^ vi>iani»WHij»iA^^« t^ Brandeis University Library The gift of BERN DIBNER ^J^"^ ' ^J<^ - ^X^ Digitized by the Internet Archive in 2010 with funding from Boston Library Consortium IVIember Libraries http://www.archive.org/details/collezionedellop11volt ■..„,.„ ./,.. A]LESgA;M"BRO VoILìTA COLLEZIONE DELL' OPERE DEL CAVALIERE CONTE ALESSANDRO VOLTA PATRIZIO COMASCO Membro dell'Istituto Reale del Regno Lombardo Veneto, Professore Emerito dell' Università di Pavia , e Socio delle più illustri Accademie d' Europa . TOMO I. PARTE I, FIRENZE KELLA STAMPERIA DI GUGLIELMO PIATTI MDCCCXr I. ALL ALTEZZA IMPERIALE E REALE D I FERDINANDO TERZO PRINCIPE IMPERIALE D'AUSTRIA PRINCIPE REALE DI UNGHERIA E DI BOEMIA ARCIDUCA D'AUSTRIA GRANDUCA DI TOSCANA &c. &c. &c. VINCENZIO ANTINORI za y. tyPlye^ùre l amore /le^/^ le luticene faenze e/iel aecoro aeua oia>dòra iiJtaua oni é^i/iù^iae a /laaòuc nùe le U/ie/re ao co7io aec >duoù /iico icare na^ -'- * ^0:WX catt tylOuaaé^ nome dMityi:?. 'CA ^J. e L/ÌOy cÀe deàMiaÙ6i al f^9W^o dùMi&iàzyA'?vv^ùfia(Z dell ^^taioO' '?7te= deJi'ìiia ov 6003 acci cwì'ui cra^u ^lé^ca dl4€tAw^cl^ /la c(rJ^a/ì^ ncoow ùraòio do aiiella iolòme^izci ohe 4i la dùàl(/?^aue^ v^olato cmiùriùai/re ori aTaot/iarte araalctare la TLu/)tccnie di aueJtù olaAf^ci uwon. 9tfatU t^^za^ o/ie l^yf?. U] ua^^to la facalta d e^rarre aai cuffe/renùy QiomaU aeiui Tùcx:kcJ= ^^TìiOy e /i^xitoy 4ita (AytóMo^ecd 'le vurce fLyfibe'mvTce deù c/'Tor^{rro ^y^l^o/ìtaTo (Joita^ w ')^01^ aw^ei "maiy katato korre >tU)ùù accnco aalo ^yU'ìJiaùaro delle fLJae/7tze ^ù>àicAe Tum.de Le(/)tteT^W[y?tà (^f€^miyzc(mù e, ^■co/ierte d mcejto ùn^igne tl/herc^ "ntentatoTe^ me a'V-eaido ara/ì^de= (OMónaùa^ ed l/?^^^€^^àlto ii/?w aei Auù Tìiùraóui^ ed aàu 4éw7n&nà^ TciTTio do mietila^ ^a^efizci, va^nùo/?^ / k^Oy ^l'J^ ae/?uo^ eaaal'mente aUiaw e ke^iel'rcmle aie lo ^lùnaci ci ùue ach'/i/za d aranczcmic aUa^ acuile auma'mo vedilo aùcùnae^e ac do noiili't l (o/eùùncùvio. 4iarand cÙoìJto^ ed9ioviUale7ito /fycmnoceHa/nienù^0taaùtolf^Ù. C/. «y, e C/co. ad a/i/woixij'e ^ aue^a Tìie^iùe me aUty^. l/^ oMrùr/iayo ùciAre,de^ite ^otle/zcone, ^ybccotaa dcùTzmie ùr^lb. l/. O/Twdeua 7?zca/v?^rmtdam'aààidcne^ coimuUe 7Jtenór€^ cofT/ervio ui aàù= T. 1. ^^mtM^ comccTie aki/)uone ddù m- zccnie' me'he^ vv/ae/r^ da/?viiù^ e ai. kaaUme Ai/Jiidùre vice^ide non c^u- g/mtiy mta^mu/wmuùùrtce recando^. PREFAZIONE J-J Italia Situata sotto un Celo temperato e puro fu sempremai feconda d'ingegni sublimi, valevoli ad inventare e perfezionare qualsiasi scienza od arte liberale. Sebbene si sia trovato alcun tempo, in cui l'Europa tutta fu ingombrata dalle tenebre dell' ignoranza; non pertanto ella ricevè sempre qualche debil raggio di luce, per cui sovra l'altre nazioni elevar si potesse. Ma non sì tosto com- parve in questa bella Firenze la celebre Accademia del Cimento sorta dalle ceneri ancor calde del no- stro divin Galileo, che dessa con la maniera di sperimentare risvegliò i talenti degli stranieri po- poli, e come maestra additò loro il vero sentiero che seguir doveano nelle fisiche discipline. Di qui pur sorsero i Viviani, i Castelli, i Torricelli, i Redi, che con le loro esperienze insegnarono la vera maniera di consultare e d' interrogar la Natura evitando maisempre di sostituire i loro sogni al maestoso silenzio della medesima . Il genio invero II dello sperimento, che come cantò il nostro Ali- ghieri (a) » Esser suol fonte ai rivi di vostre arti » pare che tralucesse in questo hel paese nei tempi ancora i più remoti e si stimasse il fondamento d'ogni cognizione. Riconobbero dunque gì' Italiani fin dall' età più tenebrose dello spirito umano , che le due maestre del vero sapere erano l' Osservazione e F Espe- rienza . Dietro a queste con sicurezza avanzandosi pervennero non solo ad aggrandire le Matemati- che discipline, l'Astronomia, a far risorgere la Meccanica, l'Idrostatica fin dopo l'inventore Ar- chimede neglette e quasi poste in oblio, ma ancora ad estendere le Fisiche cognizioni , perlochè assai rami delle scienze naturali doverono all'Italia il loro lustro e perfezionamento. Uno di questi si fu al certo F Elettricità , che do- po essere stata sistemata e formatone un ramo no- vello della Fisica dall' Americano Beniamino Fran- klin , per cui s' ebbe un' epoca distinta e gloriosa nelF istoria della medesima, sortì il di lei più grande avanzamento dai celebratissimi sperimen- tatori Italiani . Ed invero non solo in Italia si riconobbe e fu posta in tutto il di lei chiarore F Elettricità cosi detta Vindice mercè de' due va- lenti Fisici Cigna e Beccaria, ma ancora fu sco- perta la vera di lei sorgente e natura dal nostro Fisico Alessandro Volta. ^a) Farad, e. 2. v. 96. Ili Questi col suo ingegnoso sistema dell' Attra- zione del foco elettrico, non meno che con le sue penetranti vedute sopra l' Atmosfere elettriche rese completa e perfetta la bella Teoria del Filosofo «■Vmericano, Desso coir invenzione di nuovi stru- menti fece avanzar tant' oltre lo studio dell' Elet- tricità che in nessun altro tempo mai. Così quei fenomeni elettrici prodotti dalle nostre macchine, che furono una volta un puro ed inesplicabile divertimento e passatempo, si resero una seria occupazione per i Fisici , e di tutto inoggi si die ragione e s' appagò F umano intendimento . Per la qual cosa se il Filosofo di Filadelfia s' acquistò gloria per essere stato il primo a sistemare e pre- sentare una sì bella Teoria di questa scienza, non minore ne ha riscossa l' Italiano Volta mostrando tanto di valore nell' aggrandire ed estendere sì lungi i di lei limiti ; così che dir si possa a buona ragione' aver' ei formato e formar tuttora nella scienza elettrica l' onor d'Italia, come il nostro La-Grange lo formò non ha guari di tempo nelle Matematiche discipline . I fenomeni che vengono compresi nell' Elet- tricità detta Vindice da Beccaria , ed a miglior ragione chiamata Permanente o Indeficiente da Volta, sono la parte della scienza elettrica la più complicata e forse ancora non ben conosciuta da molti, quale invero può dirsi da questo felice- mente sviluppata. Vero si è , com' è ben noto ai Fisici , che le pri- me idee di questo ramo d' Elettricità ce le presen- IV tarono i Padri Gesuiti del Pekino fin dall' anno 1755 col fenomeno loro occorso della Bussola nautica . Imperocché applicando essi una lastra di vetro elettrizzata mercè della confricazione sopra il vetro che servia di coperchio alla medesima s' imbatterono ad osservare maravigliosi effetti , quali divennero ben presto, come vedremo, il germe delle cognizioni, che dipoi s'acquistarono sojira di essa. Queste sperienze furono non solo pubblicate, ma ancora felicemente ripetute dal celebre Fisico Epino («) . Sappiamo ben' anco che l' Inglese Symmer pro- mosse non poco questo genere di sperimenti, in- dotto dalle scintille che s'incontrò a vedere nel cavarsi le calze di seta, e da altri fatti chfe ebbe in sorte di osservare con le medesime (b) ; che F Ab. Nollet s' esercitò , lodevolmente sopra questo ge- nere d' esperienze sostituendo alle calze di seta i nastri della medesima sostanza (e) . Ma fin' allora lo spirito umano non avea fatto alcun progresso nella scienza elettrica. Questi fatti della Natura rimasero come isolati ; e sebbene si ripetessero gli sperimenti di tanto in tanto , tuttavolta non si ren- dea ragione , né si scorgeano le conseguenze, onde dedurne una ben fondata spiegazione. (a) Nuovi Commentai) dell'Accademia di Pietroburgo, T. 7. (p) Trans. Filosdf. di Londra dell' an. 1759. (r) Mom. dell' Accad. di Parigi au. 1761. p. 248. Sorse però il Turinese Dottor Cigna, il quale incominciò a spandere non poca luce sopra somi- glianti fenomeni, e finalmente produsse un'espe- rimento, quale si è quello di avvicinare ad una picciola lastra di metallo bene isolata un nastro elettrizzato (a) , i di cui effetti , attentamente esa- minati dal sublime ingegno di Volta, si resero tanto fecondi, che dettero origine alle più lumi- nose scoperte, per cui s'aprì vasto campo, onde spaziarsi e progredir potesse il Fisico nella scienza elettrica . Così avvertito dagli esperimenti dei Symmer e dei Cigna il Pa dre Giovan Batista Beccaria Piemon- tese, nelle cui mani sembrò che prendesse nuovo aspetto questo ramo di Fisica , dapoichè per mezzo delle di lui replicate osservazioni ed esperienze sortì maggiore aggraiidimento la scienza deìVJElet- tricità atmosferica , s' illustrarono viepiù le belle vedute dei Franklin, dei Canton, degli Wilke e degli Epini sopra le Atmosfere elettriche, avver- tito, io dissi, osò penetrare in questo mistero elet- trico . S' imbattè da p rimo ad osservare che due <;orpi così detti I dio elettrici, come pure un Idia- elettrico ed un Deferente allorché veniano elettriz- zati contrariamente , esercitavano fra loro la me- desima azione di due Defei^enti in egual modo disposti; che la sola differenza, e questa notabile, consisteva in una certa adesione, che quei presen- tavano dopo essersi attratti in ragion della somma (a) Misceilan. Tauri n, T. 3. IV delle loro elettricità contrarie . Or ei si pensava che nella di loro unione seguisse una reale e total perdita delle proprie elettricità , e che nella sepa- razione de' suddetti corpi ne succedesse il riscatto delle medesime . A questa proprietà novellamente scoperta , per cui se vengano separati i due accen- nati corpi riacquistano , com' ei si credea dal di- sgiungimento F elettricità smarrita nella loro con- giunzione, o per dir così, rivendicano la perduta elettricità volle dare il nome di Elettricità Vindice. Quest' opinione rimase vittoriosamente combat- tuta da Volta , il quale lintracciò la vera causa di un'apparenza sì maravigliosa . I fenomeni della ISTatura sono perlopiù esposti egualmente agli occhi di tutti sopra il gran Teatro dell'Universo. Scarso è il numero di quei che s'arrestano a prestar la loro attenzione, ed assai più scarso di quei che sviluppar ne possono tutte le conseguenze ; perlochè sono sicuramente degni d'ammirazione e di lode quei rarissimi ingegni sublimi, ai quali nulla sfuggendo possono con- frontare una serie di fatti con occhio penetrante osservati, e dedurne le Teorie più luminose e le più utili per la specie umana. L'oscillazioni di una lampada erano state osservate, come tutto- giorno s'osservano da ognuno. Ma era riservato al Genio sublime del nostro Galileo il fondar sopra di questo semplicissimo fatto la Teoria de' Penduli, divenuta cotanto interessante per la misura del tenq)0 non meno che per la ricerca delle leggi della Gravitazione. Così lo sperimento del soprai- VII lodato Cigna fu quello che risvegliò l'ingegno creatore di Alessandro Volta a fare una serie di scoperte così collegate insieme , che una veramente si die la mano con l' altra . Ed invero una scoperta quante fiate ha prodotto nuovi fatti più rimarche- voli , ed è stata la sorgente di Teorie le più gran- diose nelle Scienze naturali ? Questo celebre Fisico richiamò ad un rigoroso esame la spiegazione data da Beccaria riguardo al fenomeno A^lV Elettjicità Vindice . Riconobbe una forza d' attrazione , giusta la dottrina del Filosofo Americano , fra le mole- cule che compongono i corpi dell' Universo e quel- le del fluido elettrico; che una porzione del me- desimo ritrovasi in essi secondo la loro natura, quale nominò Fuoco nativo (a). Quindi volgen- dosi il nostro Volta a considerare X Ammosfere elettriche ossia , come ei dice , l' Applicazione del fuoco elettrico (b) , da cui dedusse la bella Teoria della capacità de' Conduttori (e) , ravvisò che quel- la proprietà di cui godono tutti i corpi Idioelet- trici cioè di ritenere in se quasi irretito il fluido ■ una volta accumulato né agevolmente spogliarsene ne trasfonderlo in altri, lo che è proprio de' soli deferenti, somministrava la vera spiegazione di questo fenomeno. Così riconobbe che rimanea come applicato un corpo qualunque eziandio po- («) Dissertatio epistolaris de attractione ignis eleciricl etc, che è la prima della pi-esente collezione. (p) Ivi pag. 34. (e) Ivi T. 1. Pa/. 1. pag. i65. sto a contatto con un Coibente tatto elettrico ; che non sì tosto s'estinguea l'elettricità di questo, ma che bensì andava menomandosi con assai lentore e dopo lunga pezza; che si rendea contraria l'elet- tricità del suddetto corpo situato in contatto. Os- servò ben anco 1' adesione di questi due corpi al- lorché si trovavano uniti, per cui separar non si poteano tra loro senza alcuna benché picciola dif- ficoltà, lo che , come die conto a Beccaria con let- tera , in cui si riscontrano i germi delle di lui Teo- rie e scoperte posteriori (a) , indicava sicuramente l'esistenza delle due elettricità contrarie. Avvertito adunque da questi fatti da esso con occhio sagace osservati stimò meglio e con tutta ragione di no- marla non più Vindice ma bensì Elettricità Per- manente o Indeficiente. Né qui fermossi , come abbiamo accennato , il celebre nostro Fisico , ma ravvolgendo nella di lui mente tutte le conseguenze che dedur si poteano dall'esperimento del soprallodato Cigna si con- dusse all'invenzione di quel mirabile strumento così detto da lui Elettroforo perpetuo ossia Mac- china elettrica portatile e sempre attiva. Inventato che ebbe \ Elettroforo comechè dotato d'inespri- mibile avvedutezza s'approfittò dell'aumento di capacità che discernea poter ricever lo Scudo del medesimo, detto dipoi Piatilo collettore, ponen- dolo a contatto non più con un perfetto Coibente, {a) Questa leitcra è la prima della piesenle colleziowe accennata di sopra . IX ma bensì con un semicoibente ; ed ecco che tosto tra le di lui mani ne nacque il Condensatore. Con questo divino strumento pervenne a sor- prendere e misurare quella picciolissima elettricità che si fuggia ai nostri sguardi e ci si rendea affatto insensibile. Mercè di questo tanto s'avanzò lo spi- rito umano nell' estendere i limiti della scienza e neir acquistar nuove cognizioni intorno all'elet- tricità ammosferica, che ebbe origine la tanto ce- lebrata Meteorologia elettrica del medesimo. Non contento dell'invenzione del suo Conden- satore si voltò a correggere e perfezionare non solo gli Elettrometri di Saussure, di Cavallo e di Henly, ma ancora pervenne a rendergli compara- bili. Accoppiò al di lui Elettrometro ridotto co- tanto sensibile anco alla minima Elettricità il poc'anzi ritrovato Condensatore. Con questi stru- menti da esso medesimo inventati o perfezionati s' elevò al Celo ad esaminare non tanto le Nubi tempestose, ma ancor fu il primo ad applicare sulla cima del filo di metallo che servia di esplo- ratore dell'elettricità ammosferica, la fiamma della candela, sperimentata già per uno de' più eccel- lenti Conduttori dai Dufay, dai Watson e dai la Tour. Con la fiamma potè richiamare ed a se condurre l'elettricità reale dell' ammosfera e non quella òì pressione o, come ei la dice, accidentale del filo metallico che spesse fiate s'infinge e si maschera . come un acquisto reale, lochè non è. Con questa potè esplorare l'elettricità ammosfe- rica non solo de' tempi procellosi, delle Nebbie, delie Pioggie, ma ancora sorprendere e misurare quella del Gel sereno . Ma se Franklin fu il primo ad assicurarci dell' elettricità delle Nubi tempestose e del Fidmine; se Mounier facendo un passo più avanti scoprì V elettricità dell' Ammosfera e du- bitò di un certo periodo giornaliero; se Beccaria determinò con maggior precisione questo perio- do , riconobbe F elettricità posità^a dell' aria ed as- soeeettò a certe le^^i F andamento e le vicende DO OD della medesima; Volta però fu quello die ne rin- tracciò la di lei vera sorgente . Imperocché col suo pregiabilissimo strumento, ossia col di lui Con- densatore giunse con gran sorpresa dei due gran luminari della Francia, volli dire Lavoisier e la Place, ad additare il fonte e l'origine di quest'e- lettricità. Dimostrò loro ad evidenza che l'acqua ed altre sostanze trasformandosi in vapore acqui- stavano una maggior capacità per il fluido elettri- co, com'era noto ohe l'acquistano per il calorico. Per la qual cosa nel momento della loro trasfor- mazione il vapor resultante si arricchiva del me- desimo fluido elettrico a spese dei corpi evaporanti e di quei che erano a contatto, quali rimaneano elettrizzati in meno, e seco lo portavano ad im- pregnarne F ammosfera e le Nubi. Quindi è che svelò in un tempo l'origine dell'elettricità ammo- ahrìccx positiva nata dal condensamento di questi vapori medesimi; non menochè con la Teoria dell'ammosfere elettriche pervenne ad illustrare la causa, che induce elettricità contrarie in due Nu- vole tra loro vicine. È assai ben noto come i Malion ed i Coulomb s' appUcarono ad indagare la legge che la Natura osserva nell'attrazioni e repulsioni elettriche; che dessi e massime il Fisico francese computando le picciole forze sulla di lui Bilancia di torsione con- vennero generalmente esser quella medesima che esercita nella Gravitazione universale, per cui si regge e si conserva l' armonia di questi Globi ro- tanti intorno al sole e si forma questo bel plane- tario sistema architettato dall' Onnipotenza Divina. Osò pure il nostro Volta di penetrare in questo sacrario della Natura, non abbarbagliato dall'al- trui autorità, ma schiarito dalla sicura scorta dell' osservazione e dell' esperienza. Calcò altra via più diretta e spedita e tanto s' inoltrò che per- venne a scorgere i limiti ai quali s' estendeva la detta legge. Riconobbe che dessa, in quanto all'elettricità, applicar si potea soltanto ad un deferente elettrizzato, il qual s'andasse avvicinan- do ad un corpo di natura simile, che comunicasse costantemente colla terra. Ritrovò parimente in questo caso che se il corpo divenuto elettrico s'aumentava di diametro o di gradi di carica ve- niva ancor 1' attrazione ad aumentarsi non in ragion semplice , ma bensì nella dirètta dei qua- drati dei diametri o dei gradi di carica . Non per- venne mai a riscontrar simiglianti leggi, sebben provasse e riprovasse con tutta la di lui sagacità in altri fatti e soprattutto nelle repulsioni elettriche delle quali eragli assai ben nota l'incostanza. La ragione poi , conforme anch' essa alla dottrina XII dell' Ammosfere elettriche, con cui awalorcT tutti questi resultamenti si è quella, che a misura o dell'avvicinamento o dell'aumentazione dei dia- metri o dei gradi di carica , il corpo comunicante col suolo diradava o condensava il fluido elettrico secondo che l'Elettricità del corpo eccitato erapo- sitwa o negativa. Finalmente con il solito di lui occhio penetran- te, a cui ninna cosa si fugge, per quanto leggiera sia, si rivolse ad osservare attentamente la repul- sione di due corpi in simil guisa elettrizzati, e da alcuni picciolissimi fatti da esso a fondo bene in- dagati dedusse che ella era soltanto apparente e non punto reale; lochè ben' anco avea dichiarato il celebre nostro Beccaria (a). Per la qual cosa vana ed inutile sarebbe ogn' altra Ipotesi quantun- que si voglia ingegnosa, ne più farebbe di me- stieri moltiplicar gli agenti della Natura mostran- dosi assai valevole a spiegare tutti i fenomeni elet- trici la bella Teoria di Franklin. Ma se il nostro Fisico s'inalzò tanto sovra gli altri mercè delle soprallodate scoperte, si rese an- cora immortale nell'aver sorpresa la Natura in quel celebre fatto dell' Elettricità sviluppata dal sempli- ce contatto di due diverse sostanze deferenti; per lo che ne sarà fatta come di altri suoi ingegnosi ritrovamenti laudevol ricordanza nel progresso di questa pregiabilissima collezione. G. B. (a) Eleltr. Art. J. i34. DE VI ATTRACTIVA IGNIS ELECTRICI AG PHAENOMENIS IJNDE PENDENTIBUS AD JOANNEM BàPTISTAM BECCARIAM DISSERTATIO EPISTOLARIS DE VI ATTRACTIVA IGNIS ELECTRICI VJum primum incidi in egregium opus , quod de Electricitate Artificiali atque Naturali inscripsisti, ac primo parìter Franklinianam theoriam mira sane «agacitate a Te illustratam didici , existimare coepi tum motus electricos , tum etiam plura alia iuter praecipua electricitatis phaenomena , vi alieni atti'ac- tivae referri posse . Opinionem hanc meam GÌ. Nol- leto significabam jam inde al> anno iy6S , quo tem- pore nulla adhuc experimenta institueram . At ille difEcillimum sibi quidem videri phaenomena elec- trica eo deducere, utnotis Newtonianae attractionis legibus apprime consentiant; quod quidem neminem adhuc praestitisse affirmahat (a) . Ncque vero re (a) » Je verrai avec bien du plaisir votre nouveau systènae « sur les causes de l'électricité , quand vous le ferez paroitre : » je serai surpris , si vous tirez de Tattraction Newtonienne » des explications pliysiques des phénomenes de ce genre j « il me semble , qu'en laissant subsister les loix , qu'on attri- 3> bue k cette espèce de vertu , il est bien difficile de rehdre » raison des principaux faits : pei-sonne jusqu'à present n'a sj ose' Tentreprendre j il sera glorieux pour vous de l'avoir fait » avec succè* « . 4 DE VI ATTRACTIVA magis attenta animum abjeci^ quiii imo cum postea opportuna instrumentorum supelleotile instructus phaenomena eo usque detecta ad trutinam revoca- rem , eorumque leges , prout theoria Frankliniana postulata fìrmiter stare experimento compertum ha- l>erem ; nonnulla occurrebant animo attractionis in- dicia , praeter electricos motus ; caetera vero eideni principio haud valde absona videLantur : quae sci- licet explicationi inde erutae non aegre se praebe- rent . Et vero indicia attractionis , nec ea spernenda , mihi ofFerebat vitrum , cujus ea est aptitudo , ut quantum ignis in una ejus facie congeritur, tantun- dem ex facie opposita discedere nitatur . Haec ego conjectabam tunc temporis : at et no- vum experimentorum genus prodiìt, per quod late campus patet ; et nova accesserunt reperta , uti pro- fecto est Electrlcitas Vlnàex ^ quam Tibi potissi- mum acceptam referimus : quae omnia , siqu^idem cum meo principio attractionis consentiunt ; imo ex ipso sponte fluunt^ ceu totidem consectaria , rem mihi piane conficere videntur. Equidem boc ipsuni scribebam tibi^ \ir clainssime , duobus circiter ab- bine annis , perlecta dissertatione illa tua ad Fran- klinium : nempe arbitrari me e principio attractionis non tantum electricos motus, sed et plura alia phae- nomena oriri debere: attractionem scilicet idipsum efBcere in vitro , ut excessui , qui uni ejus faciei inducitur , defectus respondeat in facie adversa : in- super et boc praestare, \x\, facies vitri post, explo- sionem denudata vindicet sibi electricitatem quam habuit ante explosionem ; quod est electricitatis IGNIS ELECTRICI . 5 YÌndicis prlncipium . Erat mihi quiclera in animo rem totam quamprimum explanare ; secl cum nunc ad alia me contulissem , nunc etiam otio plus aequo indulsissem , usque in hoc tempus res est protracta . Ut vero nulla amplius interponeretur mora , libellus tuus de AtìiTnosphaera Electrica nuperrime editus, mihique , quod summ.opere gratum. liabeo , transmis- sus , effecit : enim vero experimenta , pulcherrima ilìa quidem , quae illic proferuntur , analoga sunt iis , quae ipse capiebam ad evincendum eandem le- gem attVactionis aeque in coi-poribus deferentibus locum liabere, ac in vitro 5 et principia, quae ibi- dem statuis , satis accedunt ad meam attractionis theoriam , licet vocabulum bocce attractionis nonduni usurpaveris . Proposìtum mihi est itaqvie ostendere vim quam- dam attractivam ignis electrici prorsus admitti de- bere ; tum quod vis hujusmodi ubique se prodat , tum quod ea posita praecipua electricitatis phaeno- mena nullo negotio explicentur. I. nempe patet, cur corpora diversimode electrica mutuo se petant . II. inspecta earum virium, quas attractivas vocant, na- tura , atque indole 5 ac rationibus potissimum ex ana- logia petitis ducti , conjectare possuraus quae in caussa sint , ut vitrum , sulphur , serica etc. ope af- frictus nunc ignem alienum haui-iant, nunc exuantur suo , prout ilio , vel hoc corpore fricantur . Hinc et prò novorum quorumdam tentaminum successu lux quaedam affulget . III. ratio apparet , cur ignis, qui in una vitri facie cumulatur, tantundem ignis nitatur dispellere ex facie opposita : et vice versa ignis , qui 6 r»E VI ATTRACTIVÀ ex una haiiritur , tantundem alliciat ad alteram : quod non in vitro tantum, sed in corporibus omnibus Coercentibus aeque locum habere compertum est . IV. evidens est eandem legera extendi debere ad corpora etiam deferentia ( habita tantummodo ratio- ne , quod haec facillime permeai ignis electricus , illa non item ) : huc nerape redeunt experimenta illa omnia , ac theoremata circa electricam athmosphae- i*amj que singulari libello nuper protulisti. V. de- mum ipsa se prodit , quae apto sane vocabulo , ac rem proxime exliibente Vindex Electricitas a Te? appellatur . Haec si praestitero , nonne praecipua electricitatis phaenomena , eaque e penitiore loco educta , expla- nabuntur? Nonne magna Physicae accessìo fiet, cum ad unicum attractionis principium jam reducantur tlieoriae Franklinianae principia , panca illa quidem ac simplicia, sed quae ulteriorem caussam requii'unt ac simplicissimam , qua invicem connectantur ; redu- cantur, inquam, principia Frankliniana una cum iis quae Tibi addenda visa fuerunt ? At singula fuse persequi, prout res postulare videtur, non est hujus loci : abunde faciam , si specimen tantum exhibue- ro , contentus aliis latiorem viam praemonstrasse . Cum dico attractionem fluidi electrici ubique se prodere , salis intelligis , Vir Clarissime , quid mihi velim ; nempe jam non insistere universali illi at- tractioni , quae est massae proportionalis , et decre- scit in ratione duplicata distantiarum : qua nimirum et corpora adducuntur in centrum, et Planetae in eorum orbiLis continentur . Praeter generalem hanc IGNIS ELECTRICI. 7 YÌm, quae iccìrco generalia phaenomena edit, cujus- que legibus constai Macrocosmum, alia attractionum genera deprehenduntiu' in corporibus quibusque , ac in eorum partibus , quae ideo specificas proprietates in iis inducunt , unde et particularia phaenomena oriuntui" . Et vero harum virium existentiani , vel sola lurainis refractio evincit 5 ubi illud, caeteri» omissis, notatur, radios jam lune prope corporum superfìciem deflecti , antequam eam attingant . Sed et alia quamplurima suppetunt exempla harum vi- rium : ut in corporibus perfecte laevibus , quae mu- tuo adhaerent vi pondus athraosphaerae longe exce- dente : et in duabus aquae guttis , quae ad minimam distantiam sitae , primo apicem extendunt invicem , quo se contingant 5 tum in unam coeunt : et in suspensione fluidorum in lubis capillaribus ; sive quod adhuc melius visitur, in ascensu accelerato guttae olei inter duas laminas vitreas : ne quid di- Cam de operationibus Chemiae , cujus nulla est pars, in qua praeter inertiam massae , et specificam gra» yitatem , alia virium mutuarum genera non ubique se prodant , et vel invitis incurrant in oculos 5 quod quidem vel in sola postrem^a quaestione Opticae Newtoni abunde patet , ubi tam multa virium mu- tuarum indicia , atque argumenta proferuntur (a) . DifFerunt autem hae vires , ut supra innviimus , ab attractione universali , eo quod nec sint massae (a) Plurima congessit Musschembioekius Essai de Phjsì- ^Me.Vide etiam Nouveau Cours de Chjrmie selon la prin^ cipeb de Newton , et de Sthal , 8 DE VI ATTRACTIVA proportionales , nec legem servent decrementi in ratione duplicata distantiarum 5 sed ut plurimum in exigua a contactu distantia evanescant : generaliter variae admodum leges in diversis corporibus obti- neant 5 ita ut difEcillimum sit eas asseqni in aliqui- Lus j in singulis prorsus impossibile. Nonnulli tamen ex iisjqui Newtonianam Philosopbiam excoluerunt, uti Keìl et post eum Freind , leges quasdamr, ac theoremata statuerunt non sine successu . Sunt quos tam multiplex attractionum genus , tam variae leges deterreant, quique propterea censeant •omnes has vires , quas vocant immechanicas , pror- sus a Philosopbia eliminandas . Fatentur bi quidem in caussarum investigatione generalia quaedam esse principia^ quorum ulterior ratio neutiquam peti po- teste quocum perventum est acquiescendum sane ; at principia bujusmodi volunt numero panca . Anne , inquiuntj tot attractionum species habebuntur ut naturae pi'incipia , quot pbaenomena inde pendentia recensenturj cum prò singulis singulae ferme leges condantur ? Verum haec difficultas tota evanescet , sì consideretur vires has tam varias in corporibus, tamque diversis legibus obnoxias minime esse pri- maria principia, sed ex elementorum compositione consurgere . Concipi enini potest duo tantum vel tria virium genera indìta esse particulis prìmordia- libus , bis \idelicet , quae Prima Naturae vocai'i possunt j vel si malimus genus unum vis certis qui- Lusdam legibus agentis , quae a sola distantia pen- deant . Porro mirum quam variae vires existere pos- sint in massulis compositis etiam primi ordinis; ex IGNIS ELECTRICI . 9 •varia nempe partìcularura positione : quid vero di- cendum de massis secundi , vel tertii ordinis , om- Eiiumque inferìorum , cum numerus combinationuin in infinitum excvescat ? Anne dubium supererit vires omnes ex uno eodemque principio consurgere pos- se , quae nohis ob oculos versantur , quantumvis leges , quibus illae agere videntur prodigiose difFe- rant ? Certe Boscovicbius («) principiis corporum , quae illi sunt puncta indivisibilia, unam tantum vi- xium legem tribuens , quam per quamdam curvam asymptoticam exprimit ; et generalem. magnorum corporum attractionem inde petit , ostendens quo- modo sit massae propoilionalis ^ et inverse ut qua- dratum distantiae , et caetera attractionum genera in minoi'ibus corporibus , et in minoribus distantiis facili applicatione deducit . At quoquomodo se res habeat, illud mihi in prae- sentiarum sufficit, si constet vires attractivas in cor- poribus revera existere 5 meque clarissimorum homi- num exemplo tueri , dum naturalium quorumdam efFectuum explicationem inde peto; eorum scilicet, qui ab impulsu, sive a notis legibus minime prò- veniunt . Plurima igitur sunt corpora sive solida, sive flui- da, in quibus vis attractiva manifesto satis indicio se prodit : postremae liujus classis exemplum sane luculentum perhibet lux , ut supra innuinius , quam magna attractiva vi praeditam phaenomena omnia (a) Theoria Philosophiae Naturalis ad unicam legem re- dacta viiium in Natura existentium . IO DE vr ATTRACTIVA praedicant . Quidni igitur et ignis electricus vi pol- leat sua? Videtur in aliquibus coi'poribus maiorein hujus ignis copiam inesse , in aliis miuorem ; licet hoc fluidum valde sit elasticum : qnod quidem argu- mento est diverse diversa corpora attrahere , ac ab ipsis appeti ad habendam quamdam saturitatem . At nullibi vis haec mutua clarius deprebenditur , ac magis in oculos incurrit , quam in motibus electricis. Nam vel hi motus efficiuntur pressione alicujus flui- di y vel nuUam aliam agnoscunt caussam , praeter allatam : vim nempe attractivam ignis electricì. Porro si efFectus essent alicujus fluidi; vel istud fluidum esset ipse ignis electricus , vel aer; cum nuUum aliud adsit , quod in subsidium possit vocari . Ignem vero electricum iraparem esse bisce motibus incursu suo ciendìs , et Tu, Prae stantissime Vir , invictis argu- mentis ostendisti , et ipse confirmare conatus sum in epistola altera superiore anno ad NoUetum con- scripta , quam et Tibi notam feci . Illud vero rem conficit , quod est Theoriae Franklinianae funda- ijientum : ignem electricum una tantum directione moveri . Quis enim non -videat motus diversos le- vium bracteolarum , nunc accessus , nunc recessus respectu ejusdem corporis electrici , a fluido inde erumpénte minime efHci posse ? At dicent aerem idipsum efficere , ut corpora à\r versimode electrica se mutuo petant ( cui unico prin- cipio redigi posse motus omnes electricos , tum ac- cessionis ad invicem , tum discessionis estendi in memorata epistola ) , concipi quodam modo potest : ignis enim electricus, qui ex uno corpore erumpens IGNIS EI.ECTRICI . 1 1 in allud ingreditur , interpositum aerem natura im- perraeabilem vel disjicit , vel summopere dilatai 5 quo fit ut circumfusus aer elasticitatis vi motus , dum ad supplendum vacuum intei" duo haec corpora in- ductum accurrit , ipsa ad invicem appellai . Hanc opinionem , (juam experimenta in vacuo desumpta suadere videntui' , a Te amplexam videram in E^jì- stolis ad Beccarium : quid nunc de eadem sentias , non queo satis colligere ; nec. video quam alianx at^ tractionuni , discessionum , cohaesìonum caussam omnino mechanicam proferre possis, uti in primo Specimine novorum quorumdani in re electrica ex- perimentorum anno 1766 pollicitus es . Interea mihi quidem persuasum est rem nequa^- quam in aere ita se hatere ; proinde nec illi adscri- bendum esse , quod dup corpora diversimode elec- trica urgeat , atque unum alteri appriraat , Nec desunt argumenta , eaque potissiraum ab experimentis de- sumpta j quibus boc evincam ; utque caetera omit- tam , illud referri meretur, quod nempe motus elec- ti'ici non in aere tantum , sed et in fluidis omnibus coercentibus , uti ex. gr. est oleum , aeque locum. habent . Porro si accessus duorum corporum diver- simode electricorum , dum in aere innatant , effice- retur pressione ipsius aeris eo modo se restituentis j idem obtineret et dum haec corpora in oleo mer- guntur, quod est medium similiter coercens : nempe ignis electricus , dum ex uno ex bis corporibus mersis trajicit in aliud , interpositum fluidum disjiceret , dilataret, vacuum induceret : cousequenter alia pars fluidi in ejus locum succedens, corpora secum tra- 12 pE VI A T TRAC TI VA lieret , atque ad accessum adìgeret . At re quideni vera corpora in oleo mersa se attrahunt , quin ali- qnìd tale animadvertamus in Loc fluido ; quod tamen aliquomodo sub sensus caderet si ita se res haLeret. Alia ieitur est eorum motuum caussa . Quod autem spectat ad experimenta , quae pro- Lant motus electricos in vacuo vel piane interire , vel saltem aegve oLtineri , id cuinam caussae sit referendum, mox videlaimus . lam ergo nil aliud superest, nisi ut vim attracti- vam fluidi electrici agnoscamus , eique id muneris tribuainus , ut corpora inaequaliter electrica deter- minet ad niutuum accessum . Hoc autem qua ratione fiat, facile patet , si concipiatur corpus quodcumque pi-aeter portionem liane fluidi, quae ipsi naturaliter competit, ut inter hoc idem corpus, etcaetera, cum quibus communicat , babeatur quaedam respectiva saturitas, adbuc vi alìqua absoluta pollere, qua no- vum usque ignem appetit, et ab ipso appetitur. Huc usque nil novi erit; nam cum vis baec residua sit undique aequalis , non est cur seu ignis electricus, seu corpora cogantur respectivum statum mutare , quoad aequilibrium perstat. lam vero demamus bocce aequilibrium , ac consideremus corpus aliquod ex- cessu electricum , in quod nempe major pars fluidi congesta est: quid inde consequetur? Corpora cir- cumquaque posita , nequidem aere excepto , ignem hunc redundantem ad se trahent prò sua quaeque vi, et invicem ab ilio trabentur. Ut autem vi buie attraclìvae obtemperetur , vel ipsa corpora circum- posita ad corpus electricum properabunt, vel ignis ICNIS ELECTRiri . l3 ìpse ex hoc ad illa se cito transferet . Videtur qui- dem primo aspeclu ignem electiicum potius vi at- tractivae parere debere, ipsumque magis ad corpora accedere , quam liaec ad illum , utcumque levia ea sint, cum ignis electricus incomparabiliter levior sit, atque immani mobilitate praeditus . At rem inlimius perspicienti contrarium videbitur : illud enim est considerandum , quod interpositione aeris , qui est medium coerceiis , efficitur ne ignis ipse ex corpore redundante in alia corpora ad quamdam distantiam sita , liberrìme transcurrat ; quare haec potius , si satis levia sint, ad. corpus electricum advolabunt 5 et hoc vicissim, si satis libere pendeat, nisui ignis redundantis obsequendo , cui est quodammodo alli- gatum, versus illa porrigetur. Quod in corpore per excessum electrico observa- vimus , idem omnino evenire debere respectu cor- poris electrici per defectum , satis ostendit : imo generaliter patet , duo corpora, quae comparatis eo- rum viribus copiam ignis non habeant responden- tem , sive , quod eodem redit , quorum unum exces- sum habeat respectu alterius , ad mutuum accessum determinari debere prò majori, vel minori, quae intercedit difFerentia : quae unica lex est , ad quam generaliter motus omnes electrici referuntur 5 nam et in corporibus eadem electricitate praeditis , quid aliud , quaero , produnt mutuae discessiones , nisi accessum ad corpora extra se posita ( aerem etiam considero ) respective inaequalia ? lam hinc intelligitur cur in machina pneumatica aere summoperc rarefacto , motus electrici vel nulli l4 DE VI ATTRACTlVA óBlineantur, ve! admodum debiles . Ratio est, quia ignis in corpore electrico redundans , cum et parti- culas corporum non electricorum. attrahat , et iuvi- cem attrahatur , debet ipse , in medio non resi- stente j ad haec corpora potius se conferre , utpote qui surama prae illis mobilitate praeditus sit, ac li- berrime fluat , quam haec ad illum accedere . Uno verbo res bue oranino refertur : duo corpora di- versimode electrica nequaquam se invicem petunt , quod particulae unius corporis absolute attrahant particulas alterius ; sed quod haec attractio unice existìt inter particulas unius corporis defìcientìs , atque ignem corporis redundantis 5 quo fit^ ut vel ipsum hoc fluidum ubi minus coarctatur, iii spatio scilicet non resistente , unice se efFundat in partem , in quam tenditj vel ubi medium aliquod coeixens huic effluxui impedimento est, idem ignis una secum trahat corpus, cui inhaeret, ac veluti alligatur, dura tempore ipso prò ea vi corpora extra se posìta simi- liter ad se accedere cogit : quod et rationi apprime , et experiraentis consentaneum est . Cum ergo phaenomena omnia motuUm electrico- rum, quae aliter conciliari nullo modo jiossunt , ex posito principio attractionis sponte fluant , nonne hoc pi-ìncipium amplectendum erit, atque uti vera illorum caussa considerajidum ? Nisi forte illud ab- sonum videatur, uti hic quidem viro, quod miror, satis experto visum fuit ; vim hanc attractivara igni» electrici ad tam magnam distantiam extendi 5 exem- pla enim , quae proferuntur attractionum inter par- ticulas corporum , eas vircs produnt , quae nonuisi ICNIS ELECTRICI. l5 m mlnìmls clistantiis agunt . Motus vero eleclrlci longe difFerunt, cum observemus quandoque dislan- tiam duorum , vel trium pedum , minime oLstare guominus fìlum erigatur ad catenam . At futilis haec qiiidem oLjectio : vulgatum enim est illud plus minus non variai speciem . An licet assignare limites , ultra quos vis attractiva particu- larum exteiidi nequit ? Qui ergo erunt hi limites ? An si positi© particularum corpus componentium plurimum confert , ut in hoc vires resultent plus , vel minus agentes ; ea nequit esse positio in mini- mis fluidum electricum componentihus , quae maxime faveat, ut vis hujus attractiva ad satis notabile inter- vallum pertingat ? Deinde nec illud omnino verum : exempla nobis tantum suppetere attractionum , quae in minimis distantiis agant . Extat exemplum sane luculentum in Magnete chalybem ad plures pedes attrahente (a) . Tandem difficultas omnis evanescet, si consideremus nequaquam opus esse , ut vis attrac- tiva ìgnis electrici ad tam magnam distantiam se extendat, ut est intervallum, quod inter duo cor- pora , quae se mutuo petunt, intercediti ignis enim redundans expandit se circa corpus electricum ex- cessu , ac quamdam athmosphaeram efFormat : quare concipi potest filum ex. gr. ad duos pedes a catena situm , non ita longe distare a limite, quo se ex-^ tendit athraosphaera catenae 3 imo tunc solum per- (a) Censeo ego quidera concuvsum ferri et magnetis a principio attractionis pendere , contendant licet plurimi im- pulsa fieri effluviormn magneticonu» . l6 DE VT ATTRACTIVA sentire vim attractivani;, cum hunc limitem jara pro;^d pertingit . Videndum nunc an ex attractione, quam inter fluidum electricum, et particulas cujuslibet corporis oLservavimus 5 ratio peti possit, cur quaedam afFrictu ignem suum impertiantur , quaedam hauriant alie- num ; ac ferme omnia nunc hauriant , nunc imper- tiantur y prò diversa nimirum ipsorum constitutione, et corporum , cum quibus fricantur : satis enìm in praesens haheo , si haec , et omnia quae huc perti- nente felicius hac via explicentur , quam alia qua- cumque hypothesi liucusque excogitatà . Ac primo illud mihi nunc demum piane constat : dum corpus aliquod , ut sulphur, de suo amittit, neutiquam hoc provenire ex eo , quod major copia ignis electrici illi naturaliter inhaereat 5 iteraque dum aliud corpus, puta vitrum, alienum ignem haurit, hoc ideo evenire , quod in ilio naturaliter deficiat : quae olim mihi sententia fuerat . Nam experimenta illa omnia , quae postmodum capieham circa serica , docebant me, eandem taeniam diverse affici a di- versis corporibus deferentibus , in quibus tamen ignis electricus aequaliter est difFusus 5 nec id solum, sedj quod magis mirabar, eandem taeniam frustulo sive ligneo , sive metallico nunc impertiri , cum ni- mirum ejus lateri , quod erat laevigatum , taenia afFricaretur e nunc accìpere ex ipsomet ligno , vel metallo , cum videlicet fricaretur parte ejus valde aspera. Tandem experimenta longe plurima, ac cla- nora , quae super hac re instituebas, Vir sollertis- sime, ut totam electricitatis historiam augeres, utì IGNIS ELECTRICI. I7 comprobarunt iiec vitrum semper accipere a coi^ poribus deferenlibus , nec sulpbur semper dare , caetera vero , ut serica , pili felis etc. plurimum va- riare 5 ita ostenderunt has omnes varietates a ini- nimis pendere circumstantiis , neutiquam. ab ipsa corporum intrinseca natura . Majorem in uno, quam in alio corpore elastici- tatem , calorem etiam intensiorem in illud frictione induclum, posset quis censere ignem electricum irri- tare , ac versus eam partem estrudere , ubi una , vel altera ex pi'aedictis caussis , vel etiam ambo' minus vigent . Verum, ut illud concedam , tum elasticita- tem , tum calorem non parum quandoque conferre, ut electricitas existat ex affrictu vividior 3 inde tamen non infertur eas corporum affectiones caussam esse efficientem ut ignis electricus ex hoc in illud cor- pus se congerat 5 fieri enim potest ut alteri caussae diversae prorsus naturae adjumento tantum sint . Experientia autem quaeslionem finit . Etenim com- pertum habemus , dum diversa corpora fricantur, nec illud , quod majore poUet elasticitate , nec illud, in quo major caloris gradus affrictu invalescit, nec vero illud , in quo baec simul concurrunt , ignem suum semper impertiri 5 nani et quandoque hujus- modi corpora accipiunt a minus elastico , minusque calescente . lam vero nullam aliam video rationem tam varia efFecta conciliandi cum viribus corporum prementi- bus , sive mechanicis . Alia igitur ineunda est via : alia caussa prorsus ab bis diversa investiganda . Quae impulsu fieri concipi nullo modo potest, quid vetat Tom, L 2 l8 DE VI ATTRACTIVA ftd principlum attractionis referre , quandoquidem vires hujusmodi , ut ubique , sic peculiariter in flui- do electrico existere jam liquet , et liaec omnia pliae-- jiomena , de quibus nunc quaestio est , barum virium indoli optime respondent ? Igitur mihi persuasum est, dum corpus aliquod, puta sulphur , ex affrictu partem ignis nativi amittit , nequaquam hoc corpus impulsu agere in bunc ignem, veluti si particulae sulpburis eo motu vibratorio con- citae , coarctatis porulis y contentum in iis fluidum exprimerent^ sed ideo portionem hujus fluidi dimìt- tere , quod in sulpbure ita confricato vis attractiva detriraentum patiatur . Eodem piane modo evenit in vitro j ut hauriat ignem extraneura , nempe a manu : jauUam enim concipio vim , quae ignem a manu ex- trudat ; sed bunc ignem alliclt ad se vitrum , cui afFrictus id confert , ut vis attractiva in eo valde intendatur . Electricitas vero in corporibus ita con- fricatis tum se prodit, cum primum , cessante ipso affrictu , eadem , quae ante obtinebat, attractio , boc est idem gradus intensitatis, incipit restitui . Sedenim quid caussae est ut afFrictus mutationeni hanc pariat virium attractivarum ? Kecolendum est quod superius dixi : in massulis compositis leges virium consurgere a diversa positione particularuni. primigeniarum : nempe cum hae vires particularu^^ pendeant a distantiis , et in Systemate quidem Bo- scovicbiano in minimo insensibilique spatio plures habeantur transitus ex r^pulsivis in attractivas , et iterum in repulsiva» j patet e% varia ratione , qua hae particulae disponuntur invicem, sic ut vires vel se ÌGiMS ELECTRIC!. If) coUidant , vel conspiveiit , diversas admodum vires resultare debere in corporibus , tum respectu inten- s itati s , tuni distaiitiae , ad quam peitingunt, tum rationis decrementi etc. Haec igitur si ob oculos habeantur, an erit mi- randura , quod dispositione particularum immutata in aliquo corpore immutentur et vires , ita ut inten- datur vel remittatur attractio hujus corporis erga fluidum electricum ? Porro affrictum in particularum dispositione perturbationem parere , manifestura est ; ac quidem talis ea videtur , quae virium mutationi inducendae maxime est apta ; minimae enim partes eae sunt , quae dum succutiuntur, novum statum , seu novam respectivam positionem acquirunt . Equidem quinam ille minimarum partium motus sit , quo attractio minuitur , ut in sulphure , quinam ille , quo augetui* , ut in vitro , etsi definire non li- cet , eo quod intimum cujusque textum non perspi- ciamus , satis tamen prò re nostra babemus , si illud in genere pateat , haec diversa a diverso motu prae- stari posse . Patet autem et illud : vitrum , sulphur, serica diverse affici debere, prout diversis corpori- bus fricantur ; imo et ab iisdem , prout nempe fri- cantur superficie nunc aspera , nunc laevi etc. di- versos enim prò mutatione utcumque parva motus excitari necesse est : sed haec mutatio dispositionis in particulìs , distantiae videlicet etiam indiscerni- bilis , quot quantaque virium discrimina inducere possit , quis non videat ? lam ergo mirari desina- mus sulphur , ceram signatoriam etc. quae chartae nudae , sicuti et corporibus fere omnibus dant ? 20 DE VI ATTRACTIVA accipere a cliarta inaurata : iiimirurn a tantula superficiei crasside pendere electricitads contra- rietatein . Quod autem diceLam : electricitatìs sìgna in cor- poribus fricatis apparere ;, quod attractio ope aifrictus sive aucta , sive imminuta , statini ac afFrictus cesset incipiat pristino statui se restituere , id facile admo- dum concipitur . Guni yitrum ex. gr. frico manu , muto naturalem dispositionem particuliarum vitrmn constituentium 5 ea autem nova positio, quae indu- citur, vi illius attractivae magis favet 5 quare por- tionem ignis electrici extrahit a manu. Mox vero ut partes vitri discedunt a manu , suLlata pressione , pristinum statvim recuperare nituntur^ quare ilio auctu , quod vi attractivae accesserat, iterum pereun- te , ignis redundans incipit effluere . Eadem est ratio in sulphure manu , aut lamina metallica fricato : ut nempe post afFrìfctum electrici- tatis signa edat . Quod autem electricitatem praese- ferat contrariam, sive defectus , id ex eo profici- scitur , quod dispositi© particularum^ qiiam afFrictus inducit in sulphure, minus faveat vi ejus attractivae, unde ignis proprii jacturam pati debet 5 ut vero ces- sante attritu , ac naturali partium dispositione se restituente , pristina quoque vis redeat , amissum ignem sibi vindicat, qui iccirco ad sulphur con- fluere incipit . Dixi ignem a vitro adeptum inciperé inde efflue- re ; similiter inciperé confluere ad sulphur quod jimiserat : nam nec ignis in ilio excessivus , effluit illieo totus , nec ignis deficiens in hoc , momento IGNIS ELECTRIC! . 21 teniporis in integrum suppletur ; sed haec paullatim tantum , et successive fiunt : quod verosimillimum sitj nonnisi paullatim, et successive fieri restitutio- nem particularum tum in vitro , tum in sulphure ita fricato . Satis autem hoc est ad intentum : ut nempe signa excessus in vitro , defectus in sulphure , statini ac affrictus cessat, se prodant . Quin etiam haec signa ipsa sunt , quae docent tam vitrum tractu temporis indigere, ut totum ignem deponat, qnem assumpserat, quam sulphur , ut ilio prorsus reficiatur , quem ami- serat ; nam haec corpora licet repetitis vicihus ex- plorentur , signa electrica usque et usque nova satis diuturne edunt . Caeterum ni ita se res haheret, fa- cile estendi posset, quod corpora frictione nulla- tenus evaderent electrica j ignis enim , qui in vitro ex. gr. cumulatur a manu fricante , reflueret totus in digitos , uhi desinit fricari . Quod si fit electri- cum , tenendum est quod supra dicebam : hunc ignem incidere tantum effluere . Sed haec iterum in me- dium proferre, quae alibi fusius exposui, cum Tihi tentamina a me facta circa serica scriberem , super- vacaneum fortasse videbitur . At nullane erit alia caussa praeter affrictum , quae vires attractivas corporum respectu fluidi electrici vel augeat j vel imminuat ? Nonne plures adsunt viae, queis motus minimarum partium excitentur ? Ubi autem hi motus reperiantur, ibi et mutaiù positio- nes , et vires attractivas vel intendi vel remitti opor- tere , unde et ignem electricum eas pati vicissitudi- nes , quas supra vidimus , facile ex iisdem principiis deducitur . 22 DE "VI ATTRACTIYA Porro est et alia caussa^ quae ( nisi aniLas uno nomine designare malimus ) frictioni aequivalet . Notum est rudem quamcumque percussionem eadem omnino praestare ac afFrictus . Innumera experimen- ta j quae ad hanc rem. faciunt , non vacat recensere : sed neque inutiliter faciam , si lioc unum proferam. Laminam vitream probe siccam abs igne malleo li- gneo ( charta inaurata oLducto melius evenit ) per- cutio semel quo validius fieri potest, id unum nem- pe cavens ne diffringatur : electricitas existit aliqua in utraque superfìcie, sed admodum debilis 5 ea ta- men repetitis ictibus adeo invalescit , ut bracteolae metallicae ad quatuor, et ultra pollices sitae arri- gantur , advolent etc. interdum et penicilli conspi- eiantur j et crepitus exaudiantur. Hoc autem maxime notatu dignum, quod non solum pars illa viti'i, quae percussioni mallei subjeceratj electricitatem nacta est ; sed aliae partes circumpositae , quandoque et illae , quae tres pollices distant a loco percussionis, bi'acteolas satis sensibiliter attrahunt : quae res cum meo principio apprime consentit ; dispositio enim particularum non solum iis in punctis immutatur , ubi babetur percussio; sed et in adjacentibus , quoad nimirum succussio satis valida pertingit : bine \iriuni mutatio ; bine efFectus respectu fluidi electrìci , qui banc mutationem consequuntur . Mirarer ni bic instaret aliquis , ac illud a me intel- ligere vellet : num, in solutionibus , fluidorum mix- tionibus , effervescentiis, conflagrati onibus etc. quae ad Cbemiam pertinent, cum miniraarum etiam par- ticularum textus tot tantisque raodis innovetur, vi- IGNIS ELEC.TRICI . 25 resque mutuae tatn insigniter mutentur^ ut nunc intensius , nunc remissius agei'e , ipso demum ocu- lis pevspiciamus, num , inqnam , in his chemicis operationibus ignis electricus quidquam patiatur, quodque principiis a me positis consentaneum est, ejectricitas aliqua exsurgat : quae si revera exsurgit , cur ergo signa nullatenus se produnt? Equidem mihi persuasum est in omnibus bisce mo- tibus, seu corporum alterationìbus ignem electricum diverse affici , ipsumque varias vicissitudines subire : nempe confiuere quo vis attractiva intensiov evadit . Verum cum electricitatis phaenomena tunc solum. habeantur, ut supra vidiraus, cum viribus se festi- tuentibus ignis electricus ad pristinum statum regre- ditur 5 si iste regressus insensibili quodam modo fìat, eo quod vires lente admodum restituantur , patet nulla baberi posse electricitatis signa sensibilia . At- qui bic casus videtnr esse eorum motuum, quos cbi- micos dicimus . Hac ratione facile intelligitur, cur, licet intestini bi motus insigniorem inducant particu- larum mutationem , proinde et virium mutnarum di- scrimen sane notabilius , quam affrictus ; nibìlo ta- men minus bic alFrictus electricitati excitandae sit multo magis idoneus . Etenim in vitro ex. gr. mo- mento temporis, quo vis urgens pressionis eessat , sive contactus corporis prementis aufertur , ilìico existit couatus particularum in vitro se se rcstituen- di ; qui conatus utique est satis magnus ; proinde et eiFectus satis sensibiles edit. Contx'a in motibus, qui non tam ab externa caussa , quam a mutuarum vi- iiura actione ortum ducunt. Hic enim vis illa quo- 24 DE VI ATTRACTIVA dammodo intrìnseca, quae pavticularum mutationem induxit, neqnaquam illieo aufertur; sed cum usque praesens sit, necesse estui a vi contraria destruaturj quod, ut dixi , videtur fieri non posse nisi per gra- dus insensibiles . Sed et aliae esse possunt circumstantiae , quae elec- tricitatem manifestari signis sensibilibus vetant, ac in hujusmodi tentaminibus diligentiam omnem elu- dunt. Licet enim ex. gr. vasa rite sejungere (pisolare) curemus , num cavere possumus quin effluvia , quae a corporibus ita cruciatis jugiter efFunduntur, ac sae- pe in tara immani copia , ut vel in oculos incurrant, communicationem aliquam inducant, oranemque elec- tricitatem , si quae forte exsurgit , citius disperdant ? Aer etiam athmosphaericus , utcumque pums 5 quin et caetera corpora, quae cobibentia diciraus, nequa- quam perfecte adeo cobibent , ut debilem aliquera electricitatis gradum in se recipere nequeant. Igitur non est mirandum irrito eventu liaec succedere . Quanquam nec illud affirmare prorsus auderem , nulla unquam in cbemicis bisce operationibus obtineri posse electricitatis signa sensibilia. Quae ipse bac- tenus institui super bac re tentamina , pauca admo- dum sunt : plura si ineam , eaque accuratiora , uti quidem est animus , non utique despero rem mibi aliquando ex voto succedere posse . Ncque vero so- lus ego sum, qui bujusmodi experimentis , utpote quae plurimum lucis afFerre possint , curam impen- dere decreverim 5 nam et Tu, Vir sollerlissime , ante aliquot annos bue animum adieceras , ut inlelligeres quanta parte il motus, guos chimicos dicunt , igne IGNIS ELECTRICI. 20 electrico efficerentur . Dolendum tamen est, si quae inde detexeris , ea nos adhuc latere . Illud hic postremo loco addendum censeo , qnod non parum ad rem nostram facit : nimirum si po- natur ignem electricum liis vicissitudinihus esse ob- noxium ob diversam tantummodo positionem parti- cularuni corpora constituentium, jam non incongrue ex eodem principio Naturalis Electricitas peti potest : facilis nempe explicatio occurrit cur , et unde haec ortum ducat . Quis enim non concipiat alterationes , tum quae accidunt corporibus supra tellurem posi- tis j tum quae in athmospbaera contingunt , sive in moleculis ipsiusmct aeris , et corporibus etberoge- neis in hoc innatantibus , quorum omnium positio- nes , textus etc. tam saepe immutantur, vires respec- tivas pariter immutare debere 5 proinde ignem nunc e tellure in aerem , ac nubes , nunc ex bis in tellu- rem confluere 5 mox viribus se restituentibus iterum ad pristinum statum re gre di etc. quod est piane consonum systemati tuo de Electricitate Terrestri- Atbmosphaeinca ? Pòrro tentamina , quae supra proposuimus circa cliemicas operationes , eadem sunt , quae lucem maximam et bue afferre possuut : quo tamen nihil de iis constet , ne ego quidem ali- quid prò certo constituere ausim ; sed quae ad hanc rem protuli conjectationum loco baberi volo. Latum sane campum aperuimus principio attrac- tionis , qua ignem electricum pollerò contendo . At mirum quam latius adhuc patebit , si idem princi- pium ad vitrorum theoriam, caeteraque bue perti- 26 DE VI ATTRACTIVA nentia deducatur. Sancitum est igitur : igneni, qui in una vitrifacie cumulatur tantundem igìiis ex adversa facie exj)etlere , et vice versa ignem qui ex una f ade hauritur aequalem portionem allicere ad facieni sibi oppositam . liane legem pliaenome- noram, quam in vitro primum Franklinius statuit, alii vero post eum in quibusdam aliis corporibus itidem locum habere iavenerunt , hanc demum pro- prìetatem esse eorum omnium, quae cohibentia di- cimus nunc piane astendisti, \ir sollerti ingenio , summaque in experiendo dexteritate praedite . lam vero haec pbaenomena non solum, si jam supponatur vis attractiva ignis electrici , cum bac eonciliari possuntj sed ita attractionis indolem prae-« seferunt j hujusque caussae eiTectus uniee se prodmit, ut vel per boc solùni necessario illa admitti deberet, posito etiam quod nec adessent argurrténta aliunde petita, nec indicia abbi suppeterent. Quare bic non conjectare tantum, sed plenius demonstrare, quae proferam , sane confido . Sedneque bic necessarium duco ostendere nullam ex bis bypotbesibus , quae bucusque excogitatae fue- rimt, expbcare quomodo boc fiat, ut ignis in una vitri facie congestus nitatur dispellere ignem ex fa- cie opposita , et vice versa ; quod enim commenti sunt nonnulli de porulis vitri , eoruraque figura , quam arbitrarium sìt , sin minus absurdum , satis per se patet . Quinimo illud generaliter asserere non vereor : neutiquam concipi posse ignem , qui in una facie cu- mulatur, ignem nativum e facie opposita vere ex- IGNTS ELECTRICI. 27 pellere , sìve reali impulsu in Imnc agere ; quando- quidem constat illum ignem excessivum nulla teniis substantiam vitri permeare . Ut ergo ad rem nostrani deveniamus recolenda sunt ea, quae de vi attrattiva ignis electrici ab initio statui : nimirum corpora omnia eam ignis quantita- tem possidere^ quae viribus respectivis respondet, unde habeatur naturalis saturitas . Satuiùtatem autem, dixi^non quod corpus quodcumque ulteriorem ignem absolute attrabere nequeat, (vim enim quamdam excedentera eis tribuo : quam quidem vim absolutam corpus in statu naturali positum ostendit , cum aliud corpus excessive electricum attrahit); sed quod vis baec residua in omnibus aeque pollens undique li- Lretur , ac proinde nullos edat efFectus : quare non absolutam saturitatem , sed saturìtateni res])ectivam Vocabimus . Porro vim hanc , qua corpora ignem elec- tricum attrabunt, ac ab ilio attrabunturj ad sensi- bilem distantiam extra corporum superficies pertin- gere , facile concedi posse ostendi . His positis : sì copia ignis electrici alieni corpori superaddatur , facile patet ignem in eo redundantem , sive omne id quod est supra respectivam saturitatem , transmitti debere corporibus aliis, cum quibus communicat , • ut nempe virium stet aequilibrium . Id ita evenire in corporibus omnibus deferentibus jam constat : at nec diversa est ratio in coercentibus , si illud solum attendatur et baec corpora eam ignis dimittere co- piam j quae est supra naturalem saturitatem . Una est difFerentia , quod in illis , nec ulla pars super- Teniente igne prae caeteris redundans , nec ulla egre- 2o DE VI ATTRACTIVA diente deficiens est efFecta; sed omues aeque imLu- tae reperiuntur, eo quod igiiis libeiTÌme excurrens sese aequaliter distribuere potuerit j.in liis vero, quae nullatenus permeat ( exemplum sit in lamina vitrea), ignis superveniens soli illi superficiei A, quae catenae oLjicitur debet inhaei^ere, ibique con- sistere j portio vero ignis , quae propter hunc novum adventum dimitti prorsus debet, ne videlicet lamina vitrea plus possideat, quam vires omnes hujus cor- poris simul sumptae exigunt ad liabendam natura- lem saturitatem , portio haec , inquam , ignis nonnisi a superficie opposita B discedere potest, hujusque superficiei , ut ita dicam , impensis unice suppedi- tari . Inde fìt ut illa vitri facies A inveniatur redun- dans, liaec B deficiens . Porro analogum evenire in vitro dum facies A macliinae objecta spolìatur : ni- mirum tantundem ignis appeti a facie B ut babeatur illa saturitas : itemque excessum ignis adventitii , quod intimam vitri massam pervadere nequeat, soli buie superficiei B limitari , ut et defectum responden- tem soli alteri A, facile est pervidere . At dicent aliqui, si unaquaeque superficies vitri portione ignis instruitur, quae suis viribus respon- det, quid faciei B intererit, si copia ignis quae per- tinet ad oppositam superficiem A vel augeatur , vel minuatur ? Quaecumque buie acciderint , nonne illa in eodem statu manere perget, contenta respecti- vam portionem fluidi possidere ? Num ex mutatione, quae inducitur superficiei A , vires in B mutari pos- sunt ? Porro mutantur : quis enim illud generaliter non intelligat , cum ignis in vitro adventu novi ac- IGNIS ELECTRICI . 29 cumulatur^ totam liane copiam igiiis sic auctani i\n- nus attraili debere a sunima virium , quae ex omni- Lus particulis vitri siinul sumptis exsurgit , sive quocl eodem redit , easdem vires , quae datam tantum portionem ignis naturaliter postulante copiae buie excedenti retinendae minus sufEcere ; contra duni in eodem vitro pars nativi ignis exliauritur , inimi- nuta naturali copia , vires , quae e particulis vitri simul sumptis resultant, praepollere, ac pares esse novo igni sibi comparando? Quod autem dicebatur, unamquamque superfìciem ea portione ignis conten- tam esse debere , quae sibi naturaliter competit , quidquid aliunde superficiei adversae contingat : id quam ineptuni : Enimvero quaeque superficies non est consideranda ac si esset solitaria, niliilque com- mune liabens cum supei"ficie opposita : idest ac si una ab altera independenter ageret . Nam liaec in- dependentia prò viribus attractivis esse nequit , ubi vires hae particularum quarunicumque ad majorem se extendant distantiam , quam esse possit crassities illius corporis , sive spatium , quod inter oppositas superficies intercedit . Quare crassities laminae vi- treae exigua propemodum respectu distaiitiae , ad quam vis ea pertingit , qua ignis electricus , ac par- ticulae liujus corporis se mutuo attrahunt , obstare nequit j quominus superficies una influat in alteram , ac mutatio virium illius , mutationem pariter in liane determinet . Iterum igitur consideremus vitrum, dura in unam ejus faciem A, quae catenae objicitur, novus usque ignis congei'itur : vis attractiva , quae unice impen- So DE VI ATTKACTIVA debatur in ignem nativum j deLet necessario ad litlnè quoque novum converti 5 ac proìnde remissioi' erga illum evadere . At non solum vis attractiva deLili- tatur in superficie vitri A , quara ignis hic superve- niens immediate contingit^ sed et in superficie op- posita B : nam cum liocce fluidum superadditum non multum distet a particulis hanc superficiem B com- ponentibus , ac intra harum sphaeram activitatis re- periatur, debent et bae prò sua quaeque vi,acpro distantia in illuni agere ; consequenter qua parte alibi insumuntur , eo remìssiores evadere , atque impares fieri igni nativo , quem antea sibi fìrmiter inbaeren- tem complectebantur , adliuc retinendo . En quomo- do superventu novi ignis in A , minuatur attractio in B erga ignem nativum 5 quem icclrco corporibuS deferentibus impertitur ; siquidem baec corpora vi- ribus adhuc integris ignem liunc magis ad se attra- bunt . C^onti'arii exempli eadem est ratio . Dum a super- ficie A ignis extrabitur, vires particularum in vitro , quae jejunae , ut ita dicam , evaserunt , nòvum ignem jam piane expostulant, quo saturentur : bunc autem ignem appetunt non solum particulae supei'fìciei A, quae vere est exbausta , verum etiam particulae su- perfìciei B j nam et ipsae in novo boc statu non amplius ea portione ignis contentae esse possunt, qua antea contentae fuerant , tunc scilicet cum par- tem virium suarum impenderent in eum etiam ignem , qui residebat in superficie A . Ilaec nisi dare pateant, vereor ne quidquam sit ex iis , quae niibi certo Constant , quod et aliis con- IGNIS ELECTRiri . 3l slare unquam possit : uti nec illiid : quod non solum A'itrum ;, sed corpora omnia coercenlia iisdem legibus suLjiciuntur j dum. fiunt electrlca, necessario conse- gui ex meis principiis : item consectarium esse , quod vitruni, aliaque corpora, caeteris paribus , aptiora sint liuic experientiae , quo rainorem liabent crassi- tiem 5 quo enini proximior est superficies B super- ficiei A, vires particularum hujus, intensius agunt in ignem illi pertinentem . Initio cum. liane vitrorum tlieoi-iam excogitassem, quam supra exposui j non tantum in eam inquire: e , quam (ut et milii , et aliis si qui erant Lai^uni re- rum curiosi, plausibilior evaderet ) ipsam exemplo illustrare curabam, quod quidem satis luculentum in Magnete inveni . Suspendebam lapidi pondus fer- ri, ultia quod sustinere nequiret : si dein aliud fer- runi eideni lapidi satis prope admovebatur , primum illud decidebat . Quare hoc ?Nisi quia vires magne- tis , quae primo ponderi sustentando pares ei'ant, dum in id unum intenderent , nunc cura et in hoc alterum impendantur, illud partim deserunt. Placuit igitur imitari quodanimodo ea , quae in vitro acci- et lainin^ P amittgre f% propyiq », fi^iEÌqilp ejpctripa pei^ defpetviiQ . H<^6 aufem sic apcidere cpmpertum b^-bemus ; a,Q pxpefi- meiita ea omnia , quae in memorata dissertatipìie (fj? Atuiosphaera Electvica p;*otulisti, hup redeuut. \j;e^, bet hic praecipua sìi^gillàtìip perspquj, q\ip plaA'iu5> innotescat ea e |neo priiicipio sppnte fluere t Igiltviv si cpvpu? B §ejur;ctuni, ac null^te^\i,§ f;lee- Icipum admoyep pft^eiiae i^, ^is^en^ iliud ?4 qu^ru- dam fib hac distantìaLm ; pura digitUTXi ?\dwioveo ip^j Bj igpis px bpc effunditur ip digitum ^ quod iguis redundans pater^aje , quique circ% ipsana efforraat fjtr JimosplaaLpraiji electricap^ , applicatici; cprpori B ; bo^ itaque auc|yi, rpirtissior eyadìt stimma v^rium ip,si\\^ corporis B eij-ga ignem na.tivum ; qui ìccirpp a d^gi|Q jiitegi"arQ. vim b?J^,cntp g^|(^-f>b^lur , Pap minp rp^flOf ÌGNTS ELECTRIC! . 35 veam corpus B a corpoi'e A : mirum uon est j si jam. ab eod^m digito admoto, vel a quocumque corpore ignem ad se alliciat ; imo evidens est ipsum reperiri debere in naturali defectu, eo quod ex una parte ignem suum amiserit , ex altera jam nunc destituatur igne reduudante catenae A . Sive planius : cum cor- pus B stabat prope catenam A, etsi partera ignis nativi efludisset in digitum, tamen cum excessus ca- tenae illi applicalus componeretur cum naturali de- fectu , ignis summae virium corporis B adhuc re- spondebat, idest obtinebat saturitas ; qnae saturitas non amplius obtinet , remoto excessu catenae ; unde nàturalis indigentia in corpore B , quod minime com- pensetur, jam omnino necesse est ut se prodat. Pos- tquam vero attrectatione corporis B ita a catena re- moti, pars ignis in illud inamissa est, quae deficiebat , si itei'um admo veatur catenae , facile est pervidere , quod iterum superabundabit ; dempto hoc excessu , si denuo removeatur, iterum naturalem defectum ostendet 5 et sic deinceps . Porro et illud manifestum est , eadera obtingere debere , si loco removendi corpus B a catena , ipsam hanc sustulero , vel demp- sero omnem electricitatem ; quippe quod nihil aliud requiritur ad boc , ut corpus B signa prodat inui- gentiae , ni si ut deseratur ab igne redundaute cate- nae , qui illi applicabatur . At quomodo concipi potest ignem , qui a catena eflluit, atque electricam atbmosphaeram efformat , applicar! corpori B , quin in illud vere ineat 5 maxi- me cum mutua sit particulai'um hujus corporis cum igne attractio ? lam dixi aerera interpositum boc flui- 36 DE VI ATTRACTIVA àura, coercere : nam licet et ipse aer igne hoc re- dundante catenae ad aliquod spatium imbuì non prorsus renuat; liberum tamen motum summopere impedii, nec sinit fluere quo vellet : videmus enim aerem et aegre accipere , et quem accepit non mi- nori difficultate dimittere . En igitur quam ego voco applicationem ignis ca- tenae corpori B : cum nempe corpus istud satis ca- tenae acce dit, vel in ejus athmosphaera mergitur, ut ignis redundans ipsius catenae possit in illud vi attractiva agere 5 satis vero non accedit , ut maxima pars hujus ignis possit stratum aeris perrumpere , ac liberam sibi viam sternendo in ipsum Corpus B ingredi: nam nec hic ego attendo, si exigua ignis pars ingrediatur, pars nimirum, quae ab ipso aere athmosphaeram electricam eiformante , lente in illud deponi potest . Gaelerum, quid pluribus opus est, ut demonstre- mus potiorem partem ignis redundantis in catena , nequaquam transmeare in corpus B aliquanto dissi- tum ? Nonne ex hoc satis patet, quod, licet hoc corpus B ita dissitum communicet cum solo , tota ferme electricitas manet in catena, atque diu vigere pergit; quae quidem illieo evanesceret, si continuo ignis redundans in corpus B transfunderetur ? Nonne demum tunc solum ignem sibi viam aperire videmus, cum corpus B valde fìt proximius catenae , atque ita ut se ferme contingant ? Tunc enim scintillae existunt vividissiraae , manifesta effusionia indicia , atque si hoc corpus B communicet cura solo , electricitas iUi- co in catena evanescit. IGNIS ÉLECTRICI . 3/ laiii ergo illud L constat : corpus B ad aliquam a catena dìstantiam silum, , ignem suum amittere , non cjuod ignem redundantem catenae excipiat in sinu suo , ac veluti imLibatj sed quod hic excessus ipsi corpori B tantummodo praesens sit, eique applicetur : quo nomine applicationis mutuam virium actionem me intelligere , jam non semel dixi . II. et hanc esse caussam , cur idem corpus B , cum primum remove- tur a catena, portionem ignis amissae aequalem re- petat : quia nempe destituitur hoc igne redundante in catena, quem secum una abducere nequivit, sed ipsi catenae inhaerentem , ac ab aere quodammodo alligatum relinquere oportuit. Quod ad hoc secundum spectat , nulli erit dubita- tioni locus , si demonstretur, hoc idem corpus B nul- lum , postquam semotum est a catena , ostendere de- fectum, quando eidem catenae ita fuit proximum , ut nihil impedimento esset, quominus ignis redundans in illud transire posset, atque ad intima pervadere : in hoc enim casu, cum quantum ignis efFudit, tan- tundem aliunde hauserit , et hunc in sinu suo rece- ptum, in quemcuraque demum locum transferatur , servet, perinde est ac si nihil amiserit. Dico corpus B catenae admotum usque ad contac- tum , cum inde abstrahitur , nullum pi'aeseferre de- fectum, sed in statu naturali reperii-i, utut idem corpus apte attrectando , tunc cum catenae esset con- tiguum, ignem ex ilio hauserimus . Hoc ita intelli- gendum volo : nam si corpus B, quo tempore cate- nam contingebat, nuUatenus fuei'it attrectatum, in hot: casu, non solum post divulsionem non erit de- 38 DE VI ATTRACTIVA fìclens, sed insuper, ut omnibus jamdiu consfat, t'iectricum excessu deprehendetur , eo quod portio- nem satis notaLilem ignis redundantis catenae dum- taxat receperit , quin aliquid de suo amiserit . Quid vero ubi idem corpus B nec catenam probe contiu:- git,nec ipsum satis apte attrectatur? Scilicet conjicere dabitur ex majori vel minori a catena distantia , a perfectiori vel imperfectiori attrectatione , quae et qualia se prodent electricitatis signa : dare enim li- quet, quod si corpus B ita proximum fuit, ut adhuc plus a catena acceperit, quam in digitum aliquanto remotiorem efFuderit, electricitatem prò hac dilì'e- rentia excessivam ostendetj contra si facilior extiterit trajectio ignis ex corpore B in digitum proximius admotum , quam ex catena panilo remotiore in cor- pus B , prò hac differentia electricitas defectiva in ipsomet B apparebit . Rem autem ita se habere ex- perientia testis est. Ex bis pronum est colligere, cur, etsi duo haec corpora, nimirum catena , et corpus B, eodem modo prorsus respective se liabeant^ ac se habet facies A laminae vitreae ad faciera altei'am B , tamen illorum ope nequeat explosio ita valida obtineri , ut in bac lamina vitrea habetur . Etenim lamina vitrea hoc habet comraodi, ut nullum prorsus admittat e su- perficie A ad superfìciem B ignis transitum, siqui- dem vel illa exigua vitri crassities omnem aditum intercludit ; eodem autem tempore minima inter unam et alteram superfìciem distantia existat, quo fìt, ut vii'es superficiei A se extendant ad J5, et in- vicom quam intense agant . Gouti'arium evenit in IGNIS ELECTRICI . 3^ corpofe B : nani si exiguo tractu distet a catena , ilOH pòtest in hac igriiè vaMe cumulari , quiil in il- lud etiara magna pars hujus ignis inéat, superata tìeitìpé interpositi aeris^resistentia . Debét ergo non ita prope accedere : tunc tero quo magis distat, èo minor est actio , quam ignis in catena redulldans exerit in ipsurii corpus B ; ac proin-de miùòretìi éi hèt ignis fiativi copiam disjicit. Gàetel'uftì et haec explosio catenae cuni corpore B, fiiiiily ut ii]tottij quOad substantiam difFert ab explo- siotié duarum facierum yitri : vi tantum difFert , idést eorumdem proTsus efFectuum naagnitudine : quae dif- féi'éntia óon fàcit , ut àltevius generis sit censenda . Re enim vera quid in explosióne vitri accidit, quod et hic contingere non videamus ? Dum vitruitì exploro admotis digito manus dexterae superiori faciei ^ re- dtìndanti , ac digito laévae imae faciei B deficìetìti , scintilla ex ^ init in digitum dexterae sibi admo- f-um , eoderaque tempore e digito laevae similis scin- iilla exsilit in objectam faci^rù B . Idem! prorstrs éyénit,- dùm digito laeva'é proxime resrpicièritè cor- pus B ad débitom a catena d^istantiam situm , tura digito dexterae tento ipsam eat^nam : dùtu enini' ei hàc pródit scintilla digitum pervadens , alia scintilla et digito là€va«^ iàat itó coi^pus B . Q'ù^d éi non ita valide quatioi^, ut in exJ)loSTé'né vitri probéf^ electriJ ti 5 at et digiti mihi pikngunf^r y et sétìàiis quandoqué^ ùteà m«!num ad bracbtum pròd^'cìtur , quaé èst siane' ali<|uàlis comnSótio . Uno vel'l>o eamr perseMi&o<> commotioii'em , qùam tempestate mimis sTcca , e vi- tio paruta eìectrteó obtfnere dsrtfwìtt-est . Imuper illud 4o DE VI ATTRACTIVA in vitro observatur : ignem redundantem in una fa* eie irruere in aliam faciem deficientem tramite bre- vissimo ; quo fit , ut in allato exemplo , etiamsi ima vitri facies communicet cum solo , tamen ignis in hanc faciem deficientem non ex solo ineat , sed po- tius ex digito laevae illi quamproxime admoto. Rursus et in altero experimento corporis B catenae admoti, eadem oLtìnet lex: nam si dextera exploro catenam, interim digito laevae ipsi corpori B quamproxime admoto , quamvis hoc communicet cum solo , nìhilo tamen minus ignis electricus ex digito init in hoc corpus B ; uti ego quidem pluries sum expertus . lam Tu perspicies , Vir Clarissime , nequaquam opus esse, ut e^CL^pla contrariae electricitatis in me- dium proferam . Ex quo enim consideravimus quid in corpore B eveniat, dùm vicissim admovetur, ac re- movetur a catena , sive a quocumque corpore elec- trico per excessum j facile hinc conjicere licet,quìd eidem corpori B contingere debeat , dum admovetui* machinae , sive corpori cuilibet defectu electrico . Nempe liquet, quod sicuti ignis electricus ad cor- pus B pertinens , dum illi insuper ignis redundans in catena appUcaretur , licet non intrai'et , toto ilio excessu augebatur , unde ipsum corpus B ignem pro^ prium , ne quid ultra saturitatem haberetur , effun- debat , mox expetendum , cum nempe excessu ilio catenae destitueretur 5 ita hic idem ignis , qui natu- ralìter competit corpori B , eo quod tendat versus machinam deficientem , sive illi applicetur , etiam sìne vero transitu, toto ilio defectu machinae minue- tur ; guare ut instauretur , habeaturque saturitas , IGNIS ELECTRICI. 4^ corpus B extraneum ignem ad se alliclet , mox ite- rum dixnittendum , statim ac nempe defectu machi- nae lab orare desinai . Cum igitur ex uno alìud iti- dera facili deductione inferatur , mihi quidem vitio non est vertendum , si , ut brevilati consulam , sae- pius etiam in progressu exempla tantum desumere ab electricitate excessiva, satis duxero . Sed redeamus, unde pauUo discessimus . Dixi cor- pus B non ita proxìme admovendum esse catenae, ad hoc ut habeantur signa contrariae electricitatis tunc cum removetur ; sed ad mediocrem distantiam ab illa sistendum : aliter enim efficeretur , ut vel tota , vel maxima pars ignis redundantis , ex bac in illud libere ingrediens , repararet defectum , qui in corpore B existere debuisset . Hoc qnidem eviden- tissima ratione demonstrasse mibi videor . Objici tamen posset. I. nec illud generaliter verum esse : corpus B , si proximius steterit corpori cuicumque electrico , ut etiam illud contigerit , nequaquam adi- pisci contrariam electricitatem , quam esset adeptus , «i in majori distantia constìtisset 5 compertum est enim corpus B admotura vitro , sulphuri , tibiali serico , vel alio hujus generis corpori , quod frictione evaserit electricum , admotum , inquam , usque ad contactum , si digito prius exploretur , tum remo- veatur , ab liac divulsione contrariae electricitatis signa prodere satis sensibilia . II. Experimenta esse, quae demonstrant ignem redundantem corporis elec- ti'ici nuUatenus ingredi corpus aliud , licet et boc et illud ex genere sint deferentium , et quidem se coù- Ungant . Hujusmodi est experimentum sane pulcber- 42 nE vi ATTRACTIVA rimum , qùod Tu capielaas , et ipse sàepiiis iteravi «oderà piane successu . Si in cìlindftim ftietalliciim ^ vdciium j satis altum , diametri etiam plurìtim pol- licum, ima parte clausura, rite sejunctum , aC élec- tricum a catena ( puteum electricttm dicis ) denlit- tatur globulas lamina metallica obdudtus , stamini Serico appensus , ita ut fundum piitei còiatingat , dein caute eodem stamine serico ext]É"a;liatur y nulla, vel exigua propemodum electricitàté imLutum itìve- niraus, signa ab ilio frustra desiderantur 5 quae ta- meni satis sensibilia ederet , si pars ignìs in ptileo redundantis ad illum globulum fiiisset transfiiissa , dum hujus fundum tangeret * Postremae buie difficultati trt occiirram"^ ajo pri- mum : ex eo quod in aliquo casu , in quo eireiim-» stantiae valde mutatae apparent , igni» redund^ns i*t corpore deferente nequaquam ineat in aliud corpus siirailiteT deferens ( iiti videlicet contingit in expe- rimento mox allato ) , perperam infertur , neqiié permeare debere in aliis casibus numero longe J)lu- ribus , ubi hic contactus babetur : ut cum Gat^tìae , vel etiam exteriori ejusdem putei facili ipsura hunc globulum objicio . Quamobrem ut meum eonstefc principium, satis superque habeo, si in experìmentis omnibus stipra aliaHis , in qtììbu« corptìs B admotuttf primo catewae ad debitam distantiam, atqùe atHir'ec-' tatum, contrariam electrìcitatem nanciscebaCur, dun* postea removeretup j tunc vero haéc contraria efec^ tricitas non obtinebat , cnm idem corptts B nirrtis pToxime admotum fuerat , ac usque ad éontectum ^- satis, inquam , prò re rne^a liabeo , si in: iis omnibitò IGNIS ELECTRICI. 4^ casibus constct , corpus B attactu catenae , ignem ex ea redu^tdantem revera haurire debuisse , atque in se recipere . V Caeterum singularis hujusce experìraenti putel electrici , in promptu ratio est : nempe caussa assi- gnari potest, et ea quidem e meis principiis petita, cur globulus in puteum satìs alte demissus ignem redundantem non exceperit . Concipiamus hunc glo- bali] m in cavitate putei demersum , undique athmo- spliaera electrica, sive igne redundante ipsiusmet putei circumvestiri : hoc autem est , quod dico ap- plicationem ignis . lam vero ostensuni est , toto hoc excessu augeri debere summam ignis proprii , sive porti onem, quae illi globulo in statu naturali com- petit : ne quid nempe supra vel infra saturitatem habeatur. Quare hic globulus media hac applicatione ignis redundantis , se habebit ut corpus vere elec- tricum excessu , imo aeque electricum ac puteus ipse. Id si ita est : quemadmodum nulla est ratio , cur ignis transfluat e corpore redundante in aliud simi- iiter redundans ; ita ncque ulla erit , cur ex interna putei facie ignis ineat in globulum , qui sola illa applicatione jam aeque redundans evasit. Si quis iterum instaret, cur haec ita se habeant in casu tantum, quod globulus a corpore electrico undìque cingatur , minime vero cum hic idem glo- bulus uni catenae lateri quamproxime admovetur , vel extimae faciei ejusdem putei ; patet enim et hic globulum excessu ilio , qui est in corpore electrico, si vera constent quae tradidi , augeri debere ; unde pariternon est, cur ignis redundans ex ilio corpore 44 T)E VI ATTRACTIVA in hunc globulum ineat j responderetti valde absimì- lem esse rationem . ELeiiim concipiamus globulura ^ cum primo accedit ad catenam , hujus excessu sibì tantum applicato , aeque , ac illa est , evadere elec- tricum . Hoc probe : sed quid inde ? lam liquet, quod res eodem loco diutius non consìstet : ignis enim na- tivus , qui in globulo novo hoc accessu redundans evasit , qua via pateat efFundetur , nempe vel in cor- pora deferentia , si haec adsint , sin rainus in aerem etiam non redundantem se explicabìt , quoad ibic patitur : qui propterea ignis nativus dum elfunditur , id efficit, ut globulus nequaquara in eadem cura ca- tena electricitate manei-e pergat ; adeoque locus fit igni e catena provenienti , ut in intima illius globuli viscera succedat. Gontra in memorato exemplo pu- tei , globulus in ilio satis alte demersus , usqueadeo aequilibratur cum puteo , idest aeque ac puteus pergit esse electricus excessu, eo quod ignis proprius glo-^. buli nequeat se uUatenus explicare in aerem jam aeque redundantem, quo in interna putei cavitate circumvestitur ; ac proinde ncque loco cedere , ut in ip&um globulum ignis putei introducatur . Porro ignis nativus e globulo se se explicabit, statim ac corpus aliquod deferens propeipsum demittatur , vel statim ac aperto jam puteo (a) , ad aerem non re- (a) Cum ea , quae puteo in apertura redacto consequuntur pervidere juvat , experimentum ego similiter , ac Tu facie- bas , instituo in tubo chaita crassiori inaurata conflato , cuju* chartae ita involutae limbos staminibus sericis distraho ,; at- gue ad planam superfici€ii;i distendo . IGNIS ELECTRICI. Ij^ dundantem , ac liberum aditus pateat ; ac tunc quo de suo effundet , eo vicissini ex igne redundante putei intus excipiet . Gum ergo dubium non sit , ìgnem redundanteni corporis excessu electrici intromìtti in corpus B quod- cumque , si hoc illi quamproxitne admoveatur , vel contingat , duramodo nihil obstet , quorainus hoc idem corpus B capax sit novum hunc ignerrt intra se recipiendi , recte illud assumebam : hunc ignis transitum in caussa esse , cur corpus B , statim ac a catenae contactu removetur, signa electricitatis de- fectivae nequaquara edat j quae porro ederet, si an- tea non ad contactuni usque fuisset admotum , sed ad debitam a catena distantiam constilisset , quae scilicet huic ti'ansfusioni impedimento esse potuisset. Haec autem patet intelligi debere tantummodo de corporibus defex'entibus , in quibus ignis electricus Uberrime excurrens , uUo nen impedimento coerci- tus , nec mora retardatus , ex uno in aliud corpus il- lieo traduci potest : scilicet intelligi debere , cum cor- pus B catenam , vel corpus quodcumque deferens ac electricum contingit ; non vero cum idem corpus B contingit corpora coercentia , ut vitrum , sulphur , et id genus alia , quae si electrica sint excessu , ignerrt redundantem non illieo deponunt , ncque itidem , si contraria electricitate polleant , ignem alienum , quo defectus instauretur , ictu oculi admittunt 5 sed aegre et paullatim hoc praestant, adeout nonnisi post mul- tum tempus integre se restituant : quod alibi nec se- mel dictum est 5 hic autem iterum innuere libet , ut pateat quam viiiihabeat illud, quod primo loco obji- 4^ DE VI ATTRArTITA ciebatur; nempe corpus B, etsi quara pi'oxime adrao- veatui' vitro ^ sulphuri , serico , quae frictione , vel aliter sint electrica , licet etiam ad contactum deve- niat, tumque exploretur; nihilo tamen minus con- trariae electricitatis sigila edere satis sensibilia , sta- tini ac ab hoc contactu reraovetur . Enim vero quis non videat experimentum hujusmodi roborandae meae theoriae, atque ampliandae esse aptìus , quam infirmandae ? Expendamus baec paullo diligentius . Gum corpus B vitrum electricum tangit , totus qui- dem ignis redundans vitri , eidem corpori B supe- radditus , tantundem ignis nativi ex hoc discedere cogit , ne quid supra saturitatem habeatur ; veruida- raen hic ignis excessivus vitri non init totus in dictum corpus B, sed aliqua ex parte tantum : pars reliqua, quae quidem est notabilis , ilH dumtaxat applicatur , eo quod vitro veluti irretita, nequeat se tani cito ex- tricare . Atqui et haec pars solummodo applicata , ut toties observatum , tantundem ignis proprii disjicit e corpore B . Nonne igitur evidens est, hoc idem cor- pus naturalem defectura persentire debere , statini ac avulsnm a viti'o , hac parte ignis redundantis desli- tuitur , quae ipsi vitro adhuc pergit inhaerere ? Uno verbo : quod accidere vidimus duobus corporibus deierentibus , quorum unum est electricum , alterum aou ita, si ita accedant , ut spatium aliquod adhuc intercedat, id ipsum evenit duobus corporibus, de- ferenti uno ncque electrico , alteri coercenti et elec- trico , ubi etiam ad contactum usque accedant . Sicuti enim respectu illorum interposilus aer impedimento est, ne ignis ex uno in aliud protinus effundaturj ila ICNIS ELECTRICT . 4/ liorura respcctu, licet duo haec corpora se mutuo contiugant , adhuc tamen ignis redundaus alterius vere ijppeditur ex ipsa coercentiura natura , hoe est, ex ipso diffìcili motu, quem igais electricus obtiijetin corporibus hujus generis , Huji^s autem motus impediti igni» electrici in cor- poribus CDereentibus_, sive naturalitep residentis, sive vi intrusi , credo equidem , post ea quae superius sunt obseryata, a nemine argumenta desiderari. Quod si qùìs adhue jpstaret, ac a me convinci peteret, satis illi baberem experiraeuto hoc ipso , quod nobis ante eculos versatur , cuiqiie analysi aliqua persequendo curam inipendiraus, eomprobare, rem ita se babere. Eftenim si Igiminae vitreae probe electricae lamella, metallica applicetùr, eique apte jungatur; baeo autent lamella attrectetur ad ternpus , quo nempe libera ster- nutar yia igsi in yitró redundanti se se explicandi qiiantum potest ; nibilominus ut baec lamella metal- lica a contactu avellitur, portionem satis notabileni ignis redundantis adbuc vitro inbaerentem reperimus, unde signa electrica in ilio roviviscere videre est . lam vero baee signorum reviviscentia , eadem illa est, quam tibi , Vir CI., T^indicem Electricitatem appellare placuit, ad quam jam vides , quomodo mea principia veluti manu me deduxerint . Haec itaqvie quamvis ab experimentis bucusque recensitis , legi^ busque pbaenomenorum , quae constanter obtinere vidimus, nibil prorsus dilFerat ; tanieix cum no veruni illorum tentaminum sit veluti basis , quae admiratio- nem maximam postremis bisce temporibus visa sunt ingerere : cui^ Tu liane provincìam impense exco- 48 DE Vi ATTRACl^irÀ lueris , idque feliciter admodum , nec sine magno fructu praestiteris , ut omnia phaenomena hujusmodi ad unam classem redigeres j quantumvis longe dìssita viderentur , haec , iiKjuam , Electricitas Vindex ah- quanto fusius pertractari meretur . PoiTO allatum exemplum, in quo electricitatem vin- dicem obtinere vidimus , probe expensum , ad ulte^ riora nos deducet , ubi iidem prorsus sunt effectus t licet magnitudine longe disteni . Iterum igitur suma- mus laminam vitream (a) frictione electricam , eique applicemus bracteolam metallicam sic , ut se mutuo osculentur ; tum exploremus hanc bracteolam : ignera hauriemus : consummata attrectatione , signa contice- scent; bracteola arcte vitro adhaerebit. lam ne cen- seas electricitatem omnem periisse in vitro , hoc est ignem redundantem penitus ab ilio exhaustum 5 ne- quit enim vitrum conceptum ignem tam brevi tem- pore effudisse . Retinet ergo adhuc portionem , et quidem satis notabilem. At si ita est, cur ergo nulla hujus excessus signa apparent ? Unde est quod aequi- librium obtinere videtur ? Scilicet hic excessus abso- lutus vitro inhaerens , cum lamellae metallicae appli- caretur, tantundem ignis nativi ex hac disjecit ( et quid aliud esse potuerunt tot scintillae , quae haustae fuerunt ab ipsa bracteola dum tentaretur , siquidem ignis ipse in vitro redundans tam cito , tamque ala- criter efiluere nequaquam potest ? ) . Fit inde , ut hoc excessu absoluto vitri , cum absoluto defectu lamellae (a) Haec etiam in tibiali serico oplime eyeniunt etc. IGNIS ELECTRICI . 49 se componente , adhuc aecjuilibrium obtineat , idest in iis duobus corporibus una junctis , habeatur quan- titas ignis j quae respondet summae eorum virium . Signa ergo electricitatis haberi non possunt . Porro et esse , et diutius perseverare in vitro excessura. ab- solutum , in lamella vero defectum , vel illud evincit, (juod haec corpora satis valide , ac constanter invicem adhaerent : vidimus enim liane esse proprietatem corporum. diversimode electricorum^ ut mutuo se petant . Quod si, uti nulla exterius edunt signa, sic itidem nullam haberent absolutam electricitatem , sed tam vitrum , quam lamella , ea donarentur ignis portione , quae cuique in statu naturali competit , undenam haec mutua adhaesio ? Sed jam divellamus a lamina vitrea hanc bracteolam metallicam ( hanc vero staminibus sericis divellamus , ne quam habet electricitatem amittat ) : num diffìcile erit pervidere quid inde accidere debeat ? Utraque manifestabit elec- tricitatem suam absolutam , nempe vitrum cxcessum, bracteola metallica defectum : signa, inquam , se pro- dent excessus in vitro , quod hic excessus non am- plius componatur cum acquali defectu lamellae me- tallicae 5 itidemque signa defectus dabit haec lamina, quod jam non amplius componatur cum excessu vi- tri. lam postquam attrectando hanc laminam metal- licam a vitro divulsam , ignem in illanx immisimus , qui deficiebat , si iterum eam applicemus eidem vitro, iterum excessu hujus sibi applicato , tantundem ignis nativi efFundet , ubi digito exploretur 5 post hoc, ob- tento aequilibrio , signa conticescent . Rursus divel- latur , rursus haec amissum ignem exposcet 5 et sic Tom. I. [^ 5o PE VI ATTRACTIVA deìnceps usque adeo , donec ignis redundans vltri , qui effluere non cessat, utut aegre et paullatim , pe- nitus evanuerit 3 quod quandoque ad horas 3 si omnia sint siccissima , produci potest . lam vero , si quis volens effecta denotare , nempe ftlternam liane signorum reviviscentiam , quam in al- lato exemplo obsei-vavimus , dicat : faciem vìtri, post aptam attrectationem lamellae metallicae siti adliae- rentis , iliico a divulsione hujus indusii , seu dum de- nudatur vindicare sibi electricitateni , quam hahuit ante attrectationem, non ego quidem repugnaLo , dummodo conveniamus haec signa electrica revivi- scere , non quod per denudationem electricitas abso- luta vitrij ut ita dicam , de novo cudatur, lioc est ignis excessivus in illud denuo inmittatur 5 sed quod incipiat nunc solum apparere , seu signa edere , ille idem ignis redundans , qui antea cum acquali defectu laminae siLi proxime adhaerentis compositus , nulla- tenus se prodeLat . Quo sensu illud v'indicare elec^ trìcìtatejn optime usurpatum accipio . His electricitatum vicissitudinibus , quas uni tan- tum faciei vitri accidere vidimus, illas quoque con- gruere , quae duabus faciebus unius vitri , vel vitris duobus simul junctis obtingunt, dum ad Batavicam explosionem adiguntur , a quocumque rem vel me- diocriter perspiciente facile arguetur ; «idipsum vero tibi , Vir spectatissime , luce clarius patebit, utpote qui principium illud supra observatum constitueris : faciem vitri post explosionem dum denudatur vin-- dicare sibi electricitatem , quam habuit ante explo^ sionem ; atque ad hoc unum, omnia hujus generis IGNIS ELECTRIOI . 5l pliaenoraena reducere aggressus sis . Equidem hoc tanto cum successu praestiteras , ac jam piane con- feceras y ut nihil aliud desideraretur, nisi ut princìpii ejusdem caussa ipsa demum innotesceret . Modo au- tem , cum hanc caussam jam ipse protulerim , nonne proposito satisfecìsse censendus sum , qTiin peculiaria in hac re tentamiua ad trutinam sint revocanda ? Unum tamen, vel alterum in medium proferre, prov- sus inutile non duco iccirco , (juod hinc magis ma- gisque elucebit , quomodo non in generali oribus tan- tum, sed et in singillatim expensis principiorum meorum applicatio optime cedat . Sit igitur vitrum , utrinque rite indutum tenui la- mella metallica , vel charta inaurata • Admoveatur superior ejus facies catenae, ut inde excipiat ignem redundantem5 facies vero ima amittat nativum, prout theoria postulai . lam cum facies vitri , seu potius indusia attrectantur simul ambo , existit explosio , eo quod ignis in facie superiore redundans irrum- pat in faciem imam deficientem . Verum enlm vero non ex ipsa facie vitri superiore , sed ex indusio A buie faciei contiguo , ignis effunditur 5 itidemque non in ipsam imam vitri faciem vere init, sed in indusium B buie faciei inbaerens se se reclpit , ibi- que consistit . Etenim uti vidimus ignem reduudan- tem a vitro aegre deponi , ac successive tantum , eo quod motus in ilio retardetur : ita baec eadem motus retardatio vetat , ne ignis adveniens , in par- tem ipsam vitri deficientem tam cito introducatur . Atqui baec explosio momento temporis fit . Liquet igitur tam repentem ignis eruptionem , nonnisi ex 52 DE Aa ATTRATTIVA igne proprio indusii A in indusium B se conferenlcy ibique demum consistente , profìcisci . Quid avttera determinet ignem proprium ab ilio foras mitti, atque in hoc sese recipere j satis constata cum jam toties repetitura fuerit , ignem natìvum indusii A evadere deLere redundantem , per simplicem applicationera ignis excessìvi faciei vitri siLi contiguae , licet nempe liic ignis excessivus in idem indusium A vere non intret : eademque ratione ignem nativum indusii B evadere debere deficientem , per simplicem applica- tionem defectus faciei vitri itidem contiguae, idest etiam sine reali transitu liujus ignis nativi ex eodem B in hanc faciem vitri, lam vero quid est aliud explosio , quani amissio facta ab indusio A portionis ignis proprii , sive ab- solutus defectus in ilio inductus , ut hic defectus componatur cum excessu absoluto, qui in facie vitri ipsi indusio A adliaerente perseverat; itemque adep- tio novi ignis facta ab indusio B , sive absolutus ex- cessus in ipsomet B inductus ad hoc , ut compensetur defectus absolutus , qui pergit inesse faciei vitri re- spectivae ? Ex hoc probe intelligitur, quomodo post explosionem obtineat aequilibrium unius faciei vitri ad alteram , quoad unaquaeque pergit esse indutà, nempe pergit cum respectivo indusio compensari , adeoque signa utrinque conticescant . Male igitur ar- gueret quìs, si ex hoc ipso, quod signa exterius nul- ìatenus se prodant , inferret discrimen nullum esse inter indusium A et faciem vitri respectivam , ac inter indusium B et faciem sibi respondentem : nullam yidelicet incsse jiec faciebus vitri , nec indusiis sìn^ IGNIS ELECTRICI. 53 gulìs aLsolutani electricitatem , sed omnia jamnum in statu naturali repenri . Enim vero eie etri citati s adhuc in vitro utrinque residentis , excessus in facie supe- riore , defectus in inferiore , status autem contrarii in respectivis indusiis , valida horum indusiorum eidem vitro adhaesio , argumento est . Quod si , ut hoc ite- rum innuam , tum ambae facies vitri , tum indusia ambo, nullam illieo post explosionem praeseferrent absolutam electricitatem, sed, ut contendunt, in statu naturali omnino reperirentur , an censes, quod haec adhaesio oLtineret ? Quare illud jam constat : aequilihi'ium foris tan- tum apparere, et haheri reapse oh hoc, quod elec- tricitas ahsoluta unius cujusque faciei vitri, sup- pleatur ah electricitate ahsoluta contraria respectivi indusii; consequenter dum haec corpora contrariis electricitatibus praedita in se invice m inhiant , totas vires in hoc unice exerant , nihil extra edant . Sed et hoc exterius aequilihrium turhahitur , alterutram faciem vitri denudando , vel amhas . Si enim in- dusium A divello, jam tunc facies vitri denudata ahsolutae suae electricitatis excessus signa dahit, quod hic excessus non amplius componatur cum ah- soluto defectu illius indusii A ( quod quidem iudu- sium vere deficiens deprehenditur , si staminihus se- vicis divulsum fuerit ) . Insuper autem hic excessus , qui jam sibi relinquitur in facie denudata , tantundem ignis nitetur dispellere ex opposita facie vitri adhuc induta, ut respondens defectus in ea inducatur, prout vel ipsa theoria Frankliniana postulat ; unde et haec ipsa facies induta , quatenus pergit ignem 54 DE VI ATTRACTIVA. reapse effundere , signa electrìcitatis excessivae pro- det . Quae ut juxta principia a me posila intelligan- tur, tenendum est: ignem hunc excessivum faciei denudatae,' media applicatione , hoc est viribus suis attractivis id efFicere , ut ignis in facie opposita adhuc induta , qui ignis antea ( habità ratione respectivi in- dusii, cum quo haec facies vitri componitur) neuti- quam vel excedebat , vel deficiebat, jam nunc super- fluatj ideoque dimitti prorsus velit. At quandoqui- dem verbis tuis ad hoc ipsum explicandum videtur commodius uti posse , haec et ipse lubens usurpabo, ac dicere expediet : electricitatem excessivam , quae existit solitaria in facie denudata , praepollere infa- ciem adversam , sive hanc determinare , ut abeat in electricitatem absolutam sibi contrariam. lam si postquam haec ima facies , apta indusii al- tre ctatione , reapse se spoliavit, alque in electricita- tem absolutam defectivam abiit, facies illa superior, quae fuerat denudata , iterum induatur , tum indusia simul ambo attrectentur , explosio habebitur eadem ratione , ac ubi primo Balavicum experimenlum ten- tatum fuit . Nunc vice versa , si indusio A faciei su- periorià suae sedi relieto , alterum imae faciei B di- vellatur, jam facies haec ima vilri denudata, electri- citatem suam defectivam signis manifestabit , quod non amplius hic defectus componatur cum excessu indusii B (quod quidem indusium rile divulsum vere excessu electricum deprehenditur ) : eadem autem ratione hic defectus faciei denudatae , quod renuat solitarius esse , praepollebit in facieni adversam , eamque determinabit ut abeat in electricitatem abso- IGNIS ELECTRICI. 55 lutarti contrariam. , nempe ut alliciat ad se ignem ex- traneum, quo respondentem excessum slbi comparel. Hoc oLtento, si iteruui induatur facies ima denuda- ta, et utrinque vitrum attrectetur , iterum ut supra. explosio existet . Demurn si divellantur indusia simul amLojUtraque facies electricitatem sibi contingentem ostendetj indusia electricitatem respectivae faciei con- trariam . Ex his pronum est delabi ad ea consideranda , quae accidunt duobus vitris , cum uno alteri superposito tentamina instituuntur . Quare non multum hic im- morabor, cum omnia eidem se se praebeant expli- eationi, si consideretur altevum ex his vitris esse in- dusium alterius , seu illius vice fungi . Est vero aliquid et in his j quod singulare fortasse videri posset . Ni- mirum cum duo vitra simul juncta, extimis faciebus induta , quorum unum accipit electricitatem a catena , alterum cum solo communicat , sepax'antur ante ex- plosionem , ambae facies illius , quod a catena fiebat electricum , excessum praeseferunt , ambae facies al- terius vitri , defectum : videtur enim quod ignis im- missu!» in faciem extimam primi, debuisset tantun- dem disjicere ex facie intima ipsiusmet vitri, et in intimam congei'ere secundi , unde extima hujus facies cum solo communicans, spoliaretur, uti reapse spo- liari videmus. Quare a divulsione vitrum superius extima tantum facie electricitatem excessivam prode- re deberet , altera vero , quae fuit intima , defectivam ; vitrum inferius facie illa, quae fuit intima excessivam, extima , defectivam . Sed anne opus ei*it illud iteraiu Imnc in locum afferre : ignem nequaquam ita facile e 56 DE VI ATTRACTIVÀ vitro se explicare, ut in aliud corpus ineat ? Quod si de quocumque corpore hoc est dicendum, quanto magis in hoc casu? Qui enim poterit ignis ex intima superioris vitri facìe in inlimam faciem inferioris se congerere , aut quanta ex parte ? Adde quod nec ve- hementer ad hunc transitum soUicitatur3 satis enim quodammodo prò virihus mutuis , seu prò respectiva saturitate hahetur, si ignis nativus iniimae faciei vitri superioris , qui redundans evasit additione ignis facta extiraae faciei ipsiusmet vitri , appHcetur intimae fa- ciei vitri inferioris , ad hoc ut ah estima hujus faci e discedat pars ignis ferme aequahs illi^quae in extimam faciem dicti vitri superioris congesta est : nempe pa- rum refert, dummodo excessus extimae faciei vitri superioris non existat solitarhis , sed quoquomodo determinet defectum ahsolutum in altero vitro infe- riore, cum quo compositus aequilihrium ohtineat. Quare cum duo ha e e vitra divelluntur , nec facies intim.a vitri superioris , signa dahit electricitatis de- fectivae, nec intima inferioris vitri, excessivae , eo quod has electricitates ahsolutas , contrarias electri- citatihus extimaru m facierum , si non nihil , at parum certe , nec piene ass equi valuerint j imo facies intima vitri superioris et ipsa excessus signa prodet, eo quod in hanc faciem praepoUeat excessus extimae faciei ipsiusmet vitri , eamque determinet ad electricitatem ahsolutam contrariam sihi plenius comparandam ; itemque facies intima vitri inferioris et ipsa signa defectus prodet, quod in hanc faciem praepoUeat defectus ahsolulus faciei extimae ( quae nativum ignem suum in solum disjecij.) , eamque determinet IGNIS ELECTRICI. 5^ ad excessum absolute respondentem siLi compa- randum . Caeterum et prò mulliplici adjunctorum varietale, dum videlicet vel ante , vel post explosionem duo haec vitra separantur j dum unum ', vel alterum tan- tummodo attrectatur , in facie induta , vel in facie de- nudata; dum ambo attrectantur 5 vel dum etiam neu- trum; dum attrectatio non consummatur, et alia sexcenta, facile est pei'videre quid accidere debeat, ac prò singulis bisce casibus eventa tuto praenun- tiare , si illa rite teneantur, quae superius sunt con- stituta. Ut et quae ex inversione vitrorum ambo, vel vitri tantum praepollentis , miranda prorsus visa sunt, nimirum electricitates in contrarias abire, ni- tro se prodent ; imo borum admirabilitas prorsus evanescet, si illud attendatur, quod jam innui, cum duo vitra junguntur , alterum alterius esse quoddam veluti indusium . liaec omnia ordine, quo ipse unum post aliud deducebam , exposui 5 nec dubito quin eadem arcto ìnter se nexu cobaerere jam sit perspicuum . Ut au- tem idipsum , universa ex uno eodemque principio sponte fluere, iterum dare eluceat, band erit ine- ptum ea , quae ad moduni pertinent, quo electricitas corporibus quibuslibet communicatur , inverso nunc ordine, sed et strictius persequi, ac omnia, quae jam sunt dieta, veluti in unum coUigere . Igitur dum corpus deferens B catenam tangit , ignis redundans ex bac in illud init, prò ratione suae capacitatis ; bine electricitatem et ipsum exces- sivam adipiscitur , si non communicet cum solo ; si 58 DE VI ATT1\ACT1\A communicet nuUam. Si autem idem corpus B tangat faciem vitri similiter excessu electricam, vel aliucl corpus quodcumque ex his , quae coercentia dici- mus , jam ignis redundans hujus corpoi'is electrici, eo quod motus in eo retardetur, non utìque magna eji^ parte in illud B vere ingreditur , licet summopere tendatj nihilo tamen minus , cum eidem corpori B praesens usque sit , ac quodammodo applicetur , ne- quit vis mutua attractiva actionem suam non exere- re. At quo major vis particularum corpus B consti- tuentium novo liuìc igni attraliendo impenditur , eo reniissior evadere debet igni nativo retìnendo . Fit inde j ut pars hujus ignis nativi , quae debitae satu- ritati jamnum superfluit, piane respuatur ^ seu ut ac- curatius loquar, tendat ad corpora non redundantia , ubi vis attractiva plus viget . Et quidem hanc tenden- tiam, tum hic, tum illic, mutui accessus, adhaesio- nes etc. satìs evincunt . Quo igitur corpus B , vel cum solo communicans , vel aliquomodo attrectatum , jacturam facit ignis proprii , recte illud dicìmus ablre in electricitatem absolutam defectivam , contrarlara electricìtati excessìvae corporis coerceutis , cui adliae- ret : quam electricitatem defectivam hoc corpus B reapse prodit signis omnibus, statim ac a corpore coercente divellitur; ipsum autem corpus coercens , ut par est , adirne suum excessum praesefert . Atque huc omnia reducuntur , quae facìebus vitri , earum- que indusiis contingere vidimus . Porro si ob id so- lum j quod impediatur transitus ignis e corpore coer- cente in corpus B , quin virium mutuarum aclio impediatur, efficltur, ut hoc idem corpus B de suo IGNIS ELECTRICI . 69 amlttat, ac in electricitatem absolutara defectivam abeatj ìdejn eveniet quodcumque id demum sit, quod hunc transitum remoi'etur , -vim mutuae altrac- tionis non eludat ; nempe si corpus B admoveatur coi'pori electrico etiam deferenti , dummodo illud non contingat , ast aliquod intercedat stratum aeris coercendo igni idoneum; sed nec ea dìstantia sit, ultra quam mutua hujus ignis cum particulis corporis B ten- dentia pertingere non valeat . Atqui evenit prorsus ; re enim vera corpus B corpori A excessu electrico ad- niotura , quin ita proxime respiciat , ut ignis trajectio obtineatj cogitur abii'e in electricitatem defectivam illi contrariam, quam uLi primum removetur prò- dìt ; ac quidem prout magis vel minus , caeteris pa- ribus , vires mutuae agei^e potuerunt . Et huc iterura omnia reducuntur , quae circa atmosphaeram electri- cam a Te sunt prolata . Tandem si haec constent , idem prorsus erit , si transitum ignis ex uno in aliud corpus deferens non interpositus aer remoretur , sed ipsa unìus ejusdemque corporis co ercentis vel exi- gua crassities impedimento sit , ne ignis in una facie cumulatus in aliam se transferat : nempe quae facies est redundans coget altei'am aLire in electricitatem. aLsolutam siLi contrariam, coque facilius , quo te- nuior fuerit crassities hujus corporis coercenlis , adeoque vires mutuae duarum facierum intensius agere valeant . Atqui rem ita se haLere , in vitro pri- mum , deinde et in corporiLus omnibus , quae ex genere Constant coercentiura , jamdiu innotuit . lam nihil aliud superesset, nisi ut difficultatibus quibusdam occuri'erem , quas expositae hactenus 6o DE VI ATTPcACTIVA theoriaCj praecipue quod spectat ad electrlcitatem vindicem, objici posse ^ jam quasi prospicio . Sed nonne satius erit hanc provinciam minime aggredì, donec quae, et qualia sint, quae ab hominibus ha- rum rerum peritis , ac fortasse etiam a te , Viro de re electrica optime merito , mihique ante omnes pro- Latissimo , reapse objiciantur, non accepero ? Ad haec j ne longius quam par est excurram , epistolae buie satis , ut video , prolixae supremam manuni imponere cogor. Et bic quidem vereor, ne nimis multa congesserim , cum utique paucioribus Tibi opus fuiss et, ut principia mea tuis itidem non valde absona teneres , ac ipse consectaria felicius deduce- res . Hoc equidem persuasum babebam ; bine et pri- ma tantum innuere initio decreveram; verum ut et quibusdam aliis , qui banc meam tbeoriam flagita- bant, ipsi antera novissima baec electricitatis vindi- cis reperta, ac principia potissimum a Te constituta nec probe noverant, morem gererem, ipsam banc tbeoriam, cum jam ad rem accessissem, pauUo fu- sius explanare opportunum duxi . Felix ipse porro , si et Tibi, et illis non ingratum fecero 1 Vale. Dabam Novo-Gomi 18 Aprilìs 1769. NOVUS AC SIMPLICISSIMUS ELECTRICORUM TENTAMINUM APPARATUS S E U DE CORPORIBUS ETEROELECTRICIS QUAE FIUNT IDIOELEGTRICA EXPERIMENTA 3 ATQVE OBSERVATIONES NOVUS AC SIMPLICISSIMUS ELECTRICORUM TENTAMINUM APPARATUS (0 C A P. I. DE RATIONE LIGNA ALIAQUE CORPORA PARANDI, VT FIANT AB ORIGINE ELECTRICA . I. Ljigna proLe sicca , tum fricta ex oleo evadere coercentia , Patre Ammersino estendente NoUetus aniraadverterat (a) . II. Qaae res valde commode cedit, cum ex iìsdem lìgnis fulcra comparar! possint aptissima sejungen^ dis corporibus, in quae electricitas per communica- tìonem est congerenda. III. Porro Ugna sic in oleo cocta electrlcitatem originariam praeseferre , seu signa edere, et ea qui- dem vivida , cum vel leviter fì'icantur , nemini , quod (i) Quest'Operetta fu dedicata dall'Autore al celebre Spallanzani , a cui pure inviò una piccola macchina elettrica^' con disco ed isolatori di legno ben tostati . ^ (a) In Lectionibus Physicae experiraent. tona. VI. lect. XX. pag. 188. Italicae edit. 64 NOVUS AC SIMPLICISSlMllS sciam, oLservatura (i) . Hoc tamen est, quod, ex- perimentis nondum initis , uni meo principio nixus, conjectura assequutus fueram, quam postea proLa- vit eventus . IV. Equidem mira est vis , qua hujusmodi lìgna pollent, ut mihi certe , nedum sericisj resina, sul- phure,ipso etiam vitro potiora habeantur. Statim enim ac fricantur, dummodo probe sicca extiterint, et crepitus exaudire , et penicillos ex admota cuspi- de erumpentes inspicere liceat . V. Nec ligna tantum hac arte comparata eo per- ducuntur, ut et corpora rite sejungant , et perfri- cata electi-icitatis signa edant . Quamplurima reperì corpora, quae similiti^r in eleo excocta idem prae-» stant . VI. Quin, non inveninisi corpora metallica , quae talipacto fieri electrìca ab origine perpetuo renuant. VII. Igitur charta , corium , ossa , testae ostrea- rum , ovorum , lateres , vasa figuli , ipsi denique la- pides , praesertim leves ac spongiosi , etsi non ita perfecte ut ligna , tamen omnia et sejungere queant , atque aliquali electricitate imbui cuoi perfricantur . Imo vero ossa signa valde sensibilia milii promunt, (i) L'Autore mi ha avvisato con lettera che qui converreb- be iàre una correzione , ed è ; quando scrisse qucst' Opuscolo giudicò dalla citata lezione di NoUet che Ammorsino non avesse conosciuto che i legni fritti nell'OHo divenissero an- cora IdiolellricL eccitabilissimi . Alcuni anni dopo però ven- ne in cognizione che il detto Ammersiuo avea si bene cono- sciuta questa proprietà, che intitolò la sua Operetta De Electricitate Ugni . ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS 65 Vii credam ipsi Ugno non concederent, si validam frictionem sustinere possent qiiin attererentur , utpo- te vi coctionis friabilia effecta . Vili. Nec in eleo tantum , sed in plce , cera , sul- phure , caeterisque resìnosis possunt ligna , aliaque corpora concoquì, ut fiant ab origine electrica> IX. Oleo tamen felicius utor , maxime cum ligna paullo crassiora mihi sunt comparanda ; quod ea in- timius pervadat oleum, quam aliud densins bitumen . X. Quamnam vero electricitatem praeseferunt li- gna, caeteraque corpora ita excocta, vitreaìn , seu excessivam ; an resinosam , seu defectivam ? Equi- dem facile est conjicere quod resinosam ; nec con- jectura fallii : ea enim corporibus fere omnibus qui- bus fricantur, non secus ac resinae, ignem suum impertiuntur , ut manui , corio , panno , sericis , pi- lis , chartae nudae : aliquando tamen alienum acci- piunt , uti dum charta inaurata , vel lamella ex oi'i- chalco fricantur : quod faciunt et resinae . XI. Quod vero non ita facile fuisset conjicere, baec corpora electricitatem defectivam tenacius af- fectare mihi ferme sunt visa, quam aliquae resinae 5 non l'aro enim mea ligna ipsis lamellis metallicis dant j a quibus accipit cera signatoria . At hic in-* fìnitae propemodura varietates sese offerunt, quas satius erit ad aliura. locum rejicere . XII. Illud unum notabo , quod longe debiliori virtute emicant sive ligna , sive resinae , cum charta inaurata , vel alia lamella metallica perfx'icantur , ut fiaut electrica excessu . An vero quod renuant alie- Torno I. 5 ^6 NOVUS AC SIMPLIClSSIMtrS num ignem induere , cum eorum ingenium sit pro- prio éxspoliari ? XIII. Caeterum compertum habni , et inter reli^ qua Górpórà , quae similiter electricitatem defectus inducunt in ligno , quod fricant , éam nempe elec- tricitatem , quam idem lignum affectat , alia vividio- i^em , debiliórem alia vim excitare . Pannum ex. gr. praestat corio , chartae nudae , fortasse etiam ma- nui : item pannum album panno nigro , ruLeo etc* Tandem praestantissimi sunt pili fé lis , lepori s, etc. XIV. Jam cum mea haec ligna tum coercentìa , ttlm electrica ab origine evaserint, quidni rite aptata eléctrica fiàtìt ad ectplosionem , more vitrorum , aC resinàrum ? Equidem in mea dissertati one De oi attractiva igrtis electrici (a) illud conatar estendere : corpus quodcumqtte^ dummodo sit ita cù&rcens , ut electri- Citas,^ae uni ejus faciei immittitur ad oppositam fa- ciem non praeterfluat ; corpus hoc, inquam , oL ipsara vim attraclivam particularum nec quid supra , nec in- fra Saturitatem ferentium , ratione qua ignis adven- titius tini ejus faciei applicatur , nativum ignem suum ex alia dimittere conarì; et vice versa, quo nativus ìgnis ex una facie hauritur , eo sibi alienum ad op- positam fàciem allicere . Quod cum, ut in vitro pri- mum deprehensilm fuerat, inde sollertia Beccariae ad resinàs extendébat , nunc demum in ligno , corio. (ti) Pag. 27 , et seq. ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS 67 eliarta , caeterisque , statim ac coercenda evaserunt , aeqpie locum liabere experimentis comprobarim , principio meo, unde universam hanc coercenduni indolem deducebam, non parum roboris adfert . XV. Igitur tabulas ex ligno, charta crassiore , co- rio confeci lamellis metallicis rite indutas , quae qua- drum FranklinianuTn aemulantur. Quin, experi- raentum Pekinense , et socia electricitads vindicis phaenomena facili adraodum ratione obtinentur. XVI. Monebo tamen nonnisi mediocrem explo- sionera ex novis bisce quadris esse expectandam . Ratio autem, cur validissima frustra desideratur, baec est : quod licet ignis electricus in aliqua tantum quan- titate congestus , ut in catena evenit , crassiora ligna, quae fulcri ope funguntur alius non permeet 5 tamen ubi super facie assiculi raodicae crassitiei praeter mo- dum densatur , per hanc vel insensibiliter , vel uno ac repenti ictu sibi vìam molitur , et trajicit . XVII. Equidem bujus subitanei trajectus saepe me certiorem facit crepitus inopinatus furtivae velati ac Spoutaneae explosionis , quae per mediani assiculi crassitiem existit, dum electricitatem in una facie usque et usque urgere pergo. Quod si quadro ex cbarta utar ; tunc crebrissimi hi ictus spontanei emi- cantes : ac per hoc longe debilius quatior dum digi- tis explosionem cieo . XVIII. Porro nil tale in vitro metuendum, cujus Tel exiguam crassitiem nullatenus trajicere potest ignis electricus , licet ingentem copiam in una su- perficie cumulare pergamus. Caeterum eo modico tempore, quo lamina lignea maximam, quae illi com- 68 NOVUS AC SIMPLICISSIMtrS petit, vim explodendi acquirit, nihilo majorem sibi vitrum comparare didici . XIX. Nec mihi oLjiciatut, cur non utar tabula li- gnea satis crassa , quae hunc ìgnis transitum proLe impediat . Nonne enim apud omnes receptum , vi- trum, seu corpus illud quod ad explosionem para- tur, eo minus esse aptum quo majore donatur cras- sitie ? Equidem juxta meum attractionis principiura ratio hujus discriminis ultro se prodit (a). XX. Hactenus de lignis aliisque corporibus oleo excoctis . Nunc quae ligna solo igne assata miiii ob- tulerunt, proferamj et quìdem omnia uno verbo proferam , si dixero ; ligna simpliciter ustulata eadem prorsus praestare ac illa , quae fri età fuerunt ex oleo . XXI. Immo vero vividiorem ex affrictu electrici- tatem mihi ferme obtulerunt nova hstec ligna, quae prunis ai'dentibus imposita, sive (quod commodius ) m fumo , nullo alio adminiculo torrueram . XXII. Et sane cum primum educta e fumo refrì- xerint (calor enim, si panilo sit intensior, electrici- tati tum excitandae, tum retinendae maximae infen- sus deprehenditur) qualibet vel levi frictione, per- cussione, scissione ipsiusmet ligni, quin et simplici attrectatione , illieo electricitatis signa, motus le- vium corpusculorum , crepitus, emanationes, ut vi- deantur ( liceat mihi hac uti significatione ) electrica peste infecta. Cum vero aptiori corpore, panno sci- licet, seu pilis felis rite perfricantur, et odor acer. (a) Dissert, die vi altract. ignis elcct. pag. 3i, ELECTRIC. TENTAM. APPARATTJS 69 et crepìtus favillavum crebrlssimi, et universe lucis semitae , tum adniota cuspide ad plures pollices pe- nìcilli : qui quidem penicilli eo spectabiliores se pro- duntj quo ab igne non jam ad cuspidem confluente, ut in vitro accidit , verum ab igne pala ni ex ipsa cus- pide in liguum transmeante existunt. XXIII. Quid plura ? Tanta est vis , qua hujusmodi ligna donantur, ut ipse saepius ligneo bacillo utav liac arte comparato, quo in catenam satis amplam, sive in hominem rite sejunctum electricitatem im- niittam . Poito vix teitio vel qiiai-to bacilliis aspere supra pannum aut pilos raptatus ad catenam deve- nit, lambens flocculum, quem ex cbarta inaurata eidem catenae apte accommodavi, cum jamscintillas ex bac ciere possum satis sensibiles . Quin et saepius obtinere potui, ut phialam Batavicam electricam fa- cereni ad explosionem . XXIV. liaec cum ita prospere evenirent, non po- teram non eo adduci , ut machinam disco ligneo sic probe assato instructam, loco vitri, milii compara- rem . Nec verear dicere liane efFectuum promptitu- dine ■) quin et persaepe magnitudine long^e aliis prae- stare , quae ex vitro liucusque conflari consueverunt . .Quid quod? jVlacbinulam construi curavi, quam in pera gestare possem : atque haec tam parvula ma- cliina non tam parvos edit efFectus . XXV. En igitur novum, quem prima fronte libelli proferebam , apparatum. ad electrica tentamina , om- nium certe simplicissimum 5 cum, nuUis amplius nec vitro , nec resina , nec sericis opem ferenlibus , om- nia jamnum ex ligno , tum fulcra (II), tum discus 7© NOVUS AC SIMPLICISSIMUS (XXIV ) , tum quadrum ( XV) commode suppetant. XXVI. Equidem. non dissimulabo hos tam ma- ^nos effectus ligna , etsi probe suLusta , nonnisi tem- pestate siccissima edere , vel coelo etiam mìnus fa- vente , dummodo nuper e fumo educta : cum nimii-um nullo madent humore . XXVII. Caeterum nulla erit dies tam electricitatì infensa^ qua haec ligna panno primum, vel spongìa detersa, tum pauUo diutius pei'fricata, signa satis sensiLilia promere renuant . Sin vero validiora desi- deras , hisne lignis soli , seu blando igni ad modicum tempus expositis integra vis redibit. XXVIII. Illud hic non praetermittam quod, licei ligna nudo igne ustulata principio validiores effectus ederent, ac porro edant- tempestate siccissima, ac quae in oleo frixeram (XXI) 5 coelo tamen pluvio baec illis mihi potiora habeantur , praecipue vi cóer- cendì. Cujus rei non aliam puto afferri posse ratio- nem , nisi quod ligna multo oleo imbuta humorem re- spuant, quem ligna tantummodo assata attraliunt . XXIX. Hoc si ita est : quidni ligna primum in fumo probe ustulentur, ut quammaximam assequan- tur virtutem, tum iterum in oleo frigantur? Porro hanc optimam esse rationem et ipso prospiciebam, et mea tentamina comprobarunt . XXX. Expedit etiam loco coctionis in oleo, hoc tantum ligna jam assata linire , sicque iterum in fumo torrere . XXXI. At nec inutile «rit aqueis vaporibus arcen- dis liaec ligna jam probe parala panuis oleo linitis jxivoluta servare : quo flet , ut vel humentibus die- ELECTRIC. TENTAM- APPARATUS yi Jbns, sì ea, (pi'imum probe detersa) libeat &d ten- Jtaraen vocare , absque igais vel solÌ5 calore res pro- spere succedat . XXXII. Quod si quidquid diligeiitiae impensupi fuerit j ligna ppst diuturnum aliquod tempus vini ferme omnem amisisse reperiantur^ hanci£ue blando calori exposita recipere renuant 5 tura opus erit Illa iterum assare : non quidem ita vehementer ac diii- turne, ut prima vice, sed ad modicum tempus, quo uempe satis sit, ut opinìs avolet humor, quem Ign- ga aetate contraxere (a) . XXXIII. Jam cum aliqua praenotarim, quae non parum conferunt ut ligna electricis viribus exerendis aptiora evadant,illad non omittam, delectum ligno- rum non esse spcrnendum . Etsi enim omnia omnino ligna probe subusta vira satis magnam acquirantj at plura insigniorem sibi comparant : ut resinosa : tum quae solidiora sunt. XXXIV. Quod autem rem propìus spectat, opti- mam nempe rationem haec Ugna assandi ; cavendura, et omnino cavendum ne ita pene comburantur, ut in carbones desinant. Carbories enim cum. ^ejungen^ dis corporibus , tum electri citati ope affrictus pro- mendae constanter impares inveni . XXXV. Immo vero iidem carbones non solura non sunt ex genere coercentium , sed. longe facilius deferunt anam ligna nondum assata; facilius ^am (a) Contingit etiam ut paucis aestivis diebus in deterius ?ibeant ligna , quae per hiemepj ad' plures menses integra virtute servantur . ' - 72 NOVUS AC SIMPLICISSIMUS Hgnum ipsum viride : quod piane demonstrant scin- tillae alacriores, quae emicant admoto frustulo car- Lonis catenae electricae , seu digito admoto ipsi car- boni , qui sit pars catenae , alacriores , inquam , quam quae cientur, cum lignum etìam vivide tali pacto tentatur . XXXVI. Igìtur ligna e furno educenda non jam ex igne depasta , seu pene combusta 5 sed ustulata tantum : cum eo nimirum deducta sunt , quo ingenti fumi copia emissa adustionem redolente ac subni- grum colorem contraxerunt. XXXVII. Jam cum viderimus ligna absque olei adminiculo lieri posse electrica ab origine, idem ne extendendum ad reliqua omnia corpora , quae fricta ex ole o exitum habuere (VII) : nimirum ut et ipsa nudo igne subusta idem praestent ? Ita sane : XXXVIII. Si modo lapides excipias,qui vel diu- turne in furno decocti parum admodum coercenty et fricati vix quidquam electricitatis produnt . XXXIX. Ossa igitur , corium , cliarta , caeteraque , quae apte in furno ustulavi optimum babuere succes- sum; et quidem credidèrim non valde a ligno supe- rarenturjni pluribus essent obnoxìa incommodis . XL. His nihilo obstantibus discum ex cbarta cras- siore ita probe ustulata macliinae aptabam, quo elec- tricitatem non ita n>odicam obtinere dabatur . XLI. Porro inter caetera incommoda , quibus cbarta subjicitur illud maxime molestum , quod fa- cillime humoreni combibat; quo fit ut nibil ferme guae virtutis exerat, ni prius sole, vel blando igne probe exsiccetur . ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS 70 XLII. Quin nec blandus calor saepe salis ei'it ; haec enim charta vix post aliquot dies signa daLit : oportebit igitur hanc iterum aliquanto ustulare , ut de lignis notavimus ( XXXII ) . GAP. IL DE CAUSSA QUAE EFFICIT UT CORPORA SINT COERCENTIA . XLIII. Postquam seriem experimentorum exposui aperientium. qua potissimum l'atione corpoi'a suapte natura igni electrico pervia ', proiude electricitati excitandae nullatenus apta , novam liane indolem praestanter assequantur, seu fiant tum coercentia j tum electrica ab origine ; nunc in caussam ipsam tam mirandae inimutatìonis inquirendum , ac primo unde vis coercendi corporiLus manet perscrutabi- mur : hoc enim unum si detegatur, jam ad reb'qua explananda non parum lucis afFulgebit . Equidem bue maxime spectabant experimenta a me instituta, ut intelligerem quid caussae esset cur quaedam cor- pora ignem electricum respuant. XLIV. Namque , fateor, nunquam in animum. inducere potui ignem electi'icum ideo sulpbur, resi- nas, serica non permeare, quód haec corpora ob eorum texturam reapse sint impervia, scib'cet quod arctiores seu intricatiores meatus babentia, sobdis partibus obsistant . XL V . Qui enim credidissem ignem electricum fìlum ferreum ad centum et ultra pedes distentujn ^4 NOVUS AC SIMPLICISSIMUS lìbei'e pervadentem , quin usquarapororum anfractus impedimento sint, hoc impedimentum ^ et quidem quammaximuin , invenire in poris serici funiculi duos pollices longi, imo in poris lamellae piceae tres tan- tum lineas crassae ? Ut enim non repugnabo vitrum meatuum angustia metallis longe praestarej at resi- nas , serica, laxiori esse corpore fateantur oportet. XLVI. Addam ne et hoc ? Ligna arentia, char- tam, non ita libere permeat ignis electricus ac per- meai metalla : etenìm ex catena non omnis effluii electricitas, licet medio bacillo ligneo, vel segmento ex charta catena €um solo communicet. Sunt igituv haec corpora aliquomodo coercentia , dum metalla perfecte deferunt : al si haec cum illis conferantui^ quaenam, oro, laxiore donantur tcxtura ? XLVII. Haec igitur satis fuerunt ut vim coercen- di non in poros corporum quodammodo obseptos rejicerem, sed vzriZ» M- tricum excessu, quod proxime respicit5 sed illud petit, ac mutuo adhaerent . XCI. Quod si haec faciunt nt minus probem ex- plicationem petitam e vi repulsiva ; non desunt quae (a) Pag. 33 et seq. et pag. 46 ad pag. 67. 88 NOVUS AC SIMPLICISSIMUS et illam e vi attractiva desumptam adversari videan- tur . Quomodo enim vis haec attractiva ad sensibi- lem distantiam pertinget, sì in distantia adhuc ultra captum exigua jam in repulsivam abiit ( Gap. II )^ ut ex vi coercendi coUigimus ? XCII. Ex his autem facile me expedio , omnibus- que satisfacio considerando particulas corpovum coercentium in minimissima distantia vi attractrice praeditas, quae porro in aliquanto majori distantia, adhuc tamen exilissima, in repellentem abit, niox ve- ro iterum in attractwam desinit, quae ad sensibilem distantiam pertingit. Primus hujus vis modus ( non enim vires diversaemihi habentur, sed diversi ejus- dem vis modi, seu status ) rationem prodit cur ea corpora copia ignis nativi satis magna donentur, ut innuimus ( LXXXVI ) . Secundus cur eadem coer- ceant , quoà loto Caip. ii ©stendi. Tertius cur ac- cessuSj atque adhaesiones obtineant inter haec cor- pora coercentia ac corpus quodvis electricum (XC) . Quibus positis omnia jam firmo stant fundamento, quae de laminis coercentibus ac de electricitate vindice olim disserebam. XCIII. Jam quid intersit inter particulas corpo- rum vere coercentium, et particulas deferentium liquido eruitur . Hae enim aeque ac illae vim attrac- tivam praeseferuntj sed in illis spatium datur certis limitibus conscriptum, quo vis haec in repulsii^am degenerat; in his eadem vis attractii>anu\\o in con- trariam transitu perseverai. XCIV. Ilucusque consideravi corpora coercentia omogenea, sive substantias vere ac per se coer-' ELECTRIC. TENtAM. APPARATUS 89 centes , ut sunt aer, vitrum atque oleosa substantia: quod si de corporibus coercentibus eterogeneis agatur, ut sunt ligna, ossa, charta , quae partim ex substantia vere coercenti , partim ex deferenti Constant, facile intelligitur eadem plus fundi, ut ita dicam, habere quo ignem et in sinu suo excipiant, et foras efFundant, Hinc ratio mihi desumitur cur corpora eterogenea vividi orem electricitatem ex af- frictu ferme contrabant quam resinae , aut vitra ( IV ) ; licet baec vi coercendi praestent ( XVI , XVII , XVIII ) . XCV. Sed redeamus ad electricitatem , quae ori- tur ex affi'ictu. Illud enim mibi in hoc capite maxime propositum, ut inquiram quid affrictus pariat in li- gnis, aliisque corporibus a me paratis . Obsei'vavi- mus affrictum. naturalem partium positionem turbare, novamque inducere , quae vel vim attractivam earun- dem particularum corporis coercentis remissiorem redditj unde ignem nativum dimittuntj vel contra intendit, unde alienum ad se alliciunt (LXXXVII, LXXXVIII). XCVI, Equidem quaenam partium positio viribus attractivis adjumento sit, quaenam, detrimentum. afferat, introspicere negatum: facile tamen intelli- gitur prò diversa corporum superficie , quibus idem corpus coercens fricatur, diverse affici debere, ita ut nunc intendantur vires, nunc remittantur (a). Hinc poii'o tot, tamque variae vicissitudines , quas passim occurrere in lignis , aliisque corporibus , super quae (a) Dissert. de vi attiact. pag. 19, 20. 90 NOVUS AC SIMPLICISSIMrS tentamina iustituebam , ( XI ) innui . Has profccto singulas Ticissitudines definite notare operae pre- tium foretjverum e tam minimi s persaepe adjunctis pendente ut aliquid stati determinare non semper praesto sit . Quare generaliora quaedam, quae meis experimentis fere unice circa ligna et chartam mage comperta liaLeo^ proferre, satis inpraesenti duxero. XCVII. Igitur ligna nudo igne assata electricita- tem resinosam praeseferunt, aeque ac ligna, quae in oleo excocta fuerunt (X)^ et quidem^non secus ac illa ( XI ) , electricitatem liane magis alfectare videntur, qnam quaedam resinae. XGVIII. Nam cum ceram signatoriam a quavis bractea metallica constanter accipere ob serva veri m ; at mea ligna nonnunquam dare omnibus omnino bracteìs metallicis; saepe pluribus dare, nec nisi a certis quibusdam accipere , compertuxn habeo . XCIX. Veruntamen interhaec ligna non raro ìn- veniuntur quae ab omnibus omnino bracteis metal- licis accipiunt : quin et quandoque a serico , aut panno nigro, rubeo, viridi, a cliarta nigra etc. C Quod autem admirationem maximam facit : non solum hae differentiae in dìversìs lignis obtinent, sed in eodem persaepe ligno; adeo ut ille idem ba- cilìus , qui hodie dat bracteae stamneae, cbartae inauratae, oricbalco, cras accipiet ab cadem cbar- ta,. bractea, oricbalco, iterum daturus iQYìÀa. die etc. CI. Dixi ceram signatoriam a quacamque lam.ella metallica accipere : quod de omnibus resinis mìni- me intelligendum volo. Sulpliur enim , et colopbo- niara certis quibusdam bx'acteis, ut stamneis, aut ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS 9I plumbeis dare , centra ac generaliter nimis sancitum fuerat, induLiis experimentis mihi constat. CU. Ex his tria constituo. 1. Non omnia corpo- ra , quae electricitatem defectwam alfectant, coni- pelli posse ope affrictus laminarum metallicarum , ut electricitatem excessivam induant . Extant enini Ugna, quae constanternativo igne orLantur, nec nisi defectu electrica se produnt ( XGVIII ) . CHI. 2. Et inter corpoi'a resinosa, quae aliquan- do vim patiuntur, atque excessum induere non re- nuunt, multum intercedere differentiae : quippe alia ab omnibus metallis coguntur ignem accipere , ut cera signatoria ( XGVIII ) ; alia ab aliquibus tantum accipiunt, aliquibus dant ; ut sulpbur, et colopbo-* nia ( CI ) . CIV. 3. Quod consequens, est, in metallis diver- sam aptitudinem inveniri ignem suum impertiendi corporibus resinosis ; majorem ex. gr. inesse orì- chalco , quam plumbo, aut stamno (XCVIII, CI) . CV. Quod ad 1. Spectat : quaenani ligna inquiro, ac quìbus in casibus cuilibet metallo dent : invenio- que hoc praestare lignum probius subustum, nuper e fumo eductum, quod adhuc modice calet . evi. At hoc calore sensim evanescente incipit jam idem lignum accipere a bractea stamnea viscoso quodam tegumento ( nobis vernice ) obducta , ut aurum colore mentiatur; eidem vero bracteae in facie nuda , aliisque bracteis metallicis nudis pergit dare . CVII. Mox a laminis elasticis ex metallo flavo , »ut rufo ut aurum j aes, orichalcumj tum a charta 92 NOVUS AC SIMPLICISSIMUS inaurata accipit : dat laminis elasticis sed albis ; chartae argenteaej Lracteis stamneis, aut plumbeis. CVIII. Inde accipit a laminis quoque albis , dum- modo elasticis , a charta argentea , a tela item argen- tea: bracteis vero plumbeis, stamneis adliuc àat. CIX. Tandem et ab bis accipit. ex. Ex quo 2., et 3. pariter illustrantur . 2. eo quod jam difFerentiae inter corpora resinosa minus obscure eraergant. 3. quod quaedam series corpo- rum metallicorum, seu partitio per gradus {^scalam vocabo ) seprodat, qua quaeque aptiora se praebent igni in resinis ope afFrictus congerendo . CXI. Verum quidem est ligna tali pacto succes- sive tentata in eo aliquid discriminis ostendere, quod alia post multas etiamhoras, quin etpostplures dìes nonnisi ad aliquot gradus descendant, videlicet non accipiant nisi a bractea aqua gummata (a) obducta, aut etiam ab aurichalco , et cbarta inaurata ; pergant vero dare bracteis plumbeis, stamneis : dum co'ntra alia vix calorem amìserunt, cum jam ab omnibus bracteis metallicis accipiunt, imo nonnulla et a se- rico nigro, panno etc. At quid inde conficitur? Sci- licet non omnia ligna omnes scalae metallorum gra- dus descendendo percurrerej non vero uUatenus, invertere . CXII. Non dissimulabo taraen postquam :in sua quaque sede assignando corporibus metallicis pro- cesseram , cei^tam quamdam aberrationem deprehen- (n) Aquam gwnmatam vocum cgcstate usurpo pio eo quod uobis est vernice . ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS gS disse: quam priusquam aperio, non inutile erit di- ligentius perscrutari cur aliqua metalla aptiora sint igni suo supp editando . CXIII. Pom'o plura ad id conferre allatis experì- mentis docemur . Sunt nempe : aqua gummata 5 color ipse metalli 5 elasticitas . Aqua gummata : etenim a Lractea stamnea liac linita «ccz/JzV lignum , quod cuivis Lracteae nudae dat ( evi ) . Color: namqne siintlìgna, quae accipiìint a. Ìsl" mina aurea , aenea , ex orichalco , dant vero argen- teae , aut cuivis alLae laminae ; similiter accipiunt a charta inaurata , quae dant cliartae argenteae (CVII). Elasticitas : constat enini ligna , quae a laminis elasticis alLis accipiunt , adhuc dare laminis plum- Leis, aut stamneis ( CVIII ) : item sulpliur et colo- phonia accipiunt ab elasticis , dant non elasticis ( CI ) etc. CXIV. Quod ad elasticitatem spectatmirum non videLitur afFectionem hanc plurimum conferre ut metalla ignem suum resinis impertiantur . Concipi enim potest partium elasticarum motum piane diver- sum motu partium non elasticarum efficacius agere, ut ignis e corpore extrudatur. Alioqui jam comper- tum habemus calorem , qui elasticitati est maxime affìnis , corpora disponere igni suo ope affi-ictus dimittendo . CXV. lUud vero non intelligitur , quomodo color metalli conferai . Porro dìversitatem non repetemus a diversa luminis reflexionej namque in tenebria omnia similiter eveniunt . 64 1V0VUS AC SIMPOnSSlMUS Equidem lioc ipsum in tìbialìbus sericis alLis et nigris animadversum fuerat : nimirum colorem , prò ut est in luce , nihil conferre . Statina vero et illud compertum : neque pendere contrarietatem electri- citatum e colore prout est in corpore j sed unice e certa quadam mixtura, qua tibialia imbuuntur, ac fucantur: quae mixtura alba ne sit^ an nigra , pe- rinde est . GXVI. At in metallìs nil tale usuvenit. Quare dispositio in corpore ipso est invenienda, in ipso colore , non , inquam , prout est in luce ( GXV ) 5 sed prout est in metallo : videlicet in superfìcie hujus bis vel illis radiis reflectendis accommodata . CXVII. Jam de aqua illa gammata quid adno- tandum? Observavimus bracteas metallicas illa lini- tas , omnium primas ignem suum irapertiisse ligno quod fricabant ( CVI ) . Hic ulterius observabo hanc aquam gwnmataTn non solum metalla , sed alia quo- que corpora aptiora reddere igni impertiendo. Com- pertum enim habui a ligno, aut alio corpore ita linito accipere sericum nigrum, quod ligno nudo ( non ustulato ) , corporibusque fere omnibus dat : similiter ab hoc ligno linito accipere aliud lignum ustulatum, quod nedum ligno nudo, sedquibusdam metallis adhuc dat. GXVIII. Hinc facile concipitur cur charta inau- rata igni impertiendo paratior sit, quam aliae lamel- lae metallicae similes , ejusdemque coloris j item charta argentea ( GVII , GVIII ) . Siquidem brac- teolas , quibus charta induitur , non omnino nudas, sed aliqua gummata aqua , licet levissime , linitas ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS C)3 extare credibile est. Etsi enim bracteolis jam char- tae applicatis niliil artifices consulto superducant ; ea tameu ipsa aqua gummata , qua folia primum nuda perfunduntur , ut Lracteolae adglutinentur , quidni has tracteolas , dum apprimuntur , super- gressa exteriorem quamdara tunicam conipingat ? CXIX. Hoc vel ex eo suadetur, quod eharta au- rea , sìve argentea usu frequenti attrita , non amplius aptitudine ignis impertiendi prestat aliis laminis me- tallicis nudis , ut antea praestaLat . Imo non raro vix aliquid nitorìs amisit , cum jam praestantia con- cidit . Porro quid liic detrimenti passa est eharta , siquidem liane bracteola metallica nullatenus denu- datam cernimus ? Scilicet illi tunica gummosa abra- sa ^ ita ut bracteola jam nuda appareat . CXX. Plaec optime deducerentur ex maxima aquae gumniatae aptitudine ignis impertiendi,' si baec et ubique , et semper constaret ; verum excep- tio magni nimis momenti moram facit, ne rem tuto definire liceat . Etenim compertum habui bracteam stamneam aqua gummata fucatam aliquando dete* riorem se prodere aliis bracteis metallicis nudis, albis quoque , nec elasticis . Hoc in sulpliure pri- mum , et colophonia fere semper obvenit : nempe baec renuunt accìpere ab hac bractea fucata , quae non renuunt accipere ab aliis laminis nudis . CXXI. Quin, inter ipsa ligna non panca inveni , quae ad infimum scalae gradum devenerant, nec tamen accipiehant a bractea stamnea gummata. CXXII. Veruntamen et hanc ipsam exceptionem aliquid constantis prodere visum est mihi ; nimirum 96 NOVUS AC SIMPLICISSIMUS bracteas aqua gununata fucatas praestare bracteìs metallicis nudis , tunc cum corpus resinosum quod fricatur valde poUens est, sive cum a nuUis , aut fer- me nuUis laminis metallicis accipit ( GVI ) ; has vero Lracteas gumniatas omnium, deteriores esse , cum corpus resinosum ad inferiores scalae gradus de- scendit , sive accipit ab omnibus , aut fere omnibus laminis nudis . CXXIII. Atque baec est illa aberratio quam (CXII) prospiciebam, quaeque scalam metalloruma me de- scriptam invertit : siquidem bracteas aqua gummata linitas primum obtinere locum statuebam ( GVI ) ; hic vero ad ultimum detrusas cernimus . Quod spe- ctat ad colorem, atque elasticitatem bractearum, iii- versio nulla mihi adhuc usque se obtulit: semper enim corpus resinosum prius a lanxinis ex metallo flavo j rufo etc. accipere , quam a laminis metallicis albis; itemque prius ab elasticis, quam a non elasti- cis deprehendi , ut statutum est ( CVII ^ GVIII ) . GXXIV. Investigata aptitudine laminarum metal- licarum ignis sui impertiendi, restat ut accuratius investigemus repugnantiam in ipsis corporibus resi- nosis , praecipue lignis (dequibus agere propositum mihi est ) accipiendi a metallis ; et quomodo ab hac repugnantia gradatim recedant. Repugnantiam au- tem dico vim illam , qua perstant in electricitate de~ fediva sibi comparanda , licet laminis metallicis per- fricentur . GXXV. Vidimus lignum nuper e fumo eductum , adhuc modice calens omnino repugnare ( GV ) 5 tra- ctu vero temporis ab hac repugnantia sensim remit- ELECTRIC. TENTAM. APPARATUS 9;? tere, coque deduci, ut jam ab omnibus laminis me- tallicis accipiat ( CVI , GVII , CVIII , GIX ) . GXXVI. Porro in ligno nuper e fumo educto tria milii veniunt consideranda : maxima virtus electri- citatis originariae ; siccitas maxima 5 calor . Quaero igitur num omnia conferant j num unum , aut aite- rum per se : et si primum ^ quanta quodlibet parte . CXXVII. Calor certe conferre debet ut bgnum subustum renuat accipere . Calorem enim igni po- tius effundendo corpora disponere novimus . At nec soli calori omnis repugnantia , nec vero multum ex hac illi tribuendum . Etenim lignum probe subustum, cujus tamen vis aliquanto concidit, hanc non inte- gre recuperata etsi illud soli expositum incalescere curemus : quippe non renuit accipere a pluribus bracteis metallicis , quibus porro pergit dare lignum e fumo eductum , quod ferme refrixerit . GXXVIII. Maxima virtus magis conferre vide- tur. Reapse ligna, quae validiores effectus edunt, ea ut plurimum sunt , quae magis renuunt accipere a laminis metallicis . Quod et facile concipitur, si illud solum attendatur , haec li gna affectare electri- citatem defectivairi ( X , XI ) : quid enim magis con- sentaneum, quam eo expressius affectare ^ quo ma- jor inest vis ? GXXIX. Dixi ut plurimum. Ugna insignlori vir- tute pollenlia magis repugnare , non semper: quan- doquidem et debiliora inveniuntur, qi;iae magis repu- gnant , quam pi'aestantiora. Quod satis evincit hanc repugnantiam et ab aliis pendere adjunctis . CXXX. Siccitas igitur maxime est attendenda-: Tom. I. y q8 NOVtJS AC SIMPLICISSIMUS qùod sequéntibus experimentis didici . Lìgneum bà- cillum pròbe in furno subustum, adhuc modice ca-« lensj vii'tute pràestaatissirtiuni , qtìod proptereà a qualibet bi'actea metallica renuit accipére , halltu óris j vel manuum levi§simé humécto : illieo accipit ab aliquibus metallìs , licet et adhuc praeatans vir- tute sitj et àdhuc ^aodicé caleat. Pei-go sehsibilius buÉtiectare 5 et ad itifé riores scalae gradus quam ci- tissìme deseendit , ita ut ab omnibus , aut fere omni- bus bracteis metallici s accipère non renuat . CXXXI. Scio equidem censeri posse ligna quae pauUatim bumescunt ideo minus repugnare , quod in ipsis vivttìs electricitatis origirtdriae pari passii infìrmetur 5 unde bine potius ratio discriminis sit pe- tenda, quam. a madore, prout est mador. Qua de re etsi certo certius nihil pronuntiare possim , hoc tamen asserere non vereor, alitér mihi tisum esse : nimirùm et ipsum niadorem , praeter viriura electrì- carum infìrmitatem , minuere repugnantiam in ligno accipiendi a me talli s . CXXXIL Post haec nemo sane mirabitur, si illi ostendam eundem ligneum bacillum eàdem braetea metallica fricatum j altera sui parte seu extremo eie- ctricitatem excessivaììi induere > altera defectwam : jllic taeniam nigram attrahere, quam hic respuit, fugere albam quam hic attrahit etc. Sufficit enim ut alterum bacilli extremum vel sit minus probe subu- Stum, Vel balitu oris aut manuum aliquanto madeat, ad hoc ut non rènuat acùipere a bracteis metallicis ìnferioris ordinis , quibus perglt dare alterum bacilli *xivemum piane siccum, àut probius subustum . ELECTRIC. TENTAM. APPARATtJS 99 CXXXIII. Porro et mlrari desinemus eundern ba- cillum ligneuxn diversam indolem diversis tempori- bus praeseferre , ita ut del hodie bracteis , a quibus beri accepit etc. ( G ) . Quid enim mìrum si certis diebus virtus in ligno potissiraum infirmetur, aut, (juod est maxime attendendum, plus humoris con- trabat ? CXXXIV. Haec sunt quae ligna lamellis metalli- cis perfricata mibi obtulerunt . Varietates , in quas incidi, non tacui. lisdem experimentis super ebarta institutis eadem fei'me obtinuerunt: boc unum inest discriminis , quod ebarta minorem prodit repugnan- tiam accipiendi a metallis. Equidem non audeam omnia rata constitutaque babere, qiTae meis experi-^ mentis deducebamj nam et tot adjunctorum varie- tas , et aborum in bac re errata cautiorem me faciunt. Experimenta vero quae inii, bcet plura, si ea per se spectentur, dici possint, pauca admodum sunt, si quantum in bac re expostulatur attendamus . Ossa, corium, caeteraque corpora ustulata essent eidem examini, imo diligentiori subjicienda. Accedit quod nonnisi colorem, elasticitatem , tum quoddam aquae gumniatae tegumentura paucis meis experimentis ductus consideravi in metalbs ; in bgnis vero virtutis praestantiam , calorem , siccitatem . Quid si autem et diversa superficierum asperitas in ilbs , densitas di- versa; in bis vero asperitas, densitas, elasticitas, aliaeque, quae nec animum subeunt, afFectioues non parum in hoc sibi vindicent ? GXXXV. Atque bic lucubratiunculae buie meae faiem facienti Uceat appendicis loco animadversio- 100 WOVUS AC SIMPLICISSIMtJS nem subnectere^ quae ad res cuxn alti ori s , tum foe- cundioris indaginis iter pavat . Si noA'is bisce expe- rimentis Electricitas Artificialis plurimum debet , et quod historia corporum idioelectricorum insigniter aucta est;, et quod ratio liujus in corporibus affectio- nis propius investigata, ac pene educta; num ex iisdem nibil prorsus Electricitatis ISfaturalis seu at- bmosphaericae bono profluere posse censebimus ? Mihi certe lucem quamdam afFulgere videtur, ut quod in abscondito positura erat, jam se prodat apertum. Quaerebatur unde nubibus electricitas ma- naret : e tellure inquiebant : recte 5 at si praeter vi- tra , resinas , serica , quae ope afFrictus electricita- teni satis validam originarle movere possunt, reliqua corpora vix aut ne vix quidem hac virtute donari vestra bucusque expeinmenta praedicant, unde , in- stabo y tam immanis in athmospbaera electricitas ? Num haec vitra , serica , resinae passim et ubique tellurio praesto sunt, ac fricantur? At buie quaestioni satisfacere in promptu est, postquam compertum om- nia omnino corpora , metallis tantum ac lapidibus exceptis , probe assata , maxima electricitatis origi- nariae virtute pollere. Sane non desunt ligna, alia- que corpora , quae quotidie , et ubique locorum com- buruntur . Quod si baec corpora rite ustulata qua- libet vel levi frictione , percussione , scissione illieo electricas vires exerere observavimus ( XXII ) 5 non- ne piane credibile est particulas , quae vi ignis , vel aliquomodo abraduntur ab bis coi'poribus , dum per varios gradus combustionis transeunt, quaeque fu- inose ascendunt, similiter electricam vim induei'e ? ELECTRie. TENTAM. APPARATUS 101 Nec oLstat quod ea debilis sìt , nec facile signis ex- ploranda, dummodo esse aliquam concedatur : im- manis eniin parlicularum avolantium copia in suLsi- diuni venit . Porro vim hanc qualemcumque sive diu tenacìterque servent hae particulae , etiaradum ad superiora atlimospliaerae loca evectae in nubes coe- untj sive in aere queni tranant sensim deponant, aeque semper nubium atque atmosphaerae electrici- tas obtinebit . Quod de corporibus vere ex igne com- bustis dixi , intellectum volo , habìta ratione inae- qualitatis virium , de iis etiani , quae aestu solis tor- rentur . Re ennn vera inveni ligna , corium , ossa etc. aestivis solibus diu expo sita apta evasisse , quae frictione electricas aliquas vires sibi compararent. Sed quae liic profero conjectationum vim non exce- dunt;nondum enim experimenta, quae rem con- ficiant , suppetunt . Latus sane campus liujusmodi experimentorum aperitur uberem fructum promil- tens . Quantum ex hoc mibi jam alacriter ingredienti percipere dabitur, nescio. Optandum ut melioins notae Physici ad hoc tentaminum genus animum adjungant, majora certe praestituri. LETTERE SULL'ELETTROFORO PERPETUO >C|)C'« Questi articoli sono stati estratti dal Volume 8.*^ della Scelta di Opuscoli di Milano p. 127. ELETTROFORO ARTICOLI DI DUE LETTERE Scritte al P. C. G. Campi. C. R. S. Como i3 Giugno 1775. o scritto ultimamente a Priestley alcune che credo mie scoperte in elettricità , e forse sorpren- denti . Ho costrutto un piccolo semplicissimo appa- recchio, che sta tutto rinchiuso in una scatola poi'^ tatile comodamente in tasca . In questo ho stampata, dirò così , un elettricità tale , che non s' estingue più mai ; ve V ho impressa senz' altro corredo di mac- china 5 e sì ne ho ì segni d' ogni maniera senza di- spendio finché mi giova averne, e segni affatto vi- vaci, hastevoli ad elettrizzare fortemente un ben capace conduttore , un uomo isolato, e caricare una hoccia per la scossa ec. in somma quanto s" ottiene da una competente macchina , io V ottengo dal mio apparecchio senza ruota, senza giro, senza stropic- ciamento di sorta, a riserva del primo leggerissimo impiegatovi una volta sola quando dapprima, ed ha già più d^ un mese, vi stampai V elettricità 5 V effetto del qual primo, ed unico strofinamento ; senza che lo6 ELETTROFORO più si rinnovi j ho trovato un mezzo facilissimo di far sì, che né manchi, né punto pur scemi per qual- sivogha tratto, e sia pure interminabile. Mi trovo in grado di chiamare questa specie d^ elettricità Vin- dice indeficiente ^ e il mio apparecchio Elettroforo perpetuo . Questi miei ritrovati potrò in breve puh- Llicarli con la stessa lettera con cui ne do parte a Priestley, quando pure non pensi meglio a farlo con una memoria più seguita, ed estesa. 22 Giugno 1773. Potrà aggiugnere a quel tanto che ne dissi un al- tra cosa, la quale può far ci'esc^re la sorpresa, ed è che non solo ho il mezzo di esaltare T elettricità del mio apparecchio , qualora dopo lungo tratto di gior- ni, o settimane si scorga infievolita, e di ricondurla al grado massimo d'intensione senz'altro ajutò di macchina, p di novello stropicciamento 5 ma quello eziandio, ed è poi lo stesso, di far sei'vire T elettri- cità comunque sia o debole, o forte d'un apparec* chio , ad eccitare in un secondo , e se bramisi pur gagliarda, in un terzo, in dieci, in cento appai*ec- chi ec. seiizachè veog^ a ^unarrirsi l^ prima. PERPETUO 107 ARTICOLO DI UNA LETTERA (1) Al Sig. Dottore Giuseppe PfiiESTLEr, Como 10 Giugno 1776. Io non so se tanto prometter mi debLa dalle mie osservazioni , clie esse anziché importune, gradite vi riescano , e interessanti . Avanzandole sic- come miei nuovi ritrovamenti, avvenir potrebbe un'altra volta die deluso rimanessi non altrimenti che accadde di quelle sopra il legno abbrustolito , cui la vostra eccellente Storia delF Elettricità avve- der mi fece, ma troppo tardi, essere state in parte da altri preoccupate . Or chi sa che la continuazione da voi disegnata della medesima Storia non venga per egual modo a rapirmi la gioconda illusione dì queste nuove mie pretese scoperte? Comunque la cosa sia per riuscire , io dovrò non men d'allora sa- per grado alla lezione della vostra Storia del disin- ganno, e de'lumi che mi verrà porgendo ; ma grado jnille volte maggiore vi saprò ,se fin d'ora mi signifi- cherete candidamente qual luogo, e parte io mi possa sicuramente attribuire nell' invenzione de' fatti , che (1) Estratto dai Voi. 9.° e lO.*^ della Scelta d'Opus, di Milano . lo8 ELETTROFORO a me sembran nuovi 3 e il valore che voi medesimo loro date . Voi avete già inteso clie F Elettricità è il soggetto de' miei ritrovamenti. Or dirò il genere particola.re intorno a cui s'aggirano . Egli è quel ramo, che se a huon diritto noi so , ha ottenuto di chiamarsi Elet- tricità Vindice (a) . Ecco in breve il capitale delF in- venzione che ha sorpreso me , e quanti finora furono a parte di un tale spettacolo . Io vi presento un cor- po che una volta sola elettrizzato per brevissim' ora , né fortemente j non perde mai più F elettricità sua conservando ostinatamente la forza vivace de' segni a dispetto di toccamenti. replicati senza fine. Voi tosto indovinate che si fatto corpo vuol essere una lastra isolante vestita, e snudata a i^icenda della sua armatura : ed è ciò appunto che io ho inteso di accennare , allorquando ho detto , che i fatti che sono per riferire appartengono a\Y elettricità vindi- ce . Ma non che indovinare, durerete forse fatica a credere la costante vivacità de' segni , e più la straor- dinaria loro durevolezza, che è veramente quale ve la propongo, senza termini, o limiti , mentre osser- vato avrete , che troppo lungi ne sono que' che s' ot- tengono dalle lastre di vetro tenute in conto delle jiiù eccellenti , e guernite della consueta armatura d' una foglia metallica reputata essa pure la j)iù ac- (a) (Beccaria §, 989 Eleltncismo artificiale), (pagina 196 Elettricismo naturale) il Torno 7. de' nuovi Commen- tari di Pietroburgo) Beccaria Obseival. atque exper. , qui- bus Electricitas vindex late conslituitur , atque expUcatiu". PERPETUO 109 concia a tal uopo ; infatti con tale apparato si hanno da principio alcune vive scintille , ma che hen pre- sto illanguidiscono , e durano per lo spazio di po- che ore in tempi ancora favorevolissimi . Perciò ap- punto io ho rifiutato , e le une, e le altre sostituendo alle lastre di vetro, quelle di ceralacca, di zolfo, o d'altra resinosa materia 5 e alle sottili, e pieghevoli foglie surrogando altre armature metalliche sì, ma ferme , e di volume assai più ampio , e modellate su lodevole forma d' un capace conduttore . E con ciò quantunque mi semhri d' avervi data un^ idea gene- rale della somma di questo nuovo apparato , per- mettetemi eh' io vi descriva parte a parte quello di cui fò uso , che è semplicissimo , e la maniera di trarne i promessi vantaggi . Ho dunque un piatto di stagno con l'orlo che ri- leva poco più d'una mezza linea, d'un piede di diametro , entro ho versato un mastice fuso compo- sto di trementina , ragia , e cera, steso, e rassodato in una superficie piana , e lucida . Ne ho parecchi altri, e più grandi, e più piccoli di legno eziandio al cui fendo è incollata una laminetta di piombo , e in cui ho versato ove zolfo , ove ceralacca , ed ove altri mastici di varia composizione , ma V indicato di sopra eh' 10 fo di tre parti di trementina due di ragia, ed una di cera bollite insieme per più ore, mescendovi in fine alquanto di minio , ad oggetto di avvivaime il colore , l' ho trovato il più comodo , e il migliore. Fa 1' officio di armatura al di sopra un legno dorato della figura a un di pi-esso d' uno scudo di dieci pollici di diametro, e alto due all' incirca. no ELETTROPOHO piano nella base che dee combaciare col mastice f alquanto convesso nei lati, o sia nel contorno . Dal centro della concavità sorge un manico di vetro, o meglio di ceralacca ben levigato , che ha gli spigoli (e ciò rileva assai) smussati j e ritondati. Chiamerò dunque quest' armatura col nome di scudo . Stimo superfluo V avvertire , che mi attengo ordinariamente ad uno scudo di legno dorato , perchè meno dispen- dioso , e pii^i leggiero , e manesco che uno di metallo sodo . Peraltro avendo in seguito pensato a farne uno d' ottone tutto cavo interiormente a foggia di una scatola , che serve per un altro apparato minore portatile in tasca , trovo che m' offre in compenso non piccoli vantaggi , uno rilevante , che è quello d' essere pii^i forbito , e perciò di dissipar meno d'elettricità: gli alti-i di sola appariscenza, e como- do, per atto d' esempio di render sonore le scintille anche meno vive ; e di poter racchiudere in esSo vari stromenti che vengono ad uso, come caraffe , manichi per isolare , palle , fili ec. Eccovi, SIg. , tutto r apparato — ' Mettiamolo ormai alle prove , e veggiamo come gli effetti corrispondono alle promesse . Carico me- diocremente la lastra al modo ordinario coli' ajuto della macchina , e ne provoco la scarica giusta il co- stume toccando congiuntamente , o alternatamente lo scudo , e il piatto . Allora alzando lo scudo pel suo manico isolante , e riponendolo sul mastice , con toccarlo alternatamente , siccome richiede la teoria dell' elettricità vindice; e quando è alzato* e quando torna a posare ne ho scintille tali, e sì PERPETUO 111 vìve (quelle segnatamente dell' innalzamento , e più le succedenti alle prime due , o tre ) che si spicca- no j e dirigonsi alla nocca del mio dito ad un poi* lice e mezzo , e talora più di distanza , pel* nulla dire del venticello, e de' fiocchi di luce che si ma- nifestano sulle punte alF intervallo di più pollici, e degli attraìmenti de' corplcciuolì oltre allo spazio d' un piede . Che più ? Con quattro , o sei scintille cavate dallo scudo elettrizzo fortemente un condut- tóre assai capace, un uomo isolato ec. , cori, trenta in quaranta di esse carico fortemente una caraffa ; tutte queste operazioni io fo , e i'eplico finché mi piace , Ma i segni illanguidiscono col tempo ? Noi niego , massimamente ove non si cessi di tormentar r apparecchio per lungo tratto , e a varie riprese . Dunque finalmente cesseranno del tutto ? Si , ciò forse avverrà , ma non so dopo qual tratto di tem- po . Ma che direte se io dimostro che questa mi- nacciata estinzione de^ segni si può prevenire , e riparare V illanguidimento , e finanche ristorare il primiero vigore con nian altro ajuto che quello delle deboli forze che rimangono ? M' affretto a spiegarvi per qual modo ciò si possa ottenere . È cosa troppo nota che si può caricar una lastra per mezzo d' un' altra lastra , o caraffa già caricata , col compartire a quella la carica di questa . Or bene , io non cerco di più j imperciocché se col mio scu- do, allora pure che non mi dà se non scintille debo- li , giungo a caricare anche debolmente una caraffa , posso contare d'avere in questa caraffa un ristoratore dell' elettricità indebolita , e di portarvi una vei-a 112 ELETTROFORO aggiunta eccitandone la scarica , o sia compartendola alla superfìcie del mastice . E così adoperando non -m' inganno, col Ladar bene però di applicare al ma- stice non già T uncino della caraffa, se questo ha ricevuto la carica dallo scudo , ma sibbene la pan- cia, o la base 5 e vice versa, se questa ha toccato lo scudo . Per poi viemeglio riuscir nel mio intento non iscarico la caraffa in un colpo sopra la faccia armata del suo scudo , ma gradatamente con una scintilla per volta, o ( che è d'un bel tratto più efficace ) portando a combaciamento la base, o F uncino della Caraffa colla faccia nuda del mastice , e scorrendovi sopita per tutto, onde imprimere , dirò così, ad ogni punto la competente porzioncella di carica . Per tal modo e con tale attenzione trovo più spediente di elettrizzare il mio apparecchio ben anche la prima volta, senza applicarlo immediatamente alla mac- china per mezzo solamente d'una caraffa carica; e se vaghezza mi prende di far senza interamente d' ogni macchina , e nulla prenderne ad imprestito , ci riesco con pochissima pena usando un leggiere stropiccia- mento di mano , o panno, o carta , o (che è meglio) pelliccia fina, e bianca sulla faccia del mastice ancor vergine , col quale strofinamento produco prima- mente, e in un attimo una discreta elettricità, che messa poi a profìtto mercè il replicare una, o due fiate r artificio già descritto dì caricare un caraffino , e rinfondere la carica sulla superfìcie del mastice, arriva in brevissimo tempo al sommo di vivacità. Se mi chiedete do2:)0 quanto intervallo di temjio faccia raeslieri di ricorrere a cotale industre modo PERPETUO ll5 dì ravvivare T elettricità moribonda, perchè non si perda del tutto, vi dirò non aver io fissata, né po- tersi per avventura fissare regola alcuna . Sono però in grado d' assicurarvi che dopo il corso non già d'ore, o di giorni ( soprattutto se l' apparecchio sì lasci huona parte del tempo in riposo, e ben custo- dito , sicché si mantenga asciutta , e pura la faccia del mastice ) ma d^ intere settimane V elettricità non vi verrà mai meno, solo che vi prendiate la cura di replicare due , o tre volte il giuoco della caraffa . Non debbo qui lasciar di suggerire che in luogo d^ una caraffa di vetro torna forse più comodo un cannoncino di rame , o latta intonacato di cera lac- ca , o mastice , e armato acconciamente , a cui avve- gnaché tocchi minor quantità di carica, ciò non ostante perchè 1' acquista prestissimo , serve perciò ra.eglio , e quello che più monta, teme assai meno 1' umidità deir aria . Non so finir di parlare del? artificio di risvegliar r elettricità languente col rifondere , e ritorcere contro di se stessa quella poca che lùmane , e si ri- condurla al grado massimo d' intensione , senza dire che sebbene tal ritrovamento non sia altro più che una conseguenza della teoria , che appunto me lo ha fatto tosto immaginare , sembra però oltre modo ma- raviglioso a chi non sente ben addentro in cosi fatte cose , e senza confessare eh' io stesso ne andai pieno di gioja tostochè vidi il fatto risponder pienamente all' idea concepita , non meno per la bella armonia , che ravvisai co' principj come per la novità sorpren- dente che ne risultava unita al vantaggio di poter, Tom. I. 8 11 4 ELETTROFORO ove che fosse , col mio semplice apparato passarmela senza il corredo della macchina , e produrre ciò no- nostante lo spettacolo della più viva elettricità, e con quel solo destarla egualmente viva in altri appa- rati senza fine ( la qual industria mi richiamò tosto alla mente quella onde andiamo debitori a Voi "In- glesi di calamitare fortissimamente Facciajo sènza calamita ) , e sì anche perchè io veniva a giustificare F aggiunto dì un nuovo vocabolo , che non senza esitazione aveva destinato a questa fatta di elettrici- tà j il che oi'a senza scrupolo , e a tutto rigor di ter- mine sento di poter fare , chiamandola elettricità Vindice indeficiente . Che se a voi non dispiacesse, ardirei pure imporre un nome al mio picciolo appa- recchio _, e sarebbe quello di Elettroforo perpetuo . Or vi dirò che ho immaginato di inalberare sulla sommità dello scudo un asta di ferro contro le nu- vole , di maniera che abbia ad involare e concepir in seno del fuoco elettrico di colassù. Vi ho reso conto, Signore, dei sommi capi delle mie scoperte , se tali pur sono, tralasciando tutto il dettaglio deWarj tentativi, e le molte riflessioni che nii ci han condotto , o spuntate ne sono , e che però riservo per un'altra Lettera, o per la Memoria , che vi dissi da principio aver 'in ani- mo di pubblicare . Questo solo vi anticipo , che tutto tende a confermare quella mia sentenza che mi argomentai già di venir persuadendo nella Disserta- zione De vi attractiva ignis electrici etc. 1769, cioè , che le elettricità delle lastre, non si estinguo- no realmente, e interamente per la scarica, come PERPETUO ll5 Ila preteso il P. Beccaria, e persiste anche in oggi a volere (.a) , ma perseverano lunga pezza ad esservi in parte aderenti , inducendo, perchè abbia luogo un certo quale equilibrio , T elettricità contrarie nelle reapettive armature ; onde vengono per tal modo a contrappcsarsi 5 onde le adesioni d" esse armature alle facce della lastra 5 onde finalmente lo sbilancio della separazione , i segni ec. QuelF eccellente Professore di Torino è portato in conseguenza del suo opinare ad accagionar la luce che spunta trailo disgiungimento d' indurre una nuova elettricità sulla faccia della lastra che si snuda , a spese delF arma- tura : io accuso questi discorrimenti di luce di por- tare non già Wnduciinento di una nuova , ma air op- posito un vero dissipamento delle due contrarie elettricità;, dell^ prima cioè impressa, e tuttor' af- fitta, alla faccia isolante, e delF opposta indotta nel- l'ariliatura per V antecedente scarica : e sì seguendo quelle strìsce di luce, e contemplandole attentamen- te, dalle circostanze in cui si mostrano, o nò , o crescono, o scemano, dalla figlira, da tutto in som- ma ricavo argomenti evidentissimi, e palpabili, che il mio sospetto è pur vero . E per addurne una, od altra prova :■ se altrimenti andasse la bisogna, a gra- do cioè del Padre Beccaria, non dovrebbe F ordi- naria armatura di foglie metalliche dispiegare, e ia se stessa , e nella faccia della lastra che lascia nuda , elettricità maggiore, che non quando fa V ufficio d'ar- (ct) Dell' Elettricismo artificiale , 1773 , pag. 4o4 e seg. Il6 ELETTROFORO matura il mio scudo ? tanto maggiore , io dico^ quan- to le strisce di luce cV eccita quella nell' atto del divellerla sono più copiose delle strisce eh' eccita codesto scudo ? Ma appunto succede il contrario : e a questo singolarmente è dovuta la prestante eccel- lenza del mio scudo sopra le solite armature , dal- l' aprir esso lo sfogo a minor luce , clxe è quanto dire a minor dissipamento . Diciam più : se la luce che compare trailo dì- sgiungimento fosse quella dell' elettricità, che la fac- cia snudata rivendica a se , o vogliam dire ripete dall'armatura, giusta il sentimento dell'avversario, non so vedere perchè non dovesse provocarne molto di più di questa luce quando s' alza l' armatura ^ sen- za tenerla isolata , che non quando s' alza isolata ; giacché nel primo caso ne è la capacità senza limiti. Eppure punto , o poco di luce appare alzando lo scudo non isolato , nello stato cioè che potrehhe più fornirne; e grandi strisce ne spicciano alzandolo isolato . Dunque non è la faccia snudata che muova questa luce , perchè cerchi ricuperare la sua antica elettricità a spese diremmo dell' armatura ; né questa ohbedìsce altrimenti alle sollecitazioni di quella; ma a se stessa obbedisce , cioè a quella forza di dissi- pare quel soverchio di elettricità propria, di cui è insofferente, e che perciò scappa massimamente da- gli angoli. Io iiou ho fatto più sperienze suU' aria .... PERPETUO 117 AGGIUNTA Avendo pensato che il nuovo apparecchio oltre la sorprendente singolarità de^ segni indeficienti , di cui si è venuto ragionando, offre altri non meno reali che speciosi vantaggi , sì per la mira d' illustrare per eccellente modo la teoria elettrica , si per lo sco- po di condurre con V ultima agevolezza ogni maniera di sperienze , i quali vantaggi hanno obbligato a dar a quello la preferenza sopra ogu' altro apparato non dirò me solo , cui T amore di un bel ritrovamento potrebbe di leggieri aver sedotto , ma alcuni ezian- dio che da principio si mostravan ritrosi a conce- derli questa superiorità 5 e considerando d' altra parte che la descrizione da me datane ristretta ne' limiti d' una lettera , e all' intelligenza de' più esperti elet- trizzatori, potrà per avventura far nascere desiderio a taluno non versatissimo, il quale amasse pure , di ricrear se ed altri con siffatte dilettevoli sperienze rese ornai sì domestiche e comuni , d' avere sott' oc- chio il disegno de' pezzi , e il giuoco che loro si fa eseguire , ho pensato di far cosa grata esponendo nelle seguenti figure sotto diversi aspetti , e combi- nazioni tutto ciò che compone uno de' miei comodi apparati portatili, e quanto esso offre su due piedi a vedei'e di singolare . AA (fig. 1 ) è il Piatto j o sia una lastra d' ottone lavorata al torno con 1' orlo bea rotondato prominente nella faccia superiore una mezza linea all' incirca , in cui è contenuta la stiac- ciata di ceralacca^ o mastice B, nella inferiore spor- Il8 ELETTROFORO gente una buona linea , o più pelF uopo che si dirà , C C è lo Scudo di legno dorato , o d' ottone cavo , senz^ angoli , e ben forbito , che si apre a foggia di scatola ) e contiene i "vari pezzi che hanno da venire ad uso .E è iS manico isolante , cioè un bastoncino di vetro' intonacato di ceralacca^ armato nell^ estre- mità di due Cappelletti d^ ottone yy"( fig. 2 ), uno fatto à vite con cui si ferma a un bottone lavorato per questo nel centro della faccia supmùore dello scudo ce, e^r altro <;he termina in un anello , per cui si i'egge alzandolo ( fig. 2,3). Nella figura 1. sta il piatto A A, o meglio il ma- stice armato del suo scudo CC ricevendo F elettri- cità , o sia la carica dalla catena 0 di una macchina ordinaria ; indi se ne eccita la scarica dalla mano AD che tocca congiuntamente il piatto ', e lo scudo. ( fig. 2. ) Una mano alza per mezzo dell' anello J' del manico E , lo scudo C G ; e V altra' mano X ne trae una lunga scintilla : e ciò ognora che si leva lo scudo dopo averlo posato, e poi toccato . La stessa fig. 2 mostra come elettrizzato una volta un solo apparato , se ne possa avvivar un altro , o quanti altri ne aggrada : dando cioè replicatamente le scintille dello scudo alzato ad un filo , od uncino d' ottone K sporgente da un altro scudo , che posa sul suo mastice. Fatto ciò, e mutando mano voi potete con questo secondo, e collo stesso processo rinvigorirla forza nel primo , e così via via recipro- camente . ( Fig. 3 ) . U operazione indicata è simile a quella della figura precedente , tranne che si fanno spiccare PERPEl'UO 119 le scintille dallo scudo GC verso l'unciiio I della caraffa armata G , la quale perciò viene a caricarsi . La mano D sta in atto di toccare il piatto in A , e lo scudo in C ogni volta die posi, e di ritirare da que- sto il dito qualor s^ alza . La caraffa poi si scarica colF arco conduttore T , o si adopra per la scossa ec. ( Fig. 4 ) • Colla caraffa stessa caricata nel modo surriferito si ravviva V elettricità , clie per avventura si fosse indebolita. S' impugna dalla mano L per la pancia G , si posa sulla faccia nuda del mastice B . Indi lasciata la pancia si trasporta la mano L a reg- gerla peli' uncino I, e così dimenandola si viene a scorrere sopra tutta la faccia B fin presso V orlo del piatto A A , senza però toccarlo : dopo di che si ri- mette lo scudo , si scarica toccando ec. ( Fig. 5 ) . Senza poi togliere ad imprestito alcuna straniera elettricità basta ad imprimerla la prima volta sulla faccia del mastice ancor vergine B, un leggiero strofinamento colla palma della mano . Que- sto v' imprime elettricità di difetto j e tale pure ve l'eccita lo strofinare con panno, carta ec. 3 ma strofi- nando con carta dorata sorge spesso ( non però sempre ) elettricità di eccesso . I segni che s' otten- gono col solo strofinamento sono alquanto deboli, è vero ; tuttavia essendo capaci di caricare alcun poco la caraffa, eccovi pronto il mezzo di avvivarli col giuoco di sopra mentovato della stessa caraffa. ( Fig. 7 ) . Il piatto A A è sorretto da una colon- netta di vetro E, intonacata di ceralacca, imj)ianta- ta, o fermata a vite nel piedistallo ossia scatola di legno P P ( che sei've poi a rinchiudere tutto 1' ap- 120 ELETTROFOB.O parato ) , e fermata pure a vite a un dado , o bottone che risalta dal centro della faccia inferiore di esso piatto ( e questa è la ragione per cui V orlo inferiore del piatto debbe sporgere alquanto più , come si è di sopra avvertito , a fine cioè che il bottone non impedisca quando si vuol far posare il piatto piano e fermo ) . Questo piatto così isolato porta una punta ottusa N inserita in uno de' forellini s s s praticati a tal oggetto sì neir orlo del piatto , come attorno allo scudo , e un' altra verghetta metallica terminante in palla Q , a cui viene presentata a qualche pollice di distanza la punta M . Lo scudo CC porta pure inse- rita una punta N nel mentre che un' altra M gli vien presentata dall' opposto lato . Ogni volta adunque che s' alza nella debita forma lo scudo C C ( ben in- teso che non si ometta mai la solita alternativa dei toccamenti allora che posa ) si manifestano due^oc- chi, e due stellette : majiocco dalla punta M contro la palla Q del piatto , ed una stelletta sulla punta N che sporge dal piatto medesimo : vice versa 'A fiocco spicca dalla punta N attenente allo scudo , e la stel- letta compare sulla punta M che guarda esso scudo . Questo avviene allorquando 1' elettricità impressa sul mastice sia difettiva, quale cioè la suole eccitare lo strofinamento della mano ec. Qualora sia eccessiva , mutan tutti luogo i fiocchi.) e le stellette, compa- rendo appunto a rovescio . ( fig. 8 ) In somma è la stessa che la fig. 7 , ma rovesciata . Lo scudo C C è sorretto in luogo del piatto A A dalla colonna iso- lante E fermata sul piedestallo PP, ed esso scudo porta la verghetta armata di palla Q , le scintille PERPETUO 121 della quale in tempo che s' alza il piatto A A pel manico E vibrate vivissimamente contro l'uncino I della caraffa G la caricano, mentre che esso piatto pure eccita scintille in A dalla nocca d' un dito , e può caricare contrariamente un' altra caraffa . Non debbo lasciare di far osservare che si può supplire air incomodo di toccar colla mano lo scudo ogni volta che si è posato, con un mezzo facilissi- mo . Basta inserire nell' orlo del piatto A fìg. 2 in un de' forellini jf un fil d' ottone terminante in una picciola palla, ripiegato in modo sopra la faccia del mastice, che detta pallina venga a toccare lo scudo C C quando si posa : così siegue da se la scarica . La fìg. 6 rappresenta il fondo, e il coperchio della scatola di legno P P destinata a chiudere tutto l'apparato, per portarselo in tasca. Questa scatola poi medesima serve come di base , o piedestallo a portare la colonnetta isolante E fìg. 7 e 8 : al qua! fine nel centro del coperchio si è praticato un buco y atto a ricevere la vite /"di detta colonnetta E . Serve pure essa scatola coU'ajuto di quattro piedi isolanti zz, ch'entrano a vite sotto il di lei fondo, di sga- bello , su cui può montare una persona per essere elettrizzata ec. Allorquando s' ha a chiudere tutto 1' apparecchio , si nascondono questi piedi in un cogli altri bastoncini isolanti, colla caraffa, le ver- ghe puntate , l' arco conduttore ec. in seno allo scu- do ; esso scudo poi col piatto si racchiude in cotesta scatola di legno : ed ecco assettato , e riposto tutto . Benché dalle figure qui espresse rilevinsi abba- stanza i comodi, e i vantaggi che offre questo appa- 122 ELETTROFORO rato sopra ogn' altro, gioverà toccarne qui ancor di passaggio alcuni, accompagnandoli con poche av- vertenze intorno al maneggio di cotesto Elettroforo . Quanto ai vantaggi , non ci arrestiamo più al mas- simo e solenne , clie è la durevolezza, anzi meglio perennità dei. segni : se n' è detto già abbastanza a suo luogo . Unicamente si vuol far notare , clie seb- bene la costanza nel mastice a ritenere Y elettricità inipressa regga agli attacchi dell" umido , e fino alla prova insolente di alitarvi sopra a larga bocca; pure sviene , e si dissipa quasi in un subito ogni virtù , tentata dalle punte la superfìcie di esso mastice : e ciò per tal modo, che scorrendovi sopra senza no- tabile strofinamento, e dirò così, leccandola con un fiocco di fili , o carta d' oro , ed anche solamente con una spazzola, con un pezzo di lana ec. , tutta 1' elet- tricità viene a smarrirsi . Questa debole disposizione mi torna talvolta a comodo . Qualora non so che farmi dell'* elettricità d'un apparato, e cerco d'aver il mastice siccome fosse vergine , non ho che a sten- xlere bene il mio fazzoletto sopra la faccia di quello; ed ecco spenta ogni virtù ., All' incontro ognor che voglia conservata 1' elettricità per giorni , o settima- ne, ho cura di non permettere che panno , o tela, od altro chicchessia irto di ^t\ì venga a scorrere od applicarsi sulla faccia del mastice ; e mi tengo fino in guardia , che i miei manichetti in qualche parte non mi tradiscano . Ma con tutte queste at- tenzioni toglier non posso, che la polvere, e i peli sottilissimi, che d' ogni jjarle accorrono attratti dalla faccia elettrica , non vadano di mano in mano a PERPETUO 12v> portare notabile illanguidimento ai segni, in ragion che dura il giuoco di alzare ed abbassar lo scudo : sicché è pur mestieri per ottenei'li del tutto vivaci ricorrere di t^mpo in tempo al maneggio della ca- raffa ec. Tuttavia il decadimento non è tale , che non si mantengano a dispetto di tormentar di con- tinuo r apparato , e senza T artificio di ravvivarli , per ore e giorni . Non è per la sola durevolezza e vera indeficieiv- za dei segni , che il nostro elettroforo ottiene sicu- ramente il primo vanto ; ma per la grandezza ezian- dio di questi, e per la qualità. Per qualità intendo e la natura deir elettricità vindice in genere , che non é propriamente la stessa dell' elettricità ordi- naria , di quella cioè che muove immediatamente dallo stropicciare, e a questa sola cagione rispon- de ; e intendo più in particolare le vicende dell' e- lettricità non già più di natura, ma di specie sol- tanto contraria , com' è d' eccesso , e di difetto , le quali In tante forme , e quasi con niun particolar maneggio si manifestano a un tempo , come si è veduto nella fig. 7 e 8, in cui già di per se danno i segni vivaci , e continui sì il piatto , che lo scu- do , questo contrariamente a quello : laddove nelle macchine ordinarie , sebben si preparino con i cu- scini isolati, compajono è vero le due elettricità opposte; ma durando T isolamento dei cuscini, ben presto ammutoliscono quasi del tutto i segni nella catena . Il cambiar poi tosto nella contraria V elettricità si de' cuscini che della catena non è tanto agevol 12.|. ELETTROFORO cosa nelle macelline usuali : anzi se queste , com^ è di solito , portano il disco di vetro liscio , non è mai che si ecciti altra elettricità clie di difetto ne- gli strqfinatori , qualunque essi siano , e di eccesso nella catena; se poi il disco sia di zolfo, potrem bene elettrizzare or nell'una^ or nell'altra manie- ra , ma è mestieri per ciò cangiare di strojinatori . U apparato nostro non abbisogna d^ altro per mutar le vicende de^ segni, che di compartir sopra il ma- stice la carica della caraffa da quella banda che la ricevette dallo scudo (es. gr. nella fig. 4 ^^ impu- gnata la pancia G della boccia, e visitato il mastice coli' uncino I ) . A tal uopo gioverà aver prima di- strutta , mediante V applicazione del fazzoletto , V e- lettricità vecchia del mastice . Ma queste vicende delle contrarie elettricità rie- scono poi affatto graziose usando di un Elettroforo per animarne un' altro , come nella fig. 256 più avendovene una serie : giacché se il primo era elet- trico per eccesso dà al secondo V elettricità per di" fetto j e questo secondo porta novellamente carica d' eccesso al terzo 5 e cosi adoperando di seguito , il quarto diventa elettrico come il secondo, il quinto come il primo , e il terzo ec. Alzando poi ad un tempo due scudi vicini , vale a dire contrariamente elettrizzati , ne spicca la scintilla del doppio più forte coerentemente alla teoria . Finalmente la costruzione del nostro apparato vi offre il mezzo più sicuro , e spedito di esplorare queste vicende medesime , ossìa la specie di elettri- cità in ogni caso . Abbiate un piccolissimo Elettro- PERPETUO i:iO foro (può essere non più grande eli due pollici), con de' fili appesi allo scudetto . Una volta sola che impressa ci abbiate 1' elettricità qualunque , ad ogni sollevamento dello scudo si rizzeranno , e diverge- ranno i fìlij e semprechè nota vi sia la specie d' elet- tricità onde rimangono imbevuti , vi dinoteranno coi moti d' attrazione , o di ripulsione verso altro corpo elettrico , la specie dì cui questo gode . Più chiara, e decisiva ne sarà la prova, se due di colai piccoli Elettrofori vi abbiano alla mano , un de^ quali porti scolpita l'elettricità per eccesso, l'al- tro per difetto . Or questi , che convenientemente all' uso loro io chiSLino Esploratori , servono ben meglio che i nastri di seta bianchi , e neri soliti ad usarsi per tal uopo , i quali smarriscono presto la lor virtù , e ci obbligano a stroppiciarli tratto trat- to : ciò che non accade di dover fare co' primi, che non abbisognano d'altro maneggio per giorni, e settimane . Diciamo or qualche cosa della superiorità riguar- do alla grandezza , o forza de' segni : e così diremo anche della facilità d' ottenerli mercè di alcune cau- tele . In generale le scintille da un apparato di me- diocre capacità s'ottengono ben vive: e sono stato modesto anziché nò nel dire che emulavano quelle d' una competente macchina ordinaria . Adunque un Elettroforo da tasca, qual è il descritto nelle ligure , che porta lo scudo del diametro di pollici cinque inglesi, mi dà scintille alla distanza di due buoni diti , e talor più . Con un' altro , che fu il primo da me costrutto di pollici otto , e tre quarti 126 ELETTROFORO le ottengo air intervallo di più di tre diti; » da mio di pollici diciassette vengono sì .scuotenti , e frago- rose, che son quasi insoffribili . Io mi aspetto da uno che sto facendo costruire di piiì di due piedi di diametro , effetti sovragrandi , e strepitosi , su- periori a quelli della miglior macchina eh' io mi abbia visto : giacché mi s^ ingrandiscono smodata- mente" i segni in ragione che cresce la superficie . Eppure con unas superficie sì poco estesa, com'è quella di due pollici nel piccolo Elettroforo che ho chiamato esploratùPe i' segni sono bastantemente forti. per manifjéstarsà con scintilluzze , e dare una carica sei^ibile ad una j>ÌGcola boccetta . Ma ecco le attenzióni necessarie per averne si grandiosi effetti : e primamente riguaa'do alla costru- zione. Egli è^d-i troppo essenziale che lo strato del mastice sii iettile ; è il meglio è sempre che lo sia il più che fep si.jpwssa, salvo che da troppa sotti- gliezza non provochi la scarica attraverso V istesso maistice": perciò 'è :da curar 'bene che alcuna" iscre- polatura non' dia luogo ad una spontanea es^losit)- ne';. e; F orlo -pure del ^piatto det^e restare conve- nientemente distante dallo- scudo od essere copèrto dal mastice',, ad oggetto di permettere la più folte 0(ar:ica'j senza ■ che se nfé efeciti l' esplósTone sponta- nea! ; La faecia po'! del màstice vtìoh tessere si piana, che benissimo -vi is' adattilo scudo > piano esso'puire neirinferior faccia ','per9*senz' ombra (|uasi d' an- golo ^j e ben ritondatcf ftel contorno v Dieó piano il mastice, sebbene con la superficie' alquanto scabra riesca con eguale, o forse miglior esito j ma iuten- PERPETUO 127 ciò clie non v^ aLbiano ridossi , e grandi inegua- glianze j onde lo scudo sia tenuto discosto da molti tratti di superfìcie . E egli necessario 1' avvertire , che se il mastice pel lungo uso si trova insudiciato convien ripulirlo ? Non si crederebbe quanto con- tribuisca Tessere esso mondo , e scevro d' ogni lor- dura . Però giova assaissimo tenerlo sempre ben custodito : e quando pur si vegga imbrattato ( di che anche s' accorge per un certo viscidume , se si stropiccia ) raschiandolo con una lama di coltello, e col far iscorrere per brevissima ora la faccia di questo mastice sopra le brage , o entro la fiamma stessa , gli vien tosto ridonata colla sua nitidezza r ottima disposizione ad agire . Ho trovato che pas- sandolo sopra la fiamma di una candela , quella sottil patina di che è lordo s' imbianca , e s' anneb- bia come fa Y alito sulla faccia di uno specchio ," e tosto come questa sparisce , lasciandovi la maggior lucentezza . Ecco dunque un mezzo facilissimo di raccomodare il mastice guasto o imbrattato , senza fonderlo tutto di bel nuovo . Riguardo al maneggio dell'apparato, se la gior- nate non è del tutto favorevole bisogna asciugar bene al fuoco , o al sole non già tanto il mastice , che, come s' è detto da principio, poco o nulla te- me Tumido, ma la boccetta, e il manico isolante : ed è più spediente ancora in luogo di regger lo scu- do per il bastoncino di ceralacca, alzarlo con cor- dicelle di seta asciutte, e monde, e piuttosto lunghe. Come abbiam già toccata l'importanza di tener lungi dalla faccia del mastice la polvere, e i peli, si vuol 128 ET^ETTnOFOnO aggiungere clie importa fìnanclie di nascondere i manichetti perchè essi pure a poca distanza rubano molto ; il tener discoste le vesti ec. Quando poi oc- corre dMn durre primamente 1' elettricità sul mastice collo stropiccio della mano, è più necessaria la cau- tela di far rientrare i manichetti ( fìg. 5 ) j e neces- sarissimo è che essa mano sia ben asciutta: altri- menti varrà meglio lo strofinare con carta , panno , e singolarmente con velluto bianco ; ma trovandosi quella asciutta , io prometto che il solo scorrere ve- locemente sulla faccia del mastice colla palma due, o tre volte senza premerla con forza, basterà perchè abbiate tosto dallo scudo la scintilla quasi d'un dito . Dopo tutto questo che ho detto de' vantaggi del mìo Elettroforo, non ho pena a confessare, che le macchine ordinarie ben grandi, e ben eseguite ne' tempi favorevolissimi giungono più presto a caricare un quadro di ampia superfìcie , od una batteria , per la ragione che il fuoco vi cola incessantemente : lad- dove nel nuovo apparecchio spiccando le scintille con quella interruzione, che porta l'abbassare, e rialzar lo scudo, più tardi ci si perviene . Ilo detto ne' tem])i/avorei>ollssimi : perchè poi sono gli effetti deW Elettroforo sì vivi anche ne' tempi men propizj, che vuoisi bene spesso preferire un simile apparato che sia grande, per 1' oggetto pure di caricare qua- dri, e batterie, alla macchina di vetro ordinaria, da cui le molte volte si pena a cavar partito . Oltre di che io credo non sarà difficile col tempo immaginare de' mezzi per ottenere cotesto necessario accosta- mento , e discostamento dello scudo più spedita- PERPETUO 129 mente , e con un moto vmiforme ^ e con minor inco- modo. Dirò anche che sto per metter mano ad un meccanismo assai semplice onde venirne a capo . Una molla , che al premere della mano , od al girar d'una cordicella o staffa, alzi , ed abbassi lo scudo, promette di dispensarmi da molta parte d' incomo- do . Oppure in altra forma lo scudo portato da un pendolo , cui dia moto una ruota, e un peso, e che vada a baciare a destra, e a sinistra due piatti, ossia faccie di mastice elettriche, e cosi andando, e ve- nendo incontri nel mezzo da salutare con le scintille un conduttore, o la caraffa, mi rappresenta un dop- pio apparato , che per la ragione della celerità de^ movimenti potrà darmi effetti molto più che du- plicati . Ma infine io dichiaro col miglior cuore che non ho r abilità di riuscir bene in simili costruzioni meccaniche ; che d' altra parte non è questo il mio scopo principale; e che per quanto io tenga conto, e lo tengano tutti quelli , innanzi a cui ho mostrate in esteso 1' esperienze , dei comodi che ne offre r Elettroforo , io valuto assai più i lumi che mi si vanno svolgendo su diversi punti della teoria elet- trica : intorno a che pubblicherò fra non molto le mie osservazioni già in parte comunicate al Signor Dottor Priestley (a) . (a) Sì propone di dare in una Memoria a parte il detta- glio di varie delicate sperienze con le combinazioni non che d' una lastra , e dello snudamento d' una faccia , ma di ambe le faccie sì d' una lastra che di due . Per questo ho trovato ultimamente potermi valere di lastre di vetro intona-^ Tom. L 9 l3o ELETTROFORO ARTICOLI DI TRE LETTERE (i) Scritte al Sìg. Canonico Fromond . Como 26 Ottobre 1775. Aspetto con impazienza le osservazioni vostre sulla migliore struttura dell' Elettroforo . Intanto vi darò io nuova della riuscita di quello che ho ultima- mente terminato di legno del diametro poco meno di due piedi . In questi due ultimi gioi'ni che spira una forte tramontana ho ottenuto scintille a dieci, dodici, ed anche quattordici diti trasversi: v^imma- ginate com^ erano guizzanti . Per averle di questa forma presento non più la nocca, ma la punta del dito. Sovente in luogo della scintilla esce dal dito un grandissimo fiocco , collo scoppiettar in seguito di più scintille succedentisi. E tale la forza, e la co- pia del fuoco , che le punte metalHche affatto ottuse, come d^ una chiave , anzi Y anello di essa , e fin le palle, se non sono affatto grosse, fanno appunto r officio di punte , e gettano il fiocco. Che più? Tre sole scintille dello scudo caricano una mezzana ca- raffa a dare una scossa penosa 5 e dieci in dodici la sopraccaricano a segno di scaricarsi spontaneamente. cale di mastice ; giacche anche con esse ottengo la maravi- gliosa durevolezza de' segni. La Memoria tratterà dell' Azione dell' Atmosfere Elettriche, e de' fenomeni che ne derivano negli sirati isolanti . (1) Estratti dai Voi. 12" , e i4' della Scelta d'Opuscoli di Milano . PERPETUO l5l Como i4 Novembre i;75. Vi ho detto già come pensava à' or in avanti di costruire l'apparato portatile, per avere in un egual volume assai maggiore capacità . In luogo di stende- re il mastice sopra un piatto, lo stendo nella cavità d'un emisfero, dando poi allo scudo la stessa con- Teniente figura . Trovo anche meglio dell' emisfero divisato un cono troncato , che può essere lungo be- nissimo d'un palmo, e largo quanto porta l'aper- tura della tasca : un' altro cono eh' entri nella cavità del primo mi fa 1' ufficio di scudo , e può chiudere in seno una boccia di discreta capacità, e l'uno, e l' altro facendoli di latta , oppur lastra di rame , ot- tone ec. , e tutto insieme porta poco peso, e men imbarazzo . Ma io non voglio curarmi tanto di que- sti apparati portatili, ne dell'eleganza, quanto della grandiosità degli effetti, di cui fan pompa i grandi: sicché mi tratterrò a parlare dell' apparato mio mas- simo . Ho dunque traile mani il grande Elottroforo del diametro di quasi due piedi che ho fatto terminare tosto che ripatriai . L' attività di questo è veramente sorprendente. Basta dire che ottengo non di rado scintille a dieci, dodici, e più diti trasversi: scin- tille che appajono in vaghissima forma guizzanti emulatrici appunto del telo di Giove. Per averle tali elettrizzo il mastice per eccesso , e presento allo scu- do alzato la punta del dito , ovver facendomi ribrez- l32 ELETTROFORO zo, r anello d^una chiave, da cui ora balza la scin- tilla lunga come dissi, e guizzante, or una serie di scintillette crepitanti succedonsi, or ne spiccia con leggier sibilo un lunghissimo fiocco . Una cantìa spac- cata della lunghezza di due braccia vestita nella parte convessa di carta dorata raschiata con pelle di pesce rappresenta ancor meglio, e nella maggior estensio- ne il balenar vivissimo della folgore su tra le nubi, mentre è percossa tutta, o per gran tratto abneno, ad ogni scintilla che riceva dallo scudo , da una , o più strisele di luce verde-lucenti . Finalmente una ca- raffa di mediocre capacità in quattro, o sei volte che io faccia giuocar lo scudo, riceve una carica, che mi scuote validamente . Né crediate già che effetti cotanto strepitosi ab- blan luogo solamente ne' tempi all' elettricità molto propizj : gli ho ottenuti di poco minori in questi ultimi giorni di nebbia, e pioggia incessante, mercè la sola attenzione di asciugare le lunghe cordicelle di seta, con cui alzo lo scudo . Né pur temiate che lasciando l'apparato in riposo ^ e senza ravvivarlo per molte ore, o per alcun giorno, vada a cader di molto la forza: dopo due, o tre di io ricavo ancora scintille tali , che il dito non può soffrirle che con pena, e con dieci, o dodici di esse porto una di- screta carica alla boccetta: così poi volendola metter a profitto col bel giuoco di rifonderla sul mastice, ottengo tosto la massima intensione. A finirla, non v' è più da dubitare, che col mio apparato non si possanp creare, ed ayere ad ogni ora, e ne' tempi PERPETUO l33 Singolarmente men propizj , effetti di gran lunga su- periori a quelli della miglior macchina a globo ^ o a disco . A Luon conto io posso fare il mio piatto di metallo , o di legno magnitudine quantalibet ad effectus quantoslibet , come diceva il P. Beccaria ^ vantando il suo tavolino fulminante . Due sono solamente gF inconvenienti che s^incon- trano , volendosi far 1' apparato di una smisurata grandezza : uno intrinseco , e sostanziale , 1' altro estrinseco, e accidentale. Il primo è che crescendo in ragione dell' ampiezza della superficie la forza del- la carica , della scarica , e quella pure della scintilla , che tende a balzar dallo scudo mentre s'alza, il ma- stice ne vien tosto in alcun sito spezzato, o fuso, salvo che non sia di una comoda spessezza; ma che? la spessezza maggiore toglie molto della capacità della carica, e quindi anche della forza dell'elettri- cità permanente ( dico elettricità permanente non più vindice, perchè l'idea che ci porta il termine vin- dice è meno al fatto , ed alla teoria confacente per non dire assolutamente erroneo , come avrò luogo di provare in altro tempo ) . Il secondo inconve- niente riguarda V incomodo nell' usare di un appa- rato assai grande. Per nulla dire, che convien te- nersi col braccio allungato, e col corpo, e vesti di- scoste nell' alzar lo scudo, pur troppo devo sentire, che il peso di questo, sebben sia di legno inargen- tato, stanca potentemente, e che m'impedisce dì alzarlo, ed abbassarlo, come vorrei, con celerità. Quanto però all' incomodo nel far agire cotesto l34 ELETTROFORO scudo, penso di potervi agevolmente portar riparo : tra gli altri presidj quello mi propongo di un vette, o che verrà più opportuno, di alcune carrucole. Questo ingegno mi porrà in istato di vincere il peso con poca forza, e di far giuocar lo scudo standomi ad una comoda distanza, e con tutto agio della per- sona. Esso scudo poi ho già pensato a farlo dieci volte più leggiero che quel di legno: e vuol essere di tela stesa a foggia de' nostri quadri sopra una cor- nice , ma questa ritonda ( meglio anche della cornice di legno s' impiegherebbe un larghissimo collare di vimini che riuscirebbe , e più leggiero , e men sog- getto a gettarsi ) di tela dissi, in tal maniera stesa, e poscia inargentata. Avrà questa, oltre la leggierez- za, un altro considerabilissimo vantaggio di adattarsi bene , e sempre a combaciamento colla faccia del mastice assoggettata, e per la propria pieghevolez- za, e per virtù del? adesione elettrica. Con tali espedientissimi sussidj io potrò costrui- re, e render maneggevole anche ad un uomo solo un apparato grande di sette, otto, e più piedi. Im- maginatevi una tavola grande come quella per il giuo- co del Bigliardo , ma rotonda , foderata convenien- temente di latta, o di rame con sopra steso bene in piano un mastice nero, e lucente siccome specchio: vedetevi indosso posato un bel coperchio a plat- fond inargentato, o dorato, pendente da quattro capi di corda di seta che terminano poi uniti in un solo a un congegno di carrucole, e guidato nel sali- re, e scendere da due altre corde di seta fìsse vei'ti- PERPETUO l35 calniente , che giuocano in altre due girelle annesse a due parti estreme, ed opposte di esso coperchio, o scudo : ecco l' uomo a qualche passo dalla tavola, che col tirar una fune pendente , quasi in atto di suonar le campane , fa che suonino invece scintille fragorosissime , e fischino fiammelle , e getti di luce a tutti ì lati a distanza di piiì palmi contro i varj conduttori ad arte , o a caso d' intorno disposti ; di~ te, non è quel copei'chio Tidea d'una nuvola ful- minante ? Non vi fa terrore l'accostarvi? Eppur io, dato hando ad ogni spavento, amo anzi pronosticare utili cose, e vantaggiose, e mi compiaccio raffigu- rar ivi quella camera per la Medicina elettrica che vorrebbe il Sig. Priestley istituita. Ne vaneggio io già decantando così grandi, e strepitosi gli effetti d'un così vasto apparato: oso predirli tali, incorag- gilo, e quasi rassicurato dall'azione di quello, sopra cui sto attualmente sperimentando, il quale sehhen non giunga ancora a due piedi di diametro, è mira- bile il vedere di quanto lungo tratto si lascia addie- tro tutti gli altri apparati di circa un piede, o mi- nori . Ma la spessezTia del mastice per tanta estensione di superficie richiesta , che notai per primo , e intrin- seco inconveniente mi dà ancor molto a pensare . Se non che ho fondamento di credere che una linea, e mezza, o poco più sia per essere sufficiente per qua- lunque ampiezza, e il fondamento riposa sopi'a delle prove che ho fatte a quest' oggetto . Altronde per prove similm.ente fatte mi risulta che tale spessezza l36 ELETTROFORO dì una linea, e mezza ( sebbene si diminuisca di molto la virtù della mezza linea in sii) porta ancora una carica abbastanza forte . Ho detto cbe io estimo poter bastare per qualun- que grande apparato V altezza nel mastice d' una lì- nea, e mezza: intendo però che questo sia dapper- tutto unito j e sodo sopra un piano similmente egua- le _, e liscio, che non abbia screpolature, né vi si coprano sotto dei vacui , o bolle d^ aria . Ma come emendar quelle , e purgarlo affatto di queste ? Non è difficil cosa il venirne a capo . Steso bene , e ras- sodato nella vostra tavola il mastice, scorretevi sopra dappertutto , senza però toccarlo , con un largo , e grosso ferro rovente . In un subito vi si apriranno sulla superficie innumerabili buchi , i quali per forza dell' istesso calore di li a poco si riempiranno , e spa- riranno . Non basta , avviene spesso che adoperando r apparato , e tormentandolo , salti fuori qua , e là una magagna , per cui avete ad ogni tratto uua esplo- sione spontanea . Allora conviene andar in cerca colla lanterna del sito, ove s'asconde il vìzio : e la lanterna è una boccia ben carica con cui scorrendo sopra, una scintilla che scappi furtivamente vi av- verte a pelo di ciò che dovete correggere col vostro ferro rovente. ^PERPETU0 13/ Como 21 Dicembre 1775. Ho provato a far lo scudo , giusta quanto avea divisato, con una tela stesa su d^ una cornice . Ho scelto la tela incerata , e senza punto inargentarne la faccia stessa incerata che guarda , e bacia il ma- stice , mi sono contentato di vestire di foglia d' ar- gento la faccia che resta scoperta, e il contorno della cornice . Trovo che questo scudo giuoca ottimamen- te, e corrisponde a tutta V aspettazione mia . Dap- prima avendo pensato che l' argentatura alla faccia che tocca il mastice era per lo manco inutile , credei il meglio non vestire di foglia metallica che il con~ torno del cornice da cui si cavano le scintille ec. Ma poi m'avvidi ben presto che essendo la tela in- cerata conduttore pochissimo, buono, a stento, e len- tamente dismetteva ella il suo nativo fuoco in ragione che r eccesso del mastice lo esigeva , o viceversa : ciò era chiaro da vedere che toccando col dito , 0 con catenella lo scudo posato , toccandone dico r orlo inargentato , una piccola s cintilla si estraeva : indi a qualche momento tornando a toccare, un'al- tra piccola scintilla; e così successivamente per al- cuni minuti. Da ciò ne risultava, che alzando lo scudo dopo consumata dirò cosi la scarica, cioè do- po estratta tutta quella serie di scintillette , vibravasi scintilla fragorosissima guizzante ec, ma alzando esso scudo dopo un sol toccamento, la scintilla non ne ^ortiva che mei* forte di molto . 103 ELETTROFORO Allora fu cUinque che mi volsi al ripiego di vestir di foglia metallica la faccia tutta esterna della tela : cosi la scarica si fa sensìbilmente tutta in un sol toc- camente, non impedendola guari la poca spessezza della tela che prima V impediva coli' estension sua . Del resto torno a dire^ il dare una superfìcie metal- lica alla faccia clie guarda il mastice, è inutile sen- z'altro, anzi può essere per alcun riguardo di no- cumento . In prima l' estrema raolDÌlità del fluido elettrico ne' corpi metallici, e qualche picciola pro- minenza che si trovi in detta faccia inferiore, dà facilmente luogo a qualche disperdimento : si pro- voca più fortemente F elettricità inerente nel mastice a tradursi per quella : non cosi però una superficie quasi coercente , qual è quella dell' incerata nuda . D' altra parte poi un simile scudo , che non affaccia metallo alla superficie del mastice, né minacGia di, romperlo , o fonderlo colla scintilla nel venir alzato , né sopra posandovi, e ricevendo la carica, provoca si facilmente per qualche sopraggiunta screpolatura al mastice medesimo 1' esplosione spontanea , come d"" ordinario addiviene cogli scudi sin qui usati , per poco che s' incalzi la car ica . Giacché siamo sul punto di sopprimere la super- fìcie metallica ad oggetto di toglier massimamente il luogo all' esplosioni spontanee , non debbo lasciare di farvi parte d' alcune altre mie osservazioni, e avanzamenti circa la pratica, e la teoria dell' Elettro- foro. Ho dunque sospettato che non fosse necessa- rio , che il mastice steso venisse sopra un metallo : e basterà bene, io mi dice», che sia steso sopra un PERPETUO l5g corpo non isolante . Ho provato dunque a versare il mastice soj)ra un disco di legno nudo, e sopra uno di cartone : ed ho veduto difatti che si hanno i segni quasi egualmente forti di quando adoperasi un piatto di metallo. Noto solamente che facendo un Elettroforo di legno grande non può farsi la sca- rica che lentamente (presso a poco come ho osser- vato nel caso dello scudo non vestito di metallo in ambe le facce ) mercecchè il fuoco che si dismette dalla faccia superiore ossia dallo scudo non può to- stamente restituirsi per entro al legno non molto permeabile , e condursi alla faccia inferiore del ma- stice, o viceversa . Del resto dando tempo che ciò effettuar si possa , veggo che il legno si presta otti- mamente a tutti gli effetti. Si potrebbe anche rime- diare al difetto che nasce da questa lentezza, ver- sando si il mastice sopra tavole di legno nudo, ma coprendo poi di metallo il di sotto delle tavole me- desime , le quali vorrebber essere grosse sol di po- che linee . Ma la fermezza di esse ? Mi pare che queste sottili tavole cosi guernite si potrebbero indi assoggettare a un gran tavolo fermo , e sodo . Ma a che però, mi dite; un tale macchinamento ? Per istendere il mastice sul legno nudo , anziché sul me- tallo ? Appunto : giacché per questo modo verremo ( ciò che mi era proposto a principio ) a dare niun luogo pili alle esplosioni spontanee: e sì potremo stendere senza timore di questo il nostro mastice molto più sottile; che importa pur tanto per la mi- glior riuscita. Eccovi, Amico, un nuovo indirizzo per la costruzione di quel tremendo Elettroforo che l4o ELETTROFORO Vori'ei pur veder eseguito : ecco le correzioni che ho potuto immaginare tanto riguardo allo scudo , quanto riguardo al piatto , o disco . Saranno queste le ulti- me ? Non so . Ma non le chiamate perciò inutili : sono sempre passi che portano alF ingrandimento , e i dati fin qui non furono mai senza alcun progresso . Non termino senza darvi un ragguaglio delle con- siderazioni mie sul I-aro fenomeno di elettrizzarsi costantemente in più, il mastice di quel mio grande Elettroforo . Io sono ben persuaso che voi non sa- rete riuscito ad osservare il medesimo in qualunque maniera vi ci siate preso . L^ essere l'apparato gran- de, o piccolo punto non rileva; né io ho voluto in- sinuare che la grandezza mettesse quella differenza: indicai solo che il mastice il quale mi presentava tale singolarità era quello dell'apparato grande, sebbene ne fosse la composizione simile agli altri mastici che adoperava. Era difatto così la cosa riguardo agi' in- gredienti, e manipolazione , ma io non poneva mente a un accidente sopravvenuto durante la cottura del mastice , che ha dovuto alterarlo : l' accidente fu che vi si appiccò la fiamma, e ne venne in molta parte consumato: il residuo contrasse dell'abbruciato, o del carbone di maniera che lascia sempre tìnta la mano , o la carta quando si stropiccia , e facilissima- mente si sfregola. Dunque ho concluso che da que- sta alterazione dipenda l' indole mutata nel mastice di elettrizzarsi, cioè positivamente. Portando poi più addentro la considerazione, ho preso a sospet- tare che codesta mutazione d'. indole derivi dal de- terioramento della vii'tù di elettricità originaria, o PERPETUO l4l almen vi vada di paro: osservando che infatti cote- sto mastice mezzo bruciato aveva pochissima virtù. di elettrizzarsi per istropicciamento : laddove Taltro che costantemente contraeva per la via medesima elettricità in meno y e fino stropicciato con lamine metalliche, godeva di un^ elettricità generosa . L' in- duzione per me felicemente si estendeva ad altri cor- J)i j i quali non meno che la resina affettano V elet- tricità difettiva , e sono i legni abbrustoliti . In questi aveva osservato già, e scritto nel 5 Cap. della mia dissertazione latina 1771 , che i legni abbrustoliti di fresco, e a dovere, danno a qualsivoglia corpo an- che metallico con cui si strofinano , finché dura in quelli la massima virtù 5 ma che a misura che questa decade, degradano anche dair indole sua, e ricevo- no prima da alcuni metalli solamente, poi da più , poi da tutti, e fin talvolta dal panno nero ec. Or nella resina mi si spiega più largo il campo di que- sto passaggio . Occupa un estremo il mastice, che ho veramente ottimo , il quale con leggierissimo , e bre- ve stropicciamento conseguisce una elettricità affatto generosa 5 tien T altro estremo quel mastice mezzo bruciato , dal quale , sebbene stropicciato per una sì vasta estensione , qual è quella di due piedi nel- r apparato grande, appena ottengo una scintilluzza ( dico semplicemente stropicciato eh' eccita nello scudo una debolissima scintilla , perchè poi infon- dendovi maggior forza d' elettricità con altra mac- china, o colla caraffa acquista non meno che il ma- stice migliore*, tutti i gradi di forza ). Di mezzo a questi tengo altri mastici , i quali convenientemente l42 ELETTROFORO si elettrizzano per istropiccianiento . Parallelamente dunque a questa originaria virtù il primo affetta sì fortemente T elettricità in meno , che non consente di elettrizzarsi in più nemmeno dalla carta dorata , od altre foglie metalliclie : solamente coli' amalgama di mercurio ve lo costringo. Il secondo j o per dir meglio r ultimo in ordine alla virtù , è passato a mutar affatto indole, e non che elettrizzarsi in pili per V affritto di corpi metallici, lo stesso fa con qualsivoglia corpo . I mezzani finalmento danno alla mano, carta nuda, panno, cuojo ec. , e ricevono dalla carta dorata , foglie di stagno ec. JJ induzione dunque, e l'analisi vengono in conferma di quel mio sospetto circa il decadimento della virtù , cagione del rovesciarsi l'indole nei corpi resinosi . Ma credete voi che di queste osservazioni possa contentarmi ? L' induzione è ancor troppo poco estesa: d'altra parte io la vorrei confermata colla sintesi; e voglio dire che niente ho per istabilito finché non giunga a comporre a mia posta de' ma- stici che abhian 1' un' indole , e di que' che ab- biano l'altra, col solo mezzo di differenziarne la qualità , ossia virtù . Dirovvi per ora che mi ci sono provato, e in qualche parte con esito. Ho preso lo spediente per deteriorare la qualità del mastice, di meschìarvi del carbone messo in polve- re. Il carbone, come si sa, è un corpo conduttore poco meno che i metalli: per questo lo scelsi, e dirollo pure, per veder d'accostarmi all'alterazione che dovette ricevere quel mio mastice, che fu in pre- da qualche tempo alle fiamme. Il resultato fu che PERPETUO 145 ima certa dose di carLone mescìiiata all'altro mio mastice d'ottima condizione lo deteriorò d'assai, e lo ridusse difatti a ricevere dalle foglie metalliche a cui prima dava. Non potei però giammai ottenere che ricevesse dalla mano, carta nuda, panno ec. , e in somma che mutasse affatto indole come il ma- stice mezzo hi'uciato . Provai dunque ad appiccarvi la fiamma, e lasciarlo in buona parte consumare ; ma nemmeno con questo mi riuscì . Accrebbi la dose del carbone; ma allora non si elettrizzò piìi ne per eccesso , né per difetto . I tentativi fatti adunque non finiscono di appagarmi : non depongono però contro la concepita idea. Anzi mi resta ancor luogo a credere che il mastice alterato a segno di non ve- stir più sensibile elettricità per lo stropicciamento, abbia di poco oltrepassato il segno che cercava : può anche non averlo oltrepassato , ed essersi elettrizzato realmente in più , ma così debolmente che non ne abbia avuti segni sensibili : i quali segni sono forse sensibili soltanto nel grande apparato per esser tan- ta la superfìcie stropicciata. l44 ELETTROFORO LETTERA Al Sig. Giuseppe Klinkosch , R. Consigliere , Pubblico e Primario Professore di Anatomia neW Università di Praga , e Membro della Reale Società delle Scienze di Gottinga . Maggio 1776. Ho ricevuto alcune settimane sono sotto coperta a me diretta , e marcata dell'officio di Praga uno scritto tedesco , che ti'atta in parte del mio Elettro- foro perpetuo. Siccome ho fermo nell'opinione, essere l'autor medesimo, che abbia voluto obbli- garmi coir inviare a me questa operetta; cosi mi credo permesso di trasmettergli io pure alcuni fogli italiani da me pubblicati Tauno scorso in un'Opera periodica concernenti il medesimo Elettroforo . Non senza difficoltà ho io potuto intendere , Signore, co^ testo vostro tedesco, attesa la poca cognizione, che ho di cotal lingua ; di che mi duole pur assai . Se voi trovaste mai la medesima difficoltà rispetto al mio italiano , starebbero tra di noi le cose pari . Se non che io voglio pur procurare di rendermi , o più scusabile, o ben anche più benemerito di voi, ac- PERPETUO 145 Coiiipaguando i fogli impressi con alcuna cosa scritta di mia mano , e alla meglio che mi verrà fatto in una lingua, che non è la vostra né la mia, ma che saravvi senza dubbio j)iù famigliare che l' italiana (1). Non mi sorprende punto, Signore, che voi sti- miate dover diffalcar molto da quel merito , e vanto dell' Elettroforo , che il volgo de' Fisici , siccome voi dite , troppo precipitosamente gli ha accordato . L'ammirazione, che molti ne presero ha oltrepas- sato, e quello ch'io poteva a buon dritto pretende- re , e ciò che avrei mai potuto sperare . Si è tenuto in conto di una scoperta mia propria quello, ch'io fui ben lontano dall' atti-ibuirmi, vai a dire un nuo- vo genere di Elettricità , ossia una nuova maniera di eccitarla. Si può vedere per altro, ch'io faceva in- tendere assai chiaro col primo annunzio che usci del mio nuovo apparecchio nella Scelta d' Opuscoli di Milano per il mese d'Agosto, e più apertamente an- cora colla lettera al D. Priestley in data de' 10 Giu- gno, pubblicata in appresso nella medesima iS'ceZtó, eh' io non avea fatto altro più , che tener dietro , e dar risalto a un ramo di Elettricità, che già era noto sotto il nome di Elettricità Vindice . Tanto non vien egli indicato dai termini stessi , onde ho co- gnominata r elettricità del mio ajDparato Vindice indeficiente? Ma poi anche in termini più formali (1) La presente lettera fu dall'autore scritta in Francese, ed è riportata (tradotta in Italiano) nel Voi. 20 della Scelta d'Opuscoli di Milano pag. 32. Tom- I. 10 l46 ELETTROFORO mi esprimeva nella succennata lettera a Priestley : basta vederne il secondo paragrafo, ove , dopo aver- gli detto, che 1 fatti elisio era per riferire appar- tengono aW Elettricità Vindice ; e che egli da ciò immaginerebbe tosto, che si tratta d'una lastra ìsolante vestita, e snudata a vicenda della sua armatura , vengo a spiegare in qual maniera sono riuscito coll'ajuto A' un armatura 'pili conveniente, e col surrogare alle consuete lastre di cristallo altre di resinosa materia a rendere cotesta elettricità di una forza stupenda , e di una durevolezza ancor più maravigliosa . Ma non solamente ho io fatta menzione dell' Elet- tricità Vindice nel modo che si è veduto : ho par- lato eziandio della teoria di essa, e fatto caso delle sue leggi come di già stabilite. Ho detto in un luo- go : siccome richiede la teoria dell' Elettricità Vin- dice : sul fine poi della lettera mi trattengo a pai'lare d'una contrarietà di sentimenti tra me, e il Padre Beccaria sul conto dell'elettricità àell' armatura in virtù della scarica, e per l'atto dello snudamento ; e mi argomento di comprovare con nuovi fatti quella mia opinione avanzata già in una lettera latina al medesimo Padre Beccaria impressa fin dall'anno 176^, nella quale molto mi occupava a sviluppare cotesto principio dell' Elettricità Vindice . Egli è dunque fuor d'ogni dubbio e contrasto, eh' io era ben lungi dal pretendere alla scoperta della sovente menzionata Elettricità Vindice , od a quelle sue leggi già conosciute , e stabilite ; come- cbè io volgessi in mente già da grau tempo , ed or PERPETUO r^" più di proposito mi studj di riformarne alcuna , anzi pure un de' precipui capi della teoria. Che se poi alcuni, come voi dite, mi hanno gratuitamente at- tribuito un merito , e una lode , che per nulla ra- gione mi si devono , e contro cui io protesto , a chi dovrassene far carico ? a me non già. D'uopo è però convenire , che molte persone dovettero for- mare appunto quel giudizio , e he ne formarono , at- tesoché le sperienze dell' Elewicità Vindice lungi ben erano dall'essere famigliari-: infatti il numero di coloro , che aveanle viste non è già grande , e assai più scarso si troverà di chi le avesse da se stesso eseguite compitamente sopra le consuete la- stre di vetro ; non essendo il riuscir di questa ma" niera si agevole, Lensx frutto di somma diligenza, e destrezza , concesso soltanto alla mano de' più esperimentati. Ora tostochè comparve il mio ap- parato, i di lui effetti tanto più grandi, e sorpren- denti, quanto facili ad ottenersi, dovettero colpire, e fermar gli occhi di tutti : il nome imponente di Elettroforo Perpetuo concorse pur anche a far cre- scere quella specie di stordimento; infine l'amore del nuovo, e del maraviglioso indusse a ci'edere, che tutto lo fosse , di sorte che accoppiando all' in- venzione del nome, e dell'apparato quella puranco del genere di elettricità , venne cosi indistintamente attribuita oeni cosa al medesimo autore . Giusto è bene , che per rivendicare il merito a chi è dovuto , io venga spogliato di quello che mal mi conviene ; ed io con pieno animo acconsento a «juesto , e mi fo sollecito ancora di contribuirvi » l48 ELETTROFORO Guardimi per tanto il Cielo , cV io muova lamento contro di voi. Signore, perchè impreso aLbiate dì farlo ', debbo e voglio anzi sapervene grado : solo mi credo permesso di porvi sott' occhio che non si son fatte da voi le parti in tutto giuste , perciocché attribuito avete al Padre Beccaria ben più di quel- lo, che non gli si compete, ponendo Y Elettricità f^indice in vista di scopei'ta tutta sua . Epino die- tro il celebre sperimento de' Gesuiti di Pekino, Symmer con le sue calze di seta, (agna con una serie di sperienze analoghe prodigiosamente com- binate, e variate, e in gran parte nuove hanno aperta questa bella carriera , nella quale entrato il Padre Beccaria vi ha fatto di vero i più gran pro- gressi, giugnendo a stabilire delle leggi semplici, e luminose . Parlo di alcune di queste leggi ossia 7:anoni , non già di tutte , e nullamente delle sue Teo- rie , cui ho avuto sempre in mira di oppugnare ri- spetto ad uno de' precipui capi ( ciò che anche mi provai di fare nella lettera latina menzionata) , e cui mi applico presentemente più di proposito a rifor- mare , come già accennai . Ritornando ora al mio apparato , mi pare aver la- sciato abbastanza intendere , che io ne riduco tutta la novità , per quanto è della sua costruzione , alla miglior foggia à' armatura , ed allo strato resinoso sostituito alla lastra di vetro : quanto poi sia degli effetti, aW intensità costante dei segni eletti'ici, e yera. perennità ài essi: ciò che vale ad esprimeve per se solo il nome di Elettroforo perpetuo. Non (leggio però dissimulare le opposizioni, che intorno PERPETUO l49 a ciò so essermi state fatte ; e sono : che la disposi- zione propria dei corpi resinosi iDen più clie del ve- tro a ritenere V elettricità, è stata osservata, e cono- sciuta gran tempo prima di me da Grey, Du-fay, Epino ec: che quest'ultimo inoltre in compagnia di Wilke ci avea dato T esempio di un vero Elettroforo con quel bellissimo esperimento dello zolfo fuso in lina coppa di metallo, ond'egli traeva i segni elet- trici sì dal recipiente, come dal corpo di zolfo, ogni volta che ne li disgiungeva; e ciò anche dopo setti- mane, e mesi. Nulla io ho a ridire riguardo a questa anteriorità di tempo ; ciò che posso assicurare si è , che non son già io partito dalle sperienze di Wilke o d' Epi- no (delle quali non era nemmanco informato) per giugnere alla costruzione del mio apparato; bensì partii da quelle, che si faceano comunemente per la Vindice Elettricità servendosi di lamine di vetro : qui veramente io seguiva le sperienze di Beccaria ad oggetto di confutare, come ho sopra indicato, un fondamento della sua teoria; e così dietro ai miei principj fui condotto primieramente a dar una for- ma pili convenevole all' armatura , onde ottenere valida , e intiera forza d' elettricità (a) ; e ben tosto (a) Il P. Beccaria nella grande sua Opera dell'Elettri- cismo Artificiale 1772 n. 953 propone le seguenti questio- ni . » I. Quando stropiccio un nastro sopra di un piano , « e dopo lo stropicciamento gli resta aderente , ritiene egli « in tale stato l' Elettricità sua , ovvero la smarrisce in esso, « e non ritiene che la disposizione di ripigliarla quando l5o ELETTROFORO a sostituire le resine al vetro acciò mi si niantenes'< « ne è disgiunto ? II. Quando il nastro bianco , o nero per te l' attuale elettricità contraria , cui hanno , volano ad unirsi ce l' uno , air altro , o quando uno di essi vola ad unirsi alla « tavola , al muro ec. , ritengono essi in tale slato di ade- cc sione le attuali loro elettricità , ovvero vogliamo dire 9 > Prosiegue n. 954. « Pare , che siasi opinato , che gì' iso- le lauti elettrizzati condotti al detto stato di adesione ri-r, snudamento non ripi- gliava il suo primo fuoco ridondante a spese dirò così della veste , che anzi questa ne tirava a se per rifarsi d' un già sofferto spogliamento (il contrario s'intende nello snu- damento della faccia difettiva ) : che dunque la luce trailo disgiungimento mirava non già ad indurre elettricità in ambedue , bensì a dissipar la esistente , segnatamente quella della veste . Allora conchiusi , che ove trovassi mezzo di sof- ocare , od impedire in molta parte questa luce , che vuol dire un co tal disperdimento di elettricità, ottenutal l' avrei più vigorosa nella veste separata , e di tanto appunto più vigorosa, quanto a minor effusione di luce fosse lasciato luogo . Il mezzo mi suggerì ben tosto , come era ovvio : si trattava di scansar ogni angolo nell'armatura, essendo dagli angoli , e dalle punte singolarmente , che scappa l'elettricità: tanto ho io praticato , surrogando alle sottili lamine metalliche per aimatura quella foggia di scudo convenientemente grosso ben ritondato , e forbito . Or l'evento respondendo per intiero all'aspettazione, nuovamente , e invincibilmente confermò l'opinion mia: che 1' atto dello snudamento non va inducendo elettricità , piuttosto ne eccita a dissiparsi ; che in conseguenza quella , che mostrano respettivamente contraria la faccia isolante , e 1 armatura separate , l' aveano già prima stando unite; che finalmente nell'isolante è parte della stessa, e pro- pria sua elettricità, di quella cioè, che regnava prima della scarica ( onde pare , che converrebbe di chiamarla col tei- l54 ELETTROFORO mente r elettricità impressa 5 e rivolgendo pure in mente le idee, onde io mi era argomentato di spie- gare questa tenacità medesima in una lettera al Dr. Pi'iestley fino dal Maggio del 1772 (a) . mine piano di permanente , anziché con quello più spe- cioso che proprio di vindice')-, nell'armatura si è i'elet- Iricitk contraria indotta mercè del toccamento , o scarica , per l'azione appunto di quella permanente intesa a por- tare tal fatta di equilibrio , che son' venuto a distinguer col nome di equilibrio per compenso . Ma non è qui luogo di stendermi intorno a questo fecondissimo principio , che abbraccia quello delle atmosfere elettriche , anzi è lo stesso in fondo , e che verrò ampiamente svolgendo , e confer- mando nella memoria già da qualche tempo promessa. (a) « Un corpo (diceva io) , che lo strofinamento ha reso « elettrico , è un corpo , in cui la dose di fuoco elettrico è ce alterata , e che si sforza continuamente di ristabilirsi . Si ce conviene generalmente , che questo sforzo sia corrispon- cc dente aUa quantità di fuoco tolto, od accresciuto 5 ma io ce vado più iunanzi , e sostengo aver'altresi un rapporto colla te costituzione del corpo medesimo .E non si ]ia egli fon- cé damento di supporre , che quanto più un corpo avrk di ), ci fan vedere, e toccar con mano come l'elettricità sull'esterna faccia sola- mente de' Conduttori si dispieghi (e) . Quindi è che (a) Osservò Franklin che alcuni fili annessi al catino i quali per 1' elettricità indottavi aveano acquistato un certo grado di divergenza , 1' andavan mano mano perdendo a misura che egli traeva fuori per mezzo di un cordoncino di seta , e distendeva la catena che trovavasi prima am- mucchiata nel catino ; e conchiuse quindi giustamente , che l'elettricità andava cosi diradando mercè del propagarsi via via dalla superficie del catino a quella della catena a misura che questa svolgevasi ; ed in tale spiegazione fu viepiù confermato dal vedere che lasciala cadere di hel nuovo ad ammucchiarsi la catena in seno al catino invi- goriva la divergenza de' fili j segno evidente , che soppressa la supei'ficie della catena la porzione di elettricità che toc- cata le era , ricorreva ad addensarsi tutta sulla superficie sola del catino . (Ji) Dissertaiio de Electricitate etc. Genei'ae 1766. (e) Comecché sia più che sufficiente la prova di calare profondamente nella cavità del pozzo elettrizzato un corpo qualunque perfettamente isolato ( si adopera comunemente un cilindro di carta dorata appeso ad un fìl di seta , e si chia- ELETTRICI 169 nelle nostre macchine per uso de' Conduttori comodi a un tempo, e capaci soglionsi in oggi adoperare grossi cilindri, e sfere vuote d' ottone ( giacché il far- gli massicci a nulla giova), cannoni grossissimi di latta, ovvero anche di cartone ricoperto di fogliet- ta metallica, o carta dorata ec. In somma si cerca che il volume sia grande, cioè ampia la superficie del Conduttore qualunque siane la figura , salvochè puntuta , ed angolosa : poiché ben ci é noto per altro principio, come, e quanto le punte, e gli angoli fa- voriscono la dispersione dell' elettricità. Ma niuno si è ancora avveduto , che io sappia , ( o se per avventura taluno ne ha dato un cenno , lungi è troppo che siasi la cosa posta nel lume che merita ) che di due Conduttori di egual superficie fra loro quello abbia maggior capacità, che di tal ma secchia ) il quale tuttoché venga a toccare o il fondo o le pareti giù verso il fondo del pozzo , non ne tragge la più piccola scintilla , e non ne riporta punto di . elettricità j a me piace più , ed è più palpabile quest' altra prova ; ac- costo la secchia pendente dal filo ad un lato esteriore del pozzo , o all' orlo , e veggo che ne trae una scintilla , e capisco che 1' elettricità si comparte dal pozzo alla secchia in ragione delle respettive capacità . Allora immergo la secchia cosi elettrizzata nella cavità del pozzo fin verso il fondo , e vedo che là torna a vomitare la scintilla resti- tuendo al pozzo 1' elettricità da esso poc' anzi ricevuta ; infatti tratta fuori la secchia , trovo che ha smarrita ogni elettricità . Un sol grado non ne vuol dunque stare nell' in- teriore dei corpi ; ma tutta quanta 1' elettricità si porta , e si ^accoglie sulla faccia esteriore. 170 CONDUTTORI dato volume più gode in lunghezza , che in larghez- za, o in grossezza. Eppure la differenza è notahi- lissima. Alcune sperienze intorno alF azione dell* atmosfere elettriche mi hanno condotto a questa sco- perta, e a stabilire le seguenti proposizioni, cioè : che la grossezza di un Conduttore nonferisce molto meno che 4a lunghezza alla capacità di lui, che la figura sferica non è la più vantaggiosa a tale ogget- to ; che lo è assai più la cilindrica : che però anche riguardo ai cilindri se non può dirsi assolutamente superfluo il dare ad essi un gran diametro in gros- sezza ( come fassi comunemente co^ cannoni di latta, o di cartone destinati ad uso di gran Conduttori ), è però un meschino vantaggio , che se ne ritrae , e incomparabilmente minore di quello che trarrehhe- si, se in luogo di grossezza gli si desse un equiva- lente in lunghezza : che in una parola poco importa che il Conduttore sia grosso , ma molto che sia lungo . Per comprovare le asserite cose con delle spe- rienze che fossero decisive, ho preso tre cilindri di legno, il primo della lunghezza di un piede , e del diametro di 4 pollici; il secondo lungo il doppio, e la metà men grosso ; il terzo lungo otto volte più, e alti'ettanto men grosso : cioè quello ha 2 pol- lici di diametro con 2 piedi di lunghezza , questo 8 piedi di lunghezza con 6 linee di grossezza . Ciasche- duno di questi tre cilindri ha dunque un' egual su- perfìcie, cioè di un piede quadrato, senza contare però quella delle teste, per cui il vantaggio sta dalla parte del cilindro più grosso. Sono poi tutti simil- ELETTRICI 171 mente inargentati, e Liunilì, e cosi resi Luonì Con- duttori . Or giusta la legge generalmente stabilita , che la capacità de^ Conduttori siegue la ragione del- le superficie, dovx'eLbe poter ricevere, e contenere tanto 1' uno , quanto V altro di tali cilindri un' eguale dose di elettricità 5 anzi un poco più il cilindro più grosso, per conto della maggiore superficie, clie , come sì è detto , si trova avere alle due teste . Ma la cosa non va così : il cilindro grosso 2 poli, e lungo 2 piedi riceve una quantità notabilmente maggiore di elettricità di quello che ne riceva il cilindro grosso 4 poli, e lungo solamente un piede . Il cilindro poi grosso appena 6 lìnee , ma in compenso lungo 8 piedi, sì carica incomparabilmente più che questo, o quell'altro, e più che ambedue gl'altri insieme. Se alcun mi domandasse come accertar si possa, che uno riceva maggior dose di elettricità, che l'al- tro , non avrei che a fargli provare la scintilla di cia- scuno di questi Conduttori caricato quanto più si può, finché e. g. ne spicca il fuoco spontaneamente neir aria 5 sentirebbe quanto la scintilla del cilindro lungone sottile è più scoiente della scintilla dell'al- tro corto, e grosso , e del mezzano ancora . Per Voi, Signore, che sapete meglio di me giudicare dai moti di un Elettrometro ( mi servo ancor io come Voi di un semplice filo di lino teso leggermente da una pal- lottola di sughero , e che pende lungo il dorso d' un* assicella ), che comprendete che quanto più di azio- ne, e di giri della macchina accade d' impiegare per far salire il pendolino ad una determinata tensione, tanto maggiore vuol dirsi che sia la capacità del Con- 172 CONDUTTORI duttore, basterà il dirvi, che appunto conviene ag- girare la maccliina di più per il cilindro più lungo , e sottile j che quanta tensione eccita per avventura un sol giro negl'altri grossi, non F eccitano ancora tre, o quattro giri nel detto cilindro lungo . Sapete altresì, che appressando V oncino di una boccia di Leyden carica ad un Conduttore isolato , ne trae questo una scintilla proporzionata alla sua capacità. Ora de' tre miei cilindri quello che riceve dalla boc- cia scintilla più grande , e dimolto , egli è appunto il più lungo , e stretto . Ella è dunque posta fuor d' ogni dubbio la pre- valenza riguardo alla capacità di quello tra i Con- duttori di egual superfìcie , che supera gì' altri in lunghezza, quanto ad essi è inferiore in grossezza: prevalenza notabilissima , e che d' ora innanzi dovrà determinarci ad abbandonare i grossi cilindri, o can- noni usitati, per sostituirvene dei sottili ma altret- tanto più lunghi; corae sono i bastoni di legno inar- gentati, che io adopro con ottimo successo, e con minor dispendio . Ma non vi sarà poi limite alcuno da osservarsi circa questo assottigliamento di Con- duttori compensato per conto di lunghezza ? Sì vi è quello suggerito dalla facile dispersione dell' elettri- cità, che spruzza da se nell' aria quando il cilindro non sia più grosso di un grosso filo di ottone. Se tal dispersione non fosse , un sottil (ilo di rame tanto lungo , che venisse ad avere la superficie di un piede quadrato ( supposto che il diametro fosse di ^ di linea , importerebbe la lunghezza di i44 piedi) for- merebbe un Conduttore molto superiore al mio ba-» ELETTRICI 173 stone di 8 piedi lungo, e 6 linee grosso , Senza dubbio, esso sarebbe più capace; inquantochè a caricare di elettricità Tuno, o T altro fino a un de- terminato gi-ado di tensione ( marcata dal segno a cui sale il pendolino dell' Eletrrometro ) s'impie- gherebbe tempo ben diverso, cioè assai più per ca- ricare il filo 5 il quale conseguentemente vibrerebbe a quel dato grado di tensione scintilla più grossa, e scuotente . Un' esempio di questo lo abbiamo nel lungo filo, che dalla spranga Frankliniana , o para- fulmine sia condotto in una stanza, il qual filo elet- trizzato, comecché a piccola tensione, ci dà scintille corte sì, ma rabbiose, e scuotenti, e di più per un po' di tempo continue . Io mi sovvengo di avervi una volta detto , parlandomi Voi di un tal fenomeno , che non vi parca facilmente esplicabile, come io avrei creduto poterne rendere compiuta ragione, e piana, deducendola dalla grande capacità di questo lungo filo, eccedente dimolto la capacità degli ordi- nar] Conduttori . Certamente la notata disparità de- gl' effetti non procede perchè 1' elettricità instillata alla spranga, e al filo dalle nuvole agisca in un modo suo particolare, o diversamente dalla nostra elettri- cità artificiale . Il sospetto è vano. Provate ad infon- dervi r elettricità colla macchina ordinaria , o con una boccia carica, e quinci a trarre dal filo le scin- tille ; saranno non altrimenti che quelle del tempo- rale, pungenti, rabbiose sebben corte, e molte se- guentisi. Ma poi è da notare che siccome arrivata l' elettricità a certa non molto grande tensione si disperde dal filo, a cagione di sua troppa sottigliez.- 1^4 CONDÌ! TTORI za, e massime dalle scabrezze, che regnano qua, e là, e toglier non si possono ; cosi all' incontro il ba- stone di legno inargentato della grossezza di 6 linee, purché sia in tutta la sua superficie Len liscio , e for- bito, può esser caricato di più, cioè elettrizzato a molta m^aggior tensione, non iscagliando esso il fuo- co in spruzzi spontanei se non dall'estremità, quan-^ do finalmente si~t*n)vi estremamente carico; e nep- pur da queste, ove guarnite sieno di grosse palle levigate . La grossezza dunque di sei linee ne' bastoni di legno inargentati io la trovo più che sufficiente per r elettricità, che vi si voglia portare a qualunque ten- sione. Del resto tutto quello di ampiezza che uno cerchi di dare alla superfìcie del Conduttore , acciò divenga capace di una gran dose di elettricità, vuol essere in pura lunghezza. Dietro una tale idea io mi son procacciato un Conduttore, che riceve una strana quantità di elettricità, e da cui si cava una scintilla intollerabile , che scuote fortemente tutta la persona. È fatto questo gran Conduttore di 1 2, ba- stoni di legno della succennata foggia, e grossezza, cosicché in g6 piedi di lunghezza non ha di super- ficie in tutto che 12 piedi quadrati. Non eccede per- tanto la mole di un cilindro, che fosse lungo sola- mente 6 piedi, ma grosso 8 pollici; le quali misure se le abbia un cannone di latta o di cartone dorato, tìensi per uno dei Conduttori assai capaci. Ma trop- po sorpassano quei bastoni disposti in lunga fila un tal grosso cannone nella quantità dell' elettricità che ricevono, e degl' effetti che producono veramente ELETTRICI 1^5 poderosi. Colla mia macchina a disco di cristallo, quando anche agisce vigorosamente, fa bisogno per portare 1' elettricità nella lunga serie dei miei bastoni alla massima tensione, di venticinque, o trenta giri, imlla meno di quanto ricercasi per caricare forte- mente una piccola boccetta di Leyden : laddove quattro, o cinque giri solamente vi vogliono per ec- citare la massima tensione nel cannone di 6 piedi . Corrispondentemente chi si cimenta a cavare da quelli, o da questo una scintilla col dito, sente l'e- norme differenza che vi passa ; mentre comecché tragga foi'te, e vivace scintilla eziandio dal cannone, è però di gran lunga men grossa, piena, e scuotente che quella dei bastoni . Non vi dovrà esser più dunque, lo ripeto, chi proponendosi di avere da un Conduttore effetti grandiosi, non voglia sostituire ai grossi cannoni, sfere, ed altri corpi stati fin qui in uso, i miei ba- stoni di legno inargentati, e disposti in lungo punta a punta . Se non che il disporli in questa guisa , mi si dirà, non è sempre facile, anzi neppur possibile, se non si fa in una stanza grande , o in un lungo corri- dore ; e diviene poi sempre imbarazzante . Certo ci fa bisogno di una stanza grande anzi che nò , o della fu- ga di una galleria: tuttavolta non si richiede che sia questa, o quella lunga tanto quanto i bastoni tutt' in- sieme ; giacché non è necessario disporgli tutti in una sola fila: si possono convenientemente ripartire in due, ti'e, quattro file parallele in un piano orizzon- tale , a misura che la stanza o il corridore è largo 5 e inoltre sotto le prime altre file si possono collocare. Ìf6 CONDUTTORI e dopo il secondo, il terzo ordine ec. secondocliè l'altezza della stanza può comportare. Basterà sola- mente che dair una all' altra fila passi la distanza di tre in quattro piedi: condizione importantissima, di cui verremo tosto indagando la ragione . Nulla poi di più facile che Pisolare perfettamente tutte quante le file, sospendendole con cordoncini di tor- tiglia : quelle del prim" ordine alla soffitta della stan- za 5 quelle del secondo al prim' ordine ec. Un colpo d'occhio alla Tav. II. figura 1. \i dà l'idea dell'ac- cennata disposizione. AA BB sono due file di ba- stoni sostenuti dalle cordicelle aaaa^ e bbbb rac- comandate alla soffitta . G G D D altre due file appese al prim' ordine per le cordicelle ecce, e dddd, come il second' ordine al primo, cosi il terzo al se- condo, e al terzo il quarto ec. si possono far succe- dere : e similmente , come di due file , cosi di tre , di quattro e di quante più uno vuole si può formare ciascun ordine, o piano . A far poi che tutte comu- nichino, e compongano un sol Gonduttore, basterà una verga metallica per ciascun ordine posata a tra- verso il corso delle file dimodoché tutte insieme le tocchi , come ABGDj e un'altra verga come BD che congiunga un piano coli' altro. Ben s'intende, che i bastoni componenti ogni fila debbono toccarsi, e restare uniti punta a punta ; e comecché ad ognuno possa suggerire un qualche mezzo di ottener ciò, tuttavia non ìstimo superfluo di accennare il mio, che è di ficcare sulla testa di un primo bastone un pezzo di fil di ferro , il quale ne sporga un pollice o più , acciò con tal parte sporgente entri in un foro ELETTRICI 177 praticato nella testa di un secondo bastone , e cosi di seguito . Or parliamo più di proposito della distanza delle file . E ella poi richiesta assolutamente cotanto gran- de? E se in luogo di tre, o quattro piedi si accostas- sero, a tre, o quattro pollici solamente quale svan- taggio ne verrebbe? Grandissimo : quello di ristrin- gersi incredibilmente la capacità del Conduttore . Di vero pare incredibil cosa; perchè la superficie riman pur tutta di tutti i bastoni , come prima . Ma conviene osservare, che non è più, come dianzi, tutta affatto libera . Gonvien riflettere che per si fatto avvicinamento vengono i bastoni ad essere immersi neir atmosfei'a elettrica, ossia sfera di attivttà, un deir altro . Ebbene questa atmosfera elettrica di uno che fa ella sopra di un'altro corpo, che vi sia im- merso? viene a portarvi una tensione, o sia ad at- tuarvi una elettricità omologa, a un grado più o meno intenso secondo che più o meno è avvolto in detta atmosfera, secondo che vi si trova immerso più o meno profondamente , e vicino al centro di attività. Questa è una verità di fatto; e non accade qui rin- tracciarne la ragione , e il modo . Or quanto un cor- po ha già di tensione elettrica , tantomeno gli resta di capacità per ulteriore elettricità omologa - Cosi dunque stando i bastoni tra loro poco distanti, al primo infondervi r elettricità , quel grado di tensione che risultar dee per quella dose che ciascun riceve in proprio, s' accresce dimolto per 1' azione che vi giunge de' compagni; sicché venendo di tal modo attuati tutti a maggior tensione, tutti per conseguen- 1 omo I. 12 ly?) CONDUTTORI za arrivano più presto al termine della loro capaci- tà . Se vi fosse il caso in cui un corpo per parte uni- camente delle atmosfere elettriche venisse attuato alla massima tensione ^ non potrebbe quegli già più ricevere di elettricità propria ( Len s' intende ojno~ Ioga ) : o se acquistasse giusto tanto di tensione , quanto ne ha il corpo attuante, non riceverebbe da questo, neppur toccandolo , la più piccola scintilla, né gli verrebbe compartito punto di assoluta elet- tricità . E questo è giusto il caso dal pozzo elettrico, in fondo a cui la secchia investita da tutti i lati dall' atmosfera elettrica ne viene appunto attuata ad egual tensione ; e perciò nulla dal pozzo le si comparte della propria elettricità. Or si comincia a intendere perchè in un grosso é corto cannone, che abbia non minor superficie, ed anche un pò' maggiore di un lungo, e sottil cilindro, più presto r elettricità vi si porti alla massima ten- sione, e per conseguenza non vi si possa accumular in cosi grande quantità . Se idear vogliamo la super- ficie di quello divisa in tante liste, o fasce longitu- dinali, potrem concepire ciascuna attuata a maggior tensione dalle aggiacenti: a tensione, dico, maggiore di quella che la propria infusavi elettricità da se sola le porterebbe . Cosa dunque ottiensi commutando con altrettanta lunghezza la grossezza del Condutto- re ? Si riducono a meno le ideate fasce , si toglie via |)uona parte delle atmosfere laterali, si libera, di- ciam così, se non da tutte da molte forzate, e impor- tune tensioni la superficie ; e quinci vi riman luogo a tanto maggior dose di elettricità propria, ed assoluta . ELETTRICI l^r) Non ho voluto estendermi di più in questo caiupo delle atmosfere elettriche oltremodo fecondo, e che mena diritto ai principali fenomeni, e leggi dell' e- lettj'icità; ma ho preso soltanto ad esporre in ter- mini, e modi generali quello che ha una necessaria relazione coli' oggetto , che mi era proposto . Troppo più diffondermi conveniva se avessi voluto rimon- tare ai principj j ma scrivo una lettera, e non un trattato; e la scrivo a Voi, Signore, a cui non fa bisogno spiegare d'avvantaggio, e forse nemmeno tanto occorrea di dirne , poiché si fatta materia delle atmosfere elettriche, e foste dei primi ad illustrare , e intendete più di me a fondo . Io poi destino per una memoria a parte tutto quello che le mie osser- vazioni mi hanno insegnato intorno all'azione delle atmosfere elettriche : delle quali mie osservazioni , e idee alcune, e singolarmente quelle che riguardano la virtù delle punte, già vi son note per vari discorsi che con voi feci su tal soggetto le poche volte che ebbi il piacere di goder la vostra conversazione. §. 2. Della commozione che può dare un semplice Conduttore . Io non so che alcuno sia giunto ad ottenere da un Conduttore semplice una commozione gagliarda in nulla dissimile da quella che dà la boccia di Ley- den, o il quadro magico: commozione cioè, che si faccia sentire alle braccia, e al petto, che scorra per una lunga catena di persone scuotendole tutte vali- damente ec. Mi è noto solamente che i Sigg. Wilke, l8o e O iV D IT T T O R T ed Epìno sono riesciti a fare F esperimento della commozione con quei due larghi piani deferenti af- facciantisi a poca distanza, uno de' quali venendo elettrizzato in più, o sia infondendosi eccessiva dose di fuoco j obbligava V altro a spogliarsi in parte del proprio (a) , e so cbe si è voluto spiegare tal feno- meno coir idea cbe si caricasse propriamente una lastra d' aria in simil modo che si carica una la- stra di vetro armata facendo appunto per la lastra d' aria officio di armature gli stessi due piani defe- renti . Ma io posso ora far vedere che non vi è bisogno né di lastra che si carichi, né di tal dop- pia armatura , né in una parola della combinazione delle due contrarie elettricità, perchè abbia luogo la vera commozione , e che un semplice Condut- tore, e solitario, sol che sia di sufficiente grandez- za, basta a produrla eguale , e nella qualità, e nella quantità a quella che ne dà qualsivoglia boccia di Leyden , o quadro magico . E tanto ho predetto innanzi che potessi verificarlo, come dipoi feci pie- namente, sopra il capacissimo Conduttore composto di dodici bastoni di cui ho parlato ampiamente di sopra , e che alF oggetto principalmente di questa prova ho voluto fabbricarmi . (a) Questo sperimento veramente originale è riportato, e spiegato neir Opera profondissima di Epino ( Tentamen theoriae electricitatis , et magnetismi ) pubblicala gik venti anni addietro, ma molto rara; clic ho avuto occasione una volta sola di scorrere rapidissimamente^ e che ardisco dire non sembra abbastanza conosciuta o intesa dalla più parte dei Fisici che hanno scritto in appresso sull' Elettricità. ELETTRICI iSl Questi sotlili hastonl disposti in una fila sola , ovvero in più, ma colla necessaria distanza, come ho spiegato , i quali fanno in tutto 96 piedi di lun- ghezza , quando sono elettrizzati a dovere , se alzo il dito per toccarli, vihranmi contro tal scintilla, che mi scuote tutto il Lraccio singolarmente al gomito , e il collo di uno , o due piedi insieme . Se un' altra , o più altre persone mi danno mano esse pure nelle giunture delle Limaccia , e de' piedi simil scossa riportano . Fin qui peraltro, come che sia già questa , a chi hen mira ^ e intende una vera commozione , simile a quella che si rileva da una hoccia hen carica, di cui si tocca il solo on- cino , stando essa col fondo posata sul pavimento non molto asciutto, e stando la persona che tocca ella pure in piedi sul pavimento medesimo, è an- cora distante molto da quella violenta scossa che si sente toccando 1" oncino con una , e il ventre della hoccia colF altra mano a un tempo . Volete dunque una scossa di tal polso anche dal mio Condutto- re ? toccatelo con una mano , mentre colF altra toc- cherete un fdo di ferro che va a terminare in un pozzo, o nella terra umida, oppure senz' altro fate che sia ampiamente adaquato il pavimento della stanza . La comunicazione con un tal filo metallico , od altro huon deferente continuo che porti giù neir ampio universale ricettacolo della terra è ne- cessaria per dare il lihero sfogo all' eccessiva dose di elettricità che si trova accumulata nel capacissimo mio Conduttore : sfogo , che il solo pavimento poco l82 CONDUTTORI deferente alloi-quando è asciutto , non concede che a piccola quantità di fuoco , una grande non tra- smettendola che successivamente , e a stento . Una prova ben chiara di ciò è che se si sperimenti so- pra uno dei soliti Conduttori piccoli , o mezzani , ed anche competentemente grandi , avverrà che per vìa di una sola scintilla , che un' uomo comunicante semplicemente col pavimento , ne cavi, scintilla che ei sente unicamente sul dito che ne vien colpito , o poco più in là , avverrà dissi che si spogli quel Conduttore di tutta quel? elettricità che contiene , la quale elettricità comunque portata alla massima tensione , è tuttavia in poca dose , attesa V angusta capacità di tal Conduttore . All' incontro se sia que- sto assai capace, come lo è il mio , esplorandolo col dito , o con un pezzo di metallo , dopo la piuma scintilla gagliarda , scuotente discretamente il brac- cio e il collo del piede , si estrarranno replicate altre scintille assai più piccole , ma tuttavia pun- genti. Non così però se il pavimento sia abbastan- za umido , o meglio se chi esplora il Conduttore tocchi a un tempo il fil di ferro suddetto che va a terminare sotto terra: in tal caso una sola scintilla, che porta una scossa altrettanto più forte, disperde quasi tutta l'elettricità . Vedesi dunque chiaramente come il pavimento asciutto , il quale nìuno o al- meno non sensibile ritardo apporta al passaggio del fluido elettrico , quando è in discreta copia , l' ap- porta poi notabilissimo quando la piena ne è so- verchiamente grossa. Il che ancor meglio si vedrà, gè fai'assi che una, due, o più persone tocchino la ELETTRICI l83 mano , la gamba ^ il collo , o qualuncjue altra parte non ti'oppo coperta dalle vesti di colui che si accinge a trarre la scintilla dal gran Conduttore , o senza anche toccarlo , gli presentino a piccolissima di- stanza la punta del dito ; imperocché all' atto che egli provocherà sopra di se la scarica , scosse verranno con esso lui le altre persone eziandio , e balzerà visibilmente la scintilla dalla mano , dal collo ec. di quello alla punta del dito di queste . La stessa sperienza , e al m^odo stesso succede , se in luogo di trarre la scintilla dal mio gran Conduttore , sì cava dalF oncino di una boccia fortemente carica . E in questa , e in quella esperienza V eccessiva quan- tità di fuoco, che si affolla nella persona che la ri- ceve immediatamente dal Conduttore o dalla boc- cia non' potendo pervadere liberamente e tutto a un tratto il pavimento , schizza qua e là , e si sparge in vari rami , gettandosi di preferenza ne' corpi più deferenti, che trova più a portata di fargli strada, più capaci ec. Se vi avrà a cagion di esempio una rin- ghiera di ferro , e la tocchi con una mano chiti'agge la scintilla con 1' altra dal Conduttore , sarà scosso nelle due braccia non più nel collo del piede . S« comunichi con tai ferramenti non immediatamente, ma per mezzo di una catena di persone, la scossa si propagherà egualmente a tutte . Questa poi sarà più grande a proporzione che il corpo deferente a cui comunica la persona , o la catena di persone sia più ampio , e sia deferente più perfetto . Cosi umettando bene ed ampiamente il pavimento della stanza, massime se è terrena, la corrente dei fuoc© l84 CONDUTTORI non sì dirigerà più per gran parte verso la ringlilera che sia piantata in un muro secco , comunque la tocchi uno della catena 5 ma meglio passerà già per i piedi nel pavimento , e la scossa si sentirà pili violenta al collo del piede , e fin sopra al gi- nocchio . Così andate discorrendo per le varie di- sposizioni che incontrar si possono . Avrete sempre più j o meno valida scossa a norma dello sfogo , che si apre , e potrete indovinare qual direzione prenderà la scossa medesima . Ma perchè sia inte- ra, e valida quant^ esser può, cosicché dia al petto , Bisogna stabilire , come ho già detto , una comuni- cazione con corpi deferenti tale , che libero e in- tiero sfogo conceda a tutta la copia di elettricità accumulata nel gran Conduttore , sicché a un colpo solo si scarichi . E questa comunicazione non si ottiene mai così bene, come mandando un filo me- tallico dalla stanza fino in fondo di un pozzo , o a seppellirsi nella terra umida . Io mi piaccio sovente di far sentire la vera e fortr commozione che dà il mio gran Conduttore , e ve- dere a un tempo come , e quanto il foco elettrico presceglie la strada dei migliori deferenti , e la se- gue religiosamente per il corso continuo fino al grande universale ricettacolo, con questa sperìenza eh' è altrettanto bella quanto eloquente. Una perso- na posa la mano su d'una tavola, ove è fisso aduna piccola lastra un capo del fil di ferro , che dopo varj giri sul pavimento della stanza posta al terzo piano della casa , mette fuori della finestra , e lungo i muri prostrato per alcune centinaja di piedi, va finalmente ELE TTRICI l85 coir altro capo a terminare in un pozzo . La per- sona posa, come dicea,la mano sulla tavola in mo- do che le mancano solo alcune linee per toccare coir estremità delle dita il detto fdo , o lastra . Un" al- tra persona portatasi a Lasso in vicinanza del pozzo spezza colaggiù il filo di ferro , e i tronchi capi im- pugna uno colla destra, l'altro colla sinistra. Così stando le cose disposte , dico alla prima persona che cavi con la mano che tiene in libertà la scintilla dal gran Conduttore : ed ecco che la scintilla si ripete , e balza piena, e vigorosa dalla punta delle dita po- sate sulla tavola alla lastra , o filo di ferro , quand' an- che sia distante di più di un mezzo pollice , e fin d'un pollice intiero, intantochè risente la persona medesima nelle braccia , e nel petto una potente commozione ; ed una simile niente o poco minore sente pur l'altra persona rilegata presso al pozzo . Tutte queste prove , ed altre molte , che ti^alasciar mi conviene adesso, si uniscono a dimostrarci, che la quantità di fuoco elettrico , che rapidamente, e a un colpo, diciam così, invade ed attraversa il corpo, è la cagion vera, e propria della commo- zione : che questa corrisponde appunto, e a pelo a tali due condizioni della dose di elettricità accumu- lata da una parte , e dello sfogo che trova dall' altra . Non accade più dunque di mettere studio a rintrac- cia;re altra cagione, di ricorrere aduna marnerà par- ticolare d'agire del fuoco elettrico nella scarica delle lamine isolanti, ad una supposta reazione a qual siasi non intesa energia . Non ci è altra energia che quel- la, che chiamo tensione di elettricità, che è poi lo l86 CONDUTTORI ^stesso clie lo sforzo di spingersi fuori : il quale sfor- zo o tensione non può esser maggiore nella fac- cia della lastra caricata di quello sia nel Condut- tore che gli dà tal carica. Inezie poi sono il tirare in campo dell' immaginarie oscillazioni delle parti di tali lamine, T ideare di posta la fabbrica di tali parti, la configurazione dei pori , e somiglianti cose . Il giusto e il vero punto è di cercare come tanta quantità di elettricità raccoglier si possa sulla faccia di una lamina isolante armata, come abbia si prodi- giosa capacità un quadro di pochi pollici, quanta appena si trova in un Conduttore di molti piedi . Del qual problema io trovo la spiegazione chiaris- sima nella teoria delle atmosfere elettriche, essendo ima conseguenza dello scaricarsi del fuoco proprio che fa una faccia in ragione , che la faccia opposta si carica del? altrui . Ma di ciò avrò luogo di parlare più di proposito . Qui mi giova insistere ancora , mostrando la scin- tilla e scossa di un semplice Conduttore non dif- ferire per alcun' accidente che sia dalla scintilla e scossa della boccia di Leyden , se non dal più al me- no; e nemmanco tanto, ove sol diasi tal grandezza al Conduttore, che divenga in ragione di capacità eguale ad una delle due superficie armate della boc- cia. A quest'intendimento io andrò prima toglien- do certe apparenti differenze, che più sembrano sal- tare air occhio 5 indi seguirò a fare un compiuto parallelo, combinando in vari modi T esperienze. Che sì, che arrivo a convincer voi pure. Signore, come mi son convinto io stesso , che l' esperimento ELETTRICI 187 della commozione non è più proprio alla Loccia, o al quadro magico, di quello sia al Conduttore sem- plice ? che una grossa piena di fuoco comunque , e da qualunque parte si scarichi rapidamente , e ad un tratto produce nel corpo che attraversa T effetto di cui ora si tratta ? Voglio prendere da Voi medesimo , giacché suc- cintamente ed elegantemente più d^ ogn' altro V ave- te notate le pretese differenze . Ecco come vi espri- mete alla tesi XIII della vostra lodatissima Disser- tazione w Quantumcumque electricum fluidum in uno » corpore j si vitrum excipias , condensatum fuerit, j7 et quantumcumque in altero rarefactum,corpus per » quod aequilihrium restituitur commotionem nun- 5> quam experitur ; validissimae quidem , crepitantes , 7f pungentes^lucentes, magnaque e distantia prodeun- w tes erumpunt scintillae , sed ab sque ilio singulari }? commotionis sensu ,qui facile cognoscitur , difficile » describitur . Nec in dolons quantitate stai differen- » tia sed in ipso genere sensus ; levissima enim com- 5? motio a fortissima scintilla omnino differì, licet >? haec plus doloris, quam illa afferai w Riguardo dun- que a ciò che concerne quel genere singolare di sen- so, acni si è appropriato il nome abbastanza spie- gante di commozione , altro non oc corre che richia- marvi alle sperienze, che ho sopra descritte, ed invitarvi a ripeter tali prove. Aggiungerò qui solo che la scossa che si rileva dal mio gran Conduttore è cosi simile a quella di una boccetta di Leyden, che può in- gannare qualunque fosse più versato nelle sperienze elettriche . Vorrei che Voi foste qui , caz'O Signore lOO CONDUTTORI (come nella scorsa state vi foste, e lasciato mi avete belle speranze si allora, che il seguente autunno, quando fui io a ritrovarvi a Ginevra di rivedervi un'altra volta a Como) , e vi farei sentire delle scos- se, clie non potreste distinguere d'onde vengano, se da una boccetta carica, o dal mio Conduttore semplicemente, no, non potreste distinguere , fuor- ché veggendo ciò che passa, e non veggendo nulla e. g. stando lontano dalla stanza ove io opero, e te- nendo Voi due fili di ferro un colla destra, un colla sinistra, dovreste giocare a indovinare, e si sba- gliereste sovente. Ma dunque non sarà vero ciò che dite , che a qua- lunque gran segno sia condensato il fluido elettrico in un Conduttore, e rarefatto in un'altro, il corpo per cui passando rimettesi in equilibrio non prova punto quel genere singolare di senso, che dìciam com- mozione ? Si sarà vero dei Conduttori ordinar] , che non siano di grande capacità 3 non però di Con- duttori capacissimi . Ecco che i due gran piatti d'Epi- no uno carico di fuoco, l'altro spogliato portano una vera commozione a chi tocca questo , e quello insieme. Ma anche senza il contrapposto di due con- trariamente elettrizzati, ecco il mio Conduttore lun- ghissimo , che da una commozione pur vera verissi- ma a chi né provoca la scintilla comunicando sem- plicemente con la terra umida, o immediatamente, o per mezzo di un filo di ferro . Ho detto che la vostra asserzione sarà vera quan- do si esperimenti sopra Conduttori non molto ca- paci quali si adoprano d' ordinario . Ad ogni modo se il Conduttore non sia dei più piccoli, se sia un cannone e. g. lungo quatti'O, o cinque piedi, ed an- che meno , e lo elettrizzerete a una gran tensione a segno che esplorandolo vi dia quelle scintille che dite strepitose pungenti , e vibrate a gran distanza , nulla più avrete a fare per rilevarne una commozione leggera sì, ma pur vera commozione, che di toccare col dito di una mano il filo di ferro che mette in terra umida , mentre con un dito delF altra eccitate dal Conduttore sì fatta vivace scintilla : vi sentirete ambe le dita punte, e scosse le articolazioni di esse, e fino la giuntura della mano col braccio. Se la scossa non arriva al petto , e ne anche fino ai gomiti, non vi arriva neppure quella di una boccetta di Ley- den molto piccola, e leggermente carica. Ciò pro- viene in ambi i casi dalla scarsa dose di fuoco elet- trico che si scarica a traverso del vostro corpo, giac- ché è poca la quantità di elettricità accumulata là nel Conduttore non molto grande , qui nella boccetta piccolissima . Che ? non si può fare una boccetta di così miserabile capac tà per essere piccola oltremo- do, o di vetro assai grosso , che caricata quanto mai può portare giunga tutta al piìi a squotere le prime articolazioni delle dita, ed anco meno di queste, cioè a farsi appena sentire con leggera puntura all'estremità del dito mignolo con cui si tocchi la sua esterior veste, intantochè dall'uncino si trae la scintilla, alquanto più pungente, e assai più vivace? Or così meschina commozione, che appena può dirsi tale non mancherà di darvela pure un Conduttore semplice di meno che discreta mole, un cilindro di 190 CONDUTTOKt Un piede , o poco più , se lo esplorerete mentre m egual modo con la punta del dito mignolo toccate il filo deferente che va nel pozzo . Che se ( per rimon- tare ornai dagli ultimi termini a cui abbiam portato la commozione , si della boccia che del Conduttore a gradi superiori ) a proporzione che la boccetta è più capace j e più carica , viene a portare la scossa più in su alle giunture delle dita , a quella della mano col braccio, ai gomiti, agli omeri, al petto, tanto e nulla meno giunge a fare un semplice Con- duttore a misura che esso pure è più ampio e ca- pace . Cosi quattro dei miei bastoni che vengono a dare 32 piedi di lunghezza fan già sentire la com- mozione fino ai gomiti, quale, e quanta la può far sentire una boccetta che abbia sol 2, otre pollici in quadro di superficie armata , o ben 5 , o 6 , se il ve- tro è grosso ( si sa che più lo strato isolante è gros- so, e meno di carica può ricevere, il che pure si spiega colla teoria delle atmosfere elettriche ) : i dodici poi bastoni insieme, che fanno piedi 96 mi portano la commozione fino al petto , come ho det- to e ridetto più volte, commozione non men grave di quella che mi dà una lastra di vetro discretamente sottile di 4 poli, in quadro di superficie armata. Dal che vedesi ancora più particolarmente, come T am- piezza del Conduttore semplice dee essere stragran- de comparativamente alla grandezza della boccia per venire ad avere una capacità eguale . La qual cosa per ridirlo qui ancora s'intende a maraviglia nella teoria delle atmosfere elettriche; e sarà a suo luogo spiegata. Vengo ad un'altro passo che mi offrite ELETTRICI 191 nella nota alla tesi XII. w Omnia phaenomena , quae » attentus miratur observator^ dura ingens lagena, vel » magna tabula magica oneratur, ostendunt electri- » cum fluidum a globo suppeditatum, incognitae im- ;? pulsionis actione^totis viribus mere in vitrum aquae n vel metallo supposìtum. Etenim leiìtissime interea V ascendit subereus electi'ometri globulus, brevissi- j? mae sunt scintillae expropagatore,et omnino diver- » sae ab eis quae absente pliiala educuntur . Hae sci- ',} licet albae unicam explosiouem, unicum crepitum :> cumjmica punctione edunt. lUae rubellae, plures ?7 simul ad exiguam distantiam exeuntes,digitum cura. j? acerbo dolore continuoque sibilo rodunt, quasi ;? aegre , et invite amatam vitri superficiem desereret ;; fluidum electricum . Quis nitidam illox'um facto- ?? rum dedit explicationem?Nemo,ut opinor. Desunt 5? adbucdum sat magno numero collectae observatio- 7f nes, desunt experimenta » . Or io mi lusingo di ave- re le desiderate esperienze ed osservazioni prodotte , tali clie vi soddisfacciano pienamente • E già voi vi aspettate ciò che io voglio dire, che sì fatte men reali che apparenti differenze son nate dal? essersi presi per termine di confronto Conduttori non abbastanza capaci, e bocce capaci di troppo. Infatti mettendocisi innanzi un gran fiasco, od un vasto quadro magi- co, quale sterminato Conduttore convien porgli in confronto? Giudicatelo da ciò che il mio lungo yS piedi non ha più di capacità di una boccettina , o lastra di vetro di 4 pollici in quadro di superficie armata. Prendete dunque a rifare l'esperienze con boccetta non più grande, e con Conduttore non più 192 CONDUTTORI piccolo dei divisati, e si ridurranno le apparenze tutte ad una ammirevole perfetta eguaglianza . Ve- di'ete neir infondere V elettricità eziandio al Con- duttore solitario, come lentamente ascende l'elet- trometro , né più , né meno di quel che succede nel caricare in luogo suo la boccetta : come vi vuole presso a poco egual numero di giri della macchina per portar quello ad una certa tensione, e per por- tarvi questa. Il montar dunque lentissimo dell' elettrometro quando al vostro Conduttore annettete il graa vaso di vetro , o quadro magico non proviene dalla capa- cità stragrande di tal quadro o vaso . Un Conduttor semplice lungo tante migliaja di piedi, che agguagliar potesse tale capacità, vi mostrerebbe sicuramenre il medesimo, richiederebbe un egual numero di giri per venire all'istesso punto di tensione; siccome dai^eb- be puranche le medesime brevi, rossiccie , mordenti scintille accompagnate da quel continuo sibilo , che provate nell' esplorare il quadro che si va caricando . Sì ; lo smisurato Conduttore che io dico vi darebbe somiglianti brevi,rossiccie, acerbe scintille,esploran- dolo prima che vi giungesse Telettricità a molta ten- sione; poiché giunta a tal segno sia in Conduttore pic- colo, sia in grande, sia anche in una boccia, ne balza allora una scintilla chiara e vivace a più, o meno gran- de distanza: scintilla pungente solo la pelle, se da Conduttore non molto grande proviene, ma scuo- tente braccia, e gambe se da amplissimo Condutto- re , o da boccia procede ; dopo la quale scuotente scintilla, le anzidette piccole rabbiosette a provarsi ELETTRICI 19.) rimangono . Tali scintille replicate , e continue per alcun tempicciuolo , le dà già il mio Conduttore lun- go 96 piedi j come nel raccontarvi disopra le prime prove ho spiegato 5 e le dà anche più mordenti il lunghissimo filp di ferro del para fulmine come pur si è detto, e Voi stesso, o Signore, provato avete , e ci avete fatto sopra di molta riflessione , più ancora crescono, se unisco, come tal volta mi di- letto di fare, detto filo del parafulmine alle mie serie di hastoni per farne un sol Conduttore . Che se non sono tuttavia così rabbiose, né durevoli tanto, quan- to le scintille che si cavano dal gran Quadro, non cedono punto a quelle di una discreta boccetta esplo- rata alPistesso modo, e bastano a farci presumere -quali sarebbero se il Conduttore fosse ancora di molto più grande . Imperciocché se da uno di pochi pollici di lunghezza ( quale io credo che voi solo adoperato abbiate ) elettrizzato a forte tensione ottener non si può che una o due scintille chiare e spiccate, che dissipano a un tratto tutta la di lui elettricità , tanta non essendo, che il pavimento co- mechè asciutto apportar le possa notabil ritardo ; all'incontro da un Conduttore lungo presso a 100 piedi, a piccola tensione di elettricità, si cavano, pria che se ne spogli affatto , replicate scintille ; già viene da se, ed ammetter ben dobbiamo, che un Conduttore otto, o dieci volte più capace ancora, elettrizzato similmente a piccola tensione, ci scarichi una pioggia frequente e lunga di tali scintille viepiù rabbiose , e stridenti . Ho avuto occasione di notare più volte che una Tom. L i3 1^4 CONDUTTORI piccola Loccetta di pochi pollici di superfìcie armata è capace di tanta dose di elettricità, quanta appena ne può contenere un Conduttore semplice lungo molti piedi j ed ho anche più detei'minatamente fissato , che il mio Conduttore dì 96 piedi equivale a 4 pollici in quadro di superficie di vetro armata più , o meno, se- condochè il vetro è più o men grosso . Or mi resta a spiegarvi più particolarmente le prove con cui con- fronto io le respettive capacità del Conduttore , e del vetro armato. Si riducono queste propriamente a due. Una è di osservare quanto convenga somministrare di elettricità colla macchina al Conduttore, e quanto alla boccetta per portarli a un determinato grado di ten- sione: ciò che si misura presso a poco dai giri che si deggiono far fare al disco, o gloho della macchina neirun caso, e nelF altro per far salire T elettro- metro ad un dato segno . U altra prova è di con- frontare , per quanto il senso giudicar ne può , il valore della commozione quando proviene dalla boc- cetta carica, e quando dal Conduttore elettrizzato. Riguardo alla prima adunque se tanto vi vuole a un di presso di giuoco della macchina per il mio gran Conduttore di 96 piedi quanto per una boccetta di 4 pollici in quadro di armatura , conchiuderò che hanno questo e quello presso a poco capacità eguale . E cosi è appunto : vi sovviene che ho detto richie- dersi da 25 in 3o giri del mio disco di cristallo, quando V elettricità è vigorosa , tanto per elettrizzare alla massima tensione il Conduttore soprannominato, quanto per cai'icare il più potentemente che far si possa una boccetta della suddetta misura . ELETTRICI 190 Rapporto alla commozione ho detto tutto col di- re , che si sente egualmente valida data da quello , o data da questa : Lene inteso che la tensione sia in ambedue eguale . Perciò io soglio confrontare la Loccetta ed il Conduttore portati a quel grado di tensione in cui già cominciano a spruzzare (una dal pomo, od uncini j T altra da qualche simil palla, od estremità ritondata ) V elettricità nell' aria . Anzi per assicurarmi meglio che la tensione sia in amen- due eguale , elettrizzo unitamente boccetta , e Con- duttore j indi ritirata quella da questo gli esploro se- paratamente : quella nel modo solito impugnando il ventre , e toccando con T altra mano V uncino 5 questo alla mia maniera , cioè postandovi una mano per estrarne la scintilla , mentre coli' altra impugno il filo di ferro che conduce in terra . In questa for- ma , e con tali attenzioni provando io una scossa egualmente forte che T altra , eguale giudico la ca- pacità del Conduttore , e quella della boccetta 5 il che nuovamente confermo col variare in più belle maniere , e combinare simili sperienze . 1.° Elettrizzo il Conduttore, e la boccetta am- bedue alla massima tensione , ma contrariamente , quello per eccesso , questa per difetto . Toccando con una mano il filo di ferro , già tante volte men- tovato, che mette capo in terra, e che più breve- mente chiamerò d' ora innanzi ^/o deferente , e im- pugnando coir altra la boccetta , ne porto V uncino contro il Conduttore : ecco scoppia forte scintilla; ed io ricevo attraverso le braccia , ed il petto la com- mozione tanto valida, quanto se scaricato avessi so- 1C)6 CONDUTTORI pra il mio corpo immediatamente la boccetta, o inimediataftiente ricevuto la scintilla del Condutto- re . Dopo esplorando e questo Conduttore e quella boccetta, trovo che non vi è più nulla , o quasi nulla di carica in nessuno dei due . Gli accidenti tutti di questo sperimento si spie- gano da se , supposta liei Conduttore e nella boc- cetta eguale la capacità . Siccome quanto soprab- bondava di fuoco nel Conduttore elettrico in più y tanto ne mancava all' interior superficie della boc- cetta elettrica in meno , ed altrettanto di bel nuovo ve ne aveva di accumulato sulla superficie esteriore della medesima ( conforme a quel che vuole la teo- ria delle cariche) ; così coli' appressare V uncino della boccetta al Conduttore si die luogo a questo di fare la piena scarica di tal suo fuoco sovrabbondante , che giusto valse a risarcire tutto il difetto delF in- terna superficie della boccetta, la quale in conse- guenza fu obbligata a rilasciare dall' altra faccia ester- na quella egual copia di fuoco già accumulatovi, che detto abbiamo , a rilasciarlo sì ad un tratto tutto questo fuoco scaricandolo nella mano impugnante la boccetta, e mandandolo attraverso il mio corpo, e il filo deferente a perdersi nel comun ricettacolo della terra . 2.° Replico la stessa sperienza, ma al rovescio, cioè elettrizzando l'interiore della boccetta in più e il Conduttore in meno. Istessa commozione nel mìo corpo ; e istessa compita distruzione della ca- rica di elettricità, si nella boccetta che uel Con- duttore , ELETTRICI 197 La spiegazione è pur qui chiarissima . Il fuoco eccessivo accumulato nell'interior superficie della boccetta è appunto sufficiente a compensare il di- fetto del Conduttore in cui si getta : ma ciò non si fa senza che all'esterna faccia della boccetta mede- sima accorra altrettanto fuoco^onde risarcirla di quel- lo di cui si trova spogliata : ed ecco appunto , che vi accorre venendo su dal grande comune ricetta- colo per il filo deferente, e per la persona che tocca questo filo cou una mano , e con l'altra impugna la boccetta. La commozione pertanto, che è sempre l'effetto di una corrente di fuoco che attraversa il corpo , e che è proporzionale alla copia di fuoco, e alla rapidità con cui tragitta, ben si vede, che dee ri- sentirsi quale e quanta si proverebbe scaricando immediatamente la boccetta sopra il corpo, o im- ra.ediatamente ricevendovi la scintilla del gran Con- duttore ; ed eguale in questo, come nel pi'imo spe- rimento, giacché la piena essendo egualmente gros- sa e l'apida, egli è poi tutt' uno che si diriga dal braccio destro al sinistro, o dal sinistro al destro; che mova dal Conduttore alla terra, o dalla terra al Conduttore . 3.° Carico or solamente la boccetta per ecces- so , e impugnatala ne porto l' uncino contro il Con- duttore che non ha punto di elettricità né di una specie, né dell'altra: con questo non si scarica la boccetta che per metà; ed io riporto una commozio- ne, che vale giusto la metà di quella che mi avrebbe dato la boccetta scai-icandola immediatamente sopra il mio corpo . Tale scossa,che dico la metà men forte. 198 CONDUTTORI è non pertanto di qualche polso, e mi giunge di- scretamente grave ai gomiti, e fino al petto, se la Loccetta fu caricata a gran tensione. Egli è evidente che V interna superficie della boc- cetta dee scaricare sopra il Conduttore tanto del suo fuoco eccessivo, quanto ve ne vuole per ridurre in amendue V elettricità ad un egual grado di tensione ; tutta la quantità pertanto del fuoco soprabhondante si distribuisce tra i due a proporzione della rispet- tiva capacità . Se dunque si comparte giusto per me- tà è questa una prova sicura che hanno la boccetta, e il Conduttore una capacità eguale. E ciò è ap- punto che raccolgo da quella scossa che ho detto equivalere alla metà della scarica totale j e ancor più chiaramente confermo col residuo di carica che tro- vasi avere ancora la boccetta, e con quella che ha acquistato il Conduttore, conciosiachè esplorando la boccetta a parte, ricevo un'altra mezza scossa del valore della prima , e una terza finalmente d' egual peso ne ricevo esplorando similmente a parte il Con- duttore . 4.*^ Or fò l'esperienza in senso contrario, elettriz- zando cioè il solo Conduttore per eccesso j e pre- sentandoli l'uncino della boccetta non punto carica. Con che acquista essa quella carica che può darle la metà del fuoco sovrabbondante di quello che lan- ciasi alF interiore di lei superfìcie, ed io ripoilo una corrispondente commozione per altrettanto fuoco che si spinge via dalla faccia esteriore della boccetta medesima : commozione che vale la metà di quella che ini darebbe la piena scintilla del Conduttore ELETTRICI 199 scaricata Immediatamente sul mio corpo . Così po- scia esplorando e la boccetta e il Conduttore , cia- scuno a parte, rilevo, come sopra, due altre scosse eguali alla prima , e tra loro . 5.° Gli stessi sperimenti 3.' e 4-° gli l'ipeto so- stituendo all'elettricità di eccesso quella di difetto ', e i resultati son quali si devono aspettare . Io ho le tre scosse dimezzate ( ciascuna cioè che vale la metà della piena scarica che si eccitasse immediatamente sul corpo) : la prima nell'atto di provocare la scin- tilla tra l'uncino, e il Conduttore, la seconda, e la terza nello scaricare il Conduttore e la boccetta, ciascuno a parte . Ho sempre inteso che in tali prove si tenga con una mano il fdo di ferro che conduce in terra , men- tre con l'altra si provoca la scarica del Conduttore, o immediatamente, o per mezzo della boccetta. Se la persona non tocca in qualche modo a un buon de- ferente continuo , se comunica solo col pavimento asciutto, od altri corpi poco deferenti, o interrotti, la corrente di fuoco viene più o meno ritardata, tantoché la scarica non si compie più ad un tratto , ma successivamente in tempo comunque non gran- de ; ciò che basta perchè la commozione si risenta molto men valida . Tutte le surriferite sperienze, che concorrono a farmi giudicare la capacità del mio Conduttore di 96 piedi prossimamente eguale alla capacità di una boccetta di 4 pollici in quadro d' armatura, mi pia- ce poi di variarle con altre boccette di maggiore , e di minor capacità. Dunque preudendone una di 20O CONDUTTORI 3 pollici solamente d'armatura, ed una pur anche di più di 4 ™^ di vetro assai grosso, osservo clie comparte più che la metà della carica al Con- duttore, e che questo all'incontro comparte meno della metà della sua a tal meschina boccetta: così poi dopo sì fatta distribuzione prevale sempre la scossa del Conduttore a quella della boccetta. Tutto r opposto avviene quando sperimento con boccie di 5 di 6 di 8 pollici in quadro di super- ficie armata . Queste si portano via a proporzione più della metà della carica che abbia il Conduttoi'ej e della carica che abbiano esse non ne danno che una parte minore della metà a quello : coerente- mente le scosse loro sono di maggior polso ec. Quando poi si provocano alla scarica boccia , e Con- duttore elettrizzati contrariamente ( suppongo ad egual tensione ) nel più capace , o sia questo il Coil- duttore, o sia la boccia, non vien già distrutta tutta la carica : ma vi rimane un residuo più o meno grande a proporzione che è più, o meno grande la differenza 5 e nel men capace, non solamente vie- ne a perdersi per V intero la primiera carica , ma vi prende luogo una carica in senso contrario , che è la parte sua proporzionale che gli tocca del so- praddetto residuo . Sarebbe ora superfluo il fare ulteriori combina- zioni di questa sorte 5 ed io volentieri lascio a voi , Signore, di moltiplicarle, e variai'le a grado vostro colla soddisfazione di veder sempre i resultati rispon- dere air aspettazione, cioè a quanto dalla conside- razione delle respettive capacità eguali, o disuguali ELETTRICI 201 e dalla tensione sempre eguale a cui sorger dee r elettricità nel comunicarsi dal Conduttore alla boc- cia o da questa a quello potete anticipatamente de- durre, e pronosticare. Desidero grandemente che ne facciate presto alcuni saggi almeno, che potranno Lastare a voi dotato di tanta sagacità per tutto com- prendere. Non vi è duopo perciò di fabbricarvi a bella posta un Conduttore della grandezza del mio. Ne avete uno capacissimo , bello e prepara- to, ed è il lungo filo conduttore del vostro para- fulmine . Ho ancora innanzi agi' occhi come stanno colà dietro il giardino in quella vaga stanzetta, ed entro quella bussola, che ha vetriata e porta che s'apre, il tutto con somma eleganza disposto, come stanno, dico, i due campanelli tra i quali giuoca il pendolino : e mi figuro non senza compiacenza di veder voi impugnata una boccetta, portarla a toc- car coli' uncino il campanello , o filo proveniente dall'asta metallica , e con essa isolato , mentre coli' al- tra mano toccate l'altro campanello, o filo defe- rente continuo , che va a seppellirsi in terra, e che noi chiamiamo ^Zo J/ Jfl/wfe . Non dubito che tosto non troviate di proporzionare la boccetta, ossia di sceglierne una di presso a poco eguale capacità al vostro Conduttore 3 per riuscire a distruggere re- ciprocamente la carica di quella coli' elettricità con- traria di questo; e per confrontare il valor delle scosse date dalle scai-iche intiere, e dimezzate del- l'uno, e dell'altra ec. Non posso qui lasciare d'invitarvi ad osservar meco , come non è assolutamente necessario per-' 202 CONDUTTORI che abbia luogo la compiuta scarica della bocciar di Leyden , e molto meno perchè si sperimenti la vera commozione, che il fuoco vomitato dalla fac- cia ridondante ricorra per una serie continuata di deferenti, ossia per il così detto Arco conduttore j all'opposta faccia deficiente: come si è supposto, e tiensi comunemente per indispensabile . E ben ne- cessario, che il fuoco accumulato su quella faccia abbia dove gettarsi, ossia trovi uno scaricatore di capace sfogo, e che la faccia deficiente trovi pure un fonte onde trarre a se il convenevole risarci- mento . Di qui è che l' Arco conduttore appresta opportunissimo mezzo alla scarica , che migliore non può darsi, riunendo per tal modo le opposte fac- cie, che Funa supplir possa al bisogno dell'altra facilmente, e pienamente. Ma pure esser possono lo scaricatore della faccia ridondante, e il sovven- tore ( se mi è lecito così esprimermi ) della faccia deficiente, un dall'altro indipendenti, e separati af- fatto 5 e nulla meno dar luogo alla scarica , o in- tiera, o dimezzata, e produrre la corrispondente commozione . E non si è veduto negli sperimenti riportati di sopra ? Nel 2.° e. gr. il fuoco scaricato dalla faccia interiore della boccetta nel gran Con- duttore non ricorre già alla faccia esteriore , con cui il detto Conduttore , siccome isolato , non ha comunicazione veruna, ma s'arresta in quello, che ha giusto capacità di riceverlo tutto , anzi meglio bi- sogno. D'altra parte la faccia esteriore cava tutto il fuoco di cui è bisognosa dal magazzino univer- •ale, ossia ampio ricettacolo della terra, che può ELETTRICI 2o3 fornirgliene qualunque gran copia: lo caverebbe eziandio da un Conduttore isolato , quando fosse di sufficiente capacità, ed elettrizzato per eccesso sì che ridondasse di fuoco tanto appunto quanto è il difetto di essa faccia esteriore . Così discorrete per gli altri esperimenti in cui la scarica della boccetta sopra il Conduttore isolato non si fa intiera, ma o per metà, o più, o meno secondo le respettive capa- cità . Concludiam dunque che , sebbene le due fac- cie di una boccia, o d^un quadro contraxnamente elettrizzate dipendono una dalF altra rispetto a ciò che non può la faccia caricata per eccesso dismet- tere né tutto né molto del fuoco che vi é stato ac- cumulato , se corrispondentemente , e al tempo me- desimo r opposta faccia deficiente non ricupera il fuoco onde é stata spogliata, sebben, dico, questo dai'e e ricevere debbano proceder di paro , pure ciascuna faccia la fa da se in questo senso , che una scarica il fuoco sovrabbondante dovunque le si apre sfogo , come , e quanto può 5 1' altra tira a se il fuoco di cui abbisogna da dove può , e quanto può . Ma che? Non è provato che il fuoco scaricato da una faccia affetta di portarsi alla faccia opposta ? Che vi si porta per la strada più breve , o men resistente? Non trascorre egli realmente l'Arco con- duttore, la catena di persone ec. ?E provato sì, che una corrente di fuoco esce da una faccia, e che una corrente entra nell' altra ; ma non già che sia quell' istesso fuoco che parte da un termine , e ar- riva air altro . Si può ben dire che una corrente rag- giugne l'altra in guisa che si riuniscano in una sola ^ 2o4 CONDUTTORI ma neppur ciò succede sempre , e non è punto ne- cessario per effettuarsi la scarica. Abbiam ceduto e. gr. che una corrente termina nel Conduttore iso- lato, e F altra corrente vien su dalla terra. Consi- deriamo ora per poco anche V esperimento che ci sì obbietta della catena di persone . Siano le per- sone ab e d e f g h i l m n o, che tutte si dan ma- no, e delle quali la prima impugna il fondo della boccia di Leyden , e l' ultima s^ accinge a tirar la scintilla dair uncino. Io tengo che all'atto stesso che o riceve il fuoco lanciato dall'uncino ossia sca- ricato dall'interior superfìcie della boccia, a ne for- nisce tosto del suo alla faccia esteriore: tosto, dico, senza punto aspettare che quel fuoco scai'icato so- pra o pervenga per la strada n tu l ec. ad esso a. E ben vero che cotesto fuoco invade tale' strada , cioè passa da o in » in m ec. , intantochè a risai*- cire la perdita di a accorre nuovo fuoco da Z> , a questo da e, e così seguendo ; vero è che è un solo il corso se non si considera che la direzione : ma essendoché sì eccita di qua , e di là simultanea- mente, e principia a due capi il moto, non si può dire a rigore una sola corrente , bensì due cospiranti in una . Ne viene da ciò, che se l'estrema rapidità con cui scorre, e trapassa il fuoco ci lasciasse ac- corgere della successione delle scosse da una in al- tra persona, troveremmo, che non sieguono già l'ordine o n m l, ma bensì che si fanno sentire simultaneamente prima ai due estremi o , ed a, indi aneb,?nec', procedendo cosi verso il mezzo della catena . ELETTRICI 2o5 Si è preteso , che quantunque lunga sia una tal catena di persone, tutte risentano la commozione egualmente forte : la verità e però , che a propor- zione che la boccetta è più piccola, e meno carica, e d altra parte più grande è il numero delle per- sone , quelle di mezzo , e a misura che si trovano men vicine alle faccie della Loccia , cioè ai capi dell'una e dell'altra corrente, risentono minore la scossa. Così esser dee nella mia ipotesi. Il fuoco scaricato dall'uncino, che non è poi molto copioso, essendo la boccetta piccola, invade la prima, se- conda, terza persona, si diffonde a tante, che trova già quasi comodo e sufficiente ricetto nella capacità delle medesime, e in varj sfoghi qua e là nel pa- vimento ec. : comincia dunque a farsi men grossa la corrente 5 meno per conseguenza scuote ed urta co- me più avanti procede, e giugne alle persone che stanno verso il mezzo della fila . Avviene lo stesso all'altra parte della fila: la persona che ne è capo comincia essa a somministrare il suo fuoco alla fac- cia esteriore della boccia che impugna : subentra la seconda a sollievo della prima, e cosi via via con- tribuiscono le altre j però gradatamente meno ; at- teso che qualche soccorso di fuoco viene anche dal pavimento su per i piedi di quelle prime persone, sicché alle altre consecutive verso il mezzo della fila resta a dar tanto meno : dunque anche queste poco saranno scosse. Or a quelli che volessero ancora at- tenersi all'idea comune della cori'ente che muove soltanto da una faccia, e procede ordinariamente senza punto deviare fino all' opposta faccia della 206 CONDUTTOPlI boccetta , io domanderei : ond'è dunque che le per- sone sono meno scosse quanto più sono vicine al mezzo delF arco che formano ? E perchè mai , se la scossa propagandosi si debilita, non la sentono mi- nore piuttosto quelle che son di là del mezzo , ed ultime verso la faccia negativa della boccetta ? Voglio render la cosa anche più evidente. Sepa- riamo in due serie la lunga catena di persone; ossia formisi una fda dritta a b e d — e f g h rotta nel mezzo: d impugni una boccia fortemente carica, ed e che gli sta a fronte , e vicino ne provochi la scarica toccandone l'uncino : tutti sono in piedi sul pavimento asciutto . Or se fosse obbligato il fuoco vomitato dall' interior superficie della boccia a re- carsi per la strada la più spedita alla superficie esterna che ne è digiuna , come si è stabilito per legge , e si pretende che immancabilmente succeda, dovrebbe dunque passar più per i piedi della persona e che tocca l'uncino, e per il pavimento portai'si ai piedi ài d, e venir su per essa alla faccia esteriore della boccia, intatte lasciando le altre ipersone fgh, che restano dietro , e fuori affatto di strada . Che dirassi dunque s' io mostro che si diparte appunto dalla via segnata per seguire la traccia di quelle persone, che siccome corpi deferenti gli offrono un discreto sfo- go ; e che il fuoco che accorre alla faccia esteriore della boccetta si ricava da un altro fonte ? Così è : il fuoco scaricato della faccia interna scorre manifesta- mente da e diàfgh, portando una discreta scossa a tutte queste persone , cioè alla mano con cui si tengono , e al collo del piede j e balz^audo anche E L E T T II I C I 207 con visiLile scintilla ove non si tocchino l'una r altra , ma tengansi colle mani o co' piedi molto ap- pressate ; e finalmente va a perdersi nel comune ri- cettacolo . Similmente d che primo fornisce il fuoco di cui abbisogna la faccia esteriore, ne ripete da e, e questo da è , da a , e tutti ne ritraggono dal suolo : il che si fa sensibile colla scossa che riportano co- teste persone, e visibile se si vuole pur anche colle scintille . Dirassi forse , che il fuoco scaricato dall'in- terno della boccia siegue la fila delle persone efg h , e poi dall' ultima di queste passa all' ultima parimenti dell'altra fila, cioè ad a, onde giugnere per bcd all'amata faccia esterna? Ma oltreché non si accor- da questo colla sdossa che sentono al collo del piede tutte o quasi tutte le persone, come s' intenderà che scelga il fuoco un lungo tratto di pavimento asciut- to, e resistente, anziché il più breve tra e e dì E come andrà colla legge , con cui si vuol obbligare a far in ogni caso per la via più spedita , e meno resi- stente il circuito da una superficie all'altra? Eh di- ciam dunque che altra è la corrente che parte dal- l'uncino della boccia, e scolorendo le -persone, e qualsivoglia altro buon deferente che incontra va a perdersi nel comune ricettacolo 5 altra quella che si^ multaneamente move dalla terra medesima, e per il canale d' altre persone , o d' altri deferenti mette capo nella esterior superficie dell' istessa boccia : e in generale concludiamo che il fuoco della faccia eccessiva si scaglia, e diffondesi ovunque trova sfo- go ; ed altro fuoco accorre alla faccia difettiva indif- ferentemente da ogni parte, da qual siasi corpo, o 2o8 CONDUTTORI serie di corpi , che fornir gliene possono . Vedrete anche quel fuoco vomitato spargersi qua , e là in varj rami, ove le ^ersone/gh, ed altri deferenti corpi , nt a. in serie ordinata seguente , ma chi da una parte chi dall' alti'a stiano d'attorno alla persona e, che provoca la scarica dall' uncino , spargersi , dico , in vai'j rami, e dissiparsi così nel suolo 5 e vedrete si- milmente su del suolo sorgere e per varj rami o ca- nali di corpi deferenti confluire alla persona d il fuoco che riacquista V esterior superficie della boc- cia : né vorrete già credere che questa sia una con- tinuazione di quella corrente , anzi lo stesso fuoco che con circolo non interrotto si sia recato dall' una all' altra faccia ; ma bensì convenite meco che cia- scuna ha eccitato la sua particolar corrente entrante questa, quella sboccante . Così poi svanirà la mara- viglia di quei famosi sperimenti, con cui si crede di far fare al fluido elettrico tutto intiero il giro di un lungo corso di fiume, e d' un canale insieme da quel- lo derivato, col fare scendere un filo di ferro dal fondo d'una boccia nel fiume, e scaricar per l'unci- no l'interna superficie sopi-a un altro filo metallico comunicante col canale . Svanirà la maraviglia fon- data sul supposto circuito del fuoco elettrico : cono- scendo noi ora come non ebbe mai luogo in tali spe- rimenti cotesto circuito, abbenchè si effettuasse la scarica, e riportassero la commozione le persone che vollero provare ad interporsi si da una parte che dall' altra al filo metallico, e all'acqua, toccando quello con una mano , e tuffando un piede nell'acqua, 0 in altra equivalente guisa mettendosi di mezzo; toilipl'enclenclosi come il fuoco scaricato andò a per* dersi nel canale, ove dilagando il suo corso fini, e come finalmente a spese, dirò così, del fiume fu somministrato il fuoco richiesto alla faccia esteriore della boccia 4 Tutti questi esempj , in cui le due correnti simul- tanee , quella del fuoco effluente dalla faccia ecces- siva dèlia Loccia, e quella affluente alla faccia di- fettiva, si fanno manifestamente vedere distinte, e non già riunite, e formanti un continuato corso, ma interrotte quando più, quando meno, e quando affatto verso il mezzo della troppo lunga serie de* corpi deferenti , o nel gran seno della terra ; non deggiono poi farci concludere ( che sarebbe uno spingere la cosa troppo avanti ) che giammai una corrente non raggiunga T altra : anzi ciò succede, come di sopra ho accennato, nel modo ordinario di fare la scarica , cioè qviando l' arco conduttore non sia sterminato , ed ove formato sia tutto di ot*' timi deferenti continui, la corrente di fuoco vomi- tato dalla faccia ridondante della boccia , che lo invade ad un capo , non si sparge allora e dissipa in molti altri rami , ma tutta insieme raccolta lungo quel comodo canale tien dietro alF alti'a corrente similmente raccolta che per l' altro capo di detto arco conduttore mette nella faccia deficiente : le tien dietro , e la raggiugne , in guisa che si riuniscon tosto, e formano un corso continuo in uno stesso canale. Non vuole scordarsi finalmente, quello che ho pur detto di sopi*a , che migliore sfogo non può trovare la faccia ridondante, quanto la faccia defi- Tojn. I. 14. 210 CONDUTTORI ciente; ne questa chi meglio la soccoi'ra, clie quel- la : e che 1" arco conduttore a tal vicendevole scari- ca j e soccorso appresta il mezzo opportunissimo . M^ accorgo d" aver fatta una ben lunga digressio- ne j la quale però può sembrare non del tutto inu- tile) né molto lontana dal mio proposito; giacché serve a mostrare come il fuoco scaricato dalle bocce, o quadri , non altiùraenti che quello scagliato da un Semplice Conduttore , si getta nel modo che può , e quanto può dovunque gli si apre sfogo : come affetta di preferenza quelle vie, che glielo concedono più libero, scorrendo per un sol canale, se quinci un intiero scarico gli si appresta , o diramandosi in molti se la sua piena è ritardata , e rotta da corpi od affatto impermeabili, ovver poco deferenti, che lascian sì passare una piccola copia di fuoco , ma non una grande a un tratto : come scuote i corpi che attraversa più o men fortemente in ragione che la corrente sua è più o meno riunita e rapida; come, infine, tutto quello succede al fuoco scaricato dalla boccia, che succede al fuoco lanciato da un semplice Conduttore che sia abbastanza capace, ed egualmen- te carico . Checché ne sia che io abbia poco o molto deviato dal mio cammino, riprendendolo ora, ter- minerò il proposto confronto della capacità dei Con- duttori semplici colle boccie o quadri armati , sog- giugnendo alcune considerazioni sul possibile in- grandimento dei Conduttori a segno di emulare non che le scariche delle grandi giare , e tavole ma- giche, ma delle più potenti batterie . Un Conduttore fatto come il mio di molti sottili ELETTRICI 211 liastohì inargentati, che sia lungo in tutto f)6 pieJi ( prendiam cento per facilità del calcolo ) è capace di contenere tanto di elettricità quanto una lastra di vetro di discreta spessezza avente di huona ai-matura 4 poli.; di dare una commozione di egual polso; e di produrre altri effetti nulla men validi . Per esser dunque equipollente a un quadro di 12 poli., cioè d" un piede quadrato d^ armatura , dovrebbe essere la lunghezza nove volte più grande, vale a direpres- so a goo piedi. Che bel vedere allora con una scin- tilla veramente fulminante di tal semplice Condut- tore uccidere un uccelletto, fondere una sottil fo- glietta d' oro ! Ma , e cosa poi cotanto difficile il procacciarsi tanti bastoni inargentati, e il disporli come conviene? Il disporli non già: che un vasto portico quadrato, ovvero alcuni corridori seguentisi capir li possono tutti in una sola fila . Se poi i por- tici , e corridori fossero larghi discretamente , ed alti, si potrebbero tirare quattro ordini di quattro file di bastoni per ciascuno sul modello della figura ( vedete la Tavola II. ) in cui per minor imbarazzo abbiam disegnati due ordini solamente, e due sole file per ordine , colla debita distanza d^ una fila dal- V altra . Per tal modo avremmo un Conduttore , la di cui scarica , e i di cui tremendi effetti agguaglie- rebbero quelli di una potente batteria elettrica, qual èuna che sia composta di i6 boccali di un piede quadrato d'armatura ciascuno, ma costruita a do- vere . La vostra , Signore , formata di due campane di vetro, non credo che oltrepassi, almen di molto, i l6 piedi quadi-ati d' armatura : eppur quali strepi- &ìr2 é 0 N tì U T T O 11 1 tosi effetti non ne lio io stesso veduti , ed ammirati ì Voi con essa fondete , più , disperdete iti faville uù, filo metallico non de' più sottili ; voi il fondete pul* anclie nell'acqua; e cento altre cose fate incredibili quasi a chi non le lia vedute. Le grandi Latterie di Priestley, e di Fontana, non so clie facciano ìnolto di più. Dunque anche il Conduttoi'e ch'io ini compiaccio di contemplare in immaginazione > composto di 16 file di Lastoili lunghe 990 piedi cia- scuna, fonderebbe, disperderebbe, ammazzerebbe grossi animali ; in una parola fulminerebbe . Ma i6 poi non mi fo illusione fino al segno che sperì di Veder unqua messo in opera un così sterminato Con- duttore . Un Watson forse sarebbe tentato di farlo j egli che prolungò , ad altro intendimento ( cioè pei? mostrare 1' estrema celerità con cui si comunica la virtù elettrica da un capo all' altro d' un buon Con- duttore comechessia lunghissimo ), de' fili di ferro, e delle corde bagnate , isolati tutti , a più di duemila tese : a cui perciò scrivea il Muschenbroek magni" Jleentissiniis tuis experimends superasti conatu^ omnium . Di vero non so fin dove giungeranno i miei o gli altrui sforzi riguardo a fare dei Condut- tori oltremodo lunghi: che poi alla fine dì poco utile sarebbero . Non di utile alla pratica ; perchè ciò che far si può colle boccie, quadri, e batterie tanto più comode, a che cercare di ottenerlo in altro modo con gravissimo dispendio, ed imbarazzo? Non alla teoria; attesoché parmi , seppur troppo non presu- mo, di aver già fatto abbastanza per quella, quando giunto sono col mio Conduttore di 96 piedi a dimo- ELETTRICI 2l3 strare, come la commozione, e ogn* altro effetto clie produce la boccia o il quadro armato, può produrre eziandìo un semplice Conduttore : come a tale effetto gli basU d' avei''e una conveniente capacità: e come questa capacità è in lui più grande a misura che la sua superficie è più estesa in lungo (a) . Dunque il (a) Dopo scritta la prima paite di . questa lettera , e terminata quasi la seconda , scorrendo la Storia dell' elet- trìcitk di Priestley , mi sono avvenuto in alcuni passi nei quali r osservazione del vantaggio che ha un Conduttore , di cui la superficie è estesa molto in Umgo , sopra un Con- duttore che ne ha un' eguale ma meno in lungo esleso , e più in largo, e toccata più che leggermente. Il passo più formale è il seguente 3> Io devo qu\ osservare , che » il Sig. MoNNiER , il giovine scopri , che 1' elettricitk non » si comunica ai corpi omogenei in proporzione della loro «massa, o quantità di materia , ma hens'i in proporzione » della loro superficie , e che tutte le superficie eguali non » ricevono un' eguale quantità d' elettricità ; ma quelle ne sj ricevono di piìi che sono estese in lunghezza . Cos'i , per » esempio , un piede quadrato di stagno , riceveva molto » minore quantità d'elettricità che un bastoncello dello stes-? » so metallo , che avesse una superficie eguale a quella del » piede quadrato " . Phil. Trans. Abridg. V. X. pag. Sog, Priestlet hist. of. Electr. Pari. I. Per. Vili. Sect, IJ, Se peiv tanto debbo riconoscere d' aver detto troppo poco coli' in^ sinuare , che di tale scoperta qualche cenno solamente ne avea potuto dare taluno , credo d' altra parte aver detto giusto col soggiugnere clie lungi e bene che la cosa sia Stata posta nel lume che merita . Quando dunque mi si conceda d' averle io dato il suo giusto lume , o almeno un nuovo aspetto , avrò pur fatto qualche cosa ; avrò schia- rita , e promossa una scoperta che diviene , e per la teo- ria , e per la pratiga interessante . Jvli lusingo d' aver di" 2l4 co NDUTTORI contemplare anche solo in immaginazione quello smisui-ato Conduttore, sarà vano, inutile, puerile ? Non già; se può somministrarci od agevolarne in qualche modo V idea del gran potere di una nuvola elettrica fulminante. Ecco Tidea suggeritami, e che volgo in mente . Suppongo che la nuvola, la qual profonde una strana copia di elettricità al para-fulmine, cui pende mostrato che tal fenomeno dipende dall' azione delle atmo- sfere elettriche ; alla teoria delle quali ho condotto ornai i principali capi di tutta la teoria elettrica ; come a suo tempo farò vedere . Certamente ne Watson , né Monnier, né altri che ha parlato comechessia del vantaggio di pro- lungare i Conduttori piuttosto che ingrossarli , hanno mo- tivata la spiegazione eh' io dò dedotta dall' azione delle atmosfere elettriche. V'ha, se ben mi ricordo, chi si è argomentato di spiegare la forza maggiore cui giugne 1' e- letlrlcità ne' Conduttori lunghi colla legge generale dei fluidi , che esercitano sopra una data base maggior pres- sione in ragion che cresce 1' altezza della colonna . Ognun vede quanto una tale spiegazione idrostaiica , ed altre con- simili che si siano ideate puramente meccaniche , son lon- tane dalla mia . Finalmente dee pur convenirsi , che poco o niun caso si è fatto fin qui della scoperta di cui par- liamo , quando si riflette come si sono attenuti general- mente i Fisici elettrizzanti ai grossi cilindri , e sfere per i loro gran Conduttori : al qual uso raccomando io in oggi i lunghissimi , e discretamente sottili , e mostrandone pal- pabilmente i tanto considerabili vantaggi per via di esatti confronti , e troppo decisi resultati , e colf esempio del mio gran Conduttore formalo d' una serie di bastoni inargen- tati di 96 piedi di lunghezza , potrò lusingarmi d' avere , dopo promossa la teoria intorno alla capacità de' Condut- lori, giovalo eziandio alla pratica. ELETTRICI 2l5 sopra in alto, o die s'abbassa a scaricare dove che sia un vero fulmine, non sia più lunga di goo piedi, larga altrettanto , e grossa sol C)0 . Qual immane dose di elettricità non può essa contenere ! Massime che potrebbe in lei crescere a molto maggior tensione di quella che o i nostri vetri dar possono, o i nostri Conduttori sopportare. L'eccessiva tensione dell'e- lettricità delle nuvole a me sembra che veniva infatti indicata dal giugnere la loro sfera d' attività da così alto fino in terra. Ma posto anche che l'elettricità della supposta nuvola non ecceda la tensione ordi- naria de' nostri Conduttori elettrizzati artificialmen- te : io considero uno spazio d'aria così grande come la nuvola rappresentata; e calcolo che vi potrei col- locare looo file de' miei bastoni lunghe 900 piedi; in guisa che resterebbero ancora discoste una dall'al- tra ben g piedi; tanto cioè j che per 1' azione delle atmosfere non s' impediscano vicendevolmente di ricevere tutta quella dose di elettricità che ciascuna fila può portare da se . Ogni fila dunque essendo lunga 900 piedi si caricherebbe come una tavola magica di un piede quadrato di armature : sicché tutte insieme quelle file varrebbero una batteria elet- trica di 1000 piedi quadrati di superficie di vetro armata . Abbiamo noi l' idea pur solo degli effetti spaventevoli che produrrebbe una tal batteria ? Che sono mai a petto di questa quelle che si sono fin qui vedute ? Uno scherzo . Ma poi il complesso di tutte queste file di bastoni in un sol Conduttore non ha maggiore capacità della nuvola, che abbiam preso a considerare; anzi V ha minore d' assai; perocché 21 6 CONDUTTORI iieir intiera mole di essa non solamente altrettanti cilindri disegnar si possono^ e sono realmente com- presi di vero corpo conduttore 5 ma nella ideata di- stanza de' piedi da questa a quella fila più altre vi si capiscono, o a dir più giusto raigliaja, e miglia] a di punti corporei vi hanno , i quali tuttoché dalle cir- costanti atmosfere attuati, pur nulla meno ricever possono qualche dose di elettri cita propria. Insom- ma un corpo continuo, qual è la nuvola, ha mag- giore capacità , che tanti corpi staccati che formino un' egual mole . Nella figura ( Tavola II. ) quelle quattro file di hastoni che foi'mano gli angoli d'un parallelepipedo non arrivano già a contenere tanto di elettricità quanto un eguale parallelepipedo di super- fìcie intiera ( ahbenchè la maggior capacità di questo non corrisponda di gran lunga alla maggiore sua su- perficie corporea, per la ragione che le parti prese di mezzo, e attuate dall'atmosfera elettrica d'altre parti laterali possono ricevere tanto meno di elettri- cità propria; come ho spiegato nella prima parte di questa lettera). Che poter terribile di elettricità può dunque avere questa nuvola? che immensa copia di fuoco contenere, e lanciare, avendo anche poca ten-r sione? Che poi, se l'elettricità vi è portata a tensio- ne non ordinaria? Che diremo delle nuvole grandi non poche centinaja di piedi, ma migliaja di tese^ quadrate ? Si è domandato (a) : V elettricità naturale ha ella (a) Veggasi Giorn. di Rozier, Febbrajo 1777, secondo problema di Fisica sopra l'Eie tirici lU, ELETTRICI tìiy l'indole dell'elettricità di semplice Conduttore, o piuttosto quella di boccia di Leyden? Il fulmine si comporta come scintilla scagliata semplicemente da un Conduttore elettrizzato, o come scintilla scaricata da uua lasti'a isolante armata? Gli effetti poderosi delle scariche, il senso particolare della commozio- ne, che produce, non vi ha dubbio, il fulmine, è in grado molto superiore a quello di qualunque gran quadro, e batteria, le scintille stesse che dà il filo del para-fulmine , le quali appunto come la scintilla cavata dalla faccia d'un gran quadro non hanno bi- sogno che d' esser lunghe poche linee per farsi sen- tire rabbiose alla pelle , e scuotere ben anche tutta la persona, facean propendere a questa seconda opi- nione . Ma il non concepirsi come siegua scarica vera di lastra isolante armata, per mezzo di arco conduttore, da una all'altra faccia opposta, nel va- licare che fa semplicemente il fuoco della saetta il tratto d'aria dalla nuvola alla terra 5 eia forma guiz- zante della scintilla, quale i semplici Conduttori, e non le boccie o quadri armati ci sogliono far vede- re , portavano a non riconoscere nel fulmine , il quale appunto affetta un cotal guizzo , altro che una scintilla scagliata da un gran Conduttore fortemente eletti'ico . Or fiualmeute in questa opinione dovran riunirsi tutti i voti, e sciolto rimanda il problema, or, dico, che e commozione, e qualunque altro più valido effetto nella prepotente forza de' Conduttori d'immane capacità riscontrato abbiamo. Son giunto al termine dell' argomento che mi soii proposto in questa lettera, che è la capacità de'Con- r. i. • 2l8 CONDUTTORI duttori semplici; e però qui finisco. Passerò, &e vi piace, in un^ altra alla capacità de' Conduttori con- iugati ( come a me piace di chiamarli ) e progi'edirò pur anche all' elettricità che s imprime sulle faccie delle lastre isolanti trattando della durezza loro a lasciarsela affiggere, e tenacità a conservarla una volta che sia affitta. Il campo è Lello, e vasto: ah- braccia tutta la teoria delle cariche, e delle scariche con quella dell'elettricità già detta Vindice, che meglio io amo di dir permanente , quindi tutti i fe- nomeni dell'Elettroforo ec. Procurerò d' esser men prolisso che in questa, e con una materia tanto più vasta, la lettera riuscirà meno lunga. Como 20 Agosto 1778. DEL CONDENSATORE ossìa del modo di render sensibilissbna la più debole Elettricità sia naturale sia artificiale MEMORIA Letta nella Società Reale di Londra DIVISA IN DUE PARTI DEL CONDENSATORE W P J R T È L 1. U n a^pai*eccliìo , clié poftando a tino sll'^dor^ diiiarìo ingrandimento i segni elettrici fa sì , che ossei'valiile divenga , e cospicua quella vii'tù , che altrimehti per T estrema sua debolezza sfugglrebhe i nostri sensi, ognun comprende di quale , e quanto Vantaggio sia per riuscire nelle ricerche sulF elettri- cità , e massime intorno alla naturale atmosferica, la quale , come sappiamo , non in ogni tempo , anzi assai di rado , allora solamente cioè che il Cielo è ingombro di nuvoloni scuri , e tempestosi , avviene che ci si renda sensibile ne^ conduttori ordinari non molto elevati , e appena è che in altri tempi ne mostri qualche indizio in quelli elevatissimi, o ne* cerici volanti portati all'altezza di più centinaja di braccia . Or un tale apparecchio , mercè di cui un Conduttore atmosferico , anche di non grande ele- vazione, vi dia segni ad ogni ora e in ogni costi- tuzione di tempo , molto chiari e distinti di quel (a) Quesla Memoria è stata esliatta dal Tomo 72, P, 1. delie Tiansazioui filosofiche di Londra ( 1 782 ) . 222 DEL CONDENSATÓRE qualsisia picciolo elettrizzamento che in lui induce r atmosfera, ecco io ve lo presento nel mio elettro- foro : in quella semplice macchina , che e ormai nelle mani di tutti , e che se altro pregio pur non avesse , verrebbe abbastanza raccomandata agli elet- tricisti per questo che lor offre facile mezzo di spìa* re la più languida , e impercettibile elettricità si naturale che artificiale, con tirarla sopra di se, ed accumularla al punto di promoverne , e invigorirne per singoiar maniera i segni . II. In vero ogni volta che questi mancano nel- r ordinario modo di sperimentare , che né scintilla scorgesi né cenno benché minimo di attraimento , il dire che pur vi sia elettricità , fora un' asserzio- ne gratuita , anzi un giudicare contro ogni appa-^ renza . Malgrado questo non possiamo neppur dire accertatamente che punto non ve ne abbia : e il concluderlo da ciò solo che niun segno per anco ci si mostra , è un precipitare il giudizio ; impe- rocché chi ci assicura che qualche elettricità ivi non si trovi realmente , ma così debole da non potere attrarre tampoco un leggier filo ? Or questo é che c^ importa in molti casi di sapere , specialmente quando si tratta di elettricità naturale . Un condut- tore atmosferico poco elevato non dà ordinaria- mente segni come già si é detto , che quando gli sovrasta oscuro nembo : a cielo coperto d'alte nubi sparse , o distese equabilmente , quando V aria è in- gombrata da nebbie , in tempo di pioggia placida , ed anche dirotta , tranne qualche rovescio improv- viso, raro è che scorger vi si possa alcun indizio PARTE PRIMA 225 dì elettricità , e nulla mai a ciel sereno , sia placido , sia ventoso . Stando pertanto alle apparenze , e al giudizio di un elettroscopio comune, anche de' più sensibili , direbbesi che il conduttore non è elettriz- zato punto , e che per conseguenza non domina elettricità di sorta ne' campi delF aria poco alti ove quel conduttore porta la testa . Eppure non è così : un altro elettroscopio di gran lunga migliore , qual veramente può dirsi il nostro apparecchio , giacché ne adempie con tanto vantaggio le funzioni , ci fa vedere che da qualche elettricità è pur sem.pre in- vestito quel conduttore , avvegnaché ne si mostri di per se affatto inerte : ci fa , dico , vedere e toc- car con mano eh" esso non ne è mai privo affatto ; onde convien giudicare in egual modo che non ne è mai priva V aria che lo circonda . Ed ecco come restiamo convinti che anche alla più bassa regione dell' atmosfera , e fino a pochi piedi da terra s' esten- de 1' azione costante , e pei'enne dell' elettricità na- turale . Cotal elettricità sebbene insensibile rimanga finché da quel tratto d' atmosfera si comunica sol- tanto al detto conduttore, ove poi per mezzo di lui si comunichi insiememente alP elettroforo no- stro, si raccorrà entro a questo più facilmente, e in maggior copia {a) j sì e per tal modo , che sor- ger quindi potranno i noti segni di attrazione , e di repulsione sensibili abbastanza per dinotarci sen- za equivoco non che V esistenza , la specie ancora (a) Come ciò segua si spiegherà nella 2. parte di questa Blemoria . 21^. DEL CONDENSATORE dell' elettricità , cioè se positiva , o negatila . Clie j)ìà ? ùon manclierà talota di comparire perfino» qualclle sciùtilluzzà . Ogniqualvolta poi il condut- tore desse già di per se quàlclie segno , movendo alcun podo un leggier filo , aspettatevi pure, col soc- corso del nostro apparecchio , scintille pungenti e ogii' altro segno vigorosissimo . III. Ma veniamo senza più al modo di far ser- vire air intento cotal apparecchio ) a cui in questo caso meglio che il nome che altronde porta di elet- troforo j V altro già indicato dì elettfos copio , anzi pure quello di ndcro-elettroscopio potrebbe con- venire 4 Ma io amo meglio di chiamarlo condensa" tore dell' elettricità , per usare un termine sempli- ce, e piano, e che esprime a un tempo la ragione, e il modo de' fenomeni di Cui si tratta come ve- drassi nella 2/ parte del presente scritto . Tutto dunque si riduce a queste poche operazioni . ( A ) Convieu prendei'e un piatto d' elettroforo , che abbia V incrostatura di resina assai sottile , e a cui , o non sia stata dianzi impressa alcuna elettri- cità ^ o se mai vi è stata j vi sia spenta affatto . ( B ) A questa faccia resinosa immune da ogni elettricità si soprapponga convenientemente il suo scudo ( così io chiamo la lamina superiore dell' elet- troforo ) : cioè le si applichi cotal lamina o- scudo in piano , collocandolo nel bel mezzo in modo , che non tocchi in alcun punto 1' orlo metallico del piatto , ma rimanga isolato . ( G ) Cosi congiunti essendo , si adattino sotto al filo conduttore dell' elettricità atmosferica in guisa> PAR TE PRIMA :225 the lo scudo venga toccato dove che sia dal detto filo , esso solo lo scudo , e in niun modo il piatto . ( D ) In questa situazione si lascino le cose per un certo tempo , fincliè lo scudo possa aver raccol- ta competente dose di quell^ elettricità , che dal filo conduttore gli viene molto lentamente instillata . ( E ) Da ultimo sottraggasi al contatto e influsso del filo conduttore lo scudo tuttavia unito al suo piatto e combaciante la faccia resinosa ; indi si disgiunga anche da questa , levandolo in alto al consueto modo per il suo manico isolante : e allora sarà che se ne ottei-ranno gli aspettati segni cospicui di attrazione , di ripulsione , e di qualche scintilla eziandio, di pennoncelli ec. nel tempo che il con- duttore di per se non giunge a mostrar nulla , o appena un' omhra di elettricità . IV. Ho detto ( §. prec. e D ) che il fdo conduttore dehbe toccare lo scudo per un certo tempo . Quanto però , non è facile il determinarlo , dipendendo ciò dalle circostanze. Talora vi abbisogneranno 8, io, e più minuti, quando cioè il conduttore da per se solo non fa vedere il minimo segno d" elettricità 5 altre volte più poco . Che se un debole indizio pur vi comparisse , tantoché un leggier filo facesse cen- no d' esserne attratto , basteria in tal caso lasciar in contatto di esso conduttore il nostro scudo sol pochi secondi, per abilitar questo a dar segni molto vivaci . V. Una cosa si vuol osservare rispetto al filo con- duttore medesimo , ed è eh' egli sia ben continuo , e se è possibile d'un pezzo solo dall'alto al basso Tom. L i5 226 DEt CONDENSATORE Én dove viene a comunicare collo scudo : cioè si deve evitare assolutamente ogni interruzione, e il più clie si può ancora le semplici giunture ad anello od un- cino; per la ragione che ciascuna di tali giunture portando un qualche impedimento al passaggio del- l' elettricità , avvenir può che quella che contrae il conduttore in alto s' arresti , ne giunga al luogo de- siderato, cioè fino allo scudo. Così succederà dis- fatti ogni qual volta 1^ elettricità è debolissima, se in luogo d'un filo metallico continuo, una catena di più anelli da quello pendente venga a toccare cotesto scudo . Non si creda per questo che una sola giun- tura o due pos^sano egualmente ed ognora impedire la riuscita 5 ma ne verrà sempre del pregiudizio : e qualora V elettricità fosse estremamente dehole , po- trebbe sì per r indicato difetto mancare del tutto l'esperimento . VI. Riguardo all' elettroforo da adoperarsi altre osservazioni rimangono , di cui ora mi convien par- lare . E la prima accennata sopra ( §. III. lett. A ) si è che lo strato resinoso importa molto che sia sottile, avendo io sempre provalo che quanto più lo è tanto maggior dose di elettricità permette , anzi fa che si raccolga nello scudo cui porta indosso, di quell'e- lettricità , dico , che gli s' infonde o dall' atmosfera per mezzo del filo conduttore , o da qualsivoglia al- tra potenza elettrica . Se fosse pertanto stesa la resi- la alla spessezza d' un quarto di linea , o non mag- giore di una mano di vernice , riuscirebber le prove ottimamente ; siccome all' incontro essendo grossa un pollice o più, riuscirebbe^ malissimo . PAR TE PRIMA 32^ VIL In secondo luogo la superfìcie di essa resina debb^ essere quanto è possibile piana, e liscia, e pia- na e liscia similmente V inferior faccia dello scudo , sicché vengano a combaciarsi bene ( ivi lett. B ) . E noto quanto un miglior combaciamento favorisca gli effetti dell' elettroforo ; ond' ebbi ben ragione di raccomandar questa come una delle principali con- dizioni nella descrizione che pubblicai a suo tempo di tal mia macchina . Ma è ancor più grande il van- taggio che risulta da un ampio , e perfetto comba- ciamento allorché V istesso nostro apparecchio fa funzione di condensatore . Vili. Da ultimo m^erita particolar attenzione quanto alla già citata lett. A si é prescritto , cioè che alla faccia resinosa cui si applica lo scudo, non dee trovarsi impressa alcuna elettricità . La ragione per cui vuoisi che ne sia affatto priva ella è , che al- trimenti i segni dello scudo, allorché s'alza, divei"- rebbero equivoci ; non essendo più la sola elettricità trasfusa in esso scudo dal conduttore atmosferico quella che gìuoca , ma insieme anche T altra occasio- nata dair elettricità impressa , ed inerente alla faccia resinosa : quando a noi importa di esplorare la sola prima, quella cioè sopravvenuta a detto scudo. Se dunque la faccia resinosa del piatto , di cui vo- lete servirvi, è rimasta sempre intatta, va bene . Ma se è stata già eccitata , e vi si mantiene tuttavia qual- che parte dell' impressa elettricità conviene fare di tutto per ìspegnerla ; ciò che non è sì agevol cosa . Il passarvi sopra un panno alquanto umido , appli- candolo ben bene a tutta la superficie , è un de' mez- 228 DEL CONDENSATORE zi più efficaci cVio mi abbia trovato 5 pur non toglie tavolta che dopo qualche tempo lo scudo posto\à sopra j e , previo il solito toccaraento, rialzato^ non attragga sensibilmente un filo . Lo stesso succede non di raro anche dopo aver tuffato tutto il piatto neir acqua , lasciatovelo un pezzo j e quindi fattolo rasciugare air aria . Lo squagliare la superfìcie della resina al fuoco o al sole, è forse il più sicuro spe- diente per farne svanire tutta quanta V elettricità , sicché non ne rimanga pur ombra o vestigio nella stessa resina, rassodata che sia (a) . La maniera, piìi spedita è di far passare sopra tutta la faccia della re- gina la fiamma di una candela, o d'tm foglio di carta acceso . A qualunque però di tali mezzi uno si appi^ (a) E stato creduto per molto tempo che il calore , e molto più la liquefazione del solfo, e delle resine, bastasse senz' altro ad eccitarvi l' elettricità . Ma tranne la tormali-\ na , ed alcune altre pietre , che si veramente concepiscono l' elettricità pel solo calore , le resine , e il solfo non è mai che lo facciano , se loro non sopravvenga qualche stropic- ciamento , o tocco almeno d' altro corpo . L' errore è nato come ha avvertito il P. Beccaria con altri , da che ognj legger tocco della mai:}0 , o di checché altro può bastare in tali circostanze favorevoli . Senza questo la materia fusa abbandonata a se stessa nel rapprendersi e dopo , tanto è lungi che contragga alcuna elettricità, che anzi perde quella qualunque che per sorte aver potesse piima della fusione , come le nostre sperienze ci assicurano. Ne fia maraviglia; giacche tutti i corpi coibenti per un forte grado di calore divengono conduttori ^ e i corpi resinosi in ispecie lo sono già , quando si trovan mollo rammollì li, e molto più allorr che cominciano ad entrare in fusione. y PARTE PRIMA 229 glìj per accertarsi che l' elettiùcità sia spenta a segno che più non possa aver parte alcuna V azione propria dell'elettroforo negli effetti che risultar debbono unicamente dall' elettricità infusa allo scudo dal con- duttore atmosferico , converrà far prima la prova di posare esso scudo sulla faccia resinosa, toccarlo col dito , e i-ialzatolo quindi al consueto modo , vedere che non muova neppure un sottilissimo pelo : allora non producendo alcun effetto in qualità d' elettro- foro, servirà ottimamente all' altro uso , cui vien destinato , di condensatore dell'elettricità. IX. Se mi dimandasse ora a qual grado giunga nel descritto apparecchio cotal condensazione del- l' elettricità , cioè a quanto maggior forza sorger possano i segni elettrici nello scudo quando s'alza, risponderei che non è facile il determinarlo , di- pendendo ciò da molte circostanze . E però cei'to che, le altre cose pari, l'aumento è maggiore in ragione che il corpo il qual fornisce 1' elettricità allo scudo , si trova avere più grande capacità . In secondo luogo a misura che la forza elettrica im- piegata è più debole, 1' aumento che otteniamo è maggiore a proporzione. Così vedemmo già, che se i! conduttore atmosferico non ha la forza di alzare d'un grado il pendolino dell'elettrometro, moven- do tutto al più un sottil pelo, potrà tuttavia abi- litare lo scudo non che a vibrar 1' elettrometro a 60 e più gradi , ma a scagliare pur anche vivace scintilla ( §. 2 e seg. ) . Ma se 1' elettricità nel con- duttore atmosferico sarà già discretamente forte a, segno di dare qualche scintilletta , di elevare l'elet- 23o DEL CONDENSATORE troraetro a 5 o 6 gradi lo scudo che riceverà questa elettricità , dai'à egli è vero una scintilla assai più forte, e T elettrometro viLrerassi al più alto punto a cui mai salir possa, che suol esser di 90 gradi nel quadrante elettrometro . Ad ogni modo è visi- bile che la condensazione dell' elettricità è minore in questo che nel primo caso ; giacche venne au- mentata sì, ma non di 60 volte. La ragione è che al di là dèi massimo non si può andare, cioè di quel grado a cui giunta 1' elettricità si dissipa da se stessa aprendosi il passaggio per tutto . Dunque a misura che la potenza elettrica, la quale si ap- plica allo scudo posato , è più vicina a tal sommo grado, minor accrescimento può ricevere dalF ap- parecchio condensatore . Ma che bisogno abbiamo noi allora di lui, e tutte le volte che l'elettricità è già sensibile , e forte abbastanza? L'uso a cui vien destinato è di tirare sopra di se, e raccolta in suf- ficiente dose , render sensibile quella eletti'icità , che è languida affatto e impercettibile, finché ri* mane nel gran conduttore ( §. I. ). X. Quando dunque il conduttore vi dà già da se solo segni abbastanza distinti di elettricità, non accade ricorrere all'altro apparecchio. Dirò di più che il farlo può produrre un grande inconvenien- te , ed è , che per poco che 1' elettricità di esso con- duttore sia vigorosa , a segno di dai'e qualche scin- tilla , avviene allora che facendogli toccare lo scudo l'elettricità non si arresti in lui solo, ma che passi in parte ad imprimersi alla faccia resinosa cui co- pre j onde in seguito F appareccliìo prenda a fare PARTE PRIMA 23l le funzioni di vei'o eletti'oforo : ciò che per le ra- gioni già dette ( §. Vili ) sì dee con ogni studio evitare . XI. Per prevenire un tal inconveniente ho pen- sato di surrogare al piatto incrostato di resina, un piano che non fosse vero e perfetto isolante, as- solutamente impermeabile al fluido elettrico ; ma tale solamente che opponesse una discreta resisten- za al suo passaggio ; come una lastra di marmo asciutta e politissima; un piattello di legno simil- mente asciutto, ed arido, oppure incrostato di ges- so, o meglio ancora inverniciato ; una tela incei'ata secca , e monda , od altro simile . Alla superficie di tali corpi non avvenga d' ordinario che s' affigga r elettricità, potendo appiccata che sia scorrere, e trapassare per entro ad essi; o se pur talvolta ve ne rimanesse un pocolino quasi stagnante , sia que- sta passeggi era in Lrevi momenti svanita. Quindi è che un tal apparecchio inetto alle funzioni d'elet- troforo, non ce ne darà i fenomeni; ma per questo appunto meglio servirà all' altro uso di conden- satore . XII. Sostituendo così allo strato resinoso o a qualsivoglia altro coibente perfetto un piano , o strato che sia mezzo tra coibente , e deferente , cioè un corpo isolante molto imperfetto , e insieme im- perfettissimo conduttore , quali sono nelle divisate circostanze gì' indicati corpi ( §. prec. ), non sola-r mente si toglie o si fa minore il pericolo di qual- che elettricità che possa imprimersi , e restar ade- rente alla superficie del piano , la qu^le renderebbe 232 DEL CONDENSATORE equivoche le sperienze delicate; ma inoltre un no- tabile vantaggio da noi si ottiene , ed è ^ clie lo scudo posato su tai piani non affatto isolanti cava dal con- duttore , e si tira addosso maggior' dose di elettri- cità, che se posato fosse sopra uno strato resinoso, od altro perfetto coibente . E come detto già ab- biamo ( §. VI. ), che uno strato resinoso quanto è men grosso, tanto più abilita la lamina che gli è sovrapposta ad arricchirsi di elettricità 5 così tale strato ridotto ad una semplice vernice, o intonaco di cera , Y una , e V altra già men coibente della resina, e infine ridotto a niente, sostituendovi sol- tanto una superficie poco deferente , come quella del marmo , o del legno arido , offre alla lamina metallica la più favorevole positura che mai aver possa, per raccogliere nel suo seno abbondante elettricità . XIII. Guardiamoci però nel voler ischivai'e la troppa coibenza di dare nel poco, accostandoci ai deferenti perfetti , o quasi perfetti . Non bisogna perder di vista , che la superficie del piatto dee opporre una discreta resistenza al trapasso del flui- do elettrico , per rattenere una competente dose di elettricità nello scudo addossatole. ( §. XI. ) Né basta che ciò faccia per un qualche piccolissimo tempo; d'uopo essendo non rare volte di tenervi confinata 1' elettricità otto , dieci , e più minuti , quanti cioè ne impiega il conduttore atmosferico a raccoglier dall' aria ed infondere in esso scudo tai copia di elettricità, che possa rendersi sensibile, « cospicua . ( §. III. lett. D e IV. ) PARTE. PRIMA 233 Dal che facilmente s" intende quanta attenzione porre convenga^ e nella scelta del corpo da surrogarsi allo strato di resina , e nella convenevole preparazio- ne del medesimo : la quale preparazione consiste ge- neralmente in certo grado di essiccamento, che lo riduca allo stato di semicoibente né più, ne meno. Ad ogni modo fìa meglio peccare per eccesso di coibenza , che per difetto 5 meglio prendere un piatto qualsivoglia incrostato di resina, che un di- sco di legno nudo non aridissimo , una lastra d' os- so , od una di mai'mo comune non previamente riscaldate al sole o al fuoco : giacché niun osso , e pochissimi tra i marmi ho trovato che valgano a tener confinata V elettricità nella lamina metallica che lor si soprappone, a tenerla, dico, confinata ^ì, che non trapassi, oltre ad un minuto o due, quando abilitati non vengano da un convjenevole riscaldamento . Disposti però che siano in tal mo- do, e ove singolarmente incontrata abbiasi ottima qualità nel marmo, riescono a maraviglia, e sor- passano ogni aspettazione j onde sosterrò sempre con ragione, che sì fatti piani di legno, d'osso, di pietra, nudi come sono, e ancora notabilmente deferenti, meritano tuttavia d'essere preferiti a un ordinario piatto d'elettroforo fornito del suo strato resinoso . XIV. Venendo ora più davvicino alla maniera, onde praticamente si può ridurre il nostro appa- recchio alla maggior perfezione , per ritrarne il più gran vantaggio ; dopo aver ricordato come conviene soprattutto che la lamina metallica o scudo s'adatti 234 DEL CONDENSATORE Lene a combaciamento col piano sottoposto ( §. IH. lett. B e VII ) , soggiugnerò die per ottener ciò nel miglior modo è Lene ò.' applicarsi ad una lastra di mai'mOj e questa insieme alla lamina o scudo metal- lico spianare Len Lene, lavorandole una sopra l'al- tra, finché sian ridotte a tale perfetto combaciamen- to, che ne nasca sensiLile coesione tra loro. Il marmo poi cosi lavorato si esponga per molti giorni al calore d'una stufa, con che espellendosi Tumido di cui anche tali pietre sono spesso im- Levute, verrà esso marmo condotto a quello stato d'imperfettissimo conduttore, che è V ottimo per le sperienze di questo genere (• §. XII. e XIII. ) 5 e si manterrà tale per un pezzo, sol che non resti lunga- mente esposto al grand' umido : giacché quanto a quell'umidore che può contrarre accidentalmente, e in poco tempo, non essendo che superficiale, non vex'rà il nostro mai'mo a detei-iorarsi notabilmente; e basterà prima di sperimentare esporlo per alcuni minuti al sole, o pur anche asciugarlo con un pan- nolino caldo. XV. E qui giova avvertir di nuovo , che non tutti -i marmi sono egualmente Luoni. In generale i più vecchi, e che da molto tempo sono stati guardati dal grand' umido riescono incorapai'aLil- mente meglio che quelli tratti di fresco dalla cava, o «tati esposti lungamente all' ingiurie dell' aria ; onde i secondi principalmente han Lisogno di un Luon essiccamento nella stufa, ed i primi appena. Ma oltre di ciò avvi ancora notaLilissima differenza tra una specie , e 1' altra di marmo : io ne ho trovato di PARTE PRIMA 235 tali , clie senza riscaldarli né tampoco asciugarli, riescono sempre a maraviglia j e di tali altri , die auclie con una tale preparazione non corrispondo- no troppo bene j a meno che non si continui loro il caldo durante il tempo dell' esperienze . Sopra tutti finora ho trorato eccellente il Lei marmo Lian- co di Carrara . Ciò non pertanto io non so abba- stanza raccomandare di riscaldare e (juesto , e gli «Uri marmi , almeno un poco innanzi adoperarli : con che vantaggian sempre per eccellenti che sia- no j ed essendo cattivi vengono a migliorarsi insi- gnemente, e ad agguagliarsi ben anco ai più buoni. Anzi posso dire per esperienza che la maggior parte dei marmi di lor natura poco buoni, ove siano bea riscaldati previamente , e in seguito si mantengano tiepidi tutto il tempo dell' esperienza, prevalgono, se non a tutti, a molti dei migliori non punto ri- scaldati . XVI. A chi però sembrasse incomoda questa preparazione ( la quale per altro a che sì riduce ? Ad esporre il piatto di marmo al sole , od a pre- sentarlo per poco d' ora innanzi al fuoco d' un cam- mino , o al più tenerlo su d' un piccolo braciere ove sìa o cener calda, o pochi carboni accesi), io suggerirò il mezzo di dispensarsene molte vol- te 5 basta dare alla faccia piana del marmo una buo' na mano di vernice copal , da asciugarsi quindi in una stufa ben calda o in un forno tantoché prenda un color d' ambra tirante al bruno . La vernice me- desima d' ambra sarà ottima , siccome pure la lac- ga . Coa ciò non solo i buoni , ma i cattivi marmi 2o6 DEL CONDENSATORE eziandio serviranno mirabilmente air intento ( che è pure un gran vantaggio ) serviranno seiiza pre- vio riscaldamento , o almeno senza continuarlo loro durante l'esperienza 5 quando però F ambiente non sia molto umido , e quando per raccogliere suffi- ciente elettricità non debba stare la lamina metal- lica troppo lungo tempo, 8 , o 10 minuti es. gr. posata su tal piano di marmo verniciato , che allora converrebbe per lo più mantenere esso piano un po' caldetto . XVII. Appigliandosi allo spediente della vernice si può benissimo in luogo del piatto di marmo far servire una lamina di metallo eguale all' altra lamina o sia scudo , e resa perfettamente combaciante . Se la vernice si desse ad amendue le faccie comba- cianti j non sarebbe male ; ma basterà anche il darla all' una o all' altra : in questo caso però una mano sola di vernice, che sarebbe più che sufficiente per la lastra di marmo , forse non basteria per la la- mina metallica, ma ce ne vorrebbe una seconda, ed anche una terza mano , XVIII. Ma con ciò , mi si dirà , noi siam ricon- dotti ad un vero piatto d'elettroforo, giacché l'in- tonaco di vernice tien qui luogo del sottile strato di resina. Io non voglio negarlo ; anzi dirò, d'aver provato che e il metallo e il marmo singolarmente così inverniciati, son tali, che 1' elettricità vi si af- figge facilmente per comunicazione, e non men fa- cilmente vi si eccita per istrofìnamento , talché il solo strisciare che faccia lo scudo sulla supei'ficìe inverniciata del piatto , o il percuoterla con qual- PARTE PRIMA 23y clie forza mentre si viene a posarvi sopra cotesto scu- do, basta perchè poi dia segni sensibili di elettri- cità allorché se ne distacca . Talora anzi non è pos- sibile d'impedire che questo succeda , per quanto si procuri di posar lo scudo pian piano , e di al- zarlo senza punto strofinare . Tal importuna elet- tricità però è debolissima, e non si suscita che nel caso in cui il piatto verniciato si trova asciugatis- simo, e ancor tiepido dal sole o dal fuoco . Sì fatto riscaldamento adunque non solo non è necessario per il più delle nostre esperienze quando adoperia- mo un piano verniciato , com' è necessario quasi sempre ove s' adoperi marmo nudo ( §. XIII. X V . XVI. ), ma è di più pregiudizievole, perciò che dando luogo ai fenomeni à' elettroforo , può facil- mente produrre equivoci, ed incertezze ( §. Vili. ). XIX. Qual vantaggio adunque mi si dirà un'al- tra volta , neir adoperare in luogo di un piatto incrostato, al solito degli Ettrofori , di resina, un piatto solamente verniciato? Altronde si è pur det- to che vuol preferirsi un piatto nudo di marmo ( §. XI. e seg. ) . Il vantaggio del piatto verni- ciato sopra un ordinario d' elettroforo è : I.° che la vernice sarà sempre più sottile di qualunque incrostatura resinosa; II.'' che quella meglio che questa può lasciare la superfìcie del piatto , sia di marmo sia di metallo , piana e liscia in modo , che lo scudo vi s' adatti ancora quasi a coesione : due circostanze, quali veduto già abbiamo ( §. VI. VII. XIV. ) quanto influiscano alla buona riuscita delle spei-ienze di cui si tratta. Riguardo al piatto nudo 238 DEL CONDENSATORE di marmo, egli è Leu vero che questo può àèrvìi*e egualmente bene, e forse meglio scegli è d" ottima qualità, o allorché si tenga convenevolmente riscal- dato ( §. XIII. ); ma valutando bene le cose, l'in- comodo, cioè di tal preparazione , qualunque egli sia ( §. XVI. ) , e la difficoltà d' aver il marmo per^ fetto ( §. XV. ) , credo che conA^enga ancora V espe- diente della vernice , che vi dispensa da tutto questo salvo solamente qualche prova che duri assai lungo tempo ( §. XVI. ) quando ex. gr. V elettricità' atmo- sferica è sì poca che devon passare più minuti prima che se ne possa raccorrà una quantità sensibile. Vi resta è vero, l'altro inconveniente di potersi per poco affiggere V elettricità alla superficie di detta vernice ; ma oltrecchè anche il marmo perfettamente asciutto, e molto più se caldo, non va esente da tal incomoda disposizione, egli non è poi tanto dif- ficile di ciò scansare adopei'ando le debite attenzio- nìj e r accurato sperimentatore non la scierà di assi- curarsi coi mezzi che già si sono indicati ( §. Vili. ) , che non trovisi neppur ombra di elettricità impres- sa alla faccia verniciata, quando imprende a fare col Condensatore delle sperienze de licate . XX. Al piatto di marmo, o di metallo invernicia- te va di paro un piano qualunque coperto di buona tela incerata secca, e monda, di taffettà cerato , o gommato, di raso o d'altro drappo di seta il quale più che è sottile è meglio : dico , che questi piani così vestiti van di paro agl'altri verniciati, stante che non han bisogno che d'avere cotal veste ben asciutta, e al più un pocolino riscaldata prima di PARTE r>niHTA Sòr) servirsene ; anzi pure e la tela e il taffettà incelali non attraendo molto T umido, non hanno di ordi- nario neppur bisogno d^ esser posti al sole o al fuo- co innanzi farne uso. Il ciambelotto, il feltro, ed altri drappi di pelo son buoni anche essi, ma men della seta 5 quei di lana, o di cotone, meno ancora; e più infelici sono quei di canape , e di lino : ad ogni modo un buon asciugamento, e un gentil calo- re continuato possono abilitare anche questi , sicco- me pure abilitano la carta, il cuojo, il legno, T avo- rio, e gli altri ossi : tutti in somma i corpi che sono da se stessi imperfettissimi conduttori, anzi non condattori, ma che sono troppo bibaci del? umido , cui perciò convien espellere fino a un certo segno. XXI. Dico fino a un certo segno : perchè un troppo grande isolamento è pregiudizievole anziché nò , come si è già accennato ( §. XII. ) , e come si farà più chiaramente vedere nella 2.^ parte di que- sta memoria . Or dunque se i detti corpi vengano spogliati affatto d^ umido, posti per esempio a sec- care nel forno, in tal caso siccome diverranno veri e perfetti coibenti al par delle resine ; cosi non ser- viranno più al nostro intento, a men che non sian ridotti ad uno strato sottile , e questo strato venga applicato ad un conduttore ( ivi ) in modo che ne risulti un vero piatto di elettroforo . XXII. Non lascerò da ultimo di dire, che si può rendere V apparecchio ancor più semplice , se si ap- plichi, sia rintonaco di vernice, sia la veste d'ince- rato, sia il taffettà od altro velo di seta, sia infine qualunque materia semi coibente, alla lamina supe- 24o DEI. CONDENSAtORE riore cioè allo scudo, in luogo di coprirne l'infe- rìove cioè il piatto ; il qual piatto in questo caso di- venta inutile j servendo allora in sua vece un piano qualunque egli sia, una tavola di legno o di mar- rao, anche non ben asciutti, una lastra di metallo, un libro, od altro conduttore, buono o cattivo che sia, sol che vi si possa applicare convenientemente la faccia vestita dello scudo . E in vero altro più non si ricerca per la buona riuscita delle sperienze, se non che T elettricità la quale tende a passare dall' uno all' altro dei piani combaciantisi, incontri sull'una delle superficie tale resistenza, che valga a trattenerla, come si è già accennato ( §. XI. ) , e si farà chiaro nella stessa se- conda parte 5 dove al dipiù mostrerassi , come a tale effetto basti anche una piccola resistenza. Ciò po- sto: che lo strato sottile coibente o quasi coibente tenga al piano di sotto, o a quel di sojji'a, egli è lo stesso 5 quello che importa è che si combacino be- ne ( §. VII): la qual cosa non è sì facile ottenere allorché si posa lo scudo su d' una tavola, od altro piano non preparato a bella posta. Egli è solo per questa ragione , per ottenere cioè un più esatto com- baciamento, che io dò la preferenza a due piani la- vorati un sopra l'altro, che intonaco poscia, od amen- due, o quel solo, che più mi piace ( §. XIV. XVII ) . Del resto la comodità d' avere per tutto appara- to una sola lamina di metallo inverniciata da un lato , o coperta di taffettà, e dall'altro guarnita di tre cor- doncini di seta, fa che io me ne serva più comune- mente 3 e la l'iuscita,se non agguaglia per avventura PARTE PRIMA 24l «Quella àeW altro apparecchio composto dei due piani lavorati un sopra V altro , è tale però che basta d' or- dinario aÌV intento . XXIII. Fin qui ahbiamo considerato l'utile che si può ritrarre dal nostro apparecchio condensatorCj applicato ai conduttori per esplorare T elettricità at- mosferica, allorché è debole affatto, ed impercetti- bile {a). Questo però, a cui vien destinato princi- palmente, non è il solo uso che far se ne possa, né (a) A questo proposito non debbo omettere , che ne* pochi giorni in cui m' applicai a spiare 1' elettricità atmo- sferica col soccorso del condensatore , non son rimasto senza buon frutto raccorne . Il Sig. Canton , ed altri assi- curavano di aver ottenuto dall' apparato atmosferico de' se- gni eletti'ici più vivi dell' ordinario in tempo di qualche aurora boreale^ ma molti de' fisici non sono persuasi an- cora che 1' elettricità influisca in queste meteore , e alcuni lo negano apertamente . Io stesso ne dubitai moltissimo : ora però parmi la cosa certa , e posso dire d' averla ve- duta , e toccata con mano . In quella bellissima aurora comparsa nella notte dei 28 ai 29 Luglio dell' anno 1 780 quando salendo a poco a poco dall' orizzonte fu ascesa tra le 4 » e le 5 ore Italiane allo zenit , spargendo tutt' all' in- torno un vaghissimo lume rossigno , il cielo altronde es- sendo sereno , e ventoso , si ottennero coli' ajuto dell' ap- parecchio condensatore da un conduttore atmosferico ordi- nario (posto in casa di un mio amico , e dilettante di Fisica il Sig. Canonico Gattoni di Como ) molte belle scintillette chiare , e crepitanti ; quando in tutti gì' altri tempi sereni , e in ogni ora del giorno , e della notte dall' istesso condut- tore , e coli' ajuto dell' istesso condensatore o non ottiensi scintilla o minutissima soltanto 5 e ciò perchè quel condut- tore atmosferico non è alto moltoj né molto ben situato. Tomo /♦ 16 242 DEL CONDENSATORE il solo vantaggio che esso ci procura : il medesimo serve altresì molto per V elettricità artificiale , a di- scoprirla cioè ove per altra via non si manifeste- rebbe, o 0 renderne i segni assai più cospicui . Molti sono i casi, in cui l'elettricità, che è nulla in ap- parenza o molto dubbia, vi si renderà chiara, e sensibilissima colFajuto di tal apparecchio : ne an- drò accennando per modo d' esempio alcuni . XXIV. 1.° Una boccia di Leyden caricata, e quindi addotta alla scarica, colF applicarvi tre, o quattro volte T arco conduttore, o con replicati toc- camenti della mano , chi non crederebbe che fosse omai spogliata affatto della sua elettricità ? Così sem- bra infatti esplorandola con qualsivoglia Elettrome- tro anche de' più sensibili. Pure toccate coli' uncino di tal boccia la lamina metallica posata convenevol- mente (cioè sopra qualunque piano, s'ella è ben inverniciata nella faccia inferiore, o vestita di taf- fettà ec. oppur s'è nuda sopra un sottile strato resi- noso , o su d' un incerato , o su drappo di seta , o sopra tavola di legno inverniciata , o sopra lastra di marmo ben asciutto), e tosto alzata dotai la- mina o scudo interrogatela che ne avrete segni elet- trici sensibilissimi : dal che concluderete che l'elet- tricità della boccia non era già tutta spenta, come appariva. Che se questa avesse mai una carica sen- sibile a segno di attrarre un leggier filo , in tal caso lo scudo toccato dal di lei uncino anche per un sol momento , e quindi alzato , vibrerà vivace scintilla : l'iposto lo scudo, ritoccato coll'istesso uncino della boccia, e rialzato di nuovo , ne otterrete una secon- PARTE PRIMA 21^.^ fla scintilla, nulla o poco men vivace della prima; e un tal giuoco potrassi continuare per molte e molte volte con pari diletto, e meraviglia. Cotesto artificio di produrre scintille, e replicarle a piacimento con una boccia, che non ha carica suf- ficiente per darne neppuruna da se sola, vi appresta una grande comodità per varie sperienze dilettevoli, come quelle della mia pistola, e della mia lucerna ad aria infiammahile , massimamente trovandovi provveduto d^una di quelle boccette preparate alla maniera del Sig. Tiberio Cavallo (i), le quali si possono portare cariche in tasca molto tempo. Que- ste , poiché conservano una carica sensibile alcuni giorni , ne conserveranno una insensibile per setti- mane, e mesi : insensibile dico, senza Fajuto del nostro apparecchio condensatore 5 ma con questo sensibilissima, e più che sufficiente alFuopo di ac- cendere r aria nella pistola ec. XXV. 2.° Avete una macchina elettrica meschina , così mal in ordine , e in tali circostanze sfavorevoli d' umido ec. , che non potete trarre la più piccola scintilla dal conduttore, il quale appena attrae un leggerissimo filo, o non giugne neppur a tanto? Or via fate toccare a tal conduttore inerte il nostro ap- parecchio, ossia lo scudo posato come conviene sul piano , e lasciate che il toccamento duri per qualche minuto, tenendo intanto in azione la macchina 5 e (1) Veggasene la descrizione nel suo Trattato completo di Elettricità teorica, e pratica, con sperimenti originali^ tradotto dall'Inglese. Firenze 1779 parte IV, pag. 43»- 244 DEL CONDENSATOLE vi riuscirà di ottenere col solito giuoco eli staccare lo scudo dal sottoposto piano j una Luona scintilla, ed ogn^ altro segno vivace. XXVI. 3.° Sia pure la macchina tuonale agisca a dovere 5 ma il suo conduttore trovisi così male isola- to, clie r elettricità non vi si possa acaimulare a se- gno di dar scintilla, e neppure di attrarre un filo: come accade quando l' istesso conduttore tocca al muro della stanza, o quando una catena pende da osso sopra una tavola, e fin sopra il pavimento della' stanza. In simil caso crederete clie l'elettricità per quelle comunicazioni si disperda intieramente, ma cercando più oltre, ricorrendo cioè al condensato^ re , troverete che un poco se ne trattiene ad ogni momento nel conduttore tuttoché non isolato , tanto che durando Fazione della macchina qualche tem- po, i molti pochi raccolti insieme nello scudo, per la vantaggiosa disposizione ch^ egli ha di tirar sopra di se r elettricità (§. II.), fanno ch'il medesimo sia poi in istato di dar segni abbastanza forti . XXVII. 4-° L* ordinaria maniera di strofinare al- cuni corpi , e quindi presentarli ad un elettrometro, onde vedere se per tal mezzo abbiano o nò con- tratto qualche elettricità, è in molti casi insufficiente, dimodoché sovente si crede che sia nulla, sol per- chè debolissima . Si trae dunque un gran vantaggio strofinando i corpi dubbi collo scudo o lamina me- tallica del nostro apparecchio, che in questo caso deve esser nuda, poi levatala in alto isolata, interro- gando lei medesima, la quale darà segni abbastanza sensibili per qualunque piccola ed insensibile elet- PARTE PRIMA 245 trìcltà eccitata nel corpo contro cui si è strofinata , e dinoterà quale specie di elettricità quello abbia contratta, giacchi si sa che debbe essere nei due contraria . Anche il Sig. Cavallo si serviva di questo mezzo per iscoprire V eletti'icità in molti corpi (i) . Ma ve n'è uno a certi riguardi migliore, che certa- mente nò egli né altri, ch'io sappia , han conosciu- to. Quando il corpo , di cui si vuol provare la virtù, non è tale che vi si possa addattare in piano la la- mina metallica per dimenarla sopi*a strofinando , si faccia in vece così : posata la lamina o scudo sopra il solito piano semicoibente, si strofini essa, o me- glio si percuota a vari colpi col corpo in questione 5 il che fatto si levi la lamina, e si osservi se è elet- trizzata : lo sarà senza meno nel caso che vi siate \ sei'vito a percuoterla di una striscia di cuojo,diuna corda, d'un pezzo di panno, di feltro, o simili cat- tivi conduttori 5 e lo sarà assai più che se Y aveste sferzata, o strofinata per egual maniera coi medesi- m.i corpi stando essa lamina metallica isolata. In somma coli' uno , o coli' altro degl' indicati mezzi voi otterrete elettricità da corpi che non avreste mai creduto che godessero di questa virtù; la otterrete , anche da corpi non secciai, da tutti infine , eccetto solo i metalli, e i carboni: dirò dipiù , ch'io ne ho ottenuto qualcbe volta strofinando la lamina metal- lica col rovescio della mano nuda . (1) Vedi il suo trattato, cap. VI. p. IV. pag. 494* 24-6 DEL CONDENSATORE XXVIII. 5." Si è cercato se il calore, l'evapora- zione, le fermentazioni ec. producano qualche grado di elettricità, ossia cagionino qualche alterazione alla dose naturale del fluido elettrico nei corpi che subi- scono coleste azioni , e in quelli che sono in con- tatto coi medesimi . La ricerca era di grande impor- tanza per fissar pure qualche idea sull'origine del- l'elettricità naturale, ossia atmosferica. Io so di molti che hanno tentato specialmente suU' evapora- zione delle sperienze invano ( Franklin , De Saus- sure, ìVenly , Cavallo) , e che hanno infine rinun- ciato alla speranza di ottenere per tal mezzo segni elettrici; né so d'alcuno che sia ancor giunto ad ottenerli . Le mie proprie sperienze non avean avuto miglior successo ; con tuttociò ben lungi di i-inun- ciare ad ogni speranza, io le andava sempre più nodrendo. Da gran tempo fissato mi era in mente che le dissoluzioni, le effervescenze, le volatilizzazioni ec. sconvolgendo le minime particelle dei corpi , e forma, e posizione mutandone, doveano colFaltei'a- zione delle forze mutue di esse particelle, aumentare o diminuire le respettive capacità dei corpi medesimi sottoposti a quei moti intestini (le capacità dico , a contenere il fluido elettrico ) ; e conseguentemente occasionare dove condensazione, dove rarefazione di esso fluido : io ne era cosi persuaso , che non sapeva darmi pace che 1' elettricità non si manifestasse per alcuno di tai processi ; di tal mancanza di segni per- tanto io ne accagionava parte alla debolezza del- l' elettricità che per tal modo si eccitava , parte alla PARTE PRIMA 247 dissipazione di essa prodotta dai vapori medesimi che si sollevano durante il processo , e distruggono quasi intieramente l'isolamento : mi compiaceva però sempre a pensare , che ? avrei un giorno potuta sco- prire cotesta elettricità fugace , moltiplicando le spe- rienze , e mettendovi più d'attenzione, e di accura- tezza (1) . Due anni sono alloi'chè fui passo passo condotto alla maniera di condensare a un segno si grande 1" elettricità coli' apparecchio qui descritto , i miei pensieri si rivolsero nuovamente all' oggetto delle antiche mie ricerche , e concepii molto più fon- data speranza di poter iscoprire qualche cosa, e già mi proponeva di applicarmi a tali sperienze, quasi presagendone la riuscita; ma varj accidenti le ritarda- rono fino al Marzo, e Aprile di quest'anno, in cui intraprese avendole a Parigi in compagnia di alcuni membri dell' Accademia R. delle Scienze, mi riuscì finalmente di ottenei'e segni non duhb j di elettricità, ( che dico segni non dubbj ? ) fin la scintilla elettrica dall'evaporazione dell'acqua, dalla semplice com- bustione dei carboni, e da varie effervescenze, se- gnatamente da quelle che producono l'aria infiam- mabile,l'aria fissa, e l'aria nitrosa. XXIX. Terminerò la prima parte di questa me- moria col dire, che oltre gli accennati vantaggi, ed altri del medesimo genere , che ne procura il nostro condensatore considerato semplicemente come istro- (i) Vedasi la prima memoria latina, della presente col- lezione dalla pag. 22 alla pag. 25. 248 BEL CONDENSATORE mento atto ad ingrandire i segni dell' elettricità 5 le varie sperienze che possono farsi con esso spargono eziandio molto lume sulla teoria elettrica , per quel- la parte massimamente che riguarda V azione delle atmosfere : lo che andiamo a vedere nella Parte «econda. PAR TE SEC ONDA. In guai maniera un conduttore accostandosi a un altro sotto certe condizioni acquisti una sti aor- dinaria capacità di ricevere e contenere l' elet- tricità . XXX. Lje sperlenze riportate nella prima parte, di questa Memoria ci hanno abbastanza mostrato come una lamina metallica , o qualsivoglia piano conduttore, cui soglio appellare scudo, applicato ad un altro piano , il quale opponga, o per la qua- lità sua di cattivo conduttore , o per V interposizio- ne di un sottile strato coibente , una certa non gran- de resistenza alla ti^asfusione dell'elettricità, come dissi, tale scudo in siffatta posizione atto sia a tirare sopra di se, e raccorre nel suo seno maggiore copia di elettricità, che se si trovasse in qualsivoglia mo- do perfettamente isolato . Abbiam veduto come fa- cendolo toccare all'uncino di una boccia di Leyden, al conduttore di una macchina elettrica, o a quello ^leir elettricità atmosferica , infine a qualunque po- tenza o sorgente elettrica , anche quando l' elettricità \ è debolissima , e affatto impercettibile , pur gli se ne gosttuaica tanto da poter ni*mfestai"si quindi con se- 25o DEL CONDENSA'TORE gai molto vivaci , tosto die si leva esso scudo in al- to . Or qui intraprendiamo di spiegare un tal feno- meno : e la spiegazione medesima servirà più eli' al- tra cosa a facilitare la pratica delle sperienze di questo genere . XXXI. Adunque il tutto si riduce a questo : che la lamina, o scudo ha molto, e molto maggiore ca- pacità nel 1.° caso , quando cioè posa sul piano avente le condizioni indicate (prec. e il, 12, 22), che nel 2.° , in cui tiensi ex. gr. in alto sospeso per i suoi cordoncini di seta, o per un manico isolan- te , oppur che posa sopra un grosso strato coihen- te, o sopra un piatto isolato. Per dilucidare questo punto essenziale , prendiam le cose da più lontano . XXXII. Non vi vuol molto a comprendere, che ivi è maggiore capacità, dove una data quantità di elettricità sorge a minor intensità , o che è lo stesso , quanto maggior dose di elettricità è richiesta a por- tare T azione a un dato grado d'intensità 5 e {vice- versa: a dir breve, la capacità, e V azione, o ten- sione elettrica sono in ragione inversa. Farò qui osservare sul principio ch'io dinoto col termine di tensione ( che volentieri sostituisco a quello d' intensità ) lo sforzo che fa ciascun punto del corpo elettrizzato per dissiparsi della sua elet- tricità , e communicarla ad altri corpi : al quale sfor- zo corrispondono generalmente in energia i segni di attrazione, rij)u]sione ec. , e particolarmente il grado a cui vicn teso l'elettrometro . XXXIII. Ciò che abhiara detto comprendersi fa- PARTE SECONDA 25 1 cilmente die la tensione debb' essere in ragione in- versa delle capacitarci viene poi mostrato nella- ma- niera più chiara dalF esperienza . Siano due verghe metalliche j di egual diametro ^ una lunga i piede, e l'altra 5. S^ infonda alla prima tanto di elettricità, che giunga a vibrare un elettrometro annesso a 6o gra- dì : se in questo stato si farà toccare quella air altra verga, l'elettricità compartendosi equabilmente ad ambedue , diminuirà di tensione tanto appunto , quanto la capacità si trova ora accresciuta, cioè 6 volte: lo che ci farà vedere Telettrometro, discenden- do dai 6o ai IO gradi (a) . Cosi se V istessa quantità di elettricità venisse a diffondersi in un conduttore 60 volte più capace, non rimarrebbe che g-^ della primiera tensione , cioè un grado solo ; come vice- (d) Suppongo qui che siano eguali tra loro i gradi del- l' Elettrometro , voglio dire che segni ciascuno un' eguale quantità di elettricità, in quella maniera che ciascun grado di un buon Termometro di mercurio segna un egual addi- zione di calore . Nel quadrante elettrometro del Sig. Wenlj che è il migliore di quanti elettrometri si sono mai im- maginati , e eh' io ho in qualche parte perfezionato , la di- visione de' gradi fatta col compasso non è altrimenti giusta ; ma ha bisogno di una correzione intorno a che mi sono Tion poco applicato con un successo maggiore anche di quello che avrei potuto sperare . Penso ora a rendere tale stnamento del tutto comparabde ; al che se giungo , come ho luogo di sperare , non tarderò guari a pubblicarne la descrizione in un colle osservazioni necessarie per ben ser- virsi in generale degli elettrometri , ed iu particolare di questo mio . 25.2 DEL éON PENSATORE versa la tensione di i sol grado di cotesto gran con- duttore j o d^ altro qualunque , salirebbe a 60 gr. , ove la di lui elettricità venisse a raccorsi, e conden- sarsi in una capacità 60 volte minore . XXXIV. Or non solo conduttori di mole , e massa diversi hanno diversa capacità 5 ma anche T istesso conduttore può averne una maggiore , o minore , secondo varie circostanze 3 alcune delle quali non sono per anco state considerate , come si convie- ne . E stato osservato che T istesso conduttore acqui- sta , o perde in capacità , a misura che si aggran- disce , o si ristringe di superfìcie ; secondo che una catena metallica ex. gr. si dispiega in lungo , o si ammucchia 3 secondo che vari cilindri contenuti un nelF altro , ( co me quelli d' un canocchiale ) si traggo- no fuori , o si fanno rientrare ec. Quindi si è con- cluso generalmente che la capacità non è in ragion della massa , ma bene in ragion della superficie del conduttore , come Franklin ha dimostrato ap- punto colF indicato sperimento della catena . XXXV. Questa conclusione è giusta , ma non comprende ancor tutto ; perocché anche con superfì- cie egualmente grandi si ha maggiore, o minore capa- cità, se siano i conduttori diversamente conformati . Essa si troverà maggiore di molto in quel condut- tore che avrà più lunghezza comunque sia d'alti'et- tanto men grosso , cosicché la quantità della superfi- cie rimanga eguale : come Watson, ed altri aveano già ossei'vato, e come io mi lusingo d'aver posto in mi- glior lume nella mia memoria sulla capacità de'con- tkittori semplici j nella quale dimostro il grande PARTE SECONDA 25S Tantaggio dì un conduttore costnitto di molte \ev- ghe di legno coperte di foglia metallica, e collocate in lungo punta a punta sopra gli ordinai^] conduttori assai più grossi, e meno lunghi . Se T istesso con- duttore colla grossezza, e lunghezza medesima non sia diritto, ma assai curvo , e molto più se essendo ex. gr. un fil di ferro , abbia molti torcimenti , o si ripieghi indietro, avrà minore capacità 5 così pure l'avranno minore le indicate verghette, se invece d' esser collocate punta a punta in linea retta , lo sia- no ad angolo , e peggio se s' accostino parallele . Le sperienze, ed osservazioni da me rapportate in quello scritto , ed infinite altre , massimamente quelle intorno al così detto pozzo elettrico , concor- rono tutte a provare , che la capacità è in l'agione non delle superficie qualunque esse sieno , ma delle superficie libere dall'azione delle atmosfere omolo- ghe: nella quale rettificata proposizione converranno tutti quelli , che si faranno a considerare i princi- pali fenomeni delle atmosfere elettriche . XXXVI. Ma v'è di più ancora, e questo è pro- priamente che fa al nostro caso. LMstesso condut- tore ritenendo la stessa superfìcie , e la forma sua non mutata acquista maggiore capacità allorachè in luogo di rimanere isolato solitariamente si affaccia a un' altro conduttore non isolato ; e l' acquista tanto sempre maggiore,quanto vi si affaccia più davvicino, e quanto le superfìcie che si presentano un V altro sono più larghe. Io chiamo quel conduttore isolato che ne ha un' altro di fronte ( sia questo non isola- to, come nel caso nostro, sia anche isolato, elet- 254 DEL CONDENSATORE tipizzato , o nò ) , lo chiamo conduttore conjugato ; e già io aveva promesso nella mentovata dissertazio- ne, trattato avendo della capacità de' conduttori sem- plici, o solitari , di trattare in seguito di quella dei conduttori conjugati . XXXVII. Tale circostanza, che accresce prodi- giosamente la naturale capacità di un conduttore , quella è sopra tutto , a cui non trovo che si sia fatta ancor la debita attenzione 5 molto meno che alcuno ne abbia tratto quei vantaggi, che dalF applicazione facilmente ne derivano . Ma veniamo a quelle spe- rienze più semplici, che ci mettono sott^ occhio que- sta accresciuta capacità . Prendo un disco di metallo, (il solito scudo d'elet- troforo per esempio) , e tenendolo in alzo isolato lo elettrizzo a una data forza, quanto basta; Supponia- mo, a fare un' elettrometro annesso si tenda a 60 gradi; calando indi esso disco gradatam.ente verso una tavola od altro piano deferente , ecco che decade r elettrometro dai 60 a 5o , /j-O, 3o gr. Non crediate perciò che sia scemata a questo punto la quantità d'elettricità che il disco possiede, la quale anzi, purché quello non sia giunto a tale vicinanza dell' al- tro piano deferente da dar luogo alla trasfusione col- lo scoccare di qualche scintilla, si sarà mantenuta nell'interezza sua, quanto almeno la lunghezza del tempo , lo stato dell'aria e dell'isolamento lo permet- tono . Onde dunque tale, e tanto abbassamento di tensione ? Non altronde che dall'accresciuta capacità del disco, or non più solitario, ma conjugato . In prova di che se si sollevi di nuovo gradatamente. PARTE SECONDA 255 risalirà il suo elettrometro a /\.o, 5o, e fin presso ai 60 gradi di prima (risalirebbe ai 60 giusto, se si potesse impedire affatto il diss pameato nell'aria, e lungo gF isolatori non mai perfetti abbastanza ); a misura cioè che allontanandosi dall' altro piano de- ferente ritorna il disco a quella più angusta capacità, che gli compete quand" è solitario . XXXVIII. La ragione di un tale fenomeno si de- duce facilmente dall' azione delle atmosfere elettri- che . Quella del disco, che or suppongo elettrico "per eccesso si fa sentire alla tavola, od altro qualsivo- glia conduttore, a cui si affaccia in guisa che il fuoco di questo, giusta le note leggi, ritirandosi si dirada nelle parti che restano più vicine al disco sovrastan- te, e tanto più si dirada, quanto esso disco elettrico si va più accostando . Se l' elettricità di questo è per difetto, il fuoco della tavola, o piano inferiore qua- lunque sia, accorre e si addensa verso la superfìcie medesima, che guarda il disco, e che ne sente j)iù davvicino 1" azione . In somma le parti immerse nella sfera di attività del disco contraggono un elettricità contraria,eìeiirìcìik che può dirsi accidentale', e che portando in certo modo un compenso a quella reale del disco medesimo, ne diminuisce la tensione, co- me appunto ci dimostra T abbassamento del F elet- trometro. XXXIX. Due altre sperienze porranno in maggior lume questa azione reciproca delle atmosfere elet- triche, mercè di cui oi-a s'infievoliscono, ora si rin- forzano mutuamente le tensioni ossia azioni elettri- che di due corpi pel solo avvicinarsi V uno all' altro ;, 256 DEL CONftÉNSAfORE ritenendo ciascuno né più né meno la sua dose di elettricità . Cominciam da quelle cKe si rinforzano. Queste sono le atmosfere omologhe . Siano pertanto due piani conduttori, elettrizzati o per eccesso amen- due , o amendue per difetto . Si allaccino questi , e si vadano gradatamente avvicinando : vedrassi die influiscono T uno sulF altro in modo, clie la tensione elettrica s' accresce in amendue a pro- porzione del più grande avvicinamento , e della quantità di superficie che si presentano : ciò , dico , vedrassi dal maggiore innalzamento de' respettivi elettrometri , e dalla scintilla , clie esplorando Y uno o V altro di quei piani scoccherà a maggiore di- stanza, che se ciascuno fosse rimasto con tutta la sua elettricità solitario . In quello stato adunque di avvicinamento egli è chiaro, che ciascuno de' due conduttori conjugati ha una minore capacità 5 giac- ché a proporzione che sono già attuati a un più alto grado di elettricità, lor resta meno per giun- gere al sommo , o a parlar più giusto , maggiore è la resistenza che oppongono ad un ulteriore ca- rica, conformemente a quanto osservato già ahhìa- mo che la tensione esprime lo sforzo , onde uu corpo tende a disfarsi dell' elettricità , e a comu- nicarla altrui. Cosi una hoccia di Leyden carica a un gi'ado un poco maggiore di quello dei dischi so- litari , la quale per conseguenza darebbe loro , iil tale stato, riceverà all'incontro da essi quando es- sendo conjugati vi prevale la tensione : ritornando questi jo/tfarijcederanno un'altra volta alla hoccia ee. PARTE SECONDA 237 Or anche si comprende quello che ahbiaino fatto più sopra osservare , onde sia cioè che un filo metallico ripiegato, e molte verghe poste allato, e vicine r une alP altre , abbiano minore capacità che disposti quello , e queste in una linea retta ; perchè con superficie eguali un Conduttore corto , e grosso abbia meno capacità d'un lungo, e sottile; perchè infine la capacità sia in ragione delle superficie li- bere o meno attuate dall' influsso delle atmosfere omologhe . XL. Siano ora i medesimi dischi della sperienza precedente ambi elettrizzati, ma uno per eccesso l'altro per difetto; ben si vede che ne seg^uiranno effetti contrarj , cioè 1' influenza vicendevole delle atmosfere, per cui l'uno è attuato dall'altro, pro- durrà un compenso od equilibrio accidentale , onde diminuirassi la tensione in amendue , cadrà 1' elet- trometro, ec. Allora io dico che trovasi accresciuta in ciascuno de' due dischi la capacità , inquantochè opporrà ciascuno minor resistenza ad un" ulteriore carica dell' elettricità che già possiede , e gliene ri- manda di più a prendere per giugnere a un dato grado dì tensione . Così una boccetta di Leyden carica dell' istessa specie d' elettricità d' uno di que- sti dischi, e all'istesso grado, ed anche al disotto, potrebbe tuttavia aggiugnere all' elettricità di quel- lo, quando , trovandosi coniugato, la sua tensione è indebolita dall' atmosfera elettrica contraria del disco compagno ; ma rimosso quello da questo , e divenuta in lui la tensione prevalente , darebbe egli della sua elettricità alla boccetta ec. Tom. L 17 258 DEL CONDENSATORE XLI. Non resta più ora cìie fare un' applicazione di quest' ultima esperienza a quelle riportate di so- pra, in cui il disco elettrizzato si affaccia a un pia- no conduttore non isolato . S' egli è vero , come supposto abbiamo che questo nella parte più vicina a detto disco elettrico, per 1' azione della di lui atmosfera, si compone ad un" elettricità contraria, vale a dire cbe il fuoco ivi si dirada qualor F in- combente elettricità sia in più , o vi si condensa qualor sia in meno , dovrà dunque nascere T istesso equilibrio accidentale ^ F istesso compenso , e alle- viamento alla tensione elettrica del disco, lo stesso abbattimento dell' elettrometro , come appunto si osserva : quindi F accresciuta capacità di esso disco ; quindi la maggior dose di elettricità che potrà ri- cevere . XLII. La cosa è già bastantemente chiara, ma si renderà ancora più manifesta , e toccherassi con mano, se si venga ad isolare il piano conduttore ( supponiam che questo sia parimenti un disco me- tallico, che chiameremo disco inferiore ) affacciato già al disco elettrico , e dopo si allontanino un dal- l'" altro; giacché allora compariranno realmente in esso piano , o disco inferiore i segni delF elettricità contraria da esso lui acquistata allorché non era isolato, e trovavasi immerso nell'atmosfera del di- sco superiore. Cotesto disco superiore j)oi, il quale intantochè si allontana , ricupera la tensione , che F avvicinamento gli avea fatto perdere , la perderà di nuovo a misura che si accosterà un" altra volta al disco inferiore, e la farà perdere a lui medesimo, PARTE SECONDA zSq in virtù deir azione reciproca delle contrarie elettri- cità a indicare le quali vicende è opportuno che tro- visi un' elettrometro annesso a ciascuno de' dischi ; poiché il linguaggio dell'elettrometro è il più signi- ficante di tutti, e ardisco dire ch'esso solo vi dà la spiegazione di tutti i fenomeni ripoi-tati in questo scritto , e d' infiniti altri analoghi , XLIII. Che se il disco inferiore sì trovi isolato al primo affacciarvi il disco superiore elettrizzato , e isolato pure rimanga tutto il tempo che questo vi sta sopra 5 in tal caso venendo attuato dalla di lui atmo- sfera, acquisterà quella che chiamo elettricità omo- loga accidentale, cioè una tensione od azione elet- trica, con cui fa sforzo di conseguire l'elettricità contraria ; il che non venendogli dato di effettuare, per l'isolamento in cui si trova, non potrà neppur compensare nel dovuto modo 1' elettricità del disco incombente , né quindi diminuire in lui la tensione notabilmente, dimodoché l'elettrometro di questo, appena farà cenno di abbassarsi ( il quale picciolo abbassamento si deve a quel poco di fuoco, che per l'azione dell'atmosfera elettrica può muoversi nella spessezza del disco inferiore, o lungo i suoi sostegni isolanti non mai perfetti abbastanza ) , e per conseguenza non acquisterà il disco superiore maggiore capacità , onde poter prendere maggior dose di elettricità . Ma bene l' acquisterà , se un mo- mento sì venga a toccare il disco inferiore , onde distruggere in esso 1' elettricità accidentale oniolo^ ga , che vuol dire fargli prendere la reale contraria, XLIV. Se il disco inferiore non che trovarsi ìso- 26o DEL CONDENSATORE lato, sia egli medesimo isolante , succedei'à lo stesso, cioè non potrà diminuii'e la tensione elettrica , ne quindi aumentare la capacità del disco superiore accostatogli comuuque . Non così però se cotal di- sco isolante sarà semplicemente un sottile strato che copra un conduttore comunicante col snolo ; mer- ceccliè questo piano conduttore clie trovasi poco sotto j e in cui può moversi liberamente il fuoco , farà esso il giuoco di compensare T elettricità del disco superiore, e lo strato isolante interposto di- ininuirà soltanto 1" azion mutua delle atmosfere elet- triche, in ragione della maggior distanza che pone tra 1" uno , e 1' altro conduttore . XLV. La tensione ossia azione elettrica del di- sco , la quale , come ahhiam veduto va diminuendosi a misui'a eh' egli si affaccia piiì davvicino ad un pia- no deferente non isolato è portata a un tale decadi- mento quando si arriva quasi al contatto , il com- penso od equilibrio accidentale essendo allora quasi perfetto, che dove F elettrometro era teso a 6o, 8o, 100 gradi, si vedrà or disceso a un grado solo , ed anche meno . Qviindi se il piano o disco inferiore opponga solo una piccola resistenza al trapasso del- l' elettricità, o per l'interposizione d' un sottile strato coibente, o per la natura sua propria d'imperfetto conduttore , qual è il marmo asciutto , il legno sec- co ec. tale picciola resistenza congiunta a quella della distanza comunque piccolissima non potrà es- sere superata da tale debolissima tensione del disco elettrico 5 il quale perciò non iscaglierà scintilla al piano (salvo che foiose dagli orU iion beuritondati. PARTE SECONDA 261 e nel caso die possieda una gran copia di elettricità) ; ^uzi conserverà tutta, o quasi tuttala sua eletti'icità , dimodoché rialzandolo, il suo elettrometro ascen- derà quasi al grado di prima . Più : potrà il disco senza gran detrimento della sua elettricità giugnere fino al contatto del piano imperfetto conduttore , e restarvi qualche tempo applicato : nel quale contatto la tensione elettrica trovandosi pressoché ridotta a nulla non ha forza di passare dal disco al piano che combacia se non lentissimamente. XLVI. Non andrà però così la bisogna, se ripetendo T esperienza s^ inclini il disco, e si porti a toccare il medesimo piano in costa : allora sussi- stendo in quello mii^^ìoT tensione di elettricità ( co- me ci mostrerà il fedele elettrometro), giacché non vien bilanciata che corrispondentemente ai punti di superfìcie deir uno che guardano davvicino la super- ficie dell' altro , cotal azione elettrica meno indebo- lita vincei'à la picciola resistenza del marnxo , o di qualsivoglia altro imperfetto conduttore , e fino di un sottile strato coibente che trovisi interposto, co- sicché r elettricità trasfonderassi realmente , e s' af- figgerà a cotesto strato coibente che copre il con- duttore, o passerà entro a questo, se ne è nudo, fino a perdersi nel suolo (a) , e ciò in brevissimo tempo: (a) Questa spiegazione bene intesa ci conduce a render ragione in generale della virtù delle punte . A parlar giu- sto una punta non isolata , presentata a un corpo elettrico non ha alcuna virtù propria per attirarne V elettricith , ella si comporta semplicemente come un conduttore non iso- lato che non oppone resistenza al passaggio del fluido elet- 262 DEL CONDENSATO K. E laddove vedemmo, clie non ne passa nulla o quasi nulla in tempo assai più lungo, quando, il contatto col medesimo piano è il più ampio possibile. Il che ha r aria di pax'adosso; ma pur si spiega cosi ben coi principi delle atmosfere elettriche. trico . Se il medesimo condutlore presenta al corpo elet- trico invece della punta una palla od una superficie piana, non oppone già egli per questo maggiore resistenza j onde è dunque che 1' elettricità non vi si getta egualmente all' istessa distanza dal corpo elettrico ? Ciò viene dall' inde- bolita tensione, ossìa azione elettrica di cotesto corpo in virtù della più larga superficie presentatagli da quel con- duttore non isolato, la quale superfìcie componendosi ad un' elettricità contraria , ofFi'e maggior compenso che una punta , come si è qui sopra spiegato . Adunque in luogo di dimandare perchè una punta tragga , o getti s'i da lungi 1' elettricità , dovrebbesi domandare piuttosto perchè una palla o un piatto egualmente conduttore non lo facciano : allora io farò osservare che non è già un difetto di questa palla, o di questo piano , come non è una virtù projiria della punta che metta tale , o tanta differenza ,• ma bene lo stato del corpo elettrico e della sua atmosfera ( con cui intendo anche 1' aria che lo circonda attuata ad una ten- sione di elettricità omologa ) il quale decade dalla sua forte tensione a proporzione che s' immergono in detta sua atmosfera , e si affacciano a lui più punti d. un con- duttore non isolato. Affievolita pertanto 1' azione elettrica, è egli sorprendente che non possa più superare la resi- stenza di quel grosso strato d' aria interposta tra il corpo elettrico , ed il conduttore , che supera agevolmente , quan- do non presentandoglisi alla medesima distanza che una punta sottile , la tensione di esso corpo elettrico , e del- l' aria infinitamente meno bilanciata, sussiste nel suo pieno vigore? PARTE SECONDA ' 263 XLVII. Quello che sembra anche più paradosso , o almeno che sorprende di più, si è che neppure il contatto di un dito, o di un pezzo di metallo comu- . nicanli col suolo, replicato più volte, e continuato per alcuni secondi , valga a spogliare intieramente dell' elettricità il disco posato sulF amico piano 5 ma ve ne lasci sovente tanto da poter dare ancora una scintilla quando in seguito si leva esso disco in alto . Invero tal fenomeno sarebbe inesplicabile anche nei nostri principi > ^^ ^^ dito, o il metallo fossero per- fetti conduttori , a segno di non opporre la minima resistenza al passaggio del fluido elettrico, come si crede comunemente ; ma la cosa non è così; e ce lo dimostrano queste stesse sperienze . I metalli dun- que non sono che conduttori meno imperfetti de- gl' altri corpi. Ma, dirassi , noi vediamo che si tra- sfonde da un capo all' altro di un metallo , e da un metallo all' altro 1' elettricità in un' istante . Sia pure così di queir elettricità che dispiega una forza sensi- bile a segno di tendere un' elettrometro, o di attrar- re un filo leggierissimo . Ma convien riflettere che al disotto di questo vi hanno da essere ancora altri gradi di elettricità impercettibili , i quali, dico , non son valevoli a superare sì tosto quella qualunque piccola resistenza che pure oppor denno i migliori Conduttori . Quando dunque un metallo tocca il disco elettrizzato che riposa sul suo piano, lo spo- glia immantinente dell' elettricità fino al segno che la tensione diviene aff"atto insensibile, non però nulla, essendo ridotta supponiamo a -^ di grado. Ma se sollevando il disco in alto la sua capacità si 264 DEL CONDENSATORE ristringa a segno che dispieghi una tensione elet- trica cento e più volte maggiore , questa salii'à dunque a due gradi , ed ohre ; con che sarà divenuta sensibile , finanche al punto di dare una scintilla . XLVIII. Fin qui considerato abbiamo come Fa- zione delle atmosfere elettriche debba modificare r elettricità del disco nelle sue varie situazioni , allorché gli è stata infusa prima di accostarlo al piano deferente . Ora vediamo che avvenir debba allorché gli s' infonde stando già egli vicino , o me- glio applicato al detto piano . Quando ho detto dal bel principio che in tale stato egli ha molto mag- giore capacità , e son venuto provandolo fin qui , ho detto , e provato tutto : le applicazioni sono fa- cili a farsi . Gioverà non pertanto esemplificare con un^ esperienza . Mi si dia una boccia di Leyden , o un ampio conduttore elettrizzati a un sol grado di tensione , od anche meno . Se io farò toccare 1' una , o r altro al mio disco posato , é chiaro che gli co- mvmicheranno della loro elettricità a misura della sua capacità , tanto cioè quant' egli può riceverne per comporsi con essi ad una tensione ossia forza elettrica eguale , supponiamo di ^ grado . Ma la sua capacità or eh' il disco è non solamente coniugato ma combaciente il conduttore compagno , è cento , e più volte maggiore di quando si trova isolato soli- tariamente , ossia vi vuole per produrvi la data ten- sione cento volte maggior dose di elettricità , quindi appunto ne avrà preso cento volte più, che non avrebbe potuto prenderne stando isolato in aria .- Quando dunque si leverà in alto a misura che al- PARTE SECONDA 265 lontanandosi dal caro plano si ridurrà alla natui-ale sua angusta capacità , la tensione elettrica dispieglie- rassi maggiore , e maggiore sempre fino al termine di 5o gradi (nel supposto caso che la tensione fosse di g. grado stando il disco posato e la sua capacità in tale stato cento volte maggiore ) , quando cioè la sua atmosfera non facendosi più sentire al detto piano sarà cessata ogni maniera di compenso, e tolto queir equilibrio accidentale , che teneva la tensione così Lassa . E inutile il dire , che calando di nuovo il disco verso il piano , si abbatterà di nuovo 1' elettrometro , a misura che V equilibrio accidentale si andrà ristabilendo ; giacché questo è il primo fenomeno che contemplato abbiamo , e che ne ha condotti alla spiegazione di tutto il resto. XLIX. Soggiugnerò questo per ultimo schiari- mento . Succede al disco che passa dallo stato d' isolamento solitario a quello di affacciarsi finan- che a combaciare un piano convenientemente pre- parato j o da questo alF altro stato , lo stesso che succede ad un conduttore compreso sotto angusta superfìcie, che si dispieghi in una assai più ampia, e vice versa ( richiamiamo V esempio della catena ammucchiata , e poi distesa , o dei cilindri cV en- trano un nelF altro ) . Elettrizzato a un alto grado il conduttore quand' è avvolto e impicciolito, se do- po viene a distendersi od allungarsi , decade in lui la tensione a misura che V elettricità , comparten- dosi a una più grande capacità , vien diradata . All"^ incontro elettrizzato debolmente quando è di- steso e gode della sua maggiore capacità, se dopo 266 DEL. CONDENSATORE si avvolge , e rappicciolisce , va egli acquistando vie maggior tensione a misura che V elettricità si raccoglie , e viene condensata in una capacità mi- nore . Cosi appunto il nostro disco se venga elet- ti'izzato quand' è solitario a una forte tensione, que- sta anderà scemando a misura eh' egli si affaccia ad un altro piano non isolato 3 alF incontro elettrizzato debolissimamente quando è prossimo a questo pia- no , o lo combacia , vedrassi crescere in lui insi- gnemente la tensione a misura che si allontana da quel piano . Si può dunque dire che V elettricità viene qui pure in certo modo condensata , non al- trimenti che nelF addotto esempio del conduttore che s' impicciolisce : e quindi il nome di conden- satore che ho dato al mio apparecchio . Certo se non può dirsi nel nostro caso condensata V elettri- cità in minore spazio , giacché e massa e volume rimangono i medesimi nel disco che adoperiamo , ella è però confinata in tal corpo di cui la capacità di grandissima clie era è divenuta come che sia pic- ei olissima . L. Ora se una debole insensibile forza elettrica di una boccetta di Leyden o di un conduttore ap- pena un poco carichi, applicata al disco giacente può accumularvi tanto di elettricità , onde poi le- vato in alto dispieghi una forte tensione , vibri vi- vace scintilla ec. che farà una carica forte della boccia , o del conduttore applicatavi egualmente ? Non farà gran cosa di più , per la ragione che tutta quell'elettricità eh' è superiore in forza alla pìccola resistenza che oppone la superfìcie del piano , fia PARTE SECONDA 267 persa, trapassando in esso . Ad ogni modo se que- sto piano essendo convenienteniente preparato , tale resistenza sia discreta, il disco non se ne staccherà senza \ibrare d' attorno dagli orli , comunque rìton- dati , fiocchi di luce per la strabocchevole copia di elettricità, di cui si troverà carico : e a far tanto non sarà neppur necessario che la boccetta che s' impiega abbia assai forte carica , bastando una mediocre , e meno che mediocre , tale che appena giunga a dar scintilla . LI. Da tutto il fin qui detto s^ intende facilmen- te, che se il disco posato può prendere buona dose di elettricità da una boccia di Leyden (a) , o da (a) Nella mia memoria sulla capacitai de' condultori sem- plici dimostro la grandissima capacità che ha una boccia di Leyden comparativamente alla sua mole appunto per- chè 1' elettricità che s' infonde ad una superficie trova un gran compenso nell' elettricità contraria che prende la superficie opposta , ciò che produce la solita diminuzione di tensione ec. Ivi fo vedere come 16 pollici quadrati di superficie armata hanno una capacità eguale a un condut- tore di verghe inargentate lungo presso a 100 piedi, il quale ne ha una grandissima , tal che le sue scintille pro- ducono la vera commozione in un grado abbastanza forte . Ivi anche accenno come tutti i fenomeni della carica , e della scarica degli strati isolanti , dell" elettroforo , delle punte ec. possono dipendere dall' istessa azione delle atmo- sfere elettriche , combinata , per ciò che appartiene agli strati isolanti , con una certa non molto grande resistenza che prova 1' elettricità ad affiggersi alla superficie di questi egualmente che ad escirne , e con quella incomparahil- mente più grande , e può dirsi insuperabile che la impe- 268 DEL CONDENSATORE un' ampio conduttore , comechè debolissimamente animati , non lo può in alcun modo da un condut- tore poco capace ( e come darebbe questi ciò clie non ha ? ) a meno che non si continui d' altra parte ad infondere a lui medesimo quella qualunque de- bole elettricità, a meno che la sorgente non continui per qualche tempo : il che ha luogo per esempio nel conduttore atmosferico che bee V elettricità insensi- bile dell' ai'ia, e in quello malissimo isolato d'una macchina ordinaria , il di cui giuoco vi mantiene una sì debole tensione di elettricità, che in niun modo appaja. In arabi questi casi abbiamo osservato in- fatti che vi vuol del tempo prima che il disco possa raccorrà una dose sufficiente di elettricità. LII. Come un ampio conduttore trasmette la massima parte della sua elettricità al nostro disco, il quale quantunque assai più picciolo, gode però in grazia della sua vantaggiosa posizione, in grazia di quell' equilibrio accidentale a cui si compone col piano , d' una capacità molto più grande di quella che gli compete in istato solitario ; e come levando in seguito esso disco in alto, con che tolto ogni equilibrio o compenso , vien ristretto alJa naturale sua angusta capacità , quella stessa dose di elettricità disce di dlfTondersi attraversandone la spessezza . Intorno a che fin dal tempo in cui pubblicai la descrizione , e le principali sperienze del mio elettroforo, che fu nel 1775 ( vegg. la scelta d' Ópusc. intercss. di qucll' anno ) io avea promesso di esporre tutte le mie idee in un trattato che avrebbe per titolo Dell'azione delle atmosfere elettriche, e de' fenomeni che ne derivano negli strati isolanti . PARTE SECONDA ^Gc) presa al gran conduUore e che appunto per esser egli sì grande vi producea sì debole tensione, or ne produce una tanto più grande in cotesto disco; nei- r istessa maniera , e per V egual ragione V elettricità aumenterà una seconda volta di tensione facendola passare dal disco già sollevato ad un altro giacente molto più piccolo, da innalzarsi quindi similmente. Il Sig. Cavallo , a cui dietro le altre mie spex*ien- ze, suggerì quest^ artifìcio, ha fatto tal picciolo disco d^ una laminetta non più grande d'uno scellino. ìl. certo questo secondo condensatore dell' elettricità è utile in molti casi in cui 1' elettricità non è sensibile ancora o dubbia col primo : come ce ne hanno assi- curato varie prove che facemmo insieme . Talora l'ordinario disco toccato dal corpo, di cui si dubi- tava se avesse o no un principio di elettricità , non movea ancora l'elettrometro sensibilissimo dell'istes- so Sig. Cavallo 5 ma toccato con quel disco 1' altro piccioHno , questo facea divergere sensibilmente le pallottoline dell' elettrometro . Eppure qualche volta anche conquesto non si otteneva nulla, o un' ombra solamente di elettricità. Or se noi supponiamola tensione elettrica accresciuta a 1000 volte per l'in- tervento dei due condensatori, il che non è troppo , quanto mai debole esser dovea originariamente nel corpo esaminato ? Quanto debole p. e. quellache si eccita in un metallo strofinandolo colla mano nuda , giacché communicata al primo grande , e da qviesto al secondo picciolo disco, e finalmente all'elettro- metro , le palle appena fan cenno di scostarsi .'' Ma J)asta che facciano tanto per esser noi convìnti , che i'JO DEL CONDENSATORE l'elettricità non è nulla, e che il metallo Flia 014- ginariaraente contratta per lo stropicciamento della mano . Quanto mai eravam lontani da una simile scoperta poclii anni addietro prima del nostro Con-' deiisatore , e dell'elettrometro così sensibile del Sig. Cavallo! Quanti gradi di elettricità noi scopria- mo adesso al disotto del più picciolo d'allora? APPENDICE. Ho detto al §. XXVIII. che mi è riuscito final- mente di ottenere segni distintissimi di elettricità , e dalla semplice evaporazione dell'acqua, e da varie effervescenze chimiche . Essendo questo un fatto non meno interessante che nuovo , stimo non inoppor- tuno di far qui il racconto fedele delle sperienze. Le prime dunque, come ivi accenno, sono state fatte a Parigi in compagnia di due fisici illuminati, e mem- bri dell'Accademia R. delle Scienze. Furono questi il Sig. Lavoisier, e il Sig. De la Place. Eglino con- cepiron meco la speranza di un felice riuscimento , quando ebbi loro mostrato gli effetti del mio Con- densatore , e spiegata la ragione dei fenomeni ; con- seguentemente il Sig. Lavoisier ne ordinò un grande col piano di marmo bianco . I primi tentativi da me fatti con questo in compagnia del Sig. De la Place sull'evaporazione dell'acqua, e dell'etere non fu- rono coronati dal successo j ma il tempo era cattivo, la stanza troppo picciola, e ingombrata di vapori, e r apparato non troppo ben in ordine . All' incon- tro quelli che ripeterono l' istesso Sig. De la Place f PARTE SECONDA 27 1 e SÌ2;. Lavoisier ad una campagna di quest' ultimo etbero buon riuscimento. La qual cosa e' invogliò a ripetere e moltiplicar le sperienze; e il successo fu completo, avendo ottenuto segni chiarissimi di elet- tricità dall'evaporazione dell'acqua, dalla semplice combustione dei cai'boni, e dalF effervescenza delle limature di ferro nell' acido vitriolico diluto . Ciò avvenne il giorno i3 Aprile, e la maniera di far V esperienza fu questa: si isolò in un' aperto giardi- no una gran lastra di metallo , alla quale era attac- cato un lungo filo di ferro che veniva a terminare in contatto dello scudo o disco posato sul piano di marmo, e questo tenevasi continuamente asciutto, e caldo da alquanti carboni sottoposti . Ciò fatto po- nemmo su la detta lastra isolata alcuni braciei'i ripie- ni di carboni mezzo accesi, e lasciammo che la com- bustione ajutata da un gentil vento che spirava an- dasse rinforzandosi per alcuni minuti: allora rimo- vendo lo scudo dal contatto del filo metallico , e quindi da quello del marmo, con alzarlo al consueto modo , vi comparvero i segni aspettati di elettricità , mentre accostato al nuovo elettrometro del Sig. Ca- vallo , fece che s' aprissero i due fili colle pallotto- line : esaminata questa elettricità si trovò essere ne" gatwa . Si ripetè 1' esperienza ponendo sulla lastra isolata invece dei bracieri quattro vasi con entro limatura di ferro e acqua, quindi versando in tutti quattro a un tempo abbastanza d' olio di vitriolo per far sorgere una furiosa effervescenza: quando il più forte bollore cominciava a cadere, allora fu che ri- mosso ed esplorato lo scudo non che movere i fili 272 DEL CONDENSATORE deir elettrometro a qualche distanza, ci diede ima sensìbile scintilla . Anche qui Y elettricità si rico- nobbe essere negativa. Quanto furon vivi, e distin- ti i segni elettrici con tal prova deir effervescenza, altrettanto deboli ed equivoci riuscirono questa volta coir evaporazione dell'acqua eccitata or con mettere delle casserole con entro acqua a bollire sopra i bracieri portati come qui innanzi dalla lastra isolata, ora con versar T acqua in coteste casserole previa- mente ben riscaldate . Pochi giorni dopo ripetemmo le sperienze in una grande stanza estendendole alle altre effervescenze che producono V aria fissa , e F aria nitrosa , con buon successo : V evaporazione sola delF acqua produsse segni debolissimi talché ebbimo pena a determinare di quale specie fosse F elettricità ; anzi di tre volte, due ci parve che fosse positiva ; ma v' è luogo a cre- dere, ed io giudico certamente, che sia stato un errore . Ancor passati alcuni giorni si ritornò alle sperien- ze essendo di compagnia anche il Sig. Le Roy mem- bro esso pure dell' Accademia Reale 5 ma né la com- bustione, né r evaporazione dell'acqua non dieder segni sensibili; di che accagionammo Tesser l'aria umidissima per il tempo piovoso che faceva . Pur ne ottenemmo colla generazione dell' aria infiamma- bile nel momento della più viva effervescenza: e se V elettricità non fu questa volta così forte da scintil- lare , lo fu abbastanza perché ne distinguessimo chiarissimamente la specie, che era negativa. Prima di lasciar Parigi (che fu il 23 Aprile ) vo- PARTE SECONDA 27^ lendo io mosti'are qualche sperienza di questo ge- nere ad un^ amatoi'e di elettricità, e valente macchi- nista, il Sig. Billaux, una volta che mi trovai nel suo laboratorio, presi una giara di vetro, e sospe- sala a un cordoncino di seta, vi misi i materiali per 1p. produzione del? aria infiammabile : avea fatto entrare nella giara medesima un filo di ferro in modo che toccasse la limatura, e T altro suo capo sporgente venisse a comunicare coli' elettrometro sensibilissimo del Sig. Cavallo. Quando V efferve- scenza fu salita al sommo, e la spuma sormontava i labbri del vaso, le palle scostandosi, dieder se- gno di elettricità ; né questa fu cosi debole , che non potesse conoscersi esser negativa. Le sperienze coli" evaporazione delF acqua, che non avean troppo bene corrisposto a Parigi , eb- bero poco tempo dopo molto miglior successo a Londra , quando mi suggerì V espediente di gettare deir acqua sopra i carboni accesi c\i erano in un braciere isolato . L' effumazione rapida che succede non manca mai di elettrizzare il braciere negati-* vamente , il quale dà segni abbastanza sensibili col solo elettrometro, e col condensatore, se è ben preparato , arriva a produr scintille . Si trovarono pi'esenti la prima volta a queste sperienze in casa del Sig. Bennet grand' amatore di elettricità, TAb. Magellan, il Sig. Cavallo, e il Sig. Kirwan membri della Società Reale, e il Sig. Walker Lettore di Fisica . Ci servimmo per apparecchio condensatore di un picciolo scudo d' elettroforo, e d' un piattello Tom. I. 18 r 274 DEL CONDENSATORE di legno, che si trovò al giusto punto se mi coi Lente,' il che è raro quando il legno non è inverniciato . Un' altra volta in casa del Sig. Cavallo riusci r esperienza isolando un picciolo crogiuolo con en-* tro due o tre carboni accesi, e quindi versandovi un cucchiai o d'acqua : un filo di ferro che toccava i carboni, ed estendevasi fino all' elettrometro , vi- portò sensibile elettricità, e sempre negativa . Queste sono le sperienze, che fino ad ora ho avuto occasione di fare (a) 5 intorno alle quali non debbo tralasciar di dire, che sebbene non avessimo sem- pre bisogno dell' apparecchio condensatore (^'A c^a.-^ le, se non è benissimo in oi'dine, a nulla serve, ~ e può nuocere anziché giovare ) per aver segni non dubbj , il solo elettrometro sensibilissimo del Sig. Cavallo avendoci bastato più volte : convien però confessare che si fu quell'apparecchio che ci mise sulla via di tali sperienze , e che col mezzo suo solamente potemmo ottenere segni di una certa forza, e fin la scintilla elettrica. Io non dubito che essendo ora rese così facili tali sperienze, non siano per essere, e ripetute, e promosse. Il cam- po è solamente aperto, e molto resta ancora a fare. Se i corpi risolvendosi in vapori o in un fluido elastico si caricano di- fuoco elettrico a spese (a) Cioè fino al Maggio del 1782. Dopo lai tempo le ho replicale moltissime volte sempre con cgual successo, e molte pei'sonc le hanno vedute PARTE SECONDA 275 degl'altri covpi^ e gli elettrizzano per conseguenza negativamente ; venendo in seguito i vapori mede- simi a condensarsi, non cercheranno essi di de- porre questo carico , e non produrranno conse- guentemente segni di elettricità positiva? Ecco ciò che merita singolarmente d' essere verificato coU'e- sperienza . Io ho già immaginato diversi modi di tentare la cosa che metterò alla prova tosto che ne abbia il comodo. Intanto mi sia qui permesso di dar corso per un momento all' idee che volgo in mente intorno air elettricità atmosferica . Le sperienze fatte fin qui, e che abbiamo rife- rite, benché non sian molte, tutte però concorrono a mostrarci che i vapori dell'acqua, e generalmente le parti d'ogni corpo, che si staccano volatilizzan- dosi, portano via seco una quantità di fluido elettri- co a spese dei corpi fissi che rimangono, lasciandoli perciò elettrizzati negativamente , non altrimenti -che ne portan via una quantità di fuoco elemen- tare, con ciò raffreddandoli . Quindi vuoisi inferii'e che i corpi risolvendosi in vapori, o prendendo l'abito aereo, acquistino una maggiore capacità ri- spetto al fluido elettrico, giusto come l'acquistano maggiore rispetto al fuoco comune o fluido calo- rifico. Chi non sarà colpito da cosi bella analogia, per cui 1' elettricità porta del lume alla novella dot- trina del calore, e ne l'iceve a vicenda? Parlo della dottrina del calor latente o speci-fico , come si vuol chiamare, di cui Black, e Wiìke colle stupende loro scoperte han gettato i semi, e che è stata ul- 276 DEL CONDENSATORE timamente tanto promossa dal D. Grawford dietra le sperienze del D. Irwine . Seguendo questa analogia, siccome i vapori allor- ché si condensano j e ritornano in acqua, e con- seguentemente alla primiera più angusta capacità, perdono il lor calore latente, ossia depongono il di più di fuoco che si avevano appropriato volati-^ lizzandosi 3 così pure manderan fuori il fluido elet^ trico divenuto ora ridondante. Ed ecco come nasce , r elettricità di eccesso , che domina sempre più o meno neir aria anche serena , a quelV altezxa in cui i vapori cominciano a condensarsi; la quale è più sensibile nelle nehhie , ove quelli si condensano maggiormente ', e infine fortissima laddove le folte nehhie si agglomerano in nubi , è già si figurano in goccie . Fin qui l'elettricità dell' atmosfera sarà sem- pre positii>a . Ma formata che sia una nuhe potente- mente elettrica in più , ella avrà una sfera di attività intorno ad essa, nella quale se avviene ch'entri un altra nube , allora giusta le note leggi delle atmosfe- re, gran parte del fluido elettrico di questa seconda nube si ritirerà verso 1' estremità più lontana dalla prima, e potrà anche uscirne ove incontri o altra nube, o vapori, o prominenze teri'estri che lo pos- san ricevere : ed ecco una nube elettrizzata negati- vamente, la quale potrà a sua posta occasionare coli' influsso della propria atmosfera F elettricità jpo- sitiva in una terza, ec. in questa maniera s'intende benissimo come si possano avere sovente ne' con- duttori atmosferici segni di elettricità negativa a PARTE SECONDA O^JJ cielo più che coperto 5 e come ne' temporali spe- cialmente, ove molte nubi si veggono pensili, e staccate vergere al basso, e or ondeggiare per qual- che tempo, ora scorrere le une sotto le altre, or trasportarsi rapidamente , 1' elettricità cambi più volte, e spesso a un tratto da positiva in negativa, e vice versa . Or anche non fia più stupore, che P eruzioni de' vulcani, siano state sovente accompagnate da fulmini : in ispecie quella strepitosissima del Ve- suvio dell'anno 17795 in cui infinite saette si son vedute guizzare entro gì' immensi globi di fumo . Le poche sperienze fatte mi han dato a vedere che la quantità di eletti'icità prodotta dalle effuma- zioni, dipenda molto e dalla copia de' fumi che s' alzano , e singolarmente dalla rapidità . Or quale e quanta non dee essere 1' elettricità in simili eru- zioni ? Fine della Parte I. del Tomo L INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTA PARTE PRIMA DEL TOMO PRIMO JLJe Vi attractìva Ignis Electrici ad Joannem Baptistam Beccariain . Dissertatlo Episto- laris Pag. l Novus ac simpUcissimus Electricorum tenta- minum apparatus etc "i Lettere sulV Elettroforo perpetuo io3 Sopra la capacità de' Conduttori Elettrici . Lettera al Sig. De Saussure i65 Del Condensatore . Memoria letta alla Società R. di Londra • • 219 7V TcM. II. -SvOT