi nuclei tendono a dare origine a miociti, secondo il costume loro e conforme quanto si vide nell' esempio dei primi momenti della pupa (testa) e àeWAphodius^ ed abbiamo cosi quelle figure che io ho disegnato a tav. Ili, fig. 32 e ri- Anno XXXII. 19 — 286 — porto qui a fig, 5, le quali corrispondono esattamente a quel che ho intercalato qui a fìg. 4. Solo accade nella mosca, che non avendo le cellule secondarie o figlie impiego possi- bile muscolare, perciò che ha già detto, degenerano in posto in adipose. Si vede adunque che alterando io in cellule adipose queste che non sono peranco giunte al grado di miociti liberi e perfettamente definiti, commetto assai minore inconvenienza del Supino, che intende far degenerare, senza più, cellule musco- lari ormai perfettamente tipiche. Veniamo a due altri argomenti i quali militano gravemente contro l'ipotesi di Supino. Il primo si è che le colonnette adi- pose, nel costruirsi, comprendono quasi tutte, nei primi mo- menti, ancora molti sarcoliti. Io ho ciò disegnato molto chia- ramente alla fig. 32 che riporto anche qui (fig. 5) e ciò si vede in A, B, D. I sarcoliti sono abbandonati di poi (C), ma non mi pare credibile che il Supino non abbia mai ciò veduto, che pure è cosa molto ovvia. Certo egli ne tace nella sua nota. Ora se fosse vera l'origine che egli attribuisce al tessuto adiposo, non si comprenderebbe come le cèllule dapprima libere, di poi riunendosi fra di loro, desiderassero ancora di annettersi dei sarcoliti tenacemente, per lasciarli subito di poi. Inoltre vi ha una osservazione più grave. Egli non riuscirà mai a dimostrare che le giovani colon- nette di cellule non sieno circondate da una membrana comune a tatti gli elementi, precisamente cosi come io le ho sempre disegnate a fig. 32, 34, 35 ed altrove. Io mi dolgo sincera- mente che il Supino abbia trascurato o volato trascurare una osservazione di tanta importanza nella questione. Ora non solo egli non parla mai della membrana stessa, ma neppure la disegna, e ciò sembra veramente con inten- zione. Oltre alle figure citate, io ho detto a pag. 69 (ultime ri- ghe). « Tutta la colonna di cellule è ancora rivestita da una esile membranella che ne tiene assieme p-1ì elementi e che de- — 287 — riva forse dalle antiche membrane proprie a ciascuna sferula di globuli ». Ora, di fronte ad una affermazione ed a disegni cosi precisi, mentre la questione della esistenza della membrana o meno è di capitale importanza, il Supino non ci espone le sue osservazioni in proposito. Certo che se la membrana esi- ste realmente, la sua ipotesi che la colonnetta derivi da cel- lule addossatesi via via le une alle altre, cade irremissibilmente, mentre deve rimanere quella almeno di una comune origine. Questo nodo della questione, pur tuttavia cosi semplice a ri- solversi, è stato scansato dal Supino. Dopo ciò io prego il Dott. Supino a voler ancora fiare que- ste tre sole osservazioni, non soverchiamente difficili ne lun- ghe, e lo prego ancora caldamente ed a gran voce, per l'inte- resse stesso della questione, pur grave, ora alle mani, di farne conoscere al più presto il risultato: 1.° Esiste o meno una membrana comune a tutte le cel- lule di una colonnetta giovane di tessuto adiposo, e vi sono altre parvenze da far giudicare comune la origine delle cellule di una stessa colonnetta? (1). 2." Nel loro originarsi, le colonnette adipose (vere), hanno esse conglobati in maggior o minor numero dei sarcoliti, e sono questi o meno compresi nella stessa membrana che limita le colonnette medesime? . (1) Però è bene notare che le colonnette da osservarsi devono essere di quelle segnate dal Supino a fig. 9 e da me a figg. 32, 34, 35, e hon di quelle che lo stesso Supino disegna a fig. 8, la quale rappresenta invece un muscolo in costruzione. La confusione non è possibile, poiché nelle vere colonnette gli elementi uninucleati sono più piccoli, più oscuri, più stipati e con angoli molto acuti; in quelle a fig. 8. tutte le cellule (?) sono rotondeggianti ed egualmente tinte, né troppo diverse per gran- dezza fra loro. — 288 — 3.° Rivedere esattamente il pezzo disegnato a fig. 8 ed assicurarsi, con tutto scrupolo, che non si tratta di un muscolo, 0 di fibre muscolari tagliate trasversalmente, ed in quali rap- porti si trova colla cuticola alla quale certo è accosto od in contatto. Per me credo di aver dimostrato che la conclusione se- conda del lavoro del Supino è affatto inaccettabile. Portici, 30 Luglio 1900. 289 DoTT. Enrico Cannaviello CONTRIBUTO ALLA FAUNA ENTOMOLOGICA DELLA COLONL'V ERITREA Debbo alla cara amicizia del tenente Miclielangiolo De Luca, ed alla cortesia di molti Ufficiali dell' Esercito, residenti nella Colonia Eritrea, la maggior messe degli insetti che ho riveduto, e che fanno parte di un lavoro sulla « Fauna degli Invertebrati della colonia Eritrea ». — ■ Molti esemplari, malau- guratamente, mi sono giunti in cattive condizioni, tanto da consentirmi solo lo studio della determinazione di essi, ma molti altri ancora, neppure questo mi hanno permesso. Con i sensi della mia maggiore gratitudine, ringrazio i gentili Ufficiali, e fo voti, che la loro opera, così preziosa, continui a non venire mai meno in aiuto della scienza. ORTHOPTERA. Rlattides. Temnopteryx Burm. — abyssinica Sauss. Due esemplari raccolti a Godofelassi, Adua. Nella $ le elitre, coriacee, non sorpassano il quinto segmento dell'addome, e si presentano lanceolate, .rossiccio-brune più pallide al margine esterno, con le nervature ben marcate. Phyllodromia Serv. — circumcincta Reiche et Fairm. Un esemplare mal ridotto, raccolto a Mahallè. — 290 — Periplaneta Barm. — americana Linn. Due esemplari, (/*, $, raccolti ad Adua. Il cf presenta il pronotus più piccolo e ristretto anteriormente col disco inuguale di color rosso-ruggine molto bruno, ornato di una fascia marginale più chiara, circolare, indistintamente circo- scritta, separata dal bordo posteriore da un largo margine rossic- cio oscuro e dall'anteriore da una fascia dello stesso colore molto stretta. La piastra soprarenale è membranosa, allungata, a lobi triangolari; arrotondita la sottogenitale. Hantides. Empusa Illìg. — dolosa Serv. Tre esemplari raccolti a Godofelassi, Adi-Ugri, Asmara. In uno di essi predomina il colore gialliccio, ed ha le elitre più lunghe dell'addome, trasparenti, con riflessi molto spiccati rosei nella porzione basilare; manca ogni traccia dei due punti bruni, dei quali uno più grosso occupa la parte centrale di ciascun'elitra, e l'altro la porzione ba'^ilare, che sono nettamente distinti negli altri due. Mantis Linn. — viridis Sauss. Un esemplare raccolto ad Adua. Questa specie somiglia molto alla Religiosa, dalla quale si dif- ferenzia pel capo più piccolo e meno sporgente, per lo scudo fac- ciale bicarenato e meno distinto, per le elitre più larghe, più corte, per le ali più distintamente reticolate e di colorito verde tenero meno vivo. J.^e cosce sono più lunghe e più complesse con il loro bordo anteriore fatto a cresta molto arcuata alle' estremità, ed ornate da una sottile fascia nera, obliqua nel loro lato interno. — capensis Sauss. Due esemplari raccolti a Godofelassi, Asmara. Somiglia alla specie precedente ma se ne distingue per il pro- torace più sottile e più dentellato, per gli organi del volo più stretti, le ali più aguzze e meno larghe, e per la differente dispo- sizione, numero e lunghezza delle spine nelle tibie anteriori. Io considero questa specie una varietà locale della Religiosa, dalla quale non differisce che per la statura minore, gli organi del volo più stretti e pel capo più triangolare a vertice meno spor- gente. — 291 — Iris Sauss. — Guerini Reiche et Fairm. Un esemplai'e raccolto all' Asmora, mal ridotto. Acridites. Chrotogonus Sauss. — lugubris B'anch. Tre esemplari raccolti ad Adita, Godofelassi, Adi- Kaiè. Le elitre in questa specie sono opache, giallistre, sorpassanti poco l'estremità addominale, ciascuna provvista di tre o quattro serie longitudinali di piccoli tubercoli; le piastre dorsali hanno da ciascun lato un punto nero alla loro estremità, le ventrali ne of- frono ciascuna due nel mezzo e uno laterale. Le ali sono traspa- renti, incolori, molto rudimentali. Acridium Linn. — debilitatum Serv. Due esemplari raccolti ad Adi-Ugri, Godofelassi. Locustides. Hetrodes Fisch. — Servillei Riche et Fairm. Un esemplare mal ridotto raccolto ad Asmara. Gryllides. Phaeophyllacris Wak. — abyssinica Sauss. Due esemplari raccolti ad Asmara, Godofelassi. Ectatoderus Guer. — nigriventris Riipp. Un esemplare mal ridotto raccolto ad Adua. Gryllus Oliv. — capensis Oliv. Un esemplare raccolto ad Adi-Kaiè. Presenta le due macchie basilari delle elitre poco distinte, le zampe anteriori bruno-oscure, rossastre quelle delle due altre paia. — 292 — LEPIDOPTERA. RHOPAI.OCERÀ Latr. Papiliouicles. Papìlio Linn. — Latreillianus God. Un esemplare raccolto a Godofelassi. Presenta le fascio giallo-verdastre, e la macchia discoidale nelle ali anteriori divisa nettamente in due. L'articolo basilare dei palpi, è ricoperto da peli giallicci. — Nireus Linn. Due esemplari raccolti ad Asmara. Uno dei due è più grande, e più ricco di colore verdastro; credo che sia una $. — — var. abyssinica Mihi. Un esemplare raccolto ad Adua. Considero questo esemplare una ben costituita varietà locale. Di grandezza sensibilmente minore, presenta la fascia azzurrina delle quattro ali più stretta, più decisa, assottigliata gradatamente fino a terminare in punta, inferiormente; sul bordo posteriore delle ali del primo paio vi sono due macchie puntiformi molto marcate, confluenti, bluastre. Dipiu, la fascia marginale delle ali posteriori, nella pagina inferiore, è grigio-argentina; liavvi, in pi'ossimita del- l'angolo anale, una macchia semilunare dello stesso colore. L' ad- dome è, superiormente, bruno-nero, grigiastro inferiormente, con una serie ben distinta di punti neri, laterali. Picrici f's. Pieris Schr. ~ Bellica God. (Raphani Cram., Daplidice Fab ) Tre esemplari rac- colti ad Adi-Kaiò, Asmaì'a. Questa specie presenta molte affinità con la Daplidice Fab., dalla quale si distingue per la forma della macchia discoidale delle ali anteriori che è più regolare, e per la fascia bordale, terminale, divisa in quattro macchie bianche, ovali, delle quali la prima e la terza sono più grandi. — 293 — Pieris Mesentina God. (Papilio Aurota Fab.). Quattro esemplari raccolti a Mokallè^ Godofelassi, Adv.a. Specie molto diffusa; uno degli esemplari presenta la pagina in- feriore delie quattro ali biancastra, con le nervature brune e la bordura terminale dello stesso colore. Ho ricevuto di questa specie, anche la crisalide, che somiglia a quella della Brassicae Linn. ma è meno verdastra, e presenta le macchiette ed i punti neri assai più marcati sulla linea dorsale e poco sulla ventrale; è poco più angolosa e termina superiormente in punta conica poco lunga; la serie dei tubercoli; è poco appari- scente. — creona God., ab. caeca Mihi. r)ue esemplari raccolti ad Adi-Ugri^ Maknllè. Credo, che questa specie supplisca il tipo nella Colonia Eritrea. Bianco giallastra nella pagina superiore delle quattro ali, presenta la bordura nera delle ali anteriori divisa in una serie di due o tre macchie giallastre alla sommità; all'estremità della cellula di- scoidale nelle due paia d'ali, manca il tratto nero. La 5 è più grande del (;/, bianco-violastra ed ha la bordura più larga. — Brassicoides Rùpp. Sei esemplari raccolti a Godofelassi, Adi~Ugri Makallè, Adua. Questa specie rappresenta nella Colonia Eritrea la nostra Bras- sicae L., alla quale somiglia molto nella forma e nel colorito. La $, è più grande del cT, giallastra superiormente, offre nelle ali de! primo paio tre macchie nere, la superiore delle quali si confonde con il bordo esterno; due macchie nerastre, poco distinte, occupano la pagina inferiore delle ali del secondo paio, una presso il bordo costale e l'altra in prossimità della cellula discoidale. Antocharis 6d. — Evagore Klug. Un esemplare mal ridotto, raccolto a Godofelassi. — Theogone Rd. Due esemplai'i raccolti a Makallè, Adua. Uno dei due, ò più piccolo. €olìas God. — electra God. Due esemplari raccolti ad Adi-Uyri, Godofelassi. Uno di essi presenta gli atomi neri così numerosi e inarcati, da oscurare completamente la tinta del fondo alare; cre-io sia una ^. — 294 — Lycaenides. Lycaena Ochs. — baetica Linn. Un esemplare raccolto a Godofelassi. — telicanus Hb. Due esemplari raccolti ad Adi-TJgì-i, Makallé. Differiscono da quelli raccolti nell'Italia, per avere la pagina superiore delle quattro ali più l'icca di riflessi bluastri e le mac- chie oculiformi presso l'angolo interno delle ali posteriori, più grandi e più marcate. — aethiops Sd. Un esemplare raccolto ad Adua. — Lysimon Hb. Due esemplari raccolti a Makallè, Godofelassi. Presentano poco marcato l'arco centrale nero delle ali anteriori. Polyommatus Lat. — lesous Riipp. Un esemplare raccolto a Makallè. Presenta nello ali posteriori le quattro macchie basilari listate di bianco-azzurrognolo. Apaturides. Charaxes d. auct. ' — Etheta God. Un esemplare raccolto ad Adi-Ugri. La macchia tondeggiante bluastra, bordata di bianco-giallastro all'angolo anale delle ali posteriori, è poco distinta. IVyniplialides. Neptis Fab. — agatha Bd. Un esemplare mal conservato, raccolto ad Asmara. Satyrides. Satyrus Bd. — leda Linn. Due esemplari raccolti a Godofelassi, Adi-Kaiè. — funebris Guer. Un esemplare mal conservato raccolto a Godofelassi. Dauaides. Danais Latr. — Chrysippus Linn. Un esemplare raccolto ad Asmara. Presenta il colorito di fondo nelle quattro ali fulvo-pallido, e la — 295 — serie delle macchie marginali nella pagina superiore delle ali an- teriori, colorata in bianco-giallognolo; nella pagina inferiore delle ali del secondo paio, le sfumature bianche prossime alle nervature, hanno un' estensione maggiore. Ho ricevuto di questa specie ancora la larva che è bianco-violastra, anellata di giallo e di nero, e prov- vista di sei tentacoli, flessibili, spiniformi, non retrattili, neri e di- sposti : due sul primo segmento, due sul quinto, e due sull'undice- simo. Il capo è ornato di tre fascio nere, delle quali quella di mezzo ò bordata di srialliccio. HETEROCERA Latr. Spliingicles. Chaerocampa Dap. — celerio Linn. Un esemplare nel quale mancano le ali anteriori e parte dell'addome; raccolto ad Adi-Ugri. Sphinx Linn. — convolvuli Linn. var. nigrìcans Mihi. Due esemplari, dei quali uno mal ridòtto, raccolti a Godofelassi, MoJmllè. Considero questa una varietà locale del tipo, da cui se ne di- stingue per avere le ali posteriori grigio molto bruno, uniforme, e le tre fascie nere delle stesse ali più marcate e di maggiore ampiezza. Nell'addome gli anelli rosei sono molto ristretti, mentre quelli a tinta nera sono più larghi, e la linea trasversale che di- vide la fascia grigiastra, è di tale ampiezza da ricoprirla quasi per intero. HYMENOPTERA. Ichneunionides. Ichneumon Linn. — halandei Rùpp. Un esemplare raccolto ad Adi-Ugri. — Irontalis Riipp. Due esemplari raccolti ad Adua. Uno di essi presenta il torace bruno, coperto da peli giallastri. — 296 Braconicles. Bracon Fab. — lugens Lepel. Un esemplare raccolto ad Adi-Kaiè. Presenta la macchia trasversale bruna al bordo delle ali ante- riori molto larga, e le zampe posteriori giallastre. — pictus Wislw. Un esemplare mal ridotto, raccolto a Mahaìlè. — bicolor Riipp. Due esemplari raccolti a Godofelassi, Adua. Presentano la porzione basilare delle ali rossiccia, senza alcuna traccia di trasparenza presso la nervatura di inserzione delle due ultime cubitali. Clirysidides. Ghrysis Linn. — cuprea Fabr. Due esemplari raccolti ad Adi- Uyri, Makallè. Spliegides. Mutilla Lìnn. — Brucei Riipp. Un esemplare, mal ridotto, raccolto ad Adua. Pompilus Latr. — Dedjaz Riipp. Un esemplare raccolto a Godofelassi. In questo esemplare le zampe sono rosso-brune e molto robuste: le anteriori provviste inferiormente di una spina adunca, molto ro- busta, che negli altri due pai è più corta e rivolta in avanti. Scolla Linn. — ruflcornls Fab. Due esemplari raccolti ad Adi-Kajè. Differiscono dal tipo per avere le antenne rugginose, le ali nere con riflessi iridescenti, e l'addome nero con spiccati ritiessi violetti. — nlgrlta Riipp. Un esemplare mal ridotto raccolto ad Adua. Diploptera. Synagrls (Vespa) Latr. — callida. Tre esemplari raccolti ad Adua, Mahallé. I (^(^ hanno le mandibole più allungate e le zampe fulvicce. — 297 — Synagris mirabìlis Rù{)p. Un esemplare raccolto alVAsmara. Questa specie si avvicina molto alla Callida per la sua forma e per le spine delle quali l'addome è provvisto: nella Callida, que- ste sono meno sviluppate, più coniche e non rivolte all' indietro, in questa vi ha, per dipiù, un robusto dente nella porzione basilare, e del quale non vi è traccia nella Callida. — Abyssinìca Riipp. Due esemplari raccolti ad Adua, Adi-Kaiè. Questa specie presenta ancora essa dei rapporti con la Callida, tuttavia se ne distingue per avere il secondo segmento addomi- nale provvisto di due tubercoli conici, con il bordo posteriore ca- renato, e l'addome più largo, più corto e meno ristretto poste- riormente. Formicarides. Fonerà Latr. — Abyssinica Rupp. Quattro esemplari raccolti ad Adva. Makallè. Uno degli esemplari è più piccolo degli altri, e presenta il to- race meno largo e l'addome più arrotondi to Apiaricles. Crocìsa lur. — orbata. Tre esemplari raccolti ad Adi-Kaiè, Godo/elassi. Il d^ manca della fascia bianca sul sesto segmento addominale, e presenta i peli del capo e del torace grigiastri. — Histrìo Fab. Due semplici raccolti ad Adi-Kaiè, Adi-Ugri. Lair*eille cita questa specie tra quelle del Brasile; la sua asser- zione riposa, senza dubbio alcuno, su qualche equivoco. Negli esem- plari ricevuti la macchia triangolare di peli bianchi ai lati del primo segmento addominale, è tondeggiante e poco marcata, quella degli altri è allungata e più piccola. Sulle ali anteriori havvi spic- cati riflessi iridescenti. Xylocopa Latr. — caffra Linn. Un esemplare raccolto ad Adi-Ugri. Presenta i peli del capo, del torace e delle parti inferiori hruno-olivastri, e le ali nere, trasparenti. 298 COLEOPTERA. Cicindelides. Cicindela Linn. — lurida Fab. Due esemplari raccolti a Godofelassi. In questa specie la intonazione generale del colorito, e la pro- porzione delle singole parti variano molto. In uno degli esemplari il colorito è più oscuro che nell' altro, specialmente sulle elitre dove diventa nerastro; queste si presentano più larghe e più liscie, conservandosi rugose solo nella porzione basilare. La linea omerale è molto sottile e più allungata che in quella della Flexuosa, alla quale somiglia molto, e quella dell'estremità è meno larga. — rutundicollis Dej. (Quadriguttata Wied). Un esemplare raccolto ad Adua. ' Somiglia questa specie molto alla Campesùis, da cui se ne di- stingue pel corsaletto più arrotondilo, per le elitre meno allungate e pel corpo più largo. Le mandibole sono, per tutta la loro lun- ghezza, nericce, e le antenne presentano i primi quattro articoli bluastri con splendore metallico. — singularis Chaud. Un esemplare raccolto ad Adi-Ugì-i. Questa specie presenta gli ultimi cinque articoli delle antenne molto brevi, e che si vanno raccorciando fino all'estremità, presen- tando in quasi tutti la forma ovale; nell'addome il penulti)no seg- mento si prolunga nella porzione mediana in due punte allungate. Carabideis. Brachynus Web. — abyssinicus Chaud. Tre esemplari raccolti ad Adi-Kaiè. Ho osservato che questi esemplari diiferiscouo dal tipo descritto da Chaudoir (1), per presentare il corsaletto meno ristretto alla base, e la rugosità generale poco marcata. Dipiù, la macchia ba- silare intorno allo scudo e comune alle due elitre, è molto allun- (1) Chaudoir, Ann. de la Soc. Ent. de Belgiq.; 1876. — 299 — gata, presentando la forma di un triangolo molto acuto. Il colorito dì questa macchia, come quello del corsaletto, è rosso-bruno, le' zampe sono arancione, e le antenne dello stesso colore, presentano i primi cinque articoli neri. Credo che si tratti di una varietà locale. Calosoma Web. — rugosum Geer. Due esemplari raccolti a Godofelassi. La $ è più allungata del (^^ e presenta le elitre piti corte e meno larghe; superiormente, è verde-bronzato, uniforme. Dromius Bon. — flavescens Chaud.; ab. nigrescens Mihi. Due esemplari raccolti ad Adua. Questa varietà differisce dal tipo per avere il capo più piccolo nero-uniforme, le antenne gialliccie con i primi due articoli neri, il corsaletto più largo, bruno, con una debole sfumatura esterna te- stacea, le elitre più larghe, meno allungate e più parallele, le zampe nere. Anthia Web. — maxillosa Thumb. Un esemplare raccolto ad S.dv.a. — striatopunctata Guer. Due esemplari raccolti a Godofelassi. — Lefebureì Guer. Un esemplare mal conservato, raccolto ad Adi-Ugri. Glaenius Bon. — Dusaulti Duf., var. fulvosignatus Reiche. Sei esemplari raccolti ad Adua, Adi-Vgri^ Makallè. Questa specie è molto diffusa, e supplisce, in molte località, il tipo. Hypolithus Dej. — GoUaris Putz. Un esemplare raccolto ad Adi-Kaiè. Questa specie somiglia abbastanza al Fusculus Dej., ma se ne distingue per avere il colorito più chiaro, e la punteggiatura del capo e del torace, che si presenta più largo e nella sua porzione inferiore più ristretto, maggiormente marcata; le elitre sono più larghe e meno lunghe ed hanno le striature meno marcate e più piani gli intervalli. Harpalus Latr. — agnatus Reiche. Due esemplari raccolti ad Adua. Questa specie si confonde facilmente con il Tenehrosv.s Reiche, ma presenta i lati del corsaletto più arrotonditi e gli angoli po- steriori meno marcati. Il colorito generale, è bruno con scarsi ri- — 300 — flessi sulle elitre nel (^ ; la $ è di un nero uniforme, ed ha le zampe rossicce. Stenolophus Dej. — germanus Chaud. Un esemplare cf raccolto ad Adi-Ugri. Questa specie appartenente alla fauna dello Zanzibar, dove è diffusissima, si trova, benché in numero limitato, ancora nella Co- lonia Kritrea. Nell'esemplare ricevuto, la forma del corsaletto è meno arrotondita e presenta la forma quadrangolare; le elitre sono più allungate, ed il colorito generale è più chiaro. Anchomenus Bon. — strenuus Chaud. Due esemplari raccolti a Makallè, Adua. Questa specie è molto aflìne dXY A[acei\ Bohemi da cui se ne distingue per avere le antenne bruno-nerastre, uniformi, le parti inferiori del corpo nero-brillante senza riflessi bronzati, pel cor- saletto più stretto e più arrotondito, e per le elitre più allungate con le striature meno marcate. Platynus Bon. — fuscicornis Guer. Un esemplare raccolto ad Adi-Ugri. Tachys Scham. abyssinicùs Chaud. Tre esemplari raccolti a Godofelassi ed Adua. In questi esemplari ho osservato, che il colore nero è poco uniforme, ed alla estremità delle elitre le macchie rossicce sono poco distinte. Bembidium Latr. — tropicum Laud. var: Abyssinicus Mihi. Due esemplari raccolti a Godofelassi. Questa varietà differisce dal tipo, per presentare il corsaletto più ristretto nella porzione basilare, con gli angoli posteriori meno ottusi da avere un aspetto cordiforme; le elitre sono più corte e meno convesse, con i bordi molto arrotonditi e le striature così poco marcate, massime quelle presso la sutura da presentare ad- dirittura un disegno indistinto. 11 colorito generale varia poco da quello del tipo, solo i palpi, le antenne e le zampe sono bruno-testacei. Dytiscides Latr. Hydroporus Clair. — dubius Aub. Un esemplare raccolto ad Adua. Presenta le elitre allungate, ovali, meno larghe anteriormente — 301 — che nella porzione posteriore del corsaletto, e formanti un angolo rientrante molto marcato nel punto di riunione con esso. Gopelatus Erich. — Erichsonii Guer. Due esemplari raccolti ad Adi-Ugri. Stapliylinides. Phìlonthus Curt. — melanocephalus Hoch. Due esemplari raccolti ad Adua, Godofelassi. Uno dei due esemplari è considerevolmente di statara minore. Scaraliaeides. — Scarabaeus Linn. — rugOSUS Haus. Un esemplare mal ridotto, raccolto a Godofeìassi. — Westwoodi Har. Due esemplari raccolti ad Adua. Elaterides. Heteroderes Latr. — Abyssinicus Caud, Cinque esemplari raccolti a Makallè, Adi-Lf/ri, Asmara. Pi'esenta, questa specie, la fronte molto convessa, arrotondita in avanti e le zampe giallicce nei O e brune nelle $• Cardiotarsus Latr. — acuminatus Guer. Due esemplari raccolti ad Adi-Kaiè, Adua. in questa specie le elitre sono più larghe del protorace e lunghe quasi tre volte; acuminate nella loro porzione anteriore, si presen- tano striate con numerose punteggiature. Le parti inferiori del corpo sono finemente pubescenti e di colorito giallo- rugginoso; le zampe nere. Uno dei due esemplari è più bruno, e di statura minore. Cardiophorus Eschs. — histrio Erich. var. variabilis Guer. Un esemplare raccolto nlY Asmara. Corpo depresso, nero-brillante; protorace lungo quanto largo, convesso, arrotondito sui bordi, finemente punteggiato, rosso-coral- lino, ornato di una grossa macchia nera nella sua porzione ante- riore; elitre poco allungate, curvilineari sui lati, striate, con gli intervalli quasi appiattiti, punteggiate, ciascuna ornata di due mac- Anno XXXrr. 20 — 302 — chie oblique, trasversali, che si originano al bordo esterno e si assottigliano gradatanaente; antenne rosso-corallino con i primi tre articoli neri; zampe nere, con i tarsi ferruginosi. Malacodermides. LycttS Fab. — africanus Lap. Due esemplari raccolti ad Adua. Cantarides. Mylabris Fab, — tristis Reich. Un esemplare mal conservato, raccolto aWAsmara. Curculionides. Brachycerus 01 iv. — aegyptiacus Oliv. Un esemplare raccolto a Godofelassi. Differisce dal tipo per la grandezza minore, e pel colorito più bruno. Ocladius Schòn. — rutundicollis (COSticoUis) Boliera. Un esemplare mal ridotto raccolto ad Asmm'a. Cerambicides, Ceroplesis Serv. — trifasciata Fab. Quattro esemplari raccolti a Makallè, Adi-Ugri, Godofelassi. In questi esemplari, le tre fascie gialle sono più larghe e riunite fra di loro; il nero che le separa è ridotto ad una sottile linea, interrotta qua e là. Clirysoiiielides. Diacantha Chevr. — Chevrolati Guer. Un esemplare raccolto ad x\dua. Giallo-bruno; capo fortemente infossato innanzi all'inserzione delle antenne, che sono bruno-nerastre, pubescenti, allungate, con — 303 — i primi tre articoli giallicci ; corsaletto liscio, più o meno rotondeg- giante, ornato di qualche punto bruno sparso qua e là, special- mente in prossimità degli angoli anteriori, dove presenta una forte impressione trasversale, e da due grossi punti neri nella porzione centrale; elitre larghe, lunghe, arrotondite posteriormente, fine- mente punteggiate di bruno, presentando nella porzione anteriore una piccola prominenza liscia e tre macchie rotondeggianti, bruno- verdastre, delle quali la anteriore è ridotta ad un punto, spesso non marcato, ed un' altra più allungata, in prossimità del margine superiore. Le zampe e le parti inferiori del corpo, sono nero-ver- dastre con riflessi metallici. Monolepta Erich. — occipitalis Reich. Un esemplare mal conservato. Chrysomela Linn. — liinbolata Reich. Molti esemplari raccolti ad Adua, Asinara, Godo- felassi, Adi-Ugri. Parecchi esemplari sono più piccoli e di colore più intenso. Coccinellides. Alesia — annulata Reich. var. bimaculata Milli. Due esemplari raccolti al- V Asmara. Corpo semisferico, poco convesso, punteggiato, lucente inferior- mente. Capo gialliccio, ornato da due macchie nere, confluenti in- feriormente, coprenti quasi per intero il labbro e presentando un aspetto cuoriforme. Palpi giallo-rossastri; antenne dello stesso co- lore, con i primi due articoli neri; protorace giallo-fulvo più stretto che nel tipo e sollevato nei bordi, con una bordura basilare nera, a tre denti, dei quali quello di mezzo è il più- breve, e due macchie nere, laterali, molto distinte nel disco. Elitre giallo-fulvo, provviste da una bordura naturale più larga in avanti che alla base dello scudo, e da una esterna poco larga; ambedue bruno-nere. Nel rimanente segue il tipo. Epilachna Chevr. — quatuordecim-signata Reich. Due esemplari raccolti ad Adua, Go- dofelassi. 304 HEMIPTERA. HETEROPTERA Latr. Artliropterides. Coptosoma Lap. — oculata Reich. et Fairra. Due esemplari raccolti a Makallè, Adi-Ugri. In uno di essi il colorito generale è molto chiaro. Pentatoniides. Sphaerocorìs Burm. — ocellatus Klug. Un esemplare raccolto ad Adua. Presenta la linea toracica anteriore trasversale più larga e non interrotta nel mezzo. Thoria Stai — sinuata Sign. Un esemplare mal conservato ad Adi-Ugri. Pentatoma 01. — misella Stai. Diversi esemplari raccolti a Godofelassi, Makallé, Asmara. — prasìna Linn. Quattro esemplari raccolti ad Adua, Godofelassi. La membrana delle elitre diventa, col disseccarsi dell' insetto, gialliccia. In due esemplari, il tenero colore verde-chiaro non ha traccia di punti bruni. Autestia Stai. — decoratula Stai. Due esemplari raccolti ad Adi-Kaiè, .ismara. La 5 presenta la macchia marginale dei segmenti addominali più larga ed il colorito più carico. Coreides. Mictus Leach. — SCUtellata Reich. et Fairm. Due esemplari mal conservati raccolti a Godofelassi. — 305 — Mictus valgus Limi. var. rufipes Milli. Tre esemplari raccolti ad Asmàì'a, Adua. Colorito generale bruno; capo quadrangolare, tubercoli antenni- formi molto sporgenti. Antenne lungbe, ad articoli cilindrici, dei quali il primo più lungo è più robusto degli altri, il secondo più corto del primo e più lungo del terzo, il quarto lungo quanto il terzo ma assai più robusto; i primi tre articoli rosso-giallicci; rostro cortissimo, raggiungente appena l'inserzione delle zampe del secondo paio, bruno con una debole tinta giallastra; elitre poco inferiori in lunghezza quella dell'addome, che nel (^ si presenta allungato, lineare, nella $ più grosso e sorpassante le elitre da ciascun lato. Da ciascun lato e ventralmente questo addome è provvisto di un'appendice spiniforme nei due primi segmenti. Zampe lunghe, più robuste nel (^f, giallo-rossiccie, con i femori di quelle del terzo paio più robusti e muniti di una punta aguzza, poco lunga nel loro lato interno, bruna. Pyrrliocorides. Odontopus Lap. — sexpunctatus Lap. Due esemplari raccolti ad Adi-Kaiè, Asynara. Reduviicles. Pirates Burm. — bimaculatus Serv. Un esemplare raccolto a Godofelassi. Considero questa specie come una varietà locale della quadri- macvlaius Serv., dalla quale si distingue, per avere una sola macchia bianca alla base di ciascuna elitra. HOMOPTERA Latr. Stridulantia. Locrìs Stai. — aethìopica Stài. Quattro esemplari raccolti ad Adi'.a, Asmaì'a, Go- dofelassi. — 306 — Pyrops Spin. — tenebrosus Fab. Un esemplare mal ridotto raccolto SLÌVAsmara. Dictyophora Germ. — Rochetii Guer. Due esemplari raccolti a Godofelassi, Adua. In questa specie la protuberanza cefalica è poco allungata, sot- tile, compressa sui lati, ed infossata superiormente; le elitre sono più lunghe dell'addome, trasparenti, con l'estremità finemente re- ticolata, e macchiettate di bruno al bordo anteriore. DIPTERA. HEMATOPHILITl. Tabanides. Tabanus Linn. — sagittarius Macq. Due esemplari mal ridotti raccolti ad Adua. — maculatissimus Macq. Un esemplare raccolto ad Adi-Kaiò. Presenta questa specie i primi quattro segmenti dell'addome bianco-grigiastri, con una grande macchia nera, mediana, trasver- sale; il quinto, sesto, settimo, fulvo-rossicci, con una macchia bianca laterale. Le ali sono, nella porzione basilare, ialine, e nella terminale macchiettate di nero; tra queste due parti havvi una larga fascia uniforme nera. Le zampe sono gialliccie, con i tarsi e le anche bruno-neri. TAMYSTOMITI. Asilides. Asilus Wied. — geniculatus Macq. Un esemplare mal ridotto raccolto ad Adua. 307 — BIBLIOGRAFIA I. — Ortotteri. A. 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Fra le forme nuove della mia collezione, ho scelto ora, come già due anni or sono (1), quelle che mi son parse importanti o per la esagerazione di taluni caratteri, o per la concomitanza in esse di tali altri che sembravano esclusivi di generi diversi. Contrariamente a ciò ch'è abitudine di specialisti nostrali e stranieri, io non sono parco nelle descrizioni, e le accompa- gno con non pochi disegni fatti il più scrupolosamente che mi è stato possibile. L'una e l'altra cosa mi sembrano indispensa- bili, trattandosi di un gruppo di animali di piccole dimensioni e con caratteri esterni abbastanza numerosi e complicati, dei quali non conosciamo ancora bene quelli che converrebbe pre- valentemente adoperare per stabilire le affinità. Oribata alzanii n. sp. Lungh. mass. mm. 0.62. — Largh. mass. mm. 0.45. Corpo globoso. Colore nero; zampe giallo-fulve. Cuticola li- scia, lucente. Il capotorace piglia meno della quarta parte della lunghezza del corpo. Rostro ottuso. Setole rostrali pelose (fig. Ih) più che (1) Questo Bullettino, Anno XXX, 1898. — 310 — in qualsiasi altra specie del genere. Mandibole (d) a chela, qua- dridentate. Le mascelle (e) sono fornite ciascuna di due denti, dei quali l'esterno è più lungo e acuto. Le lamelle costituiscono unite insieme una lamina orizzon- tale impari, che si avanza dal margine anteriore del notoga- stro e ricopre completamente il rostro, e sorpassa anterior- mente quest'ultimo, formando con esso un angolo di 25° circa (a). E il « tetto » della nomenclatura antica, più vero e completo che non sia in 0. fiorii. La forma di questa lamina è press'a poco quadrangolare (e), ma i due angoli anteriori liberi sono molto ritondati. Due setole lamellari esili, brevi e semplici sono inserite presso al margine anteriore, poco discoste dalla linea mediana. Il margine posteriore, ch'è il più lungo, segna la li- nea di articolazione del capotorace con l'addome. La lamina impari è da considerarsi come la somma delle due lamelle col fragma; infatti con la corrosione in soluzione acquosa di po- tassa caustica, si riesce a isolarla si dall'addome che dal rostro, e si osserva allora ch'essa è fornita di quelle appendici interne che Michael (Britisk Oribatidae, Voi. I, pag. 131), ha distinta Fig. 1. — Orihata alzanti. — a, Capotorace e addome, di profilo, X77 — b, Setola rostrale, X306 — e, La lamina impari isolata per corro- sione, X133 — d, Mandibola, X153 — e, Metà del labbro, con la ma- scella e il palpo, X l''^. coi nomi di « processi o^^istofragmatici centrale e laterali ». L'azione proluDgata della soluzione bollente di potassa caustica — 311 — riesce a separare la lamina in due metà laterali, specialmente nella porzione anteriore. Gli angoli postero laterali della lamina sono occupati dalle pseudostigme (e). L'organo pseudostigma- tico è lungo, debolmente spatulato, semplice e rivolto (in tutti gli esemplari che ho esaminati) in avanti e in alto. Mancano setole interlamellari. Dei tectopiedi è bene sviluppato solo il secondo paio. Gli apodemi sono molto brevi; nessun d'essi raggiunge lo sterno. Le zampe non olirono caratteri molto notevoli: i ginocchi delle quattro paia portano al lato interno una setola discreta- mente robusta, la quale si può dire una vera spina nelle prime due paia perchè ivi essa è breve, semplice e diritta, mentre è più lunga, e a volte un poco arcuata nelle due paia posteriori. Le setole degli articoli delle quattro paia sono in parte sem- plici, in parte debolmente pelose. L'estremo distale delle tibie del 1." paio porta una setola semplice lunga e sottile. Unghie tridattili, eterodattili. Addome rotondo. Il notogastro presenta una macchia pres- soché triangolare di color giallo-rosso nel mezzo del margine anteriore, porta da V2 a 14 setole brevi e sottili, disposte sim- metricamente, e posteriormente si estende alquanto sulla fac- cia ventrale dell'addome. Le pteromorfe non sorpassano il mar- gine anteriore del notogastro, hanno forma triangolare, e sono rotondate posteriormente. Sulla piastra ventrale le due aperture genitale e anale sono discoste ed hanno (salvo le dimensioni minori della prima) forma quasi uguale, cioè quadrangolare ad angoli molto rotondati. Abbondante nei muschi di talune località (« valli ») del Basso Bolognese. La specie è dedicata al bravo tassidermista del ]\[useo Zoologico di Bologna, Federico Alzani. Il carattere peculiare e saliente di questa nuova specie è senza dubbio quello delle lamelle fuse fra loro e con pezzi che servono all'articolazione del capotorace con l'addome e alla — 312 — inserzione di muscoli, per costituire un organo impari, si bene individualizzato dal resto del dermascheletro e disposto in tal maniera da autorizzare nuovamente la dizione nicoletiana di « tetto » o organo protettore. Effettivamente però non si ha qui che la esagerazione di un carattere che è variamente rappre- sentato in altre specie del genere; voglio dire le lamelle lar- ghe, follate, orizzontali e attaccate solo a mezzo del margine posteriore, quali si osservano, per esempio, in 0. teda Mieli., ovalis Kock, herlesei Mich., quadricornuta Mich., e la tendenza a saldarsi fra loro come in 0. fiorii Coggi. Ma in 0. ahanii questo carattere si manifesta al massimo grado, tanto da se- parare nettamente questa specie da tutte le altre del genere. Ma mentre poi, nelle specie su mentovate, e ancor più in quella che descrivo qui sotto, il forte sviluppo delle lamelle è in accordo con un grande sfoggio di formazioni appendicolari, in 0. alzami invece tutte le punte e gli angoli sono smussati, le varie qualità di setole sono brevi o assenti, salvo le rostrali coperte dalle lamelle, e quelle delle zampe, le quali possono pure essere completamente riparate dalle pteromorfe, dai tecio- piedi e dalle lamelle. Oribata ornata n. sp. Lungh, mass. mm. 0.4. — Largh. mass. mm. 0.24. Corpo piatto. Colore bruno scuro; lamelle, tectopiedi e zampe gialliccie. Cuticola poco liscia e poco lucente. Il capotorace occupa in lunghezza quasi la metà del corpo. Il rostro è acuto e lungo, perchè la fronte (fig. 26) sopravanza di molto, in forma di lamina appuntita, il camerostoma. Se- tole rostrali (e) munite di peli sul loro lato esterno e convesso. Organi boccali di piccole dimensioni: mandibole (d) a chela con denti poco pronunziati; mascelle (e) con una lama fine e tagliente e col margine inferiore più robusto e dentato. Le lamelle, per la forma e il modo col quale sono impiantate sul — 313 — capotorace («), somigliano a quelle di 0. qiiadricornuta Mich. e 0. berlesei Mich., ma qui le dimensioni relative sono mag- giori; esse sono orizzontali, larghe e lunghe, e hanno ciascuna due cuspidi; fra le due cuspidi interne, che son le più lun- ghe, si vede avanzarsi l'apice mediano appuntito della fronte; Fig. 2. — Orihata ornata. — a, L'auimale veduto dal dorso. La linea pun- teggiata è il contorno del camerostoma veduto per trasparenza, X 153 — 6, La fronte, vista da sotto, con un rilievo cliitinoso ispessito che corrisponde al contorno anteriore del camerostoma, X303 — e, Setola rostrale, XSOlJ — d, Mandibola, X 306 — e, Parte del labbro con la ma- scella e il palpo, X303 — /, Primo tectopiede sinistro, X 300 — g, 1 quattro articoli distali della zampa destra del 1." paio, X 153 — h, Idem della zampa sinistra del 2." paio, X153. presso alla base delle cuspidi esterne sono impiantate le setole- lamellari lunghe, grosse e spinose. Le pseudostigme stanno alla base del margine esterno delle lamelle; l'organo pseudo- stigmatico è lungo, sottile, cilindrico, flagelliforme. Allg^ base delle lamelle, due setole interlamellari molto lunghe e sottili; esse raggiungono quasi con l'apice la cuspide lamellare interna. Organi pseudostigmatici e setole intermellari appariscono de- bolmente pelose, solo con ingrandimenti molto forti. Il terzo tectopiede copre la coscia del 2.'' paio di zampe, e ne circonda il femore nella sua porzione prossimale assotti- — 314 — gliata, ma è piccolo; il secondo tectopiede invece è molto svi- luppato, ma ancora più lo è il primo (/") il quale è molto lungo ed ha forma caratteristica; esso lia i margini anteriore e supe- riore-interno seghettati, raggiunge circa il terzo della lunghezza totale del corpo, e sorpassa anteriormente le cuspidi lamellari e l'apice della fronte, la quale anzi viene ad esserne circon- data in avanti e sui lati. Gli apodemi raggiungono tutti lo sterno, meno il primo. Le zampe del 1.° paio sono più lunghe di quelle del 2.°, e ciò dipende dalla maggior lunghezza di tutti gli articoli che le compongono. I ginocchi di queste due paia sono forniti di uno sprone spinoso. Una setola lunga, sottile e semplice parte dall'estremo distale delle tibie del 1.° paio. Unghie monodattili. L'addome è piatto, ben rotondato posteriormente, troncato anteriormente. Il notogastro mostra struttura granosa a ingran- dimenti di almeno 300 diametri; il suo margine anteriore ha una rientranza mediana limitata da due protuberanze laterali; un poco indentro del contorno postero-laterale, una serie a ferro di cavallo di 18 setole brevi e semplici. Le pteromorfe sono triangolari, e anteriormente sorpassano di poco il mar- gine del notogastro. L'aperèura genitale è molto più piccola dell'anale: quella è quadrangolare e più larga anteriormente, questa è piriforme e anteriormente più stretta. Cinque esemplari nei muschi dei dintorni di Siena (presso la Certosa), recatimi dallo studente sig. Giulio Cecchorelli. Ondata ornata rientra pure nel gruppo delle specie di Ori- baia fornite di lamelle larghe, orizzontali e attaccate solo col loro margine posteriore. Ma più specialmente essa richiama tosto alla mente 0. quadricornuta Mieli, e 0. berlesei Mich. (1); a non considerare la forma americana 0. quadrtdentata (Banks), perchè quest'autore ne ha dato una descrizione troppo deficiente, (1) Così è stata denominata da Michael questa specie che Berlese ha trovato iu ■Sicilia ed ha identificato con O. calcarata Koch. — 315 — e non accompagnata da alcuna figura. E la somiglianza con quelle due forme che s'avverte a un primo confronto, è riba- dita dall'esame dei caratteri singoli. La forma delle lamelle, dei tectopiedi (specialmente del primo), delle setole rostrali, lamellari e intermellari, il prolungamento della fronte, gli sproni spinosi onde son muniti certi articoli delle zampe, la disposi- zione delle setole del notogastro e la forma delle pteromorfe costituiscono infatti nelle tre specie una convergenza di carat- teri abbastanza appariscente. Cii'esse sieno varietà locali di una stessa forma è da esclu- dere subito: prima perchè 0. ornata è uniungue, mentre le altre due specie sono triungui; e poi perchè io possiedo esem- plari di queste ultime provenienti da una medesima località. Ho trovato esemplari di 0. quadricornuta (citata sinora solo per l'Inghilterra e l'Algeria) nei muschi o nella vagliatura di tre località italiane: Monti Laziali, Monte Capra (Bologna) e Appennino Senese. 0. berlesei l'ho avuta dalla vagliatura del Monte Capra. Cosi per quanto riguarda gli esemplari raccolti da me, mette conto di rilevare che mentre 0. alzami, avente il corpo tondo, liscio e disadorno, si trova esclusivamente nei muschi di località piane e paludose, 0. ornata^ quadricornuta e herlesei, a corpo ricco d'ornamenti e appendici, vivono in luoghi più asciutti e situati a qualche centinaio di metri d'al- titudine. Poiché è dubbio che 0. dentata Beri, sia veramente una specie italiana, e non importata con piante esotiche, 0. ornata e fiorii da me descritte sono finora le sole specie italiane uniungui del genere Oribata. Scutovertex bidactylus n. sp. Lungh. mass. mm. 0.4. — Largh. mass. mm. 0.25. Colore giallo-bruno; più chiaro sulle zampe e in un'areola circolare, ben delimitata, del progaster (fig. 'àa); un po' più — 316 — scuro sul rostro, sui tectopiedi e sui margini laterali del progaster. Cuticola rugosa in ogni punto della superfìcie esterna; questa rugosità le è data da ispessimenti poligonali o stellati, come sul notogastro (e), o pure in forma di strisele spezzate, come sul capotorace (fZ), o anche di forma intermedia fra questi estremi, come sulla piastra ventrale e in altre re- gioni del corpo; sempre però queste figure seguono nella loro disposizione una certa regolarità. Fig. 3. — Scutovertex bidacti/lus. — a, Metà anteriore del corpo deU'aiii- male, dal dorso X 133 ~ ^i Idem dal ventre X 153 — e, Sciiltura del notogastro X 4:00 — d, Idem del capotorace X 400 — e, Mandibola X306 — /, Metà del labbro con la mascella e l'articolo basale del palpo X303 — g, Zampa sinistra del 1.'' paio Xl'^^ — 7i, 1 due ar- ticoli distali della zampa destra del 2.'* paio, veduta da sotto X306. Capotorace breve (a). Rostro rotondato. Setole rostrali sem- plici e brevi. Organi boccali di piccole dimensioni. Mandi- bole (e) a chela con quattro denti sul pezzo mobile. Il labbro è quasi semicircolare; sul diametro del semicerchio sono attac- cati il palpo e la mascella, munita questa di quattro denti, tutti, meno l'interno, robusti, ma non acuminati (/"). Le la- melle sono rappresentate ciascuna da un debole rialzo che da un punto situato un poco innanzi alla pseudostigme, si dirige verso il margine del rostro e quasi lo raggiunge; ivi sorge la — 317 — setola lamellare breve e semplice, cosi che questa si trova a essere vicina e all'esterno della setola rostrale dello stesso lato. Un lieve rialzo unisce pure l'estremo posteriore di ciascuna lamella col punto più avanzato del protogaster. Pseudostigme dorsali. Organi pseudostigmatici lunghi, sottili, semplici, ap- puntiti all'apice, e diretti infuori e indietro. Il secondo tectopiedi è ben sviluppato e accartoccia la co- scia e l'estremo prossimale del femore del 1° paio; il terzo tectopiedi è il più S]3orgente e il meno alto; il quarto è co- perto dall'addome ed ha il margine libero dentato (b). Degli apodemi solo il terzo raggiunge lo sterno. Le zampe sono brevi; e rugose in tutti i loro articoli. Terzo e quarto paio, specialmente quest'ultimo, inseriti infe- riormente. Piccole le coscie delle due prime paia. I femori sono assottigliati nella loro porzione prossimale. Ginocchi tutti brevi. Le tibie del 1.'^ paio (g) sono munite sul loro estremo distale di una vistosa apofisi che porta una setola lunga e semplice. Gran parte delle setole dei tarsi e talune delle tibie sono portate da piccoli tubercoli (h). L'apice di ogni tarso porta due unghie, di cui una inferiore grossa, l'altra superiore più sottile e più lunga. L'addome occupa gran parte del corpo; è ovale col polo posteriore ottuso e rotondo, e col polo anteriore ristretto, ma è depresso in direzione dorso-ventrale. Il notogastro invade la- teralmente la faccia ventrale; e anteriormente, nella porzione ristretta, si prolunga oltre le pseudostigme, ben limitato ai lati, ma non all'estremo, ove sembra passare quasi insensibil- mente nei due rialzi trasversi che uniscono quest'ultimo alle lamelle. In questa porzione ristretta del notogastro c'è un'area circolare di color giallo. Otto a dieci setole brevi e semplici sul margine postero-laterale, jDortate da piccoli tubercoli. La piastra ventrale è più stretta in senso trasversale; l'apertura genitale, situata a livello del quarto tectopiedi, è quadrango- lare ma con angoli rotondati; l'apertura anale, lunga quasi il doppio, è ellittica. Anno XXXII. 21 — 318 — Sei esemplari nei muschi di due località della Sardegna: Tanca di Nissa (Cagliari) e Antigori (Sarrok). Con questa nuova forma, sale a 8 il numero di specie co- nosciute del gen. Scutovertex^ comprendendovi quella che Ber- lese ha identificato con Cepheus ovalis Koch. E di esse 3 sono acquatiche (una marinai e 5 terrestri. Tutte hanno le unghie chiaramente tridattili, salvo che: S. caelatus Beri., S. bilinea- tus Mich. e S. bidactylus ora descritto. 8. caelatus è stato trovato da Berlese nei muschi di Desen- zano e da me in quelli di Perugia. I tarsi portano un'unghia unica grossa, senza alcun accenno di unghie laterali atrofiche. S. bilineatus e una forma inglese che vive nelle acque dolci sulla Prasiola stipitata. Michael {British Oribatidac, Voi. II, pag. 572 e tav. LIV) l'ha descritto nel testo con le unghie monodattili, ma con due setole lunghe, sottili e uncinate a ciascun lato di quelle. Se non che queste setole non sono rap- presentate affatto nel disegno d'insieme dell'animale, all'ingran- dimento di 75 diametri, e sono rappresentate invece in forma di vere unghie nei particolari che accompagnano quel disegno. E lo stesso Michael nella sua monografìa sistematica degli ori- batidi di due anni fa (Das Thierreich, 3 Lieferung. Oribatidae, Berlin 1898) nella diagnosi di questa specie, adoj)era l'espres- sione « unghie monodattili » senz'altro. S. bidactìjlus invece ha le unghie chiaramente bidattili: un'unghia è grossa e corrisponde, molto probabilmente, a quella unica delle forme uniungui o mediana delle forme triungui, e un'altra e sottile e più lunga, ed ha posizione dorsale ri- spetto alla prima. Nessun accenno di unghia atrofica o di se- tola uncinata ho potuto constatare in quattro esemjDlari che ho preparato, anche con l'impiego di buone oggettive apocro- matiche. Cosi essendo, questa specie è l'unica veramente bidat- tile del genere; e insieme con Nothrus anauniensis Can et Fanz. forma eccezione, per quésto carattere, in tutta la famiglia delle Oi'ibatidae. — 319 — Fra le altre specie del genere, S. bidacti/lus non è più afifine all'una che all'altra, più tosto riunisce caratteri che son propri or dell'una or dell'altra. Per eseropio, per gli organi boccali (salvo le dimensioni) e un po' per la scultura della cu- ticula somiglia a >S'. currugatus Mieli; per la forma del 3.° te- ctopiede e la macchia chiara sul notogastro ricorda yS*. scidptus Mich. e quella specie identificata da Berlese con Cepheus ova- lis Koch; e queste due specie, insieme con S. caelatus Beri., esso richiama ancora per l'apofisi lunga e grossa alle tibie del 1.° paio di zampe; e via dicendo. Con tutte non ha veramente di comune che la rugosità della cuticola e la mancanza di se- parazione netta fra capotorace e addome. Cepheus pseudosculptus 7i. sp. Lungh. mass. mm. 0.68. — Largii, mass, nim, 0.4. Corpo piriforme; depresso in senso dorso-ventrale. Colore rosso-bruno. Dermascheletro fortemente rugoso. Il capotorace piglia un terzo della lunghezza del corpo (a). Il rostro è sorpassato in avanti dalle lamelle ; esso termina con un apice appuntito (è), ai lati della cui base sorgono due pic- cole eminenze; ciascuna di queste porta una setola rostrale sottile, breve e semplice. Mandibole (e) e mascelle {d) piccole, almeno rispetto alle dimensioni del corpo, e deboli, come è manifesto dal sottile margine dentato delle mascelle. Le la- melle sono larghe, lunghe, ondulate, quasi orizzontali, oltrepas- sano il rostro, e s'incontrano e s' accavallano in avanti con le loro cuspidi si da limitare un' apertura ovale traverso alla quale è visibile l'apice del rostro. Neil' animale integro {a) que- st' apertura è più piccola che non apparisca quando esso è stato trattato con soluzione acquosa di potassa caustica a freddo, e meglio ancora bollente (6). In questo caso le lamelle si vedono sorgere meglio delimitate sul dorso-vertice del capo- torace e unite da una traslamella bassa e avente la forma di — 320 — un' M schiacciata e capovolta. Le cuspidi sono lunghe, acumi- nate e hanno direzione trasversale; sull'angolo che fa la cu- spide con la rispettiva lamella sorge una setola lamellare grossa, semplice e appuntita. Pseudostigrae sporgenti in forma di cilindro fra il margine basale delle lamelle e l'angolo an- tero-laterale del notogastro. Organi pseudostigmatici sottili, spatulati, falcati e volti indietro ; la loro porzione allargata è minutamente pelosa. Mancano setole interlamellari. Fig. i. — Cei)heus pseudosculptus . — a, Capotorace e addome, dal dorso X'*7 — h, Porzione anteriore del capotorace, dal dorso. Corrosione in soluzione bollente di potassa caustica Xl-53 — e. Mandibola X3CH3 d, Metà del labbro e mascella X 306 — e, Pseudostigma e organo pseudo- stigmatico X303 — /, Zampa sinistra del 1.° paio. Corrosione in solu- zione bollente di potassa caustica X^^ ~ (l< Zampa sinistra del 4." paio X 77. I tectopiedi sono bene sviluppati; il terzo S23orge un poco in fuori del margine laterale dell'addome. Gli apodemi raggiun- gono tutti lo sterno. Zampe brevi e snelle; la loro rugosità è limitata a strisele dorsali più o meno lunghe {g). Le prime due paia hanno il femore assottigliato nella porzione prossimale (/"). Coscia e fe- more del 3" e 4° paio sono carenati {g). Le tibie del 1° paio portano una setola lunga sull' estremo distale. Unghie tri- dattili. — 321 — Addome ovale, troncato anteriormente, con due processi la- terali appuntiti che s'avanzano fin presso all'a^Dertni-a delle pseudostigme. Notogastro jjoco convesso, a margine ondulato, con tre striscie di chitina inspessita che limitano altrettante aree inscritte nel contorno esterno, e che ne ripetono, presso a poco la jfigura. E qui che si manifesta maggiormente la ru- gosità del dermascheletro, in forma di rialzi che limitano delle areole più o meno regolarmente circolari nella zona centrale, e che spariscono gradatamente nelle parti periferiche, tanto che il lembo marginale apparisce solo punteggiato. Dopo cor- rosione in soluzione di potassa caustica il notogastro si pre- senta quasi liscio, col margine non ondulato, sempre però con* le tre figure inscritte, di cui l'interna ha la forma di uno scudo. La piastra ventrale è rugosa quasi quanto il notoga- stro e poco convessa; le due aperture genitale e anale sono contigue, ambedue di forma trapezoidale. Sul margine poste- ro-laterale sì del notogastro che della piastra ventrale, una serie di setole brevi, semplici e sottili portate ciascuna sopra un tubercolo. Una trentina d'ese^iiplari trovati nella vagliatura dei Monti Laziali dal coleotterista sig. Adolfo Falzoni. Il fatto che le peculiari sculture che si riscontrano sul ca- potorace, sull'addome e sulle zampe dell'animale integro, scom- paiono in seguito alla corrosione mediante soluzione acquosa di potassa caustica, starebbe contro la natura chitinosa delle sculture stesse; almeno esso ci impedisce di considerarle come caratteri specifici della cuticola. D'altronde, poiché la disposi- zione delle creste e delle granulazioni è press' a poco simile nei numerosi esemplari che ho esaminati, e poiché esse non possono essere interpetrate come resti di spoglie ninfali, mi pare giusto di considerarle còme facenti parte del dermasche- letro. Se esse rappresentano, come è probabile, il cosi detto epiostraco (Huxley), il quale per eccezione negli Oribatidi può nascondere con strutture proprie l'ectostraco liscio, avremmo — 322 — sempre una disposizione eh' è in relazione con particolari atti- vità e stratture della matrice del dermascheletro. Classifico per ora questa specie nel genere Cepheus; seb- bene ella si scosti alquanto dalle forme tipiche di questo ge- nere, pure mi sembra che qualche affinità abbia con la specie inglese C. ocellatus Mich., almeno a giudicarne dalla descri- zione e dalle figure che l'autore ne ha dato. E vero che Berlese ha classificato quest'ultima specie nel gen, Scutovertex; ma, di ciò, anche per quel che ho avuto occasione di esporre più so- pra, non saprei vedere l'utilità, a meno che non si voglia fare di questo genere quasi un rifugio di reietti. Liacarus pterotus n. sp. Lungh. mass. mm. 0.84. — Largh. mass. mm. 0,6. Corpo globoso. Colore castagno scuro. Cuticola liscia lu- cente. Capotorace breve e triangolare («). L'apice del rostro {b) ha tre protuberanze, una mediana rotondata, e due laterali più acute. Setole rostrali minutamente spinose. Mandibole (e) e mascella (e?) di forti dimensioni; quest'ultime pluridentate, ma con denti poco robusti. Lamelle discretamente alte, unite in avanti con la base dei loro lunghi apici triangolari; cuspidi brevissime (e); setole lamellari minutamente spinose. Pseudo- stigme (/") con l'orlo dell'apertura lateralmente tridentato. Or- gani pseudostigmatici lunghi, sottili, debolmente spatulati, ap- puntiti all'apice, semplici. Due setole interlamellari minuta- mente spinose, impiantate poco innanzi al margine anteriore del notogastro e che raggiungono quasi l'apice delle lamelle. Dei tectopiedi si vedon bene il primo e il secondo; questo nasconde la coscia del 1° paio di zampe. Gli apodemi raggiun- gono tutti lo sterno. Le tre paia posteriori di zampe sono inserite al di sotto dell'addome; l'inserzione del 4° paio si fa a livello e poco in — 323 — fuori dell'apertura genitale. Zampe lunghe [g e h), fornite di setole numerose e lunghe. I ginocchi delle tre paia anteriori portano una setola più lunga, e una setola grossa e ancora più lunga è inserita presso all'estremo distale di tutte le tibie. Un2-hie tridattili. Fig. 5. — Liacarus pterotus. — «, Capotorace e porzione anteriore deU'ad- dome X ''^''^ — &• Apice del rostro X 306 — e. Mandibola X 153 — d, Lab- bro e mascella X 1-53 — e, Apice della lamella destra X 306 —f, Psendo- stigma e organo pseudostigmatico del Iato destro X306 — g, Zampa del l.« paio X'i'T — U, Zampa del i.'^ paio X'^'^. Addome rotondo. Notogastro convesso, liscio, coi margine anteriore ondulato; all'esterno delle pseudostigme, esso si pro- tende in avanti e in fuori con due processi in forma di orec- chie aguzze; sui lati e posteriormente esso invade un poco la faccia ventrale; è privo di setole. Piastra ventrale convessa. L'apertura anale è lunga il doppio della genitale, la quale è più larga che lunga. Nei muschi dei dintorni di Bologna. Liacarus Michael (luglio 1898. Das Thierreich, 3. Oribati- dae) sostituisce Leiosoma Nicolet, perchè quest'ultimo nome era preoccupato. Ora, è certo che per la conformazione generale del corpo, per la struttura della cuticola, per le particolarità degli organi boccali, la forma delle lamelle, dei tectopiedi e — 324 — degli apodemi, le dimensioni delle zampe e la disposizione delle aperture genitale e anale, la forma nuova ora descritta appartiene a questo genere. Nel quale, le particolarità ch'essa ci offre nel capotorace bastano a distinguerla nettamente dalle altre specie conosciute (circa una diecina). Di più però, L. pterotus ha quelle peculiari appendici o processi antero-laterali del notogastro, che han servito a dar- gli il nome, e che ricordano le pteromorfe dei Pterogasterea o Oribatinae. Luglio 1900. Laboratorio di Zoologia e Anatomia Comparata della E. Università di Siena. 32f F». STEFA.NELLI Nuovo catalogo illustrativo dei lepidotteri ropaloceri DELLA TOSCANA {Continuazione. Vedi fascicolo lìrecedente). Ili LYCAEINIDAE. Gen. THECLA F. * Betulae L. Dint. di Fir. e monti di Figline nel Valdarno superiore. — Primavera, agosto e settembre. — Siepi, boschi. — Rara nella campagna fiorentina; non infrequente (secondo il signor Giovanni Baroni) sui monti di Figline. Suol trattenersi a lungo sulle siepi o sulle vette di alcuni alberi ed arboscelli. Larva in estate s. Betuìa alba, Pruniis spinosa e Prunus domestica. Spini Schiflf. — Rossi, Fn Etr., t. II, pag. 155, n. 1030. Quest'ultimo autore afferma che è rara nei boschi (sup- pongo ch'egli voglia accennare a quelli della provincia di Pisa). Il barone Mann la raccolse ad Antignano nei pressi di Livorno. Sviluppa in primavera e' al cominciar della estate. Ama i luoghi sterposi e boschivi. Bruco s. Prunus spinosa, Crataegus oxyacantha, Rhamnus catharticus ecc. nel luglio. 326 ** W. album Kn. Una sol volta, nel mese di maggio, ne presi, or son vari anni, due bellissimi esemplari sulla collina fiesolana. Il signor Schiavazzi l'annovera tra i ropaloceri del livornese, indicando come luoghi propizi per farne caccia, nel maggio e nel giu- gno, il giardino pubblico di Livorno ed il viale degli aque- dotti. Dice inoltre che è rara a Limone, ed avverte altresì che, in generale, convien cercarla dove sono olmi. La larva in estate s. tiglio., olmo e Crataegus oxyacantha. Ilicis Esp. — Linceus F. — Pruni Rossi, Fu. etr., t. II, pag. 154, n. 1029 (seconda frase). Dint. di Fir., di Pisa e di Livorno, Valdarno superiore e inferiore, e presumibilmente anche nel resto della Toscana. — Primavera ed estate. — Siti sterposi, siepi, boschi ben soleggiati. — Piano, colli. — Comune presso Firenze dai primi di giugno alla metà di Luglio, o anche fino ad agosto. Si posa a preferenza sui roghi in fiore, dai quali, se non è disturbata, di rado si allontana con lungo volo. Nell'interno dei boschi volentieri si ferma e spesso rimane per non breve tempo tranquilla sui quercioli e sopra qualche altra pianta a bassa fronda. Bruco in primavera s. Ulmus campestris, Qiiercus robur, Quercus ilex e sulla Robinia pseudoacacia. ** ab. $ Ce r r i Hb. Il disopi-a delle ali antei'iori con una grande macchia discoidale fulva. Frequente nel luglio e nella prima quindicina di agosto nei boschi lungo il Pian di Mugnone dietro Fiesole. — 327 — ** var. A e s e u li Hb. Più piccola che il tipo e col disotto delle ali anteriori privo, o quasi^ della linea bianca. Insieme alla forma tipica, ma assai di rado. ** Acaciae F. Fu presa in estate dal Mann nei dintorni di Livorno e nella campagna pisana. — Ignoro se ivi sia rara o frequente. Sta d'ordinario nei boschetti e nei luoghi incolti e sterposi. Larva s. Prmius spinosa (nel maggio o giugno?). Pruni L. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 154, n. 1029 (prima frase). Venne raccolta dal Mann (non so bene se nel giugno o nel luglio) a Salviano nel circondario di Livorno e dal signore Apelle Dei nel senese. Il Rossi dice che è frequente (nei con- torni di Pisa?) sul Prunus domestica, ma forse egli allude alla T. Ilicis Esp. {Lincetcs L.), la quale, probabilmente, credette che fosse una varietà della vera T. Primi L. Predilige per posarsi e intrattenersi i cespugli di rogo. Bruco in estate s. Prunus spinosa, Coryìus avellana, Quer- cus rohur e sulla Betula alba. Quercus L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 155, n. 1031. Dint. di Fir., di Pisa e di Livorno, isola dell'Elba e forse t. la T. — Estate e principio di autunno. — Boschi, parchi, viali pubblici, luoghi cespugliosi. — Piano, colli, monti. — Poco comune nelle adiacenze fiorentine; copiosa invece in quelle di Portoferraio all'isola dell'Elba. Nelle prime l'ho quasi sempra raccolta, di giugno o di luglio, sui lecci (Quercus ilex) del — 328 — viale che dalla Porta Romana conduce alla villa del Poggio Imperiale. Più che altrove, ama di porsi ferma o di far brevi voli sulle cime delle querele. Tuttavia, nelle giornate calde, talvolta di- scende, dopo mezzogiorno, sui rami bassi di quelle piante. Larva s. Quercus rohur nel maggio e nel giugno. Rubi L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 156, n. 1033, Diffusa come la T. Ilicis, ma più copiosa e più precoce nel suo sviluppo primaverile, che incomincia in aprile o ai primi di maggio. — Frequenta fino alla metà di agosto o al principio di settembre le praterie, le macchie ben soleggiate, le rade boscaglie, i margini cespugliosi dei fiumi e dei ruscelli. Il bruco, che è polifago, vive principalmente s. Rubus cete- siuSj Ruhus fruticQsus, sulla Genista tinctoria ed Onobì'ychis sa- tiva. È adulto nel luglio o nell'agosto. Gen. POLYOMMATUS Lat. Virgaureae L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 157, n. 1038 (1). Appennino toscano e sue maggiori diramazioni. — Luglio e prima metà di agosto. — Prati umidi in mezzo ai boschi, margini erbosi dei ruscelli, macchie, purché molto accessibili ai raggi del sole. — In grande abbondanza a Boscolungo, al Corno alle Scale, a Libro Aperto ecc. In minor copia alla Val- lombrosa. Comune alla Falterona. Il signor Calberla osservò che le $ $ del P. Virgaureae ■da lui raccolte sull'Appennino toscano ad un' altezza di circa (l) Le frasi descrittive poste dal Kossi nel citato isaragrafo lasciano in dubbio ch'egli abbia ben conosciuto il /'. Virgaureae L., intorno al quale dà soltanto con ■esattezza questa finale notizia: u Hahitat in Solidagine Virgaurea «. — 329 — 1500 metri erano, in generale, più piccole e più chiare di quelle del tipo tedesco. Egli propose di distinguer tal forma, avente qualche analogia col medesimo sesso della var. Miegii Vogel, col nome di var. $ Ayennina. Larva adulta nel maggio e nel giugno s. SoUdago virgaurea, Rumex acetosa, R. acetosella e R. crispus. — I bruchi si di- vorano fra loro. * Thersamon Esp. Fu rinvenuto, or son molti anni, dal signor Giovanni Ba- roni sui monti di Figline nel Valdarno superiore, poi dal si- gnore Apelle Dei verso Querceto nel senese ed in ultimo dal barone Mann a Montenero nei dintorni di Livorno. — Raro. Appare durante l'estate. Sta sui prati e sulle macchie di collina o di monte. Bruco s. Spartium scóparium (nel maggio o nel giugno?) Hippothoé L. — Rossi, Fn. etr., t. Il, pag. 157, n. 1037, — Chrgseis S. V. Questa specie, che il Rossi dice « rara sui prati », è pur citata, sotto il nome di P. Chi'yseis, dal signore Schiavazzi, il quale afferma che trovasi « poco comune al Tombolo » nel li- vornese. Predilige i luoghi umidi e ricchi di folta erba, ma non sdegna di trattenersi ancor nei boschetti. Larva s. Rumex acetosa e R. acetosella nel giugno e poi nel settembre. ** Alciphron Rott. — Hippono'è Esp. — Hiere F. Falterona [Mann). — Luglio e prima metà di agosto. — Praterie attigue ai boschi. — Comune. Bruco nell'aprile e nel maggio s. Rumex acetosa. — 330 — * var. G 0 r d i u s Sulz. cf. Di colorito più acceso che il tipo e coi punti neri delle prime ali più grossi. — Q. Nella pagina supei'iore, il fondo fulvo sì nelle prime come nelle seconde ali. I punti neri delle anteriori molto sviluppati. Boscolungo, Corno alle Scale, Pratofiorito, Vallorabrosa, Monte Senario, Monto Morello, monti di Figline, tra Livorno e Pisa (Mann). — In copia a Boscolungo, al Corno alle Scale e a Pratofiorito nel luglio e nella prima metà di agosto. Me- diocremente comune a Monte Senario, sui monti di Figline ecc. Il signor Calberla, completando ciò che io scrissi nel 1869, rileva che nei nostri cf cf la velatura violacea è spesso tanto viva quanto nella forma tipica, e che i punti neri formanti la serie curva delle ali anteriori sono in essi un poco meno grandi che negli individui alpini e qualche volta anche un poco incerti. ** var. 5 Intermedia Stef. (1). Il disopra delle ali anteriori al tutto o in parte fulvo-rossastro ; la base e i margini (anteriore, esterno e posteriore) neri o nereggianti; i punti (massime i due contigui alla costola) più grossi che nel tipo, ma un poco meno che nella O della var. Gorclius. Il disopra delle ali poste- riori di un bel nero vellutato, sii cui spicca la fascia marginale fulvo-aran- ciona, avente spesso in prossimità del suo limite superiore una serie li- neare di punti o di lineette azzurri. Insieme alla var. Gordius a Boscolungo ed in altri punti dell'alto Appennino toscano. — Assai frequente. Posseggo alcuni individui che rappresentano graduali pas- saggi da questa alla precedente varietà, per quanto concerne la $. (1) Ved. Stefanelli P. Di una forma poco nota del Polyommatcs Alciphkox Eott. (BuUettino della Società entomologica italiana. Anno VI. Firenze, 1874). 331 Dorilis Hufn. — Xanfhe F. — Rossi, Fn. etr., t, II, pag. 157, n. 1039. Diut. di Fir., di Livorno, di Siena, ecc. — Fine di pri- mavera e tutta l'estate. — Ovunque all'aperta campagna, ma più che altro sui prati aridi e nei luoghi sterposi e molto so- leggiati. — Piano, colli, monti. — Discretamente comune il --f ; infrequente la $ . Non di rado ho trovato nella campagna fiorentina dei (/ ^ quasi al tutto privi nella pagina superiore di lunule o altri segni fulvi lungo il margine esterno, tanto nelle ali anteriori, quanto nelle posteriori. Per tale carattere, ma non pel rima- nente, questi individui rammentano la var. Subalpina Spr. Bruco s. Rumex acetosa e sulla Genista scoparia verso la fine di giugno e nel settembre. ** ab. $ F u Ivio r Stef. Il disopra delle ali anteriori fulvo dorato senza velatura scura e coi punti neri ben netti e staccati fra loro, massime quelli della seconda serie verso il margine esterno. Il disopra delle ali ijosteriori col fondo nero e la fascia marginale più viva che nel tipo. Questa aberrazione ha una certa somiglianza con la 5 elei Poi. Thersamon normale (cioè non caudata), dalla quale è tut- tavia molto facile il distinguerla per la nettezza dei punti formanti al disopra delle prime ali la terza serie contigua alla frangia, e pel ]iero deciso, o quasi, che occupa il fondo (pur nel disopra) delle ali inferiori. Né ho raccolti finora vari esemplari sulla collina di Fiesole durante il tempo in cui si mostra il tipo. Mi sembra assai rara. 332 Phiaeas L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 157, n. 1040. T. la T. — Primavera, estate e principio di autunuo. — Giar- dini, campi, siepi, boschetti. — Piano, colli, monti. — Molto comune. Negl' individui tipici dei dint. di Fir. spesso il colore fon- damentale delle ali anteriori ha nella pagina superiore un'am- mirabile vivacità e lucentezza. Non so se possa dirsi lo stesso per gì' individui delle altre parti della Toscana. Bruco s. Rumex acetosa, R. acetosella, R. obtusifolius, R. crispus e R. scutatus nell'aprile, nel maggio e nell'autunno. ** var. (gen. Il) Eleus F. Il disopra delle ali anteriori velato di bruno. Le ali posteriori caudate. Frequente in estate e al cominciare dell'autunno Posseggo qualche esemplare preso nei dint. di Fir. con la pagina superiore delle prime ali di un bruno tanto cupo che lascia appena vedere i punti neri. Ho inoltre ripetutamente trovati nelle adiacenze fiorentine individui intermedi, nei quali sono benissimo sviluppate le ap- pendici caudali, mentre il disco delle ali anteriori si mantiene al disopra di un bel lionato senza traccia di velatura scura. Gen. LYCAENA F. Boetica L. — (Boeticus) Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 11, n. 352. — Coluteae Fuessl. — Rossi, Fn. Etr., t. II, pag. 155. n. 1032. Dint. di Fir., agro pisano e livornese. — Agosto, settembre e ottobre. — Prati, campi, balzi erbosi, siepi e boschetti bene — 333 — esposti. — Si posa molto volentieri sulla Colutea arhorescens. — Piano, colli. — • Comune, particolarmente (presso Firenze) nel settembre. Bruco in estate ed al principio di autunno entro le silique della Colutea arhorescens e dello Spartium scoparium. Sta pure sulle geniste e sopra varie altre piante. * Telìcanus Lang. Dint. di Fir., adiacenze di Livorno, Appennino pistoiese (Calber/a). — Da luglio alla fine di ottobre. — Nei posti in- dicati per la precedente specie ed anche nei ginestreti, nei giardini ecc. — Piano, colli. — Comune. La larva è polifaga, ma più che altro si trova in estate s. Lythrum salicaria e Calluna vulgaris. Essa ha l'istinto di divorare le sue compagne. Argiades Pali. — Amyntas F. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 12, n. 353. Dint. di Fir., di Pisa, di Livorno e Valdarno superiore. — Primavera, estate e principio di autunno. — Luoghi boschivi ed erbosi. — Piano, colli e valli montane. — Non molto frequente. Il bruco in estate s. Lotus corìiiculatus, Onohrychis saliva, Medicago falcata, Trifolium pratense ecc. * var. (gen. II) P o l y s p e r eh o n Berg. Differisce dal tipo soltanto per essere molto più piccola. Ne ebbi, or sono trenta anni, vari esemplari dal sig. Gio- vanni Baroni, il quale mi assicurò di averli raccolti sui monti di Figline nel mese di agosto. Posteriormente ne trovai qual- che individuo nei dint. di Fir. durante la primavera. Anno XXXII. 22 334 ** ab. C or et a s 0. Statura eguale, o quasi, a quella del tipo. Nel disotto delle ali infe- riori mancano le macchiette fulve presso l'angolo anale. Dint. di Fir. — La rinvenni più volte nel giugno, ma sem- pre scarsamente, insieme alla forma tipica. * Aegon S. V. La raccolsi in gran numero a Boscolungo nel mese di luglio e nella prima quindicina di agosto sui prati contigui o pros- simi ai boschi. Il barone Mann la trovò poi in primavera nel livornese. Secondo le più recenti osservazioni del sig. Scliia- vazzi, mostrasi comune, nel giugno e nel luglio, a Limone ed al Tombolo. Bruco in principio d'estate s. Genista scoparla., Genista ger- manica, Ononis spinosa, Trifoìium pratense^ Coliitea arboresceìis, Melilotus offìcinalis ecc. Argus L. — Rossi, Fn. etr., t. Il, pag. 156, n. 1035 (prima frase). T. la T. — Da maggio a ottobre, ma più che altro nel set- tembre. — Campi, prati, margini erbosi dei fiumi e dei ruscelli. — Piano, colli, monti. — Mediocremente comune il ^f ; assai meno frequente la $ . Ho non di rado raccolte delle $ $ col disopra coperto in gran parte da una velatura azzurra, talvolta assai viva. Tra esse però non mi è avvenuto di trovarne alcuna che, per mag- giore sviluppo di detto carattere, corrispondesse oWah. Argijro- gnomon Berg., molto bene rappresentata nella tav. 15'^, fig. 4-5 dell' « Icones historique ecc. » del Boisduval. Larva in fine di primavera e in estate s. Lotus cornicula- t/is, Trifoìium pratense, varie geniste, Melilotus offìcinalis e. a. p. 335 - * Orion Pali. — Battiis S. V., F. ecc. Monte Senario, Monte Morello, Monte Eipaldi nel luglio; dint. di Livorno nel maggio {Mann). — Luoghi sterposi e caldi; dirupi. — Infrequente. Bruco s. Sedum teìephiiim nel luglio. * Baton Berg. — Hylas Hb., F. ecc. Dint. di Fir., di Pisa, di Livorno, di Siena. — Primavera inoltrata ed estate. — Prati ed altri luoghi erbosi; boschetti. ■ — Piano, colli, monti. — Mediocremente comune nelle adia- cenze fiorentine, a Monte Senario e a Monte Morello dalla se- conda metà di giugno alla fine di agosto. Bruco nel maggio s. Thymus serpijllum^ Thymus vulgaris e Coronilla varia. * Astrarche Berg. — Agestis S. V,, Esp. ecc. T. la T. — Aprile, maggio e giugno. — Ovunque all'aperta campagna, ma specialmente dove abbonda con rigoglioso svi- luppo la vegetazione erbacea. — Piano, colli, monti, — Comune. Posseggo individui, presi nei dint. di Fir. ed altrove, nei quali le macchie fulve del disopra sono molto ridotte per nu- mero e per grandezza, massime nelle ali anteriori. Nessuno però ne ho trovato finora che ne sia del tutto privo. Ciò mi fa dubitare che la vera ab. Allous Hb. manchi in Toscana. Bruco in aprile e in settembre sui trifogli e s. Erodiiim cicutarium. ** var. (gen. II) A e s f iv a Stgr. Il fondo della pagina inferiore di color caffè e latte carico, invece che cinereo chiaro. Le macchie fulve del disopra in serie non incomplete, un poco più grandi e di un tono più acceso che nel tipo. — 336 — Sostituisce nell'agosto e in parte del settembre la forma normale. — Assai meno frequente. (1) *? Icarus Rott. — Alexis S. V., Hb. ecc. (2). T, la T. — Dal principio alla fine della buona stagione. — Piano, colli, monti. . — Comunissiraa ovunque. Incontransi spesso nei dint. di Fir. individui maschili con la pagina superiore delle quattro ali di un ceruleo molto vivace. Questi individui non sono, come quelli siciliani illustrati dallo Zeller (Isis, 1847) ^ di una grandezza inferiore alla consueta, ma hanno la stessa statura che gli esemplari tipici, ovvero una alquanto maggiore. Ho pur trovato qualche individuo i'< particolarmente di quella della Vanessa Cardui L. avvenuta nella primavera dell'anno 1879. Firenze, 1879. Villa Gr. B., Passaggio di farfalle. Milano, 1879. 353 — Gen. MELITAEA F. (1) * Cinxia L. T. la T. — Maggio, giugno e luglio. — Prati e boschi. — Colli, monti. — Comune, ma non abbondante. Posseggo una bellissima aberrazione trovata molti anni ad- dietro nei dint. di Lucca dal signor Guido Luigi Carrara (2), la quale ha il disopra delle prime ali quasi tutto nero. Bruco da marzo alla line di settembre s. varie specie di Plantago (e tra esse più che altro la P. lanceolata)^ Veronica, Achillea e Hieracium pilosella. Vive in famiglie. * Phoebe S. V. T. la T. — Da maggio ad agosto. — Nei medesimi luoghi frequentati dalla precedente specie. — Colli, monti. — Più copiosa. Larva in primavera e in estate s. alcune Centanrea (prin- cipalmente la C. scaMosa) e sulla Plantago lanceolata. Vive in società Quantunque l'ing. Gurò dica che la var. Occitanica Stgr. (la quale distinguesi dalla Phoebe normale per essere molto più variegata) « talvolta accompagna il tipo in quasi tutta l'Italia », a me non è avvenuto finora di trovarla in Toscana. (1) Troppo affidandomi all'assicurazione avuta da iin entomologo assai autore- vole, errai nel mio primo catalogo annoverando tra le specie toscane la Melitaea Cynthia Hb., la quale ritengo ora per certo che non appartenga al territorio di cui presi a occuparmi. Essa abita sulle Ai-pi ad altitudini comprese fra 1800 e 2600 metri sul livello del mare. (2) Anche nella presento edizione mi credo in dovere di esprimere il mio grato animo all'egregio entomofilo sig. Guido Luigi Carrara, che con squisita gentilezza volle donarmi oltre cento specie di lepidotteri (tra cui alcune assai importanti per la fauna toscana) da lui raccolte nella provincia lucchese. 354 ** var. (d. n. ab.) A etJi er e a Ev. Il disopra col fondo molto più chiaro che il tipo e i segni neri in parte meno marcati ed in parte scomparsi. A questa forma, di cui ebbi dallo Staudinger vari esem- plari della Russia meridionale, mi sembra che sieno da rife- rirsi certi individui chiari, che nel periodo estivo non di rado s'incontrano, insieme al tipo, nelle adiacenze fiorentine. ** Trivia Schiff. Dall'elenco pubblicato dal Mann nel 1873 rilevasi che que- sta specie appartiene alla Toscana, ma non si apprende dove e quando fu da quell'entomologo trovata. Convien cercarla, in collina, sui prati e nei boschi durante l'estate. Il suo bruco si nutre del Verbascum thapsus ed è adulto alla fine di maggio. Dìdyma 0. — Cinxia S. V., Esp., Hb. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 153, n. 1024. Insieme alla prima delle seguenti varietà {Meridionalis Stgr.) assai di rado ho trovato qualche individuo simile, ma non perfettamente corrispondente al tipo tedesco, che è pure il tipo linneano. Oltre parecchie forme secondarie più o meno costanti, delle quali soltanto alcune appartengono all' Italia, la M. Didyma « ofPre » (come avverte il Curò) « frequenti casi di varietà accidentali, talvolta cosi bizzarre che, a primo aspetto, sem- brano specie nuove o anomalie di altre congeneri ». Il bruco è polifago. Sta in primavera e in estate su molte specie dei generi Plantago, Veronica, Artemisia^ Euphorhia^ Linaria. 355 ** var. xV e r i di o n al i s Stgr. (Pagina superiore). Il (y col fondo di un fulvo più aperto è più vivo che nel tipo e le macchie nere meno numerose e più piccole (1). La g si- mile a quella tipica, ma, in generale, più chiara, più volgente al giallo o al rossastro, e poco cosparsa di nero nelle ali inferioi'i. T. la T. — Primavera, estate e principio di autunno. — Campi, prati, boschi cedui e radi, luoghi incolti e sterposi molto esposti all'azione del sole. — Piano, colli, monti. — Molto comune. Nella pagina inferiore delle seconde ali riscontransi spesso notevolissime modificazioni di disegno e di colorito. Tra quelle che son riuscito a' procurarmi con le mie cacce, rammenterò la seguente, di cui posseggo due perfetti esemplari maschili. Sopra alla fascia fulva, che segue a breve distanza il margine esterno, trovasi, in luogo dei consueti punti, una serie di macchie nerissime rassomiglianti ad I e perpendicolari alla fascia. Quanto alla pagina superiore, le più frequenti modifica- zioni riscontransi nelle $ $ , sia pel colore fondamentale che dal fulvo giallastro o rossastro va per gradi intermedi fino al violaceo bruno, e sia per le macchie nere più o meno nume- rose e in qualche caso (come in pochi esemplari delle adia- cenze fiorentine da me raccolti e conservati) tanto espanse da far sembrare, guardando a distanza, quasi tutta nera la su- perficie delle ali. Son pure da segnalare certi cfcf, non rari in primavera nelle campagne vicine a Firenze, i quali per una insolita scarsità di macchie nere al disopra (massime nelle ali inferiori) congiunta ad un color fulvo-arancione sul fondo, molto assomigliano alla var. Seera Fise, de Wald. Gl'individui che sviluppano in copia nel cuor dell'estate, particolarmente se molto calda, sono (per quanto almeno ho (1) Nelle ali anteriori manca affatto, o quasi, la seconda serie dei punti neri. — 356 — potuto osservare durante un lungo periodo di anni sopra al- cuni dei colli fiorentini) assai più piccoli di quelli che nei me- desimi luoghi appaiono in primavera; ma, salva qualche ecce- zione, non difFeriscon da questi per tutto il rimanente dei loro caratteri. ** var. (d. n. ab.) Occidentalis Stgr. Ambedue i sessi con la pagina superiore di un fulvo sbiadito o di un debole giallo ocraceo, con pochi segni neri, sj)ecialmente nelle ali in- feriori. Statura eguale a quella della var. Meridioìialis primaverile, o poco inferiore. Dint. di Fir. — Di rado, insieme alla var. Meridìonaìis durante l'estate. ** var. (d. n. ab.) Persea KolL- Circa iin terzo o la metà più piccola die la var. Meridìonaìis: di un fulvo più chiaro e con minor macchiatura nera. Ne ho raccolti finora pochi ma caratteristici esemplari presso Fiesole nei mesi di luglio e di agosto. Posti a confronto con tre individui della medesima forma presi in Persia e a me ceduti dal dott. Staudinger, si son mostrati tanto simili ad essi da esser ben facile di scambiar gli uni con gli altri. ?** Dictynna Esp. Il signore Schiavazzi annovera tra i ropaloceri livornesi la qui indicata specie, che per lo innanzi fu in Italia trovata soltanto nelle regioni poste ai piedi delle Alpi, ed aggiunge che nel luglio e nell'agosto è « comune a Limone » ; ma la de- scrizione ch'egli ne dà suscita, in vero, gravissimi dubbi. Ama i luoghi boschivi. Bruco adulto nel maggio s. varie specie di Veronica^ Melampyrum e Plantago. 357 Athalia Rott. — Rossi, Mant. ins., t, II, pag. 11, n. 350. T. la T. — Giugno, luglio ed agosto. — Piano, colli, monti. — Poco frequente sui prati; comune nei boschi, par- ticolarmente se montuosi ed in parte adombrati; copiosissima a Boscolungo nel luglio. Larva in primavera e a settembre sulle piante indicate per la precedente specie e s. a. ?** ab. Pyronia Hb. Il disopra delle ali anteriori di un fulvo chiaro, eccetto la bordura al margine esterno e un largo spazio triangolare alla base, che son di un bru.no più o meno cupo. Entro lo spazio triangolare qualche macchietta fulva. — Il disopra delle ali posteriori nero o nereggiante, con una serie di punti fulvi disposti ad arco parallelamente al margine esterno, e tal- volta altri due o tre punti simili verso la base. Il signore Schiavazzi dice che è rarissima nel livornese (1). ab. C y tn oth 0 e Bertoloni (2) (figlio). Il disopra nero-fulvo uniforme, con sei punti di un giallo croceo di- sposti in linea flessuosa a breve distanza dal margine esterno di ciascuna delle quattro ali, ed altri tre formanti un piccolo arco innanzi alla base delle ali anteriori. Questa forma accidentale, per vari caratteri affine alla pre- cedente {Pyronia)^ ma per altri (principalmente per quelli della pagina superiore delle prime ali) assai ben distinta da essa, fu dal prof. Giuseppe Bertoloni figlio trovata in un solo esemplare sul Promontorio Lunese, o Capo Corvo, verso la fine di giugno (3). (1) È da avvertire che la descrizion» ch'egli ne dà non ben corrisponde con le figure dell' Hubner 585, 586, 587 e 588. (2) Memoria sopra due rare farfalle trovate nel Promontorio Lunese. (Annali di Storia Naturale. Bologna 1829. Tomo secondo, pag. 237-240). (o) Successivamente venne raccolta in Piemonte da Vittore Ghiliani sulle pra- terie dei monti di Exilles. — 358 ** Parthenie Bkh. Mostrasi, secondo il signor Calberla, molto frequente nel giugno e nel luglio sull'Appennino toscano. Sta sui prati e nei boschi. Bruco nell'aprile e nel maggio e jjoi tra la fine di giugno e il principio di luglio s. Plantago lanceolata, Plantago major e sulle scabiose. Gen. ARGYNNIS F. Eiiphrosyne L. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 11, n. 351. Colline prossime a Firenze, Vallombrosa (Cecconi), monti di Figline, dintorni di Pisa {Mann) e di Siena. — Aprile, maggio, luglio e prima quindicina di agosto. — Boschi radi e ben soleggiati; praterie. — Infrequente nelle adiacenze fio- rentine; comune, secondo il dottor Giacomo Cecconi (1), a Vallombrosa in estate. Bruco in primavera e in estate s. varie specie di viola e sulle fravole {Fragaria vesca e F. collina). Dia L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 163, n. 1026. Colli fìesolani, Monte Senario, adiacenze di Pisa, Limone nel livornese (ScJiiavazzi). — Aprile, maggio, giugno e luglio. — Luoghi cespugliosi e caldi; prati. — Non comune e in qual- che annata rara. Larva in estate s. varie sorta di viole e specialmente sulla Viola odorata. (1) Contributo alla fauna vallombrosana. (Ballettino della società entomologica italiana. Anno XXIX, 1898). 359 Daphne SchifF. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 153, n, 1025. Monte Senario, agro lucchese. — Giugno e luglio. — Siepi e boschetti. — Mediocremente comune. E facile a prendersi sui roghi in fiore. Bruco in estate s. Rubiis idaeus e Ruhiis fruticosus. *Hecate Esp. Dint. di Fir. — Giugno. — Terreni incolti e boschivi j purché molto soleggiati. — Colli e monti. — Comune sulle collinette adiacenti al Pian di Mugnone dietro Fiesole. Bruco probabilmente sulle viole. Lathonia L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 154, n. 1028. T. la T. — Primavera, estate, autunno. — Giardini, campi, prati. — Piano, colli, monti. — Molto comune nei dint. di Fir. dalla metà di agosto a tutto settembre. Gl'individui che sviluppano in estate son d'ordinario più grandi e di colori più accesi di quelli che appaiono nell'aprile e nel maggio. Bruco in estate s. Viola canina^ Viola tricolor, Onobrychis sativo-i Anchusa italica (Anchusa ofjìcinalis). Aglaja L. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 10, n. 349. Dint. di Fir., Monte Senario, Vallombrosa, Boscolungo, Pra- tofiorito ecc. — Giugno, luglio e agosto. — Boschi e terreni incolti. — Piano, colli, monti. — In copia. Volentieri si posa sui fiori del rogo e degli scardiccioni. Larva adulta in principio di giugno s. varie specie di viole. — 360 — * Niobe L. Vallombrosa, Boscolnngo, Pratofiorito, Limone {Schiavazzi). — Luglio e agosto. — Boschi, prati. — Molto comune nei primi tre luoghi indicati; infrequente nell'ultimo (Limone). Ha rapidissimo volo. Suol posarsi a preferenza sui fiori che ho ricordati per VAglaja. Bruco nel maggio e nel giugno s. Viola Jnrta^ Viola ca- nina e a. p. * ab. Er i s Meig. Nel disotto delle ali inferiori mancano al tutto, ovvero in gran parte, le macchie argentee. Insieme al tipo. Di consueto comune. * Adippe L. T. la T. — Giugno e luglio. — Boschi, terreni incolti, Torati. — Piano, colli, monti. — • Comune. Predilige per soffermarsi i fiori del rogo. Bruco in principio di estate s. Viola odorata, Viola tricolor, Viola canina ecc. * ab. CleodoxaO. Si distingue dall'ordinaria Adippe, come V Ei-is dalla normale Niohe, per la totale o pai-ziale assenza delle macchie argentee nel disotto delle ali inferiori. Insieme al tipo. — Assai frequente. Paphia L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 164, n. 1027. T. la T. — Giugno, luglio e agosto. — Boschi e terreni incolti. — Piano, colli, monti. — Mediocremente comune. — 361 — Anche questa specie ama di posarsi sui fiori del rogo e degli scardiccioni. Larva nel maggio e nel giugno s. varie sorta di viole^ Ru- bus idaeus e qualche volta anche sulle ortiche ecc. * Pandora Schiff. — Cynara P., Pet. Isola dell'Elba. — Luglio e agosto. — Siti sterposi, bo- schetti e strade di campagna. — Piano, colli, monti. — Molto comune. Se non è spaurita, spesso arresta il suo celere volo per fer- marsi e intrattenersi sui fiori degli scardiccioni e sulle fronde soleggiate di alcuni alberi, come i lecci, le sughere ecc. Bruco sulla Viola tricolor (verso il principio di estate ?). IX. SATYRIDAE. Gen. MELANARGIA Meìg. Galathea L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 148, n. 1009. T. la T. — Giugno e luglio. — Praterie, boschetti, luoghi incolti. — Colli, monti. — Più o meno comune; frequentissima e spesso in gran copia nei dint. di Fir. Per la proporzione del nero e del bianco nella pagina su- periore, la nostra M. Galathea (come avvertì il chiarissimo ing. Curò per gl'individui della Lombardia e di altre parti d'Italia) si accosta più che al. tipo di Linneo, abitatore del- l'Europa centrale, alla var. Precida Hbst. Bruco in aprile, maggio e giugno s. Phleum pratense e molte altre gramiìiacee. ~ 362 — * ab. L e u e 0 m e l a s Esp. — Liriope Cyr (1). Il disotto dello ali inferiori di un bianco-giallastro, in mezzo al quale più o meno chiaramente traspare il disegno nero del disopra. Dal signor Guido Luigi Carrara ne furono raccolti vari esemplari presso Montecarlo nel lucchese. Io ne ho trovati finora parecchi nei dint. di Fir. Il signore Schiavazzi cita questa forma come rara a Limone, presso la Puzzolente, nella pro- vincia di Livorno. In generale, l'ab. Z e m e o w e Z a s italiana (come il Curò fece pel primo notare) ha la pagina superiore eguale o simi- lissima a quella del tijDO linneano per la scarsità del nero. Ma in Toscana non mancano individui che hanno il disopra più nereggiante (2). * ab. Galene 0. Mancano nella pagina inferiore delle seconde ali tutte le macchie ocel- lari contigue al margine esterno. Di questa aberrazione, che sta all'ordinaria Galathea come l'ab. PI e s aur a Bell, sta alla Melanargia P/?er?(Srt B. tipica della Sicilia e di Calabria, ne raccolsi un solo esemplare a Boscolungo nel 1868 e successivamente altri tre nei dint. di Pir., ove ho pur trovato alcune forme intermedie col disotto delle ali inferiori sprovvisto di una, due o tre delle macchie ocellari. * var. (d. n. ab. ?) P r oci d a Hbst. Il nero molto più espanso che nel tipo su tutta la pagina superiore. Fu rinvenuta dal Mann ad Antignano nel circondario di Livorno. (1) CrRiLLO D. Specimen lìrimum entomologiae neapolitanae. Neapoli 1787. (2) Ciò fu pure osservato, secondo quanto riferisce il Calberla, dallo Standfuss a Monte Rotondo nella campagna romana. — 363 — Gen. EREBIA B. Epiphron Kn. La forma tipica non fa osservata finora che sui monti del- l'Harz e della Stiria. ** var. C a s s i 0 p e F. Le macchie ferruginose del disopra alquanto svanite e i punti neri, che sono in esse compresi, più piccoli che nel tipo e non pupillati di bianco. Alto Appennino pistoiese [Calberla). — Luglio e agosto. — Praterie e boschetti radi ed ombrosi. La larva incomincia a mostrarsi in agosto s. Poa anntia e Festuca ovina; iberna e si trasforma in crisalide nel maggio del successivo anno. * Ceto Hb. Boscolungo e Corno alle Scale. — G-iugno e luglio. — Siti boschivi ed interrottamente adombrati. — Assai frequente, ma non in copia. Bruco ignoto. * Medusa F. — Medea Bkh. — Oeme Stef., Cat. 1869, n. 82. Come la precedente. — Fu pur trovata dal Mann a Pra- tovecchio. Dice il Calberla che gli esemplari da lui raccolti (credo, in gran parte almeno, sull'Appennino pistoiese) non sono perfetta- mente tipici, ma rappresentano forme di passaggio alle varietà Psodea Hb. e Hippomedusa 0. Meissn (1). (1) Queste due varietà difFeriscon dal tipo pei seguenti caratteri: Hippomedusa. — Di minore statura, più chiara e con le macchiette ©cel- lari assai più piccole. Psodea. — Le macchiette ocellari in maggior numero ed alquanto più grandi. — 364 — Bruco adulto verso la fine di maggio s. Panicum sangui- nale {Digitarla sanguinalis). * Stygne 0. Nel luglio del 1858 ne raccolsi un solo individuo a Bosco- lungo. Da quanto scrive il Calberla, sembra che ancli'egli, pa- recchi anni dopo, la raccogliesse sull'alto Appennino pistoiese. Lo stesso entomologo per questa specie aggiunge: « Grandi esemplari con grossi occhi a centro bianco, principalmente nelle ? ? ». Bruco ignoto. * Tyndarus Esp. — Dromus F. Corno alle Scale, Alpi Apuane. — Luglio e principio di agosto. — Praterie, massime quelle in cui abbonda il Nardus stricta. — Molto comune. Bruco ignoto. Ligea L. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 148, n. 1008. Boscolungo, Corno alle Scale, Alpi Apuane, monti pisani (?) {Rossi). — Luglio e parte dell'agosto. — Boscaglie e praterie attigue. — Comunissima. Scende sui fianchi degli alti monti molto più che le pre- cedenti specie. Va di sovente soggetta a qualche modificazione, più o meno appariscente, nella pagina superiore. Larva s. Panicum sanguinale e Millium effusum. Nasce in estate, iberna e si trasforma in crisalide sulla fine del succes- sivo giugno. * Euryale Esp. Boscolungo. — Luglio e principio di agosto. — Luoghi — 365 — indicati per l'antecedente specie e siti rupestri. — Assai fre- quente. Bruco s. molte graminacee. * var. 0 e eli a r i s Stgr. La fascia ferruginea del disopra è sostituita da una serie di piccole macchie dello stesso coloi-e, staccate fra loro ed includenti ciascuna un pun- tolino nero. Non di rado s'incontra a Boscolungo insieme alle due pre- cedenti specie (1). Gen. SATYRUS F. Hermione L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 147, n. 1005. T. la T. — Giugno, luglio, agosto. — Luoghi boschivi, campi, boschetti ornamentali e j)archi. — Colli e monti. — Comune. ■ Sta sui cauli e sui rami interni degli alberi, tra i quali suol preferire la querce nei boschi ed il fico nei campi. Di tanto in tanto, se non è disturbata, fa brevi voli, lasciando un caule o un ramo per andare a posarsi sopra un altro vicino. Bruco adulto nel maggio s. varie graminacee^ tra cui più spesso VHolcus lanatus, VHolcus mollis, il Lolium pererme. Si nasconde durante il giorno sotto i sassi, le foglie secche gia- centi sul suolo ecc. ** Alcyone Schifif (2). Secondo il Calberla e il dott. Cecconi, mostrasi di frequente a Vallombrosa nel mese di luglio. (1) Nel mio catalogo del 1869 posi un cenno descrittivo di questa forma, che a torto considerai come una varietà dell'£. Ligea. (2) Alcuni lepidotterologi, tra i quali il Cristich, espressero l'opinione che il S'. Alcyone sia una varietà del S. Hermione. La maggior parte però degli autori mo- derni continua a considerarlo come una specie distinta. Anno XXXII. 24 — 366 — Abita in monte e in collina, sul caule e sui rami di alcune piante arboree, ed anche in mezzo alle roccie. Larva s. Bracliypodium pinnatum, Holcus ìanatus e altre graminacee. Sverna e diviene adulta alla metà di maggio. Circe F. — Rossi, Fn. etr., t. II, i^ag. 147, n. 1006. — Pro- serpina S. V., Esp., De Prunn., Costa, Bertol. Dint. di Fir., di Pisa, di Siena, di Lucca, ecc. — Dalla metà di giugno ai primi di settembre. — - Insieme oXV Hermtone o separatamente nei medesimi luoghi. — Meno comune che V Hermione. Bruco adulto nell'aprile e nel maggio s. Anthoxanthum odo- vatum^ Lolium perenne^ Holcus lanatus e varie specie del genere Bromus. * Briseis L. Monte Senario, Poggioni (presso San Clemente nel comune di Fiesole), Vallombrosa, monti che precedono le Alpi della Luna a nord di San Sepolcro, e probabilmente parecchie altre parti montuose del territorio. — Siti incolti, aridi e sassosi. ■ — Assai comune. Si posa ed a lungo rimane sui sassi, dando la preferenza a quelli bianchi o di un colore molto chiaro. Il bruco si nutre delle foglie e delle radici di varie grami- nacee.! tra cui più spesso alcune specie di Lolitim e Sesleria. È adulto nel maggio o nel giugno. ** ab. $ Pirata Esp. Il fondo della pagina superioi'e volgente al color castagno cupo, invece che nero deciso. La fascia maculare delle ali anteriori e quella unita delle posteriori di un giallastro-ocraceo più o meno velato di scuro. — 367 - Il Calberla, fondandosi forse sull'asserto dello Speyer, dice che l'ab. Pirata è frequente in Toscana insieme al tipo. A me non avvenne finora d'incontrarla, quantunque ne abbia fatta accurata ricerca in tutti quei luoghi in cui trovai più o meno copioso il S. Briseis normale ; ma ben può darsi che ajDpaia in altre parti montane della Toscana ch'io non ebbi occasione fin qui di visitare a tempo opportuno. Semele L. — Rossi. Fn. etr,, t. II, pag. 147, n. 1004. T. la T. — Estate. — Boschetti, alberete e campi aridi di pianura, di collina e di monte. — Comune. Sta sui cauli e sui rami degli alberi, sui pedali delle viti e sui pali che le sorreggono, sui muri aduggiati da vicine piante d'alto fusto, sulle pietre e sulla nuda terra, purché adom- brate da cespugli ecc. Non sdegna inoltre di fermarsi talvolta, ma per non lungo tempo, su qualche fiore. Bruco nell'aprile e nel maggio s. Aira canescens, Aira cae- spitosa e varie altre graminacee. var. A r i st a eu s Bon (1). Il color fulvo della pagina superiore molto piìi espanso e più vivo che nel tipo. Isola dell'Elba. — Luglio e agosto. — Come il tipo. — Molto copiosa in alcuni luoghi e non di rado riunita in grandi congreghe sopra piccolo spazio (2). l^eW Aristaeus cibano (specialmente se $ ) il carattere di- stintivo della varietà spicca assai più che nelle figure date (1) BoNKLLi F. Descrizione di sei nuovi insetti lepidotteri delia Sardegna. (Memorie della E. Accademia di Torino. Tomo XXX, pag. 171, 1824). (2) Più volte ne ho fatta abbondante caccia a breve distanza da Portoferraio, e precisamente nei bassi vigneti che fiancheggiano la pubblica via che conduce a Sant'Ilario in Campo. In uno di essi, sopra una superficie di forse 250 metri qua- drati, ne rinvenni nel 1860 una si numerosa riunione da poterne senza fatica racco- gliere oltre 50 buoni esemplari in meno di lan'ora. — 368 — dal Bonelli per VAristaeus sardo. Questo mostrasi invece (stando sempre alle dette figure) un poco più grande che il nostro. * Neomiris God. — Jolaus Bon. Isola dell'Elba. — Luglio. — Sulle siepi di rogo in fiore, sul suolo in luoghi rocciosi e spesso pure insieme alla prece- dente varietà. — Assai comune. Larva ignota. Statilinus Hufn. — Fauna Sulz. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 10, n. 346. Dubito che il vero tipo manchi in Toscana, ov' è in cam- bio molto comune una forma intermedia tra esso e la seguente varietà. Questa forma intermedia appare sulle colline e sui monti in estate ed è più o meno copiosa nei luoghi aridi e sassosi. Si posa sulla nuda terra, sui sassi, sui cauli degli alberi ed anche su qualche pianta spontanea ed erbacea, particolarmente lo scardiccione a fior giallo [Carthamus lanatus). Bruco (per quanto almeno io so) ignoto. * var. Allio ni a F. Più grande e nel disopra più scura die il tipo. All'Isola dell'Elba ne raccolsi presso Portoferraio molti e bellissimi esemplari nella seconda metà di luglio e nell'agosto. Fidia L. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 9, n. 345. Dice il Rossi che questo Satyrus non è raro nei boschi. A me non è mai accaduto di trovarlo. Più che le folte boscaglie, ama i luoghi aridi e sassosi alle faide dei monti. — 369 — Allo stato larvale vive s. Piptatherum multifìorum ed altre gramiìiacee. Nasce nel luglio, sverna e si trasforma in crisalide nel successivo mese di maggio. Dryas Scop. — Phaedra L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 148, n. 1007. Afferma il Rossi che questa specie è rara nei boschi. Io non l'ho finora incontrata, ma ne conservo nella mia collezione due buoni esemplari che furono raccolti dal signor Guido Luigi Carrara nella campagna lucchese. Suol mostrarsi in collina ed in monte nei mesi di luglio e di agosto. — Sta all'ombra dei boschi. Bruco adulto nel maggio s. Avena elatior ed altre gra- minacee. * Actaea Esp., var. Cor àula F, Più grande che il tipo e con due macchie ocellari, invece di una, nelle ali anteriori. . jSIel luglio del 1864 ne trovai un individuo (/ sopra una collinetta incolta a levante del Golfo della Spezia, presso l'estremo confine geografico (1) (da quella parte) del territorio toscano. Bruco ignoto. Gen. PARARGA Hb. Wlaera L. {Forma col disopra scuro). — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 10, n. 347. T. la T. — Primavera, estate ed autunno. — Luoghi bo- schivi, campi ecc. — Piano, colli, monti. — Non molto fre- quente. Spesso si posa sui sassi e sui muri. (1) Ved. Prefazione. — 370 — In generale, l'aspetto della nostra P. Maera si avvicina un poco più a quello della seguente varietà che all'altro del vero tipo. Bruco nell'aprile e nel giugno s. Poa annua, Glyceria flui- tans, Hordeum murinum, alcune specie del genere Festuca ecc. * var. Adr a s t a Hb. Il disopra molto più chiaro che nel tipo, ossia col fondo delle ali an- teriori quasi tutto o in gran parte fulvo. L'ho qualche volta raccolta sull'Appennino pistoiese nel luglio. Wlegaera L. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 146, n. 1002, T. la T. — Primavera, estate ed autunno. — Ovunque. — Piano, colli, monti. — Comunissima. Larva nel marzo, nell'aprile e nel giugno s, parecchie gì'a- minacee, particolarmente dei generi Poa^ Hordeum, Festuca^ ed anche s. alcune Plantago ecc. Aegeria L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 146, n. 1003. — var. Meone Hb. (fig. 179 e 180). — Stef. (Cat. • 1869, n. 103, secondo comma). T. la T. — Estate e principio d'autunno. — Parti ombrose dei boschi, dei parchi e dei boschetti ornamentali. — Piano, colli e monti di mediocre altezza. — Molto comune. Sta sulle foglie degli arboscelli, dalle quali mal volentieri si allontana. Bruco, qiiasi in ogni stagione, s. Triticiim repens, Poa pra- teìisis, Poa nemoralis e a. p. 371 * var. E g eride s Stgr. — Aegeria Hb. (fig. 181 e 182). — Stef. (Cat. 1869, n. 103, primo comma). Le macchie della pagina superiore di un giallastro chiaro, invece che di un fulvo molto acceso. Dint. di Fir., e probabilmente anche nel resto della To- scana. — Fine di marzo, aprile. — Nei medesimi luoghi frequen- tati dal tipo, purché volti a buona esposizione e riparati dai venti. — In minor copia che la forma fondamentale. La nostra var. Egerides ha le macchie del disopra un poco meno pallide ed alquanto più grandi che V Egerides dell'Europa centrale e settentrionale. Gen. EPINEPHELE Hb. * Lycaon E.ott. — Eudora Esp., F., Hb., ecc. L'ho più volte raccolta in scarso numero, durante il mese di luglio, a Monte Senario e in luoghi circonvicini. Forse con- tinua a mostrarsi nell'agosto. Convien cercarla, in monte ed in collina, sulle praterie aride e nei siti cespugliosi. Braco nel maggio e nel giugno s. varie piante erbacee^ come le precedenti specie. Janira L. — Rossi, Fn. etr., t. II, pag. 149, n. 1011 {^). — Jurtiìia L. — Rossi, id., pag. 1-19, n. 1012 ($ì. T. la T. — Giugno, luglio e agosto. — Siepi, boschi, prati e luoghi incolti. — Piano, colli, monti. — Comunissima. Larva s. Poa annua, Poa trivialis e molte altre graminacee. Sverna e giunge al suo ultimo grado di accrescimento nel maggio o sul principio di giugno. — 372 — var. His])ulla Hb. Più grande che il tipo e con maggior quantità di color fulvo nella pagina superiore. Di questo colore hanno le 5^, nella pagina stessa, quasi tutto il fondo delle ali anteriori ed una larga fascia nelle posteriori. Con spiccati caratteri l'ho di rado trovata, insieme al tij)0, nei dint. di Fir. Fu raccolta dal Mann sulla riva del mare presso Livorno. Ida Esp. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 10, n. 348. T. la T. — Estate. — Siepi, larghe radure dei boschi, luo- ghi incolti, praterie, ben soleggiate. — Piano e colli. — Molto comune. Più che da altri fiori, ama di trarre alimento da quelli delle scabiose e delle piante (massime il rogo) che d'ordinario compongon da noi le siepi poste a difesa dei campi. Con brevi voli interrompe i suoi lunghi riposi sui detti fiori. Bruco nell'aprile e nel maggio s. molte graminacee. Tithonus L. — PiloseJlae F. — Sossi, Fn. etr., t. II, pag. 148, n. 1010. T. la T. — Estate. — Come la precedente, ma anche in monte. — E. in generale, meno frequente e in minor copia che Vida. Bruco nel maggio e nel giugno s. Millium effusum, Poa annua^ Poa trimalis ecc. ** Hyperanthus L. Fu raccolta dal Mann a Pratovecchio nel luglio. In piano, in colle ed in monte, abita i boschi e s'intrattiene pur anche sulle siepi. — 373 — Bruco iu maggio ed in giugno s. Millium effusum, Poa an- nua, Carex sylvatica e a. p'. Gen. COENONYMPHA Hb. ** Iphis Schiff. Devesi al Manu la cognizione che questo satiride appartiene alla fauna della Toscana. Non so dir con certezza dove e quando egli l'abbia raccolto, ma mi par molto probabile che debba averlo trovato alla Falterona o a Pratovecchio nel giu- gno o nel luglio. Larva s. graminacee^ particolarmente s. Festuca ditata, nel maggio e nel giugno. Arcania L. — (Arcanius) Rossi, Fu. etr., t. II, pag. 146, n. 1001. — Amyntas Scop. T. la T. — Estate. — Boschi non troppo ombrosi e ter- reni incolti e cespugliosi. — Piano, colli, monti. — Comune. Bruco adulto nel maggio s. Melica ciliata, Melica niitans e varie altre graminacee. * Corinna Hb, — (Corinnus God.). — Xorax Bon. Isola dell'Elba. — Luglio e agosto. — Luoghi incolti e ster- posi. — Piano e colli. — Abbondantissima. Va soggetta al disotto delle ali inferiori a frequenti modi- ficazioni, ma di sì poca importanza da non meritare di esser descritte. Larva nel maggio, nel luglio e nell'agosto s. qualche spe- cie di Carex e di Ti'iticum. 374 Pamphilus L. — Rossi, Fn. etr., t, II, pag. 146, n. 1000. — Menalcas Poda, Scop. T. la T. — Primavera, estate ed autunno. — Campi, prati, boschi ecc. — Piano, colli, monti. — Comunissima. Bruco s. Cynosurus cristatus, Anthoxanthum odoratum, varie Poa ecc., nell'aprile, nel maggio, nell'agosto e nel settembre. var. (gen. II) L yll u s Esp. Due a quatti'o punti neri marginali nel disopra delle ali inferiori, le quali hanno il disotto col fondo giallastro-isabellino, invece che verde- bruno, e la fascia mediana più appariscente che nel tipo. Luglio ed agosto. — Nei medesimi luoghi frequentati dal tipo. Scarseggiano gli esemplari ben caratterizzati: sono all'op- posto frequenti quelli intermedi tra questa forma e il Pamphilus tipico. (Continua), COKREZIONE AL PKECEDENTE )!UANO DI QUESTO CATALOGO. A pag. 184, versi 2 e 3 ove dice: sopra certe aree di terreno, rilegga: sopra certe porzioni di terreno. 376 — LETTERA APERTA AL Prof. ANTONIO BERLESE (Iella Scuola Superiore di Agricoltura iu Portici Mi consenta, egregio Professore, eli replicare molto breve- mente al di lei scritto « Intorno alle ìnodificazioni di alcuni tessuti durante la ninfosi della Calliphora er3'throcephala » (1) e dico brevemente poiché io di solito rifuggo dalle quisquilie e dalle lungaggini. Molto facile mi sarebbe rispondere punto per punto a tutte le osservazioni da Lei fattemi e potrei scri- vere su queste un intiero volume, ma secondo quanto ho detto più sopra, preferisco venir subito all'e^'^o. Ella ha voluto dedicarmi un fascicolo di ben 36 pagine per criticare un mio lavoro che non consta che di sole 24 pa- gine e di ciò dovrei sentirmi grandemente onorato. Ma io, ri- peto, non ho intenzione di seguirla a puntino in tutte le pic- cole questioncelle da Lei fatte che non hanno, mi pare, niente di veramente serio e che mostrano il desiderio che Ella ha, di attaccarsi proprio ai rasoi. Così non terrò conto della somi- glianza che Ella dice hanno le mie figure con le sue; Ella spero non vorrà farmi il torto di credere che io le abbia addirittura copiate da Lei, cosa del resto facile a vedersi, e d'altra parte io non so come si potrebbe pretendere che fossero molto di- verse; che forse io parlo di un argomento che non ha alcuna attinenza con quello da Lei trattato? Quello che deve variare non è la figura, è l'interpretazione! Che se poi il disegnatore, nel disegnare sotto la mia direzione i miei j^reparati è stato (1) Eullett. Soc. Entom. Mal., anno XXXII, trim. Ili, 1900. — 376 — meno felice di Lei, com' Ella dice, di ciò va incolpata la Na- tura che non fu prodiga ad altri delle splendide doti artistiche che si compiacque dare a Lei. Cosi pure io non entrerò a parlare della sjDroporzione che Ella trova nel mio lavoro tra la parte bibliografica e quella scientifica, e neppure di quell' n che mi è sfuggito nello scri- vere la parola KorncheìiJcugeln ed al quale Ella dedica mezza pagina di scritto, dandole anche adito a far mostra di un po' di spirito. Io anzi non capisco come Ella non abbia ]mr- lato di queir errore di stampa che trovasi a pag. 208, linea 24, del mio lavoro, dove si legge muscolo in generazione, invece di muscolo in degenerazione. No, veda Professore, queste sono sottigliezze che a confutare fanno empire molta carta ma poco concludono. Ella dice che dubito spesso delle ipotesi da Lei emesse e che anche mi sono contraddetto. E facile vedere che la mia contraddizione non è che apparente ed è facile anche capire che si può dubitare di molte cose senza tuttavia esser neces- sario dare al momento una spiegazione più plausibile. Io per esempio. Ella dice, non definisco la natura dei suoi pseudonu- clei e non so persuadermi che quei granuli che sembra si stacchino dal nucleo della cellula adiposa, sieno veramente en- zimi destinati ad alterare le gocciolette di sostanza albumi- noide, e nondimeno io non dico con esattezza che cosa essi sieno. E che vuol dire ciò? Questo appunto accade perchè io non mi sento in grado di dare delle spiegazioni plausibili e perchè credo che tali questioni sieno talmente complesse da non poter, almeno per ora, esser ben risolute. Io sono convinto che in certe cose è meglio andar cauti e non vergognarci di dire ignoramus piuttosto che azzardare giudizi ed emettere delle ipotesi le quali vanno troppo spesso a rischio di rimaner sempre tali. Ella invece, egregio Professore, parla con tutta naturalezza di granuli che entrano nelle gocciolette di sostanza albuminoide, di gocciole che entrano nelle cellule adipose, ecc. mostrando cosi di ignorare a quali modificazioni può andar — 377 — soggetto il protoplasma in seguito al trattamento del mate- riale coi vari reagenti. Ma mi accorgo che senza volere e contrariamente a quanto io ho detto in principio di questa lettera, mi estendo nella polemica; ritorno quindi subito in carreggiata lasciando da parte di confutare le sue molte osservazioni poco fondate e che pure occupano la maggior parte del suo voluminoso fascicolo. Veniamo piuttosto alla questione che mi pare più seria e a cui anche Ella dà giustamente grande importanza; intendo dire alla questione riguardante la formazione del tessuto adi- poso immaginale. Ella già mi ha dimolto facilitato il compito sottoponendomi tre domande cui desidera io risponda. Intanto io potrei domandare a Lei: ma crede proprio che un nucleo isolato, privo affatto di protoplasma, sia capace di vivere e di moltiplicarsi, dando luogo avari elementi cellulari? Io ne du- bito fortemente e con ciò ho molta ragione di dubitare che un nucleo muscolare isolato possa, come Ella afferma, dar luogo a tessuto adiposo. Intanto Ella dovrebbe dimostrare, il che non ha ancora fatto, che quei corpi numerosi che si tingono fortemente con l'emallume e che vanno poi a formare la co- lonnetta di tessuto adiposo, sono proprio nuclei muscolari. Chi lo ha detto a Lei? E dove sono le prove? Di tali quistioni io potrei, egregio Professore, presentar- gliene molte; ma andiamo avanti e veniamo alle sue domande. Ella dunque mi domanda: « Esiste o meno una membrana comune a tutte le cellule « di una colonnetta giovane di tessuto adiposo, e vi sono altre « parvenze da far giudicare comuiie la origine delle cellule di « una stessa colonnetta? ». Noto subito che a tale domanda Ella dà un' importanza capitale, si da farne il cardine di tutta la questione, poiché Ella dice: « Certo che se la membrana esiste realmente, la « sua ipotesi che la colonnetta derivi da cellule addossatesi via « via le une alle altre, cade irremissibilmente, mentre deve « rimanere quella almeno di una comune origine. Questo nodo — 378 — « della questione, pur tuttavia cosi semplice a risolversi, è « stato scansato dal SujDino ». Orbene, io a questa domanda, che Ella altra volta mi ri- volse privatamente, risponderò dicendo che questa membrana per me non esiste. Io ho esaminato e fatto esaminare a tutti i miei colleghi di gabinetto, vari preparati e, almeno che tutti non avessimo la traveggole, nessuno ha potuto riscontrare nelle colonnette adipose, neanche adoperando i più forti ingran- dimenti, ana membrana. Non è dunque, egregio Professore, che io abbia scansata la quistione, è che non potevo parlare di una cosa che non e' era. Non ammetto poi affatto che ab- bia presi muscoli in formazione per colonnette adipose, ne miociti per cellule mesenchimatiche. Io ho ben visto come si formano i muscoli e questo non ha niente a che fare col modo di formazione del tessuto adiposo. Per cui va da se che io non intendo far degenerare in grasso i miociti come vorrebbe farmi dir Lei. Vengo ora alla sua seconda domanda: « Nel loro originarsi, le colonnette adipose (vere), hanno « esse in maggiore o minor numero dei sarcoliti, e sono que- « sti o meno compresi nella stessa membrana che limita le « colonnette medesime? ». Anche a questa posso rispondere che non ho mai visti nella colonnetta adiposa, sarcoliti di sorta e ciò sta in rapporto col fatto che io non ho osservato quei fenomeni riguardanti le modificazioni, cui, secondo Lei, andrebbero soggetti i nuclei muscolari liberi. Alla terza domanda poi è facile rispondere, perchè io sono sicurissimo che si tratta qui come in tutti gli altri preparati di colonnette adipose e non di muscoli o fibre muscolari ta- gliate trasversalmente, come pure che esse non hanno alcun contatto con la cuticola (1). (1) La terza quistione era: u Kivedere esattamente il pezzo segnato a iig. 8 ed assicurarsi, con tutto scrupolo, che non si tratta di un muscolo, o di fibre muscolari tagliate trasversalmente, ed in quali rapporti si trova colla cuticola alla quale ce j-^o è accosto od in contatto. — 379 — Chi legge il suo scritto, ed esamina queste mie risposte, potrebbe dubitare che io abbia preso lucciole per lanterne o ohe per lo meno i miei preparati sieno tutt'altro che chiari. Tengo perciò a ricordarle che anche Ella osservò i miei pre- parati e che allora non solo non sollevò alcun dubbio sulla qualità di quella colonnetta che vide Ella stessa essere di grasso, ma anzi, per sua somma bontà, ebbe a lodarli grande- mente ed a dichiarare che erano molto nitidi e ben riusciti. Allora ammise anche di non riscontrare nei miei preparati alcune cose che aveva già riscontrato nei suoi. E vero che Ella si mostrò subito incredulo alla mia ipotesi, ma ciò più che per la diretta osservazione, per l'idea, io credo, che Ella ormai si era formata. Se io ho parlato dei miei preparati, spero non vorrà credere sia per farmi un elogio; ho fatto ciò solo per la verità e per rimettere le cose al loro giusto posto. Con ciò io credo di essermi scagionato delle più gravi e più importanti accuse e del resto chi leggerà e studierà potrà anche ben giudicare. Accolga, egregio Professore, i saluti e gli ossequi del di Lei Roma, Ottobre 1900. Devotissimo Dott. F. Supino. 381 Nuovo catalogo illustrativo dei lepidotteri ropaloceri DELLA TOSCANA (Continuazione, e fine Vedi fascicolo precedente). X. ESPERIDAE. Gen. SPILOTHYRUS Diip. Alceae Esp. — Malvae Hb. — Rossi, Fn. etr,, t. II, pag. 158, n. 1043 (?). T. la T. — ■ Primavera, estate e principio d'autunno. — Giardini, boschetti, campi e prati. — Piano, colli, monti. — Molto frequente. Bruco su varie sorta di malva nel giugno e poi nel set- tembre. Vive entro le foglie della pianta di cui si nutre, le quali avvolge a modo di cartoccio. * Altheae Hb. Dint. di Fir. e di Lucca, Antignano presso Livorno (Maww) ecc. — Da maggio alla metà di ottobre. — Luoghi indicati per la. precedente specie ed anche terreni incolti. — Piano, colli, monti. — Poco frequente. Larva sulle malve e s. Marrubium vidgare alla fine del verno, in primavera e al terminar della estate. XXXII. 24 — 382 — * Lavatherae Esp. Dint. di Fir. — Maggio, giugno e luglio. — Presso i ru- scelli e intorno alle pozzanghere delle strade di campagna e dei campi; più di rado nei giardini, nei boschetti e sui prati. — Ordinariamente non comune ; in certe annate rara. Bruco (in primavera?) s. Stachys recta e a. p., tra le fo- glie delle quali, che collega con fili setacei, si asconde. Gen. SYRICHTHUS B. Proto Esp. Nel mese di giugno fu osservata dal Mann all'Ardenza presso Livorno. Larva nel maggio s. Verbascum lychnitis. Unisce con fili di seta le foglie terminali della pianta per dimorare celata- mente in mezzo ad esse. * Sidae Esp. Dint. di Fir. — Ultima decade di maggio e prima metà di giugno. — Prati, luoghi incolti e boschivi, purché molto soleggiati. — Colli e monti. — Da lungo tempo la raccolgo annualmente in buon numero sulle collinette a destra del tor- rente Mugnone dietro Fiesole. * Bruco ignoto. ** Carthami Hb. (fig. 720 e 723). Fu trovata nel giugno presso Livorno dal Mann (1). La^rva ignota. (1) Il Syr. Carthami dello Schiavazzi credo che corrisponda alla specie seguente. — 383 — Alveus Hb. (fìg. 461, 462, 463). — Carthami Hb. (fig. 721, 722). — FrifAllum 0. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 159, n. 1044 (?). Diiit. di Fir., di Pisa, di Livorno {Mann), di Lucca, di Siena, di San Sepolcro, e probabilmente T. la T. — Estate e principio d'autunno. — Luoghi erbosi, terreni incolti ecc. — Piano, colli, monti. — In scarso numero. Bruco s. varie graminacee e malvacee. var. Fi' i t ili te m Hb. (fig. 464 e 465). Pagina siqjeriore. — Il fondo, cVordinario, molto velato di chiaro e le macchiette delle prime ali sempre più grandi che nel tipo. Una fascia maculare bianca, che partendo dal margine anteriore va fino a breve di- stanza da quello addominale, traversa pressoché in mezzo le seconde ali. Una serie di puntolinì bianchi segue il margine esterno di queste stesse ali. Comune in primavera e in estate nei dint. di Fir. Fre- quenta i medesimi luoghi in cui apj^are il tipo. * Cacaliae Rbr. Alto Appennino pistoiese. — Luglio. — Luoghi erbosi. — In piccol numero. Bruco ignoto. * Wlalvae L. — Alveolus Hb. (fig. 466 e 467). T. la T. — Primavera ed estate. — Campi, praterie aride ecc. — Piano, colli, monti. — Comune. Larva in aprile s. Fragarìa vesca, Rubus idaeus, alcune spe- cie di Potentina ecc. 384 ** ab. Tara s Meig. Le macchiette bianche più grandi clie nel tipo e confluenti nei diso- pra delle ^li anteriori. Ne posseggo un solo esemplare preso nel giugno in Pian di Mugnone. * Sao Hb. (fig. 471 e 472). — Sertorius 0. T. la T. — Da maggio a settembre. — Campi, prati ed altri luoghi erbosi e caldi. — Colli e monti. — Molto comune. Bruco s. Poterium sanguisorba, Rubus idaeus, ecc. ** var. Eucr a t e 0. Più piccola e col colore del fondo al disotto delle ali interiori giallo- iicraceo più o meno acceso, invece che rosso-mattone, come si osserva nel tipo. Venne raccolta dal Manu presso Salviano e successivamente da me nei dint. di Fir., ove non è rara insieme alla forma tipica. Gen. NISONIADES Hb. Tages L. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 159, n. 1045. T. la T. — Primavera ed estate. — Prati, campi, terreni incolti. — Piano, colli, monti. — Molto comune nei dint. di Fir. ed altrove, massime in primavera. Bruco nel maggio e nel giugno e poi nel settembre s. Eryngium campestre, Lotus corniculatus e a. p. — 385 — Gen. HESPERIA B. * Thaumas Hfn. — Linea S. V. T. la T. — Giugno, luglio, agosto e settembre. — Siepi, campi e boschi aridi e ben soleggiati. — Piano, colli, monti. — Molto comune. Bruco s. varie graminacee nel maggio e nel giugno e poi nell'agosto. ^- Lineola 0. Dint. di Fir., di Livorno, e forse t. la T. — Come la pre- cedente in quanto ai mesi di apparizione e ai luoghi frequen- tati. — Sempre comune e in certe annate ancor più copiosa che la sua affine. Larva nel maggio e nel giugno s. molte graminacee in po- sti aridi. * Actaeon Esp. Dint. di Fir., di Livorno, e probabilmente t. la T. — Fine di primavera ed estate. — Luoghi boschivi, cespugliosi e molto battuti dal sole. — Colli e monti. — Comune e spesso in gran numero. Bruco nel giugno s. Calamagrostis epigejos e a. p. Sylvanus Esp. — Eossi, Fn. etr., t. II, pag. 158, n. 1042. T. la T. — Primavera ed estate, — Campi, siepi;, boschi. — Piano, colli, monti. — Frequente, ma non in gran copia. — 386 — Bruco s. varie specie dei generi Tritictim, Festuca, Poa, Avena ed Holcus. Iberna e si trasforma nel maggio. Comma L. — Kossì, Fn. etr., t. II, pag. 158, n. 1041. Come la precedente. Larva adulta nel maggio e nel luglio s. Coronilla varia, Hippocrepis carnosa ed alcune graminacee. * Nostradamus F. — Pygmaeus Cyr.^ Costa. — Pumilio Hb. Isola dell'Elba {Stefanelli). — Luglio e agosto. — Siti ster- 230SÌ, aridi e caldi. — Piano, colli, monti. — Mediocremente comune (1) nelle vicinanze di Portof erralo. Nell'ultimo biennio (1899-1900) fu, nella seconda metà di settembre, trovata in discreto numero nei dintorni del Forte dei Marmi dal Signor Ruggero Verity. Volentieri si posa sul suolo nelle strade di campagna poco frequentate e ben colpite dal sole. E difficile a prendersi, per- chè ha vista acutissima e volo molto celere. Giova avvertire però che, non spaventandola, di sovente ritorna nel medesimo punto da cui partì. Mi è accaduto più volte di raccogliere individui maschili col disopra di un bellissimo morato, invece che bruno. Di fronte ai cfc/", scarseggiano molto le 5 ? • Bruco ignoto. Gen. CARTEROCEPHALUS Led. Palaemon Pali. — Paniscus F. — Rossi, Mant. ins., t. II, pag. 13, n. 357. Quantunque il Rossi affermi che non è rara nei boschi, io non l'iio finora trovata, ne so che altri l'abbia raccolta sul (1) Dice il Curò che trovasi pure uel maggio, ma che in tal mese è rarissima. — 387 — territorio toscano. — Dovrebbe sviluppare in primavera e in estate. La larva si nutre della Plantago major. Iberna e si tra- sforma in crisalide nel mese di aprile. FINE DEL CATALOGO. RETTIFICAZIONE. Per una svista di cui troppo tardi mi accorsi, nella Prefazione ecce- detti di un'unità nell' indicare il totale delle specie dei ropaloceri che, secondo le più recenti osservazioni, appartengono alla fauna della Toscana. Dissi cioè cli'egse ammontano a 135. mentre avrei dovuto dire 134, dap- poiché quelle del genere Erehia non sono 8, come sta scritto nello spec- chietto della pag. 162, ma bensì 7. 388 OPERE, OPUSCOLI ED ARTICOLI CITATI NELLA PREFAZIONE E NEL CATALOGO Berce M, e. — Faune entomologiqiie francaise. Lépicloptères Rho- palocères. — Pai'is. 1867. Bergonzini C. e Pozzi C. — Sul passaggio della Vanessa cardili nel modenese. ■ — (Annuario della Società dei naturalisti di Mo- dena: anno XIII, i'asc. 3). Bertoloni G-. — Memoria sopra due rare farfalle raccolte nel Pro- montorio Lunese. - — (Annali di Storia Naturale di Bologna; tomo secondo, pag. 237, 1829). Idem. — Historia lepidopterorum agri Lononiensis. — Bononiae, 1844. Idem. — Illustrazione dei prodotti naturali del Mozzambico. Disserta- zione IV. Insetti. Lepidotteri diurni. — (Memorie dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna; tomo II, pag. 165, 1850). BoiSDUVAL J. A. — Icones historique des lépidoptères nouveaux ou peu connus. — Paris, 1832. Idem. — Genera et index methodicus europaeorum lepidopterorum. — Parisiis, 1840. BoNELLi F. — Descrizione di sei nuovi insetti lepidotteri della Sar- degna. — (Memorie della R. Accademia di Torino; tomo XXX, pag. 171, 1824). Calberla H. — Die Macrolepidopterenfauna der romischen Campa- gna und der angrenzenden Provinzen Mittelitaliens. — (Coi're- spondenz-blatt des entomologischen Vereins « Iris » zu Dres- den, n. 4, Juni 1887). Caruel T. — Prodromo della flora toscana, ossia catalogo metodico delle piante che nascono selvatiche in Toscana e nelle sue isole, 0 che vi sono estesamente coltivate. — Firenze, 1860. Cecconi Gr. — Contributo alla fauna vallombrosana. Invertebrati. — (Bullettino della Società entomologica italiana; anno XXIX; Firenze, 1898). — 389 — Costa G. 0. — Fauna del Regno di Napoli ecc. Lepidotteri. — Na- poli, 1832-1836. Curò a. — - Saggio di un catalogo dei Lepidotteri d'Italia. — fBul- lettino della Società entomologica italiana; anni VI, VII, Vili, IX, X, XI, XII, XIV e XV; Firenze, 1874-1883). — {La Parte PRIMA, che comprende i Eopaloceri, gli Sfingidi e i Bombicidi, fu dalV autore notevolmente aìnpUata, in qualche punto corretta e ristampata in Firenze nel 18S5). Idem. — Aggiunte alla Parte prima del « Saggio di un catalogo dei lepidotteri d'Italia ». — • Firenze, 1889. Cyrillo D. — Specimen primum entomologiae neapolitauae. — Nea- poli, 1787. Della Torre C. E. — Sui tegumenti delle crisalidi di Pieris Bras- sicae L. — (Bullettino della Società entomologica italiana; anno XVI, pag. 62; Firenze, 1884). De Prunner L. — Lepidoptera pedemontana. — Augusta Taurino- rum, 1798. DupoNCHEL P. A. J. — Histoire naturelle des lépidoptères ou papil- lons de Trance. (Continuation de l' ouvrage de Godart). — Tom. IV-Xl. Paris, 1826-1838. — Supplément. Tom. I-IV. Pa- ris, 1832-1842. Elaves H. J. — On the Lepidoptera of tlie Aitai Mountains. — I The transactions of the Entomological Societ}' of London. 1899, part. Ili, p. 295). EspER E. J. e. — Die Schmetterlinge in Alìljildungen nach der Na- tur. — Erlaugen, 1777-1794. GéXÉ C. G. — De quibusdam insectis Sardiniae novis aut minus co- gnitis. — (Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino ; tomo 39, 1836). Ghiliani V. — Materiali per servire alla compilazione della fauna entomologica italiana, ossia • elenco delle specie di lepidotteri esistenti negli Stati Sardi. — Torino, 1852. Gianelli G. — Osservazioni ed aggiunte al catalogo dei lepidotteri del Piemonte di Vittore Ghiliani. — (Annali della R. Accade- mia di agricoltura di Torino; voi. XXXIII, 1890). GiORNA M. E. — Mémoii'e d'entomologie. — (Mémoires de l'Acadé- mie des sciences, littérature et beaux-arts de Turin; voi. VII, pag. 215; 1802-1803). GoDART J. B. — Histoire naturelle des lépidoptères ou papillons de France. — Tom. I-V. Paris, 1821-1824. Griffini a. — Lepidotteri italiani. — ('Manuali Hoepli. Entomolo- gia IL — Milano, 1895). — 390 — HiJBNER J. — Sammliing europàischer Sclimetterlinge (fortg. v. Gè ver). — Augsburg, 1796-1841. IsNARDl r. — Storia del papiglione Jasius e della seta che si può ricavare dal suo baco. — Genova, 1840. Maxn J. — Verzeichniss der im Jalire 1872 in dar Umgebung von Livorno und Pratoveccliio gesammelten Schmetterlinge nebst Be- schreibung von zwei neuen Schaben aus Sicilien. — Wien, 1873. Mayee. — Pieris (Pontia) Mannii Alayer. — (Entomologisclie Zei- tung. Stettin, 1851, pag. 151). MiLLiÈRE P. — Iconographie et description de chenilles et lépido- ptères inédits. — Paris, 1859-1869. Minà-Palumbo e Pailla-Tedaldi. — Materiali per la fauna le- pidotterologica della Sicilia. — Palermo, 1889. — ■ (Il Natura- lista siciliano; anni VII e Vili). NiNXi A. — Intoi'no alla recente invasione della farfalla del cardo (Vanessa cardai L.). — Treviso, 1879. (2.^^ edizione). Petagna V. — Specimen insectorum ulterioris Calabriae. — Fran- cofurti et Moguntiae, 1787. Idem. — Institutiones entomologicae. — Neapoli, 1792. Quaedvlieg L. — Les papillons diurnes de Belgique. — Bruxel- les, 1873. Rossi P. — Fauna etrusca, sistens insecta quae in provinciis fioren- tina et pisana praesertim collegit Petrus Rossius. — Liburni, 1790. Idem. — Mantissa insectorum, exibens species nuper in Etruria col- lectae. — Pisis, 1792-1794. SCHIAVAZZI G. — I lepidotteri diurni [Tthopaìocera) del livornese. — Livorno, 1891. ScHTFFERMiLLER "[jiST) Denis. — Svstematisches Verzeichniss der Schmetterlinge der Wiener Gegend ecc. ■ — Wien, 1776. ScopoLi J. A. — Entomologia cai-niolica, exhibens insecta Carnioliae indigena et distributa in ordines, genera, species, varietates. Methodo Linnaeana. — Vindobonae, 1763. Selys-Longchamps (De) E. — Catalogne des lépidoptères de la Bel- gi([ue. — Liége, 1837. Spada L. — I lepidotteri finora trovati nel territoiùo di Osimo. Rho- palocera. — Palermo, 1892-1893. — (Il Naturalista siciliano; anno XII). Staudinger 0. — Catalog der Lepidoptere des europiiiselier Fau- nengeliiets. — Dresden, 1871. IDE^r. -^ Beitrag zur Lepidopterenfauna Griechenlands. — (Horae Societatis entomologicae rossicae; t. VII. Petropoli, 1871). — 391 — Stefanelli P. — Catalogo illustrativo dei lepidotteri toscani. Parte prima: Ropaloceri. — (Bnllettino della Società entomologica ita- liana; anno I. Firenze, 18G9). Idem. — Di una forma poco nota del Poìyommatus Alciphron Rott. — • (Bullettino della Società entomologica italiana; anno VI, pag. 83. Firenze, 1874). Idem. — Delle emigrazioni degli insetti e più particolarmente di quella della Vanessa Cardici Lin. avvenuta nella primavera del- l'anno 1879. — (Rassegna nazionale; anno II, fase. 1.". Fi- renze, 1880). Idem. — Resistenza delle crisalidi di Pieris Brassicae L. all'azione del vuoto secco. — (Resoconti delle adunanze della Società entomologica italiana; anno 1881, pag. 22. Firenze). Idem. — Appunti sulla Vanessa Egea Cr. — (Processi verbali delle adun. della Soc. ent. ital.; anno 1895, pag. 2). Tacchetti C. — Materiali per una fauna entomologica del padovano. Parte I. Le-pidotteri. Capo 1.° Ropaloceri. — (Atti della So- cietà veneto-trentina di scienze naturali; voi. I. Padova, 1872). Villa G. B. — Passaggio di farfalle. — (Bullettino dell'agricoltura: n. 2G. Milano, 1879). AVeismann a. — Ueber den Einfluss der Isolirung auf die Artbil- dung. — Leipzig, 1872. Zeller P. C. — Bemerkungen liber die auf einer Reise, nach Ita- lien, und Sicilien beobachteten Sclmietterlinge. — (Isis, 1847, Heft 9. Dresden). Correzioni al precedente brano di questo catalogo. A pag. 338, verso 3, ove dice: raccolti, si legga: raccolti (1). " " " 9 e 10 n La L. Eschevi Hb...., deve esser tolto tutto il j^eriodo. " 3B9 1 ultimo n piccolissime o molto staccate si legga: piccolissirae e molto staccate. " 342 " 25 II infrequente o rara " infrequente o raro. ^ 345 1 5 » var. Oliti e Schiff. — Clitie (1). ... 1» var. Clytie Schiff. — Clytie (1) » 351 " S n vale a distinguergli n vale a distinguerli 1 363 " 11 e 12 n nel maggio del suc- cessivo anno. . . " nel successivo mag- gio. 592 — INDICE Prefazione Pa//. loG Significato delle abbreviazioni e dei segni usati nel catalogo. » 1G4 CATALOGO. Papilio Podalirius L » 165 » » ab. (gen. II) Zanclaeus Z » 166 » Macliaon L ... » 167 » » ab. Sphvrus Hb -> 169 Thais Polj'xena Scliiff. » ivi » » var. Cassandra Hb > 170 Parnassius Apollo L » 171 » Mnemosine L » 172 Aporia Crataegi L » 173 Pieris Brassicae L » ivi » Rnpae L. . . » 174 » » ab. Leiicotera Stef. » 175 » » var. Mannii Mayer » 176 i> » var. Rossii Stef. , . » 178 » » ab. Erganoides Stef. » 179 ■» Napi L » ivi » » var. Napaeae Esp » 180 » » var. Meridioualis Stgr >^ 181 Daplidice L » 182 » » var. (gen. I) Bellidice O » ivi Antliocliaris Bella Cr » ivi » » var. (gen. II) Ausonia Hb » 183 » » var. Simplonia Frr » ivi » Cardamines L. . » ivi » Euphenoides Stgr » ÌSi Leucophasia Sinapis L » 185 » » var. (gen. I) Lathyri Hb » ivi » » var. (gen. II) Diniensis B >. ivi » » ab. 5 Erysimi Bkh >■• ivi Colias Hyale L » 186 » Chr3'sotheme Esp » ivi — 39 9Q3 Colias Edusa F Pacj. 187 » » ab, cT Faìllae Stef » ivi ab. 5 Helice Hb 188 Rhodocera Rhamni L 189 » Cleopatra L » ivi » :> var. (d. n. ab.) Taurica Stgr. ... » 190 Thecla Betulae L » 325 » Spini Scliiff. ;> ivi » W. album Knocli > 326 -> Ilicis Esp » ivi :> » ab. § Cerri Hb » ivi » » var. Aesculi Plb » 327 » Acaciae F . ..... » ivi » Pruni L • . » ivi » Quercus L » ivi » Rubi L » 328 Polyommatus Virgaureae L. . . . ; » ivi » » var. p Apennina Calb. ... » 329 » Thersamon Esp -> ivi » Hippotlioe L » ivi » Alciphron Rott » ivi » » var. Gordius Sulz. .... » 330 » » var. O Intermedia Stef. ... » ivi » DorilLs Hufn » 331 » » ab. ^ Fulvior Stef. » ivi Phlaeas L » 332 » » var. (gen. II) Eleus F » ivi Lycaena Poetica L •> ivi -■> Telicanus Lang » 333 » Argiades Pali » ivi » » var. (gen. II) Polysperchon Berg. . » ivi ,, » ab. Coretas O » 334 Aegon S. V » ivi » Argus L » ivi » Orlon Pali » 335 » Baton Berg > ivi » Astrarci! e Berg » ivi » » var. (gen. II) Aestiva Stgr. ... » ivi » Icarus Rott » 336 » » ab. Icarinus Scriba » 337 » Escheri Hb • » ivi » Bellargus Rott » 338 » » ab. Ceronus Hb. . . .... » ivi » Corydon Poda » 339 » » var. Apennina Z > ivi — 394 — Lycaeua Hylas Esp -P«^- 340 » Meleager Esp » ivi » Argiolus L > ivi > Minima Fuessl » 341 > Semiargus Rott » ivi » Cyllarus Bott » ivi » » var. A. Costa » ivi Jolas 0 » 342 » Euphemus Hb > ivi » Arion L » ivi Nemeobius Lucina L » ivi Charaxes Jasius L » 343 Apatura Iris L » 344 Ilia Schiff. y 345 » » var. Clytie Schiif » ivi » » ab. Metis Fr » ivi Limenitis Populi L » 346 » Camilla Schiff. » ivi Sibylla L » 347 Vanessa Egea Cr » ivi > » var. (gen. II) J. album Esp » 348 » C. album L » ivi » » var. Obscurior De Selys » 349 » Polycliloros L ... » ivi » Urticae L » ivi Io L » 350 > » ab. loides O » ivi » Antiopa L » ivi « Atalanta L . i. 351 » Cardui L .... ». 352 Melitaea Cinxia L » 353 » Phoebe S. Y » ivi » » var. (d. u. ab.) Aetlierea Ev. . , . » 354 j> Trivia Scliiff. » ivi » Didyma 0 s- ivi Melitaea Didyma 0. var. Meridionalis Stgr. ' » 355 » » var. (d. n. ab.) Occìdentalis Stgr. ... » 356 » » var. (d. n. ab.) Persea Koll » ivi » '? Dictynna Esp » ivi » Athalia E-ott » 357 » » ab. Pyronia Hb » ivi » » ab. Cymothoe Bert » ivi » Parthenie Bkh » 358 Argynnis Euphrosyne L » ivi » Dia L." » ivi 395 359 Argynnis Daphne SchifF. P^^'J- » Hecate Esp » ivi » Lathonia L » ivi » Agiaia L » ivi » Niobe L » 360 » » ab. Eris Meig » ivi » Adippe L » ivi » » ab. Cleodoxa O •> ivi z. Paphia L » ivi Pandora Schiff. » 361 Melanargia Galathea L » ivi ab. Q Leucomelas Esp » 362 ab. Galene 0 » ivi var. (d. n. ab.V) Precida Hbst. . . » ivi Erebia Epipbron Kn » 363 » » var. Cassiope F » ivi Ceto Hb » ivi » Medusa F » ivi » Stygne 0 » 364 » Tyndarus Esp ... » ivi » Ligea L .... » ivi » Euryale Esp .... » ivi » » var. Ocellaris Stgr. » 365 Satyrus Hermione L > ivi » Alcyone Schifi'. ... » ivi Circe F » 366 -> Briseis L » ivi ■» » ab. Q Pirata Esp. » ivi » Semele L » 367 » » var. Aristaeus Bon . . » ivi » Neomiris God •> 368 » Statilinus Hufn . » ivi » » var. Allionia F » ivi » Fidia L » ivi » Dryas Scop » 369 » Actaea Esp. var. Cordula F » ivi Pararga Maera L ... . . » ivi » » var. Adrasta Hb » 370 » Megaera L » ivi » Aegeria L » ivi » » var. Egorides Stgr * 371 Epinephele Lycaon Rott .) ivi » Janira L » ivi var. Hispulla Hb » 372 » Ida Esp » ivi — 396 — Epinepliele Tithonvis L -P«.7- 372 » Hyperanthus L » ivi Coenonympha Iphis Schiff. » 373 -> Arcania L » ivi > Corinna Hb » ivi » Pamphilu.s L » 374 » » vai-, (gen. II) Lyllus Esp. . . » ivi Spilothyrus Alceae Esp -> 381 » Altheao Hb » i\'i » Lavatlierae Esp ...» 382 Syrichthus Proto Esp » ivi > Sidae Esp . » ivi Carthami Hb » ivi . » Alveus Hb » 383 » » var. Fritillum Hb » ivi Cacaliae Rbr » ivi Malvae L . » ivi » » ab. Taras Meig » 384 » Sao Hb. » ivi » > var. Eucrate O ; . . . » ivi Nisoniades Tages L » ivi Hesperia Thanmas Hufn . . » 385 > Lineola 0 . » ivi » Actaeon Esp » ivi » Sylvanus Esp » ivi :> Comma L » 386 » Nostradamus F » ivi Carterocephalus Palaemon Pali » ivi Rettificazione Pag. 387 Opere, opuscoli ed articoli citati nella prefazione e nel catalogo. » 388 Altre correzioni »374. 391 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME DELL' ANNO TRENTADUESIMO Gustavo Leonardi. — Storia naturale degli acari insetticoli. Pa;/- 1 Mario Bezzi. — Contribuzioni alla fauna ditterologica italiana. II. — Ditteri delle Marche e degli Abruzzi {Seconda coni.). ;> 77 C. Emery. — Intorno al torace delle formiche e particolarmente dei neutri (con fìg.) » lOo AxxA FoÀ. — Esistono il polimorfismo e la partenogenesi nei Gamasidi? (Laboratorio di anatomia comparata della R. Università di Roma) (con fig.) » 121 Giovanni Noè. — Una nuova specie di zanzara (Tav. I) . . » 150 Pietro Stefanelli. — Nuovo catalogo illustrativo dei lejjidot- teri ropaloceri della Toscana » IS^i Felice Supino. — Osservazioni sopra fenomeni che avvengono durante lo sviluppo postembrionale della Callì'phora ery- trhocephnfa (Tav. II, III) l!»-2 Piero Bargagli. — Cenni biografici di Ferdinando Piccioli . » 217 Giacomo Del Guercio. — Osservazioni intorno ad una nuova cocciniglia nociva agli agrumi in Italia ed al modo di immunizzare la parte legnosa delle piante contro la pun- tura delle cocciniglie in generale e di distruggerle (con figure e Tav. IV) » 229 Antonio Berlese. — Intorno alle modificazioni di alcuni tes- suti durante la ninfosi della Calh'phora erythrocephaìa (con figure) » 253 Enrico Cannaviello. — Contributo alla Fauna entomologica della Colonia Eritrea » 289 Alessandro Coggi. — Nuovi Oribatidi italiani (con figure;. » 309 Pietro Stefanelli. — Nuovo catalogo illustrativo dei lepi- dotteri ropaloceri della Toscana » 325 Felice Supino. — Lettera aperta al Prof Antonio Berlese della Scuola Superiore di Agricoltura in Portici ... » 375 Pietro Stefanelli — Nuovo catalogo illustrativo dei lepi- dotteri ropaloceri della Toscana {Continuaz. e fine) . . » 381 H Je '08 ' BULLETTINO SOCIETi ENTOMOLOGICA ITALIANA ANNO TRENTADUESIMO Trimestre I. (Dal Gennaio al Marzo 1900) FIRENZE TIPOGRAFIA M. RICCI, VIA SAN GALLO, 31 a spese degli Editori 1900 (Pubblicato il 20 Maggio • 900)^ ^.^gT^gJ-^^.,^ f MAR