* N N N N N l°/oo p* N N N N 1 °/ooo P P P N N — 29 — Colera Permanga¬ nato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 1 120 m. 1 °/o P N N N N 1 °/oo P P p N N Chinino. Dei preparati di chinino ho usato l’idroclorato e il bi- solfato , entrambi solubilissimi , però gli esperimenti sono stati compiuti su più larga base col primo , ottenendosi risultati rela¬ tivamente migliori. Ho voluto anche studiare il fenato di chinino, che, essendo poco solubile, ha presentato notevoli difficoltà nello studio , e io ho dovuto servirmi di soluzioni fatte a caldo. Non essendo stati i risultamenti migliori di quelli dei preparati solu¬ bili , lo studio non è stato a lungo seguito e perciò mi astengo dal riferir intorno ad essi. Le soluzioni adoperate per studiare la quantità di sostanza ne¬ cessaria a rendere il brodo terreno sterile di cultura ai micror¬ ganismi in istudio sono al 2 °/o , usando io in tali esperienze le più concentrate delle diverse soluzioni da me fatte , per aggiun¬ gere il meno possibile di acqua. I saggi col chinino non hanno dato sempre risultati del tutto eguali, però questi, quantunque variabili, oscillano tra un massimo ed un minimo non molto rilevante. Ecco senz’altro due saggi eseguiti con 1’ idroclorato sul similtifo A: 1. a prova Tisg Ti4g Tieg Ti8g T2og T22g ì P P N N N N ( 2. a prova Ti2g Ti4g Ti6g T48g T20g T22g i P P P N N N. ' Similtifo A La differenza non essendo molto rilevante, si può ritenere che per ogni c.c. di brodo bastano ad ottenere crescenza negativa gm. 0,0025 d’iclroclorato. Per il bisolfato si può ritenere che i risultati sieno quasi iden¬ tici a quelli ottenuti coll’ idroclorato, consistendo la differenza in una o due gocce di soluzione in più di bisolfato da doversi ag¬ giungere. — 30 Per il elimino ricorderò qui ancora una volta clie se la mesco¬ lanza della soluzione in brodo non è fatta convenientemente , si corre più che mai il rischio di ottenere sviluppo dei batterii in provette con aggiunta di anche trenta gocce, mentre nessuna crescenza sarà notata in quelle alle quali se ne sono aggiunte diciotto, sedici ed anche meno. I risultati sopraesposti sono otte¬ nuti dopo una serie diversa di prove per evitare errori e dedotti da saggi, per i quali già conosceva un limite minimo non capace d’impedire lo sviluppo dei batterii studiati ed uno massimo atto certamente ad impedirlo. Il chinino mostra possedere notevole valore battericida contro i tifosimili , se questi vivono in un mezzo non molto favorevole alla loro crescenza. In un tubo di acqua distillata sterilizzata si aggiungono da coltura su agar inclinato gran quantità di simil- tifo A, poi da questa mescolanza con piccola ansa si fa piastra di agar (conservata a 37°), sulla quale il dì seguente si contano colonie go ; con 1’ aggiunta di 5 gocce di soluzione di chinino (2 OjO), rifacendo la piastra alle ventiquattr’ore, si ha sviluppo di una sola colonia, onde si può considerare come avvenuta la ste¬ rilizzazione. E calcolando , la quantità di chinino adibita a tale scopo è di gm. 0,005 per tutto il tubo, ossia di gm. 0,000625 per ogni c. c. del miscuglio. In relativi specchietti riporto qui appresso i risultati ottenuti col metodo dei fili: Similtifo A. Idroclorato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 120 m. 9 ore 24 ore 2 o/o P P P N N N N 2 °/oo 1 P P P P jp# N N O o o o C3 P P P P P P P — 31 — SlMILTEFO B. Bisolfato 5 m. 15 m. 30 m. CO m. 120 m. 24 ore 2 % P P N N N N 2 % o P P P P P P* 2 %oo P P P P P P Col chinino ho voluto anche ricercare la quantità necessaria per uccidere i batterii cresciuti in mezzi di cultura sufficiente¬ mente favorevoli allo sviluppo ed ho proceduto così : tre tub) contenenti ciascuno 8 c. c. di brodo si innestano con similtifo Ai si conservano per parecchi giorni alla stufa (37o) fino a quando 10 sviluppo avesse raggiunto il grado più elevato , e poi ad uno di essi si aggiungono 20 gocce di bisolfato (2 0[0), ad un altro 30 gocce, e all’ altro 40. Dopo tre ore e dopo ventiquattr’ ore prati¬ cando da tali tubi innesti in brodo osservo che i batterii non sono morti. Alle ventiquattr’ ore aggiungo ad ognuna delle tre sudette provette trenta altre gocce della stessa soluzione di chinino e dopo un giorno trovo che dalla seconda sola delle provette ebbi svi¬ luppo positivo, mentre negativo dalle altre due. L’esperimento fu rifatto con 1’ idroclorato di chinino e con migliore successo. Di quattro tubi di cultura in brodo (8 c. c.) di similtifo A bene svi¬ luppato aggiungo al primo 50 gocce di idroclorato (2 °/00), al secondo 60, al 3° 70, al 4° 80, dopo cinque ore che sono stati a contatto col chinino, praticando innesti da ognuno in altrettanti tubi di brodo, questo resta sterile. Per i primi due tubi (50 e 60 gocce di aggiunta) il tempo impiegato (5 ore) è pressoché il mi¬ nimo richiesto per la completa sterilizzazione, giacché il tifosimile B, trattato identicamente, ha dato sviluppo positivo, che si spiega per la maggiore resistenza che presenta, quando è già cresciuto, 11 secondo dei due similtifo rispetto al primo. E qui da notare che le culture in brodo dei batterii in parola acquistano, per 1’ aggiunta di soluzioni di chinino, un aspetto lat¬ tescente, il quale aspetto non viene acquistato dal brodo semplice con 1’ aggiunta della stessa sostanza. Parrebbe che il chinino do- vesse formare combinazione con i prodotti dei batterii tifosimili. — 82 — Venendo al tifosimile B, avendo, nel determinare la quantità di chinino necessaria ad impedirne lo sviluppo in brodo, ottenuto quasi gl’identici risultati che per l’A. mi astengo da poco utili ripetizioni. Riporto appresso in opportuni specchietti quanto risulta dalle prove col metodo dei fili. Tifosimile B Idroclorato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 120 m. 8 ore 24 ore 2 o/o ! P P P P N N N 2 »/„„ i P P P P P N N 2 °/« ; P 1 P P P P P P Tifosimile B Bisolfato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 120 m. 24 ore 2 o/o P P P P P N 2 °/oo P P P P P P 1 %00 ( P 1 P P P P P Si rileva quanto l’azione del bisolfato sia inferiore a quella dell’idroclorato e che le soluzioni molto allungate dei due prepa¬ rati di chinino sieno insufficienti a sterilizzare i fili. Avendo, per il similtifo B come per l’altro, eseguito la ricerca della quantità di chinino da aggiungersi a culture in brodo bene sviluppate per renderle sterili, fo notare che nel primo esperimen¬ to, dopo la seconda aggiunta di soluzione (bisolfato a 2 o/0) , ho trovato alle ventiquattr’ ore morti i batterii, e nel secondo (esame dopo 5 ore) dai tubi con aggiunta di 50 e 60 gocce si è avuto sviluppo positivo, negativo dagli altri due. Sarà agevole calcolare 33 la quantità di chinino impiegata a tale scopo , conoscendosi il volume del brodo (8 c. c.) esistente in ciascuna provetta, il titolo ed il numero delle gocce della soluzione usata. Il tifo si avvicina di molto al similtifo per la quantità di chi¬ nino richiesta a volerne impedire lo sviluppo, differendo solo per qualche goccia in meno di soluzione da impiegare. Ecco poi nei soliti specchietti il risultato col metodo dei fili: Tifo Idroclorato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 120 m. 24 ore 2 % N. N N N N N 2 °/oo P P p P N N 2 %oo P J ' P 1 ! P P P P Tifo Bisolfato 5 m. 15 m. 30 m. 60 m. 120 m. 24 ore 2 % P P N N N N 2 °/oo P P P P P N 2° °/ooo P ! P 1 P P P P Da preferirsi sempre l’ idroclorato per la sua azione più ener¬ gica. Pel tifo ho voluto anche sperimentare l’azione dell’idroclorato su culture in brodo bene sviluppate. La quantità di brodo è stata al solito di 9 c. c. e ai batterii si è dato tempo che raggiun¬ gessero il più alto grado di sviluppo. I risultati li riporto in uno specchietto : 3 — 34 — Tipo Idroclorato 2 % 5 m. 15 m. 30 ni. 45 m. 00 m. 4 ore 7 ore 10 gocce P P P P P P N 20 g. P P P P N N N 30 g. P P P N N N N 40 g. P N P N N N 50 g. N N N N N N N 00 g. P N N N N N N Olii voglia conoscere la quantità di elimino in peso non farà che un breve calcolo. Qualche contraddizione esistente nei risul¬ tati esposti può benissimo spiegarsi pensando che la soluzione di chinino, se non bene agitata nella cultura, può non colpirne uni¬ formemente tutti i punti, il che d’altra parte non menoma nel- f insieme 1’ esperimento. Le culture di tifo, cui venga aggiunto la soluzione di chinino, acquistano, come i similtifo, aspetto lat¬ tescente. Lo specchietto seguente si riferisce all’azione dell’idroclorato sul colera (metodo dei fili). Colera Idroclorato 5 m. 15 in. 30 m. 00 m. 120 ni. 2 % P P N N N 2 °/oo P P P P* N IY. Con l’aiuto degli esperimenti riferiti sono autorizzato a diverse conclusioni riguardanti la disinfezione intestinale , però non è a dimenticare che da quelli si arriva anche ad alcune altre di in¬ dole puramente batteriologica, le quali farò precedere. 1. °) Le diverse specie di similtifo possono presentare ai di¬ sinfettanti diverso grado di resistenza, il qual carattere potrebbe essere utilizzato a distinguere specie tra loro somigliantissime in tutti gli altri attributi. 2. °) Il bacillo del tifo è più vulnerabile dei similtifo, a giu¬ dicare almeno dalle varietà adoperate nel mio studio. 3. °) Nei mezzi ordinarii di cultura vi sono sostanze che rie¬ scono nocive ai batterii. Questo viene provato dal fatto che, for¬ mandosi per l’aggiunta di taluni composti chimici al brodo (acido tannico, permanganato di potassio) precipitati, il movimento dei batterii (indice di maggiore vitalità in quelli mobili) addiviene di gran lunga più esteso. Tale risultato a me ricorda quanto nello studio della mobilità dei similtifo abbiamo ottenuto aggiungendo dello zucchero di uva al brodo peptonizzato. Se l’effetto è lo stes¬ so, il modo di conseguirlo è però ben differente, raggiungendo lo stesso scopo or per la sottrazione al brodo di talune sostanze ('precipitate dal tannino o dal permanganato), ed or per l’aggiun¬ zione di altre (zucchero), che si sciolgono senza formare precipitato alcuno. E che sia la sottrazione di sostanze mediante il tannino c il permanganato e non la presenza di alcuno di questi com¬ posti, se venisse aggiunto in eccesso, che rende più mobili i bat¬ terii vien provato dall’azione nociva che permanganato e tannino hanno, allorché vengono a contatto diretto con i batterii, e allora altro che acquisto di movimento , si ha invece la morte dei mi¬ crorganismi. Il che ho addimostrato con qualche esperimento nel corso di questo lavoro. 4.°) Il valore battericida di qualsiasi sostanza è sempre re¬ lativo al metodo adoperato nello studio, potendo variare special- mente per lo stato in cui si trovano i batterii. Ho potuto osser¬ vare che questi allo stato secco (metodo dei filil offrono sempre maggiore resistenza alla sterilizzazione. Forse nel modo come i fili sono stati da me apparecchiati si ha formazione di spore, ma pel tifo, similtifo e colera non è ancora ben provato che se ne formino. 36 a) Venendo a dire della disinfezione intestinale dalla via del retto ritengo che la miglior parte dei buoni effetti vantati dagli autori sono dovuti addizione meccanica del lavaggio piuttosto che alle sostanze disinfettanti aggiuntevi. E difficile in vero o addi¬ rittura impossibile trovare sostanze che , introdotte nel retto in quantità innocua per l’organismo, possano spiegare energica virtù battericida, mentre la quantità voluta per tale effetto, non potrà non nuocere all’ organismo stesso. b) Vi sono sostanze, comunemente adoperate, che a nulla valgono come disinfettanti. Ricorderò l'acido borico che, usato in discreta quantità, ha bisogno di restare per lungo tempo a con¬ tatto dei batterii, per poterne attacare la vitalità. Nè deve far meraviglia che questi restino facilmente senza svilupparsi in brodo, cui si è aggiunto quantità piccola di soluzione borica, se si pensa quanto si modificano i poteri nutritivi dei comuni mezzi di cul¬ tura per ogni leggiero cambiamento nella loro composizione. L'acido borico ha fatto cattiva prova, rispetto alle altre so¬ stanze studiate, allorquando flio aggiunto ad acqua distillata e sterilizzata contenente tifosimili. E, se si pensa che le soluzioni al 2 o al 3 °/o sono capaci di arr ecare disturbi all’organismo, ado¬ perate nell’irrigazione dell’intestino (Rovighi), si finirà col con¬ chiudere che l’acido borico è da bandirsi nella pratica della di¬ sinfezione intestinale. E le raccomandazioni ai medici pratici non saranno mai sufficienti, facendosi enorme abuso di tale sostanza per lo scopo indicato. Se talvolta il medico ha potuto constatare effetti buoni, questi, ripeto ancora una volta, devono attribuirsi esclusivamente al lavaggio. c ) Le sostanze, che possono arrecare utilità all’organismo nel¬ l’irrigazione dell’intestino, si possono dividere in quelle capaci di agire direttamente contro i batterii e in quelle che, per avere la proprietà di combinarsi immediatamente alle sostanze organiche specialmente disciolte, possono neutralizzarne in parte la tossicità dei prodotti. d) Tra le sostanze atte ad arrestare in parte i prodotti pu¬ tridi e fermentativi possiamo annoverare il tannino e il perman¬ ganato di potassio. Questi composti infatti, là dove trovano so¬ stanze organiche disciolte, si combinano immediatamente formando precipitati, senza impedire l’ulteriore accrescimento dei batterii, come ho provato aggiungendoli al brodo di cultura, e poi facen¬ do innesti. A questa virtù di combinarsi a sostanze organiche in decomposizione o no, sono da riferirsi i buoni risultati terapeu¬ tici spesso e da persone degne di fede ottenuti. Io non voglio — 37 dire qui che il permanganato e il tannino non abbiano valore bat¬ tericida, che anzi lo hanno in grado notevolissimo, quando però la loro azione potesse dirigersi sui batterii, senza essere distrutta dalla presenza di altre sostanze organiche. Verificandosi quest’ul- tima condizione nell’intestino, si comprende come, nel lavaggio di questo, le sostanze citate non possono agire che come antipu¬ tride o antifermentative. e) Il chinino è una di quelle sostanze che può dare nel la¬ vaggio del tubo intestinale effetti lodevoli ; infatti nelle soluzio¬ ni al 2 °/oo i batterii da me studiati vengono attaccati dopo un certo tempo (metodo dei fili). Considerando poi che possono benissimo adoperarsi soluzioni un poco più concentrate e che i batteri nei fili di seta da me pre¬ parati presentano maggiore resistenza che allo stato umido , la fiducia da porsi nel chinino aumenta sempre più. Il chinino po¬ trebbe avere anche una qualche influenza sui prodotti dei batteri stessi, come fa sospettare il colorito lattescente acquistato da cul¬ ture in brodo, cui è stato aggiunto, colorito che non acquista il brodo semplice colla medesima aggiunta. Se anche il chinino fosse in parte assorbito dalla mucosa intestinale, 1’ organismo non ri¬ porta danno, ma si avvantaggia. Queste io credo sieno valevoli ragioni perchè nell’irrigazione dell’ intestino clebbasi ritenere il chinino disinfettante valevole paragonato agli altri di uso co¬ mune. BIBLIOGRAFIA Lion et Marfan. — (Société de Biologie de Paris) Seduta del 24 ottobre 1891. 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(Tornata del 24 aprile 1894) Una erronea asserzione del Leuckart, contenuta nel quinto fa¬ scicolo della sua classica opera « Die Parasiten des Mensclien und die von Ihnen kerrurenden Krankheiten » , merita una rettifica, tanto maggiormente necessaria, in quanto l’autorità dello scrit¬ tore è tale da non lasciar dubbio della veridicità di essa, e per¬ chè, sulla fede del prof. Leuckart sarebbe, chissà da quanti, ripro¬ dotta. Il Briganti *) nella sua « Descrizione delle Ligule, che abitano lo addome dei ciprini del Lago di Palo in provincia di Principato citra (Salerno) » racconta il modo come riconobbe le Ligule nei ciprini, al qual riconoscimento contribuirono i « nativi » del luogo che gli « dicevano essere ciò (le Ligule) effetto di quantità di grascio esistente nel loro ventre (dei ciprini) configurato in tante strisce a guisa di quel lavoro di pasta che comune¬ mente tagliarci le si nomina; onde con raggiunta di tal no¬ me i detti pesci venivano da tutti quelli del contorno riconosciuti (pag. 216) » Il Briganti crede che la Ligula da lui osservata, diffe¬ risca dalla Ligula addominale ; ne dà una diagnosi sotto il nome di L. edulis e ne discute le differenze dalla L. addominale. Dopo di che, a pag. 233, esce nelle seguenti parole « Non credo però che voglia recar meraviglia ad alcuno, se ho, detta nostra Ligula, specificata coll’ aggiunta di edulis , per averla trovata , che non pochi con piacere la mangiano fritta col pesce che la contiene senza apportare loro il menomo danno alla salute; as¬ sicurandomi non essere di dispiacevole gusto ; a che volentieri b Atti della fi. Acc. delle Scienze di Napoli (Soc. ficaie Borbonica), Tom. I, - 209. — 41 — acconsento, per non trovarsi nel loro interno, per quanto finora io sappia canale alimentizio die abbia dello escrementoso ; e per non essere in mezzo a parti ignobili, vicino, cioè, o dentro, a luo¬ ghi lerciosi ed immondi : e molto più per nutrirsi di ottimi e crivellati sughi dei contigui visceri: anzi passati per nuovi cribri nell’atto che dalli medesimi i detti vermi l’attirano » Come chiaro si vede dalle parole del Briganti, alcuno fa suo cibo delle Ligule, nè di proposito le ricerca all’uopo ; ma quei di Palo, pigliandole per grasso , non si curano di toglierle dall’addome dei ciprini e friggendo questi, friggono anche quelle e le mangiano insieme al pesce di cui le credono parte integrante. Donnadieu x) nel suo lavoro sulla Ligula , nella prima parte , facendo la storia delle ricerche sulla Ligula, cita ( a pag. 19 ) il Briganti, e dice che questi chiama edulis la sua nuova Ligula. per la ragione « qu’on la mango en friture avec le poisson , la prenant pour de la graisse ». Ciò non dovrebbe lasciar dubbio alcuno sulla giusta interpetrazione di questa osservazione del Bri¬ ganti da parte del Donnadieu. Ma, pur troppo, ciò che egli scrive nella introduzione — poiché non cura di ricordare le fonti dalle quali ha ricavato una cosi peregrina notizia — mi autorizza a cre¬ dere che, pur avendo citato esattamente il Briganti, ha genera¬ lizzato il caso , affermando che in Italia il popolino fa proprio alimento delle Ligule. In fatti, egli scrive. « Il est (le parasite, la Ligula) mème si multipliè en Italie qu’il y est vendu aux gens du peuple, qui sous le noni de Macaroni piatti , (E la traduzione forse, per così dire, di tagliatelle, equivalenti a nouilles) ne dédaignent de le fair servir à leur alimentation », soggiungendo: « A Lyon mème, plusieurs personnes en font usage à la manière des Italiens » (Quale maniera? intenderà dire, forse, che le man¬ giali fritte ? Se è così, è chiaro che egli ha franteso il Briganti). Che a Lione mangino le Ligule, sarà vero, poiché chi meglio del Donnadieu potrebbe saperlo, egli allora professore al liceo di Lione, ma che da noi il popolo mangi le Ligule e ne faccia suo alimento, è questa un’ affermazione del tutto gratuita. Tra il mangiar le Ligule fritte insieme al pesce che le contiene , ritenendole per grasso, ed il far di queste proprio alimento, mi par ci corra un bel tratto! Senza dire che è illogico pensare che si possa ricavare dai Ciprini tanta quantità di Ligule da vendere al popolo per suo alimento ! 1) Donnadieu. Contribution à l’histoire de la Ligule. — Iourn. Anat. Plujs. 1877 (estratto). — 42 — Or è appunto questa gratuita affermazione del Donnadieu, senza dubbio frutto di una malintesa interpetrazione del Briganti, che il Leuckart ripete e conférma con la sua autorità — anch’egli senza citar fonti a giustifica di quanto asserisce — ed ancor più genera¬ lizzando le cose. Ed ove per il Donnadieu è il popolo che non di¬ sdegna di alimentarsi di Ligule, per il Leuckart, senz’ altro, la Li¬ gula è un cibo che si mangia frequentemente in Italia ! Egli, infatti, a pag. 449 , riportando una osservazione dello Schveinfurth, che gli indigeni dell’Africa raccolgono a piene mani una sorta di Amphi stornimi (A. conicum ) che vive nei bovini, spesso in enorme quantità, e li mangiano crudi , scrive testualmente in nota quanto segue. « Ein G-egenstùck dazu bietet dio Angabe, dass die in unseren Sùsswasserfischen haù- fig lebende Ligula in Italien vielfach als Macaroni vivente gegessen werde ». Ora è appunto per smentire for¬ malmente questa favola , sorta da cattiva interpetrazione dello parole di Briganti ed ingranditasi, come palla di neve, passando di bocca in bocca, di questa favola che bolla tutt’ un popolo di mangiatori di vermi intestinali, e s’invoca, a dir poco, a conferma di quanto fanno gl’ indigeni d’ Africa, che mangiano Amfistomi vivi, che io mi son deciso a fare questa communicazione. Chè, se per avventura quei di Palo, ignorando che sono delle Ligule e credendole invece del grasso, le mangiano fritte col pesce che le alberga, non per questo si ha da inferire che in Italia le Ligule servono da alimento e le si mangiali viventi. Napoli 31 di marzo del 1894. Sopra l’olio di Ricino in miscela cogli olii di semi specialmente coll’olio d’ulivo — Nota di Y. V etere. (Tornata del 6 maggio 1894) Quando la voce pubblica accusava i commercianti di Napoli di mettere in vendita dell’olio di ulivo o di semi in miscela al¬ l’olio di ricino, a prima giunta a noi, a dir vero, sembrò strano cbe una tale sofisticazione avesse potuto effettuarsi tenuto conto specialmente dei caratteri fisici ed organolettici dell’olio di ricino. Ciò non ostante ci provammo a confezionare da parte nostra di¬ verse di queste miscele e purtroppo ci dovemmo convincere cbe in alcune condizioni l’olio di ulivo specialmente, anche coll’ag¬ giunta del 15 al 20 °/0 di olio di ricino, nè per l’ odore nè pel sapore dava alcun indizio della frode cui era stato assoggettato; che anzi, se in siffatte miscele si faceva uso di olio di ulivo verde, di Calabria , dotato di odore spiccatissimo , ovvero di olii abba¬ stanza rancidi, l’effetto che si otteneva dalla miscela era più che soddisfacente, dando un prodotto che, giudicato dai suoi caratteri fisici, era senza dubbio da preferirsi all’ olio di ulivo originale. Ciò ci mise sull’avviso ed abbenchè non mancassero dei metodi analitici per caratterizzare l’olio di ricino, questi, tuttavia, per le difficoltà ed il tempo che richiedevano , eran quasi inattuabili in un Laboratorio chimico Municipale dove, perchè il lavoro riesca proficuo, è necessario che la speditezza delle analisi vada congiunta alla prontezza nei provvedimenti relativi; ond’ è che partendo da miscele fatte da noi stessi ci mettemmo alla ricerca di un metodo semplice e spedito che avesse messo in evidenza tal frode. Ed eravamo a seguire queste ricerche quando la locale Camera di Commercio ce ne dimostrava l’alto interesse pel danno che da que¬ sta frode derivava al Commercio dell’olio di oliva e, d’altra parte, la Direzione della Dogana, dietro nostra richiesta ci rendeva av¬ visati di grossi carichi di olio di ricino eh’ eran commerciati a Napoli quasi giornalmente. Fra gli altri tentativi volemmo provare 1’ azione dell’ acido cloridrico noncentrato su tali miscele ed i risultati, avendo superato le nostre stesse aspettative, formano l’oggetto di questa nota pre- — 44 — liminare e costituiscono un metodo pronto e sicuro di determi¬ nazione qualitativa e quantitativa dell’olio di ricino da esser pra¬ ticato senza difficoltà anche negli stessi spacci di dette miscele. Ed ecco senz’ altro il principio su cui tal metodo è fondato: Allorché una miscela di olio di ricino con olio di ulivo ovvero di semi è agitata fortemente con metà del suo volume di acido cloridrico concentrato (Densità a 15° — 1,1865;HC1 o/0 — 37,87) la¬ sciata in riposo, dopo qualche tempo, si divide in tre strati : l’in¬ feriore costituito dall’acido cloridrico , il medio che rappresenta l’olio di ricino e che assume diverse colorazioni a seconda degli olii cui era mescolato, ed il superiore costituito dall’olio di ulivo o di semi adoperato. Riscontrammo vero questo principio applicandolo agli olii di ulivo, sesamo, cotone, colza, arachide, lino, ed anche all’olio mi¬ nerale pesante. Comunque fatte , le miscele , agitate con acido cloridrico concentrato non dettero separazione in strati quando in esse non entrava olio di ricino, mentre che la fornirono co¬ stantemente quando questo era presente. Unica eccezione per ora ci fu data dall’ olio di vinacciuoli che misto a ricino ed agitato con acido cloridrico non si di¬ vide in strati; però c’ è sempre il mezzo di ovviare a tale incon¬ veniente bastando in tal caso , perchè la divisione si produca , aggiungere a questa miscela una certa quantità di olio di ulivo. Il secondo strato anche in tal caso rappresenta esclusivamente la quantità di olio di ricino. Saggiammo inoltre queste miscele all’Oleorefrattometro di Ama- gat e Jean, ne determinammo la temperatura d’ intorbidamento completo seguendo il metodo Valenta (Vedi supplemento annuale Enc. Selmi 1886-87 pag. 18) e ne ricavammo delle indicazioni abbastanza precise che, sebbene da sole non basterebbero a qua¬ lificare 1’ olio di ricino , pure accompagnate al saggio dell’ acido cloridrico concentrato completano il metodo conferendogli mag¬ gior sicurezza, specie quando la determinazione quantitativa sia di qualche interesse. Siccome a preferenza ci occupammo della miscela di olio di ricino con olio di ulivo possiamo di questa presentare dei dati abba¬ stanza dettagliati riserbandoci in seguito di praticar lo stesso per gli altri olii e di studiare possibilmente la causa donde la divi¬ sione in strati trae origine. Olio di ulivo in miscela all’olio di Ricino. Adoperammo : Olio d’ ulivo tipo x). Densità a 15° — 0,9155 AU’Oleorefrattometro -(- 1 Temperatura d’intorbidamento completo con acido acetico gla¬ ciale -\- 95° Olio di Ricino tipo Densità a 15°-f-0,964 All’Oleorefrattometro-j-44. Solubile in acido acetico glaciale a temperatura ordinaria. Eseguimmo il saggio adoperando 10 cc. di miscela e 5 cc. di acido cloridrico concentrato agitando in tubi da 50 cc. graduati al decimo. Lo strato medio di olio di ricino che si forma dopo violenta agitazione assume in tal caso una bella colorazione verde bluastra che svanisce a lungo andare e eli’ è dovuta all’ olio di ulivo, come è dimostrato dal fatto che detta colorazione è tanto più intensa per quanto maggiore è la quantità di olio di ulivo in rapporto a quella di olio di ricino, in modo che essa tende sempre più al giallo a misura che le miscele salgono dal 10°/o al 15 — 20 — 30 — 40 — 50°/o di olio di ricino. Per le diverse miscele ottenemmo i seguenti risultati : Olio d’ ulivo al 10 o/0 di olio di ricino AirOleorefrattometro -f- 5. Temp. di intorbidamento completo con acido acetico glacia¬ le -f- 85°. Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in quattro saggi consecutivi misurava : I Saggio . c.c. 0,5 Il « « 0,5 III « . « 0,6 1 IV « « 0,5 ] 9 Fornitoci gentilmente dal signor Musitano e proveniente da sue pro¬ prietà; aveva tutti i caratteri di un ottimo olio di ulivo. — 46 — Olio d’ulivo al 15 °/o di olio di ricino. All’Oleorefrattometro 7. Temi). d’ intorbidamento completo con acido acetico glacia- 1 e-f-800. Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in tre saggi consecutivi misurava : I Saggio . cc. 1,2 \ II » .... » 1,15 f invece di cc. 1,5. Ili .... » 1,3 ) Olio d’ulivo al 20 °/o di olio di ricino. All’Oleorefrattometro — (-8,5. Temp. d’ intorbidamento completo con acido acetico glacia- le+35->. Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in tre saggi consecutivi misurava : I Saggio . cc. 1,7 li » . » 1,7 ^ invece di cc. 2.0. UT » ...... 1,9 \ Olio d’ulivo al 30 °/„ di olio li ricino. All’Oleorefrattometro -\- 12,5. Con acido acetico glaciale solubile completamente a -f 26°. Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in tre saggi consecutivi misurava : I Saggio . cc. 2,9 ì II » » 2,8 ' invece di cc. 3,0. m » » 2,9 \ Olio d’ulivo al 40 °/0 olio di ricino , AirOleorefrattometro -j- 16. Con acido acetico glaciale solubile a temperatura ordinaria. — 47 — Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in tre saggi consecutivi misurava : I Saggio . cc. 3,9 1 II » . » 4,1 invece di cc. 4,0. Ili » . » 3,9) Olio d’ulivo al 50 °/o di olio di ricino. AU’Oleorefrattometro -f- 20.5. Con acido acetico glaciale solubile completamente a tempe¬ ratura ordinaria. Agitato con acido cloridrico concentrato lo strato medio di olio di ricino in tre saggi consecutivi misurava : I Saggio . cc. 5,1 '' II » ...,.» 5,2 ^ invece di cc. 5,0. Ili * ..... » 5,1 \ Abbiamo voluto pubblicare questi risultati perchè a noi è sembrato che non siano senza alcun interesse nella difficile qui- stione dell’ analisi degli olì, tanto più, poi, perchè essi per noi han costituito un metodo che .ci ha reso dei servigi apprezzabili . avendoci messo al caso di liberare in brevissimo tempo quasi completamente Napoli dalla enorme quantità di olio di ricino che si spacciava misto agli altri olì di semi. Napoli — Laboratorio chimico Municipale — Settembre 1893. Modificazione all’ apparecchio estrattore del grasso di Tollens. Nota di Ugo Milone. (Tornata del 6 maggio 1894) In questi ultimi anni gli apparecchi proposti per 1’ estrazione del grasso sono stati molti. Fra questi sono più largamente ado¬ perati quelli del Tollens *) e del Soxhlet 2). Soprattutto quest’ ultimo è su vasta scala impiegato in tutti i laboratorii di chimica agraria ed in quelli d’ igiene per la sua ingegnosa costruzione che permette l’ estrazione completa del grasso senza bisogno di grande sorveglianza da parte di chi fa la ricerca. Non pertanto, poiché 1’ apparecchio ha due appendici di vetro molto facili a rompersi, fu modificato da Knòiler 3), appunto per rimuovere tale inconveniente , sostituendo un sifone interno a quello esterno per lo scarico dell’ etere ed un cilindro cavo di vetro al rotolo di carta usato da Soxhlet. Del pari 1’ apparecchio di Tollens presenta 1’ inconveniente di due appendici laterali in vetro che si uniscono mediante un pezzo di caoutchouc. Ma d’ altra parte ha due grandi vantaggi: 1° la so¬ stanza, invece che nel rotolo di carta, si introduce direttamente nel tubo di vetro che ha il fondo chiuso da un pezzo di tela su cui, prima della sostanza, si pone un poco di ovatta sgrassata: 2° il minore consumo di etere , senza che 1’ estrazione del grasso ne soffra, sia per la rapidità, come per l’esattezza. In questo estrattore l’etere, non potendosi raccogliere in grande quantità, come avviene in quello di Soxhlet, gocciola continuamente dal refrigeratore su la sostanza e da questa nel matraccetto, ottenendosi per tal modo P estrazione esatta e completa in meno di tre ore. !) Tollens. — Zeitschrift fiir anni. Chem. 14, pag. 82. -) Soxhlet. — Dingler s polyt. Journal 232, S. 461. f) Knofler. — Zeitschrift fiir analytische Chemie A 28, Wieshaden 1889. — 49 — Per tali ragioni a me pare che, pur ammirando V apparecchio di Soxhlet, quello del Tollens sia da preferirsi, specialmente poi potendo eliminare l’ inconveniente delle due appendici esterne. A tale scopo ho fatto la seguente modificazione all’ apparecchio del Tollens. A è un imbuto cilindrico di vetro lungo cm. 25 e largo cm. 5; B è un cilindro di vetro lungo cm. 17 e largo cm. 3 ; C è un tubo cavo di vetro lungo cm. 8 e largo 5 millimetri; D è un tubo di vetro lungo 9 cm. e largo 2 millimetri; E è un matraccetto di 60 cm. c. di capacità. 1/ estremità a del cilindro B si chiude fissandovi con filo nella scanalatura un pezzetto di tela che porta legato nel centro il tubo D , come mostra la figura 1. Quindi si pone in c un poco di ovatta sgrassata, al di sopra, nello spazio d, la sostanza pesata ed infine in e un altro strato di ovatta sgrassata. Il matraccetto non deve avere una capacità maggiore, altrimenti la pressione del vapor di etere impedisce o rallenta la caduta dell’ etere liquido, attraverso la tela, dal cilindro B nel matrac¬ cetto E. — 50 — Disposto 1’ apparecchio come mostra la figura 2, è facile com¬ prendere in die consista il meccanismo dell’ estrazione del grasso. L’ etere in vapore dal matraccetto E, come mostrano le freccie, passando per i due fori o ed o' ascende nel refrigeratore , donde liquido gocciola, attraverso il tubo C, in B su la sostanza ed in¬ fine ritorna nel matraccetto. Il tubo D serve per il caso in cui l’ aumentata pressione in E faccia raccogliere in e molto etere, il quale si scarica subito che il piccolo sifone è adescato. Con questo apparecchio ho estratto da gr. 10 di sostanza secca gr. 0,5462 di grasso in due ore impiegando solamente 10 cm. c. di etere. L’ apparecchio è talmente semplice che si può costruire in ogni laboratorio. Istituto d’ Igiene della R. Università di Napoli, maggio 1894. Sopra i microrganismi che più frequentemente ren¬ dono infette le fratture complicate sperimentali. Comunicazione 1) di D. B. Roncali. (Tornata del 27 maggio 1894) Nè agli antichi nè ai moderni Chirurgi è mai sfuggito il grave pericolo che accompagna le fratture complicate. Le fratture espo¬ ste furono sempre considerate un serio pericolo di vita e designate con infausto prognostico. Anche ai giorni nostri , quantunque si posseggano mezzi antisettici di non dubbia azione, una frattura esposta costantemente preoccupa il Chirurgo , per tutte quelle infezioni a cui il tessuto midollare comunicante coll’ ambiente esterno possa dare adito. In base a queste considerazioni, ho vo¬ luto studiare quali erano le infezioni e le lesioni ana- tomo - patologiche tanto macroscopiche quanto mi¬ croscopiche consecutive ad una frattura esposta e quali i microrganismi che le potevano produrre. Per questo studio, intrapreso nella Clinica Chirurgica di Ca¬ gliari diretta dal Prof. Biondi, ho scelto il coniglio ; a cui dopo praticata una frattura esposta in uno dei femori, seguendo tutte le norme prescritte dall’ asepsi , lo abbandonava a sè stesso nel giardino od in una stalla. I conigli con frattura del femore com¬ plicata costantemente morivano in tempi variabilissimi ; dopo di che li sezionava, ed osservate le lesioni anatomo-patologiche ma¬ croscopiche, faceva 1’ esame microscopico della raccolta del sito di frattura e del sangue degli organi ed in ultimo innestava, col sangue degli organi e cogli essudati, lastre di gelatina per la ri¬ cerca de’microrganismi aerobi e tubi con agar fusa col metodo del Sanfelice per l’ isolamento degli anaerobi. Dopo 24 a 48 ore osser¬ vava le lastre ed isolava i microrganismi che si erano sviluppati. In queste mie ricerche, ho sempre considerato quale produttore b Questa comunicazione è stata letta all’ll0 Congresso medico internazio¬ nale di Medicina in Roma, Aprile 1894. — 52 dell’ infezione, il microrganismo che aveva isolato dal sangue car¬ diaco o da quello degli organi degli animali morti per la frat¬ tura esposta e non già quello o quelli che aveva trovato nel sito di frattura, e ciò perchè in questo sito, per essere il midollo co¬ municante coll’ ambiente esterno, i microrganismi sono assai nu¬ merosi. Inoltre, i microrganismi isolati dal sangue degli organi di conigli morti di frattura complicata, li ho sempre inoculati in coltura pura in conigli e cavie sane, per vedere il nesso ecolo¬ gico che esisteva fra 1’ infezione osservata nel primo animale e quella artificialmente prodotta mercè l’ inoculazione nel secondo. Dal coniglio morto in seguito alla frattura esposta del femore, prendeva frammenti di tutti gli organi e frammentini di midollo, tanto del femore fratturato, quanto di quello sano e li fissava in sublimato; indi dopo induriti nelle solite serie di alcool, si colo¬ rivano in toto coll’ ematossilina iodica del Sanfelice , che ha il vantaggio di colorire anche i microrganismi, ovvero col litio-car¬ minio , o col carminio ammonio-magnesiaco del Sanfelice : o in sezioni , col liquido di Ehrlich o colla fucsina carbolica o col miscuglio di carminio litico ed ematossilina iodica del Sanfelice che dà doppie colorazioni. A scopo di diagnosi bacteriologica tal volta ho usato il metodo di colorazione alla Grana. Da queste mie ricerche che divisi in tredici capitoli ho tratto le conclusioni se¬ guenti. 1. Le fratture esposte, lasciate a sè stesse, generano infezioni che conducono a morte certa. 2. Le infezioni consecutive alle fratture esposte da me os¬ servate, sono state prodotte da uno de’ seguenti microparassiti: Bacillus oedematis maligni , Bacillus pseudoedematis maligni , Bacte- rium coli commane , Stapliglococcus pyogenes aureus e Streptococcus septicus. 3. Il Bacillus pseudoedematis maligni secondo che prende la via sanguigna o la linfatica nell’ invadere l’organismo animale, e subordinatamente alla quantità numerica dei suoi individui , può dare luogo ora ad infezioni acute ora ad infezioni croniche. 4. In quanto al loro decorso le infezioni osservate sono state: acute (Bacillus oedematis maligni , Bacillus pseudoedematis mali¬ gni)', acute miste (contemporanea presenza nel sangue del Ba¬ cillus oedematis maligni e del Bacillus pseudoedematis maligni ovvero del Bacillus oedematis maligni e dello Streptococcus septicus ) , subacute ( Bacterium coli commune, Bacillus pseudoedematis ma¬ ligni); croniche (Bacterium coli commune , Bacillus pseudoedematis maligni) e croniche miste (contemporanea presenza nel sangue — 53 — del Bacillus pseudoedematis maligni e dello Stapliylococcus pyogenes aureus). 5. Gli organi di conigli morti in seguito a frattura esposta del femore, in ordine alia gravità e frequenza delle loro altera¬ zioni anatomo-patologiclie, vanno così classificati. a) Midollo del femore fratturato, ove spesso ho tro¬ vato necrosi del tessuto e necrobiosi degli elementi cellulari nel sito della lesione ; di più, mieliti acute , mieliti suppurative con esito in fluidificazione purulenta di molta parte del tessuto, mie¬ liti croniche con esito in neoformazione di tessuto connettivale e qualche volta anche degenerazione amiloide del tessuto midollare. In questi midolli quasi costantemente ho osservato aumento dei corpuscoli di matrice dei globuli rossi sopra gli altri elementi del midollo, scomparsa delle areole di grasso e disfacimento de’mega- cariociti per opera degli elementi di matrice. b) Fegato nel quale ho veduto epatiti parenchimali con de¬ generazione grassa del tessuto dell’organo, epatiti suppurative, epa¬ titi interstiziali ed in qualche caso necrosi di intiere aree del tessuto del fegato. c) Milza che spesso ha rivelato intensi fatti di splenite acuta ; casi di splenite cronica con disfacimento delle giganto- cellule ne ho osservati parecchi. d) Reni i quali hanno rivelato notevoli fatti di nefrite pa- renchimale ed anche di nefrite interstiziale e talvolta anche di mortificazione estesa di lunghi tratti dell’ epitelio renale. e) Muscoli nei quali ho riscontrato gravi processi infìam- matorii ed in qualche caso ho trovato necrosi delle fibre per lun¬ ghissimi tratti, non che degenerazione ialina delle stesse. f) Intestini ove in pochi casi ho riscontrato forte iperemia con gravi ulcerazioni e mortificazione di intieri tratti di tes¬ suto. g) Vasi e ghiandole linfatiche, i quali sovente si sono trovati colpiti da intensi processi flogistici tanto acuti quanto cronici, di più in alcune di queste ghiandole ho osservato anche una considerevole distruzione delle cellule giganti. li) Cuore, polmoni e cervello; in questi organi in gene¬ rale ho avuto agio di osservare fatti flogistici poco notevoli , se si eccettuino i polmoni nei quali in pochi casi si sono osservati intensi fatti infìammatorii ed in un caso, trombi nei capillari dello stesso organo , ed il cervello , nel quale , in due casi, ho avuto genuine encefaliti. — 54 — 6. Spesso nel midollo del femore sano, in quello della tibia, nella milza e nelle ghiandole linfatiche si vede aumentato il loro tessuto linfoide e si trovano questi organi in un periodo iperfun- zionante; insomma si nota che hanno assunto una funzione vicariante per sopperire all’ematopoesi rimasta fortemente di¬ sturbata per la lesione del midollo del femore fratturato. 7. Il Bacillus pseudoedematis maligni ed il Bacillus coli com- munis , allorquando producono negli animali infiammazioni croni¬ che , la morte di questi è più che altro da attribuirsi all’ azione tossica de’ prodotti di secrezione di questi due microparassiti, in base al fatto, che in questi casi, l’esame istologico, rivela negli or¬ gani , considerevole cromatolisi, tanto de’ nuclei delle cel lule fìsse, quanto di quelli delle cellule mobili. Una forma non comune di Adenoma della mammella — Nota di M. Jatta. (Tav. I). (Tornata del 17 Giugno 1894) Raccogliendo dei tumori per uso di studio , è capitata sotto la mia osservazione una forma abbastanza rara di adenoma della mammella , clie lio creduto non del tutto priva d’ interesse e quindi degna di una breve illustrazione. — E qui ringrazio il mio amico dottor R. Cotugno, che mi ha fornito il tumore e mi ha pro¬ curata la storia clinica dell’ inferma ricoverata nell’ Ospedale de¬ gl’incurabili e quivi operata nella primavera del 1892. Mi son deciso a pubblicare questo caso di adenoma della glan¬ dola mammaria per diverse ragioni: l.°) per la non comune strut¬ tura istologica del tumore; 2.°) per 1’ anormale decorso clinico che esso ha assunto durante la gravidanza e dopo il parto ; 3.°) per alcune considerazioni a cui esso può dar luogo. Riferisco della storia clinica dell’ inferma ciò che direttameute riguarda il tumore. Concetta Mangione di anni 20, da Napoli, maritata , assicura che nessuna malattia gentilizia esiste nella sua famiglia: ha geni¬ tori e fratelli in ottima salute. — Nel marzo scorso partorì e il giorno dopo fu affetta da febbre. Ma ciò che principalmente c’interessa è il fatto, che , cinque anni or sono , l’ inferma si accorse di un corpo anormale nella mammella destra, il quale era grosso quanto una noce, mobile e duro: esso non le dava dolore nè alcun altro disturbo. — Andata questa donna a marito ed, essendosi il tumore aumentato un poco di volume, fu consultato un medico, che con¬ sigliò 1’ operazione da eseguirsi dopo il parto, trovandosi la donna già incinta. Pochi giorni dopo il parto, l’ inferma si accorse che altri tu¬ mori simili al primo erano comparsi nella stessa mammella (la destra). Esame fisico. — All’ ispezione la mammella destra si mostra un po’ difforme, osservandosi alla parte supero-esterna di essa un tumore bitorzoluto. Il capezzolo è spianato (non retratto) in modo da non restarne quasi traccia; 1’ areola è più pigmentata. La pelle è marezzata di vene appariscenti. — 56 — Alla palpazione si percepisce nella parte supero-esterna della mammella un tumore bernoccoluto , di consistenza in generale elastica ; ma che in alcuni punti lascia rilevare una chiara flut¬ tuazione — Esso è quanto un uovo di pollo, spostabile in tutti i sensi e scorrevole sotto la cute. Sembra fatto di due parti ben distinte. — Nella parte infero-interna della stessa mammella si os¬ servano altri due tumori, più piccoli, ma del tutto simili all’altro. Il sistema linfatico è integro. — Solamente il connettivo cel- lulo-adiposo posto al limite esterno della glandola mammaria si sente come se fosse infiltrato. L’ inferma non accusa dolore, nè altra molestia. Tutto il parenchima della glandola è aumentato di consi¬ stenza. Fu fatta diagnosi di sarcoma e per conseguenza fu eseguita l’ intera asportazione della mammella. Nella certezza che realmente si fosse trattato di una comune forma di sarcoma, non ho osservato la mammella asportata con molta diligenza e accuratezza. Al taglio si notavano nel paren¬ chima sclerotico della glandola mammaria dei noduli della gros¬ sezza di un cece, di un’ avellana, fino a quella di una grossa noce, di colorito biancastro, di consistenza midollare. Qua e là vi erano anche delle cavità cistiche, ripiene di un liquido denso, lattiginoso, simile a pus. Esame microscopico. — Sono stati fissati pezzettini di tumore nell’ alcool assoluto e sottoposti ai comuni metodi di colorazione. Esclusa a prima vista ogni idea di sarcoma e riportato que¬ sto nostro tumore per la sua struttura e per gli elementi cellu¬ lari che lo costituivano nella categoria dei tumori epiteliali , oc¬ corse un esame più minuto per distinguerlo dal cancro e classi¬ ficarlo tra gli adenomi. I noduli ( fìg. 1 ) , osservati a piccolo ingrandimento , si mo¬ strano circondati da fitto tessuto connettivo (b), ricco di elementi cellulari , il quale forma una vera e tenace capsula , che limita nettamente il nodulo neoplastico del tessuto circostante. Gittate di tessuto connettivo (c) partono da questa capsula e penetrano nel nodulo, dividendolo in numerosi lobuli di grandezza e forma diversa. Tra le maglie di tessuto connettivo si nota una grande quan¬ tità di elementi epiteliali, che mostrano una disposizione e una forma del tutto irregolare e incostante: in alcuni punti (a) sono disposti in uno strato unico e hanno una forma cilindrica, dando così origine a formazioni, che ricordano i normali dotti della glan- — 57 — dola; in alcuni punti (ed è il caso più frequente) sono disposti in più strati, hanno una forma del tutto irregolare e formano qua e là vere escrescenze papillomatose (d): in altri punti invece hanno una forma più o meno appiattita e riempiono completamente le maglie connettivali (e). In generale gli elementi cellulari nel nostro tumore sono così irregolarmente disposti, in sì gran numero gli uni addossati agli altri, ed hanno una forma così irregolare ed incostante, che esso, anche osservato a piccolo ingrandimento, può essere allontanato dalle ordinarie forme di adenomi della mammella. Osservati i preparati a più forte ingrandimento, si può ancora meglio valutare il modo irregolare di aggrupparsi degli elementi cellulari e la forma diversa e incostante che essi assumono. Gli elementi cellulari di questo tumore meritano una più mi¬ nuta descrizione, In generale essi hanno contorni irregolari, pro¬ toplasma granuloso e sono provvisti di un grosso nucleo vesci¬ colare con uno o più nucleoli. Non hanno una forma costante e se ne togli qualche tipico dotto glandolare in cui mostrano una forma cilindrica e sono disposti regolarmente tra loro (fig. 2), in generale hanno forma diversa e si vedono disposti in modo del tutto irregolare. La polimorfìa degli elementi cellulari in questa neoformazione è molto notevole : vicino a una grossa cellula ro¬ tonda si nota una cellula cilindrica: accanto a una voluminosa cellula cuboide si trova una cellula allungata : qui una cellula irregolare, lì una cellula ampolliforme. Nella figura 3 ho cercato di disegnarne i tipi principali e i disegni di questi varranno a di¬ mostrare meglio che qualunque descrizione la grande variabilità di forme che presentano le cellule di questo tumore. E qui accennerò brevemente, come la grande polimorfìa degli elementi cellulari, la grande irregolarità nella loro disposizione e la loro lussureggiante proliferazione da una parte, e dall’ altra lo sforzo di una gran quantità di autori in questi ultimi tempi di attribuire una natura parassitaria a molte neoplasie, e specialmente un lavoro di Kiirsteiner 1), il quale in tre cancri villosi della vescica e in un cancro papillomatoso dell’ utero ha trovato elementi del tutto simili a quelli descritti dagli autori come sporozoi parassiti del cancro, mi hanno spinto a cercare se anche in questo tumore si notassero simili elementi. Ho tentato quindi i diversi metodi fi Kiirsteiner — Beitrage zur pathol. Anatomie der Papillome und pap illomatòsen Krebse von Harnblase und Uterus. — Virch. Ardi. Bel. 130-1892. 58 — proposti per mettere in evidenza questi voluti parassiti ; ma nè con tali metodi speciali, nè coi metodi ordinari di colorazione lio potuto constatare la presenza di tali elementi nelle cellule del tumore. Genesi del tumore. — Sua natura. — Non ostante che que¬ sto tumore si allontani tanto per la sua struttura istologica dal tipo glandolare, pure studiandone diversi tagli mi è riuscito rico¬ stituire il suo modo di sviluppo : e siccome in esso ho trovato ripetuto il modo di formazione delle glandole nel loro periodo embrionale, ho creduto trovare in questo fatto una prova incon¬ testabile per riportare questo tumore nella categoria degli ade¬ nomi. Specialmente in tagli ottenuti dalla periferia dei noduli mi è riuscito di colpire diverse fasi di sviluppo del tumore e ho potuto vedere come da cordoni epiteliali pieni si formino , per vacuolizzazione centrale, dotti glandolari e per proliferazione di questi, veri follicoli. Nella figura 4 ho disegnato un cordone cellulare pieno , co¬ stituito da cellule grosse, appiattite, poligonali, con protoplasma granuloso e grosso nucleo vescicolare, sostenute da tessuto con¬ nettivo ricco di elementi cellulari. Questi cordoni pieni, mediante un processo di disgregamento delle cellule centrali, a poco a poco diventano cavi: così nella figura 5 si nota appunto un cordone cel¬ lulare, che ha acquistato un lume centrale, in cui si nota ancora qualche nucleo e un fine reticolo, residuo delle cellule scomparse. Le cellule hanno una forma irregolare e sono disposte in più strati; ma riducendosi sempre più le cellule centrali, si arriva alla formazione di un dotto glandolare tipico , costituito da un solo strato di cellule cilindriche, disposte regolarmente e sostenute da un tessuto connettivo ricco di elementi cellulari (fig. 2). La figura 6 mostra come da un dotto possano formarsi degli altri, che dapprima comunicano col dotto principale , in seguito ne sono separati da uno strato di cellule sostenute da scarso connettivo. Dai dotti glandolari con un processo del tutto simile a quello, che avviene nella formazione embrionale delle glandole , si for¬ mano dei veri follicoli glandolari (fig. 7). Essi sono costituiti da grosse cellule, di forma irregolare, addossate le une alle altre, che riempiono degli spazii rotondeggianti, limitati da un tessuto con¬ nettivo ricco in elementi cellulari (fig. 8). Che se tali formazioni tipiche di dotti e follicoli glandolari non possono dimostrarsi in tutti i punti del tumore (specialmente nelle parti centrali) ciò deve con grande probabilità attribuirsi 59 — al corso tumultuario che il tumore ha assunto negli ultimi tempi, per cui le cellule proliferando fortemente sono state costrette ad addossarsi in vario modo tra loro e quindi hanno dato origine a formazioni che si allontanano più o meno dalle forme tipiche. Non entrerò qui nella grave questione sollevata da alcuni autori sulla definizione dell’ adenoma, non potendo da un sol caso tirare alcuna seria conclusione su questo riguardo. Ricorderò so¬ lamente, come il Dreyfuss v) dopo di aver notato che di tutti gli autori tedeschi, francesi e inglesi, avendo accuratamente riscon¬ trato la letteratura, il solo Billroth 2) ha descritto un vero ade¬ noma della mammella, ne descrive il secondo. Benché seguendo i criteri che hanno spinto il Dreyfuss nella definizione del vero adenoma della mammella, che secondo lui è uno dei più rari tu¬ mori della glandola mammaria, il tumore da me descritto, ripe¬ tendo il tipo embrionale di formazione glandolare , potesse rien¬ trare terzo nella categoria dei veri adenomi; pure io mi astengo da qualsiasi opinione, perchè, ripeto, per tirare qualche conclu¬ sione sul riguardo è necessario un accurato studio comparativo di una grande quantità di quei tumori classificati come adenomi, libro adenomi, cistomi papilliferi del Leser 3) , e policistomi del Dreyfuss 4). Osservazioni. — Ed ora poche osservazioni. Prima di ogni altra cosa si deve notare, come del tutto strano e anormale è il decorso clinico, che ha presentato questo adeno¬ ma. Restato quasi stazionario per cinque anni , non appena la donna andò a marito e divenne madre , il tumore acquistò tale corso rapido e si aumentò di volume con tanta celerità , che il clinico fece diagnosi di sarcoma e amputò la mammella. Senza entrare nella grave questione della malignità e beni¬ gnità dei tumori, qui noto solamente la grande influenza che ha avuto sull’ulteriore decorso del tumore l’entrare in funzione della mammella: e come è fuori dubbio che il maggiore afflusso sangui¬ gno 5) determinato nella mammella dall’entrare di questa in funzio¬ ne ha agito sul decorso ulteriore del tumore, aumentando forse, 1) Dreyfuss — Zur pathol. Anatomie der Brustdrtise. — Virch. Arch. Bd. 113— pag. 538. 2) Billroth — Langenbeck's Ardi. Bd. VII; e Virch. Ardi. Bd. 18. 3) E. Leser — Beitràgezurpath. Anat. d. Geschwulsted. Brust druse. — Ziegler ’s Beitràge ec. 1887-88 2° voi. 4) Dreyfuss 1. c. 5) Cohnheim — Lezioni di Patologia generale — Voi. l.° pag. 531— ( Trad . it. di Napolitani). — 60 — come vuole lo Ziegler J) l’impulso di accrescimento nelle cellule del neoplasma. Ed un altro ammaestramento possiamo ancora trarre dalla struttura istologica di questo adenoma. In generale si dà una grande importanza alla forma delle cellule nei tumori e come ca¬ rattere specifico della cellula cancerigna si ritiene la sua polimor- fìa e irregolarità. Ed a questo proposito mi piace di ricordare , come 1’ Adamkiewicz 2) recentemente in un suo lavoro sul cancro lia dato tale importanza alla disposizione ed alla forma delle cel¬ lule, da credersi autorizzato a negare alle cellule del cancro ogni carattere epiteliale, appunto per la loro disposizione irregolare e la diversità della loro forma. La struttura di questo adenoma ci mostra quanto sia privo di ogni fondamento tale opinione. E deve essere così. La cellula , e specialmente la cellula epiteliale, non ha una forma caratteri¬ stica e costante; ma assume forme diverse secondo le diverse con¬ dizioni di pressione e di aggruppamento in cui si trova. Nel can¬ cro in generale assumono le cellule forme diverse e irregolari , perchè la proliferazione è grandissima e le cellule si addossano e si comprimono a vicenda in vario modo. Nell’ adenoma invece, ove la proliferazione è più lenta e più regolare, le cellule si di¬ spongono regolarmente e assumono una forma più omogenea. Ma datemi, come nel caso nostro, un adenoma, ove la proliferazione cellulare sia lussureggiante e tumultuaria e col modo irregolare di disposizione e di aggruppamento delle cellule si spiegherà fa¬ cilmente la loro polimorfia. E finalmente lo studio di questo adenoma ci mostra ancora una volta, che non sempre è possibile dalla struttura istologica distinguere un cancro da un adenoma: ma che finora una distin¬ zione esatta è solamente possibile basandola sul modo di svilup¬ parsi del tumore. Al prof. L. Armanni , che ha richiamato 1’ attenzione mia su questa forma non comune di adenoma della mammella e che mi è stato largo di aiuto nell’ illustrarla, rendo i miei più vivi rin¬ graziamenti. Istituto anatonomo-patologico dell’ Ospedale degli Incurabili diretto dal prof. Armanni — Napoli, luglio 1893. J) Ziegler — Ueber die Ursachen der pathologischen Gewebs- neubildungen. — Internationale Beitrdge zur loissenschaftlichen Medichi Bel. 2° Virchows-Festschrift. 2) Adamkiewicz — Untersucliungen iib. den Krebs un das Pr incip seiner Beliandlung. — Wien und Leipzig 1893. — 61 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1 — Nodulo del tumore visto a piccolo ingrandimento. » 2 — - Dotto glandulare visto a forte ingrandimento. » 3 — Tipi di cellule che costituiscono i noduli neoplastici. » 4 — Cordone cellulare pieno. » 5 — Cordone cellulare nel cui centro si è formato un lume. » G — Dotto glandulare da cui sono formati altri dotti. » 7 — Dotto glandolare da cui si originano dei follicoli. » 8 — Follicolo glandolare a forte ingrandimento. Contribuzione allo studio del sistema digerente degli Artropodi — Sull’intima struttura del tubo digerente dei Miriapodi (Chilognati). — Memoria di 0. Visart. (Tav. Il e III). (Tornata del dì 8 Luglio 1894). Letteratura. — Faccio precedere questo studio da qualche cen¬ no bibliografico, e sarò breve per necessità ; poiché i lavori spe¬ ciali che trattano dell’ intima struttura del tubo digerente dei Miriapodi si riducono a poca cosa. Cito la bella memoria del Bai- Inani *) sul tubo digerente dei Gryptops (Chilopodi). In questo la¬ voro l’autore porta un numero di osservazioni nuove sulla minuta struttura dell’apparato digerente. Ma se il bagaglio bibliografico è così leggiero per quello che riguarda in modo speciale i Mi¬ riapodi, non così è per gli altri Artropodi. In questi ultimi anni sono state fatte un certo numero di ricerche istologiche su parecchi gruppi di Artropodi, e questi la¬ vori vennero da me diligentemente studiati. Nella bibliografìa ho notato tutti quei lavori, che direttamente od indirettamente hanno relazione coll’argomento. Voglio qui solamente rammentare tra i più importanti , il pregevolissimo studio del Mingazzini 2) sul tubo digerente delle larve e degli insetti perfetti dei Lamellicorni litofagi , studio nel quale si raccolgono osservazioni nuove sulla attività glandulare del mesointestino. Negli Ortotteri , per non citare che i più recenti, farò parola dei lavori del Wilde, 3) del Faussek 4) e di un mio recente la- Ù Balbiàni. Etude sur le tube digestif des Cryptops— Archiv. de Zoologie Experim. Anne ; 1890 N. 1. 2) Mingazzini. Ricerche sul tubo digerente delle larve e degli in¬ setti perfetti dei Lamellicorni litofagi — Mittlieil. aus d. Zool Station zu Neapel IX. 3) Wilde — Untersuch. iiber den Ivaumagen der Orthopteren. Ar¬ chili. fur Naturgeschichte 1877. 4) Faussek— Histologie des Darmkanals d. Ins. — Zeitschr fur Wiss. Zool. XLV 1887. — 63 — voro x). Fra i lavori generali, va ricordato quello del Frenzel sul¬ l’epitelio del mesointestino degl’ insetti. Questo lavoro, condotto con serii criteri scientifici, contiene però molti risultati che ricerche più recenti hanno modificato al¬ quanto. PARTE I. Descrizione generale del tubo digerente nei chilognati Il tubo digerente percorre in linea retta tutta la lunghezza del corpo dell’ animale ; sola eccezione a questa regola fanno i Glomeris , nei quali l’ intestino , immediatamente dopo lo sbocco dei tubi malpigliiani , si ripiega bruscamente formando un’ ansa ascendente, che rimonta circa fino alla metà della lunghezza del¬ l'animale, indi ridiscende formando un’ansa discendente fino al¬ l’apertura anale. Il tubo digerente dei Miriapodi si può dividere in tre por¬ zioni distinte, alle quali conviene dare le denominazioni di proin¬ testino, mesointestino, postintestino, evitando i nomi di ingluvie o gozzo, ventricolo chilifero, intestino tenue e crasso, retto, poi¬ ché queste denominazioni, oltre ad essere poco esatte, trascinano seco omologie tutt’altro che conformi alla realtà. Il prointestino consiste generalmente in un corto tubo , che si immette insensibilmente nel mesointestino , senza che gene¬ ralmente appaia esternamente traccia del passaggio di una parte nell’altra. Qualche volta esso appare rigonfio, ma ciò dipende da sostanze alimentari che no distendono le pareti ; appena queste sono passate nel mesointestino , questa gonfiezza sparisce e il prointestino assume l’aspetto di un piccolo tubo isodiametrico. Mai quindi questa prima parte può meritare nei Miriapodi la denominazione di ingluvie o gozzo, che in altri Artropodi, per esempio negli Ortotteri, può in qualche modo essere giustificata, trattandosi in questo caso di un vero serbatoio delle sostanze a- limentari. Un limite tra il prointestino ed il mesointestino non è facilmente distinguibile all’esterno. All’ esame microscopico ap¬ parisce nettamente il passaggio da una parte nell’altra, stante le x) Visart 0.— Contribuz. allo studio del tubo diger. degli Artro¬ podi. Ricerche istol. e fisiol. sul tubo diger. d. Ortotteri. Atti d. Soc. Toscana di Se. Nat. — Memorie , Voi. XIII. 1892. - 64 — differenze radicali degli elementi cellulari della mucosa delle due parti. Il limite inferiore del mesointestino è dato dal punto ove sboc¬ cano i tubi malpigbiani. Le specie di questo gruppo che mi hanno servito come mate¬ riale di studio sono le seguenti : — Julus flavi pes C. Koch — Lysio- petalum carinatum Brandt? — Glomeris pustulata Latr. — Tropisoma sp. ? — Polydesmus complanatus L. Passo alla descrizione del tubo digerente delle specie di Chi- lognati che ho citate. Descrizione del tubo digerente del Jidus flavipes ( figura 4 ). Il tubo digerente decorre in linea retta dalla bocca all’ano, e può raggiungere la lunghezza di sei ed anche sette centimetri, lun¬ ghezza dell’animale. Prendendo un individuo di media grandezza, lungo cioè cin¬ que centimetri, avremo le seguenti proporzioni nelle parti del tu¬ bo digerente. Prointestino, lunghezza millimetri 5 Mesointestino » » 20 Postintestino » » 25 Lunghezza totale millimetri 50 Da questo prospetto vediamo che il prointestino è un deci¬ mo della lunghezza totale delfintestino, ed il postintestino è in lunghezza la metà del tubo digerente. Nei Lysiopetalum , ( vedi fig. 2 ) le proporzioni sono le se¬ guenti : Prointestino millimetri 9 Mesointestino » 40 Postintestino » 14 Lunghezza totale millimetri 72 Da questo prospetto si vede che il tubo digerente dei Lysio¬ petalum , differisce da quello dei Julidi e dei Glomeris , essendo il mesointestino la parte più lunga del tubo digerente. Inoltre, co¬ me si vede nella figura, il postintestino non ha aspetto sacciforme come nei Jidiis, ma è sottile e meno lungo proporzionalmente. Il tubo digerente degli Stronyylosoma e dei Polydesmus (figu¬ ra 3) somiglia moltissimo a quello di Julus. Ometto quindi di darne una descrizione speciale. Il tubo digerente dei Glomeris è notevolmente differente da quello degli altri tipi di Chilognati non solo , ma di tutti i Mi- riapodi; questa famiglia sola ci presenta il fatto di anse intesti¬ nali ascendenti e discendenti (figura 1). E passo alla descrizione dell’intestino di Glomeris pustidata che mi servì di materiale di ricerca. Abbiamo dapprima un brevissimo esofago ( fig. 1 Pr. I ) il quale insensibilmente passa nel mesointestino. Il mesointestino (fig. 1 MI) ha aspetto sacciforme e si restringe piano piano nella sua parte posteriore. Il limite inferiore del mesointestino non è il punto di sbocco dei tubi malpigliiani , come avviene general¬ mente in tutti gli insetti, ma il passaggio da esso nel postinte¬ stino si verifica circa un millimetro e mezzo prima di questo punto. All’esterno questo limite corrisponde ad un restringimento mar¬ catissimo del tubo digerente (figura 1). I tubi malpighiani si tro¬ vano quindi tanto al di sopra che al di sotto circondati dall’epi¬ telio caratteristico del postintestino, e si vede chiaramente , che essi risultano dall’ estroflessione delle cellule della mucosa del postintestino, fatto che del resto è confermato dallo sviluppo em- brioniale del tubo digerente degli Artropodi. Il postintestino dei Glomeris , a differenza di quello degli al¬ tri Miriapodi, è lunghissimo, e più del doppio del prointestino e del mesointestino presi assieme. La lunghezza media del tubo digerente presa su 40 individui appartenenti alla specie Glomeris pustulata è di 22-23 1/z milli¬ metri ed il rapporto delle varie parti fra loro è quello che rap¬ presento in questo prospetto: Prointestino millimetri 2 Mesointestino » 4 1/^ Postintestino » 17 Lunghezza totale millimetri 23 1/^ Caratteristico del tubo digerente dei Glomeris è il fatto , che il postintestino possiede un’ansa o ripiegatura, fatto esclusivo nei Glomeris , poiché in tutti gli altri Miriapodi il tubo digerente percorre in linea retta tutta la lunghezza del corpo dell’animale. Il tubo digerente arrivato in fondo al corpo si ripiega brusca¬ mente e costituisce un’ ansa ascendente che sale fino alla metà e più della lunghezza dell’ animale , indi ridiscende in linea retta fino all’apertura anale. In prossimità dell’apertura anale, esiste un serbatoio stercorale (Fig. 15) al quale fa seguito un brevissimo tratto isodiametrico che mette capo all'apertura anale. — 66 — PARTE IL DESCRIZIONE MINUTA DEL TUBO DIGERENTE DEI CHILOGNATI Rivestimento di cellule adipose del tubo digerente. — Una parti¬ colarità caratteristica elei tubo digerente dei Cliilognati è la pre¬ senza allo esterno di esso di un rivestimento di cellule, le quali per la natura del loro contenuto (goccie d’olio, di grasso) mi sem¬ bra debbano ascriversi al tipo delle cellule adipose (Fig. 7 R. c. ad — Fig. 8 c. ad. — Fig. 13 R. c. ad — Fig. 12, 14 R. c. ad). Questo rivestimento comincia nella prima parte del prointestino e si estende, non interrotto, fino allo sbocco dei tubi malpigliiani, o poco più oltre. Il massimo spessore di questo strato di cellule si osserva nel prointestino, e precisamente nella regione della val¬ vola cardiaca (Fig. 12 R. c. ad). Nella prima parte del mesoin- testino si riduce ad una sola assise di cellule rotondeggianti (Fig. 8 c. ad) , poscia si inspessisce in vicinanza della valvola pilorica (Fig. 7 R c. ad, Fig. 14 R. c. ad) per finire gradatamente assotti¬ gliandosi in prossimità o subito dopo lo sbocco dei tubi malpi- ghiani. Questo rivestimento non è libero, ma è mantenuto fortemente aderente al tubo digerente, mediante dei fasci di muscoli (Fig. 12 mi") longitudinali esterni, che sono derivazioni di fasci longitudi¬ nali interni. Questa connessione è tanto intima, che estraendo il tubo dige¬ rente di un Chilognato riesce molto difficile staccare questa tunica senza lacerare le pareti dell' intestino. I muscoli che abbracciano esternamente questo strato di cellule hanno evidentemente l’ufficio di mantenere questa intima connes¬ sione; poiché ove le cellule adipose finiscono (Fig. 14 B), essi pure si fondono coi muscoli longitudinali sottostanti (Fig. 14 mi) dai quali provenivano. Decorso delle tuniche muscolari. — Dirò qui sole due parole sul decorso generale dei fasci muscolari nei Cliilognati. Onde farsi una idea complessiva del decorso di essi basterà uno sguardo alle li¬ gure 12 e 14. Queste figure, disegnate in base ad un buon numero di prepa¬ rati, sono scrupolosamente esatte e rispondenti al vero. Nel primissimo tratto esofageo racchiuso nel capo abbiamo un solo strato primitivo di muscoli longitudinali. Questo strato si di¬ vide però subito nel prointestino in tre secondari, che sono, par- — 67 — tendo dall’ interno : uno strato di lasci piuttosto sottili rispetto agli altri , che sta immediatamente sotto la tunica propria (Fig. 12 mi) , ed uno che sta sotto il rivestimento adiposo (Fig. 12). Questi due strati comprendono tra di loro un potente strato di muscoli trasversali posti nella regione della valvola cardiaca, fun¬ zionanti da sfintere muscolare (Fig. 12, 13 m. tr). I fasci longitudinali dei due strati di cui ho fatto parola non continuano divisi nel mesointestino ; ma nel punto corrispondente al passaggio del prointestino nel mesointestino (Fig. 12 A), punto caratterizzato dal brusco transito delle cellule chitinogene all’epi¬ telio del mesointestino , si fondono assieme e così uniti vanno a costituire la tonaca dei muscoli longitudinali interni del mesoin¬ testino. (Fig. 12, 13, 14 mi). Finalmente un terzo strato di muscoli (Fig. 12, 8 mi") percorre tutto il prointestino ed il mesointestino mantenendosi esterna¬ mente al rivestimento adiposo. Questo strato di muscoli consta di grossi fasci in numero molto minore di quelli che compongono le altre tonache. Essi sono intimamente aderenti al rivestimento adiposo mediante espansioni filiformi e laminari (Fig. 8 s) del loro sarcolemma che li ravvolgono, e ravvolgono pure tutto il tubo di¬ gerente allo esterno. Queste briglie di sarcolemma dei muscoli esterni costituiscono un rivestimento a guisa di una trama intricata o maglia di fili incrociantisi in tutti i sensi. Questa particolare struttura non è stata finora rilevata, a mio sapere, da nessuno degli autori che si sono occupati dell’ anatomia minuta degli Insetti. Io 1’ ho verifi¬ cata nelle tre parti del tubo digerente non solo dei Miriapodi ma anche negli Ortotteri 1), in numerose specie di Coleotteri, (Harpalus, Fer onici, Pterostichus) e nei Lepidotteri (Pieris crataegi). Questo reticolo intricato serve mirabilmente a tenere collegati gli strati muscolari del tubo digerente, e sta in luogo di una vera sierosa. Che poi si tratti realmente del sarcolemma dei muscoli e non di un’altra membrana connettivale, lo dimostra il fatto che dissociando le fibre del fascio, si scorge il sarcolemma delle fibre e del fascio intiero in continuità fra di loro e colle espansioni che vengono a costituire l’ invoglio di cui ho parlato. Ma v’è di più. Queste briglie insinuandosi tra le cellule del ri- vestimento adiposo, vanno ad attaccarsi ai muscoli degli strati più interni e conferiscono così grande compattezza alle pareti del tnbo digerente. Ù Vis art O. — Op. cit. — 68 — Nel postintestino abbiamo clue soli strati di muscoli. Lo strato interno dei muscoli trasversali acquista un notevole spessore nella regione della valvola pilorica (Fig. 14) ; lo strato esterno dei mu¬ scoli longitudinali (Fig. 16 mi) non consta come nel mesointestino di un sol fascio ma di due o tre grossi fasci , i quali mandano delle numerose e fine diramazioni che vanno ad inserirsi sui mu¬ scoli trasversali e sulla tunica propria. Passo ora a dire qualche cosa sulla minuta struttura delle tre parti dell’ intestino nei Chilognati scelti come materiale di studio. Prointestino — 11 prointestino dei Chilognati è rappresentato da un corto tubo quasi isodiametricó. I suoi limiti inferiori col mesointestino non possono essere precisati dietro semplice osser¬ vazione esterna, non esistendo tracce visibili all’esterno del pas¬ saggio di una parte nell’altra. Il prointestino non è generalmente che 1/8 - '/io dell’intiera lunghezza del tubo digerente. Esso si in¬ vagina abbastanza, profondamente nel mesointestino (fig. 12) in tutte le specie da me osservate. Se noi pratichiamo un taglio trasversale attraverso la valvola cardiaca ci si presentano dall’ interno all'esterno i seguenti strati: 1) l’ intima cliitinica ; 2) lo strato delle cellule di matrice ; 3) la tunica propria ; 4) un primo strato di muscoli longitudinali ; 5) un forte strato di muscoli anulari trasversali ; 6) uno strato di muscoli longitudinali ; 7) il rivestimento delle cellule adipose ; 8) uno strato di pochi ma grossi fasci di muscoli longi¬ tudinali. L’ intima chitinica (Fig. 12, 13, 15 cut) è molto rilevante nel genere Julus, ma non è ricoperta da quelle poderose vegetazioni chitiniche caratteristiche degli 'Ortotteri ; nei Chilognati essa è tra¬ sparente, e solo in alcune specie di Julus è leggermente seghet¬ tata e ricoperta da finissime e gracili spine. Osservando con forti ingrandimenti l’intima, essa apparisce co¬ me solcata da finissime strie ondulatorie, sovrapposte le une alle altre. Questa caratteristica struttura ci addimostra che la deposi¬ zione della chitina, per parte delle cellule di matrice, avviene per successiva deposizione di strati. Ho osservato questa struttura ca¬ ratteristica anche negli Ortotteri x) nei Coleotteri e Lepidotteri. p 0. Vis art. Op. cit. 69 — Le cellule della matrice chitinogena (Fig. 12, 13, 15 cm) hanno forma regolarissima cilindrica ; esse ripiegandosi ripetutamente al- l’ interno vengono a costituire sei setti, che nel loro assieme co¬ stituiscono la valvola cardiaca. Questi setti, sotto fazione di forti muscoli trasversali, costituenti un vero sfintere muscolare , possono avvicinarsi talmente da oc¬ cludere completamente il lume intestinale , ed impedire quindi il passaggio delle sostanze alimentari dal prointestino nel mesoin- testino. Al disotto dello strato di cellule di matrice abbiamo la tunica propria, membrana di natura connettivale che forma il sostegno delle cellule di matrice. Essa ha l’aspetto di una membrana sem¬ plice, e segue l’epitelio, in tutte le sue introflessioni. A differenza di quello che vedremo nell’ultimo tratto del mesointestino e nel postintestino, ove essa si scompone in fibre numerose, nel proin- testino merita realmente il nome di membrana conservandosi sem¬ plice per tutto questo tratto. Si mostra tenacemente refrattaria a colorirsi , anche in presenza delle sostanze coloranti più efficaci (carminio boracico, colori d’anilina). Proseguendo verso l’esterno, incontriamo un primo strato di mu¬ scoli longitudinali disposti in fascetti piuttosto esili ma numerosi e raggruppati in ammassi nei punti ove la ripiegatura dell’epi¬ telio forma un insenatura (Fig. 13, 15 mi). Frammisti ai muscoli longitudinali si osservano numerose trachee (Fig. 15 tr), le quali però, per quanto mi consta, si arrestano quivi e non attraversano la tunica propria, la quale è assolutamente imperforata , come ho potuto constatare isolandola dagli strati circostanti. Più esternamente abbiamo lo strato dei muscoli trasversali, i quali, deboli nella parte anteriore del prointestino, acquistano un notevole spessore in corrispondenza della valvola cardiaca; e si comprende che ciò sia, poiché ad essi precipuamente è affidata l’azione sfìnterica della valvola cardiaca. Tutti i muscoli, tanto del prointestino come delle altre parti del tubo digerente sono striati, nè credo , che muscoli lisci esi¬ stano neirintestino dei Miriapodi. Spesso avviene di incontrare fasci di muscoli che sembrano lisci. Ritengo che questi muscoli non sono realmente lisci , ma che, questo modo di presentarsi dipenda da artifizio causato dalle numerose manipolazioni che ha subito il pezzo ; prova di questo è il fatto, che tagli fatti nella medesima parte in altri individui non lasciano menomamente intravedere muscoli lisci. 70 — Molti autori negano assolutamente, che muscoli lisci esistano nell’intestino dell’intiera classe degli Insetti. Di questa opinione non è il Mingazzini *) che avrebbe osservato fibre lisce nell’inte¬ stino delle larve dei Lamellicorni litofagi. Nei Chilognati ed anche in alcune specie di Chilopodi (Sco¬ lopendra, Geophilus) che ho studiate non mi venne mai fatto di dimostrare con sicurezza la presenza di fibre lisce neirintestino. Continuando nella descrizione degli strati, abbiamo più ester¬ namente, il rivestimento di cellule adipose. Esse costituiscono in questo punto degli agglomeramene digitati di cellule (Fig. 13 R. c. ad.). Sono grandi cellule rotondeggianti o tutt’al più leggermente poligonali per compressione reciproca. Contengono grossi nuclei , nei quali si vede chiaramente il nucleolo, e sono ripiene di gocce oleose. Dissociando queste cellule e trattandole collo xilolo le sostanze oleose si sciolgono e si an¬ neriscono colf acido osmico; ciò prova che sono di natura grassa. Particolarità degna di nota di queste cellule, è che, mentre le cellule epiteliali si colorano con grande facilità ed intensa¬ mente col carminio boracico , esse molto difficilmente si colo¬ rano e generalmente solo i nuclei in rosa pallidissimo , mentre il loro protoplasma si mostra restio a colorarsi. In una prepara¬ zione convenientemente colorita, risalta subito agli occhi questo contrasto nella colorazione. Non mi è possibile pronunziarmi sul significato fisiologico di questo strato di cellule , ma certo esso deve avere un’ importanza non indifferente, considerando la sua stretta coesione col tubo digerente. Sarebbero necessarie ricerche in proposito. Prima questione da risolvere sarebbe quella di in¬ dagare la sua origine embriologica. Per quanto mi consta, nulla esiste nella letteratura dei Miriapodi, che si riferisca a questo ar¬ gomento. All’ esterno del rivestimento adiposo abbiamo una zona di fàsci muscolari (Fig. 13, 11 mi"), i quali servono a mantenere il rivestimento adiposo aderente al tubo digerente. In corrispondenza della valvola cardiaca i muscoli predetti mandano delle finissime diramazioni (Fig. 12 d) che vanno ad at¬ taccarsi sul rivestimento adiposo. Le figure 12, 13 e 1-1 sono tolte da Julus, ma quello che ho detto sul prointestino vale anche per il genere Lysiopetalum, Poly- desmus e Glomeris. 1) Mingazzini — Ricerche sul tubo digerente delle larve e degli insetti perfetti dei Lamelli corni fitofagi. — Mittheil. aus d. Zool. Sta¬ tion zu Neapel IX, 1 Heft. p. 1 — 71 Il limite inferiore del prointestino è dato dal brusco passag¬ gio delle cellule di matrice del prointestino all’epitelio caratteri¬ stico del mesointestino. In questo punto cessa l’ intima cliitinica ed abbiamo la fusione dei fasci longitudinali che stanno sotto il rivestimento adiposo con quelli dello strato più interno , situati immediatamente sotto la tunica propria. Mesointestino — Il mesointestino nei Chilognati ha forma ge¬ neralmente cilindrica, ma non è perfettamente isodiametrico, poiché nella maggior parte dei casi , è più o meno rigonfio nella sua parte posteriore. Nei Glomeris (Fig. 1) ha aspetto decisamente sacciforme. Nei Lysiopetalum è quasi cilindrico, (Fig. 2), così nei Polydesmus (Fig. 3) e nei Julus (Fig. 4 MI). Praticato un taglio trasversale di questa parte si osservano i seguenti strati, andando dall’interno all’esterno : 1. ) l’epitelio 2. ) la tunica propria 8.) uno strato di muscoli trasversali 4. ) un primo strato di muscoli longitudinali 5. ) il rivestimento adiposo 6. ).i fasci muscolari esterni. Le cellule epiteliali sono di due tipi ben distinti, cellule epi¬ teliali a tipo cilindrico o clavato (Fig. 8 ep. 1) e cellule mucose o caliciformi (Fig. 8 c.m). Le cellule epiteliali del primo tipo costituiscono la quasi tota¬ lità della mucosa ; le cellule mucose caliciformi sono molto più rare e costituiscono la minoranza. Le cellule epiteliali tipiche possono assumere due aspetti; es¬ sere perfettamente cilindriche, od assumere in date circostanze la forma clavata (Fig. 7, 9 ep). Come già ho fatto osservare occu¬ pandomi del tubo digerente degli Ortotteri, in una medesima assise di cellule epiteliali, si possono riscontrare tutti gli stadi di pas¬ saggio tra la cellula cilindrica tipo e la forma clavata, onde non esiste dubbio alcuno, che la cellula clavata non è altro che uno stadio di trasformazione della cellula cilindrica. Quando la celiala dell’epitelio è perfettamente cilindrica essa è generalmente rico¬ perta da un orletto (Plateau), mentre nello stadio clavato manca di questo orletto. Quando l’attività delle glandule dell’intestino è rallentata od assopita per una causa qualsiasi , per esempio lungo digiuno o neH'inverno o nello stadio di crisalide o ninfa, allora i tagli nel mesointestino ci presentano cellule cilindre tipiche in numero pre¬ valente; quando 1’ attività glandulare è massima , e ciò avviene — 72 — specialmente nello stadio larvale e nella stagione estiva , allora le cellule del mesointestino sono quasi totalmente davate ed in istato di gemmazione. Onde si può dire, che la cellula a tipo ci¬ lindrico ci rappresenta 1’ elemento in istato di riposo relativo, mentre la clavata è l'elemento cellulare funzionante da gianduia. La gemmazione delle cellule davate consiste in questo ; che dalla loro parte anteriore rigonfia si staccano per strozzamento continuamente delle sferule che rimangono nel lume intestinale (Fig. 8 d). Queste sferule riempiono in qualche caso tutto il tubo digerente. Dopo alcun tempo il loro contenuto (mucina ?) si de¬ versa nel lume intestinale. (Fig. 8 cm) Le cellule mucose o ca- liciformi hanno dimensioni maggiori delle cellule tipiche del meso¬ intestino sopradescritte. Esse non si riscontrano , che raramente, risiedenti sulla tunica propria, ma sono libere tra l’epitelio. In rarissimi casi si scorge un peduncolo filiforme che va a terminare sulla tunica propria. Ripetute osservazioni mi hanno convinto , che esse si aprono alla superficie dell’epitelio mediante un’apertura avventizia che si pratica in un punto della sua superficie. Cito questo fatto, che ha una certa importanza, poiché finora non si verificò come avvenisse il processo di secrezione in que¬ ste cellule x) nei Miriapodi. Il numero di queste cellule è minimo rispetto alle cellule tipiche dell’epitelio. I nuclei delle cellule mucose sono molto più grandi che quelli delle cellule epiteliari, o spesso capita di trovare nel loro interno due nuclei risultanti da moltiplicazione. Debbo far rilevare, che spesso ho osservate ligure mitotiche nell’interno di queste cellule e mai divisione diretta, onde sarei propenso a concludere che la divisione per cariocinesi sola presieda alla moltiplicazione di que¬ sti elementi cellulari. Vedremo più avanti come nelle cellule tipiche del mesointe¬ stino sia comunissima la divisione diretta , ed anche per questo fatto si differenziano queste cellule da quelle. Vediamo ora dove sia lo strato germinativo delle cellule epi¬ teliari in genere del mesointestino. E studiando attentamente il mesointestino dei Glomeris , che ap¬ parisce luminosamente la verità del fatto, che le cellule del¬ l'epitelio del mesointestino sono raggruppate in tanti mazzetti aventi uno strato germi nativo comune, e co¬ stituenti, per così dire, tante famiglie cellulari indi- pe ndenti . T) B a 1 b i a n i — Op. cit. — 73 La tunica propria (Fig. 7 t.pr.) del mesointestino dei Glomeris costituisce come tante scodelle circolari , sulle pareti delle quali stanno impiantate le cellule epiteliari. Osservando attentamente queste scodelle, risalta subito agli ocelli, che le cellule in esse sono disposte in un modo speciale e caratteristico (Fig. 7, 9). Non so trovare paragone migliore per questi mazzetti di cel¬ lule, che quello di un fiore polipetalo, per esempio quello di una Composita, nel quale i petali non siano svolti che in parte; sic¬ ché i più esterni perfettamente sviluppati ricoprono i più interni meno sviluppati e di formazione più recente. Nel nostro caso, le cellule più esterne, più vecchie , ricoprono gli strati delle cellule più giovani. Più si va verso finterno o fondo di queste scodelle e più le cellule sono piccole. Nel fondo poi si osservano grandi ammassi di piccoli nuclei , e cellule in evidente moltiplicazione nucleare. Le cellule originantisi nel fondo di queste scodelline vanno piano piano a sostituire le più esterne, le quali si vanno usando e così avviene un continuo rinnovamento negli elementi dell’epi¬ telio. Abbiamo quindi nei Chilognati l’epitelio del mesointestino raggruppato in tante famiglie o colonie cellulari aventi ciascuna origine da uno strato germinativo speciale. Infatti non è possibile metter in dubbio, che lo strato centrale di ogni scodellina, com¬ posto di un ammasso di giovani celluline e nuclei, rappresenti lo strato germinativo di ogni colonia cellulare. Nel genere Jidus, nei Lysìopetalum, questa disposizione caratteristica delle cellule dell’epitelio , disposte in aggruppamenti intorno a punti che co¬ stituiscono gli strati germinativi, è meno evidente. In questi ge¬ neri l’epitelio decorre piano e non costituisce le insenature de¬ scritte nei Glomeris. Un attento esame però ci dimostra, che in numerosi punti sparsi sotto l’epitelio esistono quegli ammassi di celluline o nuclei che costituiscono gli strati germinativi. In quanto al modo col quale si dividono le cellule epiteliari mi consta quanto segue. La moltiplicazione delle cellule epiteliari avviene alcune volte per via indiretta, ma nella maggior parte dei casi ho verificato la divisione diretta , e questo non solo nelle cellule adulte , ma anche negli elementi giovanili degli strati germinativi. Solo dopo centinaia di tagli mi sono convinto della verità di questo fatto che costituisce un’ eccezione nell'intero gruppo dei Metazoi. In rarissimi casi ho osservato divisione mitotica delle cellule dello strato germinativo ed anche in questi casi ho osservato vi- — 74 cino alle cellule in via di divisione indiretta, altre che si divide¬ vano per via diretta. Non credo, che si possa metter in dubbio che la divisione mi- totica abbia un significato rigenerativo, e che , mediante essa le cellule subiscano quasi un ringiovanimento; sembra pertanto che negli Artropodi questo processo non abbia una necessità fisiolo¬ gica che ad epoche determinate non ben definite. Ho osservato più sovente divisione mitotica negli Ortotteri, nei Lepidotteri ( Pieris crataegi ) nel periodo di incrisalidarne nto e nello sfarfallamento; in rarissimi casi invece nell’insetto perfetto. Debbo qui ancora notare una particolarità che si riscontra spes¬ so nell’epitelio del mesointestino specialmente dei Julus, partico¬ larità che ho rappresentata nella figura 14. L’ epitelio cilindrico- genera in prossimità del postintestino per divisione amitotica uno o due strati di cellule che costituiscono un rivestimento alle cel¬ lule epiteliali (Fig. 14 ep’) , rivestimento che rimane aderente ; sicché in questo punto 1’ epitelio non consta di uno strato solo di cellule, ma di 3 od anche 4 strati. Cito questo fatto, non per¬ chè abbia una reale importanza, ma perchè è la prima volta che mi si presenta nelle forme di Artropodi da me osservate. Passiamo ora a dire due parole sulla tunica propria o mem¬ brana di connettivo che sta sotto all’ epitelio e ne forma il so¬ stegno. Essa può presentarsi sotto due aspetti. Come una membrana semplice anista, e tale la vediamo nel prointestino (Fig. 12, 13, 15 tpr). Nel mesointestino assume questo aspetto nella parte an¬ teriore, ma posteriormente essa invia un gran numero di dirama¬ zioni filiformi che vanno ad insinuarsi tra i muscoli trasversali , riempiendo le lacune esistenti tra un fascio e l’altro (Fig. 14 t. pr . Veniamo ora agli strati muscolari del mesointestino. I due primi strati che si presentano sono : uno strato di muscoli trasversali più interno ed uno più esterno di muscoli longitudinali. Ho rap¬ presentato nella figura 10 il rapporto di queste due tuniche ; la figura darà un’ idea complessiva più esatta di qualunque descri¬ zione. La tunica interna (Fig. 10 m.tr) consta di fascetti decor¬ renti quasi parallelamente e molto ravvicinati. La tunica esterna (Fig. 10 mi) consta di grossi fasci muscolari molto meno ravvicinati gli uni agli altri. Particolarità di questo strato sono le diramazioni frequenti che uniscono i fasci tra di loro e servono a dare maggior coesione tra i muscoli di questo strato. — (0 - Numerosi tronchi tracheali (Fig. 10 tr) inviano le loro ultime diramazioni su questi muscoli , li attraversano e vanno ad inse¬ rirsi fino sotto la tunica propria. Su questi fasci longitudinali e su quelli che stanno al di fuori del rivestimento adiposo , ho potuto osservare abbastanza fre¬ quentemente terminazioni nervose che si fissano sui muscoli co¬ stituendo una specie di piastra terminale (Fig. li P.n). I nervi esilissimi poi presentano lungo il loro decorso degli ingrossamenti, che sono cellule nervose unipolari e bipolari (Fig. 11 Gf). A questi nervi è certamente affidata 1’ azione contrattile dei muscoli del- h intestino. Proseguendo verso Y esterno incontriamo anche qui il rivesti¬ mento adiposo. Nei Julus (Fig. 9, 12, 14 R.c.ad) questo rivesti¬ mento è meno rilevante che nei Glomeris (Fig. 7 R.c.ad). Le cellule adipose sono nel mesointestino strettamente aderenti alla tunica propria ; esse costituiscono uno strato meno alto che nel prointestino. Anzi nei Julus e nei Lysiopetalum abbiamo una sola assise di cellule rotondeggianti (Fig. 8 c.ad) di grandi di¬ mensioni. Al di fuori del rivestimento adiposo esiste una zona di grossi fasci muscolari, che però sono in numero molto minore dei mu¬ scoli interni. Questi muscoli longitudinali più esterni non continuano nel postintestino ma si vanno a fondere coi sottostanti (Fig. 14 B) precisamente nel punto ove cessano le cellule del rivestimento adiposo. Apparisce chiaro da questo fatto, che i fasci muscolari più esterni hanno per ufficio di mantenere aderenti al tubo di¬ gerente le cellule adipose. Questi muscoli sono in piccolo numero, ma dalla loro periferia come dissi più sopra, il sarcolemma manda lamine e fili che rav¬ volgono tutto il tubo digerente costituendo una specie di maglia elastica che aumenta la coesione delle parti costituenti il tubo digerente. Membrana peritrofica — La denominazione di membrana peritro¬ fica è stata data dal Balbiani x) ad una membranella anista che riveste le sostanze alimentari a guisa di un sacco. Questa mem¬ brana già conosciuta e descritta da antichi autori, serve , molto probabilmente, a difendere 4 epitelio delicato dal contatto delle sostanze alimentari. Essa si estende dal limite inferiore del pro¬ intestino fino, per un certo tratto, nel postintestino. Molto si è 9 Balbiani. — Op. cit. — 76 discusso sull’origine di questa membrana. Alcuni credono venga prodotta dalle stesse cellule epiteliari. Per mio conto, osservazioni precise fatte nelle larve di alcuni Lepidotteri ( Pieri s crataegi, najri ), osservazioni che verranno pub¬ blicate fra breve , mi hanno persuaso che questa membrana si continua colfintima chitinica del prointestino, e non è altro che una continuazione della medesima. Postintestino. — Il limite inferiore del mesointestino ed il prin¬ cipio del postintestino è caratterizzato , come dissi , dal brusco passaggio dell’ epitelio del mesointestino in quello del postinte¬ stino. Lo sbocco dei tubi malpighiani può servire come indizio di questo punto con discreta esattezza in alcune specie, per esempio nei Julus , Lysiopétalum , Polydesmus , ma non vale affatto nei Glomeridi; poiché nelle specie appartenenti a questa famiglia i tubi malpighiani sboccano un buon tratto al di sotto del punto limite delle parti. Nei Glomeris (Fig. 1) questo punto è ricono¬ scibilissimo, esistendo una marcatissima strozzatura che lo segna. Immediatamente sul principio del postintestino l’epitelio intro¬ flettendosi ripetutamente viene a costituire sei rilievi che nel loro complesso costituiscono la valvola pilorica. Questi rilievi sono visibilissimi aprendo il tubo digerente, costituendo essi sei pezzi quasi rettangolari (Fig. 6 P. eh.) che sporgono in rilievo nell’in¬ terno. Nella figura 5 ho rappresentato una sezione trasversale dell’in¬ testino in questo punto. Nella figura non venne tracciata f intima chitinica poiché essa rappresenta una primissima sezione del postintestino, nel qual punto questo strato è insensibile ed apparisce solo come un inspessimento leggerissimo delle membrane cellulari. S’intende però che l’intima aumenta assai e si fa ben distinta nella parte più saliente della valvola , come venne rappresentato nella figura 14 cut. In rela¬ zione coi pezzi della valvola , abbiamo un poderoso sfintere mu¬ scolare il quale contraendosi può ravvicinare talmente questi pezzi da rimanerne occluso il lume intestinale in questo punto. I tubi malpighiani sboccano, come già dissi, un bel tratto dopo la valvola (Fig. 1 TM), nei Julus invece (Fig. 6 TM) il loro sbocco avviene in un solco , visibile anche ad occhio nudo , che precede la valvola pilorica. I tubi malpighiani, come si sa, non sono altro che estro flessioni dell’ epitelio del postintestino. Nei Glomeris anche la cuticola interna si estrofìette ed accompagna per un certo tratto i tubi malpighiani. Dalla figura 14, che rappresenta una sezione longitudinale che attraversa un pezzo della valvola, si può dedurre chiaramente la sua struttura intima. Abbiamo dunque all’interno un’ intima chitinica abbastanza ri¬ levante ricoperta da spine delicatissime. Le cellule sottostanti, costituenti la matrice chitinogena sono allungatissime (Figura 14 cm), di forma cilindrica, risiedenti sopra una tunica propria , la quale emana un fitto stroma (Fig. 14 t.pr) di fili connettivali che si intrecciano in tutti i sensi e costituiscono un riempimento tra le cellule di matrice e il primo strato dei muscoli trasversali. Questi fili si insinuano inoltre tra i fasci di questo strato di mu¬ scoli, determinando così maggior compattezza e coesione tra il pezzo della valvola e le tuniche muscolari. Dalla valvola pilorica all’apertura anale non ho osservato nulla che fosse degno di nota, se non che la speciale disposizione de¬ gli strati muscolari. I muscoli anulari perdono alquanto in grossezza ma diventano più numerosi. (Fig. 46 m.tr); i muscoli longitudinali invece, po¬ derosissimi, costituiscono un doppio strato che manda allo interno finissime diramazioni le quali attraversando i fascetti dello strato di muscoli anulari vanno ad inserirsi sulla tunica propria. Conclusioni Riassumo, per chiarezza e comodità, alcuni fatti che credo de¬ gni di nota, risultanti da questo mio lavoro sul tubo digerente dei Cliilognati. 1. ) Presenza di un rivestimento di cellule di natura adipo¬ sa (?) che avvolge allo esterno il prointestino ed il mesointestino. Questo rivestimento è intimamente connesso col tubo digerente ed un apposito strato di muscoli longitudinali esterno ve lo man¬ tiene collegato. 2. ) Caratteristica disposizione degli strati muscolari, che of¬ frono molte differenze da quelli degli Artropodi finora studiati. 3. ) Il tubo digerente, non solo nei Miriapodi da me descritti ma anche negli Ortotteri, Coleotteri e Lepidotteri è ravvolto al¬ l’esterno da un reticolo intricato di lamine e fili di natura con- nettivale, che costituiscono all’ esterno una specie di maglia ela¬ stica. Questa specie di reticolo risulterebbe da espansioni laminari e filiformi del sarcolemma dei muscoli delle tonache longitudinali esterne. — 78 4. ) Il meccanismo funzionale delle cellule mucose o calicifor- mi sarebbe il seguente : le cellule mucose , dapprima risiedenti sulla tunica propria per mezzo di un peduncolo filiforme, si ren¬ dono libere e salite alla superficie dell’epitelio, deversano il loro contenuto nel lume intestinale, previa formazione di un’apertura avventizia nel margine superiore. 5. ) Localizzazione degli strati germinativi dell’ epitelio. Aggruppamento dell’ epitelio in tante famiglie cellulari aventi ciascuna uno strato germinativo speciale. 6. ) La moltiplicazione delle cellule giovanili degli strati ger¬ minativi avviene spessissimo per via amitotica, fatto finora con¬ testato. Ho pure constatato il processo di divisione indiretta (mi¬ tosi), in gran quantità, ma solo in date epoche (incrisalidamento, sfarfallamento nei Lepidotteri) della vita. Mi sembra quindi ra¬ zionale poter concludere , che alla divisione per mitosi corrisponda una vera rigenerazione cellulare; sembra pertanto che questo pro¬ cesso non sia di necessità fisiologica che solo in epoche non an¬ cora ben definite della vita dell’animale e che nei periodi inter- medii la moltiplicazione amitotica possa sostituire la divisione in¬ diretta anche nelle cellule degli strati germinativi. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavola II. Fig. 1 Glomeris pustvlata Latr. Tubo digerente in situ. PrI prointestino — MI mesointe stino PI postintestino — .5 ser¬ batoio rettale. » 2 Lysiopetalum carinatum Brandt. Tubo digerente. PrI prointestino MI mesointestino PI postintestino TM tubi malpigliiani. » 3 Polydesmus complanatus L. Tubo digerente. » 4 Julns flavipes C. Koch. Tubo digerente. » 5 Julns flavipes Sezione trasversale sul principio del postintestino. mi muscoli longitudinali , in.tr muscoli trasversali; t.pr tunica propria, ep epitelio. » 6 Julns flavipes Parte del mesointestino e postintestino aperti per far vedere i pezzi della valvola pilorica TM tubi malpighiani ; s solco nel quale sboccano i tubi malpighiani ; P.ch. Pezzi sporgenti nel lume intestinale , che costituiscono nel loro assieme la valvola pilorica ; PI Postin¬ testino. 7 Glomeris pustulata Sezione tiasversale attraverso il mesointestino. ep epitelio; t.pr tunica propria; m,tr muscoli trasversali; mi muscoli longitudinali; R.c.ad rivestimento adiposo; mV muscoli longitudinali più esterni. 9 Glomeris pustulata. Sezione trasversale attraverso il mesointestino Nella figura sono tracciati solo l’epitelio e la tunica propria. ep epitelio; str.g strato germinativo; t.pr tunica propria. 8 Julus fiavipes — Sezione trasversale attraverso il mesointestino. cm cellula mucosa; ep epitelio ; mtr muscoli trasversali mi muscoli longitunali; c.ad cellule adipose ; mi’ muscoli longitudi¬ nali più esterni; s sarcolemma dei muscoli, che manda espansioni laminari che si vanno ad attaccare sul rivestimento adiposo. 10 Julus fiavipes — Tonaca dei due strati muscolari interni nel me¬ sointestino. mtr muscoli trasversali; mi muscoli longitudinali; tr trachee. 11 Jnlus fiavipes — Muscolo con terminazione nervosa. Pn Piastra o terminazione nervosa, c cellule bipolari del nervo. Tavola III. 12 Julus fiavipes Sezione longitudinale attraverso il prointestino e parte del mesointestino. cut cuticola, cm cellule di matrice t.pr tunica propria mi muscoli longitudinali mi” muscoli longitudinali più esterni; R.c.ad Rivestimento adiposo; A Punto ove i due fasci musco¬ lari longitudinali più interni si fondono in uno solo ; d dira¬ mazioni dei muscoli longitudinali più esterni che vanno ad in¬ serirsi sul rivestimento adiposo. 13 Glomeris pustulata Sezione trasversale attraverso il prointestino mV secondo strato di muscoli longitudinali ( Le rimanenti lettere come nella figura 12). 14 .Julus fiavipes Sezione longitudinale attraverso parte del mesoin¬ testino e attraverso un pezzo della valvola pilorica. B Punto ove i due strati di muscoli longitudinali si fondono in uno solo (Rimanenti lettere come nella figura 12). 15 Glomeris pustulata — Sezione trasversale attraverso un pezzo della valvola cardiaca (il rivestimento adiposo non venne tracciato), tr trachee (rimanenti lettere come nella figura 12). 16 Julus fiavipes — Sezione longitudinale attraverso un tratto del postintestino in prossimità dell’ apertura anale (lettere come nella figura 12). BIBLIOGRAFIA Balbiani. — Étucle sur le tube digestif des Cryptops — Archiv. d. Zool. Exper. Année 1890 N. 1. Blanchard. — Nouvelles obs. s. la circulation etc. cliez les insectes — (Ann. Se. Nat. 3éme Serie t. XV, p. 371. Carnoy. — La Cito die rèse chez les Artr op odes. — La cel¬ lule. I, ISSÒ , p. 191. Chun. — Ueber d. Bau, die Entwickelung und physiol. Bed. d. Rectaldriisen bei d. Ins. — Senkeriberg. Naturf. Gesell. Ahhandl. 10 1876 p. 27. Cornalia. — Monografia del bombice del Gelso. — Mem. Istit. lombardo. VI. 1856. 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G Contribuzione allo studio del tubo digerente degli Ar¬ tropodi — Rigenerazione cellulare e modalità della medesima nella mucosa intestinale — Memoria di 0. Visart (tav. IV.). (Tornata del dì 8 luglio 1894) I. Attività glandolare , rigenerazione mitotica ed amitotica dell’epitelio della mucosa degli artropodi Già in altro lavoro x) ebbi occasione di occuparmi abbastanza estesamente dell’epitelio del mesointestino ; osservazioni posteriori fatte su Miriapodi, Coleotteri e Nevrotteri hanno alquanto modifi¬ cate le mie idee su qualche punto , sicché credo fare cosa utile di riassumere in questa nota tutto il risultato delle mie nuove ri¬ cerche, tanto più che riguardano in parte questioni interessantis¬ sime di biologia , quali sono la rigenerazione degli epitelii e la localizzazione degli strati germinativi. Da ultimo faccio qui de¬ scrizione di un modo singolarissimo di rigenerazione dell’epitelio nel postintestino. Onde procedere con ordine, dividerò questo lavoro appunto in due parti. Nella prima prenderò in considerazione la struttura del- l’ epitelio del mesointestino e le modalità colle quali si estrinseca la sua attività glandulare ; nella seconda parte mi occuperò della rigenerazione dell’ epitelio e della localizzazione degli strati ger¬ minativi. Esaminando attentamente l’epitelio degli Artropodi ci si pre¬ sentano in esso due tipi ben distinti di cellule : 1. ° Cellule epiteliali ordinarie. 2. ° Cellule mucose o caliciformi. Cellule epiteliari ordinarie. L’aspetto delle cellule epiteliali or¬ dinarie non è sempre quello di cellule cilindriche aventi un or¬ letto (Fig. 1) : generalmente esse hanno una forma decisamente clavata (Fig. 2, 6) con una parte anteriore rigonfia e rotondeg- x) Visart. O. — Ricerche istologiche e fisiologiche sul tubo dige¬ rente degli Ortotteri. — Atti d. Soc. Toscana di Scienze Naturali, Memo¬ rie, Volume XIII. — 83 — giante e la parte posteriore assottigliata e stilare. Già ebbi occa¬ sione di rilevare, che le cellule a tipo clavato non sono altro che il risultato di trasformazione delle cellule a tipo cilindrico. Que¬ sto fatto non può essere contestato, poiché in una medesima as¬ sise di cellule epiteliari , si possono osservare tutti gli stadii di transizione dalla cellula cilindrica alla cellula clavata. Le cellule davate sono veri elementi glandulari, vere glandule monocellulari, infatti nel loro interno si elaborano prodotti di se¬ crezione che vengono poi deversati nel lume intestinale. Il mec¬ canismo di secrezione di queste cellule si riduce ad un vero pro¬ cesso di gemmazione. Le cellule epiteliari in procinto di manife¬ stare la loro attività glandulare assumono spiccatamente la forma di clava (Fig. 2, 3, 4, 10), indi la membrana delle cellule si sol¬ leva in alcuni punti e determina la formazione di vescichette at¬ taccate alla cellula epiteliare per un peduncolo. Questo peduncolo si assottiglia sempre più, finalmente si strozza e la vescichetta si rende libera dalla cellula madre. Di queste vescichette è spesso pieno l’intestino, ed osservando l’epitelio si scorgono tutti gli stadi della gemmazione. Queste vescichette racchiudenti i mate¬ riali secretizi delle cellule epiteliari, si aprono poi, ed i materiali contenuti in esse vengono deversati nell’intestino. Qualche volta si verifica il fatto rappresentato nella figura 5. I materiali di se¬ crezione si radunano nella parte superiore rigonfia della cellula indi per mezzo di una apertura avventizia , che si pratica nelle pareti della cellula, sortono all’esterno. Durante questo processo di gemmazione il nucleo può segmen¬ tarsi esso pure o rimanere inattivo alla base della cellula. Quando la gemmazione è accompagnata da segmentazione del nucleo , questa avviene amitoticamente, e una parte di esso si porta nella vescicola che si staccherà dalla cellula madre ; quivi esso si gonfia molto (Fig. 5), si dimostra ricco di granulazioni , indi piano piano diffluisce nel protoplasma circostante. La diffluenza del nucleo (Fig. 3, 8) si osserva con grande chiarezza, poiché i suoi mate¬ riali sono più intensamente coloriti del protoplasma della cellula. Conservo preparati nei quali questo processo è evidentissimo. In questo caso vediamo, che anche il nucleo partecipa all’atti¬ vità glandulare della cellula deversando nel tubo digerente parte dei materiali elaborati nel suo interno. Queste sono le modalità più salienti del meccanismo di secre¬ zione delle cellule epiteliari, passiamo ora alle cellule mucose. Cellule mucose. Le cellule mucose furono già descritte e rico¬ nosciute da tutti coloro, che si sono occupati dell' epitelio degli 84 — Artropodi. Furono descritte pel primo dal Leydig : Beauregard le descrive nella Cantaride, Korotneff nel Grillotalpa , Faussek nelle larve dell 'Eremobia e dell’ Aeschna, Balbiani neirintestino dei Mi- riapodi. Di esse io pure parlai nello studio mio sul tubo dige¬ rente degli Ortotteri ; ne riparlo qui, poiché in seguito a ricerche fatte da me sui Miriapodi, sui Coleotteri, sui Lepidotteri sono in grado di aggiungere qualche cosa di nuovo a quello, che dissi al¬ lora. Le cellule mucose hanno dimensioni molto maggiori di quelle delle cellule ordinarie, ma si trovano in piccolissimo numero ed in grande minoranza fra esse. Qualche volta esse risiedono sulla tunica propria mediante un finissimo peduncolo, ma generalmente si trovano libere fra le cellule dell’epitelio. Balbiani dice non averle mai osservate alla superficie libera dell’epitelio, nè sapere come avvenga la sortita delle sostanze secretizie da queste cellule. Osservazioni mie recenti fatte sul mesointestino di Miriapodi (Ju- lus , Glomeris) e nei Lepidotteri ( Pieridae ) mi hanno permesso non solo di osservare cellule mucose alla superficie libera dell’epitelio, ma anche di verificare con sicurezza il meccanismo di secrezione delle medesime. Nella parte superiore della cellula mucosa costi¬ tuita da una vera teca, si pratica ad un dato punto un’apertura avventizia dalla quale sortono i materiali di secrezione. Ho di nuovo osservato figuro mitotiche in queste cellule, onde si vede, che anche pel modo col quale si moltiplicano differiscono dalle cellule epiteliari ordinarie adulte. II. Rigenerazione dell’epitelio mitotica od amitotica — STRATI GERMINATIVI Uno dei quesiti più interessanti della biologia, è il modo come avviene la rigenerazione delle cellule di un tessuto ; come lo cel¬ lule usate vengono sostituite da cellule giovani. Prolungate e pa¬ zienti ricerche fatte sul tubo digerente degli Artropodi, mi inco¬ raggiano ad esprimere il mio modo di pensare in proposito. Nella Rigenerazione patologica, possiamo ammettere come due leggi costanti che : 1. ) La rigenerazione parte sempre da cellule relativamente poco differenziate del tessuto , le quali hanno un carattere giovanile, e somigliano maggiormente alle cellule embrionali. 2. ) La rigenerazione si effettua mitoticamente. Ziegler e Vom Iiath 4) estendono queste due leggi alla rigene¬ razione fisiologica in tutti i Metazoi. Purtroppo in questi ultimi anni si sono accumulato osservazioni di parecchi valenti osserva¬ tori , che tenderebbero a scuotere alquanto 1’ assolutismo , direi quasi dogmatico, di queste due leggi, almeno per quello che ri¬ guarda gli Artropodi. Infatti, il Loewit 2) sostiene, in uno studio sui corpuscoli del sangue del gambero l’esistenza di una divisione amitotica rigenerativa dei medesimi; il Verson 3) che nella Sper- matogenesi del Bombyx mori asserisce aver osservato la divisione amitotica dei nuclei delle cellule seminali da un nucleo iniziale , solo in divisioni ulteriori osservò la moltiplicazione mitotica ; il Frenzel infine afferma esplicitamente la divisione amitotica in cel¬ lule giovanili del mesointestino dei Crostacei e degli Insetti. Aggiungo alcune osservazioni mie in proposito. Ma prima di entrare in questo argomento , fa d’uopo additare con sicurezza , quali siano e dove risiedano quei giovani elementi epiteliari, dai quali parte la rigenerazione dell’epitelio, vale a dire ricercare gli strati germinativi del medesimo. Questa questione è tutt’altro che risoluta. In massima, esatte ho riscontrate le osservazioni del Ma¬ gazzini 4) e del Balbiani 5) su questo punto ; espongo da parte mia quello che ho constatato nei Miriapodi e negli Ortotteri. Dall’esame minuto dell’epitelio del mesointestino dei Chilognati, ho potuto convincermi con sicurezza, che le cellule dell’ epitelio sono disposte in tanti mazzetti, che ci rappresentano altrettante famiglie cellulari, aventi ognuna uno speciale strato germinativo. In nessun Artropodo mi è apparsa più palese que¬ sta caratteristica disposizione dell’epitelio come nei Chilognati e più specialmente nel genere Glomeris. Ho rappresentato nella figura 10 un tratto dell’epitelio del Me¬ sointestino di un Glomeris. La tunica propria (Fig. 10 tpr.) si in- ') Ziegler e Y o ni R a t li. — Die a m i t o t i s c h e Kerntheilung bei tlen Arthropoden. Biologisch. Centralblatt. Bd. XI X. 24, SI Dez. 1891. 2) L. Loewit — Ueber amitotische Kerntheilung — Biol. Centralbl. Bd. XI. 3) E. Verson — Zur Beurtheilung der amitotische Kerntheilung. Biol. Centralblatt. Bd. X 1891. 4) Mingazzini — Ricerche sul tubo digerente delle larve e de¬ gli insetti perfetti dei Lamellicorni fitofagi. Mittheil. aus d. Zool. Station zu Neapel IX. 5) Balbiani — Etude sur le tube digestif des Cryptops. — Archi», d. Zool. Expérim. Année 1890 N. 1. — 86 — curva e determina la formazione di tante scodelle , sulle pareti interne delle quali stanno ammassi di cellule epiteliali a tipo cla- vato (ep), delle quali le più grandi sono in via di gemmazione. Non so trovare similitudine più appropriata, che paragonare ognuno di quegli ammassi cellulari ad un fiore, nel quale i pe¬ tali non siano ancora svolti completamente. I petali più esterni perfettamente sviluppati ricoprono gli interni, più giovani , non ancora perfettamente formati. Nel nostro caso abbiamo le cellule più esterne già adulte, che racchiudono e ricoprono le più giovani. Piano piano le cellule interne si svolgono e vengono a prendere il posto delle esterne che usate si staccano dalla tunica propria. Osservando tagli trasversali e longitudinali si scorgono nel fondo delle scodelline degli ammassi di piccole cellule spesso in via di divisione (Fig. 9, Str.). Sono pure qui agglomerati grandi quantità di nuclei risultanti dalle frequenti divisioni delle cellule in que¬ sto punto. Non si può assolutamente mettere in dubbio, che que¬ sti ammassi di giovani cellule e di nuclei rappresentano nel loro assieme lo strato rigenerativo dell'epitelio. Come avviene la divisione delle cellule di questo strato, mito- ticamente od amitoticamente ? A questa domanda importante debbo rispondere ; che, con as¬ soluta certezza, ho osservato la divisione ainitotica in queste cel¬ lule giovanili ; anzi posso aggiungere, che il processo amitotico mi è sembrato la regola, e solo in rari casi ho potuto constatare figure, che mi permettessero di concludere in favore di una di¬ visione nucleare mitotica. Con ciò non nego, che mitosi avvenga in queste cellule, ma che essa possa essere sostituita alla divi¬ sione aulito tica per periodi più o meno lunghi negli strati ger¬ minativi dell’epitelio. Questi fatti mi sembrano contrari alle leggi di Ziegler e Vom Patii, che affermano esplicitamente che la moltiplicazione delle cellule giovanili dell’epitelio avvenga solo mitoticamente. Il fatto della pochissima frequenza del processo mitotico , al quale si attribuisce un’ idea di rigenerazione, di ringiovinimento dell'epitelio , mi convince sempre più, che la divisione amitotica ha una maggior importanza nella rigenerazione degli epiteli di quello che si è creduto finora almeno nel tipo degli Artropo¬ di, tipo che si differenzia istologicamente sotto molti altri aspetti dagli altri Metazoi. Dunque riassumendo : le cellule degli strati germinativi si pos¬ sono moltiplicare tanto mitoticamente, che amitoticamente. La moltiplicazione mitotica sembra divenire fisiologicamente necessa- — 87 — ria in epoche non ancora ben definite della vita dell’animale. Forse si verificherà nei momenti di trasformazione della larva in insetto perfetto (nei dischi imaginali), nello stadio di crisalide , nelle mute ed in altre epoche non ancora ben conosciute ; certo è che, negli intervalli, la divisione cellulare può effettuarsi ami- toticamente e perdurare per periodi abbastanza lunghi provvedendo alla rigenerazione epiteliare dell’intestino. Negli Ortotteri la localizzazione degli strati germinativi è meno evidente, ma pure un attento esame mi induce nella convinzione, che quegli ammassi di cellule o cripte (Fig. 8 str,g), che ven¬ nero dal Frenzel e dal Faussek ’) considerati come glandule plu¬ ricellulari siano appunto gli strati germinativi in questione. Ed a questo punto debbo far notare, come anch’io studiando il tubo digerente degli Ortotteri 2) rimanessi molto perplesso da¬ vanti a queste agglomerazioni di cellule aventi un tipo differente dalle circostanti. Prudentemente li chiamai ammassi cellulari, cripte glandulari; non mi venne però mai l’idea di scorgere in esse una gianduia composta , poiché nè hanno una membrana che li rav¬ volge, nè esiste un dutto. Esse costituiscono indubbiamente nel loro insieme lo strato germinativo dell’epitelio ; infatti osservando attentamente le cellule raccolte in queste cripte si vedono tutti gli stadi di accrescimento delle cellule dell’epitelio, e salta agli occhi il graduale, direi quasi , insensibile passaggio tra queste cellule e quelle tipiche. Se a questo aggiungiamo, che nell’interno di queste cripte continuamente si osservano nuclei e cellule in via di moltiplicazione in un punto centrale della cripta, è impos¬ sibile che non salti agli occhi luminosamente 1’ analogia di que¬ sti punti con quelli che ho descritti nei Miriapodi. Passo ora a descrivere un processo nuovo e molto interessante di rigenerazione dell’epitelio da me osservato nel postintestino degli Ortotteri e precisamente in una ninfa prossima a trasformarsi in insetto perfetto. Ho rappresentato questo modo ancora non descritto di rigenera¬ zione dell’epitelio nella figura 11, che rappresenta una sezione tra¬ sversale del postintestino subito dopo lo sbocco dei tubi malpi- ghiani. Questo primissimo tratto del postintestino è caratterizzato nelle larve e ninfe degli Ortotteri da sei grandi ripiegature del¬ l’epitelio. In sezione trasversale (Vedi Fig. 11) si riconosce che queste ripiegature constano di grandi cellule risultanti dalla fu- b Faussek. — Histol. d. Darmcaual d. Ins. — Zeit. f. Wiss. Zool. XLY. 1891. 2) Yisart 0. — Loc. cit. 88 — sione delle membrane intracellulari di molte cellule contigue, ed infatti qua e là si vedono ancora tracce di queste membrane clie sono quasi totalmente riassorbite. Queste grandi cellule sono in via di degenerazione senile, come lo dimostrano i numerosi nuclei, i quali gradualmente diffluiscono nel protoplasma, sicché si presentano all’occhio nei vari stadi di questa dissoluzione. La forma più tipica è quella del nucleo avente forma lunulata (Fig. 11 n.l.). Se noi osserviamo qua e là il margine interno libero di queste grandi cellule, constatiamo, che il plasma quivi si ammassa mag¬ giormente, ed in molti punti vediamo accennarsi la formazione di un nuovo epitelio. (Fig. 11 a destra). Fin da principio le pareti delle nuove cellule sono solamente abbozzate, e risultano dall’ ag¬ gruppamento granulare delle parti solide del plasma ; in altri punti queste pareti intracellulari hanno già l’aspetto di vere membrane (Fig. 11 ep'). Interessantissimo è il modo di originarsi dei nuclei in questo epitelio di nuova formazione. Non tutti i grossi nuclei esistenti in queste grandi cellule dif- tluiscono nel plasma fondamentale delle cellule, alcuni di essi si dividono ripetutamente in modo da Originare molti piccoli nuclei. Ititengo che questa divisione nucleare avvenga per mitosi, poiché spesso ho intravvedute figure cariocineticlie. I nuclei di nuova formazione si allontanano dal loro punto di origine: emigrano verso il margine interno libero e vanno ad an¬ nidarsi nell’ interno delle celluline di neoformazione che ho sopra descritte ; le cellule appena sono provviste di nucleo compiono le loro membrane e così rimangono perfettamente costituite. Nella figura 11 si vedono i vari stadi di divisione dei nuclei primitivi in nuclei secondari e 1’ avviamento di questi nuclei di neoformazione nell’epitelio di neoformazione. Conservo preparati, nei quali non mi par possibile mettere in¬ dubbio questo processo di formazione di epitelio giovanile in seno od a spese di un epitelio in via di degenerazione. In molti punti dei preparati si vede , che quella parte delle grandi cellule che non entra nella formazione del nuovo epitelio viene piano piano riassorbita e corrosa (Fagocitosi). Ad ognuno salterà agli occhi, come il processo di rigenerazione cellulare sopra descritto ricorda singolarmente il modo embrionale di formazione del Blastoderma e l’originarsi dei nuclei nelle cel¬ lule blastodermiclie dal primo nucleo di segmentazione nell’uovo degli insetti. — 89 — SPIEGAZIONE DELLA TAV. IV. Pig. 1. Cellule epiteliali cilindriche; mesointestino, Locusta ibridissima (in¬ setto perfetto). » 2. Cellula a tipo davate; mesointestino, Locusta vividissima (insetto perfetto). » 3. Cellula claviforme in via di segmentazione, Locusta vividissima. » 4. Cellula clavata prossima alla gemmazione, Acridium , Peripla- neta, ecc. » 5. Cellula clavata con due nuclei ; il superiore diffluisce nel Plasma circostante i materiali di secrezione sortono all’ esterno me¬ diante un’ apertura avventizia. » 6. Cellula clavata con un solo grosso nucleo nella parte superiore. » 7. Acridium lineola. Sezione trasversale di un setto dei cechi del mesointestino. A sinistra gemmazione e segmentazione contemporanea di una assise di cellule glandulari. ep. epitelio. ep' . epitelio di nuova formazione. tv. trachea. mi. muscoli longitudinali — mtr muscoli trasversali. » 8. Cellula clavata con due nuclei uno basale e l’altro in diffluenza nella parte rigonfia superiore. » 9. Periplaneta orientalis. Epitelio del mesointestino cogli strati germinativi. str. g . strati germinativi dell’epitelio. ep. epitelio glandulare con cellule a tipo clavato in via di gemmazione. t. pr. tunica propria. mi. muscoli longitudinali. mtr. muscoli trasversali. » 10. Glomeris pustulata. Epitelio del mesointestino. ep. epitelio. a. sferule che si staccano per gemmazione dalle cellule glan¬ dulari davate. t. p>r. tunica propria. m. I. muscoli longitudinali. m. tr. muscoli trasversali. » 11. Galoptenus italicus. Primissima parte del postintestino (ninfa sul punto di trasformarsi in insetto perfetto). ep. grandi cellule in via di degenerazione. ni. nuclei Emulati. n'. nucleo che si è diviso in molti nuclei secondari. ep'. epitelio di nuova formazione. m. tr. muscoli trasversali. m. I. muscoli longitudinali. Sul sistema genitale e madreporico degli Ecliinidi re¬ golari. Ricerche di A. Russo (tav. V.). (Tornata del dì 8 luglio 1894) Ai sistemi sopra segnati vanno connessi altri problemi, i quali principalmente riflettono le formazioni sanguigne della regione apicale. Tutti questi apparecchi per la loro contigua posizione e per i rapporti che contraggono non si possono in alcun modo prescindere e per la migliore interpretazione e per potere in¬ tendere le omologie delle diverse parti con quelle degli altri gruppi di Echinodermi. Queste ricerche quindi , mentre da una parte servono ad illustrare l’origine e l’ulteriore sviluppo del cor¬ done genitale con le glandule annesse e la costituzione della gianduia ovoide con 1’ appendice glandulare ed i seni corrispon¬ denti, dall’altra conducono ad una più esatta conoscenza di alcuni spazii ora creduti lacunari, ora schizocelici. Il metodo impiegato nelle presenti ricerche è stato quello delle sezioni in serie. Ho però, anche impiegato con le debite precau¬ zioni la dissezione e le iniezioni su individui molto grandi, come Sphaereckinus granularis Ag. per la conferma di alcuni rapporti veduti nello sezioni. Il materiale di studio per lo sviluppo, consistente in piccoli Ecìiinus microtuberculatus Blainv. e Sphaerechinus da 1 fino a 5-6 m.m. , è stato da me per più tempo ricercato nei dragaggi che quasi giornalmente si fanno in questo golfo per conto della Stazione Zoologica. Per 1’ anatomia degli organi a completo svi¬ luppo prendevo la sola regione anale dell’ adulto e, dopo i trat¬ tamenti esposti in una mia precedente memoria *) ne facevo se¬ zioni col microtomo. I. Apparecchio genitale Formazione ed ulteriore sviluppo del cordone genitale e delle glandule annesse. — Le ricerche fatte fin’ oggi sono pochissime ed in gran parte son dovute al Prouho 2). In piccoli Strongilocentrotus :) R u s s o. — S tu dii anatomici su Ila f a miglia Opliiotli rie li idae del golfo di Napoli (in corso di stampa). 2) Prou Lo. — IlecLerches sur le Dorocidaris papillata et quel q u e s autres EcLiiiides de la M èdite r rane e. Ardi, de Zoolog. exp.etyén. 1SS7. — 91 lividus di 3 mm. di diametro i primi elementi sessuali da questo osservatore furono veduti sulla membrana, che riveste la gian¬ duia ovoide. Come si rileva in uno schema della Tav. XXII, queste cellule circondano il seno assiale ed arrivano fin sotto la piastra madreporica, da dove da una parte e dall’altra si prolun¬ gano, facendo il giro del periprocto. Tali cellule in seguito si ra¬ dunano nei cinque interradii, mentre nel resto esse scompariscono. Il Pender 1) , criticando le osservazioni di Prouho , crede che ulteriori ricerche debbano condurre ai medesimi risultati da lui ottenuti nelle Comatule, dove lo stolone genitale ha origine dal¬ l’organo assiale. Il Prouho però, rispondendo alle obbiezioni del Pender, recisa¬ mente si schiera contro e continua a non ammettere negli Echinidi alcuna connessione tra la gianduia ovoide e gli elementi sessuali. Hamann 2) ha veduto soltanto in piccoli Echini di 2 mm. , in corrispondenza delle cinque piastre genitali , cinque vescichette, le quali sono tra loro connesse da un cordone pieno di elementi genitali. Questo cordone però , secondo Hamann , in seguito si atrofizza ed in individui molto avanzati nello sviluppo non si trova più alcuna traccia. Cuénot 3) accetta le osservazioni di Prouho, circa l’origine delle cellule sessuali. Riprendendo da questo punto le indagini trova che l’ulteriore sviluppo è identico a quello delle Ophiure ed Aste¬ rie da lui descritto : il cordone genitale circonda la faccia abo¬ rale e tra esso e la parete del corpo si prolunga 1’ enterocele assiale. Tale disposizione è fìssa nelle Ophiure ed Asterie ; mentre negli Echini il cordone si distrugge dopo che gli elementi in esso contenuti sono emigrati nelle cinque vescicole da cui hanno origine le cinque glandule sessuali. Circa il luogo di origine degli elementi sessuali anche io con¬ fermo pienamente i risultati di Prouho. In piccoli Echinas microtuberculatus di lj2 mm. essi compari¬ scono per un differenziamento di alcune cellule che rivestono la faccia esterna del seno assiale in corrispondenza della porzione aborale. Queste cellule però, ben presto si distaccano , formando 9 Perrier. — Sui’ le corps piasti dogène ou prétendu coeur des Echinodermes. — Comptes renclus. p. ISO, 1877. -) Hamann. — Beiti- àge zur Histologie dei' Echi n ode r me n. Heft 8, Anatomie und Histologie der Echiniden und Spata li¬ gi den. Iena 1887. 3) Cuénot. — Etudes morphologiques sur les Echinodermes. Ardi, de Biologie publìées par E. v. Beneden et C. v. Bambeke T. XI, 1891. — 92 — un cumulo, il quale resta legato per un esile tratto connettivale da una parte alla parete del seno e dall’altra al vicino tegu¬ mento (fìg. 2). In questo punto comincia a formarsi il cordone genitale. Il cumulo cellulare primitivo si prolunga su di un lato del seno assiale, come si vede nella fìg. la, e giunto in vicinanza del tegumento, dall’ima parte e dall’altra si dirige circolarmente per formare un cordone equidistante dall’apertura anale. Questo resta sospeso al tegumento da due sottili lamine con¬ netti vali, le quali assieme con le cellule sessuali costituiscono la parete inferiore di una cavità circolare. Il cordone genitale nel primo suo apparire non mostra alcun rivestimento, il quale subito dopo si forma per un adattamento degli esterni elementi. In Echinus microtuberculatus questo cor¬ done persiste immutato, fino a die non si è raggiunto un dia¬ metro di 3 mm. ; però , subito subisce alcune trasformazioni in quanto die gli elementi sessuali di cui prima era pieno scompa¬ riscono. Contrariamente alle idee emesse da Hamann e Cuénot come risulta dal cenno storico su riferito, dalle mie osservazioni risulta primieramente che il cordone genitale non si distrugge, ma che invece si trasforma per adattamento ad una nuova funzione ; in secondo posso dimostrare che le cellule sessuali non emigrano nei cinque rigonfiamenti glandulari (Cuénot); ma, che alcune si trasformano sul posto, adattandosi sulla parete , mentre altre si atrofizzano. La prima asserzione viene chiaramente mostrata vera dalle figure 3a, 4a, 5a e 13a, le quali tutte ritraggono in diverse fasi di sviluppo e nell’adulto il cordone nei suoi rapporti, i quali ri¬ mangono costanti sia rispetto alle glandule genitali sia rispetto alla parete del seno assiale. Il mio secondo modo di vedere, oltre a confermarlo le precitate figure, viene maggiormente dimostrato dalla fìg. 6a la quale fu ricavata da una sezione secondo 1’ asse di piccolo Echinus microtuberculatus di 2 mm. In essa figura, da una parte si vede l’ inizio di una gianduia genitale e dall’ altra opposta il cordone che si trasforma e che contiene un solo ele¬ mento genitale intatto, mentre nel resto è occupato da elementi già atrofici o trasformati. Nelle successive fasi di trasformazione del cordone genitale, a misura che esso si vuota delle cellule sessuali, si costituisce una parete abbastanza spessa (fig. 7a, 16a), la quale limita uno spazio del tutto privo di elementi cellulari, ma, interamente occupato da un finissimo coagulo di sostanza albuminoidea , simile a quello — 93 — che costantemente si trova in tutte le lacune sanguigne degli Echinodermi. Da ciò può inferirsi che il cordone genitale si sia trasformato in una formazione lacunosa ? Il contenuto certamente non basta da solo a caratterizzare una lacuna sanguigna; però , nuovi ar¬ gomenti, che in seguito esporrò , mi inducono a ritenere che il cordone genitale, perdendo gli elementi sessuali , acquisti la fun¬ zione di trasportare alle glandule genitali il liquido nutritivo. Prima che il cordone genitale subisca le esposte trasformazioni, nei tratti interradiali di esso appariscono cinque piccoli rigonfia¬ menti (fig. 4a), formati per proliferazione degli elementi sessuali preesistenti. Le vescicole genitali primitive sono sulle prime completamente piene di elementi seminali ; però, a poco a poco, come esse s’in¬ grandiscono, si forma una cavità centrale dentro la quale sono delle grannlazioui e del coagulo albuminoso (fig. 7, 8, 9). Queste vescicole in seguito si ramificano e la cavità persiste nelle rami¬ ficazioni fino a che non avviene la formazione di elementi sessuali maturi, i quali si raccolgono in essa. Fino ad un certo momento dello sviluppo non è possibile distinguere i due sessi; perchè gli elementi sessuali sono ugualmente costituiti e simili a quelli del cordone genitale. Ma , nella differenziazione consecutiva , alcuni elementi aumentano di volume ed, acquistando una larga zona di protoplasma ed un grosso nucleo, divengono le uova primor¬ diali, mentre altri elementi restano immutati attorno a quelle per formare il follicolo ovarico. Nelle ovaie di giovani individui tale disposizione è nettamente visibile ed in esse tutte le uova a di¬ verso stadio di sviluppo occupano solo la zona periferica (fig. 9). Nelle ovaie mature invece sulla parete della gianduia trovansi poche uova in via di maturazione ; mentre il centro delforgano è occupato da gran numero di elementi ovarici pronti ad essere espulsi e tutti col pronucleo femminile già formato , come sono stati descritti da Oscar Hertwig ’). Nella formazione dei sacelli testicolari gli elementi sessuali primitivi restano immutati e formano le spermatogonie di La Vallette S. George. Queste per successive segmentazioni condu- 1) Hertwig 0.— B e i t r a g e z u r KenntnissderBildung, Befrucht ung und Theilung de s t h i er i s eh en Eies. Morphologisches Jahrbuch Erster Band. 1876. — 94 — cono alla formazione degli spermatozoi, come dal Pictet ‘) è stato studiato, cominciando dagli spermatociti. Sviluppo del condotto genitale e dello sellinocele periglandulare. La parte superiore della membrana die riveste i primi rigon¬ fiamenti glandulari ben presto si modifica per la formazione di un ispessimento cellulare (fig, 4a). Questo però, in seguito si sdop¬ pia, formando due serie di piccole cellule (fig. 5a), delle quali la superiore si distacca e, portandosi in alto, si connette alle cellule che rivestono la sovrastante cavità anulare ; la serie inferiore si solleva anche alla sua volta , formando , come nella fig. 8 , una cavità cuneiforme con l’apice in su. Questa cavità , estendendosi verso l'esterno, perfora la piastra genitale corrispondente e si apre per formare l’apertura genitale della gianduia. Il condotto genitale, costituito sulle prime da un solo strato di cellule , in seguito presenta una parete molto spessa con cellule accumulate. Dai dati offertici dallo sviluppo del condotto genitale e dalle constatazioni anatomiche fatte sugli adulti per mezzo di sezioni è assolutamente da ritenere un errore di osservazione quanto da Pender 2) era stato detto, cioè, che i cinque condotti comuniche¬ rebbero fra di loro mediante un vase circolare perianale, il quale sarebbe una dipendenza dell'apparecchio genitale. Le glandule sessuali sono rivestite da una membrana esterna libera e da una interna aderente e sottoposta agli elementi ses¬ suali: fra queste due lamine è interposto uno spazio connesso alla cavità pentagonale superiore (fig. 5, 7, 8 e 9). Nei primi mo¬ menti dello sviluppo però, la membrana è unica e da questa in seguito per un processo di sdoppiamento si forma festerno rive¬ stimento e quindi lo spazio, che è perciò di natura schizocelica. Questo spazio periglandulare perdura nei successivi mutamenti dell’ organo , nè esso si oblitera per f abbondante formazione di elementi maturi. Da ciò che precede intorno alla formazione dello spazio sclii- zocelico periglandulare è anche da ritenersi inesatta l’ afferma¬ zione di Proulio 3), cioè, che il rivestimento esterno delle glandule genitali, assieme con il pentagono genitale vien dato dalla lamina mesenterica. 9 P i c t e t.--R echerclies sur laspermatogénèse ckezquelques I n v e r t é b r é s de la Mediterranée (Cfr. Spermatogénèse chez les Eehini- des p. 92). Mitthcilungen aus dcr Zoologisclien Station za Neapel. 10 Band. 1891-93. 2) Perrier. — Cfr. sup. pag. G14. 3) Prouho. — Cfr. sup. pag. 288. Pentagono genitale e sistema lacunare aborale. Quel sistema che negli Echini vien detto circolatorio o delle lacune sanguigne, dopo non poche ricerche presenta ancora molti punti interroga¬ tivi ai quali finora non è stato risposto. Le osservazioni discordi, secondo me, dipendono anzitutto dal metodo impiegato, il quale ordinariamente è stato quello delle iniezioni. Esso conduce indu- biamente a risultati fallaci per la ragione che una iniezione spinta in una cavità si può fare strada dentro spazii che nulla han da fare col sistema vasale o dentro maglie del connettivo. Oltre a ciò con tale metodo è poco sicura l’ osservazione circa le formazioni schizoceliche e le vere lacune sanguigne. Fra le tante quistioni che ancora restano aperte , vi è quella riguardante la significazione ed i rapporti dell’ anello aborale o pentagono genitale, il quale primieramente fu messo in evidenza da Tiedemann 1), e da Valentin 2). Da quest’ultimo tale anello era creduto in rapporto , mediante un canale verticale , coi vasi pe¬ riorali, come anche oggi si ripete generalmente nei libri di testo di Anatomia comparata. In seguito però, mentre da Hoffmann 3), Teuscher 4), Perrier 5), Ivoehler 6) venne negato, da A. Agassiz 7) fu nuovamente ammesso. Hamann 8), pur ammettendo questo anello perianale , dice che esso non è uno spazio sanguigno , come i precedenti osservatori aveano creduto, ma, una formazione scliizocelica nella cui parete perviene una rete lacunare destinata alle glandule genitali. Il Prouho precedentemente all’ Hamann in una nota 9) e poi nel lavoro completo 10) viene quasi agli stessi risultati. Seguendo questo osservatore, le cinque glandule genitali sono unite da un Tiedemann— Anatomie der Ròhr en-Holothurien des Po- meranzfarbigen Seesterns und Stein-Seeigels. Lanclhut. 1816. Anat. des Stein — Seeigels p. 67. 2) V al e n t i n — Anatomie d u genre E c h i n u s. Neuchatel , 1841. 3) H o ff m a n n — Zur Anatomie der E c li i n e n und Spatangen. Niederlànd. Ardi, fur Zool. 1871. 4) Teuscher— Bei trage zur Anatomie der Echino derni en. Je- naische Zeitschrift. f. Naturw. B. X, 1876. Cfr. Echinidae pag. 517. 5) Perrier — Loc. cit. G) Koehler — Rechcrches sur les Echini des des cótes de Pro- vence. Annales du Musee d’Histoire naturelle de Marseille 1883. 7) Agassiz — Ite visio n of thè Echini. Structure and Ernbryo- logv of thè Echini. Part. IV, 1872-74. 8) Hamann — Loc. cit. pag. 79 e seg. 9) Prouho — Sur le sistème vasculairedu Dorocidaris papillata. Gomptes rendus 1886, v. 102 pag. 1403. 10) Prouho — Loc. cit. pag. 287 e seg. 96 — anello pentagonale (pentagono genitale), il quale è una dipendenza della lamina mesenterica che unisce l’esofago alla glandola ovoide. La membrana che costituisce il pentagono genitale, contiene nel suo spessore una rete lacunare interstiziale appartenente al siste¬ ma anulare viscerale. Cuènot x) conferma le osservazioni di Hamann e Proulio e ol¬ tre agli Ecliinidi regolari da questi studiati , estende tale dispo¬ sizione della rete lacunare perianale all’ Arbacia pustolosa ed ai Clypeastroidi. Come precedentemente fu detto, il cordone genitale non appena ha perduto gli elementi sessuali, mostra tutti i caratteri di una lacuna sanguigna esternamente limitata da una sottile membrana ed internamente occupata da un coagulo. Esso per il modo come era legato al tegumento determinava una cavità pentagonale, la quale persiste ancora negli adulti ed abbraccia le cinque gianduia genitali. Tale cavità passa vicino il sistema madreporico , rasen¬ tando la parete esterna del seno assiale e viene parzialmente in¬ terrotta dal passaggio dei condotti genitali. Nell’ulteriore sviluppo il cordone genitale così trasformato si inspessisce e nelle sezioni mostra una ampia cavità piena di coa¬ guli , come nella fìg. 16. Nel punto d’inserzione sulle glandule genitali spesso è visibile un rigonfiamento pieno di sostanza nu¬ tritiva (fìg. 17). Circa i rapporti della cavità costituente il pentagono genitale, il Cuénot 2) afferma che essa comunichi direttamente col seno assiale ; come si rileva dalla fìg. 74 , Tav. XNX ; ammette però, clic tale comunicazione si obliteri negli Ecliinidi irregolari. Da ciò che a me risulta per le molte osservazioni fatte su se¬ zioni in serie di Ecliinidi grandi e piccoli io posso recisamente smentire tale comunicazione. Invece, come si rileva dalle fìg. 14 e 15 prese da una stessa serie di sezioni, la cavità del pentagono genitale comunica con quel seno soprapposto all’assiale ed in cui è racchiusa l’appendice glandolare di cui in seguito si terrà spe¬ ciale discorso. Le lacune, situate nella parete del pentagono, sono connesse intimamente alla sostanza dell’ appendice glandulare e con essa formano una continuazione. Da ciò che precede, mentre da una parte emerge chiara l’idea che il cordone genitale, trasformandosi in una lacuna sanguigna, forma il pentagono genitale, dall’altra si rende inammissibile l’o¬ rigine mesenterica di esso, come sostenne il Prouho. x) C u é n o t — Loc. cit. pag. 603. 2) Cuénot — Loc cit. pag. 588. 97 Innervazione delle glandule genitali. Il Prouho l) per il primo parla di un nervo clie nell 'Echinus acutus e Strongylocentrotus li- vidas è destinato alle glandule genitali. Secondo quest’osservatore tale nervo emanerebbe dal cordone nervoso radiale e propriamente dallo strato interno di cellule ganglionari. Cuénot 2) confermò in seguito la presenza dei nervi genitali e li estese alla Dorocidaris papillata : non ammise però , che essi siano un’emanazione del cordone radiale e credette per contro che siano un centro autonomo. La soluzione 'del problema riguardante l’origine dei nervi in quistione è abbastanza difficile, poiché, come si sa, negli Echino- dermi tutto ciò che è sostanza nervosa si distingue molto poco in mezzo agli altri tessuti. Non posso ammettere però , col Cué¬ not, che il cordone radiale resti molto discosto dalle glandule ge¬ nitali e che esse quindi non possano da quello ricevere alcun nervo. Il cordone nervoso radiale , per un’apparenza data dalle sezioni trasverse, è lontano dalle glandule quando esso perfora le piastre ocellari. Per quante sezioni però, abbia potuto fare, a me neanche è stato possibile vedere con chiarezza l’origine dei nervi genitali ; che , se qualche volta ho veduto dipartirsi lateralmente al cordone nervoso radiale due fasci diretti verso le glandule ge¬ nitali , con ciò non voglio affermare cosa che in avvenire po¬ trebbe essere contradetta. E sperabile però , che altri ricercatori vogliano definire tale quistione , la quale è di grande interesse per la morfologia degli Echinodermi, essendo che nelle Ophiothri- chidae fu da me dimostrato, i nervi genitali non rappresentare un centro autonomo, come volle il Cuénot, ma, essere una dipen¬ denza di uno dei nervi laterali del cordone radiale. D’altro canto è necessario dica che anch’io ho veduto negli Echini la disposi¬ zione descritta e rappresentata dal Prouho nella fìg. 2 Tav. NVL però , ciò che egli intende come origine reale del nervo genitale e che indica con la lettera n1, altro non è che un ispessimento delle cellule del celoma. Le cinque glandule genitali sono tra loro congiunte da mi fa¬ scio nervoso pentagonale molto robusto, il quale si colloca sulla parete inferiore del pentagono genitale e dal lato esterno di esso. Questo fascio s’ inserisce sull’ inizio di ciascun condotto genitale ove forma un ispessimento ganglionare con cellule accumulate. Dalle sezioni trasverse e longitudinali si vede che esso viene cir- *) Prouho — Loc. cit. pag. 291 e seg. 2) Cuénot— Loc. cit. pag. 498. — 98 — conciato da una membrana, la quale limita una cavità di natura scliizocelica. (Vedi figure 16a, 17a e 18a). II. Sistema madreporico e lamina mesenterica. Sotto il nome di sistema madreporico intendo l’insieme di quelle parti, le quali, come la gianduia ovoide, l’appendice glandulare ed i corrispondenti seni, sono intimamente connesse al canale pe¬ troso. Canale petroso. Inizialmente il poro madreporico è uno; però, in seguito altri se ne costituiscono, i quali, per mezzo di altrettanti canali, mettono in un grande spazio, dal quale poi verso il lato orale si origina il canale petroso. Questo corre tortuoso, ma attra¬ versa la cavità generale del corpo cpiasi perpendicolarmente e parallelamente all’asse dell’animale per andare ad inserirsi su la lanterna, vicino la parete del sifone intestinale. Il canale petroso è ricoperto da una membrana cellulare ed in essa compreso ri¬ mane isolato ; la membrana però , si prolunga da ambo i lati, formando un’ ampia cavità, entro cui vien racchiusa la glandola ovoide. Glandola ovoide. Quest’organo si estende da sotto la madrepo- rite alla sommità della lanterna : esso molto ingrossato nella por¬ zione superiore od aborale verso il lato orale si assottiglia a mo’ di peduncolo. La sua superficie, anche ad occhio nudo, mostrasi cosparsa da prominenze ed anfrattuosità , le quali nelle sezioni appariscono come porzioni vacuolizzate della sostanza propria del¬ l’organo. Le prominenze alcune volte diventano molto grandi ed acquistano la forma di grossi mammelloni, come nella figura 21, i quali sul vivo fan vedere nel loro interno una massa granulosa gial¬ lastra agitata continuamente. Nelle sezioni , come nella fìg. 22 , apparisce uno spazio molto ampio, il quale è occupato da sostanza filamentosa e granulare entro cui sono sparsi dei nuclei: nel cen¬ tro poi è un forte accumulo di elementi nucleati maggiormente aggruppati alla periferia ed aventi granuli giallastri sia a gruppi che isolati. Nelle sezioni trasverse di piccoli individui la glandola ovoide apparisce a forma di mezzaluna occupante quella porzione del seno assiale opposta al canale petroso. Nell’ulteriore sviluppo però, dalla superfìcie interna corrispondente al seno assiale appariscono delle creste, le quali ora si anastomizzano con quelle vicine, for¬ mando tanti spazii irregolari, ora si prolungano, andando ad in¬ serirsi su punti opposti della parete del seno. — 99 — La istologia di quest’organo è stata già studiata da Koeliler x) Prouho 1 2), Hamann 3) ed altri ed io poco ho da aggiungere. Negli individui poco sviluppati la sostanza propria della gianduia è fatta da un ammasso di elementi linfoidi immersi in una sostanza finamente granulare o j alina simile al coagulo delle lacune san¬ guigne. In seguito però, la fine struttura dell’organo si complica per la formazione di fasci connettivali, i quali determinano tante trabecole di forma irregolare. Nelle sezioni, dirette sia nel senso trasversale che longitudinale, dà subito all’occhio la differente co¬ stituzione della parte periferica e della centrale, in quanto che la prima si mostra fortemente vacuolizzata con spazii aventi diverse forme e dimensioni, mentre la seconda è compatta e piena tutta di cellule ameboidi regolarmente disposte fra le maglie del con¬ nettivo. Gli spazii posti nella periferia esterna della glandola, sono pieni di coaguli albuminosi, come da Hamann 4) è stato de¬ scritto e figurato per lo Sphaerechinus granularis. Oltre le cellule ameboidi, già descritte da Koehler, Prouho, Ha¬ mann , nella glandola ovoide ve ne sono altre tondeggianti con protoplasma abbondante e pieno di vacuoli ed altre ancora ton¬ deggianti , ma , col protoplasma completamente pieno di granuli giallastri molto rifrangenti la luce. Questi granuli, oltre ad essere contenuti nel protoplasma delle cellule in maggiore o minore nu¬ mero, sono anche isolati e sparsi abbondantemente nella sostanza della gianduia o accumulati qua e là formando quasi tanti bloc¬ chi. Essi granuli sono quasi tutti della stessa grandezza e con la stessa colorazione, ma non è difficile trovarne alcuni molto grossi e di un giallo più scuro. Oltre questi granuli giallastri ve ne sono altri rosso-bruni, contenuti nel protoplasma di alcune cellule, co¬ me furono già descritti da Prouho e da Geddes 5) per la cavità generale del corpo. Questi granuli però , sono soltanto visibili a fresco, schiacciando la glandola con un coprioggetti; giacche per l’azione dei varii reagenti essi si decolorano. Contrariamente a quanto hanno detto e figurato i due summenzionati ricercatori, le cellule , che contengono i granuli rosso- bruni , sono sempre più piccole delle altre e meno abbondanti ; di più esse mostrano un corpo centrale trasparente ed una parete raggrinzata con un abito 1) Koehler. Loc. cit. 2) Prouho. Loc. cit. 3) Hamann. Loc. cit. 4) Hamann. Loc. cit. 5) G-eddes — Observations sur le fluide périviscéral des Our- si n s. Arch. de Zoologie expér. et gén. T. Vili , 1879-80. 100 — generale, clie richiama subito alla mente uno stato di degenera¬ zione cellulare o di atrofia. Una quistione di alto interesse per la fisiologia degli Echini, si è quella riguardante 1’ origine e la funzione di questi granuli , i quali, oltre la glandola ovoide, invadono quasi tutti i tessuti. Secondo il Carpenter *) la glandola ovoide contribuisce a pro¬ durre i corpi bruni descritti da Greddes 2). Mentre il Perrier 3) crede che questi siano un prodotto di escrezione dell’ organo , il Carpenter dice che per contro siano elementi pigmentari che han¬ no una funzione respiratoria. Per il Proulio 4) delle due specie di granuli pigmentari, il bruno fa parte di una cellula ameboide vivente, il giallastro è una ma¬ teria inerte che non partecipa alla vita della cellula. Questi gra¬ nuli, che invadono tutti i tessuti, pel Proulio sono probabilmente il risultato della disgregazione dei globuli muriformi, che si di¬ sfanno dopo avere assorbito i prodotti escreti dai tessuti nei quali essi vivono. Circa l’origine delle amebe brune nulla può dire per mancanza di osservazioni. Le amebe incolori , che abbondante¬ mente si producono nella glandola, passano nella cavità generale per mezzo di canalicoli periferici, che camminano nel tessuto al¬ veolare dell’ organo e sboccano alla periferia. Secondo Cuónot 5) gli amebociti si riempiono di varii prodotti di riserva, come grassi , materie proteiche (Echinocroma) e pas¬ sano nei tessuti per servire alla nutrizione. Molte altre congetture furono fatte nell’assegnare una funzione ai granuli colorati, così il Foettinger G) crede che alcuni siano delle vere ematie con emo¬ globina e che abbiano una funzione respiratoria. Ma , a tal ri¬ guardo bisogna avvertire che lo spettro di tali granuli, sul quale si è fondata tale asserzione, simile a quello delFemogiobina, non è una prova sicura della loro identica costituzione chimica. Cosi il Preyer 7) dimostra che anche altre sostanze, come la turacina, hanno lo stesso spettro dell’ emoglobina senza essere chimicamente simili. b Carpenter — Notes on Echinoderm Morphology N. "VI. O n tlie Anatomical Relations o f thè Yascular System. Quart.Journ. of Micr. Science. 1883, 2) G e d d e s. Loc. cit. 3) Perrier. Loc. cit. 4) P r o u h o. Loc. cit. 5) Cuénot. Loc. cit. pag. 450. 6) Foettinger. — Sur l’existence de l’hémoglobine chez les Echinodermes. Arch. d. Zool. 1880. fi Preyer. — Ueber die Bewegungen der Seesterne. M itili, a. Stai. Zool., Neapel. 1886. — 101 — Circa la funzione dei granuli colorati degli Echini io credo che qualsiasi conclusione o ipotesi si possa fare, sarà sempre te¬ meraria; giacché con le attuali conoscenze di Chimica fisiologia nulla si può dire sulla costituzione. Io però , ho voluto studiare la loro origine per determinare se essi siano granuli di pigmento o un prodotto di trasformazione o di secrezione dei tessuti. Per lo studio di tale quistione ho levato da uno Sphaerechi nus la glandola ovoide con la lamina mesenterica ed una porzione dei- fi intestino e dopo fissazione al Sublimato e colorazione all’Ema- tossilina ne ho fatto sezioni. Dall’esame microscopico, come si ri¬ leva dalla fìg. 20 , ho potuto constatare che i granuli in parola provengono dalle cellule glandolari dell’ intestino e che essi, dopo essere arrivati negli spazii lacunari sottoepiteliari , che circonda¬ no il canale digerente vanno nella lamina mesenterica. Questi gra¬ nuli allora inclusi nel protoplasma delle cellule ameboidi sono trasportati nella glandola ovoide e quindi nella cavità generale. Tenendo presente i rapporti di questa glandola e la sua costitu¬ zione è probabile che le sostanze nutritive per opera di questi granuli subiscano ulteriori trasformazioni prima di essere assimi¬ late, come potrebbero dimostrarlo i coaguli che si rinvengono ne¬ gli spazii della periferia esterna. Oltre a ciò questa glandola con la sua parte interna, corrispondente alla cavità glandulare, deve assorbire dall’acqua, che in questa penetra, quei gas necessarii a nuove trasformazioni delle sostanze assimilabili. Questa ipotesi che io avevo sostenuto studiando la famiglia Opìiiothrichidae , viene confermata dal fatto che negli Echini quella parte della glandola corrispondente alla cavità del seno assiale, è costituita da spazii ampii e numerosi, limitati da una parete sottile, attraverso la quale sono possibili i fenomeni di diosmosi. Lamina mesenterica — Negli Echinidi, come si conosce per pre¬ cedenti ricerche, esiste un mesentere, il quale tiene in sito tutte le anse del tubo digerente. Dipendente da esso vi è una lamina molto ampia, situata verticalmente nell’asse dell’animale e connessa all’apparecchio madreporico. Questa lamina propriamente abbrac¬ cia da una parte il sifone intestinale con il secondo tratto del¬ l’intestino (stomaco) ed il canale annesso ( Nebendarm di Hamann) e dall’altra il sistema madreporico (glandola ovoide, appendice glan¬ dulare). Questi rapporti sono tutti resi evidenti dalla figura d’in¬ sieme (figura 12), ove la lamina in parola si vede non nella sua naturale posizione, ma, rovesciata sul davanti. Studiando le sezioni seriali, fatte.su interi Echini, questa lamina apparisce intimamente connessa alla glandola ovoide ed alfiappen- — 102 — dice glandulare. Con forti ingrandimenti essa mostra tali caratteri di continuità con questi organi, che riesce impossibile tracciare dei limiti di demarcazione. Istologicamente considerata questa lamina si compone di un esterno rivestimento epiteliare simile a quello della gianduia ovoide e di un contenuto fatto da fili connettivali i quali formano tanti spazii regolari e successivi entro cui sono delle cellule libere, dei coaguli albuminosi e granuli gialli sia sparsi che in cumuli dentro le cellule. Nel punto ove questa lamina s’inserisce sull’intestino, presenta un ispessimento vuoto all’ interno e simile ad un vero canale. Questo fa vedere, come nella figura 20, sulla parete connettivale ed in diversi punti dello spazio interno molte Cellule tondeggianti con protoplasma abbondante e granuloso ed oltre a ciò un coagulo albuminoso e blocchi di granuli giallastri assieme ad altri sparsi qua e là. Come si sviluppa la lamina mesenterica ? Nelle sezioni (vedi la fig. 3) essa apparisce sulle prime come un prolungamento della so¬ stanza propria dell’appendice glandulare, il quale prolungamento va ad inserirsi sulla parete dell’ intestino. A formare questa lamina però, contribuisce anche la glandola ovoide, ed essa, infatti, caccia un prolungamento di cellule allineate (fig. 19), le quali si connet¬ tono con un altro proveniente dal connettivo sottoepiteliare del tubo digerente. Appendice glandulare. — La glandola ovoide verso la sua por¬ zione aborale mostra una prominenza mediana, la quale nelle se¬ zioni apparisce fatta da un largo intreccio di fili connettivali. Tale prominenza alla sommità del seno assiale è molto estesa ed in cor¬ rispondenza del tegumento dorsale sporge fuori, collocandosi in uno spazio chiuso situato a lato della grande cavità sottoposta alla madreporite. Questa dipendenza della glandola ovoide, detta altri¬ menti appendice glandulare, sulle prime è rivestita da cellule re¬ golarmente disposte ed a grosso nucleo ; però, nell’ ulteriore svi¬ luppo la prominenza primitiva si estende, occup andò tutta la faccia inferiore del corrispondente seno. Ciò avviene per la formazione di un germoglio a guisa di grossa gemma (fig. 14), la quale nel- l’ interno ha pochi filamenti connettivali con nessuna cellula ame¬ boide. Seno aborale. — Questo seno che io chiamo aborale, volendo ri¬ cordare l’omologa formazione delle Ophiure ed Asterie, fu per la prima volta messo in chiaro da Perrier x), mediante iniezioni di- 9 Perrier. — Loc. cit. pag. 613. — 103 — rette verso l’alto della cavità glandolare. Proulio *) , a mezzo di- sezioni ne ha confermato la presenza ed ha mostrato che in esso è contenuta 1’ appendice della glandola ovoide. Et a m a n n però , nei suoi studii sugli Echini, non l’ha veduto, onde crede che non esista: il Cuénot 2) quindi ha ben voluto nuovamente affermare tale fatto anatomico, ribadendo le osservazioni di Pender e Prouho. Anche io ho sempre constatato la presenza del seno aborale, sia in Echinus e Sphaerechinus che Strongilocentrotus. Esso però , an¬ ziché formare uno spazio limitato in vicinanza della cavità sot¬ tomadreporica, si estende di molto da ambo i lati, seguendo per lungo tratto il pentagono genitale, al quale resta sempre molto pros¬ simo e parallelo. Lo sviluppo di questo seno, come appare dalle figure 10, 11, è simile a quanto avviene nelle Ophiure , come da Bride 3) e da me 4) fu descritto. Esso si forma, cioè, per due creste della parete celomica, le quali abbracciano prima e poi racchiudono 1’ appen¬ dice glandulare. Circa i rapporti con gli organi e gli spazii circostanti, il Per¬ ii er 5) per mezzo d’iniezioni spinte con violenza verso l’alto della cavità glandulare, avea constatato che il liquido non andava nello spazio infundibuliforme sottomadreporico (seno aborale) ; ma, pie¬ gandosi verticalmente riempiva il canale della sabbia. Cuénot G) dice che il seno in parola comunica con l’assiale nei giovani in¬ dividui, ma, che essi negli adulti sono completamente separati. Io da parte mia ho sempre nettamente constatato che i due seni non comunicano fra di loro , sia nei piccoli individui che negli adulti. Il seno aborale comunica invece con il pentagono genitale, come già è stato detto. III. Conclusioni. Dall’esame degli studi fatti fin’ oggi sui diversi gruppi di Echino- dermi, risulta in primo luogo che l’apparecchio riproduttore degli Echinidi presenta le maggiori affinità con quello degli Ophiuridi. x) Prouho. — Loc. cit. pag. 323. 2) Cuénot. — Loc. cit. pag. 589. 3) Bride. — The development of thegenital orgaus, Ovoid gland, Axial and Ah orai Sinuses in Amphìura squamata etc. Quarterly Journal of Microsc. Science, 1892. 4) Russo — Contribuzione alla genesi degli organinegli Stei leridi. Atti B. Acc. Scienze fis. e mat. di Napoli Voi . VI Sez. £.a 1894. 5) Perrier. — Loc cit. pag. 613. 6) Cuénot. — Loc. cit. pag. 588. 104 — Escludendo quanto aveano ammesso il Cuénot 1), Bride 2) ed al¬ tri, cioè, che le prime cellule sessuali abbiano origine dalla gianduia ovoide, come fu da me 3) discusso in un precedente lavoro, emerge chiaro che in entrambi i gruppi esse si sviluppano nello stesso modo dalle cellule peritoneali del seno assiale. Il cordone genitale ha la stes sa origine, lo stesso percorso e la stessa costituzione sia negli Echinidi, che in Ophiothrix echinata dove fu anche da me studiato. Negli Opliiuridi però, questo cor¬ done, come risulta dalle ricerche di Ludwig 4), di Hamann 5), di Cuénot 6) e dalle mie 7) persiste immutato, rimanendo avvolto da una lacuna sanguigna, la quale alla sua volta è racchiusa in uno spazio periemale. Negli Echinidi invece il cordone genitale, come si è detto, perde gli elementi sessuali e si trasforma in una lacuna, destinata, come le dorso-ventrali delle Ophiure a portare sostanza nutritiva alle glandule genitali. Considerando che le lacune san¬ guigne in parola nelle Ophiurae son derivate da un’appendice la¬ cunosa connessa al canale petroso, appendice che proviene dalla glandola ovoide 8), l’omologia di esse con quelle che negli Echini sono situate nella membrana del pentagono genitale è inammis¬ sibile : esse sono per contro analoghe per la funzione a cui sono destinate. Ciò non ostante, esiste negli Echinidi l’omologa formazione delle lacune dorso-ventrali delle Ophiurae : essa è però in via di ridu¬ zione o un organo atrofico. L’ appendice glandolare con la rete lacunare che da essa deriva e che occupa la parete ventrale del seno aborale per molti riguardi è omologa alle lacune dorso-ven- trali. Come queste , essa deriva dalla glandola ovoide non solo , ma è racchiusa entro uno spazio o seno che si sviluppa nella stessa maniera dello spazio periemale già menzionato. Oltre a ciò, la po¬ sizione , il suo percorso secondo il pentagono genitale, ed i rap¬ porti non lasciano alcun dubbio su questa omologia, che, secondo me, è di un alto interesse per la generale morfologia degli Echi¬ nodermi. b Cuénot. — Loc. cit. 2) Bri d e. — Loc. cit. 3) Russo. — Contrib. alla gen ecc. (cit. sopra.) 4) Ludwig. — Bertràge zur Anatomie der Ophiuren. Zeitschr • f. w. Zool. XXXI. 1878. 5) Hamann. Beitràge zur Histologie der E chino der me n. — Anat. und Histologie der Ophiuren und Crinoiden — Jena 1889 6) Cuénot. — Loc. cit. 7) Russo — S t u d i i Anatomici sulla fam. Ophiothrichidae. 0 R u s s o — I bidem. Dopo tali nozioni, che cosa rappresenta la cavità del pentagono genitale ? E essa una formazione schizocelica speciale degli Echi- nidi, oppure è il rappresentante dello spazio periemale delle lacune dorso-ventrali delle Ophiure, come risulta dalle osservazioni del Cuénot, il quale crede che nelle Asterie, Ophiure ed Echini esso spazio si formi per un prolungamento del seno assiale? Tale asserzione del Cuénot deve essere ritenuta erronea e poco confortata dalle osservazioni ; giacché da quanto ho esposto e da quanto il Bride ha osservato nell ' Ampi dura squamata risulta che il seno aborale, da cui proviene poi il canale , si forma per due creste della parete celomica. Lo spazio soprastante le lacune del pentagono genitale, formatosi sulle prime per le aderenze del cor¬ done genitale non trova, almeno con le attuali conoscenze, alcuna omologia negli altri gruppi di Echinodermi, onde è da considerarsi come una formazione schizocelica speciale degli Ecliinidi. Giunte a questo punto le nostre conoscenze io mi domando : il cordone genitale con le lacune dorso-ventrali . e lo spazio perie¬ male è da ritenersi la formazione primitiva di un gruppo di Echi¬ nodermi o invece è una condizione di cose derivata da maggiore differenziamento dell’ apparecchio genitale ? Dagli studi fatti in tutta la serie dei gruppi tali formazioni sono soltanto riconoscibili nelle Asteroiclae ; poiché nelle Synapte ed Oloturie e nei Crinoidi le cose vanno altrimenti. Negli Ecliinidi il cordone genitale che si trasforma subito in una lacuna, il seno aborale e l’appendice glandolare fortemente ridotti sono certamente caratteri ontoge¬ netici, i quali sicuramente ci guidano a stabilire dei dati di filo¬ genesi, riflettenti i rapporti con le Ophiure ed Asterie. Tali rapporti vengono maggiormente riconfermati, ove si pensi che in alcune famiglie di Ophiurae, per molti riguardi fra le più evolute del gruppo, alcune specie hanno un condotto genitale sboc¬ cante fuori delle borse e simile a quello degli Ecliinidi. Tale fatto notevolissimo era stato osservato da Lyman *) in diverse specie dei generi Ophiocymbium , Ophiothamnus e recentemente dal Mor- tensen 1 2) studiato con molta cura in Ophiopus arcticus Lynn. Anche io ho trovato un solo condotto genitale nelle diverse specie della famiglia Ophiothrichidae 3). 1) Lvman. — Report on thè scientific results of thè exploring voyage of H. M. S. Challenger — 0 p hi u ridea, voi. V. 2) Mortensen. Ueber Ophiopus arcticus (Lyungman), eine Ophiure mit rudimentàren Bursae — Zeitsch. f. Wissensch. Zoologie, V, 56, 1S93. 3) R u s s o — Loc. cit. — 106 — L' apparecchio madreporico in tutte le sue parti è omologo a quello delle Ophiure ed Asterie. La cavità sottostante alla ma- dreporite, die negli Ecliinidi raggiunge un notevole sviluppo, cor¬ risponde alla cosiddetta ampolla delle Ophiure, che Ludwig e Bride aveano ritenuta un seno indipendente ed interposto fra i due tratti del canale petroso. Essa però, quivi come in Ophiactis virens, stu¬ diato dal Simroth *) ed in Asterina gibbosa ed Ophiothrichidae , dove fu da me descritto , comunica col seno assiale da dove si avanza ancora per formare lo spazio periemale dell’ anello lacu¬ nare periorale. Questo spazio (ampolla) deve avere una importante funzione nella diffusione dei liquidi provenienti dagli interni ap¬ parecchi acquifero , lacunare e schizocelico e l’ acqua proveniente dall’esterno. Tale continuità tra l’ampolla ed il seno assiale oltre a riaffermare l’omologia del sistema madreporico degli Echini con quello degli Asteridei, viene a dare nuova conferma a quanto Bury2) avea osservato a tal proposito nelle larve di questi animali. La glandola ovoide, simile a quella delle Ophiure, negli Echini, non ancora pervenuti a completo sviluppo, in seguito si complica nella sua struttura per la formazione di fasci connettivali e di in¬ numerevoli spazii aventi forma diversa. Essa è sede di nuove tra¬ sformazioni delle sostanze assimilabili , per opera dei granuli di fermento provenienti dall’ intestino e dei gas assorbiti da quella porzione corrispondente alla cavità glandulare entro cui penetra l’acqua di mare. La lamina mesenterica degli Echini raggiunge un grande differenziamento ed è sede di funzioni molto complesse. Dallo sviluppo di essa si hanno da una parte dati sicuri nell’assegnarle la significazione morfologica nel sistema degli Echinodermi, men¬ tre dall’altra si possono avere nuovi argomenti, i quali vengono sempre più a dimostrare i rapporti di parentela esistenti tra gli Ecliinidi e le Ophiure ed Asterie. Come dagli studi di Hamann e miei fu dimostrato, in opposizione al Cuénot ed al Mortensen, gli assorbenti intestinali esistono anche in questi gruppi e sono connessi alle lacune aborali o dorso-ventrali dalle quali proma¬ nano sulle prime a guisa di piccola gemma, come io ho mostrato in Asterina gibbosa. Tale condizione di cose è riconoscibile nei piccoli Echini. Come, infatti, si è detto, la lamina mesenterica è un’emanazione !) Simroth. — Anatomie und Schizogonie der Ophiactis virens — Zeitsch. f. TFiss. Zool. Bel. XXVII, 1876. 2) Bury. — Studies in thè Embrvology of thè Echinoderms. — (piavi. Joum. of. Micr. Science. 1889. — 107 — della glandola ovoide e dell’ appendice glandulare la quale , per quanto ho esposto , è da ritenersi un’ omologa formazione dello lacune dorso-ventrali. Tale lamina mesenterica assorbente , dopo essersi connessa alla 2.a porzione dell’intestino, si estende formando i due canali marginali e la rete capillare, nello stesso tempo che si complica nella sua struttura. I rapporti però , esistenti tra gii assorbenti intestinali e le lacune avvolgenti gli organi genitali o il cordone genitale, quali furono constatati nelle Synapte ed Oloturie nei Crinoidi (?) ed Asteroidi , non sono riconoscibili negli Echinidi e ciò potrebbe far credere poco fondate le considerazioni fatte. Negli Echinidi, però, sono avvenuti tali mutamenti sostanziali in questi apparec¬ chi da non rendere più riconoscibili alcuni rapporti. Ma, tenendo presente che l’appendice glandulare rappresenta le lacune aborali degli Asteroidi, che essa dà origine alla lamina mesenterica e che il cordone genitale si atrofizza, non deve restare alcun dubbio su tale omologia. Le presenti ricerche, in accordo con le conoscenze che si hanno sull’anatomia e sullo sviluppo degli Echinodermi , conducono ad una conclusione di indole generale. Essa è la seguente: Gli E- chinidi , fra tutti gli Echinodermi, presentano le mag¬ giori affinità con gli Ophiuridi. Quelli di questi sono più evoluti per una maggiore differenziazione di al¬ cuni organi e per la scomparsa od atrofia di altri, che son da riguardare come formazioni primitive di un gruppo di Echinodermi. Napoli, maggio 1894. — 108 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE cg) cordone genitale pg) pentagono genitale cp) canale petroso puri) piastra madreporica sab) seno aborale sas) seno assiale is) ispessimento della parete del¬ la g.g. ~ 12. Porzione aborale del corpo di Sphaerechinus granulari s veduta dall’interno per mostrare i rapporti della lamina mesenterica. Grandezza naturale. 13. Sezione longitudinale di un individuo a completo sviluppo : si vedono i rapporti degli organi genitali e del pentagono geni- oc- ^ tale con il seno aborale, il canale petroso etc.;-— j^r — g— 14. 15. Sezioni prese da una stessa serie di sezioni per mostrare la comunicazione tra il seno aborale ed il pentagono genitale. 16. Sezione trasversa del pentagono genitale a completo sviluppo 17. Sezione perpendicolare di una glandola genitale (testicolo) per mostrare l’inserzione della lacuna del pentagono; ^ g 18. Sezione trasversa della membrana del pentagono gen. si vede il fascio nervoso genitale;^ 19. Sezione della glandola ovoide di piccolo Echino per mostrare la oc. 2 formazione della lamina mesenterica;— 7 obb.C 20. Sezione della lamina mesenterica di Sphaerechinus nel punto ove oc. 2 essa s inserisce sull intestino;- obb.D 21. Glandola ovoide e canale petroso di Sphaerechinus — Grandezza naturale. 22. Sezione trasversa della glandola ovoide in. corrispondenza del ri¬ gonfiamento o mammellone quale si vede nella precedente figura. Ancora delle Ligule che si mangiano in Italia — Comu¬ nicazione di Fr. Sav. Monticelli. (Tornata del di 8 Luglio 1894) Nella mia noterella « Si mangiano le Ligule in Italia J) poi¬ ché, come dicevo, nè il Donnadieu, nè il Leuckart indicano le fonti dalle quali ricavano la peregrina notizia in proposito , e poiché il primo cita e riassume solamente quanto dice il Briganti sulle Ligule dei Ciprini del lago di Palo (nella parte storica del suo lavoro ), mi credetti autorizzato a concludere che la favola, che le Ligule si mangiano frequentemente da noi, avesse avuta sua origine prima dalle parole di Briganti, che ho riportate, frantese ed alterate. Ma il collega Railliet di Alfort m’informa, per lettera, che , se egli nel suo trattato ( ciò che io ignoravo , perchè que¬ sto non possedeva) 1 2) e gli altri autori indicano « les Italiens comme mangeant les Ligules, ce n’est pas d’après Briganti, mais bien d’après Marechini cité par Rudolphi (Entoz. Synops. p. 465) », Grato alla amichevole informazione del collega Railliet, ho voluto esaminare il brano di Rudolplii , che egli mi accenna , e che io ignoravo ; il che mi ha porto occasione di completare e confer¬ mare ciò che, suH’origine della favola suddetta, dicevo nella mia nota precedente. Il Rudolphi, infatti,- scrive che Marechini, medico romano, gli comunicò esservi in un lago napoletano (lago Fucino dicto) dei pesci « qui vermes continerent incolis edules ». E più oltre soggiunge « Pisces ex cl. Morechini et amicorum ratione La- « se a et Lascagna, vermes autem Macaroni inatti vocantur , ut « pisces bis commendabiles Lasca cimi Macaroni emtoribus lau- « dentur » . 3) Questo secondo periodo, come si vede, completa il 1) Vedi questo bollettino a pag. 40-42. 2) Il Railliet ha voluto tanni grazioso dono della 2.a edizione del detto suo trattato, « Traité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris 1893 », nel quale appunto, a pag. 331, scrive clie in certe località il popolo non disdegna di ali¬ mentarsi di Ligule e che « D’après Rudolphi celles d’un petit Poisson voisin du Barbeau sont recherchées et mangées avec délices en Italie, sous le noni de macaroni piatti. Et a Lyon mème, au rapport de Donnadieu, certaines per¬ soli nes en font usage à la manière des Italiens. » 3) Il Diesing (Syst Helm. Yol. I, pag. 581) riporta così questa notizia di Rudolphi, come nota alla specie Ligula diagramma Crepi in — « Ligulae in pisci- culi, Cyprino Barbo affinis, abdomine obviae Italis, nomine Macaroni piatti edules in deliciis sunt » Rudolphi. — Ili — primo e lo spiega; in quanto, evidentemente, si rileva da questo, come il Rudolphi, nel dire che gli abitanti mangiano le Ligule, intende che queste si mangiano insieme al pesce che le alberga. Da ciò emerge che quel che dice il Rudolphi, collima con quel che scrive il Briganti (che ignorava del tutto lo scritto del Ru- dolplii) e , quindi , se varia la fonte della notizia in quistione , secondo il Railliet, essa resta integralmente la stessa, ed è stata ugualmente alterata passando di bocca in bocca. Cosicché resta ancora una volta dimostrato che le Ligule non si mangiano in Italia, come cibo, ma insieme al pesce che le alberga, col quale vengono cotte, o fritte, essendo, il più delle volte, prese per grasso. Nella stessa maniera che si possono mangiare quelle Tenie, od altri elminti che vengono cotti nelle trippe (che si man¬ giano) nelle quali si trovavano. Se per le cose innanzi dette il nome di Macaroni piatti, dato alle Ligule non si deve al Donnadieu, come ho supposto, quale tradu¬ zione di tagliatelle (al qual nome corrisponde per altro quello di Rudolphi nella sua errata dizione italiana), non si può non ricono¬ scere, in quanto . scrive il Donnadieu, l’influenza delle cose dette dal Briganti, che egli così ben conosceva, specialmente per quel che riguarda il modo di mangiare le Ligule in Italia 1). Come, da altro canto, non si può non disconoscere 1’ influenza che le pa¬ role del Donnadieu hanno, alla lor volta, esercitata su quanti han¬ no riprodotta la favola, e più recentemente hanno esercitata nella nota del Leuckart, riferita nella mia precedente comunicazione , nella quale i Macaroni piatti di Rudolphi (tagliatelle Briganti) e del Donnadieu si sono cambiati in Macaroni viventi. Napoli, 7 di Luglio 1894. Ù Vedi mia citata comunicazione a pag. 41.— A questo proposito, v. il Car- let ( Précis de Zoologie medicai , Paris, Masson 1892, 8°, p. 633) che, parlando delle Ligule, scrive: « Dans certains localités de l’Italie, on mange les Ligu- « les en triture sous le noni de Macaroni piatti! » O. Visart. — Contribuzione alla conoscenza delle glan- dule ceripare negli Afidi e nelle Cocciniglie. (Schizo- neura lanigera Haussm., Aphis BrassicaeL., Dactylopius citri Risso). (Tav. VI). (Tornata del 18 novembre 1894) Già in un altro mio lavoro x) ebbi occasione di presentare uno studio sulle glandule ceripare delle Cocciniglie. Ritorno con questa nota ad occuparmi delle glandule ceripare del Dactylopius citri , poiché nuove ed accurate indagini sulla secrezione ceripara di questa specie mi hanno messo in grado di aggiungere a quello che dissi allora nuovi ed interessanti particolari. Questa nota contiene in più la descrizione delle glandule e del meccanismo di secrezione della cera in un Afide molto noto agli agricoltori, cioè la Schizoneura lanigera conosciuta volgarmente sotto il nome di Afide suggiscorza od Afide lanigero del melo. Le prime nozioni scientifiche sulla secrezione ceripara delle coc¬ ciniglie le troviamo nel magistrale lavoro del chiarissimo Prof. Targioni Tozzetti, 2) il quale sotto ogni rapporto va riconosciuto come il vero illustratore e il più profondo conoscitore di questo gruppo. Dopo di lui va citato il Berlese, 3) il quale, in un lavoro sulle cocciniglie degli agrumi, parlando del Dactylopius citri , fa menzione di un tipo di glandule già descritte dal Prof. Targioni. La letteratura speciale riguardante la secrezione ceripara negli Artropodi si è però veramente arricchita dopo Y importante lavoro di P. Mayer sul Coccus cacti. 4) In questo lavoro , oltre alla mi¬ nuta descrizione delle glandule ceripare in questa specie, il valente micrografo pel primo ci mostra e precisa il fatto che la cera , elaborata in glandule speciali, non sorte all’ esterno esportata da condotti speciali aperti, ma trasuda attraverso la. chitina. Ho ve- Ù Oscar Y is art. — Contr ibuzione allo studio delle Glandule ce¬ ripare delle cocciniglie (Dactylopius citri Bisso e Ceroplastes rusci ) Ri¬ vista di Patologia Vegetale Anno III. N. 1-4 Avellino. -) Targioni Tozzetti. — Studio sulle cocciniglie : Mem. Soc. Ital, Milano Tomo 3 N. 1867. 3) Berlese. — Le Cocciniglie viventi sugli agrumi, Estr. d. Riv, di Patologia Vegetale Anno II N. 1-8 Avellino. 4) P. Mayer. — Zur Kenntniss von Coccus cacti. Mittheil. aus d. Zool. Sta¬ tion. zu Neapel , 10 Bd. Hift. — 113 — rificato la giustezza delle osservazioni del Mayer , benché nelle specie da me osservate , le glandule ceripari siano notevolmente differenti da quelle del Coccus cacti. In apposita tabella in fondo a questa nota ho registrato quei lavori che direttamente o indirettamente hanno attinenza con que¬ sto studio. Fatti questi pochi cenni bibliografici, entro subito a parlare della cera e delle glandule che la producono in due Afidi da me stu¬ diati: la Schizoneura lanigera Haussm., e VAphis Brassicae L. Co¬ minciamo dalla Schizoneura. Schizoneura lanigera Haussm. Questo Afide determina sul melo una malattia gravissima nota agli agricoltori col nome di muffa del melo ; infatti osservati i rami del melo infestati da questo parasita , essi appariscono co¬ perti da una peluria biancastra che altro non è che un ammasso di fili di cera secreti dall’ animale stesso. I danni che questo Afide può arrecare al melo sono spesso ri¬ levantissimi, poiché l’animale colle replicate punture del suo ro¬ stro, che infigge per succhiare gii umori, occasiona delle screpola¬ ture ed ipertrofie sui rami; il rametto ne rimane deturpato e spesso a causa delle profonde lesioni si atrofizza e dissecca. Grande osta¬ colo alla distruzione di questi parassiti sono appunto le masse ce¬ rose delle quali sono coperti, onde è necessario ricorrere a liquidi alcalini solventi della cera i quali possano arrivare all’insetto e distruggerlo x). Vengo ora ad esporre con brevità il risultato delle mie ricerche sul meccanismo della secrezione della cera nella Schizoneura la¬ nigera; e da tutto principio vediamo sotto quali aspetti si presenta la cera in questo Afide. Le produzioni ceripare della Schizoneura si presentano sotto due aspetti distinti : l.° Sotto 1’ aspetto di un pulviscolo sparso quasi uniforme- mente su tutto il corpo dell’ animale. q Non è dell’ indole di questo lavoro entrare in dettaglio sugl’insetticidi ciré furono consigliati onde distruggere questo dannosissimo parassita. Se però ad alcuno ciò interessasse, potrà leggere una mia nota portante il titolo: « Sugli Afidi delle piante e sui modi di combatterli, con particolare ri¬ guardo alla Schizoneura lanigera Haussm. » Bollettino N. 22 Regia Scuola Superiore di Agricoltura in Portici Anno 1893. 9 114 — 2.° Sotto 1’ aspetto di lunghi fili flessibili siti nella parte dor¬ sale del corpo dell’ animale ed aventi 1’ aspetto di fiocchi lanosi ondeggianti. Il p u 1 v i s c o 1 o c e r o s o di cui è rivestito il corpo della Schizoneura consta, veduto a forte ingrandimento, di corpuscoli minutissimi a forma irregolare spesso rotondeggianti e qualche volta in forma di corti bastoncini. Tutto il corpo, comprese le antenne, le zampe e le produzioni cerose a fiocchi sono ricoperti di questo pulvi¬ scolo di cera. La cera sotto questo aspetto non è certamente secreta da glan- dule o cellule glandulari specialmente foggiate, ma trasuda ovun¬ que dal tegumento elaborata dalle cellule ipodermiche ordinarie. Dalle numerosissime preparazioni in foto del tegumento ho po¬ tuto mettere in evidenza solo le caratteristiche associazioni di cellule glandulari produttrici dei grandi fiocchi cerosi delle quali parlerò più avanti. Questo fatto del resto non ci deve stupire poiché la possibilità che la cera possa trasudare attraverso la cu¬ ticola imperforata del tegumento, mi sembra un fatto oramai ac¬ quisito per la scienza. G-ià il Siebold *), dopo infruttuose ricerche sui segmenti ceripari dell’ape, aveva intraveduto la possibilità di questo fatto. Il Mayer 1 2) poi lo ha messo fuori di dubbio, non solo con osservazioni proprie sull’ ape, ma anche sul Coccus cacti. Nella Schizoneura lanigera è indubitato che il pulviscolo di cera diffuso su tutto il corpo non è emesso da glandule speciali. In questa specie non esiste che un tipo solo di glandule ceripare e sono quelle produttrici dei fiocchi di cera. Queste glandule, che descrivo più avanti, si trovano solo sulla parte dorsale dell’ ani¬ male; ove esclusivamente si rimarcano queste caratteristiche pro¬ duzioni di cera; il pulviscolo invece è uniformemente sparso sul corpo, e si trova anche sulla parte ventrale del parassita. Vedremo del resto anche in un altro Afide ( Aphis Brassicae), nel quale la produzione ceripara si riduce al pulviscolo, che non si riscontrano affatto glandule speciali produttrici di questo. Produzione ceripara in forma di lunghi fili. La cera sotto questo aspetto viene emessa in dati punti del tegumento dorsale dell’insetto. Essa viene elaborata in glandule speciali disposte con regolarità e simmetria in numero di 4-6 per ogni segmento del cor¬ po. E passo alla loro descrizione. Ho raffigurato alla fìg. 9 (ta- 1) Siebold.— Trattato di Anatomia comparata degli Invertebrati. Berlino 1848 pag. 631. 2) P. Mayer. — Op. cit. 115 — vola VI) 1’ aspetto di queste glandule viste per trasparenza attra- traverso il tegumento. Sono ammassi di 8-20 e più grandi cellule glandulari (fig. 9 c. gl.) le quali nella loro parte rivolta verso il tegumento presentano ciascuna un cercine cliitinico al quale dò il nome di peri trema (fig. 3, 9 per.). Questi anelli chitinici è peritremi racchiudono delle aree generalmente di forma irregolar¬ mente rotondeggianti od ovali (fig. 3 po.), che rappresentano le aree attraverso le quali si effettua la secrezione della cera sotto 1’ aspetto di fiocchi lanosi. I peritremi di ogni cellula glandulare sono leggermente in rilievo sul tegumento dell’ animale, ne deriva che le aree di secrezione sono alquanto infossate sul medesimo questo fatto apparisce chiaramente dall’ ispezione dei tagli longi¬ tudinali e trasversali. Tutti i cercini chitinici o peritremi sono intimamente uniti gli uni agli altri e costituiscono nel loro as¬ sieme un tutto unico , essendo tutti gli anelli circondati da un anello che tutti li abbraccia (fig. 3). Nell’ interno poi si osservano alcuni peritremi più piccoli i quali probabilmente ci rappresen¬ tano le aree di prima formazione. Ad ognuno di questi peritremi sottosta una grande cellula rotondeggiante con un grande nucleo di forma generalmente ovale posto nella parte basale più allar¬ gata della cellula (fig. 9 nu.). Le aree di secrezione (fig. 3, po, fig. 9) osservate a forti ingran¬ dimenti appariscono come bucherellate da minutissimi pori. Fui a tutta prima tentato di ammettere che questi pori mettessero realmente in comunicazione l’ interno della gianduia coll’ esterno, ma un esame accuratissimo fatto su pezzi di tegumento, isolati dalle glandule sottostanti e dalle cellule ipodermiche ed esaminati a forti ingrandimenti, mi ha convinto che la cuticola nelle aree di se¬ crezione è imperforata, e che questi pori non sono che pori apparenti, non stabilendo essi in realtà comunicazione alcuna tra T interno della gianduia e 1’ esterno. Rimane però accertato che essi rappresentano nell’ area di secrezione tanti piccoli infossamenti ai quali forse corrisponderanno altrettanti punti, per così dire, di minor resistenza al passaggio della cera liquida. E che da questi punti, molto probabilmente, avvenga la sortita di fili cerosi , mi sembra scaturire abbastanza luminosamente dalla struttura stessa di ognuno di essi. L’ aspetto di ognuno di questi fili è quello rappresentato dalla fig. 8. Essi non sono semplici ma risultano dalla aggregazione di molti finissimi fili secondari. Se si osservano attentamente i seg¬ menti anteriori in giovani individui, si può accertarsi che i ciuf- fetti di peli di cera si aggruppano in tanti ammassi di 7 , 8, 10 o — 116 — fili distanziati gli uni dagli altri in ogni segmento colla medesima simmetria, numero e regolarità quali si presentano disseminate sul dorso dell’ animale le aree di secrezione. Ma v’ è di più, die, oltre il numero dei fili, anche il diametro di ognuno di essi corrisponde molto sensibilmente al diametro delle aree di secrezione ; onde credo si possa concludere da tutto questo con sufficiente certezza, che ogni filo ceroso piglia origine da un’ area di secrezione ; e siccome ognuno di questi fili risulta dall' aggregazione di altri fili più minuti, non è fuor di luogo supporre che questi fili secondari, abbiano origine nei punti dell’ area di secrezione ove esistono i pori ceripari che sopra ho descritto. Forse , come già dissi più sopra, questi pori ci rappresentano dei punti di minor resistenza all' uscita della cera; certamente essi debbono essere in rapporto in qualche modo colla secrezione della cera. Crii aggruppamenti glandulari che ho descritti sono distribuiti in numero di 4, 6, per ogni segmento, e siccome i segmenti sono più ristretti nella parte posteriore, quivi sono più addensati. Inol¬ tre nella parte posteriore gli elementi glandulari che formano ogni aggruppamento sono in numero maggiore che negli aggruppamenti dei segmenti anteriori ; ne risulta che la secrezione ceripara è maggiore nei segmenti posteriori che negli anteriori. Questi fili di cui è ricoperto 1’ animale raggiungono la lunghezza di 5; 6, 7 millimetri , e in un rametto infetto costituiscono nel loro assieme una candida lanugine che nasconde completamente gl’ individui della Schizoneura. Istogeneticamente parlando, queste cellule glandulari non sono altro che cellule ipodermiche trasformate, il peritrema cliitinico non è altro che un anello formatosi a spese del tegumento. Al disotto dello strato ipodermico delle glandule sopra descritte esiste uno strato di grandi cellule rotondeggianti. In questo strato ipodermico si riscontrano sempre delle concrezioni solide di una sostanza speciale che, molto probabilmente, è della cera o una so¬ stanza analoga. Dissociando con degli aghi l’addome di una fem¬ mina adulta, si estraggono con grande facilità delle pietruzze bian¬ che della grossezza di un seme di tabacco ed anche più occupanti gran parte degli ultimi segmenti del corpo. Sarebbe certamente molto interessante conoscere la precisa natura chimica di questa sostanza; è però più che probabile, ripeto, si tratti di cera o so¬ stanza molto affine. Per parte mia ho verificato il punto di fu¬ sione essere tra 60-62 cent., temperatura che coincide col punto di fusione della cera; inoltre questa sostanza si scioglie nell’etere solforico, nel cloroformio, nel solfuro di carbonio e negli altri sol- — 117 — venti della cera. Specialità interessante di queste concrezioni è il fatto die la sostanza di cui sono composte si riscontra sotto una forma cristallina definita. Sono associazioni di finissimi cri¬ stalli appartenenti al tipo raggiato (fìg. 5). Oltre a queste grosse concrezioni si osservano cristalli isolati della medesima sostanza, sparsi ovunque nello strato subipodermico. Onde farsi un’ idea di questi depositi di sostanza cristallina, è necessario ricorrere alla dissociazione rapida dell’ animale; nei tagli non si scorge traccia di questa sostanza, poiché essa viene disciolta dai solventi usati nelle manipolazioni che precedono le ordinarie inclusioni. Nelle sezioni si vede il posto che le grosse concrezioni occupavano, sono grandi spazi vuoti occupati già dalle masse cristalline; all’intorno si vedono gii organi circostanti (vagina, intestino) spostati e com¬ pressi sulla faccia ventrale dall’ incremento graduale di questi corpi estranei. Le femmine della Schizoneura sono nella stagione estiva quasi ripieni di questa sostanza. Non ho mai osservato però cristalli e concrezioni simili nell’ interno delle glandule ceripare. Il contenuto di queste glandule è un liquido chiaro trasparente a finissime granulazioni che non si colorisce coi reattivi coloranti più efficaci per 'es. col carminio boracico. Il nucleo invece forte¬ mente granuloso si colora subito e molto vivacemente colle so¬ stanze coloranti. La cera in queste glandule deve essere di neces¬ sità liquida onde poter trasudare attraverso una membrana chiti- nica; appena essa arriva all’ esterno si solidifica sotto i differenti aspetti che vado descrivendo. Nella Sohizoneura non esistono altre glandule ceripare che queste descritte alle quali va attribuita in¬ dubbiamente la secrezione della cera sotto 1’ aspetto dei fiocchi ondeggianti caratteristici di questa specie. Aphis Brassicae L. (Alide delle Cavolaie) Un altro Afide che fu oggetto delle mie ricerche e l’ Apliis Brassicae, Afide che si riscontra frequentemente sui Cavoli. In questa specie, e precisamente nella forma di nutrici attere, la sostanza cerosa riveste il corpo deiranimale a guisa di denso pulviscolo che, esaminato al microscopio , apparisce costituito da brevissimi bastoncini diritti. Ho a lungo e pazientemente ricercato se esistessero glandule speciali produttrici di questi bastoncini di cera ma in nessun modo mi riuscì di scoprire glandule speciali ce ripare ; onde credo poter concludere con sufficiente sicurezza che come nella Schizoneura , anche in questa specie il pulviscolo ce 118 — roso trasuda attraverso il tegumento non elaborato in glandule speciali. Dactylopius cifri Bisso. Passo ora alla descrizione delle produzioni ceripare nel Dactylo¬ pius cifri , specie pur troppo molto nota ai coltivatori di agrumi pei danni rilevanti clie occasiona ai medesimi. La produzione della cera in questa specie è pure ingente e questa sostanza si presenta sotto 4 aspetti diversi che sono : 1. ° Bastoncini rigidi diritti. 2. ° Riccioli di cera più o meno lunghi. 3. ° Fili lunghi flessibili costituenti massa cotonosa. 4. ° Pulviscolo ceroso. La produzione della cera dalla quale è coperto il Dactylopius è affidata a vari tipi di glandule che risiedono come al solito nello strato delle cellule ipodermiche dalle quali hanno origine. Passiamo in rivista queste varie produzioni di cera, cominciando dai bastoncini rigidi diritti. Se noi osserviamo una femmina adul¬ ta, ci colpiscono subito 1’ occhio dei cilindretti bianchi che irra¬ diano lateralmente ad ogni segmento. Questi cilindretti sono di cera e se ne contano 18 ad ogni lato del corpo; hanno l’aspetto di bastoncini semplici , ma osservati al microscopio , essi appari¬ scono risultanti da 2, 3, 4 bastoncini secondari come li ho raffi¬ gurati alla figura 1 (b). Ogni raggio di cera consta dunque di pa¬ recchi bastoncini rigidi di cera molto ravvicinati. Questo complesso di cilindretti di cera è ravvolto e coperto alla sua volta da altre produzioni cerose più minute, quali fili lunghi e flessibili (fig. 12), riccioli (fig. 1 a, fig. 12 b), e corti fili arquati (fig. 1 p, fig. 12 p). Queste produzioni minori ravvolgono e nascondono completamente i bastoncini diritti centrali. Questi bastoncini diritti di cera sono prodotti da glandule plu¬ ricellulari speciali che vengo ora a descrivere. Glandule pluricellulari produttrici dei bastoncini di¬ ritti. — I bastoncini diritti che sopra lio descritto sono prodotti da glandule pluricellulari speciali, che si trovano riunite in vario numero, non mai meno di 2, 3, lateralmente ad ogni segmento (fig. 4, 6, 7). Questo tipo di glandule già intravedute dal Prof. Targioni e dal Prof. Berlese *) presenta delle particolarità del sommo interesse che l) Berlese. — Op. cit. — 119 non vennero finora rilevate da alcuno, onde ne dò una minuta de¬ scrizione. La forma di queste glandule è generalmente sferica e legger¬ mente allungata. Constano di 5-7 ed anche più grandi cellule ( fìg. 6 c. gl ) aventi dei grossi nuclei posti nella parte basale (fig. 7 m). Qualche volta non tutte le membrane cellulari sono ben visibili , poiché avviene che possono fondersi assieme due o più cellule ; vedremo che questo fatto si verifica specialmente nelle glandule di questo tipo, le quali presentano tratti delle loro pareti funzionanti da aree di secrezione a pori ceripari. Nelle glandule giovani però le membrane delle cellule che compongono la gianduia sono perfettamente visibili. Nella parte anteriore e rivolta verso il tegumento , la gianduia si prolunga in un collo (fìg. 6 d) vuoto all’ interno che rappresenta il dutto della mede¬ sima. Infatti la cera secreta nella cavità glandulare prende questa via per sortire all’ esterno; ma. strana particolarità, questo tubo è chiuso nella sua parte inferiore (fìg. 6 a) che dovrebbe comuni¬ care coll’ interno della gianduia; ne deriva che la cera deve tra¬ sudare attraverso la parte chiusa inferiore del tubo per penetrare nel medesimo. La parte superiore del dutto comunica coll’esterno mediante un’ apertura od orifìzio (fig. 6 o). Questo fatto singo¬ lare del trasudamento della cera fu già constatato dal Mayer nel Coccus cacti in tipi di glandule differenti da questi. Per parte mia ho verificato 1’ assoluta certezza di questo fatto mediante forti obiettivi ad immersione. Mi consta pure indubbiamente che il dutto è aperto nella parte anteriore sporgente qualche volta lie¬ vemente dalla cuticola del tegumento. Questa interessante particolarità di struttura ci obbliga a con¬ cludere che il tubo riceve la cera liquida che trasuda attraverso la parete chiusa del suo apice inferiore; in esso la cera si solidi- fica ed acquista la forma caratteristica di bastoncino diritto, forma che conserva sortendo all’ esterno. Se questo tubo non esistesse , la cera sortendo liquida non potrebbe assumere la forma predetta ma si contorcerebbe subito e darebbe luogo piuttosto alla forma¬ zione di riccioli o fili flessibili, come vedremo essere il caso della cera che sorte dalle aree di secrezione a pori ceripari. Istogeneticamente parlando, il dutto della gianduia risulta da invaginazione della cuticola del tegumento , la quale all’ orifìzio del dutto, vieppiù ispessendosi , determina la formazione di un cercine o peritrema intorno all’ orifìzio del medesimo. Onde farsi un’ idea chiara del numero di queste glandule e del modo col quale sono aggruppate, occorre, oltre a tagli opportuni, — 120 ricorrere all’ osservazione in foto di pezzi del tegumento, previa¬ mente colorati col Carminio boracico o coll’ Ematossilina. Ma, come abbiamo visto, oltre a questi bastoncini diritti e ri¬ gidi , la cera si presenta sotto gli altri aspetti di fili lunghi e flessibili, riccioli e pulviscolo. A quali glandule è affidata la pro¬ duzione di queste forme di cera ? Anzitutto debbo notare che esistono anche qui, come nella Schi¬ zoneura , aree di secrezione con pori ceripari, ma queste aree di secrezione non risiedono su cellule glandulari speciali come avviene in quella specie, ma si trovano sulle stesse glandule pluricellulari a dutto produttrici dei bastoncini rigidi. Ho rappresentato alle figure 13 , 14 , 17 , 18 i diversi aspetti sotto i quali si presentano nel Dactylopius cifri queste aree di secrezione. Come nella Schizoneura , anche qui esiste un peritrema cliitinico che circonda 1’ area di secrezione. Anche qui abbiamo dei pori apparenti nell’ interno delle aree di secrezione. La sola differenza importante che distingue queste glandule da quelle, sta nel fatto che, nella Schizoneura queste aree risiedono ciascuna sopra una cellula glandulare speciale, le quali si trovano riunite in aggruppamenti da vario numero, nel Dactylopius invece le aree di secrezione a pori si originano sulle pareti stesse delle glandule pluricellulari produttrici dei bastoncini rigidi. Ne risulta che una medesima gianduia emette la cera sotto due aspetti di¬ versi, fatto che non fu certamente finora osservato da nessuno. Il peritrema ben distinto ha un contorno angoloso ed irregolare, (fig. 17 per). In alcuni casi possono presentarsi anche due aree di secrezione ben distinte sulla medesima gianduia. In altri casi ho osservato un’ area circolare divisa in parecchie aree secondarie da cordoni di cuticola che non sono altro che prolungamenti del pe¬ ritrema circolare principale. Il dutto ed i pori ceripari si trovano generalmente molto rav¬ vicinati (fig. 18) , anzi più sovente il dutto si trova impiantato nell’ area stessa di secrezione (fig. 17) ; ciò spiegherebbe il fatto che i bastoncini rigidi sono sempre ravvolti e ricoperti di fili di cera finissimi (fig. 1 c, 12 a) e da riccioli di cera (fig. 1 a, 12 b); mano mano che i bastoncini diritti sono emessi dai dutti , vengono rivestiti dalle produzioni di cera emesse dalle aree di se¬ crezione o pori ceripari. Nella medesima gianduia possono riscontrarsi due dutti ceripa¬ ri, oltre l’area di secrezione. Per quante osservazioni abbia fatto, non ho mai potuto riscontrare glandule a pori ceripari che non avessero contemporaneamente dei dutti , il caso inverso invece è 121 — comunissimo; esistendo glandule aventi solamente il dutto senza le aree di secrezione (fig. 4, 6, 7). In questo caso le glandule, ol¬ tre ad avere proporzioni minori, hanno aspetto più giovanile, ciò che si appalesa dal fatto che le membrane cellulari sono tutte ben distinte e non è avvenuta ancora la fusione di più cellule. Ciò tenderebbe a dimostrare che le aree di secrezione a pori ce- ripari sono di formazione posteriore. Infatti, negli individui gio¬ vani, nei quali la produzione di masse cotonose è limitatissima o anche può mancare, F esame delle glandule a dutti ci dimostra che le aree di secrezione a pori ceripari difettano o mancano com¬ pletamente. Nelle femmine adulte invece, che emettono gran quan¬ tità di masse cotonose colle quali ravvolgono i giovani embrioni, la maggior parte delle glandule a dutto presentano le aree in questione. Queste glandule a dutto con area a pori ceripari vanno cercate lateralmente al corpo e sono maggiormente stipate negli ultimi segmenti del corpo delle femmine adulte. La struttura caratteristica in tutto simile a quella della Schi- zoneura non permette di dubitare che esse siano sede di secrezione di cera. Non così facile è precisare se da esse sortono fili diritti (fig. 12 a) o piuttosto riccioli (fig. 1 a, fig. 12 b). Ognuno com¬ prenderà quanto sia difficile per la minutezza del materiale di determinare questo punto. E però molto probabile che queste aree producano tanto i lunghi fili, che i riccioli i quali nel loro assieme costituiscono le masse cotonose caratteristiche di questa specie. G-landule monocellulari diffuse su tutto il corpo. - Un altro tipo di glandule monocellulari sono quelle che ho rappre¬ sentate alla fig. 2. Queste glandule, a differenza di tutte le altre, sono sparse ovunque sul corpo, e sono numerosissime. Constano di una cellula sola con uno o più nuclei. Rivolto al tegumento presentano un piccolo peritrema chitinico di forma triangolare (fig. 2, per) coi lati leggermente incurvati ad insenatura. L’ area interna del peritrema appare divisa da tre linee convergenti al centro in tre spazii subcircolari. Stante la piccolezza di questi peritremi, essi sfuggono alle se¬ zioni e non mi è riuscito di scorgere nettamente F orifizio della gianduia, li ho però disegnati il più fedelmente possibile valendomi al solito della camera lucida. Non possono però sfuggire all’ os¬ servatore, essendo in gran copia diffuse ovunque anche nella parte ventrale, ove mancano le altre glandule ceripare. Molto probabil¬ mente ad esse è affidata la produzione del pulviscolo di cera che ricopre uniformemente tutto il corpo dell’ animale; pulviscolo che, — 122 — visto al microscopio, risulta composto di tanti piccoli fili di cera ricurvi (fig. 12 p, fig. 1 p). Glandule pluricellulari site intorno allo sbocco della vagina. — Vengo ora alla descrizione di un tipo di glandule plu¬ ricellulari ciré si trovano esclusivamente intorno allo sbocco della vagina (fig. 16 v). L’ aspetto di queste glandule è più o meno piriforme (fig. 10, 11, 16 b). Constano di parecchie cellule, spesso allungatissime, aventi un grosso nucleo nella parte basale. Osservando dall’ alto 1’ orifizio della gianduia, si vedono nettamente due anelli, uno esterno fra- stagliato, (fig. 11 a), ed uno più interno regolare (b). L’anello in¬ terno sporge alquanto dalla cuticola del tegumento, 1’ anello esterno frastagliato invece si trova sul livello del medesimo. Internamente l’ anello cliitinico s’ interna alquanto nella gian¬ duia costituendo una specie di imbuto. Finalmente, nel centro ed in fondo a quest’ imbuto vedesi un anellino, probabilmente mem¬ branoso (fig. 15 a), nel centro del quale spesso è distinguibile un foro piccolissimo che forse è 1’ orifìzio della gianduia. Di quale natura sia la secrezione di queste glandule, non è facile preci¬ sare, però la loro struttura, e più di tutto la loro posizione, mi induce a crederle glandule secernenti qualche sostanza colloide, e corrisponderebbero alle ì debzellen che il Mayer ha descritte nel Coccus cacti e che in questa specie si trovano nella medesi¬ ma regione del corpo. Da ultimo ricorderò le grosse glandule (fig. 16 A) già menzionate dal prof. Targioni sotto il nome di glan¬ dule sebacee. Esse si trovano internamente ed allo sbocco della vagina. In quanto però alla natura del materiale che secernono sarebbero necessarie ulteriori ricerche. Riassumo brevemente i risultati più salienti di questo studio, cominciando dagli Afidi colle dne specie da me osservate. Schizoneura lanigera. — La cera nella Schizoneura si presenta sotto due aspetti differenti : 1. ° in pulviscolo amorfo; 2. ° in lunghi fili mobili costituiti ciascuno da un aggregato di fili secondarii (fig. 8). Il pulviscolo ricopre tutte le parti del corpo dell’ animale e alla sua produzione non concorrono glandule speciali. I lunghi fili lanosi invece sono elaborati ed emessi da aggrup¬ pamenti di glandule monocellulari aventi ciascuna un’area di se¬ crezione (po. c.) limitata da un cercine chitinico che chiamo pe- — 123 — ritrema (per). La superficie di quest’ area di secrezione apparisce come crivellata da minutissimi pori, i quali però non costituiscono dei veri fori comunicanti coll’ interno della gianduia, ma solo rap¬ presentano delle piccole fossette scavate nell’ area di secrezione. La cuticola, osservata coi più forti ingrandimenti, si dimostrò im¬ perforata. Ogni filo di cera lia origine da ciascuna area di secre¬ zione, i fili secondarii di cui sono composti, trasudano forse nei punti ove esistono i pori apparenti. Aphis Brassicae L. (Afide delle Cavolaie). — Le nutrici attere di questa specie sono uniformemente coperte da un pulviscolo di cera die consta di brevissimi bastoncini diritti. Non esistono pro¬ duzioni ceripare sotto altri aspetti, nè esistono glandule speciali ceripare. Dactylopius citri Risso. - La cera si presenta in questa specie sotto quattro aspetti distinti : 1. ° Lateralmente per ogni segmento si osservano dei raggi di cera (fìg. 1). Ogni raggio consta di 2, 3, 4 bastoncini di cera (b). Questi bastoncini lianno un diametro maggiore delle altre produzioni cerose. 2. ° Riccioli di cera più o meno lunghi ( fìg. 1 a, fìg. 12 b ) rivestenti i bastoncini rigidi. 3. ° Fili lunghi e sottili pieghevolissimi (fìg. 12 a) costituenti una massa cotonosa colla quale 1’ animale ricopre i giovani em¬ brioni. 4. ° Pulviscolo di cera (fìg. 1 p, 12 p) che ricopre uniforme- mente tutto 1’ animale. Consta di piccoli fili arcuati. Le glandule osservate sul Dactylopius sono le seguenti : 1. ° Glandule pluricelluluri a dutto (fìg. 4, 6, 7) ag¬ gruppate ai lati di ogni segmento, produttrici dei bastoncini ri¬ gidi diritti che irradiano ai lati dell’ animale. 2. ° Aree di secrezione con pori ceripari — Le glandule a dutto possono presentare, oltre al dutto, delle aree di secrezione provviste di un anello cliitinico o peritrema (fìg. 17 per) con pori ceripari apparenti . Con molta probabilità l’area a pori ceripari di¬ viene sede della secrezione di lunghi fili e dei riccioli di cera. Le glandule a dutto quindi possono dar luogo alla produzione di cera sotto due aspetti, mediante dei dutti e delle aree di secrezione. 3. ° Glandule monocellulari sparse su tutto il corpo con peritrema triangolare (fìg. 2 per). Probabilmente danno luogo alla secrezione del pulviscolo in forma di corti fili arcuati (fìg. 1 a, 12 p). — 124 — Esiste inoltre un quarto tipo di glandule pluricellulari, le quali non Iranno^ molto probabilmente; funzione ceripara, e sono : 4.° Glandule pluricellulari site esclusivamente in¬ torno allo sbocco della vagina. La loro struttura e speciale posizione in’ induce a crederle glandule mucose o secernenti ma¬ teriali colloidi. BIBLIOGRAFIA (Lavori non citati nel corso di questa nota, ciré hanno attinenza diretta od indiretta coll’argomento) L. AVitlaczil — Zur Anatomie der Aphiden in: Arò. Z. Inst. 1 Vien 4 Bd. 1882 pag. 397-409 — inoltre: Die Anatomie der Psylliden in: Zeit Wiss. Z. 42 Bd. 1885. C. Liebermann — Uber das AYaclis und die Fette der Co- c lien ili e in: Ber. d. Chem. Ges. Berlin 18 Jahrg. 1885. » — Grundzuge der Zoologie 4 Àufl. 1 Bd. 1880, Zur Kenntniss von Coccus cacti in: Wiirzlmr- ger Nat. Zeit. I Bd. 1860. Raph. Blanchard — Les Coccidés utiles in: Bull. Soc. Z- France, voi. 8. 1883. G. Carlet — Sur le organes sécréteurs et la ciré cliez l’A- b e il le in: Comp. Rend. Tome 110, 1890. A. Targioni-Tozzetti — Studio sulle Cocciniglie nelle: Meni. Soc. Ital. Se. N. Milano Tomo 3 N. 1867. List — Monograpliie von Osthezia catapliracta Shaiv., in Zeit Wiss. Z. 45 Boi. 1887. E. L. Mark — Beitràge zur Anatomie und Histo logie der P fiali zelila us e insbesondere der Coccidenin: Arch. Mikr. Anat. 13 Bd. 1877. — 125 — SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA g. 1. Dadylopius cifri. Quattro bastoncini rigidi, diritti di cera, costi¬ tuenti un raggio di cera irradiante da un segmento del corpo a Riccioli di cera b Bastoncini di cera diritti c fili finissimi flessibili p filo arcuato, 2. Dadylopius àtri (Camera lucida di Albe Oh. 6 Oc. 4) — Glan- dule monocellulari sparse su tutto il corpo; per peritrema. 3. ScMzoneura lanigera {Cam. lue. Ob. 6 Oc. 4). Aggruppamento di aree di secrezione coi pori apparenti per per' trema — po area di secrezione coi pori. Le cellule glandulari sottostanti non sono disegnate. 4. Dadylopius cifri (Cam. lue. Ob. 6 Oc. 4). Glandule ceripare pluricellulari produttrici dei bastoncini diritti. 5. ScMzoneura lanigera. Cristalli di cera che riempiono lo strato che sta sotto l’ ipoderma G e 7. Dadylopius cifri (Cam. lue. Ob. 6 Oc. 4). Glandule ceripare produttrici dei bastoncini diritti d dutto a parte inferiore chiusa del dutto, per peritrema, o orifizio della gianduia, c. gl cellula glandulare, m nucleo. 8. ScMzoneura lanigera (Cam. lue. Ob. 6 Oc. 4). Pilo di cera composto di fili minutissimi secondari. 9. ScMzoneura lanigera (Cam lue. Ob. Oc. 4). Aggruppamento di glandule monocellulari con aree di secre¬ zione a pori ceripari. C. gl cellule glandulari, per peritrema, nu nucleo. 10 e 11 Dadylopius cifri. Glandule pluricellulari che si trovano allo sbocco della vagina. cut cuticola, ip ipoderma, a anello esterno, b anello interno. 12. Dadylopius cifri Pili di cera: a fili lunghi e flessibili, p pulvi¬ scolo che li ricopre b riccioli di cera. 13, 14, 17, 18 Dadylopius cifri (Cam. lue. Ob. S Oc. 4). Glandule ceripare a dutti ceripari con aree di secrezione va¬ riamente disposte: d dutto, cut cuticola, ip ipoderma, per pe¬ ritrema. 15. Dactyl opius cifri. Orifizio delle glandule pluricellulari, poste intorno allo sbocco della vagina , viste dall’ alto ; a anello più interno con un forellino centrale, probabile sbocco della gianduia. — 126 — Fig. 16. Dactylopius citri. A Gl and ale sebacee pluricellulari interne presso lo sbocco della vagina : v. vagina, cut cuticola, C m cellule di matrice, a glandule pluricellulari ceripare produttrici di bastoncini diritti, b Glandule pluricellulari mucose (?) che formano un anello intorno all’ orifizio della vagina. Fed. Raffaele — Uova di Scombresox, di Exocoetus e di Cry- stallogobius (Tornata del 18 novembre 1894) 1) Le uova degli Scombresocidi furono studiate da Ernesto Hae¬ ckel quando era ancora studente. Egli fece notare come questa fa¬ miglia molto naturale di pesci dimostri anche in una particolare struttura dell’uovo la grande affinità che v’è tra le varie specie che la compongono ; e descrisse minutamente questa struttura, che consiste in un certo numero di filamenti lunghi e flessibili impiantati con una base, o radice che dir si voglia, sulla capsula dell’uovo e disposti in vario modo. Haeckel studiò le uova ova- riche più o meno sviluppate di Belone, di Exocoetus , di Scombre¬ sox , di Hemirampìius e di Tylosurus e notò che le dimensioni e l’ordinamento delle fibre dell’uovo variano nei diversi generi. Egli per altro credette che le fibre s’ attaccassero alla parete interna della capsula dell’ uovo , mentre invece sono produzioni esterne di quella, come, pochi anni più tardi, dimostrò il Kolliker e co¬ me accade in altre uova di pesci che hanno produzioni simiglianti. E fibre più o meno simili, che servono poi, quando le uova sono emesse, a tenerle insieme e ad attaccarle a corpi sommersi o gal¬ leggianti si conoscono anche di quelle delle Aterine, degli Heliastes , dei Cristiceps e forse di altri, di cui non mi sovviene in questo momento. Ma se la peculiare struttura descritta da Haeckel non appartiene esclusivamente alle uova degli Scombresocidi, essa non è nè meno, come egli credette, carattere comune a tutte le specie di questa famiglia. Alcuni anni addietro io raccolsi dalla pesca pelagica delle uova isolate che subito emergevano tra le altre galleggianti per le di¬ mensioni veramente colossali (oltre a 2 mill. di diametro) e per una certa opacità della capsula. Contemporaneamente ebbi occa¬ sione di osservare gli ovarii di alcuni Scombresox Rondeletii , di cui si pescano spesso, in questi mesi, grandi quantità nel nostro golfo. E negli ovarii trovai uova prossime a maturità che in nulla differivano da quelle pescate. E se pur ciò non fosse bastato a dimostrarmi la provenienza delle uova pelagiche, un’altra pruova mi venne dal fatto che da alcune delle uova galleggianti, lasciate — 128 — sviluppare, uscirono dei piccoli pesciolini, azzurri di sopra, argentei di sotto, simigliantissimi al Grammiconotus bicolor descritto dal Co¬ sta, il quale, coni’ è risaputo, è appunto la forma giovanile dello Scombresox Rondeletii. Queste uova dello Se. Rondeletii sono molto caratteristiche. E prima di tutto dirò die esse mancano assolutamente dei filamenti comuni alle uova delle altre specie della famiglia, nè in nessun periodo del loro sviluppo intraovarico ne mostrano traccia. La loro semi opacità è effetto di un gran numero di macchiette molto rifrangenti uniformemente distribuite alla superficie della capsula. Osservate di fronte, a ingrandimento conveniente, le mac¬ chiette si risolvono in un insieme di granuli molto rifrangenti, i quali, guardati di profilo, si manifestano a loro volta per corti e rigidi peluzzi che si adergono alla superficie della capsula. Questa presenta inoltre, irregolarmente sparsi, dei poro-canali molto grossi ch’io non ho mai veduti in altre uova di pesci ; se vi sieno poi anche i soliti poro-canali sottili e fittamente disposti , non ho po¬ tuto accertare ; il micropilo non ha nulla di particolare nella sua forma . A parte la differente struttura della capsula e il loro peso spe¬ cifico, che le fa galleggiare , le uova dello Scombresox Rondeletii somigliano del resto moltissimo a quelle di Belone, dalle quali non differiscono nei tratti generali dello sviluppo. Questi i fatti ; quanto a spiegare la differenza notevole che passa tra le uova che io ho osservate e quelle che Haeckel e, dopo lui, anche Ivolliker hanno attribuite allo Scombresox Rondeletii , mi dichiaro assolutamente incompetente. 2) Altre uova interessanti, e, per quanto so, non ancora co¬ nosciute , sono state pescate quest’anno in tre varie occasioni dai pescatori della stazione zoologica nei mesi di giugno e luglio. Esse si trovano attaccate a corpi galleggianti ( trecce di paglia , pomici), da cui pendono come grappoletti d’uva minuscola. Per l’aspetto delle giovani larve che ne escono, non v’ è dubbio che esse appartengano a una specie di Exocoetus ; quale, non mi è riu¬ scito finora di appurare. Le dimensioni di queste uova variano alquanto : ne ho tro¬ vate alcune con un diametro di mm. 1,85, altre più piccole (1.48); talvolta sono ellissoidali. Il vitello, omogeneo, è di color biondo. Sulla capsula si trovano dei filamenti, ma non uniformemente distribuiti come quelli delle uova di Belone e di altri Exocoetus. In un punto della capsula vi è un gruppo di lunghi filamenti — 129 — in numero di 14-20, i quali occupano un’area irregolarmente cir¬ colare: in un punto diametralmente (o quasi) opposto a quello, si trova poi un unico filamento più spesso degli altri, il quale si va ad unire a quelli e tutti insieme, aggrovigliandosi in una spe¬ cie di funicolo tengono sospeso l’uovo. I filamenti poi delle varie uova, intricandosi più o meno tra loro, formano delle matasse die aderiscono ai corpi galleggianti. Su tutta la superficie della capsula sono inoltre uniformemente sparsi molti tubercoletti di forma irregolare, rifrangentissimi, die ricordano i gruppi di peluzzi delle uova dello Scombresox. 3) E finalmente mi piace di poter completare le conoscenze die si hanno sulla biologia d’un grazioso ed interessante pesciolino, che da varii anni è stato qua e là pescato nel golfo, sebbene non fosse finora ritenuto appartenere alla fauna mediterranea. Voglio dire il Crystallogobius Nilssonii che il Carus solo nel suo Prodro- mus , per informazioni avute appunto dalla stazione zoologica, no¬ vera tra i pesci del Mediterraneo. Il Collet ha scritto un lavoro breve ma assai ben fatto nel quale descrive minutamente il Cry¬ stallogobius e l’altro Gobioide cristallino comunissimo da noi sotto il nome di Ciciniello verace : il Brachyochirus (. Latrunculus ) pellu- cidus, ed ivi nota i caratteri sessuali secondarii dalle due specie, le loro abitudini e il fatto singolare che esse sembrano essere an¬ nuali; ma nulla dice delle uova. Ora, in questo settembre, è stato un giorno pescato al luogo det¬ to Gajola e subito notato dalfocchio finissimo deH’amico cav. Lo Bianco, un tubo di Protula protula, con entro un Cry stali agobius e tutto tapezzato all’interno di uovicini trasparenti. Il Crystallagobìus era un maschio, le uova avevano l’aspetto caratteristico delle uova dei Gobii. Esse sono di figura ovoidale allungatissima, o anche, se vuoisi, claviformi, e con 1’ estremo più acuto aderiscono alle pareti del tubo mediante quel traliccio fibroso proprio a tutte le uova dei Gobii. Misurano, in media 1,78 mm. di lunghezza e, nella parte più larga, dove sta 1’ embrione, sempre situato con 1’ asse del corpo parallelo a quello dell’uovo, hanno un diametro di 0,57, Tra le note del Lo Bianco si trova che una volta di luglio fu pescato ai Galli, nel golfo di Salerno, un tubo di Vermilia con un Crystallogobius nascostovi dentro, e un’altra d’agosto, da un tubo di Protula sgusciò fuori un Crystallogobius insieme a una frotta di piccolissime larve. in — 130 — Se si pensa che le uova in parola hanno i caratteri pecu¬ liari delle nova dei Grobii; che non esiste forse alcun altro pesce di tali dimensioni allo stato adulto da potere agevolmente intro¬ dursi nei tubi suddetti; che infatti nessun altro pesce vi è stato a mio sapere, mai trovato; che, finalmente, si sa essere abitudine dei Grobii maschi di starsene presso alle uova in via di sviluppo; sembra ragionevole ammettere che quelle uova appartengono al Crystallogobius. A. De Gasparis — Di un Flos aquae osservato nel R. Orto Bo¬ tanico di Napoli. (Tornata del 18 novembre 1894) Alla superficie dell’acqua di una delle vasche della stufa tem¬ perata del Reale Orto botanico di Napoli, durante la calda stagione, si ha occasione di ammirare da moltissimi anni un fenomeno di colorazione assai rimarchevole. Facendo cadere lo sguardo sulla superfìcie dell’ acqua, in modo che la linea che parte dall’ occhio faccia colla superfìcie riflettente un angolo, che non sia retto, si nota una brillantissima colorazione azzurra , la quale , a misura che 1’ angolo sotto il quale si guarda le superfìcie diminuisce , è sostituita da altre colorazioni. — Simili fatti di colorazione sono stati notati da valenti botanici ed anche il Linneo se ne occupò dando il nome di Flos agirne- alla sostanza che lo produceva. Il prof. G. B. de Toni *) ebbe occasione di vedere e studiare un fenomeno di tal natura, in un aquario esistente in una serra del- 1’ Orto botanico di Parma, alla superficie del quale aquario da molti anni si notava un velo sottilissimo, verdognolo, quasi jalino, dotato di riflessi giallo-aurei, pressoché iridescenti. All’analisi microscopica dell’ acqua della superfìcie della vasca egli trovò un numero straor¬ dinariamente grande di zoospore bicigliate, e potè riconoscere in prosieguo la formazione da parte delle zoospore di singolari ag¬ gregazioni pseudo-pediastroidee. Anche l’ illustre algologo prof. A. Borzì 2) si è occupato di questo fenomeno, che secondo la sua opi¬ nione è prodotto, in una vasca dell’ Orto botanico di Bologna , dall’ Aphanizomenon Flos aquae. Nel fatto osservato all’ Orto botanico di Napoli, alla superfìcie dell’acqua si nota un sottilissimo velo, che guardato per traspa¬ renza non lascia vedere nessuna colorazione, ma che, anche rac¬ colto sulla superficie di una lastra, lascia vedere per riflessione i colori. x) Dott. G. B. de Toni. — Sopra un curioso Flos aquae osservato a Par¬ ma. Bull , della società Bot. Ital. voi. 2) A. Borzì. — Aphanizomenon Flos aquae. ( Malpighia 1886 n. 2). — 132 — Sottoponendo all’analisi microscopica questa sostanza, ad un in¬ grandimento di 500 diametri, usando preferibilmente un obbiettivo ad immersione ad acqua, si vede che essa è costituita da micror¬ ganismi di forma bacillare perloppiù dritti , ma qualche volta ondulati, del diametro di due micromillimetri e della lunghezza di sedici a venti micromillimetri. Questi bacilli si colorano assai dif¬ ficilmente ; colla Fenolfucsina per poco tempo acquistano una bella colorazione, col violetto di Metile, di Genziana col Bleu d1 Metile non si colorano affatto. Non si possono coltivare nè sulla gelatina, ne sull’ agar agar; basta coprire un’ aquario che li con¬ tiene per vederli scomparire rapidissimamente. Volendo raccogliere questi microrganismi in abbondanza, basta prendere una coppa ed abbassarla lentamente con un lato pochi millimetri al di sotto della superficie dell’ acqua; allora rapidamente i microrganismi passano nell’acqua della coppa, riunendosi sotto forma di piccole strisele bianche, disposte in una fascia serpeg¬ giante allungatissima. Per aversi il fenomeno della colorazione è assolutamente neces¬ sario che i microrganismi occupino la superficie dell’acqua, e che siano osservati in modo che la linea che parte dall’ occhio non sia mai perpendicolare alla superficie dell’ acqua. Il fenomeno è ancora visibile sotto un angolo di 85°. Il fatto della colorazione trova la sua spiegazione nella teoria della diffrazione della luce. 1 microrganismi, di cui ho parlato, co¬ stituiscono sempre serie di linee parallele equidistanti , sollevate — 133 sulla superficie dell’ acqua, e formano dei veri reticoli di 200 a 250 linee per millimetro, che, osservati per riflessione, lasciano vedere brillantemente i colori dello spettro solare. Raramente però lo spet¬ tro appare intero: le regioni del violetto e del bleu sono assai larghe; le regioni del verde e del giallo assai ristrette; il rosso è quasi invisibile, ed è questo un fatto strano, poiché nell’ osserva¬ zione per mezzo dei reticoli la regione del violetto è più ristretta: ed il rosso più largo che negli spettri prismatici. Mi si potrebbe obbiettare, che in questo caso potrebbe trattarsi di un altro fenomeno d’ interferenza, prodotto dalla sottigliezza della pellicola, formata dai microrganismi, ed i colori sarebbero prodotti dell’ interferenza dei raggi, trasmessi direttamente, con i raggi che non sono trasmessi se non dopo due riflessioni sulle facce della pellicola; ma il fenomeno dovrebbe essere visibile in tutte le condizioni d’illuminazione, ed i colori dovrebbero essere tutti contemporaneamente visibili e non sotto diversi angoli. Da queste poche osservazioni, riunite con quelle fatte dagli altri, si può facilmente conchiudere che il fenomeno del Flos aquae non è sempre prodotto dalla presenza della stessa specie; ma ri¬ chiede però alcune condizioni fisiche, senza le quali è impossibile che s’ avveri; e queste condizioni per i Flos aquae prodotti per riflessione sono inerenti alla densità ed alla reciproca posizione di microscopici organismi viventi alla superfìcie. A. Russo. — Sul l’apparecchio genitale del Syndesmis echi- norum Frangois. (Tornata del 23 dicembre 1894) Il Syndesmis è ermafrodita come son quasi tutti i Platel- minti. L’ apparecchio genitale maschile si compone di due testi¬ coli, di un deferente , di un pene e della tasca del pene. L’ ap¬ parecchio femminile , degli ovari , dei vitellogeni , dell’ ovidutto, dell’utero con le glandule del guscio , della vagina e di un re- ceptaculum seminis. A questi diversi organi va connessa una ca¬ vità detta antrum yenitale in cui convengono l’utero, il pene e la vagina. Apparato genitale maschile. Testicoli e deferente. I testicoli sono collocati nella parte anteriore del corpo tra la faringe ed i vitellogeni ed occupano i due lati del corpo. Essi sono costituiti da due masse di medio¬ cre grandezza , che dal lato esterno sono lobate e ciascun lobo mette in uno spazio comune dal quale partono tre o più canali che subito si fondono in un solo. Questo è molto sottile e, rivol¬ gendosi in alto, va con 1’ altro, proveniente dall’ opposto lato, a confluire nel dotto eiaculatore o deferente. Questo vase è molto lungo e si ravvolge su se stesso per più volte , formando così tante anse , le quali sulle prime rendono molto complicato il suo percorso ed i suoi rapporti con le altre parti dell’apparato genitale. Nel punto ove affluiscono i due vasi provenienti dai testicoli esso ha un lume sottile ; però, subito si allarga, conservando lo stesso calibro per lungo tratto, per ritor¬ nare sottile in quella porzione che precede il pene. Istologica¬ mente considerato, questo vase è costituito da una membrana fon¬ damentale anista, che poco si colora e da uno strato interno di fibre muscolari circolari molto robuste. Francois x) avea consta¬ tato che esso internamente è ricoperto da una cuticula chitinosa. Questa cuticola esiste in effetti , però , non può dirsi di natura chitinosa , perchè non resiste all’ azione della potassa caustica. Sull’ interna parete di quella parte del deferente che precede il *) Sur le Syndesmis, no uvea u type de Turbella rièsdè- crit par W . Silliman Comp. ren. T. 103 an. 1886. — 135 — pene, questa cuticula si solleva per formare tante creste longitu¬ dinali regolarmente disposte. Circa i testicoli, il Silliman x) avea creduto da prima che, come nelle Tenie, fossero costituiti da un gran numero di piccoli sacelli da ciascuno dei quali si partireb¬ bero dei piccoli condotti, i quali andrebbero ad unirsi dietro l’ in¬ testino per sboccare poi nel pene molto lungo e terminantesi con un cirro. Il Francois in seguito però , disse che essi sono due e che ciascuno ha tanti ciechi esterni, i quali emettono tanti sottili canali, che si uniscono con quelli del lato opposto, formando un canale impari e mediano. La prima parte dello spermadutto trovasi sempre piena di spermatozoi i quali si dispongono in tanti fasci. Essi, sia nel de¬ ferente come nella parte periferica del testicolo, non han raggiunto ancora la maturità e son rappresentati da un sottile filamento o coda e da un rigonfiamento estremo or tondeggiante, or ovoidale or poco più allungato. Gli spermatozoi divengono maturi prima di fuoruscire dal pene ed allora la testa si allunga molto, confor¬ mandosi un poco ad elica. Questa conformazione filiforme dello spermatozoo da Graff 2) fu riscontrata nei Proboscida , Vorticida ed in molti Mesostomida ed ha dato ad essa una interessante si¬ gnificazione come carattere sistematico. Pene e tasca del pene. — Il pene è rappresentato da una spina rigida molto lunga e sottile, la quale è attraversata da un sottile canale, che in alto alquanto si allarga per continuarsi con lo spermadutto. L’estremo superiore presenta un ispessimento; l’e¬ stremo inferiore si rigonfia un po’, restando aderente ad una mem¬ brana che avvolge quasi tutto il pene e lo segue nell’atto in cui esso si s vagina. Questa membrana è la tasca del pene, la quale può essere rappresentata da una introflessione ed estroflessione dell’ antro genitale o di quello spazio in cui convengono anche l’utero e la vagina. Quest’ organo è costituito da una membrana fondamentale anista e da uno strato di fibre muscolari circolari e longitudinali molto robuste sul quale poggia un epitelio con nuclei piccoli e rari. La faccia interna presenta tante villosità o promi¬ nenze, le quali diventano esterne quando il pene si avanza nel- 1’ atrio e la tasca si svagina. Esse debbono servire a mantenere il pene in vagina nell’atto dell’accoppiamento. !) Sur un nouvea u type de Tur bella riés. Comp. r. T. 93-1881. 2) Monographie der Turbella rien. Leipzig 1882. — 136 — Sviluppo dello spermadutto, del pene e della tasca del pene. Nei primi stadi che io ho potuto studiare lo spermadutto è rappresentato da un breve canale di lume molto sottile, il quale dai testicoli verticalmente si avanza senza mai ripiegarsi per ar¬ rivare all' atrio genitale. Quivi , prima d’ inserirsi sulla parete di questo allargamento vescicolare , si rigonfia alquanto e le cellule della parete interna del vase divengono più abbondanti. In una fase successiva, dalla parte superiore di questo rigonfiamento il canale diventa sempre più sottile , mentre in seguito le cellule interne più non si vedono e quel tratto diviene filare e senza struttura. In questa trasformazione la membrana basale si fonde con l' in¬ terno rivestimento epiteliare e tutti insieme formano propriamente il pene. In questo momento la parte rigonfiata del condotto pre¬ senta neirinterno tante papille, che si dirigono verso il basso. Nel- fulteriore sviluppo essa si estroflette per 1’ avanzarsi del pene e così acquista quella speciale configurazione già descritta. Lo spermadutto in seguito si allunga molto, formando tante anse. Apparecchio genitale femminile Ovaie e vitello geni. — Le ovaie, in numero di due, son collo¬ cate ai due lati del corpo nella regione mediana. Lai Silliman *) furono ben paragonate ad una mano ; però , questo osservatore erroneamente dice che il pugno é ih comunicazione con 1’ utero, mentre le dita si rivolgono in dietro ed in fuori. Il Francois 2) constatò in seguito che le ovaie assieme con i vitellogeni conven¬ gono in uno spazio comune dal quale si va all’utero per un pic¬ colo canale. Le uova, verso le estremità dell’ovaia, sono piccolissime e nel fondo, sulla parete, son rappresentate da nuclei piccolissimi. A mi¬ sura però, che si risale verso lo sbocco dell’ovaia, si ingrandiscono gradatamente, acquistando una vescicola germinativa tondeggiante con macchia di Wagner ed un vitello nel quale trovansi costan¬ temente sparsi numerosi nuclei vitellini. I vitellogeni sono separati dalle ovaie, ma collocati immedia¬ tamente al disopra. Essi sono costituiti da tante ramificazioni, che con i tronchi primarii, in numero di sei ordinariamente, sboccano fusi insieme vicino le ovaie. Il contenuto di questi organi è rap¬ presentato da globuli di forma or tondeggiante or poligonale, di q Cfr. sup. 2) Cfr. sup. — 137 — un colorito giallastro. Essi derivano per trasformazione di cellule che si trovano in questi sacelli ramificati e che da principio co¬ stituiscono essenzialmente l’organo. Camera comune ed ovidutto. — Le ovaie ed i vitellogeni sboccano in una camera comune, la quale ha forma di un trian¬ golo in cui due angoli sono superiori e corrispondono al punto di sbocco di questi organi, il terzo è situato in basso e si continua in un canale molto corto e di piccolo calibro tappezzato da pochi nuclei appiattiti e che è l’ovidutto. La camera comune nella sua parte anteriore è ricoperta da grosse cellule prominenti, le quali verso f indietro si rendono man mano più piccole. Lo spazio di questa camera è relativamente piccolo ed in esso si trovano spesso corpuscoli vitellini. Utero e glandule del guscio. — L’utero è situato nella re¬ gione mediana e ventrale del corpo. Esso dall’ estremo posteriore si porta molto in avanti fino a raggiungere i testicoli. Noi pos¬ siamo considerare tre distinte regioni : una anteriore molto lunga, che vien costituita da una membrana anista entro la quale cor¬ rono delle fibre longitudinali molto rubuste ; una mediana , cor¬ rispondente al punto di sbocco dell’ovidutto, che è brevissima e tappezzata internamente da un epitelio cubico molto alto, che ha tutto 1’ aspetto di un epitelio glandulare. La terza porzione è poco più lunga della precedente e si apre nell’atrio genitale o in quello spazio ove convengono il pene e la vagina. Nell’ utero trovasi ordinariamente una capsula ovigera con¬ tenente più uova in isviluppo. Questa è costituita da una parte tondeggiante entro cui sono le uova con il vitello e da un lun¬ ghissimo filamento, che dentro l’utero si avvolge sopra sè stesso. Questa è la forma ordinaria della capsula, però, essa può anche avere soltanto un filamento breve e molto grosso, simile a quello degli Anoplodium , come pure il rigonfiamento contenente le uova può essere doppio. Le glandule del guscio occupano gran parte della regione po¬ steriore del corpo. Esse sono rappresentate da un gran numero di sacelli piriformi che portano tanti condotti esilissimi, i quali, uniti insieme in due fasci, sboccano nella seconda porzione del- 1’ utero ai due lati dell’ ovidutto. Ciascuna gianduia è costituita da un solo elemento cellulare, in cui il protoplasma elabora una sostanza granulosa di colore bruniccio. Nei due fasci rappresen¬ tanti gli sbocchi delle glandule trovansi sempre di questi granuli, i quali sono allineati e diretti verso l’ utero. Nell’ atto in cui dal- 1’ ovidutto pervengono nel secondo tratto dell’ utero le uova con — 138 — il vitello , la secrezione dei granuli diviene molto abbondante. Le uova ed il vitello allora restano avvolti da questi, formandosi così un insieme di forma ovoidole, il quale per le contrazioni del- 1’ utero subito si porta in alto. La secrezione dei granuli però, perdura per certo tempo e la capsula portandosi in alto fila per così dire il penducolo che già abbiamo descritto. In una sezione lon¬ gitudinale mi fu dato vedere le uova con il vitello proprio nel- 1? atto di essere rivestiti dai granuli, i quali, pervenuti che sono nell’ utero , pare si liquefacciano per azione dell’ acqua di mare. Allora essi costituiscono una poltiglia, sulle prime bruna e poi o- mogenea gialla e trasparente. In una preparazione in toto ho in¬ vece veduto la capsula, che, rimontando verso la prima porzione dell’ utero, aveva formato solo una parte del filamento , il quale nell’ estremo inferiore era legato ad un ammasso di granuli non interamente liquefatti. Atrio genitale, vagina e receptaculum seminis. — Dall’estremo posteriore del corpo, mediante un’apertura relativa¬ mente piccola e collocata verso il lato ventrale , si entra in un breve e sottile canale tappezzato dalle stesse cellule del comune integumento. Questo canale però , subito si allarga, formando l’antro o atrio genitale, il quale è rivestito di cellule quasi cu¬ biche che fortemente si colorano. In questo spazio, che ha forma triangolare, sboccano, come si è detto, 1’ utero, il pene colla sua tasca e la vagina. La vagina è stata descritta per primo da Sillimau x). Egli dice che essa si apre sul dorso dell’ animale nel 4.° posteriore e che di là poi corre verso 1’ utero , dove a livello delle aperture delle ovaie si dilata in un receptaculum seminis , che è in comunicazione con 1’ utero per un canale corto e sottile. La presenza nel Syn- desmis di una vagina così fatta , indusse il Silliman 1 2) a consi¬ derare questo animale come una forma di passaggio tra i Tur¬ beilari e i Trematodi. Il Francois in seguito corresse molti er¬ rori di osservazione del precedente osservatore, ed anzitutto co¬ statò che la vagina non sbocca sul dorso. L’ organo in parola , come io mi sono assicurato dalle sezioni e dalle preparazioni in toto ed a fresco, è rappresantato da un canale, che, par tendo dal- 1’ atrio genitale si dirige in alto per andare a connettersi in una vescicola dipendente dalla camera comune, che è il receptaculum seminis. 1) Ofr. sup. 2) Cfr. sup. — 139 — La vagina è di un diametro relativamente largo ; però il suo lume è quasi nullo, poiché dalla parete interna di essa partono tanti prolungamenti diretti verso il basso che ne ostruiscono com¬ pletamente il condotto. Questi prolungamenti nell’ atto della co¬ pula , debbono servire a trattenere in vagina la tasca del pene, la quale vi resta impigliata, perchè aneli’ essa esternamente, come si è detto, è coperta da prominenze della stessa natura. La vagina prima di connettersi al receptaculum seminis si re¬ stringe alquanto. Nelle molteplici preparazioni fatte ho potuto constatare che tale connessione non avviene sempre con il fondo del ricettacolo seminale; ma spesso di lato, oppure con la camera comune. Tale fatto , come in seguito meglio si vedrà , ha un grande valore, poiché da solo basterebbe a provare come la va¬ gina non è una dipendenza del receptaculum seminis. Quest’ ultima parte dell’ apparecchio genitale è una borsa an¬ nessa posteriormente alla camera comune. Essa ha propriamente la forma d'una pera, è ricoperta da cellule piatte e contiene sem¬ pre un gomitolo di spermatozoi, i quali con le loro teste si riu¬ niscono in modo da formare tanti fascetti, che si fissano sulle grandi cellule già descritte e che tappezzano la camera comune. Sviluppo dell’apparecchio genitale femminile. — Ne¬ gli embrioni più piccoli che io ho potuto avere, misuranti meno di 1 mm. di lunghezza, quando ancora non vi è alcuna traccia di ovaie e vitellogeni, nell’estremo posteriore del corpo vi è soltanto una cavità che comunica all’esterno e che chiaramente si distin¬ gue, anche nelle preparazioni in foto , poiché le cellule che la co¬ stituiscono si colorano molto fortemente. Questa cavità deriva da un’invaginazione dell’epitelio cutaneo e costituisce l’antro genitale- In una fase successiva, nella parte superiore e mediana di questo spazio avviene mia proliferazione, la quale si estende verso la re¬ gione anteriore del corpo , costituendo un tubo , il quale in alto ben presto si allarga a guisa di una clava. La parete di questo rigonfiamento è fatta da cellule molto grosse; alcune delle quali è facile vedere in fase cariocinetica. In embrioni poco più sviluppati, lateralmente a questa forma¬ zione , dalla parte anteriore e posteriore, 1’ antro genitale forma due digitazioni, le quali sulle prime presentano lo stesso rivesti¬ mento epiteliare. Questi tre prolungamenti dell’ antro costitui¬ ranno : il primo, 1’ ovidutto ; e lateralmente a questo: l’anteriore, l’utero, il posteriore, l’organo di accoppiamento o la vagina. L’e¬ stremo superiore del futuro ovidutto ben presto per proliferazione delle sue cellule parietali forma tanti polloni o gemme rivolti — 140 — verso i due lati del corpo. Queste gemme son portate da un sot¬ tile peduncolo che è difficile vedere nei preparati in foto di que¬ sti embrioni, di guisa che chi limitasse 1’ osservazione a questi soli preparati potrebbe credere che gli elementi germinali abbiano indipendentemente origine nel parenchima ovvero dalle cellule in¬ testinali, come per lo Stenostomum leucops 0. Schm. ha affermato l’Hallez x). Questi peduncoli, che quasi si irraggiano dall’estremo superiore dell’ovidutto, portano sulle prime dei piccoli globi pieni di cellule con nucleo che fortemente si colora e che quasi sempre trovasi in fase cariocinetica. Di questi polloni, i due inferiori co¬ stituiranno le due ovaie, mentre i rimanenti formeranno i diversi rami dei vitellogeni. In origine però, istologicamene nessuna differenza si può sta¬ bilire fra le varie gemme , di guisa che viene con ciò riconfer¬ mata la vecchia idea di Gegenbaur 2) sostenuta in seguito da Hal- lez 3) contro Schultze 4) e Yan Beneden 5) i quali aveano ammesso un’origine diversa del Keimstock e del Dotterstock. Lo spazio terminale dell’ ovidutto da cui questi organi si sono originati, in seguito si allarga, formando un’ernia che si rivolge indietro ed in basso. Questa formerà il receptaculum seminis , mentre la primitiva cavità forma la camera comune. A misura che queste parti si van così formando , 1’ utero alla sua volta si allunga verso il davanti. La sua estremità anteriore è costituita da grosse cellule fuse tra loro in modo da non lasciare alcuna cavità, la quale si forma man mano che l’utero si avanza. La digitazione posteriore dell’antro genitale si allunga alla sua volta ed in ultimo si connette con quello spazio terminale dell’o¬ vidutto e propriamente con quella parte che abbiamo chiamata receptaculum seminis. Questo tubo costituisce la vagina. Nel tempo istesso che avvengono questi mutamenti , il tubo primitivo, da cui si sono formati l’ovidutto e gli organi germinali, x) Conti- ibutions à l’ liistoire naturelle desTurbellariés Lille. 1 879. 2) Grundriss der vergleicliende Anatomie. Leipzig 1878 p. 191. 3) Cfr. sup. 4) Beitràge zur Naturgeschichte der Turbella rien. G-reifs- wald, 1851. 5) Etude anatomique et zoologique du genre Macrosto- mum et description de deus espèces nouvelles. Bull. Ac. royale deBelgique T. XXX. 1870. Reclierches sur la com po- sition et la signi f. de l’oeuf. Bruxelles 1870. — 141 — si riduce di molto. Esso si raccorcia ed il tessuto cellulare rigo¬ glioso clie prima lo costituiva quasi si atrofizza. Difatti , in se¬ guito, la parete di questo condotto si vede esser fatta di un tes¬ suto omogeneo clie poco si colora con qualche nucleo appiattito sparso qua e là sulla parete. A misura che 1’ utero si prolunga , Y ovidutto vien portato in avanti, di guisa che esso non sbocca più direttamente nell’ atrio genitale, ma nell’ utero istesso, dal quale si va all’atrio mediante un breve e sottile canale. — Per questo spostamento dell’ovidut¬ to, le ovaie ed i vitellogeni non si allontanano dall’atrio genitale che di poco ; però , la funzione di questo spazio comune , come meglio si vedrà nelle conclusioni viene a scomparire. L’ ultima parte dell’ apparecchio genitale che si forma è quel breve canale che dall’atrio va allo esterno. Esso si costituisce per uno spostamento verso l’alto dell’ atrio e corrispondente forma¬ zione di un condotto. Conclusioni. — La forma del pene , come essa trovasi nel Syndesmis, non si riscontra in alcuno dei Rabdocelidei. Solo nel Monotus fuscus fra i Rabdoceli, fu descritto da Graff 4) un pene a forma di cirro. Se ci facciamo però a considerare lo sviluppo di esso e della tasca annessa troviamo le condizioni fisse del pene dei Rabdoceli. Il pene di questi , infatti , nella sua forma gene¬ rale, può essere rappresentato da un tubo che sbocca nell’ atrio genitale e che internamente porta un rivestimento chitinoso (?) provvisto di prominenze della stessa natura e rivolte in basso. Tale disposizione fu per molti generi di Rabdoceli descritta da Graff 2), da H. Schultze 3), da Jensen 4), da Sclimidt 5), da Hal- lez 6). Nello sviluppo del Syndesmis tale disposizione ce la pre¬ senta quella parte terminale e rigonfiata del deferente , prima che il pene si sia formato, quella parte, cioè, che in seguito sarà la tasca del pene. Ad una tale condizione può anche riannodarsi il pene degli Alloioceli, come da Graff 7) e da Bòhmig 8) fu de- q G-raff Cfr. sup. 2) Graff Cfr. sup. 3) Schultze— Beitràge zur Naturge scliichte der Turbellarien. Greifswald 1851. 4) Jensen — Turbellaria ad litora Norvegiae occidentalia. Bergen 1878. 5) Schmidt Unters uchungen iiber Turbellarien von Corfu und Cephalonia. Zeits f. w. Z. 11. 1 862. 6) Hallez. Cfr. sup. 7) Graff Cfr. sup. 8) Bohmig Untersuchungen iiber rabdocòle Turbellarien. Zeits f. w. Z. B. 51 1891. — 142 — scritto. In questa tribù di Rabdocelidei però, esso vien rappresen¬ tato da varii ripiegamenti della parete dell’ antro genitale, i quali ripiegamenti con il loro rilasciamento fan svaginare l’antro istesso a guisa di organo copulatore. La tasca del pene non trovasi in alcuno Rabdocelide; ma, sarebbe essa assieme con il pene parago¬ nabile all’ apparecchio di copulazione dei Trematodi o dei Cestodi? Certamente esistono molti dati di somiglianza con F apparecchio copulatore di questi parassiti ; ma , io credo si tratti piuttosto di convergenze analoghe che trovano la loro ragione nelle abitu¬ dini di vita e nella disposizione dei due apparecchi generatori. Non vi può essere omologia, perchè, mentre il pene del Syndesmis deriva da una speciale differenziazione del deferente, nei Trema¬ todi, da quanto si sa per gli studii fatti, (Cfr. Monticelli. Studii sui Trematodi endoparassiti p. 86), deriva da una introflessione della parete cutanea, della quale conserva F identica struttura. Se d’altra parte si consideri il deferente del Syndesmis ed i dati offertici dall’ anatomia e dallo sviluppo di esso si rapportano alle conoscenze che si hanno sugli altri Rabdoceli , si può affermare che in senso stretto esso non è il rappresentante dei vasi defe¬ renti, i quali in questo animale sono costituiti da due sottili con¬ dotti che partono dai testicoli. Questo vaso impari molto lungo, che contiene sempre spermatozoo è soltanto un’ omologa forma¬ zione della vescicola seminale dei Rabdoceli, che qui per le con¬ dizioni del parassitismo ha assunto un enorme sviluppo. Una tale vescicola però, come nel Macrostomum histris , Prorynchus stagn a- lìs, Prostomum lineare , P. Giardi , Vortex pietà , Graffi , tramata vittata , Hypostomum viride, Mesostomum personatum , Schizosto- mum productum , trovasi in rapporto con un’ altra entro la quale si versano i prodotti di alcune glandule maschili accessorie ( ve- sicula granulorum). Però , è risaputo dagli studi di Graff e di Hallez che in alcune specie le due vescicole sono fuse, come nel Mesostomum tetragonum e rostratum, mentre in qualche altra spe¬ cie mancano del tutto le glandule accessorie, come da Hallez fu descritto nella Typhlopana viridata, Elir. oggi Mesostoma virida- tum M. Schm. Se si considerano ora i diversi organi dell’ apparecchio genitale femminile , troviamo anzitutto che lo sviluppo del receptaculum seminis è in origine connesso allo spostamento dell’ ovidutto, ap¬ punto come si avvera in molte specie di Rabdoceli. Secondo gli studi di Graff 1), infatti, risulta che il ricettacolo seminale pre¬ senta diversi gradi di sviluppo massime nelle specie del genere b Cfr. sup. — 143 — Vortex. Per tale riguardo Grafi lo divide in due gruppi. In uno clie comprende il Vortex armiger, Schmidtii, truncatus , Millepor- tia/nus, pictus , cuspidatus , sexdentatus, il ricettacolo seminale non è ancora completamente sviluppato e come tale funziona una parte del condotto ovarico. Nell’altro gruppo, die comprende il Vortex scorparius ed il viridis, esso si rende sempre più indipendente. Nella condizione del primo gruppo trovansi anche il Mesostoma Ehrem- bergii ed alcune specie dei generi Castrada e Byrsophlebs. Nel Vortex viridis e V. scorparius , mentre il receptaculum seminis si individualizza, 1’ ovario si avvicina all’ atrio genitale di guisa che 1’ ovidutto si raccorcia. Se queste condizioni dei Rabdoceli adulti si paragonano ai gradi di sviluppo del Syndesmis , si trova una mirabile corrispondenza in questi rapporti ; dappoiché si è visto che il ricettacolo seminale si forma a misura che 1’ ovidutto si rimpiccolisce. L’utero del Syndesmis è omologo a quello degli altri Rabdocelidei, poiché esso è una formazione secondaria dell’ antro genitale. Per questo riguardo noi troviamo in questa tribù di Platelminti le condizioni più disparate, le quali vengono riprodotte nell’ontoge¬ nesi del Syndesmis. In molti Rabdoceli manca un utero ed a ciò serve l’atrio genitale in cui 1’ uovo resta tanto quanto è necessario per lo sviluppo embrionale di esso. L’ uovo in queste condizioni, a detto di Graff *), è difficile vederlo ed egli , infatti , una sola volta 1’ ha veduto nel Macrostomum tuba. Così lo stesso Graff dice che è difficile vederlo negli Acoeli, negli Alloiocoeli e nei Macrostomidi fra i Rabdocoeli, restando l’ovo poco tempo nell’a¬ trio. In alcune forme di Rabdocoeli però, l’uovo trovasi in un al¬ largamento saccato dall’ atrio, che funziona da camera incubatri¬ ce, come fu constatato nel Plagiostoma Lemani. Un utero ben formato ed unico trovasi nella specie dei generi Opistoma , Pro- tovortex, Vortex, Anoplodium , Solenopharynx e nel Cyrator her- maphroditus. Nei Mesostomidi si trovano condizioni alquanto ab- berranti, poiché nel gruppo dei Prosopora si possono avere due uteri , come nel Mesostoma ftavidum e rostratmn. Nel Mesostoma Ehrembergii l’utero si complica ancora di più; ma, dalle ricerche di Schneider 2) sullo sviluppo di esso si vede chiaramente che in origine esso è un unico tubo che poi si sdoppia e si complica , avverandosi lo stesso di quanto avviene nel Syndesmis. b Cfr. sup. -) Untersuckungen iiber Plathelminthen. G-iessen 1873. — 144 La vagina del Syndesmis presenta una importanza speciale , essendo stata omologata da Silliman e Francois a quella dei Tre- matodi e da essi presa come carattere essenziale per assegnare a questo animale un posto nel sistema dei Platelminti. Un problema di tal natura può soltanto risolversi dopo aver studiato lo svi¬ luppo dell’ organo e dopo aver preso in considerazione le forma¬ zioni identiche nelle forme affini. Nello sviluppo si è veduto che in un primo momento la vagina è rappresentata da una digita¬ zione dell’ atrio genitale, che poi si spinge in alto e si connette al receptaculum seminis. Ora , studiando comparativamente 1’ apparecchio genitale dei Rabdocoeli , in corrispondenza dell’ atrio troviamo un diverticolo cieco che è la bursa copulatrix. Essa trovasi nel genere Vortex, Byrsophlebs , Castrada ed in molte specie del genere Mesostoma , come da Graff1) fu descritto. Tale borsa fu anche da Jensen 2) descritta nel Proxenetes flabellifer in cui è molto lunga e ripie¬ gata a gomito. Essa da Schultze 3) è stata interpretata come utero e da Schmidt 4) come un receptacalam seminis: mentre da Grafi viene interpretata come organo di copulazione, poiché in essa ha veduto , come nel Vortex viridis , Hallezii e Mes. Ehrenbergii un accumulo di sperma. Qualunque sia la sua funzione, noi troviamo una identica condizione nei primi momenti dello sviluppo del Syndesmis. La connessione di questo diverticolo dell’ atrio con il reeeptaculum seminis è un fatto del tutto secondario , derivato unicamente dalla vita parassitarla e dal bisogno che ne deriva di assicurare, cioè, la specie mediante organi di copulazione bene sviluppati. A tal proposito sarà bene avvertire che quel canale; indicato da Schmidt 5) neìV Anoplodìum parasita come una vagina, altro non è che l’ovidutto. Ora , quali rapporti esistono tra que¬ st’organo ed il canale di Laurei’ ola vagina dei Trematodi ? Sono esse formazioni omologhe ? Da uno studio fatto sulle diverse parti dell’apparecchio genitale sia dei Monogenetici che dei Di¬ genetici nulla ho potuto scorgere che mi rivelasse un che di so¬ miglianza. L’ omologia non può essere affermata dalla continuità del ca¬ nale di Laurei’ col ricettacolo seminale interno , come a prima giunta si potrebbe credere, poiché esso canale può essere connesso 1) Cfr. sup. 2) Cfr. slip. 3) Cfr. sup. 4) Cfr. sup. 6) Cfr. sup. — 145 — al ricettacolo vitellino o indipendentemente da esso prendere ori¬ gine dall’ ovidutto. Il Monticelli x) crede anzi che in generale il canale di Laurei’ sia una dipendenza dell’ovidutto col quale ha identica struttura. Oltre a ciò, questa vagina o canale di Laurei’ non si trova in tutti i Trematodi; così essa manca nei Monosto¬ mi , in molti Distomi e nel genere Apoblema fra i digenetici ; mentre esiste in tutti i Monogenetici. Ma, la vagina di questi è o- mologa al canale di Laurei’ dei Digenetici ? Mentre molti lo negano il Blunberg 2) il Monticelli 3) ed il Brami 4) lo ammettono ; ed am¬ messo ciò, esiste ugualmente l’omologia con la vagina del Syn¬ desmis ? A prescindere che la vagina dei Trematodi sbocca sul dorso indipendentemente dalle aperture genitali, a prescindere che sulla sua funzione poco o nulla si conosce , come dice il Leuckart, 5) nella sua opera sui parassiti dell’uomo, il fatto capitale che par¬ la contro 1’ asserzione di Silliman 6) e Francois 7) sta in ciò che nello sviluppo del Syndesmis essa apparisce come un derivato dell’ antro genitale, mentre nei Trematodi essa dipende dall’ ovi¬ dutto o da quello slargamento detto ricettacolo seminale interno, o femminile. La condizione embrionale della convergenza nell’antro genitale di tutti i condotti delfapparecchio sessuale, come pure la diretta comunicazione di questo all’ esterno ci dà una prova sicura per affermare che originariamente l’ apparecchio genitale del Synde¬ smis è quello di un Rabdocele. Difatti , una tale disposizione fu descritta da M. S. Scìiultze 8) per V Opistomum palli d/mn 0. Schm. e Vortex viridis Schultz, mentre da Graff 9) fu ugualmente dimo¬ strata per tutte le specie del genere Vortex e per alcune specie del genere Macrorhyncus. Come sopra si è detto , nell’ ulteriore sviluppo del Syndesmis questa condizione si sposta per il differenziarsi di un receptacu- lum seminis, per l’accorciarsi dell’ovidutto e poi perchè l’antro si mette in comunicazione con l’esterno, mediante un breve canale. A questi spostamenti dei varii condotti, si aggiunge una confor- !) Studii sui Trematodi endoparassiti. J ena, 1893. 2) Ueber den Bau der Amphistomum conicum Dorpat. 1871. :i) Cfr. sup. 4) « Wiirmer » in Bromi’ s Klassen und Ordnungcn des Thierreiches , 1890. 5) Die Parasite n des Menschen. — Leipzig. 1894. 6) Cfr. sup. 7) Cfr. sup. 8) Cfr. sup. 9) Cfr. sup. 11 — 146 — inazione speciale dell’utero, il quale nell’ adulto sembra si allon¬ tani da quello dei Rabdoceli. In rapporto a questi reciproci spostamenti l’atrio genitale perde la sua originaria funzione di organo di accoppiamento. Alla for¬ mazione di un pene e d’una vagina, corrispondono l’allontanarsi dell’ovidutto dall’antro genitale e la formazione di un ricettacolo seminale annesso ad una camera di fecondazione. Dopo le varie considerazioni fatte sull’ apparecchio genitale di questo animale , si può facilmente riconoscere che mentre al¬ cuni organi sono delle formazioni puramente cenogen etiche, co¬ me il pene e la vagina, altri invece trovano una evidente omolo¬ gia negli organi corrispondenti dei Rabdoceli. La presenza di un utero unico e ben formato , di un ricettacolo seminale differen¬ ziato e la presenza di glandule del guscio sboccanti nell’ utero sono altrettanti argomenti per collocare questo animale in quel gruppo di Rabdoceli detto dei Vorticidi e propriamente in quello che da Graff fu distinto per il ricettacolo seminale ben indivi¬ dualizzato. Cosicché io , per queste ed altre ragioni riguardanti l’anatomia degli altri apparecchi organici , non esito a collocare questo Turbellario parassita accanto al Vortex viridis ed affer¬ mare anzi che esso, a cagione del parassitismo, sia una forma de¬ generata di questo. Napoli — Stazione Zoologica — Decembre 1894. PEOCESSI VEEB -A- Hi I DELLE TORNATE dal 4 febbraio 1S94 al 13 gennaio 1895 Assemblea generale del 4 febbraio 1894 Presidenza del sic/. M. Geremicca Segretario : O. Forte Socii presenti : Gabella A. , Monticelli Fr. Sav. , De Rosa F. , Praus C., Jatta G., Jatta M., Geremicca M., Milone U., Lobianco S., Germano E., Piccoli R. , Tagliani G., Patroni C. , Raffaele F. , Mazzarelli G., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 13,45. Il Presidente dichiara aperto l’anno sociale. Il socio Monticelli, segretario uscente, legge la relazione sull’ anda¬ mento economico e scientifico della Società durante lo scorso anno. R socio Mazzarelli presenta la relazione sulla Revisione dei Conti per l’esercizio 1893, fatta insieme al socio Praus. L’Assemblea ne piglia atto ed approva il bilancio consuntivo dell’anno 1893. E approvato il Bilancio presuntivo per l’esercizio 1894 presentato dal Consiglio Direttivo. L’ assemblea piglia atto delle dimissioni del socio Cutolo da consi¬ gliere, perchè temporaneamente residente all’ estero, e procede alla vota¬ zione per 1’ elezione di un nuovo consigliere. Il Presidente invita i socii Milone (presidente), Jatta M. e Tagliani (scrutatori) a formare il seggio. Fattasi la votazione, risulta eletto il socio C. Patroni. La seduta è sciolta alle ore 15,30. 148 Tornata del 25 febbraio 1894. Presidenza del Signor M. Geremicca Segretario : 0. Torte Socii presenti : Geremicca M. , Lobianco S. , Germano E., Mazzarelli G., Diamare V., Patroni C., Russo A., Raffaele F., Amato C., Jatta M., Piccoli R., Tagliani G., Flores E., Monticelli Fr. Sav., Forte 0. L’adunanza è aperta alle ore 13,30. Per mancanza di numero legale di socii non può essere approvato il processo verbale della tornata precedente. Il socio Germano legge i risultati di alcune sue ricerche « sulla di¬ sinfezione del canale intestinale » e ne chiede la pubblicazione nel Bol¬ lettino. Il socio Forte legge una sua nota « sul dosamento della calce e della magnesia » e ne chiede la pubblicazione. L’assemblea piglia atto delle dimissioni del socio ordinario residente F. Ven ditti. Il Presidente comunica che la cura della Biblioteca sociale è stata affidata ai consiglieri Flores e Patroni, i quali hanno redatto all’uopo al¬ cune norme a cui si dà lettura. La seduta è levata alle ore 14,30. Tornata del 18 marzo 1894. Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Socii presenti : Geremicca M. , Flores E. , Jatta G., Jatta M., Praus C., De Rosa F , Monticelli Fr. Sav., Rippa G., Raffaele F., Cutolo A., Tagliani G. , Patroni C., Piccoli R., Russo A., Milone U., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 13,40. Sono approvati i processi verbali dell’Assemblea generale del 4 feb¬ braio e della tornata del 25 febbraio. B socio Rippa espone i risultati di alcune sue osservazioni su di una Oxalis coltivata nel B. Orto Botanico. Il Presidente comunica alcune deliberazioni del Consiglio Direttivo circa la Redazione e stampa del Bollettino e circa la distribuzione dei sussidii agli autori per le tavole ed incisioni. La seduta è levata alle ore 14.15. — 149 Tornata del 22 aprile 1894 Presidenza del Signor M. Geremìcca Segretario : 0. Forte Socii presenti: Geremicca M. , Jatta G. , De Rosa F. , Lobianco S., Pa¬ troni C., Flores E., Monticelli Fr. Sav., Jatta M., Russo A., Tagliani G., Diamare V., Piccoli R., Forte 0. L’adunanza è aperta alle ore 13,20. Per mancanza di numero legale di socii sono rimandate alla prossima tornata l’approvazione del verbale della tornata precedente e la votazione per l’ammissione a socio ordinario residente del Dott. A. De Gasparis. Il Segretario annunzia 1’ accettazione del cambio col Bollettino dalla Società imperiale dei Naturalisti di Mosca , ed una domanda di cambio dalla R. I. Accademia di Scienze , Lettere ed Arti degli Agiati di Ro¬ vereto. Il socio Monticelli legge una sua comunicazione dal titolo « Servono per alimento le Ligule in Italia ? » e ne chiede la pubblicazione nel Bol¬ lettino. L’assemblea piglia atto delle dimissioni del Prof. C. Emery da socio ordinario non residente , e del passaggio del socio R. De Milia nella ca¬ tegoria dei non residenti. La seduta è sciolta alle ore 13,45. Tornata del 6 maggio 1894. Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : F. De Rosa. Socii presenti : Geremicca M. , Monticelli Fr. Sav. , Jatta G. , Jatta M. , Milone U., Rippa G., Russo A., Patroni C., De Rosa F., Piccoli R., Cab ella A. La tornata è aperta alle ore 13,40. É approvato il processo verbale della tornata del 18 marzo letto in 2.a convocazione ; quello della tornata del 22 aprile non può esserlo per mancanza di numero legale di socii. B socio Milone legge una sua comunicazione dal titolo : « Modifica¬ zione dell’ estrattore del grasso di Tollens » e ne chiede la pubblicazione. E ammesso ad unanimità il Dott. A. De Gasparis a socio ordinario residente (2.a convocazione). La seduta è tolta alle ore 14,30. 150 Tornata del 27 maggio 1894 Presidenza del Sig. Geremicca Segretario : 0. Torte Socii presenti : Geremicca M., Monticelli Fr. Sav., Raffaele F., Lobianco S., Tagliani G., Jatta G., Jatta M., Mazzarelli G., Russo A., Piccoli R., Amato C., Outolo A., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 13,30. È approvato il processo verbale della tornata del 22 aprile, letto in seconda convocazione, ed è rimandata 1’ approvazione di quello della tor¬ nata del 6 maggio per mancanza di numero legale di socii. Il socio Monticelli dà lettura ad una comunicazione del socio ordi¬ nario non residente D. Roncali, dal titolo : « Sopra i microrganismi che pia frequentemente rendono infette le fratture complicate sperimentali » e ne chiede, a nome dell’autore, la pubblicazione nel Bollettino. E rimandata alla prossima tornata la votazione sull’ ammissione del Dott. 0. Visart a socio ordinario residente e sulla radiazione dei socii morosi. La seduta è tolta alle ore 14,35. Tornata del 17 giugno 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Socii presenti : Geremicca M., Jatta G., Jatta M., De Gasparis A., Patroni C., Cabella A., Mazzarelli G., Forte 0. La tornata è aperta alle ore 13,30. E approvato il processo verbale della tornata del 6 maggio ; quello della tornata precedente non può esserlo per mancanza di numero legale di socii. Il socio Jatta M. legge un suo lavoro dal titolo : Sopra una forma non comune di adenoma della mammella ; e ne chiede la pubblicazione. E ammesso socio ordinario residente il Dott. Oscar Visart. L’Assemblea, su proposta del Consiglio direttivo, approva la radiazione dei socii De Juliis, Mottareale e Zuccardi, perchè morosi. La seduta è levata alle ore 14. Tornata dell ' 8 luglio 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Sodi presenti: Geremicca G. , De Gasparis A., Jatta G. , Jatta M., Ta- gliani G. , Patroni C., Russo A. , Visart 0., Monticelli Fr. Sav., De Rosa F., Milone U., Vito G., Forte 0. L’adunanza è aperta alle ore 13,40. Si approva il processo verbale della tornata del 27 maggio ; quello della tornata precedente non può approvarsi per mancanza di numero le¬ gale di socii. Il socio Visart legge due suoi lavori intitolati : 1) Intorno alla minuta struttura del tubo digerente dei Mi riapodi ( Chilognati). 2) Rigenerazione cellulare e modalità della medesima nella mucosa intestinale degli Artro¬ podi; e ne cliiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Russo legge e chiede egualmente la pubblicazione di un suo lavoro dal titolo : Ricerche sul sistema genitale e madreporico degli Echi- nuli regolari. Il socio Monticelli dà lettura ad una sua breve nota intitolata : An¬ cora sulle Ligule che si mangiano in Italia. La seduta è levata alle ore 15,20. Tornata del 29 luglio 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Sodi presenti : Geremicca M., Jatta G., Jatta M., De Rosa F., Piccoli R. Patroni C., Monticelli Fr. Sav., Milone IL, Forte 0. L’adunanza è aperta alle ore 14,15. Approvatosi il processo verbale della tornata del 17 giugno , in se¬ conda lettura, lo svolgimento dell’ordine del giorno è rimandata alla pros¬ sima tornata per mancanza di numero legale di socii. L’adunanza è sciolta alle ore 14,25. 152 — Tornata del 5 agosto 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Torte Socii presenti; Geremicca M., Savastano L. , Jatta G., Jatta M. , Milone U. , Rippa G. , Tagliaui G. , Lobianco S. , Piccoli R., Russo A., De Rosa F., Monticelli Fr. Sav., Raffaele F., Mazzarelli G., Forte 0. La tornata è aperta alle oi'e 13,45. Sono approvati i processi verbali delle tornate precedenti. Sono ammessi socii ordinarii residenti i signori : Dott. Filippo Rodri- quez, Dott. Alberto Baratti, e Dott. Giuseppe De Lorenzo. L’assemblea prende atto delle dimissioni da consigliere e da socio or¬ dinario residente del sig. Eduardo Flores , e, procedutosi alla votazione, elegge consigliere, in sua vece, il socio V. Diamare. Delibera, inoltre, su proposta del Consiglio Direttivo, che quest’anno il Bollettino si pubblichi in un solo fascicolo. Si stallilisce di fare vacanze fino al prossimo novembre. La seduta è sciolta alle ore 15. Tornata del 18 novembre 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario: 0. Forte Socii presenti : Geremicca G., De Gasparis A., Baratti A., Patroni C., Vi- sart 0., De Rosa F., Raffaele F., Tagliani G., Lobianco S., Diamare V., Gabella A., Amato C., Rodriquez F., Piccoli R., Milone U., Cu- tolo A , Monticelli Fr. Sav., Mazzarelli G., Forte 0. La tornata è aperta alle ore 13,45. E approvato il processo verbale della tornata precedente. Il socio Visart legge un suo lavoro dal titolo : Grlandule ceripare degli afidi e delle Cocciniglie ; e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Raffaele legge una sua comunicazione sulle uova di Exocoe- tus , di Scombresox e di Cristallogobius , chiedendone egualmente la pubbli¬ cazione. Il socio De Gasparis dà lettura ad una sua nota : Su di un Flos a- quae osservato nelle vasche dell’ Orto Botanico di Napoli e ne chiede la pubblicazione. 153 — Il socio Baratti legge un suo lavoro intitolato : Contribuzione alla bio¬ logia ed istologia delle Graminacee chiedendone la pubblicazione. La seduta è tolta alle ore 16,30. Tornata del 23 dicembre 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca . Segretario : 0. Porte Socii presenti : Geremicca M . Patroni C., Russo A., Raffaele F., Baratti A., De Rosa F., Amato C., Cutolo A., Milone U., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 14. TI processo verbale della tornata precedente non può essere approvato per mancanza di numero legale di socii. Per lo stesso motivo è rimandata la votazione per 1’ ammissione a socio ordinario residente del sig. Fran¬ cesco Massa. Il socio Russo legge una sua nota preliminare dal titolo : Sul signi¬ ficato morfologico di alcuni organi componenti V apparecchio genitale del Syndesmis echinorum Francois e ne chiede la pubblicazione. L’assemblea piglia atto delle dimissioni del sig. M. Denozza da socio ordinario residente. Il Presidente dichiara chiusa la ricezione dei lavori per il fascicolo del Bollettino di questo anno. La tornata è sciolta alle ore 14,40. Assemblea Generale del 31 Dicembre 1894 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Socii presenti : Geremicca M. , Pansini S., Lobianco S. , Raffaele F. , De Rosa F. , Milone U. , Amato C. , Patroni C. , Cutolo A., Beratti A., Forte 0. L’assemblea è aperta alle ore 14. Non essendovi il numero legale di socii è rimandato lo svolgimento dell’ordine del giorno ed è ammesso in 2a convocazione, a socio ordinario residente il sig. Francesco Massa. L’assemblea è sciolta alle ore 14,15. 154 Assemblea Generale del 6 gennaio 1895 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Socii presenti : Geremicca M., Patroni C., Imbianco S., Monticelli Frane. Sav., Raffaele F., Cabella A., Milone U., Amato C., Forte 0. La seduta é aperta alle ore 14. L’assemblea delibera di modificare la prima parte dell’ art. XIV del Regolamento nel modo seguente : « I lavori da pubblicarsi dovranno leg- « gersi o, se lunghi, riassumersi nelle tornate; essi resteranno in segre - « teria per 5 giorni, prima di stamparsi, a disposizione di quei socii che « volessero consultarli o farvi osservazioni. » Si delibera, vista l’ora tarda, di continuare lo svolgimento dell’ordine del giorno in una prossima riunione. L’assemblea é sciolta alle ore 15,30. Assemblea Generale del 13 gennaio 1895 Presidenza del Sig. M. Geremicca Segretario : 0. Forte Socii presenti : Geremicca M., Raffaele F., De Rosa Fr., Baratti A. , De Gasparis A., Russo A. , Cabella A., Piccoli R., Amato C., Lobianco S., Milone U., Patroni C., Mazzarelli G., Cutolo A., Diamare V., Ta- gliani G., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 14. L’ assemblea delibera che, nel computare il numero dei socii per la validità delle tornate, siano ritenuti in congedo quelli che mancano da più di cinque tornate consecutive. Procedutosi alla votazione per la elezione del Presidente e due Con¬ siglieri in sostituzione degli uscenti, e di due Revisori dei conti per 1’ e- sercizio 1894, risultano eletti : Ugo Milone Presidente Sergio Pansini ì ri ■ , . a Consiglieri Achille Russo ) * Aurelio De Gasparis \ p Leopoldo Rizzo ì x Pj j ‘ : : ’ ■ T; - n" ni1 c \ > * \ Kl V ^ i. 'V >565--.^ J1 0. Visart dis. e In. mi mt Iio//.d.Soc di Xa/.ui \ «/><>// lo/ 17// /'«si \ Iv /