(TE Rsran e reati ne ene bueno ta Sprncrenzi n : n i patto Er nora pre .l Sl Let sipario tetano pet ine n Round \QUA HARVARD UNIVERSITY Teti LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOGY [ILSSAI 7; CONCHIOLOGIA FOSSILE SUBAPENNINA. utt Sika Rd On. | | À lisi DR) a CONCHIOLOGIA FOSSILE SUBAPENNINA CON OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUGLI APENNINI E SUL SUOLO ADIACENTE DI G. BROCCHI ISPETTORE DELLE MINIERE MEMBRO DEL R. ISTITUTO ITALIANO, SEDICI TAVOLE IN RAME, TOMO SECONDO. MILANO DALLA STAMPERIA REALE 1814. Emersere fretis montes , orbisque per undas Eziliit , vasto elausus tamen. lac xi ponto. : — Tana “RI ? IATA ur iran OPERA ARR edi ia LA, riba Ve Di (o) fai udc ; ta”, $ i Più: i . hai r 7. ZE kat Prber faro chii - ZA, Lor Sulla cone, ORA AZA N — 70, Herita Ghelevizza. -. - SO? Dr. pre 4A 16772 gear. Va) 3 7 ke De Vodita VALIEZZA CIRIE È FG arte nespole Cazzzo (00 - de tata 9 7) oe , ci =. 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MNeanita distribuzione delle conchiglie di cui passo incon- tanente a dare ragguaglio, io mi attengo alla classificazione ed alia nomenclatura di Linneo. Ho creduto di dovere adot- tare questo sistema , parte perchè nol trovo così tristo quanto sembra ad alcuni, e parte perchè fra quelli posteriormente ideati ninno vo n° ha perfettamente compiuto per rispetto alla descrizione delle specie, ch'è il punto più importante. Bruguiere fu il primo che si applicò di proposito a modificare il sistema del naturalista svedese; ma questo conchiologista non descrisse che pochi generi nella sua Storia naturale de’ Vermi, estesa per l° Enciclopedia metodica, ed il suo catalogo alfabe- tico è rimasto alla terza lettera, di cui non sono tampoco esauriti i nomi tutti che dovrebbe comprendere. Lamark che degnamente gli è succeduto in questo studio, calcò le sue tracce, e spinse più oltre le riforme; ma nel Systéme des ani- maux sans vertébres si limitò a dare un semplice prospetto 7 SI (242 ) dei generi; e se nelle Memorie sulle Conchiglie fossili dei contorni di Parigi ne ha fatto applicazione alle specie , il mag- gior numero appartiene a quel solo luogo, e mancano la più parte degli originali viventi. Bosc ha presentato un innesto dei sistemi di Linneo e di Lamark, ritenendo tutt’ i generi di quest ultimo per le conchiglie inequalvi, e lasciando intatti molti di quelli di Linneo rispetto alle altre classi. La sua conchiologia che va in seguito alla Storia naturale di Buffon, è per verità la più compiuta fra le moderne, ma non com- prende tutte le specie cognite, nè tutte quelle tampoco che sono registrate nella XII edizione del Systema Nature, oltre di che vi ha talvolta qualche incertezza nella nomenclatura. Mentre Bosc generalmente si attiene ai nomi specifici di Lin- neo, o vogliam dire di Gmelin, conserva quelli di Bruguiere alle conchiglie che questo naturalista ha descritte, anche in quei casi in cui un nome adottato da ambedue questi autori non è applicato alla stessa specie. Il conus achatinus, per esempio , il duccinum flammeum e coronatum di Bruguiere non sono le stesse conchiglie così chiamate da COmelin. e neces- sario sarebbe di purgare le nomenclature da queste amfibo- logie di cui si moltiplicano ogni giorno gli esempj, e che non possono produrre se non che equivoco e confusione. Ottima è la conchiologia di Felice di Roissy inserita nell’ edizione di Buffon, procurata dal Sonnini, ma sembra essere particolar- mente fatta per isviluppare più alla distesa la classificazione di Lamark, ed è poco ricca di specie. Il più recente sistema conchiologico è quello di Megerle tedesco che ne ha dato un prospetto nel Magazzino di Berli- no dell’anno scorso (1811) ( Enowwyf eines neuen syst. der (243) schalthierg., pag. 38 ). Non mancò d’introdurre anch'egli un gran numero di cambiamenti ne’ generi linneani; ma non è comparsa che la prima parte del suo lavoro che abbraccia sol- tanto le multivalvi e le bivalvi, oltre di che non ha egli schie- rato sotto questi suoi generi tutte quante le specie che ad essi competono, individuando ciascheduna col proprio suo nome. Di questo appunto avrei 10 bisogno onde risolvermi a se- guitare una classificazione differente da quella che adotto: vorrei che le specie tutte battezzate fossero da questi rifor- matori, e che ci mettessero tra le mani un libro tanto com- piuto per questo titolo quanto lo è quello di Linneo. Non saprei io indovinare per certo quali saranno gli epiteti con cui piacerà loro di contraddistinguerle , quando si risolveranno a svolgere in tutta l'estensione i loro sistemi: nè si dica che per quelle già descritte riterranno le frasi di Linneo, conse- crate da un lungo uso, poichè scorgo molti esempj in con- trario nei casì stessi in cui si sono lasciati intatti i generi da lui stabiliti. Il chiton gigas e albus di Linneo sono, per esem- pio, cambiati da Megeirle in chiton viridis e Lweris, la lepas and= tifera in lepas communis, la mya arenaria in mya communis, ecc., ecc. Classificando una raccolta di conchiglie, e volendo seguitare qualcheduno dei recenti metodi, dopo di avere de- terminato il genere con la scorta dei caratteri indicati dal- l’autore, sembra che si potrebbero individuare le specie con l’addiettivo dato da Linneo: s' introdurrebbero così meno cam- biamenti, s imbroglierebbe men la memoria, e più facile riuscirebbe la concordanza fra i diversi sistemi. Pure questo espediente non va sempre a verso ai moderni conchiologhi. Essendo Megerle di avviso che la genus meroe di Linneo (244) debbasi trasportare nel genere cuneus da lui creato, non fu persuaso per questo di chiamarla cuneus meroe, come ha pur chiamato solen defloratus la venus deflorata; ma, mutandole nome e cognome, la intitolò cuneus costatus: così il solen ana- tinus non è già presso di lui auriscalpium anatinum, ma auriscalpium magnum, e via discorrendo. I botanici poi più di ogni altro si deliziano nella loro scienza intorno a queste innovazioni. Siccome noi vogliamo un metodo e un ordine in tutto, anche dove forse la Natura non lo ha posto, e siccome esso è necessario per facilitare la riconoscenza degli oggetti; così si sono inventati i sistemi nella storia naturale, e quinci de- riva quell’incontentabilità da cui molti sono stimolati a cam- biarli ed a modificarli continuamente, con la buona intenzione di andare sempre di bene in meglio, e di contribuire vie più al progressi della scienza. Mirando a questo scopo Lamark ha senza remissione trinciato i 36 generi di Linneo, e ne formò 139; nè men lesto di lui fu Megerle che portò a 54 i soli I7 che comprendono le bivalvi e le multivalvi. La memoria è bensì aggravata da un numero maggiore di nomi, ma l’ atten- zione, essi dicono, più intensamente si ferma sugli oggetti, e meglio si sanno ravvisare quando sieno scompartiti in gruppi distinti secondo le loro particolari differenze. Tuttochè questo in generale sia vero, confesso che non giungo a comprendere quali sieno i principj che hanno gui- dato alcuni naturalisti che si sono applicati alla riforma del sistema linneano. Megerle ha egli avuto intenzione di dare un metodo naturale, un metodo, vale a dire, che rappresenti quello ideato e voluto dalla Natura? Una classificazione di (245 ) cotal fatta dovrebbe essere stabilita su differenze essenziali , su quelle che presentano nella loro organizzazione i vermi fabbricatori delle conchiglie, e queste si potranno allora se- parare a buon diritto in tanti generi quanti sono gli animali diversi che abitano i loro gusci, come ha cercato di fare Lamark. Ma su queste basi non si appoggia il sistema di Me- gerle, dove si scorge un solo animale essere comune a var] generi. A spese di quello venus di Linneo, egli ne ha fabbri- cato due altri tapes e chione; e sminuzzando il genere ostrea, ne formò que’ suoi di amusium, pandora, pecten; ma |’ ani- male calliste è comune ai due primi, e l’argus a tutti questi ultimi; si direbbe adunque che la classificazione linneana che non ammette tanti smembramenti, sarebbe per tale riguardo più naturale. Ma Megerle non avrà avuto intenzione di esibire che un metodo artificiale fondato sulle sole esterne apparenze del guscio, com’ è per l’ appunto quello di Linneo; se non che questo può sembrare bisognoso di correzioni, in quanto che sì mettono suvere insieme specie troppo disparate e troppo dissimili. Se così è, e se sì tratta di ravvicinare quelle con- chiglie che si conformano in un maggior numero di carat- teri e che hanno, come si dice, un aspetto di famiglia, po- trebbe dubitare taluno se l’autore abbia in ciò sempre riuscito, e se per allungare la lista de’ generi, non abbia separato specie molto affini fra loro. Ch'egli stabilisca pei pettini un genere particolare quando presso Linneo compariscono semplicemente come una tribù delle ostriche ( ostrea ), voglio concederlo , benchè v abbia, per vero dire, tra queste e quelli una evi- dente gradazione di passaggi, come a miglior luogo diremo. (246) Ma che questi pettini stessi sieno suddivisi in altri due ge- neri, amusium e pandora, pochi vi presteranno il loro assenso. E che! l’ostrea pleuronectes, magellanica e obliterata di Lin- neo, che Megel colloca nel primo; l’ostrea maxima e jacobea che si riferisce all’altro, e l'ostrea paria, histrionica e oper- cularis ch egli include nel genere pecten, non hanno forse una patente conformità tra loro ne’solchi radiati interni © esterni, nelle appendici auriculari, in tutta la forma e l'abito generale? quali sono quelle discrepanze così classiche che vietano assolutamente che possano rimanere insieme? Così vorremo noi credere che siano legittimamente separate le arche in tre generi, arca, pectunculus, polyodonta, perchè in alcune la linea dentata del cardine è retta, in altre arcuata e in altre ancora piegata ad angolo? e non si correrebbe forse a rischio , volendo sottilizzare e caviliare su tutte le più picciole differenze, di ridursi finalmente a creare tanti generi quante sono le specie? Questo è quanto ha fatto Montfort rispetto alle conchiglie politalamiche, e il suo esempio, per quanto pare, sarà presto imitato per tutte lo altro. Non si creda già che quando anche ciò addivenisse, io lo reputassi in sostanza un grave scandalo; noi abbiamo un'idea così poco esatta di ciò che realmente costituisce il genere ( e questa diversità e versatilità di sistemi ce ne reca bastanti prove ); così poco convenghiamo sugli essenziali caratteri che devono distinguerlo , che tanto sarebbe abolire questa ripar- tizione, e disporre le specie isolatamente piuttosto che per gruppi e per masse, come si accostuma. Ma siccome così fa- cendo la nomenclatura dall’ un canto riuscirebbe troppo farra- ginosa, e sarebbe dall’ altro difficil cosa il farne uso, mancando (247) quei punti di richiamo che servono a trovare speditamente il nome di un oggetto, e che ci sono somministrati dalle divisioni generiche; così non possiamo dispensarci dal ricor- rere a cotesti artificj, e, per diffalta di conoscere il vero sistema della Natura, di fabbricarne uno alla meglio per co- modo nostro. Ciascheduno si avvede quanta parte aver debba in questa operazione il capriccio e la particolare maniera di vedere, non altramente che se collocando in un appartamento molti uomini, fosse data a tutti la libertà di disporne i mobili a proprio talento, mon rimarrebbero questi lunga pezza nel medesimo sito, e ciò che ad uno sembrerebbe simmetrico, nol sarebbe agli occhi di un altro. Ad alcuni naturalisti è paruto che il sistema conchiologico di Linneo sia troppo scarso di generi, e di poche decine ne hanno fatto più di un cen- tinajo: da altri, all’opposto, è stato giudicato che il numero ne sia soverchio, e lo hanno ristretto. Muller che si occupò a lungo e profondamente in simili studj, ridusse i due generi murex e strombus al solo genere tritonium. Da tutto questo discorso non s’inferisca ch’ io creda intan- gibile il sistema di Linneo, e che pretenda che debbansi scrupolosamente seguitare le sue orme. Alcuni generi hanno per certo bisogno di correzione , quelli segnatamente di penus, strombus, murex ed helix, e molte specie ch’ egli ha riposte in uno potrebbero più convenientemente stare in un altro. Dirò inoltre che mal volentieri mi sono indétto talvolta ad abbracciare la sua classificazione, ma siccome non sarei dis- posto di raccozzarne una nuova alla foggia mia, così adot- tando alcune riforme, sarebbe stato mestieri che mi uniformassi a tutte le altre, nè avrei saputo allora come dirigermi nella (248 ) nomenclatura delle specie che vorrei invariabile e costante: ho quindi stimato meglio di lasciare le cose come egli le ha date. Nè dai piccioli rilievi fatti al sistema di Megerle si argo- menti che io tenga da poco i lavori di questo naturalista che palesa sode cognizioni nella conchiologia, e che certamente è benemerito della scienza per avere, se non altro, avvertito parecchie sviste in cui incorse Gmelin. nella sua edizione del Systema Nature. Chi non dovrà sapergli grado ch'egli abbia fatto conoscere che alcune specie sono state malamente col- locate in più di un genere: che la donax levigata, la venus virgata e la varietà @ della tellina virgata non sono che la medesima conchiglia: che lo stesso è della mya gaditana, della tellina candida, della venus dealbata identiche alla mactra piperata ; così pure che la donax argentea e Vl arca nucleus non sono punto diverse, e molti altri simili raddrizzamenti di cui ha pur troppo bisogno l’opera di Gmelin (»? Non meno im- portanti sono le correzioni fatte nella citazione erronea delle figure. Non è, esempigrazia, indifferente da sapersi che la figura F della tav. 105 del Cualtieri. appartiene alla pholas pusilla, non alla striata: che la fig. A 2 della tav. 90 dello stesso autore conviene alla mya oblonga, non alla lutraria: che la fig. C della tav. 47 di Rumfio non rappresenta altrimenti (*) Ecco alcune altre inesattezze che ho avuto occasione di notare in quest’ opera, nella quale erano quasi inevitabili, quando si consideri che presenta l’ inventario delle produzioni dei tre regni della Natura cognite fino allora, e la lista di tutti gli antori i quali ne hanno dato la figura. Il buccinum clathratum e strigosum è descritto due volte con frasi diverse. Alla pagina 3666 sotto il genere helix si ripone la fig. H della tav. VI di Gual- tieri fra le figure dubbie, mentre altrove si riferisce senza esitanza all” helix cuspidata. Le figure 13 e 14 della tav. 56 di Seba sono attribuite tanto (249) la chama lazarus, ma il mytilus hyotis, ecc., ecc. Più che nella fabbrica dei sistemi guadagna la scienza in queste ret- tificazioni, intorno a cui con isquisita critica si sono occupati 3ruguiere e Lamark; avvegnachè una citazione sbagliata può talvolta indurre in errore nella qualificazione della specie. Alienissimo adunque dal credere che fuori di Linneo non si trovi salvezza, mi sono dato la cura di mettere a profitto gli stud) fatti da altri conchiologisti. Ho quindi indicato sotto ciaschedun genere linneano quali sieno le specie riferibili ai generi di Lamark, e con questa concordanza si potrà ad un tratto adattare la conchiologia subapennina al sistema di que- sto naturalista che fra tutt i moderni è meritamente il più accreditato. Conservando in tutto il rimanente il disegno di Linneo, non ho in altro arbitrato che nella disposizione dei generi che io fo succedere l’ uno ali’ altro con diverso ordine, cercando di passare dalle conchiglie più semplici a quelle di più complicata struttura; innovazione a cui non do la menoma importanza, e che lascio andare per quello che può valere. La determinazione delle specie doveva essere il più arduo lavoro. Se di molta oculatezza è d’uopo classificando le con- chiglie naturali, molto più scrupolosi conviene essere rispetto alle fossili, attese le conseguenze che derivare ne possono per allo strombus ater, quanto al dealbatus: la fig. 8, tav. 71 di Lister, e la fig. CC, tav. 74 di Gualtieri all’ ostrea pes lutrae ed all’ ostrea plica: la fig. 6, tav. 12 di Adanson al trochus afer ed al griseus: la fig. 16, tav. 121 di Lister al murex fasciutus e allo strombus auritus: la fig. 20, tav. 122 dello stesso autore al murex fluviatilis e allo strombus aculeatus: la fig. 160 di Bonanni al buccinum echinophorum e al tyrrhenum: la 156 al buccinum flammeum e al plicatum. Gli epiteti costatus, fasciatus, candidus , asper , versicolor , neritoideus sono dati due volte a differenti specie di murici. ( 250 ) la geologia, non dovendosi presentare come. straniere quelle che appartengono al nostri mari, 0 vice versa; nè come specie perdute quelle di cui esistono gli originali. Io mi sono valso delle raccolte de’ musei per paragonare le spoglie fossili con le marine; ho consultato gran numero di autori, richiamando al confronto le loro descrizioni e le figure che le accompa- gnano , ed ho fatto incidere tutte le conchiglie che non sono state da veruno rappresentate, insieme con alcune poche di cui non abbiamo che imperfetti disegni. Non oso tuttavia lusingarmi di non essere incorso in qual- che abbaglio: le figure spesse volte infedeli, le differenze specifiche troppo leggiere, le alterazioni sofferte dagl’ indivi dui fossili, e finalmente la perseveranza che si esige instanca- bile in questi confronti e che in qualche momento può venir meno, inducono a commettere delle inavvertenze e ad in- ciampare in equivoci. Molti naturalisti accreditati per cotal genere di studj ce ne somministrano troppi esempj). Non ve- diamo noi che l Olivi ch’ era un modello di esattezza e di pazienza, figurò come nuovo il suo solen callosus, quando è rappresentato da Adanson., da Chemnitz, da Petiverio e per- fino dall’ antico Bellonio che sotto il titolo di chama piperata ne estese un'ottima descrizione che fu poscia ricopiata dal- l’ Aldrovrandi? Ma tratto in equivoco l' Olivi dalla promi- scuità del nome vernacolo di peverazza, ch'è dato in alcuni paesi tanto al suo solen callosus, quanto alla venus gallina , attribuì a questa tutte le figure e le descrizioni che si com- petono all’ altro. Questa conchiglia medesima potrebbe fornirci un secondo esempio di errori commessi da un altro naturalista. Gmelin che ne fece una specie del genere muactra ( mactra (251 ) piperata ), riferisce alla mya gaditana una figura di Chemmitz, che visibilmente rappresenta quella di cui parliamo, ed in altro luogo la trasmutò in venus dealbata, citando la figura stessa di Adanson che aveva prima attribuito a quella mactra (*). Io non la finirei così presto se volessi riportare altri fatti di questo tenore. Se la conchiologia fossile sarà coltivata in Italia come lo fu in altri tempi, non dubito che si scopriranno molti fossili che non sono stati da me conosciuti e che si faranno impor- tanti aggiunte a quest opera che può servire tutto al più per una specie di prodromo. L'Abruzzo segnatamente e la Cala- bria meriterebbero di essere accuratamente visitati; paesi in cui tanto i naturalisti quanto gli antiquarj si sono in ogni tempo astenuti dall’ inoltrarsi, e ben a ragione. Se taluno adunque sì sentisse stimolato di dedicarsi a que- sto studio per arricchire di nuove specie il catalogo che io presento, non deve dimenticarsi che io non descrivo se non che le conchiglie dei terreni terziarj, marnosi e sabbio- nosi, che si trovano calcinate o in istato cretaceo, e che in- tieramente prescindo .da quelle pietrificate e racchiuse negli strati solidi delle montagne. Queste sono state depositate in un’ epoca molto più antica, in cui prevaleva un altro ordine di cose, ed appartengono la più parte a specie perdute. Av- verto ancora che pochissimo mi sono occupato intorno alle microscopiche. (*) Megerle gli rinfaccia inoltre di averne fatto una varietà della tellina candida, male appoggiato alla fig. P della tav. 77 di Gualtieri; ma questa figura è così cattiva che non sì può decidere a quale delle due conchiglie appartenga ; forse nè all’ una nè all’ altra. (252) Per agevolare i riscontri a’ miei connazionali mi sono ri- portato nelle citazioni delle figure agli scritti de’ conchiologisti italiani, come quelli che più facilmente si possono trovare fra noi, e sono le opere del Colonna, dell’Aldovrandi, del Bonanni, del Gualtieri, di Jano Planco, del Ginanni, dell’ Oli- vi, del Renieri e del Poli per le marine; e quelle dello Scilla, del Mercati, del Museo Moscardo, del Targioni e di molti altri per le fossili. Quando mancava la figura in questi libri mi sono prevaluto di quell’ autore straniero che più fedelmente la rappresentasse, avendo sempre avuto la precauzione di scegliere possibilmente i più ovvj. Nelle osservazioni e nelle note illustrative mi sono poi indistintamente giovato di tutti quelli che ho potuto avere tra mano, (253) CATALOGO ED ILLUSTRAZIONE DELLE SPECIE. CLASSE I. UNIVALVI, I. PATELLA. (*) La prima specie appartiene al genere Crepidula di Lamark, la 2 e 3 al genere Calypirea, la 4, 5, 6 e 7 alle Patella, Vl 8 alle Fissurella. ‘v. Parerra crepidula. L. Gualt., tav. 69, fig. H. Ginann. II, tab. 3, fig. 22 ( mala). Caluri, Atti di Siena, vol. III , tab. 9, fig. 1, 2 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo segnatamente presso le coste della Barbaria .( Linneo ) e nell'Adriatico ( Cinanni e Renieri, Tav. alfabet. delle conchiglie dell’Adriat. ). Fossile nel Piacentino e nel Sanese. Nel Systema Nature è per equivoco collocata nella tribù delle dentate, quando spetta a quella delle labiaze. Il botanico Michieli fu il primo a scoprirla viva nel Mediterraneo presso (*) Per le ragioni già esposte non mi servirò nelle citazioni delle figure se non che diopere di autori italiani, quando rappresentino le specie che descrivo. Citando Linneo, intendo sempre d’indicare l° ultima edizione del Syste- ma Iature, accresciuta da Gmelin. Trattandosi di particolari discussioni su questo libro, avrò allora cura di distinguere i due autori. (254 ) l'isola d'Elba, come riferisce il Gualtieri. Fossile è comunis- sima nel territorio sanese e nel piacentino, ed incontrasi così libera come parassitica, intrusa nella cavità di alcune univalvi, nel qual caso acquista una forma curva e ondeggiante, cor- rispondente alla parte del guscio su cui si è modellata. La- mark non I° ha incontrata ne’ contorni di Parigi. 2. Paretra muricata: nob. ( tav. I, fig. 2, a, db, c). Testa orbiculata subconica, squamulis fornicatis ewasperata, labio laterali a margine ad centrum spiratim decurrente, vertice centrali, intorto, papillari , erecto. Abita nell’ Adriatico ( Ginanni ). Fossile nel Piacentino e nel Piemonte. Questa patella che molto somiglia alla sinensis, ha una forma discoidea che va gradatamente elevandosi a guisa di cono schiacciato, e termina con un papilla formata di una picciola spira verticale che ne costituisce l apice, ma che non può es- sere distintamente ravvisata che con lente. È segnata all’esterno di raghe circolari dipendenti dall’ accrescimento del guscio , ed è sparsa qua e là di squamette rilevate concavo-convesse. Internamente è lucida e liscia, ed ha un labro costrutto di una lamina papiracea che partendo dal margine si conduce al centro con un andamento spirale, dove si ritorce a foggia di cartoccio; ma, attesa la sua somma fragilità , questa la- mina è quasi sempre rotta negl’individui fossili, e compa- risce a quel modo ch'è rappresentata nella fig. 2 @: in un solo individuo mi è accaduto di osservarla intiera com’ è nella lip. a Questo testaceo vive per certo nell'Adriatico, ed era cono- sciuto dal Ginanni che descrive una patella somigliante in (255 ) picciolo ad un antico scudo da guerra, e ch’ è sparsa di mi- nute prominenze a forma di spine, dal cui centro, come egli si spiega, parte una breve cartilagine ossea alquanto rilevata. Il Ginanni la trovò entro un guscio di chama cor e ne dà la figura ( cav. III, fig. 23 ), ma tanto poco caratteristica che ho ommesso di citarla: siccome non è rappresentata che dalla parte convessa, e si è trascurato d’indicare le squame, così non ha contrassegno veruno che la faccia comparire differente dalla patella sinensis da cui è egregiamente distinta nella de- scrizione. Potrebbesi sospettare che I’ Olivi avesse inteso di parlare di questa conchiglia laddove dice di avere trovato la patella si- nensis ne’ fondi pietrosi dell'Adriatico, di volume quattro volte maggiore dell’ordinario, più solida, opaca e scabra ( Zool. Adriat., pag. 189 ). Mi sembra per altro che se la scabrosità negl’ individui da lui osservati fosse derivata dalle squamette fornicate, non l'avrebbe dinotata con un termine così vago, ed avrebbe esplicitamente fatto parola di un carattere tanto evidente. Io non mi persuaderò inoltre che la patella che si descrive sia una varietà della sinensis dipendente dalla diversa natura dei fondi: so benissimo quanto questa circostanza con- tribuisca a modificare il volume delle conchiglie, la loro for- ma generale e quella eziandio di certe parti; ma soverchia influenza le si attribuirebbe volendo credere che conchiglie affatto lisce possano per tal causa vestirsi di protuberanze dotate di una particolare struttura. Del rimanente abbiamo altre patelle della stessa tribù, corredate di simili appendici ancora più cospicue, quali sono | aculeata e la echinata: quest ultima fu trovata fossile a Grignon. (256 ) Il Renieri nella sua Tavola alfabetica dà il nome il squa- mulata ad una patella che qualifica simile alla siensis, e che dice essere sparsa di squame rialzate; ma siccome soggiunge che non è nè descritta nè figurata, e che questo naturalista non poteva ignorare il passo sopra allegato del Ginanvi, così dubitiamo se sia veramente identica alla nostra muricata. I maggiori individui da me osservati hanno il diametro di un pollice e due linee del piede di Parigi. Idem. Var., testa conica. Questa varietà è ovvia nel Piacentino e in Piemonte: ha una forma più elevata e più conica, simile ad un berretto. 3. ParerLAa sinensis. L. Bonann. recr. et Mus. Kircker. 1, fig. 12. Soldani, Testaceogr., vol. II, tab. 22, fig. 288 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo, nell’Atlantico e nel mare delle In- die (Lin.), nell’ Adriatico ( Olivi, Renzeri ). Fossile nel Pia- centino, nelle Crete Sanesi e a San Giusto presso Volterra. Si è già detto che questa patella ha grande affinità con la muricata, a cui, di fatto, si assomiglia così nella forma ge- nerale come nella struttura del labbro interno, rappresentato nella figura del Bonanni molto meglio che in quelle di tutti gli altri conchiologisti. Essa non differisce dalla precedente se non che nella mancanza di squame , nè possiamo già credere che queste siensi casualmente scancellate , poichè quando an- che dispajano nella patella muricata per l'attrito sofferto, si riconoscono nulladimeno con l’ajuto della lente certe impres- sioni o stimate nel luogo dove erano. S'ingannò Born nella prima edizione del Museum Vindo- bonense rimandando la figura del Bonanni alla patella equestris: (257) Gmelin incorse in uno sbaglio opposto attribuendo alla si- nensis la figura X della tav. 9 del Gualtieri che. compete all’ equestris, a cui Linneo l’ aveva riferita in tutte 1°’ edizioni del Systema Naturoe. 4. Parerti hungarica. L. Bonann., Mus. Kircher., tab. 1, fig. 23. Gualt., tab. 9, fig. VV. Aldovr., Mus. metall., pag. 843 ( fossilis ). Abita nell'Adriatico, nel Mediterraneo, ecc. ( Lin. ). Fossile nel Piemonte, nel Piacentino, a Monte Mario presso Roma. Ve n°ha individui del diametro di due pollici e mezzo, e dell’ altezza di uno e mezzo, solcati da sottili strie che sono più apparenti nel vertice, e segnati nel rimanente da grossolane rughe circolari dovute all’ accrescimento successivo del guscio. Eadem. Var. conico-elongata. Ginann., vol. II, tab. 3, fig. 24. Fossile negli stessi luoghi. Ha la forma di un cono più allungato e men dilatato alla base, e somiglia alla patella cor- nucopia di Lamark, se non che questa non ha il vertice spi- ralmente adunco, come è nella nostra. 5. Parerza sinuosa: nob. ( tav. I, fig. 1 a, db). Testa subconica rudis, incequaliter gibbosa, anterius oblique plicato-costata, margine sinuoso, vertice laterali adunco, spi- ratim intorto. Fossile nel Piacentino. È affine alla precedente, ma ha la superficie ineguale, ber- noccoluta, manca di strie, ed è segnata da grosse pieghe lon- gitudinali ed obblique, specialmente nella parte anteriore sotto il vertice, le quali si stendono fino alla base, e somigliano (258 ) in alcuni individui ( fig. 1, è ) alle coste di certi pettini. Ac- cadendo sovente che le patelle prendano diversi aspetti, mo- dellandosi sui corpi ai quali si attaccano, dubitai da prima che questa potesse essere una deformazione della patella hun- garica, e che le piegature fossero l’impronto delle coste di qualche bivalve; ma oltre a che queste conchiglie sono state sempre trovate nella terra libere e non mai parassitiche, un più accurato esame mi ha pienamente convinto del contrario. Di fatto, all’ esterna convessità delle pieghe non corrisponde in tutta la loro lunghezza una concavità interna, chè anzi spesse fiate manca per intiero, in guisa tale che la superficie è affatto piana, e si osservano inoltre solchi e gibbosità anche dove il guscio non poteva essere a contatto con corpi stra- nieri. Alcune presentano una forma più regolare, una super- ficie più liscia, hanno le piegature simmetriche , e mostrano qualche analogia con la patella calyptra. 6. ParELLA cornucopie. Lam. Annal. du Mus. , vol. VI, tab. 1, fig. 4. Fossile alla Rocchetta presso Asti. Questa patella somiglia parimente alla Aungarica, ma ha una forma più allungata e men dilatata alla base, ed è uni- formemente rigata per lungo da strie più regolari. m. Parerta lucernaria: nob. Testa oblonga, complanata, margine undequaque reflexo , vertice laterali, fornicato , in spiram convoluto. Soldani, Testaceogr., tom. II, tab. 22, fig. 288. F. Fossile nel Monte di San Giusto presso Volterra. Questa curiosa conchiglia che presenta la forma di una lucerna antica, non è niente più lunga di tre linee, e ne ha (259) LI all'incirca due di larghezza. Essa è quasi piana, ed acquista della concavità in quanto che il margine si ripiega tutto all’ intorno. Una delle sue estremità è rotondata, e l’altra si prolunga a foggia di becco che si ravvolge in ispirale. 8. ParrLra greca. L. Aldoor., De testac., pag. 546, fig. 4. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 1, fig. 6. Gualt., tab. 9g, fig. N. Abita nel Mediterraneo e nell'Atlantico ( Lin. ), e nell’Adriati- co ( Olivi, Renieri ). Fossile nelle Crete Sanesi, a San Miniato, a Monte Mario presso Roma, nel Piacentino e nel Piemonte. N Il margine fortemente addentellato è per avventura il ca- rattere più cospicuo che la distingue dalla patella nimbosa , con cui ha somma analogia. Io ne ho trovato alcuni individui più convessi dell'ordinario, e segnati da strie più sottili. Osservazioni. Nessun individuo fossile mi è riuscito di scoprire delle due tribù di patelle dentate alla base ed inziere alla base; ma l’Allioni uno ne cita appartenente a queste ultime, che fu trovato presso Torino, e che egli riferisce alla fig. F della tav. 8 del Gual- tieri, messa da Gmelin tra le figure dubbie. Nulladimeno parecchie specie dell’ una e dell’ altra tribù furono rinvenute dal Renierìi nel- l'Adriatico. Ignoro altresì che esistano fra noi patelle fossili comprese nel genere Emarginula di Lamark, di cui ne contorni di Parigi sono state riconosciute tre specie mancanti di analogo. Nessuna tampoco ne fu pescata fino ad ora nell'Adriatico, ma molte di picciolo volume ne raccolse il Soldani nel Mediterraneo , e furono da lui figurate nella sua Testaccographia (tom. I, tav. 23, 24). Questo naturalista trovò parimente alla Coroncina nel Sanese un’ elegante patella forata nel vertice (V. Saggio orittogr,, tav. XII, fig. 66 T, V), e diversa dalla greca, ma essa mi è sconosciuta. ( 260 ) Del rimanente, tutte le conchiglie di questo genere (alludo a quello del sistema di Linneo ) da me incontrate in Italia, differiscono da quelle de’ contorni di Parigi, tranne la sola patella cornucopie. II DENTALE. Lamark non classifica i dentali fra i molluschi testacei, ma fra i vermi. 1. Denrazriom elephantinum. L. Aldovr., De testac., pag. 283, fig. 1, 4 Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 1, fig. 9. Gualt., tab. 10, fig. 1. Ginann., tom. II, tab. 1, fig. 1. Mercat., Metalloth., pag. 302, superne ( fossilis ). Scilla, Vana speculaz., tab. 18, fig. 6 ( fossilis ). Comment. Bonon., vol. II, pars 2, p. 296, fig. 6; 9 ( fossilis ). Abita nel mare delle Indie, ecc. ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Ginanni, Renieri ). Fossile è comunissimo in parecchi luoghi dell’ Italia. Benchè questo dentale non sia molto comune nell'Adriatico e nel Mediterraneo, è ovvio in istato fossile in quasi tutti i depositi conchigliacei dell’ Italia. Per lo più conserva, almeno internamente, Jo smalto ancora nitido, ed il Bossi uno ne vide presso Moncalvo nell’ Oltrepò pavese , che mostrava tracce del suo naturale colore ( Y. Opusc. interess., tom. XIV ). Nel monte di San Luca in vicinanza di Bologna se ne rinvengono individui infarciti di calcedonia. (261) Giova qui avvertire che quando il dentalium elephantinum è troncato nella parte inferiore comparisce men curvo di quanto lo è negli esemplari intieri, per la qual cosa sarebbe facile di scambiarne i frammenti col dentalium rectum; se non che in questo le coste longitudinali non sono semplici, ma duplicate, consistendo in due strie paralelle molto prossime Yuna all’ altra: carattere che non debb’ essere confuso con quanto di frequente si osserva nello stesso dentalium elephan- tinum , che negl’ intervalli che rimangono fra le due coste, ha ordinariamente una stria più sottile. 2. DenrArium fossile. L. Schròter, Einleit. in versteiner. IV, tab. 3, fig. 7. Fossile a Monterigioni nel Sanese, in Piemonte e presso Loreto. Schròter è stato il primo a indicare questo dentale come proveniente dalle colline di Loreto. Si distingue a prima vista dai due precedenti, in quanto che le strie, di cui ne ho an- noverato almeno trenta, sono in maggior numero, assai più sottili ed equabilmente distanti l una dall’ altra. Esso è grosso presso a poco quanto una penna da scrivere. 3. Denrazivm dentalis. L. . Mercat., Metalloth., pag. 302 in medio ( fossilis). Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Ren. ). Fossile in Piemonte e nelle Crete Sanesi. Questo dentale è qua e là interrotto da alcune strangola- ture che sembrano dipendere dalla rottura del guscio che fu poi restaurato dall’ animale: particolarità indicata da Linneo con la frase testa interrupta, ma non espressa nella figura di Rumfio da lui citata, nè in quella di Born, e ben a ragione, ( 262 ) poichè essa non è costante nè esclusivamente propria di que- sta specie. 4. DenrALioM sexangulum. L. Mercat., Metalloth., pag. 302 inferne? ( fossilis ). Fossile nelle Crete Sanesi, in Valle di Andona nel Pie- monte, e presso Loreto. Ha sei coste elevate che danno al guscio una figura equi- laterale e regolarissima, come si riconosce nella sezione tras- versale. Gli spazj intermedj sono gentilmente scavati a foggia di doccia, ed affatto lisci, o almeno segnati da leggerissime rughe senza indizio di strie, quantunque Gmelin abbia defi- nito questo dentale con le parole testa sexangulata striata. 5. Denrtazion radula. L. Schrot., Einleit. in conch. II, pag. 530, n. 9. Fossile nel Piemonte. Lo cito insieme coi due susseguenti sull’ autorità di Schrò- ter, poichè non mi è occorso mai di vederli. Davila ram- menta un dentale fossile dell’Italia a strie granulose, che probabilmente si riferisce a tale specie ( Catal. syst., tom. III, pag. 58 ). Questo autore che possedeva una copiosa serie di conchiglie provenienti dai nostri paesi, e in ispecialità dal Piemonte, annovera otto altri dentali, ch'egli dice di avere ricevuto dall'Italia, ma sono troppo imperfettamente indicati perchè si possa venire in chiaro a quali specie ap- partenessero. Sulla scorta delle figure di Bourguet e di Scilla da esso lui citate, sembra che uno potesse essere il dentalium elephantinum, ed un altro ch'egli descrive a strie longitudi- nali, fine, disuguali ed attraversate da altre circolari ancora più sottili, sì potrebbe sospettare in forza di quest’ultimo ( 263) carattere che fosse riferibile al dentalium rectum. Di fatto, que- sto dentale è circondato da righe anulari, che non conviene confondere con quelle grossolane che derivano dall’ accre- scimento del guscio, le quali si scorgono nell’ elephantinum medesimo ed in var) altri. Davila parla parimente di un ammasso di dentali e di pettini conglutinati in una pietra sabbionosa del monte Mario presso Roma. 6. Denrarivm interruptum. L. Schròt., Einleit. in conch. II, pag. 530, n. 10. Fossile nel Piemonte. 7. DenTALIUM vitreum. L. Schròt., Einleit. in conch. II, pag. 531, n. 11. Fossile nel Piemonte. 8. DenrALium entalis. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 1, fig. 9. Gualt. , tab. 10, fig. E. Ginann. II, tab. 1, fig. 2. Scilla, Vana speculaz. , tab.15 , fig.3, tab. 18, fig.7, 8 (fossilis). Abita presso i lidi de’ mari delle Indie, della Persia e del- I Europa ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Olivi, Renieri ). Fossile nel Piemonte, nel Piacentino e nel Sanese. Anche in istato fossile conserva il suo smalto che più lu- cido non potrebbe essere negl’individui pescati di fresco. Nel Piacentino ho trovato alcuni di questi dentali che dalla base fino presso a un terzo della lunghezza loro hanno tre o quat- tro leggiere articolazioni formate da un sottile solco anulare, per lo che si potrebbe credere che appartenessero piuttosto al dentalium corneum ch’è molto simile all’enzalis, e che, giu- sta Linneo, ne differisce mercè di queste interruzioni e del (264) colore bigio scuro. Ma quanto al primo di questi due caratteri ho già detto, e qui lo ripeto, ch’esso è incostante, e se ne avvide lo stesso Linneo che dopo di averlo annunziato nella frase specifica con cui ha definito il dentalium corneum, nella descrizione si contentò di dire che per lo più esiste; restrizione che a torto fu ommessa da Gmelin. g. DenraLiv» coarctatum: nob. (tav. 1, fig. 4). Testa teres subarcuata, lavis, extremitate altera sensim at- tenuata , altera abrupte coarctata. Scilla, Vana speculaz., tab. 18, duo postrema icones sini- strorsum .( fossilis ). Soldani, Saggio, ecc., tab. 55, fig. b, bb, B. Fossile nella Calabria, a San Giusto presso Volterra e nel Piacentino. È liscio, pellucido, leggermente ricurvo e della grossezza al più di una penna di piccione: va gradatamente assottiglian- dosi verso |’ apice come tutti gli altri dentali, ma a differenza di questi si ristringe altresì tutto a un tratto (abrupte) verso la base. La figura dello Scilla esattamente lo rappresenta, ma sotto dimensioni molto maggiori di quelle che hanno i più grandi esemplari da me trovati, che non sono niente più lunghi di un pollice. Quella del Soldani, ridotta dal picciolo in grande (fig. B), è pessima. 10. DenraLivMm aprinum. L. Martin., Conch., tab. 1, fig. 4 B. Abita nell'Adriatico ( Aenieri), e nel mare delle Indie ( Lin. ). Fossile nel Reggiano e in molti luoghi della Toscana. Gmelin dubita che esser possa una varietà dell’ elephansi- num a cui moltissimo somiglia; ma i solchi compariscono più (265) profondi, le coste più eguali, nel numero di dodici, e gli interstiz) che rimangono fra l’ una e l’altra sono lisci. Osservazioni. La distinzione delle specie dei dentali, così di quelli che sono lisci come degli altri muniti di solchi, è molto poco sicura. Il numero e la grossezza delle coste sono i caratteri che co- munemente si contemplano in questi ultimi; ma conviene riscontrarli in individui possibilmente intieri, poichè sogliono variare nelle di- verse situazioni delia conchiglia. Il derzalium elephantinum, esempi- grazia, ha delle coste filiformi intermedie a quelle più grosse, ma esse mancano bene spesso verso l’ estremità più sottile. Quanto a quelli lisci, attesa la semplicità della struttura , riesce più difficile a de- terminarli : l’ arsetinum , il corneum, il politum,V eburneum hanno tanta conformità con l’ erzalis, che si potrebbero agevolmente scambiare con esso. Per la qual cosa nella classificazione dei dentali fossili mi sono meramente attenuto a quelli che presentavano differenze cospicue, ommettendone molti altri che avevano un aspetto equivoco. III. SERPULA. Num. 1, genere Siliquaria di Lamark; 2, 3 Vermicularia ; 4 Spiror- bis; 5 Furcella. 1. Serpura anguina. L. Aldovr., De testac., pag. 562, fig. 1. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 1, fig. 20 F? Gualt., tab. 10, fig. X. Z. W. LL. Abita nel mare delle Indie ( Zin.). Fossile nel Piacentino. Gli esemplari fossili che ho sott’ occhio, hanno la forma di una regolarissima spirale a foggia di cavastracci, sono trasversalmente striati, o, a meglio dire, segnati da sotti- lissime fenditure superficiali che potrebbero forse derivare dall’ alterazione che ha sofferto il guscio sotterra. Questa 34 (266 ) conchiglia trovasi pure a Grignon in Francia, ma, secondo la descrizione e il disegno che ne dà Faujas, appartiene alla varietà muricata di Born. Faujas medesimo ha notato ch’ essa è internamente divisa in compartimenti tramezzati da dia- fragmi a foggia di berretto, sottili, emisferici, ora mobili, ora fissi, e della sostanza stessa del guscio ( Essai de geol., tom. I, pag. 90 ). Questa osservazione era stata fatta prima di ogni altro dal Gualtieri che colloca in una particolare se- zione i tubuli concamerati; e benchè non faccia menzione della fessura longitudinale che distingue la serpula anguina , tuttavia si può credere che a questa specie appartengano le figure sopra citate, in una delle quali, fig. LL, si rappresenta un individuo segato per lungo, onde appariscano le interne concamerazioni di cui fa il Gualtieri una circostanziata de- scrizione. Questa fessura che talvolta dispare, è altresì taciuta da Rumfio; e benchè creda Fauyas che sia espressa nel suo disegno, lo è in una maniera così ambigia che non sì po- trebbe asserire. Nel Catalogo delle conchiglie adriatiche del Renieri trovasi registrata questa serpula; ma avendone veduto alcuni individui, mi è sembrato che si riferiscano piuttosto alla echinata. Essi mancano della fessura longitudinale e dei tramezzi interni. 2. Serpura arenaria. L. Aldovr., De testac., pag. 561, fig. 3, 4. Bonann., Recr. et Mus. Kircher., fig. 20, B. D. Scilla, Vana speculaz., tab. 12, fig. 2, 3 ( fossilis ). Abita nel mare delle Indie e dell’Africa occidentale ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Olivi). Fossile in Piemonte, nel Piacentino. nel Reggiano, nella Calabria, nella Toscana. (267) Ve n° ha individui della grossezza di un dito, altri di quella di una penna da scrivere ed altri più sottili. Si attortiglia e sI aggomitola in diverse guise, formando talvolta una spirale, le cui circonvoluzioni sono a contatto fra loro, com?’ è rap- presentata nella figura D del Bonanni. È per lungo segnata di solchi rilevati e nodulosi, e per traverso di rughe flessuose; caratteri che sono più cospicui negl individui giovani. 3. Serpura glomerata? L. Gualt., tab. 10, fig. T. Abita nell’ Oceano settentrionale , nell'Atlantico, nel Caspio , nel mare di Sicilia ( Lin. ) e nell'Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Sanese e nel Piacentino. In molti luoghi delle Crete Sanesi e nel Piacentino ho ve- duto serpule che sembrano appartenere alla glomerata di Lin- neo; ma dubito che v’ abbia sicuri caratteri che distinguano questa specie dall’ arenaria. La prima, secondo Linneo, è affatto cilindrica, e l’altra piana al di sotto; ma questa dif- ferenza non è costante, poichè il guscio di ambedue è più o meno appianato dove si mette a contatto con un corpo straniero o con sè medesimo negli aggruppamenti che fa; all’incontro è cilindrico quando cresce libero ed isolato. È osservabile inoltre che in quest’ ultimo caso esso è liscio o segnato soltanto da rughe anulari, dipendenti dai successivo suo accrescimento ; mentre quando è aggomitolato, comparisce solcato e striato in varie direzioni, donde risulta una specie di lavoro a maglia ( ericoté ), e qualche volta ancora è ca- renato e nodoso. 4. SerpuLa spirorbis. L. Gualt., tab. 10, fig. O. (268 ) Ginann. II, tab. I, fig. 8. i Abita nell’ Oceano ( Lin.) e nell’Adriatico ( Olivi ). Fossile in molti luoghi. Trovasi per lo più attaccata ai gusci delle conchiglie. 5. SerrurA polythalamia. LL. Gualt., tab. 10, fig. L, N. Abita nel Mediterraneo e nel mare delle Indie ( Lin. ), nel- l'Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Reggiano. Linneo e tutt'i conchiologisti che sono a lui succeduti hanno riferito alla serpula arenaria le sopraccitate figure del Gualtieri, ma leggendo il testo si conosce subito quanto poco se le com- petono. La conchiglia rappresentata alla lettera L è così de- scritta dal Gualtieri: Tubulus marinus vermicularis, concame- ratus, levis, candidus, ponderosus; e l’altra è individuata con queste frasi: 7'ubulus marinus vermicularis , concameratus , stria- tus, tuberosus, crassus, albidus. Ora è abbastanza noto che la serpula arenaria non è internamente concamerata, come lo è bensì la polythalamia, che corrisponde ai disegni del Gualtieri rispetto alla grossezza del guscio , solo. carattere visibile in quelle figure. Vero è ch’essa è aggomitolata, mentre Linneo la chiama rectiuscula; ma tali saranno stati que’ pezzi ch' egli avrà esaminato, essendo più che probabile che questa serpula, a guisa di tutte le altre specie congeneri, abbia il vezzo di ripiegarsi in sè stessa e di attortigliarsi in differenti capric- ciose maniere. Linneo dice inoltre che il guscio è diafano; ma Born più esattamente lo chiama ponderoso. Lamark progettò di fare di questo testaceo un genere par- ticolare sotto il nome di /urcella; ma s'ignora se l’animale sia un mollusco o un verme. ( 269 ) IV. TEREDINE. Num. 1, genere Teredo di Lamark; 2, 3, 4 Fistulana. 1. Trrepo navalis. L. Vallisn., Opere, vol. II, pag. 56, tab. 4. Ginann., II, tab. 11, fig. 10. Abita nei mari europei ( Lin. ). Fossile nel Sanese e a San Geminiano. Il Soldani a Riluogo e a Calduccio presso Siena, come pure ne contorni di San Geminiano, trovò pezzi di legno fossile sforacchiati dalle teredini; ma della maggior parte non ri- maneva che un nucleo cilindrico di marna che erasi model- lato nell’ interno della conchiglia, mentre alcune altre conser- vavano porzione del loro guscio fragile e sottilissimo ( Saggio orittogr., pag: 24 e 122 ). Questi vermi adunque erano antichi abitatori del nostro mare, e non è punto. vero che sieno stati trasportati dalle Indie. come asserisce Gmelin, che doveva contentarsi di trascrivere fedelmente la frase di Linneo, il quale dice che furono propagati, o vogliam dire, diffusi e moltiplicati ne’ mari europei col mezzo delle navi provenienti dalle Indie. I moderni conchiologisti collocano fra le bivalvi questo te- staceo, perchè è corredato di due specie di valve nell’orificio inferiore, oltre a due operculi spatulati. Linneo medesimo aveva avvertito che in grazia di ciò è più affine alle foladi che non alle serpule : /psa valvarum permi adherentium fabrica, propius ad pholades accedunt, quam ad serpulas. (270) 2. Terepo echinata — Fistulana echinata, Lam. (tav. XIV, fig 1, a, db). Annal. du Mus., vol. XII, tab. 43, fig. 9 Fossile nel Piacentino nelle cavità della calcaria marnosa. Bruguiere separò le fistulane dalle teredini, a cui erano associate dagli altri conchiologisti, e ne formò un genere distinto. Lamark che seguitò il suo esempio, entrò su que- sta materia in molti particolari ( Ann. du Mus., col. VII, pag: 425 ), esponendo i motivi di tale classificazione, che si riducono specialmente a questo: che il cannello testaceo delle teredini è aperto da ambi i capi, quando nelle fistulane è chiuso nell’ estremità inferiore ch è più grossa e rigonfiata. Questa estremità nella fistulana echinata ha la forma di una clava, ed è. coperta di spine fistulose, fig. 1, a. Internamente sì trovano due valve che talvolta sono affatto libere, fig. 4 @, b, c; e talvolta ancora una di esse, di rado ambedue, è incollata nel tubo in maniera tale che forma parte di esso, e comparisce al di fuori con l'esterna sua faccia, fig. 1, b. Lamark che ha fatto su di ciò peculiari indagini, credette di poter conchiudere che le valve di cui parliamo costituiscano la vera conchiglia delle fistulane, e che il cannello testaceo non sia che una parte accessoria, destinata a rendere più capace la cavità entro cui alloggia l'animale. Osservò egli che alcune fistulane astengonsi dal fabbricare questo cannello quando vivono ne’ fori tubulosi delle pietre o di altri corpi solidi. Quanto poi alla forma de’ due gusci, trovò che hanno molta relazione con que’ delle conchiglie del genere modiolus: genere in cui è compreso il mytilus lithophagus di Linneo. (271) Non si può certo mettere in dubbio che in alcune fistulane le due valve non appartengono realmente all’ animale fab- bricatore del tubo, come lo confermano le osservazioni fatte dal Renieri nella ‘Fistulana rupestris di Bosc; e queste valve conservano in tutti gl individui una struttura costante. Ma avendo io spezzato quattro esemplari fossili di fistulana echi- nata, rimasi non poco sorpreso scorgendo che tre di essi racchiudevano valve diversamente configurate e riferibili a conchiglie di generi differenti. Una di queste conchiglie appartiene alle veneri di Linneo o alle petricole di Lamark: ha una forma ovale ed obbliqua, è segnata di solchi trasversali, tav. XV, fig. 3, a, b; ed ha il cardine corredato di tre denti ben distinti, di cui quello di mezzo è bifido, fig. 3, c. Io ne rappresento le due valve, in una delle quali, @, rimane una porzione di fistulana stret- tamente incollata sulla faccia esterna, ed un’altra porzione si scorge nella faccia interna, c, dove si è insinuata mediante un foro praticato dall’ animale che ha limato la conchiglia: questa espressione conviene al meccanismo da esso usato nel formare quell’ apertura, il cui margine non è fratturato, ma rosicchiato in isbieco, come visibilmente si riconosce nella valva 6, che presenta un foro di maggiore ampiezza. La conchiglia rinvenuta in un altro individuo è affatto di- versa dalla precedente, e si può riferire al genere mya. La sua forma è parimente ovale ed obbliqua, esternamente è rugosa, verso il margine sfogliata, fig. 2, a, e sotto la cor- teccia cretacea manifesta un lustro di madreperla: il cardine è composto di un dente largo e calloso che si unisce ad un risalto ottuso formato dal margine della valva, il quale simula (272) un altro dente, fig. 2, è. Una sola di esse valve era libera, men- tre l’altra rimaneva attaccata al guscio della fistulana, fig. 1, d. La conchiglia ch'era racchiusa in un terzo individuo ha qualche analogia con la precedente, e sembra appartenere parimente al genere mya. È più piccola, più sottile, di forma stretta e bislunga, rotondata all’ estremità posteriore, e più concava delle altre, fig. 4, a. Nella superficie esterna è co- perta di rughe flessuose ed irregolari; uno dei denti del car- dine, se pure tal può chiamarsi, non ‘è che un risalto del margine, che viene ricevuto in un canaletto della valva op- posta. è, c, come con più chiarezza si scorge nella figura ingrandita col microscopio, fig. 5, a, d. Se si mettono insieme le due valve non combaciano in tutti punti, ma rimangono in qualche parte socchiuse ( Aiantes ). Ciò che è ancora più singolare si è che la conchiglia trovata da Lamark nella fistulana echinata di Grignon in Francia diffe- risce da quelle che ho descritto, essendo gremita di piccioli punti squamosi, disposti in parecchie serie dirette verso gli apici. Poichè così va la cosa, mon saprei comprendere come le conchiglie contenute in questa fistulana, e che rappresentano generi e specie affatto diverse, abbiano potuto essere formate dallo stesso animale. Ciò si opporrebbe all’ andamento ordi- nario della Natura; ma attendendo che ulteriori osservazioni mettano in più chiara luce il fenomeno, mi sembra che si potrebbe argomentare che alcune delle suddette bivalvi sieno” intruse e straniere, e che compariscano nell’ interno della fistulana, in quanto che vi sieno rimaste inviluppate nel- l'atto che questa si fabbricava il proprio guscio. Piuttosto che credere la cosa affatto fortuita, potrebbe essere ancora (273) che questi animali sieno guidati da un particolare istinto, e che elettivamente s’ introducano nelle cavità abitate dagli altri testacei per procacciarsi un ricovero, come ne abbiamo esem- pio in parecchie conchiglie. Tale è la venus &thophaga che frequentemente si trova negli alveoli delle pietre calcarie entro le valve della donax ius, e tale è la clothos, scoperta fossile da Faujas, e che fu incontrata racchiusa nella cardita lithophaga. Avvi un’altra notabile circostanza che aggiunge un grado maggiore di verisimiglianza a questa opinione. Avendo spez- zato alcuni massi calcarei cribrati dai vermi marini, e che non sono infrequenti nell’ eminenze di Castell'Arquato nel Pia- ceutino, in alcune cellule trovai sola e isolata quella venere istessa che in altre comparve inviluppata nel tubo della fistu- lana echinata, e di cui darò a suo luogo una più distinta descrizione sotto il nome di genus eremita. Lamark che non ignorava questo fatto, ne trasse la conseguenza che alcune specie di fistulane prescindano dal formarsi un astuccio tu- buloso, quando vivono nelle cavità delle pietre o di altri corpi solidi. Ma questo principio non sarebbe applicabile alla cir- costanza presente. Le fistulane che racchiudevano nel loro tubo conchiglie della stessa identica specie di quelle che si veggono talvolta isolate, furono trovate anch’ esse negli alveoli dei massì calcarei. 3. Terepo bacillum: nob. (tav. XIV, fig. 6). Testa solida, tubo recto, tereti, vix inferne crassiore. Fossile nel Piacentino. La credetti da prima identica alla fistulana tibialis di La- mark, ma in questa il tubo è compresso e sensibilmente di- latato alla base, quando nella nostra è perfettamente cilindrico (274) e quasi da per tutto della stessa grossezza, o se pure si va alquanto dilatando verso 1’ estremità inferiore, lo fa tanto gra- datamente che appena I occhio sa distinguere una differenza. Questa fistulana medesima racchiude una bivalve di forma obliqua e bislunga, trasversalmente segnata da rughe arcuate, e che sotto la esterna corteccia mostra una brillantissima ma- dreperla. Siccome le due valve sono tenacemente attaccate. luna contro l'altra, temendo di frangerle, non le ho separate per riconoscere la struttura del cardine ch'è situato molto dappresso all’ estremità posteriore. 4. TereDo personata — ( Fistulana personata. Lam. ) Ann. du Mus., vol. XII, tab. 43, fig. 6. 7. Fossile nel Piacentino. L’ estremità inferiore ch’ è la parte più caratteristica, è molto guasta; nondimeno mi sembra che presenti contrassegni abbastanza evidenti per poter riferire questo testaceo a tale specie. Lamark non ha rinvenuto valve nell'interno di esso, ed opina che sieno incassate nel tubo. Vi di LA Num. 1, genere Bw//ea di Lamark; 2,3, 4,5, 6 Bulla; 7,8 Ovula; 9, 10 Pyrula; 11 Achatina. 1. Burra lignaria. d7 Bonann., Mus. 3, fig. 406. Abita nell'Adriatico e nel mare di Sicilia ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. (2759) A fronte della somma sua fragilità ne sono stati rinvenuti presso Castell'Arquato nel Piacentino molti individui perfet- tamente conservati, alcuni de’ quali mantengono il naturale colore. Ì Mentre il guscio degli altri vermi testacei serve di ricovero all'animale, questo all'incontro è racchiuso e incarnato nel- l’interno dell'animale stesso. La bulla, di cui parliamo, con- tiene inoltre nello stomaco tre ossetti che, visti dal Gioeni spolpati della carne che gl’investe, furono da lui presi per le valve di una particolare conchiglia, di cui formò un nuovo genere Gioenia, adottato da Bruguiere e da Retz, finchè Dra- parnaud svelò l'equivoco. È pur singolare che il Gioeni siasi avvisato di descrivere la struttura interna ed esterna, i mo- vimenti e gl’ istinti dell’animale abitatore di questa sua pre- tesa conchiglia. Prima di Draparnaud aveva trovato il Ginanni i tre os- setti nello stomaco della dulla aperta, differenti per altro nella loro forma da quelli della dulla lignaria. Questa scoperta è stata attribuita da alcuni a Jano Planco che sembra avere voluto appropriarsela ; ma essa Veramente non appartiene tampoco al Ginanni, e queste ossa furono osservate da Fabio Colonna nell’animale secco della mentovata bulla, da lui chia- mata concha natatilis, che ricevette dall’ Imperati, e di cui . dà una figura che non è citata dai conchiologisti ( De Purpura, pag. 28 e 30, fig 1.2). 2. BurrA truncatula. Brug. Soldani, Saggio, tab. 10, fig. 62, K. Fossile a Riluogo ed alle Corone nelle Crete Sanesi. (276) È così picciola che non si può distintamente riconoscere che con la lente. Bruguiere cita ancora la fig, VG, tav. II di Jano Planco; ma essa non si uniforma a quella del Soldani, e potrebbe appartenere piuttosto alla dulla solida dell’ Enciclopedia. 3. Burri acuminata. Brug. Soldani, Saggio, tab. 10, fig. 62 . IL. Fossile negli stessi luoghi. È del volume della precedente, e sembra essere descritta da Jano Planco che la trovò sul lido di Rimini ( pag. 21, num. 1 ). 4. Borra striata. Bruguiere (tav. I, fig. 6, a, b). Abita nell'Adriatico e nel Mediterraneo , ecc. ( Bug. ). Fos- sile nel Piacentino. Nessuna delle figure che Bruguiere applica a questa specie, di cui Gmelin ha fatto una varietà di bulla ampulla, esatta- mente corrisponde agl’ individui fossili. Quella che più di tutte vi si approssima sarebbe la fig. /, tav. 12 del Gualtieri, che non è rammentata da Bruguiere, e che Gmelin ha creduto di dovere attribuire alla varietà @ della bulla ampulla: in essa è ottimamente rappresentata l'apertura che superiormente, cioè dal lato dell’ umbilico, è-stretta, e che inferiormente si al- larga; ma la forma della conchiglia sembra essere troppo bislunga. La superficie di questa bulla è solcata da strie tras- versali, ma così sottili che non si discernono che con la lente, e mancano bene spesso sul dorso. Verso la base sono alquanto più profonde, com'è stato avvertito da Bruguiere; ma egli soggiunge che il labbro sinistro è sempre un poco schiacciato nel mezzo, lo che non si verifica ne’ miei individui che sono (277) tutti piccioli, di modo che il maggiore è lungo quattro linee e largo un po’ più di due. 5. Burri ovulata? Lamark (tav.I, fig. 8, a). Testa sub-cylindrica, strits subtilissimis oculo nudo inconspi- cuis exarata, apice obtusissimo umbilicato, columella inferne obsolete unidentata. Fossile nel Piacentino. Non è la cylndrica di Bruguiere, perchè non ha esatta- mente la forma ch'egli le attribuisce, e perchè l'apertura inferiormente è assai più larga; le strie sono così sottili che è impossibile di ravvisarle a occhio nudo: non è tampoco la bulla solida dello stesso autore, rappresentata nella fie. 2, tav. 360 dell’ Enciclopedia, perchè la nostra non ha nell’estre- mità superiore quella piegatura rilevata, e se ne scorge in cambio un’ altra nell’ inferiore a foggia di un picciolo dente. Opino che possa essere analoga all’ovulata di Lamark, se non che è più sottile relativamente alla sua grossezza, e le strie, come ho detto, sono poco apparenti. L° estremità su- periore è così ottusa che sembra troncata. Lunghezza linee 5, larghezza un poco più di 2. 6. Borra convoluta: nob. (tav. I, fig. 7, a, 6). Testa prorsus cylndrica , apertura lineari, basim versus pa- rumper dilata, vertice obtuso perforato. Fossile nel Piacentino. Fra tutte le specie di questo genere a niuna più propria- mente si compete l’ epiteto di cylindrica quanto a questa che è di fatto rigorosamente tale. Essa è nitida, liscia, semidia- fana; I’ apertura è strettissima, e solamente si allarga alquanto all'estremità superiore ; la base non è acuta, ma rotondata; (278) l’ apice è molto ottuso, leggermente concavo e forato da un wubilico. Lunghezza linee 3, larghezza I incirca. Questa conchiglia è differente dalla bulla cylindrica di Gme- lin e 'a quella chiamata con lo stesso nome da Bruguiere, e figurata da Lamark. Mi sembra di riconoscerla in Lister nella tav. 714, fig. 70, b, c, che Gmelin attribuisce alla bulla oliva ; ma la sua descrizione non corrisponde punto nè a quella figura nè al nostro individuo. Bruguiere avvertì che la conchiglia di- segnata da Lister è una voluta, non una bulla; ma fu tratto in equivoco in quanto che sotto lo stesso numero si rappresentano in quel luogo due conchiglie affatto diverse; quella a sinistra è bensì una voluta, la voluta pallida di Linneo; ma l’altra a destra è realmente una bulla, che, come si è detto, ha molta affinità con la nostra convoluta, se pure non è la stessa. 7. Burra birostris. L. Bonann., Mus. Kircher., fig. 399. — Observat. circa vivent., fig. 21. Abita a Java ( Lin. ) e nell’Adriatico ( Renzeri ). Fossile nel Piacentino. Ad essa appartiene la citata figura del Museo Kircheriano, non alla dulla volva cui la riferisce Gmelin, e se le compete eziandio la figara 217, @, è di Martin, che lo stesso autore attribuì a torto a quest’ ultima. 8. Burra spelta. L. Gual., tab. 15, fig. 4- Abita nell'Adriatico e nel Mediterraneo ( Zin. ). Fossile nel Piacentino. Gl’'individui fossili sono della lunghezza di circa 10 linee su 5 di larghezza, ma credo che nel mare ve n° abbia di (279) maggiori ancora, potchè alla dulla spelta appartiene certo la conchiglia figurata dal Ginanni, car. 13, fig. 108. In quello fossile che ho sott'occhio, il margine interno del labbro si- nistro è liscio, non addentellato e meno ingrossato, le due estremità sono anche alquanto più ottuse; differenze che forse provengono dall’ età. Non so veramente se l’addentellatura del margine sia un carattere costante. negl individui marini; essa è espressa da Bruguiere nella figura che ha dato di questa conchiglia ( Enciclop., tav. 357, fig.2), e l'ho ravvisata in tutte quelle che mi sono passate per le mani; ma Linneo, Born e Gmelin non ne fanno parola. Essi attribuiscono inoltre il colore bianco alla dulla spelta, ma è sovente di colore lionato con una tinta di violetto livido, segnatamente ai lati. La figura 95, tav. 13 del Ginanni, che Linneo riferisce a questa specie, spetta, benchè cattiva, alla dulla aperta. g. Burra ficus. L. Bonan., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 15. Gualt., tab. 26, fig. I, M. Abita nell’ Oceano indiano ed americano ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, e nella Toscana a Colle ed a San Miniato. Esistono nei mari due notabili varietà di questa conchiglia, luna con la base molto corta e dilatata ( cauda repanda, aper- tura effusa ), segnata per lungo e per traverso da strie fili- formi che s’incrocicchiano, appianate a guisa di sottilissimi nastri, e tutte all’ incirca di eguale grossezza. Nell'intervallo che separa le strie trasversali, se ne scorgono con l’ ajuto della lente tre altre di maggiore sottigliezza. Essa sarebbe rappre- sentata nella fig. M, tav. 26 del Gualtieri, se si diffalcasse da questo disegno un terzo della lunghezza della coda. (280) L'altra varietà ha la base più allungata e più stretta, di modo che verso I’ estremità prende la forma di un canaletto. Le strie longitudinali sono appena apparenti, le trasversali meno rilevate che non è nella prima, e alternativamente più sottili, benchè in qualche parte della conchiglia abbiano tutte la stessa grossezza. Le figure di questa che più s’ accostano al Vero, sono quelle di Argenville, cav. 17, fig. 0; e di Seba, tav. 08, fig. 5. Gl'individui della dulla ficus vanno inoltre sottoposti a molte altre differenze rispetto all’ampiezza dell’ apertura, alla grossezza e alla disposizione delle strie, alla conformazione della spira più o meno rilevata, ed al maggiore o minor nu- mero di anfratti. Negli esemplari fossili ravviso due varietà. In una le strie trasversali sono piatte e più grosse delle longitudinali; ma sì le une come le altre abbastanza rilevate, perchè la conchiglia comparisca graticolata. Nello spazio compreso fra le strie tras- versali corrono tre sottilissimi filetti, di rado due, e più di rado ancora uno solo: la base è allungata e la spira quasi piana. Non si ragguaglia male alla fig. 1, tav. 23, part. III di Knorr. L'altra varietà è in tutto analoga alla precedente, eccetto che le strie trasversali sono più vicine, e nei loro intervalli non vha costantemente che un solo filetto. 10. Butta ficoides: nob. ( tav. I, fig. 5). Testa obovato-clavata, strus decussantibus, transversis cari- natis, eminentioribus , interstituis excavatis , spira elevata, obtusa. Fossile nel Piacentino. Le differenze sono in questa troppo cospicue, perchè si abbia a confondere con la precedente. Le strie trasversali che (281 ) sono più rilevate delle longitudinali , formano uno spigolo acuto in cambio di essere piatte, e l’intervallo che le distin- gue è dolcemente incavato a guisa di un solco, in cui sono compresi quattro sottilissimi filetti. La spira è più acuminata e più gonfia che nelle due varietà sopra descritte. Ha qual- che conformità con quella rozzamente disegnata’ da Bourguet che la copiò da Langio, e che fu trovata nei monti della Svizzera ( Traité des petrif., tav. 37, fig. 247). 11. Buzra helicoides: nob. (tav. I, fig. 9, a, db). Testa ovata, ventricosa, columella leviter intorta, truncata, spira exserta, anfractubus convexis distinctissimis. Fossile nel Piacentino. La sua forma è elittica, ed è composta di cinque anfratti convessi, ben distinti Y uno dall’ altro, l inferiore de’ quali è quasi tre volte maggiore di tutti gli altri presi insieme. L'apertura è ampia, ovale, più lunga che larga: la columella forma all’infuori un cordone protuberante e leggermente in- torto, ed è troncata alla base. La superficie esterna è liscia , e segnata soltanto da alcune rugosità longitudinali. Lunghezza pollici uno e tre quarti , larghezza pollici uno. Colloco questo testaceo fra le bulle, seguendo Linneo che ha classificato in questo genere l'achatina e la zebra, alle quali esso somiglia rispetto alla forma generale, ed è pro- babile che sia terrestre come queste. Linneo giudicò marina la bulla achatina; ma fu veduta da Sparmann nelle pianure sabbionose del Capo di Buona Speranza ( Voy. au Cap., vol. II, pag. 350). Osservazioni. Nove specie di bulle trovò il Renieri nell'Adriatico, tre delle quali la Zignaria, la bdirostris, la spelta occorrono fossili 36 (282 ) nelle nostre colline. E probabile ch' esistano in quel mare alcune altre di quelle che abbiamo qui registrato , e che, attesa la loro piccio- lezza, sieno sfuggite agli occhi degli osservatori. Planco ne incontrò due sulle spiagge dell'Adriatico ch’ erano quasi microscopiche; ma non si può assicurare se fossero viventi o fossili. Molte bulle raccolse altresì Lamark ne’ contorni di Parigi, ma x nessuna è riferibile al suo genere Ovula. VILCCIPREA: Bruguiere e Lamark hanno lasciato intatto questo genere linneano. I. CrereA pediculus. L. Bonan., Recr. 3, fig. 239 ( mala). Gualt., tab. 14, fig O, P. Ginann., vol. II , tab. 13, fig. 109 ( mala). Soldani, Saggio, tab. X , fig. KK ( fossilis ). Abita nell'Adriatico, nel Mediterraneo, ecc. ( Linneo, Olivi ). Fossile a San Geminiano , nel Sanese e nel Piacentino. Gli esemplari fossili del Piacentino variano dalla grandezza di una nocciuola fino a quella di un grano di sorgo turco. Esiste parimente ne’ contorni di Parigi. 2. Crprza4 annulus. L. Varietas ( tav. II, fig. 1, a, d). Aldovr., De testac., pag. 355 ( concha venerea 3, 4). Moscardi, Mus, pag. 209, fig. 2 . 3. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 240 . 241. Gualt., tab. 14, fig 1.2. Abita presso il lido di Alessandria e nell’Amboina ( Lin. ). Fossile in Piemonte. Le figure citate si riferiscono agl’ individui marini che sono x comunissimi ne’ musei. La nostra è una varietà che presenta (283 ) una forma alquanto più allungata, ma che sì distingue in questo principalmente, che I apertura è molto più stretta, ed i solchi delle labbra sono meno estesi e meno profondi, in guisa tale che nel sinistro non compariscono se non che nell’in- terno; particolarità che non mi è riuscito di scorgere in più diecine di esemplari marini che ho esaminato. Questa conchiglia trovasi ne’ contorni di Torino in un’are- naria composta di grani rotolati di serpentina, legati da un cemento calcario. Avendone rotte alcune vidi ch’ erano cam- biate in brillantissimo spato, ma ciò ch’ è ancora più singo- lare si è che la parete del guscio era vòta internamente, e presentava una cavità geodica tappezzata di piccioli cristalli. Come dunque è ciò succeduto senza che sia menomamente alterata la forma della conchiglia? Ho esposto altrove su di ciò i miei pensamenti. 3. CrPrEa porcellus: nob. (tav. II, fig. 2, a, d). Testa oblongo-ovata, anterius obtusa, posterius elongata , ro- stro marginato , sinistri labit dentibus mediis obsoletis. Fossile in Piemonte e nel Piacentino. Ha analogia con la cypreea linx, ma l'apertura è più stretta, il labbro sinistro non è corredato di denti così profondi, i quali sono anzi obliterati negl’ individui più adulti; l’ estremità posteriore, quella, cioè, opposta al luogo della spira è più allungata e quasi rostrata, e la sua slabbratura in alcuni in- dividui si vede essere circoscritta da un grosso risalto di forma triangolare. A ciò si aggiunga che la faccia inferiore, che nella cypreea linx ha un’area piana dal lato sinistro, in questa, all’ incontro , è rotondata. La fig. 267, 268, tav. 26 di Knorr, che Gmelin sospetta poter essere una varietà della cypree (284) linx, non competerebbe male alla nostra che si avvicina pur anche s quella della tav. 14, fig. E del Gualtieri, che Gmelin riferisce alla cyprea pyrum, aggiungendone un’ altra di Martin, tav. 26, fig. 207, 268. Ma le figure di questi due autori non rappresentano al certo la stessa conchiglia. 4. Crprea elongata: nob. (tav. I, fig. 12, a, db). Testa subcylndrica, acutiuscula, labro interno posterius tan- tum denticulato, spira nulla. Fossile nel Piacentino e nel Piemonte. Somiglia alla cyprea isabella, ma è più ventricosa. Il lab- bro sinistro è dentellato soltanto verso l’ estremità posteriore, e i denti compariscono più rilevati in un risalto ch è nell’in- terno della fauce. Il Jabbro destro è dall’un capo all’ altro munito di una serie di denticoli che sono quasi tutti di eguale grossezza. Alcune conservano lo smalto e un’ ombra di colore carnicino pallido. 5. CrPrea physis: nob. (tav. II, fig. 3). Testa ovata, tumida, sinistri labii dentibus oblitteratis, supra ochroleuca punctis maculisque spadiceis, ad latera alba, vel tota ex fusco lutca. Fossile nel Piacentino. Ha una forma molto convessa e ventricosa. L’ estremità anteriore mostra un oscuro indizio di spira, ed è fortemente slabbrata: nella posteriore la slabbratura è molto meno profon- da, ed appena alquanto obbliqua. I denti nel labbro sinistro non compariscono per |’ ordinario distintamente, se non che alle due estremità dell’ apertura. Alcuni individui sono uniforme- mente colorati di un giallo di foglia secca. altri ai lati ed inferiormente sono bianchi, ed hanno il dosso variegato a ( 285 ) macchie pallide e giallastre sur un fondo dello stesso colore dei primi. 6. Crrrz4 amygdalum: nob. ( tav. II, fig. 4). Testa ovata, complanato-gibbosa, rima angustata vix po- sterius ampliore , labio dextero denticulato , altero dentibus obsoletis. Fossile nel Piemonte. È stata trovata nello stesso terreno in cui era la cypre« annulus, ed è come questa convertita in ispato. 7. Crrrza inflata. Lamark. Annal. du Mus., vol. VI, tab. 44, fig. 1. Fossile nel Piacentino. Il labbro destro è orlato al di fuori da un risalto promi- nente, e lungo l’ apertura è fortemente solcato: i denti nel sinistro sono in gran parte obliterati, eccetto che verso l’estre- mità posteriore dove ve n°ha alcuni elevati; uno di questi, diviso dagli altri da un intervallo abbastanza spazioso, forma una specie di piegatura verso l'apice dell’ estremità suddetta. Il nostro esemplare è al doppio più grande di quello figurato da Lamark, ed ha una tinta carnicina sbiadata. Osservazioni. Fastidiosa ed incerta è la classificazione delle cipree fossili, poichè essendo svanito il colore o rimanendone deboli vestigi, manca un carattere che in questo genere di testacei, attesa la sem- plicità della struttura , serve di gran sussidio per riconoscere le specie. È noto inoltre quante diversità presentino le cipree della stessa iden- tica specie rispetto alla forma del guscio più o meno allungato , gib- boso e ventricoso, poichè l’animale lo abbandona a norma che cresce di età, e se ne fabbrica di mano in mano uno nuovo. Poche, come si è veduto, sono in Italia le specie fossili di questo genere, e in minor numero ancora s'incontrano ne>contorni di Parigi; ( 286 ) poichè Lamark non ne registra che sole tre. Scarse egualmente sono ne mari che attualmente bagnano le nostre coste. Il Renieri ne ha trovato quattro nell'Adriatico , la carzea di Poiret, la lurida, la cin- namomea e la pediculus. VII. Cono. (Questo genere linneano è conservato intiero da Lamark e da Bru- gquiere. 1. Cowvus betulinoides. Lamark. Walch, vol. IL, tab. C. III, num. 45, fig. 3. Fossile in Piemonte. Questo cono, la cui grandezza oltrepassa bene spesso i quattro pollici, è comunissimo nel Piemonte, particolarmente nel luogo detto le Sciolze. Nel Museo dell’Accademia di To- rino ve n’ha un buon numero d’esemplari di squisitissima conservazione. Esso ha molta conformità col conus betulnus , ma non è come questo slabbrato alla base; carattere sufficiente perchè s° abbia a considerare una specie distinta, come a buon diritto ha fatto Lamark (. Ann. du Mus., tom. XV, pag. 440). 2. Conus antiquus. Lam. Fossile nel Piemonte. Lamark che ottimamente lo descrive ( /bdid. 439 ), non ne ha dato la figura, ed io non posso supplire a questa lacuna, non possedendone che un solo esemplare molto malconcio. Si distingue con facilità dal precedente e da tutti gli altri che succedono, perchè ha la spira piana, alquanto appuntata nel centro, e il cui anfratto esteriore è leggermente canaliculato. La base è segnata da alcuni solchi trasversali. (287) 3. Conus Aldovrandi: nob. (tav. II, fig. 5). Testa conica, sulcis transversis remotis leviter impressis, spira convexo-acuta depressiuscula, anfractubus rotundatis, extimo pix excavato , basi integra oblique striata, columella intorta, ca- naliculata. Aldovr., Mus. metall., pag. 471, fig. 1. Fossile nelle Crete Sanesi e nel Bolognese. L’Aldovrandi ne ha dato una figura rozza per verità, ma abbastanza riconoscibile; con tutto ciò ho creduto di dovere più esattamente rappresentarlo. Questo cono è solido, pesante. di figura conica troncata, molto dilatato superiormente, se- gnato per traverso da alcuni solchi leggieri, distanti e po- chissimo apparenti. La spira è convessa bensì, ma piuttosto depressa che culminante, e termina gradatamente in una punta aguzza: gli anfratti sono rotondati , ben distinti l'uno dall’altro mediante una sutura alquanto flessuosa, e quello esteriore mostra un debole indizio di scannellatura. La base è rugosa, sfogliosa e obbliquamente striata: la columella è intorta ed ha un ca- naletto spirale che si prolunga nell’ interno della conchiglia; carattere, quando non fosse accidentale, che meriterebbe par- ticolare considerazione. La sua lunghezza è di circa tre pollici. 4. Conus Mercati: nob. (tav. Il, fig. 6). Testa oblongo conica, spira acuta, anfractubus omnibus con- vexiusculis suturam prope leviter canaliculatis, basi confertim striata , rugosa. Mercati, metalloth., pag. 303, fig. 3. È visibilmente quello rappresentato dal Mercati, e lo rac- colsi nel paese stesso indicato da questo autore, vale a’ dire nelle colline di San Miniato. Il suo disegno non è per altro (288 ) esatto abbastanza, poichè la parte superiore comparisce un po troppo ingrossata, nè sì è con precisione espressa la scan- nellatura che corre in tutti gli anfratti presso la sutura, la quale, benchè poco profonda, è nondimeno evidente. Essendo il mio esemplare logoro nell’ estremità inferiore, non posso riconoscere se la base sia veramente slabbrata : nella superficie si scorgono alcuni cingoli trasversali elevati che sono notati nella predetta figura ; ma siccome la conchiglia è perfettamente calcinata e farinosa nell’ esterno , fa mestieri per ravvisarlìi di presentarla sotto un favorevole riflesso di luce. Lunghezza poll. 2, lin. 2. 5. Conus turricula: nob. (tav. II, fig. 7). Testa oblongo-conica glabra, spira elevata acuta, anfractubus convexis suturam prope leviter canaliculatis, arcuatim rugosis, basi sulcata. Fossile nelle Crete Sanesi, e a Monterigioni presso Stagia pur nel Sanese. È molto somigliante al precedente, ma ha una forma più svelta per essere meno dilatato superiormente e per avere la spira più elevata, la cui forma è affatto conica. Lunghezza lin. 19. 6. Covus pyrula: nob. ( tav. II, fig. 8). Testa subcylindrica, spira brevi, acuta, anfractubus planius- culis, extimo rotundato, basi striata, strits excavatis, remotis. Fossile nel Piemonte e nel Piacentino. Questo cono ha un aspetto cilindrico più che tutti gli altri, atteso che la parte superiore dove incomincia la spira è più rotondata, e forma appena un ottusissimo angolo col corpo della conchiglia. La spira è corta ed acuta, e composta di (289 ) anfratti declivi aderenti l’uno all’altro ed alquanto convessi: la base è appena slabbrata e segnata da sei o sette strie in- cavate e distanti, quando negli altri sopra descritti sono rile- vate e contigue. Si approssima alla fig. 1304 di Chemnitz, che Gmelin ri- ferisce ad una varietà di conus spectrum, e Bruguiere ad un’altra di conus cinereus; ma non combina per nulla con la descrizione di questi autori. Esso conserva ancora alcune strisce serpeggianti di giallo rossiccio. Lunghezza lin. 15. 7. Cowus pelagicus: nob. ( tav. II, fig. 9). Testa conica subclavata, spira acuminata, anfractubus pla- niusculis , extimo vix canaliculato, maculis aurantiis vel dilute crocets, lineisque interruptis, concoloribus , elevatis undique cincta. Fossile nel Piacentino. Quantunque questa conchiglia conservi parte de’ suoi natu- rali colori, e se ne trovino individui di perfetta conservazione, non mi fu possibile di ragguagliarla con piena sicurezza a veruna delle specie cognite. Ha bensì moltissima conformità col conus mediterraneus di Bruguiere tanto nella configurazione e nella struttura della spira, quanto nella proporzione delle dimensioni, se non che quest'ultimo è alquanto più grosso relativamente alla sua lunghezza: questa differenza che forse è accidentale, non mi avrebbe tuttavia impedito di unire in- sieme queste due conchiglie, se altre non ve ne fossero che mi sembrano rendere poco naturale tale associazione. Di fatto il nostro cono è tutto all’intorno segnato di linee elevate che rappresentano tanti filetti interrottamente colorati di giallo rossiccio, più o meno carico secondo il grado di conserva- zione degl’ individui: nel conus mediterraneus si riconoscono 34 ( 290 ) le medesime linee, ma per quanta attenzione abbia usato esplorandole con la lente, non ho potuto accorgermi che aves- sero rilievo di sorta alcuna: esse sono formate dal solo colore ch'è bruno punteggiato di bianco, e solamente intorno alla base ve n°ha sette o otto che compariscono salienti, come si osserva in molti altri coni. A tutto questo si potrebbe aggiun- gere che il conus mediterraneus non arriva che alla lunghezza poco più di un pollice, mentre quello che descriviamo è tal- volta lungo due pollici e mezzo; ma la differenza della gran- dezza non debb’essere gran fatto calcolata, quando segnata- mente si tratti di paragonare le produzioni de’ mari antichi con quelle degli attuali. Se questo cono ha l’analogo , sarebbe forse più probabile che si potesse riconoscere nel jamazcensis di Bruguiere, quando per altro le strie circolari della sua superficie sieno rilevate, il che non è chiaramente espresso nella descrizione di questo autore. Il conus jamaicensis è affine al mediterraneus, e la figura data da Adanson della varietà 8 che si trova presso le coste del Senegal, non corrisponde male al nostro; ma l° aper- tura verso la base è troppo dilatata. 8. Conus virginalis: nob. (tav. II, fig. 10). Testa conica, spira planiuscula, apice elevato, acuminato , anfractubus circinnatim striatis, basi sulcata. Fossile nel Piacentino. Conosco due coni che si potrebbero ragguagliare a questo, il conus virgo, e l’eburneus di Bruguiere, ma esso è diverso dall’ uno e dall’ altro. Quest’ ultimo di cui si ha un'ottima figura nella Conchiologia di Knorr, Vergnugen des augen, part. I, tav. 17, fig. 4, riferita da Gmelin al conus glaucus insieme con (291) molte altre che non gli appartengono, ha la spira quasi spia- nata ed acuminata nel centro; ma gli anfratti non sono for- niti che di una o due strie circolari, quando nel nostro se ne contano quattro ben distinte, ed è inoltre men dilatato superiormente che il conus eburneus. La rassomiglianza col corus virgo è maggiore rispetto alla forma ed alla struttara della spira; ma in questo gli anfratti sono affatto contigui, e non formano nessun risalto gli uni sugli altri, e la superficie della conchiglia è trasversalmente segnata da linee rilevate di disuguale grossezza, segnatamente verso la base. All’incontro il cono che descriviamo è liscio, e solamente solcato nell’estremità inferiore; gli anfratti sono separati fra loro da un leggiero risalto, ed il più esterno è orlato all’ incominciamento della spira da un filetto prominente. Lunghezza lin. 17, larghezza lin. 9. g. Cowus antidiluvianus. Bruguiere (tav. II, fig. 11). Comm. Bonon. II, pars 2, pag. 296, fig. 1 ( basi fracta). Fossile nelle Crete Sanesi, a Monterigioni presso Stagia , a San Miniato, a Parlascio, ne’ contorni di Sogliano presso Cesena, nelle colline bolognesi e nel Piacentino. Questo cono, comunissimo in molti paesi dell’ Italia, è stato egregiamente descritto e mediocremente figurato da Bruguiere. Le linee trasversali di cui parla questo autore, e ch'egli dice manifestarsi su tutta la superficie della conchiglia, anche su quella della metà inferiore degli anfratti, non si riconoscono distintamente nei nostri individui, se non che su quelli che hanno da sei in otto linee di lunghezza, e dispajono quasi affatto ne’ grandi. (292) Alcune differenze si scorgono eziandio ne’ tubercoli della spira a norma dell’ età della conchiglia. In quelle giovanissime essi sono regolarmente espressi su tutti gli anfratti, nelle adulte sono quasi obliterati nel primo, e nelle più vecchie non se ne scorge più vestigio nel primo, nel secondo e nel terzo, e si conservano soltanto nei superiori. Ho creduto prezzo dell’opera d’indicare nella tavola queste differenze. 10. Conus deperditus. Bruguiere ( tav. III, fig. 2 ). Comm. Bonon. II, pars 2, pag. 296, fig. 2 (mala). Anche questo cono è descritto da Bruguiere con la super- ficie striata e reticolata; ma quelli che ho raccolto in Italia sono interamente lisci, tranne la base ch'è fortemente sol- cata. Lo spigolo degli anfratti non è acuto come nell’ antidi- luvianus, ma rotondato, e forma una specie di cordone che patentemente si ravvisa intorno all’anfratto esteriore; e sic- come esso non è nè indicato da Bruguiere, nè rappresentato da Lamark ( Ann. du Mus., tom. VII, tav. 7, fig 1.2), avrei dubitato che fosse una specie diversa, tanto più che nella figura di quest’ ultimo autore gli anfratti sono allontanati l'uno dall’ altro più di quanto lo compariscano ne’ miei esem- plari; ma fu dissipato ogni dubbio consultando la figura del conus cancellatus , trovato vivente presso l'isola di Otahiti, e che si considera l'analogo del deperditus: essa è riportata nell’ Enciclopedia, tav. 337, fig. 7, e corrisponde appuntino nella struttura della spira al cono fossile di cui sì tratta. Bruguiere dice che il conus. deperditus ha Tala un poco slabbrata verso l'estremità superiore, e questa slabbratura che non si vede punto indicata nella figura di Lamark, è molto sensibile negl’ individui che ho sott'occhio. (293 ) Il Monti trovò tanto questo quanto il precedente cono riem- piuto da un nucleo di calcedonia nel colle di San Luca presso Bologna. 11. Cowus ponderosus: nob. (tav. II, fig. 1 ). Testa oblonga, ventricosa, spira conica, anfractubus leviter transversim striatis, inferne sulco discretis, labro superne emar- ginato. Fossile a Parlascio e fra Colle e San Geminiano in Toscana, ne contorni di Sogliano presso Cesena e nel Piacentino. Attinge la lunghezza di quattro fino a cinque pollici, e si distingue facilmente in grazia della spira conica e molto pro- tuberante ch’ è rotondata nel suo incominciamento, vale a dire non forma verun angolo col corpo della conchiglia. Gli an- fratti sono declivi, alquanto convessi, distinti da un solco poco profondo e guarniti inoltre di leggerissime strie circo- lari, che sembra che costituissero il solco della sutura, quando l'individuo era più giovane, e che siensi allontanate da essa di mano in mano ch’ esso acquistò maggiore ingrandimento. Il labbro è arcuato, tagliente, ed ha un seno nella parte su- periore contigua alla spira. La base è rugosa , sfogliata e se- gnata di strie obblique prominenti. 12. Conus noe: nob. (tav. III, fig. 3). Testa fusiformis, spira elongata, conica, anfractubus conti guis , convexiusculis, transversim obsolete sulcatis. Fossile nel Piacentino. È lungo quanto il ponderosus, ma di minore grossezza e con la spira più allungata, così che la conchiglia imita la figura di un fuso. Io dubito forte ch’esser possa una varietà del primo, di cui ho un individuo che presenta una forma (294) intermedia a quella di questi due coni, alla quale sembrereb- be che il precedente si disponga per via di graduati passaggi. Gli anfratti di quello che si descrive sono altresì circolarmente striati; ma in grazia dell’ allungamento della spira, il solco che nell’altro è presso alla sutura, è in questo quasi nel mezzo dell’ anfratto. Altri consimili solchi leggermente scavati sì scor- gono su tutta la superficie. Niente posso dire sulla struttura del labbro, perchè questa parte è fratturata, e così la rap- presento nella figura. 13. Cowus striatulus: nob. (tav. IM, fig. 4). Testa oblongo-conica, transversim levissime striata, spira ele- vata, acuta, anfractubus convexiusculis, extimo complanato, margine acuto , labro arcuato, basi confertim sulcata. Fossile nel Piacentino. Le strie trasversali sono così sottili che non si distinguono che con l’ajuto della lente. L’anfratto esteriore forma uno spigolo affilato col corpo della conchiglia: superiormente è spianato ed appena leggermente incavato. La spira è acutis- sima, e la base segnata da solchi filiformi ed obbliqui, ab- bastanza profondi. Lunghezza lin. 7 incirca. 14. Conus avellana. Lamark. Fossile nel Piemonte. È descritto da Lamark ( Ann. du Mus. , vol. XV, pag. 440 ) che lo indica proveniente dal Piemonte, ma esso mi è sco- nosciuto. 15. Conus intermedius. Lamark. Fossile ne’ contorni di Bologna. È parimente descritto dal citato autore ( bid, pag. 441 ). ( 299 ) OsservazionI. Se difficile è la classificazione delle cipree fossili , quando si voglia riferirle alle specie viventi, difficilissima e al sommo imbrogliata è quella dei coni. Dopo lunghi esami tanto sulle figure degli autori ( che per le conchiglie di questo genere sono per lo più di scarso sussidio ), quanto sugli esemplari marini che ho potuto a mio agio consultare, e dopo di avere più volte cambiato il nome allo stesso individuo, secondo la somiglianza che mi sembrava che avesse ora con questa, ora con tal altra specie cognita, vedendo che nulla di buono se ne poteva ritrarre, mi risolvetti finalmente di ab- bandonarli tutti al bulino dell’ incisore, e di darne la figura e la descrizione. Se taluno volesse applicarsi con più perseveranza a cer- care i corrispondenti dei conì, cui ho afibbiato un epiteto a mio ta- lento, giacchè conveniva pur nominarli , gli auguro buona fortuna in questo lavoro, e gli saprò grado se mi mostrerà gli equivoci in cui sono incorso. I conì fossili sono in Italia in maggior numero di quelli che sono stati fino ad ora scoperti ne’ nostri mari. Una volta non si conosceva vivente in questi se non che il conus mediterraneus, che Bruguiere ha così chiamato, riferendolo alle fig. 3, 4, 6 di Aldovrandi ( De testac., pag. 361). Ma l’ultima di queste figure appartiene senza ombra di dubbio al conus franciscanus di Bruguiere medesimo, che soggiorna parimente nel Mediterraneo , ed è altresì figurato dal Gual- tieri nella tav. 20, fig. P. Il Renieri registra dieci specie di coni trovati nell'Adriatico Nicin= que delle quali sono indicate coi nomi linneani, l’ ammiralis. ameri- canus , il nobilis, il rusticus, il senator, il capitaneus: quattro sono nominate da lui l’epazicus, il Fortis, il Listeri, Verosus, e una dall’Olivi I’ ignobilis. Ma il conus Listeri è 11 mediterraneus di Bruguiere, descritto e figurato nell’ Enciclopedia ( num. 91, tav. 330, fig. 4), e l’ erosus è identico al franciscanus dello stesso autore ( num. 87, tav. 337, fig. 5). Rispetto ai coni fossili dell’ Italia, lAllioni ne annovera alcuni altri da lui incontrati in Piemonte, poiché cita le figure del Gualtieri, che corrispondono al costatus, al genuanus, all’ imperialis, al beiu- linus, all’ammiralis americanus ; e tre altri ne riferisce figurati dallo (290) stesso Gualtieri, ma non classificati da Gmelin. Il betulinus è certa- mente il dezulinoides, e rispetto agli altri non saprei decidere se pos- sano ragguagliarsi ad alcune delle specie da me descritte. VIII NERITA. Num. 1, 2, 3 genere Nazica di Lamark; 4, 5 Stomazia; 6, 7 Nerita. 1. NeRITA canrena. L. Moscardi, Museo, pag. 216: concha umbilicata. (rudis ) . Gualt., tab. 67, fia V.S.0. Bonann., Recr. et Mus. Kircher., fig. 228. Abita ne’ mari dell’ India, dell’Africa, dell'America (Lin. ), e nell’Adriatico ( Olivi ). Fossile in molti luoghi dell’ Italia. Dopo il dentalium elephantinum è la conchiglia forse più comune ne terreni terziarj dell’Italia. Presso San Miniato in Toscana ne ho rinvenuto una sorprendente quantità, e la maggior parte conservavano le macchie giallo-rossicce di cui sono naturalmente dipinte. Altre ne furono scavate nel Pia- centino, munite dell’operculo che chiude 1° apertura. La spira in alcuni individui è più prominente dell’ ordinario ed alquanto acuta, com'è rappresentata nella fig. F, tav. 67 del Gualtieri, messa da Gmelin fra le specie indeterminate. Io ho trovato questa varietà a Monterigioni presso Stagia nel Sanese, ed ha, conforme al consueto, l’umbilico gibboso e bifido, il che non appare nel disegno del Gualtieri. 2. NerITA glaucina. L. Bonann., Recr., fig. 224, 225, 226. Gualt., tab. 67, fig. B. (297) Aldovr., Mus. metall., pag. 245, fig. 3 ( fossilis ). Abita presso le coste della Barbaria e nel Tranguebar ( Lin.), e nell'Adriatico ( Oli ). Fossile è comunissima in Italia. In Valle Andona nel Piemonte se ne trovano di voluminose che hanno più di due pollici e mezzo di diametro , ed in queste gli anfratti della spira sono convessi e rilevati, mentre nelle più giovani compariscono depressi e distinti soltanto da un sottile solco, come si scorge nella fig. 224, e meglio ancora nella fig. 226 del Bonanni. Alcune presentano qualche somiglianza con la nerita mamilla nello stesso modo che questa ultima si accosta talvolta alla glaucina. 3. NerirA helicina: nob. (tav. I, fig. 10). Testa solida subglobosa, anfractibus rotundatis distinctis , umbilico semiclauso, labio adnato, incrassato, calloso. Fossile nel Piacentino. La spira non è schiacciata come nelle precedenti, ma al- lungata e composta di cinque anfratti, tre de’ quali sono ro- tondati e ben distinti l’ uno dall’ altro, mentre gli altri che costituiscono l’ apice sono strettamente fra loro contigui. L’an- fratto inferiore è grosso, ventricoso e due volte e mezza più grande di tutti gli altri presi insieme. L'apertura è elittica , ed il labbro sinistro forma un’ espansione callosa che chiude in parte l’umbilico, introducendosi nella cavità di esso. Il guscio è solido , liscio e segnato soltanto da sottilissime rughe. Esso non è interamente calcinato, ma conserva in parte un colore castagno con isfumature azzurrigne. Lunghezza poll. 1, lin. 3; grossezza lin. 11. L'originale marino esiste nella raccolta del Consiglio delle Miniere, ed ha un colore grigio di corno che passa nel bianco (298 ) intorno alla sutura degli anfratti e presso l'umbilico, Il lab- bro e la cavità interna sono di una tinta bigia chiara. Sembra che questa nerita sia quella stessa disegnata da Lister, Anim. Angl., tav. 3, fig. 10, e di cui dice di non avere potuto dare un’ esatta figura, perchè ne trovò soltanto qualche guscio vecchio e corroso sul lido di Lincoln. Non devesi però confondere con quella conchiglia fossile che lo stesso autore rappresenta alla tav. 1027, fig. 1 della sua grande opera, la quale è diversa nella struttura del labbro e nella forma dell’ apertura. 4. INeritA sulcosa: nob. (tav. I, fig. 3, a, db). Testa ovata, costata, costis 7, 8 rugosis, undulatis, spira prominula laterali dextrorsum revoluta, apertura patula, mar- gine crenato. Fossile nel Piacentino. Somiglia moltissimo alla Raliotis imperforata di Gmelin, di cui si ha una buona figura in Chemnitz, tav. 166, fig. 1601, 1602, e per la quale Helblins ha fatto un genere particolare, Stomatia, individuando quella specie coll’epiteto di phymotis, genere che fu poscia adottato da Lamark. Poichè mi sono proposto di conformarmi alla classificazione del Systema Nature, mi sì chiederà perchè non abbia segui- tato l'esempio di Gmelin, collocando anch’ io questa conchi- glia fra le aliotidi. Ma io sono di avviso che se tanto questa, quanto |’ haliotis imperforata fossero state cognite a Linneo, cercando a quale dei generi da lui creati potessero più accon- ciamente appartenere, mon avrebbe lungo tempo esitato a riporle in quello delle nerite; corrispondenza che , quasi senza accorgersene, fu ravvisata da Gmelin medesimo. Di fatto, (299 ) avendo Lister nella tav. 1056, fig. 6, 7, rappresentato una conchiglia somigliante all’ haliotis imperforata, e molto più ancora alla nostra, non mancò Gmelin di registrarla fra le specie indeterminate delle nerite ( pag. 3077 ). Quella che descriviamo ha una forma bislunga, schiacciata, e sì osservano nella sua superficie da sette in otto solchi leg- germente sinuosi che continuano fino all’ estremità della spira, e i cui interstizj sono segnati di rughe e di fossoline. La spira è collocata lateralmente e forma una voluta simmetrica, simile a quella dell’ ordine dorico che gira dalla parte destra. L’aper- tura è ovale, ed il margine contiguo alla spira è ingrossato e lamellare, mentre l’altra porzione più esterna è resa ad- dentellata dall’ estremità prominente delle coste. I maggiori individui che mi conosca hanno cinque linee di lunghezza e tre di larghezza. Io ho detto che questa conchiglia somiglia a quella dise- gnata da Lister nella tavola sopra citata, e tanto è grande la somiglianza ch’ esse presentano, che inclino a credere che non sieno punto diverse. Vero è che il margine dell’apertura comparisce intiero e non addentellato in quel disegno; ma ciò potrebbe forse provenire per essere stato ricavato da un esemplare logoro, come sembra parimente indicarlo lo stato delle coste longitudinali che hanno 1’ aspetto di essere corrose. Davila riferì la figura di Lister ad una conchiglia del suo museo, che qualifica con questi termini: picciola orecchia di mare imperforata, rarissima, bianca, screziata di colore di arancio , leggermente striata, internamente margaritacea e di forma tumida ( Catalog. systemat., tom. I, pag. 95 ); ma poi- chè le strie erano in essa poco rilevate, sembra che fosse diversa dalla nostra e da quella di Lister. ( 300 ) 5. Nena costata: nob. (tav. I, fig. 11, 4, db, c). Testa transversim costata , spira exserta cancellata , anfracti- bus superne complanatis scalariformibus, aperta patula obliqua, margine crenato. Fossile nel Piacentino. L’incongruenza che risultata sarebbe classificando fra le aliotidi la precedente conchiglia, comparisce adesso più ma- mifesta dal confronto con questa che ha seco lei moltissima affinità, così che non si può a meno di non includere ambe- due nello stesso genere. Quella di cui ora si tratta, onnina- mente si allontana dalle altotidi per avere la spira prolungata e gli anfratti bene distinti. Essi sono piani nella parte supe- eradini 8 di una scala. La loro superficie è parimente guarnita di coste riore, e s' innalzano gli uni sugli altri a foggia dei rilevate, ed i solchi che le dividono sono segnati per traverso da rughe, che negli anfratti della spira hanno una disposi- zione regolare, e appajono più prominenti che nell’ anfratto inferiore ove sono debolmente indicate. Messa al confronto que- sta conchiglia con la precedente, si scorge che Ie differenze che passano tra luna e laltra, non da altro dipendono che dali avere quest ultima la spira più prolungata. Ha qualche conformità con la nerita rappresentata da Seba nella tav. 41 superiormente al num. 26. Knorr disegnò una conchiglia nel vol. III, tav. 21, fig. 5, cui diede il nome di nerita, e che potrebbe a prima vista essere scambiata con la nostra; ma essa è un picciolo individuo del urbo versicolor. 6. NertA polita? L. Gualt., tab. 66, fig D.F.G. (301 ) Comm. Bonon., vol. V, pars 2, tab. 1, fig. 4, pag. 168? ( fossilis ). Abita nel mare delle Indie e nell’ Oceano australe ( Lin. ). Fossile nel rivo di Cimicelli nel Bolognese? Non assicuro che a questa specie si possa veramente attri- buire quella conchiglia fossile mal disegnata dal Biancani nella tavola sopra indicata, che accompagna una sua Memoria inse- rita nei Commentar) dell’ Istituto di Bologna; ma dalla descri- zione appare ch’ era senza fallo una nerita della tribù delle dentate: Merita, così egli la chiama, oris perimetro a plano horizontali interrupto, minutissime striata, ac tenuiter dentata. 7. NeriTA fluviatilis. L. Gualt., tab. 4, fig. LL. Abita nelle acque dolci ( Lin. ). Fossile a Stagia presso Pog- gibonzi, nel piano di Sarteano e in altri luoghi della Toscana. Trovasi ne’tufi calcarei di antichissima formazione, e bene spesso conserva tuttora i naturali colori. OsservazionI. Aveva detto in qualche luogo della prima parte di quest’ opera che niuna nerita marina, spettante alle dentate, si era rinvenuta fossile in Italia, ma venni poscia in chiaro che il Biancani, da molti anni fa, scoprì nel Bolognese quella che ho superiormente annunziato sulla sua autorità. Esse debbono essere per altro somma- mente rare, imperocchè nè in tanti luoghi da me trascorsi, nè in tante raccolte visitate non mi è accaduto di vederne alcuna. Nerite di questa tribù non sono state finora incontrate nell'Adriatico dai nostri conchiologisti. La canrena e la glaucina così comuni fra noi in istato fossile, non esistono ne’ contorni di Parigi. ( 302 ) IX. ELICE. Num. 1, 2 genere Limn@ea di Lamark; 3, 4 Cycelostoma; 5 Siga- retus; 6 Bulimusy 7,3 Melania. 1. Herix palustris. L. Gualt., tab. 5, fig. E. Ginann. II, fluviatil. tab. 1, fig. 2. Abita nelle paludi dell’ Europa ( Lin. ). Fossile nel tufo cal- cario di Stagia presso Poggibonzi nel Sanese, ed in quello di Sarteano in Valdichiana. Benchè dica Gmelin ch’essa è tutto all’ intorno segnata da sottilissime strie spirali, nei nostri esemplari fossili non si scorgono che leggiere rugosità longitudinali. Essi corrispondono ad unguem alla citata figura del Gualtieri, ed alla fig. B, tav. 15 della Memoria di Brogniart sui terreni formati sotto l’acqua dolce ( Ann. du Mus., tom. XV, pag. 357). 2. Hrrix auricularia. L. Bonann., Recr. et Mus. Kirch. 3, fig. 54. Gualt., tab. 5, fig. F.G. Ginann. II, Fluviat., tab. 1, fig. 5. Abita nelle acque stagnanti e ne’ ruscelli dell’ Europa ( Lin. ). Fossile nel tufo de’ sopra indicati paesi. L° Olivi ne trovò le spoglie sulla spiaggia del Golfo di Venezia, dove furono trasportate dalle acque correnti. 3. Herrx tentaculata. L. Gualt., tab. 5, fig. B. Abita nelle acque stagnanti ( Lin. ). Fossile negli stessi luoghi. (303) Ha la forma del curbo elegans, ma il guscio è liscio, l’aper- tura non è affatto orbiculare, poichè termina superiormente con un picciolo angolo, ed il margine del labbro esterno è alquanto ripiegato all'infuori. La figura del Gualtieri è pas- sabile: quella di Chemnitz (fig. 1245 ), citata da Gmelin, presenta un’ apertura troppo bislunga , e gli anfratti della spira, segnatamente il primo, non sono abbastanza rotondati: essa appartiene al certo ad un’altra specie. Questa conchiglia poco differisce dal bulimo fossile trovato da Faujas presso Magonza ( Ann. du Mus., pag. 153, tav. 8, fig: 8 ), ma in questo Il’ apertura forma superiormente un an- golo molto acuto; oltre di che il labbro non è marginato. 4. Helix fascicularis. L. Draparnaud, Mollusq. fluviat., tab. 1, fig. 14. Abita nelle acque dolci di Parigi e di Argentina ( Lin. ). Fossile ne’ sedimenti marini di San Giusto presso Volterra. Riferisco questa conchiglia alla helix fascicularis, o sia al cyclostoma obtusum di Draparnaud, a cui conviene nella for- ma generale, in quella dell'apertura ch'è esattamente orbi- culare, come la descrive questo autore, nell’ ampiezza dell’ um- bilico e nel numero degli anfratti che sono quattro e non tre, come è stato deito da Geoftroy (Cog. fluv., ecc., pag. 116 ). È picciola, ed appena ha il diametro di due linee. 5. Herrx haliotidea. L. Gualt., tab. 69, fig. F. Comm. Bon., tom. V, pars 2, p. 168, tab. 2, fig. 3 ( fossilis). Soldani, Saggio, tab. X, fig. GG .HH ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo e nei mari dell’Asia e dell’ America ( Lin. ). Fossile ne’ contorni di San Geminiano nel Sanese, alla Ghiara di Serravalle nel Bolognese, e nel Piacentino. ( 304 ) Nel Sanese non se ne sono trovati che piccioli individui, ma nel Piacentino ve n’ha della lunghezza di un pollice e mezzo, e di squisita conservazione. I solchi nella figura dei Commentarj di Bologna sono troppo profondi. 6. Herix terebellata - Bulimus terebellatus. Lamark. Chemnitz, fig. 1592, 1593. Soldani, Saggio, tab. 19, fig. 95, E. ( fossilis ). Forse è marina? ( Lam. ). Fossile nel Piacentino e a San Geminiano nel Sanese. La figura di Lamark è difettosa in quanto che non è espressa la carena nel penultimo anfratto, lumbilico ch'è ampio e fatto ad imbuto si vede essere appena indicato , ed il labbro sinistro si unisce superiormente col labbro destro, quando vi è realmente un'interruzione. Tutto ciò sarebbe più che suf- ficiente a determinarmi di considerare la mia conchiglia fos- sile una specie diversa, se mon supplisse la descrizione di Lamark e la figura di Chemnitz da lui citata, la quale in tutto e per tutto vi corrisponde. Gmelin attribuisce questa figura a una varietà di zurbo terebra, con cui, vaglia il vero, non ha la menoma analogia. Linneo avrebbe probabilmente collocato questa conchiglia fra i turbini, ma non si sarebbe avvisato di riferirla a quella specie. Quanto alla figura del Soldani, in essa pure manca la carena, e gli anfratti sono troppo gonlf). 7. Herrx nitida- Melania nitida. Lamark. Ann. du Mus., vol. VIII, tab. 12, fig. 6. È fluviatile ( Lam ). Fossile nel Piacentino. È liscia, nitida, brillante come la precedente. I nostri esem- plavi sono alquanto più grossi alla base di quello che lo com- pariscano nella figura di Lamark. ( 305 ) 8. Herrx subulata: nob. (tav. II, fig. 5). Testa cylindrica, subulata, minima, anfractubus planis, te- nui sutura distinctis, apertura ovali, superne acutissima. Fossile nei sedimenti marini di San Giusto presso Volterra. Propendeva da prima a crederla il dulimus acicula di Bru- guiere , di cui al tempo di questo autore non v'era che la sola figura del Gualtieri, ridotta dal picciolo in grande; e se questa presenta alcune differenze, sospettava che potessero de- rivare dall’inesattezza di chi l’ha disegnata o incisa. Vedeva per altro che la descrizione di Bruguiere non quadra affatto con la mia conchiglia che ha più di sel anfratti; il primo de quali, quello, cioè, dell’ apertura non è guari tre volte più lungo di quello che succede. La figura e la descrizione di Draparnaud (Mollusg. fluviat., ecc. , pag.75 , tav. 4, fig. 25, 26) mi hanno finalmente convinto essere questa una specie diversa. Essa è particolarmente distinguibile per avere gli anfratti affatto piani e separati soltanto da una leggiera sutura. L° aper- tura è ovale, e termina superiormente in un acutissimo angolo. Osservazioni. Nello stendere la lista delle conchiglie fossili rife- ribili alle Zlici di Linneo, mi sono limitato a pochissime specie co- gnite, giacchè molte più sono quelle di cui sembra che sieno perduti i protipi, e la maggior parte di picciolo volume. Per dare contezza di tutte, e per somministrare 1 dovuti rischiarimenti sulla natura e sulla formazione del terreno in cui sono sepolte , si richiederebbe un particolare trattato. Quelle di Stagia, di Poggibonzi e del piano di Sarteano sono in un tufo calcario addossato ai sedimenti marini, e quasi tutte le specie da me vedute hanno gli analoghi viventi. Nelle colline intorno a Vol- terra si rinvengono in un sabbione calcario giallognolo depositato dal mare , e mescolate alla rinfusa con gusci di conchiglie marine , 3 39 ( 306 ) e la maggior parte mancano di originali. L' Helix ( Vulimus) terebel- lata e V helix ( melania ) nitida furono trovate nel Piacentino nella marna bigia insieme con testacei di acqua salsa, Alcune altre univalvi fossili di acqua dolce saranno riposte sotto il genere Turbine, x VoOZRUTA: Num. 1,2, 3, genere Voluta di Lamark; 4, 5,6, 7, 8,9, 10, II, 12,13, 14 Cancelluria; 15 Oliva; 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 Mitra; 23, 24, 25 Marginella; 26 Auricula. 1. Vorura affinis: nob. ( tav. XIV, fig. 8 ). Testa ovata longitudinaliter costata , costis apice obtusis, spira conica nodosa, basi sulcata. Fossile presso Belforte nel dipartimento di Montenotte. Tanta è l'affinità che ha questa conchiglia con la voluta musica che io propendo a credere che sia una debole varietà di essa, il che non posso definitivamente asserire, atteso che x l'esemplare fossile è mutilato nel labbro destro e fratturato nella base: esso è interamente convertito in ispato. Avrei volentieri riferito questa voluta a quella fossile figu- rata da Lister, tav. 1033, fig. 7. e proveniente dai contorni di Parigi; ma Lamark l'attribuisce alla voluta spinosa ( Ann. du Mus., tom. XVII, pag. 75 ) ch’ è molto differente dalla nostra, come lo dimostrano la figura di Argenville, zar. 33, fig. 10, a, e la descrizione di Lamark medesimo, in quanto che ha gli anfratti scalariformi, e le coste finiscono in una spina acuta. 2. Vorura coronata: nob. ( tav. XIV, fig. 7). ( 307 ) Testa ovata transversim profunde sulcata , costis longitudinalibus apice obtusis, spira conica granulato-nodosa , columella sex-plicata. Fossile nello stesso luogo. È analoga nella forma alla voluta affinis, ma la superficie è segnata da profondi solchi trasversali, o sia da strie rilevate e duplicate che s' intersecano con le coste longitudinali. Anche questo esemplare ha il labbro destro mutilato, la base infranta ed è cambiato in ispato; per conseguenza non posso darne che una figura incompleta che metto nell’ ultima tavola insieme con quella della precedente. 3. Vorur4 magorum: nob. (tav. IV, fig. 2). Testa fusiformis levis longitudinaliter costata , costis crebris obtusis, columella multi-plicata , plicis inferne crassioribus. Fossile presso Belforte nel dipartimento di Montenotte. Questa conchiglia è parimente convertita in ispato, ed ha precisamente la forma di una mura di Lamark; ma siccome la columella è in tutta la sua lunghezza corredata di pieghe, di cui le inferiori sono più grosse, in forza di questo carat- tere entra nel genere Volura dello stesso autore. Tutti gli an- fratti sono longitudinalmente segnati di coste paralelle , leg- germente obblique ed ottuse, e gl’interstizj che rimangono fra luna e l’altra sono lisci: non posso specificare i distintivi della base perchè è mutilata. Lunghezza poll. 2. 4. Vorura cancellata. L. Gualt., tab. 48, fig. B.C. Abita nell’ Oceano africano ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Olivi ). Fossile nelle Crete Sanesi, nel Piacentino e in Piemonte. La figura D di Gualtieri è equivoca, la E non appartiene certo a questa specie, benchè ambedue citate da Linpeo. La ne e. L (308 ) B, C che sole abbiamo adottato sono mediocri, perchè non esprimono con bastante verità le strie trasversali affilate, pro- fonde e molto ravvicinate fra loro, ed esse sono affatto di- menticate nella figura 16, tav. 18 di Adanson, che sì può risguardare la peggiore di tutte. Eccellente è quella di Born, tav. 9. fig. 7. 8; ma questo naturalista ha malamente citato le figure 45, 46, 48 della tav. 49 di Seba, appoggiato sull’ auto- rità della XII edizione del Systema Nature. Esse sono escluse a ragione nella XII, e rimandate al MUPEX SENTICOSUS: mi Questa conchiglia è media fra le volute, i buccini e i mu- rici nei quali l'aveva riposta Linneo nella X edizione. Si ac- costa ai murici in grazia dell’ aspetto echinato e delle coste longitudinali cancellate; ai buccini per la base ritorta ed al- quanto slabbrata, nè v' ha che le pieghe. della columella ge la caratterizzino per voluta. i 5. VorurA piscatoria- Buccinum piscatorium.(L.tav.III, fig. 12). Lister, tab. 1024, fig. 89. l si Martini, fig. 1151, 1152. Abita nelle Indie ( Lin. ). Fossile nel Piacentino , nelle Crete Sanesi, ne’ contorni di Parlascio in Toscana e nel Piemonte. Gmelin dubitava se si potesse riferire alle volute, e la ri- pose fra i buccini: ma spetta senza fallo a questo primo ge- nere, essendo evidenti le due pieghe della columella, una delle quali è formata dalla ricorrenza del labbro destro sul sinistro. La figura di Martini non è citata da Gmelin, ma rappresenta certamente questa conchiglia, benchè troppo grossi sieno i tubercoli formati nel punto d’ intersecazione delle coste longitudinali con le strie trasversali, e benchè queste ultime sieno appena indicate. La figura di Lister, che Born male ( 309 ) attribuì al suo murex litteratus, meglio corrisponde in quanto alla forma generale, ma in tutto il rimanente è assai trascu- rata. Ho creduto ben fatto di darne una migliore. L’ originale marino di questa voluta è bianco, ed ha inter- namente due larghe fasce rossicce che traspajono alquanto al di fuori. | 6. Vorura calcarata: nob. ( tav. II, fig. 7). Testa ovato-acuta , oblique costata, anfractubus scalarifor- mibus carinatis, carina spinis compressis subfornicatis coronata, columella biplicata, basi integra, apertura angulari. Aldovr., De testac., pag. 356, fig. 8? Fossile a Libiano, in Val d’ Era nella Toscana, nelle Crete Sanesi e nel Piacentino. Questa elegante conchiglia ha gli anfratti della stessa forma di quelli della precedente, ma più distanti gli uni dagli altri e più stretti verso la sutura, e sono tutti divisi per metà da una elevata ed acuta carena ch°è doppia nel primo. Le pieghe longitudinali ed obblique, accavallandosi sulle carene trasver- sali, formano delle apofisi spinose, compresse, vote di dentro, alcune delle quali sono lunghe una linea. La columella ha due pieghe ed una fossetta a guisa di umbilico che si spro- fonda pochissimo; la base è intiera, e termina con un angolo acuto. Lunghezza poll. 1, larghezza lin. 6. Mi sembra di riconoscere questa conchiglia nella citata figura dell’Aldovrandi, benchè non presenti che un rozzo abbozzo. Se ciò fosse, la specie esisterebbe tuttora ne’ mari. 7. Vorura spinulosa: nob. ( tav. HI, fig. 159 ). Testa oblongo-acuta, longitudinaliter costata, anfractubus earinatis spinulosis, inferiori leviter transverse striato , basi (310) longiuscula; crecta, canaliculata, columella biplicata, labro intus levi. Fossile nelle Crete Sanesi e nel Piacentino. Gli anfratti sono simili a quelli delle due precedenti, se non che compariscono alquanto gonfi, e sono guarniti di coste longitudinali e di sottilissimi filetti trasversali; ma la più par- te non si manifestano se non che nella convessità delle coste medesime, poco essendo apparenti negl’ interstiz) di esse, tran- ne uno più rilevato che costituisce la carena degli anfratti: nel punto d’ intersecazione formano un tubercolo acuminato, onde la superficie della conchiglia comparisce vestita di pic- ciole spine. La base è stretta, alquanto prolungata , verticale , non rivolta all'indietro e scavata a guisa di un canaletto: il labbro destro internamente è liscio, e la columella ha due picciole pieghe. Lunghezza lin. ‘no, larghezza lin. 6. 8. Vorura tribulus: nob. (tav. II, fig. 14). Testa oblongo-acuta, striis transversis, plicas longitudinales decussantibus, sectionum angulis spinulosis, basi recta, brevius- cula, columella triplicata, labio intus tuberculato , sulcato. Fossile nel Piacentino. Ha tanta analogia con la spirzlosa che ho da prima esitato se dovessi separarnela, ma bene esaminando si scorge che presenta alcuni caratteri che ne costituiscono una specie di- versa. I solchi filiformi trasversali sono più numerosi e più elevati, le spine più lunghe ed acute, gli anfratti in vece di essere rotondati formano un angolo retto sulla carena, e l'inferiore di essi è corredato di due ordini di spine, la base è più corta, la columella ha tre pieghe, ed il labbro è inter- namente solcato e tubercolato. Lunghezza lin. 8, larghezza lin. 4. (311) 9. Vorura lyrata: nob. ( tav. III, fig. 6). Testa turrita, leviter transversim striata, longitudinaliter obli- que costata anfractubus tumidiusculis, infra medium carinatis, carina coronata , columella triplicata , basi integra. Walch, Petrif., vol. II, tab. C.IV, fig. 1. Fossile a Parlascio, a Terricciuola, a San Miniato in To- scana, nelle Crete Sanesi, nel Monte Biancano nel Bolognese. e in Piemonte, La figura di Walch è ottima, ma non rappresenta che un individuo mutilato. Questa conchiglia ha una forma allungata, gli anfratti sono distanti, leggermente convessi, divisi per lungo da coste taglienti che in qualche individuo compariscono ingrossate oltre all’ ordinario. Le strie trasversali sono quasi obliterate, salvo che una sola che forma una carena acuta nel mezzo di ciascheduno anfratto, ed attraversando le coste innalza sopra di esse una spina conica e pungente: la carena in alcuni individui è leggermente indicata, e le protuberanze spinose sono poco rilevate. La base è intiera, ottusa, e la columella ha due forti piegature. Questa e la susseguente si dicostano nella loro forma dalle cancellarie di Lamark, ma rispetto agli altri. caratteri mi sem- bra che debbano essere incluse in quel genere. Lunghezza pollici 2, larghezza lin. 9. 10. Vorura varricosa: nob. (tav. II, fig. 8). Testa turrita, transversim argute striata, longitudinaliter eo- stata, costis teretibus , tuberculis acutis , minimis, raris exaspe- rata, columella triplicata, basi integra, labro sulcato. Fossile a Parlascio, nel Biancone di Lajatico in Toscana, a Monte Aperto presso Siena, e nel Piacentino. (312) Gli anfratti sono convessi e solcati da coste rotondate in forma di varici, ma nel primo le tre più vicine al margine del labbro destro sono larghe e piatte, il che non comparisce per altro se non che negl individui adulti. Le strie trasversali sono numerose, rilevate e formano sulle costè alcuni iccioli tubercoletti acuti che svaniscono con l'età. Il labbro sinistro negl’ individui giovani è aderente alla columella , e ne più vecchi rialzato , lasciando dietro a sè una cavità somigliante ad un umbilico. Il destro è nell’ interno fortemente solcato; la base è intiera. Lunghezza poll. 1, lin. 8; larghezza lin. 9g. 11. Vorura umbilicaris: nob. (tav. III, fig. 10, 11). Testa ventricosa, anfractubus scalariformibus canaliculatis , longitudinaliter costata , profunde transversim sulcata, sulcis subimbricatis, crispis, umbilico patentissimo , usque ad apicem spira. pervio. i: Fossile nelle Crete Sanesi, nel Piacentino e nel Piemonte. Era in dubbio se dovessi riferirla alla voluta nassa, giac- chè male non corrisponde alla fig. 42 a destra della tav. 53 di Seba, citata da Gmelin, se non che in essa la base è di troppo accorciata. Ma Gmelin, oltre a quella figura di Seba, ne registra un’altra di Martini, che non si può applicare alla nostra conchiglia, perchè manca di umbilico; ed un’altra ancora di Knorr, che non si confà a quella di quest’ultimo autore, e molto meno ai nostri esemplari. Qual è dunque la vera nassa? : La conchiglia di cui parliamo consta di sette anfratti; il primo de’ quali è gonfio e ventricoso, e gli altri che com- pongono la spira, sono mediocremente convessi, e sì ristrin- gono alquanto superiormente. Tutti si sollevano gli uni sopra (/318') gli altri a guisa dei gradini di una scala a chiocciola, e la parte superiore di essi forma un piano inclinato verso l’asse della conchiglia e leggermente scavato. La superficie è coperta di profondi solchi trasversali composti di squame imbricate e nodose , e fra due più grossi ve n° ha ordinariamente uno più sottile. Essi passano sopra le coste longitudinali che sono di disuguale grossezza, qualche volta varicose, e che si ripie- gano nel piano superiore di tutti gli anfratti, continuando in direzione obbliqua fino alla sutura. Questa voluta si distingue da tutte le altre congeneri per l'ampiezza del suo umbilico che si allarga a foggia d’imbuto, e gradatamente ristringendosi penetra fino all’ estremo apice della spira. Il labbro destro dell’ apertura è solcato interna- mente e crenato nel margine, e si unisce senza interruzione col sinistro. La columella ha due grosse pieghe e la base è intiera. Avvi individui più grandi al doppio di quello di cui si dà la figura. Idem, Var. sulcis transversis subtilioribus, obsolete nodosis. In questa varietà i solchi trasversali sono poco rilevati e non isquamosi, eccetto che dove intersecano. le coste longitu- dinali. Queste ultime formano una piega adunca ed acuta nello spigolo che divide la parte inferiore degli anfratti dalla su- periore. 12. Vorur4 ampullacea: nob. (tav. III, fig. 9, a, db). Festa ventricosa, umbilicata, confertim transverse striata, costis crassis subtetragonis, anfractubus superne excavatis, spira retusa, columella triplicata, basi integra paulisper reflexa. Fossile nel Piacentino. 40 (314) Ha una forma schiacciata in grazia della brevità della spira, i cui anfratti sono distinti da un profondo canale, così che sembrano in parte sepolti l'uno dentro l’altro. La superficie è trasversalmente segnata da numerosi solchi regolari e legger- mente nodosi, e nell’intervallo che li separa corre un sot- tilissimo filetto. Le coste longitudinali del primo anfratto sono angolate, quasi quadrangolari e sfogliose; e quelle della spira, rotondate: esse sì ripiegano sulla parte superiore degli anfratti in direzione obbliqua e tortuosa, e s'internano pure nella cavità dell’ umbilico ch° è ampio e profondo, ma assai meno che nella specie precedente. La columella ha tre pieghe; il labbro sinistro è superiormente tubercolato , il destro solcato, la base intiera con l’ apice alquanto ripiegato all’infuori. Lun- ghezza poll. uno e mezzo, larghezza poll. 1, lin. 2. 13. VorvrA cassidea: nob. (tav. II, fig. 13, a, db). Testa ovata, longitudinaliter costata, transversim crebre sul- cata, anfractubus canaliculo distinctis, spira brevissima, colu- mella 2-3 plicata, perforata, labro striato, basi integra. Fossile nel Piacentino e in Piemonte. La spira è così breve che appena sporge in fuori per due linee, mentre il primo anfratto ha la lunghezza di mezzo pollice, il che tende a dare alla conchiglia una forma tumida che inclina alla globulosa, e così questo come gli altri sono disgiunti da un canaletto spirale. Le coste longitudinali sono regolari, collocate ad eguali distanze ed intersecate da solchi trasversali, profondi e numerosi, laonde la superficie còm- parisce scabra e graticolata. La columella ha due o tre pieghe, il labbro destro è corredato di rugosità che s' internano molto addentro: la base è intiera ed appena ritorta all’ infuori. Lun- ghezza lin. 7, larghezza quasi pari. (319 ) 14. Vorura hirta (tav. IV, fig 1, a, db). Testa ventricosa, umbilicata , longitudinaliter sulcata, spira exserta acuta, anfractubus superne canaliculatis, squamis fo- liaceis per series dispositis undequaque exasperata, columella uniplicata. Fossile nel Piacentino, nelle colline pisane e in Piemonte. È composta di cinque anfratti di cui il primo e il secondo sono molto convessi, inentre gli altri si sollevano in linea retta, e tutti sono distinti l’ uno dall’ altro mediante un largo e profondo solco spirale. La superficie è trasversalmente solcata , ma ciò che rende speciosa questa conchiglia è l’ essere tutta co- perta di squame concavo-convesse, arricciate, disposte in serie longitudinali ed obblique. L’ umbilico è contornato da un grosso risalto rugoso; il labbro destro è internamente solcato, e la columella ha una sola piegatura. Si accosta alla fig. 54, tav. 49 di Seba non citata da Gmelin. Lunghezza poll. 2, lar ghezza poll. 1, lin. 2. 19. Vorura ispidula L. Var. ( tav. IN, fig. 16, a, db). Abita nel mare delle Indie (Lin.). Fossile nelle Crete Sa- nesi e nel Piemonte. Non saprei assicurare che appartenga veramente a questa specie, ma è inclusa certamente nella tribù delle cylindroidea di Linneo, o sia nel genere Oliva di Lamark. Nulladimeno si distingue dalle altre specie congeneri per la lunghezza della sua spira che uguaglia quasi la metà del rimanente della conchiglia. Gli anfratti tutti sono distinti da un canaletto e la columella ha sei pieghe. La figura a cui più rassomiglia è quella dell’ Enciclopedia, tav. 368, fig. 6, a, bd. 106. VoruraA fusiformis: nob. (316) Testa turrita levis, anfractubus planiusculis , columella quin- que plicata , basi sulcata. Enciclop. metod., tab. 383, fig. 3 ( fossilis ). Fossile nel Piemonte e nel Piacentino. Perfettamente corrisponde alla figura dell’ Enciclopedia, ec- cetto che in questa la base è un po’ troppo curva dal lato destro. Osservandola ad una luce molto viva, si scorge che in alcuni luoghi è segnata di sottili strie trasversali che sarebbe difficile di esprimere col bulino , laonde non è meraviglia se Bruguiere l'ha rappresentata affatto liscia. Alcuni individui giovani, della lunghezza di un pollice e mezzo, manifestano, alla distanza di una linea dalla sutura, un angolo ottusissimo che non si riconosce che sotto un certo riflesso di luce. Esso manca del tutto in altri individui più adulti, lunghi pollici due e mezzo, in cui gli anfratti medesimi sono un po’ meno convessi e quasi piani, e sono obliterate le strie della base. La columella è corredata di sei pieghe, di cui le due superiori sono più grosse, e quella verso la base è debolmente indicata. Questa voluta è molto conforme all’ episcopalis ed alla nigra, ma la prima ha soltanto quattro pieghe sulla columella, gli ultimi anfratti della spira sono solcati per traverso da strie punteggiate, e il margine del labbro destro è denticulato, lo che si riconosce eziandio nelle rughe longitudinali del primo anfratto, le quali provengono dal successivo accrescimento del guscio: è diversa poi dalla nigra, perchè questa è più grossa relativamente alla sua lunghezza, ha gli anfratti più convessi e quattro pieghe anch'essa sul labbro sinistro. Ci scorgo piut- tosto qualche analogia con la mitra lactea di Lamark ( Ann. du Mus., XVII, p. 210). (317) L’Aldovrandi, De testac., pag. 355, fig. 1, rappresenta una voluta fossile che si assomiglierebbe alla nostra se la base non fosse troppo assottigliata, ed Argenville dà la figura di un’altra, car. 33, fig. 6, b, che Gmelin ha qualificato col nome di voluta fossilis; ma siccome il Jabbro destro è muti- lato, non si può istituire un certo confronto con quella che descriviamo. 17. Vorura scrobiculata: nob. (tav. IV, fig. 3 ). Testa fusiformis transverse confertim sulcata, interstitiis cre- nulato-punctatis, columella quadriplicata. Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi e nel Piemonte. Tutta la superficie è segnata di solchi trasversali, ne’ cui interstiz) sì ravvisa una quantità di sottilissime rughe longi- tudinali così spesse, che lo spazio che occupano sembra es- sere punteggiato. Ma questa voluta è sottoposta ad alcuni cambiamenti a norma dell'età degl’individui: ne’ più piccioli, in quelli, cioè, che hanno la lunghezza di due pollici, e meno ancora, distintamente si riconoscono gli annunziati ca- ratteri, ma ne più grandi che sono lunghi fino a quattro pol- lici e mezzo, i solchi negli anfratti inferiori ora sono molto allargati e quasi piani, e ora obliterati quasi del tutto, eccetto che all’ estremità della base, e mancano per lo più le rughe negl’interstizj, dove si scorge in vece un sottile filetto; a fronte di questo gli anfratti superiori della spira presentano tutt i caratteri che si scorgono negl’individui giovani, laonde non si può dubitare dell’indentità della specie. Questa voluta si approssima a quella di Martini, av. 149, fig. 1388, 1369, riferita da Gmelin, non so con quanta ragione, alla sca- bricula. (318) r8. Vorura striatula: nob. ( tav. IV, fig. 8). Testa fusiformis glaberrima , striis filiformibus, distantibus , leviter crenulatis transverse succincta, columella subtriplicata. Fossile nel Piacentino. Ha la forma della precedente, ma è circondata da sottilis- simi solchi incavati che corrono per tutti gli anfratti, e Ja cui cavità è minutamente punteggiata. GI intervalli che restano fra l’uno e l’altro sono spaziosi ed affatto lisci. La columella ha due pieghe distinte ed un’altra appena accennata. Ne ho figurato un picciolo esemplare, ma arriva fino alla lunghezza di due pollici e mezzo. 19. Vorura pyramidella: nob. ( tav. IV, fig. 5). Testa fusiformis levigata, apice spire longitudinaliter costu- lato, columella quadriplicata, basi longiuscula, leviter incurva, labro interne striato. Fossile nelle Crete Sanesi. Somiglia alla voluta caffra in quanto che gli ultimi anfratti della spira sono corredati di pieghe longitudinali, ma differisce da essa in tutto il rimanente. Gli anfratti non sono quasi niente convessi, eccetto che l'ultimo che comparisce tale in grazia dell’ assottigliamento della base. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 3. 20. Vorura plicatula: nob. (tav. IV, fig. 7). Testa fusiformis, glabra, anfractubus obsolete plicatis, basi rectiuscula, columella quadriplicata, labro interne striato. Fossile nel Piacentino. È affatto liscia e lucente, se non che gli anfratti hanno alcune pieghe longitudinali ed ottuse, come se fossero stati pizzicati; ma esse sono quasi interamente obliterate nell’apice (319) della spira. Il labbro destro è internamente striato come nella precedente. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 3. 21. Vorura cupressina: nob. (tav. IV, fig. 6). Testa turrita, subulata, longitudinaliter costata, transversim striata , basi elongata, flexuosa, columella triplicata. Fossile nelle colline reggiane. Distinguibile da tutte le altre per la sua forma gracile e svelta; gli anfratti sono leggermente convessi, segnati per lungo da pieghe regolari, e solcati trasversalmente da sot- tili strie: la base è parimente allungata, stretta, canaliculata e sensibilmente incurvata a destra. La columella ha tre pieghe. 22. Vorura turgidula: nob. ( tav. IV, fig. 4). Testa turrita, glabra, anfractubus planiusculis, labro intus dentato, columella granulato-plicata, basi striata, leviter sini- strorsum flexa, vix emarginata. Fossile nelle Crete Sanesi e nel Piemonte. Ha la forma a un di presso della mitra tringa di Lamark figurata nell’ Enciclopedia, tav. 374, fig: 4; ma non è la me- desima perchè il labbro, quantunque dentato, non presenta internamente veruna gibbosità; così mancando questo carattere non potrebbe essere inclusa nel genere Columbella dello stesso autore, a cui sembrerebbe a prima vista che appartenesse. La columella non ha pieghe ben distinte, ma una serie di tubercoli bislunghi che variano nella grandezza e nel numero. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. ‘4. 23. Vorura buccinea: nob. (tav. IV, fig. 9g). Testa minuta, subovata, inflata, spira brevi acuta; basi emarginata, columella plicis tribus acutis, labio sinistro expanso adnato , aliero marginato. ‘(320 ) Fossile nel Piacentino e a San Giusto presso Volterra. Picciola ed elegante conchiglia, di cui ve n'ha della gran dezza di un grano di miglio fino a quella di un picciolo pi- sello. Il primo anfratto è ventricoso e rotondato, e la spira brevissima ; il labbro destro ha esternamente dintorno al mar- gine un risalto, come nella voluta persicula e glabella, il si- nistro forma un’ espansione callosa che si dilata fin dietro alla base, e va ad unirsi col sopra detto risalto. La columella ha tre pieghe molto elevate, di cui la superiore è più picciola e più internata nella cavità della conchiglia; la base è slabbrata. 24. Vorura auris leporis: nob. (tav. IV, fig. 11, a, db). Testa ovato-oblonga, glabra, apertura inferne coarcata; spira conica, brevi, anfractiibus obsoletis, columella triplicata ,> labro crasso, marginato , basi integra. Fossile ne’ contorni di Parlascio in Toscana. Nella forma generale ha tutta la conformità con la voluta volva rappresentata da Chemnitz, cav. 148, fig. 1389, 1390; ma è affatto diversa ne’ particolari caratteri. L'apertura nella nostra è così poco slabbrata alla base che si potrebbe chiamare intiera., ed il labbro destro ha un risalto elevato che sì stende per tutta la lunghezza del margine esterno. L° ultimo anfratto è voluminoso e quasi quattro volte maggiore della spira, e tutti gli altri sono appena apparenti per essere le suture qua- si obliterate, come se fossero coperte da un velo testaceo, qualmente si scorge nel duccinum glabratum, di modo che compariscono solamente distinte da un cingolo poco rilevato. L’apertura è ampia, larga nel mezzo e ristretta ad ambe le estremità, ma molto più nell’ inferiore: la columella ha tre grosse pieghe, oltre a quella formata dall'unione del labbro destro col simstro. Lunghezza poll. 2, larghezza lin. 11. (321) l Dopo la voluta ovum credo che questa che si è descritta sia la più grande delle volute comprese nel genere margi- nella di Lamark. 25. Vorura cypreola: nob. (tav. IV, fig. 10). Testa minuta, pyriformis, nitens, spira prominula obtusius- cula, anfractubus obsoletis, columella ad basim plicato-rugosa , labro denticulato , marginato. Fossile nel Piacentino. Era incerto se dovessi classificare questa conchiglia fra le cipree o piuttosto fra le volute, e mi sono finalmente risoluto di collocarla in quest ultimo genere senza essere ancora ab- bastanza convinto che possa appartenervi a buon diritto. Si accosta alle cipree, in quanto che il labbro destro è dentato nel margine interno (lo che è per altro comune a certe vo- lute, come sarebbe alla persicula ), ed il sinistro ha verso l estremità inferiore alcuni denti in forma di pieghe con altri minutissimi che si scorgono su tutta la sua lunghezza. Atteso quest ultimo carattere e l° essere poco distinte le pieghe della columella, che presentano piuttosto la sembianza di rughe confuse, propendeva a crederla una ciprea. Ma vedendo dal- I’ altro canto che la spira è regolare e precisamente situata nella direzione dell’asse, quando nelle cipree è deformata e posta lateralmente come se fosse fuori di luogo: che il labbro destro non è ripiegato all’indentro come nelle cipree, ma su- periormente si dilata formando una specie di ala: che l’ estre- mità superiore della conchiglia non comparisce slabbrata, e che pochissimo lo è 1° inferiore; deliberai di staccarla da quel genere e di classificarla fra le volute. La sua lunghezza è di cinque linee, e la larghezza di tre. (322) Bruguiere alla tav. 376, fig. 1, e Lister alla tav. 827, fig. 49, c, rappresentano una voluta che ha affinità con la nostra, e Martini colloca fra le cipree una conchiglia, tav. 26, fig 262, che parimente le somiglia, ma essendo figurata sol- tanto dalla parte del dorso, non si può sapere quali sieno i caratteri dell'apertura. Gmelin riferisce quella figura alla cyprea ferruginosa. Del rimanente avvi alcune volute, in cui le pieghe della columella presentano l'aspetto di rughe o di tubercoli, come nella nostra. Tale è la mercatoria che Lamark incluse nel suo genere Columbella, ma siccome le specie ad esso spettanti non hanno il labbro marginato come la conchiglia che descriviamo , e mostrano oltre a ciò nella parte interna una gonfiatura che manca in questa; così ci sembra ch’ essa possa essere regi strata a molto miglior diritto nel genere Marginella. 26. Vorura tornatilis. L. Planc., tab. 2, fig. 6, L.M. Soldani, Testaceogr. I, pag. 7,tab.2, fig. e ( microscopio aucta ). La patria è ignota ( Lin. ). Abita nell’ Adriatico ( /lanco, Olivi, Renieri ), e nel Mediterraneo ( So/dani ). Fossile nel Piacentino e a San Giusto presso Volterra. Nelle figure di Planco e del Soldani non è rappresentata la grossa piega della columella, ed in quella del primo di questi autori non sono indicate le strie trasversali che si ren- dono segnatamente manifeste nell’ estremità inferiore e presso al margine della sutura, mentre lo spazio di mezzo è presso che interamente liscio. Gmelin ha impiegato due volte le figure 442 e 443 di Martini, una sotto la poluta bifasciata, indi le riferì alla tornatilis. (929 è Osservazioni. Oltre alle volute da noi descritte, l’Allioni, citàndo le figure del Gualtieri, accenna la rodulosa, l episcopalis , la livida, a cui il Borsoni aggiunge la vulpecula , la glabella, la caffra, la pyrum, ma in maniera dubitativa, e la corzicula, trovate tutte nel Piemonte. Anche il Santis fra le conchiglie fossili raccolte da lui nel Sanese rammemora l’ episcopalis. Io sono alienissimo dall’ oppormi alla clas- sificazione di questi naturalisti di cui rispetto il giudizio; ma essen- domi proposto di non registrare in questo catalogo se non che le specie da me vedute, mi è convenuto ommettere tutte le sopra in- dicate, che non mi è riuscito di trovare; e ciò sia detto relativa- mente ad alcune specie degli altri generi che ho anteriormente pas- sato in rivista, come altresì di quelli che succederanno in appresso. Riducendo alla classificazione di Lamark le volute raccolte nel- l'Adriatico dall’ Olivi e dal Renieri, e disposte da essi col metodo linneano , apparisce che poche sono le cancellarie scoperte in quel mare. Questi autori non citano che la cancellata, a cui si potrebbe forse aggiungere la duccizata del Renieri, e solamente la prima, per quanto mi è noto, esiste in istato fossile. Il Renieri registra cinque mitre , la caffra, la cornicula , la morio, la subdentata, la terna, tutte diiferenti da quelle dei nostri terreni; una sola oliva picciolissima , la minima; tre auricule , la tornatilis, la bifasciata, la conoidea, ed una colombella, la rustica. Di questo ultimo genere non so che sieno state rinvenute fra noi specie fossili, ma possediamo bensì marginelle e volute ( di Lamark ), di cui non ne fu raccolta nessuna nell’Adriatico. Istituendo questi confronti mi prevalgo dei materiali allestiti da Planco , dal Ginanni , dall’Olivi, dal Renieri, ecc., rispetto alle specie tuttora viventi; ma esiste nei mari un’ altra conchiologia diversa da quella che fu presa in esame da questi naturalisti, e che non con- viene perdere d’ occhio; la conchiologia, cioè, microscopica. Se si scorrano le tavole della grande opera del Soldani ( Testaceogr. , vol. I, tab. 1- 47; vol. III, tab. 143-150) si vedrà quante univalvi e bivalvi di piccolo e di minimo volume alberghino nel Mediterraneo, dissimili da quelle che si conoscono. Moltissime sono le bulle,i tur- bini, ì murici, le patelle e le veneri che interamente si discostano (324) dalle conchiglie congeneri che compariscono sotto dimensioni mag- giori, Quantunque sia probabile che ‘alcune di esse possano essere fossili, e che si rinvengano in questo stato in fondo al mare, come s'incontrano nella superficie del suolo, questo dubbio non potrebbe essere promosso rispetto a quelle che si mostrano dipinte di vivacis- simi colori roseo , violetto, azzurrino. Aveva dimenticato di dire a suo luogo che fra queste conchiglie si ravvisa un cono nella tav.2, fig. K, che ha tutta la somiglianza col conus deperditus, e che fu trovato dal Soldani nel mare presso Por- toferrajo nell’ isola d’ Elba. XI Buccino. Num. 1, 2, 3, genere Doltum di Lamark; 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 Cassis; 12 Ancilla; 13, 14 Purpura; 15? 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 /Vassa; 31, 32, 33, 34 Terebra. 1. Buccinum dolium. L. Calceol., Mus., pag. 41. Bonann., Recr. 3, fig. 17, 25. i gi — Mus. Kircher. 17, 28. fa Gualt. tab. 39, fig. E. Abita nel mare africano, indiano e in quello di Sicilia ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. È un picciolo individuo della lunghezza di un pollice e un quarto, in cui il margine del labbro destro non è per anche formato. Differisce dagl’ individui ordinarj, in quanto che negli intervalli dei solchi del primo anfratto v' ha un sottile filetto rilevato che ne seguita la direzione, accompagnato da altri capillari che non si distinguono a occhio nudo che nella spira. Bruguiere nella descrizione che dà del duccinum dolium ha (325 ) parimente avvertito che talvolta i solchi sono segnati da una linea in rilievo. È probabile che Linneo abbia scambiato questi individui col bduccinum galea, allorchè lo descrisse sulcis ob- tusis linea elevata interstinctis. 2. Buocinun lampas: nob. (tav. V, fig. 2). Tesia inflata, transversim sulcata, striis subtilissimis longitu- dinalibus , spira elongata, exquisita, apertura edentula, colu- mella intorta, leviter reflexa. Fossile nel Piacentino. Questa conchiglia è sottile e pellucida, e si distingue da tutte le specie congeneri in grazia della sua forma globosa che termina in una spira conica e acuta: tutti gli anfratti sono convessi e rigati da solchi regolari e paralelli che appajono leggermente crenati per essere intersecati da sottili strie lon- gitudinali. La columella si mostra a nudo senza essere co- perta da quella placca che costituisce in altre specie il labbro sinistro, o almeno altro non v' ha che un sottilissimo velo, attraverso al quale si scorgono le solcature di quella porzione del guscio a cui è sovrapposta. Nè la columella nè il labbro destro hanno denti, rughe o piegature. Non appartiene certo al genere Nassa di Lamark, molto meno a quello di Cassis, e mi sembra piuttosto che possa essere riposta nel genere Dolium. 3. Buccinom pomum. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 22 (mala). Gualt., tav. 51, fig. C. Abita presso le coste di Java, dell’Amboina e del Messico ( Lin.). Fossile nel Piacentino. Fra tutte le figure citate da Gmelin, nessuna è più fedele di quella di Knorr. Il Bonanni ne ha dato una pessima; in (326 ) quella di Argenville, il margine del labbro è deformato; nell’ al- tra di Martini la spira è troppo prolungata: e tanto in questa quanto nelle figure del Gualtieri e di Seba non si scorgono le grosse pieghe della columella. Il solo individuo rappresen- tato da Martini ha il margine del labbro destro corredato di spine corte e taglienti. com'è nel nostro fossile, il quale co- stituisce una varietà per le condizioni seguenti: 1.° la spira è più piatta; 2.° le coste sono meno prominenti, divise da un solco più sottile e nel numero di venti, quando negl’in- dividui marini che ho sott'occhio sono ora dodici, ora quat- tordici; 3.° il labbro sinistro ha d’ intorno al margine e rim- petto alla regione dell’ umbilico quattro o cinque turbercoli spinosi. Secondo Felice di Roissy il duccinum pomum sembra formare il passaggio fra il genere Dolum e quello Cassis di Lamark. 4. Buccrnum echinophorum. L. Aldoor., Testac., pag. 220, cum cancro eremita ( mala ). Moscardi, Mus., pag. 216, fig. 2 ( rudis ). Bonann., Recr. et Mus. Kircher., fig. 18, 19. Gualt., tab. 43, fig. 3. Ginann. II, tab. 5, fig. 43. Scilla, Vana speculaz., tab. 15, fig. 2 ( fossilis ). Abita nell’Adriatico e nel Mediterraneo ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, nel Reggiano, in Piemonte , nelle Crete Sanesi, in Calabria. Comunissimo negl’ indicati luoghi, e generalmente in tutti i terreni conchigliacei dell’ Italia. 5. Bvccinum diadema: nob. An testa pusilla buccini echino- phori? (tav. IV, fig. 13, a, db). (327 ) Testa ovata, inflata, transversim exquisite sulcata, anfractu primo superne carinato, carina papillis coronata, spire apice subcancellato , basi vix recurva. Fossile nel Piacentino. È finamente solcato per traverso, ed il primo anfratto è superiormente corredato di una carena armata di papille co» niche e acute. La spira è prominente e cancellata mercè di alcune pieghe longitudinali che intersecano i solchi trasversali, ed il margine del labbro destro è acuto senza risalto esterno. Dubito che esser possa un individuo giovane del precedente, giacchè ne trovai alcuni altri maggiori del doppio che hanno due carene tubercolose, e due altre lisce e meno rilevate, da cui comincia a spuntare qualche leggiero tubercolo di modo che sembra ch' essi fossero, per così dire, sul procinto di acquistare la forma compiuta del duccinum echinophorum. Una conchiglia consimile sembra che sia disegnata dall’Aldovrandi , De testac., pag. 399; fig. 2. 6. BucciNum intermedium : nob. Testa ovata infiata , strits transversis subtilissimis , flexuosis, cin- gulis quinque tuberculosis, basi retro plicata , profunde emarginata. Fossile nel Piacentino. Tanta è la sua conformità con l’echinophorum che ho lunga pezza titubato a farne una specie diversa. La differenza che lo distingue è di avere Ja base profondamente slabbrata e ripiegata all'indietro, in guisa che l'estremità di essa tocca quasi l’ anfratto contiguo , come si scorge nel buccinum pibex, areola , testiculus. Nell’ echinophorum, all'incontro, è costan- temente rialzata e poco curva; carattere che fu annoverato da Linneo fra gli specifici, cauda prominente, e che fece quasi (328 ) dubitare Bruguiere se dovesse separare questa conchiglia dal C] » genere Cassidea, in cui l’aveva riposta nel suo sistema. Del . È Rec. rimanente esso è segnato per traverso da sottilissimi filetti flessuosi, tutti a un di presso della stessa grossezza; la spira è più corta e meno acuta che nell’ echinophorum, ed i tuber- coli più ottusi. Ho stimato superfluo, dopo queste dichiara- PS » zioni, di darne la figura. 7. Buccinum tyrrhenum. L. Aldovr., De testac., pag. 399; fig. 1. Bonann., Recr. 3, fig. 160. — Mus. Kircher., fig. 102. Gualt., tab. 43, fig. 2- Ginann. II, tab. 5, fig. 44; tab. 6, fig. 45. Abita nel mare di Toscana ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Renzerì ). Fossile nel Piacentino. Esistono di questo buccino due varietà fossili, benchè poco differiscano fra di esse. La prima ha nella parte superiore del primo anfratto una carena poco rilevata, guarnita di tu- bercoli rari e compressi, la quale passa qualche volta nell’ an- fratto contiguo, e di questa ho sott'occhio un bell’ individuo marino affatto analogo al fossile: essa è rappresentata dall’Al- dovrandi, come altresì nella fig. 44, tav. 5 del Ginanni; e Born ne fece una specie particolare sotto il nome di duccinum sulcosum. L'altra varietà ha gli anfratti più rotondati e privi di carena, o non se ne ravvisa almeno che un leggerissimo indizio, ed è ottimamente disegnata nella fig. 60 del Bonanni. 8. Buccrnum plicatum. L. Bonann., Recr., tab. 101 ( optima). — Mus. Kircher., tab. 160. (329 ) Abita nella Giamaica ( Linneo ). Fossile nel Piacentino. La figura del Bonanni è ommessa, non so perchè, da Gmelin che cita in vece la 156 dello stesso autore, la quale poi riferisce altrove al buccinum flammeum. La figura C, tav. 40 del Gualtieri, di cui hanno fatto uso Linneo e lo stesso Gmelin, non appartiene certo a questa specie. 9. Bvuccrwvum arcola. L. Aldovr., De testac., pag. 330, fig. 5? Bonann. 3, fig. 154. Gualt., tab. 39, fig. H. Abita nel Mediterraneo e nel mare delle Indie (Lin. ). Fos- sile nel Piacentino e in Piemonte. Alcuni esemplari conservano sul risalto esterno del margine del labbro destro tracce delle macchie tessellate rossicce. 10. Buccinum saburon — Cassidea saburon. Brug. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 20, 21: optima. Scilla, Vana speculaz., tab. 16, fig. 2; sinistrorsum ( fossilis )- Abita nel mare d’Africa e nel Mediterraneo ( Brug. ). Fos- sile in Calabria e nel Piacentino. Linneo e Gmelin hanno confuso questa conchiglia col duc- cinum areola, da cui è stata separata da Bruguiere: ma le figure del Gualtieri, di Rondelet, dell’Aldovrandi e di Rumfio, da esso lui citate, mi sembrano essere molto equivoche, in quanto che rappresentano una conchiglia notabilmente ovale, quando questa si accosta alla forma globulosa. Essa si distingue dalla precedente in grazia appunto di questa forma, e per essere trasversalmente rigata da un buon numero di strie ca- pillari e paralelle, di cui se ne annoverano nel primo anfratto trentacinque all'incirca, come è stato indicato da Adanson, 42 ( 330 ) senza contarne altre cinque o sei più sottili e vicinissime luna all'altra che si scorgono presso la sutura dell’ anfratto inferiore. 11. Buccinuxn cythara: nob. (tav. V, fig. 5, a, db). Testa obovata, longitudinaliter costata, transversim sulcata, anfractubus superne excavatis, spira nodosa, labro dextero mar- ginato , altero crasso, calloso, basi recurva. Bonann., Recr. 3, tab. 163? Fossile presso Belforte nel dipartimento di Montenotte. Questa bella conchiglia somiglia al buccinum herpa rispetto alla disposizione delle coste longitudinali, ima è segnata per traverso da solchi profondi, e differisce inoltre per altri ca- ratteri, il più essenziale de’ quali è la struttura della base ripiegata all’ indietro. L’ apertura inoltre è molto più stretta, il labbro destro ha nel margine esterno un grosso risalto, e si unisce superiormente col sinistro, il quale forma sulla co- lumella una larga espansione callosa. L’ apertura è affatto priva di rughe e di denti. Questo buccino fu trovato in un’ arena mescolata con grani di serpentina, ed è convertito in ispato. Si potrebbe credere che tuttavia esista nei mari, poichè il Bonanni ne rappresenta uno nella figura soprindicata, che ha seco lui molta analogia. Lunghezza lin. 16, larghezza lin. 10. 12. Buccrwom obsoletum: nob. (tav. V, fig. 6, a, b). Testa oblonga, levis, anfractubus obsoletis, columella intorta striata, umbilico clauso. Fossile nel Piemonte. Somigliantissimo al duccinum glabratum, ma la spira è più allungata, la columella è fornita di sottili strie che seguono (33) l'andamento spirale dell'asse, e i’ umbilico è chiuso. Nella parte inferiore dell’ ultimo anfratto avvi un solco simile ad una sutura che, partendo dal margine del labbro destro, come nel duccinum monacanthos, gira per tutta la convessità del- l’anfratto stesso, e sembra che continui altresì su quelli della spira, che sono poco apparenti per essere coperti da un in- tonaco testaceo. Le strie della columella darebbero motivo di classificare questa specie fra le volute, e potrebb’ essere registrata nella tribù delle cilindroidee insieme con l’oliva, | ispidula, ecc.; ma la poca estensione dell’ apertura in confronto della lun- ghezza della conchiglia, e l’ allungamento della spira le im- primono un carattere che maggiormente si accosta a quello de’ buccini. Era indeciso se dovessi riferirla al genere eburna di La- mark, dove è riposto il buccinum glabratum, ovvero a quello di ancilla; ma attesa la mancanza dell’ umbilico, sembra che appartenga piuttosto a quest’ ultimo. 13. Buccinvum monacanthos: nob. (tav. IV, fig. 12). Testa solida, rudis, longitudinaliter costato-nodosa, columella subumbilicata, labro intus crenulato, spina conica instructo, basi emarginata, unisulcata. Fossile nel Piacentino e nel Piemonte. Ho sott’ occhio due individui di questa conchiglia , trovato uno presso Castell'Arquato nel Piacentino, e l’altro in Valle Andona nell’Astigiano, ed ambidue hanno la superficie in parte logora e coperta di una crosta farinacea, sotto la quale si scuopre il guscio nel naturale suo stato, colorato di rossigno sudicio con macchie sanguigne. Questo buccino è molto diverso (352) dal monodon di Gmelin, dal narval e dall’ unicorne di Bru- guiere, che hanno tutti un dente acuto sul labbro destro verso la base, non già nella columella, com’ è stato detto da Gmelin parlando del buccinum monodon. Nel nostro |’ anfratto infe- riore è guarnito di pieghe longitudinali grossolane e nodose, e sembra essere inoltre trasversalmente solcato, per quanto oscuramente sì scorge in uno di questi individui. La spira è conica e corta, la columella molto ingrossata alla base, con un incavo poco profondo e rugoso che ha l'apparenza di un umbilico. Il labbro destro è internamente solcato ed armato verso la base di un lungo dente conico alquanto ricurvo; l'apertura si ristringe inferiormente e termina con un cana- letto slabbrato. Osservasi in questa conchiglia uno de’ caratteri notati da Bruguiere nel suo duccinum narval, che nella faccia esterna dell’ anfratto inferiore si ravvisa, cioè, un solco molto cospi- cuo che trae origine sotto alla spina del labbro destro, e obbliquamente girando sulla convessità dell’ anfratto stesso si prolunga fin presso al margine del labbro sinistro. Lunghezza poll. 2, lin. 1; larghezza lin. 16. 14. Buccinum marginatum. L. (tav. IV, fig. 17, testa junior). Testa obliquata , gibba , transversim obsolete sulcata, varicibus lateralibus oppositis, labio superne soluto, apertura utrimque dentata , basi emarginata. Martin., tab. 120 , fig. 1101, 1102. Walch, Petrif., vol. II, tab. IV.C, fig. 8, 9 ( fossilis). Fossile nelle colline di Pisa, di Volterra, a Parlascio, a San Casciano ai Bagni, a Sogliano nel Cesenate, nel Piacen- tino e in Piemonte. (3398 .) Ho rifatto la descrizione specifica, perchè quella estesa da Gmelin è poco esatta, ed ho dato la figura di un individuo giovane, in cui più chiaramente si riconoscono i distintivi caratteri. Se si confronti questa figura con quelle di Martini e di Walch, si durerà fatica a persuadersi che rappresentino la stessa conchiglia; ma essa è sottoposta a notabili differenze a norma dell’ età. La sua forma negl’individui giovani è ovata; l’anfratto in- feriore è gonfio, convesso, alquanto gibboso sul dorso e quasi tre volte più lungo di tutti gli altri presi insieme, che sono nel numero di quattro, e che compongono una spira conica e acuta. Lateralmente è fornito di due varici opposte che si prolungano su tutti gli anfratti fin quasi all’ apice della spira. L'apertura è ovale e ristretta in ambe le estremità, ed il labbro destro è internamente dentato; lungo il margine esterno è orlato da un risalto varricoso, e nella parte superiore sì stacca dal corpo della conchiglia mediante un seno profondo. Il sinistro è formato da una espansione testacea sottilissima e trasparente; la columella è da un capo all’ altro tubercolata, e l'apertura termina alla base con un canaletto corto, slabbrato e ripiegato alquanto all’ indietro. Per quanto spetta alla su- perficie, è trasversalmente segnata di solchi rilevati, piatti, di disuguale grossezza che attraversano le varici. L’anfratto inferiore è circondato sotto alla sutura da una serie di tuber- coli ottusi che negli anfratti superiori compariscono contigui alla sutura medesima, e che degenerano nell’ apice della spira in pieghe longitudinali. Ma sotto differente aspetto si presentano gl individui adulti: i tubercoli e i solchi trasversali scompajono, e sono rimpiazzati (334) da rugosità che si stendono per lungo; le varici non sono più apparenti che nell’anfratto inferiore, e di rado in quello che succede; il labbro sinistro s'ingrossa, e costituisce una lamina larga e callosa; la spira si accorcia e le suture vanno a coprire in parte gli anfratti; la forma dell’ apertura si accosta vie più a quella del duccinum lapillus, e tutta la conchiglia acquista una struttura irregolare e gibbosa, com’ è rappresen- tata nelle figure di Martini e segnatamente in quelle di Walch. 15. Buccinum neriteum. L. Aldovr., Testac., pag. 367, fig. 12, 16, 17. Gualt., tab. 65, fig. C. I. Planc., tab. 3, fig. 3, G.F. Comm. Bonon., vol. V, pars 2, tab. 1, fig. 3, pag. 168 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Planco, Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino e nel Bolognese. Bruguiere qualifica per ottima la figura che ne ha dato Born, ma in essa non è rappresentata la profonda slabbratura della columella, che manca altresì nella figura dell’Aldovrandi, che è appena indicata nelle altre di Planco e di Martini, e che ottimamente si ravvisa in quella del Gualtieri. 16. Buccinum conglobatum: nob. ( tav. IV, fig. 15 ). Testa solida, transversim crebre sulcata, anfractu primo glo- boso, spira abbreviata , labro dextero intus plicato , altero adnato, rugoso, basi reflexa, profunde oblique emarginata. Fossile in Val di Pugna nel Sanese, nel Piacentino e in Piemonte. Il guscio di questa conchiglia è molto solido e grosso, ed è composto di otto anfratti, l’inferiore de’ quali ha una forma (339 ) globosa, ed è maggiore degli altri che sono tutti convessi e ben distinti fra loro. Il labbro destro è internamente scavato da grossi solchi; il sinistro consiste in una lamina incollata sul ventre della conchiglia che è seminata di tubercoli e di rugosità, luna delle quali verso la parte superiore è più rilevata delle altre, e si perde nella cavità interna. La co- lumella è molto grossa, ripiegata all’ indietro, e forma col labbro destro un canaletto che si allarga verso il suo fine, ed è fortemente slabbrato. Questo buccino si approssima molto a quello figurato da Chemnitz, sar. 153, fig. 1463, 1464, cui Gmelin ha dato il nome di abbreviatum; ma in esso il margine del labbro de- stro è crenato, e il sinistro manca di pieghe. Lunghezza poll. 1, lin. 6; larghezza lin. 13. 17. Buccinux pupa: nob. (tav. IV, fig. 14). Testa solida, ovato-oblonga, inflata, transversim obsolete striata, labro dextero intus sulcato , altero membranaceo su- perne uniplicato, basi brevi reflexa, profunde emarginata. Fossile nelle Crete Sanesi e nel Piacentino. Affine al precedente, ma più allungato, meno ventricoso e segnato da solchi poco prominenti e quasi obliterati. Il canale della base è più aperto, ed il labbro sinistro ha su- periormente una grossa piegatura con alcuni piccioli e rari tubercoli. Lunghezza poll. 1, lin. 9; larghezza lin. 13. Id. Var., spire apice longitudinaliter plicato. Fossile nel Piacentino. Ha una forma ancora più allungata e men gonfia, ed i cinque ultimi anfratti della spira sono guarniti di coste lon- gitudinali. ( 336) 18. Boccinvm obliquatum: nob. (tav. IV, fig. 16, a, bd). Testa ovata, transversim sulcata, anfractubus spire supremis longitudinaliter rugosis, labio dextero extus incrassato, altero dilatato , calloso, granulis plicisque exasperato. Fossile nelle Crete Sanesi, a Parlascio, nel Piacentino e nel Piemonte. È rigato per traverso da solchi filiformi, e 1 due o tre ultimi anfratti che costituiscono | apice della spira sono for- niti di pieghe longitudinali. Il labbro destro ha una direzione alquanto obbliqua, internamente è striato, e mostra esterna- mente per tutta la sua lunghezza un risalto molto largo, cir- coscritto da un leggiero solco. Il sinistro è formato da una espansione callosa notabilmente dilatata, e sparsa di tubercoli rilevati, piccioli e granulosi. La base è slabbrata, cortissima, ripiegata all’indietro ed incollata sul dorso. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 7. Id. Varietas, spira elongata. Trovansi nel Piemonte individui più voluminosi di questo buccino che hanno 14 linee di lunghezza, nei quali la spira è più prolungata, più convessi sono gli anfratti, il Jabbro sinistro è quasi affatto liscio, ed il risalto esterno del labbro destro è obliterato. Essi hanno la forma del duccinum gibbum di Bruguiere. 19. Buccivum reticulatum. L. (tav. V, fig. 11). Lister, tab. 966, fig. 21. Abita nel Mediterraneo, nel mare d'Inghilterra e di Etio- pia ( Lin.), e nell'Adriatico ( Renieri ). Fossile a San Miniato, nelle Crete Sanesi, presso Castell'Arquato nel Piacentino e in Valle Andona in Piemonte. (337) Gli esemplari fossili si uniformano alla sopra indicata figura di Lister, riferita di comune consenso al buccinum reticulatum , ma avvi molta confusione presso i diversi autori nella cita- zione di quelle degli altri conchiologisti. Linneo e Gmelin applicano a questa specie la fig. 62 del Bonanni, che Bru- guiere e Born rimandano al duccinum clathratum. Linneo me- desimo registra le figure G, C, E, tav. 44 del Gualtieri; ma Bruguiere e Gmelin ritengono soltanto quella di mezzo, e Born Y ultima. La fig. 9, tav. 8 di Adanson, di cui fanno uso Linneo e Bruguiere, è esclusa da Gmelin, e Born adotta in vece la fig. ro. Questi due ultimi naturalisti citano la fig. 1164 di Martini, e Bruguiere vi aggiunge la 1162 e 1163 insieme con le fig. 61, 62, tav. 49 di Seba, le quali tutte sono da Gmelin riferite al duccinum vulgatum, sostituendo ad esse una figura di Knorr, part. V, tav. 10, fig. 3, che poco somiglia alle altre. Finalmente il Renieri assicura che il nostro buccino è precisamente quello che l° Olivi chiamò tessulatum, e ch’ era da lui creduto diverso dal reticulatum. Queste incertezze hanno tratto origine dalle molte diffe- renze che presenta la conchiglia. Quella di Knorr, di cui ho tra le mani l’ originale marino , è certamente una forte varietà la quale manca di strie trasversali, eccetto che alla base e presso al margine della sutura, dove una se ne scorge alquanto profonda. Essa è inoltre d'un volume maggiore, poichè ha la lunghezza di un pollice e cinque linee. Negl” individui fossili accade sovente che una delle coste lon- gitudinali del primo anfratto acquista una forma varicosa; il che ho parimente notato in molti altri provenienti dall’Adriatico. 20. Buccivun prysmaticum: nob. (tav. V, fig. 7). (338 ) Testa ovato-oblonga, longitudinaliter costata , striîs transver- sis crebris, elevatis, labro columellari superne uniplicato, basi reflexa, emarginata. Fossile a Malamerenda nel Sanese e nel Piacentino. Tanto le coste longitudinali, quanto le strie trasversali sono regolarissime in questa conchiglia, e conservano la stessa gros- sezza ed una eguale distanza. Le prime sono ottuse e sepa- rate da intervalli leggermente scavati; le altre, numerosissime, prominenti e di una sottigliezza capillare negl’ individui gio- vani. Io ne posseggo un esemplare marino che fu pescato nel- l'Adriatico, il cui colore è bianco giallognolo; ma nell'ultimo anfratto si scorge una larga fascia fulva, che continua nella parte inferiore di tutti gli altri, ed oltre alle strie trasversali si scorgono con la lente delle sottilissime rughe longitudinali. 21. Bvuccrnum clathratum. L. Bonann., Recr. 3, fig. 62 ( rudis ). Born., tab. 9, fig. 17, 18. La patria è ignota (Lin. ). Abita nel mare delle Indie ( Pe- tiverio ), e nell'Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino, a San Miniato e in Piemonte. La figura del Bonanni è mediocre, ma ottima quella di Born. Walch rappresenta un buccino che ricevette dal Pie- monte, tab. C.IV, fig. 7, il quale ha molta analogia col no- stro: egli sospetta che possa corrispondere a quello della tav. 43, fig. M del Gualtieri, ma è diverso. 22. Bvuccinum serratum: nob. (tav. V, fig. 4). Testa ovato-oblonga, longitudinaliter costata, strits elevatis transversis, costas longitudinales decussantibus , basi erectiuscula emarginata. Fossile nel Piacentino. ( 359 ) Nella superficie graticolata mercè l’ intersecamento delle strie trasversali colle piegature longitudinali si uniforma al buc- cinum clathratum, ma differisce nella struttura degli anfratti che nel precedente sono divisi l’uno dall'altro da un largo canale obbliquo tagliato a spigolo, mentre in quello che de- scriviamo è stretto e poco apparente. La base inoltre è meno ritorta e meno schiacciata che nel clathratum; la forma totale della conchiglia è più turrita, e la superficie non comparisce così ruvida. Questi caratteri costantemente si osservano così negl’ individui giovani come negli adulti. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. ©. 23. Buccinum asperulum: nob. (tav. V, fig. 8). Testa oblonga, turrita, longitudinaliter costata, transversim argute striata, anfractubus turgidiusculis, apertura subrotunda, basi retroflexa, emarginata. Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. Affine al precedente, ma ha l'apertura quasi rotonda, la base è più corta e ripiegata sul dorso: gli anfratti sono più gonfi ed echinati in grazia delle numerose strie trasversali che tagliano le coste longitudinali, le quali sono di perfettis- sima regolarità. Il labbro destro è internamente striato , ed ha lungo il margine esterno una varice prodotta da una costa più grossa delle altre: il sinistro è leggermente tubercolato. Lunghezza lin. 6, larghezza lin. 3 incirca. L’analogo marino di questa conchiglia sembra essere rap- presentato da Lister nella fig. 15, a della tav. 962. 24. Boccinum flexuosum: nob. ( tav. V, fig. 12). Testa turrita, costellis longitudinalibus flexuosis, sulcis trans- versis filiformibus, labio dextero intus sulcato, altero levi, basi refleva, emarginata. (340) Fossile a Monterigioni nel Sanese. Oltre alla sua forma più assottigliata, si distingue dai pre- cedenti in quanto che le coste longitudinali sono più sottili e flessuose come un S rovescio, quando negli altri compajono rette o semplicemente arcuate. Oltre a ciò le strie, in vece di essere prominenti, sono incavate a guisa di sottilissimi solchi. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. 4. 25. Buccinum musivum: nob. (tav. V, fig. 1). Testa oblonga, anfractubus omnibus reticulatis, areolis qua- dratis, labio dextero intus rugoso, altero glabro, basi reflexa, emarginata. Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi e nel Piemonte. Sembra a prima giunta ch’esso sia reticolato mediante l’in- tersecamento di linee longitudinali e trasversali della stessa natura, ma usando un po’ di attenzione, e meglio ancora valendosi di una lente; si scorge che le prime sono coste rilevate sottilissime, e le seconde linee scavate che, incrocic- chiandosi con le altre, formano tante ajuole quadrate simili ad un lavoro di musaico. Negl'individui giovani esse sono prominenti a guisa dei denti di una lima. Lunghezza lin. 13, larghezza lin. 6. 26. Buccinum interruptum: nob. ( tav. V, fig. 3, a, b). Testa ovato-acuta inflata, anfractu primo inferne sulcato , sulcis 5, 6 scrobiculatis, spira cancellata, hinc inde veluti de- corticata, labio dextero intus granulato ; altero superne ruguloso. Fossile nel Piacentino. L’anfratto inferiore è gonfio e quasi globoso, e nella sua metà inferiore è circondato da cinque in sei solchi profondi, î cuì interstiz) sono segnati di picciole fossoline ; la superiore (341) poi è liscia o semplicemente rugosa, e termina verso la su- tura con un canaletto. La spira è piramidale, acuta, fornita di pieghe longitudinali, intersecate da strie prominenti tras- versali; ma offre questo di singolare che di spazio in ispazio comparisce liscia, quasi che fosse tolta la corteccia superficiale. Il labbro destro è internamente coperto di rughe granulate, ed il sinistro ha solamente una o due picciole piegature nella parte superiore. La columella è grossa, corta, e presenta una leggiera incavatura, simile ad un umbilico. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. 7. 27. Buccrivum mutabile. L. (tav. IV, fig. 18). Born., tab. 9, fig 13. Abita nel Mediterraneo (in. ), e nell’Adriatico ( Olivi, Renieri ). Fossile nelle Crete Sanesi. Cito esclusivamente la figura di Born ( dimenticata da Gme- lin ) perchè adottata da Bruguiere che entrò in particolari discussioni su questa conchiglia, onde mostrare ch’ è diversa dal suo bduccinum gibbum, con cui, a detta sua, fu confusa da Linneo. Questa imputazione è fondata su di alcune frasi della descrizione del naturalista svedese, che non mi sembrano ab- bastanza decisive, e sull’avere egli citato la fig. B della tav. 44 del Gualtieri, che, secondo Bruguiere, appartiene al gib- bum, non al mutalbile. i Questi due buccini sono differenti per certo. Il primo è comunissimo nel Mediterraneo e nell’ Adriatico, ed è stato mediocremente delineato dal Bonanni, fig. 63. Fabio Colonna ne ha dato una figura migliore, De purp., pag. 16, fig. 2, che Linneo attribuì, non so come, al buccinum spiratum; e ad esso debbonsi altresì applicare le figure 367, 366 di Martini, (342 ) e la fig. 30 della tav. 975 di Lister. Siccome queste sono re- gistrate da Gmelin sotto il buccinum tessulatum, apparisce che la conchiglia così da lui chiamata è identica al duccinum gib- bum di Bruguiere, quantunque Gmelin non vi apponga tutte le figure citate da Bruguiere medesimo. E in vero, di quella di Rumfio, tav. 29, fig. r, ne ha egli fatto il buccinum foltorum e dell’ altra di Martini, fig. 1195, il dbuccinum nitidulum. Se ho qualificato il mio buccino fossile pel mutabile, mi sono, come ho detto, riportato alla figura di Born, ch'è la più esatta di tutte, benchè non lo rappresenti che dalla parte del dorso. Esso è meno ventricoso e più allungato del gibbum, gli anfratti della spira, che sono nel numero di nove, com- pariscono meno gonti; è affatto liscio fuorchè presso la base, dove si scorgono alcune strie obblique , ed il labbro sinistro forma sulla columella una grossa espansione callosa;, mentre il destro ha un risalto lungo il margine esterno. Bruguiere non fa menzione di questo ultimo carattere; ma non dice tampoco che l’indicato risalto si riconosca nel duccinum gib- bum; pure è patente negl’individui marini che ho sott'occhio. Egli omette altresì d’indicare che il labbro destro è interna- mente solcato, laonde conviene credere che questa conchiglia vada sottoposta a molti cambiamenti. Di fatto, essa è talvolta liscia, e talvolta munita di coste longitudinali così rilevate, che Linneo scambiò la fig. R della tav. 44 del Gualtieri che la rappresenta in tale stato, con quella del buccinum arcularia. Io ho creduto bene di figurarla dal lato dell’ apertura. 28. Bvuccinum corniculum. Olivi. Testa ovato-acuta, glabra, inferne transversim striata, anfractu- bus prope suturam linea excavata succinctis, labro intus sulcato. (343 ) Gualt., tab. 43, fig. N. Abita nell’Adriatico (Olivi). Fossile nelle Crete Sanesi e nel Piacentino. La figura del Gualtieri è buona, ma non sono indicate le strie trasversali, una delle quali circonda la sutura in tutti gli anfratti. 29. Buccivum costulatum. Renieri. (tav. V, fig. 9). Testa ovato-acuta longitudinaliter plicata , transversim sulcata, anfractubus marginatis, labro intus sulcato. Gualt. tab. 43, fig. P. Abita nell'Adriatico ( £enzeri ). Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. Lo giudico il costulatum del Renieri sul fondamento della figura del Gualtieri citata da questo naturalista, da cui mi duole di non avere potuto ottenere un individuo marino per istituire gli opportuni confronti: potrebbe essere forse anche il suo buccinum plicatulum. La figura del Gualtieri è riferita con dubbio da Bruguiere al buccinum zonale che per qualche tempo ho creduto che fosse identico al nostro, ma non combina esattamente con esso in tutt’ i caratteri. Quello che descrivo è così simile al corniculum, che, se le differenze che presenta non fossero state da me riscontrate in più di dieci individui che ho raccolto nel Sa- nese, lo avrei giudicato una semplice varietà. Esso è costan- temente rigato per traverso in tutta l’ estensione della sua superficie, ed ha sempre verso la sutura una stria più pro- fonda delle altre; ma si osservano alcune variazioni nelle pieghe longitudinali: talvolta esse si stendono su tutti gli an- fratti, talvolta ancora, benchè di rado, mancano nell’inferiore (344 ) e nel susseguente, ma ne rimangono sempre vestigi intorno alla sutura che perciò comparisce più o meno crenata. Il labbro destro è orlato lungo il margine esterno da un risalto convesso e poco rilevato, ed internamente è solcato da alcune strie elevate ; il sinistro è affatto liscio, e solamente nella parte superiore ha due piccole piegature che non compariscono tampoco su tutti gl’individui. Lunghezza lin. 9 all'incirca, larghezza lin. 4. 30. Buccinum polygonum: nob. ( tav. V, fig. 10). Testa turrita, longitudinaliter costata, transversim striata , an- fractubus distantibus superne carinatis, labro intus ssulcato , co- lumella lavi, basi brevissima vix emarginata. Fossile nel Piacentino. Séguito volentieri l'esempio di Bruguiere che meglio ha stimato di classificare fra i buccini il murex senticosus di Lin- neo, con cui questo ha molta conformità, ma che tuttavolta è diverso. Le coste longitudinali sono in maggior numero e meno rilevate, segnatamente nell’ anfratto inferiore e in quello che gli succede, e le strie trasversali sono molto più ottuse e più sottili che nel senticosus. Ma la differenza principale consiste nella struttura degli anfratti che sono divisi in due porzioni da una carena che passando sulla convessità delle coste longitudinali, forma sopra di esse un tubercolo alquanto acuto. La base inoltre è più depressa, appena slabbrata ed appena ancora ripiegata alquanto all'indietro. La columella è del tutto liscia, e termina con una piega obbliqua che si interna nella cavità, girando lungo l’asse della conchiglia. Lunghezza lin. 16, larghezza lin. 7. 31. Buccrnum fuscatum: nob. — Buc. subulatum. Var. y, è. L (345 ) Testa subulata, longitudinaliter plicato-striata, anfractubus bipartitis. Martin., tab. 154, fig. 1446. La patria è ignota. Fossile nel Piacentino, in Piemonte e nelle Crete Sanesi. Gmelin ha confuso questo buccino col subulatum, e ne fece le due varietà y e d, aggiungendo alla prima di esse, oltre alla fig. 1446 del Martini, la fig. 69 della tav. 841 ( per isba- glio 184 ) di Lister; ma dobbiamo a ragione maravigliarci come siensi unite insieme due conchiglie cotanto diverse. Il subulatum comunissimo ne’ musei, e volgarmente conosciuto sotto il nome di zigre o gite tigrata, ha gli anfratti alquanto tumidi, ben distinti l'uno dall’ altro mediante un risalto che formano intorno alla sutura; è trasversalmente segnato da strie puuteggiate, una delle quali, nella parte superiore degli an- fratt, è un po’ più profonda delle altre ,- ed ha inoltre delle sottilissime rughe longitudinali quasi impercettibili ad occhio nudo. La columella forma un angolo assai risentito col piano del penultimo anfratto , e l'apertura è ovato-ottusa: la super- ficie di questo buccino comparisce picchiettata di grosse mac- chie ferruginose presso che quadrate, disposte in due serie sopra un fondo ordinariamente bianco. Fsso è ottimamente rappresentato dal Gualtieri, da Argenville, da Seba nelle figure citate da Gmelin. L’altro buccino di cui crediamo di dover fare una specie distinta, ha gli anfratti quasi piani, divisi in due da un sol- co così profondo quanto lo è quello della sutura, e segnati per lungo da sottili pieghe obblique e flessuose che hanno una regolarissima disposizione particolarmente verso l’apice 44 (346 ) della spira. L' apertura è ovato-acuta, ed il penultimo anfratto va ad unirsi con un piano dolcemente declive alla columella. Il suo colore è castagno fosco, eccetto che ue’ due anfratti inferiori che sono biancastri con fiamme ferruginose, disposte intorno alla sutura in una serie annulare: esse si distinguono parimente sul fondo castagno dove hanno una tinta più carica. A questa specie spettano i nostri individui fossili, di cui ve n’ ha della lunghezza di tre pollici e mezzo fino a quella di 21 linea. Nei più adulti tanto il solco che segna la dupli- catura quanto le pieghe longitudinali sono poco apparenti negli anfratti inferiori, come ho riconosciuto eziandio negli esemplari marini, ma rimangono sempre nei superiori. E qui occorrerebbe di fare un’ osservazione che potrebbesi convali- dare con molti esempj; che i buccini, vale a dire, della tribù dei turriti presentano a norma dell’età e ne’ diversi punti del loro guscio alcune differenze a cui è d’ uopo fare attenzione per non moltiplicare indebitamente le specie. Il duccinum ma- culatum adulto ha gli anfratti lisci, eccetto che quelli vicini all’apice della spira, che sono trasversalmente divisi da un solco sottile; ma quando è giovane, questa divisione si scorge su tutti gli anfratti, ed io sono d’avviso che il bduccinum ti- grinum di Gmelin altro appunto non sia che un picciolo in- dividuo del maculatum. Così il buccinum dimidiatum quando ha la lunghezza di circa un pollice, è corredato di piegature longitudinali; ma queste non si manifestano che negli anfratti superiori, allora che esso ha acquistato dimensioni maggiori, 32. Buccrnum cinereum. L. Born, tab. io, fig. 11, 12. La patria è ignota. Fossile nel Piemonte. (347) Le pieghe longitudinali sono molto ottuse, e non compari- scono su tutti gli anfratti, se non che negl’individui che hanno da 9 in 10 linee di lunghezza; mentre quelli più adulti sono del tutto lisci nei tre ultimi. Queste pieghe medesime non si manifestano che intorno alla sutura superiore, ed insensibil- mente svaniscono nella porzione inferiore degli anfratti. 33. Buccrvum duplicatum L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 110. Gualt., tab. 57, fig. N. Abita nel mare delle Indie ( Lin.). Fossile nelle Crete Sa- nesi e in Piemonte. Nella descrizione specifica di Linneo non si accennano le strie trasversali che si scorgono nei nostri esemplari fossili; ma è probabile che non sieno state osservate, perchè chiara- mente non si ravvisano se non che negl’individui che hanno un pollice di lunghezza: nei più grandi è forza, per distin- guerle, di aguzzare lo sguardo o di giovarsi di una lente. Queste strie compariscono tanto sulla convessità delle piega- ture longitudinali, quanto negli spazj intermedj. A questa specie si potrebbe riferire la fig. P_della tav. : del Gualtieri, se in essa il cingolo della duplicatura non fosse liscio. Gmelin I’ ha attribuita al suo duccinum murinum. 34. Buccrvum strigilatum. Var. B. L. List., tab. 979; fig. 36. Abita nel mare dell'Asia australe ( Lin. ). Fossile nel Pia- centino e in Piemonte. Questa specie fu imbrogliata nel Systema Nature con tre varietà, due delle quali sono’ anche indicate con un punto interrogativo. (348 ) Se il tipo di essa è rappresentato nelle figure di Rumfio di Knorr e di Martini ( quelle di Lister sono mediocri ), con- vien dire che i suoi caratteri sieno stati molto male descritti da Linneo. Il buccino disegnato nelle opere di questi autori è distinguibile da tutti gli altri della stessa tribù per la sua forma assottigliata : gli anfratti intorno alle due suture, supe- riore e inferiore, portano un cingolo prominente, obbliqua- mente striato per lungo e talvolta granulato, ma nella supe- riore è più depresso: lo spazio intermedio ai due cingoli è occupato da strie rilevate che seguitano l andamento spirale degli anfratti, e gl’intervalli che le separano sono punteggiati. Questo buccino diversifica nei colori, i quali sembra che va- dano accompagnati da alcune differenze nella struttura: ora è bianco con pennellate fulve longitudinali, ed il cingolo della sutura superiore è poco apparente; ora ha una tinta di can- nella con isfumature più pallide, e il detto cingolo è allora più cospicuo; talvolta è di colore biondo, ed in questo caso ambidue i cingoli sono tubercolati. Se tale è il vero buccinum strigilatum, quanto non è diverso da quello così chiamato da Born, e che Gmelin ha unito alla sua varietà £? In questo gli anfratti sono indivisi ed elegante- mente scannellati per lungo, ed ha un colore di miele con una fascia intorno alla sutura superiore di un bianco latteo, or- nata di una serie di macchiette rosse. Argenville ha ràppresen- tato questa conchiglia nelle due figure Q, R, tav. 11; ed è singolare che la prima di esse che maggiormente si uniforma a quella di Born, sia considerata da Gmelin una specie affatto distinta ch’ egli ha voluto contraddistinguere col nome di duc- cinum Pugio. (349) Per quanto spetta alla figura di Lister, di cui ho fatto uso, essa è la sola in cui si scorga un analogia cogli esemplari fossili, ed essendo diversa dalle altre registrate da Gmelin sotto la varietà 8, ragion vuole che fornisca una descrizione di questo buccino. Esso ha una forma smilza ed assottigliata come x il vero strigilatum: è composto di 25 anfratti, divisi al di sopra della loro metà da un solco trasversale , e lo spazio com- preso fra questo solco e la sutura forma un cingolo un poco più rilevato della porzione inferiore degli anfratti medesimi. Tutta la superficie è segnata di pieghe longitudinali, obblique e flessuose che non sono punto intersecate, come nel prece- dente, da strie trasversali. Osservazioni. Il genere Buccino, come si è veduto, presenta molte specie fossili in Italia. Alcune di queste esistono tuttora nel- l'Adriatico, e sono l’ echinophorum , il galea, il tyrrhenum, il corni- culum, il clathratum, il reticulatum, il mutabile , il neriteum ; altre nel Mediterraneo, il dolizn, 1 areola; ed altre ancora non sono state pescate che in mari stranieri, il pomum, ed il plicatum. Nei nostri mari un solo buccino è stato finora scoperto della tribù dei Turriti o del genere Terebra di Lamark, ed è l immaculatum del Renieri, quando ne contiamo quattro specie fossili e tutte comunissime. Le specie del genere Nassa di Lamark formano fra noi la metà del numero totale dei buccini fossili, mentre nessuna ne fu trovata ne’ contorni di Parigi, dove mancano altresì quelle del genere Dolium. Nei nostri terreni, all'incontro, non so che ve n’abbia del genere Buccinum dello stesso autore, di cui ne furono raccolte sei nelle adiacenze di Parigi. Dal catalogo del Renieri apparisce che questo naturalista non ne incontrò tan:poco nell'Adriatico, tranne il ducci- num coronatum. ( 350 ) XII Troco. Num. 1, 2, 3, 45 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 genere 7rockhus di Lamark; 14, 15, 16 Solarium. i I. Trocuus granulatus. Born. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 94 Born, Mus. Vindob., tab. 12, fig. 9; IO. La patria è ignota ( Born). Abita nel mare di Siracusa (Bonanni ), e nell'Adriatico ( Renieri). Fossile nel Piacentino. Ho per qualche tempo titubato se dovessi riferire questa specie al granulatus di Born o al sulcatus di Lamark, che questo naturalista trovò fossile a Grignon e nei contorni di Pontchartrin ‘in Francia, e che egli stesso confessa avere re- lazione col troco sopra indicato. Il nostro esemplare si rag- guaglia a buon conto alla figura di Born, eccetto che infe- riormente è un po’ men dilatato. Chè se i solchi non compa- riscono granulati se non che sotto Ja lente, nè ciò si scorge tampoco in tutta l’ estensione loro, tale sembra che fosse pa- rimente l'individuo fatto da esso lui disegnare, imperocchè questi granellini non sono rappresentati nella figura, e sa- rebbe di fatto difficile d’indicarli. Quanto al sulcatus di Lamark, esso ha del pari molta so- _ miglianza con quello che descrivianio, ma questo naturalista dice che la base di ciaschedun anfratto è separata mediante un risalto dal vertice dell’ anfratto susseguente. Ciò non si verifica in questo troco, dove tanto il margine superiore, quanto l’inferiore degli anfratti è corredato di un cordoncino (351) prominente, di modo che la sutura rimane sepolta nello spazio frapposto all'uno ed all’ altro, ed è costantemente orlata da un sottilissimo filetto. Lamark descrive inoltre una varietà del suo su/catus, in cui le strie del margine inferiore di ogni anfratto è oscuramente granulosa ; ma nel nostro, all'incontro, lo è la stria superiore. Lunghezza poll. 1, lin. 2; larghezza lin. 11. 2. Trocuus cingulatus: nob. (tav. V, fig. 19). Testa conica imperforata, striis eequalibus octonis succincta , infima crassiore, basi circinnatim sulcata , marginata. Fossile nelle Crete Sanesi. Ha tanta analogia col trochus conulus che Y ho creduto da principio identico ad esso; ma il margine della base nel co- nulus è rotondato, e nel nostro acuto: il primo è ‘circondato da strie filiformi di disuguale grossezza, due delle quali più elevate distinguono gli anfratti; in questo, all’ opposto, sono tutte regolarissime, e una sola più prominente circoscrive immediatamente la sutura, oppure non ha sotto di sè che un tenuissimo cordoncino che non si può distintamente ravvisare che col sussidio della lente. A ciò si aggiunga che il margine del piano della base è orlato esso medesimo da un solco più largo e più profondo di tutti gli altri. Le strie dell’ apice della spira sono come nel precedente tubercolate, Lunghezza lin. 9, grossezza lin. 6. È qui da avvertirsi che Gmelin attribuì al trochus conulus alcune figure che spettano al zizyphinus, e nominatamente la fig. B, tav. 61 del Gualtieri, come altre ne registrò sotto questo ultimo che si competono al primo. Perciò conviene attenersi alla XII edizione del Systema Nature o alle citazioni di Born. (352) 3. Trocaus infundibulum: nob. (tav. V, fig. 17). Testa conica unperforata, anfractubus planis, rugulosis , con- tiguis , margine suturali inferiore superum obtegente, basi repanda, concava, limbo sinuoso, apertura falcata. Fossile nel Piacentino, a San Geminiano e a Libiano in Valdera. Troco gigantesco che ha più di tre pollici e mezzo di al- tezza e quattro di larghezza, e che rappresento ridotto a un volume più picciolo. È composto di sei anfratti leggermente convessi e fra loro affatto contigui; così che l’inferiore è ri- coperto per l'estensione di alcune linee dal margine della sutura dell’ anfratto superiore, e così progressivamente fino all’apice della spira. La superficie è segnata di rughe fles- suose ed obblique, simili alle tracce che lascerebbe una lima, e mostra qua e là l’impronta di picciole bivalvi che vi erano conglutinate intorno, e di cui alcuni frammenti si scorgono, dirò così, incarnati nell’ interna sostanza del guscio. La base è profondamente scavata a guisa di una ciotola o ‘di un im- buto, ed ha il margine affilato e profondamente flessuoso; porzione del suo piano è leggermente solcato da rughe ar- cuate, ma intorno alla regione dell'apertura è tappezzata di lucido smalto. L'apertura stessa è compressa e di forma fal- cata, e la columella è coperta da un’ espansione callosa, di modo che non appare la menoma traccia di umbilico. Questo troco non è raro in Italia, poichè parecchi esem- plari ne ho veduto ne’ musei della Toscana, e fu ottimamente descritto dal Michieli, che lo trovò fra Carraja ed Alberetino ( V. Targioni, Viaggi, tom. X , pag. 161 ). Sospetto ch’ esista di esso l'originale marino, e che sia indicato da Davila, laddove (353 ) parla di un troco grandissimo della specie di quelli: chiamati in Francia fripiere, coperto di frammenti di conchiglie, ecc., con la base molto concava e striata a linee spirali ( Catal: syst., tom. I, pag. 124, num. 146). 4. TrocÒus turgidulus: nob. ( tav. V, fig. 16). Testa imperforata, conica, tumidiuscula, leviter transoersim striata , anfractubus subconvexis, baseos margine rotundato. Lister, tab. 616, fig. 2: tab. 621, fig. 8. Ha una forma alquanto tumida, perchè lo spigolo della base è rotondato, e perchè gli anfratti che nel trochus gra- nulatus e cingulosus sono affatto piani e sembrano anzi leg- germente incavati, compariscono in questo alquanto convessi. Esso è all’intorno segnato da sottili strie trasversali, e le suture sono distinte da un picciolo risalto striato anch’ esso, ma più finamente. Le figure di Lister a cui mi sembra di poterlo riferire, sono riposte da Gmelin fra le specie inde- terminate. Lunghezza lin. 6, larghezza lin. 5. 5. TrocHus miliaris: nob. ( tav. VI, fig. 1). Testa imperforata , conica, anfractubus convexiusculis , strits transversis granulatis, infimis duabus eminentioribus. Si accosta alla forma del precedente, ma è cinto tutto all’ in- torno da filetti composti di tubercoli concatenati, due de’ quali nella parte inferiore di ciaschedun anfratto, segnatamente nell’ultimo e nel penultimo, sono più elevati degli altri e circoscrivono la sutura. Lunghezza lin. 5, larghezza lin. 4. Somiglia molto a un picciolo troco comunissimo nel golfo di Taranto, vergato per lungo di strisce brune e bianche, e con l'apice roseo; ma esso ha intorno alla sutura una sola serie di tubercoli poco diversa dalle altre. (354) 6. Trocnus crenulatus: nob. (tav. VI, fig. 2). Testa imperforata, conica, anfractubus planiusculis ; striis cre- nulatis moniliformibus, unica -inferne crasstore. Fossile nell’ isola d’ Ischia. Differisce dal muricatus in quanto che gli anfratti sono piani e circondati da strie granulate, i cui interstizj sono segnati di picciole fossoline, disposte esse pure in serie trasversali. Nella parte inferiore degli anfratti si scorge un cordoncino più eminente corredato di tubercoli bislunghi. L’ ho raccolto nell’ isola d’ Ischia presso il monte Tabor nella marna figulina coperta da un'antica corrente di lava che contiene spoglie di altri testacei, e lo rappresento ingran- dito del doppio. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 2. 7. Trocnus obliquatus. L. Martin. , tab. 171, fig. 1685. Abita nel Mediterraneo (Lin.). Fossile a Parlascio e a Mo- rona in Toscana. Corrisponde molto bene alla citata figura di Martini, e tutti gli esemplari da me veduti conservavano manifesti vestigi delle strisce violacee e sanguigne spesso obblique, e talvolta a zig zag, di cui è naturalmente dipinta questa conchiglia; ma nella maggior parte degl individui questo colore ha sofferto un’alterazione, e si è trasmutato in cenerino. La sua forma è depressa e schiacciata, e la parte superiore del primo anfratto è leggermente incavata di sotto al margine della sutura, il che sembra essere parimente indicato nella figura di Martini. Var. R, anfractubus sulco lato exaratis ( tav. V., fig. 20 ). Targioni, Viaggi, vol. I, pag. 201, tab. 2, fig. H ( mala). Fossile a Morona in Toscana. (355 ) L’incavatura degli anfratti pochissimo sensibile nella varietà precedente è in questa molto profonda, e forma sull’ anfratto inferiore una costa leggermente nodosa, che lo fa sembrare carenato. 8. TrocHus cinerarius. L. Gualt., tab. 62, fig. I? Martin., tab. 171, fig. 1686. Abita nel Mediterraneo e nel mare di Norvegia (Lin.), e nell’Adriatico ( Rerieri, Olivi). Fossile in Piemonte. Anche questo è dipinto a strisce obblique e serpeggianti di colore rubicondo o bigio; ma esse è molto più allungato e più acuto dell’obliguatus, gli anfratti sono convessi, contigui e leggermente striati per traverso. Nei due individui che ho sott'occhio, 1’ umbilico è interamente chiuso. È necessario d’ avvertirsi che il cinerarius di Linneo è af- fatto diverso da quello chiamato da Born con lo stesso nome, di cui Gmelin ha fatto una specie particolare che distingue con l'epiteto di a/bidus. Quest ultimo ha gli anfratti fortemente solcati per traverso , talvolta granulosi, e sempre distinti dalla sutura mediante un canaletto più o meno largo. Esso è oltre modo comune nell'Adriatico, e comparisce screziato a macchie ed a pennellate ora bige, ora rossicce, e talvolta pavonazze. g. TrocHus magus. L. Gualt., tab. 62, fig. L. ì Abita nel Mediterraneo e nel Mar Rosso (Lin. ). Fossile nelle Crete Sanesi, a Monterigioni, nel Piacentino , in Pie- monte e nell’ isola d’ Ischia. Questa conchiglia presenta, a norma dell’età, una forma ora conico-acuta ed ora schiacciata: quest ultima è più comune (356) negl’ individui fossili, ed è ottimamente espressa nelle figure di Argenville, di Seba, di Knorr. Nel Sanese ne ho trovato alcuni di forma acuta con gli anfratti convessi, mon canali- culati, ma distinti da una linea punteggiata, e segnati per lungo da protuberanze nodose. Credo che sieno una varietà del magus, ma si avvicinano di molto al trochus @gyptius. ro. Trocuus patulus: nob. (tav. V, fig. 19, @, 6). Testa conica, anfractubus rotundatis confertim transverse stria- tis, apertura patula , labio calloso , dilatato , umbilico semiclauso. Comment. Bonon., vol. V, pars II, pag. 168, tab. IL, fig. 2 ( fossilis). Fossile nel Piacentino e nel Bolognese. Non è male rappresentato nella tavola sopra citata dei Com- mentar] dell’ Istituto di Bologna, ma l’umbilico in quella figura è affatto chiuso, mentre ne rimane sempre un indizio, quan- tunque sia in gran parte coperto dall’ espansione callosa del labbro sinistro. Oltre a ciò non sono bene indicate le strie trasversali, sottili, numerosissime ed estese sulla superficie di tutti gli anfratti, la forma de’ quali è molto convessa. L° aper- tura in questo troco comparisce assai dilatata in grazia del prolungamento del labbro destro che si protrae molto innanzi, assottigliandosi gradatamente finchè termina con un lembo acuto Var. R convexo-depressa, strits granulatis scabris, margine su- turali obscure noduloso. Comment. Bonon., ibid., fig. 2, a. È osservabile per la sua forma compressa, che lo è dav- vantaggio quanto più giovani sono gl’ individui. Le strie in tal caso appajono granulose, e il margine degli anfratti intorno (357) alla sutura è leggermente nodoso, e più patente 1 umbilico. Non si può tuttavia muover dubbio ch’ esso non sia una sem- plice varietà, poichè posseggo una serie d’individui ne? quali questi distintivi divengono di mano in mano meno cospicui, a norma che la conchiglia acquista maggior volume, finchè del tutto svaniscono. i 11. Trocnus vorticosus: nob. ( tav. V, fig. 14, a, b). Testa convexo-depressa, anfractubus excavatis, superne no- dulosis, margine baseos acutissimo, umbilico amplo infundibu- liformi extus oblique plicato, apertura tetragona. Fossile in Valle Andona nel Piemonte. Nella struttura quadrangolare dell’ apertura, nel margine acuto della base, nell’ampiezza dell’umbilico, e finalmente nella forma piano-convessa somiglia a quei trochi, di cui La- mark ha fatto un genere particolare sotto il nome di solarium, nel quale è incluso il trochus perspectivus; ma in quello che descriviamo l umbilico non è internamente addentellato , nel che consiste l’essenziale carattere di quel genere. Gli anfratti sono nel numero di cinque, dolcemente scavati nel mezzo, e cinti presso la sutura da una serie di protube- ranze nodulose. L° ultimo di essi che costituisce la base della conchiglia, termina con uno spigolo affilato, ed è quasi piano nella faccia inferiore. L’umbilico è ampio, profondo , dilatato superiormente a foggia d’imbuto, e circondato da un risalto leggermente convesso e segnato di linee o di piegature sottili ed obblique, disposte a guisa di raggi. L'apertura è quadrata. 12. Yrocuus solaris. L. Varietas (tav. V, fig. 13, a, db). Bonann., Mus. Kircher. 3, fig. 359, 360. Abita nel mare dell’America australe ( Lin. ). Fossile nel- l'isola d’ Ischia. (358) Esso non è certamente che una mediocre varietà del troco così chiamato, la quale differisce dall’ ordinaria pei seguenti caratteri: perchè l’umbilico è circondato da pieghe rilevate e squamose, disposte intorno di esso a guisa di raggi; perchè nella faccia inferiore, in quella , cioè, ov' è situata l’ apertura, avvi una sola serie circolare di squame fornicate; e perchè gli anfratti sono soltanto nodosi intorno alla sutura, e lisci nel rimanente. Nella specie comune, all’ incontro, la regione dell’ umbilico è semplicemente striata e circoscritta da una qua- druplice serie di cingoli tubercolati alternativamente minori : le strie sono sottili, lamellari, increspate, e si stendono su tutta la superficie della faccia inferiore, e su quella ancora delle spine del margine: gli anfratti poi sono coperti di rughe grossolane e nodose, collocate longitudinalmente. Tale è la varietà 8 di Gmelin, a cui spettano le figure 1718, 1719 di Martini, attribuite al turbo calcar. x 13. Trocaus agglutinans. Lam. Aldovr., Mus. metall., pag. 846, fig. 7? ( fossilis ). Lamark, Ann. du Mus., vol. VII, fig. 8 ( fossilis ). Fossile nel Piacentino, in Piemonte e a San Geminiano in Toscana. Lamark lo crede una mediocre varietà del trochus conchy- liophorus, benchè quest’ ultimo manchi di umbilico , che nel nostro è ampio e profondo. Gli esemplari ben conservati hanno le frastagliature del margine più lunghe di quello che lo sieno nella figura di Lamark, e sono sparsi di frammenti di bivalvi che vi s’ incollarono intorno, e di cui in alcuni luoghi rimane Y impronta. Sembra che a questo troco si possa riferire quello rappresentato da Walch, e trovato impietrito nell’ isola di Fe- roe ( Monum. ecc., tom. II, tav. VI.B, fig. 7). ( 359 ) 14. Troc#us canaliculatus — Solarium canaliculatum. Lam. Soldani, Saggio, tab. X, fig. 61, H.I (mala). Brander, Fossil. Hantoniens., tab. 1, fig. 7, 8. Fossile nel Piacentino ed alla Coroncina nelle Crete Sanesi. Questa elegantissima conchiglia che non è rara nelle colline di Castell'Arquato nel Piacentino, ha la forma del perspectivus di Linneo, ed è tutto all’intorno rigata da cordoncini gra- nulati e moniliformi, alternativamente più sottili. Il margine dell’ anfratto della base è incavato da un canaletto profondo, come lo sono eziandio le spirali interne dell’ umbilico. Bran- der trovò fossile questa conchiglia ad Hampshire in Inghilterra, e Lamark ne’ contorni di Parigi ( Y. Ann. du Mus., tom. IV, pag. 53 ). Esiste parimente a Priabona nel Vicentino fra Malo e Valdagno. 15. TrocHus pseudo-perspectisus : nob. (tav.V, fig. 18, a, db). Testa convexa, anfractubus leevibus, margine suturali circin- natim sulcato, sulcis elevatis 2, 3 crenulatis succincto, umbilico pervio , plicato, plicis sulco distretis. Martin., tab. 73, fig. 1709. Aldoor., Mus. metall.; pag. 89, fig. 1, 2 ( fossilis ). La patria è ignota. Fossile in Valdelsa nella Toscana, a Fango Nero presso Siena, nel Piacentino e nel monte Bian- cano nel Bolognese. Abbastanza buona è la figura di Martini, ma è stata rica- vata da un picciolo individuo. Essa è riferita con dubbio da Gmelin al trochus Aybridus insieme con la fig. 1703, che po- trebbe rappresentare una varietà, giacchè il troco che deseri- Viamo soggiace sovente ad alcune differenze : esporrò quelle che ho osservato negli esemplari fossili. ( 360 ) La prima differenza si ravvisa nella forma che ora è co- nica, ora piatta, ed ora così discoidea, che non appare con- vessa fuorchè verso il centro della spira. Tutti gli anfratti in alcuni individui sono lungo la sutura circondati da due strie eminenti e crenellate, ed in altri da tre, che hanno appena un lieve indizio di crenellatura. Nei primi costante- mente si osserva che il margine della faccia inferiore della conchiglia è orlato tutto all’ intorno da un cordoncino elevato il quale manca negli altri, ma ne apparisce sempre un ru- dimento nella fauce dell’ apertura, il che è parimente indicato nella figura di Martini. L’ umbilico finalmente ora è più, ora men dilatato, e generalmente cinto da piegature circoscritte da un solco profondo, le quali si stendono bene spesso più oltre; ma talvolta ancora sono quasi del tutto obliterate. Idem. Var., cingulis argute crenulatis undique cincta. Fossile nel Piacentino. Questa varietà è troppo cospicua perchè non sabbia a considerare individualmente. Tutta la superficie così nella faccia superiore come nell’ inferiore, eccetto che nell'interno della fauce, è segnata di cordoncini piatti elegantemente cre- nellati; ma per distinguerne la struttura è necessario giovarsi di una lente. Poichè questa specie presenta tante modificazioni, è proba- bile che il solarium patulum di Lamark sia parimente una va- rietà di essa, giacchè si uniforma al nostro in alcuni caratteri. 10. Trocuus variegatus. L. Gualt., tab. 605, fig. L. Martini, tab. 173, fig. 1708, 1709. La patria è ignota ( Lin.). Fossile nel Piacentino. (361 ) Mentre ne’ due precedenti trochi il margine della base è affilato, in questo, all'incontro, è rotondato. Tutta la conchi- glia è rigata di cordoncini crenellati che acquistano questa struttura per essere intersecati da sottilissimi solchi che vanno dal centro alla circonferenza i quali si presentano più distin- tamente all’ occhio nella faccia inferiore. L’umbilico è pro- fondo, e le spirali che si scorgono nell’ interno di esso sono crenellate: l'apertura è quasi rotonda. A questa specie debbesi riferire la citata figura del Gual- tieri, collocata da Gmelin fra le indeterminate. Osservazioni. Ventiquattro specie di trochi ha rinvenuto il Re- nieri nell’Adriatico, dieci delle quali non sono registrate nel Systema Nature, benchè alcune sieno figurate dal Gualtieri ed altre da Lister. Non v ha forse genere che in proporzione del numero delle specie presenti in quel libro tante figure indeterminate, delle quali non si è saputo fare applicazione veruna, poichè del solo Lister se ne ac- cennano già ventiquattro, Dei coni esistenti nell'Adriatico, due soli, per quanto sappia, com- pariscono fossili fra noi, il granulatus, cioè, e il cinerarius ; e rispetto a quest ultimo ho ancora qualche dubbio se io I’ abbia debitamente nominato. Sembra strano che il troco più vulgato in quel mare, ed ov- vio da per tutto nelle lagune, intendo dire il cirerarius di Born o l’albi- dus di Gmelin, non siasi per anche incontrato ne’ nostri terreni terziarj. Nè l’ Olivi, né il Renieri ne citano veruno nei loro cataloghi spettante al genere Solarium di Lamark, di cui nove specie ne trovò Lamark istesso a Grignon in Francia. Io ne ho riferito tre, una delle quali e forse due sono promiscue a quel paese; fra questi il pseudo- perspectivus ed il variegatus vivono tuttora ne’ mari, benchè non se ne conosca la patria. Il troco fossile più specioso per la sua configurazione e per la provenienza esotica è il so/aris, che si pesca attualmente nel mare delle Indie ed in quello che bagna l'America australe, 46 ( 362 ) XIII. TURBINE. Num. 1, 2, genere 7urbo di Lamark; 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, {atra; ‘13, 13/15/1634 E7: 185/19 A0) ‘ar? ‘aa AZ tetta :022) 205 26, 27, 28, 29 Scalarta; 30, 31 Pupa; 32, 33 Auricula; 34 Melania. I. Turzo rugosus. L. Aldoor., De testac., pag. 393, fig. 1 — 4. Mattiol. in Dioscor., pag. 328, fig. 3, 4. Moscard., Mus., pag. 216, fig. 1. Bonann., Recr. 2, fig. 12, 13. — Mus. Kircher. 3, fig. 12, 14 (male). Gualt., tab. 63, fig. FP, H. Mercati, pag. 343 ( opercula fossilia ). Aldovr., Mus. metall. , pag. 800 ( opercula fossilia). Scilla, Vana speculaz., tab. 16, fig. 2 ( fossilis ). Abita nell'Adriatico, nel Mediterraneo, nella Nuova Zelanda ( Lin. ecc. ). Fossile in moltissimi luoghi dell’ Italia. È tanto comune che stimo superfluo d’individuare le situa- zioni dove si trova fossile. Mentre era a Cesena si scavarono molte spoglie di testacei marini alla Salita di Colle fra Cesena e Forlì, all’occasione di demolire dai fondamenti una vecchia torre, e fra questi si dissotterrarono alcuni gusci di eurbo rugosus che conservavano il lustro margaritaceo. Quanto ab- bondasse questa conchiglia negli antichi mari d’Italia si può inoltre argitirlo dalla quantità di operculi fossili che si tro- vano in Calabria, nel Bolognese e nelle Crete Sanesi, segna- tamente nel luogo detto Malamerenda. (363) Idem, Var. depressa, anfractubus spinis fornicatis compressis. Fossile nel Piacentino. Il turbo rugosus ha per l’ ordinario una forma ovato-acuta, ed è sparso di rughe nodose e di picciole squame fornicate, ma comparisce talvolta molto schiacciato ed armato di lunghe spine compresse. Queste osservazioni furono fatte dall’ Olivi nell'Adriatico, dove notò che gl’individui giovani si presen- tano sotto tale aspetto; ma che giungendo all’ ordinaria gran- dezza, gli anfratti si gonfiano e le spine si cambiano in rughe nodose. et passaggi si scorgono parimente negl’ individui fossili, alcuni dei quali si scambierebbero RIPA col turbo calcar, come ha fatto Gmelin, giacchè a questa varietà appartengono le figure 1786, 1787 di Martini, e 1585, 1586 di Chemnitz, non al turbo calcar cui egli le attribuisce. 2. Turzo cimex. L. Lc VI, fig. #6 Gualt., tab. 44, fig. A Abita si Afliiorialia (Lin.), e nell'Adriatico (Renieri). Fossile a Monte Biancano nel Bolognese e nell’ Isola d’Ischia. Questa conchiglia ha appena due linee di lunghezza, e quantunque fossile conserva la sua pellucidità al paro degli individui marini, ma nell'isola d’Ischia dove trovasi nella marna sottoposta ad una corrente di lava, e dove è oltre- modo abbondante, si mostra affatto calcinata. Essa è composta di cinque anfratti quasi piani o almeno leggermente convessi, l'inferiore de’ quali è lungo quanto tutti gli altri. La super- ficie osservata con la lente comparisce profondamente solcata per lungo e per traverso, e sagrinata di tubercoli rilevati che risultano dall’intersecazione de’ solchi longitudinali e tras- versali. Il labbro destro internamente è addentellato ed orlato — _—— w—. (364 ) nel margine esterno da un risalto varicoso. L° apertura è ovale rotondata all’ estremità inferiore, ed acuta superiormente. Il Gualtieri ha dato di questo murice una mediocre figura ch'è l'unica che si abbia, poichè quella di Adanson che Lin- neo per assoluto e Gmelin dubitativamente riferiscono a questa specie, rappresentano un buccino, il duccinun son di Bru- guiere: perciò ho creduto essere prezzo dell’ opera di figurarlo di nuovo. Il Gualtieri ottimamente avvertì nella descrizione, che l’apertura è perpendicolare, vale a dire che il suo piano è quasi paralello a quello dell’asse della conchiglia, nel che differisce dal dbuccinum muricatum che ha come esso la super- ficie papillare, ma che è inoltre più gonfio e incomparabil- mente maggiore, poichè attinge la lunghezza di dieci linee. Nel Museo del Consiglio delle Miniere v° ha un buon nu- mero d’individui marini di zurbo cimex , alcuni de’ quali pro- vengono dalle coste della Romagna e dall’ isola Zlarin presso il promontorio di Ostritza nella Dalmazia, ed altri furono rac- colti sulle spiagge dell’isola di Cipro. 3. Tunzo terebra. L. (tav. VI, fig. 8). Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 115. Ginann. IL, tab. 6, fig. 53. Abita nell’Adriatico, nell'Atlantico, ecc. ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. lo credo che sotto il nome di terebra sieno stati confusi parecchi turbini affatto diversi, per la qual cosa mi sono li- mitato alla citazione delle sole figure del Bonanni e del Gi- nanni, che corrispondono all’ esemplare fossile che ho sott oc- chio, e per iscansare ogni equivoco ne ho dato la figura io medesimo. Questo turbine che ha gli anfratti gonf), alquanto (365 ) ; ristretti, ma pochissimo, nella parte superiore, e circondati da otto o dieci sottili strie filiformi, mi sembra al certo dif- ferente da un altro comunissimo nelle raccolte, il quale è indicato. da Linneo con lo stesso nome. Gli anfratti in quello che adesso rammento si vanno gradatamente ristringendo, e sono divisi nelia sutura da un largo solco formato dalla coincidenza dei lembi declivi e dolcemente incavati dei due anfratti contigui. Ciascheduno degli anfratti stessi ha sei ca- rene ordinariamente afhlate, ma talvolta ancora ottuse, di cui le tre inferiori sono più grosse delle altre. A questo debbesi riferire la fig. 12 della tav. 56 di Seba, e meglio aucora la fig. 8, come altresì quella del Colonna, de aquatil., pag. 53, fig. 2. 4. Turzo replicatus. L. (tav. VI, fig. 9g). Bonann., Recr. et Mus. Kucher. 3, fig. 24. Scula, Vana speculaz., tab. 16, fig. postrema, inferne ( fossilis ). Abita nel Tranquebar ( Lin. ). Fossile nelle Crete Sanesi e in Calabria. Il principale carattere di questa specie consiste negli anfratti rotondati e quasi lisci, distinti Y uno dall’altro da una pro- fonda sutura, i quali corrono spiralmente in direzione molto obbliqua. Esso è trasversalmente segnato da sottilissime strie, com’ è delineato da Lister nella fig. 55 della tav. 590, a cui si potrebbe aggiungere la fig. 23 del Bonanni, che Gmelin attribuisce al cerebra. Il Bonanni di fatto chiama quel suo turbine sottilmente rigato, e se esso fosse il replicatus, se ne dedurrebbe che esiste nell’Adriatico, dove, secondo la sua testimonianza, è molto frequente. Checchè di ciò sia, fra tutte le figure citate da Gmelin-la più fedele è la 24 del Bonanni, giacchè in quella di Argenville gere rr rom (366 ) non è espressa l’obbliquità degli anfratti, 1 altra di Knorr sembra appartenere piuttosto alla varietà y del turbo terebra ( che a mio avviso è una specie distinta ), e la fig. 1412 di Martini presentando strie troppo cospicue e una carena molto rilevata nei due primi anfratti, non può essere qui registrata. 5. Turzo exoletus. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher., fig. 113. Abita nei mari dell’ Europa australe ( Lin. ), presso le coste della Guinea ( Gmelin ), e nell’Adriatico? ( Renzeri ). Fossile a Monterigioni nel Sanese. Il Renieri nota che l’ Olivi scambiò questo turbine con l’ungulinus, ma non so come abbia egli potuto incorrere in tale equivoco, quando l'ungulinus, secondo ia frase spe- cifica di Linneo, è segnato da dieci strie poco rilevate, e l’exoletus ha soltanto due grossi e ben distinti cordoni nella parte inferiore degli anfratti. Il Renieri riporta inoltre una varietà del suo exoletus, ma così poco caratterizzata che gli sembra poter essere Il imbricatus. Possiamo dunque con ra- gione dubitare che questa specie esista nell’Adriatico. La figura del Bonanni è passabilmente buona; ma in essa le due carene sono contigue quando realmente vi si frappone l'intervallo di più di una linea. Quella di Argenville ( fig. C, non 10 ) ha lo stesso difetto, e presenta inoltre gli anfratti troppo incavati e le carene acute, mentre sono rotondate. La figura di Lister è pessima, l'altra di Knorr non appartiene certo a questa specie, e quella di Born è così goffa, che Gmelin stesso si è astenuto dal citarla, e credette di riferirla ad una specie particolare sotto il nome di turbo obsoletus. La più fedele di tutte è la 1424 di Martini. (367) 6. Turso duplicatus. L. (tav. VI, fig. 18). Lister, Anim. angl., tab. 3, fig. 7. Abita presso i lidi del Coromandel ( Gmel. ), e nel mare d'Inghilterra ( Lister ). Fossile nel Piacentino. Benchè il zurbo duplicatus sia disegnato nelle opere del Bo- nanni e nel Gualtieri, non ho tuttavia fatto uso delle figure di questi autori, perchè troppo si discostano dal nostro esem- plare fossile. Quanto poi a quelle di Seba 7 e 8 della tav. 56 , citate da Linneo, la prima è molto dubbiosa, e 1° altra rappresenta, come abbiamo superiormente avvertito, il turbo terebra, o almeno una varietà di esso, quando non si voglia che sia una specie particolare. In tutte queste figure gli anfratti sono gonf) e rotondati, e le due carene situate nel bel mezzo di essi; quella sola di Lister corrisponde alla nostra conchiglia che ha gli anfratti, non già convessi ma piani, anzi dolcemente incavati al di sopra delle carene le quali occupano la parte inferiore di ciaschedun anfratto. Sospettava da prima che questo turbine potesse essere una porzione del turbo exoletus, sapendosi che le conchiglie di questa tribù presentano alcune modificazioni nei differenti loro punti, in guisa tale che la struttura degli anfratti inferiori non è sempre perfettamente identica a quella degli anfratti più prossimi all’apice della spira; ma mi sono poscia disingannato. Le due carene del zurbo exoletus sono da per tutto assai prominenti, almeno la seconda ; e sempre ottuse e rotondate, quardo nel nostro appajono depresse ed acute; carattere avvertito pure da Lister. Questo autore nota inoltre che Ja superficie è segnata da un gran numero di altre strie, e così è di fatto. (368 ) Linneo aveva detto che il turbo duplicatus abita nell'Oceano europeo; ma perchè dunque ha voluto Gmelin confinarlo nel Coromandel, mentre si valse della citazione di Lister che lo registra fra i testacei del mare d°’ Inghilterra? 7. Turzo acutangulus. Varietas ( tav. VI, fig. 10). Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 117. La patria è ignota. Fossile nel Piacentino , nelle Crete Sa- nesi e nel Reggiano. La varietà comune dell’ acutangutus che attinge talvolta alla lunghezza di mezzo piede, e il cui maggior diametro oltre- passa allora un pollice e mezzo, differisce da questa perchè nella prima oltre alla carena maggiore situata ad un terzo della larghezza degli anfratti, si ravvisano altri cinque o sei cingoli abbastanza prominenti, due de’ quali più grossi degli altri spalleggiano Ja carena. Negl’'individui giganteschi si os- serva che nei tre anfratti inferiori sono questi cingoli obli- terati in guisa tale che rimane la sola carena meno saliente e più afhlata. Ma alquanto diverso è l’ acutangulus fossile, in quanto che è per traverso solcato da finissime strie capillari, e tutti gli anfratti sono colmi verso la loro metà formando uno spigolo acuto, come appunto si scorge nella figura del Bonanni. Lin- neo riferì assolutamente questa figura all’ acutangulus, ma Gmelin vi appose un segno che indica essere incerto se vi appartenga, e mel vero essa rappresenta per lo meno una varietà. Alcuni individui rinvenuti nelle Crete Sanesi e nel Reggiano non hanno il menomo indizio di calcinazione e con- servano la loro pellucidità ed il loro candore come se fossero pescati di fresco. ( 369 ) Nel museo del Consiglio delle Miniere v ha un turbine che sembra essere il. corrispondente di quello che descriviamo , ma i cinque o'sei anfratti superiori mancano di carena e sono semplicemente striati. 8. Zurzo spiratus: nob. ( tav. VI, fig. 19). Testa subulata, turrita, anfractubus superne angustatis, ca- rina unica acutissima, strits transversis subtlissimis oculo nudo inconspicuis. Fossile nelle Crete Sanesi. Se il nome di acutangulus non fosse stato dato da Linneo al turbine precedente, a nessun altro meglio si competerebbe quanto a questo in cui la carena forma uno spigolo acutissimo, in guisa tale che uegli anfratti superiori ha la forma di un anello lamellare. Esso comparisce liscio ad occhio nudo, ma osservato con la lente si vede essere solcato da sottilissime strie. Siccome la carena è situata nel mezzo di ciascun an- fratto, così sono divisi da essa in due porzioni: 1’ inferiore è leggermente concava, e la superiore forma un piano de- clive, e gradatamente sì ristringe a foggia d’ imbuto. Io ho raccolto una quantità d’ individui di questa conchi- glia, ma tutti piccioli, di modo che il maggiore di essi non è niente più lungo di quattro linee. Da quanto scorgo in alcuni frammenti, credo che la carena negli anfratti inferiori de’ più adulti sia men prominente e meno acuta. i g. Turzo triplicatus: nob. (tav. VI, fig. 14). Testa. subulata, turrita, subtilissime. transversim striata, an- fractubus carinis tribus distantibus obtusis, intermedia crassiore, infima obsoleta. Mercati, Metalloth., pag. 301, fig. 1, 2, 6-9: (370) Fossile a San Miniato in Toscana. È stato da me rinvenuto nel luogo stesso indicato dal Mer- cati, vale a dire, nelle colline di San Miniato; ma la figura ch’ egli ne ha dato, quantunque nitida come tutte le altre di quel libro, non rappresenta le carene ottuse e rotondate con bastante esattezza. In alcuni individui l’ artista ne ha di- segnato tre, ed in altri soltanto due; ma in ciò può essere giustificato, imperocchè accade talvolta che 1° inferiore man- chi, in particolare negli anfratti superiori: costantemente si osserva che quella di mezzo è più rilevata delle altre. La conchiglia oltre a ciò è all’ intorno solcata da strie capillari. 10. Zurzo imbricatarius — Turritella imbricataria. Lam. Ann. du Mus., vol. VIII, tab. 7. Fossile nel Piacentino. È affatto superfluo che io faccia delineare questa conchiglia , giacchè conviene perfettamente con la figura data da Lamark: deggio per altro avvertire che i nostri individui sono segnati per traverso da cingoli piatti, alquanto eminenti e guarniti di finissime strie, le quali compariscono eziandio negl’ inter- valli che rimangono fra l'uno e | altro, e che queste strie intermedie non sono punto granulate, come dice Lamark; ma egli stesso avverte che questo turbine ammette molte va- rietà. Secondo il suo sentimento esso potrebb’ essere 1° analogo del turbo imbricatus di Linneo, ma non si arrischia di assi- curarlo, avvegnachè in quello di cui parliamo, le strie tras- versali sono più insigni. Giustissima è l'osservazione di questo naturalista che pro- cede sempre ne’ suoi confronti con quella scrupolosa esattezza indispensabile in simili studj. ma rispetto al turbo imbricatus (371) di Linneo mi occorre qui di fare alcune riflessioni. Questo turbine, se io ben lo conosco, ha gli anfratti in forma di imbuti rovesciati, è per traverso, rigato da sottilissime strie, fra le quali ve n°ha alcune un po’ più evidenti e leggermente granulose; il margine inferiore degli anfratti è ingrossato, 0 gibboso, come lo chiama Born, ed in esso oscuramente si scorge il vestigio di un cordone, ottuso; il piano della base è fortemente solcato , ed il colore dell’individuo che ho pre- sente è pavonazzo SCuro ; screziato per lungo a macchie bian- chicce, flessuose e ondeggianti, mentre le strie trasversali sono articolate di bianco. Se tale è il turbo imbricatus, gli si compete a buon diritto la fig. 26 della tav. 56 di Seba, citata da Gmelin, e vi si deve aggiungere l’ altra ancora migliore del Bonanni, fig. 112, che Linneo e Gmelin hanno riferito al turbo variegatus. Al contrario, mi sembra che le figure di Martini e di Knorr, e forse anche quella del Gualtieri, applicate al turbo imbri- catus, rappresentino una specie diversa o almeno una forte varietà: attesa la frequenza e I’ elevatezza delle strie appar- terrebbero piuttosto alla zurritella imbricataria di Lamark, di cui in tal caso esisterebbe l’ analogo vivente. È da notarsi che Linneo e Gmelin avevano certamente un'idea diversa del turbo imbricatus, imperocchè quest ultimo attribuisce ad esso tutte le figure di Seba che l'altro registrò sotto il varie- gatus. Si può vedere in Chemnitz quanto sia difficile di di- stinguere queste due specie con la scorta delle definizioni linneane ( Neues system. conch. cabin., vol. IV, pag. 259— 261). Idem; Varietas anfractubus subimbricatis , carinis 3, 4 obtusis; striùs transversis subtilioribus (tav. VI, fig. 12). (372) Fossile nel Piacentino. Gli anfratti sono meno evidentemente imbricati, ed hanno tre o quattro cingoli compressi, solcati da strie capillari che si scorgono parimente negl’interstizj. Fra il cingolo inferiore e quello che gli succede v'ha per |’ ordinario tre di queste strie, e fra il terzo e il quarto una sola. 11. Turzo tornatus: nob. (tav. VI, fig. 11 ). Testa subulata, turrita, anfractubus complanatis contiguis , transversim subtiliter striatis, cingulis numerosis inaqualibus , leviter crispatis. Gualt. , tab. 56, fic A, 1? Fossile nel Piacentino. Gli anfratti sono quasi affatto spianati, distinti da una su- tura poco profonda. e rigati trasversalmente da cordoncini striati ed ottusi, ai quali se ne frappongono altri più sottili. Tutta la conchiglia è inoltre segnata per lungo da rughe flessuose dipendenti dall’ accrescimento del guscio, le quali leggermente increspano i cordoncini su cui si accavallano. Attinge la lunghezza di fin quattro pollici. 12. Tvrso vermicularis: nob. (tav. VI, fig. 13 ). Testa subulata, turrita, anfractubus convexiusculis, cingulis quatuor distinctissimis, supremo subtiliore , sulcis intermediis excavatis. Fossile a San Miniato e in Piemonte. Ne posseggo sei individui, alcuni de’ quali furono da me raccolti in Toscana, altri in Piemonte, ed in tutti costante- mente si osservano gli stessi caratteri che debbonsi per con- seguenza considerare specifici. Gli anfratti sono leggermente convessi, ed hanno quattro cingoli rilevati, ottusi e striati . (373 ) il quarto de’ quali, ovvero sia il superiore, è sempre più sottile degli altri tre, e tutti sono separati da un solco in- cavato e profondo. Lunghezza poll. 3, lin. 3. 13. Turzo marginalis : nob. ( tav. VI, fig. 20). Testa turrita, subulata, anfractubus explanatis subimbricatis loevibus s vix transversim striatis , carina unica acuta, marginali. Fossile nelle Crete Sanesi. Distintissimo da tutt'i precedenti, in quanto che ha una sola carena acuta in poca distanza dalla sutura inferiore, la quale sembra essere prodotta come se si fosse tagliato in isbieco il margine degli anfratti. Gli anfratti medesimi sono affatto piani e più stretti superiormente che nella parte in- feriore, tal che hanno la sembianza d’ imbuti infilzati l uno nell’ altro. Essi sono segnati da sottilissime strie distanti l'una dall’ altra, di cui, con l’ajuto della lente, se ne annoverano tre sotto alla carena, e cinque o sei nello spazio superiore. L’individuo che ho raccolto ha la lunghezza di un pollice e due linee. 14. Turzo cochleatus (tav. VI, fig. 17). Testa turrita, subulata, anfractubus convexis, superne an- gustatis, infra medium subcarinatis, stris transversis subtilis- simis distantibus. Fossile a San Giusto presso Volterra. È analogo al precedente, rispetto al sito in cui è collocata la carena, ma interamente ne differisce, in quanto che essa è meno acuta e gli anfratti sono gonf}, convessi e molto più assottigliati nella parte superiore. Non è poi confondibile col carinatus , perchè questo oltre alla carena principale ha pa- recchie altre strie promine»ti che si riconoscono distintamente (374) fino nell'estremo apice della spira, mentre il nostro ora è liscio, ed ora solcato da strie sottili e distanti. Solamente una sola fra la carena e la sutura inferiore è alquanto più elevata delle altre. I più grandi individui che posseggo hanno mezzo pollice di TRAI 15. Turso subangulatus: nob. (tav. VI, fig. si Testa turrita, subulata, anfractubus tumidiusculis perpornnn Ù striis confertis inequalibus undique cincta. Fossile nelle Crete Sanesi. Potrebbe essere una varietà dell’ acutangulus, ma gli an- fratti sono fortemente striati e la carena è più ottusa. Essa è formata da una stria più eminente di tutte le altre, le quali sono di disuguale grossezza. Lunghezza poll. 2. 16. Turzo varicosus: nob. (tav. VI, fig. 19 ). Testa turrita, subulata , anfractubus planis longitudinaliter rugoso nodosis, transversim exquisite striatis, cingulis duobus crassioribus. Fossile a Monterigioni nel Sanese. Ha qualche conformità con quello rappresentato da Lister nella tav. 589, fig. 53, e da Chemnitz nel vol. IV, vignetta 40, fig. 1. Il principale suo carattere consiste nell’ essere cor- redaro di grosse rughe longitudinali leggermente nodose che occupano la parte superiore degli anfratti, e che insensibil- mente svaniscono nell’ inferiore. Esso è inoltre trasversalmente solcato da sottilissime strie, fra le quali campeggiano due cin- goli piatti. Lunghezza poll. 2, lin. 6. 17. Torso tricarinatus: nob. (tav. VI, fig. 21). Testa turrita, subulata, anfractubus convexis, carinis tribus acutiusculis distinctissimis, interstite leviter striatis. (379) Fossile nel Piacentino, nel Reggiano ed a San Giusto presso Volterra. È poco diverso dal triplicatus, ma si distingue da esso per- chè ha gli anfratti più gonfj, e per conseguenza la sutura che li divide è più sprofondata, e perchè le tre carene sono più rilevate e più regolari, di modo che evidentemente si riconoscono su tutti gli anfratti tanto negl’ inferiori quanto in quelli che costituiscono l’ apice della spira: nel zricarinatus, all’opposto, le due laterali sono poco distinte, ed una di esse manca per l’ordinario negli anfratti superiori. Gli spazj in- termediarj alle carene sono in questo nostro sottilmente striati. Havvi individui della lunghezza di una linea fino a quella di un pollice e tre linee. 18. Turzo quadricarinatus: nob. ( tav. VII, fig. 6). Testa turrita, subulata, anfractubus convexis, carinis quatuor erenulatis , inferioribus duabus crassioribus , interstitiis cancellatis. Fossile nel Piacentino. Questa elegante conchiglia ha la sembianza di una vite di torchio, e porta in ciaschedun anfratto quattro carene, di cui le tre inferiori sono più eminenti dell’ altra, e la seconda più della prima e della terza, mentre la quarta che occupa la parte superiore, è sottilissima. Le strie filiformi longitudinali passando sopra le carene le fanno comparire granulose , e si incrociechiano neglinterstizy con altre strie trasversali, for- mando un tessuto reticolare. Debbo avvertire che la quarta carena nella figura è perduta nell’ ombra che riuscì un po’ trop- po forte. Lunghezza poll. 1, larghezza lin. 4. 19. Turzo lanceolatus: nob. (tav. VII, fig. 7). (370) Testa turrita, subulata, anfractubus explanatis contiguis, lon- gitudinaliter obsolete plicatis, striis transversis tenutbus, inter- stutus crenatis. Fossile a Parlascio, a Monte Mario , nelle colline bolognesi e piacentine. La struttura di questo turbine è affatto particolare per avere gli anfratti assolutamente piani, in guisa tale che sono tutti sulla medesima linea, e vengono solamente separati da una sottile sutura. Essi sono guarniti per lungo di coste ottuse e poco rilevate, simmetricamente disposte a distanze pari, e se- gnati per traverso da sottili strie che distintamente non ap- pajono che negl’ interstizj, poco essendo riconoscibili sulla con- vessità delle coste. Lunghezza poll. 1, lin. 1; larghezza lin. 2. zo. Turso corrugatus: nob. ( tav. VII, fig. 9). Testa turrita, subulata, anfractubus turgidiusculis marginatis, longitudinaliter plicatis , transversim striatis. Fossile nel Piacentino. È anch'esso corredato di pieghe longitudinali, ma sottili e più spesse: gli anfratti sono leggermente convessi e cinti per traverso da strie capillari, una delle quali, più profonda delle altre, forma un piccolo listello intorno alla sutura superiore. Lunghezza poll. 1, larghezza lin. 1. 21. Turso plicatulus: nob. ( tav. VII, fig. 5). Testa subulata, glaberrima, nitida, anfractubus explanatis , contiguis , longitudinaliter plicatis, apertura superne angustata, labro columellari verticali. Fossile a San Giusto presso Volterra. Gli anfratti piani e guarniti di coste longitudinali gli danno molta somiglianza col turbo lanceolatus; ma quello che ora (377) descriviamo, manca del tutto di strie trasversali, ed è liscio e nitido come lo smalto. L'apertura presenta alcuni caratteri che mi fanno dubitare che possa essere incluso nel genere Turritella di Lamark; imperocchè essa ha una forma ovato- acuta, come nella melania nitida, e la columella s' innalza ver- ticalmente , quando negli altri turbini è più o meno arcuata. 22. Turzo torulosus: nob. ( tav. VII, fig. 4). Testa turrita, anfractubus planiusculis subconicis, longitudi- naliter nodosis, transversim exquisite striatis, apertura continua rotunda. Fossile nel Piacentino. _ La forma della conchiglia è turrita, e gli anfratti, allar- gati alla base e superiormente ristretti, hanno in certa guisa la figura di coni troncati: essi sono trasversalmente segnati di sottili strie rilevate tanto sulle convessità delle coste lon- gitudinali, quanto negl’ interstizj che le separano. Queste coste hanno la sembianza di varici che insensibilmente si assotti- gliano verso la sutura superiore degli anfratti: una di esse più grossa delle altre circonda il margine esterno dell’ aper- tura ch'è circolare, e intorno alla quale il iabbro destro si unisce senza interruzione col sinistro. Lunghezza poll. 1 , lar- ghezza lin. 4. 23. Turzo cancellatus: nob. (tav. VII, fig. 8). Testa turrita, subulata, anfractubus convexis, reticulatis , apertura continua subrotunda. Fossile nel Piacentino. La superficie di questo turbine è elegantemente reticolata atteso l’incrocicchiamento delle strie trasversali con le coste longitudinali : così queste come quelle compariscono in alcuni 48 (378) individui all'incirca egualmente grosse, ma ordinariamente le coste lo sono più delle strie. La forma degli anfratti è gonfia e rotondata , e l'apertura simile a quella del precedente, ma inclina alquanto all’ovale. Lunghezza poll. 1, lin. 2; lar- ghezza lin. 4. Queste due ultime conchiglie , il turbo torulosus e cancellatus , sembrano fare passaggio alle Scalarie di Lamark, in quanto che hanno come esse l’ apertura rotonda e continua, ma la loro forma è più allungata e più turrita, e le coste longitu- dinali non sono acute e taglienti, il che è uno dei distintivi delle scalarie. Questi turbini, come pure il lanceolatus e il cor- rugatus si scostano dall’ altro canto dalle turritelle per essere corredati di coste verticali, mentre assicura Lamark di non avere veduto veruna specie di questo suo genere che presenti un tale carattere. Il turbo quadricarinatus che ha quattro ca- rene distintissime, ma i cui interstizj sono cancellati, può considerarsi come una specie intermedia alle turritelle ordi- narie ed a quelle ultimamente descritte, vale a dire al curdo lanceolatus, corrugatus, torulosus e cancellatus. 24. Turso clathrus. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 111. Gualt., tab. 58, fig. H. Planc., tab. 5, fig. 7, 8. Ginann. II, tab. 6, fig. 54. Rosa, Delle porpore, fig. 4. Soldani, Saggio , tab. X, fig. FF ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo , nell'Atlantico , nel mare delle Indie ( Lin.), e nell'Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile a San Miniato nel Sanese, nelle colline volterrane e nel Piacentino. (379) Il Soldani dice ch’ è molto raro a San Miniato, ma nelle colline volterrane è comunissimo, e ne ho raccolto diciassette individui, il maggiore de’ quali ha la lunghezza di circa quat- tro linee. Undici ve n° ha nel Museo del Consiglio delle Mi- niere, provenienti dal Piacentino, fra i quali uno è lungo un pollice. Secondo Walch questo turbine è frequente nell’ Elet- torato di Sassonia e di Francfort sull’ Oder, ma la figura che egli ne dà è troppo confusa. 25. Torso pseudo-scalaris: nob. ( tav. VII, fig. 1). Testa turrita, imperforata, anfractubus ventricosis profunda sutura discretis, costis longitudinalibus membranaceis concate- natis, marginibus reflexis. Fossile nel Piacentino. i Si avvicina al clathrus, ma mi sembra che ne differisca per avere gli anfratti più tumidi e separati da una profon- dissima sutura, talchè non si distingue bene il luogo dove sono attaccati gli uni cogli altri. Le ‘coste lamellari inoltre sono più rilevate e più sottili, e la sua lunghezza è di un pollice e mezzo, dimensione a cui non attinge, almeno nei mari attuali, il turbo clathrus. L’individuo fossile che ho sott’ occhio è di squisitissima conservazione, di colore candido, e conserva la ‘sua naturale pellucidità. 26. Turzo lamellosus: nob. ( tav. VII, fig. 2). Testa turrita, imperforata, transversim sulcata, longitudina- liter costata, costis lamellosis, crenatis, crispis, apertura rotunda. Fossile nel Piacentino. Mentre nel clazhrus e nell’altro precedentemente descritto le coste sono formate di un’ unica lamina, in questo risultano ( 380 ) da un aggregato di sottilissimi sfogli uniti a guisa degli em- brici, i quali formano una protuberanza varicosa che finisce verso la sutura in una punta acuta e ricurva. La superficie inoltre è segnata di larghi solchi che passano sulla convessità delle coste. Lunghezza poll. 1, lin. 4; larghezza lin. ©. Nella raccolta del Consiglio delle Miniere v' ha un fram- mento di un individuo che doveva avere per lo meno due pollici di lunghezza. Non rimangono che i due soli anfratti inferiori, il più grosso de’ quali ha il diametro di circa dieci linee. 27. Turzo pumiceus: nob. (tav. VII, fig. 3). Testa turrita, imperforata , transversim sulcata, longitudina» liter costata, costis incrassatis callosis, interstitiis lamellaribus, anfractubus scalariformibus, apertura rotunda. Fossile nel Piacentino. Analogo al precedente, ma le lamelle longitudinali, unen- dosi le une con le altre, formano delle coste ingrossate e va- riciformi, e gl’ intervalli che fra esse rimangono, sono occupati da altre coste men prominenti e più sottili. Gli anfratti sono piani nella parte superiore, e si succedono a foggia dei gra- dini di una scala, e colà pure continuano ad essere lamel- losi. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 4. 28. Turso retusus: nob. Testa ventricosa, spira brevi, retusa, costis membranaceis, marginibus reflexis, apertura orbiculart. Comm. Bonon., vol. II, pars 2, pag. 290, fig. 8. Fossile nel monte di San Luca presso Bologna. È distinguibile da tutte le scalarie per la sua forma schiac- ciata, in guisa tale che l’anfratto inferiore che comparisce (381 ) gonfio e ventricoso, è due volte maggiore di tutti gli altri presi insieme. Le coste longitudinali sono formate di una lamina sottile che ha un andamento flessuoso , ed è ripiegata nell’orlo. Io credo che a questa specie si possa riferire la scalaria di- segnata da Davila, Catal. syst., tom. III, tab. 2, fig. F, e ch'egli dice di avere ricevuto dall’ Italia. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. 7. 29. Turzo trochiformis: nob. Testa ovato-acuta , anfractu primo ventricoso , depresso ; costis incrassatis , apertura orbiculari. Soldani, Saggio, tab. X, fig. 59, EE. Fossile a Montalcino nel Sanese. L’anfratto inferiore ha una forma tumida e depressa come nel precedente, ma la spira è più allungata, e le coste sono incartocciate. in maniera che hanno la sembianza di grosse varici. Lunghezza poll. 1, lin. 3; larghezza lin. è. 30. Turzo acinus: nob. (tav. VI, fig. 4). Testa minuta, ovato-obtusa, anfractubus contiguis, cancel- lato-muricatis, apertura ovali, superne acutiuscula. Fossile a San Giusto presso Volterra. Ha la forma del turbo uva, ma oltre alle pieghe longitu- dinali è corredato di strie elevate trasversali che s° intersecano con le prime; le ajuole intermedie, o sia le maglie di questa rete, sono scavate. Lunghezza linee 2. 31. Turso pusillus: nob. (tav. VI, fig. 5). Testa minuta, oblonga, obtusa, longitudinaliter plicata; an- fractubus vix convexis, contiguis, apertura ovata, superne acu- tiuscula. Fossile a San Giusto presso Volterra. (382) È più allungato del precedente e gli anfratti sono piegati per lungo senza strie trasversali. La sua lunghezza è di tre linee all’ incirca. I due turbini ultimamente descritti appartengono, se non erro, al genere Pupa di Lamark; dico se non erro, poichè trovo qualche differenza fra i caratteri assegnati a questo ge- nere da Lamark medesimo, e quelli che sono esposti da Draparnaud: il primo asserisce che in siffatte conchiglie I’ ul- timo anfratto non è più grande di quello che succede, e Dra- parnaud si limita a dire che non è più gonfio. Questo autore soggiunge che l'apertura è per I’ ordinario dentata o piegata; ma Lamark non fa parola di questo distintivo. Ad ogni modo le conformità che hanno questi due turbini nella forma ge- nerale con altri che appartengono senza fallo a quel genere, come sarebbe col urbo uva, mumia, ecc., mi persuadono che possano essere associati ad essi. 32. Torso gracilis: nob. ( tav. VI, fig. 6). Testa subulata, cylindrica, anfractubus explanatis contiguis , longitudinaliter rugosis, columella uniplicata. Fossile a San Giusto presso Volterra. È liscio e nitido come lo smalto, e si rende particolarmente osservabile per la sua forma assottigliata e cilindrica dipen- dente dalla niuna convessità degli anfratti distinti soltanto da un picciolo solco. Le rughe longitudinali di cui vanno cor- redati, non sì stendono dall’ una all’ altra sutura, ma termi- nano prima di giungere al lembo degli anfratti stessi. L’aper- tura è ovale, superiormente acuta, e la columella è munita di una piegatura abbastanza rilevata. Forse è terrestre come il susseguente. (383 ) 335. Turso terebellatus — Auricula terebellata. Lam. Annal. du Mus., vol. VIII, tav. 10, fig. 10. Fossile nelle colline volterrane. L’anfratto inferiore ha nel mezzo una carena molto ottusa che non è indicata nella figura di Lamark; dubito quindi che sia la medesima specie, benchè nel numero delle pieghe della columella che sono tre, e in tutto il rimanente corri- sponda all’ auricula terebellata di questo autore. 34. Turzo striatus: nob. (tav. VI, fig. 7). Testa turrita, anfractubus plantusculis, transversim sulcatis , apertura superne acuta. Fossile nelle Crete Sanesi. Non ha niente di particolare nelia sua forma: è composto di otto anfratti appena convessi, striati per traverso e sepa- rati da un solco alquanto profondo, ed in alcuni individui si scorge un lieve indizio di carena presso la sutura inferiore. Lunghezza lin. 4. Questi due ultimi turbini, come pure 1° acinusie-il gracilis hanno l'aspetto di essere fluviatili o terrestri, ma non saprei deciderlo con asseveranza. Io aveva creduta fluviatile 1° helix subulata altrove descritta, che va inclusa nel genere Melania di Lamark; ma mi giunsero poi alle mani molti individui tro- vati nell'Adriatico. Forse Linneo avrebbe parimente collocata quella conchiglia nel genere 7urbo, e forse anche è il suo turbo auriscalpium , ma la descrizione specifica di questo autore poco per verità combina con essa, e molto meno ancora la figura di Argenville, che Linneo medesimo risguarda come dubbia. (384) Osservazioni. Notabile è il numero dei turbini turtiti fossili da me descritti, ma fermamente credo che facendo più esatte ricerche si potrebbe ancora estendere d’ avvantaggio, e l’argiisco da ciò che avendo nelle mie diverse escursioni ammassato tutti quelli che mi si paravano dinanzi senza usare molta scelta e senza badare gran fatto ai loro particolari caratteri, lo che esige un diligente e tranquillo esame, mi accorsi poi, classificando i materiali raccolti, che io mi era ogni volta abbattuto in qualche nuova specie. Linneo era dubbioso se i turbini di questa tribù dovessero con- siderarsi specie diverse, o piuttosto semplici varietà: Warietates an distincte species dicende vix dicam ( Mus. Reg. Ulr., pag. 660 ). Io non vorrò già assicurare che alcuni di quelli da me rammentati non possano essere modificazioni l’ uno dell’ altro ; ma siccome nella mag- gior parte di essi i caratteri che li distinguono sono stati da me riscontrati costanti in un buon numero d' individui raccolti in luoghi assai distanti fra loro, non posso esentarmi dal credere che real» mente non sieno specie particolari. Fra i turbini di questa famiglia non si sono fino ad ora scoperti nell'Adriatico, che l’exoletus e il rerebra. Maggiore è il numero delle scalarie che sappiamo esistere nei nostri mari, al genere delle quali spettano il turbo scalaris, clathrus , ambiguus , crenatus, lacteus, stria- tulus, che si rinvengono nell'Adriatico o nel Mediterraneo, oltre ad alcune altre microscopiche scoperte dal Soldani ( Testaceogr., vol. I, tav. 7, fig. S; tav. 11, fig. nn; tav. 20, fig. X, C). Fra queste, per quanto è a notizia mia, il solo clathrus si presenta in istato fossile, ed è comunissimo nelle colline volterrane e piacentine. Assicura il Soldani che la vera scalata, benchè di minimo volume, fu incontrata nelle Crete Sanesi, dov’ è frequente, e ch’ essa corrisponde alle figu- re di Argenville, di Rumfio e del Gualtieri; ma siccome quella di quest ultimo autore, citata dal Soldani ( Saggio, ecc., pag. 113), appartiene al zurbo clazhrus, è probabile che egli abbia scambiato l’uno per l’altro. Il Santi riferisce altresì che a Montalcino sono state trovate due scalate intiere e di gran prezzo, ma ch’ egli le cercò in- vano sul luogo ( Viaggio al Montamiata , tom. IT, cap. 18); laonde (385) non possiamo fare gran caso di questa scoperta medesima. Anche De Luc dice di avere rinvenuto in Italia la scalata fossile, rorz esattamente la stessa, ma quasi simile a quella che proviene dalle Indie orientali ( Lett. ecc., tom. II, pag. 261), il che basta per far sospettare che possa essere differente. Con poca fiducia possiamo egualmente ricevere la notizia data da Burtin nella sua Oryctographie de Bruxelles, il quale spaccia di avere scoperto la stessa conchiglia in quel territorio ( pag. 102 ). Fra i generi fabbricati da Lamark a spese del genere Turbo di Lin- neo avvi quello di De/phinula, in cui sono compresi il zurbo del- plunus , distortus, aculeatus, ecc. del Systema Nature. Nei contorni di Parigi se ne incontrano molte specie fossili; ma nessuna, ch’ io mi sappia, ne esiste in Italia, come nessuna tampoco i nostri conchio- logisti ne trovarono nell'Adriatico. Nel Mediterraneo ve n°’ ha bensì parecchie di picciolezza microscopica , poichè sembra che si possa riferire a questo genere le conchiglie figurate nella Testaceographia del Soldani alla tav. 20, fig. A, B, alla tav. 21, fig. M, N, ed in altre ancora di quella sua opera. XIV. StROMBO. Num. 1, genere Pzerocera di Lamark; 2, 3 Strombus. 1. Srromzus pes pelecani. L. Aldoo., Testac., pag. 357; inferne: pag. 358, fig. 1—5. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 85, 87. Guali., (tab. 53. fig. A, B) C. Moscardi, Mus., pag. 214: turbo pentadactylus (rudis). Ginann., tab. 7, fig. 58, 59, 60. Polk Testac. I, tab. i, fie. 20. Scilla, Vana speculaz., tab. 16, fig. 1 ( fossilis). Aldovr., Mus. metall., pag. 844 (fossilis). Y (386 ) Abita nell’ Oceano europeo, nel mare delle Indie, nel Me- diterraneo ( Lin. ), e nell'Adriatico (Olivi, ecc. ). Fossile in molt paesi dell’Italia. È vulgatissimo nelle colline della Toscana, del Piemonte , del Reggiano, del Piacentino, della Calabria, ecc. Alcuni individui hanno le frange del labbro destro assai lunghe, ed altri ne mostrano solo i rudimenti, come si scorge in quelli che si pescano ne’ mari. L’ Olivi attribuisce tali differenze all’età; ma dubita il Renieri che provengano da questa causa. 2. SrrRomzrs fasciatus. L. Seba, Mus., tab. 62, fig. 8. Mercati, Metalloth., pag. 299, fig. 1 ( fossilis ). Aldovr., Mus. metall., pag. 472, fig. 2 ( fossilis ). Abita nell’ Oceano, nel mare dell’ America meridionale e presso le coste della Giamaica ( Lin. ). Fossile nelle Crete Sanesi fra Colle e San Geminiano, nelle colline pisane e volterrane, e nel Piacentino. Ho ommesso la figura del Bonanni citata da Linneo, perchè è così cattiva che non si può arguire che appartenga a que- sta specie, se non che in quanto, descrivendo l’ autore i colori della conchiglia, dice che gli anfratti hanno intorno alla sutura una tinta rosata. Fra tutte le altre registrate nel Systema Natura, preferibile è quella di Seba, che mostra distintamente il triplice ordine di tubercoli di cui è corredato il dorso di questo strombo, fra 1 quali i superiori sono più grossi degli altri, tal che nell’esemplare fossile che ho dinanzi, alcuni hanno la lunghezza di quasi un pollice. Esso è ancora otti- mamente rappresentato nell'opera di Walch sulle Petrificazioni. tom. II, tab. C, fig 1, 2. (387 ) 3. Srromsus costatus. Var. a, L.? Martin. , tab. gi, fig. 987. La patria è ignota ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. Non posso con sicurezza determinare la specie di questo strombo, la cui superficie è solcata da strie rare e distanti, perchè i due individui fossili che ho presenti sono mutilati nel labbro destro, ed uno di essi è inoltre troncato nella metà inferiore. Il più picciolo ch'è lungo due pollici e mezzo, ha l’anfratto più basso coronato da una serie di tubercoli appun- tati, mentre gli altri, i quali compongono una spira conica e sono affatto contigui 1° uno all’ altro, compariscono cinti sol- tanto da nodi poco rilevati. L’ altro individuo che nel suo stato d’integrità doveva essere il doppio più grande del primo, ha indistintamente tutti gli anfratti coronati da grossi nodi ottusi, regolarmente disposti. Benchè il labbro destro sia fratturato, sì conosce nulladimeno che non era decurrente, vale a dire che non si prolungava sulla spira, come si scorge in moltis- simi strombi. La figura con cui ci ho trovato maggiore ana- logia è quella di Martini superiormente citata, ma somiglia parimente ad un’ altra del Colonna, aquat. obsero., pag. 60, fig. 1, che Linneo riferisce allo strombus gigas. Osservazioni. Non molto numerosa è la famiglia degli strombi, e tutti, eccettuato uno solo, lo strombus pes pelecani, sono indigeni di mari stranieri. Tuttavia Bellon dà la figura di un altro, ch’ egli credeva, per quanto sembra, che soggiornasse nell'Adriatico e nel Mediterraneo, e che è ragguagliato da Martini, non so con quanta convenienza, allo strombus gigas. Bellon dice che dai Genovesi si chiama Roncera, dai Veneziani e dai Romani Ognzella ( De aquatil. , pag. 420 ), e Martini aggiunge a questi due vocaboli quello di Garagolo cornuto, che apparterrebbe egnalmente al dialetto veneziano ( tom. III, pag. (388) 114). Ignoro donde questi autori abbiano ricavato tali notizie, ma è certo che i nomi da essi riportati sono presentemente sconosciuti a Venezia dove non si distingue che il garagolo longo che si rag- guaglia al murex aluco ed alucoides, ed il garagolo tondo che è il trochus varius ed umbilicaris. Comunque ciò sia, sì raccoglie da Ron- delet che que’ nomi erano applicati non già ad uno strombo, come Bellon ha spacciato, ma al murex bdrandaris ( De test., pag. 64) che ora si chiama in Venezia bullo maschio. Si può adunque asserire che altri strombi non si conoscano finora ne' mari dell’Italia, oltre al pes pelicani. Questa conchiglia che è comunissima ne’ nostri terreni, manca in quelli de’ contorni di Parigi, dove Lamark incontrò una sola specie riferibile al suo genere Strombus, e tre rostellarie di cui non si ha I originale. Esso esiste bensì, secondo la riferta di Parkinson, ne’ de- positi conchigliacei circostanti a Londra. Avrei potuto aumentare la lista degli strombi fossili dell’Italia, registrando quelli che Linneo avrebbe incluso nella tribù dei turriti; ma questa tribù forma una sezione così poco naturale, e Linneo medesimo determinò con tanto poca precisione i caratteri delle specie che debbono militare sotto di essa, che alcune furono da lui riferite al genere Zrochus , ed altre al genere Murex , senza che si conoscano 1 motivi di questa separazione. Per la qual cosa ho stimato bene di unire insieme tutte quelle che possediamo fossili, e di collocarle a dirittura nella tribù dei murici turriti, la quale compone il genere Cerithium di Bruguiere e di Lamark. Ne rimetto adunque la descxi- zione nel susseguente capitolo. (389 ) XV. MuRICE. Num. 1 — 33 genere Murex di Lamark; 34 Zasciolaria ; 35 — 50 Fusus; 51 — 64 Pleurotoma; 65 — 77 Cerithium. 1.° Spinosi con la base allungata (1). 1. Murex cornutus. L. Column. , Aquat., pag. 60, fig. 1. Bonann., Recr. 3, fig. 283. — Mus. Kircher., fig. 204. Gualt. , tab. 30, fig. D. Abita prezioso nell’ Oceano africano ( Lin. ). Fossile nel Pia- centino e in Piemonte. Il Colonna lo chiama esotico, pelagico e raro, e sembra, da quanto ne dice, che sia stato per la prima volta conosciuto al tempo suo; ma presentemente è ovvio nelle raccolte. Nel Piacentino, nel Piemonte, e nominatamente in valle di An- dona ve n° ha grandi e begli esemplari fossili con le spine perfettamente conservate. Martini riferì a questo murice quello della figura 283 del Museo Kircheriano, che il Bonanni dice trovarsi nel mare di Sardegna e di Taranto; ma esso spetta alla specie seguente. 2. Murrx brandaris. L. Mattioli, in Dioscor., pag. 321, fig. 5. (*) Essendo numerose le specie di questo genere, per procedere con mag- gior metodo ho stimato bene di distribuirle secondo i’ ordine delle tribù adottate da Linneo. ( 390 ) Column., Aquat., pag. 60, fig. 7. Imperati, Stor. nat., pag. 686. Moscardi, Mus., pag. 212, fig. 1. Bonann., Recr. 3, fig. 282. — Mus. Kircher. 2, fig. 283. Gualt., tab. 30, fig. F. Ginann. II, tab. 8, fig. 61, 62. Rosa, Delle porpore, fig. 2, 3. Mercati, Metalloth., pag. 299, fig. 3? ( fossilis ). Caluri, Atti di Siena III, tab. 9, fig. 9 ( fossilis ). Abita nell’Adriatico e nel Mediterraneo ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, nelle colline sanesi, pisane e volterrane. Idem; Var. y. L., anfractubus nodosis, cauda spinosa. Bonann., Recr. 3, fig. 281. — Mus. Kircher., fig. 282. Fossile nel Piacentino e nelle colline bolognesi. In questa varietà, ottimamente rappresentata nelle indicate figure del Bonanni, veggonsi negli anfratti grosse protube- ranze nodose in cambio di spine, mentre queste rimangono soltanto lungo il canale della base. 3. Murex trunculus. L. Column., Purp., pag. 13, fig. 1. Mattioli, in Diosc., pag. 321, fig. 4- Aldovr., Testac., pag. 356, fig. 1, 2. Bonann., Recr. 3, fig. 274. Gualt., tab. 31, fig. C. Ginann. II, tab. 9g, fig. 63, 64; tab. 10, fig. 65. Rosa, Delle porpore, fig. 1, a, b. Poli, Testac. I, tab. 1, fig. 16. ( 391 ) Caluri, Atù di Siena III, tab. 9, fig. 3, 4 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo e presso la Giamaica (Lin. ), e nell'Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino, a Trequanda, a Terricciuola e alla Pieve al Bozzone nel Sa- nese, nelle colline volterrane, a Certaldo in Toscana, nel Monte Biancano nel Bolognese, ecc. Non so per qual ragione Linneo e Gmelin non abbiano citato le figure del Ginanni che sono bonissime. Il Mercati alla pag. 299, fig. 5 della Metallotheca rappresenta un mu- rice fossile che si può credere una varietà del irunculus, e somiglia affatto a quello della fig. 277 del Bonanni, Recreat., class. 3. 4. Mvurex pomum. L. Martini, fig. 1024. Abita nel mare che bagna l'Africa occidentale ( Lin. ), e nel- l'Adriatico (Ren. ). Fossile nel Piacentino. Ne ho sott'occhio due piccioli individui, il maggiore dei quali ha la lunghezza di sole nove linee. Martini attribuisce a questo murice le figure del Ginanni che io ho citato sotto il murex trunculus, a cui mi sembra che a maggior diritto competano, benchè queste due specie abbiano molta affinità fra di loro. 5. Murex decussatus. L. ( tav. VII, fig. 11). Moscardi, Mus., pag. 214, fig: 3. Aldovr., De testac., pag. 330, fig. 2. Abita nel mare dell’Africa occidentale ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. Le figure del Moscardi e dell’Aldovrandi essendo rozze, ho stimato bene di darne una più esatta. (392) Alcuni individui fossili hanno la costa di mezzo membra- nacea, come lo è quella contigua al labbro, ed in tutti ho veduto i cingoli trasversali essere squamosi; carattere che non occorre così frequentemente negli esemplari marini, e che è espresso nella nostra figura. Io riferisco a questa specie la conchiglia delineata da Davila, Catal., ecc., L, tav. 16, M. ° Frondosi. 2. 6. Morex ramosus. L. Column., Aquat., pag. 60, fig. 5. Bonann., Recr. 3, fig. 236. — Mus. Kurcher., fig. 280, 281. Gualt., tab. 37, fig. G, H. Mercati, Metalloth., pag. 299, fig. 4 ( fossilts ). Abita nel Mar Rosso, nel Seno Persico e nell’ Oceano che bagna l’Africa e l'America australe ( Lin. ). Fossile nel Pia- centino e nelle Crete Sanesi. Questo murice diversifica spesse volte nella figura delle lacinie e nel numero delle varici frondose. In molti esemplari le prime hanno la forma di spine triangolari concavo-con- vesse, e le varici ora sono composte di lamelle imbricate ed ora di grosse squame. Non è raro di vederne cinque nell’an- fratto inferiore, benchè Linneo abbia definito che sono tre : testa trifartam frondosa. 7. Murex savatis. L. Var., spira retusa, frondibus conca tenatis. Abita nel Mediterraneo e nel mare che bagna l'Asia meri- dionale ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. (393 ) È una mediocre varietà del saxatilis, in quanto che le la- cinie frondose in cambio di essere isolate’ sono concatenate fra loro per via di alire squame sfogliose che riempiono gli interstiz) frapposti all'una e all'altra, ed in quanto che i solchi trasversali sono più rilevati e la spira più schiacciata. L'apertura è orbiculare, ed il canale chiuso o solamente al- quanto aperto verso l’estremità della base. Non conosco che piccioli individui , il maggiore de quali è lungo dieci linee. Idem; Var. spira elongata, anfractubus rotundatis. Ha una forma più allungata della varietà precedente, gli anfratti sono rotondati e le coste frondose più depresse. 8, Murex tripterus. L. Comm. Bon., vol. V, pars 2, pag. 168, tab.-1, fig. 1 ( fossilis). Soldani, Saggio, tab. 20, fig. M ( fossilis ). Abita nel mare delle Indie presso Batavia ( Chemnitz ). Fos- sile a Riluogo nelle Crete Sanesi, nel Bolognese e nel Pia- centino. Il Biancani fu il primo a trovarlo fossile in una collina del Bolognese. Non è raro in altri luoghi dell’ Italia, e si rinvie- gl. È difficile da indovinarsi perchè Gmelin non abbia voluto citare le figure di Davila e di Martini, e siasi limitato a quella di Born ch’ è la peggiore di tutte. Quelle di Martini sono da lui riferite a una varietà di murex ramosus, con cui non ne pure ad Hampshire in Inghilterra e ne’ contorni di Pari hanno la menoma analogia. g. Murex erinaceus. L. Gualt., tab. 49; fig. H. Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino. (394) Le frondi nella figura del Gualtieri non compariscono spi- nose, come lo sono ne’ nostri. esemplari fossili che si raggua- gliano a quella di Born, tav. 11, n. 3, 4, la quale rappre- senta la varietà 2 2 del Renieri. Aveva già avvertito l’ Olivi che questo murice ha le coste più o meno rilevate a norma della diversità dei fondi, e lo stesso si può dire rispetto alla sua superficie più o meno liscia o squamosa, senza pretendere per altro che queste differenze provengano dalla causa mentovata. Nel nostro fossile le squame sono numerose e si sollevano a foggia di acute spine fornicate. ro. Mvurrx cristatus: nob. (tav. VII, fig. 15 ). Testa septifariam frondosa, frondibus brevibus, nodoso-squa- mosis , anfractwbus transversim striatis, striis muricatis, crispis, labio intus dentato , spira producta. Fossile nel Piacentino. Sospetto che possa essere una varietà dell’ erinaceus, ma ha una forma più turrita, ed è trasversalmente rigato da nume- rosi solchi. granulari alternativamente più grossi, fra i quali altri ve ne sono sottilissimi. L’ anfratto inferiore ha sette coste longitudinali, alcune delle quali sono formate di squame for- nicate ed altre di semplici nodi. Quella contigua al margine del labbro destro è più rilevata delle altre e quasi spinosa. Il labbro medesimo è internamente dentato; il sinistro ha alcune piegature verso l’ estremità inferiore, ed il canaletto della base è alquanto ritorto all’ indietro. Lunghezza poll. 1, lin. 5; lar- ghezza lin. 7. 11. Murex fistulosus: nob. ( tav. VII, fig. 12, a, db, c). Testa oblonga., angulis membranaceis acutis, anfractubus omni- bus spinis fistulosis coronatis, apertura suborbiculari, canali clauso. ( 399 ) Fossile a Parlascio, alla Coroncina presso Siena e nel Pia- centino. Questo murice non è sempre costante nelle sue forme, ed è sottoposto a molte sensibili differenze, poichè talvolta è corredato di pieghe acute e membranacee, e talvolta in luogo di queste si osservano delle varici rotondate : nell’ uno e nell’al- tro caso per altro gli anfratti sono coronati intorno alla sutura da spine cilindriche e vote di dentro, che hanno una direzione obbliqua e inclinata verso l’ apice della spira. Negli individui adulti la base è dilatata, ‘ed il canaletto dell’ aper- tura è chiuso, ma alcuni ne ho veduto della lunghezza di cinque linee, dove esso era aperto e la base stessa assottigliata. Esso è della medesima famiglia di murici disegnati da Chem- nitz, tav. 161, fig. 1538, 1540, e da Seba, tav. 60, fig. 35, forniti tutti di varici membranose, ed il Soldani nel Saggio orittologico, tav. IX, fig. 59, uno ne rappresenta che po- trebb’ essere una varietà del nostro. Sembra che esso abbia affinità col tubifer di Lamark ( Ann. du Mus , tom. II, pag. 226), trovato fossile a Grignon e ad Hampton in Inghilterra, e di cui, secondo Bruguiere, esisteva l’originale marino nel gabinetto del dottor Hunter a Londra. 3.° Varicosi. 12. Murex pileare. L. Gualt., tab. 49, fig. G. pe Seba, tab. 57, fig. 23, 24 ( optima). Abita nel Mediterraneo ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, a Montechiaro presso Siena, nelle colline pisane e volterrane. (396 ) | Enorme nel Systema Nature è la confusione della sinoni- mia dei murici spettanti a questa’ tribù dei varicosi, e tanti sono i cambiamenti che si riscontrano fra la XII edizione originale di questo libro e la XIII procurata da Gmelin, che in diciotto specie registrate nella prima , nessuna assolutamente ve n'ha in cui non sia stata poscia più o meno modificata la citazione delle figure. Gmelin, così facendo, ha avuto Ja buona intenzione di correggere il testo , con ridurre la sinonimia a maggiore esattezza, ma dubito forte ch'egli non sia sempre riuscito in questo divisamento. In conferma di ciò recherò in esempio il murex pileare di cui ora si tratta, e che è ovvio in istato fossile in molti luoghi dell’ Italia. Esso è stato ottimamente disegnato da Seba nella tavola sopra indicata; ma è pure strano che mentre Gmelin cita per assoluto la fig. 24, apponga un punto interrogativo alla fig. 23, che rappresenta la stessa conchiglia veduta dalla parte del dorso, come avverte Seba medesimo. Nelle figure 1248, 1249 di Martini è delineato lo stesso murice dal lato anteriore e posteriore; ma l’ultima di esse è attribuita da Gmelin al lotorium, e ritiene solamente la prima. Linneo aveva riferito al pileare la fig. G della tav. 49 del Gualtieri; ma non si sa comprendere come il suo ampliatore l’ abbia rimandata al murex olearium, uno dei caratteri specifici del quale è l’avere il margine dell'apertura senza solcature e senza tubercoli, apertura edentula, mentre tutt’ altro si scorge in quella figura. In mezzo a tanta confusione è necessario, a scansamento di equivoci, che esponga i principali caratteri del murice marino che io ragguaglio al murice fossile , e che giudico (397) essere il pileare. Esso è su tutta la sua superficie guarnito di cingoli piani e crenati, alternativamente più sottili, due de’ quali nella parte superiore degli anfratti sono ordinaria- mente nodosi. Il labbro sinistro è rugoso per tutta la sua lunghezza, ed il destro ha intorno al margine interno una serie di tubercoli disposti a pajo a pajo, denzibus geminatis , che degenerano in solchi rilevati. Tanto i tubercoli, quanto i solchi, come eziandio le rughe del labbro sinistro, sono bianchi sur un fondo rosso di fiamma, o pure carnicino sbiadato. Il colore della superficie esterna della conchiglia è giallo pallido con macchie e strisce ferruginose, o pure bruno giallognolo con fasce bianche e celestine. Io ne ho presente un esemplare affatto analogo a quello delineato da Knorr nella fig. 5, tav. 9 ( tom. ZZZ), il quale è giudicato da Gmelin essere il murex olearium; pure questa figura si uniforma del tutto all’altra di Martini, ae. 131, fig. 1250, che Gmelin istesso attribuisce al pileare. Il nostro murice fossile è dunque simile in tutto e per tutto a quello descritto, nè altra differenza vi si riconosce se non che nelle piegature interne del labbro destro, le quali in cambio di essere gemine sono semplici, ed hanno la sembianza di grossi denti compressi, e la columella non va fornita di ru- ghe in tutta la sua estensione, essendo liscia nel mezzo. Io osservo ciò in due individui, l'uno de’ quali ha due pollici di lunghezza, e 1° altro è solamente lungo da tre in quattro linee. Benchè queste differenze non debbano gran fatto trattenermi, poichè trovo la massima analogia col pileare in tutti gli altri caratteri, scorgo con soddisfazione in alcuni esemplari marini x che la struttura delle pieghe e dei denti non è costante in ( 398 ) questa specie. Avvi una varietà con cingoli più sottili e più depressi, corrispondente alla fig. 1243 di Martini, in cui i solchi della fauce non compariscono gemini se non che verso il loro incominciamento , indi si uniscono e si compenetrano scambievolmente, formandone uno solo. 13. Murex doliare : nob. : Testa turgida transversim profunde sulcata, nodosa, anfractu- bus rotundatis, spira elongata, varice solitaria , laterali, aper- tura dentata, cauda recurva. Seba, tab. 57, fig. 29, 30, 31. Chemnitz, tab. 169, fig. 1034. Lister, tab. 932, fig. 27 (testa junior ). Walch, Fossil., vol. IL, tab. C, II, fig. 5 ( fossilis ). La patria è ignota. Fossile nel Piacentino, nel Sanese e nelle colline pisane. Le spoglie marine di questo murice non sono rare ne’ musei. Gmelin si è disimpegnato facendone una varietà del lotorium, ma trattandosi di trovarvi una corrispondenza con qualche specie cognita, mi sembra che una maggiore ne presenterebbe col murex pyrum; nondimeno esso è diverso dall'uno e dall’al- tro. I grandi individui, quelli, cioè, che hanno quattro pollici e mezzo di lunghezza, sono fortemente solcati per traverso e guarniti di cingoli prominenti più o meno nodosi a norma dell’età della conchiglia; nell’intervallo che li separa si scorge per l’ ordinario un cordoncino più sottile, e talvolta due. Gli anfratti sono gonfj, convessi, ben distinti uno dall’altro, e terminano superiormente con un piano declive e dolcemente incavato nel quale i solchi sono sottili e quasi obliterati. La spira è allungata ed acuta, e non avvi che una sola varice (399) nella parte sinistra del penultimo anfratto, la quale comincia accanto alla columella. Il labbro destro è orlato nel margine esterno da un grosso risalto nodoso, ed internamente ha sette grosse pieghe scannellate; il sinistro è irregolarmente rugoso per tutta la sua estensione, ma più alle due estremità di quello che sia nel mezzo, e la base termina con un canale ricurvo. Negl individui giovani di un pollice e due linee di lun- ghezza non apparisce vestigio della varice laterale, ed appena si comincia a scorgerne un lieve indizio in quelli langhi un pollice e tre quarti. I solchi sono in questi più regolari, poco nodosi, e i denti del labbro destro più distinti. 14. Murex distortus: nob. (tav. IX, fig. 8). Testa varicosa, longitudinaliter subcostata, transversim sul- cata, nodosa, strits intermedus subulioribus , anfractubus distan- tibus superne complanatis , apertura dentata, cauda adscendente. Fossile alla Rocchetta nell’Astigiano e nel Piacentino. Ha qualche somiglianza col pileare nella sua forma torta e gibbosa, ma diversa è la struttura degli anfratti, i quali sono distanti l’uno dall’altro e divisi in due porzioni, di cui la inferiore è verticale e poco convessa, e la superiore quasi orizzontale e leggermente scavata. L'ultimo di essi è circon- dato obbliquamente da quattro cingoli, il susseguente da due e gli altri da un solo, e tutti questi cingoli compariscono nedosi per essere intersecati da coste longitudinali che più distintamente si scorgono nell’ apice della spira. Gi’ intervalli che rimangono fra Y uno e l’altro, come pure la parte su- periore degli anfratti sono rigati per traverso da numerosi solchi prominenti.- Non sì scorgono che due sole varici, l’una ( 400 ) laterale contigua alla columella e l’altra nel mezzo del penul- timo anfratto, ma questa manca talvolta. Il labbro destro è den- tato, il Sinistro rugoso, il canaletto della base corto e un po’ ri- piegato all’ indietro. Lunghezza poll. 1, lin. 7; larghezza lin. 8. 19. Murex lampas. L. Gualt.,. tab. 50, fig. D. Abita fell’ Oceano indiano ( Lin.). Fossile nelle Crete Sanesi. ‘Ne ho veduto un solo individuo nel museo della Sapienza a Siena. 16. Mvrex intermedius (tav. VII, fig. 10). Testa ovata, transversim sulcata , costis longitudinalibus ob- soletis, anfractubus superne declivibus, varicibus nullis, labro marginato. Fossile in Valle di Andona presso Asti e nel Piacentino. Intermedio al murex pyrum ed al murex pileare, e somi- gliante a quello rappresentato da Martini nella tav. 67, fig. 743, a, considerato da Gmelin una varietà del primo; ma questo naturalista ha introdotto come varietà del pyrum molte conchiglie, che procedendo con più esatta critica si dovreb- bero risguardare quali specie distinte. Il murice di cui si tratta, è composto di sette anfratti pro- fondamente solcati per traverso, e guarniti per lungo di coste ottuse e leggermente nodose. Nella parte superiore essi forma- no un piano declive un po’ incavato, sono convessi nella in- feriore e mancano di varici, eccetto che una se ne ravvisa, quando vogliasi chiamare con questo nome, intorno al mar- gine esterno del labbro destro; ma tale mancanza dipende forse dall’ età della conchiglia, essendo noto che alcuni murici di questa tribù sono privi di simili risalti. varicosi, allorchè ( 401 ) sono giovani. Lo stesso labbro è internamente solcato e guar- nito di una serie di tubercoli rotondati: il sinistro è formato di una sottilissima lamina da cui traspajono i solchi trasversali dell’ anfratto su cui è incollata. Il canaletto della base è me- diocremente lungo ed alquanto incurvato alla destra. Lun- ghezza lin. 14, larghezza lin. 7. 17. Murrx gyrinoides: nob. (tav. IX, fig. 9). Testa ovato-acuta, transpersim argute striata, cingulis raris granulato-tuberculatis ; varicibus Sparsis , interruptis , apertura oblonga, cauda longiuscula , adscendente. Fossile nel Piacentino. La forma è più turrita di quella del murex gyrinus, l’aper- tura presenta un ovoide più bislungo, ed il canaletto della base è esso medesimo più allungato. A ciò si aggiunga che quantunque le varici si manifestino fino presso l’ estremità della spira, non sono nè laterali nè sulla medesima linea, ma collocate senza ordine in diversi punti degli anfratti. La su- perficie è sottilmente striata per traverso, e sì ravvisano al- cune strie più rilevate delle altre, composte di una serie di tubercoli rotondati di disuguale grossezza, che sono più fre- quenti negli anfratti superiori. Il labbro destro è dentato e cinto al di fuori da un risalto semplicemente striato, e la co- lumella è munita di pieghe in tutta la sua estensione. Lun- ghezza poll. 1, lin. 7; larghezza lin. 9. 18. Murex rana. L. Var. tuberculis eminentioribus, varici- bus sparsis. Fossile nel Piacentino e in Valle Andona presso Asti. Sarebbe perfettamente rappresentato nella fig. 39 della tav. 943 di Lister, quando si aggiungessero ad essa dei cingoli e DI ( 402 ) trasversali composti di nodi protuberanti , che potrebbero forse mancare nell’ indicata figura, perchè l'individuo da cui fu tratta sarà stato logoro, come lo è uno di quelli che ho sott’oc- chio. Questi cingoli sono tre nell’anfratto inferiore ed uno solo negli altri che succedono. Le varici, una delle quali è contigua al margine del labbro destro, sono molto rilevate, nodose esse pure, e scavate dall’ uno e dall’ altro lato da una serie di fosse profonde corrispondenti aglinterstizj che se- parano i cingoli. La superficie è trasversalmente segnata da strie granulate che imitano la scabrosità della pelle del rospo. I margini del labbro destro e sinistro sono solcati, e que- st’ ultimo ha nella parte superiore una piega rilevata che ri- stringe l'apertura in guisa tale che si presenta in quel luogo un seno simile a quello formato dal canaletto della base, il che è parimente indicato nella figura di Lister. Io non avrei riferito questo murice al rana, se non avessi presente un individuo marino interamente simile : non avvi altra differenza se non che il fossile ha una forma meno com- pressa e le varici non sono laterali, nè continuate, ma sparse. Nella varietà ordinaria del murex rana si osserva una slab- bratura nella parte superiore dell’apertura, /abro soluto; ma in quella a grossi tubercoli, di cui parlo, essa è poco apparente, e vi ha solamente un seno, come si ravvisa nel fossile. Lun- ghezza poll. 1, bui io; larghezza poll. 1, lin. 4. 19. Murex reticularis. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 193 ( mala ). Gualt., tab. 49, fig. M. Abita nel Mediterraneo e nei mari dell'America ( Lun. ). Fossile nel Piacentino. ( 403 ) Nella figura del Bonanni, come pure in quella di Lister, la superficie è troppo reticolata. Dubitò 1° Olivi di avere rin- venuto questo murice nell’Adriatico; ma il Renieri si. chiarì che la conchiglia da lui creduta tale è il duccinum verrucosum. Idem; Var. tuberculis acutis spinosis exasperata. Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. I nodi in questa varietà sono protuberanti ed acuti a guisa di spine, talchè comparisce echinata. Tutti gl’individui di essa trovati nel Piacentino e nelle Crete Sanesi, hanno a un di presso la stessa grandezza, e sono la metà più piccioli di quelli della precedente. Essi hanno un pollice e cinque linee di lunghezza. 20. Murex cancellinus. Lam. Martin., tab. 4, fig. 405, 406. Abita nell’ Oceano australe ( Lam. ). Fossile nel Piacentino. La figura di Martini non potrebbe essere più veritiera se fosse stata ricavata dal nostro esemplare fossile: Gmelin l’at- tribuì al reticularis con cui non ha nessuna analogia. Questo stesso esemplare è parimente similissimo ad un in- dividuo marino ch’ è nel museo del Consiglio delle Miniere, se non che quest ultimo è reticolato mediante l’incrociamento di sottili coste longitudinali con istrie trasversali, e nel punto d’intersecazione si scorge un tubercolo ottuso. In quello fos- sile, all’incontro, o le coste mancano nell’ anfratto inferiore , o dove rimangono sono grosse e quasi varicose. Giova tener conto di queste differenze quando compariscono in individui di conchiglie che non si può dubitare che appartengano ad una data specie, perchè possono in altri casi regolare il criterio dell’ osservatore. i ( 404) Questo murice si trova parimente a Grignon in Francia. Idem; Var. anfractubus vix distortis, labro dentato non SINuoso. Gli anfratti mostrano appena un leggiero indizio di distor- sione, ed il labbro sinistro ha solamente una serie di piega- ture poco rilevate, e manca di quel lobo sinuoso che si scorge nel precedente. È un individuo giovane della lunghezza di un pollice e quattro linee. 21. Murrx heptagonus: nob. ( tav. IX, fig. 2, a, db). Testa oblonga, sulcis transversis , crenatis; anfractubus pris- maticis , distantibus, superne plano-canaliculatis, varice soluaria marginali, apertura dentata, cauda adscendente. Fossile a Sala nel Parmigiano. È diverso dagli altri murici della stessa tribù per la sua forma regolarissima e per la mancanza di varici, di cui una sola ve n’ha lungo il margine del labbro destro, attributo per altro ch'è pur comune col murex intermedius. Tutti gli anfratti sono trasversalmente segnati da solchi rilevati alter- nativamente minori e gentilmente crenellati. Nella parte su- periore sono piani, ma intorno alla sutura hanno un canale leggermente incavato e liscio, in cui continuano a farsi ve- dere i vestigi delle coste longitudinali. Queste coste sono molto ottuse, distanti l’ una dall’ altra, di modo che la conchiglia sembra tagliata a larghe faccette , di cui se ne annoverano sel o sette in ciaschedun anfratto. Il labbro destro è interna- mente guarnito di tubercoli, il sinistro solcato, ed il canale della base lungo e leggermente incurvato. Lunghezza poll. 1, lin. 5; larghezza lin. 8. (408) 4° Echinati. 22. Murex horridus: nob. (tav. VII, fig. 17). Testa ovata, spinis fistulosis, bi-tri-furcatis, apertura orbicu- lari, labio anulari continuo, cauda clausa, remota, subfimbriata. Soldani, Saggio, tab. 19, fig. 93; 4 (non bona). Fossile a San Geminiano nel Sanese. È il più singolare di tutte le specie congeneri per la strana sua forma. Esso è d’ ogn’ intorno armato di spine lunghe e fistulose che, quantunque sembrino a prima giunta confusa- mente sparse, conservano nondimeno una costante simmetria. Nell’ anfratto inferiore e nel susseguente sono unite tre a tre, come se sorgessero dal medesimo ceppo, ma negli spazj in- termedj se ne scorge una sola isolata. Ne’ consecutivi anfratti vha una serie di spine semplici nella parte media di essi, e queste alternano con ispine gemine, una delle quali mol- to più sottile è a contatto col piano superiore dell’ anfratto contiguo. L’ apertura è orbiculare e cinta tutta all intorno , senza interruzione e a foggia di anello, da un labbro mem- branaceo. Il canaletto della base è affatto chiuso, lontano dal margine dell’ apertura, compresso e fornito di alcune fra- stagliature varicose. Questa parte che manca nella figura del Soldani, essendo difficile di trovare individui che la conservino intiera, è quella che principalmente caratterizza il genere, imperocchè senza di essa niuno si avviserebbe di classificare fra i murici questa conchiglia. (406 ) 5.° Caudati inermi. 23. Murex craticulatus. L. (tav. VII, fig. 14). Aldovr., De testac., pag. 353? turbo angulosus. Abita nel Mediterraneo (Lin.) e nell’ Adriatico ( Renzeri ). Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. Linneo non attribuisce a questo murice altre figure , se non che una molto cattiva di Rondelet, che fu peggio rico- piata dall’Aldovrandi; laonde difficile sarebbe di determinare con sicurezza quale sia la conchiglia da lui indicata con questo nome. Di fatto, dalla sinonimia adottata da Born sì vede che il murex craticulatus che questo autore credette di riferire alla specie linneana, molto è diverso da quello reputato tale da Gmelin. Quello che io passo a descrivere, si uniforma abbastanza alla descrizione di Linneo ed alle figure , benchè inesatte . di Rondelet e dell’Aldovrandi. Esso è composto di otto anfratti convessi, l’inferiore de’ quali è notabilmente ventricoso, e tutti sono segnati per lungo da grosse coste ottuse e distanti, e per traverso da cordoncini elevati alternativamente minori. Ne miei esemplari fossili, di cui ne ho quattro sott’ occhio, si osserva verso la parte superiore di ciaschedun anfratto o alla metà di essi, uno di questi cordoricini alquanto più pro- minente degli altri, il quale forma una specie di carena, e nello spazio compreso fra esso e la sutura, meno apparenti sono le coste longitudinali e più sottili le strie trasversali. Queste strie sono coperte di picciole squamette fornicate, così minute talvolta che appena si ravvisano ad occhio nudo, e ( 407) talvolta ancora così rilevate che la superficie comparisce echi- giovane che ha la lunghezza di otto linee. Il labbro destro è internamente solcato, e si unisce superiormente col sinistro ch è nitido e nata: esse mancano del tutto in un individuo liscio; la columella mostra per lo più un indizio di umbilico : il canaletto della base è allungato, alquanto ricurvo a sinistra, talvolta aperto, ma per lo più i due margini di esso si com- baciano in qualche punto, ed allora è in parte chiuso. Non debbo ommettere di avvertire che le coste longitudinali si prolungano negl’ individui adulti fino all’ estremità della base dove prendono la sembianza di pieghe grossolane ed irregolari. Tali sono i principali caratteri di questo murice il quale attinge la lunghezza di due pollici e due linee, ed ha più d’un pollice di larghezza. Dal profess. Renieri ricevetti una conchiglia dell’ Adriatico sotto il nome di murex craticulatus, var. a del suo catalogo. Essa è molto conforme alla nostra, ma il canaletto della base è alquanto più lungo e più assottigliato, e non si scorge quella specie di carena nella parte superiore degli anfratti; diffe- renze che potrebbero forse derivare dall’ età, non essendo questo che un piccolo individuo lungo nove linee. Comunque ciò sia , importerà di sapere ch° esiste l’ analogo marino della nostra conchiglia fossile tal quale è stata descritta. Nel museo del Consiglio delle Miniere ve n°ha uno lungo un pollice e due linee perfettamente conservato, e di colore candidissimo, ma se ne ignora la provenienza. 24. Mvurrx scalaris: nob. (tav. IX, fig. 1). Testa ovato-oblonga , longitudinaliter costata, striis transver- sis elevatis, subcrenatis, alternatim subtilioribus, anfractubus tur- gidis, cauda breviuscula semiclausa. ( 408 ) Fossile a San Miniato in Toscana. Somigliante al precedente, e forse una varietà di esso. Le coste longitudinali e le strie trasversali sono regolarissime ; le prime hanno una direzione alquanto obbliqua, e sono be- nissimo espresse in tutti gli anfratti; le altre hanno sembianza di cordoncini prominenti leggermente crenati, ne cui inter- valli si scorge un sottilissimo filetto appena distinguibile ad occhio nudo. Gli anfratti sono tumidi, equabilmente convessi; il labbro destro è internamente solcato ed il sinistro liscio. La columella porta un picciolo incavo a foggia di umbilico, ed il canaletto della base è in parte chiuso. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 6. 25. Murex imbricatus: nob. ( tav. VIE bg. 199) Testa ovato-ventricosa, transversim sulcata, cingulis inequa- libus confertis squamoso-imbricatis , longitudinaliter obsolete ca- stata, labio intus dentato, columella umbilicata, cauda brevissima. Fossile nel Piacentino. Mi sembra di riconoscere l’ analogo di questo murice in quello delineato nella universal conchyology di Martyn, fig. 41 che fu trovato presso le coste della Nuova Zelanda, se non che nel nostro le squame sono più rilevate. Esso ha una forma tozza e ventricosa, talchè il primo anfratto è quasi al doppio più lungo di tutti gli altri presi insieme e nella struttura del canaletto della base, il quale è cortissimo , si approssima ai bucini. La sua superficie è tutta coperta da cordoni eminenti composti di squame concavo-convesse poste le une accanto alle altre a guisa delle tegole, ed ha inoltre alcune coste longitudinali, ma pochissimo apparenti in grazia dell’ eleva- tezza dei cordoni che le attraversano. Il labbro destro è ( 409 ) internamente solcato , ed il sinistro è liscio , ma ha nella parte superiore una piegatura molto ottusa ch'è l'impronta in rilievo di uno de’ cordoni trasversali coperti dall’ espansione del labbro stesso, Il canaletto della base, come si è detto, è corto, in- curvato un poco all’ indietro e slabbrato all’ estremità. La colu- mella è grossa e forata da un umbilico. Lunghezza pollici 1, lin. 9, larghezza lin. 14. 26. Murex bracteatus: nob. ( tav. IX, fig. 3 ). Testa ovato-acuta , costis longitudinalibus vin conspicuis , cin- gulis lamellaribus scariosis, denticulatis undique exasperata, anfractubus carinatis distantibus, cauda adscendente. Fossile nel Piacentino. Il particolare carattere di questa conchiglia consiste nel- l’essere tutta coperta da cingoli lamellari, il cui margine ad occhio nudo comparisce addentellato , ma con l' ajuto della lente si scorge che le addentellature provengono da minute squame imbricate. Uno di questi cingoli è più elevato degli altri nel mezzo di ciascheduno anfratto a guisa di una carena; e siccome tanto dall’un lato quanto dall’altro vanno gli altri gradatamente decrescendo d° altezza finchè sì perdono nella sutura, così acquistano gli anfratti una forma schiacciata. Questi cingoli sono tanto numerosi, che a stento lasciano distinguere le coste longitudinali che rimangono, per così dire, soffocate da essi. Lunghezza lin. 13, larghezza lin. 6. 27. Murex fusulus: nob. ( tav. VIII, fig. 9). Testa oblonga subtiliter transoersim striata , longitudinaliter costulata , anfractubus superne carinatis , carina in sectio- num angulis spinulosa, labro dextero intus denticulato, cauda longiuscula. (410) Fossile in Valle di Andona nel Piemonte. Affine allo scalaris, ma ne differisce perchè gli anfratti han- no nella parte superiore una carena che, passando sulla con- vessità delle coste longitudinali, forma una protuberanza acuta; essa divide gli anfratti stessi in due porzioni, di cui l° infe- riore è verticale ed alquanto più estesa della superiore la quale forma un piano dolcemente declive. La superficie è rigata di sottilissime strie; il labbro destro ha internamente una serie di tubercoletti bislunghi, e il canaletto della base è alquanto ricurvo. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. 4. 28. Murex plicatus. L. Lister, tab. 939, fig. 34, b. ( optima ). Abita nel mare delle Indie ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. La figura di Lister, quantunque le ombre sieno troppo caricate, è eccellente ed affatto conforme agli esemplari fossili. Io credo che nel Systema Natura sia stata per equivoco citata sotto questa specie la fig. @, che rappresenta il Murex gy- rinus, in cambio della fig. 6, che spetta alla nostra conchi- glia; ma non so poi comprendere come vi si sieno aggiunte le figure di Seba e di Martini, che non hanno nessuna ana- logia con essa. Gmelin copiò queste citazioni da Chemmnitz che fu anch'egli indotto in errore. Ho presente l’ analogo marino di questa conchiglia, perfet- tamente identico agl’ individui fossili. Esso è di colore bruno che passa in qualche luogo , specialmente sulla convessità delle coste, in giallo carico. L’anfratto inferiore è cinto verso la metà da una fascia bianca e interrotta, che continua intorno alla sutura dell’ anfratto succedente. Idem. Var. costis elatioribus, remotis, striis transversis rarioribus. (411) Fossile nel Piacentino. Le coste in questa varietà sono più rilevate ed in minor numero; le strie trasversali sono esse pure più rare e divise da solchi meno profondi. La columella inoltre è alquanto più sottile. 29. Murex angulosus: nob. (tav. VII, fig. 16 ). Testa oblonga, transversim striata, longitudinaliter costata , costis nodulosis, anfractubus convexis, apertura utrinque dentata. Ha una forma bislunga che si approssima alla turrita, e la superficie è rigata per traverso da strie ondeggianti di disu- guale grossezza, che formano sulla convessità delle coste delle protuberanze nodose, ma ottuse. Le coste medesime sono assai prominenti, e si stendono per tutta la lunghezza degli an- fratti i quali hanno una forma gonfia e rotondata. Il labbro destro ha tre o quattro grossi denti, ed il sinistro due pie- gature, luna fatta a foggia di tubercolo nella parte superiore, e l’altra presso il canaletto della base, la quale gira attorno alla columella e si perde nella concavità interna. Si accosta alla fig. S della tav. 12 di Argenville, ma la base nella nostra conchiglia è più dilatata e meno allungata. Lun- ghezza poll. 2, larghezza lin. 7. 3o. Mvrrx magellanicus. L. Martin. tab. 139 fig. 1297. Abita nello stretto di Magellano ( Lin. ). Fossile a Monte Mario presso Roma. Ho avuto a Roma questa conchiglia come stata ritrovata a Monte Mario, ed è affatto analoga al murex magellanicus, ma la maggior parte delle coste hanno perduto, in grazia del- l attrito sofferto, | apparenza sfogliosa. Internamente conserva tracce del naturale suo colore rossiccio. (412) Lamark trovò a Grignon in Francia un murice che distinse col nome di reticulosus, ed in cui'riconobbe una relazione col magellanicus; ma questo autore riflette che esso è molto pic- colo e quasi niente sfogliato. Il nostro, all’ incontro, ha la lun- ghezza di un pollice ed otto linee, e benchè, come ho detto, la superficie sia alquanto logora, evidentemente si scorge in alcuni siti che le coste dovevano essere lamellari: non può dunque essere ragguagliato a quello di Lamark. 31. Murex corneus. L. Gualt., tab. 40, fig. F. Abita nell'Oceano settentrionale e britannico (Lin. ), e nel- I Adriatico ( Olivi ). Fossile nelle colline Pisane, nelle Crete Sanesi, a Bagni ad Acqua e presso Livorno, nel Piacentino e in valle di Andona in Piemonte. Benchè Gmelin citi con dubbio la figura del Gualtieri , essa è più fedele di quella di Lister, anim. Anglia, tab. 3, fig. 4, che fu poi ricopiata nella sua grande opera, tav. 913, fig. 4, poichè in essa. non è espressa quella depressione a foggia di doccia, che il margine di ciaschedun anfratto ha intorno alla sutura. La superficie di questa conchiglia è sottilmente striata per traverso, ma sembra che le strie svaniscano con l'età, poichè in un individuo fossile lungo tre pollici meno due linee non si riconoscono se non che intorno alla base. L’apice della spira è sempre guarnito per lungo di tubercoli papillari. 32. Murex inflatus: nob. (tav. IX, fig. 6). Testa ovato-acuta, longitudinaliter obtuse sulcata, transversim striata, anfractu primo turgido, subgloboso, costis in sectionum angulis nodoso-spinosis, apertura levi subrotunda , columella intorta, cauda brevi, integra. (413) Fossile nel Piacentino. Ho dubitato se dovessi riporlo in questo genere o piuttosto fra i buccini, ma la mancanza di slabbratura all’ estremità del canaletto della base e la disposizione che esso ha di dive- nire varicoso, come più sotto vedremo, mi hanno determinato di classificarlo fra i murici. Esso è composto di otto anfratti, l’ inferiore de’ quali ha una forma tumida, e gli altri tutti sono convessi. La superficie è solcata da numerose strie tras- versali, tre delle quali nell’anfratto inferiore ed una in quelli della spira sono più rilevate delle altre, e queste, passando sulla convessità delle coste longitudinali, producono su di esse un tubercolo acuto. L’ apertura è quasi rotonda in grazia della forma arcuata della columella la quale termina inferiormente con una carena spirale che si perde nella cavità della con- chiglia. Il labbro destro ha internamente un risalto calloso per tutta la sua lunghezza, ma senza denti e senza piegature. Il canaletto della base, come ho detto, è corto, ed intiero alla sua estremità. Lunghezza poll. 1, lin. 1, larghezza lin. 8. Idem. Var. costis obsoletis, varicibus incrassatis. (tav. IX , fig. 7). Fossile nel Piacentino. Tutti gli anfratti, ma principalmente l’ inferiore, sono forniti di grosse varici obblique, che sembrano provenire da uno straordinario ingrossamento di alcune coste, e che danno alla conchiglia una forma gibbosa. Le coste poi che rimangono nel naturale loro stato sono più assottigliate che nel precedente. 33. Murex tritonis. L. Moscardi, Mus. pag. 214, fig. 1. Aldovr., De testac., pag. 325. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 188. (414) Gualt. tab. 46, fig. A. Abita nel Mediterraneo, nell'Oceano indiano, ecc. ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. Se ne trovano individui della lunghezza di un piede e più, ed altri lunghi soltanto quattro pollici, alcuni de’ quali con- servano tracce de’ naturali colori. Appartengono tutti alla var. B di Gmelin, che ha gli anfratti cinti da una duplice serie di nodi. 34. Murex polygonus. L. Knorr, Vergnug. VI, tab. 37, fig. 1. Martin. Conch. tab. 140, fig. 1306, 1307. Abita nell’ Oceano indiano ( Lin. ), e nell’ Adriatico (Renzeri). Fossile nel Piacentino. Benchè nel Systema Nature sieno citate sotto questa specie le figure del Bonanni e del Gualtieri, mi prevalgo nulla ostante di quelle di Martini e di Knorr, perchè meglio corrispon- dono, segnatamente quella di quest ultimo autore, ai nostri esemplari. Attesa la grande elevatezza dei nodi, essi si rag- guagliano parimente al murex nodatus, quale è rappresentato da Martyn, univers. conchiol. Tom. II, tav. 51, ma non han- no alla base i tre cingoli prominenti; oltre di che non si sa se la columella in quel murice sia fornita di piegature, co- me è nel nostro. In virtù di tale carattere sembra che questa conchiglia debba essere collocata nel genere Zasciolaria di Lamark, piuttosto che in quello Fusus, a cui potrebbe egualmente competere per la sua forma. Idem. Var. anfractubus subcarinatis. Fossile nel Piacentino. dt (415 ) Una delle strie trasversali più elevata delle altre forma nel mezzo degli anfratti una specie di carena; varietà che sembra essere delineata da Lister nella tav. 921, fig. 14, è. Io ne ho presente l'analogo marino che è di colore carico di arancio, ma il cingolo della carena e quello che immediatamente gli è sottoposto, hanno una tinta più chiara che si accosta al giallo. 35. Movrrx polymorphus: nob. (tav. VIII, fig. 4, a, db). Testa subfusiformis, transversim sulcata, longitudinaliter co- stata, anfractubus bipartitis carinatis, carina spinis fornicatis coronata, labio intus sulcato, cauda longiuscula adscendente. Fossile nel Piacentino e nelle colline Pisane. Tutta la superficie è attraversata da solchi profondi, che formano altrettanti cingoli prominenti e convessi, ed è cor- redata per iungo di coste ottuse. Gli anfratti hanno sulla ca- rena un cingolo alquanto più grosso e più rilevato degli altri coronato da protuberanze acute, che negli anfratti superiori somigliano a picciole spine concavo-convesse. La parte supe- riore di essi è declive, l’inferiore verticale e angolosa in grazia del risalto delle coste che in questa situazione sono più ap- parenti. La forma dell'apertura è ovale acuta; il labbro de- stro è internamente solcato, e si unisce superiormente col sinistro il quale consiste in una lamina liscia. Il canaletto della base è mediocremente allungato. Lunghezza poll. 1, lin. 5, larghezza lin. 9g. Questa conchiglia esiste ne’ mari, poichè è certamente de- lineata da Seba nelle fig. 30 e 31 della tav. 60, riferite a torto da Gmelin al murex /uppocastanum. Essa va soggetta a molte differenze, poiche talvolta le coste mancano interamente da un lato, talvolta ancora la carena dell’ anfratto inferiore in (416) cambio di spine ha alcune leggiere protuberanze compresse, e gl’ interstizj de’ cingoli trasversali sono non di rado crenellati. Basti di avere brevemente accennato queste varietà, ma mi tratterrò più particolarmente sulle seguenti. Idem. Var. B, costis obsoletis, anfractubus superne glabratis, Nella varietà precedente, che io considero il tipo della specie, tutta la superficie è solcata, ma in questa lo è solamente la parte inferiore dell’ anfratto più basso, mentre la superiore è liscia, come tutto il rimanente della spira. Le coste inoltre sono irregolari e poco distinte, e la conchiglia ha una forma più assottigliata e più regolare. Idem. Var. y, glabra, carinis muticis, apice spire spinulis fornicatis coronato (tav. VII, fig. 4, Cc). Se questa varietà non fosse stata preparata dalla serie delle precedenti gradazioni, si sarebbe potuta di leggieri risguardare come una specie particolare. Rimangono in essa i solchi tras- versali nella parte inferiore dell’ anfratto più basso, ma meno prominenti che nella varietà £, e le coste longitudinali sono affatto disparse. Per conseguenza svanite altresì sono le pro- tuberanze spinose, poichè evidentemente si scorge che sono formate dalle coste medesime che si accavallano sulla carena. Esse per altro sussistono negli anfratti più vicini all’ apice della spira, la cui parte inferiore è leggermente angolata. Il canaletto della base è ancora più assottigliato in questa varietà, e la figura della conchiglia si accosta maggiormente alla fusiforme. 36. Murex rostratus. Olivi ( tav. VII, fig. 1). Testa turrita, longitudinaliter nodoso-costata , striis transversis granulosis ; carina compressa spinulosa, cauda adscendente. Ginann. II, tab. 7, fig. 56 ( mala ). (417) Abita nell’ Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino. Ii Renieri considera questo murice identico al colus, ma sembra più accettabile il sentimento dell'Olivi che ne ha for- mato una specie particolare: ecco le principali ragioni sulle quali credo di poter fondare questa mia asserzione, e che mi vengono suggerite dall’ esame di molti esemplari marini dell’ uno e dell’altro, e di quattro individui fossili di quello che descriviamo. Nel murex colus la carena è soltanto costituita da una se- rie di nodi che appajono compressi nel senso della larghezza della conchiglia, e nel nostro è composta di una sottile e pellu- cida laminetta che , passando sulla convessità dei nodi me- desimi, innalza una spina acuta. Linneo parlando del primo di questi murici, ottimamente riflette che i soli anfratti supe- riori sono guarniti di coste longitudinali: anfractus superiores, non vero inferiores, sulcati seu angulati longitudinaliter ( Mus. Reg. Ulr., pag. 639 ), quando nel rostratus le coste sono evi- dentissime per tutta I° estensione degli anfratti così superiori come inferiori. A ciò si aggiunga che la superficie è sol- cata da numerose strie ruvide al tatto, le quali esplorate con lente si scorge essere composte di picciole squamette imbri- cate, e che il canale della base è molto più corto. Ma ciò che nel caso nostro è segnatamente osservabile e che ci porta a credere che questa conchiglia sia realmente una specie particolare, è che essa medesima tiene sotto di sè alcune notabili varietà. In una di queste le coste dell’an- fratto inferiore sono così prominenti e cotanto estese che si prolungano fino sul canaletto della base, ed in un altra le 53 (418) squamette addossate alle strie trasversali sono così rilevate, che la superficie comparisce muricata. Le differenze in quest'ul- tima varietà sono tanto insigni, che non è possibile di scam- biarla col murex colus. 37. Murex longiroster: nob. ( tav. VII, fig. 7). Testa turrita, transversim sulcata, longitudinaliter costata , costis interruptis nodosis, anfractubus teretubus obscure carinatis, cauda prelonga. Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi e nelle colline pisane. Questo murice avrebbe qualche titolo per essere considerato una varietà del colus; nè io mi opporrò a chi volesse risguar- darlo come tale, benchè si distingua mercè di alcuni par- ticolari caratteri. Gli anfratti hanno una forma rotondata e convessa, e sono corredati di coste longitudinali molto ottuse che sembrano essere interrotte da alcune strie trasversali prominenti, una delle quali negl’individui più grandi forma una specie di carena, ma oscuramente indicata: essa manca del tutto negl’ individui giovani, quale è quello di cui si dà la figura, scorgendosi in sua vece tre cordoncini di eguale grossezza. Tutta la superficie della conchiglia è rigata da strie elevate, ma più sottili nella parte superiore degli anfratti, dove le coste sono eziandio meno apparenti. L’originale marino di questo murice esiste nel Museo del Consiglio delle Miniere, e sembra che si possa riferire ad esso la figura di Seba, posta nella tav. 79 a sinistra rimpetto all'apice del murex trapezium. Lunghezza poll. 3, lin. 7: lar- ghezza poll. 1. 38. Murex clavatus: nob. (tav. VII, fig. 2 ). ( 419) Testa turrita, costis longitudinalibus crassis obtusis, cingulis transversis elevatis sulco profundo discretis cum stria filiformi interposita, carina nulla, cauda pralonga. i Fossile nel Piacentino. Bellissimo murice, che acquista la lunghezza fino di cinque pollici e quattro linee, e diverso dai due precedenti, come da tutti gli altri conosciuti. Esso si distingue di primo aspetto per essere profondamente solcato per traverso dall’ estremità del canaletto fino all’ apice della spira. Questi solchi hanno origine da altrettanti cordoni prominenti rotondati e para- lelli fra loro, che passando sopra le coste longitudinali acqui- stano un andamento flessuoso. Essi sono per l’ordinario alquanto meno elevati nella parte superiore degli anfratti presso alla sutura, e nell'intervallo che gli separa costantemente si scorge un sottile filetto. Quanto alle coste, esse sono grosse, ottuse, regolarmente disposte, e si stendono quasi dall’ una all’ altra sutura, ma non arrivano affatio fino alla superiore. Nei grandi individui non sì presentano distintamente all’ occhio, perchè sono profonda- mente tagliate dai solchi trasversali e divise in nodi. Quello che rappresento, è di mediocre volume. 39. Murrx fimbriatus. (tav. VHI, fig. 8). Testa turrita, rudis, longitudinaliter obsolete costata, anfrac- tubus distantibus carina coronata succinctis, infimo cingulis duo- bus elevatis, columella perforata, cauda adscendente. Fossile nel Piacentino, nelle colline Pisane e a Parlascio. La superficie di questo murice è ruvida e scabra, attesa la moltiplicità delle rughe prodotte dall’ accrescimento del guscio. Esso è come gli antecedenti fornito di coste longitudinali grosse ( 420) e rotondate, ma le strie trasversali sono rare, distanti e oscu- ramente indicate. Solamente nell’ anfratto inferiore si scorgono tre cordoni molto eminenti, uno de’ quali costituisce la carena e passando sulla convessità delle coste forma sopra di esse un risalto compresso, simile ad una spina ottusa. Questa carena si ravvisa parimente su tutti gli altri anfratti che sono divisi da essa in due porzioni; l'inferiore è verticale, e la supe- riore forma un piano declive: d’ intorno alla sutura si scorge parimente la traccia di un altro cordone che sovente è in parte coperto da essa. La columella è forata per lungo, ed il canale della base comparisce più grosso e più corto, che non è nelle tre specie antecedentemente descritte. Lunghezza poll. 2, lin. 9; larghezza poll. 1, lin. 1. 40. Morex vulpeculus. Ren. (tav. VIII, fig. 10 ). Testa turrita, longitudinaliter oblique plicata, plicis acutis, stris transversis tenuibus, anfractubus converiusculis, basi sensim attenuata. Abita nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile a Parlascio in Toscana e nel Piacentino. Le pieghe longitudinali sono strette, affilate, regolarmente disposte in direzione alquanto obbliqua, segnatamente nell’ an- fratto inferiore dove partono un poco al di sopra dell’ estre- mità della base, e s inoltrano sino alla sutura. Le strie tras- versali sono così sottili che appena si distinguono aguzzando bene lo sguardo. L'apertura è stretta e bislunga, e la base va gradatamente assottigliandosi , senza che appariscano limiti distinti fra il canaletto ed il labbro destro. Lunghezza lin. 8. larghezza lin. 3. Idem; Var., costis rarioribus. (tav. VIII, fig. 11). " (421) Le coste in questa varietà sono più rare e più distanti, la superficie è meno striata, e la forma svelta ed assottigliata. 41. Mourex harpula: nob. ( tav. VII, fig. 12 ). Testa turrita, longitudinaliter costata, costis tenuissime trans- persim striatis, interstitiis levigatis , anfractubus convexis, aper- tura ovali, cauda brevissima. Fossile nelle colline reggiane. Si potrebbe confondere a prima giunta col precedente, ma è affatto diverso. La sua forma è più turrita ed è composto di un maggior numero di anfratti che sono dieci o undici, men- tre nell'altro non se ne contano che otto; essi sono più gonf), più convessi e guarniti di coste leggermente crenate, i cui spazj intermed) sono lisci: l'apertura è ovale acuta, e termina con un canaletto cortissimo. Lunghezza lin. 8, larghezza lin. 3. Idem; Var., glaberrima, nitida, costellis flexuosis, cauda sulcata. Fossile nello stesso luogo. Lo considero una varietà dell’ harpula, ma non contenderò con chi volesse farne una specie distinta. Esso è liscio e lu- cente come lo smalto; le coste sono più prominenti e più ingrossate, e vanno gradatamente assottigliandosi verso la metà superiore degli anfratti. L° estremità della base è solcata da cinque o sei strie. Nessuno dei due turbini ultimamente descritti può apparte- nere, per quanto mi sembra, nè al fusus citharellus, nè allo scalaroides di Lamark, poichè il primo ha le coste lisce e gl’ interstiz]) striati, e nell’ altro le coste medesime sono di disuguale grossezza ; caratteri che non si riscontrano nei nostri. Sarebbe bensì probabile che potessero convenire a qualche- duna delle trentatrè specie di fusi fossili registrati da questo (422) naturalista, ma sarebbe difficile di asserirlo sulla scorta delle semplici descrizioni, non avendo egli dato la figura che di soli sei. I caratteri differenziali della più parte di queste con- chiglie sono così poco insigni che senza un buon disegno è facile di equivocare. 42. Murex obtusangulus: nob. ( tav. VIII, fig. 19). Testa turrita, obtuse longitudinaliter costata, transverse con- fertim striata, anfractubus carinatis, superne laviusculis. Fossile nel Rio delle Maraviglie nel Bolognese. Mentre nei precedenti le coste hanno la sembianza di pie- ghe pizzicate, in questo sono ingrossate ed ottuse. Esso è trasversalmente solcato da numerose strie, e gli anfratti in esso pure sono angolati nel mezzo, ma così le coste come le strie sono poco apparenti nella parte superiore di essi; la sutura è circondata da un sottile cordoncino in rilievo. Lun- ghezza lin. 3. 43. Mvrex squamulatus: nob. ( tav. VIII, fig. 13). Testa turrita, transversim profunde sulcata, costis sublamel- laribus muricatis, anfractubus carinatis, superne glabris, cauda longa subulata. Fossile nello stesso luogo. La superficie di questo murice è crespa e reticolata, e le coste di cui è fornito sono costituite da una lamina ada- giata quasi in piano, la quale innalza lungo il suo margine una squama concavo-convessa nei punti dove è intersecata dai cordoncini trasversali. Gli anfratti sono carinati e la parte superiore di essi è liscia, eccetto che continuano a farsi colà vedere gli sfogli delle coste. Il canaletto della base è lungo e sottilissimo. Lunghezza lin. 5. (423 ) Questi due ultimi murici sono così minuti che non se ne può riconoscere a dovere la struttura senza 1’ ajuto della lente. Ve n’ha un gran numero d’altri di questo volume e di mi- nore eziandio; ma avendo deliberato di non trattenermi gran fatto intorno a quelle conchiglie che non si possono distinta- mente ravvisare ad occhio nudo, basteranno le già descritte per averne un picciolo saggio. 44. Murex textile: nob. (tav. VIII, fig. 14). Testa turrita subulata, longitudinaliter costata, transversim exquisite striata, anfractubus teretibus, superne canaliculatis, canaliculo rugis lunulatis exarato, cauda elongata inflexa. Fossile nelle colline di Reggio. Elegante conchiglia, la cui superficie imita un finissimo lavoro a maglia, mediante l’intreccio delle coste longitudinali con le strie trasversali che sono numerosissime; ma le prime negl individui più grandi sono poco apparenti in grazia della profondità dei solchi e dell’ elevatezza delle strie che le in- tersecano. Gli anfratti sono convessi e rotondati, ed hanno superiormente intorno alla sutura un canaletto in forma di doccia, segnato di linee arcuate provenienti dall’ accrescimento successivo del guscio. La base è stretta, allungata ed alquanto ritorta all'indietro. Lunghezza lin. 9. 45. Murrx echinatus: nob. ( tav. VII, fig. 3). Testa turrita, anfractubus teretibus reticulatis, papilla in sectionum angulis acuta, labio intus sulcato, cauda abbreviata. Fossile nel Piacentino. La superficie rappresenta una reticella regolare formata dal- l’intersecamento delle coste e dei cordoncini trasversali, che dove s’ incrociano innalzano una papilla acuta e spinosa. Le (424) maglie di questa rete sono profonde e quadrangolari. Il labbro destro è dentato intorno al margine e internamente solcato: il sinistro manca del tutto, in guisa tale che la columella comparisce a nudo, ed è reticolata come il rimanente della conchiglia. Lunghezza lin. 9, larghezza lin. 5. 46. Mvrrx thiara: nob. ( tav. VII, fig. 6). Testa turrita, subulata , glabra, longitudinaliter obsolete pli- cata, anfractubus marginatis, margine papills coronato, labro intus sulcato , cauda recta, elongata, extus striata. Fossile nel Piacentino e a Sogliano presso Cesena. Le piegature longitudinali in questa conchiglia sono così leggiere che non vietano che si possa chiamare liscia, e non sono distintamente visibili se non che negli anfratti superiori. Essa manca di strie trasversali, eccetto che nella base dove sono numerose e profonde. Gli anfratti compariscono affatto piani, anzi alquanto incavati, ed intorno al margine della sutura sono orlati da un risalto corredato di papille ottuse formate dall’ estremità delle pieghe. Il labbro destro è solcato, ed il sinistro consta di una lamina sottile incollata sulla co- lumella. Lunghezza poll. 1, lin. 1; larghezza lin. 4. Idem; Var., costulis eminentioribus , margine suturali spinuloso. Oltre a che in questa varietà le coste sono più rilevate, si osserva nell’anfratto inferiore una leggiera carena, e le papille intorno alla sutura sono acute. 47. Murex levigatus. L. Martin., tab. 141, fig. 1319, 1320. Fossile a Sala nel Parmigiano. È il fusus longevus di Lamark, che si trova fossile a Grignon in Francia. Chemnitz vi scorge un’analogia con le conchiglie (425) marine rappresentate nella tav. 52, fig. Q, R del Gualtieri ( Neues systemat., ecc., vol. IV, pag. 162); ma esse sono diverse se non per altro perchè hanno nel primo ‘anfratto una serie di coste rilevate. 48. Mvrex mitreeformis: nob. ( tav. VIII, fig. 20). Testa fusiformis, transversim exquisite striata , spire anfrac- tubus contiguis convexiusculis , supernis leviter carinatis , obscure plicatis, cauda adscendente recurva. Fossile presso Castell’ Arquato nel Piacentino e in Valle di Andona in Piemonte. Questa conchiglia mi ha tenuto da principio sospeso a qual genere dovessi riferirla. Essa ha tutto l’aspetto di una voluta della tribù delle fusiformi o sia di una mitra di Lamark; ma è affatto mancante di pieghe nella columella. Somiglia parimente a certi strombi che hanno una forma turrita, come è, per esempio, lo strombus vittatus; ma questi mo- strano sempre un vestigio di slabbratura nel margine del labbro destro, il quale si riconosce patente nello stesso strom- bus fissurella, che più di ogni altro si allontana dalla strut- tura ordinaria di tal genere di conchiglie, e che si avvicina a quella delle mitre. Ho stimato finalmente di potere a buon diritto determinarmi di collocarla fra i murici, tanto più che confrontandola con la susseguente, che non si può mettere in dubbio che non appartenga al genere Murex di Linneo o Fusus di Lamark, si scorge che ha seco lei moltissima analogia, tal- chè poche sono le differenze che distinguono 1’ una dall’ altra. Quella di cui ora si tratta, è per traverso rigata da finissime e da sottilissime strie, e negli anfratti più prossimi all’ apice della spira si ravvisa un lieve indizio di carena con alcune (426 ) pieghe longitudinali. Il labbro destro in molti individui ha, lungo il margine esterno, un risalto varicoso poco prominente, ed è solcato nell'interno: esso si unisce superiormente col sinistro, il quale è formato di una lamina mitida e liscia. Fra sei esemplari che ho sott'occhio di questa conchiglia , uno conserva la sua pellucidità, come se fosse pescato di fresco dal mare, ed è di un bianco di neve. Lunghezza poll. 3, lin. 4; larghezza lin. 6. 49. Murrx subulatus: nob. ( tav. VIII, fig. 21). Testa fusiformis , subulata , glaberrima , basi profunde striata, anfractubus planis contiguis, labro compresso, intus sulcato , cauda adscendente , laviter incurva. Fossile nel Piacentino. È analogo, come ho detto, al precedente; ma la sua su- perficie è nitida e liscia, tranne la base che è solcata per traverso da strie profonde ed oblique. Il labbro destro ha superiormente una compressione che lo fa comparire come schiacciato, ed internamente è segnato da una serie di solchi rilevati. Il canaletto della base è corto ed alquanto ripiegato all'indietro. Lunghezza poll. 1, larghezza lin. 4. So. Mvrrx lignarius. L. Seba, Mus., vol. III, tab. 52, fig. 4 ( optima ). Abita nell’ Oceano settentrionale ( Lin. ). Fossile in Valle di Andona presso Asti. Questa conchiglia che non è rara ne’ mari boreali, è trasver- salmente striata alla base, e tutti gli anfratti sono cinti di una sola serie di nodi rotondati ed ottusi, non bislunghi come nel murex nodatus, e come si scorge in un altro murice fi- gurato dal Bonanni, tar. 32, che Gmelin riferisce con dubbio Ì fon oa (427) a questa specie, e che certamente è diverso. Ma come mai si è avvisato lo stesso Ginelin di attribuire al murex lignarius quell’altro ancora più disparato che si vede inciso nell’ opera di Knorr, Vergnug., vol. VI, tav. 56, fig. 5? 5I. Murex intortus: nob. (tav. VII, fig. 17). Testa turrita, reticulatim striata, anfractubus bipartitis superne excavatis , carina nodosa, labro sinu separato, cauda brevissima. Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. La superficie di questo murice presenta un tessuto retico- lare dipendente dall’ incrociamento delle strie trasversali con le rughe longitudinali che derivano dall’ accrescimento del guscio; ma negl individui adulti essendo esse rughe grossolane ed irregolari, questo tessuto è deformato, ed in alcuni luoghi ancora scancellato del tutto: esso non apparisce distinto se non che in quelli che hanno circa due pollici di lunghezza , essendo questa conchiglia capace di arrivare alla grandezza di tre pollici e mezzo. Tutti gli anfratti sono scavati superiormente a foggia di una larga doccia, e divisi da una carena coronata da nodi ottusi. Il canaletto della base è così corto, che appena può essere chiamato con questo nome, e tanto in questo murice, quanto negli altri che descriveremo in appresso si osserva nella parte superiore del labbro destro un seno o una slab- bratura che caratterizza le conchiglie appartenenti al genere Pleurotoma di Lamark. 52. Mvrex cataphractus: nob. (tav. VIII, fig. 16). Testa turrita, strus granulatis moniliformibus undequaque cincta, anfractubus bipartitis, superne excavatis, carina crenu- lata, labro sinu separato, cauda brevi. (428) Fossile nel Piacentino, a Montechiaro nel Sanese, a Par- lascio, nel monte Biancano nel Bolognese e in Valle di An- dona nel Piemonte. Ha la forma del precedente, ed attinge le medesime di- mensioni, ma è tutto coperto di strie granulate che imitano un lavoro di filigrana o un tessuto a maglia simile a quello di certe antiche armature. Il canale della parte superiore degli anfratti è meno scavato che nell’ intortus, e la carena divide gli anfratti medesimi in due porzioni a un di presso eguali: essa è molto ottusa e cinta da una serie di papille alquanto più grosse dei granellini che compariscono sulle strie. Idem. Var., tuberculis crassioribus. In questa varietà la carena è coronata da nodi rotondati e prominenti; ma è probabile che tale differenza dipenda dall’ età, poichè l’ ho sempre osservata,in individui che hanno solamente un pollice e mezzo di lunghezza. 53. Murex rusticus. ( tav. IX, fig. 4). Testa turrita rudis, sulcis transversis tuberculatis undequaque exasperata , anfractubus in medio leviter excavatis, labro fisso, cauda abbreviata. Fossile a San Miniato e a Parlascio in Toscana. È segnata per traverso da cingoli nodosi irregolari e disor- dinati che rendono la superficie grossolanamente bernocco- luta. Gli anfratti. hanno verso la loro metà un solco più o meno profondo a norma dell'età degl’ individui: ne’ più adulti, quale è quello rappresentato nella figura, esso è poco appa- rente, e nella concavità di questo solco si osserva una serie moniliforme di tubercoli rotondati alquanto più regolari degli altri. Il canaletto della base, come ne’ due antecedenti, è cortis- simo. Lunghezza poll. 1, lin. 6; larghezza lin. 6. (429) I tre murici ultimamente descritti l’ intortus, il cataphra- ctus, il rusticus, avendo il canale della base cortissimo, ap- parterrebbero al genere Clavatula, che fu progettato da La- mark nella sua opera Système des animaux sans vertebres ; ma questo naturalista credette poi di doverlo sopprimere come fondato sur un carattere che non presenta limiti fissi e deter- minati, e riunì al genere //eurotoma le conchiglie che po- trebbero competere ad esso. 54. Murrx oblongus. Renieri. (tav. VIII, fig. 5). Testa turrita, transversim striata, anfractubus convexis lon- gitudinaliter costatis, superne excavatis, glabris, sutura mar- gmnata, cauda longiuscula, adscendente, labro fisso. Gualt., tab. 52, fig. H. Abita nell’Adriatico ( er. ). Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. Il Renieri qualifica per ottima la figura del Gualtieri; e di fatto essa rappresenta fedelmente la forma generale della con- chiglia, ma sono trascurate alcune parti individuali. Le coste, per esempio, si stendono per tutta la lunghezza degli anfratti, mentre questi, all’incontro, sono lisci superiormente, e non è indicato quel listello ch’ essi hanno intorno al margine della sutura, come si è ommesso di esprimere il seno del labbro, che probabilmente il Gualtieri avrà creduto accidentale e proveniente da rottura. Il Renieri cita, oltre a quella del Gualtieri, la fig. 7 della tav. 33 di Argenville che è molto dubbiosa, e la fig. 20 della tav. 956 di Lister, che non è niente più caratteristica. Più somigliante sarebbe la fig. 17 della tav. 925 di questo ultimo autore , la quale rappresenta una conchiglia da lui definita ( 430) con questi termini: buccinum rostratum, asperum, striatum, imo ipso labro fisso, sinuosum; ma il Renieri | attribuisce al suo murex rettculatus. Si avverta per altro ch'egli applica a questo murice quella stessa figura del Gualtieri che aveva prima riferita al murex oblongus. Idem. Var., exquisite transversim striata. ( tav. IX, fig. 19 ). Fossile nelle colline reggiane. Lo credeva dapprima una specie particolare, e per questo motivo ho allora stimato di darne la figura in un’ altra tavola. Ma meglio esaminato, riconosco adesso che niente altro esso ha di diverso dall’ oblongus, se non che è solcato da strie così fine che appena si distinguono ad occhio nudo, per la qual cosa le coste medesime che sono attraversate da esse, compariscono più regolari. Queste differenze non dipendono dall’ età, perchè ho individui della varietà ordinaria del murex oblongus che, quantunque più piccioli, sono, nulla ostante, fortemente striati. 55. Mvrex pustulatus (tav. IX, fig. 9 ). Testa turrita transversim striata , anfractubus nodulosis, sulco medio exaratis, infimo reticulatim costato, cauda elongata , labro fisso. Fossile nelle Crete Sanesi. È composto di otto anfratti affatto contigui, distinti sola- mente da una leggiera sutura, ciascheduno de’ quali ha nel mezzo un canaletto liscio, e nella parte inferiore una serie di nodi longitudinali, che parimente si scorgono nella supe- riore, ma quasi obliterati. Le strie trasversali non si pre- sentano all’occhio distintamente se non che nell’anfratto più basso, dove sono abbastanza rilevate e si stendono fino all’ul- tima estremità della base. (431 ) I cinque murici precedentemente descritti e quelli di questa stessa tribù che succederanno in appresso , appartengono tutti al genere Pleurotoma di Lamark; e siccome parecchi di essi molto si assomigliano nella struttura, così per indicare le loro differenze e spiegarci con più brevità e con la maggiore chiarezza che sia possibile, stimo necessario di adottare quindi innanzi un metodo generale nella esposizione de’ loro specifici caratteri. Dovendo adunque descrivere gli attributi che li distinguono, prenderò a considerare separatamente la parte inferiore degli anfratti, quella di mezzo e la parte superiore, dichiarando ciò che di particolare si osserva in ciascheduna di esse. È inutile di avvertire che per la parte inferiore, quella s'intende che è più prossima all'apertura tenendo la conchiglia con la punta rivolta in alto (). 56. Munrx dimidiatus: nob. ( tav. VIII, fig. 18). Testa fusiformis laviter transversim striata , anfractubus ca- rinatis inferne convexiusculis , superne excavatis , carina papillis acutis coronata, cauda elongata, erecta, labro fisso. Comment. Bonon., sol. II, pars 2, pag. 296, tab. 16, fig. 2: basi fracta ( fossilis ). Fossile nel Piacentino, nel Reggiano , nel Bolognese , nelle Crete Sanesi, ecc. È comunissima in tutti questi luoghi ed in parecchi altri an- cora, e conserva per lo più la sua lucentezza ed il naturale (*) Di rado nelle figure ho rappresentato le univalvi in questa positura, poichè la maggior parte , per le ragioni altrove indicate, compariscono con la base in alto e I° apice a basso. Ma a fronte di questa posizione che si potrebbe chiamare inversa, chiunque conosca i primi elementi della con- chiologia, saprà orizzontarle a dovere. (432 ) suo smalto. Tutti gli anfratti sono divisi nel mezzo da una carena guarnita di tubercoli acuti: la parte inferiore è piana o leggermente convessa, ed evidentemente striata per traverso: la superiore è alquanto concava e liscia, o almeno non com- parisce striata se non che sotto la lente. Le strie sono poi co- stantemente più profonde nell’ anfratto inferiore e nella su- perficie esterna del canaletto della base. Lunghezza poll. 2, lin. 2; larghezza lin. 7. Sembra analoga alla pleurotoma dentata di Lamark; ma nella figura che egli ne dà, la spira non è così allungata come nella nostra: questo autore avverte per altro che si incontrano su di ciò alcune differenze. Idem. Var., strits profundioribus, carena mutica. Fossile nelle Crete Sanesi. In questa varietà le strie trasversali sono più numerose e più evidenti, così nella parte inferiore come nella superiore degli anfratti, e la carena è liscia o almeno ha alcune leg- gerissime protuberanze nodose. 57. Murex monile: nob. (tav. VIII, fig. 15). Testa fusiformis, basi transversim sulcata, anfractubus cari- natis , inferne convexiusculis unistriatis, superne excavatis, ru- gulosis , carina papillis obtusis coronata, labro fisso. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 3, fig. 46 ( mala ). Martin., tab. 143, fig. 1334, 1335. Abita nell’ Adriatico e presso le coste del Portogallo ( Bon. ). Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. Gmelin considera questo murice come una varietà del da- bylonius, da cui, a mio avviso, debb’ essere assolutamente staccato. Esso ha gli anfratti meno allungati del precedente (453 ) e divisi da una carena coronata di papille ottuse. La parte inferiore è leggermente convessa, ed ha una sola stria ele- vata : la superiore è concava e segnata di rughe arcuate di- pendenti dall’ accrescimento del guscio, ed intorno al margine della sutura si scorge un sottile filetto che seguita l’andamento della spirale. L’anfratto inferiore è guarnito di strie trasver- sali, distanti e prominenti, fra le quali ve n° ha sovente altre più minute che continuano lungo la superficie del canaletto della base. Lunghezza poll. 1, lin. 13; larghezza lin. 6. 58. Murex contiguus: nob. (tav. IX, fig. 14 ). Testa turrita transversim striata, anfractubus planiusculis contiguis, cingulis tribus elevatis, intermedio granulato, cauda elongata, labro fisso. Fossile nelle Crete Sanesi. Sembra di primo aspetto circondato tutto all’ intorno da sottili cordoncini, senza che appariscano distinte le suture degli anfratti; ma considerato con qualche attenzione, si scorge che ciaschedun anfratto è munito di tre cingoli filiformi, fra 1 quali quello di mezzo è alquanto più grosso degli altri due, ed intagliato di piccioli granellini. Gl’ interstizj sono legger- mente scavati, e la base è trasversalmente segnata da nume- rosi cordoncini. Lunghezza poll. 1, lin. 3; larghezza lin. 4. Idem. Var., cingulis omnibus crenulatis. In questa varietà tutti tre i cingoli sono crenellati, il che sembra provenire dall’ intersecamento delle rughe longitudi- nali che sono numerose e rilevate. 59. Murex interruptus: nob. (tav. IX, fig. 21). Testa fusiformis , strits elevatis confertissimis crenulatis , sulco lato interruptis, labro sinu separato. (434) Fossile nelle Crete Sanesi. Si distingue facilmente dai precedenti, in quanto che è tutto coperto da strie trasversali crenellate e granulari così fitte, che sembra che non rimanga fra esse verun intervallo, o se pure uno ve n’ha, è occupato da un’altra stria più sottile. Il tessuto che risulta dal complesso di tutte queste strie, è interrotto verso la parte superiore degli anfratti da un largo solco affatto liscio o solamente segnato di rughe arcuate. La sutura è orlata da un listello, che negl’individui giovani è meno scabro del rimanente della superficie. Questa conchiglia è capace di attingere la lunghezza di quasi quattro pollici. 60. Mvrex rotatus: nob. (tav. IX, fig. 11 ). Testa turrita transversim striata, anfractubus carinatis, ca- rina acuta denticulata , labro fisso. Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi e in Piemonte. La carena degli anfratti in questa specie non consta di un semplice cingolo prominente, ma è formata dall’ elevazione degli anfratti medesimi, i quali formano verso il mezzo uno spigolo acuto e addentellato. Tutta Ja superficie è rigata di fine strie trasversali, di cui ve ne ha alla base due o tre più prominenti. Lunghezza poll. 2, larghezza lin. 6. Idem. Var., carina papillis obtusis, crassioribus ; anfractubus marginatis. Soldani, Saggio, ecc., tab. 19, fig. G. Fossile a San Geminiano nel Sanese e nelle colline reggiane. Le papille che circondano la carena sono simili a nodi ottusi e rotondati, e gli anfratti hanno intorno al margine della sutura superiore un cingolo leggermente tubercolato. La superficie inoltre è guarnita di rughe longitudinali più rilevate. (435 ) 61. Mvrex turricula: nob. ( tav. IX, fig. 20). Testa turrita, striùs transversis remotis, anfractubus subca- rinatis, carina in apice spira leviter crenulata , labro sinu separato. Fossile nelle Crete Sanesi. Si acgosta al murex babylonius, tal che potrebbe essere una semplice varietà di esso; la sola differenza notabile che si osserva è che la carena negli anfratti superiori comparisce leggermente crenellata, mentre nel babylonius è costantemente liscia fino nell’ ultimo apice della spira. I cingoli trasversali sono inoltre più numerosi in quest’ultimo, mentre nel nostro non se ne contano che tre in ciaschedun anfratto, di cui quello di mezzo forma una carena ottusa. Lunghezza poll. 1, lin. 9g; larghezza lin. 7. Idem. Var., carina, cingulisque acutis. Fossile presso Volterra. Potrebbe essere l'analogo della varieta £ del murex bdaby- lonius, volgarmente chiamata torre di Babele bianca; ma i cingoli trasversali, benchè rilevati ed acuti come in questa, sono in minor numero , e gl’interstizj non compariscono sol- cati. Gli anfratti nella parte superiore sono scavati da un largo canale segnato di sottilissime rughe arcuate. Non ne ho tro- vato che un individuo della lunghezza di cinque linee. 62. Murex reticulatus: nob. ( tav. IX, fig. 12). Testa elongata , fusiformis , reticulatim cancellata, anfractubus carinato-nodosis, superne transversim striatis, labro fisso. Fossile a Parlascio in Toscana. Il carattere che sopra tutto distingue questa specie è la lunghezza dell’ anfratto inferiore, che è doppia di quella della (436 ) spira. Tutta la superficie è trasversalmente striata e segnata per lungo da coste piatte e sottili‘ che intersecandosi con le strie formano un tessuto reticolare. Gli anfratti al di sopra della loro metà sono corredati di una carena composta di una serie di picciole protuberanze nodose, e nella parte superiore formano un piano declive solcato per traverso, su cui le coste longitudinali non si prolungano. Lunghezza poll. 1, lin. 3; larghezza lin. 5. 63. Mvurex Calliope: nob. ( tav. IX, fig. 15, a, db). Testa turrita glaberrima, anfractubus superne angustatis in- fundibuliformibus , carena acuta dentata, basi striata, labro fisso. Fossile nelle Crete Sanesi. È il più elegante di tutti i murici di questa famiglia. Gli anfratti hanno la sembianza di tanti imbuti messi l’ uno den- tro l'altro, e sono formati da due piani declivi che si uniscono ad angolo acuto. Il superiore di questi piani è circa tre volte più largo dell’ inferiore, e lo spigolo che risulta dalla loro unione, o sia la carena, è coronato da una serie di denti acuti. La base è fortemente solcata, e la superficie degli anfratti è liscia; se non che nella parte superiore sono leggermente striati intorno alla sutura, e si osservano alcune finissime rugosità obblique ed arcuate che sono le tracce dell’ antico margine di quella sinuosità, che hanno tutte le pleurotome nel labbro destro, e ch° è il carattere del genere. Allorchè il labbro è fratturato, come spesso addiviene negl’ individui fossili, queste rugosità servono di un contrassegno sicuro per decidere, attesa la loro forma arcuata, che la conchiglia appartiene alle pleurotome, e qualora non si manifestino di- stintamente alla vista, non si debbe ommettere di ricorrere AR Lu IA (437) alla lente. Siccome l’ animale crescendo di età ingrandisce il suo domicilio, facendo nuove aggiunte di materia testacea al margine del labbro destro, così le rugosità longitudinali che si scorgono sulla superficie del guscio , sono le vestigia di queste successive aggiunte, e la loro figura è analoga a quella che aveva il contorno del labbro stesso. 64. Murex gracilis: nob. ( tav. IX, fig. 16). Testa turrita, exquisite transversim striata, anfractubus con- vexiusculis subcarinatis, carina nodulosa, anfractu infimo ad basim cingulo elevato succincto, labro fisso. Fossile nel Piacentino. Tutti gli anfratti sono rigati all’intorno da sottilissime strie regolari e paralelle, ed hanno una forma alquanto gonfia e convessa. L'ultimo di essi è circondato nella parte inferiore da un cingolo elevato, e tutti hanno verso la loro metà una carena molto ottusa, guarnita di una serie di piccioli nodi bislunghi. I cinque anfratti superiori sono lisci, e non hanno che le strie trasversali. 6. Turriti. 65. Murex alucoides. Olivi. Aldoor. , Testac., pag. 394; fig. 3 (rudis). Gualt., tab. 56, fig. L. Ginann. II, tab. 6, fig. 51 ( mala). Scilla, Vana speculaz., tab. 16, fig. 1: labro fracto ( fossilis ). Abita sulle coste delle isole di Tenerifa e di Fayal ( Adan- son ), su quelle della Provenza e della Linguadocca ( Bru- guiere), e nell’Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel (438 ) Piacentino, a San Miniato, a Monterigioni in Toscana, nelle Crete Sanesi e in Calabria. Questa conchiglia vulgatissima e commestibile a Venezia, dove si conosce sotto il nome di caragolo lungo, è il cerithium vulgatum di Bruguiere, di cui questo autore ha somministrato una circostanziata descrizione, ed una copiosa lista di sino- nimie ( Encicl. meth., art. Ceritium, num. 13 ). Idem. Var., plicis tuberculisque hunuloribus. Bonann., Recr. 3, fig. 82. Fossile a Monterigioni in Toscana. . Le strie trasversali in questa varietà sono più numerose e più profonde, e meno rilevati all'incontro e più rari i tu- bercoli longitudinali. Meno depressa ancora è la parte supe- riore degli anfratti, talchè poco manca che non sia allo stesso livello con la inferiore. 66. Mvrex alucaster: nob. Murex moluccanus (Ren. ) ( tav. X, fig. 4). Testa pyramidalis exquisite transversim striata , anfractubus longitudinaliter costatis, superne depressis, carina subcoronata, anfractu infimo striis moniliformibus cincto. Abita nell'Adriatico ( enzeri ). Fossile nell’ isola d’ Ischia. Ne ho rinvenuto cinque individui nell’ argilla di Casamic- ciole sottoposta ad un'antichissima corrente di lava, ed uno di questi, della lunghezza di un pollice e di una linea, è di squisitissima conservazione: gli altri sono più voluminosi, ma in parte mutilati. Ne ho incontrato poi qualche frammento nella valle di Andona in Piemonte, ma appena riconoscibile. Questo murice è quello stesso qualificato dal professore Renieri nel suo Catalogo alfabetico pel moluccanus di Gmelin, (439 ) e non è molto raro nell’Adriatico. Nel Museo del Consiglio delle Miniere ne esiste l'originale tanto conforme agli esem- plari fossili, che sembrano, per così dire, essere stati gettati nella medesima stampa. Esso è della lunghezza di due pollici e quattro linee, e la sua maggiore larghezza è di nove linee: gli anfratti di cui è composto sono nel numero di tredici, pochissimo convessi e rigati per traverso da sottili strie ca- pillari che sono quasi obliterate verso 1 apice della spira. Ciascheduno è corredato di una serie di pieghe o di coste longitudinali che stendonsi dall’una all’ altra sutura, e la parte superiore di essi è depressa, tal che forma intorno alla su- tura una zona leggermente scavata. Nello spigolo prodotto da questa depressione, e che si potrebbe individuare col nome di carena, le coste acquistano maggiore elevatezza , e s'in- nalzano a guisa di un tubercolo acuto, ma non pungente. L’anfratto inferiore, in vece di coste longitudinali, ha quattro o cinque cingoli tubercolati e moniliformi, ed in quello che succede scorgesi dal lato sinistro una protuberanza varicosa che si stende per tutta la lunghezza dell’anfratto stesso. L° apertura è ovale, e termina inferiormente con un canale corto, molto aperto e leggermente incurvato. Il labbro destro è intiero e appena crenato intorno al margine; il sinistro è liscio, ed ha una sola piegatura nella sua estremità superiore la quale, unitamente al labbro destro, forma un canaletto a foggia di doccia, che si perde nella cavità interna. Il colore di questa conchiglia è bigio oppure cenerino carico, variegato a mac- chie, a punti ed a strisce ferruginose; ma i cinque o sei an- fratti che costituiscono l’apice della spira, hanno una tinta violetta sbiadata. (440 ) È inutile di far osservare che questo murice non può es- sere in verun modo paragonato nè al nodulosus di Bruguiere, rappresentato dal Gualtieri, tav. 57, fig. G, nè al murex Adansoni dello stesso autore, Gualt. tav. 57, fig. B. Esso ha qualche somiglianza con quello delineato dal Bonanni, fig. 69, e dal Gualtieri, cav. 57, fig. 4; qualificato da Gmelin per l'aluco, ma quest ultimo differisce dal nostro in molti carat- teri di cui mi limiterò a riferire i principali: 1.° Gli anfratti nell’ aluco hanno una forma più gonfia; 2.° gl’ inferiori sono lisci, ed i superiori striati, al contrario di quanto sì osserva in quello che abbiamo descritto; 3.° le pieghe longitudinali sono quasi obliterate nella parte superiore; 4.° il canaletto della base è fortemente incurvato all’ indietro. 67. Murex marginatus ? — Cerithium marginatum. Brug. Walch, Monum. ecc., part. 2, tab, C. VI, fig. 3 ( fossilis ). Fossile nel Piemonte. A questo murice mi sembra che si possa riferire quello fossile rappresentato da Walch nell’ opera su mentovata, e che egli descrive come proveniente dal Piemonte. Il murex marginatus, secondo Bruguiere, è delineato dal Gualtieri nella figura H della tav. 56, e questa figura appunto è citata dal- l’Allioni come analoga ad un murice che si trova in molti luoghi del Piemonte; ma siccome nessuno io ne ho rinve- nuto veramente simile a quello di Walch, non sono in grado di estendermi in ulteriori confronti. 68. Mvurex varicosus: nob. ( tav. X, fig. 3). Testa turrita transverse confertim striata, nodîis longitudina- libus obsoletis variciformibus, anfractubus submarginatis, spire apice plicato. (441) Fossile a Pontadera, e a Lari in Toscana, nelle Crete Sa- nesi e in valle di Andona presso Asti. Non è il nodulosum di Bruguiere, a cui per altro molto somiglia; ma le protuberanze nodose non sono così rilevate, nè terminano in punta, essendo anzi quasi obliterate, di ma- niera che non coinpariscono distintamente se non che negli anfratti superiori. Non è tampoco lo striatum che, secondo questo autore, trovasi fossile nella Sciampagna, perchè nel nostro manca la piega deila columella. Molto meno può es- sere il sulcatum (M.moluccanum di Gmelin ), atteso che il canaletto della base non è chiuso. Ho da prima creduto che potesse ragguagliarsi al cerithium nudum di Lamark; ma sic- come questo naturalista dice che esso si approssima al ce- rithium certagus, e che gli anfratti sono verticalmente piegati nella parte superiore, così non regge il confronto. Questo murice è figurato da Walch come proveniente dal Piemonte, Monum., ecc., part. II, tav. C. VI, fig. 3; mala base in quella figura è mutilata. Trovasi comunissimo in tutti gl indicati paesi; e siccome il suo guscio è molto solido, com- pare per lo più di perfettissima conservazione. Esso è rigato in tutta la sua superficie da strie numerose, e a un di presso della stessa grossezza, le quali, passando sui nodi longitudi- nali, acquistano un andamento flessuoso. Gli anfratti nella parte superiore sono cinti da una stria più profonda delle altre, che forma intorno alla sutura un listello della larghezza di una linea, rigato esse pure come il rimanente del guscio. Il penul- timo anfratto ha dal lato sinistro un grosso risalto longitudi- nale simile ad una varice, come si scorge in tanti altri murici di questa tribù. Lunghezza poll. 3, larghezza poll. 1. (442 ) 69. Murex crenatus: nob. (tav. X, fig. 2). Testa turrita, subulata, striis transversis granulatis , inter- medus subtilioribus, anfractubus marginatis, zona suturali nodu- losa succinctis, cauda reflexa. i Fossile nel Piacentino, nell’Astigiano e a Parlascio in Toscana. Tutta la superficie è coperta di strie granulate alternativa- mente più sottili, e non di rado fra le più grosse ve n°ha due e talvolta tre di sottigliezza filiforme. La parte superiore degli anfratti è circondata intorno alla sutura da un listello alquanto rilevato e guarnito di nodi bislunghi. Gli anfratti superiori mostrano alcune pieghe longitudinali, di cui non comparisce verun indizio , 0 almeno oscurissimo, negl’inferiori. Il labbro destro è nell’ interno leggermente solcato , il sinistro ha superiormente, come nel murex aluco, una grossa piegatura che si perde nella cavità interna, e la columella è affatto liscia. Il canale della base è stretto, profondo e alquanto cur- vato all’ indietro. Anche questo murice ha dal lato sinistro il solito risalto varicoso, che ora è limitato all’ anfratto inferiore ed ora continua ne’ susseguenti. Lunghezza poll. 2. lin. 1; larghezza lin. 7. 70. Mvrex doliolum: nob. ( tav. IX, fig. 10 ). Testa ovato-acuta, ventricosa, anfractubus contiguis indis- tinctis, cingulis nodoso-plicatis, cauda adscendente. Fossile a San Miniato ed a Monterigioni in Toscana. La forma di questo murice è ovato-acuta e ventricosa, ma ne ho trovato alcuni individui molto più assottigliati. Gli an- fratti sono contigui fra loro in maniera che riesce difficile di distinguere la sutura che li separa, tanto più che essa si confonde con altri solchi di cui è trasversalmente segnata (443 ) questa conchiglia. La snperficie è tutta coperta di zone nodose, in mezzo alle quali corrono uno o due cingoli più sottili, e questi nodi sono formati dalle piegature longitudinali, che gio- vani. Knorr rappresenta nella tav. XIV, fig. 4, vol. V, un non sì veggono distintamente se non che negl’ individui murice che ha molta convenienza con quello che descriviamo. Lunghezza poll. 1, lin. 2; larghezza lin. 6. 71. Murex turbinatus: nob. ( tav. X, fig. 1). Testa turrita, anfractubus planis, distinctis, costis tribus ina- qualibus, superiori tuberculosa, media simplici, inferiori granu= lata, cauda brevissima, vix emarginata. Fossile nelle Crete Sanesi. La forma di questa conchiglia è simile a quella delle tur- ritelle di Lamark, a cui si approssima altresì nella struttura dell’ anfratto dell’ apertura che forma inferiormente un largo piano leggermente convesso da cui sorge la columella; ma ta siccome la base termina con un canaletto , quantunque cortis- simo , slabbrato e ripiegato all’ indietro, non v ha dubbio che non appartenga al genere de’ murici. Esso è composto di undici anfratti piani che inferiormente sono alquanto meno larghi che nella parte superiore, la quale per conseguenza forma un risalto intorno alla sutura. Ciasche- duno di essi è corredato di tre coste trasversali, di cui la superiore è guarnita di grossi tubercoli, la media è sottile e quasi affatto liscia o leggermente crenellata, e la inferiore, alquanto più grossa di questa, consta di una serie di granel- lini bislunghi. Se le coste fossero quattro in cambio di tre, non esiterci a crederlo analogo al cerithium coronatum di Bruguiere , che (444) si trova fossile a Courtagnon e nella Turenna. Forse potrebbe essere il cerithuum mutabile di Lamark , che s'incontra a Gri- gnon, € che questo autore sospetta essere identico al coro- natum in cui Bruguiere abbia preso l'orlo della sutura degli anfratti per una quarta costa. Nel mio esemplare mi sem- bra di vedere sulla columella l’ indizio di una piegatura, ma non saprei assicurarlo. Lunghezza poll. 1, lin. 5; larghezza lin. 6. } 72. Murrx tercbella. L. ( tav. IX, fig. 22). Testa turrita , anfractubus superne canaliculatis , serie duplici nodorum instructis, cingulis suturalibus moniliformibus. Bonann., Recr. 3, fig. 327. — Mus. Kircher. 3, fig. 326. Abita nel mare delle Indie ( Borann. ). Fossile nelle Crete Sanesi. È certamente il murex terebella di Gmelin, e corrisponde alle figure di Martini e di Knorr, ma in ispecialità a quelle del Bonanni che lo ha lodevolmente rappresentato quanto alla struttura generale: siccome per altro le singole parti sono assai trascurate, ho stimato di darne io medesimo un più esatto disegno, ed ho parimente modificato la frase specifica di Gmelin, per le ragioni che dirò in appresso. Il guscio di questo murice è molto solido, e, quantunque fossile, conserva la sua naturale pellucidità, non avendo la menoma traccia di alterazione. La sua forma è assottigliata e turrita, ed è composto di quattordici anfratti cinti da zone tubercolate e rugose, simmetricamente disposte con I° ordine seguente. Nel mezzo di ciaschedun anfratto si osserva una larga zona rilevata, divisa per mezzo da una leggiera strangolatura : (449) la porzione inferiore di essa offre una serie di tubercoli ro- tondati, e la superiore, che ha maggiore larghezza, è munita di tubercoli bislunghi, i quali sono una continuazione dei primi e concatenati con essi. Tanto al di sopra quanto al di sotto di questa zona vha un canaletto alquanto profondo, ed ambedue i margini della sutura sono cinti da una serie di granellini moniliformi, di cui quelli della sutura superiore sono gra- nellini e tubercoli provengono da piegature longitudinali, di più distinti e più rotondati. È da notarsi che tutti questi cui si riconoscono vestigi nella concavità istessa dei due canali che spalleggiano quella zona che si è detto occupare la parte di mezzo degli anfratti. La faccia inferiore dell’ anfratto più basso è poco convessa e corredata di molti solchi crenellati. L'aper- tura è ovale, e termina inferiormente con un canaletto corto alquanto ripiegato all'indietro: la columella è liscia, legger- mente torta e situata quasi verticalmente. Lunghezza poll. 1, lin. 10; larghezza lin. 7. Se si consulta la figura del Bonanni, chiaramente si scorge che il disegnatore ha voluto, quantunque in abbozzo, dare un’ idea di tutte queste parti. Con le linee longitudinali che sono nel mezzo di ciaschedun anfratto ha egli preteso di rappresentare le protuberanze bislunghe della zona sopra descritta, e con le due serie laterali di punti, ha indicato i cingoli moniliformi delle suture, Quanto alla fig. 1459 di Martini, essa è imbrogliatissima ; e Chemnitz confessa che non avrebbe saputo indovinare a quale specie appartenga se non avesse trovato una scheda manoscritta dell'autore che la ragguaglia ad una figura di Knorr. Questa figura è alquanto più distinta, ma cattiva essa (446 ) stessa, se non che supplisce la descrizione, dove sì dice che ciaschedun anfratto è guarnito di una doppia serie di grani, e che ve n° ha una semplice ne’ solchi della sutura ( pag. 33 ). A torto dunque Gmelin definì questa conchiglia con la frase anfractubus cingulo triplici moniliformi. Si avverta che Born riferisce le figure del Bonanni e di Martini al suo murex radula che, secondo Gmelin, è una varietà del zerebella. Bruguiere suppone all’ incontro ehe il radula di Born sia l'individuo giovane di un cerizhiuum, che chiama anch'egli con lo stesso nome, ma a cui applica la citazione di molte figure che Linneo e Gmelin registrano sotto lo strombus aculeatus. Io non entrerò su di ciò in veruna di- scussione, bastando sapere che questa conchiglia ha il suo protipo ne’ mari, conosciuto, se non da altri, dal Bonanni. 73. Murex bicinctus: nob. ( tav. IX, fig. 13 ). Testa turrita, anfractubus duplici serie tuberculorum. Fossile nel Piacentino. Ciaschedun anfratto è circondato da due serie distanti di tubercoli rotondati collocati presso al margine delle due suture inferiore e posteriore, e lo spazio intermedio è leggermente striato per traverso. L’apertura termina con un canaletto corto che piega piuttosto all’ innanzi che verso il dorso, all’incontro di quanto si scorge nelle precedenti specie. L° Aldrovandi , De testac., pag. 354, fig. 10, rappresenta un murice che ha qualche analogia col nostro, per quanto sì può desumere da quella grossolana figura. 74. Mvurex tricinctus: nob. ( tav. IX, fig. 23 ). Testa turrita, triplici granulorum serie , granulis omnibus invi- cem concatenatis, interstitits scrobiculatis , columella uniplicata. (447) Mercati, Metalloth., pag. 301, fig. 3 ( fossilis ). Fossile nelle Crete Sanesi e in Piemonte. Lo riferirei al cerithium cinctum che Bruguiere trovò fossile presso Montpellier, ma i solchi che separano i cingoli tuber- colati non hanno quella stria crenellata che rammenta questo autore. I predetti cingoli sono costantemente nel numero di tre in ciaschedun anfratto, e tutti egualmente grossi, se non che il superiore sembra esserlo alquanto più degli altri. Essi sono composti di tubercoli rotondati che si concatenano non solamente con quelli della serie a cui appartengono, ma cogli altri ancora delle serie contigue; così che negli spaz) intermed) all’ un cingolo e all’altro non rimane un solco liscio e continuo, ma una successione di picciole fossoline. Osservando bene l'andamento di questi tubercoli sembra che sieno prodotti dall’ intersecamento di tante coste longitudinali coi cingoli trasversali. L° anfratto inferiore è al di sotto quasi piano, e dal centro di esso sorge in direzione verticale la columella guarnita nel mezzo di una piegatura che gira spiralmente in- torno all'asse, e va a perdersi nella cavità interna. È molto difficile, per quanto ho veduto, di rinvenire individui in cui il labbro destro non sia fratturato. Lunghezza poll. 1, lin. 6; larghezza lin. 5. 75. Mvrex margaritaceus: nob. (tav. IX, fig. 24). Testa conica , turrita, cingulis confertis moniliformibus, primo et quarto subtilioribus, quinto reliquis duobus crassiore, labro alato ; plicato, columella retroflexa , obtuse carinata. Fossile nelle Crete Sanesi. Questa bella conchiglia ha una forma conica o piramidale simile a quella del trochus telescopium, e conviene parimente (448 ) ad esso nella configurazione del labbro destro, il quale si spande a guisa di ala in direzione quasi orizzontale sopra la cavità dell’ apertura. Gli anfratti sono senza nessuna convessità, e ciascheduno di essi è corredato di cinque cingoli composti di globuli rotondati, che sembrano infilzati a guisa delle perle di una collana. Il primo di questi cingoli è sottilissimo e af- fatto contiguo al margine della sutura inferiore; indi ne suc- cedono due altri più elevati e più grossi; il quarto è così sottile quanto il primo, e sepolto anch’ esso in un solco pro- fondo; ed il quinto che è allo stesso livello del secondo e del terzo, è composto di globuli alquanto più grossi. I solchi intermedj sono segnati di fossette, ma molto più depresse che. nella specie precedente. L’ apertura termina alla base con un canaletto corto ed obbliquo, e ripiegato all'indietro; e la columella ha, come nel murex tricinctus, una carena ottusa che gira spiralmente intorno all’ asse. Lunghezza poll. 1, lin. 9; larghezza limigie.. 76. Murex scaber. Olivi. — Cerithium lima. Brug. (tav. IX, fig. 17). Abita presso le coste della Guadalupa ( Brug. ), e nell’Adria- tico ( Olivi ). Fossile nell’isola d’ Ischia. La descrizione che dà Bruguiere di questo picciolo murice che è comunissimo nelle lagune di Venezia, corrisponde ap- puntino agl’individui fossili che ho trovato nell’ isola d'Ischia, i maggiori de’ quali sono poco più lunghi di quattro linee. In ciaschedun anfratto v ha quattro serie di granellini con- catenati insieme, ed un risalto longitudinale varicoso che comparisce sovente fino negli anfratti dell’ apice. È inutile che mi diffonda nell’ esposizione degli altri caratteri che si possono (449) riscontrare nella descrizione di Bruguiere ( Encyclop. meth. Vers., art. cerithium, num. 33 ). Il Gualtieri, tar. 58, fig. Z, ha dato una figura di questo murice, ma imperfetta, come giustamente nota l’Olivi, perchè l’apertura manca di canaletto. Idem. Var., cingulis quinque punctato-granosis. Fossile a San Giusto presso Volterra. Avvi nell'Adriatico e nel Mediterraneo un picciolo murice somigliantissimo al precedente, ma fornito di tre cingoli tu- bercolati in cambio di quattro, e senza varici. Il Renieri ne ha fatto la sua varietà f di murex scaber, ma Bruguiere lo considera come affatto distinto da questo, e gli appose il nome di cerithum ferrugineum. È probabile che questo autore avrebbe del pari risguardato come una specie particolare quello fossile di cui ora parlo, il quale differisce dall’ altro per avere un cingolo di più. Ma qui giova avvertire che quantunque asserisca Bruguiere che il numero di questi cingoli è invariabile nel cerithium lima o sia murex scaber, accade non di rado di vederne tre negli anfratti più prossimi all'apice della spira. 77. Murex granulosus. Ren, — Cerithium maroccanum. Brug. ( tav. IX, fig. 18). Testa turrita, subulata, cingulis tribus moniliformibus oblique spiralbus, apertura sinistra. Chemn., tab. 112, fig. 958, a, b ( mala ). Soldani, Testaceogr. I, tab. 8, fig. 64. Abita presso le spiagge di Marocco ( Chemnitz ), nel Me- diterraneo ( So/dani ), e nell’Adriatico ( Olivi, Renieri ). Fos- sile a San Giusto presso Volterra. Bruguiere non ha veduto questa conchiglia, e la descrizione x ch'egli pe ha dato è ricavata da Chemnitz. Questo autore 67, ( 450 ) dice di avere osservato in alcuni esemplari due serie di tu- bercoli in ciaschedun anfratto, che in uno solo ne ravvisò quattro, ma che la maggior parte ne hanno tre. Tale di fatto è il numero che trovo costante in ventiquattro individui fossili di questo murice, molti de’ quali sono per altro frat- turati, e che io ho raccolto nelle colline circostanti a Volterra: il solo antratto inferiore ha cinque cingoli, il terzo de’ quali, contando dalla base, è sottilissimo e appena distinguibile ad occhio nudo. I tubercoli rotondati che compongono questi cingoli, sono da ogni lato concatenati fra loro ed hanno una direzione obbliqua paralella a quella della sutura. L’ anfratto più basso termina inferiormente con un piano declive segnato da due solchi profondi. L° apertura è picciola, ed il canaletto della base è prominente e alquanto incurvato. Il labbro de- stro è crenato intorno al margine, striato nella faccia interna, ed il sinistro consiste in una lamina liscia e sottile. Questo murice ha l'apertura rivolta a sinistra, ed è pre- cisamente quello stesso figurato dal Soldani nella tavola citata, benchè sembri più ventricoso del nostro negli anfratti infe- riori. Quanto alla figura di Chemnitz, essa è inesatta, perchè il canaletto della base comparisce troppo corto, ed è molto rozza in tutto il resto. Gmelin I’ attribuì indebitamente ad una varietà del turbo perversus ch’ è una conchiglia terrestre. L’Olivi aveva veduto questo murice, e fu da lui creduto il radula di Linneo. Io ho conservato l’ epiteto dato dal Re- nieri preferendolo a quello di Bruguiere, tolto dal nome del paese in cui questa conchiglia fu trovata per la prima volta. Presso il Renieri stesso ne ho veduto un bell’ individuo pescato nell'Adriatico della lunghezza di quasi un pollice e, mezzo. (451 ) Osservazioni, Riducendo le specie descritte ai quattro generi di Lamark, Murex, Fusus, Pleurotoma e Cerithium, ed istituendo un con- fronto fra esse e le spezie trovate nei nostri mari si scorge, rispetto al primo, che quelle comunissime nell'Adriatico del murex brandaris, trunculus, erinaceus, e le altre meno frequenti del murex craciculatus , corneus; pomum, sono parimente ovvie fra noi in istato fossile. Ma nell’ Adriatico un solo murice è stato finora rinvenuto della tribù dei varicosi, ed è il murex /otorium registrato nel Prodromo del Renieri, quando ve n° ha un buon numero di fossili. Io ho ricevuto da Venezia un murice sotto il nome di /otorium del catalogo del Re- nierì, ma non posso persuadermìi che sia realmente quello così da lui chiamato, poichè non conviene per verun conto a questa specie, nè appartiene tampoco alla famiglia dei varicosi. Esso ha la lun- ghezza di nove linee, è guarnito per traverso di strie rilevate , e per lungo di coste protuberanti ; il labbro destro è internamente tuber- colato, ed il canaletto deila base cortissimo e semichiuso. Il suo colore è rossiccio sudicio traente al bruno, ed ha molta affinità col murex plicatus. Per quanto spetta alle conchiglie fossili del genere Zusus, il lgrna- rius , il vulpeculus ed il rostratus vivono ancora nell'Adriatico, e rela- tivamente alle altre del genere P/eurotoma, di cui molte ne esistono nel nostro suolo ed alcune di gran volume, una sola ha in questo mare il suo analogo conosciuto , ed è il murex oblorngus. Maggiore è il numero dei ceriti di cui si trovano nell’ Adriatico stesso gli originali viventi. Nove ne registra il Renieri l’a/uco, | alu- cordes, il moluccanus ( alucaster: nob.), il granulosus, lo scaber, il minimus , Vl elabiatus , V exasperatus , il varicosus , fra i quali i cinque primi si presentano ne’ terreni terziar). Se da questi confronti emerge un punto di ravvicinamento fra la conchiologia fossile dell’ Italia e quella dei mari che ne bagnano al presente le coste, altri se ne possono istituire, che indeboliscono le conseguenze che saremmo disposti di ricavare da quei primi fatti. Imperocchè fra i murici di cui ho esteso la lista, parecchi sono quelli che non sappiamo che esistano se non che in climi stranieri, (452 ) mei mari, cioè , delle Indie, dell'America e nell'Atlantico: tali sono il Zampas, il tripterus, il cancellinus, il cornutus, il nodatus, il magellanicus e il terebella. E degno ancora di speciale considerazione che fra le numerose spe- cie che sono state da me riportate, pochissime sieno quelle promiscue agli strati conchigliferi de’ contorni di Parigi. Si è altrove osservato che in quel paese non si rinvengono tanti testacei di cui ridondano ì nostri mari, e che s'incontrano frequentissimi fra noi in istato fossile, quali sono la nerita canrena, lo strombus pes pelecani, il turbo rugosus; e soggiungerò adesso che colà mancano egualmente il ‘murex brandaris e trunculus, di cui sono ripieni l'Adriatico e il Me- diterraneo. Fecondissimo è bensì quel suolo di ceriti, poichè Lamark ne ha avuto sessanta raccolti in uno spazio di poca estensione, fra i quali il cerszhium giganteum, che ha un piede e più di lunghezza; ma ciò che comparirà molto strano si è che di due soli si conoscono gli analoghi, e che questi si trovano nel mare del Sud; l uno è il cerithium hexagonum , e Valtro il cerithium serratum, scoperti ambidue durante il viaggio di Cook. Le conchiglie fossili del genere /usus e Pleurotoma sono altresì numerose nelle adiacenze di Parigi, e tutte mancano degli originali viventi. Le altre del genere murex sono soltanto diciassette, e fra queste il murex tubifer ha V analogo marino veduto da Bruguiere, il tripterus vive nell'Oceano indiano , ed il carcellinus nel mare australe; gli altri sono ancora sconosciuti ne’ mari, e tranne i due ultimi, sono differenti da quelli che si trovano in Italia, i Siccome Lamark rispetto alle conchiglie di questi quattro generi fu parco di figure, e le sue descrizioni sono per lo più molto succinte, è probabile che fra le specie da esso lui registrate ve ne sia qualche altra identica a quelle che sono state da me classificate, e che io non abbia saputo riconoscere. Ma quando anche ciò fosse, credo che dai confronti superiormente fatti e da quelli che ora si sono istituiti emerga con bastante evidenza che la conchiologia fossile di quel paese è differentissima da quella dell’ Italia. Avremo occasione in ap- presso di confermarci vie più in questo sentimento. ( 453 ) XVI NAUTILO. Num. 1, 2; genere Nautilus di Lamark; 3 Planulites; 4 Orthocera, 5 Belemnites. i i. Naurirus costatus: nob. Bourguet, Petrificat., tab. 28, fig. 252. Fossile ne’ contorni di Torino ( Allioni ). Cito questa conchiglia sulla fede dell’Allioni , il quale dice essere l’unica del genere de’ nautili che sia stata trovata in Piemonte col naturale suo guscio. Essa fu dissepolta da una terra sabbionosa in una eminenza situata rimpetto al monte de’ Cappuccini, e le concamerazioni più prossime al centro della spira erano tappezzate /da una cristallizzazione spatosa. L'Allioni la ragguaglia a quella rappresentata nell’ indicata tavola di Bourguet. Il Passeri nella Storia de’ fossili del Pesarese, pag. 252, parla egli pure di due gusci intieri e ben conservati di corni di ammone, e immuni da qualunque pietrificazione, che gli furono recati dai monti di Urbania, paese poco distante da Urbino, l'uno de quali aveva il diametro di un dito, e l’altro era alquanto più picciolo. Egli dice che il loro tubo era af- fatto liscio, di sostanza sottile, trasparente e molto fragile, e che la specie non si trova attualmente ne’ mari. 2. Navritus crispus. L. Gualt., tab. 19, fig. A, D. Planc., tab. 1, fig. 2. Targioni, Viaggi, ecc., vol. IV, fig. 6 ( fossilis ). (454) Abita nell'Adriatico e nel Mediterraneo ( Lin.). Fossile in molti luoghi dell’ Italia. Malamente il Soldani riferì le citate figure del Gualtieri e di Planco alla specie da lui disegnata nella tav. II, fig. Y del Saggio orittografico. Il nautilo colà rappresentato ha le strie ramose, mentre nel nostro sono semplici, lineari e leg- germente flessuose. Quello del Soldani inoltre, come attesta egli stesso, non è granulato. 3. Navrirus Beccari. L. Gualt., tab. 19, fig. H, L Planc., tab. 1, fig. 1. Ginann. II, tab. 14, fig. 111. Targioni, Viaggi, ecc., vol. IV, fig. 17 ( fossilis ). Soldani, Saggio, tab. 2, fig D, E ( fossilis ). Abita nell'Adriatico e nel Mediterraneo ( Lin.). Fossile in molti luoghi d°’ Italia. Abbonda ne’ contorni di Bologna, e per quanto ho veduto è poco frequente nel Piacentino, dove all’ incontro è comu- nissimo il primo. 4. Navurizus raphanus. L. Gualt., tab. ih fig. L. Planc., tab. 1, fig. 6 Soldani, Saggio, tab. 5, fig. M ( fossilis). Abita nell'Adriatico e nel Mediterraneo ( Lin. ). Fossile alla Coroncina nelle Crete Sanesi ( Sold. ). 5. Nauritrus belemnites. L. Aldovr., Mus. metall., pag. 621. pata Metalloth. » pag. 281. Fossile nelle colline bolognesi. (459 ) Le belenniti che, come abbiamo da Parkinson e da Bro- gniart, accompagnano di frequente gli strati della creta con- chiglifera de’ contorni di Londra e di Parigi, sono state rin- venute dal Ghedini nel Bolognese. Ma erano esse veramente belenniti? o non piuttosto aculei di echino che si trovano in copia di differenti grandezze e di varia figura nel Sanese, nel Piacentino, in Piemonte? Questo autore dice di non avere incontrato che i semplici nuclei, e nell’ estratto che fu dato della sua Memoria nei Commentarj dell’Accademia di Bologna non sono punto indicati i particolari caratteri di que’ corpi, benchè gli accademici confutino l’ opinione del Ghedini che opinava essere essi prodotti del regno minerale, formati per via di cristallizzazione. È noto quanto siasi disputato sulla natura delle belenniti, supposte denti di cetacei, nuclei di serpule, madrepore , al- cionj, pezzi di corna di Narval, punte di echino, testacei politalamici, e finalmente stalattiti inorganiche. Il Targioni, combattendo tutte le altre spiegazioni, sostiene che sono con- chiglie concamerate, ed assicura di avere veduto in un museo di Firenze un testaceo marino, del tutto simile alle belen- niti, lungo mezzo pollice e del maggior diametro di due linee, il cui guscio era sottilissimo, bianco e pellucido, e che essendo rotto dall’ un de’ lati mostrava la sua interna strut- tura fatta a camere divise da diaframmi. Esso era impiantato su di una concrezione tartarosa marina, da cui volendolo staccare si spezzò in minuti frammenti ( Viaggi in Toscana, vol. IV, pag. 461 ). Osservazioni. Fra l'immenso numero dei piccioli testacei nautilici che sì presentano fossili in Italia mi sono limitato a fare menzione (456 ) del nautilus crispus, Beccarii e raphanus che sono i più comuni. La descrizione di tutti gli altri sarebbe assunto di un’ opera particolare per la quale il Soldani ci ha lasciato vasti e preziosi materiali. Recherà forse sorpresa che io non abbia registrato in questa lista il nautilus pompilius indigeno attualmente dell’ Oceano indiano ed africano, e che Montfort e Faujas di S. Fond dicono trovarsi fossile in Piemonte. Io non ho avuto mai la buona ventura d’ incontrarlo nè nei differenti paesi da me trascorsi, nè nelle raccolte de’ musei che ho visitato, come non lo veggo tampoco citato in veruno dei nostri autori. Dionigi Montfort, della cui autorità si è valso Faujas, crede che quel nautilo fossile trovato dall’ Allioni nelle vicinanze di Torino, ed a cui ho io dato il nome di costatus, sia appunto il pompilius di Linneo, il che non è punto probabile: se esso avesse appartenuto a questa specie, non lo avrebbe l’Allioni medesimo rag- guagliato alla figura di Bourguet che non somiglia punto nè poco al nautilus pompilius, ma sarebbe ricorso, conforme al suo solito, a quelle del Gualtieri, del Bonanni o di Argenville. Mentre era per consegnare alla stampa questo foglio, il mio degno amico signor Alessandro Villani, valente naturalista e possessore di una scelta serie di conchiglie marine di cui, per sua cortesia, mi sono spesso giovato in questo lavoro , essendo di ritorno dalla valle di Andona in Piemonte, dove sì era recato per fare raccolta di testacei fossili; mi ragguagliò di avere veduto in quel luogo alcuni frammenti che gli parve che appartenessero al nautilus pompilius. Ma sapendo egli che questa conchiglia non è rara in Europa in istato fossile, poichè si rinviene in molti luoghi della Francia e dell’ Inghilterra , non credette che molto importasse nè di esaminare più da vicino que’ frammenti, nè di raccoglierli. Benchè la valle di Andona sia distante da Milano sessanta e più miglia, stimai prezzo dell’ opera di recarmi incontanente sul luogo per verificare il fatto, ed il signor Moretti professore di chimica ebbe la compiacenza di associarsi meco onde ajutarmi nelle mie indagini. Restammo in quella valle per quasi due intiere giornate, sì esplorarono con diligenza tutt i luoghi vi. sitati dal signor Villani, ed altri più ancora, valendoci della persona (457) stessa che gli aveva servito di guida, ma le nostre cure riuscirono infruttuose. Sospetto adunque che questo naturalista abbia di primo lancio scambiato per frammenti di nautilo gli sfogli della perna maxillata comunissima in que’ contorni, che possono benissimo illu- dere atteso il loro lustro margaritaceo e la forma convessa. Individui di nautilus pompilius si potrebbero credere quelli de- scritti dal Passeri, e che egli ricevette dai monti di Urbania, ma la particolarità da lui notata , di avere il guscio sottile e trasparente, non combina con questa conchiglia. Il Passeri assicura inoltre che la specie di que’ nautili non si trova in verun mare, ed è improba- bile ch’ egli non avesse contezza del nauzilus pompilius così frequente nelle raccolte e figurato in tanti libri. Io ho collocato nell'Adriatico e nel Mediterraneo i protipi del nautilus crispus, Beccarit e raphanus, seguendo la comune dei natu- ralisti, giacchè dopo le osservazioni fatte da Planco, non si dubita punto che questi testacei non alberghino nelle acque di que’ mari. Ma è d’ uopo confessare che nessuna indagine è stata istituita per accertarsi che i gusci di cotesti nautiletti, incontrati sulla spiaggia o nel fondo istesso del mare, contenessero in realtà 1’ animale, della qual cosa sarebbe indispensabile di chiarirsi prima di decidere che la specie tuttora sussiste. I gusci voti non provano abbastanza in favore di questa asserzione, avvegnachè potrebbero esistere nelle sabbie del mare in istato fossile, come si trovano nelle colline del continente. Il Soldani traeva argomento che fossero nativi dall'avere adocchiato che appajono lisci e pellucidi, mentre, a detta sua , quelli sepolti neila terra sono opachi, e più o meno incrostati di sostanza calcaria. Ma dagli esempj da lui medesimo allegati questo criterio è fallace, imperocchè in molti luoghi della sua grande opera cita di questi nautiletti fossili, così diafani, così mondi e di una integrità tanto perfetta che sembravano pescati nel mare , come per testimo- nianza sua propria fu da lui osservato nelle Crete Sanesi ed a San Quirico , tom. 1, pag. 54 e pag. 63 ; Testa Litui crispati et orbiculi ex Terris Senensibus et S. Quiricensibus eruta, plereque deterso omnino et integre sunt ac sì in mari recens nate. (458 ) Io termino qui il catalogo delle univalvi che mi è riuscito o di trovare da me nelle colline subapennine, o che ho avuto dai rac- coglitori di simili produzioni. Questo catalogo comprende tutti i ge- neri del sistema di Linneo, eccetto che due soli, il genere Argonauta ed Huliotis, di cui non ho veduto fra noi veruna specie fossile. Non ignoro per altro che De Luc parla di due aliotidi che egli possedeva come provenienti dalle colline del Piemonte, ma questa univalve non è registrata nè dall’Allioni nè dal Borsoni che hanno descritto tutti i testacei fossili di quel paese che erano a loro cognizione. Benchè non possa credere che De Luc abbia scambiato con essa l’helix haliotidea che è frequentissima in quel paese, segnatamente in Valle Andona, sarà ben fatto di attendere ulteriori informazioni sull’ esistenza di questa conchiglia in istato fossile, che debb'essere, se non altro, rarissima. Gmelin dice che nuclei di aliotidi si sono rinvenuti in alcuni luoghi della Germania e nel Belgio, e cita la perversa e la plicata ( Syst. Nat., tom. X, pag. 419 ); ma quanto alla prima, siccome essa manca di fori intorno al margine del labbro sinistro, non appartiene propriamente a questo genere, e va inclusa in quello di Stomazzia, introdotto da Helbings e conservato da Lamark. Nulla posso dire dell’ altra, non conoscendo nè l'originale nè la figura data da Schroter. (459) CLASSE IL BIVALVI. I. ANOMIA. Num. 1, 2,3, 4, 5,6, 7,8, 9, 10 genere Aromia di Lamark; II; 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 Terebratula; 19 Gryphaa. 1. Anomra ephippium. L. Bonann., Recr. 2, fig. 56. — Mus. Kircher. 2, fig. 55. Gualt. , tab. 97, fig. B. Ginann. II, tab. 27, fig. 172. Gioeni, Mem. , fig. 17. Poli, Testac. II, tab. 30, fig. 9; 10. Abita nell’ Oceano indiano e americano (Lin.), nel Medi- terraneo , nel mare d'Inghilterra e presso le coste della Bre- tagna ( Poli, Bruguiere), e nell’Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino. Presso Castell Arquato nel Piacentino ne fu trovato un grup- po composto di quattro in cinque individui insieme aderenti, che si conserva nel museo del Consiglio delle Miniere insieme con alcuni altri isolati che hanno ambedue le valve. Idem. Var. BR, longitudinaliter obsolete sulcata. Bruguiere, Enciclop., tab. 170, fig. 4. Fossile alla Rocchetta nell’Astigiano. È già noto quante varietà presenti l’ anomia ephippium, il cui guscio, oltre al modificarsi diversamente a norma della figura de’ corpi con cui si mette a contatto, comparisce ora (460 ) liscio ed ora irregolarmente solcato. Quest’ ultimo carattere si riconosce nella varietà di cui parliamo, la quale è segnata di solchi longitudinali che formano altrettante coste ottuse e poco rilevate. Aveva già avvertito lo stesso Linneo che questa conchiglia ha sovente cinque pieghe longitudinali che non si stendono fino al cardine: Utraque valvula saepe plicis quinque longitudinalibus , nec ad cardinem concurrentibus ( Syst. Nat, edit. XII, pag. 1151 ); osservazione che fu ommessa da Gmelin senza che si possa indovinare perchè non le sia andata a garbo. Idem. Var. y, strus longitudinalibus confertis , rugulosis. Fossile alla Rocchetta nell’Astigiano. È coperta di tubercoletti bislunghi , i quali sono disposti in serie longitudinali, ma interrotte e disordinate, nè si può metter in dubbio che non sia una varietà dell’ epRippium, poichè osservando con attenzione gl’ individui marini di questa bivalve che hanno la superficie liscia, si scorge quasi sempre che in qualche situazione sono più o meno striati e tuberco- lati alla foggia indicata. Nel museo del Consiglio delle Miniere v° ha due anomie fossili provenienti dal Piacentino, che sembrano egualmente appartenere all’ eplippium, se non che sono assai più grosse e più solide, e quasi affatto prive di trasparenza. Esse sono piegate a zigzag come a un di presso il mytilus hyotis e frons, e tutti i seni e i rialzamenti si corrispondono nell’una e nell’ altra valva. La superficie esterna è ruvida e segnata per traverso da rughe lamellari e sfogliose ; 1’ interna è liscia ed ha un lustro smorto di madreperla. Ambidue questi esem- plari sono di squisitissima conservazione, ed è mirabile che in uno di essi rimanga ancora quella specie di operculo che ( 461 ) chiude il forame della valva inferiore, attaccato ad un pedi- colo che sembra essere una porzione di tendine indurita ; or- gano che difficilmente si riscontra nelle anomie che si pescano nel mare, perchè servendo alla conchiglia di punto di attacco, rimane ordinariamente sul corpo a cui esso era aderente. Bruguiere che descrisse 1’ ufticio di questo opercolo, lo riguardò come una terza valva, e credette che in grazia di esso le anomie formino un passaggio dalle conchiglie bivalvi alle multivalvi; ma tutto quello ch’ egli dice su questo proposito, è tolto dal Gioeni, che essendo stato il primo a fare quelle osservazioni, meritava di essere citato. Si consulti la sua Me- moria Su una nuova famiglia e un nuovo genere di testacei, pag. 31 e seg.; opera già conosciuta da Bruguiere medesimo, poichè ne riporta ne rispettivi luoghi le figure. 2. Anomra squamula. L. Martin., tab. 76, fig. 696. Enciclop. méth, tab. 172, fig. 6 e 7. Abita nell’ Oceano dell’ Europa settentrionale ( Lin. ), e nel- l'Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino e in valle di An- dona nel Piemonte. Mi è riuscito di mettere insieme tre esemplari di questa fragilissima conchiglia che ritrovai in mezzo alla terra che riempiva la concavità interna di alcune bivalvi. Tanto la fi- gura di Martini quanto l’altra dell’ Enciclopedia ricavata da Martini istesso, come lo sono quelle di quasi tutte le anomie descritte da Bruguiere, poco somigliano agli originali. 3. Anomia electrica. L. Rumpf., Mus., tab. 47, fig. L. Enciclop. méth, tab. 171, fig. 3, 4. ( 462 ) Abita presso i lidi dell’Africa ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Re- nieri ). Fossile nel Piacentino. Oltre a qualche esemplare di mediocre grandezza, e che mi sembra di poter riferire senza equivoco a questa specie, altri più piccioli ne ho rinvenuto nell’ interno di un cardium echinatum, che sono in dubbio se veramente appartengano all’ electrica, 0 piuttosto alla squamula. Così l’ una come l’altra di queste anomie ha l umbone distiutissimo e chiaramente espresso; ma il guscio di quest ultima è sottilissimo e piano, mentre quella dell’altro è più solido e di forma convessa. In grazia di questi caratteri riferirei all’ electrica i giovani indi- vidui di cui ho parlato. 4. Anomra squama? L. Martin. , tab. 77, fig. 697. Enciclop. méth., tab. 161, fig. 22. Abita nel mare di Norvegia. ( Zin.). Fossile in Valle di Andona. Non ho trovato che due piccioli individui di questa ano- mia la quale ha una forma ovale ed è segnata di strie lon- gitudinali elevate e scabre, che partendo dall’ apice, vanno a terminare al margine. Mi sembra di poterla ragguagliare alla squama, ma non sono abbastanza convinto che a buon dritto vi appartenga. Una conchiglia affatto analoga a quella che si descrive esiste nell’ Adriatico , ed il professore Renieri presso cui ne ho veduto esemplari di più di un pollice di lunghezza, l'ha qualificata per una varietà dell’ undulata, ma essa non ha il margine crenato, e manca di strie trasversali, caratteri assegnati da Chemnitz e da Muller a quella specie. Di queste tre ultime e delle susseguenti sino al num. 11 non ho rinvenuto che la sola valva superiore. ( 463 ) 5. Anomra costata: nob. (tav. X, fig. 9). Valva oblonga vel orbicularis, convexa, longitudinaliter sulcis elevatis exarata , intus margaritacea. Fossile nel Piacentino. Ho sott occhio due individui di quest’ anomia, uno dei quali ha una forma orbiculare e molto convessa, ed è guarnito di solchi rilevati che confluiscono tutti verso il cardine : l’ altro di cui presento la figura, è bislungo per traverso, e diffe- risce dal primo in quanto che i solchi, in cambio di riunirsi al cardine, vanno a terminare in differenti punti del margine. Sa- rebbe per avventura anch’ essa un’ altra varietà dell’ephippium/ 6. Anomia radiata : nob. ( tav. X, fig. 10). Valva subrotunda convexa, sulcis longitudinalibus ad cardi nem confluentibus, umbone elevato, gibboso , incurvo, sensim attenuato. Fossile nel Piacentino. Somiglia ad una valva di cardio o di pettine, con cui po- trebbe essere a prima giunta scambiata, ma la struttura del cardine non lascia verun dubbio sul genere a cui debbe ap- partenere, al che si aggiunga la situazione e la figura dell’im- pressione muscolare che sì scorge nella concavità della valva superiore, e che è analoga a quella dell’ anomia ephippium e delle altre specie descritte. Questa impressione è collocata in vicinanza del cardine, e consiste in tre areole orbiculari messe luna accanto all’altra, di cui la superiore è più dila- tata, e quella di mezzo alquanto più ristretta della susse- guente, che non è sulla medesima linea delle altre due, ma diverge a sinistra. La superficie esteriore è rigata da solchi regolari poco prominenti che confluiscono tutti verso il cardine, (464 ) e non sono ramosi come nell’ anomia pectinata, descritta da Linneo in istato fossile, e che Chemnitz sospetta che esista nel Mediterraneo. Il vertice è elevato, convesso, e. dolcemente incurvandosi, si va gradatamente ristringendo verso la sua estremità, dove termina con una papilla ottusa che costituisce l’ apice. In un secondo individuo che ho presente, i solchi non sono regolari e distinti se non che nella parte più con- vessa, e degenerano poscia in rughe grossolane e flessuose; il vertice in questo è sensibilmente incurvato alla destra, mentre nell’ altro inclina alquanto dal lato opposto. 7. Anomra pellis serpentis: nob. (tav. X, fig. 11). Valva rotundata convexa, reticulatim oblique striata, striis alteris eminentioribus, distantibus, margine rugoso-plicato , apice papillari. Fossile nel Piacentino. Singolare in questa conchiglia è la disposizione delle strie, la cui direzione è parabolica e obbliqua. Benchè ve ne abbia due serie che s’ incrocicchiano l’ una con l’altra, nessuna pro- priamente si può chiamare longitudinale, poichè ambe partono dai lati, di modo che le strie del lato sinistro s’ intersecano con le altre che vengono dal lato destro. In grazia di questo insolito andamento l’apice sembra essere fuori del suo posto ordinario, e collocato lateralmente; poichè si cercherebbe laddove va a terminare o l'una o l’altra delle due serie di strie. Esso è costituito da una papilla depressa di forma co- nica, contigua alla linea del cardine. Le strie non sono poi tutte della stessa grossezza, poichè quelle che partono dal labbro destro sono più sottili, più spesse e meno rilevate delle altre. Il margine inferiore è corredato di grosse pieghe (465) I obblique e rugose, alle quali corrispondono nella faccia in- terna altrettanti solchi concavi. Lunghezza lin. 11, larghezza pollsî:6flim;1. 8. Avomra striata: nob. ( tav. X, fig. 13). Valva orbicularis valde convexa, longitudinaliter profunde striata, apice marginali. Fossile nel Piacentino. Ha caratteri evidentissimi per formare una specie partico- lare e affatto diversa da tutte le altre. Essa è convessa quanto la precedente, ma è intagliata per lungo da un gran numero di strie sottili, leggermente crenellate e divise da solchi pro- fondi. Lunghezza lin. 7, larghezza lin. 6. g. Awonra sulcata? Poli ( tav. X, fig. 12). Pol, Testac. II, tab: 30, fig: 12? Abita nel mare di Napoli ( Pol ). Fossile nelle Crete Sanesi. Credo di poterla riferire a questa specie, benchè abbia molta somiglianza con la unduata e la patelliformis; ma la prima è striata per traverso ,° il che non sl riconosce in que- sta, e Chemnitz espressamente dice che le coste longitudinali partono dall’ apice come da un centro, mentre in quella che descriviamo l’ apice stesso è situato alquanto lateralmente di modo che non tutti 1 solchi confluiscono in esso. Per quanto spetta alla pazelliformis , attenendoci alla figura che ne ha dato Linneo nei Muovi Atti di Upsal (tom. I, pag. 43; tav. 5, fig. 3, num. 6, 7), e che Gmelin ha ommesso di citare, l’apice in essa è più lontano dal margine che nella nostra, 1 solchi non sono così distinti, nè così regolari, ed è corredata di sottili strie trasversali che Linneo dice essere quasi membranacee. ( 466) Non ho trovato che la sola valva superiore che è sottile, pellucida e longitudinalmente rigata da solchi convessi legger= mente arcuati. La linea del cardine, osservata con la lente, comparisce denticolata. Lunghezza lin. 8, larghezza lin. 7. 10. Avomra orbiculata: nob. (tav. X, fig. 14). Valva solida, orbiculata, convexo-depressa, laevis, albo ru- broque radiata, intus crusta calcarea obducta, apice submar- ginali. Fossile nel Piacentino. Ha una forma discoidea convessa, e tranne Je rughe tras- versali che sono i segni dell’ accrescimento, è affatto Hiscia. L’apice è vicinissimo al margine, ed è formato da una pic- cola prominenza che non si solleva verticalmente, ma è ri- piegata verso il cardine, e va gradatamente terminando in una punta conica e ottusa. Quantunque fossile, è naturalmente dipinta nell’ esterno a raggi longitudinali rossicci sur un fondo biancastro, e la superficie interna è coperta da una pellicola calcaria, eccetto che intorno al margine che è liscio ed acuto. Lunghezza poll. 1, lin. 2; larghezza poll. 1, lin. 1. Le seguenti specie appartengono tutte al genere Zerebratula di Lamark. 11. Anomia ampulla: nob. ( tav. X, fig. 5). Testa inflata, valva inferiore basim versus obscure biplicata, altera rotundata, levi, apice prominente pertuso. Scilla, Vana speculaz., tab. 14, fig. 1, 2. Fossile nel Piacentino, a San Geminiano, e a Lajatico nella Toscana, e nella Calabria. | Questa conchiglia comunissima in istato fossile in var) luo- ghi dell’Italia non può essere I’ anomia cerebratula di Linneo, (467) che, secondo la definizione di questo autore, ha tre piega- ture in una valva e due soltanto nell’ altra. In quella che de- scriviamo non ve ne ha che due nella valva inferiore, ma così poco apparenti che non sono tampoco indicate nella figura dello Scilla, che in tutto il resto esattamente la rappresenta, e mi sembra che essa sia altresì delineata da Bourguet, cav. 30, fig. 194 ( Traité des petrificat. ). La valva superiore poi è affatto liscia; nondimeno in alcuni esemplari sì scorgono due solchi longitudinali così leggieri che è d’uopo per ravvisarli esporre la conchiglia sotto un favorevole riflesso di luce. Nelle colline di Castell'Arquato presso Piacenza trovasi se- polta questa anomia in una marna bigia che ne riempie la cavità interna; e siccome questa terra è facilmente stempra- bile nell’acqua, potei così votare alcuni gusci, e riconobbi nella valva inferiore presso il cardine due lamine sottili ( radi osset di Linneo ) biforcate all’ estremità, ma di struttura dif- ferente da quelle dell’azomia citrea. Lunghezza poll. 2, lar- ghezza lin. 15. Idem. Var., plicis eminentioribus, margine inferne sinuoso. Fossile nelle Crete Sanesi. Comparisce meno ventricosa della varietà precedente, per- chè la valva inferiore è alquanto schiacciata. Le due piega- ture longitudinali sono inoltre più rilevate, ed il margine forma superiormente () un seno rientrante fra le due pie- gature della valva inferiore. 12. Anomra vitrea? L. (*) E gia noto che Linneo considera il cardine come la parte inferiore o sia la base delle bivalvi. (468) Column., De purp., pag. 22, fig. 2? ( fossilis ). Fossile presso Andria in Puglia. Benchè abbia visitato nella Puglia le situazioni più feconde in conchiglie fossili, non mi sono mai abbattuto in questa anomia figurata dal Colonna. Essa ha tutta la somiglianza con la cvitrea, a cui Chemnitz la riferisce senza esitanza ( tom, VIII, pag. 100 ); ma è nondimeno da avvertire che negli individui marini le rughe trasversali non sono tanto apparenti, e che nell’una e nell’altra valva essi hanno due piegature longitudinali, benchè così debolmente indicate che non sono espresse nelle figure dei conchiologisti. Del rimanente non sarebbe maraviglia di rinvenire questo testaceo ne’ terreni: terziar), poichè a Viggiù al di sopra di Varese s° incontra negli strati solidi calcarei ridotto in istato pietroso. 13. AnomIa sinuosa: nob. Testa oblonga, valva superiore uniplicata, altera biplicata, margine infero sinuoso, apice perforato. Column., De purp., pag. 22, fig. 1 ( fossilts ). Enciclop. métod., tab. 239, fig. 3, a, b. Fossile nel Piacentino. La valva superiore ha una grossa piegatura longitudinale accompagnata a destra e a sinistra da un largo solco, e la inferiore ne ha due della stessa grossezza. Si osserva in questa conchiglia che le coste salienti di una valva corrispondono ai solchi concavi dell’ altra opposta. Il margine inferiore è sinuoso con questa norma, che all’ estremità delle due piegature della valva superiore v ha un seno rientrante, ed a quella del solco intermedio un lobo saliente, benchè nella figura dell’ Enciclopedia si scorga precisamente l’ inverso. ( 469) Linneo attribuì a torto la figura di Fabio Colonna all’anomia terebratula, e più indebitamente l’associò all’ altra di Lister, anim. Angl., tab. 8, fig. 46, che non ha con essa la menoma analogia. Lunghezza poll. 1, lin. 6, larghezza lin. 13. 14. Anoura biplicata: nob. (tav. X, fig. 8). Testa oblonga ventricosa, utrinque biplicata, superne bicuspi- data, apice perforato. Fossile presso San Quirico in Toscana. Le valve sono convesse e tumide, ma la superiore è: al- quanto più depressa dell’ altra, ed ambedue hanno due pieghe longitudinali mediocremente prominenti, e separate nel mar- gine da un profondo seno arcuato. Il foro dell’apice della valva superiore è più stretto che in tutte le precedenti. 15. Avomra complanata : nob. (tav. X, fig. 6 ). Testa dilatata, valva superiore gibbosa , ad latera compressa, inferiore complanata , apice pertuso. Fossile presso Pienza in Toscana. La sua forma è trasversalmente ovale. La valva superiore ha il dorso elevato e gibboso, ed è compressa in ambi i lati; la inferiore è quasi piana e solo alquanto protuberante sotto l'apice. Lunghezza lin. 10, larghezza poll. 1. 16. Anomia bipartita: nob. ( tav. X, fig. 7). Testa subglobosa, valva superiore convalle longitudinali exa- rata, inferiore tumida, gibbosa, obsolete biplicata, profunde emarginata, foramine apicis tenuissimo. Fossile nel Piacentino e nelle Crete Sanesi. La valva superiore è rimarchevole per un largo solco, che incominciando stretto in vicinanza dell’ apice, gradatamente si sprofonda e si allarga in maniera che ha la figura di un (470) ferro di lancia, come si scorge nella fig. 8, è. La inferiore è notabilmente elevata, ed ha due pieghe ottuse ed una profonda slabbratura semilunare che riceve un lobo roton- dato della valva opposta. L’apice è corto, acutissimo e forato da un picciolo pertugio. Lunghezza poll. 1, larghezza lin. 10. Idem. Var., valva inferiore lateraliter compressa, dorso an- gulato. Fossile nelle Crete Sanesi. La valva inferiore è compressa lateralmente, cosicchè for- ma nel mezzo uno spigolo elevato a schiena di cavallo. Non credo che sia una deformazione accidentale, perchè vi sono alcuni individui che presentano una forma intermedia a que- sta ed a quella della varietà precedente, che io risguardo come tipo di specie. Idem. Var., valva inferiore convexo-depressa. Fossile nel Piacentino. Questa varietà è l'inverso della precedente, vale a dire, la valva inferiore in cambio di essere gonfia e gibbosa, com- parisce schiacciata. Tutta la conchiglia inoltre è più dilatata in larghezza. 17. Awomia vespertilio : nob. Testa transversim oblonga, triloba, longitudinaliter exquisite striata, valva inferiori dorso convexo, superiori lobo intermedio excavato, lateralibus complanatis, margine crenato, apice pertuso. Enciclop. métod., tab. 245, fig 2, a, b? Fossile presso San Quirico in Toscana. La superficie è rigata da strie longitudinali che confluiscono tutte all'apice delle valve, in vicinanza del quale sono di una sottigliezza capillare, talchè appena si scorgono ad occhio (471) nudo, indi gradatamente si allargano finchè presso il mar- gine hanno la sembianza di solchi simili a quelli de’ card). Quest’ anomia presenta una forma alata in cui si possono distinguere tre lobi, l'uno nella parte media e gli altri due lateralmente. Il primo nella valva superiore è avvallato me- diante una depressione profonda , ed i laterali sono del tutto piani. Nella valva opposta il lobo intermedio è molto con- vesso e circoscritto a destra e a sinistra da un picciolo solco, e gli altri sono piani essi pure, ma hanno verso il margine una concavità che in alcuni individui è molto notabile. Il margine stesso è in ambedue le valve addentellato a zigzag, eccetto che nella regione del cardine. Questa anomia sembra essere delineata nella sopra citata figura dell’ Enciclopedia, ma in essa chiaramente non si di- stingue quell’avvallamento nel mezzo della valva superiore. nè la inferiore comparisce abbastanza convessa. 18. Axwomra striata: nob. Testa convexa longitudinaliter striata, calva superiori sulco medio exarata, margine integro, apice perforato. Soldani, Saggio, tab. 16, fig. 82, O, P. Fossile presso San Quirico in Toscana. Ha qualche somiglianza con I anomia dorsata di Gmelin, che vive nello stretto di Magellano; ma siccome non ho ve- duto la conchiglia fossile, e che io la cito sulla mera auto- rità del Soldani che 1’ ha figurata, non posso quindi esten- dermi in verun confronto. Chemnitz pretende che l’anomia dorsata sia rappresentata fossile da Fabio Colonna, De pwp., pag. 22, fig. 3, ma la sua opinione va molto lungi dal vero, L’anomia del Colonna, secondo la figura e la descrizione di (472) questo naturalista, ha tre lobi disunti, in guisa tale che sembra composta, come egli dice, di tre gusci insieme uniti, mentre la dorsata ha soltanto un’elevazione longitudinale nel mezzo della valva inferiore, a cui corrisponde uu avvallamento nella valva opposta. Linneo riferì con dubbio la figura del Colonna all’anonia hysterita che .è parimente diversa, e Gmelin la rimandò alla lacunosa; ma essa somiglia pochissimo alle figure degli altri conchiologisti che hanno rappresentato quest uluma. 19. Avomria gryphus. L. Mercati, Meétalloth., pag. 292, fig. 1, 2, 5, 6 ( fossilis). Bonann., Recr. 2, fig. 31 ( fossulis ). Fossile nelle Crete Sanesi. Ne ho un individuo col guscio così perfettamente conser- vato che sembra essere uscito di fresco dal mare, ma è in- ternamente infarcito di una marna turchina in cui era sepolto. Benchè questa conchiglia. sì rinvenga ordinariamente negli antichi strati calcarei e argillosi, tuttavia non mancano esemp) in altri paesi di averla incontrata in depositi assai più mo- derni, come è stato osservato da Felice di Roissy ( V. Buffon, édit. de Sonnini, Hist. de moll., tom. VI, pag. 205 ): ne ciò sembrerà punto strano, atteso che la specie, secondo la te- stimonianza di Bruguiere, sussiste tuttora ne’ mari. Hwas, conchiologista danese, ne vide un unico individuo marino in un museo di Parigi ( Y. Enciclop. méth. Vers, tom. I, pag. 567). Il Bonanni si avvisò di dire che questo testaceo vive nel mare d’ Inghilterra, e che il suo guscio è di colore giallo. Egli cita Lister de Cochless britannicis, che lo rappresenta bensì, ma in istato fossile, e che dichiara essere il suo colore bian- chiccio, e talvolta quasi livido. È probabile che dove Lister, (473) descrivendone la forma, dice che gradatamente si va allar- gando dal rostro all’ingiù, @ rostro paulatim latescit, il Bo- nanni abbia letto lusescit, ed è probabile ancora che questi non abbia mai veduto la conchiglia, poichè la figura che egli ne ha dato è copiata da quella del naturalista inglese. OsservazioNnI. Cinque anomie, propriamente dette, furono trovate dal Renieri nell'Adriatico, e tutte già descritte nel Systema nature: la cepa , V ephippium , la squamula , la patelliformis , V electrica, V un- dulata. Rispetto a quest’ ultima ho già mosso qualche dubbio che possa appartenere alla specie così nominata da Gmelin ; ma debbo dire essere falsa la mia asserzione che essa non abbia il margine crenato, come aveva veduto in qualche individuo alquanto detrito. Altri ne ho adesso sott'occhio meglio conservati in cui appare il contrario. Il Poli nel mare delle Due Sicilie incontrò solamente le tre prime, ma ne discoprì altre quattro dianzi sconosciute, la margaritacea , la sulcata , la turbinata , la pectiniformis. Fra tutte queste la squamula, l’ electrica , V ephippium di Linneo , l undulata del Renieri, e la su/- cata del Poli si sono sino ad ora trovate fossili in Italia. Il Renieri non cita nel suo catalogo nessuna terebratola; tuttavia I Adriatico non è privo di questo genere di testacei , poichè il Fortis nel porto di Sebenico in Dalmazia, a forse cento ottanta e più piedi di profondità, ne pescò una specie da lui stimata nuova, ma che dalla figura e dalla descrizione apparisce essere l’anomia truncata ( Viaggi in Dalmazia, tom. 1, pag. 158, tav. 7, figg 1,2). Questa è stata parimente rinvenuta dal Poli nel mare delle Due Sicilie insieme con l anomia caput serpentis, cui Linneo assegnò per patria l'Oceano norvegico. Alcune altre anomie della tribù delle terebratole si citano nel Systema nature come indigene del Mediterraneo; la detruncata, la vitrea, la craniolaris di cui Bruguiere ha fatto il genere Craria, e la tridentata che spetta a quello di Hyalea, introdotto da Lamark : molte d’ insolita forma ne discoprì il Soldani nello stesso mare e di cui diede la figura nella sua Testaceographia (tav. 149, 150); ma 60 (474) nessuna di esse, per quanto so, fu incontrata fossile net nostro suo- lo, tranne la vitrea, su cui mi rimane per altro qualche dubbiezza. Quando il Fortis trovò nel porto di Sebenico la terebratola dianzi menzionata, presunse di avere scoperto l° analogo marino di una con- chiglia fossile dell’ Efel nella bassa Germania, disegnata da Hupsch ( Nouv. decouv. de quelq. testac. petrif., tab. 4, fig. 16, 17), ma que- sta è totalmente diversa. Hupsch la paragona ad una grifite della Voigtlandia , che dalla sua descrizione suppongo essere identica a quella rappresentata da Martini, tav. 63, fig. 605, 606, e che Chemnitz risguarda come una petrificazione rarissima (tom. VI, pag. 301 ). Mentre io era in Siena, il mio dotto e pregiato amico, il signor professore Ricca, mi regalò una bivalve del tutto simile a quel- la di Martini, convertita in calcaria bianca, di frattura lamellare e spatosa che, secondo le notizie avute, fu rinvenuta negli Apennini, Essa appartiene, per quanto mi sembra, al genere Gryphea di Lamark, perchè ha l’ apice imperforato, come espressamente dichiara Chemnitz, e potrebbesi chiamare gryphea pyaxidata. Vero è che nel mio esemplare vi si scorge in quel sito una fossetta, ma è superficiale, come talvolta si osserva nella stessa gryplea arcuata ( Anomia gry- phus. L.). Una bivalve consimile è delineata dal Mercati nella JMe- tallotheca Vaticana , pag. 292, fig. 3, 4, diversa soltanto da quella di cui si tratta perchè non è trasversalmente striata, e perchè il solco che corre lungo il dorso della valva superiore s’ inoltra fino all’estre- ma punta dell’ apice, mentre nella nostra è quasi obliterato nella regione del vertice. Tre altre analoghe a quelle del Mercati sono rappresentate dall’ Aldovrandi nel Museum metallicum, pag. 445. Martini aveva riposto fra i pettini questa grifea, ma Chemnitz si accorse che doveva essere classificata fra le anomie (tom. VZZ7, pag. 69 ). Dobbiamo a ragione rimanere sorpresi che nelle tavole dell’ Enciclopedia sia collocata fra le arche (tav. 311, fig 9), ma sembra che Bruguiere non ne avesse veduto alcun esemplare, poichè si contentò di copiare ad unguem la figura di Martini. Questo celebre naturalista si era formato un'idea inesatta del genere a cui appartiene la stessa gryphwa arcuata, che stimò di registrarla fra le ostriche. (479) II ARCA. Num", 2,3, 4, 93 6, 7 genere Arca di Lamark; 8, 9, 10, 1r Nucula, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19; 20 Pectunculus. I. Arca Noe. L. Mattioli, Dioscor., pag. 323, fig. 3, 5. Aldovr., Testac., pag. 513, fig. 2, 6. Bonann., Recr. 2, fig. 32. — Mus. Kircher., fig. 31. Gualt., tab. 87, fig. G, H. Ginann. II, tab. 23, fig. 159. Pol, Testac. II, tab. 24, fig. 1. Abita nel Mediterraneo, nel Mare Rosso, nell'Atlantico, nel mare di America, nell'Oceano indiano ( Lin. ), e nell’Adria- tico ( Ginanni ). Fossile nel Piacentino, in Toscana, in Pie- monte, ecc. Benchè sia facile di riconoscere questa conchiglia, nulladi- meno siccome Bruguiere classifica alcune arche marine, e Lamark ne cita altre di fossili che si potrebbero scambiare con essa, non ho voluto prescindere, secondo l’ ordinario mio metodo, di paragonarla cogli originali viventi della medesima specie, e mi assicurai che vi si conforma perfettamente. In valle di Andona presso Asti ne ho trovato alcuni pic- coli individui della lunghezza di nove linee, coperti di sottili strie granulose, più grosse e più profonde nella parte ante- riore, e con l'angolo della carena più rilevato che non è negli adulti. (476) a. Arca barbata. L. Aldovr., Testac., pag. 460, fig. 3. Bonann., Recr. 2, fig. 79- — Mus. Kircher. 2, fig. 78. Gualt., tab. 91, fig. F. Ginann. II, tab. 23, fig. 160 ( mala). Abita nel Mediterraneo, nel Mare Rosso e indiano ( Lin. ). e nell'Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile a Vincio nel- l’Astigiano. Confrontata con alcuni esemplari marini, non ci ho ravvi- sato altra differenza, se non che lo spazio che rimane fra gli apici delle due valve è segnato di strie flessuose e ondeg- gianti, non di linee obblique; differenza che appena merita di essere rammentata. 3. Arca pectinata: nob. ( tav. X, fig. 15 ). Testa subrhombea anterius depressa, posterius rotundata, costis complanatis circiter triginta profundo sulco discretis, margine intus serrato. Fossile nel Piacentino, a Quarto presso Asti, ed a Parlascio. Esiste una varietà di Arca antiquata di forma bislunga, rap- presentata da Martini, tav. 55, fig. 548, e meglio ancora nell’ Enciclopedia metodica, tav. 306, fig. 1, @, la quale ha molta analogia con la nostra: dirò anzi che confrontando la figura che io ne presento, con quella della suddetta arca, sem- brerà di non riconoscervi veruna differenza; tuttavia due ve ne ha di costantissime, che sono state da me riscontrate in tutti gl’ individui fossili che mi sono passati per le mani: nel- l'arca antiquata le coste sono rotondate e bifide nella parte superiore, vale a dire divise da una linea poco, profonda , (477) quando in questa sono semplici e del tutto piane; 1’ altra dif- ferenza più ancora notabile consiste in una sensibile depres- sione che si scorge in quella fossile nel lato anteriore. Io credo ch’ esista l analogo marino di questa conchiglia, e che sia indicato da Chemnitz laddove parla di una singolare varietà di arca antiquata, fornita di circa trenta coste appia- nate, e liscia in tutto i rimanente ( tom. VII, pag. 209 ). 4. Arca antiquata. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher., fi. 73; 74 (mala )l Gualt., tab. 87, fig. B, C. Rol, Festac:! HE, \tabil20)) fig::14 ;. 19: Abita nell’ Oceano indiano, americano, e nel Mediterraneo (Lin.). Fossile nel Piacentino, nel Volterrano, a Parlascio , nelle Crete Sanesi, a Sogliano presso Cesena, nel monte di San Pietro nel Bolognese, nell’Astigiano , ecc. È la varietà a coste leggermente crenellate , come parimente lo sono i solchi intermed), carattere avvertito da Linneo nella descrizione del museo della regina Ulderica, striata longitu- dinaliter , sulcis crenatis, pag. 518. Le coste medesime sono semplici, non bifide. 5. Arca mytiloides: nob. (tav. XI, fig. 1). Testa oblonga, glaberrima, obsolete longitudinaliter striata , valvis in medio compressis , cardine utraque extremitate dentato , margine superne hiante, integro. Fossile nel Piacentino, a Vincio, a Quarto e alla Rocchetta nell’ Astigiano. Pochissime sono le specie delle arche che presentino una superficie liscia, tal che io non conosco che la sola nicobarica di Bruguiere che abbia questa prerogativa. In quella fossile (478) che descriviamo, si riscontra lo stesso carattere, benchè sia fornita da un lato di alcune strie, ma così depresse che non sono sensibili al tatto, e benchè altre: ve ne abbia nel lato opposto a guisa di sottilissimi solchi punteggiati. La forma di questa conchiglia è bislunga, e la sua mag. giore convessità è verso gli apici: nella parte media ha una leggiera depressione a cui corrisponde nel margine un seno rientrante, per lo che le valve acquistano una figura legger- mente reniforme. Il cardine rappresenta una linea retta guar- nita alle due estremità da una serie di denti che vanno de- crescendo di grandezza, finchè dispajono affatto nel mezzo. Gli apici sono separati da un’ area lanceolata, scavata a foggia di doccia, e seguata da strie ondeggianti, ed il margine di ambedue le valve tanto internamente quanto esternamente è intiero. Lunghezza poll. 1, lin. 6; larghezza poll. 3: 6. Arca nodulosa. L. ( tav. XI, fig. 6, a, b, c). Abita nel mare di Norvegia ( Muller ), e nell’Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino e in valle di Andona presso Asti, e nell'isola d'Ischia. L'arca nodulosa descritta da Muller è, secondo Gmelin, una varietà dell’ arca lactea; ma benchè sia finamente striata come essa per lungo e per traverso, ha nondimeno differenze notabili dipendenti senza fallo dalla particolare organizzazione dell’ ani- male: di fatto il margine nella nodulosa è liscio ed intiero, quando nella lactea compare addentellato, e i due apici sono assai lontani l’ uno dall’ altro, non approssimati come nell’altra. Questa conchiglia trovasi nell’Adriatico, e fu riferita con dubbio dall’ Olivi all’arca modiolus; ma il Renieri la registrò nel suo catalogo sotto il nome di /actea. Ho creduto bene di (479) darne la figura perchè nessuna ne abbiamo, e perchè non v'ha altro fondamento per adeguarla alla rnodulosa, che la succinta descrizione di Muller, ed una tal quale somiglianza che presenta con le figure dell’ arca lactea , segnatamente con quella data da Lister. Chemnitz, e dopo di lui Gmelin e Bruguiere, hanno attribuito a quest ultima la fig. 34 della Recreazione del Bonanni e la fig. 33 del Museo Kircheriano, che sono affatto incompetenti, e che Gmelin istesso cita in altro luogo sotto alla tellina adriatica. Fatto sta che il Bonanni copiò tratto per tratto quelle figure dall’ opera di Lister, Anim. Angl., tab. 2, fig. 31, dove sono esibite come appartenenti alla cellina cornea che è una bivalve di acqua dolce; e il più singolare si è che dopo di averle il Bonamni stesso trasportate nel suo libro, riferì quella che rappresenta la valva dalla par- te concava ad una conchiglia marina che apparisce dalla sua descrizione essere l’ arca nucleus ( num. 34), mentre attribuì ad una specie diversa l’altra figura che esprime la stessa valva dal lato opposto ( num. 33 ). Gmelin copiò lo stesso sbaglio ragguagliando quest’ ultima alla cellina iberica, e V° al- tra alla cellina adriatica, che debbono affatto disparire, come quelle che sono state create in sequela di un’ erronea appli- cazione delle figure del Bonanni. 7. Arca dydima: nob. (tav. XI, fig. 2). Testa subrhomboidea sulco medio exarata, longitudinaliter ar- gute sulcata , sulcis leviter crenulatis, margine profunde serrato. Fossile a Monte Biancano nel Bolognese ed alla Rocchetta nell’ Astigiano. Il principale carattere di quest’ arca, di cui ho raccolto quaranta valve isolate, consiste in un solco longitudinale che ( 480) partendo dall’ apice termina nel margine superiore e divide la valva in due porzioni, o vogliam dire in due lobi, ma non perfettamente eguali. Esso è assai più apparente sulla convessità dell’ apice, dove meno rilevate sono le strie le quali formano sulla superficie delle valve altrettante coste sottili, regolarissime e leggermente nodulose, per lo che que- sta conchiglia rassembra a prima giunta a un piccolo cardio. Gli apici sono allontanati fra loro mediante un’ area inter- media che è assai più stretta che nella specie precedente, ed il margine interno di ambe le valve è tutto all’ intorno for- temente crenato e rigato da buon numero di solcature che si prolungano ben addentro. I maggiori individui da me trovati hanno la lunghezza di cinque linee e sono larghi tre. Questa conchiglia sembra essere differente dall’ arca qua- drilatera trovata fossile da Lamark ne’ contorni di Parigi, la quale ha anch'essa sul ventre una depressione che la rende didima; ma questo autore dice essergli sembrato che il mar- gine sia intiero , mentre nella nostra è addentellato in* un modo così evidente che non è possibile di prendere inganno. 8. Arca nucleus. L. Gualt., tab. 88, fig. R. Abita nell’ Oceano settentrionale ( Lin.) , e nell’ Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Sanese, nell’ Isola d’ Ischia, nel Piacen- tino, in Valle di Andona, ecc. è Gmelin aveva già notato che questa conchiglia si rinviene fossile in parecchi luoghi dell’ Europa. Essa è comunissima in Italia dove se ne trovano individui di tutte le grandezze, da quella di un grano di miglio sino al volume di un grosso lupino, ed ho sempre veduto che conserva la brillantissima (481) madreperla, infino nell’ argilla dell’ isola d'Ischia che fu co- perta da una corrente infocata di lava. L'arca nucleus, secondo Megerle, e la donax argentea non sono che una sola e medesima conchiglia, di cui Schròter e Gmelin malamente hanno fatto due specie ( Magaz. der Na- turforsch. zu Berlin, 1811, num. 1, pag. 48 ). g. Arca pella. L. (tav. XI, fig. 5). Chemn., Conch., tab. 170, fig. 1657, 1658. Linneo non ha citato veruna figura di questa conchiglia , ma ne ha esposto partitamente i caratteri; e da quanto egli espone mi sembra che si possa affermare che sia stata scam- biata da Chemnitz con l'arca minuta, e che tanto la descri- zione, quanto la figura che egli ha dato di quest’ ultima, competano all’ arca pella. Chemnitz dice di fatto che 1’ estre- mità anteriore si allunga nell’arca minute in un becco carenato e troncato, quando, all’opposto, è acutissimo, e quando non v ha che un leggerissimo indizio di carena. Questa troncatura si scorge bensì nell’ arca pella, dove inoltre patentissima è la carena indicata da Linneo con la frase vulva prominente distincta. Le strie nella superficie esterna delle valve sono tenuissime e obblique, ed il naturalista svedese non ommise di avvertirlo, testa substriata, al che aggiunse nella descri- zione oblique striata. Gmelin che copiò Martini, soppresse quest ultima frase, e vi sostituì stris transversis semilunatis, le quali si scorgono in vece nell’ arca minuta. In sei esemplari fossili dell’ arca pella che ho sott’ occhio, tre de’ quali provengono dal Piacentino, e gli altri furono da me raccolti in valle di Andona, l andamento obbliquo delle strie si accosta più al verticale che al trasversale, ed 65 (482) in quarantacinque individui marini dell’ Adriatico la loro di- rezione è in verso opposto, vale a dire per traverso; ma nessuno ve n° ha in cui esse scorrano parallele al margine delle valve, come Bruguiere le descrive nell’ arca pella. Sem- bra dunque che questo autore medesimo sia incorso nello stesso equivoco in cui ha inciampato Chemnitz, come per un’ altra svista si avvisò di dire che Linneo non ha parlato di strie descrivendo questa conchiglia. 10. Arca minuta. L. (tav. XI, fig. 4). Martin., tab. 55, fig. 540. Abita rarissima nel mare della Groenlandia (Lin. ), e nell’ Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino e nel Bolo- gnese. Per le ragioni sopra esposte applico a questa specie la figura di Martini, che Chemmnitz e Gmelin hanno attribuito all’ arca pella. Questa conchiglia ha una forma quasi triango- lare (subtrigona ) come la precedente, ed è parimente munita nel cardine di una serie di denti allungati e sottili ( cardine ciliari ); ma essa è trasversalmente rigata da solchi numerosi e prominenti, e termina nella parte anteriore con un rostro acuto: il corsaletto è scavato (vulva impressa ), circoscritto da un solco leggiero, ed il piano di esso comparisce alquanto arcuato. La parte posteriore è. rotondata e seguata da due pie- gature obblique, una per ciascheduna valva, che coincidono insieme nel margine, le quali si riconoscono eziandio nell’ arca pella, ma sono in essa distinguibili appena senza | ajuto della lente. Attese le discussioni in cui sono entrato, ho stimato necessario di dare la figura di ambedue queste arche. 11. Arca nitida: nob. ( tav. XI, fig. 3). (483 ) Testa subtrigona compressa, striis transversis subtilissimis oculo nudo vix conspicuis, anterius obtusa, posterius rotundata, vulva indistincta, apicibus conniventibus. Fossile nel Piacentino. Questa piccola arca ha una forma compressa, rotondata nel lato posteriore, e termina anteriormente con un becco molto ottuso. Il corsaletto non è nè sprofondato, nè circoscritto; talchè non comparisce punto distinto dal rimanente della su- perficie, e gli apici delle due valve rimangono così contigui fra loro che quasi si toccano. Le strie trasversali sono sotti- lissime, in guisa tale che non si possono riconoscere. se non ‘ che armando l'occhio di lente, nel che particolarmente dif- ferisce dalla nucula striata di Lamark, a cui si assomiglia. Lunghezza lin. 4; larghezza lin. 3. 12. Arca nummaria. L. (tav. XI, fig. 8). Lister, tab. 239, fig. d1. Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Renieri). Fossile nel Piacentino e in Piemonte. Linneo introducendo la specie dell’ arca nummaria, non potendo citare alcuna figura, cercò di darne possibilmente un'idea cogli epiteti esposti nella frase specifica e nella de- scrizione. Gmelin che avrebbe dovuto religiosamente copiare il testo del suo autore, mutilò l'una e l’altra per accrescere vie più l’ imbroglio. Dopo di Linneo, Chemnitz ampiamente descrisse questa con- chiglia, riferendo ad essa la fig. 572 della tav. 58 di Martini, che è molto rozza. Bruguiere che non aveva veduto 1’ arca nummaria che in istato fossile e proveniente dal Piemonte, vi aggiunse la citazione di una figura di Klein e di un’altra (484) di Lister, car. 239, fig. 81. Io non ho alle mani il primo di questi autori, ma la figura di Lister, benchè passabilmente esprima la forma generale, è difettosa per molti titoli. Non so vedere quest’ arca delineata nell’ Enciclopedia metodica; ma se mai, come sospetto, lo fosse nella tav. 311, fig. 4, il di- segno poco corrisponderebbe all’ originale. L'arca nummaria si può di leggieri confondere con parec- chie altre della stessa tribù, e per conoscerne le differenze la via più sicura è di schierarle intorno tutte quelle che più le somigliano; l'arca undata, cioè, la glycimeris, la pilosa , la marmorata e l'arca scripta di Born. Si vedrà allora che essa si distingue abbastanza mediante due caratteri che non si trovano uniti in veruna delle sopraddette, vale a dire per la figura orbiculare e per due risalti angolari che sono dall'uno e dall’ altro lato del cardine, i quali imitano in certa guisa le orecchie dei pettini, ma così in piccolo che senza esserne prevenuti sfuggirebbero facilmente all’ attenzione, come fu avvertito da Linneo, auribus vix manifestis. Ora le altre arche sopra nominate hanno generalmente una forma che pende più o meno all’ obbliqua; e se alcune sono lenticolari, mancano di quel risalto, come sarebbe l'arca undata, il cui margine in quella situazione è così rotondato che rappresenta un segmento di circolo. A ciò si aggiunga che gli apici nell’ arca nummaria sono puntualmente collocati nel mezzo del cardine, e che la superficie esterna è trasversalmente rigata da strie concentriche prominenti. Il margine interno è corredato tutto all’ intorno di una serie di crenellature più profonde e più lunghe nella parte di mezzo, di quello che sia dai lati. Nella valle di An- dona ho trovato di quest arca molti individui di differente (485 ) grandezza, da quella di un grano di miglio fino a sette linee di diametro. 13. Arca granulata — Pectunculus granulatus. Lamark. Ann. du Mus., tom. IX, tab. 16, fig. 6. Fossile a Monte Biancano nel Bolognese. È esattamente quella: trovata da Lamark a Grignon, e ben- chè abbia una forma lenticolare come la precedente, e com- parisca anch'essa trasversalmente solcata, non si può tuttavia dubitare che non sia una specie distinta. Il carattere essenziale consiste nella posizione degli apici, i quali non sono in mezzo al cardine, come nell’ arca nummaria, ma collocati verso il terzo della sua lunghezza. Le strie trasversali sono inoltre più prominenti, e vengono intersecate da altre più fine che par- tono dall’apice a guisa di raggi, e che, accavallandosi sulle prime, formano un lavoro reticolato in rilievo che non si può distinguere senza il sussidio della lente. Il margine è acutissimo e fornito internamente di una serie di piccole crenellature. I maggiori individui che conosco hanno poco più di tre linee di diametro. 14. Arca aurita: nob. (tav. XI, fig. 9g). Testa ovata, obliqua, superne angustata, transversim circin- natim rugosa, rugis crebris, elevatis, cardine aurito , foveola triangulari notato , margine integro. Fossile nel Piacentino, alla Coroncina e nel Poggio alla Fame nel Sanese. Quest” arca è facilmente distinguibile da tutte le altre attesa la sua forma ovale, ristretta verso il cardine e dilatata su- periormente; e siccome è alquanto più allungata dall’ uno dei lati, per ciò comparisce obbliqua. Le valve sono solide, La ( 486 ) mediocremente convesse, segnate nella superficie esterna da ru- ghe concentriche di disuguale grossezza, e lateralmente alla linea del cardine hanno due piccoli risaltt auriculari, ma molto più distinti che nella nummaria. Gli apici sono minuti, incurvati l’ uno contro l’altro e situati nel mezzo del cardine stesso, e l’area del ligamento che li separa è formata da due piani declivi, ciascheduno de’ quali ha nel mezzo una fossetta triangolare come nell’ ostrea lima, a cui questa con- chiglia rassembra alquanto nella forma. I denti del cardine sono in numero di venti, disposti sur una linea arcuata, e più grossi dai lati di quello che sia nel mezzo. ll margine di ambedue le valve è acuto ed affatto liscio senza crenella- tura. Lunghezza lin. 7 e mezza, larghezza lin. 7. 15. Arca Romulea: nob. (tav. XI, fig. 11 ). Testa transverse ovata, subventricosa, sulcis longitudinalibus confertis, rugis transversis lamellosis , imbricato-crispatis. Column., De purp., pag. 22, fig. 4. Fossile a Monte Mario presso Roma. To non ho in verun altro luogo rinvenuto quest’ arca se non che a Monte Mario, dove frequentemente occorre, ed è singolare che essa sia sempre convertita in ispato, sicchè, in grazia del suo aspetto cristallino, è a preferenza delle altre conchiglie cercata dai curiosi. La cavità interna ora è riem- piuta da una congerie di lunghi cristalli prismatici egualmente spatosi, ed ora contiene un nucleo di sabbia gialla mezzana- mente indurita, che è il materiale che forma la massa di quella collina. La forma di quest arca è ovale nel verso della sua larghez- za. e talvolta ancora inclina alla lenticolare, ma è sempre (487) alquanto più allungata dall’ un de’ lati. Gli apici sono pro- minenti, conici, situati nel mezzo del cardine, e sempli- cemente ricurvi senza avere nessuna obbliquità. L'area del ligamento in confronto del volume della conchiglia si estende poco in lunghezza, ed è formata al solito da due piani in- clinati la cui superficie è solcata e rugosa. Le valve sono esternamente rigate da numerosi solchi pro- minenti e longitudinali, ma ciò che rende particolarmente distinguibile questa conchiglia sono le rughe trasversali ele- vate, che le danno di primo aspetto una qualche somiglianza con la venus dysera. Esse sono lamellari, distanti ed incre- spate a zigzag, il che è dovuto ai solchi longitudinali che Vi passano sopra. La figura di Fabio Colonna non è molto esatta in quanto che gli apici sono troppo prominenti e troppo allontanati l uno dall’ altro. Quella che io presento è stata ricavata da un individuo esistente nella raccolta del signor Villani, più grande e più intiero di tutti quelli che furono da me rac- colti sul luogo. La sua lunghezza è di lin. 9 e la larghezza di poll. 1. 16. Arca pilosa. L. Bonann., Recr. 3; fig. 80. — Mus. Kircher. 2, fig. 79- Gualt. , tab. 73, fig. A. Ginann. II, tab. 21, fig. 144. Aldovr., Mus. metall., pag. 467 (fossilis). Abita nel Mediterraneo, nell’ Oceano asiatico ed ameri- cano ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Ginan., Olivi, ecc. ). Fossile in Valle di Andona presso Asti e nell'Isola d'Ischia. (488 ) Quando quest’ arca è spogliata dall’ epidermide vellutata che ne veste la, superficie, non è così facile di distinguerla da alcune altre a cui molto somiglia; nulladimeno col pon- derato confronto di molti esemplari marini di differente gran- dezza e provenienti da mari diversi, ho stabilito i seguenti caratteri che mi è sembrato essere più costanti: 1.° una forma arcuata e convessa che si approssima alla globulosa ; 2.° il margine di uno de?’ lati inferiori ( considerando gli apici come la base della conchiglia) più depresso che non è quello del lato opposto; 3.° i denti del cardine obliterati nella parte media; 4° le pareti dell’ area del ligamento segnate da leg- gerissimi solchi. i Tutti questi caratteri perfettamente combinano con quelli di un individuo fossile che ho scavato io medesimo in Valle di Andona, con la sola differenza che alquanto più sensibili sono i solchi nell’ area del ligamento, il che potrebbe dipen- dere, per avventura, dall'età dell’ individuo che è di un gigan- tesco volume, avendo cinque pollici di altezza e poco meno di larghezza, mentre il più grande degli esemplari marini che ho esaminati era alto solo tre pollici e quattro linee. Io ho detto che nell’ arca pilosa il margine presso il car- dine è più depresso dall’un lato che non nell’ altro; avvi nondimeno alcuni individui in cui ambedue i lati sono egual- mente abbassati ed hanno lo stesso declivio. Questa varietà , se pure merita un tal nome, è rappresentata da Knorr nella tav. 12, fig. 4 del tomo VI, e da Martini nella fig. 565 e 566 della tav. 57, e fu da me incontrata fossile nell'isola d’ Ischia. Mi piace di qui avvertire che la bivalve delineata dallo stesso Knorr nel tom. II, fig. 6 della tav. 23 non è altramente l’arca } ( 469 ) pilosa, come pretese Martini che fu ricopiato da Bruguiere e da Gmelin, nè tampoco una conchiglia di questo genere , poichè l’autore nella sua tavola sistematica la qualifica per una venere (V. tom. III, table, pag. 7). 17. Arca undata. L. — Arca flammulata. Renieri. Bonann., Recr. 2, fig. 60. Gualt., tab. 72, fig. G. Abita nell’ Oceano americano ( Lin. ), nel Mediterraneo, nell’ Adriatico e su tutte le coste dell'Italia (£Lrug.). La conchiglia chiamata dal Renieri col nome di /lammulata ha una forma lenticolare e depressa, ma non esattamente circolare, essendo alquanto più allungata anteriormente. Il margine in vicinanza degli apici è elevato, talchè non pre- senta quel ripido pendio che si scorge nell’ arca pilosa, e gli apici stessi sono ricurvati alquanto a destra, nè esattamente collocati in mezzo alla linea del cardine. L’ area del lega- mento che li separa, è così stretta che la maggiore sua lar- ghezza è di una linea, avendo la conchiglia un pollice e undici linee di altezza, e le sue pareti sono lisce, eccetto che armando I° occhio di lente si ravvisano alcuni leggerissimi solchi che si uniscono l’ uno contro l’ altro in forma di ca- valletto. La superficie delle valve è rigata da sottilissime strie longitudinali quasi impercettibili ad occhio nudo, e solcata da rughe trasversali dipendenti dall’ accrescimento del guscio. Il colore del fondo è bianco, e in molti luoghi leggermente rossiccio, variegato a macchie ondeggianti ed a strisce di un giallo rubiginoso. Questa conchiglia presenta un’ altra notabile particolarità, vale a dire è in parte coperta da un tomento vellutato di colore castagno simile a quello dell’ arca pilosa. 62 (490 ) A questi cenni si è già riconosciuta l’ arca undata di Lin- neo, e di fatto la ffammulata del Renieri è identica ad essa : ma nè Linneo, nè Gmelin, nè Martini stesso che n° ha dato un’ ampla descrizione, fanno parola dell’ epidermide vellutata. Bruguiere è il solo che abbia notato questo carattere in gra- zia del quale, dic’ egli, alcuni hanno confuso questa conchi- glia con l'arca pilosa. Deggio avvertire che le citate figure del Gualtieri e del Bonanni non sono affatto fedeli, poichè il margine ai lati del cardine è in esse troppo depresso. Migliore è quella di Mar- tini, tav. 57, fig. 560, e più veridica è l’ altra segnata col num. 563 di cui questo autore e Gmelin istesso hanno fatto una specie distinta sotto il nome di arca marmorata, ma che Bruguiere credè a ragione niente dissimile dalla undata. Io vi aggiungerei volentieri la fig. 82 della tav. 247 di Lister, quantunque sia ascritta da tutti all’ arca glycumeris. Confrontata questa conchiglia cogl’individui fossili, non ci ho trovato altra diversità se non che in questi sono più sen- sibili le solcature nelle pareti dell’ area del legamento. 18. Arca polyodonta: nob. Testa suborbicularis , depressa, cardine arcuato; dentibus validis angulatis per seriem continuam digestis, area ligamenti glabrata. Aldovr., Mus. metall. , pag. 466, fig. 1, 2: fossilis ( optima ). Fossile nel Bolognese e nel Piacentino. Differente affatto è quest’ arca dalla pilosa, benchè sia ca- pace di pareggiarla e forse anche di superarla in volume. L’ individuo che ho sott’ occhio ha l'altezza di quattro pollici e due linee dalla punta dell’ apice al margine, ed è di sole (491 ) quattro linee più largo, donde risulta che la sua forma è a un di presso orbiculare. Le valve non sono così convesse quanto quelle dell’ arca pilosa, ed il margine lateralmente al cardine è elevato, formando due segmenti di circolo eguali fra loro. La superficie esterna è segnata da rughe grossolane concentriche, e solamente sulla convessità dell’apice si osser- vano alcune strie longitudinali di sottigliezza capillare. I denti del cardine sono grossi, prominenti, verticalmente striati e divisi per lungo da un solco alquanto profondo. Essi hanno una forma arcnata, ma sono piegati ad angolo ottuso nel punto della flessione; il loro numero è di quattordici da un lato e di dodici dall’ altro, ed è notabile ch’ essi si sten- dono senza interruzione per tutta la linea del cardine, benchè quelli di mezzo sieno più piccoli de’ laterali. Questa circo- stanza si riscontra bensì comunemente in tutte le arche ap- partenenti al genere Pectunculus di Lamark, quando sieno di piccola e di mezzana grandezza , ma non si verifica negli individui voluminosi delle altre specie , imperocchè a norma che invecchiano si obliterano i denti nella parte media del cardine. Gli apici sono curvi, ma non obbliqui ( nazes ad nullum latus obliquate), e rimangono precisamente nel mez- zo del cardine stesso. Le pareti del legamento sono medio- cremente larghe in confronto della grandezza delle valve, e compariscono oscuramente segnate da alcune linee flessuose. Il margine interno è corredato di una serie di crenellature di forma piramidale. Volendo assomigliare questa arca ad alcuna delle specie cognite, si potrebbe più che a verun’altra paragonarla all’ arca undata; ma in quest ultima gli apici non compariscono nè (492 ) così convessi, nè tanto protuberanti; i denti sono già svaniti nel mezzo del cardine negl’ individui che hanno solamente un pollice e mezzo di altezza, ed essa non diventa mai tanto voluminosa. 19. Arca insubrica: nob. (tav. XI, fig. 10). Testa inflata inequilatera., strits subtilissimis longitudinalibus exarata, natibus incurvis prominentibus, latere antico depresso, area cordiformi glabra notato. Fossile in Valle di Andona presso Asti. Oltremodo comune è questa arca in Valle di Andona dove l'ho veduta sempre sepolta nell’ arena calcaria giallognola pre- dominante in que’ contorni, a differenza dell’ arca pilosa che trovasi nella marna bigia sottoposta alla detta arena, e che è riconoscibile nel luogo detto la Valle di Baldichieri. Io ne ho raccolto buon numero di esemplari di differenti grandezze, il più piccolo de’ quali ha sette linee di altezza, ed il maggiore un pollice ed otto linee. La forma generale della conchiglia, qualunque sia la sua età, è rotondata e tumida, ma non orbiculare come | arca nummaria, essendo sempre alquanto più allungata da un lato, laonde comparisce leggermente obbliqua e più larga che lunga. Dall’ una e dall'altra parte del cardine il margine delle valve è rialzato negl’ individui giovani, e forma un segmento di circolo presso che eguale da ambi i lati; ma negli adulti è più depresso nell’anteriore, ed osservasi colà un’area spaziosa cordiforme leggermente improntata, che parti-_ colarmente sì distingue per essere più liscia del rimanente della superficie : quest’ area è pochissimo apparente nelle piccole conchiglie, e non comincia a manifestarsi chiaramente se non ——— —ccru sese (499 ) che in quelle che hanno acquistato il diametro di almeno dieci linee. Gli apici relativamente alle altre specie congeneri che io conosco, sono molto prominenti, talchè vista la conchiglia di fianco, come la rappresento in una delle due figure, risveglia l’idea della chama cor. La situazione loro è quasi in mezzo al cardine, non hanno veruna obbliquità e sono separati da un intervallo molto più largo che nell’ arca glycimeris. Le pareti dell’area del legamento sono fortemente solcate, ed il cardine nelle conchiglie adulte è soltanto munito di denti alle due estremità, ma nelle giovani è dentato per tutta la sua lunghezza. Il margine interno è orlato di crenellature bis- lunghe , acute e solcate nel mezzo. Per quanto spetta alla superficie esterna, questa conchiglia ne suoi primordj è rigata da solchi trasversali elevati come l’ arca nummaria, e da sottilissime e quasi impercettibili strie longitudinali; ma, crescendo di volume, scompajono i solchi quasi del tutto, e sono più evidenti le strie, le quali partono dall’ apice a guisa di raggi. Benchè quest’ arca somigli alla glycimeris, ne differisce ri- spetto alla maggiore grossezza ed elevazione degli apici, alle pareti dell’area del legamento più divergenti e internamente solcate, quando nella glycimeris sono quasi lisce, e rispetto alla depressione del lato anteriore segnato da un’area cordi- forme ; al che si aggiunga che la glycimeris è meno con- vessa , ed ha una forma più trasversale. Essa ha parimente molta analogia col pectunculus pulvinatus descritto e figurato da Lamark; ma secondo la descrizione di questo autore l’area del legamento è in esso strettissima , arca ligamenti per- angusta, ( 494 ) Idem. Var., valvis tumidioribus minusque inaquilateris. Fossile nel Piacentino. Non so se questa si possa realmente considerare come una varietà dell’ arca insubrica, o se le differenze ch’ essa presenta derivino dall’ età più adulta, poichè l’ individuo in cuì si riscontrano, ha due pollici e mezzo di altezza. Essa ha una forma più convessa e più obbliqua, l’ area cordiforme del lato anteriore è molto spaziosa , e superiormente ad essa si os- serva nel margine di ambedue le valve un incavo che ho eziandio veduto in alcuni individui marini dell’ arca pilosa , ma che credo accidentale. 20. Arca inflata: nob. ( tav. XI, fig. 7). Testa rotundata, subaurita, tumida, decussatim subtiliter striata , striis transversis punctatis. Fossile nel Piacentino. La forma di questa conchiglia è più tumida che quella di tutte le precedenti, e molto si approssima alla orbiculare ; tuttavia nel margine superiore del lato destro si scorge in alcuni individui una depressione leggiera bensì, ma tale che sensibilmente ristringe da questa parte la larghezza delle valve che acquistano quindi una figura irregolarmente ovoide. Gli apici sono protuberanti senza veruna obbliquità, e late- ralmente ad essi il margine delle due valve è elevato alla foggia delle orecchie de’ pettini. L’ area del legamento è più stretta e meno lunga che nella specie precedente, ed il car- dine è munito di denti in tutta la sua estensione. La superficie esterna è munita di strie longitudinali inter- secate da altre sottilissime trasversali che, viste con la len- te, compariscono minutamente punteggiate. Anche in questa ( 499 ) conchiglia si osserva nel lato anteriore uno spazio cordiforme più liscio del rimanente , ma non improntato come nell’ arca insubrica. Osservazioni. La classificazione delle arche fossili comprese nel genere Pectunculus di Lamark è più imbrogliata di quanto potrebbe a prima giunta apparire , essendo mestieri di fare particolare atten- zione alle proporzioni delle loro dimensioni in lunghezza e larghezza, alla situazione degli apici e ad altre piccole particolarità. E inoltre necessario di avere molti individui della stessa specie di diversa grandezza onde paragonare le diflerenze dovute all’età, e distinguerle da quelle che sono veramente costanti e caratteristiche. L’arca pelosa, per esempio, ha nella sua gioventù un aspetto così diverso che si potrebbe credere, come avverte Bruguiere, una specie distinta ; imperocchè essa ha allora una forma lenticolare molto compressa, ed è alquanto più larga che lunga, all’ opposto di quanto si osserva ne’ vecchi individui. E , nel vero, prendendo in esame questa bivalve, si riconoscono verso gli apici alcune rughe circolari e concentriche le quali segnano l’ estensione che il guscio aveva ne’ suoi primordj. Se si considera lo spazio circoscritto da esse, facendo astrazione da tutto il rimanente , si vedrà che rappresenta una valva presso che lenticolare, e che questa forma si andò gradatamente modificando di mano in mano che la conchiglia acquistò un più gran volume ed a norma che le indicate rughe maggiormente si allontanano dagli apici, finchè rientra in quella che ordinariamente presenta l’ arca pilosa. Necessario sarebbe adunque, per potere con più sicurezza rego- lare il nostro criterio , di esplorare 1 successivi cambiamenti a cui soggiace quest’ arca nelle differenti sue età ; ma quanto a me nè nelle raccolte de’ musei, nè sulle spiagge del mare non mi è mai accaduto di vederne piccoli individui, ed è forza credere che diffi- cilmente si possano avere, poichè non sono stati veduti dall’ Olivi medesimo , il quale entrò quindi in pensiere poter essere 1° arca glycimeris il rudimento della pilosa. ( 496 ) Ma all’ opinione di questo naturalista difficilmente saremo indotti a sottoscrivere, poichè nell’ arca pelosa gli spaz) circoscritti in vici- nanza del cardine dalle rughe circolari, e che presentano la giovine valva innestata in certa guisa sulla vecchia, hanno una forma che troppo si discosta dalle proporzioni dell’ arca glycimeris. Undici specie di arche incontrò il Renieri nell'Adriatico, compresa la fammulata o sia undata di Linneo che non è registrata nel suo catalogo, e che io ho veduto nella sua particolare collezione. Tutte, tranne l’ arca Gualtieri, sono classificate nel Systema Nature, e tutte si trovano fossili in Italia, eccettuata quest’ ultima e l° arca glycimeris, che facendo più esatte ricerche si potrà forse scoprire , essendo comunissima nell’ Adriatico. Un numero eguale di specie trasse il Poli dai mari dell’Italia meridionale, cinque delle quali non sono state descritte da altri, e nessuna di queste ho io rinvenuto ne’ nostri terreni: fra le sei residue v ha solamente l’arca modiolus e l’antiquata che non furono trovate finora nell’ Adriatico. L’ ultima è comunissima fossile. Lamark raccolse ne’ contorni di Parigi quindici specie riferibili al genere Arca di Linneo, di cui tre solamente sono promiscue all'Italia che, ridotte alla nomenclatura del naturalista francese, sono l'arca barbatula ch' egli considera una leggiera varietà della bdar- bata, il pectunculus granulatus e la nucula margaritacea che è l'arca nucleus di Linneo. III SoLENO. Tutte le seguenti specie appartengono al genere Solen di Lamark. 1. SoreN vagina. L. Aldov., Testac., pag. 929. Moscardi, Mus., pag. 209: concha longa. Bonann., Recr. 2, fig. 97. (497) — Mus. Kircher. 2, fig. 56. Gualt., tab. 99, fig. C., D, E. Poli, Testac. I, tab. 10, fig. 5. Abita in tutti mari europei, nell’ Oceano americano e in- diano (Lin: ). Fossile nel Piacentino. Trovasi pure fossile a Grignon in Francia, ma riflette La- mark che i più grandi individui non sono lunghi più di tre pollici, quando questa conchiglia ne’ mari dell’ Europa acquista fino a sei pollici di lunghezza; e su tal proposito fa osservare che nell’ Oceano indiano è sempre men grande di quello che comparisca ne nostri mari. Comunque ciò sia, nel Piacentino se ne incontrano individui che attingono le dimensioni che hanno nell'Adriatico, e ne ho sott'occhio uno lungo cinque pollici. 2. SoLEN ensis. L. Poli, Testac. I, tab. 11, fig. 14. Abita nel Mediterraneo , nel mare d’ Inghilterra e d’ Olanda ( Lin ), e nell'Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino. Poco frequente. 3. Soren coarctatus. L. Martin., Conch., tab. 6, fig. 45. Abita presso le isole di Nicobar ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Ren. ). Fossile in valle di Andona presso Asti. È comunissimo nel sopra indicato luogo, e trovasi tanto nell’argilla bigia mescolata con grani silicei, quanto nel sab- bione calcario giallognolo che le è sovrapposto. Il maggiore individuo che abbia incontrato, ha un pollice e cinque linee di larghezza. 4. Soren candidus. Ren. Martin., Conch., tab. 6, fig. 43, 44. (498 ) Lamark, Ann. du Mus., vol. XIT, tab 24, fig. 5 (fossilis). Abita nel mare delle Indie orientali (Martini), e nell’Adria- tico ( Ren. ). Fossile nel Piacentino e in. valle di Andona. L’ Olivi aveva qualificato questa conchiglia per una varietà del solen striguatus, efficacemente insistendo perchè non sia presa per una specie distinta. Nulladimeno il Renieri ha stimato di avere fondati motivi onde fare altramente, ed io volentieri mi sottoscrivo al suo sentimento, posciachè si scorge una costante uniformità nelle proporzioni di questo soleno che appare sempre più largo e meno lungo dello striguatus, mi- surandone la lunghezza dal cardine al margine; oltre di che più profonde sono le strie obblique, e sì mostra sempre di colore bianco. To non dubito che questa conchiglia non sia la varietà del solen strigilatus di Gmelin, che fu conosciuta da Linneo medesimo, ed accennata nella descrizione del museo della regina Uldarica sotto il titolo di Var. « alba duplo longior quam lata ( pag. 475 ). Gmelin cita molti autori che 1’ hanno figu- rata; e quando disse il Renieri che ciò non fu fatto da veruno, aveva ragione di asserirlo se consultò solamente le figure di Lister, del Bonanni e di Adanson, allegate dallo stesso Gmelin sull’ autorità di Chemnitz. Quella dei due primi sembra che rappresenti una tellina che è riconoscibile alla piegatura del lato anteriore espressa con maggiore evidenza nella figura del Bonanni, e chiaramente indicata da Lister in una nota manoscritta, riportata da Cheninitz, e che quell’ autore aveva aggiunto di proprio pugno in un esemplare della sua opera, posseduto da Forster: questa conchiglia, scriveva egli, ha una costa ovvero un seno all'estremità in cui è situato il cardine. (499) "Quanto alla figura di Adanson, è bensì probabile che essa rappresenti questa bivalve; ma non si veggono segnate le strie trasversali ed obblique che sono manifeste tanto negl’individui marini quanto nei fossili. Il disegno poi di Martini è abbastanza esatto, e la descrizione di Chemnitz molto circostanziata. Il soleno fossile di Grignon in Francia, figurato da Lamark (Ann. du Mus., col. XII, tav. 24, fig. 9), è identico a questo. Osservazioni. Nel suolo conchiglifero de’ contorni di Parigi que- sto genere fornisce, a preferenza di qualunque altro, il maggior nu- mero di specie che hanno gli analoghi viventi ne’ mari attuali. Fra cinque soleni raccolti da Lamark in quel luogo , due soli apparten- gono a specie sconosciute. I quattro da me descritti vivono tutti nell’ Adriatico. IV. CARDIO. Tutte le specie fossili che si descrivono, spettano al genere Car- dium di Lamark. 1. Carpium edule. L. Gualt., tab. 71, fig. F. Poli, Testac. I, tab. 26, fig. 13. Abita nell'Oceano europeo, nel Baltico , nel mare Caspio, nel Mediterraneo (Lin.), e nell'Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino , in Piemonte, presso Camugliano in Toscana, nelle Crete Sanesi, ecc. Idem. Var., anterius elongata. Rondel., Testac., pag. 21, fig. 2. Fossile nel Piacentino. : Il lato anteriore in questa varietà è in cotal guisa prolun- gato, che mentre le valve misurate dal margine alla punta ( 500 ) dell’ apice sono lunghe tredici linee, la loro larghezza è di un pollice e mezzo, vale a dire eccede la lunghezza di cinque linee; laonde hanno una forma sommamente obbliqua. I solchi longitudinali che sono in numero di ventidue, compariscono in parte obliterati nel lato dove ha luogo questo prolungamento. 2. Carpium clodiense. Renieri. ( tav. XII, fig. 3 ). Testa ovata transversa, natibus brevibus, sulcis viginti duo rotundatis. i Abita nell'Adriatico (en. ). Fossile nelle Crete Sanesi. La varietà precedentemente descritta non comparisce di forma trasversale se non che in grazia del prolungamento del lato anteriore, e conserva in tutto il rimanente la strut- tura del cardium edule; ma così non è nel cardium clodien- se. Esso ha una forma elittica nel verso della sua larghezza, prodotta dall’ allungamento di ambedue i lati, maggiore per altro nell’ anteriore che nel posteriore, il quale è inoltre al- quanto più stretto e meno rotondato dell'altro. Questo cardio differisce ancora dall’ edule per essere più depresso, e per avere gli apici assai men prominenti e meno arcuati. Io an- novero sulla sua superficie ventidue solchi della figura stessa di quelli del precedente, ma più ravvicinati fra loro. Lun- ghezza lin. 6, larghezza lin. 9. 3. Carpium rusticum. L. Poli, Testac. I, tab. 16, fig. 33. Abita in tutt i mari europei, ecc. ( Lin. ). Fossile nel Pia- centino. Linneo assegna a questo cardio venti coste, e Born, Mar- tini e Bruguiere da venti a ventidue. L’esemplare fossile che ho sott'occhio ne conta ventiquattro. ( 501 ) 4. Carpruvm ciliare. Var. LB. Brug. — Cardium tuberculatum. Var. B. Lenieri. Bonann., Recr. 2, fig: go. Abita nell'Adriatico ( Bonanni, Ren. ). Fossile nel Piacentino. Di questa conchiglia, comunissima nell'Adriatico, ha istituito Bruguiere una varietà di cardium cilare, e conviene di fatto ad esso così nella forma generale come nel numero delle coste che sono da diciotto in diciannove. Nondimeno nella struttura delle coste medesime appianate sul dorso e divise per mezzo da una stria profonda donde sorge una serie di tubercoli concavi o pure di piccole spine ‘acute, si approssima mag- giormente al cardium aculeatum; ma questo, dall’ altro canto, ha una forma più obbliqua, ed è ordinariamente corredato di ventuna costa. Il Renieri, all'opposto, lo risguarda come una varietà del cardium tuberculatum il quale è più compresso nella parte anteriore, ed ha ventidue o ventitrè coste. Comunque ciò sia, giova sapere che i caratteri di questo nostro cardio si mantengono costanti negl’ individui di tutte le grandezze, talchè non si può credere che sia una varietà accidentale risultante da modificazioni dipendenti dall’ età. Io ne ho sott'occhio cinque esemplari fossili, il più piccolo dei quali ha nove linee di altezza, ed il maggiore due pollici. Così ne’ giovani come negli adulti le coste non hanno mai una forma triangolare come nel ciliare, ma sono appianate sulla sommità, e solamente si osserva essere esse ne’ più pic- cioli guarnite sulla loro convessità di rughe crespe e fles- suose che sono una continuazione di quelle che si ravvisano nei solchi intermed), quando negli adulti si mostrano quasi affatto lisce e lucenti. ( 502 ) Le figure citate da Bruguiere sotto questo cardio si riferi- scono in gran parte nel Systema Nature al cardium echinatum, quando con più ragione apparterrebbero all’ aculeatum, ma non sono tutte consimili. Una ve n’ha in Lister che molto si accosta ai nostri individui fossili, tav. 343, fig. 180, e di cui Gmelin ha creduto di fare una specie particolare sotto il nome di cardium flexuosum. Quanto a quella del Bonanni, a cui ho rimandato il lettore, essa è copiata dall’ opera dello stesso Lister, Hist. anim. Angl., tav. 5, fig. 33, ma le spine compa- riscono in essa più lunghe e più folte di quello che abbia veduto negl’ individui tanto fossili quanto marini. Idem. Var. y, costis glabris , magisque complanatis. Bonann. Recr. 2, fig. 93. Appena questa varietà merita di figurare da sè, niente altro essendo che una modificazione della precedente. Le coste sono in essa più appianate e più lisce, come si scorge nella figura del Bonanni, attribuita da Gmelin alla varietà e del cardium aculeatum. Esse non hanno che qualche raro tubercolo spi- noso presso il margine delle valve. 5. Carpivm echinatum. Brug. Aldovr., Testac., pag. 452, fig. 1, 2. Poli, Testac. I, tab. 17, fig. 4, 9. Abita nell’ Oceano settentrionale ( Zin. ), e nell’ Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino. Io non ho fatto uso delle figure del Bonanni e del Gualtieri riportate da Linneo , e mi sono in cambio prevalso di quella dell’ Aldovrandi. Non solamente queste, ma tutte le altre ancora allegate nella XII edizione del Systema Natura, e la cui citazione fu ricopiata da Gmelin nella XII, sono escluse ( 503 ) da Bruguiere che rimanda Ja maggior parte di esse alla va- rietà ? del cardium ciliare, donde risulta che il cardium echinatum di questo autore è differente da quello così chiamato da Linneo. Bruguiere dice che il numero delle coste in questa con- chiglia è da trentacinque a quaranta, ma in uno dei due esem- plari fossili che ho presenti, sono trentatrè, e nell’ altro tren- tuna. Se Gmelin ne attribuisce soltanto venti, egli copiò senza abbadare più oltre quanto ne disse Linneo nella Fauna Suecica e nel Museo della regina Ulderica, dove si parla per certo di specie affatto diverse. Confusa oltremodo e farragginosa è la sinonimia adottata da Chemnitz così in questo come nel cardium aculeatum, e lunga faccenda sarebbe ridurla entro i giusti suoi limiti. 6. Carprum tuberculatum. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 100. Gualt., tab. 71, fig. M. Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Renieri). Fossile nel Piacentino. Le coste sono guarnite, segnatamente dai lati, di tubercoli callosi che degenerano presso il margine delle valve in rughe flessuose. 7. Carpium oblongum. L. Born, Mus. Vind. , tab. 3 , fig. 8. : Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Renieri). Fossile nel Piacentino. Non è raro nelle colline di Castell'Arquato, dove se ne incontrano individui della lunghezza di quasi tre pollici, for- niti di ambedue le valve. (504 ) Bruguiere è persuaso che questa conchiglia sia identica a quella chiamata da Linneo cardim serratum che Pennant e Born scambiarono, a detta sua, col cardium levigatum , e rim- provera a Chemnitz di averne fatto a torto una specie di- stinta. Riflette il nataralista francese che questi svar) derivano dall’ avere usato Linneo frasi troppo concise descrivendo i caratteri specifici , difetto pernicioso quando segnatamente si tratti di conchiglie di cui non si citano figure. Ma debbesi dall’ altro canto osservare che quantunque negar non si possa che nel Systema Nature non sia molto succinta la descrizione del cardium serratum , vi supplisce nulladimeno quella che ha esteso lo stesso autore nel catalogo del museo della regina Ulderica ( pag. 491, num. 45, non 89 come scrive Bruguiere ) la quale è abbastanza circostanziata. Il cardium serratum è qualificato colà liscio e senza strie , carattere che non com- pete in verun conto all’ oblongum : questo era certamente sconosciuto a Linneo che non avrebbe ommesso di fare spe- ciale menzione della particolarità di avere nella faccia ante- riore delle valve una grande area ovale sprovveduta di coste (*). Ho veduto individui di questa conchiglia, provenienti dal- l'Adriatico, con le coste molto abbassate, divise da solchi poco (*) Questo naturalista, parlando del cardium serratum, usa nella frase specifica le parole margine interiore serrato, ma nella descrizione si legge anteriore, tanto nella X quanto nella XII edizione del Systema Nature. Lo stesso è replicato nel Catalogo del Museo della regina Ulderica : testa.... margine anteriore profundius extrorsum serrata. Se non è questo un errore, e se la conchiglia descritta da Linneo era realmente intagliata a denti di sega nell’ orlo anteriore delle valve, è questa una ragione di più per credere che fosse diversa dal cardium oblongum , il cui margine è liscio in quella situazione, ( 505 ) profondi e debolmente espresse nella metà inferiore delle valve, talchè }’ Olivi fu indòtto in equivoco, come assicura il Renieri, e prese questo cardio pel /evigatum di Linneo. In quelli fossili, all'incontro, esse sono assai rilevate in tutta la lunghezza delle valve fino alla distanza di circa sei linee dall’ apice, dove incominciano a diventare molto sottili, come apparisce eziandio nel disegno dato da Born, che riferì que- sta specie al cardium flavum. Egli citò per isbaglio la figura settima della tav. 5 della sua opera, mentre è rappresentato nell’ ottava. 8. Carpium fragile: nob. ( tav. XIII, fig. 4). Testa subrotundata, tenuis, strits longitudinalibus obsoletis , margine argute crenulato. Fossile in Valle di Andona. Non è il cardium levigatum di Gmelin, perchè quest ul- timo ha una forma bislunga ed obbliqua; esso somiglierebbe piuttosto al papyraceum, ma è molto più rotondato, e così poco obbliquo che le valve sono quasi equilatere. Esterna- mente è segnato per lungo da strie meramente superficiali e senza veruna elevatezza , le quali si riconoscono più di- stintamente sperando contro la fiamma di una candela il guscio ch’ è pellucido e molto sottile. Il margine è guarnito di cre- nellature che si prolungano bene addentro a guisa di sotti- lissimi solchi, ma esse mancano dall’ uno e dall’ altro lato , o almeno non se ne ravvisa che un debole indizio. Io ne ho annoverato trentacinque, numero che corrisponde a quello delle strie esterne. Potrebbesi sospettare bensì che questa conchiglia fosse il cardium oblongum nella sua infanzia, di cui ho veduto piccioli 04 ( 506 ) individui provenienti dall’Adriatico con la superficie quasi levigata, ma essi hanno una forma più bislunga. Il diametro di quello che descrivo non oltrepassa un mezzo pollice, e per più chiarezza lo rappresento ingrandito di un terzo. g. Carprom multicostatum: nob. (tav. XII, fig. 2 ). Testa cordato obliqua , lateribus lamelloso-tuberculatis, costis 55 complanatis, margine profunde crenato , antice serrato. Fossile nel Piacentino. Tanta è la conformità che ha questo cardio col muricatum di Linneo, che io fui da principio tentato a risguardarlo come una semplice varietà di esso. Se mi sono determinato a farne una specie particolare, egli è in considerazione del numero delle coste, ch'è troppo maggiore nel nostro, atteso che se ne contano cinquantacinque ben distinte, mentre nel muricatum non oltrepassano le trentasette. Io tengo per fermo che le differenze che costituiscono le varietà, non possano andare tant oltre, almeno in questo genere di conchiglie, in cui il numero delle coste , tranne qualche leggiero divario, è un carattere costante che si debbe avere in gran conto per di- stinguere le specie. La forma di questo cardio è obbliqua in grazia del pro- lungamento del lato anteriore , e le sue valve compariscono notabilmente convesse specialmente in vicinanza degli apici. Le coste sono sottili, appianate nella parte superiore e di- vise da un solco la metà più stretto di esse. Ordinariamente si mostrano lisce nel mezzo, ma tutto intorno al margine sono corredate di tubercoli callosi e contigui, formati dall’ in- grossamento di urna Jamina aderente ad una delle facce la- terali di esse coste. La lunula ( anus ) è indicata da un’area di (507 ) forma bislunga e lanceolata, quasi affatto liscia, ed il corsa- letto ( eulva ) non si distingue che in grazia di un labbro ri- levato che apparisce nel margine delle due valve. L° orlo di queste è in tutta la circonferenza guarnito di profonde cre- nellature che nel lato anteriore sono tagliate a guisa dei denti di una sega , nè s’incastrano esattamente l° una con l' altra, tal che la conchiglia comparisce da questa parte un poco socchiusa ( lians ). Lunghezza poll. 2, lin. 5; larghezza poll. 2; lin. 8. 10. Carpivm striatulum: nob. (tav. XIII, fig. 5 ). Testa subrotundata, gracilis , pellucida , subtilissime longitu- dinaliter costata, costis quinquaginta , margine argute crenato. Fossile in Valle di Andona. Ho annoverato in questo cardio cinquanta coste longitudi- nali di tale sottigliezza che sembrano strie capillari , ma nondimeno elevate e divise da solchi abbastanza profondi, i quali si ravvisano parimente nella faccia interna, dove ren- dono crenellato il margine delle valve. La forma della con- chiglia è rotondata , leggermente obbliqua e più larga che lunga. Sembra che le possa competere la fig. 147 della tav. 311 di Lister, che Gmelin dubita se appartenga ad un car- dio, o rappresenti piuttosto una venere cui diede il nome di pusilla. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 9. 11. Carpron planatum. Renieri (tav. XII, fig. 1). Testa minuta, subcordata, costis planatis 24, papillis muri- catis hinc inde exasperata. Abita nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile nell’isola d’ Ischia. Si accosta nella forma generale al cardium ciliare, ma le ventiquattro coste di cui è corredato non sono nè triangolari (508 ) come in questo , nè divise per mezzo da una linea longitu- dinale come nell’ aculeatum : esse sono piane e sparse qua e là di piccioli tubercoletti che rendono la superficie muricata. I maggiori individui che ho rinvenuto nell’ argilla di Casamie- ciole nell’ isola d'Ischia, hanno appena tre linee di diametro. 12. Carpivm hians: nob. ( tav. XII, fig. 6 ). Testa subcordata tumida, costis 17 distantibus , antice de- pressis, aculeatis, postice tuberculis raris cochleariformibus in- structis , valvis anterius hiantibus, margine hiatus profundissime serrato. Fossile nel Piacentino , a Trequanda e a San Geminiano nel Sanese, ed in Valle di Andona presso Asti. Non è questa la sola conchiglia del genere de’ cardj in cui il margine delle due valve lasci nella parte anteriore un’ aper- tura, ravvisandosi lo stesso nel cardium ringens di Gmelin , e nel cardium apertum di Bruguiere. Ma questa apertura è così ampia nella specie che descriviamo che in un individuo dell’ altezza di quasi tre pollici essa è lunga due pollici e due linee , e larga a un di presso un pollice e un quarto, ri- stringendosi alle due estremità in maniera che presenta la forma di un cuore. Questa bella conchiglia ha le sue due val- ve molto tumide e convesse, ed è fornita di diciassette coste, cinque delle quali nel lato anteriore sono schiacciate , di- stinte l'una dall'altra per via di uno stretto solco, ed armate di lunghi aculei posti obbliquamente. Le altre sono rotondate, molto distanti e divise per mezzo da una linea scavata da cui sorgono di spazio in ispazio alcuni tubercoli callosi con- cavo-convessi che si riconoscono specialmente nel lato poste- riore. Le pareti interne sono guarnite di tanti solchi quante (509 ) sono le coste esterne, ed il margine delle valve è tagliato tutto all’ intorno a larghe crenellature , ma quello che cir- coscrive l’ apertura è contornato da intagli a guisa di grossi denti di sega. Non è così facile di rinvenire questa conchiglia con l’ in- tiero suo guscio, ed in Valle di Andona nel Piemonte non ne ho veduto che alcuni frammenti. A Trequanda nel Sanese s'incontra una quantità di nuclei margacei che ne rappresen- tano esattamente il modello. Osservazioni. Fra queste dodici specie di cardj, otto esistono nell’Adriatico, due delle quali sono state scoperte dal professore Renieri , il cardium clodiense, cioè , ed il planatum, e tutte le altre mancano di analoghi viventi. Il Santi registra il cardium medium fra le conchiglie da lui tro- vate nel Sanese, ed il Borsoni il cardium cardissa e Vl unedo fra quelle del Piemonte, ma esse non mi sono corse sott’ occhio. Lamark ne’ contorni di Parigi trovò otto specie spettanti a questo genere, ma di nessuna si conosce l’ originale, e tutte sono differenti da quelle da me descritte. V. TELLINA. Num. 1— 10 genere Tellina di Lamark, 11, 12, 13 Zrycina; 14, 15 Corbula; 16 Lucina, 1. Terrina complanata. L. — T. madagascariensis. Ren. Aldovr., Testac., pag. 519, fig. 8. — Mus. metall. , pag. 470, fig. 4 Abita nel Madagascar (Lister ), e nell’ Adriatico ( Renserì ). Fossile alla Rocchetta ed in Valle di Andona presso Asti. (510) A torto Gmelin ha fatto due specie distinte della cellina complanata e della madagascariersis, citando per la prima la fig. 9 della tav. 2 di Born, e per l’ altra quella di Lister, tav. 386, fig. 233, che evidentemente rappresentano la stessa conchiglia. Eccellente sopra tutto è la figura che ne ha dato Born, la quale perfettamente corrisponde fino nel colore medesimo agl’ individui che si pescano nell'Adriatico ©). Se 10 preferisco l'epiteto di complanata, egli è perchè sarebbe improprio o almeno inesatto l’ altro di madagascariensis, es- sendo frequente questa tellina nelle acque dell'Adriatico. Essa era conosciuta dall’Olivi, che, secondo il Renieri, la scambiò con la levigata. 2. TeLLinA nitida. Poli. Gualt., tab. 77, fig. H. Poli, Testac. I, tab. 19, fig 2,3, 4. Abita nel Mediterraneo ( Poli ). Fossile nel Piacentino. È sottilmente rigata per traverso come la precedente, ma è più allungata e più stretta, e non ha nella regione del pube strie così rilevate. 3. Terrina serrata. Renieri (tav. XII , fig. 1 ). Testa ovata, compressa, transversim striata, latere antico oblique truncato , pube lamellari-rugosa in altera valva angustiori, vulva canaliculata. Abita nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona e nel Piacentino. (*) Born prese questa tellina per la planata di Linneo, e descrivendone i caratteri osserva che il margine è acuto. Se nella frase specifica di Gmelin si legge in cambio margine aucto , è questo un errore di stampa. (511) Questa tellina scoperta dal Renieri nell’ Adriatico è ovale come la complanata, ma agevolmente si distingue dalle con- generi per via di peculiari caratteri. Essa è obbliquamente troncata nel lato anteriore per quanto si stende la regione del pube , ed il piano della troncatura presenta un largo e profondo canale formato da due piani inclinati che si uniscono ad angolo acuto. Il pube comparisce più stretto nella sinistra valva che nella destra, ed è corredato di strie lamellari e fles- suose che sono una continuazione di quelle più sottili che si ravvisano su tutta la superficie. Il cardine ha in una valva un dente bifido accompagnato da due altri laterali remoti, compressi ed ottusi; e nell’ altra un solo dente intiero. Lun- ghezza poll. 1, lin. 1; larghezza un pollice. 4. Tertina muricata. Ren. (tav. XII, fig. 2 ). Testa oblonga, compressa, subtilissime striata , altero fine truncata, pube scabra, radiata, radus longitudinalibus strias transversas decussantibus. Abita nell'Adriatico ( en. ). Fossile in Valle di Andona. Il principale carattere di questa tellina scoperta essa pure dal Renieri in istato marino, consiste nella struttura del pube su cui si scorgono molti raggi o coste longitudinali che par- tono dal cardine come da un centro, e che intersecando le strie trasversali rendono la superficie scabra e quasi muricata. Le valve hanno una forma stretta e allungata, e sono tron- cate nell’ estremità anteriore, ed il cardine nell’ una di esse è armato di due denti convergenti leggermente bifidi, e nell’ al- tra di un dente solo superiormente scanalato. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 8. 5. TeLzinA uniradiata : nob. (tav. XII , fig. 4). (512) Testa oblonga, compressa , antice truncata, strits transpersis tenuissimis , pube radio unico elevato. Fossile in Valle di Andona. Affne alla precedente, ma è alquanto meno stretta ed un poco più gonfia di essa. Il pube non ha che un solo raggio prominente che è situato più dappresso alla inflessione della valva che al cardine: carattere che ho riscontrato costante in nove individui. 6. TeLLIiNA ferdensis. L. Lister, tab. 394 , fig. 241. Abita nell’ Oceano settentrionale ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. È analoga alla citata figura di Lister attribuita da Gmelin alla cellina ferdensis ( per errore si legge fervensis), ma po- chissimo ad essa corrisponde l’ altra di Martini, tav. 10, fig. 91, ch’ egli riferisce alla medesima specie. 7. Terrina subcarinata : nob. ( tav. XII, fig. 5 ). Testa ovato-oblonga , subtilissime transversim striata, utroque fine rotundata, anterius vix inflexa. Fossile in Valle di Andona. Si accosta alla fig. L. della tav. 88 del Gualtieri , riferita da Gmelin alla tellina depressa, e somiglia moltissimo alla fasciata del Renieri. Essa è sottilmente striata per traverso , rotondata in ambedue le estremità e di forma ovale. L’ in- flessione del lato anteriore è poco apparente, e le strie tras- versali compariscono alquanto più elevate nel pube che nel rimanente del guscio. Il cardine ha in ambedue le valve un dente leggermente bifido e due laterali compressi che non si riconoscono che in una sola. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 8. (513 ) 8. Terrina elliptica: nob. (tav. XII , fig. 7). Testa ovali, convexiuscula, utroque fine rotundata, striis transversis vix conspicuis , pube angusta , tumidula. Fossile in Valle di Andona. La sua forma è ovale, più convessa presso 1’ estremità posteriore che nell’ anteriore, e leggermente compressa verso il mezzo della valva destra. La superficie è rigata da finissime strie e da rughe arcuate dipendenti dall’ accrescimento del guscio , ed il pube è stretto, alquanto rigonfio e circoscritto da una piegatura poco apparente. Il cardine non è nel mezzo, ma più da presso all’ estremità anteriore, ed ha in ambe le valve un dente scanalato. Lunghezza lin. 7, larghezza poll. 1. g. Terrrva tumida: nob. ( tav. XII, fig. 10). Testa inflata, gracilis , subaquilatera, antice angulata, me- dio leviter excavata, cardinis dentibus primaris tribus, laterali solitario , obtuso. Somiglia nell’ aspetto ad una mattra, ma la struttura del cardine e l’ inflessione angolare del lato anteriore a cui cor- risponde una solcatura nella valva opposta, la qualificano per una tellina, e presenta moltissima analogia con la tellina pa- pyracea di Gmelin, essendo come questa fragile, sottile, tras- versalmente rugosa, ed avendo quasi nel mezzo delle valve una compressione longitudinale benchè leggiera; ma la zellina papyracea ha due soli denti cardinali, e manca dei laterali, mentre nella nostra 1 primi sono tre, e si scorge un dente laterale ottuso all'estremità del corsaletto. Gli apici sono pro- minenti, ricurvi e situati quasi nel mezzo, talchè la con- chiglia ha una forma a un di presso equilatera. Lunghezza poll. 1, lin. 7; larghezza poll. 2, lin. 2. (514) 10. YertinA compressa: nob. (tav. XII, fig. 9). Testa ovata, complanata, strits ‘transversis tenwissimis, pube compressa, latere postico intus costa obliqua notato. Fossile in Valle di Andona. Essa ha qualche rassomiglianza con la tellina opalina che è altresì internamente munita di una costa longitudinale ed ob- bliqua, ma situata nella parte anteriore corrispondente alla regione del pube, mentre in quella che descriviamo trovasi dal lato opposto. Questa costa è più rilevata e meglio espressa nell’ una valva che non nell’ altra, nè di essa apparisce vesti- gio alcuno nella superficie esterna. Tranne questo carattere , che pure è notabile, niente altro questa conchiglia esibisce di singolare. Essa è sottilmente striata per traverso, ha una forma bislunga rotondata da ambe le estremità, ed il pube, in cambio di essere gonfio come nella elliptica , comparisce depresso. Lunghezza lin. 6, larghezza lin. 9g. 11. Terrina pellucida: nob. — T. apelina Ren. ( tav. XII , fig. 3). Testa ovali-convexa, fragilis , levigata, utrinque rotundata, pube obsoleta , cardine in utraque valva unidentato cum foveola adjecta, dentibus lateralibus elongatis, obtusis. Abita nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. Il Renieri qualificò questa conchiglia per la vellina apelina di Gmelin ( opalina V ha denominata Chemnitz, e così debbe essere scritto ), ma ne differisce perchè non ha internamente quella costa rilevata che, partendo dall’ apice, si reca in dire- zione obbliqua al margine esterno , e perchè il cardine del- l'una e dell’ altra valva porta un piccolo dente accompagnato da una particolare fossetta, oltre due altri laterali allungati e (515) compressi. Il suo guscio è fragile, liscio e pellucido, ed il pube poco manifesto, ma nulladimeno distinto da una pie- gatura rilevata in una valva, e scanalata nell’ altra, come si scorge nella più parte delle conchiglie di questo genere. Lun- ghezza lin. 4, larghezza lin. 6. 12. Terrina stricta: nob. — T. angulosa. Ren. (tav. XII, fig. 3). Testa oblonga, convexa, levis, anterius subacuminata, po- sterius rotundata , pube vix distincta , foveola cardinis unidentata. Abita nell'Adriatico ( en. ). Fossile in Valle di Andona. L’analogo di questa conchiglia fu rinvenuto nell’Adriatico dal professore Renieri che credette di ragguagliarlo alla el lina angulosa, ma non corrisponde alla figura che Martini ha dato di quest ultima. Essa è allungata, stretta, notabilmente convessa, e segnata da strie così sottili che non si distinguono ad occhio nudo. Le valve nell’ estremità posteriore sono ro- tondate, ed anteriormente finiscono con una punta ottusa. L’area del pube è molto angusta, ed il cardine è munito di una fossetta e di un picciolo dente , come nella tellina pellucida. Lunghezza lin. 3, larghezza lin. 6. 13. TerrinA cuspidata. Olivi. Olivi, Zool. adr., tab. 4, fig. 2. Abita nell’Adriatico ( Oligi ). Fossile nel Piacentino. Oltre a varj individui simili agli ordinar), uno se n° è tro- vato nel Piacentino di esimia grandezza, largo un pollice e due linee, che si conserva nella raccolta del Consiglio delle Miniere. In esso chiaramente si scorge la struttura del cardine che è costituito da un dente primario unico, posto accanto ad una cavità scavata a foggia di cucchiajo, e da due denti (516 ) laterali lamelliformi, di cui quello del lato anteriore è più forte e più rilevato. Faujas dice che la tellina cuspidata trovasi fossile a Grignon in Francia, e petrificata a Namur nel Belgio ( Essa de géolog., tom. I, pag. 74). 14. Terrina revoluta: nob. (tav. XII, fig. 6 ). Testa oblonga, tumida, inaquivalvis, transversim profunde rugosa, pube truncata, carinata, margine antico alterius valva sursum revoluto, cardine unidentato. Fossile in Valle di Andona. Singolare è questa tellina per la configurazione della valva sinistra, il cui margine nella parte anteriore è ripiegato in maniera che cuopre quello della valva opposta, la quale è per conseguenza più stretta. Essa ha una forma bislunga, roton- data posteriormente, acuta dinanzi, ed è troncata nella re- gione del pube a guisa delle donaci, se non che il margine delle due valve s' innalza colà a guisa di carena, e quello di una di esse è in questa situazione medesima coperto in parte dall’ altro. La superficie è solcata da rughe arcuate che diminuiscono di grossezza a norma che si accostano agli apici. Il cardine non ha che un solo dente con una cavità che ri- ceve quello della valva corrispondente. Lunghezza lin. 3, larghezza lin. 6. Attesa la struttura del cardine e Ja ineguaglianza delle valve, questa conchiglia spetta, come la susseguente, al genere Cor- bula di Bruguiere e di Lamark. La tellina pellucida , stricta e cuspidata sono comprese, all’ incontro, nel genere Erycina, quantunque presentino anch'esse una fossetta accanto al dente primario, ma il suo uflicio è differente. Nelle specie del (517) genere Corbula s'inserisce in essa, come si è detto, il dente della valva opposta, mentre nelle altre su nominate serve a contenere il legamento. Fra le corbule conosciute, pochissime hanno nel lato an- teriore un’inflessione così cospicua come nella nostra, ma Bruguiere ne rappresentò una nelle tavole dell’ Enciclopedia, tav. 230, fig. 3, che possiede in eminente grado questo ca- rattere. 159. Terrina gibba. Olivi. Ginann. II, tab. 20, fig. 143 ( rudis). Enciclop. méthod., tab. 230, fig. 4. Abita nell'Adriatico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel Pia- centino ed in Valle di Andona. Oltremodo comune è questa conchiglia in Valle di Andona. Quando è ridotta allo stato cretaceo, accade sovente che sl separa a strati, ciascheduno de’ quali presenta una valva com- pleta; e siccome gl’ interni sono affatto levigati, mentre lo strato più superficiale è solcato per traverso da strie sottili e profonde, conviene avvertire di non prendere queste valve isolate per ispecie o per varietà diverse. 16. Terrina lactea. L. Martin., tab. 13, fig. 125. Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. La figura D della tav. 71 del Gualtieri, citata da Linneo, è così poco caratteristica che appena si può presumere che rappresenti questa conchiglia. Ottima è quella di Martini in cui si vede egregiamente espresso quel seno semilunare che il margine del lato anteriore forma in vicinanza del cardine. (518 ) Osservazioni. La più parte delle telline che ho qui descritto, hanno i loro analoghi nell'Adriatico, e molte di esse sono state, non corre gran tempo, scoperte in questo mare dall’ Olivi e dal Renieri, Io ho attentamente confrontato tutti gli esemplari fossili cogl’ individui marini, e quando pure si trovasse che dire sulla determinazione di qualche specie, si può essere almeno sicuri che quelle da me indicate come viventi tuttora nell'Adriatico, realmente vi esistono, il che sopra tutto importa di sapere nel presente argomento. VI. Gama. Num. 1, 2, 3 genere Chama di Lamark; 4 Zsocardia; 5, 6, 7 Venericardia ; 8 Cardita; 9 Petricola. 1. Caama lazzarus. L. Argenv., tab. 20 , fig. F. Abita nell’ India ( Linneo ). Fossile nel Piacentino. Se ne trovano degli esemplari tutti coperti di larghe la- mine fogliacee , quale è precisamente quello rappresentato da Valentyns, Abhandlung, ecc., tav. 13, fig. 4. 2. CHama gryphoides. L. Aldovr. , Testac., pag. 458. Gualt., tab. 101, fig C, D, E, F. Poli, Testac. II, tab. 23, fig. 3. Abita nel Mediterraneo , nel mare delle Indie e dell’ Ame- rica ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Oli ). Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi, in Piemonte. In tutti gl’individui fossili che ho veduto la valva supe- riore è coperta di piccole scaglie imbricate, mentre infe- riore è più liscia e guarnita di sfoglie circolari crespe , ma assai più corte di quelle della precedente. (519) 3. CHAMA sinistrorsa. Bruguiere. Martin, tab. 116, fig. 992 ; 993. Walch, Monum., tab. D.III, fig. 4 ( fossilis ). Abita nel mare delle Indie ( Brug. ). Fossile nel Piacentino, nel Sanese, nel Volterrano, a Parlascio in Toscana, a So- gliano presso Cesena, e in Valle di Andona nel Piemonte. Comunissima in tutti gl’indicati paesi è questa conchiglia che di rado si vede nelle raccolte in istato marino. Chemnitz e Gmelin la risguardarono come una varietà della gryphoides; ma oltre che la sua superficie è coperta di squame assai meno elevate che hanno piuttosto la sembianza di rugosità trasver- sali, costantemente si osserva che il cardine nella valva in- feriore è situato alla sinistra, mentre nella gryphoides, come altresì nella /azzarus, ha una direzione opposta. Nel museo del Consiglio delle Miniere avvi un individuo proveniente dal Piacentino, in cui si vede un grosso ciottolo calcario internato in parte nella sostanza del guscio, essendo stile di questa conchiglia, come è stato notato da Bruguiere, di fissarsi su qualche corpo solido. 4. Cama cor. L. Bonann., Recr. 2, fig. 88. — Mus. Kircher., fig. 92. Gualt., tab. 71, fig. E. Ginann. II, tab. 19, fig. 129. Planc., De conch., tab. 10, fig. A. Poli, Testac. II, tab. 23, fis. 1. Imperato , Mus., pag. 581 ( fossilis ). Scilla, Vana speculaz., tab. 16, fig. A ( fossilis). Moscardo, Mus., pag. 183, fig. 1 ( fossilis ). (9520) Aldovr., Mus. metall., pag. 480 ( fossilis ). Abita nell'Adriatico e nel mar Caspio ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, nel Sanese, nella Calabria e in var) altri luoghi d’ Italia. Fra i numerosi esemplari fossili di questa bivalve che ho avuto tra mano, ho riconosciuto due varietà. L'una ha una forma più rotondata, e gli apici più grossi e più lontani 1’ uno dall’ altro, e questa è rappresentata dal Gualtieri, dal Bonanni ( che ne copiò la figura da Lister ), dall’ Imperato , in somma da tutti i sopra citati autori tranne lo Scilla. L’ altra varietà è più bislunga e più obbliqua in grazia di un prolungamento che offre il lato anteriore nella sua parte superiore ( consi- derando la conchiglia col cardine rivolto a basso ), ma è so- pra tutto distinguibile per avere gli apici più piccoli, più ravvicinati e meno convessi, quando anche fosse più volu- minosa dell’ altra. La figura dello Scilla si riferisce a questa varietà, e Knorr è il solo fra tutti i conchiologisti che 1’ abbia rappresentata in istato marino, Vergn., tom. VI, tav. 8, fig. 1. 5. Cama intermedia: nob. ( tav. XII, fig. 15 ). Testa subcordata, antice elongata, costis longitudinalibus te- retibus, subnodosis, interdum squamulatis , ano cordiformi pro- funde impresso. Fossile in Valle di Andona e nel Piacentino. Esistono nei mari due came considerate nel Systema Nature come appartenenti alla medesima specie, e individuate l’ una e l’altra col nome di chama antiquata. L’una di esse, che non è rara nell'Adriatico e nel Mediterraneo ed è rappresentata dal Bonanni, Recr. 2, fig. 98, e dal Gualtieri, tav. 71, fig. L, è di forma rotondata ed ha un colore giallo bruno picchiettato (521 ) a macchiette biancastre. L'altra è più allungata nel lato an- teriore e più obbliqua; esternamente è bianca o bruno-rossiccia con macchie fulve o giallastre, ed internamente ha una leggiera tinta carnicina. Se ne ha un ottimo disegno in Knorr, tom. IT, tav. 20, fig. 3, ed in Valentyns, tav. 16, fig. 30, ed è stata pure delineata da Adanson, benchè comparisca in quella figura più rotondata dell’ ordinario. Ma in queste due came, che non sono tampoto risguardate da Gmelin come varietà distinte, credette Bruguiere di rico- noscere caratteri tali per essere autorizzato a farne due specie particolari. La prima è da lui chiamata cardita sulcata , e la seconda è la sua cardita ajar. La cama fossile di cui intendo ora di parlare, ha dell’ ana- logia con ambedue, ma è differente dall’ una e dall’ altra. Essa ha la forma obbliqua ed allungata dell’ ajar, ma le coste in questa sono quadrangolari, mentre nella nostra compariscono rotondate come nella sulcata: la lunula nell’ ajar è pochis- simo apparente , ed in quella che descriviamo è distintissima , profondamente impressa, e configurata a foggia di un cnore, quale si vede rappresentato nelle carte da giuoco; laonde si avvicina per questo stesso carattere alla sulcaza. A fronte di queste rassomiglianze ciò che mi determina a crederla di- versa sono le differenze che io ravviso nella struttura del cardine. Così nella chama sulcata come nella chama ajar esso è corredato nella valva sinistra di due denti, l'uno di figura presso che triangolare collocato sotto la lunula, 1’ altro bislungo e simile ad una lamella, il quale è paralello al legamento, ed ambi sono ricevuti in due distinte cavità della valva opposta che non ha dal canto suo che il solo dente lamellifor me. Nella 66 (522 ) chama intermedia , all’incontro, la valva sinistra è armata di due denti conici e acuti sotto la lunula, e di un altro allungato ed obbliquo paralello al legamento, ai quali se ne aggiunge un terzo assai piccolo collocato rimpetto all’ estremità superiore del corsaletto ( vulva ). Tutti si articolano in altrettante fossette della valva destra, la quale conta due denti, l'uno grosso ed obbliquo , e 1° altro poco prominente, laterale ad una delle due fossoline sottoposte alla lunula. Siccome queste differenze dipendono da una particolare or- ganizzazione dell’animale abitatore della conchiglia, non v'ha dubbio che non debbano essere risguardate come specifiche. Debbo per altro avvertire che fra parecchi esemplari marini della chama sulcata che furono da me esaminati, uno ne rin- venni nella collezione del signor Villani in cui sì riconosceva nella valva sinistra il rudimento di un secondo dente accanto a quello triangolare che è sotto alla lunula, ma molto più piccolo che nella chama intermedia. Questa conchiglia è comunissima nella Valle di Abndona, dove ne ho rinvenuto individui dell’ altezza di due linee fino a quella di quasi un pollice e mezzo. Essa ha una forma tu- mida, rotondata posteriormente, compressa nel lato anteriore e trasversalmente bislunga. Ciascheduna valva porta da dician- nove a venti coste convesse di cui le anteriori sono più sot- tili e più spesse, come pure si scorge nelle due suddette specie marine, ed intagliate da crenellature trasversali, che ora hanno l’ aspetto di nodi ed ora si allungano alla foggia di squamette fornicate. Gli apici sono gonf) ed adunchi, sen- sibilmente inclinati all’ indietro, ed appoggiati l'uno contro l’altro. AI di sotto di essi si vede, come ho detto, una lunula (523) in forma di cuore profondamente scavata, e dal lato opposto una fessura lanceolata che riceve il legamento, e che è chiusa internamente dai denti lamelliformi del cardine. La superficie interna è liscia negl’ individui giovani, leggermente solcata negli adulti, ed il margine è circondato da profonde crenel- lature orlate all’intorno da una frangia più sottile, come è nella chama sulcata ed ajar. 6. Cuama rhomboidea: nob. (tav. XII, fig. 16). Testa cordata, lateris antici margine carinato , sulcis longitu- dinalibus viginti obsoletis, ano impresso, glabro. Fossile nel Piacentino. Questa conchiglia ha tanta conformità con la precedente che ho lungo tempo esitato se dovessi crederla una specie diversa; ma nella chama intermedia il lato anteriore è schiac- ciato, mentre forma in questa una specie di carena il cui margine è superiormente troncato. Le valve sono assal meno tumide ; e benchè portino lo stesso numero di coste, queste sono depresse, separaté da uno stretto solco e quasi lisce, tranne che si scorgono alcuni piccioli e rari tubercoletti verso il lato posteriore; così pure la lunula è più picciola e meno profondamente scavata benchè visibilissima. Nella struttura del cardine questa cama si uniforma maggiormente all’ antiquata di Linneo, o, vogliam dire, alla sulcaza di Bruguiere, avendo sotto alla lunula, oltre ad un dente rilevato ed ottuso, il pri- mordio di un altro più piccolo a cui corrisponde nella valva opposta una fossolina destinata a riceverlo. L'individuo che ho presente è lungo tredici linee e largo un pollice. La Venericardia planicosta descritta e figurata da Lamark ( Annal. du Mus., tom. VII, pag. 56; tom. IX, tav. 29, fig. 10) (924 ) ha moltissima rassomiglianza con questa bivalve, ma per quanto apparisce dalla figura e ‘dalla descrizione di questo naturalista le coste nella conchiglia così da lui chiamata sono piatte, mentre nella nostra, quantunque depresse, hanno non- dimeno qualche convessità; gli apici inoltre sono più promi- nenti, e Lamark non indica che apparisca sotto di essi una lunula distinta. La venericardia planicosta trovasi, a detta sua, in Piemonte e nella Toscana, ma essa mi è sconosciuta. 7. CHAMA imbricata? Venericardia imbricata? Lamark. Lamark, Ann. du Mus., vol. IX, tab 22, fig. 1? Fossile a Vincio, alla Rocchetta ed in Valle di Andona nel Piemonte. Nell’ opera di Martini v'ha Ja figura di una bivalve fos- sile molto analoga alla nostra, tav. 30, fig. 314, 319, ma Chemnitz la qualificò per una venere, venus imbricata , perchè ha nel cardine tre denti divergenti come le conchiglie di questo genere. In quella di cui parliamo non se ne ravvisano che due soli; l’uno grosso e conico, l’altro bislungo , obbli- quo e paralello al legamento, come è nella chama antiquata. L’ esemplare che ho sott'occhio è lungo un pollice e tre linee dalla punta dell’ apice al margine, e largo soltanto una linea meno. Esso ha da 23 a 24 coste di cui quelle del lato ante- riore compariscono più spesse e più sottili, e tutte sono leg- germente intagliate a crenellature nodose dipendenti dall’in- tersecamento delle rugosità trasversali. Io riferisco questa conchiglia alla venerzcardia imbricata de- scritta e figurata da Lamark, e che abbonda in istato fossile a Grignon in Francia; ma sono dubbioso se veramente sia quella identica, benchè abbia con essa moltissima analogia. (525 ) Questo naturalista dice che è coperta di squame concave ed imbricate, che mancano negl’ individui da me trovati, e che potrebbero essere prodotte dall’ allungamento delle crenella- ture, come frequentemente si scorge nella chama intermedia. Essi hanno inoltre gli apici più conici e più prominenti che non è in quello figurato da Lamark, e presentano una forma alquanto più obbliqua. 6. CHama calyculata. L. Gualt. , tab. 90, fig. F. Poli, Testac. II, tab. 23, fig. 7. Abita nel mare atlantico, americano, indiano, nel Mediter- raneo ( Zin. ) e nell’ Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacen- tino e a Monterigioni nel Sanese. Linneo aveva detto che la chama calyculata trovasi nel Mediterraneo, il che è confermato da Bruguiere, nè so per- chè Gmelin abbia voluto tacerlo. Essa era nota a questi due ultimi autori in istato fossile, e Bruguiere riferisce di averne ricevuto un esemplare dalla Turrena. A Monterigioni ne ho raccolto uno conservatissimo della lunghezza di quasi un pol- lice e tre quarti. g. CHama coralliophaga. L. Mytilus dentatus. Ren. ( tav. XII, fig. 10). Chemn., tab. 172, fig. 1673, 1674. Abita nel mare delle Indie ( Chemnitz ), e nell’ Adriatico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino. Non sapendo indurmi da prima ad unire alle came questa conchiglia che presenta caratteri diversi da quelli che distin- guono quest ordine di bivalvi, credetti allora di separarla dalle altre figurate nella tavola XII. Ma considerando ora che (926 ) non debbo occuparmi intorno alla riforma dei generi, e che il principale mio scopo è di fare conoscere le specie, stimo meglio di lasciarla nel posto in cui è collocata nel Systema Nature, che io ho preso per guida nel mio lavoro. Chemnitz è il primo che abbia parlato di questo testaceo litofago che incontrò nell’interno di una massa poliparica pro- veniente dalle Indie orientali. Il professore Renieri, come ho raccolto dalla bocca di lui, lo ritrovò poi in un pezzo di roccia calcaria che le reti dei pescatori svelsero dal fondo dell’ Adriatico nella situazione detta le Zegnue, quasi rimpetto alle foci del Po e alla metà circa del golfo. Esso fu da que- sto naturalista qualificato per una nuova specie di mitulo, cui appose l’ epiteto di denzazus; ma Chemnitz e Gmelin l’ avevano già classificato fra le came. Tuttavia scorgendo Chemnitz che esso ha nella forma non poca analogia coi mituli ( segnata- mente col mytilus lithophagus ), lo riguardò come intermedio a questi ed alle came medesime. Il carattere pel quale si è determinato Chemmnitz a regi- strarlo in quel genere è la struttura del cardine; ma egli si è astenuto dal descriverla, e si contentò solo di dire che è simile a quella della chama calyeulata di Linneo e della cha- ma phrenitica di Born ( reniformis di Gmelin ). La differenza nulladimeno è molto notabile, imperocchè luna e l'altra di queste came hanno un grosso dente longitudinale paralello al legamento, e della lunghezza a un di presso del corsaletto, ed un altro di forma conica situato sotto la lunula, i quali sono ricevuti in corrispondenti cavità della valva opposta. Nella conchiglia di cui parliamo si osservano, all'incontro, nella valva destra due denti corti, compressi ed obbliqui che hanno Il uno (527 ) e l’altro la stessa forma, la stessa grandezza e la medesima direzione, come ho avuto cura di rappresentarli nella figura. La valva sinistra poi è munita di un dente assai rilevato e conforme affatto ai due primi, il quale si articola non già in una particolare fossetta, ma nell’intervallo, che rimane fra questi, oltre ad un altro sottilissimo ed appena apparente. Così fatte differenze sono a mio avviso bastanti per distac- care questa specie dal genere Chama; chè se Bruguiere cre- dette di situarla in quello di cardita, fabbricato a spese del genere linneano, questo naturalista, la cui autorità in tutti gli altri incontri è per me di grandissimo peso, non n° ebbe tra le mani verun esemplare, e si riportò alla semplice de- scrizione di Chemnitz. Cercando un posto a questa conchiglia nel sistema di La- mark, mi sembra che potrebb’ essere inclusa nel genere Pe- tricola, a cui egli associò la venus lthophaga di Retz; ma questa debb' essere esclusa, come dimostrò Fleuriau di Bel- levue ( Journ. de Phys., tom. 54, pag. 345 ) che ne fece una specie del suo genere Rupellaria. La chama lithophaga, o con qualunque altro nome più piaccia di chiamarla, non è rara nel Piacentino dove si trova nelle cellule di una pietra marnosa bigia. Alcuni individui hanno la lunghezza di due pollici. Idem. Var., testa ovata subconica ( tav. XIII, fig. 11 ). Fossile nel Piacentino. La varietà precedente, che debbesi considerare come tipo di specie, ha una forma allungata come il mytilus lithophagus, ed è egualmente larga a un di presso in ambe le estremità. Ma quella di cui ora si parla è assai più corta relativamente (528 ) alla sua grossezza, di modo che presenta una figura ovale ed ha maggiore larghezza nell’ estremità posteriore , intendo di dire verso il cardine. Benchè ne abbia trovato parecchi in- dividui, non saprei assicurare se sia una varietà costante © piuttosto una modificazione accidentale, il che difficilmente si può decidere, trattandosi di testacei litofagi che rimanendo imprigionati nelle cavità de’ sassi, molte circostanze possono concorrere ad alterare la forma originaria del loro guscio e ad impedirne il compiuto sviluppo. Faujas dice di avere incontrato fossile questa conchiglia entro alcuni massi calcarei della comune di Cliou nel cantone di Loriol, e ne ha presentato la figura negli Annali del Museo ( tom. XI, pag. 384 ); ma il cardine poco corrisponde a quello della nostra, per quanto si può giudicarne da quel disegno. Egli osservò ch’ essa conteneva un’altra bivalve di un genere particolare cui ha dato il nome di CHotos. Osservazioni. Fra le came fossili descritte e di cui sono cogniti gli originali marini, non v'ha che la chama sinistrorsa e lazzarus che appartengano a marì stranieri, quando tutte le altre, la chama cor, vale a dire, la calyculata e la gryphoides sono ovvie nell’ Adriatico e nel Mediterraneo. Ma la scoperta inaspettata fatta dal Renieri del- TY esistenza ne’ nostri mari della chama coralliophaga , creduta fino ad ora indigena dell’ Oceano indiano, può servire di norma onde argo- mentare che, moltiplicando le indagini, sarebbe probabile che s’ in- contrassero nell’ Adriatico i protipi di altre conchiglie fossili che si giudicano esclusivamente esotiche. Io ho ragguaghiato al genere Verericardia di Lamark, la chama in- termedia, perchè tanto nell’ Rabitus quanto nei caratteri del cardine essa ha tutta la conformità con altre bivalvi classificate da questo naturalista sotto il genere stesso. Che se quella cama molto somi- glia all’antiguata di Linneo, registrata da Bruguiere fra le cardite, (529 ) io mi do a credere che nel sistema di Lamark avrebbe luogo questa medesima fra le venericardie. Le specie fossili de’ contorni di Parigi appartenenti alle came, come le altre eziandio del genere precedente Tellina , sono differenti da quelle che si rinvengono fra noi, non essendovi che la sola chama imbricata che sia promiscua all’ uno e all’altro paese, quando però fosse vero, di che ne dubito, che la conchiglia così da me chiamata sia identica alla perericardia imbricata di Lamark. VII. MIA. I. Myra elongata: nob. ( tav. XII, fig. 14). Testa oblonga, rugosa, apice truncato , compresso , cardine prope alteram extremitatem posito, valvis hiantibus. Fossile nel Piacentino. Questa conchiglia ha molta analogia con una bivalve che esiste nell’ Adriatico , litofaga anch’ essa ( come presumo che sia questa fossile che fa da me trovata nel foro di un sasso calcario ), di forma bislunga anteriormente troncata e cogli apici situati presso l’estremità posteriore delle valve, le quali sono, come in questa, divaricate nella anteriore ( hiantes ). Le differenze ch’ essa presenta, in confronto della nostra, sono di avere la superficie esterna coperta di rughe lamellari, gros- solane e imbricate, una depressione a foggia di largo solco che va dagli apici al margine in direzione obbliqua, ed il margine stesso sinuoso e scavato verso il mezzo da un seno. To non dubito che la conchiglia marina non sia quella stes- sa figurata dal Ginanni nel vol. II, tav. 23 , fig. 162, e mi sembra di poterla altresì riferire all’ altra delineata da Lister , Anim. Angl., tab. 4, fig. 21, ch'egli rinvenne racchiusa in un 67 ( 530 ) sasso cretaceo sulla riva del mare presso Hartlepool. L’Olivi e il Renieri hanno creduto che fosse la donax irus di Linneo, con cui non può essere in verun modo paragonata, come evi- dentemente lo dimostra, oltre agli altri caratteri, la struttura del cardine, definita da,Linneo stesso con questa frase che inopportunamente è stata ommessa da Gmelin: Cardo utrinque dentibus duobus minimis, altero bifido (+). La bivalve di cui parla non ha, al contrario, che un solo denticolo nella valva sinistra situato sotto gli apici, il quale s'inserisce in una fossetta della valva opposta, e il primordio di un altro picciolo dente si os- serva a molta distanza dal primo sulla lamina longitudinale che serve di attacco al legamento; ma così l’ uno come l° altro di questi denti sono quasi del tutto obliterati negl’ individui che hanno più di un pollice di larghezza. Io credo che questa bivalve possa essere ragguagliata al mytilus rugosus che Fabricio collocò fra le mie, ed il Poli nel genere Donax sotto il nome di donax rhomboides. Essa combina con la descrizione di Linneo il quale cita, benchè dubitativamente , l’ indicata figura di Lister, e ne aggiunge un’ altra del Gualtieri, tav. 7, fig. D, che fu esclusa da Gmelin e riferita al mytilus argenteus; ma dubito che il mytilus ru gosus di quest ultimo autore non sia quello stesso così chia- mato da Linneo. (*) I denti, per vero dire, sono tre nella valva sinistra della donax îrus; ma ne ho qualche individuo in cui uno è così piccolo che appena sì di- stingue, e forse Linneo avrà avuto sott’ occhio taluno di questi. La vera donax irus esiste anch” essa nell'Adriatico, ed è quella conchiglia denominata dal Renieri Venus Bottari, e presa dall’ Olivi per la genus can- cellata. (531) A questa adunque somiglia moltissimo la nostra conchiglia fossile, ma non so tuttavia risolvermi di crederla identica, attese le differenze superiormente notate. Nessun dente si raV- visa nel cardine, eccetto che una leggiera prominenza a cui corrisponde una eguale cavità nella valva opposta; ma deggio avvertire che il guscio è alquanto detrito in questa situazione. Lunghezza lin. 5, larghezza lin. 13. 2. Mya conglobata: nob.( tav. XII, fig. 12 ). Testa ovata, convexa, transversim rugosa, cardinis dente so- litario, longitudinali, compresso , valvis hiantibus. Fossile nel Piacentino. Ho trovato questa conchiglia nella cellula di una pietra marnosa traforata dalle foladi, ma non mi arrischio perciò di decidere che sia litofaga potendo esservisi introdotta acci- dentalmente. Essa è notabile per la forma molto convessa delle sue valve che sono divaricate ( hianzes ) nella parte an- teriore e trasversalmente segnate da rughe grossolane. Il loro margine presenta una sinuosità precisamente nel luogo dove cessano di combaciarsi, ed il cardine che le unisce è costi- tuito da un solo dente bislungo e compresso, il quale, piut- tosto che articolarsi con quello della valva opposta, sembra che sia destinato a servire di punto di attacco al legamento, la cui situazione, per quanto apparisce , doveva essere interna. 3. Mya glabrata: nob. ( tav. XII, fig. 13 ). Testa ovato-transversa, glaberrima, utraque extremitate rotun- data, margine coarctato , cardinis dente unico, brevi, compresso. Fossile nel Piacentino. Ha una forma più rotondata della precedente in quanto che l'estremità anteriore è molto ottusa e quasi troncata, ed (532 ) il margine è così compresso che quando le due valve sono unite, non forma punto uno spigolo tagliente. La superficie è liscia, eccetto alcune rughe trasversali che sono specialmente visibili intorno al margine, dove hanno una struttura lamellare. Il cardine è situato molto dappresso all’ estremità posteriore, ed ha un piccolo dente piatto; ma così ottuso nella valva sì- nistra che sembra che non abbia verun rilievo. Lunghezza lin. 9, larghezza poll. 1. 4. MyA panopaa — Panopea Faujas. Menard. Annal. du Mus., vol. IX, pag. 131, tab. 12. Fossile a Fango nero presso Siena, a Montajone nel Pisano, a San Miniato, nelle colline del Reggiano e del Piacentino, ed in Valle di Andona presso Asti. Questa bella bivalve doveva essere oltremodo comune ne- gli antichi mari che innondavano Italia, trovandosene in parecchi luoghi quantità d° individui. Jo I ho incontrata in tutti gl’ indicati paesi, ed esemplari conservatissimi ne ho spe- cialmente raccolto a Fango nero in vicinanza di Siena ed a San Miniato presso il convento de’ cappuccini. Essa mi si è pre- sentata altresì nell’ Italia superiore presso il Borgo di Valsu- gana in un’ eminenza marnosa detta le Spesse, dove si rin- vengono altre conchiglie calcinate e pezzi di leguo bituminoso. Il signor Faujas avendone recato in Francia alcuni esem- plari che ricevette dal consigliere Cortesi di Piacenza, fornì occasione al signor Menard de la Groye d’ illustrare questa conchiglia con una particolare Memoria che fu inserita negli Annali del Museo nazionale. Questo naturalista è di avviso ch’ essa debba occupare un posto intermedio fra le mie ed i soleni ( come Born aveva prima opinato rispetto alla my@ ( 533 ) glycimeris che ha moltissima affinità con la nostra ), e creò il nuovo genere Panopea, in cui incluse la mya glycimeris sotto il nome di Panopea Aldovrandi, distinguendo quella che descriviamo con l'epiteto di Panopea Faujas. È forza con- venire per altro che queste due conchiglie che si assomigliano nella forma, differiscono non poco nella struttura del cardine; imperocchè la Panopea Faujas ha nell’ una e nell’ altra valva un lungo dente conico leggermente arcuato, mentre l’altra è guarnita di due denti, uno picciolo situato sotto l’ apice, ed un altro grosso e compresso, della lunghezza all’incirca del legamento , il quale entra in una cavità della valva opposta. Ma il signor Menard non potè esaminare cogli occhi proprj la mya glycimeris così rara a Parigi che non esiste nè nel Museo di Storia naturale, nè nelle raccolte de’ privati. Io ne ho ve- duto parecchi esemplari nei gabinetti de’ diversi paesi del- l’Italia: uno di mediocre grandezza lungo due pollici dal cardine al margine e largo tre e mezzo conservasi a Firenze nel Museo Imperiale, ed una valva isolata grandissima è pos- seduta dal professore Targioni. A Napoli presso il signor Pe- tagna me ne fu mostrato un individuo perfetto della lunghezza di quattro pollici e mezzo e largo quasi sette, ed un altro parimente voluminoso sta nel gabinetto del Liceo di Ravenna. Se la panopea Faujas fosse stata conosciuta da Linneo, è probabile che in riflesso del lungo dente del cardine e. del- l'apertura che presenta in ambe le estremità, l’ avrebbe a dirittura classificata fra i soleni. 5. Myra rustica: nob. ( tav. XII, fig. 11). Testa ovata transversa , valvis corrugatis anterius obsolete ca- rinatis , utroque fine hiantibus, cardinis dente solitario , acuto. (934) Fossile nel Piacentino. Il cardine di questa conchiglia è molto conforme a quello della mya panopea, vale a dire, è armato nell’ una e nell’ altra valva di un solo dente acuto, ma essa ne differisce in tutto il rimanente. Di fatto il cardine stesso è in questa situato molto dappresso all’ estremità posteriore; le valve sono per traverso segnate da rughe grossolane ed irregolari, ed hanno nel lato anteriore un indizio, quantunque oscurissimo, di ca- rena. Essa è inoltre di piccolo volume, poichè non conta più di sei linee di lunghezza ed ha un pollice di larghezza. Jo la riferirei volentieri a quella figurata da Lister nella tav. 426, fig. 267, se questo autore non parlasse di un seno o di una costa muricata che non apparisce punto nella nostra. Gmelin attribuisce con dubbio quella figura al solen minutus. Osservazioni. Confesso di essere molto incerto se queste conchi- glie possano a buon dritto appartenere tutte al genere Mya, dove, a dirla francamente, le ho collocate per disimpegno, non sapendo come meglio classificarle. Linneo medesimo vi riferì già parecchie specie, 1 cui caratteri mal corrispondono a quelli che sono stati da lui stabiliti come proprj di questo genere. Le mie, secondo la sua definizione, debbono avere il guscio divaricato in una estremità ed il cardine munito di un grosso e solido dente il quale non va punto ad inserirsi nella valva opposta ; ma la mya pictorum ha i due mar- gini che si combaciano in tutti i loro punti, ed è fornita di molti denti; ed il cardine nella mya glycimeris ha una cavità in cui si articola appunto il dente dell’ altra valva. Discrepanze ancora più notabili si riscontrano in molte di quelle specie aggiunte da Gmelin a questo genere istesso. Maggiori difficoltà ho incontrato nel tentare di ridurre le con- chiglie sopra descritte ai generi di Lamark, laonde sono stato co- stretto di prescindere affatto dalla solita concordanza. (535) VIII MATTRA. Num. 1, 2, 3 genere Mactra di Lamark; 4, 5 Lutraria. I. Macrra triangula. Renieri ( tav. XIII, fig. 7 ). Testa inflata trigona, transversim sulcata , latere antico et postico obtuse carinatis, dentibus lateralibus perpendiculariter striatis. Abita nell’ Adriatico ( £en. ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. Il principale carattere di questa conchiglia consiste nell’avere 1 denti laterali perpendicolarmente rigati da sottili strie. Nella forma triangolare e nelle solcature trasversali che si osservano sulla superficie delle valve, si approssima alla mactra striata di Gmelin; ma questa, secondo la descrizione di Chemnitz, manca nella parte anteriore di carena, la quale è evidente nella nostra, benchè più ottusa di quella del lato opposto. I piccioli individui del diametro trasversale di quattro linee compariscono quasi affatto lisci, a differenza de’ più adulti che sono, come si è detto, trasversalmente solcati. o. Macrra stultorum. L. Gualt., tab. 71, fig. C. Abita nel Mediterraneo , ecc. (Lin. ), e nell'Adriatico ( Olivi). Fossile in Valle di Andona. Benchè sia comunissima ne’ mari che attualmente bagnano le coste dell’Italia, non ne ho rinvenuto in tutte le mie scorse che una sola valva isolata in Valle di Andona. 3. Macrra hyalna: nob. (tav. XHII, fig. 8). e nr (536 ) Testa subtrigona , pellucida, fragilis , vulva bicarinata , latere postico nulla carina distincto. Fossile in Valle di Andona. Non è la pellucida nè la fragilis di Gmelin, benchè sia sottile e trasparente come esse, e benchè questa ultima abbia due piegature nel lato anteriore come la nostra; ma la pel- lucida è trasversalmente striata, e l’altra ha una forma com- pressa; mentre le valve sono lisce e tumide in quella che descriviamo. Essa è distinguibile eziandio perchè non mostra indizio di carena nel lato anteriore. Lunghezza lin. 6, lar- ghezza lin. 10. 4. Macrra oblonga — Mya oblonga. L. Gualt., tab. 90, fig: A, 2. La patria è ignota ( Lin. ). Abita nel mare delle Indie ( Rumfio ). Fossile nel Piacentino, a Sogliano presso Cesena, alla Rocchetta nell’Astigiano e nelle Crete Sanesi. Gl'individui fossili esattamente corrispondono alla figura del Gualtieri, che Gmelin riferì con dubbio alla my« lutraria, e che da Chemnitz, per inavvertenza, fu promiscuamente attribuita ad essa ed alla mya oblorga; ma non v'ha dubbio che spetta a quest’ ultima, come è stato ottimamente deciso da Megerle e da Lamark. Questi due ultimi autori hanno riunito luna e l'altra delle dette specie nello stesso genere, ed io mi uniformo al loro esempio, discostandomi dalla classificazione di Gmelin che, seguendo l’ autorità di Chemnitz, credette di riporre fra le mie quella di cui parliamo. 5. Macrra lutraria. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 19. Scilla, Vana speculaz., tab. 18, fig. 1 ( fossilis ). (937 ) Abita nell’ Oceano europeo all’ imboccatura dei fiumi ( Lin. ), e nel Mediterraneo ( Chemnitz ). Fossile nella Calabria. Schròter e Martini opinarono a torto che questa conchiglia sia identica alla my arenaria di Linneo, a cui bensì molto so- miglia. Essa differisce dalla oblonga in quanto che il cardine in quest’ultima è situato molto più dappresso al punto di mezzo del margine delle valve, quando nell’ altra è vicinissimo al- l’ estremità posteriore; quindi è che la figura del Museo Am- boinico di Rumfio, tav. 45, fig. N ( nel Systema Nature per errore sta scritto J), citata da Gmelin sotto questa specie, debbe appartenere alla precedente. Osservazioni. Nell’Adriatico e nel Mediterraneo non sono state rinvenute finora nè la mactra oblonga nè la lutraria. Fra le altre specie di questo genere raccolte dal Renieri nell'Adriatico stesso, e sono la mactra stultorum, triangula , solida e corallina , solamente le due prime si conoscono fossili in Italia: non so ch’ esista l’ ultima , benchè comu- nissima, nelle acque di quel golfo, ed è strano che il Poli non l’abbia incontrata ne’ mari delle Due Sicilie, dove scoprì in cambio tre spe- cie non conosciute, la mactra cornea, lactea e neapolitana. Nessuna lutraria registra Lamark fra le conchiglie fossili de’ contorni di Parigi, e trovò colà una sola mattra di cui manca l’ analogo. IX. DONACE. Le seguenti due specie appartengono al genere Donax di Lamark. 1. Dowax trunculus. L. Bonann., Recr. 2, fig. 47. — Mus. Kircher. 2, fig. 48. Gualt., tab. 88, fig. O. (538 ) Poli, Testac. II, tab. 29, fig. 12. Abita nei mari europei, ecc. ( Lin. ). Fossile in Valle di Andona. Non ne ho incontrato che piccoli individui del diametro trasversale di sette linee. 2. DonAx sulcata: nob. ( tav. XIII, fig. 9). Testa inflata, cuneiformis , transversim sulcis elevatis exa- rata, medio compressiuscula. Fossile alla Rocchetta presso Asti. L’ esemplare che ho rinvenuto, benchè mantenga intatto il suo guscio, è convertito in sostanza pietrosa , e le valve sono strettamente aderenti ad un nucleo interno della stessa ma- teria. Questa donace è rigata per traverso da un gran numero di strie prominenti e flessuose, e troncata nel lato anteriore come tutte le altre specie congeneri: essa ha una forma tu- mida, un poco compressa nel mezzo, ma la sua maggiore elevazione è verso il lato posteriore, a differenza di quanto si scorge nella donax trunculus. Lunghezza lin. 6, larghezza lin. 9. X. VENERE. Num. 1—9 genere Venus di Lamark; 10 — 16 Cytherea; 17 — 21 Lucina; 22 Cyclas; 23 Capsa ; 24, 25 genere Rupelluria di Fleuriau ; 26: RARE I. VeNUS rotundata. L. Martin., tab. 42, fig. 441. Abita nell’ Oceano indiano ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. AA (539) È una leggerissima varietà della venus rotundata ordinaria, la quale in altro non differisce se non che nell’avere il mar- gine alquanto meno compresso nella regione della lunula. I denti del cardine sono tre in ciascheduna valva, de’ quali il posteriore e quello di mezzo sono bifidi nella sinistra, come si osserva negl’ individui marini. Questa conchiglia , se- condo il Renieri, esiste nell’ Adriatico ed è stata scambiata dall’ Olivi con la venus erycina, ma dubito che la bivalve di questi naturalisti non sia riferibile nè all’una nè all’ altra. 2. Venus senilis: nob. — Venus casina. Renieri ( tav. XIII, fig. 13 ). Testa subcordata, rugis transversis sublamellaribus, obtusis , ano cordato , impresso, margine crenulato. Aldovr., Mus. metall., pag. 145, tab. 3 ( fossilis ). Abita nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile. nel Piacentino , nelle Crete Sanesi e in Valle di Andona. L’ originale di questa conchiglia alberga nell’ Adriatico ed è stato dubbiosamente qualificato dal Renieri per la cenus casina di Linneo. Tale forse potrebbe essere, ma chi saprebbe con sicurezza determinare quale realmente sia la bivalve in- dicata sotto quel nome dal naturalista svedese che si appagò di descriverla con una frase molto laconica e che non cita veruna figura? Chemnitz ha creduto di riconoscerla in una venere disegnata da Martini nella tav. 39; fig. 3o1 e 302, e di cui ho veduto un bell’esemplare nel museo del signor Villani. Ma questa conchiglia di colore bianco sudicio, di for- ma presso che orbiculare, trasversalmente corredatà di cin- goli molto prominenti ed il cui guscio ha un insigne gros- sezza, è differente affatto dalla nostra. Differente altresì debbe Per ( 540) essere quella che è indicata da Gmelin con lo stesso nome, co- me lo dà a conoscere la figura di Lister da esso lui citata e la sua descrizione medesima. Secondo Gmelin la venus casina è screziata a macchie ed a strisce brune su di un fondo bianco, ha il corsaletto fosco e gli apici di colore rossigno; ma tutti gl’individui della nostra venere tratti dall’ Adriatico e da me esaminati, e quelli che ho veduto presso il professore Renieri, mostravano una tinta gialliccia uniforme, traente al bruno. Non verificandosi adunque che questa conchiglia sia la pe- nus casina di Chemnitz, nè quella così chiamata da Gmelin, ed essendo malagevole di decidere se corrisponda alla specie linneana, ho creduto più conducente di distinguerla con un nome diverso. Io ci scorgo bensì moltissima analogia con la venus gallina, e tanto ella è grande che non sono per anche convinto che non possa essere una varietà di questa. Le dif- ferenze ch’ essa presenta sono di avere costantemente una forma meno obbliqua e più rotondata, e le rughe trasversali più prominenti: quantunque queste non sieno acute e afhilate, affettano nulladimeno una struttura lamellare che più distin- tamente apparisce ne’ giovani individui, dove si veggono tal- volta piegate ad angolo ottuso verso la regione del pube, e così in questi come negli adulti sono coricate in isbieco, in guisa tale che il margine di esse è rivolto verso gli apici. Nella venus gallina all'incontro sono più sottili ed affatto convesse. I maggiori individui fossili da me trovati hanno un pollice e un quarto di lunghezza e sono larghi un pollice e mezzo, ma sembra che ne’ mari attuali non attingano a tanto volume, poichè i più grandi che ho veduto avevano soltanto otto linee di diametro trasversale. (541) 3. Venus dysera. L. — Venus BARA Ren. Gualt., tav. 88, fig. B. Bonann., Recr. 2, fig. 75. Abita nell'Oceano americano e indiano ( Lin. ), e nell’ Adria- tico ( Renieri ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. Linneo aveva detto che dopo di avere esaminato parecchi esemplari della venus paphia e dysera, appena ha potuto ac- corgersi che vi sieno limiti distinti fra 1’ una e l'altra specie ( Syst. Nat., edit. XII, pag. 1129 ). Ma se la prima di queste conchiglie, secondo la sua definizione medesima, ha le rughe assottigliate nel lato anteriore, è questo un carattere differen- ziale abbastanza cospicuo. La venus paphia è ottimamente rappresentata da Rumfio e dal Gualtieri nelle tavole citate da Linneo, ma a torto vi aggiunse egli la fig. 75 del Bonanni che appartiene certo alla venus dysera, come ad essa compete altresì quella di Knorr, tom. II, fig. 6, tav. 5, e l’altra di Argenville, tav. 21, fig. B, attribuite da Chemnitz e da Gmelin alla paphia. GI’ individui fossili di questa conchiglia esattamente si rag- guagliano a quelli dell’ Adriatico, qualificati dal professore Renieri, benchè dubitativamente, per la venus paphia. In quel- li che hanno un pollice di larghezza annovero tredici rughe distanti e ricurve di cui quelle situate negli apici sono più acute e più lamellari. Nei piccoli, larghi cinque linee, queste rughe sono soltanto sei o sette, e finiscono con una punta acuta nel lato anteriore il quale comparisce più troncato che negli adulti, come si vede nelle suuiiferite figure di Knorr e di Argenville. 4. Venus aphrodite: nob. ( tav. XIV, fig. 2). etico (942 ) Testa subcordata, obliqua, costis transversis remotissimis, in- crassatis , longitudinaliter striata , vulva lanceolata rugosa, ano cordato impresso. Fossile nel Piacentino. Era in dubbio se dovessi risguardare questa conchiglia co- me una di quelle che, a dritto o a torto che sia, si repu- tano varietà della cenus dysera, e di cui si ha la figura in Martini, tar. 28, fig. 290, ed in Knorr, tom. VI, tav. 10, fig. 2. Ma queste, quantunque longitudinalmente striate come la nostra, hanno un maggior numero di coste trasversali, sottili ed acute; mentre in quella che descriviamo non se ne ravvisano che tre o quattro assai distanti fra loro, oltre ad alcune altre capillari situate nella convessità dell’ apice. Il mar- gine delle valve è liscio, eccetto che sotto la lunula in cui appare minutamente crenellato : nella venus dysera esso è ad- dentellato tutto all’intorno, ma dubito che in quella situa- zione l'individuo fossile sia detrito; e siccome non ne ho che una sola valva, rimango ancora incerto sulla determinazione della specie. Lunghezza poll. 1, lin. 2; larghezza poll. 1, lin. 6. 5. Venus plicata. L. Valent., Abhand., tab. 15, fig. 21. Encyclop. méthod., tab. 275, fig. 3. Abita rara e preziosa nel mare delle Indie ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi, a Parlascio in Toscana, a Vincio ed in Valle di Andona presso Asti. Se ne trovano esemplari di squisita conservazione della lunghezza di un pollice e nove linee, e larghi due pollici ed una linea. La figura di Valentyn è buona, ma non rappresenta (543) con bastante verità la flessione angolare che le lamine tras- versali formano nel lato anteriore. Pessima per ogni conto è quella di Argenville. Chemnitz dice che nel Mediterraneo incontrasi una con- chiglia analoga molto più picciola e con le coste più grosse e più spesse, nè anteriormente angolate; ma gl’ individui fossili sono simili a quelli che vengono dal mare delle Indie. Eadem. Var., valvis tumidioribus. Martin., tab. 28, fig. 299? La varietà precedente, che è tipo di specie, ha una forma schiacciata ed obbliqua; questa, all’opposto, è tumida e roton- data, e con le coste lamellari più ravvicinate e quasi ade- renti luna all’ altra, eccetto che verso gli apici dove conser- vano la consueta distanza. Sembra ch’essa sia rappresentata da Martini, e più che dalla figura lo argiisco dalle parole di Chemnitz il quale, descrivendo questa conchiglia , dice che è notabilmente convessa nel lato anteriore: Sie erhebet sich merklich auf der vorderseite; e che la sua superficie è coperta di strie sfogliose fra loro contigue ( tom. V/, pag. 301 ). 6. Venus radiata: nob. — Venus spadicea. Renieri ( tav. XIV, fig. 3). Testa ovata, gibba, decussatim longitudinaliter sulcata , sulcis granulatis, obtusis, medus bipartitis, lateralibus subtilioribus , margine denticulato. Abita nell’Adriatico ( en. ). Fossile in Valle di Andona. L’originale di questa conchiglia, i cui maggiori individui che io conosca hanno la lunghezza di cinque linee e la lar- ghezza di sette, esiste nell’Adriatico. Essa è stata scoperta dal professore Renieri che credette di ragguagliarla alla venus (944 ) spadicea di Gmelin; ma siccome questa, attenendoci alla fi- gura di Lister, ch’ è l’ unica che si abbia, è di forma ovale obbliqua , e le coste sono tuberculate intorno al margine delle valve, mentre Ja nostra è bislunga per traverso e manca degl’indicati tubercoli, presumo quindi che sia diversa. Du- biterei inoltre che la bivalve rappresentata da Lister fosse una venere 0 piuttosto un cardio, essendo molto simile al cardium multicostatum da me descritto. La conchiglia di cui ora si parla, è rigata da un gran numero di coste longitudinali, di cui ne ho annoverato tren- tacinque, le quali partono dall’apice a guisa di raggi, e di- ventano più grosse a norma che si avvicinano al margine. Esse sono segnate da crenellature trasversali che le fanno comparire granulose , ed ho comunemente osservato che quelle di mezzo sono compresse e divise per lungo da un solco, e le altre semplici e rotondate. Le coste nel lato anteriore appajono molto sottili, e nel posteriore continuano a farsi ve- dere nell’area stessa della lunula, che nelle altre veneri è per lo più liscia. Tali sono i principali caratteri della venus radiata, come sì riscontrano negl’ individui adulti; ma i più giovani presen- tano qualche altra particolarità: imperocchè le strie trasver- sali da cui derivano le crenellature delle coste sono in essi più apparenti, segnatamente nel lato anteriore dove formano un tessuto reticolato. Ho inoltre notato che verso il mezzo delle valve avvi tre o quattro coste che si distinguono a prima giunta dalle altre per essere separate da un più largo intervallo. Il cardine in questa venere è costituito da tre denti, di cui quello di mezzo è bifido. Il suo colore negl’ individui dr (549 ) marini è bianco con leggiere macchie giallicce, ed interna- mente ha d’intorno al margine una tinta violetta. 7. Venus verrucosa. Gualt., tab. 75, fig. H. Poli. Testac. II, tab. 21, fig. 18. Abita nel Mediterraneo, presso i lidi dell’ Inghilterra e delle Antille ( Zi. ), e nell’ Adriatico ( Olivi ). Fossile a San Ge- miniano ed in altri luoghi della Toscana. Trovasi con frequenza tra i fossili della Toscana, e nel Museo reale di Firenze ne ho veduto parecchi esemplari ot- timamente conservati. 8. Vewus cypria: nob. ( tav. XII, fig. 14). Testa cordiformis inflata, longitudinaliter obsolete striata , la- tere antico sulcis muricatis exasperato, apicibus connipentibus, margine argute denticulato. Fossile nelle Crete Sanesi. Non ho trovato che un solo individuo di questa bella con- chiglia, e così conservato che mantiene il legamento tendi- noso che unisce le due valve; ma è essa veramente una ve- nere? Per poterlo decidere farebbe mestieri di riconoscere la struttura del cardine, ma siccome le valve compariscono scre- polate in più luoghi, e sono strettamente aderenti fra loro ed incastrate insieme mediante i denticoli del margine, si correrebbe pericolo di romperle volendole separare. Io ho tentato più volte l'impresa, ma mi fu forza di abbandonarla per non arrischiare quest’ unico e bell’ esemplare. Lo clas- sifico adunque in via provvisionale fra le veneri a cui so- miglia nell’ abito esterno, ma confesso che si avvicina altresì alla forma dei cardj. (546 ) Questa conchiglia ha la figura di un cuore, ed è molto tu- mida in vicinanza degli apici, che sono ricurvi, inclinati | uno contro l’altro, e situati quasi nel mezzo della linea del car- dine. La superficie esterna è lucida, liscia e segnata per lungo da sottilissime strie che non hanno niun rilievo; ma nel lato anteriore che Linneo chiamerebbe la regione del pube e che è alquanto depresso , si osserva una grande area cordiforme rigata da altre strie prominenti gremite di piccioli tubercoli ottusi. Il legamento è compreso in una fessura lanceolata che non è circoscritta da un’area particolare, come non v° ha tampoco indizio alcuno di lunula. Il margine è finamente den- ticolato, come lo sono altresì le rughe trasversali che sì scor- gono di spazio in ispazio sulla superficie esterna e che in- dicano l’ antica periferia delle valve. La sua lunghezza è di pollici uno, linee otto; e la larghezza è quasi eguale. g. Venus eremita: nob. ( tav. XIV, fig. 4). Testa transversa, rugis arcuatis obtusis, margine integro, car- dinis dentibus tribus divergentibus , duobus emarginatis. Fossile nel Piacentino. Questa è la bivalve che trovai racchiusa nel tubo della fi- stulana echinata, e di cui si è già fatto cenno in altro luogo; ma gl’individui che ora ho sott’ occhio, e sono in numero di tre, furono da me rinvenuti liberi nelle cellule di una pietra calcaria. Il più piccolo ha mezzo pollice di altezza, e nove linee di larghezza, ed il maggiore è alto otto linee e largo tredici. Questa conchiglia presenta una forma trasversale, ed ha gli apici situati presso l’ estremità posteriore come nella penus virginea di Linneo e nella cenus Longone di Olivi; ma la (547) nostra è più stretta e meno convessa, ed è trasversalmente rigata da solchi più grossi e più rilevati. Il cardine in am- bedue le valve è armato di tre denti, di cui quello di mezzo e l'anteriore sono bifidi, il che si ravvisa eziandio nella venus cirginea. La fessura del ligamento non rimane circoscritta da un’area particolare, e la lunula è parimente poco distinta , come si verifica nelle altre due veneri su indicate. Siccome le valve non sono Aiantes, differisce dalla venus saxatilis di Fleuriau descritta nel Journal de physique ( tom. 54, pag. 345 e seg. ), con cui sembra che abbia qualche conformità. Io ho fatto altrove qualche riflessione sulla circostanza di avere incontrato questa conchiglia imprigionata nella fistulana, ed ho detto essere probabile che sia stata casualmente involta dall’ animale mentre fabbricava il suo tubo in una cellula scavata da questa venere, dov’ egli siasi ricoverato. Siccome in altr'individui della fistulana medesima ho rinvenuto gusci di bivalvi di forma diversa, non so trovare spiegazione più acconcia di questa. 10. Venus chione. L. Bonann., Recr. 2, fig. 64, 65. — Mus. Kircher., fig. 63, 64. Gualt., tab. 86, fig. A. Poli, Testac. II, tab. 20, fig. 1. Ginann. II, tab. 22, fig. 148. Aldovr., Mus. métall., pag. 836, fig. 1 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo, nell'Atlantico, nel mare britannico, alle spiagge della China e del Giappone ( Lin. ), e nell’ Adria- tico ( Ginanni, Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino , nelle Crete Sanesi, in Piemonte, ecc. (548 ) È comunissima, e se ne trovano begli esemplari del dia- metro trasversale di oltre due pollici che conservano lo smalto lucido. 11. Venus erycina. L. Lister, tab. 268, fig. 104. Abita nei mari di Europa ( Lin. ), ed in quelli dell’ India ( Gmelin ). Fossile nel Piacentino, a Parlascio in Toscana, e in Piemonte. Riferisco a questa specie una bivalve che ho rinvenuto in tutti gl indicati luoghi e che è similissima alla venus chione, ma solcata per traverso da solchi ottusi. Relativamente alla sua larghezza essa è dal margine al cardine più lunga di un esem- plare marino della venus erycina che ho sott'occhio, ma le proporzioni di questa conchiglia sono variabili, e Martini alla tav. 34, fig. 337 ne rappresenta un individuo che aflatto si approssima nella forma a quelli fossili. Nel Museo del Con- siglio delle Miniere ve ne ha uno di gigantesco volume pro- veniente dal Piacentino, la cui larghezza trasversale oltrepassa i tre pollici, e conserva parte del legamento tendinoso. 12. Venus rugosa. L. Bonann., Recr. 2, fig. 39 — Mus. Kircher. 2, fig. 38. Scilla, Vana speculaz., tab. 15, fig. 1 ( fossilis ). Abita nel mare Jonio ( Borann. ), e in quello delle Indie ( Lin. ). Fossile nel Piacentino, nell’ Astigiano e in Calabria. Chemnitz descrive questa conchiglia di forma globosa, come lo è di fatto, quantunque ciò non apparisca nella figura di Martini, ma la grande convessità delle sue valve è egregia- mente espressa nell’ altra di Bonanni che Gmelin attribuisce (949) a torto ad una specie particolare cui ha dato il nome di venus nux. Forse ad essa appartiene altresì la figura di Rumfio, Amboin., tav. 43, fig. G, che Gmelin riferì ad una varietà della venus fimbriata. Nel Museo del Consiglio delle Miniere ne esiste un bellis- simo individuo marino il quale corrisponde in tutto alla de- scrizione di Chemnitz ed agli esemplari fossili. Questo autore dice che il cardine ha tre denti nel mezzo, mittelzahne, ma un altro dente abbastanza rilevato si scorge sotto la lunula, per lo che questa conchiglia appartiene come le due prece- denti al genere Cytherea di Lamark. Eadem. Var., valvis depressis. Questa varietà è meno convessa della precedente, talchè in paragone di essa sembra schiacciata, e così si approssima maggiormente alla figura di Martini. La compressione delle valve ha prodotto altresì qualche modificazione nelle altre parti, imperocchè la lunula, in vece di avere la figura di un cuore, è ovato-acuta, ed il lato anteriore comparisce alquanto più allungato; ma rimangono intatti tutti gli altri caratteri. 13. Venus levigata — Cytherea levigata. Lam. — Venus ru- fescens. Ren. Annal. du Mus., vol. XII, tab. 21, fig. 5. Abita nell’ Adriatico ( £ten. ). Fossile in Valle di Andona. Non ne ho trovato che piccioli individui, il maggiore dei quali ha quattro linee di lunghezza e sei di larghezza, e poco più grandi sono quelli che si traggono dall’ Adriatico, dove furono scoperti dal Renieri che caratterizzò questa conchiglia per la venus rufescens di Gmelin. Sospettai da principio che essa fosse il primordio della venus chione, ma ciò non mi ( 550 ) sembra probabile, atteso che le valve sono più piatte, ed il margine non è così compresso nella regione della lunula. La- mark incontrò in istato fossile questa bivalve a Grignon in Francia. 14. VeNUS prostrata. L. Born, Mus. Vindob., tab. 5, fig. 6. Abita presso il lido del Coromandel ( Lin. ), e nell’Adria- tico ( £en. ). Fossile in Valle di Andona. Questa conchiglia, già cognita nelle collezioni, ha una for- ma lenticolare, ed è segnata per traverso da strie concentriche che divengono lamellari verso la lunula e il corsaletto. La prima è profondamente scolpita ed ha l'aspetto di un cuore, e l’altro è formato da due piani inclinati, che quando la conchiglia è chiusa si uniscono insieme ad angolo ottuso, donde ne risulta un canale stretto e bislungo. La venus prostrata attinge ne’ mari dell’ India il diametro di due pollici, ma nell’ Adriatico ha tutto il più la lunghezza di mezzo pollice, e di questo volume sono i più grandi in- dividui che ho trovato fossili, i quali adeguatamente corri» spondono a quelli del nostro mare. 15. Venus concentrica. L. Gualt., tab. 76, fig. F ( non bona ). Born, Mus. Vind., tab. 5, fig. 5. Abita nell’ Atlantico, nel mare di America ( Lin. ). Fossile nelle colline reggiane e piacentine, alla Rocchetta ed a Vin- cio presso Asti. Osservasi in questa venere un carattere comune pure alla precedente ed a qualche altra, e che ho riconosciuto così negl individui fossili come ne’ marini, vale a dire, che nella (551 ) superficie interna accanto all’impressione musculare del lato anteriore ve ne ha un’altra di forma piramidale che parte dal lembo del margine, e s’ inoltra fino quasi al centro alla valva. 16. Venus tigerina. L. Bonann., Recr. 2, fig. 69. — Mus. Kircher. 2, fig. 70. Gualt., tab. 77, fig. 4. Abita nell'Oceano indiano ed americano ( Lin. ). Fossile in Valle di Andona. Ne ho trovato in Valle di Andona un solo individuo che non ha sofferto altra alterazione che la perdita del colore, e conserva i più delicati lineamenti non solo, ma la sua con- sistenza e la naturale pellucidità; cosa tanto più singolare, quanto che le conchiglie sepolte in quel luogo nella sabbia giallastra , come questa lo era, sono la maggior parte com- piutamente calcinate e fragilissime. Si veggono ancora nel car- dine residui del legamento tendinoso ridotto in una sostanza farinacea. 17. Venus pensylvanica. L. Martin., tab. 37, fig. 395. Born, Mus. Vindob., tab. 5, fig. 8. Abita nell'Oceano americano ( Lin. ) e nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile alla Rocchetta presso Asti. È un picciolo individuo del diametro di mezzo pollice affatto corrispondente a quello rappresentato nella indicata figura di Martini, e coperto di strie lamellari distanti, poste obbliqua- mente in maniera che il loro filo è rivolto verso il margine delle valve, lamellis sursum imbricatis. Essa è certamente la ( 552 ) venus pensylvanica di Chemnitz e di Born, che è diversa da quella così chiamata da Linneo, la quale si mostra quasi affatto liscia ed ha una forma più globosa e più rotondata. Questa ultima è la conchiglia detta dai francesi bille d’woire, di cui ‘Vha, secondo Gmelin, una varietà di colore giallognolo che Chemnitz risguarda a ragione come una specie particolare , cui ha dato il nome di venus jamaicensis. 16. Venus edentula. L. Martin., tab. 40, fig. 427. Abita nell'Oceano americano (Lin. ). Fossile nel Piacentino. Ha il diametro di sole cinque linee, e confrontata con in- dividui marini della stessa grandezza non presenta la menoma differenza. Dalle figure citate da Gmelin conviene escludere quella del Gualtieri, tab. 88, fig. B che rappresenta la cenus pensylvanica di Linneo. Chemmnitz inavvertentemente la riferì in un luogo alla jamazicensis ed in un altro alla penus edentula. 19. Venus circinnata. L. — Venus albida. Ren. (tav. XIV, fig. 6). Testa lentiformis transversim striata, anterius utrinque obscure plicata, ano lanceolato leviter impresso. Abita nell'Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. È analoga alla genus exoleta e spuria, ma quantunque abbia, come queste, una forma lenticolare, e sia trasversalmente rigata da sottili strie concentriche e mediocremente elevate, la credo nondimeno diversa, atteso che ha nel lato anteriore una piegatura obbliqua che, quantunque debolmente indicata, apparisce all’ occhio usando un po’ di attenzione, e si riconosce seguatamente in vicinanza degli apici. Il cardine è costituito da due soli denti, uno de’ quali è scanalato. (553) Questa conchiglia esiste nell’Adriatico, ed è ragguagliata dal Renieri alla genus albicans di Gmelin, delineata dal Gual- tieri, tav. 75, fig: G, ma la figura di questo autore non è abbastanza caratteristica, e troppo succinta è la descrizione di Gmelin per essere autorizzati a riferirla a quella specie. I maggiori individui da me trovati hanno un pollice di dia- metro. 20. Venus lupinus: nob. (tav. XIV, fig. 8). Testa suborbiculata, lavis, vulva lanceolata, ano nullo, car- dinis dentibus duobus, altero bifido. Abita nell’ Adriatico ( Ren. ): Fossile in Valle di Andona e nel Piacentino. La forma di questa venere è rotondata e leggermente ob- bliqua, atteso che il lato anteriore è alquanto prolungato nella sua parte superiore. Le valve sono notabilmente convesse, sol- cate da alcune rughe concentriche dipendenti dall’ accresci- mento del guscio, e senza vestigio alcuno di lunula. La fessura del legamento è stretta e lanceolata, e gli apici sono situati in mezzo della linea del cardine che è composto di due soli denti, l’ uno de’ quali è bifido. Questa bivalve si approssima a quella rappresentata dal Gualtieri nella tav. 77, fig. D, riferita da Gmelin alla tellina sinuosa, e forse Linneo avrebbe classificato questa stessa nel genere delle telline. Io la distinguo con l'epiteto di dupinus, che Linneo nella X edizione del Systema Nature applicò ad una venere, ma che fu poi abbandonato. 21. Venus globosa. L. Martin. , tab. 40, fig. 430. Abita nel Mare Rosso ( Lin. ). Fossile in Valle di Andona. 79 (554 ) La descrizione che hanno dato Forskahl e Chemnitz della venus globosa, e la figura di Martini non mi lasciano verun dubbio che essa non sia l’ analogo di questa bivalve che ho trovato frequentemente nella Valle di Andona. Il suo guscio è fragile, pellucido e liscio, rotondato come quello della pre- cedente, ma assai più gonfio, essendovi individui le cui valve hanno la sembianza di una mezza sfera, benchè questa forma non sia costante, poichè altri compariscono depressi. La su- perficie esterna è liscia o sottilmente rugosa, gli apici sono minuti e ricurvati, e lateralmente ad essi non si scorge im- pronto di lunula nè di corsaletto. Il cardine nell’una e nel- l'altra valva consiste in due denti uno de’ quali è bifido; il legamento doveva mostrarsi all’ esterno, ed era compreso in una fessura stretta e poco profonda. Lunghezza linee 5, lar- ghezza lin. 6. 22. Venus islandica. L. Gualt., tab. 85, fig. B (mala). Aldovr., Mus. métall., pag. 169; fig. 1: pag. 465, fig. 1, 2: optima ( fossiles ). Abita nell’ Oceano dell’ Europa settentrionale, nel mare Caspio e nell’ Oceano africano ( Lin. ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. Ho trovato di questa conchiglia individui di tre pollici di diametro trasversale ed altri di gigantesco volume, il maggiore de’ quali che fu raccolto presso Castell'Arquato nel Piacentino, ha il diametro di quasi mezzo piede. In Valle di Andona non è raro d’incontrarne di pari mole, segnatamente nel luogo detto la Valle di Baldichieri dove sono sepolti in una marna bigia conchiglifera. (555) Lamark ha incluso questa bivalve nel suo genere Cyclas, il cui essenziale carattere consiste in due o tre denti cardi- nali e due laterali, compressi, lamelliformi ed entranti; ma io non so riconoscere questi due ultimi denti nella venus islan- dica, e dubiterei che la conchiglia così chiamata da Lamark sia quella stessa che passa nel Systema Nature sotto tal nome, tanto più ch’ egli cita una figura dell’ Enciclopedia metodica, tav. 3o1, fig. 1, @, b, che non mi sembra corrispondere gran fatto alla venere di cui parliamo. Io ne ho sott’ occhio un individuo marino appartenente alla raccolta del signor Villani, e identico a quello che Muller ha figurato co’ suoi naturali colori nella bella opera della Zoologia Danica. Esso ha tre denti nella valva sinistra , l uno piccolo e acuto sotto il luogo della lunula, quello di mezzo largo e compresso, ed il terzo allungato, lamelliforme e quasi para- lello al legamento. La valva destra è munita di due soli denti; il posteriore de’ quali è poco prominente, e l’altro solido e grosso, di forma presso che triangolare e diviso da un solco alquanto profondo (). Deggio avvertire che quantunque tale appunto sia il nu- mero e la figura dei denti negl’ individui fossili, v° ha qualche divario nella loro direzione ; imperocchè il posteriore della (*) Male espressi sono questi denti nella figura di Muller, nè abbastanza precisa è la sua descrizione. Siccome sembra che questo autore abbia con- siderato la conchiglia cogli apici rivolti in alto, quella che egli chiama palva destra sarebbe propriamente la sinistra, quando si voglia, come ha stabilito Linneo , collocare gli apici a basso, in maniera che il legamento resti di- nanzi, e la lunula sia in faccia all’osservatore, Ecco adunque le sue parole: Dentes cardinis medii acuti tres in dextra, duo in sinistra valvula ; lateralis in antica parte ( cioè il dente anteriore della stessa valva sinistra) duplex ( diviso (556 ) valva destra è quasi perpendicolare, e quello di mezzo ob- bliquo, quando tutto all’ opposto si scorge nella conchiglia marina. Questa inoltre ha nella parte anteriore di ambedue le valve un oscuro indizio di carena a cui corrisponde nella faccia interna una sottile costa, ma negli esemplari fossili mancano l’ una e l’altra, e solamente in cambio di quest ul tima si ravvisa un leggerissimo solco. Siffatte differenze potrebbero essere accidentali e dipendere dall’ età che è capace benissimo di modificare alcune parti. Io veggo di fatto che nei giganteschi individui il dente di mezzo della valva sinistra sì unisce col posteriore , in maniera che questi due denti rassembrano uno solo piegato a foggia di doccia ( dens complicatus ), il che non comparisce ne’ più gio- vani. Osservo ancora che nella venus islandica fossile accanto all’impressione musculare del lato anteriore ve ne ha un’ altra in forma di lingua, che dal margine si prolunga verso il centro della valva; mentre in quella marina che è più pic- cola, altro non si scorge nello stesso luogo che un lobo ro- tondato e semilunare. Un carattere particolare di questa venere, e che non mi è accaduto di riscontrare in verun’ altra, sì è che nella parete del legamento, quasi sotto alla punta dell’ apice, v ha una in due ), divergens, in postica vix ullus. Io interpreto così queste ultime frasi per accordarle con quanto scorgo nell’esemplare che ho presente; ma non comprendo come Chemnitz, che ha dato una lunga e circostanziata de- scrizione della venus islandica, abbia potuto dire che essa ha tre denti in ciascheduna valva, e se la conchiglia figurata da Adanson, tav. 16. fig. 73° appartiene, come si crede, alla stessa specie, molto meno so capacitarmi che questo autore ne abbia attribuito quattro. (957) fossetta bislunga destinata a ricevere parte del legamento me- desimo. Essa è piccola negl’ individui di mediocre grandezza, che abbiano, per esempio, il diametro trasversale di circa due pollici, come è quello marino che mi serve di confronto, ma ne’ più voluminosi è così cospicua che salta subito all’ oc- chio. In uno fossile di mezzo piede di diametro questa. cavità ha nove linee di lunghezza, ed è larga circa tre linee e profonda due. La venus islandica, a detta di Chemnitz, trovasi abbon- dantemente in istato fossile nell’ Islanda. Eadem. Var., testa elliptica, inflata (tav. XIV, fig. © ). Fossile nel Piacentino. È una semplice varietà distinguibile per la sua forma elit- tica e ventricosa. Oltre al Piacentino dee trovarsi in altri luoghi d’Italia, poichè nel museo del Liceo di Ravenna ne ho veduto un bell’individuo di cuni s' ignora la provenienza, ma che è stato probabilmente scavato nelle colline del Bolo- gnese. 23. Venus incrassata ( tav. XIV, fig. 7). Testa solida, subtriangula, inflata, natibus transversim ru- gosis, latere antico leviter inflexo, margine soepius denticulato ; cardinis dentibus binis validis, altero. in sinistra valva minimo. Fossile nel Piacentino, nelle colline reggiane ed in Valle di Andona. Questa conchiglia somiglia all’ arca nucleus nella forma. tu- mida e quasi triangolare, come pure nella grossezza delle sue valve. Essa è segnata per traverso da un gran numero di ru- gosità che non sono bene distinte se non che sulla sommità degli apici, dove hanno la sembianza di solchi rotondati e (558) semicircolari, e nel lato anteriore si scorge una. flessione longitudinale ed obbliqua, ma così leggiera che senza esserne avvertiti può facilmente sfuggire all’ osservazione. La lunula ed il corsaletto sono profondamente impressi, ma non circo- scritti da una linea scavata, e la fessura destinata a ricevere il legamento è bislunga e lanceolata, chiusa al solito dalle due lamine longitudinali che servono di attacco al legamento medesimo. Il cardine nella valva sinistra è composto di due grossi denti divergenti separati da una cavità triangolare in cui s’ inserisce il dente posteriore della valva opposta il quale è abbastanza prominente, mentre l’ anteriore è così piccolo che fa mestieri per distinguerlo a dovere di armare l° occhio di lente. Il margine delle valve nella più parte degl’ indi vidui è finamente denticolato, ed alcuni ne ho veduto in cui si mostra affatto liscio senza che appaja differenza veruna in tutti gli altri caratteri. Questa bivalve si accosta moltissimo alla genus ponderosa di Gmelin, delineata da Martini nella tav. 69, fig. A, B, C, D, cui Lamark nel suo Trattato Des animaua sans vertéebres diede il nome di crassatella gibba, che trasmutò poi negli Annali del Museo in quello di crassatella tumida. Ha altresì qualche somiglianza con un’altra conchiglia fossile trovata da questo naturalista a Grignon, e classificata con dubbio fra le donaci sotto la denominazione di donax obliqua ( Annal. du Mus., tom. 7, pag. 139; tom. 12, tav. 22, fig. 4), la quale ha un solo dente cardinale in una valva e due nell'altra, come si potrebbe dire che sia nella nostra, quando non si volesse tener conto di quel minuto denticolo che si ravvisa nella valva destra accanto al più grosso. ( 559) Qual posto debba essa occupare nel sistema di Lamark non saprei con asseveranza deciderlo. Siccome ha il legamento si- tuato esternamente, sembra che non possa competere alle Cras- satelle: forse appartiene al genere Capsa il quale comprende alcune specie figurate da Bruguiere che si accostano ad essa nella forma ( V. Encyclop. méth., tav. 231, fig. 1, 2). La sua lunghezza è di otto linee, ed è larga dieci. 24. Venus lithophaga. L. Retzius, Acta Taurin., vol. V, add., pag. II— 14, fig. 1, 2. Monti, Comm. Bon., vol. II, pars 2, p.50, t. 6, f. 2? (fossilis). Abita presso il lido di Livorno ( Zir. ), e nell’Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino. Var., sulcis crassioribus ( tav. XIII, fig. 15 ). La venus lithophaga, scoperta da Retz presso il lido di Li- vorno, è oltremisura comune nell'Adriatico, ed in sorpren- dente quantità lho rinvenuta ne’ sassi calcarei delle. spiagge di Ancona e di Bari. L'individuo rappresentato da Retz è di mediocre grandezza, mentre ve n’ha di doppio volume eguale a quello di cui do la figura, ma questo appartiene ad una varietà particolare che si distingue per la maggiore grossezza delle strie longitudinali. Nel Museo del signor Villani ne ‘ho veduto uno marino che molto si approssima al fossile per que- sto carattere. Lunghezza lin. 7, larghezza poll. 1. 25. Venus rupestris: nob. ( tav. XIV, fig. 1). Testa transversa, longitudinaliter subtilissime striata, natibus terminalibus, cardinis dentibus binis, altero emarginato. Fossile nel Piacentino. Affine alla precedente e litofaga come questa, poichè è stata rinvenuta nelle cellule di un masso calcareo. Le valve ( 560 ) sono rigate per lungo da sottilissime strie flessuose e legger- mente crenellate, ed il cardine è composto di due denti, uno de’ quali è scanalato; ma il dente semplice della valva sinistra è più picciolo che nella venus lithophaga. Lamark aveva incluso quest ultima nelle Petricole, ma Fleu- riau fece conoscere che attesa la struttura particolare del car- dine debbe appartenere ad un nuovo genere, cui diede il nome di Aupellaria. Lunghezza lin. 6, larghezza lin. 13. Ladem. Var. subglobosa. Differisce nella forma meno allungata, talchè Ja larghezza delle valve eccede solamente di una linea all'incirca la loro lunghezza; alterazioni che sono familiari alla maggior parte delle conchiglie litofaghe, coine si è accennato parlando della chama coralliophaga. i 26. Venvs pectunculus? L. (tav. XIII, fig. 12 ). List., -Conch., tab. 254, fig. 89 ? Abita nel Giappone ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. Questa conchiglia ha l'analogo vivente nell’ Adriatico. e fu qualificata dal Renieri per la venus pectunculus di Gmelin. La sua forma trae all’ orbiculare, ma è più larga che lunga, con tal proporzione che un individuo che ha mezzo pollice di lunghezza, è largo poco più di sette linee; nulladimeno ne ho trovato qualche altro che per assoluto apparisce trasversal- mente ovale. Le valve sono convesse, segnate da sottili rughe arcuate, cogli apici protuberanti e sensibilmente ricurvati verso il lato posteriore, il che contribuisce a dare in piccolo alla conchiglia Ja sembianza di un cuore. Intorno alla fessura che doveva racchiudere il legamento, non appare vestigio alcuno (561) di corsaletto; ma è bensì apparente la lunula di figura ovato- acuta e leggermente improntata. Il margine delle valve è li- scio, ed il cardine consta di tre denticoli non divergenti, di cui i laterali sono compressi e taglienti, e quello di mezzo è bifido, ma con questa diversità che nella valva sinistra è piegato, come nelle mattre, a foggia di grondaja ( dens com- plicatus ), e nella destra verticalmente diviso in due. Quando le valve sono chiuse essi si articolano insieme in guisa tale che le parti salienti di uno s'inseriscono nelle parti entranti dell’ altro. Attesa la forma generale del guscio e la presenza della lu- nula, siamo abbastanza autorizzati a includere questa bivalve nel genere Yenus di Linneo; ma relativamente alla configu- razione del cardine non saprei determinare ove dovesse es- sere classificata nel sistema di Lamark. Nell’ Adriatico se ne rinvengono individui della lunghezza di più di un pollice, la cui tinta è bianco giallognola con istrisce ondeggianti e angolari di colore giallo bruno ovvero sia giallo rossiccio. Internamente si veggono nella concavità degli apici due raggi longitudinali e paralleli dello stesso co- lore giallognolo. OsseRvAZIONI. Se è oggetto di sorpresa il trovarsi ne’ nostri paesi spoglie fossili di testacei appartenenti a mari stranieri, nessun altro genere , fra tutti quelli passati in rivista, ci offre più copiosi esempj di un cotal fatto quanto quello delle veneri. La venus rotundata, ery- cina, plicata, tigerina , rugosa, prostrata, edentula e concentrica, che attualmente si pescano nell’ Oceano indiano ed americano, esistono fossili nel suolo d' Italia, e queste specie peregrine sono mescolate con altre vulgatissime ne’ mari che bagnano le nostre coste, con la venus gerrucosa, senilis e chione. I i (562 ) Siccome quanto più strano appare un fenomeno, altrettanta mag- giore cautela è d’ nopo di usare per avverarlo e per rimuovere qua- lunque sospetto di equivoco e d’ illusione , così mi sono studiato nella qualificazione di queste specie di governarmi con maturo esame e con la critica più rigorosa, talchè nessuna è stata determinata senza il confronto degli originali marini. Pochissime in Italia fra le venerì fossili sono quelle che non esistano viventi ne’ mari attuali , a differenza di quanto si verifica nei contorni di Parigi, dove Lamark non ha trovato che l’ analogo della sola venus edentula in una piccola conchiglia cui ha dato il nome di lucina renulata. XI. OSTRICA. Num. 1 — 11 genere Ostrea di Lamark; 12, 13; 14 Lima; 15 — 30 Pecten ; 31 Perna. 1.° Col guscio grossolano o sia Ostriche volgarmente dette. 1. OsrrEA edulis. L. Aldovr., De testac., pag: 482. Bonann., Recr. 2, fig. 70. — Mus. Kircher. 2, fig. 68. Ginann. II, tab. 18, fig. 127. Poli, Testac. IL, tab. 29, fig. L Abita nell’ Oceano europeo e indiano , presso il Capo di Buona Speranza ( Lin. ), nel Mediterraneo e nell’ Adriatico ( Ginanni, Pol, ecc. ). Fossile nel Piacentino, nelle Crete Sanesi, in Piemonte, ecc. Il Santi dice che ve ne ha nel Sanese di quasi quindici pollici di diametro, ma nessuna ne ho io veduto di così grande (563) volume. Sterminati ostriconi fossili si trovano bensì a Roncà nel Veronese, che hanno il diametro di quasi un piede e mezzo , ma non so se si possano riferire a questa specie. 2. OsrrEA foliosa: nob. Testa oblonga, rudis, lamellato-rugosa, valva superiori plana, altera convexa, affira, fossula cardinali trigona, transversim sulcata. Enciclop. méth., tab. 162, fig. 6. Fossile nel Piacentino. È tanto somigliante all’ostrea parasitica di Chemnitz, figu- rata da Martini nella tav. 71, fig. 661, e stimata da Gmelin una varietà dell’ edulis, che forse non è diversa. Essa è bislunga e cuneiforme, vale a dire, ristretta verso il cardine, ed al largata nell’estremità opposta. La valva superiore è piana, sottile, alquanto pellucida e meno scabra dell’altra, quan- tunque sia composta anch’ essa di un aggregato di sfogli im- bricati che formano sulla superficie altrettante rughe arcuate e concentriche. L° inferiore è solida, convessa, lamellosa, ed ha sotto l’ apice uno spazio piano che non si scorge nell’ostrea edulis, mediante il quale era affissa ad un corpo solido. Il cardine è costituito da un risalto triangolare solcato per tra- verso e scavato nel mezzo da una fossa della stessa figura. Lunghezza poll. 3, lin. 3; larghezza poll. 2, lin. 4. 3. OsrreA hyotis — Mytilus hyotis. L. Gualt. , tab. 103, fig. A. Abita nel mare delle Indie ( Chemnitz ). Fossile nel Pia- centino. Benchè questa bivalve sia classificata fra i mituli nel Syste- ma Nature, non v’ ha dubbio , attesa la struttura del cardine, | (564 ) che appartiene alle ostriche. Del medesimo avviso era Linneo allorchè pubblicò il Museum Tessinianum, in cui parlando del mytilus crista galli fossile, che ha molta convenienza con I Ayotis, lo chiama ostracites ed ostreum plicatum ( pag. 92 ). 4. OsrrEA plicatula. L. Gualt., tab. 104, fig. A. Bourguet, Pétrif., tab. 16, fig. 96 ( fossilis ). Abita nel mare di America, nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell'Adriatico ( en. ). Fossile nel Piacentino. Nel museo del Consiglio delle Miniere ve n°ha una sola valva isolata della lunghezza di più di tre pollici, solcata per lungo da pieghe rugose e profonde a guisa delle coste dei pettini, la quale meglio si accosta alla figura di Martini citata da Gmelin, che a quella del Gualtieri, e si uniforma del tutto all'altra di Bourguet che la rappresenta in istato fossile. 5. OsrrrA lamellosa: nob. Testa oblonga, crassa, ad cardinem angustata, valva infe- riori concava, foliis imbricatis confertis, superiori planiuscula lamellosa, fossa cardinali lata, canaliculata. Mercati, Métalloth., pag. 293, fig. 1, 2 ( fossilis ). Scilla, Vana speculaz., tab. 13, fig. 7 ( fossilis ). Fossile nel Sanese, a San Miniato in Toscana e nel Pia- centino. Mi sembra diversa dall’ostrea vpirginica di Gmelin, e si approssima piuttosto a quella figurata dal Gualtieri nella tav. 102, fig. A, che Gmelin istesso riferisce, non so con quanta ragione, all’ ostrea edulis. Alcuni individui sono lunghi mezzo piede, e le valve oltrepassano in grossezza i quattro pollici. L’inferiore è concava, arcuata verso il cardine, ed esternamente ( 565 ) coperta di squame sfogliose e di pieghe longitudinali incre- spate: la superiore è quasi piana e segnata soltanto da rughe trasversali prodotte da una moltitudine di lamine che, sovrap- poste luna all’ altra, compongono la massa del guscio, e si mostrano ai lati delle valve a guisa dei fogli di un libro. La fossa del cardine che riceve il legamento è ampia, scavata a foggia di doccia, e spalleggiata da due risalti. convessi. 6. OsrrEA navicularis: nob. Testa oblonga , rugosa, crassa, valva inferiori excavata, cymbi- formi, altera arcuata , concava, margine prope cardinem crenulato. Bourguet, Petrif., tab. 18, fig. 104 ( fossilis ). Fossile nel Piacentino. Si distingue agevolmente dalle altre congeneri attesa la grande concavità della valva inferiore, e la sua forma arcuata che le dà l'apparenza di una barca. La superiore, nell’ in- dividuo almeno che ho presente, è curva in tal guisa che si sprofonda nella cavità dell’ altra, e la superficie di ambedue è segnata di rugosità sfogliose, ma poco rilevate. Il margine in vicinanza del cardine è dall’ un lato e dall’ altro legger- mente crenellato. Sembra che questa ostrica rimanga affissa ai corpi solidi, scorgendosi alla base della valva inferiore quello spazio piano che si è indicato parlando dell’ ostrea foliosa, il quale serve alla conchiglia di punto di attacco. Lunghezza poll. 3; lar- ghezza poll. 2, lin. 3. 7. OsrRrEA cornucopia. L. Gualt., tab. 101; fig. I ( testa junior). Abita nell’ Oceano indiano ed americano ( Lin. ). Fossile nel Piacentino. ( 566 ) L'individuo che ho sott'occhio è privo dell’ operculo o sia della valva superiore. Rimane soltanto l’ inferiore che è lunga tre pollici e mezzo , e che in grazia della sua forma pira» midale e tubulata rassomiglia ad un corno, la direzione del quale è flessuosa. La cavità interna ha circa due pollici e un quarto di profondità, la sezione dell’apertura è obliqua, di figura ovale, ed il maggiore suo diametro è di un pollice. Sulla superficie si scorge un gran numero di pieghe lamel- lari e imbricate, e due cordoni piatti e lisci che partendo dal cardine si prolungano fino all’ estremità opposta, e sono separati da un canaletto poco profondo segnato da rughe on- deggianti. Essi sono le tracce dell’antico cardine che di mano in mano che la conchiglia cresceva di lunghezza, si andava allontanando dall’apice della valva. Questo individuo si discosta da quelli dell’ ostrea cornucopia che si veggono in istato naturale ne’ musei, in quanto che essendo meno dilatato alla base esprime meglio la figura di un tubo. Siccome il margine dell’ apertura è detrito, non si può riconoscere se abbia que’ denticoli che si scorgono negli esemplari marini, ma sembra che ne rimanga qualche vestigio. 8. OsrreA Forskahlii. L. Martin., tab. 72, fig. 671, a, b, c. Abita nel Mare Rosso ( Lin. ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. Si uniforma a maraviglia alla figura di Martini ed alla estesa descrizione che ha dato Chemnitz di questa conchiglia che fu trovata da Forskahl in istato naturale presso la spiaggia del mare Rosso, ed in istato fossile nell’ Egitto. Essa ha tanta so- miglianza con la precedente , che lo stesso Chemnitz progettò (567 ) di chiamarla Cornucopia del mare Rosso, e di fatto nessuna differenza essenziale si sa ravvisare fra l una e l’ altra. Nul- ladimeno, mediante il confronto di molti esemplari di vario volume, mi è sembrato di riconoscerne una, ed è che nell’ostrea Forskahlii mentre l’ animale ingrandisce il guscio, non allunga con eguale proporzione il becco della valva inferiore, facendo nuove aggiunte di materia testacea alla linea del cardine: quindi è che gl individui adulti che abbiano, per esempio, tre pollici di lunghezza, presentano un’ apertura molto ampia, ed il becco è così corto che la valva non ha più quell’ appa- renza tubulosa che la faceva rassomigliare ad un cornucopia, ma acquista in cambio una forma naviculare. In consegnenza di ciò io credo di riconoscere l’ ostrea For- skahlii in alcune altre ostriche che oltrepassano la lunghezza di quattro pollici, e che ho rinvenuto in Valle di Andona e nelle Crete Sanesi. La loro valva inferiore ha l’ apertura molto dilatata, talchè somigliano ad una barchetta, la cui prora è costituita da un becco cuneiforme concavo al di sotto, su cui è scolpita la fossa del legamento che forma un canaletto piramidale, trasversalmente rugoso. Il margine d’ambi i lati del cardine ha una serie di stimmate o di punti scavati che continuano talvolta per tutta la periferia della valva, come appunto si scorge nell’ ostrea Forskahlii, e la superficie esterna è, come in questa, solcata da piegature longitudinali più o meno regolari e formate di lamine imbricate. g. OsrrEA crispa: nob. Testa oblonga , rudis, umbonibus pectinatis, valva inferiori excavata , lamellis imbricatis crispis; superiori. plana, costis longitudinalibus tuberculatis; fossa cardinali angusta , claviformi. (568) Aldovr., Mus. métall., pag. 463, fig. 1, 2 ( fossilis). Fossile nel Piacentino. Ho sott’ occhio un individuo di quest’ ostrica quasi mezzo piede lungo, e largo oltre quattro pollici, che ha esternamente una tinta nericcia che sembra essere naturale, avendo la con- chiglia sofferto pochissima alterazione durante il lungo sog- giorno sotterra. La valva inferiore è concava e coperta di squame fogliacee e crespe, disposte in serie arcuate trasver- sali; la superiore è quasi piana, rigata per lungo da coste rotondate sparse di squame imbricate, e gli apici nell’una e nell’ altra presentano un largo spazio orbiculare radiato a guisa dei pettini, ai lati del quale, specialmente nel destro, il mar- gine è prolungato e compresso in maniera che rozzamente imita le orecchie dei pettini stessi. La fossa del legamento è costituita da uno stretto e profondo canale che si allarga nella sua estremità superiore. I solchi radiati longitudinali distintamente riconoscibili, co- me sì è detto, in vicinanza degli apici ( ma non espressi nella figura dell’ Aldovrandi, che d’ altronde è ottima ), e quella specie di appendice auriculare sembra che palesino un pas- saggio fra i pettini e le ostriche grossolane; passaggio che è più evidente in altre ostriche della stessa famiglia che mo- strano indizj più manifesti di orecchiette, quale è 1’ ostrea semiaurita di Gmelin, e la bdbiauriculata di Lamark. 10. OsrreA denticulata. Chemnitz. Martin. , tab. 73, fig. 6072, 673. Encyclop. méth., tab. 183, fig. 1, 2. Abita nei mari dell’ Asia e dell’ Europa ( Chemn. ). Fossile a San Miniato in Toscana. ( 569 ) Il guscio di quest’ ostrica in un individuo lungo due pol- lici e mezzo ha la grossezza di sette linee, ed è composto di una successione di sfogli indicati nella superficie esterna da altrettante rughe arcuate e concentriche, come si scorge nella figura dell’ Enciclopedia copiata da quella di Martini. La fossa del legamento è larga e solcata per traverso , ed il margine delle valve lateralmente ad essa è guarnito di una serie di crenellature, di cui rimangono le tracce nell’orlo di tutti gli sfogli che costituiscono la grossezza della conchiglia. Chemnitz dopo di avere fatto una specie distinta di questa ostrica, propende a credere che meglio sarebbe di unirla al- l’edulis, il che fu poi eseguito da Gmelin. 11. OsrrrA pusilla: nob. Testa oblonga, rostrata, valva inferiori concava, lamellosa , altera planiuscula, breviori, cardine fornicato , lateraliter cre- nulato. List., tab. 199, fig. 33? Abita nella Giamaica ( List. ). Fossile a San Miniato in Toscana. Molte di quest’ ostriche trovai nelle colline di San Miniato, e tutte assai picciole, di maniera che la più grande è lunga sei linee all'incirca, ma non saprei assicurare se apparten- gano ad una specie capace di acquistare con l’ età maggior volume. Esse hanno una forma stretta e bislunga , e terminano inferiormente ton un rostro ricurvo, che è piegato ora a destra ed ora a sinistra. La valva superiore è piana o leggermente concava, più sottile e più liscia: l’ inferiore è convessa ed irregolarmente rugosa, e la sua concavità si prolunga fin sotto al cardine: il margine è lateralmente crenellato come nella specie precedente. (970) Di quest ostrica ha forse inteso di parlare Scheuchzer nel Museum Diluvianum sotto il nome di ostrea parva fossilis ni- gricantis coloris ex Italia, pag. 83. 2.° Con le valve più gibbose da un lato. 12. OsrrrA tuberculata. Olivi — Ostrea inflata. Chemnitz — Ostrea fasciata. Renieri — Ostrea glacialis. Poli. Gualt., tab. 88, fig. F, F. Poli, Testac. II, tab. 28, fig. 19, 21. Abita nell’ Oceano indiano ed americano ( Chemn. ), e nel- l Adriatico ( Ren. ). Fossile nel Piacentino e in Piemonte. L’ostrea fasciata, glacialis e inflata hanno moltissima ana- logia fra loro, e le due prime sono state da parecchi con- chiologisti scambiate l'una per l'altra. La specie che il Poli ed il Renieri trovarono ne’ mari dell’Italia, e di cui ho pre- senti due begli esemplari, fu qualificata dal primo per l’ ostrea glacialis, e dall’ altro per la fasciata; ma non può competere a quest ultima, che secondo la definizione data da Linneo nella X e XII edizione del Systema Natura e ripetuta nella descrizione del museo della Regina Ulderica, debbe avere venti raggi, mentre in quella di cui parliamo se ne annove- rano distintamente trenta, oltre ad alcuni altri più minuti ai lati dell’ apice: a ciò si aggiunga ch’essa ha le valve nota- bilmente tumide, mentre Linneo nell’ opera testè allegata as- serisce che nell’ ostrea fasciata sono poco convesse. Questa bi- valve non si può ragguagliare tampoco alla glacialis, in cui i raggi longitudinali non sono continui, ma interrotti, il cardine ha una direzione retta piuttosto che obbliqua, l’ orecchietta (571) anteriore è notabilmente ingrossata, e le valve non sono in- ternamente striate: il contrario di tutto ciò si ravvisa nella nostra, e se l Olivi ha creduto di presentarla come una specie distinta che individuò con 1° epiteto di ostrea tuberculata, ha certamente avuto tutta la ragione di farlo. Essa per altro fu prima che da lui descritta da Chemnitz sotto il nome di pecten inflatus, e delineata da Martini nella tav. 68, fig. 649 a, a cui perfettamente corrisponde l’altra sopra indicata del Gual- tieri, citata da Chemnitz istesso e dall’ Olivi, e che Gmelin attribuì all’ostrea fasciata. È d’uopo di avvertire che questo ultimo autore registra esso pure un’ostrea col nome d’ inflata, ma è diversa da quella di Chemnitz, e si riferisce al pecten bullatus di Born; ciò nulla ostante doveva egli collocarla nella terza tribù piuttosto che nella prima , essendo conformata come quelle testè mentovate. 13. OsrrEA strigilata: nob. ( tav. XIV, fig. 19 ). Testa ovato-oblonga, longitudinaliter subtilissime striata, pa- rum convexa, cardine recto, auriculis subaqualibus, margine crenulato. Fossile in Valle di Andona. Affine all’ ostrea inflata di Gmelin, ma molto meno con- vessa e più dilatata di essa, e rigata per lungo da strie così sottili che appena si distinguono ad occhio nudo. Il margine delle valve comparisce crenellato tutto all’intorno; il car- dine non è obbliquo come nella precedente, ma sibbene retto, e nell’area del legamento si scorge una fossetta trasversal- mente bislunga. Il maggiore individuo da me trovato ha so- lamente tre linee di lunghezza ed è largo due. 14. OsrREA nivea. Renieri. ( tav. XIV, fig. 14). (572) Testa ovato-oblonga, longitudinaliter sulcata, lateribus com- pressis , natibus gibbis, incurvatis, cardine recto. Abita nell’Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. Il Renieri che scoprì nell’ Adriatico questa bivalve, avvertì ch' essa è prossima all’ ostrea inflata del Systema Nature, a cui di fatto somiglia, ma assai meno della precedente. Essa si distingue da tutte le altre specie cognite del genere Lima di Lamark per essere lateralmente compressa, e per avere gli apici molto protuberanti. Le valve sono sottili e pellucide, solcate nella superficie interna ed esterna da tenuissime linee; il cardine è retto e l'area del legamento strettissima. Non ne ho rinvenuto che un individuo lungo poco più di due linee, ma nel mare ve n’ha della lunghezza di mezzo pollice. 3.° Con le valve radiate e fornite di orecchiette. Pettini. 15. OstrEA Jacobea. L. Aldovr., Testac., pag. 500, fig. 1, 2; pag. 504, fig. 2. Moscardi, Museo, pag. 207, fig. 2. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 3, 4. Gualt., tab. 99, fig. B. Ginann. II, tab. 16, fig. 123. Poli, Testac. II, tab. 27, fig. 1, 2. Mercati, Meétalloth., pag. 297, fig. 2 ( fossilts ). Aldovr., Mus. métall., pag. 474; fig. 2 ( fossilis ). Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Olivi, ecc. ). Fossile nel Piacentino, a Monte Luro nel Pesarese, a Monte Mario presso Roma, nel Sanese, ecc. 16. OsrrEA maxima. L. (973 ) Bonann., Recr. 2, fig. 8 — Mus. Kircher. 2, PI vi Gualt. , tab. 98, fig. A, B; tab. 99, fig. ”: Abita in quasi tutt'i mari europei (Lin. ), e nell'Adriatico? ( Ren. ) Fossile nel Piacentino, nel Sanese ed a San Miniato in Toscana. A San Miniato ne ho raccolto un individuo della lunghezza di due pollici e mezzo, somigliante a quello rappresentato da Martini nella tav. 60, fig. 586, considerato da Chemnitz come una varietà, poichè le coste mancano di strie longitudinali. 17. OsrrEA pleuronectes. L. Bonann., Recr. 2, fig. 354. — Mus. Kircher. 2, fig. 108. Gualt. , tab. 73, fig. B. Aldovr., Mus. meétall., pag. 169, fig. 2; 3 ( fossilis ). Abita nell'Oceano indiano ( Lin. ). Fossile in Valle di An- dona presso Asti, a Castell’ Arquato nel Piacentino, nelle Crete Sanesi, a Certaldo in Toscana e nel monte della repub- blica di San Marino. Ne ho trovato del diametro di un pollice e mezzo fino a quello di cinque e con ambedue le valve conservatissime. Nel- l'interno si annoverano da 24 a 26 raggi, nel che differisce dall’ ostrea japonica con cui ha la massima analogia , la quale ne ha 48 all’ incirca. 18. OsrREA varia. L. Aldoor., Testac., pag. 503, fig. 5. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 5. Gualt., tab. 73, fig G, N: tab. 74, fig. R Ginann. IL, tab. 14, fig. 116. (574) Poli, Testac. II, tab. 28, fig. 10. Abita nel Mediterraneo (Lin.), e nell'Adriatico ( Ginanni, ecc. ) Fossile nel Piacentino. Talvolta è così poco alterata che conserva internamente il naturale suo colore avvinato. 19. OsrneA plica. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 9 Abita nell’India ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile nel Piacentino. Ottimamente ha osservato il Bonanni che il margine di questa conchiglia è segnato da un gran numero di minute crenellature, il che è uno de’ suoi distintivi caratteri, avvertito altresì da Linneo nella descrizione del Museo della Regina Ulderica, ma non espresso nella figura di Martini, che d’ al- tronde è ottima. Oltre alle sei grosse coste, è longitudinal- mente scanalata da sottili strie rotondate che non vengono punto intersecate da xughe trasversali. La figura C C della tav. 74 del Gualtieri, come pure 1’ altra di Lister, cav. 171, fig. 8, citate da Gmelin, spettano all’ ostrea pes lutre che a torto pretende Chemnitz essere l’ostrea plica mutilata nelle orecchiette. Gmelin ha replicato la citazione delle stesse figure sotto ambedue queste specie, copiando, ri- spetto alla prima, quanto scrisse Linneo nella sua Mantissa altera, ed attenendosi per l’altra alla sinonimia di Chemnitz, senza riflettere che questo autore in tanto fece uso di quelle figure, in quanto che opinava, come si è detto, che l’ostrea pes lutre non fosse diversa dall’ ostrea plica. 20. Osrrra coarctata. Born ( tav. XIV, fig. 9 ). Fossile nel Piacentino. (575) Non ne fu trovata che una sola valva, ed un altro indi- viduo egualmente incompleto ne ho veduto nel Museo Reale di Firenze. Born che conosceva questa conchiglia in istato marino, e che ne ha fornito una circostanziata descrizione a cui rimetto il lettore, riferì ad essa la figura di una bivalve delineata da Knorr nel tomo II, tav. 21, fig. 5, che è pochissimo somigliante, e che Chemnitz crede appartenere all’ostrea corallina. Comunque ciò sia, diversifica per certo dalla corallina | ostrica di cui parliamo, che nel numero e nella grossezza de’ suoi sei raggi si accosterebbe piùttosto alla specie precedente; ma essa è notabilmente convessa, quando l’altra è quasi piana, le strie longitudinali sono molto più fine, ed il margine non sembra essere crenellato, ma solamente frastagliato dalle sinuosità dipendenti dall’ alternativa dei solchi e delle coste. Eadem. Var., testa minus convexa, sulcis transversim rugu- losis ? In Valle di Andona ho trovato una valva isolata di pettine della forma e della grandezza del precedente, e con lo stesso numero di raggi, ma assai meno convessa e segnata nei solchi intermedj da una moltitudine di picciole lamelle trasversali che si accavallano sulle strie longitudinali. Esternamente com- parisce screziata a larghe macchie brune e biancastre, che sembrano essere vestigi dei naturali colori; ma non saprei decidere se sia una varietà dell’ ostrea coarctata. 21. OsrrEA dubia. L. List., Conch., tab. 192, fig. 29. La patria è ignota ( Lin. ). Fossile in Valle di Andona e nel Piacentino. (576) l'epiteto con cui fu contraddistinta da Gmelin, credo che si riferisca all’incertezza in cui era questo naturalista se dovesse considerarla come identica all’ opercularis, a cui moltissimo somiglia; ma essa ne differisce in quanto che ambedue le valve hanno a un di presso l’ eguale grado di convessità. La sua forma inclina all’ orbiculare. ma è alquanto più allungata dall’un de'lati che non dall’altro; i raggi sono in numero di diciassette in diciotto, rotondati ed pb tra loro; e così que- sti come gli spaziosi solchi che gli separano, compariscono longitudinalmente striati, e ciascheduna stria è armata di pic- ciole squamette lamellari che rendono la conchiglia ruvida al tatto; ma in vicinanza degli apici essa è quasi del tutto liscia. Le orecchiette sono li striate e di grandezza di- suguale, benchè ciò non apparisca nella figura di Lister, ed il margine delle valve è tutto all’intorno della periferia in- terna gentilmente denticolato. OsrrEA tranquebaria? L. .Gualt. , tab. 73, fig. L, M. Abita in gran copia nel Tranquebar ( Zin. ). Fossile nelle Crete Sanesi. Dubito se veramente appartenga a questa specie, o se sia piuttosto una varietà della precedente. Il numero dei raggi è — pari nell’ una e nell’altra, e nell’ ostrea tranquebaria sono ap- punto da diciotto a venti, ma lisci nella superficie, rugosi negli interstizj, e nella faccia interna delle valve olii phi alla con- — vessità di essi un profondo solco. Questi caratteri si riscontrano nella nostra conchiglia fossile, che dall’ altro canto ottimamente si conforma alle figure del Gualtieri che si riferiscono alla tranquebaria. Essa si discosta dall’ ostrea dubia per la maggiore | i i I (577) convessità delle valve ( di cui non ne ho rinvenuto che alcune isolate ), perchè i raggi non hanno rughe lamellari, e sono appena striati in vicinanza del margine, e perchè finalmente i solchi compariscono più profondi e mancano di strie lon- gitudinali. 23. OsrreA plebeja — Pecten plebejus. Lamark (tav. XIV, fig. 10). ì Fossile nel Piacentino. Lamark descrive negli Annali del Museo ( tom. VIII, pag. 353 ) un pettine fossile trovato a Grignon, al quale ha dato il nome di pecten plebejus, e che mi sembra corrispondere a questo di cui presento la figura. Le sue valve sono poco grosse, mediocremente convesse , corredate di venti o ventiquattro rag- gi sottili, rigati per lungo e non rotondati, di maniera che terminano con uno spigolo ottuso a schiena di cavallo. I solchi intermedj si mostrano poco profondi, più larghi al doppio dei raggi, e segnati per traverso da rughe flessuose che negli individui adulti si scorgono eziandio sui lati dei raggi me - desimi. Disuguali sono le orecchiette, di cui la più lunga è slabbrata nella parte superiore, e nel margine contiguo alla slabbratura si osserva una serie di aculei. Lunghezza poll. 1, lin. 7; larghezza poll. 1, lin. 6. 24. OsTREA striata: nob. Testa subrotundata, radiis duodecim convexis, inaqualibus , longitudinaliter profunde striatis, transversim rugosis. Fossile nel Piacentino. Somiglia alla imbricata ed alla sauciata di Gmelin, che sono parimente fornite di raggi di disuguale grossezza; ma questa è fortemente striata per lungo tanto sulla convessità dei raggi 73 (578) medesimi quanto nei solchi intermed), e segnata di rughe trasversali che producono altrettante fine crenellature. I raggi sono in numero di dodici o di tredici, e fra due più grossi ora ve ne ha uno solo ed ora due più sottili. Niente posso dire sulla struttura delle orecchiette essendo mutilate. Lun- ghezza poll. 1, lin. 3; larghezza poll. 1, lin. 4. 25. OsrREA squama: nob. Testa rotundata, complanata, intus et extus levis, auriculis subaqualibus. Encyclop. méthod., tab. 214, fig. 6. Fossile in Valle di Andona. Ha la sottigliezza, la diafaneità e la grandezza ancora del- l anomia squamula. La sua forma è rotondata quasi senza nessuna convessità, per quanto almeno posso arguirlo da una sola valva che ho rinvenuto, ed è affatto liscia senza coste e senza solcature così nella superficie interna, come nell’ ester- na. Le orecchiette sono a un di presso della stessa grandezza, ed osseryate con lente compariscono leggermente striate per traverso. Questa conchiglia esiste ne” mari, non potendosi muo- vere dubbio che non sia quella stessa rappresentata da Bru- guiere nella citata figura dell’ Enciclopedia metodica. Lunghez- za lin. 3, larghezza quasi pari. 26. OsrrEA arcuata: nob. ( tav. XIV, fig. 11). Testa oblonga, insigniter convexa, gibba, apicibus arcuatis, recurvis, radis viginti, auriculis brevibus, aequalibus. Fossile alla Rocchetta presso Asti. Tanto si discosta questa conchiglia dall’ ordinaria configu- razione de’ pettini, che vedendone valve isolate si crederebbe a prima giunta che appartenessero a qualche cardio. Essa ha (579) una forma bislunga, dilatata nell’ estremità superiore e ristretta verso il cardine, e sulla sua superficie si contano da dician- nove in venti raggi rotondati, di eguale grossezza, e divisi l'uno dall'altro da solchi sottili. Ma ciò che sopra tutto la di- stingue è la sua grande convessità e l’incurvamento degli apici, i quali terminano con un rostro adunco , rivolto alquanto da un lato, e spalleggiato da due picciole orecchiette di eguale grandezza. Io non ho rinvenuto che le sole valve convesse, che giudico essere le inferiori, e sospetto che l’altra corri spondente possa essere piana. Nel Trattato di Lister, De animalibus Anglia, tav. 9, fig. 55 , è rappresentata una bivalve fossile molto analoga a questa e con ambedue le valve, di cui l’ inferiore sembra per l’ap- punto essere piana. Lister dice di averne veduto di tale gran- dezza che uguagliavano il volume della testa di un putto; ma la maggiore di quelle da me trovate non ha che un pollice e due linee di lunghezza, ed è larga dieci linee all’ incirca, 27. OsrrEA pyxidata: nob. ( tav. XIV, fig. 12 ). Testa rotundata, inaequivalvis , glaberrima , striis flexuosis ad utrumque latus cardinis exarata; valva inferiori convexa , supe- riori plana, @uriculis inequalibus rugosis, altera transversim striata. Fossile nel Piacentino. Il guscio di questo pettine rassembra, nella sottigliezza e nella forma, a quello dell’ ostrea ziczac, avendo al pari di questa la valva inferiore molto convessa, e la superiore affatto piana e meno estesa dell’ altra, di modo che quando la conchiglia è chiusa, i due margini non combaciano insieme; ma quello della valva inferiore sopravanza all'infuori. La superficie è ( 580 ) lucida e liscia, guarnita soltanto da rughe circolari concen- triche; ma dall’ uno e dall’ altro lato degli apici si osserva in ambedue le valve uno spazio solcato da strie longitudinali e flessuose. Le orecchiette non sono eguali fra loro, e quelle della valva inferiore compariscono trasversalmente striate, a dif- ferenza delle altre che sono segnate da rughe perpendicolari e ondeggianti. Lunghezza poll. 3, lin. 3; larghezza poll. 3, lin. 8. 28. OsrrEA flabelliformis: nob. Testa rotundata, valva superiori plana, radiis plus vel minus 35 depressis, sulcis linea elevata longitudinaliter exaratis; in- feriori convexa, radis 23 ad 27; auriculis subaqualibus , al- tera obtuse emarginata. Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. Comunissima è questa conchiglia negl’ indicati paesi, dove se ne trovano del diametro di quasi cinque pollici, ed ha ca- ratteri così cospicui che io stimo superfluo di darne la figura, potendo bastare la semplice descrizione. Essa è rotondata come l’ostrea maxima e jacobea, ed ha la sua valva inferiore di forma convessa e corredata di ventitrè a ventisette solchi molto depressi e distinti da un solco poco profondo. La su- periore è piana, o appena alquanto rilevata nel mezzo, e porta da venticinque a trentacinque raggi ancora più piatti; ma negl’ intersizj che li separano ve n° ha un altro molto sottile che bene spesso nei lati delle valve è obliterato quasi del tutto. Le orecchiette sono a un di presso eguali, ed una di quelle della valva inferiore ha una slabbratura semilunare. In Valle di Andona ne ho rinvenuto del diametro di quat- tordici linee, e di tal sottigliezza che, sperate contro la luce, si mostrano pellucide. (581) 209. Osrrra discors: nob. (tav. XIV, fig. 13 ). Testa subrotunda, radus circiter quindecim longitudinaliter striatis, interstitiis inequalibus, subtiliter rugosis. Fossile in Valle di Andona. Questo pettine niente altro presenta di singolare se non che i raggi longitudinali, di cui se ne contano dodici o quin- dici, sono separati da intervalli di disuguale ampiezza, di modo che alcuni compariscono molto ravvicinati tra loro, ed altri notabilmente distanti. Essi sono striati per lungo, ed i solchi che li separano, osservati con la lente, si veggono essere segnati da sottili rughe trasversali. Le orecchiette sono diseguali, e la più lunga presenta superiormente una slabbra- tura profonda. Lunghezza lin. 5, larghezza quasi pari. 30. OsrrEA latissima: nob. Testa rotundata , valva altera vix convexiore, radiis sex juxta cardinem nodosis, interstitiis rugosis, longitudinaliter obsolete striatis, auriculis cequalibus. Aldovr., Mus. metall., pag. 332, fig. 1, 2. Fossile in Valle di Andona e nelle Crete Sanesi. È il più grande, credo io, di tutti i pettini, poichè ne ho presente un individuo trovato in Valle di Andona e di esimia conservazione, che ha tredici pollici e mezzo di diametro trasversale. Esso è munito di cinque o sei raggi molto depres- sì e distanti, i cuni laterali sono men grossi, ed a fianco di questi ultimi si scorgono talvolta i primordj di altri raggi più sottili e quasi obliterati. Nella valva superiore che è alquanto più convessa dell’ altra, si scorgono , in vicinanza dell’ apice, alcuni grossi nodi: gl’interstizj sono trasversalmente rugosi e segnati per lungo da strie poco evidenti che negl’ individui (582 ) di mezzana grandezza passano sulla convessità dei raggi me- desimi. Le orecchie sono eguali tra loro, ed il margine di ambedue le valve è intagliato da larghe crenellature corri- spondenti alle solcature esterne. i Io credo che questo pettine gigantesco sia rappresentato nel Museum metallicum dell’Aldovrandi alla pagina citata. Chia- ramente si vede che il disegnatore ha voluto esprimere, ben- chè rozzamente, nella figura seconda, i nodi testè indicati; ma i raggi sembrano essere angolari piuttosto che rotondati, e pessimamente delineate sono le orecchiette; oltre di che le valve dovrebbero avere una forma più orbiculare. 31. OsrreA maxillata — Perna maxillata. Lamark. Aldovr., Mus. metall., pag. 87 ( fossilis ). Monti, Comment. Bonon., vol. IL, pars 2, pag. 346, fig. 1,3, 4 ( fossilis). Soldani, Testaceogr., vol. II, tab. 24, fig. A, B ( fossilis ). Fossile nel Piacentino, nel monte del Sasso nel Bolognese, presso San Leo, in Valle di Andona nel Piemonte, nel Sa- nese a Staggia, a Montajone, a Libiano , a Colle, a Montal- ceto ed a San Quirico. Immensa è la quantità di queste bivalvi in alcune colline dell’ Italia, benchè Scheuchzer che ne possedeva una scavata nel monte del Sasso, e che la denominò Ostreum polylepto- ginglimon, V abbia qualificata rarissima ( Mus. diluvianum, pag. 65 ). Ai Botroni presso Colle nel Sanese ve n° ha un intiero strato, e in tanta copia si trova in alcuni luoghi della Valle di Andona, che volendo scavare il terreno, costituito da una sabbia giallognola polverosa, difficilmente riesce di affondare la zappa. Da questa farragine di gusci è raro di ricavarne di Tr (583) perfettamente intieri, poichè al più piccolo urto sì sfasciano e si decompongono in sottilissime lamine. Sembra che la forma di questa conchiglia non sia costante. L’Aldovrandi ne rappresenta una più rotondata di tutte quelle che ho veduto, e nelle figure del Soldani e del Monti il car- dine è molto meno obbliquo di quanto ordinariamente appa- risce. Per lo più si osserva che il margine del lato anteriore è compresso, e forma un seno scavato a guisa di largo ca- nale; ma in un individuo proveniente dal Piacentino esso si stende in linea retta, o non mostra almeno che una legge- rissima compressione. Osservazioni. Fra tutt’ i testacei fossili delle nostre colline, quelli del genere Oszrea si presentano generalmente in uno stato mirabile di conservazione , imperocchè niuno ne ho rinvenuto che fosse vera- mente calcinato, e la maggior parte manifestano tracce de’ naturali colori. Ciò forse dipende da una particolare tessitura del loro guscio, e forse anche potrebbero contribuirvi la natura o le proporzioni diverse de’ principj chimici combinati con la terra calcaria che ne costituisce la base. Rispetto alla qualità delle specie, si verifica in questo, come in tutti gli altri generi passati in rivista, che molte ve n° ha indigene de’ nostri mari insieme con altre che si reputano esotiche. Nel numero delle prime sono comprese l’ ostrea edulis, jacobea, maxima, plica, varia, tuberculata e V ostrea nivea scoperta dal Renieri: spettano alle straniere l’ostrea cornucopia , Forskhalii e pleuronectes. Numerose altresì cinali. sono quelle di cui non si conoscono gli orig Tutte queste specie fossili, tranne una o due, sono differenti da quelle de’ contorni di Parigi, dove abbondano le ostriche propria mente dette, e scarseggiano 1 pettini. Lamark ne trovò soli tre di cui mancano i protipi, mentre numerosi sono in ltalia, e molto più ancora lo debbono essere di quanto apparisce dal mio catalogo , in cui mi sono limitato a registrare quelli che mostrano evidenti caratteri, Alcuni I (584) altri ne sono stati ommessi, di cui non ho rinyenuto che una sola valva, e che mi lasciavano incerto sulla determinazione della specie. XII MiTtuLO. Num. 1 genere Mytilus di Lamark; 2, 3 Modiola. I. Myrirus edulis. L. Aldovr., Testac., pag. 514. Bonann., Recr. 2, fig. 30. — Mus. Kircher., fig. 29. Ginann. II, tab. 23, fig. 168. Poli, Testac. II, tab. 31, fig. 1. Abita nel mare Caspio, Baltico e Mediterraneo, nell’ Oceano europeo e indiano ( Lin.), e nell'Adriatico ( Ginan., ecc. ). Fos- sile nel Piacentino, nel Piemonte, nel Sanese e nel Volterrano. Ne ho trovato alcuni che conservano il naturale colore cambiato soltanto dal violetto in rossiccio (*). (*) Questa conchiglia in Venezia, dove è vulgatissima e commestibile , si chiama pidocchio , nome affatto simile a quello di piddoch, che, a detta di Argenville, si da in Inghilterra al mitulo litofago o dattero di mare. Come e quando questa parola abbia trasmigrato dall’ uno all’ altro paese, sarebbe difficile d’ indovinarlo: essa non è certamente usata in Venezia da tempi molto antichi, poichè nè Massaria, medico Veneziano, nel suo libro Annota- tiones in IX Plinii librum stampato nel 1537 , nè Bellon, nè Rondelet che scri- vevano nello stesso secolo, nè 1° Aldovrandi, nè l’autore del Museo Moscardo che pubblicarono le loro opere nel susseguente, e che tutti hanno spesso registrato sotto le diverse specie di conchiglie la sinonimia vernacola vene- ziana, riportano questo termine ove parlano dei mituli. I due primi dicono che in Venezia si chiamano concole; ma questa parola non è più in corso oggidi in quel paese, (585) 2. Myrirus modiolus L. Abita nel Mediterraneo, nell’ Oceano settentrionale , indiano, americano ( Lin. ), e nell’Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Pia- centino e in Piemonte. Var., superne oblique truncata. Gualt., tab. gi, fig. H, 1. Var., superne rotundata. List., tab. 356, fig. 199. Le differenze che presentano queste due varietà sono tali che di leggieri saremmo tentati a farne specie distinte. Nella prima il margine del lato anteriore si prolunga in linea retta, ed ha superiormente una troncatura obbliqua; nell’ altra il medesimo lato è ricurvo e forma verso il mezzo un angolo ottuso e compresso , ed il margine dell’ estremità superiore è gentilmente rotondato. Questo si approssima alla modiola sub- carinata di Lamark, ma non ha quel seno che la fa compa- rire reniforme. 3. Mrrirus carinatus: nob. (tav. XIV, fig. 16). Testa ovata, lavis, latere antico carinato , superne truncato , natibus gibbis, cardine subterminali , edentulo. Fossile in Valle di Andona. Somiglia al mytlus discors, ma è affatto liscio, eccettuate alcune rughe trasversali che sono i vestigi dell’ accrescimento, e che si veggono segnatamente in vicinanza del margine. Le valve hanno verso il mezzo una leggiera compressione longi- tudinale ed una carena elevata nel lato anteriore , il quale è superiormente troncato in isbieco, mentre il lato opposto è in quella situazione rotondato. Gli apici sono protuberanti , incurvi e situati molto dappresso all’ estremità posteriore che 4 (586) sì prolunga alquanto al di sopra di essi. Nel cardine non si ravvisa indizio alcuno di denti. Lunghezza lin. 2 all’ incirca, larghezza lin. 3. Osservazioni. Il Santi e il Borsoni dicono di avere trovato fossile il mytilus lithophagus, il primo ne’ contorni di Pienza nel Sanese, e l' altro nelle cellule di una calcaria nera in vicinanza di Torino. Non ho dubbio che questi naturalisti saranno stati abbastanza accorti per non prendere in iscambio la chama coralliophaga che somiglia mol- tissimo a quel testaceo. Questo genere, come si è veduto, è poverissimo di specie fossili, e due sole di quelle che ho registrato hanno gli originali nell’Adria- tico. Lamark nelle adiacenze di Parigi trovò due mituli, uno de’ quali è similissimo all’ urgulatus di Linneo, e tre Modiole, di cui la sub- carinata è così conforme al mytus modiolus , ch'egli la considera una semplice varietà. XIII SponDpiILO. Lamark non ha introdotto riforme in questo genere linneano. 1. Sponprius gederopus. Var. p. L. Bonann., Recr. et Mus. Kircher. 2, fig. 18. Abita nel Mediterraneo ( Chemnitz ). Fossile nel Piacentino. Questa varietà non è armata di lunghe spine, ma rigata per lungo da un gran numero di strie muricate, fra le quali ve n’ ha cinque o sei più prominenti delle altre, e guarnite di tubercoli nodosi e imbricati. Chemnitz che I ha descritta in istato marino, dice di non averla veduta intiera in veruna rac- colta, poichè mancava sempre della valva superiore; ma un esemplare fossile perfetto proveniente dal Piacentino ne esiste nel museo del Consiglio delle Miniere, in cui si riconosce (587 ) che la suddetta valva è tanto convessa quanto la sua corri» spondente, ed affatto simile ad essa in tutti 1 caratteri. La figura del Bonanni è mediocre, perchè a lato del cardine non sì ravvisa verun indizio di orecchiette, che sono pur patentissime, e perchè le strie intermedie a quelle più grosse non compariscono muricate. Idem. Var. Y. L. Gualt., tab. 100, fig. A. Fossile nel Piacentino. È coperta di robuste spine scanalate mediocremente lun- ghe e frammiste a lamine fogliacee increspate, le quali si veggono dominare sole in vicinanza degli apici. Idem. Var., testa oblonga, lateraliter compressa, striùs mu- ricatis exasperata: nob. Fossile nel Piacentino. Tutte le varietà conosciute dello spondylus geederopus che sono in gran numero, hanno una forma rotondata che si accosta all’ orbiculare, ma questa all’ opposto è bislunga e notabilmente compressa dai lati, talchè è larga la metà soltanto della sua lunghezza, ed ha una forma naviculare. La superficie è co- perta di sottili strie minutamente granulate, fra le quali altre ve n’ha più prominenti, guarnite di squame acute e imbricate , ma gli apici sono nudi o solamente corredati di lamine dispo- ste in serie arcuate e concentriche. Lunghezza poll. 2, lar- ghezza poll. 1. OsservazionI. Quando non si volesse credere che quest’ ultima va- rìetà formasse piuttosto una specie distinta ( nè mi opporrò a chi fosse di questo avviso ), un solo spondilo esisterebbe fossile nel no- stro suolo, per quanto è a mia notizia, ed uno solo se ne conosce \i eni (588) altresì nell’ Adriatico e nel Mediterraneo, il quale è lo stesso spon- dylus gederopus. Vuolsi avvertire per altro che le varietà di questa conchiglia che s’ incontrano negl’ indicati mari, sono diverse da quelle da me descritte. Lamark ne’ contorni di Parigi ne ha trovato una sola specie di cui manca l’ analogo. XIV. PINNA. Lamark ha lasciato intatto questo genere Linneano. I. Prvna nobilis. L. Aldovr., De testac., fig. 533. Bonann., Recr. 2, fig. 24. — Mus. Kircher., fig. 26. Gualt., tab. 78, fig. B. Ginann. II, tab. 25, fig. 166. Poli, Testac. II, tab. 35, fig. 1, 2. Abita nel mare Mediterraneo, Adriatico ed Americano (Lin.). Fossile nel Piacentino. Ciascheduna valva è nell’un de’lati rigata da coste longitu- dinali armate di squame concave-convesse , e nell’ altro segnata da strie obblique ed inermi; ma questo carattere non si vede espresso nelle figure dell’ Aldovrandi e del Gualtieri, nè in quelle tampoco del Bonanni e del Ginanni, che il Poli cre- dette di applicare in vece alla pinna muricata. Gmelin, all’ in- contro, attribuì la figura del Ginanni alla pinna rudis, ma se vero è, come egli se ne mostra persuaso, che tutte le altre sopra citate appartengano alla pinna nobilis, vi debbe altresì competere questa che non è in nulla differente da esse. (589 ) Nel Piacentino fu trovato un bell’ individuo di questa pinna della lunghezza di nove pollici e con ambe le valve in ottimo stato di conservazione. 2. PINNA tetragona: nob. Testa angustata, lavis, intus et extus margaritacea , valvis prismaticis, carinatis, sutura media longitudinali distinctis. Fossile nel Piacentino. Le valve di questa pinna sembrano composte di due piani molto inclinati che coincidono insieme nel mezzo, formando una carena a schiena di cavallo, di modo che quando esse sono unite rappresentano un prisma tetragono la cui base è romboidale. Questi due piani o queste due porzioni della valva non sono continue, ma divise nella carena da una sutura e saldate insieme da certa sostanza che si stritola, a guisa del- l'amianto, in minuti frammenti aghiformi di un lustro mar- garitaceo, e che sembra essere di natura testacea. Essa si rav- visa altresì lungo il margine esterno delle valve dove era attaccato il legamento. L'individuo fossile è lungo otto pollici e largo poco più di tre, ma non intiero. Esso è sommamente fragile e si sfoglia in sottili lamine argentine che somigliano a quelle della mica di Moscovia, e quantunque manchino in gran parte gli strati superficiali, si conosce nulladimeno , da quanto ne rimane, che la conchiglia non doveva avere nè coste nè squame. Essa è una specie affatto distinta da tutte quelle che si conoscono, benchè rispetto alla carena si approssimi alla pinna incurva di Gmelin, ma questa non ha la sutura longitudinale, ed è verso il cardine notabilmente incurva, mentre la nostra si stende in linea retta. | inten Lea teneri ea ( 590 ) i L’Aldovrandi nel libro De testaceis delineò una pinna co- piata dalla figura di Rondelet, in cui si scorge nel mezzo delle valve certa striscia che ha 1° apparenza di una sutura; ma dalla descrizione dell’ uno e dell’ altro di questi autori non sì viene in chiaro che cosa essa rappresenti. Osservazioni. Io non ho citato che due sole specie di pinne, una delle quali, la pizra nobilis, ha l'analogo vivente ne’ nostri mari, ma ho motivo di credere che ne esista fossile qualche altra. Attesa la grande loro fragilità, e la tendenza che hanno di dividersi in lamine, è sommamente difficile di ricavarne esemplari in cui sì pos- sano riconoscere i loro distintivi caratteri. Dal catalogo che. abbiamo dato delle bivalvi apparisce adunque ch’ esistono fossili in Italia conchiglie di tutti i generi del sistema di Linneo appartenenti a tal classe. Rispetto a quello di Lamark, man- cano i generi Cuculleea e Crassatella, di cui si trovano alcune specie ne’ contorni di Parigi, ma in quel suolo, dall’ altro canto, non si è per anche scoperta veruna mia, nè veruna panopea. (591 ) CLASSE III MULTIVALVI. L FOLADE. Num. 1, 2 genere Pholas di Lamark; 3 Zistulana. 1. Pzoras rugosa: nob. ( tav. XI, fig. 12,a,b, c,d). Testa ovalis , turgida , antice obsolete carinata ; rugis flexuosis, transversis. Fossile nel Piacentino. Nella Scozia illustrata del Sibbaldo è figurata una folade che somiglia a questa, tab. 20, fig. 1, 2, 3; ma non ha sufhi- cienti caratteri perchè si possa credere identica, ed è proba- bile che appartenga in vece alla pholas crispata di Linneo che è molto differente dalla nostra. Questa ha le valve composte di tre pezzi uniti insieme per mezzo di particolari suture, e rigati da rugosità trasversali sottilissime nel pezzo posteriore, fig. a, 1, alquanto più rilevate in quello di mezzo, @,2, e più grosse ancora nell’ anteriore, @, 3, in cui sì ravvisa in oltre una costa poco rilevata che va dal cardine al margine in direzione obbliqua, e che è il principale carattere che di- stingue questa folade, di cui ho rinvenuto molt’ individui nelle cellule di un sasso calcario. Jo ho avuto cura di rappresentarla sotto quattro differenti aspetti. Nel num. 12 della tav. XI si hanno Ie due valve in- tiere nella loro naturale situazione, e viste dalla parte supe- riore, lett. a; una valva isolata che mostra la faccia interna, lett. b; le due valve senza il pezzo posteriore, come sovente ( 592) accade di trovarle quando non sono bene conservate , lett. c; e finalmente la conchiglia presentata dal lato posteriore, lett. d, dove avverto che manca la calva accessoria, non essendomi riuscito di trovarla in verun individuo. La lunghezza di questa folade dal cardine al margine è di lin. 9, e la larghezza di poll. 1, lin. 4. 2, Puotas pusilla. L. ( tav. XI, fig. 13 ). Gualt., tab. 105, fig. F. Abita nell’ Oceano americano e indiano ( Lin. ). Fossile a Sogliano presso Cesena, a Fango Nero presso Siena ed a Montalceto. Le sue valve sono composte, come nella precedente, di tre pezzi di cui l’ anteriore è liscio, il posteriore solcato per tra- verso , e quello di mezzo rigato da strie egualmente trasver- sali, ma intersecate da altre più sottili, donde ne risulta un finissimo tessuto reticolare, che non si può distinguere che con l’ajuto della lente. Questa folade fu da me trovata. nei fori di un ciottolo calcario raccolto a Sogliano, ed è lunga mezzo pollice e larga tre linee: il Baldassari ed il Bartalini l’incontrarono nelle pietre del Sanese. La sopraccitata figura del Gualtieri è riferita da Gmelin alla pholas striata, ma Megerle giudica con tutta ragione che ap- partenga a questa specie. 3. Pazoras hians. L. Ginann. II, tab. 23, fig. 164. Poli, Testac. I, tab. 7, fig. 12, 13. Abita nell’ Atlantico presso le isole dell’ America ( Lin. ), nell’ Adriatico ( Ginanni, Renieri, Olivi ), e nel golfo di Na- poli ( Poli ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona. ( 593) La pholas hians fa fatta conoscere prima di ogni altro dal Ginanni, benchè la figura ch’ egli ne ha dato sia stata di- menticata da tutti conchiologisti che hanno in appresso par- lato di questa bivalve. Essa si trova nell’ Adriatico e nel Me- diterraneo internata ne’ massi calcarei che ha la facoltà di trapanare, e dall’ Olivi e dal Poli è stata scambiata con la pholas pusilla. Daudin manifestò il dubbio che questa folade altro non sia che le due valve di qualche fistulana sconosciuta, ma Megerle è di contrario avviso adducendo che tanto egli stesso quanto Chemnitz l’ hanno sempre incontrata libera nelle cellule delle masse madreporiche , senza che fosse circondata da quel tubo testaceo che sogliono fabbricare le fistulane , e credette quindi di classificarla nel suo nuovo genere 7rapezium ( Magaz. zu Berlin, an. 1811, erstes Quartal, pag. 69 ). Ma le osservazioni recentemente fatte dal Renieri, e non per anche pubblicate, pienamente confermano la conghiettura di Daudin. Il professore di Padova si è accertato che quando la pholas hians è ricoverata nell’ interno di qualche corpo so- lido, non ha costantemente che le due semplici valve, e che essendo costretta di vivere allo scoperto, si circonda allora di una vagina tubulosa alla maniera delle altre fistulane. Io ne ho veduto presso di lui un individuo le cui valve erano im- prigionate in un tubo calcareo, di figura piriforme allungata. Questo litofago trovasi frequentemente in istato fossile nelle nostre colline, e per lo più nell’interno del guscio di qual- che grossa bivalve. In Valle di Andona molti ne ho rinve- nuti in quelli dell’ arca polyodonta, ed è facile di avvedersi se contengono queste conchiglie parasitiche, essendo in tal o£: 79 ( 594 ) caso pertugiati nella esterna loro superficie. Gl’ individui fos- sili sono perfettamente simili nella grandezza medesima a quel- li che vivono ne’ mari attuali: su sette linee di lunghezza ne hanno all’incirca quattro di larghezza; ma nella stessa Valle di Andona ho trovato una valva isolata che tanto si discosta da queste proporzioni, che ho stimato bene di farla delineare (tav. XI, fig. 14, a, db ). Essa è lunga nove linee e larga tre, e si approssima nella figura a quelle della fistulana clava e della fistulana annulata di Lamark: ma le valve nella prima sono carinate ed obbliquamente striate nella loro metà poste- riore; e la fistulana annulata ha verso il cardine uno spazio solcato da alcune coste rilevate. Osservazioni. Delle foladi fossili e delle pietre da esse traforate che si trovano nei nostri terreni terziarj, hanno già da lungo tempo fatto menzione parecchi naturalisti italiani, il Michieli, il Targioni, il Bastiani, l’Allioni, il Monti e varj altri scrittori dell’ oltrepassate secolo. Prima di essi l’ Aldovrandi nel Museum metallicum aveva dato la figura di una selce di colore cenerino raccolta nel Sanese e tutta bucata da cellule che sembrano essere state scavate da vermi lito- faghi; fenomeno che il Baldassari verificò poi ne’ contorni di Mon- talceto pur nel Sanese, dove assicura di avere rinvenuto parecchi pezzi di sasso corno vitrescibile e non attaccabile dagli acidi., sforac- chiati qua e là dalle foladi. Questo fatto, che è in generale sorpren- dente abbastanza, lo sembrerebbe molto più a coloro i quali pretesero che questi animali non trapanino altramente i macigni con mezzi meccanici, ma che abbiano bensì la facoltà di sciogliere la pietra mediante un liquore corrosivo. Questa vecchia opinione è stata aì tempi nostri riprodotta dal signor Fleuriau di Bellevue, il quale de- cise che i vermi marini litofaghi non s'introducono salvo che nelle rocce calcarie e non mai nelle selci, negli schisti argillosi e nei gessi quantunque men duri ( V.Journ. de physig., tom. 54, p- 345). Ma l’Olivi (595 ) da venti anni fa annunziò di avere avuto tra le mani pezzi di lava compatta tratti dal fondo dell’ Adriatico, in cui stavano appiattate fo- ladi vive in nicchie proporzionate alla grandezza del guscio ( Zoolog. Adriat., pag. 94. Quando vogliasi ragionare su tale argomento con- viene , per quanto mi sembra, darsi carico di citare questi fatti o veri o illusorj che sieno, ma riferiti almeno da accreditati scrittori. Se le pietre cribrate richiamarono da lungo tempo in Italia l’ at- tenzione de’ naturalisti, non vuolsi per altro credere che tutt’i testacei trovati in esse racchiusi fossero foladi, quantunque sieno spacciati sotto questa denominazione. Quelli di cui ha parlato Giuseppe Monti in una Memoria inserita nei Commentarj di Bologna , tom. Z/, parte 2, pag. 52, sembrano appartenere alla venus Zzhophaga per quanto si può arguire dalla figura ch'egli ne ha dato. Narra l'Allioni ch’ egli possedeva molte foladi fossili diverse da quelle figurate dal Monti, e sconosciute ai conchiologisti, ma la sua descrizione è troppo oscura perchè si possa individuarne la specie. Siccome egli dice che furono da lui trovate entro il guscio di grandi testacei provenienti dalla Valle di Andona e che le loro valve erano sottilissime, quasi trasparenti, della lunghezza di tre linee e larghe tre e mezzo, si potrebbe cre- dere per induzione ch’ egli avesse avuto sott’ occhio la pholas pusilla che è ovvia nella predetta situazione; ma poichè soggiunge che mo- stravano un lustro margaritaceo, questa conghiettura svanisce. ( Oryc- togr. pedement., pag. 28 ). Il Baldassari fu il primo nel 1779 che s'ingegnò di ragguagliare ai generi ed alle specie linneane i litofaghi da lui raccolti nel Sanese, e riferisce di avere riconosciuto in quelle pietre la pholas dactylus, costata e pusilla ( Osservaz. sui bagni di Montalceto, pag. 22), il che fa poi ripetuto dal Bartalini ( Caza/. delle piante de’ contorni di Sienu , pag. 130 ). Io non sono stato così fortunato d’ incontrare le due pri- me, l’una delle quali, la pholas dactylus, vive attualmente ne’ mari dell'Europa e nel nostro Adriatico stesso , e 1’ altra nell’ Oceano ame- ricano. Anche Davila annunziò che la pholas dactylus si scoprì al tempo suo a Courtagnon in Francia, e che fu la prima e la sola che sia stata veduta in istato fossile ( Catalog. systemat., ecc. , tom. 3. ( 596 ) pag. 169 ), ma essa non è riportata da Lamark, il quale positiva- mente dichiara che fra i testacei de’ contorni di Parigi non incontrò veruna specie di questo genere. Sarebbe desiderabile che qualche naturalista sanese si occupasse a fare una compiuta raccolta delle conchiglie litofaghe annidate nelle pietre di quel territorio, dove, secondo la descrizione del Baldassari, ve n’ ha in varj luoghi una quantità prodigiosa. A Chianciano, dice egli, frequentissimi sono i massi bucati da foladi, da dattili e da altri vermi marini, e non sempre rotolati, ma bene spesso cogli spigoli vivi , talchè è presumibile che sieno stati staccati dal monte vicino, i cui strati in qualche situazione scorgonsi tutti ripieni de’ sopraddetti fo- rami. Nè quello, soggiunge egli, è il solo luogo dove un tal feno- meno si presenti, imperocchè lo stesso si osserva in molte parti dei monti che fanno corona al vasto catino delle Crete Sanesi, là ’ve ter- mina il lembo estremo delle colline cretacee. Per accertarsi di ciò, basta dare un’ occhiata ai monti che si stendono in vicinanza dei Castelli di Petrojo, di Castelmuzio, di Montisi, di Montelefrè , di Trequanda fin sotto alla torre di Montalceto, e s' incontreranno, per così dire, ad ogni passo sterminatissimi scogli e strati particolarmente calcarei eribrati da innumerabile quantità di siffatti pertugi di varie grandezze , ed apparenti soltanto nella superficie esterna. Io, seguita il Baldassari, ne ho veduto altresi ne’ contorni di Montepulciano , e per la strada che da Radicofani conduce a San Casciano ai Bagni ( Delle acque miner. di Chianciano , pag. 19 , seg. ). Spezzando adunque que’ massi, e raccogliendo i gusci colà imprigionati, facile sarebbe di scoprire molte nuove specie di litofaghi, ed io efficacemente eccito il mio dotto amico professore Ricca ad occuparsi intorno a questo la- voro, avendo egli l’ agio di farlo e le cognizioni necessarie per otte- nerne un buon risultato , e giovare così ai progressi della conchio- logia fossile. (597) II LEPADE. Tutte queste specie fossili appartengono al genere Balanus di Lamark. 1. LepPas tintinnabulum. L. Gualt., tab. 106, fig. E, H, I. Monti, Comm. Bonon., vol. III, pag. 327, tab. 7, fig. 2. — lbid., fig. 3 ( fossilis ). Aldovr., Mus. metall., pag. 170, fig. 1 ( fossilis ). Abita nell’ Oceano europeo ( Lin. ), indiano, americano e settentrionale ( Gmel. ). Fossile in varj luoghi d'’ Italia. Nel Piacentino ne sono stati trovati individui larghi tre pollici alla base, ed alti altrettanto, ch'è la massima gran- dezza, cred'io, a cui giunga questa conchiglia. Essa è co- mune fra noi in istato fossile, e per lo più conserva tracce del suo naturale colore rossiccio. Frequentemente si rinven- gono ancora pezzi disuniti del suo operculo, i quali hanno una figura triangolare, e sono graticolati nella superficie me- diante l’incrociamento di strie elevate trasversali con altre longitudinali, guarnite di piccioli nodi compressi e imbricati. Io credo essere questi i medesimi corpi che furono presi da Wallerio per orecchiette di pettini ( Mineral., tom. II, pag. 509 ), e da Scheuchzer per ossetti di echino ( Mus. dilu., pag. 87, num. 828 ). Io gli ho incontrati più volte nella cavità dei balani medesimi, ed insieme con questi altri ne ho veduto in figura di ferro di freccia, a cui Luid diede il nome di Hamelli ( Ichnogr. litophyl. Britann., num. 609), i quali niente altro sono che le valve anteriori dell’ operculo di questo testaceo. (598 ) Il balano trovato dal Poli nel mare di Napoli e qualificato per la lepas tulipa, non è forse diverso dal tintinnabulum , anzi parecchi conchiologisti non hanno fatto distinzione ve- runa fra queste due specie. 2. Lepas balanus. Aldovr., Testac., pag. 524, fig. 3, 4- Poli, Testac. I, tab. IV, fig. 5. Abita nell’ Oceano europeo, nel Mediterraneo ( Lin.), e e nell'Adriatico ( Olivi ). Fossile nel Piacentino, in Piemonte, nelle Crete Sanesi, ecc. La superficie interna è dalla metà in su rigata per traverso da gran numero di rugosità, le quali non sì scorgono nel le- pas tintinnabulum, ma che compariscono bensì nel balanozdes; l'esterna è solcata da strie ora longitudinali ed ora trasversali disordinate e interrotte. Nella cavità tubulosa di questo balano stesso trovai le valve disunite del suo operculo, di cui le due triangolari ed anteriori sono obbliquamente striate per traverso, e le posteriori leggermente rugose, e di una forma che si accosta a quella di un ferro di dardo, come nel precedente. Mi sembra che a questa specie appartengano i balani fos- sili trovati da Annone nel territorio di Basilea, descritti e figurati nella sua Dissertazione De balanis fossilibus ( V. Acta Helvetica, tom. II, pag. 242 ), quantunque sieno da lui rife- riti al lepas balanoides di Linneo. 3. Lepas balanoides. L. Plane., De conch., tab. 5, fig. 12 (optima). Ginann. II, tab. 30, fig. 176. Abita nell'Oceano settentrionale, americano e indiano ( Lin. ), e nel Mediterraneo sulle coste della Francia e dell’Italia ( Brug.). Fossile in Valle di Andona. (599) Questo balano ha una forma che si accosta alla cilindrica. ed il diametro dell’ apertura quasi eguale a quello della base. È frequente ne’ canali interni della città di Venezia, e sl trova aggruppato sui pali e sulle pietre degli edifizj; ma quello indicato dal Renieri con questo nome e che ho veduto nella sua collezione, è diverso, e lo crederei volentieri una nuova specie. Esso ha la figura di un bottone schiacciato; la super- ficie esterna è ruvida, sfogliosa e sparsa di piccioli tubercoli più o meno prominenti; non sì ravvisa su di essa quasi verun indizio delle commessure verticali delle valve, essendo soltanto oscuramente indicate nella faccia interna mediante una stria prominente che mette capo nell’ anello che circonda l'apertura, la quale è orbiculare. Il margine della base è irregolarmente crenellato, l’ operculo è ottuso , ed i pezzi anteriori di esso si articolano coi posteriori mediante una sutura sinuosa. 4. Lrpas stellaris: nob. (tav. XIV, fig. 17). Testa conica depressa, valvulis sex inequalibus, longitudina- liter costatis, costis sulco medio exaratis. Fossile in Valle di Andona. Ho trovato un solo individuo di questa conchiglia, impian- tato sul guscio di un’ ostrica. Essa si accosta alla lepas patel- laris di Gmelin ed al balanus striatus di Bruguiere , risguardato da Chemnitz e da Gmelin istesso come identico alla lepas balanoides; ma è nulladimeno diversa dall’ una e dall’ altra, atteso che la prima ha solamente sei coste, mentre nella no- stra ne annovero venti, e differisce dal balanus striatus con cui ha maggiore analogia, perchè la più parte delle coste medesime sono longitudinalmente solcate da una linea poco profonda bensì, ma abbastanza visibile. Il numero di esse in ( 600 ) ciascheduna valva è ineguale, poichè in alcune ve n'ha sei, in altre quattro, ed in altre ancora una sola. Seguendo la comune dei naturalisti, io chiamo valve nei balani quelle lamine rilevate e di forma per lo più triango- lare, che si osservano sulla superficie esterna del guscio. Esse sono state considerate come pezzi separati che si articolano fra loro, e che l’animale abbia la facoltà di allontanare a norma ch’ esso cresce di volume. Ma Deleuze lo nega, e crede che il verme abbandoni il guscio quando questo è divenuto troppo stretto, e se ne fabbrichi uno più grande, come lo richiede il bisogno, in quella guisa che sogliono fare le ci- pree ( V. Annal. du Mus., tom. I, pag. 469 ). Osservazioni. I balani fossili abbondano a dismisura in Italia, nè v'ha quasi naturalista che parlando delle spoglie degli animali marini che s'incontrano nel nostro suolo, non abbia fatto cenno di questi testacei. L’Allioni non dubitò di asserire che si rinvengono nel Piemonte in quasi tutti i terreni conchigliacei, e dice che ne posse- deva buon numero di specie; ma dalle sue indicazioni si desume che si riducono alle sole Zepas bdalanus, balanoides e tintinnabulum, In questo genere stesso abbiamo un nuovo esempio, oltre a quei tanti che abbiamo riportato, della diversità dei prodotti fossili del- l’Italia relativamente a quelli de’ contorni di Parigi, dove nessun balano è stato finora scoperto. Io non mì sono mai abbattuto ad incontrare fra noi specie del genere Anatifa di Bruguiere e di Lamark, il quale comprende la Zepas anatifera, anserifera , scalpellum, pollicipes, mitella , ecc., del Systema Nature. Gmelin registra quest ultima fra i fossili del Piemonte, di- cendo che trovasi nel marmo di Montafia ( tom. X, pag. 398), ma ignoro donde egli abbia tratto questa notizia. Bruguiere asserisce che l anatifa laevis ( lepas anserifera ) sì rinviene in istato fossile in alcuni paesi dell’ Europa, e cita la testimonianza di Ferrante Imperato ( 601 ) di Scheuchzer, e di Giovanni Gesnero ( Zrcyclop. méth., art. Anatifa, pag. 63). Quanto al primo di questi autori egli ne parla bensì sotto il nome di ze/lina pedata ( lib. 28, pag. 772 ); ma semplicemente come di un testaceo marino: Scheuchzer ha dato nell’ Oryctographia helvetica, num. 110, una figura che Bertrand pretende che rappre- senti la Zepas anratifera, ma che sembra essere la porzione dell’ oper- culo di un balano; e Giovanni Gesnero attesta tutto all’ opposto di quanto gli fa dire Bruguiere, positivamente asserendo che al tempo suo non erano state scoperte petrificazioni di questa conchiglia ( De petrif., pag. 22 ). Anche Bertrand ( Diction. Oryctogr., tom. I, pag. 138 ) ha preteso di riconoscere una valva della suddetta lepade in una figura di Bourguet ( Zrazzé des petrif., tav. 53, fig. 355), che questo autore ha presentato come esprimente un ossetto di echino , ma che potrebbe essere esso stesso un segmento di operculo di ba- lano. Comunque ciò sia, se le citazioni di Bruguiere non confermano punto l’esistenza delle lepadi fossili, e se alcune anzi la contraddi- cono, non possiamo negar fede all’ autopsia di questo celebre natu- ralista, il quale dichiara di averne trovato egli stesso una valva ben conservata negli strati conchigliferi di Cannelles presso Montpellier. AI’ autorità di Bruguiere quella si aggiunga di Linneo , che nell’ Zter Westrogothicum, pag. 193, fra le conchiglie calcinate da lui riconosciute me’ colli di Uddewalla in Isvezia annovera la corcha anatifera, benchè dalla sua descrizione sembri che potesse essere piuttosto la anserifera, poichè dice ch’ era longitudinalmente striata, e solcata per traverso» Recentemente il signor Risso ha annoverato questa multivalve fra i fossili da lui raccolti nella penisola del Santo Ospizio presso Nizza (Journ. de Physiq., tom. 77, sept., pag. 202 ). Abbiamo dunque veduto che dei tre generi linneani di multivalvi Pholas, Lepas e Chiton esistono nelle colline subapennine alcune spe- cie dei due primi, ma ignoro che ve n° abbia dell’ ultimo. Gmelin dice che a Creazzo nel Veronese trovasi un chitoz, di cui non indica la specie ( Syst. Naz., tom. X, pag. 398 ), ma io poco o nulla cono- sco la conchiologia fossile di quel paese subalpino. Alcune valve iso- late di un testaceo di questo genere furono incontrate da Lamark a 76 ( 602 ) Grignon ne’ contorni di Parigi, ma molto piccole, poichè non avevano che una linea e mezzo , o due linee di lunghezza, ed il Chizon fa- scicularis fa veduto dal signor Risso nella situazione testè indicata. To sono finalmente al termine del mio lavoro. Esso mì è costato lunghi viaggi, pazienti cure e minuziose ricerche, a cui mi sono di buona voglia accomodato con l’intenzione di contribuire ai progressi della Storia Naturale del mio paese. Mi sia lecito anzi di dire che con attività e con coraggio ho perseverato in questa intrapresa, animato dall'idea che, quando fosse condotta a termine, avrei gettato la prima pietra su cui si potrà alzare in progresso un più grande edifizio. Tale è stato il mio scopo; quanto io sia riuscito nell’ esecuzione altri ne giudichi; ma comunque ciò possa essere, io tengo almeno per fermo che se un giorno si sarà in grado di ra- gionare fondatamente sulle rivoluzioni fisiche che hanno avuto luogo in queste contrade, non si potrà farlo se non che ap- poggiandosi su indagini di simil fatta, e rivolgendo seriamente l’attenzione a quegli oggetti che bene o male sono stati da me presi in esame. Io spero adunque che altri convinto della verità di quanto espongo, vorrà tòrsi la briga di continuare le stesse inchieste, onde ridurre a maggior compimento la conchiologia fossile dell’ Italia. Tanta è la copia, tanta la varietà delle produzioni di questo genere di cui va ricco il nostro suolo, che non istupirei punto, se indi a poco taluno scoprisse un numero di testacei del duplo e del triplo maggiore di quello che è stato da me presentato. E per mostrare quanto agevole sia di fare aggiunte al mio catalogo, incomincerò io medesimo a darne l'esempio con l’Appendice che sottopongo. APPENDICE. Cum consummaverit homo tunc incipiet. EccLESIAST., cap. 18, num, 6. Motivi che hanno dato occasione a questa Appendice. — Cenni sulla serpentina della Toscana. — Dei testacei fossili della penisola del Santo Ospizio presso Nizza. — Esame dell'opinione che il Ponto Eusino e la Propontide siensi uniti al Medi- terraneo in epoche storiche. — Notizie pubblicate dal signor Bruun Neergard sui testacei e sugli ossami fossili. del Piacen- tino, — e dal signor Ferussac su quelli de’ terreni di acqua dolce. — Ulteriori riflessioni sulle cause che possono avere contribuito a produrre un cambiamento di clima ne’ paesi d’ Europa ove vivevano gli elefanti. — Classificazione di alcune conchiglie fossili. D URANTE l'impressione di quest’ opera altre specie fossili di cui per l’addietro non aveva contezza, mi sono giunte alle mani, ed altre già descritte e di bel nuovo esaminate ‘mi è sembrato che meritassero ulteriori rischiarimenti. In questo intervallo di tempo uscirono in oltre alla luce alcuni scritti che hanno attinenza con l'argomento da me trattato, e che ragion vuole, poichè mi rimane tuttavia campo di farlo, che io non preterisca sotto silenzio. ( 604) Alle circostanze accennate, un’ altra essenzialissima se ne aggiunse che mi ha necessitato a stendere questa Appendice. Nella classificazione de’ testacei fossili mia primaria cura stata essendo di verificare quali sieno le specie analoghe che esi- stono ancora nei mari che circondano la nostra penisola, molte conchiglie dell'Adriatico e del Mediterraneo mi pro- cacciai a tal uopo ne’ miei viaggi per l’Italia, e molte ne ot- tenni dal mio egregio amico e collega signor Renieri, più e più volte rammentato nel corso di quest’ opera. Altre, di cui più abbisognava, ne attendeva dalla cortesia di questo natu- ralista; ma ansioso di possederle, e vedendone indugiata la spedizione mentre era ben oltra incamminato il mio lavoro, mi sfuggì alla pagina 343 un’ espressione dettata dall’ impa- zienza e dal rammarico di essere da lui dimenticato. Io mi ingannava, così credendo, ed il signor Renieri che ignorava questo incidente, mi fece discernere il mio torto nel modo più atto a confondermi: non andò guari che comparve egli stesso in Milano seco recando l’intiera sua serie di conchiglie adria- tiche, e mi lasciò libero il campo onde potessi appagare la mia curiosità. Ma il catalogo delle univalvi era allora oggimai uscito dai torchi, talchè non potei giovarmi degl’ insigni materiali che quella raccolta mi offriva se non che rispetto alle bivalvi ed alle multivalvi. Esaminai oculatamente queste due classi, istituii parecchi confronti necessar) al mio scopo, de’ quali ho dato conto ne rispettivi luoghi, e mi sono preso talvolta la libertà di fare qualche critica osservazione con quegli onesti modi che la urbanità esige, e con quella imparzialità che non esclude l’ amicizia. e con cui bramo di essere giudicato jo ( 605 ) medesimo. Non volli tampoco lasciarmi sfuggire questa con- giuntura senza passare in rivista le univalvi e compararle con quelle che io aveva classificato. Con somma mia com- piacenza ne ravvisai parecchie scoperte dal signor Renieri, che sono per l'appunto le analoghe di altre che io aveva trovato ne’ colli subapennini, e che non era consapevole che esistessero ne’ mari. Alcune, vice persa, ne vidi che stimato ave- va di poter ragguagliare alle specie fossili, ma che mi chiarii essere diverse, e queste, per buona ventura, sono in picco- lissimo numero. To inserirò adunque in questa Appendice le osservazioni fatte sulle univalvi, descriverò in pari tempo qualche nuova conchiglia, e darò altre dilucidazioni su quelle di cui ho già parlato. Ma per procedere con quel metodo adottato nel corpo dell’opera, giudico a proposito di trattenermi prima di tutto intorno a qualche fatto geologico, che trovo riferito in al- cuni recentissimi scritti, e che ha relazione con temi da me ventilati. Da un estratto, o, a meglio dire, da una succinta notizia registrata in un foglio periodico vengo in chiaro che il signor cavaliere Bardi, direttore del reale museo di Firenze, ha pub- blicato una Dissertazione sulla serpentina della Toscana, dove imprende a provare essere essa una roccia di secondaria formazione. Io lho qualificata, all'opposto, per primitiva; ma benchè ignori di quali argomenti siasi valso questo na- turalista onde sostenere il suo assunto, mi do a credere, qua- lunque essi sieno, che la sua opinione non si discosti di gran lunga da quella da me manifestata; proposizione che a pri- ma giunta sembrerà paradossa. È già noto che i geologisti ( 606 ) riconoscono due formazioni di questa roccia; l’una antica a cui spetta la serpentina nobile, che è mescolata sovente con calcaria saccaroide, ed alterna per lo più con lo gneiss e con lo schisto micaceo; l’altra più moderna che è la serpen- tina comune, la quale forma da sè sola vaste ed estese rupi, ed indistintamente si adagia sul granito, sullo gneiss, sullo schisto micaceo e sullo schisto argilloso. Male ancora non sì appone Reuss opinando che questa roccia ammetta un gran numero di altre speciali formazioni sempre più e più recenti. Questi ragionamenti io aveva già fatto sul proposito della serpentina comune della Toscana. Or sia che vogliasi consi- derarla come l’ultima delle rocce primitive, o come la prima delle secondarie, rimarrà non per tanto nel medesimo posto rispetto alla serie cronologica delle formazioni; e chi su di ciò volesse piatire, correrebbe facilmente rischio di ridurre la cosa a poco più che ad una mera quistione di termini. Rifletterò, nulla ostante, che trattandosi di rimuovere la ser- pentina dal numero delle rocce primitive, anzi che a dirit- tura registrarla fra le secondarie, più acconcio sarebbe di associarla a quelle che hanno avuto origine nel periodo in- termedio che dicesi di Transizione, i cui prodotti partecipano dei caratteri dell’uno e dell’ altro. Chi ricusasse di acconsen- tire a questa classificazione non potrebbe ciò fare se non che escludendo la distinzione di quel periodo, come, a dritto © a torto che sia ( chè non giova adesso d’ investigarlo ), è stato praticato da alcuni geologisti, i quali hanno creduto d’iden- tificarlo col secondario. Se non sì prendesse questo espediente, e se ammettendo un periodo di transizione si volesse nulla di meno che quella roccia appartenesse in rigore alle secondarie . (607) io dubito forte che si potesse riuscire ad allegare convincenti prove in favore di questa opinione. E intorno a ciò tanto basti, non avendo altra contezza dello scritto del signor Bardi, giacchè è tanto malagevole per noi di procacciarci i libri che si pubblicano oltra gli apennini, quanto br stampati in qualsisia remota orfresial Nel Giornale francese di fisica del settembre di quest'anno 1813 trovo inserita una Memoria che più da vicino concerne il mio principale argomento, la quale porta per titolo Osser- vazioni geologiche sulla penisola del Santo Ospizio ne’ contorni di Nizza. Il signor Risso autore di questa dissertazione pre- senta una lista de’ testacei fossili da lui trovati in quel paese, dove io non ho stimato di dovere spingere le mie indagini come quello che è situato oltre ai naturali confini dell’Italia. All’occasione dello scavo di un pozzo, ed alla profondità di venti metri all’ incirca sotto il livello del Mediterraneo, e in distanza di sedici metri dalla spiaggia, scoprì egli grande copia di corpi marini sepolti in un banco di sabbia giallastra, coperta da un’argilla rossiccia frammista a ciottoli. Che essi si mostrino in ottimo stato di conservazione, ciò non sembrerà sorprendente; ma straordinario è bensì che tuzzi, come l’autore asserisce, abbiano i loro analoghi in quel mare. Ottanta specie di testacei egli annovera, tre crostacei, un echino e sei ma- drepore: fra i primi ve n° ha alcuni ch’ egli indica come de- scritti da Linneo, e sono 1 seguenti: Dentalium entalis, Murex brandaris , Patella vulgata , cypria , Haliotis tuberculata , Donax rus, Arca noe, barbata, Cardium edule, Anomia ephippium, Venus verrucosa, Chiton fascicularis; ma linneane altresì o registrate almeno nell’ ultima edizione del Systema nature, ( 608) sono queste altre specie, benchè contrassegnate dal signor Risso col nome di Lamark, di Bosc, di Roissy, ai quali per altro titolo non appartengono se non che in quanto le hanno trascritte nelle loro opere: esse sono Cyprea pediculus , Strom- bus pelecani ( che Lamark, il cui sistema è adottato dall'autore, classificherebbe per altro fra le pterocere ), Murex craticulatus, anus, brandaris, Trochus magus, muricatus, Patella cerulea, lusitanica, Nerita viridis, Cardium rusticum, oblongum, Mactra pellucida, Arca lactea, pellucida, Mytilus edulis, barbatus, Spon- dylus geederopus, regius, Ostrea plcatula, Serpula vermucularis. Siccome poi il signor Risso segue, come sl è detto, il metodo di Lamark, ridurrò alla nomenclatura di Linneo le seguenti, indi- cate parimente da lui: Voluta mercatoria, Buccinum hamastoma, galea, perdix, echinophorum, tyrrhenum, Murex perversum , Tro- chus labeo , pharaonis , Nerita glaucina, Patella greca, Arca pi- losa, Ostrea squamosa, varia, maxima, jacobea , glabra, Lepas anatifera. Tutte si sono presentate nel medesimo banco insieme con queste quattro che furono fatte conoscere la prima volta da Bruguiere, Conus mediterraneus , franciscanus , Cerithium morus; vulgatum ( murex alucoides dell’ Olivi ), con la cellina variegata del Poli, con alcune altre conchiglie descritte da Lamark e da Bosc, e con venti specie nuove, fra le quali otto del ge- nere £issoa che 10 non conosco. È cosa straordinaria, il ripeto, che quelle ottanta specie di testacei congiuntamente ai granchi ed alle madrepore che le accompagnano, esistano, niuna eccettuata, nel Mediterra- neo. Ho io ben dato a divedere la corrispondenza che passa tra la conchiologia delle colline subapennine e quella de’ mari attuali; ma, comechè ella sia molto notabile, non giunge, per ( 609 ) mia fede, a così alto grado. Confesso il vero che si potrebbe porre in forse se le conchiglie contenute in quel deposito così prossimo al mare, che non ne è lontano che sedici metri, sieno veramente fossili: l’ autore stesso attendeva questo ob- bietto, e volle di botto prevenirlo, facendo riflettere che non sì può averne ombra di dubbio, perchè la più parte di esse sono ricoperte da una sabbia marina e conglutinate da un ce- mento argilloso. Se io diritto comprendo il significato delle sue parole, e se quest ultima circostanza è da lui recata in mezzo come una prova dello stato fossile di que’ corpi, non sembra che sia abbastanza autorevole per dedurne siffatta conseguenza. E nel vero, più e più esemp) citar si potrebbero di cumuli di conchiglie che si uniscono, mediante un cemento, in masse compatte nel fondo stesso degli odierni mari, e valga fra tutti quello riferito dal Donati, che riconobbe nell'Adriatico un solido scanno subacqueo, ‘alto almeno da sei in otto piedi, composto di testacei, crostacei e polipa) impastati con terra ed arena, ed in gran parte impietriti, il quale scanno va di continuo innalzando il letto dell'Adriatico stesso ( Stor. nat. dell'Adriat., pag. 11 ). Sembra per altro che il signor Risso non abbia avuto in- tenzione di fare esprimere al vocabolo fossile quella ìdea che gli viene applicata dalla comune de? naturalisti. Generalmente si intende che i corpi organici a cui esso compete, sieno stati sepolti nel suolo in epoche geologiche, e durante un ordine di cose diverso affatto dall’ attuale; ma l’autore dopo di avere indicato che le identiche specie trovansi oggidì nelle medesime circostanze e in mezzo alla sabbia medesima in parecehi punti della costa di Nizza, conchiude essere probabile che quel (610 ) deposito che tanto a’ giorni nostri si accosta per la natura delle spoglie marine, possa appartenere benissimo ai tempi storici. Esso sarebbe adunque, geologicamente parlando, un deposito moderno paragonabile a quelli che si formano tuttavia nel fondo del mare; ma se questi per qualche interrimento locale rimanessero in secco, le conchiglie a cui danno ricetto non si potrebbero propriamente chiamare col nome di fossili. Nella punta meridionale della penisola del Santo Ospizio osservasi in oltre una grande massa di lumachella grossolana stratificata sulla calcaria compatta, e composta di frammenti di pettini, di ostriche, di lepadi, ecc. che conservano il co- lore natio, e di cui è sembrato all’ autore di ravvisare altresì gli analoghi in quel littorale. Comecchè sia egli d’avviso che la formazione di essa lumachella sia anteriore a quella del- l’indicato banco di sabbia conchiglifera, crede non per tanto che abbia avuto luogo nelle medesime circostanze. Ma quale esser potrebbe l'epoca di questi depositi? Gli autori greci, dic egli, parlano di un tempo in cui il Mediterraneo non era che un’ampia vallata occupata da un vasto e profondo lago unicamente alimentato dai fiumi confluenti. Il Ponto Eusino o il Mar Nero non aveva ancora sbocco, come narra Strabone, dalla parte di Bisanzio, ma poichè col tratto del tempo scavò il canale del Bosforo e dell’ Ellesponto (lo stretto di Costan- tinopoli e dei Dardanelli ), si versò allora nella valle medi- terranea, e quella strabocchevole quantità di acqua rattenuta dall’ istmo di Calpe o di Gibilterra, che non per anche era aperto, poteva pure innalzare il mare una cinquantina di metri sopra il presente livello. Diodoro di Sicilia raccolse preziose notizie sulla rottura delle isole Cianee, scogli situati (611) all’ imboccatura del Bosforo dal lato del Mar Nero, e rag- guaglia a quel tempo il diluvio della Samotracia. Così a un di presso si esprime il signor Risso. Questa opinione che lo stretto dî Gibilterra siasi spalancato dopo l'emersione de’ continenti e lo stabilimento delle società fu da me succintamente scandagliata in un capitolo dell’opera, nè so ancora quali prove addurre si possano per renderla accettabile. Posto anche che così sia, non vi sarebbe campo a supporre, se taluno fosse di questo avviso, che il Mediterraneo abbia potuto mai essere un lago di pretta acqua dolce, im- perocchè se esisteva ab antico il bacino che lo contiene, e se il mare copriva un tempo la superficie tutta della terra, quando esso si ritrasse entro più angusti confini, porzione delle acque rimanere doveva in quel vasto ricettacolo. Rispetto all’ ipotesi dell’irruzione del Ponto Eusino, essa è stata prima ideata da Stratone filosofo greco, e riferita per esteso da Strabone che l’ha in qualche canto modificata, indi fu riprodotta da parecchi altri scrittori che si sono vicende- volmente copiati. Diodoro di Sicilia pretende che presso gli abitanti dell’ isola della Samotracia rimanesse la tradizione di questo avvenimento (ci dè ZapoSpaxes ioropsai ): narravano essi che il mare Eusino era una volta uno stagno, ma che crebbe a siffatta altezza mediante le acque di tanti fiumi che in esso si scaricano, che non potendo più capire nel suo alveo, ruppe prima alle isole Cianee, indi all’ Ellesponto, e sommerse la più gran parte dell’Asia marittima: in prova di ciò allegavano i Samotraci essere accaduto ad alcuni pescatori di estrarre con le reti dal mare capitelli di colonne che ap- partenevano agli edifizj delle città sommerse. ( 612) È facile ad avvedersi che quest’ ultima circostanza impose all’ immaginazione di quel popolo fantastico, famoso presso gli antichi pei misteriosi riti del suo culto: essa ha dato origine a questo racconto, che la boria nazionale contribuì ad accreditare in quanto che ne proveniva al paese la gloria di una remotissima antichità. Propalavano essi effettivamente di avere avuto un diluvio anteriore ai diluvj di tutte le altre nazioni, che non sovvertì per intiero quell’isola sacra, stante la possanza dei loro Dei che dovevano probabilmente avere il primato su tutti gli Dei dell’ Olimpo. Or chi non sa che ai nostri giorni medesimi veggonsi som- merse dal mare fabbriche innalzate, tempo già fu, nella terra ferma? nè per ispiegare la cosa ricorreremo noi già a straor- dinarie catastrofi ed.a terribili cataclismi. Nel golfo di Poz- zuoli si osservano sott acqua rimasugli di edifizj romani, e le rovine della città di Conca, costrutta alla foce del Crostu- mio alla distanza di dieci miglia da Rimini, compariscono, a detta di alcuni, coperte dal mare (V. Planc., pag. 75). Esempj di simil fatta diedero motivo ai Greci che molto in- clinavano al maraviglioso, d’ immaginare magnifiche ipotesi che trovarono facilmente credenza, atteso che erano, a dir vero, giustificate in qualche maniera dalla fisica costituzione del loro paese. Di fatto, quello stuolo d’isole sparse nel mare Egeo, le Cicladi, le Sporadi e le Cianee dell’ Eusino sugge- riscono naturalmente l’idea di essere state svelte dal conti- nente per la forza di qualche precipitosa irruzione; e le strette gole del Bosforo, dell’ Ellesponto e quella ancora di Calpe hanno sembianza di altrettanti canali scavati in quella circostanza dalla furia delle correnti. (613 ) E questa irruzione e gli effetti accennati hanno in realtà avuto luogo, ma non già in quel tempo, nè per quelle cause che sono state ideate dagli antichi a cui sono iti dietro alcuni moderni. All’ epoca del generale recesso e della fuga repen- tina dell’ universale Oceano, dobbiamo ricorrere per render conto di questi fenomeni: allora le acque agitate furono da movimenti così impetuosi che profondamente solcarono la superficie del suolo, scompaginarono le montagne e ne inter- ruppero la continuità. Queste isole che raffigurano brani di terra slanciati in mezzo alle onde, queste valli marittime che indichiamo col nome di stretti, queste lunghe ed anguste penisole che si protendono nel mare e sembrano essere laci- nie del continente, ci mostrano i capricciosi e possenti effetti di quella grande catastrofe che, tranne qualche parziale mo- dificazione succeduta in appresso e che tuttora succede, ha dato alla superficie del globo l aspetto che attualmente presenta. Io non ignoro che accreditati autori hanno prestato il loro assenso ai racconti di Stratone ed a quelli del popolo della Samotracia, anzi Tournefort non ha punto ribrezzo di solle- varli al grado delle verità istoriche. Questo naturalista che aveva Visitato il paese, s’ intrattiene a lungo intorno a tale argomento, e ci mostra come il Mar Nero potè bellamente scavare il canale del Bosforo, presentandosi di fronte con una colonna d’acqua che ammollì e stemperò a poco a poco le terre e le distaccò con replicate scosse ( Yoy. du Levant, lett. 15, pag. 64). Ma siccome l’ argine che esso doveva squarciare non era nè di ghiaja, nè di sabbia, ma di soli- dissime rocce, e siccome la sua grossezza oltrepassava le quindici miglia, chè tanto e più si stende in lunghezza il (614) canale del Bosforo, non so quanto probabile riesca la spie- gazione immaginata da Tournefort. Con lo stesso meccanismo suppone egli che sia stata praticata l apertura dell’ Ellesponto o sia dello stretto de’ Dardanelli, ma oltre che potrebbe qui aver luogo la medesima riflessione, un’ altra ne aggiungerò a cui bramerei che fosse risposto. Se il mare di Marmara ingrossato dalla confluenza del Ponto Eusino in cui tanti fiumi mettono foce, non potendo più essere contenuto nell’ an- tico letto cercava uno sbocco ove scaricare | esuberanti sue acque, sembra certo che avrebbe dovuto procurarselo da quel lato ove incontrava un minor grado di resistenza. Ma donde è mai che qutesta breccia fu aperta attraverso un grande ar- gine massiccio che aveva la grossezza di dodici leghe ©, quando assai più agevolmente poteva essere sfondato il vicino istmo del Chersoneso Tracio, niente più largo di due miglia? Uopo sarebbe di conoscere la costituzione del suolo per sod- disfare a tale quesito, ma non si dirà certo che in tanto non fu fatta forza a quell’ istmo, in quanto che non si trova in- contro alla corrente dove maggiore è la possa dell’ acqua, ma rimane situato da un canto; imperocchè nessuna costante corrente aveva quel mare quando non era che un vasto lago senza emissario. Ma a che dar tanto valore ad una vaga ed incerta tradi zione, stabilire un punto di fisica su racconti popolari, cer- care la verità con la scorta della favola? Quante finzioni, e la più parte contraddittorie, non ispacciarono i Greci «isolani (*) Tale è la larghezza dello stretto dei Dardanelli che si fa comune- mente terminare a Gallipoli. Io la ricavo dal Viage en Costantinopla en el ano 1784, fatto dalla squadra spaguuola e pubblicato per ordine del re ( pag. 30). (615 ) sulla formazione del loro suolo! Se i Samotraci consegnarono ne’ loro archiv) che la terra da essi abitata fu sommersa da una inondazione dell’ Egeo, in quelli egualmente antichi di Delo e di Rodi stava scritto all’ opposto che queste due isole emersero dal medesimo mare in conseguenza del suo abbas- samento. I primi furono consultati da Diodoro di Sicilia; Fi- lone Giudeo ricavò notizie da questi ultimi. Il mare, dic’ egli, diminuisce, e testimonj ne sono le isole sopra tutte le altre famose di Rodi e di Delo che invisibili un tempo per essere coperte dai flutti, essendosi il mare placidamente ( npépa ) ab- bassato, comparvero a poco a poco (ar 311 ) alla super- ficie, come ne fanno fede le storie ©) ( De mundi incorrupti- bilit., Oper., tom. II, pag. 510 ). Io non sarò, nulla ostante, mallevadore dell’ autenticità di questo avvenimento medesimo; imperocchè quale autorità può fare in simili argomenti un (*) Qualche vulcanista potrebbe supporre che Delo e Rodi fossero state innalzate da un’ esplosione vulcanica, come alcune recenti isolette prossime a quella di Santorini. Oltre a che questa ipotesi non bene si accorda con 1’ espressione usata da Filone, il quale dice che sursero gradatamente o pla- cidamente, sappiamo che il suolo di Delo è primitivo. Wheler che viag- giava in quell’isola dopo la metà del secolo XVII, dice di avere colà ve- duto del granito consimile a quello che si adopera in Milano nelle fabbriche, e che proviene dal Lago Maggiore ( Journey into Greece, lib. I, pag. 17). e Tournefort assicura che il monte Cinzio non è propriamente che un gran masso di questa roccia ( Voy. du Levant, lett. 7, pag. 117). Per quanto spetta all’ isola di Rodi, essa è parimente di origine nettunica, Gli antichi traevano di là un bel marmo variegato a vene di giallo d’ oro, che è nominato da Plinio. Biagio Garofolo nel suo libro De antiquis marmoribus, pag. 22, dice che quel naturalista ne ha parlato sulla fede di certo Lisimaco; ma fatto sta che non era questo altramente il nome di un autore, ma bensì di una pietra a cui Plinio paragona il marmo di Rodi: Lysimachus Rhodio marmori similis est aureis venis, lib. 37, S 62. (616) popolo che lasciandosi grossolanamente imporre da una illu- sione ottica, si dette a credere che le isole dell’ Egeo e del- lEusino, cui appose il nome di Sindromadi , Simplegadi , Cicladi e Planete, galleggiassero e spaziassero pel mare, perchè essendo la più parte ammucchiate e contigue tra loro, viste da differenti punti pajono qua più vicine e là più di- stanti l'una dall’ altra? Così generalmente sì ragionava a quei tempi in simili congiunture: poichè una cosa sembrava che così fosse, niente di più occorreva per decidere che così era in realtà; donde avvenne che tante diverse favole si spaccia- vano, quanto era diversa la maniera di vedere e d’ immaginare, Del rimanente andrebbe lungi dal vero chi credesse che tutti i diluvj oi cataclismi rammentati dagli antichi, benchè chia- mati con un termine che suona molto enfatico alle nostre orecchie, fossero prodotti da veementi inondazioni del mare. Diodoro di Sicilia ne annovera tre accaduti in diversi tempi nell’ isola di Rodi, l'uno de’ quali, che fu strepitoso, minacciò di sovvertire la capitale: ma che? essi non ebbero origine che da dirottissime piogge cadute verso l’ equinozio di pri- mavera, talchè le acque che scendevano dalle alture som- mersero i siti più bassi. ( 7. Diodor., Hist. lib. 19 e Bibliot. lib. 5 ). Relazioni consimili più o meno esagerate abbiamo da altri scrittori così greci come orientali, per lo che sembra che queste straordinarie meteore acquee, questi diluvj di pioggia fossero una volta frequenti ne’ meridionali paesi (). (*) Gli abitanti di Rodi finsero che il Sole, innamorato di Rodia figlia di Nettuno, seccasse incontanente le acque che inondavano l’isola cui diè il nome questa fanciulla. Il significato della favola è, dice Diodoro; che (617) Confesso bensì che l’ipotesi qui discussa, ed a cui, mio malgrado, rinunzio, tornerebbe assai comoda onde spiegare l’origine delle colline conchigliacee subapennine. Siccome que- sti depositi sono più recenti di ogni altro, e contengono testacei tanto poco alterati che conservano ancora tracce de’ naturali colori e per fino del loro legamento, potrebbesi argùire che fossero stati formati in un tempo che il Mediterraneo, per le cause accennate, avesse un più alto livello e per più vasto spazio si dilatasse. Ammettendo che ciò sia accaduto in epoche non molto da noi remote, in epoche storiche, se così vuolsi, saremmo allora dispensati dal ricorrere a più straor- dinarj avvenimenti e dal perderci nell’ oscurità de’ periodi geologici. Ma sventuratamente nello studio della natura, come in tante altre circostanze, addiviene che ciò ch’ è più facile da com- prendersi, non è sempre il più vero. Lasciando da un canto che le spoglie de’ corpi organici terrestri che si trovano se- polte in quegli stessi terreni, gli scheletri, intendo dire, - degli elefanti, de’ rinoceronti, degl’ ippopotami e di tanti nella prima costituzione delle cose essendo quel suolo limaccioso e palustre , fu assodato mediante l° azione dei raggi solari. Giova avvertire che in questa isola stessa furono trovati, come in Italia e in tanti altri luoghi del conti- nente europeo, avanzi fossili di grandi quadrupedì. Flegonte ‘Tralliano rac- conta nel suo libro De mirabilibus (cap. 16, pag. g1, edit. Meursti ) essere stati colà scavati ossami di molto maggior mole di quelli dell’ uomo , e riferisce varie scoperte consimili fatte in altri paesi, come in una isoletta contigua ad Atene, presso il Bosforo Cimmerio nella Crimea, in Dalmazia, in Sicilia, in Egitto e ne’ contorni di Cartagine (cap. 12, 14, HO QI7 VI05 19). Le notizie somministrate da questo Greco che scriveva nel I secolo meritano di essere consultate. (618 ) altri animali che o più non esistono o albergano di presente sotto altri climi, dinotano che prevaleva allora un ordine di cose differentissimo da quello di oggidì, e che fu seguitato da una rivoluzione che lo ha sovvertito, ommettendo, dico, di entrare in questa disamina, mi limiterò ad una sola rifles- sione. Questi ammassi sabbionosi e marnosi che racchiudono conchiglie conservatissime e quasi in istato naturale, sono forse esclusivamente proprj del continente d’Italia? o non s'incontrano piuttosto, nelle circostanze medesime, in tante contrade dell’ Europa non solo, ma di tutte le altre parti del mondo? La generalità del fenomeno suppone adunque, come altrove mi sono espresso, una causa generale da cui sia de- rivato, impossibile essendo di spiegarlo sempre con simili espedienti. Di fatto, i depositi di cui parliamo non esistono da per tutto in luoghi bagnati da mari mediterranei, come in Italia, dove si possano immaginare a proprio talento e come più torna in acconcio ora argini per innalzarne il livello, ora cateratte per abbassarlo, ma compariscono ancora in paesi conterminanti col vastissimo Oceano. Io ho già favellato nella Prima Parte dell’opera delle dif- ferenti situazioni dell’ Europa, dell’ Asia, ecc. dove s° incon- trano ne’ terreni terziar) nicchi fossili calcinati, o vogliam dire ridotti in istato cretaceo; ma non avendo allora nè l’ agio, nè la volontà, come non l’ho tampoco al presente, di scarta- bellare di molti volumi per tessere una lunga lista di esemp) , così mi sono limitato a un succinto ragguaglio. Sono bensì di avviso che l argomento meriterebbe di essere trattato in tutta l’ estensione, e che moltissimo acquisterebbe la geologia se taluno si togliesse l’incarico d’indicare partitamente tutti (019 ) i luoghi ove sono depositi di tal natura, come altri hanno compilato tutte le notizie topografiche attenenti ai vulcani at- tivi delle diverse parti del globo. Benchè non sia mio divisa- mento, come ho detto, di trattenermi da vantaggio intorno a tale materia, non posso nulladimeno astenermi dal fare un cenno di una dissertazione di Bruhn, De collibus ad Udde- wallam conchaceis, pubblicata nello scorso secolo, e che è ul- timamente giunta a notizia mia. Questo autore imprende a descrivere i depositi conchigliacei di Uddewalla, città della Gotlandia occidentale, e da quanto egli dichiara, apparisce che molto somigliano a quelli dell’ Italia. Essi sono formati di strati di arena e di marna mescolati con ciottoli, e contengono gran copia di spoglie marine, pochissimo alterate e distribuite senza ordine costante, ma di cui non sì. conoscono gli ori- ginali nè nel vicino golfo di Cattegat, nè in altri punti del Baltico. Quest'ultima circostanza meriterebbe per altro di es- sere un poco più accuratamente riscontrata, poichè sembra che l’autore non siasi dato gran pensiere nè di riconoscere la varietà delle specie, nè di determinarle con esatti confronti. Linneo nel suo /ter Westrogothicum annovera, è vero, alcuni pochi testacei fossili da lui trovati nelle stèsse colline di Ud- dewalla, ma li descrive in una maniera troppo vaga ed am- bigua; avvegnachè quando egli intraprese quel viaggio che fu nel 1746, non erasi ancora di proposito applicato alla con- chiologia sistematica, che incominciò a svolgere con qualche metodo nella X edizione del Systema Mature pubblicata do- dici anni dopo. Tali sono le riflessioni a cui mi ha aperto l’adito là Memoria del signor Risso, e che ho tirato innanzi senza ( 620 ) avvedermene più di quanto era mio intendimento; ma trat- tandosi di un’ Appendice che si può risguardare come una sorta di hors-d’oeuvre, non mi sono fatto scrupolo di lasciare trascorrere la penna e di agitare alquanto a dilungo una controversia in cui doveva specialmente campeggiare l’ eru- dizione. Nello stesso giornale dove è inserita la dissertazione di quel naturalista, un’ altra ne ho incontrato sugli ossami e sulle con- chiglie fossili de’ contorni di Piacenza, tratta dal Viaggio pit- toresco nel Nord dell’ Italia, pubblicato dal signor Bruun Neer- gard ( Journ. de phys., aoùt 1813 ). Un viaggio pittoresco non è un viaggio fisico, nè dobbiamo quindi formalizzarci se non v ha sempre tutta la precisione nelle notizie ivi esposte; se, per esempio, fra le conchiglie rarissime e provenienti dal mare delle Indie vediamo registrate la cypr@ea pediculus e la pa- tella hungarica ( bonnet de dragon ), comunissime nell’ Adria- tico. Nel novero de’ testacei fossili del Piacentino si mettono il martello ( ostrea malleus ) ed il conus stercus muscarum, che sono veramente esotici, ma che non ho avuto la sorte d’ in- contrare nè in quello nè in altri luoghi d’Italia; e si parla di una porcelaine saignante la più rara di tutte le conchiglie colà rinvenute, ma che io non conosco sotto tal nome, sa- pendo solo che v ha una nerita cui i Francesi danno questo epiteto e che è la peloronta di Linneo. Il signor Bruun Neer- gard calcola che nel monte Pulgnasco presso Piacenza v° abbia ventidue o ventitrè specie, i cui protipi sono incontestabili ed abitano quasi tutti l'Oceano indiano, e stima che si potreb- be forse aumentarne il numero di un’ altra dozzina, ma ri- flette che quelle finora trovate non sono per anche esaminate (621 ) abbastanza, nè in tale grado di conservazione che si possa determinarle con sicurezza. Io non so se abbia adempiuto alla prima di queste condizioni; ma rispetto alla seconda mi sia lecito di far osservare che dal monte Pulgnasco e dalle altre circostanti colline si sono tratte per lo meno dugento specie diverse così conservate che altro loro non manca salvo che il colore, poichè tante all’ incirca ne possedeva il signor Cortesi , la cui raccolta è passata in Milano presso il Consiglio delle Miniere. Il signor Neergard che ha buon gusto ed erudizione, e che ha voluto occuparsi ad osservare in Italia i monumenti dell’arte più che quelli della natura, si è contentato di at- tingere dalle dissertazioni di quel naturalista la più parte delle notizie sugli ossami fossili del Piacentino. Egli ripete, giusta le indicazioni del signor Cortesi, che in Milano nel palazzo Archinto, posseduto ora dal signor Giuseppe Rossi , si conser- vano due enormi mandibole che potrebbero essere parte di quel caccialotto di cui furono scoperte nel Piacentino venti grandi vertebre. Poco rilieva che le mandibole di cui si tratta non sieno altramente due, ma una sola accompagnata da una scapula; giova bensì avvertire che questa non appartiene guari ad un caccialotto, ma ad un cetaceo sfornito di denti, e molto più importa di sapere che tutte quelle ossa sono fresche e non fossili. Prima ancora che questo letterato pubblicasse il suo Viaggio pittoresco, il signor Menard de la Groye aveva steso una lista succinta bensì, ma ottimamente fatta, di alcuni testacei del Piacentino, di cui puntualmente si conoscono gli originali, ed alcuni altri furono nominati da Fauas nel suo Saggio di geo- logia. Io ho dato a divedere che il numero delle specie fossili ( 622) tuttavia esistenti è molto maggiore di quanto era da essi cre- duto e di quanto si poteva supporre, e rispetto alle altre che non sì sono mai incontrate ne’ mari; ho manifestato l’ opinione che di parecchie sia realmente spenta la razza. Fra gli argo- menti allegati onde spalleggiare questa asserzione e dimostrare che le specie di testacei sono soggette anch'esse a deperimento, come senza alcun dubbio perdute sono quelle di molti qua- drupedi, ho recato in esempio i tanti nicchi fossili fluviatili e terrestri di cui mancano i protipi. Se rispetto ai marini conghietturar si potrebbe contro il mio divisamento ch° essi vivano appiattati ne’ profondi abissi dell’ Oceano, questa sup- posizione non avrebbe luogo relativamente agli ultimi, che se veramente esistessero, dovrebbero di leggieri palesarsi allo sguardo. Nulladimeno veggiamo, diceva io, che il numero delle specie incognite è maggiore nelle conchiglie fossili di acqua dolce e di terra, che non nelle marine. Io era autorizzato a far calcolo, attenendomi alle cogni- zioni che si avevano intorno a tale argomento fino a quel punto che io scriveva, ma confesso essere un cattivo vezzo di trarre conclusioni generali dal più o dal meno, termini soggetti a variare a norma che vie più si moltiplicano le in- dagini e le scoperte. Il signor Ferussac ha, non ha guari, mostrato che i testacei fossili fluviatili o terrestri finora cono- sciuti ascendono al numero di ottantatrè specie, trentatrè delle quali vivono nel suolo stesso ove si trovano fossili, eccetto che otto le quali albergano in paesi stranieri, nelle Indie, nell’ America, ecc., e delle cinquanta residue signora che esistano gli analoghi ( Joun. de Physique, tom. 77, juillet 1813 ). (650%) Questo computo, che è recentissimo ed istituito da un naturalista che ha trattato la materia exprofesso, lungi dal distruggere la mia conseguenza, la giustifica anzi e la con- valida solennemente, imperocchè ci dimostra che il numero delle conchiglie fossili fluviatili e terrestri, di cui mancano gli originali, è di gran lunga maggiore di quello delle specie tuttavia esistenti ed egualmente fossili. Nulladimeno non vo- lendo prendere la cosa alla leitera, ma apprezzarne lo spi- rito, nè sapendo quale potrà essere il risultato delle scoperte che si faranno per l'avvenire, mi astengo dal dare a questa circostanza quel valore che le aveva prima attribuito, tanto più che non mi mancano altri sodi argomenti per sostenere il mio assunto. La Memoria del signor Ferussac, ricca di belle ed importanti notizie, non è palese al pubblico che mercè di un giudizioso estratto steso dal signor Desmarets, accreditato fisico. Questo valentuomo credette a proposito d’ incominciare la sua espo- sizione tessendo una circostanziata storia degli stud) intra- presi dai diversi naturalisti intorno a tale soggetto; metodo che si conosce oramai essere indispensabile, da che per due secoli e più tanti volumi sono stati pubblicati e tante osser- vazioni sono state fatte sui varj rami della storia naturale , chè si potrebbe asserire non esservi argomento che sia ve- ramente intatto. Avvi nulladimeno taluni che temendo di pregiudicare a quella leggerezza di stile che tanto affettano, e di affaticare soverchiamente il cerebro de’ ioro lettori, ab- borriscono in singolar modo le citazioni, e tirano francamente innanzi come se fosse un nonnulla tutto ciò che per 1° addie- tro fu scritto; ma non so quanto sarebbero contenti costoro (024 ) di esseré trattati dai posteri in quella guisa con cui essi si diportano verso i predecessori. Guidato da diversi principj il signor Desmarets, ha avuto a cuore di rendere la dovuta giu- stizia a quelli che negli andati tempi si sono occupati in sif- fatte ricerche conchiologiche. Egli ascrive al suo compatriota Lamanon il merito di essere stato il primo, nel 1782, a discernere i fossili marini da quelli d’ acqua dolce, e di co- noscere quanto questa distinzione importi alla geologia. Ma siami permesso di dire che prima ancora di quest’ epoca un naturalista italiano aveva fatto in Francia, anzi ne’ contorni stessi di Parigi, parecchie osservazioni in tale proposito. Il Gualandris, fino dal 1776, avvertì nell’ argilla di Chantilly due strati conchigliacei, l’uno formato tutto di nicchi marini e l’altro di fluviatili impastati nella medesima terra, e cerca di dimostrare quanta luce possa diffondere sulla orittologia l’investigazione di questo fenomeno ( Lett. odeporiche , pag. 167). E poichè un simile argomento esercita oggidì l’ ingegno di tanti naturalisti, perchè mai nessuno si è tolta Ja briga di recare innanzi le osservazioni del Soldani che da quindici anni fa pubblicò nella sua Testaceographia cinque ben lunghi capitoli sui terreni d’acqua dolce del Valdarno, di Staggia, di Sarteano e di Colle, e descrisse i testacei colà da lui rin- venuti? ( Tom. IZ, pag. 118 e seg. ). Prima di porre fine a questa Appendice aveva in animo di fornire alcune aggiunte all’ enumerazione da me fatta dei var} luoghi d° Italia ove si rinvengono reliquie fossili di ele- fanti, di rinoceronti, di mastodonti, ecc., ma. essendo mio intendimento di trattare in alcun tempo questa materia più divisatamente, riserbo a miglior uopo le ulteriori notizie da (625 ) me raccolte. Gli ossami di questi grandi quadrupedi sono senza fallo, dopo le conchiglie, i monumenti più cospicui che attestano le fisiche rivoluzioni succedute in questi paesi, ma quelli eziandio che maggiormente angustiano il naturalista che voglia accingersi a dar conto della loro esistenza. Essendo entrato in qualche discussione su tale argomento, per quanto lo comportava l'indole del mio principale soggetto, ho pro- posto da esaminarsi se fosse credibile che i predetti animali potessero vivere in queste e nelle altre contrade ove trovansi i loro scheletri, senza che fossimo necessitati ad ammettere una diversità di clima proveniente da cause astronomiche. Aveva chiesto se sembrasse probabile che quando il mare inondava le pianure del globo e si riducevano le terre abi- tabili a siti eminenti accerchiati dalle acque, la temperatura dell'Europa fosse per tal motivo più mite di quello che attual- mente lo è. Attendendo qualche rischiaramento al problema, esposi una serie di osservazioni comprovanti chie le isole, e in generale tutt’ i luoghi marittimi, sono men freddi di quelli situati nell’ interno del continente sotto la medesima latitudine. Ma per dare a divedere quanto la vicinanza di grandi spazj d’acqua contribuisca ad addolcire la temperatura di paesi che sarebbero per sè stessi notabilmente freddi, ho ommesso di citare un familiarissimo esempio che può tornare in ac- concio al proposito quando si voglia adattarlo dal piccolo al grande. È noto che nelle vallate montane ingombrate da spaziosi laghi, quali sarebbero tra noi il Verbano ed il La- rio, suol essere il verno, senza paragone, men rigido di quello che lo sia negli altri luoghi adiacenti, e talvolta ancora nella pianura. Per la qual cosa, lungo la costiera di questi 19 (020 ) laghi, ottimamente riesce la coltivazione di piante fruttifere, che si potrebbero considerare esotiche per le montagne, e che di fatto cessano di vegetare a poca distanza, qualora più non sì trovano sotto l’ immediata influenza della temperatura lacustre. Sulle rive del Lario, per esempio, o sia del Lago di Como, prospera la vigna fino nell’ ultima estremità di quel vallone che s' insinua nel cuore delle montagne per la lunghezza di ben quaranta miglia, e lussureggia questa pianta nel piano di Colico fiancheggiato da un canto dal gigantesco Legnone che ha 8132 piedi di altezza, e dall’ altro dalle rupi scoscese della Valtellina: così gli aranci campano allo scoperto a Varenna, e senza difficoltà resistono gli olivi sulla spiaggia di Rezzonico. Or supponiamo che disseccandosi il detto lago, tutto quel tratto di suolo si riducesse alla condi- zione degli altri paesi alpini sepolti per gran parte dell’ anno sotto i ghiacci e la neve; figuriamoci ancora che quando fosse spenta ogni memoria dell’avvenimento, si rinvenissero nelle torbe foglie e ceppi di arancio e di olivo, se questo fe- momeno non riuscirebbe ai naturalisti cotanto strano quanto quello d’incontrare in Italia ossa di elefante, darebbe certo mo- tivo chi sa a quante dispute ed a quanti indovinamenti. Ma io tronco qualunque ragionamento, nè ritornerò da vantaggio su temi già trattati, perchè la giunta non ecceda la derrata, e per non agglomerare insieme argomenti dispa- rati fra loro, il che non può a meno di non generare alla lunga fastidio e confusione. Passerò dunque alla classificazione ed all’ illustrazione di alcune specie di testacei fossili, od om- messe nell’ opera o non adequatamente descritte , e presenterò gli analoghi di altre che ignorava ch’ esistessero ne’ mari. UNIVALVI. Paretza muricata: nob. ( V. pag. 254 ). Patella squamulata ( Ren.). Abita nell’Adriatico ( Ren. ). Allorchè parlai di questa conchiglia era dubbioso se fosse quella medesima descritta prima dal Ginanni , indi qualificata dall’ Olivi per una varietà accidentale della pacella sinensis, e di cui il Renieri credette poscia di dover fare una specie particolare sotto il nome di patella squamulata. Messa or al confronto con quest’ultima, vengo in chiaro che puntualmente corrisponde ad essa. Nella Valle di Andona, dove comunissima è questa patella, ne ho ultimamente trovato un individuo coperto di papille più protuberanti e più acute che non negli altri che cono- sceva per l’innanzi. Drnraziun sexangulum. L. ( V. pag. 262), tav. XV, fig. 25. Niente posso aggiungere a quanto ho detto intorno a questo dentale; ma siccome Schroòter ch'è stato il primo a descri- verlo, non lo ha fatto disegnare, stimo opportuno di darne la figura nella tavola XV. Denratium tetragonum: nob. ( tav. XV, fig. 26). Testa tetragona , subtiliter longitudinaliter striata, latere al- tero subcarinato. Fossile nelle Crete Sanesi. Così questo come il dentalium sexangulum si distinguono con caratteri tanto cospicui, che non è possibile di confonderli (628 ) con altre specie dello stesso genere, lo che non può dirsi di molti altri dentali. Quello di cui ora parliamo, offre a prima giunta una struttura quadrangolare, ma esaminato un po’ at- tentamente, si scorge che uno de’ lati è corredato di una ca- rena longitudinale che forma un quinto spigolo ottuso e poco rilevato, per lo che dovrebbe dirsi rigorosamente pentagono. Tutte le facce sono rigate per lungo da sottilissime strie che non si possono distintamente discernere senza l’ajuto della lente. DenTrALIUM triquetrum: nob. Soldani, Saggio, tab. IX, fig. 57, d, D. Testa laevissima , nitens, triquetra, altero angulo obtusissimo rotundato , apertura cylindrica. Fossile nel Bolognese e nelle Crete Sanesi. Questo dentale è nitido e liscio come lo smalto, ed ha una forma triangolare; ma uno de’ lati comparisce molto ottuso e rotondato. L’ apertura è orbiculare, quantunque nella figura del Soldani si rappresenti essa medesima triangolare. Questo naturalista nel Saggio orittografico , tav. IX, fig. 54, Z, A; 57, D, rappresenta un altro dentale fossile da lui trovato nelle Crete Sanesi, ma di cui non ho veruna contezza. DenraLivMm coarctatum: nob. ( V. pag. 264). Dentalium incuroum. Ren. Abita nell'Adriatico. Il dentale a cui io aveva dato il nome di coarctatum, cor- risponde all’ incurvum trovato dal Renieri nell'Adriatico. Esso è rarissimo in questo mare, talchè il sullodato naturalista non ne rinvenne che un unico esemplare; ma è comunis- simo in istato fossile, di maniera che a San Giusto presso ( 629 ) Volterra ne raccolsi in poco tempo oltre a cento individui più o meno intieri. Si è già detto che questo dentale si distingue da tutti gli altri per essere attenuato in ambe le estremità: nella inferiore esso ha talvolta due o tre articolazioni più o meno profonde e rotondate, che lo fanno comparire geniculato. SerPuLA ammonoides: nob. ( tav. XV, fig. 23 ). Testa teres polythalamica in spiram planam convoluta. Fossile nel Piacentino. Questa serpula si scambierebbe di leggieri per un’ ammo- nite, ed ha qualche somiglianza col nautilus spirula di Linneo, e molto più con l’ammonites loevis e lumbricalis di Bruguiere, disegnate da Bourguet, av. 49, fig. 309, 310, tanto più che è essa medesima internamente divisa in concamerazioni; ma per quanta avvertenza abbia usato, non seppi scorgere nei diafragmi verun indizio di quel sifone che costantemente si osserva nei nautili e nelle ammoniti. Il guscio è a un di presso cilindrico e ripiegato in sè stesso in una spira piana composta di quattro circonvoluzioni aderenti fra loro. Non è la serpula nautiloides del Systema Nature , perchè non combina in verun modo con la descrizione data da Gmelin. Serpura anguina. L. ( V. pag. 269 ). La figura del Bonanni, Recr. et Mus. Kircher. 1, fig. 20, F, riferita con dubbio da Gmelin e da me medesimo a questa specie, debb’ essere assolutamente esclusa. Nella raccolta del Renieri ho veduto l analogo a cui essa compete, il quale appuntino corrisponde alla descrizione del Bonanni stesso. Questi dice che la serpula da lui figurata è di colore di mattone ( 630 ) o avvinato, di forma triangolare, guarnita negli angoli di un orlo rilevato, o sia di una frangia intagliata a denti di sega. Con più esattezza non sì potrebbe descrivere l’ individuo ma- rino che ho sott'occhio, il cui tubo non è aggomitolato nè ritorto in sè stesso, ma solamente alquanto ricurvo in una delle estremità. Essa ha due lati convessi ed uno piano, in- dicato parimente nella figura del Bonanni, per cui sembra che la conchiglia fosse aderente ad un corpo solido. Di questa serpula hanno senza dubbio inteso di parlare Klein, Lescript. tubul. marin., pag. 5, e Lesser, Testaceotheolog., pag. 143. Il Renieri l’ha ragguagliata a buon diritto alla echinata di Gme- lin che essenzialmente differisce dall’ anguina, in quanto che manca di concamerazioni interne e della fessura longitudinale. È strano come Martini non abbia riconosciuto fra questa e quella nessun’ altra diversità che nel colore ( Wewues syst. conch. cabin., tom. I, pag. 52 ). A Monte Rigioni nel Sanese ho trovato alcuni frammenti di un testaceo che sembra appartenere ad una serpula. Essi sono lucidi come l’avorio, di figura triangolare, e cogli an- goli ornati di una frangia dentata, due de’ quali sono piani, ed il terzo scavato a foggia di canale, e segnato per lungo da una sottilissima linea, ma che non sembra essere provenien- te da fenditura. La cavità è cilindrica, angusta in confronto del volume del guscio, e ne’ pezzi che ho rinvenuto compa- risce continua senza essere interrotta da diafragmi. Io pre- sento la figura di uno di questi frammenti nella tav. XV, fig. 24. Serrura protensa. L. Serpula cannelletto. Olivi. Ginann. II, tab. 1, fig. 4. (631 ) Abita nel mare indiano e americano ( Lin. ), e nell’Adria- tico ( Olivi). Fossile nelle colline piacentine e reggiane, in Valle di Andona, ecc. Questa serpula è ovvia tanto nell'Adriatico quanto in istato fossile, ed oltre al Ginanni è stata rappresentata da Rumfio, indi da Martini il quale dichiara che si presenta frequente- mente petrificata. Trovasi della grossezza di una penna da scrivere fino a quella quasi del dito mignolo: la sua super- ficie è liscia, ma non l'ho mai veduta lucente, come la dinota Martini; ed è trasversalmente segnata da un gran numero di rugosità annulari ottimamente indicate nella figura di Rumfio. SerpurA lumbricalis. Var. B? L. Rumf. Amboin., tab. 41, fig. 4. Martin., Conch., tab. 2, fig. 15. Abita nel mare adriatico, atlantico, indiano ( Lin. ). Fos- sile nel Piacentino. Non sono abbastanza sicuro che questa serpula, la quale non è rara nelle colline di Castell'Arquato presso Piacenza, si possa riferire alla varietà £ della lumbricalis, benchè molto somigli alle figure dei due citati autori, principalmente a quella di Rumfio. Essa è in parte ripiegata in sè stessa a foggia di una spira, i cui anfratti sono strettamente aderenti, anzi sal- dati insieme, ed in parte si prolunga in linea retta o irre- golarmente flessuosa. La superficie del tubo nella porzione spirale è rigata da coste longitudinali mediocremente promi- nenti, e segnata per traverso da numerosissime grinze che imitano un lavoro a maglia; la porzione retta è liscia, o non ha almeno che alcune rugosità annulari. La sua grossezza non eccede quella di una penna d'’ oca. ( 632) Senputa polythalamia. ( V. pag. 268 ). Allorchè parlai di questo testaceo e riferii ad esso le figure L, N della tav. 10 del Gualtieri, dove si rappresenta in masse aggruppate, aveva detto di non averlo mai veduto conformato in tal guisa, ma sempre col tubo retto, come comparisce nelle figure di Martini e di Rumfio. Soggiunsi nulladimeno essere probabile che questa serpula stessa, come la maggior parte delle altre, abbia il vezzo di aggomitolarsi e di ripie- garsi in sè stessa, e di fatto ho poi verificato la cosa nella Valle di Andona presso Asti, dove ne trovai molti individui esattamente simili a quelli rappresentati dal Gualtieri. Rinvenni pure colà un pezzo di tubo della medesima serpula, ragguar- devole per la sua grossezza, avvegnachè il diametro dell’ aper- iura oltrepassa i tre quarti di pollice. Terepo echinata. ( V. pag. 270 ). In una massa di marna turchina che riempiva la cavità di un cardium aculeatum raccolto nel Piacentino, trovai porzione del tubo della ceredo echinata della lunghezza di quasi due pollici, e mancante dell’ estremità claviforme. Questo fram- mento perfettamente somiglia a quel cannello testaceo rap- presentato da Martini alla tav. 2, fig. 18, A, e che fu da lui preso per una serpula, cui Gmelin ha dato il nome di proboscidea; ma io credo che sia esso medesimo un pezzo della teredo echinata. Questa teredine è classificata da Lamark fra le fistulane, genere di testacei di cui pochissime specie si conoscono nei nostri mari e forse una sola, che è quella le cui valve in- terne passano sotto il qualificativo di pholas hians. Mi sembra ( 633 ) per altro che alle fistulane possano altresì appartenere alcuni di que’ minuti corpi marini trovati dal Soldani nel Mediterra- neo e rappresentati nella tav. 171 della sua 7'estaceographia, e quelli principalmente contrassegnati con le lettere AA, i, kk, U. Butta striata. Brug. ( V. pag. 276 ). Burra utriculus: nob. Testa ovata, turgidula , solida , utrinque umbilicata, transver- sim striata, striis in utraque extremitate profundis , intermedtis obsoletis. Abita nell'Adriatico. Quando stimai di poter ragguagliare questa conchiglia alla bulla striata di Bruguiere, avvertii che non corrisponde esat- tamente a niuna delle figure citate da questo naturalista, talchè non aveva altro appoggio che la descrizione ch’ egli ne ha dato, la quale mi sembrava convenire agli esemplari fossili. Non essendo tuttavia abbastanza convinto dell’ identità della specie, ho avuto cura, per iscansare ogni equivoco, di pre- sentarne la figura; ma avendo adesso sott’ occhio un individuo marino della dulla striata, vengo in chiaro che essa è di- versa da quella fossile, e per doppia fortuna ho trovato l’ analogo di questa medesima nella raccolta delle conchiglie adriatiche del signor Renieri. Questa bulla ha una forma ovale, gonfia, ma non ventri- cosa e rotondata da ambe le estremità. Il suo guscio è di un bianco di latte, ed abbastanza solido, ma compare pellucido se si spera contro la luce viva o contro la fiamma di una candela. L° estremità superiore ha nel centro dell’ asse un pic- colo pertugio capace di ricevere la. punta di un sottilissimo spillo, ed un altro consimile, ma più stretto, si scorge go ( 634 ) nell’ estremità opposta, dov’ è formato dalla ripiegatura del- Vl espansione lamellare della columella. La superficie è rigata di strie capillari che, osservate con la lente, si mostrano punteggiate, e sono visibilissime verso l'apice ed il vertice, ma nello spazio intermedio compariscono così sottili che a stento si possono discernere ad occhio nudo. L°apertura oc- cupa tutta la lunghezza della conchiglia, ed appena si può dire che un tantino la sopravanzi nella parte superiore; essa è arcuata, abbastanza dilatata, e più ancora sì allarga infe- riormente. La lunghezza dell’ individuo marino che ho pre- sente, è di mezzo pollice, e la sua larghezza di tre linee. La conchiglia di cui parliamo è qualificata nella collezione del Renieri per la dulla naucum, ma mi sembra esserne ben diversa. Quest’ ultima è così ventricosa che si accosta alla forma globulare; è fragilissima, diafana, di una sottigliezza papiracea ed ha l'apertura notabilmente larga e prolungata. in ambe le estremità. Il Renieri fu certamente indòtto in equi- voco dalla frase specifica di Linneo e dalla descrizione di Gmelin, dove si dice essere la detta bulla wtrinque umbili- cata. .... dorsi medio interdum glaberrimo; ma questi carat- teri non sono esclusivi alla bulla naucum, poichè compari- scono in parecchie altre: la dulla solida di Bruguiere, per esempio, o sia la bulla cylindrica di Gmelin ( erroneamente indicata come minuta e sottilissima ) è fortemente striata nell’una e nell’ altra estremità, e liscia nel mezzo. Quella che ho descritto è una nuova specie che non è re- gistrata nè nel Systema Nature, nè nell’ Enciclopedia. Abolisco dunque l’ epiteto di strata con cui l’aveva chiamata da prima, e vi sostituisco quello di utriculus. (635) Burra ovulata? Lam. (V. pag. 277 ). Abita nell’Adriatico. Aveva riferito con dubbio questa bulla all’ ovulata di La- mark, che fu da lui trovata fossile a Grignon ( Y. Annal. du , Mus., tom. IV, pag. 221 ), e questo dubbio tuttavia mi rima- ne; anzi avrei presentemente maggiore propensione a credere che fosse diversa. Comunque ciò sia, importerà di sapere che l’analogo di essa esiste nell'Adriatico, giacchè ne ho rinvenuto buona copia d’ individui nel sedimento della spiaggia di Pe- saro, ma tutti assai piccoli, di maniera che il più grande non è niente più lungo di una linea. Meglio esaminata la figura di Planco, tav. 2, fig. 5, che Bruguiere, come ho detto a suo luogo, malamente riferì alla bu/la truncatula, mi persuado che essa competa alla nostra conchiglia, che è per altro ine- sattamente rappresentata dalla parte posteriore. Burra convoluta: nob. ( V. pag. 277 ). Abita nell’Adriatico. Di questa bulla medesima ho discoperto l’analogo nel se- dimento marino del lido di Pesaro. Si potrebbe credere che essa fosse delineata nella Testaceographia del Soldani alla tav. 1, fig. D; ma nella bulla colà rappresentata si ravvisano alla base le circonvoluzioni della spira; mentre nella nostra v° ha in cambio un profondo umbilico. Quella figura è riferibile piuttosto alla dulla truncatula di Bruguiere. Burra miliaris: nob. (tav. XV, fig. 27). Testa minuta suborbicularis vel ovato-obtusa , nitens, utrinque umbilicata. Soldan., Testaceograph., tab. I, fig. 1, 4? — tab. 160, fig. mm? ( fossilis ). (636 ) Abita nel Mediterraneo? (Soldani). Fossile nelle Crete Sanesi. Questa bulla ha all'incirca la grandezza e la figura di un grano di miglio, ma è alquanto più bislunga. La superficie è nitida e lucente senza verun indizio di rughe nè di strie, e tanto alla base quanto nell’ estremità superiore della columella si ravvisa un picciolo pertugio a foggia di umbilico. L° apertura è stretta, lineare, allargata nella parte superiore, ed il labbro destro non termina esattamente a livello della base, ma di al- quanto la sopravanza. Siccome questo carattere non è espresso nella fig. 1, A della tav. I del Soldani, dubito perciò che essa rappresenti questa conchiglia, benchè vi si conformi abbastanza in tutto il rimanente. Più somigliante sarebbe la figura mm della tav. 160, se non che il margine del labbro destro e sinistro mostra nell’ estremità superiore certe sinuosità che non si osservano ne’ miei esemplari, e forse in quello tro- vato dal Soldani avrebbero potuto essere accidentali e dipen- denti da rottura. Questo naturalista non ne incontrò se non individui microscopici ch'egli classificò fra i suoi testacei fru- mentarj, e nella descrizione avvertì che potrebbero essere piccole cipree, ma essi hanno piuttosto la sembianza di bulle. Conus canaliculatus: nob. (tav. XV, fig. 28 ). Testa pyramidalis transversim striata, spira conica, anfra- ctubus omnibus canaliculatis, basi sulcata. Fossile in Valle di Andona. Questo cono è diverso da tutti gli altri che sono sfati da me descritti, atteso che la spira ha una forma conica allun- gata, e gli anfratti sono scavati da un canaletto così largo che occupa quasi tutta la larghezza di essi, talchè non rimane (20 (637 ) che un piccolo listello liscio intorno alla sutura. Lo spigolo dell’ anfratto esterno nell’ incominciamento della spira è molto ottuso e quasi rotondato , e tutta la superficie della conchiglia si mostra rigata da strie capillari prominenti; ma la base è profondamente solcata. Lunghezza lin. 10, larghezza lin. 4. NerItA fulminea. L. Gualt., tab. 67, fig. M. Abita presso i lidi dell’Africa ( Lin. ). Fossile nel Piacentino e in Valle di Andona presso Asti. Non ne ho incontrato che piccoli individui della grandezza di un mezzo grano di miglio fino a quello di un pisello di mediocre volume. Io la qualifico per la nerita fulminea, at- tenendomi alla classificazione del signor Renieri, nella cui raccolta ho veduto nerite consimili, benchè alquanto più gros- se, e da lui riferite a questa specie. Faujas ( Essai de géol., tom. I, pag. 74) dice che in Pie- monte ed in altri luoghi dell’ Italia trovasi la natica ( nerita L.) elephantina, volgarmente detta orecchia di elefante, il cui ana- logo vive adesso nel mare della Nuova Zelanda, ma io non conosco questa conchiglia nè in istato fossile nè marina. Hrrix subulata: nob. ( V. pag. 305 ). Turbo fasciatus. Ren. Abita nell’Adriatico. Gl’individui marini di questa élice di cui esiste l’ analogo nell'Adriatico, come avvertii alla pag. 383, sono lisci, pel- lucidi, di colore bianco sudicio, ed hanno l’ anfratto inferiore ornato di due fasce bionde, una delle quali continua per tutta la spira. Io aveva detto nello stesso luogo che questa univalve, (638) stando al sistema di Linneo, potrebbe del pari essere classi- ficata fra i turbini turriti, giacchè la distinzione fra essi ed alcune elici è così poco patente che molti autori hanno ri- posto fra queste ultime le stesse conchiglie che altri hanno creduto che appartengano piuttosto ai primi. Di fatto, parec- chie elici sono state descritte da Muller, che Gmelin ha sti- mato meglio di traslocare nel genere Zurbo, e lo stesso Renieri, come veggo adesso nella sua raccolta, ha indicato quella di cui parliamo col nome di turbo fasciatus. Sospettava da prima, come ho già dichiarato nella pagina suddetta, che questa helix subulata 0 turbo fasciatus, come più piaccia di chiamarla, potesse essere il turbo auriscalpium di Linneo, di cui non si cita, ed anche in maniera dubitativa, se non che una sola figura di Argenville. Ma questa conghiet- tura è falsa, poichè trovo presso il signor Renieri alcuni individui del detto turbine da lui raccolti nell'Adriatico, i quali ottimamente corrispondono alla descrizione di Linneo, e sono affatto differenti dal nostro. Si avverta per altro che il pro- fessore di Padova ha creduto di riconoscere in essi una nuova specie di elice, cui ha data la denominazione di helix aurita ch’ egli suppone essere stata delineata da Lister nelle figure 16 e 19 delle tavole 20 e 22, attribuite da Gmelin al curdo perversus. Erronea, senza fallo, è 1’ applicazione delle testè indicate figure fatta da quest'ultimo autore; ma mi sia lecito il dire che poco soddisfacente altresì mi sembra quella ideata dal signor Renieri, imperocchè quantunque sia vero che ab- biano una tal quale somiglianza con la conchiglia adriatica, esse sono state offerte da Lister come rappresentanti due uni- valvi terrestri. Quella della fig. 16, tav. 20 che più ad essa si ( 639 ) accosta, è descritta da questo autore con l'apertura orbicula- re, ore circinnato, mentre nella conchiglia di cui si tratta il labbro destro è dilatato, leggermente concavo, rotondato, col margine alquanto ripiegato all'infuori, e la spira è composta di otto anfratti, come puntualmente dichiara Linneo parlando del turbo auriscalpium. Non v’ ha che un solo divario, ed è che Linneo attribuisce a questo turbine una tinta lattea, laddove gli esemplari che ho sott'occhio hanno il colore e la pellu- cidità di una sottilissima lamina di corno, ma questa diffe- renza potrebbe essere accidentale, e forse egli ne avrà ve- duto qualche spoglia raccolta sulla spiaggia, sapendosi che le conchiglie dotate di diafaneità cornea, rimanendo esposte all’ intemperie, imbiancano e diventano opache. Benchè stimi superfluo di citare esempj di ciò, addurrò nondimeno quello del turbo pyramidalis, in cui Gmelin, o piuttosto Schroter, hanno osservato siffatti cambiamenti espressi in questi termini: Testa cornea pellucida . ... . ad solem et aerem primo cinera- scente , post albicante et opaca ( Syst. Nat., pag. 3612 ). Mi rimane da dire che nel Catalogo del Renieri è bensì regi- strato anche il turbo auriscalpium; ma diversifica da quello così nominato da Linneo. La conchiglia del Renieri ha una forma turrita o piramidale, è composta di tredici in quattordici an- fratti pochissimo convessi, e distinti da una sottile sutura, si mostra di colore latteo, ed è così liscia e lucente quanto la porcellana inverniciata. Nel museo del Consiglio delle Minie- re ve n’ha un individuo proveniente da non so qual mare, della lunghezza di dieci linee e del maggior diametro di quattro; ma ciò che è da notarsi si è che tutti quelli da me veduti, sono costantemente incurvati verso la parte superiore. ( 640 ) Tranne quest ultimo carattere, esso somiglierebbe moltissimo alla melania nitida di Lamark, ma sospetto che possa rag- guagliarsi al turbo politus di Linneo, che da questo naturali sta fu veduto della grandezza soltanto di un grano di orzo. Hetrx similis — Cyclostoma simile. Draparnaud. Draparn., Mollusq. fluviat., tab. I, fig. 15. Abita nelle acque dolci della Francia. Fossile a San Giusto presso Volterra. Benchè abbia già professato di non volere internarmi per ora nell’ esame delle conchiglie fossili terrestri, nondimeno alle specie che ho riferito, per darne un picciolo saggio, mi piace di aggiugnere anche questa. Il nome con cui fu con- trassegnata da Draparnaud che la scoprì in Francia in istato naturale, sembra che alluda alla somiglianza che ha questa conchiglia col cyclostoma obtusum ( helix fascicularis L. ), da cui differisce per avere la spira più allungata e il primo anfratto men ventricoso. E poichè nella determinazione delle specie fossili delle con- chiglie de’ terreni di acqua dolce si cerca ora di procedere con la più scrupolosa esattezza, ho voluto di nuovo confron- tare quelle poche dianzi da me registrate, l’ helix auricularia, cioè, fascicularis, palustris e tentaculata cogli analoghi di una raccolta che il signor Villani ricevette testè dalla Germania, accompagnata dalla nomenclatura di persona intendente. Mi sono così vie più convinto che la mia classificazione era giusta. Vorura myotis: nob. (tav. XV , fig. 9). Testa ovato-acuta, turgidula, columella triplicata, labio dextero unidentato , spire anfractubus marginatis , basi integra, rotundata. (641) Fossile in Valle di Andona. Questa voluta somiglia alquanto ad una univalve figurata da Klein, tav. /, fig. 24, e che egli copiò da Lister, la quale è riferita da Gmelin, non so con quanta ragione, all’ helix scarabeus. Essa ha una forma ovale, rotondata alla base, e termina superiormente con una spira conica e acuta. I suoi anfratti sono sette, l’inferiore de’ quali è ventricoso e più lungo di tutti gli altri presi insieme, che sono leggermente convessi e quasi piatti. L'apertura, rispetto al volume della conchiglia, è stretta e bislunga, ed il labbro destro da cui è circoscritta, incurvasi inferiormente ad arco, e si unisce senza interruzione col sinistro: questo è costituito da una sot- tile lamina incollata sulla convessità del penultimo anfratto, la quale forma soltanto un picciolo risalto presso la base, dietro a cui non appare traccia veruna di umbilico. La co- lumella è corredata di tre grosse pieghe, di cui le due in- feriori s' insinuano spiralmente nella cavità interna, mentre la terza ha semplicemente la sembianza di un tubercolo pro- tuberante. Il labbro destro è internamente orlato per tutta la sua lunghezza da un risalto acuto , in mezzo al quale s1 scorge un dente rilevato ed ottuso, simile a quel tubercolo che co- stituisce la terza piega della columella. Benchè la conchiglia sia ottimamente conservata, tuttavia essendo la superficie al- quanto farinosa, non posso decidere se fosse assolutamente liscia, come lo comparisce, non iscorgendosi che una sola stria che circonda il margine degli anfratti intorno alla sutura. Essa è affine alla voluta sulcata, fasciata , auris mide, ed appartiene, come la susseguente, al genere Auricula di La- mark. Lunghezza lin. 7, larghezza lin. 4. (042 ) Vorura pisum: nob. (tav. XV, fig. 10). Testa ovali, anfractu primo turgido, rotundato, spira bre- viuscula, labio calloso adnato, columella triplicata. Fossile a San Giusto presso Volterra. L’anfratto inferiore è così tumido in questa voluta che ha una forma rotondata, ed è oltre al doppio più lungo della spira, i cui anfratti sono essi medesimi abbastanza convessi, non già piatti come nella precedente. Niente posso dire sulla struttura del labbro destro ch'è fratturato, ma notabile bensì è quella del labbro sinistro il quale è formato di un’ espan- sione callosa, talmente dilatata che si stende fin sulla parte posteriore della base, 0, vogliam dire, sul dorso della conchi- glia, e si prolunga dal lato dell’ apertura con un processo linguiforme fin presso alla sutura del penultimo anfratto. La columella ha tre pieghe acute, una delle quali, cioè l'in- feriore, è formata dalla ricorrenza del labbro destro sul sini- stro. La superficie è liscia, e sembra che tuttavia conservi la naturale sua tinta ch'è di foglia secca. Lunghezza lin. 4, lar- ghezza lin. 3. Vorura clandestina: nob. (tav. XV , fig. 11). Testa minuta, nitens, spira occultata, columella triplicata, apertura lineari, labro marginato , edentulo. Abita nell’Adriatico. Fossile nelle Crete Sanesi. È simile alla voluta cypreola già descritta, ma molto più piccola, talchè non eccede la grandezza di un grano di miglio. Essa è nitida, liscia, di forma bislunga assottigliata alla base. e l’ apertura ch’ è stretta e lineare si stende, come nelle cipree, dall’ una all’ altra estremità. La spira non è discernibile, e solamente in luogo di essa si scorge una leggiera prominenza ( 043) in cui non appare indizio di anfratti. La columella è segnata verso la base da sottili pieghe, ed il margine del labbro destro è esternamente orlato da un risalto longitudinale. Nella raccolta del signor Renieri ho adocchiato molte piccio- lissime volute contrassegnate col nome di voluta minima; ma non tutte sono di una sola e medesima specie. Alcune appa- jono sottilissime, pellucide, di colore jalino; hanno la spira evidente ed il labbro destro non marginato. Altre ne vidi di una tinta celestina, e queste sono per l’ appunto le ana- loghe di quella che ho descritto, la quale va inclusa, come la voluta cypreola, nel genere Marginella di Lamark. Nei sedimenti della spiaggia dell’Adriatico ho trovato altre volute della forma di quelle testè menzionate, ma più grandicelle , solide, bianchissime, nitide come lo smalto , e somigliano ad una rappresentata da Martini, ev. 42, fig. 428, e da Adanson, tav. 5, fig. 4; se non che hanno una struttura che più si accosta alla piriforme. Vorura tornatilis ( V. pag. 322 ). Tav. XV, fig. 14. Ho già detto che negli esemplari fossili di questa conchi- glia l’anfratto inferiore è striato superiormente e verso la base, e che lo spazio intermedio comparisce liscio. Siccome questa ultima particolarità non si scorge ne’ marini, così essa costi- tuisce una varietà di cui giudico ora a proposito di presen- tare la figura. Non debbo tacere che questa voluta è alquanto più assot- tigliata della tornazilis ordinaria, ed ha la spira più prolun- gata; ma siffatte differenze non sono costanti, poichè ne ho incontrato altri individui, la cui forma è affatto identica a quella che per lo più presenta la stessa tornatilis. (644 ) Nel Prodromo del signor Renieri trovasi registrata nna vo- luta qualificata per la fasciata di Gmelin, e che io ho veduto nella collezione di questo naturalista. Essa è trasversalmente striata come la tornatilis, ha lo stesso colore carnicino con fasce bianche; ma, a guisa di quella che ho descritto, è più stretta, ed ha la spira più lunga. Io dubito che essa medesima non sia punto diversa dalla tornatilis, e se alle dette partico- larità l’altra si aggiunge di avere il guscio sottile e pellucido, mentre in quest ultima è solido e grosso, debbesi ciò attri- buire all’età degl’individui che non sono niente più lunghi di cinque linee. Bruguiere medesimo che esattamente descrisse la tornatilis, disse ch’essa è fragile, sottile e trasparente, perchè ne avrà avuto sott'occhio qualche individuo giovane. Del rimanente, è impossibile di riconoscere qual sia la soluta fasciata di Gmelin, poichè egli la riferisce alle stesse figure di Lister e di Martini che citò poi sotto alla tornatilis, e la descrizione non è abbastanza circostanziata, presentando ca- ratteri che sono comuni a questa ed a quella. Vorura spirata (tav. XV, fig. 12). Testa pusilla, lavis, spira longiuscula, anfractubus scalari formibus, columella uniplicata. Fossile nelle Crete Sanesi. Questa voluta è così piccola che di poco sorpassa la lun- ghezza di una linea. È affine alla precedente, ma si discosta da tutte le altre della stessa tribù, perchè gli anfratti della spira, in cambio di essere convessi, hanno la figura dei gra- dini di una scala a chiocciola, e sono distinti da un canaletto alquanto concavo. L'apertura è in proporzione più larga che nella voluta tornatilis , e la columella ha un’ unica piega acuta. (645 ) Vorvra buccinea: nob. ( V. pag. 319). Voluta buccinata. Ren. Abita nell’ Adriatico. Ignorava che l’analogo di questa voluta esistesse ne’ mari, e lo ravviso adesso nella raccolta del Renieri. Essa si accosta cotanto ai buccini che ci siamo incontrati ambedue a darle lo stesso nome esprimente questa rassomiglianza. Presso Volterra ne ho trovato una varietà leggermente striata per traverso. Vorura mitroeformis: nob. ( tav. XV, fig. 13 ). Testa fusiformis, longitudinaliter costulata , transversim crebre striata, columella biplicata, labro intus sulcato, cauda brevissima. Fossile nel Piacentino. Questa voluta ha la forma di una Mitra di Lamark, ma appartiene non per tanto al genere Cancellaria di questo na- turalista. Essa è composta di otto anfratti, leggermente con- vessi, rigati per traverso da numerose strie, e segnati per lungo da coste rilevate ed ottuse; il margine di ciascheduno di essi è crenellato intorno alla sutura. La base è intera e rotondata , ed ha appena un leggiero primordio di canaletto: la columella mostra due pieghe obblique , il labbro destro è internamente solcato; e quantunque solido e grosso si va gra- datamente assottigliando verso il margine che è acuto e af- filato. Lunghezza lin. 7, larghezza lin. 3. Vorura umbilicaris. ( V. pag. 312 ). Aveva detto di essere incerto se questa univalve si dovesse riferire alla voluta nassa di Gmelin, ed in tal dubbio vie più mi confermo ora che veggo nella raccolta del signor Villani un bell’ esemplare marino di quest ultima. Le differenze con- sistono nella struttura dell’umbilico che è ampissimo e pro- fondissimo nella conchiglia fossile, laddove in un individuo (046 ) dell’ altra, lungo nove linee, è così stretto che non si può introdurvi che la punta di uno spillo ordinario: ciò è indi- cato altresì da Chemnitz che dice essere picciolissimo I’ um- bilico in questa voluta: sie hat cine ganz kleinen nabel. Nella voluta nassa, oltracciò, le coste longitudinali sono leggermente crenellate, e gli spazj intermedj compariscono lisci o appena segnati da sottili strie. Nella nostra, all'incontro, le strie longitudinali sono così rilevate e così spesse, che, incrocicchian- dosi con le coste, rendono la superficie scabra e graticolata. Convengo bensì che queste due volute si conformano nelle fattezze, ma non so se tanta latitudine dar si possa alle va- rietà, per credere che sieno modificazioni l’ una dell’ altra. Vorura plicatula: nob. ( V. pag. 318 ). Abita nell'Adriatico. L’analogo di questa conchiglia esiste nell’ Adriatico, ma il Renieri non ne trovò che un piccolo individuo lungo tre linee, da lui creduto la voluta culpecula giovane: quest’ultima per altro ha coste prominenti, è fortemente striata per traverso, e più allungata e più larga verso la base. Vorura obsoleta: nob. ( tav. XV, fig. 30). Testa turrita , nitens , anfractubus convextusculis, costis, striis- que obsoletis se invicem decussantibus , columella triplicata. Fossile presso Volterra. La sua forma è turrita ed assottigliata, ed è composta di cinque anfratti leggermente convessi, l’inferiore de’ quali è lungo quanto tutti gli altri presi insieme. La superficie è lu- cente, quantunque sia segnata da strie trasversali e da coste longitudinali che s' incrociano scambievolmente, formando un tessuto reticolare; ma così le une come le altre sono pochissimo (647) prominenti e quasi obliterate. La columella è munita di tre pieghe. Buccrwum dolium. L. ( V. pag. 324). Allorchè descrissi un individuo fossile di questo buccino, avvertii che diversifica dagli ordinarj, in quanto che i solchi che separano le coste, hanno nel mezzo un sottile filetto che seguita l’andamento di essi. Mi sono poi giunti alle mani alcuni esemplari marini in cui si riconosce questo stesso ca- rattere accennato già da Bruguiere e da Martini. Il duccinum dolium, dice quest'ultimo, ha i solchi talvolta interamente lisci, e talvolta ancora circondati da uno o da due cordoncini elevati ( com. ZII, pag. 399 ); ma non deggio ommettere di notare che questi cordoncini intermedj sono nella conchiglia fossile più grossi di quanto abbia veduto in verun individuo marino , e che le coste stesse sono men distanti fra loro, ben- chè non v'abbia diversità nel numero. Esse sono da quattordici a quindici nell’ anfratto inferiore, e quattro nel susseguente. Jo aveva riflettuto ancora che Linneo può avere scambiato questa varietà di buccinum dolium col buccinum olearium ( per errore sfuggì dalla penna galea ), allorchè descrisse quest’ ul- timo con la frase sulcis obtusis lineola elevata interstinctis. Di fatto, questa linea intermedia non si scorge nell’ olearium, e Bruguiere medesimo non sa comprendere che cosa abbia vo- luto intendere Linneo con quelle parole ( Y. Encyclop. meéth., art. Buccinum, num. 1 ). Buccrnum orbiculatum: nob. (tav. XV, fig. 22 ). Testa subrotundata , inflata, spira conica, brevissima, costis 22 convewxiusculis, tenui sulco discretis, columella uniplicata. (648) Fossile in Valle di Andona presso Asti. Era in dubbio se dovessi risguardare questo buccino come una varietà del dolium di Linneo, o come analogo al fascia- tum di Bruguiere. Molta rassomiglianza vi scorgo altresì con quella varietà di duccinum pomum ch'è stata da me descritta; ma stimo non per tanto che sia diverso da tutti. Differisce dal primo, in quanto che le coste sono in maggior numero ed assai più ravvicinate: si allontana dal fasciatum, perchè questo nella parte superiore degli anfratti ha tre coste distanti fra loro più delle altre, le quali sono inoltre molto ottuse. Non posso tampoco ragguagliarlo al pomum, atteso che quello di cui parlo è più rotondato, ha la spira più prominente, la columella non presenta che una sola piega, e maggiore è la larghezza dell’ apertura. Meno incerto sarei sulla determina- zione della specie se il labbro destro non fosse fratturato, laonde non si può riconoscere se sia internamente liscio © fornito di denti, e se il margine sia acuto o ingrossato da quel risalto longitudinale che si ravvisa in alcuni buccini della stessa tribù. La forma di questo buccino inclina alla globulosa, stante la grande convessità del primo anfratto ch è tre volte e mezzo maggiore di tutti gli altri riuniti, ed è corredato di ventidue coste rotondate, vicinissime le une alle altre, e distinte da un solco la metà men largo di esse. La spira è conica e acuta, ed è composta di cinque anfratti convessi, solcati essi pure per traverso, tranne quelli dell’ apice che compariscono lisci. L’apertura è ampia come nel buccinum dolium, non già stretta e bislunga, quale si vede nel pomum, ed ha il labbro de- stro formato di una lamina liscia incollata sul ventre della (649) conchiglia. La columella si ritorce in ispirale, e porta nel mezzo una piega rilevata che si perde nella cavità interna, oltre ad una carena obbliqua formata dalla continuazione del margine della slabbratura. Il labbro destro, come ho detto, è fratturato. Lunghezza poll. 1, lin. 1; larghezza lin. 10. Bvccivum asperulum: nob. ( V. pag. 339 ). Questo buccino ha tanta affinità con un altro trovato dal Renieri nell'Adriatico, e qualificato da lui pel duccinum vul- gatum di Gmelin, che, volendo confrontare quest’ ultimo con la figura che ho dato della specie fossile, dubito che non si saprà ravvisare differenze fra l’uno e l’altro. Mettendo al pa- ragone gli originali, alcune ve n°ha tuttavia che debbonsi valutare ; imperocchè il labbro destro non è internamente striato nel duccinum vulgatum, ed il sinistro appena è indicato da una sottilissima lamina trasparente ed affatto liscia, lad- dove nel nostro esso mostra una piega obbliqua nella parte superiore, e due o tre altre interrotte ne ha verso la slabbra- tura della base. L'apertura inoltre è in esso più rotondata. Identico al buccinum vulgatum, così detto dal Renieri, credo che sia un altro buccino ch'egli ha registrato nel suo cata- logo sotto il nome di plicatulum, nè altra diversità so rav- visarci salvo che nel colore, che nel primo è biondo con alcune macchiette ferruginose, quando l’altro su di un fondo della stessa tinta ha nell’ anfratto inferiore due zone brune, luna delle quali è presso alla base e l’altra - contigua alla sutura. Quest ultima prosegue per tutta la spira, e l’opposi- zione dei due colori biondo e bruno produce all’ occhio tale illusione che sembra che gli anfratti sieno carenati nel con- fine della detta zona, quando in realtà così non è. ( 650 ) Ma il buccino del Renieri appartiene esso veramente al vulgatum del Systema Nature? e quale è inoltre questo pul- gatum? Gmelin lo riferisce a due figure di Seba e di Mar- tini, che evidentemente rappresentano il dbuccinum reticulatum, e ne cita inoltre una varietà a cui applica, benchè con dub- bio, la fig. V della tav. 44 del Gualtieri, dove è delineata una univalve che non ha il carattere dei buccini: egli vi aggiunge ancora un’ altra figura di Martini, tav. 124, fig. 1165, 1166; ma questa non può certo competere alla con- chiglia adriatica. Di fatto, descrivendone Chemmitz l'originale, dice che l'apertura non è liscia, ma aspra e rugosa, il che non si verifica in quello di cui parliamo. Io non so raggua- gliarlo a veruna delle specie descritte da Bruguiere e da Gmelin. Tornando al Vuccinum asperulum, soggiungerò che si po- trebbe facilmente confondere col wverrucosum, trovato dal Renieri nell'Adriatico, e da me in istato fossile; ma questo è segnato per traverso da strie scavate, quando nel nostro sono prominenti: differenza che basta per istabilire una specie distinta. Bvuccinum verrucosum. L. Gualt., tab. 43, fig. M. Abita nell'Adriatico ( Ren. ). Fossile nel Piacentino, Questo elegante buccino ha tutti gli anfratti notabilmente convessi e rigati per lungo da coste simmetriche, tanto pro- fondamente tagliate dalle strie trasversali, che sembrano es- sere composte di una serie di tubercoletti. L’ apertura è quasi rotonda; il Jabbro destro che la circoscrive è internamente solcato, ed il sinistro ha alcuni minuti granellini verso la (651) base ed una piega obbliqua nell’alto. Il suo colore è biondo o ferruginoso negl’individui marini, di cui ne esiste della lunghezza di sei linee; ma io non ne ho trovato fossile che uno solo, lungo due, in cui i tubercoletti delle coste sono men prominenti. Buccrnux corniculum ( V. pag. 342 ). Buccrwux semistria- tum: nob. (tav. XV, fig. 15). Ho già dato la descrizione specifica di questo buccino che credeva di poter riferire al corniculum dell’ Olivi; ma confron- tandolo ora con individui marini di quest’ ultimo, trovo che è diverso per molti titoli, quantunque, a dir vero, vi somigli moltissimo. Il duccinum corniculum è interamente liscio, ha una forma più assottigliata e più svelta, il labbro sinistro è poco esteso, lucido e corredato nella parte superiore di una piega alquanto prominente. Il nostro, all'incontro, ha il mag- giore anfratto segnato nella metà inferiore da strie trasversali incavate, di cui se ne annoverano dodici ben distinte che sono altrettanto più profonde e più spesse quanto più si avvicinano alla base. Così questo come tutti gli altri anfratti sono circondati presso il margine della sutura da un solco profondamente scolpito. Il labbro destro consiste in una larga lamina levigata che si stende ben oltra sul ventre della con- chiglia, ed in cui non si ravvisa indizio di pieghe, eccetto che una carena spirale nella parte inferiore, la quale è for- mata dall’ unione del margine della slabbratura della base con quello della columella. Il labbro destro è esternamente orlato da un sottile risalto rilevato , quando nel duccinum corniculum avvi in quel luogo una prominenza ottusa e variciforme; internamente poi è solcato da circa quindici strie prominenti, (652 ) ma questo carattere è altresì comune all’altro buccino. Gli anfratti sono in numero di sette, leggermente convessi, l’in- feriore de’ quali è più grosso degli altri, e lungo quasi una volta e mezza più della spira. La lunghezza totale della con- chiglia è di linee 8 e la larghezza di linee 4. Non potendo adunque ragguagliarlo al corniculum, ho cambiato questo nome che prima gli aveva apposto, in quello di semistriatum , e ne presento la figura. Buccinum costulatum. Ren. ( V. pag. 343 ). Ho già manifestato il dubbio se questo buccino potesse es- sere riferito al costulatum o piuttosto al plicatulum del Renieri. Avendo ora presenti individui marini dell'uno e dell’ altro, trovo che esso ha molto maggiore analogia col primo: tuttavia non è esattamente lo stesso, imperocchè le strie trasversali sono più manifeste, il margine di tutti gli anfratti è cinto da un solco più profondo, e le coste longitudinali, conforme a quanto si è già detto, sono quasi obliterate nella metà inferiore degli anfratti medesimi. Io stimo adunque che esso sia una varietà del costulatum, ma non prenderò contesa con chi volesse risguardarlo come una specie distinta. Bvccinum corrugatum: nob. Buccinum stolatum. Ren. ( tav. XV, fig. 16). Testa oblonga, nitida, longitudinaliter costata, transoersim obsolete striata, anfractubus complanatis , labiis incrassatis, den- ticulatis. Abita nell'Adriatico ( Ren. ). Fossile nel Piacentino. Il Renieri credette di riconoscere in questo buccino, da lui trovato nell'Adriatico, l analogo dello stolatum di Gmelin; ma la descrizione che ha somministrata Chempnitz di questo (653) ultimo, e l'ispezione di un bell’ esemplare marino ch' esiste nel museo del Consiglio delle Miniere, danno a dividere che esso è diverso. Il buccinum stolatum ha l anfratto inferiore liscio dalla parte del dorso, e corredato di coste longitudi- nali nella sola metà anteriore; il labbro sinistro è di una somma sottigliezza , e l'apertura ampia ed ovale. Ora questo nostro è uniformemente guarnito per lungo di coste ottuse, e segnato per traverso da minute strie che non si ravvisano distintamente se non che negl’interstiz) delle coste medesime, mostrandosi appena sulla convessità di esse. Gli anfratti sono piani ed alquanto salienti nella sutura; ma l’inferiore ch’ è più lungo e più grosso degli altri, ha un grado non mediocre di convessità. L’ apertura rappresenta un ovale superiormente acuto, e comparisce più stretta di quanto dovrebbe esserlo atteso l’ ingrossamento di ambedue le labbra: il destro è sol- cato nell'interno, ed orlato esternamente da un risalto più o men prominente; il sinistro è formato di una lamina liscia e callosa, ed ha verso la base alcuni tubercoli rotondati. Lun- ghezza lin. 4 e mezza, larghezza lin. 3. Bucciwuvm turbinellus: nob. (tav. XV, fig. 17 ). Testa oblonga, longitudinaliter costulata, transversim striata, anfractubus complanatis, margine suturali plicato, linea exca- vata succincto. Fossile nel Piacentino. Ha una forma bislunga ed assottigliata , e tutti gli anfratti, tranne l’ultimo, sono affatto piani senza nessuna convessità, e distinti l uno dall’ altro da un leggiero risalto. Essi sono striati per traverso, guarniti per lungo da coste sottili e cir- condati intorno alla sutura da una linea scavata. Lo spazio (654) che rimane fra questa linea e la sutura medesima è corre- dato di pieghe che sono una continuazione delle coste, e sopravanzano alquanto dal margine, in maniera che, osservata la conchiglia nella direzione del suo asse, sembra che gli anfratti sieno in certa guisa coronati. L'apertura è ovale, il labbro destro è internamente solcato, ed il sinistro liscio. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 2. Bvuccinu» semicostatum: nob. ( tav: XV, fig. 19). Testa ovata transversim striata, anfractu infimo tumido, su- perne costato, apertura glaberrima. Fossile a San Giusto presso Volterra. Questo è uno dei tanti buccini costati e striati, de’ quali sarebbe difficile di dare a conoscere le differenze specifiche senza il soccorso della figura, nè questa basterebbe tampoco se non fosse accompagnata dalla descrizione, tanta somiglianza hanno gli uni cogli altri. Nulladimeno questo presenta un particolare carattere abbastanza cospicuo, ed è che le coste nell’ anfratto inferiore non si prolungano fino alla base, ma cessano di essere manifeste alla metà di esso; mentre in quelli della spira si stendono dall’ una all’ altra sutura. Questo an- fratto è una volta e mezza più lungo di tutti gli altri, molto convesso e rigato per traverso da profonde strie che com- pariscono su tutta la superficie esterna della conchiglia. Tanto il labbro destro quanto il sinistro sono affatto lisci, e la columella termina alla base con una carena spirale. Lunghezza lin. 5, larghezza lin. 3. Buccrvum angulatum: nob. ( tav. XV, fig. 18). Testa ovata, obtusa, transversim striata, longitudinaliter co- stata, anfractu infimo rotundato, labro intus striato. (655 ) Fossile a San Giusto presso Volterra. A questo si compete in vero senza riserva la riflessione fatta parlando del precedente, imperocchè non sarebbe possibile senza un’esatta figura di presentare le differenze che lo di- stinguono da varj altri che ho descritto, consistendo esse quasi soltanto nella semplice diversità di proporzione di alcune sue parti. Il buccino con cui ha maggiore analogia è il corrugatum; ma esaminato attentamente e col confronto di questo, si scorge che non è esattamente lo stesso. Di fatto, esso ha una forma più tozza, dipendente dalla maggiore gonfiezza dell’ anfratto inferiore; le strie trasversali sono più profonde e passano sulla convessità delle coste, le quali dal proprio canto com- pariscono più grosse e più distanti l’una dall’ altra; la spira è meno acuta, più ampia l'apertura, e la columella non ha che una sola piega nella parte superiore. A ciò si aggiunga che il labbro sinistro non è nè così grosso, nè così esteso, e che talmente angusto è il canaletto della base, che lascia appena passare un sottile spillo. Lunghezza lin. 4, larghezza lin. 3. Buccivum exiguum: nob. ( tav. XV, fig. 20). Testa tenuis, ovata, subtilissime transversim striata, anfractu- bus marginatis, spira conica obtusa, apertura lavi, columella spiratim intorta. Fossile nelle Crete Sanesi. To non ho trovato buccini di questa specie che della Jlun- ghezza di due linee e larghi due. Esso è composto di cinque anfratti convessi e distinti da una sutura abbastanza profonda, di cui quello di mezzo è più gonfio degli altri e alquanto più lungo di tutti questi presi insieme. La superficie comparisce (656 ) liscia ad occhio nudo, ma esplorata con lente si scorge essere rigata da sottilissime strie, una delle quali più incavata e più grossa delle altre circonda il margine degli anfratti intorno alla sutura. Il labbro destro è internamente levigato, ed il sinistro è costituito da una lamina sottilissima e lucida, ade- rente al ventre della conchiglia. La columella è contorta in ispirale, e nella base si ravvisa un primordio di canaletto che non è ripiegato all’ indietro come nella più parte de’ buccini della stessa tribù, ed ha una slabbratura poco apparente. Tutti i buccini qui descritti appartengono al genere Massa di Lamark, tranne l’orbiculatum che debb’ essere incluso nel genere Dolium. Buccinuxm obliquatum: nob. ( V. pag. 341 ). Buccinum gib- bum. Brug. Var., spira elongata (tav. XV, fig. 21). Aldovr., De testac., pag. 359, fig. 10. Abita nell'Adriatico ( Olivi, Aenseri ). Ho già descritto e figurato questo buccino, ed ho altresì fatto parola della varietà che qui torno a rammemorare; ma essa è cotanto speciosa che non posso astenermi dal presen- tarne il disegno. Sia che essa debbasi considerare piuttosto come tipo principale, e che si voglia in cambio dare il titolo di varietà all'individuo delineato nella tav. IV, fig. 18 ( che su di ciò sarebbe inutile di questionare ), tanta disparità passa fra queste due conchiglie che si dura fatica a persuadersi che ap- partengano ad una e medesima specie: nè io mi sarei al certo determinato a risguardarle come tali, se non avessi sott’oc- chio parecchi esemplari che presentano una serie di passaggi intermedj relativamente alla maggiore o minore lunghezza (657) della spira ed alla struttura del labbro sinistro più o men granulato, e talvolta ancora del tutto liscio. Ma non poco rimango adesso maravigliato, riconoscendo nel mio buccinum obliquatum il gibbum di Bruguiere , univalve che prima di questo naturalista era associata da tutti gli altri al buccinum mutabile. Io dico di aver fatto con sorpresa questa riconoscenza, avvegnachè non solo mi era pienamente noto anche prima il bduccinum gibbum, ma lo aveva sott'occhio allorchè classificai la conchiglia di cui parlo. Tuttavia come poteva avvisarmi di trovare fra questa e quello una corrispon- denza, imperocchè l'individuo marino del predetto buccino, quantunque convenisse col fossile nella forma generale, pre- sentava in alcune sue parti differenze troppo notabili? La sua superficie mancava di strie, il labbro destro era internamente liscio, nè traccia alcuna di rugosità o di tubercoli si scorgeva nel sinistro. Finalmente nella raccolta del signor Renieri adocchiai una varietà di questo buccino che raffigurai di botto essere l’ana- logo del mio obliquatum. Essa è indicata nel suo Catalogo e nella Zoologia adriatica dell’ Olivi col nome di duccinum mu- tabile, ma corrisponde al buccinum gibbum di Bruguiere, non solamente nella struttura, ma nel colore eziandio e nella dispo- sizione delle macchie. Le diversità che essa presenta consisto- no nell’ avere la superficie degli anfratti uniformemente striata, il labbro destro internamente segnato da numerosi solchi, ed il sinistro guarnito verso la base da alcune grinze che talvolta sono obliterate del tutto. Tali differenze per l’ appunto si rav- visano negl’individui fossili da me trovati, che abbondano principalmente in Valle di Andona, ma che essendo scolorati 83 (658 ) mancavano di un carattere che poteva agevolarmi la ricono- scenza della specie, giacchè in alcuni casi il colore serve di ottima guida. Risulta adunque che il duccinum gibbum ammette tre varietà: 1.° Quella che ha servito di tipo alla descrizione di Bruguiere, liscia nella superficie interna ed esterna, ad eccezione di al- cune strie che si osservano verso la base; 2.° L'altra striata su tutta la superficie, col labbro destro internamente solcato e col sinistro più o meno rugoso, la quale vive nell’Adria- tico e si trova fossile in Italia: essa è da me rappresentata nella fig. 21 della tav. XV; 3.° La terza con la spira poco prolungata, le strie più profonde, il labbro sinistro guarnito di tubercoli, e il margine del labbro destro orlato da un ri- salto prominente, come si scorge nella fig. 16 della tav. IV. Altre modificazioni di minor momento si ravvisano negli an- fratti più o meno convessi, e nelle suture ora poco ora molto profonde. Se taluno fosse d’ avviso, come hanno opinato la più parte de’ conchiologisti, che il duccinum mutabile dovesse apparte- nere altresì a questa specie medesima donde fu staccato da Bruguiere, nessuna conchiglia sarebbe stata in vero contras- segnata con un epiteto più proprio e meglio adattato alle sue qualità. Buccinvm gibbosulum. L. Testa junior (tav. XV, fig. 29). Bonann., Recr. 3, fig. 383. — Mus. Kircher. 3, fig. 369. Gualt. , tab. 44, fig. L. Abita nel mare mediterraneo e indiano (Lin. ), e nell’Adria- tico ( en. ). Fossile in Valle di Andona. - ( 659 ) Benchè il labbro sia meno ingrossato e non si scorga sul dorso della conchiglia ( chè per altro alquanto detrita ) quella ineguaglianza gibbosa che appare negli analoghi marini, credo nulladimeno che essa sia il duccinum gibbosulum, e che le differenze indicate provengano dall’età, giacchè l'individuo da me trovato non è niente più lungo di cinque linee. In tutto il rimanente coincide col predetto buccino , e mi sembra di riconoscervi altresì un indizio, quantunque leggiero, di quella solcatura longitudinale che il labbro sinistro ha in mezzo al penultimo anfratto, la quale è ottimamente rappresentata nella figura del Gualtieri. Turzo geniculatus: nob. (tav. XVI, fig. 1). Testa subulata, anfractubus subrotundatis, costellis capilla- ribus, varice ad utrumque latus crassiore. Fossile in Valle di Andona. Non ignoro che il tubo clathrus, a cui questo in qualche parte somiglia, presenta molte varietà rispetto alla maggiore o minore grossezza ed elevazione delle coste longitudinali ; ma quello che descriviamo non può essere, per quanto mi sembra, confuso con esso. La sua forma non è conica, ma subulata in quanto che l' anfratto inferiore eccede di poco in grossezza quello che gli succede, e tutti sono rotondati e distinti da profonde suture, in guisa tale che sembrano ri- sultare da altrettante strangolature che dividano la conchiglia in nodi od articoli. Le coste sono così sottili che non appari- scono niente più grosse di un capello; ma dall’ uno e dall’ altro lato di cadaun anfratto una ve n°ha più prominente delle altre che ha la forma di una varice. L’ anfratto inferiore ha ( 660 ) verso l’ apertura una stria traversale elevata che si scorge pure in alcuni individui del turbo clathrus. L'apertura stessa è ovale, e la columella si mostra a nudo senza che appaja verun in- dizio del labbro destro. Non ho trovato di questo buccino che un solo esemplare mutilato. Nella figura ho supplito a quanto manca, ma la porzione aggiunta è indicata col semplice contorno. Turso conoideus: nob. ( tav. XVI, fig. 2). Testa conica, glabra, anfractubus planiusculis, infimo sub- carinato , apertura ovali, columella uniplicata. Fossile a San Giusto presso Volterra. Questa conchiglia è terrestre o lacustre, ed appartiene al genere Auricularia di Lamark. La sua lunghezza è di circa una linea e mezzo; ha una forma conica acuta, ed è com- posta di cinque anfratti perfettamente lisci ed appena alquanto convessi. L’ inferiore di essi è lungo più di tutti gli altri presi insieme, e forma presso la base un angolo molto ottuso a guisa di carena. L'apertura è ovale, ed il labbro destro si unisce superiormente senza interruzione col sinistro. Nel mezzo della columella vedesi una piega acuta che si perde nella ca- vità interna. Prima di passare a conchiglie di altro genere, mi piace di avvertire che siccome ho io distinto molte spezie di turbini turriti, che taluno avrebbe potuto confondere col curbo terebra , quello trovato dal Renieri nell'Adriatico e indicato con tal nome nel suo Catalogo, è perfettamente analogo all’ individuo fossile da me descritto e figurato. Nella raccolta di questo na- turalista ho altresì veduto il turbo exoletus, proveniente dallo stesso mare, e similissimo agli esemplari parimente fossili. ( 601) Troc®vs sulcatus: nob. (tav. XVI, fig. 5). Testa umbilicata, depressa, anfractubus circinnatim sulcatis, infimo subtus levi. Fossile in Valle di Andona. Ha una forma compressa come il trochus magus, e la su- perficie è rigata da solchi concentrici, di cui se ne annove- rano cinque nell’ anfratto inferiore e tre nel susseguente. Nel primo i due più prossimi alla sutura, e nell’ altro uno solo sono leggermente crenellati. L’umbilico è angusto, e la faccia inferiore della conchiglia in cui esso è situato, appare affatto liscia. Lunghezza lin. 3, larghezza lin. 2. Trocuus striatus. L. ( tav. XVI, fig. 4). Gualt., tab. 61, fig. N. Abita nel Mediterraneo ( Lin. ), e nell'Adriatico ( Ren.) Fossile in Valle di Andona. L’analogo di questo troco è stato da me veduto presso il signor Renieri che lo trovò nell'Adriatico. Somiglia al granu- latus di Born; ma questo ha strie di diseguale grossezza e guarnite di tubercoli rilevati, mentre nel nostro sono esatta- mente eguali e paralelle, ed obbliquamente intersecate da sottilissime strie longitudinali. Esso non ha al più che tre linee di lunghezza; ma non si può con tutto questo supporre che sia un picciolo individuo del troco di Born, atteso che se si osservano in quest’ ultimo gli anfratti dell’ apice, i quali rap- presentano la conchiglia giovane, si vedrà che sono essi me- desimi granulati e striati nella maniera sopra indicata. La figura del Gualtieri essendo mediocre , stimo opportuno di presentarne una più fedele. ( 662 ) Trocavs crenulatus: nob. ( V. pag. 354 ). Trochus puncta- tus. Ren. r Abita nell'Adriatico ( £en. ). lsattissimamente corrisponde al trochus punctatus scoperto dal Renieri nell'Adriatico, nè so scorgervi altra differenza ( poichè trattandosi di ragguagliare le conchiglie fossili con le marine, vuolsi tener conto di tutto ), se non che negli individui trovati in questo mare meno sensibili sono le fos- soline nei solchi intermed) alle strie trasversali. 1 granellini di cui queste strie sono composte, si mostrano di un bel co- lore rubicondo, e nei circoli concentrici della base scorgesi in cambio di essi una serie di macchiette bislunghe dello stesso colore, ma più ancora vivace. Io avrei creduto che questo troco fosse rappresentato da Martini nella tav. 166, fig. 1592 e 1593; ma Chemnitz dice che nel primo anfratto si contano dieci strie trasversali, quando in quello descritto sono soltanto cinque, compresa l’ inferiore che è alquanto più grossa: un egual numero ve n’ha in tutti gli altri anfratti , eccetto che in quelli dell’ apice che sono quasi affatto lisci. Murrx decussatus. L. ( V. pag. 391 ). Abita nell'Adriatico. Gmelin, come ho già indicato, assegna per patria a questo murice il mare atlantico; ma esso esiste nell'Adriatico, poichè l'ho veduto nella raccolta del signor Renieri, ed è il murex erinaceus , Var. B 1 del Catalogo di questo naturalista. Le coste trasversali ed i solchi intermedj ora sono lisci ed ora coperti di un gran numero di picciole squame. ( 663) Murrx craticulatus. L. ( V. pag. 406 ). Var., strils transversis eminentioribus, costis crispatis ( tav. XVI, fig:13 ). Fossile nel Piacentino. Fra le varietà di questa conchiglia, ch’è stata da me de- scritta e figurata, la presente è più notabile di qualunque altra attesa la grande elevazione e la grossezza delle strie trasversali, che, accavallandosi sulle coste, s’ innalzano a guisa di punte coniche. Per lo che le coste medesime sembrano or- nate di una frangia, e tutta la superficie comparisce increspata. Murrx scalaris: nob. ( V. pag. 407 ). Abita nell'Adriatico. Anche questo murice soggiorna nell’Adriatico, ed è quello stesso individuato nel Catalogo del Renieri col nome di murex craticulatus, Var. B. Io ne ho fatto una specie distinta perchè differisce dal craticulatus tanto nelle sue proporzioni, quanto nel numero delle coste che è maggiore: il canaletto della base è inoltre molto meno allungato, e gli anfratti sono più con- vessi, più contigui fra loro e meno strangolati nella sutura. Muxrrx echinatus: nob. ( V.pag. 423 ). Murex reticulatus. Ren. Abita nell’Adriatico ( en. ). Gl’individui marini di questo murice, ch'è il reticulatus del Renieri, sono tanto simili ai fossili che sembrano essere stati gettati nella medesima stampa. Muxrx subulatus ( V. pag. 426 ). Murex politus, Var. a. Ren. Abita nell'Adriatico ( Ren. ). Il murex politus del Renieri ammette due varietà: 1° una è guarnita per lungo di sottilissime coste capillari che non si possono bene discernere senza l’ajuto della lente; l’altra (664) comparisce perfettamente liscia, e questa è I’ analogo del no- stro murex subulatus. Il Renieri per altro non ne ha scoperto che piccioli individui della lunghezza di cinque linee. Murex oblongus. Variet. ( V. pag. 430 ). Delle due varietà già descritte di questo murice, il Renieri ha trovato nell’Adriatico quella sottilmente striata per traverso, che io ho rappresentato nella tav. IX, fig. 19. Mvrex gracilis: nob. ( V. pag. 437 ) Madornale equivoco fu quello che io presi scambiando que- sta conchiglia con un murice, quando non è altro che un giovane individuo di strombus pes pelecani, in cui non si sono sviluppati per anche i lobi del labbro destro. Il signor Re- nieri possiede parecchi esemplari marini di questo strombo, i quali presentano una serie graduata di passaggi rispetto alla diversa struttura del detto labbro che ora è armato di lobi digitati profondamente intagliati, ora non ne presenta che un primordio, e talvolta ancora, com’ è nel nostro, mancano interamente. Esso ha tutta la somiglianza in tal caso con una pleurotoma di Lamark, al qual genere fu da me bonamente ascritto, illuso da un indizio di slabbratura che mostra l’esem- plare fossile nella parte superiore del labbro destro. Quando il signor Renieri pubblicherà la sua Conchiglia Adriatica, sarà prezzo dell’ opera ch’ egli esprima in altrettante particolari figure i cambiamenti diversi a cui soggiace questo strombo , tanto più che non sono stati rappresentati da verun conchiologista. L’Aldovrandi, De zestaceis, pag. 357, fig. 6, ne ha disegnato uno in cui le frange del labbro compariscono soltanto abbozzate ; pure sono abbastanza evidenti, mentre ve n’ha individui che non ne mostrano il più lieve indizio. ( 665 ) Avendo esaminato tutti gli altri murici della raccolta del signor Renieri, mi sono accertato che il murex corneus e po- lygonus, collocati da Gmelin, il primo nell’ Oceano australe e l’altro nel mare dell’ Indie, e rinvenuti dal professore di Pa- dova nell'Adriatico, corrispondono a capello agli esemplari fossili di cui ho già fatto parola. BT KAI L Anonra plicata: nob. (tav. XVI, fig. 9g). Testa subrotunda, solida, undulatim plicata, rugis lamella- ribus exasperata, intus margaritacea. ; Fossile nel Piacentino. Ho già parlato di quest’ anomia ( V. pag. 460 ), dubitando che potesse essere una varietà dell’ ephippium; ma confron- tandola adesso con molti individui marini di quest’ultima, propendo piuttosto a credere che sia una specie distinta. Essa è molto più solida dell’ ephippium, più scabra nella superficie esterna ch’è segnata di bernoccoli e di rughe sfogliose, e mostra internamente un lustro di madreperla. Ambedue le valve sono piegate a zigzag, alla maniera presso a poco del mytilus hyotis; e siccome in due individui che ho sott’ occhio l'andamento delle pieghe è quasi il medesimo , sembra che non sia affatto accidentale. Osservo inoltre che nell’ anomia ephippium il margine del foro della valva superiore è co- stantemente aperto verso il cardine, quando nella nostra è continuo o solamente interrotto da una sottile fessura. Ho già detto che uno degl individui fossili conserva ancora l’operculo n Li ( 666 ) che chiude l’ indicato foro e che rimane attaccato a porzione del legamento tendinoso. Io Jo rappresento alla lettera c della figura 9. Anomra vespertilio: nob. ( V. pag. 470 ) Tav. XVI, fig. 10. Avendo riferito quest’ anomia a quella rappresentata nell’ En- ciclopedia metodica , tav. 241, fig. 2, avvertii che presenta al- cune differenze, laonde mi sono determinato di darne la figura. Carprom punctatum: nob. ( tav. XVI, fig. 11 ). Testa subcordata, sulcis 21 planatis, interstitiis serie longi- tudinali punctorum notatis. Fossile in Valle di Andona. Non ho trovato di questo cardio che una sola valva del diametro trasversale di tre linee, ed è, per quanto appare, diverso da tutti gli altri finora cogniti. Esso ha da venti a ventuna coste quasi piane, lisce e distinte da sottilissimi solchi, in ciascheduno de quali si ravvisa una serie longitudinale di punti scavati, fra loro contigui, ma non discernibili senza l’ajuto della lente. Carpivm ciliare. L. Gualt., tab. 72, fig. C. Abita presso la spiaggia dell’Africa occidentale ( Lin. ), e nell’ Adriatico ( Ren. ). Fossile in Valle di Andona. Bruguiere assegna a questo cardio sedici, diciassette e di- ciannove coste; ma egli riuniva ad esso quello che ho descritto alla pagina 501, che Linneo e Gmelin tengono essere il car- dium echinatum, e che il Renieri risguarda come una varietà del cuberculatum. Il vero ciliare ha solamente da quindici a sedici coste di forma triangolare: tante ne annovero nel mio (667) esemplare fossile ed in parecchi individui marini, così grandì come piccioli, con cui l’ ho confrontato. Cnama imbricata ( V. pag. 524 ). Crama pectinata: nob ( tav. XVI, fig. 12). Testa cordata, costis 22 elepatis , subtetragonis, prope basim obsolete nodosis, margine undequaque compresso. Io riferiti questa conchiglia alla verericardia imbricata di La- mark, che allora non conosceva se non che giusta le figure di Lister, di Martini e di Lamark medesimo. Ma avendola non ha guari ricevuta da Parigi, vengo in chiaro ch' è per molti titoli diversa. La bivalve da me descritta ha gli apici più prolungati e più ricurvi, una forma ovale anzi che orbiculare , e le coste più distanti fra loro. Queste hanno una struttura quadrangolare, eccetto che in vicinanza degli apici stessi dove sono convesse, ed in tal situazione compariscono guarnite di nodi poco prominenti e quasi obliterati, mentre altrove sono segnate soltanto da rughe trasversali dipendenti dall’ accre- scimento del guscio. Il numero di esse coste è da 22 a 23, e nella venericardia imbricata ne conto 28. Debbesi notare altresì che il margine delle due valve è schiacciato all’ inden- tro in guisa tale che quando esse sono unite non formano uno spigolo intorno alla periferia, ma una curva tondeggiante; il che contribuisce a dare maggiore convessità alla conchiglia. Io le ho posto il nome di chama pectinata , e lho fatta in- cidere nella tav. XVI. Crama rhomboidea: nob. ( V. pag. 523 ). Questa conchiglia fu da me considerata come una specie particolare , ma dubito adesso che sia nna semplice varietà (668) della chama intermedia, essendomi giunti alle mani individui che sembrano presentare una serie di gradazioni fra questa e quella. Le differenze che io osservava nella rhomboidea erano una forma meno obbliqua. e meno trasversale, e le coste pochissimo rilevate e quasi lisce; ma ne ho sott’ occhio due esemplari in cui esse coste sono così convesse e tuber- colate quanto nella intermedia, anzi uno è coperto di squame concavo-convesse. Questo ha moltissima analogia con la vene- ricardia imbricata di Lamark, talmente che si potrebbe facil- mente scambiare con essa; ma esiste fra queste due conchiglie una differenza essenziale stabilita sulla struttura del cardine. La nostra ha nella valva sinistra due denticoli molto promi- nenti sotto la lunula e due fossette corrispondenti nella de- stra, lo che non si scorge nella venericardia imbricata. Una rozza figura della chama rhomboidea si ha nel Museum metallicum dell’Aldovrandi, pag. 837, fig. 3, dov'è rappre sentata altresì la chama intermedia; ibid., fig. 4. CÒama? arietina: nob. (tav. XVI, fig. 13 ). Fossile nel Piacentino. Non è stato trovato di questa conchiglia che un solo fram- mento di così singolare struttura, che non so riferirlo a ve- runa delle specie cognite, e dubito altresì del genere, anzi della classe medesima. Mi sembra che esso appartenga ad una bivalve e forse a una cama, ma non saprei definitivamente asserirlo. Una porzione del margine è intatta, e questa mi ha servito di traccia per restaurare il guscio e supplire con la cera a quanto manca; ma ho fatto in guisa che nella fi- gura che ne porgo, la parte aggiunta si distingua dall’ altra per la diversità del tratteggio. ( 669 ) Questo frammento adunque rappresenta una valva roton- data e molto convessa che termina nell’apice con una spi- rale ritorta a guisa delle corna di un ariete, la quale forma due circonvoluzioni. La superficie esterna è trasversalmente rigata da strie profonde che partono dall’ apice, e si recano al margine, mantenendo esse medesime un andamento spirale: internamente è investito da una corteccia di lucidissima ma- dreperla leggermente segnata da strie, le quali più distinta- mente si manifestano intorno ali’ orlo del guscio. Il cardine è costituito da una fossa bislunga, che, per quanto stimo, doveva ricevere il dente della valva opposta. Non si ravvisa traccia alcuna di lunula nè di corsaletto. TrrtINA striatella: nob. (tav. XVI, fig. 6). Testa oblonga transversim argute striata, antice obsolete plicata. Fossile in Valle di Andona. Questa tellina niente ha di singolare, e differisce dalle altre da me descritte, solamente perchè è rigata per traverso da sottili strie prominenti, ed appena apparente è la piegatura del lato anteriore; tuttavia essa esiste, ed è, se non altro, indicata dalle strie che in quel sito deviano dalla direzione ordinaria, piegandosi ad angolo ottuso. Lunghezza lin. 5, larghezza lin. 3. Venus dysera L. ( V. pag. 541). Var., testa suborbiculari (tav. XVI, fig. 8 ). Fossile nelle Crete Sanesi. Laddove ho parlato della cenus dysera fossile ho detto che essa ha una forma triangolare per essere fortemente troncata ( 670 ) nel lato anteriore. La varietà di cui ora porgo la figura, è presso che orbiculare, e benchè eguale sia il numero delle rughe membranacee , esse sono mèno prominenti, e per con seguenza l'estremità loro pochissimo si eleva intorno alla regione del pube. H margine delle valve, come costantemente sì osserva in questa specie, è minutamente crenellato. Non ne ho rinvenuto che piccioli individui del maggior diametro di tre linee, e perchè si possa riconoscere la diversità che hanno col tipo principale, ho stimato bene di rappresentare questo medesimo nella tav. XVI, fig. 7. Venus incrassata: nob. ( V. pag. 997 ). Sono dubbioso, come ho già avvertito, a qual genere di Lamark appartenga questa bivalve. Torno adesso a parlarne per dire soltanto che nella struttura del cardine somiglia alla venus borealis che va inclusa nel genere Cyclas di questo na- turalista; ma la detta venere oltre ai due denti primarj ne ha due altri laterali, pochissimo prominenti bensì ma non- dimeno visibili; e siccome questi mancano del tutto nella nostra, conchiglia, mi sembra perciò che non possa rigorosamente competere a quel genere, benchè forse non appartenga nè pure alle Capse, fra cui l'ho provvisionalmente riposta. OsrrEA corrugata: nob. ( tav. XVI, fig. 15). Testa pellucida, rugis lamellatis concentricis, ad utrumque latus cardinis denticulata. Fossile nel Piacentino. Quest’ ostrica ha una forma più o meno rotondata: è me- diocremente grossa, pellucida e coperta di rughe lamellose arcuate, il cui margine è poco saliente, di modo che la (671) superficie si potrebbe chiamare liscia. Queste rughe formano segmenti di arco altrettanto più piccioli quanto più si ap- prossimano all'apice, il quale è costituito da un picciolo scu- detto piano, che talvolta sopravanza dal margine della valva. Il cardine è formato da un’ area triangolare leggermente sca- vata, e da ambedue i lati di esso si scorge una serie di cre- nellature. Questa conchiglia attinge il diametro di circa due pollici e mezzo, ma non mi è riuscito di vedere che la sola valva inferiore che è mediocremente concava. Comunemente se ne trovano individui giovani così minuti che somigliano all’ aro- mia squama: uno de’ più grandicelli è rappresentato nella tav. XVI, fig. 14. Eadem, Var. testa oblonga cymbeformi. Il margine della valva inferiore ( che è parimente l’unica che abbia rinvenuto ) è in questa varietà compresso dall’ uno e dall’altro lato, il che unitamente alla forma bislunga con- tribuisce a dare alla conchiglia la sembianza di una barchetta; modificazione ch'è per avventura meramente casuale. Osrrra4 dubia. L. (V. pag. 575 ) Tav. XVI, fig. 16. OsrrrA striata. L. ( V. pag. 577 ) Tav. XVI, fig. 17. Siccome ho riferito queste due ostriche fossili l'una alla dubia e V altra alla striata di Gmelin senza averne gli originali marini, mi sono determinato di figurarle perchè altri possa conoscere se avessi preso equivoco. Altro non so aggiungere finora a quest’ Appendice , a cui, come si è veduto, ha dato principalmente motivo il confronto di alcune univalvi fossili con Je loro corrispondenti trovate (672) nell'Adriatico, e molto mi duole che non abbia avuto compi- mento l’opera del Poli, Testacea utriusque Sicilie, donde avrei potuto attingere molte altre notizie confacenti al mio scopo. Così pure sulle conchiglie del golfo di Taranto debb’ esistere un’opera, uscita alla luce da circa trent'anni fa, che veggo essere annunziata da Chemnitz; ma che malgrado a replicate indagini non mi è riuscito di rinvenire. Nel testo di questo autore che accompagna la Conchiologia di Martini, e verso la fine del Discorso preliminare che sta in fronte all’ ottavo volume, si legge che l’ arcivescovo Capecelatro pubblicò nel 1782 una Memoria sui testacei di Taranto, classificati secondo il sistema di Linneo, dove si descrivono ottantaquattro spe- cie, parecchie delle quali, dice Chemnitz, non si sarebbe supposto ch’ esistessero in quel mare. Nella prefazione, sog- giunge egli, si discorre del modo di lavorare il bisso delle pinne, sì consigliano i naturalisti a determinare la qualità dei testacei usati dagli antichi come commestibili, medicinali ed inservienti all’ arte tintoria, e si presenta un calcolo donde risulta che il diritto della pesca delle conchiglie nel Mare picciolo di Taranto frutta alla Corte, ai Conventi e ad alcuni particolari la somma di 21348 ducati, e che 5615 se ne ri- traggono dall'imposta di asportazione. Quest’ operetta è di quarantaquattro pagine in foglio, ma confessa Chemmitz istesso di non averla veduta. Dopo che io |’ ebbi lunga pezza cercata invano, potei col mezzo del signor cavaliere Bossi, membro dell’ Istituto e ce- lebre pittore fare direttamente interpellare il signor arcive- scovo Capecelatro. Fu somma la mia sorpresa vedendo la risposta di questo prelato, ove dichiara non avere egli mai (673) dato alla luce veruna Memoria sulla conchiologia di Taranto, ma che unicamente furono da esso lui indicate al cavaliere Swinburne, autore del V. iaggio nel Regno di Napoli, alcune voci greche usate dai Tarentini moderni per nominare i pesci e le conchiglie. È forza dunque credere che Chemnitz, o co- lui che gli ha somministrato questa notizia, abbiano preso abbaglio intorno al nome dell’ autore del libro, che atteso la maniera circostanziata con cui se ne parla, non può cader dubbio che non esista. Comunque ciò sia, poichè il signor Renieri è il solo che siasi finora maggiormente occupato intorno alla conchiologia de’ nostri mari, vivamente lo eccito a pubblicare i materiali già preparati, che troppo imperfettamente si conoscono mercè del suo Catalogo alfabetico , il quale non è che un indice com- preso in poche pagine. Sono poi di avviso che egli scoprirà ancora nuove specie nell'Adriatico analoghe alle fossili da me descritte, e che ne troverà parecchie altre reputate esotiche dai naturalisti. Si sarà già veduto che nella prima Parte del mio libro ho dato la lista di molte conchiglie da lui raccolte in questo mare, che per comune sentenza si credeva che esclusivamente esistessero sotto climi diversi: chè se mi è sembrato in appresso che alcune non corrispondessero alle specie cui egli le avea riferite, il loro numero è picciolo in confronto delle altre che con tutta la precisione sono state classificate. Chiuderò questa Appendice e 1° Opera intiera con dare rag- guaglio di alcune ossa fossili scavate da qualche anno fa nel territorio di Lodi, le quali si conservano presso il signor Villa, dotto medico di quella città. Ho già altrove fatto cenno ( 7. (674) pag. 194) del teschio da lui posseduto, che io era perplesso se dovessi riferire all’ alce d’ Irlanda; ma ulteriori esami mi persuadono che veramente appartenga a quest’ animale la cui specie sembra che oggigiorno più non esista. Esso è lungo un piede e sei pollici all’ incirca, manca della mandibola in- feriore, e nella superiore rimangono due denti molari situati uno per lato. Le corna sono mutilate, come aveva già detto, sicchè non avvi che un mozzicone della lunghezza di un piede, la cui circonferenza verso la base è di otto pollici e mezzo, ma superiormente sì allarga e si comprime , acqui- stando la forma di una spatula la cui maggiore larghezza , misurata per traverso, è di quattro pollici. Nè l'uno nè l’altro presenta ramificazioni, ma probabilmente avranno esistito nella porzione infranta e perduta, e soltanto si osserva nella parte cilindrica e verso la base un grosso risalto la cui lunghezza nell’un corno è di tredici e nell’ altro di diciotto linee, e la periferia di poco più di due pollici. Questo risalto era certamente più lungo di quanto ora com- parisce, conoscendosi i segni della frattura nel piano della sezione trasversale; ed io crederei di non errare giudicando che sia un residuo di quel ramo semplice ed inclinato verso la fronte che si ravvisa appunto nelle corna dell’ alce d° Ir- landa, e che ha bene spesso la lunghezza di oltre a un piede. Presso il dottor Villa ho parimente veduto un femore di elefante perfettamente intiero, lungo verso tre piedi e mezzo, trovato nel 1796 oltre il Po quasi rimpetto a Belgiojoso nel luogo detto il Rio Sanguigno, ed una costola di cetaceo della lunghezza di sette piedi, che stava appesa da qualche anno in addietro al soflitto della chiesa di san Cristoforo. Essa si (675) conservava in quel tempio come cosa straordinaria e miracolosa, favoleggiandosi che appartenesse ad uno smisurato drago che infestava il paese, ammorbando l’aria con l'alito, in quel tem- po che il mare Gerondo occupava tuttavia i contorni di Lodi. Perchè fosse debellato un così fatto mostro, era mestieri ti- rare in campo un gigante, e conveniva cercarlo nel ruolo de’ santi, nè meglio si potè ricorrere che a san Cristoforo. Le persone più sensate che non prestavano fede a questo racconto, supponevano essere quello un osso fossile, e si diceva eziandio che fu dissotterrato nelle vicinanze di Lodi, il che non è niente più vero. Non si può mettere in dubbio ch°esso non sia una costola in istato naturale, che fu al certo stac- cata dallo scheletro di un cetaceo preso nel mare: esaminandone un frammento, si scorge che ha la pellucidità delle ossa fresche, che posto nel fuoco annerisce prima , indi imbianca, esalando un fumo di odore empireumatico, e che messo nell’ acido nitrico non si discioglie che assai lentamente e senza sen- sibile effervescenza, rimanendo una sostanza fioccosa, prove- niente dalla gelatina animale. È osservabile che quella baja popolare, dianzi riferita, al paro di molte altre fondate sulla superstizione e spacciate dai Romani e dai Greci, era in parte appoggiata a fatti fisici, di cui rimaneva, se non altro, la tradizione nel tempo che fu inventata. Verità è che l’aria ne’ contorni di Lodi e ne’ paesi contigui era una volta ammorbata da esalazioni maligne che sorgevano dalle paludi le quali erano numerose in quel ter- ritorio e provenivano dallo straboccamento delle acque del Po, del Lambro, dell’ Adda e di altri fiumi contigui. Gli an- tichi Romani che, seguendo il sistema della loro mitologia, (676) solevano personificare e divinizzare i fenomeni naturali, ve- neravano perciò in quella città la Dea Mefiti, di cui rimane una iscrizione copiata dal Grutero ( Thes. Inscript., t. I, pag. 96, num. 10 ), la quale esisteva al tempo suo in casa Pontani, ed ora è nell’atrio dell’ Ospitale, ove si dichiara che Lucio Cesio Asiatico sestumviro Flaviale dedicò un altare a questa divinità in luogo conceduto da un decreto dei decurioni; e la Dea Mefiti, come abbiamo da Tacito ( Histor., &b. 3 ), aveva altresì un tempio a Cremona, non a Cremera, come si legge in Grutero stesso. Dalle alluvioni di que’ fiumi ebbe origine il su mentovato mare Gerondo che era un vasto lago ora diseccato, di cui si trova memoria nelle carte del XII e XIII secolo. Guido Ferrari scrisse intorno ad esso una disser- tazione (* ( Oper., tom. 3, pag. 271 ), dove tutto ciò che v ha di meglio è tolto dai Discorsi storici di Difendente Lodi , che (*) Questo autore va fantasticando sull’ etimologia del lago Gerundus o Geruntius, e la deriva da due parole, 1° una celtica e l’ altra greca; ma senza andare tanto lungi mì sembra che si potrebbe credere che questo nome sia una storpiatura di Acheruntius, epiteto anticamente dato, in Italia ancora, a molte paludi da cui sorgevano esalazioni malsane, Il lago fra Cuma e Miseno nella Campania, e un fiume nella Calabria erano così chiamati, e conosce- vasi una palude Acherusia nell’ Epiro o sia nellAlbania bassa. Nella Gallia Cisalpina esisteva una città, che da Plutarco, e più tardi dall’ autore della tavola Peutingeriana composta nel secolo di Teodosio, è chiamata Acerra, e da Polibio Acherra (V. Cluver. Cellar. e Filippo Ferrari, Lexic. geograph. ) s che si potrebbe parimente supporre aver dato il nome a quel lago , ma è incerto dov essa fosse precisamente situata. Guido Ferrari pretende che sia Ghiera , villaggio del Lodigiano presso il confluente del Serio nell’Adda, il che, se vero fosse, si accomoderebbe a questa opinione; ma il vocabolo ghiera è moderno, ed una corruzione di ghiaja che appar- tiene al dialetto lombardo; quindiaGhiera d'Adda si denomina il territorio ghiajoso compreso fra i suddetti due fiumi Adda e Serio. (677) somministra parecchie altre curiose notizie sulla condizione palustre di questa parte della Lombardia ne’ secoli dopo il mille. Iguoro se nel territorio lodigiano sieno state rinvenute altre ossa fossili. Presso il signor Cavezzali, professore di chimica nel liceo di quella città, ne ho veduto alcuni fram- menti raccolti presso la collina di S. Colombano, ma così malconci e tanto poco caratterizzati, che io credo che difft- cilmente si saprebbe indovinare a qual animale appartengano. Questo professore possiede parimente una serie di testacei pro- venienti dalla stessa collina, fra cui ho ravvisato alcuni nuclei spatosi della mia arca fRomulea che io non aveva trovata che a Monte Mario presso Roma, ed altri nuclei formati di marna indurita, che sembrano essere di mytilus lithophagus, due dei quali sono annidati nei fori che l’animale si era scavato in una madrepora lapidefatta. Io non aveva giammai incontrato questa bivalve in istato fossile, ma ho già detto in qualche parte dell’opera che uopo sarebbe di fare più particolari in- dagini sulle spoglie dei testacei litofaghi. FINE. _ t A INTRITUN pifni (Mac pi na (2 secifadg et) i : Prg Îi "NE i +10 1A | \ | ha ro) ti sento i PO ast va je, villaty 114 4A/00A bi o sir Stampato per cura di L. NARDINI, 0000 Ispettore della Stamperia Reale. | via». ife È ra LI pyotivait omsat at nelinvin nti : I 3 ibtfa TO. 140 n SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. TAVOLA T. . Patella sinuosa: nobis. — a Dal lato del dorso. — Dal Jato dell’apertura. . Patella muricata: n. — a Dal lato dell'apertura col labbro fratturato, co- me per l’ordinariosi trova. — b Dal lato del dorso. — c Dal lato dell'apertura col labbro intero. . Nerita sulcosa: n. — a Dal lato del dorso. — b Dal lato dell’apertura. . Dentalium coarctatum: n. » Bulla ficoides: n. . Bulla striata. Brug.(ingrand.) — a Dal lato dell’ apertura. — b Dal lato del dorso. Bulla convoluta: n.(ingrand.). — a Dal lato dell'apertura. — 6 Dal lato del dorso. 8. Bulla ovulata? Lam. (ingrand.) 9. Bulla helicoides : n. — a Dal lato del dorso. — b Dal lato dell'apertura, 10, Nerita helicina: n. II. Nerita costata: n. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. — c Dal lato dell’apertura, vista in iscorcio, . Cyprea elongata: n. — a Dal lato dell’apertura. — 6 Dal lato del dorso. TAVOLA II. . Cyprea annulus. L. Var. — Dal lato del dorso. — d Dal lato dell’apertura, . Cyproea porcellus: n. . Cyprea physis : n. Cyprea amygdalum: n. — a Dal lato del dorso. — b Dal lato dell’ apertura. Conus Aldovrandi : n. . Conus Mercati: n, . Conus turricula: n, Conus pyrula: n. . Conus pelagicus: n. . Conus virginalis: n. Conus antidiluvianus. Brug. — a Individuo giovane. — b Adulto. — c Invecchiato, 10. 11. 12. Tod 14 15. 16. ( 680 ) TAVOLA III. Conus ponderosus :? n. Conus deperditus. Brug. Conus Noe: n. Conus striatulus: n. Helix subulata: n. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. Voluta lyrata: n. Voluta calcarata : n. Voluta varricosa: n. Voluta ampullacea : n. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso. Voluta umbilicaris: n. € Dal lato dell’apertura. La stessa. Dal lato del dorso. Voluta piscatoria. L. Voluta cassidea: n. — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso, Voluta tribulus: n. Voluta spinulosa: n. Voluta ispidula. L. — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. TAVOLA IV. 1, Voluta hirta: n. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso. 2. Voluta magorum: n. 3. Voluta scrobiculata : n. 4. Voluta turgidula: n. 5. Voluta pyramidella : n. 6. Voluta cupressina: n. 7. Voluta plicatula: n. 6. Voluta striatula: n. 9. Voluta buccinea: n.(ingrand.) — a Dal lato dell’apertura. — % Dal lato del dorso. 10. Voluta cypreola: n. 11. Voluta auris leporis: n. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso, 12 Buccinum. monacanthos : n. 15. Buccinum diadema : n. — a Dal lato dell'apertura. — ©» Dal lato del dorso, 14. Buccinum pupa: n. 15. Buccinum conglobatum: n. 16. Buccinum obliquatum: n. — a Dal lato dell'apertura. (*) Questa voluta sembra essere l’ analoga di quella figurata da Chemnitz nella vignetta del tomo IV, pag. 1, fig. a, db, c, di cui egli dà un’ampia descrizione, e che dice essere rarissima e proveniente dal mare delle Indie. Altra differenza non avvi se non che questa, come Chemnitz espressamente dichiara , è fornita di tre pieghe nella columella, e la nostra ne ha soltanto due. I | i IÙ I7. 18. Na (681 ) — 6 Dal lato del dorso. Buccinum marginatum. L. (in- dividuo giovane ). — a Dal lato dell’ apertura. — b Dal lato del dorso. Buccinum mutabile. L. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso, TAVOLA V. . Buccinum musivum : n. . Buccinum lampas: n. . Buccinum interruptum: n. — a Dal lato dell’apertura. — 6 Dal lato del dorso. . Buccinum serratum: n. . Buccinum cythara: n. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. . Buccinum obsoletum: n. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. . Buccinum prismaticum : n. . Buccinum asperulum : n. . Buccinum costulatum: n. . Buccinum polygonum : n, . Buccinum reticulatum. L. . Buccinum flexuosum: n. . Trochus solaris, L. — a Dallato dell'apertura. — b Dal lato del dorso, . Trochus vorticosus : n, — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso, Trochus cingulatus: n. — a Dal lato dell'apertura, — 6 Dal lato del dorso, . Trochus turgidulus : n. . Trochus infundibulum : n. . Trochus pseudo-perspectivus:n. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. » Trochus patulus: n. — a Dal lato del dorso. — 6 Dal lato dell’ apertura. . Trochus obliquatus. L. Var. — « Dal lato del dorso. — 6 Dallato dell'apertura. TAVOLA VI. . Trochus miliaris:n. (ingrand.) — a Dal lato dell’ apertura. — b Dal lato del dorso. + Trochus crenulatus: n. ( in- grandito ). — a,Dal lato dell'apertura. — 6 Dal lato del dorso. . Turbo cimex. L. ( ingrandito). — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. . Turbo acinus: n.(ingrandito). . Turbo pusillus:n.(ingrandito). — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. 86 ( 682 ) 6. Turbo gracilis:n. (ingrandito). — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso. 7. Turbo striatus: n. 6. Turbo terebra. L. 9. Turbo replicatus. L. 10. Turbo acutangulus. L. II. Zurbo tornatus: n. 12. Turbo imbricatarius. Lam. Var. 13. Turbo vermicularis: n, 14. Turbo triplicatus > n, 15. Zurbo paricosus: n. 16. Turbo subangulatus : n. 17. Turbo cochleatus: n. (ingrand.) 18. Turbo duplicatus. L. 19. Zurbo spiratus: n. 20. Turbo marginalis: n. 21. Turbo tricarinatus: n. TAVOLA VII. 1. Turbo pseudo-scalaris: n. 2. Turbo lamellosus: n. 3. Turbo pumiceus: n. 4. Turbo torulosus: n. 5. Turbo plicatulus: n. G. Turbo quadricarinatus : n. 7. Turbo lanceolatus: n. 8. Turbo cancellatus : n. 9. Turbo corrugatus: n. 10. Murex intermedius : n. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso, . 11, Murex decussatus, L. — a Dal lato dell'apertura. — b Dal lato del dorso. Murex fistulosus: n. — a Dal lato dell’apertura, — è» Dal lato del dorso. — c Varietà dello stesso, 13, Murex imbricatus: n. 14. Murex cructieulatus. L. 15. Murex cristatus: n. 16. Murex angulosus: n. 17. Murex horridus: n, — a Dal lato dell'apertura. — L Dal lato del dorso, TAVOLA VIII. 1. Murex rostratus. Olivi. o 2. Murex clavatus: n. 3. Murex echinatus: n. t, 4. Murex polimorphus : n. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso, — c Varietà dello stesso. 5. Murex oblongus. Ren, 6. Murex thiara: n. — @ Dal lato dell’ apertura. — b Dal lato del dorso. 7. Murex longiroster: n. 8. Murex fimbriatus : n. 9. Murex fusulus : n. 10. Murex wvulpeculus, Ren, (683) rt. Varietà dello stesso, 12. Td: 14. TO. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 9. 10. II. ma. TÀ? 14. n, Murex Murex Murex Murex Murex Murex Murex Murex grandito ). harpula : n. squamulatus: n. textile: n. monile» n. cataphractus : n, intortus: n. dimidiatus : n. obwusungulus: n. ( in- Murex mitraformis: n. Murex subulatus: n. TAVOLA IX. Murex scalaris: n. Murex heptagonus : n. — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. Murex bracteatus : n. Murex rusticus: n. Murex pustulatus: n. Murex inflatus: n. Varietà dello stesso, Murex distortus : n. Murex gyrinoides : n. Murex doliolum: n. Murex rotatus: n. Murex reticulatus: n. Murex bicinctus: n. Murex contiguus: n. Murex Calliope: n. — a Dal lato dell’apertura, — b Dal lato del dorso. 16. Murex gracilis : n. — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. I7. Murex scaber. Olivi. — a Dal lato dell'apertura, — b Dal lato del dorso. 18. Murex granulosus. Ren. 19. Murex oblongus: Varietas. 20. Murex turricula: n. 21. Murex interruptus: n. 22. Murex terebella. L. 253. Murex tricinctus: n. 24. Murex margaritaceus : n. TAVOLA X. 1. Murex turbinatus: n. a. Murex crenatus : n, S. Murex varicosus: n. 4. Murex alucaster: n. 5. Anomia ampulla : n. 6. Anomia complanata : n. — a Dal lato superiore. — bd Dal lato inferiore. 7. Anomia bipartita : n. — a Vista in profilo, — » Dal lato inferiore. 8. Anomia biplicata: n. — a Dal lato superiore. — b Dal lato inferiore, g. Anomia costata : n. 10. Anomia radiata: n. ( 684) ri. Anomia pellis serpentis: n» 12. Anomia sulcata: Poli, 13. Anomia striata: n. — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna. 14. Anomia orbiculata : n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, 15, Arca pectinata: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. TAVOLA XI. I, Arca mytiloides : n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 2. Arca dydima: n. — a Una valva dalla parte esterna, — 6 La stessa dalla parte interna, 3, Arca nitida: n, — a Una valva dalla parte esterna, — 5 La stessa dalla parte interna. 4. Arca minuta. L. — @ Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. — c Le due valve unite vi- ste dal lato della hase, 5. Arca pella L. — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna. 6. Arca nodulosa. L. — a Le due valve unite vi- ste dal lato della base. — b Una valva dalla parte esterna, — c La stessa dalla parte interna. 7. Arca inffata: n. 8. Arca nummaria. L. — a Una valva dalla parte esterna, — d La stessa dalla parte interna. 9. Arca aurita: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 10, Arca insubrica: n, | (685) — a Le due valve unite vi- ste in profilo. — Una valva dalla parte esterna, Ir. Arca Romulea: n. 12. Pholas rugosa. n. — a Le due valve unite vi- ste dal lato superiore. — £ Una valva dalla parte interna. — c Le due valve unite vi- ste superiormente e man- canti del pezzo anteriore. — d Le due valve unite vi- ste dalla parte posteriore. 13. Pholas pusilla. L. — a Le due valve unite vi- ste dal lato superiore. — b Una valva dalla parte interna, 14. Pholas hians. L. Varietas. — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna. TAVOLA XII. 1. Tellina serrata. Ren. 2. Tellina muricata. Ren. — a Una valva dalla parte esterna, de 4 D. 0. 9. — b La stessa dalla parte interna, Tellina stricta: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Tellina uniradiata : n. — a Una valva dalla parte esterna. — 6 La stessa dalla parte interna. Tellina subcarinata: n. — a Una valva dalla parte esterna. — 6 La stessa dalla parte interna. Tellina revoluta: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. Tellina eliptica: n. — a Una valva dalla parte esterna, -— b La stessa dalla parte interna, Tellina pellucida : n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, Tellina compressa: n (686) — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, _ 10. Tellina tumida: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, 11. Mya rustica: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 12. Mya conglobata: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 13. Mya glabrata: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 14. Mya elongata: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 15. Chama intermedia: n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. 16. Chama rhomboidea : n. — a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna, TAVOLA XIII. } a I. Cardium planatum. Ren. — @ Una valva dalla parte esterna. 4 — b La stessa dalla parte interna. 2. Cardium multicostatum: n. 3. Cardium Clodiense. Reni — @ Una valva dalla parte ‘esterna. — b La stessa dalla parte interna, 4. Cardium fragile: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, 5. Cardium striatulum : n. — a Una valva dalla parte esterna. — 6 La stessa dalla parte interna. 6. Cardium hians : n, 7° Mactra triangula: Ren. — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna, $ 8. Mactra hyalina: n. — a Una valva dalla parte esterna, Ro. 14. TO; I. ( 687 ) — b La stessa dalla parte interna. Donax sulcata: n. . Chama coralliophaga. L. — a Le due valve unite. — è Una valva dalla parte interna, Varietà della stessa, Venus peccunculus ? L. -— a Una valva dalla parte esterna, - — » La stessa dalla parte interna. — c Il cardine ingrandito. Venus senilis: n, — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna. Venus cypria: n. Venus lithophaga. L. Varietas. -— a Le due valve unite. — b Una valva dalla parte interna. TAVOLA XIV. Venus rupestris: n. — a Le due valve unite, — b Una valva dalla parte interna, [6] SA 9. TO. Il. Venus aphrodite : nè — a Uua valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Venus radiata: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Venus eremita: n, — a Le due valve unite. — 6 Una valva dalla parte interna. Venus islandica. L. Varietas. Venus circinnata: n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna, Venus incrassata: n. — a Le due valve unite. — L Una valva dalla parte interna. Venus lupinus : n. — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna. Ostrea coarctata. Born. Ostrea plebeja. Lam. Ostrea arcuata : n, TO: 16. E7 I, (688) — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Ostrea pixidata : n. Ostrea discors > n. Ostrea nivea. Ren. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Ostrea strigilata : n. — a Una valva dalla parte esterna, — » La stessa dalla parte interna. Mytilus carinatus : n. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. Lepas stellaris : n. TAVOLA XV. Fistulana echinata. Lam. — a Dalla parte armata di spine tubulose. — b Dalla parte opposta, ove comparisce all’esterno una delle due valve. Valva libera trovata nell’ in- terno della fistulana, e corrispondente all’altra in- carnata nel tubo e dise- guata nella fig. 1, d. — @ Dalla parte esterna. — b Dalla parte interna. 3. Altra bivalve trovata nell’in- terno di un individuo della stessa fistulana echinata. — a Una valva vista dalla parte esterna su cui ri- mane una porzione di tu- bo della fistulana. — b Altra valva con un lar- go foro praticato dall’ani- male. — c La valva a vista dalla parte interna, 4. Altra bivalye che era impri- gionata in un individuo della stessa fistulana, — a Le due valve unite, — b, c Lestesse dalla par- te interna. 5. a, b Le stesse ingrandite. 6. Teredo bacillum : n. 7. Voluta coronata: n. 8. Voluta affinis : n. APPENDICE. 9. Voluta myotis: n. 10. Voluta pisum: n ( 689 ) 11. Voluta clandestina: n. (in- grandita ). — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. Voluta spirata : n. ( ingrand. ) — a Dal lato dell’apertura. — DL Dal lato del dorso. Voluta mitraformis: n. Voluta torrnatilis. L. — a Dal lato dell’apertura. — 6 Dal lato del dorso. 15. Buccinum semistriatum: n. — a Dal lato dell’apertura. — b Dal lato del dorso. 16. corrugatum: n. in. 18. Buccinum Buccinum Buccinum turbinellus : n. angulatum: n. 19. Buccinum semicostatum: n. — a Dal lato dell’ apertura. — . Dal lato del dorso. 20. Buccinum exiguum: n. (in- grandito ). — a Dal lato dell’apertura. — 5 Dal lato del dorso. 21. Buccinum gibbum: Brug. Va- rictas. — a Dal lato dell’apertura, — b Dal lato del dorso. 22. Buccinum orbiculatum: n. — a Dal lato dell'apertura, — 6 Dal lato del dorso. 23, Serpula ammonoides : n. — a Vista da un lato. — b Vista dal lato opposto. 24. Frammento creduto di ser- pula. 25. Dentalium sexangulum. L. 26. Dentalium tetragonum SI 5 27. Bulla miliaris: n. (ingrand.) — a Dal lato dell’apertura. _ — 6 Dal lato del dorso. 28. Conus canaliculatus: n. 29. Buccinum gibbosulum. L. ( in- dividuo giovane ). — a Dal lato dell’apertura. — 6 Dal lato del dorso. 3o. Voluta obsoleta: n. — a Dal lato dell’apertura, — è» Dal lato del dorso. TAVOLA XVI 1. Turbo genicuiatus > n. (). 2. Turbo conoideus:n.(ingrand. ) 3. Murexcraticulatus.L. Varietas. 4. Trochus striatus. L. 5. Trochus sulcatus: n. 6. Tellina striatella : n. (*) Ha moltissima analogia con quello rappresentato da Valentyn, Abhandl, von schnecken , tab. 10, fig. 7, messo da Gmelin fra le specie dubbie. 87 ( 690 ) — a Una valva dalla parte esterna, — b La stessa dalla parte interna, 7. Venus dysera. L. 8. Varietà della stessa. — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. 9. Anomia plicata: n. — a Le due valve unite, — db Una valva dalla parte interna, — c La piccola valva che chiude il foro della valva superiore, ed a cui rimane attaccata una porzione del legamento tendinoso. 10, Anomia vespertilio : n, — a Le due valve unite vi- ste dalla parte superiore. — b Le stesse dalla parte inferiore, II. Cardium punctatum: n. — a Una valva dalla parte esterna. — 6 La stessa dalla parte interna. 12: Chama pectinata: n. — a Una valva dalla parte esterna, — Db La stessa dalla parte interna. 13. Chama? arietina. — a Una valva dalla parte esterna, — Db La stessa dalla parte interna, 14. Ostrea corrugata: n. (indi- viduo giovane ). 15. La stessa ( individuo adulto ). — a Una valva dalla parte esterna. — b La stessa dalla parte interna. 16. Ostrea dubia, L. 17. Ostrea striata, L. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NELL’ OPERA. Hic montagna degli Apennini : sua altezza, pag. 59. AcQua : secondo alcuni la massa di essa diminuisce nel mare , 127. ADRIA, 190 ,-12r3-1223 124, ADRIATICO: natura de’ suoi fondi, 94, 104. Sue correnti, 94, 105: Non si stese mai per tutta la Lombardia dopo l’ordine attuale di cose, 97. Fu in antico così distante da Brondolo, Chioggia e Padova quanto lo è al presente, 1:8, 119. Sua distanza da Adria ne? tempi scorsi, 122, 124. Interrimenti succeduti lungo il litorale dell’Italia, 120. Secondo Jano Planco giungeva a Rimini, 125. Un tempo s’inoltrava più verso Pesaro e Barletta, 126, Esempj di luoghi dove guadagna terra, 128, 129. Le sue produzioni organiche sono state descritte da molti naturalisti italiani, 151. Aragastro del Volterrano , 74. Arci d° Irlanda fossili; 194; 674. ALCIONI fossili, 173. ALIOTIDI fossili, 458, seg. ALLUMINA consolidata non può riacquistare con mezzi meccanici la facoltà di stemperarsi nell’ acqua, 85. ALPI: hanno contribuito alla formazione di alcune montagne degli Apen- nini, 3. Sono in generale più alte degli Apennini, 3, 6. Hanno una con- figurazione diversa da quella degli Apennini; So. Dalla parte dell’ Italia sono in qualche luogo circondate da colline terziarie conchigliacee, 96, 97. ALPINO Prospero ; sua descrizione del Cheropotamos, 222. AMATI: sua opinione sull’ antica foce del Savio, 105; e sull’estensione della laguna veneta, 110, 112. AMBRA trovata in Italia , 72, 73. AMFIBOLA, 46. ANAPLOTERI , 221. ANDRODAMAS, 137. ANIMALI : rappresentati ne” monumenti di Persepoli e di Palmira, 236. La razza di alcuni animali è perduta, 221, 236, Le ossa fossili de carnivori ( 692)‘ sono poco frequenti, 212. La più parte de’ carnivori sembrano essere stati creati dopo gli erbivori, 213. ANoMIE fossili, 459 , seg., 665 e 27. Introd. AntIMONIO de’ monti della Tolfa, 18, ANTROPOFAGHI , 45. Introd. APENNINI: estensione della catena di queste montagne , 2. Lorò punti più alti, 2, 3. Rocce di cui sono composti, 33, 34, 35. Emersero gradata- mente dal mare, 58. Grandi vallate che ne interrompono la continua- zione, 59. Erano un tempo scogli deserti, 60, Si vestirono poscia di piante, e furono popolati da animali, 62, ArcHE fossili, 475, seg., 677. Arpesia della Liguria e de’ luoghi adiacenti; 21. ARDUINI: pretese di avere trovato dello schisto micaceo nelle vicinanze di Siena, 34. Sua opinione sui terreni terziarj, 84. ARENA: vedi sabbia. ARENARIA degli Apennini: suoi componenti, 3, 1o. Di varj luoghi della Toscana, 5, 8, 9; e dell’Italia meridionale, 14. Del Cimone, 6. Della Liguria, ivi. Delle alpi, 7. Racchiude strati di breccia silicea, 7; e di calcaria, 16, 17. Suoi caratteri , 9. Sua stratificazione , 10, 11. Sua tes- situra schistosa, 11. È priva di sostanze metalliche, 12. Contiene residui di sostanze organiche vegetabili, 12, 13. È interrotta da caverne, tr. Suoi limiti, 13, 14. Epoca della sua formazione, 15, 56. È una vera grauwake , 15. È talvolta sparsa di piriti, 12. Contiene cristalli di quarzo e di carbonato calcario, 10; e nuclei di teredini, 13. È composta di fran- tumi di rocce alpine, 55. Arenaria di Cuccigliano in Toscana, 4; 5. Con grani di serpentina al piè degli Apennini liguri e nelle montagne di Modena, 77. Arenaria delle colline terziarie differisce dalla grauwake, 81, 82. Opi- nione del Soldani sulla formazione delle arenarie , 4. Arso: lava dell’ Arso nell’ isola d’ Ischia , 60. ARTI: presso gli antichi rimaneva memoria degl’inventori delle arti più utili, 37. Introd. ASBESTO ,; 40 AstERIE fossili, 173. BALANI fossili, 597; seg. BaLDASSARI: trovò litofaghi nella selce, 140. Sulle conchiglie litofaghe, 594, 595. (693) BALTICO mare , 90, 130. Suoi zoofiti , 159. BARDELLONE: è uno schisto argilloso nero , 11. BarDI ha qualificato per felspato la giada tenace, 44. Sua opinione sull’età della serpentina della Toscana, 605. Sue osservazioni sur una roccia argil- losa che accompagna la serpentina, 50. BARIGAZZO: suoi fuochi, 19. BARITE: solfato di barite, 74. BELENNITI, 455. BERNOULLI: ha osservato vene di manganese nella calcaria alpina, 20, Ed ha trovato focaja diaspro nella calcaria del Jura, 25. BITTERSPTAH,) 41. Bosc : sua conchiologia, 242. Bosroro, bio, seg. Bovino, (valle di ) 59, 60. BrarDp: sulle conchiglie fossili fluviatili, 170. BreccIA cicerchina , 7. Di varj luoghi della Toscana, 8, Breccia delle Alpi, 7. Brecce ossifere , 238. BREISLAK: sue opinioni geologiche, 54. Utilità del suo sistema, 18. Introd. Esperienze da lui fatte alla solfatara di Pozzuoli, 70. BroGNIART: sulle conchiglie fossili di acqua dolce, 224. Sul suolo de? con- torni di Parigi, 90, 93. BRUGUIERE: sua opinione sulla patria dei coni, 157. Sulle conchiglie di cui non si conoscono i protipi , 231. Ha riformato il sistema conchiologico di Linneo, 241. BruNNICH: ha descritto alcune conchiglie dell’ Adriatico , 151. Bruun NeERGARD: sulle conchiglie e sulle ossa fossili del Piacentino, 620. BuccinI fossili, 324, seg.) 647; seg. BucH: sue osservazioni sulla giada , 43, 44; e sul gabbro , 45. BuLIicAMI, 68. BuLLE fossili , 274, seg., 633, seg. Buo! : ossa fossili di questi animali, 194. CALCARIA primitiva, 33, 37. Calcaria del Jura, 24. Delle caverne o sia hò- hlenkalk, 24. Alpina, 20. Calcaria di transizione nella grauwake , 16, 17. Contiene corpi marini, 17. Forma grandi eminenze in varj, luoghi dell’ Italia, 17, 18. Contiene alla Tolfa depositi metallici, 18. A Civitavecchia è seminata di grani di quarzo e di mica, 18, È combinata sovente con la manganese, 20; e (694 ) contiene straterelli di una pietra maganesifera, 19. Sua estensione lungo le coste del Mediterraneo, 18. È unita ne’ monti di Genova a quantità di argilla, 22, Come si distingua dalla calcaria secondaria, 31. Calcaria secondaria degli Apennini: suasestensione, 23. Suoì caratterì, ivi. Racchiude strati di calcaria puzzolente, 23; e reliquie di corpi organici marini, 24. È identica a quelle delle montagne alpine che circondano il piano della Lombardia ed a quella della Dalmazia, dell’Istria e del Jura, 24. Racchiude focaja e petroselce agatoide, 25. Cavyerne in questa roccia, 26. È poverissima di materie metalliche, 26. In alcuni luoghi contiene carbon fossile e pece montana, 26, 27. Epoca della sua furmaziane, 27. Ha talvolta le apparenze della calcaria di transizione, 27. Non è soltanto limitata alla catena principale degli Apennini , 31. CaALCEDONIE di Monteruffoli, 25. Di Miemo, 41. Nuclei di calcedonia nei testacei fossili, 133, 193. Ciottoli di calcedonia con testacei , 134. CAME fossili, 518, seg., 667. CARBON fossile degli Apennini, 26. Racchiuso nell’ arenaria, 13. CARDJ fossili, 499, seg. 666. CarnivorI. 7. Animali. CastORI: ossa di questi animali trovati nelle torbiere della Francia, 240, CAVERNE nell’ arenaria della Toscana, 11. Nella calcaria secondaria. 31. Della Germania con ossa di quadrupedi, 211, 237. Natura del suolo di queste ultime, 215. Dell’ Italia ove si trovano ossa fossili, 237. Vaste caverne sotterranee hanno probabilmente inghiottito l’acqua del mare che copriva ì continenti, 53. CAVEZZALI: possiede una raccolta di conchiglie fossili di S. Colombano, 677. Cervi: ossa fossili di questi anìmali, 195. CETACEI: ossa fossili di questi animali, 175 , 176, 177, 178. Cetacei compajono di frequente nei nostri mari, 178. Ossa naturali di cetacei spacciate per fossili, 621, 674. CHEROPOTAMOS , 222. CHIOGGIA , 114, 119. €HITON: ignoro se conchiglie di questo genere esistano fossili in Italia, 603. CICERCHINA : sorta di breccia, 7, 8. Cimone, montagna degli Apennini: sua altezza, 4. È formato di grauwake, 6. CIOTTOLI : sono sparsi in diversi luoghi dell’ Italia e provenienza di essi, 57. Quelli della Lombardia non sono stati trasportati dai fiumi, 99; seg.; se non che in alcuni siti, 107; e sono anteriori al recesso del mare, 103. = n 1 titti -—— (695 ) CiPREE fossili, 282, seg. CLIMA: sembra che una volta fosse diverso sotto latitudini di Europa, 207, 208, 210. Cause che possono avere contribuito a ciò, ivi, 625. Relazione di Teofrasto sul clima della Tessaglia, 43. Introd. COLLINE terziarie subapennine : posizione di esse, 52. Altezza, 58. Materie di cui sono composte, 58, 59, 60, 63, 66, 75. Epoca della loro forma- zione, 62. Estensione, 63, 64, 95. Stratificazione, 66. Furono solcate e tagliate dalle correnti del mare, 80. Come siensi formate, 84, 85. Non tutte contengono spoglie di animali marini, 134. Offrono fenomeni impor- tanti pel geologo , sx, seg. Zntrod. Colline terziarie conchigliacee al piè delle Alpi che circondano la Lom- bardia, 96, 97. CoLori nelle conchiglie fossili, 138. CONCHIGLIE: vivono nel mare in famiglie, 143. Quelle dell’Adriatico sono state descritte da molti naturalisti italiani, 151; e particolarmente dal Renieri, 604, 673. Molte specie che sono credute esotiche vivono in questo mare, 153, seg. Varietà prodotte da cause esterne, 167,. È difficile distinguere le varietà dalle specie, 162. Conchiglie microscopiche del Mediterraneo , 323. Conchiglie di Taranto descritte da incerto autore, 672. Conchiglie litofaghe , 594. ConcHIGLIE marine fossili : trovansi ne’terreni terziarj in varie parti del globo, 90, gi. A Uddewalla in Isvezia, 619. Nella penisola del Santo Ospizio presso Nizza, 607, seg. Al piè delle Alpi che circondano la Lom- bardia, 96, 97, 106. Nel tufa vulcanico, 87. Loro stato di conservazione ne’ terreni terziarj, 131, 132, 136, 137, 138, e 33, 34. Introd. Loro fosfo- rescenza, 131. Talvolta sono cristallizzate, 132, 282, 285, 306, 307, 486; e talvolta molli, 133. Riempiute di spato calcario e di calcedonia, 133. Alcune conservano il legamento , 25, 26, Introd., 137. Loro distribuzione nel suolo, 141, seg. Conchiglie fossili litofaghe , 138, 140, 141, 594, 559, 525, 677. Microscopiche, 146. Analogia che hanno tra loro le specie fos- sili de? diversi luoghi dell’ Italia, 144, 145. Le stesse specie sono in ge- nerale promiscue alle sabbie e alle marne, 147. Specie indigene, 148, 157 ; 9 Introd. Esotiche, 149, 673; 14 Introd. Specie di cui non si co- noscono i protipi, 160, seg. Conchiglie fossili de? contorni di Parigi di cui esistono le analoghe, 164. Confronto fra le conchiglie fossili de’ con- torni di Parigi e di Londra e le nostre, 164, 165, 166; e nelle osser- vazioni poste sotto a cadaun genere, Causa delle differenze , 167. Riflessioni ( 696 ) sulle specie di cui mancano gli originali, 219, seg. I protipi di alcune sono state trovate ne° mari del Sud, 219, 220. La più parte di quelle che sono petrificate nelle rocce delle montagne appartengono a specie inco- gnite, 234; e 21 Introd. In qual posizione sieno rappresentate nelle tavole di quest’ opera, 51 Introd. ConcHIGLIE fluviatili e terrestri fossili: del Valdarno, 136. Del Sanese, 138, 167, 305. Di Volterra 205. Di altre parti della Toscana, 624. Del Piacen- tino e di varj luoghi dell’ Italia, 169, 170, 302, 382, 640. Di Griguon, 224. Di Magonza, 170, 225. Gli originali di molte specie sono perduti, 225, 622. Come le conchiglie fluviatili si trovino in depositi marini, 170 e seg. Alcune potevano vivere nel mare, 171. Conchiglie fluviatili di cui trovansi le spoglie nell’Adriatico , 171; e nel Mediterraneo, 172. ConI fossili, 286, 036. CONTINENTI: sono di formazione moderna, 32, seg. Introd. Corni di ammone: si trovano nella calcaria di transizione presso Firenze, 17; e nella calcaria secondaria degli Apennini, 24. Non se ne incontrano di gran mole nei mari attuali, 230. Pietrificati si rinvengono anche sulle alte cime de monti, 232. Cortesi: sua raccolta di fossili del Piacentino , 54. Introd. CoRRENTI dell’Adriatico , 94, 104. CRISTALLIZZAZIONE delle rocce calcarie, 27, 28, 29. 30. Effetti generali della cristallizzazione nel modificare i caratteri delle rocce, 84. Cuvier: sull’ accrescimento de’ continenti mediante le deposizioni de’ fiumi, 120. Sulle ossa delle caverne della Germania, 215; e su quelle trovate a Fouvent, 210. Conviene non essere dimostrato che gli elefanti fossili sien diversi da quelli delle Indie, 207. Opina che dalle ossa de? rinoce- ronti che si trovano fossili in Europa non si possa arguùire che il clima fosse diverso in questi paesi, 207. Ossa fossili di ippopotamo del Val- darno da lui classificate, 192. Sulle specie perdute de’ quadrupedì, 221. Crede che la natura chimica delle acque del mare abbia più volte cam- biato, 234; e che l’ apparizione de’ continenti non sia molto antica, 48, Introd. Sue opinioni geologiche, ivi. DALMAZIA: conchiglie fossili di questo paese, 91. Calcaria secondaria di quelle montagne , 24. DauseBARD: Sulle conchiglie fossili di acqua dolce, 225, 622. DeLrico, Orazio: sua misura del Monte Corno, 3, | ( 697) DELFINI : ossa fossili di questi animali, 177. DELO : non è isola vulcanica , 615. DENTALI fossili, 260, seg., 627. DIALLAGGIO , 40. Sua analogia con 1° amfibola, 46. DICQUEMARE: sui testacei litofaghi, 141, Dipus ineptus, 236. DILUVIO: varie nazioni antiche rammentavano un diluvio , 217, 218. Diluvio della Samotracia, 611. Diluvj di pioggia accaduti nella Grecia, 616. Dioporo di Sicilia: sua relazione del diluvio di Samotracia, 611; e di Rodi, 616, DoLoMIEU: sua opinione sull’ estensione che aveva una volta 1’Adriatico dalla parte della Lombardia, 99 ; 109, 110, 1t1, 119; e sulla provenienza dei ciottoli nelle campagne del Veronese , 99. DonaAcI fossili, 538, seg DonaATI: sul tufo che si forma nell’Adriatico , 168. EBEL: ammette una grauWake primitiva, 16. Sulle spoglie organiche degli schisti di Oeningen, 170. Attribuisce ad una grande catastrofe 1° inuma- zione delle ossa degli elefanti, ecc. ne? paesi dell’ Europa, 202. ECHINI fossili, 172. ELEFANTI: ossa fossili di questi animali nel tufa vulcanico, 87, 182, 198. Di varj luoghi d° Italia, 179, seg, 674. Silificate, 198. Non è comprovato che gli elefanti fossili sieno diversi da quelli delle Indie, 207. Questi animali vivevano nei nostri paesi, 203, seg. ELIcI fossili, 302, seg.; 637, 640. ELLIS: ha trovato nella Groelandia la porticella encrinus, 233. Ersivori. V. Animali, EroDoto : riferisce che a? suoi tempi v? erano leoni nella Grecia, 42 Introd. ETITI, 75. FauJas: conchiglie esotiche fossili da lui nominate, 157. Sulle conchiglie fossili fluviatili di Magonza, 170. Sulle ossa fossili di Livorno, 197. Ha trovato discoliti sopra un’ alta montagna del Delfinato, 232. Sulla serpula anguina > 266. FELTSPATO: sua analogia con la giada tenace, 43. FERBER: sulla serpentina del Modanese, 37. Ha creduto di vedere del gra- nito sulle montagne di Siena, 46. FeRRO: ossido bruno di ferro in cristalli lenticolari nell’ arenaria di Cuci- gliana, 12. Nelle marne, 75. Ferro fangoso , ivi. ( 698 ) FresoLE: arenaria di questo monte, 5. Firiasi: sull’estensione che aveva un tempo l'Adriatico dalla parte della Lombardia, 99, ror. Sulla formazione delle pianure del globo, ivi, | FinaLe della Liguria: lumachella di questo paese; 168. FISTULANE fossili, 270; seg. | Fiumi : non hanno per intiero formato coi loro depositi il suolo della Lom- | bardia, 99. Impediscono le deposizioni della laguna e quelle del mare, 105. Sono la cagione perchè l’antico mare non depositò marne e sabbie | | | | | | i Il nel piano della Lombardia, 106. Interrimenti moderni occasionati da essi, 107. Prima di essere arginati inondavano parte della Lumbardia, 108, 675. Epoca de’ maggiori interrimenti succeduti nella Lombardia, 124. FLEGONTE Tralliano: sulle ossa fossili, 617. FocajaA: nella calcaria secondaria, 25. FoLapi fossili, 591, seg. Y. Conchiglie fossili litofaghe. Fortis: sulle ossa fossili di Livorno, 196. Sul numulus Brattenburgensis, 220, FosrorescENnza delle conchiglie fossili, 131. Fromonp: sulla diminuzione della massa dell’ acqua, 127. FucHi fossili, 173. FUMAROLE, 71. | GABBRO , 42. i | GALENA dei monti della Tolfa, 18. Dei monti della Maremma Sanese, 21. I GALESTRO: pietra così chiamata in Toscana, 20. | Gaz idrogeno sulfurato : esala da terreni vulcanici, 68, seg. | GENESI: interpretazione di un passo di questo libro , 217. | GeroNDO : lago antico presso Lodi, 676. Gesso de’ terreni terziarj, 73. Con foglie di vegetabili , ivi, GiaDA tenace, 41. Sua analogia col feltspato , 43, seg. GIGANTI: ossa fossili credute di giganti, 185, 186, 617. GIRAFFA: veduta nel 1471 da Josafat Barbaro in Persia, 221. GMELIN: equivoci da lui presi nella citazione delle figure di alenni con- chiologisti, 248, 249. GOVERNOLO , 112. GRANCHI fossili, 172, 224, e 28 Introd. GranITO degli Apennini, 33, 34. Dell’ isola di Delo, 615. GRANITONE: è una mescolanza di giada tenace e di diallaggio, 42. Sua so- miglianza col grunstein, 45. GRAUWAKE: caratteri di questa roccia e sue varietà, 15, 16. Epoca della sua formazione; 15, Grauwake primitiva delle Alpi, 16. V. Arenaria, ( 699 ) GRECIA: quando popolata, 41, seg. Introd, GRIFFE fossili, 474. GRUNSTEIN » 45 , 47. GUALTIERI: ha conosciuto le concamerazioni della serpula anguina e polytha- lamica , 266, 268. GUALANDRIS: sulle conchiglie fluviatili fossili di Chantilly, 624. GUETTARD: dice di avere veduto massi di serpentina nelle vicinanze di un antico vulcano tra Roma e Loreto, 38. Sua memoria sulla mineralogia dell’ Italia, 56. Introd. HALIOTIS. 458 Havy: sulla giada tenace, 43 ; e sul diallagio , 47. HELMINTHOLITHUS endrodamas di Linneo, 137. HoHLENKALK, o sia calcaria delle spelonche, 24, 26. Isis imbalsamato fra le mummie di Egitto, 240. JENA: ossa fossili, 215. Natura di questo animale , ivi. IPPOPOTAMI : ossa fossili, 192. Come è rappresentato questo animale negli antichi monumenti , 223. IscHIA , 60, 65. Sue acque termali, 70. Conchiglie fossili, 354, 355, 357» 363, 438, 480, 487. Isis erntrocha, 231, 233. Kirwan: sulla temperatura dell’ atmosfera a differenti latitudini, 209. LacHI: contribuiscono ad addolcire la temperie dell’aria, 625, e 43. Introd. Laco di Como, 625. Laconi del Volterrano, 25. Loro prodotti , 71. LAGRIME dî martiri : sono cristalli di quarzo, 73. LAGUNA veneta: suoi interrimenti , 105. Opinioni sulla sua antica estensio- ne, 109, seg. Si cercava un tempo di ridurla a cultura, 116. Secondo il Maafredi guadagna terra dalla parte di Venezia, 128; e innalza il suo livelio , 129. LAMARK: sulle conchiglie fossili de? contorni di Parigi, 164, 165, e 11 In- trod. Ha riformato il sistema conchiologico di Linneo, 241, e 31 Introd. Sue osservazioni sulle fistulane, 270, seg. Lava dell’Arso: quando erutata, 60. Lava feltspatica del monte Olibana,, 129, V. Vulcani. Lave forate da vermi litofaghi, 141, 595. LAauceR: sua analisi della terra delle caverne della Germania, 215. LEONI: possono generare in Italia, 211. Esistevano un tempo nella Grecia, ivi, e 42. Introd. E forse vivevano ne’ paesi settentrionali ove trovansi le (700 ) loro ossa, 211, 215. Ossa di un carnivoro analogo al leone o alla tigre nelle caverne della Germania, 237. LEPADI fossili, 597, seg. Lrrium lapideum, 232, 233. Linneo: sulla patria delle conchiglie, 150. Sui coralli del Baltico , 159. Sulle conchiglie fossili di cui mon si conoscono i protipi; 219. Suo sistema conchiologico , 247. . LITOFAGHI vermi, 138, 140, 141, 525, 559, 594, 677. LOMBARDIA: costituzione del suo suolo, 96, 107, 108. Perchè non sia co- perta da depositi marnoci, 96. Il suolo Ul Questa vallata man è stato formato dai sedimenti fluviatili, 99; se non che nella parte inferiore di essa, 107, 108. Anticamente era ingombrata da paludi, 108, 123, 675; e da selve, 123. LonprA: natura del suolo de’ suoi contorni , 92; 147. Macicno: la grauwake o sia l’ arenaria di transizione è così chiamata in Toscana, 3. i Magonza: conchiglie fluviatili fossili di questo paese . 170. Maramocco , 119. MALTHA o pece minerale. 72. MaAMOUTEH , trovato in Siberia coperto dalla pelle, 199. MANGANESE : in piecioli strati nella calcaria di transizione, 19. Combinata con la stessa calcaria, 20. Il suo ossido nero procura la combustione delle materie grasse , 19. MARATTI : sugli zoofiti del Mediterraneo , 155, 156. Mare: abbassò a più riprese di livello, 53, 54,57. Effetto delle sue correnti quando si ritirò dal continente, 79, 80. Sormontava la cima delle più alte montagne, 53. È stato inghiottito da ampie caverne sotterranee > 55. Quando copriva 1° Italia, sommergeva alla stessa altezza le altre parti del globo. go. Ha avuto stabile permanenza sul globo, 93, 94. Controversie sull’ abbassamento del suo livello, 126, 127. Non è ovunque egualmente ricco di conchiglie, 135. Ha in alcuni luoghi sorgenti di acqua dolce, 171. Quanto conferisca ad innalzare la temperie dell’ aria, 209. Se la sua qua- lità chimica abbia cambiato. 234. Sua attuale estensione , 79. Forma tut- tavia sedimenti tufacei, 168. MARNA conchiglifera: suoi caratteri, 66. Sua giacitura, 78. Talvolta è con- solidata, 81, 82, 84. Sostanze ch’ essa contiene in Italia, 67, seg. Non ha ovunque spoglie di testacei, 134. In qualche luogo sono in essa (701) sepolte ossa di animali terrestrì, 196. Di Casamiciole nell’ isola d’Ischia, 65. Non comparisce nel piano della Lombardia, 96; nè si può supporre che ivi sia stata coperta dai ciottoli, 102. MASCAGNI: sua supposizione che la selce si trasmuti in argilla, 26. MASTODONTE : ossa fossili di questo animale, 187. Sua grandezza, 221. Specie diverse , ivi. MATAJONE: così in Toscana è chiamata la marna argillosa, 79, 80. MATTRE fossili, 535, seg. MEDAGLIE antiche in cui è rappresentato l’ ippopotamo , 222. MepirenktaNEO; esempj del recesso di questo mare, 126. In altri punti guadagna terra, 129. Non fu mai un lago , 617. MEFITI: dea adorata dai Romani nella Lombardia , 676. MEGALONICE , 221. MEGATERIO , 221, MEGERLE : suo sistema di conchiologia, 242, seg. MELOGRANI: sulla serpentina nobile della Calabria , 39. Mie fossili, 529, seg. MIEMITE, 41. MiruLI fossili, 584, seg., 677. MoDpENA: quanto alta dal livello del mare, 112. Natura del suo suolo, rir. MONTAGNE: furono smantellate dalle irruzioni del mare, 57. Si coprirono lentamente di vegetabili quando esse uscirono dal mare, 60; e 49 Introd. V. Alpi, Apennini. MoNnTAGNOLA di Ancona: materie di cui è composta, 83. MontE Mario, 65. Monte Sarchio , ivìi. Monte Verde presso Roma, 76, 87: 198. Monte Corno negli Abruzzi, 2, 3, 14. Monte Velino, 3. MONTMARTRE : ossa fossili colà trovate , 221. Mosaico di Palestrina : rappresenta l’ippopotamo , 223; e l’eale di Plinio, 236. Mourcie: colline calcarie della Puglia, 32. Murici fossili, 389 , seg.» 662, seg. NAGELFLUE , 7. NaumILI marini, 230, 231. Se quelli descritti da Planco sieno veramente marini, 457. Nautili fossili, 453, seg. NECKER : sulla indistruttibilità delle specie, 229. NERITE fossili, 296 , seg. , 037. Numurus brattenburgensis, 220. OENINGEN : schistì di questo paese, 170, 214; 225. (702) OLIvI: sulle lave forate da vermi litofaghi, 140, 595. Sulla natura del fondo dell’Adriatico , 94, 104. Sulle varietà de’ testacei prodotte da cause esterne, 161. Sua Zoologia adriatica, 152. Ha trovato nell'Adriatico spoglie di conchiglie fluviatili e terrestri, 171. Equivoco da lui preso rispetto al solen callosus, 250. Orso: le ossa di un animale di questa specie trovansi nelle caverne della Germania, 237, Si pretende di avere rinvenuto alcuni denti fossili di que- sto animale nel Valdarno, 212. OSTRICHE fossili, 562, 670. Ossa fossili: di cetacei, 176, 177; 178. Di elefante, 179, 180, seg., 674. Di mastodonte, 187, seg. Di rinoceronte, 191. D° ippopotamo , 192. Di jena, 215. Di uro, 193. Dì alce, 194. Di cervo, 195. Di orso e di lupo, 212. Di pecora e di cavallo, 195. Di bue, 194. Di pretesi giganti, 185, 186. Ter- reni in cui sono sepolte in Italia, 196. Nel tufa vulcanico, 87, 182, 198. Ossa fossili de’ contorni di Livorno, 197. Silificate, 198. Incrostate di ostriche, 199. Di perfetta conservazione, 201, 674. Come e quando sepol- te, 79, 205. Mescolate con nicchi marini, 204, 205. Gli animali a cui appartengono vivevano nei nostri paesi, 203. Non vi sono ossa fossili umane, 214. Ossa fossili di Palermo, 185, 186, 238. Di Pozzuoli, 187, Di Rodi e di altri luoghi rammentati da Flegonte Tralliano, 617. Quelle degli squali essendo cartilaginose di rado s'incontrano fossili , 214. Ossa delle caverne della Germania e di altri luoghi, 211, 215, 237. Delle caverne dell’Italia, 237, 238. PADOVA : sua distanza dal mare ne’tempi antichi , 119. PALATI di pesce: petrificazioni così chiamate, 174. PALEOTERJ; 221. PALERMO: ossa fossili di questo paese, 185, 186, 238. PALESTRINA: mosaico antico in questa città, 223, 236. PALINURO: grotta in vicinanza di questo luogo con ossa di quadrupedi, 238, PALUDI: erano anticamente molto estese nella Lombardia, 108, 123, 675. PanOPEA fossile, 97, 146, 532. Parkinson: sul suolo de’ contorni di Londra, 92, 147. Sulle conchiglie fos- sili di quel luogo, 164. Parigi: natura del suolo de’ suoi contorni , 93 ; 148. PATELLE fossili, 253, 627. PECE montana, 27, 72. PEPERINO: contiene pezzi di legno, 198. (703) PERSEPOLI: animali incogniti scolpiti ne’ monumenti di quella città, 236. PESCI fossili , 63, 173. PETROLIO , 72. PetROSELCE agatoide di Monteruffoli, 25; bigio de’ lagoni del Volterrano, ivi. Contenuto nell’ arenaria della Toscana, 9. Pesto, 65. PIANURE: opinione del Filiasi sulla formazione di esse, 99, IOI. PIETRA sereza o grauwake, 3. Pietra palombina o calcaria di transizione , 20. Pietra forte o calcaria di transizione. 17. Pix: Ermenegildo , 4 59. Pini di Sestola, 36, 72. PINNE fossili, 588, seg. PiritI: nell’arenaria di Fiesole, 12. Nella serpentina, 40. Nello schisto ar- gilloso, 21. Nelle materie vulcaniche e nelle marine, 69. Piriti discoidee dette monete del diavolo , 75. Epatiche, ivi. PLaNco Jano: crede che il mare bagnasse un tempo le mura di Rimini, 125. Sui nautili della spiaggia dell’ Adriatico, 457. Po: suoi antichi rami, 114. Sue sette bocche, ivi. Ruppe a Figaruolo, 121. Ponto Eusino, 61o. PozzuoLI: ossa fossili colà trovate, 187. Fabbriche antiche ora sommerse dal mare, 612. Prony: sul recesso dell’ Adriatico, 120. Sull’antica estensione di questo mare dalla parte d’Adria, 121. Sullo stato dei rami del Po prima della rotta di Figaruolo , 121. Sulla distanza del mare da Adria nel secolo XII , 122. PUGLIA: pianura della Puglia pietrosa, 31, 93. PuLLi di Molfetta e di altri luoghi della Puglia, 26. QuaRNERO: golfo, 104. Quarzo: nell’ arenaria, 4. Nel granitone, 44. Cristallizzato nell’ arenaria, ro. Come siensi formati questi cristalli, ivi. Cristallizzato nel gesso , 73. RAJA: dardo fossile di questo animale , 173. RAMAZZINI: sua opinione sull’ estensione che aveva l’Adriatico dalla parte della Lombardia, 98, 111. RENIERI: suoi studj sulla conchiologia adriatica , 152, 604; e 9, 55 Introd. Ha trovato nell’Adriatico molte conchiglie dianzi reputate esotiche , 153, seg., 673; e spoglie di testacei fluviatili e terrestri, 172. Reuss: sull’ alternativa degli strati calcari con quelli di grauwake , 17. Sulla calcaria delle spelonche, 24. Sull’ altezza del Monte Velino e del Monte Corno ; 3. PO (704) RiccA, professore di Siena, 55 Introd.; 474, 596. RINOCERONTE : ossa fossili di questo animale, 191. Trovate da Pallas in Si- beria coi legamenti ancora freschi, 199; e 34 Introd. Rizzo: sui testacei della penisola del Santo Ospizio presso Nizza, 607, seg. Roccia argillosa che accompagna in più luoghì la serpentina, 48, seg. Rocce di transizione: non si riconoscono fra l'Adriatico e gli Apen- nini, S1. Ropi: gli antichi traevano marmi da quest’ isola, 615. RoIssy Felice: sua conchiologia. 242. |. SABBATINI: sua opinione sull’ estensione che aveva l'Adriatico aanma parte della Lombardia, 97 » 98 ; 110. i SABBIA calcaria e siliceo-calcaria, 58, 59, 63, 64. Estensione di questi de- positi, 75, 76. Materie con cui è mescolata, 75, 76. Contiene spoglie di testacei, 77; ed ossa di animali terrestri, 196. Sua giacitura , 75. Talvolta è consolidata, 83. SALE della creta, 74. Sale marino ne” terreni terziarj , ivi. SAMOTRACIA: diluvio accaduto in quest'isola, riferito da Diodoro, 611. SAN Marino: altezza di questo monte e materie di cui è composto, 58, SANTI : sulla solfatara di Pereta, 72. Sulla fosforescenza delle marne con- chigliacee della Toscana, 131. ‘ SARTEANO : terreni di acqua dolce in questo paese , 167. SASSUOLO , 19. SaussuRE: sulla direzione degli strati, 5. Sull’ altezza del Monte Velino, 3. Scuisto argilloso: della Toscana, 20, 21. Del Genovesato, 21. Di Oeningen, 170, 214, 225. Con piriti cupree , 21. Schisto micaceo del Genovesato e del Sanese, 34. Schisto amfibolico , 46. SeLck : alcuni hauno supposto che sì trasmuti in argilla, 26. Forata da vermi litofaghi, 140, 141, 594. SeLENITE: nella serpentina, 40. Ne? terreni terziarj, 72. SELVE, ingombravano anticamente la Lombardia, 123. SERPENTINA comune: trovasi in molti luoghi dell’ Italia, 34, seg. Creduta secondaria dal Bardi, 605 , seg. Sostanze che l° accompagnano. 40, seg. È meno antica della serpentina nobile, 39. SERPULE fossili, 265, seg.; 628, seg. SHuxeure: sua misura del Monte Velino, 3; e dell’altezza del piano di Modena, 112. i SOLANDER: sui testacei fossili di Hampshire, 163, (709 ) SoLDANI: sulla formazione delle arenarie, 4. Sulla fosforescenza delle marne della Toscana, 131. Sulle conchiglie fossili fluviatili del Valdarno, 136. Sulle spoglie di conchiglie lacustri nel Mediterraneo, 172. Sui terreni di acqua dolce in Toscana, 624. Sull’esistenza di un antico lago in Toscana, 167. Sulla permanenza dei colori nelle conchiglie fossili , 139. Sulle brec- ce ossifere della Toscana, 238. Sulle conchiglie microscopiche del Me- diterraneo , 323, SOLENI fossili, 496, seg. SoLFato di stronziana, 74. Di barite e di soda, ivi. Di calce. V. Gesso e Selenite, SraponI: ha trovato granito nelle vicinanze di Sarzana, 33. SpaTO magnesiano, 4I, SPECIE: periscono come gl’individui, 221, seg. 227, 236. Difficoltà di distinguere le specie dalle varietà, So Introd. SPONDILI fossili, 586, seg. SquaLi: denti fossili di questi animali, 173. Di rado trovansi fossili le loro ossa, 2I4. STEATITE , 37. STENONE : pinne fossili da lui trovate, 137. STRABONE: dilucidazione di un passo di questo storico , 115. StROMBI fossili, 385, seg., 664. SuPERGA: collina presso Torino, 78. TaLco: nella serpentina, 41. Trovato presso Urbania, 37. TARANTO: notizia di un libro sulle conchiglie di questo mare, 672. TARDIGRADI, 237. TaARGIONI: sua opinione sulla formazione del suolo terziario della Toscana; 85. Sul Valdarno, 168. Sulle sorgenti di acqua dolce nel fondo del mare, io1. Sull’ origine sottomarina dei tufi, 168. Sui colori delle conchiglie fossili, 138. TELLINE fossili, 509, seg. 669. TEMPERATURA dell’aria: addolcita dalla vicinanza di grandi spazj di acqua, 209 3 625. TEREBRATOLE fossili, 466, seg. TEREDINI fossili, 269, seg. Trovate dal Soldani nell’arenaria della Toscana, 13. TERRENI di acqua dolce , 88, 138, 167. TERZIARJ ( terreni ), 52, 62. Loro composizione , 77. Coricati sulla calcaria secondaria, 66, La distinzione di essi non è arbitraria, 84. Non sono 89 ( 706 ) formati dai trasporti de' torrenti, 85. Loro caratteri, 89. Non cuoprono uniformemente la parte piana dell’ Italia, 93. Causa delle interruzioni, 95. Loro estensione , ivi. Sono stati ovunque formati nelle medesime circo- stanze, 147. De’ contorni di Londra e di varie altre parti del globo, 92; di Parigi, 93. Tito Livio: riflessioni sur un passo di questo storico , 119. Torpa marina trovata a Governolo, 112. Torbe della Scania e della Francia con ossa di animali incogniti, 237; e con ossa di castore, 240, TourNnEFORT: sua opinione sul Boeforo , 6r3, 6r4. TrEvISANI: sugl’interrimenti della laguna veneta, 105. TrocHi fossili, 350, seg., 661. TurA vulcanico: della Campania , 60. Cuopre in alcuni luoghi i depositi ma- rini, 64, 65. Si stende nelle vallate spalleggiate da monti calcarei, 87. Fu stratificato dal mare, 86. Contiene conchiglie marine ed ossa di quadru- pedi , 84. 198; e pezzi di legno, 198. Turo: così sì chiama in Toscana la sabbia calcaria o silicea calcaria dei terreni terziarj, 80. Turi: alcuni hanno un’ origine marina , 168. TurzinI fossili, 362, seg., 659. VALDARNO : sembra che una volta fosse un golfo, 135, 136. Secondo alcuni esisteva colà un gran lago, 167, 168, Ossa di elefante e di altri animali ivi trovate, 179, seg. VALLISNIERI: sulle sorgenti di acqua dolce nel fondo del mare, 171. VATICANO, monte: di origine marina, 64. UCETIA ; antica città: qual fosse, 117, 118. UDDEWALLA , 619. VEGETABILI : parti di vegetabili nella grauwake del Modenese e della To- scana, 12, 13, 55. Nelle marne delle colline terziarie, 63, Nel gesso, 73, Nel tufa vulcanico, 198. Silicei, ivi. Delle Indie e dell'America gettati dalle correnti sulle spiagge del Messico e della Scozia, 202. VEGETAZIONE : lentamente comparve sulle montagne abbandonate dal mare, 6o. Ma più presto ne’ terreni terziarj , 49. Introd. Suoi progressi nella lava dell’ Arso, 60, VELINO, monte: sua altezza, 2, 3. VENERI fossili, 538 , seg. 669. VILLANI Alessandro, 456, 487 522, 539, 555, 559. (707 ) VIVIANI: sul gabbro del Genovesato , 48. Sur una roccia argillosa che ac- compagna la serpentina, 49, 50. Sulla serpentina, 34. Ha trovato del gra- nito nella Riviera ligure, 33. UNnIcORNO, 236. Volet, sull'età della granwake, 16. VOLUTE fossili, 306, seg.; 640, seg. Uomo: comparve dopo l'emersione de’ continenti, 213, 218. La sua prima origine è moderna, 36, seg. Introd. Non si trovano ossa fossili umane , 214 VORTICELLA encrinus: trovata dal Maratti nel Mediterraneo , 233. Uro: ossa fossili di questo animale, 87, 193. VuLcanI del Lazio e della Campania : sembra che non abbiano eruttato rocce di serpentina, 38. Si sono aperti il varco attraverso il suolo primitivo, 39. I vulcani arsero anticamente in quella parte d’Italia compresa fra gli Apennini e il Mediterraneo, 51. La più parte erano sottomarini, 86. ZoLFo: trovasi ne’ terreni terziarj in varj luoghi dell’Italia, 67, 68. Come esista ne' terreni vulcanici, 69 , 70, 71. È accompagnato per lo più dal gesso , 73. Origine de’ suoi cristalli, 67, 68. Può naturalmente passare allo stato acido , 73. Zooriti: molte specie credute esotiche vivono nell’ Adriatico , 155 , 156. Si propagano a dismisura ne’ marì del Sud, 158 ; e nel Baltico, 159. Fossili, NO 00170] WALCH: sua opinione sulle conchiglie fossili di cui non si conoscono i pro- tipi, 219. WooDwARD : suo sistema, 17. Introd. Ha veduto conchiglie fossili in cui ri- maneva traccia del legamento , 26 Introd. (5 far po dligtm ded 30 nd 12 ET MAREA e asse) eni Y a, GIOIA pi aglio ciri attaBi rt e ario sitbalalti porro BE) retro La dani pi ARL | alli (RN dit I è Te ii alia qst RI prbscai bin «dr. rds prrnnag allo b sto lav) 4 HOP tai rn doti iii seta notivy sen nl Era Fees sh argliamaina ti oto age fee pie dar ‘i QTA in Ni riesi MESSO IIC TILLINT Ala. daarosipane fasci lol & TTT La» 1 igusit’nv ict api nia id dh Matta GATTO N° x ni rabtyrpo: rapita non sria situano: ni mejor 15 ellob » ntigl Lyb TICADI i averi none li ommpiszzin gray Hi insege ianvadt fai ia î ) < VERSO ,ì titti gp 9FUry Aitap ta) Ias pois 9 TI ianaluy. rip ‘ tuta dig + pi pioapnsgibili Lio Teri repeat Boa | : L'o% t i. bar, pè palette? i 19) 'an: onto 1 ot469 à n 4 (road nf si. 01244 MAIA RI ET | s Mr” part Ginaatigzion do'i .8) ei ao d'ali gintt iv , onteg .$r j Allen, diasa ha da: e$ltye92 baila guoirim silibizuta diutevta: siae: Sila at ; pi | gue x ita lag ag iti Rai Prant isa aggiiontt coma tai “pr ale i cd : : 5° ti Ho PI, 51 , si : € 311,53 via sit "4 eri 1 fida Api 4 ai mi illa 0 goa ulss call noia. et v'alacairin. d004 > quavmi ni Loud ds. 0Indrongef dali nispinoi perizia . a TRA! 4 40 hi Mai GATE 1 INDICE DEL DISCORSO SUI PROGRESSI DELLO STUDIO DELLA CONCHIOLOGIA ©) FOSSILE IN ITALIA. A ia A DEEXITE ALEessanDRO degli Alessandri , IV. ALLIONI , XLIII. ALLOATI, LVI. NB. Quest? autore debbe essere riferito all'anno 1789 in cam- bio del 1779. AMBROSINI, XII. Amici Vito, XLVI. AMORETTI ; LXI, LXXVI. ARDUINI , XLIX. ArnoBIO Cleandro ,, IX. BAGLIVI, XXIII. BALDASSARI, XL, LI, LVI. Barrow: snlle conchiglie fossili del Capo di Buona Speranza, XXXII. BARTALINI, LV. Bassi Ferdinando , XLIV. BASTIANI , LII. BATARRA , LVII. BECCARI, XXXI, XXXIV. BELENNITI fossili , XXV, LXXVIII. BELLISOMI: suo museo, LXIII. BrancHI Giovanni, XXXIV, XXXVII. BoccaAcIo , III, IV. BocconE, XxX, LX. BONANNI, XVII. BoRSONI, LXXI. Bossi Luigi, LXVII. BREISLAK, LXXI. Buon aAMIcI Francesco, XLVII, BURNET, XIX, CAGNAZZI, LXXIV. CALCARIA cristallina con corpi marini, LUI. CALCEOLARI:; suo museo, VIII, X. CALURI, XLIX. CANALI, LXXVIT. CANDIDO Pietro, LX. GARCARIA: mon si conoscono scheletri fossili di questo animale, XLVII. CARDANO, V. CARLI, XXXV. (*) La più parte degli autori sogliono scrivere conchigliologia , conchigliologisti, conchigliologico. Per iscansare questi lunghi vocaboli ho io stimato meglio di usare quello di conchiologia, ecc., formato dalla radice greca conchi, laddove l’altro è derivato da conchylion, e mi uniformo all’ Olivi che abitualmente lo adopera nella sua Zoologia adriatica (pag. 71, 110,163, ecc.). Conchi- logia parrebbe più grammaticale, ma oltre a che suona men bene all’ orecchio , è voce affatto insolita. (710) CASTIGLIONI Bonaventura, LXI. CERMELLI , LIX. Cervo: ossa fossili di questo animale, XXXII, XXXIV. CERUTI, X. CesaLPINo Andrea, VIT. Cesi, fondatore dell’ accademia dei Lincei, XI. CETACEI: ossa fossili di questi animali, XXXII XLIV, XLV, Lil, LVil, LXXV. CHroccHI, X. CÙiton: trovato fossile nel Vicenti- MD 1. CIAMPINI, XVIII. CIMARELLI , XXXI. CincHIALE: denti fossili di questo ani- male, XXXIV. CoccopriLLo : ossa fossili, XLIX. CoLonna Fabio, Xx, Xf. ConcHiclLIE litofaghe fossili, XXIX, YXXII, XU LI VARZI e Conchiglie fossili: nella selce xXx, LvI. Con nucleo di calcedonia, xxx. Disposte in famiglie XL, L. Microscopiche , LXIV. Conchiglie fluviatili fossili, LVI4 LVIII , LXV, LXXI. Conchiglie fluviatili nel Mediter- raneo , LXV. CORTESI, LXXV. Cosri: suo museo, XVII. COSTANTINI, XXXVIII CostosA: grotte di questo paese XXXI. CUPANI , XX. CUVIER, LXXIL Da Rio, LXXVI. Donati Vitaliano ; XXXIX, DoraADA: denti fossili di questo ani- male, XX, XLVII, ELEFANTE: ossa fossili, Vill , XIV, XV, AVA LX AI S XIV DEVE STATO LIX; LX 3 LXXIN, LXXVi LXIVI ENTROCHI: opinione del Batarra sulla natura di questi corpi, LVIIl. FALLOPPIO , VI. FAUJAS, T.XXII. FONTENELLE , XXNI. Fortis Alberto , XLIX, Ly LIT, LIMI, LV, LXIl $ LXVIII, S@g., LXXII Fosrato azzurro di ferro, XLI. FRACASTORO, IV. FRANCIA: stato dello studio della con- chiologia fossile in questo paese nel secolo XVII , pag. XXI FToncITES Isauricus , LIV. GALEAZZI , XXVI GENERELLI Cirillo, XLV. GEOLOGIA: fatti certi di questa scien» za , II. Come professata dagli anti- chi, dvi. GERMANIA: stato dello studio della conchiologia fossile in questo paese nel secolo decimosettimo , XXI, GHEDINI , XXIV. Gimma Giacinto, XXXII. GINANNI: suo museo, XLVI. Giovene Monsign., LXXVIT. GiroGONITE: è il frutto della chara, XXXIV. GLOSSOPETRE, XIV, XVI, XXXVIII » XLVII. GranpI Giacomo, XVII, GUALANDRIS, LVII, ImperaTo Ferrante, IX. — Francesco , X. (711) INGHILTERRA : stato dello studio della conchiologia fossile in questo paese nel secolo decimosettimo , XXII. IPPOPOTAMO : ossa fossili, XIV, XXXII, XXXIII. ITTIOLITI , XIII, XXVIII $è XXIX, XLVI, LIII, LIV, LVIII, LXII, LXIXs LXXV. KinG Odoardo, XXXVI. KIircHER Atanasio, xxv- LAMARK, LXXII. LANCISI, XXVII. Legno fossile dell? Umbria, xuI. Licozzi Jacopo, disegnatore , XII. LinceI ( Accademia de’ ), xI. MADREPORE fossili, XLIV. MaJoLi Simeone, 1X. MAIRONI , LXXVII. MARE: copriva una volta la cima del- le montagne, 11. Non è sconvolto dalle burrasche che a mediocre pro- fondità, XVI. MarsILI Ferdinando, XXIX. MASsTODONTE: ossa fossili di questo animale, LI, LVII, LXXVI. MATANI, XXXVII. MATTIOLI, IV. Mercati Michiele, VII, XXVII. MicHIELI Pietro, XXXII. MINERVINI Ciro, XXXVII. MoDpENA: pozzi di questo paese, XVII, RIXE MovwTI Giuseppe, XXVII, XXIX. MorRi:ccHINI, LXXII. Moro Lazzaro , IX, XXXVI. MoronI Lino, XIII. MoroZZI, LXXII. MoscaRDI; suo museo, XIIT. MuRGIE : colline calcarie della Puglia, LXXIV. NAUTILI microscopici fossili , XXXI, XXXIV, XXXVII, XLVII, L, LIMI, LXV. NESTI, LXXVII, LXXVIII OccHI di serpe: fossili così detti, XLVII. OpoarDI Giacomo, XLV. OLIVI Giambattista, VII, OsmREA polvginglima, XIII, XXVII , XXX. Ossa fossili del Sanese, xx. Del Val- darno, XLI. Di Cherso, LITI. Della Dalmazia, Lim. Di Longone , LxIv. Secondo il Fortis non ve n° ha nella calcaria solida, LXxHN Spacciate per umane XXXII , XXXIX, LIl, LIX. PALATI di pesce: petrificazioni così dette, XXXVIII. PALLAS: suo giudizio sul Donati, XL. PASSERI, LUI. PiccoLI Gregorio, XXXIV. PIETRE: vegetano secondo il Baglivi, xXIV. Pietre siriache, xxxIV. Pietre cadute dal cielo, x. Pini Ermenegildo, LXXHI. PLaNco Jano, XXXIV, XXXVII. QuirinI Ciovanni, XVI. RAJA: male, XIII. RAMAZZINI, XIX. dardo fossile di questo ani- Ricca, professore di Siena, LXVII. RINOCERONTE: ossa fossili, LXXVI LXXVIII. Rosmaro: preteso cranio fossile di questo animale, xxVII. SALA Domenico , XII. SAN CoLomgano: collina del Lodi- giano , LXI. "a (712) ANTI Giorgio, LXXIII. Turo: si forma nell'Adriatico, xxx1x, ScARAMUZZI G. B., XxX. VALDARNO: secondd il Soldani era una ScHIAvoO Biagio , XXXVIII. volta un lago, LXVI. ScHILLING Pietro, LVII. VALLISNIERI, XXVUI. SCILLA ; XV. VEGETABILI: impronti nella marna del SCORTICAGNA, LXXV. monte Biancano, XXVI. SERPE, abate, LXII. VELLEJA: suoi fuochi, LX. SETTALA: suo museo, XII VERNIA: spelonche di questo paese, SOLDANI, LVI[, LXIV, seg. .3 vu » de Spina, AXXIIT. Viano Giulio, LvI. NB. Questo autore. SPADONI, LXIVi3 6 EXX.VI debb’ essere riferito all’ anno 1789 n SPALLANZANI, LIX, LXX. cambio del 1779. STELLUTI, XII. VIVIANI, LXXV. STENONE, XIV. . VoLTtA Serafino, LX, LXIII, LXIX. TARGIONI, XLI. Uro: ‘ossa fossili di questo animale, TEREDINI fossili, LVII. LVII. TESTA, abate, LXIX. e ZAMTIERI, XLVI. 4 TestACEO, monte, VI. "3 pa © ZANICHELLI, XXVII, gi vg ‘TRICHECUS rosmarus, XXVII. - ZANNONI, Lil. : Tura vulcanico con ossa fossili, XXI, LIX, LXXII, NB. St correggano i seguenti errori accaduti nella, citazione delle fisuleà da Pag. 283 Cipreea pra tav. II, fig. 2, a, b — tav. II, fig. 2. » 270 Teredo echinata, tav. XIV, » 273 Zeredo bacillum, tav. XIV. Liszeot: » 306 Voluta affinis, tav. XIV. IAS "» pe » ivi Voluta coronata, tav. XIV. vo Aocatelti del. Siusep € Dall'Sfcqua ene. Alano . Gonrtos È. ppi” Sg |. Gypy vara aiuivbua pa de f dez d, È portino in | Ue N Sedi GE id “ DA 3 n Mero IE ; D 49) | n SI j j “ Pb: Pa de. Y Ù VE Gius. Dall'Acgua dis. ed inc . t- S QNT lau ch Fig. 1. nua ferabresue: fr 0498 i 8 ; hi Mt Mal Loto, È i RIE ; +, st | STRA È e Vie opol Got i ] È 3 . cale ornata, U d s Sol 4 ; A n - ca buetnto La o Uipretla cs duna Uda ms Fi doti num Anmatanthad ar. 933) Sa clio.druatn, dui o ALI “ ur glam, DE «PISA Ig MiVe Ma: I (p336 i n E c su o Mivargn iam, 7] p332 n° mdetidiù 7 pas du. ed inc. qua Ae Gius. Dall' AIA dI mam ANAL ddt 07 UO, puo - | È u KOUMRAA MIE x] , ve 0% indstrpetusto Usa piuo È < ‘e L i Cn g338 Midi > È sò Go da rara i np ‘ sar le bat ; p3ro0 we a d 4 Pa PIA » | u -p 350 a sal ' ". ti p9337 ? Da; è i <« a " Ha vu TASSO Mia. * U:% paso È. di TARA " $ i; im el dei PA ptt 2 ni plirmedum, Ger Cres è 4339 Fav thus sptani s Lu. E TO Brac. SEME SR oe Vanni culmine se da \atdudo - binsperhuns, =“ te potu las Pewt. E o Ve, dina STAT " p®5T Tar È % Do, HE Li n lA) "hl = p35r ET ag E ibi £ rasa = Gius. Dall'Acgua dis. ed inc. —_ n + - ” "o / - PS ra dea, 7 _ pe, Rn > Vi Frodhs mndani Pri: BARI 4 PO pà - pis? DA î 6% rita bus o ess. P cimalg Lui Le w Detta s Boe. sn pla È carenti! ie di I Sdi > . i Arne » i pol oebongulas. sv Fena bus Gue. urbe ai ‘pani diven, paio ot doro: Fre paste S iplieot s* pos ter Ghia n vi d5 "40 dae. Si, sE; Ù duplizotus dii sr spiata: Rage. dina i alc fi: Trrtanizio bag 7 «; 4 fud ta LU Bh « « « b A di » È + < x < A "“ ad è re sr Le prwq BaT PIU pIleq pil «Lr ba Pa a p'ITH b; 1 Pn | Ale E © pIINSE .-Dall'Acgua dis. ed inc. us Gi urge i x Li ‘ , astio |. toa A E da o. 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