Anno IX. Fascicolo 1° BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Voi. IX. — 1890. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1890 Avvertenza. Vedi la seconda e terza pagina della copertina. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA MENTE ET MALLEO Ufficio (li Presidenza per l’anno 1890. I3x*esiclento Prof. cav. Torquato Taramelli. V iee-Presidlento Prof. comm. Gaetano Giorgio Gemmellaro Segretario Prof. ing. Romolo Meli Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento Viee-Xesoriere Cav. ing. Augusto Statuti Arcliivista Prof. dott. Giuseppe Tuccimei Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. Mario Canuvari Prof. cav. Igino Cocchi Prof. cav. Antonio D’Achiardi Comm. ing. Felice Giordano Cav. ing. Lucio Mazzuoli Prof. Antonio Neviani Prof. Dante Pantanelli Prof. Carlo Fabrizio Parona Comm. ing. Niccolò Pellati Conte comm. Giuseppe Scarabelli Senatore del Regno Cav. maggiore Antonio Verri Sede della Società, — Roma - Via S. Susanna, 1 A, presso il Museo Agrario. V iee-Segretarlo Dott. cav. Carlo Fornasini Prof. Carlo Fabrizio Parona Tesoriere Consiglieri Commissione per le pubblicazioni. Conte comm. G. Scarabelli Gommi-Flamini Prof. cav. A. D’Achiar»! Prof. cav. G. Omboni. BOLLETTINO DELLA # ITALIANA Voi. IX. — 1890 ROMA TIPOGRAFIA DELLA E. ACCADEMIA DEI LINCEI 1890 25 AUG. 90 SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Presidente per l’anno 1882 Meneghini » » 1883 Capellini » ” 1884 Stoppani « » 1885 De Zigno Presidente per l’anno 1886 Capellini » » 1887 Cocchi » » 1888Scarabei,h » » 1889 Capellini Ufficio di Presidenza per l’anno 1890. Presidente Prof. cav. Torquato Taramelli. ■Vice-Presitiente Prof. comm. Gaetano Giorgio Gemmellaro Segretario Prof. ing. Romolo Meli Vice-Segretario Dott. cav. Carlo For nasini Prof. Carlo Fabrizio Parona Tesoriere Avv. Tommaso Tittoni Deputato a! Parlamento Cav. ing. Augusto Statuti iVrcliivista Prof. dott. Giuseppe Tuccimei Consiglieri Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. Alario Canavari Prof. cav. Igino Cocchi Prof. cav. Antonio D’Achiardi Comm. ing. Felice Giordano Cav. ing. Lucio Mazzuoli Prof. Antonio Neviani Prof. Dante Pont anelli Prof. Carlo Fabrizio Parona Cornili, ing. Niccolò Pellati Conte comm. Giuseppe Scarabelli Senatore del Regno Cav. maggiore Antonio Verri 4 Elenco elei Soci Soci perpetui 1. Quintino Sella (morto a Biella il 14 marzo 1884). Fu uno dei tre istitutori della Società, e venne annoverato tra i Soci perpetui per deliberazione unanime nell’Adunanza generale tenutasi dalla Società il 14 settembre 1885 in Arezzo^ 2. Francesco Molon (morto a Vicenza il 1 marzo 1885). Fu consigliere della Società, alla quale legava con suo testa- mento la somma di Lire 25,000; venne iscritto fra i Soci per- petui per deliberazione unanime nell’Adunanza generale del 14 settembre 1885. 3. Giuseppe Meneghini (morto a Pisa il 29 gennaio 1889). Per i suoi insigni meriti scientifici venne acclamato Socio perpetuo nell’Adunanza generale di Savona il 15 settembre 4887. Elenco dei Soci Elenco dei Soci ordinari per l'anno 1890 (*) Anno di nomina 1831. Alessandri ing. Angelo. Via Broseta 14. Bergamo. 1881. Amici Bey ing. Federico. Cairo (Egitto). 1838. Angelini prof. Giovanni. R. liceo. Messina, 1883. Anseimi Gabianelli Anseimo. Arcevia (Ancona). 1886. Antonelli dott. D. Giuseppe. Via Giulia 156. Roma. 1839. Avanzati dott. Francesco. Piazza della Lizza. Siena. 1882. Avanzi Riccardo. Piazza Scala. Verona. 1888. Baggiolini dott. Alfredo. Vercelli.. 1881. Baldacci ing. cav. Luigi. R. Ufficio geologico. Roma. 1887. 10 Baldi ing. cav. Federico. Savona. 1890. Baratta Mario. Museo Geologico R. Università. Pavia. 1834. *Bargagli cav. Piero. Via de’ Bardi, palazzo Tempi. Firenze. 1882. Bargellini prof. Mariano. R. Liceo. Siena. 1881. Bassani prof. Francesco. R. Università. Napoli. 1883. Becchetti prof. Soslene. Taranto. 1883. Bellucci comm. prof. Giuseppe. Università. Perugia. 1887. Benecke cav. Evarislo. Savona. 1883. Benigni Olivieri march. Costantino. Fabriano. 1883. Benigni Olivieri march, dott. Oliviero. Ospedale S. Or. sola. Bologna. 1883. 20 Berli dott. Giovanni. Via S. Stefano 45. Bologna. 1884. Biagi dott. Giuseppe. Casalmaggiore (Cremona). 1888. Bocchi dott. Giovanni. Pennabilli. 1882. Bollinger ing. Enrico. Via Principe Umberto 3. Milano- 1881. *Bombicci comm. prof. Luigi. R. Università. Bologna. 1885. Bonetti prof. Filippo. Via S. Chiara, 57, p. 3. Roma. 1885. Borgnini ing. comm. Secondo. Direzione generale fer- rovie della Rete Adriatica. Firenze. 1881. Bornemann dott. J. G. Eisenach (Germania). (*) L’asterisco indica i soci a vita. Elenco dei Soci G 1882. Botti cav. avv. Ulderigo. Reggio di Calabria. 1890, Bozzi doti. Luigi. Corso Cavour 16. Pavia. 1884. 30 Brugnatelli doti. Luigi. Via S. Martino 18. Pavia. 1884. Bruno prof. Carlo. R. Liceo. Mondovì. 1887. Bruno dott. Luigi. Geometra. Ivrea. 1881. *Bumiller cornili, ing. Ermanno. Via Lorenzo il Ma- gnifico 12. Firenze. 1889. Cacciamali prof. Giovanni Battista. R. liceo. Arpino. 1884. Cadolini cornili ing. Giovanni deputato al Parlamento. Via Rasella 445. Roma. 1882. Cafici barone Ippolito. Vizzini (Catania). 1882. Canavciri prof. Mario. Museo geologico, Pisa. 1890. Cantamessa cav. dott. Filippo. Via Modena 47. Roma. 1882. Cantoni ing. Angelo. Via Rocchetta 5. Pavia. 1881. 40 Capacci cav. ing. Celso. Via Vaifonda 7. Firenze. 1881. Capellini comm. prof. Giovanili. R. Università. Bo- logna. 1881. Cardinali prof. Federico. R. Istituto tecnico. Macerata. 1883. Castelli cav. dott. Federico. Villa S. Michele. Porta ma- remmana. Livorno. 1881. Castracane conte Francesco. Piazza delle Coppelle. Roma. 1882. Cattaneo ing. /?. Via Cavour. Torino. 1885. Cctvara dott. Fridiano. Istituto botanico. Pavia. -1882. Chailus ing. Alberto. Bagnasco (Cuneo). Ceva (Miniera di carbone). 1887. Charlon ing. E. Via Principe Tommaso 48. Torino. 1888. Chelussi prof. Italo. Via de’ Camaldolesi 8. Forlì. 1886. 50 Cherici dott. Nicolò. Pieve S. Stefano (Arezzo). 1882. Chigi Zondadari march. Bonaventura. Siena. 1881. Chiminelli cav. dott. Luigi. Bassano (Vicenza). 1886. Chiodi Giuseppe. Narni. -1882. Ciofalo Saverio. Termini Imerese (Palermo). 1888. Clerici ing. Enrico. Vi i Sistina 75 D. Roma. 1881. * Cocchi cav. prof. Igino. Via de’ Pinti. 51. Firenze. 1883. Cocconi comm. prof. Girolamo. R. Università. Bologna. 1886. Colale ing. Michele. R. Ufficio delle miniere. Caltanis- setta. 1888. Contessa dott, Ulisse. Stroncone (Terni). 1881. Go Conti ing. cav. Cesare. Direttore dello Stabilimento Metallurgico. Agordo (Belluno). 7 Elenco dei Soci 1881. Corlese ing. Emilio. R. Uflìcio geologico. Roma. 1890. Corti Benedetto. Como. 1882. D'Achiardi cav. prof. Antonio. R. Università. Pisa. 4883. Dal Buono ing. Angelo. Ufficio tecnico provinciale. Terni. 1884. Dal Pozzo di Mombello cav. prof. Enrico. Università. Perugia. 1885. D'Ancona prof. cav. Cesare. R. Istituto superiore (Museo geologico). Firenze. 4883. De Amicis dott. Giovanni Angusto. R. Liceo D’Azeglio. Torino. 4881. De Ferrari ing. Paolo Emilio. Lungarno Torrigiani 54, Firenze. 1883. De Gregorio Brunaccini march, dott. Antonio. Molo. Palermo. 1890. 70 De Rroustchoff barone Carlo. Nossiti Ostrow. S‘ Pe- tersbourg. 4881. *Delaire cav. ing. Alexis. Roulevard St,. Germaiu 155. Parigi. 1886. Del Bene ing. Luigi. Miniera di Morgnano e S. Croce. Spoleto. 1881. Delgado cav. Joaquim Philippe Nery. Rita do Arco a Jesus. Lisbona. 4888. Della Campana nob. Cesare. Scalinata Lercari 2. Genova. 4886. Dell' Erba ing. prof. Luigi. Via Trinità maggiore 6. Na- poli. 4881. Del Prato dott. Alberto. R. Università. Parma. 4882. De Marchi mg. Lamberto. Via Napoli 65. Roma. 1881. De Rossi comm. prof. Michele Stefano. Piazza d 'Arn- eodi 47. Roma. 1889. Dervieux sac. Ermanno. Via dei Mille 42. Torino. 4881. 80 De Stefani prof. Carlo. Via Pippo Spano 6. Firenze. 4881. Dewalque uffic. prof. Gustavo. Rue de la Paix 17. Liége. 4881. De Zigno barone comm. Achille. Padova. 1882. Di Canossa march. Ottavio. Castelvecchio. Verona. 1883. Di Roasenda cav. Luigi. Sciolze (Torino). 4885. Di Stefano dott. Giovanni. R. Ufficio geologico. Roma. 1882. Di Tucci cav. ing. Pacifico. Via Fontanella di Bor- ghese Palazzo Merighi. Roma. Elisei Alessandro. Gubbio. Eroli march. Giovanni. Narni. 4883. 4887. 8 1885. Elenco dei Soci Fabri comm. ing. Antonio. Lungarno Torrigiani 29. Firenze. 1886. 90 Fabbri dott. Alessandro. Terni. 1882. Farina ing. Luigi. Via Nuova. Verona. 1888. Fazio sac. Agostino. Seminario vescovile. Savona. 1887. Ferrari Bernardo. Ingegnere capo del genio imperiale Ottomano. Costantinopoli. 1885. Ferri Mancini prof. D. Filippo. Via Botteghe Oscure 47. Roma. 1887. Foldi prof. cav. Giuseppe. Savona. 1881. Foresti dott. Lodovico. Museo geologico. Bologna. 1881. Fornasini cav. dott. Carlo. Via delle Lame 24. Bologna. 1881. Forsyth Major dott. Carlo. Via Senese 4. Firenze. 1885. Fossa Mancini ing. Carlo. Jesi. 1881. 100 Fossen ing. Pietro. Carrara. 1889. Franco prof. Pasquale. Corso Vittorio Emanuele 597. Napoli. 1889. Preda prof. Giovanni. R. Liceo Genovesi. Napoli. 1889. Fucini dott. Alberto. Empoli. 1887. Frumento ing. Giuseppe. Via Genova 6. Savona. 1885. Gatta cav. cap. Luigi. Via Cavour 194. Roma. 1882. Gemmellaro prof. comm. Gaetano Giorgio. R. Univer- sità. Palermo. 1881. Giordano comm. ing. Felice. R. Ufficio geologico. Via S. Susanna. Roma. 1884. Gabbani dott. Omero. Città della Pieve. 1886. Gozzi ing. Giustiniano. Terni. 1884. HO Gualterio march, dott. Carlo. Bagnorea. 1886. Gualterio march, ing. Giambattista. Bagnorea. 1885. Guiducci dott. Antonio. Corso Vittorio Emmanuele. Arezzo. 1881. *Hughes cav. prof. Thomas Mac Kenny. Università. Cambridge. 1888. latta cav. Antonio. Ruvo di Puglia. 1881. Issel cav. prof. Arturo. R. Università. Genova. 1881. Jerwis cav. prof. Guglielmo. Museo industriale. Torino. 1889. Johnston Lavis dott. Henry. Chiniamone 7. Napoli. 1885. Lais p. prof. Giuseppe. Via del Corallo 12. Roma. 1888. Lanino comm. ing. Giuseppe. Via d’Azeglio 58. Bologna. 1885. 120 Lattes cav. ing. Oreste. Via del Coll, romano 10. Roma. 1884. * Levai ing. David. Bue de la Tremolile 28. Paris. Elenco dei Soci 9 4882. Levi bar. Adolfo Scander. Piazza d’ Azeglio 7. Firenze. 4885. Lorenzini dott. Amilcare. Porretta (Bologna). 4881. Lotti ing. Bernardino. R. Ufficio Geologico. Rema. 4882. Malagoli dott. Mario R. Collegio nazionale. Correggio. 4886. Mariani dott. Ernesto. R. Istituto tecnico. Foggia. 4883. Martelli ing. Federico. Tolentino. 4881. * Matlirolo ing. Ettore. R. Ufficio geologico. Roma. 4881. Mauro prof. Francesco. R. Scuola per gl’ Ingegneri. Napoli. 4881. 130 *Mayer Eymar prof. Carlo. Scuola politecnica. Zurigo. 4881. Mazzetti ab. dott. Giuseppe. Via Correggi 5. Modena. 4881. Mazzuoli ing. Lucio. Salita della Visitazione 5. Genova. 4884. Meli prof. ing. Romolo. Via del teatro Valle 51. Roma. 4889. Melz-i conte Gilberto. Monte Napoleone 56. Milano. 4883. Mercalli ab. dott. Giuseppe. Seminario. Monza 4890. Meschinelli dott. Luigi. R. Università (Museo di Geo- logia). Napoli. 4881. Missaghi cav. prof. Giuseppe. R. Università. Cagliari. 4887. Morelli prof. D Niccolò. Roano. 4889. Morini prof. Fausto R. Università. Sassari. 4886. 140 Moschetti ing. Claudio. Sai uzzo. 4890. Namias Isacco. Modena. 4881. Negri dott. Arturo. R. Università. Padova. 4885 Neviani prof. Antonio. R. Liceo Dante. Firenze. 488q* Nibbi ing. Dario. Cortona. 4881. * Niccoli cav. ing. Enrico. R. Corpo delle Miniere. Bo- logna. 4883. Niccolini march, ing. Giorgio. Via Paolo Toscanelli 4. Firenze. 4881. Nicolis cav. Enrico. Corte Quaranta. Verona. 4888. Novarese ing. Vittorio. R. ufficio geologico. Roma. 4883. Olivero comm. Enrico. Via Garibaldi, 5. Torino. 4881. 150 Omboni cav. prof. Giovanni. R. Università. Padova. 4887. Pacini Candela p. prof. Michele. Collegio della Missione. Savona. 4881. Pani anelli prof. Dante. R. Università. Modena. 4881. Parona prof. Carlo Fabrizio. R. Università. Pavia. 4882. * Paninoci marchesa Marianna. Villa Novoli. Firenze. 4881. Pélagaud dott. Eliseo. Saint-Paul (Isola Borbone). 4881. Pellati comm. ing. Niccolò. R. Ufficio geologico. Roma. 4886. Pellizzari dott. Pietro. Taranto. 10 1888. Elenco dei Soci Pepe ing. Gabriele. Ferrovie del Mediterraneo. Sa- lerno. 1889. Perozzo cav. ing. Luigi. Via Milano 24. Roma. 1882. 160 Pialli prof. Angelo. Desenzano sul Lago. 1882. Pili ing. Tommaso. Miniera Libiola. Sestri Levante. 1881. Pirona cav. prof. Giulio Andrea. R. Liceo. Udine. 1881. Pompucci ing. Bernardino. Pesaro. 1881. Portis prof. Alessandro. R. Università. Roma. 1881. Ragazzoni cav. prof. Giuseppe. Brescia. 1883. Ragnini dott. Romolo. Capitano medico 5° reggimento bersaglieri. Roma. 1884. Ricci prof. Arpago. Spoleto. 1886. Ricciardi prof. Leonardo. R. Istituto Tecnico. Bari. 1885. Ristori dott. Giuseppe. Museo Paleontologico (Piazza S. Marco) Firenze. 1883. 170 Riva Palazzi colonn. Giovanni. Capo di Stato mag- giore del 1° corpo d’armata. Torino. 1889. Roisecco ing. Ignazio. Ufficio dell’aquedoito. Bologna. 1889. Rosselli dott. Emmanuele. Via Fiesolana 1. Firenze. 1884. Sacco prof. Federico. Museo geologico. Palazzo Cari- gnauo. Torino. 1881. Salmoj rag/li ing. Francesco. Via Monte di Pietà 9. Milano. 1889. Scacchi ing. Eugenio. Via Costantinopoli 19. Napoli. 1881. Scarabelli Gommi Flamini conte comm. Giuseppe. Se- natore del Regno. Imola. 1884. Schneider ing. Aroldo. Montecatini in Val di Cecina. 1883. Sciolelle ing. Gio. Battista. Via dei Zingari 11. Roma. 1881. Segrè ing. Claudi'). Direzione ferrovie meridionali. Ancona. 1885. 180 Sella ing. Corradino. Biella. 1882. * Silvani dott. Enrico. Via Garibaldi 4. Bologna. 1881. Silvestri cav. prof. Orazio. R. Università. Catania. 1883. Simoncelli ing. Remo. Arcevia (Ancona). 1883. Simonelli dott. Vittorio. R. Università. Pisa. 1881. S intoni dott. Luigi. Via Cavai iera 9. Bologna. 1882. Sorniani ing. Claudio. R. Ufficio geologico. Roma. 1886. Spalletli contessa Gabriella. Piazza della Pilotta. Roma. 1883. Speranzini prof. Nicola. Arcevia (Ancona). 3882. Spezia cav. prof. Giorgio. R. Università. Torino. 1887. 19O Squinabol dott. Senofonte. Via S. Agnese. \. Genova. Elenco dei Soci 11 188*2. Statuti cav. ing. Augusto. Via dell’Anima 17. Roma. 1883. Stassano doti. Enrico. Ministero d’ Agricoltura Indu- stria e Commercio. Roma. 1886. *Stephanescu prof. Gregorio. Università. Bukarest. 1881. Strobel cav. prof. Pellegrino. R. Università. Parma. 1882. Slrùver comm. prof. Giovanni. R. Università. Roma. 1881. Szabò cav. prof. Giuseppe. Università. Budapest. 1881. Taramelli cav. prof. Torquato. R. Università. Pavia. 1883. Teliini dott. Achille. R. Università. Roma. 1881. Tenore ing. Gaetano. V iaS. Gregorio Armeno 41. Napoli. 1883. 200 Terrenzi dott. Giuseppe. Narni. 1883. Terrigi dott. Guglielmo. Via Manin 9. Roma. 1881. Tittoni avv. Tommaso. Deputato al Parlamento. Via Rasella. 157. Roma. 1889. Toldo Giovanili. R. Università. Modena. 1881. Tommasi prof. Annibaie. R. Istituto tecnico. Udine. 1883. Toni cav. conte Francesco. Spoleto. 1883. Toso ing. Pietro R. Corpo delle Miniere. Vicenza 1882. Tuccimei prof. Giuseppe. Via dell’Anima 59. Roma. 1882. * Turche ing. John. Ufficio dell’Acquedotto. Bologna. 1890. Trabucco prof. Giacomo. R. Istituto Tecnico. Piacenza. 1881. 210 Uzielli prof. Gustavo. R. Scuola per gli Ingegneri. Torino. 1883. Valenti prof. Esperio. Imola. 1882. Verri cav. magg. Antonio. Vice-Direttore del Genio mi- litare. Roma. 1890. Vigliarolo dott. prof. Giovanni. Salita Pontecorvo 22. Napoli. 1883. Vilanova y Piera cav. prof. Giovanni. Università. Madrid. 1882. Virgilio dott. Francesco. R. Università. Torino. 1881. Zaccagna ing. Domenico. R. Corpo delle Miniere. Carrara. 1881. Zezi cav. ing. Pietro. Ufficio geologico. Roma. 1883. 218 Zonghi prof. Augusto. Fabriano. 12 Elenco dei Soci COMMISSIONE PER LE PUBBLICAZIONI L'Archivista j Cav. prof. A. D’Achiardi Cav. prof. G. Omboni Conte comm. G. Scarabelli Gommi Flamini COMMISSIONE DEL BILANCIO PEL 1890 F. Giordano G. Scarabelli P. Zezi prò tempore 11 Tesoriere ADUNANZA GENERALE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA TENUTA IN PAVIA IL 10 APRILE 1890. L’adunanza è aperta alle ore 2 poni, nella sala delle colle- zioni lombarde del R. Museo geologico. Presidenza Taramelli. Presenti i soci: Baratta, Berti, Biagt, Bombicci, Bozzi, Brugnatelli, Cavara, Del Prato, Foresti, Mariani, Mayer, Nicolis, Pantanelli, Sacco, Scarabelli, Toldo, ed il sotto- scritto Vicesegretario. Assistono i signori prof. Sansoni, dott. Ar- tini, Boeris, Zoja. Scusano la loro assenza i soci: Bassani, Canavari, Capel- lini, Ciofalo, De Zigno, Issel, Meli, Omboni, Ricciardi, Sil- vestri, Statuti, Tittoni, Tuccimei, Verri. Letto ed approyato il processo verbale dell’adunanza prece- dente, il Presidente dà il benvenuto ai soci presenti, li ringrazia per il loro intervento e rivolge un saluto particolare al socio Mayer nella certezza di interpretare i sentimenti dei colleghi ; si dichiara poi lieto di presiedere alla nostra Società mentre le numerose ri- chieste per la inscrizione di nuovi soci ed il numero delle comu- nicazioni scientifiche annunciate attestano il suo stato di floridezza. Legge quindi il telegramma inviato da S. A. R. il Principe di Napoli, in risposta ad altro trasmessogli in occasione del suo genetliaco dal prof. Capellini. « Al prof. Capellini, presidente della Società geologica italiana e del R. Comitato geologico. Bologna ». 14 Adunanza generale * S. A. R. il Principe di Napoli ha vivamente gradito i voti che ella gli esprimeva anche a nome dei geologi italiani, presso i quali rende interprete la S. V. dei sentimenti del suo grato animo e della sua alta considerazione. L'Augusto Principe manda a Lei in particolare cordiali ringraziamenti e saluti » . « Pel Ministro « « Rattazzi » . Comunica anche i ringraziamenti dell’on. Sindaco di Catanzaro per l’invio fattogli del volume Vili0 del Bollettino e presenta le pubblicazioni qui indicate spedite dagli autori in omaggio alla Società. M. Baratta, Reotomo elettrico. Boll. d. Soc. ital. di Elettri- cità. Milano, 1889. Cacciamali G. B., Del fenomeno del Carso a Fontana Diri. Siena, L. Lazzeri, 1889 (in 8° di pag. 4). Estr. d. Rivista italiana di scienze naturali, Anno IX, fase. 21-22, 1889. Clerici E., La pietra eli Sabiaco in provincia di Roma e suo confronto col travertino (Roma, tip. Nazionale 1890, in 8° di pag. 9). Estr. d. Bollettino d. R. Comitato Geologico 1890, n. 1-2. Clerici E., Fossili dei terreni quaternari alle falde del Gia- nicolo in Roma (di pag. 3). Estr. d. Bollett. d. R. Comitato geo- logico, 1890, n. 1-2. Ciofalo Prof. Saverio, L’Olirjocene dei dintorni di Termini Imerese. Atti d. Acc. Gioenia di Se. Nat. in Catania, voi. II ser. 4a. Id., e Dott. Antonio Battaglia, Sull' Ippopotami^ Penllandi della Contrada di liner a. Termini-Imerese, 1888. De Zigno Bar. Achille, Biografia di Bartolomeo Gastaldi. Estr. dal voi. VI. ser. III. d. Mem. d. Soc. it. d. Se. (detta dei XL). 1887. Id., Il professore G. Meneghini. Cenni necrologici, Ibid. voi. VII. ser. III. 18S9. Id., Sopra uno scheletro fossile di Mgliobates esistente nel Museo Gazola in Verona. Estr. d. voi. XXII. d. Mem. d. R. Istituto Veneto, 1885. Id., Nuove aggiunte alla Ittiofauna dell’epoca eocena. Ibid., voi. XXIII, 1888. 15 della Società Geologica Italiana Id., Cheloidi scoperti nei terreni mesozoici delle Prealpi venete . Ibid. voi. XXIII. 1889. Id., Antracoterio di Monteviale. Ibid. voi. XXIII. 1888. Id., Quelques observations sur les Siréniens fossiles. Extr. du Bull. d. 1. Soc. géol. de France, 3.e sér., t. XV. 1887. Parona C. F., Sopra alcuni fossili del Biancone veneto. Atti d. R. Ist. Veneto. 1890. Sacco Federico, Un coin intéressant du tertiaire d’ Italie. Bruxelles, Polleunis, Ceuterick et de Smet, 1889 (in 8° di pag. 28 con carta geologica a colori). Estr. d. Bullettin de la Soc. Géolog. et hydrologique de Belgique. Sacco F., Le Ligurien. Extr. du Bull. d. la Soc. Géolog. de France, 3me serie, tom. XVII, 1889. Sclienck Adolfi, Ueher Glacialerscheinungen in Suda f 'riha, Aus d. Verhandlung. d. Vili deutsch. Geograpbentages in Berlin 1889. Berlin, 1889 (in 8° pag. 145-160). Zsigmondy Wilhelm, Mittlieilungen iiber die Bolirlhermen zu Uarkdny auf der Margaretheninsel nàchst Ofen und zu Lippik und den Bolirbrunnen zu Alcsiith. — Pest, 1873 (in 8° di pag. 83, c. 4 tavole). The gold-fields of Victoria — Reports of thè mining regis- trar s for thè quarter ended 30.th september 1889 — Compiled and arranged by thè Secretary for mines. Melbourne. S. Brain, 1889 (in 4° di pag. 88 con tavole). • Elenco delle pubblicazioni che si ricevettero in cambio dalla So- cietà Geologica italiana. Verhandlnngen der k. k. geologischen Reichsaustalt (Wien.). R. Accademia dei Lincei — Rendiconti (Roma). Bollettino della Società geografica italiana (Roma). Bulletin de la Société géologique de Frange (Paris). Boletin del Instituto Geogràfico Argentino (Buenos Aires). Bulletin de la Société d'Etudes scieutifiques d’Angers (Angers). Bulletin international de l’Académie des Sciences de Cra- covie. Comptes-rendus des séances — (Cracovie). Quarterly (thè) Journal of thè geological Society (London). Annalen des k. k. Naturhistoriscken Hofmuseums, redigirt von Dr. Franz Ritter von Hauer (Wien). 16 Adunanza generale Jahrbuch der k.-k. geologischen Reichsanstalt (Wien). Jahrbuch der kònigl. preussichen geologischen Landesanstalt und Bergakad?mie zu Berlin (Berlin). Memoirs of thè geological Survey of India (Calcutta). Palaeontologia indica (Calcutta). Records of thè geological Survey of India (Calcutta). Zeitschrift. der deutschen geologischen Gesellschaft (Berlin). Verhandlungen des naturhistorischen Yereines der preussichen Iiheinlande, Westfalens und des Reg.-Bezirks Osnabriick (Bonn). Communicafòes da Secfào dos trabalhos geologicos de Portugal (Lisboa). Annali della Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani (Roma). Actes de la Société Linnéenne de Bordeaux (Bordeaux). Geologiska Foreningensi Stockholm Forhandlingar (Stockholm). Revista de sciencias naturaes e sociaes orgào dos trabalhos da Sociedade Carlos Ribeiro (Porto). Geological and naturai history Survey of Canada (Montreal). Société geologique de Belgique (Liège). Comité géologique de Russie (Sk. Petersbourg). United States geological Survey (Washington). In seguito la Società, dietro proposta del Presidente, prende le seguenti deliberazioni. 1° Proclama soci i signori : Prof. Luigi Mesciiinelli e Prof. Giovanni Vigliarolo di Napoli, proposti dai soci Francesco Bassani e C. F. Parona. Dott. Barone Carlo de Kroustschoff dell’Accademia Impe- riale delle Scienze di Pietroburgo, proposto dai soci G. Capellini e T. Taramelli. Avv. Filippo Cantamessa di Roma, proposto dai soci Ca- pellini e Statuti. Sig. Isacco Namias di Modena, proposto dai soci Panta- nelli e Toldo. Dott. Luigi Bozzi di Pavia, Prof. G. Trabucco del R. Isti- tuto Tecnico di Piacenza, sig. Baratta Mario di Voghera, sig. Corti Benedetto di Como, proposti dai soci T. Taramelli o C. F. Parona. 17 della Società Geologica Italiana 2° Cancella dall’elenco dei soci i signori Menicocci Ing. o O Giuseppe (Terni), Parodi Ing. Lorenzo (Genova), e Viola Ing. Carlo, che devono alla cassa sociale le annate 1887-1890 ed il sig. Gamba Ing. Cesare (Genova), che deve le annate 1886-1890. 3° Riconferma nella carica di Revisori del Bilancio i si- gnori: Conte G. Scarabelli e Ing. P. Zezi e nomina il Comm. Ing. F. Giordano in sostituzione del compianto Senatore A. Secco. 4° Riconferma la Commissione per le pubblicazioni, costi- tuita dai signori: Conte G. Scarabelli, Prof. Cav. A. D’Achiardi e Prof. Cav. G. Omboni. 5° Autorizza la Presidenza ad esigere, ove lo creda neces- sario, per la stampa dei cpiadri e delle tavole sinottiche, che si scostano dalla normale composizione dei fogli di stampa, il con- corso degli autori nel di più della spesa richiesta dal tipografo, oltre la quota fissata per la stampa del Bollettino. A questo riguardo il socio Pantanelli fa notare però le condizioni già assai gravi, fatte dal tipografo alla Società ; racco- manda perchè non si ceda troppo facilmente alle sue esigenze e chiede se non sarebbe conveniente di pubblicare il Bollettino in altra città, dove si possano trovare migliori patti. Il Presidente accoglie le sue raccomandazioni, facendogli però osservare, che per qualche anno ancora siamo obbligati colla tipografia della R. Ac cademia dei Lincei ed assicura il socio Parona, che provvederà affinchè la pubblicazione del Bollettino proceda più sollecita. 6° Approva il Bilancio passivo ed attivo, quale viene esposto nei suoi particolari dal Presidente e delibera che d’ora innanzi si presenti nelle adunanze generali, oltre il conto spese ed entrate, il bilancio patrimoniale e che il conto del legato Molon sia tenuto distinto. 7° Accetta il cambio degli Atti colla Società Geologica ( Geoio giska Fóreningen) di Svezia, residente in Stocolma e coi Travaux géologiques (Lisbonne) ed incarica il Presidente, dietro proposta del Prof. Pantanelli, di esaminare in occasione di qual- che sua gita a Roma, il Bollettino della Società italiana dei Microscopisti (Acireale), la Rivista de Sciencias Naturaes e So- ciaes da Sociedade Carlo Ribeiro di (Porto-Portugal), il Bulletin de la Société d’Études scienti fiques d' Anger s (Angers) ed il Bul- letin international de l'Académie des Sciences de Cracovie (Cra- 2 18 Adunanza generale covia) e di decidere sulla opportunità di accettare il cambio ri- chiesto col nostro Bollettino. Dopo di che il Presidente compie il mesto dovere di annun- ciare la perdita del socio Leon Feottes morto sul finire dell’anno scorso a Parigi e legge poi un discorso commemorativo del socio sena- tore cav. Andrea Secco, morto in Solagna il 24 dicembre 1889 (Q. In seguito i soci sono invitati a presentare i lavori od a fare le comunicazioni scientifiche annunciate. Il doti. C. F. Parona legge alcune Brevi notizie sulla Fauna carbonifera del M. Pizsul in Gamia ed il dott. L. Bozzi comu- nica le conclusioni di un suo studio sulla Flora carbonifera della stessa località. Queste letture offrono occasione al Presidente di esporre brevemente la storia delle scoperte e delle ricerche sugli strati paleozoici, e particolarmente su quelli carboniferi della Carnia e di accennare al fatto che, mentre questi terreni nella Carnia sono fossiliferi, nelle valli più occidentali si trasformano invece gradatamente per metamorfismo in rocce cristalline fino ad assu- mere in Lombardia i caratteri dello gneiss. Legge quindi il sig. Baratta « Sui Fenomeni elettrici e magne- tici nei terremoti » e poi il cav. Nicolis comunica una « Nuova contribuzione alla conoscenza della costituzione della bassa pia- nura veronese e dintorni e della relativa idrografia sotterranea » . Il Presidente si compiace della cura colla quale il socio E. Nicolis attende allo studio del sottosuolo della pianura veronese ; accenna alla importanza dei dati, che con simili ricerche si pos- sono raccogliere per lo studio geologico della valle padana, in rap- porto specialmente allo straordinario spessore del mantello alluvio- nale e ricorda alcune sue recenti osservazioni in Milano e nell’alto milanese, raccolte in occasione dei tentativi fatti per ottenere acqua potabile mediante pozzi condotti a rilevanti profondità, sempre (l) La commemorazione del defunto Socio cav. A. Secco trovasi stam- pata in fine del presente fascicolo. 19 della Società Geologica Italiana attraverso strati alluvionali e senza che raggiungessero i depositi marini pliocenici. Sullo stesso argomento e dietro invito del Pre- sidente prende la parola il Prof. Pantanelli per ricordare le notizie di altri trafori eseguiti nelle Romagne, nel Polesine e nella zona litoranea, così riguardo alla profondità dei pozzi, come sulle tracce degli organismi rinvenute a vari livelli. Il dott. Foresti consegna alla sua volta una nota sopra una nuova specie di Sepia ( Sepia Bertii) del pliocene inferiore, presen- tando anche il magnifico esemplare da lui illustrato. Il Presidente annunzia quindi di avere ricevuto altri quattro lavori da due soci, che ne chiedono la pubblicazione nel Bollettino ■e sono : Antonelli Gius., Il Pliocene nei dintorni di Osino ed i suoi fossili caratteristici (con 1 tav.). Id., Osservazioni sulle sorgenti minerali dell’ Aspio. Id., Un bradisismo della costa adriatica tra Ancona c Po- tenza Picena. (Di quest’ultimo lavoro l’autore presenta un cenno preventivo). Cacciamali G. B., Gli Elefanti fossili di Val di Cornino , {con tavola). Infine il dott. F. Sacco avverte che si riserva di presentare alla Presidenza un suo lavoro sopra alcuni giacimenti di sabbie del pliocene superiore , esistenti tra la Sesia ed il Ticino , ed il dott. Parona legge una nota preventiva sopra una fauna a ra- diolarie scoperta nei noduli selciosi del calcare giurese di Cil- tiglio presso Laveno , riservandosi di consegnare presto alla Pre- sidenza l’intiero lavoro per la pubblicazione nel Bollettino. A questo punto il prof. Pantanelli, approfittando della pre- senza del prof. Mayer, lo prega di esprimere il suo parere circa l’età degli strati, che nel piacentino ed altrove includono la Cyprina islandica (Lin.) ed il dotto professore risponde, che gli strati nei quali si raccoglie questa specie spettano certamente al pliocene superiore. 20 Adunanza generale della Società Geologica Italiana L’ultimo argomento posto all’ordine del giorno riguarda la scelta della località per l’adunanza estiva. Il Presidente propone la città di Bergamo, situata in regione fra le più amene e geolo- gicamente interessanti delle Prealpi lombarde; dice d’essere sicuro, che noi riceveremo liete ed oneste accoglienze da quella popola- zione, nonché dalle autorità cittadine e soggiunge, che ha fiducia di ottenere la solita riduzione sul prezzo dei biglietti anche dalla Società della ferrovia di Valseriana, che dai colli bergamaschi ci condurrà nel cuore delle Prealpi. Nessuno dei presenti fa osserva- zione alla proposta, che viene acclamata, lasciando all’onor. Pre- sidente la facoltà di fissare la data per il convegno nella prima metà del mese di settembre. L'adunanza è sciolta alle ore 4 pom. Il Vice- Segretario C. F. Parona. Nella serata i Soci convennero a pranzo nell’Albergo della Croce Bianca, gentilmente invitati dal Presidente prof. Taramelli, che ad ora tarda potè comunicare un telegramma col quale il sig. Finardi cav. Giov., Sindaco di Bergamo, esprimeva, a nome dell’on. Giunta Municipale, vivissima soddisfazione per avere la Società geologica scelta Bergamo come sed del convegno estivo. LA MELANIA VERRII DE STEF. NEL DELTA DEL TEVERE PLIOCENICO. Nel 1886, esposte alcune vedute sulle cause cui è dovuta la costituzione della Valdichiana e delle vallate dell’ Umbria, presentai i cataloghi della fauna e della flora fossile raccolta in quelle valli, indicando a parte le specie trovate sull’altipiano di Città della Pieve, il quale aveva definito nel 1877 per della del Tevere an- tico (*). Andato nell’ottobre scorso qualche giorno in famiglia, mi prese curiosità di esaminare il bacino dove aveva trovato il mol- lusco classificato dal Foresti per Cardimi Verrii , e l'altro clas- sificato dal De Stefani per Melania Verrii. Le ricerche avendomi chiariti dei punti che m’ erano rimasti oscuri su quella tipica co- struzione fluvio-marina, ne ho coordinate le osservazioni. Senza ri- petere i cataloghi completi, riferirò le collezioni fatte sulle zone di speciale interesse per la conoscenza dei piani geologici, e dei par- ticolari della deltazione. La descrizione è studiata in modo che basti pel comprendimento dei luoghi la carta topografica dell’Italia centrale. Schizzo topografico. L’altipiano di Città della Pieve topograficamente disegna un terrazzo in appendice ai rilievi montani del Monterale e di Montale, separati dalla vallata del Nestore. I culmini di questi rilievi sono avvicinati alla Valdichiana, ed hanno le quote 852 su Monterale, 637 sulla estremità ovest della catena di Montale. La superficie (U Sui movimenti sismici della Valdichiana. Atti del r. Ist. lomb. di se. e let. 1877. Sono stati poi modificati alcuni particolari di quei primi studi. Azione delle forze nell'assetto delle valli. Boll, della Soc. geol. it. 1886. 22 A. Verri dell’altipiano ha l’elevazione maggiore nel settore centrale corri- spondente all’apertura della valle del Nestore. Là la quota del displuvio tra il Nestore e la Chiana è 530; l’altitudine diminuisce circa 30 metri al sud, circa 55 metri al nord, misurati sulla linea del ciglio verso la Chiana. La valle della Tresa — prosecuzione della pianura di Cortona e del bacino del Trasimeno — al nord, la valle della Chiana ad ovest limitano l’altipiano con quota media 250. Sul centro dell’altipiano- ha origine il fiume Nestore, le cui acque vanno alla conca Umbra; al sud il torrente Ripignolo separa l’altipiano dai poggi del Mon- terale; al nord il torrente dei Molini e del Mojano lo separa dai poggi della catena di Montale. Nella medesima contrada setten- trionale il torrente Maranzano solca longitudinalmente nel mezzo l’altipiano fin vicino al centro. Per siffatta disposizione idrografica la superficie dell’altipiano è divisa in speroni, le cui linee dorsali la corrosione meteorica ha variamente inflesse. La scarpata verso la Valdichiana è tagliata a terrazzi: i torrenti, che dal ciglio del- l’altipiano scendono alla Chiana, hanno scavati sulla porzione su- periore di quella pendice burroni con rupi a picco alte persino 100 metri. La lunghezza dell’altipiano, comprese le scarpate, è circa 15 chilometri ; la larghezza massima, tra il piede dei poggi soprastanti e la pianura della Chiana è circa 9 chilometri. Formazioni geologiche. Regione montuosa. — Nei monti che ad est limitano l’alti- piano Pievese ho notate le formazioni : Inferiore = Calcari bigi, rossi, verdi, gialli, a frattura concoide, di grana finissima quasi litografica, capaci di mediocre pulimento per uso di marmi ordinari; schisti marnosi, pur essi diversamente tinti; calcari screziati e qualche brecciola. Massa che allìorando limita- tamente in pochi luoghi è difficile distinguere dalla seguente. Media = Calcari sepia o bigio chiari, a frattura scagliosa, con grana che pare cristallina; calcari marnosi varicolori con fu- coidi, schisti marnosi bigi e rossi, calcari screziati, calcari e brecce con nummuliti. Superiore — Arenarie eoceniche compatte, ora con elementi La Melania Ver rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 23 grossi qualche millimetro, ora di grana più fina ed uniforme, ge- neralmente bigie, qualche volta giallo, ricche di mica; schisti are- nacei per lo più di struttura ondulata, spesso contenenti impronte nere che hanno l’apparenza di residui vegetali; marne bigie, a volta in masse di potenza ragguardevole, intercalate tra le arenarie. Le rocce brecci formi contengono pezzi grossi qualche conti- metro di gneiss, petroselci, diaspri, calcari. La composizione delle formazioni è molto variabile da luogo a luogo: così per esempio sui monti del Trasimeno, come sui monti Cortonesi, si trovano compresi tra le arenarie anche strati di calcari screziati e di brec- ciole con nummuliti. Manca nella Valdichiana e nelle sue montagne ogni accenno di formazioni mioceniche. Nel gruppo del Monterale i calcari sono scoperti, dalla parie della Chiana, per grande estensione all'estremo sud dell’altipiano Pievese tra Montegabbione, Castel del Fiore, Montegiove, Parrano; sono spesso scoperti sul versante della valle del Nestore: a Pra- talenza, tra Greppoleschieto e la Ierna, a Macereta, Castiglion Fosco, Colle Baldo, Montevergniano, Cibottola, Pietrafitta. Sulla catena di Montale i calcari sono scoperti in qualche luogo del versante volto alla valle della Tresa; a Montebuono, Yal Elee verso la valle del Nestore: ma nel pendìo che guarda l'altipiano Pievese soltanto pochi calcari varicolori e screziati affiorano alla quota 317 nella confluenza del Fiumicino col torrente dei Molini. In nessun luogo ho veduto questi calcari in posto forati dai litofagi: cosa che si vede nel ciottolame da essi staccato, come dirò parlando del pliocene di Città della Pieve. Valle superiore del Nestore. — Per quante note vi abbia prese, non saprei precisare come siasi costituita in origine la val- lata del Nestore: tanto la composizione variabile delle formazioni, l’emersione della Valdichiana anteriore a quella dell’Umbria ('), i contorcimenti degli strati inferiori, gli stessi dislocamenti ultimi delle masse, i quali ne hanno vieppiù modificata la disposizione (U Le osservazioni tuttora non mi fanno convenire nell’opinione del De Stefani sulla presenza del tortoniano marino nell’Umbria. Però pare che quella regione sia rimasta sommersa dal mare anche per qualche tempo del miocene: è certo almeno che il mare vi durò tutto l’eocene, cosa che è dubbia per la Valdichiana. 24 A. Verri primitiva vi complicano l’andamento delle linee stratigrafiche, ed i criteri per giudicare gli avvenimenti geologici più antichi. Presa per punto di partenza la formazione superiore delle arenarie, gli strati di queste in alcuni luoghi sono diretti anteclinalmente al gruppo del Monterale, e sembrano esserne stati tagliati dalla corrosione ; in altri invece scendono sinclinalmente nella valle. Simile disposizione farebbe supporre che, fino dal primo emergere, la superficie del ter- ritorio presentasse delle concavità, e che queste vi abbiano favo- rita la costituzione d'un colle. Obbligati ad ovest, pel sollevamento dell’Apennino, i displuvi del bacino Umbro, le acque cercando aprirsi emissari verso la marina miocenica tirrena attraverso la catena che lo sbarrava ad occidente, in parte avranno traboccato dal colle tra i poggi del Monterale e di Montale; la corrosione del fiume miocenico, e l’erosione meteorica avrebbero compiuto il lavoro di apertura e di allargamento della vallata. Eccettuato il tratto centrale alle Tavernelle, che pel rilievo si direbbe il testimonio d’un colle d’unione tra le due catene, la val- lata, su d’una zona larga in media 1500 metri, contiene forma- zioni detritiche di sabbie con qualche banco di ghiaie e ciottoli; di marne miste a sabbie e racchiudenti concrezioni limonitiche e calcaree. Per i quali caratteri, le marne rappresenterebbero un mi- scuglio di esondazioni fluviali e di sedimenti palustri. Ho veduto nelle marne alcuni strati di lignite sotto Missiano e sotto Colle Baldo : di fossili ho trovato solamente presso Fontignano reliquie dell’ Ilippopotamus major Cuv. alla quota 243, e dell’ Elephas pri- migenius var. Blum. nella parto superiore della formazione alla quota 292 circa; delle Ilelix e dei Planorbis sotto Colle Baldo alla quota 251. Il materiale detritico, che interrì la valle del Nestore, ad est si fonde con quello analogo delle valli interne dell’Umbria ; ad ovest con quello che costruisce l’altipiano Pievese: però in quest’ul- timo s’incontrano fossili marini poco dopo esciti dalla linea dei monti che fiancheggiano la vallata. Le altimetrie di quel materiale sono molto inferiori all’altimetria dell’altipiano Pievese. Le misu- razioni fatte m’hanno date le quote: San Bartolomeo 418, Mis- siano 328, verso la strada di Panicale 294, tra l’Oro e Colle Baldo 289, sotto Colle Baldo 278, sotto Montevergniano 305, a Fontignano 292, nella estremità orientale tra San Martino dei Colli La Melania Ve rrii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 25 e Montepetriolo 261. Quote in genere di 300 metri hanno anche le colline di fronte, che, composte pur esse da detrito di colmata, si distaccano a guisa di speroni dal piede del monte di Perugia, nel quale la quota del pliocene è circa 500 : circa 200 metri più alta che in quegli speroni. A quale piano geologico appartengono le formazioni che hanno interrita la valle del Nestore? Secondo le mie vedute sulle rivo- luzioni oroidrografiche del subapennino tirreno, se in parte eviden- temente sono contemporanee alle formazioni marine dell'altipiano Pievese, in parte credo, che rappresentino quel periodo posteriore, nel quale avvenne la depressione della conca Umbra al sud di Pe- rugia, e quindi la contropendenza della valle. Periodo nel quale potevano determinarsi nel bacino Umbro dei ristagni d’acque, finche gli scoli ebbero modo di sistemarsi colla mutata idrografia : il cui risultato finale fu il taglio operato dal Tevere nella catena delle montagne d’Orvieto e di Todi (*). È rimarchevole il vedere la quota 300 misurare a un dipresso, con leggiere varianti spiegabili colla corrosione, il livello del materiale d’interrimento nel tronco est della valle del Nestore. Tale fatto può derivare dal passare per quel tronco l’asse di rotazione del sistema; e forse sopratutto dal livellamento prodotto dai sedimenti d’un bacino acqueo, costituitosi nella conca Umbra dopo invertita la pendenza di quella valle. È probabile che questa fase idrografica coincida col periodo villafran- chiano, e concordi coi movimenti del pliocene nella Sabina (2). (!) L’insellatura, sulla quale il Tevere ha scavato l’emissario post-plio- cenico ha la quota 376 ; il nucleo è composto da anteclinale di calcare rosato; la quota del fiume in corrispondenza al centro dell’anteclinale è circa 126 ; in alto sulla pendice è rimasta aderente al rosato una formazione di travertino e di puddinga, testimonio della profondità cui era giunto il taglio della gola nel periodo del vulcanismo tirreno. Il pliocene esterno abbonda di banchi di Cladocora caespitosa D’Orb. a Scopeto, Civitella de’Pazzi, Prodo: straordi- nariamente ricco è il banco di Prodo. L’altitudine dei banchi corallini supera assai quella della sella, avendone trovati tra le quote 450 e 500. Perciò le acque marine devono essere entrate per quella sella nel continente Umbro a mescolarsi colle acque di alcune paludi, e dubito che sia da riferire a questa circostanza una formazione fossilifera che incontrai sul monte di Deruta alla quota 368, verso la valle del Tevere. (2) Tuccimei, Il villafranchiano nelle valli sabine. Boll, della Soc. geol. 1889. 26 A. Verri Il fondo della valle del Nestore giammai mostra soglia com- posta dalle rocce dei monti che la serrano: il fiume ha sempre l'alveo scavato sul materiale detritico. Nei tratti dove la valle è più stretta, e le pendici di rocce eoceniche toccano la pianura, questa conserva sempre larghezza tale da far presumere che sia ben più profondo il piano originale. Al principio sotto il Piegaro la quota del piano di fondo è 290 circa, allo sbocco nelle valli Umbre è circa 220. Però nella configurazione attuale contribuisce la de- pressione avvenuta nella conca Umbra, e quindi la risultante incli- nazione verso est del sistema montano nel quale è compresa la vallata. La quota del fondo all’estremità est non rappresenta per- tanto l’altimetria proporzionale alla idrografia antica, ma è più bassa; come sono assai più basse le altimetrie dei sedimenti vallivi che costruiscono le colline Umbre corrispondenti, iu confronto alle altre contrade di quella regione. L’esame medesimo della catena di Montale fa rilevare dei tratti talmente depressi, che sarebbero incompatibili col sistema idrografico testimoniato dagli effetti du- rante il pliocene, qualora tali anomalie non fossero spiegate dal modo come si mossero le masse allorché fu sollevato il territorio (colle di Panicale 373, colle di Montebuono 314, colle di San Savino 284, colle della Magione 388). Altipiano di Città della Pieve. — La formazione componente l’altipiano Pievese, veduta sulle scarpate volte alla Chiana ed alla Presa, si può definire come una massa di sabbie gialle, scoperte per più di 280 metri d'altezza, contenente interclusi banchi di ciot- tolame e lenti di marne, gli uni e le altre di diversa estensione, a diverse altitudini, di potenza diversa ; le ultime con fauna diversa. Le sabbie sono legate da cemento marnoso di poca tenacità, ma sufficiente per renderle impermeabili all’acqua, adatte allo scavo di grotte, ed a reggersi in rupi altissime: per queste proprietà sul luogo sono chiamate tufo. Talvolta, e particolarmente nel set- tore centrale, sono cementate fortemente e danno un’arenaria da lavoro. Non di rado si vedono nella formazione concrezioni limo- nitiche. Nelle sabbie a volte s’incontrano colonie di Balani , Ostriche, Pettini , Pettancrjli\ a volte, per grandi tratti, vi si trova tutto al più qualche valva scompagnata. Sono notevoli degli straterelli grossi 10 a 20 centimetri di marne bigie e rossiecie, compresi tra 27 La Melania V crr i i De Stef. nel delta del Tevere pliocenico letti sottili di sabbie bianche fine, che affiorano in qualche luogo intercalati nelle sabbie gialle, particolarmente in corrispondenza del settore centrale. Quegli straterelli mancano di fossili marini, sono traversati da fori cilindrici spesso tortuosi, fori che credei di attribuire a vermi; per lo più hanno delle macchie color ruggine, ed in qualche luogo contengono molte impronte di foglie ben con- servate. Da questi cavai la raccolta delle filliti sui dirupi di Fon- tesecca e San Salvatico presso Città della Pieve, tra le quote 427 e 370. Yi si trovano le specie: Sequoja Lansclorfì (Brongt.) Heer Smilax Cocchiana (Mass.) Schimper. Myrica elongata Sap. Betula Brongniarti Ettingsh. Carpinus piramidali (Goepp.) Heer. Populus latior Al. Braun. » leucophijlla Ung. » balsamoides Goepp. » » var. eximia (P. eximia ) Goepp. Piatami s deperdìta (. Alnites dep. Mass. = Plot, aceroides Goepp. et Auet.) Liquidami) ar europaeum Al. Braun. Pianera Ungeri (Kóvats) Ettingsh. Ficus Riiminiana Heer. Laurus princeps Heer ( Persea princeps Schimper) Ginnamomum Scheuchseri Heer. Oreodaphne Heeri Gaudin. Bumelia minor Ung. Cornus Buchi Heer. Juglans acuminata Al. Braun. I banchi di ciottolame prevalgono nel settore centrale, ed ab- bondano nella contrada nord più che in quella sud. Sono composti da ciottoli, per lo più ben grossi, dei calcari in posto sui monti retro- stanti : le dimensioni dei ciottoli permettono di adoperarli, oltreché per l’estrazione della calce, nelle fabbriche e nella selciatura delle strade col sistema dei cubetti. Parecchi ciottoli sono forati dai litofagi, ed in genere su tutte le faccie. E notabile un grande banco nel luogo detto l'Osteria al piede dell’altipiano, sul prolungamento della di- 28 A. Verri rezione della valle del Nestore, perchè contiene altresì molti blocchi arrotondati di arenaria eocenica a distanza tra 5 e 6 chilometri dalla roccia in posto. Potrebbe rappresentare la punta della conoide alluvionale d’un corso d’acqua sboccato dalla valle del Nestore. Le lenti delle marne non concordano da un luogo all’altro nè per altimetria nè per fauna : la quale ora è esclusivamente marina, ora contiene quantità più o meno grande d’individui salmastri. Spesso vi si raccolgono strobili del Pinus Haidingeri (Ung.) Gaudin. La stratificazione dalla formazione mostra nella scarpata verso la Chiana a volte qualche discordanza; vedendosi a masse con strati inclinati verso ovest sovrapposte masse con strati inclinati in senso opposto. Le discordanze non sembrano generali: si osservano par- ticolarmente sulla linea centrale lungo la strada che conduce ai Pon- ticelli, e vi si ripetono più volte nello stesso profilo. Mi sembrano dovute a ciò che, ammontandosi le deposizioni fluviali, ad un certo punto il loro peso, aiutato dall’azione dell’acqua, avrà determinati degli scorrimenti verso le profondità marine del golfo: quindi le considererei come un semplice effetto d’assettamento durante la se- dimentazione : tanto più che sul profilo indicato coincidono le tracce della probabile conoide alluvionale inferiore, le quali ho accennate nel luogo detto l'Osteria. Sotto la Madonna delle Grazie, alla quota 428, sta sul piano della discordanza una colonia di Pecten fla- belli f or mis Proc. ('). Egualmente che le scarpate esterne, la zona compresa tra la montagna ed il ciglio ovest dell’altipiano Pievese risulta composta da una massa di sabbie contenente banchi di ciottolame e lenti marnose. L’esame dei particolari fa rilevare: 1. Che le sabbie predominano nella contrada sud e sopra- tutto nel centro. Gli scavi dei torrenti, profondi fino alla quota 360, mostrano su questo territorio 170 metri di formazione. 2. Nella contrada nord un deposito di marne, con piccole conchiglie d’acqua dolce e terrestri, intercluso tra il litorale e lo sperone di Marciano: deposito che sembra estendersi a più d’un chilometro quadrato, ed è visibile dalla quota 381 alla quota 332. Per i movimenti delle masse, dei quali dirò parlando di questa contrada, le due quote non dàuno lo spessore esatto del sedimento; (l) Pare che questa specie non oltrepassi di molto la quota 400. La M ciani a Ver rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 29 nondimeno la sezione presa direttamente sull’altezza della rupe segna 27 metri di potenza, e le marne scendono ancora più ab- basso. Le specie contenute nelle marne sono: Carijchium conforme De St. le prime quattro acquatiche, terrestri le altre (1). 3. Diverse lenti di marne, egualmente al nord, contenenti ora fauna mista marina e salmastra, ora fauna esclusivamente sal- mastra; come pure alcune marne cenerognole senza traccia di mol- luschi, particolarmeute verso il centro dell’altipiano. 4. Superiormente sedimenti con fauna della zona coralligena, ed allo stesso livello sedimenti con fauna salmastra, gli uni e gli altri coperti da pochi metri di sabbie e ciottolame. La sedimentazione sabbiosa preludente il sommergimento si può dire generale nella Yaldichiana, dapertutto vedendosi lungo la costa le sabbie, con potenza più o meno grande, scendere ad imbasare le marne, che si deposero allorché il centro ebbe acqui- stata una certa profondità marina; e di questo fatto dà ragione il modo come deve avvenire il seppellimento d'una valle sotto le acque, per lenta discesa del territorio. Rimandando le riflessioni sulla pre- senza della fauna corallina a quando parlerò della formazione su- periore, gli altri particolari mostrano la maniera con cui si com- pieva l’interrimento fluvio-marino in corrispondenza alla valle del Nestore, con prevalente sedimentazione sul centro, e con accumu- lamento di sabbie a sinistra, spinte dal moto ondoso per l’influenza dei venti di sud-est e di sud-ovest: dal che erano obbligate verso destra le foci delle acque dolci. E così doveva essere, considerata la disposizione geografica del golfo aperto al sud ; la situazione ad est del continente; la figura della costa, le cui alture riparavano il delta dai venti di est, e di nord-est. (>) Inserii nei cataloghi la nota che aveva ricevuta dal De Stefani quando gli mandai i fossili. Avvedutomi adesso che non combina totalmente col suo studio sui Molluschi continentali pliocenici, la ho rettificata attenen- domi a questo. Sphaerium bullatum De St. Pertugia simplex Fuchs. Plcinorbis Penczzii De St. » Brusinai De St. Ilelix subpidchclla Sandb Umax castrensis De St. Vertigo Bosniaskii De St. loxostoma De St. 30 A. Verri Esclusa, per la disposizione delle rocce in posto sulle pendici dei monti direttamente sovrapposti all'altipiano Pievese, la suppo- sizione che le grandi masse del ciottolame calcareo, intercalate nella formazione, potessero esservi trasportate dai rigagnoli insignificanti che solcano quelle pendici — mostrato che le formazioni calcaree sono scoperte in più luoghi luugo la valle superiore del Nestore, ne consegue che per quella valle avesse foce nel golfo pliocenico della Chiana un corso d’acqua di qualche entità; e l’entità del corso apparirebbe a priori dalla relazione tra la valle del Nestore ed il bacino Umbro. I banchi di ciottolame, sparsi saltuariamente qua e là su tutta l'altezza della formazione, mi rappresentano le conoidi alluvionali dei torrenti della valle del Nestore, le quali, quando ostruivano l’alveo del collettore, i rapidi ingrossamenti del fiume rotolavano al mare. La figura del bacino Umbro, la quale fa supporre facilità di pioggie generali su tutta la superficie ; la poco diversa distanza che avevano da percorrere i confluenti per portare le acque aH’emissario di foce, dicono che le piene potevano arri- varvi di portata tale da agire con forza considerevole, ancorché debole fosse il declivio dell’alveo che si stabiliva per interrimento. Quegli straterelli di marne bigie e rossiccie, a volte zeppi di foglie, sempre mancanti di fossili marini, che ho trovato a distanza di circa 4 chilometri dal lido, in mezzo a sabbie povere di mol- luschi, egualmente che le lenti delle marne prive di molluschi comprese nella formazione, a me rappresentano avvallamenti asciutti sulla superfìcie d’ima spiaggia sabbiosa, sui quali il fiume deponeva le torbide negli spagliamenti delle piene autunnali, ed in genere nelle crescenze straordinarie. Invece le marne di acqua dolce di Marciano, per la estensione e la considerevole potenza, m’indicano uno stagno alimentato da una derivazione del fiume e durato lungo tempo. Il fatto stesso che i calcari in posto sulla costa non mostrano fori di litofagi, come si vedono nell'opposta montagna di Cetona e nel ciottolame dell’altipiano, può indicare che la sedimentazione fluviale potè mantenere costantemente davanti la costa uua certa superficie fuor d’acqua, non ostante la discesa continua del ter- ritorio. A prova che si trattava d'uu fiume perenne abbiamo sopra- tutto la fauna. Le lenti delle marne fossilifere, affioranti sulla scar- La M e l ani a Ve rrii Ds Stef. nel delta del Tevere pliocenico 31 pata ovest dell’altipiano Pievese, presentano in diversi punti fauna salmastra con Cardimi edule L. Potamides tricinctum Br. Nernaturella Meneghiniana De St. (') ad altezze diverse fin vicino alla pianura della Chiana, particolar- mente dalla parte nord. Su tutta la contrada nord abbondano in modo straordinario queste specie, ora sole, ora mescolate a specie marine (1 2). È difficile descrivere i particolari di quella zona, la quale appare divisa da cordoni sabbiosi in più bacini ; sulla quale i bacini cambiano posto da piano a piano nell’altezza della massa, e col variare delle con- dizioni di salsedine di tratto in tratto cambiano fauna. Le stesse quote altimetriche banne nelle osservazioni che riguardano questa contrada valore relativo ; perchè, se nelle masse non si vedono faglie, esaminandole risultano disposte con qualche inclinazione rispetto al livello di sedimentazione originale. Mi proverò ad abbozzarne i tocchi caratteristici, partendo dai depositi inferiori, che le corro- sioni dei torrenti lasciano esaminare. In basso s’incontrano sabbie gialle coi soliti banchi di ciot- tolame, e marne talvolta tanto sabbiose che potrebbero chiamarsi sabbie turchine, nelle quali non ho veduto fossili. Per questo fatto mancherebbero i criteri necessari per giudicare il piano geologico della formazione inferiore : suppliranno però alla deficienza i dati che riferirò in ultimo sul pliocene a destra della vallata della Chiana. Le ripe del torrente Maranzano, che taglia in mezzo la con- trada nord, mostrano sopra alle sabbie gialle e turchine un depo- sito di marne nel quale abbondano i tre molluschi citati, e sopra- tutto la Nernaturella. Questi sono mescolati a fauna marina ricca di generi, trovandovisi persino di quelli particolari delle marne dei (1) Manca nel catalogo, nel quale per equivoco è notata la N. ovata Bron. (2) In quelle formazioni raccolsi anche il Melampus Serresii Tourn. ( Ophicardelus Achiardii L>e St.), non ricordo però su quale dei piani che distinguo appresso. 32 A. Verri colli al di là della pianura della Chiana: Fusi, Coliimbelle , Mitre , Dentali ecc. Però gl’individui di questi generi sono molto rari, e del Dentalium elephantinum appare appena qualche individuo di forme piccolissime. Invece con qualche abbondanza vi ho raccolte le specie : Erg pili a Cocchii (?) Ristori Anomalocardia diluvii Lk. Loripes lacteus L. Venus islandicoides Lk. Tapes senescens Dod. « decussata L. « Basterotii May.(‘) G astrana fracjilis L. Lutraria rugosa Chmn. Solen vagina L. Murex trunculus L. « truncatulus For. » rudis Bors. Murex Pecchiolianus D’Anc. Nassa mutabilis L. » tumida Eicliw. » reti culata L. » prijsmatica Br. « claihrata L. » semistriata Br. Natica helicina Br. « millepunctata Lk. Cerithium vulgatum Brug. » crenatum Br. » doliolurn Br. Zizyphinus striatus L. Il deposito, la cui quota sotto alle balze chiamate il Salto del Prete è 373, alla fine dello sperone al nord-est di San Litardo sta alla quota 337. Ma le quote non misurano la potenza della formazione, contribuendovi una inclinazione della massa verso nord-est. Le frane facili nel territorio impediscono di prendere misure esatte della formazione che copre quel deposito. Nondimeno è certo che sta sepolto sotto sabbie e banchi di ciottolame, la cui potenza in un profilo mi risultò di 38, in altro di 33 metri; in questo secondo vidi, mercè una rupe posta tra lenti marnose, interpolati nelle sabbie tre banchi di ciottoli. Sopra al banco di ciottolame che termina la sedimentazione sabbiosa viene il bacino contenente la Melania Verni De St. (2). 11 bacino è compreso tra il versante est dello sperone dove stanno (') Manca questa specie nel catalogo. (2) Molluschi continentali pliocenici. Atti della Soc. tose, di se. nat. (Memorie) voi. Ili, V. Nel mio catalogo fu notata come Melania plicatula Lib.is La M e l ani a Ve r r i i De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 33 i casali di Sigliano, ed il versante nord-ovest dello sperone dove sono i casali di Marciano. È esteso per circa un chilometro qua- drato e mezzo; la potenza della formazione pare che nel centro superi 20 metri. Il banco di ciottoli sul quale posa inclina verso nord-est, concordando colla inclinazione delle marne sottostanti. La quale inclinazione, mentre dà la ragione delle minori altimetrie di tutta la contrada nord in confronto della contrada sud, combina colle vedute generali, che ho esposte altrove, sul modo come è avvenuto il sollevamento post-pliocenico della Yaldichiana, coinci- dendo colla zona di depressione del lagoTrasimeno. I depositi colla Melania seguono il movimento della massa: difatti nello sperone dietro San Litardo stanno alla quota 406, nello sperone di Sigliano si ritrovano alla quota 398, nello sperone di Marciano alla quota 362. La copia massima d’individui della Melania è nel centro del bacino, corrispondente al piccolo sperone al nord-est di San Litardo. Dal centro andando verso la periferia diminuiscono di quantità; poi cessano, conservandosi gli altri molluschi, ed invece compaiono abbondanti la Nematurella Meneghiniana ed il Loripes lacteus : le quali due specie ho trovate raramente insieme alla Melania. La Melania sul centro è copiosissima tino dai sedimenti infe- riori del bacino; salendo diminuisce di quantità, eppoi scompare del tutto. Diminuiscono man mano anche le specie che l'accompa- gnano, finché rimangono soli il Cardimi edule ed il Potamides tricinctum : infine qualche volta non si trova altro che il Cardimi. Tra i profili presi cito quello di Sigliano, perchè mi sembra meno disturbato. 1. Sabbie turchine senza fossili visibili dalla quota 343 alla quota 360. 2. Marne con Anomalocardia diluvi i, Cardimi edule , Lori- pes lacteus , Potamides tricinctum, ZUyphinus striatus, ecc. piccolo strato corrispondente alle marne già descritte del Maranzano. 3. Sabbie gialle coronate da un banco di ciottoli fino alla quota 380. 4. Marne colla Melania fino alla quota 398. 5. Marne con Cardimi edule fino alla quota 421. 6. Sabbie gialle e ciottolame fino alla quota 443. 7. Marne con Cardium edule. 8. Sabbie gialle e banchi di ciottoli. 3 34 A. Verri Nello sperone dietro San Litardo si ripetono osservazioni ana- loghe, terminando la Melania alla quota 406, e seguitando a tro- varsi marne col C. edule e col P. tricinctum fino alla quota 432 ; sopra queste stanno le sabbie superiori. Misurando sulle altimetrie generali della formazione, la Me- lania scompare a 119 metri sotto il piano dei fossili delle Selve. La sua presenza coincide coll’orizzonte delle fìlliti, e dei fossili delle marne d'acqua dolce di Marciano. Le specie che ho raccolte in abbondanza insieme alla Me- lania sono: Anomalocardia diluvii Lk. Cardium edule L. Gytherea (?) Tapes senescens Dod. « Basterotii May. Gasi rana fragilis L. Murex Pecchiolianus D’Anc. Nassa tumida Eichw. Cerithium vulgatum Brug. » europaeum May. » doliolum Br. Potamides tricinctum Br. Della Ctjtherea e delle Tapes , per le condizioni del terreno potei raccogliere soltanto frammenti. Più raramente vi ho trovati insieme il Loripes lacteus L., la Natica millepunctata Lk., la Nematurella Meneghiniana De St., il Zizyphinus striatus L. Da questo intreccio di sedimentazioni proviene l’esemplare del Cardium Verrii Por., il quale però aveva raccolto fuori della formazione nel fosso tra Marciano e San Biagio ('). Altro Cardium avente con quello molta rassomiglianza raccolsi ultimamente nelle marne con Melania di San Litardo. La potenza della sedimentazione direttamente sovrapposta al bacino della Melania dai vari profili risulta: dietro San Litardo 70 metri; nel fosso Maranzano sotto al Salto del Prete 64 metri; a Marciano 98 metri. L’interrimento maggiore che doveva prodursi sul luogo di Marciano perchè più vicino al lido, la diversa ero- sione possono spiegare tali differenze. Da dove è venuta la Melania Verrii , la quale con tanta copia d’individui invade improvvisamente un bacino intermedio della deltazione del Tevere antico, vi prospera con alcune varietà nelle forme, eppoi scompare senza lasciar traccia di se? Salva l’eccezione (l) Bollettino della Soc. malacologica it. voi. Ili, 1877. La M e l ani a Ver r iì De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 35 che riferisco appresso, nè il continente Umbro colle sue molte paludi, nè la prossima maremma della Yaldichiana superiore hanno molluschi che richiamino anche lontanamente quella specie. Il Pantanelli, nella Memoria sul Pliocene dei dintorni di Chianciano , descrive strati salmastri sottoposti a strati marini, ed in quelli cita la Melania plicaiula Libas., che dice trovarsi negli strati mediani del sar- matiano nel Senese (*)• Il pliocene di Chianciano al nord-ovest si collega col pliocene del Senese; ad est colla maremma della Val- dichiana superiore; al sud colle altre formazioni marine della Yal- dichiana inferiore. Il bacino della Melania di Chianciano dista da quello della Melania di Città della Pieve 18 a 19 chilometri, e tutti e due stanno nel golfo medesimo. Date queste indicazioni, lascio ai paleontologi di studiare quali rapporti passino tra le due Melanie, e di trarne le conseguenze. Nell'occasione che si riunì a Terni la Società geologica, dai soci Meli e Clerici fu trovato sulle marne con ligniti della collina dell'Oro un piccolo individuo da essi ritenuto per Melania Verrii De St. Yi ha coabitato colle specie: Anodonta sp. Neritina Pantanellii De St. » Sena Cantr. Valvata piscinalis Muli. Melanopsis flammidata De St. » oomorpha De St. Emmericia Umbra De St. Goniochilus Zitteli Schw. Nematurella ovata Bronn. Bythinia Verrii De St. Vivipara Neumayri Brus. Planorbis sp. Ancylits parmophorus De St. La rarità e la piccolezza dell’esemplare mi farebbero indurre che la Melania immigrata in quel bacino abbia avuta difficoltà ad acclimatar visi. Come ho detto, le sabbie gialle, con alternanza di marne a fauna salmastra o mista salmastra e marina, coprono le marne (’) Boll, del Com. geol. it. 1878. Sarebbe interessante un confronto al- timetrico tra i due bacini. Su tal proposito posso dire soltanto che Chianciano sta alla quota 453, e che il pliocene ad ovest si eleva fino alla quota 624. In questo studio bisogna tener conto del modo come è avvenuto il sollevamento post-pliocenico della Valdichiana. 3G A. Verri colla Melania , e costituiscono la formazione superiore dell’altipiano, insieme a sedimenti contenenti scarsa fauna corallina coperta da altre sabbie. A Poggio al Piano si hanno marne con abbondan- tissimi C. edule e P. tricinctum dalla quota 432 alla quota 443, sovrapposte a masse di sabbie e ciottolame visibili per 70 metri. Il profilo dello sperone di Marciano, mentre sulla sinistra mostra il deposito della Melania sotto le sabbie alla quota 362, a destra sopra alle marne d’acqua dolce ha un banco di ciottoli grosso 6 metri; eppoi dalla quota 387 alla quota 398 mostra marne con abbondanza di Cardium e di Potamides misti alle specie marine comuni col ba- cino della Melania , e con più il Conm muUilinealus Pecch., specie molto estesa nelle formazioni superiori di quella contrada ('). In queste marne ricche di Cardium e di Potamides ho trovato presso San Biagio abbondante anche la Gibbula Adansonii Pay., ed il Zizyphinus striatus L. Marne salmastre affiorano alla fonte della Venella sotto Città della Pieve alla quota 441 ; alla fonte che sca- turisce nell’origine delle ripe di Bussignano, poco sotto la strada che da Città della Pieve conduce a Chiusi, affiorano marne con Nematurella Meneghiniana ecc. alla quota 453 ; più avanti presso la villa Taccini, lungo il ciglio dell’altipiano, si ha una grossa lente di marne zeppa di C. edule alla quota 469. Talmente il C. edule è diffuso da quelle parti, che a Poggio al Piano si trova mescolato persino alla Cladocora ed alle specie della zona coral- ligena, le quali colà la accompagnano ( Chama gryphoides L., Cardium echinatum L., Panopaea glycimeris Bora., Chenopus pes pelecani L.). La presenza della fauna corallina sul piano superiore della zona più vicina al litorale, anche nella regione dei bacini salmastri, mostra la diminuzione di portata del fiume che costruiva il delta, man mano che la discesa del territorio sommergeva le selle della catena, la quale divideva l’Umbria dal mare, ed offriva con ciò nuovi sbocchi alle acque del continente. Quella fauna colla sua povertà ci presenta appena un tentativo d’acclimatazione : però è interes- sante il fatto che avvenisse il tentativo perdurando ancora il ver- samento nel mare delle acque dolci, come sembrerebbe dalle specie salmastre prosperanti in bacini ai medesimi livelli. Le formazioni (*) (*) Manca questa specie nel catalogo. La Melania I er rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 37 «oraliine si trovano a destra e sinistra dello sbocco della valle del Nestore; mancano sul centro. Poverissime sono quelle di destra (nord); alquanto più ricche quelle di sinistra (sud): e questo sta in armonia con tutta la costruzione del delta, e colle cause che avevano influenza in quella costruzione, le quali spingevano il deflusso delle acque dolci verso destra. I luoghi dove appaiono i coralli e le loro altimetrie sono: al nord Corleone nell’aja del podere Verri (465), Poggio al Piano nel versante sud-est sotto al podere Verri (443), Marciano (456); al sud Fornaci di Monteleone (491), adia- cenze di Monteleone (480, 471), Fosso del Sasso (466), Ripasaltella (469) ('). La fauna di questi bacini dice pertanto in quale piano del pliocene terminava la costruzione del delta. Alle Fornaci di Monteleone ho raccolte le specie: Cladocora caespitosa IVOrb. Schizaster Se illae Des Moni. Ditrupa incurva Fon. Membranipora calpensis Busch. » anguiosa Reuss. Lepralia ciliata Pali. Cellepora pumicosa L. Retepora cellulosa Lk. Cupularia umbellata Dfr. Terebratula Regnala Mngh: Anomia striata Br. Pecten varius L. » dubius Br. « inftexus Poli » flexuosus Poli Vola Jacobaea L. « var. striatissimaFor. Modiola modiolus L. var. inter- media For. Anomalocardia diluvii Lk. Barbatia lactea L. Soldania mytiloides Br. Pectunculus glycimeris L. JVucula piacentina Lk. Lembulus minutus Br. Yoldia solenoides Mngh. Chama gryphoides L. ” gryphina Lk. Cardimi Hans Br. » multicostatum Br. » echinatum L. » papillosum Poli » hirsutum Bronn. Laevicardium oblongum Chmn. » fragile Br. Lucina borealis L. Loripes lacteus L. Circe minima Mntg. (i) Nel golfo della Valdichiana ho ritrovato la Cladocora soltanto presso il Palazzone, appiè’ delle montagne occidentali : il banco là è copioso ed è ricchissimo di fauna della zona coralligena; sta alla quota 360. Contiene re- liquie di una Balaenula. A. Verri 38 Cardila intermedia Br. » elongata Bromi. Venus islandicoides Lk. * multilamella Lk. » ovata Penn. Cytherea rudis Poli Tellina donacina L. Scrobicularia alba Wood Corbula gibba Olivi » revoluta Br. Panopaea glgcimeris Bora. Nassa reticulata L. » clathrata L. Ringicula buccinea Br. Mitra fusiformis Br. Trivia europaea Mntg. Niso eburnea Riss. Cerithium europaeurn May. Bittium pusillum Jetfr. Triforis perversum L. Chenopus pes pelecani L. Turritella tornata Br. « tricarinata Br. Vermetus subcancellatus Biv. Scalaria comrnunis Lk. Xenophora c’rispa Konig. Zizyphùms exasperalus Pena. Fissurella italica Dfr. « dorsata Monter. Brocchia sinuosa Br. JRaja antiqua Agass. (placche dorsali). Insieme a questa fauna trovai frutti della Juglans ventricosa (Sterni).) Brogn., e nelle poche sabbie soprastanti (10 metri circa) raccolsi V Ostrea borealis Lk. Colla fauna della zona coralligena si collega quella, che ho accennato trovarsi nelle sabbie sul centro dell’altipiano, circa 2 chilometri e mezzo dopo esciti dalla linea dei monti che fiancheg- giano la valle del Nestore, sul luogo tra le Selve e Ripavecchia, alla quota 525 (sopra alla strada antica perugina e sull’aja del podere Verri). La quale fauna segna definitivamente la cessazione totale del corso del fiume, ed il principio del movimento, per cui si deprimeva la conca Umbra. Contiene le specie: Serpula sp. Balanus tulipiformis Ellis Terebratula ampulla Br. Ostrea lamellosa Br. Anomia ephippium L. Pecten varius L. » opercularis L- Pecten inftexus Poli » ftexuosus Poli Vola Jacobaea L. Spondylus gaederodopus L. Pectunculus pilosus L. Vermetus intortus Lk. La fauna è sovrapposta a masse di sabbia e di ciottolame con qualche lente marnosa, nello quali non ho veduto fossili. La Melania Ver rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 39 Ometto di citare altre specie raccolte nelle formazioni supe- riori dell’altipiano, perchè, essendo le altimetrie dei giacimenti considerevolmente più basse, può nascere il dubbio che ciò dipenda da abrasione, e preferisco limitarmi ai dati che offrono certezza assoluta. Così si vede che nello sperone centrale della contrada nord le sabbie superiori si elevano sul punto culminante (collina di San Biagio) soltanto alla quota 413. Può darsi che tanta mi- nore altitudine in confronto del pliocene circostante dipenda dal- Pessersi meno interrita quella zona centrale dei bacini salmastri; può essere forse che anche maggiore vi sia stata la corrosione. Però, considerate le depressioni notate in quei dintorni nelle lenti marnose sottoposte, mi sembra più probabile ritenere che la mi- nore altitudine dipenda dall’abbassamento subito dalle masse in- clinandosi verso nord-est. A giudicare dal complesso delle osservazioni, la formazione dell’altipiano Pievese m’appare il prodotto d'una discesa del terri- torio senza int Trazione. L’interrimento del fiume lottava costruendo delta sopra delta, per guadagnare sul mare una terra, che l’oscil- lazione discendente continuatamente sommergeva. La superficie scolante di quel fiume Umbro, che al massimo può calcolarsi di 7000 chilometri quadrati, considerati indipendenti i bacini della Nera e del Telino, conteneva vaste valli in colmata, e la porzione di superflue in corrosione sarà stata coperta da foreste vergini. Il detrito tratto da questa doveva anzitutto rialzare col- l’interrimento il piano delle valli, senza di che si sarebbero costi- tuite grandi e profonde lagune interne, e le torbide non sarebbero più arrivate al mare per la costruzione del delta. Dal fatto che gli interrimenti delle valli mostrano esservisi costituite delle paludi, inevitabili in colmate tanto estese, ma non quelle lagune; chela costruzione del delta ha potuto compiersi con potenza così rile- vante, in condizioni ben sfavorevoli; che nonostante la ristrettezza della superficie terrestre, dalla quale le acque vi versavano i pro- dotti della corrosione, le deposizioni marine poterono guadagnare sul golfo intiero della Valdichiana ragguardevole potenza, traggo la conclusione che la discesa del territorio dovè essere lenta. Con- cretando l’idea in cifre, un calcolo sommario mi darebbe l’abbas- 40 A. Verri samento annuale medio minore di 20 centimetri: un 2500 a 3000 anni di durata del mare pliocenico nella Valdichiana. Qui viene un quesito, la cui risposta può avere influenza nel calcolo delle sedimentazioni. Sull'arcipelago pliocenico protendevasi la penisola del rilievo Apenninico con montagne alte da 1000 a 2000 metri : quale azione meteorica esercitavano quelle masse con- densatrici di vapori, elevate sopra bacini acquosi, in una regione il cui clima la fauna e la flora dimostrano subtropicale? Questa con- siderazione. unita alle circostanze esposte nella nota al suo scritto, può far concordare colle mie le deduzioni del Tuccimei (Q. Durante il pliocene la zona vertebrale della penisola s’è ab- bassata, ovvero sollevata? Dalle osservazioni sulla esportazione im- mensa delle rocce eoceniche e mesozoiche nelle vallate che furono colmate dai sedimenti pliocenici ; sugli emissari antichi abbandonati ; sul piano di posa dei sedimenti pliocenici, mai mostrante conti- nuità colle formazioni sottoposte, sono stato tratto ad indurre : che nel sollevamento dell'Apennino umbro e toscano risultò una oro- grafìa particolareggiata da diverse conche — che, lo scavo degli emissari ponendo le conche in comunicazione tra loro e col mare, se quei bacini durarono più o meno lungamente lacustri, coll’ ab- bassarsi degli emissari furono man mano dilavati i depositi lasciati dai laghi — che quando incominciò nel subapennino tirreno la sedi- mentazione pliocenica, le conche si trovavano vuotate del tutto o quasi: quindi gl’ interrimenti pliocenici, siano fluviali, palustri, o lacustri, conseguenza necessaria della discesa del territorio. Oggi vedo sorgere un’altra opinione : che il sollevamento miocenico sia se- guitato nel pliocene — che al principio di questo periodo l’emersione delle anticlinali montane abbia intercettata la comunicazione delle conche subapennine col mare — che le acque marine racchiuse in queste, perduta la salsedine, coll’ affluire delle acque dolci si siano elevate tino a raggiungere un qualche colle del recinto, dal quale traboccando aprirono gli emissari: quindi che siano da attribuire all’ elevarsi del livello acqueo per la causa indicata i sedimenti vallivi i quali interrirono le conche (2). (’) Note ascritti sul pliocene umbro-sabino ecc. Boll, della Soc. gcol. voi. Vili. (2) Ristori, Il bacino pliocenico del Mugello. Boll, della Soc. gcol. voi. Vili. La Melania Ver rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico 41 Cenno sulle formazioni plioceniche circostanti all’ altipiano di Città della Pieve. — A completare l’orientamento sulla for- mazione dell altipiano Pievese aggiungo pochi cenni sul territorio circostante, tanto più necessari, perchè dall’esame dei sedimenti inferiori dell’altipiano difficilmente si può rilevare a quale oriz- zonte appartengano. Le colline al nord, comprese tra la pianura di Cortona e la pianura della Chiana, rappresentano una vasta maremma pliocenica, nella cui sedimentazione ritengo che le acque dell’ Arno superiore concorressero con quelle del Tevere antico. Avendo la regione su- bito movimenti analoghi a quelli della valle del Nestore, credo probabile che, per intercettamento di bacino acquoso, si abbia nelle sue formazioni eziandio un piano posteriore al pliocene di Città della Pieve. Vi ho raccolti i fossili: Cardium edule L. Dreissena plebe j a Dub. Unio Pillae De St. Neritina Pantanellii De St. Vaivaia interposita De St. Melanopsis Esperi Féruss. » flammulata De St. Bythinia Bronnii D’Anc. Vivipara Beline cii Dub. Elephas primigenia var. Blum. Elephas antiquus Falc. » ausonius Major Rhinoceros leptorinus (prò parte) Cuv. Equus Stenonis Cocchi Cervus sp. Bison priscus Boi Hyaena sp. La zona delle formazioni plioceniche della Valdichiana in cor- rispondenza dell’altipiano Pievese è larga circa 18 chilometri, e scendendo la vallata si vede nella base delle colline di destra di- minuire man mano l’altezza delle sabbie inferiori ; finché quelle colline si presentano composte con prevalenza da marne, coperte tuttora in qualche luogo dalle sabbie superiori. Lungo la catena ovest della Valdichiana il pliocene marino disegna un’anticlinale col vertice sopra Cetona alla quota 742, e posa su rocce mesozoiche ed eoceniche. Per la circostanza che alla base dei sedimenti pliocenici si vedono rocce più antiche, riferirò la fauna raccolta nella collina detta dei Cavalieri; quantunque, colle dislocazioni avvenute nel 42 A. Verri sollevamento, quella circostanza stratigrafica non basti da sola a dimostrare che la formazione appartenga al piano più basso del pliocene nella Valdichiana. La collina dei Cavalieri sorge isolata sulla pianura, nell’angolo di confluenza dell’Àstrone colla Chiana; la quota della vetta segna 370 ; al piede della pendice sud affiorano strati d’un calcare bigio: una specie di schisto marnoso. Il pliocene è composto alla base da sabbie gialle, nelle quali sono state ritro- vate ricche tombe etnische ; sopra da marne coperte da un banco di calcare ad amflstegina di poca potenza. Noto che questo calcare costituisce la formazione pliocenica più elevata sulla vicina mon- tagna liasica di Cetona, dove raggiunge sul versante occidentale la quota 756. Lo Spondylus fu trovato nel calcare, le altre specie nelle marne. Amphistegina Ilauerina D’Orb. Terebratula Regnolii Mngh. Amussium cristatum Bronn Spondylus crcissicosta Lk. Typhis fistulosus Br. Tritoli apenninicum Sass. Nassa clathrata L. » semistriata Br. Ringicula buccinea Br. Surcula dirnidiata Br. Drillia Allionii Bell. Anche meglio dà un’idea del piano geologico e delle condi- zioni marine la raccolta che feci nelle marne delle colline di Fabro, situate sul centro del golfo al sud dell'altipiano Pievese. La rac- colta fu fatta tra le quote 240 e 393 ; su quel parallelo il pliocene sale nella pendice delle montagne occidentali alla quota 465 con sabbie ricche di Venus umbonaria Lk., e nella pendice delle mon- tagne orientali alla quota 532 con sabbie contenenti Ostriche. Ceratotrochus duodecim costatus Ostrea cochlear Poli var. navi- M. Edw. calar is Br. Ditrupa incurva Ben. Pecten flabelli formis Br. Rapili toma harpula Br. » vulpecula Br. » tenuicosta Brugn. Natica helicina Br. Neverita Josephinia Riss. Turritella subangulata Br. Turbo rugosus L. Fissurella dorsata Monti-. Capulus hungaricus L. Dentalium elephantinum L. 43 La Melania Ve rrii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico Pecten histrix Dod. » pusio L. Amussium cristallini Bromi Anomalocardia diluvii Lk. * pedinata Br. Limopsis attrita Br. Nucula piacentina Lk. Chama gryphoides L. » gryphina Lk. Cardila intermedia Br. Venas mullilamella Lk. Cordala gibba Olivi Typhis horridus Br. « fistalosas Br. Persona tortuosa Bors. Cancellarla tigrata Br. » calcarata Br. » cancellata L. Merica mitraeformis Br. Fusus lonoiroster Br. » etruscus Pecch. « rostratus Olivi Nassa prismatica Br. « turbinella Br. » italica May. n gigantula Bon. « semistriata Br. » Olivii Bell- Ringicula buccinea Br. Ringicula Broccliii Seg. Galeodea echinophora L. Colombella nassoides Bell. Conus pyrula Br. » ant idillici anas Br. Plettro toma rotata Br. » turricula Br « monilis Br. Sarcala dimidiata Br. Prillici Allionii Bell. » obtusangula Br. Ciac citala romana Dfr. » rugata Bell. Dolichotoma cataphrada Br. Mitra Bronnii Bell. Natica helicina Br. Ealima polita L. Chenopus pes pelecani L. Turritella subangulata Br. Vermetus intortus Lk. » subcancellalus Biv. Scalaria communis Lk. Solarium moniliferum Bronn Torinia fallaciosci Tib. Turbo rugosus L. Dentalium elephantinum L. » sexangulum Lk. Siphodentalium triquetrum L. Otoliti e vertebre di pesci. Richiamati ancora i fossili che raccolsi sotto Orvieto nelle marne che imbasano i tufi, vulcanici, il confronto della fauna di questi elenchi con quella della zona coralligena e delle sabbie su- periori dell'altipiano Pievese potrà dare criteri, per conoscere entro quali limiti del pliocene deve essere compresa l’occupazione della Valdichiana per parte di quel mare; come il confronto tra la fauna delle sedimentazioni centrali e dell’altipiano narra i particolari di 44 A . Verri quel periodo marino. Nelle marne di Orvieto, oltre a specie co- muni colle marne di Fabro, trovai le seguenti: La raccolta fu fatta tra le quote 246 e 270 (,). Di alcune manifestazioni dell’ attività endogena nel territorio descritto. — L'assetto della Valdichiana — questa vallata singolare le cui pianure comunicanti l’idraulica ha dovuto spartire in tre bacini indipendenti, perchè le acque avessero scolorii bacino della Chiana toscana, quello del Trasimeno, quello della Chiana romana — è la risultante dell’azione delle forze interne ed esterne. Non ri- peterò le osservazioni esposte altrove sulla disposizione delle masse antiche, sulla dislocazione dei livelli pliocenici, e sulle conseguenze di quei movimenti nella sistemazione della valle. Per completare il soggetto trattato in questo scritto, riepilogherò solamente alcune manifestazioni dell’attività endogena antiche, o tuttora persistenti nel territorio del quale ho discorso, e nelle vicinanze. Le marne salmastre nella contrada nord dell’altipiano Pievese contengono piccoli cristalli di gesso: sottoposto al calore un saggio di quelle marne che presentava efflorescenze gialle, dette svolgi- mento di gas solforosi. Al piede della scarpata ovest dell’altipiano spesso le sabbie sono colorate di rosso, ed abbondano pisoliti fer- ruginose. Al nord dell’altipiano surge sotto Panicale acqua salsa; al sud nel torrente del Bagno sotto Parrano surge acqua solfurea, e sotto San Vito nel torrente Frosinone surge acqua ferro-manganesiaca con gas solfidrici. In qualche luogo della valle del Nestore copre i sedimenti vallivi un banco di tufo calcareo, forse prodotto come i travertini da sorgenti minerali oggi non più attive. Ad est dei gruppi montuosi che fiancheggiano la valle del Nestore si hanno i travertini dell’Ellera, le sorgenti solfuree e fer- (i) Sulla cronologia dei vulcani tirreni. Atti dell’Ist. lomb. di se. c let. 1878. Anati fa Parlatorii Lavvl. Vola Jacobaea L. Arca aspera Ph. Cancellarla Bonellii Bell. Pleurotoma brevis Bell. Drillia Sigmoidea Bronn. 15 La Melania Ver rii De Stef. nel delta del Tevere pliocenico ruginose sotto Perugia. Nelle manovre del 1882 osservai che a Strozza Capponi le acque dei pozzi, agitate dalla copiosa estrazione fattane dalla truppa, tramandavano odore solfureo, e mi fu detto che ad intermittenza il fenomeno si ripete naturalmente: anche questa contrada è coperta da travertino. A Fratta Todina surge acqua ferruginosa ; sotto Monte Castello acqua ferro-manganesiaca. Gli storici parlano di violento terremoto nei dintorni del Tra- simeno durante la battaglia tra i Cartaginesi e i Romani ('). Le cronache parlano di gagliardo terremoto sull’ altipiano di Città della Pieve nel 1303 ; si ha un voto del Municipio di questa città per- altro antico terremoto disastroso ; la tradizione narra che verso la fine del secolo scorso, per lo stesso fenomeno, la popolazione dovè accampare in capanne; il medesimo avvenne nel 1861, nel quale anno il terremoto durò tre mesi, e la città fu vuotata dagli abitanti. A. Verri. (’) L. A. Floro, De rerum romanaruni 1. II ; T. Livio, Dee. 1. II. GLI ELEFANTI FOSSILI DI VAL DI COMINO Nell’agosto del 1888, essendomi recato in Val di Comipo per studi geologici, ebbi occasione di vedere in casa del sig. Achille Graziani, ad Alvito, alcuni avanzi fossili elefantini, e precisamente : 1° un grosso frammento di molare; 2° una vertebra; 3° due ro- tule ; 4° due pezzi di ossa lunghe. Richiesto il sig. Graziani circa la provenienza di tali resti, egli gentilmente mi comunicava come essi gli fossero stati dati dal sig. Francesco Antonio Marsella, il quale ebbe a scoprirli nell’agosto del 1878, nel fare lo scasso per piantare una vigna, in un suo podere posto nell’agro di Casalvieri, e precisamente nella collina al di là di Borgo, a destra della via che mena ad Atina. Molti erano gli ossami venuti a giorno ; ma andarono in mas- sima parte perduti, tranne i sopra ricordati, che vennero dallo stesso sig. Graziani inviati all’Esposizione di Caserta del 1879. insieme alla sua collezione di oggetti preistorici ed archeologici; ma nel mentre questa ebbe a trovare ammiratori, quegli ossami passarono inosservati. Nell’ottobre poi dello stesso anno 1888 il sig. Angelo Ven- tura di Casalvieri, allora mio allievo di 3a liceale, mi faceva dono di altro frammento di molare elefantino, stato trovato durante le vacanze, pure nel fare lo scasso per una vigna, nella località detta Le Muraglie, prossima alla strada tra Alvito ed Atina. Risolsi allora di diagnosticare ed illustrare i due denti, onde portare una contribuzione, minima se vuoisi, ma non inutile, allo studio della paleontologia italiana; ma per varie circostanze do- vetti attendere fino ad ora per portare a compimento tale mia ri- soluzione. Ed ecco i risultati : 47 Gli elefanti fossili di Val di Cornino A) Dente Graziani (fig. 1, nella scala di y3 del vero), che per alcuni giorni ebbi gentilmente in prestito dal proprietario. È un mo- lare inferiore sinistro, molto consumato nella superfìcie triturante, incompleto e rotto in due pezzi : pei suoi caratteri, e specialmente per l’esiguità e la lieve increspatura dello smalto e per l’andamento leggermente ondu- lato e quasi rettilineo e parallelo degli orli laminari, non esito a ritenerlo appartenente all ' Elephas primigenius Blurn. (il Mammoutli dei russi). Cosicché questa specie, che è assai rara nella Campagna romana, ed anche nel resto d'Italia, sembra essere qui più ab- bondante : infatti nel bacino del Liri (e pos- siamo anche più ristrettamente dire nel cir- condario di Sora) Casalvieri viene adesso ad aggiungersi terza alle località nelle quali vennero rinvenuti avanzi indubbiamente ap- partenenti all’ A. primigeni! ) P. Feuqué, Les tremblements de terre, Paris 1889, pag. 120 nota. (2) Vedi a questo proposito le varie Note pubblicate nei Coniptes Kendus dell’Acc. delle scienze di Parigi (anno 1887 1° sera.) e la Memoria del p. Denza, intitolata: Alcune notizie sul terremoto del 23 febbraio 1887. (3) Bullettino del Vulcanismo Italiano. T. Ili, 1876, p. 97 e seg. (4) De Possi M. S. La meteorologia endogena, 1879. T. I, pag. 67. (5) De Rossi M. S. op. cit. pag. 69. 88 M. Baratta. Fenomeni elettrici e magnetici dei terremoti precedenti, concomitanti e susseguenti ai terremoti, lavoro che quanto prima spero di poter per intero pubblicare, io sarei fino ad ora riuscito alle seguenti conclusioni : a) Le perturbazioni che si osservano nei magnetometri, negli aghi delle bussole e dei galvanometri in correlazione con i terremoti non sono puramente occasionali ; b ) Il moto degli aghi negli apparecchi testé citati non è dovuto ad azioni meccaniche, vale a dire alla propagazione negli aghi stessi del moto sismico ; c) Tali perturbazioni magnetiche sono un effetto e non già una causa dei terremoti ; d) Esse sono causate, come ogni e qualunque altra pertur- bazione, da un andamento straordinario nelle correnti telluriche; è) L’indebolimento della forza portativa dei magneti in occasione dei terremoti la si deve pure attribuire a queste straor- dinarie correnti telluriche, le quali devono agire sulle caiamite appunto come le correnti circolanti attorno alle eliche di una elet- tromagnete polarizzata Hughes ; /') Le coincidenze sismo-aurorali sono puramente causali e ciò per la teoria stessa delle aurore magnetiche e per quanto si è detto alla lettera c : g) I fenomeni fisiologici che si osservano durante i ter- remoti non sono dovuti ad azioni elettriche, come credeva il Serpieri, e come opinano molti sismologi moderni, ma bensì alle scosse preparatorie che sogliono quasi sempre precedere la principale, le quali - quantunque sieno assai tenui - sono tuttavia più sentite dagli animali che non dagli uomini e ciò perchè nei primi la sen- sibilità tattile alle piante dei piedi è assai maggiore. Ed ora chiudo questa mia breve Nota facendo un voto che negli osservatori di fisica del globo, che verranno istituiti secondo il progetto di riordinamento del servizio geodinamico in Italia, non si intralascino le osservazioni di magnetismo terrestre, le quali - specialmente se fatte con strumenti a registrazione fotografica - varranno a sciogliere l’importante e controversa questione delle correlazioni fra le perturbazioni magnetiche ed i terremoti. Pavia, marzo 1889. Mario Baratta. IL PLIOCENE NEI DINTORNI DI OSIMO E I SUOI FOSSILI CARATTERISTICI (Con una tavola). Sono diversi anni, che, nelle vacanze autunnali, ritornando in Osirao, mi occupo di studiare i terreni, che formano i dintorni della città e raccolgo i fossili, che trovo nelle escursioni, che sono solito di fare. Questi due ultimi anni, avendo il Municipio fatto nuovi lavori, per cui sono stati necessari alcuni scavi, ho potuto mettere in collezione maggior numero di fossili e prendere alcune sezioni geologiche, che possono avere qualche interesse. La regione da me studiata e illustrata con i fossili, che ri- porto più sotto, comprende tutte quelle località, che si estendono dalla base del colle, su cui sorge Castelfìdardo, al monte della Cre- scia, presso Offagna, e dalla valle del Musone fino quasi all’ Aspio, le cui sorgenti minerali, da me più di una volta visitate, e la loro importanza terapeutica mi daranno motivo ad alcune osservazioni. I terreni che si incontrano ne’ dintorni osimani, come sono tutti quelli giacenti alle falde dell’Apennino a oriente e occidente lino ai piedi delle Alpi, sono terziari ; e nella nostra regione vi abbon- dano superiormente le sabbie gialle, che talvolta formano de'banchi abbastanza potenti e le marne azzurre inferiormente. Quasi sempre tra le sabbie gialle e le marne e qualche volta tra i diversi strati di sabbia gialla trovansi degli strati di argilla sabbiosa bianco- giallastra, assai fina. Dalla natura di questi terreni e de’fossili ri- sulta evidente, che ne’ dintorni osimani non abbiamo che il plio- cene, il quale è rappresentato da due piani del Seguenza, che sono il piacentino (marne azzurre) e V astigiano (sabbie gialle). In alcuni monti, come il monte della Crescia e il monte Belre- PO G. Antonelli spiro, trovasi ghiaia, piuttosto abbondante e per lo più irregolar- mente stratificata, mancante di fossili, sopra le sabbie gialle. Ritengo questa ghiaia, per ora, come pliocenica ; ma non escludo che possa riferirsi al Villafranchiano, il che si potrà determinare con precisione, quando si rinvengano de’fossili; tanto più che anche le sabbie gialle olirono delle specie, che sono quasi tutte viventi; il che fa ritenere che qui si tratti di un pliocene piuttosto recente. Il quaternario è rappresentato quasi esclusivamente dal ter- reno vegetale, che in alcuni luoghi ha uno spessore di poco più di un metro, il quale riposa ora sopra sabbie marnose molto fine, come sarebbe presso monte Fiorentino, monte Carbonara ecc.; ora sopra le marne azzurre, come si osserva in tutte le pianure osi- mane. Le specie fossili, che ho trovato nel quaternario, sono quelle stesse che vivono attualmente nelle nostre parti, come sarebbe Helix aspersa Muli., 11. variabilis L., IL cantiana Moni, II. car- thusiana Muli., II. carthusianella , IL profuga Scimi., IL candicans , II. conica Drap., IL apici na Link. II. listata , IL pisana , Buli- mus acutus Brug. ( = Helix acuta Muli.), Stenogyra ( Bulimus ) decollatali., Clausilia papillaris Muli., Cyclostoma elegans Muli., alcune specie di Pupa ecc. Le sabbie gialle de’ nostri colli, detti monti dai nostri pae- sani, risultano di frammenti silicei piuttosto grossi, con abbondanti lamine di mica bianco-argentina e materia calcarea. Sono di- sposte a strati, che hanno talvolta uno spessore di circa 2 metri e anche più ; intercalati a questi banchi di sabbia si trovano assai frequentemente strati di argilla sabbiosa bianco-giallastra molto fina e molto più ricca di carbonato di calcio che la sabbia gialla, perchè cogli acidi la maggiore effervescenza. Hanno generalmente piccolo spessore, raggiungendo solo raramente i 50 cm. o poco più. Un fatto interessante dtdle sabbie gialle è che esse conten- gono una grande quantità di granuli di magnetite (*), che si può (>) Ho rinvenute tracce di magnetite anche nelle sabbie argillose giallastre di Recanati, che sono pure plioceniche. Ne’ dintorni di Recanati sono pure molto abbondanti le sabbie gialle identiche a quelle de’dintorni di Osimo. Infatti si trovano in più luoghi lungo la via, che dal porto mena alla città, e lungo la strada che da Recanali conduce alla parrocchia di Il pliocene nei dintorni di Osino ecc. 91 estrarre con un ferro calamitato, passandolo sulle sabbie, e che allo studio microscopico mostrano una forma angolosa, ma con gli angoli ottusi; solo alcuni pochi granuli sono alquanto sferoidali e senz’angoli, simili a quelli studiati dai sigg. Meunier e Tissandier nelle polveri atmosferiche (*), concili però non parrai poterli identificare, perchè la maggior parte sono troppo dissimili. Sabbie magnetiche sono quelle che formano la sommità del monte Comero, dove sorge Osimo, quelle del monte S. Pietro, del monte Cervio, ecc. Sulla origine di questa magnetite finora credo non si sappia nulla. San Pietro in campagna, dove gli strati di sabbia gialla si alternano con piccoli strati di ciottoli e concrezioni calcaree. Nella passeggiata fuori e in- torno alla città, poco sotto Monte Morello, si vedono banchi di sabbia gialla di una potenza complessiva di circa 7 metri, quasi orizzontali , intercalati da strati sottili di marne argillose con concrezioni calcaree, bianchissime e ciot- toli discoidali, piccoli. Sopra le sabbie gialle poi vi è un deposito di ghiaia, irregolarmente stratificata, con ciottoli piccoli, prevalentemente calcarei, co- lorati in rosso-ruggine per ossido di ferro, e spesso sono cementati tra loro. In altri punti della stessa passeggiata e specialmente ad ovest della città si tro- vano sabbie gialle, che sono sempre compatte e formano una vera arenaria. A proposito delle sabbie magnetiche mi piace riportare un luogo di una lettera, che su questo soggetto mi scriveva il eh. prof. F. Keller da Roma, in data 20 sett. 1888, il quale pochi giorni avanti aveva visitato le sabbie gialle magnetiche osimane insieme con me. « Il fatto più saliente dopo la partenza da Osimo è la mancanza della sabbia magnetica in tutto il tratto Osimo- Treia ; e siccome manca anche tra Jesi e Osimo, così acquista importanza la sabbia magnetica da Lei trovata a Osimo. Ella farebbe quindi assai bene se volesse fare delle ricerche più precise e più estese su questo argomento ; ma raccomando le precauzioni necessarie principalmente nel senso di esclu- dere la possibilità che le particelle magnetiche provengano dagli attrezzi di agricoltura. Se Resistenza fosse dimostrata in più di una sola località sarebbe ancor meglio ; e qui sarà buono ricordare che tale sabbia si trova assai più facilmente nel terreno quarzoso, che nell’argilloso. La prima volta, che ho incontrato qualche traccia, è fra Treja e Passo di Treja ; ma dopo aumenta molto principalmente a S. Severino e a Castel Raimondo. A Foligno, Spello, e Trevi si trovano queste sabbie discretamente frequenti ». Uno de’mezzi più sicuri per accertarsi che la magnetite esiste nelle sabbie gialle e non pro- viene d’attrezzi d’agricoltura, è di pigliare un po’ di sabbia a qualche deci- metro al di sotto della superficie esposta all’aria da uno strato in posizione originaria, dove non è stata mai vegetazione, usando una specie di cucchiaio di legno duro o di osso. (!) Meunier et Tissandier, In Compt. Rencl. Voi. 86, pag. 450; Voi. 83, pag. 76 c 83; Voi. 78, pag. 821; Voi. 81, pag. 576. 92 G. Antonelli Spesso le sabbie gialle sono così fortemente cementate, e co- stituiscono un'arenaria durissima ; tali sono quelle del colle osi- rnano, del monte Cerno, del monte Castelbaldo, del monte Lavini, del monte Belrespiro, ecc. Tale roccia ne’nostri luoghi è chia- mata pietra-tufo , sabbione , tufo, ecc. Pochi sono i fossili che vi si rinvengono. Queste sabbie accusano un mare poco profondo. Sono comuni, nelle sabbie, piccoli straterelli da 7 a 10 cm. circa di spessore formati di molti arnioni, spesso di poca consi- stenza, che tra le dita si riducono in polvere bianca e molto lina; altre volte sono più duri, pieni o con una cavità neH’interno con- tenente de’ frammenti staccati dalle pareti e si comportano, quando si agitano, come le così dette pietre d’Aquila. Constano princi- palmente di carbonato di calcio, che si scioglie con effervescenza negli acidi e il residuo lavato ed esaminato al microscopio non mi ha mostrato che particelle inorganiche. Le sabbie argillose, così abbondanti nei nostri colli, risultano di sabbia molto lina mescolata con argilla. Hanno generalmente un color bianco-giallastro o bianco-grigiastro e contengono fossili, ab- bondanti di numero, ma poveri di specie. Alcune volte si trovano sottostare alle sabbie, e si possono allora considerare come un terreno di passaggio dalle sabbie gialle alle marne azzurre sotto- poste; altre volte formano strati, di piccolo spessore, che s’in- tercalano con strati o banchi di sabbia gialla. Nelle sabbie argil- lose del colle osimano, che sono abbondanti sotto la passeggiata di Piazza Nuova, per la strada Giulia, e nel monte S. Pietro, ho trovato delle impronte di fossili, che andavano in frammenti nel liberarle dalla roccia umida, che facilmente si sgretolava. Anche in queste sabbie argillose ho trovato granuli di magnetite, ma in assai minor quantità che nelle sabbie gialle. Contengono molto carbo- nato di calcio. Le marne azzurre sono molto abbondanti in tutte le località da me visitate. Non sempre però si mostrano allo scoperto; perchè spesso sono coperte dalle sabbie argillose o dal terreno coltivato ; ma dove le correnti di acqua si hanno scavato de’letti un po’ pro- fondi, si rendono visibili. Così si vedono assai bene nel fosso presso Fonte Magna, il quale raccoglie le acque della città di Osimo, poco sotto le mura e in tutto il suo decorso ; nel fosso delle Moglie, che separa il monte della Crescia dal monte Gallo, dove se no 93 Il pliocene nei dintorni di Osino ecc. possono vedere della potenza di m. 3,50, contenenti molti fram- menti di quarzo, visibili anche ad occhio nudo, e dove si trovano delle valve di Pecten opercularis ; nel monte de’ Cipressi, alle falde del monte della Crescia e altrove. Talvolta tra le marne si trovano delle lamine di selenite. Spesso contengono granuli di magnetite. In quanto ai fossili, trovati e determinati, nulla vi è di par- ticolare. Sono sempre quei fossili, che si rinvengono in tutte le formazioni plioceniche. Quasi tutti sono viventi. In quanto al loro stato di conservazione possiamo dire, che in genere sono bene con- servati, specialmente le forme piccole de’ molluschi, che si rinven- gono nelle marne e nelle sabbie argillose. Le forme alquanto grosse, come Cytherea chiane, Venus multilamella , Ostrea lamellosa ecc. sono in genere frammentate ; il che è dovuto in gran parte ai la- vori di scavo. Ossa di vertebrati fin qui non ne ho ritrovate affatto. So però che il prof. L. Spada possiede un paio di denti di mammiferi, che egli stesso ha rinvenuto ne’terreni in discorso, i quali meri- terebbero di essere determinati per via di confronti. Dopo di aver dato questi cenni generali sulle formazioni ter- ziarie de’ dintorni di Osimo, credo utile dire qualche parola sulle singole colline da me studiate, notandone alcune particolarità, ove si presentino. Monte Comero. — Su questo monte è fondata la città di Osimo. Secondo il De Bosis (’) si trova a 247 m. sul livello del mare. In questo monte si possono vedere assai bene le sabbie gialle e le marne azzurre. Le prime si trovano in banchi orizzon- tali lungo parecchi tratti della passeggiata di strada Giulia e die- tro l’ ex-convento di S. Francesco, e per la così detta alberata a sud della città, dove gli strati superano anche i 2 m. di potenza. In questi luoghi la sabbia forma una vera arenaria compatta, si- liceo-calcarea, con laminette di mica magnesiaca; questa roccia è così resistente, che su di essa sono fondate direttamente le mura simili alle ciclopiche, in cui le masse prismatiche di arenaria gialla- stra si trovano riunite senza cemento. Le sabbie argillose e le marne l1) De Bosis Francesco, L'esposizione ampelografica marchigiana abruz- zese tenuta in Ancona, ecc. Ancona, 1873, pag. 34. 94 G. Antonelli si vedono sempre accompagnare al di sotto le sabbie gialle. La maggior parte delle grotte della città sono scavate nelle marne. In occasione dei lavori eseguiti pel foro boario ad est della città, cominciati nel 1886, ho potuto rilevare una sezione geo- logica, che è la seguente a cominciare dal basso, e dove, fuori del primo strato, le misure sono approssimative : 1. Marne azzurre (creta degli Osimani), m. 3,50. 2. Argilla rossastra per ossido di ferro, m. 0,60. 3. Marne come al n. 1 compatte, m. 0,35. 4. Marna rossastra, che forma uno straterello, che nella parte superiore passa gradatamente al color azzurro-chiaro, m. 0,85. 5. Strato di argilla come al n. 2, m. 0,60. 6. Marna azzurro-chiara, m. 0,25. 7. Marna rossastra come al n. 2, m. 0,30. 8. Marna argillosa in posto con sopra ciottoli della strada sovraposta, m. 1. Una sezione simile ho rilevato ne’lavori di sterro a strada Giulia, sotto la passeggiata di Piazza Nuova, che è la seguente a partire dal basso: 1. Argilla finissima azzurrognola m. 0.70, che superiormente passa ad argilla rossastra di poco spessore. 2. Sabbia gialla, a elementi grossi, compatta, m. 0,75. 3. Sabbia argilloso-calcarea, finissima, m. 0,10. 4. Sabbia gialla come al n. 2, disposta in banchi orizzon- tali, che si alternano con straterelli di argilla come al n. 1, circa 5 metri. Dalle marne, argille e sabbie argillose ho raccolto de’mollu- schi fossili completi, come sarà detto nella descrizione dei me- desimi. All'intorno del colle osimano esistono parecchie sorgenti na- turali di acqua potabile, come sarebbe quella di Fonte Magna, che nel settembre del 1889 al prof. Keller, presentò una tempe- ratura di 13°, 5 C., quella detta del Pisciarello, che è una delle più abbondanti, quella delle Fonti, per la vecchia strada di An- cona, quella presso il Borgo S. Giacomo ecc. La città però estrae l’acqua potabile dal terreno per mezzo dei pozzi artificiali o rac- coglie in appositi recipienti (vasche) quella piovana, elio cade dai tetti. L’acqua dei pozzi artificiali e quella delle sorgenti naturali 95 Il pliocene nei dintorni di Osimo ecc. sopra nominate è chiaro che è acqua di pioggia, che per infiltra- zione penetra nel terreno superficiale e nelle sabbie, sotto cui deve formare de’ bacini sotterranei , perchè impedita a scomparire dalle marne impermeabili. i Tonte Fiorentino. — È un piccolo colle, assai più basso di Osimo e situato a nord-ovest della città. Vi mancano del tutto le sabbie gialle. E formato di sabbie argillose molto fine, bianco- giallastre, che s'alternano talvolta con strati di pochi cm. di spes- sore di sabbia argillosa compatta e contiene elementi quarzosi più grossi e abbondanti. Vi ho trovato solo qualche valva di Venits gallina. Su questo colle, dapprima abitato da’Padri zoccolanti, si trova ora il nuovo cimitero. Monte S. Pietro. — È questo un monte, che ha la forma di un cono troncato superiormente e a larga base, più alto del Monte Comero di circa 30 m. E costituito superiormente da sab- bie gialle, compatte, disposte a strati, aventi lo spessore di m. 0,50-1 e più, molto ricche di concrezioni calcaree e siliceo- calcaree colla forma di coni, sparse nella sabbia stessa. In questa roccia compatta è scavato un tunnel lungo, a quello che mi fu detto da chi mi guidava nel visitarlo, circa 250 m. e nella dire- zione, se non erro, di est a sud. E affatto isolato e dalla sua cima, dove è fabbricata la villa Leopardi (1), si gode una splendida vi- suale ed un’aria resa tanto più salutare dalla bella ed abbondante vegetazione, che ne copre il vertice e i fianchi. Sotto la sabbia gialla si trovano gli stessi terreni nominati nel monte Comero. Di questo monte parla anche il Procaccini-Ricci (2) ; ma egli dice pochissimo della sua struttura geologica; fa invece larghi elogi per la magnifica posizione e per l’aria salubre, che vi si gode. Fuori di alcune filliti indeterminate, non ho ricavato fossili. So però che il sig. conte Leopardi, ora proprietario, nello scavare il tunnel, trovò parecchi fossili, che io non ebbi la fortuna di poter vedere. t1) Devo alla gentilezza del sig. conte Giulio Leopardi l’aver potuto visitare con tutta comodità le parti più importanti di questo monte e il tun- nel in esso scavato per osservarvi bene le rocce che lo costituiscono. (2) Procaccini-Ricci, Descrizione del monte della Crescia e del monte Sampietro, in Nuovi Annali delle se. nat. di Bologna. Ann III, tom. V, pag. 369 e seg. 96 G. Antonelli È situato questo monte ad ovest di Osimo, da cui dista circa 3 km. Monte de’ Cipressi. — È un piccolo colle, che s’incontra per la vecchia strada di Ancona a sinistra di chi parte dalla città di Osimo e a nord-est di essa. Ha la forma di un cono troncato a base piuttosto larga. Ne’ paesi vicini è conosciuto col nome di Monti- cello. , intorno alla cui origine il popolo ha varie opinioni più o meno fantastiche. Il fatto è che esso risulta di argilla marnosa, molto fina, avente al di sotto le solite marne azzurre compatte, con parec- chi fossili, come Turritella incannata Br., Natica millepunctata L., Ostrea lamellosa Link., Nassa semistriata Br., ecc. E assai più basso del monte Comero. Questi colli nominati fin qui si vedono rappresentati nella fig. 1, in cui si scorge anche l’identità della loro costituzione geologica. Monte Cerno. — È uno dei monti più alti dei nostri din- torni. Secondo il De Bosis è a 280m al di sopra del livello ma- rino (Q. All'intorno è formato di terreni di trasporto. Superiormente, dove si gode un’ampia visuale e si respira un’aria eccellente, tro- vasi della ghiaia in ciottoli generalmente piccoli e sciolti. Sono per lo più calcarei e discoidali ; non mancano de’silicei ; sono di- sposti a strati piccoli e irregolari. Questa ghiaia forma un depo- sito abbastanza considerevole e viene adoperata per inghiaiare le strade di campagna : in esse sono pure scavate alcune grotte che si possono percorrere liberamente. Al di sotto di questa ghiaia, che ha l’aria di un deposito lit- orale, vengono le sabbie gialle, a elementi grossi, e disposte in banchi di molto spessore, pochissimo inclinati verso est, i quali inferior- mente e ai lati della strada, che si percorre nel salire il monte, sono colorati in rosso per ossido di ferro. Sotto alle sabbie gialle si trovano le sabbie argillose fine, bianco-giallastre, identiche a quelle del monte Comero, del monte de’Cipressi ecc., cui succe- 0) De Bosis Francesco, La esposizione ampclografica marchigiana ecc. pag. 34. 97 Il pliocene nei dintorni di Osimo ecc. dono le marne azzurre, come si vede lungo i fianchi del monto da chi va da S. Paterniano verso il monte stesso. Sulla cima del monte si trovano frammenti di mattoni, di vasi di terra cotta e abbondanti ossa umane fratturate, sparse qua e là o riunite in parecchie in apposite cavità fatte nella ghiaia. Il che prova che quel monte fu un tempo abitato, come realmente si constata da appositi documenti storici (1). Pochi sono i fossili, che vi ho trovato, tra cui il Pecten oper- cularis Lmk., Anomici ephippium L., ecc. Il Procaccini-Ricci vi trovò anche un frammento di osso, che gli parve, dover far parte di una costola di gigantesco mammifero ; risultato che ottenne da confronti fatti su frammenti di ossa di elefanti da lui raccolti a Magognano nel Viterbese. Quello che aveva di particolare quel- l’osso, a suo dire, era che mostrava di aver ricevuto urti fortis- simi ed avere trascorso un mare molto burrascoso (2). Questo monte ne’paesi vicini è conosciuto col nome di monte della Crescia forse per la forma di focaccia, che presenta alla sommità. È situato a nord-ovest di Osimo. Monte Castelbaldo , Monte Lavini , Monte li elr espiro, Monte Carbonara. — Questi monti formano una serie di prominenze, che si hanno lungo la strada carrozzabile, che va dal monte Cerno alla parrocchia di campagna di S. Stefano. Hanno la medesima costituzione geologica delle altre colline sopra descritte. La cosa più importante, che essi olirono, è il vedere le sabbie gialle, com- patte, che talvolta s’inalzano sul livello della strada per parecchi metri, come nel monte Castelbaldo, nel monte Lavini e monte Belrespiro. Nel monte Carbonara invece le sabbie gialle sono in assai minore quantità. (!) Sul monte Cerno, nel medio evo, esisteva un castello (Castrum Mon- tis Cerni), come apparisce da documenti storici, esistenti nella Biblioteca co- munale di Osimo del 1203; nel 1204 il castello fu arso e distrutto dagli osimani. (V. Carte diplomatiche osimane raccolte ed ordinate a cura di Gio- suè Cecconi in: Collezioni di docum. stor. antichi inediti ed editi rari delle città e terre marchigiane per cura di C. Ciavarini, tom. IV, pag. 23. (2) Procaccini-Ricci, op. cit. ibid. Il luogo del Procaccini, che si rife- risce a questo fatto del Monte Cerno è riportato anche dal De Bosis in : Il Gabinetto di scienze naturali e l'Osservatorio meteorologico nel r. Isti- tuto industriale e professionale di Ancona, pag. 101 e 102. 7 98 G. Antonelli Nel monte Belrespiro, scavate nella sabbia, vi sono alcune grotte, il cui interno ancora non si conosce. Sarebbe bene che il eh. sig. conte dott. Camillo Acqua, proprietario del colle, se ne occu- passe, per vedere se quelle grotte contengono nulla d’interessante. Grotte simili si trovano anche in altre località, che esplorate, hanno mostrato avere un valore speciale per la scienza. Su tutti questi monti si trovano abbondanti conchiglie, tra cui l’ Ostrea iamellosa I3r., Pecten opercularis Link., Ditrupa coarctata Br. Dal monte Belrespiro ha origine una sorgente perenne (chiamata Coppetto ) d'acqua limpida e fresca, che dicesi contenere tracce di magnesia. Altre sorgenti si trovano pure ne’ vicini monti. La pianura del Musone è formata di sabbia argilloso-calcarea molto fina e adatta alla vegetazione. La qual sabbia, come afferma anche il De Bosis (’), proviene da’lavamenti operati dalle acque sulle rocce calcaree de’vicini Apennini, mescolati con le marne plioceniche de’ colli prossimi, portate nella valle dagli affluenti del fiume (v. fig. II). Dopo di avere esposto queste cose, che risguardano le forma- zioni plioceniche di Osimo e delle colline circostanti, passo a dare l’elenco de’ fossili, i quali sono stati determinati la maggior parte dietro confronti fatti con esemplari, che possiedo nella mia collezione privata di conchiglie viventi. Alcuni sono stati determinati con confronti istituiti sopra esemplari provenienti da monte Mario presso Roma e si sono consultate tutte le opere e figure, che sono indicate per ogni specie. Sento poi il dovere di ringraziare il dot- tor Francesco Danesi, che mi ha spesso aiutato nella raccolta dei fossili, e il prof. Leonello Spada, che mi ha favorito il disegno delle due figure annesse e le specie notate con asterisco per co- municazione. t1) De Besis Fr., IL Gabinetto, occ., pag. 105. Il pliocene nei dintorni di Osmio ecc. 99 Tipo I. — MOLLUSCHI. Classe I. — Lamellibranchi. Ord. Asifoni. Gen. Ostrea Lin. (1758). 1. 0. lamellosa Br. — Brocchi, Concimi, foss. sub. Mi- lano, 1843, voi. II, pag. 382. Parecchi esemplari e alcuni frammentati ne ho raccolti nelle argille del monte de’ Cipressi. Yive attualmente nel Mediterraneo. 2. 0. eduli sLin. — Philippi R. A. Enumeratio molluscorum utriusque Siciliae, 1844, voi. I, p. 90. — Woods, A monograpli of thè Crag mollusca. London, 1848, voi. Il, p. 13, tav. II, fig. 1. Diversi esemplari di questa specie provengono dalle sabbie argillose di Piazza Nuova. Vive nel Mediterraneo e nell'Adriatico. 3. 0. sp. indeterminata. Cinque o sei esemplari di Ostrea raccolsi dalle marne azzurre di Foro Boario, che per la loro piccolezza e per essere talvolta incompleti non ho potuto determinare. Non si riferiscono però certo alle due specie suindicate. Gen. A^nomia Lin. (1767). 4. A. ephip pinna L. — Chenu, Manuel eie concliyliologie et de paléontol. conchyl. Paris, 1859, voi. II, p. 192, fig. 977. Pochi esemplari, ma in buono stato provengono dalle sabbie gialle del M. Lavini. Vive nel Mediter. e Adriatico. 5. A. e p hip pinna L. var. squamili a Lin. — Wood, op. cit. parte II, p. 8, tav. I, fig. 3, Un solo esemplare ben conservato della stessa locatità. Gen. Pecten Bruguières (1789). 6. P. maximus L. — Brocchi, op. cit,, voi II, pag. 392. — Wood, op. cit. Parte II, pag. 22, tav. IV, fig. 1. — Chenu, op. cit. voi. II, pag. 185, figg. 934 e 935. Di questa specie nelle argille marnose, che si vedono per la strada, che da Osimo mena a Loreto, in occasione di tagli operati per la stessa nuova strada, ne raccolsi un bellissimo esemplare 100 G. Antonelli completo. Frammenti poi ne trovai anche nelle argille del monte de’ Cipressi. Vive nell’ Adriatico e nel Mediterraneo. 7. P. ope r ciliari s Lmk, — Philippi., op. cit. voi. I, pag. 82. — Wood, op. cit. part. II, pag. 35, tav. VI, fig. 2. Questa specie è abbondantissima nei dintorni osimani e più frequente si trova nelle sabbie gialle che nelle marne. Infatti, bellissime e ben conservate sono le valve di questo pettine, che forniscono le sabbie gialle del M. Comero e del M. della Crescia (M. Cerno), del M. Castelbaldo, M. Lavini e M. Belrespiro. In questi tre ultimi monti si osserva che sporgono dalle loro pareti, verticali alla strada carrozzabile, in forma di lamelle, sempre oriz- zontali. Generalmente sono forme piccole, avendo un diametro tra- sversale di circa un centimetro e mezzo. Un poco più grandi sono quelle delle argille del M. de’ Cipressi. Esemplari alquanto più piccoli di quelli delle sabbie gialle, ho rinvenuti nelle marne az- zurre del fosso delle Moglie tra il colle di Montegallo e il M. Car- bonara. Vivente abbonda nel Mediterraneo e nell’Adriatico. 8. P. pie bei us Lmk. (= Os tre a pi e bei a Br.). — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 396, tav. XIV, fig. 10. Pochi e discreti esemplari dalle sabbie gialle del monte Ca- stelbaldo. 9. P. septem radiatus Muli. — Wood. op. cit. voi. II, pag. 1, tav. IV, fig. 2. — Chenu, op. cit. voi. II, fig. 927. — Hòrnes, Die fossil. Moli, der tert. Beck. von Wienn. 1870, Bd. II, tav. 64, fig. 4 a-c. Gen. lAi mi ;i Lin, (1758). 10. P. nobilis Lin. Riferisco con dubbio a questa specie alcuni frammenti di pinna, che è piuttosto abbondante nelle marne azzurre e qualche volta nelle sabbie fine argillose de’ nostri terreni. Dai confronti istituiti tra i diversi frammenti si vede che questi devono appartenere a specie distinte. Gen. Nucula Lmk. (1799). 11. N. piacentina Lmk. — Philippi, op. cit. voi. I, pag. 65. Un solo esemplare completo trovai nelle marne argillose di strada Giulia sotto la pa sseggiata di Piazza Nuova, messe allo Il pliocene nei dintorni di Osimo ecc. 101 scoperto da una flanatura avvenuta in una parte delle stesse mura. 12. N. nucleu s L. (Arca L.). — Wood. op. cit. parte II, pag. 85, tav. X, fig. 6. — Brocchi, op. cit., voi II, pag. 283, (cfr. var. minor). Hornes, op. cit. Bd. II, pag. 299, tav. XVIII, fig. 2. Non molti esemplari dalle argille del Foro Boario. Vive nel Mediterraneo. Gen. Leda Schumacher (1817). 13. L. consanguinea Bell. — Bellardi, Monograf. di Nu- culidi trovate ne’ terreni terziari del Piemonte e della Liguria. Torino, 1875, p. 19, fig. 11. È frequente nelle marne argillose e nelle argille. 14. L. commutataPhil. (= L. minuta Br.) — Philipp!, op. cit. voi. I, pag. 64. — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 285, tav. XI, fig. 4. L’ho trovata solo nelle marne argillose della strada Giulia. Vive nell’Adriatico, Ordine Sifonati. Gen. Cardi vi ni Lin. (1758). 15. C. echinatum. Lin. — Philippi, op. cit. voi. II, pag. 37. Alcuni esemplari frammentati provengono dalle argille, che fian- cheggiauo la nuova strada di Loreto e dalle marne che si riscontrano poco sotto il Casino del conte Mazzoleni a sinistra di chi va al Musone, dove, pochi anni fa, esisteva una fornace di mattoni. Vive nel Mediterraneo. 16. C. Deshayesii Payr. — Philippi, op. cit. pag. 37. Diversi frammenti di questa specie provengono dalle stesse località del C. echinatum , e non lasciano alcun dubbio sulla pre- cisa determinazione, fatta per via di confronti eseguiti su parecchi esemplari, che io possiedo, raccolti a M. Mario presso Roma. Vive nel Mediterraneo. 17. C. hians Br. — Brocchi, op. cit. pag. 316, tav. XIII, fig. 6. — Chenu, op. cit. voi. II, p. 107, fig. 485. Molti esemplari frammentati di questa specie provengono dalle marne argillose di Piazza Nuova; e nelle marne azzurre del 102 G. Antonelli Foro Boario trovai un grosso esemplare quasi compieto. Vive nel Mediterraneo. 18. C. eduleL. — Hornes, op. cit. voi. II, pag. 185, tav. XXII, fig. 2-3. — Clienu., op. cit., voi. II, pag. 108, fig. 494. — Philipp!, op. cit. voi. I, pag. 52. Poche valve separate raccolsi dalle sabbie argillose di strada Giulia negli scavi di Piazza Nuova. Vive nel Mediter. 19. C. papillosum Poli. — Hornes, op. cit. voi. II, t. XXX, fig. 8, a-c. Di questa specie rinvenni parecchi frammenti nelle marne argillose e nelle argille di Piazza Nuova e del Foro Boario. Gen. Venus Lin. (1758). 20. V. gallina L. (V. senilis Conti). — Philippi, op. cit. voi. I, pag. 44. È facile rinvenire questa specie nelle marne, che dominano nella pianura alla sinistra del Musone e nelle fornaci da mattoni. La rinvenni pure nelle sabbie argillose fine di M. Fioretino. Ab- bonda nel Mediterraneo e nell’ Adriatico. 21. V. lamellosa Ponzi-Ravn. v. d. Heck. — Ponzi G. e */ Meli R. Molluschi fossili di monte Mario presso Roma. Roma, 1887, p. 14, n. 64, fig. 1 a,b. L’ho trovata nelle stesse località della V. gallina. Gen. Cytherea Lamk. (1805). 22. C. unii t il a m ella Lmk. — Hornes., op. cit., Bd. II, pag. 130, tav. XV, fig. 2-3. Questa specie è abbondantissima nelle marne de’ dintorni di Osimo. Belli e grandi esemplari completi ne ebbi dalle marne del Foro Boario, del M. Comero, del M. de’ Cipressi, dalla fornace di proprietà del sig. conte E. Gallo, poco sotto la chiesa della Mise- ricordia e altrove. Frammenti di questa specie si trovano anche nelle sabbie argillose. 23. C. eli ione Lamk. — Philippi, op. cit. voi. I, pag. 40. Un solo esemplare completo, ma in frammenti, trovai nelle marne azzurre del Foro Boario. — Vive nel Mediterraneo. Il pliocene nei dintorni di Osimo ecc. 103 Gen. Doeinia Scopoli (1777). 24. D. 1 u p in us Poli. — Poli, Testacea utriusque Siciliae, tav. 21, fìg. 8. Pochi ma belli esemplari dalle sabbie argillose delle frane di Piazza Nuova. Vive nel Medit. 25. D. cfr. orbicu laris Edwards. — Cbenu, op. cit. voi. II, pag. 91, fìg. 408. Questa specie di D o s i n i a somiglia moltissimo alla D. orbi- cularis Edwards, data dallo Cbenu: è però alquanto più piccola di un po’ meno di un centimetro nel diametro trasversale e anche meno nel diametro longitudinale. Di tutte le specie di Dosinia fossili e viventi, con cui ho potuto far confronti, quella, cui più si accosta, è la suaccennata. Però subordino la determinazione data ad una determinazione più precisa che potrò fare, quando avrò di questa specie maggior numero di esemplari, che permettano confronti più sicuri, non avendone per ora che uno solo proveniente dalle colline di Piazza Nuova. Gen. Tellina Lin. (1758). 26. T. dist or ta Poli. — Philippi, op. cit. voi. I, pag. 25. Pochi esemplari ben conservati ho estratto dalle argille mar- nose delle frane di Piazza Nuova. In frammenti è piuttosto co- mune nelle argille marnose e nelle sabbie dei dintorni. Vive nel- l’Adriatico e nel Mediterraneo. 27. T. sub carinata Br. — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 321, tav. XII, fìg. 5. Non ne ho che pochi esemplari dalle marne del Poro Boario. 28. T. striatella Br. — Brocchi, op. cit. pag. 506, tav. XYI, fìg. 6. È poco comune, come la forma precedente. L’ho avuto dalla frana di Piazza Nuova. 29. T. stricta Br. — Brocchi op. cit. voi. II, pag. 324, tav. XII, fìg. 3. Rara. Nelle stesse località della T. striatella. 104 G. Antonelli Gen. Syndosmya Recluz (1843). 30. S. alba Wood. — Wood. op. cit. voi. II, p. 237, tav. 22, fig. 10 a , b, c (Abra alba). Un solo esemplare raccolto nelle sabbie marnose di strada Giulia. Gen. Solecu.rtu.8 Blainville (1824). 31. S. coarctatus. — Chenu., op. cit., voi. II, pag. 24, fig. 105. Un solo esemplare completo da Piazza nuova. Vive nel Me- diterraneo. Gen. Mactra Lin. (1767). 32. M. triangula L. — Hornes, op. cit. v. I, disp. 1 e 2, tav. VII, fig. 1, a-d. È frequente nelle marne. Gen. Corbula Brug. (1792). 33. C. gibba Olivi (Tellina). — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 327. — Hornes, op. cit. voi. II, pag. 34, tav. Ili, fig. 193. Questa forma è abbondantissima e si rinviene tanto nelle marne, quanto nelle sabbie marnose. Molti e completi esemplari ne ho raccolti nelle marne, che formano la sponda sinistra del fosso della nuova strada di Loreto, per dii parte da Osimo, e nelle marne, che si osservano poco sotto il casino del conte Mazzoleni e altrove. Manca nelle sabbie gialle. Vive nel Mediterraneo. Classe IL — Scafopodi. Gen. Dentalium Lin. (1740). 34. D. octogonum Raynv. — v. d. Hook, et Ponzi, Cata- logne des fossiles de m. Mario 1854 par M. Bay nevai, Van den Hecke et prof. Ponzi, pag. 13, n. 246. Poche forme ne ho trovate nelle sabbie marnose delle frane di Piazza Nuova e nelle marne del Poro Boario. Attualmente vive nell’ Oceano indiano, secondo il Bigacci. 105 Il pliocene nei dintorni di Osimo ecc. 35. D. elephantinum L. — Chenu, op. cit., voi. I, pag. 374, fig. 2803. — WoodwardS. P. Amanual of thè mollusco,. London, 1875, pag. 282, pi. XI, fig. 27. Pochi esemplari dalle marne del M. Comero e del M. Cerno. Classe III. — Gasteropodi. Ordine I. — Prosobranchi. Gen. Scalaria Lmk. (1802). 36. S. subulata I. Sow. — Wood, op. cit. voi. I, pag. 93, tav. Vili, fig. 18. Parecchi sono gli esemplari di tale specie, tutti più o meno rotti: per lo più mancano dell’apice. Convengono tutti colla descri- zione e figura date dal Wood. loc. cit. È una forma piuttosto fre- quente e io la ho rinvenuta nelle marne del Poro Boario e della fornace sopra nominata del sig. conte Gallo e nelle sabbie marnose fine di Piazza Nuova. Di questo genere esistono anche altre specie per ora inde- terminate. Gen. rrnrritellrt Lmk. (1799). 37. T. tri cari nata Br. (Turbo). — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 159, tav. YI, fig. 21. Trovasi frequente in tutte le nostre formazioni marnose e più ancora in quelle sabbioso-marnose ; per lo più si trova senza l’apice nelle forme grosse; le più piccole sono generalmente complete. I miei esemplari provengono dalle marne sabbiose del Foro Boario e dalle marne della fornace del conte Gallo. Gen. Calyptraea Lmk. (1799). * 38. C. chinensis L. — Hornes, op. cit. Bd. I, pag. 632, tav. I, fig. 17. — Woodward S. P. A marnai of thè mollusca. London, 1875, pag. 276, pi. XI, fig. 15, 15'. Pochi esemplari provenienti dalle sabbie di M. Castelbaldo. Vive nel Mediterraneo. 10G G. Antonelli Gen. Natica Adanson (1757). . 39. N. millepunctata L. — Chemnitz, Neues systema- tisches Conchylìen Cabinet , voi. V, fig. 1862, 1863. Parecchi esemplari di diversa grandezza provengono dalle marne del monte de'Cipressi; trovasi anche piuttosto frequente in quelle della fornace del conte Gallo e del Foro Boario : piccoli esem- plari si rinvengono pure nelle sabbie marnose di strada Giulia. Vive abbondante nel Mediterraneo. 40. N. macilenta. Phil. — op. cit. voi. II, p. 140, tav. XXIV, fig. 11. Pochi ma bei esemplari si hanno dalle marne del Foro Boario e di altri luoghi. Conviene questa specie in tutto colle forme vi- venti che io possiedo e che furono classificate dal Monterosato. Abita nel Mediterraneo. Gen. Nassa Lmk. (1799). 41. N. semistriata Br. (Buccinimi). — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 485, tav. XV, fig. 15. Questa specie è quasi tanto abbondante nelle marne azzurre e nelle sabbie marnose de’ nostri terreni pliocenici, ^quanto la Corbula gibba. Numerosi esemplari completi raccolsi dalle frane di Piazza Nuova, dal M. de’ Cipressi, sui margini del fosso della strada nuova, che mena alla stazione ferroviaria e della strada di Loreto, specialmente dopo una lavatura operata da una abbondante pioggia, eco. 42. N. mutabilis L. (Buccinimi). — Kobelt Iconograph. d. schalentrag. europàisch. Mereesconcliylien. Disp. 6, p. 122, sp. 1, tav. XXII, fig. 8. Meno comune della precedente ; però si raccoglie nelle stesse località. Vive ora nell’Adriatico e Mediterraneo. Gen. IVTtxvex Lin. (1758). 43. M. trunculusL. — Philippi, op. cit. voi. I, pag. 209. Un solo esemplare ho raccolto dalle marne del Foro Boario, ottimamente conservato. Vive nel Mediterraneo. Il 'pliocene nei dintorni di Osimo ecc. 107 Gen. Mitra Larnk. (1799). 44. M. ebenus Lmk. — Chenu, op. cit. Voi. I, pag. 194, fig. 1002. Pochi esemplari completi, provengono dalle marne sabbiose del M. Comero. Vive ed è abbondante nel Mediterraneo e nel- l’Adriatico. Gen. Raphitoma Bellardi (1846). 45. R. attenuata Mont. (= PI euro toma gracile Pliil.). — Philippi, op. cit. voi. I, tav. XI fig. 28; voi. II, pag. 315. Pochi esemplari dalle marne del Poro Boario. Vive nel Me- diterraneo. Gen. Chenopus Phil. (1836) 46. C. p e s -pel e cani L. — Wood. op. cit. voi. I, pag. 25, tav. II, fig. 4. — Chenu, op. cit. voi. I, pag. 262, fig. 1646. — Woodward, S. P. A manicai of thè mollusco,. London, 1875, pag. 245, fig. 99, pi. IV, fig. 7. Pochi esemplari e per lo più frammentati dalle sabbie mar- nose di strada Giulia sotto Piazza Nuova. Vive nel Mediterraneo e nell’Adriatico. Tipo II. — VERMI. Classe Anellidi. — Ord. Policheti. — Sottord. Tubicoli. 47. Ditrupa coarctata Br. (Dentalium) — Brocchi, op. cit. voi. II, pag. 28, tav. I, fig. 4. Abbonda nelle sabbie gialle del M. Castelbaldo. È confitta nella roccia molto dura e spesso sporge al di fuori in forma di punta nella roccia, che fiancheggia la strada di campagna, tagliata 9 picco. Lo sporgere di questa forma in tal modo dipende dalle acque di pioggia, che lavano le pareti rocciose e asportano le particelle di sabbia. 48. Serpula sp. ? Di questo genere di vermi si trovano piccoli e numerosi tubi cilindrici di 2 a 4 cm. di lunghezza. Molto probabilmente appar- tengono a specie diverse. 108 G. Antonelli Tipo III. — ECHINODERMI. Classe juchinoidi. — Ord. Echinoidi regolari. I Geli. Ecliinu.8 Lin. 49. E eh in us sp. ? Dalle sabbie marnose di Piazza Nuova ho ritrovato parecchi esemplari di un echinus, di cui non mi è stato possibile determinare la specie per il cattivo stato di conservazione. Si riconosce che sono sferoidali; sono tanto compressi che sembrano schiacciati tra mezzo alla roccia, dove hanno lasciato l’impronta delle piastre del loro corpo, con tutti i luoghi d'inserzione degli aculei. Hanno colore giallo rossastro per ossido di ferro. I più grossi hanno la grandezza quasi di un pugno d’uomo, i più piccoli quella di una noce o castagna. Dal confronto fatto tra loro pare che si debbano riferire ad una sola specie. Tipo IV. — ARTROPODI. Classe Crostacei. — Ord. Toracostrachi. Gen. Carcinus. 50. Carcinus sp. ? Credo potere riferire a questo genere alcuni piccoli fram- menti di un crostaceo, che rinvenni nelle marne azzurre della for- nace del conte Gallo, per essere questi pezzi di cefalotorace finamente granulati come si osserva nel vivente Carcinus moenas , così comune nell’Adriatico. Indizi di crostacei non ho avuto da altre località de’ nostri dintorni finora esplorati. VEGETALI. Ses. delle Apetale dicline gimno spermi che. Ord. Conifere. — Sottord. Abietinee. Gen. IPiniis L. 51. P. sy 1 vestris L. Di P. sijlvestris L., nelle marne azzurro del Foro Boario ho trovato un bellissimo strobilo completo, quasi carbonizzato. È un po' schiacciato per pressione sopportata ; ha forma ovoido-conica 109 II pliocene nei dintorni di Osimo ecc. con squamine acuminate. Brucia facilmente, spandendo molto fumo e dando un particolare odore. — Possiedo dalle sabbie marnose di Piazza Nuova e del M. S. Pietro alcune filliti, spettanti a dicoti- ledoni angiosperme, le quali, essendo tutte frammentate, non mi hanno permesso alcuna determinazione specifica probabile. Ho inten- zione di ritornare nell’ ultima località, dove ho ritrovato uno stra- terello di circa 7 od 8 cm. di spessore, che pare ne contenga parecchie e studiarle. Dai fatti e dai fossili sopracitati dobbiamo concludere, che durante l’epoca pliocenica, tutta quella regione da noi studiata era sommersa nell’acqua del vicino Adriatico, il quale si estendeva fino a lambire i fianchi del vicino Apennino ; mentre è noto che il Tirreno, dall’altro versante, invadeva la massima parte della terre ora emerse fino all’ Apennino stesso, perchè dall’uno e dall’altro lato troviamo terreni pliocenici con prevalenza di marne azzurre e di sabbie gialle. Durante questo tempo ebbe luogo il depositarsi delle marne e delle sabbie argillose, che indicano un mare profondo e delle sabbie gialle, grossolane, delle nostre regioni, che rappresentano un mare poco profondo; e nel monte Cerno e nel monte Belre- spiro le ghiaie a ciottoli prevalentemente discoidali non sono che depositi di spiaggia. Un lento sollevarsi del fondo del mare, du- rato certo per molto tempo, ha portato allo scoperto i sedimenti, che si erano formati in seno all’acqua; il quale sollevamento ha innalzato le terre fino all’altezza attuale. Che il sollevamento poi sia stato lento anziché repentino si deduce dal fatto, che gli strati marnosi e di sabbia conservano perfettamente la loro orizzontalità. Inoltre tutte le formazioni da noi studiate si sono sollevate con- temporaneamente, perchè gli strati sono dapertutto eguali e toc- cano la stessa altezza, come si può scorgere subito dalla semplice ispezione delle due figure annesse. ALCUNE OSSERVAZIONI SUI TERRENI E SULLE SORGENTI MINERALI DELL’ASPIO Nella valle compresa tra Osimo e Camerano scorre un piccolo fiume chiamato Aspio o Aspide per la sinuosità del suo corso, noto già da'tempi antichi per alcune sorgenti minerali, che vi si trovano. Ha origine da’monti situati a nord-ovest di Ancona tra Polverigi e monte Borino, secondo che è indicato dalla carta to- pografica per la provincia di Ancona, publicata recentemente dal Genio militare italiano. Ha un corso lungo circa 10 chilometri e confluisce nel fiume Musone al di là di Castelfidardo. Dista da Osimo forse 15 o 16 chilometri, dalla stazione di Ancona 14 km. e dal mare Adriatico in linea retta 6 km. il luogo preciso, dove sgorgano le sorgenti minerali (1). In questo luogo il letto del fiume è scavato nelle marne azzurre, ricoperte da ciottoli, le quali sono bene evidenti sulla sponda destra del torrente, messe alla luce dalle acque minerali, che vi sgorgano. Queste marne identiche alle marne studiate nelle formazioni osimane, appartengono al piano medio del pliocene, cioè al piacentino. Superiormente alle marne vi sono terre di trasporto. I colli situati a sud dell’ Aspio nel posto delle sorgenti e poco lontani hanno la stessa struttura de’colli de’dintorni di Osimo. (0 La maggior parte delle notizie, che fornisco relative ai terreni e alla natura chimica e terapeutica delle acque minerali dell’Aspio, sono tolte dal reso conto di un’analisi chimica, fatta con tutta esattezza e secondo gli ultimi metodi della chimica moderna, dal dott. Giacomo Trottarelli, conse- gnata in una Memoria dal titolo: Le acque minerali deir Aspio. Terni 1889. La cognizione di questo pregevolissimo lavoro la devo al farmacista di Osimo dott. Augusto Marchetti, cui mi dichiaro perciò molto obbligato. 112 G. Antonelli Le sorgenti minerali sgorgano parte sulla sponda destra del torrente, parte dal piano che sovrasta al torrente, da cui distano 8 o 10 metri e parte dal letto del torrente stesso. Sono sul li- vello del mare m. 30,30. Il dott. Trottarelli valuta approssimativamente la quantità di acqua portata alla luce dalle seconde a non meno di 2 litri al secondo, dalle altre a non meno di 2 litri per ogni minuto primo; il che corrisponde ad un volume giornaliero di 176 m. c. Nei dintorni di Osimo, Loreto, Camerano, Castelfidardo ecc. queste sorgenti sono conosciute col nome di Fontanelle. In quanto all’origine di tali sorgenti è indubitato che si deb- bano ritenere prodotte dalle acque d’infiltrazione, che nell’attra- versare le rocce, sciolgono le sostanze minerali, che incontrano. Le acque dell’Aspio, come risulta dall’analisi chimica del dottor Trottarelli, sono tutte salino-clorurate con ioduri e bromuri (’); e, secondo il prof. Capellini, le sorgenti salso-iodiche della Toscana, dell’ Umbria e delle Marche provengono da amigdali di salgemma e di altre sostanze minerali, poste in rocce più o meno bituminose ; queste amigdali, ne’luoghi suddetti, esistono in piani diversi e in terreni marnosi, arenacei, aventi al di sopra la formazione gessosa solfìfera e al di sotto marne bituminose o terreni petroleiferi. Inol- tre, secondo lo stesso prof. Capellini, le formazioni salifere delle Marche sarebbero contemporanee a quelle, egualmente salifere, del- l’Ungheria, Polonia e Valacchia. Dal fatto poi che tali acque salso-iodiche hanno bassa temperatura, si deduce che non possono provenire che da piccole profondità e che escono al giorno dopo avere passato traverso strati arenacei o argillosi e avere sciolto le amigdali, che vi hanno trovate incluse (2). Dapprima le acque minerali in discorso erano state distinte in 'purgative , ferruginose e solforose. Ma dalle analisi istituite risulta che sono tutte della stessa natura, cioè clorurate con joduri e bromuri, come già abbiamo accennato. P) Mem. cit. pag. 40. (2) Trottarelli G. Mem. cit. pag. 10 e 11. La temperatura dell’acqua dell’Aspio il 23 dccembre 1886 alle 12 ant. era di 15° C. e quella dell’aria di 9° (Ibid. pag. 34). 113 Alcune osservazioni sui terreni dell' Aspio In quanto alle proprietà medicamentose, osserva il dott. Trot- tarelli, clie esse sono di un’efficacia grandissima « quando si pensi che lo iodio, uno de’più potenti e sicuri rimedii della medicina moderna, vi è profuso nella stessa proporzione in cui si trova nelle acque della Porretta, e quando si pensi inoltre che la composi- zione chimica complessiva delle acque dell’Aspio si avvicina mol- tissimo a quella delle acque di Montecatini ; » e dichiara poi che le suddette acque si sono mostrate efficaci in parecchie malattie e specialmente in quelle croniche del tubo gastro-enterico ((). Date queste idee generali sulle acque minerali dell’ Aspio, riportiamo le due analisi seguenti, come risultarono allo stesso dott. Trottarelli. La prima rappresenta la composizione chimica del terreno argilloso, da cui vengono fuori, e la seconda la com- posizione chimica delle acque, indicata sotto forma di quei sali, la cui esistenza nelle acque si ritiene la più probabile : questa venne eseguita dopo la determinazione quantitativa di tutti gli elementi che si trovano nelle medesime acque. Il terreno argilloso si compone di Materia organica, parti 2,20 Silice 53,60 Carbonato calcico 37,62 » magnesiaco 0,74 Ossido ferrico ed allumina 5,15 Fosfati tracce Manganese id. Parte solubile nell’ acqua, formata da clo- ruro di sodio e da tracce di cloruri alcalino-terrosi 0,58 Totale p. . . . 99,89 Prima però di esaminare questa marna, fu sottoposta alla temperatura di 110° (2). (*) 3 (*) Mera. cit. pag. 10 e 11. (3) Mera. cit. pag. 36. Ili G. Antonelli Le acque hanno la composizione seguente ('): 1000 PARTI DI ACQUA CONTENGONO Acqua ferruginosa purgativa solforosa Ossigeno (0) a 0° e 760mm. cm3. . . — 0,035 Anidride carbonica libera (CO2) a0° e 760mm.cm3. — 100,390 Azoto (N) a 0° e 7G0mm. cm3 . . . . — 0,910 — 1 ! Cloruro di sodio (Na Cl) grammi 10,9763 11,5791 11,6693 id. di magnesio (Mg Cl2) . . » 0,5023 0,6123 0,6093 id. di calcio (CaCl2). . . . » 0,0783 0,0820 0,0863 id. di potassio (KC1) . . . » 0,0130 0,0146 0,0119 Bromuro di potassio (KBr) . . . » 0,0199 0,0189 0,0192 Ioduro di potassio (KI) .... 0,0358 0,0358 0,0366 Solfato di calcio (Ca SO4) . . . » 0,0097 0,0121 0,0144 Carbonato di potassio (K2 CO3) . . n 0,2983 0,3016 0,2918 Bicarbonato di calcio (Ca 0, 2C02) . ?? 0,3653 0,4249 0,4322 Bicarbonato ferroso (Fe 0, 2C0a) . n 0,0104 0,0099 0,0103 Allumina (Al3 O3) 0,0233 0,0286 0,0291 Silice (Si Oa) » 0,0570 0,0600 0,0610 Fosfato tricalcico (Ca3 Ph2 O8) . . » tracce tracce tracce Nitrato ammonico (NH4 NO3) . . » 0,0002 0,0012 0,0006 Acido solfoidrico (II3 S) . . . . 0 0 0 Materie organiche avute per calcinazione 5) 0,5000 0,6500 0,6800 Somma decomposti . . . j? j 2,8898 138310 13,9520 Anidride carbonica metà combinata. » 0,1145 0,1320 0,1348 Quest’acqua contiene anche ossido di litio, trovato coll’analisi spettrale (2). Esposta l’analisi chimica delle acque dell’ Aspio, il dott. Trot- tarelli mette a confronto quest’ analisi con quelle di altre acque molto riputate e di uso molto grande, cioè con quelle della Regina, (') Ibiil. pag. 43. (-) Mem. cit. pag. 36. 8 Alcune osservazioni sui terreni dell' Aspio 115 dell’Olivo, del Tettuccio, della Torretta, della Salute e di Tarne- rigi, mostrando con ciò la grande analogia, che corre tra loro. Os- serva poi che in casi d'indebolite funzioni digestive, le acque del- l’Aspio sono indicatissime e specialmente quelle della sorgente detta purgativa , perchè contenendo grande quantità di acido car- bonico, aumentano l’energia degli organi digerenti e facilitano la digestione e la defecazione per l’ aumentato moto peristaltico degli intestini. Tanto maggiore efficacia terapeutica hanno tali acque per la presenza in esse di piccole quantità di joduri, che si trovano in uno stato di divisione grandissima, per cui vengono meglio assor- biti e portati in circolazione col sangue (’). Dopo aver parlato dell’azione fisiologica del cloruro di sodio sull’organismo, il dott. Trottarelli viene a dire che le acque cloru- rate-sodiche si possono usare per bibite e per bagni. iì Per bibite sono usate : 1. Nella iperemia degli organi addominali (pletora, stasi) principalmente uniti a stasi nelle vene emorroidali e di tutte le conseguenze che ne vengono ; 2. Nella ipocondria, cioè: iperistasia de’nervi sensibili, nella quale vi è quasi sempre atonia degli organi digerenti ; 3. Nella gotta, la quale è pure basata su uno incompleto scambio di materiale ; 4. Nel catarro cronico del ventricolo e dell’ intestino non- ché degli organi respiratori, principalmente quello sviluppatosi su fondo scrofoloso ; 5. Nel rachitismo, malattia della prima età, prodotta da un’alterazione della nutrizione generale. L'esperienza conferma che in tale alterazione la più attiva delle medicine è l’acqua minerale clorurata con ioduri e bromuri ; 6. Negli essudati rimasti dopo precedenti infiammazioni, ne’quali però agiscono meglio le saline. Fra gli essudati de’paren- chimi sono principalmente i residui della infiammazione di utero, •de’testicoli, delle ghiandole che più sono disciolti; 7. Nella scrofola, nella quale però agiscono meglio i bagni. La scrofola, affezione che occupa il primo posto fra le malattie croniche, trova nell’acqua mineralizzata dal cloruro di sodio cou (L Mera. cit. pag. 17-50. 116 G. Antonelli ioduri e bromuri il più efficace metodo di cura. Le condizioni di aereazione, di regione, di esercizio, che gli scrofolosi trovano nelle località ove sono le acque clorurate, contribuiscono al buon esito; e l’efficacia viene accresciuta dall’associazione delle saline. Quindi meglio che al mare gli scrofolosi si debbono inviare alle acque clorurate sodiche, principalmente se contengono iodio e bromo in discreta quantità. Le acque salse però sono controindicate : 1. Nelle degenerazioni organiche, ne’ pseudoplasmi ingene- rale, ne’grandi vizi cardiaci con idrope già estesa ; 2. Nella degenerazione cancerosa del ventricolo, perchè agi- scono male ed affrettano la morte (’) ». Troviamo del resto ricordate le acque minerali dell' Aspio an- che nel rinomato libro di medicina pratica del Kunze, tradotto dal dott. Canettoli (2). Questo libro, essendo fatto principalmente pei tede- schi, nell’uso delle acque minerali sono notate le sorgenti della Ger- mania e delle regioni vicine. Il dott. Canettoli però, con lodevole pensiero, ha accennato, in fondo al libro, le sorgenti minerali italiane, che possono surrogare quelle consigliate dal Kunze e che sono loro più o meno analoghe. Per questo le sorgenti minerali dell’Aspio le troviamo messe accanto a quelle di Wiesbaden (Ducato di Nas- sau), di Kònigsdorf-Jastrzems (Slesia), di Gastein (Austria), di Sool, sorgente di Rodemberg a Neundorf (Prussia renana), di Lippspringe e di Neundorf (Prussia Westfalia) (3); e, oltre a quelle italiane indi- cate dal dott. Trottarelli, le ritroviamo pure a lato delle acque minerali de’Tinturini, della Fortuna, del Gurgitello e di Santa Restituta in Ischia, di Salsomaggiore (prov. di Parma), di Serra- valle, di Rio de’Bagni (prov. di Ravenna), di Abano, di Masino, di Sales, e di Castrocaro (4). Le malattie poi nelle quali, secondo il dott. Canettoli, tali acque sarebbero da consigliarsi sotto forma di bagni, sarebbero le (!) Mem. cit. pag. 52 e 53. Rimandiamo alla mem. cit. del dott, Trot- tarelli chi desiderasse cognizioni maggiori relative alle acque minerali del l’Aspio. (2) Kunze C. F. Sunto di medicina pratica. Traduz. ital. con note del dott. Canettoli. Napoli 1876. (3) Op. cit. pag. 408-413. t4) Op. cit. ibid. 117 Alcune osservazioni sui terreni dell' Aspio seguenti: 1° nelle paralisi reumatiche (!); 2° nel reumatismo articolare cronico (2) ; 3° nelle emorragie avvenute fra le membrane del cervello, da usarsi però solo dopo alcuni mesi, che per effetto di altre cure somministrate, si sono avuti buoni risultati ; e questo allo scopo di migliorare la paralisi (3); 4° nella degenerazione del midollo spinale (tabe dorsale); in tale caso dovrebbero essere congiunti i bagni con i preparati marziali e i corroboranti (‘) ; 5° nel catarro cronico della mucosa nasale, che si osserva nei bambini scrofolosi, in forma di bagni e di iniezioni nelle cavità nasali (5) ; 6° nella degenerazione amiloide del fegato (c) ; 7° nel catarro cronico de’ bronchi (’) ; 8° nell’ artrite, per cui dovrebbero usarsi i bagni di fango di queste acque per togliere i residui dei gonfiori, che restano nelle articolazioni (8), e dal dott. Canettoli stesso sono inoltre raccomandate come specialissime nelle irritazioni cro- niche de’ bronchi e nella tubercolosi incipiente (9); 9° nella me- trite cronica nello stato non puerperale, in forma di bibite per lo iodio che contengono (10). Confrontando poi le analisi chimiche delle sorgenti minerali consigliate dal Kunze e riportate in fine della sua opera con le analisi delle acque dell'Aspio del dott. Trottarelli, si vede che tutte sono in realtà più o meno analoghe tra loro ; ma le sorgenti dell’Aspio si accostano più a quelle . di Wiesbaden per la quan- tità di cloruro di sodio, di acido carbonico, di bromo e tracce di litio e a quelle di Lippspringe per la presenza dello iodio. In vista pertanto che le sorgenti dell’Aspio sono ormai di una utilità medicinale indiscutibile, come si desume dal numero grandissimo di persone (5000 c. annualmente), che si recano nel posto o ne fanno trasportare le acque con immenso sollievo e spesso (C Id. pag. 65. (2) Id. pag. 281. (3) Id. pag. 22. (4) Id. pag. 43. (5) Id. pag. 94. (6) Id. pag. 201. (7) Id. pag. 114. (8) Id. pag. 285. H Id. pag. 411. (10) Id. pag. 248. 18 G. Antonelli. Alcune osservazioni sui terreni dell'Astio guarigione completa, specialmente nelle malattie di fegato, nella polisarcia, nella gotta ecc., e come è reso evidente dalla stima, che hanno avuto e che hanno presso persone in materia compe- tenti ; e tanto più che oggi si possiede un’analisi chimica, com- pleta, coscienziosa ; è da far voti, perchè la provincia di Ancona, nel cui territorio si trovano, non trascuri nessun mezzo per ren- dere più decenti le sorgenti dell’Aspio e colla costruzione di ap- positi edifici permettere ai malati una cura conveniente sul luogo stesso, la quale avrebbe certamente maggior effetto, per l'aria li- bera e aperta della campagna e perle bellezze naturali, che quivi si godono. Questo, oltre ad avere un fine umanitario, sommini- strando le acque gratuitamente, sarebbe di vantaggio grandissimo pei paesi vicini, che spesso potrebbero trarre utilità dalle visite de’ forestieri, come ci parla chiaro l’esempio di altri luoghi simili. Gl Antonelli BRADISISMI DI UNA PARTE DELLA COSTA ADRIATICA Lo studio de’ bradisismi o lenti movimenti della crosta ter- restre, in questi ultimi anni, ha preso uno sviluppo grandissimo, in forza delle osservazioni più accurate e diligenti moltiplicate in diversi luoghi. Già fin da’ tempi più antichi troviamo, che questo fenomeno non era sfuggito a persone colte e che si davano allo stu- dio della natura. Ovidio, infatti, Aristotile e Strabone ne parlano direttamente ; il primo va tanto innanzi che attribuisce a questi movimenti la formazione delle montagne; il secondo afferma che la distribuzione delle terre e de’ mari non è stata sempre la stessa, per cui ciò che un giorno fu terra divenne mare e viceversa; Stra- bone invece coglie ancor meglio il significato de’ fatti ; e dopo aver accennato che la terra ora si inalza, ora si abbassa, dice che questi lenti movimenti avvengono tutti i giorni (’). Però il primo studio scientifico pare non fosse fatto se non verso il 1730 da’ naturalisti Celsius e Linneo su’movimenti presentati dalle coste della Scan- dinavia; per cui si è accertato che, mentre le coste della Norvegia nel golfo di Botnia s’inalzano di più di 1 metro per secolo, e vicino Stoccolma solo di mezzo metro e al suo mezzodì anche meno, nella punta meridionale della Scania il suolo si abbassa di circa m. 1,50 al secolo, come si deduce dal fatto, che ora parecchie foreste sono sommerse e parecchie strade delle città di Malmo, di Istad e Trelle- bourg sono sott’acqua. Si calcola che da’ tempi di Linneo il mare si sia avanzato verso terra di circa 30 metri. Fatti simili a questi delle coste orientali e meridionali della penisola scandinava si sono osservati in tutte le regioni del globo, 0) Marinelli G. La terra. Trattato popolare di Geografia universale, Milano, dott. G. Yallardi. Voi. I, pag. 523. 120 G. Antonelli in vicinanza de’ mari assai meglio che nell'interno de’ continenti, perchè, presso i bacini di acqua, i movimenti sono indicati dallo spostamento delle linee di spiaggia; per cui a seconda che il mo- vimento si compie dall’alto in basso, o dal basso in alto la linea di spiaggia si avanza dentro terra o se ne allontana. I movi- menti però, che affettano una data regione, non sono sempre di- retti soltanto secondo una stessa direzione, cioè di solo abbassa- mento o di solo inalzamento-; ma possono essere soggetti ad un abbassamento capace, per es., di raggiungere un minimum , cui tenga dietro un inalzamento, che raggiungerà un maximum , per ripren- dere poi la fase o periodo di abbassamento e così di seguito. In questo caso il suolo è animato da un movimento di altalena. Tale sarebbe, ad esempio, il movimento delle colonne del famoso tempio di Giove Serapide a Pozzuoli presso Napoli. Il prof. A. Issel ha raccolto una grande quantità di fatti riguardanti questi fenomeni, tanto preistorici quanto storici in un suo libro, che si può consi- derare come l’opera migliore su questo proposito ('). Anche l'Italia presenta, in diversi luoghi, parecchi esempi di questo fenomeno. Giova ricordare la storia delle paludi Pontine, coni’ è riferita dallTssel. In Toscana, nel Lazio e nella Campania, al generale sollevamento postpliocenico avrebbe seguito un lento deprimersi del suolo, per cui tino al declinare del quaternario, la regione, occupata dalle paludi suddette, sarebbe stata invasa dal mare ; poi si sarebbe trasformata in paludi, finché un lento solle- vamento avrebbe ridotto quelle paludi in terreno asciutto, col- tivabile e abitato; e non fu se non verso il secolo IV di Poma che avrebbero subito un principio di abbassamento, per cui sareb- bero ridiventate acquitrinose e malsane, come sono attualmente. Le coste occidentali della Calabria e quelle della Sicilia, al con- trario, si sollevano, per quanto si sa, in epoche storiche. Nella Pro- venza e nel Genovesato, secondo l’Issel, vi sono indizi certi di un inalzamento preistorico postpliocenico, cui avrebbe tenuto dietro un lento abbassamento ne’tempi storici. Infatti, presso Bergegi (Riv. di ponente), trovasi una grotta scavata dal mare, in cui le pareti e la volta sono state forate C) Issel A. Le oscillazioni lente del suolo o bradisismi : saggio di geologia storica. Genova, 1883. 121 Bradisismi di una parte della costa adriatica da un mollusco marino, che scava de’ fori nelle rocce calcaree, cioè il Lithodomus lithophagus ; questi fori trovansi ora a circa 6 m. sul livello del mare. 11 fondo della grotta è formato da uno strato archeologico , cioè da uno strato di carboni frammentati e ossa spezzate, cementate da concrezioni calcaree. Nell’interno poi della grotta si rinvennero, a circa 2m, e 2m. 50 sul livello marino, alcuni scheletri umani con avanzi di pasti e con conchiglie forate. Per po- tere spiegare questi fatti, è necessario che la costa di Bergegi si sia sollevata dal’mare fino all’altezza di 6 m. circa, come l’attestano i litofagi, che vivono presso la superficie del mare, e che ne hanno forate le pareti e la volta ; che dopo il sollevamento, l'uomo abitò la grotta, e si formò lo strato ossifero; poi la grotta si abbassò almeno per due metri, perchè altrimenti, quando si formò lo strato suddetto, le onde del mare avrebbe portato via tutti quei detriti nel tempo necessario prima che fossero cementati dalle concrezioni calcaree (1). E noto pure da molto tempo, che anche le coste dell’Adriatico sono soggette a questi lenti movimenti, e più precisamente ne’ tempi storici sono in via di abbassamento. Questo risulta dal fatto, che, presso Venezia, si sono trovati avanzi di costruzioni romane ora sommerse, mentre dovevano essere state fabbricate all’ asciutto. Simil- mente, in occasione di un pozzo artesiano, fatto nel giardino pub- blico della stessa città fino alla profondità di 85 metri, s’ incon- trarono de’ depositi fluviali e numerosi strati di torba. Da appositi calcoli istituiti risulterebbe, che l’abbassamento di questa regione sia compreso tra m. 0,038 e m. 0,14 per secolo. In egual maniera si comportano le coste dell’ Istria e della Dalmazia, il cui periodo di abbassamento avrebbe cominciato dopo l’epoca glaciale e segui- terebbe ancora, e le coste orientali della Capitanata (2). Questo credo che sia tutto quello che si sa di positivo fino ad oggi de’ bradisismi dello coste dell'Italia, avvenuti principalmente nei tempi storici. Quando si percorrono le regioni situate a una certa distanza dalla costa adriatica, specialmente nelle Marche, si sente unanime- C) Questi fatti sono riportati dal Marinelli, op. cit. pag. 524 e 255. dove vedesi anche una sezione verticale della grotta di Bergegi tolta daH’Issel, (2) Marinelli, op. cit. pag. 526. 122 G. Antonelli mente dire da persone vecchie degne di fede, che vi sono de’ luoghi, dove, a’ loro tempi, non si vedeva affatto il mare o assai poco; e che questo cominciò a vedersi solo un po’ alla volta. Io, andando dietro a tali voci, che, ripeto, sono comuni ne’ nostri paesi, ho rac- colto de’fatti e de’ documenti, che dimostrerebbero, che quella parte della costa adriatica, che si estende forse da Ancona lino molto al disotto del porto di Recanati, attualmente è in via di un forte abbassamento, il quale pare sia stato preceduto da un solleva- mento relativamente recente, di cui credo avere indizi sufficienti per affermarlo. Tutti i vecchi di circa 60 o 70 anni di età di Osimo, da me interrogati sull’estensione del mare Adriatico, che dalla città vede- vasi a’ loro tempi, cioè 30 o 40 anni addietro, mi hanno dato sempre la medesima risposta: e cioè che allora il mare non vede- vasi affatto a nord del monte Conero, che, secondo la carta topo- grafica di questa regione del Genio militare, è alto 572 m. sul livello marino, perchè vi erano le colline, che si estendono tra il lido e Osimo, che ne impedivano la vista; e similmente a sud dello stesso monte, cioè verso il porto di Recanati, il mare vedevasi solo in forma di una striscia corta e stretta fino a Castelfidardo, che, secondo il De Bosis è alto 212 m. (*), e a destra di questo paese? guardando sempre da Osimo, il mare non vedevasi affatto. In questa ultima direzione il mare cominciò ad apparire a poco a poco, mentre si vedeva aumentare la zona, che già era visibile, tra il m. Conero e Castelfidardo; e fu solo verso il 1845 o 1850 che le due zone di mare, ai lati di Castelfidardo si estesero tanto e si allargarono, che tutta la città di Castelfidardo ora si proietta sul mare, ad eccezione della estrema punta della torre maggiore dello stesso luogo. Circa lo stesso tempo apparve il mare anche al nord del Conero in forma di una striscia sottile. D’allora in poi il mare cominciò a vedersi da Osimo in maggior quantità, ed attualmente forma una zona assai grande che, va dal m. Conero molto al di sotto del porto di Recanati verso sud e dallo stesso monte fiuo verso m. Acuto e forse più oltre dalla parte di Nord. Il 21 di settembre del 1888 feci un’ escursione col mio amico dott. F. Fanesi al m. Cerno (alto 280 m.) e volli interrogare a questo C) De Bosis Francesco, La esposizione ampelografica ecc. pag. 34. Bradisismi di una parte della costa adriatica 123 proposito un contadino di 68 anni di età e che fin dall’età di 7 anni abitava in quel luogo. Egli mi assicurò, che, quando era ragazzo, da quel monte, a nord del Conero, il mare si vedeva po- chissimo, e che, dal lato di Loreto, esso appariva in forma di una striscia fino alla direzione di Castelfidardo ; e, a’tempi suoi, della città di Loreto si vedeva appena il vertice della cupola del San- tuario, mentre ora si vede quasi tutta la città. Quel contadino spie- gava questo fatto col dire che Castelfidardo si era abbassato. Lo stesso fatto viene riferito dal De Bosis nel modo seguente : « salito alla sommità della Rocca di Olfagna (paese situato a nord-est di Osimo a pochi chilometri di distanza da questa città) , mi dice- vano ricordare i vecchi, che di là un tempo non vede vasi Loreto; osservando da Montesicuro spuntare Ancona fra due colli, asseri- vano che un giorno non potevasi scoprire. Altre simili notizie io ebbi in altri punti del territorio, che portano a quella generale conclu- sione, dell’essere state cioè per dilavamento di pioggia, trascinate nelle valli le terre delle colline ('). Un fatto dello stesso genere e che riguarda il lido adriatico viene riportato da’ PP. Maire e Boscovich del 1752, e che credo sia il più antico che si conosca. Essi lo raccolsero da molte persone degne di fede nel viaggio, che fecero negli Stati della Chiesa per misurare due gradi del meridiano e correggere le Carte dello Stato ecclesiastico. Essi lo raccontano con queste parole : « En allant de « St. Mariti à Penna, nous passàmes à San Leo , où l’on voit un « fort ou citadelle d’une situation admirable, à la cime d'un rocher « escarpé .... Assez près de la citadelle est une petite maison de « paysans, située dans un fond; des vieillards très-dignes de fois « racontent que dans leur enfance l’ombre d’un des angles du fort « attegnoit à midi, dans l’un des solstices, le seuil de la porte « de cette maison, et qu’avec le temps elle s’en étoit écartée peu « à peu, jusque là que l’ ombre d’un autre angle, fort eloignée du « premier, parvenoit presqu’au méme point, dans le méme temps « de l’année ; ce qui ne peut ótre arrivò que par un changement « de position, ou dans le sol de la maison, ou dans la roche sur t1) De Bosis Fr. Il Gabinetto di scienze naturali ecc. pag. 103. — Offagna, secondo la carta topografica del Genio militare per la provincia di Ancona, è a 289 m. sul mare. 124 G. Antonelli « laquelle est Mtie la citadelle. Ce n’est pas le seni fait de ce « genre dont nous ayons eu connaissance ; il y en a des exemples * en plus d'un endroit; souvent des persounes nous ont assuré qu’on « decouvre aujourd'hui, et d’un assez grand espace de terrain, « d'autres lieux qui, de leur vivant, ou du vivant de leurs pères, « étaient couverts par une colline, quoiqu’il y ait sur cette colline « des édifices : ce qui fait voir que le phénomène ne doit point * s’attribuer à un éboulement de terres cause par le labourage et « et par les pluies. La terre s’élève en certains endroits; en d’autres « elle s’atfaisse peu à peu * (1). Più volte a questo proposito sono andato al porto di Recanati e ho chiesto informazioni a parecchie persone native del luogo, dove erano state sempre e tutte mi hanno egualmente assicurato, che, qualche decina d’anni addietro, il mare era assai più lontano che ora, e che ha cominciato da poco tempo a invadere sempre più il suolo. Anzi mi fu indicata una casa, che fu costruita sulla spiag- gia a parecchi metri di distanza dal mare e che, fino a circa IO anni fa, era abitata. Ora questa casa è stata abbandonata, perchè il mare, avanzandosi, la minacciava; di essa non restano che i tre muri esterni, perchè quello volto al mare è stato demolito in gran parte. Dalle notizie, che ho potuto raccogliere, pare che la pro- vincia relativa, temendo maggiore avanzamento del mare, voglia costruirvi una specie di banchina. Alcuni abitanti del porto spie- gano questo fatto col supporre che le onde del mare, nel ritirarsi dalla terra, trasportino i materiali della spiaggia, per cui il mare deve avanzarsi. Dalla strada carrozzabile poi fino al mare, il suolo del porto è formato di sabbia mobile sparsa di ciottoli, presso l’acqua, per qualche centinaia di metri di distanza. Tali sono i fatti, che ho potuto riunire a questo proposito. Per spiegare questi fenomeni or ora ricordati, non si può ricor- rere al lavaggio operato dalle acque piovane sui colli, per cui avreb- bero asportato parte del terreno superficiale nelle bassure, come pensano il De Bosis e molti del popolo, che vogliono dare una spie- gazione di tal fatto. Imperocché, mettendo anche da parte che feno- meni identici si ripetono anche in molti luoghi, in cui evidente- t1) Maire et Boscovich. Voyage astronomique et géograpliique dans l'état de l'Eglise etc. Paris, 1770, pag. 97 o seg. 125 Bradisismi di una 'parte della costa adriatica mente il mare si avanza o si allontana dalla costa, è assolutamente impossibile, che le acque piovane abbiano potuto asportare in pochi anni tanto materiale da’ colli da abbassarli di una quantità così grande, coni’ è il caso di Castelfidardo rispetto a Osimo, di Loreto rispetto al monte Cerno e di Ancona rispetto a M. Sicuro. Il dila- vamento può aver importanza, finché si tratta di campagna, dove il terreno è mobile e dove è difficile avere punti sicuri di riferimento. Questo però non si può ammettere nel caso di un paese, per la ragione che si manifesterebbe un cambiamento di livello nelle strade a fondo artificiale della città, le quali restano costanti. E come si potrebbe realmente concedere, che le acque portassero via la terra da sotto alle fondamenta delle case e da sotto alle strade selciate ? Nè si può ammettere che il mare si avanzi, perchè l’onda di ritiro dalla spiaggia riassorbe, dirò così, i materiali detritici, che prima vi aveva deposto nella sua corsa contro la spiaggia. E la ragione, come si sa, è, che, in questo caso, bisognerebbe, che l’onda di ritiro avesse una forza assai maggiore di quella, con cui invade la spiaggia. Questo è contrario alla natura dell’onda e alla distri- buzione de’ detriti sul lido. È noto infatti, come i materiali de- tritici di una spiaggia tanto di un lago, come di un mare, non si dispongono a caso, ma la loro disposizione dipende dall'indole dell’onda, giacché: 1° ogni ciottolo è soggetto a due forze agenti in senso contrario, e cioè ad una che tende a spingerlo verso la costa, quando l’onda la invade; a un’altra che tende a trascinarlo nel mare, quando si ritira; 2° delle due forze, assai maggiore è quella dell’onda invadente; 3° l’onda, che si ritira e dotata di minore forza, non trascina con sè che il materiale più fino. Per queste ragioni l’onda innalza sulle spiaggie delle specie di cordoni di ciottoli discoidali, cui tien dietro, dal lato del mare, la sabbia assai minuta rispetto ai ciottoli. A questo si aggiunga che l’Adria- tico di rado è soggetto a forti tempeste, che potrebbero essere capaci di sbarazzare dalla spiaggia molto detrito ; mentre si sa che è un mare, che, per la sua strettezza è più o meno calmo e tranquillo ; il che dovrebbe aumentare il depositarsi de’ materiali sulla spiag- gia ; la qual cosa è contraria ai fatti esposti. L’abbassamento della spiaggia del Porto di Recanati non si può valutare con precisione ; ma certamente è molto grande, quando si pensi che la torre mag- 126 G. Antonelli giore di Castelfidardo, alta da’ 25 ai 30 m., si proietta per non meno di 23 m. nel mare, e che quattro o cinque decine d’anni addietro il mare a sud di Castelfidardo non vedevasi affatto, no- nostante vi fosse vicina una valle, il cui fondo, sempre guardato da Osimo, è più basso della base della torre stessa. Sicché non si va molto lontani dal vero, quando si ritenga, che quest'abbassa- mento, calcolato da Osimo, sia superiore ai 25 metri. Ora questo bradisismo è eccezionalmente grande; e quando questo fenomeno affettasse in egual misura la spiaggia suddetta e il colle di Ca- stelfìdardo in discorso, avrebbe dovuto tutto il Porto essere som- merso. Perciò, per rendersi conto di questo fenomeno così importante, non si può escludere l’ idea, che, mentre il mare presso il Porto di Recanati s’avanza realmente, per un abbassamento del suolo, come pure si abbassa Castelfidardo, il M. Comero, su cui si alza Osimo, si sia sollevato e seguiti anche presentemente a sollevarsi. Questo abbassamento è pienamente simile a quello riferito dal prof. Stoppani, e che risguarda la vista del mare da Volterra ('). Egli dice che verso il principio di questo secolo da Volterra non vedevasi il mare guardando verso sud-est, perchè vi s’interponevano le colline di Guardistallo e Montescudajo. Solo verso il 1830 co- minciarono ad apparire due zone di mare traverso due selle delle colline nominate; finché più tardi le due zone si congiunsero in- sieme, formando una striscia assai grande e lunga. Attualmente comincia a mostrarsi anche un altro segmento di mare verso sud, dove prima non esisteva. Egli poi spiega questo fatto, ammettendo che, al di sotto delle colline di Guardistallo e Montescudajo, si siano formate grandi cavità, prodotte dai soffioni boraciferi, che avrebbero portato al- l’esterno molti liquidi e minerali, per cui in questo secolo le dette colline si sarebbero abbassate. Anche nel Giura, si sono costatati fatti dell’identico genere. Invero il Girardat ha dimostrato come alcuni villaggi dapprima in- visibili in alcuni luoghi al principio del secolo e anche trenta o quarantanni addietro, ora sono diventati pienamente visibili. Dap- prima cominciarono a vedersi i tetti e poi le mura, come avvenne (>) Aili della Soc. ital. di se. nat. voi. XXVII, pag. 72. È riportato questo fatto anche dal Marinelli nell’op. cit. a pag. 527. Bradisismi di una parte della costa adriatica 127 de’ villaggi di Doucier e di Marigny, presso il lago Chatain e altrove ('). Altri fatti simili sono avvenuti a Jena, come riportano il Kahle (2) e il Pfeiffer (3). Questi bradisismi avvengono con grande lentezza : e se l’occhio non può avvertirli giorno per giorno o anno per anno, talvolta si danno de’casi, per cui sono avvertiti ; come sarebbero gli strumenti di precisione, che subiscono per essi degli spostamenti. Così è acca- duto, per citare un esempio forse non troppo noto, pel cannocchiale meridiano dell’Osservatorio di Neufchatel , coni’ è narrato dal- l’Hirsch (4). « En premier lieu, dice il giornale che lo riferisce, la « lunette méridienne est affectée en azimut d’un mouvement oscilla- « toire assez régulier. Pendant les mois d’hiver, septembre-fevrier, « elle se meut de l’O. par le S. à l’E. de 38", 2 en moyenne, et pen- « dant Ics mois d’été, mars-aoùt, elle se meut en sens invers (E-S-O) “ à peu près de la méme quantité moveune, soit de 39", 8. — En « second lieu, l’axe de la lunette s’incline continuellement ìi l'ouest (!) Questi fatti si leggono nella Nature, Journal of Science, voi. 25, pag. 471, di cui mi piace riportare l’intero passo. : « Movements of thè ground « appear to be now going in thè Jura. AI. Girardat has lately pointed out « that flie yillages were invisiblc to eacli other at thè beginning of thè cen- ci tures, and even thirty to forty years ago, are now visible. First thè roofs u appeared, then (in part) thè walls. Such is thè case witli thè yillages of « Doucier and Marigny, near Labe Chatain. Important clianges liaye heen « observed even within thè years ». (2) Ilóhenànderungen in der Umgegende von Jena. (3) Zur Erklàrung der Ilóhenànderungen. — Questi due lavori sono citati nel giornale: Petermans Mittheilungen ausJustus Perther geographischer Anstalt, voi. 33, anno 18S7, L, pag. 97. — Il giornale poi aggiunge: In molti casi poteva essere constatato per mezzo di testimonianze, che in pa- recchi punti divenivano visibili paesi, case, monti, ecc., i quali qualche decina d’anni fa non si vedevano e senza che fra i rispettivi punti siano stati abbattuti de’ boschi. Ivahle spiega questo fenomeno con cangiamenti tettonici, mentre Pfeiffer lo mette in relazione coi giacimenti di gesso e di anidrite. Nell’interno de’ monti, secondo Pfeiffer, l’anidrite si trasforma lentamente in gesso, il che produce un aumento di volume e quindi anche un inalzamento; nel pendio delle valli questa trasformazione è già compiuta; il gesso viene asportato per lavamento e ciò è causa degli abbassamenti. (4) Kirsch, Sur les mouvements da sol constatés à V Observatoire de Neufcliàtel, in Archivi di Ginevra. Serie 3a, voi. X, pag. 173. 128 G. Antonellì « d’ime quantité variatile chaque année, mais toujours dans ce méme « sens et en moyenne de 23", 9 par année. Dans le courant des 23 « années d’observation, ce mouvement en inclinaison s'est accumulé à « la somme de 9' 9", 7 correspondant à 2mm, 93, dont le pilier ouest « s’est abaissé; ce qui a force M. Hirsch à surélever de quelques « millimètres la plaque de fond du coussinet Occidental ». L’Hirsch spiega poi questi movimenti, col supporre che i due lati della collina di Mail, su cui è fondato l’Osservatorio, essendo quello verso sud coperto di vigne, e quello verso nord coperto di foreste, si riscaldino disugualmente e disugualmente si raffreddino; e per spiegare l’inclinazione dell’asse del cannocchiale verso W. di 23", 9 all’anno, ammette uno spostamento negli strati geologici della col- lina stessa, simili a quelli osservati a Berlino, Sécheron ecc.; mentre il Faye spiega questi stessi movimenti col supporre che gli strati calcarei giuresi della collina di Mail, che riposano su strati marnosi, per effetto dell’acqua d’infiltrazione, possano scivolare sulle marne sottoposte, se essi sono inclinati, o si abbassino lentamente se dalle acque viene asportata un po’ di marna (’). Ritornando ora ai bradisismi della costa adriatica in questione, e principalmente del Porto di Recanati, pare che, per il passato, essa sia stata soggetta anche ad un movimento di inalzamento. Alcune persone da me interrogate del porto di Recanati mi hanno assicurato, di aver sentito riferire da’ loro vecchi, che molto anti- camente le acque dell’Adriatico, nel porto suddetto, si erano spinte molto dentro il porto ora asciutto. Volli recarmi il marzo scorso a Recanati per vedere di potere avere qualche notizia più positiva su questo proposito ; e pregai il eh. sig. don Clemente Benedettucci, che si occupasse di cercare nelle memorie e ne’frammenti di storia della città e del Porto di Recanati, di cui ha una splendida colle- (x) Faye, Sur les mouvements du sol de V Observatoire de Neufchdtel, in Comptes Kend. voi. XCVI, pag. 1757. — Alcune di queste notizie mi furono comunicate gentilmente dal eh. prof. F. Keller. — Il Sacco poi ritiene che i fenomeni altimetrici, che si osservano nell’interno di continenti siano dovuti a scivolamenti di rocce sopra altre per effetto dell’acqua, e all’asportazione di materiale della superficie per effetto delle piogge. La quale ultima causa di abbassamento, se vale per alcuni luoghi particolari, non si può rendere gene- rale (Sacco, Des phénomèncs altimetriques observés dans V inter ieur des con- tinents. Bull. Soc. gcol. de Franco 1885-80, voi. XIV, pag. 128J. 129 Bradisismi di una parte della costa adriatica zìone, se vi trovasse ricordato quanto si asseriva da alcuni. Egli però non riuscì a trovare nulla. Però ebbe la felice idea di rivol- gersi al eh. sig. Pietro Morici, che è l’unico che si è occupato della storia di Recanati e del porto, e molto ha pubblicato a proposito. Egli si è compiaciuto di rispondere con una lettera al Benedettucci, che, dietro permesso spontaneamente concessomi, sotto trascrivo, da cui apparisce, che realmente egli ricorda di aver pub- blicato che anticamente il mare, nel porto, si fosse molto avanzato dentro terra; e che tale notizia l'aveva raccolta anche da persone1 vecchissime. Però non ricorda nè dove, nè quando pubblicasse tale notizia; afferma però di non aversela inventata (’). Dopo avute queste notizie, ho voluto di nuovo pregare il sullo- dato sig. don Clemente Benedettucci, affinchè presso la famiglia del sig. conte G. Leopardi, che possiede la ricca biblioteca di Monaldo e del sommo Poeta recanatese, vedesse, se gli venisse fatto di avere notizie più precise e positive. Con una lettera in data del 21 maggio, , C) Ecco la lettera, comunicatami dal Benedettucci, a cui qui rendo lò più sentite grazie : Becanati, il 14 marzo 1890. Prestino don Clemente Bicordo assai confusamente che molti anni indietro in qualche fram- mento di storia recanatese indicassi che anticamente nel Porto di Becanati il mare giungesse a lambire le colline, nelle quali sono le case coloniche di S. Casa, il casino del conte Della Torre ecc., e che ritiratosi il mare, nel ri- piano lasciato ora coltivato ed ubertoso, c dove pure fu costruito il Castello, si trovassero in un tempo nelle escavazioni il fondo di sabbia ed alcuni pesci petrificati. Ma non ricordo in qual giornale e quando pubblicassi tale notizia e d’onde l’avessi desunta. Certo perù non è mia invenzione. Per quanto mi consente la memoria indebolita dalla età, ho una remi- niscenza ma assai vaga, che in età di 10 o 12 anni trovandomi nel porto con mio padre in casa del sig. Crispino Yalentini, già vecchissimo, egli accen- nasse a quel fatto o a qualche cosa di simile; e che in me, sebbene fan- ciullo, ma curioso, lasciasse un’ impressione. Ma potrebb’essere che avessi tratta tale notizia da altra fonte. Ho rovistato i molti scartafacci, zibaldoni, e fogli volanti, che conservo della storia recanatese, ed anche alcune copie di documenti autenticati dal mio avolo segretario Comunale nel 1807; ma non sono riuscito a trovar nulla. Mi confermo con stima ed amicizia V. aff. obbbìo Pietro Morici. 9 130 G. Antonelli il sig. Benedettucci mi comunica che ha saputo, dietro apposite in- terrogazioni, dal sig. conte G. Leopardi, che è costante tradizione, conservatasi in sua casa, che ai tempi di Leone X (1513-1521), quando costruivasi il porto di Recanati, il mare era molto più prossimo al castello, che non sia ora; e che dal quel tempo in poi si veritìcò un periodo di ritiro, che forse ha durato fino a' principi del nostro secolo. Questo si può inoltre dedurre dal fatto, che ne’ paesi un po’ lontani dal mare non si ha alcun documento per ritenere che il mare fosse visibile, come lo è attualmente; anzi si raccoglie il contrario. A ciò uon si deve però obbiettare che a S. Ciriaco d’An- cona, al monte Conero, a Numana e Sirolo, che si trovano sulla stessa spiaggia, il mare si è sempre avvanzato e si avvanza conti- nuamente; perchè in questi luoghi le onde del mare flagellano sempre contro la spiaggia, formata di calcari compatti, per lo più giuresi, tagliati a picco talvolta per qualche centinaio di metri sul livello marino, li scalzano alla base e ne fanno cadere grandi masse, che emergono in forma di scogli dall’acqua presso il lido suindi- cato e che l’acqua poi a poco a poco corrode. La spiaggia inoltre dal Porto di Numana fino sotto a S. Elpidio è formata da un piano sabbioso pochissimo inclinato. Che vi sia stato un periodo di avanzamento dell'Adriatico ne’ luoghi in discorso anteriore all’attuale, si desume anche da ciò, che l’antica città di Potentia , situata alla foce del fiume omo- nimo, poco lungi dal Porto di Recanati, ora è completamente scomparsa sottacqua. Anzi mi hanno pure assicurato, che quivi si vedono anche oggi i ruderi sul fondo del mare. Presso il Porto di Civitanova al contrario è certo, che il mare si allontana dalla spiaggia. Questo fatto è dovuto indubbiamente al fiume Chienti, uno dei più importanti corsi di acqua delle nostre parti dall’Esino in giù, il quale porta al mare, specialmente d'inverno, una grande quantità di sabbia, di ciottoli e detriti d’ogni specie, che depone alla foce, e che l’onda del mare distribuisce sulla spiaggia, dando così l’apparenza del ritirarsi del mare. Ai fatti suaccennati si può aggiungere il seguente. Il chia- rissimo sig. Benedettucci, mi accerta, che nell’Archivio comunale di Recanati esistono alcuni volumi delle deliberazioni consigliati, detti Annali , da cui risulta, che il municipio di Recanati fece enormi spese per l’escavazione e costruzione di un porto canale, sul finire 101 Il Bradisismi di una parte della costa ad.riatica del secolo XV e sul principio del secolo XYI, per impedire l’in- vasione sempre crescente del mare. Di questi lavori, durati molti anni e che han portato tante spese, non si ha ora più alcuna traccia, perchè ingoiati dal mare o seppelliti sotto i sedimenti dal mare stesso. Da questo che ho precedentemente esposto mi pare poter de- durre : 1° che nel secolo XY o XYI, vi fu un lento abbassamento della spiaggia del Porto di Recanati, per cui il mare, l’invase fino al Castello ; 2° che a questo periodo ne tenne dietro uno di solleva- mento, durato fino al principio di questo secolo, per cui il mare si ritirò dalla spiaggia; 3° che attualmente la spiaggia è entrata da circa una cinquantina d’anni in un periodo di abbassamento; Osimo stesso potrebbe essere attualmente in via d’inalzamento. Tali sono le notizie che ho potuto raccogliere su’ bradisismi di questa porzione di costa adriatica, che io credo si debbano avverare anche su altri luoghi della costa stessa. In quanto alle cause, che producono questi cambiamenti della linea di spiaggia, per ora non potrei dire nulla, essendo questa una questione molto discussa e in gran parte ancora molto oscura, se si prescinde da quei bradisismi, che si collegano con regioni vulcaniche e che trovano la loro spiegazione nell’attività endogena della terra. G. Antonelli. RADIOLARIE NEI NODULI SELCIOSI DEL CALCARE GIURESE DI CITTIGLIO PRESSO LAYENO (Con sci tavole). A sud del torrente Boesio, che dalla Valeuvia scende a La- veno per mettere foce nel Yerbano, non affiorano terreni più antichi del calcare nero del Lias inferiore, come si rileva dalla carta geo- logica di questa regione (Yaltravaglia e Valeuvia) pubblicata dal prof. Taramelli ('). La serie stratigrafica è specialmente manifesta nella sinclinale del monte di Sangiano (m. 541), il cui asse è diretto da nord-est a sud-ovest, da S. Biagio a Sangiano. Forma base a questa montagna il calcare nero del Lias inferiore, che ne costituisce anche la vetta ed il suo fianco meridionale, mentre sul fianco settentrionale, da una parte verso Laveno e dall’altra verso G emonio, altre roccie si appoggiano sul calcare nero e cioè, la formazione dei calcari schistoso-arenacei e cerulei, fossiliferi in vari punti nelle vicinanze, con ammoniti in Yal Marianna e con filliti ( Otozamites ) sopra Varano, cui seguono altri strati mar- nosi, giallastri e rossicci, che probabilmente rappresentano il Lias superiore, mentre quelli sottostanti arenacei corrisponderebbero al Lias medio, od almeno ad un piano più antico del rosso ammo- niaco ad Ilildoceras bifrons (2). A questi strati ne succedono altri di calcari giallognoli e bianco-cinerei, i quali per la loro situa- zione rappresentano evidentemente la serie giurese, ciò che risulta del resto comprovato dal fatto, che nella vicina località di Bar- delio molti anni or sono il prof. Balsamo-Crivelli ebbe da queste (L T. Taramelli, Note geologiche sul bacino idrografico del Ticino. Boll. d. Soc. Geol. Ital., voi 4°, 1885. (2) C. P. Parona, Note paleontologiche sul Lias inferiore nelle Prcalpi lombarde. Rend. d. R. Ist. lombardo, pag 10, 1889. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. •1 OQ 1 OO stesse rocce le ammoniti, ora possedute dal Museo geologico pa- vese, clie più tardi il prof. Meneghini riconobbe spettante l’una al Eolcostephanus Groteanus Opp. e l'altra alla Oppelia Iracliy- nota Opp. E questa ima formazione di spessore assai limitato, al con- fronto col grande sviluppo della serie liasica lombarda e più an- cora coll'immenso sviluppo della serie ginrese nelle Alpi venete; essa fa poi passaggio al calcare bianco neocomiano, che sopra questo fianco settentrionale del monte Sangiano occupa l’asse della seconda sinclinale. La majolicci , come noi lombardi chiamiamo questo cal- care marmoreo e bianco, corrisponde litologicamente e cronologi- camente al biancone veneto: infatti essa, come il biancone , non rappresenta esclusivamente il neocomiano, ma deve comprendere gli strati giuresi più recenti : infatti presso Fraschirolo di Yalgana la maiolica non è altro che Diphyakalk , come fu dimostrato dai fossili quivi raccolti e che poi furono riconosciuti come titoniani dal Meneghini (’); ed il suo facies è quindi molto simile a quello dei t ito H' co bianco di Rovere di Telo e della valle del Brenta (2). Fra questi terreni, che formano la sinclinale del monte San- giano, la majolica si estende un po’ meno di quanto appare dalla citata carta geologica del prof. Taramelli; infatti essa si arresta poco oltre S. Biagio, mentre affiorano sopra più vasta area i terreni giuresi a calcari bianco-cinerei, che si spingono fino a raggiugere il torrente Boesio, di fronte alle Fracce di Cittiglio. Quivi appunto, quasi di fronte alla piccola stazione della ferrovia del nord (Milano- Laveno), da poco tempo venne aperta, nel così detto Sasso Pillino, una cava per trarne materiale per una fornace da calce forte. Il cal- care è di colore bianco-cinereo, non presenta fossili, salvo qualche raro e piccolo aptico e contiene in gran numero dei noduli di dimen- sioni diverse, dalla grossezza di una noce a quella del diametro di 30 a 35 centimetri e di aspetto del pari assai vario, a forma di cilindri schiacciati, di corpi digitati e prevalentemente ellissoidale o sub- p) Meneghini G. Fossili titoniani di Lombardia. Proc. verb. Soc. tose, se. nat., 1879. (2) Nicolis e Parona, Note stratigr. e p aleontolog . sul giura super, della prov. di Verona. Boll. d. Soc. geol. ita!., 1883, pag. 9. — Parona, Sopra alcuni fossili del biancone veneto. Atti d. R. Ist. veneto, 1890. 134 C. F. Parona sferica. Il calcare è minutamente fratturato e le suture sono ri- saldate poco tenacemente, sicché con molta facilità la roccia si rompe con frattura scagliosa. Secondo la classificazione delle facies geologiche proposta da Renevier, questa roccia avrebbe i caratteri di una formazione abissale con facies à chailles ('). Le prime notizie di questo giacimento ed i primi campioni dei noduli io li ebbi dall’amico ing. Molinari, insieme all’invito di esaminarli. E coll’esame microscopico io vi scopriva numero- sissime radiolarie, per singolare coincidenza nel tempo stesso in cui istituiva le stesse ricerche, con pari risultato, sul biancone di Solagna di Bassano e di Possagno. ★ * ¥ I noduli suddescritti sono calcareo-selciosi : essi presentano uno strato corticale con prevalenza di selce, la quale nell’ interno si isola e si concentra in piccoli arnioni ed in stràterelli di color bruno. Costantemente includono un nucleo centrale, costituito da ima corteccia selciosa, da una zona di calcite verde e spatica, e da una sostanza verde glauconiosa, con noduletti e granuli di pi- rite. L’esame microscopico di questi nuclei non ha rilevato niente di interessante nella loro costituzione ; poiché questa sostanza verde appare formata da granuli di calcite rilegati da materia terrosa verde. Sulle superficie di frattura dei noduli si osservano numero- sissimi e minutissimi granuli silicei, per lo più visibili soltanto col sussidio della lente e che all’ispezione microscopica risultano essere altrettante radiolarie. II calcare si fa bianchissimo e polverulento alla superficie per l'azione meteorica, che non risparmia nemmeno i noduli sel- ciosi inclusi, i quali si alterano, mutando il loro colore da grigio- scuro in bianco-giallastro, e diventano leggeri spugnosi per la perdita del calcare e per la alterazione della selce, pur conservando la loro forma : e, poiché essi meglio resistono alla erosione, fanno sporgenza sulle superfici denudate del calcare. La loro tenacità, maggiore di quelle del calcare, non li ha preservati dalla frattu- razione e, specialmente i più piccoli, presentano le tracce di spo- stamenti nelle loro parti in conseguenza di rotture, che furono di 0) M. E. Renevier, Les facies (jéologiques. Ardi, des Sciences phy. ei natur., 1884, Genève. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 135 poi risaldate. Indipendentemente dalla selce raccoltasi in concre- zioni e straterelli e piuttosto per effetto delle radiolarie di cui, come si disse, è zeppo, il calcare di questi noduli presenta una durezza maggiore di quella della roccia calcare che li include, la quale non contiene radiolarie od assai scarse e mal conservate. La presenza di noduli di varia natura entro terreni spettanti a diverse epoche non è al certo una cosa nuova e nemmeno è una novità il rinvenimento di radiolarie nei noduli stessi. Prima di me altri ve le rinvennero e fra questi recentemente il prof. Issel in noduli diasprigni, ricchi di manganese, dell’eocene di Cassagna in Liguria (*); noduli che l’egregio autore ritiene analoghi a molti di quelli, che si estraggono dagli alti fondi marini odierni e che l’esame microscopico dimostra costituiti dalla aggregazione di te- nuissimi organismi silicei. I noduli selciosi nel calcare sono poi assai frequenti nei terreni giuresi e più ancora in quelli della Creta, anche entro i confini di Lombardia; anzi il prof. Stoppaci (2) ricorda un caso, quasi identico al nostro, per la marna argillosa giurese di Adro e Trescorre. Questa roccia, oltre i letti ed i banchi irregolari assai fitti di selce nera, gialla, verde e rossa, contiene pure degli arnioni di selce a guisa di ciottoli, che presentano tutte le varietà di forma e contengono invariabilmente una cavità, con nocciolo di marna polverulenta. Nè mancarono ipotesi e discussioni sulla origine delle concre- zioni di varia natura contenute nelle rocce e ricordo una interes- sante Memoria pubblicata nel 1845 del sig. Virlet d’Aoust (3), nella quale egli fa un’esame critico delle idee sopra questo argo- mento esposte da molti autori e descrive numerosi esempi di for- mazioni con noduli, i quali sono da lui considerati quali effetti di fenomeni di spostamenti molecolari determinati da una forza elettro- chimica. Il prof. Stoppani (4) accetta questa spiegazione data dal (') A. Issel, Dei noduli a radiolarie di Cassagna e delle rocce silicee e manganesi fere che vi si connettono (Estr. d. Atti d. Soc. ligust. di se. nat. e geogr., voi. I), 1890, pag. 5. (2) A. Stoppani, Corso di Geologia. Milano, 1873, voi. Ili, pag. 484. (3) M. Virlet d’Aoust, Notes sur quelques fénomènes de déplacements moléculaires qui se sont opérés dans les roches postérieurement à leur dépòt. (Bull. d. 1. Soc. géol. de France, 1845, 2° sér., tom. deuxième, p. 198). (4) A. Stoppani, Corso di Geologia. 1873, voi. Ili, pag. 484. 186 G. F. Parona sig. Virlet e ritiene, che questa forza elettro-chimica sia suscitata dalla presenza e dalla influenza dalle sostanze organiche, riferen- dosi, in sostegno della sua opinione, alle scoperte di organismi nei depositi silicei per opera di Ehremberg e di Turpin ed appog- giandosi ad un lavoro dello stesso sig. Turpin sulla influenza degli organismi nella formazione della selce o stratificata o concrezio- nare ('). Contemporaneamente il prof. Bombicci (2) scriveva, che gli arnioni acquistano la forma affondata per dato e fatto delle azioni molecolari di concentrazione e che molto spesso le prime azioni attrattive, che si esercitano sulle particelle diffuse nei depositi e nei sedimenti ove poi si trovano gli arnioni, furono determinate dalla scomposizione di corpicciattoli organici, sparsi nei depo- siti stessi. Nè diversamente pensa De Lapparent, per il quale le concrezioni « résultent de séparations moléculaires qui s'opèrent avec le temps dans les pàtes hétérogènes encore molles et par suite des quelles les éléments de memo nature se concentrent en certains points déterminés. La présence de corps organiques en décomposi- tion est, en generai, favorable à ces sortes de concentrations, qui iendent aussi le plus souvent à se multiplier suivant les surfaces horizontales de dépót « (:j). La costituzione dei nuclei glauconiosi, che tutti i noduli sel- ciosi di Cittiglio contengono nella loro parte centrale, è tale da escludere eh’ essi si possano considerare come centro di aggrega- zione e come causa determinante la formazione dei noduli stessi; non è quindi il caso di ricercare delle analogie colle coproliti o cogli avanzi di pasti incrostati, nei quali il dott. Riist scoperse tanta ricchezza di radiolarie (*). Tali nuclei sono evidentemente prodotti secondari di secrezione, raccoltisi nel vano già formato i1) M. Turpin, Analyse et étude microscopique des di/férents corps organisés et autres corps de nature diverse qui peuvent accidcntcllement se trouver enveloppés dans la pàté translucide des silex. Conipt.-rend. 1837, toin. IV, pag. 304 e 351. (2) L. Bombicci, Corso di Mineralogia. 1873, voi. I, pag. 327. (3) De Lapparent, Traité de Geologie. 2° édit., 1885. pag. 685. (4) Biist, Beitràge sur Kenntniss der fossilen Radiolarien aus Gcsteinen der Jura (Palaeontogr., XXXI Bd.) 1885. — Beitràge sur Kenntniss der foss. lìadiol. a. Gest. der Kreid.e (Palaeontogr., XXXIV Bd.) 1888. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 137 in ciascun nodulo, per cause probabilmente simili a quelle, che determinarono le vacuità negli arnioni noti sotto il nome di oelìti. Ad ogni modo dobbiamo ritenere che a fenomeni di concen- trazione molecolare sono da attribuire questi noduli e che alla stessa concrezione silicea devesi la conservazione delle radiolarie. Lo scheletro siliceo di questi organismi resiste ad azioni moleco- lari anche profonde ed il prof. Issel (') ci ha ultimamente edotti di un caso interessantissimo, quale è quello di radiolarie contenute nei cristalli di albite del calcefiro terziario di Ilovegno in vai di Trebbia e prima di lui il sig. Waters ebbe a riscontrare delle radiolarie in un calcare, probabilmente triasico, a grossi grani cristallini irregolari delle Alpi vodesi (2). Raccolti nelle concrezioni e difesi dalla corteccia selcioso-cal- carea, di cui esse sono rivestite, questi rizopodi hanno potuto sfug- gire ai fenomeni di dissoluzione, coi quali soltanto mi pare si possa spiegare la scomparsa quasi totale delle radiolarie nella massa della roccia calcare includente i noduli. Poiché, occorre appena il dirlo, non ò supponibile che sia originaria questa accumulazione di avanzi organici, microscopici e silicei, in arnioni, in coproliti, od in modelli interni di ammoniti, isolati in un ambiente, nel quale gli stessi organismi mancano adatto o sono assai rari. Sembrano quindi assai probabili le idee a questo proposito espresse nella recenzione fatta dal sig. Steinmann (3) della Memoria di Riist sulle radiolarie giuresi e cretacee. Se io ho ben compreso, per la conservazione delle radiolarie nelle antiche formazioni, pare si ritenga necessario il loro seppellimento mediante sostanze capaci di indurarsi prontamente e tali da non permettere alcun accesso ai mezzi solventi e che a tale effetto ha servito il gran numero di gusci silicei, che hanno appunto procurato la silice gelatinosa. t1) A. Issel, Radiolaires fossiles contenucs dans les cristaux fl'albitc. (Compì, remi, de l’Acad. de Sciences) 1890. — Il calcefiro fossilifero di Ro- vegno in vai di Trebbia. Ann. del Mns. civico di stor. natur. di Genova, ser. 2a, voi. IX, 1890. (2) A. Waters, Quclques roches des Alpes vaudoises étudiées au micro- sco;?c. Bnll. de la Soc. vaudoise des se. natur., 1880. 2e sor., voi. XVI, pag, 596. (3) Neues Jahrb. f. Min., Geol. u. Palaeont., 1886, I, pag. 361. 138 C. F. Parona Nè in modo diverso pensa il prof. Issel ( *), il quale ritiene che, se i diaspri, a differenza delle altre rocce che li accompagnano, sono incomparabilmente più ricchi di fossili microscopici, si è perchè la diasprizzazione, impregnando la roccia di silice e ren- dendola dura, tenace ed impermeabile, ebbe per effetto la conser- vazione degli organismi più minuti e delicati cui dava ricetto. Queste opinioni richiamano alla mente il fatto osservato da Prevost (2), che quando le selci della creta bianca sono molto pure, la creta stessa non contiene che una dose minima di materia silicea e che quando invece le selci sono impure la creta stessa è mista di selce; fanno pensare inoltre ai nostii calcari giuresi e cretacei, che in certi giacimenti presentano dei noduli selciosi, mentre altrove ne sono privi, così come in generale non serbano tracce di radiolarie, mentre altre volte ne contengono. Ora, poiché questi fatti non devono essere puramente accidentali, panni sarebbe interessante, per lo studio della origine dei noduli selciosi, di ve- rificare, se la quasi totale assenza di radiolarie nei calcari con noduli selciosi, quale io riscontrai nel giacimento di Cittiglio, si ripete in tutti i casi nei quali si verifichi questo stato di cose e se per converso mancano i noduli selciosi in quei calcari, i quali contengono uniformemente distribuiti questi organismi (3). Q) Issel, Dei noduli a radiolarie di Cassagna ecc, 1890, pag. 11. (2) C. Prevost, Osservaz. alla Memoria citata di M. Virlet (Bull. d. Soc. géol. de France) 1845, pag. 223. — Tedi anche in Stoppani, op. cit. pag. 485. (3) Per ora nulla di positivo si può dire a questo riguardo, perchè finora furono troppo scarse le ricerche microscopiche sulle rocce lombarde di sedimento. Quelle istituite fino ad oggi o non hanno condotto alla scoperta di radiolarie (M. Canavari, Studi microscopici sui calcari e sulle marne di alcuni lembi di Lias superiore dell'Italia media e settentrionale. Proc. verb. d. Soc. tose, di se. nat., 1880. — E. Mariani, Foraminiferi nel calcare cre- taceo del Costone di Gavarno in Valseriana. Bull. d. Soc. geol. ital., 1888) od accennano soltanto al rinvenimento di qualche traccia di questi rizopodi (D. Pantanelli, Note microlitologiche sopra i calcari. R. Acc. d. Lincei, 1882). Per parte mia ho già constatato indizi di radiolarie nei calcari, dello stesso orizzonte di quello di Cittiglio o di poco più recenti, dell’istmo di Briandronno presso il lago di Varese, di Calco in Brianza, e del Costone di Gavarno in Valseriana. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 139 Ma a questo punto m accorgo di avere, contro la mia abitu- dine, troppo a lungo insistito nella ricerca della spiegazione di un fatto e però mi arresto sopra questa via poco sicura, anche perchè mi sovvengo di quanto scrisse il prof. Pantanelli, allorché si trovò di fronte ad un quesito poco diverso dal mio; parole che qui mi piace ripetere, affinchè non si dubiti ch’io voglia attribuire importanza, maggiore di quella che meritano, alle considerazioni suggeritemi dall’ esame degli arnioni, che includono la bella fauna microscopica, cho sto per descrivere. Egli dice (’) « che le ipotesi per spiegare un fenomeno tutti possono farne, e varie, basta che sieno possibili e le possibilità nei fenomeni naturali sono sempre a danno della probabilità; del resto io ammetto le ipotesi in quanto che servono a classificare ed ordinare i fatti, quelle emesse per spiegare ad ogni costo un fenomeno qualunque ho sempre ripu- tate inutili se non dannose ». ★ -¥■ * Nello studio sistematico delle radiolarie da me distinte nei preparati per l’osservazione microscopica mi sono attenuto, come a modello, alle Memorie del dott. Riist, adottando la classifica- zione da lui seguita ed uniformando le mie alle sue descrizioni. Nuove essendo per me queste ricerche ed essendo anche, per cause indipendenti dalla mia volontà, limitate le mie cognizioni sulle radiolarie viventi, non ho potuto tener calcolo dei numerosi gusci, che mi si presentarono insufficientemente conservati, sicché non mi riusciva di riconoscervi quei più importanti caratteri di forma, per i quali soltanto avrei potuto formarmene una idea ed illustrarli colla diagnosi e colle figure. Nè mi sono avventurato, per gli stessi motivi, a proporre nuovi generi ; non ho trascurato per altro di accennare ai casi nei quali una nuova determinazione generica potrebbe essere giustificata. Ciò premesso raccolgo qui in elenco tutte le forme più avanti descritte e figurate. (>) D. Pantanelli, I diaspri della Toscana e i loro fossili. R. Acc. dei Lincei, 1880, pag. 30 dell’estratto. Ord. Spumellaria. — Sottord. Collodaria. Fam. Sphaerozoida. Sphaerozoum sp. Ord. Sphaerellaria. — Sottord. Spiiaeroide Fani. Li ospliaerida. Cenosphaera gregaria Riist « pacliyderma Riist * lacunosa Riist » f. ind. » minuscula n. f. » clathrala n. f. * liirta n. f. » ? f. ind. (cfr. C. cristata Riist) Conosphacra fossilis n. f. w antiqua n. f. Thecosphaera novemradiata n. f. Fam. Stylosphaerida. Xiphosphaera adunca n. f. * ac ideata n. f. Saturnali fossilis n. f. Stylosphaera lanceola n. f. « f. ind. Amphispliaera gratiosa n. f. Fam. Staur ospliaerida. Staurosphaera reticulata n. f. » micropora n. f. « aspera n. f. « septemporata n. f. S tauro lo nchidium robustu-m Riist n Molinarii n. f. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 141 Farri. Àstrosphaerida. Actinomma vetusta n. f. Cromyomma f. ind. Spongiomma cfr. malliaculeatum Duii. Sottord. P® UNOIDEA. Fani. Ellipsida. Genellipsis biaculeata n. f. « r elusa n. f. Fani. Druppulid a. Stylatractus f. n. Fam. Spongurida. Spongurus longaevus n. f. Sottord. Discoidea. Fani. Cenodiscida. Crucidiscus ? f. ind. Fam. Phaco disci da. Triactis Rùstii n. f. » curvispina n. f. IJeliodiscus ? f. ind. Fam. Cocco disci da. Trigonocyclia trigonum Kiist Fani. Porodiscida. Porodiscus cretaceus Rrist Xiphodictya a /finis n. f. Stylodictya cfr. longispinosa Riist Amphib vachimi acuminatimi n. f. i pugio n. f. » peregrinimi n. f. « ? f. n. 142 C. F. Pavana Dictyastrum lombardicum n. f. « speciosum n. f. » clavatum n. f. « glandi ferum n. f. » f. ind. Rhopalastrum f. ind. » cfr. tenebra Rust » f. ind. n ? spinosum n. f. Hagiastrum cfr. egregium Rust » nobile n. f. » humile n. f. » verbanum n. f. « nudum n. f. Fam. Spongodiscida. Spongolonche inaequispimta n. f. Spongotripus pauper Riist » bicornis n. f. » minutus n. f. Spongostaurus mirabilis n. f. Sjìongaster horridus n. f. Ord. Cyrtellaria. — Sottord. Spyroidea. Fani. Zygospvrida. Dictyospyris duplex n. f. Sottord. Botryoidea. Fam. Canno bot rida. Cannobolrys clava n. f. Sottord. Cyrtoidea. Fam. Cyrtocalpida. Archicapsa ficiformis n. f. » similis n f. fusus n. f. n Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 143 Archìcapsa bicauclata n. f. » minima n. f. Podocapsa Pantanellii n. f. « stella n. f. « bipoda n. f Sottord. Dicyrtida. Fam. Setkocyrtida. Sethocorys eepa Riist Sethocapsa aculeata n. f. » spinosa n. f. » cfr. cometa Pant. » ? Catharinae n. f. Cryptocapsa tricyclia Riist (?) Sottord. Tricyrtida. Fam. Podocyrtida. Lithochytris bipodium n. f. Fam. Tkeocyrtida. Theosyringium Amaliae Pant. » larva n. f. « lombardicum n. f. Theocapsa uterculus n. f. n sacculus n. f. Sottord. Sticiiocyrtida. Fam. Phormocampida. Stichophormis multicostata Ziti Fam. Lithocampida. Dictyomitra mitrala n f. » turritella n. f. » subconica n. f. * debilis n. f. 144 C. F. Parona Dictyomitra nassa n. f. » Boesii n. f. » f. ind. Litho campo llaeckelii Pant. sp. Stichocapsa globosa n. f. » obesa n. f. « verbana n. f. •> sp. (cfr. St. Grotti Eiist). Queste novautotto forme trovano quasi tutte il loro posto nei generi, che sono citati nelle tavole sistematiche dei radiolari me- sozoici, presentate dal sig. Eiist nella sua Memoria pubblicata nel 1885. Degli ordini Phaeodaria e Plectellaria , dei quali finora non si conoscono specie giuresi, mentre si conoscono nel Lias e nella Creta, io pure non trovai rappresentanti. Tutti gli altri ordini sono rap- presentati; mancano però talune famiglie ed infatti devo ricordare, nell’ordine Sphaerellaria la famiglia Gubosphaerida , per la quale finora si conosce nel mesozoico un solo genere con una sola specie nel Lias e nel Giura e la famiglia Cyphinìda della quale, giova ricordare, neanche il Eiist conosce specie del Giura-lias. Nell’ordine Cyrtellaria non troviamo le famiglie Tripocalpida e Pliaenocal- pida, le quali si trovano invece altrove tanto nel Lias come nel Giura; nè troviamo generi spettanti alle famiglie Tripocyrtida o Anthocyrtida , che invero, anche dalle tavole sistematiche sopraci- tate, non risulterebbero più antiche del Gault. I generi da me constatati non sono al certo così numerosi come quelli riscontrati dal dott. Eiist nelle sue indagini sopra un materiale assai vario e proveniente da diverse rocce di diversi orizzonti. Salvo poche eccezioni,, sono generi citati nel suo elenco e per essi la fauna di Cittiglio presenta una comunanza di tipi giuresi e cretacei ; il quale risultato, se non erro, corrisponde a quello che si ottenne collo, studio delle faune a radiolarie di altre località giuresi e cretacee. È degno di rimarco la mancanza o, per esprimermi più esat- tamente, il mancato rinvenimento di parecchi generi, quali Carpo- sphaera, Tripilidium, Cyrtocalpis, DictyocephaWs, Eucyrtidium, SiphocampCj che altrove nel Giura furono riscontrati con una 145 Radiolarie nei noduli selciosi ecc. certa frequenza. Posso invece ricordare i generi Amphisphaera , Cromyomma, Spongolonche , Spongotripus J Spongostaurus J Di- ctyospyris, che finora non erano stati rinvenuti in giacimenti più antichi del cretaceo. I generi del mio elenco, che non trovo citati nella tabella sistematica di Rùst, sono soltanto tre; Saturnali s Actinomma e Crucidiscus. Il primo ed il secondo sono viventi e si trovano allo stato fossile anche nel terziario; del terzo non si conoscono forme fossili e nemmeno io posso dare come sicura la determinazione generica dell’unicà forma imperfettamente nota. Sono specialmente ricchi di forme i generi Cenosphciera J Stauro- sphaera , Dicty asirim, Ilagiastrum, Archi capsa e Dictyomitra . Poche sono quelle sicuramente riferibili a specie già note ed in generale si osserva, che le radiolarie dei noduli di Cittiglio sono sensibilmente più piccole delle congeneri descritte da Rùst, pur pre- sentando forme più massicce e di ornamentazione più semplice in confronto di quanto si osserva nelle specie viventi; ciò che è già stato rimarcato nelle radiolarie giuresi. La diversità grande nelle dimensioni mi ha in parecchi casi impedito di identificare con si- curezza certe forme con specie descritte e figurate da questo autore. Colle nuove forme da me descritte il numero delle radiolarie giu- resi note finora è di oltre trecento. Già il numero delle forme del mio catalogo dimostra la ric- chezza della fauna; eppure sono ben più numerose quelle, di cui, come già dissi, non mi fu possibile tenere calcolo per la insuffi- ciente loro conservazione. Nell’esame microscopico ho fatto natural- mente uso di ingrandimenti diversi a seconda che lo richiedeva la finezza del dettaglio neH'ornamentazione ; tuttavia le figure, che corredano ogni descrizione, sono tutte disegnate con un’unica mi- sura di ingrandimento, per modo che alle dimensioni particolari di ciascuna forma, espresse nelle diagnosi in millimetri, corrispon- dono in proporzione quelle delle figure rispettive. Ho trovato molto vantaggioso la colorazione dei preparati per l’esame microscopico col rosso magenta , che lascia incolore le parti silicee, mentre co- lora intensamente il calcare. Per questo mezzo anche i fini det- tagli dell'ornamentazione si distinguono meglio sulla sostanza cal- care, che ordinariamente riempie e si modella sui vani interni delle radiolarie. 10 C. F. Parona 1 Ili Non tutti gli avanzi microscopici dei noduli calcareo-selciosi di Cittiglio sono da considerarsi come radiolarie; ve ne ha di quelli, che trovano i loro riscontri in talune figure delle tavole XIX e XX della Memoria pubblicata dal Riist nel 1885. Ad esempio rimarcai non di rado delle forme molto simili, se non identiche, alla fig. 19 (tav. XIX), che rappresenta una macrospora ; frequen- tissime sono le spicule di spugne Monactinellidae , assai somiglianti a quella rappresentata colla fig. 3 della tav. XX, e non sono rare certe sferette irte di punte, che pure sono figurate da questo autore ed indicate colla denominazione complessiva di Stelletta. ~k ¥ ¥ Ord. Spumellaria. — Sottord. Collodaria. Fam. Sphaerozoida. Sphaerozoum sp. — Tav. I, fig. 1. Riist, Beitràge zur Kenntniss der fossilen Radiolarien aus Gesteinen der .fura (Palaeontographica, XXXI Bd.) 1885, pag. 284, tab. I, fig. 2. — Beiti', zur Keunt d. foss. Rad. a. Gcst. der Kreide (Palaeontogr., XXXIV. Bd.) 1888, pag. 191. Avanzi silicei isolati affatto simili a quelli che il Riist ri- ferisce al genere Sphaerozoum ; sono frequenti specialmente quelli corrispondenti alle fig. 2b, 2c dell’autore citato. Ord. Sphaerellaria. — Sottord. Sphaeroidea, Fam. Liosphaerida. Cenosphaera gregaria Riist. Tav. I, fig. 2. Iìiist, Beitràge zur Kenntniss der fossilen Radiolarien aus Gesteinen der Jura, 1885, pag. 286. tab. XXVI, fig. 10. — Beilr. zur Kennt. d. foss. Radiol. a. Gest. der Kreide, 1888, pag. 191. Sfera con 10-12 serie di fori rotondi, in numero di 10-12 per serie ; gli intervalli fra i fori sono di 1/i circa più stretti dei dia- metri dei fori stessi. Diametro della sfera 0,159, diametro dei fori 0,015, larghezza degli intervalli 0,009. Frequente. Questa forma è già stata riscoutrata in rocce spettanti a vari piani, dal Lias superiore al neocomiano. Radiolarie nei noduli selciosi ccc. 147 Cenosphaera pachyderma Rilst, tav. I, fig. 4. Kust, Mem. eit. 1885, pag. 286, Tab. XXVII, fig. 2, 3. — Mem. cit. 1888, pag. 191. Sfera con guscio molto spesso; suo diametro 0,146, spessore del guscio 0,015. Non ho potuto constatare la presenza dei fori, sicché questa forma corrisponde meglio alla fig. 2, di Rùst. Inoltre, in confronto colle figure e colla descrizione di questo autore, la forma del calcare di Cittiglio risulta alquanto più grande, col guscio proporzionalmente meno spesso e coi raggi del guscio stesso un po’ più numerosi. Non credo tanto importante queste differenze da obbligarmi a stabilire una forma nuova. Abbastanza frequente. Era già nota la presenza di questa specie in rocce del Lias superiore, del Giura e della Creta. Cenosphaera lacunosa Rùst. Tav. I, fig. 3. Riist, Mem. cit., 1885, pag. 285, tab. XXVI fig. 8. Sfera con fori circolari tutti grandi, ma di vario diametro e disposti in serie irregolari : sono in numero di 40 a 50 e separati da intervalli stretti e lisci. Diametro della sfera 0,211, diametro massimo dei fori 0,030. Non rara. Questa specie è stata riscontrata in varie rocce del Giura medio e superiore. Cenosphaera (?) f. ind., Tav. I, fig. 8. Del guscio non rimane che un anello di grande spessore, sul quale sono tracciati dei raggi, analogamente a quanto si osserva nella C. pachi) derma, dalla quale si distingue per le dimensioni di gran lunga maggiori. Diametro 0,244, spessore dell'anello 0,030. Ra- rissima. Cenosphaera minuscula n. f., Tav. I, fig. 6. Sfera con 10 serie di fori circolari, in numero di 10 per serie € separati da intervalli larghi metà del diametro dei fori stessi. Diametro della sfera 0,097, diametro dei fori 0,006, larghezza degli intervalli 0,003. Differisce dalla C. minuta Pant., perchè i fori sono più nu- merosi e più piccoli. È meno comune della C. gregaria Rùst. 148 C. F. Parona Cenosphaera clathrata n. f., tav. I, fig. 5. Sfera con dieci serie di fori esagonali, in numero di dieci per serie e separati da intervalli assai più stretti del diametro dei fori stessi. Diametro della sfera 0,183, diametro dei fori 0,010, larghezza degli intervalli 0,000. È affine alla Cenosph. regularis Rùst ed alla forma distinta dal prof. Pantanelli coi nomi di Ileliosphaera echinoidites, ma no differisce per il maggior numero dei fori e per la diversa misura del diametro. Il contorno liscio la fa distinguere anche dalla Ce>i. polygona. Piuttosto rara. Ce/iosphaera hirla n. f., Tav. I, fig. 7. Sfera con fori circolari; se ne contano trentasette sul contorno, separati da intervalli più stretti del diametro dei fori ed irti di brevi spine, ciascuna delle quali si trova al punto d’incrocio dei tramezzi. Diametro della sfera 0,275, diametro dei fori 0,015, lar- ghezza dei tramezzi 0,009, lunghezza delle spine 0,010. È molto somigliante, quantunque assai più grande alla Cenosph. aspera Stohr del tripoli di Grotte. È rarissima. Cenosphaera (?) f. ind. (cfr. C. cristata Rùst) Tav. VI, fig. 15. Sfere senza traccia di fori, con anello equatoriale sul quale si osservano circa 40 punte nelle sfere più piccole e 00 in quelle più grandi. Diametro delle sfere 0,275-0,348, spessore dell'anello 0,012-0015. La fig. 15 rappresenta l’esemplare più piccolo os- servato. Per la presenza dell’anello ricordano la Cen. cristata Rùst del neocomiano di Gardenazza, senonchè ne differiscono per la man- canza dei grandi fori in serie e, specialmente le più piccole, per le dimensioni minori. Conosphaera fossilis n. f., tav. I, fig. 9. Sfera provvista di brevi appendici coniche, di cui se ne con- tano otto sul contorno, e con piccoli e numerosi fori, che si os- servano anche sullo punte. Diametro 0,146, lunghezza delle punte 0,009, diametro dei fori 0,004. Comunissima. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 149 Conosphaera antiqua n. f., Tav. I, fig. 10. Sfera con protuberanze basse, a base larga ed arrotondate alle estremità; sono in numero di otto sul contorno. Fori numerosi si osservano sulle sfere ed anche sulle appendici. Diametro della sfera 0,195, altezza delle protuberanze 0,012, larghezza della loro base 0,030, diametro dei fori 0,008. Non comune. Thecosphaera novemradiata n. f., Tav. I, fig. 11. Corpo a contorno circolare, liscio, per quanto sembra, e sinuoso in corrispondenza dei nove raggi. Delle tre sfere l’ esterna si at- tacca alla media con nove raggi robusti, equidistanti e la media alla interna con quattro (?) raggi inegualmente spaziati. Le tre sfere hanuo rispettivamente il diametro di 0,100, 0,055, 0,024. Ila- rissima. Fam. Stylosphaerida. Xiphosphaera adunca n. f., tav. I, fig. 14. Corpo subovale, con due aculei ineguali; l’uno più breve o diritto, l'altro più lungo ed incurvato; sul fianco visibile si con- tano dieci grandi fori. Lunghezza totale 0,171, diametro del corpo 0,085-0,061, lunghezza della spina maggiore 0,061, della spina minore 0,030, diametro dei fori 0,010. Differisce dalla affine X. tredecimporata Eùst per le diverse dimensioni, diverso numero di fori, e specialmente per la nessuna corrispondenza nei caratteri degli aculei. Xiphosphaera aculeaia n. f., tav. I, fig. 12. Corpo rotondo, con numerosi e sottili aculei irradianti e due spine opposte, assai lunghe e larghe. Soltanto la parte corticale periferica è visibile ; nessuna traccia dei fori. Diametro della sfera 0,159, lunghezza della spina 0,183. Con questa forma se ne trova un’altra molto simile, colla sfera più piccola (0,048) e colle spine più lunghe ma giammai intiere, sicché non posso con certezza indicarne la lunghezza (0,220) (Tav. I, fig. 13). Il carattere degli aculei le rende affini ad una forma vivente la X. patlas Haeck. C. F. Paroma no Saturnalis fossilis n. f., tav. I, fìg. 15. Consta di un anello ellittico-ovale, che porta due appendici a forma di cornetto in corrispondenza delle estremità del diametro maggiore; esso appare alquanto strozzato in corrispondenza del diametro minore, secondo il quale si dirigono verso l'interno due braccia, che collegano l’anello con una sfera interna, della quale non rimane che un vestigio marginale. Lunghezza massima, com- prese le due appendici a cornetto 0,440, larghezza massima 0,226, minima 0,201, media 0,214, spessore dell’anello 0,009, diametro della sfera interna 0,074. I frammenti dell’anello di questa forma sono frequenti. Questo genere, oltreché dalle viventi, è rappresentato anche da specie mioceniche; finora non si conoscevano forme mesozoiche. Stylosphaera lanceola n. f., tav. I, fìg. 19. Corpo rotondo, con due robuste punte, inegualmente lunghe e situate all’estremità di uno stesso diametro, con sfera centrale, dal cui margine irradiano otto raggi, quattro per ciascun lato. Lun- ghezza totale 0,208, larghezza 0,085, diametro della sfera interna 0,055, spina maggiore 0,085, spina minore 0,036. Le dimensioni molto minori, l’ineguale lunghezza delle due spine ed il numero diverso dei raggi tengono separata questa forma dalla Styl. rcsistens Riist. Le dimensioni alquanto minori, la forma sferica del corpo ed il maggior numero dei raggi la distinguono da un’altra forma, molto affine se non identica, che ha i seguenti caratteri (Tav. I, fìg. 18). Corpo ovale con due robuste punte d'ineguale lunghezza con guscio centrale pure di forma ovale, dal cui contorno irradiano sei raggi, tre per ogni lato. Lunghezza totale 0,232, larghezza del corpo 0,091, diametri del guscio interno 0,055-0,067, lunghezza delle spine 0,091-0,049. Gli individui dell’ima e dell’altra forma abbondano. Ampliispliaera gratiosci n. f., tav. I, fìg. 16. Guscio a contorno elittico, con due lunghe spine inserite al- l’estremità del diametro maggiore. Yi si distinguono soltanto due serie di grandi fori elittici e sul margine si osservano dieci piccole 151 Radiolarie nei noduli selciosi ecc. punte che corrispondono agli intervalli fra i fori della prima serie. Diametri 0,122-0,097, lunghezza delle spine 0,122, loro larghezza alla base 0,018, diametro dei fori 0,021-0,010. Rarissima. Fam. S t a u r o s p h a e r i d a . Staurosphaera reticulata n. f., tav. II, tig. 1. Corpo a contorno circolare, con fori grandi esagonali, visibili in numero di trentasei e quattro lunghe spine, a croce regolare, alquanto sinuose e colla estremità acuminata. Diametro della sfera 0,122, lunghezza delle spine 0,153, diametro dei fori 0,012. Rara. Staurosphaera micropora n. f., tav. II, fig. 2. Sfera con piccolissimi e numerosissimi fori e con quattro punte bacillari, arrotondate all’ estremità, d’inegifale lunghezza, due delle quali sono asimmetricamente disposte fra loro e rispetto alle altre due. Diametro della sfera 0,134, lunghezza delle spine 0,073-0,036, loro larghezza alla base 0,018. Rara. Non posso riferire questa forma alla specie affine St. crassa Dunik. perchè le varie misure risultano affatto diverse. Staurosphaera aspera n. f., tav. II, tig. 3. Sfera con numerosi, piccoli fori e quattro spine egualmente lunghe, larghe, uniformi, acuminate e disposte a croce regolare : il contorno appare incertamente, minutamente dentellato. Diametro della sfera 0,140, diametro de’ fori 0,004, lunghezza delle spine 0,122, larghezza della loro base 0,030. Rara. Staurosphaera septemporata n. f., tav. II, tig. 4, 5. La sfera presenta sette grandi fori, dei quali sei sono sub- rotondi e disposti in serie circolare intorno al settimo, situato nel centro e di forma subesagonale. Le quattro spine sono assai grandi in confronto della piccolezza della sfera, sono di eguale lunghezza e regolarmente disposte a croce. Diametro della sfera 0,091, dia- metro del foro centrale 0,024, lunghezza delle spine 0,122, loro larghezza alla base 0,030. Frequente. 152 C. F. Parona Staurolonchidimn robustum Riist. Tav. II, fìg. 6. Riist, Meni, cit., 1885, pag. 291, lab. XXIX, fi g, 2 ( Staurolonche robusta). — Meni. cit. 1888, pag. 193. Guscio esterno sferico con quattro robuste spine, simmetrica- mente disposte a croce: la sfera interna è piccola. Non si riscontra nessuna traccia di 'fori. Diametro della sfera esterna 0,122, della interna 0,048; lunghezza delle spine 0,134. lu confronto colla specie descritta dal Riist, gli esemplari visti, da me sono alquanto più piccoli. Questa specie trovasi nel Giura e nella Creta. Staurolonchidium Molinarii n. f., tav. II, fìg. 7. Guscio esterno subrotondo con otto spine; due maggiori di ineguale lunghezza ed opposte, due eguali di mediocre lunghezza pure opposte e dirette normalmente alle prime, e quattro larghe e brevi negli intervalli* fra le prime quattro. Presenta poi otto grandi fori ovali, disposti negli intervalli fra ogni coppia di spine; essi fanno corona alla piccola e liscia sfera interna. Dia- metri del guscio esterno 0,104-0,085, lunghezza delle spine mag- giori 0,128-0,104. delle medie 0,030, delle minori 0,012, diametro dei fori 0,018-0,012, diametro della sfera interna 0,055. Rara. Fani. Astro sp li aerida. Actinomma vetusta n. f., tav. II, fìg. 14. Del guscio esterno avanza soltanto il cercine equatoriale irre- golarmente seghettato al margine, dal quale irradiano ben sette aculei. Si osservano cinque raggi, più o meno completi, che col- legano il guscio esterno al medio assai piccolo e poco distinto come il guscio interno. Diametro dei gusci 0,195-0,042-0,021, lun- ghezza delle spine 0,055. Cromuomtna f. ind. È conservata soltanto la parte marginale, dove si distingue una sola serie di fori, in numero di ventisette, subquadrati e se- parati da tramezzi radianti. Sui tramezzi, che separano le serie circolari di fori ed in corrispondenza dei fori stessi, si elevano delle punte brevi. Diametro 0,203, diametro dei fori 0,021, lun- ghezza delle punte 0,012. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. lo3 È affine al Crom. perplexum Storh del cretaceo e del mio- cene, ma ne differisce per le maggiori dimensioni e per la forma dei fori. Spongiomma cfr. multiaculeatum Dunik., tav. I, fig. 17. E. Dunikowski, Die Spongien, Radiolaricn und F or amini feren des unterlia- sischen Scinditeli vom Schafberg bei Sfilzburg. Denk. Akad. Wien, 1882, XLY, pag. 189, tal). V, fig. 60. Dalla sfera d'aspetto spugnoso e con scarse tracce di fori si innalzano delle spine d’ineguale lunghezza e grossezza ed irregolar- mente distribuite. Diametro della sfera 0,159, lunghezza della spina maggiore 0,042, sua larghezza alla base 0,03(3. Raro. È affine allo Spongechinus ( Spongiomma ) multiaculeatum Dunik. del Lias inferiore, differendone solo per la minor lunghezza degli aculei. Sottord. PRUNOIDEA. Fam. E llip si da. Ceuellipsis biaculeatcì n. f., tav. II, fig. 9. Corpo ovale, con otte serie di fori circolari; ciascun polo porta uu breve aculeo e dei due aculei Fimo è più lungo dell'altro : lunghezza massima 0,214, larghezza 0,128, lunghezza degli aculei 0,018-0,006, diametro dei fori 0,010. Rara. Differisce dalla Coi. typica Riist per le maggiori dimensioni, nonché per la presenza dei due aculei ai poli. Ccnellipsis reiusa n. fi, tav. II, fig. 10. Corpo subrotondo : da una parte è incavato al margine e dalla parte opposta porta una spina di lunghezza indeterminata. I fori circolari formano nove serie. Diametro 0,122, diametro dei fori 0,009, larghezza della spina alla sua base 0,024. Non comune. Specialmente il lato concavo distingue questa forma dalla Cen. monoceros Riist. Fam. Drup puli da. Stylatractus n. fi, tav. Ili, fig. 1. Guscio ovale-allungato, con numerose maglie irregolari alli- neate in serie, con andamento spirale, per quanto si può giudicare 154 C. F. Par ona dal cattivo stato di conservazione dell’esemplare, specialmente sciu- pato nella parte centrale. A ciascuna estremità del diametro mag- giore si notano tre spine. Diametri 0,257-0,153; lunghezza delle spine 0,042. Somiglia allo Stylatr. spinosus Riist della Creta, differendone per le maggiori dimensioni, e per il maggior numero delle maglie e delle spine e probabilmente anche per la disposizione spirale e non concentrica della serie di maglie. Fani. Spongurida. Spongurus longaevus n. f., tav. Ili, iig. 2. Corpo quasi fusiforme, colla parte mediana globosa e le due termi- nali ristrette ed arrotondate all'estremità ; sulla porzione marginale si osservano numerosi e piccoli fori. Lunghezza 0,354, larghezza del rigonfiamento mediano 0,183, larghezza delle parti terminali 0,067. Questo genere è già stato citato dal Riist per la Creta. Sottord. DISCOIDEA. Fam. Cenodiscida. Cnicidiscus ? f. ind., tav. II, fig. 11. Della forma non rimane che un anello, il cui margine interno è liscio, mentre quello esterno presenta delle piccole punte in cor- rispondenza dei raggi tracciati sullo spessore dell’anello. Sonvi due spine opposte ben conservate, di un’altra rimane una scarsa traccia e manca totalmente la quarta. Non si ha neppure indizi dei fori nel disco interno, nè del prolungarsi delle spine verso il centro del disco. Diametro 0,208, spessore dell’anello 0,018-0,021, lunghezza delle spine 0,061, loro larghezza alla base 0,021. Fam. Phacodiscida. Triactis Rìlsti n. f., tav. II, fig. 12. Corpo rotondo con piccoli fori, numerose e brevi punte e tre grandi spine lanceolate, acute all’estremità, i cui punti d’inserzione non sono perfettamente equidistanti. Diametro del corpo 0,159, Radiolarie nei nodali selciosi ecc. 155 diametro dei fori 0,006, lunghezza delle punte 0,024, lunghezza delle spine 0,214, loro larghezza alla base 0,030. Forma rara. Triactis curvilinei n. f., tay. Il, fig. 13. Corpo rotondo, con nove prominenze emisferiche, le quali for- mano una serie marginale e presentano, come il resto della superficie dei piccoli e numerosi fori rotondi ; è poi provvisto di tre spine lunghe, alquanto ricurve e larghe presso alla sommità, che è ottusa, quasi quanto lo sono alla base. Diametro del corpo 0,146, dia- metro delle prominenze emisferiche 0,027, diametro dei fori 0,006, lunghezza delle spine 0,183, larghezza della loro base 0,024. Heliodiscus (?) f. ind., tav. II, fig. 8. Riferisco con molta riserva a questo genere una forma costi- tuita da un anello, che porta cinque robuste spine radianti a di- stanze ineguali e che all’esterno ed all’interno è regolarmente den- tellato. Nessuna traccia di parti interne e questa mancanza appunto rende affatto dubbio il riferimento generico. Diametro 0,177, spes- sore del cerchio 0,012, lunghezza delle spine 0,055, loro massima larghezza 0,021. Fam. Coccodiscida. Irigonocijclia trigonum - Riist, tav. II, fig. 15. Tripocyclia trigonum Rtist,. Meni, cit., 1885, pag, 293, tab. XXX, fig. 3. La forma trigona del disco è meno manifesta, perchè il con- torno è alquanto arrotondato ; nel resto la somiglianza è evidente per i caratteri delle spine, dei fori e per le dimensioni. Distanza fra le estremità delie spine 0,236, diametri del disco 0,116-0,097, lunghezza delle spine 0,134. Non frequente. Il dott Riist trovò questa forma nel Giura superiore. Fam. Porodiscida. Porodiscus cretaceus Riist, tav. II, fig. 16. Riist. Meni, cit., 1888, pag. 198, tav. XXIV, fig. 8. L’individuo da me osservato presenta ben distinto il giro esterno colle sue ventisette maglie, mentre i tre giri interni e la sfera centrale sono affatto indistinti. Diametro totale 0,124. Un solo esemplare. 156 C. F. Parona Xiphodictya a /finis n. f., tav. II, fig. 17. Corpo discoidale, subovale, a contorno dentato, coi lati ine- gualmente incurvati ; presenta due spine ineguali, una per ciascuna estremità, ciascuna delle quali è accompagnata da una coppia di punte adunche. Si osservano fori irregolari soltanto sopra una limi- tata parte della superfìcie. Lunghezza totale, comprese le due spine, 0,367, larghezza 0,128, lunghezza delle spine 0,085-0,048. Le minori dimensioni, la diversa lunghezza delle spine, la forma ovale la fanno distinguere dalla congenere molto affine Xiph. acuta Eiist. Stylodictya cfr. longispinosa Eiist, tav. Ili, fig. 3, 4. Uiist, Mem. cit. 1885, pag. 296, tab. XXXII, fig. 2. Non mi è riuscito di scorgere nessuna traccia delle concame- razioni, nè degli anelli sul disco, a contorno circolare e, per quanto pare, liscio : ad esso si attacca una lunghissima spina (fig. 4). Dia- metro del disco 0,122, lunghezza della spina 0,318, sua larghezza alla base 0,018. Per riguardo alle dimensioni differirebbe dalla specie di Eiist soltanto per la maggior lunghezza della spina. Invece un’altro esemplare (fig. 3) presenta molto più breve la spina (0,171) e più ampio il disco (0,134), sul quale si con- servano in parte le coucamerazioni in serie concentriche. La Sf. longispinosa è specie giurese. Amphibrachium acuminatum n f., tav. II, fig. 18. Corpo stretto, a lati paralleli, allungato e terminato da due capi ingrossati di forma romba. Le serie trasversalmente oblique dei fori circolari sono in numero di quattordici. Lunghezza totale 0,208, larghezza della parte mediana 0,036, larghezza delle estre- mità 0,085. È affine allo Ampli, abbreviatimi Eiist; ne differisce special- mente perchè presenta le due estremità angolose, anziché arro- tondate. Amphibrachium pugio n. f., tav. Ili, fig. 5. Corpo allungato, stretto, con un rigonfiamento mediano a con- torno circolare, che divide una parte lanceolata da un’altra cilin- 157 Radiolarie nei noduli selciosi ecc. drica, la cui estremità è formata da un rigonfiamento simile al mediano, mentre 1 altra parte termina a punta. Sulla porzione com- presa fra i due rigonfiamenti si -osservano quattro serie di fori pic- coli ma distinti e fori ugualmente piccoli, ma meno evidenti si presentano anche sopra i rigonfiamenti. Lunghezza totale 0,540, dia- metro dei due rigonfiamenti 0,001-0,067, lunghezza della porzione cilindrica 0,183, sua larghezza 0,036, lunghezza della porzione lanceolata 0,244, sua larghezza massima 0,042, diametro dei fori 0,004. Differisce dallo Ampli. Conzeum Eust per le minori dimensioni e per la diversa forma delle due estremità. Amphibrachium peregrinum n. f., tav. Ili, fig. 6. Corpo stretto, allungatissimo, con tre rigonfiamenti, due ter- minali a contorno circolare e l’altro perfettamente mediano ed elittico. Le due braccia, separate dal rigonfiamento elittico, offrono quattro serie di fori ed hanno i margini regolarmente e finamente sinuosi. I rigonfiamenti pure sono forati, ma in modo meno distinto. Lunghezza totale 0,752, diametro dei rigonfiamenti terminali 0,061, diametro del rigonfiamento mediano 0,061-0,055, larghezza delle braccia 0,033-0,030. Amphibrachium (?) f. n., tav. Ili, fig. 7. Corpo allungato, stretto e cilindrico : ad un capo termina con un rigonfiamento bilobo, all'altro con un rigonfiamento subrotondo, che si prolunga in un’appendice acuminata e ripiegata sopra un fianco. Tutto il corpo appare provvisto di larghe maglie ineguali. Lunghezza totale 0,379, diametri dell’estremità biloba 0,042-0,061, diametro dell’estremità a punta 0,097-0,061, lunghezza della parte cilindrica 0,237, sua larghezza 0,030, larghezza delle maglie 0,015-0,024. Diciyastrum lombardicum n. f., tav. Ili, fig. 11. Forma a tre braccia lunghe, eguali, con piccolo rigonfiamento trilatero al centro ed altro più grande, globoso e con prolunga- mento a punta alla estremità di ciascun braccio. Le braccia pre- sentano due serie di grandi fori subquadrati. Lunghezza totale delle braccia 0,367 a partire dal punto centrale e 0,336 a partire 158 C. F. Parona dalla linea di loro inserzione sul rigonfiamento trilatero centrale; loro larghezza 0,042, diametri dei rigonfiamenti terminali 0,091- 0,085, lunghezza del prolungamento a punta 0,055, diametro dei fori 0,010-0,009. Dictyastrum speciosum n. f., tav. IY, fig. 1. Forma a tre braccia uguali e brevi, con grande area trilatere al centro e rigonfiamento grande e globoso alFestremità di cia- scun braccio. Si osservano da nove a dieci serie di fori subqua- drati sui rigonfiamenti globosi ed altre quattro sulle braccia Lun- ghezza totale delle braccia, a partire dal centro, 0,244 ; loro lun- ghezza, a partire dalla linea d'inserzione sull’area centrale, 0,183; loro larghezza 0.048; diametro dei rigonfiamenti globosi 0,122- 0,104; diametri dei fori 0,012-0,009. Dictyastnm clavatum n. f., tav. Ili, fig. 9. Forma a tre braccia brevi e robuste, claviformi, più larghe alFestremità che al loro incontro verso la parte centrale ; sulla parte allargata delle braccia si vedono due serie mediane di fori subelittici nel senso trasversale e due serie marginali, una per ciascun lato, di fori incompletamente visibili. Lunghezza delle braccia a partire dal punto centrale 0,183, loro larghezza 0,061- 0,036, diametri dei fori 0,018-0,009. Dictyastrum glandi ferum n. f., tav. Ili, fig. 10. Le tre braccia eguali sono nella loro maggior porzione esterna foggiate a guisa di capocchia longitudinalmente elittica e si restrin- gono d’assai nella loro porzione interna, finché incontrandosi danno origine ad un’area centrale di forma distintamente triangolare; sulla parte più larga dei rigonfiamenti si contano ben sette serie di piccoli fori alquanto allungati secondo l’asse delle braccia. Lun- ghezza delle braccia a partire dalla loro inserzione sull’area cen- trale 0,214, diametro dei loro rigonfiamenti terminali 0,153-0,091, larghezza minima delle braccia 0,030, larghezza dell’area cen- trale 0,061. Dictyastrum f. ind., tav. Ili, fig. 8. Forma con rigonfiamento circolare al centro ed altro simile all’estremità delle braccia: sulle braccia sonvi quattro serie di fori Radiolarie nei nodali selciosi ecc. 159 ed altri fori si osservano sui rigonfiamenti. Lunghezza del braccio 0,128, sua larghezza 0,030, diametro del suo rigonfiamento ter- minale 0,042, diametro di quello centrale 0,036. E molto somigliante al Dici, neocomiense Riist, ma non posso stabilire l’identificazione per le dimensioni sue di gran lunga minori. Rhopalastrum f. ind., tav. Ili, fig. 12. Forma a tre braccia; due eguali, dilatate e subtroncate alle estremità; l’altro braccio è più lungo, lanceolato e termina a punta; fori indistinti. Lunghezza del braccio lanceolato 0,153, sua lar- ghezza massima 0,030, lunghezza delle braccia eguali 0,116, loro larghezza massime all’estremità 0,048. È affine al Rii. dilatatimi Riist, pur differendone per diversi caratteri e specialmente per le minori dimensioni. Rhopalastrum efr. terebra Riist, tav. Ili, fig. 13. Riist, Mem. cit. 1885, pag. 298, tab. XXXIII, fig. 4. Forma a tre b faccia, due brevi, dilatate nel mezzo, termi- nate a punta ed assai avvicinate; il terzo più lungo del doppio e lanceolato. I fori sono indistinti. Lunghezza del braccio maggiore 0,275, sua larghezza massima 0,042, lunghezza delle braccia mi- nori 0,122, loro larghezza massima 0,042. Somiglia al Rii. terebra Rùst e non ne differisce molto nelle dimensioni ; tuttavia la diversa forma delle braccia minori, la loro vicinanza maggiore e la maggiore sottigliezza del braccio più lungo impediscono di poter considerare identiche queste due forme. Rhopalastrum f. ind., tav. Ili, fig. 14. Da un rigonfiamento circolare centrale si dipartono tre braccia, due sono assai avvicinate e di forma sconosciuta, perchè infrante, il terzo è più largo e lanceolato: soltanto qualche piccolo foro è visibile. Diametro del rigonfiamento centrale 0,085, lunghezza del braccio 0,214, sua larghezza 0,042-0,061. Il rigonfiamento cen- trale distingue questa forma dalle altre congeneri finora conosciute. Rhopalastrum (?) spiuosum n. f., tav. Ili, fig. 15. Forma a tre braccia di lunghezza quasi uguale ; la distanza fra le estremità di due braccia, e precisamente di quelle che sono 1150 C. F. Parona più strette alla loro base, è minore della distanza che separa le loro estremità da quelle del braccio, che presenta la base più larga. Sulle braccia si osservano da tre a quattro serie di fori ; i margini sono spinosi e qua e là si elevano negli intervalli fra i fori delle spine più lunghe. Lunghezza delle braccia a partire dal punto centrale 0,208, larghezza massima delle braccia 0,091-0,073, lunghezza delle spine maggiori 0,030. Il margine spinoso e le spine, quali non si osservano nelle specie note di Rhopalastrum , non mi lasciano sicuro sull'esattezza del riferimento generico. Hagiastrum cfr. egregium Rùst, tav. IV, fig. 3. Riist Mem. cit. 1885, pag. 299, tab. XXXIV, fig. 5. — Mem. cit. 1888, pag. 20!. Differisce dalla forma di Rùst per le dimensioni minori e perchè le braccia sono alquanto liessuose. La larghezza totale mi risulterebbe eguale a 0,385, la lunghezza totale 0,446, la larghezza delle braccia 0,024, diametro delle loro capocchie terminali 0,061, diametro dell’area centrale 0,055. Il dott. Rùst ha riscontrato la sua specie in rocce del tito- nico e del neocomiano. Hagiastrum nobile n. f., tav. IV, fig. 2. Le braccia sono di lunghezza poco diversa e strette; si allar- gano verso il centro dove s’incontrano formando un’area subqua- drata; all’esterno ciascuno di essi si allarga in un rigonfiamento quasi circolare. Le braccia presentano quattro serie di piccoli fori, che si distribuiscono anche nell’area centrale e sui rigonfiamenti. Lunghezza totale 0,403, larghezza totale 0,367, larghezza delle braccia 0,030-0,036, diametro dell’area centrale 0,091, diametri di rigonfiamenti 0,061-0,091. La brevità delle braccia e l’enorme sviluppo dei rigonfiamenti terminali fanno distinguere questa forma dalle affini II. plenum Rùst e IL egregium Rùst. Hagiastrum humile n. f., tav. IV, fig. 4. Dall’area quadrilatera centrale si dipartono quattro braccia, le quali per breve tratto sono assai strette e poi si allargano per formare un rigonfiamento a contorno quasi rombico. La superficie Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 1G1 appare spugnosa e solo qua e là si hanno indizi di piccoli fori rotondi. Lunghezza totale 0,353, larghezza totale 0,329, larghezza delle braccia 0,021, larghezza del loro rigonfiamento e dell’area centrale 0,061, Hagiaslrum verbanum n. f., tav. IV, fìg. 5. Le braccia sono fusiformi, colla estremità libera foggiata a punta e con quella interna abbastanza larga, là dove esse si attac- cano all'area centrale grande e quadrilatera. Sulla porzione più larga delle braccia si contano sei serie distinte di fori ovali. Gli assi delle due coppie di braccia si intersecano obliquamente, per modo che gli angoli formati dalle braccia risultano alternativa- mente ottusi ed acuti. Lunghezza totale 0,612, larghezza totale 0,550, larghezza massima delle braccia 0,073, media 0,036, mi- nima 0,009, diametro dell’area centrale 0,091. Non raro. Ilagiastrum nudum n. f., tav. IV, fig. 6. Le quattro braccia si incontrano direttamente a formare l’area centrale, che risulta piccola e quadrata; ciascuno di essi si allarga nella parte esterna in un rigonfiamento elittico coll’estremità fog- giata a punta. La superfìcie ha l’aspetto spugnoso senza traccia di fori. Lunghezza totale 0,599, larghezza 0,550, larghezza delle braccia 0,036, larghezza del loro rigonfiamento terminale 0,091, diametro dell’area centrale 0,067. Fam. Spongodiscida. Spo/igolo nche inaequispinata n. f., tav. IV, fìg. 7. Forma subtriangolare ed a contorno seghettato ; presenta dieci serie irregolari di fori ineguali, obliquamente dirette rispetto al lato più regolare, alla estremità del quale si dipartono due spine di eguale lunghezza, l’una coi margini rettilinei, l’altra coi margini sinuosi. Lunghezza del corpo 0,091, altezza 0,079, lunghezza delle spine 0,171, larghezza della loro base 0,024. Ne osservai due esemplari. Spo/igolì-ipus pauper Riist (?) tav. IV, fìg. 8. Kiist, Mcm. cit. 1888, pag. 201, tab. XXVI, fig. 3. Forma triangolare equilatera ; da ciascun angolo esce una spina tronca; i lati sono alquanto concavi e col margine irregolarmente 11 162 C F. Parona seghettato. Nessuna traccia di cellette nell’interno. Lunghezza di ogni lato, comprese le spine, 0,336. La forma di Riist fu riscontrata nel neocomiano a coproliti di Zilli. Spongotripus bicornis n. f., tav. IV, fig. 9. Forma a contorno di triangolo isoscele; a ciascuna estremità del lato minore spunta un uncino, mentre dall’angolo formato dai due lati eguali esce una grossa spina ottusa; i margini sono irre- golarmente dentellati; le celle non sono visibili. Altezza totale, compresa la spina, 0,281 (lunghezza della spina 0,110), lar- ghezza 0,122. Spongotripus minutus n. f., tav. IV, fig. 10. Forma a tre lati eguali, convessi; ciascun angolo è armato di un uncino; i margini sono seghettati; nell’interno si osservano grandi celle soltanto nella zona periferica, restando sconosciuto come esse si comportano nell’area centrale. Ogni lato misura 0,122. Spongostaurus mirabilis n. f., tav. IV, fig. 11. Disco rotondo ed a margine dentellato; celle grandi ed irre- golari nella zona periferica e celle piccole e stipate nell’area cen- trale. Il disco porta quattro spine lunghissime, a croce regolare, assai robuste ed acuminate, Larghezza totale dalla estremità di una spina a quella della sua opposta 0,679, diametro del disco 0,128, lunghezza delle spine 0,275, larghezza della loro base 0,030. Si distingue dallo Spong. magni ficus Riist per il diametro minore del disco e per la maggior lunghezza delle spine. Spong aster liorridus n. f., tav. V, fig. 1. Corpo fusiforme, d’aspetto spugnoso, irto di numerosi uncini e con grande area subcircolare centrale a celle piccole e poco di- stinte. Lunghezza 0,306, larghezza 0,183, diametri dell'area cen- trale 0,116 — 0,091. Radiolarie nei noduli selciosi e cc. 1G3 Ord. Cyrtellaria. — Sottord. Spyroidea. Fam. Zyg'ospyrida. Dictyospyris duplex n. f., tav. IV, fig. 12. Corpo formato da due ordini di maglie poligonali; uno pre- senta cinque maglie di cui la superiore è tetragonale e le quattro laterali pentagonali ; l’altro consta di tre maglie più grandi, le due laterali irregolarmente esagonali, l’inferiore tetragonale. In questa parte si' osservano delle punte sull’incontro delle asticelle che formano le maglie, mentre nell’altra parte si riscontrano due sole punte in corrispondenza della maglia quadrilatera. Lunghezza 0,146, larghezza 0,085. Sottord. Botryoidea. Fam. Cannobotrida. Camobotrys clava n. f., tav. V, fig. 2. Claviforme colla estremità più grossa arrotondata, mentre quella opposta è ristretta e conica; nella parte mediana sonvi cinque serie parallele e trasversali di piccoli rigonfiamenti emisfe- rici; la superficie ha l’aspetto spugnoso. Lunghezza massima 0,244, larghezza massima 0,146, diametro dei rigonfiamenti emisferici 0,022 — 0,016. Sottord. Cyrtoidea. Fam. Cyrtocalpida. Archicapsa ficiformis n. f., tav. V, fig. 3. Guscio subsferico con prolungamento a guisa di collo breve e con nove o dieci serie di fori rotondi : lunghezza 0,128. larghezza 0,085, diametro dei fori 0,006. Differisce dalla Arch. pyriformis Rùst per la forma del pro- lungamento breve e stretto e per il minor numero dei fori, che risultano più grandi. Archicapsa similis n. f., tav. V, fig. 4. Guscio sferico, che da una parte si protende in una lunga e grossa appendice; a partire dal polo libero fino verso l’estremità 164 C. F. Parona dell’appendice si contano all* incirca sedici serie trasversali di fori circolari, il cui diametro va gradatamente diminuendo secondo la direzione indicata. Lunghezza totale 0,219, diametro della sfera 0,146, lunghezza dell’appendice 0,122, sua larghezza massima 0,079, diametro dei fori 0,010 — 0,006. Differisce dalla affine A. rotundata Kust per le minori dimen- sioni, per il maggior sviluppo della appendice e per la disposiziono delle serie dei fori. Archicapsa fasus n. f., tav. V, fìg. 5. Guscio fusiforme colla parte mediana rigonfia e colle estre- mità sottili ed inegualmente lunghe e con dieci a dodici serio longitudinali di piccoli fori circolari. Lunghezza 0,263, larghezza 0,091, diametro dei fori 0,004. Fra le congeneri è affine alla Arch. Wiedersheimi Rùst. Archicapsa bicaudata n. f., tav. V, tìg. 6. Dai due poli del corpo quasi sferico si dipartono due codo di diseguale lunghezza, Luna brevissima ed a punta acuta, l’altra assai lunga e colla estremità arrotondata; sul corpo si contano nove serie longitudinali di fori circolari e le tre serie interne si continuano sulla coda più lunga. Lunghezza massima 0,257, lar- ghezza massima 0,097, diametro dei fori 0,006. Questa forma somiglia, ancor più della precedente, alla Ardi. Wiedersheimi Rùst, differendone però sensibilmente nella forma e specialmente nelle dimensioni. Archicapsa minima n. f., tav. V, fig. 7. Guscio fusiforme, colle estremità brevi, ineguali, larghe, poco distinte dal corpo e cinque (?) serie longitudinali di fori grandi. Lunghezza 0,159, larghezza 0,061, diametro dei fori 0,006. Podocapsa Pantanellii n. f., tav. Y, fig. 8. Guscio arrotondato con tre appendici; due sono brevi, l’unada una parte e l’altra dall’altra sulla stessa linea ed hanno forma conica con un cercine rilevato mediano ; la terza appendice è molto più lunga, con direzione normale a quella delle altre due ed a forma di fuso, allargata nel mezzo e ristretta ai due capi. I fori grandi e circolari formano dieci serie sulla parte arrotondata e si Radiolarie nei nodali selciosi ecc. 165 offrono distinti anche sull’appendice più lunga. Diametri del corpo 0,183-0,179, lunghezza dell’appendice maggiore 0,201, sua lar- ghezza massima 0,059, lunghezza delle appendici minori 0,091, loro larghezza massima al cercine 0,059, diametri dei fori 0,012-0,015. Le diverse misure fanno distinguere questa forma dalla sua affine Podi. Gumbelìi Eùst. Podocapsa stella n. f., tav. Y, fig. 9. Guscio perfettamente arrotondato, con otto serie trasversali di fori esagonali; dal margine irradiano regolarmente a distanze eguali otto appendici: sette sono eguali, mentre l’ottava è molto più grossa, di lunghezza doppia, in qualche esemplare anche tripla, e presenta pure dei fori. Diametro del guscio 0,153, lunghezza delle appendici brevi 0,036, lunghezza della appendice maggiore 0,061, larghezza della sua base 0,048, diametro dei fori 0,010. Podocapsa bipoda n. f., tav., V, fig. 10. Forma a contorno triangolare, con sette serie trasversali di grandi fori circolari; gli angoli della base, o lato minore, sono prolungati a guisa di punte ottuse; gli altri due lati sono eguali e presentano delle rientranze in corrispondenza degli intervalli fra le varie serie di fori. Larghezza della base 0,145, lunghezza dei lati eguali 0,157, diametro dei fori 0,010. Sottord. Dicyrtida. Fani. Set hocyr fida. Setlioconjs cepa Eiist, tav. IV, fig. 13. Eiist, Meni. cit. 1888, pag. 207, tab. XXVII, fig. 19. In confronto colla forma di Eiist, questa è meno rigonfia, i suoi fori sono più piccoli e la loro serie in numero maggiore; ne è tuttavia così somigliante da poterla considerare come apparte- nente alla specie già da Eùst scoperta nelle coproliti di Zilli. Al- tezza 0,134, larghezza massima 0,079. Sethocapsa aculeata n. f., tav. V, fig. 11. Guscio sferico con grandi fori circolari e rari aculei e con lunga appendice conica sulla quale i fori presentano contorno sub- 1 66 C. F. Parona esagonale. Lunghezza totale 0,318, diametro della sfera 0,183T lunghezza della appendice 0,134, sua larghezza alla base 0,061, lunghezza degli aculei 0,048, diametro dei fori 0,014. Sethocapsa spinosa n. f., tav. V, fig. 12. Guscio piriforme, che si continua in un lungo peduncolo : fori grandi, circolari : numerose e brevi spine sugli spazi interposti ai fori. Lunghezza totale 0,428, diametri del guscio 0,183-0,195, lunghezza dell’appendice 0,183, larghezza della sua base 0,061, diametri dei fori e lunghezza delle spine 0,015-0,018. Sethocapsa cfr. cometa Pant. sp., tav. Y, iìg. 13. Pantanelli, I diaspri della Toscana e i loro fossili. 1880, pag, 22, fig, -IO ( Adelocyrtis ). — Riist, Meni. cit. 1885, pag. 306, tab. XXXVI, fig. 15; Mem cit. 1888, pag. 20S. Differisce dalla forma di Pantanelli e di Riist soltanto per la lunghezza proporzionalmente minore della coda. Lunghezza totale 0,183, larghezza 0,128. La Setti, cometa è già stata riscontrata nel titonico, nel neo- comiano e nell’eocene. Sethocapsa (?) Catharinae n. f. tav. V, fig. 14. Guscio sferico con numerosi dentelli al margine e con piccoli e numerosissimi fori; alla sfera va unita una appendice a forma di imbuto capovolto, per modo da presentare la porzione tubulare rivolta verso l’esterno. Lunghezza totale 0,348, diametro della sfera 0,250, lunghezza dell’appendice 0,091, sua. larghezza alla base 0,085, lunghezza dei dentelli 0,009, diametro dei fori 0,004. Cryptocapsa tricyclia Riist (?), tav. Y, fig. 15. Riist, Meni. cit. 1885, pag. 307, tab. XXXVI, fig. 19. La forma conica anziché globosa del primo membro, la forma più rotondeggiante del secondo ed il maggior numero delle divisioni del guscio non mi permettono di ascrivere con sicurezza alla specie di Riist la Cryptocapsa da me osservata. Altezza totale 0,177, larghezza 0,134, altezza del primo membro 0,049. 11 dott. Riist trovò la sua specie in diaspri titoniani. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 167 Sottord. Tricyrtida. Fam. Podocyrtida. Lithochytris bipodium n. f., tav. V, fig. 16. 11 corpo, a contorno triangolare, consta di cinque loggie; l'apice si prolunga in una spina nodosa e la base presenta alle estremità due processi simmetrici di forma irregolarmente trian- golare, pure formati dalla successione di varie loggie e che si di- rigono verso il basso secondo il prolungamento dei lati del corpo. Lunghezza totale 0,336, altezza delle loggie del corpo 0,024, lar- ghezza della più larga 0,091, lunghezza della spina nodosa 0,061, lunghezza dei processi 0,104 (?), loro larghezza alla base 0,036. Fam. Theocyrtida. Theosyringium Amaliae Pant. sp., tav. VI, fig. 2. Pantanelli, Mem. cit. 1880, pag. 21, 22, fig. 47 ( Urocyrtis De Stefani)). — Riist, Mem. cit. 1885, pag. 309, tab. XXXAMI, fig. 13; Mem. cit. 1888 pag. 209. Le due forme distinte dal prof. Pantanelli come Urocyrlis Amaliae ed U. De S te fami furono dal dott. Riist riunite sotto Tunica denominazione di Th. Amaliae. Di esse la seconda è quella che nella sua configurazione meglio corrisponde alla forma da me riscontrata. Il membro mediano ha il contorno quasi circolare e per questo riguardo la forma di Cittiglio sarebbe intermedia fra le due forme eoceniche di Pantanelli. L’esemplare meno incompleto da me osservato presenta una delle appendici, che termina regolarmente a punta colle tracce di setti trasversali, mentre l’altra più grossa e con quattro serie di grandi fori circolari visibilissimi, è monca : il membro mediano presenta costantemente sul margine un numero di dentelli mag- giore di quello che si osserva sulla figura di Riist. Lunghezza totale maggiore di 0,428, diametri del membro mediano 0,183 (larghezza), 0,158 (altezza), lo spessore della sua zona marginale è 0,009, lunghezza dell’appendice con setti trasversali 0,177, sua larghezza alla base 0,061. Oltrecchè nell’ Eocene, questa forma trovasi anche nella Creta e nel Giura. 168 C. F. Parona Theosyringium larva n. f., tav. VI, fig. 1 . Consta di tre membri ; il primo è piccolo e subrotondo, il secondo è grande ed a contorno subquadrato ed il terzo è allun- gato e di forma irregolarmente conica ; il primo ed il terzo si inseriscono con larga base al medio in corrispondenza delle estre- mità di uno stesso diametro, mentre due punte ottuse si trovano al posto dei due angoli corrispondenti alle estremità del diametro normale al primo. La superfìcie del primo membro appare lina- mente punteggiata; invece il secondo ed il terzo presentano nu- merosi fori circolari. Lunghezza totale 0,306, diametro del primo membro 0,061, lunghezza del secondo 0,122, sua larghezza 0,153, lunghezza delle sue punte 0,030, lunghezza del terzo membro 0,122, larghezza della sua base 0,042, diametro dei fori 0,009. È molto affine al Theos. helveticam Rùst, pur differendone e e nelle dimensioni e nei dettagli della forma. Theosyringium lombardi cum n. f., tav. VI, tig. 3. Consta di tre membri; i due estremi sono stretti, allungati, d’eguale lunghezza, di forma conico-lanceolata e sopra uno di essi si notano le tracce di tre setti trasversali. Il medio è largo e col contorno a figura di rombo ; in corrispondenza di due angoli opposti si unisce al primo ed al terzo membro e sugli altri due angoli liberi porta una breve ed acuta spina : il suo margine appare dentellato e la sua superficie qua e là presenta grandi fori circo- lari. Lunghezza totale 0,367, lunghezza del primo e terzo membro 0,095, loro larghezza alla base 0,171-0,146, diametro dei fori 0,009. Theocapsa uterculus n. f., tav. V, fig. 17. Il primo membro è conico, il secondo ha contorno subrettan- golare ed è più largo che alto, il terzo molto più grande ha con- torno circolare; il primo e secondo membro sono minutamente punteggiati ed il terzo presenta dei fori circolari in un punto solo della sua superficie. Lunghezza totale 0,183, altezza del primo membro 0,030, sua larghezza 0,041, altezza del secondo 0,024, sua larghezza 0,061, diametro del terzo 0,128, diametro dei fori 0,006. Specialmente la presenza dei fori e la forma del secondo membro distinguono questa forma dalla Th. obesa Rùst. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 160 Tiieocapsa sacculus n. f., tav. Y, fig. 18. Il primo membro è piccolo e di forma ovoide, il secondo di poco più grande e subrotondo, il terzo molto più grande ed a contorno triangolare : i primi due si presentano lisci, il terzo minutamente punteggiato e col margine dentellato. Lunghezza totale 0,171, altezza del primo membro 0,036, sua larghezza 0,024, altezza del secondo 0,036, sua larghezza 0,045, altezza del terzo 0,097, sua larghezza 0,122. Sottord. Stichocyrtida. Fani. Phormocampida. Stichophormis multicostata Zitt. sp., tav. Y, fig. 19. Iv. A. Zittel, Ueher einige fossile Radiolarien aus der norddeulschen Kreide (Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch.) 1876, pag. 81, tab. II, fig. 2-4. (Dictyomitra). — Eust, Mem. cit. 1885, pag. 317, tab. XLI, fig. 1, 2 (Stichoph. radiata Gtìmb.). — Mem. cit. 1888, pag. 210. L'esemplare più distinto da me osservato presenta poco rapido l’aumento in larghezza dei segmenti; per questo riguardo quindi corrisponderebbe meglio alla fig. 3 di Zittel, mentre per lo scarso numero delle costicine e per quello dei pori visibili trova piuttosto un riscontro nella fig. 2. Le misure rilevate sono: lunghezza totale 0,159, larghezza massima 0,091, altezza dei segmenti 0,030. Questa forma, già riscontrata nel Giura superiore e nella Creta, è comune nel calcare di Cittiglio. Fani. Lithocampida. Dictyomitra mitrala n. f., tav. YI, fig. 4. Corpo a forma di mitra, diviso da quattro strozzature in cinque articoli sovrapposti; il primo articolo è una piccola loggia che appare liscia, mentre ciascuno degli altri quattro presenta uat- tro serie di fori: l’ultimo articolo è separato dal penultimo da una strozzatura più profonda delle altre e porta delle piccole spine al margine dell’apertura. Lunghezza totale 0,165, larghezza massima 0,085, distanza fra le strozzature 0,030. 170 C. F. Parona Dictyomitra turritella n. f., tav. VI, fig. 5. Corpo conico-allungato, con dodici articoli, separati da stroz- zature ; in corrispondenza di ciascuna di queste strozzature avvi una una serie trasversale di piccoli fori. Lunghezza totale 0,367, lar- ghezza massima 0,097, distanza fra le serie dei fori 0,030. Dictyomitra subconica n. f., tav. VI, fig. 6. Corpo conico, poco allungato, formato da cinque articoli, che sono riuniti da suture profonde; ciascuno di essi presenta sulla linea trasversale mediana un’unica serie di piccoli fori. Lun- ghezza totale 0,159, larghezza massima 0,085, distanza fra le su- ture 0,024. Dictyomitra debilis n. f., tav. VI, tig. 7. Corpo conico-lanceolato, diviso in sette articoli di eguale spessore, a forma di loggie, da sepimenti trasversali. Altezza totale 0,153, larghezza massima 0,085, distanza fra i setti 0,021. Dictyomitra nassa n. f., tav. VI, fig. 10. Corpo fusiforme; presenta tredici cercini trasversali, sottili e quasi equidistanti e negli intervalli tre serie di piccoli fori. Le due estremità sono guaste. Altezza totale 0,287, larghezza mas- sima 0,128, distanza fra i cercini 0,015-0,018 ; larghezza delle estremità 0,030. È affine alla Dici, mediodilatata Kiist. Dictyomitra Boesii n. f., tav. VI, fig. 9. Guscio subovale con sette articoli, separati da cercini spor- genti; ogni articolo presenta tre serie di piccoli fori. Lunghezza totale 0,214, larghezza massima 0,110, altezza degli articoli 0,030. È questa una delle forme più comuni. Dictyomitra f. ind., tav. VI, fig. 8. Forma ovato-lanceolata a base tronca ; questa appare rettilinea ed il resto dal contorno presenta d’ambo i lati una successione simmetrica di dentelli ottusi. Altezza totale 0,220, larghezza mas- sima 0,134, larghezza della base 0,104. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 171 Lithocampe Haeckelii Pant. sp., tav. VI, fig. 11. Pantanelli, Mem. cit. 1880, pag. 21, fig. 37, 38 (Polystichia Haeckelii). — Rust, Mem. cit. 1885, pag. 316, tab. XL, fig. 6. Corrisponde molto bene nel contorno alla fig. 38 del prof. Pan- tanelli ed anche, nella ornamentazione, alla forma dal dott. Rust riferita a questa specie. L’esemplare da me disegnato si distingue per le grandi dimensioni: lunghezza 0,330, larghezza 0,183, al- tezza degli articoli non perfettamente uguali da 0,042 a 0,048. È una forma abbastanza comune: essa finora fu riscontrata dal Giura all’Eocene. Stichocapsa globosa n. f., tav. VI, fig. 12. Consta di una parte stretta e conica inserita sopra un’altra parte sferica ; si riscontrano sei divisioni equidistanti a partire dal- l’ estremità del cono, sulla cui base, come sopra una parte della sfera si osservano dei piccoli fori, disposti in serie oblique. Altezza totale 0,195, larghezza massima 0,122, distanza fra le divi- sioni 0,018. Stichocapsa obesa n. f., tav. VI, fig. 13. Forma a cinque membri trasversalmente ellittici, regolarmente sovrapposti dal maggiore al minore ; i tre più grandi presentano una stretta fascia marginale ; nessuna traccia di fori. Altezza totale 0,128, altezza successiva dei quattro membri maggiori 0,061, 0,021, 0,018, 0,012, rispettiva loro larghezza 0,097, 0,055, 0,036, 0,021. Stichocapsa verbana n. f., tav. VI, fig. 14. Forma a cinque membri; il più piccolo è conico, il secondo ovale, il terzo subrotondo, il quarto subovoide, il quinto, che è assai più grande degli altri, perfettamente ovale e, come il secondo e quarto, col diametro massimo trasversale. Si osservano dei pic- coli fori soltanto sopra un fianco. Altezza totale 0,489, larghezza massima 0,306, diametro dei fori 0,006. L’esame di parecchi esem- plari, che mi si presentarono in sezione, mi permette di escludere il dubbio, che questa forma possa essere invece una foraminifera silicizzata; infatti non riscontrai in nessun caso tracce di tramezzi interni in corrispondenza delle suture arcuate esterne. 172 C. F. Pavana È questa ima delle forme di maggiori dimensioni fra quelle di Cittiglio; è affine alla Stick, conglobata Riist. Stichocapsa sp. (cfr. Sé. Grothii Riist), tav. Y, fig. 20. Forma somigliantissima alla St. Grothii Riist, cui non si può riferire per le sue dimensioni molto minori (0,214) e perchè sul membro inferiore foggiato a palla non si osservano tracce di maglie. Dei membri superiori, che si appoggiano, a guisa di collo, sull’inferiore, mancano i primi e gli altri sono mal conservati. Come nella specie titoniana ora ricordata, il margine è ornato di dentelli regolari e ben pronunciati (loro altezza 0,012). C. F. Parona. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 173 DESCRIZIONE DELLE TAVOLE Tav. I. Fig. 1. Sphaerozoum sp. 2. Cenosphaera gregaria Kiist. J? 3. » lacunosa Eiist. )> 4. » pachyderma Riist. J? 5. » clathrata n. f. JJ 6. » minuscula n. f. n 7. » hirta n. f. n 8. » (?) f. ind. r. ì 9. Conosphaera fossilis n. f. n IO. » antiqua n. f. ?? 11. Thecosphaera novemradiata n. f. » 12. Xiphosphaera aculeata n. f. 13. » sp. ind. }* 14. » adunca n. f. » 15. Saturnalis fossilis n. f. T) 16. Amphisphaera gratiosa n. f. » 17. Spongiomma cfr. multiaculeatvm r> 18. Stylosphaera f. ind. u 19. » lanceola n. f. Tav. II. Fig. 1. Staurosphaera reticulata n. f. ?? 2. » microflora n. f. ;? O O. w aspera n. f. j? 4, 5. » septemporata n. f. j? 6. Staurolonchidium robustum Riist. ?? 7. » Molinarii n. f. r> 8. Ileliodiscus (?) f. ind. ?? 9. Cenellipsis biaculeata n. f. ?) 10. n retusa n. f. » 11. Crucidiscus (?) f. ind. 5? 12. Triactis Riist iì n. f. 174 C. F. Parona Fig. 13. Triactis curvispina n. f. n 14. Actinomma vetusta n. f. » 15. Trigonocyclia trigonum Rùst. » 16. Porodiscus cretaceus Riist. » 17. Xiphodictya affniis n. f. » 18. Amphibrachium acuminatum n. f. Tav. III. Fig. 1. » 2. n 3, 4. » 5. n 6. » 7. >» 8. » 9. » 10. « 11. » 12. « 13. »- 14, » 15. Fig. 1. » 2. >» 3. » 4. » 5. » 6. » 7. n 8. » 9. » 10. » 11. »» 12. >» 13. Fig. 1. »» 2. » 3. Stylatractus n. 1'. Spongurus longaevus n. f. Stylodictya cfr. longispinosa Riist. Amphibrachium pugio n. f. n perec/rinum n. f. ». (?) n. f. Dictyastrum f. ind. n clavatum n. f. n glandiferum n. f. »» lombardicum n. f. Rhopalastrum f. ind. i» f. ind. (cfr. Rh. terebra Riist.). n f. ind. »» (?) spinosum n. f. Tav. IV. Dictyastrum speciosum n. f. Ilagiastrum nobile n. f. »» cfr. egregium Riist. n humile n. f. « verbanum n. f. »i nudum n. f. Spongolonche inaequispinata n, f. Spongotripus pauper Riist. (?). n bicornis n. f. ii minutus n. f. Spongostaurus mirabilis n. f. Dictyospyris duplex n. f. Sethocorys cepa Riist. Tav. V. Spongaster horridus n. f. Cannobotrys clava n. f. Archicapsa ficiformis n. f. Radiolarie nei noduli selciosi ecc. 175 Fig. 4. » 5. » 6. « 7. » 8. » 9. » 10. « 11. » 12. » 13. « 14. » 15. » 16. « 17. « 18. » 19. » 20. Fi g. 1. « 2. » 3. » 4. » 5. » 6. » 7. » 8. « 9. » 10. » 11. » 12. « 13. » 14. » 15. >> similis n. f. » fusus n. f. » bicaudata n. f. » minima n. f. Podocapsa Fontanella n. f. » stella n. f. » bipoda n. f. Sethocapsa aculeata n. f. » spinosa n. f. » cfr. cometa Pani sp » (?) Catharinae n. f. Cryptocapsa tricyclia Elisi (?). Lithochytris bipodium n. f. Theocapsa uterculus n. f. » sacculus n. f. Stichophormis multicostata Ziti sp. Stichocapsa sp. (cfr. St. Grothii Elisi). Tav. VI. Theosyringium larva n. f. » Amaliae Pant. sp. » lombardicum n. f. Dictyomitra mitrula n. f. » turritella n. f. » subconica n. f. » debilis n. f. » f. ind. ” Boesii il. f. » nassa n. f. Lithocampe Haeckelii Pant. sp. Stichocapsa globosa n. f. li obesa n. f. » verbana n. f. Cenosphaera (?) f. ind. (cfr. C. cristata Rtist.). * . arena- - Ra dioici Pie ?':c. Tav. i. Boll. d. jcc.&eol. Ilei. ~ Voi. IX. .* e ? 3 •'%. o A Js * ? ® c « «® « ,«a «eees®^ -f e s S • • * m2fw w ** ** 4 *"• #t! ♦ v« -•* < * •5c*:.v.v ;• .« . . Jf;, .y:^. .t rt.«* 9(p . - - . .1' 5. ' ' 'sì f*'4 J i rena Lit. Lit.Brur.i Pavia Bollai. Soc.Geol. Ital. Voi. IX. Par on a - R a dio 1 ari e ecc.Tav.II. A « jv« » ••••VA? • » e* »W?„ 2 ? * S G S ,"<■ . 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' '* N xr;-— -?>'■ * — — »c 13 £ ■ i <**<9 G *« •«( v T « •• » c ^ wo/*# - * •* 0 f> >■ r> r\ «i f * ^ » >■ P» «7 « » * .r r n ? ? * » * *. * ** V V-' .'.’f •‘ ~-r .*V i*.w. • . . . ’ ••• m ÌT$ ' fi *. ; \ , •--* ( ! -t •’W V' * ' V ■ - 3 4 :.. ® er .*-. -r/ ■ ; ;s ji ~ fT ■:•' v .-. • 5S.A.. $r.f. , f *■ •' • / u >KfVi ' '•'■ . ' irona Lit. Lit.Bruni-Pavia. ciro na ~ Ra di o lane ecc. Tav.Y. 0 ® ® $ ••• * - r %€>« j©©@@) c . ?» V$%* » * -■• i **9& % , "_ 5 9-»» *$ V « «r- «."«5 w I# ,*• •> * H r §> «> <5 * « ® C! *> * ’ 9 P • 56 L. Bozzi. La fora, carbonifera del Monte Pizzul ( Carnia ) » 71 M. Baratta. Fenomeni elettrici e magnetici dei ter- remoti . » 86 Gr. Antonelli. Il pliocene nei dintorni di Osimo e i suoi fossili caratteristici » 89 Id. Alcune osservazioni sui terreni e sulle sorgenti mi- nerali dell’ Aspio » 111 Id. Bradisismi di una parte della costa adriatica. . » 119 C. F. Parona. Radiolarie nei noduli selciosi del cal- care giurese di Cittiglio presso Laveno . . . * 132 C. de Stefani. Sopra un’opinione del sig. L. Mazzuoli intorno all'origine della serpentina » 177 T. Taramelli. Commemorazione del socio senatore An- drea Secco ” 179 Anno IX. Fascicolo 2° / La Società geologica italiana tiene due adunanze ordinarie all’anno; runa- invernale nella città dove ha sede il Presidente, l’altra estiva in luogo da de- stinarsi anno per anno. Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una adunanza ordinaria, e pagare una tassa annua di L. 15, e una tassa d’entrata di L. 5. La tassa annua può esser sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola ,volta. I versamenti si fanno al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’intende rinnovato di anno in anno, e non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. I soci hanno diritto al Bollettino che periodicamente si stampa in fascicoli. Nel bollettino si pubblicano le memorie presentate ed accettate nelle Adunanze o dalla Presidenza, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci e ai reso- conti delle adunanze generali e delle escursioni. Le memorie elio non vengono presentate in Adunanza generale, saranno inviate alla Presidenza, e per essa al Segretario. L'Autore di una memoria fornita di tavole, se per la esecuzione di queste domanda un sussidio alla Società, deve' lasciare a questa la cura di farle ese- guire, o almeno mettersi in pieno accordo colla Presidenza. Agli autori si danno 50 copie dell’estratto. Per le successive 50 il prezzo a arico dell’autore è in ragione di L. 6 per ogni foglio di pag. 16, e L. 3 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. I voltimi arretrati del bollettino si vendono al prezzo di L. 20 l’uno, meno il voi. IV (1885) die si vende L. 30. Ai librai ò accordato uno sconto da convenirsi — Ai soli Soci che desiderano completare la collezione sono accordati i volumi arretrati al prezzo di L. 10 l’uno indistintamente, — Per l’acquisto diriggere lettere e vaglia al socio cav. ing. Augusto Statuti, via dell’Anima 17, Roma. i ( CATALOGO PALEONTOLOGICO DEL BACINO TERZIARIO DEL PIEMONTE (Continuazione e fine - Vedi voi. Vili p. 281). 2 o o o e £ F O R il E Yillafranchiano Astiano Piaeenziano Messiniano Tortoniano Elveziauo O § le ci 1 O =3 'a 3 <3 Stampiano Tongriano o V) in Bartoniano Liguriano (I'aris.) j 2001 Acme cf. lineata Drap 1 2002 Lacuna basterotina Broun 1 ! 2003 Fossarus costatus Broccli H- 1 1 1 2004 Eulima subbrevis D’Orb -l- 2005 » subhastata D’Orb 2006 » lactea D’Orb — f- 2007 » polita Linn — — H 2008 » ventr icosa Forb 2000 » Scillae Scacc -t- -h- | 2010 » Pii Hip pii Rain.Vanden Eck.e Ponz. H— 1 2011 » subulata Don — 1- 9 | '2012 Niso terebellum Phil 2013 » burdiqalensis D’Orb V 9 1 2014 Pyramidella plicosa Bromi, e var 9 2015 Turbonilla gradata Mont 2016 » rufa Phil -4- | 2017 » costellata Grat 1 2018 ■■■> suturalis Bon -f- | 2019 ■! gracilis Broccli -f- | 2020 » placatala Broccli H- 1 | | 2021 ■i cohannaris Bon -+■1 1 ! ! 13 186 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) 2022 2023 2024 2025 2026 1 2027 2028 2029 2030 2031 2032 2033 2034 1 |203-5 2036 2037 ,2038 2039 2040 2041 2042 2043 2044 2045 2046 2047 2048 2049 T urbtìnilìa decusso t.o. Timi -+- » ( nh.c.m.ni tzi od\ firn tei mini D’Orli -H Pur dui ina 'ni lama p.n. Orni ? Od.nst.nm.io. conni dea Rvnr.eTi A felonio corni cesta T)psTi » granulosa Bon. e var. -t— ? — t- • • • • • • • • • • Amphimelania Brocchii Micht. . . Balano e ochlis propatula Sacc -4- » patula Bon 9 ? Jlfelannpsis propensa. T.inn — H n pscudnpr aeroso. Rare. • • • • » fallavo Pant. . n clava Sandb. var. taurinensis Race. -+- ? - » « var. carinatissima Sacc a » var. monregalensis Sacc. —h » ped.em.nnto.no. Sacc » taurinensis Sa.ee Afnth.PT oni. Mav. . H- — t— H- -f- -f- - » « var p. rari. nata Pont;. » ii var ogot.en.sis Pani -f- » » var.? rugoso-carina- ta Pant. y> » vn.r DnrJp.rlp. ini. Pn/nt | n a var. narzolina Bon. » r. anilina ansi Sn.ro. ? ? - | - | Cyclostoma rkinocerontophylum Sacc. . . n fossanense Sacc | 1 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 187 Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano o c *s "co VI © Tortoniano Elveziano Langliiano Àquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) | 2050 2051 2052 2053 2054 2055 2056 2057 2058 2059 20G0 2061 2062 2063 2064 2065 2066 20o7 2068 2069 2070 2071 2072 2073 2074 2075 2076 2077 2078 Cyclostoma rhinocerontophylum var. Ca- merani Sacc -+- -+- Pomatias subalpinus Pini var. fossilis Sacc. Craspedopoma conoidale Mieli, var. fossa- nenxe Sacc Strnphoxtnma i.talicum Sacc ~ f— -4- -f- 3) Sp Cp.ri.tb.ium. xu.hnip.l annidex Micht. . . » Voglinoi Micht » orditum Micht » Ighinai Micht » Charpentieri Bast. e var. . . . -4- -+- -4- » Meneghina Micht » deperditum Micht » ocirrhoe D’Orb » ar.uf.icnxta. Micht 33 arili p.nni.ri/i o.ura. IVTn.v ? - » italiaum. May -+- H- » 3 li Langhiano Aquitamano O a — g ei -n-o Tongriano Sestiano j Bartoniano 75 1 et J ©i l| ?A 3 2079 Ceri titillili taurinum Bell, e Miclvt. . ! 2080 2081 n varirnsum. Brnccli -i- 2082 '5083 - v | -H 208-1 n fp.rrn.ginp.um. Brno- V H— 1 9085 n trilineatum Pliil. ? 2086 » (loliolum Brocch. . — H ! 9087 n Brughieri Micht . — f- 1 2088 » salmo Bast — H 1 2089 r> Fin starati Do Sprr — f- 2090 n mi.nufj/.m T)e Serr 2091 2092 Potami d p.x rii' fili. nvitnrn/in 8nee -+- » » » var. reti- culata Saoc 2093 Potamides prolignitarum Sacc. var. Per- randi Sacc 2094 Potamides prolignitarum Sacc. var. tur- rita, Sacc — t— 2095 Potamides prolignitarum Sacc. var. cin- nuln^a -f- 2096 Potamides lignitarum Eiclnv. var .sulfurea Sacc 2097 Potamides lignitarum Eiclnv. var. cingu- latior Sacc 2098 Potamides lignitarum Eiclnv. var. planu- lata Sacc 2099 Potamides lignitarum Eiclnv. var. tauri- nensis Sacc — i— 2100 2101 Potamides Mclii Sacc 1 » monregalensis Sacc -j— 2102 » » var. rara Sacc. Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 189 Numero d’ordine F 0 R M E Villafranchiano Astiano . o a a "S a o o s Messiniano Tortoniano o rt o w Langliiano Aquitaniano o '£* g rt Tongriano Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) 2103 Potamicles dertonensis Sacc. ( P . subcorru- an.t.n. IVOvli 1 . 2101 2105 2106 12107 2108 Cleriri.i. Snnr celli nens Suro, H- lì ») var. fauci culata Sacc 1 pronta v qnri.t a r.ev.s Sacc 11 ” Vcar. appen - 2109 » » var. ornata 2110 11 » var. cingala- 2111 11 » var. Squilla- 7) nli Sa 2112 11 » var. compres- sa, Sacc. . . 2113 11 » var. tubercu- losa Sacc. . 2114 11 ji var. inorna- ta Sacc. . -f- 2115 11 margaritaceus Broccli. var. co- niungens Sacc 2116 2117 2118 Isseli Sacc | i -t— pedemontanus Sacc H— 11 » var. taurinensis Sacc 2119 2220 2121 2122 2123 2121 •i var. minor Sacc. solitarius Sacc ' J H— | » var. scisseli iona Sacc. H— li gusti r.Hs Sacc | ( Ritti um\ nict.n.R Rasi 1 11 » bicinctus Brocch. . . 1 | . J 190 F. Sacco Numero d’ordine F 0 E M E i Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Liguriano (Paris.) | 2125 2126 2127 2128 2129 2130 2131 2132 2133 2134 2135 2136 2137 2138 2139 2140 2141 2142 2143 2144 2145 2146 2147 2148 2149 2150 2151 Potamides ( Bittium ) tricinctus Brocch. e var T , . . . . • • - — H - -+- — H • • • • H- 1 1 Aporrhais pesgraculi Phil. e var. (A. Ut- tingevi Eiss.) . . -H ? ? A porr baia ppxp p.lpr.(i ni r.inn . - » tri.rl n.r.tijhiR . Pterocera radice Brongnt. ( P.pseudoradix D’Orb.) Stfrnmbux d.pnuxxatìix Ba.st - ii aurin.ulat.ux Grat,. -H -4— » 'nrnhl.p.mntìr.nR MirVht, » Crvntp.lmi.m TV Orli ? n Mp.rnat.ii Desìi . -+- -+- ? -+- — H- :: 9 Ilalia helicoides Broccli. (II. Priamus Meliseli ) - Rostellaria spirata Roult ii Collegnoi Bell, e Miclit. . . . -t- -4- H— ii dentata Grat Hijprn.p.a Haueri Mioht. e var — t- -H -H —H -t— -F- ■ • ■ • ! » nihhn&a "Rors. p. vn.r. 1 » lyncoides Brongn. e var. ( G . sub- lunnni ri px T)’Orli 1 » leporina Lk 1 i Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 191 Numero d’ordine FORME Yillafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano il O e 1-4 fcc S3 O H Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) | 2152 Cnnraea Gravi Mi flit: 2153 11 europaea Moni e var H- -f" -4- 2154 11 Brocchii Desh H- 2155 a.nn.ul ari a. Rronn. 2156 5? dertonensis Micht -4- 2157 2158 11 elongata Brocch. e var ? ? 11 xu.hp.lnn gat a. D’Orh. — H *2159 11 expansa Gené '2160 11 fa.ba.gina. T/V. . . . -4- [2161 11 Genei Micht — i— 2162 11 lab rosa Bon 1 2163 11 inacroclonta Gené 1 -4- . . 1 *2164 11 obsoleta Bon 1 1. . '2165 2166 ovuloea Bon. ( C . ovulina Grat.) pediculus Linn. var. subpediculus D’Orh.) — H 11 -f- 2167 11 pinguis Gené 2168 2169 11 porcellus Brocch | | | 11 pyrum Gmel. ( C . physis Brocch.) xjihanr inviata. Lk. e var . | .. | 1 2170 11 1 .. 1 2171 11 duclosiana Basi ( C . sulcicauda P»nn ) 2172 Ss nir fichi li. Mir.lit. H— ^ . . 2173 xan nu.innl.p.nta. Gmcl J.. 1 2174 alhuninnstn. (Trarr? ....... J 1 2175 2176 2177 1 2178 (Inula, na.xxp.ri.nn.li.s T.lr | | spelta Linn -4- ? 1 Eccito Cassis laevis Don. e var •4- -f- 1 | | mamillaris Grat. var. cfr. maior Grat 2179 n yn.r a p anni ni. a a. Sacc. | 1 | -f- 1 | | i | 1 1 1 | | 192 F. Sacco Numero d’ordine P 0 R M E Yillafrancliiano Astiano o rt M O rt Ph o c n t/3 Cj T ortoniano O rà c i s o Tr. rt Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Itartoniano Liguriano (l’aris.) 2180 Cassis mamillaris var. nummulitiphila Sacc -f- 2181 » » var. pedemontana Sacc. | 1 1 t 1 1 i 2182 » •> » » subv. qui nqueser lata Sacc -H 2183 1 Cassis mamillaris var. pedemontana Sacc. subv. taurinensi Sacc , 2181 Cassis 'mamillaris var. Del/ardii Micht. . 1 L ■| 1 1 | 2185 » retusa Micht 1 i . U. . 2180 n postmamillaris Sacc — i— 1 1 2187 Galeodocassis ambigua Sacc ! 1 '2188 var. crassinodosa Sacc. . . .. J.. 2189 n ? subharpaeformis Sacc. . . . -f— . . 2190 Cassidea cypraeformis Bors 1 | 1 1 1 2191 ’• •’ var. t ubere ulo sa Sacc 2192 Cassidea cypraeformis var. reticulosa Sacc. 2193 ” !’ » crassilabiata Sacc -f- 219-1 Cassidea marginata De Serr 1 i 1 2195 ” » var. initialis Sacc. . — H | | | 2190 ” crumena IJrug. var. pseudocru- mena D’Orb — t- *2197 ’■ crumena Brug. var. pseudocru- mena subv. multinodosa Sacc. -i- 2198 crumena Brug. var. pseudocru- mena subv. ornata Sacc. . . . — i- 2199 » crumena Brug. var. pseudocru- mena subv. venusta Sacc. . . -f— 2200 crumena Brug. var. testiculoides Sacc 1 ] i Catalogo '[tale ontologico del bacino terziario del Piemonte 193 '-ri s 2 — A- rs o F 0 B M E e O ri o s ri o ri o E o a ri ri o c ri O E ri o o ri o1 ri 5 c ri ri "•+3 CO E _rt *co CO o o o >: QJ "tc C ri ri '2 Ei £ ri ix b£ C c ri ’-f) co < H w HH < C/2 H m 1—1 i '2201 2202 I i 2203 2204 2205 t 2206 2207 2208 2209 2210 2211 2212 2213 2214 '2215 u 216 2217 2218 Cassidea crumena Brug. var. testiculoides subv. rarituberculata Sacc. . » crumena Brug. var. miocenica Sacc Casmaria ? tongriana Sacc Semicassis miolaevigata Sacc ” 'i var. miostriata Sacc » miolaevigata var. miostriata subv. binisulcata Sacc. . . . » miolaevigata var. miostriata subv. granulosa Sacc » miolaevigata var. miostriata subv. rotimela Sacc » miolaevigata var. miostriata subv. ovata Sacc » miolaevigata var. miostriata subv. raristriata Sacc. . . . » miolaevigata var. miogloboides Sacc » miolaevigata var. tubercolata Sacc » miolaevigata subv. depressa Sacc n miolaevigata subv. laticauda Sacc » miolaevigata subv. crassa Sacc. » ■> •’ alata Sacc. » :> subv. limncoides Sacc » miolaevigata subv. bidepressa Sacc 194 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano i Piacenziano o fi ri ;s ’m C/i w— 1 Tortoniano Elvoziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) | 2219 2220 2221 2222 2223 2224 2225 2226 2227 2228 2229 2230 2231 2232 2233 2234 2235 2236 Semicassis miolaevigata subv. buccinoides Sacc » miolaevigata sub wcanaliculata Sacc » miolaevigata subv. dentata Sacc. 1 n miolaevigata subv. rotundo-va- ricosa Sacc n miolaevigata subv. mioblonga Sacc » miolaevigata var. transiens Sacc — H -4- n miolaevigata var. transiens subv. ornata Sacc » miolaevigata var. transiens subv. taurinensis Sacc. . . . -4- » laevic/ata Defr -+- -H -H ■+- -4- -4— » n var. striata Defr. . . » laevigata var. striata subv. plio- sulcatissima Sacc •• » laevigata var. striata subv. plioedentata Sacc -4- H— » laevigatav&r.plioasulcataSàcc. » laevigata \a,r.plioasulcata subv. pliomalleata Sacc • ■ » laevigata\a,Y.plioasiclcata subv. plioinflata Sacc » laevigata var. pliogigantea Sacc » laevigata var. 'pliogigantea — t- » laevigata var. pliogloboidcs Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 195 Numero d'ordine FORM E Villafrancliiano || Astiano O a a O) CJ rt £ Hessiniano Tortoniano o a <£> £ Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Liguriano (Paris.) || 2237 2238 2239 2240 2241 2242 2243 2244 2245 2246 2247 2248 2249 2250 2251 2252 2253 2254 2255 2256 2257 Semicassis laevigata subv. pliodepressa Sacc “f— — f— -H -4- -t- H- -t- -+- » » subv. magnodentata Sacc. • » » subv. malleata Sacc. » n svibv.pliocrassaSiacG. » » subv plioblongaS&cc. » » subv. additamentata Sacc • ■ » » subv. pluriplicata Sacc — h* -f- -+- H- fin. li. i n.riTì li n vi n. /! subv. fasciata Sacc. H— -h- n » subv. paaciden- n a subv. depressa n n sabv.plioelegans a Iloernesi Sacc » a subv. tuberculosa • • • • -4- . | —H -+- — 1— | tt C/U/t l/tl/ ( l U ! l(/ t (Ali 1 //tn/t OV/ / C. l/\A/ > V V 1 ii ii ii subv. Galeodea echinophora var. mioturrita subv. » echinophora var. mioturrita subv. n echinophora var. miocostulata n echinophora var. miocostulata n echinophora var. miocostulata — 1 — -H -4— H- n echinophora var. miocostulata 1 1 1 ■i a var. miotriseriata Sacc 198 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafrancliiano Astiano O .1 N fi trnnxicns Sane. . — H » » » piacentina Defr. a a a a subv. edentula Sacc • • • • H- -4— -4— -F -F -F- -H -H -F H— — F -F i » echinophora var. piacentina subv. plurituber culata Sacc » echinophora var. piacentina subv. acutituberculata Sacc a echinophora var. piacentina subv. turrita Sacc » echinophora var. piacentina subv. depressit.uherr.ul nt.n. Rare. . • • - a echinophora var. pliotriseriata Sacc « echinophora var. pliotriseriata subv. colliqens Sacc a echinophora var. pliotriseriata subv subspinnsa Sacc a echinophora var. pliotriseriata subv subbi sen nt.n. Sane a echinophora var. pliobiseriata a echinopliorav&r . subtliyrrena Sacc. a a var. pseudothyrrena Sacc • • • • » 'finstr.nvnnntn. Sncc - a miocristata Sacc -F- . , 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 199 Numero d’ordine P 0 R M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Liguriano (Paris.) | 2313 2314 2315 2316 2317 2318 2319 2320 2321 2322 2323 2324 2325 2326 2327 2328 2329 2330 2331 Galeodea miocristata subv. planulataiia.cc -f- -+• — 4- H- — f— — f- -+- H- -H- » ?? vfl.r cnnnar.tp.nR Sjycc » « var. canaliculataHa.ee. » taurinensis Sacc » » subv. turritocrassa Sacc » » subv. minuti tubercula Sacc » » subv. rotundotubercu- In Sacc » » subv. pluritubercula Sacc » » subv. laticingulata Sacc » » subv. longiuscula Sacc ii ii snby. zubpl.anaf.a Sacc. ». » subv. depressiuscula Sacc » » var. subtricingulata Sacc » » var. subquinquecin- aulntn. Sacc » » var. globoso fasciata Sacc » » var. globosofasciata n taurinensis var. globosofasciata » taurinensis var. globosoatuber- pvln Sacc » sconsioides Sacc 200 F. Sacco Numero d’ordine F ORME Villafranchiano O rt "-3 co 0 rt ">3 Q>‘ © 0 ■fi w 0 * Tortoniano 0 © S 0 I Aquitaniano Stampiano Tongriano O co © 1 “ — Bartoniano .2 | 0 i .3 1 3 1 ^1 2332 *2333 2334 •2335 2336 2337 2338 2339 1 2340 2341 2342 2343 '2344 2345 2346 2347 1 2348 2349 2350 2351 2352 2353 2354 2355 2356 2357 2358 2359 Galeodea tauroherculea Sacc -+- -+- -t- H- -+- | » deformis Sacc | 1 » turbinata Sacc. . . 1 •i tauroscalarata Sacc 1 » tauropyrulata Sacc ! » tauroqlobosa Sacc » » subv. depressa Sacc. » » subv. ovoklalis Sacc. • • • • ; n tauropomum Sacc 9 » »> var .Langarum Sacc. | ?! qlobostazzanensis Sacc - » oblonaoccbana Sacc • • - Galeodosconsia striatala Bon » :> subv. elegans Sacc » » subv. ottnangen- sis Sacc Sconsia Bcyrichi Micht » » subv. perminutestriata Sacc - « n subv. infletta Sacc. . . . | Marionassa amplectens Sacc -4- -H -H -+■ —4— | Oniscidia cythara Brocch — H n » subv. acuticosta Sacc. » » subv. rotundicosta Sacc. » » subv. subverrucosa Sacc. » n var. postapenninicaSa,cc. !> » var. cassinellensis Sacc. - f— » » var. pluricostata Sacc. H- » apenninica Sacc -t- » postcytliara Sacc .. Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 201 Numero (Bordino | POE M E Villafranchiano Astiano o p ci N Ò o ci E Messiniauo Tortoniano Elveziano I 1 Langhiano O P 7Ì "3 <1 Stampiano Tongriano Sestiano Barioni ano 1 Parisiano 2360 2361 2362 Oniscidia . 11 verrucosa Bon — f- » snbv. suhnni.sr.us Sn.cc. | 1 Li 1 1 11 » snbv. pseudocythara Sacc. 2363 11 » var. costulatissima Sacc 236! 11 » var. costulatissima snhv f! p. Yìpp.r un. Sar? -+~ 2365 Cithara ? Eudolium ( XfnrnminhitriS Hall acrili Sa.rr», III' . IL. . | | 2366 muti rum MiYlrf II! | J.. | | 2367 2368 n vnr rnllinp.Yi* S n.o.o. i i 1 '1 1 11 » var. rarituberculata Sacc H— 2369 2370 2371 H- . . « 11 » subv. suhtuher cu- lata Sacc. . . . » snbv. magnovoi- 2372 11 — f- 2373 2374 11 n subv. trilatitu- 2375 11 » var. supratubercu- ■ ■ 2376 11 subfasciatum var. supratubercu- 2377 11 subfasciatum var. supratubercu- 2378 11 subfasciatum var. unituberculi- 2379 n subfasciatum var. percostata Sacc : -H 14 202 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano 1 Stani pi ano Tongriano Sest-iano Bartoniano Parisiano 23S0 2381 2382 2383 2381 2385 2386 2387 2388 2389 2390 2391 2392 2393 i 2394 '2395 2396 2397 Eudolium sub fasciatimi var. percostata subv. luh emuli. fp.r a Sacc. . . - i) subfasciatum var. percostata snbv infinta. Rare . » subfasciatum var. percostata snhv rrnssilnhintn. Rnrp,. | ! -+- » » var. gigantula Sacc H— » stephaniophorum var. miotran- xi.p.nx Sacc - » stephaniophorum var. recurvi - r, mici n. Snr.p, -H -f— -4- -4- -4- » stephaniophorum var. pliotran- siens Sacc » stephaniophorum var. pliotran- siens subv. elongata Sacc.. . » stephaniophorum var. tricingu- lata Sacc • • » stephaniophorum var. quatuor- cingvlata Sacc a stephaniophorum var. alternitu- hp.rr.nl atri. Sn.rr,. » stephaniophorum var. pluricin- qulata Sacc a fasciatum Bors 4“ » » subv. costulatissima Sacc » » subv. crassicostata Sacc » » var. praccedens Sacc. 1 1 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 203 c> £ J- p o u O) 2 a 2398 2399 2400 2401 2402 2403 2404 2405 2406 2407 2408 24 09 2410 2411 2412 2413 2414 2415 2416 2417 2418 2419 2420 2421 2422 24 2 3 1424 FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano j Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stempiano Tongriano Sestiano Bartoniano Pari siano Kudnlrum fn.Rniat.um vn,r. /nl.uri mutata Sa.c. 77 » var st.nzznnp.nxi.x Sac. il falca. nrhi.r.ulntn. Tire celi. -t- 77 77 subv. subquatuor dentata Sacc — i— subv. subaplicata Sacc. subv. infernedentata Sac. var. pliobidentata Sacc. var. pliobidentata subv. rlinp.rsp.dent.ata Sacc. . -4- -t- 77 -f- 77 77 77 77 var. pliobidentata subv. np.rd.p.nt.ntn. Sacc. . . . -f— H— var. giganteodentata Sac. var. parvodentata Sacc. var. parvodentata subv. fransi ens Sacc . H— | 77 77 var stn.zznn.pnsis Sacc nrnnrhi r.v.l \nt.n. Sn.cc. J r‘ 77V min r.nnrlrta Tlrrmcrn D subv. granuloso. Sacc. . . . H— subv. superplanata Sacc. . | — i — 77 subv. compressa Sacc. . . . j | — H subv. semicostata Sacc. . . 1 | 77 subv. costulatissima Sacc. -+- . . | subv. per costata. Sacc. . . . 77 77 var. laxecostata Sacc. . . . J . var. pxeudngenm.p,t.ra Sacc. 1 var. araneiformis Sacc. . . 1 1 77 77 var. araneiformis subv. sub- stp.nuanR ftn.rr, | | i 77 77 var. anteficoides Sacc.. . . ! H-| i 204 F. Sacco Numero d’ordiuo FORME Arillafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Slampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Pari siano 2425 2426 2427 2428 2429 2430 1 2431 2432 2433 2434 2435 2436 2437 2438 2439 2440 2441 2442 2443 1 2444 2445 2446 2447 2448 Ficula condita var. anteficoides subv. par- vicostulata Sacc -4- » nlignfr.ni.dp.it Sncc. . -+- 1 :> fr.nid.p.a Rrncch. H- • • H- -t- 1 ! | 1 » gp.otn-pdxa Rors -H - -t- 1 1. n n subv, xp ir ninfa Sacc | 1 ìj « subv. stazzanensis Sacc. ! 1 » » var. taurinensis Sacc. . -+■ | 1 » n vn.r pxp.v.d.O'p p.t.i.r.nJ.n.tn. Sa.c. | 1 n n var. r.nn.np.rd.p.nx Sacc. . • • — 1— | 1 » » var. connectens subv. tau- rinia Sacc ! - 1 » reticulata Ijkxax.intermediaD'Oxh. » n var. intermedia subv. praecedens Sacc. . "f | 1 H- » n var. intermedia subv. bicostulata Sacc. . a n var. intermedia subv. indirà Sn.cc . . -t- n a var. geometroides Sac. n n n subv. nnnmn.l.n. Sacc | 1 n n var .stricticostata Sacc. n cingulata ? Broun • • - 1 i 1 - 1 n pliocinqulata Sacc -4- 1 Fuso ficula apenninica Sacc 1 H- 1 Fulgoro ficus burdigalensis Sow | — f— ■ ♦ 1 a n var. quinqaecingulata Sacc ! Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 205 Numero d’ordine FORME Villafraneliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 2449 2450 Tri tonia.m. (Tritoni no rii fp.rum Llr. o var. H- « mugline forme Si sm ri 2451 n crrtxsìim. firn,! 2152 55 Plani np Mav 2453 » (. Simpulum ) olearium Limi, c var. 2454 {Simpulum) olearium var. plio- parvula Sacc. (A. Bell.) . . {Simpulum) affine Desh. e var. a Rn ranni Infili. H- 2455 2456 2457 2458 2459 2460 2461 -h * » Doderleini D’Anc. | 54 ahhvp.'i) ìntv.m. "Rall. 1 » distortum Broccia. ( Sassia ) apeminicum Sass. e H- » -4- — f- “ f" 2462 » (Sassia) apenninicum var. tau- 2468 » { Sassia ) apenninicum var. tau- rosubgranosa Sacc. (P>. Bell.) H- 2464 2465 2466 2467 2468 2469 2470 -t- -4— » tuberculiferum Bromi. LU/L U vU U L LC/lb 4-^0 UCI1 • • -4— (■ Gutturnium ) heptagonum Broc. » heptagonum var. Y) » — H 2471 ( P.r\i rie rm n.s\ srìp.r.i nsum. Tifili -f- Liguria. tura (A. — Tritonium { Triton ) abbrevia- celi. var. undecimcostata Sacc. Bell.) H- -4- 206 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano 1 Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 2472 2473 2474 2475 2476 2477 2478 *2479 2480 2481 2482 2483 2484 2485 2486 2487 2488 2489 2490 2491 2492 2493 2494 ,2495 Tritonium ( Epidromus ) praetextum Bell. — t— ••4— » » obscurum. Reev » j) D0sth.ayp.xi Mir.hf, ” » elongatum Micht. Persona tortuosa Bors. e var - — H -4- • • » Orasi Bell, e var Ranella ( Bu fonarla ) nodosa Bors “f— ” » » var. subano- dosa Sacc. (A. Bell.) » ( Bufonaria ) nodosa var. mioquin- queseriata Sacc. (B. Bell.) . . — t— -•> ( Bufonaria ) Bellardii Weink. . -H -t- -+- -+- -e- » ( Lampas ) tuberosa B011 » ( Lampas ) tuberosa var. latovari- cata Sacc. (A. Bell.) » ( Lampas ) tuberosa var. nodosis- sima Sacc. (B. Bell.) » (Lampas) tuberosa var. quadri- costata Sacc. (C. Bell.) .... » ( Lampas ) tuberosa var. contiguo - varicata Sacc. (D. Bell.) . . . » (Lampas) tuberosa var. acutino- dosa Sacc. (E. Bell.) » (Lampas) tuberosa var. granoso- parva Sacc. (F. Bell.) » (Lampas) consobrina May -4- » » multiqranosa Bell. . . | - » » Michaudi Miclit. . . . » » Lessonae Bell | -4- » ( Apollo n) gigantea Lk. e var. . » » elonqata Bell, e Micht. » » pugmaea Bell • • — 1 — | — — • • — H 1 .. Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 207 1 Numero d'ordine FORME Yillafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o s "Sd ►5 o 5 *3 ri ’3 -5 Stampiano O e ri fcc c o Sestiano o *3 o 12 ri « Parisiano 2496 2497 2498 2499 2500 2501 2502 2503 2504 2505 2506 2507 2508 2509 2510 2511 2512 2513 2514 2515 Ranella {Aspa) marginata Mart - » » » var. fossilis Sacc. (A. Bell.) » {Mio ceni. a Sane.) Mi.rh.pl otti. Tifili. • • • • - • • - Cominella, derfononai a Tifili — Pii, or ruirluR P>pl 1 H- — H — f- i) » var. frequenticostata Sacc. Bell) » » var. frequentistriata Sacc. (B Bell ) . n » var. pseudoclatrata Sacc. CC Bell 1 » ordì. tua Bnn 15 rnnnp.nfp.nR Tifili. — i— « pnhjgnnux BrneeTi. fi var » » var. acutispirata Sacc. (A. Bell) . THhurnn a nonni ni rn. Bell i -f- n Caronis Broncn ? » eburnoules Matli -f- i •> » var. angustata Sacc. (A. Bell ) . '-f- i n n var. clausospirata Sacc. (\ Bell) — 1 — — H n n var. angusticanaliculata Sacc (B. Bell.) .... Liguria. — Phos polygonus Broccli. var. percostata Sacc. (B> Bell.) i 208 F. Sacco Numero d'ordine FOE M E Villafraneliiano Astiano Tiacenziano Messiniano Tortoniano Il Elveziano 0 1 •a e ed 3 Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O j ’JÌ cS H- 2516 2517 2518 2519 2520 2521 2522 1 2523 2524 2525 2526 2527 2528 2529 2530 2531 2532 2533 2534 2535 2536 Nassa, instabilis Bell -4- » « var. multirugulata Sacc. (4. Bell) » » var. multitransversa Sacc. (B Bell) » » var. nullotransversa Sacc. (C Bell) » » var. esulcata Sacc. (D. Bell ) -f- -r- » » var. subquadr ungula Sacc. (D Bell) » r.nnsi.mili.s Tifili » vp.nt.ri.r.nsa ft-mt ” » var. dertocostulata Sacc. (A. Bell.) n tornata Dod. . . . » Rnnp.ll.ii. Ri sm ri. . . » » var. lamelliplicata Sacc. (A Bell ) » » var. persuleata Sacc. (B. Bell ) . « proecedcns Bell » » var. plioinflata Sacc. (A.' Bell.) - » » \M.pliosulcata^>n,QC.(B. Bell ) r.m unii nlrri a T->p11 - H — — f“ » » var. longoastensis Sacc. (A. Bell.) » mutabilis Lirm 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 209 Numero d’ordine FORME i O G ri £ o § £ ri Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano o J ’p< g in Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 2537 Nassa mutabilis var. plioumbilicata Sacc. (A Bell ) . 2538 11 » var. pliomagna Sacc. (B. Bell.) 2539 1 11 « var. pliosulcatissima Sac. (C. Bel'.) 2510 11 » var. plioacuta Sacc. (D. Bell ) 2541 ann fienai s TapII | 2542 11 » var. ventricosa Sacc. (A. Bell ) 2543 2544 11 » var. acuminata Sacc. (A. Bell.) 2545 pulr.hrn. TVAnr ? — H | 2540 | | 2547 rio fossa T$p11 r 1 '2548 — H ! '2549 mngnir.nli.osn. Bell | 2550 2551 rjibhnsif] a. Limi ! 11 » var. pliopergibbosa Sacc. (\ Bell ) 2552 11 » var. pliocallosa Sacc. (B. Bell ) 2553 n » var. plioacuminata Sacc. !C Bell 1 2554 2555 2556 2557 2558 ringi.r.ii.l.n Bell I | | Soldanii Bell ? 1 suhrsulr.nt.n. Bell ... | i | Rnu'p.rhnn.ki. Miclit, ! 1 il M var. pluricostulata Sacc. (A. Bell.) . ~ H 210 F. Sacco Numero d'ordine F 0 R M E Villafranchiano 1 ( Astiano 0 c S e o> u c5 s Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano O c ci zL c ri 1 Tongriano Sestiano i Bartoniano Parisiano 2559 Nassa senilis Dod H- 2560 77 Basteroti Miclit 2561 » turgidula Bell 2562 77 » var. subr olimela Sacc. (A. | Bell.) 1 -4— 2563 77 » var. birugata Sacc. (B. Bell.) 2564 77 attigua Bell I 2565 ?7 Mayeri Bell . . H— H- , , , . . . . . . . . . . 2566 77 tumida Eichw. e var -4- 2567 77 » var. clertobrevis Sacc. (A. Bell.) . 2568 77 » var. tauroprima Sacc. (B. Bell.) . . -f- -4- -4- 2569 77 » var. dertoccostata Sacc. (C. Bell.) 2570 77 tuberifera May '2571 77 biformis Bell -H 1 2572 77 Borsoni Bell | 2573 77 Goppii Bell -4- 2574 77 subreticulata Bell -f— 2575 77 speciosa Bell 2576 77 porrecta Bell 2577 7? »» var. latospirata Sacc. (A. Bell.) -f- 2578 77 Melii Bell 2579 77 laxesulcata Bell 2580 77 recticoslata Bell — H 2581 77 alava Bell . .1 2582 77 corrugata Brocch | 2583 77 antigua Bell -f- 2584 77 reticulata Linn — H -+- . .! . J Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 211 Numero d’ordine FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 2585 Nassa reticulata var. pliocrassa Sacc. (A. Bell.) . . . , 2586 57 m. usili a. Bvoeeli -t- ~ t— 2587 » flexicosta Bell 2588 77 crebresulcata Bell H- 2589 77 confundenda Bell 2590 77 consobrina Bell 2591 ?? ventrosa Bell -4- 2592 77 subovata Bell 2593 77 brevis Bell •2594 turbinata Bell -4— 77 concinna Bell -4— 2596 77 tessellata Bon 2597 77 » var. subasulcata Sacc. (A. Bell.) . . . . 2598 77 famil.ì.aris May 2599 5? difp.r.i.l.is Bell 2600 » cincta Bell 2601 77 » var. parvocostata Sacc. (A. Bell.) , 2602 5? Isseli Bell. . 2608 Ranno rum. TCpII 2604 77 ii var. joaucicostata Sacc. fA Bell 1 ! 2605 Reni eri TIpII 2606 2607 » var. sub tuber culi fera Sacc. 1A Bell ì H— 2608 77 ii var. pertuberculifera Sacc. CB Bell 1 — H 2609 2610 77 ii yar. convexulaSa.ee. (A.Bell.). 212 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafrancliiano Astiano 1 Piacenziano o ri xr. o> Tortoniano Elveziano 1 Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestìano Bartoniano o li u • ri ; 2611 Nassa intercisa var. depressolabiata Sacc. (B. Bell.) 2612 11 » var. depressiuscula Sacc. (C. Bell.) 2618 11 » var. sinuosocostata Sacc. (D. Bell.) 2614 » » var. striatulatissima Sacc. (E. Bell.) 2615 11 » var. percostata Sacc. (F. Bell.) —H .2616 11 omissa Bell H- '2617 11 angusta Bell I | 1 2618 11 magnicostata Bell i 1 2619 11 Woodi Bell | -t- ! 1 2620 11 c.ur ni. r. ostata. Bell. -f- 1 '2621 11 Calr.arap. Bell -f- i 1 2622 11 tra.r.ta. Bell 1 2623 11 r.yllenni.dp.s Sane. (NT np.gj.p.r.tn. Bell ) -4- ! 2624 11 » var. laxesulcata Sacc. (A. Bell.) -f- 2625 11 rustica Bell 2626 n divisa Bell -4— 2627 » turriculata Bell. . 2628 il S otterii Bell, e var 2629 il clavatula May 2630 il obeliscus Dod 2631 li porrata. Brneeli. e var 2632 li i.nt.o.r dentata. Bon 2633 ii sr.al.a.rata. Bell 2634 hisnt.p.nsis T)eprmt. -4- 2635 il » var. miocenica Sacc. (A. Bell.) Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 213 Numero d’ordino | P GEME » Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o c Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisiano 2636 Nassa Pareti May -t- 2637 )} prysw.athi.r.a. Bvoceli -f- 1 | 2638 J? Crugnoni.s Bell. . . -f- 1 1 2639 Immiti. a nn. p 1 1 -f- 1 ' 2640 » » var. acutispira Sacc. (A. Bell ) -f- 2641 Y) » var. brevispira Sacc. (B. Bell.) 2642 T) « var. convexiuscula Sacc. • (C. Bell.) 2643 » clathrata Bora — 1 ! 2644 ?) » var. obtusopercostata Sacc. | (A. Bell.) 2645 ;? emiliana May 2646 J? » wc. per costolata Sacc. (A. Bell.) 2647 » Cantrainii Bell — f- | 2648 scalaris Bors 1 | 2649 Cocconii Bell | ! 2650 j: » var. subclathrata Sacc. (A. Bell.) 2651 » :> var. peracuta Sacc. (B. Bell) • • . 2652 -j- 1 2653 » » var. pluricostata Sacc. (A. Bell ) — i— 2654 r, ì var. obliquecostata Sacc. (B Bell) . .... 2655 3 c O) 0 rt £ 0 c ci *5 V: m Zi Tortoniano O a N Zi 5 O rt Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisiano 2713 2714 2715 2716 2717 2718 2719 2720 2721 2722 2723 2724 2725 2726 2727 2728 2729 2730 2731 2732 2733 2734 2735 2736 '2737 2738 '2739 Nassa Fontannesi Bell •4- » sr.ulpt.il 'i.x Boll ! | — f- —H 1 1 i » serrala Bell a ypr — H • • ! | | 1 1 1 1 | | 1 » ;? var h i ila r i rnsn (\ TìpII ì 1 1 ..I.. | vamnr TìpII I 1 j -4- H- -+- -t- — t- 1 I 1 1 1 » quadriserialis Bon. e var ■ • 1 1 | i 1 » » var. paucilaticostata Sacc. (A. Bell ) « ynr.minutipercosiata8a.cc. (B Bell ) . » asperata Cocc. . . -4- 1 » r var. miopliocenica Sacc. (A. Bell.) -4- » » var. plioturrita Sacc. (B. Bell.) :? suhraudata Rell. l -H -H —4— -t- 1 » » var. apertospira Sacci (A. Bell.) » diversa Bell 1 1 » sobrina Bell 1 | j » r.ngu.at.el.l.a Bell i i ;> simula ns Bell 1 j ! ?? ina.p.n u.a.Jis Tifili p va.r. 1 ! | >? p.rsn/.Jnfa. Tip. 11 l i 1 » diademata Bell 1 1 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 217 Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano o a cd 3 od 'I ì Stampiano Tongriano Sesti ano Bartoniano Parisiano 2740 2741 2742 2743 2744 2745 2746 2747 2748 2749 2750 2751 2752 2753 2754 2755 2756 2757 2758 2759 2760 2761 Nassa hiarata Bell -4— -f- H— -f- » f.urhi.np.lhjx Rvnceh « » var. dertominuta Sacc. (A Bell) » n var. dertodepressa Sacc. (B BeB ) . . a n var. dertocrassa Sacc. IO Bell ) n » var. productospira Sacc. (A Bell.) -+- -t- -+- — t— — t— 1 1 n a var. taurocosticillata Sacc. (A Bell ) a n var. tauroacostulata Sacc. fB Bell 1 „ var. raricostata ,i n var. percostulata Sacc. 1A Bell 1 n n var. longiuscula Sacc. OR Bell 1 n ii var. obliquecostata Sacc. (C. Bell.) 15 21S 1<\ Sacco F 0 R M E « 1 h £ o Eh 2762 Nassa clathurella var. pcrcostulata Sacc. 11). Bell.) 2763 JefFreysi Bell . | 1 2764 » incerta Bell ■. . ! 1 1 2765 badensis Pariseli. ! ! I :2766 » » var. subvaricosa Sacc. (A.Bell.) ” var. elongatula Sacc, (B. Bell.) » var. sulcostulata Sacc. (C. Bell.) ! 1 1 '2767 » T V ' 2768 » i 2769 » ” var. pcrobliquecostata Sacc. ! CD. Bell.) 2770 » var. parvosublaevis Sacc. (E. Bell.) '2771 exiaua Broccli | '2772 ?) ” var. parvoaperta Sacc. (A. Bell.) 2773 5) nectita Bell 2774 » •s ublaeviaata Bell ! 2775 » ” var. minutesulcataSa.cc. (A. Bell.) 2776 >? ’> var. apertespirata Sacc. (B. Bell.) 2777 » » var. oblitesulcata Sacc. (C. Bell.) 2778 » ” var. variospirata Sacc. (D. Bell.) 2779 » taurinorum Bell 2780 » ” var. subumbilicata Sacc. (A. Bell.) 2781 » » var. abbreviatala Sacc. (B. Bell.) 2782 Collegni Bell . .1. . Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 219 5 © e FORM E o (= ci *© c ci ì>- o 73 < O .3 ’n © o .ci Messiniano O ci O O ■H © s: © 3 o 1 75 i Td •li o G ci 3 "2 < © *p< g 3 3 © bp © Eh © G ci rr. © u: o 3 ’c © « o G .2 *73 ci p-l 2783 2784 2785 2786 2787 2788 2789 2790 2791 2792 2793 2794 2795 i 2796 i 2797 2798 2799 2800 2801 2802 2803 '2804 Yasxfl. rnnn.p.r.fp.nx li oli - 1 -4- — t- -4- -+- 1 v ri p.vt nv p.urì . » var. dertolonga Sacc. (A. Bell ) » » yar. dertopersulcata Sacc. fB Bell ) -4- 1 » » var. latisulcata Sacc. (A. Bell ) ? • • -f- H- ?? trmi.RÌ.t cinz "Rpll. . . -+- -+- — 1“ — f— ! « » var. costulata Copp. ( A . Bell ) » :> var. crebrecostulata Sacc. (B Bell ) » :> var. isseliana Sacc. (C.Bell.). . . • J, . . . 220 F. Sacco Numero d’ordine F 0 R M E o c rt et > Astiano o rt a a .2 Messiniano Tortouiano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano o rt uó rt Ph 2805 Nassa semistriata var. sulcatulata Sacc.(D. Bell ) 2806 ?? » var. ventresulcatula Sacc. (E. Bell.) -4- 2807 5? » var. longiturrita Sacc. (F. Bell ) . 2808 » Olivi Bell 2809 megastoma Bell. , 2810 5? » var. extensilaliata Sacc. (\ Bell) 2811 » » var. breuispirata Sacc. (B Bell) 2S12 » » var. latospirataSa,cc. (C. Bell ) -4- 2813 r> » var. obsoletesulcata Sacc. fi) Bell 1 -4- 2814 2815 Pan.t.anell.i.i. Bell -4- nitens Bell -t- 2816 nhl.it n. Bell 2817 2818 2819 2820 2821 2822 2823 n var 'nfiY'Rulr.nhi.la f \ Ttall V -4- -4- — f- -4- farsa BpII ?5 n var. abbreviatala Sacc. /A. Bell ) — 1— 2824 2825 2826 2827 r. rp.hr ir n stillata. Tifili. FI. nhrata Beri -4- atlantica Mav » var. ecostatobrevis Sacc. (A. Bell.) -t- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 221 g 5 ss F 0 R M E w I < ! in 2S2S 2829 2830 2831 2832 2833 2834 2835 2836 2831 2838 2839 2840 2811 2812 2843 2S44 2815 2816 2847 2818 2819 Nassa subecostala Bell » nova Bell Cyllene Desnoyersì Bast » » var. taurocrassa Sacc. (A. Bell.) » » var. tauroangusta Sacc. (B. Bell.) « » var. pliocenica Sacc. ‘ (C. Bell.) Cyllenina ancillariaeformis Grat » terebrina Bell » » var. variesulcata Sacc. (A. Bell.) » » var. are uatelab lata Sacc. (B. Bell.) . . » paolucciana D’Anc » » var. subcarinata Sacc. (A. Bell.). n var. apertospira Sacc. (B. Bell.). » var. nodosecostala Sacc. (C. Bell.). recens Bell Sismondae Bell. . : irregularis Bell bicoronata Bell subumbiculata Bell pleurotomoides Bell Haueri Miclit « var. yaucicostata Sacc. (A. Bell.) 222 F. Sacco © 3 o © 3 F 0 R M E o ri 'E !>■ © 73 <5 © s: © © ci © CO 73 © Tortoniano Elveziano © fcc r3 Aquitaniano Stani pi ano © 3 & 5 © 73 © 3 1 © 3 1 2850 Gyllenina Ilaueri var. subecostata Sacc. (B. Bell.) ... . 1 2851 77 oculata Bell 1 ! — H | 2852 77 » var. productecostata Sacc. (A. Bell.) . . 2853 7? ” var. longispirata Sacc. (B. Boll.) 2854 77 Neumavri Hoern. e Auino- ? . 2855 Cyclonassa neritea Limi 2S56 Columbella (Col ami ella') rinaenx Iteli. . . 2857 77 » carta Duj. . . . 2858 77 ( Columbella ) curia var. angu- stolonga Sacc. (A. Bell.) . . 2859 77 (Columbella) carta var. pera- 1 cutespirata Sacc. (B. Bell.). . . 2860 77 ( Columbella ) curia var .proda- - ctespirata Sacc. (C. Bell.) . 2861 77 ( Columbella ) bdlardensis Sacc. 1 ! 2862 77 » abbreviata Bell. -f- 1 2863 77 ( Brachelixdla ) Klipsteini Mi- cht 2S64 77 ( Conidea ) scalarato, Sacc. . . 1 2865 77 n infinta Bell. . . 1 2866 77 (M tirella) complanata Bell. . 1 2867 77 (Mite ella) complanata var. an- qustolonga Sacc. (A. Bell.). , 2868 77 ( Mite ella ) complanatav ar. acu- ! 1 toperlonga Sacc. (B. Bell.). -f- Liguria. - - Columbella (J/itrella) turca- aula Broech. var. acutoligustica Sacc. (A. Bell.) -t- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte OOO Numero d'ordine F ORME Villafranchiano Astiano o rt s c3 O c ri ’óo w o> s Tortoniano o rt M O > s Langliiano Aquitaniano o a 5 Cj s O fi cj fcfl O H S astiano Bartoniano Parisiano i| >809 >870 Ì871 2872 >873 Ì874 2875 >876 2877 2878 2879 2880 2881 2882 2883 2884 2885 2886 2887 2888 2889 2890 2891 Cnlumbella ( ,1 fi traila) prap.ced.enn Tifili. . . - j? 9 tur ni. fi uln. Rrneeli — H » ( ,lfi frali tf.ì tr miai fina "Rp.ll » » erythrostoma Bob. » {Mitrella) erythrostoma var. /*. fi inni* fi ss ìiJ n Snp.p. ( \ Rp.11 ì -f— -t- » ( Mitrella ) erythrostoma var. polyg iratospiraHa.cc. (B.BeW.). - 1 | •? ?? riseli ì Rare i n {Mitrella) Isselii var. acuto- longiuscula Sacc. (A. Sacc.). - » :> semicaudata Bon. . 9 — H j 6/ LCò o v l/t(/ ls I lò JJUlli n ( Tetrastomella ) crassilabris var. variespirata Sacc. (A. Bell ) ( Tn.tr n xtn m a Un) in.p.rhtn. Rell -4- H- » ( Tetrastomella ) inedita var. parvuloplicata Sacc. (A. Bell 1 » ( Tetrastomella ) inedita var. angulosolabiata Sacc. (B. Bell ) . « {'fetrastninp.il a.) addita. Tip]}. » » teres Bell. . . . 224 F. Sacco FORME 2892 2893 2894 2S95 2896 2897 '2898 2899 2900 2901 2902 2903 2901 2905 2906 2907 2908 2909 2910 2911 2912 2913 2914 2915 2916 2917 2918 2919 Columbella ( Tetrastomella ) villalvernien- sis Sacc. . . » » astensis Bell. . . n » subbiata Brocch. n ( HI iwvp.11 n\ r acumi ranci a "Bell. • • _j_ -h 1 1 -+- — i— r ii ii ni hur.i nnp.n&is Sap.fì i ri yi fìnvsififli T»p11. ' i » » » vai*, ve n- - i - i * riaconzinno Mossiniano Tortoniano Elveziano Langliiano © X — < Stainpiano — Tongriano Sostiano O o jj 1 Ch ! 2916 Purpurei ',1 str iolata Bromi . 29 17 transitoria Boll. ... ... u 1 i 294S praccedens Bell. . i 1 2949 arata Boll | 1 1 1 2950 » » var. subacanuliculata Sacc. (A. Bell.) 2951 JJ » var. nodoso insta ucia Sacc. (B. Bell.) 2952 parvala Bell 1 2953 >? biplicata Bell 1 1 . 2954 inaeguicostata Bell 1 | 2955 » erosa Bell 1 1 2956 rarisulcata Bell 1 j 4 957 Sismondae Micht. e var — H 1 2958 rat. usa. Micht -4- 1 . . . T . 2959 ri r.i lì.u.l ni d.r.s Bell. . i 2960 r.n nnp.r.t p. n.s Ttall 1 2961 tìihp.'pr.ul n.tn. R«»11 -f- | 1 2962 1) calcarata ( Sistrum calcaratum D'Orb.) 2963 J J r> var. uniseriata Sacc. (A. Bell.) — r- 296 1 » haemaslomoid.es Hoern. e Auing. -f- 2965 J? bicarinata Bell " 1 2966 J? stazzanensis Bell 2967 5) uniplicata Bell 2968 ;? producta Bell 1 2969 j? » var. ang alatissima Sacc. (A. Bell.) -4- 2970 » n var. ampleumbilicata Sacc. (B. Bell) . . . — H , 2971 V) apenninica Bell Cutalo■ o p o _c3 <© ! * Messiniano — Tortoniano O 1= ci >3 CJ « o p Td p 3 o <5 Stampiano O c tl o H o ”3 ! w o 1 Ul | Bartoniano O P "i/. rt Ph • 2972 2973 297-1 Purpura elongata Bell ” megastoma Bell. . . | 1 H- i , ” elee t a Bell 1 2975 ! 2976 2977 2978 2979 2980 ,2981 ” varicosa Bell. . . . | | Jopas pygmaea Bell. . . . 1 Achanthina monacantfios Brocch — t— » depressa Bromi. . . . | ” cancellata Bell, e var. . . | Clima laxecarinata Micht. ! - Coralliophila granifera Micht. . . — H -f- -f- -f- ;2982 •2983 298-1 ” var. varicolonga Sacc. (A. Bell.). » var. inflatissima Sacc. (B. Bell.). ” brevispira Bell. . . [2985 2986 2987 2988 » angusta Bell 1 1 ” costala Bell | ! ” . varicosa Bell | 1 ” fusiformis Bell 1 ! 1 2989 2990 2991 2992 2993 2994 2995 2996 ” ” var. uniformico- stillata Sacc. (A. Bell.). ” regularis Bell | ” recurvicauda Bell. . . . I ” turrita Bell 1 — f~ • » umbilicata Bell ! ! n abnormis Micht j | -f- -H — H — f- » crassicostulata Bell | | ” lonqa Bell 1 2997 2998 2999 3000 ” Ranieri Micht | I i « irregularis Bell | 1 1 » compta Bell 1 1 1 Latiaxis inennis Bell J. J. J 1 228 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano O P .2 ’5 03 z> Tortoniano Elreziano il Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O P rt *03 li ci Ph 3001 3002 3003 3001 3005 3006 3007 3008 3009 3010 '3011 3012 3013 3014 3015 3016 3017 3018 3019 ■3020 *3021 3022 3023 3024 I Fusus Brecìae Micht. . . . » » var. suhastriata Sacc. (A. Bell.) » rostratus Oliv -+- -t- » » vnr.plioaspinosa Sacc. (A. Bell.) - » » var. plìosubacostata Sacc. (B. Bell.) » inaequicostatus Bell 1 » n var. per striata Sacc. (A. Bell.) H — » longiroster Broccli » spinifer Bell » semirugosus Bell, e Micht - 1 » aequistriatus Bell ! » inaequistriatus Bell -f- » clavatus Brocch 1 » » var. magnicoslata Sacc. (A. Bell.) H- » Valenciennesi Grat « multiliratus Bell » ladies is Sismd » striqosus Bell H- » decorus Bell » ventricosus Bell -H » virgineus Grat. ? - ” geniculcitus Bell -4- » rnhusfulus May. Ma. yp,Ti T$ o 1 1 . Liguria. — Fusus etruscus Peccli. var. li- gustica Sacc. (A. Bell.) Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 22 9 Numero d'ordine F 0 R M E Villafrancliiano Astiano o O rt s O £3 cì '£ c n 1 73 ■v Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitauiano Starapiano Tongriano Sestiano o S © — •— c3 O a *V3 ri Ph 30°5 Fusus Beyrichi Bell. —4— 3026 3027 3028 3029 3030 3031 3032 3033 3034 3035 3036 3037 3038 3039 3010 3011 3042 3043 3044 3045 3046 3047 3048 » lamellosus Bors. . — H 1 j) mar/] ariti. fp.r Bell T » Tournoueri May. . . ii pu.Rtuln.hux Bell e Mieli! - | - | -+- 1 • • — H J ani n. annui osa. T-Jrnrpli . J-4- ! V III A • jJ \J O 0 KJ ■ 111 • XJ 1 X . 7 • » >i var. subacostulata Sacc. 1B Bell ì » » var. percostata Sacc. (C. Bell ) 1 1 ii ii var. ventricosissima Sacc. (A. Bell.) ~T— Chrysodomus ( Chrysodomus ) cinguliferus Jan. . . . -4- ii ii latisulcatusBeW. ii ii glomoides Gene. -4- n n n var. rumila t. a Sano,. ( A. TtallA . » ( Chrysodomus ) glomoides var. a na untata. Snp.f! fTÌ T-»p11 ì . n ( Chrysodomus ) glomoides var. | -f- -4- ii ii n var. depressoinflata Sacc. (A. Bell.). 230 F. Succo Numero d'ordine F 0 R M E o ci ZJ c ci cil ci O g -«-i < Piacenziano 1 Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano O ri ’E. p ri -4-3 C/2 Tongriano o c ci zn CJ et Bartoniano Paris iano | 3049 ' Chry.sodomus ( Chrysodomus ) striatus Bell. 3050 » » r.nsf.ìf] n.f.ust Bell. -4— 3051 » » » var. acutispira Sacc. (A. Bell.). 3052 » ( Chrysodomus ) minutus Bell. _ | ! 3053 » ( Tr i tono fusus ) pedemontan us Bell — t— 13054 Leiostoma canaliculata Bell -t- 3055 Strepsidura r/lobosa Bell '3050 May evia acutissima Bell 3057 Muristica cornuta A rt C c rt .•e < c et w C c E fc. c Eh Sestiano o c c rt Parisiano ì 3073' Pis ernia neqlecta Miclit 307-1 ■) ” crassa Bell. 1 3075 j Parnasia sub fusiformi D’Orb -f- 3071: ” ” var. paucicostulata Sacc. (A. Bell.) . ~h I- O co ” var. pr of unde cana- liculata$Mc.(B. Bell.) H- 3078 ” coronata Bell. . . 3079 » var. pernodulosa Sacc. 1 3080 ” nodosa Bell. . . . i ,3081 Simplicotaurasia 0) canaliculaia Bell. 1 ,3082 Follia turrita Bors. . . _J_I 13083 ” fusulus Brocch. . . - ì ,3084 ” var. parvicostulata Sacc. (A. Bell ) • • H- 3085 » laccata Bell . . 3086 ” exacuta Bell. . . . 3087 : ” » var. obtusecostata Sacc. (A. Bell.) 30SS ” ” var. multicostata Sacc. (B. Bell.) 30S9 ” var. subuniformicostata Sacc. (C. Bell.) 3090 ” umbilicata Bell 3091 ” a/fmis Bell 3092 ” ” var. relieta Sacc. (A. Bell.). . 1 . | 0) Propongo per questa forma il nome di Simplicotaurasia invece di Purpurella roposto dal Bellardi, perchè questo nome venne già usato sin dal 1872 in altro senso, cioè er la Purpurella columellaris Lk. i siano 232 F. Sacco Numero d'ordine F 0 E M E Yillafrancliiano Astiano l’iacenziano o Vj Tortoniano o cj © 3 Laughiano Aquitaniauo O P ci P ci 3 Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisiano 3093 3094 3095 -f- -4- -4- -4- -4- 3096 3097 3098 3099 3100 -4- -4- « v&r.acutisp irata Sacc. fB Bell ) —4— 3101 3102 Prp.rlar Vielif -h » » var. pliocenica Sacc. (A. Bell ì ■3103 3104 3105 3106 -4- -4- T) » var. productecostata Sacc. (A. Bell.) -4- 3107 3108 o i no nn mista. TSpII mUrata. Brnecli -4- -4— — t— oiuy 3110 3111 3112 3113 3114 3115 3116 3117 3118 qi 1Q » eli • pilupCU Utl )j ttvv • • JJt ili j Xf avari. T>nll -4- -t- -t- -4- e r bomba Duj -+- # , -H 3120 3121 w OLI V (/ ? 1 » 1 Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 233 Numero d'ordine FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Farisiano 3122 3123 3124 3125 3126 3127 3128 3129 3130 3131 3132 3133 3134 3135 3136 3137 3138 3139 3140 3141 3142 3143 3144 3145 3146 3147 Clavella striata Bell HH » rarisulcata Bell j Euthria magna Bell -4- i » cornea Limi. var. plioelongata Pace. (A Bell.) .... -t- » » var. miocaudata Sacc. (B. Bell.) — t- n infìnta Rnll ! -+- | — t— | » » var. parvostriata Sacc. (A. Bell) — H n n var. albozonata Sacc. (A Bell.) - | « vnr ri prtnl nw nn. Saf*.. ( A ."Rfìll.ì. H— -4- | « 4 Jr.id.i.i. M;iy 9 H- » » var. per spinata Sacc. (A. Bell) RTììnnRPf. T^oll ! » intermedia Miclit -4- » n var. praecedens Sacc. (A. Bell.) 1G 234 F. Sacco FORME K V) < £ 3148 Eutliria adunca var. miosubacostata Sacc. 1 1?. Bell/) 3149 77 Michelottii Bell ! 3150 77 minor Bell 1 3151 77 v erraci fera Bell -h 3152 77 dulia Bell ~h 3153 Anura inflata Broccli. ... -4- 3154 77 « var. archetypa Sacc. (A.Bell ). 3155 77 Borsoni Gene | 3156 ìì ” var. minutestriata Sacc. (A. Bell.) 3157 77 ” var. parvomata Sacc. (B. Bell.) . . . 3158 77 ” var. atulerculifera Sacc. (C. Bell.) 8159 77 ovata Bell '3160 » striata Bell | 3161 77 Craverii Bell l 3162 77 pusilla Bell 1 3163 77 sublaevis Bell .3164 Mitraefusus orditus Bell, c Micht . . 3165 Genca Boneìli Gene _ . 1 3164 3167 Tud icla 77 rusticula Bast » var. costuloslriata Sacc. (B. Bell.) 3168 77 » var. sulacarinata Sacc. (B. Bell.) 3169 77 » var. subinermi carinata Sacc. (C. Bell.) . . . 3170 77 var. tauroplicata Sacc. (D. Bell.) 3171 77 burdicjalensis Defr 1 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 235 5172 5173 1174 ;175 ;176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 FORME Villafranchiano Astiano O a N c © O rt K Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestìano Bartoniano 1 Parisiano 1 Tudicla burdigalensis var. productonodosa Sacc. (A. Bell.)- . -+- » » var. in/latonodosa Sacc (B. Bell ) » » var. acutepernodosa Sacc (C Bell.) Fa, scialarla np.rru.ensa. Bell 1 » ta.rhp.llia.nn. (Irai. 1 1 >i » var. tauroventrosa Sacc. (A. Bell.) . « n var. tauroelongata Sacc. (B. Bell.) . » » var. taurocostula- tissima Sacc. (C. Bell ) » » var. dertosimplex Sacc OD BellA_ — H » » var. dertomagna » » var .dertorugosissi- » turbinata Bell. . . Latirus ( Eolati/rus ) praecedens Bell. . . . -4- » ( T.at.ìrus ) Lynch i. Ba.st. . 1 » » » var. magnocostu- lat.a. Sa.cc. (A. Bell 1 » » Lynchi var. acutonodosa Sacc (B. Bell.) . ìi n lynr.h.nulp.x Bell. . . 1 » » » var. acuteco- stuln.ta. Sacc. (A. Bel!.). » » taurinus Mieli t 236 F. Sacco Numero d'ordine F ORME Villafranchi ano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano O a JBÌ *s ri *4 Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 75 ri r-i 3191 Latirus ( Latirus ) taurinus var. pseudoum- hìU n.ntn . Kap.p. ( À "Rp.11 1 3192 3193 r.nv'nuhi.R RpII -4- 3194 3195 mrnd.n.r.t.v.s Tifili 3196 in.a.p.a u.a.J.i.s Tifili 3197 iiP.ntrnRUR Rpll 3198 n c.p.ppnrn.m. Tifili 3199 r.n.rinntiiR RpII 3200 li li » var. curticau- da Sacc ( var. obtuse- nodosa Sacc. (A. Bell.). —4— 3206 n n crassi.cnst.at.ua Mieli!. . 3207 a a » xnr.perstri- a.t.ula. Sn.ee ( A Boll 1 3208 a a crassicostatus var. exca- naliculata Sacc. (B. Bell.). . . 3209 n n Sellar dii Mieli!. . 3210 3211 il spini, fp.rus Bell. -4- il a » var. magne- striata Sacc. (A. Bell.), -4- 3212 il n Gastaldii Bell —4— ,3213 il n affìnis Bell -+- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 237 j Numero d’ordine FORME Yillafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano O P c3 £ tX) P d Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 3214 3215 3216 3217 3218 3219 532 20 3221 3222 '3223 3224 3225 3226 3227 3228 3229 3230 3231 3232 3233 3234 3235 3236 Latirus ( Latirus ) bugellensis Bell - ” » fimbriatusBrocch.e var. ” » » var. duocosta- ta Sacc. (A. Bell.)- • • ” » fimbriatus var. vcirioca- rinata Sacc. (B. Bell.). ” » fimbriatus var. parvo- longiuscula Sacc. (C. Bell.) • • -+- -t- -t- -+- » » lawleyanus D’Anc. . . » » subfimbriatus Bell. . . » » » var. crebri- costata Sacc. (A. Bell.). » » subfimbriatus var. costulata Sac. (B.Bcll.). » » minor Bell » » Maveri Bell - » ( Plesiolatirus ) nodosus Micht. . . - » » fusoideus Micht. . -t— » ( Polygona ) crassus Sismd v v astensis Bell » » priae Bell - » » coarctatus Micht. . . - » ( Dolicliolatirus ) apenninicus Bell. - » » Bronni Bell. . . -t- » ( Neolatirus ) recticauda Fuchs. . -+- » » nbli.qn.i.r.a.n.d.a. Bell. » ( Axr.nln.ti.rus ) Borsoni Bell. . . . » » Ranel.l.ii Bell. Liguria. — Latirus ( Plesiolatirus ) D'An- conae Pecch. var. sexcostata Sacc. (A. Bell.) . 238 F, Sacco Numero d’ordine ! F 0 E M E Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano O £ ctf t n © in Bartoniano Parisiano 3237 3238 3239 3240 3241 3242 3243 3244 3245 3246 3247 3248 3249 3250 3251 3252 3253 3254 3255 3256 3257 3258 3259 3260 3261 i Latirus ( Ascol.ati.rus ) Allion.i.% Micht H- » ( Peristernia) exornatus Bell. - ?? ?? m.r.inua Tip 11 9 — H » n avus Bell -4- ” » patruelis Bell. . . . I » » c.ognat.us Bell - | n ( PaeudoJ.at.irux) hili.n.p.ntus Pariseli • -t- » » pinp.nxi.it Bell » » » var. òaside- pressa Sacc. (A. Bell.) ” (Pseudo latirus) pinensis var. duo- decimcostata Sacc. (B. Bell.). . » ( Pseudolatirus ) pinensis var. se- ptemlat.er.ost.ata Sacc. (C. Bell.). » (Pseudolatirus) suhrMst.at.usT)' Orli » » concinnus Bell. ” » » var. obso- lete, cast, a.tn, Sacc. (A. Bell ) » (Pseudolatirus) fornir a tus Bell. -+- » » » var. ?YZ- reci.ngul.ata For. (A Bell ). . Dertonia Iriae Bell Turòinella episoma Micht | - » brevispira Bell -+- Cynodonta crenata Micht. . » » var. acutissima Sacc. (A. Bell.) • • • • • Typhis horridus Brocch ? • • — t— » interni eri li.us Bell. . - 1 » /istulosus Brocch. e var -+- -+- - » tetrapterus Bronn 1 | 1 | Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 239 Numero d’ordine POE M E Villafranchiano Astiano ; Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 3262 3263 3264 3265 3266 3267 3268 3269 3270 3271 3272 3273 3274 3275 3276 3277 3278 3279 3280 3281 3282 3283 3284 3285 |3286 3287 3288 Typhis tetrapterus var. protetraptera Sac. (A Bell) — h- -+- • ■ » » » var. aspinata Sunn (\ BAIO -4- » » » var. subspinosa OtVV Vi l . JJClll J» » » yyì nvn n.ri tifar lYTi r.hf » » » var. vari - LiUòl/ùùblU/LV JJClli N - • • • • » (Rhy no cantila) toralarius Lk. e var. • • - - • • - H- « » membranaceus Bell. . H- -1- ? -4- „ « Kiraì.nxnni. Mieli!. . . -+- n » Gastaldii Bell, e var. • • 9 • • n » Sowerbyi Mielite var. - H— • • . J » » » var. plio- elata Sacc. (A. Bell.). ■ • -+- n » ovulatus Bell i 210 F. Sacco Numero (l'ordine FORM E Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Si ampi ano Tongriano Sestiano Bartoniauo Parisiano 3289 Mutbx (Pteronntux) graniformi Mi Flit. . - H- -+- 3290 » (M arie idea) perpulcher Bell. . . . | 3291 3292 3293 3294 3295 3296 3297 3298 3299 3300 3301 3302 3303 3304 » » heptagonus Bronn. e var. . » » » var. plio- varicosa Sacc. (A. Bell.). n !> absonus Jan -4- • • - • • • • -4— 1 ” » » var. plioaspi- rata Sacc. (A. Bell.). » » incisus Brod. e var. . » « ni.rraty.x Bell H- I 1 | | 55 *5 nltftrnir.n sta Mi rii t | — b* -4- 55 55 hnrdfinlun M i r*.li t -f- — t— » » scalarioides Blainv. e var . . » » Jani Dod. e var. . . . -+- | n ( fih.irnrp.iix') np.rfnliahi.x T!rm -4- | » « » var. brevi- xpirat.fr. Sn.ee (A Bell ). » » perlongus Bell. . . | | 3305 3306 3307 3308 3309 1 3310 » » Rnvn.xp.nrlar. Bell | | 55 55 rì p.ntir.ul ntu.R TCpII I | » » M avari Bell 1 » » aquitanicus Grat. | -+- ! » « granuli ferus Grat. . . | ! 3311 » ” » var. exgra- nul.nxa Sacc. (A. Bell ). Liguria. — Murex ( Muricidea ) Constan- tiae D’Anc. var. parvoliqustica Sacc. (A. Bell.) Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 241 Numero d’ordine FORME Villafraneliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 3312 3313 3314 3315 3316 3317 3318 3319 3320 3321 3322 3323 3324 3325 3326 3327 3328 3329 3330 3331 3332 3333 Murex ( Chicoreus ) foliosus Bon. . . . -4- | v » Michelottii Bell. . . — f” 1 » » » var .miomu- tir.a Sacc ( A Boll ) -t- 1 ! -t- 1 1 » (. Phyllonotus ) brevicanthos Sismd. » » » var. der- tobrevis Sacc. (A. Bell.) — H 1 1. . “4— | 9 -4— '1 1 » » cristatus Brocch.e var. » » » var. tauroplio- cenica Sacc. (A. Bell.). -t- -4- • ’ -+- ! I — 1 — 1 n •’ Se dici chi Micht . 1 n n sv.hn xnerri.wìix D’Orli I a n Hnernezi D’Ane . . -t- -4- -+- 9 1 n n n var. pliore- curva Sacc. (A. Bell.). . n n conglobata Micht. . n n n var. plio- nodosa Sacc. (A. Bell.) » n conglobatus var. sep- tp.mnarir.rsn. Sacc (R. Bell 1. -+- — t— -+- 1 » ( Phyllonotus ) truncatulus Foresi. e var - — i- 1 ' n n n var. plicatula Sacc f A BellA ! 1 242 F. Sacco Numero d’ordino | 1 FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o fl a ’bì a ci Aquitaniano Stempiano Tongriano Sestiano Bartoniano , Parisiano 3334 3335 3336 3337 3338 3339 3340 3341 3342 3343 3344 3345 3346 3347 3348 3349 3350 3351 3352 3353 3354 3355 3356 3357 3358 3359 Mitrar. ( Phnll nnntux\ Trmmnrnni Bell - H- — H H — 1 1 1 | 1 » » L assai (j nei Basi, e var. » n Edwardsi Payr. e var. • • -4- • • - 1 | - | I -H -4- | Trophrm hi.eari.nat.us Pipi ] » citinus Bell cnrr.a.vpw.RÌ r T^oll | - » seul.ptux Tipi 1 - 1 | » » var. subcarinata Sacc. (A. Bell.) » varicosissimus Ben » vac/inatus Jan -4- -4- Oriti ehm. pnh/mnrpha BroccTi - H- | n » \&r.pliopervaricosa Sacc. (A. Bell.) . . » » var. pliosabobtusa Sacc. (B Bell.). . » » var. plioscalarata Sacc. (C. Bell.). . n dertonensis May • • — h- n inflexa Dod » erriti evinta. Finn -4- -4- » » var. pliocarinata Sacc 14 Belli n » var. mioincrassata Sacc. (B. Bell.). . -t- Catalogo paleontologico' del bacino terziario del Piemonte 243 Numero d'ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano o p ’s-. tuo p O H Sestiano Bartoniano Parisiano 3360 Ocinebra craticulata var. pliosub asutura- ta Sacc. (C. Bell.). 3361 55 » var. pliocostulata Sacc. (D. Bell.) . -H 3362 55 funiculosa Bors — r- 3363 55 concerpta Bell 3364 » ” var. subacingulata Sacc. (A. Bell.) . 3365 55 bicaudata Bors 3366 55 scalaris Broccli 3367 55 caelata Grat — t— 3368 55 » var. tauroelongata Sacc. (A. Bell.) 3369 55 imbricata Brocch — f— — T— 3370 55 n var. spiralata Sacc. (A. Bell.) --J— 3371 55 n var. pseudocingulata Sacc. (B. Bell.) . . 3372 55 patula Bell (3373 55 nodosa Bell 3374 55 Anconae Bell 3375 55 scalariformis Bell ' ' 3376 55 insculpta Bell 3377 » bracteata Brocch 3378 55 » var. miopercarinata Sacc. (k. Bell.) . . 3379 Bechi Micht 3380 55 geniculata Bell 3381 Isseli Bell | 3382 hnrrens 'Bell H— 3383 nltp.Tvn.tn. Bell -H 3384 55 confraga Bell I. 244 F. Sacco Numero d'ordine F 0 E M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sostiano Bartoniano Parisiano 3385 3386 3387 3388 3389 3390 3391 '3392 3393 3394 !3395 !3396 '3397 Oninahra ‘pentita Hall ranni inni a fa. Tifili < minuta. Tifili H- fedi min. "Rpll center tn. T»p11 -i- se arresa T-Jp11 » nnnr.ri.spat.a. Tifili e lenta. Tifili. — f— 1 » ramar afa. TìpII | Vrtn.lnri.fi. l.innunbnvix Tinsi -4- 1 Afarninp.il a. ( ftl ahp.ll n\ ri pnpnsi s TCpII -t- 1 n » » var. crebre- — 1- 3398 3399 » n » var. de- — H 3400 3401 iJ / Ci ò ò li (/ W* t/ V Lt li IA/ KJftW» XI vii* J • -4- n » » var. compres- si labiata Ssi.p.p. ( A Sfl.p.p. ì -4- 3402 3403 ( Crlahall a\ p.'C canata. TSpII -4- » » » var. ma- -4- 3404 3405 3406 3407 '3408 , ! » n » var. sub- -4- 3409 ìì ( Glabella ) Deshayesi var .fusco- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 245 Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano O 3 N 3 ■> var. sulcatulata Sacc. (A. Bell.) . . ■tì lamesulcata Bell. . . 1 1 1 n fum.rnx Bell | ;) nm.ygd.nl arra Bell . 1 1 » doliolum Bell ! 246 F. Sacco Numero d ordine FORME Yillafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano O P ci ’S O 5-, C> Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano ! h 1 Bartoniano j j Parisiano 3435 3436 3437 >3438 '3439 !3440 1 3441 3442 3443 o444 3445 3446 3447 3448 3449 3450 3451 3452 3453 3454 3455 3456 3457 3458 3459 3460 3461 3462 Mi fra abbreviata Mirili . . . -f- 4— — f- 4— • • » offerta Urli I » sta zznnp.nsì.R T^^ll » firmila TIpII | » obarata Bell » sulciensis Bell — 1— >1 pseudopapalis Bon -4— » taurinensis Bell -4- » adscripta Bell -4- » turri mila. Jan. — H » » var. rainutesulcata Sacc. (A. Bell.) » 11 var. labiatorima Sacc. (B. Bell.) » tracta Bell » pliocenica Bell 11 conspicienda Bell 4- -1— -4- » proxhna Bell » anterior Bell » co fusi formi s Bell » » var. subperplìcata Sacc. (A. Bell.) » constricta Bell » vicina Bell - 11 astensis Bell -i- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 247 Numero (l'ordine j POR M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Lunghi ano Aquitaniano S tarapiano , , Tongriano Sestiano Bartoniano — |j Farisiano 3463 Mitra astensis var. apertoventrosa Sacc. (A. Bell.) -I- 3464 Il » var. acutolonga Sacc. (B. Bell.) 3465 Il miocenica Micht -1- | 3466 ri collata Bell -f- 1 ! 3467 il fusiformis Brcccli H- I | 3463 n » var. parvobrcvis Sacc. (A. Bell.) 3469 n » var. subangulosa Sacc. (B. Bell.) 3470 n abscissa Bell H— 1 | 3471 n gemina Bell 1 .. | 3472 n expressa Bell -4- -4- 3473 n replcta Bell 3474 n adlecta Bell | | | 3475 n desita Bell -4- 1 3476 n addita, Bell j | | 3477 n » var. profundesulcata Sacc. (A. Bell.) — f- 3478 n imminuta Bell | 3479 n minor Bell . | I 3180 n » var. depressobrevis Sacc. (A. Bell.) 3481 n interiecta Bell | ;.i 1 1 3482 n inedita Bell — f- I | 1 .1 1 3483 n annata Bell | I 1 ,3484 n Sismondae Micht i 3485 il » var. subdepressiuscula Sacc. (A. Bell.). -4— 3486 n » var. striosulculata Sacc. (B. Bell.) 248 F. Sacco Numero d'ordine j FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniauo Elveziano o c rtc q ci HH Aquitaniano Stempiano Tongriano Sestiano Bartoniano Paris iano 8487 Mitra Sismondae var. pseudobourguetana Sono (C. Bell 1 3488 » » var. persulcatomagna Sn.ee (T) Bell.). . . . -4— 3489 3490 3491 3492 firn far1 yyi i n n. TCpII | I 1 n » \a,r.parvulobrevisSa.cc. (A Belli 3493 n n var. subin/latobrevis Sacc. (B. Bell ). . . . -4- 3494 ?? cognatella Bell -4— 1 3495 r) oblongula Bell 1. 1 349G spirata Bell -h- 3497 adanissa Bell 1 3498 ronfi v.i.s Bell -4- ! 3499 r.nn.np.T.a. Bell -4- | | 3500 3501 3502 3503 3504 3505 Yì propinqua Bell -t- 1 | » gentilis Bell ! tumcfacta Bell 1 1 | multistriata Bell 1 a.bsnna. Bell -+- i ama. Bell —H . ' ! 3500 3507 3508 3509 3510 nhsp.ma.hi.l.is Bell. | -4— i rrdur.ta Bell | ri n sur/ p.fnrmis 1^ nnartn. T$oll 1 1 » 77 var. subturritolonga Sacc. (A Bell.) ~4~ 3511 3512 nilJalnprn.ansi.s Bell . 1 77 var.ventrico anguiosa Sacc. (A. Bell.) . . -4- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 249 Numero d'ordine F 0 E M E ViLlafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano O E .c3 ’fl ri "3 Stampiano o E | £ O Sestiauo Bartoniano | Pari siano 3513 3514 3515 3516 3517 3518 3519 3520 3521 3522 3523 3524 3525 3526 3527 3528 3529 3530 3531 3532 3533 3534 3535 3536 3537 3538 Mitra villalvernensis var. ventrosoparva Sacc. (B. Bell). . » » var. longoturrita Sacc. (C. Bell.). . - >5 t urh i antri Ti pi 1 -4- H- — t— H— 55 turni fin. TìpII » suhumhi.licata Bell » n var. longoventrosa Sacc. (A. Bell.). . - » » var. perlongoacuta ftn.f’p,. (Ti. Bell.). . - — H — H -4— —f— — t- -H -4- —f— H— ?5 'nnarl.p.rnsn. TìpII ?) nur.l.p.uR Bell n rìnln mirri t n TìpII 1 1 1 » « viLV.sulcatulatissimaSa,c(i.(A. Bell ) 1 17 250 F. Sacco Numero d’ordine F 0 R M E o 0 .2 ‘r£ « 0 ci £ ci > Astiano Piacenziano ìfessiniano 1 Tortoniano ! Elveziano Langliiano Aquitaniauo Stampiano n — Tongriano Sestiano Bartoniano l Parisiano 3539 Mitra acuta var. toeniatomaculata Sacc. (B. Bell.) — H 3540 11 » var. a.J.hntneniata.&fK'.c. (0 he\ t ). H- 3541 11 .97 thiil.ifnrmi.st Bell 3542 11 semiarata Bell. -f- 3543 11 producta Bell. , 3544 11 apicalis Bell 3545 11 crassiuscula Bell. . . . 3546 11 collimata Bell -f- 1 3547 11 afflicta Bell 3548 11 neglecta Bell — f— 3549 11 optiva Bell -4— 3550 11 indistincta Bell -1- 3551 11 contorta Bell -4- 3552 11 brachystoma Bell 3553 11 turris Bell 3551 11 intermissa Bell 1.3 5 5 5 11 suhlaevis Bell -4— * ) CC 11 dertonensis Mieli! — H 3557 11 teres Bell -4- 3553 11 meq aspira Bell -4- 3559 11 omissa Bell 3560 11 terebriformis Bell 3561 11 loncjispirata Bell 356° 11 semiclathrata Bell 3563 11 pectinata Bell 3564 11 arata Bell 3565 11 scalarata Bell J H- 1 3566 n » var. postico anguiosa Sacc. . . (A. Bell.) 3567 ii » var. subiriensis Sacc. (B. Bell.) • -1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 251 Numero d'ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano O c ri % b D a ri Àquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 3568 3569 Mitra. iriensis Bell 3? pretensa Bell 1 3570 3571 33 qnniophora. Bell subcarinata Bell 3572 'rimirarla. TCpII -4- 3573 33 citima Bell 3574 3575 33 paucisulcata Bell _ 33 sor or nula Bell. . . 3576 3577 3578 3579 amila Bell a] hi i.r. i a. n. p nst ìr Rubali/) nata. T^pII 33 » var. transversesulcata Sacc (\ Bell) 3580 33 » var. retroinflata Sacc. fB Bell ) -4- 35S1 venusta Bell 3582 alila aia. V)pfr -4— ■ 3583 33 » var. aequopersulcata Sacc. (A Bell ) -+- 3584 33 » var. quatuorsulcatula Sacc. (B. Bell) — i— 3585 3586 3587 3588 33 optabilis Bell. . . . pra.er.ed.ens Bell R anelli/. Bell. 33 » var. angustoacuta Sacc. (A. Bell.) -h 3589 3590 dianola T$p11 -j- 33 » var. subasulcata Sacc. (A. Bell.) -4- 3591 33 » var. convexoparva Sacc. fB Bell) 3592 33 interposta Bell 1 252 F. Sacco Numero d'ordine FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Mcssiniano Tortoniano o G ci *rJ © > w Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano o a ri Jì M * Ph 3593 1 3594 3595 3596 3597 3598 3599 3600 3601 3602 3603 3604 3605 3606 3607 3608 3609 3610 3611 3612 3613 3614 3615 3616 3617 3618 Mitra cp,'trpnrum Pn-d ! -+- » » var. contortula Sacc. (A. Bell ) » fi.amv.ln. Bell ... » arda Bell. » » var. spiratobrevis Sacc. (A. Bell.) » junior Bell -+- » » var. magnoper striata Sacc. (A. Bell.) » peracuta Bell H- H— -4- » perlonga Bell. » parens Bell n subcaudata Bell » umbilicosa Bell » cohibita Bell » educta Bell » defossa Bell » confundenda Bell » e/fossa Bell » adsita Bell » exarata Bell » margaritifera Bell » contexta Bell » elegantissima Bell — H » exornata Bell » planicostata Bell - » » var. bifidocostata Sacc. (A. Bell.) » » var. ligusticocontorta Sacc. (B. Bell.) . . . | Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 253 Numero d'ordine 1 FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongrian'o Sestiano Bartoniano | Parisiano 3619 3620 3621 3622 3623 3624 3625 3626 3627 3628 3629 3630 3631 3632 3633 3634 3635 Mitra planicostata var. latocostata Sacc. (C. Bell.) — 1— 1 » » var. subobsoletocostata Sacc. (D. Bell.) . . . » » var. sublaevigata Sacc. (E. Bell ) | » » var. contortovialensi s Sacc. (F. Bell.). . . . » coscr ahi culaia. Bell 1 -4— | » scrnhi.rul.nt.a. Brneeh 1 » ” var. laevigatoangusta Sacc. (B. Bell.) . . . n aculeata Bell -+- 1 » pulcherrima Bell — t- —H -t— | « » var. plicatulominor Sacc. (A. Bell.) . . » » var. granosoreticulata Sacc. (B Bell.) -4- • • 1 ! • • 1 « n var. notatosulcata Sacc. (A. Bell 1 — H I 1 Liguria. — Mitra transiens Bell. var. lue- — H -4— Mitra transiens var. ruguloso- Mitra scrobiculata Brocch. var. liqusticosulcata Sacc. (X T3f.ll T ... Mitra Bronni Micht. var. com- pressocostata Sacc. (A. Bell.). . J.. 254 F. Sacco Numero d’ordine F ORME Villafranchiano Astiano © | a © © 5 Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O C3 ’j-. ri Ch 363G '3637 3638 3639 3640 3641 3642 3643 3644 3645 3646 3647 3648 3649 3650 3651 3652 3653 3654 3655 3656 3657 3658 3659 3660 3661 3662 Mitra oli eocenica Bell -H — f- -f- » anceps Bell » apenninica Bell » cassrnp.l.l.ensis Bell. | | » anecdota Bell » exacuta Bell « casca Bell Uromitra anteoressa Bell » antemissa Bell -H | » belliata Bell » paucicostata Bell "4— — n cupressina Brocch -A- ? * * 1 » » var. reticulomar pa- ritifera Sacc. (A. Bell.) » « var. subrectosuturata Sacc. (B. Bell.). . . » attigua Bell “f- H— — f— -f- H— “4“ — t— » dissimilis Bell. » elata Bell 77 recurvata Bell 77 similis Bell 1 77 pluricostata Bell. . . ! 77 77 var. in/latobrevis Sacc ( A Bell l 77 77 var. percostulata Sacc fB Bell L 77 clatliurata Bell 77 scalaeformis Bell ■ 77 notabilis Bell 77 rectiplicata Bell 77 cincta Bell . J. . . J. . Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 255 3663 3664 3665 3666 3667 3668 3669 3670 3671 3672 3673 3674 3675 3677 FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sest.iano , Bartoniano Parisiano Uromitra cincta var. acutogracilis Sacc. (A. Bell). . -4- -4- H- -4- -4— -4- n n var. percostatomagna Sacc. (B Bell.) .... » » var. cornplanatomagna Sacc fC Bell ) » compta Bell ?? m rnufp.n.n sitata Tifili. . . . n Borsoni Bell — t— )> recticostata Bell • • 1 1 » a var. inaequecostata Sacc. (A. Bell.). . a n var. miostriata Sac. fB Bell ì - - — H 1 n a var. totocostata Sacc. (\ Bell) Liguria. — Uromitra nitida Bell, vnr.plio- (lYig Sfl.cp,. (A. Tifili.). . -H -4- Uromitra plicatula Broccli. var. ligusticoecostata Sacc. (D Bell.) Uromitra plicatula var. ligu- sticoraricostata Sacc. (E. Bell ) | i Uromitra plicatula var. ligu- Uromitra plicatula var. parvo • ligustica Sacc. (H. Bell.). . -f- 1 1 256 F. Sacco Numero d’ordine FOE M E Villafranchiano Astiano 1 Piaeenziano Messiniano Tortoniano O M O > s o 3 'bc a cS Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 3680 3681 3682 3683 3681 3685 3686 3687 3688 3689 3690 3691 1 3692 3693 3694 3695 3696 Uromitra plicatuìa var. ps eudopy ram i del- la Sacc. (B. Bell.). . » » var. productocostata Sacc. (C. Belio. . . • • -h- -4— — f— — H — 4- 1 » » var. subecostatonitens Sacc. (G. Bell.). . . » p.np.hp.nus Bell ! 1 » » var. magnoventrosa Sacc. (A. Bell.). . . ” » var. sulecostatolonga Sacc. (B. Bell.). . . » » var. ecostatoturrita Sacc. (C. Bell.). . . • • » » var. pseudoecostata Sacc. (D. Bell.). . . ” » var. ecostatocontorta Sacc. (E. Bell.). . . • • ” » var. subovatobrevis Sacc CF Bell ) » stuhrjl.nhnsn. Bell — 4— — 4- —4- » avellana. Bell. « » var. subplicata Sacc. (A. Bell.) » » var. excornicula Sacc. (B Bell) u « var. atrovittata Sacc. (C. Bell.) « » va,r.ecostatolongaSa,cc. (D. Bell.) » « var. ecostatoconvexa Sacc. (E. Bell.). . . I Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 257 Numero d’ordine F 0 R M E Viliafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Starapiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 3G97 3698 3699 3700 3701 3702 3703 3704 3705 3706 3707 3708 3709 3710 3711 3712 3713 3714 3715 3716 3717 3718 3719 Uromitra avellana var. subturritovittata Sacc. (F. Bell ) - - H- -t— — H -t- » ” var. plnricostata Sacc. f A Bell 1 -+ -t— — t- — H -4- H— >> » var. excorrugata acc. fA. Bell.). » » var. creberrimeper- costata Sacc. (B. TI pii T • » ornata Bell » turrita Bell. » sinuosa Bell « consanguinea Bell » » var. compressoco- stata Sacc. (A. Rpìl 1 - — H -4- » » var. angustoacuta Sacc. fA Bell 1 » » var. subacostata Sacc. fB Bell ). . Pusia textillosa Bell 258 F. Sacco Numero d'ordino FORME o fi .2 £ o 3 Ji > Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano O fi cS ‘fi a & in o ■ § e fi o H Sestiano Bartoniano Parisiano 3720 3721 3722 3723 3724 3725 3726 3727 3728 3729 3730 3731 3732 3733 3734 3735 3736 3737 3738 3739 3740 3741 3742 3743 Pusia bicoronata Bell. . | —P -4- » » var. brevispirata Sacc. (A. Bell.) n ? funalis Bell . . . 1 Micromitra taurina Bell 1 » propinqua Bell | » granosa Bell 1 » abbreviata Bell | » seminuda Bell | . J-4- « intermedia Bell 1 — t— » » var. subnulle costata Sacc. (A. Bell.). . * » » var. in/latoparva Sacc. (B. Bell.). . » pusilla Bell 1 — f- » obsoleta Brocch ? Clinomitra Rovasenclae Bell Diptychomitra eximia Bell » filifera Bell n candide alata. Bell. . L » Michaudi Micht LI » sublaevis Bell H- » subovatis Bell » clathrata Bell L'uria anceps Micht H- » parens Bell | » maqorum Brocch 1 Liguria. — Micromitra obsoleta Brocch. var. anqustolonga Sacc. (A. Bell.). — f— -t- Micromitra obsoleta var. ela- tocostcìta Sacc. (B. Bell.). . Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 259 Numero d’ordine FORME Yillafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano • i i Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 3744 Lyria magorum var. angustolonga Sacc. Tifili. V 3745 » 55 var. subaventrosa Sacc. fll. Bell.! *3746 » t.auri.nia limi. ....... ! 3747 » 55 var. subpla nidiata Sacc. (A. Bell.). 3748 55 55 var. perventrosa Sacc. (B. Bell.) -4- 3749 55 n var. magnoventrosa Sacc. (C. Bell.). 3750 3751 Valutili ’.th.p.s multi r.nxfnta Bell H- 55 » var. quatuordecim- costatata Sacc. (A. Bell.). . 3752 55 multicostata var. vigintiqua- tuorcostata Sacc. (B. Bell.). 3753 3754 3755 3756 3757 )j proxima Sacc 1 r> intermedia Bell 1 -4- | 55 appenninica Micht | -4—1. . 55 (Neoathleta) affinis Broccli. . 1 J.. n » » var. pro- ductocostata Sacc. (A. Bell.). — f- 3758 3759 55 (Neoathleta) obliquus Bell. . | » » » var. co- statolonga Sacc. (A. Bell.). 3760 3761 3762 3763 3764 55 (Neoathleta) tricarinatusHeW. | 1 | 55 » Ileberti Micht. . J ( A t.hl.p.tnh r.nrnnatu.ft Bell | '1 » pygm.aeus Bell j | 1 55 » !> var. acu- fnrl.p.nt.n.l.n. Sacc (\. Bell V . | i j 200 F. Sacco Numero d'ordine F 0 K M E Villafrancliiano Astiano Piaeenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O C3 ci "co C rt Ph 3765 3766 3767 3708 3769 3770 3771 3772 3773 3774 3775 3776 3777 3778 3779 3780 3781 3782 3783 3784 3785 3786 Voìutilithes ( Atlileta ) pygmaeus var. per- longata Sacc. (B. Bell.). . . H- -f- il prn.p.r.ursnr Bell » r.nnRnnguinp.us Bell. . . » pr.ulinux T,lr. “f- » » var. anticelaevisS&c. (A. Bell) » » var. angustosulcatu- 1 nt.a&nc.c (B.Bell ) » » var. decemdentcìta Snre (C Bell 1 >’ » var. prò fundosulcata Snpp (D RpII ) v va vi svina. Ti ir - TI avrai italica. Sano. -+- — (- -4— Pnvvh.vria scalari s TTpII n » var. parvonitens Sane. (A Bell ). » » var. parvovittata Sacc. (B. Bell.). v n var. variovittata Sacc (C Bell). v Dufresnei Basi. . . » » var. mamillo spira Sacc. (A. Bell.). . Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 261 Numero d’ordine F ORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano n o .2 -5 •*3 <5 Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisiano 3787 3788 3789 3790 3791 3792 3793 3794 3795 3796 3797 3798 3799 3800 3801 3802 3803 3804 3805 3806 3807 3808 3809 Porphyria Dufresnei var. longispira Sacc. (B Bell ) ... — 1 — — f~ -t— » » xa,r. parvospiraS&c. (C Bell) » malthata Bell. . . - . » » var. submarmorata Sacc. (A. Bell.). . . « » var. subaequovittata Sacc. (B. Bell.) . . » longispira Bell » fusiformis Bell divella angusta Bell - » affinis Bell » longispira Bell -4— -t— — f- — t- » » var. brevis Sacc. (A. Bell.) » crassirugosa Bell » tumida Bell » obliquata Bell » ventrosa Bell » » var. longospirata Sacc. (Var. A. Bell.) .... » rosacea Bon » brevis Bell » strida Bell -4- » eiacula Lk — H -t— » » var. subvittata Sacc. (A. Bell.) » » var. angustata Sacc. (B. Bell.) n » var. obliquatìssima Sacc. (C. Bell.) 262 F. Sacco j Numero (l’ordine F ORME Yillafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 3810 Olivello, major Bell -+- 1 3811 » var. in./Iahi.la Sane. (\ Bell 1 H— | 1 3812 Anni) \In.v ina stuturn.7j.it Rrm | 3813 r> » v&r.elongiusculaS&cc. (A. Bell.) 3814 » » var. suboptusospira Sacc. (B. Bell.) . . . -A- 3815 » var. periate canalicu- lata Sacc. (C. Bell.). -4- 3816 » appenninica Bell . J. . -4- . . . . . 3817 Ancillina pusilla Fuchs 3818 Ancillaria ( Ancil.lo.) sismondana TVOrh -i- 1 1 3819 » » var. per- longata Sacc. (A. Bell.). . . . 3820 » (Anelila) sismondana var. Ire- vicrassa Sacc. (B. Bell.). . . 3821 (Anelila) sismondana var. sub- optusospira Sacc. (C. Bell.). 3822 » (Anelila) sismondana var. per- infinta Sacc. (E. Bell.). . . . 3823 » (Ancillaria) obsoleta ! 3824 » ” ” var. bre- viobsoleta Sacc. (A. Bell.). _y_ 3825 » (Ancillaria) Sowerbui Micht. . 3826 » ” ligustica Bell. . . 3827 » » patula Dod. . . . H- -A-- 3328 » » anomala Sdii. . . 3S29 » ” » var. infla- I toacuta Sac.(A.BelL). H— 3830 » ” glandlformis Lk. . -4- 3831 r> » » var. der- torugulosa Sacc. (A. Bell.) . 1 -+- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 263 Numero d'ordine F 0 R M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elyeziano Langliiano o fi a *3 ci '3 ■< Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 3832 Ancillaria (. Ancillaria ) glandiformis var. dento acuta Sane. fR. Tifili.) . . co co co co V) ( Ancillaria ) glandiformis var. taurolonga Sacc. (C. Bell.). . -4- 3834 » (. Ancillaria ) glandiformis var. perplicata Sacc. (D. Bell.). . -4- 3835 11 (. Ancillaria ) glandiformis var. angulosoinflata Sac. (E.Bell.). -+■ 3836 11 {Ancillaria) glandiformis var. d. erto callosa. Sacc TP. Bell ). -A- 3837 11 (. Ancillaria ) glandiformis var. dento crassissima Sacc. (6. ■RaII 1 H— 3838 Cancellarla ampullacea Broccli. e var. . . -+- — t— . . H- -f- H- - 3839 dcpp.rd.it a. Mieli! | 3840 Tlp.Jl ardii. Mieli!, fi var •4- [ 3841 oblila. Mieli! 3842 vi p.nl p.rtn Miflit. 3843 sub acuminata. T) ’ 0 r b -+■ 3844 a cut annui \a. Fa.nv -4- 3845 Tinnell.il. Bell, fi var ? 3846 11 Broìini Bell. (aff. C. Dufourii f Grat.) 3847 buccinula Lk. e var V 3848 calci) arata. Brnccli. e var . . 38 IO ca.ncp.llaf.a Limi, var -H 3850 su.hcan celiata. TVOrli J. . 3851 r rizzi ri n.n Propali. p. var. . . j ? -4— 1 3858 ì 3854 1 1 1 1 3855 .11 Geslini Bast 1 1 1 u 1 264 F. Sacco Numero d'ordine F 0 E M E Yillafranchiano Astiano o c rt G QJ O e3 s i Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano j 3856 Cancellarla infermati in. DpII L 1 1. 3857 » labrosa Bell -+- 1 1. . 1 3858 n lavata T3ror.r,h a vai* 1 -4- 1 1 1.; 3859 » Mi.cb.ali.ni. Bell 1 | ! 3860 » mitraeformis Broccli. e var. . . . i. . . . i . 1. . ! 3861 » nodulosa Lk. e var. ( C . pisca- toria Br.). . -t- H- 3862 » scabra Desìi i 3863 » serrata Bronn. (C. spinulosa Brocck.) —H 3864 » sulcata Bell. ( C . trochlearis 1 Faui.) " | 3865 » umbilicaris Broee.li e var ,.u | -f- 1 3866 » uniangulata Desìi, e var. . . 'l — H .. 3867 » varicosa Brocch . .u 3868 » subvaricosa D’Orb. -4— 1 3869 » Iurta Brocch. e var. , H- . j | 3870 » subhirta D’Orb ? ! 3871 Terebra acuminata Bors. (T. subtesellata D’Orb.) ? -4- 3872 » duplicata Linn. ( T . astesana D’Orb.) (aff. T.Basteroti Nyst.) e var 3873 » Brocchii D’Orb ? | 3874 » flammeaLk.(T.sub/lammeaT>'Ovh.) 3875 « fuscata Brocch. e var H— - 3876 » neglecta Micht. (aff. T. pertusa Bast.) -4- 3877 •’ pertusa Bast. e var -4- 3878 » plicaria Bast | -4- ! 3879 a strigilata Linn. {T. substrigilata D’Orb.) -4— Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 2G5 Numero d'ordine FORM E o 13 rt £ Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 38S0 Tenebra Pantere ti, Nyst 3881 fp.TP.hr ina "R mi ! 3SS° PI evrntnmn. «fimi M/l/tris Frat. ... -4- | 3883 » var. transverse- afri r/ti ssi.w.a. S n c, p, . ( A. T>nlì.). 8884 vntnfn. Tìrnr.r.h -4- 3885 » var. tavrosnturata Sac. (A. Bell.) -f- 388G /V « var. parvula Sacc. (B. Bell.) -f- 3887 » var. dertocarinulata Sacc (C Bell) . . . 3888 » var. dertobtusata Sacc. (D Bell) -4- 3889 » » var. dertocostatissima Sacc CE Bell ) 3890 » » var. dertodenticulata Sacc fF Bell ) 3891 I QSQO tri. fa. sr.in tri. TTn or n *4- 3893 en.'n.ent.a Fruì. H- 3894 >? u var. magnodenticulata Sa.p.e (A Bell 1. . . 389-5 ?) » var. princeps Sacc. (B. Bell ) — t- 389G sniraJ.is Spvv 3897 3898 » u var. percarinata Sacc. (A. Bell.) 4- 3899 ri nrnii.x Rpll 3900 suhnnrnnnta "Roll. -4- 13 266 F. Sacco Numero d'ordine F 0 K M E Yillalranchiano Astiano Piaeonziano Messiniano Tortoniano Elveziano • il Langliiano Aqui tardano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano o a » cS P4 3901 Pleurotoma subcoronataysLX.sulspinosoden- tata. Sari? (A.Belì.l. 3902 11 » var. subcarinulata Sacc (B Bell 1 . -f- 3903 commuta Mrmst -f— 1 3904 11 » var. rugulosa Sacc. ( \ Bell ) . 3905 11 » var. perdenticulata Sacc. (B. Bell.) . . 3906 11 » var. longospirata Sacc. (C. Bell.) . . -4- 3907 11 » var. profundesutu- rata Sa e fD. Bell ). -T- 1 1 3908 11 inoltrile Brocch. . . 1 3909 11 >• var. granosocostàta Sacc. (A. Bell.) . . 3910 11 » var. denticulomargi- ' nata Sacc. (B.Bell.). 3911 H distorta Bell 3912 11 denticula Bast -4- — 1 — 3913 11 Archimedis Bell 3914 11 Konincki Nyst 3915 11 Selisi De Ivon. ? 3916 11 laticlavio Bey. ? 1 .3917 11 Parkisoni Besh. ? ‘3918 11 Fridolini May 3919 11 cavata Bell 3920 11 carcarensis Bell 3921 11 coronifera Bell 1 3922 11 subnuda Bell -f— 1 3923 11 sororcula Bell | Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 267 Numero d'ordine , F 0 R M E O .cS fi > Astiano Piacenziano Messiniano — Tortoli iano Elveziano Langliiauo O c3 < Stempiano Tongriano Sostiano Bartoniano 1 Pari siano • '3924 1 Pleurotoma sororcula var. longoconcava Sacc. (A. Bell ). -H H — 3925 3926 3927 392S 3929 '3930 1 | 11 rifinita Bell » » var. bicostatodubia 8acc (A Belli n stiri r tri 73 pii - | — H » » var. sulcata Sacc. (A Bell). 3931 3932 3933 3934 3935 3936 3937 3938 3939 3940 3941 3942 3943 3944 3945 3946 3947 3948 3949 3950 - 11 r.ir v flirt. 73 pi 1 -+- 11 Rnhp.r.nRtfit.n. P»p11 ; — t- -+- -+- -+- -+- -+- — 1~ .1 1 | « rnpp.rrUa Bell 1 11 hp.l.l.nfv.l ri. Bell 1 „ ri p.rnrritri 73p11 1 | | ! 1 J I r ! * • - » ìi var. miopercostata 73p11 1 u ji var. taurocarinata Sacc. (B. Bell.). . . 268 F. Sacco Numero d’ordine FORM E © o rt £ Ci > Astiano o ri p o o ci £ © P ci *cc o Tortoniano Elvoziano © Tg P ci © rt ’p cd C"1 Stampiano Tongriano Sestiano © P © 2 Ci rt i i Ci ; P-( ! 3951 Surnulo. Mcrcatii. Tipi! 3952 ìì Reevei Bell. . . . 3953 ìì d.i.m.i.di.a tri. Rrorrli. 9 3954 ìì n var. dertomutica Sacc. (A. Bell.) 3955 ìì « var. mioperstriata Sac. (B. Bell) . . | -4- 3956 » var. nodosodentata Sac. (C Bell ) •* 3957 ìì diademata Bell 3958 ìì serrata Hoern 3959 rntulat.a Ron. 3960 Kns.RUt.hi. Bell 3961 dispariti s Mieli! 3962 ìì » var. parvostriata Sacc. (A. Bell.) 3963 Pereti Bell -f- 3964 ìì Coquandi Bell 3965 ìì L amar hi Bell 3966 ìì ” var. longonodosa Sacc. (A. Bell.) .... H- 3967 ìì anomala Bell. . *3968 ìì avia Bell I 3969 ìì Jani Bell -r- 3970 ìì » var. peracutecarinata Sacc. Sacc. (A. Bell.) -H 3971 ìì Forestii Bell 3972 r.nr.rnnii. Bell . . -f— 3973 ìì De Stefani i Bell 3974 ìì lathyriformis Bell 3975 ìì recticosta Bell ? i. . 3976 ìì consoòrina Bell. • Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 269 977 978 979 980 981 982 983 984 985 986 987 988 989 '990 991 ■992 993 994 •995 996 997 998 999 000 001 002 003 F 0 E M E Villafrancliiano Astiano o a o ZJ .2 P-Ì Mossiniano Tortoniano j Elveziano o C2 tc hP o *3 et 5 c-1 <1 Stampiano Tongriano Sestiano o fi ’B o pp © V3 Ph Sarcula Bordini Bell -4- » » var. abbreviata Sacc. (A. Bell.) » versicostata Micht - » multi filosa Bell » pnllin.efnrmìx Bell » r.hinensi.s Bcm .... n vp. ri mina "Ftall. r, striatili a. Lk. . » » var. longispirata Sacc. (A. Bell.) » prisca Sol - n Si xmnnrln.fi. Bell, e Micht - ìi fp.rp.hrap. fermi s T}<‘11 fr PYict a oi rn ari a. p.l 1 -H -4- » » var. simplicicostata Sacc. (A. Bell ) 1 ìi C.rnrp.ri i IafiII - ■? - I ft'r'imfnr.nnì/.x dp.np/n.xi.x Mav - | ! « p.xn.r.ut.v.s Bell Drilli a All i finii. Ttall -4- » » var. pliosubaspirataSa.cc. (A. Bell.) -+- -+- ii Ttp.l] ’nrrlii. T)csm Pnrp.ti ^\I*v - | 270 F. Sacco Ninnerò d’ordino FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langkiano Aquitaniano Stainpiano Tongriano Sestiano Bartoniauo o a .5 co sa 4004 4005 4006 4007 4008 4009 4010 4011 4012 4013 4014 4015 4016 4017 4018 4019 4020 4021 !4022 4023 4024 4025 4026 Drillia crebricosta var. elatostriata Sacc. (A. Bell.) -4— -4- -4— -4- » » var. dertotaurina Sacc. (B. Bell.) -1- > i baldi r.h p, ri finsi s May n r.fìP.rr.i.tn. Bell -H — H » » var. obtusecarinata Sacc. (A. Bell.) . . » » \a,x.dertocostataSa,c. (B. Bell.) • • • • n pinensis Bell - » ( Crassispira) Brocchii -4- « j) sejuncta Bell. . . . - « ìì exsculpta May. . . - -4- H — -4- » n puxf.uln.tii- Brnr.ch . -H - -4- » » » var .pluri- sulcata Sacc. (A. Bell.). » „ » pustulata var. li fido- co H tuta Sacc. (B. Bell.) » » sublaevis Bell. . . . » » » var. acuto- spirata Sacc. (A. Bell,), » » pseudobeliscus Fi- sch. e Tourn. . . - » » terebra Bast » ìì l.nngi.usr.uln. Bell. . . » » » var .par- vostriata Sac.fA.Bell.). Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 271 Numero d'ordine FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Mossiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisiano 1027 1028 .029 1030 1031 1032 1033 1034 t035 1036 1037 1038 1039 1040 1041 1042 1043 1044 1045 1046 1047 1048 1049 1050 1051 Tirili, in (Cra.xsixpirn) frntp.rr.ula. Rell . . - » r> rnt.undinnst.a. T^pll — H » » » var. cras - i » » semisulcata Bell. . . » » raricosta Bon. . . . -+- -+- » » » var. pluvi- pestata Sap.p. ( A . Ttell ì » » » var. costa - » » » var. se#- decimcostata Sacc. (A. Bell.) » suini fera. Ttall » » var. praecedens Sacc. (A. Bell.) -+- » Costae Bell -f- H— « gibberosa Bell — H »i sassp.llp.nsis "Rfìll - iì ri i stiu nu.p.nrl a. TYTa.v. -+- ìì A tlip.nais TVTav. . j) erosa Bell « Matheroni Bell » Catullii Bell » » var. costatissima Sacc. (A Bell.) -4- 272 F. Sacco Numero d’ordine | F ORME © a © & > Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o e ci 'th 0 ci 1-3 Aquitaniano 1 Stampiano Tongriano o 0 ci tn © W o o ci » Parisiano 4052 4053 4054 ,4055 4056 4057 4058 4059 4060 4061 4062 4063 4064 4065 4066 4067 4068 4069 4070 4071 4072 4073 4074 4075 4076 4077 -1078 4079 14080 Drillia secernenda Bell H— » cp.ri.thinidp.s Desm. H- -4- H- 1 » raristriata Bell. . . . ! » R punisti. Bell. 1 1 » nalp.ri.ta Pliil. -4- 1 » optata Bell -4- 1 n brevispira Bell 1 » similis Bell ; -4- I 1 » » var. subobliquata Sacc. (A. Bell.) a crebristriata Bell i » sinuosa Bell i » peracuta ? De Koen 1 - 1 » fallam Orni 1 » Manl.nva.nii Bell . .... 1 » spinescens Partscli 1 l n Selenkae De Koen -4- -4- l » modiola Jan -4- 1 1 » crispata Jan . . ? -+- • • 1 I « » var. dertocrassa Sacc. (A. Bell.) « serratala Bell -f— H- 1 » » var. pluridenticulata Sacc. (A. Bell.). . . » mv.WJ.ir afa. Bell 1 1 j !> uri filosa. Bell i » narrava. Unii. . . . 1 n turrita Bell -4— “4— l 1 » carinulata Bell -4- 1 » ordita Bell n a var. residua Sacc. (A. Boll.). - » consanguinea Seg • * 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 278 u >r3 o rC O Ih D g Z F ORME o cJ > o C/3 o s s o .2 c/3 o ’ 2 © o o >0 © > s o o ■Z o ’p< 5 02 O "ci ’i- fcf O o 5 c/3 © co O © 2 © *73 5- ri 4081 4082 4083 4084 4085 Drillia coìifracjra Bell » sulciensis Bell — f— » Van-den-IIeckii Bell — H -f- » n vav.acutospirataSa.ee. (\ Bell). . . . 408G >i n var. rnagnocostulata Sacc. (B. Bell.). . . « var. miominor Sacc. (C. Bell ) 4087 — i H— *■ 4088 » « var. dertomagna Sacc. CD Bell 1 -f- 4089 4090 4091 4092 _u_ -H » sigmoidea Bromi » « var. plioraagna Sacc. ( \ Bell ) — H 4093 4094 4095 4096 » » var. parvulcita Sacc. (\ Bell.) 4097 4098 4099 4100 — f— — (— I — H | -f- | i! r> var. pliosubspinosa Sacc. (A.. Bell.) 4101 4102 4103 « dactyloid.es Dod . » minata P»p11 » » var. granulosocostata Sarò. ( A Bell i H- 4101 » turbinata Bell L ! I H- 274 F. Sacco Numero d'ordine F 0 K*M E Villafrancliiano , Astiano O 3. s o 8 Messiniano Tortoniano Elveziano O SS rt et Aqnitaniano o 0 ’Bi 5 m Tongriano Sestiano Bartoniano , rarisiano 4105 4106 4107 4108 4109 4110 4111 4112 4113 4114 4115 4116 4117 4118 4119 4120 4121 4122 4123 4124 4125 4126 4127 4128 4129 4130 1131 >4132 Clavatula vigolenensis May -+- » pusilla Bell » micia Bell -+- — t- » Sotteri Miclit » calcarae Bell » turqidula Bell » Curionii Miclit » flexicosta Bell » inornata Bell » saxulensis May — f— -4— -f- » Isseli Bell » Aradasi Bell . . » Manzonii Bell » Coppii Bell n consularis Ma}' » mar (j ariti fera Jan ” » var. apertospira Sacc. (A. Bell.). » baccifera Bell » Agassizi Bell » » var. variocingulata Sacc. (A. Bell.) . . » » var. simplicocarinata Sacc. (B. Bell.) . . » turriculoides Bell » agatensis Bell » pugilis Dod » » var. plurituber culata Sacc. (A. Bell.) . . . » interrupta Brocch - -4- « implexa Bell » albucianensis Bell ..1 -+- Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 275 Numero <1 ordine FORME Villafrancliiano Astiano o K s CJ ci 5 Messiniano Tortoniano Elvoziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano t Bartoniano 1 Parisiano 4133 CI a.vatul.a. Tornanti. T)pfv -t- 4134 77 genir.ul.a.ta. Tifili ,4135 artrip.nnrn.it'. a. Tifili 4136 araci nt a Dofv -+- 441 37 77 » var. carinulata Sacc. (A. Bell.) 4138 77 ditissima May -4— '4139 stazsanp.nsilt Bell — H 4140 77 spinosa Grat 4141 77 basilica Bell 4142 laciniata. Bell — f— 4143 77 » var. acuminata Sacc. (A. Bell.) — t— 4144 77 » var. per caudata Sacc. (B. Bell.) 4145 77 » var. subspinulata Sac. (C. Bell.) 4146 77 asperulata Lk H— 4147 77 » var. granulata Sacc. (A. Bell.) 4148 77 » var. perlonga Sacc. (B. Bell.) 4149 77 Iieros May | 4150 77 » var. subdepressa Sacc. (A. Bell.) -t- 4151 Schreibersi Hoern 1 415° turricolata Grat 1 4153 77 » var. taurofusulata Sacc. (A. Bell.). . 4154 77 » var. acutospiralata Sacc. (B. Bell.). . 4155 77 Defraudi Bell 1 276 F. Sacco Numero d’ordine F 0 E M E Vi Ila fraudi iano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano , Pari siano 4156 Clavat.ul.a nr et. iosa. Tifili 4157 » var. mediodepressa Sacc. (A. Bell.)- • 4158 paulensis May -4- 4150 taurinensi s May -4- 4160 Icjlùnae Micht. , 4161 r.nnr.a.t.ennt.a. ( ìraf . . -t- 4162 iì » var. turritoacuta Sacc. (A. Bell.). -4- 4163 » de fossa Bell 4164 ri Eichicaldi Bell 4165 a seminuda Bell 4166 li nodosa Bell — H 1 4167 S equini. Bell. . . 4168 excavata Bell -4- 4169 il » var. residua Sacc. (A. Bell.) 4170 il (Perrona) calcarata Grat. . . . 1 4171 il » gothica May | '4172 il » » var. spini f e- roda Sacc. (A. Bell.). -4- 4173 il » silvestris Dod. . . . | . ì 1 4174 n » unicostata Bell. . . 1 , 1 4175 n » hicarinata Bell. . . . 1 -4- 1 4176 n » » \ax.magno- spinata Sacc. (A. Bell.) -t- 4177 n » circumclusa Bell. . . | | 4178 il » carinifera Grat. . . | | 4179 n » Jouanneti Desm. . . | 4180 n » complanata Bell. . . ì -4— 4181 n » consimilis Bell. . . . 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 277 Numero d'onlino F 0 li M E Vi llaf ranch iano Astiano O rt N s o ri s Messiniano Tortoniano Elveziano o Tc a ri HI Aquitaniano Stampiano O a ri fc£> a o EH Sestìano O a ri O ri p; I Pari siano 4182 4183 4184 4185 4186 4187 4188 :4189 4190 Clavatula ( Perrona ) semimarginata Lk. . — H -4- » » u var. r.nii.vf. xnvent.rnsn. Sa.e (A Bell.). » ( Perrona ) semimarginata var. su hrnn n 1 i r.u 7 n tn. Sn.p. PpII V » ( Perrona ) semimarginata var. sprint n Ropp. ( H T$p11 ì * - „ ( Perrona ) semimarginata var. -+- — H -H » » var. minima Sacc. (A. Bell ) H- | 4191 4192 .4193 4194 4195 4196 4197 1 — H r Pcnnrì ntnm n. Jrrpvis P5p11 » » var. prolongata Sac. (A. Bell.) •i Rp.mirv.nnsn. Bell » njl gnr.enir.n. Bell - 4198 4199 .4200 4201 1202 1203 Yì CtPU.P.Ì. P»PÌ1 | —H •H— » » var. convexata Sacc. (A. Bell.) » » var. posticoexcavata Sncr. (B. Bell.). . . . n Orbi rinvi T^pll 1 a a var. latispira Sacc. (A Bell) .... n n vnr.productocostata Sacc. (B. Bell.) . 278 F. Sacco Numero d’ordine EOE M E Villafranehiano Astiano O G TÌ e< c % rt S Messiniano • — i 1 Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O #c3 <2 4204 4205 4206 4207 4208 4209 4210 4211 4212 4213 4214 4215 4216 4217 4218 4219 4220 4221 4222 4223 4224 4225 Pseudotoma Orbignyi var. nodosoplicata Sacc. (C. Bell.). . - ;> r.nnnp.r.f.p.ns Bell | a infarto. Bynep.li 1 . + » » var. mutico carinata Rare (A Bell ) 1 1 v) 'nm p.pp.d p.w.R Tifili — H » » \a,r. imminutaSucc. (A Bell 1 ” » var. costulatissima Sacc. (B. Bell.). . • • • • . .!. H— — t— 1 » » var.dertolongaSsLCC. f A. Belli » » var. pliocenica Sacc. (B. Bell.) -t- « » var .pseudoscalarata Sacc. (C. Bell.). . -4- a » var. dertobrevis Sac. (U. Bell.) .... - » » var. obtusocostata Race. (E. Bell ) a hi.rsij.frf. Bell. .. n hrp.nis Bell. -4— J7.nu.al.fi. a su.hfp.rp.hr ali s Bell. . . . ! a hip.nrnna.tr/. Bell. J1 nr sani a nri.m.a. Bell n n var. subspinosonodata Sac. (A Bell ) a Roualti Bell Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 279 Numero d’ordine FORME o o d fi & ci > Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano il Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano o a ci Sì ci Ph 4226 4227 4228 4229 4230 4231 4232 4233 4234 4235 4236 4237 4238 4239 4240 4241 4242 4243 4244 4245 4246 4247 4248 Borsonia Roualti vai’, parvoplicata Sacc. (A. Bell.) n uni.pl.ihat.fr. "Nyst Dolichotoma cataphracta Brocch. e var. . » » var. appenninica 8n.ec. ( A . Bell 1 • • • • -r- -4- » cataphracta var. taurodenti- culata Sacc. (B. Bell.) . . - 1 » cataphracta var .taurosubaca- ri.natn. Sn.cc. IO. Bell. ì . . » cataphracta var. dertogra- 'n.nzn. Sjvpp. fD Ppll.^ - -4- • H- -+- - » tuberculata Pusch - A Pili n ni fnw n 1 nhp.ll um. P» mi H- » » var. acutopliculata Sacc. (A. Bell.) . » » var. praecedens Sac. (B. Bell.) -4- r> Pecchiolii Bell f~ » miocenica Bell -r- » pluriplicata Bell v> hrp/nìntn. Pi pii. HI nfh.vTP.il n. Rr.nln.Tin. .Tari — H — f- Liguria. — Clathurella scalaria Jan. var. ligustica Sacc. (A. Bell.) 280 F. Sacco Numero (l’ordino FORME Villafranchiano Astiano O (= © © ri s Messiniano Tortoniano Elvoziano Langliiano Aquitaniano Stainpiano o rt tc s o EH i Sostiano O e rt s o « o CO Vi PH 4249 ninth.urp.il a sv.ht.il i.s Parsali '4250 11 laxecostulata Bell -j- J. . '4251 11 scrohiculata Micht 1 4252 11 effossa Bell i 1 4258 11 rlet.runc.ata Bell ì r 4254 n » var. albofasciata Sacc. (A. Bell.) . , 4255 il ri celivi x Bell. | 4256 il Luisae Bell. | 4257 ii pluì'icostata Bell 1 — t— 4258 il aequì postulata Bell | 4259 li » var. obliquoco- stata Sacc. (A. Bell.). . 4260 ii crassivaricosa Bell 4261 n fascellina ? Dui 4262 5? Collec/iiii Bell 4263 11 minute-striata Bell -H 4264 11 Sassii Bell ! 4265 11 Aldovrandi Bell 4266 11 rinqens Bell 1 4267 n Morella Bell 1 1 '42GS il Fuchsi Bell J -f- 1 4269 n emarqinata Donov 1.,. I 4270 » » var. obsoletecostata Sacc. (A. Bell.). . — f- — H 4271 li Blasii Bell 1 -f- ..1 *4272 il Koeneni Bell | | -t- 1 4273 Homotoma Tamaronii Bell | J 1 4274 11 » var. alternestriata Sacc. (A. Bell.). 4275 11 scalarata Bell 1 1 4276 11 textilis Broccli 1 1 1 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 281 Numero d'ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano O d .rt ’d ci •4-3 d cr* < Stampiano il Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 4277 4278 4279 4280 4281 4282 4283 4284 4285 .4286 4287 4288 4289 4290 4291 4292 4293 4294 4295 4296 Homotoma textilis var. recurvala Sacc. (A. Bell ) — H — H » » var. apertespiralata Sacc (B BpII 1 » histrix Jan. . — H — f- — i— -4— — H n p.rin.ar.p.uR Bell » rptir.ulata Re ri • • • • » » var. pliocurta Sacc. (A Bell ) » » var. pliosubacostata Sacc. (B. Bell.) . . » pv.rpv.rp.a Mont, » p.le nn/n.R Dnnov H- n » var. pliolongiusculaS&c. fA Bell) . ... » PJi.ilh p.rt.i Mi eli 4 » » var. pliopaucicostata Sacc. (A. Bell.). . . >i Rnynp.nal.i Bell • • - n Leufroyi Miclit ? • • -4- » stria Cale. var. astensis Sacc. Bell) — H - — 4— H- — H Liguria. — Homotoma Montagui BeW.v&r . ligusticostulatissima Sacc. ( A Bell 1 Ilomotoma Philberti Miclit. var. pliocostulatissima Sacc. (B. Bell.) 1 19 2S2 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villaf ranch iano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano O c 'u t c C o H Sestiano Bartoniano Parisiano ! 4297 Homotoma turritelloides Bell, e var. . . . -4- 4298 77 subsemicostata D’Orb 9 1 4299 Davhnella Romanii Libass -f- 1 4300 7? Satinasi Cale 9 4301 M angelici 77 Biondii Bell -H 4302 scabriuscula Brunii 4303 37 costata Penn 4304 77 » var. antiqua Sac. (A. Bell.). » var. pliolonga Sacc. (B. -4— -h 4305 77 Bell.) 4306 77 ambiqua Brusjn -t- 4307 37 ruaulosa Phil '4308 37 rnitraeola Bon H— 4309 77 » var. subcarinata Sacc. (A. Bell.) 4310 77 frumentum Brugn 4311 77 ruq osissima Brum -f- — H 4312 77 clathrata Serr 4313 37 » var. plioparva Sacc. (A. Bell.) -f- 4314 37 cataqrapha Bell 4315 77 ” xnr.praecursor Sacc. • (A. Bell.) — H 4316 77 lonaa Bell 4317 3? Monterosati Bell | 4318 37 {Ditoma) angusta Jan ? -f- i 4319 73 Catlierini Seg — r- Liguria. — Ilomotoma subsemicostata Il’Orb. var. pliostriata Sacc. (A. Bell.) Daphnella Satinasi Cale, var. pliocostulatissima Sacc. (B. Bell.) Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 283 Numero d’ordine F ORME o a 'o £ c3 > Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano O | ’p< C c3 m Tongriano Sestiano Bartoniano Paris iano 320 321 322 323 321 325 326 327 328 329 330 331 :332 333 ;334 1335 1336 1337 4338 4339 4340 4341 4342 4343 4344 4345 RaphMoma spini fera Bell, e var - -H -4- » acanthoplecta Brugn » pungens Bell » hi spi ri a. Peli « vellicata Bell - » WfiinJrauffì. Bell -4- — i— — \~ -t- H— .. » Uvifera Bell » Stemperi Bell » novella Bell . . )i inaequ.ir.nxta.ta. Bell . . -4- -4- n Calandrella Bell. .... » pulrh.ra. Bell. . . -4- » hispidula Jan -4- — 4- -4- • • » » var .pliocostatissima ( A . Poli V » » var. convexiuscula Sacc. (B. Bell.). . . » » var. pliocostulatissi- m.a Sacc. (C. Bell.), n pii rateila. .Tari. - — t— | -4— 1 n » var. pliosulcatula Sacc (A. Bell) -4- 1 n n p.ur orni p.v.ra. Rrncn 1 « wì p. n n ut nrn.n. Prncm — H I | -f— | Liguria. — Raphitoma hispidula Jan. var. vliosubcancellata Sacc. (A. Bell.). 284 F. Sacco Numero d’ordino FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o 0 Te 0 ci 4 Aqnitaniaiio Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Pari siano 1346 1347 4348 4349 4350 4351 4352 4353 4354 4355 4356 4357 4358 4359 4360 4361 4362 4363 4364 4365 4366 4367 4368 4369 4370 4371 4372 4373 4374 Rapliitoma turgida var. pliospiralata Sac. (\ Bell) 4- -T- -+- -+- v A 'nrìpliì/si TSpII r> hp.lì fi ormi . hef.ul inni dea T,k, H— — H ?7 flW.jpìf.'n.R T)o ( tvp ornatus Micht a pelagicus Brocch. e var H— ;> 'ponderosns Brocch a sub'ponderosus D’Orh - a Pascili Micht -4- a p gru. la. Brneeh. . -i- - - 77 Rtri.fltuhj.fi "Brocch - - 77 ssuhsfriflfu7.ua TVOrh -4*- n textilis Limi. (C. subtextilis Limi.). 77 IVJip.flflpv Micht, • • - - - *7 77 vp.r p.l.nuR T)o Oroo\ . . 286 F. Sacco Numero d’ordine j POE M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langlùano o sa ri '3 ri '3 a4 < Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Pari siano 4407 4408 4409 4410 4411 4412 4413 4414 4415 4416 4417 4418 4419 4420 4421 4422 4423 4424 4425 4426 4427 4428 4429 4430 4431 4432 4433 4434 Ord. Eteropodi Cari. nari, a Rugar Ai Fi pii -H » Parafi May . . Ord. Opistobranchi A ctaeon tTuncatulus Bromi o vnr. H- - . , H — » semistriatus Bast. e var H- H- - » hordeolus Lk » achatinus Bon » tornati! ìr T,inn. . . -4- Rina inula. Rnnpllii. Dosh » hur.r.inp.a. Brncrli. p var “4- - • • - » marginata Desk -f- • • H- — H -+- -+- -1- -f- -4- -t- -+ • • -+- —4— -4- « p.rilis iRinTiw o vn.r. - - n R cinipi. Mori » Marina Rfiff o va.r » Crossei Mori -t- Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 287 a ss £5 1435 1436 4437 1438 1439 4441 FORME Villafrandiiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aanitaniauo Stampiano Tongriano Sestiano Eartoniano o a *c n ri Ph Ringicula Tournoueri Mori, e var Scaphander linnn.ri.ua Tiinn. e var » auhli.cfn.nri.ua Ti’Orli , » (t ra.t.p.l.nupi. Mirili Bulla acuminata Timo- . H— » subampulla D’Orb. ( B . amputici Linn.) » Brocchii Micht ? » convelluta. Rrnreb . . » decussata Bon — H » api.rata. Rrnccb -t— » fv.xi.fnrm.ia Erm. -1- a hydatis Linn » truncatula Brut;’ Sabatia uniplicata Bell. (S. Isselii Bell.). . Atys utriculus Brocch -f- Cylichna truncata Adams. e var. (C. semi- sulcata Phil.) » mamillata Phil. TTm.hrp.ll.a. rn. p.d. i. terreni. p. a. TP. . . . -4— Orci. POLMONATI 1 Mp.l.n.mpn.a mynt.ia Brorrli — H H- i Barich.i.v.m. r.ra.aaum. Sane | 3 » minimum Miill. var. Pantanelli Sacc 7 » c. f. mi.n.i.m.um. Miill -f— 3 Lymnaeus ( Limnophysa ) ' anthracotlierio- rum Sacc -f- 9 » ( Gulnaria ) plicatus Sacc. . . . 0 » » sp 1 288 F. Sacco Numero d ordine FORME Yillafranchiano Astiano o d a *é3 S o d 5 j Messiniano o d ’3 o -+J i-t O E-» Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano J Bartoniano Parisiano | 4461 Lymnaeus (. Lymnus ) bucciniformis Sacc. . Ì1 sp 4462 - -t - 4463 Phjsa Meneghina Sacc 4464 Planorbis ( Spirodiscus ) Barettii Sacc. . . » » » var. cere- solensis Sacc. u » fxxp.li. Sacc. . . . 4465 4466 -A- 4467 » ( Tropidiscus ) anceps Sacc. . . . ?> ?> sp -A- 4468 4469 n ( Gyrorbis ) depressissimus Sacc. » ( Gyraulus ) Stoppami Sacc. . . » n albus Muli 4470 -A- 4471 -A- 4472 » Sp 4473 n (?) l.iqnit.arum. Micini. . . -4- 4474 Ancylus ( Ancylastrum ) simplex Buc’lioz. var. parvula Sacc. Limax {Heynemannia) Pollonerae Sacc. . 4475 4476 » n » var .saxi- formis Sacc. 4477 » n albucianensis Sac. -A- 4478 » » fossilis Sacc. . . . » » plioligustica Sacc. Amalia eocenica Sacc -A- 4479 4480 -A- 4481 Testacella pedemontana Sacc -A- 4482 Glandina taurinensis Sacc -A- 4483 » Melii Sacc „ 4484 » pseudoalgira Sacc -A- 4485 Vitrina brevis Fer 4486 Hy alina ( Vitrea ) Faustinae Sacc -A- 4487 » » » var. tassaro- liana Sacc. 4488 » ( Euhy alina ) depressissima Sacc. — H Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 289 489 490 491 492 493 494 Hyalina ( Euhy alina ) planospira Sacc. . . » • » sp ” ( ? ) sp Helix ( Galactochilus ) Brocchii May. var. major Sacc •i ( Taciuteci ) sepulta Micht » » » var. roccadebal- diana Sacc. . 495 496 497 498 •499 '500 '501 55,02 503 504 505 '506 '507 '508 509 510 511 512 513 514 11 n il il il il il il il il il il n il ii il il . il il ( ” ? ) sp (. Macularia ) vermicularia Bon. . . » Bottinii Sacc » magnilabiata Sacc. . . » pliobraidensis Sacc. . . » sp ( Campylea ?) Baveri Micht (. Zenobia ) carinatissima Sacc. . . . » » var. villa- franchi ana Sacc. ( Trichia ) sp ( Carthusiana ) sp (Drejo ano stoma) sp (. Polygyra ) planorbiformis Sacc. . . 5) » var. tas- saroliana Sacc. » plioauriculata Sacc. . . ( Gonostoma ) obvoluta Muli. ? . . . » patuliformis Sacc. . . ( Acanthinula ) Paronae Sacc. . . . ( ? ) Taramellii Sacc. . . ( ? ) pseudohy alina Sacc. 515 ». sp 516 Patula (. Discus ) lateumbilicata Sacc. 290 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano || 4517 4518 4519 4520 4521 4522 4523 4524 4525 4526 4527 4528 4529 4530 4531 4532 4533 4534 4535 4536 4537 4538 4539 4540 4541 4542 1 Patula ( Discus ) Pantanellii Sacc — H -+- -H -H — 1 — -t- -4- —t— -t- -t- -+- -4- » ( Janulus ) angustiumbilicata Sacc. Geomalacus pliocenicus Sacc Buliminus ( Petraeus ?) sp » (?) sp. . . Cionella {Zua) sp Ferussacia ( Folliculus ) Pollonerae Sacc. ” » tassarolianaSa.ee. « sp Caecilianella acicula Miill. var. irregula- ris Sacc. . . . » cf. acicula Muli. Clausilia ( Polloneria ) pliocenica Sacc. . . ” ( Laminifera ) villafranchiana Sacc ” ( Serrulina ) decemplicata Sacc. . » ( Pyrostoma ) Portisii Sacc. . . . ” » sp » {Mar p essa) prolaminata Sacc. . Triptycliia mastodontophyla Sacc » emyphyla Sacc Vertigo ( Scarabella ) fossanensis Sacc. . . ” ” » var. qua- tuordentata Sacc. » » Capellinii Sacc. . . ” » » var. ligu- stica, Sacc » {Alaea) globosa Sacc » » » var. tassaroliana Sacc » ( htmia ) villafranchiana Sacc. . . ® sS "5 © o B 2 & .543 5544 5545 5546 547 5548 5549 5550 5551 5552 553 5554 5555 556 557 5558 559 5560 5561 .562 563 564 565 :566 5-567 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 291 FORME Tillafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano O SS S ci ■4J o | bc SS o H Sestiano Bartoniano 1 Parisiano Pupa ( Pagodina ) Bellardii Sacc. , H- -t- H- » ( Or nula) d.nl.i.um. Drap. . . . » ( Coryna ) proecccessiva Sacc Succinea oblonga Drap. var. triptychio- phyla Sacc Orci. Pteropodi Ilyalaea grandis Bell — f- ” gypsorum Bell. » aurita Bon -H — H » intp.rru.pt a Rem. » rp.vnl.ufn. Bell Pi neri a. trispi.nnxa T,es — f— 9 (rfiYnDTìl p.urn. tfni.'rrnp.'n si s Langhiano O a ri *3 ri 3 <1 Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O a ri in •~ ri S-l 45G8 4569 4570 4571 4572 4573 4574 4575 4576 !4577 4578 4579 4580 4581 4582 1583 4584 4585 4586 4587 1588 4589 Classe Cefalopodi Ord. Dibranchiati • -4- - -4- -4- H— » rnmplana.t.n. Tìoll . - Sri i Tuli rnsf.r/7. Rpll.nvrl.rì. TVOrh. Ord. Tetrabranchiati Nauti I11.R A Ili nnii Mieli! » decipiens Micht - • • ? • • n Sp P h.yn.r, ìi.nli.thax Allinnii. "Bell. . . -+- A furia. A f.u.ri. "Ras!. -4- - • • » radiata "Rell -+- 7° Tipo Artropodi Classe Crostacei Ord. Entomostracei cirripedi Palli r.inpR a.ntinuus Mieli! Ttnl.nnuR r/nl ÌYi.rlvnc.PUR Tilt vn,i\ . » cylindricus Linn -4- Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 293 >90 >91 >92 >93 >94 >95 i96 >97 >98 >99 >00 >01 >02 >03 >04 >05 >06 >07 >08 >09 310 SII 312 313 314 315 316 FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano o d c3 dJ bJD d c8 43 Àquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano Balanuz diacorz R.a.nz » lat.iraAiat.UR Munsi » miser Lk. » nrnat.UR Munsi. . . » pnrnRUR Rlnm » plicarius Bronn » concavus Bronn H— » pustularis Lk. . » prndu.r.tv.x Mieli! -H » Rt. aliar ìr Rrnceh. -4- » striati/.» T)fifr -t- » RV.lr.af.UR Brìi «■ ? » tintinnabulum Lk. e var — H V » zonalis Munst » sp -1- Scalpellum sp Pyrgorna fratercula Micht -t— » ululata Micht. e var —4— Ord. Entomostracei ostracodi Cypris sp -f- -4— Ord. Malacostracei artrostraci Palaega Gastaldii Sismd -f- ? Ord. Malacostraci toracostraci Iloploparia sp Paguri/» suhstriatiis A. Edw -4- » sp Calia.na.RRa. Si.RWi.nnd.aa A. Edw ! » flanavarii Risi ! » Mir.ìi.p.lnt.tii. A. Edw ! » sp i 294 F. Sacco Numero d'ordine FORME Villafranchiano Astiano o P — s o o cS 5 Messiniano Tortoniano Elveziano 1 Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Purisiano 4617 Ranina palmea Sismd 4618 » speciosa Munst. ? 4619 » A l.dnvrandi E un 7 4620 Sodoma vigli A. Edw. . 4621 Port.nnus Pld.'ì nord sii. Sismd 4622 » sp -4— 4623 Neptunus convexus Rist -4— 4624 Eriphia sp. (varie) 4625 Grapsus sp. (varie) . . ? ? 4626 M arsiofms pustulosus Rist. 4627 ChUnocsphalus sp -4- 462S Titanocarcinus Edvrardsii Sismd. e var. . Ateqartis cf. pla,t.yr.hd.a Rmiss 9 4629 -4- 4630 Cancer Sismondae Mey. . . -4- — H 4631 Palaeocarpilius m.aernr.h p.ìIv.r T)psm 4632 Palaeomyra bispinosa A. Edw . Classe Insetti Ord. Ortotteri 4633 Libellula Doris Heer 8° Tipo Vertebrati la Classe Pesci Ord. Selaci Plagiostomi 4631 '4635 4636 4637 4638 — 1— A r.nnthi.a a Inrarì.nntn.s Sismd y) Rp -+- CtCi.1 p.ru'p.vflci mh lupus A o* r* var -4- -4- C, orare perì \em.ont.anus Sismd. e var. . . . -i- -4- 4639 Ilemiprktis serra Ag -+• ::i Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 295 40 41 42 43 44 45 46 47 ■.48 .49 ‘50 51 '.52 ■553 54 •155 156 157 >61 FORME Villafranctiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elyeziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Paris iano Carcharodon megalodon A g. e var )i cr'assidens Sismd H— - - • • -f- -+- • • » polygyrus Ag -1- » productus Ag. e var -f- l » heterodon Ag. e var -+- H- » Gi.hhp.Ri Mir.lil . . . ìì anguxt.i.d.p.nx A &. p. var. • • - - sp Ot.rd.ux stulnatus Sismd. -+- • • » nnrìP.nrl.ì r/i/.lntus Àcr -4— Oxyrb.i.nn. flxt.fl.Hx A f . « var - • • - • • • • -+• • • — H -+- » isocelica Sismd. ( 0 . Agassizi T ifl.wl P.vì Vfl.T — H • • ? -t— • • n Dp.snri À cr p va.r • • - • • -4— • • — H - • • • • - - - -+- • • I 296 F. Sacco j Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano o rt N c o o rt £ Messiniano * [ Tortoniano Elveziano Langliiano O fi rt ’3 < Stampiano Tongriano Sostiano O .rt 1 u rt o 5 X ’u rt 4670 4671 4672 4673 4674 4675 4676 4677 4678 4679 4680 4681 4682 4683 4684 4685 4686 4687 4688 4689 4690 4691 ,4692 Myliobates angustidens Sism » Bellardii Issel . - Ittiodoruliti diverse -+- -t- — f— — f- Otoliti ii -f- Ord. Ganoidei Pharyngodopilus polyodon Sismd. Sphaerndus ci.nct.ux \ o- e vn.r H— Taurinict.hys mi.nr.enir.ux Micht Ord. Teleostei Diodon ineristodus Port. H- . « plat.ynd.ux Pori -1- » incertus Micht. (D. Rovasendae Port ) - • » xf.enndux Port. Chrnsnnhriix Annxxizi. Sismo! -f- » cincta A°* -+- Labrax sp -t- Scarus miocenicus Micht - Gobius Cr averii Costa . -4- Lebias crassicaudus A g Cobitis centrochir Ag Rhombus ligusticus Poli -+- Scarus Ovoeni Sismd. ( Trigonodon Oweni Sismd.) — h“ 3a Classe Rettili Ord. Cheloni Cheionia Gastaldii Port -+- -i- » Sismondai Port n sp 33 34 35 36 37 98 99 30 31 32 33 34 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 297 F 0 R M E Yillafranoliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano 0 P ’rP fcD 1 hi Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O 2 ! *£ ‘ ri Ph Tri.nnym ant.h.r ar.ntheri.nrum Pnvt. H- - -4- » sp. -t- -+- • • » sp - Km.i/R Mi.r.helnttìi Pfi+ers - • - • ì 1 Ord. Sauri » 4a Classe Uccelli Or<1 "P A T.ÌVT TP Fluii -+- ? 5a Classe Mammiferi Ord. Cetacei H- — H - » ( Plesiocetus ) Cortesii Desm. n » » var. Por- itmfSac. * * - - ?? y 1/16 ilS IS Ocict/» xj • -L uiu.y. -H i 20 298 F. Sacco Numero d'ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Starapiano ,, Tongriano Sestiano Bartoniano O | 03 a Ah 4715 Floplocetus minor Port 4716 » SI) -4- 4717 Physotherium Sotteri Port. . . . 4718 Berardiopsix pJ.inro.enux Port 4719 Squalodon Gastuldii Brandt. 4720 Cliampsodelpliis ? italicus Port. 4721 Schizodelphis cnmprexxux Port 4722 Tursiops miocaenus Port 4723 » Cortesii Desm 4724 Steno Gastaldii Brandt H- 4725 « Bellardii Port 4726 » sp Ord. SlRENOIDI 4727 Felsinotherium subappenninum Bruno . . . . -4- 4728 » Ga.sta.JAH Po Zigno -4- 4729 » sn. ? Ord. Perissodattili 4730 Acerotherium incisivum Cuv. . -4- 4731 » minutum Cav. . . 4732 Rhinoceros etruscus Falc. -h -H 4733 Equus sp —H Ord. Artiodattili 4734 Anthracotherium mctnnum Cuv 4 735 » minimum Cuv -4— 4736 Amphytragulus lignitarum Micht. (aff. A. minutum Blainv.) 4— 4737 IFippopotamus major Nest J 1 4738 Merycopotamus mcdius Sismd | 4739 Cervus sp 1 4. Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 299 3 5 3 ) 3 FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano O NJ © > s 0 1 rS) a ci )-3 Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano 40 Bos etruscus Falc -4- 41 » » var. stenometopon Sismd. . . H- -i- Ord. Proboscidati 42 Eleplias meridionali s Nist -t- -4- 43 » antiquus Kantl. e Falc -4- 44 Mastodon arvernensis Cr. e Job 45 ” » var. Cantamessae Sacc. (l) 46 » Borsonii Hays -+- Ord. Rosicanti 47 Arcthomys sp 9 Ord. Carnivori 48 Ursus spela eus Blum 9 (x) Distinguesi dal tipo per: dimensioni gigantesche ; ultimo molare con 5 o 6 gio- i oltre i 2 talloni; sinfisi del mento sviluppatissima, protratta orizzontalmente, ante- rrmente espansa e con 2 alveoli (di incisivi inferiori) separati da un rilievo osseo. Forma passaggio ai Pentalophodonti, e di collegamento al M. ohioticus per gli incisivi infe- ri, ed al M. sivalensis per l’ultimo molare. 300 F. Sacco AGGIUNTE E CORREZIONI Numero d'ordine F Q R M E i , • . : ili- 1 j ; J 1 Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano 1 i O P ‘2 « *2 Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Parisiano 4749 4750 4751 4752 4753 4754 4755 4756 4757 4758 1759 4760 1761 4762 4763 •4764 PALEOFITOLOGIA Fanerogame angiosperme dicotiledonee Myri.cn. n.p.m.uln. (Hnfir) Sap -+- )> m.af.h.p.rnnin.nn Snp. Trn andr nifi p.r p,l.pnn.nR Tettino* Bryfì'phylhi.m. Dp.ir n.lqup.i. Sap PALEOZOOLOGIA Protozoi Rizopodi Alvp.nli.na nvni.d.p.n. — P- ? Ri Incili [ina. l.im.hntn. D’Orli » cnmpl.anat.n. D’Orb Sììirnlnculinn. nrhi.cii.l.n.rix D’Orli. — H — t— _4_ -H — 1- H- » p.lnngnt.n. D’Orli a limhntn. D’Orli a Br onaniar ti D’Orb Triloculina carinata ? Micht Quinquelocuhna rugosa D'Orb i) undulata D’Orb » depressa D’Orb » longirostra D’Orb * Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 301 <© Numero d’ordini FORME Vili afranchi ano Astiano Piacenziano § .5 3 Q> Tortoniano Elveziano o g t a c3 Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano ’ P 765 Adelosina ? laeviqata D’Orb. — 1— 766 11 striata D’Orb [ 767 Nodosaria strigosa Jan. (TV. apenninica? Micht.) 768 11 acicula Lk ;69 Cristellaria cassis Fichi, e Moli var 770 11 ” var. navicularis Montf. 71 11 » var. galeiformis Derv. ? '72 11 galea Fichi, e Moli '73 11 » var. truncata Derv. . . -4- "74 11 » var. peneroplea Derv. . "75 11 ” var. ovalis Derv. . . . "76 n cultrata Montf. . . . '77 il auris Sole! -t- '78 il Kubingii Hantk 79 il taurinensi Derv. . . ■80 Karreri Rzehark -1- -81 il echinata var. subcarinata Derv '82 il Sacci Derv 4- '83 Polymorphina truncata D’Orb. . . 84 11 inaequalis D’Orb. . . . H- 35 Pyrulina gutta D’Orb. . . . -4- 36 Textularia punctata D’Orb. . . . 37 11 gibbosa D’Orb. var -t— 38 11 cuneiformi D'Orb. . . . 4- 39 11 sagittata D’Orb '0 n trochoides D’Orb. . . . ’l Globigerina elongata D’Orb. . . H- 2 Rosalina subrotunda D’Orb. . 4- 3 11 italica D’Orb 4 Rotalia Brongniarti D’Orb. . . . 4- 302 F. Sacco .£ ^5 F 0 lì M E 6 53 W PQ cj 4795 '4796 4797 4798 4799 4800 4801 4802 4803 4804 4805 4806 4807 J48O8 J4809 4810 4811 4812 4813 4814 Polistomella semistriata D’Orb Nonionina granosa D’Orb Nummulites Fiditeli Miclit. var. Fellinii Sacc. (var. a. Teli.). „ ;) var. eocenica Sacc. (var. b. Teli.). . • • „ „ var. euspiralata Sac. (var. c. Teli.). . . . Nummulites Brongniarti D’Arch » Molli D’Arch » Rosai Teli » Boucheri De la li » vasca J. e Leym .> striata D’Orb •ì Guettardi D’Arch Orbitoules papyracea Bub » Fortisii » ephyppium « Cameranoi Teli » Negrii Teli n submarginata Teli, e var. . . . „ marginata Micht. var. subglo- bosa Teli. . . . „ » var. mamillata Teli 4816 4817 4818 4819 4820 Celenterati Antozoi Isis articolata Gold, e var Dendrophyllia amica Edw. var Ileliastraea Defrancei Edw. e var. . Prionastraea irregularis Edw. e var. Astrocoenia ornata Micht. var. . . . Phyllocoenia plana Edw. var Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 303 Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elreziano Langhiano Àquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O | ' -n V< Ph 4821 4822 4823 4824 4825 4826 4827 Ph.yl.lnr.nenùi. t.hyrsifnrm.is D’Orli, var. . . H- H- -+- — f- -+— — H — H H— H- — H Trnr.iinmnt.iiuR mutui ntuz T^rlw TTn/irn var. « raricostatus Edw. Haim. • • » impar ipartitus Edw. Haim. 4828 4829 4830 4831 4832 4833 4834 4835 '4836 4837 4838 4839 ■4840 4841 4842 4843 4844 n //( Ult l HO i 1/ Li/ \^jy (j-f LU t IO OLIA/ J / OjbOvOUs JJUTVi > Chi . Echinodermi Vermi i/ìt/ llJJil IftOtCl l/tv 4vtll« ********* Molluscoidi Briozoi UlUSlUUUI it ywoì lUJJUl il) U / /ItllLl lulviiJi» • • | n [JJj/lltllU/dUI il) OO/ i> IOU / /H-o HAioun. 1 L/BViopovci f lyncui uii/i » simvlex Micht 1 304 F. Sacco Numero (l'ordine FORME Villafrancliiano Astiano i Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano rarisiano J 4845 4846 4847 4848 4849 4850 4851 4852 4853 4854 4855 4856 4857 4858 4859 4860 4861 4862 4863 4864- 4865 4866 4867 486S 4869 4870 4871 Cupularia ( Discoporella ) umbellata Deir. — \~ —k— !. . Lunulites androsaces All | i 1 Molluschi Lamellibrancliiati Ostraea cochlear Poli » denticulata Chemn. var f 1 » corrugata Br. var » plicatula Lk. var ” pedemontana May -t- Anomia electrica Limi, var H— -h- -H -f- -4— H- -f- -4— H- » polimorpha Phil. var. . . . » scabrella Phil. var Spondylus eximius Dod » Deshayesi Micht. var. . » crassicosta Lk. var. Pecten latissimus Brocch. var. . . » Beudanti Bast. var. » flabelliformis Defr. var. . » varius Lk. var » xrahrellu.fi Lk. var » pusio Lk. var. » cristatus Bromi, var Acicula phalaenacea Lk. var Perna Soldanii Desh. var Pinna Brocchi i D’Orb. ? var Arca navicularis Brug. (A. tetragona Poli) var « mytiloid.es Brocch. var. uniopsis De Gres- — t— n Biluvii Lk. e var ■+_ » pedinata Brocch. var. arquatoensis De Greg © a 'P o O t-> © B 3 £ 372 873 874 875 876 377 878 879 880 381 ■882 383 884 885 886 887 888 889 890 891 892 893 894 895 896 897 898 899 900 901 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 305 F 0 R M E Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano 1 Paris iano Arca asperella Micht. var — t— » Fontannesi May -4- » Rrei.sla.ki. Bast. var -+- H- -t- -+- -t- 1 Pectunculus insubricus Brocch. var. . . . | n nummarius Linn. var. . | » pilosus Desh. var. . . 1 Leda nitida Brocch c var 1 Cardita Michelottii Dod I » antiquata Linn. var. sulcata Brug. » globulina Micht. e var • • - 1 -+- -+- | » radiata Lk. var 1 Astante circinnata Micht. var 1 'n lf )J,VC h 1 .9 0 U 1. 1 Ml ? var . pliocyclo- slomoidcs Sacc. Naticina catena Da Costa var. prohelicina Sacc I 1 ! 1 -4- ’ Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 311 FORME Yillafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano I Parisiano 1 Naticina catena Da Costa var. prohelicina subv. tauroumbilicata Sacc -4- -t- -f- -4— H- — f- H — -H » » vai- n.mpull.incid.p.R Sisifo -4- -f- n ss ss subv. » » var. cgclostomoides subv. suht.nrquat.a Sa.oc. . . » » var. cgclostomoides subv. suhh p.vnì ri nustn. Sncf . 9 H— H- -4- -H • • -H » » » sub. subotu- mtn. Sfl.o.p. » » var. helicina subv. dila- tata. - . . - ss » var. helicina subv. lato- n ut anni, r Ra.r,r,. . . . » » var. helicina subv. ovato- r.fìYtrr.a Snr.p, » » var. helicina sub x.pseudo- funiculosa Sacc. . . . n » var. helicina subv. pecco- ni.r.n Sapp » a var. helicina subv. elatiu- sì nula. Sa.pp — f- H— — f— ~4— » si var. helicina subv. deprss- » u var. helicina subv. basi- brunneata Sacc. . . . 312 F. Sacco Numero d'ordine FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano O e c3 ’E< c? ZO Tongriano Sestiano Bartoniano Paris ia no j 5029 5030 5031 5032 5033 5034 5035 5036 5037 5038 5039 5040 5041 5042 5043 5044 5045 5046 5047 5048 5049 Naticina catenaDuGosta, var. helicina subv. pseudocinerea Sacc. . » » ? var. fasciatoastensis Sac. » var si a arp. tornata. Sn.r.n -1- -4- 1 1 -+- 1. .1. . — f— -H - » hemiclausa Sow. var. exturbi- nnides Sa co a » var. exturbinoides snT) v sv.hrml r.h p.ll a. Sn.p.f! » pulchella Riss. var. astensis Sacc. Payradeautia intricata Don. var. mioce- ni fi a • • » » var. fasciolataìion. Teclnnatica. taciuta Don H- -H — t— — 1 — -+- • • -4— Ade ver il. a j nsepb.i.ni a. Riss. » » snhv. rosea Sacc • • » » subv. subcinerea Sac. » ri subv. subphilippiana •• • H- — t— a n var. avtiova Sano -t- -t- » » var. antiqua Sac. subv. subtP.cf.a Sacc a n var. priscodepressa Sacc n n var. clausodepressa Sacc -4- H- H- - a a var. clausodepressa subv. cinerea Sacc » josephinia var. clausodepressa snby. rnt-.imd.i.fnr mix Sacc. . . -H 1 J.. • ! ì i Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 313 FORME Neverita josephinia var. clausodepressa subv. rosacea Sacc >» josephinia var. clausodepressa subv. planorbiformis Sacc. . . » josephinia var. clausoelata Sacc. >! » » subv. subdetecta Sacc. » » v&x.poliniceoides Sac. »> » » subv. pliocenica Sacc. » » v&r.pliospiralataS&c. » »» »> subv. subplioglaucina Sacc. Polinices turbinoappenninica Sacc » submamillaris D’Orb » !» var. praenuntia Sac. » » »» subv. submioclausa Sac. ») !» var. mioinflata Sacc. »» ») var. mioaperta Sacc. »» »» var. mioclausa Sacc. » submamilla D’Orb »» miocolligens Sacc »» >» vàr.pseudomamilla Sac. » dertomamilla Sacc » prored empia Sacc »» » subv. scalariformis Sacc « » var. subnaticoides Sac. » - » \ai\tauromamillaSa.c. i» redempta Micht i> »» subv. subalbula Sacc. 21 314 F. Sacco Numero (lordine FORME Yillafrancliiano Astiano Piaconziano Messiniano Tortoniano Elveziano Lanehiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano -! Bartoniano , Parisiauo 5075 5076 !5077 *5078 5079 5080 5081 5082 5083 5084 '5085 5086 5087 5088 '5089 5090 5091 5092 1 5093 5094 5095 5096 5097 5098 i Polinices redempta Micht. subv. elliptica Sacc -4- K i.nn.vp. tn tram n. Afirlimifli Mi r ii t —t— -f- n » var. ’ eunaticinoi- des Sacc. . . . » » var. pseudoaquen- sis Sacc. . . . Sicjarp.tv.st acjv.p.nstist T1p.p1 var. prcr.cclc.n.t San. -H -f- — f“ » » vnr 1 nifi nntrrnnmjla Sar,. —1— » concavus Lk. var. postaquensis Sacc. . . » r.rvnf.nst.nmnirlp.s Sfibri -4- — H » » var. colligens Sacc flrvntnxtrmr/ xinnrcfnidcx Sn.rr » stt.riatum. T)n Sprr. . . -f- -1- » » subv. rufa Sacc. . . » subv. perregularis Sacc • • » ” subv. pliodepressa Sacc » » subv. elatogigantea Sacc Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 315 19 30 11 32 1 FORME Yillafranchiano 1 Astiano Piaeenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano O s ! '3 ■< Starapiano Tongriano Sestiano Bartoniano | Parisi ano Cryptostoma striatum De Serr. subv. sub- conulata Sacc. . . ' » <> subv. ornatissima Sacc. . H- » » var. striolatissima Sacc -4- n » var. circumdepressa Kn.ee » » \a,r. perellipticaS&c. 1 A w) nuli noi riti rn vp.'nrp.spn T?,nv -4- 3 » » » subv. Ttl nnul ntn. Sn.r.r». -4— 3 » i) var. apenninica subv. umbilicata Sacc. . — H 0 » » var. globoides Sacc. . -+- 1 » » var. pnst.pat.ula Sacc. -+- 2 » » ” subv. umbilicosa Sacc. . — f- 3 « n var nvifnrmix Kn.ee . -4- -4- 9 » » var. rugosoides Sac. 0 » « ? var. acuminatoides Sacc -4— 1 ! 316 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano o c .2 ’p CO CO s Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O rt yj ci fi* Ci.rsnf.remr/. cnva.ri r.nsu.m. Sacc . . 1 | ! - ■ • stfih p.nnriitnr.ri smi.m. Rnr.r* — h~ — H » » var. globosoma - gna Sacc. . . » » var. globosore- cta Sacc. . . » n var. perlateco- stata Sacc. . » crassicostatum Desh. subv. tau- - » » var. lepidensis » r var. pedemontana ■■■> » var. pedemontana — H -H -4- SUDV. / 0 I/IC/vCLìL' (J ò (/CO odiOO» • » crassicostatum var. dertoSe- n » var. sub Seguenzai Sacc. . ... H- 1 » ;i var. subaspromon- tema- n » var. transien$Sa,cc. • • -+- 1 1 | -+- | 1 JJ -7 Vili» 0 UrUU/t/JJ (j/I/Us 7JClV/V;i » » var. subDoderleini ! 1 1 320 F. Sacco Numero d’ordine 1 1 FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano — . . O ! X j u * Pw 5216 Cirsotrema Doderleini Pant. var. crassico- statni ri p.s Sa ce 5217 5218 n ii fi n limine ì rnsum fi o c. r» -H 11 » var. simplicula Sacc — H 5219 5220 5221 ensuhva.ri r.nsum. Sane taurona.ri.cnsum Rane n var. varicosior. Rane .... 5222 5223 5224 5225 m i nvn.ri nn suiti, fio or* -4- r usti rum T)efr -t- 11 » » subv. g i- nnnfp.n fio.pp 5226 11 » var. Iloernesi subv. transversa Rane. 5227 5228 5229 5230 » var. longissima Sacc. a var. fransi. ens Raro, -4- pum ir.Mi.vn. Prone, b -f- 11 » var. pseudocomitalis Sacc . — f— ? 5231 5232 5233 5234 5235 5236 » var. comitalis De Stef. a var dertenensi.s Sacc. -4- -4— » var. prnrnm.it aids Sae. e vrumirPiM) Sane . -h 11 » subv. perelegans Sacc 1. . (■) Sottog. Discoscala Sacc. 1890 (Forine alquanto affini alle Cirsotrema, ma con disco basale, numerose lamelle longitudinali, cristate, non varicose. Tipo D. scabcrrima). Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 321 FORME Villafranchi ano Astiano Piacenziano ìlessiniano Tortoniano Elveziano - — - - - ■■ 1 1 Langhiano , Aquitaniano Stampiano Tong riano Sestiano Bartoniano i Parisiano 37 38 19 10 11 12 13 14 45 16 47 48 49 50 51 52 Discoscala scaberrima Micht. subv. perco- stillata Sacc. . . -4- ! — t— — 4— -4- •+- » » • subv. subcanalicu- lata Sacc. . . . » » var. perproducta Sacc ” » var. taurocolligens Sacc ” » var. taurotransiens Sacc » taurinensi Pant » » var. coniungens Sac. 1 » angulatotaurinensis Sacc. . . 1 Adiscoacrilla (!) Coppii De Bour -4- » » subv. cristatissi- ma Sacc. . . . H- H- -4- » « var. lacunocosta- ta Sacc » » var. depresso Cop- pii Sacc. . . . v » var. villalvernen- sis Sacc. . . . » » var. opaliaefor- mis Sacc. . . . 9 • - Acrilloscala (2) geniculata Brocch -4- -4- » » subv. percristu- lata Sacc. . . (!) Sottog. Adiscoacrilla Sacc. 1890 (Forme affini alle Acrilla, ma senza vero disco sale; le coste longitudinali alla base non presentano quasi inflessione). (2) Sottog. Acrilloscala Sacc. 1890 (Forme affini alle Acrilla ed alle Clathr oscula ; ne ipo la Scalaria geniculata Br.). 322 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafrancliiano Astiano ii . Piaconziano ì Mossiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano rari siano 5253 Acrilloscala genicolata Brocch. subv. acri- xtii.lri.tn. Sano -4- 5254 » » var. subuloprisca Sacc 5255 ” » var. subangulosa Sacc -4- -t— 5256 A errila Tìrnnn i Sacr. J5257 » » subv. colligof aliene Sacc. . . — H 5258 » n var. fallenx Font -4- 5259 ii amoena Phil. . . . —4— 5260 ii n var. xuhr.anr.p.llntn Satin —4— 5261 » » var. perantiqua Sacc. . . -+- 5262 » n var. eosubcancellata Sacc. 5263 « ii var. mioBronni Sacc. . . 5264 » leptoqlyptamoena Sacc 5265 » a var. percosticil- lata Sacc. . . 5266 ” » var. precurrens Sacc. . . -4- 5267 n interposita Sacc -4- 5268 Clathroscala cancellata Brocch — 1— 5269 ” a var. pluricosticil- lata Sacc. . . . -4- 5270 » a var. supracostu- lata Sacc. . . . 5271 » Catulloi Dod -4- 5272 Hemiacirsa lanceolata Br 5273 a n var. miocenica Segr. ? 5274 » » a subv. eoprysmatica Sacc. -4— 5275 Pliciscala abrupta Jan 5276 n ? mioturrita Sacc | Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 323 FORME o B .2 3 o b ci £ o3 > O B Rj CO < o b rì *N B O) o s o B B "co co ® a o B o3 *B O J-, o H o B © > 3 o B 3 tD B ci hi O B rt ’b c3 '3 C7* -=4 o S 3 £ c/d O B c3 " jS B O H o B OS US co © C/D O B .ri o Od J-H rt PQ o B co cJ P-i 7 Pliciscala ? mioparvula Sacc - 8 » apenninica Sacc -t- 9 ” » var. afuniculata Sac. 0 Pentiscala crenata Linn. var. babilonica Bronn H- 0 -+- 1 ” » var. giqantea Sacc . 2 » pr ocrenata Sacc - 3 Ilemiacirsa corrugata Br. . - • • 1 ” ” var. Pecchiolii D’Anc. 5 » » » subv. subinornata Sacc. • • • • 3 » » var . calabra Seg. . . H- 1 ” “ var. exvaricula Sacc. 3 Foratiscalci tenuistriata Bronn. . . -f- ) Cerithiscala capelliniana Cocc. . ) Aodiscala hellenica Forb. subv. subappen- nina Sacc — t— H- » cavata De Bour ì » pseudocarinata Sacc } :> Scacciai Hoern. var. colligens Sacc. . . . ■ ” » var. colligens sub v.pro- pinquior Sacc. . . . » ” var. colligens subv. sub- loevis Sacc. . . « pseudocarinata Sacc. var. exca- vata Sacc -t- -+- ~h -1- - Punctiscala disjuncta Bronn ■t » var. oblita Micht. . » » var. cancellatoides Sacc • • 324 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piaoenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano O a et ’3 d P< 5300 5301 5302 5303 5304 5305 5306 5307 5308 5309 1 5310 5311 5312 5313 5314 5315 5316 5317 5318 5319 ! 5320 5321 1 5322 5323 5324 Punctiscala disjuncta Bromi, var. supra- r.nstulata. Sano H— » plicosa Phil. ? var. longiuscu- la Sacc. -4- » plicosa var. longiuscula subv. 'np.fl p.mnrìinnn Rppp -t- a ? t.aurnt.urrita Sano -4- Circulnsr.nl a ? italica T)n 'Rnnr -f- Turrisca.la tnrulnsa. Br. • • — H ” » subv. supervaricosa Sacc » ” var. viennincola De Gre0-. . . . -f- •4— » a var. Rrmasp.nrl nr. San » » var a futyicv] afa. Sane. var. ntmm Sap.r. » » var. convexiuscula Sacc - - Turritpll n tnmntn. T^rnrp/h var -4- — » marginalia Brnceh. va.r. . . » pyramidata Dod a firmata May — f— Vermetus arenar ius Limi, var . -4- a a var. denti fera Dod. . Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 325 FORME 25 26 27 •28 : 29 <1 ^ w < Pi E « t Vermetus sub cancellatile Biv. var » glomeratus Biv. vai- Serpulorbis Deshayesi May ” planorbiformis May » (non Vermilia ) triqueter Lk e var Siliquaria anguilla Linn. var Xenophora Brongniartiì Bon. var tesiigera Bronn. var Trochita gualteriana Gene var Crepidula unguiformis Lk. var ” cochlearis Bast. var ” gibbosa Defr. var Vivipara stagnali ? Bast » acuta Drap Risoina pusilla Brocch. var obsoleta Partsch. var ” decussata Mont. var Rissoa acinus Brocch. var » curta Duj. var » laevigata Bon. var » Mariae D’Orb. var Ckemnitzia? ornata Dod Fossarus costatus Phil. var. » clathratus Phil. var Eulima subulata Brocch. var » inflexa Desh. var > sinuosa Ponz. var > ( Eulimella ) Scilla Phil. var. . . . Pyramulella plicosa Bronn. var Turbonilla planulata Jan 326 F. Sacco Numero d'ordine FORME Villafranchi ano Astiano Piacenziano O O ci ’S ’w 03 0) a Tortoniano Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sostiano Bartoninno Parisiaiio II 5355 Turbonilla gracilis Bronn. var 5356 » elegantissima Phil. var. Gastal- dii Semp 5357 » praecincta Dod -f— 5358 ìì d.p.nsp.r.nst.n.t.n. Pini 5359 ftprithium. p.rn.xsum. Tini var. 5360 » granulinum Bon. var H- 5361 » Klipsteini Micht. var -4- 5362 » variolatum Dod 5363 » minutum Serr. e var 5364 » Michelottii Hoern. var — 1— 5365 » ntriculare Dod '5366 » ruhi.ginnsum. Eiehw. var. . . . . 5367 5368 -4- 5369 C! evitili (inni s srnhrrt. . vnr. -4- 5370 n Schwartzii Hoern. var. . . . -4- 5371 » spina Partsch. var -+- 5372 n ma.midla.tn R.iss. var '5373 'Fri fnri.x jìp.rvp.rxn. T,inn. var — 1— 5374 Strombus trigonus Grat. var 5375 » Bonellii Brongn. var 5376 jj sp — f— 5377 Cypraea Brocchii Desh. var -4- 5378 » utriculata Lk. var '5379 ìì amyqdalum Broccli. var 5380 «7 «7 physis Brocch. var 5381 » ( Trivio) Gray Micht. var. . . . -4- 5382 » r dimidiata Bronn. var. . -4— 5383 Erato incrassata Dod ! 5384 1 Fusus rostratus Oliv. var. crispa D’Orb. ( plioaspinosa Sacc.) - Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte 327 FORME Villafrancliiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elyeziano Langhiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Parisiano Fusus rostratus Oliv. var. cincta Bell. Mi- cht. (pliosub acostata Sacc.) -t- Cancellarla lyrata Brocch. var. miocenica Dod -4- H- -4- -4- -t- -4- -4- H- -+- -4- — 4- -4- » varicosa Brocch. var. mioce- nrr.n. T)nrl » scabra Desh. var » imbricata Hoern. var » xr.rnhi.r.ul n.t.a. Hoern. var. . . . » gr ridata Hoern. var » ar.rnhi r. ninfa. Hoern. var. . . . » r.nnt.rvtn. Pnst, vn.r » cassidea Brocch. var. mioce- nica Dod >■> papillosa Dod » Bonellii Bell. var. varicosa Bell « mi fr a r fri rvn. i .9 Brocch. var. . . » Basteroti Nyst ( T . duplicata Linn.) var » murina Bast. var » Scarabellii Dod « subcinerea D’Orh. var » ni i ratv.l a. Ba.st. var » Cossentini Phil. var. spinulosa Dod » fusiformis Hoern. var. terebrina P r>n I 328 F. Sacco Numero d’ordine FORME Villafranchiano Astiano Piacenziano Messiniano Tortoniano Elveziano Langhiano i. Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano Furi si ano 5408 5409 5410 5411 5412 5413 5414 5415 5416 5417 5418 5419 5420 5421 5422 5423 5424 5425 5426 5427 5428 '5429 Jl/urex polymorphus Brocch. var. pitorus De Greg —t— — H -f— 9 » ( Pseudomurex ) bracteatus Brocch. n craticulatus Limi. var. trisus De Gre e* » cristatus Brocch. var. adellus De Gre0- » scalar oides Blainv. var. arlus De Greov . » trunculus Linn. var. prippus De Gres*. . . . » ” var. galippus De Greg. . » ( Timbellus) latifolius Bell. . -4- — f— -H -4- n » laf.ilahri.s Bell. Mieti! - u n longus Bell. . . . » » rn.em.hranar.eus Bell n » Swainsoni Micht. . . ~h -f~ » •» Gastaldii Bell » » trinodosus Bell. . . . » » Veram/i Pani » » S ove erigi Micht. . . . — f— -4— Trophon ( Pinon ) vaginatus Jan n ( Chalmon ) squamulatus Brocch. e var. n » » var. subca- rinata Sacc. . . . • • - -1- « » sculptus Bell. -4- » ( Pirgos ) pustulatus Bell. Micht. Fusus exventricosus Sacc. (F. ventricosus Bell non W. ventricosus Gray) .... Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte 329 FORME o d A o a ci «ts c3 > O sa cd co o | d © © 2 S o d cj ;a co co © a o d cS ‘d o -M o Eh o d © 3 o d .€# IL §1 o d *d ci ’d a1 O d .2 *P« £ 03 CO o d tu d . o o 8 '-*-3 co © CO o d ccJ ’d o -M M ci pq o a 'co ‘C ci pq Conus antediluvianus Brug. var. empenus De Greg — H — f— — k~ » virginalis Brocch. var. .elgus De Greg » ampitus De Greg 1 » Aldovrandi Brocc. var H- 1 ' » striatissimus Dod 1 » ponderosus Brocc. var. | » » var. empigus De Greg. . » acuminatus Bors. var • ■ + ! -+“ H- -4- — 1 — H- — H- — f— H- -H H- -4- I » Paschi Micht. var, 1 » ventricosus Bromi, var. exilior Bromi » fascocingulatus e var | » Eoe, mesi Dod I » clavatus Lk. var n oboesus Micht. var | » pyruloides Dod | » nisus D’Orh. e var 1 » caelatus Dod ’ *i 1 » qastricalus Dod » raristriatus Bell, var 1 » mamillaris Dod | n gibberulus Dod » strntn.hp.llii.s Grah var . » Mortilieti Dod » praetextus Dod » avellana Lk. var » Dujardini Desìi, var » catenatus Hoern. var » granularis Bors. var ; Actaeon semis'/riatus Defr. var i 22 330 F. Sacco Numero d’ordine FORM E Villafranchiano Astiano O .5 N e © © s Messiniano Tortoniano p, • il Elveziano Langliiano Aquitaniano Stampiano Tongriano Sestiano Bartoniano o X £ pi 5459 5460 5461 5462 5463 5464 5465 5466 5467 5468 5469 5470 1 5471 5472 Scapili and p.r (ìratal cupi Mir.bt var . — H H- Sulla. ut ri. culi/, a Brnrr.b. var » burgid alensis D’Orb. var » clathrata Defr. var | » radians Docl » subconulus D’Orb. var | » truncata Phil. var » acuminata Brug. var Bullina? (vel Cylichna ) lajonkaireanaBasi. var r.ymnn.P.UR m.inutu.x Drap, var 9 Cuoieria astesana Bang. ? var Artropodi Crostacei Balanus cylindraceus Lk. var .. » latirad.io.tus Miinst. var ■ 1 Catalogo 'paleontologico del bacino terziario del Piemonte INDICE DEI GENERI E DEI SOTTOGENERI A Acacia 351. Acanthias 4635. Acanti) inula 4512. Acanthocyathus 963. Acer 284. Acerotherium 4730. Achanthina 2977. Acirsa 5132. Acmaea 1752. Acme 2001. Acrilla 5256. Acrilloscala 5251. Actaeon 4409. 5458. Actinacis 712. Adachna 1558. Adelosina 4765. Adeorbis 1785. Adiantum 62. Adiscoacrilla 5245. Alaea 4540. Alectryonia 1219. Alnus 146. Alveolina 4753. Alveopora 701. Amalia 4480. Amauropsella 5123. Amphihelia 1008. 4837. Amphimelania 2028. Ampbistegina 617. Amphytragulus 4736. Ampullonatica 5104. Anachis 2928. Ancilla 3818. Ancillaria 3818, 3825. Ancillarina 3812. Ancillina 3817. Ancylastrum 4474. Ancylus 4474. Andromeda 379. Anomia 1220. 4852. Antenodon 1029. Anthracotherium 4734. Anura 3153. Apeibopsis 280. Aphanitoma 4240. Aphrastroea 815. Apocynophillum 368. Apollon 2493. Aporrliais 2130. Araeacis 930. Araucarites 99. Arbacia 1053. Arca 1330. 4868. Aroopagia 1645. Arctomys 4747. Ardisia 372. Argiope 1179. Argonauta 4568. Artocarpus 215. Ascolatirus 3235. Asimina 274. Aspa 2496- Aspidium 80. Asplenium 74. Assilina 656. Astarte 1459. 4883. Asterigina 573. Astraea 879. Astraeopora 714. Astrangia 893. Astrocoenia 918. 4819. Astrobelia 931. Ategartis 4629. Atlileta 3762. Atoma 4362. Aturia 4583. Atys 4449. Avicula 1305. 4865. Axinus 1493. Balanocochlis 2029. Balanophyllia 726. Balantium 4555. 332 F. Sacco Balaenoptera 4709. Balaenula 4708. Balanus 4588. 5471. Bambusa 121. Banksia 230. Bela 4095. Benizia 89. Benzoin 252. Berardiopsis 4718. Berchemia 319. Betula 151. Bigenerina 556. Biloculina 394. 4754. Bitinia 1974. Bittium 2123. Blechnum 63, 70. Bolivina 558. Borsonia 4223. Bos 4740. Boscia 277. Bourgueticrinus 1026. Brachelixella 2863. Brachyphyllia 853. Brissopsis 1085. Bufonaria 2478. Bulimina 565. Buliminus 4520. Bulla 4439. 5460. Bullina 5468. Bumelia 373. Byrsonima 295. C Caecilianella 4526. Calamopliyllia 782. Calianassa 4613. Callitrites 95. Calyptraea 1925. Campylea 4501. Cancellaria 3838. 5386. Cancer 4630. Capulus 1937. Carcharodon 4640. Cardilia 1700. 4894. Cardita 1442. 4879. Cardi uni 1534. 4890. Carichium 4455. Carinaria 4407. Carpinus 190. Carthusiana 4505. Carya 227. Caryophyllia 937. Casmaria 2203. Cassia 352. Cassidea 2190. Cassidulina 574. Cassis 2178. Castanea 185. Caulinites 133. Celastrophyllum 308. Celaslrus 303. Cellepora 1161. Ceratisolen 1660. Ceratocyathus 943. Ceratotrochus 986. 4829. rVivi1? 9Q9 Ceriopora 1154. 4841. 4843. Cerithiopsis 2129. 5369. Cerithiscala 5289. Cerithium 2055. 5359. Cernina 5114. Cervus 4739. Chalmon 5425. Chama 1473. 4885. Champsodelphis 4720. Chara 49. Chelonia 4690. Cliemnitzia 2023. 5346. Clienornis 4705. Chicoreus 3302. Chinconidium 360. Chiton 1742. 4945. Chlinocephalus 4627. Chondrites 34. Chrisodium 58. Chrysodomus 3041. Chrysopbrys 4681. Chyphastraea 857. Cidaris 1032. 4838. Cinammomum 256. Cincinna 1972. Cionella 4522. Circe 1626. Circophyllia 776. Circuiscala 5304. Cirsotrema 5191. Cissus 267, Cithara 2365. Cladangia 899. Cladocora 885. Clanculus 1822. Clavagella 1713. 'Clavella 3119. Clathroscala 5268. Clathrus 5144. Clathurella 4248. Clausilia 4528. Clavatula 4099. Cleodora 4554. Clinomitra 3733. 7 CCcwcc 4 Oqq 333 Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte dimmi 4188. Clinurella 2895. Cliona 682. Clypeaster 1058. Cobitis 4687. Coeloraa 4620. Coelosmilia 904. Coenocyathus 961. Coesalpinia 350. Columbella 2856. Colutea 341. Combretum 329. Cominella 2499. Comoseris 756. Confusastraea 855. Conidea 2864. Conoclypus 1055. Conocrinus 1025. Conocyathus 935. Conotrochus 991. Conus 4363. 5430. Coptosoma 1049. Coralliophila 2981. Corallium 697. Corax 4638. Corbula 1703. Cornus 270. Cornuspira 390. Corylus 178. Coryna 4545. Crania 1176, Craspedopoma 2052. Crassatella 1465. Crassispira 4014. Crepidula 1931. 5334. Cristellaria 479. 4769. Croni mium 5116. Cryptangia 892. Crypto conus 3996. Cryptostoma 5093. Cuma 2980. Cupanoides 302. Cupularia 1172. 4845. Cuvieria 4565. 5470. Cyathoseris 760. Cyclas 1573. Cyclolina 616. Cyclolithes 753. Cyclonassa 2855. Cyclostoma 2048. Cylicbna 4450. 5468. Cyllene 2830. Cyllenina 2834. Cynodonta 3256. Cyperites 126. Cyperus 124. Cyphosoma 1049. Cypraea 2146. 5377. Cypris 4608. Cyrena 1569. Cystoseirites 31. Cytherea 4907. D Dafne 216. Dalbergia 343. Daphnella 4299. Daphnogene 265 Dasiphyllia 777. Defrancia 1130. Deltocyathus 978. Delphinula 1788. 4949. Dendracis 717. Dendrogyra 909. Dendrophyllia 740. 4816. Dendrosmilia 912. Dentalina 443. Dentalium 1719. 4987. Dentiscala 5280. Dertonia 3253. Desmophyllum 1011. Diacria 4552. Diastopora 4841. Dimorphastraea 755. Dimorphina 532. Diodon 4677. Diospyros 876. Diplodonta 1486. Diplohelia 4837. Diploria 798. Diptychomitra 3734. Discohelix 1862. Discoscala 5235. Discoporella 1129. 4815. Discorbina 592. Discotrochus 992. Discus 4516. Ditoma 4318. Ditrupa 1128. 4840. Ditypodon 1569. Dolicholatirus 3231. Dolichotoma 4228. Dombeyopsis 275. Donax 1629. Dosinia 1627. 4911. Dreissena 1324. Drepanostoma 4506. Drillia 3998. Dryandroides 232. 4751. Dryophyllum 189. 4752. 324 F. Sacco Durvillides 24. Dyctioastraea 860. E Eastonia 1686. Eburua 2509. Echinanthus 1069. Echinocyamus 1057. Echinolampas 1071. Echinophoria 2249. Echinus 1050. Echitonium 367. Elaeodendron 310. Elephas 4744. Ellasmoastraea 813. Emarginula 1759. Emmericia 1975. Emys 4699. Enallopsammia 739. Engelhardtia 229. Engina 3114. Entalophora 1151. 4842. Eoclatlirus 23. Eolatirus 3184. Ephedrites 117. Epidromus 2471. Equisetum 91. Equus 4733. Erato 2177. 5383. Eriphia 4624. Ervilia 4928. Erycina 1481. Erytroxylon 296. Eschara 1152. Eucaliptus 331. Eudolium 2366. Eugenia 334. Euhyalina 4488. Eulixna 2004. 5349. Eulimella 5352. Eupatagus 1114. Euphyllia 906. Eupsammia 734. Euspira 5124. Euspirocrommium 5121. Euthria 3124. Evonymus 309. Eagus 180. Fasciculipora 1135. Fasciolaria 3175. Favia 830. Felsinotherium 4727. Ferussacia 4523. Ficula 2412. Ficus 206. Fissurella 1754. 4946. Flabellulum 4556. Flabellum 994. 4832. Folliculus 4523, Foratiscala 5288. Fossarus 2003. 5347. Fracastoria 283. Fragaria 338. Frondicularia 520. Fulguroflcus 2447. Fuscoscala. 5134. Fusoflcula 2446. Fusus 3001. 5384. 5429. G Gadus 4944. Galactochilus 4492. Galeocerdo 4637. Galeodea 2283. Galeodocassis 2187. Galeodosconsia 2344. Gamopleura 4553. Gardenia 361. Gari 1650. Gastrana 1649. Gastrochoena 1711. 4935. Genea 3165. Genota 3989. Geomalacus 4519. Gibberula 3421. Glabella 3395. Glandina 4482. Gian duiina 516. Gleditschia 349. Globigerina 579. 4791. Globularia 5105. Glycimeris 1664. Glycyne 342. Glyptostrobus 93. Gobius 4685. Goniastraea 817. Goniopteris 77. Gonostoma 4510. Gorgonella 690. Grapsus 4625. Grcwia 282. Gujera 330. Gulnaria 4459. Guttulina 580. Catalogo paleontologico Gutturnium 2469. Gyraulus 4470. Gyrorbis 1971. 4469. H del bacino terziario del Piemonte Isis 692. 4815. Isocardia 1577. 4895. Ittiodoruliti 4672. Iuglans 218. Iupiteria 1425. Istmia 4542. O O 35 Halia 2112. Haliotis 1766. Halysiastraea 862. Harpa 3774. 5131. Hauerina 392. Haustellum 3269. Helcion 1750. Heliastraea 833. 4817. Helicia 236. Helicteres 278. Heliopora 700, Helix 4492. Helminthoida 16. Helminthopsis 15. Hemiacirsa 5272. 5283. Hemiaster 1080. Hemicardium 4893. Hemicidaris 1048. Hemifusus 3061. Hemipristis 4639. Heterostcgina 667. Hexastraea 920. Heynemannia 4475. Hiatula 1653. Hinnites 1254. Hipponyx 1935. Hippopotamus 4737. Homotoma 4273. Hoplocetus 4715. Hoploparia 4610. Hyalina 4486. Hyaloea 4547. Hyaloscala 5161. Hydractinia 1022. Hydrobia 1976. Hydrophora 799. Hymenophyllum 87. Hypolepis 76. I Iania 3034. Ianulus 4518. Ierea 686. Ilex 313. Iopas 2976. Jouannetia 1716. L Labatia 317. Labrax 4683. Lachesis 4098. Lacuna 2002. Lagena 810. Laminarites 22. Laminifera 4529. Lamna 4662. Lampas 2482. Larix 115. Lastrea 56. Latiaxis 3000. Latirus 3184. Laurophyllum 247. Laurus 237. Lebias 4686. Leda 1417. 4878. Leiopathes 690. Leiostoma 3054. Lembulus 1418. Lenzites 55. Lepralia 1145. Leptastraea 863. Leptomussa 775. Leucothoe 380. Libellula 4633. Lima 1244. Limax 4475. Limea 1253. Limopsis 1396. Linctoscala 5152. Linga 4923. Lingulina 511. Linthia 1073. Liquidambar 254. Liriodendron 273. Litharoea 705. Lithodomus 1321. . Lithophyllia 774. Lithothamnium 50. Litsoea 253. Lituola 389. Lobopsammia 752. Loripes 1533. Lucina 1494. 4913. Lunulites 1169. 4846. 336 F. Sacco Lutraria 1693. 4931. Lymreus 4458. 5469. Lymnophysa 4458. Lyranus 4461. Lyria 3741. M Machaerium 346. Macrurella 2902. Mactra 1687. 4930. Macularia 4496. Madrepora 718. Magnolia 272. Malea 2400. Malletia 1433. Malpighiastrum 293. Mangelia 4301. Manicina 796. Maretia 1118. Margaritana 1439. Marginella 3395. Marginulina 467. Margovoluta 2365. Marpessa 4533. Mastodon 4744. Mayeria 3056. Meandrina 797. Megatylotus 5126. Megerlea 1182. Melampus 4454. Melania 2026. Melanopsis 2031. Membranipora 1137. Merycopotamus 4738. Metastraea 876. Metrosideros 333. Metula 3067. Micromitra 3722. Micropocrinus 1030. Microtropis 312. Millepora 1023. Miocardia 1576. Miocenia 2498. Mitra 3423. Mitraefusus 3164. Mitrella 2866. Modiola 1320. Moltlivaultia 767. Monodonta 1823. 4952. Monticulopora 1160. Montipora 724. Morionassa 2350. Munsteria 8. Murex 3263. 5408. Muricidea 3290. Mursiopsis 4626. Mya 1701. 4933. Mycetophyllia 787 Myliobates 4670. Myrica 141. 4749. Myriozoon 1166. Myristica 3057. Myrsine 371. Mytilus 1310. N Najadopsis 130. Nassa 2516. Natica 1950. 4961. Naticina 5010. Nautilus 4579. Neaera 1710. Neilo 1434, Nemertilites 25. Neoathleta 3756. Neolatirus 3233. Neptunus 4623. Nerita 1826. 4954. Neritinium 365. Neritodonta 1835. Neverita 5040. Nipadites 138. Niso 2012. Nodiscala 5290. Nodosaria 420. 4767. Nonionina 660. 4796. Notidanus 4634. Nucula 1404. Nulliporites 6. Nummulites 623. 4797 O Ocinebra 3351. Odostomia 2025. Olea 364. Oligotoma 4234. divella 3794. Oniscidia 2351. Opalia 5163. Operculina 620. Ophicardelus 4453. Orbitoides 668. 4807. Orbulina 577. Orcula 4544. Oreodapline 264. Ornitichnites 4706. Catalogo paleontologico Orthocerina 464. Orthurella 2916. Ostraea 1202. 4847. Otodus 4649. Otoliti 4673. Ovula 2175. Oxyrhina 4651. P Pagodina 4543. Pagurus 4611. Palaeocarpilius 4631. Palaeolobium 294. 347. Palaeomyra 4632. Paleodictyon 1. Paliurus 318. Palaega 4609. Paracyathus 981. 4831. Parasmilia 905. Patula 4516. Patella 1745. Pavonia 524. Payradeautia 5037. Pecchiolia 1479. Pecten 1257. 4858. Pectunculus 1378. 4875. Pelloea 61. Pentacrinus 1027. Pericosmus 1109. Peringia 1983. Peristernia 3238. Perna 1307. 4866. Perrona 4170. Persaea 250. Persicula 3417. Persona 2476. Petraeus 4520. Petricola 1580. Phaenicites 137. Pharyngodopilus 4674. Phasianella 1769. Pholadomya 1675. Pholas 1717. 4934. Phos 2500. Phragmites 118. Phylìangia 895. Phyllites 384. Phyllocaenia 921. 4820. Phyllonotus 3317. Pliysa 4463. Physotherium 4717. Pinna 1326. 4867. Pinon 5424. Pinus 101. del bacino terziario del Piemonte Pirgos 5428. Pirus 336. Pisania 3069. Pisidium 1574. Pianera 200. Planorbis 4464. Planorbnlina 595. Platanus 153. Plenasium 75. Plerastraea 877. Plesiastraea 851. Plesiocetus 4710. Plesiolatirus 3225. Plesiophyllia 805. Pleurocora 891. Pleurotoma 3882. Plicatula 1227. Pliciscala 5275. Poacites 120. Pocillopora 725. Poculina 4559. Podabacia 759. Polinices 5058. Polipodium 60. Polistigmites 53. Pollia 3082. Pollicipes 4587. Polloneria 4528. Polygona 3227. Polygyra 4507 Polymorphina 525. 4783. Polystomella 657. 4795. Pomatias 2051. Populus 192. Porites 703. Porocidaris 1047. Porphyria 3776. Portunus 4621. Potamides 2091. Primnoa 689. Prionastraea 867. 4818. Priscophyseter 4714. Propylidium 1753. Protoseris 758. Prunus 339. Psammechinus 1054. Psammobia 4912. Pseudolatirus 3243. Pseudomurex 5409. Pseudotoma 4193. Pteris 64. Pterocarya 228. Pterocera 2133. Pteronotus 3274. Pullenia 586. Pulvinulina 603. 338 F. Sacco Punctiscala 5297. Pupa 4543. Pnrpura 2941. Pusia 3719. Pyramidella 2014. 5353. Pyrgoma 4606. Pyrgulina 2024. Pyrostoma 4531. Pyrulina 4785. Q Quercus 155. Quinqueloculina 403. 4761. R Rabdophyllia 783. Radiopora 1136. Ranella 2478. Ranina 4617. Raphitoina 4320. Retepora 1157. Rhamnus 321. Rhinoceros 4732. Rhipidogyra 911. Rhizotrocue 1007. Rhombus 4688. Rhynchonella 1199. Rhyncolithes 4582. Rhynocantha 3273. Rhytisma 54. Ringicula 4416. Rissoa 1984. 5342. Rissoina 2000. 5339. Robulina 504. Rosalina 1792. Rostellaria 2143. Rotalia 608. 4794. Rotularia 1125. Roualtia 4220. Runa 1068. S Sabal 136. Sabatia 4448. Sagrina 540. Salicornaria 1143. Salisburia 116. Salix 197. Sapindus 297. Sapotacites 374. Sassafras 248. Sassia 2161. Sauritichnites 4704. Saxicava 1670. Scabrella 1924. Scalaria 1864. Scalpellum 4605. Scaphander 4436. 5459. Scaptorrhynchus 4569. Scarabella 4536. Scarus 4684. 4689. Schizaster 1095. Scliizodelpbis 4721. Sconsia 2347. Scrupocellaria 1144. Saltella 1067. Scutum 1765. Selacho 4661. Semicassis 2204. Sepia 4570. Septastraea 808. Sequoia 97. Serpula 1122. Serpulorbis 5327. Serrulina 4530. Sigaretotrema 5078. Sigaretus 1947. 5082. Siliquaria 1916. 5330. Siraplicotaurasia 3081. Simpulum 2453. Smilax 139. Smilotrochus 984. Solarium 1841. 4956. Solecurtus 1657. Solen 1661. Solenastraea 864. Solenomya 1441. Sophora 348. Sparganium 131. Spatangus 1120. Sphaerites 52. Sphaerodus 4675. Sphaeroidina 588. Sphenopteris 88. Spirillina 591. Spirodiscus 4464. Spiroloculina 401. 4756. Spiropteris 90. Spirorbis 1127. Spirulirostra 4578. Spondylus 1234. 4855. Squalodon 4719. Stazzania 3411. Steno 4724. Stephanocaenia 919. Stephanopliyllia 737. Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte Sthenorytis 5170. Stomatophora 1133. Strepsidura 3055. Stronibus 2134. 5374. Stropliostoma 2053. Stylaster 1024. Stylocaenia 914. Stylophora 925. Stylotrochus 993. Succinea 4546. Surcula 3948. Symphyllia 786. Syndosmya 1655. 4926. Syringa 366. T Tachaea 4493. Tapes 1586. 4896. Taphrhelminthopsis 11. Taurasia 3075. Taurinicthys 4676. Taxodi uni 114. Tecosmilia 784. Tectonatica 6039. Tellina 1633. 4924. Terebra 3871. 5400. Terebratnla 1189. Terebratulina 1184. Teredo 1718. Terminalia 327. Testacella 4481. Testudo 4698. Tetbia 687. Tetrastoraella 2884. Textularia 541. 4786. Thamnastraea 754. Thecidea 1178. Thegioastraea 852. Thiarella 2919. Thiarinella 2927. Thracia 1684. 4932. Thrichomanes 86. Thuia 96. Tilia 279. Timbellus 5415. Tindaria 1436. Titanocarcinus 4628. Toxobrissus 1092. Tricliia 4504. Tridacnophyllia 794. Triforis 2128. 5373. Trigonodon 4689. Triloculina 408. 4760. Trionyx 4693. Triptychia 4534. Tritoli 2449. Tritonium 2449. Tritonofusus 3053. Tri via 5381. Trochita 1927. 5333. Trochocyathus 964. 4822. Troclioseris 764. Trochosmilia 902. Trocbus 1791. 4950. Trophon 3343. 5424. Trópidiscus 4467. Truncatulina 597. Trymohelia 934. Tubulipora 1134. Tudi eia 3166. Turbinaria 709. Turbinella 3254. Turbo 1771. Turbonilla 2015. 5354. 5355. Turricula 3716. Turriscala 5305. Turritella 1888. 5317. Tursiops 4722. Typhis 3258. u Ulangia 898. Ulastraea 861. Ulophyllia 792. Ulmus 202. Umbonium 1786. Umbrella 4452. Unio 1437. Urohelmintboida 21. Uromitra 3643. Ursus 4748. Uvigerina 534. V Yaccinium 383. Yaginella 4562. Vaginulina 465 Valvata 1971. Valvulina 562. Venerupis 1582. Venus 1589. 4897. Vermetus 1911. 5323. Vermilia 1126. 5329. Verneuilina 557. Vertigo 4536. Yiburnum 362. 340 F. Sacco. Catalogo paleontologico del bacino terziario ecc. Vioa 682. Yitis 268. Vitrea 4486. Vitrina 4485. Vitularia 3394. Vivipara 1973. 5337. Volutilithes 3750. Volvarina 3413. W Woodwardia 72. X Xenophora 1919. 5331. Y Yoldia 1427. Z Zenobia 4502. Zingiberites 140. Ziziplius 320. Zonarites 33. Zoophycos 44. Zosteriteb 132. Zua 4522. Federico Sacco. SEPIA BER TU FORESTI. (Con una tavola). Sotto alcuni rapporti la conchiglia interna di cefalopodo, che ora prendo a descrivere, presenta moltissimi punti di somiglianza colla S. verrucosa Bell. (\) ; ma accuratamente osservata mostra poi alcuni caratteri, mercè dei quali credo non si possa con quella identificare. L esemplate del pliocene inferiore del Bolognese, oltre essere di dimensioni minori, ha una forma molto più stretta ed allungata di quella che pi esenta la specie del Bellardi, ed è anteriormente più acuta. La costa centrale ne è ben distinta, mercè le due scan- nellature che la fiancheggiano ; pochissimo apparenti sono le altre due coste laterali, le quali vengono accennate da due poco sensi- bili tialzi, pei cui per la poca apparenza di questi e per la poca larghezza della conchiglia i solchi che li separano dalla costa centrale non sono molto larghi e non molto profondi ; e sotto que- sto rapporto avrebbe maggiore somiglianza colla S. Michelotti Gast. (2) ; le coste laterali invece nella specie del Bellardi, come apparisce dalla figura, sono molto ben distinte ed i solchi laterali molto larghi. Nel nostro esemplare la superficie dorsale è piaua, leggermente depressa vicino i margini ; è in parte rugosa, in parte granulosa ; C1) Beffardi, 1872. I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria. Mera. r. Acc. se. Torino, ser. 2a, voi. XXVII, pa«- 15 tav I fig. 5. (2) Gastaldi, 1868. Fossili del Piemonte e della Toscana , pag. 226, tav. V. — Bellardi, 1872. Op. cit., pag. 14, tav. L, fig. 4. L. Foresti 342 le rughe, diverse fra loro per dimensioni, appariscono bene appa- renti sopra tutta la metà posteriore della costa mediana e spe- cialmente nella regione centrale ; si osservano ancora nella por- zione posteriore dei rialzi coste laterali, ma molto più piccole e molto più sottili. Tutta la metà anteriore della conchiglia è ornata, o. per meglio dire, doveva essere ornata, come apparisce da alcuni frammenti della superficie ancora intatti, di sottilissimi funicoli trasversali che seguono l’andamento della curva dei margini ; questi funicoli sono forniti di piccolissime rugosità granulose, le quali si fanno più grosse scendendo, e si mostrano nel maggiore loro sviluppo ai lati e inferiormente della porzione posteriore, ove sotto forma di verruche più o meno grosse si mischiano alle pic- cole rugosità trasversali che si osservano sulle coste laterali. Nella specie del Bellardi, cioè nella S. verrucosa , non v’ha quasi nes- suna differenza nelle dimensioni delle verruche e delle granula- zioni, e nella porzione anteriore i funicoli trasversali arcuati sono maggiormente distanti fra loro, sono più grossi ed in numero molto minore. Per mancare l’estremità posteriore nulla posso dire della di lei forma. La superficie ventrale della conchiglia, che pel suo cattivo stato di conservazione non ho creduto far disegnare, è in gran parte piritizzata e solo conserva qualche traccia della sua struttura la- mellare. Per i caratteri ora accennati e pel confronto delle figure mi sembra ben manifesta la differenza che passa fra l’esemplare illu- strato dal Ballardi e raccolto nella marna azzurrognola presso Brà, e l'esemplare ora da me descritto e raccolto dal dott. Giovanni Berti nella marna argillosa sotto l’arenaria glauconifera lungoni torrente Savepa presso Bologna. Cronologicamente ambo le rocce entro le quali questi due resti di cefalopodi sono stati trovati, corrispondono alla porzione più bassa del pliocene inferiore. Il frammento di conchiglia della S. Berta disegnato in gran- dezza naturale misura 106 mm. in lunghezza e 40 mm. in lar- ghezza. Non molto frequenti sono gli avanzi di questi cefalopodi nel nostro terziario superiore. Nessuno ne cita il Coccoui e il Bagatti nel pliocene di Parma e Piacenza c solo ultimamente il prof. Is- 343 L. Foresti. Sepia Bertii, Foresti. sei (') fa menzione di due esemplari di S. Isseli Bell, provenienti da Lugagnano d Arda nel Piacentino, e prende da ciò occasione per dare di questa specie una descrizione piu esatta e più detta- gliata. Il Seguenza non ne ricorda nel pliocene di Peggio, nè il Coppi in quello del Modenese. Il Bellardi poi descrive ed illustra alcune specie del Piemonte e della Liguria. Il Ponzi ne cita un frammento raccolto nelle marne vaticane (2) ; e nelle stesse marne vaticane, il prof. Meli gentilmente mi comunica come esso pure ne abbia rinvenuto un magnifico e grande esemplare. Due fram- menti di Sepia (cfr. S. offìcinalis Lin.) furono estratti dalle marne del pliocene inferiore della cava Lanciani fuori porta Cavalleggeri a Roma, le quali sono la continuazione delle marne vaticane (3). Lodovico Foresti. (1) Issel A., 1889. Di una sepia del pliocene piacentino. Bull. Soc. malac. ital., voi. XIV. (2) Ponzi G., I fossili del Monte Vaticano. Meni. r. Accad. dei Lincei, ser. 2\ voi. III. (•*) Meli R., Le marne plioceniche del Monte Mario. Bollett. d. R. Co- mitato Geologico anno 1882, n. 3-4. (Ved. nota (2) in fondo alla pag. 94). ■ . - . Boll. Soc. Gcol.Ital. E. Contoii lit. Voi. IX. (1890), tav. VII Bologna, lit. G.Wenk e Figli I IL NA U TI L US OB LIQUATUS DI BATSCH. (Con una tavola). . In ima.llsta di sPecie e varietà di foraminiferi della marna miocenica di San Rullilo presso Bologna, lista che trovasi in fondo a una mia nota pubblicata nel 1885 (*), citai, al numero 27 la Dentahna obliquestriata di Heuss. E nello scorso anno, in una tavola, nella quale sono rappresentate alcune forme provenienti dalla medesima località, diedi la figura di un esemplare riferen- dolo alla specie reussiana (2). Nella determinazione di essa specie mi ero attenuto alla monografia di T. B. Jones, W. K. Parker e ET. B. Brady sui fora- mimferi del crag d’Inghilterra, in cui sono indicati come sinonimi della forma pliocenica inglese (3) : 1° la Dentalina maiuiina d’Orb. 1850 (Prodrome voi T p. 242, n. 259) (<) ; ’ ’ 2° la B. obliquestriata Heuss 1851 (Zeitschr. deutsch geol. Ges., voi. Ili, p. 63, tav. Ili, fìg. Il, 12); 3° la B. geinitsiana Neugeboren 1856 (Denkschr. Ak. Wiss Wien, voi. XII. p. 91, tav. IY, fig. 15); 4° la D. matutina Terquem 1858 (Mém. Ac. imp. Metz anno 39°, p. 602, tav. II, fig. ll); 5° la B. divergens Heuss 1864 (Sitz. Ak. Wiss. Wien. voi. L, p. 456, tav. IV, fig. 10). 0) Boll. Soc. geol. ital., voi. IV, p. 112. (2) Forum, mioc. eli S. Rufillo. Bologna 1889, fig. 15. (3) Palaeont. Soc., voi. for thè 1865, p. 56, tav. I, fig. 19. (4) Non figurata dall’autore. Dalla breve descrizione non risulta che questa forma liasica sia obliquamente costulata. 28 C. Forti asini 316 Gli autori inglesi sopra nominati riconobbero in certo modo la identità della D. obliquestriata col Nautilus obliquatus di Batsch ('): ma preferendo essi di mantenere distinte colle rispettive denominazioni generiche di Nodosaria e Dentalina le forme ad asse retto da quelle ad asse curvo, indicarono la specie del crag e i sinonimi citati, col nome reussiano, e quella illustrata da Batsch, col nome di Nodosaria obliquata (2). In realtà il termine Dentalina non ha ragione di essere con- servato con valore generico, osservandosi in una stessa specie forme ad asse retto e ad asse curvo; soltanto vi ha predominio nume- rico delle ime o delle altre. Nella N obliquata predomina la forma dentalina. Carattere distintivo della N. obliquata è l'obliquità delle nu- merose costole longitudinali rispetto all'asse, unitamente alla non obliquità delle suture. Abbiamo altre nodosarine obliquamente costulate, e, oltre quella del crag inglese figurata da Jones, Parker e Brady sotto il nome di Vaginulina linearis (3), va presa in considerazione quella illustrata da Silvestri sotto il nome di N. raphanistrum var. obli- quecostata (4). Il Nautilus obliquus di Linneo (JV. testa recto- subarcuaia : articulis oblique striatis ), fondato sopra una figura di Gualtieri, non è altro probabilmente che la forma dentalina della varietà sopra citata di Silvestri. La N. obliquata è dimorfa , vale a dire si presenta sotto le due forme che si convenne di chiamare A e B. Avendo già rias- sunte ed applicate in due scritti antecedenti (5) le teorie di Munier- Chalmas e Schlumberger, sul dimorfismo dei miliolidi e dei lage- nidi, mi limito ora ad indicare quali degli esemplari rappresentati nella qui unita tavola siano riferibili all’ una o all’altra delle due forme. Carlo Fornasini. (1) Sechs Kupfert. (1791), tav. II, fig. 5. (2) Ann. Nat. Hist., ser. 3a, voi. XV, p. 227. Si confronti la N. obliquata Batsch sp. dell’argilla di Londra illustrata recentemente da C. D. Slierborn e F. Chapman (Journ. R. Micr. Soc., 1889, p. 486, tav. XI, fig. 23). (3) L. c., tav. I, fig. 10. (4) Atti Acc. Gioenia, ser. 3a, voi. VII,, p.. 37, tav. III. fig. 51. (5) Boll. Soc. geol. ital., voi. V, p. 260; voi. VI, p. 29 (nota). Boll. Soc. Geol. Ital. Voi IX [isso), tav.Vffl. C. Fornasini. Il Aautilus olliquatus di Batsch. 347 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. altrettanti esemplari osservati all’ingran- P atte le figure rappresentano dimento di 27 diametri. pf- ?’ i’ 5’ 7- ; - Nodosciria obliquata Batsch sp. (forma A). Iig- 1, 6. — A. obliquata (forma B). * ig. 3. - Frammento di grosso esemplare della stessa specie. NECESSITÀ DI ACCERTARE SE LE IMPRONTE COSÌ DETTE FISICHE E FISIOLOGICHE PROVENGONO DALLE SUPERFICI SUPERIORI 0 DALLE INFERIORI DEGLI STRATI. OSSERVAZIONI SOPRA IL NEMER TILITES STROZZI Mena- o * (con due tavole) Mi prendo la libertà di richiamare l'attenzione dei Colleglli sopra un latto molto interessante, ma che generalmente mi sembra non sia preso abbastanza in considerazione. Voglio dire la grande differenza che passa fra il numero, forma ed oiigine delle impronte fossili esistenti sulle superfici superiori degli strati, e ciò che di somigliante si verifica nelle superfici inferiori. Nelle superfici superiori, abbondano di preferenza i solchi, le strie, le depressioni ed i piccoli bassi-rilievi ; nelle inferiori invece, pievalgono gli alti rilievi d’ogni figura e grandezza, formanti per- sino sottosquadro con le superfici degli strati. Così non avviene dei resti animali o vegetali, si o no mineralizzati, i quali indi- stintamente possono trovarsi, tanto nelle superfici superiori, quanto nelle inferiori. Oia le cagioni di tali sensibili differenze risiedono special- mente nella plasticità stessa naturale delle bellette argillose, cal- cari, o sabbiose, costituenti i fondi, o le spiagge dei mari, dei laghi e degli estuari; luoghi dove le deposizioni fangose, per la gravità delle loro molecole, se difficilmente si prestano ad innal- zarsi in rilievi sopra gli strati sottostanti, altrettanto sono facili ad essere solcate o a discendere nelle depressioni, assumendone le contro-impronte, visibili poi un giorno sulle superfici inferiori degli strati. 350 G. Scarabelli Da ciò la necessità assoluta, di assicurarsi bene e sul posto, della giacitura originaria di quelle forme fossili, giacché qui si tratta specialmente di quelle, così singolari e svariate, che da molti sono anche dette problematiche. E realmente si trovano fra queste le così dette impronte fisiche e fisiologiche, le quali, mi sembra, siano meritevoli di speciali osservazioni in quanto esse possono anche presentarsi nelle due seguenti condizioni. 1° Di essere eguali fra loro tanto se derivanti da superfìci superiori, quanto da inferiori, ma dipendendo da cause di cui ri- mane dubbioso il modo di azione. 2° Di essere eguali fra loro, sia se trovate superiormente, che inferiormente agli strati, ma da doversi per ciò appunto rite- nere originate da azioni totalmente diverse, e quindi da attribuirsi , necessariamente ad organismi fra loro disparatissimi. Eccone alcuni esempi in proposito. Nel primo caso, detto di sopra, suppongasi di avere sott’ occhio una sezione longitudinale e verticale di que’ rilievi, quasi embri- ciformi, prodotti dalle acque scorrenti sopra un piano sabbioso, leggermente inclinato (fig. 1, Tav. IX). Se tali rilievi, in forma quasi di gradinata, ci vengono da una superficie superiore di uno strato, allora i loro andamenti ed angolosità particolari, ci indicheranno tosto che l'azione meccanica di trasporto dell’acqua, si esercitava da A verso B. Ma se per con- trario rilievi eguali derivassero da una superficie inferiore, in tal caso, non potendo essi rappresentare che contro-impronte, bisogne- rebbe invertire il nostro giudizio, ed ammettere che le acque scor- ressero da B verso A come se la figura 1 fosse capovolta. Nel secondo caso, si abbiano altre due sezioni trasversali, pure fra loro consimili, rappresentanti rilievi fossili, come alle fig. 2 e 3, i primi dei quali levati da una superficie superiore, i secondi da una inferiore. Ora per tali giacimenti opposti dei detti rilievi, dovremo tosto giudicarli a priori originati da cause distinte, a meno che que’ rilievi non fossero di veri resti animali, o vegetali, petrifìcati o carbonizzati, i quali, ripeto, possono sempre rinvenirsi nelle superfìci superiori, come nelle inferiori. Ma se non si tratterrà di questo, quali saranno allora quelle cause diverse? Innanzi di rispondere in proposito, conviene eli’ io prima esponga Osservazioni sopra il Nemertilitei Strozzi Meng. 3Ò1 in qual modo sia possibile, in fatto, la formazione di simili ri- lieu, desumendolo dalle mie particolari esperienze, fatte con di- verse bellette preparate all'uopo (!). Si prenda un corpo cilindrico, troncato obliquamente in una delle sue estremità, e si ponga in posizione orizzontale al di sotto di uno straticello di belletta molle. Il cilindro così situato in seno a questa, darà longitudinalmente una sezione come alla tig. 4, e trasversalmente, come alla fìg. 5. Ma una volta sospinto il cilindro colla parte troncata obliquamente in avanti, e sempie nascosto nella belletta, avremo allora una sezione longitudinale come alla fìg. 6 e trasversale come alla fìg. 7. Giacche il cilindro nel procedere oltre, avrà compresso e spinto innanzi a sè la belletta per modo da forzarla ad elevarsi su di lui tanto, da formare come la vòlta di una galleria esternamente tutta corru- gata di traverso. Ma questi fatti non accadranno se non momen- taneamente, cioè durante il solo tragitto del cilindro, dopo di che la belletta, ricadendovi dietro pel proprio peso, otturerà comple- tamente la galleria, producendovi solo ai lati due rialzi, o cor- doncini paralleli, aventi in mezzo una depressione, od un solco (fìg. 8). È però da osservare che tali fatti potranno variare leg- germente nei loro particolari, a seconda dello stato di mollezza in cui si troverà la belletta. Ed a proposito della fìg. 8 succitata, accennerò di passaggio, come essa forse corrisponderebbe ad una sezione trasversale che si facesse del Taphrhelmmthopsis auricularis Sacco (-), quando però fossimo sicuri, che quel fossile derivasse da una superficie superiore di uno strato, cosa che non fu detta da quel nostro chia- rissimo Collega; talché se quel fossile provenisse invece da una superficie inferiore, si tratterebbe allora di una contro-impronta, o riempimento di solcature di ben altro genere di animali. Che se poi, nell esperienza detta di sopra, s'impiegava una belletta alquanto tenace, questa non essendo più in grado di ottu- f1) Allorché mi occupavo in queste esperienze, ignoravo affatto quelle consimili eseguite da Nathorst. Quindi faccio tale confessione per evitare clic- contro di me si dica « Pennas Pavoni, quae deciderunt, sustulit, seque exornavit ». (2) Vedi tav. II fig. 3. Note di Paleoicnologia italiana. Milano, 1888. 352 G. Scarabelli rare la galleria, avrebbe rialzato maggiormente i rilievi laterali (fig. 9) lasciando anche aperta più o meno la galleria medesima. E nell’ipotesi di una belletta alquanto asciutta alla superficie, si sarebbe ottenuta una sezione come alla fig. 10, cioè una gal- leria a volta screpolata od anche aperta, simile a quelle prodotte nei letti fangosi dei fiumi da animali diversi. E qui ricorderò in proposito anche quelle tali gallerie, più o meno tubolari, eseguite da animali iu cammino e state poi riempite da successive deposizioni. Esse si rinvengono pure in alcune stratificazioni, ma essendo situate nell’ interno della roccia, non sono da confondersi colle altre impronte fisiologiche collocate sulla superficie degli strati. Ora, ritornando alle sezioni 2 e 3, ritengo per certo che, dietro a quanto fu esposto, non si avrà difficoltà ad ammettere, che la sezione, fig. 2. derivante da una superficie superiore, sia originata da un corpo in moto, cilindrico, conico, od anche sferico (*), mentre l’altra, fig. 3, proveniente da una superficie inferiore, si giudicherà una contro-impronta, e come tale, riempimento di due solcature, (fig. 12) fatte da un animale in cammino, il quale, nelle sue parti posteriori, avrebbe avuto due sporgenze conformate in guisa, da ser- virgli come di sagoma per formare nella belletta quei due solchi paralleli. Tuttavia a meglio ancora assicurare un tale giudizio, e vedere se realmente si tratti di una contro-impronta, penso che in tal caso verrebbe fatto facilmente di adottare il mezzo stesso di cui mi valsi, non ha molto, in caso analogo : voglio dire, quando colla ruota di un arrotino levigai di traverso un rilievo semi-cilindrico di un creduto Nemertilite, proveniente dal Pistoiese. Difatti con tale processo, io veniva a scoprire, come quel fos- sile altro non fosse che una contro-impronta in rilievo, in parte a sot- tosquadro, di un lungo e profondo incavo, la quale nella sua sezione levigata mostrava distintamente tutte le minute stratificazioni della roccia. Ed eccone il disegno capovolto nella fig. 10, perchè meglio 0) A chi si è occupato praticamente a solcare bellette, fa alquanto me- raviglia il vedere come i paleontologi siano generalmente inclinati ad attri- buire ad animali vermiformi tutte le impronte di forme serpeggianti ; mentre queste possono anche originarsi per fatto di animali globosi, purché il loro cammino si compia abitualmente in modo serpeggiante. Osservazioni sopra il Nemertilites Strozzi Meng. 353 esprima la formazione del fossile, da non confondersi certo col Nemertilites Strozzi, come si vedrà fra poco. Quindi si compren- derà ora facilmente, che, anche gli incavi presentati nella sezione lìg. 12 potrebbero dare, per loro contro-impronta, rilievi simili a quelli delle fig. 2 e 3, nei quali però si vedrebbero le tracce della stratificazione della roccia. Oia si fu appunto col mezzo dell arruotatura che io pervenni ad assicurarmi come il ricordato Nemertilites Strozzi Meng. oltre al non essere una sostituzione minerale di un corpo animale, non tosse neanche una semplice impronta fisiologica, e però anche su questo fossile mi permetto due parole, in quanto che rasentano pure il nostro stesso argomento. Ti Nemertilites Strozzi Meng. fu già descritto assai bene dal nostro compianto Collega (') il quale asserendo come quel fossile si rinvenisse nelle superimi superiori degli strati (pag. 422), lo di- ceva pure trovato isolatamente staccato dalla roccia (pag. 483). Ma poiché mi parve che in quella descrizione si comprendes- sero altre forme fossili, cilindriche, distinte a mio credere dai veri Nemertiliti, mi limitai allo studio dei saggi non dubbi di detto fossile, incominciando dal sezionarli tutti di traverso e levigarne le superimi ottenute. Ed ecco in compendio quanto mi venne fatto di osservare. Le sezioni di questo fossile (fig. 11, 13, 17) mostrano anzi- tutto: et) come il Nemertilite, tagliato di traverso, preseuti una forma elittica più o meno compressa, talvolta pure indecisa e sformata (fig. 15 e 16). Ma perchè ? b ) queste aree elittiche non si mostrano sempre nella roccia calcare od arenacea, dove appunto dovrebbero figurare ? (fig. 18). Perchè ? c ) i tronchi di questo fossile serpentiformi, sovra- posti, o raggruppati che siano, offronsi il più delle volte depressi, e talora con bordi come immersi nella superficie della roccia ? (fig. 18 a b). Perchè ? d) le estremità di detti tronchi, non hanno forme par- ticolari e diverse da quelle del corpo del fossile ? (Q Vedi Savi e Meneghini, Memoria sulla struttura geologica delle Alpi, degli Apennini e dei Carpazi ecc. Firenze, 1850 pag. 421 e 483. 354 G. Scarabelli Perchè ? e) molti esemplari, fra i più caratteristici del Ne- mertilite, portano essi qua e là, in una zona mediana longitudi- nale, gruppi di piccole granulazioni sabbiose, o calcari, alquanto pisolitiche ? E perchè finalmente? f) qualche saggio di questo fossile, fra i meglio conservati e compatti, si presenta qua e là attraversato ai lati da strie finissime parallele? A queste interrogazioni non saranno a mio credere difficili le risposte le quante volte, accogliendosi fin d'ora le mie anticipate conclusioni, si ammetta, almeno provvisoriamente, che il Nemer- tilite?, Strozzi altro non è che una particolare deiezione di un ani- male. Ciò premesso risponderò in breve alle interrogazioni che mi sono fatte, dietro la scorta di quanto io stesso venni a scoprire. Le aree elittiche trasversali dei tronchi del Nemertilite, si possono il più delle volte distinguere dalla roccia, in cui parzial- mente sono internate, sia da un colore alquanto più cupo, sia più sbiadito e solo conservando la roccia bagnata costantemente, od imbevuta di olio. Si possono pure distinguere per una compattezza alquanto mag- giore, o minore di quella della roccia, e ciò a mezzo di una punta di acciaio, o di una lima. In tutti i casi però la periferia di dette aree, non viene mai precisata da un limite speciale, indicante traccia qualunque di un tegumento di origine organica. Di guisa che, le materie minerali di dette aree, spesso si confondono o parzialmente o del tutto con quelle della roccia (fìg. 14). Per il che resterebbe ancora indeciso, se nella parte inferiore delle aree elittiche del Nemertilite, si ri- petano o no que’ due cordoncini, o listelli paralleli, esistenti lungo la parte superiore del fossile. Nondimeno, i fatti menzionati concorrono cogli altri a qua- lificare rorigine del fossile, il quale non potendo dirsi nè un mo- dello interno di una galleria, perchè non mai trovato incluso nella massa della roccia; nè un essere organico mineralizzato, per man- care di tracce di organismi; e neppure un modello esterno, perchè costituito di un vero corpo speciale; dovremo invece giudicarlo una deiezione costituita di una belletta, simile a quella su cui venne a cadere. E così è, che le fig. 15 e 16, ci provano come tali deiezioni 355 Osservazioni sopra il Nemertilites Strozzi Meno- & * fangose, emesse sopra bellette anche più molli, ne disturbassero talvolta col proprio peso, le stratificazioni, tanto da spostarle e con- torcerle, al disotto precisamente del corpo stesso delle deiezioni medesime. E del pari si spiega, quel mancare molte volte nella roccia le tracce elittiche delle aree del Nemertilite (fig. 18), attribuendo questo fatto alla casuale, ma probabilissima, circostanza di essere stata la belletta delle deiezioni, perfettamente eguale all’altra su cui furono emesse. Così si dica del trovare di frequente il Nemertilite a basso-ri- lievo assai depresso, e con limiti longitudinali nou sempre paral- leli; ciò dipendendo unicamente dalla mollezza delle deiezioni, le quali in pai te si sprofondarono entro la superficie della roccia quando era pastosa (fig. 17 e 18). Ld egualmente i tronchi di Nemertiliti, considerati come deie- zioni, non possono mai offrire alle loro estremità forme speciali distinte dal corpo del fossile; e si spiegano pure le granulazioni in forme pisolitiche, lungo le pareti mediane di qualche Nemer- tilite, paragonandole senz’altro alle consimili secrezioni delle glan- dole calcifere dei lombrici, così frequenti nei rigetti di questi animali. Quindi, non deve ora recar meraviglia, l’aver anche trovato tracce di Globigerine entro la sezione di un Nemertilite, o per par- lare più propriamente, di una deiezione. Finalmente appoggerebbero le mie idee, anche le finissime strie di cui sono cinte di traverso le parti laterali di qualche Ne- mertilite, mentre le direi dipendenti dalle contrazioni delle fibre di colali del Tetto di un animale, emettente le proprie deiezioni. Ed io stesso produssi artificialmente strie consimili quando con apposita siringa, munita di un foro dittico eguale alla sezione di un Nemertilite, ottenni colla belletta riproduzioni simili a quel fos- sile. Difatti, le dette striature non mancarono mai di riprodursi ogni qualvolta, siringando bellette, comunicavo allo strumento un fremito speciale impresso alle mie braccia. In tal guisa completai dunque le mie esperienze, siringando bellette sopra di altre distese appositamente, ottenendone sempre riproduzioni simigliantissime alle varie forme e disposizioni dei Nemertiliti. 356 G. Scarabelli Ma qui si dirà probabilmente: « A quale classe di animali sarebbero esse da attribuirsi tali deiezioni di belletta? » « Abbiamo noi nella natura vivente verun Essere capace di emettere qualche cosa di somigliante ? » Veramente confesso che le mie cognizioni zoologiche non mi sorreggono abbastanza per rispondere definitivamente a tali domande. Ma forse che la paleontologia non è fra le scienze naturali quella che più delle altre procede dal noto all’ ignoto per sola in- duzione? Dai frammenti all’intero, dal piccolo al grande? Facile quindi a cadere in errori, o a lanciare giudizi, che solo il tempo potrebbe convalidare. Spero adunque mi si perdonerà se colla sola convinzione della verità dei miei esperimenti, non mi perito a sostenere che il Nemer- tilites Strozzi Meneghini, non è che una forma particolare di una deiezione fangosa, attribuibile poi ad un Essere, che, quantunque ignoto, compiva tuttavia funzioni analoghe in qualche modo a quelle dei lombriei viventi. Certo, che un animale sì fatto (se pure di questa classe) sa- rebbe stato un gigante fra i suoi congeneri, e lo scoprirlo in av- venire, riempirebbe anche una lacuna fra gli anelidi, mancanti di specie di grande mole, in paragone di quanto si è già verificato in altre classi di animali. Ma sia comunque. Se le mie deduzioni non saranno errate, ma si fondarono invece sopra solide basi, si dovrebbero appurare in avvenire, ed anche avverare i fatti seguenti. 1° Le deiezioni, o Pseudo-Nemertiliti, si continuerebbero a rinvenire tanto nelle superfici superiori, quanto nelle inferiori degli strati, analogamente a quanto avviene pei corpi organici mineralizzati. 2° Si dovrebbero trovare in incavo sulle superfici superiori degli strati, ma nel solo caso in cui la belletta dalla quale furono ricoperte, le avesse meglio impigliate dell’altra su cui erano cadute. 3° In questo caso, le dette impronte in incavo ci darebbero le vere forme esterne della parte inferiore delle deiezioni, e così si chiarirebbe pure quella contradizione, che sembra trovarsi nelle Note del Meneghini, quando dopo aver descritto le forme del Ne- mertilite, quali si presentano sulle superfici superiori degli strati, (pag. 421 op. cit.) asserisce poi alla pag. 483, che la faccia su- 357 Osservazioni sopra il Nemertilites Strozzi Meng. periore del Nemertilite è quasi uniformemente convessa, e l’inferiore presenta pronunciati i due listelli longitudinali. 4" In vicinanza poi alle deiezioni e tanto nelle superfici su- periori, quanto nelle inferiori degli strati, si avrebbero a rinvenire, in incavo sulle prime, ed in rilievo sulle seconde, certe altre im- pronte di forme e dimensioni tali da poterle supporre originate dal cammino di queiranimale, cbe potè emettere le deiezioni. Al qual proposito non so tacere, come nel Museo Civico d’ Imola vi sia un piccolo saggio, ma di una grande e ben constatata contro-impronta proveniente dal monte Eipaldi (Tav. X, fig. 3). la quale principal- mente per le sue forme, dirò così, meno ornate e più voluminose di un così detto Nemertilite, potrebbe per avventura rappresentare la traccia del cammino deH’animale in discorso. E forse, chi sa se, meglio riosservati tutti i saggi riferiti a Nemertiliti del Museo di Pisa, non si riuscisse a distinguere quelli rappresentanti deiezioni, dagli altri di sole impronte fisiologiche. Tali verifiche e scoperte, attendiamo adunque fiduciosi nell’in- teresse della scienza. Anzi, tocca a noi affrettarle con escursioni e ricerche. Però non dimentichiamo mai, che la paleontologia stra- tigrafica si basa unicamente sulle collezioni di fossili, fatte co- scienziosamente, da chi sappia dire, dove e come furono raccolti quei fossili (!). G. Scarabelli. (Q Era scritta questa Nota, allorché ricevetti in dono un blocco calcare di provenienza dal Piacentino sul quale si trovava un bellissimo gruppo di Nemertiliti. Pensai tosto utilizzarlo per studi ulteriori e a questo fine lo feci segare in diverse direzioni. Una sezione di un Nemertilite, fatta nel senso longitudinale ed orizzontale, presentò, come alla Tav. X, fig. 1, i limiti esterni paralleli del corpo fossile dai quali si partivano in direzione del centro molte linee di colore oscuro, sfumate, brevi, ricurve e a distanze disuguali, non re- golarmente parallele. Tanto i contorni del fossile, quanto le dette linee, non si potevano scorgere se non tenendo la roccia di continuo completamente bagnata (*). Un’ altra sezione della medesima roccia, su cui esistevano distesi in con- tatto due Nemertiliti, lasciò parimenti vedere tracce consimili alle precedenti, ma assai meno distinte e numerose (Tav. X, fig. 2). Altre sezioni nulla lasciarono scorgere. Queste sezioni adunque confermarono maggiormente le mie opinioni circa la natura di questi fossili, giacché quelle linee, non rette, non parallele, non normali ai limiti esterni del fossile, e neanche esterne, ma interne al corpo di questo, non possono certamente rappresentare le linee separative degli anelli di un anelide, ma invece rispondono benissimo alle linee eventuali di quelle interruzioni, che facilmente si possono trovare nelle deiezioni animali. (•) È da avvertire, che nella Tavola X, tutte queste linee riuscirono soverchiamente scolpite. - - ' ibelli — Impronte Fisiche ecc Boll. Soc. Geo! Hai — Voi. IX. Tav. IX. b. Fig.12.-f Fig.13.f- . dis. Fig- 15 f Fig.i9.-f- E. ConhH , Ut. Ut. G. Wenk e Figli — Bologna. icara belli - Impronte Fisiche ecc Boll. Soc.Geol.Ilal.- Voi. IX. Tav. X. >be//ii diS E. Confali. hi. hi G. Wenì e Figli — Bologna . LE NUMMULITIDI DELLA MÀJELLA, DELLE ISOLE TREMITI E DEL PROMONTORIO GARGANICO. (con quattro tavole). Il piano eocenico principale e più sviluppato, racchiudente la maggior copia di nummuliti, ci si presenta in queste tre contrade con una spiccata unità di facies sia litologica, che paleontologica onde si può ritenere che queste regioni costituiscano i capi saldi di un’area (di cui ora i confini sono incerti ma che andranno man mano precisandosi), entro la quale gli strati si depositarono in condizioni fisiche e biologiche sensibilmente uniformi, mentre, contempora- neamente all’ ingiro crescevano organismi e si svolgevano fenomeni di sedimentazione un po’ diversi. È cosa a tutti nota che l'eocene dellTstria differisce da quello del Friuli, che questo differisce da quello del Veneto occidentale, che alla sua volta non ha gran che a vedere con quello della collina di Torino e della Liguria e così via via, ed altrettanto ora si può dire del nummulitico abruzzese-gar- ganico, che ha, per quanto mi è noto, una fisonomia sua speciale che tenterò di indagare, almeno per quanto riguarda la fauna, in questa Nota. Credo quindi di essere giustificato presso chi mi seguirà fino alle conclusioni, dell’aver riunito assieme regioni geograficamente abbastanza disparate, tra le quali è da ritenersi che si ritroveranno ben presto dei lembi di allacciamento. È tuttavia da lamentare che solo una parte della fauna nummulitica potrà essere qui illustrata poiché da regioni così estese ed aspre non ho potuto avere che un materiale relativamente scarso in compenso però, quasi vergine di studio (!). 0) Nelle Considerazioni sulla geol. della Toscana dei professori Savi e Meneghini (1851), e n TTTTy ) — K » 7Tn > ~T e TTz 111 11U esem_ 10’ 9, 5’ 12’ 7, 5’ 7 ’ 6-10’ 5, 5’ 3, 7’ 4 9,5 1 piare, i cui giri periferici sono condensatissimi per - del raggio. Setti : 5 in - di giro a 3 rara dal centro, 7 a 4,5 mm, 8 a 8mm. In media si possono contare 4-5 setti in \ di giro verso il 4 centro e 6-8 nella parte mediana e periferica del disco. Angolo postero-superiore 60° quando il filetto appare attac- cato direttamente al soffitto, e solo 5° quando il setto decorre pa- rallelo al soffitto rasentando la lamina sino al setto precedente, (vedi Monogr. tav. V, fig. 1 cl). Angolo antero-inferiore 80°. Come appare dalle dimensioni, la forma esteriore è alquanto variabile avendosi esemplari quasi discoidali ed altri subglobosi congiunti da tutte le forme intermedie, i più però sono lenticolari rigonfi, a bordo più o meno ottuso. Distinguesi per la natura della superficie da tutti gli esemplari di N perforata che le so- migliano per forma e dimensioni; infatti essa è fittamente sparsa sulle facce di minute granulazioni, evidenti pure sulle lamine sot- tostanti. Solo colla lente si possono scorgere e non molto appa- riscenti le reticolature che esistono tra i granuli. Essendo piccolo lo spazio compreso tra le granulazioni, i filetti sono appunto poco estesi e poco caratteristici. 385 Le Nummulitidi della Mojella ere. La spira è abbastanza regolare, però la lamina è flessuosa; il passo cresce nel quinto centrale del raggio, e decresce nell’ultima quarta o quinta parte, mantenendosi all'incirca eguale nella parte intermedia. Nella stessa proporzione aumenta o diminuisce lo spes- sore della lamina, la quale è all’incirca eguale o di poco inferiore all’altezza delle logge vicine. I giri sono sempre numerosissimi ed alquanto accostati ; vi si osservano tutte le gradazioni ed i pas- saggi riguardo al più rapido o meno rapido addensarsi dei giri alla periferia, e si può qui osservare una serie di forme che per questo carattere cammina parallela a quella offerta dalla N. 'per- forata. Ho osservato spesso delle ricostruzioni nella spira, cioè una rottura di parecchi giri che ha interessato una parte della conchiglia e la successiva formazione della lamina che da una parte si continua regolarmente e dall’altra ricopre la rottura ristabilendo a poco a poco l’ andamento regolare nei giri successivi fino ad assumere di nuovo la forma normale primitiva. Ho osservato in una spira di questa specie incluso verso gli ultimi giri un piccolo dente di Sphaerodus che ha turbata localmente e per brevissimo tratto l’andatura della lamina. La lamina è in tutta la sua estensione flessuosa ; è assotti- gliata in corrispondenza del centro della vòlta di ogni camera ed ingrossata al punto di attacco dei setti per il divariamento dei due filetti, di cui l’anteriore si riunisce con quello posteriore del setto immediatamente più giovane ; e quindi i filetti tappezzano la vòlta della camera dalla quale spesso staccandosene formano delle camerette avventizie variabili nella forma. Talora se ne hanno anche nel punto in cui i due filetti si divaricano. Alcune volte il filetto settale anteriore non si continua con il posteriore del setto seguente, ed allora si vede che il setto vol- gendosi all’ indietro decorre lungo la lamina fino a quello prece- dente e forma così un angolo postero-superiore acutissimo. I setti presentano dei caratteri particolari che distinguono nettamente questa specie. Essi sono quasi in egual numero, tanto al centro che alla periferia della spira, in una stessa porzione di giro percui al centro sono fitti ed alla periferia assai radi, conse- guentemente nei primi giri le camere sono egualmente alte che larghe, al 6°- 7° giro sono due volte più larghe che alte, ed alla periferia, anche quando i giri non sono esageratamente ravvicinati 386 A. Teliini da apparire indistinti, la larghezza di ogni camera è 5-7 volte maggiore della propria altezza. I setti sono ineqnidistanti, ma ab- bastanza sottili, diritti od un po’ flessuosi e taluni con una doppia curva a guisa di S alquanto aperta. Fanno un angolo di 50-60° con la lamina da cui si innalzano. Nella sezione trasversale le lamine sono fittissime, divise da spazi interlamellari angusti ma uniformi per tutto il decorso delle lamina. Numerosissime colonne sottili interrompono a brevi inter- valli gli spazi interlamellari. Il canale spirale è relativamente grande e vario di forma da giro a giro. Al mezzo della sezione esso è piuttosto subcilindrico, alla estremità di preferenza semilunare. La descrizione della Monographie è assai precisa e minuta ed è sufficiente a designare questa specie. Siccome ciò non si può affermare che si verifichi per la maggior parte delle altre specie, nè si può tacciare le descrizioni di Archiac di poca accuratezza, bisogna concludere invece che questa specie, anche in mezzo alle sue molteplici variazioni, ha caratteri distintivi assai spiccati. Come dissi, si osservano in essa variazioni numerosissime e parallele a quelle della N. perforata, ma siccome gli esemplari più svariati provengono da una sola località ed offrono passaggi graduali fra loro, ritengo che la creazione di altrettante varietà per ogni piccola variazione, sarebbe criterio erroneo poiché vediamo di leggeri trattarsi di sole differenze individuali. È quindi deplore- vole che sieno state distinte con speciali denominazioni soverchie varietà in base a divergenze affatto individuali specialmente quando queste variazioni non hanno neppure valore locale per caratterizzare un certo strato od una certa regione. La N. Carpenteri d’Arch. et H. {Monograpìi. pag. 97, tav. I, fig. 7 a-d) non è altra cosa che la N. Brong alarti, e la descri- zione ivi fatta non differisce per i caratteri della spira ma per i soli caratteri esteriori per i quali viene riferita ad un diverso gruppo e quindi ritenuta specie distinta. Però per confessione degli autori stessi la superficie non fu osservata direttamente e solo per altra via dedussero trattarsi di una specie liscia. Anche le figure non mostrano notevoli differenze da quelle della specie cui la ri- ferisco. Gli esemplari numerosi osservati non lasciano dubbio in que- sta opinione che già fu intuita dal la Harpe (v. Étade Num. Le Nummulitidi della Majella ecc. 387 Sdisse, pari II, pag. 128-130) allorché pose le due specie l'una presso dell’altra. IV. laevigata Lamie. 1801 ( Camerino. : Brug. 1789) var. scabra (Lamk.) 1804. tav. XIV, fig. 37. X. laevigata Lamk. Monograph. pag. 103, tav. IV, fig. 1-7. fi. scabra Lamk. 1804 » pag. 107, tav. IV, fig. 9, b, c. X. laevigata Lamk. Hantken, Die Mitili, der H. Ilébert u. Munier - Ch. uber die angariseli, altèrtiàren Bildungen. Budapest 1879. Tav. I e II, tutte le figure. Non si può a meno di considerare una stessa cosa, tutt’al più l'ima come sottovarietà dell’altra, le nummuliti laevigata e scabra ritenute specie distinte dalla Mono grafitile. La differenza essen- ziale che ha servito in origine alla distinzione si riscontra nella superficie, poiché gli esemplari ora presentansi lisci ed ora marca- tamente granulosi e l’Archiac ha tentato di trovare anche nella spira dei caratteri che corrispondessero a questa variazione della superficie. Studiando molti esemplari e di varie località si vede chiaramente che una distinzione specifica non è possibile tra queste due forme. Infatti la differenza esterna consiste solo nel fatto che sulla laevigata le granulazioni sono meno numerose e meno appari- scenti, ma esistono evidenti negli invogli meno esterni della la- mina. Del resto puossi osservare anche l’assenza totale o quasi delle colonne in questa specie, come già feci notare antecedente- mente, e per alcuni individui, che si scostano anche per qualche altro carattere dal tipo, costituisco la varietà che denomino astyla. Come ha già ritenuto il La Harpe la N. scabra deve dunque essere riunita alla laevigata e questa, siccome la denominazione più antica, deve annullare l’altra. Però gli esemplari delle località di cui ci occupiamo, dove sono rari, corrispondono meglio alla de- scrizione ed alle figure della N. scabra secondo la Monogr. onde fino ad uno studio più completo di questa specie e delle sue variazioni ritengo la denominazione di var. scabra per le forme che più si accostano alla specie che ha questo nome nella classica opera. Da ciò che è possibile dedurre per analogia con ispecie me- glio conosciute in tutta la loro variabilità, si può intravedere ri- 388 A. Tellini spetto alla N. laev legata la seguente concatenazione di forme. Un tipo a superfìcie granulosa (sottospecie scabra ), un secondo tipo a su- perficie liscia (sottospecie astyla ) e per ognuna di queste una se- rie di varietà dipendenti dai caratteri della spira (spira allungata, condensata, e mista ecc.) ed infine per ognuna di queste serie, delle variazioni o razze caratterizzate dalla forma esteriore della conchiglia (subglobosa, lenticolare, discoide ecc.). Ed oltre a questa grande copia di variazioni se ne osserveranno altre aventi carat- teri misti od ornamentazione o dimensione o sviluppo maggiore o minore di certe parti, insomma note particolari che designeranno altrettante forme locali. Nel lavoro sopra citato' dell’Hantken si possono osservare molte ligure tra loro un po’ diverse di N. laevigata, si può tut- tavia di leggeri constatare che quantunque siano tratte da esem- plari provenienti da località alquanto discoste, non sono ivi ripro- dotte che le forme che più si avvicinano al tipo fondamentale della specie quale è presentata dagli esemplari del calcare grossolano del bacino di Parigi. var. astyla Teli, tav. XII, fig. 16 Diversifica dalla scabra per non aver tracce di granulazioni. Ha forma lenticolare rigonfia, dimensioni piuttosto piccole, setti regolari, un po’ inclinati e leggermente ricurvi. Gli esemplari essendo piuttosto scarsi e mal conservati si prestano poco ad uno studio comparativo tra i caratteri esterni e quelli interni. Per l’aspetto del centro della spira e per altri ca- ratteri secondari, visibili nelle figure, credo che con più ragione debba essere riunita questa varietà alla N. laevigcita piuttosto che alla N. italica. In media i giri di spira sono in numero di 10, i setti non ondulati, poco numerosi nel centro, 8-9 in un quarto di giro a mezzo raggio, 10-11 all’estremità del raggio. IV. i tal icn. Teli. tav. XII, fig. 12-14 e tav. XIV, fig. 41 La specie che sto per descrivere ha rappresentanti abbon- dantissimi oltre che al Gargano anche negli strati eocenici del 389 Le Nummulitìdi della Majella eco. Frinii, che costituiscono il piano principale di questo terreno, cioè a Buttrio, Rosazzo, Gormons, Russitz, Buja, e falde del M. Plauris per indicare solamente i centri fossiliferi più noti. Conosco inoltre due esemplari esistenti nel Museo dell’ Uni- versità di Roma e che dovrebbero provenire dal bacino di Parigi • 1 • O ' a giudicare dall'aspetto della fossilizzazione, ma che non hanno in- dicazione di località. È probabile che in molti casi questa specie sia stata confusa colla N. laevigata, ma vi si distingue benissimo dai primi giri di spira aventi setti numerosi, affilati e curvi, inoltre perchè la N. laevigata ha qualche giro di più per un medesimo raggio e maggior numero di setti in una eguale porzione di giro alla stessa distanza dal centro, cioè ha p. e. in un quarto di giro a 5mm dal centro 15-16 setti in luogo di 9-12 ed è inoltre distinta per i ca- ratteri ornamentali. È molto più discosta dalla var. scabra. Ha una certa analogia colla N. Defrancei della Mono graphi e nella cui descrizione si comprendono probabilmente due specie, l’ima delle quali costituirebbe l’anello di congiunzione col genere As- silina (poiché ha l’ultimo giro di spira visibile allo esterno) ed è presente nelle località friulane sopra citate, e l’altra, che forse coincide colla specie che ora descrivo, esistente appunto negli stessi strati, e che in certi casi può confondersi con la vera Defrancei assiliniforme figurata nella Monografie. La N. Defrancei venne fondata su esemplari privi di etichetta esistenti al Museo universitario di Torino e che per il colore fu- rono ritenuti dall’Archiac di Roncà, mentre avendoli veduti, li ri- tengo provenienti dal Friuli, poiché sono affatto simili a quelli che colà esistono, e probabilmente furono raccolti a Cormons, località che diede nummuliti già descritte dal Soldani e dal Fortis. Molte questioni riguardanti i grossi foraminiferi eocenici sa- ranno risolte allorché verranno studiate con criteri larghi le nume- rosissime forme specialmente di Nummuliti e di Assiline che trovansi in tutto il Veneto dal Garda alla Dalmazia, regione che io chiamerei quasi la patria di questi organismi. Dimensioni ^mm 18,5 15 10 (dei frammenti mostrano 5ram ’ 3, 5-4, 5 4 ’ 2 diametro anche maggiore). n. . . 18-20 16-18 15 12 9 Giri di spira 9,5-10’ 9 ’ 10-8,5’ 4,5-6 ’ 3,5 300 A. Teliini Setti 7 al 4° giro, 9-12 a mezzo raggio dei grandi individui, 10-15 all’ estremità. Angolo postero-superiore 30-40°, antero-inferiore 45°-60°. Nummulite discoide, o pochissimo assottigliata dal centro all’orlo. Spesso la superfìcie è ondulata, in taluni esemplari all’orlo si assottiglia rapidamente a forma di taglio di scalpello. Raramente si osserva un piccolo umbone nel centro. La superficie è ornata di granulazioni poco visibili, piccole e da filetti reticolati pure poco distinti. La spira è un po’ irregolare, un po’ flessuosa, a passo nei primi tre giri rapidamente crescente e poscia alquanto lenta- mente (ossia di una piccola frazione del passo) fino ai due terzi del raggio. Da questo punto il passo rimane costante e solo negli ultimi giri decresce. Lo spessore della lamina cresce irregolar- mente ma continuamente dal centro all’orlo, in guisa che nel primo punto è circa un terzo dell’altezza delle logge vicine, a mezzo raggio è la metà, ed alla parte periferica è quasi eguale e talora anche supera l'altezza delle logge vicine essendo superiore a mezzo milli- metro. L’altezza delle logge cresce solo nei primi giri di spira, poi si mantiene eguale. I setti sono fitti, curvi e regolari nei giri centrali, lentamente in seguito si allontanano e divengono irregolari ed inequidistanti; sono talora un po’ flessuosi e simili a quelli della N. Brongniarti salvo che presentansi molto più ravvicinati. Al centro le camere sono una volta e mezzo più alte che larghe, alla metà del raggio hanno all’ incirca eguali le due dimen- sioni. ed all’orlo sono una volta e mezzo più larghe che alte. La sezione trasversale ha forma allungata, con i due lati mag- giori perfettamente diritti e paralleli e con le estremità arrotondate Le lamine sono in genere sottili nella parte mediana della sezione e si ingrossano fortemente alle estremità ed in corrispondenza del canale. Le lamine centrali sono più grosse e quasi di egual spes- sore in tutta la sezione, mentre quelle periferiche sono molto as- sottigliate nella parte mediana della sezione. Gli spazi interla- mellari sono angusti, ma sempre visibili, interrotti da frequenti colonne e colonnette abbastanza sottili per tutta la loro lunghezza. Le Nummulitidi della Majella eco. 301 var. japygia Teli. tav. XII, fìg. 15 ; tav. XIY, %. 22, 38, 89. Forma ben distinta che attribuisco alla N. italica piuttosto che alla N. laevigata var. scabra colla quale avrebbe molta analogia oltre che per lo speciale carattere del centro a setti fitti, regolari e curvi, perchè questi anche nella parte periferica si curvano leggermente presso il soffitto e perchè le granulazioni sono rade, marcate e non uniformemente diffuse e fitte su tutta la super- ficie come nella N. scabra . Ha forma quasi piana negli esemplari maggiori (diam. 14,nm e 3 di spessore) è lenticolare un po’ rigonfia in quelli più piccoli / 7-10mm\ , ....... I gT^mm )• 1 maggiori individui poi hanno un bordo rilevato corri- spondente al ripiegamento della lamina periferica. La superficie è distintamente solcata da strie che si anastomizzano in guisa da for- mare una reticolatura però poco tipica, sicché rimane in dubbio se si debba porre questa specie piuttosto tra le reticolate o tra le radiale e meandriformi. Sulle strie e negli spazi interposti è tutta dis- seminata di grosse granulazioni, e talora si manifestano come in- grossamenti moniliformi delle strie stesse. La spira poi è caratte- ristica per essere molto più regolare che nel tipo e per avere la lamina molto spessa, cioè quanto l’altezza delle logge adiacenti, fino dal centro. I setti sono uniformemente curvi verso il soffitto, regolari, equidistanti in uno stesso giro, si allargano gradatamente nei giri successivi. Le camere sono all’incirca quadrate in tutte le porzioni della spira. Sezione 6a: Nummuliti reticolate, granulose a megasfera. IV. Molli d'Arch. 1850. tav. XIII, fìg. 5; tav. XIY, fig. 11,12 D’Arch. et H. Mono g rapii. pag. 102, tav. IY, fìg. 13 a,b,c. Si convenne di ritenere la N. Molli , quale forma omologa della IV. Brongniarti (quantunque nella Monographie , dove sono descritte entrambe, non venga ciò asserito in modo assoluto, ed anzi si dica che la Brongniarti accompagna la Molli od una specie assai vicina ), nè è ora possibile cambiare le denomina- 392 A. Teliini zioni, od adottare il nome di N. subbrongniarti per la specie a megasfera che accompagna incontestabilmente la vera Brongni- arti, perchè esso è già stato adoperato dal Verbeek per designare una specie, forse identica a quest’ ultima, che comprende però, come è facile scorgere dalle figure datene, anche la forma omologa. Sta il fatto che alla N. Brongniarti, assai variabile in uno stesso strato della nostra regione corrispondono, almeno in apparenza, come omologhe due forme costantemente distinte fra loro quantunque abbiano un certo numero di caratteri comuni sì da doverle consi- derare almeno come specie dello stesso gruppo ed alquanto vicine. Entrambe hanno un tale complesso di caratteri che debbono rite- nersi in correlazione colla grossa specie citala. Una delle due cor- risponde abbastanza bene alle figure ed alla descrizione data nella Monographie per la N. Molli , è cioè lenticolare rigonfia , ha giri numerosi e non flessuosi con lamina spessa, setti fitti e poco inclinati ; l’altra varietà invece corrisponde meno alla N Molli della Monographie , ma per i caratteri secondarii ricorda più da vicino la N. Brongniarti , da dovernela quindi ritenere la vera omologa. Essa è lenticolare depressa, più piccola, con lamina sot- tile e flessuosa e con setti alquanto distanti e spesso genicolati. Bisogna poi notare che nei vari siti fuori del Gargano in cui si raccoglie questa coppia, sempre quest’ ultima forma rappresenta la specie a megasfera. Le località per le quali ho constatato diret- tamente quest’associazione sono : Val Nera, Roncà e M. Berico nel Vicentino; Oasi Gharah presso Bir el Gathara nell’Egitto (collez. Robecchi) ed ora in vari punti della regione che ci occupa. Per le considerazioni fatte conservo il nome di N. Molli a quella forma che più si avvicina alla descrizione della Monographie e chiamerò la compagna più evidente della Brongniarti , var. Ver- beeki dedicandola al naturalista, che fece conoscere e che illu- strò le nummuliti di Borneo figurandone esattamente alcune specie. Passo a descrivere la forma tipica per notare le differenze tra gli esemplari del Gargano e la descrizione data dalla Mono- graphie : Dimensioni 9-10 3,3 Giri o 393 Le Nummulitidi della Majella ere. Setti 7-9 a metà raggio e 10-14 all’estremità dei grandi esemplari. Questa oscillazione piuttosto forte dipende dalla mag- giore o minore fittezza dei setti nei diversi esemplari. Angolo postero-superiore 70° circa; antero-inferiore 80°. Forma lenticolare rigonfia simile a quella della N. lucasana che si rinviene nelle stesse località e dalla quale distinguesi per avere bordo più ottuso e perchè tutta la superficie è coperta di granulazioni fitte e minute tra le quali con ingrandimento ed a mala pena scorgonsi le reticolature dei filetti settali. La spira è abbastanza regolare, appena flessuosa per i restrin- gimenti che subisce alla vòlta di ogni camera, mentre il lato che guarda la periferia segue una linea a curva spirale semplice e con- tinua. La camera centrale è molto grande (circa lmm o poco meno di diametro), la lamina si inspessisce a cominciare dalla parete della megasfera, e nel soffitto delle prime quattro o cinque camere rag- giunge il massimo dello spessore che si conserva tale nei primi due giri, è un po’ diminuito alla parte mediana del disco, ed alquanto ridotto alla parte periferica. In alcuni individui è quasi eguale in tutta la spira, però sempre ridottissimo nell’ ultimo giro. Riferen- dosi all’altezza relativa delle logge, si osserva che quando la lamina è molto grossa è quasi eguale a quell’altezza, allorché è di medio spes- sore è sempre maggiore della metà, quando è sottile è circa metà. I setti sono diritti, poco inclinati, talora per il divaricarsi dei filetti, appaiono ingrossati al soffitto ed un po’ ripiegati al punto in cui gli si attaccano. Sono variamente distanti nei diversi individui, in equidistanti in una eguale porzione di giro della stessa spira ; in alcuni esemplari vanno allargandosi nei giri esterni, in altri invece vanno avvicinandosi, e quindi si ha maggiore o minore somi- glianza colla varietà. var. Verbeeki Teli. tav. xm, fig. 6; tav. XIV, fig. 9, 10. Dimensioni: 5 , 5 5 ^ 4 275 ’ 2,3 ’ 1,8' Giri 9-10 negli esemplari maggiori, 8-9 nei medi, 6 nei minori. Setti 4-5 a mezzo raggio, 5-7 all’estremità. Angolo postero-superiore 50-60°; antero-inferiore 80°. 2G 391 A. Titillai Conchiglia lenticolare, discoide, bordo abbastanza sottile ed ottuso, superficie interamente coperta di fitte e minutissime granu- lazioni; filetti settali non visibili a piccolo ingrandimento stante la loro finezza proporzionata alle dimensioni della conchiglia. Camera centrale grande, rotondeggiante-schiacciata, prima ca- mera seriale un poco più piccola, quindi quasi gemella. Spira abba- stanza regolare, a lamina flessuosa. Il passo cresce rapidamente nel primo quarto di giro, ossia fino alla terza camera seriale, ed assunta una ampiezza massima, che rimane però inferiore al diametro della megasfera, la mantiene costante per circa un giro e poscia dimi- nuisce appena sensibilmente ma gradatamente fino all’orlo. La lamina è generalmente abbastanza sottile e si conserva all’ incirca eguale in tutto il suo svolgimento. Essa è nei giri mediani un quarto, un terzo e talora anche la metà dell'altezza delle camere adiacenti. I setti sono sottili, leggermente ondulati, abbastanza inclinati al centro e specialmente nel primo giro, poco alla periferia, inequi- distanti tra loro vanno allargandosi verso i giri esterni, e nella loro grande distanza stà il carattere più saliente che fa di questa varietà, invece che del tipo, la forma omologa della N. Brongniarti. Le camere al centro sono irregolari, grandi ; alla periferia, romboi- dali, basse e lunghe quattro volte circa la loro altezza. IV. subitali co, Teli. tav. XIII, fig. 4; tav. XIV, fig. 13-15. Questa forma serve a stabilire meglio la bontà specifica della N. italica non solo, ma anche a fissare con meno incertezza il gruppo cui appartiene la coppia. Quantunque nelle stesse località esistano molte specie, tuttavia per la correlazione che hanno i carat- teri secondari delle specie omologhe è possibile di stabilire senza errore i termini di ciascuna coppia. Dimensioni. 6 5 4,3 2,7 ’ 2,2 ’ 2 • Griri ordinariamente 5, nei grandi esemplari 6, nei piccoli 4i . Setti 5-6 a metà raggio degli individui grandi. » 7-8 all’estremità del raggio degli individui grandi. Angolo antero-inferiore 60-80° ; postero-superiore 30-45° circa. Le Nummulitidi della Majella ecc. Conchiglia lenticolare col centro rigonfio e con l’orlo abbastanza assottigliato, talora di forma ondulata. La superficie è fin verso l'orlo sparsa di grauulazioni grosse e rade nelle quali si intravede una certa disposizione a cicli concentrici. Le reticolature dei filetti, poco visibili alla superficie, si osser- vano però abbastanza bene nelle sezioni orizzontali non mediane; tuttavia esse non sono molto distinte ma solo paragonabili a quelle della N. laevigata e Brongniarti non già a quelle svi- luppatissime delle N intermedia e Fiditeli. I filetti nella por- zione periferica del disco riproducono all’esterno la forma dei setti come succede in altre specie. La spira è in genere poco regolare, comincia da una mega- sfera subcircolare di 0-5mm di diametro, ed ha il passo lentissima- mente crescente fino a metà del raggio, e poscia decrescente nella stessa proporzione fino all orlo. Il secondo e il terzo giro hanno lamina più spessa che non si verifichi al centro od alla periferia, verso i quali punti va gradatamente assottigliandosi. L’altezza delle camere è più considerevole nei giri mediani (una volta od una volta e mezza la lamina), va diminuendo verso il centro e verso la pe- riferia dove è circa tre volte maggiore delle lamine adiacenti. I setti sono ondulati, inequidistanti tra loro in una stessa por- zione di giro. Sono un po’ curvi ed un po’ inclinati fin dalla base. Le camere si presentano poco uniformi : in genere, sono più alte che larghe al centro, più larghe che alte alla periferia. Gen. ASSILIXA d’Orb. 1825. Sezione la: Assiline a microsfera. V. spira, de Roiss3r. 1805. tav. XIII, fig. 7-9; tav. XIV, fìg. 40. Le spire generalmente incomplete che provengono dalle varie località, citate nel quadro finale, sono in generale abbastanza di- verse fra loro per il numero relativo dei giri, per quello dei setti e quindi per la forma delle camere. Siccome gli esemplari sono poco comuni e non si può vedere simultaneamente i caratteri della spira e quelli esteriori, non è possibile decidere se trattasi di una sola o di più sia specie che varietà. A farci persistere nel dubbio 396 A. Telimi interviene la circostanza che le due specie seguenti, di cui la prima è la compagna di questa, non sono sempre distinguibilissime tra loro ma presentano dei punti di contatto, onde anche negli esem- plari a microsfera che stanno negli stessi strati è possibile che esi- stano due specie quantunque assai vicine e confondibili. Sezione *2a : Àssiline a megasfera. A., subspira de la H. 1879. tav. XIII. fi g, 10-12, 14; tav. XIY, fig. 24, 31-34. Questa specie non fu mai descritta particolareggiatamente. È stata creata dal la Harpe e le furono riferite le fig. 3a, 4ab (fig. 5 dubbia) della tav. XI della Monograph. dove è stata confusa con la specie omologa a microsfera, cioè colla A. spira. Nei nostri esemplari è sempre distinta dalla compagna per le minori dimensioni e per la presenza della camera centrale. Distin- guesi dalla A. mamillata perchè la camera embrionale è piccola ed il passo è crescente fino all’orlo, mentre in quella la camera è più grande e il passo è quasi eguale in tutta la spira ovvero poco cre- scente. Però molti esemplari offrono delle forme intermedie tra le due varietà di spira. La forma esteriore pare più distinta e carat- teristica nelle due specie, ma non si potè osservare in un numero sufficiente di esemplari, riservo quindi ad altro luogo una conclusione definitiva. A. mamillata d’Arch. 1850. tav. XIII, fig. 13, 15; tav. XIY, fig. 23, 29, 30. vai-, granulata et plicata de la H. 1877. Assieme alla precedente, ma più rara. A. Madaràszi Hantk. 1875. tav. XIII, fig. 16. Max Von Hantken : Die Fauna der Clavulina Szabói Schichten. tav. XYI, fig. la-c. Una sola spira proveniente dall’ isola Caprara di Tremiti. Questa specie non è finora ricordata di altre località che del- l'Ungheria. Però è relativamente abbondante a Priabona nella zona 397 Le Niimmuliticli della Majella eco. ad orbitoidi e ne incontrai qualche rarissimo esemplare nel Barto- uiano superiore di alcuni dei numerosi lembi sparsi nel sistema collino Moncalieri-Casale Monferrato. Gen. i )5,S]ROi TJXA d'Orb. 1825. Sezione la: Operculine a microsfera. O. canalifera d’Àrch. 1850. Monograpli. pag. 182 e 316. Schwager, Foravi. Eocaen. Libyscli. Vaste, tav. VI, flg. 3 a,b. Le figure della Monographie non corrispondono perfettamente all’esemplare unico trovato e che tuttavia deve riferirsi a questa specie, sulla quale spero di intrattenermi altrove e di dimostrare colla scorta degli esemplari che abbondano in una località del Friuli, che nel modo in cui fu descritta e per gli esemplari figu- rati dalFÀrchiac comprende certamente tre e forse quattro specie. Infatti in una specie, che è da riguardarsi la tipica, la forma è subcircolare, il passo cresce nell’ ultimo giro come 1 a 2 circa, ed i setti sono diritti e perpendicolari alla base, e solo ripiegati verso la volta ; gli individui grandi hanno microsfera, i piccoli megasfera, quindi una vera coppia. (Le figure della monografia che la rappre- sentano sono le seguenti: tav. XII fig. la, e, tav. XXXYI fig. 1 6a e tav. XXXY fig. 5 a, la forma a megasfera o subcanalifera). La seconda specie ha forma ovale, il passo di spira dell’ ultimo giro è tre volte quello del giro precedente, i setti sono arcuati fin dalla base ( Monogr . tav. XXXYI fig. 15a), e molto probabilmente sarà possibile incontrare la forma omologa anche di questa specie. Na- turalmente le figure essendo fatte per rappresentare variazioni di una stessa specie non possono sufficientemente dare l’ idea di specie diverse le quali del resto si creano non già dalle figure ma sugli esemplari. Resta così stabilito il dimorfimo anche per il genere Opercu- lina. Però vengono fissate in modo positivo solo quattro coppie : 0. canalifera d’Arch. e subcanalifera Teli.; 0. complanala Defr. e sub compia nata Teli.; 0. cfr. libyca Schwag. o specie affine ed 0. Ferrigli Teli.; 0. Thouini d’Orb. ed 0. subthouini Teli. Tutte le altre forme conosciute, o la maggior parte di esse, sono a mega- 398 A. Tellini sfera, quindi avremmo esuberanza di specie a camera centrale grande in confronto di quelle a camera centrale invisibile. Ho incontrato dimorfismo perfetto e completo per molte coppie anche nel genere Orbitoides (sottogeneri Discocyclina e Lepido- cyclina). Esiste parimenti nel gen. Alveolina , e molto probabil- mente si potrà constatare anche nel gen. Ileterostegina. Tutte le Amphistegine e le Nummuliti dei terreni primari finora presenta- rono camera centrale visibile. O. cfr. libycrt Schwager. 1883. tav. XIII, fig. 17. Un solo esemplare incompleto di cui si vede solo una parte della spira, che per il numero dei giri e la forma e numero dei setti si avvicina alla specie sopra riferita che trovasi disegnata a tav. XXIX fìg. 2 a,g del lavoro di Schwager sui Foram. eocenici del deserto libico. È forma a microsfera. O. Tlioizini d’Orb. 1825. tav. XIII, fìg. 18. Questa specie è stata nominata dall’Orbigny nel suo Tableau (Annales Se. Nat. 1826) a pag. 281, n. 3, ma non mai descritta, però è indicata siccome rinvenuta fossile dei dintorni di Montolieu e di Couize delle quali località avendo esaminato degli esemplari numerosissimi gentilmente comunicatimi dall' ingegnere E. Clerici, posso accertare che la 0. Thouini d’Orb. di Montolieu è identica a quella che passo a descrivere e che incontrasi alla Fontana Vecchia presso Vieste. Per la specie a microsfera ho conservato il nome dell'Orbigny e chiamo subthouini la forma omologa a megasfora, che è la più numerosa. Diametro 5,5. — Giri di spira 6-7. — Setti 7 in */4 del penultimo giro; 10 in ’/4 dell’ultimo giro. Forma esteriore non molto distinta in causa della fossilizza- zione. È rappresentata da pochissimi individui ; più numerosi sono quelli della forma omologa, taluni dei quali sono rigonfi ed hanno l’aspetto esteriore di una nummulite. 399 Le Nummulitidi della Ma j ella eco. L’esemplare figurato ha spira poco aperta, ricordando piuttosto quella di una nummulite poiché il passo cresce nelle proporzioni di 1 a 1,3. I setti sono perpendicolari alla base e talora formano un angolo antero-inferiore maggiore del retto; sono diritti e si risvoltano un po’ all’ indietro solo al congiungimento col giro seguente. Al centro della spira sono un po’ curvi iu tutta la loro lunghezza, equidistanti in una stessa porzione di spira, vanno len- tamente allontanandosi dal centro alla periferia. Le camere hanno altezza doppia della larghezza. Gli individui di Couize e Montolieu distinguonsi per avere minor numero di giri, spira più aperta e quindi aspetto più operculiniforme. Corrispondentemente i setti sono dolcemente arcuati all’ indietro a cominciare dalla metà o dai due terzi della loro altezza ; le singole camere sono molto più alte, il numero dei setti si conserva il mede- simo. La forma di Francia e quella del Gargano devono ascriversi probabilmente a due diverse varietà. Sezione 2a: Operculine a megasfera. O. Terrigii Teli. tav. XIII, fig. 19. È la compagna a megasfera della 0. cfr. lybica o meglio del- l’esemplare cui attribuii quel nome, sia esso o no identico alla specie dello Schwager. Trovansi entrambe associate nella stessa roccia e la forma dei setti e delle camere indica la loro parentela. Trattan- dosi di pochissimi individui di cui è solo conosciuta la spira e prove- nendo tutti da una medesima località, è inutile per ora qualsiasi de- scrizione poiché la figura dà a sufficenza tutti i caratteri distintivi. Ho dedicata questa specie al distinto foraminiferologo cav. dott. Guglielmo Terrigi che mi onora della sua amicizia. O. .svLlitlioixini Teli. tav. XIV, fig. 20-22. È un po’ più piccola della omologa, nell’aspetto e nella spira alquanto variabile. Gli esemplari di Couize, ora sono schiettamente opere uliniformi, ora si mostrano invece della forma delle nummuliti. Si può dire altrettanto di quelli di Vieste, ma essendo meno numerosi e meno conservati nei caratteri esterni sono meno facili 400 A. Teliini a studiare. Per descrivere minutamente tutte le variazioni esterne occorrerebbero intere pagine, ma ciò sarà compito di chi farà con più materiali e con lena maggiore della mia la desiderata mono- grafia delle Operculine. Il diametro sta nei limiti di l,5-2mm fino a 4-5mm e non meno oscillante è lo spessore cioè tra mm0,3 e 1,5 e forse 2. La spira è pure variamente aperta: talora il passo aumenta come 1 a 1,3 negli individui a spira poco aperta ed in quelli a spira larga non aumenta molto di più che nella proporzione di 1 a 2. I setti sono equidi- stanti, perpendicolari, e risvoltati rapidamente allo indietro a tre quarti della loro altezza; in qualche punto mostrano delle irrego- larità (vedi tav. XIII, fìg. 21). Ad onta della grande variabilità si conserva relativameute costante la forma ed il numero dei setti per individui di grandezze eguali. O. ammonea Leym. 1846. tav. XII, fìg. 23, 24. Questa specie ha megasfera piuttosto piccola, ed ha caratteri della spira variabili. Più volte figurata da diversi autori (Gùmbel, Hantken) si presenta alquanto diversa, tanto da dover credere che sotto quello stesso nome si comprendano almeno più varietà. Pre- scindendo dal carattere esterno della granulosità della lamina e dei setti, (che è un aspetto che assume una parte degli individui di tutte o quasi le specie che più comunemente invece hanno la lamina ed i setti affatto lisci, mentre in altra porzione di esemplari la granulosità apparisce solo nei giri centrali), le differenze più note- voli stanno nella diversa distanza tra i setti, (accostandosi alla 0. ‘pyramidum Ehr. quando i setti sono poco numerosi) e nella cur- vatura loro. Per altri caratteri si rannoda anche alla 0. Boissyi. Trattandosi solo di poche spire, e non sempre complete, è ora inop- portuno trarre qualsiasi deduzione sulla delimitazione della specie. O. subcomplanata Teli. ? Distinguo con questo nome la Operculina così diffusa nei piani oligocenici e del miocene medio e inferiore, che finora fu sempre classificata col nome di 0. compicciata Deli-, comprendendovi nella stessa specie la forma a megasfera e quella a microsfera; riserbo questo nuovo nome solo alla specie a megasfera. Le Nurnmulitidi della Majella ecc. 401 Non ho incontrato che un esemplare di questa specie alla Fon- tana Vecchia di Vieste. Darò la descrizione più completa delle due specie omologhe quando si tratterà di illustrare esemplari tipici provenienti dal mio- cene. Se questo esemplare è ben determinato è duopo ammettere che questa specie ha incominciato a vivere almeno nel Barto- niano inferiore ed ha continuato invariata per lunghissimo tempo, poiché a Castelmadama (Roma) trovasi nel Bartoniano superiore, a Schio ed in altre località del Vicentino, e nel Piemonte visse nel Tongriano e nell ' Aqintaniano ; a Lagus presso Saucats (Gironda) nel Langhiano e nella Collina di Torino n q\Y fflveziano inferiore e superiore {Serrar allumo). Forse la stessa specie od altra che in poco diversifica è quella conosciuta sotto il nome di 0. ara- bica Carter {0. complanata Brady) vivente nei mari tropicali. O. cìioineolea Teli, tav. XII, fig. 17, 18. È una torma a megasfera, assai piccola e delicata. È sparsa in vari punti della regione, ma si incontra rappresentata solo da pochissime e mal conservate spire, in causa della sua esilità. Ha spira molto aperta (nell' ultimo giro il passo è quasi tre volte maggiore che nel penultimo), setti numerosi, sottili e rego- larmente curvi ad arco dalla base all’ estremità. Ha qualche ana- logia colla 0. mb complanata ma vi si distingue per la piccolezza relativa del complesso e delle sue parti, per numero relativo dei setti e perchè lungo i medesimi non si osservano gli accenni a setti longitudinali che nelle N. subcomplanata e nella omologa rivelano il legame con il gen. Ileterostegina. Gen. HETEROSTEGINA d’Orb. 1825. Irl. sp. ind. Non è il caso di riferire con certezza gli esemplari piuttosto piccoli e non molto conservati, provenienti dalla Majella, ad alcuna delle specie di cui ne furono descritte un buon numero, poi- ché ogni autore ha creato un nome nuovo per la forma che ha incontrato abbondante nello strato esplorato, senza curarsi delle specie descritte prima di lui e sempre in modo insufficiente. 402 A. Tellini D’altra parte è così difficile possedere delle Heterostegine di varie pro- venienze che finora nessuno ha fatto una rivista generale delle specie che sono quindi difficili ad identificarti. Trattandosi solo di poche e mal conservate spire è per ora più prudente tralasciare il nome spe- cifico. Geu. OXfcl3IXX>IJ3ES d’Orb. 1847. Sottogeu. DISCOCYCLINA Gùmbel. 1868. O. Fortini d'Arch. 1850. Studiando le Orbitoidi del Piemonte ho osservato che la spe- cie 0. pa/pyracea nella quale il Gùmbel comprende molte forme, nominate diversamente dagli autori anteriori, è dimorfa ovvero offre esemplari più grandi a microsfera, ed altri mediocri e piccoli a megasfera. Contrariamente all’opinione di Gùmbel, che non ha stu- diata a sufficienza la anatomia della parte centrale ed iniziale delle Orbitoidi, credo che nella 0. pa'pyracea si debbano distinguere due specie, di cui conservo il nome di 0. Portisi a quella a micro- sfera, poiché tale denominazione fu fino da principio adoperata per gli individui a grande diametro, e che il Gùmbel stesso conservò per gli individui maggiori che considera siccome formanti solamente una varietà. In generale constatai questa specie solo in frammenti, ma in vari strati della regione. O. papiracea Boubée 1832. Giimbel, Eocaen Foraminiferenfauna, pag. 112. Forma diffusissima che fu solo parzialmente studiata nelle sue multiple variazioni. O. ephippium Schloth 1820. Giimbel, op. cit., pag. 118. Forma pure diffusa in vari strati e nella quale, quando è pos- sibile fare delle sezioni, il che è piuttosto difficile, si riscontrano individui a camera centrale invisibile ed altri con il centro a grossa camera iniziale. Le Nummulitidi della Majella ecc. 403 O. tenella, Gumbel. 1868. Gumbel, op. cit., pag. 120. Forma rara che del resto si può determinare con sicurezza solo quando trovasi nelle marne ed è possibile sezionarla. Genere ALYEOLINA (>) d'Orb. 1825. A. acuta Savi e Menegh. 1851. (= A. frumenti formis Schwager? 1883). Si trovano alla Sella di M. Saraceno del Gargano, alcuni esem- plari cbe dall’ aspetto esterno corrispondono alla descrizione del- X Alveolina acuta del Meneghini ( Comici . sulla Geol. della To- scana,, pag. 482) e corrispondono pure alle figure della specie di Schwager. È difficile decidere se le due denominazioni si ri- feriscono alla medesima specie. Nello Schwager vi è descritta e figurata la struttura interna, che non lio potuto verificare negli esemplari del Gargano perchè quasi calcinati e friabilissimi, e per- chè in poco numero, in frammenti, non di torme e dimensioni co- stanti da indicare anche dall’aspetto esteriore un unità specifica certa. A. oblonga d’Orb. 1825 ?. Due esemplari della stessa località che corrispondono alla A. cfr. oblonga di Schwager, figurata a tav. XXY, fìg. 5 dell’opera Die Foravi, a. d. Eocaen. d. libysch. W. u. Aegypt. Passate in rivista le specie in ordine sistematico, rimane ora da indicare le località e gli strati in cui si rinvennero e l’abbon- danza relativa di individui che le rappresentano per poter determi- narne la associazione, l’ordine di sovrapposizione stratigrafica e poscia dal confronto dei gruppi di specie rinvenuti nei singoli (i) Anche volendo considerare la famiglia delle Nummulitidee nel senso più largo che finora gli autori le attribuirono, questo genere non vi è mai compreso, tuttavia per la grandezza degli individui, per la complicatezza loro e perchè sono i soli giganteschi foraminiferi (col genere Orbitolites) che nel- l’eocene italiano si trovino assieme colle Nummuliti emulandone le dimen- sioni ne tratto assieme con la loro famiglia. A. Teliini 404 strati, con quelli di serie eoceniche bene studiate e stabilite, de- durre l’età relativa degli strati che le racchiudono. Trattandosi di luoghi, semi-deserti, non coltivati nè sparsi di abitazioni, ed attraversati fino a poco fa (come tuttora apparisce nelle carte più recenti) da poche e mal indicate strade e per i quali, pur riferendosi alle carte più dettagliate che finora esistano (tavo- lette dell’Istituto topografico militare ital. alla scala di 1:50000) le denominazioni geografiche, ed i punti di ritrovo sono tuttavia talmente radi, che per indicare abbastanza precisamente un giaci- mento, è giocoforza servirsi di una lunga frase, ed appigliandomi a questo partito, ne trarrò anzi vantaggio, poiché d’altra parte no- minando le località, per economia di spazio, una sol volta, non risparmierò parole per dare le più ampie indicazioni intorno alle stesse tanto più che trattasi di paesi naturalisticamente ben poco esplorati. I numeri che porta ciascuna colonna della tavola a pag. 413 e seg. corrispondono a quelli che segno qui tra parentesi e servono a contrassegnare le diverse località. Riassumendo la distribuzione geografica delle specie in una tavola, ne riesce più facile e più proficua la consultazione ed i con- fronti, ed a colpo d’occhio ne è discernibile la loro associazione in ogni località. Gruppo della Majella. Avendo trattato in altra piccola nota intorno alle Nummuliti di questo gruppo montagnoso, specialmente con lo scopo di determi- nare l’età del calcare che le racchiude in numero sterminato, non farò qui che un sunto di ciò che colà svolsi più ampiamente. II vastissimo gruppo non è stato ancora studiato dettagliata- mente dal punto di vista geologico, e tanto meno fu percorso collo scopo di raccoglierne le nummuliti ed indicarne i diversi livelli in cui si rinvengono. Il Signor P. Moderni operatore del R. Uffi- cio Geologico, mi ha fornito esemplari di roccia provenienti dalla Regione Piano Grande a circa 1750 metri di altitudine dove cer- tamente esistono in posto, ma la maggioranza dei campioni di rocce che ho studiato, raccolti dal Moderni, dall’Ing. Zezi e da me provengono dalla regione che giace al piede della Majella ossia dalla vallata del P. Orte c più precisamente da Colle Alto presso 405 Le Nummulitidi della Majella ecc. Caramanico e da Guado San Leonardo presso Pacentro, nelle quali località non si può escludere affatto che almeno il materiale superficiale sia di trasporto e quindi possano rinvenirsi confusi massi provenienti da diversi strati. Posso affermare che quelli provenienti da Colle Alto non furono staccati dallo strato e quindi sono tra loro un po’ diversi per l’aspetto del calcare, quantunque non si tratti che di una differenza piuttosto superficiale. I pezzi di Guado S. Leonardo sono più uniformi ed indicano che lo strato in posto non è molto lontano. Non restava altro che ricostruire gli strati artificialmente riunendo assieme le varietà lito- logiche più somiglianti tra loro. In questo modo ho raccolto nella colonna (2) tutte le specie che trovansi in uu calcare biancastro non molto tenace, talora fari- noso, zeppo di nummuliti ben conservate di cui è ottimamente stu- diabile la spira, essendoché per lo più le camere non furono riem- pite da calcare. Questa varietà trovasi a Regione Piano Grande ed è diffusa, se non esclusiva, al Colle Alto di Caramanico. La colonna con il numero (3) comprende le specie osservate in un calcare molto più tenace, meno biancastro, in cui le nummu- liti sono sparse nella massa in tutte le direzioni e intimamente immedesimate nella roccia tanto che ben poco mostrano i dettagli della spira perchè le parti di riempimento e quelle scheletriche hanno quasi il medesimo colore. Questo tipo è il più diffuso a Guado S. Leonardo. Vi sono poi molti campioni che fanno passaggio dal tipo del n. 2 a quello del n. 3. Nella colonna che porta il n. (4) indico le specie racchiuse in un calcare o meglio in una breccia nummulitica costituita quasi interamente da questi organismi o da frantumi dei medesimi. Al Museo Universitario di Roma ne esiste un solo campione certa- mente della Majella che proviene da antiche collezioni e di cui la roccia corrispondente non fu ritrovata nelle recenti esplorazioni. Valse la pena di distinguerla poiché uu piccolo campione contiene molte specie tra cui la N. gizehensis e la Metti, che non si trovano altrove dell’area che ci occupa, se non al Gargano ed anche ivi rarissime ('). (!) Alla Majella sopra i calcari nummulitici, il signor Moderni trovò gli strati a selci ovvero i calcari selciferi pure nummulitici, che non potei studiare non essendone stati finora raccolti un numero sufficiente di campioni. 406 A. Teliini Dal fin qui detto emerge che la conoscenza delle nummuliti della Majella si mantiene tuttora ad un grado alquanto basso, assai inferiore a quello in cui si trovano le nozioni riguardanti il Gar- gano e le Tremiti dove pur resta tanto terreno da esplorare. Nella colonna (1) indico le specie provenienti dalle cave dell'In- coronata a sud di Sulmona, località che si può ritenere un’appendice della Majella. Anche qui dei campioni nei quali le nummuliti si presentarono in condizioni poco felici per lo studio, in poco volume offrirono cionondimeno molte specie. Trattandosi di un sito co- modo ad esplorarsi, distante mezz’ora dalla città è desiderabile che i fossili quivi racchiusi vengano raccolti colla maggior diligenza. I pochi campioni esistenti al Museo Universitario furono raccolti dai Professori Meli, e Fasciani; io pure ho visitato la località guidato dallo Zezi e da uno dei sullodati professori. Isole Tremiti. Anche dell’eocene tremitano non fa d'uopo parlare distesamente avendone trattato nella descrizione geologica di quel gruppo insulare. Si può ritenere che i piani nummulitici rappresentati nelle isole sono due ma mostransi tra loro poco distinti poiché offrono tutta la serie dei passaggi più insensibili e graduati dall’ uno al- l’altro. Litologicamente i calcari sono spesso dolomitici ovvero la roccia è una vera dolomia in cui i fossili non conservano che incertissime impronte. In diversi punti delle isole si incontrano strati in cui esistono esclusivamente le nummuliti che caratterizzano il Parisiano supe- riore {N. perforata e N. lucasana ) ovvero esclusivamente le specie del Bartoniano superiore (N. complanata e N Tchihatcheffi). In molti siti però trovansi associate le due coppie, e tanto negli strati più bassi che nei più alti si hanno ancora N. discorbina e subdi- scorbina, N. biarritsensis e Guettardi ed inoltre Opercidine ed Alle falde della stessa montagna si incontra ancora una arenaria avente per cemento del bitume ed i cui elementi consistono in foraminiferi, in altri piccoli organismi ed in granuli di calcare più o meno completamente meta- morfizzati. Pare si tratti di una formazione alquanto localizzata, certamente nummulitica e della quale pure manca un numero conveniente di campioni perchè con profitto si possa studiare e di cui quindi ho tralasciato di tenere parola. Le Nummulitidi della Majella ecc. 07 Orò Houli. Mancano le Assiline che dovrebbero formare l’anello di congiunzione tra il Parisiano superiore ed il Bartoniano superiore. (Incontrai una sola Assilina Madaràszi che è specie caratteristica del Bartoniano superiore). Il numero delle specie dell’eocene insulare è limitato relativa- mente a quello del vicino Gargano, ed il complesso della fauna si distingue specialmente per l’assenza delle Assiline. Le località in cui ho raccolto maggior copia di nummuliti sono le seguenti (') : (5) Sopra Grotta Menichello. Isola San Domino (Parisiano super.). (6) Presso la Cala Inglese. Isola San Domino (Parisiano super.). (7) Ad ovest della Grotta del Sale. Isola San Domino (Barto- niano sup.). (8) Punta Diamante. Isola San Domino (Bartoniano sup.). (9) Tra la Grotta del Sale e Casa Baronessa, un po' a Sud della Casa avente la quota 61™. Isola San Domino (Bart. sup.). (10) Tra la Casa Baronessa e la Cala Inglese. Isola San Do- mino (Paris, sup.). (11) Tra il Faro e la Cala dei Turchi. Isola Caprara (Paris, e Barton.). (12) Dintorni della Cala dei Turchi. Isola Caprara (Bart. super.). Promontorio Garganico. Appena dopo l’emersione, gli strati- eocenici dovevano formare una fascia cingente allo incirca tutta la parte del promontorio che ora è circondata dal mare, adagiantesi sopra un’analoga fascia di terreno cretaceo a sua volta riposante sopra il nucleo centrale giura-liassico. f1) Verso la Cala Inglese trovansi dei blocchi di un’arenaria giallastra con radioli di echini, piccoli gasteropodi laraellibranchi e molti foraminiferi tra cui piccole Nummuliti, infine dei Lithothamnium. Non ho potuto rilevare la relazione tra questa roccia ed il calcare nummulitico. Tralascio di tenerne conto nel quadro perchè le piccole specie sono poco determinabili e perche è una formazione affatto locale che si scosta dal tipo del calcare nummulitico abruzzese-garganico. 408 A. Teliini Essendo stato il promontorio emerso dalle acque di più che oggi noi sia durante la fase miocenica ed avendo poi subito delle lente oscillazioni in vario senso, ora da un lato ora dall’altro, senza mai però immergersi di più che attualmente, è naturale che durante quel lungo periodo in cui ha sofferto la degradazione meteorica, sia stato profondamente smantellato da ogni parte. Ed in vero, la cin- tura più esile, quella eocenica, dovette essere la più danneggiata, poiché infatti ora non ne rimangono che pochi lembi qua e là lungo le coste nei siti dirò così più riparati, mentre in altri punti ben anche gli strati cretacei furono alquanto assottigliati, (come alla Testa del Gargano) e perfino totalmente abrasi come alla Torre di Mileto. Finora i soli lembi di Mattinata (M. Saraceno) notati dapprima dal Pilla, ed il lembo di Peschici (credo osservato primieramente dal Bucca) sono segnati nelle carte geologiche più recenti. In una rapida escursione sul Gargano fatta in quella stagione tanto sfavo- revole per quei luoghi, che è il cuor dell’estate, ho potuto costatare la presenza del nummulitico eminentemente fossilifero sulle due punte che comprendono il piccolo porto di Vieste, nonché sulla parte elevata dei colli che formano il promontorio su cui giace la città e l’ ho poi seguito lungo la serie di punte rocciose che a N.O. di Vieste vanno dalla Cappella di S. Lorenzo fino alla T. Moli- nello. In queste località è quasi ovunque fossilifero, e le num- muliti sono solamente meno appariscenti dove il calcare è così compatto da fare un tutto quasi omogeneo collo scheletro di quegli organismi. E indubitato che V eocene prosegue anche fino a T. Pon- ticello. A Peschici ho osservato F eocene sempre colla medesima facies sul versante nord di M. Pucci, e nella serie di colli che terminano nel mare sotto la borgata e cominciano dalla Regione Pontone delle Traglia; è rappresentato da strati sempre pendenti verso il mare e quindi seguenti l’andamento generale degli altri strati sincroni del Gargano. Guardando la carta topografica non si può dubitare che 1’ eo- cene esista pure lungo tutta la costa da Vieste fino a qualche chilo- metro ad O.S.O. di M. Pucci tanto più che stando in battello ho potuto osservare che le inclinazioni degli strati a Punta Manaccore ed a S. Nicola pendono verso il mare, verso il qual lato inclinano Le A ummulitidi della Majella ecc. 409 sempre, oscillando nei diversi luoghi, a seconda della curva de- scritta dalla costa del Gargano ossia da N.N.O. (a Peschici) a N.M.L. (a fi ieste). E se finora non è stato notato per osservazione diretta questo lembo non trascurabile di eocene è imputabile alla circostanza che quella regione è frastagliata di punte aspre nel seno delle quali ìistagnano malsane paludi, per il chè si ha un paese incolto, privo di. strade e si può dire disabitato per una estensione in linea retta di circa 15 kilometri. E stando nell’ordine di idee prima sviluppato, a provare con un altro argomento, se non bastasse l’osservazione diretta, 1’esistenza dell eocene sulla sponda N.E. del Gargano è sufficiente dare un occhiata al promontorio Garganico nella carta di 1 : 000 000 dei- fi Ufficio Geologico, nella quale nel tratto da Vieste a Peschici il cretaceo appare avere una estensione ben più grande che a Matti- nata ed a Peschici dove è valutabile meglio perchè individuato dagli sfiati che lo limitano naturalmente alla base ed alla sommità; orbene anche da quella parte una porzione degli strati riferiti al cretaceo spettano all eocene. Con queste aggiunte si vedranno i lembi della fascia periferica farsi sempre più numerosi, la cintura mediana più unifoime e sempre di più la elissi del Gargano apparirà regolare e quindi afteimeiassi meglio 1 idea riguardante la sua tectonica prima espressa dai signori Cortese e Canavari. Le località garganiche in cui ho raccolto delle nummuliti sono le seguenti : Dintorni di Peschici. (13) Qua e là lungo la strada provinciale che percorre le falde settentrionali del monte Pucci, cadente con quel fianco perpendi- colarmente nel mare. Quivi le nummuliti sono generalmente im- pigliate nella roccia, e solo in qualche punto sono libere. In alcuni sfiati sono racchiusi pure vari modelli di grossi gasteropodi. (14) Lungo la strada che discende da Peschici verso il piano quaternario che si frappone tra il colle su cui giace il paese ed il rilievo di monte Pucci. Tutti gli strati, che sono di calcare bianco, compatto o polverulento, su lungo tratto di strada si presentano zeppi di nummuliti e sulla roccia nummulitica stessa sono fondate molte delle case. Lungo la strada mulattiera che dalla parte elevata dell'abi- 27 410 A. Teliini tato conduce alla località Coppe del Fornaro per proseguire poi verso Vieste, si incontrano quasi ovunque delle nummuliti sciolte o nel calcare, e più precisamente le località si possono così specificare : (15) Presso la Cappella della Madonna di Loreto. (16) Lungo il tratto di strada che percorre la cresta del con- trafforte tra Coppe del Fornaro e Pontone della Traglia. Quivi si incontrano degli strati di terra rossa prodotta dalla alterazione chi- mica dei calcari, che contribuì ad isolare bene le nummuliti. Dal punto in cui è segnata sulla carta al 50,000 la quota 280m a pro- seguire verso sud-est si passa ai calcari secondari. Dintorni di Vieste. (17) 11 punto più settentrionale quivi visitato è lo sprone roccioso che sta dirimpetto a quello che sostiene la Torre Moli- nello ossia al di qua della palude e della breve spiaggia a dune. (18) Presso la Cappella di S. Lorenzo. (19) Presso la Torre S. Felice. (20) A S. Francesco di Vieste. In queste quattro località si trovano allineati sempre i medesimi calcari per lo più tenaci, zeppi di nummuliti che l’acqua del mare spes- so bagnando contribuì potentemente ad isolare dal calcare compatto. (21) Nei dirupi che circondano il castello di Vieste dalla parte del mare, i calcarei sono disseminati di nummuliti; tra i fossili che contengono ho osservato qualche Rotularia spirulaea oltre a diverse Alveoline ed Oper caline. La differenza di livello stratigrafico tra que- sti calcari e quelli più vicini al mare che stanno sotto S. Francesco, sarebbe appena apprezzabile per chi studiasse con dettaglio la regione che circonda la città. Pare si tratti di un livello un po’ più elevato, come per gli strati che trovansi ad ovest di Vieste e più precisamente : (22) Lungo la strada carrozzabile che conduce a Peschici, ma solo a qualche centinaio di metri lungi da Vieste, tra la Fontana Vecchia ed il Cimitero, si incontra una specie di arenaria poco cementata formata di minuti granuli calcarei organici e di piccole nummulitidi tra cui specialmente delle Operculiue. Dintorni di Mattinata. Lungo lo sprone aspro e scosceso che parte da Monte Sant’An- gelo ed in direzione da est ad ovest, degradando rapidamente balza Le Nummulitidi della Majella eco. 411 poi a picco nel mare alla Punta Possa su cui trovasi il Faro, 1 eocene è largamente rappresentato costituendo quasi interamente, la parte più elevata della Coppa da Pulta e di Monte Saraceno. Esso è costituito dai soliti calcari più o meno farinosi o compatti, pieni di nummuliti e non privi di altri residui organici. Ora si sta co- struendo una strada carrozzabile che seguendo all’incirca il vecchio sentiero segnatD sulla carta ossia presso a poco la cresta di questo sprone, discende fino alla sella interposta tra Coppa da Pulta e Monte Saraceno e qui incontra la strada, pure carrozzabile, che riu- nisce Mattinata a Manfredonia, e che anche in questo caso segue all’ incirca l’andamento della mulattiera preesistente. Imprendendo il cammino da Monte Sant’Angelo, a Coppa del Rizzo si abbandonano i calcari ippuritici, e si calcano quelli farinosi, alternati con selci e privi di fossili del Neocomiano fino a poco oltre dal sito in cui una strada a zig-zag discende a Matti- nata per la Regione Umbratico. Da quel luogo fino ad un chilometro prima di raggiungere Torre Sansone si cammina lungo strati sempre poco inclinati verso est o verso sud-est costituiti di calcare compatto che però nelle fessure venute a giorno nei tagli per la strada, mi fornì diversi coralli del genere Tubipora e Stylopora. Per un piccolo tratto poi, fino verso Torre Sansone si incontrano altri strati sot- tili di calcare farinoso ed infine a T. Sansone (23) i primi strati zeppi di nummuliti sciolte. Quantunque in una sola escursione non abbia avuto campo di osservare la vera giacitura di queste formazioni che sembrano del resto avere un andamento molto regolare, mi pare che negli autori che hanno sinora parlato del Gargano non vengano nominati questi calcari a coralli, mentre d’altra parte appare evidente che tra l'ippu- ritico ben accertato e l' eocene a nummuliti evidenti, vi sono delle pile non disprezzabili di strati abbastanza distinti litologicamente e non privi di fossili, che potranno riferirsi ai piani che di regola altrove si interpongono a quelli due ora accertati e che finora si giudi- cava qui assolutamente mancare. (20) In quel tratto che la strada ora in costruzione percorre sulla Coppa da Pulta si hanno i soliti calcari bianchi più o meno compatti che contengono qua e là degli strati con nummuliti e con qualche echinide. Ma il punto più ricco di questi organismi è il M. Saraceno. 412 A. Teliini (24) Nei tagli fatti per la costruzione delle nuove strade e precisamente là dove esse si congiungono, si può fare ricca messe di questi fossili isolati dalla roccia. -Inoltre qui incontrai qualche nu- cleo di lamellibranco e di gasteropodo, inoltre Rynchonella sp. Rotularia S'pirulaea ed un brachiuro del genere Xanthilites ? Alcune nummuliti qui raccolte sono rimaneggiate e ridotte a vere piastrelle (tav. XIV, fìg. 44). Da questa località si vede il paesello di Mattinata, mentre, (2G) se si prosegue verso Manfredonia per 200 metri fino al punto in cui è invece visibile il mare a Sud del M. Saraceno, si incontra qualche strato interamente composto di modelli di grossi gasteropodi e di qualche lamellibranco (Na- tica, Terebellum, Fusus, Rostellaria, etc.) cementati da una are- naria pure in gran parte costituita da resti di organismi e da fora- miniferi. Contiene diverse nummuliti. (28) Dalla sella citata recandosi al semaforo per il sentiero che costeggia il monte dalla parte di settentrione, lungo tutta la via si incontrano delle nummuliti tanto comprese nella roccia che sciolte. Quivi raccolsi un grosso esemplare di IMiastraea che può rivaleggiare per sviluppo con i coralli eocenici del veneto, e che fa intravedere 4 esistenza di una fauna forse abbondante che dovrebbe ricercarsi con molta assiduità. (27) Il semaforo stesso è costruito sopra roccia eminentemente nummulitica che alla superficie lascia liberi questi organismi. (25) Infine con questo numero, ho indicato i fossili provenienti dal M. Saraceno in genere e che non portano più dettagliata indi- cazione di località. Nota. — Durante la stampa del presente lavoro, nel rivedere accurata- mente i campioni di rocce, ho rinvenuto rarissimi individui, e dei quali non sarebbe occorso intrattenersi in modo speciale, di altre tre specie cioè: N. Montis-Fracti Kauf. alla Majella ed a Peschici; A", subirregularis de la H. a Peschici; N. L amarrici d’Arch. et H. presso la Capp. S. Lorenzo (Vieste). E mentre ciò dimostra che vi è ancor molto da fare prima di giungere ad una conoscenza meno imperfetta delle nummuliti di queste estese ed interessanti regioni, non altera in alcun modo le conclusioni, poiché queste tre specie sono le compagne di forme largamente rappresentate e delle quali resistenza era prevista in grazia alla legge cosidetta delle coppie. Le Nimmulitidi della Majella ecc 413 >H . O . ; •« 1-4 * CC cc * CD CD O =- rH E cc =~ f-i CD CD o * CD * cd CC CD *- CD *H cd cc CD *H * >H CC CD i Jh . * cd CC CD •- * ..... * * ..... ....... • ; o E ?H *h E >H - cd * »H ?H . » CD CD E m O h * I u \ ...... E » * E CD E ’r \ Jh • cc Jh t-i rH H rr ’ OD rH O rH £ o cd * • CC cd CD *H * £ rH CD . 1 - h Jh cd rH CD *- cd CD f-i * ?H • cd rH * CD I ; * : cc CC ì rr * * . rH rH ?H cc CC CD • * CD CD CD ?H . CD CD cc CD CD * O cc CD cc cd rH H ?H 1- 1 cc * CD rH CD *- h rj cc cc cc CC CD £ •- * s-i CD Lyelli • de la 11. V 0) l £ complanata Lamk distans Desìi c5 * fi PÒ 55 55 co CD « .«O 5- 53 f~ — j 53 CD 5. 5. • «s» Murcliisoni C. Bruno. . gizehcnsis Ehr. , var. (d’Arch. et H.) . . . . obtusa Y. de C. Sow. . o Td Ul « •S •-S o CD co • biarritsensis d’Arch. . CJ o O • r-ò *^3 55 O s OD H * * C-ò s CD • PÒ « 55 05 5- $ Tchihatcheffi d’Arch. . latispira Sav. c Mengh. CD 53 5. • PÒ §> • pò co 55 CD subdiscorbina de la H. Guettardì d’Arch. . . . submelii Teli. ..... anomala de la H. . . . variolaria Sow perforata d’Orb cd ce 20 « I - II, - III rara , IY » 18 « I rara , II, - III rara , 1Y « 14 « I II, - III rara , — « 17 » I rara , II, - III rara , IY « 16 » I II rariss. , III — — ecc. ecc. Nelle località che hanno un numero più scarso di specie anche le coppie caratteristiche sono più rade, ma non per questo sono meno disparate, rispetto al posto che occupano nella scala ed in quelle località, che diedero una scarsa fauna, spesso alcune specie, che accompagnano ordinariamente quelle che formano le coppie, servono ad indicare che anche la tale coppia può esistere e quindi è possibile di rinvenirla con ulteriori ricerche, infatti : località N. 1 coppie I rara, II, III (rappresentata dalla sola N Molli) * r> l r. I , — IH rara ecc. Per non moltiplicare inutilmente gli esempi, dal fin qui esposto si comprende che sono indifferentemente mescolate senza ordine nelle diverse località che ci interessano specie che nei gia- cimenti tipici caratterizzano il solo Parisiano od il solo Bartoniano. onde a mio credere si dovrà tener per fermo che il nummulitico che studiammo comprende appunto questi due piani. Ho detto senz’ordine, ma non è esatto. Le località visitate sono poca cosa al confronto dell’estensione dell’ eocene abruzzese- garganico e se si potessero avere le nummuliti trovate lungo una sezione esattamente perpendicolare agli strati, forse un po’ d'ordine si riscontrerebbe e cioè un graduato passaggio da strati che hanno abbondanti le specie più antiche e rare le recenti agli strati ele- vati in cui queste ultime sono abbondanti e rare e meschine in sviluppo le più antiche. In qualsiasi modo sarà ivi sempre difficile se non impossibile una distinzione tra Bartoniano e Parisiano. E trascorrerà molto tempo prima che si tenti di costruire ideal- mente tali sezioni valendosi dei mezzi che il naturalista possiede poiché è difficile che pure il geologo che rileverà il Gargano minu- -113 A. Teliini tamente (ed a più forte ragione se per la carta ufficiale), si interessi di questi particolari che gli appariranno trascurabili innanzi alla vastità della regione, mentre invero non sono tanto da disprez- zarsi poiché in fin dei conti si tratta di vedere se due piani, ovunque distinti per unanime consenso dei geologi, il Parisiano ed il Bario- ni ano, di cui si incontrano quivi in sito i fossili caratteristici del- l’uno e dell’altro, si possano poi dividere sul terreno e sulla carta con una linea non dirò netta, ma almeno punteggiata. Finora abbiamo visto che in base alle attuali ricerche questa distinzione non si può fare, percui la migliore conclusione che si può trarre è questa ; che cioè il nummulitico abruzzese-garganico, rappresentato specialmente da calcari biancastri e talora dolomitici di varia compattezza, alla Majella, alle Tremiti ed in diversi lembi che cingono il Gargano, (e che per quanto sento dai rilevatori dell’ Uf- ficio Geologico, non avrebbe forme equivalenti omologhe, nella re- gione interposta a queste località), considerato nella sua facies prin- cipale più tipica e più sviluppata, (escluse cioè le selci, le arenarie calcaree e bituminose ecc.) contiene una ricca fauna nummulitica, un po’ diversa nei varii giacimenti, ma omogenea se considerata nel complesso, di cui le singole specie od i gruppi di specie che nel- l’ Europa media vissero in età sensibilmente distinte ossia nel tempo in cui si depositarono strati che si possono dividere in due piani e in quattro o più sottopiani qui visse invece contemporanea- mente, in un mare fisicamente omogeneo che ora ci si manifesta come un deposito litologicante e biologicante, unico ed uniforme. Dal Museo Geologico Universitario di Koma. Achille Telline Le Nummulitidi della Majella ecc. 419 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. XI. 1. N. Kau fin anni May. — Lungo la strada maestra a sud-ovest di Peschici, Gargano 2’1|1. 2. N. Melii Teli. — Castello di Vieste 4|lt 3- ” ” — Majella 4|I (individuo tipico). 4. N. Pironai Teli. — Castello di Vieste 4|, . 5. N. Mo nti s-Fr a c ti Kauf. — Mentono (Liguria) 4| t . ” ” — ” ” lo stesso individuo 10 1 1. 7- ” ” — ” » altro individuo 10 |i . 8. N. T eh ih atc he ffi d’Arch. — Un kilom. a nord di Coppe del For- naro (Peschici) 4|t . 9. N. Tchihatcheffi d’Arch. — Un kilom. a nord di Coppe del For- naro (Peschici), altro individuo 4 1 , . 10. N. Tchihatcheffi d’Arch. — S. Francesco di Vieste 4 1 1 . ” ” — Falde est di M. Pucci (Peschici) lungo la strada provinciale 12. N. Tchihatcheffi d’Arch. — A metà dell’Isola Caprara (Tre- miti) 4 1 1 . 13. N. latispira Savi e Menegh. — Presso la sella di M. Saraceno, lungo la strada maestra 4|i . 14. N. latispira Savi e Menegh — Presso la sella di M. Saraceno. lungo la strada maestra, altro individuo 4|, . 15. N. latispira Savi e Menegh. — Presso la Cappella Madonna di Loreto (Peschici) 4 1 j . 16. N. densispira Teli. — S. Francesco di Vieste 4|i . 17. ” ” — Presso la Madonna di Loreto (Peschici) 4j,. 18- ” ” — Falde est di M. Pucci (Peschici) lungo la la strada provinciale 4|, . 19. N. densispira Teli. — Torre S. Felice (Vieste) 4|t . 20. N. sub melii Teli. — Castello di Vieste 4|, . 21. N. Guettardi d’Arch. — Presso Grotta Menichello (Isola S. Do- mino, Tremiti) 4|: . 22. N. Guettardi d’Arch. — A sud di T. Molinello (Vieste) 10|j . 23. X. variolaria Sow. — Semaforo di M. Saraceno 10 1 1 . 24. » n — Presso la Madonna di Loreto (Peschici) 10| j . 25. X. anomala de la H. — Semaforo di M. Saraceno 4 1 1 . 26. » » — Colle Alto presso Caramanico(Maj ella) 10 |i. Tav. XII. 1. Xr. perforata d’Orh. var. Re ne vie ri de la H. — Cala Inglese, Isola S. Domino (Tremiti) 4|t . 2. X. perforata d’Orh. var. granulata Teli. — Sella di M. Sara- ceno, strada carrozzabile che discende a Mattinata 4 1 , . 3. XT. perforata d’Orb. var. granulata Teli. — Sella di M. Sa- raceno, strada carrozzabile che discende a Mattinata 4|i . 4. XT. oenotria Teli. — Presso Mad. di Loreto (Peschici) 4|t. 5. X. garganica Teli. — Arenaria a gasteropodi Sella M. Saraceno 10 1 1 . 6. X. lue a san a Defr. — (tipo) — Coppa da Pulta (M. S. Angelo, Gar- gano) 4 | ! . 7. XT. lucasana Defr. var. Meneghini (d’Arch. et H.). — Presso Grotta Menichello (Isola S. Domino, Tremiti) 4U . 8. X. lucasana var. granulata de la H. — Pr. Madonna di Loreto (Peschici) 4 1 1 , 9. XT. lucasana var. granulata de la H. — M. Saraceno, versante nord 4 1 ! . 10. X. subgarganica Teli. — Senaforo di M. Saraceno 10 1 x . 11. » » — Colle Alto (Caramanico, Majella) 10)i. 12. XT. italica Teli. — A sud di T. Molinello (Yieste) 4] t . 13. » » — (forma a setti un po’ distanti). — S. Francesco di Vieste 4 1 1 . 14. X. italica Teli. — (forma a grosse lamine). — Xel calcare prove- niente dai dintorni di Vieste (forse da T. Molinello) 4|i. 15. XT. italica Teli. var. japygia Teli. — Sella di M. Saraceno 4|, . 16. X. laevigata Lk. var. astyla Teli. — S. Francesco di Vieste 4 1 ,. 17. Operculina diomedea Teli. — Isola S. Domino (Tremiti), fra Cala Inglese e Casa Baronessa 4|i . 18. Operculina diomedea Teli. — Semaforo di M. Saraceno 10 |i . Tav. XIII. 1. XT. Brongniarti d’Arch. et H. — (forma a spira bassa e setti fitti) — Sella di M. Saraceno 4|t. 2. X. Brongniarti d’Arch. et II. — (forma a spira densa) — Sella. di M. Saraceno 4 i. 3. X. Brongniarti — (forma a spira mista) — Sella di M. Saraceno 4 4. X. sub italica Teli. — - Sella di M. Saraceno 4|i. 5. X. Molli d’Arch. — Sella di M. Saraceno 4|, . 6. » var. Verbeeki Teli. — Sella di M. Saraceno 4|t. Fi". 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. lo. 16. 17. 18. 19. 20 22 23. 24. Le Nummulitidi della Majella ecc. 421 Assilina spira de Pois. — Sella di M. Saraceno s,4|i. ” ” — A sud di T. Molinello (Vieste) a-«|,. ” ” ” — Sella di M. Saraceno 2>4|, . A. sub spira de la H. — Sella di M. Saraceno +|t. ” >’ » » !) 4|t _ ” » >! !! n 2 . -V | ( . A. marnili at a d’Arcli. — (Spira che passa a quella della A. sub- spira) — A sud di T. Molinello (Vieste) 4|1. A. subspira de la PI. — Sella di M. Saraceno 4|, . . A. mamillata d’Arch.— » » » ■»[, . . A. Madaràszi Hantk. — Isola Caprara (Tremiti) a sud della cala dei Turchi 4 1 x . . Op ercolina cf. libyca Schw. — Castello di Vieste 4|l. . 0. Thouini d’Orb. — Presso la Fontana di Vieste. 4|i 0. Terrigii Teli. — Castello di Vieste *\1 . •21. 0. subthouini Teli. — Presso la Fontana di Vieste 4|, ” » — Castello di Vieste 4|1 . 0. animo nea Leym. — Semaforo di M. Saraceno 10 1, . ” A sud di T Sansone (M. Santangelo, Gar- gano) 4 1 , . Tav. XIV. Fig. 1-3. N. subgarganica Teli. — Semaforo di M. Saraceno 2|,. » 4. N. garganica Teli. — A sud di T. Sansone, (M. S. Angelo, Gar- gano) 2 1 1 . » 5. N. garganica Teli. — Arenaria a gasteropodi sulla sella di M. Saraceno 2|, . ” 6-8. X. subdiscorbina de la H. — Sella di M. Saraceno ^ . » 9-10. X. Molli d’Arch. var. Verbeecki. Teli.— Sella di M. Saraceno *(,. ” 11-12. « n — A sud di T. Molinello 2|, . » 13-15. X. subitalica Teli. — Sella di M. Saraceno s|t. » 16-17. X. lucasana Def. var. granulata Teli. — Sella di M. Sara- ceno 2 1 1 . » 18. X. lucasana Def. var. granulata Teli. — Presso Madonna di Loreto 2 1 1 . » 19. X. Tchihatcheffi d’Arch. — Sella di M. Saraceno 2|, . » 20. X. disco rb in a de la H. — Sella di M. Saraceno 2|, . ” 21. X. Melii. — M. Saraceno *| ,. ” 22. X. italica Teli. var. japygia Teli. — Sella di M. Saraceno 2[,. » 23. Assilina mamillata d’Arch. — Sella di M. Saraceno s|,. ” 24. » sub spira de la H. — » » n 2^. » 25-26. X. Tchihatcheffi d’Arch. — Presso Madonna di Loreto 1 1 , . » 27. X. italica Teli. var. japygia Teli. — Sella di M. Saraceno 1 1 1 - » 28. X. di se or bina d’Arch. — Sella di M. Saraceno '|, . 422 A. Teliini Fig. 29. As. mani illata d’Arcli. — Sella di M. Saraceno 1 1 1 - r 30. » » >> — S. Francesco di V ieste 1 1 » . « 31. As. subspira. — Falde est di M. Pucci Mi • n 32-34. As. sub spira. — Sella di M. Saraceno. » 35-36. N. lucacana Defr. — (tipo) — (esemplare liscio ed esemplare gra- nuloso). M. Saraceno Vi* n 37. N. laevigata Lk. var. scabra Lk. — Sella di M. Saraceno l|i. » 38-39. N. italica Teli. var. j apygia Teli.— » ” ” 1 1 » - n 40. A. spira. — (piccolo esemplare) — S. Francesco di t ieste 1 1 1 • n 41. N. italica Teli. — A sud di T. Molinello Mi- n 42-43. N. perforata d’Orb. var. granulata Teli. — Sella di M. Sa- raceno 1 1 1 - « 44-47. N. Brongniarti. d’Arch. et H. — (di cui la prima levigata dal- l’opera del mare stesso in cui visse). — Sella di M. Saraceno 1 1 1 • n 48. N. gizeliensis Ebr. — Arenaria a gasteropodi sulla sella di M. Saraceno 1 1 1 • n 49. N. perforata d’Orb. var. aturensis d’Arch. — M. Saraceno 1|1. „ 50. » » j? » — (forma che passa al tipo) — M. Saraceno 1|1. n 51. N. perforata d’Orb. — (tipo) — M. Saraceno 1|1. t. d. Soc. Gaolog. Italiana Voi. IX. (1890) Tav. XI ir Dia. ROMA FOTOTIPIA DANESI d. Soc. Geolog. Italiana Voi. IX. (1890)Tav. XII S. ROMA FOTOTIPIA DARMI Voi. IX. (1890)Tav. XIII ROMA FOTOTfPIA DANtKT I jllett. d. Soc. Geolog. Italiana Voi. IX. (1890JTav. XIV r v -jISk. BB ■ |£r « ■ ' ] Il * Mr jjW «QSS^ ■ ' I Si. M ' ■§ j ROMA FOTOTIPIA DANESI GLI ELEFANTI FOSSILI D’AQUINO. Fili da quando visitai geologicamente per la prima volta la bassa valle del Liri, ebbi a rimarcare a pochi passi a sud d’Aquino, a destra della strada che da questo paese conduce a Pontecorvo, al- cune cave entro il terreno quaternario, praticatevi allo scopo d’uti- lizzare, per malte, la così detta arena o pozzolana, che è poi una fina sabbia alluvionale, rimescolata con materiali vulcanici. Or avvenne, per felice combinazione, che nell'agosto di que- st’anno si trovasse in Aquino il mio collega prof. Vincenzo Bene- detti, e venisse a sapere come da quelle cave fossero stati estratti, fin dal luglio del 1889, molti ossami fossili: egli tosto s’adoperò per salvarmi dalla distruzione quanti potè’ di quei preziosi avanzi, che lasciò in custodia al signor Raffaele Morelli — già nostro alunno — perchè poi li consegnasse al giovane Bonanni, il quale, ritornando in ottobre ad Arpino, me li avrebbe portati. Venne infatti il Bonanni, e mi consegnò alcuni frammenti di ossa, e -- ciò che più mi ha fatto piacere — quattro denti molari, di cui due elefantini e due di ruminante. Di quest’ultimi, uno è realmente fossile, ed appartiene al Bos primigenius Boj. dei tempi quaternari; ma l’altro appartiene invece al bue attuale {Bos tau- rus L.): forse esso sarà stato rinvenuto nel terreno superficiale, soprastante alla sabbia in escavazione, e confuso coi resti propri di questa. I molari elefantini poi, che offrono certo maggiore im- portanza. appartengono a due specie diverse, e cioè l'uno all’ Elephas antiquus Falc., e l’altro &\Y Elephas meridionalis Nesti. Il primo dente (fig. 1, nella scala di Va del vero) appartiene alfA”. antiquus, perchè lo dimostrano e l’espansione romboidale mediana dei dischi, e la proporzione tra la larghezza (62 mm.) e la lunghezza (177 mm.) della superficie triturante, proporzione che dà al dente un indice di 35. Il numero dei dischi poi indica -1 24 G. D. Cac< iemali. Gli elefanti fossili d' Aquino che è un molare da latte, ed il suo profilo verticale che è un mo- lare superiore. Il secondo dente (fig. 2, al vero) appartiene all’ A. meridio- nali, perchè lo dimostrano e la flessuosità delle lamine, e l’alto indice dentario di 52, quale si ricava da una lunghezza di mm. 69 sopra una larghezza di mm. 36. Il numero dei dischi poi accerta trattarsi di un molare della mascella inferiore. La presenza di resti fossili dispersi entro un terreno alluvio- nale indica che questi sono stati tolti da superiori regioni. Nel caso speciale di Aquino, le alluvioni non potevano venire che dal Melfa o dal Liri: se dal Melfa, quei fossili furon trascinati dal bacino di Àlvito, detto altrimenti Val di Cornino, del quale il Melfa è emissario; se dal Liri, possono esser stati strappati da lo- calità anche più lontane, deU’Abruzzo o del Lazio. In ambi i casi però nulla ci autorizza a credere alla contemporaneità di tutte le specie cui appartennero quei resti, e dei depositi alluvionali nei quali i resti stessi si rinvennero, imperocché noi sappiamo es- sere il Bos primigenius esclusivamente quaternario — 1 ' Elephas a/itiquus del quaternario più antico e del pliocene più recente — e l’ Elephas meridionali esclusivamente pliocenico; onde dobbiamo ammettere che almeno gli avanzi di quest'ultimo sieno stati tolti, già fossili, da un deposito pliocenico che le alluvioni quaternarie andavano degradando. Con queste scoperte d’ Aquino, le località del circondario di Sora che han dato alla paleontologia resti di specie fossili elefantine, debitamente diagnosticati ed accertati, vengono ad essere le se- guenti (!): Per Y E. primigenius : Casalvieri, Castellili ed Isoletta. Per VE. antiquus: Casalvieri, Aquino e Pontecorvo. Per VE. meridionali : Roccasecca, Aquino e Cassino. Arpino, novembre 1890. Prof. G. B. Cacciamali. (B Yeggansi: G. 0. Costa, Paleontologia delle provincic napolitane. Appendice 1. Vertebrati (Napoli, 1865). — G. Nicolucci, Gli elefanti fossili della Valle del Liri (Mein. d. Soc. It. d. Scienze, Napoli, 1882). — G. B. Cacciamali, Gli elefanti fossili di Val di Cornino (Boll. d. Soc. Geol. It.. Roma, 1890). Fig. 1. — Scala 1/a del vero. Fig. 2. — (Grandezza naturale). 28 FORAMINIFERI MIOCENICI DEL CALCARE A LUCINA POMUM DUJ. E DELL’ARENARIA COMPATTA DI PANTANO, NELLE PROVINCE DI MODENA E REGGIO DELL’EMILIA I. Le rocce mioceniche dell' Apennino modenese e reggiano pre- sentano, nella loro estesissima serie, diversi piani secondari, i quali si possono riferire, con molta sicurezza, ai seguenti : messiniauo, tor- toniano, elveziano, langkiano e bormidiano (1). Il calcare a Lucina pomum Duj. di Montebaranzone nel Modenese, e l’arenaria com- patta di Pantano nel Reggiano, appartengono al miocene medio, e precisamente alla parte inferiore del Langhiano di Mayer (2). In esse ho rinvenuto, per mezzo di sezioni sottili, praticate nella roccia alcuni interessanti foraminiferi, di cui terrò parola nella presente Memoria. Però, prima d’intraprendere lo studio di codeste sezioni sot- (x) D. Pantanelli, Note geologiche sull' Apennino modenese e reggiano. Rendiconti del r. Istituto lombardo, serie 2a, voi. XVI, fase. 18, anno 1883. — Sezioni geologiche nell' Apennino modenese e Reggiano. Bollettino del R. Co- mitato geologico, anno 1883, n. 9-10. — Note geologiche intorno agli strati miocenici di Montebaranzone e dintorni. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Rendiconti delle adunanze, serie 3a, voi. II, anno 1886, pag. 78. (2) M. Malagoli, Foraminiferi delle arenarie di Lama Mocogno. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Rendiconti delle adunanze, serie 3 \ voi. Ili, anno 1887. — Fauna miocenica a foraminiferi del Vecchio Ca- stello di Baiso. Bollettino della Società geologica italiana, voi. VI, anno 1887. — Il calcare di Bismantova ed i suoi fossili microscopici. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Memorie originali, serie 3a, voi. Vili, anno 1888. Foraminìferi miocenici del calcare a Lucina Pomum Duj.ecc. 427 tili, corno ho fatto per altre rocce in alcune delle mie precedenti pubblicazioni, mi si permetta di rispondere brevemente ad alcuni appunti che il Dott. Gustavo Dollfus di Parigi ha tratto da quelle nella sua piegevole relazione intorno a varie open'e italiane e stra- niere di Paleozoologia (*). _ 11 _ S1»n0r Dollfus, prendendo ad esame il mio lavoro sui fora- miniferi, da me scoperti nell’arenaria miocenica di Lama Mocogno nel Modenese, dice che quei piccoli fossili sono male conservati e che le figure corrispondenti ne danno una triste idea. Che i fos- sili siano male conservati, è un fatto che non si può menomamente revocare in dubbio, poiché si tratta di piccolissimi ed esilissimi gusci di rizopodi che si depositarono e si cementarono in un letto sabbioso ad elementi eterogenei di varia durezza; ma l’asserire che le figure corrispondenti non diano l’immagine fedele dell’og- getto, è un giudizio del tutto gratuito, mancando il confronto dell’im- magine reale col disegno. Anzi a questo proposito debbo avvertire che in tutte le tavole che soccorrono in parte al testo, ne’ miei precedenti lavori, ho sempre anteposto la fedeltà del disegno all’arte, essendomi sempre fatto una legge di non aggiungere, alle singole figuie, manco una linea che non fosse presentata daH’immagine nell’oggetto ingrandito. Prendendo poscia ad esaminare l’altro mio lavoro sul calcare di Bismantova, il signor Dollfus dice che tutti i fossili microsco- pici rinvenuti in quel calcare, sono specificamente indeterminabili. Ciò è vero per alcuni di essi, come io stesso ho fatto osservare nel predetto mio lavoro, ma non di tutti. Così per es. la Globi- gerina regularis d’Orb., la Globigerina triloba Reuss, l’ Orbulìna universa d’Orb. e la Rotalia Beccari Linn., che rinvenni in quel calcare, sono forme talmente caratteristiche, da essere facilmente riconosciute, anche a prima vista, non solo quando siano isolate, ma eziandio quando si trovano insieme ad altre specie nelle se- zioni molto sottili delle rocce che le includono. Degli altri fora- miniferi che vi rinvenni, e che giudicai appartenere ai generi Textu- la.ì la , Bulimina , Gaicarina , Tinoporus e Nunviiulites , determinai la specie, sempre colla massima riserva, sapendo quanto è facile 1 ingannarsi nello studio di tali organismi. Duoimi di non averne 0) Annuaire géologique universel. Paris 1888, tome IV, pag. 860. 428 M. Malagoli trovate in maggior copia per poterle studiare maggiormente e con- frontarle con sezioni fatte sulle specie conosciute e ben determi- nate, ma spero in un’altra occasione di poter cogliere il destro per colmare una tale lacuna. Ringrazio per altro il signor Dollfus della cura die si prende de’ miei deboli lavori, e piacerai qui dichiarare che tengo in gran conto le sue osservazioni per farne tesoro nelle mie future pub- blicazioni, non esclusa codesta, che presento a’ miei onorevoli e chiarissimi Colleghi. Esame della roccia. — A Montebaranzone, la roccia che ha servito a questo studio, è un calcare arenaceo a grana fina, al- quanto argilloso e non molto compatto, che esaminato al micro scopio si presenta come un impasto uniforme di sostanze calcareo-ar- gillose, cosparse di pochi granelli di quarzo, di feldespato, di mica e di alcuni elementi verdastri indeterminabili, insieme a minutis- sime e rare pagliette di idrocarburi solidi di colore nero o giallo-ros- sastro. Il campo è interrotto di tratto in tratto da frammenti di foraminiferi, fra cui si mostrano di frequente le globigerine. Codesti gusci di foraminiferi, anche se incompleti, si presentano con di- mensioni molto maggiori, relativamente alla grossezza dei granelli di sabbia, onde si compone in gran parte la roccia. Oltre a ciò, vi si rinvengono dei piccolissimi relitti di spoglie d'echini e pre- cisamente alcune frazioni esilissime delle loro spine. Ad occhio nudo m’ è riuscito di scoprire, in un frammento della roccia, una pic- cola miliolina, ma non ho potuto isolarla. Mi sono provato a sepa- rare dalla roccia, anche per mezzo di una soluzione concentrata di solfato di soda, che cristallizzando la riduce in minutissimi frantumi, e talora la polverizza quasi del tutto, i piccoli forami- niferi che vi aveva scoperto al microscopio, ma non mi è riuscito di raggiungere mai un risultato soddisfaciente. Però, codesto è un mezzo, dirò così, meccanico-chimico, che è in molti casi molto utile e quindi da praticarsi ogni qual volta si abbia da disgregare minutamente una roccia sedimentaria. Questo calcare racchiude inoltre alcuni molluschi, fra cui predomina la Lucina pomum Duj. che il prof. Gioii ha recentemente studiata in un suo pregiato lavoro inserito negli Atti della Società toscana di scienze naturali ('). (’) G. Gioii, La Lucina pomum Duj. Atti della Società toscana di scienze naturali. Pisa 1887, voi. Vili, fase. 2°, pag. 801. Foramhìferi miocenici del calcare aLucin a Pom u ni Daj. ecc. 429 Di queste Lucine, se ne trovano degli ammassi considerevoli, quasi tutte prive di guscio, e molto grosse. Altri nuclei di conchiglie vi sono stati rinvenuti dal prof. Coppi, che ne ha fatto l’oggetto di una sua pubblicazione ('). Io ho trovato in questa roccia, presso Montebaranzone, non lungi da Bocca Tagliata, un bellissimo nucleo di Cass idana echmophora Lamk., e fra gli esemplari di Monteba- ranzone, che hanno servito per le preparazioni microscopiche, ho rinvenuto una piccola impronta di Pecten. La roccia di Pantano, anzi che un calcare arenaceo-argilloso, si può dire un arenaria argillosa compatta. Al microscopio, si pre- senta sotto 1 aspetto di un impasto di minutissime globigerine, cementate e frammiste alle sostanze comuni onde si compongono le arenarie. La compattezza della roccia, permette di fare delle sottilissime preparazioni microscopiche, nelle quali si osservano, e si distinguono, con nitidezza meravigliosa, oltre alle comunissime globigerine, altri foraminiferi interessanti, di cui terrò parola fra breve. Tanto il calcare arenaceo di Montebaranzone, come l’arenaria compatta di Pantano, appartengono ad una lunga serie di strati del ; miocene medio, diretti ad est-nord-est ed inclinati a sud-est, la quale torma l’asse principale del primo contraforte dell’Apennino setten- trionale. Codesta zona miocenica incomincia ad apparire, nel Mo- denese, a Guiglia, per poi ricomparire alternativamente a Denzano, Puianello, Montagnana, Bocca Tagliata, Montebaranzone, Pigneto e Pescale. In quest’ultima località, la roccia è interrotta dal fiume Secchia, ma tosto riapparisce al di là, nella provincia di Peggio, a Boteglia, Baiso, Ondano, Pantano, Cotogno, Frascara ecc. La mag- gior parte degli strati di questa zona, è direttamente sovrapposta alle argille scagliose eoceniche, le quali, nel periodo del solleva- mento dei serpentini, sconvolsero quegli strati, interrompendone la loro serie naturale e frastagliandoli in diversi luoghi talmente ì da staccarne dei blocchi enormi, che tutt ora si trovano sepolti fra gli svariati e numerosi detriti delle argille scagliose. 0) F. Coppi, Sludi di 'paleontologia iconografica del Modenese. Parte prima. I Petrefatti, classe dei Molluschi cefalati. Modena, 1872. 130 M. M al a g oli IL Esame dei fossili. — Nella seguente rassegna dei piccoli fos- sili. che ho scoperti nelle sezioni microscopiche del calcare di Mon- tebarazone e dell’arenaria di Pantano, seguirò, come negli altri miei lavori, l'ordine sistematico tenuto dal Brady nella sua opera monumentale sui foraminiferi viventi nei mari attuali (Q. Miliolin t\ sp. La presenza di una miliolina nel calcare arenaceo di Monte- baranzone mi ha condotto a riferire a questo genere, alcune sezioni di piccoli fossili che ho rinvenute in quel Calcare e che per molto tempo le avevo ritenute indeterminabili. Fatti i debiti confronti ed esaminate le tavole dell'opera del Brady, ho trovato che le pre- dette sezioni presentano molta analogia colla sezione trasversale della Miliolina linnaeana d’Orbigny; ne differisce però alquanto nel rigonfiamento, poiché la sezione della Miliolina linnaeana , che è rappresentata nella tavola VI dell’opera del Brady (2), è un po’ depressa, mentre quelle trovate nel calcare di Montebaranzone, sono molto più rotonde. Avverto però che trattandosi, nel mio caso, di sezioni ottenute segando la roccia senza direzione prestabilita, come ordinariamente si procede quando la roccia da sezionare non presenta veruna traccia di stratificazione, potrebbe darsi che le sezioni, ottenute causalmente dalla roccia stessa, fossero un po’ oblique e che per ciò le sezioni risultanti non fornissero il criterio sulla depressione della conchiglietta. In ogni modo, è certo che si tratta di una Miliolina e che questa è molto affine alla Mi 'Mo- lina linnaeana d’Orbigny figurata dal Brady. Questa specie è tut- tora vivente nelle isole coralline dell’Oceano Pacifico, nelle sabbie 0) Report on thc scicntifìc results of thè Voyage of li. M. S. Chal- lenger during ycars 1873-76. Zoology. Voi. IX. London 1884. (2) Brady, Forum. Challenger, pag. 174, pi. VI. fig. 15-20. Report on thè scient. results of thè Voyage of II. M. S. Challenger, voi. IX, London 1884. Foraminiferi miocenici del calcare a Lucina Pom um Duj. ecc. 431 litoi ali dell isola Madagascar, ed è stata trovata fossile nei terreni terziari del bacino di Vienna ([) e di S. Alessandro d'Ischia (2). l extularia gramen d’Orb. T e x t u 1 a r i a fig. 4-6. gramen d’Orbigny, 1846. Foram. foss. Vien. p. 248. pi. XV. — Brady, 1884. Foram. Chall. pag. 365, pi. XLIII. fig. 9-10. Di questa specie, che rappresenta un tipo caratteristico e ben definito fra tutte le varietà del genere, non ne ho trovato che un solo esemplare, ma perfettamente conservato, nell’arenaria com- patta di Pantano. Vive, anche attualmente sotto varie latitudini, ed è comune nei bassi fondi marini in vicinanza delle coste. Bixlimiria, etili ti is d’Orb. Bui iraina affinis d’Orbigny, 1839. Foram. Cuba, p. 109, pi. II, fi g. 25, 26. — Bu liraina ovulum Reuss, 1850. Haidinger’s Naturw. Abhandl. voi. IV, p. 38, pi. IV, fig. 9. — Bu li min a affinis d’Orbigny, Brady, 1884, Foram. Chall. pag. 400, pi. L, fig. 14 a, b. Un solo, ma bellissimo, esemplare nel calcare arenaceo di Montebaranzone. Ha una forma ovato -acuminata ; presenta 9 loggie, di cui le superiori molto rigonfie e relativamente ampie, le infe- riori, e la iniziale, sono invece assai ristrette. Codesta specie tro- vasi tutt’ ora vivente. I5u.lim.ina pixpoides d’Orb. Bulimina pupoides d’Orbigny, 1846. Foram. foss. Vien. p. 185, pi. XI. fig. 11, 12. — Terrigi, 1880, Atti dell’Accad. Pontificia, d. Lincei, ann XXXIII, pag. 193, tav. II, fig. 30-34. — Brady, 1884. Foram. Chall. p. 400, pi. L, fig. 14 a b. Differisce dalla specie precedente per essere meno acuminata verso l’apice e per avere il guscio molto più grosso e le loggie (9 D’Orbigny, Paris 1839. Foram. de Vile de Cuba, pag. 153, pi. IX, fig. 11-13, sotto il nome di Triloculina linnaeana d’Orbigny. (2) O. G. Costa, Napoli 1856. Paleontologia del regno di Napoli parte 2a. Atti dell’Accademia Pontaniana, voi. VII, p. 185, sotto il nome di Quingue- loculina Josepliina, Costa. ■132 M. Malagoli più rotonde. Ne ho trovato un solo ma bellissimo esemplare nel calcare arenaceo eli Montebaranzone. Vive anche attualmente in tutti i mari e trovasi fossile dal posterziario in poi. Bulimina marginata d’Orb. Bulimina marginata d’Orbigny, 1826. Ann. se. nat. voi. Vili, p. 269, no. 4, pi. XII, fig. 10-12. — Bulimina acantliia Costa, 1886. Atti dell’Accad. Pontaniana, voi. VII, p. 335, tav. XIII, fig. 35, 36. — Bu- limina marginata d’Orbigny, Brady, 1884. P. 400, pi. L, fig. 15 ab. Di questa bellissima specie ho trovato due esemplari, en- trambi nel calcare arenaceo di Montebaranzone. Uno di essi pre- senta nettamente i caratteri del tipo, l'altro è un po’ dubbio, perchè non è stato sezionato lungo un piano mediano, ma secondo un piano ad esso parallelo, così che la sezione apparisce più breve e le loggie più piccole e in minor numero. Questa specie comune, e facil- mente riconoscibile, vive, anche attualmente, nel Mediterraneo e nell’Adriatico e compare allo stato fossile dal posterziario in poi. Nodosaria sp. Afiline alla Nodosaria subtertenuata Schwager ('). Ne diffe- risce per il numero maggiore delle loggie e per essere più acu- minata verso l’apice, Il numero delle loggie è di 8, mentre nella precitata specie dello Schwager, le loggie non superano mai il numero di 6, anche nelle più adulte. Inoltre il nodo di separa- zione fra una loggia e l’altra è meno strozzato nella presente che in quella dello Schwager. Il Brady (2), cita e figura la Nodosaria subtertenuata Schwager, come esistente nel mare del Nord. Lo Schwa- ger l’ha trovata fossile nel pliocene superiore d’Islanda. 0) Sclnvager, Foss. Foraminiferen vor Kar-Nikobar, Novara - Exped., deol. Theil, voi. II, p. 187, pi. IV-' VII. Vienna, 1866. (2) Brady, Forum. Challenger, p. 507, pi. LXII, fig. 7, 8. — Report on thè seleni, results of thè Voyage of II. M. S . Challenger. London, 1881. For amini feri miocenici del calcare a Lucina Po m u m Duj. ecc. 433 Globigerina bulloicles d’Orb. Globigerina b u 1 1 o i d e i tv ^ i CS c*’0rbgny, 1846. Forum, foss. Vien. n. 163 | fi'.-. 3-7 *' _ Bra- 593. pi. T.YYTY Specie comune, tanto nel calcare di Montebaranzone, quanto ne aienana di Pantano. Però, fra i molti esemplari osservati, ne ho ti ovato uno solo perfettamente conservato, e che presenta tutti 1 piu minuti particolari del tipo, in una bella sezione del cal- cale arenaceo di Montebaranzone. Esso offre 7 loggie rotondeg- gianti, a spirale decrescente, munito di un guscio relativamente sottile in cui si osservano, ancora distintamente, le sezioni dei minutissimi ■ tube t,ni cilindrici che servivano di passaggio agli innumerevoli e sottilissimi filamenti del microscopico organismo che ricoverami m quell esilissimo guscio. Trovasi pure negli strati miocenici a I Clmuhna ssaboi (Hantken) « e nell'arenaria oligocenica della penisola di Crimea (Vogdt) (2) ed è comunissima negli strati plio- cenici d Italia. Codesta specie, è la più comune di tutte le glo- agoiine e vive anche attualmente, in gran copia, in tutti i mari delle zone temperate. Globigerina b^lloiclos vai. triJoba Reuss. ^kibigcrnia bnlloides var. triloba Reuss, 1849. Denkschr d. k Akad IV iss. VVien, voi. I, p. 374, pi. XLYII, fig. 2. - Brady Forum Chall. p. 595, pi. LXXXI, fi g. 2, 3. Specie frequente in entrambe le rocce esaminate. L’ho pure scoperta m alcuni straterelli di un’ arenaria schistosa, miocenica, i ama Mocogno, nel calcare langhiano del castello di Baiso nei calcare oligocenico di Bismantova e nelle marne plioceniche r'f “■ Hmtke". Die Fauna dar Clami ma Sealoi Schichten, I Tlieil Forammferen. Budapest 1875. Mittheihmgc « dem Jahrbuohe der kit,, bngar. Geologisclien Anstalt, LV Band, I Heft, 1875. ,■ 7 (!i C- Ueier die Obereocàn undOligocàn Schichten der IMI- ». », 1889. Verhandtanga, der k. k. geologischen Keichsanstalt, 434 M. Malagoli del Modenese e del Reggiano ('). È tuttora vivente e trovasi sempre associata alla Globigerina bulloides d'Orbigny. Orbili ina universa d’Orb. Orbulina universa d’Orbignv, 1839. Forum. Culo, p. 3, pi. I, fig. 1. — Brady, 1883. Forum. Citali, p. 608, pi. LXXXI, fig. 15-17. Anche questa specie ho trovata comune nell’ima e nell’altra delle rocce che ho preso ad esaminare, ma le sezioni più belle, le ho scoperte nel calcare arenaceo di Montebaranzone. Questa bellissima e caratteristica specie cosmopolita, ho pure osservata nell’arenaria di Lama Mocogno nel Modenese, e nei calcari mio- cenici di Baiso e di Bismantova nella provincia di Reggio. Tro- vasi inoltre nelle formazioni oligoceniche della Germania (Reuss) (-) e nel miocene del bacino di Vienna. È comunissima nel pliocene e vive anche attualmente in tutti i mari. Nelle sabbie litorali si trova in grandissima quantità e quasi sempre in ottimo stato di conservazione. I i < » 1 «• 1 1 i; i boccarii Lin. sp. Eosalina viennensis d’Orbigny, 1846. Foram. Foss. Vieti, p. 177, pi. X, fig. 22-24. — Rotali a Becca rii Linnaei, Terrigi, 1880. Atti del- l’Àccad. pontifìcia d. Lincei, ann. XXXIII, p. 208, tav. Ili, fig. 62. — Brady, 1884. Foram. Ciudi, p. 704, pi. CVII, fig. 2, 3. In una preparazione microscopica dell’arenaria di Pantano, ho trovato una bellissima sezione della presente specie. Nella stessa preparazione, trovasi pure, oltre a molte globigerine ed orbuliue, la Big e aerina nodo saria d’Orbigny. Entrambe queste specie, cioè tanto la Rotalia , quanto la Bigenerina , non sono rappresentate nelle varie sezioni microscopiche che ho fatto sul calcare di Monteba- ranzone. La Rotalia beccarli Linné, sp. si trova eziandio in alcune formazioni mioceniche dell’Austria, ed è comunissima nel pliocene. (0 M. Malagoli, Foraminiferi pliocenici di Cd di Reggio. Bollettino della Società geologica italiana, voi. VII, fase. 3°. Roma 1889. (2) A. E. Reuss, Beitràge sur tertiaren Foramini /cren- Fauna. Sitzungsb. d. k. Ale. Wiss. Wien, voi. XLII, p. 355. Vienna 1860-1863. Foraminiferi miocenici del calcare a Lucina Pomum Duj. ecc 435 Trovasi di frequente nelle sabbie litorali dei mari temperati ed è molto comune nell'Adriatico e nel Mediterraneo. 1 *< di slomo] !:i erispa Lin. sp. Polystom ella erispa d'Orbigny, 1846. Forum, foce. Vico p ,25 vi 1880' a Forami: Si, £ # Di questa bellissima specie, ho trovato una piccola parte di guscio in una preparazione del calcare arenaceo di Montebaranzone e convergenti fé”611*6 “T C0nCamera2Ìoni- ^gemente arcuate 0 ” orific ,maCentr° COm"ne’ ciase"“a delle quali presenta -1. onde, settati disposti m una linea e ravvicinati all’ante- — erre:r ma -:,sile daireocene * — ni. furono^' tratte^ “ <Ì0NC.LDSI0NE' ~ azioni microscopiche, come toono tratte da alcuni campioni di calcare arenaceo di Monte- bai an zone, da me stesso raccolti nel Modenese, e da alcuni altri ..p-ovement, da Pantano nell'Apeimino di Peggio Emilia, raccolte ,.1 11 illustre prof. Pietro Doderlein, e che tuttora si trovano nel lisce geologico della r. Università di Modena, diretto tanto lode- vo men e dal benemerito prof. Dante Pantanelli, sono caratteriz- , dalla frequente presenza delle globigerine ; tanto che, le rocce ta cui derivano, si possono raggruppare nella sezione delle rocce che da quelle prendono il nome e delle quali si hanno delle letizie preziose, dovute all'opera solerte e intelligente dell'il- "stre prof. Giovanni Capellini («). Degli altri foraminiferi che •i ho rinvenuti, nessuno è stato registrato come frequente, ma non li Kn,iat0 cm firmMftr, dei dimorai " "“dicon,. dell Accademia delle scienze dell’Istituto di Bolo- olòmcL Pe / rr ,JrT"' h nccie “ Slobigerinc ielVApennino '.- L ’ d’ Acc- d- sc- d- Istil~ di Bologna, 1880. _ Il macigno IZ‘Toe JT- a 9MiS‘ri™ ielVApennino bolognese. Memorie ad. d. sc. d. Istituto di Bologna, serie 4a, tomo II, 1881. 430 M. Malagoli. Foraminiferi miocenici del calcare ecc. si può asserire che siano per questo del tutto rari o poco comuni, poiché io credo che, se si moltiplicassero le preparazioni micro- scopiche, si troverebbero molti duplicati e fors' anco delle specie nuove o poco note. Ma per le difficoltà che talora si presentano nella preperazione meccanica di codeste sezioni e per il tempo abbastanza lungo, che per ciascuna di esse si deve impiegare, poiché non è infrequente il caso in cui occorrono tre o quattro ore per farne una soltanto, non si può sempre disporre di un grandissimo numero di tali sezioni, come si desidererebbe e come occorrerebbe per uno studio monografico più esteso di quello che non sia la presente noticina. In ogni modo si può stabilire che le rocce esaminate con- tengono delle miriadi di gusci di Globigerine , moltissime Orbu- liìie , e diversi rappresentanti dei generi Miliolina , Textularia , Rigenerino, , Bulimina, Nodosaria , Rotalia e Poli) stornella. Siccome poi si trovano, di codesti generi moltissimi e fre- quenti rappresentanti nelle sabbie litorali dei nostri mari, ivi riget- tati dai marosi, e moltissimi altri ancora che vivono attualmente nel mare a piccolo profondità, così si può ritenere che le rocce esa- minate e la serie degli strati ai quali appartengono, si sono for- mate a poca distanza dalle coste e a mediocre profondità. La natura .-tessa, della roccia è un fatto che depone in favore di codesta ipotesi. Inoltre è da notarsi che, per ragioni stratigrafiche e paleontologiche, si può ritenere che gli strati di Montebaranzone siano più recenti di quelli di Pantano e che questi ultimi lo siano, a loro volta, ancor più di quelli che nell’attiguo Apennino bolognese sono rap- presentati dai calcari a bivalvi nelle località di Monte Cavallo. Stagno e Casola (:), quantunque tutti questi strati siano riferibili allo stesso periodo geologico, cioè al miocene medio. Mario Malagoli. p) G. Capellini, Calcari a bivalvi di Monte Cavallo, Stagno e Casola nell' Apennino bolognese. Memorie dell’Accad. d. se. d. Istit. di Bologna. 1881, serie 4a, tomo II. APPUNTI STORICI SULLE TEORIE SISMOOHIMICHE Avevo appena terminato di leggere la Memoria del prof. Bom- birai L. dal titolo : Sitila comunione fisica del rilobo terrestre sulla, angine della sua crosta litoide , sulle cause dei moti sì- smci che piìi frequentemente vi avvengono (>), quando mi ac- cusi a compilare ima Bibliografia sismica italiana : nel rileg- gere molte pubblicazioni del 1500, del 000 e del 700, trovate nella iblioteca universitaria di Pavia, mi accorsi elle la teoria sismo- cbunica non era appunto nuova, che anzi era stata accennata discussa e combattuta in parecchie delle opere che io potei con Credendo di far cosa utile per la storia della sismologia P esi paiecchi appunti, che poscia andai riordinando e ehe infine presento ora raccolti in questa Memoria: con ci5 non intendo prah • di avei fatto un lavoro completo ma bensì un semplice saggio nel quale, mio malgrado, si riscontrano parecchie lacune, che “in suc- tave'™ TflC1 a"'?™ riempien'10’ se mi Eara possibile consul- tale parecchi lavori di cui ora conosco solo l'esistenza. Onde poi non moltiplicare di soverchio il numero delle cita- zioni a pie di pagina, ho creduto di raccogliere nell'elenco ani appresso il titolo delle opere ed il nome degli autori, in ,m 2 indicazioni del tipografo e dell'anno di pubblicazione. Per le cita- zioni mi sono servito di due numeri, uno a cifre romane e l'altro daiaij, Che posti fra parentisi quadre; il primo serve a specìtì- f / °Pfa deU autore- seeond° « numero dell'elenco qui riportato, • altro la pagina. Così, per esempio, trovandosi [XV. 73] si inten- erii la pag. 73 dell'opera di Vivenzio intorno ai calabri terremoti. (1) In Memorie della r. Acc. dell'Istituto di Bologna. Serio IV, tomo Vili. 438 M. Baratta OPERE CONSULTATE I. Pirotechnia libri dieci composti per il S. Vannuccio Biringuccio, no- bile senese. Con il privilegio apostolico MDL. In Yinegia per G. Padoano, à istantia di Curtio di Nauò. MDL. IL Del Terremoto, dialogo del signor Lvcio Maggio centil hvomo Bolognese. In Bologna per Alessandro Bonacci. MDLXXI, con licentia de’ superiori. III. Io. B. Portae, De aeris transmutationibus Romae. Apud Iacobum Mascardum MDCXIV. IV. Liberti Fromondi Meteorologicorum Libri sex. Antverpiae ex offi- cina Plautiniana, Apud Baltliasarem Moretum et Viduam Ioannis Moreti, et Io. Meursium. MDCXXVII. V. Renati Des Cartes, Principia philosophiae. Amstelodami. Apud Lovicum Elzevirium Anno cididcl. Cum privilegio (Pars Quarta). IV. Petri Gassendi. Opera. Pars secunda Phisicae : De rebus terreni s ina- nimis. Lydnuni. MDCLVIII. VII. Tre articoli del Dottor Martin Lyster : il primo Della natura dei ter- remoti etc., in Transazioni filosofiche anglicane 1683, N. 157. Vili. Lemery, Explication physique, chymique des feux souterrains, des tremblements de terre, des ouragans, des eclairs et du tonnerre in Histoire de l’Academie Royal des Sciences. Année MDCCC. Paris, chez Jean Rondot MDCCIII. IX. Lettera scientifica intorno alla cagione dei terremoti scritta dal Dottor Girolamo Giuntini in Firenze MDCCXXIX. Nella stamperia di Bernardo Raperini. X. Cirilli, Histoire d'un tremblement de terre qui a désolé en 1731 la Puille et presque tout le Royaume de Naples, in Transactiones philosophiques de la Société Royale de Londre, trad. francese di Bremond. Anno MDCCXXm, Bologna. XI. Sopra il Tremuoto, lezioni tre, in Raccolta d’opuscoli scientifici e filo- sofici, tomo Vili. In Venezia appresso C. Zane. Con licenzia dei supe- riori MDCCXXXII (i). XII. Compendio delle transazioni filosofiche della Società reale di Londra, recate in italiano ecc. Venezia 1793, parte I, tomo III, e tav. I (2). XIII. Dictionnaire raisonné universe d d' Histoire natur elle par Valmont de Bomare. Nouvelle édition, tomo IX, Paris cliez Brunet, MDCCLXXV, articolo : Tremblements de terre. (Q Questo scritto è del Bottari, Punico sostenitore con il Piddington, della teoria areosismica ; nel contesto della Memoria perciò troverassi sempre indicato sotto il nome del Bottari. (2) Nel contesto il numero XII porta il nome dell’Olivi poiché le cita- zioni fatte si riferiscono quasi esclusivamente alle note che questo professore ha posto al compendio delle transazioni. Appunti storici sulle teorie sismochimiche XI\r. De Vélectricité des météores pour M. l’abbé B Paris chez Croullebois MDCCLXXXVII 439 I. Le spaventose catastrofi causate dal terremoto, specialmente se le scosse sono sussultorie o verticali ; l’istantaneità con cui queste si propagano ; il cupo rimbombo che spesse volte accom- pagna il moto sismico ed alcuni altri fenomeni che soglion al terremoto essere concomitanti, hanno fatto certamente nascere nel- 1 uomo, che per poter meglio esprimere i suoi concetti ha bisogno di alcunché cui riferirsi, l'idea di paragonare questo misterioso fenomeno allo scoppio di una mina. Il primo accenno a mio credere — lo troviamo nel Bi- ìinguccio, che nel 1550 pubblicò un trattato intitolato Pirotechnia : costui infatti, parlando delle mine, così si esprime : “ ^tteso cIie cou l’operatione di questa si rapresentano delli elementi et del cielo le più formidabili et bombili loro effetti, con li quali bene spesso con escessivo danno et offesa delli hvomini si puano come se fossero in elli repentini fulgori o spauentosi ter- remoti ... » [I. 112]. Il quale concetto egli più volte nel suo libro ripete, fra cui in quest altro passo che bramo ricordare : Appi esso alli mirabili effetti delle artigliane, non ci si di- mostrano essere minori ne di manco nella considerazione, bombili quelli che fa la polvere con il fuoco nelle mine sotterranee, li quali, veramente, . non solo sono simili alli spauentosi terremoti na- turali ma puotesi anche dire che questi dell’arte con maggior ef- fetto di gran longa quelli della terra trapassino » [I. 157], Anche Lucio Maggio (1571), quantunque sostenesse essere causa efficiente del terremoto l’esalazione aristotelica, accenna pure al paragone con le mine : « perchè mi pareva » dice « che questo fosse un effetto molto simile a quello delle mine con le quali, quasi 410 M. Baratta imitatori della natura, facciamo le medesime mine (benché per minor spazio) che suol fare il terremoto » [IL 14 coatro~\. Questo paragone quasi un secolo più tardi adopera pure il Porta (1614) il quale scrive che l’esalazione data dall’azione del fuoco sotterraneo sullo zolfo o bitume « admodum pyrius pulvis in aeneis aceensus, aut in subterraneis cuniculis, arces, castra et urbes evertit [III. 195] et deturbat : si per vim elisionis exclu- sus spiritus, ingentem terrae partem abrumpit, ac suo ictu, summo fragore, bombili strepitìi ad summum arcem substulit et inter- ranea emovit » [III. 196]. Il Fromond (1637) mostra anch’egli la grande affinità che hanno gli effetti prodotti dal terremoto con quelli dei cuniculi specialmente quei chiamati rliecles ed effractor per cui noi « lo- vem fulminantem, ita Neptunum, terrae-quassatorem, pulvere cu- niculario imitamur ». Indi il Fromond paragona l’effetto prodotto da una mina scoppiata sotto le mura del Castello di Bologna (') — che sol- levò gran parte del terreno con il sovrastante sete cello e fece oscil- lare e quasi pendere in aria quell'ingente mole di terreno — con gli effetti del terremoto dell’anno 1116, risentito nella valle padana: * coeterum » dice « haec motus, aut quia spiritus profundior est. aut pluribus locis suppositus, latius quam cuniculi terrorem spar- git » [V. 220]. Riproduce lo stesso paragone anche il Bottari [XI. 40] ed il Giuntini il quale crede che la violenza della esplosione sia aumen- tata per effetto dell’aria che va dilatandosi [IX. 19]. II. Ora è naturale che dal paragone degli effetti prodotti da una scossa di terremoto con quelli dello scoppio di una mina, si pas- sasse poi ad ammettere che le vibrazioni della crosta terrestre, causate dall’azione delle forze endogene, fossero il risultato della propagazione dell’urto promosso da uno scoppio sotterraneo. Cono- scendo poi la ragione per cui le mine si accendono, che necessi- (9 Guicciardini, libro X. 441 Appunti storici sulle teorie sismochimiche tano, cioè, di ima cavità in cui si raccolgano le sostanze esplo- denti e di un agente che ne determini la esplosione, è evidente si cercasse fin d’ allora di applicare tali concetti alla spiegazione della causa efficiente dei terremoti stessi, gettando così le vere basi della teoria sismochimica. III. Onde i miscugli detonanti — che la ipotesi sismochimica ammette causa dei terremoti — possano esplodere, ed esplodendo far vibrare più o meno fortemente la crosta terrestre, è necessario che esistano delle cavità sotterranee in cui detti vapori si possano raccogliere e trovar l’aria necessaria per la loro accensione. Il Giuntini [IX. 29] dice che la esistenza di tali cavità è dimostrata dagli stessi effetti meccanici dei terremoti più gagliardi, cioè dal subbissarsi di certe porzioni di suolo, da prodigiose ap- parizioni di isole, dall’ elevarsi di certe montagne, dall’ abbassarsi di cert’ altre etc., etc. Cita a questo proposito [IX, 30] il fatto osser- vato dal Duhamel (!) che, mentre il Vesuvio era in eruzione, vide asciugarsi il lido di Napoli per un buon tratto : « removente in- terim monte absorptas hiatibus aquas admixto sulphure ignescentes » . Rammenta pure un altro fenomeno, ricordato dal Kircker nel suo Mmdus subterraneus, che dice di aver visto scomparire il Castello di S. Eufemia durante una gagliarda scossa ed in suo luogo — terminata questa — aver trovato un lago di acque fetentissime. Il Giuntini conclude — dopo aver quasi divinato l'ufficio che ha nella economia del globo l’interno dinamismo — ammettendo che dall’ alzarsi o dall’ abbassarsi di certe porzioni di suolo necessaria- mente si debba riconoscere la esistenza di ampie concamerazioni, come di già avevano intravveduto molti antichi scrittori, fra cui cita questo passo di Seneca : « Non toto solido contextu Terra in unum usque funditur, sed multis partibus cava, et caecis suspensa latebris, habet inania sine humore » (2), ed altrove dice anche : « sub terra.... sunt enim specus vasti, sunt ingentes recessus....» (3). (ri De Meteoris tom. V, cap. 2. (2) Nat. Quaest. L. 5, cap. lo. (3) Op. cit. L. 3, cap. 6. 29 M. Baratta Il Bottari invece, sostenitore di una teoria sismica extratel- lurica e più precisamente dell’ aereosismica, scrive [XI. 27] che - primieramente niuno evidente riscontro abbiamo di queste tanto decantate vastissime caverne, se non nella semplice affermazione di molti scrittori, che si sono andati seguitando come la grue, senza esaminare a fondo questa verità » . Delle grotte di cui egli dice di aver avuto notizia, ha appreso come non sieno nè troppo nu- merose, nè troppo smisurate per vastità : dice poi a pag. 28 che nel girare le catacombe di Roma nessuno mai ebbe a trovarne, quantunque il suolo sia facilmente in preda a furiosi terremoti : conchiude che dall’esame delle spaccature di certe montagne si può affermare « che almeno sotto la superficie della terra a noi nota, non ci sono queste grotte sotterranee smisurate » . Il Capparrotti [XVI. 34] deduce l' esistenza delle sotterranee caverne dal fatto che le eruzioni dei vulcani si succedono l’una all’altra per quanto i vulcani stessi sieno distanti ; questo fatto scrive ci « persuade abbastanza che sia interamente vuota e sca- vata in molte parti la terra, onde continuar possa e non inter- rompersi la traccia del fuoco che attraversa successivamente tanti e disparati vulcani ed onde accesa che sia in un luogo, presta- mente attraversi spazii del sotterraneo mondo vastissimi ed im- mensi ». Altro argomento che questo autore adduce per dimostrare re- sistenza delle sotterranee concamerazioni, si è la penetrazione del- l'acqua piovana nelle Idra filari dei monti giacché l’acqua « tro- vando luogo adatto pel suo soggiorno sotterra » è necessario che vi sieno dei vani in cui essa si possa accogliere in un all’aria « che sempre in gran copia con l'acqua si mescola » . IV. Le sostanze impiegate nella fabbricazione della polvere da mina sono : lo zolfo, il carbone ed il nitro ; ed appunto all’accen- sione sottoterra di tali corpi, in un a parecchi altri — primi fra tutti le piriti e la calce — si fece risiedeie la causa dei ter- remoti. Riguardo alla decomposizione di questi miscugli esplosivi gli 443 Appunti storici sulle teorie sismochimiche scrittori si possono dividere in due categorie : in quelli che am- mettono che questa sia operata per azione dell’ acqua ed in quelli che la fanno dipendere interamente dal fuoco. L. Maggio [II. 14 contro ] dice che certi autori fanno pro- venire il terremoto dalla « esalazione che si accende e diventa fiamma » però egli combatte questa asserzione giacché a lui pare che lo scuotimento della terra sia causato da qualche misto im- perfetto (!), che si genera entro la terra istessa. Il Porta accenna alla composizione delle sostanze esplodenti nel seguente passo : « subterraneus ignis in bitnminem et sulphur agens, aliosque infiammabiles vapores.... » [ITI. 195], i quali — come nel tuono, giacché è nota a tutti la credenza di quei tempi espressa nella frase : « Nihil aliud terraemotus est, quarn subter- raneum tonitruum et tonitruum est coeleste terremotus» [III. 196] — cercano di mettersi in libertà. Il Fromond invece poco si addentra su questo punto : dice solo che la principale causa del terremoto è lo « spiritimi sulphu- remn et igneum e terrae visceribus resoiutum, non ventimi aut aerem superne per meatus infusimi » [IY. 200]. Il Gassendi, se non erro, pel primo introduce il metodo scien- tifico sperimentale in sismologia ; egli [VI. 43] aggiunge ai ma- teriali componenti la sostanza esplosiva la calce non spenta, la quale, mischiata con zolfo e bitume, produce una miscela che, bagnata anche con un solo sputo, si accende : quindi egli si fa la domanda se tali miscele possano produrre sottoterra delle grandi accensioni, abbondando nelle viscere del globo la calce. Il Lister [VII. I articolo] ammette la teoria aristotelica so- stenuta — come abbiamo visto — anche dal Porta sulla iden- tità del fulmine e del terremoto, ambedue causati dalla esala- zione delle piriti che si accendono od in cielo o sotto terra ; anzi egli crede che la sola pirite, fra tutti i solfuri conosciuti, con- tenga dei vapori infiammabili. Il Lemery, novello Gorini, sviluppa maggiormente la parte (>) I misti imperfetti secondo l’autore sarebbero corpi che non sono sem- plici nè misti perfetti, ma che sono talmente misti cui poco manca ad essere semplici, come la pioggia, la neve e la grandine cui poco manca ad essere acqua. 444 M. Baratta esperimentale, già accennata dal Gassendi e riesce a formare dei veri vulcani artificiali facendo una miscela di limatura di ferro e di zolfo polverizzato in un ad acqua. Non è qui il luogo di parlare di queste stupende esperienze ; egli poi applica le sue dottrine alla spiegazione della causa dei terremoti come si può vedere da queste poche righe che istralcio dalla sua Memoria [Vili]. « Les tremblements de terre sont apparemment causés par un vapeur qui ayant été dans la fermentation violente du fer et du soulfre, s’est convertie en un vent sulfureux lequel se fait pas- sage, et roule par où il peut, en soulevant et ébranlant les terres sous les quelles il passe. Si ce vent sulphureux se trouve toujours ren- fermé sans pouvoir pénétrer aucune issile pour s’échapper, il fait durer le tremblement de terre long temp et avec des grands effects jusqu’à ce qu'il ait perdu son mouvement: mais s’il trouve quelques ouvertures pour sortir, il s’élance avec grande impétuosité ». Il Giuntini trova giusto il concetto del Gassendi ed, essendo persuaso dell’esistenza di sostanze bituminose e sulfuree, non trova « cagione più propria da assegnarsi al terremoto che una subita e repentina accensione delle medesime nelle viscere della terra, aiutata e forse promossa dalla elasticità e dall’espansione del nitro sotterraneo in guisa per avventura non molto dissimile dell’accen- sione che fassi nell’aria del fulmine, da sulfuree e nitrose esala- zioni parimente prodotto » [IX. 17]. L’Olivi spiega assai bene la produzione dei vapori combustibili, la loro esplosione ed il modo con cui questa si trasforma in moto vibratorio ; egli, dopo aver detto, essendo sostenitore della teoria elettrochimica, che l’elettricità agisce in due modi diretto ed in- diretto scrive: « Ma essi (terremoti) più frequentemente sono li- mitati ad uno spazio minore e sono accompagnati o da una eru- zione di lava, o da una esplosione di fluidi gazzosi. Vi è dunque ragione giudicarli prodotti dall' impeto di gaz che nel centro si formano e si sprigionano. Di questi adunque la causa prossima sarebbe l’accendimento delle piriti e delle altre materie combusti- bili, che, decomponendo l’acqua, deve originare molto gaz idrogeno, il quale si espande con forza e porta alle pareti una agitazione violenta che si comunica ai siti adiacenti » [XIII]. Il Bomare [XIII] dice che « ciò che il Lemery, l’Hom- berg, il Newton, l’Hoffmann ed il Boerhaave dicono delle mi- 445 Appunti storici sulle teorie sismochimiche scele di ferro, di solfo e di acqua, che producono in piccolo ef- fetti assai identici a quelli dei vulcani o dei terremoti, si può anche operare per mezzo della decomposizione di grandi quantità di piriti sulfuree e ferruginose, che per sciogliersi hanno bisogno d’acqua di cui la terra abbonda a grandissime profondità : queste, venendo in contatto, si scaldano e lo zolfo s’ infiamma, ed allora l’aria, di cui — secondo Halles — se ne trovano circa 43 pollici cubici in un pollice cubico di pirite, preme in tutte le direzioni. L'acido vetriolico, combinandosi con il ferro, produce un in- nalzamento di temperatura, quindi una ebullizione che genera un gaz assai denso e di odore insopportabile. Questa accensione comu- nicandosi di luogo in luogo, dilata o rarefà le masse d’aria con- tenute nelle cavità sotterranee, le quali cercano di uscire, ma, non potendolo, sollevano le rocce circostanti, producendo o delle scosse appena sensibili oppure violente, in una parola dei terremoti; se invece possono uscire da qualche cavità formano i così detti vulcani. Ora [XIII. 107] se si riflette che la terra contiene infinite quantità di caverne riempite di materie combustibili, come i car- boni di pietra, i bitumi, gli zolfi capaci di eccitare la combustione e di mantenerla : se si considera che le pietre a faglie che accom- pagnano le miniere di allume e di carbone, dopo essere state am- monticchiate ed esposte per qualche tempo al sole ed alla pioggia, prendono da per sè stesse fuoco producendo una vera fiamma: se si considera che i sotterranei delle miniere e specialmente quelli di pirite, di carbone sono riempite di gaz che prendono facilmente fuoco e che, esplodendo, producono effetti violenti simili a quelli del tuono; se si considera infine che per l’azione del calore l’acqua si trasforma in vapore, facilmente ognuno potrà convincersi della causa e degli effetti della sotterranea artiglieria » . Il Yivenzio [XV] che scrisse intorno ai calabri terremoti, sostenitore della teoria elettrosismica, dice che la esplosione cau- sata da accendimento di sostanze detonanti può essere anche rite- nuta come causa di quei terremoti. A pag. 55 (voi. I; nota 79) soggiunge che l’esplosione si può artificialmente produrre con la combinazione di una parte di aria deflogisticata e di due di aria infiammabile : come consti che nelle viscere della terra si ritrovi in grande quantità l’aria infiammabile, di cui i minatori hanno pro- vato molte volte funesti effetti : che le piriti, l’allume producano 446 M. Baratta dell’aria deflogisticata e che infine il miscuglio detonante possa ac- cendersi per l’azione di una debolissima scintilla. Ora, egli sog- giunge, abbondando nelle Calabrie, miniere di sostanze atte a pro- durre le due qualità di aria, qual meraviglia, potrebbero dir molti, che combinandosi l’aria infiammabile con la defiogisticata nelle viscere della terra, si possano produrre tutti i disastri che sono avvenuti ? L’autore — quantunque dica che tale ipotesi non sia impos- sibile — è d'avviso che la causa efficiente dei terremoti provenga da uno squilibrio di elettrico, che questo sia il primo ed il più potente degli agenti e che gli altri tutti non sieno che fattori se- condari. Il Capparrotti, anche egli fautore della ipotesi elettrosismica, cerca esso pure, come il Yivenzio e l’Olivi, di conciliare questa teoria con la sismochimica. « Egli è ancor noto » dice [XYI. 97] « che tutti i minerali, i vegetabili, gli animali nella loro decom- posizione sviluppano non solo una certa quantità di tìuido elettrico, ma di gaz idrogeno, e che questo fluido areiforme, combinato con l’atmosfera in date proporzioni, al solo contatto di una scintilla elettrica fermenta, s'infiamma, detona. Ora essendo perenne la scom- posizione degli esseri in natura, ci giova adunque credere che questo gaz, combinato con l’elettricismo, possa cospirare alla produzione del terremoto, e di molti altri fenomeni che l'accompagnano » . Ma contro a questa nuova ipotesi sulla teoria dei terremoti si scagliano il Bertholon ed il Bottari. Il Bottari [XI.] dopo avere a pag. 55 accennato al terremoto del- l’anno 16 di Giustiniano, a quello dell’anno 27 del medesimo, terre- moti che scossero una grande estensione di terreno ; dopo aver pure a questo proposito ricordato il terremoto di Napoli del 5 giugno 1688 (*) che fu risentito fino a Smirne; quello di Sicilia del 1693 sentito nelle Calabrie ed a Malta; quello del 1667 che rovinò Kagusi e si sentì nelle isole dell’Arcipelago, soggiunge : « Ora per sostenere questo sistema (l’ipotesi dello scuotimento causato dall’esplosione) biso- gnerebbe immaginarsi sotto terra traccio immense di materia com- bustibile, e che comunicano fra loro per spazi smisurati e che questa comunicazione non fosse nè dalle altissime trincee di monti, nè (2) G. Baglivi, De terraemotu Romano ; pag. 504. Lugdnani, 1704, in 4. Appunti storici sulle teorie sismo chimiche 447 dalle profondissime fosse dei mari tagliata » . [XI. 56] Dimodoché par esempio, essendo in eruzione il Mongibello sarebbe necessario che da esso — come osserva il Borelli (5) — partissero infinite di- ramazioni di materie sulfuree, le quali senza interruzione passassero sotto il mare e che, risalendo alla superficie ed accendendosi, ca- gionassero gli scuotimenti sismici. Ma ciò — secondo il Bottali (pag. 57) è malagevole ad essere compreso, quantunque alcuni (2) ammettano che fra i vulcani esista una certa corrispondenza e citino fra gli altri il fatto che, quando nel 1631 si mise il Vesuvio in attività, il monte Senio nell'Etiopia cominciò pure ad eruttare. Ma, soggiunge il Bottali (pag. 58, 59), a questo fatto non si deve prestar molta fede perchè l'Etiopia è una contrada troppo lontana, poco visitata ed assai barbara e poi perchè, venendo in luoghi più vicini, si è visto che, essendo in at- tività il Mongibello, si tacque il Vesuvio : e spento quest’ ultimo, si misero in azione i vulcani delle Eolie. Infine il Bottali è per nulla persuaso che l’accensione delle ma- terie sulfureo-bituminose possa produrre il terremoto perchè (pag. 69) questo allora si dovrebbe propagare non in superimi concentriche ma bensì lungo certe strisele di terreno sovrastanti alle comuni- cazioni sotterranee. Il Bertholon [XIV. 339] dice che nessuno dei fatti recati in campo, nemmeno la reazione prodotta da miscele di zolfo, bitume ed altre materie infiammabili, nè le efflorescenze piritose, nè l’aria esplodente sono capaci di produrre i prodigiosi e terribili effetti dei terremoti, le cui scosse si possono far risentire in tutte le parti del mondo. A pag. 341 dice che lo Stukeley (3) osserva assai giu- diziosamente che se i vapori infiammabili o le altre cause che si assegnano ordinariamente, hanno scossa una massa di 300 miglia di diametro, queste materie devono essere state poste a 200 miglia di profondità, e che quindi esse furono obbligate a smuovere un cono rovesciato di terreno, la cui base è di 300 miglia di diametro e Tasse di 200 miglia, effetto che alcuna causa conosciuta non può (B Borelli, De incendio rnontis Aetnae. Gap. I. (2) Gio. Batt. Masculo, De Vesuvio-, Baglivi, De terraemotu romano , pag. 502. (3) Gli scritti dello StHkeley sono pubblicati in tre note nelle Trans. Filosofi di Londra, 1750. T. 46, n. 497, pag. 641, 657 e 731. 448 M. Baratta produrre, giacché tutta la polvere da cannone fabbricata dopo la sua invenzione, non sarebbe stata capace di smuovere tale immensa e pesante massa di terreno. Y. Cartesio [Y] prima di parlare del modo con cui nelle cavità sotterranee si possono accendere i grassi vapori si ferma alquanto a discorrere sulla natura del fuoco (V. Cap. 80) ed in qual modo questo primieramente si possa eccitare (cap. 81) ed, eccitato, si conservi (cap. 82) e si aumenti (cap. 83) : parla quindi dei vari metodi per eccitarlo, quali la percussione e lo strotinamento delle selci (cap. 84-5), la concentrazione dei raggi solari (cap. 86) ecc., ed infine accenna al modo di sviluppare calore idratando la calce viva (cap. 88). Nel capitolo XCIV egli cerca di risolvere il problema del modo con cui nelle cavità terrestri si possano accendere i vapori esplosivi, applicando i principi anteriormente esposti ed in questa Memoria solo brevemente numerati. « Hic antera omnibus modis » dice egli [Y. 240] « non tantum in terrae superficiem, sed etiam in eius eavitatibus, ignis potest accendi. Nam ubi spiritus acres, crassarum exhalationum meatus ita possuut pervadere, ut in iis flammam accendali!; et saxorum aut silicum fragmenta, secreta aqua- runi lapsu aliisve causis exesa, ex cavitatimi fornicibus in substra- tum solimi decidendo, tum aererà interceptum magna vi possuut explodere, tum etiam silicum collisione ignem excitare: atque ubi semel unum corpus flammam concepit, facile ipsam etiam ali i s vi- cinis corporibus ad eam recipiendam aptis, communicat. Flammae enim particulae istorum corporum particulis occurreutes, ipsas mo- vent et seenni abducunt. Sed hoc non tantum spectat ad ignis ge- nerationem, quam ad conservationem.... » Il Giuntini [IX. 20. 21] scrive che alcuni non credono ne- cessaria la produzione di fiamma per l’accensione delle miscele esplodenti, ma reputano sufficiente la sola interna agitazione, il mo- vimento, il riscaldamento; ma, quantunque, egli dice, il voler deter- minare come ciò segua appunto ogni qualvolta prendono fuoco, sia un voler troppo addentro inoltrarsi nei segreti della natura, tut- tavia egli crede che, come vi sono molte maniere per produrre del Appunti storiai sulle teorie sismochimiche 449 fuoco, non sia del tutto improbabile che ora l'ima ed ora l'altra agiscano sotto terra come, per esempio, l’ irrorazione che eccita l'effervescenza della calcina e l’accensione della nota miscela di calce viva, di nitro, zolfo e bitume, sostanze tutte che si trovano nelle voragini aperte dai terremoti. La percussione, la caduta di macigni dalle volte delle caverne sono tutte cause che possono risvegliare il fuoco, come pure le scin- tille che si sprigionano pel contatto e per l’arrotondamento delle selci o di altre pietre. Altri credono, prosegue il Giuntini, che una forte corrente di aria, a guisa di mantice, serva a determinare l’accensione negli anditi sotterranei delle materie esplosive già predisposte a scop- piare ; cita a conferma di questa asserzione l'opinione di Strattone che gli incendi dell’Etna e del Vesuvio « si inaspriscano per il romoreggiare furioso dei venti che aizzano il fuoco ». Secondo i filosofi più assennati l'azione più adatta per produrre una grande quantità di calore sarebbe il moto intestino delle parti « chè ben si sa, consiste non in altro il calore che in un moto celere e perturbato delle particelle » [IX. 23[|, vale a dire « una fermentazione ed una agitazione delle particelle nitrose e sulfuree le quali, qualunque ne sia la cagione, talvolta pongonsi in moto, e giunte che sono alla somma intensione del calore, si infiammano e destano im- provviso incendio - {icl.). Il Giuntini osserva pure in questo luogo come per la fermen- tazione si possano accendere molte sostanze che si putrefanno e come si riscaldi per puro mescolamento lo spirito di vetriolo, e l’olio di tartaro. Il Duhamel (*) allorquando tratta del fuoco sot- terraneo e del terremoto cita il caso di una accensione artificiale accompagnata da fiamma ottenuta mescolando dello spirito di tre- mentina con acqua forte. L’Olivi [XII. 302] crede che l'elettricità abbia un certo uf- ficio nell'accensione delle sostanze esplodenti, perciò sempre ad essa dovrebbe attribuirsi la causa dei terremoti, causa però in tal caso assai remota e subalterna. Di questa opinione era pure il Vivenzio, come precedentemente si è detto. f1) Duhamel, Physicae, pars II : de meteoris cap. 2. 450 M. Baratta VI. Il Giuntini [IX. 24] dice « sebbene poco o nulla sarebbe da valutarsi per avventura l’aver fatto parola del fuoco, se la mira prin- cipale non avessi all’aria, della quale, come da prossima ed im- mediata cagione, riconosco deve le sue sconfitte, i suoi tremori la terra » . Egli dice che senza la sua azione non può ardere il fuoco nò essere destata fiamma : cita il fatto che il fucile non esplode nel fuoco: e ciò sia perchè, come alcuni vogliono, l'aria non contenga gli elementi del fuoco, sia perchè, secondo altri, senza di essa non possano questi elementi sciogliersi. L’aria perciò deve trovarsi sotto terra e quivi deve essere capace di dilatarsi. Si in- trattiene quindi a parlare del gran potere che ha l’aria di dila- tarsi e riporta fra le altre, l’esperienza di una palla di piombo, cava internamente e ripiena d’aria, che, quantunque serrata erme- ticamente, se messa sul fuoco scoppia. « I monti ignivomi » dice a pag. 33 « sono gli spiragli per cui l’aria esterna penetra a fo- mentare il fuoco ». VII. Un terremoto generalmente non è composto di una unica scossa ma bensì di parecchie che possono durare e succedersi, come os- serva il Cartesio [V. cap. 79], per varie ore, oppure anche per parecchi giorni e ciò perchè, secondo il succitato autore, non è solo in una cavità che si adunano i vapori esplodenti, ma bensì in parecchie sparse qua e là nella crosta terrestre e fra loro co- municanti mediante una certa quantità di terra imbevuta di solfo e di bitume. Cartesio spiega poi il meccanismo delle successive esplosioni delle varie concamerazioni ammettendo che « cumque exhalatio in unis accensa, terram semel concussi^ aliqua mora intercedit, prius- quam fiamma per meatus sulphure oppletos, ad alias possit per- venire » [V. cap. LXXIX]. Il Capparrotti [XVI. 24] per spiegare poi la velocità di co- municazione della scossa dice che si è ricorso alla continuazione Appunti storici sulle teorie sismochimiche 451 dei depositi sotterranei di pirite, i quali a guisa di mine scop- pierebbero tutto ad un tratto. Le piriti che ardono sotto i vulcani — egli dice — mostrano di aver bisogno molto tempo per accen- dersi: quindi se queste sostanze si accendono in un sol punto l’istan- taneità con cui si propagano le scosse non è neppure concepibile con l’esplosione della polvere da cannone all’aria aperta: se poi l’accensione accade da per tutto, l’intensità della scossa non do- vrebbe andar diminuendo ma bensì risentirsi in ogni luogo con la stessa intensità: il che non accade mai ne’ terremoti. Vili. Se scorriamo le descrizioni dei più grandi terremoti sì antichi che moderni, troviamo che generalmente la grande scossa suole essere accompagnata e talvolta — come egregiamente osserva il Giuntini [IX. 18] — anche preceduta « da repentine, improvvise illuminazioni di globi accesi, di travi di fuoco volanti o di altre enfatiche impressioni del fuoco (')... Si arroge a questo Tessersi non di rado veduto degli squarci e delle aperture della terra sbra- nata da terremoti, sortire grossi palloni di fuoco misti ad aliti gravissimi di bitume e di solfo ». Aristotele fa pure menzione di questo fenomeno allorquando parla del terremoto di Lipari « in hac enim intumuit aliquid terrae et ascendit velut collis moles cum sono tandem autem rupta, exivit spiritus multos et favillami et cinerem elevavit et Lvpareorum ci- vifcatem omnem inceneravit (1 2) » ; così pure narra Tacito nei suoi A anali « sedisse immensos montes, visa in arduo quae plana fuerint extulisse, inter ruinam ignes memorant » (3) ed altri esempi recava pure S trabone (4) e Plinio (5) ed altri scrittori sì antichi che moderni. (1) Questi fenomeni da taluno sono creduti dipendenti dall’elettricità: vedi a questo proposito il lungo catalogo da me compilato e la Memoria che lo accompagna, dal titolo Correlazione dei terremoti con i fenomeni elettrici e magnetici. (2) Aristotele, Meteor. lib. 2, cap. 2. (3) C. C. Taciti, Annales, lib. 2. (4) Libro I, pag. 58. (5) Libro I, cap. 83. 152 M. Baratta Questo citazioni e molte altre che potrei riprodurre, produ- cono nei loro scritti gli autori consultati per convalidare l’ipotesi sismochimica: ma il Bottari [XI. 51] non sembra troppo convinto della veridicità di tali fenomeni, perchè quelli apparsi anticamente sono riferiti da storici che non si curano di disaminare l’ autenti- cità dei fatti (??!!) e per quelli apparsi in tempi meno remoti sono citati sulla fede di pochi e dubbi testimoni « e chi sa » dice egli a pag. 52 « anzi chi non sa, che lo spavento fa molte volte travedere? Perciò « osserva egli egregiamente [XI. 53] « su queste fiamme e su queste folgori lampeggianti escite di sotto terra non vorrei far grande fondamento di questa opinione » . Come pure contro tale teoria il Capparrotti adduce questa osservazione che ogni violenta espansione dovrebbe produrre scre- polature sul suolo (come si notò nei terremoti precedenti le eru- zioni) e non già qualche lieve fenditura [XYI. 28]. Il Lyster notò il puzzo dell’ aria dopo il terremoto e lo pa- ragona a quello del fulmine quando scoppia [VII. I articolo]. I fenomeni che sogliono verificarsi prima e dopo un terremoto nella circolazione sotterranea delle acque sono pure invocate a di- fesa della ipotesi sismochimica, specialmente quelli che riguardano l'odore di anidride solforosa che, in occasione di sconvolgimenti sismici, sogliono acquistare certe acque. Secondo il Fromond [IV. 200] « aquae etiam puteanae sul- phur resipere solent ante terraemotum, permixturae spiritus qui, ignibus illis evaporatus, scandit sursum « . Dall’esame delle acque di Tresanti — dopo il terremoto che nel marzo del 1731 desolò la Puglia — il Cirilli ricorda che, di- stillando il residuo solido lasciato dall’evaporazione dell’acqua, si sentì un forte odore di solfo [X. 71]. IX. Dati i concetti dell’ipotesi sismochimica evidentemente ne de- riva la conclusione che non tutti i luoghi devono essere nello stesso modo soggetti alle scosse di terremoto. Appunti storici sulle teorie sismo chimiche 453 Il Lyster [VII. I articolo] erode che la pirite d'Inghilterra contenga meno zolfo e che quindi questa regione sia meno di- sturbata da scosse che non l’Italia speciamente nella parte meri- dionale. L’autore inoltre crede che in Inghilterra vi sieno cavità sot- terranee assai piccole e depositi di pirite di estensione assai cir- coscritta. Già Aristotele (’) aveva saggiamente scritto che la maggior parte delle scosse si risentono in località prospicienti la marina ed il Giuntini [IX. 21] giustamente attribuisce tale fatto non a pura casualità ma bensì alla penetrazione dell’acqua marina che, secondo lui, verrebbe ad aspergere le sostanze combustibili ed esplo- denti e le farebbe fermentare : adduce a prova di questo fatto il fenomeno osservato in Sicilia in cui le materie bituminose e sul- , furee eruttate dall’Etna furono calde per molti anni e « concepi- rono fuoco ogni e qualunque volta che erano bagnate dalla pioggia » [IX. 22]. L’autore poi [IX. 35] dice che con 1 ipotesi dell esplosione dei vapori si riesce a spiegare in modo assai plausibile il fatto che i luoghi cavernosi sono più soggetti ai terremoti che non quelli in terreno compatto del qual genere Aristotele (-) pretende sia l’Egitto, generalmente creduto non mai disturbato da scossa al- cuna. E ciò sarebbe per la maggiore o minore azione dell’aria « che per l’otturazione delle bocche e degli emissari dei monti, libero non ha il suo esito, non trovando sotto terra tutto il campo da dilatare o distendere l’ elastiche sue particelle e d’allargare le sue spire, urta in quell’accensione o rarefazione con tanto impeto le sotterranee resistenze che fa orrendamente aw aliare tutta la terra sovrapposta e circonvicina, nella maniera appunto che so- pra dicemmo accadere della mina, imitatrice tremenda del terre- moto ». Il Bottari, dopo aver accennato fra i luoghi più frequente- mente scossi da terremoti gagliardi, la campagna romana, il Sie- nese, quel di Viterbo e di Bracciano, località ove si trovano in grandi quantità e gli zolfi e le acque termo-minerali, ricorda [XI. 48] (!) Meteor. libro 2, cap. 2. (*) Aristotele Meteor. lib. 2, cap. 2 ; Seneca Quaest. Nat. lib. 6, cap. 26. -154 M. Baratta che le eruzioni del Mongibello e del Vesuvio sono sempre accom- pagnate da terremoti « quasi che aumentandosi quelle esalazioni serrate e ristrette, facessero crollare da prima il terreno e poi, di- latandosi l'accendimento e prendendo forza maggiormente, giun- gesse in fine a rompere il terreno e spintesi all’aria libera ad elevar fiamma » ; concetto conforme a quello di Humboldt che ha definito il terremoto un conato di eruzione. Il Giuntini [IX. 36] dice che il terremoto non si ode con la stessa intensità in ogni luogo, che appena è sensibile nelle strade e nelle piazze, che invece si fa risentire assai forte sul culmine delle montagne e sui tetti. Ciò — dice egli — può spiegarsi os- servando « che i pendoli degli orologi, i quali osserviamo avere l’ondulazione maggiore e descrivere maggior’ arco alla circonferenza che presso il centro dove appena si muovono per essere le vibra- zioni meno sensibili presso che lontano dal centro ». Egli crede poi che i terremoti succussivi , verticali ed oscilla- tori (distinzione fatta da Aristotele) si debbano ascrivere alla varia direzione del fuoco, dell’aria ed alla diversa struttura, elevazione e depressione delle volte che contengono gli elementi esplodenti sempre però in relazione con la varia resistenza opposta dalla terra alla propagazione del moto sismico. Anche il Bomare [XIII. 109] riconosce che i luoghi vicini al mare sono piu facilmente tormentati da terremoti che non quelli montagnosi. X. Il Bottari [XI. 43-45] cerca di spiegare con le idee sismo- chimiche, il perchè solo di tempo in tempo si sentano scosse : egli paragona i terremoti ai vulcani e dice che qualunque ne sia la cagione la storia ci mostra come questi si sono più volte spenti e quindi riaccesi: cita a questo proposito il Vesuvio e l’Etna di cui Ovidio (*) lasciò scritto: « Nec quae sulphureis ardet fornacibus Aetlma Ignea semper erit, neque enim fuit ignea semper ». (’) Ovidio, Metamorfosi, lib. 15, V, 340. Appunti storici sulle teorie sisw.ochiw.ich e 455 “ ® potei si accendere e spegnere da per sè il fuoco sotterraneo dimostrano i tanti vulcani che si sono spenti del tutto nel Bra- sile ecc... laonde, siccome queste accensioni, che hanno dei riscontri esterni, si vanno facendo di tempo in tempo, così ancora quelle che ìimangono interne ed occulte, e di cui solo ci accorgiamo dal traballare della terra, può essere che seguano un somigliante co- stume.... ». Con ciò vengono a stringersi maggiormente le relazioni fra vulcani ed i terremoti. Casteggio, agosto 1890. Mario Baratta. CONTRIBUZIONE ALLA TEORIA DEI TERREMOTI I. Per quanto la sismologia abbia fatto in questi pochi anni gran- dissimi progressi, non è ancora riuscita a trovare la vera causa dei terremoti a malgrado che si sieno escogitate moltissime ipotesi, fondate tutte su uno speciale ordine di fenomeni fisico-chimici. Io credo che il terremoto, nella maggior parte dei casi, non dipenda da uu' unica causa, e che quindi esso non sia un feno- meno puramente dovuto all’azione dei vapori ad alta tensione, al movimento di strati che cercano la loro ragione di equilibrio, all’azione lunisolare, all’effetto di aumento o di diminuzione della pressione atmosferica ecc., ma bensì, mi pare, che lo scuotimento della crosta terrestre sia causato da un complesso di azioni meccaniche, termiche, idropneumatiche ecc. tutte inerenti alla crosta terrestre, fra cui però ve ne sarà una predominante, giacché nei diversi casi, nei diversi luoghi e nei diversi tempi, è evidente che potrà variare la natura e la ragione del suo primo costituirsi. — Ora tutti questi fattori tendono, siccome forze cospiranti, a produrre uu identico effetto, che perciò sarà la risultante di alcune, ed in qualche caso di tutte le azioni testé ricordate. Premesse queste poche osservazioni si vedrà che è ragionato il titolo dato alla presente Nota di ConLribuzioìie alla teoria dei terremoti e non già di Nuova teoria , titolo inopportuno e troppo pretenzioso, giacché io credo che l’ordine dei fenomeni fisici che io sono andato considerando, debba avere necessariamente una certa parte nell’ effetto sismico e che quindi la sua azione si debba som- mare a quella fornita dagli altri fenomeni. Contribuzione alla teoria dei terremoti 457 IL Fra le teorie sismiche più accreditate oggigiorno (') si deve annoverare l'ipotesi idropneumatica , messa in campo dal Dolomien, il quale opina che la causa efficiente dei terremoti sia la grande tensione del vapor acqueo rinchiuso in ampie cavità. Io credo che l’acqua, come ha una parte grandissima nel vulcanismo, abbia pure un’azione non meno importante in sismologia: giacché — come appunto già scrisse il chiarissimo prof. L. Bombicci — » all'azione prevalentissima dell’acqua voglionsi attribuire i conati sismici e le conflagrazioni vulcaniche, le scosse e le eruzioni, laonde parrà strano che, detronizzato quasi Plutone o toltogli almeno il monopolio del ' sotterraneo dinamismo, concedasi questo al fratello Nettuno » . Altra teoria, che recentemente venne messa in onore (2), è la sismochimica , secondo la quale il terremoto sarebbe dovuto alla esplosione di sostanze combustibili come l’idrogeno solforato (Lyster), od a quella di una miscela di idrocarburi (Soldani) od un'altra di idrogeno e di ossigeno (Bombicci) che si accendono per cause che non è qui il luogo di nominare. Della ipotesi del Bombicci è necessario accennare brevemente certi principi fondamentali su cui è basata, vale a dire, certe idee emesse e sostenute dal detto Autore sulla costituzione fisica del . globo, le quali in seguito potranno occorrerci. Secondo il prof. Bombicci (3) si sprigionerebbe in grande ab- bondanza dell’idrogeno dalla massa metallica del globo stesso, nella quale sarebbe rimasto diffuso dopo la fase di liquidità ignea e di attitudine assorbente della massa suddetta ; e nella quale non po- trebbe restare in causa del progressivo raffreddamento ; mentre l’os- sigeno, deriverebbe dalla riduzione operata in gran parte dall’idro- geno, per tal guisa nascente , sugli ossidi già costituiti nella crosta (*) (*) Baratta M. Il terremoto e le sue leggi. Voghera, 1890, pag. 38 e segg. (2) Le varie ipotesi sismocliìmiche si trovano accennate nel mio lavoro: Appunti storici sulle teorie sismochimiche che è pubblicato in questo stesso fascicolo del Bollettino. (3) L. Bombicci, Stilla costituzione fisica del globo terrestre ecc. Me- moria, 1887. Bologna. 30 r>8 M. Baratta solida, ossidata e salificata del pianeta — donde acqua o vapor acqueo ad alta temperatura ecc. — ed in gran parte ancora dal- l'aria penetrante nelle profonde vacuità, per dirette comunicazioni, o per mezzo di acque di profonda circolazione e contenenti aria disciolta. III. 10 credo che l’acqua, oltre all’azione diretta che, sotto forma di vapore, può esercitare, agisca anche in un altro modo : da tutti è conosciuto il fenomeno dello stato sferoidale dell’ acqua e quello di sovrariscaldamento ed a tutti sono pure note le clas- siche esperienze del Leindenfrost, del Boerhaave, dell’Outhier, del Boutigny, del Deslandes, del Luvini ecc. Ora la proposizione che io intendo svolgere è la seguente: Date nella crosta terrestre delle cavità più o meno grandi ripiene di acqua, questa vi può passare allo stato sferoidale od a quello di sovrariscaldamento , quindi — cessate le cause efficienti tali stati — deve succedere una evaporazione istantanea dell'ac- qua. accompagnata da una violenta esplosione che si converte poi in moto vibratorio della crosta terrestre, vale a dire in terremoto. A) Tutti sanno che la crosta terrestre è piena di piccole spaccature — talvolta capillari. — che servono alle comunicazioni dell’esterno con l’interno e viceversa; oltre a ciò io credo, quan- tunque a taluno potrà sembrare troppo moderno il concetto, che nella crosta debbano esistere anche dei grandi vani, entro cui si possano raccogliere i gaz e le acque e queste tramutarsi in vapori, aventi una tale tensione da produrre ingenti esplosioni, cause di terremoti. 11 già citato prof. Bombicci, a questo proposito così si esprime (l): « prescindendo dalle grotte, dalle caverne, dagli antri, dalle spe- lonche, dai cunicoli più o meno facilmente accessibili dalla su- perficie, con apertura a fior di terra, possono citarsi i profondi in- terstizi di strati, le vacuità date da erosioni addentratissime, le t1) L. Bombicci, op. cit. pag. 25 (estratto). Contribuzione alla teoria dei terremoti 459 discontinuità per dislocazioni e faglie, le porosità di masse idro- plutoniche, scoriacee e spugnose ; le spaccature per ritiro di rocce eruttive fattesi disidratate e fredde. Giova anzi notare che una delle cause cui possono riferirsi moltissime cavernosità della crosta terrestre risiede appunto nella contrazione, nei ritiri per diminu- zione di volume dello rocce che si prosciugano o si raffreddano. Alla superficie, e fra i fenomeni morfologici che ci cadono spesso sott’occhio vediamo le glebe elissoidi delle septarie non di rado ridotte a croste sottili, racchiudenti vacui proporzionatamente grandissimi, come vediamo ampie spaccature attraversare masse eruttive ed aprire aditi alle emanazioni filoniane. Fatte le dovute proporzioni si può concepire il ritiro, la contrazione, nelle rocce più profonde, cause frequenti di cavità considerevoli. Le dissoluzioni di ammassi lenticolari di sali, di calcari, di gessi; le espansioni . gassose nelle rocce vulcaniche, fatte pastose dal calore e dal vapor acqueo sopra riscaldato ; le disgregazioni molecolari, o le scom- posizioni di materiali organici diffusi nei sedimenti fattisi poco a poco profondi, si aggiungono ai casi primariamente citati, per darci certezza che nella crosta profonda del pianeta nostro le vacuità debbono sussistere dovunque, ed essere, per lo più, fra loro comu- nicanti » . B) L’acqua può arrivare in codeste cavità in vari modi; primo fra tutti per infiltrazioni attraverso i pori : le celebri espe- rienze del Daubrée (*) hanno messo in evidenza come l'elevata tem- peratura, invece di impedire l’ infiltrazione, la favorisca egregiamente a malgrado la grande contropressione del vapore che si sviluppa entro la cavità sottostante, verso cui l’acqua si dirige. Oltre alla infiltrazione per capilarità, endosmosi, affinità chimica l’acqua può discendere anche in virtù del proprio peso attraverso a meati ed a piccole fratture comunicanti fra loro e con cavità sempre maggiori, le quali certamente si devono trovare non solo fra strato e strato, ma eziandio nell’interno degli strati stessi. (*) A. Daubrée, Expériences sur la possibilité d'une infiltration ca- pillaire cl travers les matiéres poreuses, malgré une forte compression de vapeur; applications possibles aux phénomènes géologiques. Vedi Coraptes rendus de l’Acc. des Sciences, t. LII. pag. 123. 1861; Bulletin de la Société géologique de France, ser. 2a, t. XVIII, pag. 193. 1861. ■160 M. Baratta Lo svolgimento lento e copioso di idrogeno (e quindi allo stato nascente) dalla massa centrale del globo — ammesso dal prof. Bom- bicci — potrebbe fornire un’altra prova per spiegare la presenza dell’acqua nelle più profonde e calde regioni dell’ involucro terrestre, giacché questo idrogeno combinandosi, mediante esplosione, con l’os- sigeno (e potrebbesi anche aggiungere con il cloro, oppure con lo zolfo) genererebbe una certa quantità d'acqua, che alla sua volta sarebbe capace di produrre dinamismi considerevoli per le variazioni di temperatura e di pressione cui certamente deve andar soggetta. C) Ora date le cavità, di cui alla lettera A, vicine ad un focolare in modo che le pareti loro sieno grandemente riscaldate, e che fra esse scenda improvvisamente nel modo testé indicato, una certa quantità d'acqua, io credo che nulla può opporsi ad ammet- tere che quest'acqua ivi passi allo stato sferoidale (') : oltre a ciò può anche sovrariscaldarsi, vale a dire acquistare una temperatura maggiore di quella minima di ebollizione sia per un riscaldamento oppure per essere diminuita la pressione. E certo poi che nulla si oppone ad ammettere che — per una causa qualunque venendosi ad abbassare la temperatura delle pareti al di sotto di un certo grado — possa cessare lo stato sferoidale o quello di sovrariscaldamento. D) Lo Spallanzani dapprima (2) ed il Luvini poi (3), rife- riscono l’esperienza che soffiando una bolla di vetro col cannello e spingendovi poi entro un po’ di saliva, questa si riduce allo stato sferoidale ma poi, raffreddandosi il vetro, succede uno scoppio e la bolla salta riducendosi in minuti frammenti. Il Luvini dice inoltre (4) che se in un liquido sovrariscaldato f1) Noto che lo Scrope (*) espresse l’opinione che le lave incandescenti potessero accludere acqua allo stato sferoidale e che lo Stoppani (**), asso- ciandosi a tale idea, attribuisce a quest’acqua la causa dei fenomeni eruttivi offerti dalle lave stesse dopo la loro emissione. (2) L. Spallanzani, Viaggio alle due Sicilie, III voi., pag. 324. Pavia, 1793. (3) F. Luvini, Sullo stato sferoidale (in sette studi), Torino, 1884, pag. 19. (4) G. Luvini, op. cit. pag. 57. (*) P. Scrope, Les volcans. Paris, 1864, pag. 40. (**) A. Stoppani, Note ad un corso di geologia. Milano, 1870, pag. 98. Contribuzione alla teoria dei terremoti 4(31 togliamo le cause che lo mantengono in tali condizioni, amene tosto un subitaneo sbalzo e quasi una esplosione. Ed appunto, fra le più importanti cause efficienti lo scoppio delle caldaie a vapore, dobbiamo annoverare lo stato sferoidale e quello di sovrariscaldamento dell’acqua, giacché la quantità di va- pore che istantaneamente si forma e la sua tensione diviene tanto grande da produrre lo scoppio. IV. Le così dette esplosioni fulminanti delle macchine a vapore causate dallo stato sferoidale e dal sovrariscaldamento dell’acqua, sono, quantunque su piccola scala, in tutto paragonabili per gli effetti che producono a certi terremoti come, per esempio, a quello di Riobamba nel 1797 che fu simile ad un vero scoppio di mina, per cui molti cadaveri vennero lanciati verticalmente al di là di un piccolo torrente e precisamente sopra una collina alta parecchie migliaia di piedi (1). E diffatti — come egregiamente osserva il più volte citato prof. Bombicci (2) — due soli sono i fenomeni che si possono age- volmente invocare per comprendere nelle cause dirette del terre- moto l'istantaneità di effetti : la detonazione di materie esplosive ed il precipitarsi di un fluido in un certo spazio diventato repen- tinamente vuoto e ad un tratto apertosi a quel fluido irrompente. V. Ora tanto nella teoria idropneumatica , quanto nella sismo- chimica e nella elettrochimica , da quest’ ultima derivata, si am- mette che il terremoto sia prodotto dall’azione dei vapori ad alta tensione nel primo caso e dall’esplosione di vapori e gaz esplosivi nel secondo: date quindi le cavità, che necessariamente devono trovarsi nella crosta terrestre, io nulla vedo di impossibile, a meno (*) (*) Humbolt A. Cosmos trad. di Fa3re. Paris, 184(3, voi. I, pag. 228. (2) Bombicci, op. cit. pag. 23. 462 M. Baratta. Contribuzione alla teoria dei terremoti che si voglia ammettere che in natura non avvengano quegli stessi fenomeni, che in piccolo noi provochiamo nei laboratori : che l’acqua penetrata come più sopra dissi, vi possa passare allo stato sferoidale od a quello di sovrariscaldamento : che quindi, sia per un cambiamento di pressione, sia per un’altra causa qualunque la roccia venendosi a raffreddare, cessi detto stato sferoidale o quello di sovrariscaldamento : si dovrà allora necessariamente svolgere in modo aifatto istantaneo una immensa quantità di vapori che tenderanno ad espandersi ed a vincere la tenacità della roccia, producendo delle vibrazioni o scosse 'preparatorie ; succederà poi una grande esplosione come nelle bolle testé ricordate e nelle caldaie a vapore: e, secondo l’entità dello scoppio, la crosta si metterà a vibrare o con moti appena percet- tibili, oppure così violenti da atterrare,, distruggere tutto ciò che si trova nella regione dell 'epicentro. La grande scossa o prima scossa che si voglia dire, sarà data dallo scoppio di una grande concamerazione ; le altre che prolun- gano il terremoto saranno prodotte o dalle onde consecutive varia- mente interferenti fra loro ed aventi direzioni e velocità diverse a partire dall’ epicentro, oppure dallo scoppio di concamerazioni più piccole, il cui equilibrio venne turbato per le nuove condizioni statiche causate dal primo scoppio. VI. La considerazione di questo nuovo ordine di fenomeni, fra le cause efficienti dei terremoti, costituisce l’anello di congiunzione fra l'ipotesi pneumatica e la sismochimica. Con questo però non m’intendo di voler escludere l’azione diretta dei vapori, chè anzi io credo di esser riuscito ad estenderne maggiormente l’importanza in sismologia ; come pure, nemmeno con ciò voglio negare che una parte dei terremoti possa derivare da vere esplosioni di miscele detonanti a base di idrogeno, come lo vuole l’ipotesi sismochimica, di cui credo di aver allargato con nuove considerazioni le sue già ampie vedute. Casteggio, luglio 1890. Mario Baratta. BREVE NOTA SUL QUATERNARIO E I TERRENI RECENTI DELLA VALLASSINA E ALTA BRIANZA La regione compresa fra i due rami del lago di Como e limi- tata a sud dai laghi della Brianza, si presenta interessante allo studioso per la ben distinta serie dei terreni mesozoici, non meno che per l’importanza e la proporzione che quivi assumono i depo- siti quaternari e recenti. Rendo note qui alcune mie osservazioni fatte in quella regione, concernenti più specialmente questi due ultimi terreni ; esse sono l’inizio d’uno studio più generale che ho in animo di condurre a termine. La nota più spiccata della regione è 1 enorme sviluppo di alcune morene e la copiosa disseminazione e la mole degli erra- tici che si incontrano lino a 1200 m. sul livello del mare. La doppia catena di monti che recingono la Vallassina, formando a nord il promontorio di Bellagio ha le maggiori altezze che oscillano dai 1688 m. (M. S. Primo) ai 1435 (M. Palanzone). La regione, ricca di pascoli e di acque, deve il proprio aspetto ridente all’azione molteplice del ghiacciaio che riversava la sua mole lungo i fianchi dei monti bagnati dal Lario e per entro la valle del Perlo a ridosso dei dirupi Grosgalli da una parte e delle Alpi di Limonta, Civenna e Magreglio dall altra, nella Valbrona appoggiandosi alla dolomia dei Corni di Ganzo e nella \ alle di Rezzago scendendo poscia per la vai Lunga sopra Casiino e più giù in tutta la regione briantea. Le tracce indubitabili di questo fatto ci permettono di rico- struire, per modo di dire, la storia del fenomeno e in pari tempo ci offrono un largo campo di osservazione con tutto 1 assieme del- l’arrotondamento e striatura delle rocce, morene e massi erratici. 164 B. Corti Procedendo per ordine nella descrizione del terreno quater- nario e recente, accennerò prima all’alluvione ipomorenica o pre- glaciale. Essa è comunemente detta anche ceppo e risulta di elementi alpini quali ad esempio: serpentino-micascisto e porfido. Xella valle del Cosia tutto il tratto che corre dalla C. S. Bartolomeo sotto Solzago a Camnago, appare scavato nella alluvione ipomorenica fortemente cementata, risultante evidentemente di elementi alpini, che si innalza sulla sponda sinistra del torrente ad una altezza che ho calcolato di 7 in., mentre poco prima di Campora le acque si sono scavata una gora spaventosa, detta il buco delia volpe attraverso il ceppo. Al di sopra del quale immediatamente si sovrappone la mo- rena col suo aspetto caratteristico di impasto e sfasciume caotico, cogli erratici sporgenti. Lo stesso dicasi della valle di Civiglio, per un’ estensione rag- guardevole fino quasi a 200 m. sopra Camnago, mentre di assai minore potenza è l’affioramento nella valle di S. Donato, sopra Como. Evidentissimo poi e assai sviluppato ci si mostra lungo la trincea della ferrovia S. Giovanni-Como che si prolunga dalle basi del M. delle tre Croci, di formazione morenica, fino alla stazione di Albate-Camerlata, ritornando ad apparire qua e là in piccoli affioramenti lungo il percorso della ferrovia e più spiccato sotto Acquanera presso la stazione di Albate-Trecallo. Di eguale natura, sia per gli elementi constitutivi che per la compattezza, è il conglomerato che si vede affiorare sulla mano manca della strada che da Corneno scende a Pusiano, e per breve tratto al di là del ponte di Casiino; colla differenza che il con- glomerato della valle del Cosia è più ricco di micascisto, mentre questo abbonda maggiormente per copia di serpentino. Compatta assai e per nulla dissimile, quanto alla tenacità dell’impasto, alla puddinga che si estende lungo l’Adda da Pa- derno sin quasi a Cassano, è l' alluvione ipomorenica che si vede allo sbocco delle vailette di Sormazzana-Bagnana-Lezzeno e Sos- sana sul lago di Como, e alla sorgente alcalino- ferruginosa di Magreglio in Vallassina. Sopra la quale alluvione si impone immediatamente la mo- rena con un passaggio netto e deciso. 465 Breos nota sul quaternario ecc. Essa assume una potenza veramente straordinaria, per quanto riguarda 1 estensione, formando tutto l’anfiteatro delle colline e dei poggi circostanti i laghi briantei, con una disseminazione di ciottoli di serpentino, micascisto, talcoscisto e granitite; accompagnan- dosi nella regione di Montorfano, Albese, Orsenigo coll’alluvione quaternaria, colla formazione torbosa del lago di Montorfano, Alserio, Pusiano e Annone e colla alluvione postglaciale del piano d’Erba. La quale si estende lungo quasi tutto il corso superiore del Lambro, limitata dalle morene di destra e sinistra che riempiono tutta la vai Lunga sopra Casiino, innalzandosi lungo i fianchi del M. Orsera (1107 m.) e del M. Barzaghino (1068 m.) a 700 ni. d'altezza, coronate superiormente da numerosi erratici di serizzo- ghiandone, serpentino e micascisto. La morena sboccando dalla valle di Casiino, corre parallela alla sponda destra del Lambro fino a Scarenna, per poi comparire a Asso e più oltre, e dall’altra, alla sinistra del T. Bavella fino quasi a Canzo, formando i declivi terrazzati da C. Ravella, C. Mi- glia e di S. Rocco presso Castelmarte. Percorrendo la strada da Asso a Lasnigo, si vedono sulla destra sponda del Lambro i paesi di Rezzago, Caglio e Sormano poggiare sopra una morena vastissima, cementata fortemente sotto Rezzago, con numerosi ciottoli striati ; e includente massi notevoli di seriz- zo-ghiandone e serpentino. Si estende dalla valle di Rezzago a Decinisio, toccando la massima altezza di 890 m. sopra S. Valeria di Sormano; la sua natura è identica a quella di Casiino. A Lasnigo la morena si biforca, formano due rami chiudenti nel loro ambito il M. Oriolo (1076 ra.) e che risalgono le due valli del Lambro, colla importante disseminazione di serizzo-ghian- done di C. Dosseglio (728 m.) sopra Lasnigo (') e si riuniscono a Barai, dove si estende fino sopra Magreglio. Le morene laterali delle due sponde, bagnate dai rami del lago di Lecco e di Como, incominciano sopra questa città a Civiglio e Brunate all’altezza di 470 e 510 m. sul livello del lago, quindi cessano quasi subito, per dar luogo ad una disseminazione copiosa (l) Venni informato che al Dosseglio si impiegarono 24 operai per 8 anni a lavorare il serizzo-ghiandone. -106 B. Corti di erratici di serizzo, serpentino, micascisto e granitite, che si estende continua da Como fino a S. Giovanni di Bellagio, lungo le sponde del lago, ad una altezza che varia assai dai 150 ai 500 e 600 m. sempre sul livello del lago. La roccia in più luoghi presenta evidentissima la lisciatura e l’arrotondamento subito dal ghiacciaio. La morena riappare dapprima qua e là a brevi tratti in tre punti sulla strada che va da Como a Torno, sopra il qual paese a 270 m. compare potente, rimontando la valle di Serrava! fino all’altezza di 650 m. Nelle valli di Molina, Lemna e Palanzo si estende per tutta l’area occupata dalle valli omonime, innalzandosi a 700 ed anche 800 m., offre poi alcune frane che mostrano un aspetto identico a quello della morena al ponte di Lecco, mentre invece a Cansaga, frazione di Pognana, essa appare in tutto simile a quella di Rez- zago, Casiino e Capovico presso Blevio. Parimente le quattro valli che riunite formano l’orrido di Nesso scavato nel lias inferiore, attraversano una zona esclusivamente morenica alta dai 700 agli 800 m. sul pelo del lago, con frequen- tissime frane, sulla quale si trovano Zelbio, Veleso, Erno e le frazioni di Nesso, fra cui Scerio rimarcabile per la mole dei suoi massi di serizzo-ghiandone che attualmente si stanno lavorando. L’edificio morenico poi, è coronato dagli erratici fino all'altezza di 1200 m. sul livello del mare. Scendendo lungo le coste del S. Primo da Colmenacco sopra Carvagnana, attraverso i dirupi della dolomia a Conchodon, a 550 m. incominciano ad apparire gli erratici, esclusivamente di serizzo-ghian- done, dapprima in piccola copia, quindi più frequenti e di maggior mole, fra cui havvene uno veramente colossale di non poco superiore a quello di Lentina; compare poi la morena che si estende da Carvagnana a Villa e raggiunge i 500 e anche 600 m. d'altezza sul livello del lago. A Guggiate la morena riempie la valle del Perlo, adagian- dosi sopra gli strati dell’infralias e risalendo il corso del torrente si spinge in prossimità di C. Padume e C. Sassapiatto mostrando frequenti frane sotto S. Eustachio sulla sponda sinistra. Dove l’edi- ficio morenico è abraso, restano i numerosi erratici e l’arrotonda- mento delle rocce ad attestare il passaggio del ghiacciaio come Breve nota sul quaternario ecc. -167 a Begola-Bragno e Gravedoua sulla sinistra, all’Alpe Covetto e a Limonta sulla destra del torrente. Ragguardevole altezza raggiunge la morena del M. Grisucio (921 m.) sulla destra del Perlo, cessando poco prima del Sasso di Lentina che trovasi a 704 m. dove comincia la copiosa disse- minazione degli erratici di serizzo-ghiandone e di granitite che salendo all’Alpe di Civenna e alla Villa della Pietra Luna (973 m.) si sparge per tutto il piano Rancio e scende sopra la sorgente del Lambro fino sopra la morena di Magreglio. Girato il promontorio di Bellagio, cessa come per incanto la presenza delle morene e degli erratici per non lieve tratto, ad ecce- zione dei massi di micascisto e granitite di Limonta e della mo- rena che s'innalza sopra Vassena e va a congiungersi con quella di Magreglio. Dopo Onno nella valle del Conacchiari, dove la dolomia a Megalodon succede all’infralias, riappare la morena, la quale è rimarchevole per la sua estensione che occupa in tutta la Valbrona, coronata sopra Candalino da copiosi erratici, e spingentesi fino a Asso , coll’ alluvione quaternaria di Visino e postglaciale della Val Vallegna. Quindi è la morena così tipica di Malgrate che da una parte si spinge in Valmadrera a ridosso della dolomia del M. Moregallo (1147 m.), coronata dagli erratici, fra cui il Sasso diPreguda; e dall’altra, girando attorno alla Crocetta (449 m.) e innalzandosi all’altezza di 90 m. sul livello del lago, manda il proprio sfa- sciume caotico fino a Pescate. L’aspetto suo generale è quello di un ammasso di arena stratificata, ora quasi orizzontale, ora fortemente inclinata, in con- tinua mina, come appare poco prima di Pescate, frammista a grossi ciottoli di varia dimensione, di micascisto, serpentino, granitite e calcare, questi bene arrotondati e striati. Qua e là vedonsi attra- verso il deposito morenico, gli strati quasi verticali della dolomia a Megalodon , la quale affiora poi interamente rimpetto alla prima casa di Pescate, ma per breve tratto, perchè succede il deposito lacustre del lago di Pescarenico, sul cui livello calcolai si elevi per un’ altezza massima di m. 3,50. Differisce esso da quello del lago di Como, che appare evi- dente, per il taglio operato attraverso la collinetta, dietro il Ma- 468 B. Corti. Breve nota sul quaternario ecc. nicomio provinciale, per il suo aspetto di argilla plumbea giallastra, quale vedesi comunemente adoperata per la fabbrica dei mattoni, mentre quest’ ultima è un’ alluvione a strati orizzontali color giallo oscuro, d’ impasto sufficientemente tenace, la cui massima potenza ho calcolato esattamente di m. 44. Per quanto concerne la precisione nella delimitazione della serie di questi terreni ho cercato di impiegare la massima dili- genza e esattezza adoperando le tavolette topografiche dello Stato Maggiore a curve quotate al 2r,/00o- Benedetto Corti. LE FRIGANEE NEI TUFI DELL’ITALIA CENTRALE Nello studio geologico sulle conche di Terni e Rieti descrissi le rocce concrezionali speciali, le quali ostruirono la gola della Nera tra la cascata delle Marmore e la pianura di Terni (1). Feci rilevare che nei piani di divisione delle zone di quei tufi alaba- strini si trovano degli alveoli, che mi sembrarono a prima vista di origine animale ; che il Taramelli e lo Stoppani, allorché mostrai loro la roccia, convennero in tale giudizio, ed allo Stoppani sembrò che l’animale potesse essere la Friganea major ; che il Sordelli ritenne invece poco probabile che si trattasse di Friganee, seb- bene gli sembrassero le impronte dovute a larve d'insetti. Nella circostanza che si riunì a Terni la Società Geologica, mostrai ai colleghi quelle impronte (2). Due anni dopo (1888), nello spedire al professor Klein dei campioni di rocce eruttate dai crateri Vulsinii, unii un saggio dei tufi alabastrini delle Marmore ricco di alveoli, pregandolo di farlo vedere ai Geologi di Berlino, e farmi conoscere il loro parere. Il Klein rispose che il professor ■ Dames riteneva le impronte formate da larve di Friganidi. Venuto a Roma, ho osservate le impronte medesime nelle rocce concrezionali dei monti Parioli, e nell’occasione degli studi dello stabilimento per produzione della balistite, le ho ritrovate nelle rocce concrezionali del Liri. Non mi dilungherò a descrivere la formazione dei Parioli ricchissima altresì di impronte vegetali, perchè nota e posta in luogo dove se ne presenta agevole lo studio; darò solo un cenno sulla formazione del Liri. (J) R. Acc. de’ Lincei 1882-83. (2) Relazione sulle escursioni nei dintorni di Terni. — Boll, della Soc. Geol. It. Voi. V, 1886. 470 A. Verri. Le friganee nei tufi dell'Italia centrale Il Liri nella località detta Madonna degli Zapponi, situata sotto Fontana Liri, corre incassato tra ripe alte costrutte di rocce identiche a quelle della Valnerina: tufi alabastrini, tufi terrosi, masse staslattitiche. In quel tronco il fiume, oltre a vari piccoli salti, ha due cascate di 8 a 10 metri. Poco amonte alla prima cascata una collina, composta dalle rocce stesse, fa valutare la loro potenza a circa 150 metri. Questa formazione dovè formare diga al fiume e rialzare la valle superiore, come avvenne per le valli della Nera e del Velino, ed il Liri ebbe la sua grande cascata, quale oggi conservano ancora il Velino e l’Aniene. Diverse sorgenti sulfuree copiosissime scaturiscono su quella contrada, ed accanto a queste scaturiscono sorgenti copiose d’acqua dolce. È singolare un laghetto piccolissimo circondato da sorgenti, alcune sulfuree altre dolci. Il laghetto sta al piede della montagna composta di calcari cretacei ed eocenici, ed ha il bacino su un banco di ghiaje più o meno cementate; il piano del laghetto resta sollevato sulla campagna per lo scavo di due torrenti vicinissimi, uno amonte l’altro avalle, e per lo scavo del Liri sulla fronte. Le sorgenti al piede della montagna sono dolci, quelle della sponda opposta solfuree. È probabile che le sorgenti dolci provengano di- rettamente dalla montagna, che le solfuree sorgano da profondo, e si aprano la strada attraverso ai tufi ed ai depositi fluviali i quali riempiono la valle antica di corrosione. Tornando alle rocce con impronte di Friganee, credo che se ne debbano trovare anche nella gola di Popoli, dove con concre- zioni calcaree pure la Pescara s’era costrutta la cataratta, e nelle concrezioni della cascata di Tivoli. A. Verri. / SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Prof. cav. Torquato Tea a nielli. Vice-Presidente Prof, corara. Gaetano Giorgio Gemmpllaro Segretario Prof. ing. Romolo Meli Vice-Segretario Dott. cav. Carlo Fornasini Prof. Carlo Fabrizio Parona Avv. Tommaso Tittoni Deputato al Parlamento Vice-Tesoriere Cav. ing. Augusto Statuti A.rcli ivista Prof. dott. Giuseppe Tuccirnei Consiglieri Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. Mario Can avari Prof. cav. Igino Cocchi Prof. cav. Antonio D’Achiardi Comm. ing. Felice Giordano Cav. ing. Lucio Mazzuoli Prof. Antonio Neviani Prof. Dante Pani anelli Prof. Carlo Fabrizio Parona Comm. ing. Niccolò Pellati Conte comm. Giuseppe Scarabelli Senatore del Cav. tenente colonnello Antonio Verri Commissione per le pubblicazioni. Il Presidente L’Archivista Conte comm. G. Scarabelli Gommi-Flamini Prof. cav. A. D’Achiardi Prof. cav. G. Omboni. Sede della Società — Poma - Via S. Susanna. 1 A, presso il Museo Agrario MENTE ET M ALLEO Ufficio di Presidenza per Panna 1890. Presidente Tesoriere Il Segretario Il Tesoriere I N D I C E .t’ DELL!-; .MATERIE CONTE ATTE NEL PRESENTE FASCICOLO. — — è V. Sacco. " Catalogo 'paleo litologico de! basino terziario del Pieno ntc pag. 185 E. Foresti. Sepia È'ertii Foresti - 341 C. Fornasini. Il Mauli I us o h l iq uà t a s di Baiseli - 345 E. Scar abelli. Necessità di accertare se le impronte cosi dette /Fiche e fisiologiche propongono dalle saper fei superiori o dalle inferiori degli strali. Osser razioni sopra il Ne me r t il i t e s St rozzi -r Meng. f - 349 A. Telline Te NummliUdi delta Mafella, delle isole Tremiti e del Promontorio garganico . - 359 <4. B. Caccia.mali. Gli elefanti fossili d’ Agnino ... - 423 M. Malagoli. Forami ni feri miocenici del calcare a Lv.cina Po munì Puf. e dell’ arenaria compatta di Pantano , nelle provincie di Modena e Peggio dell' Emilia « 429 * M. Bar atta. Appunti storici sulle teorie sismochimiche - 437 Io. Contribuzione alla teoria dei terremoti .... - 459 B. Corti. Breve nota sul quaternario e i terreni re- p centi della VaUassina e alta Brian za .... - 463 A. Verri. Le friganee net tu. f calcarei dell’ Italia cen- trale . ' > , • • .v-, y ✓ 439 Anno IX. Fascicolo 3° rimario ritardo a causa di alcuno tavole, clic, per la rottura di una pietra, si sono dovute nuovamente disegnare. / SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA MENTE ET MALLEO Ufficio di Presidenza per l’armo 1890. Presidente Pro!, cav. Torquato Taramelli. Vice-Presidente Prof, colimi. Gaetano Giorgio Gemmellaro S egretario Prof. ing. Romolo Meli Vice-Segretario Dott. cav. Carlo For nasini Prof. Carlo Fabrizio Parona Tesoriere Avv. Tommaso TU toni Deputato al Pari àmen to V ice-Tesoriere Cav. ing. Augusto Statuti Areliivista Prof. dott. Giuseppe Tuccimei Consiglieri Prof. comm. Luigi Bombicci Prof. Mario Canavari Prof. cav. Igino Cocchi Prof. cav. Antonio D'Achiardi Conmi. ing. Felice Giordano Cav. ing. Lucio Mazzuoli Prof. Antonio Neviani Prof. Dante Pani anelli Prof. Carlo Fabrizio Parona Comm. ing. Niccolò Pellati Conte comm. Giuseppe S caramelli Senatore del Regno Cav. tenente colonnello Antonio Verri Sede della Società — Roma - Via S. Susanna, 1 A, presso il Museo Agrario. Commissione per le pubblicazioni. Conte comm. G. Scaiiabelli Gommi-Flamini Prof. cav. A. D’Achiardi Prof. cav. G. Omboni. CONTRIBUTO AI BRIOZOI PLIOCENICI DELLE PROVINCIE DI MODENA E PIACENZA (Con una tavola). OPERE CONSULTATE Bronn H. 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Fra le tre fonti da cui gli esemplari classificati provengono, le migliori sono le due ultime e più parti- colarmente l’ultima perchè con certezza accenna località e giaci- mento, al contrario per la prima ho dovuto colle vaghe indicazioni di Colline modenesi ed ex Collectione supplire alla deficienza di Contributo ai briosoi pliocenici ecc. 473 dati piecisi. Non potendo per 1 indole loro i cataloghi nominativi del Coppi e l’opera generale di Reuss sul terziario delle Alpi che poco servile al mio intento, i mezzi più validi di ricerca mi furono offerti dai vali lavoii di Manzoni 1 unico autore che in modo utile siasi occupato dei briozoi dell Italia superiore, e mentre riconosco in lui moltissimo merito per l’amore e l’accuratezza con cui seppe esa- minare questi organismi, dovrò tuttavia dissentire qualchevolta dalle sue opinioni. Il qual fatto non parrà nè ardito nè strano, pensando che la costituzione eminentemente irregolare dei briozoi l’assenza frequente di organi caratteristici come oeci, aviculari, vibraculi, l’età che in modo irriconoscibile può cambiare l’aspetto e la natura delle cellule sono condizioni tali da trascinare anche l’osservatore più abile a supplire con ipotesi non sempre strettamente giustifi- cabili gli elementi mancanti. Per le condizioni del materiale il lavoro è ristretto ai soli briozoi pliocenici nei limiti imposti dalla collezione, ossia ad alcune località del Modenese e Piacentino, così che non potendo dare alcun valore di fatto all’accentuata presenza o mancanza di specie riconosciute tipiche, al prevalere di un genere su un altro avrò solo adito di fare qualche osservazione generale subordinata alle condizioni ambienti. Le specie che presento sono 67 delle quali 39 litorali, 24 di mare profondo, 2 comuni in tutti gli strati (giacché per quanto mi è stato possibile ho tenuto calcolo anche delle condizioni batime- triche) 11 sono esclusive del Modenese, 27 di Castellarquato e di altre località attigue, 17 comuni al Modenese e al Piacentino. Nel quadro comparativo che va unito al presente studio ho assunto come termini di confronto il miocene d’ Austria- Ungheria, il crag d’ Inghilterra il pliocene antico di Castrocaro, e i mari attuali per quelle forme che ancora si riscontrano viventi ; i risul- tati di riparto ottenuti furono i seguenti. Miocene d’Austria-Ungheria 35, Crag d’ Inghilterra 28, Plio- cene di Castrocaro 24, mari attuali 31, dalle quali cifre è evidente come il maggior grado di identificazione si abbia col Miocene d Austria-Ungheria. Per questa breve statistica poi non mi fu dato come avrei voluto di sfruttare le varie contribuzioni di Manzoni sui briozoi fossili italiani le quali per raccogliere località troppo disparate non sono di per sè sufficienti a caratterizzarle ; ma nella descrizione generale delle specie mi vi sono sempre riferito così 474 I. Namias che molte forme che nel quadro non hanno riscontro, lo trovano nelle suaccennate contribuzioni. Cito semplicemente fra le specie più diffuse: Fasciculipora Marsiglii , Salicornaria farciminoides, Eutalophora proboscidea , Microporella ciliata e violacea , Eschara monili fera, E. poly sto- rnella, E. undulata, E. foliacea , E. columnaris, Biflustra deli- catida , lletepora cellulosa , Myriozoon truncatum , CupulaHa umbellata e intermedia , Lunulites androsaces. Fra le meglio caratterizzate : Tubulipora ftabellaris, Mem- branipora anulus, Lepralia venusta (specie da sola sufficiente a caratterizzare secondo Manzoni il pliocene d’una regione), Schiso- porella unicornis , Cellepora ornata , Cupularia canariensis , fìatopora rosala. Fra le più rare o poco conosciute : Alecto parasita, Stomato- pora maior , Idmonea disticha, Idmonea serpens, Idmonea irre- cjularis , Eutalophora pedinata, Membranipora tuberculata , Mem- branipora ejracilis. Lepredia elencatala, Schùoporella Eelward- siana, Frustrellaria macrostoma, Eschara Segdwicliii. Delle specie ritenute come nuove ne descrivo solo quattro, nei casi dubbi rinunciai più volontieri a ogni tentativo di classifica- zione, tanto più che il fermo proposito fin da principio prefissomi di procedere colla massima cautela in sì delicata operazione venne avvalorato dall’avere con sicurezza potuto riscontrare come il desi- derio del nuovo tragga spesso in errore. Due parole ancora sul metodo generale di studio seguito e sulle norme adottate per la classificazione. Pel primo ebbi a provare la verità dell’asserto di Manzoni e cioè quanto poco attendibile riesca il confronto diretto sulle figure, di gran utilità trovai invece la determinazione compiuta su esem- plari viventi pel quale scopo mi servì una discreta collezione pro- veniente da Taranto che il gabinetto possiede, e qui in ultimo anche alcune forme mandate dall’ egregio prof. Arturo Issel della r. Uni- versità di Genova raccolte fra Sciacca e Pantelleria. Per quelle specie poi che non hanno rappresentanti attuali cer- cai di rendermi conto della loro struttura con qualche schizzo ma più spesso ricorsi alla fotografia mezzo pur questo posto a mia disposizione dalla liberalità del prof. Pantanelli, e che mi ha dato soddisfacenti risultati. Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 475 La classificazione costituisce pei briozoi il punto più proble- matico e m pan tempo quello a cui meglio si addice il motto d Oiazio Quot capitimi vivunt totidem studiorum millia. Nella rigurgitante abbondanza dei sistemi offerti quelli degli autori inglesi emergono per meriti incontestabili quale special- mente 1 opportuna scelta dei caratteri più spiccati, ma ancb’essi mancano di una norma fissa e non riguardano che laggruppamento artificiale delle cellule. Il che se è buon mezzo per facilmente rico- noscere le specie non può dirsi altrettanto per quel che spetta alle relazioni naturali essendo spesso le famiglie basate su caratteri | futili, come per dare un esempio la condizione ramosa del poli- vano che tiene connesso l'esteso gruppo delle escharidi. Smitt solo pare aver indicato la probabile via da seguire; per quest autore non è il modo di combinazione delle cellule, ma la cellula sola considerata indipendente nella sua struttura che è il vero testimonio delle relazioni generali di vita e la base di un i a£=’1 uppamento veramente naturale ; ma forse perchè questo sistema segnando una radicale riforma travolgerebbe un gran numero degli antichi generi ha al momento poche applicazioni. Frattanto al metodo di Busk che generalmente prevale io pure mi sono attenuto per la massima parte, l'unica innovazione fu intro- dotta nel genere Leprcilia adottando la nomenclatura usata dal- l’ Hinks. Bando termine a queste poche note non voglio tralasciare di aggiungere all autorevole parola di Manzoni un eccitamento a che piu oltre non venga trascurato lo studio di questi eleganti organismi, i quali se hanno il difetto per usare una frase felice del D’Orbigny I di presentarsi in tutte le epoche del mondo , ciò non toglie però che imprimendo ad ognuna di queste una fìsonomia nuova possono ugualmente rendere reali servizi nelle determinazioni stratigrafìche. 476 I. Namias Ordine dei CYCLOSTOMATI. Fam. Tuboliporidea Busk. Genere AHecto Lamx. Alecto parasita. — Heller, Die Bryoz. d. Adriat. Meeres , tav. Ili, fìg. 10, pag. 125 (Verhandlungen Zoolog. Bot. voi. XVII, 1867). — Coppi, Paleont. mocl. pag. 119, n. 1281. — Manzoni, Brioz. foss. di Castr. pag. 41, tav. VII, fìg. 69. — Reuss, Die Foss. Polyp. Wienerbeckens, pag. 53, tav. VII, fig. 10 (Ani op ora divaricata): Località. — Castellarqnato (Montesago). — Strati di mare pro- fondo. Di questa graziosissima forma coloniale frequente a Castro- caro tengo un solo esemplare incrostante una Cancellarla varicosa. Vive nell’ Adriatico (Heller). Genere Stomatoporct Bromi. Stomatopora maior John. — Busk, Cray Polizoa, pag. 112, tav. XX, fig. 8 non fig. 5 (Alecto r e p e n s Busk non Wood). — Hincks, British Marine Polizoa, pag. 427, tav. LVIII, LIX, fig. 1. Località. — Castellarquato, Rio dei Vai. — Strati sabbiosi litorali. La ramificazione dicotoma, le cellule parzialmente infossate e poco divergenti collocano questa specie fra le Stomatopore. Molto prossima alla Tubulipora fimbriata Lamx. e alla Tubulipora jlabellaris Fabr. se ne distingue per avere le cellule riunite nel- l’ estremo delle singole colonie. Questa forma trovata finora nei mari del nord dalle coste della Francia al nord d'Inghilterra riscon- trasi pure nel crag d’Inghilterra e a Castellarquato negli strati a Cyprina islandica. Contributo ai briozoi pliocenici ccc. •177 Genere -Tix'foii.lijjjoi’Q, Lamx. Tubili ip or a flabellaris Fabr. — Manzoni, Brioz. plioc. Cast/1, pag. 43, tav. VI, fig. 73. — Heuss, Foss. Polyp. Wienerbeckens 3 pag. 51, tav. VII, fig. 11 (Dia stop or a pi umilia). — Busk, Crag Polyzoa , pag. Ili, tav. XVIII, fig. 3; tav. XX, fig. 9 (?). Località. — Castellarquato (Rio dei Vai). — Gropparello. Strati sabbiosi littorali. Due individui uno intero disciforme evidentemente adulto, 1 altro di Gropparello è un frammento che per l’incompleta strut- tura accenna uno stadio giovanile. Vivente nei mari d’Europa. Fam. Idmoneidae Busk. Genere Hornera Lamx. Hornera f rondi cu lata Lamx. — Manzoni, Brio», plioc. di Caste, pag. 42, tav. Vili, fig. 80-80. — Brio z. mioc. Austr - Uagli. Ili parte, pag. 8, tav. VI, fig. 22. — Busk, Crag Polyzoa , pag. 102, tav. XV, fig. 1, 2; tav. XVI, fig. 6. — Coppi, Paleont. mod . pag. 124, n. 1346. Località. — Modenese (Spezzano). — Strati di mare profondo. Due frammenti ben conservati. Vivente nell’Adriatico e nel Mediterraneo (Heller, Busk). Hornera striata. M. Edw. — Manzoni, Brìoz. mioc. Austr. Ungh. 3a parte, pag. 8, tav. VII, fig. 24. — Busk, Crag Polyzoa , pag. 103, tav. XV, fig. 3; tav. XVI, fig. 5. Località. — Modenese (s. Venanzio). — Strati di mare pro- fondo. . Ha comune giacimento stratigrafico coll’//, frondiculata dalla quale tuttavia differisce notevolmente per le dimensioni più esigue dell’ intero polizoario, per le aperture zoeciali più rade e meno infossate, per la fine stilatura delle aree che limitano le cellule nella faccia anteriore, e infine per l' ornamento della faccia poste- riore. Quest’ornamento è costituito nell’//, frondiculata da nume- 478 I. Namias rosi e allungati pori e da tenui solchi nella presente specie al con- trario i solchi sono assai accentuati e s’irradiano in vario modo, mentre i pori sono minimi e spesso nulli. H or nera Hippolytus? Defr. — Manzoni, Brioz. foss. mioc. austr. Ungh. parte 3a, pag. 8, tav. YI, fig. 23 ; tav. VII, fig. 24. — Reuss, Foss. Polypar. des Wienerbeckens , pag. 23, tav. VI, fig. 23, 24. — Busk, Crag Polyzoa. pag. 101, tav. XI Y, fig. 8, 9. — Michelin, Iconographie Zoophit. pag. 169, tav. XLYI, fig. 18. Località. — Modenese (Spezzano). — Strati di mare profondo. Gli individui che in modo dubbio riferisco a questa specie pro- miscuamente ritraggono i caratteri delle figure date da Reuss Man- zoni Michelin pochissimo trovano riscontro in quelle di Busk. Indipendentemente da ciò ritengo malagevole la distinzione dell’ Hornera Hippolitus dall’ H. striata alternandosi e fonden- dosi almeno per quanto ho potuto riscontrare nel mio caso i ca- ratteri di una specie con quelli dell’altra. Horuera n. sp. — Località. — Castellarquato. Burrone del monte di Bertoldo. — Strati sabbiosi littorali. Dovendo descrivere questa specie si potrebbe dire che ricorda la struttura delle Entalophore con i caratteri generici delle Hor- nere alle quali più specialmente si connette per avere la super- ficie posteriore della colonia sprovvista di cellule. La specie più prossima sarebbe 1’ LI. violacea descritta e figurata dall' Hinks (British. Marine Polyzoa, pag. 469, tav. XLVI1, fig. 6, 7, 8) avendo le cellule di entrambi ugual forma tubulosa cilindrica ma invece di avere una superficie granulare e l’altra liscia mostra am- bedue le faccie uniformemente e minutamente punteggiate. Genere Idmonea. Idmonea disti eli a Goldf. — Manzoni, Brioz. foss. mioc. Austr. Ungh. parte 8a, pag. 5, tav. Ili, fig. 12. — Reuss, Die Foss. Polypar. des Wienerbeckens J pag. 25, tav. VI, fig. 29, 31. — Gioii, Briozoi neogenici di Pianosa , pag. 255 (Àtt. soc. Tos. voi. X, 1869). — Estr. Pisa, 1889, pag. 6. Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 479 Località. - Colline modenesi. Viguola (Bio d'Orzo) - Strati di mare profondo. V ' Specie ben distinta per la disposizione seriata delle aperture zoeciali. Le cellule leggermente concave hanno forma cilindrica al- lungata Questi due caratteri abbisognano perè per essere ben ri- conoscibili di uu buon stato di conservazione il quale mi è stato offerto solo dal frammento di Viguola. i Mmonea seipens. Lian. — Manzoni, Brioz. Plioe. Castr. 1 Pag' ta/' TI’ fig- 78' — Brios ■ f«*>. italiani 4* Contr. pag. 349, tav. VI, fig. 32 (Sitz. At. d. W. 61, voi II m fase. 1870) - Hinks, British Marine Polyz. pag. 45s’ “ i g; 2’ 3; LX' - Cani PrLomus Faunae MedUerraneae. voi. II, parte 1*, pag. 42’, 1. _ Coppi Paleont. mod. pag. 124, n. 1344. ^ ’ oT ^aStellaiquato (Riorzo ~ Burrone del monte di Bertoldo). — Strati sabbiosi. Dei quattro individui che rappresentano questa specie due erano aderenti a una conchiglia. Il Manzoni {Brio,, di Castr. loc. • t.) si senti di quest ultima circostanza per distinguere Xldmnnca msidens indipendentemente dal fatto che per struttura una spe- cie differisce notevolmente dall'altra. Questo criterio trovasi in op- posizione a quanto espone l' Hinlrs (loc. cit.) e che cioè indif- ferentemente le idmoneidi possono essere libere o aderenti, e che anche nel caso speciale della serpens non è raro di trovare indi- ’■ ridili adesi. — La specie succitata vive nei mari d’Europa. (Carus). Idmonea fenestrata. - Busk, Cray Polyzoa, pag. 105, tav. XV, fig. 6. — Manzoni, Brioz. foss. Mioc. Austr. Unqh parte 3a, pag. 6, tav. IV, fig. 14. Località. — Castellarquato (Burrone del monte di Bertoldo — Strati sabbiosi). Colline modenesi. eviti 6 fraTentÌ beQ conservati’ in Quello di Castellarquato è dentissima la struttura tipica della superficie posteriore che ha aiso a questa specie il sinonimo di fenestrata. Idmonea irregnlaris - Meneghini, Memoria sui polipi della famiglia dei Tubuliporiani , pag. 12 (in Heller). — Heller, 480 I. Namias Die Bryoz. d. Adrial. Mer. pag. 121. — Buslc, Report on thè Polyzoa , pag. 14 (H. M. S. Challenger, voi. XVII. London, 1886). — Julienn. Bull. Soc. Zoolog. de Franco, voi. VII, pag. 501, tav. XIII, fìg. 1, 9. (Ter via Folini). Località. — Castellarqnato — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati sabbiosi. L’esemplare è ben conservato e risulta di un tronco dicotomo sul quale due diramazioni crescenti e biforcate all’apice si sono saldate per la superficie dorsale dando così all'intero polizoario una duplice forma arborescente, la quale è resa più originale da un evidentissimo ovicello centrale d’aspetto piriforme minutamente punteggiato alla superficie. Le cellule die adornano il tronco e i rami ricordano assai quelle fàìY Idmonea disticha Goldf. per la forma tubolosa ma ne differiscono per la disposizione in quella uniformemente seriale, in questa più di frequente a gruppi. La quale ultima circostanza volendo tener conto delle osservazioni di Julienn fa entrare la specie in discorso nel genere Pervia che si scosterebbe dal genere Idmonea per la caratteristica presenza di un certo numero di zoeci disposti senz’ordine e alternantesi con quelli laterali. Vive nell’Atlantico Pacifico Adriatico. Fam. Entalophoridea Reuss. Gen. Entalox^liorii Lamx. Entalophora palmata. — Busk, Cray Polyzoa , pag. 108, tav. XVIII, fìg. 2 (Entalophora palmata). — Manzoni, Brioz foss. mioc. Austr. U/ig. parte 3a, pag. 11, tav. IX, fìg. 34 (Pustulopora palmata). Località. — Castellarqnato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati sabbiosi littorali. Come dimostrano le sinonimie date dai diversi autori i nomi di Entalophora Lamx. e Pustulopora Bl. si equivalgono, ed en- trambi vengono usati per indicare una colonia che si eleva in di- rezione verticale con rami più o meno dicotomi attorno ai quali s’inseriscono e s’aprono cellule tubulose. Manzoni nei Brio sol mioc. d’ Austr. Uugh. tenta invece parlando del genere Entalophora di porre una netta distinzione fra questo e quelle delle Puslulopore, 481 Contributo ai briozoi pliocenici ecc. assegnando il primo nome a quelle forme che sono più ricche di cellule e la superficie delle quali è finamente punteggiata, il se- condo alle altre ove le cellule oltre essere più scarse di punti si mostrano liscie. La distinzione benché qualche volta fondata su appariscenti caratteri non è molto attendibile data l’estrema va- riabilità di struttura del genere ; per questo e per risparmiare inu- tili sinonimi avendo prescelto il nome di Entalophora non ho cre- duto cambiarlo neppure per questa forma che secondo Manzoni sarebbe uua Pustulopora. L’unico esemplare di Castellarquato identifica perfettamente la specie del Crag come pure in qualche tratto ricorda Y Entalophora pavonina del D’Orbigny (D’Orbigny, Paléont . frane, pag. 693, tav. DCXX, fìg. 7, 12. Entalophora sub verticillata. — Busk, Crag Polyzoa pag. 108, tav. XVIII, fig. 1 (Pustulopora sub verti- cillata). Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — ■ Strati sabbiosi littorali. Quantunque erosi gli individui raccolti mostrano qua e là una accentuata disposizione a verticillo nelle aperture zoeciali, carat- tere che serve a distinguere questa specie dall’ Entalophora pro- boscidea M. Edw. •Entalophora proboscidea M. Edw. — Waters, Bryozoa from thè Plioc. of Bruccoli , pag. 17 (Estr. Soc. geol. Man- chester 1878). — Heuss, Boss. Polyp. des Wienerbekens , pag. 41, tav. VI, fìg. 13, 20 (P . anomala). — Busk, Re- por t thè Polyzoa , pag. 19, tav. IY, fig. 1 (H. M. S. Challenger voi. 17). — Fischer, Bryoz. Echinod. d. I. Gironde , pag. 5, voi. Ili (Estr. Soc. linn. Bordeaux t. XXVII, 1870). Località. — Colline modenesi. — Vignola (Rio d'Orzo). — Strati di mare profondo. Ho riferito questa specie assai comune nelle colline mode- nesi all’ Entalophora proboscidea vivente nell’ Adriatico e nel Mediterraneo seguendo le opinioni di Waters confermate da Busk (loc. cit.) il quale riunisce a questa specie oltre la P. anomala Rss. e altre specie anche l' Entalophora icaunensis e Raripora d’Orbigny ( Paléont . frang. tomo V, pag. 781-787). 482 /. Namias Entalophora proboscidea Busk. — Yar. Orbicularis. Località. — Colline modenesi. — Sassuolo (Fossetta e Passo Stretto). — Vignola (Rio d’Orzo). — Strati di mare profondo. La varietà designata con tal nome assieme all’ Entalophora proboscidea offre pei briozoi ciclostomati il materiale più abbon- dante della collezione. Molto affine a questa è l’ Entalophora alte- nuata&toX (Stoliczka, Oligocène Bryozoen von Latdorf in Bernburg, pag. 77, tav. I, fig. 1. Sitzungberickte Ak. d. Wiss. voi. XLV, fase. 1°, 1862) specialmente per la gracilità degli steli e per la disposizione delle scarse aperture zoeciali, se nonché mentre queste nella figura dello Stoliczka appaiono larghe e ovali negli esemplari che ho sott’ occhio sono strette e orbicolari. Nel Reuss (Palaeo /itolo g. Stud. iìb. Terliàrs. d. Alpen. Denkscr. d. Kais. 1878, pag. 286, tav. XXXYI, fig. 1. 2), si trova pure riferita X Entalophora atte- nuata Stol. ma le figure accennano a una struttura assai diversa per la particolarità di avere tubi cellulari sporgenti anziché bre- vissimi e poco accentuati. Se un tale carattere venisse senza di- scussione applicato (supponendo solo per anomalia mancanti le sporgenze dei tubi) anche a queste forme, X Entalophora attenuata non avrebbe più ragione d’esistere cadendo in quel ciclo di specie che secondo Busk col nome collettivo di E. proboscidea comprende X E. anomala Rss. VE. icaunensis e raripora d’Orbigny. Come facilmente si può arguire di fronte a sì variati modi di vedere non mi era lecito di fare nè una specie distinta, nè una fusione; trovai quindi mezzo più ovvio di separare i miei esem- plari solo parzialmente dall’ A. proboscidea istituendo una varietà di questa che chiamo orbicularis , la quale poi coincide sì per le osservazioni che per la figura con la specie chiamata dal Gioii Entalophora cfr. icaunensis , Orb. (Gioii, Briozoi neogenici di Pia- nosa. Estr. Atti Soc. tose., pag. 9, fig. 4. Fam. Frondiporidae Reuss. Gen. FcASciciilipora d'Orb. F a s c i c u 1 i p o r a Marsiglii, Bl. sp. — Michelin, Leon, zoophii, pag. 68, tav. XI Y, fig. 4. — Busk, Cray Polyz. pag. 119, tav. XVII, fig. 4 (F u n g e 1 1 a m u 1 1 i f i d a). — Manzoni, Brioz. Contributo ai briozoi 'pliocenici ecc. 483 mioc. Austr. Ungh. pag. 17, tav. XII, fi g. 48 (Denkscr. d. K. 1878). Località. S. Venanzio. — Sassuolo. — Vignola (Rio d Orzo). Castellarquato. — Strati di mare profondo. Conservo a questa specie il nome di Fasciculipora {Frondipora Marsiglii ) essendo che le prime figure e le più antiche descri- zioni sono anteriori al nome di ramosa datogli dal d’Orbigny. Indipendentemente dalla figura di Marsiglii (Venezia 1711, trad. frane. 1725) Blamville l’ha descritta nel Manuel di Acht ino logie 1834, mentre il nome di ramosa attribuitogli dall'Orbigignv nel- l’opera Voyage de V Aviàrie. meridionale è del 183o! &I Aprimi autori la dicono fossile dell’astigiano e vivente nel Mediterraneo, essa d’altronde corrispondendo alla descrizione datane da Busk (Report on thè Polyzoa , pag. 27, Challenger, voi. X) fa ritenere che anche la specie vivente debba conservare il nome di Fasci- culipoì a Marsiglii piuttosto che quello di ramosa. Infine i dubbi espressi da Busk sulla Fungella multifida fanno credere che anche la F. multifida descritta da Manzoni sia la F. Marsiglii . Ordine dei CHEILOSTOMATI. Fani. Salicornariadae Busk. Gen. Salicornaria Cuv. Salico malia farciminoides, Iohnst. — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 4, tav. I, fig. 2; Brioz. foss. ital. 4a conti-, pag. 320, tav. I, fig. 1, 2 (Sitz. d. K. voi. LXI). — Coppi, Falconi, mod. pag. 119, n. 1277. — Waters, Bryoz. from tlie Plioc. of Bruccoli , pag. 2. Località. Sassuolo (Fossetta). — S. Venanzio. — Castell- arquato (Rio dei Vai, Rio dei Gatti. Montesago, Burrone del monte di Bertoldo). — Comune in tutti gli strati. Le cellule ora ovali ora rombiche ora esagonali che s incon- trano in questa specie possono facilmente far supporre a primo esame tipi fra di loro distinti da sostanziali differenze. Ripetendo invece le osservazioni si viene affatto a escludere ogni distinzione che è limitata alla sola forma esterna delle cellule, mentre inter- 184 I. Namias namente riscontrasi un’uguale struttura mantenuta in special modo costante da un apertura zoeciale semilunare o reniforme. Questa Salicornaria assai comune allo stato fossile s’incontra anche abbon- dante nei mari d’Europa (Heller, Waters, Busk). Come particolarità generica debbo poi notare che la condizione ritenuta da Busk rarissima e riportata da Manzoni nella 4a contrib. dei Brio:, fossili italiani pag. 325, di trovare cioè nelle Salicor- narie fossili iuternodi fra loro connessi mi è stata offerta da uno degli esemplari suaccenati di Castellarquato nel quale due articoli claviformi sono fra loro riuniti. Salicornaria mutinensis n. sp. tav. XY, fìg. 2. Località. — Colline modenesi. — Strati di mare profondo. Polyzoario internodis cilindricis odo decem seriebus cellu- laribus praedilis, cellulis exagonaiibus e/fossis linea prominula rnarginatis, orificio semicir culari saepe dentieulis minutis in parte inferiori munito. Cellulis avicularium iriangularibus , apertura orbiculari. Ciò che principalmente distingue questa specie dalla S. far- ciminoides è la forma delle cellule aviculari le quali sono trian- golari e senza perciò alterare il reticolato esagono del tronco rim- piccoliscono soltanto la cellula sottostante, dimodoché il loro foro viene a essere collocato in una parete perpendicolare alla direzione dell’articolo. La forma delle cellule è strettamente esagonale esse sono incavate e una sottile linea rilevata limita un’apertura zoe- ciale semicircolare il di cui tratto inferiore e spesso munito di pic- coli denti; l’apertura poi degli aviculari è piccola e rotonda. Tra le varie figure date da Heuss per la Salicornaria farciminoides (Reuss, Die Foss. Bryoz. d. Ost. Mioc. pag. 143, t. XII, tìg. 3-13. Denskr. d. Ivais 1874) il numero 10 corrisponde in parte alla pre- sente specie, se non che l'apertura delle cellule è troppo piccola, e inoltre non evvi traccia di orifici aviculari. Fani. Membraniporidae Busk. Gen. Membran ipora Bl. M e m b r a n i p o r a tuberculata Bosc. — Busk, Cray Polyzoa, pag. 30, tav. II, tìg. 1. Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 485 Località. Castellarquato ex collectione. — Strati littorali ? Questa specie corrisponde assai bene alla figura e descrizione citata come pure nella medesima si ripetono le osservazioni fatte da Busk sulle condizioni di giacimento delle forme fossili, che in generale si trovano aderenti a conchiglie mentre le viventi incro- stano le alghe. I frammenti furono infatti staccati nell’interno della bocca di un Murex brandalis della collezione di Castellarquato. Vivente nell'Oceano Atlantico (Busk). Membranipora anulus Mauz. — Manzoni, Brioz. foss. ita- liani, 4a contr. pag. 329, tav. I, fig. 6 (Sitzungsberichte d. K. voi. LXI, Vienna 1870; Briozoi pilo c. di Castroc. pag. 12, tav. I, fig. 9 a, 9 b, 9 c. — Coppi, Paleontologia modenese 3 pag. 120, n. 1290. Località. Castellarquato ex collextione. — Strati ... ? La presente specie non mostra tutte le variazioni accennate dal Manzoni nei briozoi di Castrocaro, però la presenza costante delle spine orali la forma regolarmente anulare delle cellule, e la disposizione di queste in serie gradatamente salienti, (caratteri posti dal Manzoni come tipici di questa colonia) non mi lasciano alcun dubbio sull’esattezza della sinonimia. La figura che meglio si avvicina ai vari frammenti di Castellarquato è quella data dal- l’autore nella 4a contribuzione (1. cit.). Membranipora pia ty stoni a, Rss. — Heuss, Brioz. Mioc. Osterr. Mioc. pag. 182, tav. X, fig. 1 (Denkscriften d. k. voi. XXXIII, Vienna 1874); Foss. Polyp. des Wienerbekens , pag. 91, tav. XI, fig. 3 (Cellepora platystoma). Località. — Castellarquato ex collectione. — Strati littorali? Ho creduto di poter bene identificare questa specie colle forme del Heuss, benché negli autori italiani esistenti nel Museo non l’abbia trovata descritta. Membranipora anguiosa, Rss. — Heuss, Foss. Polyp. des Wienerbekens , pag. 93, tav. XI, fig. 10 (Cellepora ali- gli Iosa); Foss. Bryoz. d. Osterr. Ungh. Mioc. pag. 185, tav. X, fig. 13, 14 (Denkscriften d. K. Vienna 1874). — Manzoni, Brioz. foss. ital. 4a contrib. pag. 331, tav. II, fig. 10 (Sit- 486 I. Namias zungsberichte. d. K. voi. LXI, Vienna 1870); Brioz. plioc. di Castr. pag. 8, tav. I, fig. 11. — Waters, From The Plio- cene of Bruccoli , pag. 4. — Coppi, Paleonl. modenese pag. 120, n. 1283. Località. — Colline modenesi ex collezione. — Strati lito- rali ; incrostante un Ostrea. Come nota il Manzoni (loc. cit.) le variazioni alle quali questa specie va soggetta si riferiscono specialmente a una maggior o minor elevatezza del margine che limita le cellule. Conservando però sempre anche in mezzo a questi cangiamenti una bocca di forma campanulata riesce facile distinguerla dalle altre congeneri. Vive nell’Oceano Atlantico (Carus). Membranipora gracilis Rss. — Heuss, Die Bryoz. Osterr. Mioc. tav. X, fig. 5-7, pag. 184 ; Paleontologische Studien uh. die alteren. Tertiàrsch. des Alpen, pag. 291, tav. XXIX, fig. 15 (Denkschriften d. K. Vienna 1874); Foss. Polyp. Wie- nerbekens , pag. 93, tav. XI, fig. 15. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. L’esemplare è completamente avvolto attorno un corpo estraneo di forma cilindrica. L’aspetto generale della struttura è delicato e in pari tempo assai semplice. Le cellule ovali hanno un margine prominente che le attornia come una cornice, un apertura semilunare e due pori laterali costituiscono il tutto. Non havvi traccia di aviculari. Membranipora Lacroixii Aud. — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag. 129, tav. XVII, fig. 5, 8. — Carus, Prod. Faunae Medit. pag. 10. — Fischer, Bryozoaires Echinod. et Foram. de la Gir onde, pag. 17, (Estr. d. Act. d. la S. Linn. d. Bordeaux, voi. XXVII, 1870). — Manzoni, Brioz. foss. ital. 2a contrib., pag. 514, tav. I, fig. 5 (Sitzungsb. d. K. voi. LIX, 1870). Località.- — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. L’esemplare che riferisco a questa specie incrosta una Nassa, assieme a una Ijcprcdia periusa. Ambidue i soggetti sono mal Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 4S7 conservati, e in special modo la Membranipora è appena ricono- scible. Mi decisi solo a porla nell’elenco pel confronto che potei fare colla specie vivente abbondante nei mari d’Europa e nel- 1 America settentrionale della quale il gabinetto possiede bellis- simi esemplari provenienti da Taranto. Membranipora fenestrata, Heuss. — Heuss, Die Foss. Polyp. d. Wienerbehens , pag. 95, tav. XI, fìg. 25 (C e 1 1 e p o r a fene- strata); Die Foss. Bnjoz. d. Osterr. Ung. Mioc. pag. 180, tav. IX, fìg. 10, 12 (Denkschriften d. K. Vienna 1874). Località. Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. La foima elittica delle cellule e più specialmente gli oeci foi temente convessi m inducono a credere trattarsi realmente di questa specie, solo le spine orali o le impronte delle stesse si mostiano nel mio caso assai più evidenti di quel che non appaia nelle figure di Reuss. Era gli esemplari classificati uno è singo- lare per essere rappresentato da alcune cellule incrostanti una Batopora • rosula. Membranipora regularis n. sp., tav. XV, fig. 3. Località. Castellarquarto ex collectione sulla valva interna di un Ostrea. M. incrustans tennis, cellulis elongatis marginata leviter convexis, seriis parallelibus dispositi, fere media parte duobus vel tribas poris cellidae utroque latore prope marginati positis, apertura semiorbiculari evidentius marginata quatti cellulae. Per la delicata struttura generale la specie da me descritta come nuova si avvicina alquanto alla M. calpensis Busk e quindi anche alla M. bifoveolata Heller, la quale accettando l’ipotesi del Manzoni (Brios. foss. di Castr. pag. 13, M. Calpensis Busk) rappresenterebbe lo stato vivente della prima. La necessità però di separare da queste due la forma descritta nettamente s’im- pone, poiché mentre nelle specie del Heller e del Busk le cellule sono grandi più o meno coarctate e non hanno disposizione uni- forme, nel caso in esame sono strette allungate e in modo sempli- cissimo disposte in serie longitudinati parallele ; inoltre è notevole che un tale ordinamento non è mai interrotto neppure dalle aper- 32 488 1. Namias ture zoeciali che conservano press’a poco lo stesso diametro delle cellule. Si potrebbe ancora aggiungere come nota differenziale se- condaria che al contrario della M. calpensis nella quale sempre secondo Manzoni si riscontrano due soli pori sottobuccali nella specie in esame ne ho scorto invece o quattro o sei, e anche questi non immediatamente situati sotto la bocca ma più di frequente posti verso il centro della cellula. Fani. Microporellidae. G-en. Microporella Hinks. Micropor eli a violacea Johnst. — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag. 216, tav. XXX, fig. 1, 4. — Manzoni, Brioz. plioc. dì Castr. pag. 23, tav. IX, fig. 43, 43 a (L oprali a vio- lacea). — Coppi, Paleont moden. pag. 120, n. 1295. Località. — Castellarquato ex collectione. — Strati di mare profondo su una T crebra fuscata. Sacrificherei alla verità se fra i caratteri tipici riscontrati e concordi con quelli dagli autori descritti per questa specie, ponessi anche la colorazione violetta, di questa non ho potuto convincermi neppur rivolgendo l’attenzione su forme recenti. Vive nel Medi- terraneo (Manzoni Heller). Microporella ciliata Pallas. — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag. 206, tav. XXVIII, fig. 1, 8. — Busk, Cray Polyzoa , pag. 42, tav. VII, fig. 6 (Lepralia ciliata). — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 24, tav. Ili, fig. 34 (Lepralia . ciliata). — Waters, From thè Pliocene of Bruccoli , pag. 5 (Estr. Soc. Geol. Manchester 1878). — Coppi, Paleont. moden. pag. 120, n. 1296. Località. — Castellarquato (ex collectione, Rio dei Vai, Rio d'Orzo) Colline modenesi. — Strati littorali incrostante un Pecten e molte conchiglie. Manzoni descrivendo questa Lepralia nei briozoi di Castro- caro (loc. cit.) osserva come le variazioni inerenti alla stessa siano esclusivamente dovute alla scomparsa delle spine orali. Stando invece alle figure e descrizione deH’Hinks (loc. cit.) apparirebbe Contributo ai briozoi pliocenici ccc. 489 suscettibile di assai più numerosi cangiamenti secondo i quali vengono poste due strutture tipiche, l’ima detta vi.r. granulare ha cellule esagonali sterili cosparse di accentuati punti e con apeituie zoeciali semilunari, nell’altra var. perdonata le cellule tendono a una forma ovale allungata e diversamente dalla var. gra- nulare sono sempre provviste di oeci globosi elevati. L’anello di congiunzione fra due forme sì eterogenee sta nell’apertura zoe- ciale press’ a poco uguale in ambo i casi e più di tutto nella pre- senza costante di un acuminato e laterale aviculario. Per quest’ul- tima condizione non sembrami molto felice la figura del Manzoni ove il poro e 1 aviculario invece di avere la posizione dimostrata dall Hinks e da Busk si mostrano più larghi e sono situati oppo- stamente. Ho diviso i molti esemplari di questa specie nelle due varietà suesposte avendo potuto in modo abbastanza evidente (tranne pel labile carattere delle spine orali) convincermi del valore di una tale separazione. La prima varietà dell’Hinks o granulare è molto prossima alla forma del crag inglese senza però identificarla, giacché questa mostra come differente particolare di non avere sempre cel- lule sprovviste di oeci. Vive nei mari inglesi e nel Mediterraneo (Manzoni, Hinks). Micropor ella Sturii Rss. — Reuss, Die Bryoz. cles Osterr . Ung. Mioc. pag. 162, tav. V, fìg. 11 (Denkschriften d. K. Vienna 1874) Lepralia Sturii . Località. — Castellarquato, ex collectione. — Strati littorali, incrostante un ILinites. La Lepralia megaiota Rss. ehe l’autore cita come affine alla -£. Sturii differisce notevolmente degli individui classificati per la forma delle aperture zoeciali e degli oeci, nonché per la struttura tutta leggermente scanalata anziché punteggiata e per l'assenza del poro centrale. Caratteri invece affini furono riscontrati negli aviculari e nelle spine orali. Per le generalità di struttura ho poi preferito il nome di Sturii , benché alquanto si scosti dalla figura del Reuss e in molti tratti ricordi anche la Lepralia decorata dello stesso autore. Mi ero por e 11 a trigonostoma Rss.? — Reuss. Foss. Brigo;. Osterr. Ung. Mioc. pag. 162, tav. IV, fig. 5 (Lepralia tri- I. Namias gonostoma) Denkschriften d. K. Vienna 1874; Foss. Polyp. Wienerbekens , pag. 87, tav. X, fìg, 20 (Celleporatri-j gonostoma). Località. — Castellarquato. — Rio dei Gatti. — Strati lit- torali. In questa specie le cellule sono allungate poco convesse 1 aper- t| tura della bocca è leggermente smarginata, e un poro mediano evi- : dentissimo porge la caratteristica del genere. L esemplare unico e | anche alquanto eroso mi permette di accennare solo in modo dubbio alla forma miocenica del Reuss. Fam. Cribrilinidae Hinks. Gen. Oribrilina Gray. Cribrilina figularis, Joknst. — Hinks, Brit. Mar. Polyg, pag. 196, tav. XXVI, tìg. 5, 7. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Sufficientemente corrisponde alla figura e descrizione dell'Hinks, solo gli aviculari appaiono rotondi o leggermente ovali e anche la forma dell’oecio sembra un po’ diversa poiché la carena si di- vide in due terminando ai lati della bocca. L’esistenza di questa Cribilina nel pliocene italiano, e che già si trovava anche nel crag d’Inghilterra rende inutile la ricerca delle specie fossili affini alla vivente nei mari d’Inghilterra. Il Manzoni ( Brioz . plioc. di Castr. pag. 80, tav. V, fig. 53) ha creduto che questa specie fosse identica alla Lepralia Ilaaeri Rss. del miocene d'Austria Un- gheria sembrami che sostanzialmente ne differisca per due denti laterali nell’interno della bocca, e per i pori marginali circinati nella parte rilevata compresa tra due successivi solchi, i quali caratteri si riscontrano solo nella Cribriima figularis d’Inghilterra descritta dall’Hinks. Tutt’al più le differenze accennate negli avi- culari e negli oeci potrebbero far considerare la Cribriliiia figularis una varietà della L. llaueri se non si sapesse poi quanto siano larghi i limiti entro cui variano questi caratteri. Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 491 Ciibi ilina radiata Moli. Hinks, Brit. Mar. Polyz. pao-. 185, tav. XXV, pag. 1-9. Località. Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. La vasta sinonimia di questa specie è minutamente discussa dall Hinks. Senz entrare nel merito di questa panni solo 'interes- sante porre in evidenza che ammesso plausibile il concentramento t. fatto dall autore per questa specie, oltre alcune varietà distinte del Reuss quali Lepralia pretiosa, L. raricostata , anche la L. cri- brilina Manz. ( Brioz . plioc. di Castr. pag. 27, tav. Ili, fig. 40) la L. anidata Johnst, L. innominata Couch (Manzoni, Sappi, ai brioz. del Medit. pag. 76, 77; Sitzungsb. d. K. voi. LX1II, 1871) sarebbero fuse in un tipo unico di struttura. Questi caratteri di comunanza fondati specialmente sulla presenza di spine ai mar- gini boccali non erano sfuggiti neppure al Manzoni il quale già nella la contrib. dei Briozoi fossili italiani (Sitzungsb. voi. LIX, pag. 24) riuniva alla Lepredia innominata Couch, la L. scripta Rss. e altre affini menzionate dall’Hinks. Nonostante tale conferma non comprendo come lo stesso Manzoni nei Briozoi di Castro- cai o (loc. ci t ) persista a tener distinta la L. cribrilina nella quale come appare anche dalla figura più che mai evidenti rie- scono le caratteristiche spine orali. Questa specie abbondante allo |- stato vivente nei mari d Europa fu pure confrontata con esem- plari di Taranto. Fam. Myriozoidae Smitt. Gen. Schizoporella Hinks. ' S c h i z o p o r e 1 1 a unicornis, Johnst. — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag 238, tav. XXXV, fig. 1, 5. — Manzoni, Brio», plioc. di Castr. pag. 19, tav. II, fig. 24,24 a; Brioz. foss. italiani , la contrib. pag. 23, tav. II, fig. 11 (Lepralia spinifera var. ansata) 3a contrib. pag. 938, tav. II, fig. 11 (Sitzungsb. d. K. voi. LIX, 1869; voi. LX, 1870). — AVaters. From. thè Plioc. of Bruccoli , pag. 7. — Coppi, Paleont. rnod. 121, n. 1310. •102 I. Narranti Con questo nome Hinks raccoglie parecchie varietà ( L . uni- cornis , ansata, spinifera) molto vicine per la forma delle cel- lule e della loro apertura per l’ornamento superficiale e la di- sposizione degli aviculari. Fra gli esemplari raccolti di questa specie uno incrostante un Anomia offre una particolarità degna di nota derivata forse incidentalmente dall'avere tentato di liberare la conchiglia dal suo ospite con un mezzo piuttosto ruvido. La colonia è tutta composta di cellule fertili nelle quali l'ovicello è stato asportato lasciando però a testimonio della sua forma originale un'impronta globosa costituita dalla sola superficie d'appoggio. Ora questa superficie per essere minutamente pertugiata come il resto del corpo della cellula, per non presentare nessuna salienza o residuo che in modo qualsiasi lasci supporre la preesistenza di un piano diverso, fa ritenere che gli ovicelli abbiano pareti pro- prie nella sola regione superiore e che la regione inferiore sia unica- mente costituita dalla superficie della cellula sulla quale premono. Come conseguenza di ciò conviene poi considerare lo sviluppo della cellula anteriore a quella dell’oecio, il quale segregherebbe le pareti solo nella sua parte libera; cosi probabilmente si trova di fronte a un nuovo fatto da accumularsi ai molti già conosciuti sulla riproduzione dei briozoi. Schizoporella Edwardsiana Busk. — Busk, Crag Polysoa, pag. 44, tav. V, fìg. 2 (L oprali a edwardsiana). Località . — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Questa strana e rara specie assomiglia assai a una Ccllopora specialmente per la disposizione ammonticchiata di cellule tuber- colose, invece la forma sinuata delle aperture zoeciali fanno rite- nere che si tratti di una Schizoporella. Associandomi piena- mente ai criteri che hanno informato il Busk nella descrizione di questa specie insisterò solo avendoli sott’ occhio distintissimi a ri- chiamare l’attenzione sull’ aspetto piriforme degli oeci e sugli avi- culari irregolarmente sparsi fra lo cellule della colonia. Schizoporella b i a p e r t a . — Michelin, Leon. Zoo phit. pag. 330, tav. LXXIX, fig. 3 (F s c li a r a b i a p e r t a). — Manzoni, Brios. 493 Contributo ai briozoi pliocenici ecc. plioc. di Castr. pag. 21, tav. II, fig. 28. — Busk, Crag Polysoa, pag. 47, tav. VII, fig. 5. — Waters, From thè Plioc. of Bruccoli , pag. 13, fig. 8. Località. — Colline modenesi (ex collectione). — Castellar- qnato sulla valva interna di un 1 Lurex Swainsoni. — Strati di mare profondo. Le due braccia tubulose caratteristiche di questa specie non sono tanto lunghe come è dimostrato nella figura di Manzoni (loc. cit.). Più di frequente forse per causa d’erosione ridotti a un ugual livello delle cellule, non attestano la loro presenza che con due semplici orifici. Le figure che meglio identificano tale con- dizione sono date da Michelin e da Busk. Gen. Ihopiuiliii Jolinst. Lepralia per tu sa Johnst. non Esper. — Manzoni, Brio z. foss. iteti 2a contrib. pag. 520, tav. Il, fig. 11 (Sitzungsb. d. li. voi. LIX, 1869); Brioz. plioc. di Castr. pag. 32, tav. IX, fig. 48, Sappi, ai briozoi del Med. pag. 79, tav. II, fig. 6 (Sitzungsb. voi. LX1II, 1871). — Coppi, Paleont. mod , pag. 121, n. 1303. — Heller, Die Brgoz. d. Adriat. Meer ., pag. 11. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Questa delicata L,epralia ha molte affinità specialmente colla Lepralia cecilii Aud. e la Lepralia cuculiata Busk, se ne distingue per la superficie delle cellule meno grossolanamente punteggiate e per non avere escrescenze sotto la bocca, i quali caratteri la distinguono altresì dalla vivente che trovasi nei mari Adriatico Pacifico Atlantico Indiano (Heller-Carus). Lepralia venusta Eichw. — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 28, tav. IX, fig. 50; Brioz. foss. italiani. la contrib. pag. 20, tav. I, fig. 7 (Sitzungsb. voi. LIX, 1869). — Reuss, Foss. Brgoz. Osterr. Ung. Mioc. pag. 169, tav. VI (Denkscriften d. K. Vienna 1874). — Coppi, Paleont. mod. pag. 120, n. 1299. Località. — Castellarquato. — Strati littorali. 494 I. Namias La singolarità di questa specie ben caratterizzata dal diametro considerevole delle sue cellule, consiste in una forte protuberanza che ne occupa il vertice dalla quale poi partono tre diramazioni una centrale e due laterali a mo’di costola. Oltre questi caratteri per se stessi sufficienti a riconoscerla ho anche riscontrato attorno al margine boccale evidentissime le perforazioni destinate all’in- serzione delle spine orali. Lepralia ligulata. — Manzoni, Brioz. foss. ital. 4a contrib. pag. 334, tav. Ili, fig. 17 (Sitzugsb. voi. LXI, Vienna. 1870); Suppl. ai brioz. Medìt. pag. 81, tav. Ili, fig. 4 (Sitzungsb. voi. LX1II, Vienna, 1871). Località. — Castellarquato ex collectione incrostante un Oslrea. Annovero questa specie fra quelle poche in cui ho potuto nettamente distinguere e controllare le caratteristiche più impor- tanti le quali come è noto per la descrizione di Manzoni consi- stono principalmente nella forma della bocca foggiata a fauce e in una linguetta che inserita in basso si svagina aH’esterno. Manzoni avrebbe poi trovato nel Mediterraneo una forma vivente identica alla fossile. Lepralia Brogniarti Aud ? — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 20, tav. II, fig. 27 ; tav. IV, fig. 84. — Busk, Crag Polizoa, pag. 46, tav. VI, fig. I. Località. — Castellarquato ex collectione. — Strati . . . . ? Riferisco a questa specie un piccolo frammento indottovi dalla somiglianza che in qualche punto presenta colla figura data da Manzoni. Esso presenta la sola parte inferiore delle cellule, che come nella figura è ovale; del resto posso solo supporre la presenza degli oeci piramidali soprastanti ammettendo che per l'estrema delicatezza di congiunziene sieno andati perduti. Vivente nei mari d’Europa (Busk, Heller). Lepralia delicatula. — Manzoni, Brioz. foss. ital. 3a contrib. pag. 940, tav. Ili, fig. 17 (Sitzungsb. voi. LX, 1870). località. — Castellarquato. — Rio dei Vai — Strati littorali. Le poche cellule che rappresentano questa specie hanno una vasta apertura a ferro di cavallo ristretta in basso da piccole Conti liuto ai briosoi pliocenici ecc. 495 sporgenze. Questa condizione che ricorre nella figura di Manzoni si riscontra pure in quella data da Busi perla Lepralia haimeseana (Crag Polyzoa, pag 52, tav. Viti, flg. i) ; se a ciò si iu che ìn entrambi i casi le cellule hanno press’a poco la stessa va- riabilita nella forma ovale allungata, una connessione fra queste due specie distinte appare ammissibile. Tuffai più il carattere delle punteggiature limitate ai margini della cellula nella haime- sea/ia uniformemente sparse nella delicatula , l’assenza in quest’ ul- tima di un largo dente che nella specie del Busk è situato inter- namente alla bocca, possono far ritenere che la L. delicatula sia una varietà della L. haimeseana. Le promiscue affinità del mio esemplare non mi darebbero adito di optare decisamente nè per luna nè per 1 altra, ma sembrandomi rimarchevole anche nel fram- mento in discorso la mancanza del dente interno ho creduto meglio attenermi al sinonimo preferito da Manzoni. Lepralia rudis? — Manzoni, Brioz. foss. ital. P contriti pag. 18, tav. I, fig. 2 (voi. LIX, Vienna, 1869). — Coppi, Paleont. mod. pag. 121, n. 1307. Località. Castellarquato ex collectione. — Strati littorali ? Lepralia lata Busk. — Manzoni, Brioz. fàs. ital. la contriti, pag. 20, tav. I, fig. 6; Suppl. brioz. Medit. pag. 80, tav. Ili, fig. 2 (Sitzungsb. voi. LIX, 1869 ; voi. LXIII, 1871). — Reuss’ Bnjoz. Osterr. Ung. Mioc. pag. 172, tav. V, fìg. 6 ('Den- schriften d. K. 1874). — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag.' 307 tav. XXXIII, fig. 5, 7. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Minime differenze separano questa specie dalla L. aclpressa Busk, secondo 1 Hinks esse si ridurrebbero semplicemente nel- 1 avere la seconda i caratteri della prima più delicatamente scol- piti, torse il differente aspetto fra le forme giovani e quelle adulte può aver contribuito alla separazione. La struttura fina e la super- ficie poco punteggiata avvicinano gli esemplari di Castellarquato all ’adpressa mentre la forma delle cellule, la rarità e più di fre- quente l’assoluta assenza degli oeci sono spiccati caratteri per chia- marla lata. Vivente nei mari d’Europa (Hinks). d. Adriat . 400 I. Namias Lepralia Kirkenpaueri. — Heller, Die Bryos. Meer , pag. 105, tav. II, pag. 11. — Manzoni, Suppl. alla fauna dei brioz. d. Medit. pag. 80, tav. IH, fig- 3 (Sitzungsb. voi. LX1II. 1871). Località. — Castellarquato (Montesago). — Strati di mare profondo. „ ,, ,. Di questa specie vivente nell’Adriatico il Heller da una di- screta figura la quale in parte è stata peggiorata _ dal Manzoni (loc. cit.). Nella forma generale è realmente assai piu piossima alla Lepralia adpressa Busk di quello che non appaia ne a guia. Si distingue dalla specie inglese per due pronunciatissime papil e sottoboccali, per l’ ornamentazione più grossolana e per la forma degli oeci i quali traducendo le testuali parole di Hellei sono . « superficialmente rigonfi poco sporgenti, con delle coste radiate » i quali caratteri non sembrano propri dell’ adpressa. Dopo ciò è naturalmente da escludersi che questa specie possa esser sinonima della L. adpressa come ha creduto il Carus (Prod. faun. Medit. pag. 22, voi. II, parte la). Fani. Escharidae Busk. Gen. Mncronella Hinks. Mucronella Peacliii Johnst. — Hinks, Brìi. Mar. Polpa. pag. 360, tav. L, fig. 1, 5; tav. LI, fig. 1, 2. - Busk Crag Polyioa, pag. 48, tav. V, fig. 6. 7, 8 ; tav. VI. fig. 4 (Le- pralia peachii). — Heller, Die Bryoi. d. Adnat. .Ver. pag. 109 (in loc. cit.). — Carus, Proir. Fami. Medit. pag. 27, n. 1. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Questa specie abbastanza rara in Italia allo stato fossile si riscontra pure di rado vivente nei mari inglesi, . nell Adriatico, e nell’ America Settentrionale. L’esemplare risulta di poche ma ben distinte cellule esagonali punteggiate ai margini con aperture den- tato, superiormente munito di prominenti e globosi oeci. La bocca Contributo ai briokoi pliocenici ecc. 497 dovrebbe essere armata di spine orali ma nel mio frammento non ho riscontrato che le cicatrici, pel restante della struttura si avvi- cina assai alle figure del Busk e dell’Hinks. Mucronella coccrnea John. - Hinks, Brit. Mar. Polvi. pag. 37 1, tav. XXXIV, fio;. 1, 6. - Manzoni, Brioi.pl/oc. Cast,-. pag. l0, tav Ir % 19 (Leprslia coccinea) _ el er, Brioz. d. Adriat. Mer. pag. 30. — Coppi, Paleont. mod. pag. 120, 11. 1293. Località. — Castel larquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Bellissimo ed esteso esemplare sulla valva inferiore di un Anomia. Vivente nei mari d’Europa (Heller-Manzoni). Eschara monilifera. - M. Edw. Sur Ics Eschares , pag. 327, tav. IX, fìg. 1 (Ann. se. nat. T. VI, serie 2a). Parigi 1836. Busk, Cracg Polyzoa , pag. 68, tav. XI, tìg. 1. — Manzoni, Brios. foss. mioc. Aastr. Ungh. parte 2a, pag. 59, tav. V fig. 20 (Denkschrif. Vienna, 1869). _ Philipp], Beitr. z. Kenntn. d. Tertiàrvest des Nordw. Deutschl. pa, tav. \ , fig. b5. — Coppi, Falconi, mod. pag. 122, n. 1325. Località - Castellarquato. - Sassuolo (Quattro Castella e Fossetta). - Mignola (Rio dell’Orzo). _ Strati di mare profondo. Onde non accrescere confusione di sinonimie conservo a questa specie il nome di Eschara columnaris , quantunque abbia potuto convincermi che il valore della medesima come nuova specie e assai problematico. Nella collezione osservando numerosissimi frammenti già classificati dal prof. Doderlein col nome di E cervicornis ne trovai alcuni che in certi punti ricordavano la specie descritta e figurata dal Manzoni, mentre in altri si riferi- vano assai bene alla Celiarla scrobiculata Rss. (Reuss, Foss Polyp. d. Wienerbeìcens, pag. 63, tav. Vili, fig. 4). Gli esemplari in gran parte erano calcificati e solo cercando di pulirne qualcuno potei riconoscere che l'incrostazione nascondeva la struttura normale i entica alla forma del Reuss, dandogli la parvenza di quella di Manzoni. Nella colonia che ha un aspetto ramificato e cilindrico si distinguono nettamente due regioni: a) una regione basale com- prendente un disco d'inserzione e una piccola parte del tronco ove -•solchi irregolari limitano cellule senza traccia d’apertura; b) una regione apicale susseguente alla prima nella quale si riscontrano ceRule esagonali che hanno un’apertura oracolare, due aviculari ai lati un poro mediano sotto buccale, e spesso sono inoltre munite di oeci cupuliformi. Quando la calcificazione è assai accen- tuata si mostrano evidenti i soli oeci e l’orificio cellulare gli altri caratteri o sono nascosti, oppure completamente distrutti, ed è appunto tale condizione rappresentata dalla figura di Manzoni. Da ciò risulta che E. columnaris e Cellaria scrobiculata sono 500 I. Namias la stessa cosa, e clie l’ individuo di Castrocaro oltreché unico doveva trovarsi in condizioni sì poco felici da far scambiare all’autore la struttura tipica con un’alterazione morfologica comune. A meglio convalidare le osservazioni suesposte do le figure dei diversi stadi incontrati: la tìg. 4 (tav. XV) mostra un individuo calcificato munito del disco basale; la tìg. 5 una porzione calcificata; la fig. 6 una porzione non calcificata; la tìg. 7 un’alternanza delle due strutture. Gen. Biflustra D'Orb. Bif lustra d elica tuia. — Busk, Crag Polyzoa , tav. I, fig. 2, pag. 72. — Me. Cov Fredric, Naturai history of Victoria. Prodrom. of thè zoolog. of Victoria decade 4a Melbourne, 1881 (Polyzoa), pag. 28, tav, LVI1, fig. 2. — Manzoni, Briozoi plioc. di Castr. pag. 38, tav. II, tìg. 17, 17 a (Biflustra Savartii); Briozoi foss. ital. 2a contrib. pag. 515, tav. I, fig. 5 a e 5 b. — Coppi, Paleout. mod. pag. 122, n. 1322. Località. — Castellarquato. — Vignola (Rio dell'Orzo). — Colline modenesi. — Strati di mare profondo. Pare che indifferentemente a questa specie comunissima si possano applicare i nomi di savartii o delicatula, gli esemplari che tengo identificano prevalentemente meno l’assenza dell ' apofìsi denticolata la forma inglese. Secondo poi l’osservazione del Me. Cov (loc. cit.) che descrive la Biflustra delicatula in due stati uno libero e l’altro incrostante ho pure riferito a questa specie un esemplare che rivestiva quasi interamente un Cono di Castellar- quato, e un altro un Murex. Fra le due forme non ho rilevato altra differenza che quella accennata dall’autore, e consistente nella gran- dezza delle cellule alquanto più rilevante nelle forme libere. Vivente nei mari dell’Australia (Mac-Coy) e nei mari della Florida (Manzoni). Gen. Flustrellaria D’Orb. Flustr ellaria macrostoma Rss. — Manzoni, Brioz. mioc. Austr. Ungli. pag. 67, tav. XIII, fig. 45. — Rcuss, Foss. Polyp. Wienerbekens, pag. 64, tav. Vili, fig. 5 (Cellaria m acro sto ma); Palaeont. Stud. Tert. d. Alp. pag. 274, tav. XXXIII, tìg. 12, 13. Contributo ai briozoi pliocenici eco. 501 Località. Colline modenesi, un unico frammento. — Strati .... ? Col nome di Flustrellaria D'Orbigny distingue, e Reuss e Manzoni accettano la distinzione alcune forme di Bi/lustre in cui le cellule non sono situate che su una sola superficie come nelle Mem- branipore, dalle quali si distinguono per essere invece che incrostanti libere. Gen. Retepora Imp. Retepora cellulosa Lk. — Busk, Crag Polyzoa, pag. 74, tav. XII, fig. 1. — Manzoni, Brioz. foss. ital. 4a contri!), pag. 341, tav. X, fig. 26, 28 (Sitzungsb. voi. LX1). — Coppi, Paleo ut. moti. pag. 123, n. 1333. Località. — Colline modenesi. — Fossetta (Sassuolo). — Castellarquato. — Strati di mare profondo. Fam. Vincularidae Busk. Gen. Myiùozoon Donati. Myriozoon tr unca tum Pallas. — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 4, tav. I, fig. Sa, 3 b, Se, 3 d. — Michelotti, Foss. des terr. mioc. d. VLtalie septentr. pag. 49 (Myria- pora truncata). — Bronn, Ital. Tert. Gebilde, pag. 137, n. 197 (Millepora truncata). Località. — Castellarquato. — S. Venanzio, comunissima. — Strati di mare profondo, L’unica distinzione che si può fare fra questa specie e il Myriozoon punctatum Phil. (Manzoni, Brioz. foss. mioc. Austr. Ungh. pag. 70, tav. XV, fig. 52; tav. XVII, fig. 55) consiste nel- 1 apertura delle cellule in questa specie assai grande e inferior- mente sinuata. Vivente nel Mediterraneo (Manzoni). Fam. Celleporidae Busk. Gen. Celle poca Busk. C ellepora globularis. — Bronn, Ital. Tert. Gebilde , pag. 137, n. 800. — Reuss, Die Foss. Polyp. d. Wienerbekens , pag. 76. 502 /. Namias tav. IX, fig. 11, 15. — Manzoni, Brios. mioc. Aust. Ungh. pag. 51, tav. I, fig. 2 (Denkschrft. 1870). Località. — S. Venanzio. — Castellarquato. — Burrone del monte di Bertoldo. — Strati littorali. È a credere che questa specie citata da Bronn sia stata nei tempi posteriori fraintesa dai diversi autori. Il Reuss (loc. cit.) la cita deirAustria-Ungheria e descrizione e figura per quanto imperfette potrebbero convenire. Manzoni (loc. cit.) figura e descrive nuovamente la Cellepora globulari , se nonché questa figura non corrisponde alle forme abbondantissime di Castellarquato e del Mo- denese. Nella specie data da Manzoni come globularis la bocca appare perfettamente rotonda mentre il Bronn la dice fornita di ore roton- dato vix anguslatis, il quale carattere corrisponde al piccolo seno posto in fronte alla bocca di questo briozoo. D'altra parte lo stesso Manzoni, nella 4a contrib. dei Briozoi foss. italiani , de- scrive e figura una Cellepora tubigera ? Busk la quale identifica bene i miei individui, e che non può essere la vera tubigera di Busk per non avere gli oeci distanti punteggiati e riuniti da solchi. Nella stessa pagina poi Manzoni parlando della C. pumicosa Linn. dubita che la globularis di Bronn altro non sia che uu esemplare alquanto logoro di questa ipotesi non ammissibile poiché esemplari perfettamente conservati della globularis non mi hanno mostrato i caratteri di struttura propri della pumicosa. Ritengo quindi per quanto ho potuto desumere che la figura meglio rispondente alla diagnosi del Broun mi sembra quella data da Manzoni per la Cellepora tubigera. Cellepora birostrata n. sp., tav. XV, fig. 1. Località. — Castellarquato e Colline modenesi. — Strati lit- torali. C. incrustans cellulis ovatis glabris , irregularibus ostiis in- eguali altitudine apertis , ore orbiculari medio inciso , aviculariis parvis in lateru utroque pensioniate coali tis, magnis autem et spatulatis rare in zoario disseminatisi apertura parvorum semi- lunare vel subrolunda. La singolarità di questa specie e che mi ha deciso pel nome Contributo ai briozoi 'pliocenici ecc. 503 di birostrata è basata sulla costante presenza di due aviculari falciformi posti ai lati della bocca in modo da formare col spor- gente peristoma di cui questa è munita un unico insieme. Qualche cosa di analogo si riscontra nella figura data da Manzoni per la Cellepora retu&a (Manzoni, Brioz. di Castr. pag. 35, tav. V, fìg. 59) ma solo però nella figura, poiché leggendo la descrizione si viene a escludere ogni affinità trattandosi come afferma l’ autore di cellule tronche all’apice, e sprovviste assolutamente di tubi e aviculari. Con maggior fondamento avrei potuto riferirmi alla Cellepora coronopus Wood (Manzoni, Brioz. foss. Hai. pag. 335, tav. Ili, fìg. 18, 19) specialmente per la forma delle cellule e dei loro orifici ma a motivare il paragone non riscontrai le spor- genti appendici tubolose di cui si fa cenno. Veramente Manzoni descrivendo questa Cellepora nota come le cellule della medesima variino molto a seconda che sono considerate alla base ove l’ap- pendice tubulosa mostrasi assai sviluppata, oppure all’apice ove è ridotta quasi allo stesso livello dell'orificio cellulare. Escluso nel mio esemplare apice e base non possedendo esso forma cilindrica ma irregolarmente tondeggiante avrebbe potuto darsi che le aper- ture da me ritenute come due aviculari non testificassero che la preesistenza di appendici tubulose. Solo nuove e attente osservazioni mi fecero riconoscere infon- data anche quest’ipotesi pel fatto che se realmente tali aperture fossero state i resti di due tubi avrebbero dovuto come appare nella figura 18 del Manzoni (loc. cit.) mostrarsi indipendenti dal- l'orificio della cellula, e anche nel tratto d'aderenza che hanno lungo il corpo di questa mantener sempre evidente la forma ori- ginale con un solco di limitazione. Cellepora cfr. pachy derma. — Reuss, Foss. Pop. des Wie- nerbekens, pag. 91, tav. XI, fìg. 3. Località. — Castellarquato ex collectione. — Strati . ... ? La struttura di questa Cellepora è improntata contrariamente all’andamento abituale del genere a una certa regolarità. Le cel- lule sono disposte su un piano quasi omogeneo, hanno piccola aper- tura e attorno sono circondate da un peristoma rialzato. L’unica ditte- QQ UO 504 I. Namias renza fra questo esemplare e la C. pachyderma consisterebbe cbe mentre in quest' ultima per quanto almeno appare dalla figura le cel- lule sono fra loro distanti, nella prima senz’essere strettamente con- nesse hanno gli orli dei singoli peristomi tangenti in modo da non lasciare alcun spazio interstiziale. È strano poi come per quanto abbia finora cercato questa specie nei lavori più recenti di Reuss e Manzoni non mi sia riu- scito di trovarla nè col nome primitivo nè con un nuovo. Tuttavia ho posto cfr. pachyderma anziché decisamente adottare un nome nuovo, convinto che anche questa specie non sia stata risparmiata da Reuss nei cangiamenti delle antiche sinonimie. Ce 11 e por a verrucosa Rss. — Manzoni, Brioz. foss. mioc. Austr. U/igh. pag. 51, tav. I, fìg. 1 a-b (Denkschrft. Vienna, 1869). — Reuss, Foss. Polyp. der Wienerbekens , pag. 79, tav. IX, fig. 21. Loccditd. — Sassuolo e Quattro Castella. — Strati di mare profondo. È questa la sola Cetlepora di forma cilindrica riscontrata nella collezione. Ricorre abbondantissima nel Modenese. Cellepora avi culai- is. — Hinks, Brìi. Mar. Polyz. tav. LIV, fig. 4, 5, pag. 406. località. — Castellarquato ex collectione sulla valva interna di un Ostrea. — Strati littorali. Unicamente della descrizione e non delle figure mi sono ser- vito per determinare questa specie variabilissima, che nell'aspetto superficiale sembra avere molte affinità colla C. pumicosa. Vi- vente nei mari d’Europa (Hincks). Cellepora ornata. — Michelin, Iconog. Zoophit. pag. 73, tav. XV, fig. 1. località. — Castellarquato. — Modenese. — S. Venauzio (strati a Cyprina islandica). 505 Contributo ai briozoi pliocenici ecc. Tengo vari esemplari di questa bella specie che è rimarche- vole per l’irregolare contorno delle sue cellule contrastante col- l’uniformità della struttura generale. L’individuo del Modenese è incrostante su un corpo estraneo che sembra una Fascìcularia. C e 1 1 e p or a tubigera? — Busk, Crag Polyzoa , pag. 64, tav. IX, fìg. 8, 10. — Manzoni, Bioz. plioc. eli Cas.tr. pag. 34, tav. V, tìg. 60, 61. — Waters, Froin thè Plioc. of Broccoli , fìg. 20, 21, pag. 11. — Coppi, Paleont. mod. pag. 121, n. 1317. Località. — Castellarquato. — Burrone del monte di Ber- toldo. — Strati littorali. Con esitanza riferisco pochi e mal conservati frammenti a questa specie dalla quale notevolmente si scostano per l'assoluta assenza degli oeci. Ce 11 e por a pu mie osa Linn. — Hinks, Brit. Mar. Polyz. pag. 398, tav. LIV, fìg. 1,3. — Manzoni, Brioz. foss. ital. 4a contnb. pag. 336 (Sitzungsb. voi. LXI). — Heller, Brioz. d. Adriat. Meer. pag. 12. — Carus, Prodr. Fami. Medit. pag. 35, 1. I^ocalità. — Castellarquato ex collectione. — Stati littorali. . . ? Già parlando della C. globularis Bronn. ebbi a obbiettare quanto esponeva Manzoni sulla probabile affinità di questa colla C. pumicosa. Ora poi avendo sott’occhio un esemplare ben con- servato della pumicosa ritengo inutile ogni tentativo di avvicina- mento; dato anche che all’infuori del mucrone sottobuccale ( Mu- crone insigni descritto da Pallas) non esistessero altri caratteri, questo basta per la sua singolarità di struttura ed evidenza a caratterizzare la specie. Più attendibile invece mi sembra la fusione di questa specie colla Cellepora scruposa Busk ( Crag Polyzoa , pag. 61, tav. IX, fìg. 9) fusione proposta dallo stesso Manzoni. La Cellepora pumicosa s’incontra vivente nel Mediterraneo e nell’Adriatico (Carus, Heller) oltre che nei mari inglesi. 506 I. Namias Gen. Batopora Rss. B a t o p o r a rosala. — Rss. Uber Einige Brio z. Austr. Deutsch. Uateroligoc àn pag. 223, tav. II, fìg. 1 (Sitzungsb. d. K. voi. LY, 1867); Foss. Polyp. Wienerbekens, pag. 223, tav. II, fìg. 1 (Cellepora rosula). — Mauzoni, Brioz foss. mioc. Austr. Ung/i. 2a parte, pag. 54, tav. II, fìg. 6. — Coppi, Paleont. mod. pag. 123, n. 1334. Località. — Sassuolo (Fossetta). — Strati di mare pro- fondo. Il nome di Batopora fu adottato nel 1861 da Reuss per di- stinguere alcune forme speciali di Cellepora. Ritengo qui superfluo accennare le cause che determinarono la fondazione di questo ge- nere rimandando chiunque voglia conoscerle all’accurata disserta- zione fatta a questo proposito dall'autore, e riportata testualmente anche da Manzoni. I briozoi che rispondono al nome di Batopora sono graziosissimi e sempre di minime dimensioni, assomigliano per la forma conico tondeggiante a piccole lun aliti, mentre la forma delle cellule ricorda le cellepore dalle quali si scostano per l’ordinamento più uniforme degli elementi di struttura. Cupa laria intermedia. — Michelotti, Prccis de la faune mioc. d’Italie , pag. 53, 54, tav. II, fìg. 13, 16. — Manzoni, Brioz. foss. ital. 2a contrib. pag 521, tav. II, fìg. 13, 14. — Mi- chelin, Iconograph. Zoophit. pag. 75, tav. XV, fìg. 7. Località. — Castellarquato e Colline modenesi. — Strati di mare profondo. Comunissima come la precedente. Cu pularia canari ensis. — Bush, Crag Polyzoa , pag. 87, tav. XIII, fìg. 2. — Manzoni, Brioz. foss. ital. la contrib. pag. 26, tav. II, fìg. 15; Brioz. mioc. Austr. TJngh. 2a parte, tav. XVII, fìg. 56, pag. 72 (Lunulites canariensis). — Coppi, Paleont. mod. pag. 123, n. 1336. 507 Contributo ai briozoi pliocenici ecc. Località. — Cà di Roggio. — S. Valentino. — Castellarquato Montesago-Gopparello). — Strati littoral i. Rarissimi sono gli esemplari interi di questa specie. Anche però coi frammenti si può ben giudicare delle caratteristiche di presta Cupularia fondate sulla forma depressa quasi piatta del polizoario, sulle cellule subovali allungate e più di tutto sui larghi i evidentissimi pori che adornano la superficie interna. Anche gli aviculari per la forma auricolare costituirebbero un buon dato dia- gnostico ma ben di rado sono rispettati dall’erosione. Vive nel- l’Oceano Atlantico (Busk). Pam. Selenariidae Busk. Gen. Cupularia Lami. Cupu lari a umbellata Defr. — Manzoni, Brioz. plioc. di Castr. pag. 39, tav. V, fig. 67. — Bronn, Italiens Tertiar Gebilde , pag. 133, n. 176. — Coppi, Paleont. mod. pag. 123, n. 1335. Località. — Castellarquato e Colline modenesi. Specie comunissima in tutti gli strati. Vivente nei mari della Florida. Osservazioni alle due specie Cupularia umbellata e Cupularia intermedia. A motivo degli innumerevoli sinonimi la determinazione di queste due specie mi sarebbe riuscita assai ardua, se non fosse giunta propizia a levarmi d'impiccio una nota recentemente svolta su questo argomento dal prof. Pantanelli. (Estratto dal processo ver- bale della Società toscana di se. naturali 19 gennaio 1890; D. Pan- tanelli, Cupularia umbellata e C. intermedia). Di più avendo l’autore con schiarimenti e dimostrazioni saputo in modo chia- rissimo rendermi evidente l’esattezza delle osservazioni compiute, mi limito facendo a lui pienamente eco di trascrivere integrai- 508 I. Namias mente l’essenza della questione che s’aggira sulle due specie C. in- termedia e C. umbellata. La prima fu descritta da Defrance {Bici. se. nat. voi. 27, pag. 361 Lunulites umbellata) e figurata poscia da Blainville ( Manuel d' Actinologie, tav. II, fìg. 1); la seconda da Michelotti (Précis de la faune mioòénique d' Italie, pag. 53, 54, tav. II, fìg. 13, 16), di nuovo poi le due specie furono figurate e descritte da Michelin ( Iconografie Zooyhit. pag. 75, 76, tav. XV, fìg. 7, 8). L’imperfezione delle figure sì antiche che recenti fu causa che alcuni descrivessero nuove specie C. rhomboidaìis Munster, C. Haidingeri Rss. , C. denticulata Conrad (Busk), le quali in realtà, sono la stessa cosa, e che ultimamente Manzoni ritenendo forma legittima la sola C. umbellata giudicasse tutte le altre fra cui l'intermedia come accidentali varianti di struttura della prima. In opposizione a questo criterio il prof. Pantanelli potè dimo- strare che positivamente C. intermedia e C. umbellata sono due specie distinte, e che se qualche particolarità di struttura pro- pria dell’ intermedia ( C . Haidingeri Rss.) può ripetersi y&IY um- bellata, nella prima questo costituisce un fenomeno d’occasione, nella seconda un fenomeno normale. Indipendentemente poi da questo fatto per sè solo insufficiente sonvi altri importanti carat- teri che suggeriscono la separazione quali: Le cellule romboi- dali sono più acute e rotonde nell'umbellata nell’ intermedia ten- dono una forma piuttosto quadrata nell’ umbellata sono margi- nate veri margini mancano nell’ intermedia. Il polipierite nell'um- bellata più o meno depresso ma sempre conico comincia con un vertice più o meno rialzato nell’ intermedia è subsferico quasi pia- neggiante nella parte centrale di modo che i giovani individui quasi sempre sono piani, l’ornamentazione poi degli zoeci costante nel Y intermedia varia nell’ umbellata. Infine evvi Y habitat Y intermedia è propria dei sedimenti di mare profondo, l’ umbellata si trova anche nei sedimenti littorali. La figura migliore per la C. umbellata è data da Man- zoni nella 2a contribuzione dei Briozoi fossili italiani tav. II, fìg. 13, per la C. intermedia quella di Busk(6V«r/ Polgzoa , tav. XIII, fig. 1, C. denticulata Conrad) e quella di Manzoni ( Briozoi fossili d’Austria Ungheria, parte 2a, tav. XVI, fig. 54 C. haidingeri Rss.). Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 509 . Gon. Lumxlites Lami. L umili te s androsaces All. — Manzoni, Brio*, foss. ital. la contdb. pag. 28 (Sitzungsb. voi. LIX, 1869) ; Brioz. mioc. Austr. Ungh. 2a parte, pag. 13, tav. XVII, fig. 57. Località. — Castellarquato e Colline modenesi. — Strati di mare profondo. Comunissima e rappresentata nella collezione da numerosi e ben conservati esemplari. Modena, Gabinetto di Mineralogia e Geologia dell’ Università. I. Namias. 510 I. Narnias Quadro Co | Numero d’ordine ! NOME DELLE SPECIE Vivente Miocene d’Austria Ungheria Crag d’ Inghilterra 1 Alecto parasita Heller -+- Aulopora divaricata Reuss. 2 Stomatopora maior Johnst. . . 3 Tubulipora flabellaris Fabr. . . -+- Diastopora plumula Reuss. 4 Ilornera frondiculata Lamk. . . H- -t- -H 5 » striata M. Edw. -H 6 ” Ilyppolitus Defr. . . . » sp 8 Idmonea disticha Goldf. . H- 9 » serpens Lin — H ° » fenestrata Busk. . . , , -I- 11 » irregularis Meneghini -4- 112 Entalophora palmata Busk. , , H- -t- 13 » subverticillata Busk. H- 14 » proboscidea M. Edw. -i- Pustulopora anomala . . -+- 15 Fasciculipora Marsiglii Bl. . Fungella multi fida . . . Fungella multifida . . 16 Salicornaria farchninoid.es Johns. — t— -+- 17 ” mutinensis n. sp. 18 Membranìpora tuber culata Bosc. . -H 10 » anulus Manz. 20 » platystoma Reuss. . # , »~4~* 21 >» anguiosa Reuss. — t- H— 22 » gracilis Reuss. . -+- 23 » Lacroixii Aud. 24 » fenestrata Reuss. . . , 25 ” regularis n. sp. . 26 Micropor ella violacea Johnst. . Lepralia violacea. . . . 27 ” ciliata Pallas. -+- Lepralia ciliata . . . 28 » Sturii Reuss. . 29 ” triqonostoma Reuss. . 30 Cribrilina figularis Johnst. . . Lepralia Haueri ? Reuss. . Lepralia figularis. . . 31 » radiata Moli. 32 Schizoporella unicornis Johnst. . Lepralia ansata . . . . Lepralia ansata . . • 33 » Edwardsiana Busk. » Edwardsiana . 34 » biaperta Michelin. . » biaperta . . • 35 Lepralia pertusa Johnst. non Esper. -e- -+- — H 36 ” venusta Eichw. . . . — H 37 » ligulata Manz 38 » Brogniarti Aud. . . . -H 39 » delicatula Manz. . . . 40 » rudis ? Manz Contributo ai briozoi pliocenici ecc. 511 ir a t i v o . Pliocene di Castrocaro Condizioni Batimetriche Località I Strati di mare profondo. . . . Castellarquato » littorali 77 — 1 — • 77 77 ... 77 » di mare profondo. . . . Modenese Y> 77 77 77 » n » 77 » littorali Castellarquato » di mare profondo. . . . Modenese — f- » littorali Castellarquato 77 5? n e Modenese 77 77 Castellarquato 77 ” . . 7? » » Modenese » di mare profondo 77 77 77 )) Castellarquato Comune in tutti gli strati .... » e Modenese Strati di mare profondo Modenese . . . . » littorali Castellarquato -f— 77 77 7? 77 77 77 -4- 77 77 .... Modenese 77 77 ........ Castellarquato 77 77 77 77 77 77 77 77 . 77 alia violacea .... » di mare profondo 77 » ciliata » littorali 77 77 77 77 77 77 . 7? 'alia Ilaueri Reuss. ? . 77 77 ’ cribrilina . . 77 77 77 > ansata 77 77 7? 77 77 77 alia biaperta » di mare profondo 77 » littorali 77 » » 77 -4- 77 77 77 77 77 77 77 77 77 77 77 ” 512 1. Namias — — — — — - 7 7? 7? 77 77 77 77 77 77 77 77 77 77 di mare profondo littorali . . . 7? ... di mare profondo 77 77 77 77 77 77 7? 77 77 77 77 77 77 77 77 7? » » 77 « littorali . . 77 » » ... » di mare profondo 7? littorali '' ... » di mare profondo I » » » Connine in tutti gli strati Strati di mare profondo 513 Località Cast eli arquato ” e Modenese » « Castellarquato e Modenese Modenese e Castellarquato 77 Castellarquato e Modenese Castellarquato Modenese Castellarquato e Modenese » » 77 77 Modenese Castellarquato e Modenese » » a » » !) r '• • • ♦ $ - • . r * 2ii • lettino detta Società, geologica ita/iana Vol.IX.1890.7av. XV. FigJII Ingrandimento 74 : 1 . % I ('dì epoca bi rostrata n.sp. Fùj.JV'.' Piscila ra co/ttrnmtris (tronco basa /e ) Manz. tìgli:' Sa Ucorn a ria nui Un ansi s nsp Fiif.V? .. .. (porzione mìafìrata ) ''iy.II/: Membranipora. rei/utaiis n.sp Fig. I T „ ., (pon. non mlri/iatta / Fig. 1 II" Porzione ette mostra Ir 2 strutture a /ternate Pigliti' LIT. BRUNO 1-. SAI.OMONE. ROMA » RIVISTA DEI GROSSI ANTHRACOTHERIUM DI CADIBONA (con 6 tavole) Conforme la promessa da me fatta in una nota antecedente (') faccio seguire ai cenni preliminari dati allora sul cranio di An- thracotherium conservati nel Club Alpino di Savona, una de- scrizione particolareggiata di quell’ interessantissimo pezzo, che, per quanto mi sappia, è unico per conservazione ed integrità di parti. D’allora in poi mi vennero pure tra le mani altri frammenti del medesimo animale non ancora illustrati e sparsi in alcuni musei della Liguria, i quali, aggiunti a quelli conservati nel R. Mu- seo geologico della Università di Genova, meritano certamente di essere descritti, perchè dall’esame comparativo di essi parmi si possa ritornare alla vecchia idea del Gastaldi, che esistessero cioè a Cadibona più specie di grossi Antracoterii ; pur ammettendo nella medesima specie differenze abbastanza rimarchevoli da indi- viduo ad individuo. Stimo perciò bene di far precedere all’illustrazione del cranio di Savona, la descrizione di questi pezzi, tutti di Cadibona, salvo due di Celle Ligure, e conservati, alcuni nel Museo geologico di Genova, altri nel Museo civico di storia naturale della stessa città ed altri infine nel piccolo, ma importante Museo del Club Alpino di Savona ed in quello del già Collegio della Missione di que- st’ultima città, ora Museo civico. Al prof. Issel, al march. Giacomo Doria direttore del Museo civico, ed al rev. sac. prof. Michele Pacini Candele direttore di (') Squinabol S., Cenni preliminari sopra un cranio ed altre ossa di Anthr acotherium ma<]num Cuv. di Cadibona. Atti Soc. Lig. Se. Nat. e Geogr. voi. I, n. 1, 1890. 51 G S. Squinabol quello del Club Alpino e del Civico di Savona, i miei più sen- titi e vivi ringraziamenti per avere agevolato con ogni sorta di premure il compito mio. Senza rifare la storia del genere Anthracotherium ornai cono- sciuta sopratutto dopo la monografia del Kowalewsky e le discus- sioni di Hoernes R., aggiungerò in ordine cronologico qualche notizia sopra alcune opere o note che trattano del mammifero in quistione e che non furono citate dalla bibliografìa data a questo proposito dal De Zigno in una sua recente pubblicazione comparsa nelle Memorie del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, voi. XXIII. E senz’altro incomincio. 185G-57. Gastaldi B., Sur V Anthracotherium magnum de Cadibone. Bull. Soc. Géol. de France. II serie, tona. XIV pag. 396. È questa una lettera indirizzata al segretario della Società geologica di Francia a proposito della nota di Bayle sul sistema dentario dell’ Anthracotherium. Egli nota che esistono neìX Anthra- cotherium una piccola barra tra l’incisivo ed il canino superiore di 0m,016 e una più piccola, tra il canino e il primo premolare pure superiori, di 0ra,008. Così pure havvene una di 0,0Ì5 fra il primo e secondo premolare inferiori. Termina colla discussione del- l'età delle ligniti di Cadibona. 1857. Montagna C., Giacitura e condizione del terreno carboni- fero di Agnana e dintorni. Napoli 1857. Nella tavola II di questa memoria sono figurati alcuni denti di Antlir. magnum di cui parla nel testo. 1859. Gastaldi B., Su alcune ossa di mammiferi del Piemonte . Lettera di B. Gastaldi a E. Cornalia. Att. Soc. Ital. Se. Nat. Voi. II pag. 215. Il Gastaldi dice di avere ricevuti da Cadibona due man- dibole che comprovano la verità di quanto egli asseriva che cioè X Anthr. magnum giunto ad una certa età perde il 3° incisivo. In- fatti in una di questo i terzi incisivi di destra e di sinistra erano Rivista dei grossi Antkracotherium di Cudilor.a 517 usciti interamente dall alveolo e trovavansi di parecchi centimetri lontani dal sito che occupavano. . 1863. Gastaldi B., Antracoterio di Acjnana , Balenottera di Cd Lunga presso S. Damiano J Mastodonte di Mongrosso. Let- tera al prof. E. Cornalia. Atti Soc. Ital. Se. Nat. Voi. Y. pag. 88. In questa nota l'autore parla di alcuni denti di Antliracothe- rium magnum avuti da Agnana (Calabria) e perciò conclude che il deposito di lignite di quella località non è giurassico (?) come supponeva il Montagna, ma miocenico, tanto più che vi si trovano anche dei resti di scudi di Tnjonix. 1863. Gastaldi B., Intorno ad alcuni fossili del Piemonte e della Toscana con 6 tav. Mem. R. Accad. Se. Torino, serie II, Voi. XXIV. A pag. 29 di questa memoria l'autore consacra un breve ca- pitolo ai resti di Antracoteri trovati a Digoin e Lausanne per paragonarli con quelli di Cadibona e, dopo averne fatto risaltare le differenze, conchiude che i denti di Digoin, dell’Alvernia e della Rochotte sono specificamente diversi di quelli di Cadibona e, mentre lascia all’Antracoterio di Cadibona l’appellativo di ma- gnum, proporrebbe quello di maximum per la specie più grossa della Francia e della Svizzera. 1865. Montagna C., Generazione della terra metodicamente esposta con nuovi principi di geologia. Torino 1865. Nelle figure 1, 2, 3 della tavola XLIV sono disegnati a gran- dezza naturale denti di Antracoterio classificati per Anthr. ma- gnum dal Gastaldi. Sono gli stessi già figurati nell’opera antece- dente dello stesso autore. 1867. Montagna C., De la Eouille dans le Royaume d’ Italie. Paris 1867. Anche quivi sono disegnati i soliti denti, anzi la tavola in cui sono figurati, non è altro che la XLYI dell’opera antecedente e unita a quest’ultima memoria. 518 S. Squincibol 1876. Boettger 0., Ueber das Ideine Anthr acotherium aus der Braunkohle von Rott bei Bonn . L’autore descrive qui minutamente una piccola specie di An- tracoterio che considera affatto distinta dai piccoli Antracoteri descritti dal Cuvier e dal Gastaldi, alla quale dà il nome di Anthr. breviceps , già adoperato dal Troschel nella descrizione di un medesimo mammifero, ma sotto il nome generico di Sus. 1876. Hdrnes R., Anthr acotherium magnum Cuv.ausden Kohlen-ablagerungen von Trifali con 1 tav. Jahrbuch d. kais. kòn. Geol. Reichs. Voi. XXVI fase. 3°. In questa memoria l’ Hòrnes incomincia a discutere le formule dentarie proposte per l’Antracoterio dai vari autori e viene nella conclusione che vi sieno forme giovanili colla forinola dentaria (per le mascelle inferiori) ine. 3 -f- can. 1 + prem. 4 -j- mol. 3 e forme adulte e vecchie che hanno perduto un incisivo e quindi colla seguente serie: ine. 2 -J- can. 1 -f- prem. 4 -f- mol. 3 Venendo quindi ai frammenti di Trifail li determina, benché dubitativamente, per Anthr. magnum. 1876. Hdrnes. R., Anthr ac o therien- Reste von Zovencedo bei Graucona im Vicentinischen. Verhandl. k. k. Geol. Reichs. n. 5. 1876. Hdrnes R, Resti di Antracoterio di Zovencedo presso Graucona nel Vicentino. Boll. R. Com. Geol. I tal. Voi. VII n. 5-6. L'autore in questa nota, che è la traduzione della precedente, prende in esame diversi denti trovati a Zovencedo e, dopo aver discusso le determinazioni date dal Beggiato per denti della stessa località, ascrive i resti di Zovencedo, però con qualche restrizione, a \Y Anthr. magnum. 1878. Filhol R., Vertebrès des P liosp borite s de Quercy. An- nales des Sciences géolog. Voi. VII-VIII. Nella seconda parte di questa memoria, comparsa nel Voi. Vili l’autore parla, senza figurarlo, dell 'Anthr. magnum di cui dà al- cune misure. Nella tav. Vili fìg. 241 rappresenta un cranio di Anthr . alsaticum Cuv. dandone nel testo una minuta descrizione. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 519 1885. Burmeister G., Examen critico de los Mamiferos y ReptÙes fósiles denominados por D. Aug. Dravard y mencionados en su obra precedente. Anales del Museo Nacional.-Entr. 14 Tav. Ili pag. 95-174. Cito quest'opera, perchè nella tav. Ili è figurato un dente sotto il nome di Anthracotherium ? sp. il che dimostrerebbe la presenza di questo tipo di ungolati anche nel nuovo continente. 1888. De Zigno A., Antracoterio di Monteviale. Mem. Ist. Ven. Voi. XXIII. Vien qui data la descrizione di una nuova specie di Antra- coterio sotto il nome di Anthr. Monsvialense , basata sul fatto che nella mascella superiore evvi un 4° molare, a differenza di tutte le altre specie. Si avrebbe perciò la formula L autore finisce poi con un cenno sulla giacitura e sull’ età della lignite di Zovencedo e di Monteviale, collocandola nell’Aquitaniano. 1888-89. Cope E. D., The Ar Ho dac ty la. Amer. Nat. 1888-89. In questa revisione del gruppo di tali ungolati vien dato il quadro filogenetico della famiglia, dall’ autore chiamata Antlir aco- theroidea e divisa in quattro gruppi : Dichobuhidae CcienotlieridaeJ Anthr acotheridae, Xiphodontidae. Nel gruppo terzo, che è quello che c’interessa, include i quattro generi. Cebochaerus , Chaeropotamus, Anthracotherium, Ilyopotamus. Secondo l’autore mancherebbe un 5° genere intermediario fra gli ultimi due, poiché esprime le relazioni fra essi col seguente diagramma : 2 ? 1 4 . 4 2 ? 1 T7I Ilyopotamus Anthracotherium Chaeropotamius / / \ \ / / Cebochaerus. 34 520 S. Squinabol Dall’insieme dei lavori surriferiti, nonché di tutti gli altri qui non citati, o specialmente da quelli del Gastaldi e del Kowalewskv. risulterebbe che oltre all ' Anthr. magnum propriamente detto (pur lasciando in disparte le grosse specie di Quercvr, della Rochette, della Svizzera e l’Antracoterio a quattro molari del De Zigno) vi sarebbero in Italia specie diverse di Antracoterii un po’ minori &q\Y Anthr. magnum. Per conto mio aderisco pienamente a questa opinione (e le ragioni le darò nelle conclusioni) anzi sono costretto ad ammettere un numero di specie assai maggiore di quelle volute dallo stesso Gastaldi. A conferma di ciò, incomincio la descrizione dei sin- goli pezzi dividendoli in quattro gruppi a seconda dei musei nei quali sono conservati, e suddividendoli ciascuno in due categorie, la prima per i denti o mandibole inferiore, la seconda per i denti o mandibole superiori. I. MUSEO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA a) Denti o mandibole inferiori. 1° Frammento di mandibola inferiore sinistra coll’ultimo molare e parte del penultimo. Cadibona. Collezione Penando, tav. XVIII, fìg. 2. È un pezzo appartenente ad individuo già adulto, non però vecchio e presenta non solo il dente, ma anche l'osso ben conser- vato. Lo spessore dell'osso, poco sotto la base del dente, è di 35 mm.; verso la metà si assottiglia fino a 14 mm. per riacquistare in spessore nell’olio inferiore, dove raggiunge i 22 mm. L’altezza della mandibola in corrispondenza del dente è di circa 72 mm. Il dente è lungo 55 mm. e presenta sei cuspidi accoppiate due a due e divise, le quattro anteriori, da una profonda vallecola; le due ultime da una semplice intaccatura che sarebbe certamente scomparsa quando il logorio fosse stato più avanzato. Lo spessore del dente varia abbastanza ; in corrispondenza della coppia posteriore di cuspidi si hanno 20 mm. di spessore; 521 Rivista dei grossi Anthracotlierium di Cadibona in corrispondenza delle cuspidi medie 28 mm, e finalmente 27 nella parte anteriore. La coppia posteriore di cuspidi è logorata sul versante ante- riore; mentre il logorio è assai più pronunciato sul versante po- steriore per le due altre coppie di cuspidi. Lo smalto del dente è colorato in nero e presenta un aspetto alquanto rugoso, dive s’intende non avvenne logoramento. Le cuspidi sono grossolanamente triangolari, con punte ben nette, le quali distano variamente fra loro. I vertici delle cuspidi della coppia anteriore distano di mm. 11, quelli della coppia media di mm. 14 e gli ultimi due solo di 5 a 6 mm. Dell altro dente ommetto qualsiasi descrizione essendovene un frammento insignificante. Il pezzo porta il n. 2 della collezione del Museo. 2° Pezzo di mandibola inferiore sinistra coll’ultimo e pe- nultimo molare. Cadibona. Collezione Perrando, tav. XXI, fìg. 3. Trascurando la descrizione dell osso che è poco ben conservato c che presenta uno spessore molto vicino a quello del pezzo pre- cedente, dirò in genere che si tratta qui di un individuo assai più adulto e direi quasi vecchio, giacché i denti presentano le loro piramidi molto erose, sopratutto nella parte esterna, sì che si ve- rifica un incavo fortissimo fra le due serie di cuspidi. L’ultimo molare è lungo quasi 60 mm. ed è esso pure di spessore variabile, come si può vedere dalle seguenti misure. Spessore in corrispondenza delle cuspidi posteriori mm. 21 ” ” » mediane » 30 " » » anteriori » 31 Noto però che le due cuspidi posteriori sono ridotte ad una, per logoramento. Il penultimo molare, lungo 37 mm. presenta o meglio do- vrebbe presentare, due coppie di cuspidi, ma sono talmente erose che sono pressoché scomparse. Lo spessore del dente è di mm. 27 posteriormente e mm. 25 anteriormente. 522 S. Squinabol Evvi un incavo profondo trasversale fra le coppie anteriore e posteriore di cuspidi. N. 3 del catal. del Museo. 3° Frammento di mandibola inferiore con parte delle due branche mandibolari ; sono presenti il 3° e 4° premolari, 1°, 2° e 3° (in parte) molari destri; 4° premolare , 1° e 2 ° molari sinistri. Cadibona. Coll. Ferrando. Questo pezzo che porta il n. 4 del catalogo del Museo, consta di due pezzi di mandibola appiccicati l’uno all’altro. Della branca mandibolare destra havvi nn pezzo lungo 175 min. e la serie dentaria visibile, compresa la parte rotta del 3° molare, misura una lunghezza di mm. 136. I denti sono così consumati che i molari sono ridotti a sn- perfici piatte, indizio quindi d’individuo oltremodo vecchio. II 3° premolare ha un diametro antero-poste riore di 27 mm., un diametro trasverso di mm. 15 ed un’altezza (sporgenza dall'osso) di 26 mm. e nel suo assieme presenta il solito aspetto triangolare, direi quasi squaliforme. Il 4° premolare ha le misure seguenti: Diametro ant.-post. . . . mm. 26 Altezza » 23 Non è misurabile il diametro trasverso, avendo le sue faccio interne fortemente attaccate all’ osso della branca mandibolare sinistra. L’apice di questo dente è fortemente smussato, così pure i tagli laterali, in luogo dei quali trovansi due declivi piani. Il primo molare è pur esso assai logorato e la superficie sua presenta un piano inclinato verso l’esterno e lievemente ondulato. S’intende che non sono assolutamente più visibili le punte del dente. Le sue misure sono: Diametro ant.-post. . . . mm. 27 » trasverso. ... » 20 (circa) Altezza » 12 Il secondo molare, lungo invece 35 mm. largo 27 e alto circa 15 mm., ha pur esso una superficie di masticazione che presenta un logoramento estremamente avanzato poiché, invece di una su- Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 523 perfide piana, se ne ha una alquanto incavata. Del 3° molare non credo opportuno far cenno non essendone visibile che una piccolis- sima parte. I tre denti impiantati nella branca mandibolare sinistra pre- sentano le stesse misure e lo stesso aspetto dei denti corrispon- denti di destra e tralasciandone per conseguenza ogni descrizione, aggiungo solo due misure, la prima del diametro trasverso dell’ul- timo premolare che è di mm. 15, la seconda dell’altezza dell’osso della mandibola misurante mm. 95 circa dal lato esterno. 4° Frammento di mandibola inferiore destra coll’ultimo molare. Cadibona. Coll. Perrando, tav. XYI, fig. 2, 3. Non faccio parola della parte ossea, pochissimo conservata. L’ultimo molare, che è l’unico dente del pezzo, appare assai logo- rato, presentando la sua superficie di triturazione, in luogo di cuspidi, un grande incavo che corre da cima a fondo del dente. Questo ha dimensioni affatto straordinarie, e non compatibili con le misure dell’ Anthr. magnurn. Infatti misura in lunghezza 73 mm., avvicinandosi perciò, alle dimensioni dell’antracoterio di Losanna, date dal ftutimeyer, ed a quelle di uno stesso dente di Cadibona, date dal Cuvier. II primo infatti misurerebbe 75 mm. il secondo 70. È a notarsi che la media degli ultimi molari inferiori data dal Gastaldi per l’ Anthr. magnurn di Cadibona sarebbe di non più di 60 mm. e che per conseguenza il dente di 70 mm., ascritto dal Cuvier -à\\ Anthr. magnurn , sarebbe di una specie assai più grande. Varia la larghezza del dente a seconda del luogo ove si misura. Posteriormente è di mm. 24, in mezzo di mm. 34 e in corrispon- denza delle cuspidi anteriori va crescendo a mm. 38. (Coll, del Museo n. 7). 5° Frammento di mandibola inferiore destra coll’ultimo molare. Cadibona. Coll. Perrando, tav. XXI, fig. 4. A meglio far vedere le differenze che passano fra il dente antecedente e gli altri, do qui la misura di quest’ altro molare pure d’individuo adulto, se non vecchissimo. L’osso su cui è impiantato presenta uno spessore fortissimo, 524 S. Squinabol essendo che il ramo orizzontale, poco sotto la base del dente mi- sura 48 mm., di larghezza. Il dente è lungo 57 mm. e differisce dall’antecedente anche per il fatto che mentre nel primo lo spessore va aumentando dal- l’indietro aH’innanzi, sicché la massima larghezza si ha anterior- mente, quivi la massima larghezza si ha nel mezzo come ben di- mostrano le misure seguenti: Spessore del dente in corrispondenza delle cuspidi post. mm. 20 » » » b medie » 80 b b b b ant. b 28 Il numero di collezione del pezzo è 6. 6° Estremità anteriore della mandibola inferiore con fram- mento del 1° premolare e del canino sinistro , 4 incisivi e l’al- veolo del canino destro. Cadibona. Collez. Perrando, tav. ITI, tig. 3. Numero di collez. del Museo, 8. Questo pezzo è particolarmente interessante per il numero degl’incisivi che presenta. Si tratta di un-individuo giovane e che per conseguenza avrebbe dovuto avere secondo il Gastaldi ed il Kowalewsky, 6 incisivi, giacché questi due autori ammettono che il 3° incisivo si perda solamente per vecchiaia. Invece, come ognuno può vedere dalla figura, gl'incisivi sono soltanto quattro ben visibili, e non vi ha alcuno spazio, nemmeno piccolissimo, tra i canini e gli incisivi, di modo che non è possi- bile il credere alla caduta di un terzo incisivo, anche ammesso che fosse avvenuta prima della comparsa dei denti permanenti. Dico poi che l’individuo è giovane, sia perchè i denti, benché rotti, non dimostrano di avere lo smalto logorato, sia per la di- mensione dei denti stessi. Infatti il canino alla base della corona, dove è rotto, presenta una circonferenza di soli 7 centimetri, mentre altri canini, come vedrassi in seguito, non molto vecchi, hanno circonferenze assai maggiori. Tra gli altri ne ho sott’occhio uno che misura 10 cm. e un secondo che raggiunge non meno di 11 cm. misurato allo stesso livello. Gl'incisivi sono tutti rotti pur essi, non essendo discretamente Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 525 conservati che i due mediani dei quali appare una piccolissima parte di corona, attestata da uno smalto nerissimo e lucente. Hanno forma grossolanamente cilindrica, però un po' schiacciata secondo il diametro trasverso. Ecco infatti le misure dei due diametri, per i due incisivi mediani dei quali soli è possibile prendere le misure esattamente : Lo spazio occupato dai quattro incisivi è di 45 mm. Questo numero corrisponde abbastanza a quello che ho potuto prendere sulla figura del Gastaldi di un individuo pure a quattro incisivi. Si avrebbero in questo circa 47 mm. (’). Lo spessore dell'osso in corrispondenza della base degl’incisivi è di 24 mm. Non parlo del 1° premolare sinistro perchè rotto e, per com- pressione, addentratosi nell’osso. 7° Estremità di mandibola inferiore colle due branche man- dibolari e coi seguenti denti: traccia dei quattro incisivi e dei due canini , quattro premolari sinistri di cui il 1° rotto , 1° e 2° molari sinistri mal conservati, quattro premolari destri, di cui il 1° rotto e 1° molare destro. Cadibona. Collezione Perrando , tav. XVIII, fìg. 1. Numero di collezione del Museo 9. Anche questo pezzo è di sommo interesse per diverse ragioni che risulteranno man mano che verrò descrivendolo. Esso misura nella sua maggior lunghezza 215 mm. e consiste, come dissi sopra, di due branche mandibolari schiacciate ed ad- dossate l’una all’altra, come può vedersi nella figura, e in modo che la sinistra è più alta della destra. L’osso presenta un color marrone, ed i denti un colore olivastro nello smalto. Lo spessore dell’osso è assai diverso a seconda dei punti ove lo si misura. • (9 Gastaldi P»., Cenni sui vertebrati fossili del Piemonte con 10 tav. ìlem. R. Accad. Se. di Torino, serie 2a, tomo XIX (La figura di cui parlo è la la della tav. VI). Diametro antero-posteriore . « trasverso . . . . . mm. 15 . « 11 526 S. Squinabol Per esempio la branca sinistra ha lo spessore di mm. 26 in corrispondenza del 2° molare, 20 mm. in corrispondenza del 1° mo- lare e va giù giù diminuendo fino all’altezza del 2° premolare, dove, poco sotto la base della corona di questo dente, misura ap- pena 10 mm. Aumenta di nuovo rapidamente tantoché sotto rim- pianto del canino si hanno di nuovo 23 mm. di spessore. Notisi che questi non sono gli spessori reali, perchè l’osso di ciascuna branca fu schiacciato alquanto secondo il diametro trasver- sale, come ne fan testimonio la superficie irregolare e le numerose linee di frattura che lo percorrono ; però tenendoli anche come spessori relativi, essi devono certamente essere proporzionati ai primieri e reali. L’altezza dell'osso non si può prendere con una certa esattezza che in pochi punti. Mi limito a dare quella presa secondo una linea che parte dalla metà dell’intervallo fra il 1° e 2° premolare destro e che passando per il foro mentoniero finisce all’orlo infe- riore dell’osso. Quivi l’altezza è di mm. 64. 11 foro mentoniero è ben conservato e si trova come dissi tra il 1° e il 2° premolare a 23 mm. di distanza dall’olio inferiore dell’osso mandibolare. A circa 1 cm. di distanza verso la parte posteriore della man- dibola e pochissimo più in basso, havvi un secondo foro alquanto più piccolo che doveva pur esso servire di orifizio pel condotto dentario inferiore. Passando ora ai denti, debbo avvertire che anche qui si è in presenza di un individuo a quattro incisivi, i quali benché perfet- tamente abrasi, sono tuttavia assai visibili per il colore diverso della sostanza loro che è rimasta impiantata nell’osso ('). Anche in questo individuo non appare nessun intervallo fra il canino e i denti suddetti. Il canino sinistro, che è il meglio conservato, quantunque rotto egli pure, è assai piccolo e abbastanza corrispondente a quello del pezzo che sopra ho descritto sotto il n. 6. Si ha difatti un dia- metro antero-posteriore di mm. 21 e una circonferenza di 66 mm. circa misurata a livello dell’osso. (*) (*) Nella figura non sono visibili a causa della posizione nella quale fu figurata la mandibola. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 527 bussegue il 1° premolare rotto in ambedue le branche man- dibolari, ma alquanto più conservato nella parte destra. Fra il canino e questo primo premolare evvi il piccolissimo intervallo di appena 3 mm, 11 premolare stesso misura alla base un diametro antero- posteriore di mm. 17 ed un diametro trasverso di mm. 10. Esso appare uscir fuori dell'osso alquanto inclinato dall’indietro allo innanzi. Dopo un intervallo di circa 9 mm. (media fra la branca si- nistra e la destra) incomincia la serie continua dei tre altri pre- molari colla loro forma caratteristica triangolare. Noto che il loro smalto è estremamente rugoso e presenta due tagli ben netti uno anteriore, e uno posteriore. Ho detto che la serie è continua, poiché non tengo conto di un piccolissimo intervallo (1 mm. circa) che sta fra il 2° e il 3° premolare. La limghezza d’osso occupata da questi tre denti è di mm. 79 Ecco le misure di questi tre denti: 2° premolare. Diametro antero-posteriore . . mm. 25 » « trasverso n 11 » altezza della corona .... V 17 3° premolare. Diametro antero-posteriore . . 7ì 27 * » trasverso n 11 » altezza della corona .... •n 20 4° premolare. Diametro antero-posteriore . Tì 27 ?» » trasverso r 15 »» altezza della corona .... 71 22 Le misure suddette furono prese, parte sui denti di destra, parte su quelli di sinistra, a seconda che meglio erano conservati, o meglio il permettevano, perciò si possono considerare come una media. Senza più alcun intervallo susseguono nel pezzo, dalla parto sinistra, due molari, dalla destra uno solo. Quest’ ultimo che è l’unico ben conservato, presenta quattro piramidi, di cui le due interne sono alquanto più sporgenti delle esterne. Il diametro antero-posteriore del 1° molare è di mm. 30 e quello trasverso di mm. 18. 528 S. Squinabol Le stesse misure per il 2° molare danno rispettivamente min. 35 e mm. 20. Lo spazio occupato dai due molari è di mm. 65 che addi- zionati con quelli della serie dei 3 ultimi premolari danno in tutto mm. 140. La distanza in linea retta fra il margine anteriore del canino e il margine posteriore dell’ ultimo premolare è di mm. 129. Pongasi mente a quest ultima misura, giacché, come vedremo, è abbastanza diversa da quella presa su altre mandibole. 8° Frammento di mandibola inferiore destra con i tre mo- lari ed il 3° e 4° premolari rotti al colletto. Cadibona, collez. antica del Museo. Di questo pezzo, cui stimo inutile disegnare, mi limito a dare le solite misure. L’ultimo molare presenta, come al solito, sei cuspidi di cui le due posteriori avvicinatissime e destinate a fondersi in una col logorio. Il diametro antero-posteriore del dente è di 55 mm. e varia di spessore, avendo posteriormente mm. 19, nel mezzo mm. 28 e allo innauzi mm. 29. Il penultimo molare è lungo mm. 34 e con larghezza di 23 mm. in media. 11 primo molare pure tetracuspidato ha una lunghezza di mm. 24 ed una larghezza di mm. 23 in media. La serie dei molari misura in tutto mm. 115. Dei due premolari posso solamente dare i due diametri: 4° premolare. Diametro antero-posteriore . mm. 26 » trasverso ...» 15 3° premolare. Diametro antero-posteriore . mm. 26 » trasverso . . » 15 Nell’osso notasi un forte orlo esterno. Numero di collezione del Museo 12. 9° Frammento di mandibola inferiore destra con i tre mo- lari. Cadibona. Collez. antica del Museo. Numero di collez. 13. Anche di questo pezzo non do figura, limitandomi alla solita descrizione : Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 529 Ultimo molare. Diametro antero-posteriore . . . mm. 65 Spessore in corrispondenza delle cuspidi posteriori. » 22 preso fra le due cuspidi mediane ... « 30 « per le cuspidi anteriori « 30 Come si vede esso presenta una lunghezza e uno spessore su- periori ai normali, e quando si consideri che si tratta di un in- dividuo relativamente giovane, giacché le cuspidi sono pressoché intatte ed i denti alquanto infossati nell’osso, non credo errare avvicinando questa mandibola a quella descritta al n. 4 in cui il dente misura, essendo vecchio, 73 mm. Il penultimo molare tetracuspidato ha una lunghezza di mm. 40 e un diametro trasverso di mm. 28 circa. Il primo molare pur esso è a quattro piramidi, ha i due diametri longitudinale e trasversale rispettivamente di 33 mm. e 22 mm. Della parte ossea, malissimo conservata, non faccio parola. (Questo pezzo si è in seguito rotto essendo fragilissimo, ne con- servo i frammenti). 10° Pezzo di mandibola inferiore destra con l’ultimo molare. Cadibona. Collez. antica del Museo. Numero del catalogo 14. Apparteneva questo frammento di mandibola ad un individuo non troppo vecchio, essendo le piramidi abbastanza intatte. Il dia- metro antero-posteriore dell’unico dente rimasto, è di 58 mm. e come al solito Io spessore è variabile essendo di 19 mm. posterior- mente, di 27 mm. nel mezzo, e di 27 mm. anteriormente. 11° Frammento di mandibola inferiore con 3° e 4° 'premo- lari sinistri. Cadibona. Collez. antica del Museo. Num. di colle- zione 17, tav. XXI, fig. 5. Individuo assai sviluppato, quantunque non molto vecchio, essendo poco logorati i rilievi ed i tagli dei denti. I due premolari sono solidamente impiantati nell'osso ed oc- cupano fra tutti e due uno spazio di 60 mm. Questo spazio, paragonato con quello occupato dai medesimi denti nella mandibola descritti sotto il n. 7 è più grande di l/6 non misurando questo che 50 mm. 530 S. Squinahol Il diametro antero-posteriore del 3° premolare è di 30 mm. il diametro trasverso di 15 e l’altezza di 25 mm. 11 4® premolare combina col 3° per il diametro antero-poste- riore e misura 16 mm. di spessore; ma essendo alquanto più logoro non ha che un’altezza di mm. 22. Queste misure come vedesi sono tutte più grandi di quelle dell'individuo del n. 7. 12° Frammento di mandibola inferiore destra col 1° e 2° mo- lare. Cadibona. Collez. antica del Museo. Numero di collez. 15. Descrivo questo pezzo, di cui non do tuttavia figura, perchè trattandosi d’individuo non vecchio, come si desume dalla conser- vazione della superfice di masticazione, mi è abbastanza prezioso per confrontarlo con il pezzo seguente (n. 13) d’individuo pure adulto, ma non vecchio. I due molari occupano complessivamente uno spazio di 73 mm. ed hanno le seguenti misure: 2° molare. Diametro ant.-post. . . . mm. 39 » trasverso (media). « 27 altezza (media) .... n 20 1° molare. Diametro ant.-post. . . . mm. 34 « trasverso (media). « 24 altezza (media) .... » 19 13° Frammento di mandibola inferiore con 1 0 e 2° molari sinistri. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di collez. 10, tav. XVIII, tìg. 5. La lunghezza dell’osso occupata dai due molari è di mm. 66. L’osso ha uno spessore medio di 24 mm. ed i denti hanno le seguenti misure: 2° molare. Diametro ant.-post. . . r> trasverso (media) altezza (media) . . . 1° molare. Diametro ant.-post. . . » trasverso (media) altezza (media) . . . mm. 36 « 22 » 20 mm. 28 « 18 « 18 531 Rivinta dei grossi Anthracotherium di Cadìbona Evidentemente si tratta in questo caso di un individuo a di- mensioni assai minori, ancora che sia d'età pressoché eguale al- l’antecedente. 14° Frammento eli mandibola inferiore sinistra di giovane individuo in cui non è ancora spuntalo l’ultimo molare. È pre- sente il penultimo e parte del 1° molare. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di collez. 11, tav. XVIII, fig. 4. È questo un pezzo abbastanza interessante, giacché si tratta d’un individuo estremamente giovane ed in cui non è ancora spun- tato l’ultimo molare. È visibilissimo infatti, anche dalla figura, come fosse impossibile che si trovassero altri denti, perché verso la metà dell’ultimo dente visibile incomincia la branca ascendente della mascella colla sua gronda caratteristica esterna. Che non si tratti poi dell’ultimo molare è chiaramente dimostrato dal fatto che si è in presenza di un dente tetracuspidato, identico, salvo la gros- sezza, ai penultimi molari di altri individui. Anche l’osso con le sue proporzioni ne dimostra trattarsi di un giovane individuo. Esso infatti misura in spessore appena 18 min. e l’altezza sua, presa in corrispondenza delhultimo molare è appena di min. 30 all’incirca. Il penultimo molare che, ripeto, è l’ultimo nella mascella, misura 28 mni. circa secondo il diametro antero-posteriore, ed ha uno spessore medio di 17-18 mm. ed un’altezza massima, fuori dell’osso, di circa 16-17 mm. Del secondo dente o primo molare mi è impossibile parlare minutamente, essendo in gran parte rotto e sformato ; solo posso dare approssimativamente le tre misure in lunghezza, spessore e altezza. Esse sono rispettivamente di 19, 14 e 17 mm. 15° Frammento di mandibola inferiore destra con l’ultimo molare. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di catalogo 23. Di questo cattivissimo esemplare è inutile dare figura, solo segnerò qui le poche misure che mi è stato possibile di prendere su di esso. ,532 6'. Squinabol Ultimo molare. Diametro ant.-post 60 mm. Spessore in corrispondenza delle cuspidi posteriori 20 « Id. in corrispondenza delle cuspidi medie 32 » Id. in corrispondenza delle cuspidi an- teriori 34 » 16° Frammento di mandibola inferiore destra col penultimo molare. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di collez. 22. Anche di questo do le sole misure possibili a prendersi : Penultimo molare. Diametro ant.-post. . . . mm. 42 spessore (medio) .... » 24 17° Frammento di mandibola inferiore sinistra col penul- timo molare. Celle Ligure, nella lignite. Collez. antica del Museo. Num. di collez. 31. Questo pezzo e il susseguente sono specialmente interessanti per la località dalla quale provengono, e sono fra i pochissimi fossili trovati colà. Le misure del dente sono: Diametro ant.-post. . mm. 44 Spessore (medio) . . * 30 Altezza (media) . . * 24 18° Frammento di mandibola inferiore sinistra col 1° mo- lare. Celle Ligure, nella lignite, collez. antica del Museo. Num. di collez. 32. Il dente è in parte rotto, mancando della cuspide posteriore esterna. Tuttavia si può fino ad un certo punto darne le seguenti misure approssimative. Lunghezza. . mm. 36 Spessore . . * 23 Altezza. . . » 20 533 Rivista dei grossi Anthracotherium di Gadibona Finiti così i frammenti di mandibole, prima di passare ai denti delle mascelle superiori, descriverò e darò le misure di al- cuni denti staccati inferiori. Fra essi sono importanti quelli segnati coi numeri progressivi eli descrizione (non di catalogo) 19, 20, 21, 22 perchè apparte- nenti indiscutibilmente ad uno stesso individuo, essendo stati rin- venuti in un medesimo pezzo di lignite da cui li ho liberati per poterli meglio descrivere e misurare, perciò quantunque ve ne siano di superiori li pongo insieme agli altri, onde non dividere denti che naturalmente vanno assieme. 19° Incisivi mediani superiori. Cadibona, collez. antica del Museo. Numero di catalogo 50 (destro), 47 (sinistro). Tav. XVI. tig. 4 e 5. Questi due incisivi sono relativamente assai ben conservati c furono distaccati dallo stesso pezzo di lignite; del resto, anche il loro aspetto e la loro grandezza li fanno riferire allo stesso in- dividuo. Hanno la corona che nella faccia interna è incavata e rugosa: ai due lati questa concavità è delimitata da due forti creste ta- glienti che partono dalla base della corona e vanno tino alla punta, la quale è smussata per logoramento. La faccia esterna è invece convessa con una oscura carena alquanto laterale verso Festerno. Quivi pure lo smalto è rugoso. Il colletto è in direzione obliqua in modo che essendo più basso verso il lato interno, ascende rapidamente verso la parte laterale esterna, e ciò tanto nella faccia anteriore quanto nella posteriore. Lo smalto e un po’ di radice sono logori nella metà interna della faccia posteriore. Evidentemente ciò deriva dallo strisciamento degl'incisivi me- diani inferiori. 20° Secondo incisivo superiore destro. Cadibona, collez. an- tica del Museo. Num. di catalogo 51. Tav. XXI, fig. 7. Questo dente appartenne aneli’ esso allo stesso individuo, come i denti precedenti. Ha la forma all’incirca eguale ; solo la punta è logorata obli- 534 S. Squinabol quamente e lateralmente secondo una superficie grossolanamente! triangolare e rivolta verso l’incisivo mediano. 21° Canini inferiori. Cadibona, collez. antica del Museo.! Num. di catalogo 42, 43; tav. XVII, fig. 3, 4. Sono essi i canini dello stesso individuo a cui appartenevano i denti precedenti. Quello della figura 4 è il destro. Hanno ambedue la radice alquanto rigonfia poco sotto il col- letto, e almeno giudicando dal canino destro, essa tende a farsi bifida alla estremità inferiore. La corona è fortemente rugosa, conica, alquanto ricurva, con due forti creste, una posteriore laterale esterna, l’altra anteriore laterale interna, le quali partono dall’apice del dente e vanno fino al colletto. La punta è smussata in modo die vi ha una superfice alquanto inclinata verso l’esterno. Lo smalto è logoro nella parte anteriore interna in tutti e due e il logoramento incominciando dalla linea mediana va fino alla cresta anteriore. La superfice di logorìo è lucente, ed osser- vandola colla lente, presenta delle piccolissime striscio oblique che vanno verso il basso da destra a sinistra nel canino destro, e al- l’opposto nel sinistro. L’altezza massima della corona misurata sulla faccia poste- riore è di mm. 37 sulla faccia anteriore di min. 34. La circonferenza del colletto è di circa 70 mm. 22° Secondo incisivo inferiore destro. Cadibona, coll, antica del Museo. Num. di collez. 44. Anche questo dente fa parte dello stesso individuo, come i precedenti, sempre appoggiandomi al fatto che furono trovati in- sieme. Ha una radice abbastanza lunga (circa 45 mm. contando il pezzo che manca all’estremità inferiore) e in tutti e due i lati schiacciata, anzi verso il lato interno incavata a doccia. Della corona poco posso dire essendo in parte rotta. È tuttavia visibile un avanzato logoramento laterale esterno nello smalto ; come pure si accentuano verso la base della corona due creste posteriori laterali e due anteriori pure laterali che ac- cennano a convergere verso la punta. Rivista dei rjrossi Anthracotherium di Cadibona 535 23° Canino inferiore destro. Cadibona, collez. antica del Museo. Nudi, di collez. 18; tav. XXI, fìg. 8. Questo magnifico dente, benché rotto, ne dimostra fino a qual punto di sviluppo potevano giungere i canini in questi animali. La corona è rugosa, secondo linee longitudinali; delle due creste l’anteriore è scomparsa per l'uso, la posteriore ben visibile e robusta. La radice è assai sviluppata, schiacciata qui pure secondo il diametro trasversale. Infatti mentre il diametro antero-posteriore nel punto più rigonfio è di min. 47 quello trasverso è di soli mm. 27 circa. La circonferenza del dente alla base della corona è di mm. 110. La corona è logorata in due punti, moltissimo nella parte an- teriore rivolta agli incisivi, e leggermente nella faccia posteriore pure guardante gl'incisivi. Quest’ultimo logorìo deve essere stato prodotto dal canino superiore. 24° Canino superiore destro. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di collez. 19; tav. XXI, fìg. 9. Riconoscibile come superiore per la particolare smussatura della punta, la quale come già ben osservava il Gastaldi, si cor- rodeva presentando una superficie ricurva che ne intaccava profon- damente l’apice e la parte anteriore ('). Altezza della corona mm. 60 Circonferenza alla base della stessa. . ->105 25° Canino inferiore destro. Cadibona, collez. antica del Museo. Num. di collez. 39; tav. XXI, fìg. 6. Questo canino merita di esser figurato per dimostrare la va- riabilità in grandezza di questi denti. Esso misura in tutto mm. 78 di altezza di cui 50 di radice e il rimanente di corona. La corona è conica alquanto ricurva percorsa da rugosità lon- gitudinali, e da due creste ben pronunciate, fra loro opposte, una posteriore laterale esterna, l’altra anteriore laterale interna. (i) Gasialdi B, Cenni sui vertebrati fossili del Piemonte. Pag. 35, 1 iv. VII, fìg. 3, 4, 5, 6. 35 536 S. Squinal/ol La punta è smussata normalmente all’apice, e assai fortemente, indizio d’individuo adulto. La circonferenza alla base della corona è di soli 68 mm. La radice non è schiacciata lateralmente, come nei grossi canini, ma è regolarmente conica. b) Denti e mascelle superiori. 26° Incisivo mediano superiore sinistro. Cadibona, collez. Penando. Num. di collez. 40; tav. XVII, fìg. 5. Questo dente appartiene ad un individuo assai grosso. Ha la corona nella sua parte superiore pochissimo rugosa, indizio di vec- chiaia e colla punta troncata obliquamente da sinistra a destra. Le creste laterali sono per l’uso divenute ottuse. La radice è alquanto rigonfia ed a sezione grossolanamente trigona. Visibilissimo il canale d’alimentazione del dente, legger- mente elittico. Le misure di questo dente sono: Lunghezza massima della corona mm. 34 » minima « » 19 Diametro antero-posteriore della corona (massimo) » 14 « trasverso della corona (alla base) . . « 22 27° Secondo incisivo superiore destro. Collez. antica del Museo. Num. di collez. 41 ; tav. XVII, fìg. 6. Questo dente era aderente al pezzo descritto sotto il n. 15 perciò è presumibile possa appartenere allo stesso individuo. Nelle sue parti anteriori è discretamente rugoso, nelle poste riori liscio e con delle concavità prodotte da confricazione dei denti della mandibola inferiore. Sul margine sinistro evvi una cresta assai marcata, che a sua volta è trasversalmente dentata. L’apice è smussato obliquamente. Il diametro antero-posteriore è di mm. 13 preso alla base; il diametro trasverso massimo di mm. 21 e l’altezza della corona (media) raggiunge i 20 mm. 28° Frammento di mascellare superiore sinistro con i tre molari e " parte del 4° premolare. Cadibona, collez. Perrando ; tav. XXI, fìg. 2. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 537 L’ultimo molare è in parte rotto e presenta solo intatte le due piramidi esterne, lucenti e lisce sugli spigoli, striate alquanto • sulle facce, e pochissimo logorate. Ben conservati anche i denti- coli esterni essi pure triangolari. È visibile in parte la piramide inedia che in questo deute e nel penultimo molare trovasi fra le due grosse piramidi anteriori. Di questo dente le misure sono: Diametro antero-posteriore. mm. 45 » trasversale . . « 55 (circa) Altezza massima. ... * 21 Il penultimo molare presenta quattro cuspidi principali in forma di piramide trigona, ben conservate e pochissimo logore, lucenti, e con striatimi pronunciata verso l’esterno. Sonvi inoltre tre piramidi secondarie, una intermedia fra le due grosse colline anteriori, e due più esterne delle due principali cuspidi pure este- riori, e rispettivamente anteriori alle medesime. Il diametro antero-posteriore di questo dente è di mm. 35, il diametro trasverso di mm. 45 e l’altezza massima di mm. 15. Il primo molare è pure poco conservato, sono però abbastanza visibili quattro cuspidi principali sulle quali non posso dir’ altro stante la poca conservazione. Do per altro le solite misure che sono: Diametro antero-posteriore. mm. 26 « trasverso ... « 37 Altezza massima-. ... » 13 L'ultimo premolare è rotto a metà non essendo visibile che la cuspide interna, grossolanamente triangolare e circondata da un colletto a forma di scaglione semicircolare. Il diametro antero-posteriore approssimativo è di mm. 19 l’al- tezza della cuspide di mm. 11. La lunghezza d’osso occupata dai tre molari e dal premolare è di mm. 125. Il pezzo porta il n. 1 di catalogo. 29° Frammento di mascellare superiore sinistro con 1° e 2° molare ed ultimo premolare. Cadibona. Num. di catalogo 5 ; tav. XXI, fig. 1. 538 S. Squinabol Benché incompleto è uno dei pezzi meglio conservati, non essendo menomamente logoro. Il penultimo molare ha un diametro antero-posteriore di 36 mm. e uno trasverso di mm. 41, presenta quattro piramidi principali e tre secondarie. Sono profondamente incavate le gronde o vallecole fra cuspide e cuspide e sono tutte confluenti nel mezzo del dente, che presenta quivi un incavo assai profondo. Lo smalto è corrugato sopratutto nella superficie interna. Gli apici delle cuspidi sono, come dissi, intatti. Il 1° molare ha anch’esso quattro cuspidi principali e tre secondarie cogli stessi caratteri, salvo la grandezza, del precedente. Il suo diametro antero-posteriore è di mm. 30 quello trasverso di mm. 30 pure, in guisa che il dente è perfettamente quadrato. Il 4° premolare ha solo due piramidi e appare come mezzo molare, le due cuspidi sono separate da solco profondo. Nell’ esemplare, la piramide esterna è rotta in parte, l’interna trigona, e come nel precedente esemplare circondata da un orliccio semicircolare. Il diametro antero-posteriore di questo dente è di mm. 20 la sua larghezza di mm. 29. Oltre ai suddetti sonvi ancora nel Museo geologico della IL Università di Genova altri denti e pezzi di mascelle, ma stimo inutile parlarne per la loro cattiva conservazione. IL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN GENOVA. 30° Mandibola inferiore sinistra con due incisivi un canino , tre premolari, 1° e 2° molari e parte del 3°. È pure presente il primo incisivo della branca destra. Cadi bona, collezione del Museo civico, tav. XVI, tig. 1. Questo magnifico pezzo fu regalato anni fa al Museo civico dal sig. cav. Mylius clic era comproprietario della miniera di lignite Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 539 di Cadibona, egli regalò pure altri pezzi fra i quali una serie den- tami superiore cui il solfato di ferro a poco a poco rovinò, sicché, con mio linci escimento, non ho potuto prendere nessuna misura su di essa, essendo estremamente facile di mandare in polvere i sin- goli denti di cui è composta. Bisognerebbe colla pazienza prendere pezzettino per pezzettino e incollarlo fortemente, lasciando le di- . stanze rispettive, ma è lavoro assai lungo e non so se il sig. mar- chese Doria vi acconsentirebbe. Ritornando alla mandibola inferiore dirò che essa manca so- lamente, come può vedersi dal disegno, della parte posteriore e vi si trovano impiantati i denti di cui diedi sopra l’elenco. Del 3° mo- lale non limane che la parte anteriore poco conservata pur essa. La lunghezza totale del pezzo dalla punta degl’incisivi alla parte anteriore dell’ultimo molare è di mm. 300. I tre incisivi, che si vedono sono serrati l’uno contro l’altro, sporgono inclinati dall’alto al basso. I due mediani sono rotti sulla punta e presentano una parte supeiiore nerastra, lucente, rugosa che si appalesa come corona, e una parte di color noce che è lunga, fuori dell’osso, 15 mm. e che costituisce la radice. L incisivo immediatamente prima del canino è completo, con la corona distintamente foggiata a scalpello, anch’essa nera, lucente, alquanto rugosa, con una cresta laterale esterna anteriore che si imisce ad angolo acuto con un’altra pure laterale esterna po- steriore. Questo dente non so se per natura o per spostamenti succes- sivi, è alquanto più indietro dell’incisivo mediano. La lunghezza totale del dente in questione è di 55 mm. di cui 37 sono misurati dalla corona. Tra questi tre incisivi che si spingono all’infuori dal basso all’alto, e il dente canino, che forma un arco abbastanza risentito in dentro, vi è uno spazio angolare di circa 45 gradi con distanza fra la punta del 2° incisivo e quella del canino (supposto completo) di circa 100 mm. II canino è lungo 70 mm. ma se lo supponessimo intero si avrebbero non meno di 120 mm. La corona è conica, nera, lucida, con rugosità longitudinali e presenta una cresta posteriore esterna che finiva probabilmente all’apice. Sulla faccia anteriore di questo 540 S. Squinabol dente si vede distintamente nna superficie di logoramento nella metà interna. La radice, per quanto si può giudicare dalla parte fuori del- l'osso, è schiacciata secondo il diametro trasverso. La circonferenza del dente canino a livello della rottura è di (30 mm. ; alla base della corona circa 95 mm. Fra il margine posteriore del dente canino e il primo dei tre premolari visibili vi ha uno spazio di 55 mm. senza alcuna traccia di dente e neppure di alveolo, a meno che non si voglia prendere per tale una scheggiatura che si trova a circa metà distanza fra i due denti. Ad ogni modo quello che più mi interessa di far notare, è la lunghezza dello spazio fra il canino e il 1°, o, se si vuole, 2° pre- molare, la quale, confrontata con quella della mandibola descritta sotto il n. 7, appare di gran lunga maggiore, non essendo quest’ ul- tima che di mm. 32 circa. I tre premolari esistenti sono trigoni, e nulla presentano di notevole, salvo che formano una serie non interrotta da alcun spazio fra essi, contrariamente a quello che, come si vedrà più innanzi, avviene per la mandibola conservata nel Club alpino di Savona. Ecco la misura dei premolari: 1° premolare. Diametro aut.-posteriore. » Altezza della corona. . 2° » Diametro ant.-posteriore. » Altezza della corona. . 3° ■> Diametro ant.-posteriore. « Altezza della corona. . mm. 27 « 24 - 27 » 23 « 24 « 22 Non presento i diametri trasversi di questi denti, essendomi stato impossibile misurarli, perchè la mandibola è con la faccia interna aderente alla lignite. Il 3° premolare presenta nella parte posteriore, e verso l’esterno una specie di scaglione che occupa quasi tutta la parte di corona corrispondente alla radice posteriore. La serie totale dei tre premolari è di 80 mm. di lunghezza all' incirca, e la distanza in linea retta fra il margine posteriore dell’ultimo premolare, e il margino anteriore del canino è di mm. 1G7 superando di ben 38 mm. quello del pezzo descritto al n. 7. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 541 Nei due molari esistenti nulla di interessante, essi indicano un individuo piuttosto vecchio, essendo, specialmente il 1°, assai logoro, mentre lo è meno assai il 2°. Le misure di questi due denti sono : 1° molare. Diametro ant.-post. . . . mm. 30 * * trasverso (medio). « 21 ” Altezza della corona ... « 12 2° molare. Diametro ant.-post. ... * 38 ” » trasverso (medio). « 28 Altezza della corona ... * 17 Nella pai te ossea non liavvi di rimarchevole che una spor- genza mandibolare (già da me fatta conoscere per la mandibola di Savona) la quale si trova a 62 mm. dall’orlo superiore della man- dibola, ed esattamente tra il 1° e 2° dei premolari esistenti. Essa è grossolanamente conica con una scanalatura a doccia nella direzione del dente canino, e una piega assai risentita dalla parte opposta. Il diametro antero posteriore di questa prominenza è di 40 mm. il trasverso di 35 e l’altezza di 18. Nella faccia interna della mandibola, oppostamente alla spor- genza, trovasi un incavo. Di questa sporgenza il cui uso mi è ignoto, nessuno finora ha parlato, che io mi sappia, di proposito ; un fugace accenno lo dà il Eilbol nella sua memoria sui vertebrati delle Fosforiti di Quercy, dove, a proposito della mandibola inferiore deli' Anthraco- therium alsaticum , dice che la mandibola stessa presenta sulla faccia esterna una sporgenza considerevole eguale a quella del- VAnt/ir. magnum (*). 0) Filhol R. , Vertebrés des phosphorites de Quercy. Annales des Sciences Géologiques. Voi. Vili, 1878. 512 S. Squinabol III. MUSEO DEL CLUB ALPINO SAVONESE. 31° Cranio e mandibola inferiore. Tav. XX, iìg. 1, 2 ('). Stante la bellezza e la rarità dei resti che si conservano in questo museo, do la precedenza alla descrizione del cranio e della mandibola inferiore, e solamente per gli altri pezzi staccati di mandibole farò la descrizione nel solito modo, cioè dividendoli in inferiori e superiori. Rispetto al cranio ed alla mandibola inferiore che, come già dissi, sono impigliati in uno stesso pezzo di mollassa, farò qui prima di tutto pochi cenni di storia, quali ho potuto raccogliere per mezzo dell’esimio prof. Michele Pacini-Candelo, al quale rin- novo qui, per questa come per tante altre gentilezze, vivissimi ringraziamenti. Sarebbero circa 18 anni, vale a dire nel 1872, che il pezzo in questione fu dissepolto nell’alveo del Rio Magnone, regione Piandicarpi nel raggio della concessione « Miniera Cadibona ». Il fu ing. Serre Corsin unitamente al sig. march. Andrea Pallavicini, ne fecero eseguire lo scavo, quindi il sullodato ingegnere con am- mirabile pazienza le ridusse allo stato in cui ora si trova. Io ignoro se sia stato conosciuto d' allora in poi. credo però che qualche naturalista lo abbia veduto; ad ogni modo fu solo poco prima del Congresso Geologico di Savona che il tutto venne portato in questa città e acquistato in seguito dal sig. cav. Eva- risto Benech che ne è l’attuale proprietario. Nel blocco di mollassa il cranio si trova coricato sulla parte sinistra, la mandibola inferiore invece posa orizzontalmente su di esso e la roccia che si trova fra le sue due branche impedì ogni schiacciamento o deformazione. Solo è a deplorarsi che manchino (') Di questo cranio ebbi già, come dissi, ad occuparmi in una nota preli- minare; allora non avendo ancora potuto fare i confronti voluti, nò studiarlo minutamente, lo descrissi sommariamente sotto il nome di Ant.hr. magnimi, Cuv. Resta inteso, come si vedrà dalle conclusioni, die tale attribuzione devo’ essere cancellata, perche, a mio parere, erronea. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadilona 543 alcuni denti 1 quali forse si sarebbero potuti conservare ove lo scavo fosse stato fatto con maggior diligenza. I minatori 0 chi lo tovo. pei il piimo avianno aspettato a rendere avvertiti i due pumi proprietari del pezzo a lavoro già inoltrato e quando qualche colpo mal dato, aveva frantumato i denti mancanti. Con tutto ciò è il residuo più completo che finora, per quanto 10 sappia, si conosca di Antracoterio. Farebbe tuttavia opera più proficua ancora chi avesse la pazienza e l’abilità d’isolare comple- tamente 1 singoli pezzi dalla mollassa inglobante. Trattandosi di un pezzo più unico che raro ho preso su di esso un grandissimo numero di misure che valgono a farlo cono- scere in tutti i più minuti particolari. Mandibola inferiore. La mandibola inferiore che giace oriz- zontalmente sul masso presenta la forma di un angolo acuto al- lungato. La distanza dall angolo postero-inferiore della mandibola alla, sinfisi del mento, vale a dire alla base dell’impianto dei due inci- sivi mediani, è di mm. 520. I due angoli posteriori delle due branche mandibolari distano, fra di loro, 320 mm. e la distanza fra i pilastri dell'istmo delle fauci è di mm. 120. A cominciare dal 4° premolare si ha uno scaglione esterno di dimensioni insolite, che tende presto a farsi ascendente, e che misura 50 mm. di laighezza di fronte all ultimo molare (margine poste- noie) e non meno di 30 mm. di fronte alla cuspide posteriore del 2° molare. _ ^ angolo postero-inferiore della mandibola dista dall’istmo delle fauci circa 160 mm. Lo spessore dell osso è vario a seconda dei punti nei quali lo si misura; in corrispondenza del margine posteriore dell’ultimo molaie è di mm. 75; esso va decrescendo abbastanza sensibilmente, cosicché in corrispondenza del margine anteriore del 2° molare, non è più che di mm. 50, e al margine anteriore del 4° premo- lare di mm. 40. La distanza fra l’angolo posteriore della mandibola e l’angolo posteriore interno dell’apofìsi laterale esterna della mandibola (spor- genza mandibolare) è di mm. 350 e la distanza che passa tra l’an- 544 S. Squinabol golo posteriore interno della sporgenza suddetta e la base dell’im- pianto dei due incisivi mediani è di mm. 1 70. Quest’ultima distanza corrisponde quasi esattamente a quella misurata nello stesso modo sulla mandibola inferiore del Museo Civico di Genova. La lunghezza della sinfisi del mento è di mm. 150. Le apofisi mandibolari, che non si possono vedere interamente essendo le loro parti inferiori incluse nella mollassa, appariscono però assai più prominenti di quella della mandibola del Museo Civico di Genova. Infatti sporgono ciascuna non meno di 50 mm. ed hanno alla base un diametro antero-posteriore di mm. 50, al mezzo di mm. 35, all’apice di mm. 40. La distanza fra i due apici delle due sporgenze è di mm. 179 e lo spessore della sinfisi del mento, in corrispondenza delle apo- fisi è di mm. 30. Le apofisi suddette hanno, come si vede, uno sviluppo affatto diverso di quella della mascella del Museo Civico di Genova, e l'aspetto loro è assolutamente differente. Superiormente infatti sono formate da una faccia piana che è più stretta nel mezzo ; di più la loro posizione non concorda con quella che si verifica nella mandibola del Museo Civico di Genova. Essi infatti non distano che di 35 mm. in media dall’orlo superiore dell’osso, mentre, come il lettore si ricorderà, nella mandi- bola del Museo Civico di Genova questa distanza è di mm. 65. Dentizione della mandibola inferiore. Branca sinistra. Sono in posto tutti i denti salvo il canino, e il 2° incisivo rotti. Come già dissi nella mia nota precedente, non potendosi assolutamente am- mettere più di quattro incisivi, si avrebbe la seguente formula den- taria per la mezza mandibola ine. 2 -J- can. 1 -j- prem. 4 -f- mol. 3. La lunghezza della serie dentaria misurata dal lato poste- riore dell’ultimo molare alla punta dell’incisivo mediano è di mm. 407. I denti, pochissimo consumati, accennano a un individuo adulto, ma non vecchio. L’ultimo molare presenta un diametro antero-posteriore di mm. 60 e uno spessore anche in questo caso variabile, cioè di mm. 22 alla base delle due cuspidi posteriori, di mm. 30 iu cor- Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 5-15 rispondenza delle cuspidi medie, e di mm. 31 alla base delle cu- spidi anteriori. L altezza di questo dente è anche essa variabile. Dalla parte interna la corona è alta mm. 10 posteriormente, mm. 17 nella parte media e mm. 20 nelle cuspidi anteriori. Dalla parte esterna le misure sono rispettivamente di mm. 17 mm. 21 e mm. 20. 11 penultimo molare, tetracuspidato secondo il solito, ha una lunghez a di mm. 37 e una larghezza che presa dalle cuspidi poste- riori è di mm. 27, dalle cuspidi anteriori di mm. 26. L altezza è, dalla parte interna, di mm. 17 in corrispondenza delle due piramidi posteriori, di mm. 20 in corrispondenza delle anteriori. Sussegue il 1° molare con una lunghezza totale di mm. 32 e fornito esso pure di quattro piramidi principali. Esso non presenta, a dillerenza degli altri, variazione sensi- bile di spessore posteriormente e anteriormente, essendo il dia- metro posteriore di mm. 21,5 e l’anteriore di mm. 20,5. Anche l’altezza della corona è invariabilmente di mm. 18 presa all’innanzi ed all’indietro. L ultimo premolare, che viene dopo senza alcuno intervallo, presenta dalla parte esterna due piccole cuspidi una posteriore ed una anteriore, e un piccolissimo denticolo interno. Il diametro antero-posteriore è di mm. 26 circa e il diametro trasverso di mm. 17. L’altezza della parte interna visibile dalla corona è di mm. 14 dalla parte esterna di mm. 21. Aderente all’ultimo premolare, o meglio alla piccola cuspide anteriore, trovasi il penultimo che è alquanto più lungo del pre- cedente, misurando 30 mm. Esso è monocuspidato, squaliforme, ha uno spessore di mm. 15 ed un’altezza, presa dalla parte interna, di mm. 17, e di un millimetro all’incirca minore esternamente. Il secondo premolare non viene immediatamente dopo, ma c’ è Ira i due uno spazio di circa 12 mm. contrariamente a ciò che si verifica nelle altre mandibole sovradescritte, in cui lo spazio è nullo o brevissimo. Questo dente misura dall’avanti all’indietro 27 mm., con uno spessore di mm. 12 circa ed un’ altezza di mm. 17. 516 S. Squinabol Ad una distanza di 34 mm, segue il 1° premolare impian- tato nella mascella obliquamente in modo di fare coll’osso della mandibola un angolo di circa 45 gradi. Esso ha una lunghezza totale di mm. 17 una larghezza alla base di mm. 10 ed un’altezza di mm. 8 e mezzo. Il canino è mancante, ma deducendo dalla cavità alveolare si può asserire approssimativamente che fosse distante dal 1° pre- molare di mm. 20 all’ incirca. Sempre calcolando dall’ alveolo, del resto poco visibile e in cattivo stato, si avrebbero dal margine anteriore del canino al mar- gine posteriore dell’ ultimo premolare, circa 205 mm. Dopo il canino si trova uno spazio in cui mancano i denti fino all’incisivo mediano, il quale trovasi tuttora impiantato. Esso ha un altezza di 23 mm. ed una circonferenza, a metà della co- rona, di circa mm. 42. Non essendovi traccia degli altri incisivi riesce naturalmente difficile il precisare il numero loro, tuttavia non solo a parer mio, ma anche di altri che hanno con me veduto il fossile, calcolato il diametro dell’incisivo visibile, panni non potersene ammettere più di due per parte. Gl’ incisivi poi, sempre giudicando da quello rimasto, sono protratti orizzontalmente in avanti, e non dal basso all’alto, come nella mandibola del Museo Civico di Genova. Ciò però potrebbe venire da uno spostamento posteriore pro- dotto da pressioni verticali. Uralica destra. Per questa, non ho nulla da aggiungere a quanto ho detto per la sinistra, essendo esse perfettamente eguali; solo dirò che l'ultimo molare è rotto in modo che non presenta altro che le cuspidi anteriori e che è un po’ minore la distanza fra il 2° e il 3° premolare riducendosi a mm. 8. Esaminando ora le due branche nel loro assieme darò ancora alcune poche misure della distanza a cui si trovano i denti ri- spettivamente uguali delle due mezze mandibole. Esse sono le seguenti : Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona Distanza fra le cuspidi posteriori dei due ultimi molari * " » anteriori „ „ anteriori dei penultimi molari. 3 ” dei primi molari . . fra i due ultimi premolari. ..... ” » penultimi » ... ” ” secondi » ... ” ” primi t) fia gli alveoli dei due canini (margine interno). . . .^° s?az*° l303 su cui avrebbero dovuto essere impiantati oTin_ cisivi è di 50 mm. circa. Ho detto più sopra che mancavano i canini, però nel masso, ma a una distanza abbastanza considerevole, si vedono due canini,1 uno coricato orizzontalmente, ed in parte nascosto dalla mollassa’ 1 altro impiantato^ nel pezzo di roccia verticalmente e con la punta m basso, sì che non isporge che piccolissima parte della Non avendo potuto distaccarli, per ragione di convenienza, non posso dire se si tratti più degl’ inferiori che dei superiori ; dall’in- sieme però di quello meglio visibile sarei più propenso a ritenerli come inferiori. Ad ogni modo ecco le misure di quello che è coricato oriz- zontalmente. Lunghezza totale presa sulla curva esterna mm. 165. Di que- sti, 100 mm. appartengono alla radice e gli altri alla corona che, si presenta alquanto solcata e rugosa verso la base. La circonferenza presunta, alla base della radice, sarebbe di circa 110 mm. È notevole che non solo questo dente presenta una curva dal- 1 avanti all indietro, ma è anche ritorto alquanto sopra sè stesso, come quelli inferiori del babirussa e come, alle volte, si verifica anche in alcuni dei nostri cinghiali. Cranio. Il cranio presenta una forma assai allungata, misu- rando una lunghezza massima di mm. 670 dalla protuberanza occi- pitale, angolo superiore esterno, a venire all’ estremità inferiore dell intermascellare, base d’impianto degli incisivi. Ciò in linea - 59 « 53 « 52 - 60 « 60 « 44 » 31 - 21 548 S. Squinahol retta. Che se si segue la curva del cranio, si misurano allora non meno di 720 mm, La distanza fra l’angolo esterno della protuberanza occipitale e l’angolo inferiore interno del condilo dell’ occipitale è di mm. 220; è invece di mm. 210 la distanza fra l’angolo esterno summenzio- nato e l’apofisi orbitaria superiore, la quale però, stante lo schiac- ciamento subito dal cranio, è poco netta. Quest’ ultima misura non può perciò essere che approssimativa. Tra l’apofisi orbitaria e la sutura interparietale corrono non meno di mm. 110 e dal segmento superiore del foro occipitale (parte mediana) alla cresta della protuberanza occipitale si misu- rano mm. 125. La parte media posteriore dell’occipitale dista dall’ angolo po- steriore della sutura occipito-parietale di mm. 60, e questo di al- tri 60 mm. dall’angolo posteriore della sutura fronto-parietale. Tra quest’ ultimo angolo e la sutura fronto-nasale vi sono 340 mm. e mm. 205 fra la sutura fronto-nasale, e l’ultimo limite (angolo anteriore) dell’osso nasale. L’intermascellare è lungo circa mm. 240 misurati dall’angolo anteriore all'angolo supero-posteriore. L’altezza misurata dall’arcata palatina alla sutura naso-intermascellare è di mm. 120. Dal margine posteriore del palatino alla sutura mediana dei parietali si contano 220 mm. Il palato, che per ischiacciamento traversale è alquanto com- presso, ha una lunghezza di mm. 420, misurata dalla punta del muso all’istmo delle fauci, e la lunghezza della mascella dal 1° in- cisivo (mediano) all'angolo posteriore della mascella è di mm. 450. L’apofisi zigomatica, che manca, sarebbe lunga mm. 90, de- ducendone la misura dalle inserzioni esterne. L’altezza massima del cranio, presa posteriormente, è di mm. 260. Per completare le misure date ne aggiungo alcune altre, le quali però non debbono ritenersi, che come approssimative, sia per la deformazione delle ossa, sia per la non molta conservazione di alcune delle parti in questione. La distanza dell’orifizio inferiore del condotto dentario supe- riore, all'angolo antero-inferiore dell’orbita, è di mm. 90, invece dall’augoio antero-superiore dell’orbita stessa dista mm. 120. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 549 Riguardo poi all orbita, posso dare queste due misure approssi- mative cioè: Diametro antero-posteriore mm. 70 * verticale. ...» 65 La distanza massima fra le due arcate dentarie superiori, prese s'intende dai margini esterni, è di mm. 145. Il profilo superiore de] cranio ha poi, come già ho accennato, poca rassomiglianza con quello ricostrutto dal Kowalewsky; poiché è reso alquanto flessuoso da due convessità, una verso la sutura fionto-parietale, 1 altra alla metà dei nasali, e da una concavità all altezza circa del 1° premolare. Dentinone della mascella. — Branca destra. Anche nella mascella sono in posto e ben conservati tutti i denti dai canini e dagl’incisivi in fuori, dei quali non v' è traccia. L ultimo molare presenta quanto alle cuspidi il solito aspetto di quelli già descritti, le misure di esso non corrispondono però a quelle degli antecedenti, risultando perfettamente quadrato. Intatti sopra un diametro antero-posteriore di mm. 42 ne mi- sura uno trasverso pure eguale. Il suo perimetro è di mm. 174. Ha un altezza di mm. 25. Il penultimo molare è alquanto più lungo trasversalmente, misurando dallo avanti allo indietro mm. 37 ed invece mm. 42 circa dall esterno all interno. È di altezza un po' maggiore del dente antecedente raggiungendo i 28 mm. Il suo perimetro è di mm. 156. Il primo molare con un perimetro di 124 mm. ha un diametro longitudinale di mm. 30 ed uno trasversale di mm. 27. per conseguenza, all’opposto degli altri due, è più lungo che largo. La sua altezza raggiunge appena i 20. I quattro premolari che vengono in seguito non sono nè in serie continua nè tutti egualmente ben conservati. II 1° premolare che è rotto dista di circa 9 mm. dal 2° e tra questo ed il 3° si ha un intervallo di mm. 5. Quanto alle misure di questi denti eccole sommariamente: 4° premolare diametro antero-posteriore .... mm. 21 « trasversale » 26 altezza » 26 550 S. Squinaòol Esso è monocuspidato od almeno ha una sola piramide mag- giore; ai due lati presenta due piccole cuspidi posteriori assai logorate. 3° premolare diametro antero-posteriore mm. 26 » trasverso « 20 altezza « 26 Anche questo è monocuspidato con leggeri denticoli esterni. 2° premolare diametro antero-posteriore .... mm. 29 » trasverso » 14 altezza » 28 1° premolare diametro longitudinale » 27 « trasverso « 13 Branca sinistra. È inutile che ripeta qui le. misure della branca sinistra identiche a quelle date, vi ha in più un incisivo ma si trova in condizioni sfavorevoli per esser misurato e perciò tralascio di esso qualunque illustrazione e misura. Siccome poi avvenne uno schiacciamento normalmente all’osso longitudinale della mascella, ometto anche qualunque misura di distanza fra i denti sinistri ed i loro omologhi destri. DENTI E MANDIBOLE INFERIORI DEL MUSEO DEL CLUB ALPINO DI SAVONA. 32° Frammento eli mandibola inferiore sinistra con 2° 3° 4° ■premolari , 1° 2° 3° molari. Tutti questi denti sono disposti in serie continua e nessun intervallo havvi fra loro. La lunghezza totale della serie suesposta è di mm. 174. L'ultimo molare ha un diametro antero posteriore di mm. 57. Di questo dente come anche degli altri, non posso dare che le lun- ghezze, essendo tutti aderenti al carbone e impossibile il distac- carli per il loro cattivo stato di conservazione. La lunghezza del 2" molare è di mm. 32, quella del 1°, mm. 25. I tre premolari insieme hanno una lunghezza di mm. 62. 33° Frammento di mandibola inferiore con branca sinistra e destra non intiere. La branca sinistra porta i tre molari quasi Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 551 intieri, i due premolari susseguenti rotti ; la branca destra è ma- lissimo conservata. Dall'esame dei denti si scorge subito trattarsi di un individuo assai vecchio. Nella parte sinistra la serie dei tre molari e dei due ultimi premolari misura 160 mm. Questa misura è assai al di sotto, tanto di quella presa sulla mandibola inferiore vicina al cranio di cui parlai innanzi, quanto di quella della man- dibola inferiore del Museo Civico di Gtenova, poiché la prima di quest’ ultime due è di mm. 195, la seconda (supponendo l’ultimo dente intero) di almeno 180 mm. Si avvicina invece alla lunghezza equivalente della mandibola che verrò descrivendo al n. 38, la quale è di mm. 158 circa. Notisi sopratutto che nel nostro caso trattasi, come ebbi a dire, di un individuo non solamente adulto, ma vecchio. Ecco poi le misure di ciascun dente: Ultimo molare. Diametro antero-posteriore . 71 n 71 n 71 *1 Secondo molare. » 71 71 71 71 Primo molare * 71 71 Quarto premolare » 71 il Terzo premolare * 71 71 trasverso posteriore . » medio . * anteriore . antero-posteriore . . trasverso posteriore. » anteriore . antero-posteriore . . trasverso (medio) antero-posteriore . . trasverso . . . . antero-posteriore . . trasverso . . . . mm. 52 . « 20 . « 26 . « 28 . « 33 . » 23 . « 23 •> 25 . - 20 . « 27 . * 15 . » 24 . » 15 34° Mandibola inferiore con branca destra e sinistra , e ma- scellare superiore sinistro. Tav. XVII, fìg. 1 e 2. Benché si ab- biano in questo caso denti corrispondenti alla mascella superiore, devo tuttavia descrivere qui il frammento in questione, poiché la parte più importante e più completa è la mandibola inferiore. Il pezzo è oltremodo schiacciato e si presenta frammisto ad altre ossa che sembrano apofisi di vertebre. Il tutto è molto interessante, perchè la mandibola inferiore presenta sei incisivi ben visibili, ed i premolari tutti in serie e senza distacco dal canino. 552 S. Squinabol Essendo tutte le ossa moltissimo schiacciate, non posso dare misure relative ad esse. L’aspetto dei denti accenna ad un individuo non molto vec- chio, ma però adulto. Nella mandibola inferiore dalla parte sinistra si trovano tre incisivi, un canino, tre premolari ben visibili e due altri denti rotti del tutto. Siccome però il primo di questi accenna a sole due radici. 10 credo il 4° premolare e per conseguenza l’altro sarebbe il primo molare. La lunghezza totale occupata da tutti questi denti è di mm. 185 all’ incirca. La distanza poi tra il margine anteriore del canino, e il po- steriore dell’ ultimo premolare è di mm. 110. Nell’osso in corrispondenza del secondo premolare, e a 34 mm. circa dalla base di questo vi ha un accenno alla sporgenza man- dibolare in parte scomparsa per rottura, ed in parte, per ischiac- ciamento, compenetrata coll’osso. I tre incisivi occupano fra tutti uno spazio di 37 mm., mi- surato alla loro base. Di essi quello di mezzo è il più piccolo, e 11 3° il più grosso. II primo o mediano, sporge fuori dell’osso di mm. 36 ed ha un diametro di mm. 12; il secondo esce assai meno, cioè di mm. 17 ed il suo diametro è di mm. 8. Il 3° sporge di mm. 25 con un diametro massimo di mm. 16. Subito dopo viene il canino, curvato secondo il solito verso l’interno. Lia una lunghezza visibile di mm. 38 ed un diametro alla base di mm. 18. Si vede manifestamente sul margine poste- riore una cresta tagliente e tutta rugosa. Senza nessun intervallo, anzi addossato al canino, viene il primo premolare che spunta dall’osso obliquamente, è monocuspi- dato, ed ha le seguenti misure. Diametro antero-posteriore mm. 15, altezza (della corona) mm. 15. Stando all’apparenza pare che abbia una sola radice. Il secondo premolare, contiguo al primo, ha il consueto aspetto, è a radice doppia e misura in lunghezza mm. 26 circa, in altezza mm. 24. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadihona 553 Il terzo premolare è in parte rotto e non se ne può dare l’al- tezza, il diametro antero-posteriore è di mm. 27. Degli altri due denti non parlo, essendo rotti. Dalla pai te destra (fìg. 1), nella mandibola inferiore, sono alti i tie incisili, un canino, il 1° premolare ben conservati, ed altri residui di denti in gran parte rotti. Per non ripetere inutili descrizioni e misure, dirò solo che 1 aspetto dei singoli denti è ugnale a quello dei corrispondenti di sinistra, e che anche qui verificasi il fatto della nessuna distanza fra il 1° premolare ed il canino. Nella mascella superiore sonvi pochi denti visibili e quasi tutti spostati. Assai ben conservati abbiamo nella parte sinistra del pezzo, i due incisivi mediani molto grossi. L’incisivo sinistro misura alla base una larghezza di 26 mm. ed un’ altezza della corona di mm. 28 circa. Esso ha la superficie interamente coperta da rughe, che lo percorrono nel senso longi- tudinale, ed ha due tagli uno anteriore, l’altro posteriore. L’incisivo destro ha lo stesso aspetto del primo e le stesse sue misure. Mancano gli altri incisivi, e si vede il canino sinistro che passa tra il 1" ed il 2° premolari sinistri per spuntare dall’al- tra parte. Come si può agevolmente capire, non è questa la sua vera posizione. Esso ha all' incirca la lunghezza di 40 mm. la super- ficie rugosa longitudinalmente e duo creste taglienti opposte. Dalla parte destra del pezzo si vede un altro incisivo spo- stato che probabilmente è il 2° superiore destro. Come forma ri- corda i due mediani: le sue misure sono però alquanto diverse. La corona misura alla base 17 mm. (diametro) ed un altezza media di 27, in altre parole è più stretto ed egualmente lungo. 35° Terso incisivo superiore sinistro , tav. XIX, fìg. 5, 5 a. Menziono e figuro questo dente per una particolarità degna di nota. Nella faccia interna ha la radice per quasi tutta la sua lunghezza, erosa dallo sfregamento del canino inferiore e le strie di confricazione vanno obliquamente dal basso all’alto supposto il dente nella sua posizione norniale. 554 S. Squinabol Questo fatto ne dimostra che il canino prima di giungere alle radici aveva dovuto intaccare anche tutto l’osso. Il dente poi presenta nella punta una smussatura di logora- mento obliqua, ma molto debole. Sono inutili le misure essendo la figura a grandezza naturale. 36° Terzo incisivo inferiore destro , tav. XIX, fig. 4. 4 a. Come ognuno può vedere dalla figura e dalle misure che darò più sotto si tratta di un incisivo di dimensioni affatto anormali, e che non può appartenere che ad una grossissima specie. Esso ha la corona interamente asportata nella parte superiore, dove si vede una grande superficie piana a forma di mandorla. Lo smalto è lucente e quasi senza rugosità. Diametro trasversale della corona (alla base) . rum. 25 » antero-posteriore » 20 » trasversale della radice - 23 » antero-posteriore « 22 37° Secondo incisivo inferiore sinistro , tav. XIX, fig. 2, 2 a. Quantunque esiguo appartiene certamente alla grossa specie a 6 incisivi. Confrontato infatti con quello in posto nella mandibola de- scritta al n. 34 vi corrisponde perfettamente. L’ho voluto però men- zionare e figurare, acciocché dalla esiguità sua altri, trovandone, non venga tratto in inganno e lo attribuisca a qualche specie di mole assai minore. IV. Museo Civico di Savona. 38° Frammento di mandibola inferiore con branca destra e parte della sinistra , tav. XIX, fig. 1 e 3. Eccoci di fronte ad un altra mandibola che presenta un fatto curioso, cioè la mancanza assoluta di quello che dovrebbe essere il 2° premolare; non distinguendosi neppure la più piccola traccia di alveolo. Rivista dei grossi Antliracothenum di Cadibona 555 Il pezzo è lungo in tutto 290 inni., e la serie dentaria com- pleta calcolata dalla base d impianto degl' incisivi mediani fino al margine posteriore dell’ ultimo molare è di min. 254. I\ell osso è ben visibile il foro dentario che si trova in cor- rispondenza del margine anteriore del premolare die dovrebbe es- sere il 3°, ma che invece è il secondo. Esso foro trovasi a circa metà distanza, fra l’orlo superiore e quello inferiore dell’osso man- dibolare. L’osso mandibolare poi presenta sotto il premolare sun- nominato un altezza di mm. 59 ed uno spessore di inni. 20. La sinfisi mentoniera ben visibile, perchè rimase attaccata una parte della branca sinistra, ha una lunghezza di 94 mm. Dall’insieme dei denti appare trattarsi di individuo adulto, non però vecchio. L ultimo molare ha la stessa configurazione degli altri finora descritti, il suo diametro antero-posteriore è di mm. 54 e i suoi spessori sono rispettivamente di mm. 18 posteriormente, mm. 26 nella parte mediana, e di mm. 26 per le cuspidi anteriori. Delle piramidi non sono logorate che le due coppie anteriori, e solamente nel versante posteriore. Il 2° molare, come vedesi dal disegno, è in parte rotto; ma è possibile darne il diametro antero-posteriore che è di mm. 30 e il diametro trasverso anteriore che è di mm. 21. Il lu molare è molto consumato, le due coppie di cuspidi si sono cambiate in due superfici pressoché piane un po’ inclinate verso l’esterno. Misura dall avanti all’indietro mm. 25, e mm. 20 di spes- sore tanto in corrispondenza delle cuspidi anteriori, quanto delle posteriori. Il premolare che sussegue immediatamente che è il 3° (man- candone, come dissi, uno) presenta la solita forma e la consueta disposizione di creste taglienti. Ha una lunghezza massima di mm. 24, uno spessore di mm. 17 ed una altezza di mm. 21. L altro premolare gli è contiguo ed ha i diametri seguenti. Diametro antero-posteriore mm. 26 » trasverso » 12 Altezza » 20 556 S. Squinabol A questo punto incomincia la stranezza della mandibola, perchè manca qualsiasi traccia, sia di dente, sia d’alveolo, e si viene al premolare che precede il canino dopo un spazio vuoto di mm. 34. In quest’intervallo l’osso ha uno spessore minimo ed incom- patibile con la presenza di un dente, anche se questo dente fosse caduto. Lo spessore è infatti di mm. 4 solamente. Del premolare antecedente al canino è distintissimo l’alveolo, e il dente stesso, benché non in posto, si trovò in mezzo alle due branche dalle quali l’ho potuto facilmente staccare. Esso presenta le solite forme, ha radice bifida e ha le seguenti misure. Lunghezza totale mm. 43 Diametro antero-posteriore » 19 » trasverso » 8 Altezza della corona « 14 Esso è figurato accanto alla mandibola nella fìg. 3 della stessa tavola. Sussegue l’alveolo del canino con pochissimo intervallo da quello del premolare e quindi gli alveoli degli incisivi ; ma tanto in cattivo stato che è difficilissimo il desumerne il loro numero. Non mi par peraltro che se ne possano ammettere più di 4. Fra il margine anteriore del canino e il posteriore dell’ultimo premolare vi è una distanza di mm. 125. Nell’altro pezzo di mandibola, o branca sinistra, mancano tutti i denti, gli alveoli sono in peggiore stato ancora, c’ è però un ac- cenno all’apofisi mandibolare, la quale è stata rotta e schiacciata nella parte destra. Essa però doveva essere poco sviluppata. Facevo conto in questo lavoro di non parlare minutamente che delle grosse specie d eli' Anthracotherium, e di accennare solo al- Y A. minimum nelle conclusioni. Essendomi tuttavia venuto alle mani un residuo di detta specie non descritto nè dal Gastaldi, nè dal Kowalewsky, non stimo inutile di darne qui una breve illustra- zione, senza tuttavia figurarlo, poiché non ne credo il caso non aggiungendo esso nulla di nuovo a quanto già si conosce su questa piccola specie. Esso frammento consiste in un pezzo di mandibola inferiore Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 557 tiestia che contiene parte dell’alveolo del primo molare, il secondo molale peifettamente intero e la prima coppia di cuspidi del 3°. La lunghezza del frammento è di mm. 32, l’altezza di mm. 34, 10 spessore di mm. 11. La faccia esterna della mandibola è convessa e rilevata verso 11 margine superiore, mentre inferiormente è sottile e appianata. La faccia interna è piana, salvo una leggera incavatura in basso che corrisponde ad un maggior assottigliamento dell’osso. Il 2° molare che, come dissi, si conserva per intero, è piccolo e assai logoro. La sua lunghezza massima 'è di 13 mm., la lar- ghezza 9 mm., 1 altezza della corona varia da mm. 5, posterior- mente, a 7 anteriormente. Il logorìo non ha più lasciato traccia delle cuspidi, in loro luogo evvi una superficie appianata, un po’ inclinata dall’avanti al- 1 indietro e dall interno allo esterno e offre in ciascuna sua metà una valle di area irregolare che occupa la parte interna di cia- scuna metà. Del 3° molare non vi sono che le due prime cuspidi, foggiate, per logoramento avanzato, a cuneo, col tagliente perpendicolare al- 1 asse longitudinale del dente. Esse sono alquanto più alte di quelle corrispondenti del dente precedente, raggiungendo gli 8 mm. Dell alveolo del 1° molare non faccio parola. Come si vede dalle cose suesposte, i caratteri coincidono per- fettamente con quelli dell’individuo figurato dal Gastaldi ( Cenni sui vertebrati fossili del Piemonte. Meni. R. Accad. Se. Torino, serie 2a, tomo XIX) alla tav. Vili, tig. 8, 9, 10 per la parte omo- loga. Il frammento in parola è conservato nel Museo Civico di Storia naturale di Genova. 558 S. Squinaòol Riassunto di alcune misure i Numeri d’ordine secondo la descrizione nel testo i 2 3 4 5 7 8 9 m in Diametro ant.post. 0.055 0.060 — 0 073 0.057 — 0.055 0.065 Ultimo molare . . ^ \ 1 » trasverso < 2 0.020 0.021 — 0.024 0.020 — 0.019 0.022 0.028 0.030 — 0.034 0.030 — 0.028 0.030 (3 0.027 0.031 — 0.038 0.028 — 0.029 0.030 Diametro ant.post. — 0.037 0.035 — — 0.035 0.034 0.040 Penultimo molare . Il — 0.027 | » trasverso < 0.027 — — 0.020 0.023 0.028 f 2 — 0.026 Diametro ant.post. — — 0.027 — — 0.030 0.024 0.033 Primo molare . . . 1 » trasverso -, \ — — 0.020 — — 0.018 0.023 0.022 Lunghezza della se- rie dei molari . . — — — — — 0.115 0.138 Lunghezza della se- rie dei 2°. 3°. 4°. premolari — — — - 0.075 — — Spazio compreso fra il margine anterio- re del canino ed il margine posterio- re dell’ultimo pre- molare — 0.129 Intervallo (Barre) fra i varii denti . — _ 0.005 (i) 0.011 (2) — — — — — — — — — — — — 0.001 (3) — — N. 13. — I numeri 1, 2, 3 per i diametri trasversali dei molari ultimi s’ intendoni di quelle anteriori. I numeri 1, 2 per i diametri trasversali dei penultimi e primi molari debbon misure se ne dà una sola, s’intendo una media. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 559 idibole inferiori descritte. 15 16 17 18 30 31 32 33 34 38 Annotazioni 0.060 . 0.060 0.057 0.052 0.054 (1) (Fra il canino e il 0.020 — — — — 0.022 0.020 0.018 1. premolare). (2) (Fra il I. e il 2. 0.032 — — — — 0.030 0.026 0.026 premolare). 0.034 — — — — 0.031 — 0.028 0.026 (3). (Fra il 2. o il 3. premolare). 0.042 0.044 (4) (Fra il canino e il — — 0.038 0.037 0.032 0.033 0.030 2. premolare). (5) (Fra il 2. e 3. pre- 0.027 0.023 molare). — 0.024 0.030 — 0.028 0.026 — (6) (Fra il 1. e 2. pre- molare). 0.023 — 0.021 (7) (Fra il canino e il 1. premolare). — — — 0.036 0.023 0.030 0.032 0.025 0.025 — 0.025 (8) (Lunghezza della serie degli ultimi due premolari). 0.021 0.021 0.020 0.020 (9) (Distanza fra il premolare antecedente al canino e il penultimo pre- molare). — — — — — 0.129 0.114 0.110 — 0.109 — — — — 0.080 0.95 0.062 — — 0.050 (8) — — — — 0.167 0.205 — — 0.110 0.125 — — — — 0.055 (4)| 0.012(5) _ — - - 0.034 (9) — — — — — 0.034 (6) — — — — — — 0.020 (7) — — — delle cuspidi posteriori ; 2 in corrispondenza delle cuspidi inedie ; 3 in corrispondenza lenza delle cuspidi posteriori ; 2 in corrispondenza delle anteriori. Quando invece di due 5(J0 S. Squinabol Conclusioni. Dalle misure riassunte nel quadro precedente e più ancora dalle descrizioni minute dei singoli pezzi, chiunque, parrai, deve trarre una delle due conclusioni seguenti: 0 l’antracoterio era un animale che da individuo ad individuo cambiava sommamente, di aspetto, di dimensione, di dentatura, e allora ammettasi pure una sola specie, riferendo tutte le mandi- bole e tutti i denti sopradescritti all’ Anthracotherìum magnurn come fu primieramente descritto dal Cuvier. Oppure ammettiamo la impossibilità per una specie di variare oltre certi limiti, ed allora, pur non tenendo calcolo che delle grandi differenze, siamo condotti per forza a credere alla esistenza di specie diverse da quella tipica descritta. Io, pensando quanta sia l'importanza del sistema dentario, come l'elemento essenzialmente conservativo dello scheletro intero, cre- detti bene di adottare la seconda delle opinioni suesposte, e di ammettere un certo numero di specie di antracoteri. Ed eccomi a spiegare brevemente il perchè di questa mia opinione. Prendiamo in esame le mandibole inferiori ed i denti staccati pure inferiori. (Li accennerò solamente coi numeri progressivi sotto cui furono descritti). Dall'esame delle mandibole risulta anzitutto che vi sono an- tracoterii a sei ed antracoterii a quattro incisivi. Per me questo due serie devono essere assolutamente distinte, perchè non mi pare di poter ammettere, come vuole l’Hòrnes, che l'avere quattro incisivi sia segno di vecchiaia, giacché nelle mandibole giovani come sa- rebbe quella descritta al n. 6, è non solo impossibile di ammet- tare sei incisivi, ma nemmeno che i due laterali siano caduti, non essendovi alcuno benché piccolo spazio fra l’ incisivo e il canino. Anche la mandibola del Club Alpino di Savona appartenente ad un individuo assai giovano, avendo le cuspidi perfettamente intatte, non ammette come vedemmo, più di quattro incisivi ; eia mandibola del Museo Civico di Savona (n. 38) non panni possa contenere più di quattro incisivi pur essa. 5G1 Rivista dei r/rossi Anthracotherium di Cacliboìia D altra parte che vi sieno antracoterii a sei incisivi è più che coito. Ne desciisse il (castaidi, ne descrisse il Kowalewskv ed altii ed io pure ebbi occasione di esaminare la mandibola del n. 34. Possiedo poi un modello di mandibola inferiore di Anthra- cotherium delle fosforiti di Quercy (Caylux) la quale, indubbia- mente d’individuo non solo adulto ma vecchio, ha gli alveoli di- stintissimi di sei incisivi. Mi pare dunque necessario di por line alla confusione che lino ad ora è stata fatta per le varie mandibole ed ammettendo pei Anthracotherium magnum Cuv. quello a sei incisivi occorre staccare da questa specie tutte le mandibole a quattro incisivi. Tanto più che, oltre alla differenza nel numero degl incisivi ve ne ha un altra importantissima. Infatti dalla mandibola descritta al n. ò4 vedesi chiaramente come il canino ed i premolari siano in serie continua ; ciò che non avviene mai per le mandibole in cui non vi sono che quattro incisivi. Ma non basta ancora. Fra queste ultime si verificano delle grandi variazioni negl’intervalli che corrono fra i vari denti, dal canino al 3° premolare ; come pure delle differenze nel numero dei premolari stessi. Nella mandibola inferiore descritta al n. 7 si ha fra il canino e il 1° premolare uno spazio di 5 mm. mentre nella mandibola del Museo del Club Alpino di Savona (n. 31) quest’intervallo è più del doppio raggiungendo 12 mm.; nella prima solivi 11 mm. fra il 1° e il 2° premolare, nella seconda più di tre volte tanto, cioè 34 mm. Finalmente mentre il 2° premolare dista dal 3° di mm. 1 nella mandibola n. 7, è lontano di mm. 20 in quella di Savona (n. 31). E egli possibile ammettere differenze così grandi in una stessa specie? Parmi di no; onde per conto mio, la necessità anche in questo caso di fare due specie diverse. Il bisogno aumenta ancora, se badiamo ad un’ altra differenza abbastanza rilevante. Lo spazio compreso fra il margine anteriore del canino e il posteriore dell’ultimo premolare è assolutamente diverso, perchè mentre per la mandibola n. 7 è di mm. 129; è invece di mm. 205 per la mandibola del Club Alpino di Savona (n. 31). 562 S. Squinabol E nello stesso modo vi doveva pur esser differenza tra le lun- ghezze delle serie dentarie complete, ma disgraziatamente non pos- siamo fare i necessari confronti mancando i molari nella mandi- bola n. 7. È certo però che ci doveva essere grande differenza nella lun- ghezza del muso fra i due antracoterii. Non parlo poi delle due apofisi mandibolari che non si vedono nella mandibola n. 7 quantunque vi sia la parte ossea in cui dovreb- bero trovarsi. Per questi motivi credo di distinguere due specie diverse. Passiamo ora all’altra serie di differenze, cioè al numero dei premolari. Abbiamo veduto due mandibole che invece di quattro non hanno che tre premolari. La prima fu descritta al n. 30 e si trova nel Museo Civico di Genova, la seconda al n. 38 ed è del Museo Civico di Savona. Cominciamo dalla prima. In essa dopo il canino, non v’è traccia alcuna di quello che dovrebbe essere 1° premolare. Però, come ebbi già a dire, a circa, 27 mm. dal margine posteriore del canino si trova una cavità che, per me, è una semplice scheggiatura nel- l’osso, ma che forse, per altri, potrebbe indicare l’alveolo del 1" premolare. Ad ogni modo la non presenza del dente in questione, o del suo alveolo, non mi parrebbe tale da indurmi a creare una specie diversa, poiché sappiamo come sia abbastanza comune la deficienza di questo dente e delle sue tracce alveolari. Ho per esempio sott’occbio due mandibole di cinghiale uno ucciso nella Maremma e l’altro a Cosenza. Il primo più vecchio ha il 1° premolare quasi addossato al canino; il secondo non solo non ha il dente, ma non mostra nemmeno traccia di foro. Trovo però un’ altra grande differenza fra la mandibola n. 30 e le precedentemente esaminate, in altre due cose, cioè la forma e la posizione delle sporgenze mandibolari, e la mancanza per la mandibola n. 30 dell’orlo esterno a cui ho accennato, e di cui ho dato le misure, a proposito della mandibola di Savona. L’apofisi mandibolare dell’antracoterio di Savona ha una super- ficie superiore pianeggiante, si prolunga all’ infuori per 50 mm. ed è quasi tanto larga in punta come alla base; quella invece della Rivista dei grossi Anthracotlierium di Cadibona 563 mandibola n. 80 è conica e cortissima non alzandosi dal livello dell’osso che di 18 inni. Mentre poi la prima è ad una minima distanza dall’orlo supe- riore della mandibola di mm. 35, la seconda dista quasi del doppio cioè di mm. 65. Nella mandibola poi del Museo Civico di Genova manca qual- siasi accenno a quel forte ed esteso orlo esterno della mandibola di Savona (n. 31), che ha la sporgenza massima di 50 mm. di fronte alla cuspide posteriore dell' ultimo molare e di 30 per lo meno in corrispondenza al margine posteriore del 2° molare. Di tutto ciò non la più piccola traccia. Se per conseguenza la mancanza del 1° premolare poteva, e può spiegarsi senza ricor- rere a specie diversa, è egli anche possibile di conciliare le altre differenze ? La risposta anche qui è negativa, almeno per me, e credo sia conveniente separare questa terza mandibola dalle due precedenti. Venendo ora alla seconda mandibola con tre soli premolari quella descritta al n. 38, troviamo che il premolare mancante è non più il primo ma il secondo. È un caso teratologico o carattere di specie? Esaminiamo la prima opinione. Se fosse un semplice fatto anormale vi dovrebbe essere evi- dentemente una di queste due condizioni: o l’alveolo, o, ammessa pure la completa obliterazione di esso, lo spazio in lunghezza cor- rispondente. Dell’alveolo, come già dissi, non si vede alcuna traccia; di più feci osservare che l’osso è in quel tratto sottilissimo come lo è sempre negl’intervalli fra dente e dente. Quanto allo spazio in lunghezza, essendovi tra il penultimo premolare ed il primo un intervallo di 34 mm., nulla si oppor- rebbe a che il dente vi fosse antecedentemente stato. Badiamo però ad un altro fatto. Il foro dentario trovasi sempre, nelle mandibole in cui lo potei osservare, in corrispondenza del margine anteriore del 2° pre- molare. Anche nel modello sovraccennato di Quercy, si verifica lo stesso fatto. Se perciò mancasse questo secondo premolare esso foro si do- vrebbe trovare ad una distanza dal margine anteriore del 3° pre- 5G4 S. Scjuinabol molare, equivalente a tutto il diametro antero-posteriore del pre- molare perduto. Ma come ognuno può vedere dalla figura, nella mandibola del Museo Civico di Savona (n. 38) il foro dentario trovasi precisa- mente in corrispondenza del margine anteriore del dente che per quella mandibola è il 2° premolare. Dunque non mi pare ammissibile la caduta del 2° premolare, e perciò quello esistente prima dell' ultimo premolare è realmente il 2° e non il 3°. Ciò posto sembrami impossibile non ammettere una specie nuova e diversa dall’ altre per la mandibola n. 38, anche quando non tenendo per buone le mie ragioni, si voglia ammettere che il premolare mancante fosse caduto, perchè la caducità costante sa- rebbe un buon carattere specifico. Alle ragioni suesposte aggiungo ancora che misurando la di- stanza fra il margine anteriore del canino e il posteriore dell’ul- timo premolare, si hanno mm. 126, equivalenti a quello della mandibola n. 7 che pure avendo quattro premolari non misura che 129 mm. e superiore di 16 mm. a quello della mandibola n. 34 pur essa a quattro premolari. Riassumendo il sin qui detto, avremmo dunque finora cinque specie : 1° Un antracoterio a sei incisivi inferiori, sia da giovane, sia da adulto, a serie dentaria non interrotta. 2° Un antracoterio a quattro incisivi inferiori con serie den- taria assai allungata per grandi intervalli fra i premolari, grosse prominenze mandibolari vicino all’orlo superiore della mandibola, forte orlo esterno mandibolare. 3° Un terzo antracoterio a quattro incisivi con serie den- taria raccorciata, essendo piccolissimi gl’intervalli fra i premolari. 4° Un antracoterio a quattro incisivi, con quattro (?) pre- molari non in serie continua, mancanza d' orlo esterno mandibolare, prominenze mandibolari coniche, corte e più distanti dall’orlo supe- riore della mandibola. 5° antracoterio a quattro incisivi, tre premolari, prominenze mandibolari piccolissime, nessun orlo esterno. Non basta tuttavia ancora per le specie di Cadibona. Se si osservano attentamente i dati riflettenti gli ultimi molari inferiori Rivista dei grossi Anthracotkerium di Cadibona 565 che ho i aggi lippa ti nel quadro comparativo finale, vediamo che il loio diametro antero-posteriore oscilla tra 52 mm., misura minima, e 73 mm. misura massima; ma che la grandissima maggioranza di essi si raggruppa verso i 60 mm. Per conseguenza questo salto che da 60 mm. porta senza misure intermedie a 73 mm., mi pare possa dimostrare la pre- senza di una specie più grossa ancora degli Anthracotherium co- muni di Cadibona. Dissi che il salto è senza alcuna misura intermedia fra 60 e 73 mm. benché nella colonna del n. 9 figuri un ultimo molare di 65 mm. di lunghezza; perchè considerando, come già ho accen- nato, che si tratta d’individuo giovanissimo, sia perchè ha le cu- spidi intatte, sia perchè questo dente è ancora alquanto infossato nell alveolo, non mi pare presumere tropjio che a sviluppo com- pleto avesse potuto raggiungere i 73 mm. ed anche sorpassarli. Nè mancano altri indizi che valgano a fare ammettere una specie maggiore. Senza parlare dei dubbi già avanzati in proposito dal Gastaldi, dal Kowalewsky e dall’Hòrnes, abbiamo altri denti che raggiungono delle misure superiori alle normali. Sonvi per esempio i penultimi molari delle mandibole descritte ai n. 16 e 17 che mi- surano 1 uno 42 e l’altro 44 mm. di lunghezza mentre la media degli altri è fra 35 e 36 mm. ; vi ha il primo molare descritto al n. 1S, il quale ha un diametro antero-posteriore di mm. 36 cifra assai superiore alla media che appena appena raggiunge i 30 mm. ; evvi finalmente l'incisivo descritto al n. 36 e rappre- sentato nella tav. XIX, fig. 4, 4 a che ognuno ha potuto vedere quanto sia più sviluppato degli altri misurati da me, o figurati e descritti da altri. Raggruppando tutti questi indizi e aggiungendovi le misure date dal Riitimeyer per 1’ antracoterio di Losanna, il cui ultimo molare inferiore ha 75 mm. di lunghezza, credo sia ammissibile una sesta specie di antracoterio, che si potrebbe benissimo denomi- nare, come già proponeva il Gastaldi, Anthracotherium maximum . Nei depositi miocenici dell’ Italia avremmo dunque nove specie d’antracoteri così ripartite: 1° Anthracotheri um maximum Gasi, tav. XVI, fig. 2 e 3; tav. XIX, fig. 4, 4 a. Contiene gl’individui descritti nei num. 4, 9, 16, 17, 18, 36. 566 S. Squinabol 2° Anthracotherium magli um Cuv. , a sei incisivi; tav. XVII, fìg. 1 e 2. Contiene l’individuo descritto al n. 34. 3° Anthracotherium G a s t a 1 d i i sp. n. quattro incisivi, serie dentaria a grandi intervalli fra i premolari, prominenze man- dibolari robuste e sviluppate, orlo esterno delle mandibole molto prominente. Tav. XX contiene l’individuo descritto al n. 31 e tutti i numeri non citati diversamente cioè 5, 6, 8, 11, 15, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 32, 35. 4° Anthracotherium Kowal«wskyi sp. n. quattro in- cisivi serie dentaria assai corta, tav. XVIII, fìg. 1. Vedi descri- zione al n. 7. 5° Anthracotherium ligusticum n. sp. quattro inci- sivi, quattro? premolari, prominenze poco sviluppate, coniche, man- canza di orlo esterno. Tav. XVI, fìg. 1, individuo n. 30 ed i n. 1, 2, 3, 10, 12, 27. 6° Anthracotherium Zignoi n. sp. quattro incisivi, tre premolari, nessun orlo, prominenze deboli, tav. XIX, fìg. 1 e 3, 3a. Vedi descrizione n. 33 e 38. 7° Anthracotherium minus Cuv. Sarebbe questa la specie di cui alcuni denti furono descritti e figurati dal Beggiato, cioè un incisivo inferiore sinistro, ed un ultimo molare inferiore, provenienti da Monteviale. Di quelli figurati forse tav. XVIII, fig. 5 n. 13, 14. 8° Anthracotherium minimum Cuv. Questa sarebbe la specie più piccola e a sei incisivi. 9° Anthracotherium Monsvialense Zigno, con quat- tro molari nella mascella superiore. In aggiunta alle ragioni suesposte riguardo alla bontà della nuova specie A. Gastaldii , noto ancora che nella mascella supe- riore vi sono alcune differenze importanti. Nell’yl. magnum la lun- ghezza della serie dentaria superiore è di mm. 375, mentre nell'.d. Gastaldii è di mm. 440, e il 1° molare è più lungo che largo nella nuova specie (mm. 30 per mm. 27) mentre nell’.4. magnum è più largo che lungo (mm. 24 lunghezza, mm. 34 larghezza). Anche il 3° molare è più piccolo ed è quadrato nella mia specie (mm. 41,5 per mm. 41,5) mentre nell’altra è più largo che lungo (diametro anfc.-posteriore mm. 48, diametro trasverso 50 mm.). Quanto agli altri denti da me descritti o figurati mancandomi 567 Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona dati precisi per metterli più in una clie nell’altra delle grosse specie di antracoterii, non mi rimane che metterli provvisoriamente nell’ A Gastaldii^ che credo sia la specie più comune. Avrei solo qualche restrizione a fare per la mandibola al n. 13 che ha i denti molto stretti e lunghi, ma trattandosi di un pezzo non completo la ascrivo con dubbio all’ A. minus. Le risultanze di questo studio mi spingono a proporre la se- guente classificazione delle specie italiane del genero Anthracothe- rium., la quale mi limito ad esporre qui senza ulteriori spiegazioni che sarebbero per lo meno superflue. A. maximum Gast. Serie dentaria non interrotta A. magnum Cuv. Serie dentaria interrotta, pic- cola mole A. minimum Cuv. ì s w o o 35 X H C o • O PJ o « Serie dentaria a grandi inter- valli, prominenze mandibolari grandi, orlo esterno sviluppato. Serie dentaria a piccoli inter- valli, prominenze mandibolari mancanti, nessun orlo . . . Serie dentaria non continua, prominenze mandibolari, coni- che poco sviluppate poste molto in basso, nessun orlo esterno della mandibola, 4 ? premolari. Denti stretti e lunghi . . . A. Gastaldii Squin. A. Kowalewskyi Squin. A. ligusticum Squin. A. minus ? Cuv. con 4 molari superiori . ... A. Monsvialense Zigno ' con 3 premolari l Prominenze mandibolari appe- ■: na accennate, nessun orlo ester- inferiori ( no. Serie dent. non continua . A. Zignoi Squin. Altre ossa di Anthracotherium Gastaldii. Come accennai nella precedente comunicazione sull’antraco- terio del Club alpino, insieme al cranio e alle mandibole inferiori vi sono nello stesso masso delle altre ossa che promisi di figurare e descrivere. 37 568 S. Squinaòol Quanto alle figure per non moltiplicare le tavole, che sono già numerose, debbo per ora rinunziare; forse in altra memoria trat- terò esclusivamente delle ossa lunghe di questo animale che sono sparse qua e là nei vari musei e che per il loro pessimo stato di con- servazione sono di difficile determinazione e devono perciò essere soggette a lungo studio. Allora insieme alle altre figurerò anche quelle di cui ora in- tendo dire qualche cosa di più di quanto feci nella comunicazione preliminare. Scapola destra. È sommamente interessante perchè dimostra che non è sufficientemente esatta la ricostituzione di essa fatta dal Kowalewsky, poiché nella parte superiore non è angolosa come la disegnò l’autore citato, ma invece presenta un semicircolo ben netto come quella del tapiro, di più la spina non segue l’asse longitudinale dell’osso ma è posta trasversalmente dall’innanzi allo indietro ed è pochissimo accentuata. La lunghezza totale della scapola dal margine della cavità glenoidea all’orlo superiore è di mm. 300. L’orlo superiore, seguen- dolo secondo la linea curva, misura pur esso 300 mm. La spina è, in tutto, lunga 110 mm. e rilevata appena di pochi millimetri. La fossa sotto-spinosa ha una larghezza di 100 mm. e la di- stanza verticale fra l’orlo inferiore e il superiore dell’ala posteriore raggiunge i 112 mm. Immediatamente sotto l'estremità inferiore della spina si ha un diametro traversale di 85 mm., e nel punto più ristretto se ne misurano solo 65. Bacino. Di esso è visibile soltanto la cavità cotiloidea destra con parte dell’ileo e dell’ischio. Il frammento misura in tutto ed in linea retta circa mm. 300. La parte d'ileo visibile, partendo dal margine anteriore della cavità cotiloidea è di mm. 70, la parte di ischio, non tenendo conto di alcuni pezzi staccati, circa 150, manca qualsiasi traccia del pube. Dal margine superiore della cavità cotilidea all’orlo della cresta sopra-cotiloidea sonvi 40 mm. verso l’ ileo e 90 verso l’ ischio. Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona 560 La cavità cotiloidea ha un diametro trasverso di min. 51 ed uno longitudinale di mm. 66, cosicché presenta una figura elittica. L’orlo della cavità è abbastanza pronunciato sporgendo non meno di 30 mm. nella massima sua altezza e di 19 mm. nella minima. Esso è perfettamente continuo cingendo tutto attorno la cavità come il parapetto di un pozzo. La profondità massima della cavità è di 30 mm. Delle vertebre, certamente dorsali, già diedi le misure nella nota preliminare e non ho altro ad aggiungere ; delle altre ossa staccate per ora non credo occuparmi. S. Squinabol. 570 S. Squinabol SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. XVI. Fig. 1. Anthracotherium ligusticum Squin. — Mandibola sinistra vista dalla parte esterna. •» 2, 3. Anthracotherium maximum Gast. — Ultimo molare inferiore destro (visto di fianco e di sopra). »» 4, 5. Incisivi mediani superiori (fig. 4 destro, fig. 5 sinistro). Tav. XVII. Fig. 1, 2. Anthracotherium magnum Cuv. — Fig. 1. Frammento di mandibola inferiore vista dalla parte destra, vedonsi anche due denti della mascella superiore. — Fig. 2. Frammento di mandibola inferiore visto dalla parte sinistra. Sonvi pure alcuni denti della mascella superiore. »» 3, 4, 5. Anthracotherium Gastaldii Squin. — Fig. 3. Canino inferiore sinistro. — Fig. 4. Canino inferiore destro. — Fig. 5. Inci- sivo mediano superiore sinistro. » 6. Anthracotherium ligusticum Squin. — 2° incisivo superiore destro. Tav. XVIIl. Fig. 1. Anthracotherium Kowalewskyi Squin. — Mandibola inferiore destra e sinistra non completa. !» 2. Anthracotherium ligusticum Squin. — Ultimo molare infe- riore sinistro. a 3. Anthracotherium Gastaldii Squin. — Estremità mandibolare con 4 incisivi, frammenti del canino sinistro e alveolo del destro. !» 4, 5. Anthracotherium minus? Cuv. — Fig. 4. Frammento di mandibola inferiore sinistra con 1° e 2° molare, sotto il primo; manca l’ultimo trattandosi di dentatura da latte. — Fig. 5. Primo e secondo molari inferiori sinistri. Tav. XIX. i ig. 1. 3. Anthracotherium Zignoi Squin. — Fig. 1. Mandibola infe- riore destra e parte della sinistra. — Fig. 3. Primo premolare destro della stessa. !» 2. Anthracotherium magnum Cuv. — Secondo incisivo inferiore destro. 571 Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadihona :Fig. 4. Anthracotherium maximum Gasi - Terzo incisivo inferiore destro. » 5. Anthracotherium Gastaldii Squin. - Terzo incisivo superiore sinistro. Tav. XX. Ihg. 1, 2. Anthracotherium Gastaldii Squin. — (J grandezza nat.). f ig. 1. Cranio e mascellare superiore. — Fig. 2. Mandibola inferiore. Tav. XXI. Fig. 1, 2. Anthracotherium Gastaldii Squin. — Fig. 1. Quarto pre- molare, 1° e 2° molari superiori sinistri. — Fig. 2. Quarto premolare, e i tre molari superiori sinistri. » 3. Anthracotherium ligusticum Squin. — Ultimo e penultimo molari inferiori sinistri. 4. Anthracotherium Gastaldii Squin. — Ultimo molare inferiore destro. ” 5- A n t ' h . r a c o t h e r i u m Gastaldii Squin. — Terzo e quarto premo- lari inferiori sinistri. ” Anthracotherium Gastaldii Squin. - Canino inferiore destro. ” ” ” — Secondo incisivo supe- riore destro. » 8. A n t h r a c o th e r iu m Gas tal d i i Squin. - Fig. 8. Canino inferiore destro. Fig. 5. Canino superiore destro. $<]iiinabol-Jiii> (I Aulrnrolcrii ecr. Tati. / 4-. Boll. d. Soc. Geol.Hcd.-Vol. IX IMO Tav. XVI SSqnùutboì-Kiv d. Animalieri t ree. Ter [[ Urli. ri. Sor Geol Jlal.-Vol. IX IMO Tan XYH - jfr'r-jfly. «K .V .• . J* »É«iSÉ Boll ri Sor (tool Ital-Vol./X IMO Tav. XVlll Squinabol-Riv d. Antracoterii ccr. Tav III 4 1 in indbol-Rw d. Antracoterìi ccc Tav IV Boll. d. Soc. Guai Hai.- Voi. IX 1890 Tav XIX boi -Riv. d. Antracotcrii tee. Tav. V bol-Ri». A. Antracolerii ecc. Tav. VI Boll, d . Soc. Geol.naL-Vol. IX 1890 Tav XXI •v\ ' . L’ISOLA DI LAMPEDUSA STUDIO GEO-PALEONTOLOGICO Con 3 tavole. BIBLIOGRAFIA 1798. M. Scasso-Borello, Descrizione dell'isola di Sicilia e delle altre sue adiacenti. Palermo. 1824. W. H. Smith, The Hydrograpy of Sicily, with antiquariam and other notices. London. 1828. S. Colucci, Delle isole Pelagie. Memoria manoscritta. » Gussone, Sinopsis Florae Siculae. 1832. F. Mina Palumbo, Giornale VEmpedocle, T. I, fase YTI. ” ” Atti della r. Società Borbonica. Yol. IY, pag 73 Napoli. 1846. P. 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Due anni or sono mi trovavo a Girgenti, dove, per completare la collezione delle rocce della provincia, mi convenne visitare le isole di Linosa e Lampedusa, di cui ebbi agio di studiare la costi- tuzione geologica, raccogliere rocce e fossili. In altra mia Nota (') presentai le prime conclusioni geolo- giche intorno a quelle isole, riserbandomi di riassumere in altra Memoria uno studio completo geo-paleontologico sopra Lampedusa. Intanto, mentre il lavoro progrediva, mi andavo accorgendo che esso assumeva una speciale importanza, sia perchè giungevo a conclusioni opposte a quelle degli studiosi che mi precedettero, sia ancora per le deduzioni geologiche e geografiche. Quindi il dovere di fare tutto il possibile perchè la questione fosse definitivamente risolta. Ora finalmente mi è dato di presentare agli studiosi il risul- tato definitivo dei miei studi e di portare, modesto pioniere, un piccolo contributo alle scienze predilette a cui dedicai tutte le mie forze (2). Cenni storici. — Le isole Pelagie (Lampedusa, Linosa e Lampione) emergono nel Mediterraneo tra la costa meridionale della C) G. Trabucco, Quadro dei terreni ed elenco delle rocce della pro- vincia di Girgenti ccc. Como, 1889. (2) Presento i più sentiti ringraziamenti ai chiarissimi professori Stop- pani, Capellini, Taramelli, De-Stefani e Paro n a clic posero gentilmente a mia disposizione libri e materiali di confronto. L ìsola di Lampedusa. Studio gco-paleontologico 575 Sicilia e la settentrionale dell’Africa. Lampedusa , la maggiore del gruppo, ebbe vari nomi ('): IÀpadusa , Limpadusa , Lampadusa , I.epadusa J Lampidusa da Plinio, Strabone, Tolomeo, Ateneo, Mer- catore e dall Ariosto; Cliverio la reputò Africana J ma più tardi fu annoverata nelle terre adiacenti alla Sicilia da Leanti, Amico. Bourigny, Calcara, ecc. Pretendono alcuni che florida sia stata un tempo la popola- zione dell isola ; anzi Golgio e Torremuzza asseriscono che le arti e le scienze vi abbiano un tempo fiorito — ma tutto ciò è dubbio assai. fi bensì vero che nell’isola si scopersero sepolcreti, anfore, lucerne, sottocoppe di rame, monete siracusane, agrigentine, romane, aiabe, turche, veneziane, maltesi e francesi — ma ciò non basta a far ritenere che l’isola vivesse un tempo di vita propria e florida. Sanvinsente, che col suo entusiasmo descrive l’isola come un eden, ingigantisce la sua storia quando racconta che al suo arrivo in Lampedusa scoperse una quantità di monumenti antichi, fer- riere, fabbriche, bagni, monete ecc. Infatti, come mai egli, che non dimentica di ricordare una misera lapiduccia incastonata in una grotta vicino al porto, non consacra poi una parola per darci qualche notizia dei monumenti antichi, ferriere ecc. ? E si che la descri- zione di questi preziosi avanzi dell’antica civiltà avrebbe pur ser- vito a meraviglia a chiarire la storia dell’isola ! Quanto alle monete, la loro stessa varietà dinota che l’isola fu un tempo luogo di approdo e punto di appoggio delle flotte romane contro Cartagine e che ebbe piuttosto abitanti eventuali che una popolazione propria. L’Ariosto finge che in Lampedusa ricoverasse Agramante dopo 1 incendio e la disfatta di Biserta e che quivi avesse luogo la famosa tenzone di tre Saraceni con altrettanti Cristiani (2). Quello che sembra oramai accertato è che l’isola rimanesse lungo tempo deserta a causa delle invasioni barbaresche o forse (’) Lampedusa ed il vicino scoglio di Lampione dovrebbero il loro nome, • secondo una leggenda del medio evo, ai fuochi che nella notte si accendevano dagli eremiti per guidare i naviganti. Ora la lampada leggendaria è sostituita dai fari del Porto e di C. Grecale e gli eremiti hanno ceduto il posto ai condannati al domicilio coatto. (*) Orlando Furioso, c. XXIX, 44, 45, 55; c. XLI, 20, 21. 576 G. Trabucco della sterilità del suolo; infatti è punto o poco menzionata nella storia. Nel 1436 Alfonso d’Àragona concede l'isola con tutti i poteri baronali a D. Giovanni De-Caro dei baroni di Montechiaro, e dopo due secoli diventa, col titolo di principato, feudo della famiglia Tommasi dei duchi di Palma. Nel 1551 l’ammiraglio Doria (al servizio di Carlo V) parti- tosi da Messina con 15 galere per trasportare vettovaglie al pre- sidio di Mebedia, colto da fiera tempesta, naufragò miseramente avanti all’isola, perdendo mille uomini e molte navi (’)• Ferdinando IV tenta nel 1776 la colonizzazione dell’ isola dopo i felici risultati di Ustica e Ventottene; ma il progetto andò a vuoto sia per la deficienza del personale male scelto e peggio costituito, sia ancora perchè in quel giro di tempo la peste, impor- tata dalla vicina Libia, fece strage nell’isola. Nel 1800 Salvatore Gatt riceve l’isola in enfiteusi e poco ap- presso ne concede una parte all’inglese Alessandro Fernandez, che vi fonda una colonia di 300 persone e vi si installa da padrone. Rimonta forse a quest’epoca la fabbricazione del Castello (oggi abi- tazione di poveri pescatori), che altri invece vuole fondato da Bar- tolomeo Massa. Nel 1813 Fernandez abbandona l’isola c si ritira a Gibilterra, mentre gli eredi di Gatt e Fortunato Frendo rimangono a Lam- pedusa fino al 1843. In quest’anno Ferdinando li la compera (2) dagli eredi dei principi Tommasi e nel settembre due piroscafi, la la Rondine e Y Antilope, vi sbarcano il personale della nuova co- lonia e come governatore generale Bernardo Sanvinsente tenente di vascello. La spedizione approda all'isola il 22 settembre 1843 e vi trova 24 maltesi, alla testa dei quali stava Fortunato Frendo congiunto in matrimonio con una Gatt. Dei maltesi, alcuni partono dopo pochi giorni — mentre Frendo colla famiglia abbandona l'isola solo il 6 marzo 1844 dirigendosi alla vicina costa africana. Il nuovo governatore, appena preso possesso dell'isola, fab- brica nuove case, dissoda e ripartisce le terre ai coloni che erano (B Nel 1852 furono estratti dal mare un cannoncino e parecchie colu- brine che trovansi attualmente nel Museo di Napoli. (2) Per lire 110500. L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 577 accorsi da Ustica, Pantelleria e Girgenti attirati dal proclama reale annunziante : « che lutti coloro i quali si fossero recati a Lam- pedusa avrebbero ricevuto 4 tari al giorno J 3 salme di terra e la casa ». Correvano intanto gli anni, la popolazione dell'isola andava di mano in mano crescendo e si perveniva al memorabile 1848, in cui Sanvinsente si ritirava col presidio a Palermo, lasciando nell isola un governo provvisorio composto di un capitano coman- dante e di una rappresentanza municipale. Durante la rivoluzione i progressi della colonia si arrestano e le cose procedono maluccio; l’isola si sostiene alla meglio sus- sidiata dal Governo, il quale ogni tanto le fa spedizioni di viveri — cercando così di calmare la popolazione che, riavutasi dai sogni dorati dei primi giorni, comincia ad accorgersi quanto sia ingrato il suolo dell’isola. Intanto si arriva al 1851 e Sanvinsente ritorna a Lampedusa, riprende le opere sospese, adoperandosi a tutt’uomo pel bene del- 1 isola finché lotto gennaio 1854 l’abbandona per sempre ed a Lampedusa si istituisce una Commissione governativa ammini- stiati ice, composta di quattro membri e di un presidente. Giunge così il 1860 e quando già Garibaldi è sbarcato a Marsala, aniva all isola la fregata Carlo IH che imbarca e trasporta a Palermo il presidio. L’isola intanto si regge da sè, si istituisce la Guardia nazionale e poco dopo il Governo di Girgenti nomina un delegato straordi- nario ed una Commissione speciale amministrativa. Nel 1861 la delegazione viene soppressa e ripristinata la Commissione governativa; e con tale ordinamento si arriva al 1872, nel qual anno viene inviato nell’isola un regio Commissario, il cav. Maccaferri, con incarico di studiarla e prepararne l’ordina- mento politico-amministrativo. Nel 1875 vengono soppressi gli stipendi agli impiegati, ossia a tutti coloro che vennero nell’isola al principio della coloniz- zazione, finalmente nel 1878 è innalzata a comune del manda- mento di Licata, annettendovi la limitrofa isoletta di Linosa. Descrizione fisica. • Lampedusa si eleva nel Mediterraneo a 120 miglia dalla costa australe della Sicilia fra 35* , 29' , 36" di latitudine N, e 0° , 08' , 58" di long. E da Roma; dista 8 miglia 578 G. Trabucco da Lampione, 18 da Linosa, 76 da Pantelleria, 90 da Malta, 110 dal C. Licata, 68 dalla costa africana e precisamente da Mehedia. Consiste in un altipiano lungo e scosceso che, in forma di lingua, si dirige da levante a ponente, con un perimetro di circa 30 kilom. ed un’ area di 32 km. q. ; da N a S la massima larghezza è di m. 3500, la minima di m. 1200, la lunghezza da E ad 0 11 km. Dal punto più elevato dell’isola (in. 133 a ponente dell’Al- bero del sole) si scende gradatamente ad una spiaggia assai buona, frastagliata da una moltitudine di seni a mezzogiorno ed in quasi tutta la costa di levante per l’azione erodente delle onde, mentre in taluni punti di questa ed al nord è tagliata a picco ed inac- cessibile. Costituita da una serie di pianure che s’allungano a foggia di bacini poco profondi (la maggiore delle quali, la piana di Campo Grecale, va gradatamente a finire al mare) presenta l’aspetto di un piano non interrotto, non vedendovisi nè montagne, nè col- line — ma solo ineguaglianze e burroni più o meno profondi, come quelli deH’Imbricola, della Madonna, dello Scoglio, di Ponente ecc. E poiché lo studio fisico più interessante è senza dubbio quello del litorale, descriviamolo brevemente. Incominciamo dal maggiore dei seni (Cala Grande), che forma il porto con un’apertura di 270 m. ed una lunghezza di 500, di forma irregolare e sinuosa, una spiaggia ora bassa, ora dolcemente elevata verso il Castello (19 m.). La punta di Cavallo Bianco pre- senta varie grotte, delle quali la più ampia è quella della Regina — abitata forse in tempi antichi ed ora ridotta a magazzeno. In se- guito il litorale si allunga, inclinandosi dolcemente e forma una lunga prominenza nel mare, seguita dalla punta Maluk ; poscia continua in linea sinuosa e bassa, formando le Grotte dei bovi ma- rini e d’ Uccello, le Cale Francese e Pisana, ottima per l’ancoraggio di piccole navi. Da questa a C. Grecale (49 m.), la spiaggia si innalza e riesce inaccessibile, formando varie grotte ornate di concrezioni stalat- titiche. Segue un tratto di costa dritta e regolare fino a C. Ru- pestre (76 m.), Guardia dei Corsari (90 m.); indi si abbassa, per rialzarsi nuovamente, raggiungendo all’Albero del Sole, il punto più alto dell’isola, 133 m. Dopo il litorale ridiscende ed a Capo Ponente non ha più che un’altezza di 105 m. 579 L' isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico In tutto questo tratto, specialmente verso C. Rupestre e di onente, alcuni scogli rendono la navigazione difficile e pericolosa ed hanno la loro foce i Burroni di Ponente, Profondo e dello Scoglio, di fronte al quale, a pochi metri, si innalza lo scoglio dei Conigli. OI la spiaggia va gradatamente abbassandosi, frastagliandosi di mio™ in seni che formano le Cale Galera, Greca, della Madonna e della Croce. Gli scogli della spiaggia di E e S per un tratto si sommer- gono sotto 1 flutti e specialmente in questa l’acqua si insinua nelle lupi formando cale e grotte. Ma è sulla costa alta, inaccessibile e talora a strapiombo di N-0., che si fa maggiormente sentire 1 azione erodente delle acque. _ _ 11 la70r0 delle onde, rinforzate dai venti, scava grotte, linoni, produce frane, che vanno continuamente restringendo la periferia dell isola. Burroni e grotte ornate di stalattiti, di belle vegetazioni intrecciate di PicrisJ Soncris e Seriola (che si vedono puie a glandi altezze, 130 m., dove la marea non sale mai) danno a e rupi, cosparse delle stesse vegetazioni e di zolle di Anthenis un aspetto fantastico. Clima. Attesa la posizione astronomica l’isola dovrebbe avere un clima tropicale-oceauico ; ma i venti, la poca elevazione dal mare, il colore bianco del suolo ecc. fanno si che raramente la temperatura oltrepassa un massimo di 25°. I venti, che soffiano impetuosissimi in ogni direzione, special- mente d inverno, spazzano i detriti della roccia, impediscono la foimazione dell humus e lo sviluppo della vegetazione, segnata- mente degli alberi di alto fusto che vi mancano quasi assoluta- mente. Rarissime le precipitazioni in tutto l’anno, fuorché in qualche mese d'inverno ; rare in autunno, più rare in primavera, rarissime nella stagione estiva, appena cadute abbandonano precipitosamente il suolo o scaricandosi in mare in torrentelli di breve durata o ben presto evaporandosi. Quasi scarso compenso, cade spesso la rugiada in tutte le stagioni dell anno per sostenere in qualche modo la vegetazione ed il cielo è spesso nebbioso, massime in primavera. Mancano quindi le sorgenti e l’isola sarebbe inabitabile se la natura del suolo calcareo non favorisse le infiltrazioni delle acque marine che provvedono l’acqua ai pozzi. E che l’acqua pota- 580 G. Trabucco bile dei pozzi sia fornita per la massima parte dalle acque del mare che si internano negli strati marnoso-calcarei, spogliandosi dei principi salini, è reso manifesto dal fatto che le acque innal- zano od abbassano il loro livello a seconda della marea e sono tanto più dolci quanto più distano dal lido. Numerose cisterne suppliscono pure al difetto di acqua di buona qualità. Il mare, profondissimo dalla parte della Sicilia, si eleva verso l'Africa; l’acqua, carica di cloruro e solfato sodico, bromuri e ioduri in piccola dose, è quasi sempre agitata dai venti e dalle periodiche correnti che giungono dal canale di Malta e dalla vicina costa africana. Flora. — L’aspetto della vegetazione ricorda quello della costa occidentale della Sicilia; ma, in mezzo alle piante caratte- ristiche della zona mediterranea, spuntano fuori i rappresentanti di regione più calda, quali: Periploca angusti folla, Crucianella rupestris , Cistus complicatasi Hipericum ciegyptiacum , Diplotaxis scaposa_, Echinops sphaerocephalus , Janiperus phoenicea ecc. L’isola è coperta nella costa N di cespugli che si estendono dal M. Imbricola, nella direzione di E-O, tino al C. Ponente, mentre sulla costa meridionale la vegetazione si fa sempre più scarsa, solo accompagnata qua e là da cespugli. Vi prospera X Opuntia ficus-indica e vi abbondavano pure un tempo X Olea olcaster , la Ceraionia siliqua , il Pistacia len- tiscus , il Citrus limonimi , la Periploca angusti [olia, il Ficus carica , il Pinus pinaster ecc. ; ma la scure devastatrice e l’insi- pienza degli abitanti fece sì che la maggior parte di essi mise- ramente scomparissero, con quanto danno dell’isola ognuno può immaginare. Così del Pino selvaggio oggidì solo qualche esemplare s’in- contra qua e là e del Corbezzolo ( mbricola ) non si ha più che il nome, rimasto alla contrada nella quale maggiormente pro- sperava. Nel mare adiacente abbondano i Pleonosporium Borreri, Spyridia filamentosa , ITypnaea musei formis, Gelidium crinale , Laurencia o blusa. Corallina o/ficinalis , Sargassum linifolium , Padina paro ni a. Ulva lactuca , Bryopsis disti dia, Ilalimcda Tana, Lyngbya majuscula ecc. Fauna. — L’isola era un tempo abitata da grande e sva- L'isola di Lampadina. Studio geo-paleontologico 581 nata quantità di animali utili, quali: cervi ('), conigli, tortore, co- om e , ma la caccia li ha fatti totalmente scomparire ad eccezione di qua c e comg io. Abbondano tra gli insetti : Calosoma indagator, Anstus opaci». Julodis onopordi , Sitones lineano, Parmensi pube- scens var. algerina, Pieris daplidiee. Mutala arenaria, Macrovlax lasciata, etc. Tra i rettili : Platydactylus maurilams, Gongylvs ocellati », Coelopeltis laceriina, Tesludo graeca (2); tra gli anfibi: Bufo variabile; tra i mammiferi: Mas rattrn, M. museulus. a maggior parte degli uccelli che trovansi in Lampedusa e di passo, come : G-rus cinerea , Colimi, a palurnbus, Lanius ru- fUS' iruncl° rustica, Sylvia rufa, Sturnus vulgaris ecc. ; vi sono sedentari!: Phalacrocora gracidus, Puffinus anglorum, P. Kuhii Falco Meonorae. n mare abbondano la : Comanda mediterranea, Ecliinus esculentus, Solecurtus strigilalus, Cardimi luberculatum , Arca Noae Pecten pusio, Ostrea lamellosa, Anomia cphippium , Pa- e la ferruginea, Natica olla, Cerithium vulgatum, Murex bran- c aris, Conus mechterraneus, Dentalium denlalis, Vermetus semi- surreclus, Alpheus elegans, Fleci nucleus, Ligia italica, Scyllarus arctus, Serranus gigas, Mullus barbatus, Sargus vulgaris , Chry- sophrys aurata, Dentex vulgaris, Pelamys sarda. Triglia corvus, ilugil cephalus, Lophius piscatoria. Belone acus , Squalus glaii- cus, Thalassochelis corticata, Pelagius monachus. ' Popolazione. La popolazione del comune di Lampedusa e Linosa ascende (secondo il censimento del 1881) a 1180 abitanti così distinti: Popolazione Lampedusa ” Linosa 998 182 1180. Gì abitanti dell isola, all’infuori di jtoche persone di ceto civile, si distinguono in due categorie: pescatori ed agricoltori — quando non sia più esatto dire che siano l’uno e l’altro ad un 0) Il Museo Zoologico dell’ Istituto superiore di Firenze possiede un bel cranio completo (meno la mandibola) di Cervus Corsicanus, raccolto a Lampedusa dal chiarissimo prof. Giglioli fin dal 1882. Il C. Corsicanus, clic vive ancora allo stato selvaggio nella Corsica, Sardegna e Nord-Africa, esisteva molto probabilmente nell’isola all’epoca della spedizione Sanvinsente (1843). (2) 11 prof. Giglioli poi mi assicura mancare assolutamente a Lampedusa la Lacerta muralis, comune a Linosa e Lanpiione- 582 G. Trabucco tempo, dacché nessuno è esclusivamente pescatore od agricoltore. Ciò proviene dal fatto che i prodotti della sola terra o della sola pesca non darebbero tanto da poter vivere. Le abitazioni, ad eccezione di sette palazzi, la cui costruzione rimonta all’epoca dell’impianto della colonia, sono povere casuccie di un sol piano. Il comune non vive di vita propria, poiché la sua rendita non supera lire 5000, ma è sovvenzionato dal Governo coll’ annua somma di lire 7500. L’istruzione è impartita in due scuole elementari : maschile e femminile ; esiste pure una biblioteca circolante di circa 300 vo- lumi nel casino della Società operaia, istituita nel 1877. Agricoltura. — Misera è l’industria agricola dell’isola. Cause naturali precipue: la natura della roccia, la scarsità di pioggie, la mancanza di sorgenti, la quasi mancanza di terriccio, traspor- tato dalle continue correnti aeree, che pure impediscono l’elevarsi degli alberi — a cui si devono aggiungere : mancanza di capitali, di braccia e di cognizioni agrarie. Le notizie storiche, gli avanzi delle mura a secco che cir- coscrivono le antiche terre coltivate, le grotte e le cisterne inducono a credere che l'isola sia stata anche anticamente oggetto di spe- culazioni agrarie, ma pur troppo con risultati negativi. Anche ai tempi di Gatt, Fernandez e Frendo, che pure dimo- rarono parecchio tempo nell’isola tentandone l’agricoltura, non esi- stevano che oleastri. Non una vite, non un albero da frutto, ad eccezione di 5 piante di fico ed una d’arancio esistenti nel vallone della Madonna. Il resto dell’isola non presentava che alberi silvani, che appena osavano sollevare il debole fusto al di là di un metro dal suolo per rinfuriare dei venti. Colonizzata l’isola da Ferdinando IT, cominciò il diboscamento ed il dissodamento. I terreni furono fertilissimi per alcuni anni e poscia la mancanza di terriccio (non più trattenuto e difeso dagli alberi) e di ogni razionale principio di agricoltura la ridussero in breve sterilissima. Dei 2056 ettari costituenti la superficie dell'isola, 593 sono a coltura, 787 boschivi ed i rimanenti nuda roccia; aggiungendo che del terreno a coltura 280 ettari hanno profondità convenienti (difesi da muri a secco dall’infuriare dei venti) e 311 sono colti- vati in condizioni improprie. L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 583 Le terre Plù èrtili dell’isola sono quelle di Cala Pisana, del vallone dell Imbncola e della Madonna. Attualmente la coltivazione consiste in poche e limitate zone a grano e viti in pochi e microscopici giardini; prosperano sola- mente i fichi d India che formano in parte dell’anno il principale nutrimento delle famiglie povere. In qualche punto dell’isola si col- tiva pure la soda cristallina, sebbene in proporzioni assai limitate (D. Ne e a cedersi che l’industria agricola possa migliorare gran latto, attese le condizioni telluriche ed atmosferiche. L’unica spe- ranza dell'isolano è riposta nella pioggia, che, quando raramente non e scarsa, fa crescere il raccolto. Pei altro la coltivazione arborea deve ritenersi impossibile: inutile il tempo e qualunque spesa che potesse alimentare false speianze, perocché il continuo imperversare dei venti è ostacolo potentissimo allo sviluppo degli alberi. Le fatiche e le cure di pochi diligenti agricoltori non danno che scarsi risultati, essendosi costan- temente verificato che le cime degli alberi da frutto, che osano supe- rare il livello dei ripari, essicano per la malefica azione dei venti. Molto migliori sarebbero le condizioni agricole di Linosa, che ha abbondanti in parecchie stagioni dell’anno e terreno’ fer- tilissimo. Ma il deplorevole abbandono in cui è lasciata questa bella isoletta, la cui popolazione fino a 12 anni addietro abitava in grotte scavate nella lava, paralizza i benefici effetti della sua posizione. Industria e Commercio. — Nessuna industria ha l’isola, al- 1 infuoii della pesca, limitata però con vantaggio ad una sola parte dell’anno. Si può dire che questa sia l’unica risorsa sulla quale fanno assegnamento gli isolani. Il pesce che si raccoglie in maggior quantità è la sarda e lo sgombio. Di questo gli isolani fanno il loro maggiore introito, giacché, quando corre propizia 1 annata, si vendono più migliaia di barili di pesce salato (2). C) Il numero delle viti ascendeva nel 31 dicembre 1887 a 195619. (2) In generale quando le piogge sono scarsissime (come nell’anno in cui visitai 1 isola), anche la pesca è meno abbondante. Allora è giuocoforza spingersi a pescare fin sulle coste africane, seguiti dai fedeli dalmati che già fecero anticipazioni sul prodotto. Molto verosimilmente la diserzione dei pesci negli anni di piogge scarsissime è dovuta al mancato trasporto di ma- terie organiche nel mare ed alle emigrazioni. 38 58 1 G. Trabucco Questa pesca comincia alla fine di marzo e termina alla metà di giugno. Il pesce raccolto e salato in barili viene, nella massima parte, venduto a due negozianti dalmati, che approdano ogni anno coi loro legni all’isola facendo anticipazioni sulla pesca dell'anno successivo. Il commercio è nullo e si riduce all’importazione dei generi di consumo e delle cose più necessarie alla vita ed all' esporta- zione dei prodotti della pesca ('). Importanza politica e militare dell’isola. — Se Lam- pedusa non potrà mai, per le sue naturali condizioni, avere fiorente agricoltura ed il metodo di colonizzazione (contrario ad ogni prin- cipio economico) ha fatto sì che la popolazione è rimasta in quasi •IO anni stazionaria, senza che nessuna industria abbia potuto util- mente esplicar visi, l'isola a mio avviso (specialmente nelle presenti contingenze) non cessa di presentare una reale importanza politica e militare attesa la sua posizione geografica. A quasi mezzo cammino tra l’Italia e l’Africa, tra Gibilterra ed Alessandria, a distanza uguale (circa 1110 km.) da Tolone, Algeri e dall’entrata nell’arcipelago greco, la sua posizione è una delle migliori che possa offrire il Mediterraneo, vincendola su Malta come stazione di fiotta. Ha ottime cale, un buon porto che con poca spesa può ren- dersi accessibile ai più grandi legni, e facilmente difendibile. Può rendersi insomma un’ottima stazione di flotta ed un punto d’ap- poggio importante tra l’Italia e l’Africa. Aggiungasi che potrebbe anche riacquistare l’ importanza com- merciale che ebbe nei tempi antichi, quando i fiorenti reami della costa Africana tenevano vive relazioni di traffico e commercio colla Sicilia e col continente italiano. Infatti la sua importanza politica e militare richiamò già l’attenzione di parecchi governi europei. Dalle carte del principe Potekin, primo ministro di Caterina II (■) Recentemente sono stati scoperti dal chiarissimo prof. Giglioli im- portanti banchi di spugne ( Spongia officinaìis), che sono una continuazione di quelli che circondano e si attaccano all’isola. Tra l’aprile e l’agosto del- l’anno corrente venne esportato dalla sola Lampedusa per un milione e mezzo di spugne. Disgraziatamente, al solito, l’importante industria estrattiva è finora nelle mani dei Greci. L'isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 585 B"fa’ 1 s* r‘le7I6rrche la Corte di Pietroburgo aveva intenzione, . , *'? del X' 1 11 secoIo> ), trattando della geologia della piccola Sirte e della regione degli Chotts Tunisini, scrive: « Ces carrières sont, à “ Ksour-Sef et près de Mahdia, ouvertes dans une puissante succession « d assises d’un calcaire composé en presque totalité de fragni e nts « de coqmlles avec quelques graines de sable; c’est en quelque “ sorte un lalun solide, dans lequel l’espèce la plus commune et la “ mieus conservée est le Pectunculus violaceus. Les assises plon- - gent vers le sud-ouest; elles supportent au sommet un lit d’ar- “ Sjle avec grosses huìtres, et disparaissent sons l'atterrissement “ huaternaire ancien, parfciculièremeut concrétionné en ce point et allant lui-meme passer sous les dépóts de lagune de Selecta, ” signalés plus haut. Ce falun se développe dans le grand triangle - compris entre Selecta, le Cap Dimas et Monastir. u ^ Bembla, au sud de cette dernière ville, il v a également « au sommet un lit d’argile avec grosses huìtres; en ce point la - puissance totale doit avoisiner 100 mètres. - Ce terrain me parait ótre pliocène de l’horizon de l’Astien; “ en il repose sur une autre formation, qui constitue le “ ^aP de Monastir, comprenant des grès argilleux, de petits con- « glomerats en bancs alternant de 2 à 3 mètres d épaisseur, plon- “ geant vers le sud-est et contenant divers fossiles, panni lesquels “ lme térébratule et une rhy nello nelle, sont identiques avec des fos- “ siles frequenta dans le terrain sahélien d’Oran, lequel doit cor- « répondre aux marnes subapennines. « Au nord de Souse, les collines de Courda montrent des grès - grossier peu cohérents, reposant sur des argiles ou sur des marnes « à empreintes de coquilles marines; une formation semblable re- “ parait près de Bir-Loubeita et m’a fourni quelques coquilles d’huì- “ lres ( fi- foliosa). Là, elle torme tout le sol de la Hanga, dans « le col qui fait communiquer le plateau de Goroumbalia avec le « golfe d’Hammamet entre deux massifs néocomiens. Il ne serait “ Pas impossible que ce terrain se prolongeàt sous Tatterrissement “ de cette piaine jusqu’au golfe de Tunis, et près de cette ville, je “ crois le reconnaìtre dans les dépóts qui entourent le massif néo- “ comien du Djebel-Hamra et qui paraissent se prolonger dans les 0) M. Pomel, Geologie de la petite Syrte et de la région des chotts tunisiens. Bull. Soc. géol. de France, 3° sér., 1878, p. 217. 594 G. Trabucco - gisements à huìtres du Cap Karaart au nord-ouest de Carthage. « Dans ce cas le massif néocomien aurait constitué ime ile distincte « a l’époque pliocène». Il Rolland(1), che studiò la geologia della regione del lago Kelbia e del littorale della Tunisia centrale, osserva: «A l’est de « la chaìne miocène des Souatir et de la chaìne nummulitique du « Djebel-Baten-el-Guern, les terrains d’atterrissement règnent avec « uniformité et ce n’est qu’auprès de la mer qu’on voit apparaìtre « d’autres formations marines, l’une pliocène, l’autre quaternaire. “ Le pliocène marin est représenté«par un système de couches - de grès tendres et de sables quartzeux, purs ou argileux, généra- « lement jaune clair, avec intercalations d’argiles sableuses de - couleur rougéatre ou autre; l’épaisseur visible de cet ensemble « peut atteindre 50 à 60 mètres. La surface supérieure est en- « eroutée et présente une carapace de calcarne concrétionné ou tufacé, - semblable à celle qui recouvre les atterrissements anciens. « Cotte formation pliocène constitué la colline, sur le versant n de laquelle est bàtie la ville de Sousa et le sub-stratum du pla- - teau qui s'étend vers le sud-ouest, où elle est plus ou moins dé- - nudée et bientOt recouverte pas les atterrissements anciens et - quaternaires. « Le pliocène marin n’apparaìt plus ensuite à la surface du « littoral du golfe d'Hammamet pendant un intervalle de plus de « 50 kilomètres vers le nord et on ne le retrouve dans cotte direction - qu’au lieu dit Bir-Loubite près Hammamet. « Cette formation so montre dès lors très-développée le long « de la route de Tunis Le pliocène marin occupe ainsi « une large dépression qui s’étend sur 40 kilomètres de longueur - du golfe de Hammamet au golfe de Tunis; cette dépression, dont « l’altitude maxima reste sensiblement iuférieure à 100 mètres, sé- - pare au nord-est les massifs miocènes et nummulitiques de la - presqu’ìle du Cap Bon et au sud-ouest le groupe des montagnes - nummulitiques et crétacées qui vont du Djebel Bon Kourniue à * la piaine de Zaghouan. « C’est ce que M. Pomel appelle avec raison le détroit plio- (') M. G. Rollami, Geologie de la région du la e Kelbia et du littoral de la Tunisie centrale. Bull. Soc. gool. do Franco, 1888, p. 187. L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 595 * cène de Goroumbalia ; car, à 1 epoque pliocène, la région consi- « deree etait évidemment occupée par un bras de mer isolant dii « reste de la Tunisie le massif montagneux de la presqu’ìle actuelle “ du Gap Bon et faisant du Dakala une ile distincte. « Ajoutons que la mérne formation se poursuit au nord de Tunis “ le lo(n» du littoral 5 c’est elle qui constitue le Cap Kamart près “ de Carthage et on la retrouye jusqu’à la région de Biserte. “ Peuiel a décrit cet étage dans son ouvrage sur la còte « orientale de Tunisie sous le nom d'argiles et sables à ostracées « ( 0 . lamellosa) (*). u ^°ui ma part j ai étudié cette formation dans la région de Kouida et d Hammam Sousa, et j’y ai trouvé beaucoup de Pecten “ d’ex celiente conservata que M. Dauville a étudié avec soin et « qui se rapportent au P. polymorphus Broun, de l’ Astesan et à “ des variétés de cette espèce “ Notons enfin, immédiatement au-dessous de cet étage, à la « base mème de la colline d’Hamman Sousa, une couche intéres- - sante signalée par M, Pomel et formée par un calcaire très-tendre “ renfermant de nombreux moules de coquilles marines des genres “ V&ftus, Cavdium , Tellina etc., peu déterminables spécifiquement. “ PoJuel ne doute pas que ce dernier niveau ne corres- “ P°ude aux calcaires coquilliers à • pectuncules , que l’on remarque, “ non loin de là, au sud-ouest, à Bembla, près de Monastir, et au de “ là au Cap Dimas etc. « C’est d’après ces considérations stratigraphiques, ainsi que « par la comparaison avec le massif pliocène d’Alger, que M. Pomel “ a été amené à regarder comme pliocène tout cet ensemble de “ couches du littoral tunisien, et à j distinguer trois étages bien “ distincts, 1 étage supérieur étant formé par des argiles et des sables « à Ostracées de Bembla, de Kouda, de la HaDga, de Kamart, de « Biserte. “ Les terrains qui ont été traversés par le sondage exécuté près “ de Dar-el-Bev de 1 Enfìda par la maison Lippmann, doivent ap- “ partenir également aux terrains pliocènes, régnant en profondeur “ le long du littoral de Sousa à la Hanga, mais recouvert ici pal- li les atterrissements. (*) Appele'e 0. striata et 0. coarctata par Brocchi (. Plaisantin ). 596 G. Trabucco <- Un échantillon de sable argileux, provenant d’ime profon- di deur de 74 mètres a 81 mètres, présentait ime faunule abondante, t raalheureusement en manvais état de conservation ; M. Fontannes à d. pu y reconnaìtre un Natica, Corbula rjibba, C. revoluta , » Solen, Cardium c. f. Raffellense Font., Barbatia lactea etc.; faunule « rappelant celles des dépots saumàtres ou d’emboucbure. Eufin, la dernière formation marine de quelque importance t que l’on remarque sur la cote orientale de Tunisie, comprend - une sèrie de dépots littoraux d'àge quaternaire ancien, confinés « au bord méme de la mer. Ce sont des grès coquilliers, grès « jaunàtres, à très gros grains de quartz, grossièrement stratifiés; « ils représentent u’anciennes plages sonlevées, émergées de dix à dd vingt mètres, liabituellement au-dessus du niveau actuel de la « mer, par suite d’un mouvement generai d’exbaussemeut de dd la cote. « Ces grès sont remplis de coquilles marines de caractère litto- “ ral; les plus abondantes sont le Pectunculus violacescens Lam. et dd le Cardium edule; on v trouve ensuite Cerithium vulgatum , « Arca Noae , Donax trunculus etc. Il Welsch ('), .parlando dei differenti piani pliocenici dei din- torni di Algeri, conchiude: *d Nei dintorni immediati di Algeri lungo il mare esiste una dd serie di colline alte 250 in., che si estendono da E1 Biar fino alla dd Maison Carrée, seguendo una direzione di est-sud-est, costituite “ da diversi strati pliocenici. <4 Alla loro base vi ha un piccolo piano di Mustapha infer. dd e del Y damma che le separa dal mare, costituito da un grès gros- - solano, rappresentante la spiaggia quaternaria sollevata. « Lo studio della costituzione geologica delle colline, reso fa- - càie grazie ai numerosi lavori delle strade intraprese in questi id ultimi anni sui fianchi delle colline, ha stabilito che sono costi- dd tuite di due piani pliocenici. « I. Pliocene infer. (Piacentino), che comprende due serie dd di sedimenti, talora intercalantisi al contatto, e cioè: (*) (*) M. Welsch, Sur les différents étages pliocènes des cnvirons d'Alger. Bull. Soc. gdol. de Trance. oa sér., XVII, 1888-89, ]>. 125. L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 597 a) Alla base, marne bleu e grigie, analoghe a quelle del Piacen- tino, a: Mettila milrae f orrais Brocc. Turritetta subangulata Brocc. ” aspera Sism. Natica millepunctata Lamk. Dentalium elephantinum Lamk. * sexangulare Lin. Ostrea cochlear Lin. Pecten opercularis Lin. » pasto Lin. » varius Lin. ” cristatus Broun. Anomia ephippium Linn. Arca dilavii Lamk. Nucula piacentina Lamk. Cytherea multilamella Lamk. Corànici gibba 01 iv. Tellina compressa Brocc. Ditrupa subulala Desh. Stephanophy Ilici. Balani. Foraminiferi etc. (Poly stornella), b) Calcari e grès calcari gialli, corrispondenti alle sabbie di Asti, a: Scalarla pseudoscalaris Br. » commutata Br. Natica (modelli) Gasteropodi (modelli) Anomia ephippium Lin. « squamala Lin. » patelliformis Lin. » striata Br. » costata Br. Ostrea cochlear Poli » eduUs var. larnellosa Br. 598 G. Trabucco Pecten flexuosus Poli » polymorphus Bronn. » scabrellus Lamk. » cristatus Bronn. » opercularis Lin. » maximum Lin. » Jacobaeus Lin. » varius Lin. Polystomella crispa Lamie. Briozoi, Balani etc. « IL Pliocene superiore. — Alle formazioni precedenti ne « sovrasta una terza, costituita da sabbie, arenarie (molasse) e pud- # dinghe, a: Mytilus pictus Bora. Pecten maximus Lin. » Jacobaeus Lin. Ostrea edulis var. lamellosa Brocc. Anomia ephippium Lin., etc. ». Conchiudendo: le assisie calcareo-marnose di cui è costituita Lampedusa si devono ascrivere al pliocene inferiore (piacentino) pei seguenti motivi : a) Le poche, ma pur caratteristiche specie di molluschi, sono comuni ai bacini pliocenici europei, segnatamente ai classici piacentini. b) Buona parte delle specie che contengono sono comuni alle assisie plioceniche del litorale africano. c) Sono litologicamente identiche a quelle delle spiagge set- tentrionali dell’Africa da cui l’isola è separata da bassi fondi; as- sisie colle quali ebbero comunanza d’origine ed ascritte dagli emi- nenti autori citati al piano piacentino. d) I foraminiferi sono tutti viventi e parecchie specie sono caratteristiche o comunissime nei giacimenti pliocenici, quali: la Polystomella crispa > la Truncatulina ungeriana , la Clavulina com- munis ecc. SEZIONE DA C.MEHEDIA A LAMPIONE . LAMPEDUSA. MALTA E C. PASSERO C.ÀfeJi&Iio ('.Passero CARTINA DEL MEDITERRANEO TRA LA TUNISIA E LA SICILIA G. Trabucco dis. ^dc Geolog. Italiana /.Carli ine. Voi. IX (1890) Tav. XXIII e—) p - L' isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 599 2. Il perimetro del continente settentrionale africano fino allo scorcio del miocene era molto più esteso verso la Sicilia di anello che non lo sia attualmente ; molto verosimilmente a1ktn ea bassi fondi, segnata nella cartina (tav. XXII) col n. 200 m • reo, • ' L e“eislone dl Lampione e Lampedusa coincidono col emersione delia vicina costa africana su, «aire del pHocene 4. Molto verosimilmente fu contemporanea a quella di Lan, S:;:—?6 feee eessare ia tenaneo ed il Mai Rosso, ora ristabilita col canale di Suez. atalogo descrittivo dei fossili. — Come necessaria an 4^ 1 v arti\:reio (lese Ittuo dei fossili raccolti, che servirà pure ad avvalorare h conclusione cronologica a cui sono giunto, in frammenti 0(1 a modelli, Pih dirado in d, scroto stato di conservazione, hanno più interesse stratigra- hco che paleontologico. Essi sono: 3 specie di gasteropodi 8 di mellibianchii, 1 di corallarii (gen.), 11 di foraminiferi. Tal nu- ero di specie, per quanto assai ristretto, è il frutto di perieo- ^ ricerche; poiché, se numerosi sono gli avanzi indeterminabili i. ì accolgono in parecchi luoghi, quelli in discreto stato di conservazione provengono quasi tutti dalla scogliera di Cozzo Gre- cale, a circa 10 m. dal livello superiore dell'isola. tiiriJ^n detem™azi°ne delle sPecie mi giovai specialmente della tip ca collezione Brocchi del Museo civico di Milano e della ricca ££ ** * - — - Molluschi. 1. Ficula geometra Bors. r ,.8lU‘ ^CUS L' var’ Brocc- — Pyrula geometra Bors. — P. fini* ' fiC0ldes Grat- (J10n Lamk.) — Ficula geometra Cocc. I TrTUa fe°™etra Bors- Saggi di oriti, d. Piemonte. Mera. dell’Acc ai 1 orino t. XXIX, p. 311. 39 000 G. Trabucco Riferisco a questa specie parecchi modelli provenienti dalla C. Quena, caratterizzati dall’intercalazione di una sola costola tra i cordoni trasversi che ne ricoprono la superficie. Comune nelle marne e sabbie del pliocene d’Italia e del lito- rale provenzale, daterebbe (Mayer) dal miocene. 2. Conus Noae Brocc. Sin. Conus ponderosus var. Bromi. — C. Mediterraneus Brug. in parte (sec. Pini.). 1814. Conus Noae Brocc. Conch. foss. subapenn. t. Ili, fig. 5. Due modelli, raccolti a C. Pisana, si accostano a questa specie che ha moltissima rassomiglianza col C. ponderosus , ma che per essere un po’ più affusolata, il Brocchi riferì ad una varietà di questa ultima specie — varietà che il Bronn espresse colla frase « spira elongata « . Il disegno del Brocchi porta numerosi solchi sugli anfratti che si vedono distintamente sugli esemplari di Castellar- quato e Lngagnano. L. Hornes li sopprime, credendoli apparte- nenti ad individui giovani, mentre invece tutti gli esemplari da me visti presentano distintamente queste strie più o meno marcate. Il C. Noae , che può essere considerato tipo esclusivamente pliocenico, si attacca per certe affinità alla sola specie vivente ora nel Mediterraneo, il Conus (Chely conus) mediterraneus , di cui sarebbe una varietà. 3. Turrilella subangulata Brocc. Sin. Turbo acutangulus Brocc. — T. spiratus Brocc. — Turritella suban- yulata Studer. 1814. Turbo subangulatus Brocc. op. cit. t. II, p. 374, pi. VI, fig. 1G. Riferisco a questa specie numerosi modelli raccolti a Cozzo Grecale. La T. subangulata si raccoglie iu tutti i bacini pliocenici italiani. Frequente a Castellarquato, a Montezago a Tabiano uni- tamente alle varietà: acutangula e spirata. Data dal miocene superiore nel bacino del Mediterraneo. Al- cuni autori avevano ammesso che questa specie viveva ancora nel Mediterraneo sulle coste della Tunisia, ma il Monterosato dimostrò L'isola id Lampedusa. Studio geo-paleontologico 601 ehe vi era in effetto grande affinità, ma non identicità tra il tipo p ìocemco e la specie attuale, sempre più piccola e contornata. 4. Clcwagella bacillaris Desìi. Sui. lo edo bacillum JBrocc. Aspergillum maniculatum Phil — eia- S nW‘“,r f'0”"' - a tiÌMiS - C Bronn. a vagella bacillaris Desh. Enciclop. mctliod. t. TI, p. 239. Riferisco a questa specie parecchi esemplari rotti, ma che mo- strano la biforcazione delle spine tubolose. Molto sparsa in Italia, si raccoglie di frequente a Castellarquato ed a Diolo. Secondo Hornes e Mayer, comparve verso il finire del miocene nel bacino di Vienna e nell’elveziano superiore nella Svizzera. Vive nel Me- u.lt CI 1 citi 60. 5. Petricola lithophaga Retz. Sin. Venus lithophaga Brocc. - Petricola striata Lamk. lata Rete. — P. roccellaria Retz. — P. ruperella Retz. 1786. Venus lithophaga Retz. Acta Acc. Taurinense t. V, — P. costel- li HI, f. 1-2. Riferisco a questa specie alcuni esemplari raccolti a Cozzo Gre- oale. Citata in quasi tutti i piani del terziario superiore, si rac- coglie nelle marne fortemente cementate a Montezago ed a la- gnano (R. Ronzone). ° Quanto alla sua distribuzione attuale, vive su quasi tutto il litorale mediterraneo; limitata al N alle coste dell’Inghilterra al S a quelle del Portogallo. 6. Cardium aculeatum Linn. Sin. Acanthocardia aculeatum Gray. - C. ciliare Desh — n echi- natum Tourn. 1766. Cardium aculeatum Limi. Syst. Nat. XII, p. 1122. Riferisco a questa specie molti modelli raccolti a Cozzo Gre- cale. Dopo le considerazioni di Deshayes (1850) sull’incertezza del C . ciliare Linn., le ricerche dell’Hanley hanno notabilmente rischiarato la questione e Weinkauff ha presentato la soluzione se- guente generalmente accettata. 002 G. Trabucco Il C. ciliare degli autori inglesi Pennant, Douovan, Montagu e di Deshaves non è altro che la forma giovane del C. aculeatum ; il C. ciliare di Linneo, Gmelin, Poli, Filippi rappresenta il C. ecfyi- natum giovane. Il De Stefani riunì ancora al C. aculeatum il C. Bianconianum Cocc. Il C. aculeatum , che rimonta alla molassa elveziana, è oggidì diffuso su tutto il litorale occidentale del Mediterraneo e si incontra nell’Oceano dalle coste della Norvegia a quelle del Mediterraneo. Abbastanza comune a Diolo, Rio Aguzzo ecc. 7. Chama gryphoides Linn. Sin. Chama piacentina Defr. — C. lazzarus Brocc. (non L.). — C. Brocchii Desìi. — C. erenulata Desìi. — C. unicornaria Desìi. — C. uni- cornis Desìi. — C. asperella Desìi. — C. echinulata Desìi. 1766. Chama gryphoides Linn. Sist. Nat. XII, p. 1139. Parecchi esemplari raccolti a Cozzo Grecale. Comunissima in tutti i bacini pliocenici, risale all’ esordire del miocene; ma solo nel pliocene acquistò un certo sviluppo numerico, specialmente nella zona dei polipai. Più settentrionale che oggidì rimontava, almeno all’epoca pliocenica, fino alla latitudine d’Inghilterra, dove non se ne incontrano che rari esemplari. 8. Lithodomus lithophagits Linn. Tav. XXIV, fig. 1-3. Sin L. dactylus Riss. — Jlodiola lithophaga Bromi. 1766. Mytilus lithophagus Linn. Sist. Natur. XII, p. 1156. Riferisco a questa specie 8 bellissimi esemplari raccolti alla Cava Conti e di cui do la figura alla tav. XXIV. Il n. 1 rappresenta il modello esterno di due individui riu- niti, su cui si osservano modelli del gen. Astraea', il n. 2 il mo- dello interno ; il n. 8 una sezione longitudinale del modello esterno, che lascia vedere la conchiglia interna. La gentilezza del prof. Strobel ha fatto sì che io potessi ve- dere e confrontare i miei esemplari con quelli del Museo geologico di Parma, riferiti dal Cocconi al L. avifensis Mayer e sempre più mi convinsi elio quelli di Lampedusa devono essere riferiti L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico 603 alla specie linneana, caratterizzata da: testa elongata. , cylindracea , inferne tumidiore J extremitatibus obtusis , s/rm transversis lon- gitudmaliter decussantibus. Gli esemplari di Lampedusa differiscono egualmente dalla specie Meneghiniana Pholas striata ( Nuovi foss. Toscani Ann. Univers. Toscane t. Ili, Pisa 1853), riportata più tardi (L. striatus ) dai professori De Stefani e Pantanelli (Boll. d. Soc. Malacol. Ital., IV. pag. 34) e che, secondo i citati autori, differirebbe dalla vivente : per il margine ventrale più breve e più rotondo , pel margine palleare quasi retto , pel margine anale quasi parallelo a quello e meno convesso. Secondo 1 Hornes si distingue una specie che, comune ai ba- cini miocenici e pliocenici mediterranei, sarebbe il L. avitensis Ma} er, caratterizzato dal bordo superiore meno angoloso e più parallelo a quello inferiore , da una attenuazione abbastanza pronunciata della parte posteriore. Confrontando la descrizione e figure del L. avitensis Mayer (Foss. Moli. d. Tert. Wien , pag. 354, tav. XLY, tìg. 12 a, b , c) cogli esemplari di L. striatus esistenti nel Museo geologico del- 1 Istituto super, di Firenze mi convinsi che: a) Non esistono differenze sensibili tra la specie del Mayer e quella del Meneghini, la quale deve avere la precedenza. li) Il L. avitensis Mayer ed il L. striatus Menegh. (si- nonimi) devono costituire (almeno per la specie pliocenica) piut- tosto la var. Striata del L. lithophagus, che una specie a parte. Gli esemplari da me raccolti si avvicinano invece (con dimen- sioni minori : lung. mm. 82, larg. mm. 24, altezza mm. 22) al L. lythophagus var. magna Loeard, caratterizzata da testa subrecurva superne ac inferne rotundata ; extremitate antice globulosa , ex- tremitate postice subattenuata et depressa ; striis transversis ob- tusis. Ma poiché i caratteri della varietà istituita dal Loeard (salvo insensibili modificazioni dovute all'ambiente) sono comuni alla specie vivente, credo bene assimilare i fossili di Lampedusa piuttosto a questa che alla varietà del Loeard. Questa specie, ora tanto abbondante sulla maggior parte del litorale del Mediterraneo, risale (Fontannes) almeno dopo belve- ziano. Il Fischer fa però osservare che le determinazioni sono sovente 60-1 G. Trabucco empiriche, alcuni autori dando questo nome a tutti i litodomi di forma allungata. Finalmente il Fontannes osserva che nel bacino di Bordeaux la specie più comune del pliocene presenta una conchiglia più sottile e fragile e non raggiunge mai la grandezza degli esemplari di Gard e degli attuali. 9. Arca diluvii Lamk. Sin. A. antiquata. Brocc. — A. dydima Brocc. — A. neglecta Mi ditti. 1838. Arca diluvii Lamk. Ili.st. natur. d. anim. s. vert. t. VI p. 45. Riferisco a questa specie numerosi modelli raccolti a Cozzo Grecale, Cava Conti e Cala Quena. Propria al bacino del Mediterraneo, dove apparve nei primi depositi elveziani, è una delle specie più costanti del miocene superiore e pliocene. Si raccoglie abbondante a R. di Bocca d’ Asino (Stazzano), a Badagnano, Diolo, Riorzo etc. Vive, od almeno è rappresentata con forme assai vicine, nel Mediterraneo e nell’Atlantico (isola di Madera) ; sembra per altro una specie in piena decadenza numerica. 10. Vola Jacobaea Liun. Sin. Pecten Jacobaeus Lamk. (non Fieni.). — P. Jacobi Chemn. 1776. Ostrea Jacobaea Linn. Sist. Natur. XII, p. 696. Riferisco a questa specie alcuni esemplari raccolti a Cozzo Grecale. Frequentissima in tutti i bacini pliocenici, vive nel Me- diterraneo e nell’Atlantico. 11. Pecten Lapedusae Trabucco Tav. XXIV, fig. 4-5. Testa rotunda, transversa, aequilatera, inacquili aids ; valva superior fere plana , ad umbonem adunca, costae 15, cquarum 2 la- terales crassiores, eminentiores ; caeterae multo minores, calde propinquae, striis tenuibus, radiolaribus interjectis, concentrice subtilissime striatae ; valva inferior calde convexa, umbone invo- luta, costae 19, latae , fere planae, sulcis super fcialibus disiunctae ; auriculae aequales, tortuose, long itudinaliter larnelloso-striatae ; L isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologìco 605 margo cardinali s fere recto 51/100 testae altitudinis aequans. Diam. transv. 34 mm., altit. 33 mrn. Mi sono deciso a creare una specie nuova coi molti esem- plari raccolti a Cozzo Grecale dopo avere consultato i chiarissimi professori Issel e Pantanelli a cui mando i miei ringraziamenti. La nuova specie ha qualche lontana rassomiglianza colla I. be- nedicta Font., avvicinandosi maggiormente al P. aduncus Eichw. Differisce da questo per avere: a) il diametro trasverso più piccolo (facendo il confronto con un tipo delle stesse dimensioni) ; b) nella valva superiore le coste più ravvicinate, più nu- merose (costantemente 15) ed i rigonfiamenti laterali più larghi ; c) la fossetta ligamentare più ampia e le pieghe radiali, che si dirigono lateralmente, più grosse ; d) nella valva inferiore maggiore convessità, le costole pia- neggianti più numerose (19 costantemente), i solchi superficiali. Verosimilmente il P. Lapedusae rappresenta il tipo plio- cenico del P. aduncus , da cui sarebbe derivato. Celenterati. 12. Gen. Astraea Larnk. Tav. XXIV, fig. 1. Riferisco a questo genere i numerosi esemplari che ricoprono la superficie dei litodomi raccolti alla Cava Conti, essendo diffìcile una esatta determinazione specifica; trattandosi, non della originaria massa corallina, ma di un riempimento di essa (modello interno). La specie per altro, connettendosi per la grande rassomiglianza ad altre mioceniche e recenti, è molto verosimile che sia di quelle la derivata, di queste la genitrice. Forami nife ri. 13. Miliolina ( Triloculina ) valvularis Reuss Sin. Triloculina laevigata Bornem. — Miliolina valvularis Chall. 1851. Triloculina valvularis Reuss Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesell . voi. Ili, pag. 85, pi. VII, fig. 56. Fossile nel tongriano (Berlino), vivente nell’Atlantico. 606 G. Trabucco 14. Clavulina communio D'Orb. Sin. Verneuilina communis Jon. and Park. 1826. Clavulina communis D’Orb. Ann. Se. Nat. voi. Vili, p. 268, n. 1. 1846 » n » Foravi. Vienn. p. 196, t. XII, fig. 1-2. Fossile nel terziario di Francia (D’Orb.), nel bacino di Londra (Parker and Jones, Hantken, Brady), nel miocene d’Austria e d’Un- gheria (Reuss, Ivarrer), nel pliocene d’Italia (D’Orb.). Vivente. 15. Bolivina punctata D’Orb. Sin. Bolivina antiqua D’Orb. — Grammostomum polystigma Ehrenb.— Bulimina Presti var. ( Bolivina punctata) Park, and Jon. — Bulimina antiqua Terr. 1839. Bolivina punctata D’Orb. Foravi. Amèr. Mérid. p. 61, pi. Vili, fig. 10-12. Specie cosmopolita vivente e fossile (terziario). 16. Polymorphina lanceolata Reuss Sin. Guttulina cylindrica Bornem. — Polymorphina praelong a Egger. — P. subteres Reuss — P. fusiformis Brady. 1851 Polymorphina lanceolata Reuss Zeitschr.d. deutsch. yeol. Gesell. voi. Ili, p. 83, pi. VI, fig. 50. Vivente e fossile nell’Europa media. 17. Globigerina aeqiiilateralis Brady. Sin. Cassidulina globosa (pars) Egger. 1879. Globigerina equilateralis Brady Quart. Journ. Micr. Soc. voi. XIX, n. s. p. 71. Vivente e fossile (miocene) Ricorda il Phanerostomum asperum Ehrenb. (pi. XXX, fig. 26 a-b). 18. Spìrillina vivipara Ehrenb. Sin, Operculina punctata Reuss — Cornuspira perforata Sclmltz. — Cyclolina impressa Egger. 1841. Spìrillina vivipara Ehrenb. Abhandl. K. Akad .Wiss. p. 442, pi. Ili, fig. 41. Rara nel bacino di Vienna (Reuss) od in quelli di Londra (Brady) e di Baviera (Egger). Vivente. 607 L lSOla dl LamPsdtisa. Studio geo-paleontologico 19. Truncatulina ( Rotalina ) Ungeriana D’Orb. lìoJrì SeZUnarTa, - *■ *■*»• - Italia ,r R: Mor‘m‘ Ee“ss - Truncatulina Ungeriana Re„ss - Lngenana. Brady. Planorbulina 1846. Rotalina u n geri ana D'Orb. Forum. Vienn. p. 157, t. Vili, fig. 16-18, . Fossile nel terziario dell’Europa media e meridionale; dal miocene in poi (Sequenza), nella marna tortoniana di Licodia Eubea (Cafici), nella marna tortoniana di C. S. Marco, nella mollassa sup dj Bavantore, nelle sabbie plioceniche di Tronconero, nelle marne P ioc‘ cli Savona (Mariani), nelle marne plioc. di R. Orsecco (Tra- bucco). Vivente nel Pacifico. 20. lì ot alia ( Calcarina ) calcar D’Orb. Sin. Iìotalia armata D’Orb. — Calcarina Splengeri Park, and Jon. — Rotalina armata Terquem. 1826. Calcarina calcar D’Orb Ann. Se. nat. voi. Vili, p. 276, n. 1. Vivente e fossile nell’eocene (Parigi), nel miocene (Malta). 21. Rolalia papillosa? Brady. 1884. Eotalia papillosa Brady Voyag. of Challeng. Zool. p. 708, pi CV1 fig. 9 a, b, c. Vivente nel Pacifico. 22. Polyslomella ( Naatilus ) crispa Linn. Sin. Cornu ammonis Piane. — Nautilus minimus Gualt. — Vorticialis crispa Defr. — Polystomella Oweniana D’Orb. — P. Lanieri D’Orb. — P. flexuosa D’Orb. — P. strigilata Schultz. — P. spinulosa Costa. — P. striolata Costa. — P. costifera Terquem. 1767. Nautilus crispus Linn. Syst. Natur. 12 ed. p. 1162, n. 275. Fossile nell’eocene parigino (Terquem), nel miocene dell’Austria, Ungheria, Baviera ed Italia (D’Orb., Reuss, Egger, Parker and Jones, Seguenza), nelle marne plioceniche di R. Orsecco, nelle marne e sabbie plioc. del Piacentino (Trabucco), nel quaternario del nord 608 G ■ Trabucco. L' isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico e sud d’Europa (Robertson, Wright, etc.). Vive nell’Adriatico, nel Mediterraneo e nell’Atlantico. 23. Polystomella ( Nautilus ) striato-punctata Ficlit. et Moli. Sin. Polystomella Poeyana D’Ori). — P. articulata D’Orb. — Geoponus stella- borealis Ehrenb. — Polystomella Hauer ina D’Orb. — P. rugosa D’Orb. — P. obtusa D’Orb. — P. antonina D’Orb. — P. Listeri D’Orb. — P. stella borealis Shultz. — P. gibba Schultz. — P. venusta Schultz. — Nonionina heteropora Egger. — N. dense-punctata Egger. — Polystome Ila sub-cari- nata Egger. — P. ungulata Egger. — P. umbilicata Will. — P. infinta Reuss. — P. striato-punctata Park, and Jon. — P. minuta Reuss. — P. di- screpans Reuss. — P. crispa var. striato-punctata Park, and Jon. — P. ex- cavata Terquem. — P. minima Seg. 1803. Nautilus striato-punctatus Ficlit. et Moli. Test. Micr.-p. 61, pi. IX, fig. a-c. Fossile nell’ecocene di Parigi (Terquem), nel nummulitico della Stiria (Reuss), nell’oligocene di Germania e di Francia (Reuss), nel miocene d’Austria e di Baviera (D’Orb., Egger), nel terziario di Italia (Seguenza, Terrigi, Trabucco), nel terziario d' Inghilterra (Jones, Parker, Brady) ed in molti depositi post-terziarii. Vivente. Giacomo Trabucco. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXIV. 1. Modelli esterni di L. lithophagus con modelli interni di Astraea gen. 2. Modello interno di L. lithophagus. 3. Sezione longitudiuale di modello esterno di L. lithophagus, che presenta un frammento di una valva. •1. Valva superiore di P. Lampedusae n. sp. » inferiore » » » ò. » oli. d. Soc. Geo] Italiana Vol li (1890) Tav. XXIV ibucco di s I. Carli lit. NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE SULLE ROCCE MAGNETICHE DEI DINTORNI DI ROMA lettera di R. MELI al prof. FILIPPO KELLER. Caro Professore La ringrazio molto del suo lavoro « Contributo allo studio delle rocce magnetiche dei dintorni di Roma (Nota II) « (>), che Ella ha voluto gentilmente inviarmi. Ho letto con vivo interesse i cenni storici sulla scoperta di rocce magnetiche delle vicinanze di Roma, che vi si trovano stampati. Occupandomi sempre di ricerche bibliografiche riflettenti la storia naturale della nostra Provincia, le comunico alcune altre notizie e citazioni bibliografiche, che po- trebbero essere aggiunte a quelle da lei pubblicate su tale argo- mento, riguardanti gli scrittori che sulla fine del secolo passato e sul piincipio del presente menzionarono rocce magnetiche presso Roma. A me sembrerebbe che il primo a far parola dell'azione magnetica delle ìocce dei dintorni di Roma, a causa dei grani di magnetite in esse contenuti, sia stato Giovanni Girolamo Lapi, nella sua Memoria : Sull origine dei laghi Albano e Nemorense. Il Lapi lesse il 3 settembre 1758 all’ Accademia Quirina la sua dissei tazioue, la quale è riportata nel « Giornale dei let- terati » (-), nel 1781 ne fece una ristampa, aggiungendovi qual- 0) A ecl. Rendiconti d. R. Accad. d. Lincei. Classe di scienze fisiche roat. e naturali voi. IV. fase. 7, 1° semestre, Seduta dell’8 aprile 1888, pag. 325-334. La Nota I sullo stesso argomento trovasi stampata nel medesimo volume, fase. 1, 1° semestre, Seduta dell’8 gennaio 1888, pag. 38-44. (2) Lezione di Gio. Girolamo Lapi intorno l'origine dei due laghi Albano e Nemorense letta il dì 3 di settembre dell'anno 1753 nell'adunanza G10 R. Meli che osservazione (’); finalmente un ristretto della medesima Me- moria fu anche pubblicato nella: « Raccolta di storia naturale » (tomo I, Roma, stamper. Pagliarini, 1784, in 4°; da pag. 337 a 345 inclusivamente). Or bene, il Lapi, parlando delle ceneri e delle deiezioni mobili lanciate dai vulcani nelle loro eruzioni, scrive il brano seguente : dell' Accademia Quirina negli orti dell' Emo. e Revmo. sig. Cardinale Neri-Cor- sini, pubblicata nel « Giornale dei letterati » per gli anni MDCCLVIII e MDCCLIX. Roma, fratelli Pagliarini, MDCCLX (da pag. 103 a 111). Di tale Memoria fu tirato un estratto a parte in 8° di pag. 8 ; ne ho veduto una copia esistente nella Biblioteca, già Corsini, ora dei Lincei. (0 Lezione accademica intorno l'origine dei due laghi Albano e Ne- morense presentala alla Sant, di N. S. Pio Papa VI da Giov. G. Lapi. Roma, A. Fulgoni, 1781, in 4° di pag. 26. In questa 2a edizione, accresciuta, il Lapi reclama per se la priorità delle osservazioni sui vulcani laziali, sabatini, cimini e vulsinii [pag. 24, nota (a). Cfr. ancora : Becchetti Filippo, Teoria generale della terra esposta all' Accademia Volsca di Velletri. Roma, Paolo Giunchi, 1782, in 12°. Ved. pag. 328] e dichiara di averle comunicate al De la Lande, il quale poi le avrebbe pubblicate, senza citare il Lapi, nel suo « Voyage en Italie », stampato nel 1769 (ved. tomo Vili). In realtà, il viaggio del De la Lande fu fatto negli anni 1765-66 e la la edizione del Voyage en Italie fu pubblicata a Parigi nel 1769 (8 voi. in 12° con atlante in 4°), mentre la data della la edizione del Lapi è del 1760: quindi anteriore di 9 anni. Dell’opera del De La Lande si fecero parecchie edizioni. L'edizione del 1769 fu contrafatta nello stesso anno a Yverdon (8 voi. in 8°) ; poi a Liegi. Una traduzione libera con aggiunte di J. J. Volclcmann fu stampata nel 1770-1771 e 1777-78 col titolo: Historische kritische Nachrichten roti Italien. Leipzig, Fritsch, 8 voi. in 8°. Fu tradotta in olandese da Goens (Utrecht, 1773, 3 voi. in 8* l * * * * * * 8 * * 11), ed anche in russo (Pietroburgo 1776 in 8 ) ; ma l'edizione russa è incompleta. La 2“ edizione ri- veduta dal De la Lande del Voyage en Italie contenant l'histoire et les anecdotes les plus singn- lières de V Italie, les usages , ecc., fu stampata nel 1786, (Parigi, 1786, 9 voi. in 12° con atlante di 36tav. in 4°) e finalmente se ne ristampò a Ginevra una 3a. edizione corretta e aumentata nel 1790 (Genève, 1790,7 voi. in 8°). Il Lapi, come ho già detto, reclama la priorità delle sue osservazioni sui vulcani Laziali, Sabatini, Cimini e Vulsini. Ma, nelle « Mémoires de littera- ture tirées des registres de l’Académìe R. des inscriptions et belles lettres depuis l’année MDCCXI, jusques et compris l’année MDCCXVII » al toni. IV. Paris, imprim. Royale, 1723, in 4°, trovasi stampata una Memoria di Fre'ret Nicolas col titolo « Réjlexions sur les prodiges rapportez dans les anciennes» (ved. pag. 411-436). Or bene, nel capitolo I (Des météores, pag. 414-423, par- lando della caduta di pietre avvenuta nel monte Albano (l’attuale monte Cavo) sotto Tullio Ostilio, caduta menzionata da Tito Livio nel lib. Ic. 31, il Fréret suppone, per spiegare il fenomeno, che il monte Albano possa essere stato Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche eco. 611 « Quando che esaminare vogliamo la pozzolana, non altro la « troveremo essere che una mescolanza della sopra descritta arena -cristallina e marziale, di cenere o polvere informe maggiormente - vetnficata, di terra calcinata e di frantumi di selci, talché la - pozzolana ancora è un lapillo, e lava rotta e stritolata, quale - poi o per via di acqua, o di qualche sugo lapidescente s’indu- Un Vulcano' ^Poggiandosi poi alle citazioni di antichi scrittori, ai terremuoti avvenuti in quella località, al debordamento del lago Albano, ecc. ricava altre prove per dimostrare che il monte Albano in remoti tempi fu un vulcano È pero vero che tutte queste prove del Fréret sono assolutamente ipotetiche e manca qualsiasi osservazione fatta sul luogo, che valga a realmente conva- lidale la sua opinione. Invece il Lapi, basandosi sulla qualità delle rocce analoghe a quelle che si rinvengono sui vulcani attivi italiani, cioè sul Ve- suvio e sull’Etna, dedusse che i due laghi di Albano e di Nemi erano già stati ue crateri vulcanici: per le stesse ragioni riguardò come bocche vulcaniche gli altri laghi Kegillo, Sabatino, Cimino e Vulsinio. De la Condamine, nel suo “ Extrait (L'un Journal de voyaqc en Italie, stampato nell’Histoire de l’Académ. E, de Sciences. Année 1757 avec es mémoires de mathémat. et de physique pour la mémo année. Paris, impr. Poy., 1762,m 4°, scrive che i selci di Poma sono di lava; che questa tro- vasi vicino Poma a Capo di Bove e mostrasi in più punti della strada che conduce poi a Napoli ; che i monti di Frascati, Grottaferrata, Castelgandolfo, Albano, Caprarola, Viterbo, ecc. sono d’origine vulcanica (ved. pag. 12 del- l’Histoire de l’Académie, ove è riportato un sunto del « Journal d'un vovaqe en Italie , e pag. 376-378, 381, 382, delle Mémoires, nelle quali è pubblicato per esteso il giornale di viaggio del De la Condamine). Il viaggio in Italia fu eseguito da De la Condamine negli anni 1755-56, e la presentazione al- l’Accademia del manoscritto contenente le note, prese durante il viaggio fu fatta il 20 aprile 1757; però il volume nel quale si trova stampato il Gior- nale di viaggio di De la Condamine non apparve che nel 1762. È quindi po- steriore di 2 anni alla data di stampa del Giornale dei letterati, in cui è riprodotta la lezione del Lapi. De la Lande nella citata sua opera « Voyage en Italie » (3a ediz., Ge- nève, 1790), parlando dei laghi laziali a pag. Ì77 del voi. V. dice: u Le lac d Albano et le lac de Nemi ou Lago Nemorense .... sont en- “ vironnés des rochers fort éléves ; . . . ils ressemblent l’un et l’autre à des “ entonnoirs de volcans, cornine M. De la Condamine l’observa en 1755)). E nella pag. 179 scrive: « On trouve encore des vestiges semblables de volcans près des lac Be- - gillo Sabatino, Cimino, Volsiniense, au rapport de M. De la Condamine et « de M. lo docteur Girol. Lapi : celu i-ci est persuade que la vallee d’Aricie et «le monte Cavo sont également des restes de volcans; que le villes d’Albe, 612 R. Meli « lisce, e se ne forma il tufo e anche una sorta di peperino. Come « ce ne assicura un pezzo di legno aridissimo , giudicato olmo, - che pochi anni sono si trovò dentro un masso di peperino, - nelle cui fessure fattesi tra l’una e l’altra fibra vedesi pe- - netrata e consolidata la materia lapidea gettata dai vulcani. - E questa fosse allora o in forma liquida, o in piccolissimi pezzi « de Lanuvium, d’Aricia, de Tusculum ont été bàties sur des masses « de laves, de verre, de cendres, de pierres-ponces et autres matières brùlées ». Anche il Riccy (*) nelle sue « Memorie storiche di Alba-Longa, par- lando del lago albano scrive che « è opinione dei moderni che questo lago «sia stato in origine un vulcano ». E poi soggiunge « qualche riflessione di « Monsieur La Condamine francese, che venne in Roma sotto il pontificato « di Benedetto XIV e la dissertazione del dottor Girolamo Lapi italiano inti- « folata: Dei due vulcani, oggi laghi Albano e Nemorense, letta all’accademia « Quirina del 1758, ristampata nel 1780, lasciano fra le due nazioni la «contesa vul vanto della scoperta». Inoltre il Lapi nell’altra sua Memoria: Del selce romano. Ragionamento mineralogico presentato alla Santità di N. S. Papa Pio VI. Roma, Salomoni, 1784, in 8° di pag. 30 sostiene energicamente che egli sia stato il primo a scoprire che i laghi di Albano e di Nemi furono un tempo bocche vulcaniche e chiaramente dice che egli comunicò i suoi pensieri sull’origine di quei laghi al De la Condamine, quando questi nel 1755 fu in Roma e che fin dal 1746 considerò come estinti vulcani i laghi di Bolsena e di Bracciano (ved. Del selce romano pag. 17 e nota alla pag. 28). Se è vero quanto dice il Lapi, starebbe a lui, la priorità della scoperta sui vulcani laziali, Però è assai sin- golare che il Lapi in questa sua Memoria sostenga la roccia di Capo di Bove non essere già una lava, come il Ferber, De la Condamine, Dietrich, Beccnetti ed altri prima di lui, avevano giustamente ritenuto, ma una con- crezione acquosa che definisce colle parole « saxum latinum gryseum quarzo- sum polyedrum, albicante crusta contextum » e che alla fine della sua Me- moria concluda essere il selce non una roccia eruttiva, ma bensì generata dall’acqua e da escludersi perciò dal numero delle lave! Rispetto però ai vulcani Cimini, nell’opera di Cristoforo Maire e Ruggero Boscovich «De litteraria expeditione per pontificiam ditionem ad dimetiendos d.uos meridiani gradus et corri gendam mappam geographicam, etc. » — Romae, Typ. Palladis, cxcud. Nicolaus et Marcus Palearini, 1755, in 8° gr. c. tavole; alla pag. 108 nel capitolo che tratta dell’indole e natura di parecchi monti, trovo che, parlando del monte di Soriano, il Boscovich scrive di ritenere che il sot- (*) Riccy Gio. Antonio, Memorie storiche dell’ antichissima città di Alba-Longa e dell’ Al- bano moderno dedicate all’ Emo. e Iterino, principe il signor Cardinale De Pierre de Dernis divise in tre libri. Roma, Giovanni Zempel, 1784, in 4° di pag. XVI o 271 c. 1 carta topogr. o 1 pianta (ved. pag. 5). 613 Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. u stritolata , e finalmente attorno , e dentro le fibre del legno in - “ durila. Perlochè e il peperino e l'arena figurata e il rapello e “ il tufo e la pozzolana non sono altrimenti tra loro differenti che « per il grado di vetrificazione, o per qualche sostanza posterior- *• mente aggiunta. Che finalmente le sopra descritte materie state « sieno in preda alle fiamme lo comprovano pure le particelle di toposto lago sia stato una volta un vulcano : « Eo ego cjuidem indicio credi- li derim lacum illuni subjectum .... vulcanum olirn extitisse, ac deflagrasse, et ii ingentes eas lapidura din ante volutatorum moles ejaculatmn, eo congessisse «in cumulum». Circa i Vulsini poi, ho da osservare che già il Kircher nel Mundus sub- terraneus in XII libros digestus. Amstelodami, ap. Joan. Janssonium et Eli- mini Weyerstraten, 1663, in fol. voi. 2 (ved. tom. II, lib. 8. sect. I, pag. 29) parlò delle rocce eruttive di Bolsena che presentano divisione prismatica o co- lonnare; e dà un disegno di questi ammassi colonnari, formati, secondo Kircher, di parallelepipedi retti; ma egli ragiona solamente della figura che presentano quelle rocce, senza far cenno della loro origine. Il Breyn però nella sua: « Epistola D.J.Phil. Breynii Med. D. gedanensis et reg. Soc. Lond. sodai, ad I). Hans Sloane M. D-, dictae socictatis secretarium ; varias observa- tiones continens, in itinere per Italiam suscepto anno 1703» che trovasi ri- portata nelle Philosophical transactions voi. XXVII for thè years 1710-12, numb. 334, april-june 1712, pag. 447-459 inclus., parlando di Bolsena e del suo lago scrive : « montes erant saxei, mnliis in locis ex basalte compositi, etc. ». Siegue poi, per ordine di data, Pier Antonio Micheli (nato nel 1679; morto nel 1786), il quale in un viaggio fatto nel 1722 da Firenze a Boma, passando per Radicofani e Bolsena, riconobbe che la montagna di Radicofani era stata in altri tempi ignivoma e risultava di rocce bruciate (così le indica il Micheli nella sua opera: Nova piantarmi genus iuxta Tourncfortii methodum dispo- sila; Florentiae, MDCCXXIX, Bernardi Paperini, in 4°, c. 108 tab., descrivendo una specie di Lichene, che cresce copiosamente nel monte della Fortezza di Radicofani ad oriente « super ingentia et deusta saxa » ved. pag. 78, n. 21). Chi esce dalla Toscana e viene verso l’antico stato romano, incontra per prima massa eruttiva, appunto quella di Radicofani. Riconobbe pure il Micheli che il moderno lago di Bolsena era ancor’esso il cratere di un’antichissimo vul- cano estinto. Di tale scoperta parla più volte Giovanni Targioni Pozzetti nelle varie sue opere, reclamando sempre per il Micheli la priorità della sco- perta [cfr. Targioni-Tozzetti Giovanni, Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli an- tichi monumenti di essa. Firenze, stamp. imper., 1751-54, voi. 6 in 12°; ved. pag. 248 del tom. VI. — La 2a edizione di quest’opera fu fatta pure a Firenze, stamp. Granducale, 1768-94, in 12° c. tav. e se ne ha una traduzione in fran- cese ristretta in 2 volumi. Cfr. ancora: Voyage minéralogique philosophique 614 R. Meli « ferro, che dentro loro in abbondanza mischiate, frettolosamente « dalla calamita attrarsi vediamo ». (Yed. pag. 109-110 del « Gior- nale dei letterati » voi. cit. ; pag. 22-23 della edizione 1781. Le parole in corsivo mancano nella la edizione e si trovano solo nella edizione del 1781). E qui, tra parentesi, mi piace di farle rilevare come nel brano citato sia abbastanza bene espressa l’idea et historique en Toscane. Paris, Lavilette, 1792, 2 voi. in 12°. — Dei monti ignivomi della Toscana e del Vesuvio; saggio dell' Eccellmo . ed illmo. signor dott. Giovanili 7'arg ioni- 'Pozzetti, che trovasi stampato nell’opera: Dei vulcani o monti ignivomi più noti e distintamente del Vesuvio-, osservazioni fisiche e notizie istoriche di uomini insigni di vari tempi, raccolte con diligenza, divise in due tomi. Livorno, Calderoni e Faina, 1779, in 12° (ved. voi. I pag. XII)]. Quindi non è al Lapi che spetta la priorità delle osservazioni per i vul- cani Vulsinii . Avverto che anche Desmarest nella Mèmoire sur l'origine et la nature du hasalte à grandes colonnes polygones, determinées par l'hi- stoire naturelle de cette pierre, ohservée en Auvergne pubblicata nell’« Hi- stoire de l’Académ. E. d. Sciences. Annue 1774. avec les mém. de math. et de phys. pour la méme année ». Paris, imprim. Roy., 1774, fa parola delle lave di Bolsena e della loro divisione prismatica alla pag. 747. Dopo dei citati autori, molti altri menzionano la divisione colonnare delle rocce vulcaniche di Bolsena, delle quali Breislak fa parola alla pag. 83 del Saggio di osserva- zioni mineralogiche sulla Tolfa, Oriolo, e Luterà (Poma, G. Zempel, 1786, in 12°), mentre ne dà un disegno nella tavola 40 del suo: « Atlas géolo- gique faisant suite aux institutions géologiques » ed una breve descrizione alla pag. 44 del voi. Ili delle « Institutions géologiques traduites par P. J. L. Campmas. (Milan, Impr. Impér. et Roy., 1818). Anche Procaccini Ricci parla più volte della divisione prismatica delle rocce evuttive di Bolsena nei suoi « Viaggi ai vulcani spenti d'Italia nello Stato romano verso il Mediterraneo. Viaggio 1°. Dalla foce dell'Esio nell' Adriatico al lago di Bolsena e suoi contorni. Fi- renze, G. Piatti, 1814, 2 voi. in 8° piccolo (ved. tom. I, pag. 24, 148, e prin- cipalmente tom. II, sul principio del cap. I e pag. 209 n. 2), e ne dà anche un disegno nella tav. II della « Raccolta di vedute disegnate sulla faccia del proprio luogo per servir di corredo al secondo viaggio ai vulcani spenti d'Italia. Brocchi segna queste lave colonnari nel Catalogo ragionato di una raccolta di rocce (Ved. pag. 202). Le stesse rocce a divisione colonnare ven- gono ricordate dal Pini nel Viaggio geologico per diverse parti meridionali dell'Italia. 2a edizione. Milano, Mainardi, 1802, in 8° (ved. pag. 102). La divisione prismatica di queste rocce eruttive dei crateri Vulsini è notata parimenti dal Pareto nelle « Osservazioni geologiche dal Monte Amiata a Roman (Roma, Belle arti, 1844, in 8° c. 2 tav.; estr. dal Giornale Arca- dico, tomo C. — Ved. pag. 38, 39 dell’estr.) ed ò pure menzionata nel « Pro- Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 615 che il tufo ed il peperino risultino dall’impasto delle ceneri ed altre dejezioni mobili dei vulcani, cementate fra loro ed indurite per via acquea. In seguito, nel 1773, viene il Ferber (’), il quale nella sua 12ma dromo della storia naturale generale e comparata d'Italia di F. C. Mar- mocchi. (Firenze, Soc. editr. fiorentina, 1844, in 8°. — ved. pag. 227). Il Lapi pubblicò anche parecchi altri lavori, tra i quali ricordo i seguenti : « Ragionamento contro la volgare opinione di non potere venire a Roma nell'estate ». Roma, Antonio De Rossi, 1749, in 8°, di pag. 95. — De cura- tione stranguriae contumacis frequentem maleque tractatam gonarrhaeam virulentem conseqventis J. IL Lapi dissertatio, cui primum accedit eiusdem de acidula ad ripam Tiberis epistola ad nob. virum Jolian. Petrum Lucatel- lium. Romae, typ. Angeli Rotilii, 1754, in 8° gr. di pag. 46. — Lettera, nella quale si prova che i salci, le vetrici, le tamerici, le ginestre, ecc. sono piante che presto crescono. Stampata nel « Giornale dei Letterati per l’anno MDCCLV ». Roma, 1755, (pag. 316-818). Il dott. Lapi è ricordato nella succitata opera di La Lande « Voyage en Italie » e'dition Genève, 1790, (vedi voi. Y. pag. 95) colle seguenti parole: «Lapi (le docteur) physicien ; il a écrit sur les volcans et sur le climat des « environs de Rome». Trovasi anche menzionato il suo lavoro contro la volgare opinione di non potere venire a Roma (toni. V, pag. 107) ed è ricordato alla pag. 179 dello stesso voi. V). Sembra che il Lapi avesse un gabinetto di oggetti di storia naturale. Invero, trovo nelle « Zuzdtze zu den neuesten Reisebeschreibungen von Italien nach der in Hefrn D. J. J. Volkmanns hist. hrit. Nachricliten angenomm. Ordnung zusammengetragen, und als Anmerkungen zu di e seni Werke, sammt neuen Nachrichten von Sardinien, etc., von Joli. Bernoulli » (Leipzig, Gaspar Fritsch, 1777-1782, 3 voi. in 8° picc.) alla pag. 508 del voi. I, « Der Doctor Lapi « lebte noch und soli ein Naturaliencabinet besitzen » che però l’autore non aveva veduto (das idi aber nicht gesehen habe). In seguito sono menzionati due dei lavori, che ho sopra indicati e che spettano entrambi al nostro Lapi e non al Giovanni Lapi di Firenze. 0) Le lettere del Ferber furono stampate a Praga nel 1773 col titolo : « Ilerrn Johann Jakob Ferbers Briefe aus Wàlschland iiber natiirliche Merk- lourdigkeiten dieses Landes an J. v. Born. Prag, Wolfang Gerle, 1773, in 12°. Vennero tradotte in francese dal Dietrich, il quale vi aggiunse molte ed im- portanti note originali « Lettres sur la mineralogie et sur divers autres objects de l'histoire naturelle de V Italie écrites par M. Ferber à M. le chea, de Boni. Ouvrage traduit de l'allemand enrichi de notes et d'observation-s faites sur les lieux par M. le Baron de Dietrich Strasbourg, Bauer et Trottel, 1776, in 8° picc. Oltre la traduzione francese del Dietrich, si ha una traduzione in 40 G16 R. Meli lettera (') fa parola di monticelli formati da ceneri vulcaniche rosse, posti presso Velletri, dai quali forti piogge avevano isolato una sab- bia ferruginosa nera e dei piccoli grani cristallini di augite attirabili dalla calamita. (Ferber usa la parola Sellar Ikórner. Lo Schórl degli antichi mineralisti (-) è la tormalina, ma qui certamente si indicano grani ( Kòrner ) di augite). Anche Dietrich (1776) ha altra consimile indicazione sul ferro ossidulato magnetico contenuto in grani nelle sabbie laziali. Difatti, nelle importanti note aggiunte nella sua traduzione delle lettere sulla mineralogia d’Italia del Ferber [ Leltres sur la Mineralogie , op. cit.] alla pag. 303 sul fine della nota (i), ha la seguente osser- inglese delle lettere del dotto naturalista svedese, Travels through Italy in thè years 1771 and 1772 etc. hy J. J. Ferber translated from tlie german with explanatory notes on thè present and future improvement of Minera- logy by R. E. Raspe. Londoii, L. Davis, 1776, in 8° picc. Alcune di queste lettere, cioè le lettere XIV, XV e XVII, che descrivono i contorni di Roma e parte della lettera XVIII furono riprodotte in compendio, volte in italiano nella: Raccolta di storia naturale tomo I, Roma, Ragliarmi, 1784, in 4° (da pag. 346 a 374). 0) Ved. Ferber pag. 206 dell’edizione originale, o pag. 277 della tra- duzione francese. Ferber nella sua undecima lettera dice pure che su tutta la spiaggia da Napoli a Pozzuoli i flutti depositano, con le pomici staccate dalle colline di tufo battuto dalle onde, una sabbia lucente ferrifera, attirabile dalla calamita. Questa sabbia è il risultato del lavaggio, fatto dalle onde delle ceneri contenute nelle colline di tufo circostanti, (ved. pag 147 ediz. orig. e pag. 178 ediz. francese. In quest’ultima nella nota u a piedi della pagina ci- tata, Dietrich osserva che la medesima sabbia si ritrova a Castel Gandolfo e a Radicofani). Nella stessa XIina lettera parla di piccoli cristalli di Scorlo nero (probabilmente augite con inclusioni macroscopiche di magnetite) che la pioggia isola dalle ceneri delle colline vesuviane, misti ad una sabbia ferrifera, atti- rabili dalla calamita (ved. pag. 166 n. 7 edizione originale; e pag. 225 n. 7 ediz. francese). (2) Per Wallerius lo Skiorl, che corrispondeva al suo corneus crystal- lisatus, comprendeva tormaline opache ed altri minerali di colore oscuro e di aspetto prismatico (orneblenda, attinoto, augite ecc.). In seguito (1772) R. de l’Isle distinse la tormalina trasparente da usarsi quale gemma, che chiamò Schorl trasparente, dallo Schorl opaco in cui incluse tormalina nera, cristalli di Orneblenda, di Augite, ecc. L’Augite granulare ( korniger Augii ) degli odierni mineralisti è riferi- bile a quella varietà di pirossene, che è detta Coccolile. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche eco. 617 vagone « On ne trouve sur les bords du lac d’ Albano qu’un sable attirable par l’aimant » , Piei-Maria Cermelli nelle sue Carte corografiche e memorie riguardanti le pietre; le miniere e i fossili per servire alla stona naturale delle provincie del Patrimonio , Sabina, Lazio, Marittima , Campagna e dell’Agro romano , (Napoli, Flauto, 1782, in 4°), alla pag. 32 nota (b), riporta la osservazione del Ferber sulla sabbia nera contenente cristalletti di augite attirabili dalla calamita: sabbia sepaiata, nelle vicinanze di Velletri, dalle ceneri vulcaniche pel lavaggio eseguito colle piogge, ed aggiunge « v’ha peraltro chi crede non doversi confondere con lo schoerl cotesta rena e che questa s.a un ferrum nndum arenaceum magneticum ». Si sa, del resto, che queste sabbie nere risultano e da grani ui magnetite, e da cristalletti più o meno logorati di augite, i quali racchiudono talvolta inclusioni macroscopiche, o grani, di ma- gnetite e perciò sono anche essi attirabili dalla calamita. Viene in seguito il Breislak, il quale si occupò molto del magnetismo presentato dalle rocce vulcaniche dei dintorni di Roma e fece su di esse esperienze insieme a Volta e a Dolomieu. Le sue ricerche sono certamente anteriori al 1785; ma i lavori, nei quali egli ne fa parola furono stampati parecchi anni appresso (dal 1798 al 1822), dopo, cioè, che le sue osservazioni sulle rocce magne- tiche dei dintorni di Roma erano state conosciute perchè menzio- nate nelle pubblicazioni edite precedentemente da Dolomieu, Pe- trilli, Delamétherie ed altri. Difatti Dolomieu nella Mémoire sur les iles Ponces et ca- talogne raisonné des produits de l’Etna pour servir à l’histoire des volcans , ecc. (Paris, Cachet, 1788, in 8°) nella nota a margine della pag. 46 dice « Le Pére Breislak, religioni des écoles pies, - professéur de ph3rsique au College Nazaréen en Rome, a trouvé “ au pied des monts Albano un tuf qui a, à un degré éminent, “ la polarité propre à l’aimant, sans paroìtre avoir la faculté d’attirer “ le fer; il repousse et attire à une très-grande distance une aiguille “ aimantée, sans cependaut pouvoir soulever le moindre atonie de - la limaille de fer qu’on répand sur lui; les moindres fragmens « de ce tuf jouissent des memes propriétés », ed alla pag. 342 osserva che « on ne trouve point sur l’Etna des ces sables ferru- * gineux gris, luisans, à grains rondes attirables à l’aimant, dont 618 R. Meli » il y a une grande abondance sur le rivage de Pouzzole et dans « tous les ravins des campagnes de Rome « . Dopo Dolomieu, Petrilli (J) fa pure menzione del mede- simo tufo polare, rinvenuto, come Ella ha stampato nella sua Memoria, nella valle di Roscillo tra Segni e Gavignano. Inoltre, nel voi. II, § CCXIV, Petrini tratta delle rocce prodotte dalla cementazione dei materiali sciolti lanciati dai crateri nelle eru- zioni vulcaniche e parla dei peperini e tufi vulcanici (2). Dopo avere osservato che in queste rocce si contengono grani di ferro magnetico, a pag. 312, capoverso 4, dice: « Il ferro racchiuso nel “ tufo è semiflogistico, giacché suol essere retrattorio e giunge fino (J) Petrini Gianvincenzo, Gabinetto mineralogico del Collegio Naza- reno descritto secondo i caratteri esterni e distribuito a norma dei principii costitutivi. Poma, Lazzarini, 1791-92, voi. 2 in 8°. Nel voi. II è fatta menzione dei piccoli cristalli di magnetite sparsi nelle sabbie della Campagna di Poma (ved. pag. 301 j e dei grani dello stesso mi- nerale contenuti nel peperino (ved. pag. 310). (2) Petrini, in questo capitolo (pag. 310), avverte di aver ritrovato un pezzo di lapislazuli nel peperino. Credo che sia stato il primo a far parola di tale minerale nel peperino, quantunque Faujas de Saint-Fond menzioni nella indicata roccia il « Bleu ou azur de montagne, trové dans la lave grise boueuse u d’Albano, dans laquelle il y a des fragments de pierre calcaire, dn marbré, « du schorl et du mica» (Faujas de Saint-Fond, Mineralogie des volcans ou description de toutes les substances produites ou rejetées par les feu.c souterrains. Paris, Cuchet, 1784, in 8° piccolo. Ved. pag. 250, 251), ed il citato brano debba riferirsi senza dubbio al lapislazuli, come ha già osservato lo Striiver ( Studi sui minerali del Lazio, parte la). Il Lapis-lazuli fu poi citato nel peperino dallo Spada-Medici (1845), dal Ceselli (1866), il quale peraltro dice di averlo rinvenuto fin dal 1843, ecc. Del tufo magnetico della valle di Roscillo sotto Segni, fa parola il Pe- trini nel voi. II, alle pag. 312-313. Nel voi. I, pag. 137 della stessa opera trovasi parimenti menzionata la suddetta valle, come scavata in rocce di na- tura vulcanica. Anche Volpicelli nella sua rassegna Delle due Memorie sul magnetismo delle rocce pubblicate dal cav. M. Melloni. (Atti dell’Accademia pont. d. Nuovi Lincei tom. V, 1851-52) cita incidentalmente la località di Roscillo (ved. pag. 668 degli Atti accademici). Così parimenti, lo Scacchi nella nota “ Sul magnetismo polare di al- cune lave del Monte Vulture » (Rendiconto della R. Accad. d. se. di Napoli — Anno 1°, d. nuova Serie, 1852, pag. 23-24) ricorda il tufo, rinvenuto dal Breislak presso Segni. Scacchi ritiene che Breislak sia stato il primo a conoscere esempi di rocce dotate di magnetismo polare. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 619 « talvolta ad acquistare la polarità. Si ammira dai naturalisti nel « nostro Museo un tufo vulcanico di forma quasi sferoidale com- « pressa, ritrovato nella valle di Roscillo sotto Segni dal P. Sci- k pi°ne Bieislak. Un tufo tale ha nelle facce opposte i poli, che “ attlrano 0 respingono i due dalla sbarra calamitata con forza « ben grande e alla distanza di un palmo romano. Una attrazione « e ripulsione sì potente non agita però le particelle più piccole “ della limatura di ferro » . Anche Delamétherie, come Ella ha ricordato, parla di questo tufo rinvenuto dal Breislak e ripete le medesime parole della nota di Dolomieu, che ho sopra citata (1). Breislak solamente nel 1798 menziona per la prima volta il tufo magnetico di Roscillo, o meglio di Rossilli, come Ella ha rettificato nella sua Memoria (2). Invero, nella Topografia fisica della Campania (Firenze, Brazzini, 1798, 1 voi. in 8°), alla pag. 12 dice « Allorquando io era in Roma ho seguito le tracce delle “ materie vulcaniche dei monti Albanesi e Tusculani sino alla « pianura di Segni confinante con quella di Anagni ed ivi appunto “ 'll °^ie B'°vai quel tufo, di cui si è parlato da molti litologi , “ dotato di una forza e polarità magnetica sì grande che si ma- li nifestava alla distanza di sei pollici ». Il medesimo brano, tradotto in francese, si legge nei : Voyages physiques et lythologiques dans la Campanie , suivis d’ime Mémoire sur la constitution physique de Rome , ecc. (Paris, Denta, 1801. 2 voi. in 8° c. tavole), al tom. I, pag, 13-14. Al toni. II poi pag. 252 della stessa opera, parlando del tufo del Campidoglio, Breislak avverte che « son action sur le bareau aimanté est sen- 0) Journal de physique, de chimie, etc. Anno 1794, toin. 45, pag. 320. (2) Nella carta topografica del Lazio di Giacomo Filippo Ameti, data in luce da Domenico de Rossi, in Roma, l’anno 1693 in 4 fogli, della quale trovasi una ristampa nel tomo II del Mercurio geografico [HAI) n. 130-133 inclus., è segnata 1 Abbazia di Poscilli tra Segni e Rocca Massima, presso il paese di Segni. Nella Topografia statistica dello Stato pontificio compilata da Adone Palmieri (Roma, tip. Forense, 1857-1863, in 8°, parti otto) alla pag. 37 della parte 3a {Province di Velletri, Rieti e Prosinone) è messa la chiesa della Madonna di Rossilli, una volta Abazia de’ Benedettini, a un miglio di distanza dal paese di Gavignano. 620 lì. Meli « sible à la distance de 5 à 7 millimètres (2 à 3 lignes) », come anche Ella ha riportato nella sua citata Memoria. Lo stesso Breislak nella sua Introduzione alla geologia (') occupandosi del magnetismo polare delle rocce vulcaniche dice « Nel 1785, percorrendo un giorno la pianura che giace tra il « monte Albano e l’Apennino di Segni, rinvenni un pezzo erratico « di tufo vulcanico la cui polarità era molto sensibile alla distanza « di sei pollici dalla spranga calamitata: ne diedi una parte al « sig. Dolomieu che trovavasi allora a Roma ed assistè alle poche « osservazioni che feci sopra quella pietra » (2). Parimenti il Breislak in altra sua opera : Institutions géologiques J traduites du ma- nuscrit italioti en f rancate par P. J. L. Camp mas (Milan, Imprim. impér. et roy., 1818, 3 voi. in 8° con atlante di 56 tavole) parìa dell’azione magnetica e polare delle rocce vulcaniche e del tufo di Rossilli. Al paragrafo 747 (ved. voi. Ili, pag. 324-326) dice che il fisico Volta intraprese una serie di osservazioni sopra l’azione magnetica esercitata specialmente dalle lave sull’ago calamitato. Eccone i brani più importanti « Le celebre physicien Volta entreprit « une sèrie d’observations sur cet objet: ces observations faites dans « mon cabinet, avec un barreau fortement aimanté afin de pouvoir a reconuaìtre les degrés d’attraction méme les plus faibles, furent a répétées sur chaque échantillon avec une aiguille faiblement a aimantée, pour éviter le renversement des pdles et pour recon- a naìtre la polarité par le moyen de la répulsion. Les échantillons a soumis à l’ examen, furent 2° plusieurs variétés de a laves compactes de l’Auvergne, des monts Euganéens, des en- a virons de Rome et du Vesuve. Ces laves présentèrent un très- a grand nombre d’anomalies ; presque toutes se trouvèrent plus ou a moins attirables Il y eut très-peu de ces laves qui a montrassent quelque degré de polarité En percouraut a un jour la piaine qui est elitre le mont Albano et l’Apennin a de Segni je trouvai un morceau erratique de tuf volcauique dans C) Milano, stamp. Beale, 1811, voi. 2 in 8° (ved. voi. I, pag. 288). (2) Il Breislak nella stessa opera (Voi. I, pag. 287) spiega la polarità dei prismi lavici, considerandoli come verghe di ferro, le quali sieno state lun- gamente nella medesima posizione, sapendosi che le sbarre di ferro tenute per qualche tempo nella direzione del meridiano magnetico, divengono magnetiche. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 621 « lequel étaient encastrés quelques amphigènes. La polarità de cet “ échantillon était très-sensible a la distance de six pouces du “ barreau aimanté » . Nel « Saggio di osservazioni mineralogiche sulla Tolfa , Ortoio , ecc. (meni. cit. : ved. pag. 95) Breislak scrive essere abbon- dante presso Latera l’arena micacea nericcia, attirabile dalla ca- lamita. Fleuriau de Bellevue, nel 1800, indica l’azione magnetica della lava di Capo di Bove nella : Mémoire sur les cris laute rnicrosco- ■piques et en particulier sur la séméline , la melili te, la pseudo- sommile et le selce-romano (1). Lo Spadoni, parlando della lava di Tichiena, dice che « ha la virtù bastante per muovere a due linee l’ago magnetico » (2). B. Faujas de S. Fond u q\Y Essai de geologie ou mémoires pour servir à l’histoire naturelle du globe (Paris, 1805-1809, tomi 2; il 2U in 2 parti, in 8°), parla di un tufo vulcanico con frammenti di calcare interclusi, ecc. dei dintorni di Albano (verisimilmente è il peperino ) ed osserva che « fait mouvoir le barreau aimanté « (tom. II, 2e partie, volcaus, pag. 570). Cordier nelle Recherches sur dijférens produits volcaniques (Journal des mines, Voi. XI, ler semestre, n. 124, avril 1807, pag. 249-260) parla delle sabbie ferruginose, provenienti dal lavaggio dei terreni vulcanici ed avverte che sono fortemente attirabili e e che taluni granelli sono anche polari. Tra le sabbie magnetiche, sottoposte dal Cordier all’esame, si trovano citate 8 varietà, rac- colte nel mezzo dei terreni vulcanici degli Stati Romani, cioè : a, tra Albano e Roma; b, prese a Frascati (:i); c. tra Frascati 0) Journal de physique, de chimie, d’histoire naturelle et des arts par J.-Cl. Delamétherie tom. LI, anno 1800, pag. 442-461 ; (ved. pag. 460). Secondo Delame'therie (Journal de phys. 1795, II, pag. 59) sembra che il primo a constatare la magnetite nella lava di Capo di Bove, sia stato appunto Fleurian de Bellevue. (2) Spadoni P. Osservazioni miner aio-vulcaniche fatte in un viaggio per l'antico Lazio. Macerata, Capitani, 1802, in 8° (ved. pag. 117). Nel lavoro dello Spadoni si contengono parecchie osservazioni originali sul Pozzo Santullo, sul ferro di Guarcino, sull’asfalto di Castro, sulla lava di Tichiena, ecc. (3) Importante è quello che scrive Cordier sulle sabbie magnetiche di G22 R. Meli e Albano ; d, 2 varietà di sabbie magnetiche, diverse per il volume dei granelli, raccolte sul bordo del lago Albano ; e, idem dal lago di Bolsena ; f, sabbia magnetica di Genzano (ved. pag. 257-258). Anche Procaccini Ricci scrive che attorno i nostri laghi, lungo i fossati o rigagnoli ove l’acqua abbia corso in tempo di pioggia si rinviene gran copia di ferro titanato in minutissimi ottaedri, e si può raccogliere una rena bruna luccicante di granellini di esso minerale attratti dalla spranga magnetica. Questa sabbia ferrifera di preferenza abbonda intorno al lago di Bolsena. Parlando del cosi- detto basalte (') di quella regione, avvisa poi che muove talvolta l’ago magnetico e mostra anche il magnetismo polare. [Procaccini Ricci Vito, Viaggi ai vulcani spenti d’Italia nello Stato romano verso il Mediterraneo. Viaggio I. 1814, op. cit., ved. tom. I. pag. 16, 192 e seguenti; tom. II. pag. 107, 113, 193, 223-224. — Viaggio II: da Bolsena ai contorni orvietani ed al lago Ciminio e di lui adia- cenze diviso in due parti. Firenze, tip. di s. Giuseppe Calasanzio, 1821, in 8° picc., voi. 2. Ved. tom. I, pag. 59-60 e 235, ove parla delle sabbie ferrifere attirabili dalla calamita). Nel voi. II del viaggio I citasi una lava magnetica presso Montefiascone (pag. 214, n. 16) ed altra delle medesime vicinanze, che parimenti presentava azione magnetica (pag. 221, n. 62). Cfr. ancora: Procaccini Ricci Vito, Descrizione metodica di alquanti prodotti dei vulcani spenti nello Stato romano. Firenze, 1820. in 8° (ved. pag. 18-19, pag. 41 al paragrafo basalte; pag. 44 al paragrafo ferro-titanato. — Il ferro titanato è menzionato più volte, per es. nella lava di Mou- tefiascone a pag. 74, n. 42 ; nelle arene vulcaniche di molte loca- lità della nostra Provincia, alle pag. 93 e 94]. Frascati; esse sarebbero formate da granati neri (melaniti), da pirosseni dello stesso colore (augiti), da feldspato limpido, da scorie e da alcuni grani di corindone azzurro ! (ved. pag. 258). P) Per gli antichi naturalisti, uno dei caratteri precipui del basalte era appunto quello di agire sull’ago magnetico. Cosi Hamilton, parlando di tale roccia, scrive: «est ime lave, demi vitrifìée, très-solide . . . . elle est très-fer- « rugineuse . . . . attirable par l’aimant etc. ». Vedi pag. 298 delle: Oeuvres complettes de M. le chev. Hamilton commentées par M. Vallò Giraud-Sou- lavie. (Paris, Moutard, 1781, in 12°). Nel Musaeum ìVonnianum trovo scritto alla pag. 42 « Basaltes marmoris gcnus est durissiinum, . . a Basai quod Aethiopiae ferrum notat ». Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 623 Brocchi nel suo Catalogo ragionato di una collezione di rocce n [SJ:.0Ste con ordme geografico per servire alla geognosia d’Italia (Milano, Imp. R. Stamperia, 1817, in 8°) cita lave polari a Capo di Bove (pag\ 28, n. 15); rocce magnetiche alla Colonna (pag. 37. n. 41) , Bachiti magnetiche dei vulcani cimini (pag. 161, n. 21-22 e pag. 162, n. 26); tufi magnetici (pag. 113, n. 24); lave ma- gnetiche presso Bolsena (pag. 202, n. 4); lave, che agiscono sul- 1 ago magnetico e sabbie ferrifere in molti luoghi della provincia di Roma. Lo stesso Brocchi menziona sabbia con grani di ferro magne- tico nelle Osservazioni sulla corrente di lava di Capo di Bove presso Roma e sic quella delle Frattocchie sotto Albano. Lettera al signor Leonhard inserita nella « Biblioteca Italiana ossia gior- nale di letteratura, scienze ed arti « tomo VII luglio-settembre 1817 (ved. pag. 103). Ella ha stampato nella sua Memoria che nel Museo geologico della nostra Università si conservano saggi di lave magnetiche, i quali io penso provenire dalla collezione Brocchi e forse anche dal Riccioli. Or bene, i pezzi che godono di forte polarità magne- tica provengono dalla corrente di Yallerano presso la via, ""già Aideatina, ora Laurentina. Essi furono, senza il minimo dubbio ì accolti dal Riccioli, giacché le scritte che accompagnano gli esemplari sono di carattere di quest’ultimo e la località fu scono- sciuta al Brocchi; venne infatti ritrovata dal Riccioli, insieme al- 1 altra prossima di Acquacetosa, nè entrambe queste due località trovansi indicate nel citato Catalogo del Brocchi. Fu invero il Riccioli che indicò al Carpi la corrente di Acqua- cetosa sulla via Laurentina ed il Carpi lo dichiara nettamente nella Memoria * Sopirà un antica corrente di lava scoperta nelle vicinante di Roma e sopra un acqua minerale che sorge presso la medesima » stampata nel « Giornale Arcadico » tom. XLI, 1829. Egli dilatti scrive « Debbonsi le prime notizie su questa corrente di L lava al sig. Riccioli mio amico, il quale se ne avvide princi- “ palmente per alcune escavazioni che sembravano essere state fatte “ in tempi antichissimi. Egli la indicò alla presidenza delle strade, “ che cercava una pietra simile a quella di Capo di Bove « (ved. pag. 5 dell’estr.). R. Meli G24 Il Delesse ('), eseguendo degli studi sul potere magnetico delle rocce nel 1849, lo determinò pel tufo vulcanico bruno-nerastro di Genzano, pel peperino laziale, per un tufo giallo-lionato decomposto di Ronciglione e per la pomice di questa ultima località, otte- nendo rispettivamente 990 pel tufo di Genzano, 675 pel peperino, 50 pel tufo giallo alterato, 30 per la pomice. Venendo a tempi più a noi vicini, si fa menzione del magne- tismo delle rocce dei dintorni di Roma e del ferro magnetico in esse contenuto, in varie Memorie del Ponzi, in molte delle me- morie da Lei pubblicate sul magnetismo terrestre, negli scritti del Secchi (-), von Ilath, Mantovani, Strùver, Ludwig, Uzielli. ecc., le quali, essendole perfettamente cognite, perchè stampate in questo ultimo terzo di secolo, tralascio di citare. (!) Delesse A. Sur le pouvoir magnétique des roches. Annales des mines, -l8 serie, tome XV, 1849 (ved. pag. 498, n. 3, 8; e pag. 499, n. 15,25; ved. anche pag. 500). (2) Secchi nel suo lavoro Escursione scientifica fatta a Norcia in occa- sione dei terremoti del 22 agosto 1859 (Atti della pont. Accad. d. Nuovi Lincei, Anno XIII, Sessione la, 4 dicembre 1859) avverte di aver trovato una enorme irregolarità nella posizione dell’ago di inclinazione nelle osservazioni eseguite nei colli Laziali. Ciò non può ripetersi che dall’azione magnetica esercitata dalle rocce di quella regione vulcanica ; e di fatti Secchi lo attribuisce al magnetismo delle lave ed altri prodotti vulcanici, che si trovano in quella località (ved. anche Annali dell'Osservatorio del Collegio Romano dal 1857 al 1859 pag. 204). Nell’inclinazione misurata sulla cima del Monte Cavo, Secchi trovò quasi 3 gradi di più che non porti la latitudine del luogo, la quale all’in- contro darebbe una diminuzione, restando a sud-est del meridiano di Roma. Osserva poi che. a Porto d'Anzio l’inclinazione cala regolarmente, giacché ivi non si trovano depositi tufacei, che possano influire colla loro vicinanza sulla sbarra magnetica (ved. Atti citati pag. 84, 87, 88). Ed invero ho riscontrato che per trovare i tufi vulcanici all’intorno di Anzio, bisogna andare sul littorale alle Grottacce presso Foglino, al di là di Nettuno, e verso Tor S. Lorenzo, oppure nell’interno della macchia di Anzio, ove parecchi anni fa, ritrovai depositi di pozzolane, eccellenti per le malte. Però, sotto S. Rocco ed ai tumoleti di Nettuno, si trova una specie di lehm, cioè una sabbia argillosa molto ferrifera. Aotizie hiblio grafiche sulle rocce magnetiche ecc. 625 . Prendo anche (i,iesta occasione per darle alcune notizie sulla declinazione magnetica di Roma, che potranno riuscire interessanti a Lei, che si è occupato di tale argomento. Nell' » lustramento stipulato nell’amo 1778 tra la Santità “ del Sommo Pontefice Pio VI e sua Altezza Reale Pietro Leo- “ Poldo ecc'' mediante i loro respettivi Commissari per la “ confutazione dei due Stati Pontifìcio e Toscano dalla parte “ della Chiana e sue adiacenze ». (Firenze, 1781, G. Gambiagi, in 4° c. 5 tavole), trovasi segnata nelle piante, rilevate nel 1777, indicanti la linea di confine tra i due stati, l’orientazione di esse, mediante il disegno di una bussola, nella quale l’ago magnetico! devierebbe dal meridiano di un angolo di 16° 40r verso ovest. Que- sto valore deve supporsi esatto, stante l’indole del lavoro in cui trovasi notato. Nella « Relazione della visita fatta per ordine della Sagra Rota negli scorsi mesi di febbraio e marzo del corrente anno 1781 a Campo Salino alle sue adiacenze ed allo stagno di Mac- carese per la causa che verte fra l'eccmo Signor Duca Ro- spigliosi Pallavicini e li Signori del Cinque e Teoli » . (Roma, Stamp. d. R. C. apostolica, 1783, in 4°, di pag. 4 non num. di indice, e 50 numerate) scritta da Pio Fantoni, nel Gap. I, è detto che fu rilevata la pianta di Campo Salino colla tavoletta pretoriana, e fu determinato il meridiano magnetico colla declinazione di 17° 28r. « Il meridiano magnetico fu da noi trovato quasi parallelo alla “ spiaggia del mare, il qual meridiano piegando verso occidente si « allontana dal vero astronomico gradi 17° 28'. Il signor Rondelli “ uno dei nostri più capaci agrimensori è il solo che abbia collo- “ cata la bussola nella sua pianta di Campo Salino, che fu da lui « rilevata sul luogo e poi sottoscritta il 29 maggio 1761 « Secondo le più accurate osservazioni delle due Reali Accademie « di Parigi e di Londra incominciate fino dalla metà in circa dello “ scorso secolo, sappiamo che l’ago calamitato ora declina conti- “ imamente dal vero meridiano verso l’occaso, costituendo il suo « moto medio di quasi dieci minuti per anno ». (ved. pag. 7). In una carta topografica dello Stato pontificio, pubblicata in Roma nel 1824, che parrebbe accuratamente compilata dal conte L. Antonio Senes Trestour, nella quale è data anche la longitudine 626 R. Meli dal meridiano di Roma, passante per S. Pietro, l’angolo di decli- nazione magnetica è segnato col valore di 18° verso ovest. Questi tre valori della declinazione magnetica di Roma mi sembrano importanti perchè vanno a congiungersi con quelli co- gniti e già pubblicati da circa il 1543 lino ad oggi. Di fatti, Hartmann misurò, circa il 1543, stando a quanto ne scrive Volpicelli (‘), la declinazione magnetica in Roma e la trovò uguale a 6° est (2). (Q Volpicelli Paolo, Intorno alle prime scoperte delle proprietà che appartengono al magnete-, cenno storico. Atti d. pont. Accad. d. Nuovi Lincei tomo XIX, sessione IV, 8 marzo 1866 (ved. pag. 213). (2j Dove Heinr. Wilh., Repertorium der Physilc, enthaltend eine voll- stàndige Zusammenstellung der neuern Fortschritte dieser Wissenschaft. Berlin, Band II, ( Elektricitàt , Magnetismi is, Erdmagnetismus, etc.), 1838. Alla pag. 130 del citato voi. II trovasi riportata la lettera scritta da Giorgio Hartmann al duca Alberto di Prussia, in data del 4 marzo 1544, nella quale fa parola delle osservazioni, da lui fatte antecedentemente in Poma, sulla declinazione magnetica, e del valore trovatovi di 6° est. Volpicelli (loc. cit.) riporterebbe l’epoca di tali osservazioni al 1543. Il Bertelli nel suo scritto: Sull'epistola di Pietro Peregrino di Maricourt e sopra alcuni trovati e teorie magnetiche del secolo XIII — Memoria se- conda (stampato nel Ballettino di Bibliografia e di storia delle scienze ma- tematiche e fisiche pubblicato da B. Boncompagni Tom. I, 1868, pag. 65-99, 101-139, 319-420), riporta al 1543 le osservazioni sulla declinazione magne- tica, citate dalTHartmann nella sua lettera (ved. pag. 353), mentre poi alle pag. 380 e 401 avverte che le osservazioni dell’Hartmann, per quello che si riferisce alla declinazione magnetica di Roma, vennero eseguite varii anni prima del 1544. Alcuni brani della citata lettera di Hartmann si trovano riprodotti nella menzionata me- moria del Bertelli. — Brìi. < ì. Bihlioyr. cit., Voi. I. pag. 353, 354, 370, 380. J. C. Poggendorff nel suo: Biographisch-literarisches Handu-órterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften etc. Leipzig, 1863; al voi. I, co- lonna 1023, dice soltanto che l’Hartmann dopo aver viaggiato in Italia si stabilì nel 1518 come meccanico a Nurnberg. Le stesse parole presso a poco trovansi ripetute nell’altra opera del Poggendorff, Geschichte der Physik, Leipzig, J. Ambrosius Barth, 1879, in 8° (ved. pag. 273). Quindi non si sa ancora con certezza l’anno preciso, nel quale Hartmann fu in Roma, e vi misurò la declinazione magnetica. Potrebbe però determi- narsi in seguito a ricerche storico-bibliografiche fatte allo scopo di conoscere l’anno in cui il Margravio Gumbrecht e suo fratello si trovarono entrambi in Roma, giacchò l’Hartmann nella sopra citata lettera dice chiaramente di aver eseguite in Roma le sue esperienze sulla declinazione magnetica appunto in Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 627 Nel 1602 Bartolomeo Crescenzio scriveva che la bussola in Roma deviava dal meridiano astronomico verso est di una quarta di vento; “ gregheggia * dice Crescenzio, cioè si volge verso Greco (’), quel tempo « wie ich solches selbst gefunden imd gesucht habe, zu der Zeit « zu Bora, da Ew. fiirstliche Gnaden Markgraf Gumbrecht und scine furstliche “ Gnaden Bruder bei einander zu Rom waren ». . Contemporanee alle osservazioni dell’Hartmann sulla declinazione ma- gnetica, o di poco ad esse posteriori, io penso che siano siate quelle fatte dal fiorentino M. Mauro, e le altre menzionate dal Cardano e da Fracastoro. Mauro nel suo libro: Sphera volgare novamente tradotta con molte notande additimi di geometria, Cosmographia, Arte navicatoria, ecc. Yenetia, Bartolomeo Za- netti, 1537, in 8° gr., scrive che « la calamita non si volge più al vero polo « del mondo; ma volge in verso il levante di circa 9° ». Come osserva G. I. Agostini, tale valore della declinazione si dovrebbe con tutta probabilità ri- ferire a l’ irenze, ove il Mauro viveva. Girolamo Cardano nel settimo libro « De subtilitate » scriveva che i poli dell ago calamitato non si diriggono nel meridiano magnetico, ma che deviano di un’angolo di 5°. Il Bertelli ( Sull'epistola di Pietro Peregrino ecc. Memoria IIa. Parte IIP nel Budett. di Bibliogr. Voi. I, pag. 380 e note a piedi pagina) dichiara che Cardano conosceva la declinazione prima del 1537. Anche Fracastoro fa parola della deviazione dell’ago calamitato di un’an- golo di 9° verso Oriente. (Ved. De sympathia et antipathia rerum liber unus. De contagine et contagiosa morbis et curatane libri III. Venetiis, ap. he- redes Lucaeantonii Juntae, 1546, in 8° picc.). « Constai praeterea perpendi- « culurn ìllud declinare a linea, quae ad polos spectat,... declinare dextrorsum per gradus circiter novelli » (Cap. VII del libro I. Ved. foglio 8). Giambattista Porta, nella sua opera: Magiae naturalis libri XX, ab ipso auctore expurgati et superaucti in quibus scientiarum naturalium di- vitiae et delitiae demonstrantur Neapoli, ap. Horat. Salvianum, 1589, in 4°, al lib. VII, de miraculis magnetis, cap. XXXVIII, p. 143, avverte che l’ago devia dalla linea meridiana di nove gradi verso oriente « in Italia a linea me- “ ridiana per novera gradus orientem versus declinat ». Di quest'opera si ha una traduzione italiana a Delta magia naturale libri XX» Napoli Eulifon, 1677, in 4»; in tedesco, Nurnb. 1713, in 4»; altre edizioni latine, Hannov. 1619; Ams'erd.’ 1G64 in 12°, ecc. In ogni modo questi sono i più antichi valori della declinazione magne- tica in Italia. (J) P. van Musschenbroek nella sua opera: Physicae experimentalis et geometricae de magnete, etc., dissertationes et ephemerides meteorologicae ultrajectinae. (Lugduni Batavorum, S. Luchtmans, 1729, in 8° con tav.j alla pag. 150 usa la stessa parola del Crescenzio, tradotta in latino, per indicare la deviazione dell ago verso E. Ecco il brano del Musschenbroek: « Quando 628 R. Meli di una quarta di vento (* 1). Una quarta di vento corrisponde- rebbe esattamente a 11° 15' (2). Peraltro il modo, con cui si esprime il Crescenzio, indica un valore soltanto approssimativo. Sembra infatti che il Crescenzio trovasse, misurando con precisione, 8° verso est, e lo si può dedurre anche dai brani del Kircher e del Piccioli, che poco più innanzi trovausi trascritti nella presente lettera. Kircher fin dalla la edizione della sua opera: Magnes, sive de arte magnetica , stampata nel 1641 (3) dichiara di aver deter- minato più volte la declinazione e di averla sempre trovata com- presa tra 2 e 3 gradi. Ne assegna il valore a 2° 45' verso est. Lo stesso Kircher nella menzionata sua opera, riporta le de- terminazioni eseguite per la latitudine di Roma da precedenti os- servatori. Così alle pag. 453-455 trovasi stampata una tabella, nella quale si hanno i valori della declinazione magnetica per varie lo- ft haec dodi natio sit ortura versus didtur acus graecissare ; cura autem de- « dinatio sit occasum versus didtur acus magistrare ». l1) Crescendo Bartolomeo, Nautica Mediterranea di Bartolomeo Cre- scentio romano, all'illustr. e reverendiss. Card. Aldobrandino, nella quale .... si manifesta l'error delle Charte mediterranee e degli Astrolabij e Balestri- glie, e da dove essi errori procedano, dando poi la vera Charta, et altro più giusto e facile Astrolabio e Balle striglia, con una Bussola ch'in nessun me- ridiano gregheggi o maestreggi In Roma, appresso Bartolomeo Bonfa- dino, 1602, in 8°, c. tav. e figure. Ecco quanto si riferisce alla declinazione per Roma: « Però se l’ope- « ratione et la Bussola si fa in Roma, ove la Bussola gregheggia una quarta « di vento ecc. » (pag. 224). (•■ Prima perchè nel meridiano di Roma, lontano dal meridiano dell’Isole « Fortunate gradi più di 30, vediamo che la Bussola gregheggia una quarta et di vento » (pag. 241). (2) u II fondo circolare del bossolo fu diviso e segnato in quattro parti a eguali e furono i quattro punti cardinali del mondo, ognuna di queste di- ti visa poi in due, diede con quelle gli otto venti, e queste in altre due furono u i mezzi venti ; la divisione di essi in altre due diede le quarte di vento » . Fincati L., Il magnete la calamita e la bussola. Nella Rivista Marittima, Anno NI, fase. IV, aprile 1878, pag. 5-24, c. IV tav. a colori. (Ved. pag. 18) (3) Ivircherus Athanasius, Magnes, sive de arte magnetica opus tripar- titimi, quo praeterquam quod universa magnetis natura eiusque in omnibus artibus et scientiis usus, nova methoclo explicatur, etc. — Romae, ex typ. Ludovici tìrignani, 1641, in 8° gi\ Questa è la la edizione; ne vennoro in appresso eseguito altro duo, cioè: Editio 2a multo correctior. Coloniao Agrippinae, 1643, in 4». — Editio 3». Romae, typ. Vitalis Mascardi, 1654, in 4» gr. Notizie biblio grafi che sulle rocce magnetiche ecc. 029 calita d Europa. Tra questi (alla pag. 454) trovansi dati per Roma, i valori seguenti, oscillanti tutti sui 3°. “ P- Joann. Baptista Giattinus (e Soc. Jes.) 3° fere. « P. Jo. Àntonius Martinus (e S. J.) 2° 50' “ Glariss. D. Casparus Berti 3° circiter. “ Author (Kircherus) 2° 45' “ E- P. Pr. Pranciscus Niceron 2° 40' “ P- Pranciscus Perseus 3» circiter. Alla pag. 481 poi, parlando della variazione della declina- zione in Roma, dice : « Nani in Romana declinatione non minus « diversam quam in Londinensi variationem aliis et aliis tempo- « ribus observatam reperio ; Crescentius in sua Nautica 8 graduum “ deolinationem se primo invenisse asserii P. Josephus Blancanus u Eias 6. P. Horatius Crassus multo post 3. Quidam etiam nihil “ declinare se reperisse aiunt. Nos demum, quotquot modo bic Romse “ observavimus, eam intra 2 et 3 gradum se sustentantem depre- “ hendimus. Ita paulatim ab imperfectioribus ad perfectiores obser- “ vationes fit processus ». Riccioli riassumeva la maggior parte dei valori trovati in precedenza per la declinazione magnetica orientale di Roma, desumendoli dalla citata opera del Kircher (*). Altri valori, deter- minati pei Roma sulla prima metà del XVII secolo si potrebbero O bieciolii Jo. Baptistae, Geographiae et hydroqraphiae reformatae nuper recognitae et auctae libri duodecim, auctore R^P. Jo. Baptista Ric- cio Lio ferrar lensi etc. Venetiis, Typ. Joannis La Noù, 1672, in 4° grande. . ,. 1 . ^ NI alla pag. 337 dà un’elenco di autori che scrissero sulla declinazione, o sulla direzione dell’ago magnetico. Alla pag. 333 scrive « Bo- « mae Barrii olomaeus Crescentius, ut hahet in sua Nautica mediterranea, ob- « servavit declinationem grad. 8; at P. Josephus Blancanus gr. 6, et P. Ho- “ rati us Crassus^ paulo post gr. 3. Kircherus autem semper inter gr. 2 et 3 ». •7. CjP- (pag. 310-347) è stampata una tabella della declinazione magnetica di vane località disposte per ordine alfabetico ; in questa tabella per Lorna si hanno i seguenti valori: Crescentius 8°,00 versus Grec. Clavius, Blancanus . . 6°.00 « P. Crassus Soc. J. . . 3°.00 » P. Jo. Bapt. Giatinus . 3° (fere) » Jo. Martinus s. J. . . . 2°.50/ » Kircher s. J 2°.45' » Gaspar Berti 3° circ. » P. Francisc. Niceron- . 2°.00 » Franciscus Perseus . . 3°. circ. » che evidentemente sono ricopiati dall’opera di Kircher. La prima edizione del Riccioli è del 16G1 o porta il titolo: Geographiae et l y dro (irmi li ine reformatae libri XH etc. Bononiae, ex typ. haeredis Victorij Benatij, 1061. 630 R. Meli trovare, io lo credo, scorrendo le varie edizioni delle opere di Gu- glielmo Gilbert (]), Nicola Cabeo (2), Giovanni Taisnier, Nicola Perseo, ecc. Ma nel 1670 la declinazione a Roma era già occidentale. Àuzout(3) nel 1670 ebbe 2° 30' verso ovest e lo ricorda anche (0 Gilbertus Guilielraus, De magnete magneticìsque corporibus et de magno magnete tellure, Physiologia nova, plurimis et argumentis et expc- rimentis demonstrata. — Londini, Petrus Short, 1600, in 4°. Nel libro IV cap. 18 (pag. 180-181) scrive: « Putant nautae Siculi et Itali « (proci in mari siculo.... magnetica ferramenta graecizant, hoc est, feruntur « a polo versus ventum graecum dictum •>. Del trattato di Gilbert si lia anche un’edizione con aggiunte, stampata nel 1633 (Sedini, typ. Gotzianis, 1633, in 4°). (2) Cabaeus Nicolaus, Philosophia magnetica in qua magnetis natura penitus explicatur et omnium quae hoc lapide cernuntur, causae propriae a feruntur ; nova etiam Pyxis construitur quae propriam poli elevationem cum suo meridiano ubique demonstrat, etc. Ferrariae, ap. Francisc. Succium, 1629, in 4°. Meteorolog icorum Aristotelis commentarla et quaestiones. Romae, 1646, voi. 4. Difatti nella la delle citate opere, il Cabeo dice chiaramente che a Roma la declinazione, ai suoi tempi, era di 4° 30' verso est. Invero al lib. 1 cap. XVI scrive : « et potuit suspicari ipse (Garzonius) triginta ab bine annis « aut quadraginta, quo tempore magnetem exercebat, ne ubique semper eodem « modo declinaret gradibus 5 ad orientem sicut hic (Ferrariae) declinat, et « Eomae, ubi minor dicitur declinare » (pag. 56). Leonardo Garzoni, di cui parla Cabeo nel brano ora riportato, fu ve- neziano; scrisse, anteriormente al Porta ed al Gilbert, un lavoro sul magnete circa il 1589; lavoro che non sembra sia stato stampato (Ved. Bertelli, Bull, di Bibliografia citat. Voi. I, pag. 23). Nel lib. Ili, cap. IX, Cabeo scrive pure che gli aghi magnetici non si dispongono nella linea meridiana, ma la parte che si rivolge a nord « con- « vertit se orientem versus ut faciat angulum cum vera meridiana linea grad. 4 u cum dimidio circiter » (ved. pag. 217). (3) An observation of M. Adrian Azout, a French philosopher, made in Rome ( where he noto is) about thè beginning of this year 1070, concer- ning thè declination of thè magnet ( out of an italian printed paper, english by thè publisher, as folloics). Nelle: Philosophical transactions giving some accompt of thè present undertakings, studies, and labours of thè ingenious in many considerable parts of thè world. Voi. V for 1670. London (ved. n. 58. aprii 25 1670 pag. 1184-1187). N. B. La numerazione dello pagine tra il fase. 58 e 59 b orrata. Le esperienze furono eseguite sul principio del 1670 dall’Auzout in Roma l\oti~ie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 631 Pianciani ('^ Dunque, in un certo periodo di tempo, compreso tra il 1641 ed il 1670, la declinazione magnetica per Roma ha dovuto ne- cessariamente essere zero, cioè l’ago ha dovuto disporsi colla sua di- rezione nel meridiano astronomico della località. Per mancanza di dati esatti, supponendo regolare la variazione annua nella decli- nazione, tanto orientale che occidentale, dal 1641 (2° 45' est, se- condo Kircher) al 1670 (2 ’ 30' ovest, secondo Auzout) e riflettendo che gli angoli di detta declinazione sono pressoché di uguale am- piezza e perciò simmetrici rispetto la linea del vero meridiano (-), si avrebbe che l’epoca, in cui per Roma la declinazione fu nulla, sa- rebbe il principio del 1657. Dopo di quel tempo fino ad oggi, la declinazione fu occidentale (3). con un’ago .della lunghezza di »4 di palmo; ed ebbe quasi sempre nelle re- plicate misure una declinazione ovest di più di 2°; in talune anche di 2° e 30'. . La momoria è assai importante, tenuto conto dell’epoca in cui fu scritta. Vi si parla della declinazione orientale, che precedette la declinazione ovest. Sembra che sia stata tradotta da altra memoria stampata in italiano, la quale ultima non mi fu possibile consultare, quantunque abbia fatto qual- che ricerca in proposito. (D Pianciani G. B., Istituzioni fisico-chimiche. Roma, C. Puccinelli 1834 voi. 3 in 8°. Ved. Tomo III, pane la, pag. 680. (2) Secondo le osservazioni di Diamilla-Muller la variazione secolare della declinazione aumenta o diminuisce proporzionalmente, secondo il valore dell’angolo di declinazione : questa variazione è di 2' all’anno quando l'ago è prossimo alla linea senza declinazione; è invece di 7 quando la declinazione ha un valore di 14°. Però questa proporzione si mostra simmetricamente tanto se la declinazione sia orientale, quanto se sia occidentale. (Cfr. Diamilla-Mul- ler, Deuxième sèrie d'observations simultanées qui auront lieu sur tonte la sur face du globe, le 15 octobre 1872. Nei Comptes rendus hebdom. d. séanc. de l Acad. d. Sciences Tom. LXXIII, Juillet décembre 1871, pag. 1063). (3) La declinazione fu nulla a Copenhagen nel 1656; fu nulla a Parigi nel 1663 ed a Londra nel 1667. (Cfr. De la Rive, Traité d'électricité, Tom. HI pag. 223; Frisiani Paolo, Ricerche sul magnetismo terrestre, stampate nel Nuovo Cimento, Giornale di Fisica, Chimica e Stor. nat. Anno VIII. tomo XV, 1862, ved. pag. 120). Secondo altri, per Londra si ebbe la decli- nazione nulla tra il 1657 e 1662. Musschenbroek (ved. De magnete, op. cit.), alla pag. 155 scrive che a Parigi la declinazione fu nulla nel 1666, e a Lon- dra nel 1657 e che innanzi questo tempo la declinazione era orientale « ante hoc tempus acus graecissabat ». Nella stessa pagina sono ricordate le deter- minazioni fatte in Roma nel 1670 da Auzout sulla declinazione (2° a 2° 30' ovest). Anche Becquerel, per i valori di Parigi, scrive « les plus anciennes 41 632 R. Meli Asclepi nel settembre 1762 determinava 16° verso ovest. Gilii, negli anni 1806, 1807, 1808, trovava successivamente « observations un pou exactes sur la déclinaison commencèrent à Paris en « 1550. A cette epoque la déclinaison était vers Pesi, elle est devenue nulle « en 1663 » (Cfr. Becquerel, Traité expérimental de l'électricité et du ma- gnétisme et de leurs rapports avec les phénomcnes naturcls. Paris, Didot. 1834-40, voi. 7 in 8° picc. con atlante in fol. Ved. voi. I, pag. 71). Quindi l’epoca trovata, circa il 1657, per la declinazione zero a Poma sarebbe intermedia fra quella in cui avvenne a Copenhagen, e quella in cui si ebbe a Parigi ; ciò andrebbe anche bene, essendo il meridiano di Roma compreso tra quello che passa per Copenhagen e quello di Parigi. Sembrerebbe poi che la declinazione nulla siasi avuta un’altra volta nel- l’Italia centrale nella seconda metà del secolo XIII, innanzi al quale tempo la declinazione sarebbe stata, come ora, occidentale. Il Bertelli invero nella sua memoria Sull'epistola di Pietro Peregrino di Maricourt, ecc. (meni, cit.), da una serie di considerazioni, ò condotto a concludere che quando Pietro di Maricourt, detto il Peregrino, scriveva a Sigero di Faucaucourt nel 1269 dall’assedio di Lucerà nelle Puglie, la sua ben nota lettera, che porta il titolo: Epistola Petri Peregrini de Maricourt ad Sygerum de Faucau- court, militem, de magnete, la declinazione in Italia doveva essere zero o quasi nulla, in ogni modo si piccola da sfuggire agli istrumenti d’osserva- zione, di cui disponeva il Peregrino. (Ved. meni, cit, Bull, di Bibliogr. Tom. I pag. 387-390). Invece Musschenbroek, nel ricordare la suddetta lettera del 1269 riferisce, sulla fede di Thévenot, che l’ago allora deviava dal settentrione di 5 gradi (Musschenbroek. De magnete etc., op. cit., pag. 150). Humboldt poi, scrive che Pietro Peregrino trovò in quell’epoca (1269) la declinazione orientale di 5° ( Cosmos , 3a edizione italiana. Venezia, 1861. Ved. tom. IV, pag. 154, nota 149). Se ciò fosse realmente esatto, allora Pietro di Maricourt sarebbe stato il primo ad accorgersi che l’ago magnetico colla sua direzione non si collocava nel piano del meridiano astronomico, ma deviava formando un an- golo con questo. Ma ciò non è vero, e la scoperta della declinazione magnetica va attribuita a Cristoforo Colombo nel suo primo viaggio fatto verso l’America nel 1492 (Cfr. Dissertazioni epistolari bibliografiche di Francesco Cancellieri sopra Cristoforo Colombo di Cuccavo nel Monferrato discopritore dell' Ame- rica e Giovanni Gersen di Cavaglià ecc. Roma, Fr. Bourlié, 1809, in 8°, ved. pag. 58-61 : nelle note in fondo alle cit. pag. trovasi una copiosa bibliografia sul magnete, sulla bussola ed argomenti affini. — Wenckebach W., Sur Petrus Adsigerus et les plus anciennes observations de la déclinaison de l'aiguille aimantée traduit de l'hollandais par T. Ilooibcrg, Rome, 1865. — Figuier, Les grandes inventions scientifiques et industri elles. Paris, 1859, pag. 30. — Bertelli, Sull'epistola di Pietro Peregrino di Maricourt e sopra alcuni tra Aotizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 633 . Contiuel 1811 dava il valore di 17° 3'. Fino a questo anuo i valori erano stati sempre crescenti; ma nell’anno appresso, 1812, mti e teorie magnetiche del secolo XIII nel Bullett. di Bibliogr. cit, tomo I ved pag. 405). Peraltro sembra che non si debba ritenere come scritta da lictro di Mari court la nota relativa alla declinazione orientale di 5° • ma che essa sia una postilla aggiuntavi dopo, quando la lettera fu trascritta po- s ei llJlmen c- 1°, che lece parola della declinazione orientale di 5° indicata nella lettera di Pietro de Maricourt, fu Melchisedec Thévenot nel Recueil de voyages dedié au Boy. Paris, chez Etienne Michallet, 1681, in 8° picc. Dopo del 1 hevenot fu ripetuto da altri, tra i quali il Musschenbroek e l’Humboldt d U L m? ^ JT1La f0nte' 11 ThéVen0t’ a P^e, ebbe una copia , EPlst0}a probabilmente il codice che ora trovasi nella Biblioteca Universi- taria di Leida) nella quale si trovano 2 brani, o note, aggiunti posteriormente- pnVii-ToS77i rani S1 nferisce aPP'Jnl° alla declinazione orientale di 5°. U Bertelli (. Sull epist . di Pietro Peregrino, meni, cit., Bullett. di Bibliogr p i Tf; C Seg0 dÌm°Stra Che le due nottì debbono riferirsi a Imtro d! Maricourt, perchè mancano in tutti gli altri esemplari conosciuti e che ne 1269 in ogni modo la declinazione doveva essere occidentale e non orientale (ved. Bertelli pag. 387). Il Bertelli in un intero capitolo (cap. VI pag. - o-418 Bullett. cit,) sostiene che il primo ad avvedersi della declina- zione fu Cristoforo Colombo, il quale, il 13 settembre 1492, riconobbe la mea di declinazione nulla all’est delle Azzorre, a circa 11° W dall’isola di Ferro; anteriormente al 1492, Bertelli dimostra che la declinazione magnetica era sconosciuta in Europa. (Ved. ancora: Intorno a due codici, meni, cit Bullett. di Bibliogr. Tom. IV, 1871). Convengo col Bertelli che la declinazione nel 1269 deve essere stata occidentale, giacché tenendo conto dell’andamento della declinazione nei valori trovati dal 1513, circa, fino ad oggi, si può dedurre che occorre un periodo di circa 3 secoli affinchè la declinazione sia successivamente nulla in una s essa località. Se quindi fu nulla la declinazione circa il 1657 e da quel- 1 epoca fino ad oggi fu occidentale; anteriormente al 1657 deve, per un pe- riodo trisecolare, essere stata orientale, e circa il 1350 deve essere stata nulla- prima del 13o0 di nuovo la declinazione fu occidentale e perciò nel 1269 cioè quando Di Maricourt scriveva la sua epistola, la declinazione era occi- dentale e nella fase di decrescenza. pU/Ia l6pttera di P]et^ di Maric0nrt- oltre la gii citata, cfr. dello stesso Bertelli: Sopra Putrì, Peregrino di Maricourt e la sua epistola » De magnete „. - Memoria I», Nel Dui! di Bibliogr. cit., tomo I (1868) pag. 1-32. - Intorno a due codici vaticani della epistola de Magnete di Pietro Peregrino de Maricourt ed alle prime osservazioni della declinazione magne - tua. Bullett. di Bibliografia cit. Tomo IV, 1871, pag. 303-331. - Boncompagni Baldassare, Intorno alle edizioni della epistola de Magnete di Pietro Peregrino de Maricourt. Bullett. cit., Tom. IV pag. 332-330. Il Bertelli riproduce il testo della lettera restituito alla miglior lezione, e colle varianti che trovatisi nei vari codici, alle pag. 70-89 del tomo I del Bullett. d. Bibliografia cit. r. ancora: Sur Petrus Adsigerus et les plus anciennes observations de la declinami} de 634 R. Meli Conti avrebbe trovato 16° 55,3'; quindi sembrerebbe che dal 1812 la declinazione magnetica per Roma avesse principiato ad essere in de- cremento ('). Tutte le successive determinazioni citate tino ad oggi l’aiguille aimantée par IV. Wenckebach traduil de l’hollandais par T. Hooibcrg. Rome, Irapr. d. scùnces matliématiq. et physiques, 1865. . La citata lettera fu scritta nel 1269, da Lucerà nelle Puglie, quando la città era cinta d'assedio dalle armi di Carlo d’Anjou. t1) Asclepi Giuseppe, Osservazioni intorno alla declinazione della cala- mita fatte in Roma dal M. R. P. Giuseppe Asclepi. Negli Atti dell’Accademia di Siena, detta dei Fisiocritici, Siena, Voi. II, 1763, pag. 107- 125. (Vedi pag. 124). L’Asclepi nel determinare la declinazione assoluta, si servì della meri- diana tracciata dal Cassini nella chiesa di S. Maria degli Angeli in Roma. Ora per i ferri che sono visibili nella suddetta chiesa e per gli altri che si trovano sotto il pavimento, ottenne i valori estremi di 14° 30' e 18° 00'. Ved. su ciò quanto scrive lo stesso Asclepi, loc. cit., ed il Secchi (Secchi Angelo, Osservazioni magnetiche. Parte prima ( Cenni storici, strumenti e metodi di osservazione ) nelle Memorie dell'Osservatorio del Collegio Romano. Nuova serie dall’anno 1857 al 1859, n. XXIV pag. 187). Giuseppe Asclepi di Macerata morì a Roma il 20 luglio 1776. Pini nel Viaggio geologico per diverse parti meridion. dell'Ralia, op. cit., alle pag. 30-31 avverte che « la meridiana magnetica non suole coincidere u colla meridiana astronomica, ed al presente declina verso occidente circa 1 8 « gradi ». La lettera del Pini, nella quale trovasi il citato brano, porta la data del 1792, mentre quella della pubblicazione è del 1802. Però il citato valore si riferisce a Milano, ove il Pini allora insegnava Storia Naturale (Cfr. Pini E., in Opuscoli scelti sulle se. e arti . Milano, G. Marelli, Tom. Ili, 1780 pag. 186) Così nella « Carte du pah situò entro Bologne et Ferrare tirée de la Chorographie da Duellò de Ferrare par Barufaldi et des environs de Bo- logne par Chiesa » che trovasi al n. 25 dell’Atlante, che accompagna l’opera di De La Lande, Voyage en Balie, op- cit., (2me édition, Paris, 1786) è se- gnata graficamente la declinazione magnetica verso O. Altri valori della declinazione ovest in Italia ritengo che potrebbero trovarsi, consultando le opere dei vecchi scrittori del XVII e XVIII secolo sulla bussola e sulla calamita (Galileo Galilei (1607); Manzini C. A. (1650); Leotaud V. (1668, (*); Francesco Terzi Lana (1686); Celli M. Anton. (1692); (*) R. P. Vincenti i Leotaudi Delphinatis Societ. Jesu Magnetologia in qua exponitur nova de magneticis philosopliia Lugduni, Laurent. Anisson, 1668, in 8° c. fig. Alle pag. 175-187 si trovano stampati i valori della declinazione ma- gnetica per molte località, alcune delle quali italiane. Tra queste è segnato per Roma il valore di 3° (ved. pag. 187). Questa declinazione sembrerebbe occidentale ; tale almeno è segnata per Livorno (5° occ.), per Napoli (0° 30' occ.), per Loreto (4°. Ved. pag. 186 e 188). Alla pag. 203 scrive, citando Kircher, che la declinazione variò a Roma di non pochi gradi nello spazio di alcuni anni. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 635 avrebbero dato valori decrescenti ed è ben noto che, la declina- zione magnetica è attualmente in decremento abbastanza forte presso 1 noi come del resto si verifica per la maggior parte d'Europa (>). Però dopo la determinazione del Conti si avevano soltanto quelle eseguite da Pianciaui verso il fine di febbraio e nell'ottobre del avendo egli successivamente trovato 16° 15' e 16° 35' m Ma tutte le precedenti determinazioni per i metodi tenuti, per sii ìs riunenti imperfetti usati, lasciano molto a desiderare e, come già ha avvertito il Secchi (3), ammettono facilmente un errore di un grado. Grammatico Nic. (1723); Scarella G. Batt. (1759); Barbadico Girolamo (1778); Brugmann (1778); ecc.). v h n lhg*Zd(! 3 Val°rÌ fr°VatÌ dal Gilii per ZU anni 1806-1808, riportati alla pag. 6o2 della presente memoria, devo avvertire che ciascuno di essi è la media annua, ricavata dal valore medio mensile della declinazione, interpo- lato, cioè, tra il massimo ed il minimo di ogni mese. La decimazione massima e minima di ogni mese per gli anni 1806-1808 trovasi nelle tavole meteorologiche, che sono stampate in fine dei 3 fascicoli co titolo : Risultati delle osservazioni meteorologiche fatte per Vanno 1S 06 (ovvero 2##, , oppure 1808) nella specola pontificia vaticana da Filippo Luigi f}iln. Roma, Salomoni, 1807-1809, 3 fascicoli in 8° picc. . Altn valon per la declinazione magnetica di Roma sulla fine del XVII e principio del XVIII secolo, io penso, come ho già detto poco innanzi, che possano trovarsi nella memoria di Nicola Grammatico col titolo : Problema geographicum de longitudine locorum terrae per acum nauticam indaqanda. (Ingolstadt, 1723 in 4°), la quale memoria non ho potuto consultare. A Mosca la declinazione magnetica è già occidentale, e nell’agosto 1883 aveva il valore di — 1° 57', che trovasi dato dal doti II. Fritsche nel suo lavoro: Fin Beitrag zur Geographie und Lehre vom Erdmagnetismus Asiens und huropas, stampato nelle D. A. Petermanns Mìttheilunqen • Er- gànzungsband voi. XVII. 1884-85; n. 78 (pag. 54, n. Sa). ( ) Il 1° di questi valori fu osservato nel Gabinetto fisico della Sapienza ed il secondo nel Collegio Romano (Ved. Pianciani G. B., Istituzioni fis.-chim., op. cit., toni. Ili, parte la pag. 680). Però, sembra che sia più attendibile il secondo di questi valori, giacché esso soltanto trovasi citato in seguito dai vari scrittori e dallo stesso Pianciani. Difatti, il solo valore di 16° 35' perii 1833, è dato nei suoi Elementi di fisico-chimica, 3a edizione ritoccata ed accresciuta dall’autore. — Roma, Marini e C°., 1844, voi. 2 in 8» (ved. toni. II pag. 50). (3) Secchi A., Ricerche sull attuale valore della declinazione magnetica in Roma. Atti d. Accad. pont. Nuovi Lincei, toni. V (1851-52), pag. 599-615 inclus. (ved. pag. 600). 636 R. Meli Circa il 1850 la declinazione magnetica per Roma era va- lutata a 14°8r(1); nel 1853 Secchi (2) la trovava 14° 3,58'; nel 1859 lo stesso Secchi trovava 13° 43,5', e nel novembre dello stesso anno determinava 13° 43,41/ (3) ; nel 1869, per le misure fatte dal Brami (J) si aveva 13° 10,66' ; nel 1870, secondo quanto (9 Questo valore trovasi riportato nel Cari, Repertorium d. Physik, voi. V. pag. 51, e venne generalmente attribuito al Lamont. Su questo valore devo alla gentilezza del prof. Keller l’avermi comuni- cato, mentre il presente lavoro era già scritto, composto in tipografia, e pronto ad esser tirato, un brano di lettera direttagli dal prof. Cliistoni sull’ argo- mento, che credo importante di riprodurre integralmente. « Conosco perfettamente i dati magnetici che si trovano noi Reper- ii torium der Physik del Cari voi. V (1869); ed anch’io dapprima ho creduto a che le misure fossero del Lamont. Per confermare la cosa ho passato qualche a giorno all’ Osservatorio di Brera in Milano, a consultare tutte le opere del a Lamont; e finalmente con mia meraviglia, ho trovato che le misure che nel u Carl's Repertorium sono attribuite al Lamont e ridotte al 1850,0 non sono “ del Lamont, ma di altri osservatori, e che vennero dal Lamont ridotte al a 1850 per completare le maynetische Karten von Deutschland und Bayern, a come verificai a pag. 11 di quest’ultima pubblicazione del Lamont. a Così, ad esempio, i valori del 1850 per Roma sono dovuti a Secchi, a Quetelet e Sartorius von Waltershausen. « I valori di Torre tre Ponti, Radicofani e Borghetto che Ella mi cita, u sono la riduzione dei valori trovati da Quetelet verso il giugno del 1830. « Dopo ciò, credo che aneli’ Ella stimerà giusto, che ho fatto bene a a trascurare la tavola pubblicata nel Repertorium del Cari ». Devo ancora dichiarare che insieme alla precedente lettera il prof. Keller mi dette in comunicazione l’accurato lavoro del Chistoni, col titolo: Contributo allo studio del magnetismo terrestre in Italia e lungo le coste dell' Adriatico (. Riassunto di determinazioni degli elementi del magnetismo terrestre fatte prima del 1880). — Roma, Bontempelli, 1889, in 4°. Negli a Annali dell'Ulficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica. Parte I, voi. IX, 1887, pag. 183-352, il quale importante lavoro, ricco di dati e di determinazioni, mi era compieta- mente sconosciuto. (z) Secchi A., Ricerche sull'attuale valore d. deci. (meni. cit. ; ved. pag. 612). — Memorie del nuovo Osservatorio del Collegio Romano 1852-55 — Roma, Tip. Belle Arti, 1856, in 4°, (ved. pag. 145). Idem, Nuova Serie dal- l'anno 1857 al 1859 (ved. pag. 200). Ved. ancora Secchi A., Sulla decli- nazione magnetica in Roma. Nella Corrispondenza scientifica in Roma. Anno III, n. 1 ; 5 gennaio 1854 (pag. 1-2). (3) Secchi A., Memorie dell'Osservatorio del Collegio Romano. — Nuova serie dall'anno 1857 al 1859 (ved. pag. 199-200). (4) Braun Carlo, Costanti magnetiche in Roma. Bullettino meteorologico Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 637 scrive Giordano ('), la declinazione era di 13° 15' con decrescenza di circa 4' all’anno ; nella stessa annata il valore medio di 5 mi- sure eseguite dal Braun dà 13° 14,66' (*); nel 1871 lo stesso Braun trovava 13° 3,94' (3) ; nel 1875 il Perry (4) assegnava 12° 16,6'; nello stesso anno il Secchi misurava la declinazione di 12° 39,2' (5), ottenendo nel giugno 12° 25,5' (6) e nel luglio 12° 29'; sul’ prin- cipio del 1876 Ferrari otteneva 12° 25', nel maggio Secchi deter- minava il valore di 12° 23,4' e nel luglio 12° 23,2' (7) ; Ferrari trovava 12° 11,4' nell’aprile del 1878 e 12° 4' nell’ottobre 1878 (8); Ella (9) nel 1878 ricavava il valore di 11° 53,4'. Nella Carta geo - dell Osservatorio del Collegio Romano con corrispondenza e bibliografia per l'avanzamento della fisica terrestre. Voi. IX, 1870 (ved. pag. 2). 0) Giordano Felice, Cenni sulle condizioni fisico-economiche di Roma e suo territorio. Firenze, G. Civelli, 1871, in 8» c. carte tved. pag. 15 e carta della Campagna romana con sezioni geologiche, nella quale è indicata la de- clinazione dell’ago). (2) Braun C., Costanti magnetiche in Roma. Bullett. meteorolog. d. Osserv. ecc., voi. IX, 1870, già citato, pag. 19, 28, 43, 56. I valori ottenuti nell’anno 1870 dal Braun sono: 13° 19,85' (21 gennaio); 13° 14<85' (15 febbraio); 13° 16,99' (21 marzo); 13° 13,54' (9 maggio); 13° 7 56’ (28 agosto). (3) Bull, meteorolog. cit., voi. X, 1871, pag. 12. (4) Zeitschr. d. oesterreirh. Gesellschaft fur Metereolog. voi. XVI, pag. 60. (5) Su questo valore Ella fece un’osservazione, che trovasi pubblicata nella sua nota: S all andamento della declinazione e della componente oriz- zontale del magnetismo terrestre in Roma durante l'ultimo decennio. Atti d. R. Accad. d. Lincei. Transunti, serie 3a, voi. Vili, 1883-1884 (ved. pag. 271). (6) È il valor medio tra le 2 determinazioni (12° 28'; 12° 23') accennate dal Secchi nella « Introduzione alle osservazioni magnetiche » stampate nel Supplemento alla Meteorologia italiana. Anno 1876, fase. 4° (ved. pag. 3). (7) Secchi A., Introduzione alle osservazioni magnetiche meni. cit. pag. 3. (8) Bullett. meteor. cit., Voi XVII, 1878 (ved. pag. 33 e 91). Ved. an- coia I errari « Introduzione alle osservazioni magnetiche » stampata nella Meteorologia Italiana. Memorie e notizie per Vanno 1878 pubblicate dal- l’Ufficio centrale di Meteorologia. Anno 1878, fase. I, pag. 35. (9) Keller F., Sulla variazione secolare della declinazione magnetica di Roma. Atti d. R. Accad. d. Lincei. Memorie d. classe di se. fisiche, ecc. serie 3a, voi. II, dispensa la, 1878 (ved. pag. 305 a 307). Ved. ancora Keller F., La variazione secolare della declinazione ma- gnetica in Roma. Atti d. R. Accad. d. Lincei, serie IIIa Transunti, voi. Ili, 1878-79, pag. 209-211. Secondo l’Autore, la declinazione decresceva nel 1879 in Roma per circa 7' all’anno. 638 R, Meli logica della Campagna Romana , compilata dall’Ufficio geologico nella scala di 7250,000, che trovasi nell’ Atlante delle carte topo- grafiche, idrografiche e geologiche annesso alla « Monografia sta- tistica della città di Roma e Campagna Romana presentata al- V Esposizione Universale di Parigi del 1878 » (Roma, Tip. Elze- viriana, 1878, in 8° gr.) è segnata la declinazione magnetica col valore di 11° 40' pel 1878 nella la edizione e con 11° 25' pel 1880 nella 2a edizione della Carta suddetta. Così ancora nella Carta geologica d’ Italia compilata sui lavori editi ed inediti di vari autori sino al 18.81 , pubblicata per cura dell' Ufficio Geologico nella scala di Vi.in.m è segnato il valore della declinazione ma- gnetica pel 1881 in 11° 30'. Questo valore deve riferirsi a Roma, ove l'Ufficio geologico risiede. Il Chistoni (') nel 1883 assegnava 11° 6,9'; nella Carta idrografica della spiaggia di Porto d’ Anzio, rilevata nella scala di Vio.ooo nel 1883 sotto la direzione del ca- pitano di vascello 6. B. Magnaghi e pubblicata nel 1885, è dato per la declinazione magnetica in questo ultimo anno il valore di nn' ovest, con diminuzione annuale di 0'. Altri valori della declinazione ovest per Roma si trovano re- gistrati nel lavoro del Chistoni (-), ed altre determinazioni su tale declinazione dovrebbero essere stampate nelle « Ephémerides mé- téorologiques de l'Académie météorologique de Manheim », giacché ne trovo fatta menzione nel tomo I degli Opuscoli astronomici e fisici di Giuseppe Calandrelli e Andrea Conti. (Roma, Salomoni. 1803, iu 4a c. 2 tav.), all'opuscolo quarto: Estratto di osservazioni meteorologiche dal 1782 al 1801. pag. 104 al fine (Ved. pag. 105) (;i). (*) (*) Chistoni Ciro, Valori assoluti degli elementi magnetici in Roma per l'epoca 1883,0. Atti II. Accad. d. Lincei. Transunti, serie 3a, voi. Vili, 1 884 (pag. 198). (2) Chistoni C., Contributo allo studio del magnetismo terrestre in Italia, ecc. Meni, cit., (ved pag. 311-342). (3) Tra gli istrumenti trasmessi da Manheim all’osservatorio di Roma è menzionato « un’ago calamitato montato nella sua bussola per le diurne osser- vazioni della declinazione magnetica » (ved. pag. 1.05). Alla stessa pagina è detto « Con quest’ordine sono state pubblicate dall’Accademia (di Manheim) le osservazioni romane dal 1781 a tutto il 1792 ». Per il decennio 1781 a 1791 lo osservazioni magnetiche in Roma furono eseguite dal Calandrelli; in seguito furono fatte dal Conti fino a tutto il 1812. Così nel tomo III degli Opuscoli astronomici di Giuseppe Calandrelli 639 Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. L epoca del massimo valore della declinazione occidentale presso di noi sarebbe stato, secondo Secchi (>), nell’anno 1811 e si sa- rebbe avuto 17° 3'. Ciò è ripetuto anche da altri (2), che eviden- temente presero questi dati dal lavoro del Secchi. Invece con i 3 vaioli ì intracciati da me, 1 epoca del massimo valore verrebbe spostata. Ed invero, concesso pure che le antiche misure e quelle eseguite durante il primo terzo del secolo presente non siano di una grande precisione e che possano ammettere anche l’errore di un grado, tuttavia quei valori si succedono abbastanza bene, nella serie, se si prescinda da quelli trovati dal Conti nel 1812 e dal Piau- ciani nel 1833. Tra le determinazioni fatte da questi due osservatori, corre un intervallo di 21 anni e la differenza della declinazione in questo tempo, prendendo la media delle 2 determinazioni ese- guite nello stesso anno dal Pianciaui, sarebbe appena di 30'. Ciò farebbe pensare a qualche inesattezza in quelle determinazioni, cau- sata da influenze locali. Del resto il valore della declinazione an- nua deve risultare dalle medie dei valori trovati giornalmente nello e Andrea Conti con Appendice (Roma, De Romanis, 1813, in 4°) alla pag. 285 nella tav. I trovansi riportati i valori della declinazione per l’anno 1811, in 3 serie (mattina, giorno e sera) per ciascun mese e nq sono dati i valori massimo, minimo e medio; alla pag. 289 trovansi uguali valori per l’anno 1812. La media pel 1811 sarebbe di 17° 3' e pel 1812 di 16° 55,3'. Dal 1813 al 1823 le osservazioni meteorologiche al Collegio Romano furono continuate da Pietro Yagnuzzi e Ignazio Calandrelli e trovansi stam- pate nelle Appendici ai tomi VI, VII e Vili degli Opuscoli astronomici [Roma, De Romanis, tomo VI (1818), tomo VII (1822), tomo Vili (1824)], ma mancano le osservazioni sulla declinazione, che tanto bene erano state cominciate dai loro predecessori. 0) Secchi A., Ricerche sull'attuale valore d. declin. (Mem. cit. ; ved. pag. 614). — Gatta Luigi, La sismologia ed il magnetismo terrestre, secondo le più recenti osservazioni fatte in Italia. — Relazione presentata al Con- gresso internazionale delle Scienze geografiche di Parigi per cura della So- cietà Geografica Italiana. — Roma, Tip. Cenniniana, 1875, in 8° c. 2 carte si- smologiche e due tavole. (Ved. pag. 119). Questa memoria fu anche pubblicata dal Ministero di Agricoltura, In- dustria e Commercio (Direzione di Statistica). S upplemento alla Meteorologia italiana. Anno 1874, fase. II0 (ved. pag. 175). (2) Ricci Vittore, La terra e gli esseri terrestri; appunti di geografìa generale. Milano, Dumolard, 1885, in 8° (ved. nota (1) in fondo alla pag. 671). 640 R. Meli stesso anno e nella stessa località, eliminandosi così le perturba- zioni e le variazioni giornaliere, dipendenti da varie cause, nel cammino annuo dell’ ago ('). Interpolando nei valori conosciuti oltre quelli, dei quali ora le ho dato notizia, anche gli altri che sono riportati dal Chistoni nel Contributo allo studio del magnetismo terrestre in Italia eco. (Mem. cit.) alle pagg. 341-342, e quelli che trovansi stampati, anno per anno, a partire dal 1884 in poi, negli annuali Calendari pubblicati dall’Osservatorio di meteoro- logia di Roma (2), si avrebbe, per Roma, la serie dei valori seguenti per la declinazione occidentale: Anno 1670 2° 30' (Auzout). x 1681 5° — — * 1695 7° 30' (Cassini). yt 1730 110 — — x 1762 16° (Asclepi). x 1777 16° 40' (dalla pianta di rettifica tra lo Stato romano Toscano). dei confini e lo Stato x 1781 17° 28' (relazione Fantoni). x 1782 16° 49' (Calandrelli). 7! 1783 16° 49' X X 1784 16° 54' X X 1785 17° — X X 1786 17° 4' X X 1787 17° 7' X V 1788 17° 12' X (0 Per l’andamento annuo dell’ago in rapporto al cammino giornaliero può consultarsi la memoria dell’ ing. D. Diamilla-Muller « Physique du globe. Recherches sur le magnetisme terrestre » Florence-Tnrin, Bocca, 1870 in 4° (Ved. la memoria « les variations périodiques du magnétisme terrestre corri- parées aux variations périodiques de la temperature par l'influence magné- tique du sole il, pag. 7-18). (2) Calendario dell' Osservatorio dell' Ufficio centrale di meteorologia al Collegio Romano. Roma, Eredi Botta, in 12°, dall’anno V (1881), all’anno XI (1890). Nei calendari per gli anni 18S0 (Anno I) al 1883 (Anno IV) non si trovano le indicazioni degli elementi magnetici per Roma. 641 Anno n Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 1802 17° 12,2' (Conti). 1806 17° 17,17' (Grilii). 1807 17° 5,5' 1808 16° 54,8' 1811 ] 7° 3' (Conti). 1812 16° 55,3' 1824 18° (carta topogr. Trestour). 1833 (febbraio) 16° 15' (Pianciani). 1833 (ottobre) 16° 35' » 1850 14° 31' (valore attribuito al Lamont). 1853 (ottobre) 14° 3,58' (Secchi). 1859(novembre)13° 43,41' « 1860 13° 54,4' 1869(dicembre)13° 10,66' (Brami). 1870 13° 14,5' » valore medio di 5 misure. 1871 (gennaio) 13° 3,9' (Secchi e Braun). 1871 12° 56,5' (Braun). 1872 (15 ott.) 12° 52,2' (Diamilla-Muller « valore ridotto »). 1875 12° 16,5' (Perry). 1875 (1 giugno) 12° 39,2' (Secchi). 1875 (12 giu.) 12° 28' 1875 (14 giu.) 12° 23' 1875 (2 lugl.) 12° 29' 1876 12° 25' (Ferrari). 1876 (22mag.)12° 23,4' (Secchi) 1876 (3 lugl.) 12° 23,2' 1876 11" 58,9' (Keller). 1877 11° 52,5' 1878 (aprile) 12° 11,4' (Ferrari). 1878 (ottobre) 12° 4' 1878 11° 53,4' (Keller). 1878 11° 40' (carta geolog. d. Campagna Romana pubblicata dall’ Ufficio geologico; la edizione). 1880 11° 25' (carta geolog. suddetta; 2a edizione). 1881 11° 30' (carta geolog. d’Italia edita dall’Uff. geolog.) 1883 11° 6,9' (Chistoni). G42 R. Meli Anno 1884(1 gennaio)! 1° 1,2') » 1885 » 10° 56,3') (Ufficio centrale di Meteorologia). 71 71 71 71 1885 (settembre) 11° 1' (Magnagki). 1886(lgennaio)10° 54' \ 1887 « 10° 48' I IS&b ” 11° 08' (Ufficio centrale di Meteorologia). 1889 v 10° 55' t 1890 « 10° 50' ) In questa tabella l’epoca del massimo valore sarebbe ravvi- cinata a noi e si avrebbe circa il 1824. Ciò s’accorderebbe con quello che scrive l’ Agostini (') sul valore della declinazione in Europa, che, cioè, fino a circa il 1820 abbia toccato valori cre- scenti, raggiungendo un massimo di oltre 22°. A conferma di ciò, nella « Pianta dimostrativa del sistema dei torrenti e canali che scorrono nella Valle dell' Umbria nel 1826 » la quale tro- vasi nel Progetto di sistemazione dei torrenti e scoli della Valle Spolelana , redatto dagli Ingegneri Scaccia e Folcili (Roma, Tip. d. Rev. Camera Apost., 1828, in 4° gr. c. VI tav.), è segnato l’angolo della declinazione magnetica, il quale misurato il più esattamente possibile con un rapportatore grafico mi ha dato un valore di 20° 10'. Essendo stata la pianta suddetta rilevata dall’Ufficio del Censo di Roma e disegnata dallo Spinetti G., che si trovava in quell’ Uf- ficio, si può ritenere che il valore di 20° 10' si riferisca a Roma e non ai dintorni di Spoleto, disegnati in essa. In ogni modo, quando anche si volesse riportare quel valore a Spoleto, ricorderò che la linea isogonica di Roma, passa pel Trasimeno e va ad occidente di Civitacastellana, dirigendosi poi a Roma ed uscendo sul Tirreno presso Anzio (2) ; quindi passa a non grande distanza da Spoleto. Che se si scarti il valore segnato nella carta Trestour, perchè (9 La Terra. Trattato di Geografia universale per G. Marinelli ed altri scienziati italiani. Voi. I. (Geografia matematica e fisica). Ved. cap. VI. Magnetismo terrestre, pag. 855. (2) Diamilla-Muller I)., Carta magnetica del globo. Variazioni della de- clinazione assoluta e carta dei meridiani magnetici d'Italia. Firenze, 1870. — Cfr. ancora: Annuario scientifico industr. Voi. Vili, 1871, cit., Milano, 1872 (ved. pag. 73). Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 643 non sappiamo come determinato, e si trascuri quello trovato nel 1781 (perchè evidentemente si allontana dall’andamento degli altri valori trovati in quel turno e risulta maggiore, forse per influenze dovute a masse di ferro nella stazione ove si faceva la determina- zione), allora si avrebbe, per Roma, il massimo valore della decli- nazione magnetica occidentale circa il 1806 (*). 0) Il massimo della declinazione occidentale per Parigi si ebbe nel 1814 e fu 22° 34' (Yed. Pouillet, Élements de physique, Paris 1853). A Londra si ebbe il massimo nel 1815. Dal lavoro citato del Chistoni ( Contributo allo studio d. magnet. ter- i est) e ecc.) si rileva che la declinazione occidentale in Italia raggiunse i se- guenti valori: per Ancona 18° 9' nel 1818; per Bologna 19° 2P nel 1812; per Firenze 17° 41' nel 1809 ; per Genova 20° 47' nel 1816,9; per Messina 18° 33' nel 1815; per Milano 18° 45' nel 1825; per Napoli 15° 20' nel 1829; per Pa- dova 18° 16' nel 1812; per Palermo 18° 45' nel 1815. Ma questi valori, salvo per Padova, non possono riguardarsi come valori massimi perchè mancano le osservazioni di parecchie annate, e in taluni casi prima e dopo dell’anno, in cui si ha il massimo relativo riportato di sopra. Per Padova avendosi le osser- vazioni regolari, anno per anno, dal 1806 al 1813, e mostrandosi in quest’ul- timo anno un lievissimo decremento (solo 1') nel valore della declinazione, si può affermare, in qualche modo, che circa quest’ultimo anno siasi verificato il massimo. Disgraziatamente le osservazioni mancano dal 1814 in poi fino al 1847! Per Milano devo avvertire che il valore di 18°45/ non è il massimo, giacché nelle osservazioni eseguite il 31 agosto 1831 dal Bernardi, si ebbe per la declinazione magnetica 20° 3' 14,6" (Yed. Bernardi Antonio, Sulla de- clinazione dell'ago magnetizzato, nella Biblioteca Italiana, giornale cit. Tomo LXIV, ottobre-dicembre 1831, pag. 255-258). Nel « Tableau des déclinaisons de Vaiguille aimantée pour dijférents lieux de la terre, extrait du tableav général des observations magnétiques dressé par M. le capii. L. I. Duperrey » il quale quadro è stampato nel- 1 opera, già cit., del Becquerel « Trattò expérimental de l'électr. et du ma- gnétisme » (Yed. toni. VI, 2' parte, (Du magnétisme terrestre) che forma il toni. V II ed ultimo dell’opera, pag. 213-249) sono riportate alcune determi- nazioni della inclinazione e declinazione magnetica per parecchie località ita- liane, giacenti sul bordo del mare (ved. voi. cit., pag. 219-220). In questa tabella, Otranto avrebbe avuto 19° di declinazione nel 1818 e Livorno 19° 20' nel 1828. Dall’esame poi dei valori, riportati per le varie località italiane dal Chistoni, si vede che vi ha una grande lacuna nelle osservazioni magneti- che dal 1810 a circa il 1840. Inoltre, dal complesso dei dati si rileva ancora che per quelle poche località italiane nelle quali le osservazioni si succedet- tero con qualche regolarità in quell’epoca, si avrebbero valori massimi nel Se quindi è esatto che, circa la metà del secolo XIV, si ebbe per l’Italia centrale la declinazione nulla e che anteriormente era stata occidentale ; tenuto conto dei valori trovati nelle epoche suc- cessive (6° est, prima del 1543, da Hartmann; 11° 15' est, nel 1602 da Crescenzio; 2° 45' est da Kircher nel 1641; 0°, circa il 1657, ed in seguito sempre valori ovest); l’andamento della declinazione magnetica, dal XIV secolo in poi, si può riassumere nel modo seguente : Innanzi la metà del XIV secolo, la declinazione sarebbe stata occidentale; circa il 1360 si avrebbe avuto zero; in appresso valori orientali, crescenti fino a un limite, decrescenti in seguito ; verso il 1657 probabilmente un’altra volta si ebbe lo zero, e da quel tempo fino ad oggi si osservarono valori occidentali, con un massimo, forse, verso il 1820. Si abbia i miei saluti cordiali e mi creda con sentita stima Roma, 25 aprile 1890. Suo affino R. Meli periodo dal 1812 al 1821. Però, ripeto, le lacune sono molto forti ed è dif- ficile di venire a qualche conclusione positiva circa il tempo preciso nel quale si ebbe il massimo valore della declinazione occidentale nelle principali città italiane. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 645 SULL’AZIONE BIBLIOGRAFIA MAGNETICA ESERCITATA DALLE ROCCE Come appendice alla lettera precedente, faccio seguire un primo abbozzo di bibliografia sul magnetismo delle sostanze minerali, e specialmente delle rocce in genere. Yi si trovano citate soltanto le più importanti Memorie su tale argomento. Però, ho tralasciato di segnarvi la maggior parte degli autori, che incidentalmente hanno fatto parola del magnetismo delle rocce dei dintorni di Roma, perchè questi furono già menzionati nella prima parte della pre- cedente mia lettera. Ciò per evitare soverchie ripetizioni. Avverto che le pubblicazioni si seguono per ordine di data e che per la massima parte furono da me consultate ed esattamente riscontrate. Kircheri Athanasii. — Magnes sive de arte magnetica opus tripar- titum, quo praeterquam quod universa magnetis natura eiusque in omnibus artibus et scientiis usus, nova methodo explicetur, etc. Prima editio, Romae, ex typ. Ludovici Grignani, 1641, in 8° gr. fio- Editio secunda multo correctior, Coloniae Agrippinae, 1648, in 4° fig. Editio tertia, Romae, typ. Vitalis Mascardi, 1654, in 4° fig. Nel lib. II (pag. 458 della la edizione), parlando dei monti magnetici e della loro azione sulla declinazione magnetica, dice questa non poter prove- nire da essi e scrive : « . imo id (cioè di non poter estendere l’azione ma- “ gnetica a grande distanza) abunde in magnetici Uvae, Sardiniae, maris Rubri, u Caspiis, similiumque locorum magnete repertorum cautibus demonstratur, “ quales etiamsi vi tractiva pollent nullam tamen singularem violentiam ver- « soriis nauticis inferre solent ». Butterfield. — On magnetical sand. — Nelle Philosophical transa- ctions for thè year 1698. London, 1698, pag. 836. Duhamel du Monceau Henry Louis. — Observation d'une mine de fer attirable par l'aimant. — Mémoires de VAcad. R. des Sciences. Année 1745. — Ved. pag. 47, deìVIIistoire de l'Acad. 646 R. Meli Bernouilli Daniel. — Sur la cause physique de l'aimant. — Nelle Mémoires de l'Académie Roy. des Sciences. Année 1746, Paris. Bouguer Pierre. — La figure de la terre determinée par les obser- vatioas de Messieurs Bouguer et De la Condamine de l'Academie Rogale des Sciences envoyés par ordre du Roy au Pérou pour observer aux environs de Véquateur avec une relation abregèe de ce voyage etc. Paris, Charl.-Antoine Jombert, 1749, in 8° c. tav. Nella Relation abregèe du voyage au Pérou al cap. IV, pag. LXXXIII- LXXXIV, fa parola delle irregolarità riscontrate nella declinazione a causa dell’azione magnetica di alcune rocce, che Bouguer ritiene di origine vul- canica. Gmelin Johann Georg. — Reisen durch Sibirien von 1733-1743. Got- tingen 1751-52, voi. 4 in 8° fig. Al tomo IV pag. 845 parla del grande monte magnetico di Ullu-utasse- Tau nella regione de’ Baschiri appo le rive del Jaik. Gmelin dice clic a circa 8 tese al di sotto della cima più alta si trovano delle pietre, che quan- tunque coperte di muschi, attirano un coltello a più di un pollice di distanza. Avverte ancora che le parti esposte all’aria hanno la massima intensità ma- gnetica e quelle invece che giacciono sotterra sono molto più deboli. Il viaggio di Gmelin in Siberia, tradotto dal tedesco in francese trovasi stampato col titolo: Voyage au Kamtschatka par la Sibèrie. Journal de M. Gmelin traduit de V Allentami. — nell'opera: Continuation de l'histoire ginérale des voyages ou collection nouvelle. — lo. Des rèlations de voyages par mer, eie. — 2o. Des voyages par terre eie. Tom. XVIII, formant le premier volume •ie la continuation. Paris, Rozet, 176 S, in 8°, pag. 71-480 con carte geogr. e fig. (Per la montagna Utasse magnetica ved. pag. 441-442). Del viaggio di Gmelin fu stampata anche una traduzione libera col titolo: Voyage en Sibèrie contenant la descrìption des moeurs et usages des peuples de ce pays. le cours des rivières considèrables, la situation des chaines de montagnes, des grandi forèls, des mines, aree tous les fai/s d’histoire naturelle gai sont particuliers à celle contrèe, etc. Traduction libre de l'originai allemand par 51. de Keralio. Paris, Desaint, 1767, voi. 2 in 12°. (Per la montagna di Ullu-utass-tau ved. voi. II, cap. LXXIV, pag. 213-217). Gmelin e Bouguer sembra siano stati i primi ad osservare l’azione ma- gnetica delle rocce. Nollet Jean Antoine. — Sur plusieurs faits d'hisloire naturelle ob- servés en Italie. — NeWIIistoire de l'Académie Rogale des Sciences. Année 1750 avec les mémoires de Matliém. et de Physique pour la mème année. Paris, Impr. Roy., 1754, pag. 7-25, Alla pag. 17 d (AVHistoire de l'Acad. dice che le lave del Vesuvio agi- scono sull’ago della bussola. Io. — Suite des expériences et des observations faites en differens endroits de l'Ilalie. Artide VI, VII, Vili. — SeWIlistoire de l'Académ. R. des Sciences. Année 1750. Paris, 1754, sopra citato. Parte delle Mémoires de mathém. et de physique, pag. 54-106 con 3 tavole. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. Alla pag. 88 delle Mémoires ripete che le lave del Vesuvio sulle bussole. 617 agiscono 7,D"L7LA ^orre ^ovanni Maria. — Incendio del Vesuvio accaduto li W d ottobre del 1707 e descritto dal P. D. Gio: Ma. Della Torre. Napoli Donato Campo, 1767, in 8° di pag. XXX con 1 tav. . Alla pag. XXIV fa parola di esperienze eseguite coll’ago magnetico in vicinanza della lava presso S. Giorgio Cremano. Parimenti alla pag. XXIX, dopo aver detto che a Napoli in quell’anno (1767) la declinazione era di 15° verso 0, fa parola di altre osservazioni ma- gnetiche eseguite nella stessa località. In. — Elementa physicae, autliore P. D. Joanne Maria de Turre. Nea- P°li, typis Donati Campi, 1767, voi. 6 in 12°. Vedasi quanto scrive al §. 720 (pag. 88-89 del tom. IV) sull’azione che la calamita esercita verso parecchie sostanze. Si hanno diverse edizioni degli Elementa physicae , pubblicati da Della Torre. Vi è l’edi- zione 1753 in 2 voi. in 12°; ed anche in 2 voi. in 4’: l’altra 1776-79 con 8 voi. in 8'. Beccaria Jean Baptiste. — Deux nouveaux points d'analogie du ma- gnétisme imprimé par la foudre sur les briques et les pierres ferrugineuses. Copie d’une lettre écrite de Garzegna etc. — Nelle Observations sur la phy- sique sur l'hist. rìatur. et sur les arts avec des planches etc. Tom. IX, ian- vier 1777, pag. 382-384. Questa lettera trovasi anche stampata in italiano, col titolo seguente: Articolo di lettera intorno a due nuovi punti d'analogia del magnetismo indotto dal fulmine nei mattoni e nelle pietre ferrigne. — Nella Scelta d'o- puscoli. Tomo XXXII, Milano, 1777, in 12° (ved. pag. 40). Bomme Charles. — Lettre relative à V aimantation des briques par la foudre et par le feu ordinane. — Nelle Observations sur la physique sur l'hist. naturelle et sur les arts. Tomo X, Juillet 1777, pag. 14-16. Brugmans Antonius. — Magnetismi is seu de affini.tatibus magneticis observationes magneticae. Lugduni Batavorum, 1778, pag. 130. A i si trovano citate parecchie specie di minerali e rocce, che agiscono sull ago. Brugmans fu il primo che osservò il diamagnetismo del bismuto, (ved. § 41). De Saussure Horace Bénedict. Voyages dans les Alpes, précédés d un essai sur Vliistoire naturelle des environs de Genève. Neuchatel, Samuel Panche, 1779-96, 4 voi. in 4°. Alle pag. 56-60 del voi. I, parlando dei granati ferriferi, avverte che essi spostano l’ago calamitato e che lo stesso fenomeno si verifica per i mi- nerali ferrosi. Alle pag. 344-345 del voi. II parla dell’azione magnetica della montagna di Cramont e della deviazione indotta sull’ago, avvertendo che i minerali fer- riferi quali « le schorl, la pierre de come et la pierre ollaire, qui entrent dans « la composition de ces montagnes, rendent parfaitement raison de cette at- ti traction » (pag. 344). Yed. anche tom. I, cap. Ili, pag.* 375-381. De Saussure Orazio Benedetto. — Metodo facile e semplice per co- noscere il ferro ch'è nei minerali. — Negli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti. Milano, G. Marcili, tom. Ili, 1780, pag. 359-360. (Riprodotto dai Voyages dans les Alpes, tom. I, pag. 56). Dolomieu Déodat. — Mémoire sur les isles Ponces et catalogne rai- sonné des produits de l'Etna pour servir à Vhistoire desvolcans, ecc. Paris, Cuchet, 1788, in 8° picc. Alla pag. 46 fa parola incidentalmente del pezzo di tufo vulcanico, do- tato di polarità magnetica rinvenuto dal Breislak nella valle di Roscillo, o meglio di Rossilli, presso il paese di Gavignano nel circondario di Velletri. Petrixi Gian Vincenzo. — Galinetto mineralogico del Collegio Naza- reno descritto secondo i caratteri esterni e distribuito a norma dei prinoipii costitutivi. Roma, Lazzarini, 1791-92, voi. 2 in 8°. Nel voi. II alla pag. 312 fa parola del tufo polare, rinvenuto dal Brei- slak nella valle di Rossilli presso Gavignano. Alle pag. 301, 310 menziona i Cristallini di magnetite che sono sparsi nelle sabbie della campagna di Roma e nel peperino, pel quale motivo quelle rocce sono magnetiche. Delamétherie Jean-Claude. — Nel Journal de physique, de chimie, d'histoire naturelle et des arts par J.-Cl. Delamethérie. Tom. 45, an. II de la République frane. (1794), Tom. 2, alla pag. 320, trovasi una nota di J. C. Delamétherie nella quale sono riportate alcune righe tolte da Dolomieu, Mé- moires sur les isles Ponces (pag. 46), ove si parla del frammento di tufo, rinvenuto da Breislak nella valle di Rossilli, che era dotato di polarità ma- gnetica. È pure stampato che Dolomieu vide parecchi campioni di tufo agire sull’ago magnetico e che Fleuriau-Bellevue trovò nel Padovano delle lave nerastre vetrose, che avevano polarità magnetica senza agire sul ferro. I-Iauy René Just. — Sur les aimans naturels. (Extrait du Bvlletin de la Société Philomatique). — Nel Journal de physique ora citato. An. II de la Républ. fran?. (Juillet 1794), tom. II pag. 309-311. Delamétherie Jean-Claude. — Théorie de la terre. Seconde édition, corrigée, et augmentée d’une minéralogie. Paris, Maradan, 1797. voi. 5 in 8°. (La 1" ediz. è del 1795 in 3 voi.). Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 649 Nel voi. ni, parlando del magnetismo terrestre, tra le cause che possono far deviare l’ago della bussola, cita le miniere di calamita e di ferro (pag. 294) e^le montagne, le cui rocce racchiudono minerali di ferro attirabili (pag. 296-297); riporta le osservazioni di De Saussure sulla cima di Cramont. Guyton de Morveau Louis. — Polarité magnétique de la serpentine du Palatinat. Prisme basaltique qui a la propriété magnétique. — Negli An- nales de chimie, già cit. Paris 1797, tomo XXIV, pag. 160. È la traduzione francese delle aggiunte fatte sul frammento di serpen- tina inviato da Humboldt a M. Banks, e che ha il titolo: Sur la polarité magnétique de la serpentine du Palatinat. Humboldt (von) Alexander. — Nell’ Intelligenz-Blatt der allgemeinen Jenaer Litteratur-Zeitung (fascicolo di dicembre 1796, num. 169, pag. 1447, e marzo 1797, num. 38, pag. 323-326) parla delle proprietà magnetiche della montagna di serpentina, detta 1 Haidberg presso Gefress nel Fichtelgebirge. Id. — Ueber die merkwurdige magnetiche Polaritàt einer Gebirg- skruppe von Serpentinstein (aus einem Briefe vom Herrn v. Humboldt an den Herausgeber). — Nel Neues Journal der Physik pubblicato dal D. Friedrich Albrecht Cari Gren. Voi. IV, Leipzig 1797, pag. 136-140. Id. — Sur une serpentine verte, qui posséde à un haut degré la polarité magnétique. Traduite de l’allemand par le citoyen Halma. — Negli Annales de Chimie ou recueil de mémoires concernant la chimie et les arts qui en dépendent. Tom. XXII, avril 1797, pag. 47.--50. 1°- — A letter from M. de Humboldt to M. Pìctet on thè magnetic polarity of a mountain of Serpentine. — NeH’H Journal of nat. philosophy , chernistry, and thè arts by William Nicholson. Voi. I, June 1797, pag. 97-100. A questa lettera di Humboldt segue nel citato Journal of nat. philo- sophy etc. un paragrafo contenente le osservazioni eseguite dal Nicholson sulla serpentina polare descritta dall’Humboldt e sulla sua attrazione magne- tica. Il capitolo ha il seguente titolo : Observations on thè stone, which was fonvarded to Sir Joseph Banks, with preceding memoir. — A Journal of nat. philosophy etc. voi. I, cit., pag. 100-101. Di questa lettera trovasi una traduzione col titolo : Sur la polarité magnétique de la serpentine du Palatinat. — Negli Annales de Chimie ou recueil de mémoires concernant la chimie et les arts qui en dépendent. Tom. XXIV, 1797, pag. 159-162. Id. — Lettre de Humboldt à Pictet sur les polarités magnétiques d'une montagne de serpentine. — Nel Journal de Physique cit., Ann. II de la Re'pub. Fran?., juillet 1794, pag. 314-318. Riprodotta dal Nicholson's Journal N. Ili, juin 1797. 650 R. Meli Fa seguito a questa lettera un’altro articolo col titolo: Observations sur Véchantillon envoyé a Sir Joseph Banks avec le mémoire précédent. (pag. 318-319). Inguersen. — Nel Bulletin de la Société Philomatique, octobre 1797, parla di un granito dell’Harz, sulle rive del Baremberg presso Schirke, nel can- tone di Wernigerode, il cui ortoclasio rossastro in piccoli frammenti si com- porta come una calamita. (Citato dall’Hauy nel suo Traité de minéralogie toni. Ili pag. 104-105). Breislak Scipione. — Topografia fisica della Campania. Firenze, Brazzini, 1798, in 8°. Alla pag. 12 parla del tufo polare di Rossilli, presso Gavignano. Delamétherie J.-C. — Nel Discours préliminaire, stampato sul prin- cipio del Journal de physique cit., (Nivose, an. 6, janvier 1798, toni. Ili), parlando del magnetismo, ricorda le osservazioni di Humboldt sulla montagna di serpentina magnetica, del Breislak, Dolomieu, e Fleuriau de Bellevue (pa- gina 13 voi. cit.). Arnim von Ludwig Achim. — Anmerhung iiber gleiche Polaritàt an zwei entgegengesetzten Endpunkten eines magnetischen Stoffs. — Gilbert’s Annalen der Pliysik. Voi, V, 1800, pag. 382-395. Fleuriau-Bellevue. — Mémoire sur les cristaux microscopiques et en particulier sur la Séméline, la Mélilite, la Pseudo-Sommite et le Selce Romano. — Nel Journal de physique, de chimie già citato. Tomo LI, 1800, (pag. 442-461 inclusiv.). Alla pag. 460 cita nella lava di Capo di Bove un « très-grand nombre « de cristaux d’un noir mat et d'une petitesse extrème qui présentent les do- « décaèdres à plans rhombes, formés d’un prisme hexagones, à sommets triè- u dres surbaissés Ces cristaux sont aussi attirables à l’aimant que le « fer méme u Quelque fragment de la masse qu’on en prenne il est; 1° attirable à « l’aimant par la présence des petits cristaux dodécaèdres, etc. » Wachter J. Iv. — Neue Beobachtungen iiber magnetisclie Granitfel- sen auf dem Harze. Ved. Gilbert, Annalen der Physik. Voi. V, 1800, pa- gina 376-382. Deve essere anche stampata nel Verkiindiger, Nurnberg, 1800, fase. 22, pag. 169-172. Breislak Scipion. — Voyages physiques et lythologiques dans la Cam- panie, suivis d'une mémoire sur la constitution physique de Rome etc. Pa- ris, Dentu, 1801, in 8° picc., voi. 2 con tav. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 651 Nel voi. I pag. 13 riporta le osservazioni di Petrini sulle lave di Poti; alle pag. 13-14 parla del tufo dotato di polarità magnetica, rinvenuto a Ros- silli nella pianura tra Segni e Gavignano. Nel toni. II pag. 252 parla dell’azione magnetica del tufo del Campi- doglio. Hauy René Just. — Traité de minéralogie. Premiere édition, Paris, 1801. Deuxième édition, Paris, Huzard-Courcier, 1822, tomi 4 in 8°, con atlante. Nel tom. Ili della 2a edizione a pag. 105, parla di un granito sulle rive del Barenberg, presso Scliirke, villaggio del cantone di Wernigerode nel- 1 Harz, i cui piccoli frammenti di feldspato si comportano come aghi ma- gnetici. Ved. anche tom. Ili, pag. 566, 572, ove accenna che certe serpentine manifestansi polari ed agiscono sull’ago magnetico. Spadoni Paolo. — Osservazioni miner aio-vulcaniche fatte in un viaggio per l'antico Lazio. Macerata, Capitani, 1802, in 8°. A pag. 117 avverte che la lava di Tichiena è magnetica e che fa spo- stare l’ago calamitato. Humboldt von Alexander. — Nelle notizie dei viaggi alle Cordigliere, alle Ande e nelle osservazioni fatte a Quito e nel Messico, che sono pubblicate nel Gilbert' s Annalen der Physik. Voi. 16, 1804, pag. 461, si trovano stam- pati alcuni brani di lettere scritte dall’Humboldt dall’America Centrale. Alla pag. 461 è fatta menzione di un Porfido argilloso rosso (Thonporphyr) polare rinvenuto presso il villaggio Indiano di Voisaco al N. del vulcano di Pasto. Cordier Louis. — Recherches sur différens produits volcaniques. — Nel Journal des mines. Voi. XI, ler semestre, n. 124, avril 1807, pag. 249-260. In questa memoria l’A. parla di sabbie magnetiche vulcaniche. Zimmermann. — Ueber eine neue magnetiche Gerbigsart (aus einem Briefe des Herrn Dr. Zimmermann). — Gilbert's Annalen der Physik. Voi. XXVIII, 1808, pag. 483-484. Zeone August. — Ueber Basaltpolaritàt. Berlin, J. Friedrich Weiss, 1809, in 12°, di pag. 82 con 1 tav. Breislak Scipione. — Introduzione alla geologia. Milano, Stamperia Reale, 1811, voi. 2 in 8° picc. Nel voi. I pag. 286-288, fa parola della polarità magnetica presentata da alcune rocce. Alla pag. 288 ricordale sue esperienze eseguite fin dal 1785 sul magnetismo di queste, menzionando il frammento di tufo da lui rinvenuto 652 R. Meli a Rossilli. Nella nota a piedi della pagina cita le osservazioni di Humboldt in un porfido e in una serpentina dell’Alto Palatinato, e quelle del Faujas de S. Fond nella serpentina del monte Ramazzo in Liguria. Procaccini Ricci Vito. — Viaggi ai vulcani spenti d'Italia nello Stato romano verso il Mediterraneo. — Viaggio 1°. - Dalla foce dell'Esio nell'A- driatico al Lago di Bolsena e suoi contorni , diviso in due parti. Firenze, Guglielmo Piatti, 1814, 2 voi. in 8°. Sono citate sabbie magnetiche di molte località, ed alla pag. 214 del voi. II è segnata una lava magnetica presso Montefiascone, ed altra consimile di quelle vicinanze, alla pag. 221. Blesson Johann L. — Das verschanzte Lager bei Wartha im Jahr 1813. Mineralogische Bcmerkungcn. - Gilbert, Annalen der Physik. Neuc Folge, voi. XXII (LII della Serie), 1816, pag. 241-273. . Sulla fine della memoria parla del magnetismo di alcune rocce. Id. — Ueber Magnetismi is und Polaritat der Thoneisensteine und iiber deren Lagerstàtte in Oberschlesien und d. baltischen Làndern. Berlin, 1816, in 8°. Bischoff Cari.. — Ueber die magnetische Eigenschaft einiger Gebirg- sarten des Fichtelgebirges. — Nurneberg, 1816 in 8°. Estr. dal Schweigger's Journal toni. XVIII. Bischoff Carl und Goldfuss August. — Physikalisch-statistische Beschreibung des Fichtelgebirges. Nurnberg, 1816-17, voi. 2. Al toni. I pag. 196 parlano delle serpentine magnetiche e degli assi magnetici del monte Haidberg presso Gefress nel Fichtelgebirge. Brocchi Giovanni Battista. — Catalogo ragionato di una raccolta di rocce disposte con ordine geografico per servire alla geognosia dell' Italia. Milano, imp. r. Stamperia, 1-81 7, in 8° di pag. XL-348. Sono citate molte rocce (tracliiti, tufi, lave, sabbie, ecc.) magnetiche, e qualche volta polari, di molte località, principalmente della provincia di Roma. Haììy (l’Abbè) René Just. — Traitó des caractlres physiques des pierres précieuses pour servir d leur détermination, lorsqu'elles ont été tail- lées. Paris, M.mo V.° Courcier, 1817, in 8°. Alla pag. 175 avverte che i granati agiscono sull'ago magnetico. Nelle tavole clic dànno i caratteri distintivi delle pietre preziose, segna il granato siriaco c di Boemia, il peridoto, ed il giacinto come minerali clic agiscono in modo sensibile sull’ago. Peraltro, che il granato ferrifero agisse sull’ago fu notato fin dal 1693 da Roberto Boyle negli Acta eruditorum, Lipsiae. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 653 Ved. ancora lettera di Hatiy scritta al prof. Rovida (Bibl. ital, Milano, 1 omo X, aprile-giugno 1818 pag. 117). Menziona clic i granati ferriferi anche trasparenti agiscono sull’ago. Id. — Sur la vertu magnétique, considerée cornine moyeh de reconnaitre la présence du fer dans les minéraux. — Negli Annales de Chimie et de Physique pour MM. Gay-Lussac et Arago. Tom. VII, 1818, pag. 83-93. Vcd. anche Annales des mines, 1817, pag. 329. Breislak Scipion. — Institutions géologiques ; traduites du manuscrit italien en francai par P. J. L. Campmas. Milan, impr. impér. et roy., 1818» voi. 3 in 8° con atlante di 56 tavole in sesto ohi. Nel tom. Ili, §. 747, pag. 324-326, parla del magnetismo delle rocce ricordando il tufo di Rossilli, i porfidi e le serpentine magnetiche osservate dalTHuinholdt, dal Faujas, ecc. Bonnycastle Charles. — On thè distribution of thè magnetic fluids in masses of ir on; and on thè deviations which they produce in compasses placed within their influence.' — Nel The philosophical Magazine and Jour- nal comprehending thè various branches of science, thè liberal and fine arts, geology etc. Voi. LY, January-June 1820, pag. 446-456. La memoria è importante dal lato matematico. Procaccini Ricci Vito. — Descrizione metodica di alquanti prodotti dei vulcani spenti nello Stato Romano, raccolti da Vito Procaccini Ricci ecc. Firenze, 1820, in 8°. Alla pag. 41 scrive che il hasalte muove talvolta l’ago magnetico e mo- stra ancora il magnetismo polare. Id. — Viaggi ai vulcani spenti d'Italia nello Stato romano verso il Mediterraneo. — Viaggio 2°. - Da Bolsena ai contorni orvietani ed al lago Ciminio e di lui adiacenze diviso in due parti. Firenze, tip. di S. Giuseppe Calasanzio, 1821, 2 voi. in 8° picc. Forma appendice a questo volume una Raccolta di vedute disegnate sulla faccia del proprio luogo per servir di corredo al secondo viaggio ai vulcani spenti d'Italia, di tav. XI in litografia di formato oblungo. Parla in più punti di sabbie magnetiche. Bacelli Liberato Giovanni. — Sul magnetismo del rame e di altre sostanze. — Bibliothùque universelle. (Memoria citata dal Poggendorff, Bio- graphish-literarisches Handwòrterbuch zur Geschichte der exacten Wissen- schaften ecc., Leipzig, 1863, voi. I, pag. 83). . Seebeck Thomas Johann. — Magnètiche Polarisation d. Metallo und Erse durch Temperaturdifferenz. — Negli Abhandl. d. Berline)' Acad., 1822-23. 654 R. Meli Pubblicato anche in francese col titolo : Polarisation magnètique des métaux et des terres par Vinegalité de temperature. — Nella Bibliothèque universelle de Genève, Tom. XXXIV, pag. 119. Humboi.dt (de) Al. — Sur le magnétisme polaire d'une montagne de Morite schisteuse et de serpentine. (Extrait d’une lettre adressée a M. Bec- querel). — Negli Annales de chimie et de physique par MM. Gay-Lussac et Arago. Tom. XXV, Paris, 1824, pag. 327-334. Id. — Essai géognoslique sur le gisement des roeh'es dans les deux hémisphères. Deuxième édition, conforme à la première. Paris, F. G. Levrault, 1826, in 8°. Alla pag. 96 dice che le serpentine dei monti di Bareuth otfrono pro- prietà magnetiche rimarchevolissime, come già fece conoscere fin dal 1796, e che in seguito furono oggetto di ricerche più esatte per parte di Goldfuss,- Bischoff e Schneider. Alla pag. 132 dice che i porfidi vicino Voisaco (Ande di Pasto) sono polari, e che una roccia situata all’ingresso del villaggio, offrì a lui ed a Bonpland tutti i fenomeni della serpentina polare di Bareuth. Seebeck. Thomas Johann. — Ueber d. magnetiche Polarisation ver- schiedener Metalle, Alliagen und Oxyde. — Negli Abhandlungen d. Berliner Acad. 1827.— Ved. ancora Bulletin universel, voi. IX, 1828, pag. 175. Berzelius J5ns Jacob. — Analise des Platinerzes von Nischne Ta- gilsk vnd Goroblagodat am Ural. — Poggendorff Annalen der Physik und Chemie, voi. XIII (LXXXIX della raccolta), 1828, pag. 564-565. Avverte che le pepiti di platino di Nischne Tagilsk sono polari. Fox Bobert Were. — On thè electro-magnetic properties of metalli- ferous veins in thè mines of Gornwall. — Nelle Philosophical transactions of thè r. society of London for thè year 1830, part I, (pag. 399-414). — Nel Johann Samuel Traugott Gcliler's Physikalisches Wdrterbuch neu bearbeitet von Brandes, . Gmelin , Ilorner, Manche, Pfaff, al voi. VI, parte 2a, 1831, all’articolo Magnetismus (Naturi ielle Magnete, pag. 643-471 sono riassunti e citati parecchi esempi di rocce magnetiche. Quetelet Adolphe. — Recherches sur Vintensitè magnétique en Suisse et en Italie. Bruxelles, Hayez, 1831, in 4° di pag. 16. — (Estratto dal voi. VI delle Mcmoires de l'Académie de Bruxelles). Per un sunto della memoria ved. Biblioteca italiana o sia giornale di letteratura, scienze ed arti, toni. LXII, aprile-giugno 1831 , Milano, pag. 387-390. Quetelet, dopo aver fatto risaltare che i valori della intensità magnetica da lui ritrovati in Svizzera ed in Italia, s’accordano assai bene colle linee Aotizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 655 isodinamiche tracciate dall’Hansteen e non sembrano notevolmente alterati dalla presenza della massa rocciosa delle Alpi, soggiunge che esistono tuttavia ceUe irregolari, la piu considerevole delle quali si ha nelle vicinanze di U're°0lantà dei dintorni di Torino ved. la lettera del Ga- staldi (1866) e le memorie del Chistoni (1886-1887), che trovansi citate nella presente bibliografia). Faraday Michael. - Experimental researches in electricity. Reprin- ted troni thè Philo.wplncal transactions of 1831-1852 and from Proceedinq °/okkoR' LlUitution and Philosophical A/agazine. London, Quaritch. 1839- 1 o55, 3 voi. in 8° (fac-simile riprodotto). La parola dell’azione magnetica di alcune sostanze, che in natura tro- viamo anche allo stato di rocce semplici. XoBELL Franz. — Analyse eines Magneteisenerzes von Arendal und d. rranklinits. — Nello Schveigger's Journal, tom. LXIV, 1832. Serres (de) Marcel. — Sur l'intensité des propriétés magnétiques des laves des volcans. Marseillc, 1832, in 8°. Erman Georg Adolph. - Reise um die ÌVelt durch Nord- Asien und die beiden Oceane m d. Jahren 1828-30. - Parte I.- Berlino 1833-42, 5 voi. — Parte II. - Osservazioni fisiche. Berlino 1835-41, voi. 2 con atlante. Nel tom. I, pag. 362, dice che i poli magnetici nel monte di Blagodat in Siberia, giacciono alla rinfusa, l’uno presso all’altro e che non si ha un asse magnetico determinato e riconoscibile. Pianciani Giovanni Battista. — Alcune sperienze ed osservazioni sul magnetismo. Memoria letta all’Accad. de’Lincei il dì 25 agosto 1833. ecc. Nel Giornale Arcadico. Roma 1833, tom. LXI, pag. 107-137. Alle pag. 113-114 cita esempi di minerali magnetici ed avverte che i basalti e le altre rocce vulcaniche sono dotati di magnetismo, talvolta polare. Dice inoltre che avendo ricevuto una raccolta di campioni delle rocce erut- tate dall’isola Giulia nel 3° trimestre del 1831, trovò che tutti i pezzi di lava scoriacea, le sabbie vulcaniche e le ceneri agivano sull’ago calamitato. Becquerel Antoine Cesar. — Traité expérimental de l'éléctricité et du magnétisme et de leurs rapports avec les phènomènes naturels. Paris, Firmin Didot Fròres, 1834-40, voi. 7 in 8° picc. con 1 atl. in fol. Al voi. I pag. 529-531 ricorda le osservazioni eseguite dall’Humboldt sul magnetismo polare del monte dell’Heideberg presso Zeli, in America, e sul Chimborazo. Se ne ha altra edizione in 3 volumi in S°. Parigi, 1855. 656 R. Meli Savi Paolo. — Dalle masse ofiolitiche toscane e delle miniere di rame che in esse si trovano. — I. Della Serpentina in Toscana. — Nel Nuovo Giornale dei Letterati. Tom. XXXVII (Scienze). Pisa, tip. Nistri, 1838, veci, pag. 47-80. Alla pag. 69, parlando dei caratteri della roccia serpentina dice: « attrae « più o meno Pago magnetico, ma spesso trovansene delle varietà potenta- ti mente polarizzate ». II. Ipotesi circa all'origine delle rocce ofiolitiche. — Nuovo Giornale, cit., Tom. XXXVIII (Scienze), 1839, pag. 67-94. Alla pag. 71 scrive che costantemente esiste nella serpentina il ferro ossidulato per modo che produce sempre un sensibile movimento sull’ago e spesso dà luogo al fenomeno della polarizzazione della roccia stessa. Pianciani Giovanni Battista. — Esperienze e congetture sulla forza magnetica. — Nelle Memorie di matematica e di fisica della Società ita- liana delle scienze residente in Modena. Tomo XXII (Parte contenente le memorie di Fisica), 1841, pag. 210-225. L’A. in questa memoria ricorda i suoi esperimenti sul magnetismo po- lare delle leghe ( Alcune esperienze ecc., meni, cit., 1833). Mostra poi che il magnetismo polare nella medesima particolarità trasversale può essere comu- nicato anche a talune sostanze minerali che troviamo nel globo allo stato di rocce, per es. alla serpentina. Tenore e Gussone. — Memorie sulle peregrinazioni eseguite nel 1834- 1838. Napoli, 1842. Alle pag. 110 e 127 fanno menzione dell’influenza delle lave di Melfi sulla bussola. Avendo salito nel 1838 la cima del Vulture, detta il pizzuto di Melfi, notarono nell’ago calamitato una declinazione orientale di 18° dal meridiano magnetico; e, poiché allora l’ago deviava di 18° W., cosi stimarono la deviazione dell’ago dal meridiano magnetico per effetto dell’attrazione delle rocce uguale a 36°. Kipetendo l’osservazione sull’altra cima, detta pizzuto di S. Michele o montagna di Àtella, trovarono la metà della deviazione osser- vata sulla prima cima. Bove Heinrich Wilhelm. — Literatur des Magnetismus und dar Elektricitàt. Berlin, 1844, in 8° di pag. 37. — Dove's Repertorium der Physik, tom. V, pag. 152. Hopkins. — On thè connexion of Geólogy icith terrestnal magnetism. London, 1814, in 8°, con 24 tav. Becquerel Edmond. — Note sur Vaction du magnétisme sur tous Ics corps. — Gomptes-rendus, janvier-juin 1846, tom. XXII, pag. 952-961. Melloni Macedonio. — Analisi delle tre memorie pubblicate dal Fa- Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 657 raday intorno alle azioni delle caiamite e delle correnti elettriche sulla luce polarizzata e sulla massima parte dei corpi ponderabili. — Parte I e II Napoli, 1846 in 8" di pag. 51. - Estr. dal Museo di Scienze e Letteratura, Napoli, anno III. fase. 38 (25 giugno) e 34 (29 luglio). Ved. ancora : Rendiconti della R. Accad. d. scienze di Napoli, toni. V, pag. 199-210; e gli Annali di fisica e chimica pubblicati dal Malocchi Mi- lano, 1846, toni. XXIII. Becquerel Antoixe Cesar. — Éléments de physique terrestre et de météorologie. Paris, 1817. Alla pag. 578 fa parola delle rocce, che racchiudono ferro, e della loro azione magnetica; parla delle esperienze eseguite sull’intensità dell’azione magnetica del granito e del porfido quarzifero. Durocher J. — Recherches sur les éléments accessoires des roches pyro- gènes. — Comptes-rendus hebdom. Tom. XXV, juillet-décembre 1847, pag. 208-21 0. 4i si trovano citate parecchie specie di rocce che agiscono sull’ago. Delesse Achille. — Sur le pouvoir magnétique clu fer et de ses pro- duits métallurgiques. — Negli Annales des mines. 4° sèrie, toni. XIV, 1818, In. — Sur le pouvoir magnétique des minóraux et des roches. — Ne- gli Annales des mines. 4° sèrie, tom. XIV, 1348, pag. 429-486. Fournet J. Apergus sur le magnétisme des minérais et des roches et sur les causes de quelques anomalies du magnétisme terrestre. Lyon, 1848, in 8°. — Estratto dagli Annales de la Société d'agriculture, histoire naturelle et arts utiles de Lyon. Janvier 1848. In questa pubblicazione sono riassunte le ricerche fatte fino allora sulle sostanze minerali magnetiche. Wartmann Elie Francois. — Nouvelles recherches relatives à l'action du magnétisme sur différents corps. — Negli Are 1 ives des Sciences physiq. et naturelles de Genève, tomo Vili, mai 1848. Becquerel Edmond. — Recherches relatives à l'action du magnétisme sur tous les corps. — Comptes-rendus, tom. XXVIII, 1849, pag. 623-627. Delesse Achille. Sur le magnétisme polaire clans Ics minéraux et clans les roches (ltr. mémoire). — Negli Annales de chimie et de physique, 38 sèrie, tom. XXV, 1849, pag. 194-209. Id. — Sur le pouvoir magnétique du fer et des ses produits métallur- giques (2me. mémoire). — Comptes-rendus hebdomadaires des séances de VA- cad. de Sciences. Tom. XXVIII, janvier-juin 1849, pag. 35-37. 658 R. Meli Id. — Sur le poavoir magnétique des minéraux (3me. me'moire). — Com- ptes-rendus cit., tom. XXVIII, 1849, pag. 437-439. Id. — Sur le pouvoir magnétique des roches. — Annales des mines, ou recueil des mémoires sur V exploitation des mines etc., 4e sèrie, tom. XV, 1849, pag. 497-518. Id.. — Note sur le pouvoir magnétique des verres provenant de la fusion des roclies. — Annales des mines, 4e sèrie, toni. XVI, 1849, pag. 367-372. Id. — Sur le pouvoir magnétique des minéraux (extrait). — Dans les Annales de chimie et de physique, 3° sèrie, tom. XXVI, 1849, pag. 148-157. Durocher J. — Note sur le pouvoir magnétique des roches. — Coni- ptes-rendus hehdom., tom. XXVIII, 1849, pag. 589-590. Ivreil Karl. — Ueber den Einfluss der Alpen auf die Aeusserungen der magnetischen Erdkraft. — Sitzungsber. d. Wiener Akad. Tom. Il, 1849. — Ved. anche nei Denkschriften d. k. k. Wiener Akad. der Wissenschaften ; math. naturwiss. Classe. Tomo I, 1850, pag. 265-310. Alcuni lavori del Kreil, nei quali si fa menzione dell’attrazione magne- tica delle rocce, devono essere pubblicati nelle Schumacher' s astronomische Nachrichten, 1843-49, che non ho potuto consultare. Plucker Julius. — Note sur un grand nombre de faits nouveaux de magnétisme et de diamagnétisme. — Comptes-rendus, tom. XXVIII, 1849, pa- gina 504. Id. — Ueher die neue Wirkung des Magnets auf einige Krystalle die eine voherrschende Spaltungs-Flàche hesitzen. Einfluss des Magnetismus auf Kry stali- Bildung. — Poggendorff's Annalen, tom. LXXVI, 1849, pag. 576-586. Id. — Lettre à M. Arago relative à la comunication faite précédem- ment de quelques-uns des résultats obtenus par lui dans ses recherches sur le magnétisme. — Comptes-rendus, tom. XXIX, juillet-décembre 1849, pag. 268. IVA. cita la polarità magnetica permanente che certi cristalli possiedono secondo l’asse unico, ovvero secondo la linea bisettrice dei due assi (come nel distene azzurro). Beice Ferdinand. — Beobachtungen iiber die magnetische Isolar itàt des Pòhlberges bei Annaberg. — Negli Annalen der Physik und Chemie del PoggendorfF, 3a serie, voi. 17 (voi. 77 degli Annalen). 1849, pag. 32-43. Stampato anche nei Berichten der Gesellschaft d. Wissenschaften zu Iveipzig, voi. I, n. 6. Contiene una importante bibliografia sul magnetismo delle rocce, alla Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. ' 659 quale rimando il lettore, senza fare qui le citazioni dei molti lavori che ivi trovansi menzionati. BEC<^UEREL Edmond- — De V action du magnétisme sur tous les'corps U • mémoire). — Comptes-rendus hebdm. cit., toni. XXXI, juillet-décembre 1850, pag. 198-201. Quantunque la memoria non tratti d.d magnetismo di rocce, ma di so- stanze varie, pure, per la sua importanza, ho creduto di segnarla nel presente elenco. Delesse Achille. — Sur V association des minéraux dans les roches qui ont un pouvoir magnétique élevé. — Comptes-rendus etc. già cit., toni XXXI, juillet-décembre 1850, pag. 805-807. Plucker Julius. — Sur le magnétisme et le diamagnétisme. — An- nales de. Chimie et de Physiqne, 3e sèrie, tom. XXIX, 1850. pag. 129-161. Nei cap. IX-XI, pag. 155 al fine, parla dell’applicazione del magnetismo alla conoscenza dei fossili e della loro struttura ; della polarità permanente dei cristalli in determinate direzioni; del magnetismo terrestre indicato dai cri- stalli; della reazione dei cristalli sulla calamita; dell’azione magnetica nella formazione dei cristalli. Zaddach Ernst Gustav. — Beobaclitungen iìber die magnetische Po- tar itàt des Basalt.es und der trachytischen Gesteine. Bonn, 1851, in 8° di 112 pag. con 3 tav. — Estratto dai Verhandlung. des naturlust. Vereines der preussis. Rheinlande und Westphalens, Anno Vili, 1851 pag. 195. Vi si Dovano importanti osservazioni relative alla polarità delle colonne basaltiche e granitiche. Palmieri Luigi e Scacchi Arcangelo. — Della regione vulcanica del monte Vulture e del tremuoto ivi avvenuto nel dì 14 agosto 1851. Relazione fatta per incarico della R. Accademia delle scienze. Napoli, stab. tipogr. di Gaetano Nobile, 1852, in 4° di pag. 170 con 7 tav. Parla delle rocce magnetiche (augitofiri) del Vulture e cita campioni di ìocce polari (pag. 70-71). Ricorda il campione di tufo polare rinvenuto a Ros- siHi dal Breislak e dà alcune notizie sulle rocce magneto-polari (pag. 71-73). \ olpicelli Paolo. — Delle due memorie sul magnetismo delle rocce, pubblicate dalcav. M. Melloni. — Negli Atti d.pont. Accad. d. Nuovi Lincei, tom. \ (1851-52), sessione 15 agosto 1852, pag. 666-685 inclusive. Per un cenno di sunto vedi anche Atti c l. pont. Accad. suddetta, tom. VII (1853-54), pag. 145. Scacchi Arcangelo. — Sul magnetismo polare di alcune lave del monte Vulture. Nota letta nella tornata del dì 23 gennaio 1852 (sunto). — Ved. Ren- 660 R. Meli diconti della R. Accad. delle scienze. Anno I della nuova Serie, Napoli, 1852, pag. 19, 23-24. In questa nota lo Scacchi ritiene che il primo che abbia conosciuto esempi di rocce col magnetismo polare sia stato il Breislak prima del 1761 e cita il tufo rinvenuto nella valle di Rossilli tra Gavignano e Segni. Riprodotto nella Corrispondenza scientifica in Roma. Anno III, n. 4, 28 gennaio 1854, pag. 30. Melloni Macedonio. — Sur Vaimantation de-s roches volcaniques. (Lettre de M. Melloni à M. Arago). — Comptes-rendus hebdom., toni. XXXVII, juillet-décembre 1853, pag. 229-231. Melloni Macedonio. — Du magnétisme des roches. (Extrait d’une lettre de M. Melloni à M. Regnault. Portici, 28 novembre 1853). — Comptes-ren- dus, tom. XXXVII, juillet-décembre 1858, pag. 966-968. Id. — ■ Principali proposizioni relative al magnetismo delle rocce. — Rendiconto della R. Società Borbonica. Accad. d. scienze di Napoli, nuova Serie, tom. II, 1853, pag. 187-188. Vedi anche pag. 181 del medesimo fascicolo. Id. — Ricerche intorno al magnetismo delle rocce. — Memoria I. Sulla polarità magnetica delle lave e roccie affini. — Memoria II. Sopra la cala- mitazione delle lave in virtù del calore e gli effetti dovuti alla forza coer- citiva di qualunque roccia magnetica- Napoli, G. Nobile, 1853, in 4°, di pa- gine 29. — Estratto dalle* Memorie della R. Accad. delle scienze di Napoli, voi. I, fase. 2° per l’armo 1853. (Memoria I, pag. 121-140; memoria II, pa- gine 141-164). Tra le molte rocce, su cui fece esperienza, trovasi citata la lava leuci- tica (leucitite) di Capo di Bove presso Roma (ved. pag. 128 delle Memorie). Nodile Antonio e Palmiebi Luigi. — Rapporto di L. Palmieri e A. Nobile sulla memoria II del socio cav. Melloni intorno al magnetismo delle rocce. — Ved. Rendiconto della Soc. R. Borbonica. Accademia delle scienze. Tomo II della nuova Serie, 1853, pag. 141-145. Id. id. — Principali proposizioni relative al magnetismo delle rocce. — Ved. Rend. cit., voi. cit. pag. 187-188. Phillips John. — Magnetic plienomena in Yorkshire. — Proceedings of thè Yorkshire philosophical Society, 1854. Plucker Julius. — Commentatio de crystallorum et gazorum condi- tione magnetica qualis hodie intelligitur. Bonnae, 1854, in 4°, di pag. 34. Guarini Giovanni, Palmieri Luigi e Scacchi Arcangelo. — Memo- Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 661 ria sullo incendio Vesuviano del mese di macinio 1855 fatta (Ala R Accademia delle scienze, preceduta dalla relazione ccndio del 18o0 fatta da A. Scacchi. Napoli, G. Nobile 1855 gine 208 con 8 tav. per incarico dell'altro in- in 4° di pa- Alle pag. 119-122 è fatta parola dell’azione magnetica delle lave sul- ago^aHe pag. 1/2-181 dei cristalli di oligisto, che manifestano azione polare olili tt£TO» Greiss Carl Bernhard. - Ueber den Magnetismi der Eisenerze.— oggeudoiff. Annalen der Physik und Chemie, 4a serie, voi. Vili iXCVTTT della raccolta), 1856, pag. 478-487. V Haidinger W. - Polar-magnetischer Serpentin von Frankenstein bei Niederbeerbach in Grossherzogthume Hessen. - Jahrbuch der k.k. qeoloqi- schen Reiclisanstalt, 1857, annata Vili. Ved. Seduta del 24 novembre 1857, Tasche H. — Ueber den Magnetismi einfacher Gesteine und Felsar- ten nebst eigenen Beobaclìtungen. — Jahrbuch der k.k. geologischen Reich- sanstalt, 1857, annata Vili, pag. 649-701, con tavola (tav. I).' Assai interessante memoria, nella quale sono citate parecchie delle più importanti memorie sul magnetismo delle rocce. Alla pag. 685, n. 48, tra le rocce laviche ne è citata una con Leucite e Hauyna, proveniente da Frascati. trailich Wilhelm Joseph und Lang V. — Untersucliungen iiber die physicalischen Verhaltnisse Krystallisirter Korper. — 2'. Orientirung der magne tischen. Verhaltnisse in Krystallen des rhombischen Systems. — Vor- getragen in d. Sitzung, vom 8 July, 1858, in 8°. - Sitzungsb. Wien Acad , voi. XXXII, n. 27, Wien. 1858. 1 lùcker Julius. — On thè magnetic induction of crystals. — Philo- sophical transactions, London, 1858. FSrstemann Ferdinand Carl. — Ueber den Magnetismi der Ge- stente-, ein Auszug aus Melloni's Arbeiten, nebst einigen Bemerkungen und Beobaclìtungen von F. C. Fòrstemann. — Negli Annalen der Physik und Chemie, herausgegeben von J. C. Poggendorff. Voi. CVI, 1859, pag. 106-136. Assai importante memoria sul magnetismo delle rocce per le molte os- servazioni contenutevi. Humboldt Alessandro. — Cosmos, saggio d'una descrizione fisica del mondo. Prima versione italiana di V. Lazari. 2a edizione. Venezia, G. Grimaldo 1860, 4 voi. in 8°. Lei toni. IV pag. 123-124 fa parola dell’azione magnetica delle rocce, 662 R. Meli costituenti masse montuose. Importanti sono poi le note su questo argomento alle pag. 170-171 e le citazioni che vi si contengono, una parte delle quali sono riprodotte nella presente lista bibliografica. Greiss Carl. — Zar Geschichte der Magnetismus. Wiesbaden, 1861. in 4°. Frisiani Paolo — Ricerche sul magnetismo terrestre. Memoria I. — Nuovo Cimento, giornale di fisica, chimica e storia naturale, tom. XV, 1862, pag. 95-144. Memoria II. — Nuovo Cimento cit., tom. XVI, 1862, pag. 105-123. Queste due memorie sono anche pubblicate nelle Memorie del R. Istituto Lombardo, tom. Vili, 1862, pag. 177-209; 485-518. Memoria III. — Nuovo Cimento cit., tom. XVI, 1862, pag. 105-122. — Stampata anche nelle Memorie del R. Istituto Lombardo, tom. IX, pag. 69-80. Gherardi Silvestro. — Sul magnetismo polare di palazzi ed altri edifzt in Torino. — Nuovo Cimento cit , tom. XVI, 1862, pag. 384-404; se- guono le note, pag. 405-418. Alla pag. 398 ricorda il tufo vulcanico di Kossilli, ed una serie di rocce varie di diverse località, che agirono sull’ago magnetico. Ved. anche: Memorie della R. Accad. delle se. dell'Istituto di Bologna. Serie I, tom. XII, 1862, pag. 515-546. — Estr., Bologna, Gamberini e Par- meggiani, 1862, in 4° di pag. 34. Carrié (l’Abbé). — Ilydroscopographie et metalloscopographie, ou art de découvrir les eaux souterraines et les gisements métallifères au moyen de l'électro-magnétisme. Paris, 1863, in 8°. Poggen’dorff J. C. — B iographisch-litterarisches Ilandwòrterbuch zar Geschichte der exactcn IVissenschaften. Leipzig, 1863, voi. 2 in 8°. Da questo Dizionario biografico ho tratto parecchie citazioni relative a pubblicazioni sull’azione magnetica delle rocce e delle sostanze minerali. Molte altre se ne potrebbero aggiungere nel presente elenco, scorrendo, colonna per colonna, i due volumi del citato Dizionario, cosi importante per la storia e la bibliografia delle scienze esatte e naturali. Gherardi Silvestro. — Sul magnetismo polare dei mattoni e di altre terre cotte. Continuazione e propugnazione della memoria : Sul magnetismo polare di palazzi ed altri edifici ecc. Memoria II con Appendice. Pisa, tip. Pieraccini, 1861, in 8°. — Estratto dal Nuovo Cimento, giornale di fisica, chimica e storia naturale. Tomo XVIII, 1863, pag. 89-101; appendice pa- gina 105-107. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 663 Stampata ancora nelle Memorie dell' Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Serie 2a, tom. Ili, 1863, pag. 151-168, con appendice pag. 168-171. Yed. ancora: Magnetismo polare. — Nella Corrispondenza scientifica in Roma per l'avanzamento delle scienze. Voi. VI, n. 47 15 loglio 1863 pag. 476. Id. — Sopra una speciale esperienza attinente al magnetismo delle terre cotte. Lettera del prof. S. Gherardi al sig. prof. Fiorelli. — Nel Nuovo Cimentosa., tom. XVIII, 1863, pag. 108-111. Ved. ancora : Rendiconto delle Sessioni dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Anno Accad. 1802-03. Pag. 71-75. Leuchtenberg (Due de) N. — Sur la composition de la pyrite ma- gnétique de Bodenmais. S. Pétersbourg, 1864, in 8°. Gastaldi Bartolomeo. Lettera, nella quale cerca di spiegare la causa della differenza rilevata nella inclinazione magnetica a Torino, passando dalla sinistra alla destra del Po, in base alla costituzione litologica del suolo. Diportata dal Gherardi in fine della sua memoria: Sunto di altre esperienze ed ossei nazioni sul magnetismo dei mattoni. Meni. Ili, qui appresso citata, che è stampata nel Nuovo Cimento, tom. XXIII-XXIV, 1865-66, pag. 15-17. Gherardi Silvestro. — Sunto di altre esperienze ed osservazioni sul magnetismo dei mattoni, terre cotte, certi minerali e terreni ferriferi ; e di una intraveduta cagione fin qui non avvertita, di variamenti nell'azione del magnetismo del globo da un punto all'altro anche prossimi della sua superfìcie. Memoria III. Bologna, Gamberini e Parmeggiani, 1866, in 4° di pag. 15. — Estratto d. Memorie d. R. Accad. d. se. dell'Ist. di Bologna, se- rie 2a, voi. V. Stampata anche nel Nuovo Cimento, tom. XXIII-XXIV, 1865-66, pa- gina 5-17. Iaokscharow (de). — Materialen zur Mineralogie Russlands. 1853-89, tom. X. Al tom. \ (1866) pag. 180 e 379 fa parola del magnetismo polare pre- sentato dalle pepiti di platino (il quale però è sempre associato al ferro in dose variabile, che secondo De Muchin anderebbe fino al 19 per cento). Volpicelli Paolo. — Intorno alle prime scoperte delle proprietà che appartengono al magnete. Cenno istorico. Roma, tip. delle Belle Arti, 1866, in 4° di pag. 16. — Estr. d. Atti dell' Accad. pont. d. Nuovi Lincei, toni. XIX, sessione IV dell’8 marzo 1866, pag. 205-218. Ammette che Bouguer sia stato il primo a riconoscere il magnetismo delle rocce propriamente detto. Riassume sommariamente le osservazioni ese- 43 GG4 R. Meli guite sulle rocce magnetiche sulla fine del secolo passato e sulla prima metà dell’attuale. Della Casa Lorenzo. — Sulla polarità, magnetica. — Memorie clel- l'Accad. d. scienze dell' Istituto di Bologna, serie 2a, toni. VII, 1867, pa- gine 113-119. Fa parola dello stato magnetico presentato dalle cime delle montagne, le cui rocce racchiudono composti dell’elemento ferro, ovvero che furono sog- gette ripetutamente all’azione del fulmine cadutovi sopra. (Yed. pag. 115). Janssen. — Etudes de physique terrestre au volcan de Santorin. — Comptes-rendus cit., tom. LXV, juillet-décembre 1867, pag. 71-72. ’Lamont Johann. — Ilandbucli des Magnetismus. Leipzig, Leopold Yoss, 1867, in 8°. Alle pag. 38-39 trovasi un’importante Bibliografia sul magnetismo delle rocce. Sidot. — Sur la préparation des sulphures de fer et de manganese. — Comptes-rendus cit., tom. LX VI, janvier-juin, 1868, pag. 1257-58. Avverte che il solfuro di ferro presenta i poli, come una calamita, es- sendo magneto-polare. Io. — Recherches sur la polarità magnétique de la pyrite de fer et de l'oxyde correspondant préparés artificiellernent. — Comptes-rendus cit,, tom. LXYII, juillet-décembre 1868, pag. 175-176. Denza Francesco. — Osservazioni fisiche e meteoriche da eseguirsi nel traforo del Fréjus. — N AV Annuario scientifico ed industriale. Anno Vili, 1871, Milano, E. Treves, 1872, in 12°, pag. 62-68. Alla pag. 66 è fatta parola delle ricerche magnetiche da eseguirsi nel traforo del Cenisio per istudiare le variazioni che la forza magnetica può subire per l’influenza della montagna. Diamilla-Muller D. — Della necessità di determinare con osservazioni dirette le linee isogoniche nei mari italiani. Milano, tip. d. Gazzetta di Milano, 1872, in 4° c. 3 tavole. Facendo parola delle perturbazioni locali riscontrate nelle due linee isogoniche passanti l’una per Fiume e l’altra per Lissa, spiega la perturba- zione della prima isogonica come prodotta dall’influenza delle rocce costi- tuenti il monte Valabit; e ritiene, d’accordo coH’Oesterreicher, che l’anomalia dell’altra isogonica debba ripetersi dall’influenza magnetica dello scoglio Pomo. (Yed. pag. 10). Keller Filippo. — Ricerche sull'attrazione delle montagne con ap- Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 665 plicazioni numeriche. - Parte I. Roma, E. Loescher e C°. edit., tip B G eubner, Lipsia, 1872, in 8° di pag. IY-88 con 2 tav. — Parte II Roma E Loesctar e C°. edit tip d. Belle Arti, 1873, i„ 8» di pag. 17-94, cen 1 ’tar. . ,P.g' 87 della 11 Parte dice: «quasi dappertutto si trovano dei « calamita^ali'1^^1!1 ip6^' * f®** ynlewaie*> 1 duali attratti dalia « nerfino ln - + S! SPai'SÌ Ìn tuttala campagna romana e P no sopia 1 monti calcarei dai quali viene limitata verso est- così alla « sommità del monte Gennaro circa 1300 metri sul livello del mare ecc. ,,.' cristalletti potrebbero essere di magnetite, ma più probabilmente sa- lanno dei piccoli cristallini di Augite con inclusioni macroscopiche di granelli cu magnetite. ° Frisia.ni Paolo. — Complemento della 1 V memoria sul magnetismo. - endiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Serie II voi VII 1874, pag. 818-819. ’ ’ p ri ™sunt° della IV memoria sul magnetismo, letta dal Frisiani al t. Istituto Lombardo. Parlando delle perturbazioni magnetiche prodotte da particolari sostanze, fa parola di quella causata « da un filone di serpentino « che co’ suoi frammenti giunge sino alla collina di Quello sopra Bella-io « ove gli fu resa impossibile la determinazione della declinazione magnetica Smith L. — Anomalie magnétique du sesquioxyde de fer, préparé à laide de fer météorique. — Comptes-rendus cit., toni. LXXX, ianvier-iuin 1875, pag. 301-304. J ,. . L° S™ith fece esperienza sul sesquiossido di ferro proveniente dal ferro di 0 vitali (Groenland), allora ritenuto come meteorico, ed oggi di origine tel- lurica, perchè riscontrato in masse di volume considerevole nel basalte di quella località. Daubrée. - Expériences sur Vimitation artificielle du platine natif magnétipolaire. - Comptes-rendus cit., tom. LXXX, yanvier-iuin 1875 pa- gine 526-532. ‘ ’ 1 Il magnetismo sembra dovuto al ferro, che trovasi legato al platino contenendone dal 12 al 19 per cento. Hannay J. B. — On thè magnetic constituents of rochs and minerals.— The mineralogical magazine and Journal of thè Mineralogical Society of Great Britain, London, voi. I, n. 4, aprii 1877, pag. 101-105. Thalén Robert. — Sur la recherche des mines de fer d l'aide de me- sures magnétiques. Upsala, 1877, in 4° con 1 tav. De Rossi Michele Stefano. — La meteorologia endogena. Tomo I (XIX della Biblioteca scientifica internazionale). Milano, Dumolard, 1879 in 8°. G66 R. Meli Al cap. VI del libro I, pag. 59-126, parla dei fenomeni del magnetismo come parte della Endodinamica ed alle pag. 103-105 sono citate alcune lo- calità nei dintorni di Roma, ove le rocce vulcaniche agiscono sull’ago. Ronalds Francis. — Catalogne of hooks and papers relating to elec- tricily, magnetism, thè electric telegraph, etc. including thè Ronalds li- brary. — Cempiled by Sir Francis Ronalds; edited by Alfred J. Frost tpu- blished by tlie Society of telegraph engineers), London-Nerv-A orlc, E. and F. N. Spon, 1880, in 8°, di pag. XXVIII-564. Tra le molte pubblicazioni che sono indicate nel Catalogo Ronalds,' se ne trovano anche di quelle relative al magnetismo delle rocce. Per alcune di queste citazioni, che ho riprodotte nel presente elenco bibliografico, non mi fu possibile di fare il riscontro. De Memme F. — I ferri titanati e le sabbie magnetiche della Ligu- ria. Genova, 1881, in 8° di 13 pag. con fig. — Estr. d. Giornale della So- cietà di letture e conversazioni di Genova, 1881, fase, maggio. Perard L. — De l'emploi de l'aiguille aimantée pour la recherche , de minérais magnétiques. Liége, 1882, in 8°, c. 1 tav. Meyer 0. E. — Messungen der erdmagnetischen Kraft in Schlesien und Untar suchungen iiber Gebirgs Magnetismus. — Natane issenschaftliche Rundscliaio, annata IV, n. 37, 1883. Keller Filippo. — Considerazioni sulla misura della componente orizzontale del magnetismo terrestre con un breve cenno sulle perturbazioni • magnetiche locali che si trovano nei dintorni di Roma. Roma, Salviucci, 1884, in 4° di pag. 17. In questa memoria si trovano citate parecchie località dei dintorni di Roma e del Lazio, nelle quali è marcata in modo evidente l’azione del ma- gnetismo locale delle rocce (ved. pag. 13 al fine). Barus C. and Strohual. — The electrical and magnetic propertics of thè iron caburels. Washington, 1885, in 8°. — Nel Bulletin of thè United States Geological Survey. De Lapparent A. — Traité de Géologie. Deuxième e'dition revue et très- augmente'e. Paris, F. Savy, 1885, in 8°. Alla pag. 113-114 fa parola delle deviazioni locali prodotte sulla decli- nazione da ammassi di minerali magnetici esistenti nelle profondità terrestri. Chistoni Ciro. — Resoconto dei lavori di magnetismo terrestre fatti nell'anno 1885. — Atti d. r. Accad. d. Lincei, serie 4a, volli, 1° semestre, seduta del 7 marzo 1886, pag- 179-182. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 667 Dopo aver fatto notare il salto brusco della declinazione magnetica da Arenzano ad Albissola ed altre perturbazioni magnetiche lungo la riviera Li- gure, ne attribuisce la causa principale alla massa enorme di serpentina, che si mostra per buon tratto lungo la Riviera Ligure e che si interna non poco verso 1 Appennino. 1 Id. Misure assolute degli elementi del magnetismo terrestre fatte nell anno 1885. Roma, tip. Metastasio, 1886, in 4». — Estr. d. Annali dell' Uf- ficio centrale meteorologico italiano, voi. VII, parte I, 1885, pag. 93-235. . Nel1 APPtin(lice prima, pag. 224, parla delle anomalie magneto-telluriche esistenti nei dintorni di Torino, che Gastaldi attribuisce ai ciottoli di serpen- tina, diorite, eufotide, anfibolite, che si trovano nel terreno alluvionale di Torino, ed il Taramelli suppone possano essere in rapporto colla forte di- scordanza delle formazioni, oppure colla presenza di masse serpentinose esi- stenti sotto il mantello dei terreni eocenici e miocenici. Keller Filippo. — Sulle rocce magnetiche di Rocca di Papa. — Atti c R- Accad. d. Lincei. Rendiconti, serie 4a, voi. II, anno 1885-86, pag. 428- Chistoni Giro. Valori assoluti duella declinazione magnetica e della inclinazione, determinati in alcuni punti dell'Ralia settentrionale nell'estate del 1886. -v- Atti d. R. Accad. d. Lincei. Rendiconti, serie 4a, voi. Ili, 1° semestre, seduta del 9 gennaio 1887, pag. 22-24. Fa parola di anomalie riscontrate nelle curve magnetiche della Liguria occidentale, e nelle vicinanze di Torino, ed espone l’idea del Taramelli, ° che esse possano essere in rapporto, o colla forte discordanza delle formazioni presso le suddette località, oppure colla vicinanza di masse serpentinose, svi- luppatissime a ponente di Arenzano e certamente esistenti sotto il mantello dei terreni eocenici e miocenici delle colline di Torino. — Nel Popolo Romano, giornale di Roma, anno XV, n. 284, venerdì 14 ottobre 1887, è riportata la notizia del ritrovamento di una roccia basal- tica presso Gorlitz (Slesia-Prussia) che ha un magnetismo talmente forte da invertire la direzione dell’ago magnetico. (Ved. 2a pagina, 2a colonna, articolo Fisica). Keller Filippo. — Basalti magnetici. — Nel Popolo Romano, anno XV, num. 289, mercoledì 19 ottobre 1887. Piovasi, in 2l pagina, un articolo accennante rocce laviche magnetiche dei dintorni di Roma. Tacchini Pietro. — Osservazioni magnetiche fatte sul monte Ragola. — Atti d. R. Accad. d. Lincei. - Rendiconti, voi. Ili, 2° semestre, seduta 13 novembre 1887, pag. 219. 668 R. Meli E fatta parola di massi di serpentina, che si incontrano nell’arenaria alla base del monte Bagola, perfettamente polarizzati. Parlasi della roccia di Cassimoreno, la quale mostra molti poli magnetici. Presso Cassimoreno la declinazione risultò di 10' inferiore a quella che dovrebbe trovarvisi teori- camente. Andrae und KOnig. — Ber Magnetstein von Frankenstein an der B erg- strasse.' — Abhandlungen herausgegeben von der Senckenbergischen natur- forschenden Gesellschaft ■ Voi. XV, fase. 2, Frankfurt, 1888. Del Gaizo Modestino. — Rocce magneto-polari e perturbazioni ma- gnetiche connesse a fenomeni vulcano-sismici. — Nel Bollettino mensuale della Società meteorologica italiana, pubblicato per cura dell'Osservatorio cen- trale del R. Collegio Carlo Alberto in Moncalieri. Serie 2a, voi. Vili, nu- mero 11, novembre 1888, pag. 166-169. In questa memoria è data la storia delle più importanti osservazioni, relative all’azione magnetica delle rocce. La memoria ha una bibliografia sul- l’argomento. Keller Filippo. — Contributo allo studio delle rocce magnetiche dei dintorni di Roma. Nota I. — Atti d. R. Accad. d. Lincei. Rendiconti, serie 4a, voi. IV, 1° semestre, 1888, pag. 38-44. Keller Filippo. — Contributo allo studio delle rocce magnetiche dei dintorni di Roma. Nota II. Roma, tip. d. R. Accad. dei Lincei, 1888, in 4°, di pag. 10. — Estr. dai Rendiconti d. R. Accad. dei Lincei, Classe di se. fis., mat. e natur., voi. IV, fase. 7, 1° semestre, 1888, pag. 325-334. Vi si trovano notizie storiche sulla scoperta di rocce magnetiche nei dintorni di Roma. Meyer 0. E. — Nel Jahresbericht der Schlesischen Gesellschaft fùr vaterlàndische Cultur, 1888, pag. 49-58, fa parola del magnetismo delle rocce. Montemartini Clemente. — Sulla composizione chimica e mineralo- gica delle rocce serpentinose del colle di Cassimoreno e del monte Ragola ( valle del Nure). — Atti d. R. Accad. d. Lincei. Rendiconti, serie 4a, vo- lume IV, 1° semestre, 1888. pag. 369-377. Accenna il fatto della polarità magnetica esistente nei massi di una roccia serpentinosa sparsi nell’arenaria del colle di Cassimoreno, e nel monte Ragola. I campioni di tali rocce serpentinose furono studiati dall’ A. in questa nota. Id. — Composizione chimica e mineralogica di una roccia serpentinosa di Borzanasca ( Riviera ligure). — Atti della R. Accad. delle scienze di To- Aotizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. 669 Se>retari ieUe iM Clas,i ™- xxv’ * r;er rA- fece ■— cwmi“ » - Erschenhagen. — Nei Verhandlungen des Vili Deutsclien Geoara STrlt"' 1889Tg- 72- 71-75- * ^ « »a Xl zi gnetismo polare t"°'" r°C“ Pr0TaVan0 disti“ta“te » Fenza Francesco. — La inclinazione magnetica a Roma. Roma Zi * 7CTe matem; 6 fiSÌChe’ 1890) in 4° di P^- 10- ~ Estratto dagli Atti d. Accad. poni, dei Nuovi Lincei. Anno XLIII, tomo XLIII, sessione 1 , 15 dicembre 1889, pag. 12-19 inclusivamente. A pag. 19 parla della influenza delle rocce vulcaniche dei dintorni di ItOTTlcl. . n (7tOVI Gilberto- — Intorno all'origine della parola CALAMITA usata in Italia per indicare la pietra Magnete. - Atti d. R. Accad. dei Lincei Z 4 •’ Y0L V’ faSC- 6’ 10 Semestre’ Seduta 17 marzo ISSO,' pa- gme 394-403 inclusivamente. 1 • t Clt1°. dUeSta memoria soltanto Per l’importanza delle molte notizie sto- Rmita lbll°grafiche’ Che vi si contengono, relativamente al vocabolo c«. Keller Filippo. — Contributo allo studio delle dintorni di Roma. Nota III. — Atti d. R. Accad. dei voi. V, 1» semestre, 1889, pag. 519-526. rocce magnetiche dei Lincei. Rendiconti, Rucker A. W. and Thorpe T. E. — On thè relation between thè geo- logica^ constitution and thè magnetic state of thè United Kingdom. — Nel periodico Nature, a iveekly illustrate d journal of Science. Voi. XL fascicolo ottobre 1889, pag. 585. — Nel giornale Nature, ora citato, voi. XL, fase, ottobre 1889, pag. 609, 0 faGa menzione di un pezzo di Diorite polare presentato dal prof. Hull alla British Association e di un lavoro del dott. Edward Naumann, contenente i risultati dei suoi studi eseguiti al Giappone e altrove per mostrare la dipen- denza delle linee magnetiche coi dislocamenti e fenditure delle rocce. E Naumann attribuisce le perturbazioni magnetiche alla deviazione delle cor- renti telluriche per causa delle grandi linee di frattura o per tettonici spo- stamenti nelle rocce. Franchi Secondo. — Anomalie della declinazione magnetica in rap- porto con grandi masse serpentinose. — Nel Bollettino del R. Comitato geo- (570 R. Meli. Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche ecc. logico d'Italia. Voi. XXI, anno 1890, n. 1-2 (gennaio e febbraio), pag. 10-14 con tavole. Dalla memoria e dai valori delle misure eseguite in prossimità delle grandi masse serpentinose, contenenti magnetite, nella regione tra Almese e Viù (Alpi Graie) risulta evidente l’azione delle grandi masse serpentinose sui valori della declinazione magnetica nelle regioni circostanti alle serpentine. L’A. avverte pure che il Gabinetto di mineralogia della R. Scuola degli ingegneri di Torino ha campioni di serpentine polari-magnetiche, fra cui no- tevoli sono quelli di Borgonasca. u Molti esemplari di serpentina delle Prealpi torinesi si mostrano ma- li gnetici, cosi pure alcuni campioni di anfiboliti, specialmente le varietà gra- ti natifere » . Keller Filippo. — Guida itineraria delle principali rocce magneti- che del Lazio. — Atti.d. R. Accad. dei Lincei, anno CCLXXXVII (1890). Ren- diconti, serie 4a, voi. VI. fase. 1°, 2° semestre, pag. 17-19. — Nella Meteorologisclie Zeitschrift lierausgegeben im Auftrage der oesterr. Gesellschaft fiir Meteorologie und der Deutschen meteorolog. Ge- sellschaft. Wien, 1890, fase, di gennaio, pag. 36-37, trovasi un’articolo inti- tolato: Einfluss des Bodens auf den Erdmagnetismus, ove trovansi citati pa- recchi fatti relativi all’azione magnetica delle rocce. STUDI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI PIACENZA (Con una tavola). PARTE PRIMA Cenni Di Eliografici. Il Boccone nel suo Museo di fisica (1697) e Serafino Volta nel suo Viaggio da Firenzuola a V elida (1785) accennarono pei primi, sebbene in termini molto concisi, ai nostri giacimenti plio- cenici, allo studio scientifico de’ quali molto contribuirono il Bonzi a Lugagnano e Giuseppe Cortesi a Castell’Arquato colle loro accu- rate collezioni. La descrizione che il Cortesi stesso pubblicò nel 1809 di pachidermi e cetacei dissepolti dal pliocene piacentino, ha certamente merito pe' suoi tempi; tanto più che le condizioni di giacimento furono da lui esattamente osservate e le ipotesi ri- guai danti la provenienza di quegli esseri con giusto criterio eli- minate meno quella di Plinio che ammetteva il clima delle epoche geologiche essere stato più uniforme dell’attuale. Nè va taciuto de suoi Saggi geologici dei ducati di Panna e Piacenza pub- blicati nel 1819 dove la natura ed estensione del pliocene e del- 1 eocene sono con abbastanza chiarezza delineate. De’ suoi cetacei e pachidermi riparlarono il Cuvier ( Recherches sur Ics ossemenls fossiles , Paris 1824), il De Christol, il Bon e Romei- ( Lethaea geognostica ecc. Stuttgard 1837), Balsamo Cri- velli ( Memoria per servire alla illustrazione dei grandi mammi- feri esistenti nell’Istituto di Santa Teresa in Milano , Giornale dell Istituto lombardo 1842), il Wan Beneden (Z# baieine fossile 672 G. Toldo da Musèe de Milaa. Bulletin de l’Académie royale dii Belg, 1875), il Pictet ( Traité de paleontologie ) e pochi altri. Una sintesi più completa delle osservazioni fatte sino al 1843 sulla geologia dell’Apennino trovasi indubbiamente nella classica Conchiologia fossile subapennina del Brocchi, dove la natura lito- logica delle varie roccie dell’alto Apennino è descritta molto net- tamente, dove sono ricordati con acuto sguardo i vari sedimenti miocenici e pliocenici di tutta l’Italia, dove finalmente la questione del golfo adriaco padano è maestrevolmente sciolta mercè l’accordo della teoria del Sabbatini che l’attribuiva ai cordoni littorali, con quella del Filiasi che l’attribuiva all’avanzamento del delta. Il Brocchi aggiunge essere necessario l'ammettere anche un progres- sivo ritiro del mare. Certamente le cause di questo ritiro non erano da lui giustamente immaginate persistendo nell’idea di caverne sottomarine, come pure la divisione cronologica dei terreni è nel suo libro molto deficiente. Ma quello che le scoperte e gli studi de’ suoi tempi non concedettero al Brocchi fu però dal Pareto nel 1865, sulla via segnata dal Lyel, felicemente compiuto. In quelle stesse note poi Sur les subdivisions que l’on pourraii établir dans les terrains tertiaires de l' Apennin septentrional il Pareto rammenta i conglomerati di Bocca d’Olgisio che riconosce per mio- cenici, mentre un suo profilo geologico dal Capo di Portofiuo alla pianura piacentina pose le basi della geologia della nostra provincia ; solo in un punto sembrami meno esatta la sua sezione ed è nel- l’azione sollevante ch’egli, colle sue linee, mostra di attribuire alle serpentine, come pure non mi pare esatta la denominazione di argille scagliose per certi calcari marnosi del Nure che certamente non corrispondono alla descrizione delle arg. se. già data dal Bian- coni nella sua storia naturale dei terreni ardenti: e forse anche la ripetizione dell'idea espressa dal Doderlein nel 1862 sulla mio- cenicità delle marne di Yigoleno non può oggidì dalla scienza geo- logica essere accettata. Nel 1883 vennero pubblicate sul Bollettino del R. Comitato geologico d’Italia alcune Osservazioni stratigrafiche fatte sull’ Apen- nino piacentino dal prof. Torquato Taramelli colle quali in verità l’autore portò molto e molto innanzi la conoscenza di questa re- gione. Il pliocene, il lembo miocenico di Vernasca, il calcare e le Studi geologici sulla provincia di Piacenza 673 arenane eoceniche, la formazione ofiolitica e le argille scagliose furono da lui con somma cura delimitate. Ma poiché vige tuttora vivissima la questione dell’età delle argille scagliose e dell’origine delle serpentine, poiché non piccole zone mioceniche si scoprirono a’ miei occhi e ninna carta infine è ancoia uscita a mostrarne i veri limiti dei nostri terreni, così mi fo animo a pubblicare i risultati di questi miei primissimi studi. Prima di chiudere questi cenni bibliografici mi fo dovere di accennare a quel lavoro del prof. Giacomo Trabucco che ha per titolo: Cronologia dei terreni sedimentari della 'provincia di Piacenza. L autore annunzia di aver rinvenuto un lembo cre- taceo in corrispondenza di monte dei Bruzzi (r. d. del Nure). Di- vide 1 eocene in un piano più antico che denomina bartoniano lappi esentato dalle arenarie di monte Roccone, e in un piano supe- ìiore o liguriano a cui ascrive tutti i calcari con arenarie e tutte le argille scagliose della nostra montagna. Nel miocene distingue il piano tongriano (Castello di monte Regio), l’aquitaniano (con- glomerato di Groppo, arenaria serpent. di Poggio Uccello), il lan- ghiano (molasse gialle (?) da monte Canino a Yidiano) e l’elve- ziano (marne fossilifere di Cà Boriana nel Risone). Nel pliocene distingue pure due piani e ascrive al quaternario l’elevata allu- vione limonitica. Sinceramente ne duole di non aver potuto ritrarre dalle ossei razioni del prof. Trabucco tutto quell utile che ci saremmo aspettato, in quantochè la sezione naturale di monte de’ Bruzzi e Chiappa della Pennula non ci presenta altro che il dorso di uno strato e non certo una serie di strati nel senso normale alla loro direzione come ce li disegna il Trabucco stesso; e d’altra parte non ci fu possibile il rinvenire nemmeno in parte quella serie di numerose foraminifere per cui egli distinse quattro piani miocenici e due pliocenici. 674 G. nido PARTE SECONDA Cenni illustrativi della carta geologica. Cap. I. — Serpentini e roccie annesse. Descrivo per prima la formazione ofiolitica, perchè, qualunque ne siano l’età e l’origine, mi è sembrata indipendente, nel senso stratigrafico, dalle altre roccie in mezzo alle quali interro ttamente affiora. Cominciando dal lato occidentale della provincia, un primo grugno serpentinoso ci si mostra sulla sponda destra del Tidone, sopra Nibbiano, al luogo detto Fornace, ed è circondato da una marna, con filoncelli di calcite fibrosa, la quale ritengo miocenica. Traccie di gabbro con poco asbesto accompagnano questo piccolo affioramento. Ma lo sviluppo più notevole del gabbro lo si ha alle falde settentrionali del serpentino di Pietra Corva affiorante di mezzo a calcari e arenarie eoceniche compattissime. Il gabbro scende fino al letto del sottostante Tidone Merlingo e non ricom- pare più per lungo tratto nè a destra nè a sinistra di questo luogo. Chi risale la Trebbia scopre serpentino sopra Travo a Pietra Parcellara in mezzo alle argille scagliose. Questa massa, sparsa di ciottoli quarzitici dalla parte del torrente Dorba, non affiora nemmeno nel letto della vicina Trebbia presentandosi come una massa isolata. Altre due piccole sporgenze fra i calcari e le are- narie compatte dell’eocene si mostrano nella zona boscosa di monte Martini sul versante destro della Trebbia, mentre una vasta mole di ofioliti, gabbri e agglomerati ofiolitici si estende più in su dei Perini con monte Armelio dapprima, sulla cui falda settentrionale è la bella oficalce che sostiene le case di Ponte, poi con i monti Pradegna, Barberino, Cavi, Scabiazza ecc. allineati da nord-ovest a sud-est e attraversati nel bel mezzo dalla Trebbia precisamente dove la strada nazionale passa dall’ima sponda all’altra di questa. Studi geologici sulla 'provincia di Piacenza 675 La parte serpentinosa dei versanti è tagliata a picco e, nel modo piii evidente, si approfonda sotto il letto del torrente, mentre are- nane mioceniche dal lato settentrionale, calcari e scisti eocenici dal lato meridionale si appoggiano ad essa con piena discordanza. Solo alla grotta di San Colombano le arenarie che pure direi mio- ceniche passano a sud di questa massa, sebbene per brevissimo tratto. Monte Rocchetta alle origini del torrente Grondana confluente del Nure è l’ultimo affioramento ofiolitico della nostra provincia per chi risale la Trebbia. Nel Nure, a tacere del gabbro affiorante poco sopra Parini e delle piccole masse ofìoliticho di Yigonzano e Ricci, hanno qualche impoi tanza i gabbri di Cerreto e di monte Albareto e l’eufotide di Pomarolo, località tutte metallifere di cui parla a sufficienza il Taramelli nelle sue osservazioni sopraricordate accennando anche ad una bella ofìsilice del Grondana con cristalli di quarzo bi'pira- midati che competono con quelli della montagna di Bardi. Lo Jervis nella sua opera I tesori sotterranei dell’Italia (Loescher 1889) in base a relazioni che mi parvero giuste, ricorda i seguenti minerali di Solaro : calcopirite, azzurrite, malachite, cuprite, ma- gnetite e limonite. Sulla destra del Nure, oltre il poco gabbro verde da Ponte dell Olio a Castione e la vetta serpentinosa di Groppallo con massi granitici e con traccie di gabbro sulla china settentionale, va men- zionato il serpentino magnetico di Cassimoreno d’aspetto brec- ciato, molto ricco di enstatite e picotite sulle cui proprietà ma- gnetiche fece osservazioni il signor Montemartini di Pavia conclu- dendo che, oltre la polarità magnetica, questo serpentino ha eziandio centri di nome diverso, cosicché in una data lastrina a zone di dato nome poste sopra una faccia corrispondono sulla faccia opposta, zone di nome contrario. Y ariando poi lo spessore della lastrina varia unicamente l’intensità della forza magnetica. L orientazione magnetica delle suddette lamine pare al Mon- temartini collegata alla distribuzione dei cristalli d’enstatite. Procedendo a sud di Cassimoreno si entra nella vasta zona serpentinosa che fra 1 alta valle del torrente Lecca da un lato e del Nure dall’altra, restringendosi si protende sino a monte Penna. Monte Megna col suo vaghissimo laghetto di monte Moo simile a un cratere di vulcano mutato in erboso prato, monte Ragola 676 G. Tolda elevato a 1711 metri, monte Nero di 1750 metri, pure con un piccolo bacino lacustre sulla falda settentrionale alle origini del Nure, fanno parte di questa potente isola serpentinosa fiancheggiata da agglomerati potenti dal lato che prospetta il paese di Torrio, fra monte Crociglia e Santo Stefano d’Aveto e dal lato di monte Zovallo che prospetta il Penna ove abbondano anche massi di quarzite e granito. Giù pel Lecca, verso Bardi, altri piccoli grugni serpentinosi si seguono numerosi e da Bardi a Lugagnano, meno il gruppo di Gora e monte Menegosa che sono abbastanza estesi, del resto gli affioramenti serpentinosi non più fra i calcari, ma bensì fra le argille scagliose, si fanno tanto piccoli da potersi a mala pena segnare sulla carta al 100.000. Il gabbro è solo a Pedina e a Monte Polo dove anzi l’ accompagnano sassi di granito roseo con feldspato pre- dominante e piccole vene di asbesto. Cap. IL — Cretaceo. Prevedo molte opposizioni, ma poiché le argille scagliose di Trebbia, come quelle ad oriente del Nure, mi sembrano, in modo sicuro, continuazione delle argille scagliose parmensi, modenesi e bolognesi disposte, quasi antico asse apenninico, a contatto dei terreni neogenici e in molti punti riconosciute veramente cretacee, così allo stesso periodo io pure le ascrivo tanto più che il prof. De Ste- fani mi scrisse aver trovato inocerami presso i Perini nella Trebbia dove appunto esistono argille scagliose. Il breve affioramento poi di Monte Begio (versante destro del Nure) dove le argille scagliose sono al di sotto nel modo più evidente della grande massa dell’eocene medio, sembrami altra prova della loro antichità. Il colore rossastro che hanno queste argille a San Genesio fra il Olierò e la Chiavenna fu rimarcato da Serafino Volta e dal Cortesi per quel fenomeno di passeggierò daltonismo a cui dànno luogo. Pin dal 1400 poi troviamo ricordato da certo Pietro Can- dido que’ due getti di protocarburo d'idrogeno che escono dalle argille scagliose, sotto Velleia, la pretesa vittima di frane che mai non avvennero, Velleia antica villa romana di cui cessa la storia verso il secolo IV dell’era volgare quando appunto le orde barba- 677 Stitdi geologici sulla 'provincia di Piacenza nche di Frigerido misero a ferro e a fuoco tutta la regione emiliana. I fuochi di Velleia accennano indubbiamente a decomposizioni organiche ed anche alla probabile vicinanza di qualche locale vena peti-oleifera ricercata appunto da una Società francese che, con qualche vantaggio, perforò già altri pozzi nel torrente Figlio presse Montechino. Il prof. Eymar Mayer di Zurigo in un suo recente articolo. Sui rapporti geologici della regione petroleifera di Monte Chino deriva il petrolio dalla decomposizione di supposte masse ucitiche, idea che, per quanto possa sembrare esagerata, varrebbe anche pel petrolio di Faglio nel Nure, scavato in calcari liguriani e la quale, se non erro, ha per la regione nostra più probabilità che quella sostenuta nell’ American Chemical Journal (anno 1889, n. 2) dal signoi E. Fenouf che, in base alle esperienze del prof. Engler di Carlsihue, di Saint Clair Deville, di Markonikoff e Oblogin, dice provata definitivamente l’origine animale del petrolio. l 'Dopo Velleia la suddetta Società passerà probabilmente nel tor- rente Lubiana dove un’anticlinale riporta ad affioramento le argille scagliose sotto forma di scisti bruni bituminosi. Gap. III. — Eocene inferiore. Da Monte Fegio a Boccolo de’ Tassi, sopra le argille scagliose è un piccolissimo lembo nummulitico. La A. biarritsensis con ra- dioli di cidariti e anelli di crinoidi fu dal Taramelli trovata in un altro lembo nummolitico di San Martino di Bobbio che vidi io pure e che mi parve interposto a quelle marne scistose di cui egli ci dà così esatta descrizione. Anche queste marne pertanto che più a sud di Bobbio passano a veri scisti marnosi e arenacei e che sono localizzati a questo antico profondo bacino di mare risalgono a mio vedere all’eocene inferiore. Frequenti noduli di macigno sono ad esse interposti e forse passano molto ridotte in potenza al Nure dove sopra Farmi esistono arenarie con Helmin- thoidea labirintica affioranti sotto una fortissima anticipale di cui diiò più tardi. Queste arenarie del Nnre che io non ho segnate sulla calta per mancanza di esatte osservazioni hanno però a sud di Farini poca estensione non arrivando certamente a Ferriere. 678 G. Toldo Gap. IV. — Eocene medio. Le roccie direttamente sovrastanti agli scisti dell’alta Trebbia e alle argille scagliose sono sempre calcari compatti, alternati con arenarie durissime che veramente ponno dirsi macigno ; il cal- care, a seconda degli strati, è bruno o biancastro ; la sua frattura concoide e la sua sonorità sono caratteristiche; l’arenaria può essere di struttura granulare ovvero, ma più raramente, a strie o strette fascie come sopra Mocomero (torrente Arda). Il calcare litografico del Penice, col quale compete quello dei monti Pennula ecc. nel Rio Restano, nonché i pittorici scogli a ri- dosso di Praticchia (Tidone Merlingo), sono di questo piano che si di- stingue molto bene a sud di Bettola per gli elevati e dirupati monti che costituisce. Fra le curve stratigrafiche molto notevole mi è parsa quella anticlinale che osservasi sopra Cogno nel Nure e che si continua lungo i monti Chiappa della Pennula e dei Bruzzi fra il Nure e l’Arda e lungo il torrente Lubiana confluente dell’ Arda. La gamba che si eleva verso sud in corrispondenza delle suindicate località si rovescia tosto a nord onde poi rimangono allo scoperto le arenarie ad Helmintoidea di Farmi, calcari e arenarie fors’anche più antiche a sud della Pennula e le argille scagliose del torrente Lubiana. Nè certo è piccola varietà nella monotonia di questo tratto d’Apennino (per usare frase del Taramelli) la zona di eocene medio che da Mocomero sull’ Arda si estende sino al Lubiana per continuare indi verso Bardi. Sono muraglioni quasi verticali che si elevano per varie decine di metri sull' Arda e che, in risentita sinclinale, posano sulle argille scagliose. In questo piano eocenico trovai numerose impronte di veri nemertiliti ; non molte fucoidi (generalmente il Ch. intricatus e Zoophycos ) e nel rio Pigore (Chero), negli strati più recenti, l'Ani- lina exponens e numerose orbitoidi. Anche il diaspro vi è abba- stanza frequente e forse di questa roccia è il masso su cui posa Bardi e il vicino grugno di Cà Barzia, nonché quello di monte Zuccarello e i frammenti sparsi fra i Perini e monte Martini (ver- sante destro della Trebbia) per tacere varie altre località di cui non mi ricordo al momento. Studi geologici sulla provincia eli Piacenza 679 Gap. V. — Eocene superiore. ^ Certamente vanno ascritti a questo piano quei numerosi strati ' i calcare marnoso con arenarie micacee, spesso anche carboniose che, in una zona allargatesi da oriente verso occidente in corri- spondenza della risvolta settentrionale dell’Apennino, ricoprono con piena concordanza i calcari compatti e il macigno or ora ricordati. Qualche strato più compatto e qualche straterello argilloso s’in- teicala qua e là in questa massa dove realmente hanno il loro ampio sviluppo le fucoidi. Difatti, specialmente al Poggio Uccello, nella Lunetta e su pel rio di Spettine, osservami numerosissimi individui del Chondrites intricata lSj del Gh. affini*, della Caulerpa fdifor- mis, dell’ Hahmenites ftexuosus per tacere le specie a me poco conosciute. Variate onici rendono belli a vedersi parecchi tratti di questo calcare spesso tinto di un colore rossastro per intieri strati di cui ricordo come interessante quello che da Bobbiano, per la sinistra del torrente Dorba, arriva alla Trebbia e per monte Barbieri passa al Nure sotto Yigolo parallelamente al limite me- ridionale di questo piano eocenico. Qualche piiite, qualche dendrite sono purè forme mineralo- giche di questo calcare e dei terreni che con essi si alternano. Foraminifere poi d’aspetto oligocenico furono osservate dal prof. Pan- cauelli lungo la strada che da ponte dell’Olio sale a Bucchignano. Gap.- VI. — Miocene inferiore. La continuità dei depositi dell’eocene medio su tutta la nostra montagna ne persuade che, sino al termine di esso, non si era ini- ziato quel sollevamento che doveva mutare completamente la confi- gurazione oroidrografica del nostro paese. D’altronde la marnosità dei calcare dell’eocene superiore e la natura talora grossolana delle arenarie che l’accompagnano provano che durante questo tratto di eocene il sollevamento cominciò, senza tuttavia dar luogo ad emersioni. Queste infatti, chiudendo il periodo eocenico, schiu- dono il successivo dove le mutate condizioni geologiche sono ac- compagnate da mutazioni biologiche, onde quella ricca fauna mala- cologica che rese sì pregiate le zone mioceniche del Piemonte e 44 680 G. Tolda della Liguria. Ma certamente il sollevamento non fu regolare e il concetto' di un sottosuolo preesistente alla deposizione dei ter- reni miocenici e pliocenici è indispensabile nello studio delle re- lazioni stratigrafiche di questi ultimi. La parte più antica del miocene è rappresentata, se non erro, oltreché dalla puddinga di Bobbiano, anche da una serie di marne e arenarie nella quale queste ultime occupano generalmente la parte stratigrafica più alta. La marna di colore bluastro, venata in tutti i sensi da calcite fibrosa con rarissimi straterelli calcari, è sviluppata aH’oratorio di Castellavo (fra il Nure e la Trebbia), nel fondo del rio Chiarone sotto Rocca d’Olgisio e presso Stadera e Nibbiano nella valle del Tidone. L’arenaria di colore ora scuro, ora giallognolo, piuttosto molle e concrezionata alla superficie, è sviluppata al di sopra della marna anzidetta per le zone special- mente che sono lungo la Trebbia. Superiormente poi sembra pas- sare a vero conglomerato a elementi silicei, granitici, serpentinosi che è ben conservato a Groppo sulla Luretta e più ancora a Rocca d'Olgisio e che forse appartiene ad un piano miocenico meno antico. Ritengo anche probabile che altri piccoli lembi siano nelle nume- rose sinclinali dell’eocene medio, per es. al castello di monte Regio che io non ho visitato. Lamelle di diallagio mostransi al microscopio specialmente nelle arenarie dove anche sono frequenti certe impronte serpeggianti e lateralmente frastagliate che s’avvicinano a quello che il Sacco nelle sue Note di paleoicnologia italiana chiamò Nemerlilites mio- cenica ma che, diversamente dai veri nemertiliti, appartengono sem- pre alla superficie superiore degli strati, mentre alla faccia inferiore appartengono le loro controimpronte rilevate. Gap. VII. — Miocene superiore. Due ristrettissimi lembi forse langhiani osservansi rispet- tivamente a Vernasca sull’ Arda e sotto Cà Buriana nel Lisone; quest’ultimo fu rinvenuto dal prof. Giacomo Trabucco. Il lembo del Lisone è di marna cinerea, affiora por pochi metri quadrati ed è caratterizzato da piccolissime lueine. Esso è ricoperto dal villa- franchiano e posa sul calcare dell’eocene superiore. 11 lembo di Vernasca è di marna ricca d’arenaria in istinti di forse un metro 681 Studi geologici sulla provincia di Piacenza di spessore: s’estende dalla biforcazione delle strade provinciali dell Ongma e dell’ Arda fino alla chiesa di Yernasca e avrà un quaranta metri di complessiva potenza. È ricoperto dal pliocene marino e posa sulle argille scagliose. Vi si osservano abbastanza numerosi il Pecten duodecimlamellcUus, venus e tellinae piccolis- sime, emarginulae , nassae e vi trovai anche un piccolo Ilemiaster. La facies litologica e malacologica è identica a quella del miocene superiore di torre della Maina nella provincia di Modena, luno-o il fiume Tiepido. Bramente per sè questi due lembi non hanno molta impor- tanza; tuttavia servono ad indicarci che il mare miocenico girava da noi alle ultime falde delle attuali colline eoceniche e che dopo il miocene superiore vi fu un abbassamento per cui i depositi di esso rimasero ricoperti dai successivi. Cap. Vili. — Pliocene. La natura del pliocene là dove esso s’arresta contro l’eocene e scompare sotto le alluvioni, suggerisce l’idea di un promontorio di ìoccie eoceniche fra il Nure e la Bardoneggia protratto forse sino al lembo pliocenico di San Colombano. Difatti chi da Ponte dell Olio si dirige a Gropparello passando per Santa Maria del Rivo e pei Gusano, trova a Santa Maria una massa potente di ciottoli eocenici perforati da foladi e impastati da Pecten e da Ostreae , ciottoli che a Gusano sono ridotti a ghiaie senza litofagi e che più oltre sono con gradazione evidentissima sostituiti prima dalle sabbie e poi dalle marne. La distinzione del pliocene nella provincia di Piacenza sembra per me un problema solubile solo quando ci si accinga a rinno- vare una collezione di conchiglie, ma coll’indicazione "dell'altezza che ha il luogo in cui si trovano le conchiglie rispetto al letto del sottostante torrente o rio. Così oltre che le concrezioni popo- noidi che ad occidente dell Arda posano sulle marne verranno ascritte al piano superiore del pliocene per es. gli strati a Caprina islandica del rio de’ Vaj a un sessanta metri sulla Chiavenna e del rio Bertacca ad analoga altezza dove oltre la Cyprina islan- d/.ca il Pantanelli trovò altre forme che potei classificare per Car- dimi Brocchi Mayer, Venus Phìlippii Mayer (locali), Bosinta 082 G. Toldo exoleta Lin., Mactra triangula Br., Pecten scabrellus Lmk., Pectunculus glycimeris , Natica Josephinia, Venus islandicoides ecc. La direzione media del nostro pliocene è da nord-est a sud- ovest e la pendenza è dolce mancando affatto le curve proprie dei terreni più antichi. Fra le relazioni poi stratigrafiche mi piace ricordare quella osservata dal Taramelli nel Yerzeno dove il plio- cene si appoggia trasgressivamente all’eocene. Cap. IX. — Villa/ ranchiano. L'alluvione limonitica che riveste le ultime nostre colline sia eoceniche, sia plioceniche raggiungendo a monte Padova i 400 metri ossia una quota poco inferiore a quella massima del pliocene marino (m. 476 a poggio di Yigolino), rappresenta, se non erro, il graduale succedersi della fase fluviale alla marina cessata con le ricordate concrezioni. Anche la notevole pendenza di questa alluvione mi induce a ritenerla anteriore al noto sollevamento plio- cenico di cui appunto mostra aver partecipato. La limonite vi è abbondante e ne compenetra sia la parte argillosa e sabbiosa sia gli stessi ciottoli calcari che all’ aria fa- cilmente si dissolvono ; nella parte poi più superficiale essa si rac- coglie sotto forma di minutissimi globuli pisoliformi, quali ad es. pos- siamo osservare verso Savignano sopra Rivergaro. Questa alluvione che, per la sua coltivazione boschiva, facilmente si distingue anche da lungi, è mirabile sulla sponda sinistra della Trebbia fra Iti- valta e Statto. Dalle trivellazioni fatte nella Trebbia stessa da Rivalta a Roveleto Laudi pel traversante diretto daU’ing. Giosuè Pensa nel 1867 risalta che detta alluvione o conglomerato si pro- tende al di sotto dell’alluvione quaternaria per lungo tratto. Cap. X. — Quaternario antico e attuale. Queste due alluvioni, distinte per la diversa loro relativa alti- metria, costituiscono la pianura. La più antica sta in media fra i cento e i duecento metri sul mare ed è molto estesa alla destra dell’Àrda e alla sinistra del Tidone. La più recente sta general- mente sotto i cento metri e la composizione sua rilevasi dalle se- zioni riportate alla fine di questo capitolo. Lo Jervis (op. c.) ac- 683 Studi geologici sulla provincia di Piacenza cenna alle pagliuzze auree e alla magnetite titanifera commiste alla sabbia della Trebbia. Non mi sono occupato di queste rarità mineralogiche essendomi parso più utile il tentare uno studio sulla distribuzione degli aves che alimentano i pozzi della provincia. A tale scopo mi furono procurati molti dati altimetrici sui pozzi dei vari comuni, ma poiché essi spesso rappresentano la media (i lari pozzi la cui quota altimetrica è notevolmente diversa, così per me non hanno molto valore, onde penso di sostituirli quando che sia con osservazioni più particolari. Riguardo invece alle cause per cui l’acqua dei pozzi varia di spessore dall’inverno all’estate e dalla primavera all’autunno ho ricevuto dal collegio Alberoni in questo medesimo anno 1890 le prime osservazioni fatte per incarico del Ministero d’industria e commercio, dalle quali risulta che 1 acqua del pozzo attiguo all’Osservatorio astronomico alta metri 2,82 al 1° giugno 1889 s’abbassò di metri 1,96 fino al 15 settembre, rialzandosi indi sino al 24 ottobre centim. 55. Giunto così al termine di queste mie povere osservazioni mi penso conveniente il riassumerle in un quadro sinottico a fine che la successione dei terreni risalti in modo più chiaro e sollecito: Periodi Piani Terreni Quaternario . . Attuale . . Antico . . Alluvione non terrazzata. Alluvione terrazzata. | Villafranchiano Pliocene .... Alluvione limonitica. Concrezioni poponoidi. Sabbie e marne. Conglom. perforati e ghiaie marine. Miocene .... Superiore . Inferiore . Marne cineree a lueine e a pecten duodecim. Conglomerati serpent. Marne bluastre e arenarie serp. Eocene Superiore . Medio . . . Inferiore . Calcare marnoso e arenarie a fucoidi. Calcare compatto e macigno a nemert. Scisti bruni. Lenti nummulitiche. Cretaceo .... Superiore . 1 Argille scagliose a Inoccrami. Eoccie ofiolitiche con gabbri e graniti. — 684 G. Toldo Quanto alle sezioni clie ne mostrano la composizione del qua- ternario, riporto anzitutto quelle latte con trivellazioni dagli inge- gneri Grattoni, Gautkier e Borella fra Roveleto Landi e Rivalta sotto il letto della Trebbia. Tali sezioni a cominciare da quella più vicina alla sponda sinistra della Trebbia si presentano nel modo seguente : I Ia Sezione Terreno Prof. succ. Ghiaia, sabbia e pezzi di pud- dinga 1.01 Ghiaia fluviale con sabbia pic- cola nera . . . 1.90 Sabbia grossa con qualche sassolino . . . 2.58 Sabbia grossa con ghiaia or- dinaria .... 2.98 Puddinga con calcare e con pietre marcie ocracee .... 3.98 Piccola vena di argilla 4.04 Puddinga con calcare .... 6.70 IP Sezione Terreno Prof. succ. Ghiaia grossa con sabbia . . 1.90 Sabbia grossa conpocaghiaia 5.87 Sabbia e ghiaia piccola .... 7.35 Sabbia con po- chi ciottoli . . 9.90 Puddinga con ar- gilla 10.14 IIIa Sezione Terreno Prof. succ. Ghiaia e sabbia. 1.84 Sabbia con ghia- ia piccola . . 4.72 Sabbia con poca ghiaia piccola. 5.68 Ghiaia e sabbia. 6.71 Studi geologici sulla provincia di Piacenza 685 IV a Sezione Va Sezione VP Sezione Terreno Prof. succ. Terreno Prof. succ. Terreno Prof. succ. Ghiaia grossa (Aqua) 0.67 Ghiaia grossa con sabbia . . 2.55 Ghiaia grossa e piccola con Sabbia saliente . 2.86 con sabbia . . 1.35 sabbia 1.29 Sabbia e ghiaia Sabbione duris- Sabbia con ghia- piccola .... 3.82 simo 1.59 ia piccola . . . 3.13 Ghiaia piccola Ghiaia con sab- Ghiaia piccola e pura 4.10 bia 6.40 sabbia dura . . 6.37 Sabbia e ghiaia Sabbia con ghia- piccola .... 4.54 ia piccola più Ghiaia picco- rara 7.66 la con sabbia Puddinga con grossa 5.74 calcare .... 8.06 Sabbia 6.30 Ghiaia piccola . 6.38 Sabbia 6.49 Ghiaia con sab- bia grossa . . 8.25 Sabbia pura . . 8.50 Ghiaia piccola pura 9.27 Puddinga con ar- gilla 9.85 VIP Sezione Terreno Prof. succ. Ghiaia fluviale con grossi ciot- toli 1.99 Sabbia e ghiaia piccola 6.89 Sabbia fina e ghiaia 7.58 VIIIa Sezione Terreno Prof. succ. Ghiaia fluviale . 2 20 Sabbia con ghia- ia piccola . . . 4.26 Puddinga con ar- gilla e calcare. 4.75 Puddinga con ar- gilla e calcare. 7.98 686 G. Toldo Da questi dati risulta che uno strato di puddinga, localmente scavato dalla Trebbia e in seguito da essa in buona parte riem- pito, stendesi al di sotto di strati alluvionali più recenti ne’ quali predominano ghiaie e sabbie con pochissimi strati argillosi che si fanno meno miseri ad oriente dell’attuale letto. Difatti nella zona meridionale della nostra pianura fra la Trebbia e il Nure non manca un aves abbastanza aquifero; ma al di sotto altri non ne furono trovati e io credo che un canale ivi scavato a pro- fondità superiore a quella dell’ aves si troverà in una zona terribil- mente assorbente come anche ebbe ad accennare il Ministro d'agri- coltura, industria e commercio nella sua Relazione Sui progetti d'irrigazione letta nella seduta del 24 marzo 1890. Le seguenti due sezioni delle sponde del Po, furono dirette dal signor Hiclor Zienkoviez l’anno 1858. Riva destra (metri 42.80 sul mare) Terreni Spessore di essi Prof. successive Terra argillosa, sabbiosa, brunastra, abbastanza pla- stica 2 2 La stessa argilla mescolata con frammenti di mat- toni e tegole 0.75 2 75 Argilla bluastra fina con frammenti di conchiglie terrestri 0.45 3.20 Argilla fina bleu sabbiosa 0.30 3.50 Idem con detriti vegetali 1.00 4.50 Argilla brunastra, sabbiosa, magra con piante fila- mentose 0.20 4,70 Argilla molto sabbiosa, deliquescente 1.20 5.90 Sabbia gialla, micacea, ghiaiosa 0.75 6.65 Sabbia grigia, fina, molto argillosa, micacea con ghiaia e ciottoli, saliente 2.09 8.74 Sabbia più grossa, grigia, argillosa, micacea con sassi, saliente 2.51 11.25 Sabbia grigia, micacea, un po’ argillosa con qualche ciottolo, poco saliente 5.99 17.24 Sabbia grigia, micacea, argillosa con ghiaia o ciot- toli, saliente 1.05 18.29 687 Stadi geologici sulla provincia di Piacenza Segue Riva destra (metri 42.80 sul inare) . Terreni Spessore di essi Prof. successive Argilla gialla, sabbiosa, compatta, resistente . , Sabbia grigia, fina, micacea, argillosa, con ghiaia e ciottoli, dura 1.95 1 1 9 20.24 Sabbia grigia micacea, più argillosa con ghiaia e ciottoli, durissima .... 1 . 1 o 2.23 O QQ £ 1.0 / 99 CK(\ Argilla gialla compatta con venette rossastre, resi- stente .... uO . 01/ Sabbia ffna, gingia, micacea, argillosa, ghiaiosa con ciottoli, resistente . . 1 51 u-ì.oó 9K O f Sabbia fina, grigia, micacea, ghia'osa, compatta, re- sistente 9 90 OQ Qfl Sabbia grigia, micacea, argillosa, con ghiaia e ciot- toli, resistente 6.50 0 40 ùO.OU Q i Qn Sabbia grigia fina, micacea, argillosa, abbastanza resistente o-t.ou Qtc 9 fi oD.ZU Riva sinistra del Po sotto Piacenza Terreni Spessore di essi Prof. successive Sabbia grigia, un po’ ocracea con ghiaia e ciottoli. Sabbia grigia pura con micacea e ghiaiosa Sabbia grigia fina micacea argillosa ghiaiosa, con qualche ciottolo, saliente .... Sabbia grigia fina micacea argillosa, con poca ghiaia, saliente Sabbia grigia micacea argillosa, ghiaiosa, con qual- che ciottolo Argilla grigia, sabbiosa, resistente .... Sabbia giallastra, argillosa, resistentissima . . 10.50 1.30 6.17 2.38 0.40 1.25 0.05 10.50 11.80 17.97 20.35 20.75 22.00 22.05 Giovanni Toldo. » .LU X-, S «Ionio ne.fiomj* ■> . LA GROTTA OSSIFERA DI CARDAMONE IN TERRA D’ OTRANTO (Con una tavola). INTRODUZIONE Passarono già molti anni dacché mi venne fatto di esplorare la grotta ossifera di Cardamone e potrebbe a me farsi, come già all’egregio collega Stoppani, pel suo viaggio da Milano a Da- masco ('), la domanda del perchè io non ne abbia pubblicato prima una relazione. Risponderei, che io pure ebbi la intenzione di pubblicare, ser- bate le debite, proporzioni, una bella relazione dello scavo della giotta e del ricco materiale paleontologico ritiratone, ma le cir- costanze, dalla mia volontà indipendenti, non lo permisero. Pi ima di tutto, il materiale paleontologico rimase per due lunghi anni giacente in una così ristretta camera da non poterlo nemmeno estrarre dalle casse che lo contenevano, e sol per effetto delle mie ìipetute insistenze potei ottenere dall’ Amministrazione provinciale di Terra d Otranto, per conto della quale si era operato lo scavo, una vasta sala, però a titolo precario e non senza ripe- tute minaccie di averne a sgombrare al sopravvenire di altre esi- genze amministrative. Tuttavia potei almeno colà rivedere le ricchezze paleontolo- giche che aveva due anni prima dissotterrate, e mi detti tosto a sistemai le , ma bisognava nettarle, in gran parte restaurarle e dipoi farne una sommaria classificazione; lavoro molto lungo, di fronte F) Stoppani A., Da Milano a Damasco. Ricordo di una carovana mi- lanese nel 16 74. Milano, L. F. (fogliati 1888, pag. 1. 690 U. Botti alla copia dei materiali ed allo scarso tempo che io poteva dedi- carvi compatibilmente alle esigenze della posizione ufficiale che allora io teneva in quella provincia. Frattanto io non cessava dallo insistere per ottenere un locale in cui si potessero definitivamente sistemare quella e le varie altre col- lezioni di storia naturale, per mia cura esclusiva ma non senza grave dispendio dell' Amministrazione provinciale, colà raccolte, per formarne un museo provinciale; se non che il favore fino allora spiegato dalla suddetta Amministrazione verso l'opera mia, si cambiò d’un tratto in ostilità dal momento che vi si introdusse un ele- mento dissolvente, che per sette lunghi anni riuscì a frastornare l’approntamento di un idoneo locale, cui finalmente si poneva mano allora appunto che io era per altre cagioni obbligato ad abbando- nare quella residenza. L’impegno che io aveva preso nelle collezioni per mia cura colà riunite ed in ispecie in quella di Cardamone, che avrei de- siderato illustrare, mi avrebbe anche indotto a ricondurmi in Lecce appena sgravato di governative funzioni; ma la non curanza, per non dir peggio, di quell’ Amministrazione provinciale, che sempre influenzata dalla malnata ostilità di un solo, neppure degnava di rispondere alla mia esibizione, chiaramente così dimostrando di non accettare nè gradire il mio ritorno, mi ha distolto dal rimettermi in una lotta ingloriosa, dalla quale non avrei avuto a riportare che amarezza e disgusto. Avendo adunque deciso di abbbandonare al suo destino il così detto Museo provinciale di Lecce, mi è venuto in mente di dare, se non una illustrazione, almeno alcuni cenni sulla esplorazione della grotta di Cardamone e sul materiale paleontologico ricavatone, quali potrò mettere insieme, così a memoria, dopo nove anni di assenza, e con le poche note che per sorte ne conservai. In quale stato si trovino adesso quella di Cardamone e le altre collezioni non saprei dire, ma è facile prevedere qual sorte sia loro riserbata: quella cui non sfuggirono nemmeno le colle- zioni di Liuneo e di tanti altri naturalisti, delle quali non si rin- viene più traccia ('). (*) (*) Per dare un’idea dell’interesse scientifico delle collezioni raccolte j nell’embrionale Museo di storia naturale di Lecce, basterà ricordare la ini- La 9rotta ossifera di Carda, mone in Terra d' Otranto 691 Storia. Nel mese di aprile del 1872 (quasi venti anni or sono) corse voce m Lecce, che nelle cave di pietra di Cardamone fosse stato messo a giorno un deposito di ossa. Avendo io mostrato il desiderio di vederne, il dottore Cosimo 6 lorgi ebbe la cortesia di procurarne un buon cesto, ma non avendo io fra quelle riconosciuto se non ossa di bue e di cavallo non diverse a prima vista da quelle delle specie attualmente vi- venti, ritenni potesse trattarsi di un deposito moderno, che non va- lesse quindi la pena di essere studiato. Ma di lì a due giorni il sin- daco di Monteroni, sig. Fabiano Carretti, mi trasmetteva due denti, asserti provenienti dal deposito di Cardamone, i quali tosto rico- nobbi avere appartenuto ad un rinoceronte; un molare ed un pre- molare. Allora la cosa cambiava d’aspetto ed evidentemente trat- tavasi di un deposito quaternario. pressione ricevutane da un panleontologo, del quale nessuno certamente pen- serà a negare l’alta competenza: l’illustre Stoppani, il quale così descriveva la visita di quelle collezioni, alla quale ebbi l’onore di guidarlo nel suo pas- saggio da Lecce: « Il consigliere-delegato, cav. Ulderigo Botti, amico di vecchia data e collega negli studi geologici, vi ci condusse. Bimasi stordito davanti a quel cumulo di ricchezze paleontologiche e preistoriche che egli, egli principal- mente, vi ha di sua mano ammassate in si pochi anni, fortunato di essere il primo forse a scavare il vergine suolo di quel lembo dell’antica Magna Grecia . . . . » . ° Ed appresso : « Le reliquie dei primi abitatori della terra leccese (i grossi quadru- pedi, i quali caratterizzano ... i due ultimi periodi preumani, cioè il glaciale e quello dei terrazzi) vidi accumulate ancora alla rinfusa dal Botti in un % asto salone e in quantità sì ingente che qualunque paleontologo avrebbe pro- vato quel che ho provato io; un senso di gioia e di spavento ». Stoppani A. op. cit. p. 22, 24. Ed il non men chiaro ed illustre paleontologo prof. Capellini, altra auto- rità d’incontestabile competenza, dichiarava all’Accademia delle scienze di Bo- logna: « che la immensa collezione di ossa fossili della grotta di Cardamone potrebbe essere una bella gemma anche in uno dei più ricchi Musei di pa- leontologia.. . » Gazzetta dell’Emilia, Bologna, venerdì 13 apr. 1877, n. 102. G92 U. Botti Intanto la Commissione conservatrice dei monumenti storici e di belle arti, riputando, non saprei dire per qual ragione, che quel deposito potesse interessarla, deliberava di recarsi a visitarlo, ma al tempo stesso gentilmente m’invitava ad accompagnarla. Fummo infatti sul posto il 24 aprile ed osservato il luogo, la Commissione, composta di un geologo e due archeologi, dopo essersi affaccendata, specialmente il geologo, ad infrangere alcune ossa, tirandole a forza dalla ganga da cui sporgevano, si persuase che ivi non fosse alcun che di monumentale nè di artistico, ed ebbe il buon senso di abbandonarmene la esplorazione. Ci recammo pure nella prossima villetta, dove il cav. Niccolò Paladini aveva raccolte dai cavatori di pietre le primizie dello scavo, ed ivi fra molte altre ossa, specialmente di cavallo, ammirai due crani incompleti di rinoceronte ed un grosso femore che giu- dicai di elefante, le quali ossa il prelodato cav. Paladini genero- samente offriva di cedermi ed io accettava pel Museo provinciale. Mi restava da ottenere la legale occupazione del terreno ed a ciò si prestarono gentilmente i signori Busso, don Tommaso sindaco di Novoli e fratello Giosuè, i quali, autorizzati ed a nome del loro padre Samuele, proprietario del tondo, mi cederono la cava di pietre in cui esisteva il deposito paleontologico, affinchè io potessi farne la completa esplorazione, di che rendo a tutti le più sentite grazie. Così regolate le cose, fu ai 29 di aprile che io detti prin- cipio alle operazioni, incominciando dallo studio della località, at- tuando dipoi i provvedimenti di sicurezza che riconobbi necessari a garantirmi da frane od altri accidenti, ed incominciando la rac- colta del materiale paleontologico, già estratto e giacente disperso e pur troppo danneggiato sul suolo della cava, ed infine mettendo mano allo scavo di quello ancora in si tu. Descrizione della gròtta. La grotta di cui si tratta trovasi, o per meglio dire trova- vasi, perchè a quest'ora la progressiva escavazione del tufo ne avrà fatto scomparire ogni vestigio, a circa km. 1 1 da Lecce, uno circa da Novoli. in un fondo incolto, adibito soltanto allo scavo del tufo per uso edilizio, fondo denominato Cardamone, di proprietà del sig. Samuele Russo, di Novoli. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto 693 La gioita si o.fiiva alla vista in ima sezione verticale di questo tufo, che pei solito si estrae dall alto al basso a filoni regolari, in foiina di parallelepipedi, sezione che aveva prodotto una parete di figura trapezoidale, alta m. 6,95, larga alla sommità m. 5,27, in basso m. 6,00. La stratificazione consisteva: in alto di uno strato di terra ve- getale, argillosa, ocracea, tenace, di color rosso carico, della po- tenza di m. 0,51 ; succedeva fino in basso dello scavo, a m. 6,95, il tufo calcareo conchiglifero, ma con la praticata esplorazione es- sendosene, come si vedrà, raggiunta la base, si può fin da ora at- tribuirgli una potenza di m. 15 a 16. Considerando di fronte la detta parete, si osservava la sua superficie interrotta nella metà a sinistra dell' osservatore, da una cavita imbutiforme, nella quale il terreno ocraceo s internava fino a m. 1,05 dalla superficie, cui più in basso, a m. 2,65, succedeva un deposito di terriccio sabbioso grigiastro e di resti animali. Lue minori cavità comparivano ai due lati della prima, per cui si poteva concludere, che la grotta avesse non una ma tre aper- ture imbutiformi, le quali a piccola profondità si congiungevano, e per queste avevano dovuto entrare i materiali che costituirono la breccia ossifera. Terminato lo sgombro della parte esterna, già messa a giorno dalla escavazione industriale, s’incominciò la esplorazione della parte sotterranea del deposito, la quale, con lievi alternative nella na- tura della ganga, di che dirò in appresso, si trovò continuare fino alla profondità di m. 15.42. La forma di questa cavità si mantenne sempre la stessa; sempre a forma di pozzo, così ristretto che un solo scavatore vi poteva lavorare, con pareti sommamente accidentate, tantoché circa al mezzo della sua profondità sporgeva molto opportunamente una roccia, che a guisa di pianerottolo permetteva di appoggiare una prima scala a piuoli e di passare da questa ad una seconda che conduceva al fondo. Quivi l’ampiezza della cavità si allargava alquanto, così da potervi impiegare un secondo scavatore per af- frettare il lavoro che ormai si eseguiva a lume di candela. Alla suddetta profondità di m. 15,42, si crede di aver rag- giunto il fondo, formato da grandi blocchi di roccia tufacea incro- stati sottilmente di stalagmite, al franamento dei quali si poteva 694 r. /j’oWi con qualche probabilità attribuire l'allargamento incontrato nella parte inferiore della cavità esplorata, e si stava quindi per abban- donare il lavoro allorché venne fatto di osservare un piccolo per- tugio, il quale, spingendovi una accesa lucerna, sembrava dare ac- cesso ad una cavità di qualche maggiore ampiezza. Sgombrati, facendoli in pezzi, i grossi blocchi ed allargato il pertugio . si trovò che vi abboccava il vertice di un cono di deie- zione, apparentemente formato di detrito terroso e rottami di tufo. Rimosso in parte il detrito, si potè strisciare carponi sul cono di deiezione, e dopo tre o quattro metri di tale incomodo proce- dere, ci trovammo al centro di una vera caverna, presso a poco circolare, dal cui suolo uniforme, come se livellato dalle acque, ma con debole inclinazione alla nostra destra, emergevano bianche ossa e denti di cavallo. Descrizione della caverna. La caverna in cui ora ci troviamo ha una forma leggermente elissoidale, misurando m. 8 dall’ingresso alla opposta estremità in direzione E 20 N-0 20 S, mentre il suo asse maggiore, normale al primo e diretto N 20 O-S 20 E si prolunga a m. 9,40 ; altezza, dal suolo alla vòlta, m. 2,42. La temperatura si trovò ai 30 luglio di 14° R, essendo quella esterna in quel giorno all’ombra 25° R, ma ritornandovi, per com- piere le osservazioni, nella primavera dell’anno successivo, si trovò ai 5 maggio la temperatura di 13°, 5' R nella caverna, mentre all’esterno lo stesso termometro segnava all’ombra 13°, 6' R il che sembrerebbe dimostrare, che la zona di temperatura costante, ossia media, della regione, trovisi a non più di m. 15 a 16 di profon- dità sotto la superficie del suolo. Le pareti della caverna compariscono in giro quasi caoticamente formate dal tufo calcareo, da argilla bigia.stra e da grandi blocchi e frammenti di un calcare silicioso, bianco, compatto, probabilmente l’ippuritico, che costituisce, sotto alle formazioni terziarie o più re- centi, la ossatura fondamentale della penisola salentina e vi affiora in moltissimi luoghi; si scorgono in questa roccia oscure sezioni di piccoli gasteropodi, ma non si riuscì a separarli dalla roccia durissima, elio scintilla vivamente sotto al martello e si lascia ap- La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto 695 pena intaccare dall'acciaio; il tutto è cementato dal tufo e da sot- tili incrostazioni stalagmitiche. Il suolo era formato da un terriccio argilloso-sabbioso, simile a quello che avvolge i resti organici, ed inclinava leggermente a destra, dove sembra si approfondasse una cavità ingombra di grossi blocchi del calcare compatto, la quale potrebbe aver funzionato da pozzo assorbente. Un velo di stalagmite ricuopriva indistintamente gli affioramenti calcarei, i blocchi ed i piccoli frammenti sciolti, potendosene de- durre, che da lungo tempo non vennero questi da causa alcuna disturbati. La volta era formata dal tufo comunissimo in Terra d' Otranto, pieno zeppo di conchiglie, specialmente valve di ostriche, pettini, caldi, veneri, murici, tutte di specie attualmente viventi; era piana o poco lontana dall’orizzontalità ; impostata, come accennai, a me- tri 15,42 della profondità totale dalla superficie della campagna. La caverna sarebbe stata asciutta, se non vi avesse pre- valso abbondante la umidità atmosferica; intendo dire, che non vi scorrevano nè vi filtravano acque ; solamente sulla destra, dove il suolo inclinava verso il supposto pozzo assorbente, appena sen- sibile un debolissimo stillicidio; ma l’aria poteva dirsi satura di acqua, ne avevamo le vesti bagnate, ed alcune lastre di tufo, stac- catesi dalla vòlta e giacenti sul suolo, erano quasi pastose, ma portate sopra all’aperto, presto s’indurirono. Il sottosuolo si trovò formato di tufo alterato; con la lu- singa di trovare inferiormente, come in tante altre caverne, una bella stalagmite ricuoprente un ricco deposito paleontologico, si attiaveisò la caverna da parte a parte con una trincea profonda m. 1,30, ma senza risultato; dappertutto non si trovò che tufo rammollito, divenuto pastoso, privo di fossili, forse perchè anche questi disfatti : una bianca poltiglia, contenente sol noduli di roccia calcarea e di tufo compatto. Raggiunta così la profondità complessiva di m. 19,49, si re- putò inutile ogni ulteriore investigazione e si abbandonò il lavoro. In conclusione, avevamo a Cardamone una cavità verticale, irregolarmente cilindrica, che in alto si divideva in tre rami al- lineati, evidente risultato di una fenditura longitudinale, ed in basso immetteva in una caverna elissoidale di mediocre ampiezza. 45 Gì»6 U. Botti La origine della fenditura, trattandosi di un fatto ovvio nelle roccie di tutte le età, non richiede altra spiegazione, ma il modo di formazione della cavità sottoposta mi parve diverso da quello cui d'ordinario si ricorre per spiegare la formazione delle vere caverne. In queste, che di solito sono aperte nei calcari compatti, dopo una originaria spaccatura, si fa giuocare l’azione di sorgenti idrotermali ; quindi allargamento delle pareti, arrotondamento degli angoli mediante una forte erosione, deposito di frammenti arrotoli i dati, di terra rossa o di pisoliti ferruginose secondo i casi, e fort- depositi stalagmitici. A Cardamone nulla di tutto questo. La cavità verticale era aperta nel tufo calcareo; le sue pareti erano affatto irregolari ma niente erose ; la così detta caverna sembrava trovarsi nel contatto fra il tufo ed il sottostante fondamentale calcare, probabilmente l’ip- puritico, che in grossi blocchi affiorava tutt’ intorno, l’argilla ed il tufo riempiendone gl’intervalli ; nessuna traccia di erosione, fram- menti tutti angolosi, non terra rossa, non pisoliti limonitiche, e di stalagmite appena un velo. Le sorgenti idrotermali non hanno adunque qui mai esistito e la spiegazione più plausibile alla quale ho potuto venire è questa : il calcare silicioso, supposto ippuritico, era fortemente denudato allorché incominciò a formarsi il tufo che ne riempì le depressioni e gli interstizi ; dipoi le acque della sotterranea circolazione, al- lorché. superiormente il tufo era già così consolidato da poter for- mar vòlta resistente, lo asportarono dalle depressioni, nelle quali, inzuppato d’acqua, si era ridotto, come sopra fu detto, allo stato pastoso; formata così la caverna, venne con le acque fluenti l’argilla: questa a sua volta in parte disciolta ed asportata, restò la caverna libera ed opportuna al deposito paleontologico, il quale però non potò avere che brevissima durata, l’ultimo sedimento argilloso-terroso ed ossifero che si formò sul suolo della caverna non avendo mag- gior potenza di m. 0,35 ; e ciò ben si spiega, perchè il cono di dejezione, formatosi al piede della fenditura verticale, n’ebbe presto ostruito l’angusto lume, vietando così l’ingresso alle successive al- luvioni coi loro materiali paleontologici, che in breve colmarono anche la cavità imbutiforme. 697 La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto Caverna o breccia ossifera ? Tali essendo le condizioni fisiche della cavità di cui si tratta io sono rimasto lungamente perplesso sul vocabolo col quale de- nominarla, se, cioè, chiamarla una caverna ovvero una breccia ossifera, che tale è la distinzione generalmente accettata. Dlcono caverna ossifera quella ordinariamente grandiosa ca- vita, aperta quasi sempre nelle roccie calcaree di tutte le età geo- logiche, che il più delle volte ha servito di rifugio agli animali carnivori, che vi trasportavano gli erbivori dei quali facevano preda e vi lasciavano gli avanzi dei loro sozzi pasti, non che le loro co- proliti e più tardi le lor proprie ossa (J). Al contrario breccie ossifere , come pel primo, credo, le de- finisse Marcel de Serres, si considerano quei depositi contenenti ossa di animali, formatisi entro fenditure delle roccie che si tro- vano ordinariamente lungo le coste del mare e si frequenti fu- rono osservati lungo quelle del Mediterraneo (*) e quali appunto le ho io stesso scoperte e riconosciute tutt’attorno alla penisola di Terra d’Otranto, segnatamente alla Grotta dei Giganti presso Leuca (3) in quella detta la Zinzolosa sull’Adriatico (4), nella Grotta dei Romanelli o dei Benedetti parimente sull’Adriatico (5), alla Grotta delle Striare presso Spongano (G). Ma questa distinzione mi apparve sempre equivoca, poiché mette in paiallelo e confronto due cose che non sono del me- desimo genere e confonde il contenente col contenuto. Una caverna (') Prestwich J. Geology Chemical, physical and stratigraphical. Oxford, 1888, voi. II p. 499. (2) Marcel de Serres, Essai sur les cavernes à ossements. 3® édition, Paris-Lyon-Montpellier, 1838, p. 45. (3) Botti U. Le caverne del capo di Leuca: relazione alla Deputa- zione provinciale di Terra d’Otranto. Lecce, 1871, p. 5 (nota). (4) Botti U. La Zinzolosa: monografia geologico-archeolo^ica. Firenze 1874. (5) Botti U. Boll, del r. Comitato geologico, voi. V, 1874, p. 243. (°) Botti U. Sulle breccie ossifere nella provincia di T. d'Otranto: lettera al duca Sigismondo Castromediano. Estr. dalla strenna: Lecce, 1881. Tipo-litografia salentina. Lecce, 1881, p. 83. 698 U. Botti aggiungasi pure ossifera se si vuole, sarà sempre un contenente, ma una breccia ossifera sarà pur sempre un contenuto ; ma poi- ché non è escluso, anzi è consueto, che questa si trovi anche nelle vere caverne, così tale nomenclatura risulta equivoca, e dicendo soltanto breccia ossifera, si lascia indeciso se trovisi in una ca- verna, ovvero entro una fenditura di roccia. Vi ha però chi volle stabilire una triplice e cronologica distin- zione, quella di caverne ossifere , breccie ossifere e fenditure riem- pite, considerando più antiche le caverne che furono abitate dagli ani- mali feroci, assegnando ad una seconda epoca le breccie o riunioni su- perficiali di frammenti angolosi associati ad ossa di animali, mentre ad una terza e più recente epoca sarebbe attribuito il riempimento di fenditure nelle roccie calcaree, colme fino alla bocca di fram- menti ed ossa sciolte , fenditure che spesso si allargano inferior- mente per formare più o meno grandi cavità , occupate dallo stesso materiale evidentemente introdotto dalla fenditura verticale ('). Ora la grotta di Cardamone corrisponde appunto alla defi- nizione di fenditure riempite. Abbiamo infatti una cavità ver- ticale, profonda m. 15,42, riempita fino alla triplice bocca di ter- riccio, frammenti di roccia ed ossa sciolte, dipoi una cavità na- turale alquanto ampia (m. 8 -f- 9,40), occupata in parte dallo stesso materiale, evidentemente disceso per la cavità verticale, al cui fondo ha formato un cono di dejezione, che inalzandosi col suo vertice fino allo sbocco della cavità verticale ne ha otturata l'aper- tura ed impedito così l’ ulteriore completo riempimento della caverna. Analoghi esempi vennero considerati da Marcel de Serres (-). dal De la Bèche (3), da Dupont (4), da Hogard (5), ma un caso (!) Austen B. A. C. in d’Archiac A. Ilist. des progrès de la géologie: Paris 1848, t. Il, 1° p°, p. 122. — De la Bèche H. T. Manuel géologique traci, frane, par A. J. M. Brochant de Yilliers. Bruxelles, 1837, p. 160. (2) Op. cit. pag. 47, 48. (3) De la Bèche H. T. L'art d'olserver en geologie. Traduit de l’an- glais par H. de Collegno. Paris, 1838, p. 136, fig. 82. (4) Dupont E. Géol. des terrains quaternaires et des tourbièrcs. Compte rendu du Congrès internati onal d’Anthrop. et d’Archeol. préhistorique, 6° scs- sion. Bruxelles, 1873, p. 128, pi. 36, lig. 1. (5) Hogard H. Recherches sur les glaciers et sur Ics formations erra tiques des Alpes de la Suisse. Épinal, 1858, p 269. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto 699 identico è quello che Prestwich chiamò tipico delle breccie ossi- eie nella grotta cioè di Wirksworth nel Derbyshire, nella quale uckland scopri uno scheletro quasi intero di rinoceronte, eviden- temente caduto per la cavità verticale (>) ; sola differenza è questa che la caverna di Wirkswort è completamente riempita dal suolo a tetto, mentre a Cardamone, in conseguenza della formazione di un cono di deiezione alla base della fenditura verticale, lo sbocco di questa resultò ostruito ed il riempimento si arrestò. _ Nè manca di ciò qualche esempio in Italia, che anche la caverna ossifera di Cassano, illustrata dal Savi e dal Capellini e la Grotta del Ginepro, da quest’ultimo pure visitata, sembra avessero nel tetto un apertura verticale o fortemente inclinata (2), e qualche somiglianza offre pure la caverna della Giacheira , presso Pigna nella Liguria occidentale, esplorata dal chiarissimo collega pro- tessor Issel (’), non che quella di Cucigliana nei Monti Piani, de- scritta dall’Acconci ('). Ed allo stesso modo, vinto dalla perfetta analogia di strut- tura e di resultati, ritengo essere avvenuto il riempimento della cavità di Cardamone, lo di cui aperture all’esterno han potuto dar luogo alla caduta degli animali, che incautamente vi precipita- vano, o ìiceverne i resti trasportati dalle acque fluènti, non però da molto lontano perchè negli ossami non si scorge traccia di subita fluitazione, e non essendo d’altronde la estesa e quasi oriz- zontale pianura della Puglia leccese atta a produrre movimenti di acque violenti, come fra i monti e nelle valli. (!) Prestwich J. Op. cit. p. 949, fig. 242. (2) Capellini G. A nove ricerche paleontologiche nella caverna ossifera di Cassana. Estr. dalla « Liguria medica giornale di scienze mediche e naturali, n. 5 e 6 del 1859. (3) Issel A. La caverna della Giacheira presso Pigna. Atti della Soc. tose, di se. nat., Memorie, voi. IX. Pisa, 1888, p. 115. (4) Acconci L. Sopra una caverna fossilifera scoperta a Cucigliana (Monti Pisani). Atti della Soc. tose, di se. nat. Memorie voi. V. Pisa 1881 ’ pag. 109. 700 U. Botti Fauna. Passando finalmente alla fauna resultante dallo scavo della grotta di Cardamone, mi trovo in grado di registrare i seguenti generi e specie, cioè: Pachidermi Elephas primigenia Blum. Rhinoceros rnegarhinus Crhistol. Equus Ruminanti Risoti Bos Cervus Carnivori Felis catus (o Lynx) L. Hyoena Canis lupus L. » vulpes L. » familiaris L. Roditori Lepus Mus Arvicola Insettivori Erinaceus fossilis Scimi. Uccelli Grus cinerea Beclist. Strix ( Diversi indeterminati, specialmente rapaci notturni). Io non saprei presentemente garantire che questo elenco sia completo, perchè il materiale non venne in modo esauriente stu- diato, ma sono queste le specie, o soltanto i generi, che trovo qua e là segnate nelle mie note, nelle quali non mi curava di inserì- La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto 701 vere maggiori dettagli, non pensando allora che avrei dovuto ab- bandonare quella collezione e trovarmi, come ora mi trovo, nel caso di descriverla senza averla sott’occhi. I resti dei suddetti animali si trovavano confusamente di- sposti, la maggior parte entro la cavità puteiforme superiormente descritta, parte nella sottoposta caverna e nel cono di dejezione che vi si era formato. Ivi ano involti: in alto nella terra vegetale argillosa ocracea, in seguito entro un terriccio sabbioso argilloso, grigio o color ta- bacco, con stratarelli intercalati di color cenere o di roccia pura- mente arenacea e friabile; alla profondità di m. 11,25 s’incontrò uno strato, dello spessore di 6 a 7 cent, affatto privo di fossili. Frammenti della circostante roccia di tufo, non ciottoli, erano frammisti al deposito, come pure valve di conchiglie, però di nes- sun valoie pei la determinazione della età del deposito stesso, perchè provenienti dal tufo e quindi arrivate nel deposito già an- tecedentemente fossilizzate. II tutto senza vera coesione, ma con una leggera agglutina- zione che facilmente si disgregava fra le dita; era insomma una breccia, ma non già solidamente cementata, bensì ciò che alcuni hanno chiamato una breccia ossifera incoerente. 1S ella distribuzione dei resti organici non era distinguibile alcun ordine. I diversi animali avevano lasciato i loro resti indif- ferentemente ad ogni livello del deposito. Le ossa e denti del cane e del cavallo, che erano i generi più abbondanti, si trovarono così in principio del deposito come sul finire; così l’elefante si mani- festò con un astragalo alla profondità di m. 12, ed offriva avanzi del cranio impastati nella superficiale argilla rossa ocracea ; il che può significare : che la cavità fu colmata prima che il massimo pa- chiderma scomparisse dalla penisola salentina ; dimostra ancora, che durante il periodo nel quale si formava il deposito non si veri- ficò alcuna modificazione nella fauna locale. Nessuna spoglia di molluschi continentali fu rinvenuta, nè tam- poco fossili marini, eccetto quelli provenienti dal tufo. Sui singoli generi o specie componenti la piccola fauna di Cardamone procederò ora ad esporre le poche particolarità, delle quali trovo di aver preso nota allorché maneggiava quel materiale, o delle quali la memoria mi fa suggerimento. 702 U. Botti Uomo. L’intervento dell’ nomo rimane escluso, non tanto dall’assenza dei di lui resti e di qualunque di lui manufatto, ma più ancora, per quanto sempre negativamente, dalla presenza di crani di altri animali interi e di ossi a midollo non spaccati. Si ammette generalmente che il selvaggio giammai lascia di estrarre il cervello ed il midollo dalle ossa degli animali predati, sia che adoperi quelle sostanze a sfogo di ghiottornia, come cibo prelibato, sia che le faccia servire a scopo industriale, per la concia delle pelli destinate al di lui rozzo vestimento ('). Non debbo però tacere, che fra le ossa raccolte alcune poche presentano degli intagli che mi fecero dapprima sospettare la mano dell’uomo ; segnatamente un femore destro di cavallo offriva due notevoli incisioni, che non mi sembravano potersi spiegare se non come prodotto d’industria umana; similmente alcune poche altre ossa, sempre di cavallo, presentavano, però più equivocamente, lo stesso fenomeno. Ma ricordando quanto sia grande lo scetticismo degli antropologi nello ammettere come genuine le traccie della mano dell’ uomo sulle ossa preistoriche, io non saprei se non ritenere il- lusoria l’apparenza del femore sopra accennato, ed a più forte ra- gione quella degli altri ossi equivocamente intaccati, preferendo credere tali accidenti prodotti da circostanze fortuite, delle quali non siamo in grado di renderci conto, e considerando d'altronde, che sarebbe bene straordinario se in tanta copia di ossi, laddove il deposito fosse stato veramente contemporaneo dell’ uomo, non si avesse che un solo o pochissimi pezzi che ne presentassero le tracccie ; il qual fatto, così isolato, costituisce una presunzione ben lieve di fronte alla integrità dei rimanenti e specialmente dei crani e delle ossa lunghe da cui non appare venissero estratti nè cervello nò midollo. (!) Dupont E. Les tcmps préliistoriques cn Belgique. L'homme pendant les dges de la piene dans les e/wirons de Dinant-sur-JI/euse. 29. éd. Bruxelles, 1872,’ p. 177. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto 703 Elefante. Fu il primo il Falloppio a ricordare verso il 1557 le zanne elefantine scavate ili Puglia, considerandole semplici concrezioni teli ose ('), ed intorno al 1709 il Bonanni, descrivendo il Museo Kircheriano, parla di una zanna di elefante scavata in Puglia nel 1098 (*); ma non apparendo in quale delle tre Puglie le dette zanne venissero scavate, così parrai poter ritenere che le prime scoperte accertate di resti elefantini in Terra d’Otranto sieno quelle dell L. p/'iiìuge/uus, Blum. a Cardanone di cui diedi la prima no- tizia nel 1872 (*) e dell’ A. antiquus Falc, nella Grotta dei Ro- manelli sull’Adriatico, annunziata nel 1874 (4). Dovendo ora occuparmi solamente del primo, mi occorre an- zitutto dichiarale, che dalla dimensione relativa delle sue ossa potei argomentare, rappresentate nel deposito di Cardamone almeno due specie o varietà, uua grande, l’altra molto piccola. Della prima aveva in collezione un femore completo, le di cui enormi epifisi, completamente separate dalla diafisi, ne dimostra- vano la giovane età, e tuttavia era l’esemplare maggiore degli altri, che accennavano ad una statura notevolmente inferiore. Quasi tutte le altre parti dello scheletro elefantino erano rap- presentate ; perfino i crani che è così diffìcile, quasi impossibile, conservare, ed infatti andarono perduti ; poiché il tessuto a grandi cellule delle loro ossa, compenetrato dalla terra argillosa ocracea, non permise di liberarle ; 1 argilla era tenace, le pareti delle cel- lule sottilissime e fragilissime, e così tutto andò in frantumi. Varie ossa furono estratte intere o furono restaurate, con gran consumo di stucco, silicato e pazienza; ricordo benissimo un bel pajo di cubiti coi loro rispettivi radi, un atlante, le ossa dei carpi e dei tarsi, metacarpi, metatarsi e falangi ; in frammenti erano le coste, le scapole, le ossa iliache, e non mancavano certe ossa f1) Brocchi G. B. Conchiologia fossile subappennina, ediz. Milano 1843, voi. I, pag. 51. (2) Brocchi G. B. op. cit. pag. 74. (3) u U Cittadino Leccese » Periodico di Lecce del 31 maggio 1872, n. 6. (4) Bollettino del R. Comitato geologico d’Italia voi. V, an. 1874 p. 242. 704 U. Botti spugnose, somiglianti a coproliti, che alcuni autori dicono trovarsi negli intestini dell’elefante. Queste ossa bau dovuto appartenere, per la maggior parte, alla varietà del più piccolo elefante, a cui appartennero con certezza i denti tutti, incisivi e molari. Che anzi, la mia impressione fu quella di avere nel deposito i resti di un solo elefante di sta- tura ordinaria, quello cui appartenne il grande femore; e che tutti gli altri ossi e denti, provenissero da tre o quattro individui di una specie o varietà nana. Degli incisivi permanenti, prescindendo da un piccolissimo deciduo, erano presenti due estremità di zanne, ina così fragili che a stento potei alla meglio restaurarle. Non avevano smalto, come è di regola negli Euelephas , ma erano costituite da puro avorio; erano sottili, ed il debole aumento di diametro, procedendo dalla punta in basso, dimostrava che anche nelle parti mancanti dovevano queste zanne mantenersi piuttosto sottili e poco curve, ed avere quindi appartenuto ad individui della varietà più piccola e di giovane età; il che resta di poi confermato dai molari, dei quali, come vedremo, erano in uso gli ultimi di latte ed i primi molari veri. La esilità e la debole curva di queste zanne potrebbero inter- pretarsi come caratteri di specie o varietà, ma non avendo veduto le zanne intiere e non risultando la costanza degli stessi caratteri in altri individui, non insisterò ulteriormente su questo particolare. Dei molari, farò prima di tutto menzione di un piccolissimo dente di latte, apparentemente tubercoloso perchè non ancora usato, privo di radici, e tanto piccolo da sbagliarsi a prima vista per un mo- lare umano o di suino ; ma è facile trovarne di somiglianti fra gli ele- fanti illustrati da Falconer (se ben ricordo nell’ A"1. meridionali s Nesti) e se ne può avere una idea nei primi e secondi molari di latto degli elefanti di Malta, pubblicati e figurati da Leith Adams ('), ai quali perfettamente si assomiglia quello di Cardamone. I molari di più adulti individui, completamente formati e già usati nella masticazione, sommavano a circa una dozzina, parte impiantati nei rispettivi massiilari, parte sciolti; senza contare (*) (*) 0)i thè Dentition and Osteology of thè Maltese fossil Elephants ecc. ( trans of Ilio Zool. Society Read June 24, 1873), pag. 10, el. I, fÌ£. 3, 5. La grotta ossifera eli Cardamone in Terra d' Otranto 705 alcuni altri in corso di formazione negli alveoli, consistenti di lame più o meno, od anche del tutto, disgiunte, che il cemento non aveva ancora completamente saldate. Non avendo più presente quel materiale, mi è impossibile farne una esatta descrizione, e chiedo scusa fin d’ora della insuf- ficienza di questo lavoro, messo insieme in gran parte a memoria. Fortunatamente però due molari passarono, per ragione di scambi, nel Museo geologico e paleontologico della R. Università di Bo- logna, e di questi posso ora profittare, in grazia della cortesia del suo chiarissimo direttore, il prof. G. Capellini, a cui ne rendo ben sentite grazie. Uno di questi, un 1° molare vero, superiore, sinistro (tav. XXVI, fig. 1, la) presenta una corona alta 90mm e la lunghezza di 122mm ; la superficie triturante, 1 estremità posteriore non essendo ancora scoperta, si riduce alla lunghezza di 105mm , la sua larghezza mas- sima. misurata nel terzo anteriore 6Qmm; questa superficie inclina leggei mente verso 1 interno, ma non è convessa, bensì piana, par- ticolarità che ricordo avere osservata in tutti gli altri molari su- periori di Cardamone, la quale, -sebbene oppugnata da coloro che vogliono i molari superiori a superficie convessa, concorda coll’as- sioma dato da Falconer: « Constant character of mammotìT s mo- lars of all ages and regions : worn surf ace nearly fiat * ('). Ed infatti undici lame in uso, le ultime quattro a piccoli dischi non ancora divenuti confluenti, ed una non ancora scoperta mi fanno ritenere per questo dente la formula di 12 lame, non compreso il tallone, formula appartenente aH’ultimo dente di latte (secondo Owen e Falconer) o premolare (secondo Blainville) ovvero ad un antepenultimo (ossia primo) molare vero di E. primig enius Blum. Mi fanno inclinare a quest ultima opinione la forma massiccia del dente e la presenza di robuste radici, sebbene troncate nel- 1 esemplare in esame, in specie di una anteriore, isolata dalle suc- cessive, che sono fra loro saldate, la quale sostiene le due prime lamine anteriori. Di tallone anteriore non scorgo traccia, sibbene una certa depressione, la quale potrebbe dipendere dal contatto del dente che lo precedeva nella serie. 0) Falconer H. Paleontologìcal Memoirs and Notes. Voi. II, p. 285. 706 U. Botti L’altro, molto consumato dall’uso, alto 55mm (tav.XXYI fig.2, 2 a), ha la superficie triturante lunga 97mm, la quale presenta la mag- gior larghezza di 46inra nel terzo posteriore, concava dal davanti all’ indietro, leggermente inclinata verso il lato interno. Ha pari- menti dodici lame, manca affatto di radici e ritengo essere l’ul- timo molare di latte o premolare, inferiore, sinistro, della stessa sunnominata specie. I dischi resultanti dal consumo delle lamine per effetto della masticazione, sono, in ambedue i molari, quasi retti e stretti, niente allargati nel centro : le lamine di smalto, leggermente fles- suose, corrono senza notevoli restringimenti, quasi parallele, ma notevolmente increspate. L'aspetto di questi molari e dei loro elementi li fa riferire a prima vista all’^. prirnigenius Blum. (’), se non che la dimensione loro, minore della metà degli esemplari tipici di questa specie, ne rende incerta la determinazione. La piccolezza dei molari di Cardamone (che anche quelli ri- masti a Lecce sono presso a poco uguali ai sopra descritti) mi fece dapprima pensare agli elefanti nani di Malta, ma dovei tosto escluderne la identità, considerando che quelli di Malta appar- tengono al sotto-genere Loxodon , mentre quelli di Cardamone hanno i caratteri, anzi esagerati, del sotto-genere Euelephas. Mi volsi allora a confrontarli coi molari di Euelephas pri- migenius Blum. esistenti nei vari Musei italiani e dell’estero, ma dovei riconoscere, che in generale, con le eccezioni che sono per dire, hanno tutti una dimensione all’ incirca doppia di quelli di Car- damone. Due soli molari di E. prirnigenius ho trovato in Italia che corrispondano alle dimensioni ed alle altre particolarità di quelli di Cardamone. II primo di questi trovai nel Museo dell’Istituto superiore di Firenze, come modello di esemplare proveniente da Roma, segnato col n. 1136. Trovai per altro singolare che quest’unico molare, determi- 0) Cfr. Pohlig, Dentition und Kr analogie dea El. antiquus Falò. mit Beilragen tiber El. prirnigenius, Blum. etc. Nova A età dor k. Leoj>. Car d. deut. Akadcmie der Naturforscher. Halle 1888. B. LIII, n. 1. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto 707 nato come primigeni™, fosse così differente dai tanti altri, deter- minati ugualmente, provenienti da Val di Nievole, Arezzo, e dai tipici di Siberia, che pur si ammirano in quel ricco Museo, i quali tutti hanno presso a poco doppia dimensione, han lame più lar- ghe, intervalli più grandi, smalto più spesso e non così finamente increspato. Un secondo molare, corrispondente a quelli di Cardamone, isolato fra tanti altri dissimili, trovai nel Museo dell’Accademia delle scienze a Torino. Un modello di questo si trova nel Museo civico di Milano ed è segnato : 305. Alluvioni del Po, Carignano, Plioslocene. All esteio, potei osservare nel Magyàr nemzeti Muzeum a Bu- dapest una mandibola coi due molari in posto, dei quali potei piendeie le misure ed il calco, grazie alla cortese assistenza otte- nuta dal sig. Loezky, allora assistente-geologo in quel Museo na- zionale, cui ne professo le più vive grazie. Questi molari, con mia grande sorpresa dopo le quasi infruttuose ricerche fatte in Italia, mi presentarono perfetta somiglianza, quasi direi identità, ccn quelli di Cardamone ; basterà a dimostrarlo il seguente spec- Oltre questa mandibola, esaminai pure nello stesso Museo con molto interesse un palato di grandezza corrispondente, ma di provenienza diversa, con due molari, similmente a 12 lame, se- gnato. Protoc. Pel. 417 , 1856, 1, Semler Mór V. Tlealtanodoi , Szegedenfogtak ki Tiszabol et Kcdoszok. Il rapporto fra questi molari e quello superiore di Cardamone che ho preso in esame appare dalle seguenti cifre : chietto : Cardamone Budapest mm. 100 » 48 »• 42 Lunghezza dei molari . . . mm. 102 Larghezza massima .... » 48 Spessezza di 5 dischi ... « 44 Cardamone Budapest mm. 120 » 60 Lunghezza dei molari . . . mm. 122 Larghezza massima .... » 60 Spessezza di 5 dischi . . . * 49 46 708 U. Botti .Ricercando dipoi nella letteratura scientifica, non ho potuto non restar colpito dalla perfetta rassomiglianza dei molari di E. primi- genius, Blum. raccolti in vari depositi nella valle del Rodano e figurati da Lartet e Chantre ('); ma questa rassomiglianza non è che apparente perchè i detti molari sono disegnati a metà del vero, e quindi la loro dimensione è all’ incirca doppia di quelli di Cardamone. Provenienti dalle provincie meridionali d’Italia, un bel mo- lare di E. primigeni us Blum. illustrava il Nicolucci (-); rinve- nuto ad Isoletta nella valle del Liri, lo descriveva quale un 2° mo- lare vero, inferiore, destro, con 14 dischi presenti (mancandone due) cinque dei quali al centro, misurati sulla figura pubblica- tane, si estendono a 61mm; differisce adunque da quelli di Car- damone, non tanto per le più forti dimensioni, quanto per la mag- giore spessezza degli elementi, ossia dei dischi di smalto; ed affatto recentemente un molare inferiore di E. primigenius Blum. illustrava il prof. Cacciamali (3), pure proveniente dal bacino del Liri, le cui dimensioni peraltro sono enormemente più forti che in quelli di Cardamone, la lunghezza complessiva di 5 lame, mi- surata sulla figura pubblicatane ad un terzo del vero (4), poten- dosi ragguagliare ad 82ram, mentre nel molare inferiore di Carda- mone si disse non maggiore di 49mm. In conclusione, questi piccoli molari di Cardamone, che non trovano riscontro, che io sappia, se non in un molare (modello) del Museo di Firenze, asserto proveniente da Roma, ed in quello del Museo di Torino, proveniente dalle alluvioni del Po, in Italia, e dipoi in due individui del Museo nazionale di Budapest, hanno un facies affatto differente da tutti gli altri in grandissimo nu- mero esistenti nei Musei colla determinazione di E. primigenius Blum.; hanno lo smalto più fino e più finamente increspato, le (B Études paldontologiques dans le bassin dii Binine — Periodo qua- ternarie. Archives du Museum d’hist. nat. de Lyon. Toni I, Lyon, 1872, p. 65, pi. XI; p. 78, pi. XVI. (2) Sugli elefanti fossili della valle del Liri. Napoli, 1882, p. 6, tav. I. %• 1- (3) Gli elefanti fossili di Val di Cornino. Boll, della Soc. geol. ital. voi IX, 1890, p. 46. (4) Ib. p. 47, fig. 1. 709 La grotta oasifera eli Cardamone in Terra d'Otranto lame più serrate e più avvicinate, le dimensioni della metà più moderate. Nuove specie furono create con minor divario di forme e l’ele- tante di Cardamone differisce certamente dal prìmìgenius tipico piu di quello che il primigeni™ differisca dall 'indicus; ma con- siderando che il molare di Roma e quello delle alluvioni del Po, non che quelli di Budapest, furono raccolti prima di quelli dì Cardamone e nessuno pensò a separarli dalla specie primigenia, e ìiflettendo che in sostanza è poi un solo e medesimo piano di struttura che si sviluppa, sebbene in grado diverso, ue\Y E. primi- genius Blum. e negli elefanti di Cardamone, così stimo miglior partito di lasciar questi ultimi nella specie primigenia, tutt’al più proponendo di distinguerli, poiché sono in fatto distinti, in ragione della dimensione di una nmtà minore e della più sensi- bile ristrettezza dei loro elementi, come una varietà, che potrebbe chiamarsi, dalla regione di provenienza: E. prìmìgenius Blum. var. hydruntinus. Questa distinzione d altronde non mi appartiene del tutto. _ Già fino dal 1873, faceva notare Leith Adams alla Zoological Society considerevoli discrepanze nei molari a lame ordinariamente sottili del Mammuth, ed allegava una autorità altamente compe- tente, quella di M. Davies del British Museum, il quale, dall’esame di numerosi molari di Elephas prìmìgenius , trovati in Inghilterra ed altrove, era da assai tempo venuto nella opinione che esistano due distinte varietà, facili a riconoscere, i molari dell'una essendo foimati di lame sottili separate da ristretti strati di cemento in- terposti, 1 altra composta di lame più dense con intervalli più larghi, soggiungendo quest ultima forma essere imi frequente del- l’altra (>). E nel 1878, 1 illustre paleontologo M. Gaudry, nell’in formare la Società geologica di Francia della scoperta di nuovi fossili qua- ternari, accennava ad un K. primi g enius fornito di « dents à lames très minces et serrées » , e nella stessa occasione M. Munier-Chalmas faceva osservare: « que plus on se rapproche de l'époque actuelle, « plus les lames des dents des éléphants sont rapprochées ; n’v G) Leitli Adams A. op. cit. p. 6, 7. 710 U Botti * aurait y pas en réalité deux types d ' Elephas primigenius , qui « auraient vécu, l’un avec les animaux glaciaires, l'autre avec les « animaux africains? » (>). Ed altrove lo stesso chiarissimo Gaudrv parlava di un E. pri- migenius « petit, à molaires dont les lames sont serrées . . . . à “ lames très fines et serrées, qui présente le tvpe extrème du mam- mouth (2). È appunto questo secondo ed estremo tipo, che io, appog- giandomi all’autorità dei prelodati Leith Adam, Davies, Gaudry e Munier-Chalmas, propongo di distinguere come varietà nel modo sopra accennato (3). Rinoceronte. Del rinoceronte ricordo due crani, mancanti della parte ante- riore ossia del muso ; nel rimanente ben conservati ; il foro occi- pitale di figura piriforme, angolare in alto, mi indusse a determi- narli appartenenti al Rhinoceros megarhims Christol. Di questo animale esistevano pure gli omeri, così caratteri- stici del genere, e molte altre ossa delle varie parti dello scheletro. Anche questa specie si trovò, come l’elefante, rappresentata fino nella parte superiore del deposito, ed i suoi resti potevano appartenere a non più di tre o quattro individui ; qualche mandi- bola rivelava l’età della muta, presentando contemporaneamente i denti di latte consumati ed i rimpiazzanti già formati negli alveoli sottostanti. Cavallo. Il cavallo è l’animale più largamente rappresentato fra i resti fossili di Cardamone, come generalmente nelle caverne e breccie ossifere (■'), ed ha acquistato una vera importanza scientifica per (G Bull, de la Soc. géol. de France, 4 mars 1878, 3® sèrie, T. VI, p. 310. (2j Gaudry A. Matériaux pour Vhistoire des temps quaterna ir es, fase. 2. (3) Anche il Dr F. Major mi scriveva in Decembre 1870, aver veduto nel Museo di Bologna un bellissimo piccolo molare di Elefante della Pro- vincia di Terra d’Otranto e ritenuto essere « non altro che VE. primigenius o varietà » F. Major in literis. O Marcel de Serres, op. cit. p. 160. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto 711 lo studio che ne fece l’illustre paleontologo, il dott. C. J. Forsith Major. Fanno parte della raccolta tre crani, un solo dei quali del tutto completo, nel quale si nota la particolarità di un dentino piccolissimo, posto in fronte ed a contatto della serie dei premo- lari e molari nel massiilare destro e sinistro. Non ricordo con sicurezza, se anche la mandibola fosse fornita di questo dentino complementare, ma par mi che no ; del resto questo piccolissimo dente, essendo caduco, si presenta raramente ed io non l’ho osser- vato in altri massiilari. La dentatura era, per tutto il rimanente, in questo cranio, regolare. Molti massiilari superiori ed inferiori presentano i denti di latto; alcuni manifestano la età della muta dei denti, con quelli di latte consumati e già caduti o pronti a cadere, coi rimpiazzanti appena spuntati o vicini a spuntare. Molti pure i denti di adulti ed anche di vecchi animali, ma non saprei ora precisarne la pro- porzione. Tutte le altre ossa del cavallo sono rappresentate in gran copia, di tutte le età e di varie dimensioni, cioè indicando cavalli di stature diverse; moltissimi i denti sciolti, molari, premolari ed incisivi, più scarsi naturalmente i canini. Col grandissimo numero di vertebre sciolte potei ricostituire alcune colonne vertebrali, dall’atlante al sacro; le caudali, più facili ad esser disperse per la loro piccolezza, erano troppo scarse. Il numero di cavalli adulti che lasciarono le loro spoglie a Cardamone può valutarsi ad un minimum di 54, avendo contato 107 metatarsi, ma vi si raccolsero inoltre moltissime piccole ossa, spugnose, prive di epifisi, ed anche piccolissime, che devono avere appartenuto a giovani puledri e perfino a feti non del tutto maturi. Ai suddetti metatarsi, come ai relativi metacarpi, nel numero quasi esattamente corrispondente di 106, non erano mai uniti i così detti stiletti, rappresentanti del 2° e 4° dito del piede tri- dattile, ma questi si trovarono separati in numero di 265 ; due soli metacarpi avevano ciascuno un solo laterale parzialmente sal- dato, ossia saldato nella parte media della sua lunghezza, mentre nell’articolazione era libero, e la parte inferiore stiliforme mancava. Mentre appunto stava occupandomi della classificazione e del restauro di quel grande ossario di cavalli, mi avvenne di leggere 712 U. Botti nella or cessata Rivista dei Matèriaux polir l'histoire primitive et naturelle de l’homme il seguente periodo: « Cbez le chevai « actuel les os rudimentaires du métatarse et métacarpe se sou- « dent au médian vers 7 à 8 ans. Chez le chevai do Solutré cotte « soudure n’a jamais lieu « (*). Colpito dalla perfetta corrispondenza con quanto osservava nei resti di Cardamone, io trascrissi per mia memoria il detto periodo aggiungendovi la seguente osservazione: « Nel cavallo di Cardamone mi pare di avere riscontrato un « solo caso di saldatura; tutti gli altri stiletti sono affatto liberi. « Sarebbe questo un rapporto (specifico ?) di analogia col cavallo « di Solutré e di differenza specifica dal cavallo attuale? » Questo dubbio non tardò molto ad essere sciolto dalle scru- polose indagini del chiarissimo dott. Major, al quale io trasmet- teva fino dal dicembre 1877, le ossa degli arti, molti denti e tutti gli ossi dei carpi e dei tarsi, sui quali ultimi specialmente, con- frontati con quelli di Solutré, il dott. Major riconosceva, nel ca- vallo di Cardamone ed in quello di Solutré, una forma intermedia fra il cavallo pliocenico e quello attuale, secondo che egli annun- ziava alla Società italiana d’antropologia in Firenze con le seguenti recise espressioni: « Risulta da quanto ho esposto, che appena occorrerebbe un termine intermedio fra il cavallo pliocenico e quello attualo : ep- pure questo termine ci viene presentato dal cavallo quaternario, tanto da quello di Solutré, quanto da quello della Terra d'Otranto. E qui non si tratta di fantasticherie o di modi differenti di ap- prezzare, ma col compasso alla mano proviamo per quasi ogni sin- golo osso del carpo o del tarso l’insensibile, graduale passaggio dal piede tridattile a quello unidattile, cioè dai cavalli miocenici al cavallo pliocenico, da questo al cavallo quaternario, e da quest’ul- timo finalmente al cavallo attuale « (Q. E poco appresso il chiarissimo paleontologo pubblicava, tra le Memorie della Società paleontologica svizzera, un voluminoso 0) Matèriaux ecc. 1873, p. 326. (2) Major C., Alcune osservazioni sui cavalli quaternari, Estr. dal- l’Archivio per l’antropologia e la etnologia, voi IX, 1870, fase. 1°, pag. 12. 713 La rJrotta ossifera di Cardamone in Terra d'Olranto lavoro, con bellissime tavole, sullo stesso argomento (<), a conferma e dimostrazione della qui sopra riportata proposizione, con la quale in conclusione veniva ad introdursi un anello di più nella catena della evoluzione degli esseri animati e più specialmente nella filo- genia del cavallo, una lacuna ancora colmata, un nuovo passo nel progresso scientifico, a cui mi trovai ben lieto di aver contribuito almeno con la somministrazione dei materiali (2). Non comprendo per altro come il mio dotto amico non abbia pensato a dare un nome al cavallo fossile di Solutré e di Car- damone. Ricordo bene che egli non ammette le specie nel senso dell antica scuola zoologica, ma ciò non esclude che cose diverse possano con diverso nome distinguersi; e come si ha la denomi- nazione di Ecquus Stenonis pel cavallo pliocenico, quella di E. ca- ballus per 1 attuale, non vedo alcuna ragione per non designare con un nome, sia pure senza pretensione di specie, quello quaternario, fra i due primi intermedio. Non avendo io stesso studiato il detto cavallo, a me non com- pete, nè io vorrei arrogarmi di battezzarlo, ma proporrei al dotto paleontologo che ne fece così profondo studio e ne rilevò così bene 1 caratteri differenziali, se non vogliasi dire specifici, di attribuirgli un vocabolo, col quale lo si possa designare (3). Bisonte e Bue. Fra i ruminanti non è facile distinguere il bue dal bisonte, specialmente quando manchino i teschi con le loro caratteristiche appendici, se non dalla dimensione delle loro ossa. Ora ricordando di avere estratto dal deposito di Cardamone femori e tibie di ru- minanti di una grandezza quasi direi prodigiosa, così io non provo alcuno scrupolo nell attribuire quelle ossa gigantesche al Bos pri- migenius Boj. ovvero al Bison europaeus, mentre resterebbero col bue o Bos taurus L. le altre di ordinaria dimensione. (*) (*) Beitràge zur Geschiehte der fossilen Pferde, insbesondere Italìcns . Abhandl. cler schweiz. palaontol. Gesellschaft, voi. VII, 1880. (2) Uno scheletro quasi completo del cavallo di Cardamone (escluso il cranio) da me inviato al chiarissimo dottor Major, si trova probabilmente an- cora nel Museo dell’Istituto superiore in Firenze. (3) Equus quaternarivs Major, sarebbe certamente la denominazione più appropriata. 714 U. Botti Cervus. Di cervidi ricordo soltanto i due rami di una mandibola, con la serie completa dei molari e premolari, raccolta alla profondità di m. 12 a 13, pochi denti sciolti, alcuni metacarpi e metatarsi, facili a distinguere da quelli degli altri ruminanti per la lor forma lunga, svelta e sottile. Felis. Trovo di aver preso nota di qualche osso di felino, ma di piccola dimensione, per cui potrebbe riferirsi al Felis catus L. od al F. lynx L. Hyoena. Alcuni massiilari incompleti, incontrati alla profondità di me- tri 10, e pochi denti separati rappresentarono questo genere, nel quale osservai di notevole la mancanza del molare tubercoloso nel massillare superiore ; mancanza assoluta, perchè mancava lo spazio per contenerlo ; tale deficienza dicesi verificarsi in alcuni individui della Ilyoena crocuta. Canis. Il genere Canis era, dopo il cavallo, il più frequente, e nu- merosi erano i suoi resti. Alcuni crani e mandibole di vantaggiosa dimensione, con creste grossolane e robuste, mi facevano ritenere appartenessero al Canis lupus L., mentre crani più delicati, a muso allungato, con den- tature eleganti, e canini sottili ed acuminati, davano a sospettare il C. vulpes L. ; vi erano poi tutte le gradazioni intermedie, per le quali era facile argomentare non mancasse il C. f umiliar is L. Le stesse differenze e gradazioni potevano riconoscersi in tutte le altre ossa, che erano, come dissi, molto numerose e di ogni parte dello scheletro, compreso l'os penis. Roditori. Nessuna particolarità trovo di aver notato nei resti di rodi- tori, tranne che ne facevano parte i generi, Lepus, Mas , Arvicola ed un quarto che non potoi determinare. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto 715 Erinaceus. Iiappresentava gli insettivori un piccolo cranio, con la sua man- dibola, di Erinaceus fossitis Scimi. Uccelli. Fra gli uccelli primeggiavano i cubiti e i tarsi della Grus cinerea Bechst., alcuni crani di Strite e di altri uccelli, special- mente rapaci notturni. Conclusione. Da quanto venni fin qui, forse troppo prolissamente, esponendo, panni potersene dedurre i seguenti resultati : 1° La grotta di Cardamone appartenne alla categoria delle b) cecie ossifere nel senso già comunemente accettato, ma più spe- cialmente a quella delle fenditure riempite , e faceva riscontro a quelle di Chudleigh e Plymouth in Inghilterra ('), di Trou Ma- dame in Belgio (2), e di Wirksworth Cave nel Derbyshire, pa- rimente in Inghilterra (3). 2- La sua formazione ebbe luogo alla superficie del cal- care probabilmente ippuritico fortemente denudato, per opera delle acque di circolazione sotterranea, le quali asportarono il tufo che vi si era sopra depositato, ancor molle e pastoso nelle profondità, mentre superiormente si era alFasciutto così consolidato da for- mare la vòlta della caverna. 3° Il riempimento della fenditura ed in parte della sot- tostante caverna fu prodotto dal terriccio argilloso-sabbioso traspor- tato dalle alluvioni ed insieme dagli animali che vi caddero dentro, o più verosimilmente dalle loro carcasse od anche ossa sciolte, che le acque alluvionali dovevano similmente trasportare. 4° La presenza del Mammuth restringe nel periodo qua- 0) Austen E. A. C. in D’Archiac A. Hist. des progrès de la géologie. T. II, 1° p°, p. 122. (2) Dupont E. Compte rendu du Congrès internat. d’anthrop. et d’archéol. préhistoriques, 6e session. Bruxelles, 1873, p. 128, pi. 36, fig. 1. (3) Prestwich J. loc. cit. 716 U. Botti. La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto ternario, del quale è caratteristico, la formazione del deposito, e la struttura dei suoi molari a lame ristrettissime, se vuol tenersi conto della opinione di Munier-Chalmas sopra riportata, permet- terebbe di precisarne ancor meglio la età, nello stadio più avan- zato del periodo quaternario stesso. 5° L’elefante di Cardamone, la di cui scoperta ebbe luogo nel maggio 1872 (1), se anche voglia ammettersi la proposta va- rietà, rimane pur sempre un Elephas primigenia Blum. e quindi la sua presenza nel periodo quaternario in Terra d’ Otranto estende l’area geografica di diffusione della specie, la quale allora ritene- vasi non essersi avanzata più a sud di Boma (2), e costituisce il limite meridionale estremo della specie stessa. 6° Il cavallo di Cardamone ha rivelato (congiuntamente con quello di Solutré in Francia) una forma intermedia tra quello pliocenico ed il cavallo attuale, forma la quale, se il suo dotto illustratore non ha niente in contrario, potrà denominarsi Equus quaternaria Major. Agosto 1890. U. Botti. 0) Il « Cittadino leccese », periodico di Lecce, 31 maggio 1872, n. 6. (z) Lartet, Observations à propos des debris fossiles de divers élé- phants dont la décoaverte a été signalée par M. Ponzi, aux environs de Pome. Bull, de la Soc. géol. de Franco; 2° se. tome XV, 1858, p. 564. Boll. Soc. Geo!. Ital. Voi. IX. (1890) Tav. XXVI £ Conloli, lit. Iit. G. Wenk e Figli- Bologna. ELEPHAS PRIMI GENI U S Blu var. HYDRUNTINUS Botti . RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA TENUTA IN BERGAMO DAL 9 AL 14 SETTEMBRE 1890. Seduta del 9 settembre. La seduta d’inaugurazione è aperta alle 3 poni, nella grande aula del R. Liceo. Presidenza Taramelli. Sono presenti i Soci : Alessandri, Baratta, Berti, Botti, Bozzi, Brugnatelli, Capellini, Cortese, Corti, De Nicolis, Foresti, Gozzi, Lattes, Lotti, Mariani, Mattirolo, Mazzetti, Mazzuoli, Mercalli, Meschinelli, Namias, Negri, Omboni, Pantanelli, Parona, Piatti, Portis, Rovasenda, Scarabelli- Gommi-Flamini, Squinabol, Statuti, Toldo, Tommasi, Tuccimei, Varisco, Yigliarolo, Zezi ed il sottoscritto Segretario. Assistono alla seduta il R. Prefetto comm. Fiorentini, il Sin- daco di Bergamo comm. Giovanni Finardi, gli Assessori Comunali, il senatore Camozzi-Vertova, varii professori del Liceo, studenti ed uno scelto pubblico. Appena aperta la seduta dal Presidente, il Sindaco prende subito la parola ed a nome della Città dà il benvenuto ai con- gressisti colle seguenti espressioni : « Sindaco di Bergamo, ho l’alto onore e la personale fortuna « di porgere a nome della Città il più cordiale saluto agli illustri « Rappresentanti delle Scienze geologiche in Italia ed agli stu- fi diosi che ne seguono le tracce e ne raccolgono gli insegnamenti, 718 Adunanza generale « qui convenuti a nazionale Congresso, e di esprimere loro viva « riconoscenza per avere accordato a Bergamo il favore ed il lustro « della sede del nono Congresso geologico italiano. « Siate i benvenuti, o Signori, che sapeste levare e tenere « così alto il vessillo della scienza italiana e portare contributo « di sommo valore nei Consorzi internazionali della scienza uni- « versale. « Onore a voi, fortunati leggitori nel gran libro della natura, « ai quali sono pagine di noto e famigliare linguaggio le rocce « aperte, gli alpestri scoscendimenti, i profili aerei dei monti, le « distese e le compagini dei piani, che strappate alle viscere della « terra giorno per giorno i suoi secreti, che svelate i misteri lun- « gamente celati delle trasformazioni cosmiche attraverso le più « remote età, controllando ad evidenza di luce meridiana la verità « di quanto sembrerebbe volo e parto di poetica sconfinata fantasia, « colle prove irrefragabili scolpite nei graniti o larvate negli strati. « Bergamo vi accoglie e vi circonda della sua più viva sim- « patia, e si compiace della vostra presenza, che costituisce avve- « nimento cittadino, insieme festevole ed altamente onorevole “ per Lei. « Non aggiungerò parole, che sottraggano al vostro tempo « prezioso. « Nel lasciarvi, egregi Signori, alle sapienti cure che vi at- “ tendono, sono lieto ed orgoglioso di consegnare la rappresentanza « della Città, nel seno dell’illustre Consesso, allo stesso Preside - vostro, il chiarissimo prof. Torquato Taramelli, che la città di - Bergamo è altera di noverare fra i suoi figli più eletti ». Il Presidente Taramelli ringrazia Fon. Sindaco delle gentili espressioni ed esprime vivi ringraziamenti alla città od al comi- tato Bergamasco per le accoglienze fatte ai soci, intervenuti alla adunanza. Quindi pronuncia il seguente discorso: « Onorevoli Signori, « Non fu ultimo motivo alla mia proposta della città di Ber- gamo pel nono congresso della Società geologica italiana, il desi- derio di vedere raccolti i miei stimatissimi colleglli in tale regione, dove sembra in vero che la natura abbia dispiegate le migliori della Società Geologica Italiana 719 atti attive per noi, ed aperte le più chiare pagine della sua storia. Dalle mina della mia città nativa, le prealpi insubriche vedonsi Pei amenissimi colli degradare al piano, e (presto, come mare di veizma, si stende sino al lontano Appennino, che si scorge in leg- gera tinta azzurrigna ; epperò il problema della formazione della valle padana si offre spontaneo anche alla mente dei meno versati in geologia. Da fanciullo, quando tutt’altro io pensava di me che di occuparmi di tale studio, fissai più volte con intensa curiosità di sapere questo incomparabile orizzonte; ed ora mi è dolce soddi- sfazione il potere a voi richiamare alcune nozioni, per le quali il panorama che verrete contemplando si farà più eloquente ed an- cora più grandioso. “ Innanzi però che io mi provi a questa sjpecie di presenta- zione del mio diletto luogo nativo, a voi, egregi colleghi, che qui conveniste anche da lontane provincie, mando un saluto fraterno e vi invito a porgere meco un vivo atto di grazie agli egregi citta- dini Bergamaschi ed agli illustri magistrati, che onorano di loro presenza il nostro congresso, ai componenti del Comitato organiz- zatore del medesimo, che dispiegò la più cortese previdenza e ne accolse con gentilezza così squisita. « Voi sapete come la geologia e la paleontologia della regione lombarda abbiano accompagnato e spesso determinato i progressi più o meno rapidi di queste discipline. Non vi sono ignoti i primi e tanto meritevoli studi del Balsamo Crivelli e deU’Omboni, coi quali incomincia ad accordarsi colla geologia generale quella della regione lombarda ; e sapete come lo Stoppani, con quel suo mira- bile libro, che porta il modesto nome di « Studi » abbia la prima volta raccolte e discusse, or sono quasi sette lustri, le osservazioni di tanti benemeriti geologi, in particolare del Breislak, del Broc- chi, del Maironi da Ponte, dei fratelli Villa, del Balsamo Crivelli, dell Omboni, del Kagazzoni, del Curioni, in sintesi stratigrafica, che tuttora si legge col più vivo interesse. Non vi sono ignote le questioni a lungo dibattute sui piani giuresi e sui vari membri del trias, quindi sulle interpretazioni dei rapporti tra il pliocene ed il terreno glaciale lombardo, e più recentemente sulle equi- valenze dei terreni pre-triasici. Le opere paleontologiche riguar- danti la Lombardia del Meneghini, dello Stoppani, del Cornalia, ed i lavori dei geologi forestieri, in particolare Zollikofer, Studer, 720 Adunanza generale Escher, Meriao, Hauer, Mojsisovic, Benecke, Deecke, Gùmbel e persino del giapponnese Harada, che ultimamente scrisse dei porfidi luganesi, sono del pari tra i materiali più frequentemente consultati. Grazie ai lavori dello Spreafico e del Negri, del Varisco e del Ragazzoni possediamo altresì delle carte con sufficente dettaglio; oltre a quella del Curioni, alla quale la cattiva esecuzione litografica toglie gran parte della pratica utilità, mentre d’altro lato, una copiosa illu- strazione, meritevolissima in particolare per le indicazioni monta- nistiche, supplisce in qualche modo al difetto della carta. Alcuni miei lavori sull’Apennino Pavese possono fornire qualche addentel- lato colla geologia della Liguria e dell’Emilia, nel mentre che la lunga serie dei lavori sulla Geologia veneta permette di apprez- zare quelle differenze di roccia e di fauna dei vari piani, che non di rado si osservano a così breve distanza, in particolare pei ter- reni del Giura. Siamo in una delle regioni più studiate del nostro paese ; questioni importanti, che trassero a concetti generali sulla equivalenza delle diverse facies dei singoli piani e sul vero carat- tere dei climi geologici, hanno trovato in essa, se non la loro so- luzione definitiva, validi argomenti e dati numerosi, diffusi nei trattati. * Tuttavia, questo grande e lodevolissimo lavoro, lasciate che lo dica chi bene o male vi prese alcuna parte, può paragonarsi dal punto di vista stratigrafico ad un abbozzo, di fronte al quadro che dovrà comporsi allorché la tectonica delle nostre formazioni, che vanno dall’azoico al glaciale, sarà analizzata, descritta e rappre- sentata come lo fu per altre contrade d’ Italia, in particolare per l’Elba, le Apuane e la Sicilia. Ed è conforto il pensare che le cono- scenze paleontologiche, grazie alle monografie dello Stoppani, del Me- neghini, quindi del Parona, del Tommasi e del Sordelli, si accrebbero al punto da essere oramai sicura, guida a coloro, ai quali non manche- ranno mezzi, nè gioventù, nè buon indirizzo per condurre a termine il quadro vagheggiato. Da questo quadro, io penso, compariranno si- cure le ragioni dello avvallamento padano e la storia di esso sarà nota sino a congiungersi colla storia delle prime civiltà, che vi ebbero culla e sviluppo. La geologia della valle padana è uuo dei quesiti più complessi e più strettamente collegati colla storia dell’uomo, in Europa; perchè il fenomeno delle reiterate espansioni glaciali porta nel cronometro paletnologico un elemento più sicuro della Società Geologica Italiana 721 di quanto sia dato di rilevare nelle sedi di altre civiltà, compresa la classica Campagna Romana. Allorché sarà risolto questo com- plesso problema della orogenesi padana, o colleglli onorevoli — poiché io penso che questa riunione ad alcuno di voi porrà in animo il proposito di cimentarsi a questa sintesi così attraente — la scienza, che è nata in Italia, conterà un fiore di più nella sua corona ; le idee del Suess e del Heim sulla formazione delle Alpi qui devono trovare il loro complemento, nè questo deve avvenire per opera di stranieri. “ Ma poiché un passo è pur fatto per raggiungere questo in- tento, come a chi sale ad una vetta è gradito il soffermarsi a con- siderare il viaggio percorso, così lasciate che io ricordi quel periodo di appassionate ricerche, al quale io assistetti soltanto come disce- polo ed iu cui si dispiegava tanto spirito di nazionalità; quando quei geologi che allora erano nella piena delle loro forze, quali 1 Omboni, lo Stoppani, il Ragazzoni, e tra gli estinti, il Curioni, impegnavano coi geologi dell’Istituto di Vienna quelle questioni che voi conoscete; e ne risultava quel cumulo di notizie e quella meraviglia di faune fossili, di cui avete saggio nelle ricche e ben ordinate collezioni del Museo civico di Bergamo. Il mio animo volge un dolce ricordo di riconoscenza a quelle escursioni col mio amatissimo maestro, al quale mi compiaccio di qui tributare un caldo sentimento di riverenza e di gratitudine. Per settimane di seguito attraversavamo di valle in valle le nostre Prealpi, egli pieno di entusiasmo e di dottrina, noi compresi di riverenza alla di lui sincera bontà, infuocati dalla incomparabile genialità della sua mente (1). “ Dell’opera dello Stoppani nel campo della geologia lombarda, più che un brano di un discorso converrebbe stendere un libro. La maggior parte di voi avrà scorto quale ardito lampeggiare di idee scatti dai suoi Studi pubblicati in Milano nel 1857 ; quanta coscienziosità in quella rivista storica, da cui sono preceduti ; quale felice intuizione nel concetto dell’unità del sollevamento delle t1) Il professore abate Stoppani, già di salute cagionevole, non ha po- tuto assistere al Congresso, i cui membri vivamente lo desideravano per ono- rarlo. Ora che improvvisa sventura lo tolse alla scienza italiana, ancora più vivamente essi deplorano di non aver potuto rendergli di presenza un ultimo tributo di affetto riverente. 722 Adunanza generale Prealpi lombarde, affermato in un tempo che la moltiplicità dei si- stemi beaumontiani, per usare una frase dello stesso Stoppani, « sem- brava che avesse portato la confusione di Babele nel tempio ar- chitettato dal dito di Dio » . Posta a base questa unità, è scelto molto opportunamente un piano idoneo per tracciare un profilo, che poi servisse a tipo nella esamina dei terreni lombardi : dal colle pliocenico di S. Colombano alle creste dello Spluga attraverso al ramo orientale del Lario, al culmine della Valsassina ed al val- lone della Valtellina. 11 colle di S. Colombano è riconosciuto es- sere un resto di scogliera corallina, sepolta nelle solite argille del pliocene; le breceiole nummulitiche del lago di Comabbio, del Montorfano comense, di Centemero e Paderno, sono riferite senza ambage all’eocene e separate quindi dalla creta le psammiti, che le accompagnano; distinzione allora assai difficile e nella quale lo Stoppani riconobbe la diversità della grande formazione di con- glomerati a scarsi ippuriti dalle analoghe rocce aggregate, terziarie. Pei terreni giuresi, la triade della majolica, del rosso ad aptici e deH’ammonitico, comparve allora allo Stoppani come un complesso cronologicamente più ristretto di quanto si venne mano mano di- scoprendo colle successive determinazioni, in particolare del Mene- ghini e del Parona : ma il nesso dei depositi è evidente e la loro continuità dal Verbano al Benaco venne rilevata e descritta in modo inappuntabile. Le varie facies del Lias superiore e medio, dai marmi variegati di Arzo alla dolomia di Zandobbio ed ai calcari neri selciferi di Mol trasio, vennero allora paralleli zzate. Per le for- mazioni triasiche c particolarmente riguardo al confine di esse colle più recenti, già allora compare l’abbondante materiale fornito al- l’autore dalla scoperta e dallo studio delle ormai famose località deH’infralias ; e se per alcuni riguardi, allora e dopo, la classifi- cazione dei piani triasici fu difettosa e meno esatta, appunto là dove lo Stoppani si trovò a ricevere le prime impressioni giova- nili nel labirinto di una tectonica assai disturbata, conviene anzi- tutto riconoscere che la distinzione dei tre principali piani dolo- mitici, che poi fu svolta e precisata dall’autore stesso, dal Curioui e dai geologi stranieri, comparve allora per la prima volta ; e non fu piccolo progresso nello studio del complesso sistema triasico di Lombardia. « È facile il correggere ed ii ritoccare, più facile ancora il della Società Geologica Italiana 723 criticare; ma per poco che noi poniamo mente anche solo alle deteiminazioni che prima eran state date alla arenaria keuperiana ed agli scisti infraliassici, e se si pensa a quei complicati accidenti tectonici, che poi furono più ampiamente illustrati nella rivista fatta dallo stesso Stoppani alla carta del signor Hauer, pur ri- conoscendo quanto utile sia stato l’intervento dell'illustre geologo di Vienna, si è costretti a tributare la più ampia lode al mio diletto maestro, in particolare quando si consideri che a tali ri- sultati egli pervenne coll’acume di indagini, tanto più onorevoli quanto meno abbondanti erano i mezzi di studio, affatto privati. « Il Guidoni cadde quasi negli stessi errori, ma ebbe più det- tagliata conoscenza della Lombardia orientale e forte competenza in quanto risguarda la industria mineraria ; la sua opera nella geologia lombarda fu meno abbondante, meno sussidiata dal criterio paleontologico; ma quanto ai caratteri litologici ed alle relazioni stratigra fiche, quanto alle applicazioni della geologia all’ industrie minerarie e dei materiali edilizi, gli scritti del Guidoni e sino ad un certo punto la sua carta geologica della Lombardia, com- pletano quelli dello Stoppani e talora vi apportano più dettagliata precisione. “ Crii scritti del Theobald, quindi del Suess, del Rolle e dello Stadie e qualche mia osservazione sui terreni precarboniferi della Valtellina, hanno portato un principio di orientamento nella in- tricatissima serie delle formazioni cristalline, affioranti nella grande volta erosa, tra lo Stelvio e la catena orobica. Più tardi, alcune gite da me fatte in compagnia dell’ingegnere Zaccagna, così versato nello studio di questi terreni e così abile nell’interpretare le più com- plicate relazioni tectoniche, hanno anche più da vicino delimitato il campo delle rocce azoiche, distinguendole dalle multiformi ap- parenze cristalline degli equivalenti del pernio-carbonifero. Ma bisogna pur convenire che non si è ora gran fatto discosti da quanto lo Stoppani tanti anni fa, quindi il signor Hauer hanno asserito, l'uno e l’altro più felicemente che il Curioni, il quale associava al carbonifero i calcari saccaroidi ed i micascisti gneissici che fanno mantello al gneiss centrale. « Nè meno fruttuosa fu la discussione, sorta ancora più tardi sul terreno glaciale, alla quale avevano preparato copiosi materiali le precedenti osservazioni di Omboni, Mortillet, Gastaldi e Paglia 724 Adunanza generale e che chiamò alle famose località di Fino e Balerna tanti geologi d'oltralpe; i quali resero più aspra la lotta e più confuse le idee. Ora, sbollito l’ardore della discussione, sceverato da talune inesat- tezze il molto di vero che contiensi nello scritto dello Stoppani « Sull'ero, neozoica « in particolare per quanto risguarda il carat- tere del clima quaternario (molto di vero, non abbastanza consi- derato dai recenti scrittori sul fenomeno glaciale) conviene porsi di buon accordo all’opera non agevole di raccogliere ed ordinare tanti sparsi elementi ; ed è appunto quanto stiamo facendo alcuni di noi. E qui mi compiaccio nel notare che, nel mentre le questioni strettamente geologiche per la natura loro e per l'insufficienza delle osservazioni continuano oscure a martoriare la nostra mente e le gambe, che incominciano a stancarsi, calma e sicura procede l’opera dei paleontologi, in particolare coi lavori del Parona, del Sordelli, del Tommasi e del Mariani; e per la Lombardia occi- dentale, le distinzioni strati grafiche dovute alle osservazioni del Lepsius e meglio ancora a quelle del Bittner, ed uno scritto assai importante del Mojsisovic sulle varie facies del Trias, imparti- rono alla geologia lombarda un indirizzo meglio conforme alle esi- genze della scienza e la necessaria precisione, perchè i risultati di esse servissero di base a quel rilievo dettagliato, che di questa regione tuttora si attende. « Altra importante monografia stratigrafica, preceduta da una nota, in cui ponevansi in luce gli orizzonti pel definitivo rilievo, veniva stesa dal Benecke, sul gruppo delle Grigne ; ed il Deecke il- lustrava il regolare andamento della formazione raibliana, poco aggiungendo però a quanto già era noto e lasciando il campo quasi intatto per lo studio paleontologico, che fu poscia compiuto molto lodevolmente dal Parona sullo stesso importantissimo orizzonte. « Tra i materiali per la stratigrafia lombarda non debbo di- menticare i pregevoli scritti dello Zollikofer, che in particolare riguardano questa provincia di Bergamo e che sono tanto più pregevoli inquantochè dimostrano un occhio di osservatore ed una sicurezza di riferimenti assai rari, e perchè furono quei fatti rilevati con scarsi mezzi, quando la serie lombarda era ancora assai oscura, specialmente per le formazioni giuresi. Che mai sia avvenuto di quel naturalista, che fu precettore presso una distinta famiglia di Bergamo, io non so ; ma la sua memoria viva tra noi venerata e sia ai giovani 725 della Società Geologica Italiana di ammaestramento perchè essi, piuttosto che lamentare la scarsezza dei mezzi materiali, badino a formarsi buona scorta di erudizione e poi camminino ed osservino; chè la geologia, per nove decimi, si la colle gambe. ■*, D) altro eletto ingegn) e ne dà a voce un breve sunto. Il Socio Meli fa presentazione di una memoria del dott. Tel- imi col titolo: Le Nummulitidi della Majella , delle isole Tremiti e del Promontorio garganico , affinchè sia pubblicata nel Bol- lettino (2). Lo stesso Socio Meli presenta un lavoro del dott. Trabucco, avente il titolo : L'isola di Lampedusa. Studio geo-paleontologico (3). (L Questa memoria fu pubblicata nel Bollettino, voi. IX, 1890, fase. 2U, pag. 349-358 con 2 tavole (tav. IX e X). (2) La memoria fu stampala nel sopracitato Bollettino, fase. 2°, pag. 359 a 422 con 4 tav. (tav. XI-XIV). (3) È stampata nel presento Bollettino, pag. 573-608 con 3 tavole (tav. XXH-XXIV). 740 Adunanza generale Il Socio Botti legge un suo scritto intitolato : La grotta os- sifera di Cardamone in Terra d’ Otranto ('). La seduta è levata alle 6 poni. Il giorno seguente, 10 settembre, conformemente al programma stampato e spedito ai Soci, si effettuò la prima escursione geologica in vai d’Erve(2). Venne distribuito a tutti i Soci un foglio contenente la carta geologica a colori della regione da attraversarsi, rilevata dal prof. T. Taramelli (scala 1/75.000) con due spaccati, eseguita e regalata agli intervenuti dal Socio ing. Angelo Alessandri, che tanto contribuì alla splendida riuscita dell'adunanza generale tenuta in Bergamo (3). Nella escursione si osservarono gli strati rovesciati della serie mesozoica, dal cretaceo medio aH’infralias, le colline moreniche, i trovanti, i ciottoli striati pel trasporto dei ghiacciai. Si notò la pro- fonda erosione prodotta dal torrente Gallavesa nella collina more- nica su cui è fabbricato Rossino e la frattura delle rocce mesozoiche in fondo alla quale scorre l’accennato torrente tra Rossino ed Erve. Al Pralegér i Soci fecero sosta ed ivi trovarono pronta una son- tuosa refezione, preparata ed offerta dal Club Alpino di Bergamo. Nel pomeriggio, rifacendo poi la strada percorsa, i Soci vennero a Calolzio, ove una parte di essi si fermò ad attendere il treno per Bergamo, mentre un’altra parte salendo su barche scese lungo l'Adda tino a Brivio e raggiunse il resto della comitiva, montando sul treno a Cisano. Il Segretario R. Meli (*) (*) Yod. il presente Bollettino-, pag. 689-716, con 1 tav. (tav. XXVI). (2) Di questa gita fu incaricato il socio prof. Parona di scrivere una più dettagliata relazione, che trovasi stampata nel presente fascicolo, dopo il re- soconto dell'Adunanza generale. (3) Ai Soci intervenuti all’Adunanza di Bergamo fu anche distribuita la Bibliografia geologica e paleontologica della Lombardia, che trovasi stam- pata dopo i Resoconti delle Adunanze e delle escursioni. della Società Geologica Italiana 741 Seduta dell' 11 settembre. La seduta è aperta alla ore 9 l/2 antim. Presidenza Taramelli. Sono presenti i Soci : Alessandri, Ambrosioni, Amighetti, Baratta, Berti, Botti, Bozzi, Brugnatelli, Capellini, Cer- men ati, Cortese, Corti, Cozzaglio, Dell’ Oro, De Nicolis, Foresti, Gozzi, Lattes, Lotti, Mariani, Mattirolo, Mazzetti, Mazzuoli, Mercalli, Mesciiinelli, Namias, Negri, Omboni, Pan- tanelli, Parona, Piatti, Portis, Rovasenda, Roncalli, Sca- rabelli-Gommi-Flamini, Squinabol, Statuti, Stella, Toldo, Tommasi, Tuccimei, Varisco, Yigliarolo, Zezi ed il sottoscritto Segretario. È data lettura del processo verbale della Seduta precedente, che resta approvato. Il Presidente dà comunicazione del seguente telegramma di S. E. il Ministro di agricoltura industria e commercio in risposta a quello inviatogli dalla Società, durante la Seduta d' inaugura- zione del 9 settembre. « Prof. Torquato Taramelli. « Presidente Congresso Geologico — Bergamo. « Gli importanti studi geologici, cui dà impulso codesta dotta « associazione, concorrono a completare l’opera governativa diretta “ alla conoscenza geologica del territorio nazionale. È quindi mio « grato dovere continuare l’appoggio alla Società che così efficace- « mente svolge il suo programma. « Il Ministro — Miceli ». L’ordine del giorno per l’odierna seduta segnerebbe : Comuni- canoni scientifiche dei Soci e discussione del bilancio. Prima però di cominciare le discussioni scientifiche, il Pre- sidente comunica una lettera dell’on. deputato T. Tittoni, tesoriere 742 Adunanza generale della Società, il quale avvisa che giungerà in Bergamo il giorno 13, e desiderando di esser presente alla presentazione del bilancio, prega di rimandarne la discussione alla seduta di chiusura, che si terrà il giorno 14. Il Presidente quindi propone che la discussione del bilancio si tenga nella seduta del 14; lo che resta ad unanimità approvato. È pure accettato all’unanimità il nuovo Socio comm. Luigi Dell'Oro, di Giosuè, (Milano), proposto dai Soci Taramelli e Meli. Mazzuoli ricorda che nell’Adunanza generale tenutasi dalla Società Geologica a Terni nel 1886 (’) fu discusso lungamente se doveva usarsi il nome di Gabbro ovvero quello di Eufotide , è che venne pioposto di deferire la decisione di tale controversia alla Sottocommissione internazionale per la nomenclatura delle rocce, la quale doveva preparare i suoi lavori pel Congresso geologico internazionale tenutosi a Londra nel 1888, e della quale era Pre- sidente il Socio Capellini. Assistendo oggi alla seduta il Socio Capellini, prende occasione per domandare se tale questione sia stata posta a discussione e quale ne sia stata la decisione. Capellini risponde che non venne trattata tale questione giac- ché oramai tutti i geologi e petrografì sono d'accordo nell’ ammet- tere che il vocabolo Gabbro debba essere inteso come sinonimo di Eufotide , e richiama alla memoria dei Soci quauto egli disse a questo proposito nella seduta di Terni (2). Mazzuoli vorrebbe venire ad una conclusione, giacché la que- stione rimase indecisa all’adunanza di Terni. Si deve dunque ri- tenere la parola Gabbro come sinonimo di Eufotide ? Capellini ritiene che la parola Gabbro debba usarsi come equivalente di Eufotide , e non debba adoperarsi nel senso usato dai toscani, i quali col nome di Gabbro indicano rocce beu di- verse dall’ Eufotide e talvolta riferibili a Diabasi alterate. Succede una discussione, alla quale prendono parte i Soci Lotti, Taramelli, Capellini e Meli, sempre nel senso che si C) Veci. Bollettino della Soc. Geolog. Ital. Voi. V. (1886), fase. 3°. — Se- duta del 26 ottobre, pag. 483-488. (2) Bollett. d. Soc. Geolog. sopra citato, pag. 481. 743 della Società Geologica Italiana debba sostituire Eufotide alla parola Gabbro, e che in ogni caso debba con tal nome indicarsi una roccia a struttura granitole com- posta di labradorite e di diallagio. Il Presidente legge una lettera del Sindaco di Bergamo colla quale questi accompagna l'invio di un esemplare, per ciascuno dei Soci intervenuti all’Adunanza, della Carta geologica della Provincia di Bergamo , eseguita dal prof. Antonio Vanisco nella scala di V75,ooo, accompagnata dalle Note illustrative della carta stessa, scritte dal medesimo prof. A. Varisco (Bergamo, Tipo-lit. Gaffuri e Gatti, 1881, in 8°). La carta è montata su tela e chiusa in ricca ed elegante busta. Tutti i Soci ringraziano plaudendo del dono importante, che conserveranno come grata memoria della città di Bergamo. Capellini ricorda come nell’ Adunanza generale di Catanzaro egli facesse una comunicazione alla Società sui vertebrati fossili rinvenuti nella grotta di Monte Cucco nei dintorni di Fabriano (<). In quella comunicazione accennò a numerosi resti di Ursus priscus e disse che sperava di rinvenirvi anche resti dell’ Ursus spelaeus, che fino allora erano mancanti. Avendogli il Socio si- gnor Miliani spedito una cassa di ossami rinvenuti nella grotta suddetta, tia questi trovò ossa lunghe spettanti ad individui asso- lutamente colossali dell Ursus spelaeus. Tra le ossa inviategli, rin- venne due specie di Felis, cioè una varietà di Felis antiqua , cor- rispondente a quella che venne rinvenuta nel Belgio, ed una va- rietà maggiore di Felis catus; inoltre resti di volpe, di mustela, pro- babilmente di faina, di ruminanti (un metatarso spettante forse ad un Cervus capreolus) e di pipistrelli. Gli ossami si staccano benissimo dalla crosta stallattitica che li avvolge e sono di perfetta conservazione. Egli spera di poter eseguire e diriggere il regolare scavo della grotta, che ha una lunghezza di circa (300 m. Si può dedurre dai risultati ottenuti nel piccolo scavo eseguito, che si estrarrà un enorme materiale ossifero dal fondo di essa caverna, giacché la grotta non fu rovistata. (') Veci. Bollettino della Soc. Geol. ital. Voi. Vili, li 83. — Seduta del 23 settembre 1889, pag. 558. 48 741 Adunanza generale Taramelli richiama l'attenzione del Socio Capellini sui resti di Ursus rinvenuti nelle grotte di Levrange (Lombardia) dal de- funto Cornalia, che ora si trovano nel Museo Civico di Milano. Toldo presenta la sua Memoria col titolo : Studi geologici sulla provincia di Piacenza e ne legge il presente riassunto : « Il periodo Antropozoico è distinto in un piano antico (al- luvione terrazzata) e in un piano recente (alluvione non terrazzata). « Il periodo Pliocenico è distinto in un piano recente (Vil- lafranchiauo a concrezioni poponoidi) e in un piano antico (sabbie e marne marine). « Il periodo Miocenico offre alcune marne elveziane ricche di Pecten duodecim-lamellatus e piccolissime Lucine : affiora a Ver- nasca (Arda) e a Cà Boriaua (Lisone). Lembi di arenarie con marne alla base contenenti qualche foraminifera rappresentano il bormidiano a sud di Nibbiano. a Rocca di Olgisio, a est di Pia- nello. a monte Spanna nella Trebbia e fra il Nure e la Trebbia fra i torrenti Fellino e Spettine, Zenasca e Lobbià. « Il periodo Jdocenico viene distinto in un piano recentissimo (calcari marnosi con arenarie spesso carbouiose*) ricco di varie fu- coidi ; in un piano medio (calcari brunastri, compatti, con macigno) ricco di Zoophycos e Nemertiliti, e in un piano antico (scisti bruni nummulitici di Bobbio — arenarie ad Jlelminthoidea labyriathica di Farini). « Il Cretaceo si ritiene rappresentato dalle argille scagliose sviluppate intorno a Pietra Parcellara (Trebbia), sotto monte Regio, nei torrenti a oriente del Nure, e nel torrente Lubiana continente dell'Arda, contenenti qualche raro inoceramo e sottoposte alinocene. « La formazione ofiolitica con distinzione dell’ofiolite propria- mente detta, dell’eufotide, detta gabbro, e degli agglomerati rela- tivi viene descritta a parte perchè ritenuta stratigraticamente di- scordante, indipendente dalle rocce a contatto » ('). Il Socio Squinabol presentando una memoria sopra i grandi (!) La memoria del Socio Toldo trovasi stampata nel presente fascicolo (ved. pag. G81-G87 e tav. XXV). 745 della Società Geologica Italiana Anthracotherium di Cadibona ('), espone che, pur non tenendo conto che delle più notevoli differenze, si trovò obbligato ad ammettere un numero di specie abbastanza rilevante, più ancora di quelle intuite dal Gastaldi. Delle specie nuove da lui istituite descrive brevemente i ca- ratteri principali, dando infine un riassunto della classificazione da lui proposta delle specie italiane di Anthracotheriim. A nome poi del Socio prof. A. Issel presenta all’Assemblea alcuni esemplari di impronte condritiformi, impresse sopra scisti e ftaniti, in colore più chiaro di quello della roccia. Accennando ai lavori già pubblicati in proposito dal prof. Issel, fa osservare come questi sia giunto a verificare la natura di dette impronte, avendo trovati ancora aderenti alla roccia e lungo la linea mediana delle figure più ciliare, i filamenti radicali di alcune piante, e che perciò devesi senza dubbio attribuire all’azione chimica delle sostanze escreto dalle radici, l’asportazione dell’intonaco manganesifero su- perficiale più oscuro della roccia. Richiama infine l’attenzione dei geologi su questi falsi fossili che potrebbero forse a prima vista indurre in errore gli osservatori, essendo somigliantissimi nel loro portamento a certe alghe fossili, sia dell’eocene, che dei terreni secondari. Il Socio Cozzaglio nel presentare il suo lavoro, Osservazioni stratigrafiche sulle colline orientali della Provincia di Brescia , lo accompagna colle seguenti parole: « Il piccolo lavoro che ho l’onore di presentare è una rac- colta di osservazioni fatte sulla Riviera Bresciana del lago di Garda e sulle colline dei dintorni di Brescia. Con ciò tento di continuare gli studi di Bittner sulle Giudicane e la Val di Ledro, e quelli non meno preziosi del Ragazzoni sulla stratigrafia bresciana, per cui, esposte sommariamente alcuue osservazioni sulla serie normale dalla dolomia triassica all’eocene ed ai depositi quaternari, cerco di far rimarcare le notevoli differenze che nella serie del lias e della (*) (*) La memoria è pubblicata nel presente fascicolo (ved. pag. 515-571, lav. XVI-XXI). 746 Adunanza generale creta esistono tra i depositi dei dintorni di Brescia e quelli della Riviera Benacense. « Da questo piccolo studio comparativo emergerà come in certi piani si riscontrino alcune transizioni ai depositi del Veneto e come in epoche anteriori all’eocene si sieno manifestati in quei colli al- cuni cambiamenti orografici. « Nella serie terziaria si studiano i depositi delle piccole col- line e se ne cercano gli equivalenti nel seno delle valli avendo principalmente in vista i fatti tectonici che, debitamente studiati, possono con questi banchi gettar molta luce sulle questioni del- l’evoluzione alpina. « Accennati poi alcuni fatti riguardanti il ferretto e le prime invasioni dei massi erratici, si studiano le condizioni del ghiac- ciaio nel tratto superiore del lago di Garda, le sue espansioni nelle vallette laterali ed i successivi fenomeni di terrazzamento. u Lo studio tectonieo è corredato da alcune tavole di sezioni al 50,000 desunte dalle nuove carte quotate dello Stato Maggiore e con quelle tagliando il terreno in direzioni quasi parallele e normali agli assi di corrugamento, si studiano le varie conformazioni dei rilievi montani della Riviera, in cui si osserva io principalmente tre fenomeni : « 1° Nel tratto superiore del lago (Tremosine, Tignale e Gargnano) scorrimento della dolomia principale sul lias e sulla creta. « 2° Nel tratto medio del lago (da Gargnano a Salò) grandi inflessioni del Dachstein, spinto contro la detta dolomia e conse- guenti contorsioni del lias, del giura e della creta che vi figurano come masse puramente passive. « 3° Nelle colline da Salò a Gavardo juxtapposizione o sovrapposizione del Dachstein alla dolomia con scorrimenti e spesso colla scomparsa degli strati retici del Kòsseu, al qual fenomeno tien dietro una divisione in lembi delle formazioni sovrastanti in modo che si passa talora dal Dachstein alla creta senza piani in- termedi. « 4° Che la linea di corrugamento della Riviera Benacense si prolunga fin presso Brescia, ed avendo l’asse che forma un an- golo di 60° gradi col meridiano magnetico, incontra la linea del lago sotto un angolo di circa 20° gradi, mentre V allineamento degli 747 della Società Geologica Italiana strati del monte Baldo si mantiene quasi parallelo alla sponda Veronese prolungandosi tino a Sirmione. “ ^ breve studio fluisce con alcune considerazioni generali sul sistema del lago di Garda e sulla probabile evoluzione dei fenomeni osservati. « Il lavoro non è completo e, specie dal lato paleontologico lascia molto a desiderare; spero però che i cultori della scienza non vor- lanno del tutto sprezzarlo; e se in esso non riconosceranno una degna continuazione degli studi di Bittner, gii vorranno almeno far buon viso come semplice raccolta di osservazioni che possa servire per studi migliori » . Il Socio Namias presenta la sua memoria : Contributo ai Bi tozoi ‘pliocenici delle Province di Modena e Piacenza (!). t Il Socio D. Alessio Amighetti dà lettura di una sua memoria, Sulle formazioni quaternarie dei dintorni di Povere ( Provincia di Bergamo ), nella quale si contengono interessanti osservazioni sui terrazzi di Corti e di S. Maurizio presso Lovere e sul loro modo di formazione. Il Presidente rileva 1 importanza di tale comunicazione ed avverte che analoghi studi furono fatti recentemente sulle sponde del lago di Garda. Il Socio B. Corti legge una Breve nota sul quaternario e sui terreni recenti della Vallassina e alta Brianza (2). Il Socio M. Malagoli comunica il suo lavoro: Por amimi feri miocenici del calcare a Lucina pomum Duj. e dell’arenaria compatta di Pantano nelle province di Modena e Reggio del- l’Emilia (3), del quale legge le conclusioni. (') Ija memoria è stampata nel presente fascicolo del Bollettino, vedi pag. 471-513, e tav. XV). (*) La nota è già stampata nel Bollettino voi. IX, 1890, fase. 2, pa- gine 463-468. (3) Stampata noi Bollettino voi. IX, 1890, fase. 2° pag. 426-436. 748 Adunanza generale Il Socio M. Baratta presenta due sue note col titolo: Appunti storici sulle teorie sismochimiche e Contribuzione alla teoria dei terremoti ('). La seduta è tolta alle ore 11 y2 antimeridiane. La stessa sera del giorno 11 settembre, nella grande sala terrena dell'Albergo d' Italia il Municipio di Bergamo invitò ad un sontuoso banchetto tutti i Soci della Società Geologica Italiana intervenuti al Congresso. Assistevano il IL Prefetto comm. Fio- rentini, il Sindaco comm. Finardi, la stampa cittadina, e le prin- cipali autorità di Bergamo. Numerosi brindisi furono fatti dal Pre- sidente comm. Taramelli, dal Sindaco, dal prof. Capellini, dal Prefetto, dfill’iug. Alessandri, dall’ing. Curò, Presidente della Se- zione Bergamasca del Club Alpino, dal prof. Varisco, dall’ onore- vole deputato Cucchi. Nei giorni seguenti, 12 e 13 settembre, si eseguirono escur- sioni geologiche, importantissime, nella vai Soriana ed a Povere (-). Partiti di Bergamo la mattina del 12 colla ferrovia i Soci giun- sero a Gazzaniga, donde a piedi si recarono alla cava di lignite di Leffe. Ripreso il treno, si giunse circa il mezzoggiorno a Ponte di Nozza, ove era stata preparata una lauta refezione dalla ine- sauribile ospitalità bergamasca. In seguito si visitarono gli strati raibliani fossiliferi nella valletta del Rogno, e si raccolsero nume- rosi esemplari dei fossili più caratteristici di quella formazione. Ritornati a Ponte di Nozza, i Soci salirono su vetture offerte dal Municipio di Bergamo, e, passando per elusone, giunsero la sera a Rovere. Quivi i Soci furono distribuiti presso le principali famiglie della città ed ebbero cordiale ospitalità durante la notte. La mattina seguente si andò da Rovere a Darfo, osservando i gessi e gli strati ai anidrite triassici di Volpino, non che gli affioramenti di porfido quarzifero che si mostra in vari punti. (!) Entrambi le note furono pubblicate nel Bollettino voi. IX, 1890, fase. 2°, pag. 437-455; 456-462. (2) Il Socio Tommasi fu incaricato della relazione scientifica di queste escursioni, la quale trovasi stampata, dopo il resoconto delle Adunanze. della Società Geologica Italiana 749 Fatto ritorno in Lovere, i Soci si recarono alla fonderia Gre- goiini, e quindi si assisero ad un lauto desinare, offerto come sempre dalla ospitalità bergamasca. Nelle ore pomeridiane i Soci salirono sul vapore Tonale , il quale costeggiando la sponda destra del lago, giunse alle 3 poni, a Paratico. Visitati i forni delle calci idrauliche della Società ita- liana a Palazzolo, si fece ritorno a Bergamo in ferrovia alle ore 7 pomeridiane. Il Segretario K. Meli. 750 Adunanza generale Adunanza del 14 settembre. La seduta è aperta alle ore 10 y2 ant. Presidenza Taramelli. Sono presenti i Soci: Alessandri, Ambrosioni, Amichetti, Baratta, Berti, Botti, Bozzi, Brugnatelli, Cermenati, Che- rici, Cortese, Conti, De Nicolis, Foresti, Gozzi, Lattes, Lotti, Mariani, Mattirolo, Mazzetti, Mazzuoli, Meschinelli, Namias, Negri, Omboni, Pantanelli, Parona, Piatti, Portis, Rovasenda, Roncalli, Scarabelli-Gommi-Flamini, Squinabol, Statuti, Stella, Tittoni, Toldo, Tommasi, Tuccimei, Yarisco, Vigli arolo, Zezi ed il sottoscritto Segretario. Il Presidente annunzia che l’ingegnere Elia Fornoni ha pre- sentato perchè venga distribuito a tutti i Soci intervenuti alle adunanze di Bergamo, il suo lavoro testé pubblicato col titolo : Cenni orografici sulle colline di Bergamo (Bergamo, stab. fra- telli Cattaneo, 1890, in 8° con una carta a colori). Studiando le antichità bergamasche, l’autore fu sorpreso dalle immense variazioni che il suolo della collina di Bergamo ha su- bito, non solamente nelle epoche storiche e specialmente per opera dei Veneziani, ma auche in epoche, delle quali le nostre storie sono mute. Per rendersi ragione del tracciato delle vie antichis- sime che si scopersero a parecchi metri sotterra, degli avanzi delle fortificazioni romane e di altre rovine, volle studiare qual’era in origine lo stato della nostra collina per poi ricercarne le variazioni avvenute. Più di tutto dovette occuparsi delle vallette che solcavano la sua superficie, e dell’andamento de’ suoi strati per trovare le fontane attorno alle quali devonsi essere formati i primi nuclei di abitazioni. Per cui se lo studio del Fornoni non è essenzialmente geologico, è peraltro una applicazione della geologia agli studi storici. Il Presidente comunica il sunto di una lettera ricevuta dal Socio C. Mayer-Eymar di Zurigo. Il signor C. Mayer-Eymar, dice il Presidente, fu impedito della Società Geologica Italiana 751 per occorsogli accidente di una grave contorsione al piede destro, di intervenire al nostro congresso, dove noi, secondo sua promessa, attendevamo che ne rinnovasse il piacere di sua grata visita, di cui fummo tanto lieti alle riunioni dello scorso aprile. Egli mi prega di comunicare quanto segue : “ È un fatto che il calcare ad Orbitoidi di Gassino, studiato dal collega Sacco nel colle di Superga e nel basso Monferrato non è il vero Bartoniano superiore, formato degli strati ad orbitoidi, poco potenti, del Vicentino, di Nizza, di Interlaken, di Schom- beig, di Biarritz ecc. ; strati marnosi ripieni di Orb. papyracea e sempre soprastanti al potente o potentissimo Bartoniano supe- rioie. Ma, come da noi in Svizzera (!) essi banchi rappresentano una dipendenza locale del Flysch o Macigno liguriano inferiore, rispondente a mare poco profondo. Posso mostrare con profili che questo Flysch è sopraposto al vero Bartoniano inferiore e superiore al Sehòmberg, a Interlaken, a Campolongo di Brenta, a Tréspots di Biarritz. Non vi è dubbio che a questo Flysch corrisponde esattamente il Macigno della Liguria e del basso Monferrato, avendo quello la medesima fiora di condriti e di elmintoidee che l'altro; essendo indivisibile come sottopiano ed avendo la stessa sottopo- sizione immediata agli strati di Hénis, tipici a Biarritz, a Le- sbarritz, a Castellane, a Sangonini ed ora anche da noi, al Pilatus. “ ^ altra parte è stabilito che gli strati ad Eupatagus or- nata di Biarritz, le marne azzurre di Gaas, di Castellane, il cal- care di Castelgomberto, succedono immediatamente ai detti strati di Hénis e sono già spettanti all’Oligocene medio, bisogna asso- lutamente che il Macigno della Liguria (separato, notisi, qualche volta dal serpentino per mezzo dei calcari triasici) e del Monferrato, insieme cogli strati a Nummiina intermedia e N. Fiditeli delle e ime legioni, corrispondono al mio piano liguriano (2). Mi duole che 1 amico Sacco si sia lasciato condurre dal suo impeto a pubblicare con troppa fretta, in diversi scritti dei fatti meno (C Kaufmann. Materiaux pour le Carte Géologique de le Suisse 1886. (ri II Sestrano tipico, del De Rouville è composto di depositi d'acqua dolce, in parte tongriani; per conseguenza questo nome non può essere im- piegato in una classificazione logica. 752 Adunanza generale esatti, mettendo così sotto sopra dei depositi, la di cui successione è da lungo tempo fissata da B. Studer e da tanti conosciuta. « Presente alla adunanza di Bergamo, avrei con piacere di- scusso coll’amico Nicolis ed altri sulla stratigrafia dell’eocene nel Vicentino, che ho studiato, e del Veronese che non conosco de visti ; credo però ricordarmi che il signor Nicolis mi ha detto, questa primavera, che nei pressi di Verona la fauna a gasteropodi di monte Postale trovasi, per quanto risulta da alcune specie carat- teristiche, fra quella di S. Giovanni Illarione e quelle di Roncà. Ora suppongo che il calcare di monte Postale essendo intimamente legato al calcare scistoso di monte Bolca, tanto per la immediata sottoposizione quanto per la continuazione della Alveolim melo sino alla sommità del monte Postale, sia impossibile che questa massa ad alveoline e senza grandi nummuline sia intercalata negli strati parigini di S. Giovanni Illarione e di Roncà ; le alveoline d’altronde, sono giustamente caratteristiche del Londiniano nel mez- zodì della Francia, come nell’Egitto ». Si procede alla apertura delle schede per la nomina del Vice- Presidente e dei 4 Consiglieri da eleggersi in luogo dei Soci, Bom- bicci, Canavari, Giordano e Neviani uscenti di carica colla fine dell’anno 1890. Il Presidente nomina all’ufficio di scrutatori i Soci Baratta, Pàntanelli, Squinabol. Fatto lo spoglio delle schede, il risultato della votazione è il seguente : Votanti Soci 72. Eletto a Vice-Presidente il prof. cav. G. Omboni con voti 42. Tale risultato è accolto da prolungati applausi. Consiglieri eletti pel triennio 1891-1893: De Nicolis cav. Enrico con voti 50. Fornasini cav. Carlo con voti 47. Mazzetti Ab. Giuseppe con voti 35. Cortese ing. Emilio con voti 28. Riportarono - poi i seguenti voti per la elezione a Vice-Presi- dente: Bassani prof. Francesco, voti 23; per la elezione a Consi- glieri: Sacco prof. Federico voti 18; Bassani prof. Francesco della Società Geologica Italiana 753 voti 13; Pellati ing. Nicolò voti 9; Bombicci prof. Giuseppe voti 8; Strììver prof. Giovanni voti 7. Altri Soci ebbero voti in minor numero. Sono proposti ed approvati i nuovi Soci : Armanelli prof. Augusto (Sassari) proposto dai Soci Negri e Meschinelli. Prof. Canonico Luigi Marinoni (Povere) proposto dai Soci Statuti e Tuccimei. L’onorevole deputato T. Tittoni, Tesoriere della Società, pre- senta il bilancio consuntivo del 1889, riveduto dalla .Commissione nominata a tale scopo ed approvato dal Consiglio Direttivo nella riunione, tenuta poco prima dell’adunanza odierna. Pantanelli riferisce sul bilancio a nome dell'intero Consiglio Direttivo. Dice che il Consiglio avrebbe pensato di introdurre nei futuri bilanci alcune modificazioni allo scopo di renderlo più sem- plice. Si sarebbe deciso di sopprimere il bilancio di competenza e di presentare soltanto la nota esatta delle spese avute in ciascun anno fino al 31 dicembre con l’ aggiunta a parte del bilancio pa- trimoniale. Il Consiglio propone inoltre che d’ora innanzi il re- soconto amministrativo ed il bilancio consuntivo sieno chiusi col 31 dicembre di ogni anno. In via transitoria si amalgameranno i bilanci 1889-1890. Inoltre il conto consuntivo verrebbe presentato nella seduta iemale al Consiglio, e sarebbe poi messo all’appro- vazione della Società nella Adunanza estiva. Messe ai voti tutte le superiori proposte, sono approvate al- l’unanimità. Il Segretario dà lettura del bilancio consuntivo del 1889, che resta approvato articolo per articolo. Il Consigliere Senatore Scarabelli domanda se verrà stam- pato nel Bollettino della Società. Il Segretario risponde che verrà pubblicato insieme ai re- soconti dell’Adunanza generale di Bergamo, analogamente a quanto sempre fu fatto fino ad oggi per gli altri annuali bilanci consun- tivi della Società. 754 Adunanza generale BILANCIO CON A T T I V O 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Quote di 3 soci pel 1887 Quote di 11 soci pel 1888 Quote di 159 soci pel 1889 Tassa d’ammissione di 9 nuovi soci ' . . Parziale rimborso per spese di tavole da parte degli autori. Sussidio del Ministero di agricoltura e commercio Id. id. dell’Istruzione Pubblica . Interesse annuo del legato Molon Interesse di lire 90 di rendita consolidata 5 °/0 Vendita di Bollettini arretrati Residuo dell’acquisto di rendita consolidata (') . Interesse del 2 l/2 °/0 sul conto corrente alla Banca Romana (2) Eccedenza attiva del conto 1888 (3) Totale Si deduce il passivo in Roma, 15 Luglio 1890. 4 16 238 4 8 120 50 110' 7! 21 i: li: 1831 75£ 4711 Eccedenza attiva L. 2871 IL PRESIDE T. ' Tarnm Il Tesoriere Tommaso Ti t toni (ì) (2) (3) Vedi ia pagina seguente. della Società Geologica Italiana 755 0 DEL 1 8 S 9 PASSIVO tavole del Bollettino 1880 e arretrati (disegno e stampa) ■lettino 1880: stampa del testo, copertine e legatura dei fascicoli dem * : stampa degli estratti dem » : spese di spedizione stampa di diplomi, schede, carte di riconoscimento, rcolari ecc etti di cancelleria >e d ufficio; cioè, postali (esclusa la spedizioneBollet.), del elegrammi, porti ferroviari, marche da bollo ecc. 'gì del segretario alle riunioni di Bologna e Catanzaro ùfìcazione annua al portiere a di manomorta e diverse (vetture, regalie, ecc.) estimento in rendita consolidata 5 °/o del premio don, non conferito nel primo triennio L. 1 848 25, 1102 rt 270 j i n 119 65 •» 60 j il 71 83 50 i n j 172 97 ri 1 154 60 1 1 n 50 — m | 29 04 | 26 30 1 ! n | 1800 - L. 4717 31 1 La Commissione del Bilancio F. Giordano T. ScARARELI.I P. Zezi. Adunanza generale 7ob NOTE RELATIVE AL BILANCIO 0) Oltre le L. 1800 del premio Molon, furono rinvestite in rendita L. 1595, importo delle quote dei soci perpetui, che furono riportate negli anni precedenti nell’attivo del solo conto di cassa, allegato al bilancio, e delle quali quindi si riporta l’impiego nel solo passivo del conto di cassa stesso. Pertanto, in complesso furono acquistate L. 175 di rendita consolidata 5 °/o che aggiunte alle L. 90 già possedute dalla Società, fanno un totale di L. 265. (2) Il conto di cassa risulta dal conto corrente presso la Banca Romana e varia alquanto nei risultati dal consuntivo che si riferisce alla competenza dell’anno, mentre nel conto di cassa mancano alcuni introiti e spese del 1889 e figurano, invece, introiti e spese degli anni precedenti. Il riassunto di cassa (conto) è il seguente: In cassa al 31 Dicembre 1888 L. 4016,70 Versamenti » 5888,13 Interessi del 2 0 „ .... » 111,59 L. 10015,42 Chèques L. 7362,67 In cassa al 31 Dicembre 1889 L. 2653,75 (3) La situazione patrimoniale della Società al 31 Dicembre 1889 risulta come segue: Fondo del Legato Molon rinvestito in rendita nominativa . . L. 25000,00 Cartelle di Rendita 5 °/0 per azione L. 265 corrispondenti a nominali » 5300,00 Esistenti in cassa (conto corrente con la Banca Romana) . . ” 2653,75 Totale . . . . L. 32953,75 Si osserva che la differenza fra l’esistente in cassa (L. 2653,75) e l’ec- cedenza attiva alla fine del 1889 (L. 2876,11) deriva dalla circostanza che in quest’ultima somma figurano alcune quote dei soci per gli anni 1888 e 1889, che non sono comprese nella prima, perchè versate in principio del 1890. cioè «lupo la chiusura del conto di cassa 1889. 757 della Società Geologica Italiana Il Socio Pantanelli presenta a nome del Socio Ragazzi una nota sulla geologia dell Etiopia. 11 Socio Ragazzi nel suo lungo soggiorno allo Scioa e nei suoi diversi viaggi in Etiopia, ha po- tuto collegare le osservazioni di Blausard terminanti a Magdala con quelle dello Scioa riassunte da Douvillé, estendendo così le co- gnizioni a tutta la regione, sopra le colossali formazioni vulcaniche che dopo l’oolite vi si sono successivamente sovrapposte. Taramelli parla sulla struttura che offrono gli gneiss nella catena orobica. Il Presidente esprime a nome di tutti i Soci i più vivi e sentiti ringraziamenti alla città di Bergamo, al Sindaco, alla De- putazione provinciale, al Club Alpino sezione di Bergamo, al Co- mitato organizzatosi per il Congresso Geologico, della cordiale ed affettuosa ospitalità ricevuta, delle tante gentilezze, delle quali furono ricolmati i Soci, e che superarono tutto ciò che essi si po- tevano aspettare. Pantanelli a nome dei Colleghi pronuncia parole di vivo ringraziamento per i Sig. ing. Alessandri, e prof. A. Yarisco, che tanto cooperarono alla organizzazione delle gite ed alle splendide accoglienze ricevute dai Soci. Il Socio deputato Tittoni propone che la seduta si sciolga al grido di Viva B erg amo ! La seduta è levata all’l poni. Il Segretario R. Meli. 758 Adunanza generale Relazione della escursione geologica eseguita il giorno 10 set- tembre 1890 in Val d’Erve. Nel mattino del 10 settembre (0,10' ant.) i Soci accorsero nu- merosi alla stazione della ferrovia per Calolzio, per prendere parte alla escursione in Val d’Erve, progettata dal Presidente e orga- nizzata dal Comitato. Molto opportunamente il nostro socio inge- gnere Angelo Alessandri di Bergamo aveva offerto ad ogni socio uno schizzo geologico con profili, rimo e gli altri a colori, della regione che si doveva percorrere in ferrovia od a piedi e che servi di guida utilissima in questa gita, geologicamente assai interes- sante ed istruttiva; tanto più che lo schizzo geologico era, si può dire ad ogni passo, illustrato dalle osservazioni ed informazioni del nostro Presidente, del prof. Varisco, dello stesso ing. Ales- sandri e del dott. Bota. Questi signori, insieme ad altri membri del Comitato ed a parecchi Soci del Club Alpino bergamasco, colla loro cordiale e simpatica compagnia, concorsero a rendere ancora più lieta questa giornata trascorsa fuori di Bergamo, in una delle regioni più amene delle prealpi lombarde, dove l'occhio spaziava e riposava davanti ad un paesaggio assai vario e coronato dal pro- filo artistico del Resegone del monte Albenza, dei Corni di Canzo, delle Gógne e delle altre montagne del ramo orientale del bacino lariano. che animate da splendido sole, spiccavano sul bel cielo lombardo in quel giorno perfettamente sereno. La vaporiera da Bergamo ci portò fino a Calolzio e nel breve viaggio, nel mentre si ammiravano le scene rimutantisi del pae- saggio, si poteva vedere sugli ampi fianchi del monte Albenza l’an- damento delle formazioni, che dovevamo rivedere più da vicino in Val d'Erve; coll'esame poi, per quanto rapido delle sezioni, messe a nudo dalle trincee della ferrovia, ci venne dato di formarci una idea della costituzione della pianura e dei primi colli bergamaschi. A partire dalle colliue di Bergamo, costituite da rocce dei vari piani del cretaceo, la ferrovia corre attraverso il piano allu- vionale terrazzato della Valle brembana ed a Ponte S. Pietro, dove il terrazzamento tocca il suo massimo in corrispondenza del letto attuale del Brembo, vedemmo profondamente incisa dal fiume l'alluvione villafranchiana, dai lombardi detta ceppo. A Mapello dello. Società Geologica Italiana 759 mentot, 1”,^ U **"» di Ponti magnani. 516, 518,. 560, 561, 566, 567. » maximum Gast. 565, 567. » minimum Cuv. 556- 557, 566, 567. » minus Cuv. 566, 567. Monsvialense De Zig. 519, 566, 567. » Zìgnoi sp. n. Squin. 566, 567. Antonelli G. 19, 89-131, Anzio. 624 (in nota 2), 642. Indice alfabetico del voi. IX Appenninite. 727. Aquino. 423-424. Arca aspera Phil. 44. ” diluvii. 591, 597, 604. » Noae. 581, 596. Archaeocidaris sp. 58, 67. rossica Eichvv. 68. Archicapsa bicaudata n. f. 143, 164, tav. V, fig. 6. ficiformis n. f. 142, 163, tav. V, fig. 3. ” fusas n. f. 142, 164, tav. V, fig. 5. « minima n. f. 143, 164, tav. V, fig. 7. ” similis n. f. 142, 163, tav. V, fig, 4. ” pyriformis Riist. 163. » rotundata Riist. 164. Wiedersheimi Riist. 164. Arda (torrente). 678, 681. Arenaria bituminifera. 406. Arendal (meteoriti dell’). 655. Arenzano (Riviera Ligure). 667. Arezzo. 707. Argille scagliose. 676. Aricia. 611 (in nota), 612 (id.). Ariosto. 575. Aristotele. 453, 454; sul terremoto di Lipari 451. Aristus opacus. 581. Armanelli Augusto. 753. Arnim von Ludwig Achim. 650. Arnioni. 136; arnioni di silice nella Craie. 138. Arvicola. 700, 714. Arzo (marmi variegati). 722; (brecce di). 731. Asclepi Giuseppe. 632, 634 (in nota !), 640. Ascopora cfr. rhombifera Phill. 58, 67. Aspio (sorgenti minerali). 19, 111-118. Assilina. 389, 395. » Madaràszi Hantk. 396-397, 407, 414, 416, tav. XIII, fig. 16. 791 Assilina mamillata D’Arch. 396, 414, 416, tav. Xin, fig. 13, 15; tav. XIV, fig, 23, 29, 30. ” » var. granulata et plicata De la H. 396. » spira De Roiss. 395, 396, 414,416,tav.XIII, fig. 7-9; tav. XIV, fig. 40. ’’ subspira De la H. 396, 414, 416, tav. XIII, fig. 10-12. 14; tav. XIV, fig. 24, 31-34, Asterophyllites eguisetiformis Brongn. 73, 74, 84. Astraea. 602. Ateneo. 575. Aulopora divaricata Reuss. 510. Auzout Adriano. 630 (testo e nota 3), 631 (testo e nota 3), 640. Avicula contorta (strati ad). 760. Axilina cxponens. 678. B Bacelli Liberato Giovanni. 653. Bactrilium. 760. Badia presso Brescia. 732. Bagatti. 342. Baiso (Reggio Emilia). 429, 433, 434. Balaenula. 37 (nota in fondo alla pa- gina). Balani. 597, 598. Balanus tulipiformis Ellis. 38. Balerna in Lombardia. 724. Balsamo-Crivelli G. 132, 671, 719. Banks Joseph. 649, 650. Baratta M. 18, 86-88, 437-462, 736, 748, 752. Barbadico Girolamo. 635 (in nota). Barbatia lactea Lin. 37, 596. Bardoneggia. 681. Bareuth (monti di). 654. Barufaldi. 634 (in nota J). Barus C. 666. Bassani F. 730, 752. Bussano (Veneto). 180, 181. 51 792 Indice alfabetico del voi. IX Batopora rosula Reuss. 474, 487, 506, 512-513 n. 63. Beccaria J. B. 647. Becchetti Filippo. 610 (nota '), 612 (in nota). Becquerel A. C. 631-632 (nota 3), 643 (in nota), 654, 655, 657. Becquerel Edmond. 656, 657, 659. Bellagio. 463, 467. Bellardi. L. 343. Bellerophon (calcare a). 730. Bellotti. 730. Belone acus. 581. Benaco. 722, 731. Benech E. 542. Benecke. 720, 724. Benedetti V. 423. Benedettucci C. 128-130. Bergamo. 717-718, 735, 743, 765. Adu- nanza generale tenuta in Bergamo 717-765. Sindaco di Bergamo 743; suo discorso all’apertura delle Adu- nanze. 717-718; id. del Prefetto di Bergamo. 738-739. Museo Civico. 721. Cenni orografici sulle colline di Bergamo 750 ; loro geologica costituzione 758. Municipio offre carrozze nella gita a Lovere 763. Bernardi Antonio. 643 (in nota). Bernouilli Daniel. 646. Bernouilli J. 615 (in nota). Bertelli T. 626-627 (in nota), 630 (in nota 2), 632-634 (in nota). Bertholon. 445, 446, 447. Berti G. 342. Berti Gaspare. 629 (testo e nota). Berzelius Jons Jacob. 654. Besano. 730. Besimaudite. 727. Biancone. 133. Bianconi. 672. Biarritz (strati ad orbitoidi). 751. Bibliografia geologica e paleontologica della Lombardia. 740, 766-788. Bibliografia sismica. 437-439. » sugli Anthracotherium. 516-519. » sull’isola di Lampedusa. 573-574, » sulle rocce magnetiche e notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche di Roma. 609-670. Bicknell C. 369, 376. Biflustra delicatula Busk. 474, 500, 512-513 n. 51. » Savartii Manz. 500, 513. Bigenerina. 436. » nodosaria D’Orb. 434. Bilancio consuntivo del 1889. 754-755; note relative adesso bilancio. 756; discussione, approvazione del bi- lancio. 753 ; modificazioni da intro- dursi nei bilanci futuri. 753. Bilancio della Società. 17. Biringuccio V. 438, 439. Bisciioff Carl. 652, 654. Bismantova (calcare di) in provincia di Reggio Emilia. 427, 433, 434. Bison. 700; B. priscus Boj. 41. » europaeus. 713. Bittium pusillum Jeffr. 38. Bittner. 724, 745. Blainville. 705. Blancano Giuseppe. 629 (.testo e nota). Blankenhorn. 586. Bleicher. 590. Blesson J. L. 652. Bobbiano. 678, 679. Bobbio (scisti nummulitici). 677, 741. Boccone, 671. Bocksia flabellata. 84. Bodenmais. 663. Boerhaave. 444. Boettger O. 518. Bolivina punctata D’Orb. 591, 606. Bologna. 634 (in nota ')> 643 (in nota). Bolsena. 613-614 (in nota), 623. Yed anche lago di Bolsena. 653. Domare. 438, 444, 454. 793 Indice alfabetico del voi. IX Bombicci L. 3, 136, 437, 457, 458, 461, 752, 753. Bon. 671. Bonanni. 703. Boncompagni Baldassare. 626 (in nota), 633 (in nota). Bonnycastle Charles. 653. Bonzi. 671. Borella (ing.). 684. Borelli. 447. Borneo. 392. Borzonasca (Riviera Ligure). 668, 670. Bos. 700. » primigenia Boj. 423, 424, 713. » taurus Lin. 423, 713. Boscovich Ruggero. 612-613 (in nota). Botta (famiglia) offre rinfresco ai Soci nella escursione a Leffe. 763. Bottari. 438, 440, 442, 445, 446-447, 452, 453. Botti Ulderico. 689-716, 740. Bouguer Pietro. 646, 663. Bourdon. 590. Bourguignat. 590. Bourigny. 575. Boyle Roberto. 652. Bozzi L. 18, 56, 71-85. B radisismi della costa adriatica. 119-131. Bradisismo tra Aneona e Potenza Pi- cena. 19. Brady. 430, 432. Braun Carlo. 636-637 (testo e note), 641. Breccia ossifera. 697-698, 715; breccia ossifera incoerente. 703. Breislak. Scipione. 614 (in nota), 617- 621, 648, 650, 650-651, 651-652, 659, 660, 719. Brembo. 758. Brescia. 728, 745 ; osservazioni sulle colline orientali della Provincia. 745-747. Breyn G. Filippo. 613 (in nota). Brianza. 759; Alta Brianza (quaternario della). 463-468, 747. Briozoi pliocenici del Piacentino e modenese. 471-513, 747; bibliogra- fia sui briozoi. 471-472; quadro comparativo dei briozoi pliocenici. 510-513. Brivio sull’Adda. 740, 761. Brocchi G. B. 600, 614 (in nota), 623, 652, 672, 719. Collezione nel Mu- seo civico di Milano. 599. Brocchia sinuosa Brocc. 38. Bronn. 600. Bruckner. 734. Brugmann. 635 (in nota). Brugmans A. 647. Bryopsis disticha. 580. Bucania textilis De Kon. 58, 62. Bucca L. 360, 408. Buckland. 699. Budapest 707 ; Museo nazionale. 709. Bufo variabilis. 581. Bulimina. 427, 436. ” affvnis D’Orb. 431. » marginata D’Orb. 432. ” pupoides D’Orb. 431. Burmeister G. 519. Busk. 475, 478, 481, 484, 492, 493. Butterfield. 645. Bythinia Bronni D’Anc. 41. ” Verni De St. 35. C Cà Boriami nel Risone. 680. Cabeo Nicola. 630 (testo e nota 2). Cacciamali G. B. 19, 423-425, 708. Cadibona ( Anthracotherium di). 515- 571, 745. . Ccelopeltis lacertina. 581. .Caino. 730. Calamites. 57, 73, 74, 82. » cannaeformis. 74. » Cistii 84, 85. » Sukowii. 84, 85. CalamopKillites. 74. Calandrelli Giuseppe. 638 (testo e nota 3). 640. 794 Indice alfabetico del voi. IX Carcinus ' moenas. 108. Cardamone in Terra d’Otranto. 689- Calandrelli Ignazio. 639 (nota). Calcara. 575, 585. Calcare ad Ampkistegina. 42. » ad orbitoidi. 751. » a Lucina pomum Duj. 747. Calcarina. 427. Calliaster mirus Trautsch. 67 (nota in fondo alla pagina). Callipteridium. 82. » ovatum Weiss. 75, 83. Calolzio sull’Adda. 740, 758, 759, 761. Calosoma indagator. 581 . Calyptraea chinensis Lin. 105. Camerina nummularia Brug. 361. Campidoglio (Roma). 651. Campmas J. L. 614 (in nota), 620, 653. Campolongo di Brenta. 751. Campo Salino. 625. Canavari M. 3, 409, 752. Cancellarla Bonellii Bell. 44. » calcarata Brocc. 43. » cancellata Lin. 43. » lyrata Brocc. 43. n varicosa Brocc. 476. Cancellieri Francesco. 632 (in nota). Candido Pietro. 676. Canettoli. 116. Canis familiaris. Lin. 700. 714. » lupus Lin. 700, 714. « vulpes. Lin. 700, 714. Gannobotrys dava n. f. 142, 163, tav. V, fig. 2. Capellini Giov. 3, 112,435, 574, 691, 699, 705, 731, 736, 742, 743, 744, 748. Capo di Bove presso Roma. 611 (in nota), 612 (id.), 621 ^testo e nota i), 623, 650, 660. » Mehedia. 592. » Passero. 592. Capparrotti C. 439, 442, 446, 450- 451, 452. Caprarola. 611 (in nota). Capulus hungaricus Lin. 42. Caramanico (Abbruzzo). 405. Carcinus sp. 716. Cardamone (grotta ossifera di) in Ter- ra d’Otranto. 689-716, 740. Cardano Girolamo. 627 (in nota). Candita elongata Bronn. 38. » intermedia Brocc. 38, 43. Cardium aculeatum Lin. 601, 602. » Bianconianum Cocc. 602. n Brocchi May. 681. » ciliare Lin. 601, 602. n Deshayesii Payr. 101. » echinatum Lin. 36, 37, 101. 602. n edule Lin. 31, 33, 34, 36. 41, 102, 596. » hians Brocc. 37, 101-102. » hirsutum Bronn. 37. » multicostatum Brocc. 37. » papillosum Poli 37, 102. » cfr. Ra/fellense Fontana. 596. n tuberculatum. 581, 591. » Verrii Por. 34. Carenno (faunula ammonitica di). 760. Carl. 636 (in nota x). Carlo d’Anjou. 634 (in nota). Carpi. 623. Carretti Fabiano. 691. Carrié. 662. Carta geologica della Lombardia. 720. Cartesio R. 438. 448, 450. Carvico (morena di), 759. Carychium conforme. De St. 29. Casale Monferrato. 397. Casalvieri (circond. di Sora). 424. Casola neH’Apennino Bolognese. 436. Cassagna in Liguria. 135. Cassidaria echinophora Lamk. 429. Cassimoreno in vai di Nure. 668, 675. Cassini. 634 (in nota *), 640. Cassino (circond. di Sora). 49, 421. Castelfidardo. 122, 123, 125-126. Castelfranco presso Lovere. 764. Castelgandolfo. 611 (in nota), 616 (id.). Castelgomberto (calcare di), 751. Indice alfabetico del voi. IX Castellano. 751. Castellarquato. 473, 476, 477, 478, 479, 480, 481, 483, 484, 485, 486, • 487, 488, 489, 490, 491, 492, 493, 494, 495, 496, 497, 498, 499, 500, 501, 502, 503, 504, 505, 506, 507, 509, 511, 513, 600, 601. C'astelliri (circond. di Sora). 49, 424. Castenedolo (banco corallino di). 733. Castro nei Volsci. 621 (in nota 2). Castrocaro. 473, 476,485,491,511,513. Catalogo paleontologico terziario del Piemonte. 185-340. Catanzaro. 743. Catena orobica. 730. Caulerpa filiformi s. 679. Cavallo (resti di) nella grotta ossifera di Cardamone. 710-713, 716. Caverna ossifera (definizione di una). 697-698. Cebochaerus. 519. Cellaria scrobiculata Reuss. 499. Celle ligure (resti di Anthracothe- rium nelle ligniti). 532. Cellepora avicularis Hinks 504, 512- 513 n. 59. » birostrata Namias n. sp., tav. XV, fig. 1, 501-502, 512-513 n. 56. a coronopi Wood. 502. » globularis Bronn. 501-502, 505, 512-513 n. 55. a ornata Michlin. 474, 504- 505, 512-513 n. 60. a cfr. pachy derma Reuss. 503- 504, 512-513 n. 57. a pumicosa Linn. 37, 502, 504, 505, 512-513 n. 62. a retusa Manz. 502. a scruposa Busk. 505, 512. a tubiyera ? Busk. 502, 505, 512-513n. 61. a verrucosa Reuss. 504, 512- 513 n. 58. Celli M. Anton. 634 (in nota 1). 795 Cenellipsis biaculeata n. f. 141, 153, tav. II, fig. 9. ” monoceros Riist. 153. ” retusa n. f. 141, 153, tav. II, fig. 10. a typica Riist. 153. Cenisio (Monte). 664. Cenosphaera antiqua n. f. 140, 149, tav. I, fig. 10. a aspera Stòhr. 148. » clathrata n. f. 140, 148, tav. I, fig. 5. » cristata Riist. 148. ” fossilis n. f. 140, 148, tav. I, fig. 9. ” gregaria Riist. 140, 146, tav. I, fig. 2, 147. a liirta n. f. 140, 148, tav. I, fig. 7. a lacunosa Riist. 140, 147, tav. I, fig. 3. a minuscula n. f. 140, 147, tav. I, fig. 6. a minuta Pant. 147. ” pachyderma Riist. 140, 147, tav. I, fig. 4. a polygona. 148. a regularis Riist. 148. a sp. ind. (cfr. C. cristata Riist.). 140, 148, tav. VI, fig. 15. a f. ind. 140, 147, tav. I, fig. 8. Centemero. 722. Ceppo 464, 733, 758. Ceprano. 49. Ceratonia siliqua. 580. Ceratotrochus duodecim-costatus M. Edw. 42. Cerete-Alto. 764. Cerithium crenatum Brocc. 32. a doliolum Brocc. 32, 34. a europaeum May. 34, 38. a vulgatum Brug. 32 , 34, 581, 596. 796 Indice alfabetico del voi. IX Cermelli Pier Maria. 617. Cermenati Mario. 736. Cervus. 700. 714. » capreolus. 743. » corsicanus. 581. » sp. 41. Ceselli Luigi. 618 (in nota 2). Chaeropotamus. 519. Ckama gryphina Lk. 37, 43. gryphoides Lin. 36, 37, 43, » 591, 602. Chantre. 708. Chenopus pes-pelecani Lin. 36, 38, 43, 107. Chiasso (fllliti di). 732. Chiesa. 634 (in nota x). Chimborazo. 655. Chistoni. 636 (in nota x), 638 (testo e note 1 e *), 640, 641, 643 (in nota), 655, 666-667, 667. Chondrites afflnis. 679. » gemellus. 83. » intricatus. 678. Cliotts Tunisini (regione degli). 593- 594. Chrysophrys aurata. 581. Cinghiale. 562. Ciottoli calcari forati dai litofagi. 27, 30. » perforati da foladi. 681. Circe minima Montg. 37. Cirilli. 452. Cisano. 750, 759, 761. Cistus complicatus. 580. Citrus limonum. 580. Città della Pieve. 26 e seg.; 41 e seg. Cittiglio presso Laveno. 132-175. Civiglio (valle di). 464. Civitacastellana. 642. Cladoconus Michelinii M. Ed. et H. 58, 69. Cladocora caespitosa. 25 (nota 1 in fondo alla pagina), 37. Clausilia papillari s Milli. 91. Clavagella bacilleris Desìi. 591, 601. Clavatula romana Defr. 43. Clavatula rugata Bell. 43. Clavio 629 (in nota). Clavulina communio D’Orb. 591, 598, 606. » Szaboi Hantk. 433. Clerici E. 35, 398. Cliverio. 575. Clusone (Provincia di Bergamo). 738. 748, 763, 764. Cocchi Igino. 3. Cocconi G. 342, 602. Colle della Gran Tempesta sopra Susa. 84. Collina di Guello presso Bellagio. 665. Collio (fllliti permiane di). 725. Colognola (presso Bergamo). 739. Colombo Cristof. 632-633. Colonna nel Lazio. 623. Columba palumbus. 581. Columbella nassoides Bell. 43. Colzate in Val Seriana. 762. Comabbio (lago di). 722. Comatula mediterranea. 581. Commissione per la revisione delle pubblicazioni pel 1890. 12, 17. Commissione per la revisione del bi- lancio pel 1890. 12, 17. Como (lago di). 463, 464, 467. Comotti Giovanni. 726. Conchodon (dolomia a). 466. Concrezioni (genesi delle) 136. Conocardium sp. n. 58, 64. Consiglieri uscenti di carica alla fine del 1890. 752. » eletti pel triennio 1891-93. 752. Conti Andrea. 633-635 (testo e note), 638-639 (id.), 640. Conus antidiluvianus Brocc. 43. n mediterraneus 581, 600. » multilineatus Pecch. 36. » Noae Brocc. 591, 598, 600. » ponderosus. Brocc. 600. » pyrula Brocc. 43. Core E.' D. 519. Indice alfabetico del voi. IX 797 Copenhagen. 631-632 (nota 3). Coppi. 429, 473. Coproliti. 704. Corallina officinali. 580. Cor buia gibba Olivi. 38, 43, 104, 106, 596, 597. ” revolutaJBrocc. 38, 596. Cordaites 82. ” borassifolius. 84, 85. Cordier Louis. 621 (testo e nota 3 tra la pag. 621-622), 651. Cormons. 389. Cornalia. 719, 744. Cortese E. 409 ; sua elezione a Con- sigliere 752. • Curioni. 719, 720, 721, 722, 723. Curò ing. 748. Cutter G. 523, 671. Cyclopteris. 77. Cyclostoma elegans Mail. 91. Cypricardella sp. 58, 64. ” cir. puntila De Ivon. 64. Cyprina islandica. 19, 476. 681. Cytherea chione Lin. 102. ” multilamella Lk. 102, 597. ” rudis Poli. 38. D Cortesi Giuseppe. 671, 676. Corti B. 463-468, 747. Couize. 398, 399. Cozzaglio Arturo. 736, 745-747. Crasso Orazio. 629 (testo e nota). Crescenzio Bartolomeo 627-629 (te- sto e note), 644. Cribrina figularis Jonhst. 490, 510- 5)1, n. 30. ” radiata Moli. 491, 510-511 n. 31. Crimea (penisola di). 433. Cromyomma perplexum Stòrh. 153. ” f. ind. 141, 152. Crucianella rupestri. 580. Crucidiscus ? f. ind. 141, 154, tav. II, 11- Cryptocapsa tricylia Riist. 143, 166, tav. V, fig. 15. Cucchi deputato. 748. Cupulana canariensis Busk. 474, 506, 507, 512-513 n. 66. » denticolata Conrad. 508, 512. ” ffaidingeriHeuss. 508,512. ” intermedia Michtti. 474 , 506, 507, 508, 512-513 n. 64. » rhornboidalis Munsi 508. » umbellata Defr. 37, 474, 507, 508, 512-513 n. 65. D’Achiardi Antonio. 3, 12. Dachstein 746. Dagincourt. 738. Damasco. 689. Dames. 169. Darfo. 748, 764. Daubrée A. 159, 665. Davies. 709, 710. De Bosis F. 122, 123, 124. De Caro D. Giovanni dei baroni di Montechiaro. 576. De Christol. 671. Declinazione magnetica per Roma e dintorni. 625-644. Deecke. 720, 724. De Giorgi Cosimo. 691. De la Béche. 698. De la Condamine. 611 (in nota), 612 (idem). De la Lande. 610 (nota !), 611 (in nota). 615 (id.), 634 (in nota *). Delametherie J. Cl. 617, 619, 621 (in nota 648, 648-649, 650. De Lapparent A. 136, 666. De la Rive. 631 (in nota 3). Del Gaizo Modestino. 668. Della Casa Lorenzo. 664. Della Torre Giov. Maria. 647. Delesse Ach. 624, 657, 657-658, 659 De l’Isle Rom. 616 (in nota). Dell’Oro L. di Giosuè. 472. 798 Indice alfabetico del voi. IX De Memme F. 666. De Muchin. 663. De Nicolis E. — Ved. Nicolis (de) E. Dentalina divergens Reuss. 345. » geinitziana Neugb. 345. » matutina D’Orb. 345. » matutina Terq. 345. » obliquestriata Reuss. 345, 346. Dentalium dentalis. 581. n elephantinum Lin. 32, 42, 43, 105, 597. » octogonum Ponzi-Rayn.-van d. Heck. 104. sexangulare Lin. 597. » sexangulam Lk. 43. Dentex vulgaris. 581. Denza Francesco. 664, 669. De Rossi Domenico. 619 (in nota 2). De Rossi Mich. Stef. 665-666. De Rouville. 751 (in nota). De Saussure Horace Bénedict. 647, 648, 649. De Serres Marcel. 655, 697, 698. Deshayes. 601, 602. Desmarest. 614 (in nota). De Stefani C. 177-178, 574, 603, 676. De Zigno A. 3, 516, 519. Diamagnetismo del bismuto. 647. Diamilla-Muller D. 631 (nota 2), 640 (id. i), 641, 642 (id. 2), 664. Diaspri. 138. Diastopora plumula Reuss. 510. Dicerocardium. 182. Dictyastrum clavatum n. f. 142, 158, tav. Ili, fig. 9. » glandi ferumn.i. 142, 158, tav. Ili, fig. 10. n lombardicum n. f. 142, 157, tav. Ili, fig. 11. » neocomiense Riist. 159. » speciosum n. f. 142, 158, tav. IV, fig. 1. » f. ind. 142, 158, tav. Ili, fig. 8. Dictyomitra Boesii n. f. 144, 170, tav. VI, fig. 9. » debilis n. f. 143,. 170, tav. VI, fig. 7. » mitrula n. f. 143, 169, tav. VI, fig. 4. » nassa n. f. 144, 170, tav. VI, fig. 10. » subconica n. f. 143. 170, tav. VI, fig. 6. » turritella n. f. 143, 170, tav. VI, fig. 5. n f. ind. 144, 170, tav. VI, fig. 8. Dictyospyris duplex n. f. 142, 163, tav. IV, fig. 12. Dietrich. 612 (in nota), 615 (id. *), 616 (testo e nota L). Diplotaxis scaposa. 580. Discocyclina. 396, 401. Ditrupa coarctata Brocc. 98, 107. n incurva Ren. 37, 42. » subulata Desìi. 597. Doderlein P. 435, 499, 672. Dolichotoma cataphracta Brocc. 43. Dollfus G. 427, 428. Dolomia a Conchodon. 466. » » Megalodon. 467. Dolomieu D. *617, 618, 620, 648, 650. Donax trunculus. 596. Donizzetti. 735. Doria, ammiraglio di Carlo V. 576. Doria G. 515. Dosinia exoleta Lin. 681-682. » lupinus Poli 103. » cfr. orbicularis Edw. 103. Doucier. 127. Douvillé. 757. Dove Heinr. Wilh. 626 (in nota 2), 656. Dreissena plebeja Dub. 41. Drillia Allionii Bell. 42, 43. » obtusangula. Brocc. 43. n sygmoidea Broun. 44. Duhamel. 441, 449. 799 Indice alfabetico del voi. IX Duhamel du Monceau Henry Louis. 645. Duperrey L. J. 743 (in nota). Dupont. 698. Durocher J. 657, 658. E Echinops sphaerocephalus. 580. Echinosteria. 67 (nota a piedi pag.). Echinus sp. 108. » esculentus. 581. Edmondia cfr. sculpta De Kon. 58, 63. Elefanti fossili. 19, 46-49,423-425, 703- 710, 715-716. Elephas antiquus Falc. 41,47,48,49, 423, 424, 703. ” ausonius Maj. 41. ” indicus. 709. ” meridionalis. 49, 423, 424, 704. ” primigenius var. Blum. 24, 41, 47, 48, 49, 424, 700, 703, 705, 706, 707, 708, 709, 710, 716. primigenius var. liydruntinus Botti. 709. Elezioni Sociali. 752. Emmericia umbra De St. 35. Engler. 677. Entalis prisca Munst. 58, 63. Entalopliora anomala Reuss. 482. ” attenuata Stolic. 482. ” icaunensis D’Orb. 481, 482. ” palmata Busk. 474, 480, 510-511 n. 12. ” pavonina DOrb. 481. ” proboscidea M. Edw. 474, 481, 510-511, n. 14. ” proboscidea var. orbicula- ris Namias. 482. » raripora D’Orb. 481,485. ” subverticillataBaskA8l, 510-511 n. 13. Entrochus stellatus Stache. 68. Equus 700. ” caballus Lin. 713. » quaternaria Maj. 713, 716. ” Stenonis Cocchi. 41, 713. Erba. 731. Erinaceus fossilis Schm. 700. 715. Erman Georg Adolph. 655. Erschenhagen. 669. Erve. 759. — Ved. anche: Val d’Erve. Eryphia Cocchii Risi 32. Eschara cervicornis Lin. 498, 499. » columnaris Manz. 474, 499- 500, 512-513 n. 50, tav. XV, fig. 4-7. ” foliacea Lk. 474, 498-499. » lichenoides. 513. » monilifera M. Edw. 474 , 497, 512-513 n. 45. » polystomella Reuss. 474, 497- 498, 512-513 n. 46. » punctata Phil. 497. ” Sòdgioichii M. Edw. 474 , 498, 512-513 n. 48. » undulata Reuss. 474, 498, 512-513 n. 47. » violacea Lamk. 513-513 n. 49. Escher. 720. Esino. 730. Etiopia (geologia dell’). 757. Etna. 454, 611 (in nota), 617. Eufemus Urei Fieni. 58, 62. Eufotide, 744 ; discussione sul voca- bolo. 742-743. Euganei (monti). 732. Eulephas. 704, 706. Eulima polita. Lin. 43. Eupatagus ornalus. 751. F Falco Eleonorae. 581. Falconer. 704, 705. Falloppio. 703. Fantoni Pio. 625, 640. 800 Indice alfabetico del voi. IX Faraday Michael. 655. Fasciculipora Marsiglii Bl. 474, 482- 488, 510-511 n. 15. » ramosa D’Orb. 483. Faujas de Saint Fond. 618 (in nota 2), 648, 650. Fauna carbonifera. 56-70. Favre. 734. Fate. 128. Felis antiqua. 743. » catus. 700, 714, 743. » lynx. 700, 714. Fenditure riempite. 698, 715. Fenestella sp. 57. » plebeia M.’ Coy 67. n veneris Fisch. 58, 67. Ferber Joh. Jakob. 611 (in nota), 615-616 (testo e note), 617. Ferdinando IV. 576. Ferrara. 634 (in nota ’). Ferrari. 637 (testo e note), 641. Ferretto. 733, 746. Fichtelgebirge (monti del) 652. Ficula geometra Bors. 591, 599-600. Ficus carica. 580. Figuier L. 652 (in nota). Filhol R. 518, 541. Filiasi. 672. Filliti carbonifere di monte Pizzul (Gamia) 71-85. » plioceniche presso Città della Pieve. 27. n plioceniche di Piazza Nuova e M. S. Pietro presso Osimo. 109. Finardi comm. Giovanni, sindaco di Bergamo. 20, 717-718, 748. Fincati L. 628 (nota 2). Fino in Lombardia 724. Fiorano in vai Seriana. 762. Fiorelli. 663. Fiorentini comm. (Prefetto di Ber- gamo). 738-739, 748. Firenze. 643 (in nota). Fischer T. 585-586, 603. Fissar ella dorsata Monter. 38, 42. » italica Defr. 38. Fiume. 664. Flea nucleus. 581. Fleuriau de Bellevue. 621 (testo e in nota 2), 648, 650. Flora carbonifera. 71-85. Flottes Leon. 18. Flustrellaria macrostoma Reuss. 474 > 500-501, 512-513 n. 52. Flysch. 751. Folchi. 642. Fonderia Gregorini presso Lovere. 749. Fontana Liri. 470. Fontannes. 603, 604. Foraminiferi miocenici. 426-436, 747. » nel pliocene di Algeri . 597, 598. Foresti L. 19, 341-343. Fori dei litodomi. 27, 30, 121, 590. Formazioni cristalline Lombarde. 723 Fornasini C. 3, 345-347, 737 ; sua ele- zione a Consigliere. 752. Fornoni Elia. 750. Forstemann Ferdinand Carl. 661. Forsyth Major. 710 (nota 3), 711, 712 ' 713. Fortis. 389. Fournet J. 765. Fox Robert Were. 654. Fracastoro. 627 (in nota). Franchi Secondo. 669-670. Frankenstein presso Niederbeerbach (Granduc. d’Hessen) 661. Frascati. 611 (in nota), 621, 622 (in nota), 661. Frattoccbie (Le) presso Albano. 623. Fréret Nicolas. 610-611 (in nota a piedi pag.). Friganea major. 469. Friganéc nei travertini. 469-470. Frisiani Paolo. 631 (in nota a), 662, 665. Fritsche H. 635 (in nota *). Friuli. 389. 801 Indice alfabetico del voi. IX Fromond. 438, 440, 443, 452. Fuchs C. 586. Fungella multifida Manz. 483,510. Fumiina. 57. » constricta Ehrb. 58, 70. ” cylindrica Fisch. 58, 70. Fusus. 412. » etruscus Pecch. 43. » longiroster Brocc. 43. » rostratus Oliv. 43. Gr Gaas (marne di), 751. Gabbro, come equivalente di Eufotide. 742-743. Galavesa (torrente in vai d’Erve). 759. Galeodea echinophora Lin. 43, 429. Galileo Galilei. 634 (in nota 1). Gard nel bacino di Bordeaux. 604. Garda. 389. Garda (lago di), 745, 746, 747. Gargano. 359-422, 360, 361, 362, 365, 373, 376, 382, 383, 384, 392, 399, 403, 405, 406, 407-411, 416, 739. Gargnano. 746. Garibaldi. 577. Garzoni Leonardo. 630 (nota a). Gassino in Piemonte. 376, 383. Gassino (calcare di), 751. Gassendi P. 438, 443, 444. Gastaldi Bartolomeo. 515, 516, 517, 520, 523, 524, 525, 535, 556, 557, 565, 655, 663, 667, 725, 727, 745. Gastrana fragilis. 32, 34. Gatt S. 576, 582. Gatta Luigi. 586, 639 (in nota *). Gaudry. 709, 710. Gauthier ing. 684. Gavardo. 746. Gavazzeni D. Bernardino. 759, 761. Gavignano. 618, 619 (in nota 2), 648, 650, 651, 660. Gavirate (calcare maiolica). 760. Gazzaniga (Val Seriana). 748, 762. Geinitz. 82, 725. Gelidium crinale. 580. Gemmellaro Gaetano Giorgio. 3. Genova. 643 (in nota). Genzano. 622, 624. Gherardi Silvestro. 662, 662-663, 663. Giattino G. Batt. 629 (testo e nota). Gibbula Adansoni Payr. 36. Giglioli. 581. 584. Gilbert. 650, 651, 652. Gilbert Guglielmo. 630 (testo e nota1). Gilii Filip. Luigi. 632, 635 (in nota), 641. Gioli. 428. Giordano Felice. 3, 12, 637 (testo e nota M, 752. Girardat, 126-127. Giraud-Soulavie. 622 (in nota x). Girgenti. 577. Giuntini G. 438, 440, 441, 444,448- 449, 450, 451, 453, 454. Globigerina aequilateralis Brady. 591, 606. » bulloides D’Orb. 433, 434. ” » var. triloba Reuss. 433-434. » regularis D’Orb. 427. ’> triloba Reuss. 427. Gmelin Joh. George. 646. Goens. 610 (nota 1). Goldfuss August. 652, 654. Golgio. 575. Gongylus ocellatus 581. Goniochilus Fitteli Schw. 35. Gorlitz (Slesia Prussiana). 667. Goroblagodat (Urali). 654. Govi Gilberto. 669. Grailich Wilh. Jos. 661. Grammatico Nic. 635 iin nota). Granati ferriferi magnetici 647, 652- Grand’Eury. 73, 82, 83. Granito magnetico dell’Harz presso Schirke. 650. 802 Indice alfabetico del voi. IX Gkattojni ing. 684. Gregorini (fonderia presso Lovere). 764-765. Greiss Carl Bernhard. 661, 662. Gren Friedrich Albrecht Carl. 649. Grigne (gruppo montuoso delle). 724. Grondana (torrente nel Piacentino). 675. Groppallo in vai di Nure. 675. Grotta dei giganti presso Leuca. 697. » dei Romanelli o dei Benedetti. 697, 703. » del Ginepro. 699. » della Giacheira nella Liguria occidentale. 699. » delle Striare presso Spongano. 657. » di Bergegi. 120-121. ii di Cardamone in Terra d’ Otran- to. 689-716. 740. ii di Cassana. 699. ii di Chudleigh (Inghilterra).715. » di Cucigliana nei monti Pisani. 699. » di Levrange (Lombardia). 744. » di monte Cucco nei dintorni di Fabriano. 743. » di Plymouth (Inghilterra). 715. n di Trou Madame (Belgio). 715, a di Wirksworth nel Derbyshire. 698, 715. n la Zinzolosa sull 'Adriatico. 697. Grottaferrata. 611 (in nota). Grus cinerea Bechst. 581, 700, 715. Gualtieri N. 346. Guarcino. 621 (in nota *). Guardistallo. 126. Guarini Giovanni. 660-661. Guiglio nel Modenese 429. Gììmbel. 400, 402, 720. Gumbreciit (Margravio). 626-627 (in nota). Gussone. 656. Guyton de Morveau Louis. 649. H Hagiastrum cfr. egregium Riist. 142, 160, tav. IV, fig. 3. » humile n. f. 142, 160, tav. IV, fig. 4. n nobile n. f. 142, 160, tav. IV, fig. 2. » nudum n. f. 142, 161, tav. IV, fig. 6. » verbanum n. f. 142, 161, tav. IV, fig. 5. Haidberg presso Gefress nel Fichtel- gebirge. 649. Haidinger W. 661. Halimeda Tana. 580. Halimenites flexuosus 679. Halma. 649. Hamilton. 622 (in nota *). Hanley. 601. Hannay J. B. 665. Hansteen. 655. Hantken. 400 Harada. 720. Ilarpoceras Murchisonae. 181. Hartmann Giorgio. 626 (testo e in nota 2), 644. Harz. 650, 651. Hauer. 720, 723. Haììy René Juste. 648, 650, 651, 652-653. Hébert Edmond. 736. Heideberg presso Zeli. 655. Heim. 721. Ileliastraea. 412. Heliodiscusf f. ind. 141, 155, tav. II. fig. 8. Ileliosphaera echinoiditcs Pani 148. Helix acuta Miill. 90. » apicina Lamk. 90. » aspersa. Miill. 90. » candicans. 90. a canthiana Mont. 90. ii carthusiana Miill. 90. 803 Indice alfabetico del voi. IX Helix carthusianella. 90. »» conica Drap. 90. ” listata. 90. >» pisana. 90. ” profuga Schm. 90. >» subpulchella Sandbg. 29. >» variabilis. 90. Heller. 496. Helminthoida. 57. Helminthoiclea labyrinthica. 677, 744. Helminthopsis. 57. Ilemiaster. 681. Hénis. 751. Ileterostegina. 398, 401. >» sp. 415. Ilildoceras bifrons. 132. Hinks. 475, 479, 488, 489, 495. Hipericum aegyptiacum. 580. Hippopotamus maior Cuv. 24. Hirsch. 127-128. Ilirundo rustica. 581. Hokfmann. 444. Hogard. 698. Holcostephanus Groteanus. Opp. 133. Homberg. 444. Hooiberg T. 632-634 (in nota). Hopkins. 656. Ilornera frondiculata Lamx. 477, 510- 511 n. 4. >» Hyppolitus Defr. 478, 510- 511 n. 6. »> striata M. Edw. 477, 478, 510-511 n. 5. »» violacea Hinks. 479. »» sp. 479, 510-511 n. 7. HOrnes L. 600, 601, 603. « R. 516, 518, 560, 565. Hornesia Johannis-Austriae. 763. Hull. 669. Humboldt (von) Aless. 632-633 (in nota), 649, 650, 651, 652, 653, 654, 655, 661-662. IIyaena. 700, 714. « crocuta. 714. !» sp. 41. Hyopotamus. 519. Hypnaea musciformis. 580. I Idmonea disticha Goldf. 474, 478, 480, 510-511 n. 8. » fenestrata Busk. 479-480 , 510-511 n. 10. j» insidens. 479. » irregularis Mengh. 474, 479, 510-511 n. 11. » serpens Linn. 474, 479, 510- 511 n. 9. Idrografia sotterranea Veronese. 50-55. Impronte condritiformi, dovute all’a- zione chimica dei succhi escreti dalle radici delle piante, imitanti alghe fossili. 745. Impronte fisiche e fisiologiche. 349- 357, tav. IX e X. Inguersen. 650. Interlaken (strati ad orbitoidi di). 75 1. Islanda. 432. Isola Caprara (Tremiti). 396. » di Lampedusa 573-608, 739. »» »» Lampione. 574, 588*-589, 590 ( 592, 599. »» !» Linosa. 574, 577, 583, 585, 586, 589. »» Giulia, 655. Isole Kuriat. 586. » Pelagie (Lampedusa, Lampione, Linosa). 574. »» Tremiti. 359-422, 361, 406-407, 416, 739. Isoletta del Liri. 49, 424, 708. Issel A. 120, 135, 138, 474, 515, 586, 590, 605, 699, 745. J J unir a benedicta Fontann. 605. Janssen. 664. Jena. 127. 804 Indice alfabetico del voi. IX Jerwis. G. 675, 682. Juglans acuminata Al. Brami. 27. » ventricosa Sternb. 38. Julienn. 480. Julodis onopordi. 581. Jvniperus phoenica. 580. K Kahle. 127. Keller Filippo. 91, 609, 636 (nota i), 637 (testo e note 5 e '•>), 641, 664- 665, 666, 667, 668, 669, 670; let- tera di R. Meli al Keller. 609- 644. Keralio (de) Ved. Gmelin J. G. 646. Kircher Atan. 441, 613 (in nota), 628- 629 (testo e note), 631, 634 (in nota ultima), 644, 645. Klein. 469. Kobell Franz. 655. Kokscharow (de). 663. Konig. 668. Kdssen. 746. Kowalewsky. 516, 520, 524, 549, 556, 561, 565. Kreil Karl. 658. Kunze C. F. 116, 117. L Lacerta muralis. 581. Laghi Itegillo, Sabatino, Cimino e Vulsinio. 611 (in nota). Lago d’ Albano. 609,611 (in nota), 612 (in nota), 617, 622. » di Bolsena nei Yulsinii. 612-614 (in nota), 622, 652. » di Bracciano nei Sabatini. 612 (in nota). » di Nomi o Nemorense. 609, 611 (in nota), 612 (id.). » Ciminio. 653. Lagus presso Saucats (Gironda). 401. Lama Mocogno (nel Modenese). 427, 433, 434. Lamont J. 636 (in nota *), 641, 664. Lampedusa (isola di). 573-608, 739. Lang V. 661. Lanius rufus. 581. Lanuvium. 611 (in nota). Lapi Giov. Girol. 609-615. Lapislazuli nel peperino. 618 (in nota 2). Lario. 722, 725. Lartet. 708. Latera. 614 (in nota), 621. Laurencia obtusa. 580. Laveno 132-175 ; (calcare majolica di). 760. Leanti. 575. Lecce. 690, 690-691, 706. Lecco. 761. Leda commutata Phil. 101. » consanguinea Bell. 101. Lefèvre T. 737. Leffe. 738, 748; (bacino di). 762, 763. Leith Adams. 704, 709, 710. Lembulus minutus Brocc. 37. Lemery. 438, 443-444. Lenna in vai Brembana. 730. Leonhard. 623. Leopardi G. 129-130. Leotaud Vincenzo. 634 (in nota 1 e ultima). Lepidocyclina. 396. Lepulodendron. 73. Lepralia. 475. n adpressa Bush. 495, 496. » ansata. 510, 511. » anulata. Jolinst. 491. » biaperta. 510, 511. » Brongniarti Aud.? 494,510- 511 n. 38. » Cecilii Aud. 493. » ciliata. 37, 510, 511. » coccìnea. 512. » cribrilina Manz. 491, 511. Indice alfabetico del voi. IX 805 Lepralia cuculiata Busk. 493. ” decorata Reuss. 489. ” delicatula Manz. 474, 494- 495, 510-511 n. 39. » Edwardsiana. 510. » figularis. 510. » haimeseana Busk. 495. ” HaueriReuss. 490, 510, 511. ” innominata Couch. 491. ” Kirchenpaueri Hell. 496 , 512-513 n. 42. » lata Busk. 495, 512-513 n. 41. ” ligulata Manz. 494, 510-511 n. 37. » megaiota Reuss. 489. ” Peachii. 512. » pertusa Johnst. n. Esper. 486, 493, 510-511 n. 35. » pretiosa. 491. ” r urico stata. 491. ” rudis? Manz. 495,510-511 n. 40. » scripta Reuss. 491. ” venusta Eicliw. 474, 493- 494, 510-511 n. 36. » violacea. 510, 511. Lepsius. 724. Lepus. 700, 714. Lesbarritz. 751. Leuchtenberg (duca di). 663. Levicardium fragile Brocc. 37. Levrange in Lombardia (grotta di). 744, Lherzolite idratata. 177-178. Ligia italica. 581. Liguria (macigno della). 751. Liguriano (Piano) di Mayer. 751. Umax castrensis De St. 29. Lim’opsis aurita Brocc. 53. Linneo. 690. Linosa (isola di). 574, 577, 583, 585. 586, 589. Liri. 424, 469, 470, 708. Lissa. 664. Lister Mart. 438, 443, 452, 453, 457. Lithocampe Ilaeckelii Pant. 144. 171, tav. VI, fig. il. Lithochytris bipoclium n. f. 143, 167, tav. V, fig. 16. Lithodomus lithophagus Lin. 121, 591 , 602-604, tav. XXIV, fig. 1-3. » avitensis Mayer. 602, 603. » striatus Menegh. 603. Lithothamnium. 407. Livorno. 634 (in nota ultima), 643 (in nota). Locard. 603. Loezky. 707. Londra. 631 (in nota 3), 633 (in nota). Lophius piscatoria. 581. Loreto. 125, 634 (in nota ultima). Loripes lacteus Lin. 32, 33, 34, 37. L'osanna (antracoterio di) 523, 565. Lotti B. 742. Lovere. 73S; formazioni quaternarie. 747, 748, 749; relazione della gita geologica. 762-765. Loxodon. 706. Loxonema cfr. gracile De Kon. 58, 60. ” gradaturn De Kon. 58, 60. » scalaroideum Phill. 58, 60. Lubiana (torrente). 677, 678. 744. Lucerà nelle Puglie. 632 (in nota). Lucina borealis Lin. 37. ” pomum Duj. (calcare a) 426- 436, 428, 747. Lucine. 744. Ludwig. 624. Lugagnano d’Arda nel Piacentino. 343, 600, 601, 670, 676. Lugano (regione di). 725. Lunulites Androsaces All. 474, 509, 512-513 n. 67. ” umbellata Defr. 508. Lutraria rugosa Chemn. 52. » oblonga Chemn. 37. Luvini F. 460. Lyell. 672. Lyngbya maiuscola. 580. 806 Indice alfabetico del voi. IX M Maccarese (stagno di). 625. Macroplax fasciata. 581. Mactra triangola Lin. 104, 682. Magdala (Etiopia). 757. Maggio Lucio. 438, 489, 443. Magnaghi G. B. 638, 642. Magnetismo delle rocce e bibliografia relativa. 609-670. Magognano nel Viterbese. 97. Magreglio in Vallassina. 464, 467. Mail psesso Neufchàtel. 128. Maiocchi (Annali del). 657. Maiolica (calcare). 133. Maire Cristoforo. 611 613 (in nota). Maire e Boscovich. 123. Maironi da Ponte. 719, 728-729. Majella. 359-422, 360, 361, 376, 382, 401, 404-406, 412, 416, 739. Malagoli M. 426-436, 747. Malta (isola di). 592, 704, 706. Mammiferi fossili (resti di) nella grotta di M. Cucco presso Fabriano. 743. — Id. nella grotta di Cardamone. 700-716. Mammouth. 715-716. Ved. anche Ele- phas primigenius Blum. Manheim. 638 (testo e nota 3). Manno (Lugano). 85 ; (fiorala carboni- fera di). 725, 730. Mantova. 728. Mantovani P. 624. Manzini C. A. 634 (in nota *). Manzoni A. 473, 474, 475, 478, 479, 480, 484, 485, 486, 487, 488, 489, 490, 491, 495, 497, 501, 503, 505, 506. Mapello presso Pontida. 758-759. Mariani E. 724. Marigny. 127. Marinoni Canonico Luigi. 753. Markonikoff. 677. Marmore (caduta delle). 469. Marmocchi F. C. 615 (in nota). Marne vaticane. 343. Marsala (schiera gloriosa dei Mille di). 735. Martino Antonio. 629 (testo e nota). Mascheroni. 735. Massalongo. 81. Mauro. 627 (in nota). Mayer-Eymar C. 19, 600, 601, 603, 677, 750-752. Mazzetti G. 731 ; sua elezione a Con- sigliere. 752. Mazzuoli L. 3, 177-178, 742. Megalodon. 182. Megalodon (Dolomia a). 467. Melampus Serresii Tourn. 31. Melania plicatula Libas. 32, 35. » Verrii De Stef. 21-45, 32. Melanopsis Esperi Féruss. 41. » flammulata De St. 35, 41. » oomorpha De St. 35. Melfa. 424. Melfi (Basilicata). 656. Meli R. 3, 35, 343, 360, 367, 406, 609- 670, 736, 737, 739, 740, 742, 749, 757. Melloni Macedonio. 656-657, 660, 661. Melzi Gilberto. 725, 727. Membranipora angolosa Reuss. 37, 485-486, 510-511 n.21. n anulus Manz. 474, 485, 510-511 n. 19. » bifoveolata Heller. 487. » cafy?e?msBusk.487,488. ■i fenestrata Reuss. 37. 487, 510-511 n. 24. » Lacroixii Aud. 486-487. 510-511 n. 23. « platystoma Reuss. 485,. 510-511 n. 20. » retfwZmsNamias. n. sp. 487-188, tav. XV. fig. 3; 510-511 n. 25. 807 Indice alfabetico del voi. IX Membranipora tubercolata J3osc. 474, 484-485, 510-511 n. 22. Meneghini Giuseppe. 3, 4, 133, 603, 719, 720, 722. Mentone. 369, 376. Mercalli G. 585. Mercatore. 575. Merian. 720. M erica mitraeformis Brocc. 43. Meschinelli. 753. Messina. 643 (in nota). Metula mitraeformis Brocc. 597. Meyer O. E. 666, 668. Miceli (S. E. il Ministro d’Agr. Ind. e Comm.). 741. Micheli Pier Antonio. 613 (in nota). Microdoma serrilimba Phill. 58, 61. Microporella ciliata Pali. 474, 488, 510-511 n. 27. » Sturii Eeuss. 489, 510- 511 n. 28. ” trigonostoma Reuss. 489- 490, 510-511 n. 29. » violacea lohnsì. 474,488, 510-511 n. 26. Milano. 634 (in nota *), 643 (in nota). 689; Museo Civico. 744. Miliolina sp. 430, 436. » linnaeana D’Orb. 430. » valvularis Reuss. 591, 605. Ministro d’Agricoltura Ind. e Comm. (telegramma a S. E. il). 735; (te- legramma di S. E. il). 741. Mitra Bronni Bell. 43. » ebenus Lamk. 107. » fusiformis Brocc. 38. Modena (briozoi pliocenici della Pro- vincia di). 471-513, 747. Moderni P. 360, 404, 405. Modiola modiolus Lin. var. intermedia Forest. 37. Mojsisovic. 720, 724. Molinari. 134. Molon Francesco. 4; (legato). 17 ; in- teresse annuo del legato. 754 n. 8; rinvestimento del premio Molon non conferito. 755, 756; fondo del le. gato Molon. 756. Moltrasio (calcari neri selciferi di). 722. Monastir. 593. Moncalieri. 397. Monferrato. 751. Montagna C. 516, 517. Montagna di Atella nel Vulture presso Melfi. 656. Montalero. 383. Monte Albareto nel Piacentino. 675. » Albenza in Val d’Erve. 733, 758. » Baldo. 747. » Barzagbino. 465. » Belrespiro presso Osimo. 97-98, 109. » Berico nel Vicentino. 392. » Bolca. 752. » Cairo. 48. » Carbonara presso Osimo. 97-98 » Castelbaldo id. id. 97-98, 107. » Cavallo nel Bolognese. 436. » Cavo (Monte Albano). 610-611 (nota a piedi delle pagine), 617, 620, 624 (in nota 2). » Cerno presso Osimo. 96, 97, 105, 109, 122, 125. » Comero. 105, 107, 126, 130. » Conero. 93, 122-123. » Cucco (grotta di) presso Fa- briano. 743. » dei Cipressi presso Osimo. 96. » di Blagodat in Siberia. 655. » di Cramont. 648, 649. » di Soriano nei Cimini. 612-613 (in nota). » Fiorentino presso Osimo. 95. » Gennaro nei Lucani presso Roma. 665. » Germula. 83. n Gilio. 761. » Grappa. 180, 182. « Haidberg presso Gefress (Fi- clitelgebirge). 652. 52 808 Indice alfabetico del voi. IX Monte Meta. 48. n Nero nel Piacentino. 675. » Oriolo. 465. » Orsera. 465. » Palanzone. 468. >i Penna. 675. » Pizzul in Carnia. 18, 56-70, 71-85. » Postale (fauna a gasteropodi di). 752. » Ragola (Valle del Nure). 667- 668, 668, 675. » Ramazzo in Liguria. 652. » Regio (vai di Nure). 676, 677, 680, 741. n Resegone. 758, 759. » Ripaldi. 357. » Rocchetta nel Piacentino. 675. n Roccone id. id. 673. n Scudaio. 126. » Spanna nella Trebbia. 744. » S. Pietro presso Osimo. 95. n S. Primo. 463. » Torri in Toscana. 85. » Valabit. 664. Montebaranzone nel Modenese. 426, 428, 429, 430, 432, 433, 435, 436. Montefiascone. 622; lava magnetica. 652. Montemartini Clemente. 668, 668- 669, 675. Monteroni in Terra d’Otranto. 691. Monterosato. 106, 600. Montescano nell’Oltrepò pavese. 732. Montesicuro. 123, 125. Monteviale. 519. Montezago. 600, 601. Monti Euganei. 620. » Parioli presso Roma. 469. Montolieu. 398, 399. Montorfano bresciano. 732. » comense. 722. Monviso. 731. Morene. 464, 465, 466, 407. Morici P. 129. Mortillet. 723. Mortola. 369, 376. Mosca. 635 (in nota J). Mourlonia Koninckii Goldf. 63. » sp. 58, 63. Mucronella coccinea Johnst. 497, 512- 513 n. 44. » Peaclùi Jonhst. 496-497, 512-513 n. 43. Mugli cephalus. 581. Mullus barbatus. 581. Munier-Chalmas. 346, 709, 710, 716. Murchisonia abbreviata De Kon- 62. » ungulata Phill. 58, 62. » cfr. conula De Kon. 58, 62. n nana De Kon. 62. » nodosa De Kon. 62-63. » sp. ind. 62-63. Murex brandaris Lin. 581. » Pecchiolianus D’Anc. 32, 34. » rudis Bors. 32. » Swainsoni. 493. » truncatulus Forest. 32. n trunculus Lin. 32, 106. Mus. 700, 714. » musculus. 581. » rattus. 581. Muschelkalk. 764. Musschenbroek (van) P. 627-628 (in nota), 631 (in nota 3), 632 (in nota). Mutilla arenaria. 581. Mylius. 538. Myoconcha Curionii. 763. » lombardica. 763. Myophoria Kefersteini. 763. » Whateleyae. 763. Myriozoon punctatum Phil. 501. » truncatum Pali. 474, 501, 512-513 n. 54. Mytilus pictus Borii. 598. 809 Indice alfabetico del voi. IX N Namias I. 471-513, 747. Napoli (spiaggia di) 616 (in nota), 634 (in nota ultima), 647. Nas.a clathrata Lin. 32, 38, 42. » gigantula Bon. 43. » italica May. 43. » mutabilis Lin. 32, 106. •' Olivii Bell. 43. » prysmatica Brocc. 32, 43. » reticulata Lin. 32, 38. » semistriata Brocc. 32, 42, 43, 96, 106. » tumida Eichw. 32, 34. ii turbinella Brocc. 43. Nassfeld. 83, 84, 85. Nathorst. 35L Natica. 412, 591, 596, 597. n helicina Brocc. 32, 42, 43. ii Josephinia. 682. » macilenta Phil. 106. » millepunctata Lk. 32, 34, 96, 106, 597. n olla 581. Naticopsis sp. n. 58, 60. Naumann Edward. 669. Nautilus obliquatus Baiseli. 345-347. Tav. Vili. Negri Arturo. 720, 753. Negri Gaetano. 725. Nematurella Meneghiniana De St. 31, 33, 34, 36. n ovata Bronn. 31, 35. Nembro in Val Seriana. 762. Nemertilites miocenica. 680. n Strozzi Menegli. 349, 353, 354, 356, 739. Nemertiliti. 744. Nera. 470. Neritina Pantavelli De St. 35, 4L n Sena Cantr. 35. Nery Delgado J. Phil. 737. Nettuno 624 (in nota 2). Neufcliatel 127. Neuropteris auriculala Brongn. 77, 83. 85. ” flexuosa Brongn. 77, 83. Neverita Josephinia Risso. 42. Neviani A. 3, 752. Newton. 444. Nibbiano. 744. Niceron Francesco. 629 (testo e nota). Nicholson William. 649. Nicolis (de) E. 18, 50-55, 752; sua elezione a Consigliere. 752. Nicolucci. 708. Nischne-Tagilsk (Urali). 654. Niso eburnea Risso. 38. Nizza (strati ad orbitoidi). 751. Nobile Antonio. 660. Nodosaria obliquata Batsch. 346. n raphanistrum var. oblique- striata Silvestr. 346. a subtertenuata Schw. 432. n sp. 432, 436. Noduli a radiolarie nel calcare majo- lica. 760. Nollet J. Ant. 646-647. Novoli, in Terra d’Otranto. 692. Nucula nucleus Lin. 101. n piacentina Lk. 37, 43, 100- 101, 597. Numana. 130. Nummulites. 427. n anomala Do la H. 376-378, 413, 416, tav. XI, fig. 25-26. a biarritzensis D’Arch. 366, 406, 413, 416, 677. » Boucheri. 383. n Brongniarti D’Arch. et H. 371, 384-387, 190, 391-392, 394, 395. 414, 416, tav. XIII, fig. 1-3. tav. XIV, fig. 44-47. n Carpenteri D’Arch. et H. 384. 810 Indice alfabetico del voi. IX Nummulites complanata Lk. 361, 371, 375, 406, 413, 416. n curvispira. 365, 379. » Defrancei. 389. n densispira Teli. 370, 374- 375, 413, tav. XI, fig. 16-19. n discor bina Schloth. 365, 375, 406, 413, 416, tav. XIV, fig. 20, 28. » distans Desh. 361, 362, 363, 364, 375,413, 416. » Fiditeli 381, 383, 395, 751. » n var. a. 833. » n var. problematica Teli. 383. n garganica Teli. 381, 382, 414, tav. XII, fig. 5; tav. XIV, fig. 4, 5. n gizehensis Ehr. 366, 371, 405, 416. » n var. Igeili D’Arch. et H. 365, 413, tav. XIV, fig. 48. » Guettardi D’Arch. 369, 375, 377,406,413, 416, tav. XI, fig. 21, 22. » intermedia. 395, 751. n irregularis Desh. 362 , 363, 364, 367,413, 416. » » var. depressa La Harp. 362. » italica Teli. 380, 388-390, 391, 394, 414, tav. XII, fig. 12-14, tav. XIV, fig. 41. >? » var .japygia Teli. 391, 414, tav. XII, fig. 15, tav. XIV, fig. 22, 38, 39. » Kauf marni May. 362,363, 364, 375, 413, tav. XI fig. 1. » laevigata Lamk. 379, 337- 388, 389, 395, 416. Nummulites laevigata var. astyla Teli. 388, 414, tav.XII, fig. 16. » » var. scabra Lk. 380, 387-388, 391, 414, tav. XIV, fig. 37. n Lamarcki D'Arch. et H . 412. » latispira Meligli. 364, 370, 373, 375, 413, tav. XI, fig. 13-15. » lucasana Defr. 379, 380, 381-382, 406,414, 416, tav. XII, fig. 6, tav. XIV, fig. 35 e 36. » n var. granulata De la H. 379, 380, 381, 382, 414, tav. XII, fig. 8-9, tav. XIV, fig. 46-18. » r var. Meneghini D’Arch. et H. 382, 414, tav. XII, fig. 7. » » var. obsoleta De la H. 381. » Melii Teli. 366-367, 375, 376, 380, 405, 413, tav. XI, fig. 2, 3; tav. XIV, fig. 21. » miocontorta Teli. 367. » Molli D’Are. 391-393,414. 416, tav. XIII, fig. 5 : tav. XIV, fig. 11-12. » » var. Verbeeki Teli. 393- 394, 414, tav. XIII, fig. 6; tav. XIV, fig. 9-10. » Montis-Fractis Kaufm. 368-370, 376, 377, 412, tav. XI, fig. 5-7. » Murchisoni C. Brunii. 364 413. » » var. minor De la Harp. 416. » obtusa J. de C. Sow. 365. 371, 413. « oenotria Teli. 380, 414. tav. XII, fig. 4. Indice alfabetico del voi. IX 811 Xummulites Orsinii Mengh. 370, 374, Nummulites variolaria Sow. 375, 378, 375. 413, 416, tav. XI, fig. 11 perforata D’Orb. 371, 378, 23-24. 384, 385, 386, 406, 413, » Vicary i. 371 tav. XIV, fi g. 51. Nummulitidi 359-422. 11 » var. aturensis D’Arcli. Nure 672, 673, 676, 677, 678, 679, et H. 378, 414, tav. XIV, fig. 49, 50. 680, 681, 744. Y1 » var. granulat a Teli. 379- 380,381, 414, tav. Xn. fig. 2, 3 e tav. XIV, 0 fig. 42, 43. Oasi Gharah presso Bir el Gathara 11 » var. Renevieri De la (Egitto). 392. H. 378, 382, 413, tav. Oblogia. 677. xn, fig. ì. Odontopteris. 82. 11 » var. subglobosa De la a Brardi. 78. H. 378, 414. » Reichiana Guth. 78, 83, 11 Pironai Teli. 367-368, 84. 375, 413, tav. XI, fig. 4. Oesterreicheu. 664. H planulata. 367. Ofiolite. 744. 11 Ramondi Defr. 366, 413, Oldham R. D. 737. 416. Olea oleaster. 580. 11 Rovasendai Teli. 367. Olivi. 438, 444, 446, 449. 11 Riitimeyeri De la Harp. Omboni G. 12, 719, 721, 723; sua ele- 367, 368. zione a Vice-presidente. 752. 11 scabra Lamk. 387, 391. Operculina 410. 17 subbrongniarti. 392. » ammonea Leym. 400, 415, n subdiscorbina De la Harp. 416, tav. XII, fig. 23-24. 375, 378, 406, 413, 416, » arabica Carter. 401. tav. XIV, fig. 6-8. « Boissy. 400. li subgarganica Teli. 382- » canalifera D’Afeli. 397, 383,’ 414, tav. XII, fig. 415. 10, 11, tav. XIV, fig. 1-3. » complanata Brady. 401. n subir regularis De la H. n complanata Defr. 397,400. 412. ' » diomedea Teli. 401, 415, n subitalica Teli. 394, 414, tav. XII fig. 17-18. tav. XIII, fig. 4; tav. » cfr. libyca Scliwag. 397, XIV, fig. 13-15. 398, 415, tav. XIH , ii submelii Teli. 375, 413, fig. 17. tav. XI, fig. 20. » subcanalifera Teli. 397. il Tchihatchelfi D’Arch. et » subcomplanata Teli. 397, H. 370-372, 373, 375, 400-101, 415, 416. 406, 413, 416, tav. XI, » subthouini Teli. 397, 399, fig. 8-12 e tav. XIV, 415, 416, tav. XI Vr, fig. fig. 19, 25, 26. 20-22. 812 Indice alfabetico del voi. IX Operculina Terrigii Teli. 897, 399, 415, tav. XIH, fig. 19, n Thouini D’Orb. 397, 398, 415, 416, tav. XHT, fig. 18. Ophicardelus Achiardii De St. 31. Oppelia trachynota Opp. 133. Opuntia ficus-indica. 580. Orbitoides. 398. » ephippium Schloth. 402, 415. n Fortisi DArch. 402, 415, 416. n ^«^yraceaBoubée.402,415. 416, 751. n tenella Giirnbel. 402, 415. Orbitolites. 403. Orbulina. 436. n universa D’Orb. 427, 434. Oriolo. 614 (in nota). Ortkis crenistria Phill. 57, 65. Orthoceras calamus De Kon. 58, 59. n sp. 57, 58, 60. Orvieto 43, 44. Osimo 122 ; (pliocene dei dintorni d’). 19, 89-110. Os penis di Canis. 714. Ostrea borealis Lk. 38. » coarctata. 595. » cochlear Lin. 597. » ’ » Poli, var. navicularis Brocc. 42. » edulis Lin. 99. » » var. lamellosa Brocc. 597, 598. n foliosa. 593. n lamellosa Brocc. 38, 93, 96, 98, 99, 581, 595. » striata. 595. » sp. 99. » sp. 591. Otoliti. 43. Otozamites. 132. Otranto. 643 (in nota). « (terra d’). 689-716. Ovifak (nel Groenland). 665. Owen. 705. P Pacentro. 405. Pacini Candelo M. 515, 542, 737. Paderno. 722. Padina pavonia. 580. Padova 643 (in nota); rocce magneti- che del Padovano. 648. Paglia Enrico. 723, 728. Paladini Niccolò. 692. Palazzolo. 749, 765. Palermo. 643 (in nota). Pallavicini March. Andrea. 542. Palmieri Adone. 619 (in nota 2). Palmieri Luigi. 659, 660, 660-661. Panopaea glycimeris Born. 36, 38. Pantanelli D. 3, 19, 35, 139, 167, 435, 474, 507, 603, 605, 679 681, 731, 736. 752, 753, 757. Pantano (Reggio-Emilia). 426-436, 747. Pantellaria. 474, 577. Paratico sul lago di Povere. 749, 765. Pareto. 614 (in nota), 672. Parigi, 631-632 (in nota 3), 643 (in nota), Parmena pubescens var. algerina. 581. Parona C. F. 3, 18, 19, 56-70, 71, 72, 132-175, 472, 574, 720, 722, 724, 730, 736, 737, 740, 758, 763. Parre. 764. Patella ferruginea. 581. Pavia, 727. Pecopteris. 82. n arborescens Brongn. 76, 78, 79, 83, 85. n cyathea Brongn. 79, 85. » Jàgeri. 84. » lepidorrachis Brongn. 79, 85. » Miltoni Brongn. 80, 83. » nervosa. 84. » neur optar oides. 80. 813 Indice alfabetico del voi. IX Pecopteris oreopteridia Brogn. 79 , 83, 85. ” ovata. 83. 84. » pinnaeformis. 84. ” platirachis Brongn. 79. ” Pluckeneti Schloth. 80, 84. ” polimorpha Brongn. 80, 83, 85. » unita. 84, 85. Pecten 429. » aduncus Eichw. 605. » cristatus Bronn. 597, 598. ” dubius Brocc. 37. ” duodecim - lamellatus Bronn. 681, 744. » filosus. 763. » flabelliformis. Brocc. 28, 42. » flexuosus Poli. 37, 38, 598. » histrix Dod. 43. » inflexus Poli. 37, 38. » Jacobaeus. Lin. 598. n Lampedusae n. sp. 591, 604- 605, tav. XXIV, fig. 4-5. » maximum Linn. 99. 598. » opercularis Lin. 38, 97, 98, 100, 597, 598. ” plebeius Lk. 100. » polymorphus Bronn. 595, 598. n pusio Lin. 43, 581, 597. » scabrellus Lamk. 598, 682. n septemradiatus Muli. 100. » varius Lin. 37, 38, 597, 598. Pectunculus glycimeris Lin. 37, 682. » pilosus Lin. 38. » violaceus. 593. » violacescens. 596. Pelagius monachus. 581. Pelamys sarda. 581. Pellati Niccolò. 3, 753. Penck. 734. Pensa Giosuè. 682. Perard L. 666. Peridoto idratato nelle eruzioni di serpentina. 178. Peringia simplex Fuchs. 29. Periploca augustifolia. 580. Perledo. 730. Perry. 637, 641. Perseo Francesco. 629 (testo e nota), 630. Persona tortuosa Bors. 43. Pescara. 470. Petricola lithophaga. 591, 601. Petrini G. Vinc. 617, 618-619 (note 1 e 2), 648, 651. Petrolio (sua origine più probabile pel giacimento di Val di Nure). 677. Pfeiffer. 127. Phalacrocora graculus. 581. Phanerostomum asperum Ehrenb. 606. Phillips John. 660. Phillipsia cfr. Derbiensis Mart. 58, 59. Pholas striata Menegh. 603. Phymatifer cellensis De Kon. 58,61. » tuberosus De Kon. 58, 61. Piacenza (studi geologici sulla pro- vincia). 671-687, 744 ; briozoi plio- cenici. 747. Pianciani G. Batt. 631, 635 (testo e nota 2), 639, 641, 655, 656. Pianico (deposito lacustre glaciale di). 764. Piccolo S. Bernardo. 84. Picris. 579. Pictet. 649, 672. Piemonte (fossili terziari del). 185-340. Pìeris daplidice. 581. Pietra Parcellara (Trebbia). 744. Pietratagliata. 84. Pietro di Maricourt, detto il Pere- grino. 626-627 (in nota), 632-634 (id.). Pini Ermenegildo. 614 (in nota), 622, 634 (in nota J). Pinna nobilis Lin. 100. Pinus Haidingeri (strobili). 28. » pinaster. 580. » sylvestris. Lin. 108. Pirona G. A. 71, 368. Pistacia lentiscus. 580. Indice alfabetico del voi. IX Porodiscus cretaceus Riist. 141, 155, tav. II, fig. 16. 814 Planorbis loxostoma De St. 29. » Perv'zzi De St. 29. Platicrinus sp. 58, 68. Platydactylus mauritanus. 581. Pleonosporium Borreri. 580. Pleurotoma brevis Bell. 44. » gracile Pilli. 107. » monilis Brocc. 43. » rotata Brocc. 43. » turricula Brocc. 43. Plinio. 451, 575, 670. Plììcker Julius. 658, 659, 660, 661. Plymouth in Inghilterra. 715. Po, trivellazioni eseguite sulle sponde. 686-687 ; molare d’elefante rinve- nuto nelle alluvioni del Po. 707, 708. Podocapsa bipoda n. f. 143, 165, tav. V, fig. 10. » Gùmbeli Riist. 165. » Pantanellii n. f. 143, 164. tav. V, fig. 8. » stella n. f. 143, 165, tav. V, fig. 9. Polì, nel circondario di Fresinone. 651. Poggendorff J. C. 626 (in nota), 653, 654, 662. Polymorphina lanceolata Reuss. 591. 606. Polystomella 436. » crispa Lin. 435, 591, 598, 607-608. » striato-puntata Ficht. et Moli. 591, 608. Pomel M. 593-594, 595. Pomo (scoglio nell’Adriatico). 664. Pontecorvo. 49, 424. Ponte della Selva. 763. » di Nozza. 748, 763. » S. Pietro in vai Brembana. 758. Pontida. 759. Ponzi G. 343, 624. Popoli (gola di). 470. Porfido anfibolico in valle di Gandino. 762. Porta Giambattista. 438, 440, 443, 627 (in nota). Porto di Civitanova. 130.. Possagno 134. Potamides tricinctum Brocc. 31,33,36. Potentia presso Recanati. 130. Poteriocrinus sp. 57, 58, 68. Pouillet. 643 (in nota). Pozzi nella bassa pianura veronese. 50-55. Pozzo Santullo presso Collepardo. 621 (in nota 2). Pozzuoli. 616 (in nota), 618. Pralingér in Val d’Erve. 759, 761. Presidenti della Società Geologica Ita- liana dal 1881 al 1890. 3. Presolana. 730 ; suo ghiacciaio. 764. Prestwich J. 693. Prevost. 138. Priabona. 383, 396. Procaccini Ricci Vito. 95, 97, 614 (in nota), 652, 653. Productus Flemingi Sow. 58, 65. » giganteus Mart. 57, 66. n punctutus Mart. 57, 58, 66. » semireticulatus Mart. 57, 58, 66. » sp. 72. Protoschizodus sp. 57, 64. Pseudo-nemertiliti. 356. Ptychomphalus sp. 58, 63. » bicrenulatus De Ivon. 63. Pubblicazioni inviate in omaggio. 14- 15, 736-738. Pubblicazioni ricevute in cambio. 15- 16, 17. Puglia. 703. » Leccese (pianura della). 699. Pu/fìnus anglorum. 581. » Kuhli 581. Pustulopora. 480, 481. » anomala Reuss. 481. 510. Indice alfabetico del voi. IX 815 Q Quaternario della Yallassina e Alta Brianza. 463-468. Quercy (fosforiti di). 518 ; grosse spe- cie di Anthracotherium. 520, 541, 561. Quetelet Ad. 636 (in nota *), 654-655. Quinqueloculina Josephina Costa 431. R Radicofani. 613 (in nota), 616 (id.). Radiolarie giuresi. 132-175. Ragazzi Vincenzo. 736, 757. Ragazzoni G. 719,720,721,728,745. Roga antiqua Agass. 38. Raphitoma attenuata Mont. 107. » harpula Brocc. 42. ” tenuicosta Brugn. 42. » vulpecula Brocc. 42. Raspe R. E. 616 (in nota). Rath (vom) G. 624. Recanati. 90-91, 122, 124, 125, 126, 128-131. Reich Ferdinand. 658-659. Renault. 73. Renevier. 134. Renouf E. 677. Retepora cellulosa Lamk. 37, 474, 501, 512-513 n. 53. Reuss. 473, 478, 503, 506. Rhabdocarpus Candolleanus. 84. Rhinoceros leptorinus Cuv. 41. » megarliinus De Christ. 700, 710. Rhopalastrum ? dìiatatum Rust. 159. » spinosum n. f. 142, 159, tav. Ili, fig. 51. n cfr. tenebra Riist. 142, 159, tav. Ili, fig. 13. r> f. ind. 142, 159, tav. Ili, fig. 12. Rhopalastrum ? f. ind. 142, 159, tav. Ili, fig. 14. Rhynchonella. 412. » pleurodon Phill. 58, 64. Ricci Vittore. 639 (in nota 2). Riccioli G. Batt. 628, 629 (testo e nota). Riccioli Giuseppe. 623. Riccy Gio. Ant. 612 (in nota). Bichtofen. 725. Rieti. 469. Ringicula buccinea Brocc. 38, 42, 43. » Brocchii Seg. 43. Riso (torrente in Val Seriana). 763. Riviera Benacense. 746. Rocca di Offagna (Osimo). 123. » d’Olgisio. 672, 680, 744. » di Papa (Lazio). 687. Rocca-Massima. 619 (in nota 2). Roccasecca. 49, 424. Rocce magnetiche nei dintorni di Ro- ma (notizie bibliografiche, e bi- bliografia sulle), 609-670. Rodano (molari elefantini della valle del). 708. Rogno (vailetta del). 748. Rolland G. 594. Rolle. 723, 725. Roma (rocce magnetiche dei dintorni di). 609-644. Romer. 671. Romme Charles. 647. Ronald Francis. 666. Ronca. 389, 392, 752. Roncalli Alessandro. 736. Ronciglione. 624. Rondelle 625. Roscillo (valle di), presso Gavignano (o meglio di Rossilli). 618 (testo e no- ta 2), 619 (id.), 620, 648, 650, 651, 652, 653, 659, 660, 662. Rossilli — Ved. Roscillo. Rossino in Val d’Erve. 740. Rostellaria. 412. Rota dott. 758, 760. Indice alfabetico del voi. IX 816 Rotalia. 436. » Beccar i Lin. 427, 434. » calcar D’Orb. 591, 607. » papillosa ? Brady. 591, 607. Rotularia spirulaea Lamk. 410, 412. Rovegno in Val di Trebbia. 137. Rììcker A. W. 669. Russo Samuele, Tommaso e Giosuè di Novoli (Terra d’Otranto), 692. Rust. 136, 137, 139, 144, 145. Rììtimeyer. 523, 565. S Sabbatini. 672. Sabbie magnetiche. 91. Sacco F. 19, 57, 72, 81, 128, 185-340. 680, 733, 737, 751, 752. Saint Claire Deville. 677. Salicornaria farcimvioides Johnst. 474, 483, 484, 510- 511 n. 16. » mutinensis Namias. 484, 510-511 n. 17, tav. XV, fi £. 2. Salò. 746. San Leo. 123. San Marino. 123. San Rufillo presso Bologna. 345. Sansoni Ferd. 727. S. Alessandro d’ Ischia. 431. S. Colombano. 675, 681, 722, 733. S. Elpidio. 130. S. Giorgio Cremano presso Napoli. 647. S. Giovanni Barione. 752. Santorino (isola di) 664. Sanvisente. 575, 577. Sargassum linifolium. 580. Sargus vulgaris. 581. Sassuolo nel Modenese. 482, 483. Saturnalis fossilis n. f. 140, 150, tav. I, fig. 15. Savena (torrente) presso Bologna. 342. Savi Paolo. 656, 699. Savona. 515, 516. Scacchi A. 618 (in nota 2), 634 (in nota l), 659. 659-660, 660-661. Scaccia. 642. Scalaria communis Lk. 38, 43. » commutata Brocc. 597. » pseudoscalaris Brocc. 597. » subulata J. Sow. 105. Scarabelli G. 3, 12, 349-357, 731, 739, 753. Scarella G. Batt. 635 (in nota). Schio. 401. Schirke sulle rive del Baremberg (Harz) 650, 651, Schizaster Scillae Des Moul. 37. Schizoporella ansata. 492. » biaperta Michlin. 492- 493, 510-511, n. 34. * Educar dsianaBusk. 474, 492, 510-511 n. 33. » spinifera. 492. » unicornis Johnst. 474, 491-492, 510-511 n. 32. Schizostoma catillus Mart. 58, 60. Schlumberger. 346. Schneider. 654. Schòmberg (strati ad orbitoidi). 751. Schwager. 398, 399, 403, 432. Sciacca. 474. Scioa. 757. Scrobicularia alba Wood. 38. Scrope P. 460, 585. Scyllarus arctus. 581. Secchi A. 624 (testo e nota 2), 635 (testo e nota3), 636 (testo e note U3), 637 (testo e note), 639 (testo e no- ta i), 641. Secco A. (commemorazione fatta dal Presidente Taramelli). 18, 179- 183. Seebeck Thomas Johann. 653-654, 654. Segni. 618, 619 (testo e in nota 2), 620, 651, 660. Seguenza G. 343. Indice alfabetico del voi. IX 817 Sella Quintino. 4, 727. Semapteris Carintica. 84. ” tessellata. 84. Seneca. 441. Sepia Berti Forest. 19, 341-343, tav. VII. » Isseli Bell. 343. » Michelotti Gast. 341. » cfr. ofjicinalis Lin. 343. » verrucosa Bell. 341-342. Serio (valle del). 762. Ved. anche: Val Seriana. Seriola. 579. Serizzo-ghiandone. 465. Serpentina (opinione sull’origine della). 177-178. Serpula sp. 107. Serranus gigas. 581. Serre Corsin. 542. Sestriano (Sottopiano del De Rouville). 751 (nota). Sethocapsa aculeata n. f. 143, 165, tav. V, fig. 11. n ? Catharinae n. f. 143, 166, tav. V, fig. 14. » cfr. cometa Pant. 143, 166, tav. V, fig. 13. » spinosa n. f. 143, 166, tav. V, fig. 12. Sethocorys cepa Riist. 143, 165, tav. IV, fig. 13. Sette Comuni 180, 182. Siberia (molari di Mammouth). 707. Sidot. 664. Sigero de Faucaucourt. 632 (in nota). Sigillarla. 82. Silvestri Orazio. 346, 736. Siphodentalium triquetrum Lin. 43. Sirmione. 747. Sirolo. 130. Sirone (ippuriti di). 759. Sitones linear is. 581. Slesia superiore. 652. Smith L. 665. Smitt. 475. Soci clic scusano l’assenza alle Adu- nanze. 13, 736. » defunti. 18, 736. ” nuovi, proposti nell’Adunanza di Pavia, 16; proposti nell’Adu- nanza di Bergamo. 736, 742, 753. n ordinari della Soc. Geolog. Ita- liana per l’anno 1890. 5-11. » perpetui della Soc. Geolog. Ita- liana. 4. » presenti all’Adunanza generale in Bergamo. 717 (seduta del 9 set- tembre); 741 (seduta del 10 settembre); 750 (seduta del 14 settembre) ; presenti all’ Adu- nanza iemale di Pavia. 13. » radiati per morosità. 17. Solagna di Bassano. 134. Solarium moniliferum Bronn. 43. Solaro nel piacentino. 675. Sold ani A. 389, 457. Soldania mytiloides (Brocc.). 37. SolecurtUs coarctatus. 104 » strigilatus. 581. Solen. 596. » vagina Lin. 32. Sollevamento lento della costa Adria- tica presso Osimo. 109. Solutrè (cavallo di). 712-713, 716. Soncris. 579. Songavazzo. 730, 764. Sora. 424. Sordei.li. 469, 720, 724, 725. Sorgenti minerali dell’Aspio. 111-118. Spada-Medici L. 618 (in nota 2). Spadoni P. 621 (testo e in nota 2), 651, Spallanzani L. 460. Speciale S. 586-587. Spezia (strati corrispondenti a quelli di Carenno). 760. Sphaerium bullatum De St. 29. Sphaerodus. 385. Sphaerozoum sp. 140, 146, tav. I, fig 1. Sphenophyllum emarginatum Brongt 72-73, 84, 85. 818 India alfabetico del voi. IX Sphenophyllum Schlotheimii Brongt. 73. Sphenopteris obtusiloba Brongn. 75, 83, 84. ' Spinetti G. 642. Spirifer bisulcatus Sow. 58, 65. » striatus Mart. 58, 64. Spirillina vivipara Elirenb. 59 1 , 606. Spluga. 722. Spoleto. 642. Spondylus crassicosta Lk. 42. » gaederopus Lin. 38. Spongaster horridus n. f. 142, 162, tav. V, fig. 1. Spongia officinalis. 584. Spongiechinus. 153. Spongiomma cfr. multiaculeatum Du- nik. 141. 153, tav. I, fig. 17. Spoiigolonche inaequispinata n. f. 142, 161, tav. IV, fig. 7. Spongostaurus magni ficus Eiist. 162. » mirabilis n. f 142, 162, tav. IV, fig. 11. Spongotripus bicornis n. f. 142, 162, tav. IV, fig. 9. n minutus n. f. 142, 162, tav. IV, fig. 10. » paupcr Riist. 142, 161, tav. IV, fig. 8. Spongurus longaevus n. f. 141, 154, tav. Ili, fig. 2. Spreafico. 720, 725. Spyrìdia filamentosa. 580. Squalus glaucus. 581. Squinabol S. 515-571, 737, 744-745, 752. Stache. 71, 83, 723, 727. Stagno (Appennino Bolognese). 436. Stato patrimoniale della Società. 756 (nota 3). Statuti A. 3, 753. Staurolonchulium Molinarii n. f. 140, 152, tav. II, fig. 7. n robustum'RùstAAO, 1 52, tav. II, fig. 6. Staurosphaera aspera n. f. 140, 151, tav. II, fig. 3. a crassa Dunik. 151. n micropora n. f. 140, 151, tav. II, fig. 2. r reticulata. n. f. 140, 151, tav. II, fig. 1. » septemporata n. f. 140, 151, tav. II, fig. 4, 5. Steinmann. 137. Stella Augusto. 736. Stelvio. 723. Stenogyra decollata Lin. 91. Stephanoceras acanthicum. 182. Stephanophyllia. 597. Sterry-Hunt. 729. Stichocapsa globosa n. f. 144, 171, tav. VI, fig. 12. » obesa n. f. 144, 171, tav. VI, fig. 13. » verbana n. f. 144, 171, tav. VI, fig. 14. n sp. (cfr. St.Grothii Riist). 144,172, tav. V, fig. 20. Stichophormis multicostata Zitt. 143, 169, tav. V, fig. 19. Stomatopora maior John. 474, 476, 510-511 n. 2. Stoppani A. 3, 126, 134, 460, 469, 574, ‘ 689, 691, 719, 720, 721, 721, 721- 723, 724, 728, 730, 733, 735,761. Strabone. 449, 451, 575. Strix. 700, 711. Strobel. P. 602. Stroiiual. 666. Strììver G. 618 (in nota 2), 624, 753. Studer B. 719, 752. Stukeley. 447. Stur. 71, 73, 83. Sturnus vulgaris. 581. Stylatractus spinosus Riist. 154. » n. f. 141, 153, tav. III. fig. 1. Stylodictya cfr. longispinosa Riist. 141, 156, tav. Ili, fig. 3 e 4. 819 Indice alfabetico del voi. IX Stylopora. 411. Stylosphaera lanceola n. f. 140, 150, tav. I, fig. 19. ” resistens Rust. 150. ” f. ind. 140. Suello. 759. Suess. 721, 723, 725. Sulmona. 406. Superga (collina di). 751. Surcula dimidiata Brocc. 42, 43. Suretta-gneiss. 727. Sylvia rii fa. 581. Syndosmya alba Wood. 104. (Yed. an- che: Scrobicularia alba. 38). Syringodendron. 85. Syringopora sp. 69. ” distan-s De Kon. 69. “ geniculata De Kon. 69. » ramulosa De Kon. 69. » reticulata Goldfs. 69. T 'fabiano nel Modenese. 600. Tacchini Pietro. 667-668. Tacito. 451. Taenidium. 57. Taisnier Giovanni. 630. Taonurus. 81. Tapes Basterotii May. 32, 34. » decussata Lin. 32. » senescens Dod. 32, 34. Taphrhelminthopsis auricularis Sac- co. 351. Taramelli T. 3, 13-20, 56, 59, 71, .132, 133, 179-183, 469, 574, 590, 667, 672, 675, 677, 682, 717, 717-735, 736, 740, 741, 742, 744, 748, 757; suo discorso alla Seduta inaugurale di Bergamo, 718-735. Taranto. 474, 487, 491. Targioni-Tozzetti Giovanni. 613-614 (in nota). Tasche H. 661. Tasso Torquato. 735. Tellina compressa Brocc. 597. ” distorta Poli. 103. » donacina Lin. 39. » striatella Brocc. 103. ” stricta Brocc. 103. » subcarinata Brocc. 103. Tellini A. 359-422, 739. Tempio di Serapide presso Pozzuoli. 120. Tenore. 656. Teoria idropneumatica sui terremoti. 457. Teorie sismochimiche (appunti storici sulle). 437-455, 457. Terebellum. 412. Tercbra fuscata. 488. Tei'ebratula ampulla Brocc. 38. » Regnolii Menegh. 37, 42. » Rotzoana. 181. Terni. 35, 469, 470, 742. Terremoti. 45 ; (teorie sui). 437-462 ; (fenomeni elettrici e magnetici). 86- 88; terremoto di Riobamba. 461. Terreni scistoso-eristallini. 729. Terreno glaciale. 723-724. Terrigi G. 399. Tervia. 480. Terzi Lana Francesco. 634 (in nota *). Testudo graeca. 581. Textularia. 427, 436. n gramen D’Orb. 431. Thalassochelis corticata. 581. Thalén Robert. 665. Theobai.d. 723, 725. Thecosphaera novemradiatan. f. 140, 149, tav. I, fig. 11. Theocapsa obesa Rust. 168. » sacculus n. f. 143, 169, tav. V, fig. 18. » uterculus n. f. 143, 168, tav. Y, fig. 17. Theosyringium Amaliae Pant. 143, 167, tav. YI, fig. 2. v helveticum Rust 168. 820 Indice alfabetico del voi. IX Theosyringium larva n. f. 143, 168. Trestour Senes L. Antonio. 625, 641, 642-643. tav. VI, fig. 1. n lombardicum n. f. 143, 168, tav. VI, fig. 3. Thévenot Melchisedech. 632-633 (in nota). Thorpe T. E. 669. Tichiena. 621 (testo e in nota2), 651. Tidone (nel Piacentino). 674, 682. Tinoporus. 427. Tirolo meridionale. 725. 'Pitonico bianco. 133. Tittoni T. 3, 741, 753, 754-755,757. Tivoli. 470. Toldo G. 671-687, 744. Tolta 614 (in nota). Tolomeo. 575 Tom masi A. 56, 59, 71, 72. 720,724; sua relazione delle gite in Val Se- riana ed a Povere. 762-765. Tonale, 726. Tonalite. 730. Torinia fallaciosa Tib. 43. Torino (collina di). 389, 401. r> (irregolarità magnetiche nei dintorni). 655, 663, 667. » (Museo dell’Acc. delle scienze). 707. Tor S. Lorenzo sul littorale d’Anzio. 624 (in nota 2). Torre della Maina nel Modenese. 681. Torre Tre Ponti presso le Paludi Pon- tine. 636 (in nota J). Torremuzza. 575. Trabucco G. 573-608, 587, 673, 680, 739. Trachyceras aonoides. 763. Trasimeno, 44, 45, 642. Trebbia 674, 675, 676, 678, 679, 680, 682, 683, 686 ; trivellazioni ese- guite sotto il letto della Trebbia. 684-685. Tremiti (isole). 359-422, 376. Trescorre (Bergamo). 135, 759. Tre Signori (gruppo dei). 727. Trdspots (Biarritz). 751. Triactis curvispina n. f. 141, 155, tav. II, fig. 13. » Rùstii n. f. 141, 155, tav. II, fig. 12. Triforis perversimi Lin. 38. Triglia corvu-s. 581. Trigonocycla trigonum Eiist. 141, 155, tav. II, fig. 15. Triloculina linnaeana D’Orb. 431. Triton apenninicum Sasso. 42. Trivia europaea Montg. 38. Trochus fragaroides Phil. 588, 591. Trottarelli G. 111-118. Truncatulina Ungeriana D’Orb. 591, 598, 607. Tryonix. 517. Tubipora. 411. Tubulipora fimbriata Lamx. 476. » flabellaris Fabr. 474, 476, 477, 510-511 n. 3. Tuccimei G. 3, 40, 753. Tunisia. 593, 594, 595, 596, 600. Turbina ? cfr. minima De Kon. 61. » sp. 58, 61. Turbinolopsis cfr. incospicuus De Kon. 61. » sp. 58, 61. Turbo rugosus Lin. 42, 43. Turpin. 136. Turritella aspera Sism. 597. » subangulata Brocc. 42, 43, 591, 597, 600. » tornata Brocc. 38. » tricarinata Brocc. 38, 96, 105. Tusculum. 612 (in nota). Typhis fistulosus Brocc. 42, 43. » horridus Brocc. 43. U Ufficio di Presidenza della Soc. Geolog. Italiana per Panno 1890. 3. S21 Indice alfabetico del voi. IX Ulva lactuca. 580. Umbria (Valle dell’). G42. Unger. 83. Unio Pillae De St. 41. Urocyrthis Amaliae Pant. 167. ” De Stefanii Pant. 167. Ursus. 744. « priscus. 743. » spelaeus. 743. Ustica. 577. Uzielli G. 624. y Vaginulina linearle Jon. Park. Brad. 346. Vagnuzzi Pietro. 639 (in nota). Val Borlezza. 764. » Brembana. 730. ii Camonica. 730 ; suo ghiacciaio. 764. ii del Dezzo. 764. ii d’Erve. 738, 740 ; relazione della gita, 758-761, 762. ii di Cornino. 19, 46-49. ii » Fassa. 730. ii ii Ledro. 745. ii ii Nievole. 707. Vallassina. 722, 747; suo quaternario. 463-467. Valle di Adrara. 759. ii n Gandino. 762. » » Gorno. 738, 763. Valle di Scalve. 730. Vallerano sulla via Laurentina. 623. Valletta del Rogno. 763. Val Nera. 392. Valnerina. 470. Val Seriana. 727, 738, 748 ; relazione delle gite. 762-765 ; suo ghiacciaio. 764. Valtellina. 722, 723, 729, 760. gita. 758-761, 762. Val Trompia. 730. Vaivaia interposita Ds St. 41. Valvata piscinalis Muli. 35. Varese (distretto di). 725. Varisco A. 743, 720, 726, 743, 748; ringraziamenti votatigli dalla So- cietà. 757, 758. Velino. 470. Velleia. 676-677, 744. Velletri. 616, 617, 648. Ventottene. 576. Vemis gallina Lin. 95, 102. ii islandicoides Lamk. 32, 38, 682. » lamellosa Ponzi-van d. Hecke. 102. » multilamella Lamk. 38, 43. « ovata Penn. 38. ii Philippii May. 681. ii umboharia Lk. 42. Verbano. 722, 731. Vermetus intortus Lk. 38, 43. ii semisurrectus. 581. » subcancellatus Biv. 38, 43. Vernasca sull’Arda. 672, 680. Veronese (eocene del). 752. Verri A. 3, 21-45, 469-470. Vertigo Bosniaskii De St. 29. » Brusinai De St. 29. Vertova (in vai Seriana), 762. Vesuvio. 441, 447, 449, 454, 611 (in nota), 620; lave magnetiche. 646-647. Vette Alpine. 731. Vicentino (strati ad orbitoidi). 751 ; eocene vicentino. 752. Vienna. 431, 434. Vieste (promontorio Garganico). 398, 399, 401, 408, 409, 410, 412. Vigliarolo G. 737, 738. Vignola (colline modenesi). 479, 481, 482, 483, 499. Vigoleno (marne di). 672. Villa (fratelli). 719. Viozene. 84. Virlet d’Aoust. 135-136. Viterbo. 611 (in nota). Viu (Alpi Graie). 670. V ivenzio G. 437, 439, 445-446, 449. 822 Indice alfabetico del voi. IX Vivipara Belluccii Dub. 41. » Neumayri Brus. 35. Voisacco (villaggio al N. del vulcano di Pasto nelle Ande). 651, 654. Vola Jacobaea Lin. 37, 38, 44, 591, 605. » n var. striatissima For. 37. Volckmann J. J. 610 (nota *), 165 (in nota). V olpicelli P. 618 (in nota2), 626 (testo e in nota 2), 659, 663. Volpino presso Povere. 748, 764. Volta. 617, 620. Volta Serafino. 671, 676. Volterra. 126. Vulcani Cimini. 610(nota), 612 (id.). ii Laziali, Sabatini, Cimini e Vulsini. 610 (nota !). ii Vulsini. 610 (nota), 613 (id.).'' Vulture, presso Melfi. 656, 659. X Xantilithes. 412. Xenophora crispa Ki5nig. 38. Xiphodictya acuta Riist. 156. ii affnis n. f. 141, 156, tav. II, fig. 17. Xiphosphaera aculeata n. f. 140, 149, tav. I, fig. 12." n adunca n. f. 140, 149, tav. I, fig. 14. n pallas Haeck. 149. n tredecimporata Riist. 149. Y Yoldia solenoides Menegli. 37. Z Zaccagna. 723. Zaddach Ernst Gustav. 659. Zandobbio (dolomia di), 722. Zaphrentis cf. patata Michl. 58, 69. Zeune August. 651. Zezi P. 12, 404, 406. Zienkoviez Hiclor. 686. ZlMMERMANN. 651. Zizyphinus exasperatus Penn. 38. » striatus (Lin.) 32, 33, 34, 36. Zollikofer. 719, 724. Zoophycos. 57, 678, 744. » carboniferus Bozzi. 81, 84. » pedemontana Sacco. 81. Zovencedo (lignite di). 519. W Wachter J. K. 650. Wallerius. 616. (in nota). Waltershausen (von) Sartorius. 636 (in nota J). Wartmann Elie Francois. 657. Waters. 137, 481. Weinkauff. 601. Welsoh. 596. Wenckebach W. 632-634 (in nota). INDICE SISTEMATICO DEL YOL. IX. Elenco dei Presidenti della Società geologica italiana dall’anno 1881-82 in poi Pag. 3 Ufficio di Presidenza per l’anno 1890 » ivi Soci perpetui „ 4 Elenco dei Soci ordinari per l’anno 1890 » 5-11 Commissioni per le pubblicazioni e pel bilancio » 12 Resoconto dell’Adunanza generale della Società tenuta in Pavia il giorno 10 aprile 1890 » 18-20 Comunicazione del telegramma inviato da S. A. R. il Principe di Napoli » 18-14 Elenco delle pubblicazioni spedite in omaggio alla Società „ 14-15 Eleuco delle pubblicazioni periodiche ricevute in cambio » 15-16 Nuovi Soci « 16 Soci radiati per morosità » 17 Nomina delle Commissioni per la revisione del bi- lancio e delle pubblicazioni » ivi Deliberazione di esigere il concorso pecuniario degli autori per le tavole sinottiche e tabelle stampate. » ivi Approvazione del bilancio preventivo 1890 e delibe- razioni relative » ivi Approvazione del cambio del Bollettino con Società scientifiche » ivi Commemorazione dei Soci defunti L. Flottes e Sena- tore Andrea Secco » 18 Communicazioni scientifiche, e presentazione di la- vori scientifici per l’inserzione nel Bollettino (Parona, Bozzi, Taramelli (presidente), Baratta, De Nicolis, Foresti, Antonelli, Cacciamali, Sacco, Parona) » 18-19 Parere del Socio Mayer sull’età degli strati a Cy- p ri na islandica » 19 Deliberazione circa la sede dell’Adunanza estiva . . » 20 Invito ai Soci fatto dal Presidente prof. Taramelli, e comunicazione di un telegramma del Sindaco di Bergamo ” ivi 824 Indice sistematico del voi. IX. Verri A. — La Melania Verri De Stef. nel delta del Te- vere pliocenico Pag. 21-45 Cacciamali G. B. — Gli elefanti fossili di Val di Cornino (con 2 incisioni intercalate nel testo) » 46-49 De Nicolis E. — Nuova contribuzione alla conoscenza della costituzione della bussa pianura veronese e della rela- tiva idrografìa sotterranea » 50-55 Paroma C. F. — Brevi notizie sulla fauna del Monte Pizzul in Carnia n 56-70 Bozzi L. — La flora carbonifera Monte Pizzul in Carnia. » 71-85 Baratta M. — Fenomeni elettrici e magnetici dei terremoti. » 86-88 Anto ne lei G. — Il pliocene nei dintorni di Osimo e i suoi fossili caratteristici (con 2 incisioni di sezioni geo- logiche) » 89-110 Id. — Alcune osservazioni sui terreni e sihle sorgenti mine- rali dell' Aspio ..." » 111-118 Id. — Bradisismi di una parte della costa adriatica ... » 119-131 Paroma 0. F. — Radiolarie nei noduli selciosi del calcare giurese di Cittiglio presso Laveno (con 6 tavole). . . » 132-175 De Stefani C. — Sopra un'opinione del signor L. Mazzuoli intorno all'origine della serpentina « 177-178 Taramelli T. — Commemorazione del Socio Senatore An- drea Secco morto il 24 dicembre 1880 in Solagna di Bussano (Veneto) » 179-183 Sacco F. — Catalogo paleontologico del bacino terziario del Piemonte • . . . . » 185-330 Indice dei generi e sottogeneri citati nel suddetto Catalogo . . • » 331-340 Foresti L. — Sepia Berti Foresti (con 1 tavola) ... » 341-343 Fornasini C. — Il N autilus obliquatus di Batsch (con 1 tavola) » 345-347 Scarabelli G. — Necessità di accertare se le impronte così dette fisiche e fisiologiche 'provengono dalle superfici superiori o dalle inferiori degli strali. — Osservazioni sopra il Nemertilite s Strozzi Mengh. (con 2 tav.). » 349-357 Teli, imi A. — Le Nummulituli della Majella, delle isole Tremiti e del promontorio Garganico (con 4 tavole) . » 359-422 Cacciamali G. B. — Gli elefanti fossili di Aquino (con 2 incisioni) » 423-425 Malagoli M. — Foraminiferi miocenici del calcare a Lu- cina pomum Duj. e dell'arenaria compatta di Pan- tano, nelle province di Modena c Reggio-Emilia . . » 426-436 Baratta M. — Appunti storici sulle teorie sismochimiche . » 437-455 Id. — Contribuzione alla teoria dei terremoti » 456-462 Corti B. — Breve nota sul quaternario e i terreni recenti della Vallassina e Alta Brianza » 463-468 Indice sistematico del voi. IX. 825 Verri A. — Le Friganee nei tufi calcarei dell'Italia centrale. Pag. 469-470 Namias I. Contributo ai briozoi pliocenici delle province di Modena e Piacenza (con 1 tavola) „ 471-513 Squinabol S. — Rivista dei grossi Anthracotherium di Cadibona (con 6 tavole) „ 515.571 Trabucco G. — L'isola di Lampedusa. Studio geo-paleonto- logico (con 6 tavole) „ 573.(308 Meli R. — Notizie bibliografiche sulle rocce magnetiche dei dintorni di Roma. Lettera al prof. Filippo Keller . . „ 609-644 Id. — Bibliografia sull'azione magnetica esercitata dalle rocce. „ 645-670 Toldo G. — Studi geologici sulla provincia di Piacenza (con 1 tavola) „ 671-687 Botti U. — La grotta ossifera di Cardamone in Terra d'O- tranto (con 1 tavola) „ 689-716 Resoconto dell Adunanza generale della Società geologica ita- liana tenuta in Bergamo dal 9 al 14 settembre 1890 . ,» 717-765 Seduta del 9 settembre 1890 „ 717.740 Discorso del Sindaco di Bergamo comm. G. Finardi. » 717-718 Discorso del Presidente prof. T. Taramelli .... », 718-735 Deliberazione di inviare un telegramma di ringrazia- mento a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Indu- stria e Commercio . . . . „ 735 NuOVÌ SOC! „ rng Commemorazione del Socio defunto prof. O. Silvestri. „ ivi Elenco delle pubblicazioni inviate in omaggio. . . ,» 736-738 Discorso del R. Prefetto di Bergamo comm. Fiorentini », 738-739 Memorie scientifiche da stamparsi nel Bollettino (pre- sentate dai Soci Scarabelli. Telimi, Trabucco e Botti) », 739-740 Bieve riassunto, fatto dal Segretario, dell’escursione geologica eseguita in Val d’Erve il 10 sett. 1890. •> 740 Seduta dell’11 settembre 1890 „ 741-748 Comunicazione del telegramma inviato da S. E. il Ministro Miceli „ 741 Nuovo Socio _ „ 742 Discussione relativa ai vocaboli Gabbro ed E li- toti de „ 742-743 Dono fatto dal Sindaco di Bergamo a ciascuno dei Soci di un’ esemplare della Carta geologica della Provincia , accompagnata dalle Note illu- strative del prof. Varisco », 743 Capellini G. — Comunicazione sui vertebrati fos- sili rinvenuti nella grotta di Monte Cucco presso Fabriano „ ivi Taramelli T. — Notizia sui resti di Ursus rin- venuti a Levrange in Lombardia „ 744 82 6 Indice sistematico del voi. IX. Tordo G. — Riassunto della memoria da lui presen- tata; Studi geologici sulla provincia di Pia- cenza Pag. Squinabol S. — Sugli Anthr acotheriu m di Ca- dibona » Id. — Osservazione sulle impronte condriti formi, fatte nelle rocce per l'azione dei succhi escreti dalle radici delle piante » Cozza glio A. — Riassunto della memoria da lui pre- sentata col titolo: Osservazioni stratigrafiche sulle colline orientali della provincia di Brescia » Presentazione e lettura di memorie per parte dei Soci: Namias, Amighetti, Corti, Malagoli e Baratta . » Breve riassunto, fatto dal Segretario, delle escursioni geologiche eseguite nei giorni 12 e 13 settem- bre in Val Seriana ed a Rovere « Seduta del 14 settembre 1890 L’Ing. Elia Fornoni presenta in dono ai Soci il suo lavoro intitolato : Cenni orografici sulle colline di Bergamo « Comunicazione di una lettera del Socio Mayer - Eymar. » Votazione per le elezioni sociali e suo risultato . . » Nuovi Soci » Presentazione del bilancio consuntivo del 1889 ; sua discussione ed approvazione . . » Bilancio consuntivo 1889 » Note esplicative del suddetto bilancio » Comunicazione del Socio Ragazzi Sulla geologia del- l'Etiopia n Ringraziamenti votati alla città di Bergamo, al Sin- daco, alla Deputazione provinciale, alla Sezione Bergamasca del Club Alpino, ai Soci ing. Ales- sandri e prof. A. Varisco » Paroma C. F. — Relazione della escursione geologica ese- guita il giorno 10 settembre 1800 in Val d'Erve . . » Tommasi A. — Relazione delle gite in Val Seriana ed a Ro- vere eseguite nei giorni 12 e 13 settembre 1890. . . » Bibliografia geologica e paleontologica della Lombardia . . n Indice alfabetico delle specie, degli autori, dei nomi di per- sona e delle più importanti località, menzionati nel pre- sente volume IX ' . . . . » Indice sistematico del volume IX » 744 744-745 n i f 745-747 747-748 748-749 750-757 750 750-752 752-753 753 ivi 754-755 756 757 ivi 758-761 762-765 766-788 789-822 823 826 Geli. ÀNTHRACOTHERIUM ERRATA-CORRIGE Pa.s?. 352, linea ultima del testo (sopra le note): invece di : fig. 10, leggasi : fig. 19 « 424, linea 6 e seguente: Il numero dei dischi poi accerta trattarsi di un molare della mascella inferiore ecc essendo stata omessa una linea, deve invece leggersi : Il numero dei dischi poi accerta trattarsi di un molare da latte ed il suo profilo verticale che si tratta di un molare della mascella inferiore. 5) ri a r> ?? 474 linea 18 invece di: Frustellaria leggasi: Flustellaria 483 ” 10 ” dall’Orbigigny « dal D’Orbigny 48j ” ” ” Mar ex brandalis » Murex brandaris 513 n. d’ord.63 » Bertopora rosala » Batopora rosala a67, alla tavola sinottica del genere Anthràcotherium deve sostituirsi la seguente : ...( con 6 incisivi A. maximum Gasi Serie dentaria non interrotta A. magnum Cuv. Serie dentaria interrotta, pic- cola mole A. minimum Cuv. O o Pag. 591 » 671 » 672 » 711