VET VaR ati 414 Uta nr LE 1 ia ie Natale RT MI i | (ea < : da RAR EA Srna nia UO ge ore Uba: mob oadientni Pa ata AAA) s otmiRf adora ;1 pu Sai ; * Bd: | È 2 è ter amo € i QIBLUOTUS) OO tf fp Leg LOR i SPARE ASI, EIDIRM LI a À LATI DINE, I ni FIELIITO p? RUE. suol dot a tolaniai è sla tai f 4 4, nia IRA DCO HIRST i «PP RARO 51} GIO 38 | Po ‘ + - Te dia t cad ia PAR? E i CI N i x Re A i MA, ela5 it Dit OI.pi Già | a ) |) v n ola 08) aboss i odat Te Je) werat +CODTASI sell a cla: Saaso 16 etobogoiatti Î Pal ha II. ù | | Marzo 1885. N. 1 Bollettino Scientifico È: REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA. Abbonamento annuo Italia L. || Si pubblica in Pavia Esce quattro volte all'anno. — i > » Estero » L©|/Corso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in Un numero separato . . » 2l——_—________—_—————| Pavia dall’Editore e dai Redat- Un numero arretrato . . » | Ogninum.° è di 32 pag.“\| tori. SB | SOMMARIO —— ZOJA: Sulla permanenza della glandola timo nei fanciulli e negli adolescenti. È (Nota II.*). - MAGGI: Intorno alle ricerche di Pacini, risguardanti i Pro- i tisti cholerigeni. - BONARDI: Sulle Diatomee del Lago d’Orta. - MAGGI: Sul- l'analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quelle del Spirillum fenue Ehr. osservate da Warming. - PELLACANI: Sulla resistenza dei ve- AT s leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — Notizie (GIRARD: Ana- n lisi di una Nota del signor Hommel di Zurigo sul cholera). Comunicazioni S (CUNEO: Sunto della Prelezione del Prof. C. Parona dell’ Università di Ge- a nova). È % SULLA PERMANENZA DELLA GLANDOLA TIMO È: NEI FANCIULLI E NEGLI ADOLESCENTI. o Nota {1.° del Prof. GIOVANNI ZOJA. — = Dopo la mia prima nota sulla glandola timo, letta all’Isti- tuto Lombardo di S. e L. e pubblicata nell’estate del 1882 (1), continuai nelle ricerche, e per raccogliere il maggior numero possibile di casi, mi raccomandai a colleghi e ad amici, ma fi- nora non fui coadjuvato efficacemente che dai miei Egregi p Assistenti Dottor Luzzani prima, e i Dottori Parini e Stau- a renghi poi, (i quali si giovarono anche delle autopsie d’altre PITON sr {ONERI RAITRA O. cr, TR (1) Vedi Annali Universali di Medicina, vol. 259, Milano 1882, e Bollettino Scientifico, anno IV. N. 2. Pavia, Agosto 1882. 2 scuole ed ai quali ripeto qui i miei ringraziamenti), e così ho potuto avere a mia disposizione un certo numero di casi, dai quali traggo per ora soltanto quelli che per l’età possono stare paralleli agli altri che furono argomento della prima nota, e che sono i seguenti: Caso I. — Fanciullo di anni otto, morto nell’Ospitale di’ A Pavia nel novembre 1882, per meningite. La glandola timo è ben sviluppata, e si estende dal corpo tiroide alla metà su- periore dell'altezza del pericardio. Presenta una lunghezza massima di mill. 110, una larghezza, pure massima, di mill..70 ‘ed uno spessore di mill. 8. — Pesa grammi 11. — È normale. Caso JI. — Fanciullo d’anni undici, morto per tubercolosi mesenterica il 14 novembre 1882. — La glandola timo è assai piccola: è lunga mill. 30 e grossa mill. 4. — Pesa 3 grammi: soltanto. È di color roseo sbiadito ed è un po’ più consistente del normale. Caso III. — Giovinetta d’anni tredici, morta per menin- gite tubercolare; è ben nutrita ed offre segni evidenti di pu- bertà. La glandola timo, di aspetto normale, è di proporzioni molto ridotte. È lunga mill. 50, larga mill. 40 e pesa gr. 6. Caso IV. — Fanciullo d’anni sette, morto per croup nel marzo 1883; è ben nutrito. Il corpo timo, molto sviluppato, è di un color bianco roseo e di apparenza affatto normale. Offre una lunghezza di mill. 98, una larghezza di mill. 53, e pesa grammi 16. Caso V. — Giovinetto di quattordici anni, morto per bronco- pneumonite nel febbraio 1883, di aspetto robusto e ben svi- luppato. Affatto impubere. Il timo è piuttosto voluminoso, lungo mill. 99, largo mill. 51, pesa grammi 17; è di color rossigno, ma del resto d'aspetto normale. Caso VI. -- Fanciulletto d’anni dodici, ben conformato, morto per meningite tubercolare nel maggio 1883. Il timo è considerevolmente ridotto di volume, ma pure manifesto nei suoi due lobi molto lunghi e gracili. Pesa soltanto 4 grammi. Caso VII. — Fanciulletto d’anni nove, morto per croup nel marzo 1884. Presenta un timo voluminoso, lungo mill. 90 largo mill. 58, grosso mill. 11 e pesa grammi 20. i Caso VIII — Fanciulletto d’anni otto, morto per idrofobia n Ma n nd 0,0005 a 7°%; mentre avevano qualche simiglianza al Bacterium - termo di Dujardin . t Sebbene nei primi tre casi di colera non facesse molta. attenzione a questi vibrioni, giacchè è molto frequente il | %: i trovarne di diverse specie nei fluidi animali escrementizj, — i principalmente presso le aperture naturali del corpo, pure nel quarto caso rimase veramente sorpreso per la immensa quantità che ne trovò invischiati principalmente nei fiocchi di muco con molte cellule epiteliali distaccate. Disgregando un poco, sotto il microscopio, queste agglomerazioni di cellule ni e di muco, si vedevano sortire ,miriadi di vibrioni, i quali “e spargendosi nel fluido ambiente ben presto perdevansi di vista d fra le altre particelle natanti. R + Dr; Più avanti, ricercando la causa da potersi reputare capace 9 di produrre il distacco dell'epitelio e le altre alterazioni, % Pacini soggiunge, che per quanto abbia accuratamente e mi- 3A nutamente ricercato, non incontrò altro, se non che dei mi- e: E: lioni di vibrioni che trovavansi nell'intestino. Non si dissimula cp È però che per poter attribuire a questi vibrioni la qualità di 5° contagio del colera, farebbe d’uopo riconoscere in loro una |. specie insolita e costantemente concomittante questa malattia; tanto più che diverse altre specie di vibrioni o di altri infu- È sorj possono vivere e vivono abitualmente in diverse parti dA del nostro corpo senza recarci sensibile offesa. Ma mentre. non pretende sostenere che siano appunto questi vibrioni la a | cagione del distacco dell’epitelio e delle altre alterazioni, x piuttosto che altri esseri microscopici che potrebbonsi discuo- prire nell’avvenire, fa osservare la gran difficoltà della distin- zione loro. D'altra parte per spiegare i fenomeni formidabili del colera non vi sarebbe punto bisogno di attribuire a quei vibrioni una particolare virtù deleteria, che non hanno le altre specie che gli assomigliano, bastando considerare la qualità dell'organo che essi attaccherebbero, nonchè la esten- sione e le naturali conseguenze della lesione che vi è prodotta. Non è senza un fine d’altronde, dice Pacini terminando, che pongo la ipotesi appunto di questo vibrione (il quale per lo meno esiste, si vede e non è ipotetico, se non risulta an- cora veramente che sia il Vibrio colera) poichè anche le ipotesi sono pur troppo necessarie, onde stabilire una norma ed un piano razionale di ricerche. Avendo poi egli continuate le sue indagini microscopiche nel ]}855, ne comunicò un breve sunto al Prof. Pietro Betti, che inserì nella sua raccolta di documenti sul colera in To- SCARNA (Vol. V. seconda Appendice. Firenze, 1878, ‘pag. 333). Nel 1859, intanto che preparava i materiali per uno scritto più esteso, ne pubblicò un piccolo saggio intitolato: Teoria del colera asiatico e indicazione curativa che ne risulta, in- serito nel Giornale medico di Firenze // Tempo (gennaio, 1859); saggio che fu riprodotto poi per cura del Dott. F. Verardini nel Bullettino delle scienze mediche di Bologna (agosto, 1865). Nella sua Memoria del 1865: Sulla causa specifica del co- lera asiatico, il suo processo patologico ‘e la indicazione cura- tiva che ne risulta (Estratto dalla Cronaca medica di Firenze del mese di agosto, 1865. Firenze), a proposito della causa primitiva o spe- cifica del colera asiatico, Pacini ricorda che Vogel, avendo istituito appositamente delle ricerche sull’ aria atmosferica, avrebbe riconosciuto che la materia colerifera non è in stato gasoso o vaporoso, come ì miasmi propriamente detti, ma bensì volitante sotto forma solida, vale a dire sotto forma di mo- lecole solide. Io noto, scrive Pacini, particolarmente questa condizione perchè come vedremo, essa ha un riscontro con le ricerche microscopiche fatte da Thomson nel 1854, per com- missione del governo inglese, sull’aria atmosferica, e con altre fatte da me sugli intestini dei colerost. « Il Dott. Thomson intraprese le sue ultime ricerche (1) in (1) Dott. R. D. THOMSON: Report on the Examination of certain Atmo- celle che si trovavano nell'aria in quelle circostanze, come, / p. es., sporule di vegetali, filamenti di alghe e funghi, fila. La menti di cotone, vibrioni, cellule di epidermide, particelle di polvere, di fuligine ... ecc. ». i « Ora nella 1* tavola, che rappresenta ciò di trovavasi: nell’aria di una sala piena di colerosi, e quando appunto era molto intenso il colera, si vedono fra poche altre particelle, un'infinità di molecole puntiformi, non ostante che la quan- tità dell’aria filtrata fosse stata minore che negli esperimenti seguenti ». « Nella 2 tavola, relativa ad una sala parzialmente piena di colerosi, e quando il colera aveva cominciato a diminuire, si trovano una gran parte di particelle differenti, ma le mo- lecole puntiformi sono in molto minore quantità ». « Nella 3* tavola, relativa ad una sala vuota, ma che aveva contenuto dei colerosi, se ne distinguono ancor meno, forse per la gran quantità di particelle di fuligine che vi sono mescolate ». « Nella 4° tavola, relativa all’aria esterna libera, le molecole puntiformi mancano affatto, mentre vi sono molti filamenti di vegetali e delle sporule ». « Finalmente nella 5° tavola, relativa all’aria di una fogna, sembra vedervi alcune molecole puntiformi mescolate con vibrioni, sporule ed altre particelle ». « Risultati presso a poco simili a questi sono stati otte- nuti anche da Rainey (), ma non avendo data alcuna figura, è meno facile farsene un'idea precisa, giacchè formazioni mo- lecolari come quelle accennate, e di così estrema tenuità, hanno tutta la loro significazione nel colpo d’occhio che pos- spheres during the Epidemic of Cholera (General Board of Health, Medical né council. Appendix to Report of the Committee for scientific inquiries in re- lation to the cholera-epidemie of 1854. — London, 1855, pag. 119, con tavole). (1) Nelle Medico-Chirurgical Transactions. — London, 1850, vol. 33, pag. 93. Loc. In tutta l'Europa (Rabenhorst). Il Brun la dice rarissima in pianura, 21 ed abbastanza frequente invece sulle alte Alpi. Per altro la osservò anche il Castracane nel lago di Como, ed in quello d’Orta non è rara. | Specie 2. M. orichalcea Martens. (Brun. op. cit. p. 187, tav. 1.* fig. 9). Loc. Specie rara, secondo il Brun. Si troverebbe nelle acque tranquille del piano, nelle torbiere, nei canali d’irrigazione ecc. Castracane non la rin- venne nel lago di Como. Nel lago d’Orta ne osservai pochi esemplari. Da queste prime ricerche risulta che nel lago d'Orta vi- vono 52 specie di Diatomee, appartenenti ai generi Achnanthes, Cocconeis, Gomphonema, Epithemia, Cymbella, \avicula, Pinnu- laria, Stauroneis, Pleurosigma, Cymatopleura, Surirella, Nitz- schia, Fragilaria, Synedra, Tabellaria, Cyclotella, Melosira. Di questi presentano maggior numero di specie i seguenti: Na- vicula (16 specie), Cymbella (5 specie) Gomphonema, Pinnu - laria, Surirella, Stauroneis (3 specie). Le forme più comuni sono la Cyclotella operculata, la Fra- gilaria capucina e mutabilis, la Synedra ulna, la Surirella biseriata, la Navicula appendiculata, la Navicula vulgaris, la Cymbella variabilis e lanceolata, il Gomphonema intricatum. Insisto sul fatto che le Fragelarie non sono meno copiose . delle Cyclotelle, come sull'altro che, ripetuti esami dell’acqua di alto lago, mì diedero finora risultato negativo, riguardo alla Fragilaria Crotonensis Edwaras. Noterò da ultimo come parecchie specie di Diatomee del lago d'Orta non siano state rinvenute dal chiarissimo Ab. Ca- stracane nel lago di Como, mentre altre specie viventi in que- sto lago io non le osservai in quello. Egli è ben vero che il bacino del lago di Como è formato da roccie calcaree, mentre quello del lago d’Orta è siliceo, ma la diversa costituzione geologica parmi insufficiente a dar ragione della accennata differenza tra le Diatomee dei due laghi, epperò stimo neces- sarie nuove osservazioni, che per parte mia instituirò appena mi si presenterà l’occasione. Pavia, Marzo 1885. Sull’analogia delle forme del KOMMA-BACILLUS Kock con quelle del SPIRILLUM TENUE Ehr. osservate da Warming. Nota del Prof. LEOPOLDO MACGI. Alla forma bisogna concedere il suo valore essendo che essa, come dice Gegenbaur, è una funzione della materia. Se 22 il nome di microbto, serve per designare i piccoli organismi viventi, non vale poi per indicare nè il genere, nè la specie loro. La sistematica di questi esseri, non è soddisfatta nem- manco coll’aggiunta del nome della malattia o della località in cuii microbi si trovano. Se in patologia, come in fisiologia, è importante conoscere l’azione del microbio, in tassonomia non si può tralasciare di determinare la sua forma, sia pur questa, relativamente alla sua azione, non diversa da quella che agisce in un altro modo. Se tutti gli studiosi della teoria microparassitaria, avessero seguite le regole della classifica- zione dei corpi naturali e particolarmente di quelli viventi, la confusione che ora si verifica nella specificazione dei mi- crorganismi patologici, non sarebbe avvenuta D'altra parte le forme ben descritte, aiutano immensamente le ricerche ri- sguardanti la loro morfologia, ossia la loro formazione. Fra le altre denominazioni, quella di Kommabdacillus, data da Koch al microbio del colera, è una prova dell'importanza di distin- guere la forma; e con essa è continuata la consuetudine dei naturalisti. E lo stesso Koch, col ricordare alcune forme assunte dal bacillo-virgola del colera, particolarmente nelle colture; viene a dare ad esse il valore di stad) embrionali, e quasi subbor- dina il suo Kommabaclus alla forma d’uno spirillo. Epperò nè Koch, nè altri, ch'io mi sappia, hanno fatto ri- levare l’ analogia loro colle forme di sviluppo del spiriWlum tenue Ehr., trovate da Warming (1) sulle coste della Dani- marca. Basta perciò osservare quelle ch’egli segnò colle lettere F e G, della figura 2.* sulla tavola IX., annessa alla sua Me- moria, in data del 1875, per vedervi anche quelle del Komma- bacillus di Koch. C'è di più. Le due forme spirali, rappresentate in I, in due posizioni differenti, godevano della flessibilità quasi d'una Spirocheta. E Koch nella sua conferenza del 26 luglio 1884, (1) D. E. Warming: Om nogle ved Danmarks Kyster levende Bakterier. (VidensKabelige Medelelser fra den naturhistoriske Forening i Kjòbenhavn, for aaret 1875, — N. 20-28, pag. 307, con tav. dalla VII.* alla X.°). u Ji 23 disse pure che nelle colture artificiali s’ incontra un’altra forma di bacillo-virgola, che è assai caratteristica, trattandosi d'una disposizione a guisa dei giri d'una vite assai sottile e assai lunga; disposizione che ricorda per la lunghezza e per l'aspetto esterno la Spirochata della febbre ricorrente. Io, soggiunge Koch, non sarei in grado di distinguere queste due forme, se si trovassero l’una vicina all'altra. Non dimenti- cando che lo SpirdMlum tenue Ehr., è delle infusioni fetide; Warming osservò ancora, che in un ammasso di materie pu- tridi, le sue forme che compajono per le prime, sono eccessi- vamente piccole; le più grandi vengon dopo e più tardi. Inoltre egli vide lo Spirillum tenue pure sotto forma di Zooglea (fi- gura K,); ed in una di queste zooglee, assai spessa (d’acqua dolce), vi trovò una forma di spirillo, che portava un rigon- fiamento ad una sua estremità (fig. H,) forma questa, pure stata trovata, come quella della zooglaea, nei colerosi. Sono pure interessanti, per l’analogia colle forme del Kom- mabacillus di Koch, quelle rappresentate da Warming in A Colin vs, e: polsini Bi ediince. Come la lunghezza, anche lo spessore del loro corpo, pos- sono avere per termini estremi l 4; e perciò all’analogia delle forme tien dietro anche quella delle dimensioni: e così si po- trebbe dire del colore, e di altre proprietà. Tuttavia le so- stanze plassiche loro, dovrebbero essere diverse, se veramente diverse ne fossero i loro modi d’agire. Più che davanti alle obbiezioni sulla specificità colerica del KommabaciWlus, già arrivate nel campo scientifico da di- verse parti; l'analogia da me accennata acquista maggior va- lore messa in relazione con alcuni dei risultati avuti da Ceci e Rlebs dalle loro ricerche intorno all’eziologia del colera asiatico, e specialmente quando pur essi affermano l’identità, in riguardo ai loro caratteri morfologici, dei bacilli virgolati e spirilli del colera asiatico coi bacilli virgolati e spirilli, ot- tenuti dalle colture delle dejezioni d’ ammalati di colera no- stras da Finkler e Prior, e con quelli veduti da Klebs nella diarrea d'un malato di pneumonite. La diversità di tutte que- ste forme, non è stata completamente stabilita neanche {da Koch. 24 Non senza importanza, ancora per l'analogia delle forme con quelle del Kommabacillus, sono le figure date da Klob (1) nella tavola annessa alla sua Memoria sul colera, stampata. nel 1867. i SULLA RESISTENZA DEI VELENI ALLA PUTREFAZIONE COMUNICAZIONE PRELIMINARE del Dott. PAOLO PELLACANI. Mentre l'indagine dei. Chimici sulla natura e derivazione aelle sostanze basiche della putrefazione ci promette metodi di separazione e di distinzione dai veleni massime vegetali ed a questi risultati tanto desiderati concorrono gli sforzi dell’indagine fisiologica su quelle e su queste sostanze, non cessiamo di trovare in questo difficile campo dei problemi in- timamente legati ai precedenti e dei quali non è meno ur> gente lo studio. Nessuna conclusione generale è, secondo noi, finora consen- tita nell'argomento dei veleni cadaverici, che deve essere ben più oltre indagato in tutta quella serie di particolari che va presentando, anzi quasi moltiplicando. Come quindi non pos- siamo affidarci con completa fiducia all’ottimismo di alcuni che considerano i veleni cadaverici quali prodotti artificiali del la- boratorio, o tutt'al più pensano alla facilità di evitarne l’im-_ portuna presenza con metodi semplici di estrazione, così non vogliamo raggiungere lo sconforto di un Chimico Illustre che dichiarò ormai impossibile la constatazione della maggior parte dei veleni vegetali nel cadavere (2). Se ai primi noi possiamo rammentare quella serie d’inda- gini che attestano la tossicità di alcuni prodotti delle putre- fazioni anche prima che il Selmi ne scoprisse l'immensa impor- (1) K/od: Studien liber das wesen des cholera-processes. Leipzig, 1867. (2) La letteratura dell'argomento è certamente nota al lettore. — Un rias- sunto però della medesima può trovarsi in un nostro scritto. — Rivista spe- rimentale di Freniatria e Medicina legale 1884. Fasc. I. 25 tanza nelle indagini giudiziarie, e la dimostrazione di sostanze tossiche in alcuni organi indipendentemente da processi pu- trefattivi, se possiamo anzi aggiungere che penetrando l’inda- gine scientifica i processi di trasformazione delle sostanze nor- mali dell'organismo in prodotti basici ne attesta tutta la esten- sione e la importanza del fenomeno, es.° scomposizione della Nevrina — (Schmiedeberg, Brieger, Marino Zuco); a porre ar- gine agli sconforti eccessivi ricorderemo come ormai sieno più ‘circoscritti i limiti di comunanza tra le proprietà di queste sostanze. Anzi molte volte caratteri fisiologici proprii di veleni vegetali non possono in nessun modo essere simulati, e la cono- | scenza della costituzione intima delle sostanze stesse ci pre- para migliori metodi di separazione. Se tutto ciò può farci sperare prossima un’epoca di mag- giore tranquillità nel campo della tossicologia forense, non dobbiamo per altro esagerare i pericoli dell’attuale situa- zione. Infatti se al medico può perfettamente riuscire la dia- gnosi di sede e natura di un processo morboso con metodi strettamente scientifici, rinunziando anche talora all’indagine chimica di alcuni prodotti dell'organismo, non sappiamo per- chè non possa in molte circostanze essere altrettanto di una forma morbosa sia pur suscitata da un agente tossico che sì palesa con evidenza attraverso alla fenomenologia da esso provocata. Ed oltre i fatti elinici ed anatomici, forse che le stesse circostanze estrinseche non potranno formare una somma più che sufficiente in taluni casi a darci una esatta convinzione scientifica sulla natura, sul decorso di una intos- sicazione? Fra i molti elementi che rientrano nel problema della in- dagine della sostanza tossica nel cadavere, uno ve n’ha sul quale non sembra siasi a sufficienza portata l’attenzione, tanto che un’Egregio medico legale, il Brouardel, segnava or ora questa lacuna come significantissima, ed altamente dannosa. Vogliamo dire la resistenza dei veleni alla putrefazione. Rare, isolate nozioni si hanno a questo proposito registrate special- mente nei lavori di Dragendorff, ma appena come fatti secon- dari, anzichè come fenomeni stabiliti dietro ricerche a ciò di- importanza in ioni processi di venefizio, da rendere V mente urgenti queste indagini accanto alle altre molte che svolgono in questo campo della tossicologia forense. assai difficile, tanto che esse possono essere facilmente ripetute. variando le circostanze all’infinito. Noi possiamo infatti intro- — durre le sostanze tossiche organiche in differenti ambienti di decomposizione, e ricercarne quindi la presenza a varie epoche | ol di tempo estraendole coi mezzi opportuni e dimostrandone la 3 identità a mezzo di caratteristiche azioni fisiologiche, o di rea- zioni chimiche. Il primo mezzo ci tranquillizza assai di più 3 poichè se frequentemente si dimostrarono reazioni comuni fra veleni organici e prodotti della putrefazione, meno spesso in- contriamo delle azioni fisiologiche tipiche e spiccate in questi | ultimi, quali ad esempio quelle della muscarina, dell’ atrOpIA) della fisostigmina, ecc. Del resto vi ha un mezzo abbastanza semplice per evitare | questi ultimi errori, per escludere cioè la possibilità che so- stanze di nuova formazione assumano le apparenze di quelle ar- tificialmente aggiunte, e consiste nel far decorrere di pari passo a queste indagini, la putrefazione nell'ambiente scevro di ui ogni aggiunta, sì da poter controllare i risultati ed escludere . all'occorrenza che nuovi prodotti assumano le apparenze della sostanza tossica decomposta. Ricerche come queste non possono arcate MS. se non con estrema lentezza, vogliamo quindi per ora fornir solo notizie preliminari intorno a questi studi ai quali atten diamo da quasi un anno. A ciò siamo spinti specialmente dal risultato « che la putrefazione non dimostra per alcune so stanze credute altamente decomponibili tutta quella influenzi che fin’oggi fu ammessa, e di più che la prova fisiologica per ; = ‘VA posizione non A A rail ii È sE Li (e { , e } 27 Per la maggior parte delle sostanze prese in esame la decom- è completa finora, altre in minor numero si de- composero in questo tempo. Lo stato attuale di queste inda- gini e la resistenza rispettiva delle sostanze alla putrefazione risulta dal seguente quadro. Tempo Ambiente di Tempo putrefazione ————————AE» IV. - Cesaris Dott. Giovanni —- Milano. » V.- Stefanini Dott. Domenico — R. Università, Pavia, - Tenchini Prof. Lorenzo — R. Università, Parma. » IV. - Stefanini Dott. Domenico — R. Università, Pavia. - Tenchini Prof. Lorenzo — R. Università, Parma. — Pavesi Prof. Cav. Pietro — R. Università, Pavia. - Giacometti Dott. Vincenzo, Mantova. - Ga- binetto di Anatomia Comparata - R. Università, Pavia. ; Vi +e o “e si PIO Alt . ) Le srt Pan, TESO | : Ù Anno VII. Giugno 1885. N. 2. - Bollettino Scientifico REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA, GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. Abbonamento annuoItalia L. || Si pubblica in Pavia Esce quattro volte all’anno. — » » Estero » LO]|Corso Vittorio Eman. N. 78|| Gli abbonamenti si ricevono il Un numero separato o.» 2fl——_—_—_______-|| Pavia dall’Editore e dai Redat- Un numero arretrato . . » <|[Ogninum.° è di 32 pag.*|| tori. SOMMARIO Z0JA: Di un’apertura insolita del setto nasale cartilagineo (Comunicazione preventiva). - MAGGI: Intorno alle ricerche di Pacini, risguardanti i Pro- tisti colerigeni (contin. e fine). — CERTES: Dell’uso delle materie colo- ranti nello studio fisiologico e istologico degli infusorj viventi. - MAGGI: Per l’analisi microscopica delle acque. - CANNA: Notizie universitarie. -_ TI un'apertura insolia del setto: nasale. cartlagieo. COMUNICAZIONE PREVENTIVA del Prof. GIOVANNI ZOJA. Di questa rara anomalia possiedo due esemplari che deposi nel Gabinetto Anatomico da me diretto. Il primo appartiene ad un giovane morto all’ Ospitale di Pavia all’età di 24 anni. In questo individuo il setto nasale non è perfettamente perpendicolare, ma devia alquanto a destra nel centro della sua lunghezza e un po’al disotto della metà della sua altezza. Alla parte anteriore e inferiore del setto, e precisamente ad un centimetro sopra il sotto-setto, e sulla direzione d’una linea che dalla spina nasale anteriore va al nasion, si nota di RON 16 diretto nel senso LEO Li ERE e A tro massimo diametro di millimetri 14 diretto verticalmente. L'orlo che incornicia l'apertura è quasi da per tutto rivestito dalla membrana mucosa, la quale a questo livello passa di. rettamente da una cavità nasale all’ altra, attraversando il foro anomalo. Questa disposizione però è interrotta in alto el in basso, pel tratto di circa mezzo centimetro, dove si vede Us che la mucosa, rosseggiante dalla praticata injezione, delle due fosse nasali resta separata da una striscia bianca, d’ap-. parenza cartilaginosa; la cartilagine però non è allo scoperto, poichè resta rivestita dal proprio pericondrio, nel quale non penetrò traccia alcuna di injezione. Non potei accertarmi se sopra questa membrana fibrosa esistesse epitelio. Attraverso il foro anomalo sì vede parte dell’ apertura mei terna della narice e l'estremità anteriore del turbinato infe- riore del lato opposto. Ù Il secondo caso fu trovato nella testa di uno sconosciuto. In questo il setto nasale è, si può dire, perfettamente verticale. A Anche in questo setto esiste un largo foro circolare, del dia- metro d'un centimetro, situato nella stessa regione del caso precedente ; e cioè in quella parte del setto cartilagineo che è intermedia al naso e alle fosse nasali, circa un centimetro ». e mezzo al di sopra del sotto-setto. Una linea tesa dalla spina nasale anteriore al nasion passa pel centro del foro suddetto. Il contorno di questa apertura anomala appare doppio, e costituito come da due cercini, uno concentrico all’ altro. Il cercine più esterno è di circa un millimetro più largo dell’in- terno, ed è formato dal congiungimento della membrana mu- cosa col pericondrio. Quest’ orlo è sottile, perfettamente cir- colare, senza alcuna traccia di smangiature o di cicatrici, uni- formemente regolare ed assomiglia in qualche modo all’aspetto del labbro interno del margine libero delle palpebre. Il cercine più interno, centrale, è costituito dalla cartila- i gine, ed ha un contorno meno regolarmente circolare. Colla Sl metà superiore il cercine cartilagineo cala un po’ più in basso RP: di quello formato dalla mucosa, mentre invece nella metà. im RI i E bl. 35 feriore i due cercini si trovano allo stesso livello, dove quello cartilagineo non è in parte nascosto dal cercine mucoso. In nessun punto poi la mucosa d’un lato del setto passa in quello dell’ altro per congiungervisi attraverso il foro, come accade nel primo caso. Il cercine cartilagineo in alto è sottile, quasi tagliente, in basso invece è un po più grosso e tondeggiante od appia- nato. La cartilagine poi anche in questo caso non è a nudo, ma ovunque rivestita da un sottile strato di tessuto connet- tivo stipato e aderente alla stessa, come suol fare il pericon- drio. Osservando attentamente il contorno di quest’ apertura ano- mala e le condizioni delle parti vicine si acquista la sicurezza che essa non dipenda da cause acquisite, poichè non si ve- dono in alcun punto quelle sfrangiature, cicatrizzazioni o ineguaglianze che sono ordinariamente le reliquie immanca- bili delle ulcerazioni o dei traumi. Nel primo caso poi la cir- costanza del passaggio diretto della mucosa da una cavità nasale all’ altra attraverso l’ apertura insolita, concorre nel modo più chiaro a dimostrare che l’apertura stessa dev'essere considerata come un fenomeno congenito; e senza esitare cre- diamo che appartenga alla categoria delle alterazioni di prima formazione, una vera aplasia per parziale mancato sviluppo. Questa anomalia mi pare molto rara e, da quanto mi con- sta, fu notata da pochi autori. È accennata da Meckel, e fu veduta da Portal e da Hyrt], il qual ultimo ne diede anche una breve e chiara descrizione. I casi da me veduti assomi- gliano molto a quelli osservati da Hyrtl, tanto per la sede quanto per la forma e per le dimensioni. La perforazione congenita del setto, ripeto, è anomalia rara, ma forse appare più rara di quello che per avventura non sia realmente, perchè ritengo che può passare facilmente inos- servata tanto durante la vita che nel cadavere. Durante la vita perchè, quantunque sia d’una larghezza considerevole, non influisce gran fatto a deformare in modo appariscente la con- figurazione esterna del naso, essendo l’apertura scolpita nella cartilagine, e per conseguenza circondata ovunque da questo sottratto nad comune della figura, nate quando sieno integre le altre parti e normali le forme dell RI naso; giacchè o se sì trattasse di un naso fortemente arric- (AO ciato, 0 se p. e. mancassero in tutto o in parte le pinne, 0_ t° l'una o l’altra di queste fosse più o meno separata dalla punta del naso verso il setto per mezzo d’una fenditura, come ebbi occasione di vedere in una donna, della quale conservo pure il preparato, allora l’ anomalia potrebbe essere parzial- mente veduta. Ma a cose normali non può essere esplorata che | o col dito mignolo mediante adatti maneggi, o direttamente coll’occhio previa conveniente posizione dell’ individuo. E nel cadavere può passare facilmente inavvertita l'anomalia stessa, perchè rare volte, nelle dissezioni ordinarie, nasce il bisogno i di dover esaminare l’interno del naso. Valgano a provarlo i casi da me raccolti, che furono trovati l’uno mentre stu- diava appunto le condizioni delle fosse nasali, e l’altro nel- l'occasione nella quale preparava per la scuola il nervo naso- lobare. INTORNO ALLE RICERCHE DI PAGINI, RISGUARDANTI | PROTISTI CHOLERIGEM,. Nota del Prof, LEOPOLDO MAGGI. (Continuazione e fine, vedi Numero 1, Marzo 1885). Dagli scritti pertanto di Pacini in relazione ai Protisti co- lerigeni, consegue ch’ egli ha veduto : 1.° Degli ammassi granulosi, appianati, simili a quelli che si formano alla superficie delle acque corrotte, quando sono per svilupparsi dei Vibrioni; e questi ammassi stavano nelle ni materie del vomito. È 2.0 Dei Vibrioni del genere Bacterium, i quali pure erano nelle materie del vomito. 3° Dei Vibrioni di un'estrema piccolezza (lungh. = 0,0020 a 4055; diam. = 0,005 a sa che avevano qualche mi PER: n 37 des Infusoires, Paris 1831; pag. 212, tav. 1, fig. 1); che per la loro ubicazione stavano nel fluido intestinale; che per il loro numero (a milioni), si potevano reputare la causa capace di produrre il distacco dell’epitelio e le altre alterazioni; che per la qualità dell'organo (intestino) che attaccherebbero, non che per la estensione e le naturali conseguenze della lesione che produrebbero, a loro si potrebbe attribuire la qualità di contagio del colera. E, senza la pretesa di sostenere che siano questi vibrioni la causa vera del colera, perchè bisognerebbe riconoscere in loro una specie insolita e costantemente con- comitante questa malattia; come anche ammettendo, per la difficoltà di loro distinzioni, che altri esseri microscopici po- . trebbonsi discoprire in avvenire, vengon però supposti, onde stabilire una norma ed un piano razionale di ricerche, in re- lazione col colera, se non risulta che veramente essi siano il Vibrio colera. 4.° Delle molecole puntiformi negli intestini dei colerosi, che chiama poi molecole finissime, per essere della grandezza di un millesimo di millimetro al più; molecole infiltrate, per essere nel tessuto della membrana mucosa dell'intestino; for- mazioni molecolari, per essere non altro’ che il prodotto di sé stesse, ossia della loro moltiplicazione a guisa di un fer- mento; molecole colerigene, fermento molecolare, fermento colerico o colerigeno o fungo del colera, per essere, co’suoi infiltramenti molecolari nella membrana mucosa dell'intestino, la causa primitiva e specifica del colera; e finalmente microbio, per adoperare un termine generico e moderno, e microbio co- lerigeno per la sua specificità. Il microbio colerigeno, è di forma granulare o molecolare, della grossezza di circa un mil- lesimo di millimetro, dotato di un vivissimo movimento mole- colare, incomparabilmente più attivo che l’ordinario movimento browniano, e che ben presto cessa col raffreddamento delle dejezioni in cui è contenuto. Per mezzo delle sue infiltrazioni molecolari, si può riconoscere il modo ch’ esso tiene nel di- struggere o nel distaccare il sottilissimo epitelio del tubo ga- stro-enterico, e quindi riconoscere in questo microbio la causa specifica e contagiosa del morbo asiatico. Ora riguardo agli ammassi granulosi, che potrebbero es- pi | sere benissimo zooglee, ed ai Vibrioni del genere Bacterium, AR l’importanza loro come protisti colerigeni, viene ad essere se- d condaria, essendo stati trovati nelle materie del vomito. dii za Si presentano invece i Vibrioni del fluido intestinale tro- vati costantemente a milioni nei colerosi. E qui ricordando che le osservazioni in proposito, venivano fatte nel 1854; non si può tralasciare di richiamare la siste- matica d'allora risguardante gli infinitamente piccoli, e spe-. cialmente quella di Dujardin, citata dallo stesso Pacini. La famiglia che Ehrenberg chiamò con nome latino Vibrio- nia, da Dujardin venne denominata con nome francese: Vi- brioniens; e noi la dovremmo indicare con quello di Vibrio- nidi o di Vibrionidee. Essa appartiene al primo ordine degli Infusor) asimmetrici, e comprende, di loro, tutti quegli animali filiformi estremamente sottili, senza organizzazione apprezza- bile, senza organi locomotori visibili. Ad essa pertanto vanno riferiti i Vibrioni di Pacini. Questi microrganismi poi, sembrerebbero tosto dover ap- partenere al genere Vibrion, nome francese che Dujardin diede al genere latinamente chiamato Vibrio, di Ehrenberg, e che | — in italiano venne tradotto con quello di vibrione. Epperò Du- } jardin, parlando degli esseri appartenenti alla famiglia: Vi- È brioniens, incomincia col dire: Les Vibrions proprements dits, ou les Vibrioniens en général, ecc.; ciò che farebbe dire a noi: I Vibrioni propriamente detti, o è Vibrionidi 2 generale ecc. Di modo che non è improbabile, che Pacini, col nome di Vi- Md brioni, intendesse denominare la famiglia, piuttosto che il genere, a cui sì dovevano riferire gli esseri da lui veduti; in quanto che Pacini stesso, riferendo sull’ esame microscopico delle materie del vomito, dice d'aver trovato dei Vibrioni del genere Bacterium, e non del genere Vibrioni Du]. (Vibrio, Ebr.). Ora il genere Bacterium, appartiene pure alla famiglia: Vibrioniens Duj. (Vibrionia Ehr); ma comprende specie di- verse da quelle del genere Vibrion Duj. Inoltre, designando ì Vibrioni esistenti nel fluido intestinale, aggiunge che ave- vano qualche simiglianza col Bacterium termo Duj.; quindi con una specie appartenente al genere Bacterium, e non ai genere Vibrion Duj. (Vibrio Ebhr.). Pet RIA PRI Ce gi Ra DA Mafie Le Ve! e Bi beni MRI INA SN O OTRECR TO, BAU, NY bo f Rut : - LAO: A ; LA el MIA I” Li Na x RATA Lab 7 po 39 Ma Pacini, ancora nella sua memoria del 1854, dicendo « se non risulta veramente che sta i Vibrio colera », pare proprio che applichi a'suoi vibrioni una denominazione vera- mente sistematica, e perciò in opposizione a quanto ho sopra- detto, essi dovrebbero riferirsi al genere Vibrion Duj. (Vi- brio Ehr.). Se non che, considerando come il Bacterium termo Duj, a cui Pacini si riferisce per qualche simiglianza de’ suoi Vi- brioni, corrisponde al Vibrio lineola Ehr.; potrebbe darsi an- cora che per Pacini fosse indifferente l adoperare il nome generico di Vibrio, piuttostoche di Bacterium; ma assuefatto al nome di Vibrione, avesse scritto Vibrio colera, invece di Bacterium colera. In appoggio di ciò, vengono le seguenti con- Siderazioni, che si lasciano facilmente desumere dalle nuove osservazioni microscopiche di Pacini sul colera, raccolte e pubblicate per cura del D.r Aurelio Bianchi (Milano 1885). Innanzi tutto, in esse vi è designato un Vibrio punctum (Loc. cit. pag. 31), che non esiste nè nella sistematica batte- riologica di Ehrenberg, nè in quella di Dujardin; ma bensì un Bacterium puncium. Nè in essa il Vibrio punctum, è segnato come specie nuova. In secondo luogo, in esse si trova di frequente subordinato alla denominazione di Vibrioni il nome generico di Bacterium (p. es. a pag. 77, Loc. cit.). Come anche spessissime volte vi è indicato il Vibrio li. neola, che da Dujardin è compreso nel suo Bacterium termo. Da queste nuove osservazioni microscopiche di Pacini sul colera, appare poi la poca correttezza sistematica, che hanno in genere quelli che non sono naturalisti nello stretto senso della parola; e quindi anche la facilità loro, non lodevole, di adoperare un nome piuttosto che un’ altro. Infatti, in esse è indicato un Bacterium termo ed un Vibrio lineola, senza che vi sia aggiunto il nome dell'autore della specie; così che non è possibile stabilire se queste due denominazioni siano sino- nime, oppure diverse. Ma ritornando a quanto pubblicò Pacini, noi possiamo rimanere in dubbio ancora che il suo Vibrio colera, potesse realmente appartenere al genere Vibrio Ebr. e Duj., mancando l'indicazione del carattere principale, che allora si adoperav per distinguere il genere Vibrio dal genere Bacterium; quale por . era quello della qualità del movimento: movimento ondula i torio come un serpente, pel primo; movimento vacillante non ‘ ondulatorio, pel secondo. Questa distinzione veniva impossibi- i litata a Pacini, perchè faceva le osservazioni, dopo aver reso immobili i suoi vibrioni col sublimato corrosivo. Intorno ai Vibrioni pertanto, designati da Pacini colert- geni, noi non abbiamo dall'autore, che un sol carattere, quello delle dimensioni loro, estremamente piccole. Epperò, avendo Pa- cini, per qualche simiglianza loro, citata la figura del Bac- terium termo Duj., noi possiamo aggiungere che il loro corpo doveva essere corto e filiforme. A Ma, d'altra parte, questi vibrioni colerigeni, vennero, undici anni dopo, abbandonati dallo stesso loro scopritore; e sostituiti invece dalle così dette molecole puntiformi, sulle è quali Pacini insistette fino al 1880. si Intorno a queste molecole, non si può dimenticare ciò che egli scrisse, per la prima volta, nella sua Memoria del 1865; in cui si vede esservi arrivato, dopo aver conosciute le ri- | cerche microscopiche fatte da Thomson (1) nel 1854, per com- missione del governo inglese, sull’arza atmosferica delle sale dei colerosi, su quella esterna libera e sull’aria d’una fogna. La denominazione di molecole puntiformi spetta a Pacini, come ad esso spetta anche l' averle rilevate, con significato. biologico, dalle tavole date da Thomson; in quanto che dal- l’autore inglese sono semplicemente disegnate, e non indicate i nè nel testo della sua Memoria, nè nella spiegazione delle fi- SH gure annessevi. tati dagli effetti delle ultime agitazioni; sentenza che ravvolse in una medesima condanna tutti e quanti, e colpevoli e innucenti. Dopo le confessioni e i silenzi lodevoli quei giovani si apparecchiano ora a dare negli esami prova novella di quella diligenza negli studii, la quale ad essi aperse e deve riaprire quella stanza ospitale. Quetati i moti sconsigliati e torbidi; alimentati i sentimenti generosi, dei quali i avemmo prove, speriamo che, dopo questo inquieto anno accademico, cominci un risvegliamento di vita morale e intellettuale negli studenti | — delle università nostre. Preparino essi uomini e tempi migliori; col sentimento della libertà educhino in sò quello della riverenza agli uo- L mini e alle cose degne. La riverenza conciliasi coll’aborrimento da ogni atto e pensiero e parola servile. Ai nobili esempii, alle memorie ono- rate tengano continuamente rivolto il peusiero; e ne facciamo a sè stessi eccitamento e speranza; le volgarità soverchianti trapassino: più che lo sdegno, nutrano in sè stessi l’ amore. IT. » La Camera dei Deputati, nella tornata del 12 giugno, approvò che le università di Genova, di Messina, di Catania, si elevino al grado di primarie; principio a bene sperare anco di altre università dello Stato, le quali non devono essere dette nè tenute secondarie, quando la di- - gnità dei docenti è delle dottrine è pari in tutti gli istituti superiori. VLuò il valore scientifico e didascalico dei professori essere diseguale pure nella medesima università e facoltà; ma tale diseguaglianza non dipende dal luogo dove insegnano ; ed è viva in Italia la fama d’ ingegni nobi- lissimi i quali insegnarono e insegnano nelle così dette università se- condarie. Degne parole dissero alcuni deputati a favore di tale pareg- giamento ; e quelle attutiscono la spiacevole impressione recata da pa- role da altri dette, non riverenti nè agli istituti superiori nè agli uo- mini che vi professano. i Se non che a parole e ad atti non riverenti alle università avremmo : dovuto pur troppo, in questo anno 1885, in Italia, avvezzarci; se la di- guità lo consentisse. E il governo e il parlamento e una parte della stampa periodica, massime di quella che per antifrasi si chiama mode- rata, non concedono agli istituti universitarii nè tutta la sollecitudine nè r tutto il rispetto che gl’interessi ideali e morali del paese richiedono. È 7 ciò che è più rinerescevole, talora gli uomini che lasciarono languire ; le università quando conveniva rinfrancarle e ampliarle, gli uomini che vi introdussero o vi lasciarono introdurre germi non prosperi, essi pui, cad allorchè avvertono gli effetti dell’opera propria negligente o imprudente, “a D- di quelli accagionano gl’istituti, li spregiano, li vogliono abolire. Come — à) chi sciupa un tiore colle mani sgarbate, e poi lo rigetta con fastidio. 13 | Noi facciamo voti per il pareggiamento, per l'ampliamento delle uni= "= | versità dello Stato; noi facciamo voti per la creazione di una nuova Sé n 5} - sa Va Kg 64 università nell’ Italia meridionale. Non ci sgomentano i voti contrarii di certi politici, di certi economisti, non curanti di interessi che non sieno materiali; non ci spaventa il vociare di chi vuole l’abolizione , e non ha ancora, in tanti anni, compreso che in Italia ci sono altre cose da abolire, e non le università; istituti carissimi alle città e provincie che li posseggono, ea quanti hanno a cuore la libera esplicazione e diffu- sione del sapere, la quale è uno dei bisogni più imperiosi della nostra civiltà, siccome è fonte sicura di prosperità per la nazione. L’amore di patria parlò il vero sopra questo argomento per bocca dell’ onorando Alberto Cavalletto, il quale raccomandò le tre leggi al voto de’suoi col- leghi, affermando lodevole la gara delle città italiane per migliorare le loro università, e vivo il bisogno di diffondere più largamente nel no- stro paese la scienza e la coltura. Speriamo ora nel Senato; e confidiamo non significhi oblio o indugio indefinito la deliberazione presa di rinviare le tre leggi alla commis- sione che studia la riforma generale universitaria. Massime per l’ uni- versità di Genova militano le ragioni e della regione ligure e del nu- mero degli studenti; che sono di quelle le quali non hanno perduto ogni valore presso i nostri uomini politici. III: Ma anche il governo deve sentire intieramente i doveri che gli in- combono per l’incremento della scienza; deve comprendere in quanta e quale parte esso sia mallevadore di questo. È tempo perciò di assegnare in bilancio più larghe somme per gli studii e i loro cultori, e pei sus- sidii di varia natura di che quelli e questi abbisognano. I laboratorii vanno istituiti ove mancano, ampliati e moltiplicati «se- condo le varie vie in cui diramasi oggidì l’operosità scientifica di co- loro che indagano la natura nelle leggi e nei fenomeni delle cose, nei primordii e nelle evoluzioni della vita; e secondo il numero degli stu- denti i quali, guidati dai docenti e dal proprio genio, ivi si accolgano a varie esperienze e ricerche. Ma converrebbe che nel governo della cosa pubblica avesse parte più attiva 1’ autorità di uomini veramente dediti al sapere. Da questo zelo per l’ incremento e la diffusione delle varie dottrine, per la dignità dei loro cultori, per la sincera disciplina. degli studenti, siamo in Italia lontani. E da questo difetto di sollecitudine amorosa per gli studii, deriva altresì il difetto di equità nel distribuire agli istituti superiori i sussidii e gli aiuti. Chi non ama, fa a caso. Somme straordinarie si sono concedute alle università di Napoli, di Roma, di Torino; altre università si sono dimenticate, come Pavia. Eppure Pavia, ancora in questi ultimi tempi, non fu inferiore ad altre università ita- liane nella operosità e fecondità scientifica. Oltre i professori che ha educato a sè stessa, Pavia, in questi ul- timi anni, ha dato a Torino i professori Bizzozero, Rovida, Lombroso, Bozzolo, Forlanini, Foà, Gibelli, Alfonso Cossa; ha dato a Padova il De-Giovanni, il Tebaldi, il Lussana, il Bassini, il Tamassia; a Bologna, il Boschi : a Genova, il Secondi, il Ceradini, il Raimondi ; a P Tenchini; a Pisa, il Barbaglia; a Siena, il Solera; a Firenze, il Man tegazza e il Federici; a Roma, il Cremona e il Pirotta; a Sassari , 11 Ravà; a Cagliari, il Cazzani e il Parona; a Napoli, il Panceri e V AL bini. Pavia diede a Milano, oltre parecchi dell’Istituto tecnico superiore, come il Brioschi, il Ferrini, il Clericetti, i professori Sertoli, Porro, pe: Verga, Strambio, Biffi, Angelo Pavesi; e diede a Buenos Ayres lo Spe- luzzi. E in questa lunga enumerazione possiamo, senza volerlo, aver di- "SA menticato alcuni nomi. so La facoltà di scienze ha dato e dà alle scuole medie e tecniche e clas-. d pe siche valorosi insegnanti. Da pochi anni fu restituita a Pavia la facoltà di di lettere , tolta dalla legge Casati con poca sapienza: primo saggio di se quelle abolizioni le quali fortunatamente non sono destinate a riuscire; . Di, e non è ancora provveduta di tutti i professori che devono, secondo la legge, comporla. Pure ha già dato anch'essa alcuni insegnanti ai gin- nasii e ai licei, la cui opera è lodevole; e ha giovato alla coltura di gio- vani oletti, appartenenti ad altre facoltà. EN Lia Ma l’università di Pavia, come in questi ultimi anni principalmente si conobbe, è infetta da certo prudore politico che conviene curare; se non vuolsi che tanto fiore di gioventù lombarda che qui si accoglie a imparare, e tanta eletta d’ingegni che qui si affatica a diffondere e a_ promovere il sapere, siano gravemente disturbati. La politica, entro l’ università, dev’ essere soltanto teoretica e storica; e nella teoria e nella storia deve essere, come richiede l’odierna civiltà, liberissima nei suoi insegnamenti: ma, in questa cerchia accademica, non ci devono es- sere parti politiche nè di professori nè di studenti. Deve questa essere un’ Elide sacra, nella quale i certami fra varie dottrine e opinioni si esercitano per la ricerca e la diffusione della verità; ma dove non si. agitano battaglie di parteggiamenti politici per l’interesse dei vincitori. Che se i professori e gli studenti, in quanto sono cittadini, e conforme alle leggi e istituzioni libere, possono essere ascritti a questa o a quella parte o associazione politica, sia pure; ma non si deve confondere mai, nè da professori, nè da studenti, la vita accademica colla vita politica. Se un professore o uno studente è anco giornalista , sia pure, poichè niuna legge lo vieta; ma il professore che fa anco da giornalista, @ peggio se da giornalista anonimo, non pretenda, in quanto è giornalista, i medesimi riguardi che, come a professore, gli sono dovuti; ma lo stu- dente, che fa anco il giornalista, non pretenda recare nella vita acca- demica quella franchezza di linguaggio che nella libera stampa gli è ne, permessa. Se piace a qualche professore o a qualche studente la parti-. gianeria o la cortigianeria, s'accomodi; ma fuori dell’ università, fuori so del tempio del sapere; dove i partigiani e i cortigiani sono volgo pro- . fano. Da tale confusione della vita universitaria colla vita politica sono venuti disturbi e inconvenienti non lievi all’università di Pavia, e forse ; anco ad altre università italiane. i i J 63 In Pavia, nell’anno corrente, per la detta confusione , accadde un caso stranissimo. Un professore e preside, camuffato da corrispondente di giornale moderato , loda sè stesso, accusa ingiustamente colleghi e studenti; un altro professore stampa una difesa firmata, non priva nè di valide ragioni nè di vivacità; ed ecco l'anonimo, per fregola di mar- tirio, non aspro martirio e da sperati blandimenti e ciondoli consolato, si svela, e guaisce, e pretende si dovesse a lui, a lui giornalista che scaglia accuse mendaci alla macchia, la stessa riverenza che devesi a chi è collega e preminente; e fa abbaiare parecchi altri giornali moderati ; e riesce ad ottenere dal ministro, uomo dabbene, aggirato da più parti, una censura al professore, non d’altro reo che di avere con alquanta vivacità detto il vero a propria e a difesa altrui contro un anonimo; censura che speriamo rimarrà unica negli annali accademici, seppure si conserverà quel documento, trofeo ignobile di vittoria compassione- vole. Il censurato ebbe difensori molti e fidi, e conserverà documenti più grati. Gli uomini devotissimi alla monarchia, che in questa città variamente spiegano il loro zelo rispettabile, vogliano rammentarsi che dritto zelo è quello, Che misuratamente in core avvampa; vogliano temperarsi pertanto quando si tratta di provvedere o all’ uni- versità o ai collegi universitarii; non confondano la politica colla scuola; e avvertano che i professori, i quali nell’ università di Pavia sono o paiono meno ortodossi nella fede monarchica, vivono intenti unicamente alla scuola e agli studii, e rispettano , come fatto istorico e legalmente sancito dai plebisciti, le istituzioni costituzionali. Questa temperanza di zelo gioverà anco a contenere certe reazioni, che nei giovani studenti sono naturali, e prorompono talvolta ad atti irregolari o non lodevoli. V. I professori penseranno, speriamo, da sè a distinguere nettamente la vita universitaria dalla vita politica e giornalistica, vedendo per prova i danni del confonderle. Quanto agli studenti, si otterrà lo stesso in- tento non tanto con circolari che oggi interdicono ciò che ieri era per- messo, e da rettori e da professori quasi raccomandato; non tanto con misure disciplinari, quanto col consiglio persuasivo e coll’ esempio dei docenti, e colla operosità e libertà degli studii. Ogni cosa a suo luogo. È una bella cosa la politica parteggiante, o monarcale o radicale, pur- chè trattata con sinceri e nobili intenti; ma fuori dell’ università. Nel- l'università si insegnano, si apprendono, si svolgono, si esercitano, tutte le discipline dell'umano sapere, compresa la politica teoretica e storica; ivi tutte le dottrine e le opinioni hanno esplicazione e manifestazione li- berissima ; le viete e fallaci fanno intendere l’estrema voce e sono de- serte; le novelle e più fide al vero lottando trionfano e si circondano di ardenti seguaci; il volere con una rete di parte politica impacciare i liberi moti del pensiero, è cosa non meno assurda che il volerli im- pacciare con un domma religioso. Nous ci dErone essere nella univers tà parti politiche, come ci sono nella vita civile e nella stampa periodica; quantunque tutte le opinioni possano nell’ università avere un’ espres- s sione dottrinale. Queste cose comprendendo i giovani, o si dedicheranno intieramente allo studio negli anni dell’università, riservando la politica attiva ad anni ulteriori; o se vorranno pur fare della politica prema- it tura, la terranno fuori delle aule universitarie. Così il professore, il p quale sia a un tempo giornalista o deputato, non deve dare molestia nè ai colleghi nè agli studenti per quelle sue particolari faccende. E un professore giornalista, il quale anzichè educare i giovani alla dignità del sapere, li educasse a spiare e a rifischiare a fine di comporre ano- nime corrispondenze, più o meno veraci, per questo o quel giornale, sa- rebbe, a nostro avviso, un uomo spregevole, maestro di vigliaccheria. A questa separazione, utile e all’ onoratezza della vita e alla libertà | del pensiero, conferiranno e la facoltà lasciata agli studenti di scegliere p e ordinare più liberamente i corsi di studio da seguire negli anni uni- versitarii, e la esplicazione e l ampliamento delle facoltà, rinvigorite e feconAate dalle scuole normali: Le quali due cose, facoltà e scuola nor- male, non si devono confondere : alla facoltà 1’ esposizione e 1° esplica- zione delle dottrine in tutti i loro rami; alla scuola normale le espe- rienze e le esercitazioni dei Jlaboratorii e delle conferenze; alla facoltà la scienza; alla scuola normale il metodo e la elaborazione della scienza; a quella lo scopo dottrinale, a questa lo scopo pedagogico ; i professori nella facoltà devono riuscire maestri nella scuola normale. Così tutto il sapere nella università vive, favella, si esplica, e nella teoria e nella pratica, e nei principii e nelle applicazioni, e nelle regole e negli esempii. Queste cure basteranno a satisfare gli animi e le menti, senza la po- litica parteggiante; e l’ uni versità di Pavia, più severa e dignitosa, manterrà l’antico onore e lo accrescerà. Nè si opponga che in tempi non lontani fu ad essa pregio il nutrire nel suo seno pensieri e sentimenti di politica rigenerazione, come fu pregio ad altre università italiane. Nella servitù straniera e domestica era naturale che il pensiero della libertà si alimentasse, più o meno secreto, come sacro fuoco, nelle uni- versità; quel pensiero univa, non disuniva; fecondava gli studii, non li turbava; mirava al futuro, sorvolava alle miserie del presente. Non era quel pensiero, grande e solenne, una contesa di parte politica. Ora che la servitù è cessata, ma la libertà non ha ancora portato tutti quei 4 frutti di giustizia e di moralità e di coltura che deve portare, può an- M cora quel gran pensiero della libertà unire gli animi e rinvigorire gli studii; se, elevandosi sulle cose presenti, miri a un avvenire migliore Hi e lo prepari. L’ efficacia liberatrice delle scienze e delle lettere è per- petua. «i Pavia, 29 giugno 1885. “pa Prof. GIOVANNI CANNA. Gerenti I REDATTORI. Pavia, 1885; Stab. Tip. Succ. Bizzoni. Le ML Tia ae ton MET TL DR, PI AZ pa ri eh A e” Pat) VIRNA I Pic) VOOR EN n gt ty del I SA SITE a, n v Nei Mi) } Anno VII. Settembre e Dicembre 1885. Nid\end. Bollettino Scientifico REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA, PROF. CRD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, ACHILL® DE-GIOYANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. Abbonamento annuo Italia I. || Si pubblica in Pavia Esce quattro volte all'anno. — » » Estero » LO||!orso Vittorio Eman. N _73|| Gli abbonamenti si ricevono in Un numero separato . . >» 2 Pavia dall’Editore e dai Redat- Un numero arretrato . . » £& \Ogninum.® è di 32 pag.” tori. SOMMARIO Z0OJA: Sopra il foro ottico doppio. - MASGI: Saggio d’una classificazione pro- tistologica degli esseri fermenti (Sunto d’una lezione). - CATTANEO: Sulle strutture e formazione dello strato cuticolare (corneo del veutricclo mu- scolare degli uccelli (risposta al D. C. Bergonzini). — Z0JA: Un centenario memorabile per la scuola anatomica di Pavia — Prelezione al corso d’ ana- tomia umana per l’ anno scolastico 1885-86. - (Transunto) — MAGGI: Set- timo programma d’ anatomia e fisiologia comparata, coll’ indirizzo morfo- logico, svolto nell’anno 1893-84. - CATTANEO: Sulla continuità del plasma germinativo di August Weisman ‘Rivista). - MAGGI: 2) Sulla distinzione morfologica degli organi negli animali; 5) Di alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei metazoi; c) La priorità della Bacterioterapia ‘Transunti). - Notizie universitarie. — Annuncio. SOPRA IL FORO OT'FICO DOPPIO | Breve nota del Prof, GIOVANNI ZOJA Fra le più rare anomalie del cranio umano io credo si debba annoverare la duplicità del foro ottico. Essa fu notata da pochi autori, fra i quali vanno ricordati Sòmmering (1), Theile (2) e Dubrueil (8); i due ultimi l'hanno indicata soltanto (1) Sulla struttura del corpo umano, trad. del Dott. G. R. Duca, Crema, 1818. Tom. lL pag. 128. — Id. Traité d’Osteologie. trad. par Jourdan Paris 1847, pag. 39. (2) Eneyclopéd. anat. trad. par Jourdan, Paris 1843 — Angéiolog. pag 433. (3) Des anomalies artérielles -- Paris 1847, pag. 94. mica. Io poi riscontrai Min anomalia due sole volte i in mi gliaja di ricerche fatte espressamente nei cranii che pote ispezionare a Pavia e altrove. La prima volta mì accadde di os- servarla nel teschio di una ragazza di 18 anni, prostituta per ; istigazione della madre, morta nella clinica delle malattie sifili- | tiche dell’Ospitale di Pavia fin dal 1866, il qual teschio fu a me. regalato dal mio egregio collega e amico Prof. Angelo Sca- renzio, Direttore di quella clinica. Il cranio di questa ragazza, che conservasi nel Museo dell’Istituto che ho l’onore di diri- gere, è di bella forma, ma, nell’insieme, ha un tal qual aspetto di: più virile che muliebre, tanto per la robustezza e lo spessore delle osse, per le creste e le impronte degli attacchi muscolari, quanto per il peso del teschio stesso (1). Le suture sono semplici ed aperte, meno la sfeno-basilare che è completamente chiusa. Non si vedono ossa wormiane. Sono bene appariscenti l’înion, le creste occipitali e temporali. Le apofisi mastoidee sono lar- più ghe, corte e biforeate. Il cranio è mesaticefalo (indice cefalico 78,65) ed ha una capacità di c. c. 1300. La faccia, alquanto prognata alla regione alveolo-dentale, è simmetrica ed armonica: in essa si notano tuttavia due fori infraorbitali a sinistra. Vi sono in buon stato tutti i denti, anche quelli della sapienza, manca solo, e da non molto tempo, l’ incisivo medio inferiore destro, e però l’ incisivo corrispon- dente del lato opposto, per difetto d’ appoggio, è inclinato verso destra. Le orbite sono mesosema, avendo un indice di 86,1; l'indice nasale è di 52,0 e però mesorinico. La duplicità del foro ottico si rileva soltanto a destra. Dei due fori o brevi canali, uno è superiore e l’altro inferiore e restano divisi, l’uno dall’altro, da una tramezza ossea, sot- tile (circa mezzo millimetro di spessore), diretta trasversal- - da mente, lunga, dall’avanti all’indietro, tre millimetri. Tale tra- mezza ha gli orli, anteriore e posteriore, sottilissimi, quasi taglienti. L'orlo posteriore è assai più in vista, guardato dalla cavità del cranio, che non l’anteriore, veduto dall’ orbita, (1) Il peso del solo cranio è di grammi 562, e quello della mascella infe riore di grammi 91 — il peso totale dell’ intiero teschio è di grammi 653. — 67 poichè quest’ultimo orlo non giunge proprio fino all'apertura o sbocco orbitale del foro o canale ottico, essendo questo qualche millimetro più lungo della tramezza suddetta. Per tale disposizione i due canalucci ottici, separati completa- mente all'indietro, verso la cavità cranica, si uniscono da- vanti, verso la cavità orbitale, disponendosi come la lettera > coricata. Il foro superiore, che è il più ampio, veduto dalla cavità cranica, non è perfettamente rotondo, ma ellittico, col mas- simo diametro di 5 millimetri, diretto nel senso’ trasversale, mentre l’altro massimo diametro, di 3 mill. è diretto vertical- mente. Il foro inferiore, più piccolo, invece è.circolare e pre- senta un diametro di 2 mill. — Il foro superiore fa diretta- mente continuazione col solco ottico, cioè con quella doccia trasversale che vedesi sulla faccia superiore del corpo dello sfenoide subito al davanti della sella turcica, doccia che qui è ben manifesta, dove che il foro enferiore risiede più pro- priamente sulla parte alta dell’estremità anteriore della faccia laterale del corpo dello sfenoide stesso. Il foro ottico sinistro di questo cranio, veduto pure dalla cavità cranica, è, si può dire, normale, solo che verso il lato esterno ed in alto offre una stretta incisura, e sotto di essa una breve spina diretta dall’infuori all’indentro, come inizio alla divisione notata a destra, trovandosi la spina allo stesso livello e assumendo la stessa direzione della tramezza dello stesso lato destro. Ho veduto poi questa stessa anomalia in un altro cranio appartenente ad un Messicano antico, posseduto dal museo civico di Milano, segnato col N. 16. In questo cranio l’anor- male duplicità del foro ottico trovasi soltanto al lato sini- stro. Il più largo dei due fori, pressochè circolare, presenta un diametro di circa 5 mill. e risiede all’esterno ed in alto del foro più piccolo, pure circolare, di circa 3 mill, di dia- metro, che è situato invece all’interno e un po’ più in basso. Ad eccezione di questi due esemplari, non mi accadde di vederne altri, quantunque io abbia usato per ciò una speciale attenzione e diligenza, ripeto, tutte le volte, e furono molte, che ebbi l'opportunità di esaminare dei teschii. In taluni casi _ talvolta più o meno nel lume del foro stesso come inizio 0 accenno alla divisione, ma divisione completa più mai, e però — mi sembra giusto l’ ammettere una tale anomalia fra le più rare che si riscontrano nel cranio. Io notai già questa anomalia fin dal 1874 descrivendo i crani del museo nell’ Istituto anatomico dell’ Università di Pavia (1) e anche in altre occasioni (), in seguito la ricorda-. rono all'Istituto Lombardo di S. e L. i colleghi professori Leo- poldo Maggi e Andrea Verga, 13) Non appena si consideri la posizione, la forma, le dimen- sioni e i rapporti dei due fori anomali ora accennati si rileva tosto che il foro più grande servir debba al passaggio del nervo ottico, e il foro più piccolo al tragitto della arteria oftalmica. Ordinariamente questi due organi passano insieme associati in un solo fascio per l’unico foro ottico normale (4); qui invece i due organi si sono disgiunti, passando ciascuno per un foro distinto così da penetrare nell’ orbita. Siccome poi l'arteria oftalmica anche quando è associata al nervo ot- tico, nel passare per il foro omonimo, non sta costantemente in basso ed all’ esterno del nervo stesso, potendo decorrere, come fu già notato dagli autori, e come io stesso potei con- statare talvolta, o direttamente al di sotto del nervo, od al- l'interno e al disotto, od anche, benchè molto più di rado, al di sopra dello stesso, ed è poi sempre completamente separata (1) Vedi 72 Gabinet'o di Anatomia normale della R. Università di Pavia de- scritto dal Prof. GiovaNnNI ZoJa. — Pavia 1874, serie B. Osteologia, pag. 63 Ne#121; (2) Annali Universali di Medicina, Parte Rivista. Milano 1875, Vol. I. pag. 326: - Sopra un solco men noto dell’osso frontale. (Memorie del R. Isti- tuto Lombardo. Vol. XV. pag. 222). a ELIA (3) Sui Z'eschi Messicani del Museo Civico di Milano. -- Rendiconti del R. Istituto Lombardo di S. e L. Serie II. Vol. XVIII Fasc. XI-XII, pag. 610. (4) CuvieR (Lecons d’Anat. comp. rac. et pub. par M. Dumeril, trois. edit. Bruxelles 1836 — Tum. I. pag. 337) dice che nell’ uomo il foro ottico. serve al passaggio del nervo ottico e dell’arteria centrale della retina. È evidente. Pe: l’ errore poichè si sa invece che è tutta l’arteria oftalmica che di norma si mes associa al nervo ottico attraversando il foro omonimo. Li RT ea PIE ii 69 dal nervo per l’ intervento d’ un prolungamento della dura madre che provvede di canaluccio fibroso distinto e il nervo ed essa arteria; così si rende ragione della differente disposi- zione dei due fori anormali nei due casi sopracitati. Se questa condizione anormale nell’uomo sia o meno nor- male in altri animali dirò a seconda del risultato di ulteriori osservazioni e ricerche. NB. Questa breve Nota venne letta nell’adunanza del 10 Dicembre 1885 dell'Istituto Lombardo di S. e L. e in quella stessa occasione l’egregio mio collega e amico D.r Achille Vi- sconti, da me precedentemente informato della rarità dell’ano- malia indicata, presentò all’ Istituto stesso due esemplari di duplicità del foro otiico da lui rinvenuti nella raccolta cra- niologica del gabineito dell’ospitale di Milano, di cui egli è Direttore. In un caso l'anomalia si vede solo a destra in un mezzo cranio di adulto isolato, ed è invece bilaterale nel cranio intiero di un bambino idrocefalico. SAGGIO D'UNA CLASSIFICAZIONE PROTISTOLOGICA DEGLI ESSERI FERMENTI del Professore LECPOLDO MAGGI. (Sunto d’ una Lezione). Non tutti gli esseri fermenti sono stati scientificamente in- dicati con un nome specifico, come sarebbero, ad esempio, quelli delle fermentazioni del malato di calce (fermentazione succinica ed acetica, fermentazione propionica), tra le fermen- tazioni degli acidi organici. Nè in tutte le denominazioni la parte generica, è esattamente espressa; per modo che la con- fusione può giungere a far mettere nel medesimo genere es- seri appartenenti a classi diverse, come sarebbe il caso del Mycoderma aceti Past., che sta nella classe dei BACTERI, e del Mycoderma vini Desm. posto tra i FungHi. Talora anche il nome della specie, comprende varie forme, che, sistemati. camente, potrebbero assegnarsi a varj generi, se non è am- messo il polimorfismo; come sarebbe il caso del Bacterium classificazione protistologica degli esseri fermenti, ne presento si il seguente saggio; valendomi per esso principalmente delle cognizioni, che si trovano raccolte nell’importante trattato di | Microbiologia dell’illustre allievo di Pasteur, il Prof. Daclaux. di Parigi. o: Gli esseri fermenti delle varie fermentazioni finora studiate, o quanto meno delle principali fermentazioni conosciute, ap- partengono, protistologicamente considerati, a due classi, e cioè a quella dei BacreRI (BACTERIA Auct.), e all'altra dei FunGHI (FUNGI Lin.). $ I. Classe: BACTERIA Auct. 1.° Ord. PROTOBACTERIA mihi. 1.° Gen. APHANEROGLIA mihi, Specie (Fermento dell’ acqua potabile). 1. Aphaneroglia aque potabilis mihi. 2.° Ord. SPHAROBACTERIA Cohn. 1. Gen. Micrococcus Cohn. Specie a) (Fermento acetico dell’ alcool). 1. Mierococeus aceti; allo stato di diplo — strepto — radio — petalo — gliacoccus. Sin. (Fermentum aceti, Fermentum aceticum Auct.; Myco- derma aceti, in part. Past.; Ulvina aceti Kutz.). Osserv. Questo fermento presenterebbe delle varietà secondo Duclaua, Mayer, Wurm e Boutroua; le quali potrebbero HET n: tare i nomi di coloro che li fecero conoscere. VARIETÀ. Le varietà di questa specie, si riferiscono dap- prima: allo stato di Petalococcus, che corrisponde a quello di ; Mycoderma, ossia, come già osservò Duclaux, all'aspetto dei de 74 veli formati dal Micrococcus aceti; poi alle dimensioni e forme dei cocchi associati tra loro, non che alla potenza delle loro azioni ossidanti. Duclaux nel 1876 indicò l’esistenza d'un Mycoderma aceti formante un velo più secco e più fino di quello del Myco- derma aceti Past., qualche volta leggermente colorato, e che invece di piegarsi, sì ricopre di intrecciate ondulazioni ia spi- goli salienti, ricordando così la superficie d’un favo. Questo Mycoderma, pur esso agente d’acetificazione, si riproduce co- gli stessi suoi caratteri, seminato sopra diversi liquidi. Lo si potrebbe chiamare: PeTtALOCOCOUS ACETI, var. Duclauat. Von Knieriem e A. Mayer hanno osservato che la pellicola a fibre intrecciate di Mycoderma, degenera in una massa gelati. nosa. Pasteur, dice Mayer, considera questa massa gelatinosa, la quale rassomiglia ad una pelle, come una speciale modifica- zione del Mycoderma aceti. Ma da ricerche microscopiche ri- sulta che anche questa forma deriva bensì dal Mycoderma aceti, ma colla differenza che le singole cellule sono qui ri- unite da una specie di gelatina, la quale racchiude spesso cellule del Mycoderma vini. Ora il fatto del più facile e più completo sviluppo di questa crosta gelatinosa, vale a dire dell’acquistare una consistenza più elastica, ogniqualvolta si trovino nel liquido cellule di Mycoderma mi, legittima in certo modo la supposizione che questa gelatina possa formarsi a spese del Mycoderma vini stesso. Tale almeno, soggiunge Mayer, è l'opinione di V. Knieriem. Su questa crosta il My- coderma aceti vegeta come d’ordinario, e produce la acidifi- cazione del liquido. Questo Mycoderma aceti pertanto, dotato d’un potere ace- tificante assai energico, non è, per se stesso, come parrebbe a tutt’a prima, in stato di gliacocco, ma, come l’altro, in quello di petalococco. Epperò essendo in una condizione particolare di vita, lo si potrebbe chiamare: PeTALOCOCCUS ACETI, var. Mayert. Wurm ha veduto una pellicola spessa, viscosa e grassa, costituita da globuli, che, allo stato giovanile, sono avvicinati in file. Se si volesse indicare questo Mycoderma come una varietà, lo si potrebbe dire: . PETALOCOCCUS ACETI, var. Wurmi. n Boutroux ha trovato che il suo Mzcrococcus ob se- i; minato sopra liquidi alcoolici, li trasforma in aceto. Conside- So randolo quindi come fermento dell’ aceto, se ne potrebbe fare °° un’ altra varietà, vale a dire: «ce Micrococcus aceti, var. Boutrouxi. Gli stati sociali, coi quali si può presentare, sarebbero di diplo-stepto-petalococcus; ed i suoi cocchi associati, sono. | più grossi di quelli del Mycoderma aceti. Past., potendo rag- giungere i primi 3 #, mentre i secondi hanno soltanto | &, 5 NI di diametro. In quanto alla sua forma, dice Duclaux, al suo dd modo di sviluppo in veli superficiali, alle sue proprietà ossi- | danti e a’ suoi andamenti generali, il Micrococcus oblongus ‘A Boutr. rassomiglia al Mycoderma aceti. Osserv. Tanto i Mycoderma aceti Pasteur, quanto il Pe- talococcus aceti var. Wurmi, envecchiando diventano gelati- nosi; passano pertanto ad uno stato che si potrebbe dire di © Gliacoccus aceti. » 6) (Fermento dell’acido lattico del zuccaro). 2. Micrococcus acidi lactici; allo stato di diplo — strepto — petalococcus. Sin. (Fermentum lacticum Awuct.; Ferment lactique Past.; IR Micrococcus lacticus (in De Bary). — Ferment lactique di A Schutzemberger. : È h: c) (Fermento butirrico del lattato di calce). J ci 3. Micrococcus (Megacoccus) dutyricus; allo stato di mono — diplo — streptococcus. Sin. (Fermentum butirycum 2.) d) (Fermento del latte vischioso). 4. Micrococeus sp.? di Schmidt; lo si potrebbe chiamare : Micrococcus Schmidt. e) (Fermento dell’acido zimo-gluconico). 5. Mierococcus oblongus, Boutroux. f) (Fermento vischioso-mannitico dei zuccari). 6. Micrococeus viscosus-manniticus; allo stato di mono — diplo — streptococcus. a) IVI ANITA DIREI DIRE CIVITA PESCI IIE TRAI PE, MI NE TARE LOI EN UA IO E 73 Osserv. Pasteur ha trovato, insieme con questo fermento, deî globuli più grossi, in generale irregolari, aventi un dia- metro un po’ superiore a quelli dei globuli del fermento della birra; î quali danno della materia vischiosa senza mannite , mentre il fermento vischioso-mannitico dà materia vischiosa, mannite ed acido carbonico (Duclaua). g) (Fermento della liquefazione dell’ amido crudo). 7. Micrococeus sp. ? di Prillieux. h) (Fermento del tartrato d’ ammoniaca). 8. Micrococeus sp.?; allo stato di strepto — petalo — glia- coccus. Sin. Microbio di Duclaux, analogo al fermento lattico. i) (Fermento dell’ urea o fermento ammoniacale). 9. Micrococcus uree Past.; allo stato di mono — diplo — streptococcus. (Acrobio). 3) (Fermento nitratico o della produzione dei nitrati). (Fermento della nitrificazione). 10. Micrococcus nitrificans V. Tieg. Sin. Ferment nitrique di Schlesing e Muntz; Microbe ni- trifiant di Duclaux, in part. i Osserv. Duclaua dice, che i microbi nitrificatori, fra è quali riconobbe le forme indicate da Schloesing e Muntz, hanno con- torni fini e netti, contenuto omogeneo e rassomiglianza col my- coderma aceti, col fermento lattico giovane, 0 meglio ancora col microbio studiato da Boutroux (che è un micrococco: Mi- crococcus oblungus). 2) (Fermento nitroso o della produzione dei nitriti) 11. Mier 1. Micrococcus sp.? (Micrococcus niurosus?) di Chabrier. (0) 2.° Gen. LEuconosToc V. Tieg. wypoevaro a) (Fermento della gomma delle raffinerie dei zuccari, o fermento melasso-gemmico). 1. Leuconostoc mesenterioides Cienk., V. Tieg. Osserv. IZ nome di Leuconostoc indica la rassomiglianza che questo essere ha coî Nostoc e la mancanza în esso di clo- Me "— av DA rofilla (Leuco). L’epiteto di mesenterioides esprime l’analogia della sua massa vermicolare colle ripiegature del mesenterio. — Il Leuconostoc mesenterioides si presenta sotto la forma di un tubo gelatinoso , il di cui asse è occupato da un strepto- cocco; ed è perciò che può stare nell’ordine dei SFEROBACTERI. I granuli di questo streptococco sono piccolissimi , sferici, in via di bipartizione attiva; così che continua ad allungarsi ed a ricurvarsi. Tuttavia quando l’ accrescimento suo è cessato , esso sporifica. Allora alcuni-granuli dello streptococco aumen- tano più degli altri, rimanendo. però sempre sferici, e in cia- scuno di questi si forma una spora, che lo riempie completa- mente. Le spore talora sono prodotte nei granuli terminali Ds dello streptococco, talora în quelli mediani; epperò sono sem- e pre separate da granuli non sporiferi. In seguito vengono li- 23 berate dalla loro ganga, per scioglimento di questa. 3.° Ord. MICROBACTERIA Cohn. #0 1.* Gen. BacTERIUM Duj. — emend. di Specie | | a) (Fermento ‘acetico dell’ alcool). 1. Bacterium aceti, in p. Zopf; allo stato di strepto — pe- talobacterium. Sin. Mycoderma aceti in p. Past.; Arthrobacterium aceti De Bary. b) (Fermento acido della birra). 2. Bacterium sp. ? Osserv. Magnin dice che questo bacterio corrisponde ‘al'B. termo (Coln), ma un po’ più grande. — Nella fermentazione acida della birra, Cohn vi trovò anche dei bacterj elittici, mo- bili, spesso riuniti a due a due (diplo-bacterj), raramente «a quattro (tetrabacterj 0 streptobacter]). c) (Fermento lattico o dell’ acido lattico dei zuccari). (Zuccaro di latte e zuccaro d'uva). 3. Bacterium ‘acidi lactici ; allo stato di mono — diplo — streptobacterium. id: Sin. Ferment lactique Past.; Vibrion lactique ‘Past. (in Ma- gnin). Nd Ni Modi Le PA n YES & - > < a nes di n ’ 75 d) (Fermento nitratico o della nitrificazione, o della produzione dei nitrati). 4. Bacterium nitrificans (Duclaux?). ‘Osserv. I microbj della nitrificazione, fa osservare Duclaux, quantunque piccoli non sono mai decisamente rotondi e nem- meno ovali. Essi richiamano sempre l’idea d’un bastoncino as- sai gracile, che sarebbe stato tagliato’ in frammenti più o meno corti, ed ai quali si sarebbero tolti gli angoli. Possono tuttavia variare in lunghezza ed in larghezza. (e) Fermento nitroso o della produzione di nitrîti). o. Bacterium? nitrosum (Warington). Osserv. Duclaux crede che vi sia una miscela di specie nelle esperienze di Warington intorno alla produzione dei ni- triti; poichè Warington stesso dice, che allorquando si abban- donano a sè stessi î liquidi nitrificati, si vede apparire alla superficie un velo di bacterj, che produce anche la fermenta- zione nitrica. Gayon e Dupetit indicano dapprima col nome di microbio a, formato da bastoncini mobili, il più attivo produttore di ni- triti; poi ne descrivono tre altri, chiamandoli b, c, d, le di cut diagnosi però, secondo Duclaux, sono incerte. AnnoTAZ. Per opera ancora di alcuni microb)j anonimi, ma anaerobj, Gayon e Dupetit hanno osservata la trasformazione di nitrati in nitriti, e la riduzione loro fino alla produzione d'azoto. 4.° Ord. DESMOBACTERIA Cohn. 1.° Gen. BaciLLus Cohn. Specie a) (Fermento acetico dell’ alcool). 1. Bacillus aceti Zopf, in p.; allo stato anche di streptoba- cillus. Sin. Mycoderma aceti Past. in p. 2. Baciilus sp.? Warm; allo stato di petalo-bacillus. Osserv. È un bacillo più o meno largo, e di variabile lun- ghezza. 5) (Fermento lattico dello zuccaro). 3. Bacillus acidi lactici o Bacillus lacticus Hiippe. dii L E della fermentazione propionica del lati ] di calce, è un bacillus gracile ed allungato, formante qualche volta o di numerosi articoli. d) (Fermento butilico, della fermentazione butirrica del zuccaro). 5. Bacillus butylicus Fitz; allo stato di mono — diplo — ; streptobacillus. "i e) (Fermento alcoolico della glicerina). 6. Bacillns aethylieus Fitz; allo stato di mono — diplo — streplto-bacillus. Osserv. Fitz lo ha veduto anche sporifero. f) (Fermento della cellulosi). 7. Bacyllus amylobacter V. Thiegh.; allo stato di mono — dipto — streptu-bacillus. Osserv. Comprende le tre forme innanzi indicate coi nomi di Amylobacter, Urocephalum e Clostridium. 9) (Fermento succinico ed acetico del malato di calce). 8. Barillus sp.?; allo stato di mono — diplobacillus. Osserv. Duclaua dice che la fermentazione succinica ed acetica del malato di calce si produce sotto l’influenza di ba- stoncini graczli, spesse volte isolati, qualche volta riuniti per pajo. h) (Fermento propionico del malato di calce). 9. Bacillus sp. ? Osserv. Ducluua indica, come agente della fermentazione propionica del malato di calce, un bastoncino a cilindri corti. î) (Fermento dell’ urea o fermento ammoniacale). 10. Bacillns nree Miquel, (anaerobio). Osserv. Secondo Duclaux la diagnosi di questo bacillo re sta ancora un po’ incerta. "N i j) (Fermento del pane). E: 11. Bacillas? sp.? (Duelaux). de Osserv. Duclaux ricorda che la pro del pane, lia Pare 7 Vel RA I 1 Ple 2 dele VET "APT ER RR A NA a SII DES, NNÙ 77 crede, fondandosi sul potere che i fornaj hanno di far levare la pasta unendovi del lievito di birra. L'ufficio di questo lie- vito, è ignoto. Ciò che vi ha di sicuro, è che esso non si svi- luppa punto, e che non vi hanno mai tracce d'alcool formato nè nel lievito, nè nel pane. All'incontro vi si trovano svilup- pati, a migliaja, dei bastoncini dî diversa natura, e di di- versa grandezza , ai quali bisogna attribuire lo sviluppo gas- soso che gonfia ia pasta. Questi esseri sono, în apparenza, gli stessi di quelli che si incontrano nel lievito dei fornaj, e che è formato di pasta abbandonata a sè stessa, senza al- cuna addizione di fermento. — I germi di questi esseri mi- croscopici sono senza dubbio apportati în quantità sufficiente dalla farina, e provengono, come quelli che presiedono alla formazione della chicha, dal'a superficie del grano. Forse ve ne sono che accidentalmente danno dell'alcool, ma ciò che Du- claux può affermare, è che la fermentazione del pane non è una. fermentazione alcoolica prodotta dal fermento della birra, ed egli non incontrò mai caso in cui lu fermentazione fosse accompagnata da formazione di alcool. Conciude col dire, che è ancora una questione da riprendersi all’ origine. 2° Gen. ActINoBAcTER Duclaux. Specie a) (Fermento alcoolico ed acetico dei zuccari). 1. Actinobacter polymorphus Ducl. Osserv. Questo Actincbacter probabilmente è anche l'agente della fermentazione acida delle ova rimescolate coll’agitazione. Molti fatti, scrive Duclaux, concorrono a far pensare che que- sta fermentazione acida, distinta dalla putrefazione, è una fer- mentazione alcoolica ed acetica del zuccaro d’ ovo, estesa în seguito al resto della massa, per la facoltà dell’Actinobacter polymorphus di vivere a spese di materiali diversissimi. Questi fatti sono: l’odore di vecchio lievito e l'acidità della massa dell’ ovo che manifesta dopo il rimescolamento delle sue parti mediante l'agitazione ; la natura e l'aspetto del microbio che vi si osserva, vale a dire bastoncini immobili, a contorni pal- lidi, a tinta omogenea, la di cui larghezza varia tra Op, 5 e 1868, e cio? alcool ordinario, come i; Poi ali lico, e acido acetico, come principale acido volatile. PLC 6) (Fermento del latte vischioso). 2. Actinobacter sp.? Duc]. Ò Osserv. Secondo Duclaux differisce questo Actinobacter dal “a precedente, perchè communica al latte una viscosità si grande, che al microscopio la goccia schiacciata dal coproggetti, mo- stra delle strie come una soluzione concentrata di glucosto. Esso è anche agente di combustione. 3.° Gen. DIsPoRA. Specie. a) (Fermento del Kephir). 1. Dispora caucasica E. Kern. 3a Osserv. E un bacillo, che si distingue dal bacillus subtilis per avere una spora a ciascuna delle sue due estremità; quindi ogni bacillo porta due spore, e da qui il nome GENE di Dispora. Venne trovato da Kern nel Caucaso, ove è impiegato come fermento per produrre col latte di vacca una bibita. particolare, chiamata Kephir o hpype. — Tuitavia da re- centi ricerche sembra che questo bacillo sia accidentale, e che. la fermentazione invece venga prodotta dal SaccharomyCes mycoderma Reess (Mycoderma vini Desm.). 5. Ord. OPHIDOBACTERIA mihi. Caratt. Bacterj a corpo filiforme, ondulato 0 flessuoso, a — movimento serpentiforme. 10 Gen. Visrio Duj. Specie, a) (Fermento butirrico del lattato di calce). 1. Vibrio butyrieus; allo stato di mono-diplo-streptovibrio. Sin. Vibrion butyrique Duclaux. Osserv. Duclaux riporta che Pasteur ne vide due, che for mavano catena e che sembravano far sforzi per sacra dl si ni 79 Evidentemente un filo mucoso, gelatiniforme, invisibile, li riu- niva, poichè in seguito ai loro sforzi essi non si toccavano più. Tuttavia non erano disgiunti, venendo l’uno strascinato nei movimenti dall'altro. Arrivati alla separazione, si allontana- rono ciascuno dalla sua parte, ben più agili e rapidi di prima. b) (Fermento propionico ed acetico del tartrato di calce). 2. Vibrio sp.? Osserv. Sono vibrioni lunghi, secondo Duclaux, assai gra- cili; del diametro di circa 1 v, e di una lunghezza che può sorpassare 20 wp. 2° Gen. TyRotHRIX Ducl. Spccîe. (Fermenti delle materie albuminoidi). (Caseina). (Fermenti diastasigeni). & FERMENTI AEROBI. 1. Tyrothrix tennis Ducl Osserv. Si sviluppa sotto la forma di piccoli bastoncini, gracili, passando poi a quella di vibrione. 2. Tyrothrix filiformis Ducl. Osserv. Anch’'essa si presenta dapprima sotto forma di ba- stoncin? corti, e poi di lunghi filamenti. 3. Tyrothrix distortus Ducl. 4. Tyrothrix geniculatus Ducl. Osserv.' E sempre immobile, quindi mancante di un carat- tere per l’ordine a cui si fa appartenere. 5. Tyrothrix turgidus Ducl. 6. Tyrothrix scaber Ducl. Osserv. Il suo aspetto granuloso e la rigidezza de’suoi gio- vani articoli, permetterebbero di riferirlo al Bacillus ulna Cohn; la sua forma ondulata ed i movimenti flessuosi che gli articoli posseggono qualche volta, lo avvicinerebbero anche al Vibrio rugula Cohn. — Per evitare ogni difficoltà, Duclaux gli ha dato un nome che richiama il suo principale carattere. 7. Tyrothrix virgula Ducl, senza movimenti flessuosti. + SCIARE B) FERMENTI ANAEROBI. 1. Tyrothrix urocephalum Ducl. Osserv. Quantunque di preferenza anaerobio, tuttavia può vivere anche in contatto dell’ aria. Alcuni dei caratteri mor- fologici di questo vibrione, dice Duclaua, lo avvicinano al vi- Brione butirrico (Vibrio butyricus), ma questo è un puro anae- robio. D'altronde il Tyrothrix urocephalum non dà che del- l'acido valerianico e mai acido butirrico; di più non attacca nè il lattato di calce, nè la glicerina, nei quali il vibrione bu- tirrico si sviluppa benissimo. Se questi due esseri sono vicini, non sono però identici. 2. Tyrothrix elaviformis Ducl. Osserv. Esso è puramente anaerobio, e non si presenta mai in lunghi filamenti. Dapprima si mostra sotto forma di pic- coli bastoncini. Talora due articoli, sono uniti insieme. (Du- claua). 3. Tyrothrix catenula. Ducl. Osserv. Il polimorfismo di questo microbio, avvisa Duclaux, è molto accennato. Le sue diverse forme a seconda dei mezzi di coltura, sono così differenti che non si crederebbero appar- tenenti ad una medesima specie, senza l'osservazione attenta delle transizioni successive. Le sue forme di passaggio sono numerose. II. Classe: FUNGI. Lin. 1.° Ord. SACCHAROMYCETES Lan. 1.° Gen. SaccHaRomycEs. Mey. Specie. a) (Fermenti alcoolici dei zuccari). J.VINI. 1. Saccharomyces ellipsoideus. Reess. Osserv. E il fermento principale della fermentazione del vino. Vor pe b. 84 2. Saccharomyces Pastorianus, Reess. Osserv. Sì trova în unione col fermento del vino, al mo- mento della fermentazione terminale dei vini, dei succhi delle frutta e della birra. 3. Saccharomyces Reessii, Blankenhorn. Osserv. Sopratutto nel vino in fermentazione. 4. Saccharomyces mycoderma, Reess. Sin. Mycoderma vini Desm. — Mycoderma cerevisie Desm. — Hormiscium vini Bon.; Hormiscium cerevisiae Bon. — Fio- retto del vino. Osserv. Finchè vive in pellicole alla superficie di un liquido zuccherato, non produce decomposizione del zuccaro, ma se st rompe la pellicola, e che per agitazione, si determina la mi- scela del Saccharomyces mycoderma col liquido, succede in al- lora la fermentazione, il zuccaro st decompone e si produce dell’ alcool. 5. Saccharomyces conglomeratus, Reess. Osserv. Esiste alla superficie dei grani d'uva in via di pu- trefazione, e nel mosto d’uva in principio della fermentazione. Anche nel lievito di birra. 2. BIRRE. 1. Saccharomyces cerevisiae, Mey. Sin. Cryptococcus cerevisie. Kutz. — Hormiscium cerevi- sie Bail. — Torula cerevisie Turp. — Fermento della birra. Osserv. Nella pratica si distingue la fermentazione alta e la fermentazione bassa della birra, e quindi due fermenti, il superiore e l’inferiore. 2. Saccharomyces exiguus, Reess. Osserv. Lo sî trova alla fine della fermentazione della birra, misto col Saccharomyces cerevisie. Secondo feess è il fermento attivo della fermentazione consecutiva della birra. Append. Si possono aggiungere: un fermento membranoso, scoperto da Boutroux alla superficie dei grani del Rzbes ni- grum L. un fermento scoperto e studiato da Roux, che produce fermentazioni complete nelle soluzioni di glucosio o di zuccaro intervertito, conservando il suo carattere fermento per una lunga serie di generazioni successive, senza passare per lo stato di muffa. 2 b) (Fermento del pane). 1. Saccharomyces minor, Engel. del pane, per la quale si ha sviluppo di gaz (acido carbonico), che solleva la mollica, dando al pane la sua leggerezza. Ma Ù; sappiamo gîà, dalle osservazioni di Duclaux, che il lievito del pane contiene una grandissima varietà di Microbj. c) (Fermento del glutine). 1. Saccharomyces glutinis, Reess. Sin. Cryptococcus glutinis, Fres. Osserv. Forma delle goccioline mucilaginose, rosee, sulla vecchia colla d’amido. I suoi citodi germinanti sono ovali, elittici 0 cilindrici, isolati 0 riuniti a due e a tre. Le piccole masse che essi formano possono facilmente esser confuse con quelle del Micrococcus prodigiosus. d) (Fermento viscoso dei zuccari). 1. Saccharomyces viscosus. Osserv. Pasteur nella fermentazione viscosa e mannitica dei succhi naturali di cipolle, barbabietole, carote, ecc., come anche siroppi farmaceutici, vi ha osservato due fermenti, di cui uno mi pare un Micrococco (V. retro Micrococcus viscosus- manniticus), e l’altro un Saccharomyces, che si potrebbe chia- mare Saccharomyces, viscosus, essendo a grossi globuli e non dando che della materia vischiosa senza mannite (V. retro: Os- serv. al Micrococcus viscosus-manniticus. e) (Fermento saponificante delle materie grasse). (Olio d'ulive e di garofani). 1. Saccharomyces olei, V. Tiegh. Ossery. Pare che decomponga e saponifichi l'olio, per pro- curarsi la glicerina da consumare. Ricordiamo, dice Duclaua, che la saponificazione d’un corpo grasso si fa per aggiunta di un certo numero di equivalenti d’acqua, e in allora può teoricamente andar fuori dal dominio dell’azione delle diastasi. Notiamo anche, che il liquido divien acido, e la saponificazione — potrebbe venir spiegata, benchè difficilmente, coll'azione della | acidità. Tuttavia, continua Duclaux, dai risultati di altre ri- Osserv. Secondo Engel é questo l’agente della fermentazione ii Ea SIR te DO, 83 cerche di Van Tieghem, si può pensare che l’azione saponi - ficante del Saccharomyces olei su? corpi grassi sia laterale, sviluppandosi esso a spese di materiali azotati che tutti gli oli contengono. 2.° Gen. Carpozyma Engel. Specie. a) (Fermento alcoolico dei zuccari delle frutta). (SIDRI). 1. Carpozyma apiculatum , Engel. Sin. Saccharomyces apiculatus £eess. Osserv. È frequentissimo nel vino în via di fermentazione; epperò scompare sempre alla fine della fermentazione. E pure frequente alla superficie delle frutta o nel succo delle frutta in fermentazione. Reess l’ha trovato nelle birre del Belgio, ed altri in una birra dell’ Obernai. Pare il fermento alcoolico il più diffuso in natura. 2.° Ord. HYPHOMYCETES Bon. 1.° Gen. PeniciLLIvM Link. Specie. a) (Fermento alcoolico del mosto di birra). 1. Penicillium glaucum , Bon. 5) (Fermento saponificante delle materie grasse). 1. Penicillium glancum , Bon. Osserv. Diversi olii, vegetali o animali, anche diverse qua- lità di sego, messi în contatto con un corvo di natura qua- lunque, solido o liquido, danno quasi di sicuro sviluppo a mi- crobj, purchè vi sia questa doppia condizione, e cioè che il corpo aggiunto all'olio vi apporti dell’umidità, e che l’olio non abbia subito nessun trattamento, che lo abbia potuto sbaraz- zare dai germi che doveva naturalmente contenere (Duclaua). c) (Fermento diastasigeno). 1. Penicillium glaucum, Bon. Osserv. Il Penicillium glaucum col lattato di calce, fornisce una sucrase attivissima; una sucrase pure, dà col zuccaro; colla glicerina in presenza del carbonato di calce e d'un a mento minerale ed azotato, oltre la sucrase, dà anche una piccola quantità d’amilase; col latte produce casease. La pro- duzione delle diastasi, conclude Duclaux, è in rapporto col modo di alimentazione. d) (Fermento dell'acido gallico dal tannino) 1. Penicillium glaucum; allo stato di Micelio (Mycelium). 22 Gen. AspercILLUSs Micheli. Specie. a) (Fermento alcoolico del mosto di birra). 1. Aspergillus glaucus, Link. 6) (Fermento diastasigeno). 1. Aspergillus glaucus, Link. Osserv. Seminato în un liquido di coltura che tenga di- sciolto del lattato di calce, un sale ammoniacale e dei sali minerali, si ha dell’amylase. Facendolo vivere invece sopra lo zucchero si ha sucrase; sopra il latte, produce presame e casease. Il zuccaro di latte, non é attaccato dall’ aspergillus glaucus, almeno da principio. Tuttavia, dice Duclaua, per ciò che sappiamo del modo d’agire del Penicillium glaucum, lo potrebbe essere col tempo, quando cioè l’ alimento albumi- noide è interamente trasformato. c) (Fermento dell’acido gallico dal tannino). 1. Aspergillus niger; allo stato di micelio (Mycelium). d) (Fermento dell’urea). 1. Aspergillus sp.? Osserv. Oltre il Micrococcus urea Past. ed i Bacillus urea Miquel, vi è una muffa bianca, ossia una mucedinea, al dire di Duclaux, appartenente agli Aspergillus; la cui azione sul- l’urea, quantunque non così pronta nè così completa come quella delle specie precedenti, pure è sufficiente per far scom- parire da 8 a 10 grammi d’urea per litro. Allorchè la quan- tità d’urea trasformata în carbonato d’ ammoniaca raggiunge 5a 6 grammi per litro, la muffa deperisce. Ciò avviene anche Ù ro can , Late LMR DO » 85 per gli altri due fermenti dell’urea, ma molto più presto. Quando le spore, incolore, di questa muffa, sono in gran nu- mero, formano al di sopra dell’orina delle striscie dense, di apparenza farinosa. 32 Gen. VERTICILLIÙUM Nees. Specie. a) (Fermento saponificante delle materie grasse). 1. Verticillium sp.? V. Tiegh. 3.° Ord. MUCORINI, Bon. 1° Gen. Mucor, Micheli. Specie. a) (Fermenti alcooliei dello zuccaro). 1. Mucor mucedo, Lin. Osserv. Fa fermentare il mosto d'uva, ma la fermentazione è più attiva quando vi si aggiunge del fosfato di potassa, del solfato di magnesia ed una materia azotata. 2. Mucor racemosus, Fres. 3. Mucor circinelloides , (Gayon.?) Osserv. Vive benissimo nei mosto della birra, in quello d'uva, nel glucosio e levulosio. Ma messo in contatto con una soluzione di zuccaro candito, non lo fa fermentare, perchè non lo intervertisce. Contrariamente al fermento della birra, non secerne sucrase nè quando è allo stato di micelio, nè quando è fruttificato. 4. Mucor spinosus V. Tiegh. Osserv. Non intervertisce il zuccaro di canna, nè vi deter- mina la fermentazione alcoolica se non vi si aggiunge al li- quido un po’ di sucrase. La fermentazione è di poca durata. b) (Fermenti saponificanti delle materie grasse). 1. Mucor spinosus V. Tiegh. 2. Mucor pleurocystis V. Tiegh. 4.° Ord. SPHAERONEMEI Bon. 1.° Gen. EurotIum Link. Specie. a) (Fermento del Koji), l. Eurotium orize® (in Duclaux). 2.0 Gen. CHAaToMIUM Kunze. Specie. b) (Fermento saponificante delle materie grasse). 1. Chetomium sp.? V. Tiegh. APPENDICE. Forma Intermediaria tra i Saccharomyces e le Mucedinee. Fermento alcoolico. (Mycolevure di Duclaux). Osserv. Duclaux dice che la Mycolevure si vede comparire spontaneamente alla superficie del liquido Raulin, allorchè lo si espone în grande superficie all'aria senza farne la semi- naggione dell’essere, sopratutto poi allorchè si diminuisce della metà circa la proporzione dell'acido tartrico. La Mycolevure vive a lo stato d’agente comburrente, alla superficie dei liquidi, ne brucia il zuccaro utilizzandone per la costruzione de’ suoi tessuti tutto quello che essa non trasforma in acido carbonico, ed in queste condizioni si riproduce attivamente. Condotta al coperto dell’aria, essa si piega facilmente a queste nuove con- dizioni di esistenza, che non sono però le sue condizioni nor- mali, perchè, seminata sott'acqua, non prenle che uno sviluppo insignificante, e bisogna prima coltivarla all'aria per immer- gerla în seguito, se si vuole che assuma la sua funzione di fermento. Questa vita al coperto dell’aria si caratterizza per î seguenti fenomeni: la mycolevure aumenta poco di peso, ciò che prova che la vita è divenuta più penosa per essa; la mycolevure continua a vivere e a produrre acido carbonico, —— pi ma essa dà nello stesso tempo alcool in proporzione dell'acido carbonico prodotto. Si può dire che la mycolevure ha una vita in contatto dell’aria, in cui essa è muffa; una vita al co- perto dell'aria, in cui essa è fermento, senza che l'una sia as- solutamente separata dall’ altra. Osservando le figure che Duclaua dà della sua Mycolevure, la si potrebbe classificare tra i Saccharomyces; ma volendola de distinguere secondo che è dal suo scopritore descritta, forse A ai 87 le converrebbe il nome di Mycozyma. La specie dovrebbe es- sere dedicata a Duclaux, e quindi: Mycozyma Duclauxi. AnnoTaz. In questo saggio, non sì è parlato dell'organismo bacteriforme, mobile, di Miquel, che s'incontra nelle acque di scolo, nelle acque potabili ed anche nelle acque di pioggia, e che, coltivato con mezzi nutritivi, s’allunga in dacdWlus, per- chè esso non dà luogo ad una vera fermentazione solfidrica, ma soltanto ad una formazione d’acido solfidrico a spese dello solfo, per opera dell'idrogeno da esso sviluppato. Così pure non si fece menzione delle Oscillarie e Beggiatoe, perchè non producono fermentazione, quantunque accumulino nel loro interno dello solfo, ma semplicemente riducono i solfati delle acque gessifere, trasformandoli in solfuri. Si tralasciarono infino, i fermenti della torba e del carbon fossile, perchè non sono ancora ben caratterizzati. SULLA STRUTTURA E FORMAZIONE DALLO STRATO CUTICOLARE (CORNEO) del ventricolo muscolare degli uceelli. Risposta al dott. Curzio Bergonzini del dott. GIACOMO CATTANEO professore aggiunto nell’ Università di Pavia. In principio di quest’ anno il dott. Curzio Bergonzini pubblicava, negli Atti della Società dei Naturalisti di Modena (1), una Nota sulla struttura dello stomaco dell’A/cedo Rispida, che cosi comincia: « Già fin prima che compa- risse il lavoro del dott. Cattaneo sull’Isfologia e sviluppo dell’ apparato ga- strico degli uccelli, io avevo intrapreso uno studio analogo, che poi abbandonai, trovandolo, dopo codesto, poco meno che inutile. Però ora, riguardando alcune delle preparazioni che allora feci, e facendone altre sovra specie che dapprima io non aveva osservate, mi sono persuaso che forse non sarebbe stato inutile il ritornare sulla questione, almeno per fare alcuni rimarchi, che al Cattaneo, nella mole del lavoro che aveva avuto tra mano, o erano sfuggite, o erano sembrate di sì poco momento da non tenerne conto ». In seguito a queste parole, il dott. Bergonzini riassume brevemente ciò che si conosce, sulla forma e struttura generale dell’ apparato gastrico degli uccelli, e passa a descrivere quello dell’A/cedo hispida, da lui in ispecial modo studiato. Questo studio gli porge occasione di farmi alcune osservazioni. (1) C. BeRGONZINI, Sulla struttura dello stomaco dell’A7cedo hispida e sullo strato cutia colare (corneo) del ventriglio degli uccelli. — Atti della Società dei Naturalisti di Mo- dena. Serie III. Vol. IV. 1885, pag. 3 dell’estratto 1.° Che nel mio lavoro sul Melopsittacus undulatus (1) dissi che lo strato due ticolare (Corneo) dello stomaco muscolare è costituito da lunghi prismi ade- renti per gran parte e solo divaricati all’ apice, ciascuno dei quali è munito di una fibra elastica (?), che lo tiene aderente all’epitelio e allo strato glan- dulare e connessivo sottoposto; mentre nel mio lavoro sull’Isfologia e sviluppo dell'apparato gastrico degli uccelli (2) modificai quel mio primo apprezzamento. 2.° Che dalla mia Memoria sull’apparato gastrico degli uccelli, sebbene non vi si trovi un riassunto generale che faccia la sintesi della mia osservazione, pure si ricava, leggendo le singole descrizioni, che la cuticola è formata di tanti prismi posti l’ uno accanto all’altro, aventi per radice una fibra conica che sta entro il lume della glandula tubulare sottostante. 3.° Che questa 7dra non può in alcun modo chiamarsi elastica. 4.° Che, oltre ai prismi o cilindri, esista nella cuticola dello stomaco mu- scolare degli uccelli un altro elemento; cioè una sostanza interposta fra i prismi, che si tinge in roseo col carmino; e quindi non è esatto credere, come egli dice ch’io faccia, che la cuticola risulti solo dalla riunione dei prismi. 5.° Che, mentre è certo che i prismi cornei sono un prodotto di secrezione delle glandule tubulari, ad essa non si può far rimontare I’ origine della so- stanza interposta, sibbene alle cellule che costituiscono la superficie della mucosa; talchè la cuticola risulta da due secrezioni distinte: quella delle glandule e quella della mucosa. 6.° Nell’A/cedo hispida mancano i prismi, e la cuticola è composta di cumu- letti, sovrapposti noù già allo sbocco delle glandule, ma agli spazii interglan- dulari; onde essa non è secreta da queste glaudule, ma unicamente dalla mu- cosa. A queste osservazioni rivoltemi dall’egregio collega risponderò brevemente. 1.° Nel mio lavoro sul Melopse!tacus (3) dissi che lo strato cuticolare del Gal- lus domesticus, della Chrysotis amazonica , della Fringilla canaria, F. chloris, Lowia cardinalis, Ara macao, Columba livia è costituito da molti prismi fra loro aderenti, muniti di una fibra conica; e che questi prismi esistono pure evi- dentissimi nel Me/opsittacus; però in esso non sono fra loro aderenti, ma se- polti entro una matrice epiteliale che si colora in rosso colla miscela carmino- picrocarmino. Nella mia memoria sull’Zstologia dell’ apparato gastrico degli uc- celli (4) ho press’ a poco ripetuto le stesse cose nei capitoli che si riferi- scono al gallo, alla colomba, ai pappagalli ecc., e quanto riguarda il Melo- psittacus non è che un riassunto di ciò che prima pubblicai. Non so dunque in qual modo il dott. Bergonzini veda contraddizione tra quel che dissi prima e quel che dissi poi. Resta sempre vero, e allora e ora, che la cuticola del gallo, della colomba ecc. é composta di prismi aderenti, senza sostanza in- terposta, mentre la cuticola del pappagallino d’Australia ha una sostanza in- terposta ai prismi. 2.° Ma forse l’ appunto del dott. Bergonzini parte da quello stesso eri- (1) G. Cattaneo. Sull’istologia del ventricolo e proventricolo del Me/opsittacuus un- dulatus Shaw. — Bollettino Scientifico — Marzo 1883. (2) G. CatTANEO. Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. — Monografia di pag. 90 con 4 tavole. — Atti della Società Italiana di Scienze naturali. Vol. XXVII. — Milano 1884. (3) Loc cit. pag. 10. (4) Loc cit. pag. 49-50. 57-62. 89 terio che l’indusse a farmi la 2* osservazione. Non trovando nella mia memo- ria un riassunto che esponga, in un modo sintetico, qual’ è, in generale, la struttura della cuticola dello stomaco degli uccelli, egli scorge quasi una contraddizione fra le varie parti del mio lavoro , e tra la prima nota sul Me- lopsittacus e la più recente Monografia; perchè a proposito di alcune specie dico che la cuticola consta solo di prismi; in altre, oltre i prismi, trovo una sostanza interposta; in altre infine, e specialmente nei rapaci e piscivori, non parlo neppure di prismi. Ma, se le cose stanno esattamente così, come iv avevo già osservato, e come il dott. Bergonzini conferma, che ragione v'era di stabilire, per la struttura della cuticola, una regola generale, la quale avrebbe avuto bisogno del correttivo di numerose e cospicue eccezioni ? Era vezzo dei trattatisti e specialisti d’ anatomia comparata della prima metà del secolo di proporsi nei loro lavori, come coronamento delle ricerche empiriche più minute, questo scopo principale: riassumere in una legge ge- nerale la costituzione di un dato organo o di un dato apparecchio in una serie di animali, e vedere in seguito le principali modificazioni di questo archetipo nei singoli ordini o generi di detta serie. Era un processo che derivava logi- camente dall’idea cuvieriana dei piani di struttura, e dal considerare le varie disposizioni organiche non già come l’evoluzione e la complicazione progres- siva d’un apparecchio originariamente indifferente e semplicissimo, ma come la variazione, entro certi confini, d’ un archetipo già perfetto e complicato. Questo modo di riunire i fatti, partendo da un preconcetto affatto arbitrario e schematico, e inesplicato nelle sue cause, quale il piano di struttura, unito a quell’ altro grande errore di logica che è l’ ordine discendente nella classifi- zione, produceva delle leggi simili a quelle che si trovano nei libri di Milne- Edwards e dei suoi seguaci; come sarebbero queste.-- « Negli animali in generale il cuore è composto di 4 cavità -- però i rettili ne hanno solo tre e i pesci solo due — e gli anulosi non hanno nemmeno un vero cuore. » — La così detta parte generale di quasi tutti i trattati di zoologia e botanica, compresi alcuni recenti di data, ma d’ indirizzo antico, è semplicemente un riassunto d’anatomia e fisiologia dell’uomo o delle fanerogame, proposte come tipo per tutta la serie animale e vegetale. Lo stesso processo vien ripetuto nei singoli capitoli per descrivere i caratteri degli ordini, delle famiglie, dei generi, con minori inconvenienti quant’ è più piccolo il gruppo, ma sempre in un modo alquanto artificiale. L’indirizzo evolutivo delle scienze biologiche si propone ben altro intento che quello di ridurre in pillole la molteplice com- plessità dei fenomeni naturali. Non si tratta plù di astrarre artificialmente da un complesso di fenomeni uno schematico archetipo, ma si tratta di studiare la genesi dei varii fenomeni, l’origine embriologica e genealogica dei diversi organi e apparecchi. Per tale scopo tanto importa esaminare e riunire insieme le somiglianze degli organi, quanto le differenze. Niun processo quindi più contrario all’intento del metodo genetico, che quello d’astrarre un tipo gene- rale dai fatti particolari; questo processo toglie i contorni e le sfumature di quelle varie gradazioni, che ci importa di collegare e di mettere in serie o in albero genealogico come stadii di sviluppo; e siffatto processo equivale in tutto a quello della media, che rende ancora in parte così infeconda di risul- tati importanti e sicuri l’enorme congerie delle osservazioni meteorologiche. Non é la media dei fatti che importa osservare, ma anzi le loro singole mo- dificazioni , il loro decorso, per trovarne la genesi. Avendo sempre dinanzi a me questi concetti fondamentali del metodo evolutivo, io mi astenni rig'oro- samente, nella mia Memoria sugli uccelli, di dare uno schema generale e Ù 5 * a Sb artificioso, che rappresentasse, come in un archetipo, la struttura del loro ap parato digerente; ma curai invece di seguire di specie in ispecie le varie particolarità di struttura, descrivendo ad uno ad uno i singoli preparati, co-. minciando da quelli che presentavano la struttura più indifferente, per venire poi a quelli che erano più differenziati. Ecco perchè il dott. Bergonzini non trovò in quel mio lavoro, e non troverà negli altri miei, di codesti riassunti, dirò così schematici e sfaficî, che, secondo me, sono in assoluta contraddi- zione col metodo evolutivo, mentre la conclusione d’uno studio biologico al-. quanto esteso dev’ essere genetica e naturale. E l’intento di quel mio lavoro era esclusivamente genetico. Io volevo studiare , coll’ aiuto dell’ embriologia e dell’ istologia comparata, in qual modo si erano formate le straordinarie com- plicazioni di struttura dello stomaco degli uccelli, partendo dalle disposizioni semplicissime che si trovano negli infimi vertebrati. Il mio lavoro era preci- puamente sintetico. Ecco perchè le descrizioni dei singoli preparati non sono sempre complete, ma ricordano solo quei fatti che tornano utili per risolvere il problema che mi era proposto. E il problema, ch’era scopo del lavoro, fu risolto, mi pare, nel modo più completo e sicuro ; e contro le mie conclusioni il dott. Bergonzini non trova nulla a ridire, non avendo sollevato riguardo ad esse alcuna obiezione. Concludo. Io non dissi che la cuticola dello stomaco degli uccelli, 2» generale, risulti di prismi riuniti; ma diedi unzicuigque suum, descrivendo ciascuna specie a parte nelle sue varie disposizioni, ed evitando scrupolosamente ogni generalizzazione. 3.° Chiamai una o due volte fibra elastica quel cono che forma la base dei prismetti cuticolari, accettando una denominazione del Molin (1) e intendendo quelle due parole nel loro senso proprio e comune, poichè tali fibre (come provai più volte) presentano un notevole grado d’ elasticità, quando vengono strappate dalla cavità delle glandule. È troppo evidente per sè che trattan- dosi di una formazione cuticolare o « cornea » non intesi assomigliar queste fibre alle cosidette « fibre elastiche » (connessive) dell’istologia. 4.° Ammettendo che, in alcune specie , esista tra i prismi cuticolari una sostanza d’origine epiteliale interposta, che si tinge in rosso col carmino, non credo che il dott Bergonzini abbia detto una novità, avendo io già notato la stessa cosa non solo nella mia memoria, ma anche nel mio antecedente lavoro sul Me/opsittacus (2). Insistetti anzi, in quel lavoro, sulla notevole ele- zione che si ottiene con la reazione carmino-picrocarmino , dicendo: « I pri- smi cornei non si imbevono dei reagenti coloranti, e conservano il loro na- turale colore giallo-citrino splendente; la matrice epiteliale invece si colora in rosso col processo da me adoperato; essi quindi spiccano stupendamente sul fondo rosso, e danno alla preparazione un aspetto assai marcato e bizzarro. » Non v'è dunque alcuna divergenza fra il dott. Bergonzini e me su questo rapporto. 5.° Ciò che vi è invece di nuovo e di notevole nella Nof4 del dott. Ber- gonzini è l'osservazione circa la formazione fisiologica della sostanza in- terposta, osservazione che io trascurai nei due lavori citati, accennando solo vagamente alla natura epiteliale di questa sostanza, coll’appellativo di garga o matrice epiteliale. Sono grato al dott. Bergonzini di questa importante os- servazione, che colma una lacuna del mio lavoro. (1) R. Morin. — Sugli stomachi degli uccelli. — Denkscriflen dev k. Akademie der Wis- senschaft. in Wien, Vol. IIl. 1892. (2) G, CarTAntO. loc. cit. pag. 11. » lei le. LCA Dpe see 7A MI TE EI I I. CRT a a aC ME IE ME TA È e * - 94 6.° Se nell’A/cedo hispida mancano i prismi, ciò non è punto in contraddi- zione con quanto dissi io, che trovai i prismi solo nei granivori, nei passeri e nei psittacidi, e non parlai di essi nelle descrizioni dei piscivori e dei ra- paci. In conclusione, mi pare che veri punti di divergenza non esistano fra me e Bergonzini, e mi pare che l’averli trovati derivi solo da ciò, ch’egli ri- tenne come dette 2 generale alcune cose ch'io dissi solo di certe date specie. Quanto alla nuova osservazione del Bergonzini circa l’origine della so- stanza interprismatica da una secrezione dell’ epitelio interglandulare, osser- verò ch’essa non contraddice in nulla quel concetto ch’io m’ero formato della genesi dell’ apparato gastrico degli uccelli, per un differenziamento da un apparato più semplice, in seguito a divisione del lavoro fra le varie parti. Non è esatto il dire che, in generale, l’ apparato gastrico degli uccelli si di- vida in uno stomaco glandulare, o ecki20, e in uno stomaco muscolare, o 9g? gerio; per la semplicissima ragione che nelle forme più ataviche, nei rapaci, questa distinzione non si trova, ma lo stomaco è un solo sacco piriforme, e le glandule tutte, sì nella parte cardiaca che nella parte pilorica, secernono acido cloridico e pepsina. Nei granivori invece ha luogo una divisione del la- voro; nella parte cardiaca si sviluppano assai le glandule peptiche e si ridu- cono i muscoli; nella parte pilorica si sviluppano invece i muscoli, e si ridu= cono le glandule, le quali perdono l’attitudine di secernere i succhi digerenti, ma secernono solo dei prismetti o cilindri cuticolari, che fanno da copertura interna alla parete gastrica. Dal momento che queste glandule piloriche se- cernono ancora acidi e pepsina nei rapaci, non è da aspettarsi di trovare in essi i prismi caratteristici dei granivori, e dei psittacidi. D'altra parte l’origine di tutte le glandule dello stomaco, semplici o coma plesse ch’esse siano, è una @rvaginazione dell’ epitelio. Le singole cellule del- l’epitelio sono le vere glandule semplici e primitive, come succede nell’intestino dell’ Amphioxus, il quale non ha glandule a cripta, ma solo un epitelio liscio. L’ attitudine secretiva sta dunque nella natura stessa delle cellule epiteliali, e non già nella loro disposizione a cripta, a tubo, a pacchetto ecc. Queste disposizioni servono solo ad aumenlare la superficie secernente, non già a trasformare le cellule epiteliali in organi secernenti. Nulla di strano quindi che l’epitelio che sta alla superficie della mucosa, tra l’ una e l’ altra glan- dula, abbia esso stesso la proprietà di secernere una sostanza, che si inter- pone tra i prismi; perchè questo epitelio non solo non è di natura diversa dalle glandule tubulari, ma è la loro origine; e le glandule tubulari altro non sono che una parte di questo epitelio che si è invaginata. Non si tratta di due organi diversi, ma di un solo organo disposto a frequenti ripiegature, del quale si chiama epitelio la parte estrofiessa, e glandula la parte introflessa. Lo stomaco dei rapaci e quello dei gallinacei rappresentano i due limiti estremi dell’evoluzione. In quello le glandule son tutte peptiche, anche in vicinanza al piloro; in questo le glandute piloriche secernono soltanto i prismetti; ma vi ha una forma intermedia, in cui, essendo meno abbondante la secrezione cuticolare delle glandnle piloriche, questa viene completata da una secrezione dell'epitelio, quella stessa che bastava da sola alla ricopertura dello stomaco dei rapaci Le tre forme non istanno dunque in linee parallele , ma rappre- sentano tre stadii successivi di evoluzione. Abbiamo cioè: 1.° Sola sostanza mucosa secreta dell’epitelio (rapaci). 2.° Sostanza mucosa secreta dell’ epitelio e prismi secreti delle .glandule tubulari (psittacidi). 3.° Soli prismi secreti delle glandule tubulari (gallinacei e colombe). Circa alla natura della sostanza interposta tra i prismi, mi resta ancora il dubbio se essa sia veramente amorfa, o non contenga invece un ammasso di squammette epiteliali deformate per la pressione; cioè se sia un prodotto di secrezione mucosa o non piuttosto una proliferazione dell’ epitelio tra prisma e prisma; ma di ciò mi occuperò in altra occasione. Lab. d’Anat. comp. dell’Università di Pavia, I8 dicembre 1885. UN CENTENARIO MEMORABILE PER LA SCUOLA ANATOMICA DIMPZZANZIA Prelezione al corso di anatomia umana per l’anno scolastico 1885-86 DeL Pror. GIOVANNI ZOJA (Transunto dell'Autore) Nel giorno 10 novembre 1885 ho aperto il corso delle mie lezioni di anatomia col richiamare agli studenti due fatti memorabili per questa Scuola, accaduti appunto un secolo fa, cioò L'INAUGURAZIONE DELL’AT- TUALE TEATRO ANATOMICO FATTA DA ANTONIO SCARPA E LA NASCITA DI BARTOLOMEO PANIZZA. Nel rammentare questi avvenimenti ho toccato della vita e delle principali opere di questi due uomini sommi che illustrarono cotanto e la scienza e l'università e la patria, segna- lando alcuni punti importanti. I. Riguardo allo Scarpa ricordai innanzi tutto che egli non nacque già il 13 o 14 giugno 1747, o attorno all’anno 1748, come lasciarono scritto tutti i di lui biografi fino a questi ultimi tempi, ma che lo Scarpa nacque invece precisamente il 19 maggio 1752. L'errore venne rilevato e cor- retto dal Prof. Luigi Scarenzio (1) e fatto conoscere pubblicamente da me (2) e dal Prof. Alfonso Corradi (3) alcuni anni fa. Mi sembra che questa notizia abbia non poca importanza quando si rifletta special- mente alla data in cui lo Scarpa saliva la cattedra di anatomia all’ uni- versità di Modena e faceva la sua prima classica pubblicazione De struc- tura fenestre rotundae auris et de tympano secundario anatomica observa- (1) Da un documento manoscritto e legalizzato annesso ai Cenni sulla vita e sulle opere del Cav. Antonio Scarpa del Prof. Luigi Scarenzio (Biblioteca Italiana 1832-33), generosamente regalato dal figlio Prof. Angelo Scarenzio all'Istituto anatomico di Pavia. . (2) Za testa di Scarpa descritta dal Prof. Giovanni Zoja (con fotografia). - (Archivio per l’Antropol. e la Etnolog. Vol. VIII. Firenze 1878, pag. 453. - Nota (1). (3) Memorie e Documenti per la Storia dell’ Università di Pavia ecc. Pavia 1878. Parte I.* (addenda) pag. 588, e Parte III.* (adZenda) pag. 450 XL. 93 fiones, poichè lo Scarpa allora aveva appena 20 anni, e non 25 come dissero i suoi biografi. Seguendo le traccie esattissime del più diligente e fedele de’ suoi bio- grafi, che fu anche amico e confidente dello stesso Scarpa, il Prof. Luigi Scarenzio, e appoggiato a quanto ricordava positivamente dei frequenti colloqui che io ebbi la fortuna di avere con Panizza, che fu dello Scarpa devoto scolaro ed amico, quanto illustre successore e collaboratore, fermai l’attenzione dei giovani allievi di anatomia sopra alcune circostanze della lunga e fortunosa esistenza di quel grand’uomo, che fu sì fecondo di opere egregie, che tanto contribuirono al lustro dell’ università di Pavia e all’onore della patria. Così toccai di quel periodo iniziale della giovi- nezza in cui lo Scarpa si trovava a Padova presso l’immortale Morgagni, del quale, per l’intensità e profitto de’ suoi studii, principalmente sul cadavere, divenne in breve tempo non solo il discepolo prediletto, ma ancora il confidente più famigliare. — Feci notare l’importanza e il vantaggio sommo che derivarono allo Scarpa dalla intimità avuta col- l’uomo più insigne della medicina di allora, prima di tutto perchè la conversazione coi dotti è per sè stessa un’istruzione sempre larga ed efficace, poi perchè dovendo continuamente leggere e scrivere pel Mor- gagni (il quale aveva allora pressochè novant’ anni e fortemente in- debolita la vista) in latino e in italiano, sopra argomenti della scienza più nuova di quei tempi, lo Scarpa necessariamente si appropriava una coltura scientifica che assai difficilmente si avrebbe potuto procurare altrimenti; nè ultimo beneficio si fu quello di studiare accuratamente le lingue, delle quali il Morgagni era cultore purgato ed elegante, e di porsi in relazione coi migliori scrittori di anatomia e di altre discipline mediche di tutta Europa. E i frutti non mancarono di apparire a tempo, giacchè lo Scarpa venne non altrimenti dotto scienziato quanto lodato scrittore in latino einitaliano. Volli richiamare anche la data in cui lo Scarpa fu promosso alla Laurea dottorale dal Morgagni istesso (19 mag- gio 1770), poichè essa coincide perfettamente con quella del giorno nel quale egli compiva il suo 18° anno d’età. Nel 1772, un anno dopo la morte del Morgagni, lo Scarpa, di soli 20 anni, veniva chiamato a leggere anatomia ed istituzioni chirurgiche nell’ università di Modena, dove mancando i locali opportuni per l'insegnamento, chiese ed ottenne da quel Duca Francesco III. che si erigesse dalle fondamenta e con incere- dibile sollecitudine un conveniente Istituto Anatomico che ancora si am- mira in quella università. Nel 1783 lo Scarpa venne chiamato alla cattedra di anatomia nella università di Pavia, e in proposito feci notare che se il passaggio fatto da Modena a Pavia si deve ascrivere indubbiamente e prima d’ ogni altra cosa al suo forte ingegno ed alla feconda sua attività scientifica, tuttavia non si deve dimenticare quanto v’abbia contribuito ancora il suo incontro fatto antecedentemente (nel 1781) a Parigi col Cav. Ales- sandro Brambilla di Pavia, allora Archiatro di Giuseppe II. e influen- tissimo alla Corte di Vienna; chè anzi si può ritenere, con molta i ì vu > Mor probabilità di non errare, che il Brambilla, il quale disponeva, si può dire, a suo talento delle cose di questa università, non avrebbe forse pensato allo Scarpa per coprire la cattedra di anatomia a Pavia, se non l’avesse prima conosciuto personalmente fra dotti che usarono ; allo Scarpa sommi riguardi e gli tributarono molte lodi. — Di fatto fu ; durante la sua dimora in Parigi che lo Scarpa approfittando della favo- revole occasione d’ essere ammesso alle sedute della Società reale di Medi- cina presentò a quell’ illustre consesso un sunto della sua opera sull’organo dell’olfatto (che venne alla luce completa alcuni anni dopo) unitamente o ai disegni e che ne ottenne generale approvazione come di cosa nuova e meritevole del titolo di anatomica scoperta (1); e in quel tempo appunto trovavasi a Parigi anche il Brambilla, e là in quell'occasione conobbe lo Scarpa. i A Pavia lo Scarpa si trovò subito, per rispetto ai locali, in condizioni molto simili a quelle che aveva incontrate a Modena, ma anche qui, fat- tone reclamo al governo, ottenne che si costruisse l’attuale Istituto, compresovi il magnifico Anfiteatro anatomico (2) che è ancora la scuola più sontuosa e più capace dell’ università di Pavia. Lo Scarpa inaugurò questo teatro anatomico precisamente 1’ ultimo del mese di ottobre 1785, con un discorso latino mirabile per innova- zioni profittevoli e per venustà di linguaggio (3). Quel discorso co- I mincia così: a Se fu costume degli antichi popoli e delle prische na- » zioni di celebrare con apparato magnifico l’erezione di quei teatri che » a null’altro servivano che a vanitosi spettacoli; ben,deggio riputar » voi felici, o benevoli ascoltatori, perchò un avventuroso cambiamento » di tempi e di secoli vi abbia raccolti a solennizzare l’ apertura di (1) Vedi Cenni sulla vita e sulle opere del Cav. Antonio Scarpa del Prof. LuiGI SCARENZIO Op. cit. pag. 349. (2) Secondo Paolo Sangiorgio (Cenni storici sulle due università di Pavia ecc. Milano 1881, pag. 439) è stato Francesco I. che fece eseguire, sui disegni e sotto la direzione dell’ Ingegnere Architetto Giuseppe Marchesi, la pressochè - totale rinnovazione del Teatro anatomico, col rifacimento in tutt'altra forma e dell’interna decorazione. Sotto il loggiato dell’ università e sopra la porta d’ingresso all’ aula ana- tomica si legge la seguente iscrizione : SCHOLA . ANATOMICA THEATRO . OMNIQUE . ADPARATU ET . QUIDQUID . SIVE NATURA . SIVE . ARS AD . HUMANI . CORPORIS . FABRICAM EXPLORATIUS . NOSCENDAM . EXHIBENT INSTRUCTA. (3) Antonti Scarpa in solemni Theatri Anatomici Ticinensis dedicatione Oratio. : Habita. prid. kalend novemb. ann. MDCCLXXXV. Zicini MDCOCCIV ea Ty- pographia Bolzani. È 95 » questo, che non più ai combattimenti d’immani belve, nè all’ umana » carneficina, ma sibbene alla cultura delle scienze ed ai misteri delle » arti qui si estolle. Per lo che, a senno mio, sommo è il senso di » stupore che si risveglia al vedere da sì fastosa magnificenza di questa » Università non andare disgiunta la ‘cultura d’ogni umano sapere, ed » anzi esser sorta in sì breve tempo qual perenne istrumento di arti » liberali: ed a me in ispecie offre motivo di segnalato tripudio, perchè » fossi prescelto a mostrarvi nell’odierna solennità come arridesse ai » voti della facoltà anatomica la concessale autorità, decorata con libe- » ralità regale di ogni sorta di ornamenti e soccorsi, di dignità incom- » parabile. Posciachè nulla monta che in assai luoghi sorgessero illustri teatri per dimostrazioni anatomiche, ove mi è data ampia facoltà di negare che in veruna parte mai altrettale ad occhio umano si offrisse per sontuosità di suppellettili ed istrumenti al pari che per copia di ca- daveri. Nè solo per l’ esecuzione delle più squisite e delicate inda- gini, ma neppure per rinnovare le più grossolane preparazioni, nego che l’anatomia ottenesse mai altrove tanta copia di mezzi e tanta li- » bertà » (1) come qui. Ecco il primo avvenimento di questo Istituto, cui alludeva poc'anzi. L’esordio che lo Scarpa preponeva ad una storia critica dell'anatomia, argomento felicemente svolto nel processo del discorso, aveva il chiaro e preciso intento di dimostrare che in quel tempo l’istituto anatomico dell'università di Pavia, eretto sopra un piano escogitato da Scarpa, era il primo d’Europa per bellezza, ampiezza, comodità, ricchezza di mezzi e sontuosità di ornamenti. E per comprovare il giusto apprez- zamento che lo Scarpa faceva di questo Istituto e per dare una idea di ciò di cui allora egli poteva disporre, volli accennare che gli scaffali destinati a custodire i preparati erano non solo decenti, ma ornati e inverniciati coll’oro: e d’oro inverniciati ancora gli artistici piedestalli dei preparati, gli intarsiati sostegni e i coperchi dei vasi: da per tutto non decoro soltanto, ma vero lusso. Poco dopo, nel 1787, allo Scarpa venne affidato anche l'insegnamento della clinica chirurgica, la quale venne da lui iniziata con le grandi operazioni eseguite nello spedale in presenza della scolaresca (2). In seguito allestì, e si può dire fondò, i Gabinetti di anatomia nor- male (iniziato dal Rezia), di anatomia comparata (organizzato dallo Spal- lanzani), di anatomia patologica (fondato da Gian Pietro Frank). Continuò ad istruire nell’anatomia fino al 1803, cedendo poi questa cattedra a Santo Fattori predecessore del Panizza, ma conservando però de e (1) Traduzione per cura del Dott. Pietro Vannoni (Opere del Cav. Anteaio Scarpa, prima edizione completa in cinque parti divisa, colla traduzione delle opere latine e francesi, ecc.) - Firenze 1838. Parte quinta, pag 528. (2) Memorie e documenti per la Storia dell’Università di Pavia. Op. cit. — Parte I.°, pag. 227. 96 l’insegnamento chirurgico fino all'anno 1812, in cui passò nel numero dei professori emeriti. Venne poi nominato Direttore della facoltà me- dica, carica che egli conservò fino alla fine, benchè passasse la massima parte del tempo nella sua villa di Bosnasco. | Accortosi dell’avvicinarsi del fine della sua vita lo Scarpa si trasferì in Pavia dove morì, il 81 ottobre (1) 1832, nella casa posta in Con- trada S. Michele, ora onorata col nome appunto di Via Scarpa, quasi rimpetto al fianco meridionale della Chiesa di S. Michele, al num. 853 (3 nuovo). Non potendo per la ciscostanza discorrere delle opere dello Scarpa, d’ altronde conosciutissime, dovetti accontentarmi di mostrarle nella scuola agli studenti, notando come esse trattino argomenti svariati delle mediche discipline, non che di belle arti, e come esse vadano segnalate per importanti scoperte anatomiche e pratiche, giacchò saranno sempre ricordati e l'umore di Scarpa (endolinfa), e il timpano secondario di Scarpa (membrana della fenestra rotonda), e il nervo naso-palatino di Scarpa (nervo del setto delle fosse nasali), e il triangolo di Scarpa (parte supe- riore della regione crurale anteriore) e varie altre. Le opere di Scarpa possiedono poi l'impronta della più scrupolosa esattezza delle osserva- zioni e sono rese ancora più facili ed accessibili all'intelligenza dalle magnifiche tavole che riproducono il vero colla più fedele e nitida natu- ralezza: ricche di sani precetti ed utili ammaestramenti pratici; severe e nello stesso tempo piacevoli per la sobrietà, acutezza e profondità delle considerazioni; scritte con eleganza d’eloquio e però desiderate anzi ambite dai medici, dai dotti e anche dagli artisti, poichè lo Scarpa trattò anche di belle arti con competenza e buon gusto: eccitai quindi i giovani che avessero la nobil brama di conoscere la sapienza dello Scarpa, e leggere queste sue opere e meditarle. Approfittai dell'opportunità di questo momento per ricordare inoltre che lo Scarpa era non solo abilissimo dissettore, ma che sapeva dare inoltre ai suoi preparati e a’ suoi disegni un’eleganza tutta particolare, perchè era artista: egli maneggiava il bisturi, la matita e la penna colla stessa facilità con cui usava la parola. In proposito e a conferma di ciò, presentai agli studenti, oltre alle opere, alcuni preparati e due disegni originali dello Scarpa, quelli stessi che egli mostrò alla Società reale di Medicina di Parigi durante il suo primo viaggio scientifico (2); (1) Altra singolare coincidenza di date; era precisamente il 81 ottobre quando lo Scarpa inaugurava, 49 anni prima, il Teatro Anatomico. (2) Lo Scarpa fece tre viaggi principali; nel primo, compito a spese del Duca di Modena, si fermò per circa un biennio (1780-1781) a Parigi e a Londra. Nella prima città conobbe appunto Vicq-d’Azyr, Brambilla ed altri uomini rinomati. A Londra poi si può dire che lo Scarpa fece vita coi celebri fratelli Hunter, dai quali apprese l’arte di injettare a mercurio i vasi linfatici, arte che, perfezionata dalle mani di Panizza, doveva poi arricchire ed illustrare cotanto il Gabinetto anatomico dell'università di Pavia. Nel secondo viaggio (1783-84) lo Scarpa ebbe a compagno Alessandro 97 e che furono spontaneamente annotati e firmati dal celebre Vicq-d’Azyr, segretario di quella Società. Questi due preziosissimi disegni furono do- nati dallo Scarpa stesso al suo egregio amico Prof. Luigi Scarenzio (1) e a me cortesemente regalati poi dal figlio Prof. Angelo Scarenzio con gentilissima lettera accompagnatoria, e resteranno per sempre ammira- bile proprietà dell’Istituto che ho ora l’onore di dirigere. Perchè lo Scarpa visse solitario e taciturno, e per quel suo fare duro, severo e sprezzante, si rese poco amabile, sì che nei momenti più biso- gnevoli di aiuto e di assistenza venne abbandonato quasi da tutti. Il Cairoli e il Panizza soltanto non l’ abbandonarono mai, Panizza spe- cialmente con animo affettuoso e riverente assistette fino all’ultimo l'illustre infermo, del quale serbò poi sempre memoria grata e devota. Non appena lo Scarpa fu sepolto, venne si può dire dimenticato dal pubblico; intendiamoci: l’uomo fu dimenticato, non lo scienziato, poichè questo visse e vive di luce propria, sfidando le ire procellose del secolo e trionfando sempre. Ma l’uomo, ripeto, venne dimenticato, ed è per questo che ancora adesso si ricerca invano nel recinto maestoso del nostro Ateneo un monumento di riverente omaggio degno di lui. In vita 8’ ebbe distinzioni e onori d’ogni natura, e dopo morte solo un busto (che trovasi nella scuola), opera egregia di Ger. Busca, ci rappresenta fedelmente l’immagine dell’insigne maestro severo, calmo, pensoso. E così dello Scarpa non si ricorda più che lo scienziato valente, il quale da un secolo spande la benefica luce del suo sapere a vantaggio del- l’umanità, e però noi tutti, particolarmente di questa scuola, dobbiamo a lui onore e riconoscenza somma per essere stato insigne anatomico e insigne chirurgo nel laboratorio, nella scuola, nella clinica, negli scritti, nei disegni. Dobbiamo riconoscere in lui il capo-scuola dell’anatomia e della chirurgia nella nostra Università: il fondatore di questo Istituto intiero e particolarmente poi del Museo, il quale benchè iniziato dal Rezia (2) suo predecessore, s° ebbe però dallo Scarpa incremento consi- derevole (3) e sistematica coordinazione — e riconoscenza ancora noi gli dobbiamo per aver legato a questo Istituto le opere del suo ingegno Volta, col quale, provveduto generosamente di mezzi pecuniari dall’ Impero d’Austria, visitò le Università di Vienna, di Praga, di Dresda, di Lipsia, di Gottinga ed altre ancora Il terzo viaggio, fatto assieme al celebre Dott. Mauro Rusconi nel 1820, fu destinato all'Italia centrale e meridionale a scopo principalmente artistico. (1) Vedi Cenni sulla vita e sulle opere del Cav. Antonio Scarpa, op. cit. pag. 349. Nota (1) (2) Giacomo Rezia allestì 29 preparazionitanatomiche che vennero trasmesse a Scarpa, il quale le illustrò poi sul suo Index qui sotto citato. (3) 389 furono le preparazioni lasciate da Scarpa, le quali, unite a quelle di Rezia, vennero dallo stesso Scarpa elencate, ordinate e disposte sistema- ticamente in appositi scaffali e illustrate nell’ /ndeg rerum Musei Anatomici Ticinensis, pubblicato nel 1804. 3 che si conserva con religiosa cura nel Gabinetto da lui cotanto predi- letto. Per tutto questo, e per altre considerazioni di ordine morale e sociale, non possiamo che ’assentire e applaudire anzi alla proposta fatta ultimamente anche dal Prof. Rampoldi della nostra Università, di aprire una pubblica sottoscrizione per raccogliere i mezzi coi quali erigere nel nostro Ateneo un monumento allo Scarpa degno della sua fama e del suo valore. II. Il secondo avvenimento secolare e memorabile per la nostra scuola che volli ricordare, si fu la nascita di BARTOLOMEO PANIZZA, altro lumi- nare delle scienze naturali, e professore illustre della nostra Università. Panizza nacque a Vicenza il 15 agosto 1785, precisamente nello stesso tempo in cui lo Scarpa si preparava a inaugurare questo Teatro ana- tomico, nel quale doveva risuonare lungamente la severa e dotta parola di tutti e due. Panizza dotato -d’ingegno robusto, d’animo retio e sensibilissimo, percorse dapprima una vita agitata frammezzo alle procelle dei tempi, O) ALI di poi tranquilla e serena consacrata tutta all'insegnamento, allo studio e . alla famiglia, lasciando una traccia luminosissima e cara della sua mente eletta, della sua efficace operosità e del suo grande amore alla scienza, alla gioventù e alla patria. Tempra d’uomo antico per rettitudine di azioni e per fierezza di carattere, studiò prima a Padova sotto la guida di Leopoldo Caldani e di Vincenzo Malacarne ; là si innamorò del- l'anatomia, conobbe le sue attitudini e sentì la sua vocazione, come egregiamente si esprime il Prof. Andrea Verga, che fu del Panizza sco- laro e amico prediletto quanto felice e insuperabile biografo (2). Con- seguita la laurea in chirurgia a Padova passò a Bologna e poi a Firenze, dove potò avvicinare anche il celebre Mascagni, coltivando sempre con predilezione l’anatomia e la chirurgia. Nel 1809 si recò a Pavia, dove sì strinse in singolare amicizia con Maurizio Bufalini, amicizia che durò viva e intensa per tutta la vita, e dove Panizza, benchè laureato ed esperto nelle varie branche delle mediche discipline, si inscrisse senz'altro fra gli studenti di Medicina (3). Qui assistiva con particolare interesse (1) Vedi Za tesla di Scarpa descritta dal Prof. Giovanni Zoja. Op. cit. (2) Sulla vita e sugli scritti di Bartolomeo Panizza, relazione letta innanzi al Reale Istituto Lombardo dal Dott. AnprEA VERGA. - Tipografia di Giuseppe Bernardoni, Milano 1869, pag. 4. (3) Panizza trovasi inscritto fra gli studenti di medicina e chirurgia al N. 67 del Catalogo Generale degli studenti del 1808-1809 (Archivio del Retto- rato dell’Università di Pavia): e dal Registro dei signori studenti della Facoltà Medica — Libro IIl, N. 9, nella lista delia lettera 2. si rileva che egli fu Lau- reato in Medicina il 15 giugno 1809 — e dal Cafz/ogo, che comincia col 1771 dell’Archivio suddetto, si rileva ancora che il Panizza venne licenziato in chi- rurgia il 10 giugno 1811. 99 alle lezioni del Cairoli, del Volpi, ma principalmente a quelle dello Scarpa, il quale in quel tempo aveva ceduta l'anatomia al Fattori, con- servando per sè la sola chirurgia. Nelle vacanze passava all’ Ospitale Maggiore di Milano per allargare sempre più le sue cognizioni di ana- tomia e di chirurgia colla scorta del Monteggia e del Paletta, illustri chirurghi di quel grande nosocomio. Per un complesso di circostanze si arruolò volontariamente nell’eser cito nel 1812, e col grado di chirurgo militare partì colla grande ar- mata di Napoleone per alla volta della Russia. Partecipò di quelle vi- cende gagliarde e disastrose; fu prigioniero a Wilna, poi internato e re- legato a Tamboff. Allo scambio dei prigionieri, verso la metà del 1814, il Panizza ritornò libero, e riprese tosto i suoi studii interrotti a Milano e poi a Pavia ancora, dove lo Scarpa, che già lo conosceva, vide nel Panizza quel che Morgagni aveva veduto in lui, e in breve propose e invitò Panizza ad assumere l’ insegnamento dell'anatomia allora vacante per la partenza del Fattori per Modena, e lo eccitò a concorrere a que- sta cattedra. Il Panizza, veramente modesto, si turbò non poco alle pa- role dello Scarpa, ma infine si piegò accettando prima, nell’ottobre 1815, la supplenza della cattedra, e poi, vinta la prova del concorso, la no- mina definitiva di Professore titolare nel 1817. Egli sostenne vigoro- samente e con plauso universale l’ insegnamento dell’ anatomia per 49 anni di seguito, cioè fino al gennaio 1864, in cui chiese e ottenne il ben meritato riposo. Finchè visse lo Scarpa, il Panizza fu sempre a lui il più vicino e il più devoto de’ suoi scolari: egli assistiva il suo maestro in tutto ciò che poteva esser a questo di utilità o di gradimento. Egli risparmiava allo Scarpa l’incomodo di trasferirsi dalla sua villa di Bosnasco a Pavia per vedere certe condizioni di fatto, per stendere alcune sue memorie: Pa- nizza faceva e faceva molto bene le sue veci, sciogliendo nettamente tutti i problemi anatomici, fisiologici e chirurgici che a volta a volta gli proponeva, senza tanti riguardi, lo Scarpa. Parecchie lettere, tre delle quali pubblicate dal Verga (1), provano una volta di più la confi- denza e la fiducia che aveva lo Scarpa nel Panizza non meno che la de- vozione e la deferenza di questo per il suo maestro; e non vi fu cura, come si esprime il Verga, non attenzione, non fatica con cui il Pa- nizza non abbia procurato di attestare la sua viva gratitudine allo © Scarpa, in tutto il tempo che visse lavorando: e anche allora quando afflitto da grave malore, più bisognoso di prima di pietosa assistenza, stava per finire i suoi giorni gloriosi, Cairoli e Panizza erano dei po- chissimi, i soli, che prestassero le più solerti cure all’illustre in- fermo, e il Panizza poi rimase fido al suo letto finchè esalò l’ ultimo ‘ sospiro. — Panizza possedeva in eminente grado il sentimento della ge- nerosità e della gratitudine. (i) Mem. cit. pag. 101, 104. Panizza fu insegnante e maestro impareggiabile, così come scienziato illustre ed efficace. Come insegnante egli aveva un prestigio tutto suo per incatenare l’ attenzione del pubblico sul quale esercitava un vero fascino, sapendo egli trasfondere efficacemente le sue convinzioni e il suo fervore per le scienze naturali e per l’anatomia descrittiva ed applicata nel nume- roso e riverente uditorio raccolto in questo anfiteatro, inculcando ognora la severità nell’osservare, il cauto procedere nelle ricerche e negli espe- rimenti (1) e l’amore vivo al vero, al giusto e al bello. Come scienziato agitò e sciolse problemi delicati di fisiologia speri- mentale, della quale Panizza per molt’anni fu in Italia uno dei più il- lustri e autorevoli rappresentanti. Fra i molti e più felici risultati spe- rimentali accennai a quelli sull? assorbimento venoso e sulle ricerche spe- rimentali sui nervi, toccando particolarmente di quelli che si distribui- scono alla lingua, poichè con questi dimostrò in modo irrecusabile, al lume di rigorose quanto ripetute prove, non solo che i nervi che vanno a distribuirsi alla lingua presiedono a differenti funzioni, ma determinò nettamente a quale funzione ciascun nervo presieda. — E in proposito citai anche le parole di Verga dove dice che nessuno or più contende al Panizza V onore della prima rivelazione esperimentale delle funzioni gustatorie del glosso-faringeo, tanto che i Professori Inzani e Lussana proposero di chiamarlo NERVO GUSTATORIO DEL PANIZZA (2). Allargò sensibilmente la sfera delle cognizioni in molte branche del- l'anatomia comparata, specialmente colle classiche sue opere: Osserva zioni antropo-zootomico-fisiologiche ; sopra il sistema linfatico dei rettili, e varie altre, dalle quali traluce tutta la verità che procede dal rigore delle investigazioni e dalla testimonianza dei fatti, illustrati con tavole stupende. E qui giova ricordare come l’accademia di Francia, premiato che ebbe il Lippi per un lavoro sopra il sistema linfatico , premiasse poco dopo il Panizza che confutava precisamente le osservazioni del Lippi. Ciò vuol dire che le dimostrazioni del Panizza persuasero a rico- noscere il proprio errore quel celebrato consesso, il quale l’emendò ap- plaudendo al Panizza e confessando solennemente il proprio sbaglio. Ma le opere del Panizza sui linfatici non contengono solo le confutazioni del Lippi, ma altri fatti originali di pregio inestimabile (3). Così, per citarne un solo, gli autori ricorderanno sempre le vesciche pulsanti lin- fatiche scoperte da Panizza ai lati del sacro negli uccelli. Le osservazioni sulla circolazione del sangue nei crocodili portò il nostro illustre maestro alla scoperta di una comunicazione tra due tron- chi vascolari, che ora è conosciuta nelle opere zootomiche sotto il nome di foramen Panizze. (1) Vedi Memorie e Documenti per la Storia dell’ Università di Pavia. — Pa- via, 1878. Op. cit. Parte I.* pag. 264. (2) Sulla vita e sugli scritti di Bartolomeo Panizza op. cit. pag. 382. (3) Verga op. cit. pag. 24. pe SA ALT oi nil 1.0 | fi ARA 7 sie RT Ù SIA 101 Opere d’altro argomento e pur tenute in alta estimazione dagli ocu- listi (perchè bisogna sapere che Panizza diresse per ben due anni anche la clinica di Oftalmologia), sono sul fungo midollare dell’ occhio, colla re- lativa Appendice interessantissima; sulla depressione della cataratta ; sul nervo ottico (dove sostiene la molteplicità d’ origine e l’ incrociamento completo dei nervi ottici al chiasma, precisamente come fecero in que- sti ultimi tempi Michel, Mansteldamm ed altri, naturalmente senza ci- tare il bel lavoro di Panizza, edito già da 30 anni); dai chirurghi; le sue annotazioni sulla glandola parotide ; dagli ostetrici; sull’utero gravido ; dagli anatomo-patologi e teratologisti; la descrizione e 1’ interpre- tazione di parecchi mostri. Panizza trovò un gabinetto anatomico iniziato dal Rezia e allargato da Scarpa, e con l’opera sua lo portò a sì proficua e alta eccellenza, che per lui solo era ritenuto il più ricco e più ben inteso museo ana- tomico d’Italia, e però colle sue stupende preparazioni diede impulso e trasfuse in altri il pensiero di fondare e arricchire molte altre univer- sità italiane di musei anatomici, plasmati si può dire su questo anche oggi splendido e rinomato. Diresse per 25 anni la Gazzetta Medica Lombarda. Come scienziato e come professore modello il Panizza esercitò, come bene si esprime il Verga, una grande influenza sugli studiosi d’Italia. — Fu poi buono, largo di consigli e di soccorsi coi giovani operosi e promettenti (1). Il suo sapere, il suo carattere schietto, il suo animo generoso, la sua maschia e bellissima testa lo fecero uno degli scienziati più riveriti e amati dell’ Italia del nostro secolo. Morì fra il compianto generale nel 17 aprile 1867 e a lui tosto resero solenne omaggio i di- scepoli e gli ammiratori con una statua che felicemente rammenta la sua maestosa e simpatica figura nella nostra università (2), e un altro monumento non men caro e certo più duraturo di quello del marmo glielo eresse il suo devoto scolaro e amico, l’ illustre Andrea Verga di Milano, con quella impareggiabile biografia nella quale Panizza è in- ciso, scolpito e reso vivo, trasparente. III. Scarpa e Panizza vissero contemporaneamente a Pavia per circa 20 anni, ma il primo era sul declinare e l’altro per salire nel corso della vita; il primo cessava dall’ insegnamento quando Panizza cominciava; (1) Vedi anche Sw! defunto Bartolomeo Panizza. — Rimembranze dell’amico Prof. Maurizio Bufalini. Firenze, 1868 pag. 36. (Dallo Sperimentale del gen- naio 1868). Verga op. cit. pag. 76, e seguenti. (2) Vedi — 12 dè dell’inaugurazione della statua al Professore BARTOLOMEO PANIZZA. — Parole del Professore Francesco Orsi. — Milano, 1873. ua ti pera a i Lt 102. Scarpa aveva raggiunto il più alto grado della sua fama ed aveva già N È riempito del suo nome il mondo scientifico, quando di Panizza ancora bi non si udiva parlare; ardua impresa era adunque per questo solcare per TORNA acque già per molto tempo percorse da quel nocchiero sì avveduto e ce- oh lebrato. Eppure noi l'abbiamo visto spiegare la sua bandiera e appro - dare felicemente a nuovi porti, spargendo di sè fama non meno impe- ritura di quella del suo maestro. Scarpa e Panizza erano veneti entrambi; tutti e due salirono e di- scesero gloriosamente questa cattedra; tutti e due esercitarono un fa- scino senza esempio nell’insegnamento; tutti e due furono grandi nel- l'anatomia e nella chirurgia : scrissero opere celebratissime, allestirono preparati che formano e formeranno il vanto di questi gabinetti ana- tomici; tutti e due furono Rettori dell’ Università, eletti per suffragio unanime dei colleghi; entrambi furono membri dell’ accademia delle scienze di Francia e soci delle altre più accreditate accademie d'Europa: vissero e l'uno e l’altro una vita lunga e vigorosa, serbando sempre integra e lucida la mente fino all’ ultimo. — Per questo complesso di fortunate combinazioni i nomi dello Scarpa e del Panizza si unirono e resteranno congiunti per sempre nelle pagine più belle della storia della scienza, e dell’ università di Pavia. IV. Chiudeva così: Ed ora per quanto riguarda i tempi e le circostanze, non gli uomini, bisogna necessariamente riconoscere che le condizioni del nostro Istituto, ad esuberanza bastevoli verso la fine del passato e al principio di questo secolo; e sufficienti appena in seguito fin verso il 1860, da questo tempo in poi divennero sempre più anguste per modo che da un ventennio si son fatte del tutto inadatte alle esigenze dell’insegnamento, della scienza e dell’ igiene. Queste condizioni emergono chiare non appena si rifletta a molte cir- costanze, ma per esser brevi le ridurremo a tre sole: la prima si riferisce al laboratorio degli studenti, la seconda al museo, la terza alla stanza per il personale addetto all’ Istituto. Dal 1780 al 1810 il numero degli studenti di anatomia era relativa- mente piccolo; pochissimi poi quelli ammessi alle dissezioni sul ca- davere e però allora una stanza qualunque poteva bastare: c’era e ba- stava. Da quell’ epoca ai 1859 il numero degli studenti aumentò sensibil- mente, e in quel tempo le esercitazioni cadaveriche, benchè non obbli- gatorie, si allargarono di molto, ma per la ristrettezza del luogo si dovevano tenere di sera e duravano due ore tre volte alla settimana; | le dissezioni erano quasi esclusivamente riservate ai muscoli degli arti. Da quel tempo ad oggi il numero degli studenti non è certo dimi- Lie pa si Ma x Ad: 103 nuito (1), e però le condizioni rimarebbero pur sempre difficili se non sî rendessero assolutamente inaccettabili dall’ essere obbligatorie le dis- sezioni per tutti gli studenti, dall’ essere estese le dissezioni stesse a tutti i sistemi degli organi del corpo, e dall’aver prolungato prima a due e poi a tréè anni l'insegnamento dell’anatomia. Tutto concorre a re- clamare un locale conveniente per le dissezioni, e finora il locale manca. Riguardo al Museo lo Scarpa raccolse 29 preparati anatomici del Rezia, e ve ne aggiunse 389 di propri, collocandoli in una sala spe- ciale, il primo gabinetto anatomico. Panizza ereditò quella suppellettile e l’ arricchì considerevolmente, e per modo da portare i preparati stessi al N. 1231, per deporre i quali chiese ed ottenne due altre sale, l’attuale gabinetto. Dacchè ho l’onore di dirigere questo Istituto i preparati si aumentarono di oltre 1450, si che il Gabinetto anatomico di Pavia oggi possiede circa 2700 preparazioni, molte delle quali sono come accatastate nelle sale suddette; molte an- cora sono confinate in casse, mancando lo spazio per esporle allo studio. Riguardo al personale addetto allo stabilimento, ad eccezione della stanza del direttore e di due anguste stanzette per i settori {tutte e tre ingombre di scaffali e preparati), mancano i locali pei serventi, per il laboratorio comune e per i lavori speciali, come ebbi già a dimostrare anche per le stampe (2). Qui l’istituto è chiuso, non si può dilatare a levante perchè l’ osta l’ospitale, non a mezzogiorno dove e’ è una porta che divide questo da un altro museo. i È quindi giocoforza conchiudere che per dare assetto conveniente ai bisogni reclamati ora dall’ insegnamento anatomico , 1’ Istituto dev’ es- sere trasferito altrove: il non farlo sarebbe, oltrechè misconoscere i bi- sogni suddetti, fraintendere anche i precetti che ci diedero in passato i nostri grandi maestri. Alla mia voce reclamante ripetute volte da varii anni (3) si è aggiunto non è guari (4) anche quella dei vostri compagni, o giovani egregi, e però giova sperare che il reclamo conseguirà il suo scopo. (1) Per dare un’idea degli studenti inscritti alle lezioni di anatomia umana tolgo dalle mie tabelle le seguenti cifre : Anno 1884-85 — N. 249 (72 del I.° corso, 83 del II.°, 64 del III.° e 30 come corso libero). Anno 1835-86 studenti inscritti N. 265 (73 del I.° corso, 75 del II.°, 84 del III.° e 33 di corso libero). (2) Sulle attuali condizioni dell'Istituto di anatomia umana dell’ università di Pavia. (Bollettino Scientifico redatto dai Professori Leopoldo Maggi, Achille De Giovanni e Giovanni Zoja. — Anno lII. N. 4. Pavia, febbraio 1881). (3) Vedi anche la lettera indirizzata al .iinistro dell’I. P. e al Rettore del- l’ Università di Pavia nel 1881 op. cit. (Bollettino Scientifico anno e N. cit.). (4) Adunanza degli studenti di medicina nel teatro anatomico, novembre 1883, per reclamare provvedimenti efficaci al miglioramento delle cliniche e degli altri istituti medici della nostra università. — A quella seduta interven- nero il Rettore dell’ Università, il Preside e parecchi Professori della facoltà medica. Lage PIPE VOIR T Ottenuto l’invocato provvedimento abbandoneremo con dolore sì, ma per dovere questi storici luoghi, non senza però altamente dichiarare che con questo sentiamo di non mancare punto al dovuto riguardo per l’an- tico Istituto nè di riverenza a chi lo eresse e lo onorò luminosamente per molti anni; al contrario, ammaestrati dall’ esempio dei grandi che ci hanno preceduti, cercheremo di porci in condizioni sempre più fa- vorevoli onde meglio istruirci e rendere così omaggio, per quanto lo comportano le nostre forze, alla loro memoria, alla scienza e alla patria, colla moralità del lavoro. Egregi giovani, seguitemi e ovunque troverete materia per istudiare; e collo studio perseverante e calmo farete ancor più grande la madre patria, onorando in pari tempo la scuola di Scarpa e di Panizza e il vo- Stro nome. SETTIMO PROGRAMMA D’ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE COLL’ INDIRIZZO MORFOLOGICO svolto dal Prof. LEOPOLDO MAGGI all'Università di Pavia NELL’ ANNO 1883-84. (V. Quarto programma (1880-81), nel Boll. Scient. anno III. N. 2 pag. 62). 1. Dell’anatomia e fisiologia comparate coll’ indirizzo morfologico. — Definizione. 2. Materiale dell’organizzazione animale. (Corpi indecomposti e Corpi . composti inorganici ed organici. 3. Leggi di combinazioni dei corpi costituenti il materiale dell’ or- ganizzazione animale. (Leggi chimiche). — Confronto delle leggi chimi- che colle cristallografiche (legge dì razionalità degli assi). — Progressione aritmetica e geometrica — Progresso, sincopato di progressione. 4, Genesi e sviluppo del materiale costituente l’organizzazione ani- male. a) CARBONIO e sue proprietà importanti per l’ organizzazione ani- male (Teoria del carbonio). — Provenienza del carbonio. (Ipotesi e con- siderazioni relative). — Ipotesi del cianogeno. — Sua relazione colla teo- ria del carbonio. b) Composti caRBONIOSI. — Importanza dell’ acqua nei composti carboniosi. — Proprietà morfologiche dei composti carboniosi (Loro in- stabilità e semifluidità). 5. Teoria del plasson, e sostanze plassiche. — a) Plasson e sua si- gnificazione; sua natura chimica. — d) Sostanze plassiche e loro pro- prietà fisiche. --- c) Distinzione delle sostanze plassiche (Archiplasson, e Paleoplasson, —. Cenoplasson, — Protoplasson, — Metaplasson, — Proto- plasma, — Metaplasma, — Coccoplasma, — Carioplasma, — Caridioplasma tal dl 105 o plasma del nucleolo). — Il plasson e le sostanze plassiche morfologi- camente considerate. — Loro differenziazioni. — Cause delle loro dif- ferenziazioni. — Le sostanze plassiche biologicamente considerate (sono Bionti). 6. Elaborazioni delle sostanze plassiche, e loro disposizioni par- ticolari nell’organizzazione animale. a) Elaborazioni delle sostanze plassiche. — Definizione dell’elabora- zione e modo di rintracciarla nelle sostanze plassiche. ((Attività biologiche dei diversi esseri: Bacteri (elaborazioni del protoplas- son). — Protisti citodulari e unicellulari (elaborazioni del metaplasson e proto- plasma ecc.). — Metazoj (elaborazioni del metaplasma, carioplasma ecc., quindi delle cellu'e der tessuti, dei tessuti per se stessi ecc.) )). — Considerazioni in- torno alle elaborazioni plassiche dei Metazoi. (Riduzione loro a quelle dei Pro- tisti). — Considerazioni intorno alle elaborazioni plassiche dei Protisti. (f duzione loro a quelle dei Bacterj). — Le elaborazioni del protoplasson (e/250- razioni bacteriche), diventano fondamentali per l’organizzazione animale. - - Ela- borazioni delle sostanze plassiche del sangue. (Concetto del sangue. — Sua co- stituzione (emoglobina). — Suo sviluppo — Sua morfologia). — Classificazione fisiologica delle elaborazioni delle sostanze plassiche. b) Disposizioni particolari delle sostanze plassiche nell’organizzazione animale (secondo Jiger). Disposizione o natura indifferenziva (Bacteri) —; Differenziva (Moneri e Monocitari o unicellulari) —; Differenziva — adesiva (Celenterati); Differen- ziva — adesiva -- fiuidolinfogena (Vermi, Echinodermi) - ; Differenziva — ade- siva — fluidolinfogena — conchigena (Molluschi) --; Differenziva — adesiva — emoglobigena (Vertebrati): 2) — Condrigena (Pesci cartilaginei), 6) -- Osteo- gena (Pesci ossei, Batracj), \) — Cheratogena (Saurj), è) — Termogena o ca- lorigena (Uccelli e Mammiferi). = Sostanze plassiche speciali dei Protisti (Pro- tistogena), dei Cattalacti (Catallactogena), dei Gastraeadi (Gastreogena), dei Celenterati (Celenteratogena), dei Vermi (Vermogena), degli Echinodermi (Echi- nodermogena), dei Molluschi (Molluscogena), degli Articolati (Articolatogena), dei Vertebrati (vertebratogena). 7. Cause efficienti delle elaborazioni delle sostanze plassiche. i a) Causa prossima (conservazione della propria esistenza, e quindi adattazione e variabilità). b) Causa remota (Lotta per l’esistenza, e quindi selezione ed eredità). — Considerazioni intorno alla lotta delle sostanze plastiche. Progressione aritmetica delle elaborazioni. — Progressione geometrica delle sostanze plassiche. — Sproporzione tra il numero delle elaborazioni e quello delle sostanze plassiche. La lotta è conseguenza della legge del pro- gresso (progresso, sincopato di progressione). Manifestazione della lotta per l’esistenza nelle parti degli organismi, e negli organismi formati dalle sostanze plassiche (germi ed ova degli animali. — Legge di Malthus per gli uomini. — Lotta trofologica e to- cologica). Selezione delle sostanze plassiche e degli organismi da loro formati (appropriazioni per avvantaggiarsi di proprietà, colle quali vincere e so- pravvivere). i i i ù A 4 DO res] UÈ ‘de JO RA, PTANDISVATO) is A DIL: cati TAss Adattazione delle sostanze plassiche e degli organismi da loro ni mati. — Sue principali distinzioni secondo Hechel. (Diretta o sull’individuo ; indiretta o sulla prole). — Sozfodistinzioni della diretta (universale, cumulativa, correlativa, divergente, illimitata), e della in- diretta (individuale od embriologica, mostruosa, sessuale). SR Eredità delle sostanze plassiche e degli organismi da loro formati. — Sue distinzioni principali secondo Hechel. (Conservativa, o tramando anche di ciò che si è ricevuto; Progressiva, tramando degli acquisti per adattazione). — Suddistinzioni: dell’ eredità con- servativa continuativa, discontinuativa (in questa: mefagenesi ed atavismo), sessuale, (da sesso a sesso), mista, (ibridismo o meticci), sommaria o abbreviata ((egge di Fritz Miller, necrobiosi di Giard, ninfogenesi, pedogenesi); della pro gressiva (acquistata (vî entrano le anomalie), fissata (la cenogenia passa a pa- lingenia), omocrona, omotopa). Fà, Formole ereditarie (Mantegazza e Lemoigne). — Caso della infezione della madre negli animali (cavalli, majali, cani) per l’influenza cromica (Canestrini). Studio dell’ eredità nel campo medico. a) Distinzione (Eredilà fisiologica, anomala, patologica). a) Fisiologica (Longevità, Fecondità, Contegno, Incesso, Gesticolazione, Voee, Scrittura, Genio, Talento, Inclinazione al delitto, Impressioni, Voglie materne). 5) Anomala (Dita sopranumerarie, membrana interdigitale, pelle spinosa, albinismo, ipertrichosi, color dei capelli, labbro inferiore, denti incisivi medj superiori sviluppati, verruche, nei, macchie). c) Patologica (malattie ereditarie): della Pelle (psoriasi, ictiosi, emorro- filia, pytiriasis, vajolo, lebbra, macchie epatiche, tumori cutanei); dei Pel? (calvizie); dei Denti (carie); del Fegato (epatite); dei Polmoni (tubercolosi , tisi}; dei vasi sanguigni (apoplessia cerebrale); del Segue (sifilide, cancro); delle Ghiandole linfatiche (serofola, linfaticismo); dei Ren? (diabete, renella, calcolo); degli Organi genitali (ipospadia y7); delle articolazioni (gotta, rachi- tismo); del sistema nervoso (psicopatie, follia, epilessia, isterismo, ipocondria, cretinismo); degli Organi dei sensi: Occhio (cataratta, cecità diurna e not- turna, miopia, strabismo, daltonismo, palpebre pendenti, lunghezza di alcuni peli delle sopraciglia). Orecchio (sordità). B Classificazione delle malattie ereditarie in relazione alle leggi empi- riche dell’ eredità. a) La maggior parte delle malattie appartiene all’ eredità acquistata. — 6) Altre all’eredità fissata (fisî, pazzia, carie); all'eredità omocrona (gotta, tu- bercolosi, epatite, carie, epilessia, isterismo, ipocondria); all'eredità omotopa (cal- !, vizie, pytiriasis, macchie epatiche, pigmentali, tumori cutanei). c) Alcune aequi- | state passano ad eredità conservativa: Discontinua (fudercolosî); sessuale (200- spadia); mista (s‘filide). — d) Altre appartengono all’ eredità sommaria 0 ab- breviata (linfuticismo, rachitismo, isterismo, nevrosismo). — In quest’ ultime ma- lattie (1mportanza della costituzione morfologica dell’ organismo). — e) Malattie FANS che appartengono all’ atavismo, nell’ eredità conservativa, discontinua (dege= nerazione grassa, ateroma , stato canceroso, sclerosi). — Gravità dell’ afavismo in patologia (rzforno allo stato indifferente, e quindi variabilità, adattazione; nei casi di eredità, questa diventa continua). Ipotesi e considerazioni risguardanti la spiegazione dei fatti della * eredità. VETO 7 PIA MIR 4 METRI uv < x x 107 a) Ipotesi. (Unità fisiologiche di Spencer — Pangenesi di Darwin — Dinamogenesi di M. Royer. — Rigenerazione e conservazione delle mo- lecole organiche di Elsberg. — Perigenesi dei plastiduli di Hrwckel (Di- stinzione fra i plastiduli Heckel e î piastiduli mihi). — Esalazioni speci- fiche ed aromi di Jiger). — bd) Considerazioni. Queste ipotesi dimostrano la necessità di elementi formatori, più piccoli di quelli che si conoscono; quindi probabilità di particelle vive o 20m0rj. La probabilità aumenta per l’esistenza degli afuner:i e per il calcolo di Giorgio Darwin intorno al numero delle molecole in un cubo di vetro o di acqua di un diecimillesimo di linea (sfa îra 16 milioni dè milioni e 131 mila milioni di mi- lioni di molecole). Le malattie ereditarie e le ipotesi risguardanti la spiegazione dei fatti del- l'eredità. (Malattie microparassitarie - Gemmule, plastiduli o biomorj del mierobio. —- Elaborazione patologica delle sostanze plassiche). 8. Struttnra delle sostanze plassiche. e considerazioni relative alla loro reticolazione, a) Struttura delle sostanze plassiche - Sfafo denso del protoplasson, ossia mancanza di una struttura visibile cogli attuali mezzi di osservazione. — £e- ficolazione del metaplasson osservata nel nucleo delle Ozytriche; e del proto- plasma, nel corpo delle Amzde. — Esseri in stato di reticolazione permanente (Myxodictium sociale). — Il Mycrodictium, superiore e quindi posteriore alla Protameba, che finora non fu veduta in stato di reticolazione. — La reticola- zione è secondaria ad uno stato denso. — Applicazione al microcosmo dei con- cetti tratti dal macrocosmo; quindi possibilità anche di reticolazioni invisibili (reticolazione biomorica del protoplasson). —- Lo stato apparentemente denso sa- rebbe proprio dei germi allo stato di vita latente (gemme, spore, 0va, zoospori, nemaspermi); lo stato reticolato invece è dell’essere attivo (compreso il germe attivo), autonomo, il quale rispetto all’antecedente è sempre in stato sociale, la cui disposizione è reticolata. — Origine della reticolazione (dalla vacuoliz- zazione plassica fissata). — La reticolazione delle sostanze plassiche durante lo sviluppo individuale (orfogenia). - La disposizione regolare dei granuli plas- sici, è pure l’espressione della reticolazione delle sostanze plassiche /Sphero- tilus natans, Urocystis, Vescicola germinativa (nucleo) dell’ovo degli Echinodermi, ecc.) - Fenomeni della vescicola germinativa prima, durante e dopo la fe- condazione (cartolisi 0 figure cariolitiche, aster, amfiaster, stelle molecolari). — Pronuclei femminile e maschile. —- Nucleo di segmentazione — Fenomeni del vitello o protoplasma (mefaplasma) dell’ovo (disposizionerregolare e reticolazione). - Fenomeni del nucleolo secondo Auerbach (vacwolizzazione). - Rete del nu- cleo — Fenomeni del nucleo durante la divisione delle cellule embrionali (vegetali) secondo Strassburger, (animali) e dei globuli sanguigni (rossi), se- condo Bitschli, Flemming, ecc. e del nucleo delle cellule in genere (carzo— cinesi). — Conclusione. (Stato denso, primitivo, germinale della materia vivente; da cui, per vacuolizzazione, che è un fenomeno inerente alla vita della materia vivente, si ha la formazione dei biomori o particelle vive (invisibili), e quindi stato biomorico della materia vivente; dal quale, formazione del bioplasson (re- ticolato rispetlo all’antecedente, ma reticolazione invisibile, biomorica; denso rispetto al susseguente, e quindi in stato di materia germinale riguardo a tutte le sostanze plassiche che ne derivano, - Dal bioplasson, per vacuolizzazione, si passa al bioplasma reticolato visibilmente (mediante il microscopio), - Con Ade DJtETza Re Use ORIO rd igio RUE O TAN 108 "7 aa questa modalità tectologica s’ incomincia l’ architettura dell’organizzazione, edi è anche con essa che si manifestano, sotto forma di granuli visibili, i germi invisibili delle malattie). -- Considerazioni (Za chiazza chiara della vescicola germinativa, è un atavismo del bioplasma, che ritorna bioplasson indifferente pri- mitivo, derivante dallo stato biomorico, formato dalla materia ovarica e testicolare; ed in cui devono trovarsi î biomorj fisiologici e patologici dati dall’ essere gene— ratore, t quali, sviluppandosi formeranno l'essere generato palingeneticamente e cenogeneticamente simile al generatore). b) Considerazioni relative alla reticolazione delle sostanze plassiche. Sostanza e struttura. (La sostanza per la sua vacuolizzazione e quindi reti- colazione, viene ad avere una struttura. - La reticolazione pertanto è la prima | modalità architettonica). — Sostanza e associazione. (La reticolazione è già per sè stessa un’associazione. -— Solidarietà ed indipendenza delle parti associate, per il progresso). — Sostanza ed individualità. (La sostanza essendo reticolata, ossia avendo una struttura, ossia essendo già per sè stessa un’associazione, ne consegue che anche una porzione limitata di sostanza (individualità), per sè stessa un’associazione di granuli plassici; quindi il concetto di indi- vidualità è inseparabile da quello di associazione, quindi anche da quello di progresso). 9. Individualizzazione ortologica delle sostanze plassiche, e loro stati biontologici evolutivi. a) Individualizzazione ontologica delle sostanze plassiche. — Prima individualità plassica (Protonte, Protobionte, Morfonte, Microbio o Bac- terio: Micrococco). — Stato sociale di questa prima individualità, mor- fologica e fisiologica ad un tempo (Mono, diplo, strepto, petalo, glia- cocco). b) Stati biontologici evolutivi delle sostanze plassiche; ossia stati biologici evolutivi dei bionti in generale (Teoria biontologica). — AUTO, Sin, Gono, ARCHI, PALEO CENO-BIONTE; e quindi stati evolutivi della vita (Auto, Sin, Gono, ARCHI, PALEO e CENO-BIOSI). — Stati biologici evolutivi dei bionti in particolare, ossia dei Bacterj, dei Moneri, dei Lo- bosi, dei Catallacti, dei Gastreadi, degli Idroidi, dei Celenterati (Medusa) ece.; in altri termini sviluppo della teoria biontologica (Si cerchino gli AUTO, Sin, e Gono-BACcTERI, e così delle altre classi (MonERI, LOBOSI, ecc.); poi considerando queste classi come CENOBIONTI, si ricerchino i loro ARCHI e PALEO-BIONTI, quindi ARCHI e PALEO-BACTERJ, ARCHI © PALEO-MONERI; e va dicendo delle altre. Dopo il primo Archibionte, ossia dopo l’Archibionte delBacierio (pl48502), il paleobionte dell’antecedente, diventa l’archibionte del susseguente; quindi il paleobionte del Bacterio (protoplasson), diventa l’ archibionte del Monere, e così di seguito. Genealogia dei bionti. Nel paleobionte, è dove si trova il sinbionte, il quale diventa l’archibionte del susseguente ossia del Cenobionte; questo Cenobionte è il bionte attuale, ossia l’Autobionte, ma è posteriore al primo, quindi è un Metabionte; per cui: Archibionte (Profobionte), Sinbionte (paleobionte), Gonobionte, Cenobionte, (Aufobionte, e per la sua posterità: Metabionte). — Ripetizione dei medesimi TA LIME ID RISE PESO LE 109 stati biologici, evolutivi, entro gli ordini, i generi, le specie, le parti di un organismo (carzolisi e cariocinest). Causa efficiente degli stati biologici evolutivi dei bionti. (È il loro stato sociale, la cui causa efficiente è una progressione; quindi la progressione (da cui, per sincopato, progresso), diventa ancora la legge fondamentale della morfologia (Zegg? morfologica 0 della formazione)). Applicazione della teoria biontologica, alla costituzione anatomo-fisio- logica degli organismi ; ossia, le parti di un organismo in confronto cogli stati biologici evolutivi dei bionti od esseri viventi. — Costituzione ana- tomo-fisiologica degli organismi (Apparecchi, sistemi, organi, tessuti, cellule). Tutti gli esseri viventi sono formati da parti, che possono essere ricon- dotte tutte ad un medesimo tipo: la cellula. Unità anatomica, fisiologica, morfologica e patologica della cellula (Teoria cellulare). — Biontologia della cellula. La cellula è un essere vivente, che paragonata ad un Amgba è un Ameba non liberamente vivente (/excoczto); paragonata agli organismi unicellulari è un organismo unicellulare non liberamente vivente, o, con linguaggio bionto- logico, è un organismo unicellulare allo stato parziale (s:ndz0nze), che si trova a far parte dei tessuti; paragonata ad un ovo, è un organismo unicellulare allo stato virtuale (gonodionte). — La cellula liberamente vivente (aufodionte), è al di fuori degli organismi pluricellulari. — Da qui la necessità di distin- guere gli orga nismi Pluricellulari dagli Unicellulari. - L’Istologia si occupa della cellula degli organismi pluricellulari. - La Protistologia si occupa della cel- lula degli organismi unicellulari. - La cellula degli organismi, unicellulari, è la cellula per sè stessa, liberamente vivente (Aufobionte); quella dei pluri- cellulari, è la cellula allo stalo di sendionte (tessuti) e gonobionte (ovocellula primitiva (protovo), e cellule embrionali, ecc.) — Stati biontologici evolu- tivi della cellula, (Auto, Sén, Gono-cyta), dai quali: stati evoluivi della vita (biologia) della cellula (Auto, Sin, Gono-biosi della cellula). Biontologia dei tessuti. (I tessuti sono aggregati di cellule, ossia di organismi unicellulari allo stato parziale (.S7ncyta), della medesima natura (associazione omogenea), il cui stato liberamente vivente è nella Magosphera planula p. es., quello parziale è negli organi (aggregati di tessuti), e quello virtuale è nella Planula. La Ma- gosphera planula, è un tessuto liberamente vivente; un /essufo è una Mago- sphera planula, non liberamente vivente (a/lo stato parziale). La planula, è una Magosphera, come anche è un fessuto allo stato virtuale. Biontologia degli organi. (Gli organi sono aggregati di tessuti, ossia di organismi unicellulari di di- versa natura (4ssociazione eterogenea); il cui stato liberamente vivente è nel Gastrophysema, Dicyema, ecc., quello parziale è nei sistemi di organi (aggre- gati di organi), e quello virtuale è nella Gastrula. Il Gastrophysema è un organo liberamente vivente; un organo è un gastrophysema non liberamente vivente. La Gastrula è un gastrophysema, come anche un organo allo stato virtuale. Biontologia dei sistemi. (I sistemi sono aggregati di organi, ossia di diversi tessuti, ossia di diversi organismi unicellulari; quindi sono un aggregato di associazione omogenea ed eterogenea di organismi unicellulari; il cui stato liberamente vivente è nel - pel l’HAydra, quello parziale negli apparecchi, (aggregati di sistemi), e quello sistema di organi allo stato virtuale, Biontologia degli apparecchi. (Gli apparecchi sono aggregati di sistemi, ossia aggregati di aggregati di as- sociazioni omogenee ed eterogenee di organismi unicellulari, il cui stato libera— mente vivente è nella Medusa (tra i Celenterati), quello parziale nei Metazoî superiori ai Celenterati (aggregati di apparecchi celenteratici), e quello virtuale nella Snhydrula. La Medusa è un apparecchio fisiologico liberamente vivente, un 4pparecchio fisiologico è una Medusa non liberamente vivente. La SnAydrula è una Medusa, come anche è un apparecchio fisiologico allo stato virtuale). — E così di seguito. — Ogni organismo superiore è un’ associazione di organismi inferiori). Ulteriori progressi della teoria cellulare (Citodi e teoria citodulare ; plastiduli e teoria plastidulare. — Teoria generale dei plastidi, o forma- tori dell’ organizzazione animale). — Biontologia dei citodi. — Bionto- logia dei plastiduli. — Biontologia dei plastidi. (Tutti gli antecedenti, sono plastidi o formatori rispetto ai susseguenti, es- sendo i susseguenti un aggregato di antecedenti). Nomenclatura morfologica delle parti di un organismo. Sostituzione ai nomi antichi, anatomo e morfo-fisiologici (Plastide, Plasti- dulo, citode, cellula, tessuto, organo, sistema, apparecchio) dei nomi dati dalla biontologia («utop lastidulo, sinplastidulo, gonoplastidulo per i semplici plasti- duli; e così di seguito per ceifodî ecc.), e loro corrispondenti nomi tolti da quelli della sistematica (autobacterio, sinbacterio, gonobacterio per i plastiduli; automonere, sinmonere, gonomonere per i citodi, ecc.). Considerazioni. (La serie degli Auto (libero) dà l’orfologia (sistematica), quella dei Sin (parziale) dà la tectologia (anaforzia), quella dei Gono (virtuale) dà l’ontogenia (embriologia, che alla sua volta chiama la flogenia (paleontologia),). — Il primo Auto (auzoplastidulo) aggregandosi dà il Sin (sinplastidulo), che passa a Gono (Gonoplastidulo); il primo Sin (Sinplastidulo), passato a Gono (gonoplasti— dulo) dà il secondo Auto (Aufocztode), ecc.; oppure, colla nomenclatura della sistematica, il Sinbacferio diventa automonere , il sinmonere diventa autoproto- z00, ecc.). -- Correzione, colla nomenclatura morfologica, dei nomi dati agli stadi di sviluppo nell’ontogenia (Macula germinativa; biontologicamente: Pla- stidula, sistematicamente: Bacferula. — Vescicola germinativa; biontologica- mente: Cr.f0dula, sistematicamente: Monerula. — Protovo; biontologicamente: Cytuta, sistematicamente: Protozoula — Vescicola blastodermica (Planula o Blastula); biontologicamente: ZHisfiula, sistematicamente: Cafallactula o Pla- nula). — Fin quila correzione per la nomenclatura che si aveva; poi seguono i nomi nuovi, in parte già introdotti. Così lo stadio che si presenta dopo la Planula è, biontologicamente (0rganula), sistematicamente (Gastrula). Indi, biontologicamente (Ssfemula), sistematicamente (4ydrula). Si aggiungano gli apparecchi: biontologicament e (Sinsistemula), sistematicamente (Medusula). — Osservazioni. ((Nell’ analisi morfologica di un organismo, ai nomi delle. classi, qui sopra indicati, vanno sostituiti quelli delle specie (Bacterio, so- stituito da Micrococco e Microbacterio e Bacillo ecc. Così Autococco, Sincocco, Gonococco; ed in ontogenia: Coccula o Micrococcula ecc.). — Penetrando più tuale nell’Hydrula. L'Hydra è un sistema liberamente vivente, un sistema CAO ‘un’Aydra non liberamente vivente. L’Hydrula è un’Hydra, come anche è un US gli 10 1} Ad i Lo” Pd nel TIA di , PR, PI SI ADE dp La RIONI ASSE 1) ” ) i LA De: ‘+ x Pi “ © a 11l addentro in quest’analisi morfologica (deferminazione dello stato sociale degli esseri componenti; così: mono, diplo, strepto, petalo, glia-bionte ; «2 qual stato sociale è appunto la causa efficiente degli stati biologici evolutivi degli esseri, o degli stati biontologici evolutivi).)). 10. Associazione delle sostanze plassiche individualizzate, e loro importanza per la costituzione morfologica degli orgaaismi. Qualità delle associazioni biontologiche, costituenti gli organismi. — Associazioni omogenee. — (Nei BACTERJ: diplo, strepto, petalococco ; di- plo, strepto, petalo-bacterio ecc. — Nei MonERI (Mywxodictium sociale); nei CATALLACTI (Magosphera planula) ecc.). — Associazioni eterogenee. (Nei BacrtERJ: Gliacocco, Gliabacterio ; nei LoBosi (diplomonere), Cel- lula (protoplasma e nucleo); Gastrula (diploplanula o diplanula}. ecc. — Associazioni omocrone. (Intestino e midollo spinale). — Associazioni ete- rocrone (Ovario e Protovo, — Midollo spinale e Cervello, — Cellule cartilaginee e Cellule ossee). — Associazioni omotope (organi bilaterali). — Associazioni eterotope (organi assimetrici : catena gangliare dei mol- luschi). Le associazioni biontologiche sono la causa efficiente della costituzione mor- fologica di un organismo. — Applicazione di questo concetto alla medicina. ((Pro- prietà costituzionali dell’ organismo. — (Sono proprietà delle associazioni bion- tologiche). -- Parti embrionali che restano nell’organismo. — (Sono esseri vi- venti o associazioni biontologiche suscettibili di svilupparsi poi eterecronicamente ed eterotopicamente, costituendo una condizione anormale o patologica dell’ orga- nismo ospite. — Da qui una modalità d’insorgenza primitiva della malattia. — Le degenerazioni (regressioni a primitive associazioni biontologiche) — Atavismi)). 11. Modalità architettoniche delle sostanze plassiche individua- lizzate (bionti); loro schemi fondamentali evolutivi; loro leggi, e considerazioni relative alle forme fondamentali dell’organizzazione animale. a) Modalità architettoniche (sostanza e reticolazione, — Reticolazione e Associazione. — Associazione e Posizione o disposizione delle parti as- sociate, e quindi Architettura). — Modalità (PARA, ANTI, META, ELI- CO-MERIA; SoRro, BoTRIO, DENDRO, SFERO, AcTINO, PTICO, CorLo-MERIA, SOLENOMERIA). b) Schemi fondamentali evolutivi (PARA, Soro, PTICO-MERIA. — Si riducono alla Parameria indifferente, da cui gli schemi fondamentali differenziati: Metameria (asse longitudinale e verticale), Antimeria (asse trasversale), Elicomeria (asse obliquo). — La soromeria acentromerica e centromerica, deriva dalla combinazione di queste tre posizioni primarie. — La Pticomeria, deriva dalla stratificazione della Soromeria, e dà la Coilomeria e la Solenomeria). Tutte le parti di un organismo superiore, passano per queste diverse po- sizioni o disposizioni, le quali non sono che gli stati biontologici evolutivi degli esseri; la cui causa efficiente di formazione, è il loro stato sociale, il quale dipende da una progressione (arifmetica o geometrica), che è la legge di razionalità degli assi per le forme, la legge delle combinazioni chimiche per le composizioni; in breve, è la legge fondamentale della morfologia . nerale, ossia del progresso. l i c) Leggi architettoniche. La legge fondamentale è quella della progressione. - Progressione aritme- tica (Metameria). — Pregressione geometrica (Antimeria). - La geometrica 6 un’abbreviazione dell’aritmetica. (L’antimeria è un’abbreviazione della metameria). — L’abbreviazione è un effetto della centralizzazione, quindi l’antimeria è una centralizzazione della melameria, la quale avviene in seguito ad una divisione di lavoro fisiologico, che alla sua volta proviene da una differenziazione mor- fologica. — La centralizzazione è la legge fondamentale di un’architettura, in cui le parti sono eterogenee o divennero eterogenee per divisione di lavoro. - Causa efficiente della centralizzazione (Le parti importanti si portano al centro, come la capitale nel suo stato. - Organismi e loro centralizzazioni, dagli in- feriori ai superiori. (Cellula, Morula colla cavità di Baer, Endoderma, Cavità gastro-riproduttrice, Neurula, Nefrula, Cuore, Branchie, Cervello, ecc.). — Negli organismi superiori, diverse centralizzazioni, quindi diverse parti importanti, la cui centralizzazione è chiamata dalla necessità di una maggior vicinanza alla parte nutritiva, e la posizione della parte nutritiva è chiamata dal suo contatto coll’ambiente (Nella cellula si centralizza la parte riproduttiva (nucleo) per lasciare la parte nutritiva (protoplasma) in massimo contatto coll’ambiente. — Nella Gastrula, la nutritiva (endoderma), sé porta internamente per essere in mag- gior contatto coll’ambiente, essendovi stata formazione dell’ectoderma (organo di copertura, di difesa, ecc.) - La centralizzazione pertanto è causata da un lato dai rapporti della parte nutritiva dell’organismo coll’ambiente, e dall’ altro dai rapporti della parte nutritiva colle altre parti dell’ organismo, quindi dalla so- lidarietà delle parti organiche. La centralizzazione come legge architettonica, spiega la costruzione del- l’organismo, la quale essendo data da organismi inferiori, spiega nello stesso tempo la sua formazione, quindi: Architettura e Morfologia. (La disposizione dalle parti, è data dall’associazione delle parti stesse, e queste parti sono or- ganismi; quindi l'associazione degli organismi costituisce il fatto fondamen- tale dell’ architettura dell’organizzazione, o, in altri termini, il fatto fonda- mentale della sua costruzione morfologica. Studiare l’architettura dell’orga- nizzazione, è studiare nello stesso tempo la sua formazione. d) Considerazioni relative alle forme fondamentali dell’ organizza- zione o promorfologia, (Come si è detto: Architettura e Morfologia; così si può dire anche: Pro- morfologia e Morfologia, ossia studiando la formazione degli organismi, si stu- diano contemporaneamente le loro forme, e si trovano le cause efficienti e le ragioni delle loro diversità. - Dopo la forma sferica, tutte le altre provengono dalla associazione architettonica delle forme sferiche. - La forma è una con- seguenza della struttura, e siccome non avvi funzione senza struttura, così la forma è una funzione della materia (Gegerdaur)). 12. Trasformazione, in organi fisiologici, delle sostanze plassiche individualizzate (bionti). Argomento non nuovo (La cellula si trasforma în fibra). Prima individualità delle sostanze plassiche (Granulo 0 Cocco, detto: Micrococco, sferococco, sferobacterio; sferoplasson; Monococco, diplo— cocco, streptococco, petalococco, gliacocco; Autococco, sincocco, go- nococco. i va ea NA i A E OT VU aa PU ri 4 Mad ot i e 2 î 113 Lo stato sociale, causa efficiente dello stato biologico evolutivo o bionto- logico. {Il Diplococco dà il Microbaeterio; lo Streptococco, il Desmobacterio; quindi trasformazione dei Cocchi (Micrococchi) in organi virtuali dei Miero- bacterj e dei Desmobacteri. — Il Gliacocco, dà il Monere, quindi uno stato biontologico evolutivo superiore agli ordini: Microbacterj e Desmobacterj; è una trasformazione del gliacocco in organo virtuale del Monere. - (Lo Spiro- bacterio deriva dal streptococco foggiato a spirale; è perciò una fattura ar- chitettonica). Seconda individualità delle sostanze plassiche (bastoncino o bacterio. detto: Microbacterio; bacteroplasson; Monobacterio, diplobacterio (Bac- terio a 2 articoli), streptobacterio (Bacterium catenula), Gliabacterio (Zooglea degli Autori). Fra i streptobacterj, oltre il Bacterium catenula, vi è il Bacferium trilocu—- lare Ehr. con un filamento o piccolo fiagello, il quale proviene da una trasfor- mazione, per differenziazione, di un articolo di Bacterio o meglio di Micro- bacterio. È dunque nel Bacterium triloculare che incomincia la trasformazione di un articolo (microbacterio) in filamento o piccolo flagello (organo fisiolo— gico, allo stato parziale). — Il flagello o filamento o cilio pertanto è un primo organo fisiologico (di movimento), proveniente da una trasformazione di un articolo di Bacterio, ossia di un Monobacterio, ma non isolato, sebbene asso- ciato ad un altro o ad altri, in stato quindi di streptobacterio, e perciò in stato di associazione, in cui è avvennta una divisione di lavoro fisiologico. Terza individualità delle sostanze plassiche ( Desmobacterio o bacterio a filamento: desmoplasson ; monodesmobacterio, diplodesmobacterio, stre- ptodesmobacterio, gliadesmobacterio. Fra i desmobacterj (Bacz2lus), diversi hanno un cilio o flagello, la cui pro- venienza è da una trasformazione di un articolo del corpo del Bacillo; il quale articolo originariamente è un Microbacterio (Microbacterio virtuale, organo fisiologico allo stato virtuale). Quarta individualità delle sostanze plassiche (Spirobacterio (spiro- plasson). Si ripeta ciò che si è detto pei Desmobacterj , solo che qui il corpo del- l’individualità è a forma spirale. — Inoltre si ricordi anche qui la presenza del fiagello o filamento o cilio, formatosi come sopra). Pertanto la causa efficiente della formazione degli organi fisiologici, è la divi- stone del lavoro. (Data un’associazione di organismi (p. es. di Monobacterj) a costituire un organismo composto (p. es. di Streptobacterj: Bacterium ca- fenula), per divisione di lavoro, uno di essi si traduce in organo fisiologico (del movimento p. es.) come nel Bacterium triloculare Ehr. — Quindi 1’ or- gano fisiologico, è una trasformazione di un organismo ; il qual organismo, rispetto alla formazione dell’ organizzazione, è un organo morfologico (for matore). Per ciò si può dire, in generale, che l’organo fisiologico è una tra- sformazione dell’organo morfologico, ossia è una trasformazione di un orga- nismo (organismo semplice, complesso, essere vivente, bionte ecc.) — Questa tra sformazione avviene per riduzione da una parte, e perfezione dall’altra, di alcune funzioni o elaborazioni degli organismi (semplici 0 complicati) asso- ciati tra loro TRASFORMAZIONE DEI BACTERJ IN ORGANI FISIOLOGICI DEI MONERI. Nelle associazioni bacteriche costituenti i Moneri (Zooglea e Gliabacterio), alcune si traducono in pseudopodi (organi del movimento); altre in o un essere, come sarebbe quello di cormobionte o di polibionte, vale a dire riu- nione di parecchie individualità eguali tra loro, la divisione del lavoro, tra- duce le individualità associate in organi fisiologici dell’ associazione, ed in. allora l’associazione così costituita, è per se stessa eferogenea, quindi di un grado più elevato, e perciò è diventata una individualità superiore alla prima. In tal modo dallo sfafo sociale di un essere vivente, si passa ad uno sato biontologico evolutivo dell’ organizzazione, il quale nella sua riproduzione passa attraverso allo sfafo sociale che lo ha preceduto. TRASFORMAZIONE DEI MONERI IN ORGANI FISIOLOGICI DEGLI ESSERI UNICELLULARI. — Alcuni organi fisiologici degli esseri unicellulari (glia, copertura, membrana, guscio, ecc.) morfologicamente non sono organismi tradotti in organi, ma elaborazioni plassiche, quindi prodotti utili. — Per- ciò : distinzione morfologica degli organi di un organismo (organismi trasformati e prodotti utili). — Importanza dell’analisi morfologica nello studio degli organismi. — Stato sociale dei Moneri. Nelle associazioni moneriche, alcune si traducono in nucleo (organo della riproduzione), altre in protoplasma (organo della nutrizione) , continuando poi la formazione già avvenuta dei flagelli, filamenti , cilia e pseudopodi (organz del movimento e della sensibilità tattile). Dai vacuoli fattisi ritmici nella loro sistole e diastole, si ha la vescicola o si hanno le vescicole contrattili; la cui fusione dà i canali di drenaggio o di succhiamento o di sottrazione (organi di eliminazione). TRASFORMAZIONE DEGLI ESSERI UNICELLULARI IN ORGANI FISIOLOGICI DEI MEsozos. — Dapprima: enumerazione degli esseri Unicellulari. (Fla- gellati, Lobosi, Diatomee, Myxomyceti, Gregarine, Talamofori, Eliozoj, Radiolarj, Ciliati, Acinete o Succhiatori, Labyrinthulee, Catallacti). — Loro scelta (Flagellati, Lobosi, Labirinthulee, Myxomyceti, Ciliati, Ca- tallacti). — Loro notizie biologiche interessanti, specialmente riguardo al loro stato sociale, nel quale si trovano gli Unicellulari aggregati in modo da soddisfare alla definizione del tessuto. Cellule particolari degli organismi pluricellulari, analoghe ad esseri Uni- cellulari (cellule flagellate, amiboidi, ciliate, ramificate , isolate, aggregate senza sostanza intercellulare (tessuti di semplici cellule), con sostanza inter- cellulare (tessuti connettivi). - Tessuti speciali (Vorticelle ecc.). — In questi casi adunque gli organismi unicellulari sono tradotti in organi fisiologici (cel- lulari ed istologici) degli organismi pluricellulari, in seguito all’elaborazione specifica da loro assunta. Entrando nei particolari degli organismi pluricellulari, primi tra loro s’ incontrano î Mesozoj, e quindi trasformazione degli organismi unicellu- lari in organi fisiologici dei Mesozoj. — Costituzione del gruppo dei Me- sozoj: GastREADA (Gastrophysema ed Haliphysema), ORTHONECTIDA (Rhopalura ed Inthosia), RaoMmBOZzoA (Dicyemida, Heterocyemida). — Loro caratteri — Anatomia e fisiologia dei Gastreadi, degli Orthonectidi, e dei Dicyemidi tra i RaoMBOZOJ. — Importanza dei Mesozoj per l’or- ‘ ganizzazione animale. (Considerazioni anatomiche (corpo pluricellulare, bistratificato, con endoderma ed ectoderma), istologiche (due tessuti epiteliali, stratificati), fisiologiche (fun- a Lato ie di ara IP] NIRO e RR o RO Lo } 115 zioni di nutrizione, riproduzione e di relazione, localizzate), morfologiche (4sso0- ciazione omogenea di due planule), architettoniche (metameria ed antimeria plu- ricellulare, istologica). — Individualità mesozoica risultante (Gastrula). — Co- stituzione anatomica della Gastrula, e suoi stati biologici (Auto, Sin e Gono -- Gastrula), e sue analogie coi tessuti epiteliali stratificati (Autogastrula o tessuto epiteliale bistratificato, liberamente vivente; Singastrula o tessuto epiteliale bistratificato allo stato parziale, facente parte cioè di un organismo superiore; Gonogastrula o tessuto epitaliale bistratificato allo stato virtuale, manifestantesi cioè durante lo sviluppo dell’ embrione (foglietti germinativi). — Analogie dei tessuti epiteliali stratificati, allo stato virtuale (Gonogastrula o Gonomesozoo), coi foglietti germinativi degli embriologi. — I dwe foglietti germinativi, architettonicamente considerati (Diplanula o Gastrula). — Gastru- lazione. — Tutti gli organi, dopo i Mesozoi, passano per lo stadio di Gastrula, ossia tutti gli organi fisiologici dei Metazoj, sono, ad un dato momento del loro sviluppo, dopo cioè quello di Protozoo, dei Mesozoj. — Trasformazione dell’ecto- derma della gastrula in organo della vita di relazione. (L’ectoderma è un tes- suto epiteliale, è una planula, e funziona da organo di copertura, di sostegno, di locomozione, di sensibilità (tattile). - Trasformazione dell’endoderma della Ga- strula in organi della nutrizione e riproduzione. TRASFORMAZIONE DEI MESOZOJ IN ORGANI FISIOLOGICI DEI METAZOJ IN GENERALE. — Metazoj in generale e loro distinzioni in tipi. — Ce- lenterati in generale e loro distinzione in Proto, Meso e Meta-Celenterati. Loro suddivisioni ed esempi di specie relative. TRASFORMAZIONE DEI MESOZOJ IN ORGANI FISIOLOGICI DEI CELENTE- RATI. — Distinzione delle SpuGnE tra i Protocelenterati. — Anatomia e fisiologia delle Spugne (Olynthus primordialis — Sua costituzione — Spongilla — Spongia officinalis — Halisarca lobularis — Sycandra, ecc.) — Distinzione fisiologica delle parti costituenti le Spugne. — Fisiologia delle Spugne (Sensibilità, Movimento, Nutrizione, Riproduzione e Svi- luppo (Sviluppo delle Spugne calcaree secondo Heckel, e osservazioni in proposito di Balfour; spiegazione. — Sviluppo della Sycandra raphanus, secondo F. E. Schultze; sviluppo della Spongilla). — Distinzione morfo- logica delle Spugne. — Considerazioni. (Gli organi fisiologici delle Spugne provengono dall’adattazione a funzioni particolari dei due tessuti fondamentali (amiborde e flagellifero). L'associazione di questi due tessuti (4ssocizzione eterogenea), la disposizione loro, le loro dif- ferenziazioni e le loro elaborazioni, danno gli organi fisiologici delle Spugne (Aghi, fibre, ecc.); così che queste parti, rispetto alle prime (fessuli fondamen- fali), sono cenogenetiche, e le prime palingenetiche: e queste, alla loro volta, sono organismi Mesozoj, provenienti questi da organismi unicellulari (Magoshpera, Labyrinthulee). - Pertanto i Mesozoj sì tradussero in organi fisio- logici delle Spugne, unendovi anche i loro prodotti utili (Aghi, fibre, ecc.) Conseguenze per lo studio morfologico dell’ organizzazione animale. (Distinzione delle parti palingenetiche dalle cenogenetiche. — Sinonimie morfo- logiche (Magosphera planula o tessuto epiteliale o monoblasto, o monoderma; Mesozo00 0 tessuto epiteliale bistratificato o diblasto o diderma (ento od ecto- derma) o diplanula o Gastrula; Sycandra o tessuto epiteliale bistratificato + tessuto mucoso, o triblasto, o triderma (enfo ed ectoderma + mesoderma (meso- blasto), o triplanula, o gastrula + planula). Anatomia e fisiologia dell’Hydra, tra i Mesocelenterati. — Esperi di Trembley risguardanti le invaginazioni e svaginazioni dell’Idra, i contatti delle parti omologhe (da cui si può cavare la legge dell'attrazione con fusione degli omologhi), e la rigenerazione delle parti staccate, non che la riproduzione dell’ essere mediante divisioni artificiali. — Consi- derazioni in proposito. (Spiegazione di certi casi teratologici). - Conclusioni. (Se l’Idra si trasforma h in organo fisiologico di animale superiore, quest’organo potrà godere (per atavismo) delle proprietà biologiche dell’Idra; quindi si avranno anche or- gani foggiati a tubo, organi attratti e fusi assieme, organi che si possono rigenerare (la riproduzione delle parti staccate, la si osserva fino ai Rettili). Trasformazione dell’Hydra in organo fisiologico. — Gemmazione del- l’Idra (Idrocormo, come suo stato sociale). — Cordylophora lacustris (vero Sinidrario fissato) è un’associazione di Idre con divisione di la- voro (Idra trofologica e Idra tocologica), è un’Idra allo stato parziale. — Sviluppo della Cordylophora (passa attraverso allo stato di Idra; Idra virtuale o Hydrula o Solenula)). — Proprietà degli organi fisiologici dei Metazoj superiori alle Idre. (Oltre alle già accennate biologiche dell’Idra, ora s’ aggiungono anche te sue anatomiche. — Idrulazione). Trasformazione dell'organo idroide in un organismo. (Bouganvillia ramosa. L'organo idroide riprodutture assume la forma Medu- soide (Medusa craspedota, ossia con velo). — Importanza dello sviluppo metage- netico delle Meduse (Medusa aurita o Medusa acraspedota, senza velo). Dimo- stra i rapporti dei Sinidrarj colle Meduse, ossia il Sinidrario virtuale, che dà poi la Medusa; inoltre l’unione delle Idre colle Meduse (Ep%Zyra), e quindi i rapporti presentati tra le Idre e le Meduse. Per ciò, importanza dello studio delle Meduse acraspedote. Anatomia e fisiologia della Medusa, tra i Metacelenterati. — Le Me- tamorfosi durante lo sviluppo metagenetico delle Meduse (Schiphystoma, Ephyra e Medusa). — Trasformazione della Medusa in organo fisiologico. (Clavatella prolifera, Tu ularia îndivisa, Gonothyrea Loweni. Nella prima: Me- dusa modificata in organo sessuale; nella seconda: grappoli d’individui ses- suati, che sono Meduse più o meno incomplete (atrofionî di Van Beneden); nella terza: l’organo riproduttore è una meduse, in cui manca soltanto la bocca. — Le Meduse sono polimorfe, e si trasformano in organi fisiologici per riduzione di alcune loro parti e sviluppo d’altre. (Nel Schiphysfoma della Me- dusa, abbiamo il Sinidrarzo allo stato virtuale. — Meduse trasformate in organi fisiologici, si hanno anche tra i St/onofori (Physophora idrostatica, Physalia fo Philippi, Antemoles canariensis, Velella spirans, Porpita ME AI te rubra, Sarsia, ecc.). Orismologia di un Srrownororo. — Considerazione anatomica e fisio- logica delle parti costituenti un Srronororo. — Considerazione mor- fologica di queste parti. i (Meduse trasformate. — Nello sviluppo dei Sifonofori, dopo l’Idrula, si ha | la Medusula o Sinhydrula, e dopo la Sinhydrula si ha la Sinmedusula. — Le. campanelle del Sifonoforo possono ritornare a Medusa libera). Conseguenze per la struttura degli organi dei Metazoj, superiori ai Celenterati. (Loro complicazione tectologici, quindi organi co mplicati). — Msi 117 Particolarità anatomo-fisiologiche nell’organizzazione dei Sifonofori (cel- lule guaniche. — Perdita delle campanelle. — Sviluppo enorme della ve- scica idrostatica. — Formazione di un guscio). — Considerazioni morfo- logiche intorno all’organizzazione dei Sinofori. Gli organismi che entrano a costituirli (dai Profisfi alle Meduse). — Le di- sposizioni nelle associazioni (Morulare, planulare, gastrulare, idrulare), quindi le operazioni morfologiche tmorulazione , planulazione , gastrulazione, idrula— zione), e le operazioni biologiche (segmentazione, stratificazione, centralizzazione e fusioni). — Metameria ed Antimeria dei Sifonofori, vale Metameria ed An- timeria di organi complessi nei Metazoj superiori. Particolarità anatomo-fisiologiche nell’ organizzazione degli Antozoj (Cellule epatiche in presenza di nervi e di organi di senso). — Si stabi- lisce la cavità periviscerale. — Ricordo di fenomeni biologici presentati dall’ Idra (Neostoma, divisione artificiale ece.). — Considerazioni morfo- logiche. Conseguenze dedotte dal confronto fra Organismi Celenterati ed Organi di Animali superiori (parti palingenetiche e cenogenetiche degli organi dei Metazoj superiori ai Celenterati). — Applicazione di questi risultati all’organismo umano (organi umani a valore morfologico di Celenterato. — Esempio tolto dal te- gumento cutaneo). TRASFORMAZIONE DEGLI ORGANISMI CELENTERATI IN ORGANI DI ANI- MALI SUPERIORI. — Animali superiori ai Celenterati e suddivisione dei VERMI. + Criterio embriologico per passare dai Celenterati ai Vermi (Gastrula, Idrula, Sinidrula nello sviluppo indiretto o a metamorfosi delle Meduse). — Importanza dello sviluppo indiretto, ossia delle meta- morfosi, per la morfologia generale. (Fanno conoscere le forme larvali, che sono le individualità virtuali, quelle che legano l’antecedente col susseguente, e quindi indicano la qualità del- l’ antecedente che ha dato luogo al susseguente). Sviluppo diretto senza metamorfosi (abbreviazione dell’ indiretto). — Forme larvali dei Metazoj superiori ai Celenterati (nei VERMI, MoLLU- ScHI, ARTROPODI, ECHINODERMI, TUNICATI, VERTEBRATI). — Impor- tanza delle larve degli Anellidi. (Presentano dei fatti, che si lasciano coordinare tra loro allo scopo di tro- varvi una forma primitiva). Distinzione loro anatomo-fisiologica. — Teoria larvale di Lanckester, e distinzione morfologica delle larve dei VeRMI, MoLLUScAI, EcHINO- DERMI. — Forma larvale comune ai VERMI, EcHINODERMI, MOLLUSCHI (Architrocula). -- Architrocozoj o Trocozoj primordiali. Cenni intorno all’anatomia, fisiologia e morfologia dei VERMI, EcHI- NODERMI, MoLLUSCHI, TUNICATI, ARTROPODI. — Tra i Vermi gli Anel- lidi fanno pensare ad un aggregato di Trocozoj (Sintrocozoj) od unione metamerica di Trocozoj). — Fatti Anatomo-fisiologici dell’ organizza- zione degli Anellidi, importanti per le loro analogie con quelli dei Ver- tebrati. Quattro foglietti germinativi, due secondarj. — (Celoma o Metaceloma. Vasi sanguigni a sistema chiuso. Catena ganglionare nervosa a zooniti. — Muscoli a segmenti. — Organi segmentali (nefridj)). — Corda dorsale non x N CASO LIRA A Vetta segmentata. — Metameria e Antimeria organologica ‘nel sistema digerente (sanguisuga), nel sistema circolatorio, nel sistema nervoso ecc.). — Impor- tanza della riunione delle parti antimeriche sulla linea mediana del corpo e talora fusione delle parti unite (anche nel vertebrato vi è antimeria, delle lamine dorsali p. es., e fusione loro a costituire il corpo della vertebra). ki Organi segmentarj dei Vertebrati (£icerche di Balfour, Semper, Mul- ler e Spengel. — Nello sviluppo dei Plagiostomi (omologie dei loro ne- fridj cogli organi segmentarj degli Anellidi). — Nei Ciclostomi (Myxinoidi e Lamprede). — Nei Batracj. — Corpo di Wolff (Rettili, Uccelli e Mam- miferi). Metameria del corpo Vertebrato e confronto con quella del- l’ Anellide. 1 segmenti dello scheletro vertebrato, traggono seco parti muscolari, ner- ‘vose, vascolari, viscerali. — Tutti questi segmenti si corrispondono esatta- mente e per il numero e per la posizione, di modo che il corpo vertebrato può essere, come il corpo anellide, decomposto in segmenti o anelli succes- sivi aventi ciascuno il suo doppio arco vertebrale, il suo sistema muscolare, i suoi vasi, il suo centro nervoso, il suo rene, il suo sistema digerente, ed anche i suoi organi riproduttori. -. Bisogna ricordare lo stato primitivo di questi organi (nello sviluppo dei Vertebrati), perchè essi, come si presentano oggi, ossia a sviluppo completo, hanno subita la condensazione (adattazione, cenogenia). —- Secondo Perrier, i:Vertebrati furono in origine semplici ag- gregazioni di organismi, nati gli uni dagli altri quasi indipendenti, ma che una lunga esistenza comune li differenziò tosto, poi confuse. Sono colonie lineari individualizzate. Considerazioni riguardo al sistema nervoso dei Trocozoj e dei Ver- tebrati. (Bocca che si forma dopo la gastrula, e sua relazione colla posizione del sistema nervoso nel corpo animale). TRASFORMAZIONE DEGLI ORGANISMI ANELLIDI (Sintrocozoj) IN ORGANI DI VERTEBRATI. Riconducendo alloro stato primitivo le parti uniche e circoscritte nel corpo dei vertebrati, le quali devono laloro formazione ad una fusione di parti me- tameriche ed antimeriche (come /egalo, pancreas, ecc.); e tenendo calcolo delle parti visibilmente e permanentemente metameriche ed antimeriche, si rieo- nosce facilmente l’associazione sintrocozoica costituente il corpo dei Vertebrati. — Ciascuna parte Metamerica ed Antimerica è un sintrocozoo trasformato in organa. Conseguenza per la costituzione degli organi dei Vertebrati. (Quelli provenienti dalla trasformazione degli Anellidi, devono essere co- stituiti come un organismo anellide o sintrocozoo; quindi oltre a quanto ha già ereditato dai Celenterati, deve avere vasi sanguigni capillari, vasi linfa- tici, sistema nervoso splacnico). Costituzione morfologica del Vertebrato (associazione eterogenea, fi- siologicamente poi individualizzata). — Differenziazioni delle parti di un Vertebrato. (Nei vertebrati non avvengono più associazioni di organismi, ma differen- ziazioni degli organismi o di parti degli organismi associati a costituire il ara a corpo vertebrato; le quali parti di organismi, morfologicamente sono esse | stesse organismi antecedenti. Fenomeni biologici che si manifestano nella differenziazione. Mr het Sei 7 dA) 119 (L'organismo o la sua parte od il suo elemento morfologico, rifà la via dell’organismo o della sua parte o del suo elemento da cui deriva (l’onfogenia ripete l’organogenia, e questa l’ isfogenta, e questa la cilogenia, e questa la citodogenia, e questa la plastidulogenia filogeniche); così che le diferenziazioni in un organismo vertebrato, possono trovarsi a diversi gradi di organizzazione. Nel tegumento cutaneo p. es. il tessuto epidermoidale si differenzia in ghiandolare, e perciò una cellula si ipertrofizza, si segmenta, si stratifica, si gastrula; in allora l’ organo foggiato a guisa di Celenterato (fegumento cu- faneo), contiene alla sua volta un altro organo foggiato a guisa d’un ga- streade o mesozoo (epitelio ghiandolare). — Il corpo vitreo o umor vitreo, è tessuto mucoso proveniente dal mesoderma invaginato nell’invaginazione della vescicola ottica primitiva; è un organo quindi, per sua natura, allo stato di Protozoo (come lo è la gelatina di Warthon (tessuto mucoso rudimentale) nel funicolo ombelicale), entro uno allo stato di mesozoo ece. — Da qui la struttura complicata dell’organismo vertebrato e la costituzione morfologica diversa negli organismi anche della medesima specie. — Principali differenziazioni nei Vertebrati. (Per l'elaborazione di condrina (Pesci cartilaginei). Per l’ elaborazione di osseina (Vertebrati ossei). -- Per l'elaborazione cheratogena (Rettili). — Per la produzione di calore (Vertebrati a sangue caldo (Uccelli, Mammiferi).) Suddifferenziazioni dei Vertebrati. (Per la respirazione branchiale (Pesci), branchiale e polmonale (Dipneusti), allantoidea, in sostituzione alla branchiale, scomparendo nel feto l’allantoide (organo vascolare) contemporaneamente alla scomparsa della respirazione bran- chiale, (Rettili, Uccelli, Mammiferi). — Inoltre per la mancanza e presenza del cranio (Acranj e Cranioti), per la presenza d’ una sola narice (Monorhina), e po? di due (amphirhina) ecc. Distinzione genealogica dei VERTEBRATI. — Cenni intorno all’ana- tomia, fisiologia e morfologia dei Pesci, Batracj, Rettili ed Uccelli. Anatomia, fisiologia e sviluppo in particolare dei MAMMIFERI. — Loro distinzione genealogica, e posto dell’ Uomo, tra essi — (Scimie e loro distinzione — Platirine e Catarine. — Distinzione delle Catarine (An- tropomorfi e Uomini). — Distinzione degli Uomini (senza parola (Alalo o Pitecantropo — col linguaggio (Uomo) — Selvaggi ed inciviliti — Razze — Razza bianca). Morfologia umana (Ontogenia e filogenia dell’ uomo. — Operazioni morfologiche e fisiologiche per la formazione dell’uomo. — Gradi diversi di organizzazione nell’individuato organismo umano. - Distinzione morfo- fisiologica delle parti costituenti l'organismo umano: (Omologhe ed etero- loghe (per la formazione o morfologia); — Analoghe e differenti (per V’uf- ficio o funzione); — Palingenetiche e Cenogenetiche (per l’ epoca di for- mazione); — Disteleologiche ed Euteleologiche (per la significazione dif- ficile, e manifesta o facile); — Normali e Teratologiche (per l'andamento, secondo la norma o al di fuori di essa (mostruosità);) — Fisiologiche e patologiche (per la salute). — Importanza d’ una anatomia e fisiologia comparate, coll’ indirizzo morfologico, delle razze umane. NB. Questo programma potrebbe servire di schema per un corso di ana- tomia e fisiologia comparate, coll’indirizzo morfologico, applicato alla me- dicina. i ; ra AUGUST WEISMANN. Die Continuitàt des Keimplasma”s als Grundlage einer. Theorie der Vererbung. Jena 1885 (pag. IV-122 in 8.°). — (La continuità del plasma germinativo come base di una teoria dell’eredità). È Da parecchi anni il prof. Weismann di Freiburg in Brisgovia si occupa. di interessanti questioni biologiche, e specialmente di quelle che riguardano l’eredità dei caratteri organici, questo difficile problema, che non fu intera- mente risolto neppur da Darwin e da Haeckel. Alcune delle sue ultime pubblicazioni trattano appunto di questi argomenti: quali le memorie Ueder Dauer des Lebens (1881), Ueder Leben und Tod (1884), Ueber die Vererbung (1885), Zur Frage nach der Unsterblichkeit der Einzelligen (1885). In questi lavori il Weis- mann osserva che gli organismi unicellulari, che si moltiplicano per divisione completa, in realtà non muozono mai, perchè da un individuo ne derivano diret- tamente due altri, da ciascuno di questi due altri, e così di seguito. V’è dun- que in essi una continuità di vita, che spiega perfettamente i fenomeni del- l’eredità. Pur negli organismi pluricellulari vi sono elementi che non m ozono, ma si continuano direttamente nei discendenti, e sono gli elementi sessuali. Tutte le altre cellule del corpo (cellule somatiche) muoiono. Avendosi riguardo alla mancanza di morte negli esseri unicellulari e alla mancanza di morte nelle cellule riproduttrici dei pluricellulari, si deve concludere che la vita è qualche cosa di continuo, di durevole; muore l’individuo, ma non cessa la vita. (*) In questo suo nuovo e più esteso lavoro (die Continuitit des Keimplasma’s), il Weismann completa il suo studio sulla eredità e sulla continuità della vita, e dell’ eredità non cerca solo di esporre i principali fenomeni, ma di studiarne anche le leggi e le cause, internandosi nei più minuti particolari istologici, che ci furono fatti conoscere dalle recenti ricerche embriologiche. Eccone le principali idee: i Quando noi pensiamo che i discendenti di un organismo ereditano tutte le qualità dell’antenato, e ciò ha luogo per mezzo di un atomo di materia così piccolo qual’è una sola cellula riproduttiva, siamo indotti a domandarci: Come mai una cellula può riprodurre un intero organismo simile a quello da cui è stata prodotta ? La risposta è difficile, tanto più che a tal domanda fu- rono già date parecchie risposte. Ma nè la pangenesi di Darwin, nè la pe- rigenesi di Haeckel possono soddisfare ; e nemmeno il tentativo di Brooks di riformare la teoria della pangenesi. In fondo, la teoria della pangenesi è il compimento e l’esposizione più particolareggiata e scientifica del concetto della eredità di Democrito; ma, vecchia o nuova nel suo principio fonda- mentale, ha in sè quest’assurdità: d’ammettere che tutte le cellule del corpo si riproducano (per dar origine alle gemmule), principio assolatamente con- trario a quello della divisione del lavoro e della localizzazione delle funzioni, che è uno dei più sicuri e importanti corollarii della teoria della discendenza e contrario anche alla legge diogenetica fondamentale, che ritiene l’ontogenia come una ricapitolazione della filogenia; cosicchè, sostenendo tale ipotesi, il Darwin si trovò in contraddizione con sè stesso. No, tutte le cellule del corpo non si riproducono; ma la riproduzione è localizzata, per la legge della divi- sione del lavoro, in una sola cellula riproduttiva, o in poche. (*) Questi lavori del WEISMANN furono da me riassunti nella Rivista di filosofia scienti- fica del MorseLLI .- Milano-Torino 1885, Vol. IV. Num. 4, pag. 472-474. \ 121 Qui però comincirno le difficoltà. Com'è possibile che le tante qualità di un organismo si riassumano in una sola cellula riproduttiva ? V’ è un solo modo di spiegarlo: quello di sostenere la continuità del plasma riproduttivo nella serie degli organismi che discendono l’uno dall’altro. In tal modo si con- clude che il germe organico non è, come vorrebbe la pangenesi, l’ estratto di tutto il corpo, e neppure, così in generale, il prodotto del corpo generante; ma una parte del plasma embrionale esistente. Non è l’individuo che produce l’altro individuo ; è il plasma embrionale ch’egli ha in sè, e che ereditò dai suoi genitori, che diviene in parte il germe dell’ organismo nascituro. Tutto questo è un ulteriore sviluppo delle idee del Weismann sulla continuità della vita. Tuttavia questa teoria ha le sue difficoltà, e specialmente questa: ch’essa pare non si presti a spiegare le adattazioni che divengono ereditarie (ceno- genie di Haeckel), mentre spiega benissimo l’ eredità dei caratteri antichi (palingenie di Haeckel). Ciò fu già osservato da Roth, e vi risposero indi- rettamente Jiger e Nussbaum, alle cui idee si avvicina ora il Weismann nella sua nuova teoria della eredità. Non l’intero germe da origine a un organismo, ma solo una sua parte. Il Weismann chiama plasma embrionale o germinale (Kesmplasma) quella parte di una cellula riproduttiva , che entra direttamente a costituire il nuovo in- dividuo, perchè una parte entra certamente , e cadono omai tutte le idee di efficienze puramente catalitiche del nemaspermo sull’ovo o dell’ovo sul nema- spermo. L’ idea di questo plasma germinale non è nuova. Anzi esso era dai più localizzato nel nucleo, organo riproduttore della cellula; tanto che Her- twig e Foì ammisero che la fecondazione è la copula di due nuclei. La lo- calizzazione del plasma germinativo nel nucleo fu sostenuta ed elucidata an- che da Balfour, Pfliger,, Born, Roux, Van Beneden e Strasburger. La sostanza nucleare di struttura molecolare specifica, cioè quella che entra a dare i caratteri al nascituro, è ciò che il Weismann chiama Ke:mplasma. L’Idioplasma di Nageli differisce dal Kemplasma di Weismann per que- sto: che Weismann definisce per plasma germinativo un plasma speciale del nucleo delle sole cellule riproduttive, mentre Nageli chiama idioplasma il plasma del nucleo di Zu/?e le cellule del corpo. Secondo Nageli l’idioplasma forma una rete, che si trova diffusa in tutto il corpo (in ciò si avvicina ad Heitzmann). Però è da notare che, più d’una teoria morfologica, quella di Nageli è una teoria dinamica. Si occupa cioè delle forze, trascurando il substratum materiale. Invece il Weismann, già nel suo lavoro Uede»r Dauer des Lebens ritenne che le cellule embrionali che si formano da un organismo contengano il vero plasma primordiale delle generazioni venture; di qui la continuità del plasma germinativo, la quale spiega come i caratteri perdurino per tante generazioni. Weismann coincide con Strasburger, quando ammette che le pro- prietà specifiche degli organismi risiedono nel nucleo delle cellule. Convali- darono ciò Nussbaum e Gruber negli studii sulla rigenerazione degli in- fusorii, avendo essi veduto bensì che porzioni, anche piccole, di infusorii (Paramaecium) ponno vivere per qualche tempo, ma solo quelle porzioni che contengono il nucleo possono rigenerarsi, mentre quelle prive di nucleo, indi a poco, muoiono. ; Certamente .il nucleoplasma subisce delle modificazioni nell’ ontogenesi; importa quindi studiare in qual modo e con quali forze esse si producono. La divisione dei nuclei, prodromo della divisione cellulare , non dà diritto a credere che i nuclei neoformati siano sempre a ai formatori. Du 1 l’ontogenesi,la struttura dei nuclei si muta a poco a poco. Una parte rimane e una parte si cambia; cosicchè non si sostiene la continuità delle cellule germinative ; ma solo del plasma germinativo. Sapendosi che le proprietà della cellula dipendono dal nucleo, sci importanza i corpuscoli direzionali. Intanto dobbiamo ritenere che ogni specie di cellula ha una speciale sostanza nucleare che la riproduce, oltre la so- stanza propria che serve alla sua evoluzione e differenziazione. Cosicchè la cellula-ovo deve contenere due sorta di plasma nucleare: un plasma istoge- nico o ovogeno, e un plasma germinativo; destinato a perire il primo, tras- missibile il secondo. Nello stesso modo le cellule spermatiche devono con- tenere due plasmi nucleari: un plasma spermatogeno e un plasma embrio- nale. I corpuscoli direzionali non costituiscono un fenomeno essenziale nello sviluppo, ma servono solo ad allontanare il plasma nucleare ovogeno o isto- genico. Già in riguardo ai primi momenti dell’ evoluzione embriologica si pensò ad una coniugazione dei due nuclei, maschile e femminile; ma v’erano molti dubbi e contraddizioni. Ammettendo due plasmi nel nucleo, i dubbi si dissipano e le contraddizioni si eliminano. Allora lo sviluppo consiste nella unione di due nucleoplasmi di differente qualità, cioè di plasma nucleare isto- genico, e di plasma nucleare embriogenico (Xeimplasma). È questa la spiega- zione più semplice. Una difficoltà però è pòrta dalla partenogenesi, nella quale non vi sono, almeno in generale , i corpuscoli direzionali, e non si può pensare ad una coniugazione di nuclei. Balfour e Minot avevano pen- sato che in origine l’ ovo o, in generale , il germe, avesse due parti, una maschile e una femminile, e che poi, per divisione di lavoro, si sia localizzata una parte in una specie di germi, e l’altra parte in un’altra. Quelle uova che hanno perduta la parte maschile hanno bisogno di fecondazione per isvilup- parsi, ma gli altri no. Weismann troverebbe a ridire qualche cosa su questo modo di vedere; tuttavia ritiene che la maturazione e lo sviluppo dell’ovo-cellula ha luogo nello stesso modo sì nella partenogenesi che nella sessualità, poichè, sebbene nella partenogenesi manchino quasi sempre i cor- puscoli direzionali, pure ha luogo egualmente il fenomeno a cui essi danno origine nelle uova a riproduzione sessuale; ha luogo cioè , pur nelle uova partenogenetiche l’allontanamento del protoplasma ovogeno. Se si osservano gli stadi di partenogenesi incompleta di alcuni insetti, si vede che la diffe- renza tra le uova partenogenetiche e le sessuali è solo quantitativa, non qualitativa Secondo il Weismann, la partenogenesi non è un fenomeno atavico, palingenetico, ma di adattazione o cenogenetico , come già dimostrò nella Beitrige zur Naturgeschichte der Daphnoiden (1876-79). Studiando i Dafnidi egli trovò che la partenogenesi è un adattamento utile, e come tale si sviluppò e si mantenne. Basta un eccesso di Keimplasma o plasma germinativo, perchè un uovo possa riprodursi da sè , senza bisogno di essere fecondato. Tutto dunque di- pende dalla quantità del plasma embrionale del nucleo, e non da differenza sostanziale fra l’ovocellula partenogenetica e l’ovocellula sessuale. Il primo fenomeno che si nota nello sviluppo dell’uovo è la modificazione della vescicola embrionale, al cui posto si formano gli asfer, gli amphiaster, le stelle molecolari, i fusi molecolari ecc., i quali danno origine all’ allonta- namento del protoplasma ovogeno. Questi fenomeni nascono, secondo Weis- mann, dal contrasto del plasma nucleare ovogeno col germinativo. Nelle ova 123 partenog'enetiche questo contrasto non v’è, perchè il nucleo contiene già del- l’uno e dell’altro plasma quanto basta per lo sviluppo; onde non vi sono neppure i fenomeni dei fusi e astri molecolari. Il fatto della fecondazione ha dunque una base materiale in una parte delle sostanze che compongono l’uovo, e non è solo un fenomeno dinamico. Tanto è vero, che, come un eccesso di plasma germinativo fa sviluppare l’ uovo anche senza la fecondazione, così un di- fetto dello stesso plasma fa si che l’uovo non si sviluppi, anche se è fecon- dato. La partenogenesi non deriva dunque da un eccesso di nutrizione, come gia si credette, ma da un insieme di condizioni organiche che fanno coesi- stere i due plasmi nucleari, in quantità sufficiente, in una stessa ovo-cellula (notisi che il nucleo delle uova partenogenetiche è spesso più grande che quello delle altre uova). Queste condizioni possono essere dirette o indirette cioè o dipendenti dal modo di costituzione dell’ individuo, o da adattamenti all’ambiente. Il plasma germinativo dev'essere identico sì nell’ovo che nel nemaspermo; invece il plasma ovogeno è diverso dallo spermatogeno. Questi due plasmi si eliminano nello sviluppo, e resta il solo plasma germinativo, che si con- tinua da antenati a discendenti. Dunque i caratteri sono ereditarii perchè il plasma germinativo passa dal padre al figlio, e non si estingue mai. Questa è in suecinto la tela dell’estesa memoria del Weismann, ricca di fatti e di idee, e intonata ad una critica sobria ma rigorosa delle idee altrui. Il concetto della mancanza di morte negli esseri unicellulari e della conti- nuità della vita nei germi dei pluricellulari è certamente un concetto vero e ingegnosissimo, e perfettamente consono alle idee evolutive e alla legge di divisione del lavoro. Se non che, pur in questo lavoro del Weismann si nota quell’ antagonismo tra la morfologia e la fisiologia, che domina senza ragione nelle moderne scuole biologiche, volendo i fisiologi trovar tutte le spiegazioni nella dinamica, e i morfologi nell’istologia. È certo invece che ci deve entrare l’ una e l’altra cosa, come pure è certo che l’idea della con- tinuità del plasma germinativo bisogna intenderla cum grano salis. In fatto una persistenza indefinita di vita in uno speciale aggregato molecolare non è cosa sostenibile, perchè, per le funzioni di nutrizione ed escrezione, vi ha un con- tinuo scambio di materia, e in pochi anni l’intero organismo si rinnova. Dun- que questa continuità di vita bisogna intenderla non come una continuità materiale, ma come un perdurare di uno stesso sistema di struttura e di mo- vimenti, in una materia che va continuamente rinnovellandosi.Laimmanenza, la continuità sta dunque più nella parte dinamica, che nel subsiratum mate- riale. Un altro appunto che si può fare alla teoria del Weismanne a tutte in generale le teorie sulla genesi dell’ eredità, è 1’ indeterminatezza derivante dall’uso di concetti ancora tanto oscuri e variamente intesi, come quello di plasma, che conserva ancora troppo del suo primitivo significato di sarcode, o sostanza gelatinosa poco men che amorfa. Invece questi stessi studi fanno vedere quanto siano complicati i fenomeni protoplasmatici, onde è necessario indurre a una costituzione istologica assai complicata e differenziata dal protoplasma. Per me resta sempre più evidente che la cellula non è l’elemento primordiale dei corpi organici, ma è già un organismo complicatissimo, e che gli elementi primordiali bisogna cercarli nelle granulazioni cellulari e citodulari, nei plasfi4uli, come, con significato diverso da quello attribuito loro dall’Haeckel, li chiamò il prof. Maggi. L’esistenza di questi plastiduli, come veri elementi morfologici va sempre più convali- dandosi col progredire degli studi biologici, e m’è grato ricordare come il prof. Maggi, fin dal 1877, avesse il coraggio di indicarli non solo come elementi for- SR matori dei ciliati, ma anche come liberamente viventi; esempio ch’io seguii nel 1879, nel mio lavoro sulle Individuglità animali, in cui stabilii come primo individuo organico non già il plastide ma il plastidulo. Il prof. Maggi an- che, fin dal 1883, trattando, nel suo corso di anatomia e fisiologia comparate, delle ipotesi per la spiegazione dei fenomeni dell’eredità, e trovando la ne- cessità dell’esistenza di elementi formatori dell’organizzazione più primitivi ancora dei suoi plastiduli, ammise come tali, e quindi come costituenti i pla- stiduli, le particelle vive, chiamandole diomorj, (da bios, vita; e mòrion, par- ticeila). I 020w20r7, benchè invisibili finora coi più forti ingrandimenti dei nostri microscopi, si possono tuttavia concepire come i primordiali elementi dell’or- ganizzazione vivente; non ostandovi l’invisibilità loro, anche per i fatti che conosciamo dell’esistenza degli afuneri e delle afaneroglie. Così si verrà a poco a poco a dare un significato più concreto a questo generico pla5w2, che presentasi ancora come un concetto alquanto indeciso. ll Weismann ha fatto fare un passo notevole all’interessante e intralciata questione, col concetto della continuità della sostanza germinativa; ma troppe nozioni mancano ancora sull’ intima costituzione di questa sostanza, perchè egli stesso giudichi come definitiva la sua teoria. Egli anzi avverte che la sua ipotesi è relativa allo stato attuale delle nostre cognizioni, che scrisse in questo senso, e in questo senso desidera di essere interpretato. i Pavia, 29 Dicembre 1885. GIACOMO CATTANEO. Prof. LEOPOLDO MACGI: Sulla distinzione morfologica degli organi negli animali. NOTA letta al R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nell'adunanza del 23 Aprile 1885. (Rend. Ist. Lom. Serie II.* Vol. XVIII, Fasc IX). Milano. (Sunto). Ricordate le definizioni anatomica e fisiologica degli organi negli animali; ammessa quest’ultima ed indicate le suddistinzioni degli organi in relazione alla loro struttura subordinata alla funzione; il prof. Maggi accenna alla di- stinzione degli organi în omologhi ed analoghi, per essere stato, l’ indirizzo fisiologico delle scienze anatomiche, subordinato al moderno loro indirizzo morfologico. Soggiunge quindi, che la ricerca delle ane/ogie era il compito dell’ Anatomia comparata Cuvieriana; quella delle omologie, essere il compito dell'anatomia comparata attuale; la quale, per l’indirizzo morfologico che si è assunto, può dirsi anatomia comparata morfologica. In essa i plastidi , o for- matori dell’organizzazione, dagli e/em?2t? (plastiduli, citodi, cellule), si esten- dono ai loro aggregati (tessuti, organi, sistemi); in quanto che, in morfologia ossia scienza della formazione, gli antecedenti sono formatori dei susseguenti, e per conseguenza i formati non sono che stadj transitorj dai primi ai secondi. La distinzione morfologica în antecedenti e susseguenti, essendo cronologica, trova la sua base nella paleontologia; a cui corrisponde quella data dall’an4fomia comparata; tutte e due poi confermate dall'embriologia 0 ontogenia. Così che la distinzione basata sopra le tre precedenti, potrà dirsi veramente l/ogenica; mostrandosi la flvgenzz dei susseguenti essere appunto lo scopo delle scienze, che hanno abbracciato l’indirizzo morfologico; nelle quali l’onfogenza passa a tecnica, riepilogando essa la flogenia. 11 prof. Maggi non dimentica l’ antica mnione dell'anatomia coll’embriologia, epperò dimostra ciò che mancava al concetto morfologico d'allora in confronto dell’attuale, facendo risultare special mente l’importanza odierna della connessione dell’embriologia colla paleontologia. In seguito ai risultati di questi rami scientifici associati, allargandosi il campo delle manifestazioni morfologiche, anche la anafomia comparata moderna è obbligata a maggiori ricerche e a più approfondite distinzioni morfologiche degli organi. Ì FAL ; Il prof. Maggi passa a dire di queste ricerche, mediante le quali, gli organi n N Lt Pe EA A Vee PRIEST 1 e pene e CAI RT m ito AAA È i, 125 risultano distinti in: palingenetici, cenogenetici, scomparsi o esalitti, neomorf, eterocronici, eterotopici, teratologici (emiterici, eterotassici, oloterici), pertrofici, sinchiti o fusi, e disteleologici. Suddivide poi gli ultimi in rudimentali ed ata- vici; e gli atavici, in ransitorj o larvati o embrionali, ed in permanenti. Prof. LEOPOLDO MAGGI: Di alcune funzioni degli esseri inferiori, a con- tribuzione della morfologia dei metazoi. NOTA letta al R. Istituto Lom- bardo di Scienze e Lettere nell’adunanza del 11 Giugno 1885 (Rend. Ist. Lom. Serie II.° Vol. XVIII, Fasc. XIII) Milano. (Sunto). L’Autore dopo aver chiamata l’analogia tra alcuni esseri inferiori e le cel- lule di organismi pluricellulari, come tra amede e leucociti, tra fagellati e cel- lule flagellifere aggregate in tessuti, tra ciliati e cellule di epitelj ciliari; e quindi indicate le diverse condizioni di vita d’un essere organizzato (2uf0— biosi, sinbiosi, gonobiosi, paleobiosi, archibiosi, cenobiosi); passa a dire della fun- zione glicogenica, saprogena o sepsigena, zimogena e diastasigena, trovate negli infinitamente piccoli, e che essendo identiche a quelle delle cellule di organismi superiori, concorrono ad attestare, in modo generale, la sinbiosi dei protisti nella morfologia dei Metazoi. In seguito entra colla sisfematica protistologica a distinguere gli esserz inferiori a funzioni identiche a quelle delle cellule degli esseri superiori, e trova che i microrganismi saprogeni o sepsigeni, zimogeni e particolarmente i diastasigeni liberamente viventi e finora studiati, appartengono agli esser? plastidulari ed ai citodulari e non agli unicellulari. Tuttavia fa osservare, che ciò non toglie al concetto scientifico, emesso da Duclaux, la sua importanza biologica; anzi torna ancora a contribuzione della formazione dei Metazoi, in quanto che le cellule di questi, conservando la funzione dei citodi ed i citodi quella dei plastiduli, confermano la derivazione morfologica delle cellule dai citodi e quella dei cifodi dai plastiduli. Non solo alla teoria cellulare va sostituita la citodulare, ma con queste ricerche si è già avanzati nel campo della teoria plastidulare; sulla quale vo- lendo ritornare, egli termina per ora col dire che quando un’organismo inferiore, nella costituzione di un organismo a lui superiore, conserva se non totalmente, almeno in parte la sua fisiologia; la funzione viene in aiuto alla derivazione del secondo dal primo, e quindi i fenomei fisiologici degli esseri inferiori pos- Deo concorrere alla conoscenza della morfologia dei superiori, ossia dei Me- oj. Prof. LEOPOLDO MAGGI ; La priorità della Batterioterapia. NOTA letta all’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nell’ adunanza del 12 no- ATO 1885. — Rend. Ist. Lomb. Serie II.* Vol. XVIII. Fasc. XVII. — Milano. Il Prof. Maggi, a proposito del concetto ferapeutico fondamentale della Batte- rioferapia, legge una sua nota per rivendicare a sè la preorità che vorrebbe avere invece il Prof. A. Cantani dell’Università di Napoli. In essa, dopo aver riportate le parole del clinico napoletano, il Prof. Maggi trascrive quanto già egli aveva pubblicato fin dal 1882, nella sua Prelezzone al corso libero di Protisto- logîa medica, letta nella R. Università di Pavia il 17 novembre di quell’anno, ed avente per titolo: Protfisti e malattie; la quale venne stampata nella « Gaz- zetta medica italiana-Lombardia », serie VIII, Tomo 4°, anno 1882. Il Chiariss. Prof. Cantani incomincia la sua Comunicazione preventiva sulla Riforma medica di Napoli, del 25 giugno 1885, col dire che: « Il fatto speri— mentale, noto a tutti quelli che si occupano di Batteriologia, che certi mi- crofiti, capitando in colture di dati schizomiceti patogeni, distruggono questi completamente sottraendo loro il terreno alimentare o togliendo loro in altro modo le condizioni di vitalità e di fertilità, assieme alle considerazioni sulla utilità di certi cambiamenti climatici di aria e di acqua in certe malattie, mi ha destato l’idea di usufruire di questo potere invadente di batterj innocui, Der combattere con essi direttamente l’ azione dei batterj patogeni nell’ am- malato ». Il Prof. Maggi, nella sopracitata sua Prelezione del 1882, stampava che: « I fatti della lotta dei mierobj per la loro esistenza, e quelli della loro adatta- zione, bene studiati nelle condizioni opportune alla loro manifestazione, non solo ci serviranno scientificamente per la teoria della discendenza dei micro- MATA: ‘ ganismi, ma potranno essere girati verso la terapia delle malattie d’infezione, e Pi darci dei rimedi biologici, e fra questi, dei protisti, che vincendo altri protisti, | 4 ridonino all'ospite lu sua salute ». — Ai protisti appartengono i Bacterj, com-. presi, da altri, sotto la denominazione anche di-Microbj. NOTIZIE UNIVERSITARIE 4 È to. NUOVO REGOLAMENTO UNIVERSITARIO del 22 ottobre 1885. — Intorno a SUR questo regolamento, non possiamo tralasciare di fare alcune osservazioni. . : Nell’ Arf. 2. vi è: « Non più tardi di un mese dall’apertura dell’ anno sco- lastico, lo studente consegnerà alla Segreteria il libretto d’iscrizione e il modulo a parte con le indicazioni volute all’ art. 1, di questo decreto scritte tutte da lui, e nello stesso ordine sull’uno e sull’ altro. — La Segreteria farà le op- portune annotazioni nel registro della carriera scolastica, e restituirà nei giorni successivi il solo libretto d’ iscrizione allo studente. In pari tempo la segreteria trasmetterà aî professori ufficiali e privati le note dei giovani che dai RE libretti e dai moduli d’inscrizione risulterà essersi voluti iscrivere ai loro corsi. » À Così il Professore farà lezione per un mese e più giorni, senza poter ac- SE; certarsi della frequenza de’ suoi studenti; così anche si troverà imbarazzato a rispondere alle domande di attestazioni di frequenza che fanno gli studenti addetti al servizio militare, oppure che sono collegiali, o che godono di qual- che pensione. Se si fosse obbligata invece l’iserizione dello studente presso il Professore, questi inconvenienti non nascerebbero. L’Art.3.incomincia: « Lo studente sarà libero entro i regolamenti di ciascuna Facoltà, d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi di Facoltà che vorrà seguire senza tenersi all'ordine proposto a principio dell’ anno della facoltà stessa. » — Poi segue: « Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non sì sarà da inscritto almeno a tre corsi obbligatori. » far E nell’Arf. 4., è detto: « Lo studente ha l’obbligo di prendere ogni anno da l’esame speciale sopra tutte le discipline obbligatorie alle quali si è iscritto. » 2 Fi Ora noi siamo del parere che queste disposizioni dovrebbero essere inver- SR stite, e cioé che gli studenti fossero consigliati a seguire l’ordine degli studi ) proposto dalla Facoltà, così che cadrebbe l’obbligo di inscriversi ai tre corsi obbligatori; e che fosse lasciata invece la libertà agli studenti di fare ‘gli 7 sa esami quando lo credessero. Furl Le considerazioni sono ovvie. Chi più del Consiglio di Facoltà può essere 9 competente, per una metodica istruzione dello studente, a segnarne l’ordine progressivo delle materie? Lasciando invece la libertà allo studente di inscri- versi a quei corsi obbligatori che vuole, si potrà incontrare la sconvenienza di vederlo*inscritto per es. alle cliniche prima dell'anatomia, per la sola ragione dell'obbligo dell'esame sopra tutte le discipline obbligatorie alle quali si è iscritto. Basta per ciò che il primo esame sia più facile del secondo. E questa sconvenienza non è una novità. D’altra parte perchè occupare le Facoltà, coll’art. 7, a proporre un ordine di studi, quando lo stesso regolamento col l’art. 8 ne sopprime e l’autorità e il prestigio? Se si volesse obbligare lo studente a prendere alcuni esami, converrebbe piuttosto prescrivergli di subire quelli delle materie fondamentali prima di quelli delle materie professionali; e così si eviterebbe l’ inconveniente, pur troppo ripetuto, di avere studenti che hanno fatto esami per es. di una o più cliniche prima di aver fatto l’esame d’anatomia umana. ; Nell’art. 7, si trova che il Consiglio di Facoltà « trasmetterà al Consiglio Accademico le aggiunte occorrenti al materiale degli stabilimenti apparte- HS nenti alle Facoltà, proposte dai rispettivi direttori. » i Per alcuni direttori, ciò è una vera ironia. 7 Quante proposte non ebbero nemmen risposta, ed altre ebbero picche. Che si deve sperare da un Consiglio Accademico, quando in esso, come per es. in quello di Pavia, si trovano delle persone, e quindi dei colleghi che prefe- riscono avere un porticato libero per il passeggio, piuttosto che chiuderlo per uso di Laboratorio? -. E, stando al regolamento, delle proposte dei Di- — rettori degli stabilimenti, che cosa ne deve fare poi il Consiglio Accademico? Come il Governo ajuta e il Consiglio Accademico, e quello di Facoltà e i î Direttori degli stabilimenti, nelle loro proposte di ampliamento dei locali? = È Tranne di qualche caso personale, ad altri, di Pavia, non furon messi avanti che ostacoli. es: s9 RSA Se A IPA RR e 1 nati PAL Dl a) A Pra © / A A Ue nd (i ci PRA aa] si RIE ni N _ da È ai n En n x Ti a q ® “ i PERI 4 va x la 127 Corsi liberi e privati insegnanti. -- Intorno ai corsì liberi ed ai privati in- segnanti, si trova: Art. 13: « La liquidazione delle quote d’iscrizione da pagarsi ai privati in- segnanti sarà fatta dalla segreteria universitaria alla fine dell’anno scolastico in base ai registri delle lezioni prescritti dall’articolo 67 del regolamento ge- nerale 8 ottobre 1876 e rimessi al rettore ogni mese per mezzo del preside della Facoltà. Ove da questi registri apparisca che il numero delle lezioni effettivamente date dall’insegnante è minore di quello portato dal quadro della Facoltà, sarà fatta una proporzionale riduzione nella somma da pagarglisi dalla Università. » Ora il sopracitato articolo 67 del regolamento generale universitario 8 ot- tobre 1876, dice; « Ciascun professore avrà cura di scrivere sopra un libretto particolare la serie degli argomenti ch’ esso va mano mano svolgendo nelle sue lezioni e conferenze. — Gl’ insegnanti a titolo privato o diano lezioni in una sala dell’Università, o abbiano ottenuto dal Rettore il permesso di darle altrove, terranno lo stesso modo dei professori ufficiali. — Questi libretti sa- ranno consegnati alla fine di ogni mese, al Rettore, affinchè possa trarsi co- pia dei soggetti trattati dai professori. » Da quest’articolo 67 pertanto, in confronto coll’articolo 13, si rileva un di- verso trattamento fra gl’insegnanti ufficiali e quelli a titolo privato, mentre, secondo il Regolamento generale, vi dovrebbe essere parità. Se per il tenore della Circolare ministeriale 5 Novembre 1884, sono lamentati inconvenienti non lievi, ma non specificati, in riguardo ai corsi liberi. non sarebbe più con- forme a giustizia e alla dignità degli insegnanti, il sapere quali siano questi inconvenienti, e da chi sono messi avanti? Perchè parlare sempre in gene- rale quando il caso è particolare ? Perchè comprendere tutti insieme gli in- segnanti privati, quando fra questi vi sono coloro che sanno di non aver mai dato luogo a nessun inconveniente ? E questa la rimunerazione morale e l’in- coraggiamento che il Governo dà a chi si presta con fatiche particolari al bene dell’istruzione del proprio paese ? Perchè non si fa attenzione alla qua- lità delle materie che sono insegnate dai privati docenti? Non è forse riem- pimento d’una lacuna, nell’insegnamento ufficiale, il corso libero di protisto- logia, generale e medica, per i naturalisti ed i medici attuali ? Non è così che deve considerarsi il corso d’antropologia, là dove ufficialmente esso manca? E non è così che deve dirsi degli altri corsi, che vengono a complemento di quelli ufficiali (corologia zoologica, embriologia, istologia patologica, este- siologia, ginecologia ece.)? Mentre se noi osserviamo certi incarichi ministe- riali per materie che sono già comprese nell’insegnamento ufficiale, dobbiamo ritenere che anche qui, come in molte altre faccende dello Stato, più che del bene del paese, si tratti di favoritismi personali. La paleontologia è una parte della geologia, eppure ad alcuni insegnanti di geologia è data come un’ in- carico ministeriale. L’anatomia comparata in alcune Università ha un proprio insegnante, in altre è insegnata invece, come incarico dal Professore di zoo- logia. E altrettanto dicasi della crittogamia, della parassitologia, dell’ isto- logia normale, dell’embriologia ecc. Noi non siamo contrari a questi distacchi di rami scientifici per renderli autonomi; ma in allora la massima dev’essere generale. È Libretto d’inscrizicne dello studente, — È troppo evidente la guerra che sé fa all'insegnamento privato, senza nessuna distinzione di persone nè di mate- rie, mettendo in gravi inciampi e insegnanti e studenti. Perchè nel libretto d’inscrizione dello studente di quest’ anno, si è aggiunto ai corsi liberi: czoè quelli gi quali lungo la sua carriera scolastica lo studente può non iscriversi af Fatto. Forse perchè legalmente non si può intimare allo studente di non iscri- versi ? Ordine degli studi proposto dal Consiglio di Facoltà, — Obbligando coll’ ar- ticolo 3 il Consiglio di Facoltà a determinare di anno in anno 11 massimo dei corsi a cui lo studente potrà iscriversi ecc.; ed ancora a determinare il numero massimo e minimo delle iscrizioni che lo studente possa prendere presso pro- fessori ufficiali o liberi docenti di altre materie, ne scaturì la conseguenza di veder indicato allo studente, p. es. di medicina e chirurgia, a proposito dei corsi liberi: 1.° Ognuno che sia inscritto a non più di tre corsi obbligatori, non è te- nuto a frequentar corsi liberi; 2.° Ognuno che sia inscritto a non più di tre corsi obbligatori, deve inscri- versi ad un corso libero, almeno, e non a più di quattro. Ora perchè questo legame di libertà; se non per far convergere anche le disposizioni di Facoltà contro i corsi liberi? Ma se questi corsi iiberi non vanno bene per cause di persone, fuori i nomi di queste persone. S' abbia il cora gio di far conoscere chi non fa il proprio dovere. E ciò tocca al Governo. DOTAZIONI DELL’ ISTRUZIONE SUPERICRE. — Togliamo dalla Nuova Scienza dell’Avv. Prof. E. Caporali (Anno II. Fasc. IV. pag. 501, Todi 1885) quanto segue: «Il Parlamento Italiano non ha ancora capito il valore politico militare, eco- nomico, morale della scienza, sicchè il bilancio dell’ istruzione superiore di una trentina fra università ed istituti superiori ed accademie reali italiane, non arriva il bilancio di una sola università straniera ben dotata. » s, « In Francia si sono spesi negli ultimi dieci anni 25 milioni di franchi al- l’anno per organizzare le università. » « Negli Stati Uniti d'America governo nazionale, governi dei singoli stati e privati gareggiano in generosità. » « 11 solo senatore Stanford, nel Novembre 1885, diede di sua cassa 125 milioni di franchi per fondare una Università nella California a Palo Alto, poche mi- glia da S. Francisco. » « Nel 27 ottobre 1884 la Germania inaugurò a Srarburgoi nuovi locali del- )’ università, che sono 20 magnifici palazzi. Il centrale costò 3 milioni, con- tiene la facoltà teologica, filosofica e giuridica » «Il palazzo della chimica costò 875,000 franchi, quello della fisica 728,750, quello della botanica, compreso il giardino, 660,000, l’osservatorio astronomico 642,000, l’istituto di anatomia 1,048,000, l'ospedale chirurgico 662,500, l’istituto di chimica fisiologica 400,000, l’istituto di fisiologia 337,500. Quanto gli appa- Tati, GENnali e musei e biblioteche, per la sola chimica si spesero 1,700,000 ranchi. » « L’ospedale di freniatria, l’ istituto di farmacia, l’ospedale di ostetricia costarono ciascuno oltre 400,000 franchi. Ora si stanno costruendo il palazzo della geologia, quello della meteorologia, quello della zoologia e quello della biblioteca, che ha già 600,000 volumi e non mica volumi di convento come nelle biblioteche italiane, cioè opere vecchie e rancide, ma tutti volumi co- stosi di opere scientifiche recenti. » « Per l’università di Strarburgo fondata tre secoli fa, e già fornita di capi- tale e di rendite, il foverno stanziò 1,000,000 di franchi all’anno di sussidio. » « E si noti che i professori non si contano a centinaia come in certe univer- sità intisichite dove il governo ha mirato più a dare un posto agli aderenti che alla scienza, ma sono 73 soli fra ordinari e straordinari, e non dormono, ma fanno 243 corsi regolari di lezioni. » « Con queste dotazioni le nazioni d’oltralpe camminano veloci nel progresso, e lasciano sempre più indietro quelle che fanno passi di lumaca, dove i pro- fessori credono sacrilegio spendere in libri e in apparecchi di esperimento, e quando hanno passato l’esame e ottenuto protezione d’ un consorte si di- chiarano arrivati alla meta e sminuzzano per 20 o 30 anni ai poveri studenti gli avanzi della loro biblioteca portabile. » — Qui il Prof. Caporali ricorda che il veneto Fusinato definiva lo studente « un tale che non studia niente » e il professore è « un tale che ha studiato per avere il posto e poi non studia più. — Noi però ci rivolgiamo al Professor Caporali per conoscere quali sono questi Professori, che da noi non fanno più niente. Anche qui, ripetiamo — fuori i nomi. ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA, -- Col principio del corrente anno sco- lastico furono nominati a I. Settore il Dott. Attilio Sacchi, e II. Settore il Dott. Achille Carini. Il Prof. Zoja aprì il suo Corso libero di Antropologia applicata alla medi- Due legale il giorno 21 Novembre con una prelezione storica sull’antropologia ell’encefalo. 5 SCUOLA DI MAGISTERO E SCUOLA NORMALE DELL’UNIVERSITAÀ DI PAVIA. - Ce ne occuperemo quanto prima, mancandoci in questo numero lo spazio. ANNUNCIO Società Medico-chirurgica di Pavia. Con vero piacere annunziamo che in Pavia si è recentemente costituita . per iniziativa di valorosi giovani Dottori una Società di Medici e chirurghi, della quale fanno parte numerosi colleghi, ed alla quale auguriamo vita lunga, prospera ed efficace. Gerenti I REDATTORI. Pavia, 1886; Stab. Tip. Succ. Bizzoni. Lala d-