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N. 73,| Gli abbonamenti si ricevono ìn Un numero separato. . » 2. Pavia dall’Editore e dai Redat- Un numero arretrato . . > <|Ogninum.° è dé 32 Pag." tori. —_— — ——_—————————————————————————— — m@6 SOMMARIO MAGGI : Sulla derivazione specifica dei Microbi patogeni. — FIORENTINI: Intorno ai Protisti dell’ intestino degli equini (con 5 tav.). — R. Z0JA: Sulle fibre della porzione maggiore del muscolo adduttore delle valve nell’ Ostrea edulis (con una tav.). — FIORENTINI : Cenni descrittivi sull’ Ozyuris vivipara Probstmayer (con una Tav.). — £ecensioni: Descrizione di un mostro pigo- melico (Dipygus parasiticus), seguita da alcune considerazioni sull’ origine della mostruosità doppia, di E. BUGNION. — C. PARONA: Elmintologia ita- . liana, Bibliografia, Sistematica e Storia (continuazione). SULLA DERIVAZIONE SPECIFICA DEI MICROBI PATOGENI NOTA del Professore LEOPOLDO MAGGI. Ammessa l’esistenza attuale dei microbi patogeni, il medico naturalista non può sottrarsi al problema della loro deriva- zione specifica in quanto che gli infinitamente piccoli appar- vero pei primi nella creazione naturale degli esseri viventi. In quei primi tempi della vita, quando cioè la terra era, secondo i geologi, alla sua epoca protozoica, esistevano già i microbi patogeni? Se vi erano allora, come si sono trasmessi sempre tali tino fin — 0 2 alla comparsa degli animali domestici e dell’uomo, per assa- lire ed uccidere questi ultimi venuti? Colla teoria dell’immutabilità e invariabilità della specie, che ritiene implicitamente esser avvenuta la creazione singola di ogni essere specifico, si dovrebbe rispondere che i microbi patogeni furono creati tali fin da principio, perchè altrimenti gli attuali avrebbero mutato rispetto ai primi; essi poi, per non variare, rimasero latenti fin al momento in cui si presen- tarono quegli esseri destinati quale loro nutrimento esclusivo. La genesi pertanto di molte malattie microbiche daterebbe colla comparsa dei mammiferi, giacchè a questa classe di ver- tebrati appartengono l’uomo e gli animali domestici. Notiamo che l’uomo comparve dopo i vari ordini di mammiferi, ai quali si riferiscono i diversi animali che egli ha poi addomesticato; quindi le malattie microbiche, che l’uomo ha in comune cogli animali domestici, devono essere posteriori a quelle di questi animali. I mammiferi esistevano all’epoca terziaria, ed in quell'epoca ì microbi patogeni si saranno sviluppati, avendo trovato il loro terreno opportuno. I mammiferi però attuali, in confronto dei loro predecessori, hanno subìto delle modificazioni, quindi non sono gli stessi dei loro antenati. Alla domanda: se i mammi- feri primordiali venivano infestati dai microbi patogeni, noi non abbiamo finora nessun dato diretto per rispondere; ma indirettamente si potrebbe presumere che ne rimanevano il- lesi, poichè non avevano subite le modificazioni degli attuali, in cuì si manifestano le malattie microbiche. Se avvenne così, i microbi patogeni dei mammiferi dovettero allora stare latenti fino all’epoca quaternaria. i Come si sa, l’ addomesticazione fa subire anch'essa delle imodificazioni, e modificazioni ne presentano gli animali dome- stici attuali in confronto dei preistorici. Ora avevano questi, malattie microbiche? Non possiamo rispondere nè affermativamente nè negativamente. Se gli an- tenati degli animali domestici sono stati loro, per la prima volta, infestati dai microbi patogeni, le malattie microbiche 3 si potrebbero considerare come passate in eredità; ma se esse sono manifestazioni dell’epoca quaternaria, dovute al momento della comparsa dell’uomo, le malattie microbiche, che l’uomo ha in comune co’ suoi animali domestici, potrebbero essere derivate da un contagio dell’addomesticatore. Queste e molte altre probabilità fa supporre la derivazione degli attuali microbi patogeni dai loro antichi; e forse sì sa- rebbe continuato in questa via di ipotesi, per il gran divario morfologico fra i due esseri combattenti, essendo l’ infinita- mente piccolo, secondo l’immutabilità della specie, invariabile mentre i mammiferi, è ormai accertato che dalla loro comparsa ad oggi, hanno variato. Ammessa invece la trasformazione della specie bacterica, come ne diede dimostrazione la scienza sperimentale, si rese più positivo il problema della derivazione dei microbi pato- geni, e quindi anche la genesi delle malattie microbiche. Potendo variare le specie bacteriche, ne consegue la pos- sibilità della derivazione non solo delle innocue dalle nocive, ma anche delle nocive dalle innocue, quando vi sieno le con- dizioni opportune per questa loro trasformazione. Nella scienza vi sono esperienze favorevoli all'una e all’altra trasformazione, quantunque, ma a torto, alcuni non ne vo- gliono sapere di quelle che traducono le specie innocue in specie nocive. Una volta che le specie innocue siano diventate patogene, e trovando le medesime condizioni che servirono a renderle tali, esse genererebbero allora le malattie microbiche. In proposito Bordier fa osservare che la storia ci insegna non essere le malattie d’un medesimo paese, d’una medesima razza, le stesse a tutte le opoche. Il vajolo, la rosolia, erano ignote agli antichi, e noi sappiamo che furono gli Arabi, quelli che ce le portarono; ma essi stessi non le hanno sempre cono- sciute; bisogna dunque che esse abbiano avuto un incomin- ciamento. Lo stesso si può dire per la sifilide. Tuttavia, continua Bordier, il microbio, fattore di queste malattie, è un essere vivente d’ordine inferiore, che ha potuto 4 5 esistere alle epoche geologiche le più antiche; egli ha dovuto. anche esistere sul nostro pianeta, ad un’epoca in cui nè l’uomo, nè i mammiferi, nè forse gli uccelli, non esistevano ancora. Si. può pensare che il Baczllus subtilis innocuo a noi e ai nostri animali domestici, e che noì coltiviamo nelle infusioni di fieno, sia esistito da lungo tempo, molto prima dell’uomo e degli animali superiori; che un’infusione vegetale qualunque sla stato il suo primo ambiente, e che egli abbia potuto così dimorarvi fin al giorno, in cui il caso fece cadere per la prima volta un Bacillus subtilis in un liquido animale qualunque. In quel giorno, quel Bacillus subtilis è divenuto la sorgente del Bacillus anthracis, poichè vi si è adattato a vivere in un liquido animale, particolarmente poi nel sangue di mammiferi; e col Bacilus anthracis nacque il carbonchio. Se così avvenne per questo microbio patogeno; non potrebbe essere avvenuto lo stesso anche per gli altri microbi patogeni? Se così fu l’origine del carbonchio, non potrebbe essere, come questa, l’origine di tutte le malattie infettive che deri- vano per l’uomo e per gli animali, dal parassitismo di un microbio? « Senza dubbio, soggiunge Bordier, il microbio può essere anteriore all’uomo, ma la malattia non esisteva fin che la col- tura d’un primo microbio nel suo sangue, non aveva dato ori- gine ad una nuova razza di questo microbio, razza in rapporto con questo nuovo ambiente ». « Ne è lo stesso pel vajolo, la rosolia, il moccio, la sifi- lide; i loro microbi sono, senza dubbio, anteriori agli animali che vengono attaccati in oggi da queste malattie; ma è evi- dente che la malattia, ossia l’azione di questi microbi sugli animali ch’essi infestano, non esisteva prima di questi animali; egli è certo che la rosolia umana ha incominciato il giorno in cui un uomo è diventato pel microbio della rosolia un am- biente favorevole, ambiente nel quale questo microbio, che fin allora viveva in un altro, ha dato origine ad una nuova specie, adattata all'ambiente umano; è così che il microbio del cho- lera dei polli, destituito d’ogni sua virulenza mediante l’ossi- f- 5 geno, divenuto inoffensivo, rimarrà tale per secoli, fino al giorno in cui il caso, od anche uno sperimentatore, riponendolo in un ambiente confacente, come è il sangue d’ un uccello, gli renderà la sua virulenza primitiva ». « E siccome in natura ogni fenomeno che si è prodotto, potrà prodursi ancora, così noi forse potremo assistere qual- ‘che giorno all’ apparizione di una nuova malattia infettiva; basterà che in quel giorno qualche microbio, attualmente inof- fensivo , che vive oscuramente, senza saper dove, incontri il sangue d’ uno dei nostri animali, ed anche di un uomo, vi entri, vi si aclimatizzi, vi prosperi talmente da schiacciare i globuli sanguigni dell'animale, per la concorrenza ch'egli farà a loro. Questo microbio diverrà dunque per questo animale, un parassita mortale; egli diverrà virulento, nel suo nuovo ambiente; egli darà origine a microbi, che erediteranno la sua nuova forma e le sue nuove qualità. Una nuova specie di mi- crobio sarà nata da ambiente infesto, ed una nuova malattia avrà preso origine ». _ « Questa genesi delle malattie virulenti, poggia sopra la legge dell’adattazione degli esseri all'ambiente in cui si tro- vano, se vogliono vincere nella lotta per l’esistenza; adatta- zione che sollecita l’essere a muoversi, a cangiare, a progre- dire, e che perciò rappresenta virtualmente il nuovo e l' av- venire », Ma non v'è che questa sola soluzione del problema, pur ritenendo la trasformazione della specie bacterica ? Noi sappiamo p. es. che la bacteriologia sperimentale an- novera la produzione d’un’infezione microbica mediante la cyclamina e la papajotina, la quale ci darebbe nello stesso tempo l'esempio di una nuova forma di microbismo latente. Infatti, come i pesci, anche le rane in stato di benessere con- tengono spesse volte nel loro sangue una grande quantità di microbi, che perciò sembrano inoffensivi. Tuttavia Vulpian ha scoperto che sotto l’influenza della cyclamina inoculata nella rana, i suoi microbi diventano patogeni e determinano una vera infezione, suscettibile, come provò l’esperienza ancora, bia 6 di essere trasmessa ad un'altra rana, mediante l’inoculazione dei suddetti microbi divenuti patogeni. Rossbach ha pure osservato che il coniglio contiene spesse volte, in stato di salute evidente, microbi vel suo sangue, e che un'injezione di papajotina uccide questi conigli in un’ora, con una moltiplicazione colossale di questi microbi. In questi casì, 1 microbi attendono nei vasi, che l’injezione di una sostanza chimica faccia del sangue un mezzo di col- tura favorevole a loro. Ma non è soltanto questa la conseguenza che se ne può dedurre; vi è anche l’altra, e cioè che i microbi inoffensivi prima, sono diventati patogeni dopo il contatto della cycla- mina in un caso, della papajotina nell’ altro. Dal momento adunque che un microbio interno da inoffen- sìvo passa a patogeno sotto l’influenza di sostanze, che in questi casì sono tossiche, il nostro problema della derivazione specifica del microbi patogeni, non potrebbe essere poggiato anche sopra questa base ? Se non lo potrà essere per l’uomo, giacchè si dice che nel nostro sangue, allo stato normale, non vi son microbi, lo po- trebbe tuttavia essere per alcuni animali. D'altra parte lungo tutto il nostro tubo digerente si incontrano microbi inoffen- sivi, taluni anzi vantaggiosi, altri indifferenti. Ora non potrebbero, sotto l’ influenza di sostanze partico- lari, essere tradotti questi microbi, o alcuni di loro, in pato- geni? Inoltre come passano i patogeni dall'esterno all’interno del nostro organismo e particolarmente poi entro il nostro sangue; non possono passare per le stesse vie anche quelli che non sono patogeni? E questi microbi interni e internatisi non possono incon- trare forse alcaloidi, leucomaine, sostanze azotate che sap- piamo essere prodotte in seguito al fenomeno dell’ assimila- zione esercitata dalle varie parti attive dell'organismo ospite? E sotto l’influenza di queste sostanze, non possono passare i microbi inoffensivi ad essere patogeni? Si sarebbe allora negli stessi casi dell’influenza della cyclamina e della papajotina. Se 7 pertanto, secondo Bordier basterebbe l’adattazione del microbio a vivere di parti di un macrorganismo per diventare poi sem- plicemente un suo parassita; colle supposizioni invece da noi fatte, il microbio inoffensivo si adatterebbe a vivere di sostanze tossiche, e pel ricambio del suo materiale organico, divente- rebbe in seguito patogeno. L’azione tossica dei microbi, se non di tutti, di alcuni di loro, messe ora in campo per spiegare il modo d’agire di questi esseri nella produzione di malattie infettive, verrebbe in ap- poggio pure delle nostre supposizioni. | Comunque sia, anche la derivazione dei microbi patogeni da microbi innocui, quantunque sulla via dei fatti, può essere diversamente poggiata; e l’importanza sua non è soltanto teo- rica, ma anche pratica. Il nostro problema merita quindi at- tenzione, e vuole e dev'essere discusso. Prerdendolo in seria considerazione, gli si potrebbero trovare altre basi, e forse più opportune per la sua soluzione. INTORNO 41 PROTISTI ELL'INTESTNO. DEGLI EDDN RICERCHE DeL DorroR ANGELO FIORENTINI Medico» Veterinario Sanitario Provinciale fatte nel Laboratorio d’ Anatomia Comparata della R. Università di Pavia (con due tavole). CENNI BIBLIOGRAFICI. Pochi sono i naturalisti che si occuparono dello studio dei protozoi dell'intestino degli equini. I primi che scoprirono la loro presenza furono, come per quelli dei bovini, i noti Professori Gruby e Delafont (1) i quali presentarono all'accademia di Pa- (1) Comptes rendus à l’Academie. T. XVII, p. 1304-1308. — Paris, 1843. 8 rigi un'importante memoria intitolata: Récherches sur des ani- malcules se developpent en gran nombre dans l’'estomac et dans les intestins pendant la digestion des animaux herbivores et carnivores. Essi però non diedero figure e le descrizioni delle poche specie che essi rinvennero sono incomplete. Il Prof. Colin della Scuola d’ Alfort, nel suo pregevole trat- tato di fisiologia (1) che pubblicava nel 1854 inseriva una tavola rappresentante questi protozoi con piccolissime figure da ve- dersi colla lente. Da questa tavola si può rilevare come l’autore abbia intraveduto varie specie; solo, molte figure rappresentano ciliati morti, altre riproducono uno stesso individuo veduto in fasi di sviluppo ed in posizioni differenti. Di questi ciliati egli non fa nessuna descrizione. Da Colin in poi io non conosco nessun altro autore che si sia occupato dei protisti del cavallo, e questa mancanza di ricerche in tale genere di studi fu certamente pro- dotta dalla difficoltà di avere del materiale fresco e continuo come lo si ha per lo studio dei protisti dei bovini. Questa diffi- coltà però va man mano scomparendo da che è ‘invalso l’uso di consumare la carne di cavallo a scopo alimentare. I TECNICA. a). Metodo di procurarsi i materiale di studio e metodo per studiare i protistti degli equini. — Il sistema da me adot- tato per avere il materiale e per studiarlo è identico a quello già descritto nella mia prima memoria (2); dirò solo, a scopo di conferma, che il metodo di immergere per 3 in vasi d’acqua tiepida le provette contenente il materiale, mi riesci sempre effi- cacissimo per raccogliere e conservare vivi per parecchie ore 1 (1) CoLIin. — Traité de fisiologie comparée des animaux domestiques. T. 1, p. 654. — Paris, 1854. (2) FIORENTINI. — Intorno ai protisti dello stomaco dei bovini. — Pavia, Tip. Fusi, 1889. — Journal de Micrographie, N. 1 et 3, — Paris, 1890, 9 protisti da studiare, ed insisto sopra questo metodo per poterli avere direttamente vivi dal cavallo appena sacrificato e mante- nerli dopo in vita. È un momento questo per la raccolta impor- tantissimo in seguito al quale tornano opportuni i tavolini riscal- datori; ma se non si vince questa difficoltà diventa inutile qua- lunque mezzo riscaldatore. Qui aggiungerò anche che per poter bene osservare questi esseri viventi, oltre ai tavolini di Schultz e di Rauvier, mi giovò moltissimo il mio espediente assai pra- tico, perchè lo si può mettere in esecuzione in tutti i luoghi dove quegli apparecchi mancano, e che consiste nel riscaldare ad una lampada il vetrino porta-oggetti finchè si è fatto tiepido, prima di depositarvi il materiale. Questo mezzo semplicissimo permette di osservare per un tempo abbastanza lungo il preparato nella stagione calda; se gli studî si fanno in inverno converrà, oltre riscaldare il vetrino, depositarvi sui lati delle grosse goccie di acqua 0 d’olio bollente che varranno a conservare al vetro porta- oggetti per un tempo più lungo quella temperatura necessaria alla vita degli esseri che dobbiamo studiare. Dirò ancora che nè l’acqua nè l’olio dovranno comunicare col vetrino copra-oggetti se non si vorrà che il preparato vadi perduto. b). Metodi per fissare e colorare i protozoi degli equini. — Due sono i reagenti che riescono meglio per fissare questi pro- tozoi: uno l'acido osmico adoperato in soluzione del 1 ovvero del 1/2 °/,, l’altro è il cloruro di palladio adoperato nelle stesse proporzioni. È bene osservare che l’acido osmico annera un po' il preparato, per cui conviene ricorrere dopo alla glicerina od al balsamo per rischiararlo. Le sostanze coloranti impiegate per ben colorire i protozoi, e sopratutto i loro nuclei, sono numerose. Quelle da me impiegate sono : la fucsina, il carmino, il metil- violetto, la cocciniglia alluminata (adoperata anche da Schuberg) infine, quello che meglio mi riescì è un composto di acido cromo- osmico e di safranina. Questo reagente mi servì benissimo, fis- sando i protozoi l'acido cromo-osmico, e la safranina colorando il loro protoplasma in rosa chiaro, e in rosa più scuro i loro nuclei. Per ottenere un risultato ancora migliore con questo rea- * 10 gente composto si deve lasciare per qualche giorno in provette il materiale a cui fu aggiunto qualche goccia di acido cromo- osmico e di safranina. L'acido cromo-osmico io l’ho preparato colla formola data da Max-flesch cioè di 0. 1 parte di acido osmico, 0. 25 di acido cromico in 100 parti d’ acqua. c). Metodo per riconoscere nel protoplasma dei ciliati degli equini la presenza del glicogene. — I primi naturalisti che de- terminarono la presenza del glicogene nel protoplasma dei ciliati comuni furono il signor Certs di Parigi e il Prof. Maggi di Pavia. Certs poi ha continuato le sue osservazioni anche sui ci- liati dello stomaco dei bovini (1). Io ho ripetuto gli esperimenti di questi due osservatori, sopra 1 ciliati dell’intestino del ca- vallo. Il metodo è molto semplice ed è basato sulla nota reazione del jodio col glicogene, che, come si sa, dà un colore r0sso-mo- gano. Ho perciò preparato della tintura di jodio, e dopo di aver filtrato con pannolini a più riprese il materiale tanto da lasciar passare i ciliati ed eliminare nel maggior modo possibile le so- stanze vegetali, ho preso in tre provette una stessa quantità di liquido filtrato (due cent. cubi circa). Vi ho aggiunto alla prima una, alla seconda due, e alla terza tre goccie di jodio ed ho avuto così tre provette colorate in un modo differente. Osservando questo materiale differentemente dosato di tintura di jodio si scorge una colorazione differente in intensità del pro- toplasma dei ciliati; colorazione in giallo oscuro, e vi si distin- guono pure delle granulazioni ammassate in punti differenti nel corpo del ciliato e aventi la nota colorazione rosso-mogano; ciò che indicherebbe anche qui la presenza del glicogene sotto forma di granuli nel protoplasma di questi protozoi. Questa osservazione sì può farla anche direttamente, applicando cioè sotto un vetrino, che chiude del materiale non filtrato, una goccia di tintura di jodio, immediatamente si ha una colorazione rosso scura dei ci- liati; però tante volte l'intensità della colorazione non permette di distinguere chiaramente le granulazioni caratteristiche. (1) Estrait du bulletin de la societé zoologiques de France, Seance 9 avril, 1889. li di: DESCRIZIONE. A. Ciliati. Fra i molti protisti che popolano l’intestino del cavallo io in- comincierò la descrizione dai ciliati come quelli che meritano mag- gior studio, sia per la loro conformazione complessa, sia pel loro volume relativamente grossissimo in confronto agli altri. Come ho detto nella parte generale, i ciliati degli equini vivono esclu- sivamente nel cieco e colon perchè il contenuto è alcalino, man- cano nello stomaco perchè ha un contenuto acido. Genere: Diplodinium. I caratteri che distinguono questo genere sono: corpo con due corone di cilie, ectoplasma resistente e coriaceo; nucleo grosso, | tondeggiante od allungato. Specie. 1.° Diplodinium uncinatum mihi. (Tav. 1.8 Fig. 1.8 e 2.2). Il nome col quale ho chiamato questo ciliato ricorda un ca- rattere suo anatomico costante, cioè la presenza di un uncino cavo v, che con un'estremità sorpassa di un po’ la parte ante- riore del corpo, prolungandosi dall’ altro lato fino al fondo del faringe. Il corpo di questo protozoo è alquanto piriforme e pre- senta di notevole alla parte anteriore due corone ciliari molto lunghe e marcatissime cc circondanti due orifici boccali d, di cui, uno è di forma alquanto triangolare; tutte e due gli orifici boccali mettono in un comune faringe / a forma conica e diretto obliquamente in basso. Alla parte posteriore, un po’ lateralmente, osservasi un’ aper- tura anale a, dalla quale parte un ciuffo ciliare ca; 1’ apertura comunica con una grossa vescicola contrattile vc, mediante un ‘piccolo canale cu. 12 L’ectoplasma consistente ec, presenta alla parte anteriore delle pieghettature ben marcate p. Infine il protoplasma è più o meno granuloso e di color verdognolo più o meno intenso a se- conda della sostanza vegetale che contiene; il nucleo » è tondeg- giante e posto come nel centro del corpo sotto il canale faringeo. — La presenza di questo ciliato nel crasso è frequente; ha mo- vimenti non tanto rapidi. Le sue misure medie sono: Lunghezza mm. 0.9. Larghezza mm. 0.3. La figura 2.* tavola 1.* rappresenta lo stesso ciliato in via di divisione. Noi osserviamo già la scissione del nucleo, lo strozza- mento del protoplasma in d e la formazione ben chiara del nuovo faringe. Un fatto abbastanza strano e che non si presenta invece sugli altri ciliati in divisione è la mancanza di cilia nel punto d, dove avviene la divisione. 2.° Diplodinium unifasciculatum rmihi. (Tav. 1.2 Fig. 3.2). Lo sì riscontra molto raramente tanto che su trenta cavalli l’ho trovato due sole volte nel colon. Il suo corpo è tondeggiante alquanto oblungo. L’involucro resistente presenta sempre delle striature longitudinali e trasversali ben manifeste sopratutto ai margini. Alla regione anteriore avvi il peristoma d privo di cilie, e a questo fa seguito il faringe /: al disotto del peristoma sì os- servano due corone ciliari cc disposte in senso un po’ obliquo e circondanti quasi tutta la parte anteriore del corpo senza però congiungersi. La parte posteriore del corpo è alquanto accuminata ed offre di rimarchevole una frangia ciliare fc ed un ciuffo ci- liare ca; di più osservasi una insolcatura a cui mette capo l’a- pertura anale a. Dato il poco numero di volte che io ebbi l’occa- sione di osservare questo protozoo, non ho potuto sorprenderlo in stato di divisione. Le sue misure medie sono: Lunghezza mm. 0. 23. Larghezza mm. 0.9. AV PR im cir n EMANARE! n e pa: Sara È, SER prato 13 Genere: Entodinium. I caratteri salienti sono: Una larga e sola corona ciliare alla regione anteriore, cir- condante un’ampia apertura boccale, la quale mette in un eso- fago pure vasto; nucleo voluminoso e alquanto allungato, una grossa vescicola contrattile; tegumento resistente, boli alimentari nel protoplasma. Specie. 1.0 Entodinium valvatum rnihi. (Tav. 1.2 Fig. 4.2). Ha quasi la forma di cono, la cui base rappresenta la parte anteriore. Il peristoma d è ampio e circondato da forti cilia le quali si prolungano anche nel faringe /. Sopra il peristoma vi sta una ripiegatura del tegumento, che ha una forma di val- vola v. Questa valvola apparente, è però fissa. Alla regione po- steriore del corpo si osserva un’ apertura anale a da cui sorte un ciuffo ciliare ca; l'apertura comunica mediante un canale cu con una grossa vescicola contrattile vc. L’ectoplasma resistente non presenta nulla di rimarchevole, il protoplasma è ‘granuloso e contiene boli alimentari ba. Infine il nucleo n è allungato a forma di fava ed ha un nucleolo di- stinto nc. Le misure medie di questo entodinium sono: Lunghezza mm. 0. 6. Larghezza mm. 0.2. 2.° Entodinium bipalmatum. (Tav. 2.8 Fig. 1.8 e 2.2). Questa forma rimarchevole, perchè molto complessa, fu veduta e descritta da Delafont. Esso però l’osservò quando la corona del peristoma era ritirata; di qui l'errore in cui incorse nel farne la descrizione, scambiando la parte posteriore colla testa, e de- scrivendo come un essere nuovo quello che non era che uno stadio di divisione dell'essere primitivo. Venne Colin, che rap- DS vete ria dae ernia 14 presentò pure colle sue piccole figure questo Entodinium, veduto in cinque o sei modi differenti, ma egli stesso non dà la figura che rappresenta questo essere allo stato completamente vivente. Questo entodinium, che popola in un numero stragrande sopra tutto il cieco degli equini, non è tanto facile osservarlo al mi- croscopio nel momento che ha emesso dal suo peristoma la co- rona ciliare; di qui si spiega l'errore in cui incorsero i celebri osservatori suaccennati perchè da loro non era impiegato il si- stema del riscaldamento del materiale. | Ora passiamo alla descrizione delle varie complicate parti di cui è costituito questo protozoo. La sua figura è irregolarmente rettangolare a corpo appiattito ed a spigoli l’ùno più spesso del. l’altro. L’involucro solido è finamente zigrinato sopratutto alla parte anteriore. Lungo il margine destro si osserva una striatura longitudinale ps ben marcata caratterizzata da piccole zone, le une trasparenti alternate ad altre opache. Questa striatura indi- cherebbe il punto d’unione delle due valvole del tegumento. Sotto questa striatura si osserva un lungo nucleo » con distinto nu- cleolo nc, e ancora sotto di esso havvi cinque a sei vescicole con- trattili ve. La parte anteriore del corpo è occupata da una larga aper- tura rappresentante il peristoma d, circondato da una grossa co- rona ciliare. Al peristoma fa seguito un faringe / vasto e corto a forma di sacco. Quando la corona ciliare del peristoma è re- tratta e l’animale è nulladimeno vivo vi si osserva nel faringe un movimento vermicolare caratteristico che rappresenta la vi- brazione di quelle cilia che una volta emesse, costituiscono la co- rona ciliare del peristoma. Alla regione posteriore di questo protozoo sonvi pure due organi rimarchevoli, cioè due peduncoli articolati, ben distinti, pa e portanti due ciuffi ciliari non retrattili. Questi ciuffi si aggi- rano in tutti i sensi e possono servire da soli a dare un movi- mento al ciliato. In questo caso il movimento è lento, mentre si fa rapido quando al lavoro locomotore di queste due specie di natatoje posteriori viene ad aggiungersi la vibrazione della corona ciliare del peristoma. STRATI SSIRRETIT RE DONO l'AA, LIAN RO VOIR EPTO CE CVA CANINI i 15 Dirò ancora come alla parte posteriore del corpo, infossato nell’ ectoplasma, si osserva un’ apertura, la quale sui preparati freschi e non colorati non è visibile e che rappresenterebbe l’a- pertura anale a. | Le misure medie sono : Lunghezza mm. 0.214. Larghezza mm. 0. 99. La figura 2.2 della tavola 2. rappresenta lo stesso ciliato in stato di divisione. Sul suo tegumento, oltre la zigrinatura si os- servano qualche volta anche delle fini striature longitudinali. Alla metà del corpo vi si scorge già lo strozzamento colla presenza dei peduncoli e di una apertura d con fini cilia, che rappresen- terebbe il peristoma del nuovo essere quando la scissione sarà completa. Aggiungo che molti sono 1 vari gradi di scissione che ho osservato su questo ciliato, di cui dirò i due estremi, cioè: Il primo grado è dato da un allungamento del corpo dell’ essere primitivo e da un leggero strozzamento del protoplasma, senza -presenza nè di peduncoli nè di peristoma mediani, l’ultimo grado e rappresentato da due esseri quasi completamente costituiti e uniti solo da un filamento protoplasmatico, indicante ancora il fe- nomeno della scissione di questo essere. Osserverò infine come in pochi casi mi fu dato trovare nel contenuto di questi ciliati un numero considerevole di spore (vedi figura 3.2 tavola 2.*). Sono esse proprie del ciliato e destinate alla riproduzione per spore del medesimo, ovvero appartengono al regno vegetale e sono introdotte nel protoplasma coll’ alimen- tazione? E ciò che rimane ancora da chiarire. Csemere: Spirodimiuna mihi. (Tav. 2.2 Fig. 4.2). LI E caratterizzato da una corona di cilia che, disposta a spira, contorna più volte il corpo circondando all'estremità anteriore anche il peristoma. Corpo a tegumento solido, nucleo allungato ed irregolare; boli alimentari nell'interno del protoplasma, i Ì i i i 16 Specie. 1° Sptrodinium equi mihi. (Tav. 2.2 Fig. 4.2). Al genere spirodinium appartiene questa sola specie; che si osserva di rado e ricorda un po’ il diplodinium ecaudatum dei bovini dal quale differisce in molte parti. Ha una sola corona ciliare molto lunga che dal quarto posteriore risale fino all’estre- mità anteriore, circondando per tre volte il corpo e restringendosi al quarto anteriore in modo da formare uno strozzamento a forma di colletto co. Al peristoma d, posto anteriormente, fa seguito un faringe. La parte posteriore del corpo termina alquanto acu» minata, e un po'lateralmente havvi l’ apertura anale a. Il nu- cleo è posto verso la metà del corpo e in senso longitudinale; è allungato ed irregolare. L’involucro presenta delle striature pure in senso longitudinale e nell’interno del protoplasma osser- vansi dei boli alimentari. Non ho sorpreso questo ciliato in stato di divisione. Le sue misure medie sono: Lunghezza mm. 0.23. Larghezza mm. 0. 6. Genere: Triadinium mihi. E caratterizzato da esseri aventi tre corone di cilia, corpo ad involucro resistente e nucleo alquanto allungato piriforme con nucleolo; boli alimentari abbondanti nell’interno del corpo. Specie. 1.° Triadinium caudatum mihi. (Tav. 2.2 Fig. 5.2). Questa forma che costituisce pure l’unica specie del genere | suddescritto, è alquanto rara, ma meno dello spiridinium equi. lo l'ho riscontrata sempre nel.colon ed è sfuggita qualche volta alle mie osservazioni perchè, se morta od immobile, ritira completa- mente le sue cilia e sembra un ammasso di sostanze vegetali. Osservata invece vivente, essa ha una forma quasi sferica pei VAI DA AIN I° Da; ” SR n e ari —- — — — = g 2 ui 6 ‘ ilatenenti mere cd E n STI E e © o e ra | I n ro" È) ì 4 ] UM ea î «i 7% 15% Da ; 5 [o ae 7 , 17 due terzi del corpo, all’altro terzo fa seguito una coda termi- nante con un ciuffo di lunghe cilia co, che vedute a piccolo in- _grandimento mi sembrarono costituire un flagello, ma che real- mente, osservate a forte ingrandimento, risultarono essere 6 a 8 finissime cilia, moventesi in senso ondulatorio. L’ectoplasma è resistente, ed in regioni differenti si osservano tre corone di cilia cc, cioè una alla sommità del corpo, le altre due relativamente disposte alla metà e alla parte posteriore del corpo stesso; di queste tre corone ciliari la superiore e la me- diana hanno una posizione trasversale, l’altra è disposta in senso obliquo. Le due ultime corone circondano due orifici, di cui uno, quello trasversale, rappresenta il peristoma d. La corona ciliare della sommità del corpo pare non serva che a regolare 1 movimenti, assecondata dalla vibrazione delle altre «due corone e della coda. Il protoplasma en, come ho già fatto rilevare, è sempre pieno di una quantità considerevole di sostanze alimentari d4, tantochè spesse volte riesce difficile scorgere il nucleo » il quale è a forma di fagiuolo, con nucleolo distinto #c ed è sempre posto nello spazio esistente tra la corona trasversale «e quella della sommità. Le misure del Triadinium caudatum sono : Lunghezza senza la coda mm. 0. 13. Larghezza mm. 0.9. (Continua). SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. La lettera 4 indica bocca o peristoma, 24 boli alimentari, 4 ano, c cilia, «ec corona ciliare, cz ciuffo ciliare, c/ lunghe cilie, co coda, cu canale, d punto di strozzamento, ec ectoplasma, en endoplasma, Y faringe, /c frangia ciliare, t superficie lenticolare, p pieghettature, 7p massa pigmentata, pa peduncoli ciliati ed articolati, ps punto di sutura valvolare, x nucleo, #c nucleolo, s Spora, s7 scanellatura mediana, « uncino, v valvola, vc vescicola contrattile, %j zona jalina. er Ta van, = = eee ae — è È TAVOLA ].° Figura 1.° e 2.* Diplodinium uncinatum » 3.2 » unifasciculatum » 4." Entodinium valvatum. TAVOLA 2.2 Figura 1.*, 2.* e 3.* Entodinium bipalmatum mod 4: Spirodinium equi » Do Triadinium caudatum. oc Ta 18 SULLE FIBRE DELLA PORZIONE MAGGIORE DEL MUSCOLO ADDUTTORE DELLE VALVE NELL’OSTREA EDULIS Nota di RAFFAELLO ZOJA. (Con una Tavola). Una nota del prof. H. Fol(), pubblicata sul Journal de Mi- crographie, sulla struttura dei muscoli dei molluschi ridestò una questione che R. Blanchard pensava di aver risolta col suo lavoro pubblicato sotto il titolo « Note sur la présence des muscles striés (2) chez les mollusques Acéphales mono- myaires ». Il Fol negava la presenza di vere fibre striate nel muscolo d’occlusione del Pecten, dove il Blanchard le aveva descritte. Quest’ ultimo osservatore rispose 8 e4), sostenendo ì fatti già asseriti e riconosciuti veri pure da F. Tourneux e Th. Barrois, ©). Sotto questo aspetto sembra quindi debba ri- tenersi esatta la osservazione del Blanchard, che acquista una importanza speciale a cagione della differenza funzionale delle due sorta di fibre muscolari del muscolo adduttore, e della’ chiara derivazione di fibre striate dalle fibre lisce. In questa discussione sollevata dalla nota del Fol si parlò anche di quella singolare varietà di fibre muscolari, che sì dissero fibre con striatura a losanga, fibre a striatura obliqua, a doppia striatura incrociata, a fibrille avvolte a spira, ed alle quali non si devono riferire le fibre veramente striate osser- vate dal Blanchard. Il Fol, adottando la spiegazione data da (1) H. For. — Sur la structure microscopique des muscles des Mollusques. — Journal de Microgr. 23 février, 1888. (2) R. BLANCHARD. — Note sur la présence des muscles striés chea les Mollu- sques acéphales monomyaires. — Comp. Rend. Soc. de biol. (7), II. p. 183; 1880. (3) R. BLANCHARD. — A propos des muscles striés des Mollusques Lamellibran- ches. — Bull. Soc. Zool. de France, XIII, p. 48; 1888. "A (4) R. BLANCHARD. — Sur la structure des muscles des Mollusques lamelli- branches. — Bull. Soc. Zool. de France, XIII, pag. 74; 1888. (9) F. TOoURNEUX et TH. BaRROIS. — Sur l’ezistence des fibres musculaires striés dans le muscle adducteur des valves chex les Pectenidés et sur les mou- vements natatoîres qu’ engendre leur contraction. — Compt, Rend. Soc. Biol, p. 181; 1888, 19 precedenti osservatori, ammette si tratti di fibre lisce, nelle quali la parte fibrillare corticale si attorcigli a spira intorno all’asse granuloso: Tourneux e Barrois invece credono doversi | spiegare tale apparenza coll’andamento ondulato delle fibrille: il Blanchard poi nella sua ultima nota sostiene contro queste due interpretazioni che si tratta qui di fibre lisce e che i di. segni suaccennati si riferiscono ad ornamenti superficiali, dei quali dichiara sfuggirgli il significato. Alcune osservazioni, che ho fatto sul muscolo adduttore delle valve dell’Ostrea edulis, mi pare mi mettano in grado di risolvere la questione, almeno per quanto riguarda le fibre muscolari della porzione maggiore dell’adduttore delle valve in questo mollusco, le quali sono appunto quelle descritte dal Blanchard e, come egli stesso riconosce, disegnate troppo schematicamente. . L'aspetto di striatura a losanga si distingue nelle fibre in- dicate, fresche, osservate in una soluzione indifferente di clo- ruro di sodio (0, 75 °],) già nettamente ad un ingrandimento di 230 diametri, e si fa poi spiccatissimo a 500 diametri (Fig. 1.8). Il Blanchard afferma che una fibra la quale presenta il solito aspetto di striatura a losanga può in talune porzioni aver solo una striatura obliqua semplice, oppure mancare affatto di ogni sorta di tali ornamenti: forse ciò è più apparente che reale, e bene spesso una accurata osservazione, rileva il nor- male aspetto dove esso apparentemente manca. Già ad un ingrandimento di 500 diametri si può riconoscere talora come, dove le fibre sono strappate, le striature terminino in vere protuberanze in modo da sembrare l’espressione di reali fibrille indipendenti. (Fig. 2.*). Ad un forte ingrandimento assai chiaramente si vede che la doppia striatura obliqua è prodotta da vere fibrille attorcigliate a spirale. Non mi riuscì fino ad ora che dubbiamente di riconoscere l’asse granuloso del quale parla il Fol, mentre chiaramente vidi il nucleo pa- rietale. Certo le fibrille sono assai saldamente connesse fra di loro e talora sembrano anche intrecciate, quasi si abbiano due spi- rali che corrano in senso inverso e si intreccino, Coll’ajuto di 20 alcuni reagenti si possono rendere meglio visibili le fibrille individualizzate. Così lasciando una porzione del muscolo ad- duttore per due giorni in una soluzione di acido cromico a 0,025 °/, ho ottenuto preparati dai quali ho tolte le figure 2 a 6; lasciandone un’altra porzione per 2 a 3 giorni in una miscela di alcool assoluto, glicerina ed acido nitrico in parti uguali, allungata con 2 volumi di acqua ho avute le imagini delle figure 7 e 8. Non avrei dato queste ultime figure nelle quali l’avvolgimento delle fibrille potrebbe sembrare causato dall’a- zione di un reagente energico qual’è l’acido nitrico, se le figure tolte da preparazioni in acido cromico od anche in una solu- zione di cloruro di sodio non indicassero già la vera disposi- zione delle fibrille, solo resa più palese in questi preparati da una maggiore macerazione. Non si può ritenere si abbia qui una apparenza data dal percorso ondulato di fibrille rilasciate, perchè, come nota il Blanchard, l’aspetto che le fibrille consuete danno in tal caso è assai diverso, e perchè una attenta osservazione mostra real. mente il percorso elicoidale delle fibrille; nè si può dire come il Blanchard « che l’aspetto di striatura a losanga, può dif- ficilmente essere riferito a fibrille, perchè esiste precisamente in fibre ove queste sono poco o nulla differenziate », quando si consideri che appunto per l’esser le fibrille avvolte a spira non possono presentarsi con un percorso longitudinale: sono anzi assai nettamente differenziate, ma hanno una disposizione diversa da quella che solitamente si osserva. Conchiudendo, mi pare che, almeno per quanto riguarda la . porzione maggiore dell’adduttore delle valve nell’Ostrea Edulis, si debba ritenere come realmente esistente questo interessante tipo di fibre muscolari lisce, le quali meglio che con ogni | altro, vanno designate col nome di fibre a fibrille spirali. Dal laboratorio d’ anatomia e fisiolologia comparate dell’ Università. di Pavia. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE... Tutte le figure si riferiscono a fibre della porzione maggiore dell’ adduttore delle valve nell’ Ostrea edulis osservate dopo dilacerazione. Figura 1.8 - Fibra fresca osservata in soluzione di Na Cl a 0, 75 %o. X 500. RO oc. comp. 4. — Immers omog. apocr. 2 mm. — tubo mm. Lit.Bruni Pavia 5 } 7 «A f Di ; ; TRE RI ATI RI “Re è n gi Figura 2.*, 3.° e 4.° — Fibre tenute da 2 a 3 giorni in una soluzione di acido | eromico a 0,025 °o. Medesimo ingrandimento. » 5.82 e 6.* —— Fibre tenute per 2 a 3 giorni in una soluzione di acido eromico a 0,025 °{o. — X 1500. — Koristka oc. comp. 12. — — Immers omog. apocr. 2 mm. — tubo 160 mm. » 7.* - Fibra tenuta 2 a 3 giorni in miscela di alcool ass., glicerina e acido nitrico, allungata con 2 vol. di acqua. X 500. — Ko- ristka oc. comp. 4. — Immers. omog. apocr. 2 mm. — tubo 160 mm. » 8.8 - Fibra trattata come la precedente X 1500. — Koristka oc. comp. 12. — Immers omog. apocr. 2 mm. - tubo 160 mm. SULL OSSIURIDE VIVIPARA (Ciyuris: vivipara Probstmayer) CENNI DESCRITTIVI . DEL Dott. ANGELO FIORENTINI (con una tavola). Introduzione. — L’ossiuride vivipara fu scoperta da Prob- stmayer nel 1865 (1); per quante ricerche io abbia fatto per avere la memoria di questo autore, anche facendomi aiutare da esperti librai, non vi sono riuscito. Ziirn, nella sua opera sui parassiti (®) accenna a questo elminto senza entrare nei particolari anatomici. __ IU Perroncito, nel suo trattato sui parassiti dell’uomo e "degli animali utili @) dice : « L’ossiuride vivipara è una specie particolare trovata nel » cieco del cavallo e descritta per la prima volta da Prob- » stmayer, il quale ha osservato delle femmine non ancora » completamente sviluppate, altre lunghe mm. 2,5 delle quali » talune contenevano giovani ossiuridi viventi, ed altre an- » cora che avevano già partorito. Non vennero però trovati (1) ProsstMaYER in Wochenschrift fiir Thierheilkunde und Viehzucht 1865, N. 23 (da Zirn, opera qui sotto citata), ed anche in Berickt della scuola di i Monaco, secondo una gentilissima. comunicazione fattami dal chiarissimo Prof. E. Perroncito della Scuola Veterinaria di Torino. (2) Dott. F. A. ZiùRrn. — Die Schmarotzer (die thierischen Parasiten) Wei- mar 1872, pag. 194. . (3) E. PeRRONCITO. — I parassiti degli uomini e degli animali utili. 1882, pag. 337. 22 » dei maschi e provvisoriamente il nematode si è chiamato » col nome di Oxyuris vivipara. Io ne osservai in parecchi » casi dei milioni nel grosso intestino del cavallo ». Come si vede anche il Perroncito tace dei particolari anatomici. — Questo nematode lo si trova infine accennato nel dizionario di Medicina Veterinaria di L. H, J. Hurtrel0). Gli altri autori d’elmintologia non parlano affatto di esso; perciò avendo io avuto occasione di poterlo raccogliere per due volte incidentalmente mentre facevo degli studi sui ciliati degli equini, credo fare cosa utile esporre quanto ho potuto osservare intorno a questo elminto per la cui determinazione venni ajutato anche dal chiarissimo Prof. Comm. Pietro Pa- vesi. Mi riserbo a migliore occasione di riempiere le lacune che ho dovuto lasciare per mancanza di un numero sufficiente di individui di questa specie. Sarà pure interessante l’intraprendere delle ricerche per arrivare a scoprire il maschio di questo nematode, rifacendo pel cavallo quello che Zenker (@) fece per trovare il maschio dell’ oxyuris vermicularis nell’ uomo. Infine questo studio si potrà terminare colle ricerche dei fenomeni che questo nema- tode produce sui cavalli che l’albergano. Si sa come l’ossiuride vermicolare produce dei pruriti molto fastidiosi intorno alla regione anale degli uomini che lo por- tano nel loro intestino; succederà pure tale fenomeno pei ca- valli affetti da ossiuride vivipara? È ciò che l’ osservazione potrà dimostrare. CENNI DESCRITTIVI Dimensioni. — L’ ossiuride vivipara è un nematode di pic- cola dimensione, misurando nel suo pieno sviluppo due centi. metri e mezzo solo di lunghezza (fig. 1.* a). Forma. — Il corpo è cilindrico (V. fig. 2.) e affilato alle due estremità, anteriormente però meno che posteriormente. (1) Voy. L. H. J. HuRTREL, dizionnaire de Medecine ect. Vetérinaire. Ed. refond. par A. Zundel, vol. II, I" partie. Paris, 1874. (2) Zoologie medical par Raphael Blanchard, tome I, pag. 715. 23 La parte posteriore si restringe in una coda puntuta lunga un terzo circa dell'intero corpo, il quale si può considerare diviso in due regioni distinte, cioè una dorsale e l’altra ven- trale. A quest’ultima regione mettono capo tre aperture, l’ano, la vulva ed un foro secretore. Colore. — Il colore è bianco madreperlaceo. Tegumento e muscoli sotto-cuticolari. — Il corpo dell’ossiu- ride vivipara è limitato da una cuticola spessa e formata da vari strati, di cuì l'esterno porta delle strie longitudinali sotti- lissime, manifeste maggiormente alla parte anteriore del corpo. Lo strato sotto-cuticolare è costituito da fibre muscolari lon- gitudinali, che vanno a terminare alla parte posteriore del corpo, diminuendo sempre in numero ed in spessore. Apparecchio digerente. — L’apparecchio digerente è costi- tuito da un tubo unico, che presenta nel suo percorso alcune dilatazioni; esso sì apre all’ esterno mediante un foro anale posto a °/, circa della lunghezza totale del corpo, partendo dalla estremità anteriore. La bocca (0, fig. 3.8 A) sta all'estremità anteriore del corpo ed è infossata in una ventosa (v, fig. 3.3 A) ben distinta. Questo costituirebbe un carattere speciale del nostro nematode, purchè le altre specie parassite ne sono sprov- viste. Attorno alla bocca stanno tre piccoli rialzi o labbra n poco marcati; alla bocca fa seguito un canale che per ora si può chiamare in genere esofago, il quale, a differenza di quello dell’ ossiuride vermicolare, si può considerare costituito di tre parti distinte. La prima di queste parti indicata con d (fig. 3.* A) è costi- tulta da un tubo cilindrico avente delle striature trasversali a forma di trachea. La seconda porzione f (fig. 3.* A) è for- mata da una dilatazione dell’ esofago quasi sferica circon- data da forti fibre muscolari; questo organo rappresenterebbe il faringe a cui tiene dietro l'esofago propriamente detto, che discende un po’ obliquamente in basso per metter capo nel sacco stomacale , terminando con un bulbo che si può dire bulbo esofugeo su. L’ esofago è pure munito di lunghe e ro- buste fibre muscolari. Lo stomaco $ (fig. 3.* B) è deviato dalla 24 linea mediana da un organo speciale / (fig. 3.* B) di cuì cì occuperemo in seguito. Esso stomaco ha una forma un po’ ad otto, è cioè alquanto ristretto nella sua regione mediana e dilatato aì due apici; di questi l’inferiore è più largo del su- periore. Nella dilatazione inferiore sì osserva un organo chi- tinoso (r fig. 3.* B) analogo a quello dell’ oxyuris vermicu- laris (?), ove non serve, come sì credeva, alla masticazione degli alimenti, ma fa ufficio di valvola che aprendosi dall'alto in basso impedisce agli alimenti di ritornare nell’ esofago quando lo stomaco sì contrae per spingerli nell’ intestino. L’intestino m (fig. 3.3 B, C, D) mì è sembrato fino ad ora privo dì fibre muscolari; incomincia alla base dello stomaco con forma alquanto dilatata. In questa porzione si scorgono due corpi mammellonati (3 fig. 3.* B), dei quali non ho potuto de- terminare la funzione. L’intestino in seguito si restringe e tiene un decorso un po’ondulatorio, discendendo fino al terzo posteriore del corpo, dove, prima di comunicare col retto, su- bisce ancora una dilatazione. Il retto re (fig.3.* D) è un ca- naletto ristretto e corto, che comunica da una parte coll’ ul- tima dilatazione intestinale, e dall’ altra coll’esterno mediante un’ apertura anale an (fig. 3.3 D). Sistema ghiandolare. — Dapprima, ai lati dell'esofago, vi sono due corpì piriformi aventi l'aspetto ghiandolare; ai lati del retto si riscontrano due ghiandole gi (fig. 3.3 D) analoghe a quelle che vi sono anche nell’ ossiuride vermicolare consi- derate in questo nematode da Blanchardl) come due ghian- dole unicellalari. Infine è duopo ricordare un organo speciale che è considerato come un organo di secrezione, del quale passo a dare una breve descrizione. | Lateralmente allo stomaco, alla regione ventrale del verme. sì trova un organo sacchiforme ! (fig. 3.* B) alquanto tra- sparente, omogeneo, riempito dì sostanza finamente granulosa ed avente il suo diametro longitudinale parallelo all'asse lon- gitudinale dell’ animale. Questo sacco sì apre all’esterno con (1) Opera già citata. Stp_tuQuasoLTY'(I 25 ‘una piccola apertura i alquanto saliente. Osservando bene questo organo lo si vede traversato da striature convergenti verso la sua apertura, il che fa supporre che esso possa con- trarsi e dilatarsi e che l'apertura possa pure aprirsi e chiu- dersi, funzione questa ancora non bene conosciuta. Siebolt ritiene questo sacco un organo ghiandolare secretore. Liquido nutritivo. — Nell’interno del corpo dell’elminto, gli | spazii che vi sono fra le striature longitudinali sono riem- piti da un liquido nutritivo, in cui nuotano dei corpicciuoli o cellule sferiche brillanti, come si osservano anche nell’ os- _ siuride vermicolare. dj Sistema riproduttore. — Quì dobbiamo limitarci a descri- È vere solo gli organi della femmina, mancando, come dissi, la conoscenza del maschio. La femmina è vivipara e vi osser- | viamo come organi principali della riproduzione un utero . (ut fig. 3.* C) in forma di un grande sacco che involge delle uova 0v in principio di sviluppo e degli embrioni em (fig. 3.* C) ‘a diversi stati di sviluppo; potei anche osservarne alcuni per- fettamente sviluppati e moventisi nel corpo della madre. DO Gli embrioni sono avvolti in una capsula o membrana pro- i pria. L’utero termina in una corta vagina va (fig. 3. C) che ar apre all’esterno alla regione ventrale con una vulva vu (fig. 32 0). ; Dal Laboratorio d’Anatomia Comparata della R. Università di Pavia. € s o bocca, x rialzi o labbra, v ventosa, è porzione anteriore dell’ esofago, _.f faringe, c ultima porzione dell’ esofago con un bulbo alla sua parte ter- minale (bulbo esofageo 2%), 9g ghiandole, sacco omogeneo od organo di se- «erezione (?), % apertura del sacco, s stomaco, * organo chitinoso, 2 organi _mammellonati, 22 intestino, 727 materia fecale, 0v ova, em embrioni, wu? utero, 1 vagina, vu vulva, re retto, 97 ghiandole rettali, x ano, co coda. GY Spiegazione delle Figure La figura 1.2 4 rappresenta l’ oxyuris vivipara di grandezza naturale. La figura 2.* » » » veduta con ingrandimento La figura 3.* (A, 2, C, D), rappresenta l’ossiuride vivipara vista a forte ingrandimento e colle sue varie parti anatomiche meglio specificate. RECENSIONI DESCRIZIONE DI UN MOSTRO PIGOMELICO (Dipygus parasiticus) seguita da alenne considerazioni sull’ origine della mustruosità doppia Description d’° un monstre pygomélien (Dipygus parasiticus) suivie de quelques considérations sur l'origine de la moustruosit: double par ÉpovARD BUGNION. Extrait de la Revue médicale de la Suisse romande N. 6 — 20 juin 1889. (Suunto). I} caso descritto è quello di Louise L. di 20 anni. Essa potè cam-. minare a 17 mesi; ebbe tre fratelli e una sorella morti tutti bam- bini. Un fratello aveva una anomalia della colonna vertebrale, un altro una deformità alle gambe; il terzo fratello e la sorella erano bene co- stituiti. Porta un parassita fissato alle ossa pubiche; la vulva viene dal parassita spinta assai indietro in modo che il perineo sì riduce ad una piccola divisione. Aìl’inguine, coperto di peli, stanno due sporgenze brune, probabilmente mammelle rudimentali. Il bacino dell’antosita forma un. anello completo con una sporgenza anormale all’interno della sinfisi. Il bacino del parassita è compresso, mancante probabilmente di sacro, ma sembra formare un anello completo. Le parti molli sono abbastanza sviluppate e fra di esse sta un solco alla parte inferiore del parassita; all’ estremità posteriore di essa vi è una depressione che sembra rap- presentare l’ ano. Il parassita manca di organi genitali esterni che, se esistessero, do- vrebbero trovarsi alla parte inferiore, probabilmente fusi con quelli dell’autosita. Le cosce del narassita fortemente piegate sul bacino pare sian unite alle ossa iliache per tessuto fibroso più che per una vera ar- ticolazione: non hanno movimenti attivi, hanno però una certa mobilità passiva e possono descrivere un arco di circa 60° da destra a sinistra, ed uno spostamento in avanti. Una delle gambe (sinistra del parass.) si rivolge in alto e il piede si porta-presso la cintura dell’autosita; la gamba destra passa fra le cosce dell’autosita. Tutte due le gambe sono atrofiz- zate: hanno le articolazioni anchilosate (il ginocchio sinistro forma an angolo retto: il destro un angolo acuto), sono compresse: i metatarsi le dita portano varie anomalie descritte minutamente dall’autore. Sem brano mancare totalmente di muscoli ed anche le cosce ne sembran sprovvedute affatto cosicchè le parti molli paiono essere di tessuto fi broadiposo. Probabilmente la circolazione vi è mantenuta da arterie provenient dall’ ipogastrica dell’ autosita, ma non se ne può sentire il battito. I 27 parassita bianco, ed in taluni punti violaceo, è più freddo dell’ au- tosita e lasciato scoperto gli dà in breve una spiacevole impressione ‘di freddo. La sensibilità tattile sembra normale sulle coscie; dal terzo inferiore della gamba decresce. e mentre sulle prime l’autosita sente le «due punte di un compasso da cm. 1, 5 a 2 e localizza esattamente, non riconosce se sia stato punto il suo di so o la pianta del piede. L’inner- ‘vazione è data probabilmente per analogia con un caso descritto da Baér da diramazioni del nervo crurale: i nervi motori sono probabil- ‘mente atrofizzati come i muscoli. Luigia L. è sana e, a parte la presenza del parassita, ben confor- ‘mata: cammina bene tenendo solo un po’ divaricate le gambe. Prese marito a 14 anni e 9 mesi ed ebbe? figlie ben conformate, con una gra- \vidanza regolare. L’autore ritiene che l’ amputazione del parassita po- ‘trebbe farsi senza pericolo ed accenna alle precauzioni da prendersi. . Isidoro Geoffroy Saint-Hilaire chiama pygomelia tale mostruosità. ud osservò in cani, gatti, maiali, vitelli e frequentemente negli uccelli. Nella specie umana non è conosciuto che il caso di von Baér, descritto ‘8 disegnato poi da Foerster e Ahfeld col nome di Dipygus parassiticus. Si tratta di un bambino che sembra aver vissuto poco: ha molte ana- ‘logie col caso di Luigia L., ma ne lo distinguono i seguenti fatti: 1° il ‘bacino non completamente chiuso; 2° la presenza di organi genitali ‘estrerni; 3° la presenza di un’uretra, un ano e parecchi orificî accessori. i I parassiti di questo genere son pressochè grandi come le parti ri- \apondenti dell’autosita. — Sono piuttosto frequenti invece parassiti fissati all’ epigastro come | quello descritto da Joh. Buxtorf. Esso era ammogliato ed aveva una fi- iglia e tre figli ben conformati: altri casì di questo genere Him NE Saint-Hilaire) trovansi nella letteratura. I. G. Saint-Hiloire, considerava i polimeli come composti di 2 s0g- ‘getti, citando a prova il fatto d’ un pollo in cui il parassita si univa ‘all’autosita per mezzo di un peduncolo, una sorta di cordone ombilicale, ‘per modo che restava palese la sua individualità separata. Gli altri casi, ‘anche di membra sopranumerarie inserite sulle membra dell’autosita, si ‘viannodano secondo lui a questo per gradazioni, di modo che sembra a ragione egli li riunisse agli eteradelfi. Si pensava allora che i mostri doppi provenissero dalla fusione di } germi provenienti da 2 ovuli diversi. _ Ora è provato che i mostri doppi provengono da un ovulo unico. sta a vedersi se si tratta di una divisione secondaria del bottone ger- | minativo, o di una divisione primitiva del vitello. N La prima ipotesi serve a spiegare la polidattilia, la mano doppia, la metà inferiore d’un arto doppia (Ahfeld osservò un pollice doppio cau- da un filamento dell’ amnios ancora visibile alla nascita), nia nou 28 serve più quando vi ha ripetizione di parti molli, e di organi impor- tanti (vescica, organi genitali esterni, ecc.) che accennano a una divi-. sione primitiva del vitello. Tatti i parassiti di questa ultima specie, mancanti di cuore, mancano di vita propria e subiscono degli arresti di sviluppo e delle mancanze particolari, come quella costante del sacro e della colonna vertebrale. Ahlfeld in sostegno della ipotesi che derivino da un unico ovulo dice che perchè si saldassero 2 embrioni provenienti da 2 ovuli, occorrerebbe la fusione dei 2 chorion e dei 2 amnios: anche se ciò avvenisse, la fusione degli embrioni non accadrebbe, impedita dal È rivestimento epidermico e dal trovarsi i due embrioni nuotanti nel li- quido amniotico, nè si capirebbe il perchè della fusione costante per parti omologhe. Attribuisce i mostri doppi a divisione dell’ovulo la quale può essere primaria del vitello e dare origine ai mostri doppi, o scis- sione secondaria che dà la polidattilia. Fol nel suo lavoro sullo sviluppo dei ricci di mare e delle asterie mostrò che condizioni anormali dell'uovo (per eccessiva maturanza) pos- sono permettere la penetrazione in esso di più spermatozoi, dei quali ciascuno determina un nucleo di segmentazione. Fecondazione in con- dizioni anormali sarebbe quindi la causa della produzione di mostri doppi. In prova di ciò sta la frequenza delle mostruosità negli avannotti di trota negli stabilimenti di piscicoltura ove la fecondazione avviene per processi anormali. Così può ammettersi che, anche per l' uomo, le mostruosità doppie siano date dalla formazione di due nuclei di segmentazione, per il che i due embrioni saranno racchiusi nella stessa membrana vitulina, con- dizione indispensabile alla fusione. La massa vitellina poi che riunisce i 2 abbozzi embrionali, impedisce che l’amnios sì interponga fra di essi questa spiegazione dà ragione del perchè i mostri doppi siano sempreé dello stesso sesso, e non solo della saldatura ma anche della fusione parziale dei due soggetti. Inoltre dei due nuclei di segmentazione il più debole attirerà a sd una quantità minore di vitello; darà quindi origine ad un embrione in completo, atrofizzato, a un parassita incapace di vita propria. Deve quindi ritenersi che la questione dell’origine dei mostri dopp da uno o due germi si riduce alla questione del significato che si dj alla parola germe: se per germe si intende la vescicola germinativa no fecondata l’origine è unica, se invece si intende il nucleo di segmer tazione essa è doppia. R. Z. ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. pi (Continuazione vedi n. 4, dicembre 1889). | 186. Fasce LuiGi. — Parassiti dell’uomo descritti: in 4.° con 3 tav. — ‘Palermo, 1870. i 187. FEDE (Di). — Sopra un caso di cisti da echinococco del rene sinistro. .= Bollettino R. Accad. medica di Roma; anno XV, fasc. 2-3, pag. 145-151. — i Roma, 1889. _ 188. FEDERICI CESARE. — Sopra un caso di echinococco del polmone ed ‘intorno le varie forme di questa malattia. — Rivista clinica di Bologna; innno VII, n. 11, pag. 321-329; n. 12, pag. 553-572. — Novembre, 1868. 189. FenoGLIO L. 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TMumek1V..— Zoja: Sopra il foro ottico doppio. — Maggi: Saggio di una classificazione protistologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). attaneo: Sulla struttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven- olo muscolare degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). — Zoja: Un cen- ario memorabile per la scuolà anatomica di Pavia. (Prelezione alcorso di Anato- umana per l’anno scolastico 1885-86. (Transunto).- Maggi: Settimo programma Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno BI. - Cattaneo : Sulla continuità del plasma germinativo. di A. Weisman. Rivista). — Maggi: a) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali - di aleune funzioni degli esseri inferiori a. contribuzione della morfologia dei tazoi — c) la priorità della RELA INEeTo pie Fieno — Notizie universitarie. Annuncio. To Mec ANNO VII. — ‘ Piso. I. - ‘Zola! Altri casi di foro ottico dovbi o. — Cattaneo: Strut- e sviluppo dell'intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). - Stefa- cnini: Nevrite micotica nella lebbra. - Sormani: Contribuzione agli studj sulla ia naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- È tologica. — {Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione. degli alimenti di un dato microbio. = Idem: Sull’ attenuazione dei virus, e sui virus enuati o vaccini. — Notizie universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze | della R. Università di Pavia, ‘contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. Fasc. II. - Zoja: Un caso di dolicotrichia: straordinaria. - Staurenghi: Osser- fra: ioni suil’anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo— 1 ia del medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu- sari : Ricerche intorno alla fina. anatomia dell’encefalo dei Teleostei.. (Nota pre- SA _ Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pigmentali nelle larve vAxolotl. - Maria Sacchi: pes depazioni sulla morfologia delle fi in i Fasc. II. e IV. - De-Giovanni : Uno sguardo alla Bactekiologia. ORC Gig Vo. di ANTE TAa medica, trattati nei corsi liberi, con effetti letali all’Uni- ersità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. - Cattaneo: Sul gI Hiesto ualolozioo delle glandole da me trovate malo stomaco dARo storione vista). ‘Stokvis ‘Salbazione Sitoniok ‘def mctoi Para Intorno. Gigli nts de zoologie médicale et agricole di Railliet. — “Notizie universitarie. — i e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE del II volume del B0/- o Scientifico e dei loro AUTORI, dall’ anno V. al VII, inclusivo. | Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, VII e VIII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo separato L. 2. RESO, a Atti della società Veneto- Trentina di Co Naturali - - - Pad 3. Atti della R. Accademia dei Fisto-critici di Siena - Fase. 1 a E e 49, 1890. ri 4. Bollettino farmaceutico — Fasc. 1.°, 2.° e 3.°, 1890. plc sE È 5. Bollettino medico cremonese. — Fasc. 1.° e A o. 1890. i Si; 6 7 8 . Bollettino della Asso.iazione Medica lombarda — Milano, dal Fasc. 1°. 216. 0, 1890. . Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli. - Vol. 4. 0, Fasc. 1. de "1890. . Giornale di Veterinaria Militare. — Fasc. 1.°, 2.° e 3.°, 1890. : 9. Gazzetta Medica lombarda. - Dal N. 1 al N. 13 — 18900000 ac e 10. Giornale di Anat., Fistol. e Patol. E: animali. — Fasc. ].° e gii - Pisa; da 14. La Clinica Veterinaria — Fasc. 1.°, 2.° e 3.° — 1890. «A 21 PR RIERI 12. Lo Spallanzani - Roma — Fasc. 1. 23 e 2 °.— 1890. pina 13. La Rassegna di Scienze Mediche. - Modena — Fasc. 1.9, 2.°, e 8. °- - 1890. 14. La salute pubblica. — Perugia, Fasc. 25.°, 26.° e 27.° — "1890. 15. Notarisia- Commenturium phycologicum. — Venezia, Fasc. omo 1890. 16. Rivista italiana di Terupia ed Igiene. — Fasc. 1.°, 2.° e 3.° — 1890. 17, Rivista generale italiana di Clinica Medica. - Pisa — Dal N. È al6- 1890. 18. Rivista italiana di Scienze Naturali. — Siena, Fasc. 1.°, 2.° e 8.° — 1890. i 19. Anales de la Société Belye de Microscopie — Tom. da %, anno 1885-86 e Tome. +, al 13.° — 1.° e 2.° Fasc. 1859. di Ci o 20. Anales del Circulo Medico Argentino. - Fase. i: °, 2.0 e 3.0 1890. Mi 0) 21. Anales de la sociedad cientifica argentina. — Tomo 28. e , Fase. Dite: Gi° a Tomo 29.°, Fasc. 1.° 1890. i 22. Anales de V’ enseignement supérieu” de Grenoble. —Tom:/®. NA = 1890. s 29; Bulletin de la Société Belge de microscopie. — Anno 6.° — Dal Fasc. 1.° ‘al Dt Se — 1»90. x pot3 24. Bulletin de la Société zoologigue de France. — Fas. 1.° — 1890. 25. Fruille des jeunes naturalisies. — N. 231, 232 e 233 - 1890, 26. Revue biologigue du Nord de la France. — Fasc. 4.° e 6.° — 1890. 27. Report of the central Park Menagerie — 1890. 28. Revue internationale de bibliographie. — Paris, Vol. 1.9, N. 1 - 1899. - 79 > 9. geo tit of comparative medicine and oelerinary archives. = > FORRL dita au. o e o do ] i Ò o. Numeri mancanti. 1. Gazzetta medica lombarda, N. 30 e 46, 1889. i; 2. Giornale di Veterinaria Militare, N. 2 e 3, 1888. co 3. La Rassegna di scienze mediche, N. 9 e 1, 1889. 08 ‘6 pieni de la société belge de microscopie, N. 1,23, 1888. e d: 2,3, 4,5, #4 DI 88 di . Boletin clinico de Lerida, N. 1,6 e 7, 1889. . Bulletin de la Société zoologique de France. - Fasc. 4° e 9.0, 1889. . Feuwille aes jennes naturalistes, N. 225, 1839. Vo OL DIA . Anales del circulo medico Argentino. — Dal Fase. 1.° al 5.° e 7.° e 8.9, 1889. — | . Revue biologigue du nord de la France. — Fase, 5.° — 1890. — Lit So UO @È Avuto in dono. Prof. Ferdinando Palagi. - Élementi climatologici della città di Teramo, dedotti © dalle osservazioni meteorologiche del sessennio 1883-88. — Teramo, 1890. Elenco dei Signori che hanno pagato l'abbonamento. Tenchini Prof. Lorenzo. Parma; anno 1887. - Golgi Prof. Camillo, Pavia, anno. È 1889. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1884. - Prof. Comm. Pietro p Amo i pel Gabinette Zoologico della R. Università di Pavia, anno 1888. - Taruffi Prof. -. Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. - Fumagalli Dott. Achille, Como, anno | 1889. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anatomia Umana Regia Universita di Pavia, anno 1885. — Gabinetto Anatomia Comparata . Regia Università di Pavia, anno 1889. — Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno 1885. fw - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. - Lingiardi Dott. G. B., Pavia, anno 1884. - Gabinetto Zoologia Regia Università di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno Prof. Gia- como, Sassari, anno 1853. - Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno 1886. Sughi: Arata D.r Pedro, Buenos-Ayres, anno 1887. - R. Orto Botanico, Pavia, anno 1888. vd VAI MOST NSA SESSI STA SD ISSSISÀA A LLSI ATALA GIA £ LEOPOLDO MAGGI GIOVANNI ZOJA RD. ‘D ANATOMIA E FISIOLOGIA | PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA || Ri | COMPARATE È, È ) id UMANA | °°‘’0’’NELLA.R.UNIVERSITÀ DI PAVIA ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA an (i. PAVIA. ki Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni, 1890.» LI 2a hf: na ng a A È a di E - INDICE. dei lavori contenuti nei fascicoli del Y, VI, VII e vr anno costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ù ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complibanti SE ( ta cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. È Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un: dulatus Shaw. — Maggi: telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vail’ Intelvi. tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Fasc. II. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell'arteri ome- te Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro-- rale (con figura). — _Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi | e C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, DA Prof. A. De-Giovanni. Fasc. III padovano. cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). NO - — Maggi: Ricerca di nitrati al mieroscopio. — Maggi: ‘Sull’apalisi Resta microscopica dell’acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI di Yontaniva del. — — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gle toe Bonardi : Intorno alle Diatomee .della Valtellina e delle sue Alpi. — Cattaneo Ù Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’Infusorj.. È Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). i colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). — Cat: par, ‘taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli «rfusori (cont. e fine). ANNO VI. — Fasc. I. -- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. bian nicazione preventiva). - Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua- siti). —- Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc. II. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delie vene emulgenti. — Zoja: Di una cisti spermatica , simulante un testi. . zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras-, i È — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori. na- RU - Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii. - Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10.* Sull’importanza Ulteriore comunicazione sui Prozisti della Sardegna). — Maggi: scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre acque. — RUORE: (Cattaneo: Sui protozoz del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. — Zoija: Di un solco men noto dell’osso frontale - Solco sopra- frontale (2.* comunicazione).-- Maggi: Sull’ influenza d’alte temperature nello svi- luppo dei Mzicrobj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’ esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di dacteri e vibrioni, in presenza d’alcune sostanze medicinali. — Maggi: Sul numero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque po- tabili e sul empo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- . ventiva). — Bonardi: Svizzera — (Relazione). - Bonardi crobj e sul loro sviluppo Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenio —, : Intorno all’influenza dell’acido fenico sui Miî-. | no3XII dii Giugno 1890. | i N32. Bollettino Scientifico | LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA, Seta GIOVANNI ZOJAÀ PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, ACHILLE DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. D % È Ù . . > DI H x » ds : » - - ai ‘ "ia 4 ch; i n ‘SILA Abbonamento annuoItalia L. S | Si pubblica in Pavia || Esce quattro volte all'anno. — “e >» Estero » 1O|[Uorso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in Un numero separato . . » sii——__—_________|| Pavia dall’Editore edai Redat- Un numero arretrato . . >» «| Ogninum.° è di 32 pag.*\| tori. Mat Gr SOMMARIO | _—DE-GIOVANNI: Globuli rossi contrattili (rivendicazione di priorità). — PA- CV SI: Calendario ornitologico pavese, 1889-90. — R, BLANCHARD: Due note | sopra un caso di zoccolo avventizio nel Camoscio. — FIORENTINI: Intorno ai Protisti dell’intestino degli equini, con 3 Tav. (Continuazione e fine). — e: ecenstoni: Prima nota sulle fontanelle nello scheletro cefalico di aleuni Mam- miferi, del Prof: L. MAGGI. — C. PARONA: Elmintologia italiana, Bibliografia | sistematica e storia (continuazione). — Notizie universitarie. RIVENDICAZIONE DI PRIORITÀ DEL Pror. A. DE-GIOVANNI Gilobuli rossi contrattili. Nell’ anno 1870, sulla Gazzetta medica lombarda italiana (Serie III Tomo VI) io ho pubblicato una memoria col titolo: Osservazioni microscopiche sopra il sangue, il mucco, il pus. Nel capo 1.° di quella memoria intitolato: Gloduli rossi contrattili « recai il risultato di moltissime indagini microsco- piche istituite sopra il sangue degli ammalati della Clinica medica di Pavia, nella quale fungeva da assistente, e di quanti altri dell’ospitale mi venne dato potere esaminare. — In cin- @ è, PA 9 34 quanta casi ho constatato pienamente il fenomeno. — Globuli. rossi contrattili — cinque volte. — Erano cinque ammalati di cachessia palustre, o per altra malattia resi anemici e de- periti. Una sola volta osservai il globulo rosso contrattile nell'uomo sano. | Nello stesso Capo 1.° stanno tre figure, che dimostrano i movimenti dei globuli rossi. E chiudo il capo 1.° con queste parole: Ciò (la contrattilità dei globuli rossi in soggetti de- periti e cachettici) ha un perfetto riscontro con quanto si osserva in grembo a certi tessuti, di cui si altera in dato modo il processo nutritivo ed in cui si vedono spesseggiare le forme embrionali in diverso grado di sviluppo. È bene ch’io ricordi, come nell’ accingermi a riferire sui fatti di mia osservazione abbia dichiarato, che soltanto da qualcuno (il Klebs) la contrattilità del globulo rosso era ri- tenuto quale un fenomeno ordinario delle cellule rosse del sangue. | Se ora il fenomeno viene a preoccupare la mente degli odierni osservatori, io credo sia dal canto mio, nè presunzione, nè vanità rammentare quello che ho osservato prima degli altri; sia perchè la storia ha i suoi diritti, sia perchè, mal- grado la indifferenza di questi, e malgrado l'autorevole diniego di quelli, io ho continuate le mie osservazioni, tanto da ca- varne un argomento di utile applicazione clinica, tuttevolte mi avveniva di trarre anche dall’esame microscopico del san- gue un indizio diagnostico. E siccome quando si tratta non di opinioni, ma di fatti e, sopratutto, di fatti messi in carta colla massima evidenza, non c'è ragione per seppellirli nell'oblio e togliere il piccolo me- rito, che può avere l’osservatore nella storia dell’ argomento, così esternerò la mia meraviglia che anche chi crede trattare ex novo di questo all’estero (da dove sono pronti i nostri a prendere l’imbeccata) non abbia avuto occasione d'incontrarsi col titolo almeno della mia memoria; la quale, oltre essere stata stampata sopra un giornale medico allora anche più dif- fuso all’estero, venne eziandio letta al R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, ed il R. Istituto faceva, come fa, omaggio delle sue pubblicazioni a tutte le Accademie nazionali ed estere. 35 Non intendo però di muovere accuse ad Hayem, se gli è sfuggita la mia memoria fra le molte che avrà rovistate per dare a ciascuno il proprio. Però siccome lo reputo amico della verità, parmi che, offrendogli argomento per mettere le cose a posto storicamente in quanto concerne alle prime osserva- zioni che hanno dimostrato nel globulo rosso umano una pro- prietà intravveduta solo da qualche autore (come io dissi nel 1870), quando egli farà la storia, non isdegnerà di registrare le mie ricerche, le quali hanno, senza dubbio alcuno, prece- duto di anni parecchi quelle degli altri. Già quando si prese a discorrere delle alterazioni dei glo- buli rossi e si accennasse alla loro contrattilità aveva in animo di prendere occasione per ripresentare le mie osservazioni, ma abbandonai il pensiero convinto che quelli che si occupavano dell’ argomento avrebbero ricordato il fatto mio. Ora che il mio egregio amico Maragliano si compiace che Hayem abbia scorto i movimenti ameboidi dei corpuscoli rossi e nota che lo Hayem non accenna a' suoi studi, che hanno la data del 1887, mi associo all'amico Maragliano per reclamare davanti al tribunale della storia il tenue compenso alle nostre fatiche, acciò si dica almeno quello che è avvenuto: — che nel 1870, quando appena il K/ebs pensava che la contrattilità dei glo- buli rossi fosse una proprietà delle cellule rosse del sangue, De- Giovanni con osservazione propria constatava la contrat- tilità di questi elementi anatomici în individui cachettici e de- periti, riguardandola come indizio di degradazione dello stesso elemento anatomico; e che nel 1887 Maragliano constatava per suo conto gli stessi fatti sulla contrattilità del globulo; che le prime osservazioni, le quali hanno dimostrato l'importanza di queste ricerche, vennero istituite da De- Giovanni, le successive da Maragliano, le altre da Mosso, da Hayem. Sono dolentissimo di non poter presentare a' miei Colleghi un esemplare della mia memoria, perchè non ne possiedo che uno solo. Del resto non si tratta di giornali irreperibili, aven- dosi tanto dalla Gazzetta Medica, quanto dai Resoconti del R. Istituto Lombardo la completa raccolta presso le principali Biblioteche. 36 A dimostrazione poi della perseverante attenzione, che ho portato al fenomeno, di cui si è discorso in questo scritto, ag- giungerò, che, avendo pur radunati altri materiali, tutti a con- ferma dei fatti pubblicati nel 1870, mi trattenni da ulteriori pubblicazioni solo perchè desiderava arrivare alla dimostra- zione di un principio di biologia, il quale. ritengo da molti obliato. Ma avendo dovuto cedere alle esigenze di un altro per me più importante lavoro, mi determinai ad eccitare uno dei miei assistenti ad occuparsene ex professo, il Dottor Cer- vellin, che fattosi convinto del fenomeno andò oltre, toccò la questione della presenza del nucleo in alcuni globuli rossi del sangue, e radunò il frutto delle sue indagini in un manoscritto che per ora non credo sia per vedere la luce. | Ogni volta che, esaminando il sangue al microscopio, mi avvenne di vedere un globulo rosso contrattile, ho sempre. deplorato che anche nella scienza vigesse il principio dell’au- torità, perchè se in luogo di negare la contrattilità del globulo rosso dalla cattedra di microscopia, si avessero accettate, col dovuto rispetto le prime osservazioni e le si avessero incorag- giate, si sarebbero evitate alcune questioni affatto oziose e meglio studiati i fatti. Padova 24 Maggio 1890. CALENDARIO ORNITOLOGICO PAVESE 1889-90 del Prof. Pietro PAVESI. Dietro giudizio favorevole e lusinghiero (malgrado certe previsioni pessimiste) dei più illustri cultori dell’ornitologi italiana, specialmente del conte Tommaso Salvadori, che mi scrisse « lavoro utilissimo e che dovrebbe essere imitato (i litt. 1 ottobre 1889) » il Calendario da me pubblicato nel vo lume XXXII degli Atti della Società italiana di scienze nat rali, stimo bene di continuarlo con gli appunti presi durant i passi autunnale e primaverile anche del 1889-90. 37 Seguirò il metodo del primo (1), parendomi più confacente allo studio delle migrazioni degli uccelli, obiettivo altamente scientifico, per altro il principale propostomi. Alcune osservazioni, oltre l’interesse locale, spero merite- ranno di essere tenute in conto da punti di vista più larghi, perchè in questo periodo comparvero nella provincia pavese specie, che da lungo tempo l'avevano disertata e sono sempre rare od accidentali in Italia. Lo spero tanto più perchè la parte II* dei Risultati della Inchiesta ornitologica, testè dira-. mata dal professore Giglioli, fra le provincie lombarde non somprende quella di Pavia, e le note generiche sulla regione Jalla Sesia al Mincio sono ormai famose per la collaborazione lel Borromeo, che viene troppo spesso sconfessato anche dai sompetenti suoi stessi compagni. | Il mio primo Calendario giunge al 30 maggio 1889; co- mincio il presente con la data 18859. Luglio, 16. È ucciso un maschio di Ciconia alba ad Inverno. (COLL. PRIV.). Nell’ istesso giorno sono presi due individui di Aquila chrysaetos sul monte Alfè sopra Ottone a 1400" di altezza; cioò un aquilotto ed una femmina (Mus. Civ.). Come dissi, nelle nostre montagne al confine di Genova non è rara e nidifica. | - ##. Prima partenza di Cypselus apus, scomparsi totalmente da Pavia il 20. ìgosto, 15. È preso un Passer montanus clorocroico (Mus. Civ.), vale a dire tutto cenere chiaro, più o meno sporco, con appena accennata . la fascia nocciuola delle cuopritrici superiori delle ali ed il margine ‘lionato delle remiganti. Parimenti albina una Sylvia salicaria. È no- tevole un passo abbondante di Coccothraustes vulgaris nel pavese. In tutta la provincia pochi Oriolus galbula, pochissime sono le Co- turnix communis. Grande quantità di Gallinago coelestis nelle località paludose del basso pavese, specie a Caselle-Badia, Monticelli, Chi - e _ Pl (1) Intendo riguardo alla disposizione del materiale ed alla nomenclatura ecnica; rimando pure a quel Calendario per i nomi volgari, chè sarebbero Foppo pochi quelli da aggiungersi alle tabelle. Anche qui la maggior parte lelle notizie pel circondario di Bobbio mi vennero comunicate dal dottore ‘'elice Mazza, autore delle Note /uunistiche sulla Val di Staffora; pel vigeva- \asco, il farmacista Giuseppe Vidari mi riferì le sue prese di uccelletti con e reti. Ringrazio vivamente ambedue. 38 gnolo, ecc.; se ne uccisero a centinaia in un sol giorno. Sono ve- dute ed uccise parecchie Anas boscas alla Menocchia, sotto Carbo- nara-Ticino, che certamente avevano qui nidificato nei fossi delle risaie ed erano seguite da giovanissimi (1). Agosto 25. Molti Monticola saxatilis di passo e qualche Anthus pratensis nel varzese. — 80. Ivi ancora nidificanti Carduelis elegans e Ligurinus chloris. — $1. A Cegni molte Cannabina linota in branchetti e Sylvia orphea. Settembre, 1-3. Si accentua un po’ di ripasso di Coturnix communis. — 6. Veduti nuovamente due Corvus corax sul monte Ebro. — "*. Straordinario arrivo di moltissime Loria curvirostra nel pavese, inavvertito sui monti oltrepadani; ne continuano l’affluenza e la presenza fino alla metà di novembre, quando ancora ne vedo sulla mag- giore Magnolia dell’ Orto botanico. Contrariamente a ciò che dice il Prada (Avif. pav., p. 109) non ci è dunque di solo passo e fermata per riposo momentaneo. Nelle prealpi questo passo, maraviglioso pur là, cominciò verso la terza decade di luglio; infatti al principio di settembre certi roccoli di val d’Intelvi n’ avevano presi già più di mille per ciascheduno; quivi l ultimo passo notevole di becch'in croce fu quello del 1872, come a ricordo d’uomini un passo così ab-. bondante non s’ era osservato in val Ganna dal 1834. Sul monte Chiappo vedonsi molti Accentor modularis, Emberiza cirlus e citrinella. — 8-12. Il ripasso della Coturnix communis riprende un pochino, ma è insignificante; questo è uno dei peggiori anni per le quaglie in pro- vincia. Grande quantità di Anthus campestris nel varzese. Ivi vedonsi di nuovo i Cypselus apus, che sembravano partiti, o piuttosto altri passano ora l’Apennino. Sul monte Chiappo passano pure alte le Biblis rupestris, a Pei la Columba palumbus, sul monte Alfò trovansi ancora Quculus canorus. — 12. Uccisa una femmina di Eudromias morinellus (CoLL. MAZZA), ac- | compagnata ad un altro individuo, in un prato del monte Boglelio, con fascia sopraciliare molto spiccata, appena accennata la fascia trasversa pettorale e di color bianco sporco. Questo è il secondo esemplare autentico della provincia; il primo, ucciso presso la Cer- | tosa, fu da me segnalato in Rend. RE. Istit. Lomb., XIX. 1886, p. 326. — #4-17. Sono uccise parecchie femmine giovani di Daphila acuta sul Po e nelle risaie. È pure di molto anticipato arrivo la Limnocryptes gallinula, presa il 17 in una risaja dei dintorni di Pavia. .’ TE € <° sì è uu # o se (1) Alla fine del mese, non lungi dalla Pieve del Cairo, è ucciso un Cyenus atratus (Mus. UNIv.); siccome questo uccello non visitò mai l'Europa, e d’al- tronde tiensi in qualche giardino per ornamento, considero l'esemplare an- zidetto fuggito e per caso colpito; nella stessa guisa si spiegano le catture di Cairina moschata, della quale, ancora nel febbraio 1883, fu uccisa una fem- mina al Canale di Riva (Mus. UnIV.). 39 Settembre 18. Verso Albareto varzese veggonsi branchi di Petronia ‘ stulta e Miliaria europaea. 19. Partenza della Chelidon urbica da Pavia, a stormi. 20.30. Arrivo di Chrysomitris spinus e d’ Erithacus rubecula. Si man- tiene discretamente comune il Crex pratensis. Molte Porzana fulicula al taglio dei risi nella campagna soprana pavese (Marzano, Villa- reggio, Valcova, ecc.); più tardi anche nella valle del Ticino. La ‘Gallinula chloropus è più abbondante del solito, e qua e colà anche dei voltolini. Qualche Rallus aquaticus. Il 25 è uccisa ancora una Turtur auritus presso Varzi. 2î. Sul mercato di Pavia sono esposti due esemplari di Querquedula circia, uccisi a Gerrechiozzo. Lo registro con forte dubbio, perchè non l’ ho verificato io stesso e nemmeno persona di cui possa asso- lutamente fidarmi per la determinazione. La mia lunga esperienza, specialmente in fatto di uccelli aquatici, e quella di miei conoscenti, che contano più di mezzo secolo di caccia e per altrettanto in dietro sanno ì racconti di valorosi cacciatori, mi avevano convinto che da noi passa soltanto in primavera. Io ne vidi fino in maggio , il mio preparatore Oreste Maestri in giugno, più tardi mai. Il Ferragni (Avif. cremon., p. 230) la dà pure soltanto di passo primaverile nel | cremonese; tuttavia il Camusso (Gli Ucc. del Basso Piemonte, p. 37) dice che s'incontra anche d’ autunno in provincia d@’ Alessandria, sebbene rarissimamente. So poi (in litt. 29 marzo 1888) ch’ egli in- tese alludere appena al maschio da lui ucciso il 7 novembre 1877 presso la foce del Tanaro, di fronte a Cambiò (Pavia); quindi è una accidentalità. In fine il dott. P. Magretti (in Avif. ital. Parte II.?, p. 137) indica la Q. circia pel medio milanese « abbastanza frequente di passo in marzo e settembre »; da me interpellato, scrive (in litt. 17 giugno 1890) che la detta frequenza si riferisce al solo marzo, che però qualcuna ha veduto passare in settembre ! WOttobre 1-2. Arrivano i primi Anthus pratensis e spinoletta nel pavese. Presso Ottone molte Biblis rupestris volano alte, o poggiansi sulle rupi fiancheggianti lo stradale di Bobbio ; è conferma di quanto ebbi a scrivere nel primo Calendario. - 3. Abbondanti i Parus ater sul monte Alfè; verso la sommità scor- gesi un’ Aquila chrysaetos. Nella valle della Trebbia numerosi i Cin- clus aquaticus. Presso Lama, sulla via di Varzi, è uccisa un’altra Syl- via. subalpina (COLT.. MAZZA), ora non più nuova per la provincia, ma esclusiva dei monti nostri. 6. Dopo alcuni giorni di pioggia, sono ritornate molte Gallinago coe- lestis nelle risaie, scomparse subito dopo. A Corteolona e S. Cristina poche Porzana fulicula. - 8. Prima Scolopax rusticula; è presa al Boschetto non lungi da Pavia. Im questo stesso giorno viene ucciso nel pavese un Totanus fuscus, specie’rara: osservasi in discreto numero la Cannabina linota di passo: Ottobre 9-20. Uccise altre Scolopax rusticula alla Torre de’ Torti, alle 40 è presa alla Caima una Petronia stulta, che da qualche anno non si vedeva in pianura. È pur preso a Torre Bianca un Passer Italiae in bellissimo, in- completo albinismo, nelle remiganti asimmetrico. E per verità l’ ala destra le ha bianche dalla 22 alla 5°, poi normali le 3 successive, poi 2 bianche, 1 normale, 2 bianche, 1 normale, 1 bianca; a sinistra normali la 18, 74, 8° e 9°, le altre bianche. Anche le cuopritrici delle ali sono parte bianche, parte normali. Nel resto offre: pileo e ret- trici bianche, chiazze bianche qua e là sulla cervice e sul dorso, la macchia gulare mista di bianco e nero. Gravagnine presso Belvedere, ecc. Il passo n’ è discreto. 10-15. Alquante puntate (zibière) di Alauda arvensis e buon passo di Cannabina linota nei dintorni di Pavia. 20. Uccisa un’Anser segetum alle Candiane sotto Bissone. In quelle risaie sono alquanti branchetti di Gallinago coelestis e molte Por- zana fulicula di passo. Si vedono anche Querquedula crecca d’arrivo. 24-30. Il passo più notevole di Cannabina linota sia nel pavese che nel vigevanasco, quantunque irregolare. Presso Vigevano il 24 è inoltre buona giornata per Anthus pratensis. Pochi Turdus musicus ai monti. 25. Riappaiono gli anatidi, specialmente Mareca penelope e Daphila ‘ acuta, avanti la piena del Po e Ticino. Essa raggiunge il massimo ai primi di novembre; sebbene favoriti dagli allagamenti, gli ana- tidi non restano, come di solito. Dal 25 ottobre al 5 novembre, ad intervalli, molte Gallinago coe- lestis nelle risaie di Groppello, Sedone, ece.: numerose Scolopax ru- sticula in certe località, come sotto la Costa de’ Nobili: arrivo a stormi di Vanellus capella: abbondante comparsa di Parus ater nei dintorni di Pavia, che continua più tardi. Novembre 8-8. Presso Vigevano, dopo breve sosta, riprende buon passo di Cannabina linota il 3, e si ripete il 7 e 1’8, poi nuova sosta. Il 8 è uccisa la prima Scolopax rusticula nel varzese, poche altre poi sono trovate sul monte Bertullo. Qui osservansi il 5 alcuni Turdus pilaris, molti Erithacus rubecula e Pyrrhula europaea. *. Gran passo di anatidi sul Po, in prevalenza Mareca penelope, ma anche Daphila acuta ed altri. ‘D 9. Veduti al Novello sul Po, ancora alto, cinque grossi palmipedi neri, che non si lasciano avvicinare dalla barca, tuffansi, mandano rauche grida, inseguiti 8’ alzano e non ritornano; credo siano Pha- lacrocorax carbo. — 12-15. Moltissime Scolopax rusticula nei boschi lungo il basso Ti- cino ed il Po, sopratutto in quelli di Rea. Sono uccisi parecchi Nu- menius arquata e Fulix cristata; non avevo più veduta quest’ ultima. specie, divenuta rara da noi, dalla metà di novembre 1878. Sulle colline prendesi in abbondanza 7urdus iliacus. 3 4l | Novembre 16-19. Ripreso il passo di Cannabina linota nel vigevanasco. 4%. Di nuovo tanti Gallinago coelestis nelle risaie del pavese, e Parus ater nei dintorni della città. Presso la Sora vedo arrivare da nord-est stormi di Corvus frugilegus. Lungo il Po, sotto Belgioioso, sono uc- cisi molti Oharadrius pluvialis, piuttosto primaverile; altri presi poi anche in principio di dicembre e perfino sulle colline oltrepadane. 20. È uccisa a Cervesina un’ Vedemia fusca, sempre rarissima. 22. Alla Pieve del Cairo un Co/ymbus arcticus. 23. Giungono molti Limnocryptes gallinula nel pavese. In questi giorni vi fu preso un Passer montanus, interessante per melanismo misto ad albinismo parziale. Ha pileo e cervice, più an- cora gola e petto neri: dorso, ventre e scapolari scuri: remiganti dalla 3° all’ 8? bianche, con estremità grigia, parimenti le due ultime secondarie, la sola terz’ ultima orlata di lionato, come nel normale: cuopritrici superiori delle ali bianco-grigie alla base. Dicembre #-8. Rallus aquaticus in discreto numero. Branchi di Emberiza schoenicla fra gli sterpi del cosidetto Campone di S. Sofia. 9. È preso con le reti alla Caima un Passer Italiae clorocroico, cioè bianco-cenere, appena un po’ più scuro alla gola e nel ventre: ha la ‘ fascia sopraciliare ed auricolare castagno, piccole cuopritrici delle ali normali, grandi con margine esterno nocciuola, qualche macchia nocciuola e nera sul dorso. Compaiono sul Po moltissimi anatidi, forse cacciati fuori dalla ban- dita Weil-Weiss (1) o che prevengono la neve caduta dal 10 all’ 11. 10-12. A questo fatto attribuisco piuttosto senza dubbio il passo di parecchie Anser segetum a S. Sofia ed alla Francana, sopra e sotto Pavia. perchè ho sempre osservato che le oche selvatiche d’inverno | segnano prossima nevicata. Nelle marcite, relativamente, poche Alauda arvensis. 14. Si riprendono Charadrius pluvialis, vedonsi molti Limrocryptes gallinula, qualche Mergus albellus ed ancora alcuni Orex pratensis. In questi giorni fu uccisa nel pavese, a detta di cacciatori, un’altra Querquedula circia; sarebbe conferma di quanto scrisse il Prada (Avif. pav., p. 173) che « se ne vedono alcune d’inverno ». Rimando però alle considerazioni precedenti in data 21 settembre. 46. £ uccisa alla Pieve del Cairo una femmina adulta di Haliuetus albicilla (COLL. PRIV.). (1) Questa bandita, celebrata dalle caccie di S. E. Benedetto Cairoli, è lungo il Terdoppio presso Zinasco; serve come da zona franca per stuoli immensi di anatidi. Nei giorni di caccia dentro la bandita si spandono in tutti i dintorni; sempre però alla sera l’ abbandonano in cerca di cibo e vi ritornano alla mattina, per cui, se c’è nebbia folta, durando fatica a ritrò warla, volano bassi e cadono in gran numero sotto i colpi dei cacciatori estranei, che vi accorrono anche da lontano e si appostano fuori di essa. * 42 Dicembre 19. Ucciso un maschio adulto di Otis tarda (CoLL. PRIV.) ; alla Cascina Reale di Garlasco, in un campo detto Comissola già | coltivato a gran turco e di cui restano i fusti. Fa parte di un bran- chetto di sei individui, posatosi subito dopo la tesa delle anitre e forse richiamatovi dalla vista delle stampe. Una femmina vien pure ferita, ma si alza a lento volo e pare sia stata poi presa nel milanese; certo a Milano, fuori di porta Magenta, n’è stato ucciso in questi giorni un giovane. Poco prima, vale a dire il 13 dicembre, ne fu uccisa una femmina alla collina Piaggio su quel di Spineto (Tortona); poi ne sono veduti due individui nel Sicomario pavese alla fine di dicem- bre, e forse gli stessi in principio di gennaio 1890 al Mezzano é Mezzanino in Oltrepò, che non si possono uccidere perchè corrono velocissimi e frullano a distanza. Credo che tutti appartengano ad un solo branco. Per quanto spetta la nostra provincia, l’otarda è specie accidentale; ch’io sappia, ne venne preso appena un altro esemplare alla lanca di Zerbolò presso Molino Ticino il 9 dicembré 1874 {Mus. Civ.), che è poi quello indicato erroneamente dal Prada. (Avif. pav., p. 130) come ucciso nel 1875 a Vigevano. — 20. Vedute sette Anser segetum nel Navigliaccio presso la cascina Campeggi; scacciate, dirigonsi verso il Ticino, passando dalla Sora. Seguitando ad intervalli giornate di neve, trovansi alle marcite molte Vanellus capella ed Anthus, più che non Alauda arvensis. Si uccidono ancora alquanti Charadrius pluvialis: alcune Fulix marila, ormai rara visitatrice della provincia: qualche Emberiza cirlus e Mi-. liaria europaea in pianura (1). mo 1890. Gennaio 3-4. Di Miliaria europaea cresce assai il numero, fatto note- vole per i dintorni di Pavia. Prendonsi pochi Lanius excubitor e nuovamente Fulix marila, adulti maschi e femmine (Mus. Univ). 14 è uccisa una femmina di Coturnix communis, senza segni di ferite an- teriori, che svernava in un robinieto sopra Mombolone (Pavia). (1) Dirò per incidenza che, nell’ultima decade di dicembre, fu uccisa una femmina di Zepus variabilis in perfetto abito invernale (Mus. Civ.) a Belve- dere di Trovo. Le proporzioni delle orecchie e delle zampe posteriori esclù= dono che si tratti di un albino del L. timidus. Per altro non è la prima volta che, anche in Italia, in occasione di forti nevicate invernali, la lepre bianca scende dai monti al piano; vedasi la memoria del Salvadoriin Affi R. Accad. Sc. Torino, XII. 1877, p. 144 (8). È però il primo caso verificatosi in provincia di Pavia. Sembrami impossibile che questo individuo sia venuto dall’ Apen= nino ligure, varcando i monti dei nostri circondari di Bobbio e Voghera, anche perchè Trovo è al di qua del Po e del Ticino, in mandamento di Be- reguardo; penso invece che sia partito dai monti del comasco a levante del lago Maggiore ed abbia lungheggiato il Ticino fino a giungere da noi. 43 Nello stesso giorno è preso a S. Spirito di Groppello un Oarduelis elegans in albinismo imperfetto ed asimmetrico. Ha la corona o ma- schera ranciata a sinistra, quasi invisibile sulla fronte, appena ac- cennata all’ angolo destro del becco: un po’ di nerastro soltanto a sinistra dietro la regione auricolare: 5 remiganti primarie di destra e 3 a sinistra bianche, le altre grigie: timoniere bianche con la base del vessillo esterno giallo-canarino, 3 a destra, la 1° a sinistra miste di nerastro : cuopritrici superiori delle ali miste di bianco, nerastro e giallo: dorso bianco sporco, sopraccoda bianco puro: nel resto quasi normale, piedi però carnicini. Gennaio f1. Un Podiceps mnigricollis sul Ticino al Cannarazzo. — 13. Un’Anser segetum veduta presso la cascina Maddalena non lungi dallo stradale di Carbonara. Febbraio 5-8. Con tempo incostante, neve e pioggia, gran numero di Mareca penelope, quasi esclusiva fra gli anatidi. — £3. Spie del passo primaverile di Querquedula circia, uccise alla foce del Ticino in Po, qualcheduna riveduta il 16, in cui il passo di ana- tidi è sospeso. — 16. Molti Merula nigra d’ arrivo nel pavese. — 2A. Altra giornata di gran passo di anatidi: oltre Mareca penelope, specialmente Anas boscas e Querquedula crecca. — 22. Uccisa una Limosa belgica alla foce del Ticino, e comparse altre poche Querquedula circia. Nei giorni successivi, con tempo cattivo, il passo di uccelli aqua- tici si mantiene discreto, specie di Mareca penelope, ed interpolata- mente qualche Spatula clypeata. Marzo 4. Dopo qualche giorno di sosta, ragguardevole passo di Dafila acuta, sopratutto di Mareca penelope. Compaiono le prime Porzana fulicula (1). __ 6-7. Numerose Anser segetum a S. Cristina. . — 8. Piime Scolopax rusticula di ripasso sulle colline di Miradolo, all’ 11-13 fattesi più frequenti anche all’ Ospedaletto e nei dintorni di Pavia. ‘— 9. Discreto passo di anatidi sul Po, sempre prevale la Mareca pene- lope. Vedute altresì molte Ardea cinerea. — flf-14. Una femmina pallidissima di Daphila acuta (Mus. Civ.) è presa nel pavese. Alquanti Oharadrius pluvialis e Machetes pugnax lungo i fiumi. (1) Colgo l’occasione per dire che in questo giorno fu preso a Sannazzaro un maschio di Mustela vulgaris perfettamente bianco; appena sul capo e lungo la linea mediana del dorso fino alla base della coda é leggermento tinto di fulvo ed ha la punta della coda fulvo-bruna. Pare un ermellino. Nella M. v%!- garis eredo non siasi mai notato uno scolorimento invernale giunto all’ albi- nismo. 44 Marzo 14. Non poche Anser segetum alla Morona sotto Pavia, e qua e colà. — 15. Vedute quattro Grus cinerea in bocca a Staffora sul Po. — 46. Prima comparsa di un branchetto di Hirundo rustica poco sopra il ponte vecchio di Pavia. Con pioggia, sul Po enorme passo di ana- tidi, oltre Charadrius pluvialis. — 17-20. Il passo degli anatidi decresce, malgrado l’aumento del fiume. Il 17 si vede volare un’altra Grus cinerea presso Venesia (1). Il 18 sono uccisi due Gallinago major a Marcignago, i primi segnalati in questa primavera. i — 21. Riprende il passo degli anatidi: continua discreto quello della Scolopax rusticula: compaiono molte Gallinago coelestis nelle risaie: arrivano nuovi Totanus ochropus. — 23. Udita per la prima volta la Upupa epops nel pavese: sonvi poche Porzana Fulicula: quasi nessuna i ne chloropus, la cui deficienza di primavera è eccezionale. — 24. Primo arrivo di Chelidon urbica a Pavia. — 24-25. Gran passo di anatidi sui fiumi, con vento e pioggia ad in- tervalli. -- 25. Numeroso branco di Hirundo rustica di passo, nuovamente al’ ponte vecchio di Pavia. — 26. È uccisa alla Colombara presso Mirabello una Uotiete communis ; ; è più probabile che sia quivi svernata. — 28-29. Aumentano le Porzana fulicula. Il 29 vedo arrivate le Aegia- lithis hiaticula sulle ghiare del Ticino ed odo tubare la prima Turtur auritus al Cannarazzo. — .30. Cantano i primi Luscinia vera nei boschi del Rottone. — 31. Uccisa una femmina giovane di Chaulelasmus streperus. Veduta l'avanguardia di Oypselus apus in alto, sopra la piazza dell'OEpadAsEi di Pavia. Aprile 4. Passo di Columba oenas sui boschi del Ticino superiore. — 5. Trovata la prima Coturnix communis d’arrivo, al Zerbo nel Sico- mario. — 6. Primi Luscinia vera nel varzese. Ivi il Merula nigra ha già nido con ova. — 3. Veduti i primi /Iyna torquilla alla Mezzanella e uditi lungo la bassa Vernavolai Turdus iliacus. Nei boschi presso Varzi di Là del- l’Acqua parecchi Tichodroma muraria e Pyrrhula europaea. Dopo forte nevicata vi giungono in buon numero Merula nigra, Sazicola oenanthe, Fringilla coelebs, ecc. — 8. Osservato d’ arrivo uno sciame di Ootile riparia appena a monte di Pavia. (1) La frazione ben nota del comune > di Mezzanino per essere stata di: strutta dal Po. 45 Aprile 9-ff. Ancora Mareca penelope, qualche Querquedula circia, Galli- nago coelestis e Porzana fulicula frequentano i fiumi, i canali, i luoghi paludosi. — #9. Sono uccise insieme tre Recurvirostra avocetta (una femmina adulta in Mus. Civ.) sul Ticino, circa due chilometri a valle del ponte di Vigevano, cioè poco lontano dal cavo Castellara. È certa- mente specie accidentale, come scrive il Prada (Avif. pav., p. 186); ma non posso ammettere con lui che l’ esemplare, proveniente dalla collezione Brambilla e conservato pure nel Museo civico, fosse « l’u- nico stato preso indubbiamente nella provincia. » Infatti mi consta che, prima di questo, ucciso nell’ aprile 1860, due ne furono presi nel 1842 a S. Giacomo di Vaccarizza; dopo la pubblicazione del Prada, n’ ebbe poi uno il dott. Maestri nella primavera 1878 ed un altro verso la metà d’ agosto 1881, ucciso a fi) Da nove anni non se n’ aveva più notizia. — f18-25. In Pavia aumentano i Oypselus apus: sono tuttavia scarsis- sime le Ohelidon urbica, sembrano anzi diminuite. — 2". Di nuovo alquanti anatidi di passo sul Ticino e Po, comprese numerose Querquedula circia. È ucciso al canale di Sommo un ma- schio di Numenius phaeopus, sempre rarissimo; dopo i due, di cui parla il Prada (Avif. pav., p. 145), uccisi anche da me nella prima- vera 1877, credo non siansene veduti che uno a Vaccarizza alla metà di aprile 1882, poi questo del 1890. Maggio f-£f0, Aumenta notevolmente l’arrivo di Coturnix communis nel pavese; è uccisa una Grus cinerea nella bandita di Zinasco; vedonsi ancora Numenius arquata al Chiozzo sul Ticino, .—— 4. È presa sul Po al Mezzano una femmina di Platalea leucorodia (Mus. UNIVv.). Specie veramente accidentale, questo forse soltanto il terzo esemplare autentico della provincia, l’ultimo essendo stato uc- ciso il 6 novembre 1876. Restami dubbio che quello del 1835, ricor- dato dal Prada (Avif. pav., p. 164) qual maschio adulto già esistente . nel Museo universitario, sia proprio di Pavia. Il Ferragni (Avif. cremon., p. 219) dice che « una sola volta sul Po, in seguito a vio- lenta tempesta » ne comparve un individuo rimpetto ad Olza pia- centina sul cremonese, e che « portato a Piacenza fu venduto, credo al Museo di Pavia. » Il Ferragni non segna la data di cattura; ma non è improbabile che sia verso il 1885 e che il dott. Maestri l’ abbia ‘comprato ed imbalsamato, ritenendolo del pavese. Per altro. se l’ e- semplare del 1835 fosse realmente pavese, come pensa il Prada, non sarebbe mancata la Platalea leucorodia nell’ Elenco del Brambilla (1856), coscienziosissimo studioso degli uccelli nostri ed amicissimo del Maestri. 20-31. Arrivano altre Ohelidon urbica a Pavia; restano però sempre assai poche. Sulle colline di Rivanazzano e Godiasco vedonsi molti Emberiza hortulana e Turtur auritus, 46 Insomma l’anno ornitologico 1889-90 presentò di più ca- ratteristico quanto segue: a) comparsa di Otis tarda, Eudromias morinellus, Recur- virostra avocetta, Numenivs phacopus e Platalea leucorodia, specie accidentali per la provincia; Db) catture di Aquila chrysaetos, Haliaetus albicilla, Pe- tronia stulta, Grus cinerea, Ciconia alba, Fulix marila, Oede- mia fusca, specie rare; | c) eccezionale e gran passo di Loxia curvirostra dal settembre al novembre in pianura, non avvertito ai monti ol- trepadani; d) notevole passo di Charadrius pluvialis anche d’ au- . tunno; e) prevalenza di Mareca penelope, nel passo e ripasso degli anatidi, spesso interrotto; f) scarsità straordinaria di Coturnix communis in ripasso autunnale, di Chelidon urbica e Gallinula chloropus nell ar- rivo primaverile; i 9) passo irregolare ed anticipato di tutti gli uccelletti, È che soglionsi prendere alle reti; | h) saltuaria l’ abbondanza di Porzana fulicula al taglio dei risi e dei Gallinago coelestis ; î) forte ritardo, sino alla fine d’aprile, nel vero ripasso di Querquedula circia sui fiumi, quantunque avvistate a metà febbraio, e probabile cattura di qualcheduna in settembre e dicembre. Pavia, 20 giugno 1890. Due note sopra un caso di zoccolo awventizio nel Lamas PEL DOTTOR RAFFAELE BLANCHARD. 1.8 Nota (Note sur un cas de sabot adventice chez le Chamois par le Doct. RapHAÉL BLANCHARD. (Bulletin de la Société Zoologique de France, 1889, Tom. XIV, N. 9, pag. 864). Il mio omonimo, il signor A. Blanchard, notajo a Briancon (Hautes-Alpes), è stato molto fortunato nell’abbattere con un. 47 colpo di fucile un Camoscio, che i cacciatori del paese cono- scevano ed inseguivano già da quindici anni. Questo Camo- scio infatti. era amputato della zampa posteriore sinistra, al punto d’ unione dei due quinti superiori coi tre quinti infe- riori del canone, cioè a 0"05 incirca al disotto dell’articola- zione carpo-metacarpica. La zampa mì fu mandata, ed io vi ho potuto constatare la seguente disposizione, che presenta un vero interesse. L'accorciamento del membro non era punto "congenita, poichè le falangi e la maggior parte del metatarso mancavano. L’amputazione era evidente, e aveva dovuto prodursi sia in seguito ad una carie del canone, sia, più verosimilmente, in ‘seguito ad un colpo d’arma da fuoco o ad una frattura oc- casionale per una caduta in un burrone. Dopo la cicatrizzazione, l’animale ha dovuto camminare ‘appoggiando il suo moncone sul suolo. Irritata incessantemente, ‘l’epidermide si è inspessita, è diventata callosa ed ha finito per acquistare col tempo la consistenza e l’aspetto del corno. (Il moncone ha acquistato in tal modo uno zoccolo avventizio, specie di calotta cornea, dello spessore di uno a tre millimetri, ‘secondo i punti esaminati. La struttura istologica è pure quella di uno zoccolo nor- ‘male, senonchè l’unghia manca totalmente. Paragonando questo zoccolo avventizio colla suola del zoccolo di un feto di Porco i lungo 0"27 e con quella dello zoccolo di un feto di Cavallo, lungo 0"38, sì può rilevarne l'identità di struttura. Nello «zoccolo normale, come nello zoccolo avventizio, la massa fon- damentale è costituita dalla sovrapposizione di un gran nu- | mero di strati di cellule molto grandi e a piccolo nucleo ec- centrico. Queste cellule sono chiare e poliedriche, quantunque | molto dure, nella maggior parte dello spessore della suola; | nella vicinanza immediata della superficie, esse si appiattiscono e diventano ancora più dure, ma senza arrivare ad un appiat- timento così completo come quello delle cellule dell’ unghia, per esempio. L’ osservazione che precede ci permette di comprendere e di spiegare in modo semplicissimo come gli zoccoli si sono sviluppati negli Ungulati, 48 Difatti, gli zoccoli non sono altro che delle produzioni epidermiche sviluppate attorno all’estremità dell’ultima falange, sotto l'influenza delle scosse e degli urti che questa subisce durante la corsa. Essi si limitano a questo semplice ufficio’di protezione e non sono che poco sviluppati negli Ungulati plan- tigradi, come l’Elefante. Lo stesso era nei Coryphodon, del: l’ argilla di Londra, e nei Dinoceras, dell’ eocene degli Stati- Uniti: i primi erano dei veri plantigradi; i secondi erano dei semi-plantigradi, il carpo e il tarso essendo ritirati normal- mente al di sopra del suolo. La zampa presentava una larga. base di sostegno; il peso del corpo, trovandosi così ripartito sopra una grande superficie, si faceva meno sentire sopra ciascun punto in particolare. Affine di dare alla superficie plantare abbastanza resistenza per opporsi alla lesione dei tessuti, bastava adunque che la sua epidermide diventasse callosa. i A misura che gli Ungulati si allontanano dallo stato plan- tigrado per avvicinarsi a quello unguligrado, i loro zoccoli si perfezionano. Nei digitigradi, come il Rinoceronte, il Bronto- therium e il Palaeotherium, essi sono notevolmente più svi- luppati, serbando tutte le proporzioni, che nei tipi precedenti; noi pensiamo che la causa sta nella diminuzione della super- ficie della base di sostegno, in seguito al raddrizzamento del metacarpo e del metatarso. Infine, le falangi sono totalmente raddrizzate negli ungu- ligradi (Solipedi, Suini, Ruminanti) che camminano sull’estre- mità distale dell’ ultima falange del terzo dito, o del terzo e quarto insieme, secondochè sono imparidigitati, o paridigitati. La zampa non avrebbe dunque che una base di sostegno molto stretta, specialmente negli imparidigitati (Solipedi) e questa base avrebbe a sopportare, in ciascuna delle sue parti, un peso relativamente considerevole, se, per ovviare a questo in- conveniente, lo zoccolo non avesse acquistato una forte con- sistenza e non si fosse notevolmente allargato. Lo zoccolo avventizio che si è formato sul moncone del nostro Camoscio risulta da queste stesse cause. L'uso inces- sante del membro amputato pel cammino ha determinato una 49 proliferazione dell’ epidermide; la strettezza della superficie che riposava sul suolo e l'aumento correlativo del peso hanno necessitato una resistenza più grande delle masse epidermiche; queste hanno, coll’andar del tempo, acquistato le qualità del corno. 2.° Nota. (Nuovelles observations sur un cas de sabot adventice chez le Chamois par le Doct. RAPHAEL BLANCHARD (Bullettin de la Société Zoologique de France, 1890. Tom. XV, N. 3, pag. 84). Il caso di zoccolo avventizio in un Camoscio, da me osser- | vato e testè descritto, è rarissimo, pel fatto che nelle mandre gli animali che si fratturano un membro sono tosto abbattuti, e, nei Ruminanti non domestici, quelli accidentalmente am- putati di un membro cadono, dopo breve tempo, vittime del cacciatore. Per questo ho creduto dover limitarmi ad un esame som- ‘mario del pezzo in questione e conservarlo intatto; e l’ ho mandato alla Scuola veterinaria d’Alfort. Il sig. Barrier, professore d’anatomia, s’incaricò di studiare — il mio esemplare, e, secondo una nota da lui speditami a questo proposito, vi trovò: Procedendo dalla superficie verso la parte profonda, la pelle e una calotta cornea, una ganga fibrosa sottocutanea e delle parti scheletriche. 1. Pelle e calotta cornea. — La pelle è normale fino in vicinanza della calotta cornea, che ricopre l’estremità del mon- cone; quest’ ultima si distingue per la sua colorazione nera, la sua natura cornea e l’assenza di peli. Sottoposto all’ebullizione, il pezzo si è spogliato dall’epi- dermide e della calotta cornea. Si è trovato essere formata quest'ultima di strati cellulari, numerosi, serrati, sovrapposti parallelamente alla superficie, e non offrire per nulla la tes- situra fibrosa, data al corno parietale ordinario dai tubi cor- nei che lo compongono. 2. Ganga fibrosa. — Risultava questa di una specie di cicatrice formata a spese dei tendini, del tessuto connettivo e del periostio vicino. 3. Pezzi scheletrici. — Essi si componevano dall’alto al basso: 50 a. — Del pezzo soafiitiscufigio di un tarso destro (1) perfettamente normale; b. — Di due cuneiformi normali, separanti il pezzo prece- dente dal metatarso principale, ma dal lato interno solamente, come nelle condizioni ordinarie: c. — Dell’estremità superiore, articolare, del metatarso principale destro. — A tre o quattro centimetri al di sotto della superficie articolare, questo osso è stato l'oggetto di un. traumatismo violento, che ha causato l’amputazione della parte inferiore dell’arto. Il lavoro di cicatrizzazione e di riparazione sopravvenuto in seguito, ha provocato la formazione di un tessuto spugnoso, molto irregolare, abbondante, anfrattuoso dopo la macerazione, che si continuava, dalla parte profonda verso la SUONI colla ganga fibrosa NEDO EZRA la calotta del moncone. Da questo, esame, il Prof. Barrier conclude a ragione che la calotta cornea « non deve essere considerata che come una porzione epidermica inspessita, molto cheratinizzata e pigmen- tata, più identica ad una callosità sviluppata sotto l’effetto delle pressioni subite che ad un vero zoccolo, pur mal conformato. » Io accetto senza difficoltà questo modo di vedere, che, come risulta dalla mia prima nota, è interamente conforme al mio. De, dia (1) Nella mia precedente nota, ho detto trattarsi della zampa posteriore sinistra. Trattasi invece della destra. | 1 "INTORNO Al PROTSTI ELL INTESTINO DEL. OM RICERCHE DeL DoTttoR ANGELO FIORENTINI Medico» Veterinario Sanitario Provinciale fatte nel Laboratorio d’Anatomia Compurata della R. Università di Pavia (con tre tavole). {(Continuazione (1) e fine). Genere: Didesmis mihi. I caratteri di questo genere sono: un peristoma con un largo faringe, due ciuffi ciliari fini e molto lunghi, uno circondante il peristoma, l’altro alla regione posteriore e contornante la ca- vità anale. Il protoplasma è di color verdegiallognolo e molto granuloso, e l'ammasso pigmentato (concrezioni calcari di Schu- berg) è più grosso e più apparente. Havvi sempre un grosso nucleo e una grossa vescicola con- trattile. Abbiamo creato questo genere nuovo, perchè, quantunque vi siano caratteri comuni al genere Butschlia, ve ne sono altri molto diversi. Specie. 1.° Didesmis ovalis. (Tav. 3.2 Fig. 1.2). E di forma quasi ovale come lo indica il suo nome; il proto- plasma è granuloso e di color giallo verdognolo. Il peristoma d è largo, posto alla parte anteriore del corpo, circondato da una lunga e fina corona di ciglia; al peristoma fa seguito un largo faringe /. La regione posteriore del corpo presenta una piccola solca- | tura, che rappresenta l’apertura anale a, tutta circondata da un largo ciuffo ciliare ca. L’interno del corpo presenta di rimarchevole, alla regione anteriore e un po’a lato del faringe, un grosso ammasso di cor- puscoli rotondi a contorni oscuri costituenti nel loro insieme una (1) V. Bollettino Scientifico, Anno XII, marzo 1890, n. 1, pag. 7. 52 forma sferica wp chiamati da noi massa ‘pigmentata, perchè contiene un pigmento giallo bruno. Schuber nei bovini li cre- dette concrezioni calcari, io però, trattandoli coll’acido nitrico, non ho ottenuto nè effervescenza nè la loro scomparsa. Attorno a questi corpuscoli vi ha una zona jalina <7 ben marcata. Il nu- cleo n è grosso ed oblungo con nucleolo nc, ed è posto nel centro del corpo; sotto al nucleo e lateralmente vi sta una grossa ve- scicola contrattile. La figura 2.* tavola 3.* rappresenta lo stesso ciliato in stato di divisione. Le sue misure sono: Lunghezza mm. 0. 6. Larghezza mm. 0.4. 2.° Didesmis quadrata. (Tav. 3.2 Fig. 3.2). Se si osserva questo ciliato di facciata si presenta alquanto quadrato, egli però è appiattito dall’avanti all'indietro. Come nella specie precedente presenta un peristoma d largo con ciglia fini, che l’attorniano, e alla parte posteriore havvi pure la cavità anale @ col ciuffo ciliare ca. La massa pigmentata mp, la zona jalina 27, il nucleo x e la vescicola contrattile sono pure disposte come nel didesmis ovalis. Quello che vi è in più in questo ciliato è una solcatura jalina sm, che attraversa tutto il corpo nella sua regione mediana lungo il suo massimo asse. Questa solca- tura la si osserva bene se si guarda il ciliato dall’alto al basso, come lo rappresenta la figura 5.2 sm. La faccia opposta a quella in cuì sì osserva la scanellatura alcune volte è leggermente concava nel suo centro, altre volte è piana, infine può essere, e ciò è più sovente, costituita da due piani inclinati leggermente ed unentisi pure lungo la linea mediana longitudinale nel punto d (fig. 5.2). La figura % rappresenta lo stadio di scissione del didesmis quadrata. Le misure sono: Lunghezza mm. 0. 6. Larghezza mm. 0. 4, A TINO x RAI Pi i I : 5 t » , : î rd Genere: Paraisothricha mihi. In questo genere noi comprendiamo degli esseri che, oltre avere dei caratteri come quelli del genere isotrica, cioè corpo non contrattile ma elastico e coperto completamente di sottili ciglia, ectoplasma ispessito, endoplasma omogeneo, ne presentano altri che li fanno differenziare, come sarebbero la presenza di masse pigmentate con zona jalina e sormontate’ da lungo ciuffo ciliare; lunghi ciuffi di ciglia al peristoma e presenza quasi co- stante dell’apertura anale. Specie. 1.° Paraisothricha colpoidea. (Tav. 4.a Fig. 1.2). La sì riscontra di frequente sia nel cieco che nel colon, ha forma ovoidale ed assomiglia alquanto alla colpoda che riscon- triamo nelle acque. Alla parte anteriore e laterale del corpo havvi un peristoma d seguito da uno stretto faringe f. Le lunghe ciglia che contornano il peristoma si prolungano pure nel faringe. Il corpo è coperto da ciglia finissime, disposte in modo da formare delle striature convergenti alla base. L’ectoplasma ec è ben distinto dall’ endo- plasma en il quale è omogeneamente granuloso. Solo però in al- cuni punti, che variano da individuo ad individuo, osservansi dei corpicciuoli s tondeggianti a contorno ben delimitato, di grane dezza differente e rifrangenti la luce. La natura di questi cor- picciuoli non ho potuto determinarla, essi però assomigliano a delle spore. Nell’ interno del protoplasma osservasi pure una grossa vescicola contrattile vc posta alla regione posteriore del corpo, poco al dissopra dell’ apertura anale, e alla parte ante- riore vi si scorge un grosso nucleo allungato n, con nucleolo; al dissopra del nucleo nel polo anteriore havvi la solita massa pigmentata mp colla zona jalina 47 e sopra alla massa e alla zona spunta un ciuffo di lunghe ciglia ca. Io non ho mai osservato questa forma di ciliato in istato di divisione. La figura seconda della stessa tavola ci mostra il medesimo protozoo veduto dall’ alto al basso in momento in cui la vibra» ‘54 zione delle ciglia era massima, poco prima che avvenisse la sua morte la quale arriva ben presto e con essa spesso uno stato di sfasciamento del corpo. Infatti appena cessato ogni movimento vitale, l’ectoplasma si rompe in un punto qualunque e da questa breccia sortono l’endoplasma granuloso, i corpuscoli tondeggianti, da noi supposti spore, il nucleo, e le masse pigmentate, le quali alla loro volta si possono disaggregare e come corpicciuoli lu- centi e liberi sì trovano sparse nel campo del microscopio. Osserverò come questa paraisotricha sia dotata di movimenti molto celeri eliciformi, come si osserva del resto in quasi tutti i ciliati. Le sue misure medie sono: Lunghezza mm. 0.11. Larghezza mm. 0.7. 2.° Paraisothricha oblonga mihi. (Tav. 4.2 Fig. 3.2). N99 La parte anteriore del corpo è identica alla specie preceden- temente descritta e varia solo da quella in ciò che la parte po- steriore termina a forma triangolare a cui dà capo l'apertura anale a. Questa forma però si osserva molto più raramente. La sua lunghezza è mm. 0.12. La larghezza è mm. 0. 6. 3.° Paratsothricha ovalis. (Tav. 4.2 Fig. 4.2). Come lo indica il nome, essa è di forma ovale e presenta d’interessante un peristoma largo d sormontato da una corona ciliare finissima e molto più lunga delle ciglia che coprono tutto il restante del corpo. Il faringe / che fa seguito al peristoma è pieghettato e contrattile. L’ectoplasma ec è ben distinto dall’en- doplasma che è molto granuloso e come costituito da tante hol- licine. Alcune volte, si può osservare una zona jalina n _ Ù la priorità della bacterioterapia (Transunti). — Notizie universitarie. Me nouncio. Qu st ATEI NNO vili — Fasc. I. - Zoja? ATE casi di tini ottico doge — Cattaneo: Strut- e sviluppo. dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). - Stefa-. Nevrite micotica nella lebbra. Sormani: Contribuzione agli studj sulla a naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- ogica. — (Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione degli un dato microbio. — Idem : Sull’ attenuazione dei virus, e sui virus. i - o vaccini. - Ag universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze. Bra _ Maria l'esicoh): uaarizioni sulla toa delle glandole in- inali. dei vertebrati. - Maggi: Per dare un’idea delle forme degli AGERE RI 6. La Clinica Veterinaria — Milano, N. 4 è 5. — 1890. Re 00 7. Lo Spallanzani — Roma — Fase. 5.° — 1890. Li a 8. La salute pubblica. - Perùgia, N. 28, 29 e 30, 1890. a, 9. La Rassegna di Scienze Mediche. — Modena, N. 4,,5e 6 - 1890. 10. La Nuova Notarisia. — Padova, aprile e. giugno, 1890. SA 11. Monitore zoologico italiano. — Dal Fase. 1.° al 5.° — ‘1890. SCELTE RARE 12. Notarisia-Commenturium phycologicum. — Venezia, N. 18 - ‘1890; 13. Rivista italiana di Scienze Naturali. — Siena, Fasc. 4.°, 5.° e 6.° 14. Rivista italiana di Terapia ed Igiene. — Piacenza, Fasc. 4.9, 5. E: Rivista generale italiana di Clinica Medica. - Pisa, Fase. SR ì 16. Anales de la sociedad cientifica argentina: - Puenos-Aires, Fase. - Vol. 29. — 1890. ci 17. Anales del Circulo Medico Argentino. = . Buenos-Aires,. Fase. A Si 18. Bulletin de la Société zoologique de France. — Paris, dal Fasc. r° 19. Bulletin de la Société Belge de microscopie, N. 6 e 7, 1890. — Brux 20. Feuille des jeunes naturalisies. — Paris, N. 234 e 235. — 1890 24. Revue biologique du Nord de la France. — Lille, Fasc. 7.°, 8.° e 9.° — 22. The journal of comparative medicine and veterinary archives. ai lilade N.4,5e 6 — 1890. Aia isa 23. Revue internationale de bibliographie medicale, pharmaceutiue è € - Paris, Fasc. :2.°, Vol. 1.°) 1890. RE 500 Numeri mancanti. LET 1. Gazzetta medica. lombarda, N. 50 e 46, 1889. PRE TA SPREA 2. Giornale di Veterinaria Militare, N. 2 e 3, 1888, NR ; 3. La Rassegna di scienze mediche, N. 9 e pe 1889. SR TE 4. Bulletin de la société belge de microscopie, N, 1, 24 e 23, 1888 e Lat m 8a 9) 6 e 7, 1889. La #8 5. ‘Boletin clinico de Lerida, N. 1,6 e 7, 189... 6. Bulletin de la Société zoologigue de France. — Fase. 4° 7. Feuille des jeunes naturalistes, N. 225, 1859. 8. Anales del circulo medico Argentino. — Dal Fase. 1.° 9. Revue biologique du nord de la France. — Fasc. 5.° -° 1890. 10. Bollettino dell’ associazione medica lombarda. — 'Fasc. 8 se , 1890. 11. La nuova notarisia. — Fasc. di maggio 1890. . pe 12. Rivista dr italiana di clinica medica. - Faso, DI 1889. "4 i 1885. — ‘Stefanini. Dott. Domenicb, Pavia anno 1884. — IDRA Pe din bic pel Gabinette Zoologico della R. Università di Pavia, anno 188. — pa p Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. — Fumagalli Dott. Achille, Como, 1889. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anato Umana Regia Università di Pavia, anno 1885. — Gabinetto Anatomia Coi Regia Università di Pavia, anno 1889. — Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, ann - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. - Lingiardi Dott. G. Bi Pavia, anno ]l - Gabinetto Zoologia Regia Università di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno PELO como, Sassari, anno 1853. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno ] Arata D.r Pedro, cdi dh 17): anno 1887. — R. Orto Botanico, Pavia, “anni FEE I Bi E NATÙRALIEN- -COMPTOIR Cer 8 Vien. VII Breitegasse, 9. | Cu Il Dottor Leopoldo Eger di Vienna ha delle vellibcime raccolte di oggett A di Storia Naturale; vende, compera e fa dei cambi; tiene corrispondenza ii in italiano, francese ed inglese; spedisce il suo catalogo a chi gliene fa diretta mente domanda. bh LIT s* CO v - ( FIDO NI PR) Anno XII. Settembre 1890. Rito IAISDIIDISSIIDIDNIDPIODIPRIIIIODILDIDIIL_LIDIDIOIIDVI DPISIDIIISTSIII SSIS TIVI ASDIIS SSIS SSISISISIIA VATI 1, BMLETTNO Sino LEOPOLDO MAGGI GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. D’ ANATOMIA E FISIOLOGIA PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA adi MA % Gui * | % di Î COMPARATE UMANA pon NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA Vi a LR DIS su ACHILLE DE-GIOVANNI 1 Ai PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA sil +3 “2 [8 e F Ò È di ‘E È "(0 dI | Un Anno $. $, £ MaI. i cd . Sa | Vis Ù | 4 "i nil 1a ui AR ì $i î sw Lin i 3 3 A (RI PAVIA. | 3 SI | Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni. | 1890. INDICE. dei lavori contenuti nei fascicoli del Y VI, VII e VIN anno sati) | “ costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. RI sa ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti la cirrosi epatica. (Com. preventiva). - Zoia: Rare varietà dei condotti epatici. — ‘ Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. —. Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle ILSSE di Vall’ Intelvi. — No-.. tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Fasc. II. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi i e C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). — No- tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza oe pel Prof. A. . De-Giovanni. Fasc. III. — Maggi: Ricerca di nitrati al microscopio. — Maggi: Sull’analisi microscopica dell’ acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI di fontaniva del padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gl cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — cadandi: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e _d’ Infusorj. Fasc. IV. — De-Giovanni: Studì morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi» colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e délle sue Alpi (cont. e fine). — Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Estero » L1O||[Uorso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in An numero separato . . >» 2 Pavia dall’Editore edai Redat- pumero arretrato . . > <=|Ogninum.° è di 32 pag."\| tori. G i SOMMARIO . ZOJA: Alcune ricerche morfologiche e fisiologiche sull’ Zydra. (Con 6 Bo). — — Recensioni. (MAGGI: Nota i seconda sulle fontanelle nello scheletro lico di alcuni mammiferi). — C. PARONA: Elmintologia italiana, Biblio- fia, Sistematica e Storia PR Selena SE ‘Howe NGGICNE morfologiche e fisiologiche sull Hydra DEL DOTTORE RAFFAELLO ZOJA. SommaRIO. — Introduzione. — Materiale di osservazione e distinzione delle . —_ Tecnica. — Costituzione anatomica dell’ Hydra. — 4). Morfologia. L Hydra è una forma non regredita, ma primitiva. — 2. L’ Hydra si ve ritenere una associazione di protohydre, considerandosi i tentacoli omo- alle gemme. — 8. Schizzo del modo di derivazione filogenetica del- dra da un organismo analogo alla Protohydra. — 4. Origine dei feno- di gemmazione e condizioni che li determinano nell’ Hydra. — 5. Po- i i dell’ Hydra. — 8. Simmetria dell’ Hydra. — x Introduzione. — I molti lavori dei quali l’Hydra fu argomento, iestano l’attenzione che questo organismo destò negli studiosi Pe cose naturali fino dalla sua scoperta. Un primo periodo degli udi fatti su di essa abbraccia parecchie opere, talune delle quali che voluminose, che tutte seguono l'indirizzo dato dal Trem- ;Y (1) nel suo notissimo libro, che ha incominciato, secondo e il Baer, una nuova epoca per la fisiologia generale ed ha 66 in taluni punti esaurito l'argomento. Fra i continuatori ed imi- tatori di lui vanno particolarmente ricordati Baker (2), Rosel von Rosenbhof (3), Goeze (4): essi verificarono i fatti descritti dal Trembley ed aggiunsero anche osservazioni e notizie pro- prie, sempre però mantenendosi nello stesso indirizzo. Da essi si scostarono il Pallas (5) e l’Ehremberg, i quali scoprirono la generazione sessuale nell’ Hydra, intravista dal Trembley. Coll’ estendersi delle indagini microscopiche l’ Hydra divenne pure il centro di una discussione animata sulla sua costituzione cellulare, alla quale presero parte Ecker (6), Leydig (7), Kolliker (8), Reichert (9), sostenendo l’Ecker ed il Rei- chert specialmente che essa è costituita di una sostanza con- trattile non riunita in cellule. Questa questione potè dirsi chius: coll’ apparire della monografia del Kleinenberg (10): egli poi colla sua teoria neuromuscolare, aprì un'altra serie di discus sioni che prese origine dagli studi sull’ Hydra. La monografi del Kleinenberg fece tanto progredire le nostre conoscenz sulla istiologia ed embriologia dell’Hydra, che va ritenuta com il più importante dei lavori moderni fatti su questo organismo. Dopo di essa, si pubblicarono parecchie altre memorie sul l'Hydra, le quali si riferiscono specialmente alla sua embriologi ed istiologia: fra queste principale è la memoria del Jickeli (11) altri autori seguirono piuttosto un indirizzo biologico come W Marshall (18), o morfologico come l’Haacke (17). Le molte lacune che esistono ancora nella storia di questo in teressante cnidario mi hanno determinato ad intraprendere sulle sua morfologia e sui suoi organi della motilità e della sensibilit alcune ricerche, che presentai come dissertazione per ottenere I laurea in Scienze Naturali nell’ Università di Pavia (giugno 1890 e delle quali do qui i risultati principali (1) | Materiale di osservazione e distinzione delle speci. — Il prim materiale di osservazione ebbi dal professore Maggi, che nell (1) Sento il bisogno di ringraziare vivamente il mio amato maestro professo Leopoldo Maggi per il costante ed efficace aiuto prestatomi coi suoi consigli e e fornirmi largamente nel suo laboratorio di quanto mi era necessario per que studi. 67 | Valcuvia trovò numerosi esemplari di Hydra viridis. Da Sairano | presso Pavia, ebbi poi per gentilezza del professore Brugnatelli, alcuni esemplari di Hydra grisea, che in breve sì molitiplicarono ‘assai nei miei acquari, ma particolarmente in alcuni fossati dei ‘ dintorni di Pavia e nella Lanca di Ticinello trovai abbondanti . Idre delle speci viridis, grisea e vulgaris: il potermi procurare continuamente del materiale tolto dalla sua sede naturale, mi | facilitò assai il lavoro. Raccolsi pure nei laghi di Sils e Silva- plana (Engadina) molte Hydra rhetica Asper, che mandai a Pavia, ma un cambiamento d’acqua le uccise tutte; nè miglior sorte ebbero due altre spedizioni fattemi da Silvaplana. Le mie ricerche furono quindi limitate alle speci Hydra wviridis, H. «grisea ed H. vulgaris: per la determinazione di queste speci adotto i caratteri suggeriti dal Jickeli (11 e 15), avendo potuto ‘riconoscere io pure la loro importanza. Nelle figure 1, 2 e 3 della Tavola VI.* ho disegnate allo stesso ingrandimento le ne- matocisti di queste tre speci. Prima di intraprendere ricerche speciali, valendomi di una ‘appropriata tecnica, feci un accurato studio anatomico dell’ Hydra. ‘I risultati di esso concordano generalmente con quelli del Jickeli, «per modo che ne do solo un breve sunto. Tecnica. — Si occuparono particolarmente della tecnica per le preparazioni dell’Hydra Kleinenberg (10), Parker (14), « Hamann (13) e Jickeli (11). Io provai quasi tutti i metodi che trovai indicati da questi e da altri autori. Quando la osserva- zione sull’animale vivo, la quale per lo studio di molte questioni dà risultati assai soddisfacenti, non basta, ricorrendo a sezioni 0 dilacerazioni, occorre anzitutto aver cura che i reagenti adope- rati fissino con una certa energia i tessuti, perchè sì tratta qui in molti casi di elementi cellulari così facili ad alterarsi, che in breve diventano assolutamente irriconoscibili. A). Per sezioni, come fissatori mi diedero migliori risultati l’acido osmico a 0,5-1 0[o, l'acido cromico a 0,025 Of; la miscela ‘eromo-osmica di Max Flesch (67), il liquido di Muller, il bi- ‘eromato ammonico a 1-2' 0[0, l'acido picro-solforico; come colo- ‘ranti il carmino, il picrocarmino, l’eosina, la safranina, il me- ‘tilvioletto, il bleu di metilene, l'acido osmico a 1 0lg: come massa 68 di inclusione il burro di cacao e la paraffina. I due metodi che ho usati con maggior profitto furono i seguenti: 1). Un'Hydra allo stato voluto di contrazione viene fissata coll’acido osmico, o cromosmico, o cromico alle proporzioni in- dicate: l’ ultimo reagente talora non vale a dare l’animale fis- sato: nello stato di massima estensione: si può allora ucciderlo prima con acido osmico a 0,5 0fg e poi subito passarlo nell’acido cromico. Nell’ acido osmico si può lasciare il pezzo da una mez- z'ora a due ore ed anche più, nell’acido cromo-osmico e* nel- l’acido cromico 24 ore. Tinto pol con picrocarmino; o carmino boracico, e passato rapidamente in alcool ai varî gradi di con- centrazione, si include l’animale in paraffina nel modo indicato da W. Giesbrecht nel Zoologischer Anzeiger (12). L’Ha- mann (13) indicò questo metodo per lo studio dell’ Hydra ed esso dà realmente buonissimi risultati. 2). Assai più spiccio è il metodo suggerito dal Parker (14): ucciso l’animale con bicromato ammonico (od anche con acido osmico) e colorato, viene posto in alcool e poi in olio di garofano. indi in burro di cacao fuso: fatte sezioni, queste si liberano dalla massa di inclusione ponendole in olio di garofano ove si conser- vano anche abbastanza a lungo. Mi valsi di frequente di questo metodo specialmente per osservazioni rapide, e, colorando con metilvioletto, esso mi riuscì utilissimo per lo studio delle fibre muscolari. B. Le dilacerazioni possono essere fatte sul fresco, o su esemplari fissati con uno dei reagenti indicati, passati in alcool e dilacerati in glicerina allungata. Meglio è però che la dilace- razione segua alla macerazione. Come maceratore serve assai bene l’acido acetico a 0,05 — 0,025 Oto (un quarto d’ora o mez z' ora) per esemplari freschi, come indica il Kleinenberg. Al-R l’acido acetico si può con vantaggio aggiungere dell’acido osmico. Per esemplari già fissati può impiegarsi anche una soluzione più forte di acido acetico (0,5 0fo) e per un tempo assai più lungo (3 a 4 giorni). Altri maceratori utili sono l’acido pirolignoso (me- todo di Czeska, V. Jickeli, per la lamina di sostegno) ed il bicromato ammonico. | In ogni caso però cercai, per quanto mi fu possibile, di os-l 64 ‘servare sul vivo quanto avevo potuto discernere coll’ aiuto dei ‘reagenti: questo non si può sempre fare, ma per lo studio di ‘taluni elementi costitutivi del corpo dell’ Hydra si può ritenere indispensabile. Per esempio, come già ha fatto notare il Kleinen- berg, la netta granulazione delle cellule ectodermiche non può ‘vedersi che sul vivo. Costituzione anatomica dell’Hydra. — Tutta la parete del corpo come dei tentacoli dell’ Hydra è costituita di due strati ben de- finiti: l’ectoderma e ia divisi da una lamina di soste- gno (Tav. IV.* fig. 3). A). Ectoderma. — È costituito di cellule di vario tipo: vi sono grandi cellule dell’ectoderma (mio-epiteliali , neuromusco- lari di Kleinenberg) disposte in un solo strato, con nucleo ovale nucleolato, talora binucleolato, le quali si assottigliano e sì biforcano spesso verso l’interno, ove terminano con fibrille longitudinali (fl.) aderenti alla una di sostegno. Fra le grandi cellule ectodermiche (©. ec.) stanno piccole cellule più o meno mumerose ed accumulate presso la lamina di sostegno, le cellule del tessuto interstiziale di Kleinenberg (cz), delle quali alcune presentano forme di sviluppo delle nematocisti (a. nc.), altre. sontengono nematocisti completamente sviluppate e si portano presso la superficie (c. nc.}. Frammezzo a queste cellule intersti- ziali stanno anche le cellule nervose di Rouget e Jickeli (Ta- vola VI. fig. 17 e 18). Le grandi cellule ectodermiche subiscono notevoli modificazioni al disco pedale (Tav. V.à fig. 11), dove si “anno assai più granulose con aspetto glandulare: qui non SMI, ‘ra di esse cellule interstiziali. | B). Lamina di sostegno (Stiutzlamelle). Si vede come uno ibrato ialino interposto fra l’ ectoderma e l’entoderma che ne” ono nettamente divisi (ls.): secondo il Jickeli essa è traver- ‘ata da fine fibrille che uniscono le fibre ectodermiche alle fibre ‘ntodermiche (Tav. V.* fig. 5 s/.). | C). Entoderma. — Anche qui si ha un’ epitelio unistrati- ato costituito di grandi cellule (c. en.) come nell’ ectoderma. lueste cellule sono però più grandi, vacuolate; hanno nucleo Yale nucleolato o binucleolato e contengono i granuli di cloro- e le masserelle alimentarii che danno la particolare colora- VR LTT AO rE ; r “ fì "3 4 APE 70 zione alle varie speci ed ai varil individui. Alla estremità basale anche le cellule entodermiche terminano in fibre aderenti alla lamina di sostegno, le quali hanno però un decorso trasversale. L’estremità libera termina in uno o più flagelli (Tav. V.è fig. 3). Alle base delle cellule entodermiche non stanno cellule intersti- ziali, od almeno non vi furono mai viste: le cellule entodermiche quindi non terminano ramificate come le grandi cellule dell’ecto- derma. Stanno invece fra i loro apici cellule glandulari (Cc. g.) di forma conica, provviste di nucleo e contenenti numerose ve- scicole : si trovano specialmente nell’ipostoma, ma anche su tutta la porzione interna e si osservano benissimo sul vivo (Tav. V.* fig. 6). Secondo il Jickeli altre cellule glandulari di un tipo differente sono quelle che stanno internamente al disco pedale : esse contengono concrezioni che pare di tanto in tanto vengano espulse. 4). MORFOLOGIA. Dato così un rapido sguardo alla costituzione istiologica del. corpo dell’ Hydra, vediamo quale ne sia la forma generale e come la si possa spiegare. Già Mereschkowsky (16) e Haa- cke (17) considerarono l Hydra come una colonia costituita di un individuo principale, il corpo (Hauptperson), e di parecchi individui secondarii, i tentacoli (Nebenpersonen), W. Mar- shall (18) si oppone a questa opinione, citando contro di essa l'autorità del Gegenbaur (19). Per conto mio credo di dover invece accettare la opinione dell’ Haacke. Prima di trattare questa questione occorre però decidere se l’ Hydra sia da consì- derarsi una forma regredita od una forma primitiva degli idroidi. Io ritengo decisamente conforme alla verità questa seconda opi- nione, benchè la prima sembri raccogliere i maggiori suffragi. 1. L’Hydra è una forma non regredita, ma primitiva. — At- tualmente nella zoologia prevale forse troppo la tendenza a vo- ler considerare come regrediti tanti esseri semplici, prendendo come indizio di regressione la presenza di taluni organi che po- @ e, ii SO ì Y PSA 0 DI n) 71 ‘tranno dinotare una adattazione comune, o forse meglio una co- mune eredità, ma che non possono valere come documento di quanto sì Siiole affermare. Nel caso speciale dell’ Hydra poi non «v'è nessun fatto in favore della opinione che la ritiene una forma regredita. Se si volesse infatti considerare come indizio di una regressione la presenza di un organo tanto complesso come la nematociste, basterebbe per rispondere a questo argomento il ‘considerare come sia questo un organo generale a tutti i Cnidari e tale che deve avere determinato una notevole influenza sulla loro morfologia. È quindi assai logico il ritenere che anche le forme primitive di questo gruppo debbano esserne state fornite. La nematociste è del resto un organo che nel suo modo d’agire pare mosso da stimoli e cause fisiche così nettamente palesi, che «non sembra accennare ad una elaborazione biologica assai ele- vata: basta poi il considerare la complicazione di struttura e funzione elevatissima a. cui può giungere una cellula (ne sono prova moltissimi protisti: Radiolari, Ciliati, ecc.), perchè ogni difficoltà di questo genere scompaia, e si possa ritenere la nema- ‘tociste come l’ elaborazione di una cellula anche se costituente un animale assai semplice e più di quello che non sia l’Hydra. Recenti studii provarono poi la presenza di un organo (polkapsel) assai affine alla nematociste negli Sporospermi (Butschli (69)). Ma gli organi sui quali principalmente si fondano i sosteni- ‘tori della opinione che l’Hydra sia una forma regredita, sono «gli organi riproduttori sessuali. Infatti vediamo come A. Milnes ‘Marshall (20) ponga questi a base del suo ragionamento e rias- ‘\suma in cinque proposizioni gli argomenti che ritiene sufficienti ‘a dimostrare la sua tesi. 1). Egli dice: « l’Hydra è ermafrodita quasi unica fra gli » idroidi; non si può ritenere in essi primitivo l’ ermafrodismo ‘> che devesi ritenere generalmente acquisito ». Ma l’ ermafro- ‘dismo, come è generalmente riconosciuto, è una forma antece- ‘dente, un endistinto nel senso di Ardigò, rispetto al distinto successivo della unisessualità, è quindi piuttosto una prova della primitività dell'organismo in questione, quando non vi siano altri dati che ne provino la degenerazione. Nell’ Hydra poi il processo A passaggio dall’ ermafrodismo alla unisessualità è così chiara- ‘ fra gli ovarî ed anche sotto gli ovarî; in questo caso non si ha n ‘organi di sesso diverso. (Vidi non di rado gli elementi femminili 72 mente accennato che potrebbe forse valere il solo studio di questi fatti sull'organismo di cui ci occupiamo per dimostrare la ge- nesi della unisessualità. Infatti nelle idre ermafrodite, se gli organi sessuali sono molto numerosi, essi sono mescolati fra di loro senza una netta distinzione di area; i testicoli si trovano quindi una zona del corpo ove le cellule interstiziali subiscono una differenziazione ovarica, ed un’ altra dove ne subiscono una testicolare. Nel caso più frequente, invece, gli organi maschili. sono localizzati sulla porzione anteriore del corpo, i femminili sulla posteriore (presso a poco nella zona gemmante): non di rado gli organi dei due sessi sono riuniti sullo stesso individuo e si osservarono chiarissimi casi di autofecondazione. È questo evidentemente un ermafrodismo sufficiente: può anche in questi casi però avvenire la fecondazione fra individui diversi. Ma oltre a questi individui decisamente ermafroditi, se ne osservano pa- recchi in cui si ha una unisessualità apparente, mutandosi il sesso dello stesso individuo per la maturanza anticipata degli uni. o degli altri elementi; sono questi casi di ermafrodismo insuffi- ciente. Negli acquarî che tengo nel laboratorio osservai nell’ul- timo periodo di maturità sessuale (aprile-maggio 1890) un nu- mero assai più considerevole che non avrei pensato di esemplari di Hydra grisea con organi soltanto maschili o soltanto femmi- nili: talora essi non sviluppavano neppure successivamente gli precedere i maschili, mentre di solito fu osservato il caso con- trario). La unisessualità che si presenta qui come una eccezione, sembra, essere invece la regola in talune varietà di Hydra, come in quella descritta dall’Asper nella Limmat (21) e in quella dei laghi dell’alta Engadina, che egli chiamò Hydra Rhetica (22). | Quando io visitai questi laghi sulla fine dell’ agosto 1889 non- potei trovare individui cogli organi sessuali, quindi non potei verificare il fatto. Divisi gli individui maschili dai femminili, cessa, secondo la descrizione dell’ Asper, anche la localizzazione degli organi sessuali su determinate porzioni del corpo. Forse la uni- sessualità in questi casi è davvero prodotta dalle condizioni fa- vorevoli, come dice l’ Asper; e realmente bisogna ammetterle 73 tali visto il numero sterminato di idre che si trovano nei laghi sopracitati. La unisessualità ne può dipendere in modo indiretto per la facilità di una fecondazione fra individui diversi, dove questi sono così frequenti. 2). La seconda proposizione formulata dal Marshall è: « l’Hydra è un idroide d’acqua dolce; gli animali d’acqua dolce » generalmente provengono dai marini subendo delle modifica- >» zioni ». — Lasciando a parte i molti organismi che si sono adattati a mezzi diversi subendo poche modificazioni, l’ Hydra sembra un animale poco mutabile; infatti le idre trovate fossili . nel Braunkohle da Carl e Lucas von Heyden (23), dalla de- scrizione che ne danno i citati autori, sembrano identiche alle forme attuali, e le diverse varietà di Hydra che furono descritte anche in condizioni climateriche diversissime non presentano che modificazioni di volume e di colore, non cambiando per nulla ì loro caratteri essenziali. Non bisogna inoltre dimenticare che la forma primitiva degli idroidi fu trovata dal Greef (24) in una forma marina, nella Protohydra Leuckarti, rispetto alla quale sì osserva nell’ Hydra d’acqua dolce un progresso, anzichè un regresso, con una forma intermedia, che potrebbe essere la M2- .crohydra Ryderi (25), pure d’acqua dolce (1). Del resto non pare che la salsedine debba determinare in questo organismo grandi | modificazioni, perchè la Hydra viridis, varietà Bakeri di W. Marshall (18), trovata nel lago di Mansfeld, che ha una sal- sedine di 0,5, non presenta rispetto alle altre idre che modifi- cazioni di volume. 3). « L’ovario dell’Hydra si mostra modificato e non pri- » mitivo. Fra molte cellule una sola diviene uovo e le altre le +» servono di cibo. Questa è una condizione eccezionale e modi- » ficata ». — Nell'affermare che l’ ovario dell’ Hydra si mostra modificato e non primitivo si vede davvero troppo chiaramente come il Marshall sia stato guidato da un preconcetto, come (1) J. A. Ryder pensa che la Microhydra Ryderi Potts sia la forma più sem- | plice degli idroidi, ma non mi pare citi ragioni sufficienti perchè la si ritenga più semplice della Protohydra. 74 pare del resto sia avvenuto per gli altri autori che ammettono. una tale modificazione nell’ovario di questo organismo. Data la origine degli elementi femminili dal tessuto interstiziale dell’ec- toderma, non si capisce davvero come diversamente avrebbe do- vuto formarsi quest’ organo. Infatti i legami dell’ ectoderma col- l’entoderma per l’accrescimento del tessuto interstiziale si vanno sciogliendo, e le grandi cellule ectodermiche formano un rive- stimento all’organo ovarico; finchè per l’ulteriore accrescimento della massa sottostante il rivestimento si spezza lasciando nudo l’uovo che può così essere fecondato. È questo certo il modo di formazione più semplice possibile di un involucro ovarico. Quanto al maturare come uovo una sola delle cellule del tessuto inter- stiziale, questa si può ritenere una adattazione locale di poca im- portanza determinata da qualche causa particolare (forse la scar- sezza del nutrimento): del resto, se è giusto negli idroidi il pren- dere in esame l’ ovario per determinare se un organismo è pri- LS mitivo o no, perchè l’ ovario è una formazione che si manifesta qui per la prima volta così nettamente costituita, non è altret- ‘ tanto giusto lo sciegliere un organo che come l’ uovo ha già prima degli idroidi una lunga storia, trovandosi presumibilmente nelle forme primordiali dei celenterati e nei mezozoi; le modi- ficazioni che in esso si manifestano possono ripeterne altre pa- lingenetiche, precedentemente acquisite. 4). « Nell’altro idroide d’acqua dolce, la Cordilophora la- » custris si hanno già notevoli modificazioni: pare che essa si > sia adattata da poco tempo all'acqua dolce e non molte mo- » dificazioni la ridurrebbero allo stato dell’ Hydra ». La Cords- lophora è però un idroide sociale, con individui polimorfi, quindi presenta già sotto questo aspetto una interessante ‘differenza dal- l’Hydra, ma fra questi due generi si ha ben'altra differenza es- senziale. Mentre la Cordilophora ha i tentacoli ripieni come provò. F. E. Schulze (26) e come ora ammette anche l’Allman (27), l’Hydra ha i tentacoli ancora cavi (Tav. V.* fig. 12) e questa, nota opportunamente l’ Ha mann (28), è una caratteristica del- l’Hydra e depone in favore dell'essere questo un organismo vi- cino alla forma originaria dei celenterati: e ciò tanto più, parmi, | quando sì considerino i tentacoli come omologhi alle gemme. Pro- | | i 75 babilmente nessuna adattazione nella Cordilophora, che è già differenziata al punto da aver perduto il canale tentacolare, ri- uscirebbe a ridonarle questo carattere primitivo. 5). « L’ovario ed i testicoli dell’ Hydra sono costituiti di » solo ectoderma; i gonofori degli idroidi di entoderma e di ec- . » toderma: non si spiegherebbe quindi come questi gonofori pos- » sano avere i due tessuti se dovesse essere primitiva la forma » dell’Hydra ». La presenza di due strati nei gonofori degli idroidi mì pare invece sì possa spiegare assai bene ammettendo il go- noforo omologo ad una gemma dell’Hydra, presenti essa o no i tentacoli. Gli elementi sessuali si trovano allora in un organo coi due tessuti, ed omologo all’ovario ed al testicolo dell’ Hydra devesi ritenere non già tutto il gonoforo, come vogliono fra gli altri Allman (29), W. Marshall (20), Gegenbaur (36), Per- rier (31), ma la sporgenza determinata nel gonoforo dall’ accu- mulamento degli elementi sessuali, sia che questo avvenga verso l’entoderma o verso l’ectoderma, giacchè si sa che non è costan- temente uguale la derivazione di tali elementi negli idroidi. Sta bene il ritenere riduzioni di meduse libere i gonofori degli idroidi che presentano ancora la campana, organo che ad essi non serve più, ma per gli organi riproduttori dell’ Hydra non c’è nessun fatto che provi una riduzione. Del resto sostiene che essi siano primitivi anche il Weissman. n Da quanto ho detto mi pare visulti che le ragioni esposte dal Marshall per sostenere che l’Hydra è un organismo re- gredito, non servano a comprovare la sua tesi: se ne hanno in- vece di buone per sostenere il contrario. Fra queste, oltre alle già esposte, citerò: 1). La grande indifferenza delle parti costituenti il corpo: come è noto, un pezzetto anche assai piccolo della parete del corpo riproduce l’animale intero: questo fatto si collega colla | presenza di una forma di riproduzione asessuale caratteristica di animali assai semplici, quale è quella della divisione trasver- sale spontanea, che, costante nel Protohydra, fu osservata da Trembley, e Rosel anche nell’ Hydra. Questa modalità di ri- produzione negata per l’Hydra da altri osservatori fu poi ri- | conosciuta vera da W. Marshall (18). Anch'io ho potuto veri- mista: PUT 76 ficarla in due casi sopra uno stesso individuo di Hydra grisea (Tav.13; #62 #89 2). La indifferenza delle varie parti del corpo rispetto alla riproduzione anche in condizioni perfettamente normali, perchè, benchè si osservi, come dice W. Marshall per la MH. ver. va- rietà Bakeri, un piano su cui si formano le gemme, questo non deve ritenersi troppo circoscritto: piuttosto che un piano, sarebbe da indicarsi come un’area germinativa per le gemme, una zona anche abbastanza estesa, determinata forse, come il Marshall stesso bene nota, dalla opportunità del movimento e della nutri- zione. Nelle idre de’ miei acquarii, tanto grisea che vulgaris, ho potuto constatare come anche quando vi sono due -sole gemme avviene assai spesso che esse siano su piani diversi, e ciò quando la loro cavità gastrica è ancora in continuazione con quella della madre. Se le gemme poi sono numerose, i piani dove esse si formano sono costantemente diversi, come già avevano indicato nelle loro figure Trembley e Baker. In taluni esemplari poi le gemme sono assai più vicine alla estremità cefalica. 3). Nell’Hydra, come già si è detto per la genesi dell’ uni- sessualità, si ha assai ben delineato il modo di formazione di una colonia. In questo organismo non si ha di solito la formazione di colonie permanenti (la associazione del corpo coi tentacoli si deve ritenere bensì una colonia, ma di protohydre, non di idre): la gemma abitualmente si stacca quando è capace di procurarsi il nutrimento e quando quello fornitole dalla madre, o che può procurarsi stando ad essa unita, non le è più sufficiente. Se questo è abbondante essa può però starle unita lungo tempo e si possono così avere colonie temporanee numerose, anche di parecchi indi- vidui e di varie generazioni, come quella di diciannove individui disegnata dal Trembley. L’Asper (22) dice poi che nell’Hydra | rhetica si hanno talora due individui uniti in modo da formare colonie permanenti e ne dà la figura (1): io pure ho osservato questo fatto in una Hydra vulgaris (Tav. I fig. 10), appena tolta dalla sua sede naturale, ma per conoscere quali relazioni (1) Anche nella Microhydra Ryderi furono osservate colonie simili (25). 77 possano avere queste forme riunite (non sembrano determinate da gemmazione ma piuttosto da divisione longitudinale di una certa porzione del corpo, come quelle forme analoghe che pro- duceva artificialmente il Trembley) colla formazione di colonie, occorrerebbe conoscere il modo d'origine di queste forme doppie e la loro possibile durata. Ad ogni modo per rispetto ‘al fatto della formazione di colonie si ha qui nell’ Hydra una condizione assolutamente primitiva. Ciascun individuo infatti funge le sue funzioni da sè, si nutre e si riproduce, e, come poi vedremo, ha. anche particolare sensibilità e motilità: può vivere in unione con altri, ma senza che vi sia alcuna divisione di lavoro, costituendo cioè una colonia perfettamente indifferente (il Kleinenberg dice che gli individui sessuati rappresentano zooidi riproduttori, e gli altri zooidi nutritori: tale parallelismo mi pare inutile: è questa una reale condizione palingenetica indifferente: tutti gli individui sono nutritori, alcuni divengono anche riproduttori senza che tale facoltà si localizzi su un individuo che ha perduto la facoltà nu- tritiva). Se l’Hydra provenisse per riduzione da una forma colo- niale complessa, assai difficilmente avrebbe potuto, io credo, con- servare questi fenomeni ad uno stadio così primitivo. 4). L’Hydra ha una fissità incompleta. Mentre gli altri idroidi sono fissi, l’Hydra può muoversi in varil modi, e questa della fissità non necessaria, determinata secondo ogni probabilità dalla mancanza di una colonia numerosa, è evidentemente una condizione di indifferenza, rispetto alla condizione successiva. di fissazione obbligata. Con questa proprietà dell’ Hydra si collega la presenza di cellule amiboidi nel piede. | 5). La costituzione stessa dell'organismo: nelle sue parti vedonsi già accennaté funzioni alquanto diverse, pure la struttura rimane sempre la stessa, e solo varia la dimensione degli elementi | cellulari costituenti: di tal natura sono per esempio le differenze fra le cellule del corpo e dei tentacoli i quali hanno una funzione notevolmente diversa. Tale indifferenza non è più così manifesta negli altri idroidi dove si hanno diversità di struttura nelle varie parti del corpo. Inoltre nessuna porzione del corpo dell’ Hydra Pitiene tracce di una differenziazione che esistesse antecedente- mente; eppure se essa provenisse da un altro idroide più com- 78 plesso per riduzione, se ne dovrebbe osservare qualche traccia: così mancano, secondo l’ Hamann (32), le fibre muscolari tra- sverse nel cenosarco degli idroidi coloniali: nel peduncolo del- l’ Hydra, ossia nella porzione che sta sotto l’area germinativa, e che, nel caso l’Hydra provenisse per riduzione da un idroide sociale, dovrebbe rappresentarne il cenosarco, le fibre trasverse sono invece assai bene visibili; questo anche nell’ Hydra vul- garis che ha il peduncolo meglio accennato. | — 6). Neppure nel suo sviluppo embriologico 1’ Hydra non pre- senta alcuna traccia di una maggiore complicazione preesistente. Anzi la sua immediata derivazione dalla Protohydra vi si mostra palese. Quando essa si riproduce per via sessuale, si ha la for- mazione di un’ tubo principale che rappresenta una Protohydra, poi di tubi accessori, e questo modo di formazione ontogenetica è perfettamente analogo a quello che sembra debba essere avve- nuto nella sua filogenia. Nella generazione sessuale molti stadii di sviluppo ad onta degli studi del Kleinenberg (10), del Ko- rotneff (33, 34 e 35), del Kreschnel (36) e del Chatin (41) sono rimasti ancora ignoti. Per l'argomento ha interesse qui il modo di completarsi dell'embrione. Nell’ Hydra viridis il Klei- nenberg vide i tentacoli dell'embrione formarsi contemporanea» mente in numero di quattro o sei, quando l’embrione era an- cora nell’involucro dell’uovo, appena dopo la formazione del tubo | somatico e contemporaneamente all’aprirsi della bocca. Nell’Hydra avrantiaca non dice chiaramente ciò che avvenga. Il Korot- neff (35) per la Hydra fusca dice che l'embrione, formatasi la cavità interna, si distende, rompe la membrana vitulina; in breve gli si forma ad un polo la bocca e subito dopo vi si formano i tentacoli nel modo descritto da Mereschkowsky (16); prima se ne formano due e poi gli altri per paia, opposti. Da questa suc- cinta descrizione sembra che l’Hydra fusca esca dall’uovo senza 1 tentacoli, ma, siccome questo fatto non è detto esplicitamente e siccome gli incerti criterii di determinazione delle speci rendono dubbii a quale delle forme note si debbano attribuire i processi di sviluppo indicati, credo non inutile riferire quanto vidi recen- temente in un caso di uscita dell'embrione dall’uovo. Si trattava dell'uovo di una Hydra grisea determinata secondo i criteriì AR A NI e ni et E Se bene ii ii, hi i y ui i È tie" 79 dati dal Jickeli. L'uovo era conservato in un vaso a parte; il _ 23 maggio alla mattina vidi l’involucro vuoto, e vicino ad esso, ritto l'embrione che aveva la forma segnata alla Tav. II.® fig. ]: | posto sotto il microscopio, lo vidi distendersi. abbastanza rapida- | mente e prendere successivamente la forma delle figure 2, 3, 5. Î Le nematocisti erano formate; il piede distinto, senza nematocisti :- ‘non potei osservare una bocca: non v'era la minima traccia di Birtcoi ma invece un accumulamento di materia alla parte an- Y ‘teriore come nella Protohydra Leuckarti. Questo embrione si « muoveva abbastanza rapidamente in qua ed il là, assai più di «quello che non facciano solitamente le idre. La sera era nelle | stesse condizioni. La mattina del 24 vi era un tentacolo (fig. 6). Il cono boccale era marcato, il corpo più lungo ed i movimenti assai più deboli. Il 25 vi erano i tentacoli, dei quali uno breve, come è indicato nella figura 7. L’Hydra in seguito mangiò; ‘al 2 giugno aveva ancora cinque dal ma tutti di eguale lun- è ghezza; il 6 comparve un sesto tentacolo appena accennato. Fino “ad ora non ho osservato che un solo caso di uscita dell’embrione dall’uovo, ma se il processo di formazione seguito in esso è co- Do stante per la specie Hydra grisea, si ha qui una prova inte- _ ressante della derivazione dell’Hydra da una forma tubulare assai analoga alla Protohydra. In tal caso lo sviluppo ontogenetico ri- | peterebbe chiaramente e con uno stadio larvale fugace, ma pur distintissimo (che durerebbe circa un giorno), la forma di proto- hydra. Inoltre mancherebbe, come pare anche dalle osservazioni «degli autori citati, la minima traccia di una maggiore complica- | ‘zione perduta per regressione dell’ Hydra. «+_—Mi pare che tutte queste ragioni siano sufficienti perchè si Quebba ritenere l’ Hydra una forma primitiva. Ammesso questo, si i deve ora considerare il valore morfologico delle varie ict costituenti il suo corpo. 2. L’Hydra si deve ritenere una associazione di protohydre, considerandosi i tentacoli omologhi alle gemme. — Come è noto l'Hydra è costituita da un tubo principale chiuso alla estremità eralo ed aperto alla estremità orale. Poco sotto questa aper- ura si staccano altri tubi più piccoli in numero variabile, di Mibtituzione identica al primo, i tentacoli: il tubo principale può 80 ‘ritenersi una protohydra, ed i tentacoli altre protohydre deri- vanti per gemmazione dalla principale. Che i tentacoli abbiano una perfetta omologia colle gemme lo provano vari fatti: 1). Anzitutto il modo d’origine dei tentacoli e delle gemme è identico. Tutti gli autori che descrissero l’origine loro indica- rono ugualmente una estroflessione della parete del corpo va- riante solo nelle dimensioni. Questa omologia è confermata da un fatto che ho potuto osservare in una Hydra grisea. Si trat- tava di un individuo non molto ben nutrito, che io avevo tagliato trasversalmente in due poco sopra l’area delle gemme. Questo individuo non presentava alcuna gemma: in capo ad alcun tempo, prima che comparissero i tentacoli, si presentò, un. po’ sotto al luogo dove questi dovevano formarsi, una protuberanza analoga a quella che si mostra all’ inizio della formazione d’una gemma o d'un tentacolo (Tav. I.* fig. 4). Questa crebbe e le sue dimen- sioni pareva accennassero alla formazione di una gemma: in- tanto già si andavano. accennando alcuni tentacoli. La gemma, crescendo, alla estremità si assottigliò e si allungò notevolmente ‘ presentando una rilevante quantità di nematocisti, tantochè, e per questo carattere, e per il fatto della sua mobilità, del pic- colo diametro, dell’allungamento notevole alla parte terminale e dell’allargamento basale, la si sarebbe detta una gemma che avesse al posto del cono boccale sviluppato un tentacolo (Tav. I. fig. 5): qualche tempo dopo, i tentacoli dell’ Hydra madre erano bene svi- luppati e quello che terminava la gemma si era ridotto; dove esso sorgeva si era formata la bocca ed altri tentacoli stavano regolarmente intorno alla bocca della gemma (Tav. I? fig. 6). Si ebbe quindi qui una estroflessione della parete del corpo, la quale si venne formando nell’area dove, se l’ Hydra primitiva fosse rimasta intatta, si sarebbero prodotte delle gemme: essendo però l’Hydra stata tagliata, questa zona veniva pressocchè a con- fondersi con quella ove le estroflessioni tendono a dar luogo a dei tentacoli: la estroflessione quindi oscillò fra le due tendenze e solo si mostrò dar luogo decisamente ad una gemma, quando, - sviluppati i tentoni della madre, la zona di essi veniva ad essere per così dire più nettamente delimitata e disgiunta da quella delle gemme, 81 2). Un’ altra ragione che depone in favore della omologia fra tentacoli e gemme è quella sulla quale principalmente si _ basa l’Haacke (17), cioè la facoltà che ha un tentacolo stac- cato artificialmente o naturalmente di ricostituire l’ intero orga- nismo: l’ Haacke dice che se i tentacoli fossero idorgani, non potrebbero dar luogo a tutto l'organismo. Questo fatto fu osser- vato dal Rosel (pag. 495-(3)), nè si può certo pensare che un osservatore così accurato e che tanto aveva studiato l’argomento potesse prendere abbaglio in un fatto di cui la osservazione è così facile. Il Rosel stesso riconosce però che la rigenerazione | di un polipo intero da un tentacolo è piuttosto rara, e che spesso anzi nella maggioranza dei casi, i tentacoli staccati in pochi giorni muoiono. Ciò spiega perchè molti autori che dopo di lui tenta- | rono questa esperienza ebbero risultati negativi: anch'io la tentai, «ma senza frutto. Nessuno certo però dopo Trembley e Rosel | impiegò tanto tempo e tanta cura in istudi di questo genere sul- . l’Hydra e poche osservazioni non bastano a distruggere quelle tanto accurate dei due antichi naturalisti. L'essere rara la ri- generazione dell’idra da un tentacolo tagliato non è un fatto contrario alla omologia fra tentacoli e gemme, perchè non vuol dire altro se non che i tentacoli per la loro nuova funzione fisio- . logica si sono differenziati tanto da non conservare più che in Pari casì l’attitudine a ricostituire l’intero organismo. Del resto che i tentacoli abbiano la facoltà di riprodurre e non solo nella direzione del loro asse longitudinale, che è la proprietà per cui crescono, ma anche in una direzione che fa con quest’ asse un angolo, cioè per una sorta di gemmazione, lo prova il fatto della. non rara presenza di tentacoli biforcati in uno o due | punti, che, già spesso descritta dagli antichi osservatori, fu da me pure vista nelle due specie: Hydra grisea ed Hydra vul- È garis, tanto in individui tolti da’ miei acquarî quanto in altri | presi direttamente dalle lanche di Ticino. Le figure 12 e 13 della Tavola II.* rappresentano tentacoli semicontratti biforcati l’uno presso l’estremità, l’altro circa a metà della sua lunghezza, appartenenti ad una medesima Hydra grisea che aveva due teste e quindici tentacoli. La figura 4 della Tavola II.* rappresenta un tentacolo trifido di Hydra vulgaris che è pure disegnato con- REAGIRE 7 DAAFIIIE MES sl 2 ; 23 de rà uri Ss ui tratto alla figura 11. Nella figura 9 della stessa Tavola si ve- dono due tentacoli bifidi della gemma A di una Hydra vulgaris | mostruosa disegnata alla figura 8 (Tavola Il*) e trovata nella lanca di Ticinello. 3). Ma la prova principale della omologia agi SI gemme e col corpo della madre sta nella assoluta identità di siruttura fra essi ed il corpo. Come nel corpo si ha qui ecto- derma ed entoderma che rivestono una cavità tubulare. L’ento- _ derma e l’ectoderma sono costituiti come quelli del corpo: le differenze che parve vi fossero erano la mancanza di cellule in- terstiziali e di fibre irasverse entodermiche nei tentacoli M. Har- tog (40) dice che le cellule interstiziali si trovano anche nei ten- - È tacoli: io non le vidi mai chiaramente, ma certo anche le cellule — urticanti e le cellule nervose, le quali, secondo I’ Jickeli, pure abbondantissime si trovano sui tentacoli, vi rappresentano le cel- % lule interstiziali: quanto alle fibre trasversali entodermiche, 10 le vidi indubbiamente sui tentacoli come sul corpo. Se, come dice - il Gegenbaur (30) (pag. 107), le persone tentacolari dei sifo- — nofori debbonsi ritenere meduse, benchè la forma meduscide sia qui riconoscibile solo per debolissime tracce, e solo talora, non v'è alcuna ragione per cui non debbano ritenersi protohydre i tentacoli dell’ Hydra quando le modificazioni portate in esse dal mutamento di funzione sono debolissime, e l'identità strutturale 4 è perfetia., È Ritenendo Il Hydra come un organismo che perdura in una. forma assai analoga alla sua primitiva, ed i tentacoli come omo-. loghi alle gemme si può ora investigare quale deve essere stato presumibilmente il processo di formazione filogenetica di questo organismo. 3 3. Schizzo del modo di derivazione filogenetica dell’ Hydra - dalla Protohydra. — Come punto di partenza prendo la Proto- hydra del Greef (24) od una forma analoga ad essa. Questo or- | ganismo ha la forma di un tubo, con una parete della costitu- | zione nota (entoderma ed ectoderma); la Protohydra ha, secondo la descrizione del Greef, la proprietà di crescere nella direzione . dell’asse longitudinale, e di dividersi trasversalmente, giunta ad un certo punto di tale accrescimento. Perchè si abbia dem da | Se nella direzione della lunghezza, devesi ritenere si abbia un uniforme allungamento della parete del corpo compresa in tutti i settori del cilindro; se questo allungamento è irrego- lare, causato forse da rapidità o quantità di nutrizione, allora il ‘tubo, quando ogni settore resti nel medesimo stato di contrazione, ‘si piega, oppure si ha una estroflessione od una introflessione della porzione più nutrita. Probabilmente la introflessione obli- ‘terando la cavità gastrica riuscì di danno all'organismo e non csi trasmise, o forse fu impedita dall’ essere il lume del corpo ‘occupato dalla sostanza alimentare introdotta. Più facilmente si ebbe quindi, e si trasmise per eredità, nel caso di ineguale ac- crescimento, una estroflessione. | Continuando ora il nutrimento, uniformemente o no, ma an- che nella parte estroflessa, perchè anche qui entrava la cavità ga- ‘strica, la sporgenza formata si accrebbe. Per tal modo dunque può da una Protohydra primitiva sorgere per le condizioni di | nutrizione un organismo che, in tutto simile ad essa, solo se ne distingue per la facoltà di produrre gemme. Una forma non lon- L tana da questa sembra possa essere la Microhydra Ryderi (25) (1. i Le gemme poi, come avviene solitamente per la porzione ante- riore della Protohydra, possono staccarsi. La formazione della bocca alla estremità delle gemme non è una difficoltà, perchè, dati tessuti come quelli dell’ Hydra, il presentarsi fra di essi di ‘una soluzione di continuità non è cosa rara. Così per esempio ho potuto vedere in una Hydra grisea la formazione di una | bocca accessoria determinata da necessità di nutrizione. Era questa un'Hydra che io avevo rovesciato nel modo suggerito dal Trem- | bley e poi infilzata di traverso con una setola. L’ Hydra si tornò ‘a rovesciare spontaneamente passando col piede attraverso ad una ‘ delle aperture fatte dalla setola (Tav. I.* fig. 7), e nella porzione posteriore del corpo che non poteva essere nutrita dalla antica bocca, se ne formò una nuova che si circondò di tentacoli in modo che si ebbero due idre unite. Nella fig. 9 sono rappresen- PA 4, . (1) Secondo la descrizione del Ryder la gemmazione avviene però quiin un modo alquanto diverso, 84 tate come erano in capo ad alcuni giorni dopo avere ciascuna mangiato una Cyprss. Si vede quindi come la tendenza ad aprirsi una comunica- zione tra la cavità nutritiva e l’ambiente è un fatto che può. presentarsi nell’ Hydra. Le gemme della Protohydra dunque, quando per la loro massa od altro, non avranno più potuto es- sere nutrite dalla madre, saranno venute aprendosi una comu- nicazione col mondo esterno, separandosi poi dalla madre se, ri- manendole unite, le condizioni di nutrizione non erano più favo-. revoli, nello stesso modo che una protohydra isolata cambierebbe di posto. Tale modo di riproduzione deve essersi trasmesso per eredità, perchè conseguenza naturale del modo di nutrizione della Protohydra e perchè portava un vantaggio all'organismo rispetto al modo di riproduzione della Protohydra attuale; esso dava in- fatti la possibilità di nutrizione continua ad ogni porzione del corpo, mentre durante l’atto della scissione la parte posteriore ne mancava. î In questo stadio dell'organismo le gemme si formavano pro- babilmente su qualunque porzione del corpo. Ora quelle che si trovavano più vicine alla bocca, dotate di motilità e di contrat- tilità come il corpo materno, potevano servire ad avvicinare la preda alla bocca della madre, aiutate in ciò dal possedere le ne- matocisti, le quali possono aver servito a specializzare la fun- zione di prensione di quelle gemme, .che per la loro posizione dirò orali, e quindi hanno potuto determinare un’ influenza no- tevole sulla morfologia dell’ Hydra e degli altri idroidi. Forse qui per la prima volta la funzione delle nematocisti divenne de- cisamente di prensione, e di prensione attiva, mentre la loro presenza nella Protohydra come sul corpo dell’ Hydra farebbe’ pensare piuttosto ad una iniziale funzione protettiva. Per dare | un giudizio su di ciò, occorrerebbe però conoscere la loro mi- nuta struttura nella Protohydra e l’uso che essa ne fa: sgra- ziatamente il Greef non ci dà nessuna notizia in proposito. Ad ogni modo le gemme orali acquistando la funzione del prendere e cercare la preda, devono aver portato un reale van- taggio alla madre, e questa loro tendenza, trasmettendosi per eredità, avrà per l'esercizio e la selezione sviluppate quelle at- 85 titudini che le rendevano più atte a questo ufficio, cioè la con- trattilità ed estensibilità, la possibilità della flessione e torsione, che già, ma in minor grado, si osservano nella madre, ed infine | l'abbondanza delle nematocisti: anche l’assottigliarsi dei neofor- — mati tentoni, facilitandone i movimenti e rendendoli meno visibili sarà stato un carattere utile, e quindi trasmesso e fissato. L’Hydra madre, fornita così di organi adatti alla prensione dell’alimento, sarà stata più facilmente nutrita e le gemme orali avranno avuto da essa il nutrimento sufficiente, senza che più avessero la necessità di procurarselo esse stesse. Così vennero | perdendo la bocca, ma non assolutamente la possibilità di gem- mare come lo provano i non rari casi di tentacoli bifidi. Per tal modo di formazione si comprende come le gemme orali, che per la funzione acquisita potrebbero anche dirsi tentacolari, non siano state originariamente in numero determinato, come non lo sono | neppure ora, potendo variare da quattro a venti; nella specie Hydra vulgaris sembra costante il numero di sei, ma non lo è assolutamente. Così pure i tentacoli non si trovano tutti rigoro- samente su uno stesso piano, ma alcuni sono più sopra, altri. più sotto. | Le gemme invece che non si trovano presso alla bocca, e che sì possono dire somatiche per la posizione e perchè daranno luogo al tubo somatico del nuovo essere, non avendo le cause determinanti i' movimenti delle gemme orali, e solo passiva- mente trasportate nei moti della madre, saranno rimaste inattive e semplici diverticoli della cavità gastrica, capaci di formarsi una bocca, e di dare per generazione secondaria altre gemme; di queste pure quelle presso la bocca avranno preso una fun- zione tentacolare. Le gemme somatiche però, come giustamente osserva il Marshall (18), sul corpo dovevano riuscire di in- ciampo ai movimenti della madre e si vennero così ritraendo verso la parte inferiore, a due terzi circa della lunghezza del corpo, formando così quell'area germinativa che, benchè non ri- gorosamente fissa, pure è abbastanza decisa nelle idre attuali. 4. Origine dei fenomeni di gemmazione, e condizioni che li determinano nell’Hydra. — Che i fenomeni di gemmazione siano dovuti a disuguaglianza di nutrizione, lo prova, mi pare, la di- 86 sposizione delle gemme sia orali che somatiche al loro sorgere. Generalmente si osserva nell’ origine, tanto delle gemme orali che delle somatiche, che, quando se ne è formata una, nel caso se ne produca una seconda, questa si presenta di fronte alla prima. L’Haacke (17) parlando di questo fatto dice che tali pro- tuberanze si formano ove si ha il maggior spazio, e tale osser- vazione sembra giusta quando si consideri il fatto da lui descritto nella sua Hydra Roeselti (che sembra essere la Hydra vulgaris), nelle gemme della quale i primi tentacoli compaiono contempo- raneamente, secondo lui, in un piano normale all’asse dell’ Hydra madre. Mentre però egli ritiene che la contemporaneità di for- mazione di questi due tentacoli sia un carattere costante e pe- culiare di questa specie, il Jung (39) riconobbe che non lo è, rallentando il processo di formazione, col metodo semplice ma ingegnoso di abbassare la temperatura. Una spiegazione di questo modo antimerico di sorgere dei tentacoli, che, secondo descrisse già il Trembley ed anche secondo le mie osservazioni, si pre- senta pure nelle gemme (somatiche), si può avere dalle condi- zioni di nutrizione. | Specialmente nella formazione delle gemme somatiche, ove il processo di formazione è meno rapido; si può osservare chiara- mente che -nella grande maggioranza dei casi esse sorgono l’una di fronte all’ altra. Determinandosi in una porzione del corpo una maggiore nutrizione, si formerà, come s’ è detto, un rigon- fiamento di cui l'apice sarà il centro di figura dell’area più nu- trita, o meglio il centro d’intensità di nutrizione di questa area, la quale per essere più nutrita si riproduce più attivamente ed è compressa dai tessuti circostanti. Formatasi la estroflessione (Tavola III.* fig. 1, A), la pressione determinata in quest’ area dalla riproduzione attiva dei tessuti trova uno sfogo in essa e_ sì ha così il continuo accrescimento della gomma, dipendente però sempre dalle condizioni di nutrizione. Gli accrescimenti locali che si possono trovare su altre por- zioni del segmento di cilindro al quale appartiene l’area più nu- trita che diede la gemma A, se sono nella metà del cilindro dalla quale è centro la gemma A, colla loro pressione non faranno che. aumentarne la sporgenza; quelli dell’ altra metà concorreranno 87 tutti in un altro centro di accrescimento (8) che sarà presso a poco diametralmente opposto al primo; si avrà quindi la forma- | zione di due gemme opposte. Un ulteriore accrescimento nella | zona delle due gemme quindi aumenterà l’ accrescimento d’ una | di esse senza produrvene altre: l'accrescimento di esse sarà però naturalmente determinato non solo da una nutrizione ed accre- scimento basale, ma anche da accrescimenti in tutto il loro per- corso, come lo prova la formazione di gemme somatiche di se- | conda generazione e, più costantemente, dei tentacoli. Sul corpo materno si potranno però presentare altre aree di forte accrescimento, che non saranno nella zona delle due prime e potranno dare la formazione di altre (C). Naturalmente queste si formeranno più facilmente nei settori compresi fra i settori dove stanno le due gemme già formate, perchè sarà più facile che qui contribuisca alla formazione della gemma C anche un | po’ dell’area interposta fra le due gemme A e B (Tav. III. fi- | gura 3, d). Così si può continuare fino alla formazione di parec- | chie gemme in modo concorde a questo schema come si vede nell’Hydra grisea rappresentata alla figura 4 della Tav. III. È da notarsi che le gemme del secondo paio (C e D) si formano «sempre più vicine alla bocca che quelle del primo, e così quelle del terzo (E ed /) rispetto a quelle del secondo; almeno io sempre ho-osservato questo fatto. Ciò dipende probabilmente dalla loca- | lizzazione già accennatasi nell’Hydra di un’area germinativa lon- tana dalla bocca, che più è comoda alla madre quanto più ne è lontana; quindi il primo paio si forma all’estremo limite ove si ha la possibilità germinativa, giacchè pare che la parte pedun- colare, meglio distinta nell’ Hydra vulgaris che nelle altre due speci, manchi delle facoltà riproduttrice, o la possieda in minor grado, come dimostra la mancanza di gemme, di organi ripro- duttori sessuali e la difficoltà che ha questa porzione di ripro- durre l’animale intero (18) una volta che sia tagliata. Parlando della disposizione delle gemme nell’Hydra e del modo in cui essa si può spiegare, io ho sempre considerata l’Hydra quale essa è attualmente colla sua area germinativa definita. Infatti nella Pro- ‘tohydra gemmante, che ho considerato prima, sarà stato meno frequente il caso che due gemme si formassero allo stesso livello; 88 mancava quindi allora la necessità della opposizione di esse. Anche. nell’Hydra però lo schema indicato non è costantemente mante- nuto. Rosel (3) e W. Marshall (18) hanno osservato corone complete di gemme sullo stesso piano. Io pure ho viste disposi- zioni aberranti (Tav. II.* fig. 8): queste irregolarità sono probabil- mente dovute a condizioni speciali, e forse a tendenze individuali, come sembra indicare il caso dell’Hydra vulgaris disegnata alla figura 8 della Tav. II.*. Essa infatti presentava anomalie ana- . loghe a quelle che si riferiscono alla disposizione delle gemme nella disposizione dei tentacoli (Tav. II.* fig. 9). Riguardo alla disposizione delle gemme orali o tentacoli al loro sorgere, noto che qui pure si ha la localizzazione in una area determinata e tanto, che essa non fu mai posta in dubbio, quindi anche qui si ha la opposizione antimerica, la quale però mostra alcune modi- ficazioni. I due primi tentacoli, sorgano essi contemporaneamente o no, si formano presso a poco l’uno di fronte all’altro, come provano i diagrammi dati dall’ Jung (39), e questo si capisce non essen- dovi alla loro formazione nulla che turbi le cause per cui si è detto che due gemme sullo stesso piano si formeranno l’una op- posta all’altra (1). Siccome però i tentacoli sono assai più piccoli delle gemme, negli spazi interposti fra i due primi a destra o a sinistra del piano verticale, parallelo all’ asse del corpo, in cui essi sono compresi, si potranno formare allo stesso livello altre aree di accrescimento, che non concorreranno al crescere dei due primi tentacoli, ma ne daranno altri due, sia la loro formazione contemporanea o no. È naturale che la formazione di questo se- condo paio di tentacoli sarà più facile nel punto di mezzo dei semicerchi compresi fra i due primi tentacoli, e si avrà quindi una opposizione antimerica anche fra gli ultimi’ formati. La ne- cessità della opposizione antimerica cessa ora, perchè, segnate su (1) Questo fatto è forse determinato da una tendenza ereditaria, perchè i tenta- coli per il loro diametro minore potrebbero formarsi anche su due punti del cir- cuito del corpo che non siano diametralmente opposti. La loro posizione d'origine rappresenta forse il luogo ove sorgevano originariamente le gemme ‘di dimensioni uguali a quelle delle gemme somatiche attuali. 89 «di un cerchio le posizioni dei singoli tentacoli, indicando con un numero l’ordine di loro formazione, si vede chiaramente (Tav. III. i) fig. 6), che non v'è ragione per cui, formatosi un tentacolo, 5, fra le3 per esempio, l’altro, 6, si debba formare fra 4*e 2 (op- | posto al 5) piuttosto che fra 1 e 4, o fra 2 e 3. Potranno quindi. | sorgere i tentacoli susseguenti con ordine meno rigoroso ed al- È | terare col loro presentarsi la simmetria che prima esisteva fra i tentacoli 1, 2, 3 e 4. } Confermano queste parole i diagrammi dati dal Jung (39) “come il più frequenti per le tre speci che egli ha osservate | (Tav. IIl® fig. 7, 8 e 9). Nell Hydra grisea sembra vi. sia una Fa anomalia, formandosi 3 e 4 dalla stessa parte del piano 1-2; ma È è pure frequente l’altro schema (fig. 10) ove la disposizione dei > primi tentacoli avviene come di norma. Le anomalie si | possono poi forse considerare come adattazioni embrionali per È raggiungere più rapidamente il numero voluto di tentacoli. Nella % maggioranza dei casi sembra però, come ho detto, che sì ripeta Il processo primitivo, storico della formazione dei tentacoli. 5. Polarità dell’Hydra. — Prima di considerare le condizioni È di simmetria dell’Hydra ‘e gli assi ai quali il suo corpo può ri- ferirsi, credo utile dire qualche parola di un altro fatto interes- | sante che essa ci presenta in forma elementare e sembra avere diretti rapporti con altri più complessi di altri organismi. | E questa la polarzià come la disse VP Allman (Vedi W. È Marshall (18)), cioè la tendenza ereditaria che mostra una por- | zione del corpo dell’Hydra di formare la bocca alla estremità 18 rispondente a quella in cui essa era nella madre. Questa tendenza, | che pare si manifesti anche nella Protohydra, facile a capirsi nelle gemme, lo è meno nelle piccole porzioni di corpo staccate. A questo proposito. io osservai un’anomalia che credo possa avere | un certo interesse, non essendomi noto che altre simili ne siano x state descritte. Un'Hydra grisea abbondantemente nutrita aveva tre gemme i (Tav. I.? fig. 1 e 2); su di essa osservai la divisione spontanea della quale ho già parlato (Pag. 15) ‘per due fenditure che av- | vennero a poche ore di distanza l’una dall’altra alle strozzature | segnate 4 e d nella figura citata. Le porzioni A e C non pre- pogiost ae Si, di ve ASL * » è) 90 sentarono nulla che interessi per l’argomento. La porzione B in- vece si fissò con ambedue le estremità provenienti dalla scissione spontanea, cioè con c e d, che, come si vede, sono i due estremi rivolti l’uno al piede, l’altro alla testa dell’ Hydra madre. Così durò per venti giorni quest’ Hydra e si nutrì abbondantemente dando molte gemme senza che mai l'estremità 4 producesse una bocca e dei tentacoli: la sua adesione col sostegno era poi uguale a quella di c. Benchè questo fatto non possa lasciare dubbio di errore, avrei potuto renderlo più chiaro tagliando la porzione che univa le due antiche gemme; in tal modo d sarebbe divenuto vero ed unico piede, ma siccome desideravo vedere se si ripetesse il fenomeno della divisione trasversale spontanea in questa Hydra, che sem- brava vi avesse una spiccata tendenza, preferii seguire lo svi- luppo naturale di questa Hydra. Osservai infatti il distaccarsi di piccole porzioni, che in capo a pochi giorni morirono, da una delle due estremità pedali. Non potei ben decidere quale delle due avesse dato simili pezzetti staccati, perchè era oramai impossibile distinguere l'estremità c dalla estremità d. La por- zione staccata era tutta circondata da cellule glandulari del tipo pedale: la estremità da cui si staccò dopo questo fatto non parve più servisse alla adesione, senza però che mai producesse tenta- coli: dopo poco tempo l’animale accidentalmente morì e l’osser- vazione non potè essere continuata. Ad ogni modo questo resta sempre un esempio chiaro e certo di aberrazione dalla tendenza generale di mantenere la orienta- zione prima. Si potrebbero forse provocare sperimentalmente al-- tri fatti di questo genere se, tagliata una porzione del corpo di un’Hydra, si obbligasse la estremità rivolta verso la bocca ad un continuo ed immediato contatto con un corpo estraneo, e questo tanto più che, come dice il Jickeli (11), le cellule ectodermiche dei tentacoli prendono l'aspetto glandulare del piede quando sì fissano contro un oggetto. Pare tuttavia che questi siano esempi rarissimi e si può dire che la polarità è un fatto costante nell’Hydra. Una spiega- zione sufficiente non ne è data; si tratta di un fenomeno di ere- dità, lo studio accurato del quale potrà forse gettare qualche luce bag Male, Lai MRTAR O” Ro EI I Pea eat TV LU MI DI SIMATLI PL O 0 È e Ki gl Pabd? 1 pf Lig P] est co e E t sp È NAT di Ue 91 sulla questione complessa ed oscura di questa proprietà degli or- | ganismi. 6. Simmetria dell’ Hydra. — La forma dalla quale sembra | essere provenuta filogeneticamente l’ Hydra, e dalla quale essa “deriva quando si forma per gemme, per uova o da porzioni del corpo staccate, si è visto essere quella della. Protohydra, ossia il ‘| tubo che è una modificazione della gastrula. È quella forma che il Prof. Maggi nelle sue lezioni dice di Hydrula o di Solenula | (42) e che trova per la prima volta nei celenterati il suo sviluppo esplicandosi poi maggiormente negli animali più complessi. Questa forma tubulare della Protohydra appartiene ai monaconia di- . plopola secondo la nomenclatura dell’Haeckel (37, 43): è de- i plopola o eteropola perchè la presenza ad un polo della bocca vi . determina una differenziazione importantissima rispetto all’ altro; | ciò che del resto è già della gastrula per la presenza del pro- | stoma. 1 | La forma di Solenula o Protohydra gemmando diede una forma analoga alla archydra (1) di Haacke (17) (questa secondo | Haacke deriverebbe direttamente dal protascus per formazione di nematocisti e di persone laterali e risponderebbe alla archydra «di Haeckel (37, 38)): essa aveva gemme su tutto il corpo, non per questo la si deve ritenere equipola (haplopola) come vor- rebbe l’Haacke, perchè anche qui esisteva la bocca che diffe- }:- renziava un polo dall’altro. In questa forma si hanno varil assi I | accessori, determinati dalle gemme ma non riunibili in un modo fisso. 1 Fissatesi le gemme orali come tentoni, la diplopolia, mi sì Ì passi la parola, dell'organismo venne ad accentuarsi maggiormente | e l’organismo diventò uno sftaurazxonio: seguendo lo sviluppo dei tentacoli si vede come, comparsi due di essi, l’organismo prenda i una simmetria bilaterale, determinata in questo caso da aggrega- zione di parecchi individui {V. Cattaneo (48)). si aggiungono poi altri tentacoli crescendo il numero degli assi accessorii, e dalla (1) Non lontana forse dalla Microhydra Ryderi; sarebbe interessante il cono- Scere più particolarmente i fenomeni di gemmazione in questo celenterato. 92 simmetria bilaterale si passa alla simmetria raggiata; in questo caso la simmetria bilaterale si presenta quindi come un caso della raggiata, quando, fatto x il numero degli antimeri o parameri di- sposti simmetricamente intorno all’asse principale, sia. A seconda poi del numero dei tentacoli, se essi cioè sono in numero pari o dispari, si avranno assi crociati radiali ed interradiali al- ternati, od assi crociati semiradiali. Queste varie forme si succe- dono evidentemente nello sviluppo della corona tentacolare del. l’Hydra. I tentacoli si formano solitamente in antimeria più o meno perfetta, ma, dato un tentacolo, non è necessario si formi il suo opposto. Si possono infatti avere (ed il caso è frequente) idre con tentacoli in numero dispari, per cui si deve ritenere che l’ Hydra è in una condizione ancora indifferente, non rigo- rosamente fissata rispetto alla antimeria, nè vi è alcun bisogno di ritenere incomplete le forme con numero dispari di tentacoli, come vorrebbe il Mereschkowsky (16). Colla formazione delle gemme somatiche il fenomeno si tc, ma si ha evidentemente anche qui la presenza di assi accessorii analoghi a quelli deter- minati dai tentacoli. Qui sembra però più frequente il caso di due assi accessorii intersecantisi ad angolo retto. {Continua}. RECENSIONI Prof. LEOPOLDO MAGGI. — Nota seconda sulle fontanelle nello scheletro cefalico di alcuui Mammiferi. — Con cinque tavole. — (Ren- diconti Istituto Lombardo di Sc. e Lett. Serie II." Vol. XXIII, Fasc. X. Milano 1890. In questa seconda Nota, l’' Autore si occupa delle fontanelle nello scheletro cefalico dei Selenodonti (SELENODONTA) o Ruminanti, ed in particolare di quelle del cranio e faccia della pecora (OQvis aries) e del bue (Bos taurus). i I. FONTANELLE DELLA PECORA (Ovis aries). Riguardo alla pecora (Ovis aries), incomincia le sue ricerche con un cranio di feto di 67 giorni, in cui le sue ossa ad occhio nudo non sono tutte visibili, ma colla lente e per trasparenza si osservano gli abbozzi di tutte quelle che ci interessano per poter limitare le fontanelle; in quanto che questi abbozzi ossei, manifestano già i rapporti delle loro parti marginali. Questo momento di sviluppo che, colla sola ispezione macroscopica potrebbe esser dichiarato troppo precoce per le ricerche 99 che si vogliono fare, diventa, mediante il microscopio, importante per- chè cifarilevare alcune fontanelle che nei periodi susseguenti mancano, | essendo esse allora chiuse, com’ è della fontanella occipitale. E In seguito passa a studiare le fontanelle in feti di 87 e 105 giorni, poi in un neonato di 4 giorni, indi in due giovani, uno di un mese e l’altro di tre mesi. Le fontanelle che vi ha trovato sono le seguenti : 58 OvIS ARIES. a 1. Feto di 67 giorni: bregmatica (frontale), lambdica (occipitale), | asteriche (mastoidee), pteriche (sfenoidali), orbitali, alla parte media basale del sovraoccipitale (probabilmente corrispondente alla cerebellare | o cerebellosa dell’ Hamy nell’ uomo), medio-frontale (metopica), naso- . frontale, naso-fronto-incisivo-maxillo-lacrimali. 2. Feto di 87 giorni: bregmatica, asteriche, pteriche, (ciascuna con — due parti superiore e inferiore), orbitali, alla parte media basale del | sovraoccipitale (appena accennata), naso-frontale, naso-fronto-incisivo- maxillo-lacrimali. 9. Feto di 105 giorni: bregmatica, asteriche, pteriche (pteriche su- | periori o vere fontanelle pteriche, pteriche inferiori o fontanelle pte- _riche secondarie ossia di seconda formazione), orbitali, alla parte media Fidella base del sovraoccipitale (pronunciata), naso-fronto-lacrimali (ridu- . Zione delle naso-fronto-incisivo-maxillo-lacrimali), incisivo-maxillo-na- sale destra. 4. Neonato di 4 giorni: asteriche (ridotte ad hiatus), pteriche se- È | MA condarie (ridotte ad hiatus), pteriche vere o superiori (ridotte a semi- i luna), orbitali (passate a canali o fessure lacrimo-nasali), naso-fronto- lf. | mazxillo lacrimali (riduzione delle naso-fronto-incisivo-maxillo-lacrimali), | bi-esoccipitale o interesoccipitale (nuova). di 5. Giovane di 1 mese: asteriche (ridotte), pteriche (tanto le vere | pteriche, che le secondarie sono ridotte), naso-fronto-maxillo-lacrimali. ; 6. Giovane di 3 mesi: naso-fronto-lacrimali o fronto-lacrimo-nasali di Cornevin (riduzione delle naso-fronto-maxillo-lacrimali). «Ad eccezione pertanto della fontanella sagittale od obelica, ci sono. | nella pecora (Ovis aries) tutte le altre normali ed anomale dell’ uomo, più una nuova fontanella che per la sua posizione, chiama bi-esoccipi- i tale o inter-esoccipitale, le naso-fronto-incisivo-maxillo-lacrimali, e le naso- i fronto-lacrimali. A. 105 giorni di vita intrauterina, per la maggior esten- ‘sione presa dall’orbitosfenoide ciascuna delle fontanelle pteriche si di- vide in due porzioni, una superiore, la vera fontanella pterica; V altra ‘inferiore o di formazione secondaria, e quindi da dirsi fontanella pte- rica secondaria. Le orbitali passano a canali o fessure lacrimo-nasali. Rilevandone l’ ordine di chiusura, si osserva che la fontanella occi- pitale scompare prestissimo, le tien dietro la medio-frontale (metopica), poi la naso-frontale indi la bregmatica, le or e quella alla parte media lella base del sovraoccipitale. Li Ù 94 Un mese dopo la nascita, contrariamente a quanto si opina in ge- | nerale, esistono ancora le fontanelle asteriche, pteriche e le naso-fronto- maxillo-lacrimali. A tre mesi dopo la nascita, mentre tutte le fontanelle sono chiuse, rimangono aperte le naso-fronto-lacrimali. 5 II. FONTANELLE DEL BUE (.Bos taurus). Le fontanelle nel bue (Bos taurus), sono studiate dall’autore in feti di giorni 75, 100, 105, 126, 168, 196, 224, 275, 800 (feto a termine), e in giovani (vitelli) di un mese dopo la nascita, arrivando finalmente ai bovini adulti. Esse sono : Bos TAURUS. 1. Feto di 75 giorni: fontanella esagonale (nuova) ossia fusione delle fontanelle bregmatica, obelica e lambdica; interparieto-sovraocci- pitale (nuova), alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche, pteriche, (ciascuna con due parti superiore e inferiore), orbitali, naso- frontale, naso-fronto-lacrimali. 2. Feto di 100 giorni: esagonale, interparieto-sovraoccipitale, alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche, pteriche (pteriche superiori o vere fontanelle pteriche modificate e pteriche inferiori o di formazione secondaria), orbitali, naso-frontale (allo stato soltanto di semifontanella sinistra), naso-fronto-maxillo-lacrimali (ingrandimento delle naso-fronto-lacrimali). 8. Feto di 105 giorni: esagonale (con tendenza a diventare penta- gonale), alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche, pte- riche (nelle stesse condizioni delle antecedenti), orbitali, naso-fronto- maxillo-lacrimale (destra), naso-incisivo-maxillo-lacrimali {osservate in un secondo esemplare, e provenienti da una modificazione delle naso- fronto-maxillo-lacrimali). 4. Feto di 126 giorni: pentagonale (riduzione della esagonale), alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche, pteriche (con ri- duzione delle loro porzioni superiore e inferiore), orbitali (ingrandite), naso-fronto-lacrimali (modificazioni delle naso-fronto-maxillo-lacrimali), incisivo-maxillo-nasali (modificazioni delle naso-incisivo-maxillo-laeri- mali). ITA 5. Feto di 168 giorni: esagonale (di formazione secondaria), alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche, pteriche (con mag- gior riduzione delle loro porzioni superiore e inferiore, tendenti ad una specie di hiatus), orbitali (ridotte), naso-fronto-lacrimali, naso-fonta- nello-maxillo-lacrimali (nuove). 6. Feto di 196 giorni: pentagonale (di formazione secondaria), alla parte media della base del sovraoccipitale, asteriche (con porzioni an- teriori o vere fontanelle asteriche o asteriche modificate, e con porzioni posteriori o fontanelle asteriche di formazione secondaria), pteriche (colla 95 «scomparsa della loro porzione superiore già ridotta ad hiatus, e col- l’hiatus inferiore (riduzione della loro porzione inferiore) che va a for- mare la parte superiore della fessura sfeno-sfenoidale), orbitali (che passano, ciascuna, a canal lacrimo-nasale), naso-fronto-lacrimali (ri- comparsa di quelle stesse esistenti nel cranio di feto di 126 giorni). 7. Feto di 224 giorni: rombica o losangica (riduzione della penta- gonale di secondaria formazione), alla parte media della base del so- vraoccipitale), asteriche con modificazione soltanto della loro porzione anteriore o fontanella asterica vera), naso-maxillo-lacrimali (ridotte), incisivo-maxillo-nasali (ridotte). i 8. Feto di 275 giorni: esagonale (di formazione terziaria), alla parte media della base del sovraoccipitale, naso-fronto-lacrimali, incisivo-ma- xillo-nasali. 9. Feto di 300 giorni (a termine): traccia della esagonale di forma- zione terziaria (per un’ incavatura ossea losangica al suo posto), alla parte media della base del sovraoccipitale, naso-fronto-lacrimali, in- | cisivo-mazillo-nasali. De 10. Giovane (vitello) di un mese: incavatura ossea bregmatica (ri- duzione dell’ incavatura ossea losangica, passata a forma triangolare); | fontanelle: alla parte media della base del sovraoccipitale, naso-fronto- lacrimali e incisivo-maxillo-nasali. li. Adulto: scomparsa dell’incavatura ossea bregmatica; fontanelle: naso-fronto-lacrimali (talora ridotte ad hiatus) e maxillo-nasali (indotte per l’ osso maxillo-nasale indicato da Cornevin). Incominciando adunque con un feto di bue di 75 giorni, l’ autore | trovò un grande spazio membranoso che egli chiama, dalla sua forma, _ontanella esagonale, ed occupa gli spazi membranosi corrispondenti a quelli delle fontanelle bregmatica, sagittale od obelica ed occipitale. | Incontrò inoltre due nuove fontanelle che denomina interparieto-sovra- occipitale luna, impari, e naso-fontanello-mazillo-lacrimale 1° altra, che | è pari. Non vi ha veduto finora la medio-frontale, ma constatò tutte le altre già notate nello scheletro cefalico della pecora. Ad eccezione quindi della medio-frontale (metopica), ci sono nel bue (Bos taùrus) tutte le | fontanelle normali ed anomale esistenti nell’ uomo, con questa parti- | colarità che la bregmatica, l’obelica e l’ occipitale sono fuse tra loro | per l’ enorme sviluppo delle ossa frontali. Seguendo 1’ evoluzione delle | fontanelle attraverso a feti di diverse età, a giovani e ad adulti, notò delle modificazioni di figura nella fontanella esagonale, che passa a figura pentagonale, indi ad esagonale secondaria, pentagonale secon- È daria, rombica, esagonale terziaria, finalmente ad incavatura ossea rom- | bica, poi triangolare, detta quest’ ultima, dall’ autore, incavatura ossea bregmatica. Notò pure delle modificazioni nelle fontanelle asteriche pari a quelle delle pteriche, ed ancora alcune variazioni riguardo alle fac- 96 ciali. Finalmente osservò il passaggio delle fontanelle orbitali in canal lacrimo-nasale e quello della porzione inferiore delle fontanelle pte- riche in hiatus superiore alla fessura sfeno-sfenoidale, che resta poi allo stato permanente. | Per le fontanelle del bue, l’ ordine di chiusura risulta il seguente : prime a scomparire sono la interparieto-sovraoccipitale e la naso-fron- tale, poi la naso-fontanello-maxillo-lacrimale , le pteriche superiori, le orbitali, indi le pteriche inferiori, le asterichc, le naso-fronto-maxillo- lacrimali, le naso-maxillo-lacrimali, e da ultimo la fontanella esago- nale, che si traduce in una incavatura ossea, detta bregmatica per la sua posizione, e che continua la sua presenza nei giovani bovini (vitelli) di un mese dopo la nascita. A quest’età pure vi sono ancora la piccola fontanella alla parte media della base del sovraoccipitale, le incisivo- maxillo-nasali e le naso-fronto-lacrimali. Queste ultime, nell’adulto, si riducono ad un semplice hiatus. Ricorda infine, l’autore, 1’ hiatus ma- xillo-nasale, in cui Cornevin trovò qualche volta un osso wormiano. ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. (Continuazione vedi n. 2, giugno 1890). 291. IANNUZZI GIUSEPPE. — Emissione di cisti da echinococco. — 1.8 Co- municazione, Giornale lo Spallanzani; fasc. V e VI, pag. 233-235; 1887. — 2.° Comunicazione, idem, idem; fasc. I e II, pag. 34-86; 1888. 292. IAucH. — La trichiniasi nel comune di Ravecchia (Canton Tieino). — Annali Universali di Medicina; anno LVI, vol. CCX, 4.* serie, vol. 74, pa- gina 72-83. — 1869. 293. Iona ALFREDO. — Sulla Zrichina spiralis. — Conferenza popolare; ti- pografia Calderini; 20 pag. in 8.°, con una tavola. — Reggio di Emilia, 1879. 294. LAINATI. — Cisticerco sottocongiuntivale. — Annali Univ. di Medic.; vol. CCXXIX, pag. 152. — 1874. 295. LAncISI G. 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LEGGE FRANCESCO. — Relazione di un caso di Trichinosi nell'uomo occorso nella sala anatomica di Camerino. — Giornale R. Accad. Medica di, Torino; gennaio, 1887. — Milano, tipog. Agnelli, 1887. — Lo Spallanzani; anno XVI, pag. 125. — 1887. o — LEMOIGNE A. — Vedi Guzzoni. (Continua). Gerenti: I REDATTORI. Pavia, 1890; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni.. = Zoia: Sulla permanenza della glandola timo nei fan- i adolescenti (Nota 1I°). — Maggi: Intorno alle ricerche di Paci ini ri- nti i Protisti cholerigeni. — Bonardi: Sulle Diatomee del lago d’Orta. ua - Fasc. I. rillum tenue Ehr. osservate da Warming. - Pellacani: Sulla resistenza dei ve- Sa Sunto della. prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. pi Protisti cholerigeni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie coloranti È: ello studiò | fisiologico ed istologico degli infusorii. - Maggi: Per l’analisi mi- roscopica delle acque. — Canna: Notizie universitarie. si, . Fasc. IN de 1V. - Zoija: ‘Sopra il foro ottico doppio. - Maggi: Saggio di una classificazione protistologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). Battaneo: Sulla struttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven ricolo ‘muscolare degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). - Zoja: Un cen- enario memorabile per lascuola anatomica di Pavia. (Prelezione al corso di Anato- | «mia umana per l’anno scolastico 1885-86. (Transunto).- Maggi: Settimo programma. di Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno a - Cattaneo : Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. - (Rivista). — — Maggi: a) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — 4 di alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei È piastazoi — c) la priorità della bacterioterapia SPARSA] — Notizie VV TRA T — Annuncio. Le, nel * is dA SW tura e sviluppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). - Stefa- f nini: Nevrite micotica nella lebbra. - Sormani: Contribuzione agli studj sulla WI storia naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- Mtistologica. — {Rivista). - Varigny: Di un metodo per la determinazione degli tenuati o vaccini. — Notizie universilarie: Deliberazione della facoltà di scienze po R. Università di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. | Fasc. II. - Zoja: Un caso di dolicotrichia straordinaria. - Staurenghi: Osser- zioni suil anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo- s sari: Ricerche intorno alla fina anatomia-dell’encefalo dei Teleostei. (Nota pre- » ventiva). — Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pigmentali nelle larve È dell’Axolotl. - Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- testinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle forme degli #nfinita- n lente piccoli, senza microscopio e senza disegni. - (Rivista). - Varigny: Micvobi P atogeni e immunità. - Zoja: Note antropometriche {1.° Statura e tesa). - Cattaneo: Ulteriori ricerche fa la struttura delle glandole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Maggi: flemi di Protistologia medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’Uni- rersità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. - Cattaneo: Sul significato fisiologico delle glandole da me trovate nello stomaco del'o storione e sul valore morfologico delle loro cellule. - Maggi: Protisti e alcaloidi Sunto). - (Rivista). Stokvis: Sull’ azione chimica dei microbj - Parona: Intorno agili Wioments de zoologie médicale et agricole di Railliet. - Notizie universitarie. - Jambi e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE delII volume del 20/- lettino Scientifico e dei loro AUTORI, dall’anno V. al VIII. inclusivo. Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, Vil e VIII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo separato L. 2. gi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- dalla putrefazione (Comunicazione preliminare). — Mot:zze: Girard: (Analisi na nota” del Sig. Hommel di Zurigo sul cholera). — Comunicazioni: Cuneo. bi EEASC IR — Zoja: Di un’ apertura insolita del setto nasale cartilagineo. (Co-| municazione preventiva). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini risguardanti ANNO VIII. - Fasc. I. — Zoja: Altri casi di foro ottico doppio. Intanto Stia E ‘alimenti di un dato microbio. —- Idem: Sull’attenuazione dei virus, e sui virus rafia del medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu-. | Fasc. III. e IV. — De-Giovanni : : Uno sguardo alla Bacteriologia. ‘(Prelezione). RM sr. “i Luni 4 et reca vd ue ch) Va Pu (ast L . ‘ , gia” p e 1 À De “ v À ed ATTI mu RI A » Da ER: Pi ge. È a Sé # È TA DE. LA w 9°, < : Mat Numeri mancanti. — TI 1. Gazzetta niente lombarda, N. 30 a 46, 1889. ARR MOLO ISS SCI 2. Giornale di Veterinaria Militare, N. 2 ou 1888. noi STIRO > 1 RETI | 3. La Rassegna di scienze mediche, N. 9 e ]l, 1889. si EH 4. Bulletin de la société belge de microscopie, N. 1,2 e 3 1888 e L, ch 3, si 5a 6 e 7, 1889. Na, 5. Boletin clinico de Lerida, N. 1, 6 e 7, 1889. 6. Bulletin de la Société zoologique de France. — Fasc. Curt e 9 st , 1689. 7. Feuille des jeunes naturalistes, N. 225, 1889... uit: 8. Anales del circulo medico Argentino. — Dal Fase. 1.° al 5.° è 7.° e Col 1680. sa 9. Revue biologique du nord de la France. —- Fasc. 5.° — 189 10. Bollettino dell’ associazione medica lombarda. — Fase. 8.0, 1890. 1%: 12. È; La nuova notarisia. — Fasc. di maggio 1890. Rivista generale italiana di clinica medica. — Fasc. RI 1889. Elenco dei Signori che hanno ici l'abbonamento. Tenchini Prof. Lorenzo, Parma, anno 1887. - Golgi Prof. Camillo, davi i 1885. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1884. — Prof. Comm. Pietro Pavesi pel Gabinette Zoologico della R. ‘Università di Pavia, anno 1888. — Taruffi Prof. Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. — Fumagalli Dott. Achille, Como, anno 1889. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. — Gabinetto Anatomia, Umana Regia Università di Pavia, anno 1885. — Gabinetto Anatomia Coma Regia Università di Pavia, anno 1889. — Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno . 1885. - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1888. - Lingiardi Dott. G. B., Pavia, anno 18£ - Gabinetto Zoologia Regia Università di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno Prof. Gia: como, Sassari, anno 1883. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, ‘anno 1886. — Arata D.r Pedro, Buenos-Ayres, anno 1887. — R. Orto Botanico, Pavia, anno 1888. dx RT AVVISO. Si fa calda preghiera ai signori ‘Abbonati # | mettersi in regola coll’Amministrazione del Bol- È lettino Scientifico, mandando il loro. importo dl o all’ Editore oppure direttamente ai ri Redattori È Maggi, Zoja, De-Giovanni. | noti ki 2 NATURALIEN- COMPTOIR ° Ù | D' L. Kger Ò Vien. VII Breitegasse, 9, fi Il Dottor Leopoldo Eger di Vienna ha delle bellissime raccolte di oggetti vi di Storia Naturale; vende, compera e fa dei cambi; tiene corrispondenza. in italiano, francese ed inglese; spedisce il suo catalogo a chi gliene fa diretta» | 3 mente domanda. \ dp 4 mbre 1890. E FISIOL |—‘’ NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (4 - dii Pia LE e 308 PU: ) È | PGIO i è mM ‘ ACHILLE DE-GIOVANNI "n= n ‘ Mix fr DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA n BELL ner x Ma pà, fi i 4 SEA È rr ) NA ati ” e. MT A I na Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni.. |. È di N D i CI Dì > | dei lavori. ini nei fascicoli del da VI, VII BITTE dl css | costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. LE Sa My | i " NB Ro di , CX Ta ANNO vi - Fasc. I. - De- Giovanni: Mizioni della cava inferiore complicanti SG ’. da cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. - i Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — Lal SETA I Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo. e del proventricolo del Melopsittacus un- Sl 19 dccs. dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle. Tro- ‘ telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall” Intelvi. _ - No; tizie. — Magretti : Lettere dall’ Africa. . | 4 1A e Fasc. Il. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell'arteria ome: d Sela | rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo È: c adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi } e 0. F. Parona: Sulle: Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- . dino (Lombardia). — «Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). —No itizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università. di SEL Rin «_. Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla | tisichezza PRA pel PROG A Miei Deo va ni eo i Rs CIT Fasc. HILL ji Riscni di nitrati al microscopio. _ Haogl: ‘Sulbanalisi (e PAR | ‘microscopica. dell’acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI dé Fontaniva del N Ai: PR da ‘padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della. saliva ed alla gli | | |... |. \cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione ‘preventiva). _ 3) SSA — Bonardi: : Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — Cattaneo: i |. Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche, re: RIO, ‘a Aative. alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’Infusorj.. È Ro Tgr “Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione o . della clinica. (Nota IV*). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi. Bets; o. ‘ ‘colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi MAr | «Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). _ Cat MESS pi! taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli irfusori (cont. e fine). " 75: ANNO VI. — Fasc. I. -- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu: y SR 7 nicazione preventiva). — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua zione e fine). - Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras: siti). — Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori na: turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. i Fasc. II. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene Re - Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull” mido e sui saccarosii. — Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10.' Ulteriore comunicazione sui Prozisté della Sardegna). - Maggi: Sull’ importanze scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre acque. — Firtare (Cattaneo: Sui protozoi del porto di Genova di A. Gruber). , Fasc. III. e IV. - Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale — Solco pe frontale (2.8 comunicazione). — Maggi: Sull’influenza d’alte temperature nello SV luppo dei Micr08j. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’ esperienze sullo sviluppo sulla resistenza di dacferi e vibrioni, in presenza d’alcune sostanze medicinali, Maggi: Sul 242210 delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque p è tabilt e sul tempo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti dell fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione. pre ventiva). - Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenibg Svizzera — (Relazione). — Bonardi: Intorno all’influenza dell’acido fenico sui _ M crobj e sul loro sviluppo, ino XII. Dicerabre 1890. N. 4. Mer È ® e e Bollettino Scientifico È REDATTO DA È LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA. | GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, ACHILLE DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. Abbonamento annuoItalia IL. S| Si pubblica in Pavia | Esce quattro volte all'anno. — >» >» Estero » L9]|[Uorso Vittorio Eman. N. 73|)| Gli abbonamenti si ricevono in in numero Separato(\.\/0 2ll—_——___—__—-|| Pavia dall'Editoreedai Redat- in numero arretrato . . > «||Ogninum.° è di 32 pag. tori. __R. ZOJA: — Alcune ricerche morfologiche e fisiologiche sull’ 7ydra (con 6 Tav.), continuazione. — PERUGIA: Sulle Myxosporidie dei Pesci marini (con una ‘Tav.). — CUNED: Sui Protisti delle acque di Rapallo. — Recensioni: MAGGI: In- torno al canale cranio-faringeo in alcuni rosicanti. — C. PARONA : Elminto- logia italiana, Bibliografia, Sistematica e Storia (continuazione). È Aoune ricerche morfologiche e fisiologiche sull Hydra DEL DOTTORE RAFFAELLO ZOJA. Si (Continuazione vedi Numero 3, settembre 1890). + Sommario. — 2) Organi della motilità. — 1.° Fibre muscolari. — 1. Varie opinioni degli autori sugli organi che determinano i movimenti generali del corpo nell’ Hydra. — 2. Le grandi cellule dell’ectoderma e le fibre longitu- dinali. — 3. La teoria neuromuscolare del Kleinenberg. — 4. Prove della na- «tura muscolare delle fibre longitudinali: lunghezza di esse. — 5. Le grandi cellule dell’endoderma e le fibre trasversali. — 6. I movimenti di estensione i è di contrazione dell’Hydra. — 7. Risultati di esperienze fatte colla elettricità sell’ Hydra. — 2.° Altre sedi di motilità nel corpo dell’ Hydra. — 1. Nemato- cisti: 4). Varie forme di nematocisli, loro struttura e loro formazione. — .B). Cellule formatrici delle nematocisti e natura dei loro prolungamenti fibril- lari. — €). Meccanismo dello scatto e cause che lo determinano. — D/. Di- stribuzione delle nematocisti. — 2. Disco pedale. — 3. Ciglia vibratili e mo- Vimenti amiboidi delle cellule entodermiche. È 5) ORGANI DELLA MOTILITÀ. (9 FIBRE MUSCOLARI. É 1. Varie opinioni degli autori sugli organi che determinano 14 movimenti generali del corpo nell’ Hydra. — I movimenti attivi Ce : TE di Sila i > Sa K DE er È "RES S : Mie E E IS + x "i EI #* na i SM ni . x è. 2A v, È fi . f. e . vee RATA Al a 98 osservati dal Trembley nell’Hydra furono una delle cause principali che lo indussero a ritenere l’Hydra un animale. Egli ne descrisse assai accuratamente 1 varii modi di locomozione (stri- sciando, a capriole, come un bruco geometra): un’altra varietà di locomozione descrisse il Marshall (18) per la sua Hydra viridis var. Bakeri; tale modo è affine allo strisciare, solo che l’animale si fissa mediante protuberanze tubercolari che si tro- vano in due zone del corpo. Il Trembley però non ci diede, nè lo poteva, nessuna notizia sugli organi attivi produttori di tali movimenti. Col succedersi delle indagini microscopiche sul- l’Hydra si vennero successivamente a dare varie spiegazioni dei suoi movimenti ritenendoli la esplicazione della attività di uno dei due foglietti costituenti il corpo, o di entrambi. Ecker (6), guidato dalla sua idea che l’animale fosse costituito da una massa sarcodica, riteneva che tutte le parti del corpo, ma specialmente . lo strato verde, possedessero contrattilità; queste sue idee però essendo basate sul fatto male osservato di fenomeni in gran parte di diffluenza, che egli riteneva movimenti amiboidi, come fece assal bene osservare il Kleinenberg, non possono avere valore scientifico. Nello stesso errore cadde il Leydig (7), che attribuì decisamente i movimenti all’endoderma. Il Kolliker (8) colla scoperta delle fibre longitudinali dell’Hydra fece progredire no- tevolmente lo studio di questo problema. Mancando però una prova certa della funzione di queste fibre, che egli descriveva come cellule allungate, il Reichert (9), che le riconobbe pro- lungamenti delle cellule ectodermiche, combattè la opinione del Kolliker, sostenendo che la contrattilità risiede nell’ectoderma, che egli riteneva di struttura non cellulare, ponendo questa con» dizione di cose nell’Hydra a sostegno della sua ipotesi sulla so- stanza contrattile. Quanto però fossero infondati e fantastici i dati che egli impiegava a questa spiegazione, è bene chiarito dal Kleinenberg. Quest’ ultimo autore ritiene invece doversi attribuire la cone trattilità totalmentè alle fibre longitudinali e per giungere questa persuasione imaginò una esperienza che ha una note» vole importanza. Siccome i due foglietti cellulari (comprendendo. nell’esterno anche le cellule interstiziali coi loro prodotti, che 99 riempiono i vani interposti fra le grandi cellule ectodermiche) sono per le condizioni del corpo dell’Hydra resi aderenti alle due estremità in modo che qui totalmente si inviluppano ed è impossibile riconoscervi diverse condizioni di estensione, il Klei- _ nenberg pensò di tagliare trasversalmente il corpo dell’ Hydra con due sezioni, una sopra il piede, l’altra sotto la corona ten- — tacolare: per tal modo egli aveva un tubo costituito di due tubi inviluppati l’uno nell’altro (entoderma ed ectoderma), e solo riu- . niti per la reciproca adesione alla lamina di sostegno. Appena avvenuta la contrazione susseguente al taglio, si aveva come di norma una forte estensione: irritato con un ago un punto di questo tubo, l’animale si contraeva, ma la contrazione seguiva in vario modo: talora l’ectoderma sporgeva al disopra dell’en- toderma, talora invece avveniva il contrario, e così forte era la differenza nello stato di contrazione dei due foglietti che il . loro legame in alcuni casi sì scioglieva, e l’entoderma staccatosi | per uncerto tratto dalla lamina di sostegno sporgeva all’esterno per una notevole estensione. Non è difficile verificare come tali fatti siano stati esattamente osservati. In base a queste esperienze il Kleinenberg ritiene inso- stenibili tanto le idee del Leydig, che quelle del Reichert, 1 ‘quali pongono in uno solo dei tessuti la sede della contrattilità, | perchè ora l’uno ora l’altro, se i movimenti loro fossero attivi, mostrerebbero di esserne dotati: sarebbe più accettabile la opi- nione dell’ Ecker, che vuole contrattili i due tessuti, quando però non si consideri la stranezza del presentarsi di questa atti- vità ora nell’uno ora nell’altro dei tessuti e non mai in ambe- due. Il Kleinenberg ritiene invece che i fatti suaccennati de- pongano in favore della passività dei due foglietti nel fenomeni di contrazione, prodotti invece da uno strato interposto, ossia la “lamella muscolare. Il mostrarsi più contratto ora l’ectoderma, ora l’entoderma è dovuto, secondo l’autore, o alla direzione del taglio, oppure alle condizioni diverse dei due foglietti, alla di- | versa resistenza cioè che essi oppongono alla compressione; la resistenza può essere cresciuta per l’ectoderma dalla presenza di numerose cellule interstiziali o capsule urticanti, per l’ ento- derma da un abbondante nutrimento di fresco introdotto. Stabi- ti arr 400 lita così la vera sede della contrattilità e pensando di avere di- mostrata la natura contrattile delle fibre, il Kleinenberg in base alla connessione da lui dimostrata fra queste e le grandi cellule dell’ectoderma emise la sua teoria neuromuscolare sulla quale ritornerò più tardi. La continuità fra fibre e cellule è appoggiata fra gli altri dal Parker (14) e dal Jickeli (11), mentre il Korotneff dice che la cellula è soltanto aderente alla fibra, ma non in vera connessione con essa (44), pure essendo essa stessa che l’ha pro- dotta. Trova per tal modo una serie graduale di modificazioni dalla cellula che può dare una fibra, crescendo a poco a poco il volume della fibra rispetto alla cellula, fino al caso di più cel- lule che danno una fibra sola: in questa serie gli elementi del- l’Hydra terrebbero il secondo posto. Pare però che egli sia giunto a questa persuasione soltanto con preparati ottenuti mediante l’uso di reagenti (acido cromico, acido acetico); ora questi in tal caso possono indurre in errore. Supposta infatti vera la opinione del Kleinenberg che si tratti di cellule neuromuscolari, anche se la connessione delle due parti, nervosa e muscolare, è intima, è naturale che il protoplasma diversamente differenziato debba subire diversamente l'influenza di taluni reagenti, e che quindi si presenti coll’ aspetto di una netta divisione fra le due parti, anche nel caso che questa non esista. Ciò, si comprende, sarà anche per il caso in cui, non ammettendo la teoria del Klei- nenberg, si considerino gli elementi in questione come cellule mioepiteliali. Il Jickeli invece dichiara di aver potuto persua- dersi, benchè dopo molte esitazioni, che la descrizione del Kleix nenberg per questo aspetto è esatta e che talora la membrana cellulare si continua sulla fibra, tanto per mezzo di sezioni, che per dilacerazioni. Quanto al lato fisiologico della questione il Korotneff nello stesso lavoro sostiene che le esperienze del Kleinenberg non conducono alla conclusione da lui adottata per la sede della contrattilità, senza però esporre chiaramente le sue idee in proposito: in un altro lavoro invece (34), dove de- scrive gli interessanti fenomeni di letargo invernale nell’Hydra(1), (1) Questi fenomeni non furono, che io sappia, descritti da altri. Io cercai di ve- derli nell'inverno 1889-90, ma senza frutto; la stagione fu però abbastanza mite. Le 104 dice che l’animale, distrutti gli elementi muscolari, cede alla con- trazione della membrana propria e si accorcia, W. Marshall (18) poi decisamente ammette che 1 movimenti delle idre fisse e delle «| gemme siano dovuti a contrazioni ed estensioni della lamina di | sostegno. Il Rouget (45) non ritiene che tutti i movimenti del È corpo dell’Hydra si debbano attribuire alle fibre longitudinali, e — mentre ammette che queste possano determinare l’accorciamento i rapido del corpo, non crede siano capaci di produrre l’ allunga- i mento tanto del corpo che dei tentacoli, specialmente conside- rando che tale allungamento è assai persistente ed avviene len- tamente. Egli ritiene che questo movimento di estensione sia | piuttosto da attribuirsi alle cellule ectodermiche ed entodermiche i delle quali la osservazione diretta, egli dice, mostra la contrat- mpulità, senza però dare maggiori schiarimenti sul modo in cui | tale osservazione diretta debba essere fatta. Secondo la sua de- scrizione le cellule, tanto entodermiche che ectodermiche, con- i tengono quelle fibrille intracellulari che egli in un’altra breve | nota (46) descrive per le cellule ciliate e sembra considerare | come le porzioni ove è localizzata l’attività contrattile delle cel- lule: tali fibrille intracellulari per le cellule ectodermiche del- —l’Hydra si continuerebbero nelle fibre contrattili longitudinali. Sgraziatamente la mancanza di figure e la troppa brevità della . descrizione non permettono di formarsi un concetto preciso di ‘quanto egli dice. A mutamenti di forma delle cellule ritiene pure dover riferire i movimenti generali del corpo il Brass (47), che | pensa le fibre longitudinali abbiano soltanto una funzione di di- | fesa e di sostegno. Una scoperta interessante sull’ argomento fu quella del Ji- ckeli che riconobbe il primo, per quanto io so, la presenza «di fibre trasversali nel corpo dell’Hydra. Oltre a questi non co- idre (viridis, grisea e vulgaris) che trovai in fossati la superficie dei quali era ge- lata, erano abbastanza distese ed anche vivaci. Alcune idre vulgaris che misi in un vaso lasciato all'aperto, dopo che l’acqua erasi gelata alla superficie, vidi contrarsi ‘a sfera e restare immobili senza però vi fosse alterazione visibile dei tessuti. Provai a tagliare longitudinalmente in due una di esse: essa rimase per parecchi giorni im- puri: senza riprodurre l’animale non solo, ma neppure senza piegarsi a ricostituire il tubo, pe morì. (Tav. Ila fig. 14), È Ea 102 nosco altri lavori che diano risultati importanti sull’ argomento: come si vede esso è quindi ben lungi dall’essere completamente risolto. 2. Le grandi cellule dell’ectoderma e le fibre longitudinali. — Le osservazioni che ho fatto su questo argomento coincidono, per quanto si riferisce alla struttura delle grandi cellule ecto- dermiche, colla classica descrizione del Kleinenberg. Le grandi cellule ectodermiche hanno sempre un nucleo ovale nucleolato, talora binucleolato: il loro orlo esterno presenta un ispessimento plasmatico con una marcata granulazione, non dovuta certo, dice il Kleinenberg, a corpuscoli estranei. Infatti tale marcata granulazione (Tav. IV.® fig. 4) è assai ugualmente e regolar- mente distribuita, e la scomparsa di essa colla morte dell’ ani- male, cosa assai facile ad osservarsi e che solo si può totalmente |. impedire coll’ uso del cloruro d’oro (Kleinenberg), la fanno ritenere una condizione speciale di ispessimento del plasma. Il suo significato è ignoto; forse potrebbe non essere fuori di luogo il ravvicinarla ad un principio di quella granulazione che occupa tutto il corpo delle cellule ectodermiche del piede. Questo orlo plasmatico, che non va confuso colla cuticola, che riveste le cel- lule ectodermiche e che fu descritta dal Jickeli, è però netta- mente definito verso l'interno. Segue una parte protoplasmatica di condensazione minore nella quale sta il nucleo. Ad una di- stanza più e meno grande dalla estremità interna della cellula, questa si assottiglia e spesso anche si divide in varii rami: questi, giunti in contatto colla lamina di sostegno, si piegano bruscamente ad angolo retto e danno luogo alle fibrille longitudinali (Tav. IV.® fig. 5 e 6). Io pure, come il Jickeli, rimasi lungo tempo in dubbio sui rapporti fra le fibre e le cellule. I preparati ottenuti per dilacerazione mi portavano piuttosto a credere vera la asser- zione del Korotneff, che cioè la fibra fosse rivestita dalla so- stanza protoplasmatica cellulare senza esserne una diretta ema- nazione. Nelle sezioni non fui mai così fortunato come il Jickeli da vedere continuarsi la membrana cellulare sulla fibra, però mi potei persuadere sul vivo della connessione che intercede fra fibra e cellula. Per mezzo di una leggera dilacerazione praticata su di un animale vivo, si riesce talora a vedere il corpo cellulare, | 103 o meglio la sua parte assottigliata, continuarsi nettamente nella | fibra senza che vi sia una palese divisione (Tav. IV.2 fig. 10). Le dimensioni delle cellule ectodermiche variano, come è noto, | a seconda delle regioni del corpo e molto poi a seconda dello | stato di contrazione dell'animale. Le fibre che partono dal corpo . cellulare hanno tutte un decorso parallelo all’ asse dell’animale come è facile vedere in preparati, ove per macerazione sia resa . visibile una larga porzione della lamina di sostegno cui siano ‘aderenti le fibre, od in altri ove le singole cellule siano isolate may. IV* fig. 7,869) La fibra non è liscia, come disse il Kleinenberg, ma bensì finamente granulosa, quale la descrive il Jickeli. Tale fatto si può assai bene riscontrare con osservazioni fatte a forte ingran- dimento sul vivo. Tagliuzzando un’Hydra, essa si mantiene viva e non è raro che rimangano ben visibili alcune fibre delle quali sì possono riconoscere i caratteri reali senza l’aiuto di reagenti, quando la osservazione sia fatta abbastanza rapidamente. 3. La teoria neuromuscolare del Kleinenberg. — Sco- perta la connessione delle grandi cellule ectodermiche colle fibre muscolari longitudinali, il Kleinenberg basò su questo fatto la teoria neuromuscolare. Egli diceva che nelle cellule ectodermiche dell'Hydra il corpo cellulare, coi suoi prolungamenti fino al punto ove essi si piegano ad angolo retto, rappresenta un elemento nervoso che raccoglie e trasmette lo stimolo al prolungamento parallelo all’asse del corpo, il quale è muscolare (1) (Tav. IV. fig. 5). Le cellule ectodermiche erano; secondo questo autore, gli unici elementi che potessero ritenersi sede di una sensibilità, e certo l’Hydra è organismo tale che non si può supporre manchi di sensibilità ; inoltre ritenendo nervoso il corpo di queste cel- lule, si venivano a trovare riunite in un solo elemento cellulare (1) Questa era la interpretazione che delle cellule ectodermiche dell’Hydra dava il Kleinenberg. Nel trattato di anatomia comparata di Vogt e Jung (51) a pag. 160 è detto che egli credeva le fibre muscolari nello stesso tempo di natura nervosa, e che da ciò nacque la teoria delle fibre nervo-muscolari. È facile vedere quanto ciò sia lontano dalla vera espressione e dal vero significato della teoria del Klei- nenberg. 104 due facoltà dell’ organismo animale che si era abituati a consi- derare indissolubilmente congiunte. Si comprende come questa teoria si presentasse logica alla mente dell’autore che primo la espose non solo, ma fosse accolta con grande favore. Fra gli altri il Foster (52) ed il Wundt (57) adottarono questa teoria come punto di partenza per lo studio dei tessuti nervoso e mu- scolare. | Oltre alle due ragioni indicate, ve n'erano altre che contri- buivano a rendere più verosimile la teoria neuromuscolare. Ad un fatto embriologico specialmente il Kleinenberg aveva dato grande valore: egli aveva osservato che lo strato esterno della morula si mutava nell’ uovo dell’ Hydra totalmente in un invo- lucro corneo: per questo, diceva, il foglietto corneo manca nel- l’ Hydra e quello che noi consideriamo come ectoderma è il fo- glietto medio rispondente a quello che dà i tessuti nervosi e muscolari dei vertebrati. Come in un suo lavoro posteriore (53) il Kleinenberg stesso ammette, questa idea era prodotta da un eccessivo dogmatismo, ritenendosi allora troppo rigorosamente ‘ fisse le proprietà dei varî foglietti embrionali, ed interpretandosi in un senso troppo ristretto le omologie fra questi foglietti nei varî tipi di animali. Ma quando il Kleinenberg emise la sua teoria gli studi embriologici erano assai meno avanzati che ora, e solo più tardi venne dimostrata la grande indifferenza dei fo- glietti germinativi rispetto ai tessuti cui daranno origine (Hae- ckel (54)).. Una simile indifferenza è poi assai maggiore negli idroidi (Lendenfeld (55)) (1). La idea della indissolubile colleganza dei due sistemi musco- lare e nervoso, venne pure scossa da altre osservazioni anato- miche e fisiologiche, per modo che neppure questa si può più ritenere come una ragione valida in sostegno della teoria del Kleinenberg. Io non voglio ora seguire la lunga discussione (1) Già però subito dopo la pubblicazione della memoria del Kleinenberg (11) l° Allman (58), facendone una rivista, aveva notato la difficoltà di ammettere questo fatto come applicazione della teoria neuromuscolare, perché, mancando negli idroidi marini la trasformazione dello strato esterno in organo embrionale, il parallelismo col foglietti germinativi dei vertebrati veniva grandemente turbato, 105 — che una teoria di tale importanza destò, come era naturale, per- . chè uscirei dal mio argomento; solo debbo notare che il Bal- — four (56) ritenne inammissibile la teoria del Kleinenberg per il fatto che accanto ad elementi mioepiteliali (quali egli ritiene quelli descritti come neuromuscolari dal Kleinenberg), ne fu- rono trovati altri neuroepiteliali; e che 1 fratelli Hertwig fe- cero osservare a proposito della teoria neuromuscolare, che nel regno animale il processo di distinzione istiologica non si basa sulla divisione e sullo individualizzarsi di parti diverse di una cellula, ma sul differenziarsi di cellule separate ed originaria- i mente identiche. Restringendomi, come è compito mio, alla questione per quanto . riguarda l’Hydra, osservo come la ragione più seria che ancora rimane da considerarsi è quella della mancanza, secondo il Klei- È nenberg, nell’Hydra di altri elementi cellulari che possano ri- | tenersi di natura nervosa. L'Hamann (82), riconoscendo la giu- 3452 stezza della osservazione, riportata più sopra, dei fratelli Hert- | wig, dice però di ritenere esatta per l’ Hydra l’ interpretazione data dal Kleinenberg degli elementi ectodermici finchè non | sia dimostrata in questo organismo la presenza di elementi ner- vosi. La memoria del Jickeli reca appunto questa scoperta. Il Kleinenberg nel lavoro sopracitato (53) ritorna sulla questione, trattandola in un campo generale e sostenendola particolarmente contro le obbiezioni del Claus e dei fratelli Hertwig. Per quanto riguarda l’Hydra però egli non porta fatti nuovi e della scoperta del Jickeli parla brevemente in una nota a pag. 207: egli dice che le cellule descritte da questo autore come gangliari nell’ Eudendrium e nell’ Hydra « haben wohl mit allem An- deren eher was zu thun als mit dem Nervensystem », e che, ‘anche si dimostrassero vere e proprie cellule gangliari nell’ Hy- dra, cioè non infirmerebbe la sua teoria. Rispetto al giudizio che le cellule descritte dal Jickeli ab- biano relazione con qualunque altra cosa piuttosto che con cellule nervose, noto che la descrizione del Jickeli per quanto riguarda l’Eudendrium (59 e 11) fu confermata dal Lendenfeld (55) sugli Eudendrium australiani: le cellule nervose dell’ Hydra erano state poi già vedute dal Rouget; io pure ne ho osservate 106 alcune simili, come dico più avanti. Certo nella analisi micro- scopica bisogna andare assai cauti prima di assegnare ad un elemento una determinata funzione dai soli dati della sua forma, ma se questa osservazione è da applicarsi alle cellule gangliari del Jickeli, lo è, ed in maggior grado, alle neuromuscolari del Kleinenberg. Il Jickeli infatti descrisse cellule che per il loro aspetto richiamano vere cellule nervose (V. Tav. VI, fig. 17 e 18), che nel modo di comportarsi coll’ acido osmico si differenziano dalle cellule interstiziali e che per la forma e la distribuzione topografica richiamano le cellule gangliari dell’Eu- dendrium, le quali furono pure osservate dal Lendenfeld e presentano in modo spiccatissimo l’annerimento coll’acido osmico. La opinione del Jickeli, come si vede, non è troppo ardita e suffragata da fatti. Per quanto riguarda le cellule neuromusco- lari del Kleinenberg, ci troviamo invece di fronte ad elementi di un tipo assolutamente nuovo per elementi nervosi, e che pos- sono ritenersi tali unicamente quando si accetti la teoria neuro- muscolare, la quale fino ad ora non è unanimemente adottata ed ha bisogno ancora di riprove. Inoltre queste cellule acquistano in determinate condizioni una funzione ghiandolare, come avviene per le grandi cellule ectodermiche del’ disco pedale: questa è certo una prova in favore della loro natura epiteliare; nè si può dire che solo abbiano questa funzione le cellule del disco pedale per la trasmissione ereditaria di una funzione acquisita prima che le cellule ectodermiche prendessero la funzione nervosa, poi- chè tanto naturalmente, allo staccarsi delle gemme, che artifi- cialmente, nelle esperienze di sezione trasversale del corpo, sì vedono in breve tempo mutarsi le cellule ectodermiche in cellule ghiandolari. Trovatisi poi elementi assai analoghi’ a questi nelle cellule mioepiteliali entodermiche dell’ Hydra, riesce ancora più dif- ficile lo ammettere la interpretazione del Kleinenberg, quando non la si voglia estendere anche a queste cellule entodermiche, le quali hanno una funzione digestiva. 4. Prove della natura muscolare delle fibre longitudinali : lunghezza di esse. — Lasciando la spiegazione teorica, che da nuovi fatti, ignorati in gran parte quando fu emessa, viene gra- vemente infirmata, la descrizione che il Kleinenberg diede tI se. 107 delle sue cellule neuromuscolari è, come ho detto, esatta. Così pure mi pare sia abbastanza convincente la prova sperimentale che egli diede della natura muscolare delle fibre longitudinali: alla obbiezione mossagli dal Korotneff (44) che le sue espe- rienze verrebbero piuttosto in sostegno della opinione dell’Ecker, che cioè entrambi i foglietti siano contrattili, l’autore aveva già precedentemente (10) risposto mostrando la illogicità dell'’ammet- tere che }a contrazione avvenga ora in uno, ora in un altro dei due foglietti ed in ogni caso in uno solo, ed esponendo assai chiaramente le ragioni che potevano opporsi ad una facile con- trazione passiva dell’entoderma o dell’ectoderma. A questa prova fisiologica, credo di poterne aggiungere un’al- tra anatomica che mi pare non totalmente priva di valore. Se le fibre sono realmente elementi contrattili, dobbiamo trovare in | esse quelle particolari modificazioni che siamo soliti considerare come caratteristiche dei muscoli nei due stati di contrazione ed estensione; cioè una diminuzione del diametro longitudinale ed un allungamento del diametro trasverso nel periodo di contra- zione, e conseguentemente un allungamento del diametro longi- tudinale ed un accorciamento del traverso nella estensione. Ora: | ciò avviene realmente. Per persuadermene presi una Hydra vi- ridis che, avendo fibre più grosse, è quella che meglio si presta ad osservazioni di tal sorta, e la tagliai trasversalmente in due. Dr, Una delle due porzioni uccisi subito contratta con acido osmico a 0,5 Ojo, lasciai l’altra distendersi e la fissai poi collo stesso reagente. Volli fare l'osservazione sullo stesso individuo perchè potei persuadermi che vi sono variazioni individuali notevolissimi nelle dimensioni delle fibrille. Le due metà dell’Hydra appena uc- cise coll’acido osmico, che meglio di ogni altro reagente si prestava in questo caso per la sua azione fulminante, vennero trasportate in una soluzione di bicromato ;sammonico a 1 0jq. Questo fissatore venne consigliato nelle preparazioni dell’Hydra da J. Parker (14) e serve realmente assai bene nei casi dove, come in questo, si vogliano vedere ben distinti i varii strati. Lasciati i pezzi in esame per 24 ore nel bicromato ammonico, tinti poi col metilvioletto, . che colora assai nettamente le fibre dell’Hydra, lavati nei varii . alcool ed inclusi in paraffina nel modo indicato (12), le sezioni 108 mostrarono nei diametri delle fibre differenze così spiccate, che, . benchè prevedute, mi fecero meraviglia. Le figure 13 e 12 della Tavola IV.* rappresentano appunto due porzioni di sezione nei due stati di estensione e di contrazione ; da esse si vede come non possa sorgere il menomo dubbio sulla differenza dei diametri. Persone che non conoscevano quale risultato io mi aspettassi da queste osservazioni, ed alle quali mostrai le sezioni accennate, riconobbero spontaneamente la grande differenza di diametro tra le fibre nei due diversi stadi. Per la verifica di questi fatti va notato che la sezione non deve essere praticata molto vicino alla superficie tagliata, come sembrerebbe più naturale, perchè la os- servazione non fosse turbata da variazioni locali nelle dimensioni degli elementi in esame; in prossimità di questa superficie tanto la contrazione che la estensione avvengono imperfettamente ed il meglio è osservare le porzioni che più si avvicinano alla parte mediana dei due pezzi considerati, ove tanto la estensione che. la contrazione sono più spiccate. ; Per tal modo resta quindi provato che per le fibre longitu- dinali dell’Hydra hanno luogo le modificazioni nei due diametri, comuni a tutti i muscoli nelle varie fasi della loro azione. Si potrà dire che ciò deve avvenire per qualunque corpo elastico anche passivamente contratto od esteso, ma, sommata questa colle altre prove, mi pare contribuisca a dimostrare che le fibre ecto- dermiche hanno una vera natura contrattile. Come ho detto, le fibre longitudinali dell’Hydra sono finamente granulose e sul vivo si presentano piuttosto rifrangenti: quanto alla loro lunghezza già il Kleinenberg ha notato come sia diffi- cile il misurarla esattamente per la grande facilità che ha il tessuto dell’ Hydra di dividersi trasversalmente. Le più lunghe che egli potè misurare in preparati ottenuti per dilacerazione furono di 0,02 mm. Nelle cellule invece tolte dall’involucro del-. l’ovo le vide lunghe mm. 0,25. Io tentai più volte di separarle nella loro lunghezza. Talora per una macerazione prolungata in acido acetico a 0,05 Ojo di esemplari induriti in acido cromo- osmico, si ottengono porzioni anche considerevoli della lamina di. sostegno, libera dalle cellule tanto entodermiche che ectodermiche ed alla quale stanno aderenti le fibre longitudinali e trasversali, il rapporto fra la lunghezza dell’ animale contratto ed esteso è 409 ma è difficile assai il poterne seguire una per un tratto considere- «vole. Dove esse si liberano per un po’ dalla lamina di sostegno, potei misurare una lunghezza di 60 4 per le fibre longitudinali «in un esemplare piuttosto contratto di Hydra grisea (notisi che < talora di 1:8 ed anche più). Ritengo però che la lunghezza delle fibre debba essere maggiore. 5. Le grandi cellule dell’entoderma e le fibre trasversali. — La presenza di fibre nell’entoderma dell’Hydra, provenienti come le ectodermiche da cellule epiteliali, dimostrata dal Jickeli è un fatto interessantissimo. Le grandi cellule entodermiche (che vanno distinte dalle altre cellule entodermiche di natura glan- dulare descritte pure dal Jickeli) sono, come dice il Kleinen- berg, utricoli protoplasmatici con grandi vacuoli e nucleo ovale LE nucleolato e talora binucleolato. Il loro plasma è sempre occu- | pato in parte, e talora letteralmente riempito, da inclusioni varie secondo le speci e secondo lo stato di nutrizione dell’ animale . (corpuscoli di clorofilla, gocce oleose, masserelle alimentari, ecc.). . Dalla estremità libera partono di spesso, secondo il Kleinen- — berg, una o due ciglia, sulle quali ritornerò più tardi. Alla estremità basale che si appoggia sulla lamina di sostegno, se- condo il Jickeli, partono anche da queste cellule delle fibre. Le cellule entodermiche non presentano verso la base quelle ra- mificazioni che si osservano nelle cellule ectodermiche, e questo | sl capisce, essendo le ramificazioni determinate nell’ectoderma — probabilmente dalla presenza di cellule interstiziali (1) : nell’ento- derma non pare che esistano cellule interstiziali (il Jickeli dice però di aver osservato nell’entoderma nematocisti con la cellula formatrice ed il suo nucleo) e quelle che topograficamente lo po- trebbero rappresentare, cioè le cellule glandulari hanno una po- . sizione più superficiale, ossia sono verso l’apice della cellula ove appunto determinano talora degli impicciolimenti delle cellule entodermiche che possono rispondere per le cause determinanti a quelli delle cellule ectodermiche verso la base. (1) Che questo sia realmente, lo proverebbe il fatto che al disco pedale, ove i mancano le cellule interstiziali, le cellule ectodermiche non sono ramificate alla base, ma hanno una forma che ricorda quella delle grandi cellule entodermiche. 1410 Dalla base delle cellule entodermiche parte dunque una fibra: dalla descrizione del Jickeli pare che essa sia una sola, la quale si prolunghi dai due lati, e questo mi fanno pure ritenere le mie osservazioni; forse la mancanza di un numero maggiore di fibre provenienti da una sola cellula è in relazione col fatto già accennato delia mancanza delle ramificazioni basali. Questi prolungamenti fibrillari hanno un decorso normale all’asse lon- gitudinale dell’Hydra, un decorso cioè circolare, ed intersecano ad angolo retto le fibre longitudinali ectodermiche, restando però sulla faccia interna della lamina di sostegno. Il Jickeli dice che questa è traversata da fine fibrille, le quali partono delle fibre ectodermiche e vanno alle entodermiche, determinando così probabilmente la adesione dei due foglietti. Io non potei vederle, ma le mie osservazioni su questo punto sono troppo poco numerose per permettermi di contestare la descri- zione di un osservatore accurato quale è il Jickeli. La scoperta delle fibre trasversali entodermiche, che si tro-. vano in molti idroidi, nell’Hydra è un fatto assai interessante, perchè viene a confermare sempre più la non grande differenzia- zione strutturale e funzionale dell’entoderma e dell’ectoderma di questo organismo: è inoltre una notevele prova delle intime con- nessioni che lo legano agli altri idroidi e della sua originarietà. (Vedi Bollettino Scientifico n. 3, pag. 78, anno XII). Del valore fisiologico di queste fibre dirò poi. Esse sono più difficili a _ve- dersi che le fibre ectodermiche, probabilmente per il fatto che sono aderenti alle cellule entodermiche più opache a cagione delle molte inclusioni; pure si possono osservare non difficil- mente nelle dilacerazioni fatte col solito metodo dell’acido acetico allungatissimo. Le inclusioni delle cellule che terminano in tali prolungamenti non lasciano alcun dubbio che si tratti realmente di cellule entodermiche: si possono pure osservare aderenti alla. lamina di sostegno, quando questa sia liberata nel modo indicato sopra dalle cellule tanto entodermiche che ectodermiche. Per mezzo di tutti e due questi metodi io ho potuto accertarmi della esistenza di fibre entodermiche trasversali, prima di sapere che il Jickeli le aveva descritte. Questo autore dà figure di sezioni longitudinali dove si vedono. assal bene le fibre entodermiche sulla pagina interna della la- À LEG ‘mina di sostegno (Tav. V.2 fig. 5): io non le ottenni che imper- fettamente visibili con tale metodo; si comprende infatti come difficile assai debba essere il praticare una sezione longitudinale tale che le fibre entodermiche siano nettamente visibili. Occorre che questa sia condotta esattamente nel piano mediano del ci- lindro, od assai vicina a questo, perchè altrimenti la sua immagine, ‘non divisa dalle cellule entodermiche opache per mezzo della la- mina di sostegno, si viene a confondere con queste. Potei ve- dere meglio queste fibre in sezioni trasversali ove il loro decorso «circolare si può seguire per alcun tratto. Le migliori immagini ebbi però da osservazioni fatte sulla lamina di sostegno nel modo più volte accennato, e sull’animale vivo ed intatto. Per tali maniere riscontrai la presenza di queste fibre su — tutto il corpo del piede fino al cono boccale (le osservazioni ven- nero fatte specialmente sulla Hydra grisea e vulgaris), ed anche sul tentacoli dove il Jickeli dice non averle mai potute osser- vare (Tav. IV. fig. 2 e 14). Le fibre entodermiche si vedono chiare nell’ animale vivo, particolarmente ai margini del corpo, internamente alla lamina di sostegno: è facile anche vedere come la distanza dall’una all’altra cresca coll’estendersi del corpo. La figura 1 della Tav. IV.* rappresenta una porzione, rispondente presso a poco all'area germinativa, del corpo di una Hydra vul- | garis, che era stata tagliata verso la parte inferiore A. L'animale aveva pochissime inclusioni entodermiche e non molte nematocisti per modo che la osservazione poteva essere fatta assai bene. Ho anche accennati 1 confini delle aree cellulari entodermiche per mostrare lo stato di contrazione dell'animale e la impossibilità di confondere le tracce di fibre entodermiche con quelle dei con- fini cellulari. Vi si vedono spiccatissimi i due sistemi di fibrille, e l’entodermico (en) specialmente in prossimità della lamina di sostegno. Le porzioni ove le fibre non sono segnate sono quelle ove la abbondanza delle nematocisti o delle inclusioni entoder- miche impedivano una visione sufficente. Sui tentacoli le fibre entodermiche sembrano abbondanti come sul corpo, ed il loro decorso talora non è rigorosamente paral- Llelo; forse causa di ciò è la frequente inuguaglianza di esten- sione del cilindro tentacolare in corrispondenza di due diverse 112 generatrici. Per quanto riguarda la misura della lunghezza delle fibre entodermiche si hanno le stesse difficoltà che per le fibre ectodermiche: il Jickeli però ha potuto osservarne una assai lunga, della quale dà il disegno ma non la misura: ho riportata la sua figura all’ingrandimento da lui indicato (Tav. V.* fig. 4). Quanto alla funzione di queste fibre si può intanto notare come la loro azione si veda chiara quando le idre, specialmente dopo una abbondante digestione, prendono una forma che ha ri- gonfiamenti e stringimenti alternati, e nei casi di déretournement come disse il Trembley, ossia quando un’ Hydra rovesciata, sia naturalmente, sia artificialmente, ritorna spontaneamente alla posizione primitiva, secondo la descrizione data prima dal Trem- bley e confermata recentemente dall’ Engelman (48) e da C. Ischikawa (49), e secondo potei vedere ripetute volte io stesso: si ha qui probabilmente l’azione combinata dei due sistemi di fibre. L'azione: delle fibre entodermiche deve certamente sentirsi grandissima anche nella deglutizione, che nell’Hydra sembra av- venire in modo assai analogo a quello descritto da Lacaze- Duthiers (50) per il Chariophylleus e la Balanophylla regia. Si ha cioè probabilmente una contrazione delle fibre longitudi- nali ed un rilasciamento delle fibre trasversali, che rispondereb- bero allo sfintere del peristoma descritto da Lacaze-Duthiers nei citati polipi. Si sa nell’Hydra quanto larga possa essere al- l’atto dell’inghiottimento la apertura boccale: introdotta nel corpo la preda, la bocca vi si serra sopra saldamente per contrazione delle fibre trasversali circolari. Ma un ufficio molto più impor- tante mi pare si possa attribuire alle fibre entodermiche. Prima di trattare di questo punto, credo però bene considerare breve- mente la natura dei movimenti di estensione e. di contrazione dell’ Hydra. | 6. 1 movimenti di estensione e di contrazione dell’ Hydra. — - L’ Hydra può subire grandissime mutazioni specialmente nel dia- metro longitudinale, e prendere, estesa, una lunghezza fino circa dodici volte maggiore di quella che ha contratta sul corpo, ed assal più sui tentacoli (ciò vale specialmente per la Hydra vu garis). Quando è estesa, i movimenti di contrazione avvengono 143 i bruscamente, tantochè in poco più d’un secondo una Hydra gri- aseao vulgaris può dalla massima estensione ridursi alla: minima ed una viridis lo può anche in meno. Non è così per la esten- sione, dove nell’Hydra viridis si osserva per una completa esten- | sione la necessità di un tempo notevolmente maggiore: questo tempo poi diventa assai lungo per le altre due speci e partico- larmente per la Hydra vulgaris, nella quale una completa esten- sione dei tentacoli richiede una mezz'ora ed anche più. Oltre a | questo si deve considerare, che, per tutte le speci, mentre la con- trazione avviene bruscamente ‘e l’onda di contrazione passa così rapidamente da una estremità all’ altra del corpo, per la esten- © sione si può seguire a grado a grado l’onda di ‘estensione: se si immagina il corpo dell’ Hydra come costituito da tanti anelli, si direbbe quasi che la estensione si determina successivamente anello per anello. Inoltre la estensione può avvenire per un brevissimo tratto e continuare solo in questo mentre il resto del corpo ri- mane contratto: ciò specialmente avviene per porzioni dei ten- ‘tacoli. Anche la contrazione può ‘talora avvenire in una sola por- zione dei tentacoli, ma questa porzione ha sempre dimensioni assai | più notevoli di quelle che può avere una porzione che si distende. Queste differenze nel modo di avvenire dei due movimenti hanno richiamata spesso la attenzione degli osservatori, che ne cer- carono la spiegazione in varil fatti. Si è visto come il Rouget pensi che i movimenti di estensione non avvengano per esten- sione delle fibre longitudinali, come pare invece ammettere il Kleinenberg; il Rouget pone la causa di tali movimenti nelle cellule ectodermiche ed entodermiche. E di tutti i moti del corpo attribuisce la causa a mutamenti di forma delle cellule ectoder- miche il Brass (47), che descrive, benchè succintamente, tali mutamenti. A me pare che non vi sia nessuna ragione di voler per questo attribuire alle cellule ectodermiche piuttosto che alle entodermiche movimenti determinanti i moti generali del corpo, quando a qualche cellula si vogliano attribuire. Tanto nelle une come nelle altre alla contrazione dell’ animale si ha una forma poligonale col diametro trasverso maggiore del longitudinale (con- siderando le cellule in sezione ottica parallela alla superficie del corpo dell’Hydra); crescendo l’ estensione, le sezioni di tutte le 2 {4 cellule prendono la forma di un poligono coi due diametri uguali, e per una forte estensione il diametro longitudinale si fa assai maggiore del trasverso in tutte. Tali forme si riferiscono assai bene a modificazioni della forma circolare primitiva, determinate dalle pressioni, varie nei vari istanti, esercitate dalle cellule cir- costanti, le quali sono portate ad agire in tal modo dalle modi- ficazioni negli stati di estensione della lamella muscolare alla quale sono aderenti. Del resto ogni prova di partecipazione attiva delle cellule ai movimenti del corpo manca, ed i movimeni ami- boidi che pure si osservano in talune cellule (le quali sono del resto entodermiche), non sono di natura tale, nè coordinati in modo da poter determinare movimenti generali. Se poi come una prova della possibilità di movimenti attivi dei due strati di cel- lule si volesse considerare il ripiegarsi all'infuori dell’ uno o dell’ altro tessuto alle superfici tagliate, mi pare che tali fatti non dimostrino altro se non che le cellule, sia entodermiche che ectodermiche, cedono alle pressioni che subiscono. La somma delle pressioni, che tutte le cellule esercitano su quelle che per la sezione diventano terminali, le obbligano naturalmente a spo- starsi portandosi in fuori. Alle cellule non si possono che arbitrariamente attribuire 1 movimenti del corpo, e solo razionalmente nel caso che non si possano riferire a nessun altro elemento. Qui invece abbiamo le fibre che hanno tutto l’aspetto di elementi muscolari. I movimenti di estensione si possono ritenere prodotti: dalla. estensione delle fibre ectodermiche, ma la estensione dovrebbe in questo caso essere forzata, e non il semplice rilasciarsi delle fibre, perchè grande è lo stiramento che sembrano sostenere le cellule entodermiche, ma specialmente le ectodermiche, nella esten- sione; per giungere a questo stato bisogna quindi che le fibre compiano un lavoro, ed un lavoro notevole ; ora sembra difficile attribuirlo al solo potere passivo della fibra di ritornare allo stato di riposo al cessare dello stimolo interno od esterno che deter= minò la contrazione. L'uso di alcuni veleni (cloroformio, etere). sembra inoltre dimostrare che, perdendo il corpo dell’ Hydra la possibilità di una azione spontanea di contrazione o di estensione; esso si fermi in uno stato di media estensione. Le mie osserva» \; Al 485 “zioni su questo argomento sono però ancora molto incomplete, e «non posso fino ad ora attribuire loro quel valore che potranno ‘avere quando saranno confermate da buon numero di esperimenti, estesi anche ad altri agenti. Oltre alle fibre longitudinali ectodermiche si hanno le fibre trasverse entodermiche. Esse sono, come è noto, aderenti alla la- mina di sostegno e dalla descrizione del Jickeli si vede che tale adesione non è solo in due punti terminali di inserzione, ma su tutto il percorso delle fibre. Se si ammette ora che la lamina di sostegno abbia uno spessore costante o quasi, determinato per esempio delle fibrille di connessione fra le fibre entodermiche e le ectodermiche, contraendosi una fibra entodermica, essa avvici- nerà due dei suoi punti d’attacco sulla lamina di sostegno; questa non può crescere di spessore, nè può piegarsi, perchè trattenuta in tutti i punti dalla adesione alla fibra entodermica’ contratta, dovrà quindi estendersi in una direzione normale a quella della forza esercitata, ossia nel caso presente in una direzione paralella all’asse del cilindro. Se si considera ora un segmento del cilindro (ossia del corpo) e si immagina che tutte le fibre trasverse di esso sì contraggano, si vedrà come diminuisca la circonferenza del cilindro considerato : la parte sovrabbondante della materia della lamina di sostegno si porterà sopra e sotto: sì avrà così un au- mento nell'asse longitudinale del segmento di cilindro considerato. Se si contraggono tutte le fibre trasversali del corpo, somman- dosi tutti gli allungamenti parziali, si avrà un allungamento totale rilevante. Per tal modo mi pare si possano spiegare i movimenti di estensione, con tutte le loro variazioni rispetto a quelli di con- trazione. La maggiore lentezza è spiegata dall’ essere la esten- sione un movimento che non avviene direttamente nella direzione della fibra che si contrae, ma secondariamente per un processo alquanto complicato, e dalla meno facile propagazione dello sti- molo attraverso i numerosi cercini muscolari dell’ Hydra. Nei tentacoli forse la estensione è maggiore, perchè, essendo piccolo il lume della cavità interna, essa può forse essere obliterata totalmente anche da una non grande diminuzione del diametro trasverso; in questo caso concorrerebbero naturalmente a deter- minare l’allungamento anche tutte le cellule entodermiche che, 116 premute fra di loro trasversalmente, si allungherebbero longitu- dinalmente. , | Sì può quindi ammettere che la estensione sia fino ad un certo punto determinata dal ritornare allo stato di quiete delle fibre longitudinali. Questo punto sarà presso a poco quello in cui le cellule entodermiche ed ectodermiche avranno una sezione tendente al circolo: da questo punto la estensione comincierà ad essere attiva per l’azione delle fibre entodermiche, e le ectoder- miche saranno passivamente stirate, come le cellule di entrambi 1 foglietti, conservando però sempre la loro contrattilità, la quale. sì manifesterà all’agire di uno stimolo. Lo stato di riposo sarà quello in cui la somma algebrica de- gli sforzi delle fibre entodermiche ed ectodermiche (considerando quantità positiva il grado di contrazione di una fibra, e quantità negativa il grado di forzata estensione) sarà più vicino a zero, quello in cui sembra che le idre rimangano per la azione di al- cuni anestetici. . Nel movimento rotatorio del corpo si ha probabilmente la azione simultanea delle due sorta di fibre nelle varie porzioni del corpo: per quanto riguarda poi lo stato letargico descritto dal Korotneff (34) bisognerebbe sapere che cosa avviene in tali circostanze delle fibre entodermiche, e se esse col loro rila- sciarsi possono contribuire a dare la forma sferica al corpo del- l’ Hydra. Confermerebbero quanto ho detto le diversità che si osservano nei diametri delle fibre entodermiche ed ectodermiche ad uno stato di forte contrazione. Infatti le figure 15 e 16 della Tav. IV.8 tolte dal corpo di una Hydra grisea fortemente contratta, trat» tata con acido osmico ed acetico, mostrano il diametro delle fibre entodermiche forzatamente estesé assai minore di quello delle. fibre ectodermiche fortemente contratte.: I confini delle cellule ectodermiche segnati alla figura 15 mostrano lo stato di contra- zione dell’Hydra considerata e la direzione delle fibre. La figura 14 mostra lo stesso fatto nei tentacoli del medesimo individuo. Una prova sperimentale poi della ipotesi che ho ora espressa per ispiegare il movimento d’ estensione, giacchè io la presento soltanto come un’ ipotesi, si potrebbe avere quando coi due elet: i ; - 447 —trodi di una pila (vedi indicazioni più avanti) si eccitasse il solo entoderma: si dovrebbe in questo caso, se l'ipotesi risponde alla realtà, avere una estensione. Io tentai l’esperienza tagliando una | porzione del corpo di una Hydra grisea e ponendo alle due estre- | mità, nell'interno del tubo così formato, i due elettrodi: io non | ottenni la estensione del corpo, ma mi pare che un esito nega- tivo non sia contrario alla ipotesi; è soltanto una prova di meno. Infatti la contrazione, come si è visto, è assai più facile della estensione: ora è assai probabile che la corrente impiegata, sti- molo certo più forte di quello determinato da impulsi volontari nel corpo dell’ Hydra, venga per la conduttività dei tessuti tra- smessa alle fibre ectodermiche, la cui azione, più energica negli effetti visibili, oblitererebbe l’azione delle fibre entodermiche con- tratte. | | 7. Risultati di esperienze fatte colla elettricità sull’ Hydra. — Per quanto riguarda invece la azione della corrente elettrica sulle fibre longitudinali, ottenni qualche risultato positivo che mi pare interessante. Premetto che credo quasi impossibile il dare una rappresentazione grafica esatta degli effetti prodotti dalla corrente elettrica sulle idre. La tenuità dei tessuti, l'impossibilità di apporvi un qualunque oggetto, ì moti spontanei dell’animale, la necessità del tenerlo nell’acqua, rendono inapplicabile il sistema usato di solito di attaccare ad una estremità del corpo che si | esperimenta un’indice il quale segni poi sopra un cilindro gire- vole una curva, documento del moto determinato. Occorre quindi per riconoscere il maggiore o minore effetto di uno stimolo va- - lersi soltanto della osservazione ‘diretta e misurare ad occhio la maggiore o minore rapidità ed intensità di contrazione. Per queste osservazioni mi valsi particolarmente delle due speci Hydra grisea ed Hydra vulgaris; la H. viridis vi sì pre- sta male perché, avendo essa una sensibilità molto grande, il sem- plice contatto del filo. metallico, anche prima che passi la cor- rente la fa spesso contrarre. Mi servii in questi esperimenti di alcuni apparecchi prestatemi gentilmente dai Professori Gerosa ed Orsi: ad essi rendo qui vive grazie. Perchè si possa escludere . che la contrazione sia data dal contatto di un corpo estraneo | quale è l'elettrodo, e perchè la minor quantità possibile di cor- # + » N) 118 rente vada dispersa nell’ acqua, istituisco l’esperienza in questo modo: pongo l’ Hydra da esaminarsi sopra un vetrino portaog- getti in una goccia d'acqua appena sufficente perchè vi si possa liberamente estendere; porto poi 1 due elettrodi in contatto col suo corpo, tenendo interrotto il circuito ; poi chiudo il circuito: la contrazione che può avvenire mi dà in questo caso il solo ef- fetto della corrente. Naturalmente perché la esperienza riesca facile occorre che due persone vi prendano parte: l’una per te- . nere gli elettroidi e portarli dove occorre, 1’ altra per aprire e chiudere il circuito al momento voluto. Intrapresi prima alcune esperienze preliminari (1) allo scopo di persuadermi della azione della corrente elettrica e del magnetismo sull’ Hydra e di stabi- lire quale corrente dovessi impiegare in Piece speciali. Eccone alcuni risultati: I. Corrente diretta: Volt: 3, 5; Ampére: più di 6. — Hydra grisea: si ebbe una contrazione viva: l’Hydra rimase poi con- tratta al massimo grado. I tessuti erano dissociati. À II. Corrente diretta: Volt: 3, 5; Ampère: 2, 5 a 3, — Hpena 3 grisea: contrazione pure viva. III. Corrente diretta: Volt: 3, 5; Ampère: 2; tg gri- sea: contrazione meno viva. (In tutti questi casi i tessuti vengono decomposti non appena la corrente passi per il corpo durante qualche secondo; le cellule. ectodermiche diffluiscono ; le nematocisti di solito non scattano e spesso si vedono staccarsi dal corpo colle cellule formatrici ed i loro prolungamenti assai distinti). IV. Corrente indotta. Un piccolo rocchetto mosso da due pile Noè unite per quantità produce nell’ Hydra una contrazione vi- vissima. Anche per tal modo i tessuti vengono alterati. V. Provai a porre alcune idre (grisea e viridis) in un potente campo magnetico (apparecchio di Faraday con tre Bunsen). Anche aprendo e chiudendo il circuito non potei osservare il (1) Le esperienze preliminari vennero fatte specialmente su esemplari della specie Hydra grisca ed in parte su altri di Hydra viridis, perché quando le intrapresi non avevo a mia disposizione individui di Hydra vulgaris, al 312 I Ao asta Pitt i a e A NARO CR A 149 menomo effetto, non soltanto sull'Hydra grisea, ma neppure sulla pira Hydra viridis. | Le correnti fino qui impiegate m’ avevano dato palesi segni | di contrazione nell’ Hydra, ma per la loro eccessiva potenza ne alteravano i tessuti. Non potevo quindi fare con esse una serie metodica di osservazioni. Mi servii a questo scopo di un apparec- chio d’induzione Spahmer. La corrente che meglio mi servi fu quella che si ottiene dal- l'apparecchio indicato inchiudendo una parte del circuito indotto ‘e lasciando il nucleo estratto per circa un centimetro e mezzo. | Trattandosi di dover qui eccitare porzioni assai minute del corpo | aggiunsi al reoforo un sottilissimo filo di platino. La corrente era assolutamente impercepibile all'uomo: con questa corrente i tessuti dell’ Hydra non erano menomamente alterati. - » Procedo nelle esperienze come dissi sopra: portati gli elettrodi . in contatto del corpo dell’ Hydra e chiuso il circuito, osservo ciò | che avviene. I risultati che riporto furono ottenuti per mezzo di nume- . rose esperienze fatte su esemplari di Hydra grisea e di Hydra | vulgaris, e non si riferiscono che alla contrattilità delle varie parti del corpo. Altre STA più delicate spero di poter com- | piere in seguito. I. Posti i due elettrodi sul corpo, si ha la contrazione di | esso: i tentacoli, quando nel movimento passivo, impresso loro dal moto del corpo, non ricevano scosse od urti da corpi estra- | nei, rimangono estesi: se la corrente è però un po’ più intensa, o se la si fa continuare dopo la contrazione del corpo, anche nei tentacoli si determina una contrazione. Di solito la contrazione del corpo avviene rapida: non ho potuto osservare se essa parta dalla | porzione compresa fra gli elettrodi. II. Posti i due elettrodi sul peduncolo dell’ Hydra vulga- rîs, questo pare contrarsi meno rapidamente che la parte dila- tata dal corpo (dove sta la cavità digerente), la quale si contrae | prima del peduncolo, anche quando sia eccitato direttamente il solo peduncolo. III. Posti 1 due elettrodi su di un tentacolo, questo si con- trae rapidamente e spesso pare che la contrazione proceda dalla en 120 porzione inclusa fra i due elettrodi. Il corpo e gli altri tentacoli, quando si abbia cura di evitare che essi tocchino gli elettrodi, rimangono distesi. IV. Toccati due tentacoli si vede assai di frequente che essi si contraggono, e dopo la loro contrazione ha luogo anche quella del corpo: ciò forse avviene perchè entra a far parte del circuito anche una porzione del corpo. Se si tolgono rapidamente gli elettrodi appena è incominciata la contrazione dei tentacoli, e se la corrente è debole, qualche volta il corpo resta disteso: ho però osservato quest’ ultimo fatto assai raramente. V. Hydra con gemme: posti gli elettrodi sul corpo della ‘ madre, si ha una contrazione indipendente del corpo di questa: la gemma rimane distesa, quando gli urti esterni, od una troppa durata della corrente, non determinino anche in essa la contra- zione. Se si opera però con una certa cautela, procurando che le accennate cause d’errore vengano escluse, si osserva facilmente questa indipendenza di contrazione. Prima di procedere a questo esperimento mi persuasi sempre. coll’esame microscopico che la gemma avesse ancora la cavità digerente in comunicazione con quella della madre. VI. La reciproca avviene quando si pongono i due elettrodi . sul corpo della gemma; questa si contrae e la madre rimane | estesa. Come si vede si ha una esatta corrispondenza con ciò che avviene per i tentacoli: evidentemente se si ponesse un elettrodo su di una gemma ed uno su di un’altra si avrebbe anche una | contrazione del corpo materno; non ho fino ad ora avuta l’op- portunità di fare questo esperimento. VII. I due elettrodi tenuti per un quarto d’ora in contatto col corpo di un’ Hydra, mentre la corrente aveva un’ intensità sufficente per determinare la contrazione dell'animale, non pare abbiano prodotta una forma di tetano. L'esperienza ha però bi- sogno di essere ripetuta, e forse deve essere prolungata l’azione della corrente. Nel fare tutti questi psi è bene curare sempre che | il corpo della Hydra madre e delle gemme, come i loro tentacoli siano assai estesi: si può così meglio persuadersi se avvenga 0 non avvenga una contrazione, | 124 II. ALTRE SEDI DI MOTILITÀ NEL CORPO DELL’ HYDRA. Oltre ai movimenti generali o parziali del corpo, i quali, come si è visto, devono ritenersi probabilmente prodotti da contrazioni ed estensioni delle fibre ectodermiche ed entodermiche, se ne os- servano altri nei quali non si scorge l’azione diretta delle fibre muscolari. Parlando di questi, lascio completamente in disparte i movimenti protoplasmatici che avvengono durante la divisione delle cellule, la circolazione del protoplasma, i movimenti per cui le cellule interstiziali si portano dalla lamina di sostegno alla superficie del corpo, quando contengono nematocisti mature. Il Korotneff (44) disse che tali movimenti nella Lucernaria avvengono prendendo le cellule interstiziali una forma amiboide con un pseudopodo anteriore. Nelle idre, per quanto io so, ciò non fu mai osservato: si può solo indurre che il trasporto, attivo o ‘passivo, delle cellule interstiziali deve aver luogo, dalle posizioni diverse che esse si vedono occupare a seconda dei varii stadi di sviluppo delle nematocisti che contengono. Il come avvenga è ignoto. Sede di movimenti indipendenti dalle fibre muscolari sem- brano essere nell’Hydra le nematocisti, le cellule amiboidi del piede, le cellule amiboidi entodermiche e le loro ciglia. 1. Nematocisti. — A. Varie forme di nematocisti: loro struttura e loro formazione. — Oltre alle differenze delle ne- matocisti nelle varie speci, in ciascuna di queste il Jickeli di- stingue varie forme di nematocisti, che già si riconoscono dai loro stadi di sviluppo. Mi accordo completamente con lui in questo, ma, siccome egli non dice chiaramente quali siano queste forme, ed ora sembra prendere in considerazione per istabilirle le di- mensioni, ora la figura od il modo di avvolgersi del filamento nella capsula, credo bene parlarne un po’ più particolarmente. Io penso che si possano per ciascuna specie distinguere tre forme di nematocisti segnate «, ‘6, 7 nelle figure 1, 2, 3 della Tav. VI. Quelle segnate « sono (salve sempre le diversità nelle varie speci) più grandi; quasi rotonde, piriformi. Hanno un lungo filamento avvolto regolarmente a spira nell'interno della capsula, il quale, SR 122 scattato, ha un decorso rettilineo (Tav. VI.® fig. 1, 2, 3 a; fig. 4); Quelle segnate 6 sono di poco meno lunghe delle prime, ma assai. più strette: hanno una forma di ovale allungato; il filamento è avvolto a spira o ad anse (Tav. VI. fig. 1, 2, 3 6 e fig. 9); scat- tato mostra spesso un decorso a zig-zag, e degli ornamenti che lo fanno assomigliare ad una vite: si direbbe quasi si abbiano due o più filamenti strettamente avvolti a spira (figura 10) 01). Le nematocisti segnate 7 sono assai più piccole e nettamente piriformi: il loro filamento è breve tanto, che fa solo un giro e mezzo nella capsula: scattato si avvolge a spira (Tav. VI.? figura 1, 2, 3, v e figura 8 « e 6: fig. 2 e e 8 d ed e), come già descrisse e di- segnò il Jickell. sa Mi pare che per le forme « e y si possano adottare i nomi di macrocnidi e microcnidi, stabiliti da Schulze per altri cni- dari, per quelle segnate f si potrebbe creare il nome di 007do- cnidi (8) considerando la loro forma ovale. Queste varie forme di nematocisti hanno, come disse il Ji- ckeli, un processo diverso di formazione, nel quale sempre però. < si abbozza una capsula con un filamento che a poco a poco si va invaginando: è impossibile, quando si siano vedute solo al- cune di queste forme, il ritenere come R. I. Harvey Gibson (60) che i microcnidi o gli ooidocnidi siano forme di sviluppo dei macrocnidi. Gli stadi di sviluppo delle singole forme di nemato- cisti sono riuniti in gruppi, come già disse il Jickeli. Per ve- derli basta trattare una porzione di ectoderma con acido osmico ad una diluzione assai grande (meno di 0, 5 00). Dilacerando poi è facile trovare le forme di sviluppo. Esse si osservano pure fa- cilmente se il tessuto trattato con acido osmico a 1 0[o viene ma- cerato in acido acetico a 0,05 00. i I macrocnidi hanno una capsula esterna, che all’apice rivolto verso la superficie del corpo (quando la nematociste ha raggiunta — la sua posizione definitiva) presenta una depressione: a questa tiene dietro un faringe diritto che si continua in un filamento O (1) Le nematocisti di questa forma si colorano col metilvioletto assal intensa- mente, mentre quelle delle altre due quasi nulla. (2) Da Weeds, és, ovale e xviòn ortica, 123 avvolto regolarissimamente a spirale: la connessione fra il faringe ed il filamento si osserva assai bene in forme semiscattate come | quelle disegnate nella fig. 4. (8 e ,) della Tav. VI.® Secondo ‘| H. Gibson lo scatto avviene per uno svaginamento del faringe non solo, ma di tutto il filamento (1): questo pare realmente debba | essere anche se si considerano i rapporti che passano fra il fa- | ringe ed il filamento. Il faringe svaginato presenta parecchi ver- | ticilli, secondo il Gibson di tre spicule ciascuno, che diminui- scono di grandezza allontanandosi dalla capsula. Il processo dello scatto ripeterebbe quindi in certo modo in senso inverso gli stadi per cui passò nel formarsi il macrocnidio. Il Jickeli dice che nell’ Hydra grisea il cnidocilio entra nella capsula del macrocnidio percorrendola secondo un meri- diano, e si porta all’esterno entro un tubo alquanto laterale alla estremità della capsula. Non ho visto l’ avvolgimento meridiano ‘interno, ma assai bene il tubo laterale da cui esce il cnidocilio, e questo non solo nella Hydra grisea, ma anche nelle altre due speci (Dav. VIA fig. 12 e 13). Negli ooidocnidi e microcnidi non si hanno i verticilli di spi- cule. I cnidocili sembrano in entrambe queste forme direttamente connessi colle capsule, e non di rado avviene che anche in pre- parati ottenuti per dilacerazione rimangano loro aderenti (Ta- vola VI. fig. 1 7, fig. 3 y, figd8 « e 9 2); nella maggioranza dei casi però si staccano. B. Cellule formatrici delle nematocisti e natura dei loro | prolungamenti fibrillari. — Le nematocisti (macrocnidi e microc- ‘| nidi) rimangono comprese entro la cellula che le ha formate @). Essa ha un protoplasma che circonda tutta la capsula con un (1) Per poter vedere questo fatto egli consiglia di far pervenire in contatto al- | l’Hydra dell’acido acetico, che determina lo scatto delle nematocisti, e subito dopo dell’acido osmico che le fissa: per tal modo si vede, egli dice, in alcune nematocisti il filamento in parte svaginato, in parte compreso ancora nella capsula e nella por- zione estroflessa del filamento. (2) Non ho mai visti disegnati né indicati ooidocnidi che possedessero la cellula formatrice anche -maturi: è però probabile che per questo aspetto si comportino incluso. La cellula aveva un nucleo ovale e prolungamenti fibrillari, come gli altri: io infatti ne vidi uno (Tav. VI.a, fig. 11; X{ 700) che vi era ancora . o ii 124 sottile strato: questo si accumula maggiormente verso la parte inferiore ove sta pure il nucleo. Di qui parte una fibra che spesso si suddivide (Tav. VI. fig. 1 d, 5, 6, 7, 8 6, 11, 15). Secondo il Jickeli essa si divide talora fino in sette fibre, e verso la capsula si sfibrilla in modo da applicarsi sul suo contorno. Quanto alla natura delle fibre che partono dalle cellule formatrici delle nematocisti nei celenterati, si discusse assai. Mentre O. e R. Hert® wig si dichiarano propensi a ritenerli di natura nervosa, Claus, Chun (61) e Jickeli le ritengono muscolari. Il Jickeli per l’Hydra non esita a chiamare queste fibre prolungamenti mu- scolari delle cellule formatrici delle nematocisti. A questa affer- mazione è condotto dalla analogia con altre forme di celenterati, e dalla connessione colle fibre muscolari di tali prolungamenti, descritta da Claus per la Charybdea marsupialis, e da Chun per i sifonofori. La invocata analogia non è però sufficente per- chè si possano decisamente ritenere muscolari i prolungamenti indicati. Infatti le osservazioni di Chun furono impugnate dal- l’Hamann (28); quest'ultimo autore dice che per parecchi si-‘ fonofori non si può dimostrare una connessione delle nematocisti coi muscoli, mentre nelle meduse craspedote e specialmente nella Carmarina hastata, i prolungamenti delle cellule formatrici. terminano chiaramente alla lamina di sostegno: realmente la figura che egli ne dà è tale da non lasciare dubbio sulla natura | di essi nella Carmarina. Il Chun stesso del resto dice (61) che. nella Velella questi prolungamenti vengono alla lamina di so- stegno. Certo è poco probabile che si possa ammettere una di- versità di natura nei prolungamenti di queste cellule nelle varie speci. Siccome però variano i risultati delle osservazioni nei varî gruppi dei celenterati, finchè questi non siano accertati maggior- | mente è bene non lasciarsi troppo guidare dal criterio della ana- logia ed osservare quali ragioni nell’ organismo che stiamo stu- diando depongano in favore dell’ una piuttosto che dell’ altra opinione. Il Jickeli dà la figura di una cellula urticante unita per due prolungamenti a due fibre muscolari (la ho riportata alla Tav. VI.?, fig. 14): egli stesso ammette pèrò che tale con- nessione è assai debole e non diretta. Vidi anch'io un caso nel quale mi parve a primo tratto vi fosse una diretta comunica» | 4125 | zione fra una fibra muscolare ed il prolungamento di una cel- . lula urticante, in un preparato di Hydra viridis rimasta. per «un'ora in acido acetico a 0,5 0[0 (Tav. VL?, fig. 15 a). Osser- | vata a maggiore ingrandimento (X 1500; fig. 15 £) vidi però che la connessione non era reale. Forse unendosi il prolunga- — mento alla lamina di sostegno in vicinanza della fibra muscolare, aderendo a quella, sembrava fosse congiunta per un piccolo tratto con questa. - Dalla figura si vede però come la sostanza del prolungamento della capsula urticante è soltanto contigua colla fibra e non vi si unisce. Ciò forse può essere anche per il caso disegnato dal Jickeli. In sostegno invece della opinione che ritiene i prolun- | gamenti delle cellule urticanti fibre di sostegno e di natura ana- loga alla lamina di sostegno, sta nell’ Hydra il fatto notevole della identità nel modo di comportarsi di fronte a talune sostanze coloranti che questi prolungamenti hanno con la lamina di so- stegno e con le capsule urticanti. Ad un fatto analogo dà giu- | stamente una notevole impoftanza l’Hamann nel suo citato la- | voro. Ammettendo quindi come più probabile che i prolungamenti in discorso siano fibre di sostegno, ecco come potrebbe essere intesa la loro formazione e il differenziarsi progressivo della cel- lula formatrice. Questa, quando è ancora allo stato di cellula in- terstiziale indifferente, è più vicina alla lamina di sostegno. Ad un certo punto incomincia a formarsi una chiazza chiara nel suo protoplasma: qui si accenna la capsula, che non è una differen- ziazione del nucleo, il quale perdura anche quando la nematociste è matura: vi si accenna il filamento, prima fuori dalla capsula, poi si va invaginando a poco a poco finchè si ha la completa formazione della nematociste. È probabile che durante questo pe- riodo la differenziazione del protoplasma non si limiti alla zona ove si abbozza la capsula, ma si continui anche al polo prossi- male della cellula, formando così un filamento di sostanza ana- loga all’involucro della capsula ed alla lamina di sostegno; questo filamento attaccatosi alla lamina è probabile che cresca sempre coll’ allontanarsene attivo o passivo della cellula urticante, in modo che giunta essa alla superficie resti ancora connessa colla I IAC Te TE Ch». 126 lamina di sostegno. Secondo il Jickeli la fibra della cellula ur- ticante si sfiocca e si appoggia con tante fibrille sulla capsula: in questo caso la differenziazione del protoplasma cellulare sa- rebbe continua dalla capsula che si forma al polo prossimale della cellula. | C. Meccanismo dello scatto e cause che lo determinano. — Lo scatto avviene, secondo ogni probabilità, per la grande ela- sticità del filamento urticante: questo, come la porzione ingros- sata e munita di spicule, che H. Gibson dice faringe, preme fortemente sulla capsula e su di un opercolo che ne chiude, se- condo lo stesso autore, l’ apertura terminale. Tolto questo impe- dimento alla sua libera espansione, il filamento si svagina, per modo che la pressione esercitata da esso sulla capsula diminui- sce: prova di ciò è la grande diminuzione del diametro trasverso della capsula dopo lo scatto e l’allargamento della sua bocca (Ta- vola VI.* fig. 1, 2, 3 0; figg 4 fe y; fig. 5 0.6). Quale sia l’azione che determina lo scatto, non è ancora noto. È assai probabile che in ciò abbia una parte notevole il cnido- cilio, che si trova in tutte le nematocisti di tutte le forme e non solo sui tentacoli, ma anche sul corpo dove il Gibson dice di non averlo mai potuto trovare. Una semplice osservazione basta a persuadere che ogni nematociste dell’ectoderma lo porta. V°è chi sostiene che il solo urto portato sulla nematociste e diretta- mente trasmesso alla capsula sia sufficiente a determinarne lo scatto, altri invece ritiene che lo stimolo ricevuto dal cnidocilio | venga trasmesso alla cellula urticante, la quale contraendosi de- termini lo scatto. Non è certo difficile ammettere che la cellula urticante possieda ancora una notevole contrattilità, se sì consi- dera la grandissima indifferenza che ancora possiedono le cellule interstiziali, le quali danno origine a cellule riproduttrici ses- suali, nervose ed urticanti; questa contrattilità può forse anche. manifestarsi come movimento attivo, se, come avviene per la Lucernaria, la cellula urticante si porta alla superficie con mo- vimenti amiboidi. Il decidere la questione è difficile: in ogni modo in entrambi questi casi lo scatto potrebbe avvenire senza impulso spontaneo da parte dell'animale. Il Jickeli però avendo trovate le cellule urticanti in connessione colle cellule gangliari, Ù 427 | ritiene che per mezzo di esse lo stimolo possa essere trasmesso ad altre cellule vicine, entrando così nell’atto fino ad un certo punto la volontà dell’ Hydra. Per rispetto a stimoli artificiali è noto che l’acido acetico a 0,5 0[q determina lo scatto: ciò forse avviene variandosi la 3 pressione interna per il sopravvenire di correnti osmotiche. Lo | stesso effetto ha una compressione del vetrino coprioggetto anche 3 sulle nematocisti già staccate dal corpo dell'animale. Per una pressione così esercitata, quando le nematocisti siano state fissate con acido osmico, si hanno spesso forme semiscattate che pos- sono essere utili per comprendere le varie fasi dell’azione (Ta- vola VI. fig. 4 B e 7). Provai pure a toccare con un sottile filo di platino i cnido- cili osservando al microscopio la parte eccitata: vidi talune ne- matocisti scattare, ma l’atto è così rapido, che non si riesce | quasi neppure a riconoscere se tale scatto avviene per l’ urto: in taluni casi non rari vidi poi che, sebbene ripetutamente e ru- ‘demente avessi toccato un cnidocilio, la sua nematociste rimaneva. | carica ed in quiete, benchè avessi avuto cura di eccitare un ma- crocnidio, forma che scatta più facilmente, anzi quasi esclusiva- i mente. | | Un fatto analogo è quello osservato ripetute volte che i pa- | rassiti (Kerona poliporum e Thricodina pediculus),i quali spesso coprono in numero grandissimo le idre, anche urtando i cnidocili non ne determinano lo scatto. | A Non riuscii ad ottenere risultati di qualche valore per mezzo . della eccitazione con corrente elettrica. Spesso vidi che una cor- | rente anche forte tanto da scomporre i tessuti dell’ Hydra, non | determinava lo scatto delle nematocisti. 11 Benchè la causa vera dello scatto sia dubbia, sembra che esso | possa essere determinato da mutamenti nelle condizioni di pres» 3 sione, e sarà questa forse una delle forme di movimento, di cui vetro più facilmente si troverà una spiegazione ‘fisica. Si può supporre — che le condizioni di tensione del filamento urticante siano dovute È a questi fatti: vi sarà stato un maggiore accumulamento di mole- i cole sulla superficie esterna del filamento durante il periodo di | formazione, e ciò avrà determinato l’invaginarsi del filo, fatto : & 128 che si osserva nello sviluppo. Tale accumulamento sarà stato poi compensato da un altro avvenuto invece sulla superficie opposta, mentre il filamento trattenuto nella capsula dall’ opercolo non poteva riprendere la posizione primitiva. In tal modo, la super- ficie interna (divenuta esterna per l’invaginazione), è in uno stato di tensione: ‘al cessare della causa che le impedisce di pa- lesarsi all’esterno, questa tensione determina lo svaginarsi del filamento ed il suo ritorno ad un decorso rettilineo, ossia lo scatto della nematociste. ù Non mi pare giusto ritenere la nematociste la forma più com- plessa a cui può giungere una cellula muscolare come vuole il Chun (61), perchè nella nematociste abbiamo precisamente la mancanza della caratteristica del movimento muscolare, ossia di una :contrattilità ed estensibilità alternata. Scattata, la nemato- ciste si stacca dal corpo dell’Hydra, talora trascinando con sè. la cellula formatrice, nè più si invagina. Per quanto riguarda la diversa funzione delle varie forme di nematocisti, non ho nulla da aggiungere a quanto dice il Jickeli. L'argomento ha però bisogno di essere ancora molto studiato. D. Distribuzione delle nematocisti. — Le nematocisti sì trovano in quantità stragrande sui tentacoli, dove sono disposte, come dice il Gibson, in questo modo: una o due grandi nemato- cisti sono circondate da circa venti piccole (fra queste alcune sono ooidocnidi) in modo da formare una quantità di ammassi che co» prono tutti i tentacoli (1). Nella figura 16 della Tav. VI.* do il disegno della testa di un tentacolo di Hydra viridis a media estensione. Sul corpo si trovano pure nematocisti abbastanza nu- merose, sempre provvedute di cnidocilio. Nel disco pedale man- (1) Per dare un’idea dell’ abbondanza delle nematocisti sui tentacoli dell’ Hydra, riferisco la seguente osservazione: una Hydra grisea aveva inghiottita una larva | d’insetto lunga circa un centimetro; gliela feci vomitare e contai le nematocisti che si vedevano sul suo contorno, perchè il corpo della larva essendo opaco, non potei . vedere quelle che stavano sulle due superfici superiore ed inferiore. Erano tutti ma- crocnidi: sul contorno ve n’ erano circa 400: non è quindi esagerato il ritenere che la larva ne portasse infissi quasi un migliaio. Osservata poi l' Hydra, i suoi tenta= coli sembravano ancora ricchissimi di nematocisti, in modo che non si sarebbe mai | pensato ne avessero perdute tante. 199 cano: solo vi si possono trovare per un certo tempo, quando il disco si sta rigenerando da cellule ectodermiche, in esemplari tagliati per traverso. Come poi scompaiano o siano espulse in- sieme alle cellule interstiziali non ho mai potuto vedere. Nell’entoderma vi sono pure nematocisti, e, come dice il Ji- ckeli, sono cariche. Questa è una forte ragione per ritenerle di | origine entodermica contrariamente alla idea dell’ Hartog (40), che le crede portate nello stomaco dai tentacoli i quali talora vi entrano colla preda. Sono variamente abbondanti a seconda degli individui: sempre però infinitamente meno numerose che nell’ec- toderma. Io vidi nell’entoderma dei macrocnidi e degli ooidocnidi sempre alla periferia delle grandi cellule e coll’apice opercolare rivolto verso la cavità gastrica. Non ho mai potuto vedervi un enidocilio, nè, come il Jickeli, nematocisti dell’entoderma com- | prese nella cellula formatrice nucleata. Se il fatto da lui citato è costante, si deve ammettere che esistano cellule interstiziali anche nell’entoderma. In questo caso si potrebbe forse ritenere che la loro differenziazione più comune nell’entoderma sia quella per cui danno le cellule ghiandolari scoperte dal Jickeli, e che sono frequentissime in tutta la parete interna del corpo (Tav. V.* fig. 6); sarebbe così maggiormente confermata la somiglianza dell’entoderma e dell’ectoderma dell’ Hydra. Sgraziatamente nello studio dell’embriologia di questo celenterato vi sono ancora molte lacune, e della derivazione di queste cellule non sappiamo nulla affatto. è. Disco pedale. — La prima indicazione dei movimenti delle cellule del disco pedale nell’ Hydra, che sono cellule di tipo decisameute ghiandolare, fu data dall’Hamann (28) (1); dopo di lui, che io sappia, nessun altro autore ne parlò. Questi movi- « menti non sono difficili ad osservarsi e servono evidentemente all’ Hydra per meglio stabilire il contatto con oggetti esterni di i quella porzione del corpo che per la secrezione delle glandule | verrà ad attaccarvisi. Osservai più palesi questi movimenti nel- (1) Il Résel dice a pag. 483, op. cit. (3) che i polipi aranciati, come i bruni hanno talora al piede alcune fibrille e le disegna alla figura 3 della Tav. LXXIX.a Esse sembrano ricordare i pseudopodi del disco pedale. 430 l’Hydra vulgaris. Si producono nelle cellule dei movimenti lenti che modificano la forma tondeggiante regolare, la quale di so- lito si osserva nel piede dell’Hydra (Tav. V.* fig. 7 a), mutan- dola in una forma irregolare (Tav. V.2 fig. 7 #, fig. 8,9, 10). Non vidi un allungamento in fili così decisi come dice l’ Hamann, nè la fusione del protoplasma delle cellule. Mi pare si possa as- solutamente escludere che si abbia qui il caso descritto dal Me- rejkowsky per taluni idroidi (62), ove si. hanno nematofori che presentano movimenti amiboidi. In questi idroidi i movimenti amiboidi, sono, secondo l’autore, dati da una sostanza intercel- lulare senza struttura, che, mi pare con molta ragione, data la sua descrizione, egli ritiene possa essere la fusione dell’ ecto- plasma di tutte le cellule: quelle che sembrano cellule non sa- rebbero che 1’ endoplasma col nucleo. Nell’ Hydra invece le cel- lule del disco pedale sono fra di loro distinte anche nel movi- mento, ed in ogni modo non vi si può riconoscere una sostanza interposta. Sono elementi glandulo-muscolari, come li disse il Korotneff (34); hanno infatti la fibrilla muscolare (Tav. V.8 fig. 11) come già mostrano le figure del Kleinenberg: inoltre anche nel corpo della cellula ghiandolare non è ancora perduta la attitudine al movimento, come dimostrano appunto gli accen- nati moti amiboidi. Questi, osserva giustamente l’ Hamann, sono in relazione col fatto che l’Hydra non è un polipo fisso ed ac- cennano ad una condizione indifferente, ad un cumulo di fun- zioni nelle cellule pedali. | 3. Ciglia vibratili e movimenti amiboidi delle cellule entoder- miche. — Le ciglia delle cellule entodermiche dell’Hydra si pos- sono vedere assal bene in una sezione trasversale fatta sull’ani- male vivo, od in esemplari uccisi con acido osmico a 1 0]0 e dila- cerati con acido acetico a 0,05 0f0. Il Kleinenberg disse che ogni. cellula può portare una o due ciglia e che non tutte le cellule ne hanno: secondo questo autore possono essere ritirate nel COrpo cellulare. Il Parker (14) dice invece che ogni cellula ne porta . tre: l’Hamann non parla in modo speciale dell’Hydra, ma dice < che negli idroidi ogni cellula entodermica porta un solo flagello. Nell’ Hydra secondo le mie osservazioni ogni cellula ha ciglia: il loro numero può variare, mi pare da 1 a 4 (Tav. V.2 fig. 3): il loro scomparire talora sembra essere dato dal piegarsi forte- | $ h 134 mente del ciglio fino dalla sua base sopra o sotto la cellula ma- | dre: si trovano ciglia entodermiche in tutte le regioni del corpo ed ognuna è lunga circa la metà della cellula. Loro funzione è evidentemente quella di aiutare il rimescolamento del materiale alimentare, già determinato in parte dai movimenti di estensione e di contrazione dell’animale: la spiegazione di questi moti rien- tra nel problema del movimento ciliare in genere. Il Rouget (46) descrisse nelle cellule ciliate trattate con alcool diluito od acido acetico dei filamenti protoplasmatici differenziati, che continuano il ciglio fino alla base della cellula: qualche cosa di analogo egli descrive pure per le cellule entodermiche ed ectodermiche del- l’ Hydra (45). x Quanto ai movimenti amiboidi delle cellule entodermiche, pare che essi esistano realmente, benchè assai lenti: bisogna però guardarsi dal confonderli colle forme di diffluenza del plasma che già trassero in errore fra gli altri Ecker e Leydig e che si presentano comunissime nelle sezioni trasverse di Hydra viva; queste sono appunto le migliori preparazioni per osservare ì mo- vimenti amiboidi. È facile distinguere quelli che realmente lo sono dalle forme di diffluenza, perchè mentre in queste si vede una bolla, solitamente chiara, protrudere dalla cellula, ingrandirsi e spesso staccarsi, non mostrandosi in diretta continuazione col corpo cellulare, nei movimenti amiboidi la cellula intera mostra una vera continuità col pseudopodo unico largo, che sembra piuttosto il ripiegamento o l’ estensione di tutto il corpo di essa. Spesso tali movimenti sono passivamente prodotti dalle contra- zioni generali del corpo, ma in taluni casi pare realmente siano proprii delle cellule, come quando il margine interno dell’ento- derma dall’aspetto di un cerchio unito passa a prendere quello di un cerchio con una quantità di sporgenze mammellonari che sono le estremità delle cellule, o viceversa. Lo studio esatto di tali movimenti rientra però in quello dei processi della digestione: mi basta qui di avere accennato alla probabile loro esistenza. (Continua). SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA I. Fig. 1. Hydra grisea. Grandezza naturale. Fig. 2. La H. grisea della figura 1 più ingrandita: « e b strozzature ove av= venne la divisione spontanea. i TRS LA Ai MA, < 132 Fig. 3. Porzione B della Hydra disegnata alla fig. 2; c e d sono le due Rini > divenute entrambi estremità pedali. Fig. 4. Metà inferiore di una Hydra grisea tagliata trasversalmente in due: pre- senta l’accenno d'una gemma. Fig. 5. Stadio più avanzato dell’ esemplare rappresentato alla fig. 4; sono com- ‘ parsi i tentacoli della madre e la gemma si continua con un tentacolo. Fig. 6. Stadio ancora più avanzato dello stesso esemplare: la gemma ha ritirato il tentacolo terminale e presenta due tentacoli normali. Fig. 7. H. grisea rovesciata artificialmente: sta per tornare alla posizione pri- mitiva facendo passare il piede a per una apertura artificiale prodotta da una se- tola. È Fig. 8. La stessa: la parte posteriore del corpo è ritornata alla posizione natu- rale passando per l’ apertura indicata. Fig. 9. La stessa: nella porzione posteriore si è formata una nuova bocca e nuovi tentacoli : tanto essa che la porzione anteriore contengono una Cypris. Fig. 10. Individuo doppio di H. vulgaris, trovato nella lanca di Ticinello. Le figure 2-10 sono, come si vede, ingrandite 8-10 volte. » TAVOLA IIa Fig. 1. Giovane Z. grisea appena uscita dall’uovo. x 94. Koristka Oc. n Ob. 4; tubo chiuso. Fig. 2. La stessa in principio di estensione (med. ingr.). Fig. 3. La stessa più estesa (med. ingr.). Fig. 4. Tentacolo trifido di H. vulgaris alquanto disteso (med. ingr.). Fig. 5. La giovane Hydra della fig. 3 più estesa (med. ingr.). Fig. 6. La stessa alla mattina del 24 maggio (med. ingr.). Fig. 7. La stessa il 25 maggio (med. ingr.). Fig. 8. Hydra vulgaris con disposizione anomala delle gemme. Fig. 9. Gemma A della precedente: presenta evidentissime anomalie nei tentacoli. Fig. 10. Estremità cefalica (2) dell’ Hydra rappresentata alla fig. 3. Fig. 11. Il tentacolo trifido della figura 4 contratto X 94 — Koris. Oc. III. Ob. 4; tubo chiuso, Fig. 12. Tentacolo di Hydra grisea biforcato a metà della sua lunghezza. Fig. 13, Tentacolo della stessa H. grisea, biforcato verso l’ apice. Fig. 14. Una metà del corpo (tagliato longitudinalmente) di una H. vulgaris ri- masta in un vaso ghiacciato. TAVOLA III.* Le figure 1, 2 e 3 sono rappresentazioni schematiche di una porzione del corpo di Hydra (zona gemmante). a è l’area intensamente nutrita che diede origine alla formazione della gemma A. B l’area intensamente nutrita che diede origine alla formazione della gemma B. l’area intensamente nutrita che diede origine alla formazione della gemma 0. m n p qzona, gli accrescimenti irregolari della quale concorrono alla forma- zione delle gemme A e B. d porzione della zona m x p q che concorre alla formazione della gemma C. Fig. 4. H. grisea con 6 gemme disposte in tre piani. Fig. Da Diagramma. che indica la disposizione e l'ordine di formazione delle Si © gemme nell’ Hydra rappresentata alla fig. 4. Fig. 6. Diagramma che rappresenta l'ordine teorico di formazione dei tentacoli. Fig. 7. Diagramma più frequente nella formazione dei tentacoli nelle gemme i dell'A. viridis. (Da Jung.). Fig. 8. Diagramma più frequente della formazione dei tentacoli nelle gemme del- l’ H. oligactis (H. vulgaris ?). (Da Jung.). bar Fig: 2: Diagramma più frequente della formazione dei tentacoli nelle gemme . dell’ H. grisea. (Da Jung.). 4 Fig. 10. Altro diagramma della formazione dei tentacoli nelle gemme dell’ A. | grisea. (Da Jung.). TavoLa IV.a Fig. 1. Porzione, rispondente all’ area germinativa, di una H. vulgaris, tagliata verso A. Vi sono visibili le fibre longitudinali e le fibre trasversali. X 180. — | Koris. Oc. III. Ob. 6; tubo chiuso. Fig. 2. Porzione di un tentacolo della stessa H. vulgaris: vi si vedono le fibre | trasversali presso la lamina di sostegno (med. ingr.). Fig. 3. Porzione di una sezione trasversale di Hydra grisea. (A. crom.; carm. bor.; paraffina, creosoto). c. ec. = cellule ectodermiche; ci. = cell. interstiziali; fl. — fibre longitudinali; ls. = lamina di sostegno; c. en. = cellule endodermiche; cg. = cellule ghiando- lari. X 500 — Koris. Oc. comp. 4; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.: tubo 160 mm. | Fig. 4. Cellula ectodermica di H. grisea vivente. — X 1500. — Koris. Oc. comp. 12; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. Fig. 5. Cellule neuro-muscolari del corpo (ac. acetico a 0,025 Jo). Il tessuto in- terstiziale è allontanato; m = prolungamenti muscolari. (Da Kleinenberg: Hydra. Tavola La fig. 9). . Fig. 6. Cellula mioepiteliale ectodermica (ae. acetico 0,05 °1o) di H. wviridis. — Hartnack. Oc. 4; ob. 7 X 450. Fig. 7. Cellula mioepiteliale ectodermica di H. grisea (ac. acetico 0,025 °%o per 4 giorni) (med. ingr.). . Fig. 8 e 9. Cellule mioepiteliali ectodermiche, viste di fronte, di H. vulgaris con- tratta (ac. acetico 0,05 °[o per due giorni) (med. ingr.). Fig. 10. Porzione di una cellula ectodermica col suo prolungamento muscolare tolta.da una Hydra vulgaris viva. — X 1500. — Koris. Oc. comp. 12; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. Fig. 11. Fibra muscolare dellà stessa Hydra, (med. ng): | Fig. 12. Porzione di una sezione trasversale di H. viridis contratta. — XK 1000. Koris. Oc. comp. 8; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. Fig. 13. Porzione di una sezione trasversale della stessa H. viridis estesa (me- desimo ingrandimento). | Fig. 14. Porzione di lamina di sostegno tolta da un tentacolo di H. grisea con- tratta (ac. osm. lo, ac. acetico 0,5 %o ; ec. = fibre muscolari ectodermiche; en = ‘ fibre muscolari entodermiche. — X 1500. — Koris. Oc. comp. 12; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. | Fig. 15. Porzione di lamina di sostegno del corpo della stessa H. grisea (con- tratta). X 500. — Koris. comp. 4; ob 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm, 134 ec. = fibre muscolari entodermiche; en. = fibre muscolari entodermiche ; c. = confini delle cellule ectodermiche. Fig. 16. Porzione della fig. 15 più ingrandita. — X 1500. — Koris. Oc. comp. 12; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. SULLE MYXOSPOK IDIE DEI PESCI MARINI | CENNI E RICERCHE DI AILBEERTIrO PERUGIA (Con UnA TAVOLA). Nel corso delle ricerche fatte nel Laboratorio del Museo Zoologico della R. Università di Genova sulle branchie di pesci marini per rac- cogliere materiale necessario per lo studio sui Trematodi ectoparassiti che da più di un anno vado praticando ‘col Prof. C. Parona rinvenni sul Mugi! auratus delle cisti bianche, ovali, che all'esame microscopico si rivelarono per quelle forme di Psorospermie state descritte dapprima da Johann Miller. Poco dopo trovai simili organismi nella cistifellea di una Torpedo (T. narce).. L’ egregio Prof. Corrado Parona mi incitò a continuare la studio di questi esseri ancora poco noti.nei pesci marini, il che ben volontieri accettai e colgo qui l’ occasione per esprimergli la mia riconoscenza . anche per i consigli che volle darmi in proposito e per l’ospitalità con- cessami nell’ Istituto a lui affidato. Le Psorospermie furono osservate la prima volta da Gluge, dell’ uni- versità di Bruxelles nel 1838 (Bulletin de l’Acad. de Belgique, Tom. V, 1838) che descrisse una malattia cutanea del Gasterosteus, la quale sì presentava sotto forma di numerose piccole pustole bianche. Fu però — Johann Miiller a studiare per il primo, questi organismi, avendoli ri- — scontrati nel 18441 nei muscoli dell’ occhio di un Esox lucius. In seguito li rinvenne ancora in varie altre parti nel corpo di non poche specie di pesci fluviatili e sotto il, nome di Psorospermie li de- scrisse-nell’Archiv. fàr Anat. u. Physiol. 1841. Un anno dopo lo stesso J. Miller, in collaborazione col Retzius, pub- blicava nei precitati Annali una nota. nella quale dichiarava di aver trovato questi organismi nella vescica natatoia del Merluzzo. Contem-. poraneamente Creplin (Archiv. fùr Anat. e Phys. 1842) descriveva le Psorospermie dell’ Acerina e della Lucioperca. | Dujardin, nell’Appendice della sua Histoire Naturelle des Helmin-' thes 1845, diede la prima indicazione di siffatte spore ravvolte in una sostanza gelatinosa, diafana, analoga a quella delle Amebe e che trovò | sulle branchie del Oyprinus erythrophthalmus. w ì È 135 Nel 1851 Leydig descrisse delle forme abitanti la cistifellea di Pla- giostomi ; e Lieberkùhn segnalò delle forme che albergano nella vescica urinaria dell’Esox lucius e della Lota vulgaris. MRGA questo punto abbiamo un lungo periodo, durante il quale lo studio di questi organismi fu affatto negletto, sicchè dobbiamo arrivare al 1863, nel quale anno il Balbiani comunicò all'Accademia delle scienze di Pa- rigi.alcune sue osservazioni sulla organizzazione e natura delle pito spermie. (Compt. Rend. de l’Acad. 18683). Nel 1879 Gabriel (Bericht. Schl. Gesellsch. 1879) studiò di bel nuovo le forme psorospermiche parassite delia vescica urinaria dell’ Esor, s0- pra segnalati, e ciò fu proseguito ben presto dal Butschli (4) il quale propose di sostituire al nome di Psorospermie dei pesci quello di My- xosporidi oggidì generalmente adottato. Lo stesso Butschli ebbe a riparlare di questo gruppo di Microrga- nismi nel Bronn ’s Klassen und Ordn. 1882; così pure il Balbiani, nelle sue lezioni di embriogenia comparata, volle occuparsene estesamente. (Journ. de Microg. 1883 N. 3. 5. 8). Nel 1889 abbiamo i lavori del Lutz, che trovò delle Myxosporidie nella vescica urinaria di batraci del Brasile. (Centralblatt fàr Parasit. und Bacter. 1889. Vol. V. N. 3) del Thélohan sulla costituzione delle spore’ delle Myxosporidie. (Compt. Rend. Acad. Sc. Paris, 1889, N. 27) e nel 1890 dallo stesso Thelohan. (Contribution a l’ étude des Myxospo- ridies; Ann. de Microgr. 1890). Ecco quanto si conosce di questa importante serie di organismi; e le volli riassumere per dimostrare che, considerando le tuttora scarse e non sempre esatte osservazioni in proposito, non credetti inutile occu- parmi di tale importante gruppo. Nè mi trattiene di qui esporre quanto ho potuto concludere dai miei studi, il conoscere che dei Myxosporidi ebbe a parlarne recentissima- mente il Mingazzini (2) il quale va interessandosi da qualche tempo dello stesso argomento; giacchè le sue osservazioni nulla tolgono dell’inte- resse che possono avere le mie. Riassumendo ora brevemente i differenti modi di vedere ch vollero esprimere i precitati autori sopra questi esseri, vediamo che J. Miller trovando per la prima volta come già si disse, dei piccoli tumori nel- l’occhio di un Esox lucius contenenti grande quantità di piccoli corpu- scoli li paragonò a spermatozoi presentando infatti una piccola testa ed una lunga coda. Osservò inoltre che al lato opposto della coda questi corpuscoli erano riempiti da una sostanza gelatinosa omogenea al tutto immobile e presentavano due vescicole fra loro convergenti. (1) Butschli: Beitrige sur Kenntniss der Fisch Psorospermien. — Zeitsch. fùr Wiss. Zool. Band. XXXV. 1881. (2) Sullo sviluppo dei Myxosporidi. Boll, Società Natur, — Napoli, serie I.a Vo- lume IV. Tav. 1I.a, 1890, 136 Creplin fu il primo che accennò ad una analogia fra le Psorospermie e le Gregarine. Dujardin avendo, come si disse, osservati questi organismi rinchiusi in masse di una sostanza omogenea ramificata attaccata alle branchie di un Oyprinus, credè poterle riportare a quelle forme di Gregarine che / si riscontrano nei testicoli dei Lombrici. Fino a questo punto troviamo soltanto accennata all’ idea dei rap; porti che potessero esistere tra le Psorospermie e le Gregarine. Leydig cercò di provarlo con le sue ricerche. Trovò infatti questi parassiti in varie parti del corpo dei pesci di acqua dolce e nella cisti- fellea dei Plagiostomi, e nel suo lavoro (41) si occupò diffusamente di questi ultimi, che più precisamente rinvenne nella cistifellea della Squa- tina angelus, della Torpedo marmorata, dello Sogtiia stellare e del- l’Acanthias vulgaris. Leydig descrisse tali forme quali corpi rotondi, o vermiformi, am- mettendo fossero costituiti da una massa fluida densa, contenuta in una sottile membrana. In alcune vide degli spazii chiari che considerò come cellule figlie; ognuna delle quali racchiudeva una spora. Questa era di- versa nelle varie specie di pesci, pel suo involucro; chè liscio nella Squatina e nella Torpedo era invece finamente striata nelle Razze. Il contenuto si componeva sempre di quattro corpi simmetrici, conver-, genti tra loro, situati alla parte appuntita della spora. Da queste sue ricerche egli credette trovare una analogia fra le Pseu- donavicelle del lombrico e le spore delle Psorospermie. Questo modo di vedere ebbe valido appoggio coi lavori del Lieberkiihn (2) che, stu- diando i medesimi esseri nella vescica urinaria dell’ Esox lucius, vide che avevano lenti movimenti, negati dal Leydig; ed ebbe anche campo di osservare come talvolta le spore si aprivano, emettendo una massa plasmica mobile ed amibiforme. Ed ora ci si presentano i lavori del Balbiani che, iniziati nel 1863 colla citata nota sulla costituzione delle spore delle Myxosporidie, eb- bero seguito con altre pubblicazioni, tanto importanti che non posso mantenere l’ ordine cronologico fino ad ora seguito, ma debbo esami- nare quanto concluse ed estesamente espose nelle sue lezioni fatte al College de France (Journ. de Microgr. 1. cit.). Qui sono riassunti si può ‘ dire tutti i suoi precedenti lavori sopra questo argomento. Da principio il Balbiani considerò le spore delle Myxosporidie quali forme perfette, ritenendo la massa sarcodica che le contiene come una specie di matrice nella quale esse si formano. Ma in seguito ai lavori | del Butschli (1881), nei quali questi dimostrò che i corpi considerati da Balbiani quali organismi perfetti altro non erano che vere spore, egli si dimostrò propenso a condividere questa opinione. (1) Ueber Psorospermien und Gregarinen. — Muller *s Archiv, 1851. (2) Ueber Psorospermien. — Arch. f, .anat. u Physiol. 1854, 437 Considerò iosa le Myxosporidie quali Gregarine ridotte ad una massa sarcodica cambiante continuamente di forma per lenti movimenti amiboidei. Sopra quanto riferisce dello sviluppo loro avrò occasione di ragionare in seguito. Per quel che riguarda le spore constatò che erano formate da due valve, di struttura omogenea e trasparente, molto refrattarie agli al- cali, all’ acido acetico, ed all’acido solforico. Osservò i corpi già veduti dal Miller e da altri, situati ad una delle estremità delle spore; fu il primo a constatare che in questi corpi (che il Butschli chiama corpi polari) si trova un lungo filamento ravvolto a . spirale; che determinati reagenti hanno la proprietà di far svolgere e far sortire da ognuna di quelle vescicole; rimanendo nel detto corpo polare soltanto un liquido chiaro. Questa osservazione fu dal Bessels (1), da Aime-Schneider (2) e da Butschli pienamente confermata. Il filamento dei corpi ora indicati è molto lungo; e ad esso i vari autori diedero attribuzioni diverse. Butschli volle ravvisare in esso dapprima un organo analogo all’ec- toreo dei nematocisti dei Celenterati; ma ben presto, non trovando una spiegazione riguardo all’ ufficio od utilità che potessero avere per la spora, pensò fossero invece (cosa che ritengo io pure) organi di fissa- zione; come sarebbero i lunghi filamenti delle uova dei Trematodi ec- toparassiti. î Balbiani li paragonò ad organi di dessiminazione, quali sarebbero gli elateri degli Equiseti; avendo poi osservato che talvolta questo fila- mento è arrotolato attorno ad un’altra spora ravvisò in esso un organo di copulazione. Thélohan (1. c.) asserisce di aver osservato che molte spore sono sprovviste di tale filamento e dimostrasi propenso a riguar- dare questi organi filamentosi ‘quali produzioni accidentali. Recentemente il Mingazzini (1. c.) riferendo aver trovato nella ci-° stifellea di Plagiostomi delle forme di Myxosporidi munite di lunga coda, considererebbe questa quale coda dell'embrione che sta racchiuso nel corpo polare. In poche parole si riassumono ri opinioni di Gabriel e di Butschli , le quali concordano del resto in molti punti con quelle del Balbiani, differenziando soltanto, come abbiamo visto, riguardo all’ uso del fila- mento polare ed anche in alcuni punti sullo sviiuppo loro. _ Tralasciando ulteriore analisi dei lavori dei menzionati autori (che non avrebbero ragione di essere in questa nota) passerò ad esaminare x quanto il Mingazzini, nel suo lavoro già ricordato , e che è fra tutti (1) Tageblatt d. 41 Versimml. deutsch. Naturforsch..u. Aertze in Frankfurt a M. 1867. (2) Arch. de Zool. expérim, T. IVI vir di 438 il più recente, ebbe a dire principalmente sullo sviluppo di questi es- seri. Egli studiò le forme di Myxosporidie viventi nella cistifellea dei Pla- giostomi e diede loro il nome di Chloromyrum Leydigii. Nel mentre il Leydig aveva osservato che certe spore erano striate ed altre no, il Mingazzini dice che le strie sono comuni a tutte e ritiene trattarsi di una sola specie vivente in varii ospiti, ciò che anche io ri- ritengo esatto. Egli ebbe campo di fare interessanti osservazioni, epperò sarebbe i stato opportuno che più dettagliatamente le avesse esposte nel suo scritto; sopratutto per quanto riguarda le varie fasi di formazione delle spore che assevera aver osservato effettuarsi nei vacuoli indicati dal Leydig come cellule figlie. Egli dice di aver trovato assieme alle forme già note altre che egli chiama Gregarinoidi, a forma cilindrica, con lunga coda, con il pro- toplasma a globuli rotondi, ialini, disposti in serie longitudinali rego- lari e con un nucleo alla parte mediana. Queste forme erano inoltre animate da movimenti piuttosto rapidi. La presenza di tali organismi a lunga coda commisti agli altri, in- dusse l’autore a dare, come già si disse, interpretazione differente al flagello, che si svolge dalle capsule polari; volendo vedervi la coda del- l’ombrione delle Myxosporidie, in esse capsule contenute. Queste forme Gregarinoidi sarebbero dunque, secondo le parole dell’autore non altro che fasi di sviluppo delle Myxosporidie. —— L’embrione verrebbe ad es- sere contenuto nelle capsule polari, che variano in numero secondo le specie e la massa interna di protoplasma; sarebbe il nucleo di reliquat che servirebbe alla loro nutrizione entro la spora. . Dalla descrizione di queste Gregarinoidi, considerate come forme larvali, nella forma adulta avressimo una regressione; imperocchè alla forma munita di nucleo, e con protoplasma disposto regolarmente non manca che una cuticola per farne una vera Monocistidea, nel mentre che la forma adulta, mancante di nucleo e con il protoplasma mai di- sposto regolarmente, se ne discosta molto più. Mingazzini aggiunge che le osservazioni del Lieberkiihn e del Balbiani non concordano con il suo modo di vedere e che quest’ ultimo opina che lo sviluppo proceda in modo diverso. La espressione € opina » a me non sembra esatta e mi pare che dicendo asserisce sarebbe più giusto; infatti il Balbiani nel Jour. de Microgr. (l. c.) descrivendo minutamente e disegnando il modo col quale si apre la spora p. es. della Mixosporidia della Tinca vulgaris (Fig. 65 pag. 276, fasc. 5 ed a Fig. 61 pag. 272) non fa una sem- plice supposizione, ma attesta un fatto, da non mettersi in dubbio, qual'è quello del corpo amiboide che esce dalla spora. Io stesso ebbi occasione di vedere un fatto simile (Fig. 6) nelle spore di Myxosporidi della cistifella della Torpedo narce e debbo perciò as- sociarmi al modo di vedere del Balbiani, infirmando così quanto disse 139 il Mingazzini a questo riguardo. Per ultimo anche, l’ osservazione del Thèlehan sulla mancanza di filamento nelle capsule di molte spore, non è favorevole al modo di vedere del Mingazzini. Per quello che riguarda 1’ habitat di questi organismi e la loro diffu- sione nelle varie parti del corpo dei pesci, le mie osservazioni mi por- ‘tano ad ammettere che vi è una grande differenza tra i pesci marini e quelli di acqua dolce. > In questi, secondo tutti gli autori ed in particolare modo il Balbiani, le Myxosporidie si troverebbero in tutte le parti del corpo, eccettuato nel sistema nervoso centrale e nei muscoli laterali. Sono o ecto o en- doparassiti e spesso producono lesioni che uccidono l’ ospite. Nei pesci marini invece sembrano localizzati alla sola cistifellea e generalmente soltanto nei Plagiostomi. Le due forme che trovai nel Merlucius vulgaris e nel Conger vulgaris, . non ancora da altri menzionate, hanno pure limitata la loro dimora nella cistifellea; soltanto sulle branchie del Mugil auratus trovai una volta delle cisti di Myxosporidie ed altra volta su quella del Mugi! capito, sempre rarissimamente; avendole trovate due sole volte, benchè avessi esaminato più di trecento Muggini. In generale ebbi risultati negativi nelle ricerche che tentai in mol- tissime specie di Teleostei. In quanto all’aver trovato delle Myxosporidie sulle branchie dei Mugil ciò non fa che venire in appoggio al mio modo di vedere, perocchè si sa chei Muggini rimontano per lungo tratto i fiumi; ed infatti sul Mugil, in cui rinvenni ie cisti delle Myxosporidie, viveva pure un Tre- matode appartenente ad un genere esclusivo ai pesci d’ acqua dolce il Tetraonchus Van Benedenii Par. Per (4). Le forme viventi sui pesci d’acqua dolce si trovano per lo più in- cistate allorquando sono ectoparassite. — Sono invece libere quelle che s'annidano in organi profondi (vescica aerea, urinaria, ecc.); come pure sono sempre libere quelle che riscontrasi nella cistifellea di pesci ma- rini. (Continua). (1) PARONA e PERUGIA. Sui Trematodi parassiti delle branchie. — Atti Società Ligust. Sc. Nat. Vol I, pag. 68; 1890. 140 RICERCHE SUI PROTISTI DELLE ACQUE DI RAPALLO del Dottor G. CUNEO. Fin dall'anno 1885, durante le vacanze autunnali, seguitando quelli studi di Protistologia che, negli anni antecedenti, avevo avuta occasione di fare nel laboratorio del Museo Zoologico dell’ Ateneo Genovese sotto la guida del Prof. Corrado Parona, iniziai una serie di ricerche sui Pro- tisti delle acque di Rapallo nel Genovesato. Le osservazioni fatte in quel breve lasso di tempo, sebbene non co- stituissero uno studio completo, erano tuttavia così abbondanti e sva- riate, che mi incoraggiavano a proseguire risolutamente nella via in- trapresa: ma pur troppo per ragioni speciali, che sopratutto riguar- davano la mia salute, poco tempo dopo non mi fu più possibile di con- tinuarle e completarle. Ora però che ogni ostacolo è allontanato, pen- sando che, con nuovi studi, poteva facilmente illustrare la protistologia di questa mia città natale, decisi di riprendere l’interrotto lavoro e, giovandomi dei mezzi precipuamente bibliografici posti a mia disposi- . zione dalla gentilezza del predetto Prof. Parona, ho continuato le pri- mitive ricerche con maggior lena, onde allargarne i risultati e riunirle e ordinarle nel presente lavoro, che non credo del tutto inutile rendere di pubblica ragione. Spero con ciò di portare non piccolo contributo a quella Storia na- turale dei Protozoi in Italia che, per quanto si sia fatto, è tuttora de- ficiente. Imperocchèò se si tolgono alcune località dell’ Italia superiore abbastanza bene conosciute per opera principalmente del Perty, dello Schmarda, del Maggi, del Parona, del Cattaneo, del Magretti e di alcun altro, poco o nulla si conosce riguardo alla protistologia dell’Italia media, meridionale e delle sue numerose isole, eccezione fatta però degli studi eseguiti a Messina e a Napoli da vari autori stranieri. Per ciò che ri- guarda la protistologia della Liguria recentemente il Gruber illustrava, in diversi lavori, i protozoi del porto di Genova; il Parona descriveva un nuovo acinetino di Sestri Levante e alcuni protisti parassiti di un' tunicato del porto di Genova; alcuni altri autori hanno.raccolto pochi dati riferentisi però all’ estrema zona occidentale (Villafranca, Nizza): ecco quanto si ha in Liguria intorno a questi interessantissimi organi- smi, Seguendo l'esempio del Griiber e del Parona io ho esteso consimili ricerche là ove mi riescivano facili per il lungo soggiorno, cioò a Ra- pallo; in quel golfo Tigullio ove la natura, in un modo così pittoresco e svariato, ha riunito tante sue bellezze. Prendendo a guida le norme suggerite, ho raccolto acqua dolce e acqua marina nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre e l’esame di essa venne praticato subito, o durante lungo tempo, onde studiar meglio le forme che si andavano succedendo in esse. 144 I campioni di acque dolci furono raccolti nella massima parte in alcuni stagni esistenti nella pianura di Rapallo (località di Sant'Anna), ricchi di vegetazione e di una considerevole estensione, dovendo servire a procurare il materiale per fornaci. Ebbi cura di esaminare i vari punti di questi stagni, non trascurando di unire alle acque raccolte dif- x ' A ì 1 ferenti sorta di vegetali. Le acque correnti della stessa località, sotto- poste all’ esame, dettero risultati insignificanti. Anche le acque di al- cuni pozzi, sparsi qua e là su tutta quella pianura, ad un primo esame non presentarono gran che di importante; forse perchè, destinati come sono alla irrigazione della campagna, vengono nell’ estate completa- mente essicati. L'acqua marina, per seguire un certo ordine, e perchè altrove l’ e- ‘ same di essa diede risultati quasi negativi, fu raccolta in una metà sol- tanto del pittoresco seno che descrive la spiaggia di Rapallo, vale a dire nelle località chiamate Langano, Pennello, foce del torrente Boate e spiaggia delle Saline. Le due prime località formano una spiaggia tutta | pieha di scogli e pietre, quindi ebbi cura di unire alle acque raccolte dei sassi coperti di vegetali, o dei vegetali staccati dagli scogli stessi. Nelle altre due località ho trovato moltissime specie raschiando le pa- lafitte esistenti nell’ alveo del torrente Boate, in prossimità della sua foce e in quella spiaggia delle Saline, punto profonda e che, costituita in tutta la sua estensione da finissima sabbia, è la delizia dì tutti i ba- .gnanti. A differenza delle prime località, le quali sono difese e quindi le acque vi sono sempre tranquille, quest’ ultima spiaggia è all’ aperto ed esposta all’imperversare delle onde. L'acqua venne tolta in gene- . rale dalla superficie insieme a frammenti di vegetali o di corpi som- ‘mersì, con tutte quelle norme che, a questo riguardo, sono indicate. Trattandosi di un primo saggio e di una località che penso molto ricca | dal punto di vista faunistico, sono ben lungi dal considerare queste ri- | cerche come complete: parmi però che dalla enumerazione dei protisti osservati sì possa avere una giusta idea sulla. protistologia di questo | lembo della ligure spiaggia e si possa esprimere l’ augurio che questo | lavoro, a cui io assegno, per molte ragioni, dei limiti angusti e che è | così interessante per la storia naturale dei Protozoi in Italia, venga ul- teriormente continuato e completato con nuove considerazioni che ri- guardino specialmente la distribuzione e la maggiore o minore fre- quenza di determinati gruppi di questi microrganismi. Debbo avvertire che di alcune classi spettanti ai protisti non mi sono deliberatamente occupato (Diatomee) e che ho trascurate altre per la scarsità del materiale avuto (Radiolari). Quanto alla classificazione ho seguito quella proposta dal Butschli , quale una fra le più recenti sebbene, come dirò in altro lavoro, ne dis- senta in alcuni punti. (Protozoa — Dr. H. G. Bronn’s; Thier — Reicbs, Kiassen und ordnungen 1883-87). Infine, prima di parlare di alcune forme che riterrei nuove, mi ri- servo di completarne lo studio con altre osservazioni. 149 Classe SARHODINA. Sottoclasse Ehizopoda. 1. Protameba vorax, Griiber (Die Bioine: d. Hafens von Genua 1884. Tav. VII.* Fig. 1). — Acqua marina, foce del torrente Boate; 29 luglio 1890. — 2. Protamaba sp.? — Acqua dolce degli stagni di Sant’ Anna a Nord-Ovest di Rapallo; 30 luglio 1885. — 3. Amaba radiosa Duj. (Histoire naturel. des infusoires, Tav. IV.* Fig. 2). — Acqua marina della foce del torrente .Boate; 27 luglio 1890. — 4. A. diffluens Duj. op. cit. -- Acqua marina della foce del torrente Boate; 12 agosto 1890 e 19 ottobre 1835. — 5. A. ramosa Duj. op. cit. — Moti lentissimi e totalmente incolora. In acqua marina della località detta Pennello; 24 ottobre 1885. — 6. A. viridis Leidy. — Acqua dolce degli stagni; 12 ottobre 1890. — 7. A. inflata Duj. op. cit. — Acqua dolce degli stagni; 18 agosto 1890. — 8. Am@ba sp.? Acqua dolce degli stagni; 12 ottobre 1890. — 9. Podostoma filigerum Clap. e Lach. (Etudes sur les infu- soires et les rhizopodes. Vol. V. Tav. XXI.8 Fig. 6). Acque dolci de- gli stagni di Sant’ Anna; 10 settembre 1890. Osservato anche a Ge- nova dal Prof. Parona. — 10. Arcella vulgaris Ehrb. Inf. p. 133. Tav. IX.8 Fig. 5. — Acqua dolce degli stagni di Sant’ Anna raccolta il 23 luglio ed esaminata il 26 ottobre 1885; riscontrata di nuovo nell'acqua degli stessi stagni il 13 settembre 1890 ed anche a Genova dal Pro- fessore Parona. — 11. Gromia fluviatilis Duj. op. cit. — Acqua dolce degli stagni raccolta il 25 luglio ed osservata il 26 ottobre 1885 — 12. Difflugia oblonga Ehrb. Inf. p. 131. Tav. IX.a Fig. 2. — Acqua ma- rina della foce del torrente Boate ; 2 settembre 1890. — 13. Gromia oviformis Duj. op. cit. — Acque dolci degli stagni; 11 settembre 1890, osservata anche a Genova dal Prof. . Parona. — 14. Plagiophrys sphe- rica Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XXII.' Fig. 2. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 26 luglio 1890. — 15. Ovulina urnula Griiber op. cit. Fig. 19-20. — Acqua dolce degli stagni; 10 agosto 1890. — 16. Polystomella.... sp.? Tra i vegetali di acqua marina raccolti nél seno di S. Michele; 18 settembre 1890. — Bellissima forma vivente fornita di numerosi pseudopodi. — 17. Rotalia.... sp.? — Acqua marina della foce del torrente Boate; 2 agosto 1890. Sottoclasse Heliozoa. i 18. Myxrastrum Liguricum Griiber op. cit. Fig. 82. — Frequentis- simo nell’acqua marina della foce del torrente Boate: 25 luglio e 5 agosto 1890. — 19. Cyliophrys infusionum Cienkows; Lanessan: Traité de Zoologie 1882, p. 98, Fig. 93. — Acqua marina dalla foce del torrente Boate contenente vegetali; 1 e 5 agosto 1890. — 20. Actinophrys Sol Ehr. Sav. Kent: A. Manual of the infusoria. Tav. I.° Fig. 1I. — Acqua ma- rina del torrente Boate; 27 luglio 1890. — 21. Actinospherium Eich- hornii Ehrb. Butschli: Tav. XV.* Fig. 1. — Frequente nell’ acqua rae- colta della foce del torrente Boate contenente vegetali: 29 luglio 1890 e. 443 f 20 agosto 1890. — 22. Astrodisculus.... sp.? — Acqua marina foce tor- rente Boate; 28 luglio 1890. — 23. Acanthocistis aculeata Hertw. u. Less.; Lanessan op. cit. pag. 107 Fig. 101. -- Acque dolci degli stagni; 12 settembre 1890. -- Osservata anche a Genova dal Prof. Parona. Classe MASTIGGPHORA. | ; Ordine Flagellata. 24. Cercomonas cylindrica Duj. op. cit. Tav. XIV.* Fig. 21. — Acqua marina del torrente Boate; 28 luglio 1890. — 25. Monas lens Duj. op. cit. — Acqua dolce degli stagni di Sant’ Anna; 4 agosto 1885 e 22-24 luglio 1890. — 26. Dinobryon sertularia Ehbr. Butschli. Tav. XLI. Fig. 9. — Acque dolci degli stagni; 18 settembre 1890. Osservata pure 1a Genova dal Prof. Parona. — 27. Euglena viridis Ehr. Sav. K. op. cit. Tav. XX.° Fig. 29-40. — Fra i vegetali raccolti dalle palafitte del tor- ‘rente Boate; 27 luglio e 6 settembre 1890. — 28. E. acus Ehrb. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XII.® Fig. 15. — Acque dolci degli stagni; 112 agosto e 10 settembre 1890. — 29. E oxyuris Schmarda: Sav. K. op. cit. Tav. XX.° Fig. 26. — Acque dolci degli stagni; 12 ottobre 1890. — 30. Euglena sp.? — È notevole perchè il protoplasma presenta una intensa colorazione bluastra anzichè verde; 27 luglio 1890. Acqua ma- tina della foce del torrente Boate. — 31. Eutreptia viridis Perty; Sav. K. op. cit. Tav. XXI.° Fig. 59. — Acque dolci degli stagni; 11 agosto 1890. — 32. Astasia cilyndrica From. -- Acque dolci degli stagni; 24 Settembre 1890. — 33. Distiyma proteus Ehrb. Sav. K. Tav. XXI.® Fig. 48-49-50. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 1 settembre e 8 agosto 1890. — 34. D. glaucum Maggi: — Acqua marina della spiag- gia delle saline; 80 luglio 1890. — 35. Heteromita globosa Stein: Sav. K. op. cit. Tav. XV.* Fig. 61. — Acqua marina del torrente Boate; 12 agosto 1890. — 86. Oxyrrhis marina Duj. Butschli: Tav. XLV.° Fig. n, — Acqua marina (Langano) 9 ottobre 1890. | Ordine Choano-flagellata. 37. Codosiga.... Sp.? -- Forma isolata e libera. — Acqua dolce degli ‘stagni; 20 agosto 1885. i Ordine Bino-flagellata. 88. Peridinium tabulatum Ehr. Inf. p. 257. Tav. XXII.® Fig. 23. — Acque dolci degli stagni; 11 settembre 1890. — Osservata anche a Ge- ‘nova dal Prof. Parona. — 89. Peridinium reticulatum Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XX.* Fig. 3. — Acqua marina (Langano); 10 ot- ‘itobre 1890. Classe INFUSORIA. Sottoclasse Ciliata, Gymnostomata., 40. Leucophrys patula Ehr. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XII.® Fig. 2. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 29 luglio 1890. MERA ì) pia "IMPARI, È Ab | i — 41. Trachelius fale Duj. op. cit. Tav. VI.a N. 8. — Acqua dolce de- gli stagni raccolta il 25 luglio e osservata il 26 ottobre 1885. — 42. La- gynus sulcatus Gruber op. cit. Fig. 37. — Grande quantità nell’ acqua marina raccolta alla foce del torrente Boate; 18-25 agosto 1890. — 43. Prorodon margaritifer Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XVIII.* Fig. 1. — Frammenti di vegetali staccati dalle palafitte del torrente Boate: acqua marina; 12 settembre 1890. — 44. Lacrymaria olor Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XXVII.* Fig. 209. — Frequentissima nell’ acqua ma- rina contenente vegetali raschiati dalle palafitte del torrente Boate; 16 agosto 1890. — Frequentissima pure nelle acque dolci degli stagni; 14 settembre 1890. — 45. L. lagenula Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XVIII.* Fig. 7. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 2 agosto 1890. — 46. L. coronata Clap. e Lach. op. .cit. Tav. XVIHM.? Fig. 6. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 12 settembre 1885 — 47. Trachelophyllum apiculatum Clap. e Lach. Vol. V. Tav. XVI.* Fig. 1. — Acqua dolce degli stagni; 1 ottobre 1890. — 48. Phia- lina vermicularis. Ehr. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. .XVIII.® Fig. 8. — Acqua dolce degli stagni; 3 ottobre 1890. — 49. Coleps hirtus Ehr. Sav. K. op. cit. Tav. XXVII.a Fig. 3. — Numerosissimi fra i ve- getali raccolti dalle palafitte del torrente Boate : acqua marina; ‘8 set- tembre 1890 e acqua dolce degli stagni; 30 luglio 1885. — 50. C. fusus ‘ Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XII.* Fig. 78. — 51. Monodinium Balbiani Fabre-Domergue. Rech. s. 1. infusoires cilies, 1888, Fig. 43. —-. Nell’ acqua dolce degli stagni; 12 agosto 1890. — 52. Mesodinium.... sp.? — Molto somigliante al M. pulex Sav. K. op. cit. Tav. XXXII." Fig. 57. —- Moti velocissimi in uno spazio limitato. Acqua marina (Lan- gano); 9 ottobre 1890. — 53. Amphileptus cygnus Clap. e Lach. op. cit. Vol:-M.\ Tav. XVITa Fip. Lc Acqua dolce degli stagni; 3 ottobre 1890. — 54. A. fasciola Duj. op. cit. Tav. XI.* Fig. 17. — Acqua marina (Langano, pennello e foce del torrente Boate); 20-25 ottobre 1885. — 55. Litonotus Wrzesniowskii Sav. K. op. cit. Tav. XLII. Fig. 13. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 1 agosto 1890. — 56. L. fa- sciola Ehrb. Sav.K. Tav. XLII.® Fig. 5. -- Acqua marina della foce del torrente Boate ; 28 luglio 1890. Frequentissimo pure nelle acque dolci degli stagni; 10 agosto e 8 settembre 1890. — 57. L. Varsaviensis Wrz. — Frequentissimo nell’acqua marina del torrente Boate; 18 agosto 1890. — 58. Dileptus folium Duj. op. cit. Tav. XI.® Fig. 6. — Acqua marina a Langano, pennello e foce del torrente Boate; raccolta il 4 ottobre e osservata il 24 stesso mese 1885. — 59. Loxodes rostrum Ehrb. Sav. K. Tav. XLII.® Fig. 1. — Acqua dolce degli stagni ;:27 settembre 1890: e acqua marina della foce del torrente Boate; 6 agosto 1890. — 60. Nas- sula.... sp.? — Acqua marina della foce del torrente Boate; 6-7 agosto 1890. — 61. Chilodon cucullulus Miiller: Sav. K. op. cit. Tav. XLII.® Fig. 16 e 19. Acque dolci degli stagni; 2 ottobre 1885 e.9 agosto 1890. — 62. Scaphidiodon navicula Stein: Sav. K. Tav. XLII. Fig. 49. — | e dan ATA f Acqua marina del torrente Boate; 7 agosto 1890 e acque dolci degli stagni; 10 agosto 1890. — 63. Trockhilia palustris Stein: Sav. K. Tav. XLII.® Fig. 51-52. — Numerose nell’ acqua marina raccolta alla foce del torrente Boate e contenente vegetali; 1-6 agosto 1890. — 64. Dy- steria crassipes Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XV.° Fig. 17. — Nell’ acqua. marina. della foce del torrente Boate; 28 luglio 1890. — 65. D. lanceolata Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XV.° Fig. 9-10. — Numerose nell'acqua marina di Langano; 7 ottobre 1890. — 66. Dysteria sp.? — Acqua marina della foce del torrente Boate; 6 agosto 1890. — 67. Iduna sulcata Clap. e Lach. Sav. K. op. cit. Tav. XLIII.* Fig. 25. — Acqua marina (Langano); 10 ottobre 1890. — 68. Cypridium spini- gerum Clap. e Lach. Sav. K. op. cit. Tav. XLIII.® Fig. 84. — Acqua marina (Langano); 10 ottobre 1890. Trichostomata. 69. Glaucoma scintillans Ehrb. Inf. p. 335. Tav. XXXVI.a Fig. 5. "— Acqua dolce degli stagni; 10 agosto 1885. — 70. Paramecium aurelia Ehrb. op. cit. pag. 8350. Tav. VIII Fig. 5-6 — Numerosissimi nel- l’acqua dolce degli stagni; 1 ottobre 1890. — 71. P. ovale Clap e Lach. op cit. Tav. XIV.: Fig. 1. Vol. V. — Acque dolci degli stagni; 8 set- tembre 1890. — 72. P. glaucum Clap. e Lach. op. cit Vol. V. Tav. XIII.® Fig. 5. — Acque dolci degli stagni; 3 ottobre 1890. — 73. Paramecium sp.? — Numerosissimi nell'acqua dolce degli stagni; 4 settembre 1890. — 74. Urocentrum turbo Mill. Sav. K. op. cit. Tav. XXXIII.3 Fig. 8-9. — Acqua dolce degli stagni; 12, 15 e 27 settembre 1890. — 75. Lembadion bullinum Perty; Sav. K. Tav. XXVII.® Fig. 54. — Acque dolci degli stagni; 12 settembre 1890. — 76. Pleuronema chrysalis Perty : Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XIV. Fig. 8. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 15 agosto 1890. — 77. Ciclidium glaucoma. Ehrb. op. cit. pag. 245 Tav. XXII.® Fig. 1. — Acqua dolce degli stagni ed acqua marina (Saline); 80 luglio 1885. — 78. 0. elongatum Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XIV.* Fig. 5. — Acqua marina della foce del tor- rente Boate; 20 luglio 1890. — 79. Isotricha microstomum Clap. e Lach. Sav. K. Tav. XXVI.* Fig. 38. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 12 agosto 1885. — 80. Bursaria decora Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XIII.* Fig. 1. — Acque dolci degli stagni; 9 agosto 1890. — 81. Stentor polimorphus Mull. Sav. K. Tav. XXX.? Fig. 14. — Acque dolci degli stagni; 25 settembre 1890. — 82. S. viridis (Varietà). — Acqua dolce degli stagni; 25 settembre 1890. — 83. Freja elegans Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. IX.* Fig. 8-9. — Acqua dolce degli stagni rac- colta il 25 luglio e osservata il 26 ottobre 1885. — 84. Gyrocoris orxyura Stein; Sav. K. op. cit. Tav. XXXIJI.' Fig. 1. — Acqua dolce degli stagni; 14 ottobre 1890. — 85. Strombidium turbo Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XIII.* Fig. 7. — Acqua dolce degli stagni; 29 settenibre 1890. — ci 146 86. Strombidium sp ? -- Acqua marina della foce del torrente Boate; 10 agosto 1890. — 87. Halteria grandinella Duj. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. XIIIL* Fig. 8. — Acqua dolce degli stagni; 15 settembre 1890. — 88. Oxytricha crassa Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. VI.è Fig. 7. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 5 agosto 1890. — 89..0. pellionella Mùll. Sav. K. op. cit. Tav. XLV.® Fig. 5. — Acqua marina della foce del torrente Boate; 22 settembre 1885. — 90. Oxytricha sp.? — Acqua dolce degli stagni; 23 settembre 1890. — 91. Schizosiphon so- cialis Gruber: Sav. K. op. cit. Tav. XLIV.®* Fig. 5. -- Acque dolci de- gli stagni; 9 settembre 1890. — 92. Holostica rubra Ehr. Sav. K. Tav. XLIII.a Fig. 17. — Acqua marina della foce del torrente Boate conte- nente vegetali; 27 luglio 1885. — 93. Amphisia gibba Mull. Sav. K. op. cit. Tav. XLIII.* Fig. 15-17. -- Numerosissime nell’acqua marina della foce del torrente Boate; 18 agosto 1890. — 94. A. crassa Clap. e Lach. Sav. K. Tav. XLIV.* Fig 16. — Acqua marina della foce del torrente Boate e della spiaggia delle Saline; 7 agosto 1890. — 95. Stylonichia pu- stulata Ehrb. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. VI.? Fig. 3. — Fre- quentissima nelle acque dolci degli stagni, 14 settembre 1890: nel- l’acqua marina di Langano, 9 ottobre 1890: e fra i detriti di vegetali di acqua marina raccolta nella spiaggia delle Saline, 6 settembre (885. — 96. S. mytilus Ehrb. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. VI? Fig. 1. . Osservata come sopra. — 97. Opisthotrica parallela Engelm. Sav. K. op. cit. Tav. XLIII. Fig. 35-36. — Acque dolci degli stagni; 14 ottobre — 1890. — 98. Histrio Steinii Mill. Sav. K. op. cit. Tav. XLV.* Fig. 13 — ll protoplasma contiene granulazioni verdastre: acqua dolce degli stagni; 12 ottobre e î5 settembre 1890 — 99. Stilocoma oviformis Griber Tav. X.a Fig. 51: acqua marina del pennello del porto; 18 agosto 1885. — 100. Euplotes charon Miill. Sav. K. op. cit. Tav. XLIV.® Fig. 28. -- Frequentissimo nell’ acqua marina della foce del torrente Boate conte- nente vegetali staccati dalle palafitte; 6-28 agosto e 2 settembre 1890. — 101. E. patella Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XLIV.* Fig. 23-24. — Acque dolci degli stagni; 26 settembre 1890. — 102. E. harpa Stein: Sav. K. op. cit. Tav: XLIV.® Fig. 22. — Acqua marina di Langano; 7 ottobre 1890. — 103. Uronychia transfuga Muùll. Sav. K. op. cit. Tav XLV.* Fig. 84. — Moti velocissimi e lunghi periodi di immobilità: acqua marina di' Langano ; 7 ottobre 1890. — 104. Plesconia balteata Duj. op. cit. p. 437. Tav. X.* Fig. 11. — Acqua marina del Pennello contenente vegetali ra- schiati dalle palafitte del torrente Boate; 11 ottobre 1885. — 105. P. ci- thara Duj. op. cit pag 437. Tav. X.* Fig. 6. — Come precedente. — 106. P. crassa Duj. op. cit. Tav. X.* Fig. 10. — Come precedente. — 107. P. longiremis Duj. op. cit. pag. 442. Tav. X.* Fig. 9. — Come pre- cedente. — 108, P. patella Duj. op. cit. Tav. VIII.* Fig. 1. —- Fra i detriti di vegetali dell’ acqua marina della spiaggia delle Saline; 18 agosto 1885. — 109. P. vannus Duj. op. cit. pag. 436. Tav. X.® Fig. 10. — Come precedente. — 110. Salpina brevispina Duj. Tav. XVIL* Fig. 1 147 a e b. — Acqua dolce degli stagni osservata dopo cinquanta giorni «da che era stata raccolta; 29 settembre 1885. — 111. Styloplotes appen- dicularis Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XLIV.* Fig. 30-81. — Acqua ma- rina di Langano; 7 ottobre 1890. — 112. Aspidisca costata Duj. Sav. K. op. cit. Tav. XLV.° Fig. 27. — Acqua dolce degli stagni (15 agosto 1885) | e acqua marina della foce del torrente Boate (22 luglio 1890). — 113. 4. cicada Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. VII.' Fig. 13-15. — Acqua dolce degli stagni (22 settembre 1890): osservata anche a Genova dal Prof. Parona. — 114. Gerda glans. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V Tav. II.° Fig. 5-7. — Acque dolci degli stagni, 17 settembre 1890. — 115. Vorticella. — Numerosissime vorticelle liberamente vaganti nelle acque . dolci degli stagni e nelle acque marine della foce del torrente Boate. — 116 Carchesium epistylidis. Clap. e Lach. op. cit. Tav. I.° Fig. 1. Vol. V. Colonia. -- Frequentissima nell’ acqua marina contenente ve- getali raschiati dalle palafitte del torrente Boate (1-5 agosto 1890). — 117. Zoothamnium simplex. Sav. K. op. cit. Tav. XXXVI.® Fig. 17. Co- lonia. — Numerosissime tra i vegetali staccati dalle palafitte del tor- rente Boate: acqua marina; 6 settembre 1890. — 118. Z. alternans. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. II.° Fig. 1. Colonia. — Frequen- tissima tra i vegetali raschiati dalle palafitte del torrente Boate; 25-30 luglio 1890. — 119. Vorticella alba From. Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV.® Fig. 33. — Loc. come sopra; 8-12 agosto 1890. — 120. V. aperta Sav. K. op. cit. Tav. XLIX.* Fig. 17. — Località come sopra; 20-29 agosto 1890. — 121. V. campanula Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV.® Fig. 34. — Quantità innumerevole nelle acque dolci degli stagni; 8 agosto e 5 settembre 1890. — 122. V. citrina Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XLIX.® Fig 18. — Numerosissime nell’ acqua marina del torrente Boate con- tenente vegetali raschiati dalle palafitte; 4 agosto 1890. — 123. V. cras- sicaulis Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV * Fig. 25. — Località come sopra; 4 agosto 1890. — 124. V. cratera Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV.* Fig. 22. — Località come sopra; 7 settembre 1890. — 125. V. dubia From. Sav. K. op cit. Tav. XLIX.° Fig 4. — Località come sopra; 2 settembre 1890. — 126. V. fasciculata Mill. Sav. K. op. cit. Tav. XLIX.* Fig. <0. — In grande quantità nell’ acqua dolce degli stagni; 28 settembre 1890. — 127. Vort. longifilum. Sav. K. op. cit. Tav. XLIX.* Fig. 10. — Fre- quentissime tra i vegetali raschiati dalle palafitte del torrente Boate: acqua marina; 1-10 agosto 1890. — 128. V. infusionum Duj. op. cit. Tav. XVI.° Fig. 5. — Nell’acqua marina di Langano, Pennello, e foce del torrente Boate; 5 ottobre 1885. — 129. V. microstoma Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XXXV.? Fig. 9-24. — Nell’ acqua dolce degli stagni; 15 ottobre 1890. — 180. V. monilata. Tatem, Butschli, 1. cit. Tav. LXXIII.® Fig. 10. — Nelle acque dolci degli stagni; 15 ottobre 1890. — 131. V. nebulifera Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV. Fig. 20. — Nell’acqua marina contenente vegetali raschiati dalle palafitte del torrente Boate. — Numerosissime; 2-8 settembre 1890. — 182. V. patellina Sav. K. op. » ” ad AA CA ui” Laghi: VO I RN 148 cit, Tav. XXXV.® Fig. 26. — Località come sopra; 3-10 agosto 1890. — 133. Vorticella sp.? — Nell’acqua marina della spiaggia delle Saline ; 80 agosto 1890. — 134. Epistylis anastatica Linn. Sav. K. Tav. XXXVIII." Fig. 19-22. Colonia. — Innumerevole quantità nell'acqua marina della foce del torrente Boate contenente vegetali raschiati dalle palafitte; 28-30 luglio 1890. — 135. Epistylis coarctata Clap. e Lach. op. cit: Vol. V. Tav. I.° Fig. 8. — Nelle acque dolci degli stagni; 7 agosto 1890. — 136. E. invaginata Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. I.° Fig. 0-7. — Acque dolci degli stagni; 15 settembre 1890. — 137. E. leucoa Ehrb. Sav. K. Tav. XXXIX.® Fig. 4. — Numerosissime nell’ acqua marina della foce del torrente Boate contenente vegetali raschiati dalle palafitte; 6 settembre 1890. — 188. E. brevipes. Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. II.° Fig. 9. —- Forma molto somigliante alla fig. cit. Località come so- pra; 2 agosto 1890. — 139. Epistylis sp ? — Sono varii individui riuniti in colonia; alcuni dei quali ben presto si staccano per farsi liberi. Nell’ acqua dolce degli stagni; 28 settembre 1890. — 4140. Ehabdostyla ringens From. Sav. K. op. cit. Tav. XXXIV.® Fig. A. — Fra i vegetali raschiati dalle palafitte del torrente Boate; 3 settembre 1890. — 141. R. arenicola Fabre-Dom. 1. cit. Tav. X.° Fig. 36. — Località come sopra; 28 luglio 1890. — 142. Ophrydium Eichhornii Ehrb. Sav. K. op. cit. Tav. XLI.° Fig. 13. — Località come sopra; 25 agosto e 5 settembre 1890. —. 143. Cothurnia compressa Clap. e Lach. op. cit. Vol. V. Tav. IIIa Fig. 2-3. — Nell’acqua marina della foce del torrente Boate contenente ve- getali; 26 agosto 1890. — 4144. Thuricola operculata Gruber: Sav. K. op. cit. Tav. XL.® Fig. 13. — In grandissima quantità tra i vegetali stac- cati dalle palafitte del torrente Boate; 20-30 agosto 1890. — 145. 7. val- vata Wrigt, Sav. K. op. cit. Tav. XL.3 Fig. 4. — Acqua marina di Lan- gano e della foce del torrente Boate; 6-8 agosto 1890. — 146. Pixicola.... sp.? Gruber: Sav. K. op. cit. Tav. XL.® Fig. 80 — Acqua marina di Langano; 10 ottobre 1890. -—- 147. Folliculina ampulla Mùl. Sav. K. op. cit. Tav. XXIX.a Fig. 28 -- Acqua marina del torrente Boate conte- nente vegetali raschiati dalle palafitte; 25 luglio e 3 settembre 1890. — 148. Vaginicola ovata Duj. Ehr. op. cit. pag. 296 Tav. XXX.a Fig. 6. — Acque dolci degli stagni; 1 settembre 1890: osservata anche a Genova dal Prof. Parona. Sottoclasse Suetoria. 149. Sphaerophrya magna Maupas, Sav. K. op. cit. Tav. XLVIIL.® Fig. 6. — Frequentissima nelle alghe raschiate dalle palafitte della spiag- ‘4 gia delle saline; 5-10. settembre 1890. — 4150. $S. wurostilae Maupas: | Sav. K. op. cit. Tav. XLVI.a Fig. 3-5. — Acqua dolce degli stagni; 14 . ottobre 1890. — 151. Podophrya fica. Ehrb. Inf. pag. 806. Tav. XXXI.a Fig. 10. — Frequentissima nell’acqua marina della spiaggia delle Sa- line; 30 luglio 1885. — 452. P. mollis Sav. K. op. cit. Tav. XLVIa Fig. 53. — Nell’acqua marina della foce del torrente Boate; 25 luglio i 1390. — 453. Pophrya sp.? Nuova varietà? — È perfettamente uguale l w : : 449 alla precedente nell’estremità superiore: ma il peduncolo invece di es- sere lungo e filiforme ha dimensioni di gran lunga maggiori ed è molto più breve. Nell’ acqua marina della foce del torrente Boate; 1 agosto 1890. — 4154. P. limbata Maupas (Contrib. a 1’ étude des Acinet. Tav.” XX.a Fig. 8). Differisce da quella del Maupas nel peduncolo che è bre- vissimo e nei succhiatoj che sono numerosissimi. È forse una nuova forma: frequente tra le alghe tolte dalle palafitte della spiaggia delle saline; 5-10 settembre 1890. — 155. Acineta. — Numerose larve di aci- nete. Maupas, op. cit. Tav. XIX.2 Fig. 15, 16 e 17. Nell’acqua marina della foce del torrente Boate; 27 luglio 1890. — 156. Acineta Livadiana Mer.; Sav. K. op. cit. Tav. XLVIII.* Fig. 42. — Frequentissima nelle alghe tolte dalle palafitte della spiaggirv delle saline. Presenta molte varietà nella lunghezza dei succhiatoj : 5-10 settembre 1890. — 157. Ophry- odendron abietinum Clap. e Lach. op. cit. Vol. VII. Tav. V. Fig. 8. Non vidi l’appendice caratteristica: probabilmente si riferisce ad uno stadio di sviluppo. Nell’ acqua dolce degli stagni; 7 agosto 1290. Dal Laboratorio di Zoologia dell’Università di Genova, ottobre 1890. RECENSIONI Prof. LEOPOLDO MAGGI. — Intorno aì canale cranio faringeo in alcuni ro- sicanti. (Rend. Ist. Lomb. Serie II a, vol. XXIII, fasc. XVII, pag. 719, con una tavola. — Seduta del 6 novembre 1890. — Milano). L'Autore dopo aver riconosciuto il canale cranio-faringeo nel coniglio (Le- pus cuniculus) e nella Lepre (Zepus timidus), come venne indicato dal prof. Romiti di Pisa, vi aggiunge alcune particolarità anatomiche, che sì riferi- | scono alla costanza del canale, alla sua lunghezza, al numero dei fori di sua apertura (ori pituitari) sulla faccia inferiore del basisfenoide, alla forma e dimensioni di questi fori tanto unici che doppi, alla disposizione dei fori doppi, e alla posizione sia degli unici che dei doppi sulla faccia inferiore del basisfenoide; ed in seguito ad alcune sue considerazioni ritiene il doppio foro pituitario, una formazione secondaria all’unico foro pituitario primitivo. Egli poi ha trovato il canale cranio-faringeo nella Cavia (Cavia cobayo), e passa a descriverlo ne’ suoi particolari presentati da individni neonati, gio- vani, adulti e vecchi. i Inoltre accenna al fatto importante della coesistenza del canale cranio fa- ringeo colla fossetta faringea nel coniglio e nella cavia, coesistenza finora da nessuno indicata Ma essendo anche la presenza della fossetta furingea nei conigli é nelle cavie un fatto nuovo, dirà di essa in un’ altra occasione. Tuttavia, quanto l’Autore espose intorno al canale cranio faringeo nei suac- cennati rosicanti, vale a confermargli il suo concetto, già pubblicamente espresso, e cioè che negli animali, come nell'uomo, osservando un gran nu- mero di individui appartenenti alla medesima specie, si possono incontrare molte e diverse varietà anatomiche, le quali più che per la sola antropogenia, | concorrono come documenti per la filogenia di tutti gli animali, e, nel caso speciale preesposto, di tutti i mammiferi. PO RIVE TSO Co hi ® Aa 1500 ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica -- Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. (Continuazione vedi n. 3, settembre 1890). 303. LENZI. — Due casi di ciste di echinococco nella parotide e nella ghian- dola mammaria. — Lo Sperimentale, anno XXXIX, tom. 55, pag. 49-55. — 1885. 304. Levi. — Della frequenza della Z@eria per l’uso medico della carne di manzo crudo e proposta di sostituirvi quella dei polli domestici. Giorn. Ve- neto di sc. mediche I. pag. 169. — 1874. 805. LiBeRALI P: — Della trichina spirale. — Cenni. — Adunanza Ateneo. di Treviso; marzo, 1886; in 8.°; 5 pag. — Tréviso, 1866. 306. LICETUS. — De spontan. Vermium ortu. — Vicent., 1618. 307. Licci Vincenzo. — Su di una apertura nell’ombelico dalla quale sono usciti 56 lombrici. — Ann. Univ. di Medicina; Vol. LXKXXVII; pag. 567-068. — 1838. i 808. LicopoLI G. — Sopra alcuni tubercoli radicellari contenenti Anguillole. . — Rendic. 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Bizzoni. 7 8; rpliyyprs vparsugy=VIULY ) ha Ba ; i % è i Y ina a 4 LO l'A c * ò: C) È - " 1% i LR e CRI rari: veli \iccetiinet dì. ® n) F, a a «i -& : - * ei Rane [9 x S ù PI0S4=Ioerrhe suli Vi la a] ' US na % a Pa xi RI Ra 5 A ninni nina SERVE ARI RP STRANE RR vqplijy j/708 Vprrsbigf = FIGLI CITI ALGNT == el ——_m__rrr—_——__ @6É@6 =_= -_- —_ — — ” ” TE TR 0, e È SÒ A et e rg va VPI) FR eta Tap rene CE priora» ap de dk da —_——_ re "WES! TATE TI ZARE MEETS 711 bili sapa > PAGE A (pet? } #9 de È » Le pe aini x i 9 (e È Loi n . : “ Ù) ni De si Pra, L . "% - - hd ì x n È è DI IS mr n 2 PRICE BETIS /IPPEARTO È SO Ri ZII . ni à = % Ù ' Î . PEA Î —s i > È " | I U Il . _- | $ i ‘ : è ‘. . è uo x » n ì Pe Td 4 - i aiuta LU I si 34 FILIERA IAA AIA DI Miscosp. Pesci. mar. Boll, Scient Pacia -Anno XILN° 4 Ù I i T Lo SA do 0a (9A |P UTI . LOS fee a % x & ‘ RES A FAI ; ACLI ) CIS — 4 a di i 4 # ia”. ei”, Ù ves Lit. Bruni - Pavia R die . Fasc. I. - Zoja: Sulla permanenza della glandola timo nei fani- Mira negli adolescènti (Nota II°). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini ri- “ardanti i Protisti cholerigeni. - Bonardi: Sulle Diatomee del lago d'Orta. - aggi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- tum tenue Ehr. osservate da Warming. — Pellacani: Sulla resistenza dei ve- ini alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — Notizie: Girard: (Analisi ‘una nota del Sig. Hommel di Zurigo sul -cholera). — Comunicazioni: Cuneo. into della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. Fasc. II. - Zoja: Di un’ apertura insolita del setto nasale cartilagineo. (Co- È, ‘micazione preventiva). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini risguardanti . îrotisti cholerigeni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie coloranti -ilo studio fisiologico ed istologico degli infusorii. - Maggi: Per l’analisi mi- Jscopica delle acque. - Canna: Notizie ùniversitarie. Fasc. III. e IV. — Zoja: Sopra il foro ottico doppio. — Maggi: Saggio di una ‘ssificazione protistologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). itaneo : Sulla struttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven- colo ‘muscolare degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). —- Zoja: Un cen- iario m:morabile per la scuola anatomica di Pavia. (Prelezione al corso di Anato- ‘a umana per l’anno scolastico 1885-86. (Transunto),- Maggi: Settimo programma Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno 33-84. — Cattaneo: Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. ‘Rivista). — Maggi: 2) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia de ci -- c) la priorità della DaGLOriorerapia (Transunti). — Notizie universitarie. uncio. pati MO VII. — Fasc.I, - Zoja: Altri casi di foro ottico doppio. — Cattaneo: Strut- : sviluppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). - Stefa- Nevrite micotica nella lebbra. — Sormani: Contribuzione agli studj sulla naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- gica. — {Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione degli ati di un dato microbio. — Idem : Sull’ attenuazione dei virus, e sui virus «at o vaccini. — Notizie universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze R. Università di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. Hasc. II. — Zoja: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- ;ni sull’ anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo- ana dei medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu= : Ricerche intorno alla fina anatomia dell’encefalo dei Teleostei. (Nota pre- dat — Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pigmentali nelle larve | il’Axolotl. - Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- itinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle forme degli énfinita- piccoli, senza microscopio e senza disegni - (Rivista). — Varigny: Microbi >geni e immunità. asc. (II. e IV. — De-Giovanni: Uno sguardo alla Bacteriologia. (Prelezione). Zoja: Note antropometriche {1.° Statura e tesa). —- Cattaneo: Ulteriori ricerche sulla struttura delle glandole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Maggi: smi di Protistologia medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’Uni- rsità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. — Cattaneo: Sul gnificato fisiologico delle glandole da me trovate nello stomaco del'o storione i sul valore morfologico delle loro cellule. — Maggi: Protisti e alcaloidi (Sunto). (Rivista). Stokvis: Sull’azione chimica dei microbj. — Parona: Intorno agli .èments de zoologie médicale et agricole di Railliet. - Notizie universitarie. — ‘mbi e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE del II. volute del B07- Atino Scientifico e dei loro AUTORI, dall’anno V. al VIÎI. inclusivo. Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, Vil e VII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo separato L. 2. LIMI pat ee i fran da e ii È PAL ro ì A Meet » Ra oa ù x ta $ dI sT° er Cambi: ricevu (0) nb 1. Atti della Società dei Nat ralist odi 2. Atti della R. Accademia dei ‘Pisio-oritici . — Sien 3. Archivio di Ortopedia. — Milano, fase. 3-4, 1890. 4. Atti della Società Ligustica di scienze naturali e geogr: scicolo 1-2-3-4, 1891. do 5. Bullettino della Società veneto trentina di scienze naturali. - P 0. 6. Bullettino della” Società Entomologica italiana. - - Firenze, fa 7. Ati del Museo Civico di Storia Naturale. — Trieste, VIII. rie nuova), 1890. $ (Di 8. Bollettino farmaceutico — Milano, dal fase. De al 12 €e disp. 7° 8, 9610 SU. 7 SSA Bollettino della Società dei Naturalisti. — Napoli, serie RE vol. IV 0. 10. Bullettino Medico Cremonese - Cremona, fase. 3-4-5, 1890. (UZt: 11. Bollettino della associazione medica lombarda. -— Milano, fase. #85 © scicolo 13 al 24, 1890. Roia 12. La salute pubblica. — Perugia, dal fasc. 31 al 35, 1890. tt 13. La Clinica Veterinaria — Milano, dal fase. 8 al 12, 1890. — a: La Rassegna di Scienze Mediche. — Modena, fasc. 9 e ll 1889. e dal al 12, 1890. > de: A di Anatomia, Fisiologia e Patologia degla animali. - Pisa, è dal al 6, 1890 16. Giornale-di Veterinaria Militare: — Roma, fuso. 89-10-11, 1890. 47. Gazzetta Medica lombarda. - Milano, dal fase. 27 al 52, ‘1890. 18. Lo Spallanzani — Roma, fasc. 3 e 4.e dal 6 al 12, 1890.» 49. La Nuova Notarisia. - Padova, fasc. del 1 agosto e.26. Ante A 20. Notarisia, commentarium phycologicum. — Venezia, fasc. 19-20-2] 21. Rivista italiana di Scienze Naturali. — Siena, dal fasc. 7 al 12, l 22. Rivista italiana di Terapia ed Igiene. — Piacenza, dal fase. 7 ‘al 23. Anales de la sociedad cientifica ai ‘gentina. - - Buenos-Aires, dal 1 vembre, 1890. 24. Anales del Circulo Medico: Argentino. & Buenos-Aires, fasc. 7-9-10-1 25. Bulletin de la Société Vandoise des scîens naturelle. — Lausanne, N. 101, 26. Bulletin de la Société. Belge de microscopie, N. 8, 9, 10 e li année dl année 17° N. l e 2. —- Annales, fasc. 3° 1890. Bruxelles. | VAI 27. Bulletin de la Société. 2oologique de France. — Paris, fasc. 6-7.89, 1690, | 28. Feuille des jeunes naturalisies. - Paris, dal fasc. 237 al 242, 1890, 29. Revue internationale de bibliographie. — Paris, voi. II N. 34, "1890. È 30. Journal of. the Elisha Mitchell, SOR Society. - Chapel Hill North, rolina, vol. VI, part second, 1890. 31. Revue biologique du Nord de la France. - milolle, 20 année, N. on année N. 1-2-3, 1890. L a Teor The journal of comparative medicine ecc. — - Philadelphia, da fase. 7 0. ok 33 Smithsonian institution. - — Annual Fenonà ‘of the bureau of a 188. 4884-85. Washington, 1883. = 2i0liography 0f the Iroquoian languages. By Costantine Pilling. Washington, 1888. = Zeatile fabrics of ancient Peru. By. liam H. Holmes. Washington, 1889. = — Bibliography ‘of the Muskhogean langu By, James Costantine Pilling. Washington, l589. = The circular, square, ar tagonal carthworks 0f Ohio. By Cyrus Thomas. Washington, 1889. di: 34. Procedings of the California academy of sciences. - S. ‘Francisco, se series, vol. II, 1840. 35. Rivista generale italiana di Clinica Medica. - Pisa, dal fase. 10 all fasc. 15 al 24. fee Xuniebi ERA, Db: 1. Gazzetta medica lombarda, N. 50 e 46, 1889 e fase. 26, 1890. | 2. Giornale di Veterinaria Militare, N. 26 3, 1888. i uri de la société belge de microscopie, N. 1, di e 3, 1888 e 1, 2, 3, 4 e 8 | 4. Boletin clinico de Lerida, N. 1,6 e 7, 1889. i ut 5. Bulletin de la Société zoologique de France. — Fasc. 4.° e 9:%, 1888. 6. Feuille des jeunes naturalistes, N. 225, 1859. 7. Anales del circulo medico Argentino. - Dal Fase. 1.° al D+ 8. Revue biologique du nord de la France. — Fasc. 5.° ali 9. La nuova mnotarisia. — Fasc. di maggio 1890. 10, Rivista generale italiana di clinica medica. - Fasc. 2.°, 1889 e fase. 14, 18 ( n dr da pra sat ti MAO x MASO gle Est Rab Sg i Afp! i pt pegrerparere: Ra pron rn “E Lea Mina ( qu «Abi Ù la (90, : > dh DI n ua Ò % A nni î tari: k TA A Je @ Bi Ea pres Bovrd April 177 ERNST MAYR LIBRARY ngn 3 2044 114 280 415 tn ” en | : - PT - ta dee — a DI ie x î Pan Tee arte= -- È n en “ ic er - PrO - bai de i "e - pri - x a e Ja - ig gone = = - ing = = o ezao na - » ra dp — - sg n » % vive, a - PA “n De x Cona - î È » rev sì : era o _ pia nin Lg re x “ a ue mana mr R- Mpa re > "i = re = pe - - —_ a + PA ti egg < 4 tree gir rare img e - sei A " "% Da Li “ % bi %» . - “ uu nà in grey i nt os - - i - a° = ci h saggi <- . . 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