Airline o e IATA PALO i ein nitt ded © od ret n A rene ner Piaget nt Era ® i DARI EA dando dani FOERNSI n da - à Canili Bo Ta A ER Let dprdonia E dll, Ci Bini Ta denti pt AAT bo Gioi È Falc ia Snc B e N F IE La nati Tottoi) i ita ar 4 : i LAMA E st i 2 Pa tt rali e Dt o iti dipinta, rane inerziale arene s = = ; ta SLI ite Aa ini om Ri nt E e: : i Ric i ae È a eg è TORE, aree 5 e no = iti pri rr pr ereto nni rerre pe VI 9A dn Det inline fifa ttt Airone mett La nda Am LAT Litri e orto neo eo A rara rara rene nori sr std e pd — : - r +2 = ped ew: à, x pit e e ea I RISE REM bolina ue wa = a: Taba Pmi miao rei atta Eta ritto BILI ANT LL i Latticini Ente i Tod e Liottoe = “ ur ni - e = Agp ie ere tizia va neterigeoee- rg ea E A e 9 » - A è - nre re Mrs nana nd re Pavia gireenretiot ’ i ear vetrine rr - fuso n = : ; “ - : È o ” e ra STE Dotato DREI Lo E e AR imita tante cene rrens ; L . > i LE aa ; : dtt E Gitto TL iti Brett vette tree rea re i = i A = È orrido eneaanà an — = “x - cè © È x . st TRTIIITRA ela Er Re eo TP ite e * Fonatti 0 E De Alia prete I Lat Rot co HARVARD UNIVERSITY DEL LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology DC Nt Pi si nec. 19 1590 oe _..\.\{\{‘'’{“{© Anno I. /2,57/ "Aprile 1879. ———1Num4. rd < 19) “Roletto Scient REDATTO DAI DOTTORI DE GIOVANNI ACHILLE, MAGGI LEOPOLDO ; E TOJA GIOVANNI x PROFESSORI ALL’ UNIVERSITÀ: DI PAVIA: o © ha | Ut io His A. Ù. MILANO Editori C. BIGNAMI e C. Editori Corso Venezia, 5. sa) % PUBBLICAZIONI DEI REDATTORI che si spediranno a chi ne farà richiesta accompagnata da vaglia. postale per il prezzo relativo (per la raccomandazione postale aggiungere centesimi 30) agli Editori C. BIGNAMI e C. P. L MacGI. Sull'apparecchio circolatorio degli animali . . . . . . Lire 2 — ‘innominata. Con una tavola .. .*. S Milano, Corso Venezia, S.. Studj anatomo-fisiologici intorno alle Amihe, ed in ponticolare di una Cenni sulla storia naturale degli esseri ifenitri Circo der 8 tavole e 119 figure . . . ES Intorno al genere Aeolosona. ca de de cali se Descrizione di un nido singolare della Formica fuliginosa. Con 4tav. » e BALSAMO CRIVELLI. Intorno agli organi essenziali della riprodu- zione delle Anguille, alle particolarità anatomiche del loro apparecchio escretore genito-urinario, ed alla forma delle loro intestina come ca- rattere specifico. Con una tavola . . . . . . . Intorno alle cellule del fermento (KefezeZlen) . ER Studj fatti nel Laboratorio di anatomia e fisiologia comparate della R. Università di Pavia, diretto dal Prof. L. Maggi, nell’anno 1877 . Il fascicolo contiene le seguenti memorie: P.L. MAGGI. Intorno all’incistamento del Proteo di Guanzati (Amphileptus Moniliger Ehr. di Clap. e Laeb.) — Contribuzione alla Morfologia delle Ampizonelle. Con una tavola. —. Sulla natura morfologica dei Distigma. Con figure. — Sull’esistenza dei Moneri in Ttalia. PARONA e GRASSI. Animali che defbono essere conosciuti dagli Apicol- tori (Vertebrati). — Di una nuova specie di Dochmins (Dochmins Balsami). Con una tav. — Il topolino delle caseze gli alveari. — Sovra una rarissima mostruosità osservata in ovo di gallina. — Contribuzione allo studio microscopico del miele e delle sue adultera= zioni. Con una tavola. CATTANEO. Escrescenza cornea frontale in un Bos taurus. Con una tavola. — Prime ricerche sui Protozoi. MAGRETTI. Alcune osservazioni sugli esseri inferiori d’acqua dolce e ma- rina, fatte nell’anno 1877: P. G. ZoiA. Ricerche è considerazioni sull'apofisi mastoidea è sue cellule. Con figure . IATA E nt Sulle borse sierose, e propriamente delle vescicolari degli arti umani. Con tavole . Si Ea Contribuzione all’anatomia dél meato medio delle fosse nasali. Con ] fig. Una varietà del muscolo. anomalo dello sterno. Con figure; . LI 1) ‘ . 4 O è ». d » » nd +» 3 6 4 3 ri 0 — 1.25 Anno I. Aprile 1879. Num, Gli Bollettino Scientifico REDATTO DAI DOTTORI De Giovanni Achille, Maggi Leopoldo e Zoja Giovanni PROFESSORI ALL'UNIVERSITÀ: DI PAVIA. Abbonamento annuo Italia L. Si stampa in Milano Esce otto volte all’anno, durante il corso delle lezioni universi— Ù 7 Detto E || Cana Venezia, Num. 5, p. p. tarie. — Gli abbonamenti si ri- Un numero separato Cent. 50 PI var cevono in Milano dall'£ditore, ed ] 3 e Un numero arretrtato L. 1. Ogni numero è di 16 pag. in Pavia dai redattori. SOMMARIO MAGGI: La Morfologia. — DE GIOVANNI: Aspirazioni nel metodo della indagine clinica. — CATTANEO: Cenni intorno ai Rizopodi — PARONA: Annotazioni di Teratologia e di Patologia comparata. — GRASSI: Di una insolita sede dell’Oidium albicans. — Comunica+ zioni dai Laboratorj. — Insegnamento secondario classico. — Notizie universitarie. LA MORFOLOGIA L’intento della morfologia è di mettere sopra una via del tutto scientifica lo studio degli organismi, giacchè essa non si accontenta lella conoscenza di questi puramente anatomica, ma vuol indagare anche i varj stadj di svolgimento pei quali essi passano prima di ar- rivare alla loro forma adulta. La morfologia quindi non si occupa solamente degli organismi formati, ma anche della loro formazione, .e mediante la cognizione della struttura degli inferiori, comprende la vera ragione meccanica degli stadj evolutivi dei superiori, perocchè. é transitorio negli organismi elevati, ciò che è permanente negli in- fimi. Anatomia e storia dello svolgimento, sono dunque i due rami che compongono la morfologia; e l'intimo nesso loro, è, come disse Geeenaur, naturale e necessario, giacchè il passato non può essere spiegato che col presente. Se gli anatomici diverranno. morfologi, procederà e si completerà. la scienza degli organismi. L’antropotomia ha uno scopo puramente pratico: mediante la dissezione e l’analisi ci descrive parte per parte 9 O£I& il corpo umano, e ci fa conoscere quale esso è formato, non ci spiega come siasi formato. Che se essa dallo stadio descrittivo vuol passare a quello esplicativo, in allora deve ricorrere alla morfologia; e l’an- tropogenia di HxcxeL ce ne offre un esempio. La trasformazione a cui noi assistiamo è quella d’una scienza ben più generale, ossia della cognizione della struttura degli organismi, senza escludere l'esame , del loro aspetto esterno; di quella scienza che in generale si dice aratfomia, pur studiata col metodo ascendente, e che riceve la sua vera forma dall’anatomia comparata, vale a dire da quella scienza che dalle descrizioni delle cose, procede alle conclu- sioni ultime, a cui conducono le premesse; divenendo infine anatomia critica per l'ordinamento delle relazioni che hanno gli oggetti anato- mici tra loro. Ben s°intende che, nel concetto generale di anatomia, son comprese anche le minute indagini istologiche. Ora l’anatomia tien conto solo d’una parte dei fenomeni organici. Anche i vari stadj di svolgimento, pei quali un organismo arriva alla sua forma adulta, si debbono studiare e conoscere; e di ciò si occupa l’ontogenia (embriogenia), ossia storia dello svolgimento dell'individuo; la quale, per conseguenza, si unisce all’anatomia, tenendo sempre davanti la filogenia, ossia storia dell'evoluzione della specie, come meta di conoscenza, a cui noi non possiamo arrivare, se non col metodo storico. i Certamente, dice GecenBAUR, torna più comodo lavorare all'antica, occuparsi solo di raccogliere materiali, restringersi ad un puro em- pirismo; ma è da osservarsi che tutti questi materiali sono fatti senza valore, se non si compongono in una potente sirfes? che alla dottrina dia il carattere della scienza. E la morfologia, sotto questo rispetto, è una vera scienza; una scienza autonoma, la quale ha fatto conoscere ‘ delle Zeggi generali ed importantissime, tra cui la legge meccanica che unisce l’ontogenia alla filogenia. L’incatenamento degli esseri organizzati attualmente viventi con quelli che si trovano allo stato fossile, tradusse la paleontologia nella filogonia; la quale si ripete nella ontogenia, dando questa in breve, ciò che la prima produsse in un tempo molto lungo, poichè l’ontoge- à, nia, secondo Hxcxet, è una rapida ricapitolazione della filogenia ‘colle leggi dell’eredità per condizione. Lo scopo a cui tende, in generale, la morfologia, è di consolidare sempre più la grande teoria della discendenza degli organismi, per mezzo della quale si possa abbracciare la biologia, al pari dell’abiolo- gia, coll’ unico concetto dell’evoluzione meccanica. Mal si apporrebbe perciò colui, che volendo definire la morfologia si attenesse semplicemente al suo significato etimologico, che è discorso o ragionamento delle forme. Invece, secondo Hxcoxet, la morfologia è la dottrina delle forme degli organismi, nel più ampio senso della parola, ossia la scienza degli interni ed esterni rapporti di forma dei corpi naturali vivi, piante ed animali. Lo scopo della morfologia organica è la conoscenza e la spiegazione di questi rapporti di forma, vale a dire il riconducimento della loro manifestazione a determinate leggi naturali. Per lo studio della morfologia, oltre a diverse pubblicazioni a parte ed inserite in pregiati giornali, v'ha un’opera, che dev'essere consi- derata fondamentale. Tale opera è quella dell’Illustre Dott. Ernesto £ Hxcxet, Prof. ordinario e Direttore dell’ Istituto zoologico dell’Univer- sità di Jena, intitolata: Gererelle morphologie der Organismen (morfo- logia generale degli organismi), stampata a Berlino nel 1366, in due volumi. Il primo dei quali tratta dell’anatomia generale degli orga- nismi (Allgemeine Anatomie der Organismen); il secondo, della storia dello svolgimento generale degli organismi (Allgemeine Entwickelungs- geschichte der Organismen). Una traduzione in italiano delle impor- tanti pagine raccolte in questi due volumi, tornerebbe molto oppor- tuna per la diffusione dei nuovi concetti morfologici. Giornale destinato appositamente all’anatomia e storia dello svol- ‘gimento, è quello di un altro illustre Dottore germanico, Carro Gearx- BauR, Professore ordinario e Direttore dell'Istituto anatomico dell’Uni- versità di Heidelberg, edito a Leipzig col nome di: Morphologisches Jahrbuch (Annali morfologici); il cui primo volume data dal 1875, ed il cui primo articolo tratta del posto e della significazione della morfologia. In esso dice anche, che invece di considerare la morfo- 4 logia come un ramo parallelo alla fisiologia e coordinato con-essa, in modo che amendue siano subordinate alla biologia, si può consi- derarla come una parte della fisiologia, perchè anche la forma è una funzione della materia, e quindi non si deve dimenticare nella trat- tazione fisiologica la funzione morfologica. E noi aggiungiamo che, essendo la dottrina delle malattie, non altro che una fisio-patologia, tosto si riconosce la neccessità che anche la patologia debba essere morfologica. Così che nessuno dei rami della biologia attualmente può sottrarsi al nuovo indirizzo morfologico. Prof. LeopoLpo Maser. ASPIRAZIONI NEL METODO DELLA INDAGINE CLINICA PRELEZIONE del Dott. ACHILLE DE GIOVANNI. Prof. Ord. di Patologia generale nell'Università di Pavia, comandato in quella di Padova per l’insegnamento e la direzione della Clinica medica. Onorandi Colleghi, Giovani Egregi. Se mi mosse il genio naturale a preferire tra le carriere universitarie quella della medicina, a fare de’ morbi e della loro cura il peculiare ob- bietto de’ miei studi, ed agognare la non facile missione di professarne nelle pubbliche scuole, nell’ora di assumere l’ ambita responsabilità non Vi saprei dire, umanissimi Signori, quale mi occupi più fortemente, se la gioja o la trepidazione. E per verità, intanto che da un lato mi sgomenta il pensiero, che da questo seggio insegnarono uomini valorosi, dal Concato mio illustre mae- stro, al venerando Pinali insino all’immortale Morgagni, di cui l'eco si ripercote ancora in questo recinto sacro alle scienze, dall'altro la fede nella discrezione ed indulgenza vostra, la solennità del luogo e della cir- costanza, m’ accendono di giovanile entusiasmo. Entusiasmo non solo giovanile, ma nuovo; conciosiachè per la prima volta mi trovo ammesso alla presenza di Onorandi Colleghi, dal cui una- nime voto io riconosco l’alto ufficio che mi fu dal Governo confidato. Ò Ù Tollerate dunque che, seguendo l'impulso dell'animo, io rivolga a Voi il mio primo saluto e Vi manifesti la mia riconoscenza per la spontanea ed insperata dimostrazione onde V’è piaciuto onorarmi. — Voi mi aggiun- geste coraggio a battere, collo sguardo fiso alle splendide tradizioni, la vagheggiata carriera; ed io trarrò dalla stessa Vostra ospitalità novello e più gagliardo impulso a coltivare con intelletto d'amore quella branca delle mediche discipline che di glorie insigni abbellì questo Ateneo, e finchè re- sterò tra Voi associerò alle Vostre, quali che sieno, le forze del mio inge- gno per progredire unitamente nella ricerca del Vero. A Voi pure, elettissimi giovani, desiosi di studio e di utile fama, il mio saluto. Crescendo alle speranze del paese, all’ onore del nome italiano, Voi avrete già misurata la grandezza degli obblighi che Vincombono e fermato il proposito di assolverli. Ed ora lasciate, Colleghi e Studenti, che in questo primo nostro con- vegno, in omaggio a vetusta e civile costumanza, affidato alla vostra cor- tesia, io Vi trattenga, come che spoglio di pompe, sullo indirizzo del mio insegnamento, cennando a quella perfezione del metodo nelle cliniche in- dagini ch'è nell’avvenire della scienza, verso cui dobbiamo volgere l’opera nostra. i Solevasi un tempo, in occasioni consimili a questa che ci raccoglie, tras- correre a volo sulla storia della medicina, per segnalarne l’epoche più . memorabili, gli uomini più illustri e discuterne i sistemi filosofici. — Era questo un tributo di doverosa onoranza ai nostri maggiori ed insieme un modo opportuno, per indicare le basi di quel sistema che intendevasi di professare. Quando la nostra scienza stringevasi d’amichevoli nodi colle naturali, perchè più vittoriose queste nella via del progresso sottratto avevano alla natura leggi e fatti onde potevano giovarle, si venne proclamando in tutti i toni e dimostrando anche colla storia il nuovissimo verbo per cui la scienza d'Ippocrate e di Galeno doveva divorziare dalle filosofie nebu- lose e vane. Il perchè preludendo alle nostre conferenze potremmo sciogliere un inno al connubio indissolubile della scienza nostra colle sorelle, e toccare ad una ad una le preziose conquiste fatte nel campo comune della espe- rienza e ammirare i vasti orizzonti che si distendono innanzi a noi e verso cui ci sospingono vaghezza di maggior sapere e genio umanitario. Ma non sono io forse tra gli eredi di quel sommo che, seguace sempre 6 della filosofia sperimentale, rigorosamente l’applicava. alle mediche disci- pline e la sanciva dettando De sedibus et causis morborum ? Quando Morgagni nel 1712 leggeva la sua prolusione da questa mede- sima cattedra, illustrata innanzi dal Vallisnieri, consigliava, che il giovane si erudisse profondamente nelle scienze naturali e matematiche prima di intraprendere lo studio dell'anatomia, e solo più tardi sì recasse ad ascol- tare i predicatori di filosofia, onde intendere come da questa fosse possi- bile ‘allo studioso della Natura averne profitto e applicazione. (Continua). INTORNO AI RIZOPODI CENNI DI GIACOMO CATTANEO addetto al Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Università di Pavia. I Rizopodi, o animali coi piedi radiciformi (da gi6, radice e ross, Todos, piede), sono microrganismi protoplasmatici nucieati, i quali pos- sono emettere dal loro corpo, e ritirare in esso, parecchie espansioni sar- codiche, dette pseudopodi o falsi piedi (da deddos, /ulsità e movs, modos, piede); espansioni varie «di forma, di larghezza, di lunghezza, e che si mo- strano momentaneamente o permanentemente ramificate. Il protoplasma di x alcuni Rizopodi è nudo, ossia privo di copertura membranosa o rigida; il protoplasma di altri è difeso da una copertura calcarea o, raramente, si- licea, secreta dagli esterni strati sarcodici, oppure è difeso dalla incrosta- zione superficiale di corpi stranieri; il protoplasma di altri infine è difeso e sostenuto da uno scheletro piuttosto complicato, esterno o interno, ge- neralmente siliceo, e talora composto d’una particolare sostanza organica. La forma generale del corpo è varia, spesso globulare; varia pure è la. forma e vario il numero dei pseudopodi, e la loro IE rispetto alla massa protoplasmatica; spesso si dipartono da essa come rasgi da una sfera. HI. Tassonomia. ì I Rizopodi si possono dividere in quattro ordini, cioè: Lobosa, Thala- mophora, Heliozoa, Radiolaria. | 1° ordine. Lobosa (Carpenter) — così detti pe? la forma dei loro pseu- dopodi lobati o digitiformi; chiamati anche Amoedina, Infusoria rhisopoda, Protoplasta. I Lobosa sono organismi composti di una sola cellula, e araiioni dal- 7 l'aggregazione di parecchie cellule; sono talora nudi, talora coperti da un guscio di varia figura; si muovono per mezzo di pedicelli lobati o lobopodi, cioè per mezzo di espansioni ottuse, digitiformi, spesso ramificate, le quali vengono emesse da varj punti della superficie e possono essere riassorbite nella massa protoplasmatica. I granuli alimentari vengono circondati dai pseudopodi e introdotti nell’ interno della cellula. Il protoplasma è. per lo più differenziato in uno strato esterno o esoplasma, jalino, senza struttura. e alquanto consistente, e in uno strato interno o endoplasma, opaco, sra- nuloso e molle, che contiene una o più vescicole contrattili o vacuoli pul- santi, ed uno o più nuclei, con o senza nucleolo. In alcuni Lobosa, tra l’eso- plasma e l’endoplasma, formasi un terzo strato, detto mesoplasma, che con- tiene la vescicola contrattile. La riproduzione è asessuale, per lo più per segmentazione, raramente per gemmazione o per formazione di spore. I Lobosa vivono generalmente nell'acqua, raramente entro terra, o parassiti entro altri organismi. Essi sì dividono in tre sottordini, cioè in Lobosi nudi o Gymnolobosa e Lobosi con guscio o Thecolobosa. Ai Gymmnolobosa 0 Lobosi nudi (da yvpvos, nudo e )of6s, lobo), ap- partengono molti generi e molte specie; ma noi ci limiteremo, tanto in questo gruppo di Rizopodi, quanto in tutti gli altri, di cui si parlerà in quest'articolo, a citare solo generi e specie che facilmente si possono tro- vare nelle acque italiane, e ciò allo scopo di render più facile, a chi ne avesse il piacere, la verificazione per osservazione propria di ciò che ab- biamo detto e verremo dicendo. Le specie italiane che appartengono ai Gymnolobosa sono lAmoeba princeps Ekr., l’Amoeba radiosa Ehr., VA. dif- fluens Ehr., VA. verrucosa Ehr., VA. Lieberkuhnia Maggi, e il Podostoma filig gerum Clap. e Lachm. Ai Thecolobosa 0 Lobosi con guscio (da Oxa, custodia e )oBos, lobo), appartengono l’ Arcella vulgaris Ehr., VA. viridis Perty, la Pseudochlamys patella C. e L., .la Difflugia aculeata Ehr., e inoltre, corrispondenti ai Monothalamia Rhizopoda di Hertwig e Lesser, la Microgromia sociulis Hertw. e varie Euglypha. 2° ordine. Thalamophora (Hertwig) — così detti perchè coperti da un guscio singolo o multiplo (da S&)euos, camera e gipo, portare); chia- mati anche Acyttaria 0 Reticularia. I Thalamophora sono organismi, che, in o di completo sviluppo, constano di un séncitio (aggruppamento di cellule), o corpo protoplasmatico 8 semovente, formato di parecchie cellule, con parecchi nuclei; raramente il corpo è unicellulare e contiene un solo nucleo. Dalla superficie del pro- toplasma irradiano numerosissimi e sottili pseudopodi filiformi, i quali si ramificano e si fondono a modo di rete. Questi pseudopodi servono alla lo- cA — Studj fatti nel Laboratorio di anatomia e fisiologia comparate della R. Università di Pavia, diretto dal Prof. L. Maggi, nell'anno 1877 . » 8 Il fascicolo contiene le seguenti memorie: P.L. MAGGI. Intorno all'incistamento del Proteo di Guanzati (Amphileptus Moniliger Ehr. di Clap. e Laeh.)_ — Contribuzione alla Morfologia delle Amnpizonelle. Con una tavola. — Sulla natura morfologica dei Distigma. Con figure. —. Sull'esistenza dei Moneri in Italia. PARONA e GRASSI. Animali ‘che debbono essere conosciuti dagli Apicol- tori (Vertebrati): — Di una nuova specie di Dochmins (Dochmins Balsami). Con una tav. — Il topolino delle case € glivalveari. — Sovra una rarissima mostruosità osservata in ovo di gallina. — Contribuzione allo studio microscopico del miele e delle sue adultera= zioni. Con una tavola. CATTANEO. Escrescenza cornea frontale in un Bos taurus. Con una tavola. ==. Prime ricerche sui Protozoì. MAGRETTI. Alcune osservazioni sugli esseri inferiori d'acqua dolce ‘è ma- vina, fatte seliarai 1877. P. G. ZosA. Ricerche e considerazioni sull’'apofisi mastoidea e sue cellule. Con figlrefenaei -— Sulle borse sierose, è propriamente delle vescicolari degli arti umani. Con tavole RESTA : ; : ; 2 Ted } Contribuizione all'anatomia del meato a dello TOsRe scali Con 1 di Una varietà del muscolo anomalo dello sterno. Con figure . Ì ° » D)) (e Anno I.° Maggio 1879. SN DAI Bollettino Scientifico REDATTO DAI DOTTORI De Giovanni Achille, Maggi Leopoldo e Zoja Giovanni PROFESSORI ALL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA. Abbonamento annuo Italia L. 4L Si pubblica in Milano Esce otto volte all'anno, durante il corso delle lezioni universi— P % PZA Cso Venezia, Num. 5, P- P- || tarie. — Gli nà si ri- Un numero separato Cent. 50 Un numero arretrtato L. 1. cevono in Milano dall’Editore, ed Ogni numero è di 16 pag. in Pavia dai redattori. SOMMARIO ZOJA: Sulla testa di Bartolomeo Panizza. — DE GIOVANNI: Aspirazioni nel metodo della indagine clinica (cont.) — CATTANEO: Cenni intorno ai Rizopodi (cont.) — GRASSI: Dî una insolita sede dell’Oidium albicans (cont. e fine). — Notizie universitarie (cont.) SULLA TESTA DI BARTOLOMEO PANIZZA Cenni del Prof. G. ZOJA La fama che si acquistò Panizza non appena salì alla cattedra di ana- tomia umana nell’ Ateneo ticinese, e la sua classica e simpatica figura, attrassero sopra di lui l’ attenzione devota non solo degli scolari, ma. anche degli artisti. Infatti chi, mirando Panizza, non sentiva vivo desi- derio di possederne le sembianze e di ricordarne l’espressione? — Oserei: dire che tutti quegli studenti di Medicina, i quali erano esperti nella gentile: arte del disegno, adornarono con premurosa riverenza il loro albo del ri- tratto dell'amato maestro. Io ricordo parecchi di quei disegni, e non pochi felicemente riesciti, fatti nella scuola da alcuni de’ miei condiscepoli, i quali ritraevano il Professore in atteggiamenti varii e sempre piacevoli e mae- stosi. | Fra gli artisti che ritrassero la maschia figura di Panizza meritano di essere ricordati in' modo particolare i signori: Ferreri 1), Fo- I) CESARE FERRERI disegnò il busto di Panizza fin dal 1826. In questo ritratto il nostro illustre Professore, che aveva allora circa quarant'anni, è veduto per due terzi dal lato sini- stro. La testa è lavorata con molta squisitezza, e vi si scorgono sd un tempo pronunciati e freschi i lineamenti augusti e soavi di Panizza, e la rara maestria dell’intelligentissima mano» dell’artista. — Il quadretto originale di Ferreri, da lui stesso firmato, e che rimase inedito, era posseduto dal Signor Dott. Cav. ANGELO MAESTRI, il quale volle con atto gentile e generoso farmene dono nel 1877. 18 cosi 1), Cornienti® ‘e Martini); e i disegni di questi due ultimi furono dif- fusi in gran numero di copie. Forse esisteranno ancora altri ritratti editi, ma io non ebbi la fortuna di vederli. So però che Panizza fu ritratto da un suo amico fin da quando era in Russia 4), e più tardi ad olio da Perlotto 5) di Vicenza, da Ferrari 6) e da Faruffini”). Esistono poi molte fotografie 8) in grande e in piccolo, al- cune delle quali bene riescite. L’artista Ferreri plasmò il busto di Panizza anche in gesso °); e il pro- fessor Verga, innamorato (come mi scriveva poco tempo fa) delle forme scultorie di quell’ uomo, senza sapere nulla di plastica, ne fece il basso- rilievo in cera; e Panizza trovava in esso uno de’ suoi ritratti meglio riu- SEIGIO)I La statua, opera egregia dello scultore Martegani, che innalzarono a Panizza nell'università di Pavia i suoi discepoli ed ammiratori !!), lo rap- Anche il Signor Dott. VINCENZO CAMPARI, il quale fino da quei tempi fece di sua mano copia fedele del lavoro di Ferreri, volle farmi dono della sua gentile fatica accompagnandolo con lettera squisitissima. — Io stringo la mano colla più sentita riconoscenza a questi egregi allievi di Panizza, dichiarando che i loro regali saranno da me custoditi sempre con gelosa cura e diligenza. 1) Il Signor FocoSI fu forse il primo che pubblicasse il ritratto di Panizza da lui dise— gnato, facendolo imprimere dalla Litografia Vassalli di Milano. Anche qui è riprodotto il bu- sto di Panizza, in dimensioni un po’ minori del precedente, colla differenza che Focosi ce lo mostra dal lato destro. L’effigie è circondata da un ornamento quadrilatero, nel mezzo del cui lato inferiore stà un’area ovale evidentemente destinata per la firma. L'immagine è lavorata con finitezza e con garbo, e le sembianze del celebre scienziato ri- saltano ancora nella pienezza della virilità. 2) GIUSEPPE CORNIENTI. disegnò verso il 1846 il busto di Panizza e lo pubblicò a Milano dedicandolo al Signor Dott. Antonio Bonatti. Qui l'atteggiamento dî Panizza é simile a quello che vedesi nel lavoro di Focosi, solo che Cornienti lo rappresentò con aspetto più severo, in età più matura e in dimensioni più grandi. 3) Il disegno del Signor MARTINI, edito dalla Litografia Ballagny di Firenze, riproduce pure il busto di Panizza veduto per due terzi dal lato sinistro, in dimensioni di poco inferiori a quello di Cornienti. In questo ritratto Panizza appare già entrato nella vecchiaja, ma con- serva tuttavia il vigore della sua maschia robustezza. 4-5) Questi due ritratti, dei quali l’ultimo è assai bello, sono conservati dal nipote di Pa- nizza, Prof. Bernardino di Padova. 6) Fu fatto nel 1848 ed è posseduto dal figlio maggiore di Panizza, Ingegnere Giovanni. 7) In questo eccellente ritratto, posseduto dal figlio Emilio, Panizza appare di una calma maestosa. 8) Una delle più belle è quella che lo rappresenta in piccolo negli ultimi suoi anni. 9) Questo busto (pure conservato dal figlio maggiore ), che non è senza difetti, rammenta però assai bene Panizza giovane pieno di vita e di espressione. 10) Per mala sorte il lavoro del Prof. Verga si ruppe in modo da non poter essere più ri Composto. 11) Vedi in proposito Il di della inaugurazione della Statua di Bartolomeo Panizza. Parole del Prof. FRANCESCO ORSI. — Un saluto alla Statua dato dal Prof. ANDREA VERGA. — Al- locuzione dell’ Ing. PIO PIETRA, f.f. di Sindaco di Pavia. — Detti del Comm. ANGELO BAR- GONI, Prefetto della Provincia di Pavia. Milano, 1873. Stabilimento dei Fratelli Rechiedei. Nonchè i Giornali medici e politici, si di Pavia che di Milano, dei primi giorni di Giugno «tel 1873. 19 presenta somigliantissimo, in piedi, nell’ atto in cui espone qualche fatto scientifico importante. Lo stesso signor Martegani gettò poi alcuni busti bellissimi in gesso, dei quali uno è collocato nella sala osteologica del ‘gabinetto di anatomia umana, di facciata alla nicchia dove è custodita la testa di Scarpa. Panizza fu pure effigiato felicissimamente in bronzo dal compianto scul- tore Bergonzoli, e il medaglione orna il monumento che i figli di Panizza «dedicarono alla memoria del padre nel cimitero di Pavia 1). In tutti questi disegni e pitture: e sculture si ammirano la maestosa fronte di Panizza, il corretto ovale del viso, i tratti leonini della faccia, :le linee energiche e lo sguardo sicuro e penetrante: in tutti sì vede spic- «cata l’austerità del pensatore, quale ci è indicata dai ritratti di Galileo, «di Cavour, di Palmerston, di Manzoni; la dignità del cattedratico, come in Vesalio, in Scarpa, in Volta; ed ancora la bellezza virile, quale in Alfieri, in Foscolo..., ma non vedo quel lampo benevolo della pupilla, «quella morbida ed eloquente piega della bocca, quel facile e caro commo- ‘vimento di tutta la persona, le quali cose esercitavano un irresistibile I) Questo Monumento è costituito da un masso di granito a forma quadrilatera piramidale, alto più di due metri e mezzo, e largo alla base quasi due metri. In alto la piramide è tron— «cata ed appare coperta da un largo manto che cala su tre lati, ed è sollevato dal lato meridio- nale, per lasciare scoperto il Medaglione in bronzo rappresentante l’effigie dell’estinto, grande al vero. Questo Monumento lascia una malinconica ma gradita impressione. Nel Medaglione, lavoro pregevolissimo del celebre autore dell’ Amore degli angeli, i tratti di Panizza non po— itrebbero essere più corretti nè più nobilmente scolpiti. Da' questa effigie, riprodotta anche in gesso, fu levata la fotografia che orna la stupenda Monografia di Panizza, scritta da Verga. Sotto il Medaglione, che ricorda si bene le più belle figure dei grandi dei tempi antichi, si legge la seguente epigrafe, dettata dal dottissimo e compianto G. M. BuSSEDI, altro degli amici sed ammiratori di Panizza: AL COMM. BARTOLOMEO PANIZZA PROFESSORE D' ANATOMIA SENATORE DEL REGNO INSIGNE DI DOTTRINA POPOLARMENTE AMATO PER ANIMO INTEGRO SCHIETTO GENEROSO vissuto 81 ANNO sINO A’ 17 APRILE 1867 I FIGLI E LE FIGLIE ONORATI DEL NOME GRATI DELL’ AFFETTO PREGANDO E LAGRIMANDO POSERO. Le lettere di questa epigrafe erano di bronzo ed in rilievo, ma ora sono semplicemente in- ‘cisé, perchè furono manomesse da gente vandalica che non comprende nè il sentimento delle patrie glorie nè quello della pietà. 20 fascino su tutti quelli che conoscevano in lui non la sola potenza dell’ in- telletto, ma anco quella del cuore, e lo resero tanto amabile e popolare. Era riservato al suo scolaro ed amico Andrea Verga l'ufficio non solo di descrivere le doti di quel grande come scienziato, come maestro, come dissettore, come cittadino e come padre, ma ancora di dipingerlo conforme al vero, emulando e compiendo l’opera degli artisti con quelle parole, da- vanti a questo onorevole Istituto altra volta da lui pronunciate, le quali colla massima compiacenza qui richiamo alla vostra memoria: «Panizza, sebbene fosse di statura appena mediocre, aveva aspetto «maestoso ed augusto, il che dipendeva da una testa bellissima e più « sviluppata forse che al corpo non convenisse 1). La fronte era alta, mi- «rabilmente scolpita; gli occhi cerulei, sereni, abitualmente abbassati e « pensosi, ma lampeggianti sotto le lunghe ciglia; la bocca piccola, con «labbra sottili, che tratto tratto schiudevansi a un sorriso angelico; la « carnagione rosea, vivace; i capelli e i pizzi abbondanti, ricciuti, a ri- « flessi dorati e quasi ignei; il collo largo alla base e toroso. Il tutto era «così solennemente armonico e rilevava tanta bontà d’animo e tanta pro- « fondità di senno che inspirava a un tempo affetto e fiducia e riverenza, «e richiamava alla mente le più classiche bellezze della greca scultura, «le teste di Omero e di Giove. Quando il Panizza non avesse avuto una « intelligenza retta, elevata, generosa, c’ era da rinnegare per sempre la « frenologia e la fisiognomonia. » ?) E in altra parte dello stesso discorso si legge: « Panizza insegnava sempre a memoria, in piedi, spesso passeggiando; «la sua voce alta e vibrante risuonava al di fuori dell’aula; i suoi atteg- «giamenti erano drammatici, i modi schietti, talvolta nuovi e bizzarri, «sempre efficacissimi. Tutto in lui parlava: il volto, lo sguardo, il gesto.» 3) Con questi ed altri tratti 4) il prof. Verga mediante l’arte della parola gareggia vittoriosamente coll’arte del disegno, dandoci di Panizza una im- magine intiera nella quale alla: verità ed alla grazia si unisce l' efficace profumo del sentimento. i (Continua). 1) Cuvier, Schiller e Napoleone I, avevano pure questa relativa sproporzione tra la testa ed il rimanente del corpo. i ] 2) Sulla vita e sugli scritti di BARTOLOMEO PANIZZA, relazione letta innanzi al Reale Isti- tuto Lombardo dal Dott. ANDREA VERGA. Tipografia di G Bernardoni. Milano, 1869, pag. 85. 3) VERGA; op. cit., pag. 16 e 17: +) id. id. pag. 67, 81, 86 e 92. 21 ASPIRAZIONI NEL METODO DELLA INDAGINE CLINICA PRELEZIONE DEL | : Dott. ACHILLE DE GIOVANNI. Prof. Ord. di Patologia generale nell'Università di Pavia, comandato in quella iPadova per l’insegnamento e la direzione della Clinica medica. —T—T__T_» o «—— _—_ _ (Continuazione, vedi Numero precedente). Con queste frasi il genio di Morgagni tracciava l’indirizzo moderno, incul- cava implicitamente essere le diverse mediche discipline tante branche della Storia naturale dell’uomo applicate allo scopo supremo di preservarlo dai morbi e di guarirnelo quando affetto — e presentiva l’epoca di Laennec, di Rokitanski, di Bernard, di Virchow, di Traube e di Helmoltz. Io dunque mi dispenso dal celebrare concetti che hanno già penetrata la mente di tutti, e piuttosto verrò a dirvi di qualche momento dell’at- tuale fase scientifica in cui stassi maturando un nuovo progresso, che giunge benefico allo stesso indirizzo delle cliniche indagini. Giammai, come ora, luce più limpida e più serena illuminò il cammino della scienza. Dei moltissimi sistemi, di cui la storia ricorda e nomi e vi- cende, il meglio — vale a dire, ciò solo che sgorgava dalla osservazione senza preconcetti istituita — rimase; quindi rimasero gli eterni principii intraveduti persino dall’agrigentino Empedocle, accresciuti e corretti dalle ‘congeneri scuole successive, sanciti da Galileo, da Spallanzani, da Volta ed incarnati poi nelle nostre discipline e fusi con armonia feconda e creatrice in una nuova dottrina — la filosofia naturale. In questa sì concentrano le leggi della chimica e quelle della fisica — che altro non sono che la esplicazione dei rapporti materiali; e queste leggi, tutte variamente associate e variamente convergendo, producono î multiformi fenomeni del mondo inorganico e dell’organico. Le leggi della meccanica molecolare governano l’aggruppamento degli elementi che compongono il plasson, i protoplasmi, le cellule dei tessuti. Le leggi della morfologia stabiliscono i rapporti fra la sostanza e la forma, tra la forma e la funzione, e sanciscono il principio della evoluzione degli esseri, adombrato da Lamark, da Goethe, empiricamente dimostrato da Darwin, brillantemente illustrato da Ekel ed a noi reso famigliare da uno dei più facili volgarizzatori che onora questo Ateneo; mentre gli studii embriologici in altra guisa lo confermano e ci apprendono, come negli ele- 22 menti staminali dell’ovolo si racchiuda, entro certe fasi di loro sviluppo, il concetto di organismi inferiori, che, raggruppandosi poi in una data forma ed atteggiandosi a speciale funzione, si concretano nella sostanza degli or- gani, in cui svolgonsi i fenomeni della nutrizione e quindi della riprodu- zione cellulare, tra cui da ultimo padroneggia sovrano il grande sistema. nervoso. Il quale influenza per tempo nell’embrione la evoluzione degli or- gani, cui rannoda creando così in ultimo la personalità co’ suoi speciali attributi fisiologici. Tenendo a questi concetti, non è possibile per chi ha sana la mente e retto criterio ragionare dell’uomo, seguendo sistemi preconcepiti od uni- laterali. — Le idee generali che possediamo sulla organizzazione degli es- seri impongono silenzio a qualunque esorbitanza e compongono le omai viete cicalate dei solidisti, degli umoristi, dei vitalisti, dei mistionisti, e va dicendo. E Il medico-fisiologo abbraccia tutto quello che v'è di positivo nei predetti’ sistemi esa essere fonte prima di un fenomeno morfologico il misto or- ganico; sa procedere il complesso della vita normale da un certo tipo di organismo in cui i solidi, ovvero gli organi, si trovano tra loro nelle vo- lute correlazioni anatomiche; sa che l’armonico e regolare succedersi delle. funzioni organiche è legato alle condizioni dell'ambiente esterno e dell’am- biente interno cospiranti colle influenze del sistema nervoso; quindi nelle indagini patogenetiche di ogni caso morboso non può evitare quest’ or- dine di problemi: Quanto della realattia si deve alla ereditarietà; alla ‘congenita costitu- zione? — Quanto alla deviazione dei normali rapporti di correlazione orga- nica, od a scorretta evoluzione e quindi a primitive e secondarie aberra- zioni funzionali* — Quanto alle cause che operano dall’esterno ed a quelle che dall'interno? — Quanto all'eccesso, od al diffetto, od alla aberrazione delle attività nervose dirette e riflesse? E nella soluzione di questi problemi — tutti importantissimi, perchè conducono alla conoscenza per quanto possibile esatta dello stato morboso — il medico fisiologo ha seguito il metodo che dirò naturale, per cui oltre ì precedenti morbosi ha afferrato intera conoscenza de’ molti accidenti con geniti od acquisiti, che concorrono a comporre quella particolare forma morbosa; un programma di studii, per cui vede confermata con somma soddisfazione ed anche spiegata l’antica sapienza clinica; è poi costretto a. ripetere dall'organismo tutta la ragione de’ suoi fenomeni secondo l’esempio” dell’eccelso Morgagni; e si dischiude così la via a trovati che accrescono il materiale empirico, col quale a poco a poco si viene a comporre il quadro’ 23 naturale delle vicende morbose, a spargere nuova luce sulle molte inco- gnite, che troppo numerose s'incontrano nella pratica, ed a sostituire alla artificiale classificazione dei morbi la conoscenza del loro fondamento fisio- logico, non che delle ragioni della mutabilità della loro clinica espressione. Il medico-fisiologo che ha lungamente maturato tali principii ora non può essere nè puro empirico, nè puro scienziato; ma dev'essere ed empirico e scienziato, perchè due compiti gli si impongono: — eseguire tutti i precetti dell’arte salutare quali ci vengono insegnati dalla tradizione clinica più autorevole; — e indagare la ragione di tutto quello che osserva, perchè ogni sintomo, ogni fenomeno morboso sia collocato nell’ordine di figliazione e sulla base fisiologica propria, per quindi pervenire alla soluzione dei problemi che dicemmo offrirsegli ad ogni concreto caso di malattia. — Però dichiaro, che medico-fisiologo non è quegli che pretende trattare le più co- muni come le più gravi questioni della pratica, ignorando, o non curando ciò che intorno ad esse dettarono i sommi maestri dell’arte, e regolandosi col solo sussidio della fisiologia. Questi non è medico, ma fisiologo pretenzioso; per- chè suppone e predica quello che non sa ancora, pur troppo, essendo lon- tana la fisiologia dell’uomo dalla ultima sua meta, e perchè colla sola ra- gione fisiologica non può snebbiare la forma clinica, se prima non ha diu- turnamente provato. e riprovato il difficile lavorio diagnostico nelle varie fasi dei morbi. Io stimo, o Signori, che il metodo naturale, quale si conviene alla so- luzione de’ problemi sopra cennati, sia il migliore. — Siccome in medicina è facile cosa lasciarsi affascinare da nuove teorie, che spesso pullulano da fatti di lievissimo momento; — siccome gli assiomi dell’empirismo clinico. richiedono la maggiore oculatezza per essere saviamente applicati in ognì caso — per cui anche Ippocrate diceva l’ empirismo pericoloso — così, te- nendoci al metodo naturale nelle nostre indagini, potremo errare, perchè la scienza nostra molto ancora si scosta dalla perfezione, ma non scivole- remo che difficilmente nelle teorie fallaci e caduche. Il metodo nostro di indagine clinica è già per sé stesso un crogiuolo da cuî qualunque teoria uscirà consumata o provata; ed è ancora un mezzo che ci protegge dalle dolci insidie dell’ eccZettismo — il migliore de’ sistemi secondo alcuni; la negazione e l’ affermazione ad un tempo di teorie contrarie se- condo altri; — secondo me una parola e null’altro. Imperocchè nella filosofia naturale; e nel metodo che da essa abbiamo ricevuto, si abbracciano tutti i veri principii scientifici; e dalla filosofia naturale, come dal sole in cui sì fondono tutti gli spetri, sgorga a rivi quella luce che illumina e feconda le menti nostre dei concetti più probabili, anche là dove la scienza non ancora è pervenuta. 24 La indagine clinica secondo che prescrive il metodo naturale, incontra, pur troppo, ancora altissime difficoltà. Perchè in ogni caso, non che pos- sibile, tornasse agevole la sua esatta applicazione, richiederebbesi che dalla fisiologia — presa nel suo più ampio significato — si fossero stabilite leggi e inventati processi intorno ai quali o abbiamo appena fondate pre- sunzioni, od abbiamo ardenti litigi, od ipotesi, od inani conati. I mezzi della indagine fisica, in vero, malgrado si vadano perfezionando, non sono ancora così numerosi, nè di quella efficacia e penetrazione che sarebbe mestieri per averne risultanze proficue sempre. D'altra parte la coltura del futuro medico, secondo me, dalle vigenti istituzioni scolastiche, non è così svolta da predisporre la mente e i sensi alle moltissime e sottilissime ricerche necessarie a condursi sull’uomo infer- mo. — Imperocchè molto sarebbe a dire intorno alla distribuzione, o col- legamento razionale dei diversi rami stabilito dai nostri regolamenti; come moltissimo vorremmo poter dire di qualche lacuna che non si pensa mai a colmare — alludo specialmente alla Clnica propedeutica — e per cui s’ingenera imbarazzo negl’ insegnanti e danno nei discepoli, che non arri- vano mai al grado di coltura che in essi vuolsi ammettere, quando ab- bracciano lo studio delle cliniche dette professionali. E si sappia ch'io non sogno che debbasi costringere il medico a salire le scale del cliente collo zaino in spalla portante la suppellettile per la indagine fisica: ma il mio pensiero è che, educato al metodo della filosofia naturale nello studio dell’uomo sano ed ammalato, almeno abbia la mente preoccupata dei soli principii della fisiologia e della patologia, e non di teorie da altri elaborate, o per commodo proprio improvvisate ora su questo, ora su quel fatto sperimentale non bene accertato, o non apprezzato giusta- mente; ed abbia abituata la critica e la osservazione così da sapere trarre - dal passato e dal presente del suo infermo tutte le fila, anche più sottili e recondite, onde ordivasi la malatia: — da naturalista direbbesi, che sap- pia indagare la morfologia del morbo. Ma se oltremodo ardua è l’applicazione del metodo naturale, se altissi- mo lo scopo educativo che vogliamo raggiungere nel medico, ciò non vuol dire che metodo e scopo debbansi abbandonare. È infinito il progresso della scienza: — come i miracoli della meccanica fanno tutto giorno attonito il mondo, così quelli dei sommi principii della fisica e della chimica, ì quali condussero al concetto della unità delle forze fisiche, ci suscitano il santo entusiasmo della scienza e ci richiamano sulle labbra la profetica parola Excelsior! (Continua). INTORNO AI RIZOPODI CENNI DI GIACOMO CATTANEO addetto al Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Università di Pavia. (Continuazione, vedi Numero precedente). I Polythalamia (Breyn) o i Foraminifera polythalamia, cioè, i Tala- mofori a molti fori e a parecchi gusci (da zoAis, molto, e S4)zpos, ca- mera), hanno guscio pluriloculare, forato da molte piccole aperture, come un cribro, talora con una grande apertura all’ estremità della camera più giovane. Vi appartengono la Nodosaria radicula, la Rotalia Veneta Sch., il Nummulites lentiformis, il N. reticulatus, ecc. 3° ordine. Heliozoa (Haeckel) — così detti per la loro forma raggiata, a guisa di sole (da #Atos, sole, e. G@ov, animale.) Gli Heliozoa sono organismi che, allo stato di completo sviluppo, constano talvolta di un’unica cellula sferica, talvolta di un sincitio sferico composto di parecchie cellule riunite. Nel primo caso vi è un solo nucleo, nel secondo caso vi sono parecchi nuclei, entro la sfera protoplasmatica. Questa è differenziata in uno strato interno granuloso o endoplasma, e in uno strato esterno schiumoso o esoplasma. IL’ esoplasma forma vacuoli e vescicole contrattili. Dalla sua superficie irradiano numerosi fili capillari, che di solito sono semplici, non ramificati, abbastanza rigidi, e hanno poca tendenza a riunirsi l’un l’altro. Talvolta il corpo intero è molle e nudo; tal’altra v'è uno scheletro solido, il quale è composto di molte spicule sparse o è formato da un guscio a graticcio. Gli Eliozoi per lo più vagano liberamente nell’acqua; raramente sono fissi. La Tiproduzione è asessuale, o per divisione o per sporiparità. Vivono nelle acque, sì dolci che marine. Gli Heliozoa si possono dividere in tre sottordini: Askeleta, Chlamydo-. phora, Skeletophora. Gli Askeleta (Hertwig e Lesser) o Eliozoi privi di scheletro, detti anche Aphrothoraca (da &ppos, schiuma, e Spa, difesa, copertura) sono nudi, senza scheletro, molli, schiumosi. Vi appartengono l’ TR sol Ehr., e l’Actinosphaerium Eichhorni Ehr. I Chlamydophora (Archer) o Eliozoi aventi una copertura (da X)auvs, veste, e pépw, portare) sono privi di scheletro, ma hanno un distinto in- viluppo esterno, assai differenziato, molle, e più o meno mobile, ora gra- 26 nulare, ora d’apparenza striata, ora omogeneo. Vi appartengono la Hetero- phrys myriopoda Arch., la Heterophwys spinifera Hertw. € Less., e la Helio- phwys variabilis Greelt. Gli Skeletophora (Hertwig e Lesser) sono Eliozoi aventi uno scheletro, e possono dividersi in due gruppi: Chalarothoraca e Desmothoraca. I Chata- rothoraca (Hertwig) (da Za)epos, slegato, sciolto, e Fbpa5, copertura), hanno un guscio composto di pezzi assai sottili. Ad essi appartiene l’ Acanthocystis flava Greeff. 1 Desmothoraca (Hertwig) (da derpos, legame, e Sopeg, co- pertura), hanno un guscio d’un solo pezzo. Ad essi appartiene la Hedrio- cystis pellucida H. e L. e la Clathrulina elegans Cienk. 4° ordine. Radiolaria (I. Miiller) — I Radiolarii, o Rizopodi raggiati, sono organismi che, allo stadio di completo sviluppo, constano di due di- verse parti principali, cioè, di una capsula centrale solida, piena di cellule, e di un sincitio esterno che la circonda, da cui irradiano numerosissimi pseudopodi. Intorno alla capsula centrale stanno per lo più alcune partico- lari cellule gialle, che contengono amido. Pochi Radiolarii sono molli e nudi; quasi tutti hanno uno scheletro composto di spicule, o d’un intreccio di bastoncini, o di un guscio ; e questi apparecchi di copertura e di soste- gno sono generalmente silicei, e hanno figure svariatissime ed elegantis sime. La nutrizione dei Radiolarii ha luogo per mezzo dei pseudopodi. La riproduzione è asessuale, raramente per segmentazione, generalmente per formazione di spore. Le spore si generano nella capsula centrale, ed escono da essa sotto forma di zoospori flagellati. I Radiolarii vivono in mare, e nuotano o alla superficie o a varie profondità. Essi si possono dividere in sette sottordini: Pancolae, Panacanthae , Pansoleniae, Plegmidae, Sphaerideae, Discideae, Cyrtideae. Le Pancollae (Haeckel) o Radiolari gelatinosi (da rs, tutto, e 0)4e, gelatina), mancano di scheletro o hanno uno scheletro formato soltanto da aghetti solidi qua e là sparsi. Di questo sottordine, trovansi presso Napoli il Collozoum inerme Haeck., lo Sphaerozoum italicum Haeck., lo S. 0vodi- mare Haeck., lo 8. punctatum Muller. Le specie che si trovano a Messina, e che sole indicheremo negli altri sei sottordini, sono, per il sottordine delle Pancollae, la Thalassicolla pe- lagica Haeck., la Thalassolampe margarodes Haeck., la Thalassosphaera bifurca Haeck,, ecc. Le Panacanthae (Haeckel) o Radiolarii con spine (da ras, tutto, e Gray3a, spina), hanno uno scheletro formato di aculei solidi radiali, i quali, o si congiungono insieme fin nella capsula centrale, o sono lassamente uniti, o sono anche disgiunti. Vi appartengono il Zygostephanus Mulleri, 21 la Dictyocha messanensis Haeck., il Prismatium tripleurum Haceck., l Acan- thometra Mwlleri Haeck., ecc. Le Pansoleniae (Haeckel) o Radiolarii a tubi (da mas, tutto, e c0XqY, tubo), hanno lo scheletro formato da tubi, o qua e là sparsi, o uniti insieme in ordine concentrico. Vi appartengono l’ Aulacantha scotymantha H., il Coclodendrum gracillimum Haeck., ecc. Le Plegmideae (Haeckel) o Radiolarii spugnosi (da m)éype, intreccio), hanno scheletro formato da densi o rari ammassi di fini bastoncini silicei, uniti insieme senz’ ordine, come nelle spugne. Vi appartengono lo \Spongo- discus mediterraneus Haeck., lo Spongurus cylindricus Haeck., lo Spongas- teriscus quadricornis Haeckel. Le Sphaerideae (Haeckel) o Radiolarii globulari (da opaip@, sfera), hanno scheletro formato da un solo globo a graticcio o da più globi a gra- ticcio, uniti insieme per mezzo di bastoneini radiali. Vi appartengono la Ethmosphaera siphonophora Haeck., la Collosphaera Huxleyi MuI., il Clado-% coccus cervicornis Haeck., Vl Actinomma drymodes Haeck., la Heliosphaera inermis H. Le Discideae (Haeckel), o Radiolarii discoidali, hanno scheletro a forma di disco, eomposto di due lamine cribrose parallele, tra cui esistono molte piccole concamerazioni, formate dall’ inerociarsi di bastoncini a graticcio, concentrici e radiali. Vi appartengono il Trematodiscus sorites Haeck., il Coccodiscus Darwinii. Le Cyrtideae (Haeckel).o Radiolarii a cono, hanno un guscio a graticcio, caratterizzato da un asse principale con due opposti poli. La forma fonda- mentale è conica. Il guscio è spesso diviso in parecchle camere da solca- ture annulari. Vi appartengono la Cyrtocalpis amphora Haeck., V Eucyrti- dium lagena Haeck., la Botryocampe hexathaltamia H., V Eucecryphatus Ge- genbauri Haeck. Ora che abbiamo annunciato i caratteri fondamentali dei Rizopodi e data un’ idea del loro ordinamento tassonomico, faremo un rapido studio della loro anatomia e fisiologia comparate e del loro sviluppo. — Secondo le più recenti denominazioni, la fisiologia verrà divisa in interna ed esterna; la prima riguardante i fenomeni di ciascun individuo in sé, la seconda riguar- dante le relazioni d'ogni individuo con gli altri, o simili o diversi, oppur con l’ambiente. Alla fisiologia interna riferiremo la Trofologia, o studio delle funzioni di nutrizione (da tpégw, nutrire, e \byos, discorso), e la T'ocolo- gia, o studio delle funzioni di riproduzione (da tozos, parto, figlio, e \0yos, discorso); alla fisiologia esterna riferiremo la Ecologia o studio delle fun- zioni di relazione (da oîxos, casa, economia domestica, e Voyos, di- 28 scorso), e la Corologia o studio della distribuzione geografica (da Xwpe, luogo, paese, e doyos, discorso). Riguardo poi allo sviluppo dei Rizopodi, parleremo anzitutto della loro Ontogema, ossia del loro sviluppo indivi- duale, o, per usare una parola ben conosciuta, ma impropria, se applicata ad animali inferiorì, della loro embriologia. ( Ontogenia deriva da ov, es- sere, e yévos, generazione). — Finalmente ci permetteremo qualche pa- rola anche sullo sviluppo genealogico dei Rizopodi, secondo alcune moderne ricerche, informate alla teoria della discendenza; ossia diremo qualche parola della loro Filogenia (da 9a, tribù, famiglia, e yévos, genera- zione). II. Anatomia comparata dei Rizopodi. Il corpo dei Rizopodi consta essenzialmente d’una piccola massa d’una combinazione albuminoide, cioè d'un composto carbonioso quaternario «(carbonio, idrogeno, ossigeno ed azoto). Questa massa non è nè propria- mente liquida, nè propriamente solida, ma in uno stato di semiliquidità, che è caratteristico dei composti albuminoidi, e ne spiega in parte i com- plicati fenomeni. — La forma generale di questa massa albuminoide, o protoplasma, o sarcode, è quella appunto che assumono i corpi semili- quidi, abbandonati a sé, in piccole porzioni; cioè una forma globulare, più o meno regolare a seconda delle varie specie, e del vario stadio di svi- luppo in cui un individuo si trova, oppure del particolare lavorio fisiolo- gico a cui esso attende in un dato momento. Vedremo, per esempio, che la forma globulare diventa regolarissima e precisamente sferica, quando un rizopodo si prepara a riprodursi per formazione di spore. Il globulo protoplasmatico d’un rizopodo può essere poi coronato da.un numero va- | riabile d’espansioni di varie figure, di cui dirò poi. Il colore del protopla- sma, è assai vario; si trovano protoplasmi con colorazioni verdi, azzurre, gialle, rosso-cupe, rosse, violette, dovute alla presenza di fini granuli pigmentari. Nel maggior numero dei casi però il protoplasma è incoloro, o leggermente bianchiccio. — Varia anche è la sua diafaneità; in taluni punti è perfettamente trasparente, in altri meno; ma non giunge quasi mai ad essere perfettamente opaeo. Talvolta in uno stesso inviduo vi sono parti variamente colorate; per esempio il protoplasma di alcune globigerine è rosso-aranciato e contiene grandi goccie oleose giallo-chiare. Il protoplasma non è egualmente conformato nelle sue varie parti, ossia non è tutto omogeneo. — In generale i Rizopodi presentano una parte interna, resa alquanto oscura e opaca da molti e fini granuli e detta ex- doplasma o endosarco, e una parte esterna jalina ed omogenea, che cire 29 Li conda la prima e che chiamasi esoplasma, o ectoplasma, o ectosarco. In alcuni Rizopodi la differenziazione non si arresta a queste due parti, ma tra l’endoplasma e l’ esoplasma si scorge una terza zona detta mesoplasma, la quale è finamente granulosa, ma meno oscura dell’endoplasma. — La scoperta del mesoplasma nei Rizopodi Lobosi si deve al prof. Leopoldo Maggi di Pavia, che lo trovò nella sua Amoeba Lieberkùhnia, nell’ Amoeba verrucosa Ehr, e nel Podostoma filigerum Clap. e Lachm. Oltre alle gra- nulazioni, di varia forma e di varia natura, l’endoplasma contiene sempre una ben limitata macchia bianca o chiara tondeggiante, che è il nucleo, il quale imparte ai Rizopodi il carattere morfologico di vere cellule. In molti casi poi il nucleo contiene una macchietta o punteggiatura oscura, che è il nucleolo. Il nucleo è parte indispensabile di un Rizopodo; e talora non è unico; ma si trovano due, tre e più nuclei nel medesimo individuo. Il loro numero cresce generalmente col crescere dell'età del rizopodo. Oltre il nucleo, nell’endoplasma si trovano altre macchie chiare e rotonde, ma non ben limitate, che spesso contengono sostanze estranee o granuli alimentari, e diconsi vacuoli, o posseggono un moto di pulsazione spe- ciale, e allora diconsi vescicole contrattili. Il numero dei vacuoli e delle vescicole non è limitato. — Nei rizopodi che posseggono un mesoplasma, la vescicola contrattile ha una posizione costante, cioè trovasi nel meso- plasma, toccando, col suo contorno, l’ endoplasma. L’esoplasma è general- mente omogeneo, ed ha la proprietà di deformarsi in certe direzioni, dando origine ai pseudopodi, o espansioni sarcodiche, diverse di grandezza e di forma, e in talune specie continuamente variabili. — I pseudopodi hanno in alcuni rizopodi una forma ottusa e lobata, cioè sono brevi e lar- ghi, e a terminazione tondeggiante. — Tali si osservano nelle Amoedae, nelle Arcellae ed in generale nell'ordine dei Lobosa. — Spesso però, in questo stesso ordine, si presentano alquanto più affilati, o digitiformi, 0 veramente puntuti. In altri rizopodi sono sottili e lunghissimi, dividentisi, massime verso l'estremità, in due o più rami, che si congiungono o si anastomizzano coi rami dei vicini pseudopodi, dando origine ad una confi- gurazione reticolare. In tal caso la loro direzione rispetto al corpo proto- plasmatico principale può essere totalmente radiale, ovvero radiale sol- tanto in parte, con fasci di pseudopodi che tagliano i vicini sotto angoli più o meno grandi, giungendo perfino ad essere quasi in direzione tangen- ziale rispetto al globulo protoplasmatico. In taluni rizopodi sono rettilinei e affilati, in direzione perfettamente radiale, e senza diramazioni ed anasto- mosi; servano d’ esempio le caratteristiche forme degli Eliozoi. (Continua). 30 DI UN’INSOLITA SEDE DELL’OIDIUM ALBICANS (Syringospora Robinii Qu,) DEL DOTT. GRASSI BB. Addetto al Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Università di Pavia, per il perfezionamento. (Continuazione e fine, vedi Num. precedente). 4° In quattro cadaveri conservati insieme con quello di cui ora scrivo ed in molti altri che giacquero anche oltre le 48 ore sul medesimo suolo, per quanto ricercassi accuratamente, non ebbi più occasione d’incontrare il parassita; 5° Il parassita dopo l’ autopsia non invase nuove regioni ancorchè i pezzi venissero conservati in ambiente migliore per la vegetazione dei funghi. Si tratta adunque di un parassita sviluppato durante la vita dell’ ospite. E necessario classificarlo. Dalla descrizione minuta da me fatta è agevole vedere ch’ esso ha una straordinaria somiglianza coll’ Oidium Albicans (Syringospora Robinii v. Qu. I. cit.) benchè per alcuni caratteri se ne scosti alquanto e sopratutto per la mancanza di granulazioni in molti miceli, per l’invisibilità dei sepi- menti in tutti 1). — Siccome però si tratta di caratteri secondari, così quanto a specie vuolsi identificare coll’ Oidium e considerarlo come una varietà di piccola importanza. In questo giudizio botanico convenne anche l’ egregio Dott. R. Pirotta, dopo l'esame d’una delle macchie da me poc’ anzi descritte. Dove principiò lo sviluppo dell’ Oidium ? Forse dalla bocca? ma allora come mai erasi qui spento affatto e senza ‘cura? perchè non aveva dato sintomi? Che non desse sintomi o. meglio ‘cche i sintomi sfuggissero all’ oculatezza medica, negli ultimi due giorni di vita in un paziente già in preda a peritonite mortale non fa guari mera- viglia;la quale però sarebbe grandissima se il mughetto fosse passato inos- servato in ragazzino apparentemente sano com'era il nostro prima dello strozzamento dell’ ernia; chè a quest’ epoca appunto dovremmo probabil- mente far nascere il mughetto per imaginarcelo primitivo della bocca. 1) Secondo Robin accidentalmente i tubi sporiferi offrirebbero sepimenti, per numero e per posizione variatissimi; esisterebbero sempre e si potrebbero vedere quasi sempre în tutti, al dire «di Quinquad. sl Né si può supporre che il mughetto boccale venisse eliminato col vomito in generale tanto frequente e tanto insistente in caso di ernia strozzata: perchè dalle postille sovra la cedola cubicolare e dal medico curante mi risultò che il paziente non ebbe più vomiti dopo la sua accettazione all’Ospe- dale; e perchè anche col vomito può eliminarsi qualche brandello, ma non tutto quanto il mughetto che aderisce di solito saldamente alla mucosa. Dove attecchì primitivamente il parassita? Partendo dall’ osservazione che nel naso la superficie invasa era molto più estesa che altrove, è con- cesso di pensare che il naso fosse la prima sede e dal naso s’ estendesse ‘alle altre cavità. In conclusione abbiamo un caso di mughetto in sede insolita, cioè di mughetto delle narici, delle cavità nasali e della faringe (parti respiratorie) ‘e della laringe senza invasione della bocca, o con altre parole abbiamo una Rino-Faringo-Laringo Micosi Oidica. Quel po’ d'importanza che merita il mio caso risulterà dalle notizie bi- bliografiche che qui riferisco. Le sedi del mughetto sono state ed in parte sono ancora soggetto di ‘controversie. Tacendo, perchè al presente fuori del nostro campo, quanto si riferisce «all’ano, alle grandi labbra, alla vagina!) ed al capezzolo; la bocca, le parti boccale ed esofagea della faringe e l’esofago sono incontrastabilmente sede del mughetto. Secondo osservazioni di Carrot (1869)?) il mughetto può germinare an- ‘che nello stomaco, ma è dubbio se ciò accada pur nell'intestino. Lébut e Carrot ricercarono mainte et mainte fois dalle fosse nasali ai più piccoli bronchi, e sempre trovarono immuni le vie respiratorie tranne le corde vocali inferiori; di qui, soggiunge Carrot, può estendersi alquanto ‘sulla mucosa sottoglottidea. Egli verificò un caso di mughetto negli al- veoli polmonari. Lo stesso ricorda che Giibler avrebbe constatati tre casi «l'invasione della trachea e della laringe, i quali però sono poco o punto provativi. Conchiude Carrot: il mughetto non invade la parte delle vie respira- torie che è tappezzata da epitelio cilindrico vibratile. Non ho citato che i lavori più recenti pubblicati in Francia. In Germania la quistione, secondo mi risulta da molte ricerche bibliografiche, non venne pro- fondamente agitata. Basti citare l'Handbuch der Sp. Path. u. Ther. dello Ziem- 1) Cogliendo l'occasione, dirò che il mughetto della vagina specialmente nelle gravide è ‘molto frequente (come scoperse Haussmann e verificai io stesso.) 2) Arch. de physh., II, pag. 290-305. 32 ssen; in quell’opera classica Vogel (1876) trattando delle malattie della bocca e inispecie del mughetto, nota che la cavità nasale ne rimane sempre immune (immer verschont, pag. 66), e che il mughetto si sviluppa mai sull’epitelio cilindrico e vibratile: per la laringe nota che il mughetto non arriva sino alle corde vocali e perciò i pazienti non presentano mai sintomi di ste- nosi laringea. Nell’ istessa opera, Franckel (1876), trattando delle malattie del naso, ed in ispecie dei parassiti, scrive: che fra i parassiti vegetali venne cen- nato l’oidium; che però si ritrova raramente, come è raro in generale nelle mucose ad epitelio cilindrico 1). | Non trovo notizie più precise nello Ziemssen, nè sul trattato delle ma- lattie dell'esofago, nè su quello delle malattie della laringe e della trachea. Non so che altri abbia svolte più ampiamente la quistione dopo il 1876: (Vedi i Jahresbericht del 1877 e le Riviste dal 1878, ecc.) Tornando da queste divagazioni bibliografiche al caso mio particolare, mi sembra di poter conchiudere che il mio caso di rino-faringo-laringo micosi oidica dimostra che l’oidium può svilupparsi anche sugli epiteli ci- lindrici vibratili delle vie respiratorie. ?) NOTIZIE UNIVERSITARIE STABILIMENTI SCIENTIFICI DELL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA. (Continuazione, vedi Num. prec.) 3° Gabinetto e Laboratorio di Anatomia patologica. Direttore — Dott. Giacomo Sangalli, Prof. ord. Settore — Dott. Francesco Sangalli. 4° Gabinetto d’Istologia. Direttore — Dott. Camillo Colgi, Prof. ord. Assistente — Dott. Domenico Stefanini. 5° Gabinetto e Laboratorio di Fisiologia sperimentale. Direttore — Dott. Eusebio Oehl, Prof. ord. Assistente — Dott. Giuseppe Ciniselli. 6° Gabinetto di Patologia sperimentale. Direttore — Dott. Achille De Giovanni, Prof. ord. Assistente — Dott. Pietro Conti. (Continua). 1) L'autore, contro ia sua abitudine, ha dimenticato di confortare con opportuna ci‘azione il suo asserto, che può sembrar gratuito. 2) E notevole che nel naso, il quale teoricamente sembrerebbe campo propizio ai parassiti vegetali, se ne sono incontrati rarissimi e non molto chiari casi, tanto nell’uomo che negli ani- mali; eccezion fatta però degli schixomiceti, se pur debbono considerarsi vegetali. Io non cono- sco che una. rinomicosi aspergillina di Rivolta e Bassi (Dei parassiti vegetali, per Rivolta, 1873. Torino, pag. 507). In un cadavere con sarcina nel ventricolo ho trovato la sarcina anche! nel naso, senza poter stabilire con sicurezza se vi si fosse sviluppata o vi si fosse stata tras_ portata nell’atto del vomito o movendo il cadavere. CESARE BAGGI, gerente responsabile. C. BIGNAMI E C., Editori. Tipografia Editrice Italiana. i) i) di ì P. G. Zoga. Sulla ‘coincidenza di una dann icteriusa con una nervosa. Con l.tawola SER Lora a iro tt + —. Descrizione di un teschio Lioliziano. micracafalo RIE: SRI ORI pa — ..Il gabinetto di anatomia normale: nella R: Università di Sus Serie B. 3 da Osteologia. aa CRCR RO RIE II SR — Idem. Serie E. a EE E OLE — Cenni sulla vita di Gaspare Aselli. . ..... RE RE AN a «-— La testa di Scarpa. Con ritratto in io SS I e Ig MS P. A. DE-GIOVANNI. Corso teorico-pratico di percussione ed Lol ihoni Ve —. Nuovo metodo per limitare l'area cardiaca. — ese Note cliniche: sulla endiesterito oi eu e RE iiPataldniaidel'simpatieo: sc | ope fee RE ale gottal can DIRE SR CI le Dil —. Sane] lince di uno: studio catdiografio ci a scopi clinici...» I} BoLLETTINO pubblicherà, ne’ Suoi prossimi po l Pi seguenti: Lao atrio ivo — Sul saio morfologico delle” partì esteriori del Metovo. ES RI Idem. — La teoria dell’ evoluzione. Dott. G. B. Grassi. — Sulla somiglianza dei costumi del Dochmius. Balsami Par. e Gras., con quelli dell’ Anchylo- stoma duodenale Dub. ani RE Dott. G. Parona. -— Caso di polimetria nella sui (... reccia. a = Dog Li pochi — Nota sopra una par licolare o dispari i Zione «dei nervi nella mano. 36 Dott. G. Cesaris. — Sulla comunicazione I del cuore ne gli adulti. Ringraziamo vivamenie i Signori che si atirettarono | ; a mandarci la loro scheda d’associazione, ed i gior: ) È nali che, ricevuto il nostro I" IMEMErO= ci i favoriznne Hr . subito del cambio. HECK SR ve Preghiamo poi le Direzioni dei Periodici, alle quali i spediamo questo Numero, e che non ci hanno : pe=.., ‘ramco spedito il loro, a voler disporre pel e cambio ; 2 del ce ILA regi le ringraziamo. Inserzioni a pagamento. sein — NO OOO IO PER LE MALATTIE DI PETTO E DI GOLA CARBOLATE 0F IODINE. Il Carbolate of Iodine è un liquore medicinale che è impiegato .e raccomandato dai migliori medici di Francia e Inghil- terra nelle malattie come l asma, l oppressione, la tosse, i catarri i crup, le malattie alla laringe, alla gola, e le conseguenze delle. infred- dature. — Una quantità considerevole di malattie d’asma sono state guarite dal Carbolate of Iodine coll’aiuto del- l_hnalatore. . Un gran medico inglese ha seritto: «Il Carbolale of TIodine, venendo im- piegato coll’Ina/atore, è un preser- vativo contro le malattie della gola, come la vaccinazione è il preserva- tivo contro il vaiuolo.» Prezzo L. 2, 50. INALATORE. L’ Inalatore è un piccolo -ed elegante /lacon di metallo brevet- tato in Francia, in Inghilterra (Regno Unito) e in America: permette d’aspi- rare senza difficoltà tutti i medica- menti necessari alle malattie, come l'asma, l'oppressione, la tosse, i ca- tarri, il crup, le malattie della. la- ringe, della gola e le conseguenze delle infreddature. Il suo uso è molto apprezzato col Carbolate of Iodine, del quale non può servirsi senza l'Inalatore. Può anche servire come /lacon odo- roso, e ì profumi o medicamenti pos- sono essere aspirati e cambiati a volontà.. Prezzo L. 3, 50. Liquore ed Inalatore L. 6, 50, franco di porto in tutto il Regno. Rivolgersi all'Agenzia generale di pubblicità, Milano, Corso Venezia, 5, P. p. POLVERE ANTIASMATICA DEL Dott. LEFEBVRE L. 5 alla Scatola franca di porto in tutta Italia. Tra tutte le malattie, la più crudele e forse la più comune è asma. — Aspirando una polvere combustibile, la formola della quale è dovuta al dottor Lefebvre,la cessazione della crisi è immediata. — Questo dottore, colpito da più di 25 anni dall’asma, constatò l'insufficienza di tutti i rimedii conosciuti e vantati; ma trovò sollievo per sè ed. i clienti suoi solo ina- lando il fumo della sua polvere. L'esperienza confermò che, diminuendosi le crisi, si ottiene la guarigione: fatto «che facilmente si può provare. — Per gli infelici colpiti da questa malattia, la vita è solo sofferenze e pri- vazioni. — Tra le testimonianze ricevute, possiamo citare le seguenti: Signor dottor Lefebvre, Faccio più volte al giorno fumiga- zioni colla sua polvere anti-asmatica; perciò mangio bene, dormo bene; anche le crisi si calmarono. Dacechéè conosco la preziosa sua scoperta, ne pario a tntti.. Me ne spedisca. altre. quattro scatole. S. M. E. Ouainville, il }0 di novem- bre; 1878: Sig. A. Panis, 24, Parigi. Dacchéè consegnai ad un mio amico la seatola della polvere anti-asmatica che ella mandommi per lui, ei trova, ogni volta ne usa, un sollievo imme- diato.: i Ne la ringrazio le mille volte. T: B. Dupré, a Tournai nel Belgio, il 1° di dicembre, 1878. Si legge nel giornale La Liberté | | del 26 di novembre 1878: Dell'asma. — Se non mi sono mai " mostrato fanatico per i sigaretti e i fumigatorii, non devo disconoscere i servigii che rendono contro l'asma. Ma hanno, per lo più, l'inconveniente d'agire troppo superficialmente e l’am- malato deve preferire quelle prepa- razioni che assicurano di far penetrare nel petto. i vapori medicinali. E il casodella polvere del dottore Lefebvre, la migliore secondo me; ed il piroforo portatile, immaginato da questo me- dico, ne renderà l’uso nel modo più comodo: i Dottor Ad. Nicolas di Parigi. Rivolgersi all'Agenzia generale di pubblicità, Milano, Corso Venea., 5, p.p. Anno I. 2/7 Giugno-Novembre 1879. Num. 8-4. to Seti DE GIOVANNI ACHILLE, MAGGI LEOPOLDO E "ZOJA GIOVANNI PROFESSORI ALL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA. n, MILANO Editori C. BIGNAMI e C. Editori Corso Venezia, 5. 1879. PUBBLICAZIONI DEI KEDATTORI «che si spediranno a chi ne farà richiesta accompagnata da vaglia. postale per il prezzo relativo (per la raccomandazione postale aggiungere centesimi 30) agli Editori C. BIGNAMI e C. Milano, Corso Venezia, S. P. L MaccI. Sull’apparecchio circolatorio degli animali . . . . . .Lire 2 — —. Studj anatomo-fisiologici intorno alle Amihe, ed in particolare di una innominata. Con una tavola ... . .. . . MR A —. Cenni sulla storia naturale degli esseri inferiori e Con 8 “tavole e: 119 sure tito ERI EROINA AE bio Rel le —. Intorno al genere Aeolosona. Con né a colorate =>. so — Descrizione di un nido singolare della Formica fuliginosa. Con 4 tav. — e BALSAMO CRIVELLI. Intorno agli organi essenziali della riprodu- zione delle Anguille, alle particolarità anatomiche del loro apparecchio escretore genito-urinario, ed alla forma delle loro intestina come ca- Di rattere specifico. Con una tavola .. . . nea — Intorno alle cellule del fermento (Hefezellen) LOR .»1- — Studj fatti nel Laboratorio di anatomia e fisiologia comparate Jen R. Università di Pavia, diretto dal Prof. L. Maggi, nell’anno 1877 .» 8 — Il fascicolo contiene le seguenti memorie: P.L. MAGGI. Intorno all’incistamento del Proteo di Guanzati (Amphileptus Moniliger Ehr. di Clap. e Laeh.) — Contribuzione alla Morfologia delle «Ampizonelle. Con una tavola. “— Sulla natura morfologica dei Distisma. Con figure. — Sull’esistenza dei Moneri in Italia. PARONA e GRASSI. Animali che debbono essere conosciuti dagli Apicol- tori (Vertebrati). — Di una nuova specie di Dochmins (Dochmins Balsami). Con una tav. — Il topolino delle case e gli alveari. — Sovra una rarissima mostruosità osservata în ovo di sallina. —. Contribuzione allo studio microscopico del miele e delle sue. adultera— zioni. Con una tavola. CATTANEO. Escrescenza cornea frontale in un Bos taurus. Con una tavola. — Prime ricerche sui Protozoi. MAGRETTI. Alcune osservazioni sugli esseri inferiori d'acqua dolce e ma- rina, fatte nell’anno 1877. P. G. ZoJA. Ricerche e considerazioni sull’apofisi mastoidea e sue cellule. Consfisune deo, Tn SERRA . DR —. Sulle borse sierose, e propriamente delle siscibbiani Jegli Sa umani. Con tavole : È SR AO RD aa -— Contribuzione all'anatomia del. meato Hm) delle i nasali. Con ] fic. » 1 25 — Una varietà del muscolo anomalo dello sterno. Con figure . >» Amnosnt Giugno-Novembre 1579. Num. 3-4. Bollettino Scientifico REDATTO DAI DOTTORI De Giovanni Achille, Maggi Leopoldo e Zoja Giovanni PROFESSORI ALL'UNIVERSITÀ DI PAVIA. Abbonamento annuo Italia L. 4L Si pubblica in Milano | Esce otto volte all’anno, durante il corso delle lezioni universit d > ES: Corso Venezia, Num. 5, p. p. tarie. — Gli abbonamenti si rit Un numero separato Cent. 50 CELERE cevono in Milano dall’Editore, ed Un numero arretrato L. 1. gui numero e aL I pag. in Pavia dai Redattori. SOMMA RIO MAGGI: Intorno alle Cothurnie parassite delle branchie dei gamberi nostrali. — DE GIO- VANNI: Aspirazioni nel metodo della indagine clinica (cont. e ine) — ZOJA: Sulla testa di Bartolomeo Panizza (cont. e ine). — TENCHINI: Sopra una particolare disposizione dei nervi palmari nell’uomo. — CESARIS: Sulla comunicazione interauricolare del cuore negli adulti. — CATTANEO: Cenni intorno ai Rizopodi (cont. e fine). — CATTANEO: Sul significato morfologico delle parti esteriori del Metovo. — Comunicazioni dai Laboratorj. — INTORNO ALLE COTHURNIE PARASSITE PpESSE BRANCHJTE-DEI GAMBERI NOSTRALI RICERCHE DEL PROF. Leopoldo Maggi In una mia nota presentata all'Istituto Lombardo di scienze e lettere di Milano, nella sua seduta del 5 corr. (giugno), dopo avere accennato in particolare ai lavori di Panceri e di Ninniintorno alle Cothurnie parassite delle branchie dei gamberi nostrali (Astacus /luviatilis Lin.), studiate in seguito all'avviso della malattia dei gamberi, dato, verso la fine del 1860, alla Società italiana di Scienze naturali, dal suo illustre Presid. prof. E. Cor- nalia; faccio osservare che Panceri, fin dal 1861, aveva scoperta una nuo- va forma di Cothurnia, e che Ninni, nel 1866, ben a proposito la fece ri- levare sotto il nome di Vaginicola Pancerii n. sp. Inoltre passo a deter- minaré la seconda forma di Cothurnia, pure descritta e disegnata da Pan- ceri e Ninni, la quale viene ad essere la Cohurnia curva St.; e finalmente classifico .per Cothurnia Sieboldii St. le forme di Cothurnie dette dal Pan- ceri intermediarie, e da lui disegnate. Vi aggiungo una nuova specie, appartenente al sottogenere PLAxICOLA di Fromentel, la quale dedico a Panceri e perciò la chiamo Planicota Pan- ceri n. sp.; e dopo di aver dimostrato che la Vaginicolta Pancerii Nin., è una specie del genere Cothurnia tanto di Claparede e Lachmann, quanto di Fromentel, e non del genere Vaginicola di Claparede e Lachmann, dedi- candola a Ninni, la denomino Cothurnia Ninnii (sin. Vaginicola Pancerii Nin.) Le loro diagnosi sono le seguenti: PLANICOLA PANCERII n. sp. — (Guscio sessile, ossia senza peduncolo esterno; stretto inferiormente, allargato superiormente; attondato alla sua estremità inferiore o d’attacco, cd anche per circa un terzo della sua al- tezza; quadrangolare per gli altri due terzi della sua parte superiore ; con apertura quadrilatera, a labbro rettilineo; di color biunco julino nella sua parte superiore, bruno oscuro nel terzo inferiore. Per ora non posso presentare che questi caratteri del guscio, in quanto cche l’animale non lo vidi che contratto in fondo ad esso, per cui veniva mascherato anche dal color bruno oscuro di questa parte del suo contenente. La Planicola Pancerti vive sulle branchie dei gamberi, ed è piuttosto rara; finora io non l'ho trovata che su quelle dei gamberi provenienti dalle acque del careggio di Cuvio in Valcuvia (territorio varesino). CoTHURNIA NInnI: mihi. - Sin. Vaginicola Pancerii Nin. - Ha el guscio pe- duncolato, il peduncolo molto più corto dell’urceola, l’urceola piramidale con apertura quadrilatera a labbro ondulato, di color giallo (giallo-indiano, giallo-verde), 2ungo 0,10mm, Zargo 0,04mm. — IZ corpo dell’ animale è allun- gato, trasparente, provveduto di poche ciglia in un sol giro all’ estremità superiore: disteso non giunge mai all’ orlo del guscio, contratto è conte- nuto nel guscio sotto forma di globulo nucleato. Talora sono due corpi del- Vanimale, contratti o distesi. La Cothurnia Ninnii vive sulle branchie dei gamberi malati, in grande abbondanza, ma non la si può dire nè comune, né abituale, in quantochè ‘prima di Panceri nòn venne indicata; anzi è d'uopo aggiungere che finora non fu riscontrata che sui gamberi ammalati di quella malattia che loro colpì in diverse provincie della Lombardia e del Veneto fin dal 1860. Te- nendo calcolo delle osservazioni già fatte e delle mie, mi pare che si pos- sa ripetere la malattia dei nostri gamberi dalla comparsa, con immenso sviluppo, della nuova Cothurnia, la Cothurnia Ninnii, poiche anche sulle branchie dei samberi ammalati esistono le Cothurnie parassite comuni ed abituali dei sani, senza un aumento loro straordinario. Certo che tutte queste Cothurrie, trovandosi simultaneamente colla Cothurnia Ninnii sugli organi respiratorj dei gamberi concorrono ad aumentare il numero dei mezzi determinanti l'asfissia loro. Da ultimo enumero le Cothurnie paras- site delle branchie dei nostri gamberi, pure da me vedute, che sono: C9- 35 thurnia curva St., C. Astaci St., C. Sieboldii St., C. Ninnii mihi (Sin. Va- ginicola Panceri N:n.), appartenenti al sottogenere CoTHURNIA From., e la Planicola Pancerii n. sp. del genere PLANICOLA From. Esse si trovano tutte ‘sulle branchie dei gamberi ammalati, epperò la Cothurnia Ninni mihi, e — la Planicola Pancerti n. sp. stanno, finora, solamente sulle branche dei ‘malati; mentre le altre vivono anche su quelle dei gamberi sani. ASPIRAZIONI NEL METODO DELLA INDAGINE CLINICA PRELEZIONE DEL Dott. ACHILLE DE GIOVANNI. . Prof. Ord. di Patologia generale nell'Università di Pavia, comandato in quella iPadova per l’insegnamento e la direzione della Clinica medica. > r_—_—___ (Continuazione e fine, vedi Numero precedente). Stringiamoci adunque, o amici, al metodo naturale: esso al postutto non è una vana escogitazione, ma è un corollario dei teoremi della storia maturale, è raccomandato dai più recenti progressi della fisio-patologia e «di più ci somministra fatti, esperienze, frasi per spiegare i più savi, i più provati assiomi della pratica, raccolti dai sagaci maestri che ci precorsero nello studio empirico delle umane infermità. E di vero, si lega ai principii della evoluzione degli esseri tutta la storia delle affezioni costituzionali e quella delle malatie da infezione in quanto involge la storia degli organismi inferiori; ed a quei principii si lega pure la storia della patologia del ricambio molecolare e delle patologiche neo- “produzioni. Si lega ai principi della organizzazione, e quindi della morfologia, la ‘storia di molte delle croniche malatie. Ai principii della organizzazione richiamano incessantemente le scoperte fisiologiche, non che moltissime delle cliniche vicende del sistema nervoso; «dove le ricerche sulle localizzazioni cerebrali, dove quelle dell’asse spinale e quelle del grande simpatico segnano sorprendenti progressi. E quando da questi principii la mente mia cade sulle nuove ricerche ‘anatomiche del Beneke, volte ad illustrare la patogenesi delle principali .affezioni della costituzione, e vedo il molto che ancora può farsi sopra questo indirizzo morfologico per stabilire i rapporti che corrono tra lo ‘sviluppo di alcuni organi e certe parvenze costituzionali e certe predispo- :sizioni morbose, e ripenso al fisiologico meccanismo dei quadri nosografici, 36 alla loro versatilità, alle complicanze e successioni morbose, se non posso esclamare : ecco tutto spiegato, posso assicurare, che mi è dato guidare l'osservazione sul solo terreno di fatti dotati di non prevista importanza, e m'è dato assorgere a più razionali ipotesi. Questo è pure inestimabile vantaggio, di cui basta a convincerci anche la storia dei giorni nostri. ; Imperocchè l’uomo non può sottrarsi al bisogno di ragionare intorno & quello che osserva, e l’uomo-medico — se m'è permessa la parola — tanto meno può privarsi dell’ajuto del ragionamento, sia nelle comuni, sia nelle gravi ed eccezionali contingenze che reclamano il suo intervento. Ed il ragionamento che deve istituire quando in faccia a malatie co- muni e semplici non fa che eseguire i precetti della pratica tradizionale, è ben altro da quello che si istituisce davanti alle anomalie e complicanze dei casi comuni e davanti alle rare ed oscure emergenze della clinica. Affinchè il ragionamento del medico divaghi meno dalla retta via, fa mestieri non sia partigiano della teoria cellulare, nè sostenitore ad oltranza della teoria chindica, né della nevropatologia; non discorra in nome della: medicina antica, o della moderna; non caldeggi una germanica piuttosto: che una medicina italiana. Perchè in medicina coloro che non si discostano. dalle teoretiche proposizioni, provvedono meglio alla salvezza dei sistemi che a quella degli infermi. Il medico deve invece essere vincolato a quel processo d’ideazione ch'è frutto dell’abitudine a seguire sempre le norme del metodo naturale, di quel metodo che esaltò Morgagni a gloria immortale. Signori! AvendoVi innanzi parlato delle difficoltà che si oppongono alla. esatta applicazione del metodo moderno alla clinica, io ora intendo dimo- strarVi come dobbiamo mano mano studiarci di superarle. Ben a ragione il celebre Moleschot recentemente diceva: Quando un clinico come Traube s’ imbatte nella necessità di stabilire sperimentalmente . gli effetti di un rimedio eroico, come la digitale, e si accinge a fare una serie di esperienze e vivisezioni quali non potrebbe eseguir più abilmente un fisiologo, nessuno pensa a rimproverargli ch'egli esca dai limiti del suo mestiere. In queste parole dell’eminente fisiologo dette intorno ad un clinico al- trettanto eminente già Voi leggete il mio pensiero. E invero avviso, che il clinico non deve attendere passivamente, com'è costretto il medico nelle pratiche private, allo svolgimento dei sintomi, quali vengono insegnati dal classico nosologismo; ma è sempre utile che con tutti i mezzi che fornisce il metodo fisiologico, o naturale, cerchi di ST evocare e sorprendere nuovi sintomi, o nuovi fatti morbosi, che gli sug- geriscono poi l’ argomento per nuove esperienze, e per più sagaci osser- vazioni. i Così il clinico entra nella vera carriera scientifica tanto nobilmente ed utilmente battuta dal non mai troppo compianto clinico di Berlino. Per questo io so che il chiarissimo Ziemssen venne ora inaugurando a Monaco il Clinicum di recente fondazione, dove vediamo apprestati i più ricchi ma- teriali per le ricerche del clinico, e per la divisione del lavoro, dove quindi è solennemente celebrato il connubio della medicina colla storia naturale ed unificati i metodi di indagine e dove, variando giusta l’ indole dei tempi una frase di Isidoro ispalense, scriverei a caratteri indelebili: Hinc est quod Medicina secunda Historia naturalis dicitur. Giovani Egregi! Nel cammino faticoso, all’ alta meta Vi guidano uomini della scienza e della patria amantissimi. Io, ultimo della schiera, vengo però animato dal più ardente desiderio di rappresentare non ignobilmente la parte mia; ma nell’accingermi al lavoro amo sappiate che in altissimo conto io tengo il Vostro concorso. — La Vostra diligenza, la Vostra osservazione, i Vostri dubbi, tutto contribuirà ad infervorarmi nell'adempimento del mio dovere. Il perchè, come MoRrGAGNI un tempo, io Vi esorto ora a concepire una ferma fiducia nel progresso della nostra scienza, e con MORGAGNI stesso ripeto: — Prefiggetevi sempre di toccare la sommità delle cose, di supe- rare i Vostri maestri fossero anche sommi, e di non credere che la scienza finisca in loro e nei loro scritti. SULLA TESTA DI BARTOLOMEO PANIZZA Cenni del Prof. G. ZOJA (Continuazione e fine, vedi Num. precedente). Quando nel 17 aprile 1867 si sparse la notizia della morte di Panizza 1), nacque in alcuni il pensiero di conservare di lui la reliquia più preziosa, come si era fatto per Scarpa, ma venne tosto abbandonato per riflessioni facili ad immaginarsi, e il corpo fu seppellito integro, in apposita tomba rivestita di mattoni, nel cimitero di Pavia. 1) BARTOLOMEO PANIZZA nacque a Vicenza il 15 agosto 1785. Studiò Medicina e Chirurgia nelle Univessità di Padova, Bologna e Pavia, e nei grandi Ospitali di Firenze e di Milano. — Ebbe a Maestri Caldani, Malacarne, Nannoni,: Uccelli, Mascagni, G. Strambio, Rasori, Monteggia, Paletta, Borda, Cairoli, Volpi e specialmente Scarpa. Segui, in qualità di Medico— Chirurgo Militare, il Dott. Assalini nella memorabile spedizione di Russia, ove fu prigioniero per assistere il Generale Lacroix, ferito presso Vilna. Liberatosi dal servizio militare fece ritorno 38 Prima della sepoltura, il signor Dott. Cav. Angelo Maestri levò con scru- polosa esattezza due stampi dell’intiera testa di quell’illustre, ed i signori Andrea Ranzoli e Fortunato Casorati, in allora ambidue settori di anato- mia umana, presero colla maggior precisione le misure del cranio, pure lasciato integro. Possedendo io due modelli precisi della testa di Panizza, tratti appunto dallo stesso Dott. Maestri, e le misure suddette, sono venuto nel pensiero di darne oggi pubblica notizia. La testa di Panizza, veduta nel suo tutto, appare voluminosa, e, come si è detto più volte, di bella forma ed assai bene proporzionata nello svi- luppo delle varie sue parti, quantunque egli avesse già varcati gli ottan- t anni. La manifestazione più eloquentè della bellezza di questa classica testa si ha principalmente quando essa venga sottoposta ad esame colla norma verticale di Blumenbach. Infatti, osservando dall’alto, si vede che il cranio copre totalmente la faccia ad eccezione solo di un piccolissimo tratto deli dorso del naso (che Panizza aveva molto pronunciato), ed offre un bel' ovale regolarissimo, a curve spiccate e simmetriche in ogni senso. Sono: tuttora ben manifeste le gobbe parietali. Nel resto la superficie non offre alcune di quelle infossature che imprime caratteristicamente non di rado: alla volta del cranio l’ atrofia senile: anche la vecchiaja volle rispettare a Pavia dove nell'ottobre del 1815 fu incaricato di dare l'insegnamento dell’Anatomia umana,. vacante per il trasferimento del Prof. Fattori a Modena. Nel 1817, dopo concorso, venne nomi— nato Professore titolare dell’Anatomia stessa, a cui s’aggiunse per due anni l’ufficio di tenere la cattedra di Oculistica, in allora pure vacante. — Continuò nell’ insegnamento fino all’ 1» gennajo 1864, giorno in cui ottenne, in seguito a ripetute domande, il suo riposo. — Panizza insegnò quindi per quarantotto anni e due mesi, diffondendo la sua dottrina so- pra quattromilasettecentoottandue Medici, numero appunto degli studenti int scritti al primo anno di Medicina e Chirurgia all’Università di Pavia dal 1715 al 1864. Non so trattenermi dal pubblicare la seguente lettera scritta da Panizza a suo fratello Gio- vanni, subito dopo aver recitata la prima lezione di Anatomia, perchè conferisce a dimostrare i tratti più genuini del carattere di quell’uomo singolare, l’indole sua affettuosa, l’innata mo- destia ed il suo sprezzo per le vanità pompose: « Pavia, 20 Nov. 1815 » « Quest'oggi cominciai le mie lezioni in mezzo ad una moltitudine di studenti e a due Pro- « fessori che mi onorarono della loro presenza. Il compatimento fu estremo, e ciò m’incoraggia «a continuare simile intrapresa. «Quando mi scrivete fate sulla mansione al Dott. B. Panizza, senza titolo nè di professore: «nè di supplente, parole di cui si può farne a meno ». Questa lettera in parte fu edita per opera del mio caro cugino e cortese collega ed amico Bernardino Panizza, Prof. a Padova, in occasione delle nozze FIORASI-CITA (Padova 1878) ed in parte è tolta dagli autografi del nostro illustre Professore, posseduti dal suddetto suo Nipote Prof. Bernardino. 39 sì bella opera della natura. Vi si scorge ancora l’ impianto dei capelli, che egli aveva fino all’ultimo abbondanti, appena brizzolati, e ricciuti. Su questa regione del cranio Gall avrebbe letto manifestamente rile- vate le aree degli organi della bontà, della immaginazione religiosa, del- l'orgoglio, e più ancora quelle della fermezza e della circospezione. Spur- zheim, Combe e Vimont vi avrebbero scorto ben pronunciati anche i se- gni della giustizia, dell’approvazione e dell’affetto; poco invece quelli della sopranaturalità, della idealità, della speranza e della imitazione. E qui certo i frenologi, meno qualche rilevante eccezione, avrebbero colto nel segno. Di profilo si vede il significante predominio del cranio sulla faccia, la quale, nel cadavere, era naturalmente alterata nelle forme, e in particolar modo poi a livello della linea intermascellare e della bocca. Nel meda- slione di Bergonzoli si è felicemente colpito il profilo di Panizza, meno al raso, il quale nella scultura appare un po’ più prominente di quello che non fosse in verità. Su questo lato i frenologi vi troverebbero marcati, oltre i segni della circospezione e dell'amicizia, quelli ancora del coraggio e della secretezza. Nel dinnanzi la fronte è ancora alta e maestosa. Le arcate sopraccigliari molto pronunciate danno alla figura i tratti più manifesti del sesso, resi ancora più artistici dalla grossa e rigonfia vena preparata, che solca ver- ticalmente la fronte, calando sulla testa del sopracciglio sinistro. Su questa fronte, anche prima dell'arcivescovo Alberto Mario e di Lo- dovico Dolce, ciascun osservatore vi avrebbe visto i segni del sensus co- imunis, sviluppati e bene appariscenti essendo tuttora le prominenze della penetrazione comparativa, dell’osservazione, dell’ ordine. In altre parole questa fronte alta e spaziosa rivela il pensatore. Gli occhi infossati e piccoli danno essi pure risalto ai sopraccigli, e quindi alla fronte. Il naso è grosso, ma regolare ed armonico, col dorso quasi retto. Il solco naso-labiale assai risentito; la bocca, ancora provvista di denti, ha un’ apertura piccola, è soechiusa, ma deformata e cascante. Sui lati si vede l’area occupata dai favoriti, che erano folti, come fitta avea la barba rasa nel resto della faccia. all’indietro il cranio appare emisferico, sporgendo pochissimo l’ osso occipitale, 40 Misure esterne prese sopra le parti molli nel cadavere ripetute e controllate sopra il modello in gesso. Misure del Cranio: Cieconferenza orizzontale bOVale «Mel = Ue ee te e O CIEVACOLIZzOut ae tprCAURiCo are O I » 320 >Mirasversale sopra Uricolate eee = ESA MERIO i» 1990 » mediana (dalla radice del naso al tubercolo occipitale esterno » 340 Diametro antero-PosteFI0re Massone ee 0 » trasversale massimo. GECO OLO O a » TLONCATE MINIMOTO «GR e ZI Indice cefalico. . ...... 81,63. Capacita (presunta) .... cent. cub. 1612. Misure della faccia: Altezza della faccia (dall’ofrion al punto alveolare)... .........>» 85 Altezza totale (secondo Taruffi, cioè dall’ofrion al mento, compresi i den e o E . EEE IALIA 0 IDIATMEYROMPIOEDIVA ERE Ste RNORe, ARR E IU » bimalare te een. Re Angolo facciale di Camper... . 78. Queste misure, che sono di un’eloquenza evidentissima, offrono certo argomento a speciali ed importanti considerazioni antropologiche, delle quali spero di occuparmi in altra occasione se mi sarà dato di compiere l'esame dei cranii di alcuni altri uomini celebri, al quale sto attendendo. Dal Laboratorio di Anatomia umana. Pavia, 17 aprile 1879. era a oa eroe YI SOPRA UNA PARTICOLARE DISPOSIZIONE DEI NERVI PALMARI NELL'UOMO Nota del Dott. LORENZO TENCHINI Settore-capo d° Anatomia umana e libero docente d° Anatomia topografica nella R. Università di Pavia. Nel dar conto della presente disposizione nervosa nel palmo della mano non intendo di descrivere cosa nuova, ma sibbene di richiamare l’atten- zione dell’anatomico sopra una piccola particolarità, che, frequentissima a trovarsi, è trascurata dalla maggior parte degli scrittori di anatomia umang !). È tale anzi la sua frequenza che, secondo le mie osservazioni, essa deve forse entrare nel campo delle disposizioni normali dei nervi pal- mari, se di questo ordine di fatti devono far parte tutti quelli che il più delle volte nelle indagini di anatomia è dato rilevare. Come è noto, Ia innervazione del palmo della mano è governata dalle 1) Devo le mie prime osservazioni all’ egregio Dott. Andrea Ranzoli, il quale deponeva nel Museo di Anatomia umana della R. Università di Pavia vari preparati in argomento. Alcuni di essi poi furono illustrati dal mio chiarissimo maestro Prof. G. Zoja, direttore del Museo me- desimo. ( Veggasi G. Zoj». IL Gabinetto di Anatomia normale della R. Università di Pavia. An giologia, a pag. 201, Pavia, 1876). 4l branche terminali dei due nervi, mediano ed uInare, del plesso bracchiale, anastomizzati fra di loro per un ramo che costantemente invia quest’ ul- timo al mediano, press’a poco in corrispondenza del centro del cavo della mano. i E più precisamente : 1° Il nervo mediano termina nella regione palmare con sei diramazioni. La prima è piccola, ed è destinata ai muscoli dell’ eminenza tenar, nella quale si esaurisce completamente. La seconda scende a guadagnare il lato «esterno della faccia anteriore del pollice, applicata al tendine del suo lungo fiessore, per costituire il ramo collaterale esterno del pollice medesimo. La ferza, assecondando il margine interno di questo dito, arriva a costi- tuire il suo ramo collaterale interno. La quarta, discendendo sul lato esterno del secondo osso del metacarpo, fiancheggia il margine esterno dell’ indice, di cui forma il ramo collaterale esterno, dopo di aver fornito un piccolo filamento al primo muscolo lombricale. La quinia innerva analogamente il secondo muscolo lombricale, e, diretta verticalmente in basso al da- vanti del secondo spazio interosseo, alia radice delle dita si divide in ramo collaterale interno dell'indice, e ramo collaterale esterno del medio. La sesta (quella che riceve il filamento anastomotico del nervo ulnare quasi subito dopo la sua origine) innerva il terzo muscolo lombricale, e quindi, discendendo nel terzo spazio interosseo, si comporta analogamente alla precedente, giacchè alla radice delle dita si biforca per dare il ramo co/- laterale interno del medio, ed il collaterale esterno dell’anulare. 2° Il nervo ulnare termina invece al palmo della mano con due ordini di diramazioni, le une superficiali, le altre profonde. Alle superficiali ap- partengono il ramo anastomotico pel mediano sopra ricordato, un ramo muscolare pei muscoli e la cute dell’eminenza ipotenar, e due altre dira- mazioni. Di queste, una è interna, e, passata sotto il muscolo palmare cu- taneo, discende a costituire il ramo collaterale palmare interno; Valtra è esterna, e, più voluminosa, asseconda il quarto spazio interosseo, per bi- forcarsi alla estremità inferiore del medesimo, e dare il ramo collaterale pal- mare esterno del mignolo ed il collaterale palmare interno dell’anulare. Alle diramazioni terminali profonde del nervo ulnare appartengono tutte quelle che, sorte da un tronco comune, sono destinate al, piano pro- fondo del palmo della mano. Il tronco è di volume discreto; attraversa lo spessore dell’eminenza ipotenar, alla quale fornisce qualche ramuscolo; ar- riva sopra i muscoli interossei; si dispone ad arcata, e quivi finisce nella maniera nota; a noi non interessa seguirlo nelle sue più minute decom- posizioni. 42 Tali sono, in riassunto, le nozioni di anatomia umana gencralmente ripetute sulla distribuzione de’ nervi palmari. — Ciò che a noi importa di far notare si è che frequenti volte taluna delle branche collaterali delle dita, sia del nervo mediano che dell’ulnare, in prossimità alla radice delle dita, abbandona un piccolo ramo, il quale quasi subito dopo si ricongiunge al tronco d'origine, per modo da costi- tuire un vero occhiello ovalare ben definito. Attraverso a questo spazio passa sempre il ramo arterioso, che, provenuto dall’arcata palmare super- ficiale, corrisponde alla branca nervosa nella quale si è verificata la di- sposizione ora notata. ‘ Questo è il fatto ne’ suoi termini generali. Alcune volte m’avvenne di notare che ciò si verifica, anziché lungo il ramo collaterale digitale alla sua origine, nel decorso stesso di una delle branche terminali dell’ulnare o del mediano, destinate a distribuirsi alle dita, appena prima della loro biforcazione. In altri casì invece notai che l’occhiello nervoso avviene per un sottile filamento anastomotico che intercede fra due nervi collaterali proceduti da un medesimo tronco, sia dell’ulnare che del mediana, subito dopo la loro origine, sempre però a livello della radice delle dita. Una volta poi finalmente osservai da entrambi i lati della radice del medio della mano destra di un vecchio un doppio occhiello, per un intrec- esterno dell’anulare|.3 | 3 » interno » DU € » interno » DIAZ » esterno del mignolo 1 0 » esterno del mignolo | 1 1 gia MA o 29 12 1) A sinistra, fra gli uomini, in quattro ma- È ni notai la mancanza della descritta disposi 1) A destra, fra gli uomini, una sola volta zione nervosa; quattro volte la trovai unica non trovai l’occhiello nervoso; sette volte ne per ciascuna mano, sei volte duplice, ed una trovai uno per ciascuna mano; sei volte due, volta triplice. — Fra le donne invece, quat— e una volta tre. — Fra le donne invece, man- tro volte non la trovai, cinque volte la rin- cò due volte; quattro lo trovai unico per cia- venni unica per ciascuna mano ed una volta scuna mano, e quattro volte duplice, duplice. 43. Da ciò si può facilmente anzitutto dedurre come la notata disposizione nervosa possa essere ritenuta quasi normale (solo mancante 11 volte sopra 50 mani da me esaminate), e come, in secondo luogo, essa sia più frequente a destra, nell'uomo e alla radice del dito medio, che non a sinistra, nella donna o alla radice delle altre dita. Parimenti appare evidente: 1° che, sempre in ragione di frequenza, vengono successivamente: l’a- nuiare, il mignolo e l'indice, 2° che il pollice, il lato interno del mignolo e l’esterno dell'indice non presentano mai la disposizione di cui è parola, 3° che finalmente la medesima è assai più frequente nel dominio del. nervo mediano che non in quello del cubitale. — Questi sono i risultamenti delle mie osservazioni sul cadavere. L’an- sa anastomotica de’ nervi palmari alla radice or dell'uno ed or dell’altro dito (e specialmente del medio e dell’ anulare) attornia costantemente il vaso arterioso che le corrisponde, per modo che esso assume rapporti molto analoghi a quelli che incontra l’arteria ascellare fra le due radici del nervo mediano. ; — Mi sono indotto a rendere pubblica l’ osservazione, perchè, mi parve non affatto priva di interesse. Fra tutte, consultai specialmente le opere di Mechel 1), Hildebrandt Weber 2), Cloquet 3), SOmmering 4), Boyer °), Caldani 6), Valentin 7), Stram- bio 8), Hyrtl °), Cruveilhier 00), Sappey "), Krause et Telgmann *), Hirsch- feta et Leveillé 33), Bourgery *), ecc., nè mi venne dato di trovare in alcuno un solo accenno alla disposizione nervosa in discorso. Il solo Riidinger, per quanto io mi sappia, l’ha rappresentata nella fisura XXI del suo stupendo Atlante di Anatomia 15), per i rami che per- 1) I. F. Mechel. Handb. d. path. Anat., Leipzig, 1812-18 (Trad. ital. di Caimi. Milano, 1826). 2\ Hildebrand Weber. «Arai., Braunschweig, 1830-32. 3) Cloquet. Trat. d’ Anat. descript., 6 ediz., Paris, 1836. 4) Sòommering. Sulla strutt. del corpo umano. (Trad: Ital. di Duca, Crema, 1819). 5) Boyer. Tratt. compl. di Anat. descritt. (Trad. ital, Firenze, 1836). 6) Caldani. Nouovi elem. di Anat., Venezia, 1824. Valentin. Traité d. Nevrol., trad. par L. Jourdan. (Encycl. anat., IV) Paris, 1843. 8) Strambio. Tratt. elem. d’anat. descritt., Milano, 1854. 9) Hyrtl. Anat. des Menschen., Wien, 1863. 10) I. Cruveilhier. Trat. d’anat. descript. (Quatr. edit.) Paris, 1871. 11) Sappey. Traitéè d’anat. descript. (Deux. èdit.), Paris, 1872. 12) Krause et Telgmann. Les anomalies dans le parcours des nerfs, etc., trad. par S. H. De La Harpe. Paris, 1869. rS 13) Hirschfeld et Leveille, Nsévrologie ou descript. et iconogr. du syst. nervcux, etce, Paris, 1853. 14) Bourgery. Traitè compl. de V’anat. de Vhomme. (PI. 61). Paris, 1844. 15) Riùdinger. Atlas des peripherischen nervensystems des Menschlichen Korpers. Mùnchen, 1861. Ad corrono il secondo ed il terzo spazio intermetacarpico sul lato interno ed esterno del medio. L’ autore, senza insistere con speciali considerazioni, per ciò che riguarda questo punto, illustra la tavola colle parole: Ramus digitalis communis, welcher sich theilt und die einander zuge- wendeten Fliichen des Mittel- und Zeigefingers versorgt. Der dritte und vierte umgreifen die ihnen entsprechenden Arterienzweige. Anche Riidinger, come si vede, accenna al passaggio dell’arteria attra- verso all’occhiello nervoso. SULLA COMUNICAZIONE INTERAURICOLARE DEL CUORE NEGLI ADULTI del Dott. G. Cesaris 2. Settore del Museo di Anatomia umana della R. Università di Pavia. Fino dallo scorso anno scolastico fermai la mia attenzione sopra l’ori- ficio che esiste talune volte nel setto interauricolare cardiaco degli adulti. La mia attenzione fu attirata su questo fatto non di certo come su cosa nuova, ma perchè mi pareva che riguardo alla relativa frequenza del me- desimo non esistesse notizia sufficiente. E in verità, scorrendo i principali trattati di Anatomia normale, si vede che quasi tutti gli autori ac- cennano bensì a questa comunicazione interauricolare, ma non ne pre- cisano il rapporto di frequenza; ed anzi, anche parlandone in termini vaghi, non sono molto d’ accordo. Così il Bourgery la dice assai comune, il Sòommering non infrequente, l’ Henle molto frequente, Beaunis e Bou- chard non costante ma assai frequente, il Cruveilhier dice che la si trova in un quinto circa dei casì, il Sappey molto spesso. Neppure sulla forma e sulle dimensioni della medesima vi ha gran che di positivo: in fatti i vari trattatisti accennano la forma di un semplice forellino tondeg- giante o ovale, che permette il passaggio di una capocchia di spillo o di una piccola sonda, e quella di una più ampia fessura, che permette il passaggio dell’estremità del manico di un bistori e fino della punta del dito mignolo, e quella di un canale schiacciato e compresso, lungo qualche millimetro. Dietro queste considerazioni ho pensato di praticare per conto mio delle osservazioni, di indagare quindi nella letteratura medica quanto fu scritto in proposito e trarne infine qualche deduzione. È d'uopo però premettere che oggetto delle mie indagini fu quella comunicazione inte- rauricolare del cuore negli adulti, che dagli autori tutti si ammette non aver nulla di patologico, e non produrre nessun sintomo durante la vita; 45 ché, qualora fosse altrimenti, il fatto spetterebbe al campo dell'anatomia patologica, e quì in verità l'argomento non fu negletto. Ecco pertanto il risultato delle mie osservazioni. Sopra 106 casi ho trovato questa comunicazione 25 volte, e precisa- mente 17 volte in 66 uomini e 8 in 40 donne. Risalta quindi di leggeri come sia più frequente nei primi (circa il 25 per cento) che nelle seconde, (il 20 per 100), al contrario di quanto avrebbero trovato Lecat e Cruveilhier. Quanto all’età i casi trovati si estendevano dai 5 ai 73 anni per gli uomini, dai 7 ai 70 per le donne: il che equivale a dire che esiste in tutte le età. Quanto alla posizione questa comunicazione si palesò costantemente nella porzione anteriore e superiore del contorno della fossa ovale, e pre- cisamente tra il lembo della valvola di questa e il cercine del Vieussens. Quanto alla forma trovai costantemente quella di un canale schiacciato di varia lunghezza, diretto dall’indietro all’avanti, da'destra a sinistra e un poco dal basso all’ alto, terminante quasi sempre nella sua estremità: anteriore o sinistra con un margine falcato a concavità rivolta in avanti e in alto, formato dalla parete esterna dal canale stesso; nella sua estre- mità posteriore o destra terminante con una apertura ovoidea schiacciata, nascosta dal cercine del Vieussens. Le pareti di questo canale schiac- ciato e obliquo erano formate l’interna o destra dal cercine del Vieussens e da porzione del setto interaàuricolare posta anteriormente al medesimo, l'esterna o sinistra dal prolungamento della valvola della fossa ovale oltre il cercine suddetto. Dissi essere stata questa la forma costante: l’unica modificazione di poco conto fu che, mentre negli altri casi il canale aveva l’apertura poste- riore appena di poco inferiore per ampiezza all’anteriore, in sette casì l’orificio posteriore era ridotto a un piccolo forellino, di guisa che il canale in questi casi assumeva la forma di una specie di saccoccia o valvola ap- plicata sulla faccia sinistra del setto, aperta anteriormente con un orificio delle dimensioni della saccoccia stessa, pertugiata posteriormente da un pic- colo foro tondeggiante o ovoideo, per il quale si passava dall’orecchietta destra nella saccoccia e quindi nell’orecchietta sinistra. Riguardo alle dimensioni di questa comunicazione, rappresentata, come è di fatto, da un canale schiacciato, ne possiamo considerare due, cioè la. lunghezza in senso obliquo antero-posteriore, e l'altezza in senso verticale: ora la prima variò dai quattro agli otto millim., la seconda dai quattro ai dodici mm. Che questa comunicazione non dovesse permettere il passaggio del 46 sangue da un seno all’altro, per quanto non se ne possa avere certezza assoluta, lo si suppone per il fatto che tendendo appena un poco il setto interauricolare l’ occhio non poteva mai scoprire fessura veruna diretta. Ora se a questo stiramento, che noi possiamo ammettere fosse esercitato in vita dalla contrazione muscolare, aggiungiamo la pressione bilaterale equivalente del sangue, che doveva valere a tenere accollate le pareti della comunicazione stessa, si può ritenere che ben poco o punto sangue du- rante la vita potesse transitare per la medesima. I contorni del foro o i margini della fessura apparvero sempre così lisci e regolari da escludere subito qualunque fatto patologico nella genesi dei medesimi. Un altro fatto che risultò dalle mie osservazioni fu appuuto una specie di saccoccia o valvola, che quasi sempre scoprivasi sul setto interauricolare dal lato dell’orecchietta sinistra, quando non esisteva il canale di comuni- cazione. Questa saccoccia a fondo cieco rappresentava perfettamente quanto a posizione, forma e dimensIoni il suddescritto canale interauricolare, senonchè era chiusa a fondo cieco nel suo estremo posteriore corri- spondente al cercine del Vieussens: e questo fondo cieco non era re- golare, ma quasi sepimentato in diverse piccole loggie per filamenti o pro- pagini fibro-muscolari dirette in vario senso. Nei pochi casi in cui man- cava questa saccoccia, essa era però quasi sempre accennata da un semplice rialzo falciforme, addossato al setto interauricolare nell’ orecchietta sini- stra, che simulava adeguatamente l'estremità anteriore del canale o il mar- gine della saccoccia: pochissimi cuori mancavano di questo segno. Final- mente ho potuto constatare che la valvola del foro ovale, ossia il fondo della fossa omonima, non di rado anzichè essere liscia, presentava dei pic- coli rialzi filiformi e irregolari per forma e direzione, analoghi alle colonne carnee di seconda e terza classe del cuore. Ricercando poi nella letteratura medica, ho trovato che molti osser- vatori accennarono alla persistenza di un’apertura parziale nell’adulto del foro ovale del feto. E a questo proposito mi piace ricordare come la de- nominazione di foro del Botal, che si dà al foro ovale, sia impropria. Già Scarpa, nell’ Elogio storico di G. B. Carcano Leone, 1813, parlando della «descrizione data da questo illustre anatomico nel 1574 del foro ovale, dice che tutti gli anatomici sono d'accordo nell’ ammettere che «dopo Galeno, questa è stata la prima veramente chiara ed esatta descrizione, che noi abbiamo avuto del foro ovale *del cuore nel feto e della valvola della quale è munito.» Cruveilhier, Bourgery e Milne Edwards asseriscono pure che il foro ovale era già noto a Galeno, fu descritto dagli anatomici del rina- scimento, ad esempio dal Vesalio, e assai bene dal G. B. Carcano, che l’ha compreso (Bourgery) molto meglio di Leonardo Botal. AT Thomas Bartholin (1641), Marchetti (1652), Vieussens (1705), Wiede- mann (1712) lasciarono scritto di avere trovato il foro ovale pervio in per- sone adulte e vecchie, opinando qualcuno che il sangue non vi potesse transitare, altri che sì. Morgagni (1706) parla di valvole del foro ovale non perfettamente saldate in guisa da lasciar passare uno specillo o il manico del coltello e fino la punta del mignolo. Albinus (1719), Hunauld (1735), Hubert (1739), Senac (1749), accennano pure all'apertura del foro ovale, che in qualche caso doveva certamente aver prodotto sintomi durante la vita. Lecat (1741) dice di aver sezionato un gran numero di cadaveri maschili senza trovarvi il foro ovale, e che su 20 cadaveri femminili 7 avevano il foro ‘ovale aperto. 4 Da questi autori passando a quelli del nostro secolo, tutti i più ìnsignl trattatisti, come già dissi, ne fanno cenno: Sémmering, Bourgery, Milne Edwards, Hyrtl, Beaunis e Bouchard, Sappey, Henle ricordano tutti questa comunicazione interauricolare, descrivendone varie forme. Cruveilhier, dopo ver detto che la si trova in un quinto circa dei cadaveri, ammette che sia più frequente nella donna che nell'uomo. Henle accenna a una forma speciale molto rara, di una apertura cioè sopra cui è tesa una’ specie di «cancello di sottili filamenti (Gitterwerk feiner Fiden). Il Pellizzafi in una memoria sulle perforazioni delle tramezze del cuore (Sperimentale, 1859) «descrive la perforazione in discorso, anomala non patologica, appunto co- me un canale. M. Labbée (nel Bulletin de la Societé anatom. Parigi, 1865) accenna un caso in cui il foro ovale non era chiuso, e la perforazione am- metteva la punta del dito: durante la vita non si aveva avuto nessun sin- tomo di questa alterazione. Nessuno però di costoro accenna a un numero «di osservazioni fatte e alla proporzione nella quale questa comunicazione fu trovata. Se ne occuparono invece in modo speciale Bizot, John Ogle, Klob e Walmann. Il primo l'avrebbe trovata 44 volte su 155 casi, il secondo 13 volte su 62, per lo più a forma di fessura obliqua, oppure di foro ovale «e tondeggiante o raramente di un filtro di nastri tesi. Klob l’ha rinveuuta 224 volte su 500 osservazioni, Walmann 130 su 300. Questi due ultimi la avrebbero veduta in poco meno della metà nei casì; proporzione molto su- periore a quella di Bizot, di Ogle, alla mia e a quella accettata da Cru- veilhier. ; Volendo risalire al significato morfologico di questa comunicazione interauricolare, vediamo che l'anatomia comparata e l’ embrio!ogia ne danno la più ampia spiegazione. L’ anatomia comparata dell’ organo cen- trale della circolazione ci fa sapere come tra i vertebrati, nei mammiferi e negli uccelli il cuore è doppio completo e perfettamente separato il ve- Li 48 ; noso dall’arterioso; negli uccelli però si troverebbe non di rago una co- municazione interauricolare 1). Qualche autore ammise che questa comuni- cazione fosse costante nel cuore delle foche adulte e di tutti i mammiferi acquatici. Per ricerche posteriori fu rigettata tale opinione, e si ammise soltanto trovarsi la comunicazione assai di frequente nella suddetta clas- se di mammiferi. Nei rettili in generale il cuore è doppio ma incompleto, cioè con due orecchiette e un solo ventricolo. Nei batraci risulta, come negli ofidj, di un ventricolo e due orecchiette, ma queste comunicanti tra di loro» per il setto incompleto. È chiaro adunque come questa comunicazione nel- l’uomo e negli altri mammiferi, in cui fu trovata, accenna morfologica- mente ad un atavismo nella organizzazione del cuore per un fatto co- stante in una classe zoologica inferiore. L’embriologia poi ci apprende come il cuore cominci a svilupparsi nel 12° o 14° giorno della vita fetale a spese del foglietto medio del blastoderma e della parete intestinale anteriore. La porzione auricolare si sviluppa prima della ventricolare, tutte e due uniche nel loro principio: in questa però, pri- ma che ingquella, cioè verso la 4* o 5* settimana, si manifesta il setto divi- sore gradualmente dall’apice verso la base. Il setto interauricolare si ap- palesa verso la 7% settimana sotto la forma di nua ripiegatura semilunare, che parte medianamente dalla parete antePiore e superiore della cavità. auricolare colla concavità rivolta all'indietro e in basso. Poco di poi si appalesano due altre ripiegature, originanti dalla parete posteriore: la val- vola di Eustachio all’esterno dello sbocco della vena cava inferiore, la val- vola del foro ovale all’interno: queste due ripiegature posteriori crescono: convergendo e lasciano soltanto una sottile apertura per il passaggio del san- gue, che va a scaricarsi nell’orecchietta sinistra. Ma in seguito quanto più la valvola del foro ovale cresce, quella di Eustachio diminuisce. La prima. continua a crescere, incontra la ripiegatura anteriore verso il 5° mese ;. più tardi la sorpassa un pochino, deviando a sinistra, senza saldarsi con quella, di guisa che il sangue dalla cava inferiore passa ancora per um canale breve e obliquo nell’oreechietta sinistra, guidatovi dalla valvola di Eustachio. In questo stato trovasi il cuore all’ epoca della nascita: è sol- tanto dopo di questa che la valvola posteriore si salda di solito comple- tamente colla ripiegatura anteriore. Ora si capisce facilmente come la val- vola posteriore interna sia quella che costituisce il fondo della fossa ovale, che di fatti anche nell'adulto si continua insensibilmente colla parete della 1) Prof. L. Maggi « Sull’apertura del foro del Botallo nel cuore di uccelli a completo sviluppo» Atti della Società Italiana di Scienze Naturali, Vol. XXI. 49 cava ascendente: come la ripiegatura anteriore non sia altro che il cercine del Vieussens, che di fatti anche nell’adulto non è ancora un cercine com- pleto, mancando nella parte inferiore e posteriore, di guisa che lo si de- scrive anche come una volta a due pilastri. La comunicazione interauri- colare in discorso adunque non sarebba altro che il prodotto di una man- cata adesione fra il cercine del Vieussens e la valvola del foro ovale. La concavità anteriore poi della parete esterna del canale o della saccoccia, o il semplice rialzo falciforme descritto sulla faccia sinistra del setto at- testano come il margine anteriore della ripiegatura posteriore, o valvola del foro ovale, sorpassi il margine posteriore della ripiegatura anteriore, o cercine del Vieussens, e come per lo più la aderenza o saldatura av- venga tra il margine concavo di detto cercine e la faccia destra della val- vola, lasciando ancor libera in parte la porzione di questa che sorpassò quello. Dal fin qui detto parmi poter ricavare le seguenti deduzioni: ].Essersi trovata la comunicazione interauricolare da Ogle 13 volte su 62. ossia circa il 20 per cento da Bizot 44 » 159 » 28 » da Klob 224 » 200 » 44 » da Walmann 130 » 300 » 43 » da me 25 » 106 » 23 » “secondo la somma di tutte queste osservazioni 436 volte su 1123 ossia circa il 38 per cento. 2. Trovarsi in tutte le età, e, secondo le mie osservazioni, più di frequente nell'uomo che nella donna. 3. Avere di solito la forma di un canale schiacciato diretto obbliquamente dall’indietro all’ avanti, da destra a sinistra e un po’ dal basso all’ alto. Più di rado la forma di un semplice foro tondeggiante o ovale, o di una fessura; rarissimamente quella di un’ apertura velata da sottili filamenti muscolo-fibrosi. / 4.Esistere quasi sempre, quando non vi ha il canale schiacciato, una sac- coccia a fondo cieco più o meno sviluppata sulla faccia sinistra del setto stesso, o per lo meno un rialzo falciforme, traccia della saldatura avve- nuta tra il cercine del Vieussens e la valvola dei foro ovale. o. Doversi questa comunicazione considerare, alla scorta dell'embriologia e dell'anatomia comparata, come un arresto o difetto di sviluppo, e nel- l'anatomia descrittiva nulla più che una varietà atavica 50 INTORNO AI RIZOPODI CENNI DI © GIACOMO CATTANEO addetto al Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Università di Pavia. (Continuazione e fine, vedi Numero precedente). Una particolare origine; nonchè una-particolare forma e funzione presentano i lunghi pseudopodi prensili flagelliformi del Podostoma filigerum Clap. e Lachm., i quali, anzichè dall’ esoplasma, derivano dal mesoplasma, e sono ora terminati a punta, ora dell’egual diametro in tutto il loro lungo de- ‘corso; hanno all’estremità un piccolo orificio boccale e sono costantemente in numero di due. Per osservare meglio le varie differenziazioni protopla- -smatiche, servono, ora più ora meno, alcuni reagenti, sovrattutto gli acidi ‘e gli alcali diluiti. I nuclei, con tali reazioni, divengono più distintamente visibili, perchè intorno ad essi si precipita una massa di granuli opachi. Meno utili sono invece i reagenti per l’osservazione dei pseudopodi, i quali anzi talvolta sotto la loro azione si ritirano entro il corpo dell'animale. Una particolare differenziazione del protoplasma d'alcuni rizopodi è la presenza di una rotonda vescicola mediana, detta propriamente capsuli centrale. Essa talvolta è membranosa, talvolta chitinoide, ed in generale porosa. Il suo costante contenuto consiste in corpuscoli rotondi ed oval', i quali sono cifodi, ossia mancano di nucleo; e tra questi citodi si trova spesso un sarcode intracapsulare, che forma una specie di rete, mercè ì molti fili anastomizzantisi di cui è composto. Raramente presenta esso una viva colorazione (come negli Eucyrfidium); talvolta contiene dei gra- muli e delle goccie adipose, incolore o rosse o azzurre. Il contenuto v:i- riabile della capsula centrale consiste, oltre alle sostanze coloranti, di cellule alveolari intracapsulari, di cellule radiarie piriformi con nucleo e membrana, di concrezioni dovute a leucina o tirosina, ora libere, ora cir- ‘condate da vescicole acquose, di cristalli prismatici inclusi nelle vescicole, e di una vescicola mediana, nel punto di mezzo della capsula, con stria- ture radiali, che probabilmente sono esili canaletti. Questi metterebbero in comunicazione la capsula centrale col protoplasma estracapsulare, il quale contiene alveoli estracapsulari, particolari cellule gialle con moltiplicazion:» endogena, e varj pigmenti allo stato granulare, sia liberi, sia chiusi entro cellule. Il protoplasma dei rizopodi a capsula centrale, ossia dei Radiolarj, può essere composto d'una sola cellula (Monocyttaria) o di pa- recchie cellule (Polycyttaria). DI Il protoplasma dei Rizopodi, in generale, può essere nudo, ossia privo di qualsiasi copertura, e ciò si osserva in alcuni Lobosa, come nelle Amoebae, nel Podostoma (Gymnamoebae), oppure in alcuni Radiolarj, come nella Tha- lassicolla pelagica. Spesso però essi sono coperti da uno scheletro o guscio, ora di carbonato calcare, ora di silice, ora di particolari sostanze organi- che. — In generale i gusci sono un prodotto di secrezione dell’esoplasma; in alcuni rari casila copertura è formata dall’unione di granelli di sabbia, ‘ cementati insieme da uno speciale prodotto di secrezione. Nei gusci secreti dall’animale che li porta (caso che è il più frequente) si notano forme di- versissime. — Spesso abbiamo una capsula, o ad una sola camera, o a parecchie camere. Le camere sono o di eguale o di diversa grandezza; e, in questo caso, la loro disposizione si fa in ordine di grandezza, di modo che i varj pezzi si trovano disposti a spirale, ora su un medesimo piano, ‘ora in varj piani. Talvolta i gusci hanno la forma di asta a varj segmenti, disposti secondo un asse longitudinale, di eguale o diversa grandezza, a contatto, oppur separati da un breve intervallo. Talvolta invece vi sono forme indeterminate, o non esattamente comparabili a forme geometriche. — Molti dei gusci calcari presentano un grande o parecchi piccoli fori, attraverso a cui escono i pseudopodi (Foraminifera), e solitamente sono di forme elegantissime, che ricordano quelle dei Nautilus e degli Ammoniti. Alcuni altri gusci, pure calcari, hanno la pellucidità della porcellana con una colorazione bruna, o la diafaneità dei vetro, incolori o con una colora- zione rossiccia; alcuni dei più densi sono stratificati, altri punteggiati, o ‘con disegni a mosaico in forma di piccòli campi poligonali, circondati da fori; taluni presentano canaletti anastomizzantisi, con pori variamente conformati e difesi da asticelle riunite. In generale i gusci delle forme suddescritte contengono, oltre a carbonato di calce, anche ferro e tracce di ‘manganese. Nei Rizopodi a capsula centrale, ossia nei Radiolarj, il guscio o lo sche- letro consta di acido silicico o di acantina (sostanza organica, solubile nel- l’acido solforico, cloridrico e nitrico). Gli scheletri d’acantina sono di con- sistenza cartilaginosa. L'acido silicico assume varie forme, o di spicule, o «di bastoncelli, o di tubi, o di guscio sferico. — Le spicule formano o uno scheletro esterno (spicule tangenziali) o interno (sp. radiali) che può pas- sare e non passare attraverso alla capsula centrale (scheletro estracapsu- lare e intracapsulare). Vi sono spicule cave o tubulari, attraverso cui pas- sano correnti protoplasmatiche. La forma generale degli scheletri a spicule può essere una sfera, una piramide, un doppio cono, o imitare canestri, elmi, spine di pesci e così via. Le sfere composte di un solo pezzo di acido 52 silicico qua e là sforate costituiscono un completo dermascheletro. — I fori sono rotondi o esagonali. Spesso vi sono due o più sfere concentriche nello stesso individuo, e vicino ai fori alcuni bastoncini radiali, che uniscon tra di loro le diverse parti. HIN. Fisiologia comparata dei Rizopodi. 1.° FISIOLOGIA ESTERNA. a). Corologia.— I Rizopodi vivono generalmente nell'acqua, sia dolce, sia marina; preferiscono in generale le acque tranquille e stagnanti. Po- chissime specie vivono entro la terra umida; parecchie sono parassite nel tubo digerente, 0 in altre parti, di vermi, di artropodi, di molluschi, di ver- tebrati. Presentano in ben piccolo grado il fenomeno dell’ accantonamento geo- grafico; quasi tutti hanno una distribuzione assai estesa, molti sono cosmo- politi. Vivono insieme in così grande numero, che spesso il sedimento del fondo dei ruscelli, o la mucosità che si trova sulle foglie delle piante aqua- tiche, o il deposito delle: spiagge marine e del fondo del mare son formati di Rizopodi protoplasmatici o dei loro gusci. D'Orbigny calcolò per un’oncia. di sabbia a foraminiferi delle Antille, circa 3,800, 000 gusci. I Radiolarit sono marini, talvolta stanno sul fondo, talvolta nuotano alla superficie, aju- tati in ciò dalla presenza di grosse goccie oleose, che fanno l’ufficio d’ ap- parecchio idrostatico. Si trovano in tutti i mari, e specialmente studiati furon quelli dei mari italiani (Nizza, Napoli, Messina). Il numero delle spe- cie viventi è di 300, delle specie fossili (di cui molte in Sicilia) è di 500: circa. Degli altri Rizopodi presi insieme (Lobosa, Thalamophora, Heliozoa), il numero delle forme viventi giunge a 900, delle fossili a 1800, di cui 600 nel terreno cretaceo, 1000 nel terziario. b). Ecologia. — Molteplici, ma facili a riscontrarsi, sono nei Rizopodi i fe- nomeni di movimento; non così i fenomeni di sensibilità, la quale tuttavia esiste indubbiamente anche in questi semplici animali. Gli organi motori sono i processi esoplasmatici o pseudopodi, qualunque forma essi abbiano, o lobati, o digitiformi, o affilati o anastomizzantisi e intrecciantisi a modo di rete. Coi pseudopodi questi animalucci strisciano lentamente sul fondo degli stagni, o lungo i vegetali su cui essi abitano, oppure nuotano alla. superficie delle acque. La meccanica del moto consiste talvolta in una de- formazione dei pseudopodi, che si allungano in un certo senso, a cui segue: una deformazione nella medesima direzione di tutto il corpo protoplasma- 03 tico, che quindi a poco a poco cambia di posto. Tal’ altra il moto di tra- ‘stazione è dato da smovimento dell’esoplasma senza l’intervento dei pseu- dopodi, come in alcuni Eliozoi, o dal moto natatorio dei pseudopodi affilati, come nelle specie che vivono alla superficie dell’acqua. Nell’Arcella, che è un Rizopodo piuttosto stazionario, il fenomeno del movimento è preceduto dalla formazione dei vacuoli. I pseudopodi poi sono in numero assai vario; talvolta pochi, talvolta numerosissimi; in alcuni Radiolarii furon contati fin al numero di mille. I foraminiferi li hanno tutti punteggiati di granula- zioni mobili, fin alle ultime estremità, e li emettono o li ritirano attraverso alle aperture del guscio, o per l'intervallo tra camera e camera nei gusci «concamerati. Alcune forme embrionali, e precisamente i zoospori, si muo- vono di un moto assai rapido e vivace, quasi monadiforme, per mezzo del flagello vibrante, di cui sono munite. Niuna traccia si trova nei Rizopodi di un sistema nervoso; ma è pur ‘certo ch’ essi hanno la sensibilltà. Infatti nei loro movimenti evitano gli ostacoli e gli altri animali; nella prensione dell’ alimento, i pseudopodi de- vono sentire i granuli, intorno a cui si spandono o s’intrecciano, e devono sentirsi i due animali, quando si cercano e si conjugano per il fenomeno della riproduzione. Inoltre la presenza di certe sostanze nella preparazione microscopica, ad esempio qualche traccia di ammoniaca o d’acido acetico, li fa talvolta fuggire, e così si mostrano impressionabili alla luce, al ca- lore e all’ elettricità. 2.° FISIOLOGIA INTERNA. a). Trofologia. — Alla nutrizione, nei Rizopodi, contribuisce tutta la ‘massa del corpo, sia per la presa dell'alimento, che per la sua digestione. — Le materie nutritive liquide sono assorbite per osmosi dalla superficie e passano ad aumentare la sostanza propria dell’ animale. Le materie nu- ‘tritive solide sono circondate dai pseudopodi lobati e digitiformi, e rinser- rati entro di essi, i quali poi, contraendosi e ritirandosi entro il corpo, por- tano i granuli nutritivi nell’endoplasma. In questo strato interno infatti si ‘osservano molte granulazioni di vario colore, che non son altro che so- stanze alimentari. I Rizopodi col guscio prendono l’alimento col mezzo delle reti formate dai sottili pseudopodi anastomizzantisi, i quali imprigionano nel loro intreccio le sostanze alimentari, e le introducono nel corpo del- l’animale. Un singolare organo di prensione trovasi nei due flagelli o pseu- dopodì flagelliformi mesoplasmatici del Podostoma filigerum Clap. e Lachm., i quali servono unicamente all'assunzione dell’alimento. Gli alimenti solidi introdotti poi sono di varia natura, sempre però organici; dal che si ricava 54 che i Rizopodi devon essere considerati come veri animali, poichè essi non hanno la facoltà, come i vegetali, di nutrirsi di sostanze minerali, ossia di trasformare i composti inorganici, e meno ancora di combinare le sostanze elementari; ma devono nutrirsi di protoplasma. Questo poi può essere ve- getale o animale; nell’ endoplasma di alcuni Rizopodi troviamo granuli di clorofilla, frammenti di alghe, di desmidiee, intere diatomee, e altri pic- coli vegetali; nell’endoplasma di altri troviamo delle monadi, degli infusori in genere, con o senza guscio, ed altri animaletti microscopici; talchè si possono distinguere i Rizopodi, non meno che altri gruppi di animali, in erbivori o fitofagi, e carnivori o sarcofagi. Gli alimenti introdotti vengono disciolti, ossia digeriti, nell’ endoplasma, dopo di-essersi raccolti in alcuni vacuoli, che diconsi vacuoli del chimo, o dopo aver circolato pel corpo dell'animale, dando origine a caratteristiche correnti granulari. — Le parti che non servono alla nutrizione vengono espulse, con un meccanismo che è perfettamente il reciproco del meccanismo di prensione, poichè i resti della digestione, i gusci calcari o silicei dei vegetali o animali, il cui pro- toplasma fu digerito, vengono portati verso la periferia del Rizopodo, tal-- volta entrano in un pseudopodo loboso, e sono a poco a poco abbandonati dal protoplasma rizopodico, che li circonda, finchè restano liberi. Non si trovano nei Rizopodi veri organi di circolazione e di respira- zione. — Lo scambio materiale ha luogo per mezzo di correnti granulari, le quali sembrano specialmente prodotte dalla contrazione delle vescicole contrattili, che rappresenterebbero così un primo abbozzo di apparato cir- colatorio. Meno evidente ancora è un organo di respirazione; ma questa. funzione, indispensabile alla vita animale, per introdurre nuovi materiali. ed espellere, almeno in parte, quelli già Jogorati dai fenomeni biologici, e- per la termogenesi, è compita, come di solito negli animali inferiori,. dallo strato esterno del protoplasma, che si trova direttamente in con- tatto coll’aria sciolta nell'acqua. — Per mezzo della digestione dei granuli alimentari introdotti, il Rizopodo aumenta di volume nei suoi primi stadji di vita, finché, giunto allo stadio di completo sviluppo, l'eccesso della nu- trizione dà origine ad una divisione del suo corpo, che rappresenta il fe- nomeno riproduttivo. b). Tocologia. — Tre modalità di forme riproduttive hanno luogo nei Rizopodi, e tutte e tre asessuali; cioè la riproduzione per segmentazione: o divisione, la riproduzione per gemmazione, e la riproduzione per spore. La prima e l’ultima sono le più frequenti. Altri modi di riproduzione o non furono bene studiati o sono da porsi sotto una delle tre denominazioni succitate. 55 Nella riproduzione per segmentazione, la sede principale del fenomeno è riposta nel nucleo, il quale può considerarsi quale organo riproduttivo. Il nucleo si divide in due parti, intorno a ciascuna delle quali si raduna una certa porzione di protoplasma; tra il protoplasma raccolto intorno a un nucleo e quello raccolto intorno all’ altro resta una striscia protopla- smatica, che va diventando sempre più sottile, finchè si scinde, e da uno solo si hanno così due animali, perfettamente simili nella forma all’indivi- luo progenitore, ed ai quali altro non manca per diventare affatto eguali «ad esso, che di crescere in volume per mezzo della nutrizione. Questo sem- plicissimo modo di riproduzione, che è affatto identico al modo di molti- plicarsi della cellula di certi tessuti, appartiene generalmente ai Rizopodi nudi, per es. ad alcuni Gymmnolobosa. Il secondo modo di riproduzione, cioè la gemmazione, è raro, ed anche non bene studiato. Fu riscontrato in modo non dubbio da Richard Hertwig presso la Podophrya gemmipara. Casi alquanto dubbj sarebbero quelli os- servati da Gervais e da Schultze in alcuni foraminiferi; dall’ apertura del loro guscio spuntavano dei giovani animali, la cui presenza sarebbe dif- ticilmente spiegabile in altro modo che con la gemmazione.. Il terzo modo di riproduzione, cioè la formazione di spore, si osserva. abbastanza spesso nei Rizopodi. — In taluni casi esso è preceduto dalla conjugazione o zigosi, cioè dalla stretta unione di due o più individui, come succede in alcune Amoebae, nell’Arcella, ecc. Generalmente poi un individuo rizopodico, prima di produrre spore, si incista o incapsula, cioè, ritira ì pseudopodi e assume una figura sferica. ll contenuto della ciste si segmenta replicatamente, di modo che ne risul- tano dei globuli, i quali assumono un flagello, rompono la ciste, ne escono, vagano per qualche tempo sotto forma di zoospori, poi ritirano il flagello, ed emettono i pseudopodi, coi quali si muovono. — Nelle arcelle la con- Jjugazione si effettua con l’intervento di tre individui. Dopo il distacco, uno muore senza dar origine a spore; negli altri due si formano otto o diecì corpuscoli ameboidi (germi amebiformi del Biitschli ), che poi escono dal guscio dell’ Arcella madre e vagano liberamente coi loro pseudopodi. Al- cune amebe, in seguito alla GGLr LEOPOLDO È ZOJA GIOVANNI PROFESSORI ALL'UNIVERSITÀ DI PAVIA E DE-GIOVANNI ACHILLE PROFESSORE ALL’UNIVERSITÀ DI PADOVA Abbonamento annuo Italia L. & Si pubblica in Pavia | Esce otto volte all’anno du- » » Estero » ® |(Corso Vittorio Emanuele N, 73|| Tante il corso delle lezioni uni- Î versitarie. - Gli abbonamenti si Un numero separato Cent. SO 7 Ù i s || ricevono in Pavia dall’Editore e Un numero arretrato . . L. 1 || Ogni num. è di 46 pag.° || dai Redattori. DELLE PUBBLICAZIONI PRESENTATE IN DONO SI FARÀ UN CENNO SOMMARIO DE GIOVANNI: Di alcuni fatti clinici concernenti la patologia del cuore e del ven- tricolo. — MAGGI: Sopra una varietà della Cofhurnia pyridiformis D’Udek. — CATTANEO: Schizzo sull'evoluzione degli organismi. — MAGGI: Della primi- tiva origine degli organi. — MAGGI: Corso libero di protistologia medica. — ZOJA: Corso libero di antropologia applicato alla medicina legale. — Notizie Universitarie. Di alcuni fatti clinici concernenti la Patologia del Cuore e del Ventricolo CONTRIBUZIONE ALLA MORFOLOGIA PATOLOGICA del Prof. A. DE GIOVANNI. L'antica osservazione clinica ha constatato la ricorrenza di molti fenomeni cardiaci durante morbose condizioni gastriche. Delius in una disertazione sull'argomento (De consensu pectoris cum imfimo ventre, 1743) riporta le opinioni dei più accreditati maestri, incominciando da Ippocrate, per dimostrare la influenza che gli organi dell'addome esercitano su quelli del petto. Questi fatti di osservazione clinica, oltre che sono comuni, fre- quentissimi, hanno pure un grande valore fisiopatologico; sì che non basta in oggi l’averli empiricamente riconfermati, ma giova spingere più addentro il nostro esame per stabilirne la patogenesi secondo i principi della moderna fisiologia. Però è naturale che sugli infermi i quali accusano sofferenze subbiettive, riferentisi al centro della circolazione durante il periodo digestivo, il medico non ommetta l'indagine fisica del 66 cuore e colla percussione e coll’ascoltazione, ma specialmente colla prima, constati se il cuore presenta, o no, i suoi diametri normali. Colla percussione, accuratamente fatta, in questi casi verrà scoperta una maggiore estensione dei diametri del cuore. E ri- petendo l’esame si troverà, che il cuore, cessata che sia l’in- fiuenza della digestione, riacquista i suol diametri normali. Questo fatto nuovo e importantissimo (1) fu da me consta- tato in 15 ammalati, e dico soli 15 per non ricordare che i casì nei quali l'ingrandimento del cuore nel periodo della digestione era più che evidente, e per non citare gli altri casi, non pochi, dei quali, sebbene tale fatto mi sia occorso certamente, pure il fe- nomeno clinico non era così spiccato, ovvero degli ammalati non ho potuto raccogliere la storia sufficientemente documentata. Tuttavia, s'io volessi esprimere la mia opinione, direi, che l'ampliamento della ottusità cardiaca durante il periodo della digestione, piuttosto che una rarità clinica è da riguardarsi come un fatto fisiologico costante; ma su ciò decideranno altre osservazioni. Delle sofferenze cardiache durante disturbi digestivi si è sempre cercata la causa nello sviluppo della cavità addominale e nel sollevamento del diaframma. E non par vero, che anche moder- namente si citassero questi momenti, meccanicamente considerati importantissimi, per darsi ragione dei fenomeni del cuore e non si andasse oltre a scoprire se i suddetti momenti meccanici, oltre che sconcertare la funzione cardiaca, non dissestassero ancora i rapporti idraulici centrali. E si che Albers aveva già fatto cono- scere, che solo per il riempirsi della cavità del ventricolo dimi- nuisce la capacità vitale del polmone. Però è ragionevole, anche a priori, l’ammettere, che nel cuore debbono verificarsi dei cam- biamenti di pressione interna, che necessariamente, esagerate le influenze del ventricolo, com'è nei casi morbosi, devono del pari assai più sconcertare lo stato del cuore. (1) Aveva su questo argomento, ultimata la mia memoria, che si pubblica sul Giornale internazionale di Scienze mediche in Napoli, quando appresi che Potain aveva pubblicato un articolo (sul Journal dé médecin et de chirurgie) intorno alla dilatazione del cuore per disturbi digestivi. Non potendomi procurare il giornale, pregai per lettera l’A. a volermi favorire un esemplare della sua pubblicazione, ma non ebbi risposta. Così nemmeno su questo breve resoconto de’ miei studi posso citare chi m’ha preceduto nella pubblicazione, ma che mi sarà stato con- temporaneo certamente nella constatazione del fatto clinico, 67 Cosi in vero avviene quando il ventricolo e l'intestino, abnor- memente distesi, e il diaframma più del normale sospinto in alto, accorciano il diametro verticale del torace, scema il concorso del sangue per la via della arteria polmonale e sale la pressione intraventricolare destra da prima. In tal caso la capacità del ventricolo deve ampliarsi, mentre il miocardio lotta contro le maggiori resistenze; per ciò si stabilisce quella dilatazione car- diaca, che accompagna i dissesti digestivi e che viene a mani- festarsi coi relativi disturbi che gli ammalati accusano. Ai suddetti momenti meccanici aggiungiamo anche la in- fluenza che può esercitare la introduzione del nuovo materiale per l'assorbimento intestinale; aggiungiamo ciò che ordinaria- mente negli ammalati si incontra, lo stato di abituale ripienezza del ventre e troveremo quanto occorre per spiegare il fatto cli- nico di cui ci occupiamo. L’eccitamento del cuore, che tutti fisiologicamente sentono dopo il pasto, è prova del maggiore lavoro che deve compiere queste viscere; lavoro che riesce ora all'intento fisiologico ora no, ora facilmente ora difficilmente. Di qui la varietà chè il fatto clinico in questione presenta — varietà che si riferiscono all’epoca della sua comparsa, alla sua durata, alla sua gravezza. Ma è tutta meccanica la spiegazione che della dilatazione cardiaca durante i disturbi digestivi possiamo darci? — I fatti clinici da me raccolti rispondono che no: — concorrono mo- menti meccanici e momenti nervosi, o dinamici. Ho preso a considerare la coincidenza della dilatazione car- diaca e della dilatazione del ventricolo e dell’intestino ed ho trovato, che vi hanno casi nei quali la dilatazione del cuore non è accompagnata da quella della cavità digerente; casì in cui questa esiste e quella non è constatabile. Quando, mancando il momento meccanico, le sofferenze car- diache si manifestano e si riscontra pure la sua dilatazione, bi- sogna conchiudere, che dopo il pasto, durante la digestione, dai visceri digerenti si esercita un'influenza nervosa riflessa e tale, per cui, anche ammessa minima la causa meccanica, è resa impari la capacità sistolica del miocardio, di conseguenza si esagerano gli effetti dell’ aumentata pressione interna al cuore. Io ho raccolto casi parlanti, evidentissimi, dai quali mi sono confermate tanto le opinioni emesse discorrendo delle azioni ri- flesse nel dominio del simpatico (V. Patologia del Simpatico) 68 I quanto i fatti constatati nelle mie esperienze cardiografiche (V. Prime linee d'uno studio cardiografico volto a scopi clinici). La sensibilità eccitomotiva dell'apparato digerente, a norma che eccede oppure diffetta, è la causa dei fenomeni cardiaci. Questo è un principio di patologia clinica da cui emergono corollari terapeutici, non solo utili nei casi di sofferenze car- diache durante disturbi digestivi, ma anche in moltissimi casì nei quali il medico può constatare un dissesto circolatorio cen- trale durante il lavorio della digestione. In tutti questi casi modificare la innervazione dell'apparato digerente, in complesso quella del simpatico, è regola già adombrata da alcune formole empiriche e meglio esplicata dalla moderna osservazione clinica. Considerando i fenomeni del cuore nell'uomo sano e nell’ uomo ammalato dopo il pasto è facile vedere la efficacia di un principio fisiologico, non mai sufficientemente valutato sin qui dai medici — il principio della correlazione delle forme, cui risponde quello della correlazione delle funzioni. In base a questi principii nell'esercizio della vita si stabi- lisce una necessaria relazione tra le capacità funzionali di questi organi e quelle di questi altri: gli uni sugli altri influiscono e come dalla quantità dell'esercizio funzionale deriva anche il fatto della nutrizione degli organi, così vediamo, come per la influenza che in molte guise possono sviluppare li organi dell’addome su quelli centrali della circolazione, ponno aversi in questi prima alterazioni funzionali, in seguito anche alterazioni nutritive. Ho conosciuto casi in cui la ipertrofia e la dilatazione del cuore e l’endarterite antica e finalmente la degenerazione grassa del miocardio non avevano migliore spiegazione in fuori di quella che nasce dalla applicazione dei suddetti principi fisiolo- gici, i quali poi dalla fisiologia moderna sono viemmaggiormente confermati e splendidamente illustrati dalla osservazione ana- tomica. Nella morfologia speciale degli organismi sta la ragione naturale della loro speciale morbilità: è da questo assioma che deve trarre veste scentifica gran parte dell’empirismo clinico. 69 Sopra una varieta della Cothurnia Pyxidiformis 2’ udex Nota del Prof. LEOPOLDO MAGGI. D’'Udekem (*) nella sua: Descrizione degli Infusorj del Belgio, dice che il tempo è arrivato in cui i naturalisti dovranno far conoscere le specie osser- vate nei paesi che essi abitano, affinchè, dall’insieme dei loro lavori, si arrivi a delle leggi generali. Egli infatti incomincia dagli infusori della famiglia delle Vorticellinee, che abitano il Belgio; e tra le muove specie che de- scrive, avvi anche la Cothurnia pycidiformis D’Ud. (pag. 27, fig. 1, Tav. V.). Essa è rimarchevolissima per la disposizione d'una valva, che chiude erme- ticamente il guscio che protegge l’animale, mentre egli è contratto. Il suo guscio misura 0,16", ed è portato da un peduncolo sottile, incolore; il guscio stesso è fortemente colorato in bruno opaco, le due estremità del quale sono assottigliate e troncate; l'estremità superiore è più larga dell’ estremità infe- riore; l'apertura del guscio è attondata; una piccola valva in forma di disco la copre esattamente. Questa valva sembra attaccata all’ animale; essa si chiude quando quest’ultimo si contrae. D'Udekem non potè vedere che l’ estremità anteriore dell’animale. Il peristoma è largo ed a cercine: il disco vibratile sì eleva poco al di sopra del peristoma. A lui fu impossibile di osservare il nucleo. Questa specie egli la trovò nel mese di luglio del 1832, sopra una foglia di ninfea, nel canale di Villebroeck; in seguito furono vani tutti i suoi sforzi per rinvenirla; perciò la crede rarissima. Ora sopra una foglia di ninfea del lago di Brinzio in Valcuvia, territorio di Varese, provincia di Como, io vidi nel settembre del 1875 una forma di Cothurnia pyxidiformis D’ Udek, un po’ diversa nella figura e nel colore, e che perciò la chiamo una varietà, vale a dire: Cothurnia pyxidiformis D’Udek, varietas lacustris milhi, denominandola dalla sua ubicazione. Essa ha il guscio di forma ovalare col polo ottuso in alto, e col polo acuto in basso, che poggia sopra un sottile peduncolo, un po’ giallastro ma eguale del resto a quello della specie di D’ Udekem. Il colore del guscio è di un rosso mattone. Quando mi si presentò al microscopio, la valva del guscio, al polo ottuso, era aperta; e l’animale sporgeva colla sua parte anteriore. Ma tosto si con- trasse, e conseguentemente la valva si chiuse. In allora attraverso al guscio, benchè colorato, traspariva un numero grandissimo di granulazioni molto grosse. La tenni per alcun tempo circondata da acqua, ma mi fu impossibile di rivedere il guscio aperto e l’animale sporgente. Dopo il 1875, non potei più riosservarla; per cui la debbo citare, come la sua specie, rarissima. I caratteri pertanto della Cothurnia pyxidiformis D’ Uder varietas lacustris mihi. sono i seguenti: Guscio della lunghezza di circa 0,20", di forma ovale, col polo ottuso in alto, ossia all'estremità libera, e col polo acuto in basso, ossia all'estre- (*) DM. I. D°' Udekem: Description des Infusoires de la Belgique. (Memoires de l’ Academ. Royal, des Sc, lett. et des Beaux arts de Belgique, — Fom. XXXIV. Bruxelles 1864, con Tav.), 7 79 mità che poggia sul peduncolo ; di color rosso mattone, trasparente; con una piccola valva in forma di disco al polo ottuso, che chiude esattamente una apertura attondata, allorchè l’animale internamente vi è contratto. Il peduncolo, che porta il guscio dalla parte del polo acuto è sottile, di color leggermente giallastro, della lunghezza e larghezza e di figura eguale a quello della specie. Loc. Lago di Brinzio in Valcuvia. Alt. 480, circa, sul livello del mare. Disp. Settembre, 21, 1879; rarissima. L'EVOLUZIONE DEGLI ORGANISMI Schizzo del D.r GIACOMO CATTANEO. l. Come ebbero origine le multiformi specie delle piante e degli animali? Ecco un arduo problema, che stanca da secoli la fantasia e il ragionamento dell’uomo, senza, fin quasi ad oggi, essere stato risolto in modo chiaro e po- sitivo. Questo infelice risultato però non fa meraviglia, quando si pensa che l’unico modo serio e fondato di risolvere una questione scientifica è quello d’ esaminare gli elementi e l’ oggetto della questione medesima, e non già lo affidarsi a vaghe e buje tradizioni, o l’abbandonarsi a ragionamenti puramente astratti e a fantastiche supposizioni. L° unico di modo di rispondere, se pure è possibile, alla domanda: — come sì sono formati gli organismi? — par dunque debba essere quello di studiare gli organismi medesimi in tutte le loro par- ticolarità, nella loro storia, nei loro rapporti vicendevoli e coll’ambiente. Se, esaminati così minuziosamente, essi non lasciano intravvedere alcun segno, che tradisca il mistero della loro prima origine, c'è molto da disperare che sì potrà saperne qualcosa per altra e men diretta via. i 2. Si conoscono al giorno d’ oggi, e in certi punti con qualche dettaglio, l'anatomia e la fisiologia di moltissimi organismi; ma come si può saperne la storia? La storia degli organismi, come ci insegna la geologia, dev'essere stata lunghissima, deve contarsi a migliaja di secoli; e l’uomo da poco più d’un secolo appena s'è messo a studiare, in modo scientifico, gli esseri orga- nizzati. Sta però il fatto ch’ esso, fin da tempi assai antichi, fin dalle età prei- storiche, coltivò alcune piante e addomesticò alcuni animali, che potè quindi aver sott’ occhio continuamente e per un gran numero di generazioni, e di cui potè seguire con attenzione la storia. E da questa prolungata osservazione l’uomo potè trarre una conclusione ben certa; cioè che le specie di piante e di animali, ch'egli coltivò e addomesticò, non si mantennero sempre eguali a sé stesse, ma variarono, più o meno lentamente, in diverse direzioni. Tutti sanno che esiste un gran numero di varietà di frumento, di segale, d’orzo, d'avena, di mais, d’ortaggi, di legumi, di piante da frutto (vite, pesco, pruno, ecc.), di piante da fiore (viole, giacinto ecc.); eppure si sa anche, con buon fonda- mento, che quasi tutte le varietà di ciascuna specie sono derivate, in tempi storici, sotto gli occhi dell’uomo, da una sola o poche specie selvatiche. Va- riarono pure assai, com'è ben noto, gli animali domestici, come il baco da seta, il gallo, l’ anitra, l’ oca, la pecora, il bue, e sovratutto il cavallo, il pie- cione, il coniglio, il cane. E queste cosidette varietà sono spesso tanto diverse fra di loro, che, se le avessimo trovate in natura, senva conoscere storica- 74 mente la loro comune discendenza, le avremmo ritenute come specie e anche come generi diversi. 3. Perchè variarono le piante coltivate e gli animali domestici? È facile saperlo. L'uomo, nelle sue continue migrazioni da un punto all’altro della terra, trasportò seco di luogo in luogo le sue piante e i suoi animali più utili, facendo così loro cambiar nutrimento e clima. E tutti sanno quanta in- fluenza abbia sugli organismi l'alimentazione, il grado di temperatura, d'umi- dità, la composizione dell’aria, del suolo, l’avvicendarsi dei fenomeni meteorici, e così via. Ma le variazioni dovute al nutrimento e al clima non sarebbero bastate a produrre forme tanto diverse di piante e d’animali domestici, se l’uomo non avesse adoperato un altro possente artificio. Egli notò che i figli .«d’ uno stesso organismo, o d’una stessa coppia, somigliano tutti inevitabil- mente ai genitori, ma pure hanno tra di loro qualche piccola differenza. Dato questo fatto, egli si mise a scegliere tra i novelli organismi quelli che ave- vano le qualità a lui più utili, lasciò che questi soli si riproducessero e tra- smettessero nei discendenti il carattere desiderato, e impedì la riproduzione agli altri. Favorì inoltre la riproduzione di tutte quelle varietà, ch’erano state utilmente, per lui, modificate, dall'ambiente e dal nutrimento. In tal modo, ripetendo sempre la medesima operazione su un lungo seguito di generazioni, si ottennero forme discendenti non poco diverse dalle capostipiti, e con mezzi semplicissimi, accumulati nel tempo, si giunse a grandissimi e meravigliosi effetti. Sono due dunque le grandi cause, per cui variarono le piante coltivate e gli animali domestici, cioè l’adattazione, dovuta al nutrimento e al clima, e l'eredità dei caratteri acquisiti, e scelti artificialmente dall’ uomo. Una volta assodato questo fatto, si venne ad esaminarlo nei suoi partico- lari, e a stabilire quali fossero le leggi dell'eredità e dell’ adattazione, rica- vandole da numerosi esempii e casi empirici. 4. L’eredità dei caratteri è un fatto indiscutibile e notorio, chè tutti sanno che i figli somigliano ai generanti e il simile produce il simile. Se ne può intravvedere anche la causa meccanica, perchè in ogni caso il generato è il continuatore materiale del generante. È ben naturale che un protisto-figlio so- migli al protisto genitore, perché, riproducendosi questi semplici esseri per segmentazione, il nato è una porzione del generante; ed essendo formato della stessa materia deve avere le stesse qualità e gli stessi fenomeni. Lo stesso di- casì per quegli organismi, che si moltiplicano per gemmazione, perchè, anche in questo caso, il nato è una porzione del generante. La cosa par meno evi- dente per quelli che si riproducono per germi (semi o vova); tuttavia, siccome l’indirizzo del moto fisico-chimico dello sviluppo embriologico è dato dalla qualità dell’uovo e del liquido fecondante, e siccome la qualità di questi due prodotti sessuali dipendono dalla qualità dell’ organismo, che li produce e di cui essi fan parte, si vede, anche in questo caso, /a continuità materiale e quindi la ragione meccanica dell’eredità dei caratteri tra generanti e generati. L'eredità può essere conservativa o progressiva. Per mezzo della prima, sì tra- smettono i caratteri fondamentali e antichi della specie, per mezzo della se- conda i caratteri acquisiti per adattazione. L'eredità conservatrice di solito procede in modo graduale, cioè le differenze tra generato e generante hanno lo stesso grado di piccolezza (eredità conservatrice continua); talvolta però un nato somiglia non ai. genitori, ma agli avi più o meno lontani (atavismo e ere- 72 dità conservatrice a intervalli). Importantissimo è il fatto dell'eredità abbreviata, che ha luogo durante lo sviluppo embriologico. Si notò, in alcuni animali do- mestici, che variarono negli ultimi secoli, ch’essi, negli ultimi stadii em- brionali, hanno i caratteri dell’ antica forma madre, da cui originariamente derivarono (atavismo embriologico), e poi rapidamente subiscono, nel corso dello sviluppo, quelle modificazioni, che le generazioni antenate subirono in parecchi secoli. Alcune razze di pecore e gatti, che ora son senza coda, ma che derivano da antenati caudati, presentano la coda negli stadii embrionali, ed essa poi rapidamente si riduce, ripetendosi così nello sviluppo dell’individuo ciò che successe nella genealogia della razza. L'eredità progressiva fa sì che i genitori trasmettano ai figli i carotteri acquisiti, per adattazione, dal dì della loro nascita al dì dell’ accoppiamento (eredità d’ adattazione). 1 caratteri poi sono ereditati nello stesso luogo del corpo, in cui li avevano i genitori (ere- dità omotopica), e nella stessa età della vita, in cui li acquistarono quelli (eredità omocrona). 5. L’ adattazione deriva dalla nutrizione, intesa in senso lato, cioè dall’ali- mentazione, dal clima, dall’uso o non uso degli organi, e così via. Essa è me- diata o potenziale e immediata o attuale. L’adattazione potenziale modifica non l’ organismo, che v'è soggetto, ma la sua prole. Così, nell’ adattazione alle condizioni embriologiche, cioè alle varie condizioni di pressione, calore, nu- trimento delle varie posizioni dell’ utero, o dell'uovo, o del seme, si formano quelle piccole differenze, che contraddistinguono i figli anche gemelli degli stessi genitori (adattazione embriologica). Un caso particolare dell’ adattazione embriologica è l’ adattazione mostruosa, per cui, in seguito a cause trauma- tiche o patologiche, ha origine una modificazione assai forte nel processo di sviluppo, la quale può perpetuarsi, per eredità, nei discendenti (pecora ancon, bue niatas); e rientra pure nell’ adattazione embriologica, la formazione dei sessi (adatt. sessuale), la quale, per quanto finora inesplicata nei suoi parti- colari, deriva certo dalle condizioni fisiche della gravidanza e degli organi ri- cettatori dell’ embrione. L’ adattazione attuale, che modifica direttamente gli individui soggetti alle cause di variazione, non ha, per quanto si è trovato, alcun fisso e deciso limite di progressione. Finchè durano le cause di varia- zione, l'organismo si modifica, sebbene assai lentamente. Le modificazioni poi, per eredità, si accumulano e si sommano, rendendosi, dopo parecchie gene- razioni, visibili anche ad occhio inesperto. Così il continuato uso d’un organo lo accresce in volume, e il continuato disuso lo impicciolisce e, coll’ andar delle generazioni, lo atrofizza (organi rudimentarii). E, modificandosi un or- gano, si modifica, per consenso, anche il complesso degli altri organi (adat- tazione correlativa), tutti tra loro connessi da intimi rapporti fisiologici. A questo modo, producendosi, per adattazione, dei mutamenti nei singoli individui, e questi mutamenti conservandosi e accumulandosi per eredità, si modificarono lentamente e ancor vanno modificandosi le piante coltivate e gli animali domestici. 6. Se si potesse dimostrare che anche per le piante e gli animali selvaggi hanno luogo le stesse cause di variazione, si sarebbe implicitamente dimo- strato che anch'essi possono e debbono variare. Orbene, queste cause esistono anche in natura. L'eredità dei caratteri è stata osservata anche nelle piante e negli animali selvaggi. Esiste pur I adat- 15 tazione, determinata dalle condizioni ambienti e da una scelta 0 selezione nu- turale. Il clima e le condizioni oroidrografiche d’un luogo non sono sempre eguali, massime, come insegna la geologia, a grandi intervalli di tempo; e gli organismi ne risentono l’intluenza. Inoltre i semi delle piante sono qua e là trasportate dal vento e dagli animali; questi spesso trasmigrano; e così animali e vegetali s' assoggettano a climi e condizioni ambienti molto varie. Quanto alla selezione, è da osservarsi che il numero dei germi di ciascuna specie supera d’assai il numero degli organismi, che arrivano a nascere; e il numero dei nati supera d’assai quello degli organismi, che arrivano a vivere fino all’ età della riproduzione. In altri termini, la maggior parte dei germi perisce prima di svilupparsi, e la maggior parte dei neonati muore prima di divenir adulta. Qual'è la causa di tal distruzione ? È che gli individui si moltiplicano in ragione geometrica, e il nutrimento solo in ragione arit- metica. Non bastando esso quindi ai bisogni di tutti, molti devono perire. E ° quali sopravivranno? Quelli che, nella concorrenza vitale, nella lotta per ac- quistarsi i mezzi di sussistenza, riescono vincitori, cioè hanno maggior forza, maggior destrezza, insomma organizzazione più perfetta e adatta all’ ambiente, in cui vivono. La qualità, che rese possibile la vittoria, e quindi la conserva- zione e la riproduzione della vita, si perpetua, per eredità, nei discendenti. Così, combinandosi /' adattazione, sia per mutazioni di nutrimento e clima, sia per selezione, con l’ eredità, deve aver luogo, anche nelle piante e ani- mali selvaggi, come nei domestici, una lenta, ma continua variazione. 7. L’adattazione e l'eredità succedono, in natura, in modo assai complesso e svariato, e sovratutto s’ intrecciano in mille intricate e inopinate combina- zioni. Spesso la vita d’una pianta dipende dall’esistenza d’un certo animale, la cui vita dipende da un altro animale, e la vita di questo da un certo vege- tale — e così di seguito, con ininterrotta catena di cause ed effetti. Dalla unione di simili fenomeni deriva, negli organismi, la divisione del lavoro fisiologico, o polimorfismo, 0 differenziazione, o divergenza dei caratteri. Ed ecco come. Di parecchi nati, quelli che han certi caratteri periscono, altri s'adattano a un certo genere di vita, altri a un altro. Queste piccole selezioni, accumulate nel tempo, danno origine a forme, diverse l’una dall'altra come dalla capostipite. Siccome poi la vita è una concorrenza, ove riesce a propagarsi solo il vinci- tore, e riesce vincitore solo chi ha organizzazione più perfetta e adatta ai mezzi, così è certo che avranno più probabilità di vivere gli organismi più perfetti e più adatti ai mezzi di vita. Ora un organismo è tanto più perfetto e funzionalmente potente, quanto più son perfetti e potenti i suoi organi; e un organo è tanto più perfetto e potente, quant’ è minore il numero delle funzioni cumulative, che deve compiere. Un organo che disimpegna allo stesso tempo molte funzioni, come negli animali e piante inferiori, le compie tutte in modo imperfetto e rudimentale; mentre, se ha poche o una sola funzione da compiere, la compie in modo più completo e perfetto. Perciò tra le mille modificazioni, che si producono negli organismi, si svilupperanno e perpe- tueranno specialmente quelle, per cui si distribuiscono le varie funzioni su varii organi. Da questa divisione del lavoro deriverà un continuo progredire e complicarsi degli organismi; un perfezionamento, in relazione ai mezzi di vita, una tendenza ad andare dal semplice al complesso, e a coordinare i mezzi allo scopo, 74 8. Seguendo queste idee, uno sguardo: alle forme vegetali e animali ora esistenti conduce a considerazioni e concezioni inaspettate; chè si vedono in atto gli effetti innegabili della selezione naturale e sessuale, con la quale si possono spiegare tutte quelle mirabili armonie e coordinazioni, che si trovano sì spesso in natura, e sono inesplicabili a chi le considera 4 priori. I robusti organi di rapina e di presa, l’agilità alla fuga, alla corsa, al volo, al nuoto, al salto, all’arrampicare sarebbero, secondo tal punto di vista, caratteri acquisiti nella lotta per l’ esistenza. Sono pure a considerarsi quali prodotti di selezione gli stromenti di difesa contro i nemici, gli organi urti- canti, gli sproni, le corna a scheletro osseo, gli apparati elettrici, le sostanze fetenti e velenose, gli organi injettatori del veleno, i tranelli, le colorazioni protettive, le forme imitative, o mimetiche, gli organi rudimentali, le diffe- renze esterne tra maschio e femmina (caratteri sessuali secondarii), i brillanti colori, le glandule muschifere ecc. ecc. 9. Se è vero che le piante e gli animali variano, come sembra, senza alcun limite ben definito, ciò dovrà resistere a una prova più forte di quelle fin qui addotte. Il numero di forme organiche attuali è ben piccolo in con- fronto del numero di forme organiche, diverse dalle presenti, vissute sulla terra in epoche anche lontanissime, anteriori all’ attuale, prima che l’uomo le vedesse e le studiasse. Di questi organismi si conserva traccia negli strati geologici. Orbene, se la legge di variazione è vera, dovremo trovare negli strati geologici gli antenati degli organismi presenti, cioè negli strati antichi le forme più semplici, che di mano in mano vanno complicandosi nei suc- cessivi. E così infatti si trova. La serie cronologica degli organismi ha un no- tevole parallelismo con una classificazione ascendente, dai più semplici ai più complessi. Quanto ai vegetali, troviamo nel periodo laurenziano i protofiti, le conferve, le fucoidee, nel cambriano e siluriano le floridee, le caracee, i funghi, i licheni, le epatiche, i muschi, le felci; nel cardonifero le gimnosperme (palme, cicadee, conifere); nel permiano le gnetacee, nel triasico le monoco- tiledoni e le monoclamidee, o dicotiledoni inferiori; nel giurese e cretaceo le dialipetale, nell’eocene le gamopetale, o dicotiledoni superiori. — Quanto agli animali, abbiamo: nel periodo /aurenziano i protozoi (rizopodi), nel cam- briano le spugne (celenterati inferiori) gli acalefi, i vermi inferiori, i crinoidi, nel siluriano i coralli, i tunicati, i molluschi, i trilobiti, nel devoniano le asterie, i crostacei superiori, gli insetti inferiori, i primi pesci; nel carbdonifero gli echini, gli insetti, i primi anfibii, nel permiano i primi rettili, nel triasico i rettili inferiori, nel giuresei vermi superiori, i rettill superiori, i primi sauri, i primi uccelli, i primi mammiferi; nel cretaceo i pesci teleostei, i chelonii, gli uccelli, i mammiferi inferiori, nel terziario i pesci cicloidi e ctenoidi, i coc- codrilli, i mammiferi placentali, nel quadernario tutti i mammiferi, e al finir del glaciale (?), da ultimo, l’ uomo. Abbiamo dunque, entro ciascun tipo animale e vegetale, una gradazione dal più semplice al più complesso, andando dalle epoche più antiche alle più recenti. V'è poi un certo numero di forme intermedie, quali i tri/obiti, che fan passaggio dai crostacei agli insetti, i labirintodonti, che fan passaggio dai batraci, ai rettili, gli archeopterigi, che fan passaggio dai rettili agli uccelli, ecc. ecc, 10. Così la paleontologia, sanzionando le conclusioni, che si potevano trarre 75 dalle leggi d’adattamento, ne riceve alla sua volta una gran luce; poichè si intravvede che le forme paleontologiche, succedentisi in ordine così graduato, non sono forme staccate, ma unite dal legame di antenati e discendenti; e che, se molte forme antiche ora più non si trovano, ciò non significa già che si siano estinte. Esistono i loro discendenti, ma sono modificati. La specie non sì è distrutta, si è trasformata. La ragione poi perchè in uno stesso tempo sì trovano forme a ben diverso grado di complicazione relativa è, probabil- mente , che i capostipiti semplicissimi e autogonici delle forme esistenti non sì formarono tutti allo stesso tempo. I discendenti dei più antichi capostipiti sono ora più differenziati che non i discendenti dei più recenti. Inoltre la va- riazione non ha luogo sempre con la stessa legge di progressione, ma più o meno lentamente, a seconda delle condizioni, in cuì l’ organismo si trova. 11. Se è vero che gli organismi variarono e discesero l’ uno dall’altro, ciò dovrà resistere ad un’ ultima e formidabile prova. Vedemmo sopra che, per la legge di eredità abbreviata, come s'è empiricamente osservato, le modifi- cazioni succedute negli ultimi secoli in una stirpe d’ organismi sono rapida- mente riprodotte negli ultimi periodi dello sviluppo embrionale. Assumendo come probabile che gli organismi si modificarono e discesero l’un dall’ altro nei tempi geologici, si sarebbe ora tentati, per giudizio d’analogia, a esten- dere il parallelo tra l’embriologia e la genealogia, a indagare se gli anteriori stadii embriologici ripetono veramente gli anteriori stadii paleontologici. Orbene, la teoria della discendenza resiste vittoriosamente anche a questa ultima prova! Le forme, per cui passa rapidamente l’ individuo, dall’uovo al neonato, si succedono nello stesso ordine che le forme, per cui si assume che siano passati i suoi antenati, dalla forma monerica all’ attuale. La storia di sviluppo embriologico, o ontogenia, è una ricapitolazione della storia di svi- luppo paleontologico, o filogenia. Davanti a questa prova stupenda e inaspettata, l’evoluzione degli organismi acquista un grado altissimo di probabilità. Non può darsi a caso un sì rigo- roso riscontro tra fatti così svariati. 12. Esaminando l’ ontogenia d’un organismo superiore, per esempio d'un mammifero, troviamo che i primi cinque stadii di sviluppo embriologico, cioè' la monerula, la citula, la morula, la blastula, la gastrula corrispondono esat- tamente ai primi cinque stadii di sviluppo filogenetico e di complicazione mor- fologica, cioè ai moneri, alle amebe, alle sinamebe, alla planea, e alla gastrea. Nel sesto stadio, l'embrione è organizzato come un verme, nel settimo come un acranio (amphioxus), nell’ottavo come un ciclostomo (petr0myzon), nel nono come un pesce (cuore biloculare ecc.), nel decimo come un amniota, e infine come un placentale. 13. Questo riscontro tra ontogenia e filogenia deriva dalla legge d’ eredità abbreviata ed è quasi un atavismo embriologico. Cosicchè possiamo anche sta- bilire un legame eziologico e meccanico trai due fenomeni; e dire, non solo che l’ontogenia è una ricapitolazione della filogenia, ma anche che /a filogenia è la causa meccanica dell’ ontogenia, mercè le leggi dell’ eredità abbreviata e dell’ atavismo embrionale. 14. La cognizione della successione filogenetica e ontogenetica, e lo stu- dio comparativo dell’anatomia degli organismi, che scopre le loro simiglianze morfologiche, o omologie (le quali sono proporzionali al grado di parentela), = (i 706 ci permette di fare un passo più in là. Non solo possiamo assumere come probabile che gli organismi variarono e discesero l’un dall’altro, ma possiamo anche indagare in che modo variarono, per qual tramite discesero. Da questo processo ebbe origine la costruzione ipotetica del probabile albero genealo- gico degli organismi. Ma simil ricerca, comecchè irta di dettagli di fatto e di discussione, non può essere che citata in questo cenno. Per gli animali si riterrebbe che i vertebrati, artropodi, echinodermi rimontino ai vermi segmen- tati, i molluschi e tunicati e i vermi segmentati ai vermi non segmentati; questi ai gastreadi; i celenterati, tipo senza discendenza, pure ai gastreadi; i gastreadi ai protozoi. E i protozoi? Siccome sono gli esseri più semplici, non possono essere derivati da altri più semplici ancora. La logica c’induce a cre- dere che si sieno formati quali sono, almeno sotto le loro forme infime ed estremamente semplici. E ciò è tanto più credibile, quando si pensa che un monere dei più semplici altro non è che un’informe porzione di sostanza al- buminoide. 15. Rivolgendoci ora di nuovo la domanda, che ci rivolgemmo in principio di questo rapido schizzo, cioè: — come ebbero origine le multiformi specie delle piante e degli animali? — ecco che cosa possiamo rispondere, come conclusione probabile: Negli antichissimi tempi geologici si formarono, con processo autogo- nico, î più semplici moneri, 0 globuli protoplasmatiei; essi e i loro discendenti variarono incessantemente e senza fisso limite, in causa dell'adattamento (nutri- zione, clima) e dell’ eredità, combinate in vario modo dalla concorrenza vitale (lotta per la vita, selezione ecc.); e variarono complicandosi e perfezionandosi sempre più. Quindi le forme organiche più complesse discesero dalle più sem- plici; cosicchè tra i varit gradi della serie paleontologica esiste il rapporto d’an- tenati e discendenti. Lo sviluppo filogenetico influenzò, per legge d' eredità e d’ atavismo, lo sviluppo ontogenetico, cosicchè l’ontogenia divenne una ricapt- tolazione della fllogenia. E questa ripetizîone abbreviata rese possibile di rico- struire ipoteticamente il tramite e la successione delle forme evolutive, che fu- rono le antenate dei singoli organismi attualmente esistenti. DELLA PRIMITIVA ORIGINE DEGLI ORGANI Lezione del Prof. L. MAGGI (Surfo dell’ Autore). Continuando il mio uso della prelezione al corso di anatomia e fisiologia com- parate, che io ho l’ onore di dare nella R. Università di Pavia, svolsi in questo anno, fra i varj argomenti che presenta il vastissimo campo della scienza del- l’organizzazione animale, quello relativo alla primitiva origine degli organi. Dato il concetto dell’ organo allorquando l’anatomia comparata era sotto l’in- fluenza della fisiologia; ricordato che in oggi invece, per opera specialmente di C. Gegenbaur, l'anatomia comparata ha preso l’indirizzo morfologico; accenno ai vantaggi della nostra scienza, col proporsi di indagare , nella serie degli or- ganismi, le condizioni morfologiche degli organi, tra i qualî avvi quello di poter risalire alla primitiva loro origine. Non è che l’ anatomia comparata, come alcuni erroneamente credono, si sia trasformata in una embriologia; ma pel suo indifizzo morfologico, la prima si è legata alla seconda, poichè i fenomeni che ci presenta una serie di organi 08- servati presso differenti animali corrispondono soventi volte a delle fasi simili, che, in certi casi, si manifestano durante lo sviluppo di un organo individuale, 77 La embriologia non fornisce solamente all’ anatomia comparata dei documenti, dice Gegenbaur, ma essa ci insegna anche a conoscere gli organi nei loro stati primitivi o passaggeri e a riferirli agli stati permanenti che essi affettano presso altri animali, riempiendo così le lacune che noi incontriamo nella serie delle parti compite degli organismi. Col mostrarci come le conformazioni più com- plesse derivano da disposizioni più semplici, essa ci permette di comprendere le prime. L’ esagerazione dell'importanza attribuita ai rapporti fisiologici degli organi, e la falsità del metodo discendente, da alcuni adottato, nello studio dell’ orga- nizzazione animale, ci portarono in mezzo ad un mistero e ad un errore. Un mi- stero, rispetto alla primitiva origine degli organi; un errore, riguardo alla fina- lità ioro. Gli organi, si disse, sono stati creati, e perciò essi hanno un fine da raggiungere. Considerando infatti un organismo superiore, come potrebbe essere appunto quello dell’uomo, è facile concepire, sotto l’ influenza fisiologica, che esso si presenta a guisa d’ una macchina, costituita da parti necessarie per fun- gere delle funzioni, parti che noi non possiamo togliere senza alterare il tutto; dimodoche quell’ organismo viene ad essere una vera individualità organica. E da qui la definizione dell’ individuo in storia naturale , legata allo stretto senso etimologico della parola, cioè non divisibile; assoggettando quindi anche l’ in- dividuo al concetto fisiologico. La morfologia invece ci conduce sopra un’altra via, e ci fa escludere la crea- zione sovranaturale degli organi e la loro teleologia. Ora per arrivare alla conoscenza della primitiva origine degli organi, è ne- cessario di fissar bene la questione dell’ individualità morfologica, mediante la quale si potrà comprendere l'organo morfologico, la di cui ontogenia ci porterà alla sua filogenia, e quindi al suo punto di partenza; essendo, come dimostrò Hxckel, l’ontogenia una breve ricapitolazione della filogenia, colle leggi della eredità per condizione. Pertanto entro a discorrere delle individualità morfologiche, ognuna delle quali può presentarsi come unità di vita indipendente, quindi come bionte at- tuale, ossia essere vivente autonomo; come unità di vita dipendente, facente cioè parte di un organismo, quindi come bionte parziale ; finalmente come unità di vita transitoria, manifestandosi durante lo sviluppo di un organismo, quindi come bionte virtuale. I primi due bionti, l’attuale cioè ed il parziale sono trovati dall’ anatomia, poichè la nostra anatomia non è quella dei corpi morti, sib- bene degli animali vivi; il terzo ossia bionte virtuale, è manifestato dall’ em- briologia, e questo bionte, per essere l’ embriologia una breve ricapitolazione della filogenia, ci viene a rappresentare il primitivo organismo, ossia l’ essere antico, il paleobionte, da cui discese il bionte attuale o cenobionte. Fermandomi sugli idorgani di Heckel, e distinguendoli, a seconda della loro composizione e sovracomposizione anatomica, in omoplasti ed alloplasti, si trova che questi ultimi sono i veri organi morfologici, corrispondendo i primi ai tes- suti. E tanto gli omoplasti quanto gli alloplasti si ponno avere allo stato di bionte attuale, parziale e virtuale, quindi come individualità morfologiche, che rispetto ai plastidi per se stessi, sono di un ordine più elevato, e perciò esse non si tro- vano che nei Metazoi; e rispetto alle persone, sono di un ordine inferiore, non avendo la sovracomposizione anatomica di queste. Ad esempio, un omoplasto come bionte attuale è presentato dalla Magosphera planula, come bionte parziale da un epitelio ciliare, come bionte virtuale dalla planula. Così anche, un allopla- sto come bionte attuale è dato da un Dicyema, Gastrophysema ed Haliphysema, come bionte parziale da uno stomaco, come bionte virtuale dalla gastrula. La planula per gli omoplastici rappresenta la planza antica ossia paleoplanea, e la grastrula per gli alloplasti ci porta alla gastrea antica o paleogastrea. 78 Ne consegue da ciò che un organo morfologicamente considerato è un es- sere che può vivere liberamente, autonomo ; oppure in unione ad altri dividen- dosi in allora il lavoro biologico. L' embriologia ce lo mostra anche allo stato virtuale, per cui ci ricorda che nella sua prima apparizione nel mondo, egli era un essere vivente, indipendente, quindi un organismo a sè; ma non semplice, sibbene costituito da un aggregato di organismi semplici viventi in società. I quali per la divisione del lavoro si sono differenziati progressivamente, cioè ri- spetto alle funzioni dell’ organismo individuato di cui fanno parte; e dall’ altra regressivamente, cioè rispetto a se stessi, avendo perduto, per mancanza di eser- cizio, delle proprietà che prima avevano; in quanto che tali proprietà furono non solo assunte, ma sviluppate dagli altri organismi loro sociali. L’ organismo — organo, o l'organo primitivo, il peleorgano, per adattazione alle condizioni ambienti, subì delle modificazioni; e per eredità, venendo esse trasmesse, si tradusse in organo fisiologico, mascherando la sua vera genealogia. In un orga- nismo superiore, dove appunto le trasformazioni degli organi morfologici sono profonde, possiam dire , per ciò che fu esposto, che là ogni organo si è creato da se stesso. La sua causa efficiente è riposta nell’ esistenza anteriore alla sua formazione, di organismi più semplici. L'organo morfologico quindi non poteva non formarsi, e la sua formazione è indipendente dalla funzione a cui venne poi chiamato di fungere. La conoscenza dell’ origine primitiva di un organo, non è di importanza pu- ramente morfologica, ma anche medica; poichè la nostra macchina, è essa pure costituita da organi, che noi siamo soliti a considerare dal lato fisiologico. L'uomo è per se stesso una individualità morfologica, che Hackel comprese nelle per- sone o prosopi, essendo anatomicamente costituito da tutte le individualità pre- cedenti, e per le quali vi passa embriologicamente. L’ organismo umano è per- tanto un complesso di organismi inferiori viventi in società, la vita dei quali si traduce nell’ unità di vita dell’uomo. Ad essi quindi noi dobbiamo il nostro stato fisiologico o patologico, e su di essi noi dobbiamo fermare la nostra attenzione. Ma non dimentichiamo che il nostro studio dev’ essere portato non solo sugli organismi inferiori per se stessi, ma anche sui diversi loro stati sociali; in altri termini, non solo sui così detti elementi anatomici, ma anche sui tessuti e sugli organi. Da qui la necessità, più che l’importanza, della moderna anatomia comparata per chiarire scientificamente l’ anatomia dell’ uomo; poichè anche il nostro or- ganismo non è una fattura arbitraria, ma il risultato dello svolgimento naturale dell’ organizzazione animale. La scienza anatomica coll’ indirizzo morfologico va alla ricerca delle cause meccaniche della formazione dei diversi organismi, quindi cerca di conoscere la creazione naturale loro, indipendentemente da ogni forza sovranaturale. I vantaggi di questo nuovo concetto introdotto nella nostra scienza sono immensi, perchè ci mettono nella condizione di poter spiegare i fenomeni biologici colle sole forze naturali, che sono quelle sole che noi possiamo stu- diare. CORSO DI PROTISTOLOGIA MEDICA Dato dal Prof. L. MAGGI. Avendo dato nel p. p. anno scolastico, nella R. Università di Pavia, un corso di protistologia medica, con effetti legali, credo bene di presentarne il programma da me seguito. INTRODUZIONE. Novità della parola Protistologia -- Definizione della proti- stologia. — Antichità del concetto. — Regno psicodiario di Bory Saint-Vincent. 149 — Regno dei Protisti di Heckel. —- Argomenti favorevoli alla istituzione momen- tanea di questo regno. — Opinioni contrarie di Wylle Thomsons. — Mie osser- vazioni in proposito. — I Protisti nella loro essenzialità. — Importanza del loro studio per la conoscenza delle leggi generali dell’organizzazione animale. — Ra- gioni dell’ epiteto di medica dato alla protistologia — Utilità della protistologia medicea. — Sua questione fondamentale risguardante l’origine dei Protisti. — Os, servazioni dirette e ricerche sperimentali in proposito. — Contribuzione datavi dai Professori dell’ Università di Pavia. — Scopo del corso, e necessità ed im- portanza della conoscenza pratica dei Protisti per gli studenti di medicina. — Limiti dell’ insegnamento. — Fiducia nella sua utilità. — PARTE GENERALE. Dei Protisti secondo Heckel. — Monera Heck. — Lobosa Carp. -- Gregarine Duf. — Flagellata Ehr. — Catallacta Heck. — Ciliata Mùll. — Acinete Ehr. — Labyrinthule@e Cienkow. —.Diatomee Ehr. — Fungi Linn. — Myxomycetes Wallr. — Thalamophora Hertw. — Meliozoa Heck. — Radiolaria I. Mùll. — Loro sistematica (Classi, ordini ed esempi di generi e specie, con pre- sentazione di figure disegnate, e con dimostrazioni microscopiche). — Biblio- grafia protistologica —- (Opere, Memorie e Giornali). -- Morfologia dei Protisti (Anatomia, ontogenia e filogenia loro). — Fisiologia dei Protisti (Trofologia, To- cologia, Ecologia e Corologia loro). i PARTE SPECIALE, Dei Protisti che più interessano la medicina. — Dei Moneri în generale. — Dei Moneri liberamente viventi e loro classificazione. — Morfologia e fisiologia loro. Dei Moneri non viventi liberamente, ossia dei plastiduli e dei citodi. — Morfologia e fisiologia loro, ed in particolare della loro corologia pa- tologica. — Dei Monerî in particolare. — Dei Tachimoneri liberamente viventi, e loro classificazione. — Descrizione delle diverse forme di Tachimoneri, con osservazioni particolari intorno a quelle che interessano la patologia. — Ana- tomia e fisiologia loro. — Dei Tachimoneri parassitarj dell’uomo. — Malattie in cui furono osservati. — Origine dei Tachimoneri. -- Panspermia ed Eterogenia. — Distinzione dell’eterogenia in Autogonia e Plasmogonia. — Esperienze ita- liane intorno alla plasmogonia. — Condizioni contrarie e favorevoli alla plasmo- gonia. — Ricerche morfologiche, zimotiche e patogeniche favorevoli alla pla- smogonia dei Tachimoneri. — La plasmogonia dei Tachimoneri e la teoria pla- stidulare. — Differenziazione e riduzione del plasson. — Applicazione di questa dottrina alla corologia patologica dei Tachimoneri. — Enogenia dei Tachimo- neri nei casi patologici. — Dei Zobosî in generale, ed in particolare delle Amibe. — Amibe parassitarie. — Delle Gregarine , ed in particolare dei Monocystis. Dei flagellati, ed in particolare dei Nudofiagellati. — Storia naturale delle Mo- nadi, Cercomonadi e Tricomonadi. Dei Ciliati, e storia naturale del Poramecium coli Malm. NB. Riguardo ai funghi, considerati da Hreckel come protisti, e pure invocati dal zimotismo e dalla patologia a dar spiegazione dei fenomeni di fermentazione e d’infezione, non ho creduto di tenerne particolare parola; essendo in Pavia, sotto la direzione del Chiarissimo Prof. Cav. Santo Garovaglio, un Laboratorio crittogamico , il cui scopo è appunto quello di studiare tali organismi. SE SERE IE SEI OI GE VAIANO DI I VO 9 IP Corso libero di Antropologia applicata alla Medicina legale Prelezione del Prof. GIOV. ZOJA (Sunto dell’ Autore). Quest’ anno darò un corso di Antropologia applicato alla Medicina legale coll’in- tendimento e di conservare nella nostra Università l’insegnamento dell’ Antro- pologia, iniziato dal mio egregio amico e collega Prof. Lombroso (ora a Torino) ’ 80 e di presentare sotto altro punto di vista l'organizzazione dell’uomo agli Stu- denti di Medicina ed a quelli di Giurisprudenza il modo di formarsi una base di cognizioni positive su cui devono poscia ordinare le loro discipline a molti scopi del foro. Poichè sono tenuti a frequentare le lezioni di Medicina legale, questo mio corso gioverà del pari perchè della Medicina legale additando alcune delle più comuni come delle più sublimi questioni, ne farà presentire l’ eccellenza scientifica e la pratica utilità. Il giorno 12 Novembre dissi la prelezione al mio corso: premesso uno sguardo alla scienza ed alle fasi da essa subite attraversando specialmente il secolo che divide Buffon da Darwin, dimostrai come l’ Antropologia, non più divisa tra scienziati e filosofi, germogli prosperosa sotto le grandi ali delle scienze natu- rali, perchè è appunto la Storia naturale dell’ uomo. Quantunque la scienza non abbia per leva che il prepotente desiderio di al- largare la sfera delle cognizioni esatte e precise al più possibile, e quantunque non .si preoccupi delle applicazioni che la società troverà poi modo e tempo di appropriarsi, pure parlando delle varie Associazioni antropologiche sorte in questi ultimi tempi in tutte le nazioni civili, e che raccolgono nel loro grembo forti ingegni delle più disparate dottrine, toccai dei grandi benefici che apportarono già alla vità sociale e adombrai a talune altre che stanno per essere apportate dalla associazione dei laboriosi ed onesti pensatori, dovendosi ritenere che la scienza più completa dell’ uomo è quella che scaturisce dal facile e piano fluire del lavoro di tutti. Nel discorrere della vastità dell’ Antropologia e delle varie branche che la sor- reggono, delimitai il campo che deve essere da noi sfruttato, e facendo voti perchè sorga anche l’insegnamento della Etnologia, qual altra branca della dzo- logia del genere umano, esposi in breve il programma che intendo tradurre in atto, movendo dall’ anatomia, base di tutto 1’ edificio. Nel rilevare i vantaggi che de- vono nascere dallo studio combinato delia Legge e della Medicina nel terreno più proprio delle generali aspirazioni, espressi la ferma convinzione che i Le- gali coi Medici, nello studio comune, assuefacendosi fin da studenti a trattare e dibattere problemi attinenti al corpo umano ed alle sue funzioni, avranno agio di meglio intendersi, stimarsi ed amarsi, concorrendo ad un tempo a rendere sempre più profondo lo studio dell’ uomo ed attraente e gagliardo l'impero della verità e della giustizia. NOTIZIE UNIVERSITARIE STABILIMENTI SCIENTIFICI DELL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA. (Continuazione, vedi Num. 1,2.) 7.° Museo e Laboratorio di Mineralogia e Geologia. Direttore — Dott. Torquato Taramelli, Prof. ord. Assistente — Dott. Carlo Fabrizio Parona. 8.° Orto Botanico. Direttore — Dott Santo Garovaglio Prof. ord. Assistente — Dott. Achille Cattaneo. (Continua). (rerenti I REDATTORI. Pavia, 1879: Stab. Tip. Successori Bizzoni, O IRR SEGUITO DELL’ ELENCO dei Signori che hanno pagato Vl abbonamento. Dottor Agostino Bertani, Deputato al Parlamento Nazionale. — Dottor Ro- ‘ssmini, Direttore dell’Istituto Oftalmico di Milano. — Dottor Giovanni Paladino, Professore all’Istituto Veterinario di Napoli. — Cazzani Dottor Luigi, Professore di Ostetricia all’ Università di Cagliari. — Dottor Ercole Ferrario, Direttore della Scuola Tecnica di Gallarate. — Dottor Achille Fumagalli, Oculista in Como. — Dottor Giacometti Vincenzo, di Mantova. (Continua). SEGUITO DELL’ELENCO DEI CAMBI Bulletin de la Societé Belge de Microscopie (Bruxelles). — Bulletin de la So- cieté Vaudoise des Sciences Naturelles (Lusanne). — El Anfiteatro Anatomico Espanol, y el Pabellon Medico (Madrid). — Giornale del Laboratorio Crittogamico ed entomologico per lo studio dei parassiti vegetali ed animali delle piante fa- nerogame della Sardegna, diretto dal Professore Luigi Macchiati (Sassari). — Gazzetta Medica Italiana Lombarda, diretta e compilata dal Professore Gaetano Strambio (Milano). {Continua}. Ringraziamo vivamente î Signori che si affrettarono a mandareci la loro scheda d’ associazione, ed î giornali ehe, ricevuto il nostro I.° numero. ci favorirono subito del cambio. Preghiamo poi le Direzioni deî Periodici. alle quali mandiamo questi Numeri, e che non ci hanno peranco spedito il loro, a voler disporre pel cambio; del che anticipatamente le ringraziamo. D Te I E ®© «x NATURALIEN-COMPTOIR . : Sr S Vien. VII Breitegasse, 9. Il Dottor Leopoldo Eger di Vienna ha delle bellissime raccolte di oggetti di ‘Storia Naturale; vende, compera e fa dei cambi; tiene corrispondenza in ita— liano, francese ed inglese; spedisce il suo catalogo a chi gliene fa direttamente domanda, Inserzioni a Pagamento. REGOLAMENTO DELLA CASA DI SALUTE DIRETTA DAI MEDICI-CHIRURGHI Prof, ANGELO SCARENZIO e Prof. ACRILLE DE-GIOVANN 1. Si accettano nella Casa di Salute, previa visita fatta ai signori ammalati da uno dei medici dello Stabilimento, individui di ogni età e sesso, affetti da malattia medica o chirurgica, acuta o lenta, la quale non sia creduta insanabile. 2. I signori ammalati sono in arbitrio di scegliere per curante o consulente un medico o chirurgo estraneo allo Stabilimento. 8. La quota giornaliera per ogni spesa di assistenza medica o chirurgica, di vitto, d’alloggio, dei medicinali, dei bagni semplici, delle doccie, dei bagni a vapore e della cura idropatica è di L. 8. 00 — se l’ammalato vuole una camera per sè solo; » 6. 00 -- se una camera comune a due individui; » 8. 50 — per ogni persona di servizio estranea allo Stabilimento, la quale. rimanga coi signori ammalati nella Casa di Salute. % 4. Le persone non bisognevoli d’ assistenza medico-chirurgica, le quali bra- massero far compagnia a qualche loro parente od amico, pagheranno una lira. di meno del prezzo fissato per ciascuna camera occupata dai signori ammalati. 5. La quota giornaliera sarà accresciuta di L. 3. 50 per l’ammalato che vorrà una persona di servizio addetta esclusivamente alla di lui persona. 6. Le operazioni d’ alta Chirurgia, nonchè le applicazioni strumentali della te- rapia saranno compensate separatamente e la spesa dei Medici curanti o consu- lenti estranei allo Stabilimento, come pure quella dell’ imbiancamento della lin- geria propria dei signori ammalati, non saranno comprese nella pensione. 7.1 signori i quali trovansi in condizioni sanitarie tali da. potersi recare alla mensa comune e vogliono essere serviti in camera pagheranno L. l in più della quota giornaliera. Parimenti i signori che potendosi recare nella sala dello Sta- bilimento chiedessero nella stagione jemale il combustibile pel riscaldamento della loro camera pagheranno in aggiunta alla diaria un corrispettivo di Cente- simi 50 al giorno. 8. I giorni d’assenza durante la cura saranno calcolati nella pensione se l’am- malato non lascia libera la camera. 9. La pensione si paga anticipatamente per non meno di 15 giorni nell’ atto dell’ingresso nello Stabilimento e si rinnova due giorni prima della scadenza: viene poi restituita quella dei giorni non passati nella Casa Sanitaria. 10. Volendo lasciare lo Stabilimento in corso di pensione deve il signor am- malato darne avviso due giorni prima. 11. La Casa di Salute non è responsabile degli oggetti di valore non stati con-. segnati dai signori ammalati. L’ AMMINISTRAZIONE. Avvertenza. —— Nel computo delle giornate si comprendono a favore della Casa di Salute tanto il giorno di entrata come quello di uscita. ì DA Poet | NL pe. SL to I,/X, SIIT Gennaio 1880. OSSIIESSIISIOSNI BLIETTN SCLENTIEIOI REDATTO DAI Î0TTORI MAGGI LEOPOLDO ZOJA GIOVANNI PROF. ORD. D’ ANATOMIA E FISIOLOGIA PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA COMPARATE UMANA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E DE GIOVANNI ACHILLE PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Un Anno Lire 4, Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni 1880. ALCUNE PUBBLICAZIONI DEI REDATTORI che si spediranno a chi ne farà richiesta accompagnata da vaglia pustale per il prezzo relativo. (Per la raccomandazione postale aggiungere cent. 30), DI D. L. G. ® Maggi. Sull’apparecchio circolatorio degli animali . Studj anatomo-fisiologici intorno alle Amibe, ed in particolare di una innominata. Con una tavola SACRI Cenni sulla storia naturale degli esseri inferiori ( (ua i). Con 8 tavole e 119 figure. 4 Intorno al genere Aeolosoma, ‘Coni duo E) dai Descrizione di un nido singolare della Formica fuliginosa. Con 4 tavole. . . . MEC) GI e BALSAMO I inigrno agli in essenziali della e duzione delle Anguille, alle particolarità anatomiche del loro ap- parecchio escretore genito-urinario, ed alla forma delle loro in- testina come carattere specifico. Con una tavola . Met Intorno alle cellule del fermento (Xefezellen) Studj fatti nel Laboratorio di anatomia e isiologiao comparate della R. Università di Pavia, diretto dal Prof. L. LA: , nel- l’anno 1877 È Zoyza. Ricerche e Consilcnizioni Sull'apafisi mastoldea e sue cel- lule. Con figure . . . : — Sulle borse sierose, e na nnie delle Vescicolari degli arti umani, Con tavole . Contribuzione all’ Anatomia del 'Iméato media Mine Fo oca Con una figura Una varietà del aensio animali dello SR Co Fee Sulla coincidenza di una anomalia arteriosa con una nervosa. Con una tavola . Descrizione di un teschio Bolli anoi microcefalo . Il gabinetto di anatomia normale nella R. Università di Pavia. Serie B, Osteologia INA Idem. Serie E. Angiologia . Cenni sulla vita di Gaspare Aselli . ; , La testa di Scarpa. Con ritratto in fotografia P. A. DE Giovanni. Corso teorico-pratico di percussione ed scozia Nuovo metodo per limitare l’area cardiaca . .. . . Note cliniche sulla endoarterite . : Patologia del simpatico . Sulla gotta . Prime linee di uno studio cardiografico SERE a ischni alinicii Contribuzione alia Patogenesi dell’ endoarterite . È Sopra una ferita al capo (Lezione clinica) Aspirazioni nel metodo dell’ indagine clinica Lire 2. SOS | opgHpuwoatog oo alla Tipografia SuccessorI Bizzoni, Pavia. Anno I. Gennaio 1880. Num. 6. Bollettino Scientifico REDATTO DAI DOTTORI MPSEGGI LEOPOLDO.E ZOJÀ GIOVANNI PROFESSORI ALL'UNIVERSITÀ DI PAVIA E DE-GIOVANNI ACHILLE PROFESSORE ALL’UNIVERSITÀ DI PADOVA Abbonamento annuo Italia L. & Si pubblica in Pavia | Esce otto volte all’anno du- » » Estero» S |(Corso Vittorio Emanuele N. 73]| rante il corso delle lezioni uni U FANO so versitarie. — Gli abbonamenti si n numero separato Cent. È E : e || ricevono in Pavia dall’Editore e Un numero arretrato . . L. 1 || Ogni num.° è dé 16 pag.° || dai Redattori. DELLE PUBBLICAZIONI PRESENTATE IN DONO SI FARÀ UN CENNO SOMMA RIO Maggi: Il mesoplasma negli esseri unicellulari. — De Giovanni: La morfologia e la Clinica. — Cattaneo: Gli individui organici e la morfologia. -- Maggi: In- torno all'importanza medico-chirurgica dei Protisti. — C. Parona: Sulla Pigo- melia nei vertebrati. — C. Parona: Di un nuovo crostaceo cavernicolo. — No- tizie universitarie. IL MESOPLASMA NEGLI ESSERI UNICELLULARI Comunicazione del Prof. L. MAGGI. Trattandosi di esseri unicellulari, le differenziazioni protopla- smatiche vengono ad avere un valore non indifferente per la loro autobiosi, ed a ragione i protistologi vi distinsero, in questi ultimi tempi, un ectoplasma da un endoplasma, facendo corri- spondere a questa distinzione anatomica, una differenza fisiolo- gica, e rintracciandovi una analogia fra l’ectoplasma unicellulare e l’ectoderma pluricellulare, e fra l’endoplasma unicellulare e l’endoderma pluricellulare. Ora quest’analogia sarebbe ancor più raggiunta dall'esistenza del mesoplasma che io (1), pel primo, ho trovato e indicato nella costituzione anatomica, del Podostoma filigerum Clap. e Lach., e poi in quella dell’ Amada verrucosa Ehr. e dell’ Amaba Lie- (1) Maggi: Intorno ai Rizopodi d’acqua dolce della Lombardia, ed in partico- lare del Podostoma filigerum Clap. e Lach. (Rendiconto del R. Istituto Lombardo di Milano 1876. 6 Luglio). Con l Tav. 82 berkùhnia n. sp. mihi (1). Il mesoplasma degli unicellulari cor- risponderebbe, secondo me, al mesoderma dei pluricellulari. Io ho già detto e ripetuto (2), che dall’ectoplasma o exopla- sma si hanno gli organi ectoplasmatici, vale a dire i pseudopodi che servono alla locomozione, e, nello stesso tempo, si può dire che abbiano anche una certa sensibilità, specialmente tattile. Dal mesoplasma, gli organi mesoplasmatici, ossia la vescicola contrattile, talora fornita di canali. La vescicola contrattile serve alla circolazione, escrezione ed espirazione, giacchè, senza ne- gare la così detta respirazione cutanea nei Protisti, si può ve- dere, per loro, una prima localizzazione di questa funzione nella vescicola contrattile. Dall’ endoplasma si hanno gli organi en- doplasmatici, come : cavità digerente, nucleolo e nucleo. La cavità digerente serve alla digestione, ed i vacnoli del chimo, che in essa si vedono, indicano ad una chimificazione; come i globuli del chilo, ad una chilificazione; ed i granuli di riduzione ad una conseguente defecazione. Il nucleolo ed il nucleo, sono i loro organi di riproduzione. Studiando lo sviluppo di alcuni Protisti (Amaebe e Podostoma filigerum Clap. e Lach.) si veggono a comparire dapprima gli organi exoplasmatici ed endoplasmatici, e poi i mesoplasmatici. Lo stadio monerico degli esseri unicellulari (p. es. delle Amibe), si differenzia in ectoplasma ed endoplasma; nell’ endoplasma si forma la cavità gastrica, poi il nucleolo, indi il nucleo; in se- guito compare il mesoplasma, e con esso la vescicola contrattile; e durante quest’ultima formazione, vale a dire della vescicola contrattile, si hanno i pseudopodi dall’exoplasma. Anche nei PROTISTI quindi si può vedere una corrispondenza fra il loro ecto- plasma, mesoplasma ed endoplasma, con tre foglietti germi- nativi o blastodermici degli esseri policellulari o MeTAzoI. Gli organi ectoplasmatici sono per la vita di relazione (corologia ed ecologia); i mesoplasmatici, con parte degli endoplasmatici (ca- vità digerente) per la vita di nutrizione (trofologia); l’ altra parte degli organi endoplasmatici (nucleolo e nucleo), sono per la vita di riproduzione (/ocologia). In altri termini, gli organi ectoplasmatici sono per la vita animale (corologia ed ecologia); (1) MaGGI: Studj anatomo-fisiologici intorno alle Amzbe ed in particolare di una innominata. Con 1 Tav. (Atti della Società Italiana di Scienze naturali in Milano. Seduta del 80 Luglio 1876. — Vol. XIX. fasc, IV. Milano 1877). (2) MaGgI : Loc. cit. 83 gli organi mesoplasmatici ed endoplasmatici per la vita vege- tativa, ossia di nutrizione e di riproduzione (trofologia e toco- logia). Anche il Dottor Giacomo Cattaneo (1), in due suoi lavori di protistologia venne a confermare quanto ho sopra detto. Con grande compiacenza ho poi letto, nell’Jahresherichte ber die fortschritte der Anatomie und Physiologie di Hoffmann e Schwalbe, per la letteratura scientifica del 1878, pubblicata nel 1879, Tom. VII, IL.® parte (Entwikelungsgeschichte. Anatomie der Wirbellosen Thiere), un sunto fatto da Mayzel di un lavoro di O. A. Grimm (2), stampato, in russo, nel 1877 a St. Petersburg, intorno alla dottrina dei più semplici animali, in cui dopo aver distinto il regno zoologico in due gruppi, dei Monoplastidi cioè, e dei Polplastidi, corrispondenti ai Protisti e Metazoj di Haeckel, parla, riguardo alla organizzazione dei primi (Monoplastidi) di un ectoplasma, mesoplasma ed endoplasma, con analogia ai foglietti germinativi degli animali superiori. E più avanti, di- scorrendo dell'organizzazione di una sua specie nuova di Amiba, trovata in un acquario (Am@ba solidula n. sp.), dice che l’ecto- plasma consta di due strati, uno esterno inalterabile dall’ acido acetico, l’altro interno (Mesoplasma) solubile nell’acido acetico; quest’ ultimo (il Mesoplasma) è contrattile, circonda il nucleo ed un vacuolo, costantemente unico, che si contrae lentamente. Il fatto quindi del Mesoplasma, nella costituzione dei Pro- tisti, è entrato nella dottrina risguardante questi esseri. Alle ricerche future il stabilire la sua presenza in altri microrga- nismi, ed in quali essi assolutamente fa difetto. LA MORFOLOGIA E LA CLINICA Lezione del Prof. ACHILLE DE-GIOVANNI (Sunto dell Autore). Questo è l'argomento della mia prelezione al corso di Clinica medica nel- l’ Università di Padova. Può dirsi continuazione e esplicazione dell’ anteriore mia prelezione, stampata su queste pagine. — Aspirazioni nel metodo della indagine clinica. Allora diceva che il metodo dell’ osservazione inaugurato da Morgagni ve- niva confermato maggiormente dalle odierne scoperte, dai concetti nuovissimi apprestati dalla fisiologia. (1) D. G. CATTANEO: Intorno alla Anatomia e fisiologia del Podostoma filigerum Clap. e Lach. (Atti della Società Italiana di Scienze nat. Vol. XXI. Milano 1878). Idem: Intorno all’ontogenesi dell’ Arcella vulgaris Ehr. —- Con 1 Tav. (1bid). (2) Grimm: Zur Lehre von den einfachsten Thiere. St, Petersburg, 1877. 74 pag. senza tavole (in russo). 84 Ultimamente, preso il concetto di Bichat sulla correlazione delle forme e delle funzioni organiche, dimostro essere questo il concetto medesimo portato in campo ed illustrato dalla storia naturale. Lo studio morfologico dell’organismo involge fondamentali principi fisiolo- gici; quello delle correlazioni morfologiche e funzionali è fondamento allo studio della patologia. p Richiamo alcune massime di patologia clinica, cavate dall'empirismo seco- lare, e le metto in confronto coi sucennati concetti, dimostrando così come si abbracciano la storia naturale e la patologia. Per tal modo si comprende quanta importanza abbia pel patologo lo studio embriologico. Come l’anatomia comparata sussidia la storia dello sviluppo dell’uomo, così l’organogenia dimostra al patologo l'origine delle costituzioni, delle predisposizioni morbose e di quelle singolari movenze degli organismi, per cui il tipo nosografico assume in ogni individuo note particolari. Quindi la patogenesi dei morbi, il processo diagnostico e terapeutico dalla morfologia attendono nuovo impulso e nuove rivelazioni. Conoscere il tipo morfologico d’ogni organismo infermo è dunque primo scopo del medico. Ma come arrivare allo scopo? Ad esso mirarono le dottrine sulle costituzioni e sui temperamenti. Queste dottrine come si insegnano non sono scientifiche, come si applicano non se- condano l’intento nostro. Devono riformarsi seguendo i fondamentali concetti della morfologia. In luogo di qualificare quasi a prima vista gli individui coll’appellativo di forte, debole, gracile ecc. aggiunto a costituzione, bisogna trovare il modo di scoprire certi fatti che si riferiscono allo stato della organizzazione, il quaie nelle sue innumerevoli varietà sfugge a qualunque classificazione dottrinaria. Bisogna, tenendo conto del principio fondamentale di Bichat — per cui sap- piamo essere l’uno o l’altro apparecchio organico più o meno armonicamente sviluppato — e tenendo conto dei fatti principali che insegna l’organogenia, non che l’anatomia normale e patologica, istituire un nuovo metodo di ri- cerca sull’ organismo, che conduca a risultati su cui soltanto può elevarsi il giudizio della individuale costituzione. Questa in tal guisa ci si presenta con tutti i suoi attributi, fra cui note- remo quelli che alle manifestazioni morbose predispongono, o che nel morbo recano contingenze sintomatiche insolite. Per giungere a questo difficile scopo, propongo di utilizzare dell’ antropo- metria; e la mia proposta è già raccomandata da alcune osservazioni, che mi permettono presagire eccellenti risultati attuandola. Esistono rapporti tra il primitivo sviluppo dei vasi e lo sviluppo delle ca- vità viscerali cui sono destinati; rapporti esistono tra lo sviluppo dei vasi e quello dei visceri, tra lo sviluppo dei visceri e quello delle altre parti del- l'organismo. Dunque la misurazione del corpo e delle sue parti, specialmente le cavità, ci condurrà ad istituire dei rapporti di sviluppo, nel caso concreto, fra apparato ed apparato, fra organo ed organo, e con questi dati e con quelli che dalla osservazione empirica potremo avere, e gli altri che dalla anamnesi raccoglieremo, comporremo un quadro di nozioni che si riferiscono alla individualità morfologica, alla speciale costituzione. A raggiungere più facilmente ed intero lo scopo nostro occorrono altri D 85 sussidi che ancora non sa prestarci la morfologia: vorremmo sapere prima perchè si trasforma la specie, perchè e come l’uomo raggiunge quella data altezza, quei dati volumi dei muscoli, perchè tanto varia la quantità dei vasi capillari periferici e il calibro dei più grossi tronchi sanguiferi ecc. Ma per tanto l'osservazione clinica sfrutti, come può, l’ antropometria. I fatti nuovi che ne caveremo non andranno perduti; oggi li interpreteremo secondo i con- cetti che la scienza ci insegna: in avvenire li stessi sunti saranno anche meglio interpretati e porteranno nuovi veri nel campo della patologia clinica. GLI INDIVIDUI ORGANICI E LA MORFOLOGIA. Appunti critici del Dott. GIACOMO CATTANEO. 1. Il concetto d'individuo fisiologico è, in generale, ben diverso da quello d’ individuo morfologico. Fisiologicamente, un protisto, un infusorio, un verme, un mollusco, un artropodo, un echinodermo sono altrettanti individui, cioè funzionalmente indivisibili; e quindi tra di loro analoghi, quanto a centraliz- zazione e unità funzionale e quanto ad autonomia di vita. Morfologicamente invece, essi non sono omologhi, chè rappresentano composizioni istologiche e organologiche molto diverse e variamente complicate. Solo nei protisti, cioè negli organismi monocitodici e unicellulari, l’individualità fisiologica, se- condo la teoria dei plastidi, coincide con la morfologica; chè un plastide, o elemento morfologico isolato, il quale sia organismo completo, è, per quanto, generalmente finora si ammette,