Fatta ee toto iste Eito rinite micio V Fo Golia it Cei Td Po Do Delo Dt 80 otto Nerone bll te Mode Te dn it Rim et a delli Pit met mt AU se, I E TO ON Batte RO iii EL ln Lilo LT Lem 0 de A ir Anto Ir re det teri toriteio dt ioni Len Reti a e Ghmblio Rd Bo Modi di Te dia to TEA Det ila iidede Fiueo attira figo dato finta, snai Meta 9 Ta dentate Mati BA HARVARD UNIVERSITY RI Tri LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology "gl Li = = N cr Deer Ta A rca » = e è ri n ie È Pr sE a Fede È ì c— ii na È i; elet pa n: si da VITARA PERE TAIANÌ Met - BOLLETTINO SCIENTIFICO REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. D’ ANATOMIA E FISIOLOGIA PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA COMPARATE UMANA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E ACHILLE DE-GIOVANNI PROF, ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Vol. IV. 1891. 92. 98. 94 PAVIA. Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni. 1894. Marzo 1891. N. 1. % IDISSLDI'IIDINNILIIONIIII SISI ù È — BOLATTNO SORNTIO È ah iL: D. po ‘ORD. D’ ANATOMIA E FISIOLOGIA. GIOVANNI ZOJA . PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA COMPARATE UMANA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA “ACHILLE DE-GIOVANNI or. ORD, di CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA bon — ss ata Un Anno 2, 8, PAVIA.. Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni. 1891. ‘ INDICE dei lavori contenuti nei fascicoli del V, VI, VII e VITI anno costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti la cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. — Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall’ Intelvi. — No- tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Fasc. II. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi te C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). — No- tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, pel Prof. A. De-Giovanni. E n25 Fasc. III. — Maggi: Ricerca di nitrati al microscopio. — Maggi: Sull’analisi microscopica dell’acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI di fontaniva del padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gli- cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — (Cattaneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’ Infusorij. Fasc. IV. — De-Giovarni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). — Zoia: Di una cisti spermatica, simulante un testi- colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). — Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli 727usorz (cont. e fine). ANNO VI. — Fasc. I. -- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu- nicazione preventiva). - Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua- zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras- siti). — Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori na- turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc. II. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene emulgenti. - Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii. — Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10.* Ulteriore comunicazione sui Prot:s77 della Sardegna). — Maggi: Sull’ importanza scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre acque. — Rivista. (Cattaneo: Sui protozoi del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. — Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale — So/co sopra- frontale (2.* comunicazione). — Maggi: Sull’influenza d’alte temperature nello svi- luppo dei Mzicrobj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di dacleri e vibrioni, in presenza d’alcune sostanze medicinali. — Maggi: Sul numero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque po- tabili e sul fempo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- ventiva). — Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenio — Svizzera — (Relazione). — Bonardi: Intorno all’influenza dell’acido fenico sui 2/7 crobj e sul loro sviluppo. ANNO VII. — Fasc. I. — Zoja: Sulla permanenza della glandola timo nei fan- ciulli e negli adolescenti (Nota II"). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini ri- guardanti i Protisti cholerigeni. — Bonardi: Sulle Diatomee del lago d’Orta. — Maggi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- rillum tenue Ehr. osservate da Warming. — Pellacani: Sulla resistenza dei ve- leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — Woz:zze: Girard: (Analisi di una nota del Sig. Hommel di Zurigo sul cholera). — Comunicazioni: Cuneo. Sunto della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. e A 72 ì n Ù Me GRA an no XII. | Bollettino Scientifico REDATTO DA LEOPOLDO ia I Marzo 1891. Na, c.; DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITA DI PADOVA. Abbonamento annuoItalia LL. S| Si pubblica in Favia Esce auattro volte all’anno. — 3 > > Estero » L©||Uorso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in ina numero separato . . > ‘al Paviadall’Editore e dai Redat- i numero arretrato -. . > & Ogninum:° è di 32 pag."\| tori. R. ZO0JA: — Alcune ricerche morfologiche e fisiologiche snll’ Hydra (con 6 Tavole), continuazione e fine. — SOFFIANTINI: Il Follicolo di Graaf al suo completo sviluppo 15 giorni dopo la nascita. — PERUGIA: Sulle Myxosporidie dei Pesci marini (con una Tav.), continuazione e fine. — Recensioni: (MAGGI: | 1.° Il canale cranio-faringeo negli Antropodi; 2.° Sopra una varietà morfo- logica delle ossa nasali e intermascellari nell’ Orango). — C. PARONA: El- . mintologia italiana, Bibliografia, Sistematica e Storia (continuazione).. ST rear che norfaagich a. fisiologiche sul ita DEL DOTTORE . RAFFAELLO ZOJA. (Continuazione e fine: vedi Numero 4, dicembre 1890). Sato O) Organi della sensibilità. — I.a Le cellule nervose dell’ Hydra. — II.* Funzione: degli organi nervosi dell’Hydra. — l. Senso generale e tattile; azione di alcuni veleni; distribuzione degli elementi nervosi. — 2. Senso termico. — 3. Gusto e > Olfatto. — 4. io — 5. Vista. — 6. Coscienza e volontà. co) ORGANI DELLA SENSIBILITÀ. I LE CELLULE NERVOSE DELL’ HYDRA. 0 icona collegata colla questione della motilità dell’Hy- dra, a della sua RIONE fu pure argomento di molti studi. 2 La teoria neuromuscolare emessa dal Kleinenberg (1), sembrò in principio decidere la questione e dare la spiegazione di tanti fatti oscuri, che fu accolta, come è noto, da molti scienziati, e posta alla base di altre ipotesi per ispiegare le condizioni del sistema nervoso in animali più complessi. Fra i molti autori, che fecero punto di partenza dalla sua teoria, il Kleinenberg (53) cita Ed. Van Beneden, Haeckel, Gegenbaur, Foster, dichiarando però che le loro costruzioni teoretiche non deb- bono attribuirsi a lui. Le obbiezioni fatte a questa teoria anda- rono accumulandosi, ma alcuni naturalisti (cito ad esempio Ha- mann (32)) dicevano di adottarla, almeno finchè non si fosse dimostrata nell’ Hydra la presenza di altri elementi, che si po- tessero chiaramente indicare come nervosi. Per il primo parlò di tali elementi il Rouget (45), che disse le idre avere un plesso nervoso formato da cellule multipolari, le quali per mezzo di prolungamenti si uniscono in un reticolo sparso su tutto il corpo alla base delle cellule ectodermiche. Egli poi vuole trovare < una analogia fra questo plesso e quello della tunica dell’inte- stino, stomaco, vasi, cuore, ecc. dei vertebrati, ma questo pa- rallelismo mi pare artificiale; nell’Hydra infatti questo plesso sarebbe la sede di ogni sensibilità, di ogni impulso volitivo, quindi anche l'analogo di ogni altra parte del sistema nervoso degli animali superiori, benchè ad uno stadio di gran lunga inferiore. La descrizione del Rouget però, tanto breve e senza indi- cazioni di metodi, non poteva portare alla persuasione della esì- stenza di quegli elementi nervosi che dovevano, secondo taluno degli stessi sostenitori della teoria del Kleinenber g, abbatterla. Una dimostrazione assai più particolareggiata e chiara fu data dal Jickeli, il quale non conosceva, a quanto pare, la breve nota del Rouget. A lui si può quindi attribuire il merito di avere descritti e dimostrati per il primo questi elementi. I criteri sui quali egli sì basa per ritenere nervose le cellule I (1) W. Marshall (18) riporta alcune parole di P. Maunoir sulla sensibilità del- l' Hydra che mi sembrano interessanti: « Il polipo consta di una unica massa ner- vosa-muscolare, Per questa ipotesi si spiegano tutti i fenomeni che il polipo ci pre- senta, e senza di essa nessuna. L'idea di una sostanza muscolo-nervosa è ardita, ma io non esito ad esporla ». dieta da lui descritte per tali nell’ Hydra, sono, come ho detto, pag. 105 sr | del Bollettino Scientifico, n.° 4, anno XII) i seguenti: l’ analogia di essi con gli elementi riconosciuti nervosi di altri idroidi, la È * fdema e l’aspetto di elementi nervosi, la reazione coll’acido osmico che, se non distintissima, pure vi è abbastanza palese, e la distribuzione di queste cellule. Se cifra di questi indizi isolati potrebbe lasciare largo campo al dubbio, pure dall’in- sieme di essi sembra abbastanza probabile la interpr etazione da- tane dal Jickeli. Le cellule gangliari dell’Hydra, come le chiama il Jickeli, È . hanno un protoplasma granuloso, con un grosso nucleo nucleolato, prolungamenti sottili, talora numerosi (fino a 7), che possono anche ramificarsi. Esse si colorano non molto intensamente con | acido osmico, e sono talora mascherate dall’abbondanza delle ne- — matocisti, e delle loro forme di sviluppo. Ad onta delle differenze che si esservano fra le cellule gangliari dell’Hydra e quelle del- l’Eudendrium, pure furono queste che guidarono il Jickeli nel suo giudizio. : | Si trovano in tutto l’ectoderma e sembrano provenire da cel- lule interstiziali, spesso stanno in palese connessione con cellule | urticanti: l’autore non potè vedere una connessione colle fibre muscolari. Questa è nell'insieme la descrizione che egli dà, cor- i; redandola di belle figure, delle quali ho riportate alcune (Tav. VI.3 È O et8), 9 Io vidi in alcune idre trattate con acido osmico e poi dilace- rate, delle cellule che nel loro aspetto ricordavano queste de- scritte dal Jickeli, ma non potei mai ottenere preparati chiari. 3 | come quello che egli dà alla figura 12 della Tav. XVII: come il Jickeli stesso dice, è difficile il potere ottenere buone pre- | parazioni per la dimostrazione delle cellule gangliari, a cagione . della quantità delle nematocisti che oscurano la visione, e per la | poco marcata colorazione delle cellule. Alcune cellule che io vidi ‘ trattando le idre con acido osmico e poi acetico, o semplicemente con acido acetico, si sarebbero dette all'aspetto decisamente ner- vose (Tav. VI. fig. 19): differivano dalle gangliari del Jickeli | perchè avevano prolungamenti notevolmente più grossi; per que- sto carattere assomigliavano assai alla cellula gangliare della Ve- si RE iaia RA CARI STMSTESE NETICI 4 lella spirans disegnata dall’Hamann alla figura 22 della Ta- vola XXVI? (32), ed a quelle disegnate dai fratelli Hertwig (63) per le attinie. Il nucleo era però assai più grande rispetto al. corpo cellulare che in esse. Questo carattere del nucleo era del resto concordante con quanto descrisse il Jickeli per le sue cel- lule gangliari; non era però nucleolato. Nè mi pare. possa qui pensarsi che i prolungamenti fossero dovuti alla azione dell’acido acetico, perchè essa era stata breve (acido acetico 0,5 Oo per un quarto d'ora) e molte cellule interstiziali vicine, che sareb- . bero state le sole alle quali una alterazione avrebbe potuto dare un aspetto simile, si mostravano assai resistenti, nè pareva ten- dessero menomamente a presentare, sotto l’azione del reagente, prolungamenti che potessero trarre in errore. Ho intraprese altre ricerche per meglio riconoscere queste cellule gangliari e la loro disposizione, ma per ora non posso aggiungere nulla alla de-: scrizione interessante che ne dà lo scopritore. Ammessa, come sembra assai probabile, la natura nervosa di questi elementi, resta ora a vedersi per quale via essi ricevano gli stimoli esterni: tanto il Rouget che il Jickeli sembrano ritenere che il cnidocilio (1) sia l’organo eccitabile da stimoli esterni; ma il Rouget, che non pone dubbio su questo argo- mento, pensa che lo stimolo sia trasmesso per mezzo del proto- plasma delle cellule ectodermiche al plesso nervoso che sta alla . loro base: sembra poi ammetta che la nematociste sia diretta- mente inclusa nel protoplasma delle cellule ectodermiche, il quale contraendosi ne determinerebbe lo scatto: il Jickeli, che esprime . con maggiore riserva la opinione che i cnidocili possano essere | organi di senso, ritiene probabile che per mezzo del protoplasma delle cellule urticanti lo stimolo sia trasmesso a quei sottili pro-. lungamenti delle cellule gangliari, che egli dice non dubbiamente connesse colle cellule urticanti. Certo questa seconda opinione sembra assai più probabile, ed è anche basata su fatti più accer- tati di quelli a cui accenna il Rouget; la nematociste infatti non è, come pare ammetta questo autore, inclusa direttamente (1) Sembra che il cnidocilio sia realmente. organo tattile nella Lucernaria (Ko- rotneff (44) e Joh. Chatin :(64)). i soria del cnidocilio è assai difficile a darsi, ma le Corano di struttura descritte dal Jickeli sono ) favore voli” alla sua opi- i basa ancora il Jickeli, quando ammette che uno stimolo possa, scattata una nematociste, farne scattare altre appunto per È intermezzo delle cellule sanglari. A me però, come ho detto, tit MARZO FUNZIONI DEGLI ORGANI NERVOSI DELL’HYDRA. ù 1. Senso generale e tattile: azione di alcuni veleni: distri- | buzione degli elementi nervosi. — Non si può mettere in dubbio - la esistenza di una sensibilità generale nell’ Hydra; è facile osser- ‘vare come spesso basti la minima scossa a determinare una subita e rapida contrazione del corpo: tale fatto è assal palese nell’Hydra "viridis, la quale è tanto sensibile a queste azioni, che basta non solo prendere in mano il vaso in cui essa sta, ma talora anche toccare solo il tavolo su cui è posto l’acquario per avere una rapida contrazione. Non credo clie debba ritenersi questa azione come determinata dalla contrazione incosciente, per così dire, del 5 muscolo, per il solo fatto che uno stimolo esterno ha percossa | la fibra muscolare, senza che vi abbia parte un impulso volon- tario partente dalle cellule nervose: e questo per una osserva- zione che ho avuto campo di fare. ripetute volte. Le idre (parti- ; ‘colarmente della specie Hydra vulgaris) appena tolte dai fossati, a che sono il loro habitat naturale, o da acquari, ove non siano i disturbate, sono assai sensibili ad urti o a scosse: quelle invece, | che si tengono in vasi per esperienze, e spesso sono rimutate @ acqua, toccate e ritoccate, assai di frequente possono anche i essere staccate dal vaso ove stanno, ed attratte in una cannuccia di vetro, mostrando una contrazione debole o nulla. Questo mi È pare che possa dinotare che l’urto, lo stimolo anormale portato | all'organo nervoso, produce nell’animale il tentativo di sottrar- - 6 visi, direi quasi volontariamente, mentre, divenuto quasi abituale, e, mi si passi l’espressione, riconosciuto non dannoso, viene tol- lerato senza tentativi di fuga. Una tale adattazione mi pare più difficile ad ammettersi per l’azione dello stimolo sul muscolo che per l’impulso volontario partente da organi nervosi. Nè sì po- ‘trebbe qui dire che per le successive contrazioni i muscoli siano tanto stanchi da essere incapaci di una contrazione ulteriore, | perchè le idre che presentano questi fatti sono spesso mobilissime spontaneamente, ed il non contrarsi toccate anche rudemente avviene pure dopo giornate intere di riposo. Questo fatto si osserva anche nell’Hydra viridis, e dall’essere essa più sensibile acquista maggiore importanza. Alla corrente elettrica, come ho già detto, le idre mostrano una notevole sensibilità; la questione se la contrazione susseguente alla chiusura del circuito si debba ritenere una azione determi- nata sul muscolo stesso dalla corrente elettrica o una azione che parta dalle cellule gangliari, eccitate esse stesse dalla corrente, o se ambedue queste cause possano contribuirvi, si potrà forse decidere per mezzo dell’avvelenamento con curaro. Tentai questa esperienza usando il curaro nelle proporzioni suggerite dal Ro- manes (65) per le meduse, cioè in soluzione da 1 a 2500. Forse per la qualità non buona del veleno, non mi fu possibile avere ì risultati desiderati; ho però in animo di ripetere queste espe- rienze estendendole ad altre sostanze. : Fino ad ora esperimentai con successo solo il cloroformio e l'etere. Col cloroformio vidi che le idre, poste in una goccia d'acqua su un vetrino porta oggetti e sotto una campanella, ove sia pure una capsuletta con cloroformio, lasciatevi per 10 minuti, muoiono in uno stato di semiestensione per diffluenza del proto- plasma. In principio si vedono contrarsi o distendersi alquanto, e . Spesso torcersi e piegarsi fortemente. Lasciatevi per un.tempo minore o posta una piccola goccia di cloroformio in contatto col- l’acqua sul vetrino, avendo cura che 1’ Hydra non ne sia toccata, questa non di rado in un minuto o poco più resta ad uno stato di media estensione, e talora anche tagliata non si contrae. Una Hydra viridis in queste condizioni fu tagliata trasversalmente per una metà della sua larghezza, non si contrasse, e le labbra j ù PRESEPE PARTA I IT ae 7 della ferita rimasero a lungo nette, senza che l’ectoderma o l’en- doderma si ripiegasse a coprirle. Poste dopo un’azione non molto prolungata del cloroformio in acqua pura le idre’in breve tor- «nano a muoversi e sembrano sane. I tentacoli quasi costantemente però mostrano forme di diffluenza ed estensioni irregolari. Un fatto notevole è che alla azione del. cloroformio i paras- siti, che coprono le idre (#hricodina e kerona), si staccano e ca- dono al fondo: così potei liberare alcune Hydra vulgaris, che erano letteralmente coperte di tricodine. Il sospendere anche brevemente l’azione del cloroformio basta per farle tornare vi- | vacissime.. o «Quanto all’azione dell’etere non potei osservare altro, se non che una goccia di esso, posta sul vetrino accanto all'acqua dove sta l’Hydra, in pochi secondi la fa morire in uno stato di semi- estensione. Non ho ancora trovato il modo di far sì che l’azione dell'etere sia tale, che l’Hydra vi possa sopravvivere. Come ho detto però queste esperienze devono essere confermate e ripe- . tute anche per altri veleni che abbiano azione sul sistema ner- voso, in modo che si possano confrontare gli effetti da essi pro- dotti sull’Hydra con quelli noti determinati su altri, organismi. Se il Romanes (65) a ragione ritiene che raffronti di questo genere fra gli organismi superiori e le meduse (che nel tempo in cui egli scriveva erano gli infimi animali nei quali si fossero trovati elementi nervosi) siano utilissimi, credo che l’importanza ne sia ancora cresciuta per l’Hydra la quale ha una complica» zione notevolmente inferiore alle meduse e nella quale gli or- |‘’ganinervosi presentano un carattere particolare interessantissimo. Mentre nelle meduse, secondo le belle osservazioni del Roma- nes e dell’Eimer (vedi Romanes (65)) vi sono centri nervosi, o centri di spontaneità, questo fatto non esiste nelle idre, dove per quanto riguarda la distribuzione degli elementi nervosi anche dalla scoperta del Jickeli non viene mutata la opinione, che si aveva in base alla teoria neuromuscolare, cioè che essi fossero dispersi per tutto l’ectoderma, senza essere esclusivamente rag- | gruppati in alcun centro. Questo è già dimostrato dal fatto notissimo, che anche pezzetti assai piccoli di qualunque parte del corpo dell’Hydra si muovono 8 e reagiscono agli stimoli. Questo fatto si osserva assai bene nel tentacoli anche quando essi non riproducono l’animale intero: tagliati tentacoli di Hydra grisea, essi dopo la sezione si disten- dono assai e hasta poi una debolissima scossa impressa all'acqua in cui stanno per determinare una forte contrazione: vidi durare questa possibilità di reazione agli stimoli, in tentacoli tagliati, per ‘un paio di giorni. Per rispetto alla distribuzione della sensibilità sul corpo del- l’Hydra, richiamo le esperienze fatte colla corrente elettrica già citate a pagina 18 e seguenti del Bollettino Scientifico, n.° 4, anno XII. Da quelle esperienze risultava una contrattilità fino ad un certo punto indipendente dal corpo, dei tentacoli e delle gemme: se sulla contrazione, che si produce alla chiusura del circuito, ha influenza la sensibilità, le citate esperienze sembra possano accennare ad una sensibilità diffusa ed indipendente delle varie parti costituenti il corpo dell’Hydra. Conferma questa in- . dipendenza un fatto che si può facilmente verificare. E noto che, tagliato in due il corpo di un’Hydra, esso si contrae fortemente, poi si distende: orbene, quando si tagli un tentacolo di una Hydra grisea estesa e sana con forbici affilate, in modo che non si producano strappi, si vede contrarsi il solo tentacolo tagliato, mentre l’Hydra madre e gli altri tentacoli rimangono distesi senza mostrare minimamente di avere risentito qualche effetto dalla sezione. Questa esperienza si può fare facilmente quando un'Hydra è attaccata alla parete di un vaso, non lontana dalla superficie, ed è ben distesa: occorre però evitare per quanto è possibile ogni scuotimento del vaso. Resta ora a notare un fatto, che, benchè non conduca alla persuasione che esista un vero e proprio centro nervoso nel- l’Hydra, pare accenni ad un principio di sua formazione. Ho potuto osservare più volte (vedi Bollettino Scientifico, n.° 4, anno XII, pag. 119, N. II.) nella Hydra vulgaris, la quale ha un peduncolo ben distinto, che, posti i due elettrodi su di esso, la < . contrazione è più debole e meno rapida di quando gli elettrodi. sono applicati sulla parte superiore del corpo, non solo, ma che questa si contrae prima. Un altro fatto, che sembra concordare con questo, osservai nell’Hydra viridis, la più sensibile delle. dn ranieri 9 tre speci: tagliata un’Hydra viridis per traverso è facile vedere che, quando tutte e due le metà sono estese, ciò che avviene brevi istanti dopo la sezione, al menomo tocco la metà orale si contrae (prese le idre da acquari ove non siano state disturbate), mentre spesso occorrono stimoli assai più forti per avere la contrazione della metà posteriore, e talora anche ad onta di compressioni esercitate ad una delle sue estremità essa resta distesa. Le fibre muscolari si riconoscono ugualmente diffuse su tutto il corpo, sembra quindi che la diversità di comportarsi delle due metà del corpo si debba piuttosto attribuire alla distri- buzione delle cellule gangliari e che queste abbiano una tendenza ad accumularsi verso la parte boccale, tendenza determinata evidentemente dalla posizione centrale di essa e dalla vita di relazione più attiva che vi ha sede. Sarebbe interessante che questa supposizione, suggerita da fatti fisiologici, potesse trovare una conferma nella osservazione anatomica, come il ricercare, sia con indagini anatomiche che fisiologiche, se in altri idroidi più complessi la accennata tendenza sia più spiccata; forse dal raffronto di questi fatti si potrebbero ricavare utili cognizioni sulla influenza della vita coloniare nella distribuzione degli ele- menti nervosi degli organismi. Le cellule gangliari dell’Hydra furono fino ad ora osservate solo nell’ectoderma; è però probabile che l’entoderma o abbia anch'esso elementi nervosi propri connessi cogli entodermi o sì metta in rapporti diretti con questi. Infatti l’azione coordi- nata che sembrano avere i due sistemi di fibre nei movimenti di estensione e contrazione e quella che indubbiamente hanno nei movimenti di deglutizione e di déretournement (Trembley), mostrano che vi deve essere una connessione fra gli organi sede della spontaneità e le fibre entodermiche. Che vi possano essere elementi nervosi proprii all’entoderma degli idroidi lo prova la derivazione entodermica delle cellule gangliari e sensorie de- scritte dal Lendenfeld per le campanularie (55). Un senso tattile speciale pare si possa avere, oltrechè sui ten- .tacoli per il cercare attivamente la preda, anche nelle cellule amiboidi del disco pedale, e si manifesti quando coi loro movi- menti esse stabiliscono meglio il contatto fra la superficie ghian- dolare del piede ed il sostegno. È 10 2. Senso termico. — Già da tempo è noto che l'aumento di temperatura, entro certi limiti, accresce la motilità dell’ Hydra, la diminuzione la diminuisce, finchè la rende quasi nulla a 0°. Ciò dipende probabilmente da diminuzione di attività nelle sin- gole cellule, ed è del resto un fatto generale presentato dagli organismi. E notevolmente collegata colle condizioni termiche la proliferazione delle cellule, tanto che per una temperatura mi- nore è meno rapido lo sviluppo delle gemme e dei tentacoli; del rallentamento nella produzione di questi ultimi in seguito alla diminuzione di temperatura, si valse assai opportunamente il Jung (39), per istudiare il loro modo di presentarsi. Tali fatti non si riferiscono però ad una vera sensibilità termica. Feci alcune esperienze per avere indicazioni più precise. Tentai prima di far pervenire per mezzo di una cannuccia di vetro una corrente d’acqua di diversa temperatura in contatto di idre di- stese (delle tre speci). L'acqua in cui stavano le idre aveva una . temperatura di + 20° C.: una corrente d’acqua di + 35° O., di + 44° C., e di + 10° C., non produsse nessun effetto sensibile. Probabilmente la corrente d’acqua nel percorrere la cannuccia di vetro e nel passare attraverso all'acqua del vaso prendeva una temperatura vicina alla sua. Riscaldata invece l’acqua di una capsula a 4 40° C., od anche solo a + 85° C., e postovi sopra, sostenuto da: una reticella metallica, un vetrino da oro- logio con acqua a + 20° in cui stavano delle idre (grzsea e vulgaris) estese, vidi che appena la temperatura dell’acqua della capsula pareva si fosse comunicata a quella del vetrino, sì aveva una rapida e forte contrazione: le idre poi tornarono ad esten- dersi anche restando ad una temperatura alquanto elevata (+ 350). Lo stesso fatto avviene ponendo il vetrino con acqua a + 20° sopra un pezzo di ghiaccio; si ha una nettissima contrazione: ‘direi però che essa è un po’ meno viva che nel caso precedente: poi sì rinnova la estensione. In entrambi questi casi non si può pensare che la contrazione avvenga per lo scuotimento dell’acqua prodotto dal trasporto del (1) Sembra che una azione prolungata del freddo distrugga totalmente il movi- mento fino a produrre lo stato letargico descritto dal Koroneff (34). 414 ‘vetrino da orologio, perchè la contrazione incomincia, quando già esso è da qualche istante in quiete, quando cioè pare che’ l’acqua compresavi risenta l’effetto della temperatura circostante più elevata o più bassa. sd Provai pure a toccare il corpo di un’Hydra con una lastrina di ghiaccio: esso si contrae, ma prima si contraggono i tenta- coli, anche se fu direttamente toccato il solo corpo. Lasciata una Hydra in acqua di ghiaccio fondente, dopo la prima contrazione si ha una discreta estensione. 3. Gusto e olfatto. — E certo difficilissimo formarsi un concetto sulla esistenza di questi sensi in organismi tanto sem- plici; probabilmente le distinzioni dei sensi suggeriteci dall’ esame di animali superiori e particolarmente dell’uomo, sono qui inap- plicabili, e quelle sensazioni che si differenziano e si perfezionano di mano in mano che si sale nella serie animale, sono qui in "una condizione di indifferenza, di indistinto. Si vede talora che un’ Hydra, dopo aver mangiato qualche cosa, subito la vomita. Dobbiamo noi ritenere questo un effetto del senso del gusto? Probabilmente questa sensazione è qui ancora ad uno stato assai primitivo; forse diverse correnti osmotiche possono a seconda degli effetti che determinano sulle cellule dare all’organismo | una sensazione che DO essere il primo abbozzo di una sen- sazione gustatoria. Provai a lasciare alcuni piccoli anellidi i in una soluzione con- centrata di genziana per 24 ore, pensando ne prendessero il sa- pore. Parte di essi morirono, parte no: tanto gli uni che gli altri furono senza difficoltà mangiati da individui di Hydra grisea. Bisognerebbe sapere quale differenza può passare fra la sensa- . zione gustatoria (ammesso che vi sia), che desta in essi la gen- ziana, e quella che vi desta la loro preda abituale. Nel caso esistessero nell’Hydra delle sensazioni gustatorie, la loro sede sarebbe evidentemente nell’entoderma. Il Chatin (64) dice che vi sono sensazioni olfattorie negli acalefi. Non v'è alcun dato per cui si possa ritenere che esi- stano anche nell’Hydra. 4. Udito. — Neppure di questo senso pare si possa ricono- | scere la presenza nell’Hydra; provai a produrre presso un vaso 12 dove stavano delle idre estese (grisea e viridis) dei forti suoni: alcuni acutissimi con uno zuffolo, altri bassi (4* corda di violino). Non osservai nessuna contrazione nè estensione in rapporto coi suoni prodotti. Forse le vibrazioni sonore non sono risentite dal- l’ Hydra che come sensazione tattile. 5. Vista. — Essendo l’Hydra un animale generalmente fisso, non sì può avere per essa di questo senso una dimostra- zione così chiara, quale potè ottenere il Romanes (65) per le meduse, che egli faceva seguire il fascio di raggi proiettato da una lanterna cieca. Bisogna operare più lentamente; a questo riguardo è assai interessante la esperienza ideata dal Trembley. Egli vide, cosa facilissima a controllarsi, che le idre in un vaso tendono in grande maggioranza a portarsi verso la parte più illuminata. Inchiuse il vaso in un cilindro di cartone che gli era strettamente aderente, e che aveva una finestra: vide le idre concorrere in essa: pensando che potesse essere il calore che ve le attirava, l’ingegnoso osservatore raffreddò la parte illuminata, ma sempre vide concorrervi le idre. Egli espresse il dubbio che ciò fosse determinato dalla maggiore facilità di trovare la preda nel luogo più illuminato. Ad ogni modo si ha sempre la dimo- strazione che l’Hydra ha la possibilità di riconoscere un luogo illuminato da un altro che non lo sia. Vidi che le idre di notte stanno spesso distese, anche in estensione forzata: talune sono contratte, in modo che non sì. può riconoscere una differenza da ciò che avviene di giorno. Una luce viva, che improvvisamente colpisca le idre estese (os- servai l’Hydra grisea e la viridis) non lascia scorgere alcun effetto su di esse. Impiegai a quest’uopo la luce del magnesio, illuminando con esso repentinamente un vaso in cuì stavano delle idre, e che era da parecchie ore tenuto perfettamente al buio. Le idre, che erano contratte o distese, rimasero nella stessa condizione. Ciò non vuol dire però che esse non abbiano avuto una sensazione luminosa. Non è improbabile che una sensibilità alla luce esista nelle idre le quali sono quasi costantemente pigmentate (1); ciò tanto (1) Le masse pigmentari non sono esclusive dell’entoderma; si osservano talora anche granulazioni pigmentari ectodermiche: l’ectoderma poi di tutti gli esemplari di Hydra vulgaris che ho osservato, specialmente al cono boccale e più ancora al piede, era nettamente coiorato in arancio. e e n na. 13 più se si considera che, di tutte le idre, quelle che più viva- mente si vede ricercare la luce è l’ Hydra viridis, che è pur la più pigmentata (essa è però anche la più attiva). La visione in questo organismo avverrebbe naturalmente. per organi fotoscopici e non ideoscopici. L'organo fotoscopico in questo caso potrebbe essere costituito dalla massa pigmentale e dal pro- toplasma che le è in contatto. È naturale che il protoplasma in contatto col pigmento si troverà in condizioni diverse quando questo sarà illuminato, di quando non lo sarà; ora, se si am- mette che il protoplasma abbia la proprietà di risentire la diffe- renza di tali condizioni, si può avere il principio di un organo visivo fotoscopico molto semplice e molto imperfetto, ma pur sempre tale da dare una sensazione della luce. 6. Coscienza e volontà dell’Hydra. — Spesso nell'ultimo capitolo ho parlato di volontà e spontaneità dell’ Hydra. Lasciando gli antichi osservatori, dirò che il Foster (52), trattando della teoria neuromuscolare, dice che l’Hydra ha una volontà sua propria, e il Jickeli ritiene soggetto in certo modo alla volontà dell’animale lo scatto dei nematocisti. Il Greef considera poi volontari i movimenti alternati di contrazione ed estensione nella Protohydra. Per quanto io conosco, nessuno ha però mai cer- ‘cato di stabilire se esistano nell’Hydra manifestazioni decisamente volontarie. i Dicendo della sensibilità dell’Hydra, ho tralasciato pensata- mente di citare un fatto, perchè mi pare che esso possa guidare appunto alla persuasione della esistenza di volontà in questo or- ‘ganismo.. Quando un’Hydra viene messa su di un vetrino in una goccia d’acqua, ed in questa viene posto qualche piccolo crostaceo, dice il Marshall (18) che essa agita le braccia e protende il cono boccale, come cercando la preda, che evidentemente l’Hydra ‘sente alle leggiere vibrazioni impresse da essa all'acqua. Ho potuto io pure osservare assai spesso fatti analoghi: in una Hydra grisea poi molto distintamente. Essa era attaccata alla parete di una provetta a breve distanza dal fondo, e stava ri- . volta all’insù. Posi nella provetta alcune cypris che caddero al fondo; nessuna aveva toccati i tentacoli dell’Hydra. Giunte sul 14 fondo le cypris si diedero a muoversi rapidamente: tosto l’ Hydra, che non era stata toccata da nessuna di esse, si piegò abbastanza rapidamente in basso e distese i suoi tentacoli sul fondo come per cercare i crostacei: non avendone potuto toccare alcuno, mentre le cypris si muovevano nel vaso ed alcune nuotando sì erano portate verso la superficie, l’ Hydra tornò a piegarsi in alto e poi in qua e in là agitando i tentacoli così vivamente «come non vidi mai fare da alcuna Hydra. I movimenti cessa- rono solo quando due o tre cypris furono afferrate. In questi casi l’Hydra cercava evidentemente la preda. Ora la relazione del movimento cogli istinti nutritivi e sessuali(1) è secondo il Wundt (57) (Vol. I. pag. 28) il criterio obiettivo del movimento volontario. E questo poi egli ritiene criterio innegabile delle manifestazioni della vita psichica. Si avrebbe quindi per ta] modo. nell’Hydra la dimostrazione di una coscienza. Fatti. analoghi poi sembrano essere quelli per cui un’Hydra si muove anche per lunghi tratti cercando la luce e portandosi alla superficie od al fondo dell’acquario. (Non di rado si vede un’Hydra portarsi alla superficie, attaccando il piede ad una bolla di gaz che ve la trascina. E probabilissimo si tratti di casi fortuiti). Riconosciuta la coscienza nell’ Hydra, non credo che le cogni- zioni attuali autorizzino ad attribuirle qualche altra facoltà dello sviluppo intellettuale. A parte quella memoria incosciente, per la quale si vengono fissando come istinti atti incoscienti, anche con coordinazioni complesse, non credo per esempio che si possa attribuire fino ad ora una decisa memoria cosciente a questo organismo. Io vidi un’ Hydra grisea, che, toccata fortemente da un piccolo anellide sulla parte sinistra (rispetto all’osserva- tore) del corpo, si piegò da questa parte tentando di afferrarlo: tolto il verme e fatta contrarre l’ Hydra, nell’estendersi essa si ripiegò ancora dalla stessa parte, e ciò avvenne per una terza volta, dopo che l’Hydra era stata staccata dal sostegno, e quindi scossa abbastanza fortemente. Se fatti analoghi si potessero os- (1) W. Marshall (18) dice che M. Sehulze ha osservata nell’ Hydra l’autofecon- dazione favorita dall’ animale stesso. Accertato il fatto, anche per questa seconda categoria di istinti si avrebbe la dimostrazione di un moto volontario. 15 servare ancora in modo da escludere che si tratti qui di una coincidenza, si potrebbe avere nell’ Hydra una forma di memoria ‘cosciente successiva alle sensazioni di piacere o dolore (piacere di afferrare la preda e mangiarla, dolore od impressione forte per l’urto ricevuto. Un fatto solo però non autorizza per nulla ad una conclusione così importante. Ciò che possiamo ritenere è che l’Hydra è un organismo, il quale reagisce con atti volon- tari, coscienti a stimoli sentiti. (Dal Laboratorio di Anatomia e Fisiologia Comparate della Università di Pavia). PS. Stavo rivedendo le bozze di stampa di queste mie ri- cerche, quando mi venne indicata una memoria di Karl Ca- millo Schneider(!) pubblicata nell’Archiv fr Mikroskopische Anatomie il giugno 1890, quando io presentava la mia disserta- zione alla Segreteria dell’Università. Sono dolente di non potermi occupare largamente di questo importante lavoro. Da una rapida lettura rilevo però con piacere che in taluni punti i risultati dello Schneider concordano con i miei, benchè raggiunti per diverse vie. Io dissi che alcuni fatti fisiologici mi facevano supporre vi fosse un maggiore accumulamento di cellule gangliari in prossi- mità della bocca dell’Hydra e che sarebbe stato interessante il riscontrarvele con osservazioni anatomiche: ciò fu appunto con- statato dallo Schneider; così egli osservò la presenza di cellule gangliari nell’entoderma, che io pensava appunto dovesse posse- derne od essere connesso colle ectodermiche in base alla azione delle fibre entodermiche. Le cellule, che io osservai e disegnai (Tav. VI? fig. 19) come probabilmente nervose, somigliano inoltre assai alle cellule gangliari descritte dallo Schneider. Nella continuazione delle mie ricerche sull’Hydra spero di constatare io pure i fatti interessanti riferiti da questo autore. Rit Zi (1) Karl Camillo Schneider. — Histologie von Hydra fusca mit besonderer Be- riicksichtigung des Nervensystems der Hydrapolypen. — Arch. f. Mik. Anat. XXXV. ‘ Bd. 3 Heft. s. 321 — 9 Juni 1890. 16 BIBLIOGRAFIA 1. Abr. 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Fig. 5. &. H. viridis; sezione longitudinale; fibre della lamina di sostegno (Osm. Picroc. Oc. 2, ob. I. G. Microsc. R. Winkel). DELLE grisea. Sezione trasversale; fibre della lamina di sostegno. (Metodo di Czeska; stesso ingrandimento). nea fibre entodermiche; ec. = fibre pn) sf. = fibre della lamina di sostegno. (Da Jickeli. Tavola XVIII.a fig. 12 e 13). Fig. 6. Entoderma della metà inferiore del corpo di una H. grisea viva tagliata longitudinalmente e trasversalmente — X 500. Koris. Oc. comp. 4; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. cg. = cellule glandulari; c. en. = cellule entodermiche (mioepiteliali). Fig. 7. & — piede di H. grisea in quiete. B = piede di H. grisea al principio dei suoi movimenti amiboidi. Fig. 8. Piede di H. grisea; le cellule presentano movimenti amiboidi spiocatis: Simi, e terminano acuminate. Fig. 9. Una porzione della figura 8 più ingrandita. Fig. 10. Una porzione ancora più ingrandita. Fig. 11. Cellula ectodermica del disco pedale (a, osmico, liq. di Miller). — X 450. Hartn. oc. 4; ob. 7. Fig. 12. Sezione trasversale di un tentacolo di H. viridis. Solo una parte della sezione è disegnata nei suoi particolari. X 500. Koris. Oc. comp. 4; ob. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. i cl. = granuli di clorofilla. (Acido cromico; picrocarmino; paraffina, creosoto). TavoLa VI.a Fig. 1. Nematocisti di H. grisea. & = macrocnidio; B = coidocnidio; Y = microcnidio. È = macrocnidio scattato; cf. = cellula formatrice della nematociste con pro- lungamento. X 1500. Koris. Oc. comp. 12; ob; 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 100 mm. Fig. 2. Nematocisti di H. iu Le lettere hanno uguale significato : € = microcnidio scattato. (medesimo ingr.). Fig. 3. Nematocisti di H. vulgaris. Stesse lettere (medes. ingr.). Fig. 4. Macrocnidi di H. grisea : @, carico; B e Y semiscattati (a. osmico 0,5 %o, | poi compressi). È Fig. 5, 6 e 7. Macrocnidi di H. vulgaris scattati, con cellule formatrici e loro prolungamenti (medes. ingr.) 20 Fig. 8. Hydra grisea. &% = microcnidio con cnidocilio; B = microcnidio con cellula formatrice e suoi prolungamenti; Y = microcnidio trattato con a. osm. e compresso; d ed € — mi- erocnidi scattati in seguito a pressione; £ = ooidocnidio trattato come Y. (medesimo ingrandimento). i Fig. 9. Ooidocnidi di H. grisea coi filamenti avvolti in vario modo (medes. in- grandimento). Fig. 10. H. grisea = ooidocnidi scattati: & — X 1500; 8 meno ingrandito. Fig. 11. Ooidocnidio di H. grisea incluso nella cellula formatrice (cf.); nucleo ovale e prolungamento. X 740. — Koris. oc. IV ; cb. 8*; tube aperto. Fig. 12. Macrocnidio di H. viridis. Koris. oc. comp. 18; ob. 2 mm. Imm. Omog. nigi tubo aperto. Fig. 13. Porzione di ectoderma di H. viridis. X 1500. Koris. ; oc. comp. 12; ob. 2 mm. Immers. Omog. Apocr.; tubo 160. Fig. 14. H. grisea. Parte inferiore di una cellula urticante in unione con fibre muscolari (liq. Miller, ematoss.; eosina; dilacerata). Winkel. oc. 2. ob. 10. #2. = cellula urticante; m = fibre muscolari longitudinali. — (Da Jickeli. Tavola XVIII.a fig. 7). Fig. 15. H. viridis. Cellula urticante (con again, in apparente connessione con fibre muscolari ectodermiche (a. acetico 0,5 %o per l ora, dilacerata) & X 500 ‘ B X 1500. Koris. Combinazioni indicate. Fig. 16. Testa di tentacolo di H. viridis in media estensione (a. osm. ; picrocar.). — X 500; Koris. Oc. comp. 4; ob. 2 mm. Imm. Omog. Apocr.; tubo 160 mm. Pig. 17. H. grisea. Due cellule gangliari (9), con una cellula urticante (nz.). (Ac. osm. Carmino di Green.). Microsc. R. Winkel. Oc. 2; Ob. IZ. G. (Da Jickeli:: Ta- vola XVII.® fig. 15). Fig. 18. Cellule gangliari di HA. grisea. (Osm. Carmino di Greenacker; stesso in- grandimento. (Da Jickeli. Tav. XVII.2 fig. 13 e 14). Fig. 19. Cellula probabilmente gangliare di H. grisea (ac. ac. 0,5 %o da IT, ora). — X 740; Koris. Oc. IV; ob. 80: tubo aperto. IL FOLLICOLO DI GRAAF. al suo completo sviluppo 15 giorni dopo la nascita. Nota del Dott. G. SOFFIANTINI. Se i più recenti studi non hanno ancora potuto chiarire in che stadio «del suo sviluppo si mostra al momento della nascita la ghiandola geni- tale maschile, non può dirsi altrettanto degli organi genitali femminili e di quegli organi fisiologicamente a questi collegati, le mammelle (1). \ (1) Ecco le conclusioni alle quali è pervenuto il De Sinety sulla secrezione del latte nelle neonate: l. Le lait que l’on obtient de la mammelle des nouveau-nés, quelques jours après la naissance, est le résultat d’ une véritable sécrétion. ‘2. L’etat anatomique et physiologique de la glande mammaire, correspondant à cette 21 _ La possibilità del trovarsi follicoli di Graaf così sviluppati in questo periodo della vita fu accennata dal nostro amatissimo Maestro il Pro- fessore Zoja in un suo dotto lavoro, che ha per titolo: Sulla per manenza della ghiandola timo nei fanciulli e negli adolescenti (!) e dalla quale ci pare prezzo dell’opera togliere le seguenti parole: « Per molto tempo si è creduto che i follicoli di Graaf non sì sviluppassero che all’epoca della pubertà, ma dalle osservazioni prima del Vallisneri, del Carus e più recentemente da quelle del Waldeyer del De Sinety e dell’ Haus- smann (2) si sa che al momento della nascita o un po? più tardi i follicoli di Graaf aumentano di volume e taluni considerevolmente, giungendo | perfino alle dimensioni di un centimetro e più e che gli ovuli conte- nutivi hanno presso a poco i caratteri degli ovuli maturi. Questi fatti lungi dall’ essere patologici, come hanno pensato alcuni autori, furono riconosciuti da De Sinety e da altri come il risultato del processo fisio- logico più o meno attivo, del quale l’ ovaja è sede a quest’ epoca. I fol- licoli Graafiani pervenuti ad un certo grado di sviluppo cominciano a diminuire e spariscono. È vero che i follicoli di Graaf continuano an- cora e fino all’epoca della pubertà a crescere e a diminuire, e anche a disparire, ma fino alla pubertà gli stessi follicoli non s'ingrossano mai come accade di vederli nelle tenerissime bambine ». Dello stesso avviso è il Klein, quando dice: « On peut demontrer d’une facon evidente que les ovules et les follicules de De Graaf se reproduisent, en régle générale, aprés le naissance (Pfliger, Kolliker), bien que d'autres observateurs (Bischoff et Waldeyer, aient des idees opposées sur ce suget. (E. Klein, Nouveaux Elements d’ Histologie trad. et annotés par G. Variot. Paris, 1888, pag. 418) » Il lavoro del Prof. A. Verga: Appunti sulle parti genitali interne delle fetine e delle neonate, e specialmente sulla metro-salpingite, cui esse vanno soggette, non appoggerebbe il nostro asserto ? (3) Osservazioni di tal genere incontriamo non raramente negli annali della scienza, e tutto affatto recentemente il Dott. Crivelli di Melbourne leggeva una nota e presentava all'Accademia di Medicina di Parigi delle fotografie relative ad una bambina di 18 mesi, di cui gli organi genitali ed il bacino erano grandemente sviluppati. Le mammelle pure anormalmente voluminose. Aveva già avuto tre volte le sue mestrua-. zioni della durata di 2 giorni e preceduti da malessere con eretismo generale per 24 ore. (Bullettin Medical, 1890, num. 39, pag. 451). ‘periode, est en beaucoup de points comparable à colui que l'on observe pendant la lactation chez la femme adulte. De Sinery. — Recherches sur la mammelle des enfants nouveau-nés. (Archives de Phy- siologie normale et pathologique publices par MM. Brown-Sequard, Charcot, Vulpian. Paris ‘1875, pag. 291 e seg. (1) Letto nell'adunanza del 15 Luglio 1872 del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. (2) Zur intrauterinen Entwiklung der Graaf'Schen Follikel. — Centralblatt fir die Medi- cinischen Wissenschaften — Juli, 1875, p. 533. (3) Letto al R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nella adunanza del 17 aprile 1884, 22 Il caso, che è argomento di questa osservazione, e che abbiamo 0s- servato nel principio del Marzo dell’ anno scorso, non si riferisce tanto alle mammelle che non erano molto sviluppate, ma alle ovaje e spe- cialmente a quella del lato destro. La quale senza che al pari della sua corrispondente presentasse un aumento nei diametri, lungo il margine superiore e precisamente verso la metà di detto margine mostrava una vescichetta sferoidale del diametro esterno di 8 millimetri formato da una tenue membranella semi-trasparente, liscia e lucente, e distesa da un liquido siero-citrino. Fatte varie sezioni al microtomo ed esaminate al microscopio si 0s- servavano diversi follicoli a vario grado di sviluppo, alcuni de’ quali contenenti l’ovulo a completo sviluppo in modo da avere una figura analoga alla 210 A dell’ Haeckel (Anthropogenie, 1877), alla 160 del Frey (Elementi di Istologia trad. da G. Antonelli, Napoli 1879) ed alla 143 A del Klein (l. c.) Detti preparati si compiacquero di osservare i chiarissimi Professori G. Zoja e L. Maggi ed il mio collega Dott. P. Amaldi. Dall’ Istituto Anatomico della R. Università di Pavia, Gennaio 1891. SULLE MYXOSPORIDIE DEI PESCI MARINI CENNI E RICERCHE DI ‘2 I. LER TO PEER TTGLA (CON UNA TAVOLA). (Continuazione e fine, vedi n. 4, 1890). In quanto alla posizione sistematica che queste forme parassitarie debbono occupare, è oggidì generalmente ritenuto che esse siano affini alle Gregarine. Per la denominazione specifica fra loro è certo che le insufficienti cognizioni che sì hanno non permettono di darne una attendibile clas- sificazione. Finora le forme trovate sui pesci furono distinte in tre generi e tre specie: il Myxobolus Màlleri, Butschli delle branchie di Ciprinoidi; il Myxidium Lieberkuhnii Butschli, della vescica urinaria dell’ Esox lucius ed il Chloromyxum Leydigii Mingazzini, della cistifellea dei Plagiostomi. Ma è da osservarsi che molto diverse sono tra loro le spore delle Myxosporidie delle branchie dei pesci d’acqua dolce. Inoltre le forme da me trovate nella cistifellea del Merlucius vulgaris ed in quella del Conger vulgaris sono differenti da quelle dei Plagiostomi; e per ultimo di alcune forme non sono ancor note le spore. Perciò nello stato attuale delle cognizioni che si hanno attorno a questi esseri, mancando cioè di caratteri costanti per tutte, proporrei di aggrupparle semplicemente in un sol genere, sia pure provvisorio, che chiamerei Myxosporidium ; con- 23 trosegnando poi le diverse forme, per quanto è possibile, con un nome specitico preso da quello degli ospiti; siccome si usa generalmente per gli altri ecto ed endo parassiti. - SPOROZIA MYXOSPORIDIEX, Myxosporidium Plagiostomi. (Chloromyrxum Leydigii, Mingaz). Fi- gura 1-6. Trovai queste forme nell’ Acanthias vulgaris, Scyllium stellare. Mustelus | Levis, Torpedo narce, T. marmorata, Raia clavata e Myliobatis aquila. È Credo inutile descrivere questa forma perchè già bene studiata dal i Leydig ed ora dal Mingazzini. Condivido come già mi espressi il modo «di vedere di quest’ultimo, il quale considera tutte le Myxosporidie vi- | venti nella cistifellea dei Plagiostomi come appartenenti alla medesima specie; non presentando esse che insignificanti differenze. Non mi fu mai dato di vedere le forme che il Mingazzini chiamò Gregarinoidi, munite di lunga coda. Vidi invece, e già lo dissi, una spora del Myrosporidium della cistifellea della Torpedo narce aprirsi (Fig. 6) e dare uscita aduna piccola massa di protoplasma amibifurme simile a quella figurata dal Balbiani. i Le spore contenute in una membrana, che si forma aspese del pro- | toplasma della Myxosporidia, sono espulse da questa e nuotano nel li- A quido biliare. Il Butschli le considerò quali sporoblaste. La membrana sotto l’azione di reagenti, quali l’acido osmico e l’acido solforico, scoppia : riversando il suo contenuto. per modo da rimanere soltanto la mem- —brana ialina come fosse un piccolo sacco vuoto. Nello stato normale la sporoblasta presenta una porzione della pro- pria circonferenza, ove raccolgonsi le granulazioni del protoplasma, ed assume distintamente la forma di mezzaluna (Fig. 4-5). La spora contisne normalmente 4 capsule polari, talora però sola- mente due. i Myxosporidium Mugilis n. (Myrobolus, Butschli). Fig. 7-8. d Questa forma si potrebbe riportare al genere Myxobolus, dal quale sembrami non differisca per ben poco. L'ospite diverso e la forma delle spore soltanto possano farla ritenere come specie distinta. La trovai, chiusa in cisti, sulle branchie dei Mugil auratus e M. capito, ma raris- sima (dine volte in ben trecento Muggini). Ogni ciste conteneva due o tre Myxosporidi (Fig. 7) zeppi di spore e con residuo di pochissime gra- nulazioni del protoplasma. È . Le spore erano libere, senza membrana propria, con due capsule po- | lari e presentavano nitidamente un triplo contorno nel loro involucro. Misuravano 7 pf. di diametro maggiore. . In quanto alla questione se la ciste si formi a spese della membrana 2 della lamella branchiale, o appartenga in proprio alla Myxosporidia, credo poter affermare che essa sia fornita dalla mucosa delle lamelle branchiali, per quanto ho potuto riscontrare nel M. capito; dove, avendo aperto con precauzione una di queste cisti, (Fig. 7) vidi che conteneva tre Myxosporidie e che la membrana involgente derivava evidentemente dalla mucosa branchiale; la quale, in quel punto, non presentava al- cuna soluzione di continuità col restante della mucosa. Myxosporidium Merlucii n. (Fig. 9-14). Nella cistifellea del Merlucius esculentus incontrai, per la prima volta il 13 agosto 1890, delle Myxosporidie, che si presentavano come le con- generi sotto varie forme (Fig. 9-11). Le spore itìà esse contenute erano costantemente in numero di due, sprovviste di membrana propria, ovali e con due corpi polari situati alla metà superiore della spora, nella di- rezione del diametro trasversale; dai quali non vidi mai svolgersi il fila- mento, sotto l’ azione dei vari reagenti. Potei convincermi come queste Myxosporidie non abbiano cuticola, che le avvolga; avendo osservata l’ uscita delle spore (Fig. 14) le quali. probabilmente, raggiunta la-loro maturità, sono espulse dalla massa pro- toplasmatica che la contiene e che costituisce il corpo della Myxospo- ridia. Vidi pure (Fig. 12) il formarsi di due vacuoli contigui, i quali non presentavano ancora nessuna traccia di corpi polari, ma soltanto poche granulazioni. Collo studio delle spore di questa forma ho potuto accertarmi dell’esat- tezza dell’osservazione del Thélohan relativamente al così detto nucleo del Butschli. Secondo quest’ ultimo autore nel plasma delle spore si ve- drebbe un nucleo, che allo stato fresco appare quale un punto chiaro che imperfettamente riuscì a colorire. Il Thélohan invece considera tale corpo come un vacuolo occupato da una sostanza particolare, resistente ai coloranti caratteristici per la sostanza nucleare. Colorasi in rosso bruno collo jodio, nel mentre il resto della spora rimane tinto in giallo pallido. Considera invece come nucleo un corpo, senza posto fisso, ma gene- ralmente situato avanti la vescicola centrale. Esso nucleo prende in certe spore una forma allungata; presenta una strozzatura, palesando del resto tutti gli stadii intermediari \della divisione fino alla forma- zione di due distinti nuclei separati. Questi si dividono alla lor volta in quattro; numero però mai sorpassato. Myxosporidium Congri n. (Fig. 15-20). Trovai nell’ agosto 1890 nella cistifellea di due Conger vulgaris una massa compatta, a modo di un calcolo, della dimensione di una grossa noce e che all’esame microscopico si mostrò formata dalle ramificazioni di un fungo (probabilmente di un Penicillium) tra loro intrecciate. Disse- 25 minati sopra queste stavano numerosi Bici a bastoncino e piccolissimi cristalli. Spiccavano inoltre per grandezza e per varietà di forme ab- bondanti Myxosporidie (Fig. 15-20) che dotati di lenti movimenti ami- boidi mutavano continuamente di forma. In alcune si osservava uno spazio chiaro che ritengo essere il vacuolo, nel quale si formano le spore; ma non ebbi mai campo di vedere queste, per quanto diligentemente le ricercassi nel gomitolo del vegetale sopra indicato. . Genova, novembre 1890. 3 È SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fica 1-6. Myxosporidium Plagiostomi della cistifellea di Torpedo narce. cd 1. Stadio completo. De 2. Lo stesso contenente numerose spore. » 8. d .che lascia sortire tre sporoblaste con spore. » 4-5. Sporoblaste con spore; in una la spora presenta 4 corpi polari, i 6. Spora aperta che lascia uscire il corpo ameboide. 7 . Lamella branchiale del Mugil auratus con ciste contenente tre Aa sporidium mugilis. » 8. Spora del medesimo. >» 9-14. Myxosporidium merlucii dalla cistifellea del Merlucius vulgaris. » 9-13. Varie forme dello stesso. È » 14. Due spore che sortono dal corpo. é > 15-20. Myxosporidium Congri, dalla cistifellea del Conger vulgaris. _» 15-16. Due forme presentanti vacuoli. a 18. Individuo attaccato al filamento vegetale. RECENSIONI Prof. LEOPOLDO MAGGI. — Il canale cranio —faringeo negli Antropoidi. (Rend. Ist. Lomb. di Sc. e Lett.,. serie IL °, vol. XXIV, fasc. III, Milano 1891. L’Autore entra in argomento con una statistica di 64 Antroposdi, di. cui 10 Gorilli (Gorla gina), 42 Oranghi (Satyrus orang), 5 Chimpanze (tre Zroglodytes niger, un T'roglodytes Girardit ed uno di specie indeterminata) e 7 Gibboni (tre Hylobates concolor, in Hylobates albimanus, un Hylobates syndactylus ed uno di specie indeterminata). Fra i 64 Anfropoidi il canale cranio-faringeo si trova in 19 individui, e manca in 45. Fra i 10 GorzlZ7, esiste in 7 individui, di cui uno giovanissimo, uno giovane, due adulti e due vecchi, e manca in tre individui, tutti e tre adulti. Fra i 42 Oranghi, è manifesto in 9 individui, di cui uno giovane ed 8 adulti, e manca in 833, di cui uno giovanissimo, 8 gio- vani, 22 adulti ed uno vecchio. Fra .i 5 Chkimpanzè, si vede in 4, di cui uno giovanissimo, 2 giovani (tutti e tre della specie 7'roglodytes niger), uno adulto (Troglodytes sp. ?),.e manca in uno adulto della specie 7roglodytes Girardi. Nelle 4 specie suindicate di G0d0nî manca, e manca anche nei. 3 individui della medesima specie di 4y/lobafes concolor. La statistica vien continuata dal- l’Autore colla presenza o mancanza del canale cranio-faringeo nei due sessz di Antropoidi, e poi col tenere calcolo delle specie di. Antropoidi insieme col loro. sesso: ed età. Riguardo ai Gibboni dichiara esser necessario aumentare il priore 26 numero degli individui di una medesima specie prima di decidere della co- stante mancanza o, meglio, costante scomparsa in loro del canale cranio-la- ringeo. Tuttavia anche dalla statistica suesposta consegue una muova con- ferma del concetto dell’Autore intorno alle molte e diverse varietà anatomiche, che si possouo incontrare tanto negli animali, come nell’ uomo, allorchè si . osserva un gran numero di individui appartenenti alla medesima specie. Avendo rilevato qualche particolare anatomico del canale cranio-faringeo nelle specie di Antropoidi studiati dall’Autore, egli passa a darne la deseri- zione; notando da ultimo in un cranio di Chimpanzè, la coesistenza di questo canale colla fossetta furingea, della quale dirà in appresso. Prof. LEOPOLDO MAGGI. — Sopra una varietà morfologica delle ossa nasali e intermascellari nell’ Orango. — Rend. Ist. Lomb. di Sc. e Lett , serie II.*, vol. XXIV, fasc. VI, Milano 1891. In un cranio di Orango (Safrus orang) maschio, molto vicino all’età adulta, prognato, brachicefalo, intermediario tra i così detti Maias Kassà e Maias Ciapping, il Prof. Leopoldo Maggi ha trovato una varietà di formazione delle ossa nasali e intermascellari. Esaminando la regione del naso di quel eranio, si incontrano, al posto delle ossa nasali, le apofisi montanti o processiì fron- tali, molto allargati, dei sopramascellari, e le ossa intermascellari molto al- lungate. Vi mancherebbero pertanto completamente le ossa nasali; caso questo raro anche nell’uomo, e finora unico nell’ Orango. Tuttavia, il Prof. Leopoldo Maggi, valendosi di una serie di 7 crani di questa specie d’Antropoide con osso nasale, in genere, di figura triangolare, incominciante in giovanissimi individui, e con intermascellari di varia lun- ghezza, viene, mediante la comparazione dei fatti anatomici raccolti, alla se- guente conclusione esplicativa: esservi stata riduzione della parte alta, lunga e stretta dell’osso nasale, per allargamento straordinario delle apofisi mon- tanti dei sopramascellari, permanenza della parte allargata, inferiore o basale delle ossa nasali, ancora divise, e fusione loro cogli intermascellari. Questo caso pertanto manifesta chiaramente la legge di compensazione degli organi durante lo sviluppo delle apofisi montanti dei sopramascellari e delle ossa nasali, e la legge di fusione degli orguni collo sviluppo degli intermascellari. ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zvologia nell’ Università di Genova. (Continuazione vedi n. 4, dicembre 1890) 358. MAULI. — Dissertat. de hydatide ingenti mole ecc. — Patavi®, 1836. 399. MAZZANTI ENRico. — Sopra un caso di Nefro-cistite bacterica nella vitella e di una specie di Distoma nel piccione. — Giorn. di Anat. Fisiol. e Patol. d. Anim. dom. N. III.°, con tav. — Pisa, 1889. 361. MazzotTI LuiGi. — Caso di numerosi cisticerchi del cervello e delle meningi. — Riv. Clin. di Bologna; serie H.*, vol. VI., pag. 112-114; 1876. — Osserv. Med. Palermo; serie III.?, vol. VI., pag. 242-247; 1876. 27 961. :MEDLIN J. —' Ascaride lumbricoide nel cavo di un ascesso. — Riv. Clin. di Bologna; anno V., pag. 159-160; 1866. — Allgemein. MilitarArzliche - Zeit. N,..13; 1866. 362. MEISSNER H. — Sulla tenia e sui cistoidei s8tondo ge più recènti os- servazioni. (sunto dallo Schmidt’ s Jahrb. 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MOLIN paia — Notizie iii —_ Atti dell’ Istituto Ve- neto di scienze, lettere ed arti; sol II., serie IN a— Venezia, 1897; cor una tavola). . ‘371. MoLIiN R. — Un nuovo verme intestinale del Tapiro americano (Spé- ropthera chrisoptera). — Verhandl. d. K. K. Zool. Bot. Gesellsch. — Bd. VIII; S. 273-276. — 1858; (con una tavola). : 872. MoLin R. — Prospectus helminthum, que in prodromo faune helmin- thologic®e Venetie continentur. — Sitzungsb. K. K. Aliad. d. Wissensch. n Wien; Bd. XXX, pag. 127-158; 1858 — XXXIII, pag. 287-302; 1858. 373. MoLin R. — Versuch einer Monographie der Filarien. — Sitzungsber. Math. Cl. k. k. Akad. d, Wiss. Wien, Bd. XXVIII; past 365- 461: con una ta- vola. — 1858. 374. MoLIn R. — Catalogo di vermi intestinali da lui (icwali nelle provin- cie venete. — Atti R. Istit. Ven., serie III.*, tom. IV, pag. 402-409. — 1858-59. 375. MoLin R. — Sulla fauna smile delle provincie Venete. — Ri- vista period. di lavori accadem.; vol. VII, pag. 11-18. — Padova, 1859. 376. 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Sav. — Di un Distoma dell’Acarnthias vulgaris (nota pre lato) — Bollett. soc..di Natur. in Napoli; anno III, fasc. II, pag. 132-. 134; 1989. 406. MONTICELLI FR. Sav. — Tristomum ui n. Sp. pal Soc. Natur. di Napoli; anno III, vol. I «fase. Il, pag. 117-119-(con una tav.); 1889. 407. MontICELLI FR. SAV. — Breve nota sulle uova e sugli embrioni della Temnocephala chilensis, BI. — Atti Soc. Ital. se. Nat., vol. XXXII, pag. 125-133 (con una tavola). — Milano, 1889. 408. MontIcELLI FR. SAVv. — Di una nuova specie 3 dell genere 7emnocephala ectoparassita dei cheloniani (7. ai (con #8 incis). i fratelli Fer- rante. — Napoli, 1889. È 409. MonTICELLI FR. Sav. — Albano: considerazioni biclomigho sul ‘genere Gyrocotyle; nota; Atti Soc. Ital. Se. Nat.; vol. XXXII, pag. 327-329. — Mi-. lano, 1885. 410. MonTICELLI Fr. Sav. — Notes on some Entozoa in the collection of the British Museum. — Proceed. Zool. soc. of. Hendols Jane 4, pag. 321-826, : (con una tavola). — London, 1889.. 411. MontIcELLI FR. SAV. — Elenco degli stia ltudiati a Vu Ol primavera: del 1889. — Bullett. scientif. de la France et de la Belgique, tom. XXII, pag. 417-444 (1 PI.). — Paris, 1890. 412. MonTICELLI FR. SAv. — Di una forma cdi nel Batman microcephalus, Rud. — Bollettino Soc. di Nat: iu i .serie 1.°, anno IV, fascicolo: II, 1890, pag. 128-130 (con 3 incis.).. 4ì3. MonTICELLI FR. Sav.!+ Note ‘elmintologiche. — Bollett. ssa di ano i cit., serie I.*, anno IV., vol. IV., de IT, 1890, pas. 189-208 (con una tavola e MOSINCIS) o > a E 414. MONTICELLI FR. SÉ — Il Limo ie ue = Rivista di filosofia scientifica; serie II.®, anno IX., vol. IX. — Milano, 1890. 415. MontTIUS CAJETANUS. — De anguillularum ortu et Enea Com: . ‘ ment. Bonon. VI. — 1783. SE Sa 416. Morano F. — Ambliopia amaurotica Dex 12104: — SOT delle ma- lattie degli oèchi; Gennaio, 1880. S î 417. MoreEALIS J. Bapr. — Delle febbri maligne e contagiose prodotte. da vermi e curate col mercurio. — Modena, 1739. si ‘418. MoRELLI CarLo.'— Intorno ad un'caso':di anemia progressiva con an- | chilostoma duodenale. — Lo Sperimentale; fasc. I., pag. 27; 1878. 30 .419. Morgagni Gio. B. — Delle sedi e cause delle malattie anatomicamente investigate; 1.* versione ital. di Pietro Maggesi. — Milano, 1825; vol. XV. Traduz. fino Lutetia, 1822; Paris, 1855. 420. MORGAGNI J. B. — Eps itioi anatomicarum duodeviginti ad scripta pertinent. cel. viri Ant. Mar. Valsalva. — Venetiis, 1740. 421. MoronI ErcoLE. — Notizie elmintologiche sulla ilaria lacrimalis, cGurlt e sul morbo parassitario che ne deriva. — Giorn. Il Medico Veterinario. Aprile, Torino, 1864. 422. oche L. — A proposito della diffusione del Botriocephalus latus in Italia. — Gazzetta Med. Ital.; Prov. Venete; anno XXV., N. 19; 1882. 423. Musso G. — Un caso di 7'@nia solivum guarito col petrolio del com. . mercio per uso interno (Giacomini). — Gazzetta delle Cliniche, 1880. — Gior- nale Anat. Fisiol. Patol. Anim.; anno 1880, fasc. III., pag. 264-265 (sunto). 424. NARDO D. — Ueber den After der Distomen. — Heusinger 's Zeitsch. f.-orv. Physik; Bd. I, pag. 68-69; Eisenach, 1827.. 425. NaRDo D. — Memoria sopra alcune n'10ve e rare specie di Entozoi ecc. Heusinger ’s Zeitsch. cit. 1827, pag. 60. — Isis, pag. 523; 1833. 426. NARDO G. D. — Disfoma gigas u. D. Raynerium n. sp. — Isis; pag. 523-924; 1833. > . 427. NarDo D. — Brevi parole colle quali accompagna il suo dono alle raccolte scientifiche del R. Istituto del Dist0m4 gigas, specie rarissima di el- minto da esso scoperta. — Atti R. Ist. Veneto; serie V.*, tom. I., pag. 265-266; 1874-75. 428. NuvoLI I. — Idatidi del cervello; forma morbosa; dubbia morte per estravaso sanguigno. — Giornale Medico di Roma; tom. II., pag. 151-157; 1866. 429. OLIO (Dall’) — Sopra una straordinaria affezione verminosa. — Me- morie della Soc. Ital. di Scienze; tom. XI. 430. OccHINI. — Tre casi di cisti uniloculari. 431. ORESTE PIETRO. — Sulle varie forme di bronchiti nelle diverse specie di animali domestici (bronchite parassitaria). — Gazzetta Medica Veterina- ria; anno III., pag. 124-140; 1873. ) 432 Orsi FraNcEScO. + Sei casi di tenia nana. — Gazzetta Medica Lom- barda; vol. XLVIII., serie IX., vol. II., pag. 235. — Milano, 1889. 433. Ors1 F. — Curiosità cliniche; XX.*° — Caso di echinococco uniloculare del fegato. — Gazzetta Medica Lombarda; vol. XLIX., N. 6, 1 pag 01-59. — Mi- lano, 1890. i 431. OrsoLATO G. — Sui vermi intestinali dell’ uomo. — Rc 1862. 435. PACE ANGELO. — Sopra un nuovo nematode (‘#?l2r:2 palpebralis); Giorn. Se. Nat. ed econom. dell’Istit. tecnico; vol. II., parte I.*, anno II., pag. 152-154. — Palermo, 1866 (con una tavola). — PaGLIANI L. — Vedi Bozzolo C. 436. PAITONI. — Lettere intorno alla generazione dei vermi. — Venezia, 1722. 437. PALAMIDESSI Cosimo. — Guarigione d’una vasta ciste idatigena del bassoventre ecc. — Lo Sperimentale; anno XVII., serie IV.*, tom. XV., pag. 193-207. — Firenze, 1865. \ \ 31 . 438. PanaRoLO. — Jatrologismorum pentecoste quinque. — Rom®, 1652. | 439. PaNcERI PaoLo. — Due fatti relativi ai cestodi. — Rend. Accad. Fis. Natur.; fasc. II., anno VII., pag. 32-34. — Napoli, 1868. - 440. PANE Giro: — Note su di un nuovo nematode (Filar ta labialis). Si province. di Salerno. — Ann. Accad. Aspir. Natur. di Napoli; vol. II., serie III.°; 1864. - 441. tor BERNARDINO. — Filaria napillose nell’umor acqueo di un ani- so equino. — Giornale di Veterinaria. — Torino, 1869. - 442. PANZANI. — Cistalgia elmintica. — Giornale per servire alla storia ra- gionata della Medicina di questo secolo. — Venezia, 1786. — Parona Corrabo. — V. Grassi B. - 443. PaRONA C. e GRASSI B. — Di una nuova specie di Dochmius (D. Bal- sami). — Rend. R. Istit. Lomb. ; vol. X., serie II.*, pag. 190-195 (con una ta- vola. — Milano, 1878. - 444. PaRr)NA €. e Grassi B. — Animali che debbono essere conosciuti da- gli apicoltori. — Giornale l’ Apicoltore; anno XV. — Milano, 1882. 445. PARONA C. e Grassi B. — Sullo sviluppo deli’Anchilostoma duodenale. —. Atti Soc. Ital. di Sc. Nat.; vol. XXI, pag. 53-98, con 2 tav. — Milano, 1878. 446. PARONA C. — I parassiti (animali) del corpo umano (Iconografia con brevi cenni). — Illustrazione medico-chirurgica pubblicata dal Dottor Fran- cesco Parona. — Novara, tipografia della Rivista di Contabilità 1880-82 (con 12 tavole). 447. PARONA C. — Importanza della Protistologia e dell’ Elmintologia nel- l'insegnamento della Zoologia medica; Prelezione. — Gazzetta Medica Lom- barda; vol. XLI. — Milano, 1881. 418. Parona C. — Osservazioni intorno ad un caso di cisticerco nel Muf- fione di Sardegna. — Annali R. Accad. d’Agricolt. di Torino; vol. XXVI. — 1833. 449. ParoNa C. — Materiali per la fauna della Sardegna: Vermi parassiti in animali di Sardegna: nota preventiva. — Bollettino scientif. Università di Pavia, anno VI, pag. 14-20; 1884. _ 4950. Parona C. — Di alcuni elminti raccolti nel Sudan Orientale da 0. Beccari e da P. Magretti. — Ann. Mus. civ. Genova; vol. II., serie II.°, pa- gina 424-445, con 2 tavole; 1885. 451. Parona C. — Elmintologia Sarda. — Contribuzione allo studio dei vermi parassiti in animali di Sardegna. — Ann. Mus. civ. cit., Vol. IV., ser.II.?, pag. 275-384, con tre tavole. — Genova, 1857. i 452. PARONA C. — Vermi parassiti in animali della Liguria; nota prevent. Ann. Mus. civ. cit., vol. IV , serie II.*, pag. 483-501. — Genova, 1887. 453. PARONA C. — Intorno al ie orbiculare, Rud. del Box salpa. — Ann. R. Accad. d’Agricolt. di Torino; vol. XXIX; 1887. 454. PARONA C _— Appunti storici di ii italiana a contributo della Corologia elmintologica umana in Italia. — Gazzetta Med. Ital. Lomb.; vo- lume XLVII., N. 1 e 2; 1888. 459. PaRONA C. — Intorno all’Ascaris Hulicoris, Owen ed a qualche altro nematode raccolto in Assab dal Dott. V. Ragazzi. — Ann. Mus. civ., vol. VII., serie II.*, pag. 751-764, con una tavola. — Genova, 1889. 456. PARONA C. — Sopra alcuni elminti di vertebrati birmani. — Ann. Mus. civ. cit., serie II.’, vol. X., pag. 765-780, con una tavola. — Genova, 1890. | 457. Parona C. — Echinorhynchus Novelle, n. sp. parassita di un pipistrello 32 (Artibeus perspiciltatus) di Porto-rico. — Ann. Mus. civ. cit. ser. II.*, vol. X. (XXX.); 1890.: 458. PARONA C. e PERUGIA ALBERTO. — Di alcuni. romelodi celano di pesci marini; nota preventiva. — Ann. Mus. civ. cit., serie II.*. vol. VII. pa- gina 740-747. — Genova, 1889. 499. PARONA C. e PeRrUGIA A. — Di alcuni trematodi dot di pesci adriatici. Ann. Mus. civ. cit., serie II.®, vol IX.; pag. (16-32, con 2 tavole. — Genova, 1890. 460. PARONA C. e PERUGIA A. — Mesocolyle Squillarum; n. LasgGni di tre- matode ectopar. del. Bopyrus squillarum. — Bollettino Scientif. Università di Pavia; anno XI, pag. 76-20, con una tavola. — Pavia, 1890. 461. PARONA C. e PERUGIA: A. — Dei trematodi delle branchie di: Vesoti ita- liani. — Atti Soc. Ligust. di Sc. Nat.;.vol. I., fasc. I., pag. 59-70. — Genova, 1890. 462. PARONA C. e PeRUGIA A. — Nuove osservazioni sull’ Amanda oi pedinis, Chat. — Ann. Mus.:civ. cit., serie II.® vol. IX. — Genova, 1890. 463. PARONA C. e PeRrUGIA A. — Intorno ad alcune Polystome@ e considera- zioni sulla sistematica di questa famiglia. — Atti. Soc. Ligust. cit.; vol. I., fasc. III., pag. 225-242, con una tavola. — Genova, 1890. 464. ParoNA C. e' PERUGIA A. — Contribuzione per una monografia del ge. nere Mecrocotyle V. Ben. ed Hesse. — Ann. Mus. civ. cit., serie II. : vol. Xx, È pag. 173-219, con 3 tavole. — Genova, 1890. 465. PARONA ERNESTO. — Tre casi di Bozhriocephalus latus, di cui uno tri- plice. — L’ Osservatore, Gazzetta delle Cliniche di Torino N. 35; 1880. 466. PARONA E. — L’anchilostomiasi e la-malattia dei ‘minatori del Got- tardo. — Ann. Dee di Medie: An. 66, vol. 283, pag. 177-202. — Milano, 1688. 467. PARONA E. — L'estratto etereo di falce maschio e È ona dei minatori del Gottardo. — Giornale della R. Accad. di-Medicina di arno 1881. — L’ Osservatore; Gazzetta della Clinica di Torino, 1881. 468. PARONA E. — Nuovi appunti intorno ‘alla malattia dei minatori del Gottardo. — Giornale R. Accad. cit. di Torino, da — L’ Osservatore! cit., N. 48; 1881. 469. PARONA E. — Intorno ai SI e massimé al Bothriocephalus latus raccolti in Varese. — Giorn. Accad. Cit. — Torino, 1882. —. Gazzetta Se Ospitali. — Milano; 1882. 470. PARONA E. — Insuccessi. GE Vesiziito di. felee maschio nei come ‘antielmintico. — Giorn. R. Accad. di Med. di Torino, fasc. VIII, do — Gazzetta degli Ospitali. — Milano, 1882. 471. PARONA E. — Di un caso di Tonia fato nino ) riscontrata in una bambina di Varese. — R. Accad. di Med. di Torino; febbraio 1884; con una: tavola. ; 5 472. PARONA E. — Intorno a tre casi di Cysficercus cellulose, Rud. nel cer- vello dell’ uomo. — Giorn. Accad. di Medicina di Torino; 1885. 473. ParONA E. — Relazione intorno alla cura dei minatori del Gottardo accolti a carico del Governo nell’ Ospitale di Varese. — Varese, tipografia’ Ubicini-Galli, 1885; .46 pag. in S.° i ( Continua). Gerenti: I REDATTORI. Pavia; 189I; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni. a | Faso. II. — Zoja: Di un’ apertura insolita del setto nasale cartilagineo, (Co- » ‘‘municazione preventiva). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini risguardanti | î Protisti cholerigeni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie coloranti . nello studio fisiologico ed istologico degli infusorii. - Maggi: Per l’analisi mi» ‘eroscopica delle acque. — Canna: Notizie universitarie. : Fasc. III. e IV. — Zoja: Sopra il foro ottico doppio. — Maggi: Saggio di una classificazione protistologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). — Cattaneo: Sulla struttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven-. tricolo muscolare degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). — Zoja: Un cen- tenario memorabile per lascuola anatomica di Pavia.(Prelezione al corso di Anato- | mia umana per l’anno scolastico 1885-86. (Transunto).— Maggi: Settimo programma di Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno 1883-84. — Cattaneo: Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. — (Rivista). - Maggi: 4) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — 6) di alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei metazoi — c) la priorità della bacterioterapia (Transunti). — Notizie universitarie. - Annuncio. . - ANNO VIII. — Fasc. I. — Zoia: Altri casi di foro ottico doppio. — Cattaneo: Strut- tura e sviluppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione: preventiva). — Stefa- nini: Nevrite micotica nella lebbra. —- Sormani: Contribuzione agli studj sulla: storia naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- | tistologica. — (Rivista). —.Varigny: Di un metodo per la determinazione degli alimenti di un dato microbio. — Idem : Sull’ attenuazione dei virus, e sui virus attenuati o vaccini. — Notizie universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze della R. Università di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. | Fasc. II. —- Zoja: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- vazioni sull’ anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo- grafia del medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu- sari: Ricerche intorno alla fina anatomia dell’encefalo dei Teleostei. (Nota pre- ventiva). — Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pigmentali nelle larve dell’Axolotl. — Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- testinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle forme degli 2rfinita- mente piccoli, senza microscopio e senza disegni. - (Rivista). — Varigny: Microbi patogeni e immunità. . i Fasc. III. e IV. — De-Giovanni: Uno sguardo alla Bacteriologia. (Prelezione). - Zoja: Note antropometriche {1.0 Statura e tesa). —- Cattaneo: Ulteriori ricerche ‘sulla struttura delle glandole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Maggi: «Temi di Protistologia medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’Uni- versità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. — Cattaneo: Sul significato fisiologico delle glandole da me trovate nello stomaco dello storione e sul valore morfologico delle loro cellule. — Maggi: Protisti e alcaloidi (Sunto). — (Rivista). Stokvis: Sull’ azione chimica dei microbj. — Parona: Intorno agli Éléments de zoologie médicale et agricole di Railliet. — Notizie universitarie. — Cambi e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE del II. volume del 20/- leltino Scientifico e dei loro AUTORI, dall’anno V. al VII. inclusivo. Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni V, VI, Vile VII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo separato L. 2. Cambi ricevuti dal 1° Gennaio a tutto Marzo 1891. 1. Atti della R. Accademia dei Fistio-critici di Stena. — Serie IV.?, vol. II, fase. 9-10 — vol. III, fasc. I. 2. Atti della Società toscana'di Scienze Naturalî (adunanze del 6 Luglio e 16 No- vembre 1890). 3. Atti della Società dei Naturalisti. — Modena, vol. IX, fasc. II, 1890. 4. Atti della Società Ligustica di scienze naturali e geografiche. - Genova, vol. II, num. l, 1891. | 5. Bollettino farmaceutico — Milano, fasc. 1, e 1 bis, 2 e 3, e supplemento (Rivista di mereiologia), 1891. 6. Commentari dell’ Ateneo di Brescia — per l’anno 1890. . 7. Gazzetta Medica lombarda. —- Dal num. 2 al 13, 1891, Milano. 8. Giornale di Anatomia, Fisiologia e Patologia degli animali. — Pisa, fascicoli di Gennaio e Febbraio 1891. ; 9. Giornale di Veterinaria Militare. — N. 12, 1890, e num. 1, 2 e 3 1891. —- Roma. 10. La Clinica Veterinaria —- Num. 12, 1890, e dal num. 2 al 7 e 9, 1891 — Milano. tI. La Nuova Notarisia. = Padova, fase. di Gennaio e Marzo 1891. 12. La Rassegna di Scienze Mediche. - Modena, fasc. 1, 2 e 8 1891. 13. Lo Spallanzani - Roma, fasc. 1 e 2, 1891. 14. Rivista generale italiana di clinica medica. — Pisa, num. 46 5, 1890, e ‘i num. l, 1891. 15. Rivista italiana di Scienze Naturali. — Siena, fasc. 1, 2 e 3, 1891. 16. Rivista italiana di Terapia ed Igiene. — Piacenza, fase. 1,2 e 8, 1891. ù 17. Annual report of the curator of the museum of comparative zoology. — 1889-90. ambridge. 18. Bulletin de la Société Vandoîse des sciens naturelle. - Fascicolo 102, Lau- sanne, 189]. 19. Anales de la sociedad cientifica argentina.- Buenos Aires, fasc. de Deciembre 1890 e de Fabrero e Marzo 189). 20. Anales del Circulo Medico Argentino. - Buenos-Aires, fasc. 12, 1890, e 1,2 e 3, 1891, 24. Feuille des jeunes naturalistes. — Paris, fase. 243, 244, 245, 1891. 22. The journal of comparative medicine ecc. - Philadelphia, fasc. 1, 2 e 8, 1891. 23. Revue biologique du Nord de la France. — Lille, fasc. 4, 5 a 6, 1891. 24. Bulletin de la Société Belge de microscopîe. - Bruxelles, num.'3,4 e 5, 1891. Sagan de la Société zoologique de France. - Paris, N. 10, 1890, et N. 1, 2 e 1. i 26. Annales de V enseignement superieur de Grenoble. - Grenoble, tome 1I, N. 2 et 3, 1890 — tome III, N. 1, 1891. 27. Bulletin of the museum of comparative zoology. - Cambridge, volume XX, fasc. 4, 6, 7 e 8, 1891. 28. Monitore zoologico italiano. — Firenze, fasc. 1,2 e 3, 1891. 29. Revue internationale de bibliographie. — N. 3, 1891. 30. Bullettino della Società Entomologica italiana. —- Firenze, trim. III e IV, 1890. 31. Spitalul, revista medicala. - Bucuresci, fasc. I, 1891. 32. Dizionario di pedagogia. — Milano, fasc. II, 1891. 33. Boletin de sanidad militar. - Buenos-Aires, fasc. II, 1891. 34. Anales de la asistencia publica. - Buenos-Aires, fase. II, III e IV, 1891. Numeri mancanti. . Gazzetta medica lombarda — N. 30 e 46, 1889; N. 26, 1890; N. 1, 1891. . Giornale di Veterinaria Militare. — N. 2 e 3, 1888. d Lula de la société belge de microscopie — N. 1, 2 e 3, 1888, e dal N. 1 Boletin clinico de Lerida. — N. 1,6 e 7, 1889. . Bulletin de la Société zoologigque de France. — Fasc. 4 e 9, 1889. . Fewille des jeunes naturalistes. - N. 225, 1889. . Anales del circulo medico Argentino. — Dal Fasc. 1 al ©, e 768, 1889, e 3, 1890. . Revue biologique du nord de la France. — Fasc. 5, 1890. . La nuova notarisia. —- Fasc. di Maggio 1890 e Febbraio 1891. 10. Rivista generale italiana di Clinica Medica. — Pisa, 2, 1889; fasc. 14, 1890. 14, La Clinica Veterinaria. — Fasc. 1 e 8, 1891. «2. Bulletin of the museum of comparative zoology. — Fasc. 5, 1890. 13. Anales de la sociedad cientifica argentina. — Fasc. Jenero 1891. 44. Revue internationale de bibliographie. —- N. 1 e 2, 1891. 15. Dizionario di pedagogia. — Fasc. 1, 1891. 16. Boletin de sanidad militar. — Fasc. 1, 1891. 17. Anales de la asîstencia publica. — Fasc. 1, 1891. al se oo Io Rò dodo» Elenco dei Signori che hanno pagato l’abbonamento. Tenchini Prof. Lorenzo. Parma, anno 1887. - Golgi Prof. Camillo, Pavia, anno 1885. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1890. — Prof. Comm. Pietro Pavesi pel Gabinetto Zoologico della R. Università di Pavia, anno 1888. —- Taruffi Prof. Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. - Fumagalli Dott. Achille, Como, anno 1891. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anatomia Umana Regia Università di Pavia, anno 1890. — Gabinetto Anatomia Comparata Regia Università di Pavia, anno 1889. - Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno 1890. - Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. - Gabinetto Zoologia Regia Università di Cagliari, anno 1889. - Pitzorno Prof. Giacomo, Sassari, anno 18883. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno 1886. - Arata D.r Pedro, Buenos-Ayres, anno 1887. — R. Orto Botanico, Pavia, anno 1890. - Gabinetto di zoologia R. Uni- versità di Genova, anno 1890. Anno XIII Giugno me N.2. PID PIIPIPIILITI SI SDSIISTISSII PISA Ei SIRVTIRO i REDATTO DA | LEOPOLDO MAGGI ‘PROF. ORD. D° ANATOMIA E FISIOLOGIA PROFESSORE ORDINARIO DI ANATOMIA COMPARATE UMANA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E ACHILLE DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA er > + Un Anno £, 8, GIOVANNI ZOJA PAVIA. Premiato Stabilimento T ipografico Successori Bizzoni. 21891, | INDICE 7 dei lavori contenuti nei fascicoli del V, VI, VII e VII anno dig È costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ANNO V. —- Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti. \ ‘a cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. .— Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — Cattaneo: Sall’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- - dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- tello, — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall’Intelvi. — No- tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. . do pa -Fasc. II. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome-- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo. adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi e C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologica (Cloruro di palladio). — No- — tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, pel Prof. A. De-Giovanni. Fasc. III. — Maggi: Ricerca di nitrati al microscopio. — Maggi: Sull’analisi ;eE A microscopica dell’ acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI di fontaniva del padovano. + Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gli- - cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Aipi. — Cattaneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’Infusorj.. Ra Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi- ‘eolo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonàrdi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). — (Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli 22/wsor7 (cont. e fine). ANNO VI. — Fasc. I.-- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu- nicazione preventiva). —- Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche (continua- zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras-. siti). - Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- . nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc..II. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene emulgenti. — Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii. — Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10.* Ulteriore comunicazione sui Profist? della Sardegna). - Maggi: Sull’ importanza scientifica e tecnologica dell'esame microscopico delle nostre acque. — Rivista. (Cattaneo: Sui profozoi del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. — Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale - So/co sopra- frontale (2.° comunicazione). — Maggi: Sull’influenza d’alte temperature nello svi-. luppo dei M:crobj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di dacteri e vibrioni, in presenza d’alcune sostanze medicinali. — Maggi: Sul-nuwero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque po- tabili e sul empo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- ventiva). — Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenio — Svizzera —- (Relazione). — Bonardi: Intorno all’influenza dell’acido fenico sui Mi- crobj e sul loro sviluppo. ‘professori. na- ‘ANNO VII. — Fasc. I. - Zoja: Sulla permanenza della glandola timo nei fan- ciulli e negli adolescenti (Nota II"). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini ri- guardanti i Protisti cholerigeni. — Bonardi: Sulle Diatomee del lago d’Orta. — «Maggi: Sulla analogia «elle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- rillum tenue Ehr. osservate da Warmin®. - Pellacani: Sulla resistenza dei ve- leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — Motzzze: Girard: (Analisi di una nota del Sig. Hommel di Zurigo sul cholera). - Comunicazioni: Cuneo. Sunto della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. 2 dor Sa defi da fai Maeva ia PERLE «def “SUN i i TIRI » PETS PAG TRS k ROTTE, SITR day3i ar 1, 7 spa fino XI Giugno 1891. N. 2 Bollettino Scientifico REDATTO DA LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA, GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, ACHILLE DE-GIOVANNI PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. Abbonamento annuoItalia L. SÌ Si pubblica in Pavia || Esce quattro volte all’anno. — > __» Estero » L9|(Uorso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in Un numero-separato. .. . » 2|[________ | Pavia dall'Editoreedai Redat- Un numero arretrato . . » <||Ogninum.° è dé 32 pag.-\| tori. FORNI: — Sopra un caso singolare di sinchiovum in microvo (con una ta- vola) — SOFFIANTINI: Sectio media verticalis anterior posterior per cada- veris congelationem secto mense graviditatis: — SENNA: I chirotteri della provincia pavese. — Recensioni: DE GIOVANNI: Morfologia del corpo umano, con applicazioni cliniche. — MAGGI: :Sopra uua diminuzione numerica dei denti nell’ Orango (Satyrus orang). — MAGGI: Intorno alla forma primitiva delle ossa nasali ‘“nell’Orango (Satyrus orang). — Studj fatti nel biennio 1889-90 nell’ Istituto Zoologico della R. Università di Genova, diretto dal Professore C. Parona). — C. PARONA: Elmintologia italiana, Bibliografia, Sistematica e Storia (continuazione). d0pra LI c250 inguine ? di siciovum in microv (CON UNA TAVOLA). Nota del Dottor LUIGI FORNI 0). Venne deposto a Pavia sul principio del Maggio 1890 un uovo singolarissimo; fu donato al gabinetto di Anatomia e Fisiologia comparate dalla gentilezza del signor Ernesto Bal- lerini, preparatore presso il gabinetto stesso e dal Direttore, signor Prof. L. Maggi, a me consegnato per l’ osservazione. (1) Questo studio venne fatto nel 1890, duranta il mio assistentato al Museo e Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Università di Pavia. 34 Trattasi di un uovo di gallina che ha dimensioni notevol- mente minori delle normali; il suo grande asse misura ap- pena mm. 26 e il piccolo asse ne misura 20, mentre nell’uovo ordinario di gallina il grande asse misura in media 60 mm. e il piccolo 40. È quindi visibilmente più piccolo della metà del- l’uovo ordinario. Questo caso di uovo di gallina, di dimensioni così piccole, e caratteristico per altre proprietà che descriverò in seguito, per quanto mi sia noto, sl presenta affatto nuovo nel campo scientifico, e non trova alcun riscontro nella bibliografia ovo- logica. Solamente ha qualche affinità, per le piccole dimensioni, col caso di ovum în ovo descritto dal Cattaneo (1), in cui le dimensioni sono di molto inferiori alle normali, misurando ìl grande asse mm. 44 ed il piccolo mm. 30. Questo caso dell Cattaneo si può dire, come questo che descriverò, unico tra i rari, trattandosi di due ovicini, uno interno e l’altro esterno, l'interno profondamente deformato e disseccato pochi giorni dopo la deposizione, in modo da sembrare un mezzo ovo, e l'esterno integro e privo di membrana testacea, d’ albume e di tuorlo. L’ovo di cui qui si tratta è di figura regolare (V. Tav. ‘fig. I.) ma alquanto più rigonfio, più rotondeggiante del nor- male, essendo il rapporto tra il piccolo e il grande asse al- quanto minore che nella media. Il guscio è di color legger- mente giallo-cinereo, e la sua superficie non è liscia come nell’ ovo comune, ma più o meno finamente granulosa, ossia letteralmente rivestita da tubercoletti rotondi, emisferici, aventi differenti dimensioni, ossia passanti dalla migliare fino a rag- giungere la grossezza della capocchia di uno spillo comune. (V. Tav. fig. 1.* a). Per la loro forma qussti tubercoletti ras- somigliano grossolanamente ai tubercoli esistenti sul derma- scheletro degli Echini, o ricci di mare, e sostenenti in modo articolato le spine, colia differenza che non hanno, come questi, (1) G. CATTANEO. — Znforno a un caso singolare di ovum în ovo. — Estratto dagli Atti della Società Italiana di Scienze Naturaii. Vol. XXII. — Milano, 1879. Tipografia Bernardoni di C. Rebeschini e C. 35 È il colletto, o strozzatura basale. Questi tubercoletti o granali non si trovano uniformemente disseminati sulla superficie del guscio; ma, se idealmente si fa passare attraverso all’ovo un piano obliquamente diretto dall'alto al basso, questo ne di- vide la superficie in due metà quasi uguali, sull’una delle quali, quella cui appartiene il polo acuto, o minore dell’ ovo, sì trovano i granuli grossi, sull'altra, a cui appartiene il polo rotondo, o maggiore del medesimo, sonvi di preferenza i mi- gliari. Inutile il dire che sono formati della stessa sostanza calcarea costituente il guscio. Rotto il guscio, questo si pre- sentò di uno spessore quasi doppio di quello del guscio or- dinario (V. Tav. fig. II.* a). Sotto il medesimo e aderente ad esso si manifestò una membrana testacea (V.Tav. fig. II.2 d) di colore bianco, tendente leggermente al roseo, come la nor- male, ma di uno spessore quasi doppio di questa, e di una consistenza quasi cartacea, che lacerata, lasciava vedere delle fibre sottili, simili a quelle che si ottengono lacerando un pezzetto di carta bibula. Esaminata al microscopio, la testacea presentò, come la normale, una struttura di fili intrecciati, una vera tessitura, che si può paragonare benissimo ad un tessuto nella volgare accettazione della parola. Al polo ro- tondo o maggiore dell’ovo fu osservata una camera d’ aria. (V. Tav. fig. II.* c) di proporzioni normali per rispetto alle dimensioni dell’ ovo. Entro la membrana testacea fu trovato l’ albume (V.Tav. fig. IL d) di aspetto e consistenza simile al normale, cioè disposto a strati più densi verso il centro del- l’ovo, e gradualmente meno densi partendo dal centro verso la periferia. Nessuna traccia della membrana calazifera e delle calaze. Esaminato al microscopio, presentò l’ aspetto dell’ al- bume ordinario coagulato, cioè una tessitura finamente fi- brillare. Entro l’albume, nella parte corrispondente al terzo supe- riore dell’ovo, si manifestava una piccola massa di color gialla- stro, o giallo-rossastro (V. Tav. fig. II.* e) di forma rotondeg- giante, ma un po’ irregolare, di dimensioni circa triple di quelle di un grano di miglio, che, esaminata al microscopio, sì mostrò costituita da granulazioni vitelline, proprie del tuorlo d’ovo; 36 questa piccola massa rappresenta quindi il fuorlo o vitello dell’ovo, quantunque notevolmente modificato. Questo ovicino che ora ho descritto, presenta quindi, oltre al guscio, la mem- brana testacea, l’albume e il tuorlo, ossia le parti principali proprie alla normale costituzione morfologica di un uovo dif- ferenziato o metovo (distinto dal protovo, od ovo ovarico). Vicino a questo tuorlo, anzi aderente ad esso, nel centro del- l’ovo, nuotante nell’albume e disposto lungo l’asse maggiore dell’ovo stesso, si è trovato un corpicciuolo (V. Tav. fig. II.* f) di color biancastro, della forma di un piccolo bozzolo di baco da seta, alquanto allungato e deformato nella sua parte su- periore, corrispondente al polo acuto dell’ovo, presentante cioè al suo terzo superiore una ripiegatura formante coll’asse longitudinale del corpicciuolo un angolo di circa 40° e re- stringentesi in punta in modo da presentare un diametro circa © la metà di quello del restante del corpo. — La sua lunghezza è di mm. 28, la sua massima larghezza è di mm. 8. A livello della ripiegatura esiste una specie di strozzatura trasversale, che, più o meno manifestamente circonda tutto il corpicciuolo, essendo tuttavia, com'è naturale, più pronunciata nell’ angolo della ripiegatura; e di queste strozzature ne troviamo sul corpicciuolo altre tre, un po’ meno pronunciate della prima, di cui una corrispondente al quarto inferiore di esso corpic- ciuolo, le altre due situate ad eguale intervallo sulla parte ripiegata del medesimo. Questo corpicciulo, di consistenza tra la solida e la pastosa, un po’ minore di quella presentata da un bozzolo di baco da seta, presenta di caratteristico nella sua superficie delle piccole granulazioni, a forma di tuberco- letti, analoghe a quelle osservate sulla parte esterna del gu- scio dell’ovo; non sono però così prominenti all’ esterno e, come quelle del guscio, presentano dimensioni differenti, es- sendo più pronunciate sulla parte inferiore, più grossa, del corpicciuolo, e diminuendo mano mano di grossezza verso l’e- stremità superiore, ricurva (V. Tav. fig. Il. f). Queste con- crezioni, della stessa natura calcarea di quella del guscio esterno, danno alla superficie del corpicciuolo un aspetto gros- solanamente granuloso; esse accennano al fatto che la parte spit se 97 esterna, corticale di questo corpicciuolo possa essere, come si è poi verificato, un guscio calcareo d’ovo in via di forma- zione, arrestato nel suo sviluppo per la sua inclusione in un altro ovo; in altri termini un guscio allo stato di incipiente calcificazione. E questo è stato provato dall’ esame microsco- pico di questa specie di guscio; esso infatti, previamente di- lacerato cogli aghi, mostrò sotto il microscopio una struttura a fili intrecciati e disposti in diverse direzioni, includenti in modo più o meno lasso dei corpuscoli che, trattati con acido cloridrico diluito, hanno fatto effervescenza e si sono trasfor- mati, dimostrando così la loro natura calcarea. Questo cor- picciuolo, aperto longitudinalmente sulla parte per così dire convessa, mostrò nel suo interno una membrana testacea (V. Tav. fig. III.2 d) aderente al guscio, avente caratteri normali e presentante al microscopio la tessitura della testacea ordi- naria, ossia la solita compage di fili variamente disposti e in- trecciantisi. Entro di essa si trovò un albume (V. Tav. fig. III? d) coagulato per essere stato il corpicciuolo immerso in alcool per circa una ventina di giorni, e quindi molto ridotto di volume, e avente l’aspetto di una massa oblunga, a figura. irregolare, di color bianco-latte e di consistenza pastosa. Non occorre dire che, quando l’ovicino è stato deposto, prima cioè di esser messo in alcool, questo albume avrà completamente riempiuta la cavità del corpicciuolo. Corrispondentemente alle strozzature osservate sulla parte esterna del guscio si osser- varono nell'interno del corpicciuolo quattro iramezzi o sepi- menti (V. Tav.efg. IL? c, c, c', c) di uno spessore un po’ maggiore di quello della testacea e formati dalla testacea me- desima, partenti quindi della superficie interna della membrana @ procedenti verso l’ interno entro la massa dell’ albume in modo da strozzarlo in diversi punti. Questi sepimenti arrivano fin quasi a ridosso della parte convessa del corpicciuolo (V. Tav. fig. IV c, c, c', e") ma non la toccano, lasciando così degli spazii liberi, che permettono all’ albume di comunicare colle cinque specie di concamerazioni così formate. Esiste poi anche un sepimento rudimentale al di sopra del sepimento in- feriore c" (V. Tav. fig. III c°'’). Di questi sepimenti membra- 38 nosi sono più spessi e consistenti quelli che corrispondono alle strozzature più profonde; così il più robusto è il sepi- mento c' che corrisponde alla strozzatura che sta all’angolo della ripiegatura principale del corpicciuolo; gli altri sono meno rilevati. L’albume, esaminato al microscopio, non presentò che il comune aspetto dell’albumina coagulata. Immerso nell’albume, al di sopra del sepimento c, ossia nella prima concamerazione, si osservò un piccolo corpicciuolo rotondeggiante (V. Tav. fig. III.* e), di sostanza giallastra, o debolmente colorato in giallo-arancio, grosso come la metà di un grano di miglio, che, esaminato al microscopio, presentò le granulazioni vitel- line tipiche. È quindi da considerarsi come un tuorlo. Al di- sotto del sepimento c, sta un altro piccolo corpicciuolo (V. Tav. fig. IIL* f) simile pe’ suoi caratteri al corpicciuolo e, e solamente un po’più grosso (quasi come un grano di miglio). Un po’ al di sotto di c” troviamo un’altra piccola massa si- mile alle precedenti (V. Tav. fig. III.2 g) ma un po’ più grossa (come un grano di miglio), e finalmente un po’ al di sopra del sepimento c” ne troviamo un’altra (V. Tav. fig. IIL* h), ancora più grossa e non rotondeggiante, come le altre, ma alquanto deformata e prolungata un po’in alto, in modo da sembrare quasi la fusione di due piccoli tuorli. Quest'ultimo e il primo corpicciuolo erano totalmente immersi nell’albume, (cosicchè per vederli si è dovuto naturalmente ricorrere alla dilacerazione del medesimo) gli altri due invece si manifesta- vano quasi alla superficie dell’ albume stesso. Questi quattro corpicciuoli di differenti dimensioni e disposti nell’albume a diversi intervalli, sono adunque, senza alcun dubbio, quattro piccoli tuorli, coinvolti da un albume comune, da una testacea comune, e da un guscio allo stato di incipiente calcificazione. Troviamo adunque quì tutti gli elementi costitutivi del me-. tovo e si può quindi affermare con sicurezza che questo cor- picciuolo, che si è descritto, è un ovicino incluso nell’ altro ovicino, prima descritto, e comprendente alla sua volta quattro tuorli; risulta cioè da un metovo complesso, mostruoso, for» mato inizialmente dal concorso di quattro protovi, che io ho 89 chiamato sinchiovum ossia un insieme risultante dalla sinchisi o fusione di molti ovicini. Questo metovo sì trova, come ho già accennato, incluso in un altro metovo pure mostruoso. Si presenta quindi, nella scienza ovologica un caso teratologico di sinchiovum in microvo, vale a dire un sinchiovum entro un ovo di dimensioni molto più piccole delle normali. Questo caso è più unico che raro, e si può con certezza chiamarlo nuovissimo, perchè è per la prima volta che si presenta nel “campo scientifico. Come si può morfologicamente spiegare questa rara mo- struosità ? | Si è veduto che in mezzo all’albume del corpicciuolo in- terno esistevano quattro tuorli di differenti dimensioni, e di- sposti a diversi intervalli. Questi quattro tuorli sono, come ho detto, altrettanti ovicini, staccatisi dall'ovario, quantunque rudimentali e incompleti per la mancanza di membrana vi- tellina, di vescicola e macula germinativa. Sono ovicini atro- fici, notevolmente ridotti di ‘volume, per mancanza temporaria di nutrizione, e dico temporaria, perchè questo uovo mostruoso è stato deposto da una gallina che, prima di questo aveva sempre deposto uova normali e che, dopo la deposizione del- l’ovo in questione, ha ricominciata la deposizione di uova ordinarie. (C'è stato però un passaggio quasi graduale nella mancanza di nutrizione, poichè, prima della deposizione di questo uovo, la gallina ne aveva deposti successivamente due un po più grandi di quest’ultimo, della grossezza di un uovo di piccione, di figura regolare, a guscio normale, ma mancanti di tuorlo). Questi ovicini atrofici, successivamente staccatisi dall’ovario, hanno percorso l’ovidotto, e la loro discesa lungo il mesometrio, od ovidotto medio, ha determinata |’ essuda- zione dell’ albume, che si è disposto intorno a ciascuno di essi, Quando il primo ovicino staccatosi, che io suppongo sia È, (V. Tav. fig. III = 4) è arrivato, circondato dal suo albume, al- l’istmo, che è la parte più stretta del mesometrìo, la è inco- minciata la formazione della sua membrana testacea; e, quando questa non era ancora completamente formata, è avvenuta la 40 discesa di un secondo ovicino (V. Tav. fig. III: 9g) pure con- tornato dal suo albume, e anche intorno a questo incominciò a formarsi la testacea, la quale si continuò colla testacea in- completa del primo ovicino, in modo da lasciare gli albumi dei due ovicini in comunicazione tra loro e dar luogo così ad un contenuto distribuito in due specie di concamerazioni, se- parate da un sepimento formato dalla testacea etessa. In se- guito, e mentre la testacea del secondo ovicino non era com- pletamente formata, avvenne la discesa di un terzo ovicino (V. Tav. fig. III. f) pure contornato del suo albume, e quindi di un quarto, e anche per questi due avvenne successivamente lo stesso fatto che pei due precedenti. Dopo la discesa del- l’ultimo ovicino, la testacea potè formarsi completamente, e allora si ebbero i quattro tuorli immersi in un albume co- mune, circondati da una comune membrana testacea, formante . tanti sepimenti, in modo da dare al corpicciuolo così formato una struttura concamerata. Dalla figura III 2 della tavola appare come i diversi tuorli non corrispondano perfettamente alle cinque concamerazioni del corpicciuolo; potrebbe darsi, anzi è quasi certo, che i tuorli sì sieno spostati nel loro albume, come pure che un quinto piccolo tuorlo possa essere sfuggito all’ osservazione. Questo corpicciuolo rappresentante la riunione di tanti ovicini, av- volti in una sola testacea, passa quindi dall’istmo in quella dilatazione dell’ovidotto impropriamente detta utero, dove in- comincia la formazione del guscio calcareo. E che quello che ho osservato e descritto all’esterno di questo corpicciuolo sia veramente un guscio allo stato di incipiente calcificazione, è provato, oltrechè dalla mia osservazione microscopica ed espe- rienza coll’ acido cloridrico, anche dal fatto che vi sono nel museo di Anatomia comparata dell’ Università di Pavia (Se- zione teratologica) delle ova mostruose di gallina, di diverse dimensioni, ma generalmente più piccole delle ordinarie, aventi forme molto analoghe a quelle del suddescritto corpicciuolo, ed un guscio completamente calcificato, e, presentanti, come questo, alla superficie diverse strozzature, accennanti certa- mente a delle concamerazioni interne e quindi alla fusione di diverse ova. 41 x La calcificazione del corpicciuolo è stata arrestata molto probabilmente dalla riascesa del medesimo lungo l’ovidotto, per un moto di volvulo o antiperistaltico, prodotto da un fe- nomeno insolito e certamente patologico, di cui non se ne saprebbe la causa. Il corpicciuolo è stato ancora spinto nel- l’istmo, anzi nella porzione un po’ superiore a questo, e là è stato sopraggiunto da un altro ovicino circondato dal suo albume, che scendeva pel mesometrio; l’ albume di quest’ ul- timo ha completamente avvolto il corpicciuolo, e il suo tuorlo si è addossato, come già ho accennato, al medesimo. Questo am- masso eterogeneo, formato dal sinchiovum incompleto e cir- condato dall’ovo sopraggiunto, è passato per l’istmo, in cui si è formata la membrana testacea; dall’istmo è passato nel- l’utero, in cui è avvenuta la formazione del guscio. Dall’ utero è poi passato nella quarta ed ultima parte dell’ovidotto detta, pure impropriamente, vagina, e da questo è stato spinto nella cloaca, da cui esci all’esterno. Lo spessore anormale del gu- ‘scio poi, e le granulazioni, che su questo sì osservano, si po- trebbero spiegare col fatto che la secrezione della sostanza destinata a formare il guscio, avendo trovato un ovicino così piccolo da rivestire, si è condensata alla superficie di questo in uno strato più spesso del normale e cosparso di granula- zioni, ciò che dimostrerebbe essere questa secrezione avvenuta in quantità normale e che il guscio sarebbe stato regolare qualora l’ovo avesse presentato un volume maggiore. Questa sarebbe la spiegazione del mio caso di sinchiovum in microvo, ipotetica, è vero, perchè ottenuta indirettamente e con metodo induttivo, ma, per quanto mi sembra, abbastanza logica e probabile, perchè risultante dal confronto tra il caso in questione e quello che si conosce intorno alla fisiologia della formazione del metovo. L’unica condizione che può sem- brare un po’ strana è quella di dover ammettere la riascesa "del sinchiovum dall’ utero, ove era già pervenuto ed in cui era incominciata la calcificazione del guscio, fin nella porzione superiore dell’ istmo per incontrarsi coll’ altro ovo, che scen- deva per l’ovidotto e che lo ha poi involto; condizione questa che non si può spiegare se non ammettendo, come sopra si è » 42 detto, dei movimenti antiperistaltici dell’ ovidotto, prodotti certamente da fenomeni patologici finora di causa ignota. Fra questi fenomeni patologici si potrebbe, per es.: ammet- tere anche una spasmodica contrazione dell’ovidotto in seguito a trauma o contusione proveniente dall'esterno. In ogni modo è certo che questa riascesa, qualunque ne sia la causa, è av- venuta, poichè sarebbe affatto inammissibile che l’ovo esterno od includente il sinchiovum lo abbia sopraggiunto e coinvolto nell’ utero, non portando esso nessuna traccia del suo pas- saggio per l’ istmo. i Del resto la causa prima, l'origine di questo ovicino com- plesso, risiede per sè stessa in una condizione anormale, pa- tologica, sia pure temporaria, dell'organismo da cui proviene; quindi nessuna meraviglia se, durante il processo dell’ ulte- riore sua formazione, sia successo qualche fatto insolito e. anormale, che abbia contribuito a complicare il fenomeno. Dal Laboratorio di Anatomia a Fisiologia comparate della R. Uni- versità di Pavia. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. I.° Ovo intero (grandezza naturale) — a, d, c, concrezioni cal- caree del guscio, di differenti dimensioni. Fig. II.* Sezione semischematica dell’ovo secondo un meridiano, in modo da presentare l’ ovo interno nella sua massima estensione — a. guscio calcareo; Db, membrana testacea; c, camera d’aria; d, albume; e, tuorlo o vitello; f, ovo interno. Fig. III.à Ovo interno aperto longitudinalmente e sulla parte con- vessa — 4, parte esterna del corpicciuolo, o guscio coriaceo in via di calcificazione; db, membrana testacea; c, e’, e", e”, e“; sepimenti for- mati dalla testacea; d, albume dell’ ovicino, coagulato; e, /., 9g, R, pic- coli tuorli inclusi nell’ albume. Fig. IV.2 Sezione semischematica longitudinale dell’ovo interno, — a, parte esterna del corpicciuoo; d, membrana testacea; e, c', e", e", sepimenti formati dalla testacea: d, albume. uri, Mr N 48 SECTIO MEDIA VERTICALIS ANTERIOR POSTERIOR per cadaveris congelationem secto mense graviditatis DESCRIPTA A Docrore J. SOFFIANTINI, sECTORE PRIMARIO. Apparteneva il cadavere a C. C. d’anni 21, III para, e, dalla sezione, risultò che aveva una vertebra ed una costa in più, la quale anomalia numerica vertebro-costale per eccesso fu osservata eziandio nel feto ed in una bambina di anni. 3 12 appartenente alla stessa madre. Il congelamento fu praticato mantenendo il cadavere in posizione eretta in apparecchio metallico a triplice parete, fog- giato a calorimetro, adoperando il miscuglio frigorifico di clo- ruro di sodio e neve, e previa la iniezione dei vasi alla Er- doss. Le misure instituite prima del congelamento furono le se- guenti: Dal vertice alla pianta, de’ piedi metri 1. 54. Circonferenza addominale a livello dell’ombelico mm. 675. Dalla sinfisi pubica al fondo dell'utero mm. 165. Dalla spina iliaca antero--superiore mm. 140. Dalla sinfisi pubica alla cicatrice ombelicale mm. 160. Dal centro di questa all’ apice della xifoide mm. 170. Prima della sezione, onde facilitare il compito, venne con un taglio orizzontale separata la testa dal tronco, passando attraverso il corpo della quinta vertebra cervicale. Indi assi- curato il torso ad una morsa da falegname, si praticò la se- zione mediana con una sega ad arco appositamente foggiata. Delle due metà del tronco vennero fatti i disegni all’acqua- rello, e della metà sinistra si fecero le fotografie prima e dopo la ricomposizione del feto, come pure di questa ultima venne fatto il modello in cera variamente colorato, ed il tutto si conserva nell'Istituto. Compiute tutte queste operazioni, i due pezzi vennero immersi in alcool a 90° dove si conservano tuttora. Passando sopra gli organi contenuti nelle due cavità splanc- 44 niche comprese nella sezione faremo osservare come questa si possa dire mediana in quanto che lo speco vertebrale fu aperto in tutta la sua estensione ed il midollo spinale tagliato quasi per metà in tutta la sua lunghezza, come pure fu se- zionata quasi sulla linea mediana la cervice uterina. Le misure del bacino ci diedero: conjugata vera centi- metri 11. 856, altezza della sinfisi pubica mm. 38. s Diametro cocci-pubico centim. 9. 360. Angolo d’ inclinazione del bacino 74°. Distanza dal promontorio alla punta del coccige mm. 110. Nella sezione dell’ utero è bene manifesto il segmento inferiore (anello del Bandl). Il feto è di sesso femminile, del peso di grammi 660, in presentazione di vertice, in posizione O. I. S. A. Le misure sono: Dal bregma alla pianta de’ piedi mm. 310 (diametro ce- falo-podalico). Dal bregma al coccige mm. 200. Diametro antero-posteriore (fronte-occipitale) mm. 64. Diametro biparietale mm. 54. Curva antero-posteriore mm. 110. Curva trasversale mm. 130. Circonferenza mm. 200. Il liquido amniotico misurava 700 c. c. La placenta inserita quasi al centro della parete ante- riore misura 1l centim. nel diametro longitudinale (sul piano di sezione), 32 mm. nel diametro trasversale. Il funicolo om- belicale è lungo 20 centim. Ho fatto nel testo, che va unito alle grandi tavole, dei raffronti colle opere dello stesso genere pubblicate da Braune, Chiara, Chiari, Schroeder, Waldeyer, Von Saexinger, Winter, Barbour e Braune-Zweifel. Ho dovuto astenermi dal trarre conclusioni, perchè oltre avere davanti un periodo di gravidanza non ancora da altri studiato, per quanto è a mia cognizione, si aveva pure a fare con una anomalia numerica vertebro-costale per eccesso. Trovai invece un'anomalia numerica vertebrale per difetto 45 . nell’ opera dello Schroeder, la quale anomalia confermata dal mio chiariss. maestro direttore dell’ Istituto, ebbi poi il pia- cere di vedere osservata eziandio da Braune-Zweifel a pag. 21 della recente pubblicazione « Gefrierdurschnitte in systema- tischer Anordnung durch den Kòrper einer Hochschwangeren gefilhrt von Braune W. u. Zweifel P. » Leipzig, 1890; ed ho cercato di rispondere alle obbiezioni sollevate di una esage- rata concavità o curvatura sacro-coccigea, la quale osservai quasi identica nella sezione di von Saexinger (Gefrierdurch- schnitt einer Kreisenden-Tibingen 1888), e tanto più in quella recentissima di Braune-Zweifel (1. c.). L’opera illustrata da sei grandi tavole in cromolitografia ed in nero e tradotta in latino ha visto in questi giorni la luce per cura dell'editore U. Hoepli di Milano. Istituto Anatomico della R. Università di Pavia. I CHIROTTERI DELLA PROVINCIA PAVESE Nota del Dottor ANGELO SENNA. Non est operose quidpiam moliri dedecus, Sed nihil omnino agere dedecus est. i i HESIOD. Jr Era mio pensiero di ritardare ancora la pubblicazione di questa nota, perchè, con molta probabilità, l'avrei arricchita d'un maggior numero di specie e, di certo, presentata meno povera dal lato corologico ; ma il timore di non poter in avvenire attendere a nuove ricerche, e la quasi completa mancanza di pubblicazioni su tale argomento, furono il mo- vente, per cui preferii far conoscere ora il quanto da me fatto. __Pochissimi naturalisti 8’ occuparono di chirotteri pavesi, perciò la bibliografia si riduce all’ enumerazione di alcune specie in due lavori, di cui uno è il Saggio di una fauna della Provincia di Pavia, inserito nelle Notizie chimico-agronomiche della provincia pavese; l’altro, dal titolo, Note faunistiche sulla Valle di Staffora, abbraccia, come si vede, | una zona limitata. Il prof. Prada, autore del primo lavoro, dà il sem- plice elenco di sei specie di chirotteri riscontrate in questa provincia e sono: Rhinolophus unihastatus, Rh. bihastatus, Plecotus auritus, Sy- notus barbastellus, Vesperugo noctula, Vespertilio murinus. Nell’ altra 46 memoria, che è del dottor Mazza, si annoverano tre specie, cioè: Rhi- nolophus ferrum equinum, Plecotus auritus, Vespertilio murinus, colle indi- cazioni delle località in cui le rinvenne l’autore e della loro maggiore o minore frequenza. Ricordo infine la citazione fatta dal dott. Major, ne’ suoi Vertebrati nuovi o poco noti, di alcuni esemplari di Vesperugo Savii, provenienti da Staghiglione nell’ Apenninp pavese, e quella nota su di un Vespertilio Bechsteinii, preso dal dottor Mazza nell’ agosto del 1883 a Varzi, inserita nel lavoro del marchese Doria sui chirotteri della Liguria. Risultano quindi essere state finora indicate della provincia pavese otto specie di chirotteri; io porto questo numero a diciasette che, senza dubbio, salirà ancora giacchè non dispero di ritrovarvi due o tre specie che.furono prese nella vicina Liguria. I0L La provincia di Pavia è una lista di terra posta a cavaliere del Po, comprendente una spaziosa zona pianeggiante e una notevole porzione. degli Apennini; essa è situata fra 44°, 31' e 45°, 25' di latitudine nord, fra 3°, 4' e 83°, 56' di longitudine dell’ osservatorio di Roma ed occupa un’area di chq. 3345. Varia e bella di molteplici aspetti si presenta questa provincia, secondo che la si consideri nelle sue parti piane, colli- nesche o montuose, ognuna delle quali ha un’ impronta speciale e ben definita. Una vasta serie di terreni non sempre perfettamente piani — in ispecial modo dove il sistema idrografico è più sviluppato — inter- rotti, intersecati da ondulazioni di terreno, da collicelli a morbide movenze, da vallette, ora fiancheggiate da coste alte, repenti, ora da morbidi terrazzi, e la plaga percorsa dal Ticino, resa accidentata dal capriccioso fiume, da’ movimenti scherzosi della costa ora nuda, arsa e piena di collicelli sabbiosi, ora sorridente, ora infine seria e maestosa per la tinta scura di annose piante, costituiscono la zona piana che comprende i territorî di Pavia e Lomellina. Più al sud — nascenti dalla vasta pianura — ergonsi i colli, alcuni di forme graziose, dalle ascese delicate, da’ folti vigneti; altri ripidi e scabri, coltivati qua e là a viti, a grani, a frutteti, a bosco, spesso anche affatto brulli e cespugliosi di rovi e di ginepri, intersecati da rare strade, tempestate di tanto in tanto da catapecchie, il cui squallido aspetto s’uniforma con quello triste del luogo. Questa zona costituisce il circondario di Voghera. Il Bobbiese, che è la parte più meridionale della provincia, è una regione quasi tutta irta di monti, incisa da precipitosi torrenti o solcata da limpidi ruscelli, selvaggia in più luoghi, in altri d’ una bellezza incantevole. In questa zona, ai boschi spesso esili e radi, ai gerbidi o alla nudità quasi com- pleta, s° alternano strappi di terreno coltivati a granturco, a frumento, a viti, a pomarî; boschi d’annosi castagni, ricchi pascoli dal color dello smeraldo, che attestano la varietà di suolo e di clima di questa regione, le cui parti a mezzogiorno, confinanti colla Liguria, godono d’un clima quasi meridionale. 47 Tale è l'aspetto della provincia pavese e, dal rapido schizzo che ne ho fatto, si può avere un’idea di quanto essa varii per suolo e per al- titudine. Questa accidentalità di suolo è una delle cause per cui i chi- rotteri vi siano abbondantissimi, perchò essa aumentando e moltipli- cando quei recessi e quelle località predilette da tali mammiferi, e col- l’offrire ambienti e condizioni di vita diversi, favorisce in certo qual modo il loro sviluppo. Le montagne con numerose fessure e buche, i vecchi edifizi isolati ein rovina, i luoghi alberati lungo le rive de’ corsi d’acqua ed altrettali siti, s° incontrano in questa provincia ad ogni piò sospinto. In soli quattro anni di ricerche io ho trovato sedici specie di questi mammiferi, e se di alcune di esse non ho che pochi esemplari od anche un solo, non le credo per questo rare, ma ne attribuisco la scarsità al non aver potuto esplorare tutti quei luoghi dove potevansi riscontrare ed all’ aver fatte poche escursioni di breve durata. Le mie ricerche si limitarono alla città di Pavia, agli immediati suoi dintorni e ad alcune corse nell’alto pavese, toccando Stradella, il Vogherese, Bobbio e le vicinanze, infine Ottone. La parte montuosa, ricca di spaccature e di buche deve per certo offrire ampia messe di chirotteri; io non ho potuto esplorare queste cavità che in autunno, sta- gione non molto propizia, perciò il risultato fu mediocre; ma potendovi fare delle escursioni durante il periodo letargico 0, meglio ancora, vi- sitandole parecchie volte nell’ anno, si troverebbero senza dubbio qualche volta popolatissime, in quanto che non sempre adatti recessi Servono di ricovero per tutto I’ anno ai chirotteri, ma invece taluni li albergano durante il letargo invernale, altri, quantunque abbiano le condizioni volute da animali ibernanti, sono abitati nella bella stagione, altri infine servono solo d’établissements de couches. Di quest’ultimo caso , sebbene alquanto differente pel luogo, posso citare un esempio nella stessa città di Pavia, il cui campanile del Duomo accoglie ogni anno una numerosa colonia di femmine pregne di Vespertilio murinus, le quali attendono a figliare e all’ allevamento de’ piccoli e dopo scom- pajono; del secondo caso, indico la grotta della Camerà su quel di Ca- steggio, ch’io visitai colla guida del signor G. Marangoni, nota da gran tempo perchè scavata nel gesso in vicinanza di acque solforose e de- scritta anche dal fisico Volta, la quale, sebbene possegga i requisiti vo- luti da animali in letargo — un certo tepore cioè e buona dose d’umi- dità — non è mai abitata da’chirotteri durante il verno, mentre ricovera nella state fino al principiar dell’autunno numerosi individui di Khino- lophus ferrum equinum e Eh. hipposideros. III. Intendendo con questo mio scritto di presentare un semplice elenco annotato, ommetterò qualsiasi cenno generale sulla struttura e sui ca- ratteri di questi mammiferi. Qualche anno fa, sarebbe stato d’uopo scen- 48 3 dere a considerazioni sull’ opportunità di adottare per le specie il nome d’un autore piuttosto che d’ un altro, oppure sulla necessità di rico- noscere per buona o no una specie, o infine per decifrare un’ingar- bugliata sinonimia; ma al presente tutto torna inutile essendo stato fatto da altri, e, coi bei lavori del Major e del marchese Doria, per quanto riguarda le specie italiane, tali questioni io le ritengo perfet- tamente esaurite. Non darò neanche sinonimie, approvando pienamente e in tutto la terminologia e le relative conclusioni portate dal marchese Doria nel suo bellissimo catalogo; aggiungerò invece ad ogni specie alcuni cenni sui costumi e talvolta qualche particolarità di struttura, apparsami dall’ esame degli esemplari; inoltre le località pavesi, la di- stribuzione geografica, quale risulta al presente in Italia e nel resto del mondo, infine quanto si conosce sulla distribuzione altimetrica che, come si vedrà, fu grandemente negletta, mentre, a parer mio, è di grande in- teresse. Il materiale che mi servì per la compilazione di questa nota è in parte conservato nella mia collezione e in parte in quella della R. Uni- versità di Pavia. Esso è stato quasi tutto raccolto da me nelle mie varie escursioni, ma fu aumentato mercè la gentilezza di alcune persone che mi sento in dovere di ringraziare. Dal compianto dott. Angelo Mae- stri, di cui Vinvida morte non mi permise che per poco tempo di po- ter apprezzare l’ animo nobile e 1’ estrema bontà di cuore, ho avuto non pochi chirotteri di Pavia e de’ dintorni; alcune interessanti specie di Val Staffora le ebbi dal dott. Felice Mazza; ricordo ancora colla massima riconoscenza la signora Emma Magnaghi Borgetti, che con una gentilezza più unica che rara me ne procurò di Zinasco, poco lungi da Pavia, e infine il chiarissimo mio maestro prof. Pavesi, cuni mi lega quell’ affetto, che solo può derivare da una sincera ammirazione e un gran debito di riconoscenza pe’ continui e innumerevoli ajuti d’ ogni sorta. Laboratorio di Zoologia della R. Università di Pavia, giugno 1891. ENUMERAZIONE DEI CHIROTTERI PAVESI. Fam, RHINOLOPHIDSA. 1.0 Rhinolophus Euryale. Blasius. Wiesmann Archiv. f. Naturg. XIX. 1. p. 49-52 (1853). Una sola volta mi fu dato catturare questa specie e fu nello scorso anno a Pavia, appena fuori porta, mentre, appostato col retino all’ in- gresso d’ uno dei tunnels sulla linea Pavia-Cremona, era in caccia di Eh. ferrum equinum. Accortomi subito dell’ inaspettata preda, ho rin- novate in seguito nella stessa località le mie ricerche senza vederle coronate dal successo; non è affatto improbabile quindi che il suddetto 49 individuo fosse 1° unico della specie e vivesse in buona armonia con una piccola famiglia di Ferri di cavallo dimoranti sotto l’anzidetto pas- saggio. Casi consimili di buona convivenza fra specie diverse di chi- rotteri, non sono tanto rari: ne citano, fra gli altri, il marchese Doria © il prof. Lessona. Questo rinolofo ha il volo basso e pesante caratteristico del genere, € vive generalmente nelle grotte in colonie più o meno numerose. Località pavesi. Pavia, fuori porta. Distribuz. geografica. In Italia il RA. Euryale è stato trovato in molte località sebbene non colla stessa frequenza: certamente è più abbon- dante nelle parti medie e meridionali che non nel settentrione della penisola. È indicato dal Blasius dei dintorni di Trieste, dellago di Garda © di Milano; a Recoaro, nel Veneto, lo trovò il Ninni e nel Modenese il Carruccio; in Liguria, il marchese Doria l’ebbe da varie località quali: Bocca Lupara, Grotta di Lerici, Grotta Dragonara, Molassana, Tana di Mortò e Borzoli. Trovasi in Toscana e nell’ Umbria, avendolo avuto il Major delle Alpi Apuane, della Grotta di Parignana e di quella di Fra- sassi; nella Puglia (Ruvo e Vignacastrisi), e nel Napoletano (Resina) secondo il dott. Monticelli; infine esemplari provenienti da Motta Fi- locasi, Nicotera, Soriano in Calabria, conservansi nella collezione ita- liana de’ Vertebrati a Firenze e di Sardegna nel Museo di Napoli. Il Carruccio lo cita anche di Reggio in Calabria. È specie dell’ Europa meridionale e del bacino mediterraneo: vive anche in Francia, nell’ Asia minore e nell’ Africa settentrionale. Distribuz. altimetrica. Nessun autore, a mia conoscenza, toccò l’im- portante questione: è presumibile però che abiti località poco elevate. 90 Rhinolophus hipposideros. Bechstein. Naturgesch. Deutsch. 1. p. 1194 sub. Moctilio (1801). Tl piccolo Ferro di cavallo è comune nella provincia ed anche nella stessa città di Pavia, ne’ giardini e nelle ortaglie private. Esce di le- targo assai di buon’ ora, avendolo veduto ai primi di marzo, e continua la sua vita attiva durante tutto l’ottobre. Vive per lo più in numerose società, ne’ campanili, uelle cantine, nelle fessure delle roccie, ne’ vecchi castelli e anche in luoghi non molto appartati e oscuri, da’ quali esce sul far della sera con volo lento e basso per recarsi non molto lungi dal suo nascondiglio, ne’ luoghi prediletti di caccia, come i viali e le allee de’ boschetti. Il Fatio, dice che esce tardi nella notte, ma io più e più volte l’ osservai al crepuscolo, quando la luce era ancor viva, e non solo ne’ giorni di sereno, ma anche in quelli piovigginosi d’ ottobre con temperatura abbastanza fresca. Spesso l’ho veduto rasentare il terreno © girare intorno un gran numero di volte ai cespugli , ad alberetti in mezzo ai prati, ne’ giardini e nelle campagne, sollevarsi in seguito ad un’ altezza di 2 a 3 metri, allontanarsi per qualche istante e ritornare di nuovo al cespuglio o all’ albero, ripigliando i voli circolari. 50 Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. A. Maestri, prof. Pa- rona, Senna), Stradella, Bobbio (Senna), Grotta della Camerà (signor Marangoni). Gli esemplari per lo più sono di color grigio-rossastro. Distribuz. geografica. In Italia è una delle specie più diffuse: è co- mune nel settentrione, pare invece poco frequente nel mezzogiorno. In Piemonte, il Lessona l’ ebbe di Rivarossa, Gassino, Terme di Vinadio, Moncalieri, Valle del Gesso, Caverna de’ banditi sopra Cuneo ; nel Canton Ticino, lo trovò a Lugano il prof. Pavesi; nel Veneto, Ninni lo cita di Treviso e della grotta di Costozza e del Modenese il Carruccio. Il marchese Doria catturò questa specie in Liguria a Borzoli e Cornigliano, ma è comune dalle Alpi marittime alle spiagge del mare; in Toscana, il Savi l’indica di Pugnano; nel Napoletano, di Camaldoli e di Resina, il Costa e il Monticelli; di Sicilia (Girgenti, Caltanisetta, Palermo), il Minà Palumbo e Doderlein; nella collezione de’ Vertebrati a Firenze, se ne vedono esemplari di Calabria (Bagaladi, Palma, Palizzi); io ne posseggo infine di Sondrio, di Lodi e di Firenze. De’ rinolofi è la specie che sì spinge più al nord, toccando essa le coste del mar del Nord e del Baltico; verso Oriente sarebbe indicata deila Siberia meridionale, del Caucaso e con probabilità penetrerebbe nella regione orientale; è conosciuta infine dell’Africa settentrionale. Distribuz. altimetrica. B\asius, parlando di questa specie, dice tro- varsi anche in alto sulle montagne e in den Alpen bis ber die Waldre- gionen; il Fitzinger, anzi, afferma che sale bis zur Schneeregion in den Gebirgen. Senza che sia maggiormente precisata 1’ altezza da questi au- ‘tori, sì comprende che il Rinolofo minore sia la specie di maggior di- stribuzione altimetrica; Fatio, la trovò infatti a 2000 metri sul livello del mare nella Svizzera; il Briigger, ne’ Grigioni, fino a 1000 metri e cita una colonia di 70 individui sotto il tetto della chiesa di Sontag a 861 metri. 8.° Rhinolophus ferrum equinum. Schreber. Sàugeth. p. 1. p. 147. n.0 20. t. 62; sub Vespertilio (1775). Ho trovato il Ferro di cavallo abbastanza frequente nella provincia di Pavia, da aprile a ottobre, non quanto però il Rh. Ripposideros, ma probabilmente ciò si deve alla sua consuetudine d’uscir piuttosto tardi alla sera. per cui riesce men facile il cacciarlo. Predilige le grotte e le caverne, ma abita anche i vecchi edifizii e i sotterranei d’ogni genere, riunito in famiglie non molto numerose durante la bella stagione, spesso in gran numero invece quando sverna. A Pavia, appena fuori mura, un manipolo di alcuni individui, abi- tava uno dei tunnels posti sulla linea Pavia-Cremona (1); alcuni altri (1) Questa dimora de’rinolofi mi par degna di nota, quando sì consideri che talî mammiferi amano luoghi appartati e quieti, condizioni che certo non si trovano ol isolati li trovai ne’'fori del muraglione che ricinge la città e costituisce la parte esterna de’ bastioni ed ho potuto accertarmi che aveano luoghi di caccia fissi che visitavano tutte le sere, dirigendovisi direttamente appena usciti dal loro ritiro. 5 Località pavesi. Pavia, città e immediati dintorni (Dott. Maestri, Senna), Varzi e Voghera (dott. Mazza), Bobbio, Ottone (Senna), Grotta della Camerà (G. Marangoni). Distribuz. geografica. Questa specie trovasi certamente in tutta Italia, sebbene finora non esistano dati per accertarne la presenza in ogni parte della penisola; in alcuni luoghi non pare frequente. In Piemonte, Les- sona la trovò comune e ne ebbe esemplari dalla Veneria reale, dal Ca- navese, da Rivarossa, Valle del Gesso, Caverne de’ banditi; nel Canton Ticino è citata di Lugano, Grotta del Mago, da Pavesi, e il dott. Cal- loni me ne donò un esemplare del monte S. Salvatore; nella Lombardia, De-Carlini e Galli l’ ebbero di Sondrio, Bettoni di Brescia, Balsamo Crivelli della Grotta d’ Entratico nel Bergamasco. Nel Veneto è comune dovunque, secondo il Ninni, ma pare che manchi nell’ estuario; Car- ruccio la indica del Modenese; Paglia del Mantovano, il marchese Doria della Grotta Dragonara e della Bocca Lupara in Liguria, dove è del resto comune in tutte le caverne e della grotta Parignanain Toscana; il Bonaparte, la dice comunissima a Roma ne’ capitelli di S. Pietro; il dott. Monticelli Vl ebbe di Capua e S. Maria (Napoletano); il Museo de’ Vertebrati a Firenze, di varie località calabresi (Nicotera, Motta Fi- locasi, Bagnara) e dell’isola di Capri; il museo di Napoli, della Basi- licata; Minà e Doderlein la indicarono di Sicilia, il Magretti della Grotta de’ Leoni presso Cagliari in Sardegna. Io la conosco inoltre del Duomo di Milano e del Castello di Trezzo. Il Eh. ferrum equinum è la specie più diffusa del genere, al nord si spinge meno del piccolo Ferro di cavallo, ma abita la maggior parte della regione paleartica e tutta 1’ etiopica. Distribuz. altimetrica. Gli autori italiani, che parlano di questa specie, accennano la sua presenza sui monti, ma in termini generici; il Ninni ne’ tunnels suddetti, ne’ quali, al rimbombo prodotto ad ogni passar di treno è da aggiungersi il fumo emesso dalla caminiera. Trovo utile aggiungere perciò alcuni dettagli. È da sapersi che la linea Pavia-Cremona, nel primo tratto, circuisce la città, lambendone i bastioni ed essendo posta ad un livello più basso del suolo di quella, passa per di sotto alle strade provinciali che metton capo a Pavia e trafora | le costruzioni avvanzate delle mura che trovansi sulla linea per mantener possibil- mente la linea retta. Questi sotto passaggi, abbastanza oscuri e lunghi quanto la sporgenza del bastione o la larghezza della strada di sopra, hanno due binarì — mentre il resto della via è ad un solo — ma uno di essi non è mai percorso da treni viaggianti, ed è occupato per lo più da carri quasi fosse un binario morto. Credo che da questo lato, perché più riparato, si ricovrassero i rinolofi che vedevo uscire dall’ apertura alla sera. 52 dice che vive di preferenza (nel Veneto) in luoghi montuosi; il Lessona, che l’ ha trovata anche sui monti; il marchese Doria però afferma che non sale mai alle altezze cui giunge il RA. Ripposideros. Consul- tando altri autori, la troviamo dal Fatio indicata jusqu’ à d’assez grandes hauteurs dans le bas de la région alpine e citata della valle della Reuss a 1450 metri. Nei Grigioni, il Briigger la indica fino a 1350: pare però che si spinga ancor più in alto, intraprendendo nella state delle mi- grazioni dalle valli verso il monte, d’ onde, con tutta probabilità, di- scenderebbe all’ avvicinarsi della cattiva stagione. Il Blasius dice: auf den Alpen findet man sie im Sommer noch in Hohen von 6000 Fuss (S. Gottardo) e il Koch più chiaramente: in Sommer trifft man diese Fle- dermaus mitunter hoch in den Gebirgen an, in den Alpen bis gegen 6000 Fuss uber der Meeresfliche: doch ist es sicher duss sie daselbst nicht &ber- wintert, und scheint auch diese Art auf kurze Entfernungen hin zu wan- dern. Sarebbe assai interessante il poter accertare e dettagliare tali casi. Fam. VESPERTILIONIDJ. Gruppo 1° PLECOTA. 4.0 Synotus barbastellus. Schreber. Saugeth. Pag. 1. p. 168. n.° 13. t. 55: sub Vespertilio (1775). Non potrei dire con sicurezza se il Barbastello sia frequente ne_ pavese, avendolo avuto poche volte de’ dintorni e della stessa città di Pavia. È una delle specie più sollecite ad uscir di letargo, ma non l’ho mai veduta, nel cuor dell'inverno, andar in caccia d’ insetti, come di- cono il Koch e il Fatio; nonostante so positivamente che ai primi di marzo questa specie ha già svernato e se l’annata è favorevole, anche alla fine di febbrajo. Sono sue dimore le vecchie volte, i sotterranei, le travi dei vecchi tetti, le grotte e le cave di pietra; io lo trovai una volta in un cavo d’ albero, ma quasi sempre è isolato e solitario anche nel verno. Esce presto di sera, nè teme un tempo piovigginoso o di vento, e con un volo leggiero e accidentato, mantenendosi a mediocre altezza, talvolta però abbassandosi fino presso il suolo, frequenta i bo- schi, i giardini, i viali alberati, le vie delle città e de’ villaggi. Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. Maestri, Senna). Distribuz. geografica. Stando al Principe Bonaparte, questa specie non è rara in Italia: al presente però non è accertata in molte parti della penisola ed in alcune vi appare rara; sembra in ogni modo più abbondante al nord che nel mezzogiorno. Lungo la catena alpina, Bla- sius e Koch concordano nel menzionarla di varî punti, quali, San Got- tardo, Val Fassa, Alpi Giulie. Nel Veneto, la cita il solo Nardo; di Lombardia se ne vedono esemplari nel Museo di Milano; in Toscana, il Major l’ebbe delle Alpi Apuane e del Castello di Val di Cecina; nel Napoletano, il Monticelli ne trovò un solo esemplare. È da ascriversi anche alla Liguria, avendola trovata il marchese Doria poco dopo la 55, pubblicazione del pregevolissimo suo catalogo, ed infine al Piemonte, sebbene non citata dal prof. Lessona, perchè io ne esaminai un indi- viduo di Varallo del prof. Calderini. Il Barbastello si spinge abbastanza al nord nell’ Europa, vivendo nella Svezia e in Finlandia, però può considerarsi una specie dell’ Eu- ropa media e meridionale; nell’ oriente lo ricettano 1’ Arabia, il Cau- caso, le parti medie e meridionali della Siberia, 1’ Imalaja; il limite sud sarebbe il nord dell’ Africa. i Distribuz. altimetrica. Temendo poco il freddo, questa specie elevasi notevolmente sui monti e secondo il Blasius bis zu den letzten Seenhittten delle Alpi: e aggiunge che auch am Harz ist sie bis zu den hòchsten be- wohnten Punkten nicht selten. Fatio afferma incontrarsi jusque dans la région alpine ed egli stesso l’ebbe dalla vallata d’ Urseren a 1500 metri, e il Brùgger, ne’Grigioni, l’ indica di 1600 metri, che è il limite più alto finora esattamente constatato. 5.° Plecotus auritus. Linneus. Syst. natur. Ed. XII. T. 1. P. 1. p. 47. n.0 5: sub. Vespertilio. (1766-68). Ho trovato l’ Orecchione non raro tanto nella città di Pavia, quanto nella provincia, però anche al dire del Dott. Maestri, in nessun luogo è comune. L’ epoca della sua vita attiva è dalla fine o tutto al più dalla metà di marzo alla metà d’ ottobre e durante questo periodo, abita gli alberi cavi, i buchi de’ vecchi fabbricati, le travature de’ tetti, donde esce, se il tempo è al bello, alla sera, cacciando lungo le allee, ne’ boschi, ne’ giardini, ed anche nelle vie della città, mantenendosi a me- diocre altezza con un volo leggiero e irregolare. D’ inverno si ritira in siti più riparati come i sotterranei, le grotte e i campanili delle chiese, in colonie di pochi individui, mentre nella bella stagione trovasi per lo più solitario. i Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. Maestri, Senna), Varzi e Voghera (dott. Mazza), Stradella, Bobbio, (Senna). Distribuz. geografica. È noto l’Orecchione di molte parti d’Italia, ma in pochi luoghi è comune: tra questi, a detta del dott. Monticelli, è il mezzo- giorno. Lessona lo cita del Piemonte, ma lo dice piuttosto raro; nel Veneto fu trovato dal Ninni e dal Nardo poco comune; il prof. Pavesi l’indica del Canton Ticino; il Bettoni, di Brescia (Bornada), il De-Carlini © il Galli, di Sondrio, dove è raro; il Balsamo-Crivelli, de’ boschi della Va- lera non lungi da Milano, e di questa città se ne vedono due esemplari nel Museo civico di Storia naturale. Del Modenese l’ ebbero Carruccio e Bonizzi; del Mantovano, il Paglia; di Genova, Voltri, Cavazzoli e Borzoli nella Liguria, il marchese Doria. Questa specie è pure compresa nelle collezioni locali del Museo universitario di Roma, è noverata dal | Monticelli del Vesuvio, Lettere e Camaldoli; nella collezione dei Ver- 54 tebrati a Firenze se ne conservano di Brindisi, Martano, Vignacastrisi; Ruvo, e Terra d’ Otranto, e finalmente in Sicilia, Minà e Doderlein la trovarono sull’ Etna, nelle Madonie, a Palermo, Cefalù e Girgenti. Io la conservo di Varallo edi Siena nella mia collezione privata. L’Orecchione, da quanto desumo dal bel libro del Marchese Doria, abita tutta la regione paleartica estendendosi dall)’ estremo limite occi- dentale a quello orientale e al Nord fino al 60° di latitudine, al sud tro- vasi ancora nell’ Africa settentrionale, e, stando al Blasius « ausserdem ist sie in Ostindien vorgekommen. Distribuz. altimetrica. Il P. auritus trovasi sulle montagne a note- voli altezze. Nelle Alpi e nell’ Ercinia, il Blasius afferma che non si eleva al di sopra della regione de’ boschi; Fatio trovollo a 1500 m. ad Andermatt e a 1800 nell’alta Engadina; neì Grigioni, il Britgger l’ebbe a 1900 m. e il marchese Doria afferma che fu spesso trovato in posti che si elevavano a quasi 2000 m. sul livello del mare, ma non dice la località. 3 (Continua). _—— RECENSIONI. Morfologia del corpo umano. — Studi del Prof. A. DE GiovannNI. — Editore Hoepli, Milano 1891. x E questo un libro che merita una considerazione particolare tanto per il suo indirizzo scientifico, quanto per le novità scientifiche in esso contenute, e che mostra ai medici, se (come pretendono) vogliono essere naturalisti, la via che devono seguire nei loro studi clinici. Nella prefazione l’ A. fa vedere come sia stato lungo il periodo di prepa- razione all’opera, e prima di esporre il suo nuovo metodo d’indagine clinica basato cioè sulla morfologia, riassume le leggi dell’ organizzazione. Fissa precipuamente che l’ onfogenia è una breve ricapitolazione della filogenia e che la varietà è legge dell’ essere. Dimostra quindi }’nsuficienza della diagnosi ana- fomica ed eziologica senza la morfologica: da qui massime diverse che devono regolare la terapeutica. Chiude questa prima parte con un bellissimo capitolo sulla medicina preventiva segnando il nuovo indirizzo del medico, quello cioè di sorvegliare l'evoluzione dell’individuo più che di dar precetti a fatti compiuti ed immutabili. Nella seconda parte continua a mostrare la necessità di premettere la dia- gnosi del tipo morfologico alla diagnosi eziologica ed all'anatomica. poichè, dice, nella speciale morfologia dell’ organismo sta la ragione della sua speciale morbilità. Devesi sempre indagare, nel far l'esame dell’ ammalato, se esiste qualche accenno filogenetico, e non accontentarsi dei caratteri, soliti e gros- solani per qualificare una costituzione forte o debole o linfatica e così via. Dà uno sguardo alla teratologia a dimostrazione della premessa che quello che sta a dinolar un errore nell’ evoluzione dell’ organismo 0 di alcune sue parti è elemento di morbilità. Si porta infine nel campo dell’ Anatomia e Fisiologia comparate e passa in rassegna i var) sistemi osseo, vascolare, nervoso e mu- scoloso ed il processo digestivo e nutritizio incominciando dalle loro forme ru- 55 dimentali nei primi esseri della serie zoologica e venendo su su fino all’uomo. Stabilisce così i riscontri degli arresti di sviluppo dell'organismo nostro con forme che rappresentano la norma per altri esseri della scala zoologica. . Nella /erza parte espone ii suo metodo per determinare il valore od il tipo morfologico individuale che consta della misurazione, ispezione, anamnesi e stato presente. Descrive poi un tipo ideale che esiste solo di concetto nel quale si dovrebbero avere questi rapporti: Altezza personale = Grande apertura Circonf. toracica = 1j2 dell’ altezza personale Altezza sternale = ljò della circonferenza toracica Altezza addom. = 2J5 idem idem di cui 15 dalla _base della xifoide al bellico e 1jò dal bellico al pube. Diametro Biiliaco = 45 dell’ altezza addominale. Tratta poi dell’ispezione del s. circolatorio preso in senso largo e ne trae concetti teorici e pratici che sarebbe troppo lungo l’ enumerare. Coll’ espe- zione del torace rileva un irregolare sviluppo dels. circolatorio quando trova più ampi il ] e 2 spazi intercostali ed evvi quindi un’ altezza maggiore del manubrio sternale. Parlando dell’ anamnesî ricorda come speciali attitudini, abitudini ed idio- sinerasie sieno devolute a speciali condizionì morfologiche. Fa un cenno quindi dell’eredifarietà esponendo come la si comprende bene studiando l’ac- crescimento dell’ individuo. L’ applicazione del metodo morfologico può poi supplire, quando manchi il criterio dell’ ereditarietà. Fa un capitolo a parte dell'esame morfologico del cuore; bandisce le mediè poichè dice ogni individuo deve avere un centro circolatorio proporzionato allo sviluppo avuto. Ricerca i diametri cardiaci, li pone in rapporto di proporzione coll’ organismo ed infine indaga i rapporti funzionali del viscere. =: Passa all’esame dell’ addome e dà le norme per stabilirne il grado di sviluppo degli organi; pel fegato p. es. tien conto, oltrechè dell’ ampiezza diversa della base toracica, della maggior o minor altezza della xifo ombellicale sulla ombel- lico pubica per giudicare del suo minore o maggiore sviluppo. Per l’intestino bada anche al diametro biiliaco. Trae infine da numerosi esempi clinici le norme per giudicare dello svi- luppo del fegato, reni, v. porta e v. cava inferiore, basate sempre sulle va- rianti delle misurazioni. In una quarta parte, dopo un epzl0go dei principii generali di morfologia e della fisio patologia che costituiscono la chiave del metodo, descrive le diverse combinazioni morfologiche = chè sotto questo nome indica l'insieme degli at- tributi morfologici riscontrabili in un individuo. « In una prima combinazione morfologica si avrebbe morfologicamente de- » ficienza del torace, dell’addome, sproporzionato sviluppo degli arti per ec- » Gesso, scarsa muscolatura, fisiologicamente insufficienza respiratoria, bassa » pressione intraortica, languide le funzioni trofiche in genere pressione in- » travenosa relativamente maggiore e conseguenze relative negli organi pa- » renchimatosi nei linfatici, nelle mucose, erettismo nervoso. « Nella seconda combinazione s° avrebbe invece eccesso di torace come ca- » rattere morfologico e considerato il cuore, predominio del Vs e da ciò » morbilità dell’asse circolatorio ed orgasmo vascolare ed iperemie arteriose » accompagnanti i mali acuti ». Dice dei mutamenti di queste combinazioni per rispetto al cuore, al torace, 56 all'addome, per i quali o si attenuano certe morbilità o altre ne originano e si hanno passaggi di predisposizioni in certi organi ad altri prima illesi. Trova qui l'opportunità di parlare diffusamente della pletora facendone quattro distinzioni in: ar/erzosa, venosa, linfatica e sierosa. Ne deduce ap- prezzamenti nuovi per l'applicazione della cura deplettva che deve cioè ve- nire intrapresa solo quando st conosca la morfologia speciale dell’ individuo 0 quando sta resa più risentita, più grave e forse pericolosa la speciale condizione pletorica propria dell’ individuo. Combatte strenuamente il medico sistematico tanto nella abolizione quanto nell’ applicazione del salasso, facendo un’inte- ressante rivista di casi pratici. Nella ferza combinazione morfologica fa rientrare i casi di smisurato sviluppo addominale: nota che è frequente dell’infanzia. Son del resto forme che en- trerebbero nelle due suesposte combinazioni, ma trova necessario di descri- verle a parte fuorchè esse nell’ eccezionale sviluppo del ventre offrono al- cune particolari morbilità. Sono come mostruosità della specie. Hanno pro- clività a catarri intestinali non solo ma a tutte le forme che con nome ge-. nerico si dicono di linfatismo addominale. Esamina poi le mordilità di questa terza combinazione considerata nelle atti- nenze che ha colle precedenti. In generale dice che nell’infanzia si ha più spesso: attinenza colla prima combinazione, quindi oltre alla qpermegalia epatica con- genita come stimmate della terza combinazione si hanno manifestazioni sero- folose ed anche più tardi tubercolari. Analogamente ai fatti epatici spiega la obesità che può insorgere in questi individui come pure in quelli delle precedenti combinazioni quando coll’evoluzione si sieno mutate le condizioni morfologiche in modo da aversi la costituzione pleforico-venosa così favore- vole alla polisarcia. Dopo aver detti grassi questi nei quali verificasi questa evoluzione e ma9gr? quelli nei quali non si hanno ulteriori cambiamenti morfologici, ma nel resto però entrambi rispondenti sempre alla prima o seconda combinazione, fa una rassegna delle forme morbose che si svolgono in ciascuna delle due serie. Considera infine individui della terza combinazione giunti ad efà matura e riferendosi sempre alla loro scissione in grassi e magri, li divide secondo le malattie che presentano e cioè mali dell’app. vascolare, locomotore, mali ad- dominali e mali procedenti dalle anomalie del ricambio organico. Troppo lungo sarebbe il riassumere questa interessante parte di patologia clinica nella quale l’autore per ogni malattia espone la serie delle individualità morfolo- giche che la devono o solo per poco ospitare, o rattenerla per sempre. Conclude consigliando a non intraprendere lo studio della Pafologia senza aver dianzi acquistato un buon corredo di cognizioni di Anatomia e Fisiologia comparate e di Embriologia. Dal giorno, nel quale si saranno generalizzati i principii della Morfologia nel dominio della Medicina comincierà l’ Era che dovrà dirsi della Medicina morfologica. E termina dicendo che: La Medicina preventiva che deve far garante l'individuo dai mali pei quali dimostra predispo- sizione sarà corollario della dottrina delle patogenesi come I° lgiene dell'individuo, informato ai principîit della Morfoiogia, detterà i precetti adeguati alla speciale condizione morfologica. P. M. 57 Prof. Leopoldo Maggi: Sopra una diminuzione numerica dei denti nell’ Orango {Satyrus Orang). Descritto il cranio e datane la determinazione riguardo ad alcune varietà di Oranghi, il Prof. Leopoldo Maggi tratta della dentizione di questo antro- poide in generale, ed in particolare poi di quella di un cranio d’Orango che ebbe dal Museo civico di Pavia, e nel quale riconobbe la mancanza del dente incisivo superiore laterale destro. Entra in seguito nei particolari intorno alla diminuzione numerica dei denti, facendo dei raffronti con quella del- l’Orango, ch'egli prese in esame. Da ultimo, ricercando la causa della man- canza del dente incisivo suindicato, trova di ripeterla dalla mancanza del corrispondente osso intermascellare esterno o mesognato di Albrecht. Il ‘Prof. Leopoldo Maggi quindi conclude, che il fatto odontologico da lui stu- diato nel cranio d’Orango del Museo civico di Pavia, diventa importante non solo pel soggetto in cui fu riscontrato per la:prima volta, ma anche per la causa che lo ha determinato, la quale essendo nuova ed indipendente dalle altre già note, va ad esse aggiunta. M. Prof. Leopoldo Maggi: Zr/orno alla forma primitiva delle ossa nasali nel- VOrango (Satyrus). L’ autore, dopo d’ aver ricordate le due principali forme di ossa nasali | degli Oranghi, già avvertite dal Prof. E. Giglioli, e cioè ossa nasali larghe (triangolari), e ossa nasali strette (rettangolari), ciascuna delle quali è accom- pagnata da propri caratteri craniologici, passa ad esporre i risultati delle sue ricerche fatte intorno ad ossa nasali larghe e strette di Oranghi adulti, giovani e giovanissimi, in seguito ai quali conclude che la forma primitiva delle ossa nasali degli Oranghi, è quella delle ossa larghe ossia delle ossa trian- golari, molto allargate alla loro base o margine libero. Questa forma, es- sendo quella che si osserva anche nei Chimpansé (Troglodytes) e nei Go- rilla (Gorla), diventa perciò la forma primordiale delle ossa nasali degli Antropoidi. Fra gli Oranghi poi, alcuni, come i Matias Kassà ed i Matias Pap- Pan, per un maggior allargamento delle apofisi montanti dei loro soprama- scellari, passato in eredità, hanno avuto una riduzione, nella larghezza delle loro ossa nasali, così da formarsi ossa nasali strette anche in giovanissimi Oranghi. Tuttavia in questi esistono delle parti rudimentali più o meno ma- nifeste, che ricordano nell’ontogenesi le condizioni filogenetiche e quindi la forma primordiale di ossa nasali larghe o triangolari. M. Studi fatti nel biennio 1889-90, nell’ Istituto Zoologico della R. Università di Genova, diretto dal Prof. Corrado Parona. — Genova, 1891. — È una pubbli- cazione importante per le numerose Memorie d’ interesse scientifico, parte delle quali sono dello stesso Direttore C. Parona, oltre del suo Assistente Dott. Felice Mazza e de’ suoi collaboratori Dott. Gerolamo Cuneo, Alberto Perugia, Ernesto Setti. Dalla prefazione di questo volume, si rileva che anche questi studi sono stati fatti colla solita scarsità di mezzi che regna nei Laboratori italiani; fatta eccezione di alcuni, i quali ne vengono forniti o per relazioni personali tra petente e concedente, o per convenienze politiche della regione in cui trovasi il Laboratorio scientifico. Noi facciamo le congratulazioni agli autori del suddetto volume, anche per la loro attività. M. 58 ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL | Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. (Continuazione vedi n. 1, marzo 1891). 474. PARONA E. — L’anchilostomiasi nelle zolfare di Sicilia. — Ann. Univ di Medic., vol. 277; Milano, 1886. 475. PaRONA E. — Bothriocephalus latus (Brems.) in Lombardia. (Nota pre- ventiva) — Rend. Istit. Lomb., serie II.*, vol. XIX; 1886. È 476. Parona E. — Intorno alla genesi del Bofkrzocephalus latus e la sua frequenza in Lombardia. — Archiv. per le Se. Mediche; vol. XI, pag. 41-92, con una tavola. — Torino, 1887. 477. PARONA E. — Sulla questione del Bofhriocephalus latus (Brems.) e sulla priorità nello studio delle sue larve in Italia. — Gazz. Med. Ital. Lomb.; 1887. 478. PARONA E. — Sur la question du Bofhriocephalus latus et sur la prio- rité dans l’etude des ses larves en Italie. — Arch. 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PERRONCITO E. — Gli echinococchi e la tenia echinococco. — Annali Acecad. Agricoltura. — Torino, vol. XXIII, 1879; pag. 61 (1 tav.). — Morgagni; anno XXII, pag. 773-778; 1880. — Der Thierarzt, XI, pag. 158-159. (Uber Echi- nococcuskrank. d. Rindes). ., 529. PeRRONcITO E. — Osservazioni elmintologiche relative alla malattia sviluppatasi endemica negli operaj del Gottardo. — Atti R. Accademia. dei Lincei; anno CCLXXIV, serie III.*, vol. VII, 1879-80, pag. 381-433 (1 tav.). — Compt. Rend. Accad. Se. Paris, tom. XC, N. 23, pag. 1373-1375. — Gazz. Méd. d. Paris; 51 An.e, serie VI.2, tom. Il, pag. 349-350, 1880. — Journ. Quekett Microsc. Club, vol. VI, pag. 141-150; 1879-81. Seduta del 2 maggio 1880. 530. PERROoNcITO E. — Nota sull’azione dell’ estratto etereo di felce ma- schio nei malati di olivoemia endemica provenienti dal Gottardo. — Osser- vatore; Gazz. d. Clnicae di Torino, 1880. — Accad. Medic., Torino; dicem- bre, 1880. 531. PeRRONcITO E. — Il Bothriocephalus iatus in Piemonte. — R. Accad. di Medicina; Torino, 1880. — L’ Osservatore; Gazz. delle Cliniche di Torino, N. 4i; 1880. 532. PeRRONcITO E. — Sullo sviluppo della così detta Anguilla sfercoralis, Bavay fuori dell’ organismo umano. — Archivio per le scienze mediche V, N. 2; Torino, 1881. — Journ. R. Microsc. Soc. (2), vol. II, parte II.2, pag. 191- 199. — Journ. Anat. Physiol. Robin; tom. XVII, pag. 499-519; 1881. 533. PERRONCITO E. — Storia clinica di un caso di Anemia per anchilo- stomi avvenuta nelle risaje del Mantovano. — R. Accad. su Medicina, 1881. — Gazz. delle Cliniche cit., 1881. .534. PeRRONCITO E. — Gli anchilostomi ed altri strongilidi in rapporto collo sviluppo dell’ antrace, delle febbri di malaria e di altre malattie infettive. — R. Accad. di Medicina, 1881. — Gazzetta delle Cliniche cit., 1881. 595. PERRONCITO E. — L’anemia dei contadini, fornaciai e minatori in rap- porto coll’ attuale epidemia negli operai del Gottardo. — Annali R. Accad. Agricoltura. — Torino, vol. XXIII, 1880-81. 596. PERRONCITO E. — Traitement de l’anemie du Gothard par la fougére male. — Revue Médic. d. 1. Suisse Romande pag. 163-168. — Genéve, 1881. 997. PERRONCITO E. — Der Dochmius und Verwandte Helminthen in ihren Beziehungen der sogennanten Bergkackezie: — Centralbl. f. d. Médic. Wo- chensch. N. 24. — Berlin, 1881. 538. PERRONCITO E. — Sui progressi dell’elmintologia in rapporto coll’igiene e colla terapia. — Collez. ital. di letture sulla medicina; Lett. II.*, pag. 349- 381. — Roma, Vallardi, 1881. 039. PERRONCITO E. e BERTI G. — Bothriocephalus duplice in cuoco che non uscì mai dal Piemonte. R. Accad. di Medic. di Torino 1881. — Gazzetta delle cliniche, 1881. 040. PERRONCITO E. — Genesi delle malattie prodotte da nematelminti le 62 cui larve vivono vita libera. — Giornale internaz. di Sc. med. 1880. (Confe- renza fatta al Congresso medico di Genova, 1880). 541. PeRRONCITO E. — I parassiti dell’uomo e degli animali utili; delle più comuni malattie da essi prodotte; profilassi e cura relativa. — Tip. Vallardi. Milano, 1882; (14 tav., 283 fig., 506 pag.). i | 542. PeRRONCITO E. — L’anemie des mineurs au point de vue parasitolo- gique. — Archiv. ital. des Biologie, tom. II., pag. 315-334, tom. III, pag. 7-23; 1883. 543. PerroNcITo E. — Sull’azione del cloruro di sodio e dell’ essicamento sopra le cercarie, le sporocisti ed i distomi perfetti. — Annali Accad. Agri coltura, voi. XXVII; 1884. — Arch. ital. de Biologie, tom. VI, pag. 154-158. 544. PERRONCITO E. — Parassitologia. — Gazz. degli Ospitali; anno IV, N. 66, pag. 521-523; N. 67, pag. 529-531; 1883. | | 9545. PERRONcITO E. — Osservazioni alla Nota del D.r Grassi ecc. — Giorn. R. Accad. Med. di Torino, fasc. II.; 1883. 946. PERRoncITO E. — Intorno ad una questione parassitologica. — Gazzetta Medica Ital. Lomb., serie III.*®, vol. V, N. 26 e 38. — Milano, 1£83. 547. PERRONCITO E. — The metamorphosi of ilaria sangumis hominis in the mosquitos by Patrick Manson: in: Transact. of the Linnean Soc. of London; 1884. — Gazzetta delle Cliniche. Torino, 1885. 548. PERRONCITO E. — L’anemia dei minatori in Ungheria. — Giornale R. Accad. Med. — Torino, anno XLVIII, vol. XXXIII, pag. 816-832; 1885. | ©49. PERRONCITO E. — Azione del freddo sopra gli scolici del C@nurus ce- rebralis. — Giorn. d’ Agricoltura pratica, anno IV, N. }, pag. 14-15. — Fi- renze, 1885. 909. PERRONCITO E. — Studi ed osservazioni sul distoma epatico e lanceo- lato. — Cura relativa. — Annali Accad. Agricoltura. — Torino, vol. XXVIII. — 1885. 501. PERRONCITO E. — Osservazioni fatte alle terme di Vinadio. — Annali R. Accad. di Agricoltura, vol. XXVIII; 1885. 092. PERRONCITO E. — Trattato sulle malattie più frequenti ed importanti degli animali domestici in rapporto coll’igiene dell’uomo. — Unione Tipogr. Editrice Torinese, 1886. 093. PERRONCITO E. — Sulla frequenza della 7@nia mediocanellata e la re- lativa scarsezza di osservazioni del cisticerco nelle carni bovine. — Giornale R. Accad. Medic. — Torino, anno XLIX, N. 5; pag. 125-126; 1886. | 554. PERRONCITO E. — Sopra un caso di Z'@rzia nana osservato per la prima volta in Piemonte. — Comunicazione fatta alla R. Accad. di Med. nella se- duta del 28 gennaio 1887. 000. PERRONCITO E. — Cellule oviformi nel fegato di un cane producenti lesioni analoghe a quelle della psorospermosi epatica nel coniglio. — Annali R. Accad. Agricoltura di Torino; XX; 1877. 06. PERRONCITO E. — Cura delle tenie e dei Aioco za: — Giornale R. Accad. di Torino, N. 4-7. — Torino, 1889. 557. PERRONCITO E. — Osservazioni fatte alle terme di Valdieri. — Esempi specchiati di parassitismo. — Annali R. Accad. Agricolt., vol. XXXII; 1889. 598. PERRONCITO E. — Echinococchi nelle pareti del cuore, filarie nello stomaco e strongili nel colon di tinghiali Sardi. — Annali R. Accad. Agricolt. — Torino, vol. XXXIII, febbraio 1890. 559. PERRONCITO E. e ArroLDI P. — Caso di tenia mediocanellata e di molte Leg TEST 65 tenie nane in un bambino di sei anni. — Gazzetta degli Ospitali, N. 70, pag. 554-555. — La Riforma medica, anno IV, N. 162, pag. 971-972; Roma, 1888. — Accad. Med. di Torino, 1839. ‘ 560. PerRONcITO E. e Massa C. — Azioni di diverse sostanze chimiche e specialmente della potassa sulle ova di Z'enia mediocanellaia. — Giornale R. Accad. di Medic. — Torino, anno XLVIII, N. 10-12, pag. 755-762; 1856. 561. PERRONCITO E. e Revmonp C. — Annotazioni intorno un cisticerco celluloso sotto-congiuntivale. — Giornale R. Accad. Medica. — Torino, 1879. 562. PeRTOT. — Cisticerco multiplo del cervello. — Conferenza scientifica del Collegio medico dell’ Ospitale di Trieste. — Il Morgagni, 1874. — PERUGIA A. (Vedi Parona C.). 559. PicciriLLi L. — Dell’elmintiasi oftalmica. — L’Indipendente, vol. XXX, pag. 425-430. — Torino, 1879. 564. Piana Giov. Pietro. — Intorno allo sviluppo degli embrioni del cisti- cerco pisiforme e alla consecutiva formazione delle cellule giganti ecc. nel fegato dei conigli. — La Veterinaria, anno II, N. 1; Milano 1881. — Giornale anat., fisiol. e pat. animali, fasc. V, pag. 283; 188). 565. Piana G. P. — Le cercarie dei molluschi studiate in rapporto colla presenza del Distoma epatico e del D. lanceolato nel fegato dei ruminanti domestici. — Clinica veter., anno V, (1 tav.); Milano, 1882. 566. Piana G. P. — Di una nuova specie di tenia nel gallo domestico (7. botrioplitis) e di un nuovo cisticerco delle lumachelle terrestri (Cl. dofrioplitis). Mem. Accad. di Bologna, serie IV.*, tom. II, pag. 387-394 (1 tav.); 1881. — Rendiconti idem pag. 84-85; 1880-81. 567. Piana G. P. — Studio sulla trichina spirale e sulla trichinosi. — Cli- nica Veterinaria, anno X, N. 1, 2 e seg. — Milano, 1887. 568. Prazza MARTINI VINCENZO. — Tre casi di anchilostomiasi nei zolfatari. — Riforma medica N. 168 (Rend. della clinica medica di Palermo). — Palermo, Tip. fratelli Vena, 1887. 569. Prazza MARTINI V. — Un caso di echinococco della milza. Giornale internazionale delle scienze mediche, anno IX. — Napoli, 1887. 570. Piazza Martini V. — Sulle cisti d’ echinococco in genere e del fe- gato in particolare. — Palermo-Catania, Tip. Nicolò Carosio, 1890; pag. 247 in 80. 71. Pisano G. B. — Lombricoidi nell’interno del fegato. — Nota sopra un caso osservato ecc. — Gazzetta degli Ospedali; Giornale di scienze mediche di Genova, anno I, pag. 115-120; 1858. 572. Pistoni. — Contribuzione allo studio dell’anemia del Gottardo. — Ri- vista clinica di Bologna, pag. 335; 1880. 573. Pistoni. — Sull’importanza dell’ anchilostoma duodenale. — Rivista clinica cit. — Bologna, 1882. 574. PLIniUS C. — Hist. nat. — trad. per Domenichi; Vineg., 1573. — Edit. Lud. Jan. Lips. 1870. — Trad. franc. Littré; Paris, 1850, lib. XI, $28 — XX, 19; XXI, 60,70; XXVI, 28 e 59; XXVII, 120; XXVIII, 59; XXXI, 45. 575. PoLATTI P. — Caso di anchilostomiasi in un fanciullo. — Gazz. Med. Ital. Lomb. N. 26; 1884. 76. POLLETTI LIONELLO. — Cisti avventizia del cenuro cerebrale del vi- tello. — Nuovi annali delle scienze nat.; serie IIl.", tom. VIII, pag. 462-467; (1 tav.); 1853. 577. PoLONIO ANT. FED. — Prospectus helminthum ecc. — Patavii, 1859. — Pavia, 1860. i 64 578. PoLoNIO A. F. — Nove helminthum species nuper observate; Lotos, 10 Jhrg., pag. 21-23; 1860. 7 579. PoLONIO A. F. — Lettera sopra una nuova specie di Ligula ecc. — Pavia, 1860. — Lotos, 10 Jhrg, pag. 179-180 ; 1£60. (Eine neues Art. v. Ligula). 080. PoLonIo A. F. — Catalogo dei cefalocotilei italiani e alcune osserva- zioni sul loro sviluppo. — Atti Soc. ital. sc. nat., vol. I, pag. 217-229 (1 tav.); 1860. 581. PorTAL PLACIDO. — Riflessioni sopra un ascesso al fegato complicato da idatidi. — Annali universali di medicina, vol. XCVII, fasc. 289, pag. 5-26. — Milano, 1841. 082. POSTEMPSKI. — Due casi di echinococco del fegato curati coì caustico del Recamier. — Soc. ital. di chirurgia, 1886. — Riforma medica N. 100; 1886. 988. Pozzi G. — Delle epizoozie dei bovi, delle pecore e dei porci e di al- cune altre loro malattie ecc. — Milano, 1812. 084. Pozzi G. — Echinococco del lobo sinistro del fegato; epatectomia. — Riforma medica N. 88, anno VI. — Napoli, aprile 1890. 589. PRIMAVERA. — Ricerca degli uncini di echinococco negli essudati pu- rulenti. — Rivista clinica dell’Università di Napoli; Supplem. della Gazzetta degli Ospitali, anno VI, pag. 6. — Gennaio, 1885. OSO. Puccio di — Riflessioni sulla cura della tenia. — i universali di Medicina, vol. XXXIV 087. PUTELLO. — Epistassi in un ragazzo per lombrici. — Memoria. della. Medicina contemporanea, tom. 1, pag. 273; 183 . 088. QuAanrI. — Filaria oculi. — Compt. rend. Congrés opthalmol. de Bru- xelles p. Warlomont, pag. 153. — Paris, 1858. i 589. RAMAZZINI. — De contagiosa epidemia, quoe in agro Patavino et tota fere Venetia ditione in boves irrepsit; Dissertatio. — Patavii, 1712. 990. RamPOLDI RoBERTO. — Cistieerco retroretinico, anatomicamente dimo- strato alla sezione del bulbo enucleato, ecc.; presenza della Zenia solium nello stesso individuo. — Annali d’Oftalmologia, anno IX, pag. 264-280, 1880. — Congr. périod. internat. d’Opthalmol. Compt. rend. VI, pag. 280-283; 1881. 91. RaMmPOLDI R. — Quelques notes sur les acidents oculaires dans l’an- chilostomiasis. — Compt. rend. Congr. cit. sect. de Milan; 1881. 592. RampPoLpIi R. — Di alcune malattie degli occhi in rapporto con la el- mintiasi intestinale. — Gazzetta degli Ospitali, anno VI, pag. 307-309. — Maggio, Milano, 1885. 593. RanpI. — Sulle recenti scoperte intorno allo sviluppo ed Die propa- gazione degli elminti. 594. ReDI FRANcESCO. — Opusculorum: pars prima, sive experim. circa ge- neratione insectorum. — Amstelodami, 1686. 595. RepI F. — Osservazioni intorno agli animali viventi negli animali vi- venti. — Firenze, 1684; Napoli, 1687; Amsterd. 1708; Lugd. Bat. 1729. 596. REGAZZONI INN. — La trichiniasi, — Como, 1869) 597. REGNOLI. — Due casi di cisticerco ladr. o della cellulosa osservati nel cadavere umano. Giorn. d’ anat., fisiol. e patol. degli animali dom., vol. lV, pag. 19-31. — Pisa, 1872. (Continua). Gerenti: I REDATTORI. Pavia, 1891; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni. tto nasale cartilagineo. ‘0.7 che di Pacini ni : Saggio di una di ‘una lezione). — re (corneo) del ven- e SÌ . = Zoja: Un cen- ) uola Juni di Pavia. (Prelezione ‘al corso di Anafo- 1885-86. (Transunto),— Maggi: Settimo programma ite coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno tinuità del plasma. germinativo di A. Weisman. la distinzione morfologica degli organi degli animali -— desi esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei della Partaraiorapia (Transunti). - - Notizie universitarie. er: - ] Zola. Altri casi di fs vtied doppio. — SR yttansdi Sirai. ll’inte dei pesci (Comunicazione preventiva). — Stefa- lebbra. - Sormani: Contribuzione agli studj sulla «= Maggi: Questioni di nomenclatura pro- y: Di un metodo per la determinazione degli Sull’ attenuazione. dei virus, e sui virus AK: ssità di Pavia, CONtra | il nuovo Se glagignio delle ‘Biblioteche. Zoja: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- somia descritti 5] nervo ulnare ed in particolare della topo- rachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu- jomia dell'encefalo dei Teleostei. (Nota pre- osizione delle cellule pigmentali nelle larve Consid / sulla morfologia delle. glandole in- - Maggi: dare un’idea delle forme degli 7nfinita- ICROSCOpio e senza disegni. — (Rivista). — Varigny: Microbi De-Giovanni : Uno sguardo alla Baeteriologia. (Prelezione). etriche {1.9 Statura e tesa). — Cattaneo: Ulteriori ricerche andole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Maggi: edica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’Uni- otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-86. — Cattaneo: Sul reo delle glandole da me trovate. nello stomaco del'o storione one ‘chimica. dei echi = i: Intorno agli ( gie "edigatis et agricole di Railliet. — Notizie universitarie. — xi cevuti. - - Indice (LS delle MATERIE del II volume del 207- cal VIII. inclusivo. Atti detta Soci-ta toscana di Scienze Naturali. — - Pisa (Memorie), voli: XI — È Atti della Società Ligustica di scienze nali — Genova, n.2 — 1891. ella” Società Veneto- Trentina di scienze an ae. — Padova, fasc. I — E 7a da de; rn dei Fisio-critici di Siena-— fasc. III e IV — 1891. < Boltelfino «lella Società dei ita - Napoli, serie 1%, vol. V, fasc. I — VITA _ Milano, fasc. IV e IV dis. Ve V bis — 1891. i Medico Cremonese. — Cremona, fasc. II — 1891. di Veterinaria. Militare. — Roma, fase. IV e V — 1891. Medica lombarda. — Milano, dal 1 14 al n. 25 — 1891. sf a Veterinaria. — Milàno, dal n. al.17 — 1S9I. ja Rassegna di Scienze Mediche. — a fasc. IV — 1891. L ca - Roma, Ca III e JIV— 1891. ma 43. Rivista italiana di Scienze Naturali. — “Siena! Aa: Iv, x) e NE 44. Kos generale italiana di clinica medica. — Pisa, fasc. VW: VII VII, Im 415. pi italiana di Terapia ed Igiene. — Bosa: fase. IV, Ve ve 1891. 2° 16. Monitore zoologico italiano. — Firenze, fasc. IV e b a+ \ A Um Ano £. PAVIA. LI Premiato Stabilimento Tipografico Successori Bizzoni, 1892. INDICE dei lavori contenuti nei fascicoli del V, VI, VII e VIII anno costituenti il Vol. II. del Bollettino Scientifico. ANNO V. — Fasc. I. — De-Giovanni: Alterazioni della cava inferiore complicanti la cirrosi epatica. (Com. preventiva). — Zoja: Rare varietà dei condotti epatici. — Staurenghi: Corno cutaneo sul padiglione dell’ orecchio destro di un uomo. — » Cattaneo: Sull’istologia del ventricolo e del proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. — Maggi: Intorno ad alcuni microrganismi patologici delle Tro- telle. — Bonardi: Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall’Intelvi. — No- tizie. — Magretti: Lettere dall’ Africa. Fasc. II. — Tenchini: Sopra un caso di prematura divisione dell’arteria ome- rale (con figura). — Tenchini: Cervelletto insolitamente deforme di un uomo adulto (con figura). — C. Parona: Diagnosi di alcuni nuovi Protisti. — Bonardi e C. F. Parona: Sulle Diatomee fossili del bacino lignitico di Leffe in Val Gan- dino (Lombardia). — Maggi: Tecnica protistologiea (Cloruro di palladio). — No- tizie universitarie. — (Cattedra e Stabilimento di Zoologia nell’ Università di Pavia). — Bibliografia. — Staurenghi: Sulla tisichezza polmonale, pel Prof. A. De-Giovanni. Fasc. III. — Maggi: Ricerca di nitrati al microscopio. — Maggi: Sull’analisi microscopica dell’acqua delle sorgenti chiamate FONTANILI di fontaniva del padovano. — Bonardi: Intorno all’azione saccarificante della saliva ed alla gii- cogenesi epatica in alcuni molluschi terrestri. (Comunicazione preventiva). — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. — Cattaneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli Infusori. — Parietti: Ricerche re- lative alla preparazione e conservazione di Bacteri e d’ Infusorij. Fasc. IV. — De-Giovanni: Studî morfologici sul corpo umano a contribuzione della clinica. (Nota IV*). — Zoja: Di una cisti spermatica, simulante un testi- colo sopranumerario. — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche. — Bonardi: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi (cont. e fine). — Cat- taneo: Fissazione, colorazione e conservazione degli #2fusorz (cont. e fine). ANNO VI. — Fasc. I. -- Zoja: Di un solco men noto dell’osso frontale. (Comu- nicazione preventiva). — Luzzani e Staurenghi: Anomalie anatomiche.(continua- zione e fine). — Parona: Materiali per la fauna della Sardegna (IX. Vermi paras- siti). — Cattaneo: Istologia e sviluppo dell’apparato gastrico degli uccelli. (Comu- nicazione preventiva). — Università di Pavia: Voti e proposte dei professori na- turalisti espressi alla facoltà di scienze matematiche e naturali. Fasc. II. — Tenchini: Di una rara anomalia delle arterie e delle vene emulgeenti. - Bonardi: Dell’azione dei succhi digestivi di alcuni gasteropodi terrestri, sull’a- mido e sui saccarosii.— Parona: Materiali per la fauna dell’isola di Sardegna (10.* Ulteriore comunicazione sui Prof:s77 della Sardegna). — Maggi: Sull’importanza scientifica e tecnologica dell’esame microscopico delle nostre acque. — Rivista. (Cattaneo: Sui protozoi del porto di Genova di A. Gruber). Fasc. III. e IV. - Zoia: Di un solco men noto dell’osso frontale — S0/co sopra- frontale (2.° comunicazione). — Maggi: Sull’influenza d’alte temperature nello svi- luppo dei Microbj. — De-Giovanni e Zoja: Risultati d’ esperienze sullo sviluppo e sulla resistenza di dacferi e vibrioni, in presenza d’alcune sostanze medicinali. — Maggi: Sul rumero delle prove d’esame per l’analisi microscopica delle acque po- fabili e sul /empo per ciascuna di esse. — Staurenghi e Stefanini: Dei rapporti delle fibre nervose nel chiasma ottico dell’uomo e dei vertebrati. (Comunicazione pre- ventiva). — Bonardi: Le acque termo-minerali di Acquarossa in Val di Blenio — Svizzera — (Relazione). — Bonardi: Intorno all’influenza dell’acido fenico sui Mz- crobj e sul loro sviluppo. \ i ANNO VII. — Fasc. I. - Zoja: Sulla permanenza della glandola timo nei fan- ciulli e negli adolescenti (Nota II"). — Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini ri- guardanti i Protisti choleriveni. - Bonardi: Sulle Diatomee del lago d’Orta. — Maggi: Sulla analogia delle forme del Kommabacillus Koch, con quello dello Spi- rillum tenue Ehr. osservate da Warming. - Pellacani: Sulla resistenza dei ve- leni alla putrefazione (Comunicazione preliminare). — NMNozizze: Girard: (Analisi di una nota del Sig. Hommel di Zurigo sul cholera). — Comunicazioni: Cuneo. Sunto della prelezione del Prof. C. Parona dell’Università di Genova. Anno XII. Settembre e Dicembre 1891. N.3 e 4. Bollettino Scientifico | LEOPOLDO MAGGI PROF. ORD. DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA, GIOVANNI ZOJA PROF. ORD. DI ANATOMIA UMANA NELLA STESSA UNIVERSITÀ, PROF. ORD. DI CLINICA MEDICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA. Abbonamento annuoItalia L. S| Si pubblica in Pavia || Esce quattro volte all'anno. — > > Estero » LO|Uorso Vittorio Eman. N. 73|| Gli abbonamenti si ricevono in Un numero separato . . » 2|[____—_—_—_—_—_| | Pavia dall’Editore e dai Redat- Un numero arretrato . . > «||Ogninum.° è dé 32 pag."|| tori. G. ZOIA : Sopra alcune suture cranio—facciali (Nota 1° : Sulura femporo-zigoma- tica). - R. ZOJA : Sopra alcuni esemplari di Dendroclava Dohrnii, Weismann. — B. CORTI: Sulle Diatomee del Lago del Palù in Valle Malenco.— B. CORTI: Sulle Diatomee del Lago di Poschiavo. - B. CORTI: Ricerche micro-paleon- tologiche sulle argille del Lago di Pescarenico (Nota preventiva). - SENNA: I chiratteri della provincia pavese (Contin. e fine).— Recensioni: Sulla strut- tura del Protoplasma (B&tschli e Peytoureau). — Dott.: LUIGI e RAFFAELLO ZOJA : Intorno ai plastiduli fuesinofili (bioblasti dell’Altmann). — R. ZDJA: Sulla trasmissibilità degli stimoli nelle colonie di idroidi. — F. E. SCHULZE: Sopra il Trichoplax adherens. - L. MAGGI: 1 mesognati asinchiti nei gio- vani antropoidi. — Notizie: Il Laboratorio di biologia del Lago di Plòn (Holstein), fondato dal Dott. Otto Zacharias. — E. PARONA: Elmintologia italiana, bibliografia, sistematica e storia (continuazione). SOPRA ALCUNE SUTURE CRANIO-FACCIALI ricerche del Prof. GIOVANNI Z0JA 3 NOTA PRIMA. Essendomi occupato in modo speciale delle suture temporo- zigomatica, fronto-zigomatica, fronto-mascellare e fronto-nasale, riferisco ora le mie osservazioni cominciando dalla Sutura temporo-zigomatica. Fra le diverse suture che si trovano nelle ossa del teschio umano ve ne sono poche le quali, in proporzione dell’esten- sione loro, presentino tante varietà quante ne offre la /emporo- zigomatica, o zigomatico-temporale, o temporo-malare, o malo- temporale, o semplicemente zigomatica che dir si voglia. 66 Ad eccezione di pochi autori, quasi tutti naturalisti e an- tropologi, e in gran parte italiani, che ricorderemo più avanti, parmi che i molti scrittori di cose anatomiche non si siano soffermati gran fatto sopra le disposizioni di questa sutura, poichè generalmente si ritiene che l’unione-tra le ossa tem- porali e le zigomatiche si faccia per dentellature che si cor- rispondono tra l’apice dell’apofisi zigomatica del temporale, tagliata obliquamente. a spese dell’ orlo inferiore, e l’ angolo posteriore del zigomatico disposto in senso contrario. È bensi vero che alcuni scrittori di antropologia, quali il De Lorenzi, il Morselli ed altri, hanno già da tempo avvertito che la sutura in discorso non è così semplice come generalmente viene am- messo, esponendo abbastanza distesumente il risultato delle loro proprie osservazioni, e che nelle molte figure e tavole presentate nei numerosi atlanti si trovi la conferma di tali affermazioni, ma ad onta di ciò si persiste a ritenere quanto venne ammesso in passato, e per ciò che concerne la parte descrittiva la sutura temporo-zigomatica parmi non sia stata presa ancora dagli autori nella dovuta considerazione. Le mie osservazioni in proposito caddero finora sopra 200 cranii all'incirca, ed eccone i risultati. I. Riguardo allo sviluppo la sutura temporo-zigomatica si stabilisce, come tutte le altre, quando si incontrano e si com- binano reciprocamente le parti delle ossa che concorrono a formarla. Nei PRIMORDII le parti ossee sono quindi affatto disgiunte, ma è a notarsi che qui l’incontro avviene relativamente presto, poichè prima ancora che siasi raggiunta la METÀ DELLA VITA FETALE, l’apice dell’apofisi zigomatica del temporale, da poco tempo apparsa, di solito tocca già l’angolo posteriore del ma- lare, e fin da questo momento gli orli, che dovranno poi co- stituire la sutura di cui ci occupiamo, sono per lo più tagliati in isbieco, e sì dispongono in modo che l’apofisi zigomatica sta un po’ più in alto dell'angolo del malare che le vien contro ; le parti ossee però non si toccano, ma stanno unite fra ioro per mezzo di tessuto connettivo fibroso. o la 1. 67 Al quinto MESE i margini si avvicinano maggiormente e il tessuto fibroso congiungente si fa più scarso. In quest'epoca si può scorgere che l’interlinea articolare è ordinariamente rettilinea e talvolta orizzontale, tal altra invece assumè una direzione obliqua, rilevandosi che l’estremità anteriore del- l’iniziante articolazione è di AReLone: poco più alta dell’estre- mità posteriore. Dopo il sesto MESE i margini dell’articolazione sono ancora più strettamente congiunti, e talvolta in questo momento sulla faccia esterna si vedono delle modificazioni nella figura del- l’articolazione stessa, modificazioni che appajono poi più ma- nifeste alla nascita. Sino dai PRIMI ANNI DELLA VITA AUTONOMA si manifestano più o meno spiccatamente figure diverse, e cioè, a punta da parte del temporale, e a incavo da parte del zigomatico, ad angolo talvolta retto, talvolta ottuso, tal altra acuto. Nello stabilirsi la figura, si modifica di pari passo anche la direzione la quale si allontana man mano sempre più dall’ orizzontale (fig. 12), innalzandosi gradatamente all’estremità anteriore. Durante il successivo sviluppo del corpo, aumenta natu- ralmente in proporzione anche la lunghezza della sutura, la quale poi si complica più o meno anche lungo i margini che la compongono a seconda delle condizioni che dovrà assumere poi definitivamente; talvolta si notano delle dentellature le quali però si appalesano alquanto tardivamente, direi non prima dei sei o sette anni. L'evoluzione successiva durante la FANCIULLEZZA e l'ADOLE- SCENZA ordinariamente non offre nulla di notevole in riguardo ‘alle varie condizioni che vi si riferiscono, ad eccezione del volume e delle dimensioni che naturalmente crescono coll’au- mentare di tutte le altre parti del teschio; sì chè si può ritenere che fino da questi periodi di età la sutura temporo- zigomatica assume sì può dire tutti i suoi caratteri fonda- mentali. II. A completo sviluppo le condizioni della sutura temporo-zigomatica sono diverse, e talvolta anche complicate, e si riferiscono principalmente alla figura, alla direzione, alla estensione, all’ aspetto dei margini delle sue superfici, non che ai casi di zigomatico doppio. Riguardo alla figura generale le suture temporo-zigo- matiche all’esterno possono essere semplicemente rettilinee, od ondulate, od angolari, o curvilinee, o miste. Alla figura RETTILINEA semplice non vogliamo dare una interpretazione troppo rigorosa e ristretta solo a quella lineare e regolare ovunque, come fosse una sutura per armonia, ma intendiamo comprendere nella stessa categoria anche tutte quelle che si avvicinano più o meno manifestamente alla linea retta con insignificanti ondulazioni e brevi dentellature, o con una leggera curva alla terminazione in alto; intesa in questo senso, la figura rettilinea della sutura temporo-zigomatica è certamente la predominante (fig. 1, 2, 3). La figura ONDULATA succede subito alla rettilinea, di cui si potrebbe considerare una varietà, e può essere più o meno sinuosa, a dentellature più o meno larghe a seconda della con- dizione alternata dai margini che la costituiscono: questa figura, solitamente, in alto è anche un poco curva, colla concavità all'indietro (fig. 4 e 8). » La figura ANGOLARE si può presentare sotto tre aspetti di- versi a seconda dell’angolo che si forma sulla continuità della sutura, ottuso cioè, retto od acuto. | L’angolo ottuso non è molto raro, ma si trasforma fre- quentemente nella figura arcuata o curvilinea; gli altri due angoli invece sono ordinariamente più netti e sensibili, e danno alla sutura una forma che si potrebbe dire a gradino, quando l’angolo è retto, o a lancia, quando l’angolo stesso è acuto. Cera figura a gradino risulta costituita dalla rettilinea che si piega ad angolo retto, o pressochè retto, lungo il suo decorso. Di solito le due rette che si incontrano per formare l’angolo, sono dirette l’una, l’inferiore, nel senso posteriore anteriore con tendenza alla linea orizzontale, e l’altra, la superiore, è verticale o quasi (1) (fig. 5 e 10). L'angolo può cadere o più (1) II DE LORENZI notò e descrisse bene questo genere di sutura — (Vedi Caso di rara anomalia dell’osso malare in : Giornale della R. Accademia di Me- dicina e Chirurgia di Torino ; Serie III — 1871, pag. 100). ‘asd 69 presto o più tardi nel percorso dell intiera articolazione, co- stituendo così di questa categoria di sutura a gradino nuove varietà, fra cui devesi rilevare quella che forma, benchè molto di rado, non uno ma due gradini, e in questo caso la linea interarticolare assume l’aspetto della lettera Z coricata. La figura a lancia, è l’altro aspetto sotto cui può pre- sentarsi la stessa sutura angolare. La figura a lancia diver- ‘sifica da quella a gradino, solo per la qualità dell’angolo, il quale anzichè retto, qui diventa acuto. Delle due rette che vengono ad incontrarsi per formare l’angolo, di solito l’infe- riore ha la stessa direzione che si osserva nella figura a gra- dino, mentre l’altra linea invece di dirigersi verticalmente, nella figura a lancia si volge in alto ed all’indietro. Queste due linee convergenti all’avanti per formare un angolo acuto aperto posteriormente, scolpiscono una cavità a V nell’apofisi tempo- rale dell'osso zigomatico, nella quale penetra l’apice dell’apofisi zigomatica del temporale foggiata a punta o lanciforme più o meno regolare (fig. 6); talvolta questa punta manca o è smussata (1). a LI La figura cuRrvILINEA ben decisa non è molto comune; di solito la parte curva è circoscritta alla metà od al più ai due terzi anteriori e superiori della sutura, restando il primo tratto, posteriore inferiore, rettilineo; talvolta però la curvatura ale: ressa tutta intiera l’articolazione (fig. 7). In generale la curva è sufficentemente regolare colla con- cavità rivolta all’indietro, o all’indietro e in alto. Anche in questa forma di sutura la parte concava dell'arco appartiene al zigomatico e la convessa al temporale @), Fra l'una e l’altra di queste figure trovansi combinazioni (1) Il Prof. MorseELLI (Sopra una rara anomalia dell’osso malare in: Ar- thivio per l’Antropologia e la Etnologia, Firenze 1872, Vol. III. pag. 323) fece notare che la sutura in discorso forma, quasi sempre, egli asserisce, un angolo più o meno acuto, aperto verso il temporale, che corrisponderebbe PBRADIO alla nostra figura 4 lancia. (2) Questa figura curvilinea della sutura in discorso venne ben rilevata anche dal Dott. GiusePPE AMADEI fin dal )}877 in casi di anomalie dell’ osso zigomatico, (in: Archivio per l’Antropologia ed. cit., Firenze 1877, Vol. VII. pag. 8). 70 e gradazioni intermedie per modo che male si potrebbero as- segnare in modo deciso ad una delle categorie suddette, e però si potrebbe per queste stabilire un’altra specie da chiamarsi sutura a figura mista (fig. 9). Di Non bisogna infine dimenticare che in qualche raro caso si osservano delle figure affatto eccezionali, come quella p. e. che ha la porzione superiore terminale della sutura a forma, curvilinea, ma colla concavità rivolta all’avanti e un po’ al basso. La direzione generale dell’ interlinea articolare tem. poro-zigomatica varia assai, dalla molto obliqua (1) e pressochè orizzontale, alla perfettamente verticale (@). (Vedi le varie figure). Per determinare con sufficiente precisione le varie direzioni della sutura in discorso, posto il cranio sul piano alveolo- condiloideo, suggerito dal Broca 6) e dal Topinard (9) pure preferito, e che può essere raggiunto benissimo col cranipoli- metro del Giacometti (©), mi servii d’una specie di goniometro trasparente, da me fatto costruire di cristallo sul modello del rapportatore degli Ingegneri. Con questo mezzo riesciva facile e comodo il determinare i varii gradi di inclinazione dell’in- terlinea suturale quando la figura era rettilinea o leggermente ondulata, ma non era così per.le altre figure angolari, cur- vilinee e miste. Volendo pur non di meno tentare qualche .Tipiego per riescire allo scopo, dietro varie prove, mi appigliai a quello di far. passare la linea rappresentante la direzione (1) Secondo Broca parrebbe che questa fosse la direzione più comune della sutura zigomatica (Vedi: Instructions craniologiques et craniometriques in: Mémoires de la Société d’Antropologie — Tom. II. Devxième sèrie — Paris, 1875, pag. 44. i S (2) Anche questa particolare direzione verticale della sutura temporo-zigo- matica fu notata dal Dott. Amadei in casi di anomalie dell’osso zigomatico, citato anteriormente. (3) Piano orizzontale alveolo-condiloideo — in: Instructions craniologiques et. cit. (4) Éléments d’Antrophologie générale, Paris, 1885, pag. 855. (5) Il Cranipolimetro del Dott. Vincenzo GIACOMETTI con figura in Atti e Memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova — Mantova 1881, pag. 167e seg. e Bollettino Scientifico redatto dai Professori Maggi, Zoja e De Giovanni — Pavia, 1882, anno IV, pag. l e seg. pr È 71 della sutura, sul principio in basso (1) e sulla fine in alto della sutura stessa, qualunque fosse la sua figura; preferii questo ad altri spedienti, quantunque ne riconosca prima di tutti io stesso i vizii e le inesattezze trovandolo se non altro di facile e sollecita applicazione. Con questo processo venni a conoscere che la direzione della nostra sutura, anche nelle figure più svariate, s’aggira entro i termini predetti, e cioè dalla orizzontale alla verticale. I.'estensione, che si riduce poi alla lunghezza della sutura, varia necessariamente a seconda dell’altezza delle re- lative porzioni delle ossa che concorrono a formare la sutura, e a seconda della direzione e della figura della stessa. . Quando è verticale è più breve, aumenta a seconda del grado di obliquità e nelle figure angolari e curvilinee in pro- porzione delle complicazioni loro. La lunghezza totale della sutura, varierebbe, secondo le mie osservazioni, da 5 a 20 mil- limetri. Riguardo all'aspetto dei margini ossei che ven- gono a formare questa sutura, sì deve notare che l’interlinea | articolare, sempre all’esterno, può essere, indipendentemente dalla figura e dalla inclinazione, uniformemente e regolarmente lineare, o ondulata o dentellata. Semplicemente lineare e uni- forme se gli orli sono lisci e apposti l’uno contro l’altro, presso a poco come si vede accadere nelle suture armoniche (fig.6 e 9); la stessa linea si fa ondulata quando gli orli pre- sentano delle brevi e larghe sinuosità e rilievi alternati e reciproci come si osserva frequenti volte all’ oDelior, o alla coronale sotto allo stephanion (fig. 3 e 4), diventa poi deci- samente dentellata allorquando gli stessi orli offrono in tutto, che è raro, o in parte, che è più frequente, spiccate sporgenze alternate da analoghi incisure, come avviene di osservare fre- quenti volte nelle suture fronto-nasale, fronto-zigomatiche e (1) NB. L’estremità inferiore delle suture malo-temporali sarebbe il punto ‘sul quale si prende la misura del diametro facciale chiamato dimalare poste- riore (Vedi TopinaRD Elém. d’Arthrop. gén. op. cit. .pag. 927). 72 simili (1) (fig. 9 e 11). Non ho mai veduto l’aspetto più compli- cato che notasi nel mezzo delle suture coronale, sagittale, ecc. Sulla faccia profonda o interna dell'arco zigomatico si vede che la sutura temporo-malare ripete in generale la figura che appalesa all’esterno, ma non sempre esattamente, poichè fre- quenti volte, anche conservando il tipo, la interlinea artico» lare, specialmente neila metà anteriore o superiore, non giace allo stesso livello o sullo stesso piano dell’esterna, ma si ab- bassa o si spinge un po’ più all’avanti, in forza d’un piccolo lembo osseo foggiato a squametta che si prolunga da parte del temporale sul zigomatico che vi si adatta; in questi casi quella parte di sutura apparirebbe in qualche modo squamosa. Alcune volte questa squametta è provveduta di alcuni dentelli piut- tosto lunghi. Talvolta ancora la figura è cambiata, tanto che mentre all’esterno essa si appalesa p. e. semplicemente e re- golarmente lineare, all’interno è irregolarmente o a gradino, o a lancia o anche a curvilinea. Separando le ossa si vede che a livello della sutura vi sono dei dentelli e delle infossature che non appajono nè all’esterno nè all’interno, ma che appartengono all’ anterstizio, si corri- spondono esattamente e valgono a rinforzare l'unione dell’ar- ticolazione stessa. Di più si osserva frequentemente che l’in- tiera superficie articolare è tagliata in isbieco anche nel senso trasverso, cioè dal labbro esterno all’interno, sì che il labbro interno dell’apofisi zigomatica è più basso dell’esterno, e al con- trario la parte corrispondente del malare offre una disposizione inversa. Talvolta ancora questa superficie è più complicata, perchè nel primo tratto inferiore e posteriore, il taglio obliquo è fatto a spese dell’orlo esterno da parte del temporale e al- l'opposto nel resto, o viceversa; la superficie articolare in questi casi avrebbe subito una specie di torsione dall'esterno all’interno nella parte anteriore e superiore, e dall’ interno all’esterno nella parte posteriore. Questa disposizione può ve- (1) Secondo varii autori, fra i quali anche il TESTUT, parrebbe che questo aspetto dentellato fosse il normale della sutura stessa (Traitéè d’ Anatomie humaine ecc. Paris, 1889, Tom. I, pag. 126); lo stesso dice anche il DESIERRE. 73 dersi in qualunque forma della sutura in discorso, È poi fre- quente di vedere, nei casi di sutura a gradino, a lancia e curvilinea, uno o due dentelli molto spiccati appartenenti al. l’apofisi zigomatica insinuarsi in analoghi infossamenti offertile dal malare nel punto più sporgente all’avanti dell’angolo o della convessità della sutura, ma solo sulla faccia interna del- l'articolazione. È assai raro che l’apofisi zigomatica presenti in basso ed all’indietro due braccia unentesi ad angolo acuto aperto all’avanti; un esemplare di questa varietà trovasi de- lineato in Bourgery (1). Riguardo alla frequenza delle diverse figure accennate, la rettilinea semplice, come ho già detto, è quella che predomina su tutte le altre; la si osserva nella metà dei casi e cioè 50 volte su 100 all’incirca, ed è pur quella che osservasi comu- nemente nelle tavole dei varii autori, tanto di anatomia, quanto di antropologia. A questa succederebbe tosto l’ angolare, e precisamente quella che abbiamo chiamata figura a gradino, poichè la si incontra quasi nel quarto dei casi. Viene quindi in ordine di successione decrescente quella che abbiamo indicato colla de- nominazione di figura a lancia, ma a molta distanza delle due prime, giacchè non Ja si osserva ben manifesta che 8 o 10 volte su 100, e fors'anche meno. Ancora più rara sarebbe la figura curvilinea; ad arco spiccato la si vede solo 6 o 5 volte su 100. Più di soventi si incontra la on semicurva e cioè al- quanto curva solo nella metà superiore. E così pure le figure ondulate e miste indecise, sarebbero un po’ meno rare della curvilinea decisa. Nel massimo numero dei casi, più dell’ 80 per 100, la di- rezione della sutura, qualunque sia la figura che presenti, ‘è obliqua, dal basso all’ alto e dall’indietro all’ avanti, con inclinazione differente, come diremo più avanti. La direzione verticale (fig. 3 e 4) non è rarissima, la per- (1) Traitè complet de l’Anatomie de l’homme ecc. Paris 1832, Tom. I, PI. 23, fig. X, e. 74 fettamente orizzontale invece non la vidi mai nell’adulto, bensì nel feto e nel neonato, (fig. 12), ma non costantemente. L’interlinea articolare semplice, a margini liscii in tutta la lunghezza nell'adulto non è rara, ma è più frequente l’a- spetto leggermente ondulato e con dentelli larghi e brevi o con dentellini poco manifesti. La disposizione ondulata si as- socia spesse volte alla dentellata ben marcata. Però i den- telli lunghi e robusti si mostrano di rado. In genere poi i dentelli non sono presenti su tutta la linea intersuturale; man- cano spesso, ma non costantemente, nel primo tratto inferiore della sutura, ma si manifestano nei tratti successivi; talvolta sono ben spiccati per tutta la lunghezza. Meritano qui particolare menzione quei casi nei quali vi ha la divisione anomala dell’osso zigomatico, non già perchè in questi casi si rilevino figure gran fatto di- verse dalle accennate, ma perchè a formare l'articolazione in discorso, ordinariamente entrano tutte e due i pezzi del ma- lare diviso, ed anche perchè gli autori in questi casi tratta- rono più o meno distesamente anche della sutura stessa della quale ci occupiamo, o la delinearono con molta accuratezza. Nei casi di ossa zigomatiche divise da sutura trasversale descritti, o descritti e figurati, da Sandifort (1), Cuvier @), Bre- chet (3), Barkow (4, De Lorenzi (©), De Quatrefages ed Hamy 6), e così in un esemplare da me (fig. 10) ultimamente raccolto, (1) Ep. SANDIFORT. — Observationes anatomo-pathologice. Lugd. Batav. 1779. — Liber III, pag. 113. Tab. VII.?a, fig. VII.? (2) G. CuvieR. — Lecons d’anatomie comparée, recuil. et publ. par M. Du- MERIL. — Bruxelle, 1836. — Tom. I, pag. 313. (3) G. BREcHET. — Sur les anomalies de los malaire, in: Annales des sciences naturelles. — Paris, 1844. — Zoologie. — Tom. I, pag. 25 e seguenti. Pl. VII, fig. Ia. (4) C. L. BaRKow. — Comparative Morphologie des Menschen und der men- schenihnlichen Thiere. — Breslau, 1862. — Zweiter Theil — pag. 74, Tab. XXXVII?, fig. I° (Cranii di Mori). (9) G. DE LoRENZI. — Caso di rara anomalia dell'osso malare, in: Gior- nale della R. Accademia di Medicina di Torino, 1871, pag. 96, fig. I2 (a si- nistra). (6) A. DE QUATREFAGES et E. T. Hamy. — Crania ethnica — Les crànes des races humaines ete. — Paris, 1878-79-82. — Atlas PI. LXXXIX, fig. I2 (Egiziano antico). i la È v) 5 e in un altro cranio di una prostituta (1), si vede in tutti che a formare la sutura temporo-malare entrino tutti e due i pezzi del zigomatico, e come questa assuma in tutti la figura da noi chiamata a gradino. Nella Se del cranio etrusco, descritto dal Garbiglietti @), la sutura è quasi del tutto verticale, essendo la sutura fatta per la massima parte dalla porzione superiore del zigomatico ; la parte inferiore dello stesso osso si articola un po’obliqua- mente e per breve tratto colla parte inferiore corrispondente dell’ apofisi zigomatica del temporale. La stessa figura verti- cale presenta uno dei bellissimi esemplari posseduti dal Museo Anatomico di Pavia 6). Nel caso offertoci dal Calori (4) si vede pure du il doppio osso zigomatico concorre colle due parti alla formazione della citata sutura, ma qui la disposizione è alquanto diversa dalle precedenti, poichè la parte inferiore della sutura colla porzione inferiore del zigomatico (jugale propriamente detto od osso masseterino) è breve, debolmente curvilinea, colla concavità volta in basso e un po’all’avanti; la parte superiore invece della sutura, formata colla porzione superiore del zigomatico (jugale orbitale) è più lunga, ancora curvilinea, ma colla con- ‘cavità rivolta più all’avanti che al basso. In questo caso l’in- terlinea articolare assomiglia alla lettera E majuscola mano- scritta. Nell’ esemplare del Morselli ©), l'unione dell’ apofisi zigo- (1) Questo eranio appartiene al Gabinetto di Dermosifilopatia, fondato dal chiarissimo sig. Prof. Angelo Scarenzio, alla cui cortesia ed amicizia rendo grazie per avermi permesso questo esame. i (2) Brevi cenni intorno ad un cranio etrusco. — Memoria del Dott. ANTONIO . GARBIGLIETTI, in: Giornale delle scienze Medion; Fascicolo di maggio 1841. — Torino. Di uua singolare e rara anomalia dell’ osso jugale ossia zigomatico. — No- tarella del Dott. Coll. ANTONIO GARBIGLIETTI, in: Giornale della R. Acca- demia di Medicina di Torino. — Anno XXI, Vol. LV, pag. 205 e seguenti. | (8) Il Gabinetto di Anatomia umana della R. Università di Pavia, descritto dal Prof. GIOVANNI Zosa: — Pavia, 1873, serie B Osteologia, pag. 649, N. 95. | (4) Delle anomalie più importanti di ossa, vasi, nervi e muscoli occorse nel- l’ultimo biennio facendo anatomia del corpo umano. — Relazione del Profes- sore LUIGI CALORI. — Bologna, 1869, Tav. I.°, Fig. IV.* (5) Enrico MorsELLI. — Sopra una rara anomalia dell’ osso malare, in: An- nuario della Società dei naturalisti in Modena. — Anno VII. — Modena, 1873, av. 1.8, Fig..I.*, 11.2 e01I1.* 76 matica coi due pezzi del malare si fa mediante una sutura disposta ad angolo più acuto, come egli stesso si esprime, in paragone dei casi normali. i L’Amadei ‘descrivendo altri esemplari di osso zigomatico diviso, ci fa conoscere che questa sutura in un caso è verti- cale e solo leggermente convessa all’avanti; in un altro caso la vide finamente dentata, leggermente convessa all’ avanti, e così in un terzo e quarto caso; in un quinto notò invece che la stessa sutura aveva una marcata convesstità all’ avanti (1) : questa foggia può esser compresa nella nostra UE curvi- linea. E così avverti pure il Riccardi (2) descrivendo le suture anomale dell’osso malare di sei cranii umani, notando che in un cranio Etrusco la sutura malo-temporale è fatta a V ro- vesciata, e lo stesso ripete per uno dei cranii di Rotella. Le figure illustrano queste varietà, e ricordano le forme già da noi indicate. Importa notare poi il caso descritto dal Nicolucci (8), poichè diversifica dagli altri in ciò che l'articolazione temporo-zigo- matica apparirebbe lineare semplice ed obliqua, e formata soltanto dal pezzo inferiore (jugale propriamento detto) del zigomatico doppio, ciò che deve importare ai morfologi. In un altro esemplare del Barkow (4), o meglio al lato destro di uno dei citati anteriormente, l’interlinea articolare in discorso pel tratto inferiore, corrispondente al jugale pro- priamente detto, è curvilinea colla concavità all’avanti, e pel tratto successivo, col malare superiore, la sutura è ondulata; tutta l’interlinea poi è manifestamente dentellata. Nell’altro esemplare di zigomatico doppio, da me raccolto. (1) Archivio per l’antropologia ecc. cit. Vol. VII — Firenze, 1877, pag. 3, o, 6,8e9. (2) Suture anomale dell’osso malare in sei cranii umani, Nota del Dott. PAoLO RIccaRDI in: Archivio per l’Antropologia ecc., op. cit., Vol. VIII, Firenze, 1878, pag. 4 e 12. (3) Sopra un nuovo caso di rara anomalia dell'osso malare umano, lettera del Dott. Cav. GIUSTINIANO NICOLUCCI al Dott. ANTONIO GARBIGLIETTI in: Giornale della R. Accad. di Medic. di Torino, cit. anno 1871, pag. 258, con figura. (4) BARKOW. — Opera, parte e tavola XXXVIII citata, fio. 2°. 77 anni fa (1), la sutura dell’apofisi temporale a sinistra è fatta col solo malare superiore, ed è semplicemente lineare e ver- ticale. 3 Nei casi di malare bipartito descritti ed illustrati con tavola da Wenzel Gruber (2) si trovano ripetute le figure da noi in- dicate, eccezion fatta delle fig. 4% e 72 dove fra l’opofisi zigo- matica del temporale e l'angolo posteriore del zigomatico es- sendovi un ossicino intercalare (che dev’essese assai raro), l'articolazione è alquanto più complicata. Dalle indagini finora da me praticate non trovai manifesti rapporti tra le condizioni della sutura in discorso ed altri] dati antropologici, devo però tosto soggiungere che queste ‘ricerche non sono ancora terminate, e può darsi che più tardi | approdino a qualche attendibile risultato. In via generalissima sì può ritenere che le figure più complicate della sutura si associano ai cranii più voluminosi e robusti, ma conviene di- chiarare subito che questo rapporto non solo non è costante, ma presenta eccezioni numerose e non per anco per me deter- minabili. Si notano poi differenze anche sullo stesso individuo confrontando i due lati fra loro, poichè, come accade di osser- vare in altre parti del teschio che la simmetria non si appalesa sempre precisa, avviene io stesso nelle condizioni della sutura di cui trattiamo. In generale però si conserva il tipo della figura e della direzione tanto a destra che a sinistra, e le ordinarie differenze sono soltanto di grado, poichè il passaggio da una figura all’altra è generalmente insensibile, tuttavia non infrequenti volte accade di vedere p. e. a destra la figura a lancia mentre a sinistra vi è la curvilinea, o la curvilinea, o la rettilinea o quella a gradino, e viceversa; lo stesso puossi ripetere per la direzione e lo stato degli orli: ciò non pertanto queste varietà non sono nè molto frequenti né molto manifeste. E così pure riguardo al sesso non appaiono spiccate diffe- renze, poichè anche nella donna si osservano tutte le figure e le direzioni della sutura temporo-zigomatica rilevate nel. (1) Il Gabinetto di Anatomia umana della R. Università di Pavia cit. pag. 46, N. 91. (2) Monographie iber das Zweig'etheilte Jocbein 0s zigomaticum bipartitum ecc. von Dott. WENZEL GRUBER (con tavola) Wien, 1873. 78 l'uomo; parmi tuttavia che la figura rettilinea semplice, la direzione obliqua, coll’interlinea articolare meno sinuosa e meno dentellata, siano in proporzione più comuni nella donna che nell'uomo: e così la direzione verticale della sutura nella donna m’apparve rarissima, ma con tutto ciò non si può a meno di conchiudere che riguardo a questa sutura nulla avvi che possa essere invocato come carattere sessuale. Finora rilevai solo che ai cranii metopici si associano le figure più complesse della sutura temporo-zigomatica, e cioè. esse sono 0 curvilinee più o meno manifeste, ed è il caso più frequente, o a gradino, cd anche a lancia — molto più di rado si osserva la lineare semplice. III. L’ ultima fase di questa sutura, come di tutte le altre, è la sua scomparsa. La sinostosi temporo-zigomatica mi apparve piuttosto rara (1) e avviene di solito in età molto avan- zata, ma non sempre. La sinostosi zigomatica completa e bi- laterale è poi rarissima: io non la incontrai che poche volte, e cioè nel teschio di un uomo di 84 anni e in quello di un altro uomo d’ anni 79; l’ ho tuttavia osservata una sol volta anche nel cranio di uno dell'età media. Nella donna questa sinostosi m’apparve anche più rara, completa poi e bilaterale non vidi mai neancho nelle età più tarde. Completa da un lato e incompleta dall’ altro è men rara, tuttavia non ne osservai che cinque esemplari d'adulti di età sempre superiori alla media. La sinostosi incompleta e unila- terale è la più comune, e sì può ritenere di incontrarla dieci volte su 100 esemplari d’individui di oltre 50 anni di età. L’ho vista incompletamente chiusa però a destra tanto in un uomo d'anni 45 quanto in un altro di 38. Ma è certo più frequente di trovare il contrario, e cioè vedere la sutura stessa aperta o almeno tuttavia bene tracciata \in età anche molto inoltrata. Infatti io possiedo alcuni esemplari di individui di (1) Secondo le molte tavole dei diversi autori da me ispezionate appari- rebbe però meno rara questa sinostosi, e per questo converrà fare ulteriori indagini. ‘79 90, 92, 100, 101 e perfino uno di 104 anni, nei quali la sutura in discorso è ancora manifesta. La sinostosi di questa sutura appare prima, come d’ordi- nario succede per la massima parte delle altre suture, sulla faccia interna, invade quindi frequenti volte l’ estremità po- steriore e inferiore della faccia esterna della sutura, poi l’e- stremità superiore della stessa e infine scompare la parte di mezzo della sutura sulla faccia medesima. — Non è però co- stante questo procedimento, poichè ho visto qualche esemplare dove la saldatura, compiutasi all’interno, si iniziava alla parte centrale della superficie esterna. (Continua). SU alcuni esemplari di Dendroclava Dohrn! Meismann DEL Dott. RAFFAELLO ZOJA. Il giorno 23 ottobre di quest'anno alla Stazione Zoologica di Napoli mi vennero dati con la usata gentilezza alcuni idroidi (Sertularella, Eudendriun, Campananularia) che i pescatori ave- vano portati dalle coste di Nisida. Tra di essi vi erano alcune “piccole colonie di una forma che a prima giunta mi parve molto somigliante ad un Corydendrium, con idranti però più piccoli assai che quelli del Corydendrium parasiticum Cav. Una di queste colonie sorgeva dallo stelo di una campanularia nel modo come di solito sorgono i tronchi di Corydendrium parasiticum da quelli di Eudendrium, per modo che la somi- glianza si faceva più spiccata. Osservate però al microscopio le colonie vidi alcuni bottoni medusoidi sotto il collo degli idranti; in questo come negli altri caratteri l’idroide rispondeva esattamente alla Dendro- clava Dohrnii descritta nel 1883 dal Weismann 0), e da allora, per quanto io so, non incontrata da altri. . Le colonie che io ebbi raggiungono una altezza di circa (1) Die Enstehung der Sexualzellen bei den Hydromedusen. Jena. 1883, p. 26. 80 due centimetri; sono abbastanza riccamente ramificate e dal tronco partono rami ora a destra, ora a sinistra forse con regolarità un po’ minore che nel caso descritto dal Weismann, Il perisarco, non solo alla parte basale della colonia, ma anche presso il collo degli idranti risulta dei due tubi descritti dal Weismann; l'esterno è liscio e diritto, l’interno ondulato. Gli idranti sono claviformi con tentacoli sparsi, in numero di 12 circa; in alcuni individui essi sono discretamente lunghi. Sullo stelo dell’idranto sorgono le gemme medusoidi portate da un distinto peduncolo. Dalla loro struttura, dice il Weismann, si riconosce che debbono liberarsi. Io tenni le mie colonie per due o tre giorni viventi in acquarietti con acqua marina con- tinuamente rimutata e potei infatti ottenere un certo numero di medusette che nuotavano liberamento nel vaso, come le meduse di una Bougaîznvillia o di una Podocoryne: confrontate colle gemme medusoidi della Dendroclava è evidente che queste meduse ne sono la ulteriore evoluzione. Le meduse libere della Dendroclava Dohrnii sono alquanto più grandi di quelle della Podocoryne carnea. Hanno una om- brella ed un velo ben sviluppati; il manubrio è invece piccolo (non giunge a metà dell’ombrella), in forma di bottiglia, con piccole ramificazioni alla bocca. Verso la metà della sua lun- ghezza porta 4 macchie giallo-verdastre interradiali a superfice liscia, i gonadi. I canali radiali sono 4, appiattiti come nella famiglia Tiarido:. Al disotto di essi si riconosce una fina fibril. latura longitudinale. I tentacoli marginali sono 8; quattro radiali, in continuazione coi canali radiali e quattro intermedi; la base di tutti gli otto tentacoli è fortemente ispessita e porta alla faccia inferiore ed alla sua estremità distale una mac- chietta di colore aranciato (ocello). Il Weismann dice che questa medusa deve porsi nella fa- miglia Tiarido di Heckel e nella sottofamiglia Pandoide, ed è forse riferibile al genere Pandea Lesson o Conis Brandt. L'esame degli individui adulti mostra che appunto essa ha i caratteri della fam. Tiaridae (1) e della sottof. Pandeidae; non si può però riferire al genere. Conis Brandt, mancando della (1) E. HacgeL. Das System der Medusen Jena, 1879. I. Theil. I. Halft. p. 40. 81 caratteristica doppia corona di tentacoli di cui i superiori . brevi portano gli ocelli; probabilmente non va neppure com- presa nel genere Pandea Lesson; io non potei infatti osservare i cordoni urticanti (Nesselstreifen) della exombrella che di- stinguono questo genere. La forma polipoide venne dal Weéicwani diri alla fa- miglia Clavide. Stando ai criterii dell’ Allman 01) per il fatto di avere gonofori medusoidi dovrebbe essere invece posta nella famiglia Turride, dalla quale andrebbe poi tolto il gen. Cory- dendrium che l'Allman vi aveva messo per le incertezze che | ancora regnavano intorno a’ suoi organi riproduttori. Per quanto si riferisce all’habitat di questa forma, noto che gli esemplari miei furono trovati in condizioni notevol- mente diverse da quelle in cui viveva il primo esemplare de- scritto. Il Weismann ebbe una colonia estratta da una profondità di 70-80 metri; egli parla quindi della Dendroclava Dohrnîi come di una forma vivente a grande profondità; gli esemplari miei venivano invece dalle coste di Nisida, ora basta dare uno sguardo ad una carta batimetrica del golfo di Pozzuoli per vedere come l’isola di Nisida sia circondata tutta da mare poco profondo. SULLE DIATOMEE DEL LAGO DEL PALÙ ‘ - IN VALLE MALENCO. Nota del Dottor BENEDETTO CORTI. Il lago del Palù, in provincia di Sondrio, trovasi sulla sponda sinistra della valle Malenco a 1993 m. d’altezza sul ‘livello marino. È coronato dalle pendici del M. Nero a N. e dal M. Motta a S. e lo alimentano due piccoli corsi d’acqua perenni che scendono dal contrafforte E. dei due monti, segnante la linea di displuvio fra la valle Malenco e la valle di Campaccio che incide i fianchi del Scerscen; il lago non presenta alcuno apparente emissario. (1) A. F. ALLMAN. A monograph of gymnoblastie or Tubularian Hydroids. 1872, London. 2 82 La sua origine è senza dubbio morerica e si può rico- struire con dati sicuri dietro l'osservazione della orografia e idrografia della regione. La quale è molto interessante, dal punto di vista geologico, per la successione degli scisti clo- ritici talcosi associati a calcari dolomitici. grigiastri, degli scisti tegolari magnesiaci, delle quarziti micacee e arenacee, dei serpentini e delle pietre ollari. Una delle morene laterali dei Monti del Muret, dell'Oro e del Pizzo Tremoggia si insinuò nella vallecola che dalle falde S. O. del M. Nero scende a metter foce nel Fiume Mallero, e portò il detrito erratico a monte dì essa, sbarrando dal lato di O. e S. S. O. le acque dei due piccoli corsi d’acqua, di cui dissi poco sopra, i quali così trattenuti formarono il lago del Palù. Io penso che il fenomeno non possa avere altra plausibile causa allo infuori di questa accennata da me. Di fatto, se dalla sponda destra del Mallero si passa sulla manca, per salire a S. Giuseppe, sì osserva una vera frana di scisti cloritici tal- così, micascisti, e serpentini, che si eleva di circa 50 m. sul letto del Mallero e presentante un aspetto caotico molto ca- ratteristico. Al di sopra di essa si stendono i prati Vernzuel a linee morbide, ondulate e più in là si attraversa, salendo per circa 100 m. a mano manca della vallecola un bosco di larici tutto sparso di massi di serpentino e micascisto, alcuni dei quali di rimarchevole volume. Quindi si stende un piccolo altipiano erboso detto dei Barché dopo il quale incominciano di nuovo i larici che coprono tutto il dosso che a mò di argine forma la sponda occidentale del lago. Anche qui si incontrano, meno frequenti però, i massi er- ratici di micascisto sporgenti attraverso il terriccio vegetale. Non è adunque a dubitarsi che non si abbia a fare con una vera e propria morena, per il suo aspetto tanto caratte- ristico, il quale differenzia totalmente dalle linee orografiche della regione, aspre e dirupate, e per gli elementi suoi diversi da quelli della roccia in posto, e che devono per necessità essere stati trasportati dalle vette e dalle pendici dei monti sopranominati. E a questa morena addossatasi in parte alle falde occidentali del M. Motta ed espansasi a S. Giuseppe, ai Prati Venzueli e ai Barchi che si deve la formazione del lago del 83 | Palù. Così il ghiacciaio di Val Malenco spinse il detrito mo- renico a ridosso delle falde dei monti e nelle valli laterali, mutando l’asperità naturale della regione, nei pascoli erbosi di Chiareggio, S. Giuseppe, S. Primolo, Chiesa, Lanzada,-Cas- poggio, Torre e Spriana, e formando, oltre il lago del Palù, i due minori di Pirola alle falde settentrionali del Disgrazia, e di Cassandra al versante S. S. E. Il lago del Palù ha forma allungata con lunghezza mas- sima da N. N. O. a S. S. E. di circa 600 m.; larghezza massima al versante di S. S. E. di 250; profondità dai 2 ai 25 m.; tem- peratura dell’acqua, presa il 24 ottobre del corrente anno, nelle prime ore pomeridiane, di 15.° Molto abbondanti vi si trovano alcune specie di Desmidiaee fra le quali il Cosmarium piramidatum ; Closterium rostratum ; Staurastrum cuspidatum, e Sphaerozosma vertebratum ; in copia grandissima poi le Diatomee. Per lo stadio delle quali presi a varie profondità di due, quindici e venticinque metri delle porzioni di fanghiglia con alghe e mucosità aderenti ai massi di micascisto, variando le località. Per la determinazione mi sono valso delle opere del Brun, Ehrenberg, Pritchard, Ra- benhorst e Kiitzing (1) e nella esposizione dei generi e delle specie ho seguito la classificazione, oggi adottata, del Brun; riguardo poi alla tecnica microscopica mi sono valso dei metodi da esso indicati. Dell’esame delle diatomee e delle acque dei laghi italiani se ne sono occupati primi fra gli altri il chiaris. Prof. Leopoldo Maggi (©), il Castracane €), il Lanzi (4), il Bonardi ©); delle dia- (1) Brun I. — Diatomées des Alpes et du Iura ct de la Région Suisse e fran- caîse des environs de Genève — Genève, 1880. EHRENBERG C. G. — Zur Mikrogeologie. Leipzig, 1854. PRITCHARD A. — A History of Iufusoria. London, 1861. RaBENHORST L. — Flora europaca algarum aque dulcis et submarine. Lipsia, 1864. KirTzinG F. — Species algarum. Lipsia, 1849. (2) MagGi L. — Esame protistologico delle acque di alcuni laghi italiani. (Bol- iettino Scientifico di Pavia. Anno II, N. 2, luglio 1880. Idem. — Primo esame protistologico dell’acqua del lago dî Loppio (Trentino). (Boll. Sc. Pavia. Anno II, N. 2, giugno 1881). Idem. — Esame protistologico dell’acqua del lago di Toblino nel Tirolo ita= liano. — (Boll. Sc. Pavia. Anno IV, N. 1, maggio 1882), Idem. — Sull'analisi protistologica dell’acqua del lago Maggiore, estratta a 84 tomee dei laghi alpini delle Alpi Valtellinesi nessuno se ne è fino ad ora occupato in particolare, ed è per questo che col- l'esame delle acque del lago del Palù in valle Malenco, ho incominciata una serie di osservazioni che intendo allargare a tutti i laghi alpini della Valtellina. Il Dott. E. Bonardi nella sua nota: Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi, ha riscontrato le seguenti specie proprie di valle Malenco : Cocconeis placentula, pedi- culus; Gomphonema capitatum, intricatum; Epithemia turgida ; Eunotia alpina; Amphora ovalis; Navicula appendiculata, mutica, bacillum, affinis, amphigomphus; Stauroneis anceps. var. linearis; Odontidium hyemale; Cyclotella operculata ; Me- losira distans. Alcune fra queste sono dell'alta valle Malenco, come ad esempio la: Navicula mutica, bacillum, amphigomphus e 1° Odon- tidium hyemale. Il numero delle specie trovate da me nelle acque del lago del Palù è di 89, fra le quali due varietà nuove, desunte da caratteri distinti e costanti in parecchi individui. Elenco delle Diatomee del lago del Palù. TRIBù I.° ACHNANTEE. Gen. Achnantes (Bory}. Specie 1. Ach. delicatula Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 24 — tav. 3°). Specie 2. Ach. exilis Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 29 — tav. 82). Specie 3. Ach. exilis var. minutissima. (Brun. Loc. fig. 80 — tav. 8°). Specie 4. Ach. lanceolata Breb. (Brun. Loc. cit. fig. 20 — tav. 3°). 60 metri di profondità, tra Angera ed Arona. (R. Istituto Lombardo — letta nel- l’adunanza dell’11 maggio 1882). (3) CASTRACANE F. — Studio su le Diatomee del lago di Como. (Atti dell’Ac- cademia pontificia de’ nuovi Lincei. Tomo XXXV, 21 maggio 1882). (4) Lanzi M. — Ze Diatomcee raccolte nel lago dè Bracciano (Atti dell’ Acca- demia pontificia de’ nuovi Lincei. Tomo XXXV, 21 maggio 1882). (5) BonarpI E. — Intorno alle Diatomee della Valtellina e delle sue Alpi. (Boll. Sc. Pavia. Anno V. N. 3, 4 settembre e dicembre 1883). Idem. — Prime ricerche intorno alle Diatomee di Vall’ Intelvi. (Boll. Se. Pavia. Anno V. N. 1, marzo 1883). Idem. — Sulle Diatomee del Lago d’ Orta. (Boll. Sc. Pavia. Anno VII. N. 1], marzo 1885). Idem. — Sulle Diatomee di alcuni laghi italiani. (Boll. Sc. Pavia. Anno X. N. 2, giugno 1888). . Idem. — Intorno alle Diatomee del lago d’Idro, (Boll. Sc. Pavia. Anno X. N. }, marzo 1888). 85 Gen. Cocconeis (Ehr). Specie 1. Cod. placentula Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 23 — tav. 3°). Specie 2. Cocconema gibbum Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 62 ]. fig. 32). Specie 3. Cocconema Arcus Erh. (Ehr. Loc. cit. tav. 16* III. fig. 40). Specie 4. Cocconema Arcus (cymbiforme) Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 6. 1. fig. 31). TRIBÙ Il° GONFONEMEE. ‘Gen. Gomphonema (Ag). Specie 1. G. dichotomum Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 2 e 3 — tav. 6°). Specie 2. G. acuminatum Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 4 — tav. 6°). Specie 3. G. americanum Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 16* III. fig. 33). TRIBù III° EUNOZIEE. Gen. Epithemia (Breb). Specie 1. Ep. turgida Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 1î — tav. 22). Varietà. Ep. Turgida var. Palù. Mihi. Diagnosi: Cilindrica, curvata,. concavo convessa ; nelle estremità assomiglia alla var. granulata, come pure nelle ornamentazioni delle valve, ma è maggior- mente convessa della granulata e assomiglia alla turgida per essere ugualmente convessa ma arrotondata ; vista di fronte assomiglia alla turgida, ma ne differisce per le parti terminali. Rara. Specie 2. Ep. Sorex Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 18 — tav. 22). Specie 3. Ep. Ocellata Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 12 — tav. 2°). Li Specie 1. Specie 2. Specie 3. Specie 4. Specie ò. Trrrr Gen. Himanthidium (Ebr). . Arcus Erh. (Brun. Loc. cit. fig. 20 — tav. 2*). Arcus var. majus. (Brun. Loc. cit. fig. 26 — tav. 22). gracile Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 24 — tav. 22). pectinale var. minus. (Brun. Loc. cit. fig. 19 — tav. 29). monodon Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 2° III. fig. 25). Gen. Eunotia (Ehr). Specie 1. E. Plectrum Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 162 II. fig. 15). Specie 2. Specie 3. Specie 4. Specie 5. Specie 6. Specie 1. Specie Specie Specie Specie Specie Specie Specie Specie 9. O I DI OI 1 0 Mi mmmm ventralis Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 16° III. fie. 13). zebrina Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 392 III. fie. 52). . nodosa Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. la II. fig. 2. a. b). . praerupta Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 3.* Il. fig. 14). E. gibberula Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 89* III, fig. 39 e 40). TRIBÙ IV.* CIMBELLEE, Gen. Cymbella (Ag). Cym. Caespitosum Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 16 — tav. 32). . Cym. cuspidata Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 6 — tav. 3°). . Cym. helvetica Sm. (Brun. Loc. cit. fig. 3 e 11 — tav. 3°). - Cym. variabilis Wartm. (Brun. Loc. cit. fig. 8 — tav. 3°). Cym. affinis Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 14 — tav. 3*). . Cym. affinis var. Leptoceras (Ehr. Loc. cit. tav. 39.% III. fig. 16). . Cym. gracilis Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 1 — tav. 3°). .- Cym. gracilis var. laevis. (Brun. Loc. cit. pag. 62). Cym. alpina Griin. (Brun. Loc. cit. fig. 7 — tav. 3°). Specie 10. Cym. gastroides Ktz. (Rab. Los. cit. pag. 10. fig. 20). Specie 11. Cym. lanceolatum. Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 19 — tav. 3°). 86 TrIBù V.2 NAVICULEE. Gen. Navicula (Bory). Specie 1. Nav. gracilis Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 5 — tav. 7°). Specie 2. Nav. cuspidata Kzt. (Brun. Loc. cit. fig. 6 — tav. 7°). Specie 3. Nav. cuspidata var. alpestris. (Brun. Loc. cit. pag. 66). Specie 4. Nav. oculata Breb. (Brun. Loc. cit. fig. 10 e 26 — tav. 7°). Specie 5. Nav. affinis var. amphirhynchus. (Brun. Loc. cit. fig. 20 — tav. 7°). Specie 6. Nav. affinis var. producta. (Brun. Loc. cit. fig. 22 — tav. 7°). Specie 7. Nav. limosa Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 12? — tav. 7°). Specie 8. Nav. Dicephala Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 34 — tav. 7°). Specie 9. Nav. radiosa Ktz. (Brun Loc. cit. fig. 2 — tav. 8°). Specie 10. Nav. biceps Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 172 I. fig. 13). Specie 11. Nav. angustata Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 152 A. F. fig. 28 e 29. Specie 12. Nav. amphioxys Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 39° III. fig. 80). Specie 13. Nav. pupula Ktz. (Rab. Loc. cit. pag. 173). Specie 14. Nav. fulva. Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 39° III. fig. 84). Specie 15. Nav. Semen Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 39° III. fig. 88 e 89). Specie 16. Nav. Platalea. (Ehr. Loc. cit. tav. i5. A. F. 30 e 42. a. b). Gen. Pinnularia (Ehr). Specie 1. Pin. nobilis Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 17 — tav. 8°). Specie 2. Pin. gibba Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 17 — tav. 82). Specie 3. Pin. divergens Sm. (Brun. Loc. cit. fig. 10 — tav. 8°). (Assai raro). Specie 4. Pin. Stauroptera Rab. (Brum. Loc. cit. fig. 9 — tav. 82). Specie 5. Pin. mesolepta Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 22 — tav. 8°). Specie 6. Pin. decurrens Ehr. (Ehr. Loc. git. tav. 22 III. fig. 4). Specie 7. Fin. inaequalis Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 16. II. fig. 6). Specie 8. Pin. viridis Rab. (Brun. Loc. cit. fig. 5 — tav. 8°). Gen. Stauroncis (Ehr). Specie 1. Stauroneis platystoma Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 3 — tav. 9°). Tribù VI.? SURIRELLEE. Gen. Surirella (Turp). Specie 1. Sur ovata Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 2 — tav. 22). Specie 2. Sur. helvetica Br. (Brun. Loc. cit. fig. 4 — tav. 2°). TRIBÙ VII.® NITSCHIEE. Gen. Tryblionella (W. Sm). Specìe 1. Tr. augustata Sm. (Brun. Loc. cit. fig. 28 — tav. 4°). Gen. Nitzschia (Hass). Specie 1. Mt. linearis Ag. W. Sm. (Brun. Loc. cit. fio. 28 — tav. 5%). Specie 2. Nt. linearis var. tenuis. (Brun. Loc. cit. fig. 25 — tav. 52). Specie 3, Nt. Pecten Br. (Brun. Loc. cit. fig. 80 — tav. 5°). TRIBÙ VIII.? FRAGILARIEE. Gen. Denticula (Ktz). Specie 1. D. frigida Ktz. (Brun. Loè. cit. fig. 836 — tav. 3°). ‘ Specie 2. D. elegans Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 87 — tav. 8°). Specie 1. Specie 1 Specie ] Specie 1 Specie 2. Specie 3 Specie 4. Specie 5. Specie 6. Specie 2. . D. 87 DI Gen. Odontidium (Ktz). O. hyemale Lyngb. et. Ktz. (Brun. Loc. cit. fig. 2 e 7 — tav. 42). Gen. Diatoma (De Candolle). Ù tenue Ag. (Brun. Loc. cit. fig. 14 e 15 — tav. 4°) Gen. Fragilaria (Ag. et Griiu). . Fr. mutabilis Grin. (Brun. Loc. cit. fix. 8 — tav. 42). Fr. capucina Desm. (Brun. Loc. cit. fig. 1 — tav. 4°). Gen. Synedra (Ehr). . Syn. lunaris. Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 22 — tav. 1°). Syn. biceps W. Sm. (Brun. Loc. cit. fig. 10 — tav. 5°). . Syn. tenuis Ktz. (Brun. Loc. cit. fio. 9 — tav. 52). Syn. Ulna Ebr. (Brun. Loc. cit. fig. 20 — tav. 6°). Syn capitata Ehr. (Brun. Loc. cit. fiv. 8 — tav. 5°). Syn. spectabilis Ehr. (Ehr. Loc. cit. tav. 10* fig. 6. 17). Varietà. Syn spectabilis var. Palù mihi. Diagnosi : I caratteri differenziali sui quali mi sono basato per stabilire la var. Palù sono i seguenti : convessità nella parte mediana del margine dor- sale della valva ; estremità più distintamente capitate ; perle marginali distinte ; strie trasversali parallele. Specie ] Specie 2. Specie Specie 2. Specie 1. Specie Specie Specie 4. us Ù I Specie 2. 3 TriBù IX.? MEREDIEE. Gen. Meridion (Ag). circulare Ag. (Brun. Loc. cit. fig. 11 — tav. 92). circulare var. constrictum. (Brun. Loc. cit. fig. 12 — tav. 9°). TriBpù X.* WABELLARIEE. Gen. Tabellaria (Ehr). . flocculosa Roth. (Brun. Loc. cit. fig. I4 — tav. 9°). . fenestrata Lyngb. (Brun. Loc. cit. fig. 13 — tav. 9°). Gen. Tetracyclus (Ralfs). . Braunii Grin. (Brun. Loc. cit. fig. 39 — tav. 82): TRIBÙ XI.® MELOSIREE. Gen. Melosira (Ag). . varians Ag. (Brun. Loc. cit. fig. 1 — tav, la). . distans Ehr. (Brun. Loc. cit. fig. 3 — tav. 1°). . distans var. nivalis. (Brun. Loc. cit. fig. 4 — tav. 1°). . orichalcea Mertens. (Brun. Loc. cit. fig. 9 — tav. 1°). FREQUENZA DI GENERI E SPECIE. _ I generi più frequenti suono: Me/osira colle specie distans e varians ; Na- vicula colla cuspidata var. alpestris, afinis var. amphirhynchus, var. producta, radiosa; Cymbella colla alpina, afinis, helvetica, gracilis, gastroides; Achnantes colla delicatula e exilis; Synedra colla lunaris; Tabellaria colla ylocculosa ; Cocconeîs colla placentula. Alcune specie poi sono eslcusivamente tipiche della zona alpina, fra le «quali l’Odontidium hyemale, 1a Melosira distans colla var. nivalis, la Pinnularia dwvergens, lo Stauroneis platystoma, la Synedra lunaris, \a Niît:schia Pecîen, la 88 Cymbella alpina, e la Surirella helvetica. E poi cosa degna di molto interesse il rimarcare che la specie Gomphonema americanum sia stata trovata nelle acque del lago del Palù, mentre a tutt’oggi, secondo l’ Ehrenberg, fu rinvenuta nella fanghiglia del bagno di Loka in Svezia; nella farina di montagna di Savitaipal in Finlandia; nella torba di Islanda; nel Xzeselguhr di Ceyssat e del Puy de Dome in Francia, di Down e Mourne Mountains in Irlanda, di New-York, di Smithfield nel Nord America, di Spencer e del Massachusetts pure nel Nord America; nella torba di Newhaven e del Connecticut nel Nord America e nella fanghiglia dell’acqua della cascata del Niagara. (Dal Laboratorio di Anatomia e Fisiologia Comparate della R. Università di Pavia, Novembre 1891). SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI POSCHIAVO NOTA del Dottor BENEDETTO CORTI. Lo studio, che ho iniziato sulle diatomee dei laghi nostri alpini, vuol essere in rapporto alle condizioni oroidrografiche e geologiche delle nostre Alpi, e che ritengo poter essere di qualche sussidio alle deduzioni che la Geologia trae dal com- plesso delle cause che presiedettero ‘all’attuale configurazione della nostra orografia lombarda. I dati tatimetrici ed altimetrici, congiunti alla diversa temperatura delle acque, sono un coefficente di massima im- portanza sulla produzione del numero e della varietà delle specie; le quali, alla lor volta, possono, benchè con criteri limitati, prendersi per i naturali rappresentanti di certe zone montuose in cui predomini una data formazione geologica. Così l’Achnanthes exilis preferisce le acque calcari o sili- cee; l’ Epithemia Argus var. alpestris si trova a preferenza nelle montagne calcari; l’ Himantidium pectinale nelle acque silicee delle Alpi, nelle molasse e nelle sabbie alluvionali ; il Ceratoneis Arcus nelle acque silicee delle Alpi; la Navicula gracilis nelle alte alpi granitiche ecc. Alcune specie sono proprie delle alte Alpi, e più propria- mente della zona nivale come l’Asterionella formosa e 1’ Odon- lidium hyemale, altre delle prealpi ed altre ancora esclusive alla pianura, alle alluvioni e alle torbe. CENNI OROIDROGRAFICI E GEOLOGICI SUL LAGO DI POSCHIAVO. Trovasi il lago di Poschiavo a S. E. della Spartiacque del ‘ (Di 89 —. Bernina, ed è alimentato dalla Valviola Poschiavina che scende delle falde del M. Vazzugna e dal Pizzo di Campo e si unisce ‘al fiume Cavaliasco sboccante dal Lago Bianco; formando. nel loro percorso la Valle di Poschiavo, compresa fra la valle Grosina a N. E. e la Val Fontana ad O. Altri corsi d'acqua di minore importanza sono la Val Cro- - doglio e Valle Moraccio sulla sponda destra e la Val del Termine sulla sinistra; l’emissario naturale del lago è il fiume Poschiavino che sbocca a S. E. e va a metter foce nell’Adda, sulla sponda destra a S. O. di Tirano. L'elevazione delle acque del lago sul livello marino è di 960 m., di 761 sul pelo del lago di Como, e di 501 sopra il piano di Tirano; la profondità massima è di 88 m., la media di 20. Essa varia molto da luogo a luogo; in prossimità dello sbocco del Poschiavino, e più verso la sinistra sponda, essa è poco rilevante, tanto che non supera la media di 1 m., sopra un’ area di forse 500 m. q.; sulla destra, a 30 m. circa dalla sponda, raggiunge i 40. Il perimetro è di circa 7500 m.; la temperatura delle acque presa alle 2 ore pomeridiane dell’11 ottobre 1891, alla loca- lità detta del Meschino di 3°, alle Prese di 5°, allo sbocco di Val del Termine di 7°, locchè costituisce una media di 5°. Le sponde del lago di Poschiavo appartengono alla po- tente formazione paleozoica dei micascisti, cloritescisti, tal- coscisti, roccie amfiboliche scistose e gneiss che attraversa le Alpi Orobiche ele Retiche con una continuità veramente me- ravigliosa. Nella parte settentrionale della sponda destra affiorano dei banchi calcarei, spesso marmorei appartenenti alle dolomie in- fraraibliane che continuano a N. 0., entrando nella formazione delle falde orientali del Pizzo Fontana. I micascisti e i cloritescisti colle roccie amfiboliche si esten- dono a monte del lago, occupando tutta la valle di Poschiavo, con maggiore espansione sulla sponda destra colle vette del M. Gardé, Passo Canciano 2590 m. al cui Pizzo si hanno dei massi arrotondati e traccie di ghiacciai antichi più estesi, e Passo Rovano, interrotti dagli affioramenti dei serpentin:, delle dioriti e delle eufotidi del Pizzo Fontana, e della Val d’Orso, \ 90 e coperti a N. O. dal ghiacciaio del Pizzo Verona 3462 m. Il gneiss centrale affiora a N. O. di Poschiavo, comprendendo due terzi circa della Val Cavaliasco, breve tratto della valle di Pille sboccante dal Lago Bianco, parte delle falde occiden- tali del Pizzo della Motta e gran parte delle orientali al di là dello spartiacque i cui strati di micascisto sono profonda- mente erosi. Sulla sponda sinistra della Valviola Poschiavina si hanno i rappresentanti della dolomia înfraraibliana a contorni meno angolosi e dirupati della dolomia principale, essa abbraccia tutto il tratto compreso fra il Passo Pedrona a S. E. e la Vetta Sperella a N. E. col Pizzo Sassalbo 2684 m., e il Pizzo Rosso; quindi le puddinghe, le arenarie e gli scisti, già dallo Stoppani e dall’ Hauer assegnate, e recentemente mantenute. dal Prof. Taramelli (2), al Carbonifero. Il quale occupa una zona che si estende dal Corno della Tre- vesina, lungo il crinale dello spartiacque fra Val di Poschiavo e Valle Grosina, fino alle falde occidentali della Vetta Sperella, formando una sinclinale che riappare più a valle a circa 250 m., in media sul piano della strada del Bernina, Sottoposti alle puddinghe e alle arenarie compatte del Car- bonifero, e in continuità con esse, si stendono gli scisti di. Casanna, i quali costituiscono la catena dei monti attraverso le quali scorrono la Val di Livigno, la Val Viola, la Val Furva e parte di Valle Grosina e la parte Superiore di Valle Camonica da Trivigno fino a Berzo superiore. A S. del lago, le acque del fiume Poschiavino scorrono in- cassate nella roccia compatta dei Graniti, Dioriti e Tonaliti che sulia destra s’innalzano alle falde orientali del M. Saline, M. Sareggio, M. delle Tre Croci, M. Malgina e Vetta Salazza e la parte inferiore della valle di Sajento, terminando il suo affioramento alla località di Scale, e sulla sinistra le falde occidentali del M. Pradascio, P. Lometto e M. Masuccio 2813 metri. L'ultimo tratto del corso del Poschiavino, da Scale al Ca- (1) T. TARAMELLI. — Spiegazione della Carta Geologica della Lombardia. — Milano, 1890, pag. 54. bei ubi 91 stello di Piatta Mala, attraversa un lembo di Gneiss centrale che a N. N. O. assume un massimo di potenza colla vetta del M. Combolo 2902 m., mentre a N. N. E. è una breve zona in cui è incisa parte della Val Trotta, quindi s’innalza alle falde occidentali del M. Masuccio 2813 m., e alle meridionali del M. Pradascio. ORIGINE DEL LAGO Di POSCHIAVO, Lo Ziegler(!) trattando nella sua opera del ghiacciajo della Valtellina, dopo aver detto dei ghiacciai che dallo Stelvio, dalle valle di Fraele e dalla Valle di Viola vennero a fon- dersi assieme nel bacino di Bormio, aggiunge che questo ghiac- ciajo giunto a Tirano dovette essere di molto aumentato dalla mole del confluente che proveniva dai ghiacciai della Bernina e riempiva la Valle di Poschiavo. Nella carta dello Ziegler le morene laterali e frontali si osservano assai sviluppate, ed il lago di Poschiavo è sbarrato verso sud-est da una grande morena frontale, e lo Stoppani (2) dice che ad essa deve certamente, come tanti altri laghi gla- ciali, la sua origine. Nella stessa opera lo Stoppani, al capitolo: Sull' origine dei laghi lombardi, riporta fra gli schizzi dei laghi Alpini in rapporto coi rispettivi anfiteatri morenici, una figura del lago di Poschiavo, colla morena di sbarramento a S. E. corrispon- dente ad una delle morene frontali del ghiacciajo del Bernina, e incisa dallo sbocco del Poschiavino. Una descrizione dettagliata della Valle di Poschiavo fu fatta dal Theobald (8) il quale cita un avanzo di un'antica morena sotto al ghiacciajo Palù sulla sinistra sponda della valle. Durante l’ottobre dello scorso anno ebbi l'occasione di effettuare ripetute escursioni attraverso questa regione, allo. (1) J. M. ZregLer. — Karte des Ober. — Engadin und des Bernina Gebir- ges ecc. Winterthur. (2) A. SToPPANI. — Z? Era neozoica. — Milano, 1880, pag. 77. (8) THEoBALD. — Zahresbericht der Naturforschenden Gesellschaft Graubun- dens, Neue Folge, IV. Jahrgang, 1857-58. ha Fri Luciana 92 scopo di conoscere in dettaglio la formazione geologica e l'ap- parato morenico. Mi pungeva vivissimo desiderio di risolvere la questione della origine del lago di Poschiavo, se morenico come vorreb- bero Ziegler e Stoppani, o per frana, secondo espone nelle sue lezioni il prof. Taramelli. Nelle escursioni usai della Carta al 75[oo0 dell’ Istituto geografico Militare di Firenze, che la cortesia del signor Cav. Giuseppe Gerardi Capitano della 49% compagnia, Battaglione Tirano, 5.° Reggimento Alpini raise a mia disposizione, le al. tezze calcolai coll’ Aneroide. Presi le mosse partendo dalla Madonna di Tirano verso Poschiavo, e seguii il corso del Poschiavino lungo la destra sponda. Quello che colpisce subito l'osservatore sono le numerose frane alte fino a 50 m. sul letto del fiume; al disotto di esse, quasi sul piano della strada, sono cementate assieme con ciot- toli di micascisto e di un calcare dolomitico con evidenti trac- cie di striature attestanti l’ azione del ghiacciajo. E qui tutto da a vedere che si tratta d’ una morena la- terale, in parte abrasa dalle acque del fiume e coperta dallo sfacelo della roccia soprastante. Un po’ prima della dogana italiana, e in corrispondenza ad essa sonvi dei voluminosi blocchi di diorîte provenienti da frana di circa 70 m. d’altezza sul letto della valle; gli sco- scendimenti continuano a Campo Cologno con ciottoli di mi- coscisto, sienite e grantto. Dopo questa località si stendono dei piani erbosi e dei vi- gneti che devono la loro esistenza al residuo del detrito delle morene laterali; quindi scendono quasi a picco nel letto del fiume i dirupi della roccia granitica senza traccie di frane; ma per breve tratto, perochè in corrispondenza alla mulattiera che sale all’Alpe Calvajone 1432 m. la morena accompagnata da frane si addossa alle falde della montagna, fino all’ Alpe sopracitata. La quale, assieme alle baite di Pratta, riposa sopra dei pianori erbosi, al di sotto dei quali, dopo la cascata di Piatta, il terreno morenico è inciso dalla frana. 93 Bic È dunque lecito ritenere che il ghiacciajo del Bernina ab- bia raggiunto un'altezza, all’ Alpe Calvajone, non inferiore agli 823 m. sul letto della valle, calcolando il livello di questa a Campaccio di 150 m. sopra Tirano, il quale trovasi a 459 m. sul mare. | Un residuo di morena lo si trova a Zalende, dove il letto del fiume è ingombro di numerosi massi di micascisto e di roccie amfiboliche. Anche di fronte alle prime case di Brusio, sonvi delle morene con frane addossate alle falde del Dosso del Giumellino 2043 m., tanto da mascherare l’asperità della roccia, la quale in alcuni punti è lisciata e arrotondata dal- l’azione del ghiacciajo. A_N. di Brusio alcune piccole frane di circa 20 m. sul letto del -fiume, quindi, procedendo verso Piazza Genetto e Mureda, la strada sale sempre sulla sponda sinistra, attra- verso un pendio a declivi e terrazzi, che si allungono fino ai piedi della montagna. Questo è un esempio tipico di morena che col declivio della sponda destra, alla località di Galbia Sotto, addossato alla montagna, sparso di grossi massi di Sie- nite e coperto da pinete, rappresenta l’avanzo di una delle morene frontali del ghiacciajo. Dopo Mureda si osserva un’alta morena laterale di 150 m. d'altezza, con massi di Sienite, i quali, prima d’arrivare a | Galbia Sopra, scompaiono in parte, subentrando ciottoli di mi- cascisto e di cloritescisto caoticamente frammisti a terriccio. Verso lo sbocco del lago, la valle va sempre più restrin- gendosi e i grossi massi di diorite si vedono ammucchiati cao- ticamente al ponticello di legno gettato attraverso .il fiume, finchè al ponte in vivo si affaccia sulla sponda sinistra la im- mane congerie staccatasi dalle falde del M. S. Remigio 1800 m. E qui lo spettacolo è imponente per la tetra maestà dei dirupi specchiantisi nelle acque melanconiche del lago, a cui fanno da sfondo le vette biancheggianti del Bernina. La frana di cui ho detto si staccò, a memoria d’uomo, dalle falde del M. S. Remigio, al di sotto della Chiesetta omonima, le mura della quale sono a picco sul dirupo. La frana copre la morena di cui dissi, ed occupa uno spazio di rilevante esten- ‘sione. 94 Altre frane si osservano sulla sponda destra del lago dal Meschino alle Prese. Alcune diruparono dalle falde del Pizzo Sareggio, altre dal Pizzo Murascio e si vedono fino alla valle omonima; dalla guale per tutto il tratto che corre sino alle Prese se ne contano parecchie, tutte di antica data; al di là di Leprese poi v'è una frana enorme che seppelì un villaggio al luogo detto dei mulle morti. Lo stabilimento dei Bagni riposa sopra il talus dell’immis- sario, la sponda sinistra poi, in alcuni punti presenta le falde franate e maggiormente sopra Palù, la cui sponda si distacca a guisa di promonterio dalla montagna ai piedi di S. Remigio. Ed ora la conclusione delle mie osservazioni è la certezza dell’ esistenza, nella valle di Poschiavo, dei residui dell’ anfi- teatro morenico del ghiacciajo del Bernina, accompagnati da frequenti scoscendimenti, i quali celano alcune volte la mo- rena sottostante, tanto da mettere in dubbio la presenza di questa. i Quanto alla formazione del lago di Poschiavo, pure accet» tando in parte la opinione espressa dallo Ziegler e sostenuta dallo Stoppani, dello sbarramento operato da una morena fron- tale del Bernina, devo riconoscere la impossibilità di questa a trattenere le acque di un lago della profondità massima di 88 m., appunto trattandosi di una morena frontale, segnante uno degli ultimi periodi di ritiro del ghiacciajo della valle. Ed è per questo che penso, l'opinione del mio chiarissimo maestro Prof. Taramelli di uno sbarramento per frana, si possa sostenere in quanto essa, posteriormente alla morena, cooperò alla formazione del lago trattenendone le acque e innalzan- done il livello corrispondente all’ attuale. * x * Le pescate dell’acqua del lago, per lo studio delle dia- tomee, furono fatte da me a varie profondità di 2. 7. e 20 metri in diversi punti, raccogliendo in pari tempo il limo del fondo e delle Ninfee. L'analisi microscopica feci nel laboratorio del chiarissimo prof. Maggi, il quale mise a mia disposizione, coll’usata cor- 95 tesia, il materiale di laboratorio ed. i testi occorrenti per uno studio coscienzioso. La fanghiglia dal fondo del lago all’ analisi microscopica, . mi risultò essenzialmente costituita da anfiboli, feldispati, orto- clasici e oligoclasici, tormaline, miche, granati e quarzo. Il numero delle specie delle Diatomee è di 58, fra cui alcune proprie della zona alpina come l’ Odontidium hyemale la Synedra lunaris, la Denticola elegans, l’Achnanthes flexella var alpestris il Gomphonema intricatum, l’ Epithemia Argus var alpestris, il Ceratoneis Arcus, la Cymbella helvelica, la Navicula firma, lo Stauroneis platystoma, il Tetracyclus Brauniî. Le seguenti sono comuni ai laghi della pianura e delle alpi: Denticula frigida, Cymbella lanceolatum, Navicula elli- | piica, Fragilaria mutabilis, Tabellaria flocculosa. I generi più frequenti sono le Synedre colle specie Wlna, gracilis, radians e sublilis; i Diatoma colla specie elongatum, le Melosire colla specie distans, e le Cymbelle colle specie affinis, helvetica e cymbiforme. Elenco delle Diatomee del lago di Poschiavo TRIBÙ I.° ACHANANTEE (Brun). Gen. Achnanthes (Bory). Specie l. Ach exilis. Ktz. (Brun. Diatomeés des Alpes etdu Jura et de la région suisse et francaise des environs de Genéve, 1850) pag. 28, tav. 3°, fig. 29. — Specie 2. Ach. exilis Ktz. var. Minutissima (Brun. op. cit. pag. 28, tav. 88, fio. 30). ui Specie 3: Ach. lanceolata Breb. (Brun. op. cit. pag. 29, tav. 3°, fig. 20). Specie 4. Ach. flexella var. alpestris Brun. (Brun. op. cit. pag. 30, tav. 3°, fig. 26). Gen. Cocconeis (Ehr). i Specie 1. Coc. placentula Ehr. (Brun. op. cit. pag. 31. tav. 83°, fig. 28). TrRIBù II. CONPHONEMEE (Brun). - Gen. Gomphonema (Ag). Specie 1. Gomphonema abreviatum Ag. var. longipes (Brun. op. cit. pag. 36, tav. 6°, fig. 17. Specie 2. Gomphonema dichotomum Ktz. (Brun. op. cit. pag. 36, tav. 6*, fig. 2e 3). Specie 3. Gomphonema capitatum Ehr. (Brun. op. cit. pag. 37, tav. 62, fig. 19). Specie 4. Gomphonema constrictum Ehr. (Brun. op. cit. pag. 38, tav. 6°, fig. 1). Specie 5. Gomphonema cristatum Kalfs. (Brun. op. cit. pag. 39, tav. 6°, fig. 18). Specie 6. Gomphonema intricatum Ktz. (Brun. op. cit. pag. 40, tav. 6°, fie. 16). Specie 7. Gomphonema olivaceum Lyngb. (Brun. op. cit. pag. 40, tav. 6*, fig. 8). 96 TRrIBù III. EUNOZIEE (Brun). Gen. Epithemia (Breb). Specie 1. Epithemia Argus Ehr. var. alpestris (Brun. op. cit. pag. 46, tav. 2a, fig. 1). Gen. Himanthidium (Ehr). Specie 1. Himanthidium Arcus Ehr. (Brun. op. cit. pag. 48, tav. 2°, fig. 2). Specie 2. Himanthidium polyodon Brun. (Brun. op. cit. pag. 50, tav. 22, fig. 25). Gen. Ceratoneis (Ehr). Specie 1. Ceratoneis Arcus Ehbr. (Brun. op. cit. tav. 2°, fig. 29). TRIBù IV.° CYMBELLEE (Brun). Gen. Amphora (Ehr). Specie 1. Amphora ovalis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 53, tav. 1°, fig. 6). Gen. Cymbella (Ag). Specie 1. Cym. lanceolatum Brun. (Brun. op. cit. pag. 57, tav. 3°, fig. 19). Specie 2. Cym. cymbiforme Breb. (Brun. op. cit. pag. 57, tav. 3°, fig. 12). Specie 3. Cym. cuspidata Ktz. (Brun. op. cit. pag. 59, tav. 8*, fig. 6)... Specie 4. Cym. helvetica W. Sm. (Brun. op. cit. pag. 60, tav. 8*, fig.3 e 11). Specie 5. Cym. affinis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 61, tav. 8*, fig. 14). Specie 6. Cym. gracilis Ehr. var. laevis. (Erun. op. cit. pag. 62, tav. 8°, fig. 1). TRIBÙ V.° NAVICULEE (Brun). Gen. Navicula (Bory). Specie 1. Nav. vulgaris Heib. var. lacustris. (Brun. op. cit. pag. 66, tav. 8*, fig. 20). Specie 2. Nav. criptocephala W. Sm. (Brun. op. cit. pag. 70, tav. 7°, fig. 24). Specie 3. Nav. limosa Ktz. (Brun. op. cit. pag. 79, tav. 7°, fig. 12). Specie 4. Nav. firma Grin. (Brun. op. cit. pag. 74, tav. 7*, fig. l). Specie 5. Nav. elliptica Ktz. (Brun. op. cit. pag. 77). Specie 6. Nav. radiosa Ktz. (Brun. op. cit. pag. 78, tav. 8°, fis. 2). Specie 7. Nav. exilis Ktz. (Rabenhorst. Flora europea Algarum aquae dulcis et submarine. Lipsie, 1864, pag. 198). i Specie 8. Nav. amphioxys Ehr. (Rabenhorst. op. cit. pag. 174). Specie 9. Nav. guttulifera Rab. (Rabenhorst. Die S&sswasser-Diatomaceen. Leipzig. 1893, tav. 62, fio. 74). Gen. Stauroneis (Ehr). Specie 1. St. platystoma Ehr. (Brun. op. cit. pag. 90, tav. 9°, fig. 3). Specie 2. St. truncata Rab. (Brun. op. cit. pag. 90, tav. 82, fig. 14). Gen. Pleurosigma (W. Sm). Specie ]. PI. Spencerii W. Sm. (Brun. op. cit. pag. 94, tav. 52, fig. 14). Assai rara. ì TRIBÙ VI. NIFLSCHIEE (Brun). Gen. Tryblionella (W. Sm). Specie l. Tr. Angustata W. Sm. (Brun. op. cit. pag. 108, tav. 42, fig. 28). Gen. Nitzschia (Hass). Specie 1. Nt. Sigmoidea Nitzsch. (Brun. op. cit. pag. 104 e 105, tav. 5%, fig. 23 97 : TRIBÙ IX.a FRAGILARIEE (Brun). d : Gen. benticula (Ktz). Specie 1. D. frigida Ktz. (Brun. op. cit. pag. 113, tav. 3a, fig. 26). n «Specie 2. D. elegans Ktz. (Brun. op. cit. pag. 114, tav. 3, fig. 37). Gen. Odontidium (Ktz). Specie 1. 0. hyemale Lyngb. (Brun. op. cit. pag. 115, tav. 4%, fig. 2 e 7. Gen. Diatoma (De Candolle). Specie 1. D. Ehrenbergii Ktz. (Brun. op. cit. pag. 117, tav. 4°, fig. 18). Specie 2. D. elongatum Ag. (Brun. op. cit. pag. 117, tav. 4°, fig. 16). Gen. Fragilaria (Ag. et. Grin). Specie 1. Fr. mutabllis Grin. (Brun. op. cit. pag. 119, tav. 4°, fig. 8). “Specie 2. Fr. capucina Desm. (Brun. op. cit. pag. 120, tav. 4°, fig. 1). Gen. Synedra (Ehr). Specie 1. Syn. lunaris Ehr. (Brun. op. cit. pag. 122, tav. 42, fig. 22). Specie 2. Syn. radians Ktz. (Brun. op. cit. pag. 124, tav. 52, fig. 6). Specie 3. Syn. gracilis Ktz. (Brun. op. cit. pag. 124, tav. 5°, fig. 7). Specie 4. Syn. tenuis Ktz. var. subtilis. (Brun. op. cit. pag. 125, tav. 5°, fig. 11). Specie 5. Syn. Ulna Ebr. (Brun. op. cit. pag. 125, tav. 6°, fig. 20). Specie 6. Syn. amphicepbala Rab. (Rabenhorst. op. cit. 1858, tav. 4°, fig. 28). Specie 7. Syn. subtilis Rab. (Rabenhorst. op. cit. 1853, tav. 4°, fig. 44). TRIBÙ X.® MERIDIEE (Brun). Gen. Meridieo (Ag). Specie 1. M. circulare Ag. var. constrictum. (Brun. op. cit. pag. 128, tav. 9°, i fig. 12). TRIBÙ IX.° TABELLARIEE (Brun). Specie 1. T. flocculosa Koth. (Brun. op. cit. pag. 130, tav. 9°, fig. 14). _ Gen. Tetracyclus (Kalf8s). Specie l: T. Braunii Grin. (Brun. op. cit. pag. 131, tav. OMAR O:9899)E ® 'TrIBù X.2 MELOSIREE (Brun). Gen. Cyelotella (Ktz). Specie 1, Cy. Kiitzingniana Thrv. (Brun. op. cit. pag. 133, tav. 1°, fig. 13). Gen. Melosira (Ag). Specie 1. M. varians Ag. (Brun. op. cit. pag. 194, tav. 1°, fig. 1). Specie 2. M. distans Ehr. (Brun. op. cit. pag. 135, tav. les fior3): Dal Laboratorio di Anatomia e Fisiologia Comparate delia R. Università di Pavia — Gennaio 1892. 98 RICERCHE MICROPALEONTOLOCICHE SULLE Argille del deposito lacustro-glaciale del Lago di Pescarenico NOTA PREVENTIVA del Dottor BENEDETTO CORTI. Il deposito lacustro-glaciale del lago di Pescarenico, a Pe- scalina, incomincia dopo la morena di Pescate, e sì estende per un tratto di circa 350 m., con una potenza media di 3.50 m. ed un massimo di 6 m. sul livello del lago il quale è a 199 m. È formato negli strati superiori da marne giallastre, te- nacemente impastate e includenti minuti frammenti di serpen- tino, quarzo, felspato, calcare ceruleo e mica, cogli acidi sono poco effervescenti. Succedono delle marne plumbee, finissime che danno mediocre effervescenza, e includenti scarse e mi- nute kamelle di mica. Gli strati, profondi sono formati da ar- gille molto compatte, con scarsì residui carboniosi, cogli acidi danno nessuna effervescenza. Avendo pensato alla probabile presenza in esse di Diatomee fossili, instituii delle osservazioni microscopiche su porzioni di materiale, preso a diverse altezze e in vari punti degli strati superiori e mediani, senza però ottenere alcun risultato positivo. Il metodo da me seguito nella preparazione del materiale, da sottoporre all’ analisi microscopica, è quello citata dal Lanzi (1), che consiste nel trattarlo d’ apprima con acqua di- stillata, allo scopo di eliminare la parte terrosa, arenacea, e in seguito farlo bollire con acido nitrico e clorato di potassa per distruggere ogni residuo organico. Quindi si ripetono i lavaggi d’ acqua distillata. Mi fu guida in queste ricerche il mio chiarissimo maestro Prof. Maggi, nel cui Laboratorio feci l’ analisi microscopica delle argille sopra dette. (1) M. Lanzi. — Ze Diafomee di Tor di Quinto — Atti Acc. pont. de’ Nuovi Lincei. — Roma, 1881. Tom. XXXV. Anno XXXyV. Serie Va. 99 Dopo ì risultati negativi delle osservazioni sugli strati su- periori e mediani, continuate per circa tre mesi, aveva quasi rinunciato alla speranza di trovare delle Diatomee nel depo- sito lacustro glaciale di Pescarenico, quando improvvisamente, esaminando una porzione di argilla degli strati più profondi, che aveva sottoposto a energico trattamento con dose mag- giore di acido nitrico e clorato di potassa, mi si presentarono frammenti di Diatomee. Allora ripigliai le osservazioni microscopiche, procedendo di pari passo. alla determinazione delle specie, disegnando le forme e prendendo le varie misure. Il numero delle specie trovate è di 50, fra cui 47 di Dia- tomee e 3 di Spongolithis, di cui faccio seguire l’elenco: 1. Cocconeis placentula (Ehr.) — 2. Gomphonema abreviatum (Ag.) - 3. Gompho- nema Cygnus (Ehr.) — 4. Gomphonema capitatum (Ehr.) — 5. Gomphonema con- strictum Ehr.) — 6. Gomphonema acuminatum (Ehr.) — 7. Gomphonema coro- natum (Ehr.) — 8. Epithemia ocellata (Ehr.) — 9. Himanthidium gracile (Éhr.) — 10. Himantidium pectinale (Ktz.) — ll. Himanthidium bidens. var. diodon (Ehr.) — 12. Himanthidium polyodon var. tetraodon (Ehr.) — 13. Himanthidium polidentula var. Eunotia senaria (Ehr.)— 14. Amphora ovalis (Ktz.) — 15. Cym- bella prostratum (Kalfs.) — 16. Cymbeila caespitosum (Ktz.) — 17. Cymbella ci- stula (Hempr.) — 18. Cymbella affinis (Ehr.) — 19. Navicula lanceolata (Sm.) — 20. Navicula vulgaris (Heib.) — 21. Navicula laevissima (Ktz.) — 22. Navi- ula oculata (Breb.) — 23. Navicula appendiculata (Ktz.) — 24. Navicula Ba- cillum (Ehr.) — 25. Navicula affinis Ehr. var amphirhynchus — 26. Navicula pusilla W. Sm. var. alpestris — 27. Navicula dicephala (Ktz.) — 28. Navicula radiosa (Ktz.) — 29. Navicula neylecta ‘Breb.) — 30. Navicuia rhynchocephala (Ktz.) — 31. Pinnularia viridis (Ehr.) — 32. Pinnularia gibba Ehr. var. acro- sphaeria — 33. Pinnularia mesolepta (W. Sm.) — 34. Pleurosigma attenuatum (W. Sm) — 35. Tryblionelia angustata W. Sm. var acuminata — 836. Nitzschia linearis (W. Sm.) — 37. Nitzschia acicularis (W. Sm.) — 38. Nitzschia pecten (Brun.) — 39. Fragilaria mutabilis (Griin) — 40. Synedra ulna (Ehr.) — 41. Si- . nedra biceps (W. Sm.) — 42. Synedra ulna (Ehr.) var. aequalis. — 43. Synedra ulna Ehr. var. longissima. — 44. Synedra capitata (Ehr.) — 45. Meridion circu- lire (Ag.) — 46. Tabellaria fenestrata (Lepr.) — 47. Melosira varians (Ag.) — 48. Spongolithis mesogongyla (Ehr.) — 49. Spongolithis aspera (Ehr.) — 50. Spon- golithis acicularis (Ehr.). Fra le 47 specie di diatomee nessuna v’ha che non sia ri- feribile a specie vivente, delle quali otto nun conosciute fos- sili. Le forme più frequenti sono i Gomphonema constrictum , acuminatum; Cymbella affinis; Navicula lanceolata, appendi- 100 culata, Bacillum, affinis; Pinnularia viridis; Sinedra Ulna, ca- pitata. Le Spongolithis sono rare. Stabilendo un confronto fra l'elenco degli organismi ri- scontrati dai signori Bonardi e Parona(!) nelle argille ligni- tiche di Leffe, nelle marne di S. Fiora, del deposito siliceo di Down, del tripoli del sottosuolo di Berlino e del deposito si- liceo di Jastraba, risulta che il deposito lacustro glaciale del lago di Pescarenico ha maggior analogia colle argille di Leffe, col deposito siliceo di Down, colle marne d’acqua dolce di S. Fiora e, infine, col deposito del sottosuolo di Berlino @). Le forme comuni con Leffe sono 14, col deposito siliceo Down 13, colle marne di S. Fiora, col tripoli del sottosuolo di Berlino 10. Delle 42 specie di Diatomee delle argille di Leffe, 28 sono tuttora viventi; delle 100 del deposito siliceo di Down, 92; delle 52 della farina fossile di S. Fiora 49; e delle 92 sa tri- poli di Berlino 80. Da tali confronti appare che il deposito lacustre del lago di Pescarenico è indubbiamente più recente delle argille li- gnitiche di Leffe, che Bonardi e Parona vorrebbero riferire, se non decisamente al pliocene, per lo meno, ad una delle prime fasi del quaternario, cui potrebbe corrispondere il pre- glaciale. Terminaudo questa mia breve nota preventiva, sento il bi- sogno e il dovere di porgere sentiti ringraziamenti al caris- simo amico Dott. Raffaello Zoja, assistente al laboratorio di Anatomia e Fisiologia Comparate, per l’ aiuto e il consiglio efficace, di cui mi sono valso in questo mio primo studio sulle Diatomee. Dal Laboratorio di Anatomia e Fisiologia Connamie della R. Università di Pavia, gennaio 1892. \ = (1) BonarDI e PARONA. — Licerche micropaleontolologiche sulle argille ligni- tiche di Leffe in Val Gandino. — Atti Soc. It. di Sc. Nat., Vol. XXVI. — Mi lano, 1883. (2) EHRENBERG C. G. — Zur Mokrogeologie. — Leipzig, 1854. 101 I CHIROTTERI DELLA PROVINCIA PAVESE Nota del Dottor ANGELO SENNA. (Continuazione e fine, vedi num. 2. Giugno 1891). Gruppo 2° VESPERTILIONE. 6.° Vesperugo (Vesperus) serotinus, Schreber. Sàugeth. P. 1. p. 167. n.° 11. t. 53; sub. Vespertilio (1779). Ho catturato il V. serotinus alcune volte nella provincia e sempre in | vicinanza di abitazioni poste in mezzo alla campagna: io non lo eredo raro. Mi accertai che questa specie ha luoghi di caccia prediletti, che visitatutte le sere. Conosceva, poco fuori di Pavia, tre alberi, dove eranvi accasati tre serotini; recandomivi verso sera, li vedeva, ad una certa ora, uscire dal loro foro e dirigersi alla volta d’un terreno boscheggiato, doveincominciavano a volare attorno ad un gruppo di piante, vagando talvolta di fronda in fronda; poco dopo.si allontanavano per dirigersi _ ad un altro gruppo e passato un certo tempo, ritornando, visitavano di nuovo il primo. Non ho mai osservato questi serotini volar di conserva, ma sempre isolati, ad uno ad uno, tanto che, se non li avessi in seguito presi — conoscendo il loro nascondiglio — avrei creduto che apparte- nessero a specie diverse. Riguardo al volo, che è piuttosto lento, so- stenuto e di solito a mediocre altezza, poche volte ho potuto osservare quello tanto caratteristico di uccello da preda, e non nel Pavese, ma a Sala sul lago di Como, dove i serotini erano comuni ed uscivano in- fatti al tramonto volando solinghi nelle alte regioni dell’aria. Da quanto trovo nelle mie noticine, non posso andar d’accordo col Trouessart che, parlando di questa specie, dice @ ne sort que lorsque la nuit est completemeni venue ». È un'affermazione, ch’io trovo indicata in molti autori, fra cui il Bonaparte, che precisamente scrive a non mai prima che siano passati î crepuscoli » mentre io avrei osservata questa specie e uccisa parecchie volte, non solo nella provincia pavese, ma anche in altri luoghi, appena incominciato il crepuscolo, quando la luce era ancor tanto viva da poter con tutta facilità prender di mira animale. Questa specie ha per sue dimore gli alberi, i campanili, i tetti e i solai; d’inverno cerca nascondigli più riparati, ma di rado è stata trovata nelle grotte e nelle cave di pietra. Teme il freddo e, se il tempo non volge al bello non esce a caccia; è anche una delle più tardive ad uscire di letargo e delle prime ad entrarvi. Io non l’ho mai veduta durante l’inverno, come indicherebbe il Bonaparte. Località pavesi. Dintorni di Pavia, presso le abitazioni in aperta campagna (Senna). Distribuz. geografica. 11 V. serotinus abita tutta l’Italia, ma non è. frequente in tutte le sue parti. Il Ninni lo dice comunein tutte le pia- nure venete; in Lombardia è stato preso a Milano (Museo civico) e da 102 me sul lago di Como (Sala) e su quel d’Iseo (Marone). Pavesi lo indica del Canton Ticino; il Lessona di molte località piemontesi (Cerrina, Montanaro, Gassino, Venaria Reale, Biella); il marchese Doria di alcune liguri (Sestri Ponente, Cornegliano, Serra Riccò, Camporosso); il Car- ruccio e il Bonizzi del Modenese; il Paglia del Mantovano. Io ne con- servo un esemplare di Roma; il Bonaparte l’ebbe dalla Campagna ro- mana e d’Ascoli; di Napoli il Costa, di Calabria e Lecce il Museo. dei Vertebrati a Firenze e di Puglia il dott. Monticelli. Minà Palumbo l’annovera dell’ Etna, delle Madonie e di Palermo, Doderlein lo dice raro; l’ ing. G. B. Traverso l’inviò di Sardegna al Museo civico di Genova (Doria). È Estesissima è la distribuzione del Serotino; esso, come riporta il marchese Doria, trovasi in cinque regioni zoogeografiche — esclusa la regione australiana — è perciò il chirottero più cosmopolita. Verso il nord però non si spinge molto, s'incomincia a trovarlo al sud dell’In- ghilterra e nella Germania settentrionale. Distribuz. altimetrica. Questa specie, che abita di preferenza le pianure e le deboli elevazioni, spingesi talvolta a notevoli altezze. Io lo trovai a più di 1000 metri nella località bresciana Gasso, sulle pendici del monte Guglielmo; Fatio dice solamente che ne s’ elève gueére dans les mon- tagnes ; il Blasius l’indicherebbe dell’ Ercinia a 2000 piedi e nelle Alpi fino a 4000 piedi; il Koch l’avrebbe ricevuta d’Andermatt. 7.02 Vesperugoe noctula. Schreber. Saugeth. P. 1. p. 166. n.0 10, t. 52, sub: Vespertilio (1775). Considerando le condizioni di vita offerte dalla nostra provincia, è probabile che la Nottola non vi sia rara, quantunque, per le sue abitu- dini di stare in colonie molto lontane l’ una dall’ altra, riesca sempre difficile l’averla. Abita di preferenza gli alberi cavi in famiglie più o meno numerose, e ne esce sul far della sera, con un volo dapprima a notevole altezza, in seguito più basso, ma sempre agile e sicuro. L’epoca d’attività per questa specie è relativamente più breve che nelle altre, perchè ha il sonno invernale assai lungo e, durante la bella stagione, rincasa di buon’ ora. La Nottola varia moltissimo in statura e da alcuni autori si vollero distinte quelle di maggiori dimensioni con nomi diversi. I pochi esem- plari, ch'io ho del Pavese, sono di media grandezza, riferibili quindi in ogni modo alla forma principale; per il che io non rimesterò ancora la questione, essendo anche pienamente d’accordo col marchese Doria sulla poca importanza che si deve dare alle dimensioni, come carattere speci- fico, quando una specie, come questa, ha vasta area di diffusione(1). Se (1) Del resto, casi di grandi differenze fra le massime e le minime dimensioni nei chirotteri sono frequenti. Cito il primo che mi viene in mente, lo Scotophilus Tem- - minckii Horsf. della regione orientale, di cui gli esemplari meridionali sono picco- lissimi confrontati con quelli enormi del nord dell’India. 2 4 103 poi si volesse tener conto di queste dimensioni, si dovrebbero designare gli esemplari maggiori come varietà e non come specie diverse. Località pavesi. Dintorni di Pavia e di Bobbio (Senna), Varzi (dottor Mazza in litt.) Distribuz. geografica. La Nottola è annoverata di molte parti d’Italia quale specie abbastanza frequente; pare più comune al nord che nel mezzogiorno della penisola. Fu trovata dal prof. Lessona in Piemonte e anche nella stessa città di Torino non raramente; in Lombardia dal Cornalia e dal Balsamo Crivelli (Milano); di Valtellina (Faedo e Sondrio) l’annovera il Galli, e il Bettoni di Brescia. Sembra scarsa nel Veneto a detta del conte Ninni; nel Veronese poi fu trovata dal De Betta la var. maxima, tanto comune nella Pineta di Ravenna (Giglioli). Il Car- ruccio la cita del Modenese, il Cornalia del Bolognese, il marchese Doria di Liguria (Molassana, Torrazza, Voltri, Appennino); il Savi di . Toscana e Bonaparte dell’Ascolano. Io l’ho di Pisa, il Monticelli di Lecce e secondo il Blasius e Minà Palumbo troverebbesi anche in Si- cilia (Madonie, Castelbuono). Estesissimo è l’ habitat di questa specie, superato soltanto da quello del V. serotinus. Trovasi dalla Scandinavia all'Africa australe, dal con- fine orientale della regione paleartica a quello occidentale; nell’ Oriente fino alle isole della Sonda. Distribuz. altimetrica. A discrete altezze sui monti fu trovata la Not- tola; ma, secondo il Blasius, non raggiungerebbe l'estremo limite degli alberi d’alto fusto. Fatio, nelle foreste alpine, la rinvenne a 1200 metri: il Briigger nei Grigioni fino a 1200 metri sul livello del mare. 8.0 Vesperugo Savii, Bonaparte. Iconograf. della Fauna Italica. Fasc. XX; sub: Vespertilio (1837). La questione dell’identità del V. Saviî Bp. e V. Bonapartii Sav. col V. Maurus Bias. è ormai completamente risolta, e appare tanto chiara . dopo i lavori del Mayor e del marchese Doria ‘da non lasciar dubbio alcuno. Gl’impenitenti ci sono sempre, così che vengono alla luce ca- taloghi e libri, che portano elencato V. Maurus BI. invece di V. Savii Bp.; bisogna convenire che gli autori di quelli o non conoscono le re- gole della buona nomenclatura, oppure sono ignari di tutto quanto si è detto e dimostrato in proposito. Dopo il V. Kuhl, il V. Savii è nel Pavese la specie più comune non soltanto in campagna, ma nella stessa città di Pavia. Ha quasi identici costumi, esce presto di sera e con un volo rapido e accidentato, quasi per nulla dissimile da quello del V. Iuhlii, frequenta le vie della città, de’ villaggi, i giardini, i luoghi boscheggiati e anche le vicinanze delle acque. Suoi nascondigli sono i tetti, le travature delle case e i fori delle muraglie; teme poco il freddo e caccia egualmente nelle sere pioviggi- nose e di vento. È una delle prime a comparire in primavera e delle ultime ad entrare in letargo; non credo improbabile che possa, come il 104 congenere V. Kuhlii, interrompere il sonno invernale, quando la tempe- ratura è mite, ed uscire per qualche ora di giorno in caccia; io però non lo presi mai in quelle poche volte ch’ebbi occasione di cacciare i Vesperugo durante Vl’ inverno. Dei molti esemplari, che di diverse località del Pavese ho esaminato, riscontrai mancante nel maggior numero di casi il secondo denticolo sul margine esterno del trago; variabile la grandezza dell’ epiblema, talvolta nullo, sempre però più piccolo di quello del V. pipistrellus; variabile pure l'altezza del secondo incisivo (esterno) superiore, che non raggiunge, eccettuate pochissime volte, 1° al- tezza della cuspide esterna dell’incisivo superiore interno; infine la coda libera sempre dall’uropatagio per una lunghezza dai 3 ai 5 millim. Tra gli esemplari, ricordo una femmina, presa da me poco fuori di Pavia, con due piccoli appesi alle mammelle. SHE Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. Maestri, Senna), Zi- nasco (signora Emma Magnaghi Borgetti), Corteolona, Bobbio, Voghe- rese (Senna), Staghiglione nell’Apennino pavese (Mayor), Varzi, Casal Staffora, Crociglia (Mazza). Distribuz. geografica. In Italia, il V. Savii è citato dagli autori in ge- nere come poco frequente; ma io credo che ciò avvenga perchè lo con- fondono cogli altri Vesperugo. Il Blasius, oltre al noverarlo de’ din- torni del S. Gottardo e del monte Bianco, dice « sie scheint demnach die Alpenkette der ganzen Linge nach zu bewohnen .... » Il prof. Lessona l’ebbe da Montanaro in Piemonte, ma lo ritiene raro; io ho di Va- rallo e in Lombardia lo catturai a Marone (lago d’Iseo) e a Sala sul lago di Como. Ninni lo dice nel Veneto non comune, il marchese Doria comunissimo nella Liguria (Genova, Casella, Busalla, Bardinetto, Staz- zano Scrivia, Lerma Monferrato, Gavi e Borzoli); il Mayor l’ebbe da Firenze, Pisa, Rimini, Urbino e della Sicilia; il Regalia da Macerata nelle Marche; il Bonaparte di Romagna e dell’Ascolano; il Savi di Roma e di varie località toscane; il Museo dei Vertebrati di Firenze, di Lecce e di Calabria (Arena); il Monticelli di Portici, Nocera de’ Pa- ganiì e Camaldoli nel Napoletano; Doderlein e Minà-Palumbo di Sicilia; di Sardegna il marchese Doria. Estesissima è l’area abitata da questa specie, comprendendo la regione paleartica — dall’ Europa centrale alla Sicilia — la regione orientale e pare anche una parte della regione neotropica. Distribuz. altimetrica. Il nome tedesco di questa specie (Alpenfleder- maus) denota subito la specie montanina per eccellenza; e infatti, quando essa era conosciuta ancora col solo nome di V. Maurus, gli autori con- cordavano nel ritenerla abitatrice delle regioni elevate. Fatio dice: habite exclusivement la montagne, e il Dobson, scrivendo d’un esemplare proveniente da regione montuosa nella N. Granata, conclude nel cre- dere questa specie propria di località poste a notevoli elevazioni sul livello del mare. Siamo debitori al marchese Doria della scoperta in luoghi piani e lungo il litorale mediterraneo del V. Maurus, identifi- cato in seguito col V. Savi di Bonaparte, e d’allora lo si ebbe di mol- 105 tissime località, che comprovarono pienamente l'attitudine di questa specie a trovarsi tanto in pianura che sui monti. È sempre però la specie, che sale più in alto nella catena alpina; infatti il Blasius scrive « sie kommt bis zu den hòchsten Sennhiitten...... und hoher als die jede andere Art, bis îber die obere Grenze der Baumregion hinaus »....... 10 la uccisi sulle pendici del monte Guglielmo (Bresciano) a più di 1000 metri; il Fatio a 2600 circa, ed è probabile che si spinga ancor più in alto, perchè il Dobson ne studiò un esemplare perfettamente identico agli europei, proveniente da Popayan nella N. Granata ad un'altezza di circa 3000 metri sul livello del mare. 9.0 Vesperugo pipistrellus, Schreber. Sàugeth. P. 1. p. 167, n.° 12, t. 54, sub: Vespertilio (1775). Il V. pipistrellus occupa il terzo posto per frequenza trai chirotteri della provincia pavese, ed è comune in tutte le sue parti. È, fra le varie specie, una delle prime a comparire in marzo e il suo letargo è tanto leggiero da interrompersi nel cuor dell’ inverno, appena che il tempo volga al bello; il Blasius anzi dice a Bei Thauwetter habe ich sie nicht selten mitten im Winter im Schnee umherfliegen sehen ». È infatti una delle meno freddolose e la si vede uscire in caccia anche nelle sere piovose e di vento. Ha un volo non rapido, ma facile e irregolare; frequenta le vie della città, entra ne’ cortili, ne’ recinti, percorre le allee de’ giar- dini e trovasi anche nelle vicinanze delle acque, in aperta campagna, ne’'luoghi boscheggiati e in siti ermi, selvaggi, dirupati, come le strade ne’ monti. I suoi ritiri sono svariatissimi; le stalle, i granai, le trava- ture de’ tetti, gli ornati de’ monumenti, i buchi nelle roccie, i muri, i fori d’alberi lo albergano di frequente; talvolta sono assai singolari, come quello citato dal Blasius, che dice d’averlo trovato « ber einen Fuss tief in einem Gange der Hirschkiferraupe in einer lebenden Eiche; e quello di Frendenberg in einem Gange von dem grossen Bockkéifer (Ham- maticherus heros) scavata pure in una quercia. La cosa è possibilis- sima, perchè tutti sanno che i V. pipistrellus, durante il sonno invernale e diurno, trovansi spesso ranniechiati in fori tanto piccoli da parer impossibile che vi possano entrare. Quel tratto di mura secolare e cadente, pieno di fori e di buche, che ricinge Pavia dalla parte del Ticino, è abitatissimo da’ V. pipistrellus e, recandovisi all’avvicinarsi della bella stagione, si possono facilmente osservare le loro vivaci movenze. Escono essi da’ numerosi fori e dopo aver svolazzato qua e colà, scendono fino a sfiorare il pelo dell’acqua, spesso vi immergono il muso e risaliti d’ un tratto, dopo altri giri a zig-zag vanno sulla muraglia a godersi il tepido sole. Alcuni entrano ed escono dagli spazi lasciati dai mal connessi mattoni e volgendosi ora a destra e ora a manca si inseguono a vicenda con notevole rapidità; ne vedi altri faccia & faccia, quasi confabulassero tra loro, taluni passeg- giar gravemente, molti avvicinarsi lemmo lemme ai pochi insetti per tentar di ghermirli; talvolta un rabbuffo, un bisticcio; tal’altra un in- 106 Seguirsi a volo e un mordersi con ferocia; la scena muta, si ripete le mille volte e sempre dà un’idea del vivace, irrequieto, talvolta litigioso carattere di questi animaletti. In altri tempi, ho osservato altre parti- colarità : le tolgo dalle mie noticine di caccia. Quando in autunno per le piogge continue, o in primavera per un forte e repentino disgelo al monte, crescono le acque del Ticino di tanto che il letto del fiume non le può capire, grandi tratti di terreno, prati, salceti, boscaglie in pros- simità del fiume vengono inondati, e l’acqua cresco in modo che le piante, le boscaglie — sommerse per metà — formano come tante iso- lette verdeggianti, ritrovo e ultimo riparo d’ un infinita quantità d’in- setti. I V. pipistrellus, usciti al tramonto, si dirigono numerosi verso questi tratti inondati e, a guisa di farfalle, volteggiando sulla cima delle piante, internandosi tra ramo e ramo, vagando tra fronda e fronda, le visitano in ogni parte, facendo bottino dei molti insetti che il peri- colo sottostante obbligò a mettersi allo scoperto. In tali occasioni, i V. pipistrellus mi parvero infaticabili e voracissimi, nè mai li vidi ri- posarsi se non quando l’ora erasi fatta assai tarda. Dall’ esame di numerosi esemplari di questa specie, ho riscontrato variabile la lunghezza dell’ incisivo superiore interno; variabile pari- menti la lunghezza del primo premolare superiore che, sebbone quasi sempre visibile all’ esterno, lo è in grado differente. Trovai la coda libera dall’ uropatagio per circa un millimetro o poco più, ma non mai raggiungere i 8 e i 5 millimetri del V. Savii; il colore da un bruno rossiccio passa ad un bruno scuro. Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. Maestri, Senna), Zi- nasco (signora Emma Magnaghi Borgetti), Corteolona, Stradella, Bobbio, Ottone (Senna), Nuvione (Mazza). Distribuz. geografica, È sparsa in tutta Italia e forse comune dap- pertutto. In Piemonte, Lessona la cita di Montanaro e Usseglio, il prof. Calderini di Varallo e il Mayor della Valle d’Angrogna, dove è comu- nissima. In Lombardia è stata trovata dal De-Carlini e dal Galli a Son- drio, dove non sarebbe comune. e da me nei dintorni di Milano, Lodi, Cremona, sul lago di Como e su quel d’Iseo. Pavesi la notò nel Canton Ticino (Lugano e Mendrisio), io la ebbi del monte S. Salvatore dalla gentilezza del dott. Calloni. Nel Veneto la prese il Ninni, nel Modenese il Carruccio, nel Mantovano il Paglia, in Liguria, quasi dovunque, il marchese Doria, in Toscana(Firenze, Alpi Apuane), ilMayor a Pompei, il Monticelli, il Bonaparte a Roma, in Sicilia il Doderlein e Minà. Di Calabria (Reggio e Palizzi) e delle isolette Giglio e Montecristo se ne vedono nella collezione de’ Vertebrati a Firenze. Io infine l’annovero di Sardegna, avendo trovato che un esemplare di quella località, dato dal dott. Magretti al Museo universitario di Pavia come appartenente al V. Kuhlii, deve esser riferito a questa specie. Il V. pipistrellus è diffuso in tutta la regione paleartica: al nord si estende fino nella Svezia e al sud fin nella Barberia, dove però sarebbe rarissimo. In Asia trovasi nel Giappone e nell’Imalaja; probabilmente entra nella regione orientale. Calà 107 Distribuz. altimetrica. Questa specie è comune anche in montagna; condo il Blasius, raggiungerebbe il più alto limite della regione dei Non è ancora accertato se gli individui viventi a notevoli altezze vi dimorino anche durante il periodo del letargo, oppure discendano | più al basso; il caso che riferisco il Briigger d'aver trovato alla fine ‘d’ottobre del 1880 a Dorf St. Moritz (1856 metri) ein abgefasstes Exem- plar, ‘parrebbe comprovare la prima ipotesi. 10.° Yesperugo Kuhlii, Natterer. In Kuhl’ s Deutsch. Flederm. Wetterau. ann. IV, p. 58, n.0 13: sub. Vespertilio (1317). Ho avuto questa specie da molte località del Pavese e dovunque la rinvenni estremamente comune. Esce prestissimo in primavera, ed anche durante l'inverno svegliasi ogni qualvolta la temperatura au- menti di qualche grado; uscito da’ suoi ricoveri nelle ore pomeridiane delle belle giornate, svolazza qua e colà cacciando i pochi insetti. Ha un volo abbastanza rapido e leggiero, ma non così alto come la specie precedente ; Blasius aggiunge und nicht in so ki:hnen Wendungen ; io ‘però non potei dirlo. Quando è in caccia frequenta le vie della città, de’ villaggi, penetra ne’ luoghi chiusi, anche in quelli coperti, se attira- ‘tovi dalla luce, ma trovasi pure in aperta campagna, in vicinanza delle acque, nei giardini e nei luoghi -boscheggiati. | Dei numerosissimi esemplari, che mi fu dato esaminare, ho trovato va- riabile in lunghezza l’incisivo superiore esterno, che è per lo più pic- colo, ma raggiunge qualche volta la metà dell’incisivo superiore in- . terno; entro certi limiti, variabile anche l’epiblema; infine il primo | premolare superiore, che di rado-è visibile all’esterno. L’orlatura bianca ‘o gialliecia del plagio - e dell’ uropatagio la rinvenni raramente della larghezza di un millimetro; di solito è più stretta, talvolta manca af- fatto, tal’altra è visibile solo sull’ uropatagio. Il Trouessart, dà gran | valore, a quel che mi sembra, a questa orlatura. Parlando del V. pipî- | SORGE, egli dice: un trés étroit liséré blanchatre ou translucide visibile | surtout chez les mdles, borde la membrane interfemorale. Il ne faudratt 5 pas confondre ce liséré avec la bande ou frange blanchatre beaucoup plus | étendue qui caracterise le V. Kuhlii; e descrivendo quest’ ultimo aggiunge: 3 membrane interfemorale et de l’ aile genèralement bordée plus on moins de | blanc; mais cette bordure ne figure pas un liséré bien defini..... ecc. Esa- minando un gran numero d’esemplari delle due specie, trovo da notare esser bensì vero che il liséré blanchatre del V. pipistrellus non varia mai e perciò non può raggiungere mai una larghezza tale da dirsi une frange blanchatre; ma, siccome questo bordo del V. Kuhlii varia moltissimo, ne | viene di conseguenza che, in alcuni esemplari di quest’ultimo, l’orlatura | bianca è tanto stretta da essere perfettamente uguale al liséré blanchatre del V. pipistrellus. Sarebbe perciò secondo me, un carattere secondario SR E 108 affatto per la esatta distinzione delle due specie, perchè in sommo gato variabile. Fra gli esemplari di V. Kuhlii raccolti ne’ dintorni di Pavia, | citerò un esemplare teratologico nella coda, la quale è libera come di solito per circa 1 millimetro, ma ha anormale la terz’ ultima vertebra, presentando essa alla sua estremità — obliquamente all’ asse maggiore | -- un’ apofisi di circa due millimetri, simile ad una vertebra, che esce sul davanti dell’ uropatagio. Località pavesi. Pavia, città e dintorni (dott. Maestri, Senna), Zi- nasco (signora Emma Magnaghi Borgetti), Corteolona, Bobbio, Voghe- | rese, Stradella, Ottone (Senna), Varzi, Sagliano-Crenna, Pietra Gavina (dott. Mazza). Distribuz. geografica, In tutta la penisola italica è indubbiamente la specie più comune. Nel Veneto è frequente anche nell estuario (Ninni, — Nardo); in Lombardia 1’ annoverano il Blasius del lago di Garda, il Bettoni di Brescia, il Galli di Sondrio, io di Cremona, Lodi, Milano, laghi di Como e d’ Iseo; il Pavesi ia trovò nel Canton Ticino, il Les- sona comune in Piemonte (Torino, Moncalieri, Gassino, Rivoli, Monta- naro, Rivarossa, Cerrina e Biella); il prof. Calderini l’ebbe di Varallo, il marchese Doria dovunque in Liguria; è noverata ancora dal Car- ruccio del Modenese, dal Mayor degli Apennini (versante occidentale), dal Monticelli del Napoletano, di Puglia e di Terra d’ Otranto. Trovasi in Calabria e nelle isole Pontine (collezione de’ Vertebrati Italiani), in Sicilia, secondo Doderlein e Blasius, e in PIESEE stando al Cornalia e al dott. Magretti. Il V. Kuhlii è specie delle regioni europee al sud de’ Pirenei e delle Alpi; fu però trovato in Francia fino a Bordeaux. È comune nell'Africa i settentrionale e penetra fin nello Scioa, (Doria) e in Abissinia (Dobson); ad oriente estendesi fino nella Birmania. Distribuz. altimetrica. È specie che preferisce la pianura, perciò tro- vasi in montagna a deboli elevazioni. Il Blasius afferma di non averla mai veduta nelle Alpi al disopra de’ 1000 piedi; il conte Ninni 1’ ebbe de’ monti del Veneto, non dice però a quale altezza. 11° Vespertilio Capaccinii, Bonaparte. Iconogr. Fauna Italica fasc. XX (1832). Elenco questa specie fra i chirotteri pavesi per un solo esemplare, che uccisi a volo presso il ponte della ferrovia sul Ticino; io la credo poco frequente. Il V. Capaccinii ha modi di vita pressochè identici a quelli dal V. Daubentonii ; esce al tramonto e caccia nelle prime ore della notte, prediligendo, come quello, i corsi d’acqua e l’aperta cam- pagna; ha volo, a quanto mi sembra, più sostenuto e rettilineo; cerca ricovero durante la bella stagione nelle buche, nelle spaccature delle roccie, ne’ fori de’ muri e sverna nelle grotte. Si è molto combattuto riguardo al nome di questa specie. Ho spas- | sionatamente esaminata la questione e non posso a meno di approvare VESTE, SEI ATI RN SIA, 109 le conclusioni riportate dal marchese Doria nel suo lodatissimo catalogo; anzi m'hanno tanto convinto, ch'io ritengo la questione perfettamente . risolta, e adotto il nome dato dal principe di Canino. - : Località pavesi. Dintorni di Pavia presso il ponte Ticino: un ma- > (Senna). | Distribuz. geografica, Tuttora poche sono le località italiane dove tro- È vossi questa specie; la cita il Ninni del Veneto, il Fatio del lago Mag-. | giore (Isola Bella), i io ne ebbi un esemplare della punta di Lavello (Luino), il marchese Doria pure un individuo della Bocca Lupara (Liguria). Del- | Abruzzo, la si vede nel Museo di Napoli e di Sicilia la novera il Do- derlein. È comune invece in Sardegna; io ne ho un esemplare di Ca- “gliari, altri se ne vedono nella collezione de’ Vertebrati a Firenze. È specie del sud dell'Europa e della regione circummediterranea, del nord dell’Africa e verso oriente s’ estende fino al Giappone e alle | Filippine (Dobson). ._ Distribuz. altimetrica. Sembra questa specie limitata alla pianura ed a deboli elevazioni; nessun autore dice alcunchè in proposito, tranne il Ninni, secondo il quale fu trovata anche sui monti. 12.° Vespertilio Daubentonii, Leisler. In Kuhl’ s Deutsch. Flederm. in den Annal. Wetterau. P. IV. bo SIE nola zongiogpl: REL Abbastanza comune è il V. Daubentonii nel Pavese e lo s'incontra ‘anche a pochi passi fuori porta, dovunque vi siano ruscelli, piccoli corsi d’acqua o prati irrigati. Molte volte uscendo di città, lungo il Ticino e i navigli, poco dopo il tramonto, quando l’aria imbruna, l’ho veduto a gruppetti di 4a 5e anche isolato volare presso la superficie dell’acqua, mantenendosi per un certo tratto in linea retta, poi risalire in alto circa un metro, e voltatosi, ritornar sul cammino percorso. Teme il «freddo, nò esce se non quando l'atmosfera è calma; di tratto in tratto, È quando è in caccia, si riposa attaccandosi ai rami degli alberi, ai muri in vicinanza delle acque o alle pile de’ ponti, mentre durante il sonno i diurno si nasconde nelle fessure, negli alberi cavi e in altri luoghi | prossimi all'acqua; nel letargo elegge domicilio ne’ sotterranei, ne’fori delle miniere e nelle grotte, dove si raduna in numero considerevole. Località pavesi. Dintorni di Pavia e di Bobbio (Senna). — ‘ Distribuz. geografica. Sembra questa specie frequente nell’Italia set- tentrionale e media, assai meno nelle parti meridionali della penisola. In Piemonte non è rara stando al Lessona, in Lombardia 1)’ ho trovata frequente sui laghi Maggiore, di Como e d’Iseo; Pavesi la cita del Canton Ticino (Lugano, Mendrisio), il Ninni e il Nardo del Veneto, ma | non frequente, il marchese Doria della Liguria (Taggia e Genova), il i . Mayor di Molina, di Quosa e di Firenze, il Giglioli di Pisa e del monte | Amiata in Toscana; Monticelli non la trovò nel Mezzogiorno, sebbene de sia indicata di Sicilia dal Bonaparte e dal Doderleir, e il Minà la dica comunissima; di Sardegna la indicano il Blasius e il Fitzinger. a 3 3 110 Il V. Daubentonii si spinge assai verso il settentrione dell’ Europa, trovandosi nella Svezia e in Finlandia; al sud è noto della Grecia, ad oriente fino del Tennasserim (Doria). Distribuz. altimetrica. Questa specie è più abbondante in pianura, ma trovasi anche sui monti a discreta altezza. Il Fatio indica 1)’ ultimo limite a 1300 metri; Blasius e Koch danno l’altezza di 4000 piedi nelle Alpi, misura che su per giù corrisponde a quella di Fatio. 13.° Vespertilio emarginatus, Geoffroy. i Annal. du Muséum. Vol. VIII. p. 198 (1804). Il V. emarginatus è molto più raro del precedente; frequenta le me- desime località e poco differisce nei costumi. Esce al crepuscolo da’ suoi. rifugi, quali le buche, le cavità delle muraglie e degli alberi e si pone in caccia isolato, non mai a gruppetti come il V. Daubentonii, sfiorando la superficie dei fiumi e de’ corsi d’acqua in genere, con un volo che, osservato attentamente, ha una certa analogia, eccezione fatta della ra- pidità, con quello poco elevato delle rondini e de’ balestrucci quando è imminente la pioggia. Cacciandolo lungo il Ticino, qualche volta mi accadeva di colpirlo malamente colla rete e di farlo cadere nell'acqua, vedeva allora che l’animale, per nulla affatto impacciato, nuotava vigo- rosamente, ajutandosi coi piedi, verso la riva e, se questa era scoscesa 0 affatto verticale, come per esempio, un muro, con un colpo più forte delle gambe si sollevava alquanto sul pelo dell’acqua e conficcava le unghie de’ pollici sulla rugosa parete; sostava alquanto, quasi per ri- posare, poscia appoggiati anche i piedi, s'inerpicava abbastanza agevol- mente fino ad una certa altezza, e girando sopra sè stesso, spiccavasi al volo. Per svernare, si radunano parecchi individui insieme e cercano rifugio ne’ sotterranei, nelle grotte e in altri luoghi riparati donde escono a primavera. Località pavesi. Pavia, dintorni della città, in vicinanza di corsi di acqua di qualche estensione e lungo le rive del Ticino (Senna). Distribuz. geografica. Probabilmente è sparso in tutta Italia, ma ap- pare scarso dovunque. In Piemonte lo citano Blasius e Lessona; di Val- sesia l’ ebbe il Calderini, del Veneto il Ninni; sul lago di Como (Sala) lo trovai frequente; lo noverano anche il marchese Doria della Liguria, il Carruccio del Modenese, il Mayor della Toscana (Val del Serchio). Il Bonaparte lo trovò ne’ dintorni di Roma, ma lo dice raro; nella col- lezione de’ Vertebrati a Firenze se ne vedono esemplari di Capalbio nella Maremma toscana e di varie località calabresi (Nicotera, Motta Filocasi, Soriano, Oppido Vecchio). \ Questo vespertilione abita 1’ Europa media e meridionale, 1’ Algeria e verso oriente arriva fino al Belucistan. Distribuz. altimetrica. È specie, con molta probabilità, confinata alla pianura o a deboli elevazioni; nessun autore lo accenna come trovato in montagna. 111 14.° Vespertilio Nattereri, Kuhl. Deutsch. Flederm. Ann. Wetterau. Gesellsch. Naturk. P. 1. p. 33. n.0 2. t. 2, 3. (1819). Frequenta questa specie i luoghi boscheggiati, le allce e i viali dei giardini e abita gli alberi cavi e i vecchi edifici d’ estate; le grotte e i sotterranei d’inverno, dove trovasi gregaria non di rado con altre specie. Esce a sera e vola piuttosto lentamente a mediocre elevazione. Io 1’ ho incontrata e uccisa una sola volta in una mia escursione nell’ alto Pa- Vvese. | Località pavesi. Bobbio: un esemplare. (Senna). Distribuz. geografica. In Italia questa specie non è molto frequente tranne in pochi luoghi. Fu indicata dal Ninni nel Veneto (Grotta di Molinetto} come rara; io ne ho studiati parecchi esemplari di Varallo, inviati dal prof. Calderini al prof. Pavesi; in Liguria (Molasana) la novera il marchese Doria; in Toscana (S. Rossore, Alpi Apuane, Fi- renze) il Mayor; il Bonaparte ne ebbe di Roma, il Monticelli un indi- viduo di Capodimonte e con dubbio è citato dal Doderlein in Sicilia. Ul V. Nattereri sembra confinato all’ Europa: ha per confine nord Irlanda, la Svezia meridionale, la Finlandia; al sud s’ estende fino al mezzogiorno della nostra penisola; lo si conosce degli Urali e, per ora, questo sarebbe 1’ estremo limite orientale. Distribuz. altimetrica. L° unico autore che ne parlò è il dott. Fatio, dal quale sappiamo che questa specie s’ elève assez haut dans les monta- gnes e che la trovò nell’ alta Engadina a circa 1800 metri sul livello del mare. 15.° Vespertilio Bechsteinii, Leisler. In Kuhl's Deutsch. Flederm. Annal. Wetterau. Gesellschaft Naturk. PA p90 0280229 0!819)E Questa interessante spetie l’ annovero nella provincia per la cattura fattane nell’ agosto del 1883 d’un solo esemplare dal dott. Felice Mazza, che lo donò al Museo civico di Genova. Io non l’ ho mai trovata, per- ciò la credo rara, o almeno più difficile a rinvenirsi delle altre in causa delle sue abitudini solitarie, vivendo durante la bella stagione per lo più nelle buche e negli alberi cavi e frequentando nelle sue cacce i viali, le allee e il limitare de’ boschi e de’ terreni a vegetazione arborea. Il Regalia però ebbe la fortuna di trovarne una colonia di sette indi- vidui sotto una trave di una casa in campagna, il che dimostra la pos- sibilità di riscontrarla anche presso l’abitato, contrariamente a quanto dicono il Trouessart e il Blasius. Il V. Bechsteinii vive isolato o in fa- miglie di pochi individui, talvolta in compagnia di altre specie, e nel periodo del sonno invernale predilige i sotterranei, le grotte, le cave di pietra e le miniere. Esce piuttosto tardi di sera, vola pesantemente ed a mediocre elevazione, tenendo diritte le lunghe orecchie; per il che, incontrandolo, torna facile il riconoscerlo. Località pavesi. Varzi in Val Staffora (dott. Mazza). 112 Distribuz, geografica. Pochi autori menzionano questa specie in Italia; il Ninni ne ebbe un esemplare dalla Grotta di Molinetto (Veneto) e lo dice rarissimo; il Mayor lo cita di Rimini, il Regalia de’ dintorni di Firenze. È specie limitata all'Europa, e si trova dalla Svezia all’Italia, dalla Francia al sud della Russia. Distribuz. altimetrica. Nessun dato si conosce riguardo all’ e cui può arrivare questa specie piuttosto rara, non essendosi finora tro- vata in località montuose; probabilmente è limitata alla pianura e alle deboli elevazioni. 16.° Vespertilio murinus, Schreber. Saugethiere. P. 1. p. 165. n.0 9. t. 51. (1779). Ho catturato ed ho veduto volare questa specie tante volte e in tanti luoghi ch'io non dubito d’ errare ritenendola molto comune dovunque nella provincia. Il periodo di vita attiva corre da aprile ad ottobre e, durante questo tempo, di solito esce a sera fatta o nel corso della notte, e vola in modo regolare, abbastanza rapido, a mediocre altezza dal suolo, senza molto allontanarsi dalla propria dimora. Quando caccia, fre- quenta le vie della città e de’ villaggi, i giardini ei luoghi boscheggiati prossimi all’ abitato. Durante l’ estate, suoi ricoveri sono i tetti delle case, i campanili e le antiche costruzioni in genere; d’inverno prefe- risce le grotte e le caverne. Il pipistrello topo è d’umor fiero, mordace, accattabrighe per eccellenza, ciò non ostante vive in società e in co- lonie spesso numerosissime, per lo più di soli maschi, o di sole fem- . mine. Nel campanile del Duomo di Pavia, ogni anno, nella bella stagione, se ne trova una colonia di duecento individui circa, tutte femmine, la maggior parte gestanti o coi piccoli alle mammelle; in qualunque altra epoca non mi fu dato averne un solo individuo. È un vero eta- blissement de couches, nel quale, come al solito, i maschi e qualsiasi altra specie sono affatto banditi. Queste duecento femmine, riunite in colonia, occupano uno spazio relativamente piccolo sotto la volta del campanile, essendo addossate, aggruppate le une alle altre formando un enorme grappolo. Non ho mai potuto assistere a quel loro volo tanto caratteristico diurno o al chiaro di luna, quando cioè eseguiscono de’ giri immensi a grande altezza, simili a quelli degli uccelli da preda, sebbene più e più volte mi ponessi in osservazione. Non sarei quindi alieno dal credere che ciò avvenga soltanto in certe epoche dell’anno, quando ad esempio le femmine non attendono all’ allevamento de’ piccoli, oppure che siano i soli maschi, a meno che non voglia attribunirne la causa, e forse con maggior logica, ai numerosissimi gheppi (Cerchneis tinnunculus) che, tenendo dimora nelle buche del detto campanile e sulla vicina cupola del Duomo, stanno costantemente in vedetta e svolazzano nelle vici- nanze. Località pavesi. Pavia, città e dintorni (Senna), Zinasco (signora Emma = x X à 113 | Magnaghi Borgetti), Castelli d’ Oramala e di Nuvione in Val Staffora (dott. Mazza), Stradella, Bobbio, Ottone (Senna). Distribuz. geografica. È specie comune e sparsa in tutta Italia. Nel Veneto la cita il Ninni; nelja Lombardia, del Bresciano il Bettoni, -del Bergamasco (Grotta d’ Entratico) e del Milanese (Duomo di Milano) il Balsamo-Crivelli; io la rinvenni sul lago Maggiore (Isola Bella), loca- lità citata dal Fatio e dal Cornalia, sul lago di Como (Sala) e su quel d’ Iseo (Marone). Trovasi pure in Valtellina, a Sondrio e Trevisio se- condo il Galli e il De Carlini; in Piemonte (Lessona), a Varallo (Senna), nel Canton Ticino (Pavesi); in Liguria è comunissima a detta del mar- chese Doria in molte località (Tana del Drago. Genova). È indicata inoltre del Modenese (dott. Carruccio, Bonizzi), del Mantovano (Paglia), della Toscana e di Basilicata (Monticelli), di Benevento e del Napoletano (Museo di Napoli), di Calabria (Museo di Firenze) e di molte località siciliane (Etna, Monti Rossi, Madonie, Palermo, Caltanisetta, Cefalù) da Minà e da Doderlein. Il dott. Magretti la riportò dal suo viaggio in Sardegna. Il V. murinus è limitato, secondo il Dobson, alla regione paleartica; verso il nord trovasi fino in Inghilterra. Il Blasius e Fitzinger lo ci- tano anche delle Indie orientali. Bistribuz. altimetrica. Questa specie, tanto abbondante in pianura, sale notevolmente sui monti. Il prof. Lessona e il conte Ninni si li- mitano ad indicazioni generiche; il Galli, in Valtellina, la trovò a 1600 metri; Koch stabilì la sua var. alpina sopra esemplari del S. Gottardo a 5000 piedi sul livello del mare; il prof. Heer la rinvenne a 1520 metri sul Berglialp.; nei Grigioni invece la massima altezza data dal Briigger è di 950 metri. Questi sono i dati a mia conoscenza; di 5000 piedi la indica anche il Blasius nelle Alpi. Gruppo 3° MINIOPTERZ. 17.0 Miniopterus Schreîbersiî. Natterer. In Kuhl° s Deutsch. Flederm. Wetterau. Annal. IV. p. 41. n.° 7. (1819). Il Miniottero è eminentemente socievole e per lo più lo s° incontra in numerose colonie, nei siti solitari come le grotte, i sotterranei, gli edifici in rovina; qualche volta nei campanili delle chiese, sotto le cu- pole e in altri consimili ritiri. Esce presto di sera e si mette in caccia ne? luoghi aperti volando rapido, leggiero e a notevole altezza. Il suo volo richiama alla mente quello delle rondini e dei rondoni. Passa il letargo nelle caverne profonde e probabilmente per recarvisi imprende delle vere migrazioni. L° ho ucciso poche volte nella provincia pa- ‘vese. Località pavesi. Dintorni di Pavia (Senna), Zinasco (signora Emma Magnaghi Borgetti). Distribuz. geografica. È certamente sparso in tutta Italia; ma non tutti gli autori, che trattano della fauna chirotterologica della penisola, 4 114 l'hanno menzionato. Nel Veneto il Ninni lo dice abbastanza comune; esemplari della Lombardia, stando al Cornalia, esistono nel Museo di Milano, io però non li ho mai visti; nel Modenese fu trovato dal Car- ruccio, in Liguria (Grotta Lupara, Grotta delle Arene Candide) dal marchese Doria, in Toscana dal Mayor (cupola del Duomo di Firenze); io ne ebbi di Siena, il Blasius degli antichi acquedotti nella campagna romana, il Monticelli del Napoletano e di Basilicata. L° Ascolano ha dato i tipi al Bonaparte del suo M. Ursini identico allo Schreibersii; di Lecce l’ebbe il Mayor, e di Calabria (Soriano, Nicotera, Tremiti, Scilla) il Museo di Firenze. Lord Lilford e Doderlein lo raccolsero in Sicilia, il prof. Giglioli lo cita di Cagliari in Sardegna e di S. Bonifacio in Cor- sica. Estesissima è l’area abitata dal Miniottero, comprendendo essa una parte dell’ Europa media e tutta la meridionale, le regioni temperate nell’ Asia, tutta la regione orientale coll’arcipelago malese, infine 1 Au- stralia, l Africa e isola di Madagascar. Distribuz. altimetrica. Il Trouessart chiama il Miniottero « une espèce montagnarde » perchè trovata nelle Alpi, ne’ Pirenei e nel Giura; da noi trovasiin pianura, anzi pare, da’ dati che sì conoscono, che non si elevi a grandi altezze. Infatti il Fatio, che la cita della Svizzera, la rinvenne nella Grotta di Motiers a soli 820 metri, e il Briigger, ne’ Grigioni, la indica di 580 metri. Il Fitzinger invece scrive: In Europa ist diese Art vom sidlichen Fisse der Alpen, in denen sie bis zu einer Hohe von 8000 Puss iber dem Meeresspiegel emporsteigt. Nessuno dei mammalogi poste- riori fa menzione o tien calcolo di questo dato di Fitzinger, forse per- chè non abbastanza accertato; io non vedo ragioni plausibili per non ammetterlo a priori, essendosi già dato il caso che specie anche più me- ridionali del Miniottero si rinvenissero — forse trasportatevi passiva- mente o perchè migranti — a grandi altezze (1). BIBLIOGRAFIA CONSULTATA. 1832--37. BonapARTE C. L. — Iconografia della Fauna Italica. — Vol. I. Mam- miferi e Uccelli. — Roma. 1844. BaLsAMO-CRIVELLI G. — Fauna della Lombardia. — In Notizie naturali e civili sulla Lombardia. — Milano, vol. I. in 8.° 1857. BLasius J. H. — Na/urgeschichte der Saugethiere Deutschlands und der angrenzenden Linder von Mitteleuropa. — Braunschweig. 1860. Narpo G. 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Questi due recentissimi lavori ci offrono le ultime idee sulla interessante questione della struttura del protoplasma. Per Dujardin e Mohl, il protoplasma era una sostanza mucilagginosa, omo- genea e priva di struttura, contenente granuli e vacuoli. Le striature delle cellule muscolari e nervose erano considerate solo come differenziamenti fibrillari del protoplasma omogeneo. Più tardi (1861) Brùcke ammise invece una organizzazione del protoplasma, composto, secondo lui, di parti solide e liquide; il che fu poi confermato da Cienkowsky, Velten e Hanstein. Partendo dai suoi studi sulle cellule nervose, Frommann giunse, nel 1867, al concetto che la struttura fibrillare o reticolare non è speciale a quelle cel- lule, ma appartiene a tutte le cellule indistintamente; questo fu il primo passo verso la decisa teoria della complicazioneedel protoplasma che adesso pre- domina. La dottrina della struttura reticolata del protoplasma ammette in esso queste. due differenti sostanze: l. Una sostanza più scura e consistente, foggiata a maglia o a impalcatura spongiosa. 2. Una sostanza più chiara e meno consi- stente, che sta tra le maglie della prima. Negli ultimi vent'anni si occuparono di tal questione, e con tale indirizzo, specialmente Kupffer, Schwalbe, Trinchese, Maggi, Klein, Schmitz, Stras- burger, E. van Beneden, Pfitzner, Leydig, Carnoy, Ranvier, Fabre-Domergue, Bùtschli ecc., i quali ammettono la struttura reticolata. Altri invece (special- mente Flemming; Pflùger, Pfeffer, Ballovitz, Schneider) ammettono piuttosto una struttura fibrillare, senza escludere che i filamenti possano presentare rami o anastomosi; con che le due dottrine non differiscono quanto a prima vista parrebbe. 117 Il disparere sta piuttosto nell’apprezzare il valore fisiologico delle due sostanze, poichè Heitzmann, van Beneden, Carnoy ecc. ritengono che la vera sostanza viva e contrattile sia la spugnosa, mentre Leydig, al contrario, ’erede che questa sia solo una impalcatura di sostegno, e la sostanza viva e con- trattile sia la più chiara. In base a questi varii modi di vedere, la nomenclatura delle due sostanze è assai diversa presso i varii autori. Quella di sostegno fu detta: Protoplasma (Kupffer), Ci/o-ialoplasma (Strasburger, Fabre-Domergue), Spongioplasma (Ley* dig), Massa filamentosa o Mitoma (Flemming), Reticolo (van Beneden, Carnoy); quella contenuta nelle maglie: Paraplasma (Kupffer, Cifochilema o plasmochima (Strasburger), Enchilema (Reinke, Bitschli), Massa interfilare o paramitoma (Flemming), “aloplasma (1) (Leydig, Van Beneden). In questi ultimi anni, parecchi autori ritornarono ed antichi concetti ri- guardo alla costituzione del protoplasma. Così Berthold (1886) ammise nuova- mente l’omogeneità del plasma, considerandolo come una emulsione di granuli .in un menstruo liquido ; e Schwarz e Kòlliker sono dell’opinione che la struttura reticolata non sia fisiologica, ma sia un prodotto artificiale 0 cadaverico (va- cuolizzazione durante la coagulazione degli albuminoidi). Altmann poi nel 1886 ammise che il protoplasma sia composto di due parti: una sostanza fondamentale gelatinosa, contenente molti granuli quali in assenza sono quelli che si dissero poi microsomi, e sarebbero i veri elementi vivi; la struttura reticolata poi sarebbe, secondo lui, una pura apparenza derivata dall’avvici- «namento dei granuli (2). Sempre secondo Altmann, i granuli sarebbero parago- nabili ai bacteri, la cellula a una zooglea o forma sociale di bacterii, concetto gia espresso da molti anni dal Maggi. Recentemente L. e R. Zoja, con dili- gentissime osservazioni su molti animali, confermarono l’esistenza dei dioblasti di Altmann, da essi chiamati plasfiduli, per seguire la denominazione già data dal Maggi a questi piccoli elementi dell’ organizzazione animale (3). Quanto all’opinione personale di Biitschli, come è espressa in questo e in altri suoi lavori, essa si avvicina in fondo alla teoria reticolare, ma con questa variante, che la struttura generale della cellula è imaginata quale una struttura schiumosa (Schaumtheorie). Un corpo spumoso presuppone l’esistenza di un si- stema di sottili trabecole d’una sostanza più consistente, tra cui stanno delle sostanze liquide o aeriformi. Egli ebbe una conferma ottica di questo suo modo di vedere, col seguente esperimento. Prese dell’olio d’oliva vecchio e limpidissimo, e lo mescolò con zucchero o sal di cucina finissimamente pol- verizzato, fino a farne una pasta omogenea. Presa una gocciolina di questa pasta semiliquida, la mescolò su un vetrino portogetti con una gocciola d’acqua distillata. L’acqua, penetrando nella massa, scioglie le particelle di zucchero o di sale, e si ha così una massa totale, composta di un insieme di trabecole ‘d’olio, tra cui stanno delle goccioline di soluzione salina o zuccherina ; ossia non già una emulsione, ma una spuma artificiale a elementi finissimi. Osser- vando al microscopio questo ammasso spumoso, nei suoi varii piani ottici, si «può riscontrare che le varie apparenze, sovrapposizioni, intersezioni ecc. dei (1) In tal modo il nome di i4loplasma ha due diversi significati, fra loro diametralmente contrarii: (2) Nel libro die Elementarorganismen ecc. del 1890 l’Altmann chiama questi granuli bioblasti. i (3) I piastiduli del Maggi sono essenzialmente diversi da quelli dell’ Heeckel, Il Maggi ‘chiama questi ultimi diomori. 7 118 singoli elementi ripetono le varie disposizioni strutturali che trovansi nella cellula. Ciò convaliderebbe. otticamente, la Schaumtheorie di Bitschli. © Peytoureau non s’allontanaintutto da Biitschli. Egli, seguendo le idee di Kunstler, sostiene la struttura 4lveolare del protoplasma, che può diventare reticolata nello stadio adulto per un assottigliamento delle maglie. Ma sostiene anche, e, secondo noi, con ragione, che questa struttura alveolata ron è l’unica possibile nella cellula « La structure du protoplasma est plus complete que ne ‘l’avaient fait pressentis les premiers travaux». Nei protoplasmi compatti le logge sono spesse e le cavità ridotte, e riempite di sostanze dense; si ha allora la struttura a granuli o bastoncini, (che ricorda quelle descritte da Altmann e dagli Zoja); poi questa struttura, collo sviluppo della cellula, può passare alla struttura alveolare. Gli alveoli possono essere distribuiti irrego- larmente, oppure ordinati in serie radiali o longitudinali, o oblique, e allora si hanno le varie strutture o semplicemente reticolate, o a striature radiali, longitudinali, oblique ecc. Peytoreau inoltre critica la Schaumheorie di Biitschli, osservando ch’essa soddisfa per alcuni casi particolari, ma non per tutti ? casi, essendovi realmente dei protoplasmi /iuidî, a emulsione, a granulazioni, oltre a quelli alveolari; essendovi anzi, in non pochi casiì, la contemporaneità di queste varie strutture in una stessa cellula. Anche la struttura del nucleo conferma questi concetti; onde possiamo concludere che le varie opinioni emesse sulla struttura del protoplasma sono fra loro conciliabili in ciò, che ciascuna di esse è vera in singoli casi, che tale struttura non è costituita su un unico schema, e che bisogna guardarsi da generalizzazioni troppe unila» terali in questo difficile argomento. G. C. Dottori Luigi e Raffaello Zoia: Intorno ai plastiduli fucsinofili (Bioblasti del- V Altmann). Mem. del R. Ist. Lomb. di sc. e lett. Vol. XXVI, Milano 1891. Le idee sostenute dall’ Altmann nel libro « Die Elementarorganismen und thre Beziehungen zu den Zellen » rispondono nelle loro linee principali a quelle già da parecchi anni esposte dal prof. L. Maggi sulla costituzione morfologica della cellula. I dioblasti dell’ Altmann equivalgono ai plastidulî del Maggi: questo ultimo nome è preferibile per il suo significato etimologico. I metodi suggeriti dall’Altmann rendono possibile uno studio accurato di queste parti costitutive della cellula: per distinguere i plastiduli che si colorano specifi— camente in rosso per la /ucsina acîda col metodo più usato dall’ Al#mana, usiamo il nome di plastiduli fucsinofili. Le osservazioni riferite dall’Altmann sono ristrette ai vertebrati ed ai mu- scoli del Dytiscus: abbiamo estese queste ricerche ai rappresentanti dei vari tipi animali (colla sola lacuna dei mesozoi e molluscoidi). Nelle cellule di tutti i tessuti osservati abbiamo riconosciuta la presenza dei plastiduli fucsi- nofili. Le osservazioni furono fatte sui seguenti organismi : Protisti. BactERI. In alcuni casi si colorano esattamente come\i plastiduli fucsinofili, in altri lasciano riconoscere una struttura più complessa. LoBosI. An@ba limax, altre amebe. FLAGELLATI. Monadi, CiLiati. Paramecium, Opalina ranarum, Colpoda cucullus, Stentor polimorphus, Isothrica, Entodiniun, Diplodinium, ecc. Celenterati. PoRIFERI. Sporgilla fiuviatilis (cellule entodermiche, mesodermiche, ecto- dermiche e dei canestrelli vibratili; uova (?). 119 Cyipari. Hydra vulgaris (cellule mioepitaliali, interstiziali ed urticanti ectodermiche, cellule del disco pedale, cellule mioepiteliali e ghiandolari entodermiche). Ù Vermi. > PLATELMINTI. Una turbellaria (cute, intestino, organi riproduttori). NEMATELMINTI. Anguillula, Ascaris megalocephala (strato granuloso sottocu- ticolare, cellule muscolari, intestino, organi riproduttori maschili e femminili, uova fecondate). ANELLID!. Serpula uncinata (ipoderma, connessivo). Natîs proboscidea (intestino, uova, cellule gangliari). Hirudo medicinalis, Aulostomum gulo (cellute a martello del tegumento, ghiandule unicellulari, intestino, reticolo vasopigmentale, connessivo, muscoli, nefridio definitivo, organi riproduttori). Echinodermi. Crimnoibi. Comatula mediterranea (intestino, epitelio del celoma, connessivo, muscoli). a I ASTERIDI. Asferacanthion tenwispinis (intestino, epitelio del celoma, ecc.). EcHQinID:. Sfrongylocentrotus lividus (intestino, aprselto del celoma, connes- sivo, ovaio, testicolo). Molluschi. Helixpomatia (intestino, ghiandole salivari, fegato, gangli nervosi, ghiandola ermafroditica, ghiandole multifide). Acanthopsole DIR (muscoli, diverticoli epatici). Artropodi. CrostackI. Astacus fiuviatilis (fibre muscolari, gangli sopraesofagei, ghian- dole verdi). ARACNIDI. Tegenaria domestica (ovaio). InsETTI. Hydrophilus piceus (intestino, vasi malpighiani, organi riproduttori, muscoli). Tunicati. Ciona intestinalis (intestino, testicolo, ovario, ganglio nervoso , ghiandola ipogangliare). Vertebrati. Tinca vulgaris, Triton cristatus, Hyla arborea, Rana temporaria, Bufo vul- garîs, Platydactylus muralis, Lacerta viridis, Lacerta muralis, Sylvia atracapilla, Emberyza citrinella, Gallus domesticus, Lepus cuniculus, Mus musculus, Mus decumanus, Cavia cobaya, Canîs familiaris, Felis domestica, Homo sapiens (epi- telio della pelle, della mucosa boccale, della lingua, della congiuntiva, epi- telio serminativo dell’ovaio, epitelio anteriore e posteriore della cornea, epitelio posteriore del cristallino, dei processi ciliari, delle vescicole della tiroide, endotelio Cei vasi sanguigni, peritoneo, albuginea dell’ovaio, tessuto ovarico, uova, testicolo, mucosa e gliandole intestinali, connessivo, cellule cartilaginee, milza, fegato, pancreas, ghiandole sottomascellari e orbitali, reni, midollo delle ossa, fibre muscolari liscie e striate, cellule nervose, retina, tessuti embrionali del pollo a varie età, epitelioma del testicolo, pus di un gonartrocace). - Per alcune cellule abbiamo riconosciuta pressochè costante una determinata disposizione dei plastiduli fucsinofili (epitelio intestinale), come nelle cellule ghiandolari in genere abbiamo ottenuti risultati analoghi a quelli descritti dall’Altmann. In parecchi casi ci parve distinta la derivazione delle sferette di secrezione dai plastiduli fucsinofili, probabile la derivazione da essi delle 120 granulazioni vitelline. Nella produzione delle sferette di secrezione alcune volte sembra che la elaborazione incominci dal centro del plastidulo, e ri- manga per un certo tempo un anello fuesinofilo periferico (p. e. nel reticoio vasopigmentale degli irudinei). La elaborazione dei grani avviene nel modo descritto dall’A!tmann anche nella degenerazione adiposa (testicolo umano). Mutamenti caratteristici (con tutta probabilità passivi) nella disposizione dei plastiduli si hanno nei diversi stadi di contrazione ed estensione delle fibre muscolari (4ydrophilus, Acanthopsole), come nelle diverse fasi cariocinetiche (ghiandola ermafroditica dell’ Helîz pomatia). Nella spermatogenesi si osserva che i plastiduli fucsinofili sono tondeg- gianti ed aggruppati in alcuni punti determinati nelle cellule dalle quali de- rivano direttamente glispermatozoi (Hirudo, Aulostomum, Helia, Triton, Rana, Lucerta, Platydactylus, Emberiza, Mus, Homo), mentre sono allungati nelle cellule da cui derivano le cellule madri. Formandosi lo spermatozoo i plastiduli si portano strettamente presso il nucleo cingendolo di un inviluppo fucsinofilo uniforme per modo che sembra la testa dello spermatozoo si colori come i plastiduli fucsinofili : questo avviene anche per il nucleo dello spermatozoo amiboide di Ascaris che ha pure plastiduli sparsi nel suo corpo amiboide. Penetrato lo spermatozoo nell’uovo il suo nucleo più non si colora e se ne vedono allontanarsi dei minuti plastiduli (Ascaris). I casi nei quali più evidente è una attività del plastidulo fucsinofilo si mostrano in relazione con fenomeni di nutrizione (che possono essere di se- crezione rispetto alla cellula intera), inoltre le parti che hanno evidentemente un’altra funzione (p. e. gli organi della motilità come fibrille contrattili nelle fibre muscolari, flagelli e ciglia dei flagellati e ciliati, miofani degli Sfezfor, code dei nemasperni, e le parti di sostegno) non presentano la colorazione dei plastiduli fucsinofili. Per questo riteniamo che essi abbiano nella cellula ina funzione prevalentemente nutritiva. Dott. R. ZOJA: Sulla frasmissibilità degli stimoli nelle colonie di idrordi. (Ren- diconti del R. Ist. Lomb. di sc. e lett.; seduta 17 dic. 1891. Serie II. Vol. XXIV. Fasc. XX. Usando come stimolo specialmente la corrente elettrica indotta l’aut. os- servò in varie speci di Idroidi coloniali che gli stimoli si trasmettono attra- verso il cenosarco così dell’idrofito che della idroriza. Specialmente nella Pennaria Cavolini Ehr., che bene si presta a simili osservazioni per l’aspetto e la regolare disposizione dei suoi idranti, si riconosce, irritando idranti posti fra di loro in varia posizione relativa, che la trasmissione dello stimolo avviene, anche per serie molto numerose di idranti, regolarmente dall’idrante diretta- mente eccitato al vicino, da questo al seguente e così via. Gli idranti più giovani sono i più sensibili. Nella Po4docoryne cornea Sars in relazione alla spe- ciale costituzione della sua idroriza gli idranti si contraggono tutti contem+ poraneamente, quando uno o due della colonia siano eccitati. Franz Eilhard Schulze. Veber Zrichoplaa adherens. — Berlin, 1891. L’autore descrive più minutamente l’interessante organismo del quale gia nel 1883 (N. 132 del Zool. Anz.) aveva dato un cenno. Gli esemplari che studiò ebbe dagli acquari di Graz e di Vienna che tutti sono alimentati con acqua del mare di Trieste. Il Zrichoplax adhaerens è incoloro, raramente si presenta come un disco tondeggiante, assai appiattito; di solito invece ha un contorno irregolare, continuamente ma assai lentamente mutabile in modo un po'analogo a quanto VIE TAC RR RI 9 PRO I TI Ti 121 ‘avviene in talune amebe; in tal modo il 7rzchoplax muta lentamente di posto. Lo spessore del disco è di circa mm. 0,02; il diametro delle forme discordali può giungere fino a 3,9 mm.; le forme allungate possono essere strettissime e lunghe fino a 20 mm. Per quanto si riferisce alla forma del corpo può met- tersi nei Monaxonia diplopola amphepipeda di Haeckel. Il 7richoplax risulta di tre strati cellulari sovrapposti, (un epitelio dorsale ‘appiattito, ed un epitelio ventrale cilindrico, i quali si incontrano nei margini; racchiudono tra laero totalmente un tessuto costituito di cellule fusiformi o stellate immerse in una sostanza fondamentale fluida). Del resto in esso non si può riconoscere alcun organo differenziato. Le otoliti descritte dal NoLL non sono probabilmente che corpi splendenti anormalmente grandi. L’ epitelio dorsale è costituito di cellule appiattite che portano numerose ‘ciglia. Le cellule dell’epitelio ventrale sono cilindriche, portano ciascuna un solo ciglio, hanno un nucleo ovale alla parte prossimale ed appena al di- sotto di questo un granulo lucente; alcune di queste cellule contengono delle sfere debolmente rifrangenti che non si trovano mai nella zona margi- nale dell’ epitelio ventrale. Alla estremità prossinale le cellule ventrali ter- minano acuminate e si anastomizzano coi prolungamenti delle cellule stel- late o fusiformi che costituiscono lo strato mediano; queste sono più accu- mulate verso l’ epitelio ventrale che verso il dorsale, si mettono pure in re- lazione colle cellule dorsali per mezzo di prolungamenti che terminano a tromba; quasi tutte contengono presso il nucleo un granulo splendente ovale di aspetto simile a quello dei granuli contenuti nelle cellule ventrali. Presso la superficie dorsale stanno alcune grandi sfere lucenti contenute in cellule che da una parte si uniscono con un breve prolungamento alle dorsali, dall’altro con uno lungo alle ventrali. Un po’ più sotto delle sfere lucenti stanno delle masse granulose giallo-brunoverdastre pure contenute in alcune cellule dello strato mediano. Diluendo l’azzurro di Metilene (Ehrlich) nell'acqua mariva ove vivono gli animali si colorano prima queste masse, poi i corpi splendenti. Questi risul- tati sulla struttura del 777c0nl22 1° autore ottenne con osservazioni sul vivo, sezioni (sublimato, liquido di Lang, di Flemming, ecc.), macerazioni (special- mente con alcool a 33°) e coll’uso del nitrato d’ argento. Il movimento sembra dovuto alle ciglia portate dagli epitelii dorsale e ventrale, le cellule dello strato mediano hanno però la proprietà di contrarre fortemente e talora bruscamente i loro prolungamenti. Nulla potè ricono- scere l’ autore che si riferisca al modo di nutrizione; ritiene probabile che ‘il Zrichoplax non introduca cibo solido; neppure vide nulla che accenni ad una riproduzione sessuale, riscontrò invece una riproduzione per scissione trasversa. Questa avviene presso a poco come in una ameba, costituisce quindi l’unico esempio di Archifomia, per usare la parola di J. von WAGNER, fino ad ora osservato presso i metazoi. 3 Che il Zrichoplax sia uno stadio larvale di qualche altro organismo sembra poco probabile per il lungo tempo durante il quale si conservò negli acquari colla identica organizzazione , nè si saprebbe poi a quale organismo riferire una simile larva; nè è a pensarsi come volle EHLERS che le condizioni anor- mali dell’acquaro avessero alterate le condizioni prime dell'organismo; negli stessi acquari vissero e si svilupparono benissimo molti e deélicatissimi or- ganismi marini. Riferendosi ad un recente lavoro di L. von GraFrF, lo ScHULZE ritiene pos- | sibile la presenza delle fibre muscolari che quell’ autore descrive nel 7'r:- 122 choplax ; si può però forse trattare di prolungamenti delle cellule stellate. Considera probabile poi che le masse gialloverdastri siano zooclorelle. Per quanto si riferisce alla posizione sistematica del 7richoplez erede che non si possa accertarla fino a che non sia nota la embriologia di questo interes- sante organismo. RISNZO Prof. Leopoldo Maggi: Z mesognati asinchiti nei giovani antropotdi. (Rend. Ista Lom. di Sc. e lett. Serie II. Vol. XXIV. fasc, XV. Milano, 1891). L’Autore si occupa dapprima della distinzione dei mesognati o interma- scellari esterni in sinchiti (fusi) e asinchiti (non fusi), e, definiti quest’ultimi per intermascellari esterni non fusi nè cogli endognati (intermascellari in- terni), nè cogli ectognati (sopramascellari) indica il modo dirilevarli. Perciò passa alla descrizione delle suture che, secondo Albrecht, si possono osser- vare alla volta palatina, e fa un cenno storico della sutura mesoendognatica, inquanto che essa è la principale per Ja manifestazione del mesognato asinchito. Indi tratta degli aniw20 in cui finora furono osservati i mesognati asin- chiti, e a questi egli aggiunge gli Arfroposdi e fra essi un giovane Chimpanzè, (Troglodytes niger, juv.) in cui esiste un vero mesognato asinchito a destra, mentre quello a sinistra lo si può dire già mesognato sinchito, perché della » sutura mesoendognatica sinistra non vi è che la traccia. Da ultimo descrive il mesognato asinchito destro nel suo giovane Chimpanzè. NOTIZIE. Il Laboratorio di biologia del lago di Plòn {Holstein), fondato dal Dott. OTTO ZACHARIAS. In questo Bollettino (Anno IX, N.4, pag. 125) si è parlato del progetto del Dott. Otto Zacharias di fondare un Laboratorio di Zoologia lacustre, e plau- dendolo, vi si è aggiunto una considerazione risguardante la possibilità e l'opportunità di un tale Laboratorio anche in Italia. Ora quanto ha ideato il Dott. O. Zaccharias, è in oggi effettuato e con concetto più largo, quello cioè di Laboratorio di biologia lacustre. Ecco in proposito una parte di quanto scrive Gules de Guerne nella Revue biologique du Nord de la France (4° anno, N. 4, Gennaio 1892, pag. 146): “51% « Situato nell’Holstein orientale, a Plòn, fra Kiel e Lubeck, il nuovo sta- bilimento si trova in una situazione molto vantaggiosa per gli studii spe- ciali che vi si debbono seguire. Plòn, è una piccola città di circa 300C abitanti, fabbricata su di una lingua di terra, stretta e bassa che una serie di laghi ritaglia in singole penisole. Il corso placido della Sehwentine, venuto da Bun- gsberg e trascorrendo verso il Baltico, attraversa lentamente quello specchio di acqua. Il più vasto fra di loro, il Gran lago di Plòn, si estende al sud della città su di una superficie di 47.176 chilometri quadrati. Sl incontrano frequen- temente delle profondità di 40 a 50 metri, e la sonda indica anche nella parte meridionale del lago fra Nehmten e Bosan sino a 60 metri. Il fondo si trova in questo luogo sino a 40 metri al disotto del livello medio del Baltico. Si sa d’altronde che questo mare non arriva mai alla profondità di 40 metri nelle regione ovest. È sulla riva stessa del Grand lago di Plòn, a l'est della città che sorge la stazione biologica. L’edificio rettangolare, a due piani, offre l’ aspetto di una gran villa. Nel sotto suolo sono situati gli acquarii e la macchina a pe- 123 trolio (forza 2 cavalli) che li alimenta di acqua attinta direttamente dal lago. .Tutto il resto dello spazio è occupato dai gabinetti di lavoro, diversi labo- .Patorii speciali, la biblioteca, infine dagli appartamenti del direttore. Il corpo principale del fabbricato è fiancheggiato da una torretta quadrata che - domina l'insieme e di dove la vista si estende a lungi sul lago. L’acqua bagna quasi le mura dello stabilimento, che si trova così in condizioni eccellenti per lo studio degli esseri viventi. Questi potranno in fatti conservarsi senza difficoltà nel loro centro naturale. Del resto il servizio dell’imbarcazione è dei più comodi, e si può, sotto il minimo pretesto prendere il largo e rien- trare comodamente senza paura di arenare, in grazia di uno steccato molto bene assicurato. Oltre alle barche a vela ed a remi in.uso nel paese, il La- boratorio disporrà di una scialuppa attivata da un motore a petrolio raggiun- gendo una velocità di 10 a 15 chilometri all’ora. Sarà dunque facile l’esplorare la numerosa serie dei laghi che si scaricano gli uni negli altri nei dintorni di PI6n. Le ricerche faunistiche potranno prender così una grande estensione, e non si tarderà punto a sapere in quali località si trovano particolarmente tali o tali altre specie che è neccessario avere in gran numero per gli studii anatomici, embriogenici o fisiologici. Lavori di una grande varietà possono essere intrapresi al Laboratorio, sia, per questioni pratiche riguardanti la pesca, la nutrizione ed i parassiti dei Pesci, sia per problemi delicati della variabilità delle specie, della loro disse- minazione ecc. Ciò che precede si applica d’altronde tanto alla flora che alla fauna ed anche sotto questo punto di vista, i soggetti di studio sono inesau- Tibili sopratutto se si ricercano specialmente le Crittogame che pullulano nel lago (1). ; Gli scienziati verranno certamente a Plòn, specialmente in estate, certi di trovare riunite, alle attrattive di una piacevole ville&giatura, grandi risorse pei loro lavori. Del resto il Dott. Zacharias ha già ricevuto preziosi incorag- giamenti (2). “e Se l’appoggio morale d’eminenti naturalisti non gli ha mancato, egli ha d’aléra, parte raccolto più di 8000 franchi per sottoscrizione, senza parlare di un sussidio dello Stato, di cui la cifra non è pubblicata, ma che gli è assi- curato per cinque anni. Rilevo fra i donatori, un’anonimo di Dresda inscritto per 3000 marchi, parecchi gran librai di Leipzig, e specialmente W. Engelmann, infine diverse società scientifiche, fra le altre la Westpreussischer Fischerei- verein di Danzica. Si capisce che in Germania le questioni di pesca e di pi- scicoltura, dipendono in ultima analisi dal dominio scientifico. Le peschiere del lago di Plòn, sono da lungo tempo rinomate (8), ed il pesce è fonte di (1) Il Prof. Ludwig ha insistito sull’importanza che i botanici attaccano a buon diritto .alla fondazione dei laboratorii lacustri. Vedi F. Ludwig: Die botanischen Anfgaben der von O. Zacharias geplanten lakustrischen station (Biolog, centralb., vol. IX 1° Sett. 1889). (2) Vi è posto per 8 o 10 persone: ciascuno dovrà pagare al laboratorio un piccolo con- tributo calcolato a ragione di 15 marchi (franchi 18, 75) al mese. (3) Za pesca pare sia stata altre volte più in onore che ai nostri giorni nei dintorni di Plon. Nel 1236 un pesce, dei più araldici, figurava nello stemma della città. E scomparso nel XVII secolo seguendo l’ esempio dicono, dei più bei esemplari presi nellago. Gli abitanti del paese ne assaggiano raramente perchè vengono venduti sui grandi mercati di Hambourg e di Lubecca. Comunque sia, Anguilla, Lucci, Carpioni e Persici,, abbondano sempre nelle acque di Plòn Si pretende anche che i Gamberi, del piccolo lago di Schoh, situato al N. Ea della stazione biologica, non soffrono ancora della malattia che fa tanto strage fra questi Crostacei in Germania. 124 un commercio abbastanza importante nel paese. Questo motivo basterebbe, all’infuori di altre considerazioni locali, perchè gli amministratori del distretto di Plòn, col borgomastro J. Rinder (1) alla testa, continuino a favorire con tutto il loro potere il nuovo stabilimento. L’apertura officiale dello stabilimento è fissata per il 1° di Aprile del 1892. Ma non sorprenderà che il Dott. Zacharias vi si sia già installato per questo inverno. Egli conta precisamente studiare l’influenza della cattiva stagione sulla Biologia dei laghi. Queste osservazioni’ offriranno tanto maggiore inte- resse, in quanto che saranno comparabili ad altre analoghe intraprese in Boemia sotto la direzione del Prof. Ant. Fritsch. Si sa che questi possiede, già da un anno, mediante la liberalità del barone Bela Dertscheni, un labo- ratorio lacustre fisso, che venne ad aggiungersi alla stazione volante creata ed installata nei dintorni di Praga nel 1888 (2). ; Questi esempi di una attività scientifica, diretta in un senso nuovo, me- ritano d’essere seguiti. I risultati da raggiungersi sono degni d’interesse. ELMINTOLOGIA ITALIANA (Bibliografia — Sistematica — Storia) PEL Dottor CORRADO PARONA Professore di Zoologia nell’ Università di Genova. (Continuazione vedi n. 2, giugno 1891). 598. RENIER STEFANO ANDREA. — Prodromo di osservazioni sopra alcuni es- ‘ seri viventi nella classe dei Vermi. — Venezia, 1804. 599. RENZI (De) ENRICO. — Uova di parassiti in evacuazioni alvine. — Giorn. internaz. di sc. med., anno IV, 1882. 600. RENZI (De) E. — Studii di clinica medica praticati nell’anno scolastico 1884-85. II. Echinococco del polmone. — Giorn. internaz. cit., anno VII, pag. 813-814. — Napoli, 1885. 601. RENZI (De) E. — Cisticerco cerebrale. — Bollettino delle Cliniche di Napoli, fasc. IX; settembre, 1888. 602. RHo FiLipPo. — Un caso di anemia da men einno in un marinajo messinese. — Giornale Medico del R. Esercito e della Marina; 1885. — Ri- vista internazionale di Medicina e Chirurgia, anno lII, pag. 491; 1886. 603. Risso A. — Hist. nat. des principales product. de l° Europe mérid. et principalm. de celles des environs de Nice ecc. — Paris, 1826. 604. Riveri LAZARI. — Opera medica omnia; Praxeos Medice, lib. X}, cap. VI. — Venetiis, 1735. 605. RivoLra SEBASTIANO. — Lesioni patologiche determinate dal Demode® Folliculorum e dal Cysticercus cellulose nel cane. — GIO, di Veterinaria. — “Torino, 1865. (1) Il borgomastro J _Rinder, ha voluto incaricarsi di ricevere le sottoscrizioni per il La- boratorio. (2) Aut. Fritsch e V. Vavra - Zweiter Bericht ùber den Fortgang der Arbeiten an den lbertragbaren zoologischen Stationem in Bòhmen (zool. Anzeig., vol. XIII 20 Ott. 1890). “Vedi egualmente A. Fritsh - Notizie sulla stazione zoologica volante, del comitato per la esplorazione de la Bohéme (Comp. rendu, sèances Cong. intern. zoolg Paris, 1889, pag. 96). 125 606. RivoLtA S. — Lo strongilo gigante sopra il fegato del cane. — Giorn. di Veterinaria. — Torino, 1867. 607. Rivorta S. — Natura parassitaria di ‘alcuni fibromi e della psoriasi estivale ecc. del gen. Equus (Dermofilaria îrritans). — Medico Veterin. pag. _ 241. — Torino, 1868. — Giornale anat., fis. e patol. Anim. dom., anno XVI, pag. 128-134; 1884. — Journ. de Veter. du Midi; 1868. 608. Rivorta S. — Sopra alcuni pezzi patologici della Scuola di Medicina Veterinaria di Torino. (Echinococchi nel cuore di una giovane bovina). Me- dico Veter.; Gennaio, 1868. 609. RivoLta S. — Malattia erpetica del cane dovuta ad embrioni di filaria. — Il Medico Veterin. pag. 300; 1868. — Journ. d. Véter. du Midi, pag. 476; ‘1869. 610. Rivotta S. — Nodi nel polmone dei bovini prodotti da distomi. — Il Medico Veter. 1868. — Journ. d. Véter. cit., anno XXXII, pag. 473, 1869. 611. RivoLtA S. — Delle lesioni degli echinorinchi nel cinghiale. — Giorn. di anat., fis. e pat. Anim. dom., vol. IV, pag. 283-295. — Pisa, 1872. 612. RivoLra S. — Sopra alcune specie di tenie delle pecore e sopra spe- ciali cellule ecc. — Giorn. anat., fis. pat. cit. 1874 (1 tav.). 613. RivoLta S. — Di una nuova specie di tenia nella pecora (7. ovilla). — Giornale anat., fisiol. e pat. cit., pag. 302-308 (1 tav.); 1877-78. — Deutsch, Zeitsch. f. Thiermedic. u. Vergl. Pathol.; 5 Bd.; 2375; 1879. 614. RivoLTtA S. — Embrioni di filarie nel sangue d’un cardellino. — Giorn anat., fisiol. e pat. cit.; 1879. 615. RivoLTa S. — Vi ha relazione fra gli embrioni di F/arza immitis del sangue del cane ed alcune lesioni patologiche ? — Giorn. d’anat., fis. e pat. cit., pag. 17-24, vol. 1X; 1879. 616. RivoLTA S. — La natura parassitica delle Diacha estive, o gli effetti morbosi di una specie di filaria ecc. — Giorn. anat., fis. e pat. cit.; 1884. 617. RivoLta S. — Sopra una specie di distoma nel gatto e nel cane (D. felineum). — Giorn. anat., fis. e pat. cit., anno XVI, pag. 20-29 (1 tav.); 1884. 618. RivoLta S. e DeL Prato P. — Intorno alle così dette trichine degli uccelli e particolarmente della #richtina papillosa dei polli. — Giorn, anat., fis. e pat. cit., fasc. 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Rosa D. — Nota intorno al Gordius Villoti n. sp. al G. Z'olosanus, Duj. — Atti Accad. delle Sc. cit.; vol. XVII, pag. 333-342. — Torino, 1882. — Rosa D. (V. Fiori). 126 626. Rosa Vincenzo. — Lettere zoologiche; ossia osservazioni sopra di- versi animali. — Giornale fisico medico del Brugnatelli; 1795. 627. Rosi L. — Dell’ echinococco del polmone e del cuore; Storia e ne- croscopia. — Giorn. Lo Sperimentale; vol. XVII; pag. 332-837; 1866. 623. Rossi F. — Delle idatidi situate nell’occhio tra la coroide e la re- tina: Osservazioni anatomiche e patologiche sull’ organo della vista. — Me- moria della Accad. delle Sc. di Torino; tom. XXXIV; 1830. 629. Rossini STEFANO. — Del tenia o verme solitario e della cura radicale del medesimo ecc. — Pisa, 1878; 2.* ediz. Tip. Nistri; pag. 23; (1 tav.). — Pisa, 1880. 630. Rossoni EUGENIO. — Contribuzione alla diagnosi diretta ed alla cura. degli echinococchi nella cavità addominale. — Roma, 1881. 631. 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SANGALLI G. — Comunicazione preventiva sopra un caso di otto tenie mediocanellate nel cadavere di una vecchia a 68 anni. — Rendic. R. Istituto Lombardo cit., serie Ii.°, vol. XIX, pag. 612. — Milano, 1886. 661. SanGaLLI G. — Note elmintologiche. — Ciste da echinococco del rene sinistro di straordinaria grossezza. — Pseudo-strongili del rene sinistro di altro uomo adulto. — Rendic. R. Istituto Lombardo cit., serie II.*, vol. XXIII, pag. 270-280; Milano, 1890. — Gazzetta medica ital., Lombardia, N. 14 e 15. — Milano, 1890. 662. SANTASOFIA. — Piccolo serpe trovato in un uovo di pollo nuovamente deposto (lettera). — Giorn. letterario dell’ abate Nazari; tom. IV, anno 1673. 663. SANTINELLI BARTOLOMEO. — Perchè la paura svegli i vermi a’ bambini. — Congresso medico romano, pag. 17-22; agosto, 1697. — Stamperia Giov. Angelo Mutij. Roma, 1687. 128 664. SanTINO P. — La carne cruda ed il tenia. 665. 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ScorTEGANA FRrancESCO OraZIO. — Considerazioni sopra una specie di dragoncello (Gordius aquaticus, Gmel.). — Gazzetta privilegiata di Milano; 10 agosto, 1840. — Tip. Lambertini. 674. ScorTEGANA F. 0. — Memoria epistolare intorno alla facoltà della ri- produzione vivipara degli ascaridi lumbricoidi. — Giornale scienze mediche, pag. 355, (1 tav.). — Pavia, 1841. 675. SCORTEGANA F. O. — Intorno a due specie di Vermi: Narrazione — Nuovi annali delle scienze naturali di Bologna; serie II.*°, tom. 9, pag. 241-251 (1 tav.). — Aprile, 1848. 676. ScortEGANA F. O. — Analisi della memoria intitolata: Storia del Gen. Gordius ecc. del Prof. Balsamo Crivelli. — Nuovi Annali di Bologna, serie III.?, tom. III, pag. 150-151. — 1851. 677. ScoTTINI PIETRO. -- Trasfusione di sangue nel peritoneo in una donna malata di grave anemia per anchilostomia. — Tip. Rechiedei. — Milano. — SEGRE (V. Grassi B. e Visconti A.). 678. SeLLA EuGENIO. — Profilassi sulla trichiniasi. — Giornale R. 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Bergamini sui lombrici. — Congresso medico romano: agosto, 1687, pag. 1-16. — Stamperia G. Ang. Mutij. — Roma, 1687. (Continua). Gerenti: I REDATTORI. Pavia, 1892; Prem. Stab. Tip. Succ. Bizzoni. > penna Mali CER PE pe TH pe . - t E - OGRAFICA BRESCIANA FORNI Dî LUIGI-dise9720 dal vero UNIONE TIPO-LITOGRA RE LR x HFIRLI 1 [FFIRESIGIAEIRLAt REA DELE 3 ER oergli si i Joe x DG ‘ e | po)» n, | bel 2 È | mi . i > è L°* Gel * Ne e» e PR ia "ul E L] a. x ta) Y flo | \ n A. U ‘ da P sai Ù R- Li % i mi Tea Zoja: Di un? ASA Micol del o nasale cartilacineo. (Co- municazione preventiva). - Maggi: Intorno alle ricerche di Pacini riscuardanti i Protisti cholerigeni (cont. e fine). — Certes: Dell’uso delle materie “coloranti nello studio fisiologico ed istologico degli infusorii. — Maggi: Per l’analisi mi- Ip eopica delle acque."— Canna: Notizie universitarie. Fasc. III. e IV. — Zoja: Sopra il foro ottico doppio. — Maggi: Saggio di una classificazione protistologica degli esseri fermenti. (Sunto di una lezione). — | Cattaneo: Sulla struttura e formazione dello strato cuticolare (corneo) del ven- tricolo muscolare degli uccelli (risposta al Dott. Bergonzini). — Zoja: Un cen- tenario memorabile per lascuola anatomica di Pavia. (Prelezione al corso di Anato- mia umana per l’anno scolastico 1885-86. (Transunto).— Maggi: Settimo programma di Anatomia e fisiologia comparate coll’indirizzo morfologico, svolto nell’anno 1883-84. — Cattaneo: Sulla continuità del plasma germinativo di A. Weisman. | — (Rivista). - Maggi: 2) Sulla distinzione morfologica degli organi degli animali — 6) di alcune funzioni degli esseri inferiori a contribuzione della morfologia dei metazoi — c) la DESSÌ della bacterioterapia (Transunti). — Notizie universitarie. — Annuncio. ANNO VIII. — Fasc. I. — Zoja: Altri casi di foro ottico doppio. — Cattaneo: Strut- tura e sviluppo dell’intestino dei pesci (Comunicazione preventiva). — Stefa- nini: Nevrite micotica nella lebbra. — Sormani: Contribuzione agli studj sulla storia naturale del Bacillo tubercolare. - Maggi: Questioni di nomenclatura pro- istologica. — {Rivista). — Varigny: Di un metodo per la determinazione degli alimenti di un dato microbio. — Idem : Sull’ attenuazione dei virus, e sui virus attenuati o vaccini. — Notizie universitarie: Deliberazione della facoltà di scienze . della R. Università di Pavia, contro il nuovo regolamento delle Biblioteche. Fasc. II — Zoia: Un caso di dolicotrichia straordinaria. — Staurenghi: Osser- | vazioni suil’anatomia descrittiva del nervo ulnare ed in particolare della topo— i grafia del medesimo nella regione brachiale. (Comunicazione preventiva). — Fu- sari: Ricerche intorno alla fina anatomia dell'encefalo dei Teleostei. (Nota pre- ventiva). - Cattaneo: Sviluppo e disposizione delle cellule pigmentali nelle larve . dell’Axolotl. — Maria Sacchi: Considerazioni sulla morfologia delle glandole in- testinali dei vertebrati. — Maggi: Per dare un’idea delle ‘forme degli infinita- mente piccoli, senza microscopio e senza disegni. — (Rivista). — Varigny: Microbi patogeni e immunità. i Fasc. III. e IV. — De-Giovanni: Uno sguardo alla Bacteriologia. (Prelezione). — Zoia: Note antropometriche {1.0 Statura e tesa). — Cattaneo: Ulteriori ricerche sulla struttura delle slandole peptiche dei Selaci, Ganoidi e Teleostei. — Maggi: Temi di Protistologia medica, trattati nei corsi liberi, con effetti legali, all’Uni- ‘versità di Pavia, negli otto anni scolastici, dal 1878-79 al 1885-80. — Cattaneo: Sul significato fisiologico delle elandole da me trovate nello stomaco del'o storione e sul valore morfologico delle loro cellule. — Maggi: Protisti e alcaloidi (Sunto). — (Rivista). Stokvis: “Sull’azione chimica dei microbj. — Parona: Intorno agli Eléments de zoologie médicale et agricole di Railliet. — Notizie universitarie. — Cambi e Doni ricevuti. — Indice alfabetico delle MATERIE delII volume del 20/- lettino Scientifico e dei loro AUTORI, dall’anno V. al VIII. inclusivo. Prezzo dei 4 Fascicoli degli Anni.V, VI, Vile VII L. 8 Prezzo di ciascun Fascicolo separato L. 2. Cambi ricevuti dal 1° Luglio a tutto Dicembre 1891. 1. Atti della Società toscana di Scienze Naturalî. — Adunanze del 18 gennaio, 8 marzo, IO maggio e 5 luglio 1891. È 2. Atti della “Società dei Naturalisti. — Modena, vol. X, fasc. I, 1891. 3. Atti della R. Accademia dei Fisio-critici di Stena, dal fase. V al X — 1891. 4. Atti della Società Veneto- Trentina di Scienze Naturali anno 1891 e Bullettino | tomo V. n. l. — Padova, 1891. 5. Atti della Società Ligustica. — Genova, vol. II, n. 3 — 1891. 6. Bullettino Medico Cremonese. - Cremona, fase. III, IV e V. — 1891. 7. Dizionario di pedagovia. — Fasc. I. — 1891. 8. Gazzetta Medica lombarda, dal n. 26 al 52. — Milano, 1891. 9. Bollettino farmaceutico, dal fasc. VI al XII. — Milano, 1891. 10. Giornale di Veterinaria Militare. dal fase. VII all’ XI. — Roma, 1891. 11. Giornale di Anatomia, Fisiologia e Patologia degli animali. — Fascicolo I, mei ve Vi Pisa. 1801. 12. Lo Spallanzani, dal fasc. V alX. — Roma, 1891. 13. La Rassegna di Scienze Mediche, dal fasc. VI ai XII. — Modena, 1891. I, pr En 14. La Clinica Veterinaria, dal fasc. XVIII al XXXVI. — Milano, 1891. 15. Rivista generale italiana di clinica medica. — Fascicolo XI e dal XVIII al XXIV e supplemento n. 5 e 6. — Pisa, 1891. 16. Neptunia rivista mensile. — Fasc. V, VI e VIII. — Venezia, 1891. 17. Rivista italiana di Terapia ed Igiene. — Dal fasc. VII al XII e memoriale. Piacenza, 1891... 18. prensa generale italiana di Scienze Naturali. — Dal fascicolo VII al XII. — Siena, 1891. 19. Anales del departamento nacional de higiene. — Dal fasc. V alX.— Buenos- Aires, 1891. i 20. Anales de la asistencia publica. — Anno I, fasc. VII e VIII. -- Anno II, dal fasc. 1 al V. — Buenos-Aires, 1891. 21. Anales del Circulo Medico Argentino. — Dal fasc. VI al XII. — Buenos- Aires, 189]. n 22. Anales de la sociedad cientifica Argentina. — Fasc. VI, vol. XXXI e dal fase. I al V, vol. XXXII. — Buenos-Aires, 1891. 23. Annales de l’enseignement superieur de Grenoble. — Tom II, n. 3. — Paris, 1891. 24. Boletin de sanidad militar. — Fasc. VI. — Buenos-Aires, 1891. - 25. Bulletin of the museum of comparative zoology at harvard college. — Vo- lume XII, dal fasc. I al VI, 1855-86. — Vol. XIII, dal fasc. I al X, 1886-88. — Vol. XVII, dal fase. I al VI, 1888-89. — Vol. XVIII, 1889. — Vol. XIX, dal fa- scicolo I al IV, 1890. — Vol. XX, fasc. I, II, III e V, 1890. — Vol. XXI, dal fa- seicolo 1 al V, 1891. — Vol. XXII, n. }, 1891. — W?ole serzes vol. XVI, n. 10. — Geological series vol. II, 1891. — Cambridge. 26. Bulletin de la Société zoologique de France. — Fasc. VI e VII. — Paris, 1891. 27. Bulletin de la Société Belge de microscopie. — Anno XVII, fase. VII, IX e X. — Anno XVIII, fasc. I, 1891 et Anzgles tome XIV. — Bruxelles, 1890. 28. Bulletin de la Société Vandoise des sciens naturelle. — Fase. CIV. — Lau- sanne, 1891. i 29. Fewille des jeunes naturalistes. — Dal fasc. CCXLIX al CCLIV. — Paris, 891. / 30. Journal of. the Elisha Mitchell, Scientific Society. — Vol. VIII, part. first. — Chapel Hill, 1891. 31. Revue internationale de bibliographie, ecc. — Fase. I, II, VI, VII, IX, X, XI e XII. — Paris, 1891. 32. Revue biologique du Nord de la France. — Année III, fasc. IX, X, XI et XII. — Année IV, fasc. I, II et III. — Lille, 1891. 33. Spitalul, revistà medicala. — Dal fase. XI al XXII. — Bucuresci, 1891. . 34. The journal of comparative medicine ecc. — Fasc. VI, VIII, IX, X, XI et. XII. — New-York, 1891. Numeri mancanti. Tutti i precedenti inseriti nel fasc. II dell’anno XIII. Giornale di anatomia, fisiologia e patologia degli animali. — Fase. II. — Pisa, } Rivista generale italiana di Clinica Medica. — Dal fasc. XII al XVII. — Pisa, 1891. Neptunia, revista mensile N. 7. — Venezia, 1891. Revue internationale de bibliographie. — Fasc. III, IV, V. — Paris, 1891. The journal of comparative medicine. — Fasc. VII. — New-York, 1891. Elenco dei Signori che hanno pagato l'abbonamento. Tenchini Prof. Lorenzo, Parma, anno 1887. - Golgi Prof. Camillo, Pavia, anno 1859. — Stefanini Dott. Domenico, Pavia, anno 1890. — Prof. Comm. Pietro Pavesi pel Gabinetto Zoologico della R. Università di Pavia, anno 1858. - Taruffi Prof. Cesare, R. Università di Bologna, anno 1888. — Fumagalli Dott. Achille, Como, anno 1891. — Prof. F. Bertè, R. Università di Catania, anno 1887. - Gabinetto Anatomia Umana Regia Università di Pavia, anno 1890. — Gabinetto Anatomia Comparata Regia Università di Pavia, anno 1890. - Scarenzio Prof. Angelo, Pavia, anno 1890. — Biffi Dott. Serafino, Milano, anno 1883. - Gabinetto Zoologia Regia Università di Cagliari, anno 1889. — Pitzorno Prof. Giacomo, Sassari, anno 1883. — Istituto Tecnico Provinciale, Modena, anno 1886. — Arata D.r Pedro, Buenos-Ayres, anno 1887. - R. Orto Botanico, Pavia, anno 1890. - Gabinetto di Zoologia R. Uni- versità di Genova, anno 1890. E Se rane rg n Casi preparate ener re ca Pere mr RA nea