Act .1. -e>6vi./v^ \<\>\\ HARVARD UNIVERSITY LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOOY JC^Jk/\5Xrv/\Càg_ \Z. \\% c<^U / 1=1 iiniiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiHniimi'iiiiiiiiiiniiim'mm mini inni ii Aprile 1890. Fascicolo XIV. BULLETTINO MENSILE vm ACCADEMIA GIOENIA , DI SCIENZE NATURALI IN CATANIA col RESOCONTO DELLE SEDUTE ORDINARIE E STRAORDINARIE e Sunto delle Memorie in esse presentate ( NUOVA SERIE ). CATANIA TIPOGRAFIA C. CALATOLA f" 1890. iiiiiininnnniiniiiniinninniiiinniiiiininiiniiiiiiniinin niminnininiini iniiiii INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO Rendiconti Accademici Verbale, della seduta del 27 aprile 1890 Pag. l Libri pervenuti in cambio ed in dono all' accademia ■> 1 Note Ancora sui parassiti malarici degli uccelli — Seconda nota preliminare dei Proff. B Grassi e R. Feletti Pag. 2 Di un' ameba che si trova in vita libera e che potrebbe rapportarsi ai pa- rassiti malarici — Nota preliminare dei proff. Grassi e Feletti ...» 7 Ricerche sperimentali ulteriori sul nuovo meccanismo di occlusione delle vene nei monconi di aniputa<^ione — Nota del prof. A. Petrone » 8 Ricerche sperimentali sul saldamento diretto delle vene nella legatura del- l'arteria omonima — Nota del prof. A. Petrone » lo Continuazione del Catalogo della Biblioteca accademica >• 10 Aprile 1890. Fascicolo XIV. DI Adunanza oriinaria del 11 21 aprile 1890. Sono presenti i soci effettivi Rev. P. Caiici, Feletti, Capparelli, Bartoli, Grassi, Ardini, Basile, Ursino Faraone. Assume la presidenza il P. Cafici: Il prof. Grassi funziona ' da Segretario dell' Accademia. if' Si leggono le Note qui appresso riportate: ^ LUri pervenni! nel mese di aprile 1890. IN CAMBIO Bologna— Società iuedico-chirnrgica--Biillettiuo delle scienze mediche— marzo ed aprile 1890. Milano— R. Istituto Lombardo— Rendiconti— fas. 5, 6 e 7 del voi. XXIII Serie II. Napoli— R. Accademia medico-chirurgica- Bullettino— anno I N. 10 e 11— an- no II N. 1 e 2. Idem— Accademia di Scienze fisiche e matematiche— Rendiconto— marzo 1890. Palermo— Società di Storia Patria— Archivio Storico— fas. 3 e 4 anno XIV 1890. Pisa— Società toscana di Scienze naturali=r-Processi verbali— gennaio 1890. Roma— Accademia medica— Bnllettino— Dicembre 1889 e gennaio 1890. Idem— R. Comitato geologico— Bnllettino— gennaio e febbraio 1890. Idem- Società Geografica— Bnllettino— marzo 1890. Idem— R. Accademia dei Lincei— Rendiconti— fas. 6 del voi. 6. Idem — Notizie degli scavi—da ottobre a dicembre 1889. Idem— Accademia pontificia dei nuovi Lincei— Atti Sessioni da dicembre 1888 a febbraio 1889. Siena — Accademia dei fisiocritici — Atti — voi. 2, fas. 1 e 2. — 2 — Torino— R. Accademia delle Scienze — Atti— Dispensa 6 e 7 del voi. XXV. Idem— Accademia di medicina— Giornale— gennaio e febbraio 1890. Idem — La medicina esatta — Periodico mensile — N. 3 Torino 1890. Idem — Rivista d'ostetricia e ginecologia— N. 6, Torino 1890. Bari — Gazzetta medica delle Puglie — anno X, marzo 1890. Roma— Le stazioni agrarie sperimentali— l'as. III. del voi. XVIII. Berlino— Meteorolog Institut— Ergebnisse— 1889 fas. II. Cambridge Ms. — Museum of Comparative Zoology — Bulletin — voi. XIX N. 1. Idem— Memoires— voi. XVII N. 1. London — Royal Society — Procedings— N. 287. Trieste— Società adriatica di Scienze naturali — voi. XII. Wien— Geologischer Reichsanstalt— Verhandlungen— N. 3, 4 e 5 1890. IN DONO CozzoLjNO V. — Resoconto statistico degli ammalati di orecchio, naso e gola os- servati nell'ospedale clinico di Napoli nel 1887-89— Bari 1890. Gaglio Avv. C— Dell'esecuzione per consegna o rilascio di beni— Catania 1890. Moscato P. — Sulla Emoglobinuria parossistica da chinina— Milano 1889. Martinbtti V. — Sul genere delle curve il nelle involuzioni piane di classe qua- lunque—Nota II. Palermo 1890. SUNTI DELLE MEMORIE ANCORA SUI PARASSITI MALARICI DEGLI UCCELLI — Seconda Nota preliminare dei Proff. B. GrRASSl e R. Feletti— Dal lato morfologico possiamo aggiungere a quanto abbiamo esposto nella Nota precedente, che anche nei parassiti malarici degli uc- celli trovasi un nucleo, come in quelli dell' uomo. Questo fatto deve persuadere anche i più scettici che veramente siamo davanti a parassiti, e non ad alterazioni dei globuli rossi, molto più che anche negli uccelli i parassiti in discorso abitano il protoplasma del globulo rosso, e ne resta quindi intatto il nucleo. Dal lato sistematico noi siamo sicuri che negli uccelli esisto- no due forme distinte, V una (1' ameba della prima Nota) da ri- ferirsi al Genere Haemamoeha, V altra appartenente, come già si disse nella stessa Nota, al Gen. Laverania. Denomineremo la pri- ma Haemamoeha praecox perchè si moltiplica precocemente , la seconda è già stata da noi denominata Laverania DanilewsJcy. I fatti che ci indussero a distinguere le due specie in discor- so sono i seguenti : I. In febbraio e nella prima metà di marzo i passeri infetti di parassiti malarici (provenienti da Catania, dalla Plaja e dalla Piana) non erano molto comuni , circa il 20 *^|o. Dopo la prima metà di marzo il numero degli infetti andò crescendo e già alla fine d' aprile tutti, assolutamente tutti (ne esaminammo più di 500) erano dal più al meno infetti (1) , e così perdurarono anche in maggio, e cosi si trovano pure nel presente mese di giugno. Molti passeri dunque s'infettarono in primavera: ora questa nuo- va infezione, se le emamebe rappresentassero, come risulterebbe dal lavoro del Canalis, il primo periodo dell' infezione semilunare, avrebbe dovuto offrirci dei casi in cui si trovavano soltanto le stesse emamebe (amebe della prima Nota). Invece non riscon- trammo mai neppur uno di questi casi. Che anzi possiamo ag- giungere che tutti i passeri da noi esaminati ospitavano soltanto semilune e pochissimi, oltre alle semilune, anche emamebe. IL In maggio ed in giugno i passeri ovificarono : orbene nelle uova in via di sviluppo e nei novellini ancora implumi non si incontrarono mai parassiti malarici. Li trovammo invece in qual- che novellino che stava ancora nel nido, ma già era atto, o quasi atto a volare : li riscontrammo più frequentemente in quelli che avevano già abbandonato il nido da qualche giorno. In certi casi erano scarsissimi e li vedemmo crescere di numero tenendo vivi in gabbia i novellini che li ospitavano. Questa infezione non è di certo ereditaria, sia perchè tutti i passeri adulti hanno i parassiti malarici ed invece pochissimi no- vellini presentansi infetti, sia perchè negli implumi e negli em- brioni non e' è traccia dei parassiti in discorso. L' infezione non può essere slata trasmessa , come vuole il Danilewsky, durante 1' allevamento, dai genitori ai piccini, e ciò per le stesse ragioni or dette, ed anche perchè prolungati spe- rimenti , fatti dando a mangiare passeri infetti ad un Circus aeruginosus non infetto ma infettabile (il Danilewsky lo enumera (1) Non trovammo infetti tre passeri adulti di Acicastello. tra le forme più soggette all'infezione), riuscirono, costantemente negativi. Aggiungasi pure che non trovammo infetti i figli di pic- cioni infetti (infezione accaduta alla Piana) ma tenuti in luogo non malarico (Università). Escluse assolutamente le due vie or dette, resta soltanto una terza via possibile — infezione nuova dall'ambiente. Ebbene questa nuova infezione, nei circa trenta novellini da noi trovati infetti, cominciò sempre soltanto con semilune, senza una sola emameba. III. A tutta prima il fatto sopra detto , che quei pochi pas- seri, i quali presentavano emamebe, ospitavano anche semilune, fa nascere dei sospetti sulla distinzione delle forme quale viene da noi sostenuta. Senonchè questi sospetti appaiono infondati a chi pensa all'enorme frequenza delle semilune. Quando un parassita si trova in quasi tutti gli individui d'una data specie, se si sco- pre in qualche individuo un secondo parassita coesistente col primo, non è giusto di supporre questo parente di quello: se no, anche le filarie del sangue, che si trovano nel 20-30 <^/o dei pas- seri, si potrebbero supporre appartenenti al ciclo di sviluppo delle semilune ! V ha di più : i piccioni ci presentarono soltanto semi- lune, e non mai l' emameba. Neppur nei passeri pigliati in certe località trovammo mai alcuna emameba. Molti passeri e molti piccioni allevati per mesi nell' Università conservaronsi infetti soltanto di semilune senza mai mostrare una sola emameba. Infine , come si disse più sopra, i passeri novellini finora ci pre- sentarono soltanto semilune. IV. Che le semilune adulte diventino emamebe, è facile esclu- derlo: a) perchè la semiluna si sviluppa di regola ad un lato del globulo rosso invadendo poi a poco a poco i due vertici , men- tre l'emameba si limita vicino ad un vertice; b) perchè l'emameba si segmenta quando gran parte del globulo rosso è ancora intatto, mentre la semiluna al massimo sviluppo lascia intatto soltanto il nucleo del globulo rosso. V. Per quanto è stato detto al § IV la discussione è soltanto ammissibile intorno alla possibilità che le emamebe e le semi- lune rappresentino due forme differenti d' uno stesso essere : si tratterebbe quindi d'un dimorfismo. — 5 — Appena sorpassato il periodo di gimiiospore, le semiluiie as- sumono la forma semilimare, le emamebe la forma Irregolai'e ton- deggiante; dunque il dimorfismo sarebbe spiccatissimo. Orbene per farcelo ammettere non troviamo alcun argomen- to favorevole, ed invece molti argomenti parlano in contrario. Il principale argomento contrario si è che possono coesistere le due forme in un medesimo passero per mesi (in parecchi casi coesistono da tre mesi). Se almeno una forma fosse incapsulata e l'altra no, si potrebbe pensare che quella ' rappresentasse biso- gno di lungo riposo, e questa la mancanza d' un tale bisogne ! Vero è che alcune volte vediamo diventare rare le emamebe, e restar abbondanti le semilune negli uccelli tenuti qui all' Uni- versità, vale a dire in un ambiente non malarico. Ma ciò non deve recarci maraviglia di sorta dietro quanto sappiamo delle semilune e delle emamebe dell' uomo. D'altra parte: a) la diminuzione delle emamebe non è accompagnata da corrispondente aumento delle semilune; h) talvolta si riducono molto di numero, oltre alle bemamee, anche le serailune (ciò verificasi facilmente nelle Emberizemiliarie). e) di regola in questi casi di riduzione dopo 8-10 giorni tor- nano numerose le semilune, e talvolta anche le emamebe. VI. Quando pubblicammo la Nota precedente, eravamo dub- biosi sulla distinzione delle forme, anche perchè ci mancavano le prove che le semilune si moltiplicassero nel corpo dell' uccello. Queste prove le ebbimo in seguito, e furono evidenti. Per esempio: ebbimo parecchi casi di passeri con sole semilune adulte abbondanti : dopo otto giorni comparvero anche numerose semilune piccolissime, e poi dopo parecchi giorni , semilune di media grandezza, e poi di nuovo soltanto adulte, e dopo altri circa dieci giorni anche semilune giovanissime, giovani etc. Come si moltiplicano le semilune è un punto su cui tanto la- vorammo, sempre con risultati non soddisfacenti. Tornammo a dubitare che si moltiplicassero per gemmule (Celli e Guarnieri), sospettammo si moltiplicassero per divisione etc. Dopo molto cercare abbiamo trovato nella milza, nel fegato e nel midollo delle ossa delle figure che siamo inclinati a ritenere delle semilune in segmentazione. Tutte le ragioni qui esposte ci autorizzano dunque a ritenere r Emameba un organismo indipendente dalla Laverania, ed in- oltre a stabilire per argomento di strettissima analogia che anche nelle febbri predominanti a Roma nell'estate e nell'autunno (Mar- chiafava e Celli), come noi avevamo già sospettato, sono presenti due parassiti : 1' uno che per ora non è distinguibile dalla nostra H. praecox, e 1' altro che è la nostra Laverania malarice. Se tutto si riassume: se si tien presente che neanche le se- milune dell'uomo sono incapsulate: se si bada anche ad un spe- rimento del Professore De Mattei , fatto con malati da noi a lungo studiati (innesto e sviluppo successivo della forma quarta- naria in un individuo affetto certamente soltanto di semilune): è lecito riconfermare che esistono due differenti generi di parassiti malarici, cioè l'Emameba e la Laverania. L' Emameba può es- sere di tre specie: Haemameha proìcox (produce febbri per lo meno a tipo quotidiano , con accessi tendenti a ravvicinarsi etc.) H. vivax (produce la terzana semplice o doppia) ed infine l'H. ma- lariae (produce la quartana semplice, doppia o tripla). La Lave- rania produce febbri irregolari, che per un po' di giorni qualche volta possono assumere carattere continuo, subcontinuo, quoti- diano, terzano etc. Con ciò crediamo d' aver ulteriormente sviluppato il concetto enunciato dal Golgi per primo: questi parla di varietà di paras- siti malarici, ma non discute affatto il punto essenziale, se si tratta cioè d' un unico parassita variabile , o di varietà ovvero specie stabili, anzi nell' ultimo suo lavoro ( nelle Ziegler'schen Beitra- ge 7 Band IV Heft 1890) ammette la possibilità del passaggio d' una forma in un' altra. Ma su questo punto, come pure sulla parte di merito che spetta agli assistenti della clinica medica di Roma; torneremo nel lavoro esteso. N.B. Dopoché questa Nota era già stata comunicata all' Ac^ cademia Gioenia ebbimo il lavoro di Kruse ( Ueber Blutparasiten Virchoic's Archiv. voi. 120. 1890). Noi non intendiamo che cosa il Kruse erUàrt ungezvungen nella malaria e negli stessi parassiti della rana ! L'importante sarebbe stato di seguire la riproduzione dei corpi semilunari. Secondo noi dagli studi di Kruse risulta una cosa sola, ed è che anche nelle rane e' è un Emameba ed una Laverania: 1' A. non ha seriamente cercato di dimostrare la tra- sformazione d' una forma neir altra. Che le Fig. 17. 18 e 19 della sua tavola indichino segmentazione delle Laveranie è possibile, ma non è affatto certo. Che poi i vermiciattoli liberi {pseudovermiculi sanguinis, ver- micules que l'on rencontre touf formés dans le sang et à mouvements lihres) siano uno stadio di sviluppo delle Laveranie, non possiamo dirlo perchè non li trovammo mai né nel sangue dell' uomo, né in quello degli uccelli da noi studiati. Il Kruse asserisce che questo fatto darf uns nicht irre machen e che es handelt sicli Mer eben um eine ahgebrochene EntwicJcelung: dirà il lettore che se questi ragionamenti sono accettabili! DI UN' AMEBA CHE SI TROVA IN VITA LIBERA E CHE POTREBBE RAPPORTARSI AI PARASSITI MALARICI — iVoto preliminare dei Professori GRA8SI e Feletti. — Stabilito che i parassiti malarici sono rizopodi, sembrerebbe facile di poterli ri- scontrare in vita libera. I rizopodi non sono batteri , che sfuggono facilmente e mal si riconoscono coli' esame microscopico fatto a fresco ! Con altre parole, se i parassiti malarici sono rizopodi, dev'esser facile tro- varli col microscopio anche fuori dell' uomo, dev'esser facile di- stinguerli da molte forme, e con ben poche si potranno confon- dere. Noi abbiamo perciò fatto molte ricerche , che ci hanno con- dotto a scoprire , enormemente diffusa in ogni terreno malarico ed in ogni materiale malarico (compresa la canape macerata e non ancora asciutta) , un' ameba molto piccola , con pseudopodi lobosi e, per quanto finora abbiamo veduto , senza vacuoli con- trattili. Abbiamo verificato che essa s' incista (cisti sottile) assai fa- cilmente. In questo stato probabilmente può sollevarsi nell' aria atmosfeiica, conservandosi viva. L'ameba in discorso venne da noi rinveiiuta anche nelle ca- vita nasali di giovani piccioni sani , i quali erano stati esposti in gabbie (sospese a due metri dal suolo) per due notti in luogo malarico. Questi piccioni dopo 9 giorni circa si trovarono infetti di Laveranie. Degno di nota si è che Maurel ha trovato un'ameba, che ci pare identica a quella in discorso, nei terreni palustri, ed anche nel muco nasale d' individui che avevano respirato per qualche temjw in ambiente palustre. Egli però non ha menomamente so- spettato che essa fosse rapportabile al parassita generante la malaria. La nostra ameba si presterebbe bene a spiegar V infezione malarica, e per il suo volume renderebbe fors'anche ragione del fatto che la malaria si solleva diffìcilmente al di sopra di tre, 0 quattro metri dal suolo. Riferiremo a suo tempo i molti esperimenti che stiamo facendo in proposito. RICERCHE SPERIMENTALI ULTERIORI SUL NUOVO MECCANISMO DI OCCLUSIONE DELLE VENE NEI MONCONI DI AMPUTAZIONE pel Prof. Doti. Angelo Petrone.— Domando venia , se non ho potuto nella tornata precedente comunicarvi i risultati sperimentali ulteriori sul nuovo meccanismo di occlusione delle vene nei monconi di amputazione. E sebbene oggi posso dimostrarvi con una serie di preparati ottenuti sperimentalmente su altri cani nuove fasi che confermano i diversi stadii del pro- cesso, e che sempreppiù illustrano le osservazioni fatte con scarso materiale sull'uomo, ed a quest'Accademia da me comunicate nel 26 Gennaio passato; pure devo fin d'ora dirvi, che ho dovuto im- prendere ancora nuove esperienze : ed ho già 25 altri cani , già operati in modo identico o differente da ciò che ho praticato si- nora, sia per confermare i risultati ottenuti nei primi cani, e di cui vi completerò oggi la relazione; sia per giustificare possibil- mente la mancanza di risultati positivi in alcuni sperimenti pra- ticati; sia finalmente per completare una serie di ricerche sull'or- ganizzazione del trombo non solo delle arterie , ma anche delle vene; e le quali, ho fiducia, contribuiranno all'illustrazione dello argomento generale dell'organizzazione del trombo. Mi riservo comunicarvi tutto questo possibilmente nella seduta prossima, e per ora sottometto alla vostra osservazione i preparati ottenuti dagli sperimenti, che andrò esponendo. Ricordo , che i primi risultati sperimentali , espostivi nella seduta del 2o Febbraio, ottenuti su tre cani, confermavano lo scol- lamento dell'intima delle vene: e che nel cane tenuto fino al oO*^ giorno nei pochi preparati potuti studiare , si potè in uno osser- vare l'iperplasia riparatrice nello spazio prodotto per lo scolla- mento dell'intima. Gli altri 4 cani, operati allo stesso modo, cioè di amputazione nel mezzo della coscia , dopo aver legato 1' arteria femorale in alto, hanno mostrato: 1. Quello ucciso dopo un giorno, scollamento iniziale dell'in- tima non solo nelle vene più grosse, ma anche nelle medie. Negli spazii lasciati dallo scollamento vi è sangue. In talune delle vene medie lo scollamento è molto esteso, con disposizione gomitolare, e riempie e chiude quasi il lume della vena già ristretto. I vasi piccoli sono notevolmente iperemici, e ciò si può apprezzar bene anche nei vasa casorum. 2. L'altro cane , ucciso dopo 5 giorni , mostra gli stessi fatti di scollamento dell' intima delle vene, senza altre apparenze de- gne di attenzione. Anche qui vi è iperemia dei piccoli vasi. Manca qualsiasi apparenza iperplastica negli spazii prodotti dallo scolla- mento. 3. Il terzo cane ucciso dopo 10 giorni , mostra iperplasia in- fiammatoria nello spazio lasciato dallo scollamento parziale del- l'intima della vena femorale , dell' apparenza di trasformazione fibroplastica degli elementi linfoidi , molto somigliante ai tessuti embrionali. Questo nodo iperplastico si può seguire nei preparati in serie a grandezza diversa, da minimo sono ad occu^Dare più della metà del lume della vena. Si può nella maggior parte dei preparati stabilire, che la massa iperplastica è ancora ricoverta dal tratto corrispondente di intima scollata. Le altre vene mostrano anche spesso scollamenti iniziali del- l' intima, senza però produzione iperplastica. 4. L' ultimo cane , ucciso dopo 50 giorni, oltre i fatti degni di nota dell'organizzazione e canalizzazione centrale del trombo — 10 — arterioso, su cui tornerò in altra occasione, non mostra nella grande quantità di preparati ottenuti, fatti di rilievo. Vi si osservano scol- lamenti recenti dell'intima delle vene con contenuto in sangue: soltanto in alcune vene medie si apprezzano piccoli focolai lin- foidi, che talora sembrano liberi sulla faccia interna dell' intima; altre volte si può confermare che sono rannicchiati in piccoli spazii, scavati tra l'intima ed il resto della parete venosa, in modo da far con probabilità pensare , che quell' incipiente iper- plasia linfoide abbia sede in piccoli scollamenti dell' intima. Nessun altro fatto in rapporto alle vene, che illustrasse il trovato importante del cane operato da 10 giorni. Esaminando però la maggior parte dei preparati ottenuti dal cane operato da 30 giorni, e che cennai nella precedente seduta, ho potuto notare 2 fasi diverse del processo dell' iperplasia negli spazi lasciati dallo scollamento dell' intima. Allora di questo cane vi mostrai un preparato con una produzione giovane fibroplastica, messa in un divaricamento di un terzo dell' intima dal resto della parete venosa; prodotto iperplastico che restringeva notevolmente il lume della vena. Oggi posso mostrarvi preparati ottenuti dallo stesso pezzo, in uno dei quali si vede chiaramente 1' accumulo linfoide granulomatoso che riempie lo spazio lasciato dallo scol- lamento di circa una metà dell' intima, la quale ricovre questo ammasso iperplastico perfettamente circoscritto a quel posto. In un altro preparato potrete notare ispessimenti fìbi'osi circoscritti tra l'intima e le altre tuniche vasali, da riprodurre ciò che vi mo- strai nel caso di amputazione antica dell' uomo. E qui devo no- tare, che questi ispessimenti fibrosi hanno quella struttura fibroi- de caratteristica, sporgono entro il lume vasaio e sono compresi in un divaricamento tra l' intima ed il resto della parete venosa : non infrequentemente sporgenze entro il lume vasale, dipendenti dal collabimento delle vene potrebbe far credere a prima vista a quelle produzioni fibrose noduliformi , ma subito si vede che quella sporgenza è fatta dalle tuniche vasali immutate insieme ai tessuti limitrofi , che in massa hanno subito lo spostamento verso il lume vasale ristretto. Ho esaminato anche i preparati del fascio nerveo-vascolare della coscia di un cane, al quale in quel sito non si era praticata — 11 — alcuna opei'azione. Sebbene raramente anche in questo caso si trovano scollamenti piccoli e limitati nell' intima di alcune vene: r intima scollata però non mostra alcun ispessimento , in modo da avere un' impronta a sé, e differenziarsi da quello scollamento che si produce nel vivo dietro V amputazione. Senza dubbio al- lora lo scollamento è puramente artificiale , prodotto principal- mente dai maltrattamenti che subisce la parete venosa nel tem- po dell' asportazione del fascio. Devono a ciò attribuirsi anche quei scollamenti molto recenti, che sovente si trovano nei pre- parati di cani operati, e che ho già notato perfino in quello con r amputazione da 50 giorni. Invece nello scollamento che si fa in vita, oltre all'ispessi- mento dell' intima scollata, e ciò probabilmente succede per con- dizioni locali favorevoli di vita, troviamo i prodotti dell'iperplasia, e quindi non possiamo mettere gli stessi sul solo fatto traumatico nel tempo dell'asportazione del pezzo: che se si volesse invocare il trauma nel tempo dell' operazione, non sapremmo spiegare perchè in altre operazioni che non sono 1' amputazione , il pro- cesso dello scollamento e conseguenze manca o quasi: ed infine lo scollamento dovrebbe essere massimo, maltrattando ripetuta- mente tra le dita, come io ho fatto appositamente m un cane la vena femorale;, in un altro la giugulare esterna; invece in questi casi gli scollamenti sono poco o niente apprezzabili. Credo quindi, che se in parte contribuisce il maltrattamento, il fondo della genesi sia quello da me messo avanti nella prima memoria su questo argomento, cioè all' iperemia dei vasa vasorum, ed anche all' infarcimento sanguigno locale, che si fa nel tempo dell' operazione, e ciò coadiuvato dal collabimento delle pareti della vena. Soltanto questa però non può essere la genesi dello scolla- mento dell'intima, che allora si dovrebbe trovare a preferenza nella legatura della sola arteria , senza amputazione o altro : an- che allora vi è iperemia dei vasa vasorum, collabimento delle vene più grosse ecc. Nel fatto invece in queste operazioni lo scolla- mento dell'intima delle vene è raro, e sempre recente, in modo che probabilmente si effettua nel tempo dell' asportazione del fa- scio quando l'animale è stato ucciso. — 12 — Un'altra causa dello scollamento potrebbe stare nella scon- tinuità delle tuniche della vena in seguito all' amputazione del- l' arto : tuniche così scontinuate e coUabite probabilmente per- mettono r insinuarsi del sangue del campo dell' operazione in modo dissecante tra le tumiche della parete venosa. A questo proposito ho legato anche la vena femorale prima dell'amputa- zione per vedere se lo scollamento manca allora in questa vena principale : che se lo scollamento si trova, non si può invocai'e lo insinuarsi del sangue, ma solo la scontinuità fatta dalla recisione della vena. Ciò forma una parte di ricerche, che vi esporrò anche nella seduta prossima. Comunque sia, per ora posso confermare il già esposto sullo scollamento della intima delle vene , ottenuto anche sperimen- talmente nei monconi di amputazione : e che nello spazio lasciato dallo scollameuto si può organizzare un processo iperplastico, che molto contribuisce all' occlusione di dette vene. Resta a vedere, perchè in alcuni casi nello spazio dello scol- lamento si fa quella produzione iperplastica, mentre in altri non si è potuta ottenere. E per illuminare la quistione ho creduto operare un'altra quantità di cani : 5 ho operato di amputazione come i jDrecedenti, previa la legatura dell' arteria femorale, e si ammazzeranno in temiji diversi per confermare il risultato otte- nuto ed a voi comunicato; ed anche per fare il paragone con 5 altri cani, che già sono operati di amputazione alla coscia, dopo però aver legato non solo 1' arteria, ma anche la vena. Avremo cosi il risultato positivo o negativo tra il rapporto causale dello scollamento e la recisione delle pareti della vena: avremo anche la propagazione lungo le pareti vasali della flogosi provocata dal filo di legatura, che probabilmente deve influire alla produzione iperplastica nel vuoto lasciato dallo scollamento, al raftbrzamento dei tratti scollati dell'intima, e che potrebbe anche spiegare i ri- sultati diversi ottenuti nei suesposti sperimenti. Ho operato anche 5 cani di recisione completa della vena fe- morale e della giugulare esterna, dopo averle prima legate per lasciare il tratto periferico chiuso dall' allacciatura: e ciò per ve- dere se vi è scollamento dell'intima nel tratto centrale (non le- gato), e se vi è effetto utile dello stesso. Faremo così il paragone - 13 - con ciò che succede: a) dopo la recisione della vena, senza lega- tura, neir amputazione dell' arto: b) dopo la recisione nell'ampu- tazione , previa la legatura della stessa : e) dopo la semplice recisione della vena, senza amputazione , per aver il risultato della vena tagliata, non legata e conservata in mezzo ai tessuti. Gli altri 10 cani sono già stati operati per V argomento ge- nerale della trombosi. RICERCHE SPERIMENTALI SUL SALDAMENTO DIRETTO DELLE VENE NELLA LEGATURA DELL'ARTERIA OMONIMA pel Prof. Dottor Angelo Petrone— Nella seduta del 23 febbraio nel comunicarvi i primi risalitati sperimentali sul nuovo meccani- smo di occlusione delle vene nei monconi di amputazione, riferii anche un caso ottenuto di saldamento diretto della vena femorale nell'allacciatura dell'arteria omonima; e soggiunsi, che avrei con- tinuato a studiare l'argomento e che aveva già un 2° cane ope- rato da 10 giorni, guarito di prima intenzione, e che avrei sacri- ficato dopo 30 giorni. Mi proponeva di operare , come ho fatto , altri cani allo stesso scopo per ottenere i risultati dopo 1, dopo 5, dopo 10, dopo 16 e dopo 30 giorni dall'operazione. Eccovi ora i risultati ottenuti dagli altri 4 cani operati , dei quali vi espongo i preparati microscopici. P Cane — Legata 1' arteria femorale in corrispondenza del mezzo della diafìsi: si è ucciso dopo 25 ore. Nei preparati microscopici ottenuti con tagli trasversali in serie col microtomo, (e così nel resto di questi studii), risaltano i fatti seguenti : 1" Forte infiammazione acuta dei tessuti intorno al filo della legatura, apprezzabile per l'infiltramento di elementi linfoidi— 2^ Parete arteriosa compressa e deformata, con effetto di chiusura del lume vasale : si possono ancora bene distinguere le 3 tuniche, delle quali la media s'imbeve, al prfcrocarminio meglio delle altre due ; queste mostrano, oltre la poca imbibizione, stret- tezza delle vie umorifere , in una parola , incipiente necrosi da compressione : si nota infine iniziale invasione leucocitica delle tuniche vasali, là ove sono strette dal laccio— 3' Il lume arterioso è chiuso in corrispondenza della legatura, e l'intima qui si tocca — 14 — e fonde quasi, in modo da risultarne una linea irregolare, serpi- ginosa, ramificata, segnata dal contatto delle faccie endoteliali dell'intima — 4-^ Alcuni preparati in corrispondenza del filo, il quale si apprezza bene nelle sezioni microscopiche, mostrano sol- tanto residui deformati della parete vasale in via di necrosi, e distruzione suppurativa iniziale circostante— 5' In sopra della le- gatura, (porzione centrale dell' arteria), vi è sangue ristagnante, che comincia ad essere invaso dagli elementi linfoidi, i quali nel centro hanno modificato il sangue nel senso di una coagulazione omogenea che racchiude una quantità maggiore di dette cellule: alla periferia del coagulo sono invece più scarsi, e vi si apprezza una coagulazione filiforme, finissima. Dopo breve tratto il lume dell'arteria diventa più largo, e contiene sangue stagnante senza alcuna alterazione: le tuniche dell'arteria non mostrano altro che la distensione: solo i tessuti perivasali mostrano alterazioni flo- gistiche acute , molto meno intense però , che in corrispondenza del filo — In sotto della legatura (porzione periferica) , vi è solo collabimento del lume vasale — 6*5 Le vene grosse in generale si mostrano collabite in forma lineare per lo più leggermente incur- vata : specialmente la vena più grossa, cioè la femorale, mostra questo collabimento a più alto grado. Nessun' altra alterazione nelle pareti : la sola intima , quando il collabimento è forte , di- viene tanto esuberante da apparire serpentina , raggomitolata ; raramente si trova scollamento vero di questa tunica. Le piccole vene sono la maggior parte distese da sangue, e nelle vicinanze del sito operato mostrano iniziale infarcimento infiammatorio pe- rivasale. 2^ Cane — Operato allo stesso modo, ed ucciso dopo 5 giorni. Nei preparati, ottenuti come nel caso precedente, si possono con- fermare non solo i fatti infiammatorii più progrediti, perfino tra i muscoli circostanti ove si può osservare nel modo più bello la miosite interstiziale acuta; non solo la necrosi e suppurazione più avanzate nel sito della legatura, e l' organizzazione del trom- bo già manifesta ; ma per ciò che riguarda il nostro attuale ar- gomento, la vena femorale è molto di più collabita che nel caso precedente; in modo che per lo più vi è parziale saldamento dell'in- tima , e soltanto poco sangue è contenuto nello spazio residuale. - 15 - 3" Cane — Operato anche allo stesso modo ed ucciso dopo 10 giorni. Come potrete convincervi dall' osservazione comparativa dei preparati , il collabimento della vena femorale è ancora più forte che nel caso precedente , e gran parte del lume venoso è scomparso per fusione delle facce libere dell'intima. Per lo più il lume della vena, o meglio la linea del saldamento che lo ri- corda, ha preso la forma di 3 raggi più o meno incurvati con un centro comune, in cui sempre si può apprezzare un poco del lu- me con sangue: talora anche gli estremi periferici di quei raggi appariscono rigonfii con contenuto in sangue , dimostrando una jìiccola parte del lume residuale. Là ove il lume è scomparso vi è tale fusione dell'intima, che i suoi due fogli non si possono più ben distinguere, ed il tutto apparisce come una linea gialla- stra, più o meno spiccatamente omogenea, con debolissima appa- riscenza di nuclei colorati, sebbene 1' imbibizione del resto del preparato fosse riuscita perfetta. Il 4" cane, che si uccise dopo 16 giorni, mi diede quei prepa- rati che io vi mostrai nella seduta precedente, e che ritorno a dimostrarvi oggi per l'esame comparativo: il saldamento diretto della vena è ancora più completo, ed in alcuni preparati arriva all'abolizione totale del lume; e qui 1 due fogli opposti dell'intima sono cosi saldati, che appariscono molto poco, e sono di aspetto omogeneo, giallastro. 50 C«we— Operato come i precedenti, ed ucciso al 30*^ giorno— Cenniamo , che vi è perfetta organizzazione e canalizzazione del trombo arterioso. Si può ancora nei preparati microscopici ap- prezzare il filo di legatura, con lieve distruzione circostante sup- purativa, ed avente nel mezzo residui necrotici della sezione di arteria legata, invasi e distrutti dai prodotti cellulari infìamma- torii, i quali mostrano iniziale trasformazione fibroplastica. Pel nostro argomento importa a preferenza la grossa vena, la quale non si mostra così collabita e chiusa come nei casi pre- cedenti : è però notevolmente ristretta e con tutto questo ripiena di sangue, senza traccia di saldamento, anche limitato, dell'intima nei molti preparati osservati. La forma del lume ricorda quella dei casi precedenti, meno la forma a raggi ; in modo che il lume si presenta allungato molto e ristretto, sovente incurvato a semi- — 16 — luna. L'intima e le altre tuniche della vena appariscono normali: r endotelio dell' intima non manca in nessmi punto ed è bella- mente imbibito. I diversi gradi di collabimento tino alla scomparsa del lume della vena femorale, ottenuti in questi o casi, si apprezzano bene ad occhio nudo nelle sezioni microscopiche, ed anche sulla sezione trasversale del pezzo grosso. I risultati sperimentali, ottenuti in queste ulteriori ricerche, hanno modificato le mie previsioni, dappoiché io credevo dal ri- sultato isolato, ottenuto al 16'^ giorno, che la occlusione delle vene nella legatura dell' arteria omonima sarebbe diventato semprep- più definitivo, e che avrebbe giustificato il titolo che io dava a questi studii sperimentali, cioè il saldamente diretto delle vene. Invece, come ho esposto, il lume della vena che indubbiamente mostra di essere stato ristretto, si riapre poco pei- volta, in modo che al 30^ giorno dopo la legatura dell'arteria compagna, pur mostrandosi ancora ristretto, è ridiventato permeabile, permet- tendo il passaggio e la circolazione del sangue. In primo tempo sino alle 2 o 3 settimane dopo l'operazione, la vena principale a preferenza delle altre collabisce gradata- mente fino all'occlusione e saldamento apparente, perchè il san- gue di confluenza nella stessa manca o quasi per la chiusura del- l'arteria , e quindi mancanza della massa principale del sangue di corrente centripeta: la grossa vena così priva di. sangue cade in collasso, che arriva sino all'occlusione, coadiuvata anche dalla compressione della vena fatta dai prodotti flogistici limitrofi. In queste emergenze, delle tuniche della parete venosa soffre nella nutrizione principalmente l'intima, la quale si nutre diret- tamente ed in gran parte dal sangue con cui è in contatto diretto, e che allora manca. E difatti quando 1' occlusione è completa, i due fogli dell'intima sono così privi di liquidi nutritivi e stretti nelle loro vie umorifere da imbibirsi ai liquidi coloranti poco o nulla, apparendo come una linea omogenea, da far in primo tempo sorgere il sospetto di una necrosi con esito in coagulazione — Bi- sogna però convenire, che la necrosi non è definitiva, ma soltanto iniziale, perchè più tardi, ristabilendosi la circolazione anche l'in- — 17 — ti ma ritorna a vivere e non mostra alterazioni apprezzabili di struttura : probabilmente una parte del suo endotelio, caduto in necrosi, si rigenera : non vi ho però notato apparenze cariocine- tìehe evidenti. E probabile che la circolazione comincia a ristabilirsi dopo la o-' settimana (io l'ho ottenuta in parte al 30'^ giorno). Il ritorno del circolo sanguigno che dà la permeabilità alla vena occlusa ed apparentemente saldata, è fatto senza dubbio dal circolo collaterale che sempreppiù si accentua e si adatta ai bisogni di tutta la località : ed allora il circolo si ristabilisce poco per volta anche nelle radici maggiori della vena principale, la quale, per tanto tempo priva di sangue, ricostituisce cosi il circolo venoso principale dell'arto. Devo notare, che il fascio nerveo-vascolare del sito operato si è preso, previa la legatura in sotto ed in sopra per evitare lo svuotamento del sangue: che se non si fa questo, nell'asportazione del fascio i vasi si svuotano, e principalmente le vene si trovano collabite nei preparati, sebbene mai occluse, o con 1' apparenza del saldamento. Da 15 giorni ho operato un altro cane di legatura dell'arteria femorale per mantenerlo in vita 2 mesi: con molta probabilità a quell'epoca la vena principale sarà perfettamente aperta, ed an- che la circolazione nell'arteria legata sarà reintegrata per la ca- nalizzazione centrale del trombo. Riserbandomi allora di com- pletare quest'argomento, per ora riepilogando il già detto, mi par lecito conchiudere nel modo seguente : 1*^ Allacciando nei cani l'arteria principale di un arto la vena omonima collabisce nelle prime settimane, sino ad occludersi e mostrare il saldamento diretto per mezzo dell' intima. Arriva questo risultato al suo massimo nella 3'"^ settimana. 2° Quest' occlusione è la conseguenza non solo del mancato circolo nella vena, ma anche della compressione dai prodotti in- tiammatorii locali. 3'^ Tale occlusione è temporanea, cominciando a rimettersi la circolazione nella vena pi-in cipale, già occlusa, dopo un mese dalla legatura dell'arteria. 4*^ La riapertura della vena e quindi la ricostituzione del cir- — 18 - colo sono dovute al circolo collaterale, che riattiva la circolazione in tutti i vasi sanguigni dell'arto , e quindi nelle radici venose principali : bisogna far calcolo anche della diminuzione e scom- parsa dei prodotti flogistici , e quindi della compressione locale. 5" Il ritorno del circolo sanguigno nella vena si opera senza difficoltà, direttamente ed abbastanza presto, rimpetto alla rico- stituzione del circolo neirarteria legata, in cui si fa soltanto molto tardi mediante il processo di organizzazione del trombo e sua canalizzazione centrale. — 19 — Primo Catalogo Sella MMioteca apparteEiite all'AccaJeiiila Gloeiiia. 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