ph ‘, N) (P URTO dra starai MITA ni i, Ni Lit H nes sin dra pio tro MIFtCIATICI si ti tia? RILRE Hi TOESI Rn È —. ia dedi CC SUGAR n KS) parati aa Ù pad E i 1 ita bi Sandi hi RESO si TR n TEEl dti î di i . } Hetiatto è È Bate MST Sinti Rot mafie - hi Pn MERREHT Raisat fi jrentte REALE trai si tuti ti i i IETanI si ù . Etero, ar pat MORI nu di ine (este di. e tipe HIDE FRA ii _-- DEAL NAT Suda ‘1 X i so Da I FROM TH LIBRARY OF CENE ANTONIO CAVAGNA SANGNTANI DI GVALDANA |{L&; Il IAZELADA! B'REGVARDO i ReE® PURCHA SED 1921 Da I) » i Lr RE OF Noi UNIVERSITY a \1 OF ILLINOIS | Digitized by the Internet Archive in 2013 http://archive.org/details/descrizionedeifu00Ovitt DESCRIZIONE DEI FUNGHI MANGERECCI PIÙ COMUNI DELL'ITALIA ta . È bi - Ei % d » hi ‘ N ; î, a i) i va) =» ’ ti 4 n) PA Li " - i LLP Li i , ; : ij. lo; i dI \ ll ‘ DE, v Ù v 4; : ua, JD ratto; SL RNA Paese sfra DIE DESCRIZIONE DEI FUNGHI MANGERECCI PIÙ COMUNI DELL'ITALIA E DE’ VELENOSI CHE POSSONO CO’ MEDESIMI CONFONDERSI DEL DOTTOR FISICO CARLO VITTADINI CON XLIV TAVOLE. INCISE IN RAME E COLORATE MILANO DALLA TIPOGRAFIA E LIBRERIA DI FELICE RUSCONI contrada de’ Due Muri, N.° 1033 1835 Mi (4. seyvrnv À SUA ALTEZZA IMPERIALE E REALE IL SERENISSIMO ARCIDUCA RAINIERI TIAGB-RE DEL REGNO LOMBARDO-VENETO i ni, "I 2° da Ida Rath cAA de ì Ni ì vera . 1, (0 P Li \ " ‘ i | * el y l ] I] Î, i Ti 1 i DART N ee UT GOT ; VAN TI ji a ù vii è ùis sw, » 20 | UTt* 19: Ù ) Lal [ % 4 PI] I | tra è DI Ne ( J ) to Vi Nus du n° ui tag sE SLAVIA di TO A \Qu “e {al 4 n) Ci) Me: N'est-il pas....... bien plus simple et bien plus sùr en méme temps, puisquon le peut, de prevenir les maux, que de spéculer sur les moyens si souvent incertains de les guérir ? Burian, PI. venen. Préface, p. II. ca J LI Ù Di (i à #4 Ul R iS La VANO Fx “3 ; è va mi Al, a rà DI à € , ‘ le « Pi è; od, È 1° ali n 3 A ‘ È È MI il - Îi F % Di - ,, Ù \ e F Vx a (I i » v : I * n I [et i a È wi f " ei die x A LI va : 3 w È 9 3 1 ei Le hi di vii mi to VEN algo sig tisi » t) to! i di Ù MUR, +) PI p ug NE Ce SE ui arno io alpar LA uo ì o, Fi Ma Ta adr dh 4 st _ sile e s} A Î di A di È i. agiva { UN t] . ri DI be di ® i Me REN rta ERRO > atea Ù È IRA Lu x e) Caf Và ‘ .’ i va A * NI x i | i n Ù ‘ P à Lu ì i - 4 n o £ i f À a a È &"l= 5° TRS | x: \ Gi I va sai La ‘ = d \ 1 N CA n i = hi e » eh r94% fi È I È SI - 5a a E n Ù ra L x . NE u - - Ù i eta Li k . . n » È È 4 PAN UA x inn Pa a È A < Ù x j È Ù di ” Mela r% £ È . [4 J 5 N > 6.461 In alcune specie sono gli stessi perigongili che vengono lanciati lungi dal ricetta- colo, onde per sì fatta guisa disseminare le contenute spore. V’hanno infine parecchi funghi in cui la disseminazione si effettua mediante il di- scioglimento degli inviluppi delle spore, come avviene in moltissime specie della classe dei Gasteromici, e non di rado ancora mediante il discioglimento di porzione o di tutto il ricettacolo. * DISTRIBUZIONE METODICA DELLE SPECIE DEI FUNGHI DESCRITTI IN QUEST'OPERA COLL’INDICAZIONE DEI CARATTERI DELLE CLASSI ) DEGLI ORDINI, DEI GENERI E DELLE FAMIGLIE. Crasse I. HYMENOMYCETES Fr. (Z/MENOMICI). Imenio esterno, superficiale. Ricettacolo di forma e natura variabile. Orpine I — PILEATI Fr. Imeniv liscio o variamente figurato, disposto sulla superficie inferiore del ricettaco- lo. Gambo dritto, ascendente, o nullo. Genere I. — Acaricus, Linn. ex emend. (AGARIco). Caratt. Chiamansi agarici tutti quei funghi carnosi o membranacei che hanno la pagina inferiore del cappello assiepata di fogliette o lamelle verticali raggianti, ordi- nariamente semplici ed ineguali, interamente coperte dalla membrana fruttifera ( pag. xvi). Gli agarici perfettamente sviluppati hanno il cappello orizzontale, di forma de- terminata, libero e per lo più fornito del gambo. Molti sono provvisti in gioventù di uno o di più invogli, altri appajono affatto nudi. Gli antichi botanici davano alla maggior parte delle specie comprese in questo ge- nere il nome proprio di £ungus ( Champignon dei Francesi ), e chiamavano invece Agaricum o Agaricus tutti i funghi parassiti od arborei di tessitura tenace, coriacea o soverosa, compresi per la massima parte nei generi Favolus, Lentinus, Aerotus, Schi- zophyllum, Dedalacea, Polyporus, Telephora, Hydnum , ec., dei moderni. Linneo fu il primo che trasferì arbitrariamente questo nome a tutte le specie di quest’ordine provviste di lamelle o venature semplici od anastomosate ( Fungi lamellati terrestres et arborei. Rai, Syn. Il), senza aver riguardo alcuno alla diversa loro tessitura. Schaeffer, Bulliard, Sowerby , Bolton, Batsch, ed altri insigni micologi seguirono il suo esempio. In seguito Persoon nella sua Synopsis sceverò dal genere Agaricus di Linneo le specie visibilmente fornite «li volva, delle quali costituì il nuovo genere Ama. nita ; quelle fornite di venature, che comprese nel genere Merulius; ed alcune specie coriacee o soverose colle lamelle anastomosate, che unì al genere Dedaulaca. Recente- e KXX mente Fries nel suo Systema mycologicum, riunendo di nuovo le Amanite del Persoon al genere Agaricus; ne stabilì meglio i confini escludendo da questo genere tutte le specie di tessitura tenace coriacea o soverosa, alcune delle quali accomunò colle De- dalce, distribuendo le altre nei nuovi generi Schizophyllum , Lentinus e Xerotus da esso stabiliti. * Non ostante questa singolare riforma, il genere Agaricus è ‘tuttora il più vasto, e quindi anche il più difficile a studiarsi di quanti esistono in Botanica; nè vha proba- bilità di poterlo ulteriorment@ ridurre , attesa la grande uniformità dei caratteri che presenta la numerosa serie delle specie delle quali si compone. L’unico mezzo perciò di agevolarne lo studio si è quello di ricorrere ad una ragionata e metodica distribuzione delle specie. La necessità di sì fatta distribuzione venne sentita sino dai primi tempi della scienza, e molte divisioni furono infatti proposte da diversi autori, ed in epoche differenti (v. Vaillant, Micheli, Batsch, Bulliard, Persoon), ma tutte più o meno arti- ficiali od imperfette. Fries si può dire il solo che abbia a questo riguardo superato di gran lunga i suoi predecessori, e le diverse sezioni in cui venne questo genere da esso diviso offrono altrettanti gruppi, la maggior parte naturalissimi, che conducono mirabilmente alla vera cognizione della specie. Egli è appunto questo metodo che io seguirò nella distribuzione degli agarici da me descritti, rimettendo a ciascuna sezione la storia speciale dei funghi in essa compresi. t SERIE IZZO: Invoglio di forma variabile o nullo. Lamelle immutabili. Polvere seminale di color bianco. Sezione I — Amanita. Caratt. Tutti gli agarici appartenenti a questa sezione sono provvisti in gioventà di volva più o meno apparente, e d’anello. Alcuni sono pure forniti del velo, ed in questo caso il loro cappello, in età adulta, è sempre più o meno sparso di verruche (rima- sugli del velo ). Le Amanite hanno ordinariamente il cappello piano-convesso, carnoso nel disco, as- sottigliato verso i margini; le lamelle panciute, posteriormente ristrette, libere, nume- rose; le lamellette piuttosto scarse, e di forma particolare e costante a norma delle specie; il gambo per lo più ingrossato verso la base, non di rado bulboso ,, solido o zeppo internamente di sostanza fioccoso-molle più o meno fugace; l’anello fisso, di- scendente, più .0 meno manifesto, di rado interamente connesso col gambo, e perciò apparentemente nullo. Variano notabilmente questi agarici nel colore in ispecie del cappello, la loro carne è bianca, d’ordinario immutabile, e bianche sono pure le la- melle, ad eccezione d’una specie nella quale sono di colore zolfino. Persoon sotto il nome generico di Amanita comprendeva indistintamente tutti gli agarici volvati. Fries però sceverò giudiziosamente dalle amanite del Persoon tutte le specie prive affatto d’anello e fornite di lamelle dissolubili e di color mutabile, collo- candole, sotto il nome di Zolvarie, nella serie Pratella a motivo della tinta fosco- porporina della lor polvere seminale. Poche sono le specie che compongono questa sezione, e pochissime fra queste le man- giative; tutte petò sono della massima entità, atteso il grave pericolo che accompagna mai sempre l’imprudente loro uso. Non vi ha forse altra sezione che al pari di questa racchiuda promiscuamente specie quanto simili di forma, altrettanto diverse d’indole. I XXX? più squisiti funghi trovansi naturalmente disposti a canto dei più micidiali, ed una leggiere svista nella loro scelta può essere scontata colla vita. Fortunatamente questi agarici, in compenso di un abito di famiglia pressochè uniforme, e che illude facil- mente i meno esperti, vanno dotati di eccellenti caratteri botanici ed offrono all’avve- duto micologo facilità somma nel determinarli. Che se veggonsi ancora nei più recenti trattati di micologia economica queste specie stranamente confuse e straziate, ciò de- vesi attribuire non già al difetto dei caratteri proprj di ciascuna specie, ma sibbene | alla poca esperienza di coloro che presero ad illustrarle. " Tutti gli agarici di questa sezione possono essere naturalmente divisi, come già fece il Micheli, in Zovoli ed in Tignose a norma che sono semplicemente forniti della volva e dell’anello, oppure provvisti nell’istesso tempo della volva, dell’anello e del velo. Uovoli. * Cappello coi margini striati o rigati, Mp@ncusicgesareus, Scop.,) pago rio. 0. 00. 0. La ca Tav. I ee 05; Bull, pag. 126. aa XVI ** Cappello coi margini lisci, cioè non rigati. Ag. ovoides, Bull., pag. 9g. DI REASON rie I, » II ito; (NODI, paria ate SOR RS i AVI RE ta RS E n SL 0 MILIV Tignose. * Cappello coi margini striati. pere Lari.) pagi 39 E N a V Ag. pantherinus, DC., pag. 304. EROE RR 00; 3 SERATE #* Cappello coi margini lisci. deal forms; (Mob pag: Soil ” IX Ag. citrino-albidus, Nob., pag: 78... LL.» XI e rs Erg Pai e aan XLI XLIII Dalelazper, Pr:;. pag. S3i.> i: A o SO A, Ag» echinocephalus, Nob., pag. 346. & Sezione II — LEPIOTA. Caratt. I funghi di questa sezione hanno i seguenti caratteri. Volva fugacé. Gambo bulboso od almeno sensibilmente ingrossato alla base, cavo nell’interno e zeppo di fioc- chi sericeo-cotonosi. Anello continuo in origine colla sostanza istessa del cappello , ordinariamente distinto dalla superficie del gambo, discendente od ascendente, fisso o mobile nell’età adulta, e non di rado fugace. Cappello d’ordinario prominente nel cen- tro a foggia di capezzolo, con corteccia grossa, asciutta, granellosa, per lo più squa- moso-lacera nell’età adulta, di rado liscia ed intiera. Lamelle libere e bene spesso sensibilmente rimote dall’apice del gambo, asciutte, ineguali, bianche. La carne di que- sti funghi è d’ordinario floscia, asciutta, bambaggiosa, oppure rigida, SRSE, e soggetta in alcune specie ad un sensibile cambiamento di colore. XXXI La sezione dei Lepioti, quale venne proposta dal Fries, è una delle più naturali di questo genere. Le specie in essa comprese sono poco numerose, ma ben determinate e tutte innocue. Almeno non si conosce finora alcun fatto autentico che provi il con- trario. Le più voluminose sono per la massima parte mangiative. Le specie che più importa di conoscere sono le seguenti : * Anello mobile, lamelle rimote. Agaricus procerus, Scop., pag. 182... + .0.0+ +0.» +» Tav. XXIV Ag. rachodes, Nob., pag. TOSI ii te at A O SR XX 4g. excoriatus, Schaeff, \pag. 1275... 00. Leti Ag. cretaceus, Bull., pag. 347. #** Anello mobile, lamelle approssimate. Ag. leucothites, Nob., pag. 310... . . 0.00 20 e XL #*#** Anello fissato al gambo. Ag. aculeatus, Nob., pag. 348. Sezione III — ARMILLARIA. Caratt. Gli agarici di questa sezione hanno l’invoglio parziale, o sia l'anello con- nesso in gioventà coi margini del cappello, ma da esso affatto distinto. Il gambo so- lido, fermo, fibroso, ineguale. Il cappello carnoso, convesso, espanso, ottuso, colla cor- teccia intiera, anche nelle specie fornite di squame, e non continua colle fibre del- l'anello. La carne bianca, ferma. Le lamelle larghe, ineguali, posteriormente alquanto acute ed in vario modo terminate. Questa sezione, basata quasi unicamente sulla struttura dell’anello e del gambo, non è del tutto naturale. Le poche specie infatti in essa comprese offrono per la mas- sima parte abito e caratteri distinti. Esse sono tutte innocue, almeno dopo la cottura, ma pochissime quelle sanzionate dall’uso come mangiative. La più comune fra queste, e quella di cui si fa il maggior consumo in Lombardia, è la sèguente: Agaricus.melleus, Vahl., pag. 16... 057. 0.00 «lt Sezione IV — TricHzoLoma. Caratt. I funghi di questa sezione distinguonsi per una specie d’invoglio parziale fugacissimo, fibrilloso o fioccoso, che connette in origine, appena sensibilmente, il gambo coi margini. del cappello. Essi hanno oltre a ciò i seguenti caratteri: Gambo car- noso fermo, superiormente assottigliato, con superficie squamosa o fibrilloso-stria- ta, formata cioè dal concorso di fibrille longitudinali leggermente tra loro intrec- ciate, e concrete colla superficie istessa. Cappello carnoso più o meno compatto, di forma piano-convessa o campanulata, coi margini assottigliati ineguali, ripiegati in origine verso le lamelle, e continui coi fiocchi o colla lanuggine che costituisce nella prima età il parziale invoglio del fungo. Lamelle ineguali, posteriormente ottuse, smar- ginate, o rotondate. sie Questa sezione comprende un numero considerabile di specie ben determinate, e na- turalmente tra loro legate e distinte. Molte sono fornite di grato odore e di sapore delicato, e queste sono quasi tutte mangiative; altre invece hanno un odore disgustoso Md) ih POSI POE e. ee XXXII ed un sapore acre od eccessivamente amaro , e si tengono per sospette. Non consta però che alcuna di esse sia veramente nociva. I Tricolomi sono in generale agarici ro- busti, voluminosi, persistenti, forniti di carne compatta bianca, o leggiermente cedrina, e per lo più immutabile. Si prestano perciò assai bene agli usi domestici, e non senza ragione vengono alcune specie di questa sezione annoverate fra le più utili di tutto il genere. * Tricolomi personati. Cappello costantemente secco, liscio, levigato, col margine assottigliato, involuto, fioc- coso-brinato. Lamelle spesseggianti, posteriormente arrotondate , gradatamente acumi- nate e terminate quasi insensibilmente nella estremità anteriore. Gambo variamente ve- stito, e più o meno confluente col cappello. Trovansi fra le mangiative di questa sud- divisione le specie seguenti: tal-umicusimouceron ,, Bull., pag. 87... 0. o +00 a ee Tav. XII, fig. Ag. acerbus, Bull., pag. 350. Ag. lisi. Nob., , pag. 349. Sezione V. — Russutra. Carati. Nessun invoglio. Gambo eguale, liscio, glabro, valido, internamente spugnoso. Cappello carnoso nel disco, assottigliato verso i margini, campanulato in gioventù, quindi emisferico, poscia infossato nel disco, nudo, pulito, coll’epidermide secca ne? tempi asciutti, ordinariamente vischiosa ne’ tempi umidi. Carne ferma, asciutta, bianca, di tessitura granoso-vescicolare. Lamelle asciutte, per lo più semplici ed eguali, di rado senza norma forcute , oppure sparse qua e là di qualche rara lamelletta, gros- sette, fragili, posteriormente ristrette , acute ed affatto libere, sebbene pel modo di espandersi del gambo nella sostanza del cappello appajono tal fiata connesso-trascorrenti. Gli sporidii variano, a norma della specie, dal color bianco al pallido, all’ocracco più o meno risenbto. Questa sezione è una delle più naturali di tutto il genere agaricus. Le specie però in essa comprese, sebbene poco numerose, sono difficilissime a limitarsi, Desse infatti, oltre al presentare un abito pressochè uniforme, variano talmente nel colore del cap- pello, che chi volesse da questo carattere prender norma nella loro determinazione , potrebbe segnar come specie ciascun individuo. In questo errore cadde già il Persoon, il quale nella sua Synopsis moltiplicò le specie fuor di misura, senza perciò limitarne alcuna. Fries si può dire il primo che abbia fissato i veri caratteri delle Rossole , e le specie da lui descritte sono pressochè tutte ben limitate e distinte. Molte specie o varietà di questa famiglia vennero indicate già dal Micheli sotto il nome volgare di fiossole dal color rosso che esse ordinariamente affettano, d’onde lo Scopoli derivò poi quello di Russulze. La maggior parte dei micologi, sulla scorta del Linneo e del Bulliard, confuse quasi tutte le specie di questa famiglia sotto i nomi d’agaricus în- teger, Russula , pectinaceus. Alcune Rossole hanno una carne tosta, granosa, asciutta, di sapor mite gratissimo, si- mile a quello del mandorlo del nocciuolo, e queste sono tutte mangiative e delicate ; altre invece hanno una carne più compatta e come stopposa, la quale per poco che sì tenga in bocca svolge un sapor acre piccante come di pepe, accompagnato bene spesso da un amaro disgustosissimo , e queste voglionsi dalla maggior parte de’ mi- cologi d’indole velenosa. De-Candolle è anzi di parere che debbansi riguardare tutte le XXXIV Rossole indistintamente come funghi sospetti, ed escludere perciò dal novero degli ali- menti. Le Rossole del Micheli annoverate fra le mangiative sono, second’esso, affatto diverse dalle Russulae del Persoon. Ma ciò è falso, giacchè i funghi che si raccol- gono anche attualmente in Toscana e nel regno Pontificio sotto il nome generico di Rossole, corrispondono perfettamente alle Russulae del Persoon e di tutti i moderni micologi. Le specie di questa sezione che più importa di conoscere, sia perchè mangiative, sia perchè credute realmente dannose o per lo meno sospette, sono le seguenti : Agaricus alutaceus, Fr., pag. 270 . . ., . . . . . Tav. XXXIV Ag. ruber, Schaeff. pag. 163... .0. <>. INT. 0a XXI Ag. hetero-phyllus, Fr., pag. 207. . . . 0.0... » XXVII Ag. virescens, Schaeff. , pag. 241... +. +... +» XXXI Ag. emeticus, Schaeff., pag, 293 . . . . . +... +. » XXXVII, fig. I Ag. sanguineus, Bull., pag. 299 >. - +. . + +... . . » XXXVII, fig. Il Sezione VI. — Lacririvr, Pers. Carait. Nessun invoglio. Gambo nudo, eguale, rotondo, fermo, diffuso superiormente nel cappello. Cappello carnoso, fermo, piano-depresso, ombilicato, coi margini lisci, ed in gioventù involuti. Lamelle ineguali, spesso forcute, strette, posteriormente acumi- nate e connesso-trascorrenti. Carne ferma, sugosa, lattifera. La sezione dei lattiflui entra pure fra le più naturali di questo genere. Tutti i fun- ghi in essa contenute, prescindendo anche dall’umor lattiginoso che racchiudono, of- frono caratteri consimili, ed un abito pressochè uniforme. Questa uniformità però di apparenze, come abbiam veduto anche parlando delle Rossole, rende oltremodo diffi- cile la determinazione delle specie. Ed è perciò che, attesa l’indole differente delle medesime, l’uso di questi funghi non può andar sempre disgiunto da pericoli. Si ag- giunga a ciò i dispareri che regnano fra i micologi anche per riguardo all’indole dì quelle specie che si tengono comunemente fra le più innocenti. Sarà perciò prudente cosa limitarsi alle poche specie di questa famiglia sanzionate dall’uso come mangiati- ve, ed i cui caratteri siano sicuri e tali da poter essere riscontrati senza alcuna diffi- coltà; trascurando tutte quelle fornite di caratteri ambigui o poco pronunziati, ce- munque fossero d’indole eccellente. Per sì fatto motivo fra le molte specie esculenti non ho scelto che le seguenti : Agaricus controversus , Pers. , pag. 286 . .‘. . . . .. 0. Tav. XXXWIE Ag: deliciosus }"Linn!) pag: GAB ot 8 LI e XLII Sezione VII. — Crrrocr8ze. Carati. Nessun invoglio. Gambo eguale superiormente assottigliato, non bulboso, alquanto liscio, abbastanza fermo. Cappello più o meno carnoso, in gioventù convesso, in età adulta ora convesso ora depresso nel centro, or conformato propriamente ad imbuto. Lamelle ineguali, asciutte, immutabili, tenaci, libere o variamente connesse col gambo. > Questa sezione è composta di specie variatissime, per cui il carattere di famiglia è piuttosto negativo che definito. Essa però viene suddivisa in var] gruppi na- turalissimi. XXX * Camarophylli. Gambo fermo, pieno, infine un po’ cavo, leggermente assottigliato verso la base. Cap- pello carnoso, rigido, convesso, espanso, non vischioso , col margine ravvolto in gio- ventù , ora prominente nel centro a foggia di capezzolo, ora depresso. Carne non su- gosa. Lamelle acuminate alle due estremità, lungamente trascorrenti, falcate, molto di- stanti, larghe, grossette, intierissime, e spesse volte connesse in alto da venature tras- versali. ‘ Questa sotto tribù dei Clitocibi non contiene che pochissime specie, e tutte inno- cue. Fra quelle che sono giudicate esculenti merita d’essere conosciuta la seguente: Agaricus virgineus, Wulf., pag. 251... . . +... Tav. XXXII, fig. II Sezione VIII — Pzrzrzurorus. Caratt. Gli agarici di questa sezione hanno il cappello costantemente ineguale, ora intiero, or dimezzato, col gambo solido, fermo, eccentrico, laterale o nullo, le lamelle ineguali, immutabili, posteriormente acute. I Pleuroti sono funghi persistenti, ordinariamente arborei, innocui , e molti di essi entrano fra le specie mangiative. Variano del resto moltissimo nell’abito e nelle for- me, e vennero perciò suddivisi in varj gruppi assai più naturali. ; * Concharia. I Pleuroti di questa suddivisione mancano d’ogni sorta d’invoglio. Hanno il gambo liscio, o ne difettano del tutto. Il cappello carnoso, tenace, coll’epidermide intiera. Le lamelle trascorrenti, semplici o ramose. Quasi tutte le Concarie fornite di carne non troppo tenace, specialmente quando sono giovinette, possono essere usate come alimento. Ordinariamente però si trascu- rano perchè sono in generale di difficile digestione, e possono cagionare non lieve in- comodo a coloro che hanno lo stomaco delicato. La specie da noi più usata è la seguente : ! Micanicustostfeatus, Jacq., pag. 25... . 0.0. 0.0. + 0.» Tav IV ** Aegeritaria. I Pleuroti di questa suddivisione mancano essi pure d’invoglio ; hanno il gambo, eccentrico o laterale, ordinariamente ben pronunciato, di rado poco sensibile o nullo ; il cappello carnoso, tenace, irregolare, ma sempre orizzontale anche in gioventù ; le lamelle non mai trascorrenti, ma terminate sempre, anche quando pel modo d’espan- dersi del gambo nel cappello prendono una forma falcata o curvilinea, in modo ben determinato. Le Egeritarie sono tutte innocue ad eccezione di una sola, distinta dalle altre tutte pel suo sapor forte stitico, la quale dicesi velenosa. La più pregiata fra le mangiative di questa sotto tribù è la seguente : Agaricus ulmarius , Bull. , pag. 177 . . . ...% . . 0. +. Tav. XXIII Serie II. — A YPORODIUS. Nessun invoglio. Lamelle che cambiano colore col progredire dell’età. Polvere semi- nale di color roseo. XXXVI Sezione IX. — Movceron. Caratt. Gambo solido, fermo, ineguale, diffuso nel cappello. Cappello carnoso, con- vesso-piaho, quindi depresso , levigato, secco, spesso irregolare. Odore di farina di re- cente macinata. Lamelle posteriormente acuminate, lungamente trascorrenti, piuttosto numerose. Polvere seminale di color rosso pallido (1). Questa sezione non contiene che due sole specie, entrambe esculenti. Crescono nell’au- tunno nei luoghi erbosi dei boschi, ordinariamente a torme, e distinguonsi facilmente per l’odor grato di farina che tramandano. La specie da noi più comunemente usata è la seguente: Agaricus orcella, Bull... pag. 94... .-. (00°. 80 Ta Serie III (V. Fr.) — PRATELLA. Invoglio manifesto, non araneoso. Lamelle disuguali, di color mutabile a norma del- l'età, nebbiose , dissolubili. Polvere seminale fosco-porporina, Sezione X. — Zorvaria. Caratt. I funghi di questa sezione sono forniti di volva manifesta e persistente come le Amanite della suddivisione degli uovoli; hanno inoltre il gambo nudo, cioè privo dell’anello, subcilindrico e più o meno ingrossato alla base ; il cappello subcarnoso, da principio campaniforme, poscia espanso, sericeo o cotonoso, viscidetto, distinto dal gambo; la carne non compatta, molle; le lamelle libere, panciute , denterellate nel margine, numerose; ineguali ; la polvere seminale oscura abbondantissima (2). Le Volvarie crescono ordinariamente ne’ luoghi pingui concimati, sui legni cariosi e pressochè consunti , ec. Sono in generale povere di carne, di tessitura molle rilascia- ta, e quindi anche di poca durata. Quanto all’indole esse si avvicinano di molto alle Amanite, colle quali erano state accomunate dal Persoon. V° hanno cioè anche in que- sta sezione specie mangiative e delicate a canto di altre che sono in sommo grado venefiche. Ma quanto facile è nelle Amanite la distinzione delle specie velenose dalle innocue, altrettanto difficile è nelle Volvarie. I caratteri di scernimento sono ordinariamente di sì poca entità che deludono bene spesso anche l’occhio il più esercitato. Si dovrà perciò usare la più grande circospezione anche nella scelta delle specie mangerecce di questa sezione, a meno che non sieno desse conosciutissime e d’uso comunale. La specie da noi più usata, e che si coltiva anche appositamente sul concio nelle serre (v. Bendiscioli , op. cit., pag. 45) è quella che porta il nome di Agaricus bombycinus, Schaeft., pag. 351. (1) Se il Viviani avesse tenuto conto dei caratteri assegnati dal Fries a questa sezione, non avrebbe certamente accomunato l’agaricus Prunulus di quest'autore coll’ agaricus mouceron di Bulliard, il quale appartiene ad una sezione dei Leucospori , avendo desso la polvere semi- nale bianca. (2) L’ agaricus urceolatus del Viviani, il quale non è altro che Vl agaricus vaginatus di Bul- liard, come lo è pure il suo agaricus sertatus, non può per alcun modo appartenere a questa sezione, avendo desso, prescindendo anche dall’anello, le lamelle immutabili e la polvere semi- nale di color bianco. XXXVII Sezione XI. — Psazziora. Caratt. Invoglio parziale anuliforme, ordinariamente persistente. Gambo fermo , sub- eguale, distinto dal cappello. Cappello più o meno carnoso, campanulato o convesso-piano, ora vischioso, ora squamoso, ora fibrilloso, non mai perfettamente nudo. Lamelle ineguali, libere o connesse col gambo, larghe, di color fosco. Alcune specie sono pure fornite di una volva fugacissima o di velo, altre di volva e di velo contemporaneamente. Questa sezione non contiene che poche specie mangiative: tutte però sono innocue, . ad eccezione forse di una sola, la quale venne già avvertita dal Micheli siccome d’in- dole sospetta. Gli Psallioti mangerecci sono del resto ben conosciuti, nè v'ha pericolo che dal loro uso ne derivi alcun funesto accidente. Le specie da me descritte sono le seguenti: Agaricus campestris, Linn., pag. 41 i ai dan, VE MII, VIII fece giasitus, Nob., pap. 146..0. Linea en XVII. Ag. sylvaticus , Schacff., pag. 352. Genere II. — CantnARELLUS, Adans. ( CANTARELLO ). Caratt. Chiamansi Cantarelli tutti quei funghi che hanno la pagina inferiore. del cappello munita di venature o pieghe (v. pag. xx11) più o meno manifeste e promi- nenti, ottuse; raggianti, ramificate, raramente fra loro anastomosate, ed interamente coperta dalla membrana fruttifera. I Cantarelli perfettamente sviluppati hanno il cappello carnoso o membranaceo, or- dinariamente orizzontale, determinato, libero nel margine; il gambo continuo colla carne del cappello, ora centrale, ora eccentrico o laterale, non di rado nullo. Sono privi di qualsiasi invoglio, e la lor polvere seminale è bianca. Questo genere, ottimamente limitato dal Link, non comprende che poche specie qua- sì tutte ben conosciute. Esse formavano parte, un tempo, dei generi Agaricus, Me- rulius, Peziza, Helvella, e le principali tra queste erano già state distinte ed indicate come tipo di un nuovo genere dal Vaillant e dal Micheli. Adanson fu il primo che ne stabilì il genere. I Cantarelli sono in generale poveri di carne, la maggior parte asciutti, membrana- cei , insipidi, quindi poco adatti a servir d’alimento. Un solo però dicesi velenoso (v. Pers. Champ. com. , ‘pàg. 229). La specie mangiativa più conosciuta per le sue ec- cellenti qualità, e la più diffusa nei var) paesi d’Europa, è la seguente : Oenilarellus cibarius ,.Fr., pag. 189; 0... . . . a... Tav. XXV,.fig.l Genere III. — Borerus, Dill. ( BoreTo). Carait. Chiamansi Boleti tutti quei funghi carnoso-molli, che hanno la pagina infe- riore del cappello coperta di tubetti verticali, cilindrici od angolosi (poliedri ), leg- giermente connessi tra loro e colla sostanza del cappello, inferiormente aperti, e ve- stiti internamente della membrana fruttifera (v. pag. xx). I Boleti hanno il gambo centrale, non di rado reticolato ; il cappello sempre oriz- zontale, determinato, carnoso per eccellenza, emisferico o piano-convesso. Molti fra essi sono pure forniti d’un invoglio parziale più o meno manifesto. Gli antichi davano a questi funghi il nome di Suilli od Amanitae (Plin., Galeno, Porta). Zoleti chiamavano i Romani alcune specie di funghi terrestri, fra le quali XXXVIL distinguevasi l’Uovolo. Tournefort trasferi in seguito questo nome ai Falli, particolar genere dell’ordine degli Avgiogastri nella classe dei Gasteromici , ed alle Morchelle, particolar genere dell'ordine dei Mitrati. Più innanzi, Micheli chiamò Zoleti ‘le sole Morchelle. Linneo sotto il nome generico di Boletus riunì promiscuamente tutti i fun- ghi carnosi, coriacei e soverosi, muniti di tubi o pori. Schaeffer, Bulliard, Persoon e molti altri insigni micologi seguirono il suo esempio. Fries invece, nel suo Systema , seguendo le tracce del Dillen e del Micheli, ritenne sotto il rome di Boletus soltanto le specie carnoso-molli ed aventi i tubi connessi tra loro’, cioè i veri Swilli degli an- tichi, egregiamente illustrati dallo stesso micologo fiorentino, e comprese le altre nei generi Polyporus e Fisiulina. Questo genere, ridotto per tal modo ne’ suoi giusti confini , non conta attualmente che un numero limitato di specie, tutte terrestri, ad eccezione di una che cresce sopra alcune qualità di funghi, ed in generale ben determinate. I Boleti sono d’ordinario d’un volume considerabile, hanno una carne soda, tenera, e soggetta in non poche specie ad un notabile cambiamento di colore. Quasi tutte le specie di questo genere fornite di carne bianca ed immutabile sono mangiative, e vengono ordinariamente preferite pel loro squisito sapore, e per l’asso- luta innocenza a tutte le altre specie di quest'ordine. Quelle invece che hanno una carne giallastra, oppure che prendono, quando si spaccano o sì comprimono, una tinta livida, azzurra, verde, nerognola, cc., si hanno generalmente per sospette, e si esclu- dono per la massima parte dal novero delle mangerecce. Il repentino cambiamento di colore della carne dei funghi, specialmente del genere Boletus, fu mai sempre con- siderato indizio certo della loro malignità (v. Plinio, Mattioli, ec.). Le esperienze del Paulet e del Roques istituite sugli animali, qualche caso, benchè assai dubbio, d’avvelenamento citato dagli stessi autori, e soprattutto una prova fatta su di me stesso, l’autunno dell’anno 1834, sembrano autenticare questa volgare ed antica opinione. Con tutto ciò noi vediamo che molti Boleti forniti di carne mutabile, e tra questi lo stesso E. luridus dello Schacffer, sulla quale specie caddero appunto i sovraccitati esperimenti, vengono impunemente mangiati. E perciò probabile che il veleno di questi funghi non sia di natura sì maligna, come comunemente si crede, e che nella pluralità dei casì basti la sola cottura per dissiparlo o per attutirne gli effetti. Anche l’essiccazione sem- bra privarli del loro principio deleterio , giacchè, avendo io somministrato più vol- te agli animali buone dosi di questi funghi secchi, non mi fu mai dato di vederli soffrire. Si farà adunque uso di queste specie colla massima riservatezza, e sempre dopo averle fatte bollire in molt’acqua, o macerare in una soluzione di sale, o nell’aceto, avendo cura di asciugarli bene prima di sottoporli all’ordinaria cuocitura. Fra le specie di Boleti più usate annoveransi le seguenti: Boletus '‘edulis, Bull., pag..168- 0. 0.0. iL Ferrera Boletus wscaber 3 ‘Pu. pag. atanotito I RA E Boleius*fragrans; Nob:; pag.'159% | 0.0) TER SE Genere IV. — Fisrurima, Bull. ( ArsrozivA). Caratt. I funghi di questo genere hanno la pagina inferiore del cappello munita di tubetti verticali, cilindrici, isolati, cioè non connessi fra loro, continui colle fibre del ricettacolo, aperti inferiormente e vestiti nell’interno dalla membrana fruttifera. Le Fistoline hanno il cappello carnoso-molle, determinato, dimezzato , sessile , op- XXXhX pur munito di un gambo laterale più o meno manifesto ed affatto continuo colla sostanza del ricettacolo, di cui non sembra che un prolungamento. La principale specie di questo genere, compresa dalla maggior parte dei botanici fra i Boleti di Linneo, era nota sin dai tempi più remoti siccome esculenta. Micheli fu il primo che espose il vero carattere ‘generico delle Fistoline, e Bulliard il primo che stabilì il genere. Non si conoscono attualmente che due sole specie di Fistoline , una iso della Carolina, ed è la Zistulina radicata dello Schweinitz ; l’altra europea, ed è la se- guente : amine) ficpatica Fr., pag. 280. Liana te dpi ante a e A Pav XXV. Genere V. — Hypnum, Linn. ( /pwo ). - Caratt. Chiamansi Idni tutti quei funghi che hanno la pagina inferiore del loro cap- pello munita di punte od aculei verticali, distinti, rotondi, lesiniformi, solidi, continui superiormente colle fibre del ricettacolo, e coperta interamente della membrana fruttife- ra (pag. xx). Gli Idni sono privi d’invogri, ed hanno ordinariamente una carne asciutta, stopposa, tenace, coriacea o soverosa. Il loro cappello è per lo più irregolare, ora semplice al- lurigato ed appena distinto dal gambo; ora diviso e suddiviso in un numero conside- rabile di rami e ramuscelli, come in alcune specie dell’ordine dei Clavati; ora affatto sessile, senza margini n, capovolto e diffuso irregolarmente sui corpi che gli ser- vono .di. matrice. Questo genere, chiamato arbitrariamente Z/ydnum dal Linneo, col qual nome veni- vano dai Greci designati i Tartufi, comprende gli Erinacei e buona parte degli Agarici e dei Fungi degli antichi. Esso venne da alcuni micologi, e specialmente dal Per- soon, suddiviso in più generi; ma i caratteri sui quali essi furono basati sono troppo incerti perchè si debbano ammettere nel novero dei genuini. Questi generi vennero in- fatti aboliti dal Fries, e tutte le specie in essi comprese furono riunite di bel nuovo al genere Linneano. Parecchie sono le specie d’Idni conosciute, e tutte in generale di un’indole assai mite. Pochissime ciò non pertanto sono le specie annoverate fra le esculenti, perchè, a motivo della asciuttezza e della tenacità del loro parenchima , riescono ordinaria- mente di difficile digestione. Le specie da noi più usate sono le seguenti: Hydnum repandum Linn., pag. 195. . . .. .. .. Tav. XXV, fig. IL iiielenme (Erinaccus Ball, pag. 201. cali. Lee a XVI Orpine IL. — CLAVATI. Imenio supero, liscio. Ricettacolo formato a foggia di clava, perpendicolare, ver- gente alla forma cilindrica, senza margini distinti. Nessun invoglio. Sostanza carnosa. Genere VI. — Cravaria, Vaill. (Cr4rARrA4). Caratt. I funghi di questo genere distinguonsi pel loro ricettacolo , eretto , omo- geneo , liscio, confuso inferiormente col gambo, semplice o ramoso, coperto intera- mente dalla membrana fruttifera (v. pag. xv). XL Le Clavarie sono tutte carnose, ora ramose e coi rami ordinariamente assottigliati, ora semplici e per lo più ingrossate superiormente a foggia di clava. Questo genere comprende un numero considerabile di specie, variabilissime sia nel- Pabito, sia nel colore, e perciò sommamente difficili a studiarsi. Esse però sono quasi tutte d’indole benigna; e specialmente le terrestri ramose, qualora siano di un volume sufficiente per essere con vantaggio raccolte, possono essere senza alcun pericolo im- piegate come alimento. La carne di questi funghi giovinetti e raccolti di fresco è te- nera, delicata e di facilissima digestione. Le specie da noi più usate sono le seguenti: Clavaria-:Botrytis Pers,, pag. 222. . <. .. + + MM Tav. XA Clav. flava 'Schaeft., pag. 225 <>. |... , 0 RM, Clav. lutea Nob.; ‘pag.\a@80 0 0. RM XXI: Orpine III. — MITRATI. Imenio distinto, concreto, supero, persistente, sempre nudo. Teche ordinariamente-per- manenti, clavate, grandi. Sporule lanciate con elasticità fuor delle teche. Ricettacolo di- . . . . . . . .. stinto, marginato, rigonfio, non mai chiuso, internamente od inferiormente cavo. Invo- glio ordinariamente nullo. i Genere FILI, — MorcrettA, Dill. ( MorcHELLA ). Caratt. I funghi di questo genere hanno il ricettacolo fatto a foggia di clava o di cappello, munito superiormente di lacune od alveoli più o meno profondi, limitati da grosse pieghe anastomosate a maglia, interamente coperto dalla membrana fruttifera. Le Morchelle sono di tessitura carnoso-cerea , ed hanno il loro ricettacolo costan- temente cavo e confiuente col gambo, di cui non sono mai prive. La principale specie di questo genere venne, sotto diversi nomi , celebrata fin dai primi tempi della botanica. Dillen , togliendone il nome dalla voce germanica Mor- chel, ne formò il genere Morchella. Linneo, sulle tracce del Tournefort, comprese le Morchelle nel genere Phallus ; Afzel invece e Sowerby le riunirono alle Elvelle. Per- soon, ristauratore egregio di parecchi altri generi di questa famiglia, nella sua Syrnop- sis, le richiamò di bel nuovo al primitivo lor posto, sceverandole, come già fece il Dillen ed il Micheli, dal genere Phallus. Pochissime sono le specie di Morchelle conosciute, ma talmente variabili nella for- ma e nella grandezza, che, senza un attento esame delle varie apparenze sotto le quali si mostrano a norma dello sviluppo, difficilmente si potrebbe fissarne i limiti. Appena quattro o cinque fra le descritte meritano il titolo di specie. Del resto tutte le Morchelle sono mangiative ed affatto innocenti, sebbene non tutte egualmente saporite. Le specie che sotto moltiplici forme riscontransi a ribocco nei nostri mercati in primavera , sono le seguenti: Morchella esculenta P., pag. 1or . . Tav. XIII, fig. I-IV; e Tav. XIV, fig. V. Morchella costata P., pag. 106. . . Tav. XIII, PA VI, VIE e Tav. XIV, fig. VI. Morchella semilibera DC., pag. 111 . . 2 i st TAVSAEN ho: I-IV. xLi Genere VII. — HerveiA Linn. (ELrELLA). Caratt. Chiamansi Elvelle tutti quei funghi che hanno il ricettacolo fatto a foggia di cappello, carnoso-membranaceo, piegato sui lati , più o meno gonfio , coi margini sinuosi, inferiormente sterile concavo e continuo centralmente col gambo, superiormen- te liscio od inegualmente costoluto interamente coperto dalla membrana fruttifera. Le Elvelle perfettamente sviluppate hanno il ricettacolo conformato a mitra, com- presso, lobato, ordinariamente asciutto, e sparso inferiormente di fiocchi farinosi simili alla brina. Questo genere, stabilito dal Linneo, ed a norma dei sistemi variamente dagli autori esteso o circoscritto, non contiene attualmente che poche specie , una delle quali era già stata egregiamente indicata dal Porta. Le Elvelle sono tutte innocenti, ma, attesa la scarsità e Ia qualità assai mediocre della lor carne, appena qualcheduna di esse viene annoverata fra le mangiative. Le Elvelle sono altronde poco comuni, e crescono ordinariamente nell’autunno, nella quale stagione ben più numerose e più utili specie di funghi noi possediamo. Quelle che comunemente si mangiano in Italia sono le seguenti: meliniesculenta: P., pag: dfg. 2 0. . 00 + Tavo XXXII, fig. I. WHelvella crispa Fr., pag. 231 > 00.0. /.1. ì » XXX, fig. I. Genere IX. — Verra, Swartz. (7EAPA ). Caratt. Le Verpe hanno il ricettacolo conico-campanulato regolare, inferiormente sterile cavo aperto e sostenuto centralmente dal gambo, superiormente liscio o ru- goso-costoluto interamente coperto dall’imenio ; il gambo distinto dalla sostanza del ricettacolo istesso , cavo nel centro ed ordinariamente zeppo di fiocchi sericeo-bam- bagiosi. Questo genere, stabilito dallo Swartz ed egregiamente caratterizzato dal Fries, non comprende attualmente che quattro o cinque specie, la principale delle quali era già stata indicata dal Micheli sotto il titolo di Phallo- Boletus. Le Verpe si avvicinano molto nell’abito, nel modo di svilupparsi e nell’indole alle Morchelle. La loro carne però è assai scarsa, molliccia, alquanto insipida, facilmente alterabile, e perciò poco adatta agli usi della tavola. Le specie che hanno qualche uso presso di noi sono Ie seguenti: Kerpa'speciosa, Nob.; pag. 120:-.. 0. 0: 0.0... Tav. XV, fig: V-VII. Verpa digitaliformis , Pers., pag. 117... .°.. 0...» » XV, » I-IV. QOrpine IV. — CUPULATI. Imenio concreto , supero, levigato, discoideo, più o meno rinchiuso in gioventù, e circondato dai margini del ricettacolo. Sporule disseminate con elasticità od in altro mo- do. Ricettacolo fatto a scodellina, eguale, più o meno sviluppato, ordinariamente ap- pianato, e non di rado anche convesso nel disco nell’età adulta. Molti di questi funghi sono in gioventù forniti d’invoglio. Genere A. — PrezrzA, Dill. ( PEZIZA). Caratt. Scedellina marginata, più o meno espansa. Imenio pulito, di color ordina- XLII riamente diverso dal rimanente della pianta. Teche grandi, distinte, fisse, contornate da parafisi; spore emesse con impeto dall’ apertura delle teche. Molte Pezize sono fornite dal gambo, altre ne vanno prive. Alcune sono pure provviste d’una specie d’in- voglio generale, ma poco distinto ; la maggior parte però è affatto nuda. La loro so- stanza è carnoso-membranacea, d’aspetto cereo. Tutte le Pezize terrestri, qualora siano di un volume discreto , possono essere rac- colte e destinate all’uso della cucina. Esse sono tutte innocenti, e si avvicinano nelle loro qualità alle Elvelle ed alle Morchelle. La specie che potrebbe essere a quest'uso prescelta, crescendo appunto al tempo delle Morchelle , si è la seguente : Peziza Acetabulum , Linn., pag. 236. . . .. +. + Tav. XXX, fig. IL Crasse II. GASTEROMYCETES Fx. (GASTEROMICTI). Ricettacolo (ferus) chiuso in gioventù. Imenio interno o nullo. Sporule rinchiuse entro teche o sporangi, infine libere ed in vario modo disseminate. Orpine I — TRICHOSPERMI, Fr. Utero zeppo nell’età adulta di un abbondante polviscolo seminale, intersecato da fioc- chi o filamenti più o meno apparenti. Famiglia I. — Zrichogastres Fr. Utero in origine carnoso , compatto, Genere I. — Lycorernon, Tournef. (Zrc oPERDO). Carati. Diconsi Licoperdì tutti quei Gasteromici muniti di peridio sessile, membra- naceo, contenente in origine una polpa bianca, compatta, omogenea, che in progresso dello sviluppo si rammollisce e si converte in una massa polverosa seminifera di vario colore, intersecata da copiosi filamenti. Nel fungo maturo il peridio si apre superior- mente in un foro lacero-irregolare , oppure si sfalda e lascia per tal modo escire la polvere contenuta. Il peridio nei Licoperdì è vestito di una sottile pellicina or liscia, or verrucosa, la quale, durante la trasformazione della massa centrale, si stacca non di rado più o meno compiutamente dalla parte sottoposta. Questo genere, indicato già da varj antichi scrittori, stabilito dal Tournefort, ed egregiamente illustrato dal Fries nel suo Systema Mycologicum, non comprende at- tualmente che poche specie e quasi tutte terrestri. Esse variano però estremamente nella forma e nella grandezza, e trascurando i veri caratteri specifici, come.sì ‘è fatto finora, si potrebbero moltiplicare all’infinito. Le Boviste del Persoon non ponno per alcun modo essere disgiunte dalle specie di questo genere. Tutti i Licoperdì giovinetti, forniti cioè di carne bianca e compatta, sono esculenti, e ponno essere indistintamente e senza alcun pericolo all’uso della tavola destinati. Ordinariamente però si prescelgono le specie mancanti del gambo, cioè con base ste- rile poco apparente o nulla, e specialmente quelle relegate dal Persoon al genere £0- pista, come le più odorose e saporite. xLit Le specie tenute da noi in maggior pregio, quindi anche le più generalmente usate, sono le seguenti : Lycoperdon plumbeum , Nob., pag. 257. . .... +. Tav. XXXIII, fig. I. Miyeil'Bobista:. Tiimns, pap 263%. 000 LR n 8 AOXIT]5) Big IL, SINTOMI GENERALI PRODOTTI DALL’AZIONE DEI FUNGHI NOCIVI SULL’UMANA ECONOMIA. i) L azione dei funghi nocivi si manifesta ordinariamente quattro o cinque ore dopo che sono stati ingoiati ; accade però non di rado di vedere trascorrere 10, 15, 24 € più ore prima che alcun segno d’avvelenamento si manifesti. I sintomi che sogliono, in gene- rale, manifestarsi pei primi sono: un senso molesto di peso e di tensione alla regione dello stomaco, accompagnato ordinariamente da stringimento alle fauci, da ansietà, da nausee, da conati al vomito, cui succedono bene spesso abbondanti evacuazioni per vomito e per secesso con non poco sollievo talora dell’ammalato. Che se, non ostante queste evacuazioni, l’azione del veleno continua, la tensione e l’oppressione all’epiga- strio aumentano, insorgono forti dolori ed un ardore urente nello stomaco e nel basso ventre ; il vomito diviene incoercibile; le evacuazioni alvine si fanno non di rado san- guinose, o si sopprimono affatto; avvi sete ardentissima, calor mordace alla cute ; feb- bre più o meno risentita; presentansi, in una parola, tutti i sintomi della gastro-ente- rite. Propagata in seguito l’azione deleteria de’ funghi a tutta l’economia, la respira- zione diviene affannosa; il paziente prova una forte ed incomoda pulsazione all’epiga- strio, e palpitazione del cuore ; sopravvengono la sincope, granchi nelle membra, indi convulsioni generali o parziali, il trismo, lo spasmo cinico, il singhiozzo, l’ecclampsia, Vepilessia, il tetano, l’itterizia, la midriasi, le vertigini, un delirio allegro o malinco- nico, il sopore, ovvero delle lipotimie; i polsi che alla prima erano frequenti, duri e piccoli, divengono impercettibili; sopravvengono i sudori freddi, mancano a poco a poco le forze, l’addome si gonfia, e l'individuo succumbe fra gli accessi di una forte convulsione, avendo prima presentito il fine de’ suoi giorni, e conservando l’uso dei sensi fino agli ultimi momenti della vita, od immerso in un profondo letargo, con to- tale perdita dei sensi e come colpito d’apoplessia. Questi sintomi però possono immen- samente variare nel numero, nell’intensità e nel modo di succedersi a norma delle specie e della quantità de’ funghi mangiati, come pure a norma della diversa disposi- zione fisica e morale degli avvelenati. APPARENZE MORBOSE Nel fare l’autossia de’ cadaveri si trovano chiazze rosso-livide, sparse qua e là sulla superficie del corpo, e l’addome ordinariamente meteorizzato. La membrana mucosa del tubo gastro-enterico presenta segni più o meno evidenti di pregressa flogosi, injezioni XLIW suffusioni, macchie cangrenose, delle ulceni, e lo sfacello (1); le pareti dello stomaco, e specialmente quelle degli intestini contratte e d’uno spessore considerabile; l’esofago presenta tracce analoghe d’infiammazione. Il fegato, la milza, i polmoni per lo più ingorgati di atro sangue, con qualche traccia anch'essi d’infiammazione. Le membrane del cervello e del midollo spinale sempre più o meno rosse, e non di rado enorme- mente injettate ; la sostanza midollare del cervello punteggiata di rosso, e talora anche rammollita , e resa quasi friabile; e alla base del cervello taluna fiata trovasi grande quantità di siero sanguinoso. Consimili lesioni si rinvengono anche nei cadaveri degli animali (v. pag. 342). AZIONE DEI FUNGHI DELETERJ SULL’UMANA ECONOMIA. La sindrome dei fenomeni fisiologici e le apparenze morbose sopra descritte danno a vedere che la maggior parte dei funghi velenosi ha la medesima azione delle so- stanze narcotico-acri, attaccando d’ordinario prima i tessuti gastro-enterici coi quali trovasi immediatamente a contatto, poscia il sistema nerveo-cerebrale. In ogni caso però pare che la loro azione sia puramente ed unicamente irritativa, e che a norma che essa viene a preferenza diretta su l’uno o sull’altro, o sovra entrambi i menzionati si- stemi, ora vengono in campo i sintomi dell’enterite, ora quelli dell’encefalite, or questi e quelii contemporaneamente. Non tutti però gli scrittori sono d’accordo su questo punto di patologia. V'hanno alcuni i quali, sebbene ammettano un’azione unica in que- sti crittogami, la vogliono però esclusivamente debilitante o controstimolante. Altri in- vece ammettono in ciascun fungo un’azione doppia , cioè irritativa fisico-chimica sulle prime, poscia narcotico-deprimente. Distinguono perciò nel corso d’ogni avvelenamento due differenti stadj, il primo d’irritazione per eccesso di stimoli, il secondo di debo- lezza per difetto dei medesimi. Eglino adducono varj argomenti in prova di questa loro asserzione: però , essendo unicamente appoggiati sulla credenza chei sintomi ner- vosi, prodotti dall’azione dei narcotici, traggono costantemente la loro origine da un reale infralimento dell’energia vitale, cadono per sè medesimi allorchè venga provato, come pare lo sia, essere ben altro che controstimolante l’azione dei narcotici istes- si. Del resto questi sintomi nervosi che mentiscono una reale prostrazione delle forze, uno spaventevole rifinimento della vitalità, non sono essi anche il prodotto della mecca- nica pressione esercitata sul cervello dall’ingorgo del sistema vascolare delle mem- brane, come nella meningite; o dall’istessa pressione di tutto il sistema vascolare ce- rebrale nelle altre infiammazioni, nelle quali per le locali congestioni de’ vasi è di- sordinata la grande circolazione, e rallentato e preciso il corso del sangue reftuo dal- l’encefalo? Ora l’injezione nun di rado profonda delle membrane del cervello e del mi- dollo spinale, della sostanza istessa del cervello ; l’ingorgo quasi costante, e l’altera- zione non di rado sensibilissima di pressochè tutti i visceri del petto e dell’addome ; e soprattutto l’affezione talvolta gravissima del sistema gastro-enterico, cc., non saranno cause sufficienti a produrre la serie dei fenomeni sovraccennati, senza che un’altra azio- ne affatto alla prima contraria ammetter si debba? Nè vale certamente il dire che sia immensamente superiore alla serie delle affezioni sopraddette la serie delle affezioni cre- (:) Protraendosi di troppo l’autossia dei cadaveri, le injezioni anche più estese della sud- detta membrana svaniscono, com’ebbi campo d’assicurarmi dietro ripetute esperienze eseguite sugli animali, e perciò molto s'ingannerebbe colui che volesse dalla mancanza totale dei sud- detù segni giudicare altrimenti dell’indole del veleno. ‘ XLV dute iposteniche dei prefati fenomeni infallibilmente corredate, quando appunto di sì fatte affezioni, comunque vogliansi tare, sia riconosciuta l’esistenza. E tacendo degli altri fenomeni, il sopore, uno dei più terribili sintomi dell’avvelenamento de’ funghi, cui si dà tanto peso nel sostenere l’azione ultima o debilitante di questi vegetabili, non è desso pure uno dei principali sintomi che tengon dietro alla meccanica compres- sione del cervello? Ma senza andar tant’oltre a rintracciare argomenti, que’ funghi affatto scevri di veleno e che non agiscono che per la soverchia quantità o pel tenace loro tessuto, non producono essi ancora, oltre agli ordinarj sintomi della indigestione e dell’irritazione, sintomi consensuali nervosi, affatto simili a quelli che si sviluppano dietro l’uso de’ funghi realmente velenosi ? Perchè adunque, se questi sintomi sono il prodotto di una semplice locale irritazione, se riconoscono la loro origine da un’ affe- zione realmente iperstenica, perchè, dico, si vorrà supporre, in quelli prodotti da un? irritazione locale ben più rilevante, e da analoghe irritazioni di altri organi coi quali quegli stessi sintomi hanno la maggior relazione , un’ origine ed un’indole differente ? Si opporrà che il metodo terapeutico illimitatamente stimolante da tutte le scuole una- nimemente suggerito e celebrato nel secondo stadio, come dicono, dell’avvelenamento, avvalora non poco cotesta loro asserzione. Ma, quantunque sia vero che il metodo di cura sinora adottato sia stato, generalmente parlando, stimolante ; non è però egual- mente vero che esso sia tornato ordinariamente, od almeno nel maggior novero dei casi, proficuo. Che anzi oserei dire che il terrore generalmente invalso nei medici e nei non medici negli avvelenamenti di tal razza, per Ja morte quasi certa cui si va incontro, qualora uon si arrivi per tempo, cioè nel primo stadio, a liberare lo stomaco dal veleno, nacque appunto dalla poca o niuna riescita di simile trattamento. Comunque però sia la cosa, io non ho fatto che esporre a questo riguardo la mia opinione. E siccome non è fuor del caso, che, trattandosi appunto d’esseri pochis- simo conosciuti in quanto alla loro indole, v’abbia diversità d’azione a norma delle specie, appartenenti soprattutto a famiglie differenti; così sarà dovere del medico pru- dente ed istruito, prima di decidersi a qualsiasi trattamento, esaminare attentamente la natura de’ sovraccennati sintomi, per non correre il rischio, attenendosi all’una od all’altra delle menzionate teorie, di commettere qualche riprovevole abbaglio. METODO GENERALE DI CURA. La prima indicazione e la più- urgente alla quale deve soddisfare il medico, chiamato a soccorrere un avvelenato dai funghi, si è quella di procurare sollecitamente e con tutti i mezzi possibili l’evacuazione del veleno, onde prevenire od almeno arrestare i progressi dell’infiammazione delle membrane del canal digerente, ed impedire nello stesso tempo l’assorbimento del principio deleterio. Nella maggior parte de’ casi la sal- vezza dell’ammalato dipende unicamente dalla prontezza con cui si eccita il vomito. Le vertigini, le convulsioni, gli spasmi, e tutti i più imponenti sintomi nervosi che so- gliono tener dietro alla cessazione delle funzioni dipendenti dall’energia del sensorio, quali sono le funzioni animali e le vitali, cedono ordinariamente sotto l’azione dell’e- metico, senza bisogno di ulteriore soccorso. Non di rado all’arrivo del medico l’ammalato è già preso da nausee, da conati di vo- mito, ed anche da vomito spontaneo; s’asseconderanno in questo caso gli sforzi della natura col somministrare all’ammalato dell’acqua tiepida, col titillamento delle fau- ci mediante le barbe di una penna tinte nell’olio, ovvero col portare un dito nel E XLVI fondo della gola. Quando questi mezzi riescono insufficienti, si avrà ricorso senza ri- tardo all’emetico. Il tartaro stibiato alla dose di quattro o sei grani sciolto in sei od otto once d’ac- qua e preso epicraticamente provoca assai costantemente il vomito. Nel caso però di profondo sopore, onde eccitare le membrane dello stomaco , è necessario prescriverlo a dose assai più elevata. Il sig. Giuseppe Frank ha fatto prendere ad una signora, avvelenata coi funghi, in poco più di mezz’ora 4o grani di questo sale senza alcun effetto. Al tartaro emetico si può anche sostituire l’ipecacuanha alla dose di 20, o 30 grani, specialmente trattandosi di soggetti dilicati, di costituzione irritabile, e sog=- getti a emorragie. Si potrà pure somministrare, come emetico, il solfato di zinco o di rame;-alcuni anzi preferiscono questi sali al tartaro stibiato, per la prontezza con cui eccitano il vomito. La loro dose è dai ro grani ad uno scropolo e più. Una leggier decozione di tabacco presa a piccole dosi provoca pure nella maggior parte dei casi il vomito. Lo stesso effetto si ottiene non di rado somministrandola sotto la forma di clistere. Che se l’avvelenamento fosse successo già da qualche tempo, per cui vi fosse ragione di sospettare che la sostanza velenosa sia passata in parte anche nelle intestina, si potranno aggiungere agli emetici alcune sostanze purganti, oppure si potranno far suc- cedere immediatamente queste a quelli. I purganti eccoprotici o blandemente irritanti, sono in tal caso da preferirsi a quelli di maggiore energia. Meritano tra questi d’es- sere ricordati i sali med}, il decotto dei frutti del tamarindi, la cassia, la manna, l’infuso delle foglie di senna, ec. Si prescriveranno pure nell’istesso tempo i clisteri preparati con miele, infuso di senna e qualche sale. E se la costipazione del ventre fosse oltremodo refrattaria, si prepareranno questi con sostanze più attive. Non si dovrà però trascurare di provocare il vomito anche a periodo molto avanzato dell’avvelenamento; tanto più se l’ammalato non ebbe, durante il decorso dello stesso, emesi spontanea, avendosi dei casi in cui questi crittogami rimasero per alcuni giorni nello stomaco, senza subire notabile alterazione (1). Ma tanto gli emetici quanto ì purganti sono controindicati quando vi hanno segni di forte irritazione delle vie digerenti. In tal caso bisognerà combattere l’eretismo di queste parti col mezzo di bevande tiepide, emollienti, mucillagginose, coll’acqua mie- lita, con qualche emulsione, o con una soluzione satura di gomma arabica, collo sci- roppo di viole, d’altea, ec., colle fomentazioni anodine sull’addome, con clisteri fatti con decotto di malva o di semi di lino; coll’applicazione delle sanguisughe all’epiga- strio, e, quando l’acutezza dei dolori lo esiga, anche colle cavate di sangue generali. In una parola si prescriveranno tutti i rimedj che sono indicati nella gastro-enterite , e che le circostanze possono costringere a cambiare in molte diverse maniere. Che se ai suddetti sintomi di idiopatica affezione si associassero anche iì segni di imminente congestione cerebrale; se gli spasmi, le convulsioni violenti, il delirio, il coma, ec., an- nunziassero l’esaltazione del sistema nerveo, oltre alle cavate di sangue generali sì ri- correrà anche all’applicazione delle sanguisughe alle tempia od alle parti laterali del colio, alle affusioni d’acqua fredda sul capo, ai bagni universali e parziali, ec. A sì fatti mezzi si avrà pure ricorso per frenare il vomito tanto spontaneo che provocato ad arte, qualora esso prendesse un carattere pernicioso. (1) Il giovinetto della storia da me narrata alla pagina 339, morì 38 ore circa dopo la fa- tal cena, eppure alla sezione del di lui cadavere si trovò ancora lo stomaco contenente buona porzione pressochè inalterata dell’ ingojato veleno. XLVIr Non si farà uso del metodo stimolante, cotanto preconizzato nella cura del secondo stadio, come dicono, di questi avvelenamenti, se non quando o per l’insufficienza degli apprestati soccorsi, o per la natura istessa del veleno, l’ammalato sì trovasse in uno stato di reale debolezza. Durante la convalescenza si prescriverà all’ammalato un regime severo, soprattutto allorquando gli organi digerenti sieno stati in ispecial guisa attaccati dal veleno. I lat- ticinj, le creme di riso, la fecola dei pomi di terra, i brodi leggeri, ec., devone. for- mare il principale nutrimento del malato, e non passerà che a poco a poco ad ali- menti più solidi, DA AGGIUNGERSI Alla pagina xxxv dopo l’Agaricus virgineus Wulf, ** Scortei. Caratt. Funghi tenaci, alquanto elastici, col gambo pieno o fistoloso, eguale, in- feriormente tomentoso-ispido e subradicato; col cappello carnoso-coriaceo, eguale, con- vesso-piano, liscio o striato nei margini, glabro, secco; colle lamelle posteriormente troncate, connesse col gambo, dal quale si separano nell’età adulta, grosse , distanti , distinte, intierissime, di color pallido. Questa sezione non contiene che una sola specie mangereccia, che è la seguente: ifinioregdes. Bolt, pag. 65. 0. o... 0.0... Tav. X, fig. L Alla pagina xxxv dopo l’Agaricus ostreatus Jac q. mne Eryagi DC. page 71: 0. 20. e... Tav XK; fig. II. Ai ; i | it 9 tà cdi val vidi Ù i Nana tibi) imba mi , Ma Liaele. , i . CA pl A N f Ù hail Fyn; Ti i a ; A ° T) 4 I] pa a w £ hi ’ . , ‘ . n 4 Sa È; U ,10 nni È p è 1 ida È) ny dato.) UT, Piriugiv ae di Mi Mot bapitas A pi tanga COMETA albi n'e e DI i ì n Ha \ me Tu : da 4 È j Magi: ib A PO Og AI] A ARE A ii, Pod ATI 3 RREAPUACLN DIL DI sth - o x tà : NEGARE, | 4 ig» Ù i rai i Sag 1 MAIA RE e MORE MT, hi 7 oi “Sa 1 ta Di ae uo AE cai pia ip a rile RAT ta I AR AR RO A RI Dual ® , sl ì | # È up “ A ' a pa MURI f Ea 33 DESCRIZIONE DEI FUNGHI MANGERECCI PIÙ COMUNI DELL’ITALIA » î GAATARAAE AGARICUS CAESAREUS Scop. Pileus aurantio-ruber , convexo-explanatus, nitidus, margine stria- tus , nudus (velo .nullo). Lamellae ventricosae, confertae, luteae; lamellulae postice truncatae! Stipes farcius , manîifeste anulatus, nec bulbosus. Volva laxa, libera. Fungus magnus orbicularis aureus. Mich., Gen., pag. 186, tab. 77, fig. 1. Elvella Ciceronis, Volva Plinii, etc. Battar., Fung. ar., pag. 27, tab. 4. C. Agaricus caesareus. Scop., Flor. Carn., pag. 419. — Fries, Syst. myc. I, pag. 15. Agaricus aurantiacus. Bull, Champ., tab. 120. Amanita aurantiaca et caesarea. Pers., Syn., pag. 252. Hypophyllum caesareum. Paul., Champ. II, pag. 319, tab. 154. b totus albus ® ; Fungus esculentus'e volva erumpens , totus candidus, pileolo ad oras_ striato , etc. Mich., Gen., pag. 185, et Fungus esculentus e volva erumpens, totus albus , pileolo ad oras striato, etc. Ejusd.» pag. 186, n.° 3. Leucomyces pectinatus, Battar., Fung. ar., tab. 4. D. Species vel varietas cùm agarico ovoide Bull. minime confundenda. Pileus initio orbicularis, subviscidus ; demum siccus , epidermide tenui vestitus. Lamellae crassae, margine denticulatae, lutcae , at sporidia albida! Stipes subeylindricus , luteo-albidus, flocculosus, anulo amplo , luteolo , supra striato, cincius; intus medulla gos- sypina alba farctus. Volva crassa, membranacea , albida, persi- stens. Odor subnullus; sapor gratus. In sylvis frequens aestate et autumno. Esculentus ! AGARICO CESAREO pi Scopoti. Appartiene alla sezione delle Amanite di Fries, ed alla suddi- visione degli Vovoli di Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico cesareo ha il cappello piano-convesso, leggiermente protuberante nel centro, e coi margini striati o solcati. La pelle che lo cuopre è umidetta, nitida, sottile, facilmente staccabile dalla carne sottoposta, per lo più d’un bel colore giallo aranciato, od anche d’un rosso vivo di cinabro. Le lamelle, o sia le fogliette che vestono la parte inferiore del cappello, sono giallognole, crasse, panciute , ristrette posteriormente, e dentellate nel loro margine. libero (Tav. I, fig. IV, Y). Le lamellette, o sia quelle fogliette che, partendo dai margini del cappello, non arrivano sino all’apice del gambo, sono poco numerose, e troncate quasi trasversalmente nella loro estremità posteriore in una linea intera ed ottusa (fig. IV, a). Il gambo è dl’un giallo dilavato, di mediocre lunghezza, tondeggiante e leggiermente acuminato verso la base (fig. IV, e). Esternamente, esso è alquanto fioccoso pel distacco rapido del- l'anello; internamente, è pieno d’una sostanza cotonosa e bianca ( fig. II, 3): non ha bulbo di sorta; e la base è avviluppata in una volva libera e persistente (fig. III, 2), una porzione della quale, qualche rara volta, trovasi sul cappello. Il gambo porta pure, verso l’apice, una specie d’anello o collare ( fig. IV, c) giallo- gnolo, sottile, ma permanente, fioccoso al di sotto e leggiermente striato nella parte superiore. La carne del cappello è alquanto soda, bianca internamente, gialleggiante verso l’epidermide, con- siderabile verso il centro di esso, e quasi nulla ai margini ( fig. IV, 2), d’onde ha origine la formazione delle strie. La carne del gambo è più consistente, ma fragile e di color carneo dilavato. SVILUPPO. L'agarico cesareo trovasi in origine avviluppato in una specie di sacco carnoso-membranaceo, bianco, tenace e d’uno spessore 3 considerabile, il quale chiamasi col nome di polpa. Questo sacco ha il volume e la forma di un uovo di gallina (fig. I), si la- cera allo svilupparsi del cappello (fig. III 2), e rimane attac- cato alla base del gambo insino a tanto che questo non peri- sce affatto. Il fungo racchiuso entro la volva (fig. Il) ha il cap- pello coperto d’ un’ epidermide alcun poco aranciata ed alquan- to aderente alla volva ; le lamelle carneo-pallide, connesse nel loro margine libero col gambo mediante l’anello ; il gambo dello stesso color delle lamelle, assottigliato verso la base, li- bero dalla volva, e zeppo già nell'interno d’una sostanza come cotonosa. Rotta la volva, ne esce il cappello di forma quasi sfe- rica, segnato di strie ne’ margini, ed accompagnato dall’anello, il quale va a mano a mano staccandosi dalla superficie del gam- bo, strascinato dai margini del cappello a cui è aderente (fig. III, «). Sciogliesi finalmente l’anello dai margini del cappello che va continuamente sviluppandosi, ricadendo sul gambo (fig. IV, c), ed il fungo assume allora le perfette sue forme, spandendo una copiosissima polvere seminale di color bianco, dopo di che le lamelle cadono in una specie di liquescenza, e tutto il fungo si discioglie. L’agarico cesareo chiamasi dai Toscani Vovolo ordinario, Uovolo rosso, ed anche semplicemente Vovolo. Volgarmente lo si appella Fung cocch, Fung coccou, Fung oeuf, Cocch, ec. ec. I Fran- cesi gli hanno dato i nomi di Oronge vraie, Dorade, Jaune d’oeuf, Cadran, ec.; e i Tedeschi lo nominano der Kaiserling. Questo fungo è terrestre e solitario; cresce però in famiglie d’individui posti a poca distanza gli uni dagli altri. E si svolge nelle selve di quercie e di castani, tra i corileti, o sia ne’ luo- ghi piantati di nocciuoli, in sul finire dell’estate e nell’autunno. Trovasi in Germania, in Francia ed in Italia, ove, special- mente nel Regno Lombardo-Veneto, in compagnia del Porcino (boletus edulis, Bull. ), forma quasi l’esclusivo ramo del commer- cio de’ funghi. USI È QUALLTA SENSIBIAL b) . o) . . DI L’Uovolo, o sia l’agarico cesareo, che è uno de’ funghi più eleganti e deliziosi che noi possediamo, fu conosciuto e tenuto in CA 4 gran pregio dagli antichi Romani, che lo chiamavano cibo degli Dei, e venne celebrato dai poeti di que’ tempi sotto il nome di Boletus. Soglionsi preferire gli individui già adulti a quelli non ancora sbucciati dalla volva, perchè sono più saporiti; e si antepone il cappello alle altre parti, apparecchiandolo in diverse maniere, e sopra tutto facendolo cuocere in sulla graticola con olio d'ulivo, pepe e sale. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Sebbene la bellezza delle forme, l'assoluta innocenza e la squisitezza della carne rendano questo fungo ricercatissimo e caro in sulle tavole meglio imbandite, io credo che sarebbe utile pro- scriverlo dal novero degli esculenti, perchè, avendo grande somi- glianza coll’agarico moscario, che è velenosissimo, può nascere con facilità un abbaglio, ed essere mangiato quest’ultimo in luogo del primo. La maggior parte de’ sinistri accidenti cagionati dal- l’uso inconsiderato dei fanghi nacque perchè si prese equivoco tra le due specie sopra nominate. Ed a Parigi non si giunse a togliere questi inconvenienti che col bandirlo dai mercati e non permettere che la vendita del Pratajuolo (agaricus campestris , Linn. ). Ma siccome, proibendolo , rimarremmo una parte del- l’anno privi di funghi, essendo presso di noi poco in uso (e per- ciò poco coltivato ) il Pratajuolo, e non tutti vorrebbero privarsi d’un cibo oltre modo grato al palato, e male potendosi la sua proscrizione estendere agli abitanti delle campagne, presso i quali i sinistri accidenti sono più comuni, credo essere cosa di gran momento, e che deve riescire gratissima a tutti, e in ispecie ai medici, agli speziali, a coloro che sono destinati alla visita dei funghi nelle città, ed ai parrochi, l’accennare i caratteri coi quali si può distinguere una specie dall’altra. L’agarico cesareo si conosce primieramente per quella spe- cie di sacco membranaceo che lo invoglie allorchè incomincia a svilupparsi, e che, quando è cresciuto, rimane alla base del di lui gambo; il qual sacco non si trova mai nel Moscario. Il cap- pello dell’agarico cesareo è quasi sempre nudo , o tutt’ al più coperto di qualche larga porzione dell’invoglio o sacco membrana- 5 ceo sopra nominato, la quale è facilmente staccabile; quello invece del Moscario, qualora sia intatto, è sempre coperto di piccoli pezzetti membranaceo-farinosi, bianchi o citrini, ed alquanto aderenti alla sottoposta epidermide. L’agarico cesareo ha le la- melle , il gambo e l’anello di color pagliarino o giallo-citrino , almeno quando è sbucciato dalla volva; mentre l’agarico mosca- rio ha le lamelle, il gambo e l'anello di color bianco. Tal fiata però, anche il gambo e l’anello del Moscario hanno un leggier colore citrino. Il gambo finalmente dell’agarico cesareo non è mai bulboso, ma leggiermente acuminato alla base; mentre quello dell’agarico moscario è sempre munito alla base d’un bulbo con- siderabile. ICONOLOGIA. Delle tante figure che si hanno rappresentanti l’agarico cesa- reo, quelle del Micheli (0p. cit.) sono forse le meno difettose. Le figure del Battarra sono inesatte e mancano delle parti più importanti. E quelle del Bulliard, sebbene a prima giunta, per la vivacità de’ colori e la finezza del disegno, sembrar possano le migliori, poste però a confronto coi funghi naturali, non ne soddisfanno di troppo. La figura A, che rappresenta lo spaccato del fungo nella sua prima età, è del tutto immaginata, non escluso il colore delle lamelle che in tal epoca è bianco-carneo. La fi- gura B ci dimostra un fungo col gambo conico, munito di un enorme bulbo, ciò che non è mai dell’agarico cesareo , il cui gambo è anzi acuminato alla base. La figura C finalmente rap- presenta un fungo colla volva congenita e non libera, con gambo bulboso, oltremodo carnoso, con lamellette non troncate poste- riormente, ma terminate in una linea curva, ec. Lo stesso dee pur dirsi delle figure del Trattinnik (£ssb. Schw.) e di quelle del Bendiscioli (Collez. dei funghi), che sono state copiate grosso- lanamente da quelle del Bulliard. Le figure del Persoon ( Champ. com.) sono piuttosto commen- devoli. Tali pure sono quelle del signor Roques ( Phytogr. med.), quantunque l’individuo rappresentato colla figura seconda man- chi delle strie sui bordi del cappello, ed abbia l’anello biancastro. Schaeffer (Fung. Bavar.) sotto il nome di agarico cesareo ci 6 presentò, nelle tavole 247 e 258, due funghi che, come ho già fatto osservare nella mia ZUlustrazione delle Amanite, apparten- gono ad altre specie. Fa per altro meraviglia il veder citate con- tinuamente queste figure dai moderni micologi, ai quali dovreb- bero essere ben note tutte le forme dell’Uovolo. Le figure dell’Alberti ( Del modo di conoscere i funghi mange- recci, ec.) sono copiate esattissimamente da quelle figurate in cera dal Pizzagalli, per conseguenza debbo proferire intorno alle medesime l’istesso giudizio che ho dato de’ funghi rappresentati colla cera dal Pizzagalli nello scritto citato di sopra. In tanta ab- bondanza d’Uovoli, specialmente sui mercati di Milano, non era necessario servirsi di modelli in cera già totalmente decaduti nella pubblica opinione. Le figure del Larber (Saggio sui funghi, ec.), disegnate sulle tracce di quelle del Roques, hanno, come queste, l’anello bianco, ciò che non combina punto colla sua descrizione. È gegio un errore del pittore? SINONIMIA. Questo fungo era noto agli antichi botanici e naturalisti sotto il nome di Boletus, Jazeran; e fu egregiamente descritto prima dal Clusio (Zst., pag. 272), e in seguito dal Micheli che gli as- segnò il nome di Vovolo ordinario, e dal Battarra che lo nominò Elvella Ciceronis, Volva Plinii, ec. Scopoli (£lor. Carn., pag. 419) fu il primo a chiamarlo aga- ricus caesareus, e ne diede anche una esatta descrizione. Sotto questo nome, esso fu quindi descritto prima dallo Schaeffer (nel volume IV, pag. 64 della sua opera), che vi applicò erronee fi- gure, indi dal Fries e da alcuni altri scrittori di Micologia. Bulliard all'opposto (Champ. de la France) gli diede il nome di agaricus aurantiacus , traendolo dal colore del cappello, ciò che basterebbe per convincerci non avere questo grande micologo neppure sospettato essere il suo agaricus ovoides (Farinaccio ) una semplice varietà del fungo in discorso, come taluno ha pur voluto darci ad intendere. Finalmente Persoon, nella sua Syropsis (pag. 2541 tratto forse in errore dalle figure dello Schaeffer, male a proposito applicate all’agarico cesareo, ne fece due specie distinte, chiamando Dai amanita caesarea sulle figure di Schaeffer e di Micheli, e l’al- tra amanita aurantiaca su quelle di Bulliard. Di questo errore s’accorse però l’avvedutissimo Fries che riunì di bel nuovo le due specie di Persoon sotto l’antico nome di agaricus caesareus, quantunque questo fungo fosse a lui noto soltanto per le figure e per le descrizioni degli altri scrittori. Il signor Pollini pure sulle tracce del Fries , ed il Larber su quelle del Pollini descrissero sotto gli stessi caratteri le due specie di Persoon; lo che a proprio senno fece anche il signor Alberti. Quest ultimo , dopo aver detto, nella descrizione, che l’agari- cus caesareus , Schaeff., ha la superficie del cappello suscettibile d’essere pestata! (susceptible d’étre pelée, V. Bull., 1. c.), il pe- duncolo munito di un colletto membranoso, e le fogliette alcune volte di color bianco; in un’appendice all’opera, avente il titolo di Osservazioni, soggiugne avere egli ommesso il disegno del terzo sviluppo dell’agaricus caesareus, Linn. (Uovolo buono) siccome in tutto simile alla figura sviluppata della contro specie agaricus muscarius, Linn. (Vovolaccio), salvo che nel primo ( agaricus cae- sareus) mancano le lamelle bianche sul cappello, il gambo non è vuoto, e finalmente non ha il colletto!! Ma, oltre che nè Schaef- fer, nè Linneo conobbero l’agarico cesareo, è d’uopo avvertire che le figure del Moscario date dal signor Alberti appartengono probabilmente all’agaricus pantherinus di Fries, e che tanto l’uno che l’altro hanno il gambo vuoto, almeno in età avanzata. È agevole da ciò il conchiudere essere pel signor Alberti tanto il Moscario che il Cesareo amanite affatto sconosciute. Trovansi nell’opera del Micheli (pag. 185 e 186) descritti due funghi sotto il nome di Cocolla Bianca, buona , maggiore, e di Uovolo buono, bianco, che ne’ caratteri convengono assai bene, ad eccezione del colore, coll’agarico cesareo. E il Battarra (pag. 27 e 28) ne descrisse altri due simili essi pure nella forma al Ce- sareo, ma di color bianco; l’uno col nome di Leucomyces pe- ctinatus, di cui diede anche la figura nella tav. 4, D, e l’altro sotto il nome di Leucomyces pectinatus alter, a cui unì la frase: Fungus esculentus, totus albus, bulbosus, ec., pag. 187, n. 3 del Micheli. Questi funghi da alcuni micologi furono riferiti al- 8 l’agaricus ovoides di Bulliard, e da altri, forse con più ragione, all’agaricus caesareus dello Scopoli, siccome varietà; ma non cre- scendo essi presso di noi, nè essendo stati delineati o descritti dal vero da altri autori, non posso asserire cosa alcuna di certo sul conto loro. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. AGARICUS CAESAREUS Scop. Fig. I. Fungo ‘ancora rinchiuso nella volva, di forma ovata, colla parte più acuta corrispondente alla base. Fig. II. Lo stesso maggiormente sviluppato, e tagliato verti- calmente in corrispondenza del suo asse; 4 punto d’inserzione dell’anello coi margini del cappello; 4 parte midollosa del gam- bo; c spessore della volva che cuopre il cappello. Fig. III. Fungo appena sbrigatosi della volva, coll’anello ancora attaccato ai margini del cappello a; è margini lacerati della volva. Fig. TV. Fungo a perfetto sviluppo spaccato verticalmente; & estremità posteriore di una lamelletta trasversalmente troncata; 5 luogo dove l'epidermide, per difetto di parenchima, comincia ad infossarsi tra le lamine del sottoposto imenio, dando origine alle strie che adornano i margini del cappello; c anello o col- lare; d lembo della volva libera, compreso in origine tra il gambo ed i margini del cappello (Vedi la fig. II); e luogo d’unione del gambo colla base della volva;,f margine libero delle lamelle denterellato. Osservazione. Gli agarici solitarii, terrestri, colle lamelle non trascorrenti sul gambo, offrono quasi sempre forme regolarissime, tanto più se appartengono a specie fornite in origine della volva. Siccome tutte le loro parti si sviluppano sotto la tutela, per così dire, del sacco che li racchiude, così essi sfuggono all’influenza degli agenti esterni; od almeno non soggiacciono ad essi che quando (essendo usciti dalla volva) le parti sono abbastanza ro- buste per non risentirne gli effetti. L’Uovolo ce ne presenta un esempio insigne. AGARICUS OVOIDES Burr. Totus albus. Pileus convexo-caplanatus, nitidus , margine lacvi , velo crasso incompleto, in glebas farinosas soluto, circa margines obtectus. Lamellae substrictae; lamellulae postice dentato-lacerae. Stipes solidus! anulatus, subbulbosus. Volva laxa, connata. Fungus esculentus magnus e volva erumpens , totus albus , graviter odoratus (?), la- mellis crebris et creberrime denticulatis, pediculo obeso , anulato. Mich., Gen., pag. 184. Agaricus ovoides. Bull., Champ., tab. 364. — Fries, Syst. myc., I, pag. 15 (ad partem). Amanita alba. Pers., Champ. com., pag. 177. Pileus carnosus, centro nudus, circa margines vero, ob veli prae- sentiam, floccoso-farinosus!; lamellae aquoso-albidae, pallescentes, postice subattenuatae, margine denticulatae , confertae. Stipes basi incrassatus , firmus , crassus, squamuloso-farinosus. Anulus am- plissimus, supra laevis, subtus eximie squamuloso-floccosus, în mi- cas furfuraceas fatiscens. Volva, pro fungi magnitudine, tenuis, al- bida , persistens. Odor debilis; sapor aquosus. In sylvis collinis transpadanis autumno frequens. Esculentus! AGARICO OVOIDE pi Butziarp. Appartiene alla sezione delle Amanzie di Fries, ed alla sud- divisione degli Vovoli del Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico ovoide ( Tav. II, fig. V) ha il cappello leggiermente convesso, coi margini lisci (cioè non segnati da strie o solcature), interi, sorpassanti di qualche linea l'estremità anteriore delle sottoposte lamelle, e coperti come di farina (fig. V, /), di color bianco, o bianco gialliccio , coll’ epidermide sottile e facilmente staccabile. Le lamelle sono d’un bianco-pallido innacquato, al- quanto - strette, e finamente crenate o frangiate nel loro mar- gine libero; le lamellette non sono troppo numerose, e ter- minano posteriormente in una linea obliqua dentato-lacera (fig. V. h). Il gambo è candido, piuttosto corto, pieno, carnoso, omo- 2 10 geneo internamente , fioccoso-squamoso esternamente (per lo scioglimento del velo) ( fig. IV, e), schiacciato talvolta ai lati, ingrossato verso la base, e terminato in una specie di bulbo conoinversiforme. L’epidermide del bulbo si prolunga superior- mente, insieme con quella del gambo, in una volva sottile, mem- branacea e congiunta col bulbo medesimo ( fig. V, f). Il gambo è pur munito superiormente d’un anello bianco (fig. V, g), d’uno spessore considerabile , liscio superiormente, squamoso-fioccoso al di sotto (fig. IV, 4), e friabilissimo. La carne del cappello è piuttosto abbondante, bianca, alquanto molle, e, se si preme fra le mani, dà una quantità d’acqua : essa si estende anche ai margini del cappello ( fig. V, /), per cui questi non sono mai solcati o striati. La carne del gambo è leggiermente fibrosa, ma anch'essa poco consistente, ed è distinta da quella del cappello da una zona pallida corrispondente alla sommità del gambo istesso ( fig. V, 7). SVILUPPO. L’agarico ovoide sta rinchiuso, in origine, in una volva bianca, tenace, ovata, coll’estremità meno ottusa volta al centro della terra (fig. Ie IT); la qual forma è dovuta in gran parte alla presenza del bulbo di cui è munita la base del gambo. Ingrossando suc- cessivamente il fungo, la volva s’assottiglia superiormente, e prende la forma di un cono rovesciato, colla base tondeggiante ( fig. IIT). Se si spacca verticalmente in tal epoca il fungo, scorgesi il velo ( particolar membrana che in alcune specie della sezione delle Ama- nite cuopre l’intero cappello del fungo appena nato) contornare tutta la superficie del gambo al di sotto dell’anello, che inviluppa unitamente ai bordi esterni del cappello (fig. III, 3). Rompesi in fine la volva, e ne esceil cappello del fungo di forma quasi sferica, coll’epidermide vischiosetta, coperto sui bordi d’un denso strato di sostanza come farinacea (fig. IV, c), e munito infe- riormente dell’anello (fig. IV, d). Allo svilupparsi del cappello, il gambo pure si allunga, ed il grosso bulbo che ne costituisce la base va a mano a mano diminuendo per modo che, quando x il fungo è stravecchio , il gambo ci si presenta quasi perfetta II mente cilindrico. Staccasi quindi l’anello, lacerandosi, dai mar- gini interni del cappello, ricadendo sul gambo ( fig. V, g), ed il fungo prende allora l’ulterior suo sviluppo, spandendo una abbondantissima polvere seminale bianca, quindi avvizzisce e muore. L’agarico ovoide chiamasi dai Toscani Z'arinaccio , nome do- vuto alla particolare friabilità del velo e dell’anello, le di cui molecole, sparse sul gambo e sui bordi del cappello, fanno cre- dere il fungo coperto di farina. Gli abitanti dei colli transpadani, per l’istessa ragione, gli hanno dato il nome di Farizon; alcuni però lo appellano colà anche Cocch dianch, Oeuf bianch, ec. Ed i Francesi lo nominano Oronge blanche, Coquemelle ?, Coucou- melle ? ec. Questo fango è terrestre e solitario; ma talvolta si trovano al- cuni individui riuniti ed innestati alla lor base. Cresce nelle selve colline di quercie e castani nei mesi d’Agosto, di Settembre e di Ottobre. Esso abbonda in Toscana, ove, al dir del Micheli, si mangia sotto il nome di Farinaccio. Ed è pure comune nei dintorni di Camerino, nello Stato Pontificio, dove, sotto l’istesso nome, portasi in vendita sulle pubbliche piazze. Di ciò venni assicurato dal dottore Ottaviani, professore a Camerino, dal quale n’ebbi pure un bellissimo disegno copiato dal medesimo dal naturale, e che combina perfettamente coi nostri esemplari. Quest’agarico cresce pure abbondantemente nelle selve dei colli transpadani, da dove viene spesso portato in vendita sulla pubblica piazza di Voghera; ma è del tutto sconosciuto nel Pavese e nel Mi- lanese, che che ne dica il signor Alberti (*). I funghi che, spe- cialmente in quest’ultima provincia, vengono da taluno specifi- eati col nome di Cocch dianch, Oeuf bianch , ec., appartengono, come dimostrerò a suo luogo, ad un’altra specie. (1) Questo fungo, al dire del Bendiscioli (4 c.), è rarissimo nella provincia di Mantova. Il signor Alberti che trasse la descrizione non solo, ma l’intera storia del- l’Ovoide dal Bendiscioli, lo disse pure, con esso lui, non tanto comune tra noi, non pen- sando che fra le produzioni del suolo mantovano e quelle del milanese vi può essere della differenza. USI.E QUALITA SENSIBILI. Il Farinaccio si annovera a buon diritto tra i funghi comme- stibili più dilicati, quantunque sia inferiore di molto all’agarico cesareo. La sua carne cruda ha un sapor grato, ma alquanto mucillagginoso, ed un odore appena sensibile. Del resto si prepara nell’istessa maniera dell’agarico cesareo. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’Ovoide o Farinaccio potrebbe facilmente venire scambiato coll’Uovolo bianco, buono, e colla Cocolla bianca, maggiore del Micheli (V. la pag. 7); ma la mancanza delle strie del cappello, la solidità del gambo, la volva congenita colla base di esso, la natura dell’anello, la forma delle lamellette, ec., servirebbero a farcelo distinguere. Ciò che più importa sapere si è che il Farinaccio può pure essere confuso coll’agaricus virosus, Mob. (varietà bianca) che, come viene indicato dal nome, è una specie velenosissima, ma estremamente rara. Avvertasi perciò che l’agaricus virosus ha il cappello povero di carne, e che ben di rado le sue lamellette terminano come quelle dell’Ovoide. Il di lui gambo è gracile, molto allungato, e pieno internamente d’una sostanza innacquata, diversa alquanto dalla periferica, la quale, ristringendosi col cre- scere del fungo, lascia la parte centrale di esso gambo, special- mente verso l’apice, interamente vuota. Egli è munito superior- mente di un anello sottilissimo, membranaceo, non friabile, e termina alla base con un grosso bulbo tondeggiante, molto soffice e persistente. Oltre a ciò, l’agaricus virosus è più piccolo in tutte le sue parti, e manda un odore particolare alquanto viroso. ICONOLOGIA. Bulliard è il solo che abbia disegnato l’Ovoide ; ma le figure non sono troppo soddisfacenti. La figura A, rappresentante lo spaccato della prima età, quando cioè il fungo è ancora rinchiuso nella volva, è del tutto erronea. E deesi pur dire la stessa cosa della figura B, indicante lo spaccato del fungo adulto. 13 Il fungo delineato nella tavola 153 dell’opera di Paulet'sotto il nome di Zypophyllum cucullatum non è, conforme vuole la maggior parte de’ micologi, l’agarico in questione, ma appartiene senza dubbio ad altra specie. Ses fewzllets, dice l’autore, (sono di) couleur de chair, ou d’une rose tres-tendre.....; sa tige est pleine d’une substance moélleuse assez ferme, qui finit par s’épuiser en partie, ec. Del resto, le figure non ne presentano neppure l’abito. Fries ( Syst. myc.), oltre le figure di Bulliard, cita pur an- che la figura D della tavola 4 dell’opera del Battarra. Ma, quan- tunque il Battarra asserisca che il fungo da esso delineato e de- scritto si chiami Farinaccio, e che si creda esculento, io porto opinione che esso non sia già l’Ovoide, ma l’Uovolo buono, bianco, ec., del Micheli. Il fungo infatti del Battarra è patente- mente striato sui margini, ed ha il gambo colla cavità interna piena, come ei dice, di sostanza cotonosa; di più, ha le lamellette panciute (sulci profundi), ciò che non è al certo dell’Ovoide di Bulliard. La frase del Micheli, citata a questo riguardo dal Bat- tarra, appartiene probabilmente ad una varietà dell’agaricus va- ginatus, Bull. V’hanno pure altre figure dell’Ovoide, copiate da quelle del Bulliard, ma sì fattamente storpiate, che credo inutile il farne parola. Coloro però che desiderassero esaminarle, potranno con- sultare l’opera sui funghi del professore Bendiscioli ( Mantova, 1827), e quella del dottor Alberti (Milano, 1829). SINONIMIA. Il Micheli fu il primo che descrisse questo fungo sotto il nome di Farinaccio. Egli però dice che ha un odore penetrantissimo (graviter odoratus), mentre il fungo del quale tengo discorso ha pochissimo odore, il che fu avvertito anche dallo stesso Bulliard. L’Ovoide venne in seguito descritto da Bulliard sotto il nome di agaricus ovoides; e dal Persoon ( Champ. com.) sotto quello di amanrita alba , scambiato poscia dalla maggior parte de’ mi- cologi, come ho già fatto osservare di sopra, coll’Uovolo bianco e colla Cocolla bianca, ec., del Micheli, qual semplice varietà 14 dell’agarico cesareo. Nè mancò chi scrisse essere l’agarico ovoide di Bulliard lo stesso agarico cesareo od Uovolo ordinario che, sia pel grande umidore del suolo, sia per la diversa proporzione de’ suoi elementi, o pur anche per non aversi condotto a maturanza l'agarico stesso ben scovato dalla terra , ne rivela una tinta del tutto sbiancata. Ma io prego questo tale, che de’ caratteri bota- nici fa sì poco conto, a leggere la sottoesposta somma de’ ca- ratteri che lo fanno distinguere dal Cesareo. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II AGARICUS OVOIDES Butzr. Fig. I. Individuo rinchiuso nella volva. Fig. II. Lo stesso, spaccato in corrispondenza del suo asse; ove si vede in a la volva che cuopre il cappello congenita col bulbo costituente la base del gambo. | Fig. III Individuo più sviluppato , spaccato pure vertical- mente ; è rudimenti d’una membrana detta velo, che in al- cune specie di funghi della sezione delle Amanite di Fries cuo- pre l’intero cappello. Fig. IV. Fungo appena uscito dalla volva; c strato farinaceo formato dalla porzione di velo che cuopre ‘i margini del cappel- lo; d superficie inferiore dell’anello squamoso-farinosa per lo scio- glimento del velo; e superficie del gambo pur essa squamoso- farinosa per l’istessa cagione. Fig. V. Fungo a perfetto sviluppo, verticalmente spaccato; f luogo d’inserzione della volva col bulbo del gambo; g anello farinoso-lacero ; % estremità posteriore dentato-lacera d’una la- melletta; ‘ zona corrispondente all'unione del cappello col gambo, visibile anche nelle figure II e III; / grosso margine, coperto dai rimasugli del velo, con cui termina il cappello. Osservazione. Dall'esame di queste figure è agevole il com- prendere quanto sia cosa azzardosa il voler dettare in micologia dal tavolino. L’agarico ovoide viene dalla maggior parte conside- rato, come abbiam veduto, qual mera varietà dell’agarico cesareo; eppure, fra tutta la sezione delle Amarite di Fries, non v'ha forse 15 altra specie che più di questa dal Cesareo si scosti nella somma de’ caratteri, che mi piace di qui sotto esporre : Agaricus ovoides, Bull. Cappello coi margini lisci e ve- lati in gioventù. Lamelle strette; lamellette ter- minate posteriormente in una li- nea obliqua dentato-lacera. Gambo distinto dal cappello, sempre pieno, bulboso alla base. coll’anello denso, lacero-farinoso, fugace. Volva sottile, congenita. Agaricus caesareus, Scop. Cappello coi margini striati e nudi anche in gioventù. Lamelle panciute ; lamellette troncate posteriormente in una li- nea intera. Gambo non distinto dal cap- pello , vuoto in età avanzata, acuminato alla base, coll’anello imembranaceo, persistente. Volva spessata, libera. AGARICUS MELLEUS Van. Caespitosus. Pileus colore varius , squamis pilosis echinatus , margine demum substriatus. Lamellac albidae, adnatae, dente de- currentes; lamellulae postice rotundatae. Stipes fibrillosus, plenus , anulo patulo, tumido instrucius. Fungus ex uno pede multiplex, pileolo desuper ex rufo fulvo , subtus albo , pediculo altiori cylindrico anulato, subobscuro ((!). Mich., Gen., p. 198; et Fungus esculentus ex uno pede multiplex, pileolo desuper ex spadiceo flavescente, ad oras nonnihil undulato , subtus albo, pediculo subobscuro , inferiora versus crassescente, et veluti bulboso. Ejusd., p. 199; tab. 81, fig. 2. Polymyces, ete., Battar., Fung. ar., tab. 11, fig. B, C,D, E, F, et tab. 6, fig. C,D, E? Agaricus melleus. Vahl, Flor. Dan., tab. 1013 (optime). Fries, Syst. myc. 1, pag. 30. Agaricus anularius. Bull., Champ., tab. 377. Agaricus polymyces. Pers., Syn., pag. 269. Agaricus stipiti. Sowerby , Fung., tab. 101. Agaricus fusco-pallidus. Bolt., tab. 136. Agaricus congregatus. Ejusd., tab. 140. Hypophyllum polymyces. Paul, Champ., tab. 148. Pileus initio claviformis, plerumque umbonatus umbone obscu- riore, demum subnudus, cavus, subinfundibuliformis, marginibus substriatis, plicato-repandis. Lamellae tenues, subdistantes , demum pallidae vel albido-rufescentes, margine libero integro, obscuriore. Stipes plenus, fibrosus, cortice fragili, deorsum uiplurimum acumi- natus, floccis lutescentibus (anuli portiunculis ) sparsus. Anulus amplus, floccosus, basi latissima stipiti, quem prima aetate ex integro involvit, insidens. Color pilei albidus, luteus, ochraceus, olivaceus, fuscus, fusco-nigricans, etc.; squamarum aureus, fuscus, niger. Color stipitis albido-carneus , albido-luteus , rufescens hinc praesertim inferiora versus olivaceo-fuscus , nigricans. Anulus su- pra albido-roseus,. subtus lutescens. Sporidia alba! Sapor nauseo- sus, amarus, fauces singulari modo afficiens; odor gratus farinae recentis. Ad truncos recisos Salicis, Populae, Mori, Ulmi, etc. ubique copiose. Septembri-Novembri. Esculentus. 17 AGARICO MELEO pi Var. Appartiene alla sezione Armillaria di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico meleo perfettamente sviluppato ha il cappello pro- minente nel centro a guisa di capezzolo, ora convesso-piano, ora cavo, terminando bene spesso col prendere la forma d’un imbuto (Tav. III, fig. IV) coi margini ondeggianti e leggermente striati. Il suo colore varia dal bianco sporco al bruno nerastro, a norma dell’età e delle piante sulle quali cresce; però il colore ordinario è il giallo ocraceo più o meno carico di bruno. La sua epider- mide è sottile, facilmente staccabile dalla carne sottoposta, mu- nita, mentre il fungo è giovane, principalmente verso il centro del cappello, di fiocchi di peli o squamette nerognole o giallo dorate ( fig. II). Queste squame rendono la superficie del cap- pello come echinata, e cadono a mano a mano che il fungo si svolge, di maniera che non se ne vede traccia alcuna nel fungo adulto: alcune varietà però mancano delle medesime anche nella prima loro età, mentre altre le conservano per tutto il tempo della vita. Le lamelle, non di troppo numerose, sono bianchissi- me in gioventù; e carnee o d’un roseo languido, e sparse qua e là di macchie rossastre in età avanzata (fig. IV e V). Esse sono intere nel loro margine libero, e trascorrono leggermente sul gambo, prolungandosi ciascuna in un filo come cotonoso che va a disperdersi sulla facciata superiore dell’anello (ivi d,d ). Le lamellette sono numerose e posteriormente rotondate (ivi e, e). Il gambo è pieno, fibrilloso, cilindrico-fusiforme , per lo più acuminato alla base, ed è di color carneo dilavato verso l’apice e cinereo od olivaceo nereggiante alla base. Esso è liscio, ma sparso qua e là di pezzetti di sostanza cotonosa-giallastra ( porzione dell’anello ). L'anello è fioccoso-membranaceo, tumido, persistente, inferiormente, di color giallo-pallido, superiormente, bianco carnicino, striato ed attaccato con larga base alla som- mità del gambo. Esso sembra formato delle fibre più esterne del gambo, le quali, giunte all’estremità posteriore delle lamelle, ripiegansi sopra sè stesse e vanno ad attaccarsi ai margini del 3 18 ’ cappello. La carne del cappello è fibrosa, molle, di color bianco roseo, o carnicino languido, continua .con quella del gambo, che è eminentemente fibrosa, ed a fibre tortuose, staccabili, principalmente quando il fungo è vecchio, come fili di cotone, flessibili, ad eccezione di quelle che costituiscono la corteccia che sono alquanto fragili. SVILUPPO. L’agarico meleo quando incomincia a svilupparsi lo si può rassomigliare assai bene nella forma ad un piccolo chiodo ( fig. II). Il suo cappello è conico, arrotondato, coi margini lisci, ri- piegati al di sotto, ed aderenti al gambo mediante l’anello, dal quale viene in origine lo stesso gambo interamente coperto (fig. I, a). Spaccato in tal epoca il fungo, si vedono due aperture all'apice dello stipite che corrispondono ad una cavità circolare limitata superiormente dal margine libero delle lamelle, e infe- riormente dalla pagina superiore dell’anello (fig. I, III, a). Que- sta cavità s’allarga col crescere del fungo, e dà un carattere di- stintivo alla specie. Svolgendosi a mano a mano il fungo, e specialmente il gambo, la parte dell’anello che lo involge si scio- glie in pezzi, per cui il gambo ne rimane leggermente squamato, massimamente verso l’apice (fig. III, 3). Il gambo del fungo giovane è di colore ora pallido ora carneo dilavato, ed il cap- pello è quasi tutto coperto di peli o squame pelose di color vario, ma sempre più carico verso il centro (fig. II). Sciolto dall’anello, il cappello del fungo svolge rapidamente i suoi lem- bi, che diventano leggermente striati, si fa piano, indi cavo, imbutiforme, ec., spandendo una quantità tale di polvere semi- nale bianca, che ‘tutti gli individui ed il terreno sottoposti sem- brano coperti di farina. Dopo quest'epoca, il cappello si cuopre di macchie bruno-nerastre, le lamelle divengono ferruginee, e l’intero fungo si discioglie. L’agarico meleo chiamasi dai Toscani Push buona, bian- ca e leonata. Volgarmente si nomina Ciodin de Sales, de Moron, de /Noos, d’Albera, ec., Gabbareu, Nosareui, Ciodareui, Aneli , Fong noos, Fong moron, ec. ec. I Francesi lo appellano 7'éte de Meduse; ed i Tedeschi der Hallimasch. su L’agarico meleo trovasi al piede di varii alberi naturalmente morti o troncati, non che sulle radici egualmente morte e poste a poca profondità nel terreno, ove sembra terrestre. Ei cresce a cespi voluminosi, composti talvolta di cento e più individui tutti innestati alla loro base; si trova di rado solitario, e in que- sto caso acquista un volume considerabile. Le piante su cui cre- sce a preferenza sono il Salice, il Pioppo, il Noce ed il Gelso; trovasi però non di rado anche sull’Olmo, sull’Ontano, sul Bian- cospino ed altri alberi. Si sviluppa in autunno, verso la fine di settembre, e continua talora a crescere sino al principio di di- cembre. Egli è comunissimo in Toscana, ove, giusta l’asserzio- ne del Micheli, portasi in copia a vendere sui pubblici mercati. Cresce pure e mangiasi in Germania, come ne fa fede Trattin- nik, non che in tutta la Lombardia, ove pure si pone in ven- dita sulle pubbliche piazze. USI E QUALITA SENSIBILI. Il Meleo, attesa la sua assoluta innocenza ed abbondanza, me- rita a buon dritto d’essere annoverato tra i funghi commestibili. Tale infatti è la bontà e la copia del medesimo che, impossi- bile essendo il consumarlo durante la stagione, si suole prepa- rare nell’aceto, nel sale, nell’olio e conservare in tal modo per tutto il rimanente dell’anno. Non tutti gli scrittori però sono egual- mente d'accordo sugli usi e sulle qualità del medesimo. Ve n’hanno alcuni che lo vogliono un cibo dubbio, ed indigesto; ed altri lo credono assolutamente nocivo e mortale. Il primo a crederlo tale fu Paulet, che, avendolo somministrato ad un cane di mediocre grossezza a sei ore circa della sera, asserisce che l’animale fece de’ lamenti per tutto il corso della notte, e morì dodici ore dopo. Dietro questo fatto Persoon e molti altri non hanno esitato ad annoverarlo fra i funghi velenosi, e indicarono i caratteri coi quali si può distinguere dalle specie commestibili che per avventura potessero essere confuse col medesimo. L’agarico meleo, se masticasi crudo, alla prima ha un sapore grato dolcia- stro, il quale poi si rende amaro, stitico, disgustosissimo. Ma questo sapore, che potrebbe a prima giunta muovere a taluno 20 de’ sospetti, perdesi affatto colla cottura. L’odore è particolare, grato, ed ha qualche somiglianza con quello che esala la pasta di frumento preparata colla farina macinata di fresco. Il signor Letellier, che ha più volte mangiato questo fungo innocuamente, asserisce che nel cuocere esso manda un odore disaggradevole. L’agarico meleo, quando si fa cuocere, diventa oltremodo vi- n schioso; e questo è uno de’ suoi principali difetti. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Tra le specie descritte, il fungo che ha qualche somiglianza col Meleo è l’agaricus caudicinus di Persoon, il quale però è esso pure innocentissimo e grato al palato. I caratteri che lo di- stinguono sono: le lamelle e la polvere seminale di color ferru- gineo!; il cappello liscio, o sia privo di peli 0 squame; il gam- bo squamoso-lacero, e fistoloso; l'anello fioccoso, sottile e fu- gace; e il non crescere che sui legni scoperti ed a cespi di po- chi individui. Osservazioni. Quasi tutti i botanici italiani che hanno parlato dei funghi dopo il Micheli ed il Battarra (credendo più agli altrui scritti che alle proprie osservazioni), visto il consumo grandissimo che si fa del Meleo in ogni angolo dell’Italia, lo hanno descritto unanimemente per l’agaricus caudicinus di Per- soon, trascrivendone la frase, senza prestare attenzione alla gran- de differenza di caratteri che passa tra questo e quello. Alcuni hanno pure descritto l’agaricus melleus come fungo velenosissi- mo, giusta l’asserzione di Paulet, asserendo che è raro presso di noi, ed hanno insegnati anche i caratteri onde poterlo distin- guere dall’agaricus caudicinus. Finalmente non mancò chi de- scrisse l’agaricus melleus o polymyces sotto i nomi di mutabilis o caudicinus, come specie innocua; e rigettò poscia, sotto il nome di polymyces e melleus, lo stesso caudicinus o mutabilis come velenoso. Descrivere un fungo comunissimo, innocentissimo, conosciuto anche dal volgo, d’uso pressochè universale, e darlo per iscar- sissimo, per velenosissimo, e sforzarsi di voler trovare nell’iden- tica specie due specie con caratteri e proprietà del tutto diver- se, non è indizio d’ignoranza, di presunzione, di malafede? ICONOLOGIA. Le figure del Micheli (op. c. tav. 81, fig. 2) sono abbastan- za commendevoli. Quelle del Battarra, disegnate nella tavola 11, fig. B-F non possono rappresentar meglio la prima età del Me- leo, al quale pare che possano riferirsi pur anco le fig. C, D, E della tavola 6. Le figure della Flora Danica (tav. 1013), rappresentanti un vecchio cespite, sono esattissime, specialmente nella forma del- l'anello e delle lamelle. Le figure del Bolton (tav. 136 e 140), sebbene mal colora- te, sono pure commendevoli. Anche quelle di Bulliard (op. c.) sono piuttosto buone, quantunque un po’ alterate nella forma dell’anello e delle lamelle. Persoon, Fries e coloro che ne tra- scrissero in seguito le descrizioni citano pure come appartenenti al Meleo i funghi della tavola 540, fig. 3, dello stesso autore. Ma, se si deve giudicare dall’abito e dal colore specialmente delle lamelle, essi appartengono ad un’altra specie. Delle figure di Paulet, il cespite segnato n.° 2, formato d’un gruppo d’indi- vidui alquanto sviluppati, ma col cappello non ancora sciolto dall’anello, non può essere più esatto. Le figure del Trattinnik ( Essb. Schw.) sono cattive e mal colorate. Migliori sono quelle del Sowerby, ma anch'esse sono alquanto imperfette. Roques (Phytogr. medic., tav. 10), sotto il nome di agaric annulaire, ci figurò un cespite di funghi col cappello sparso di punti regolarissimi, colle lamelle non trascorrenti sul gambo e di color terreo olivastro, col gambo munito superiormente d’una fugace e nera cortina, appartenenti probabilmente all’ agaricus lateritius di Fries. i A questa specie debbonsi riferire tutti i funghi preparati colla cera dal sig. Pizzagalli sotto i nomi di agaricus polymyces e di agaricus caudicinus di Persoon, tranne il cespite segnato n.° IX, il quale appartiene ad un agarico della sezione Pratella di Fries, che egli ha pure figurato in cera sotto il falso nome di agari- cus squamosus di Schaeffer, al n° XV 1. e 2.° età. Del dise- gno di questo cespite ornò il sig. Alberti la tavola contro spe- cie TI della sua opera sotto il nome di agaricus melleus, dopo 22 avere già disegnato il Meleo stesso nella tavola 2 come varietà dell’ agaricus caudicinus. Il cespite poi figurato nella tavola co- me tipo della specie vera caudicinus appartiene probabilmente all’agaricus fascicularis di Persoon. SINONIMIA. Micheli conobbe già e descrisse la specie della quale tengo di- scorso sotto il nome di famiglia buona, bianca e leonata; ma la sua frase pare non sia stata fino ad ora da alcuno avvertita. Questo fungo venne in seguito descritto dal Battarra sotto varii nomi nella serie dei polymyces. Bulliard lo fece quindi conoscere, nella tavola citata, col nome d’agaricus anularius, che Ventenat nella descrizione accomunò col mutabdilis o caudicinus, lo che fecero pure De Candolle e Cordier. Persoon, nella sua Syropsis, gli diede il nome di agartcus polyimyces che venne adottato da varii altri micologi. Sowerby lo chiamò agaricus stipitis, e Vahl, nella Flora Danica, il: primo che dopo la Linneana riforma lo descrivesse, lo nominò agari- cus melleus, del qual nome ben a ragione si servi pure Fries nel suo Systema mycologicum. Il sig. Pollini, nella Flora vero- nese, descrisse parimenti, dietro le tracce del Fries, questo fun- go sotto il nome di agaricus melleus, senza accorgersi essere questa la specie da noi usata sotto il nome di Gadbaroli, giac- chè rapporta tutti i suoi nomi vernacoli allo sconosciuto Caudi- cino. Sappia nullameno che la frase del Micheli Fungus ex uno pede multiplex, rupicaprini seu lutei pallescentis coloris, ec. ec. , pag. 191, ed in conseguenza il nome vernacolo che le sta sotto, non si riferiscono nemmeno al caudicinus, essendo i funghi spe- cificati dal Micheli affatto privi dell’anello. Dissi allo sconosciuto Caudicino, giacchè lo descrisse avendo sott’occhio lo stesso Meleo, come ne fan fede i nomi vernacoli, e ciò che soggiugne in una nota in calce al Caudicino stesso, ove dice; immensum caespitem interdum efformat, ec. Tutti gli scrittori infatti che hanno parlato dei caratteri che il Caudicino dal Meleo distinguono, hanno messo tra questi il crescere di quest’ultimo in cespiti assai voluminosi. Ciò che ho detto del Pollini si può egualmente applicare al sig. Alberti, al sig. Bayle-Barelle, al sig. Nocca, ed infine al sig. 23 Larber, il qual ultimo, dietro la guida del Pollini, scrisse pure esser il Meleo un fungo velenoso, e che bisogna por mente a non scambiarlo col Caudicino. La figura del Meleo data da quest’autore, sia lode al vero, non fu malamente concepita; ciò che non può dirsi di quella rappresentante il Caudicino, stando almeno alle figure ed alle descrizioni che rinvengonsi nelle mi- gliori opere di Micologia. I Chiodini o funghi chiodelli descritti dal sig. Bendiscioli alla pag. 54 della sua Collezione sotto il nome di agaricus mutabi- lis (caudicinus, Pers.), ed egregiamente figurati, nel loro pri- miero sviluppo, nella tavola 7 dell’istessa opera, appartengono alla specie in discorso. Di ciò ne fan fede il piedicello liscio, fibroso, pieno (fig. B); l'anello denso; le lamelle pallidissime quasi bianche (fig. C), quantunque la frase del Pollini, da esso adottata , si riferisca interamente all’agaricus mutabilis. Per to- gliere quindi ogni pericolo di confonderli col più volte citato polymyces, specie, com’egli dice, oltremodo sospetta, nella tavola di confronto sostituì al melleus o polymyces i caratteri specifici del mutabilis o caudicinus, e viceversa, a questo i caratteri di quello, per cui, secondo questo micologo, l’agarico sospetto o velenoso non sarebbe più il polymyces ma bensì il caudicinus!! Dal Bendiscioli non si scostò gran fatto il sig. Bergamaschi. Quest’autore nelle sue Osservazioni ed enumerazione storica dei funghi del Pavese, ec., alla sezione Lepiota di Persoon dà due specie; l’una sotto il nome di agaricus caudicinus, Pers., cui annette tutta la sinonimia del polymyces dello stesso autore, chiamata dai Pavesi Gabdbreu; l’altra sotto quello di agaricus anularius DC., cui aggiugne la sinonimia del caudicinus, Pers., detta in- vece Gabdbareu fals. Le descrizioni però sì dell’un che dell’altro sono affatto identiche, ricavate cioè da quella di De Candolle, fatta sull’agaricus anularius di Bull., la quale comprende sotto le varietà « e 8 entrambe le specie Personiane. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. AGARICUS MELLEUS Vazt. Fig. I. Individuo giovinetto verticalmente spaccato, col gam- bo ancora tutto coperto dal lembo inferiore dell’anello a. 24 Fig. II. Cespite di giovani individui aventi la superficie del cappello quasi interamente coperta di peli o squamette pelose. Fig. III. Altro cespite maggiormente sviluppato; 4 individuo spaccato verticalmente per far vedere il gambo fibroso pieno, la forma dell'anello e delle lamelle; 4 altro individuo col cappello appena svolto dall’anello. Fig. IV. Individuo a perfetto sviluppo col cappello scavato nel mezzo a foggia d’imbuto e coi lembi substriati, spaccato verticalmente per far vedere la forma, il colore e la disposizione delle lamelle; e parte posteriore arrotondata d’una lamelletta ; d specie di dente trascorrente sul gambo, corrispondente all’e- stremità posteriore delle lamelle. Fig. V. Individuo d’una grandezza considerabile verticalmente spaccato al medesimo scopo di far vedere la forma, il colorito e la disposizione delle lamelle. , Osservazione. Le varie modificazioni di forme dovute al pro- gressivo sviluppo furono generalmente, e sono tuttavia nell’ico- nografie dei funghi trascurate. Quindi è che coloro i quali non hanno studiato il fungo in tutti i suoi stadii della vita, si tro- vano bene spesso imbarazzati nell'esame delle tavole micologiche. Il Meleo ne offre un esempio. Accostumata la maggior parte a vederlo, allorchè portasi sui mercati, non ancora perfettamente sviluppato, sotto la forma cioè di chiodetti, esita bene spesso a riconoscerlo su quelle tavole in cui trovasi soltanto nello stato di perfetto sviluppo delineato, od almeno le crede difettose. Ciò interviene anche a coloro che per la prima volta in tale stato lo esaminano in natura (*). Per sì fatto motivo ho scelti a pre- ferenza pel disegno della presente tavola dei cespiti d’individui non ancora del tutto sviluppati, quali soglionsi raccorre dai più per uso di cucina. Non ho però ommesso le figure degli adulti, sui quali è anzi basata l’intera descrizione. (1) Il merulius nigripes che il sig. Bergamaschi (op. c. p. 48) dice crescer in ogni parte nei dintorni di Pavia ed aver egli visto verso S. Pietro in Verzuolo unito a maz- zi al piede de’ morti gelsi, era senza dubbio l’agarico meleo vicino al suo deperimen- to. Il merulius nigripes è oltremodo scarso tanto nella Pavese quanto nelle altre pro- vincie, e cresce solitario e sempre sul nudo terreno. 25 AGARICUS OSTREATUS Jaco. Caespitosus. Pileus carnosus, glaber, e nigricante-cinereus , expal- lens. Lamellae decurrentes, albido-cinereae , postice wiplurimum reticulatim ‘connexae. Stipes albo-cinerascens, laevis aut piloso- strigosus, sublateralis, nullusve. Agaricum esculentum, squamosum, glabrum, superne obscurum, inferne subalbidum et lamellatum. Mich. Gen., p. 122. Agaricus ostreatus. Jacq., Flor. Austr., tab. 104. — Curtis, Flor. Lond., tab. 216. — Trattinnik, Essb. Schw., pag. 92, tab. O. — Fries, Syst. myc., 1, pag. 182. — Pers., Syn., pag. 477, et Myc. europ., sect. III, pag. 35. Agaricus nigricans. Flor. Dan., tab. 892, et Agaricus fimbriatus. Ejusd., tab. 891. Agaricus dimidiatus. Bull., Champ., pag. 385. Pileus junior nigro- violaceus, varius, integer, subumbonatus , subinfundibuliformis, vel omnino dimidiatus, circa margines si- nuosus vel etiam squamoso-tuberculosus. Lamellae parum numero- sae, interdum solitariae, demum etiam pallescentes; lamellulae numerosissimae, longiores, postice rotundatae. Stipes interdum cen- tralis , regularissimus, supra dilatatus atque in pileum diffusus. Caro subtenax, fibrosa, aquoso-albida. Sapor gratus , subdulcis ; odor gratus, quasi polypori suaveolentis. Ubique ad truncos emor- tuos praesertim Populae et Salicis. Autumno, hieme et vere. Escu- lentus ! AGARICO OSTREATO pi Jacquin. Appartiene alla sezione Pleurota di Persoon, ed alla suddivi- sione Corcharia di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico ostreato ha il cappello di forma variabilissima, di- pendente dal sito in cui cresce e dall'azione della luce; i suoi margini sono lisci, alquanto arrotolati al di sotto (Tav. IV, fig. II, III), coll’epidermide difficilmente staccabile, umidetta, però non mai viscida. Il suo colore, che è il bruno cinericcio, suol variare tanto per rispetto all’età che al luogo di nascita. In ge- 4 26 nerale, divenendo vecchio il fungo, il cappello prende un color di marrone chiaro, o cinereo carnicino (v. Flor. Dan., tav. 891), lo che succede bene spesso anche per difetto della luce (v. Pers., Myc. europ., l. c., tav. 25, fig. 2). Le lamelle sono scarse, di forma curvilineo-lanciolata, molto lunghe ed alquanto strette (fig. V, VI); esse scorrono visibilmente sul gambo per un lun- ghissimo tratto, e terminano col dividersi ed anastomosarsi a vicenda, formando una specie di rete a maglie allungate (fig. I, IV). Talvolta però v' hanno nell’istesso cespite degli individui colle lamelle affatto solitarie, o sia non saldate tra loro, ed altri colle lamelle forcute, saldate cioè coll’estremità posteriore delle lamellette. Le lamellette sono numerosissime (quattordici e più tra due lamelle): le più corte hanno la forma delle lamelle; quelle invece che si avanzano sin quasi sul gambo hanno l’e- stremità posteriore arrotondata (fig. VI, 4). Le lamelle hanno un colore bianco sporco, o cinericcio dilavato, che in alcuni in- dividui passa ad una leggierissima tinta carnicina o giallastra, non sono tanto fragili, nè di soverchio aderenti alla carne tanto del cappello che del gambo. Il gambo, che ha il color delle la- melle, è più o men lungo, dilatato superiormente, e per lo più assottigliato verso la base, ove talora è coperto d’una specie di fina e bianchissima lanuggine (fig. V, d) del tutto accidentale. La carne del cappello è elastica, fibrosa, d’un bianco innacqua- to nel centro, ed essa pure d’un color cenerognolo sotto l’epi- dermide; quella del gambo è più tenace, e le fibre che la com- pongono vanno a disperdersi nella carne del cappello. Nel fun- go secco, l’epidermide prende una lucentezza metallica, la carne diventa tenacissima, ed il colore delle lamelle passa al citrino languido. SVILUPPO. Al primo svolgersi, l’agarico ostreato si presenta sotto la for- ma di punti o linee biancastre, dalle quali si veggono a poco a poco sorgere piccoli tubercoletti di forma conica che sono i ru- dimenti del gambo e che, continuando a crescere, s’ingrossano al loro apice, costituendo così il cappello (fig. I, 4). Tutto il LI fungo, in quest'epoca, è coperto, tranne la parte corrispondente 27 alle lamelle, d’una fitta lanuggine biancastra, la quale va a ma- no a mano scomparendo col successivo suo sviluppo. Il fungo alla prima è regolarissimo, e quando cresce sopra un piano oriz- zontale svolge un cappello tondeggiante, alquanto prominente nel centro a guisa d’un capezzolo, ora ombilicato e pressochè infondiboliforme, col gambo lungo, centrale, più o meno rego- lare e dritto (fig. I, 2 e fig. II). Sorgendo al contrario da un piano verticale, allora il cappello prende una forma elissoide col gambo eccentrico e curvato in alto (fig. III, IV, VI). Talora infine, abortendo la porzione del cappello serrata contro il tron- co da cui esce, presentasi dimezzato, con gambo affatto laterale (fig. Ill), od anche senza gambo (fig. V). Una cagione di sì fatte anomalie è pur anco la luce, per cui gl’interi cespiti veg- gonsi ordinariamente verso mezzogiorno inclinati, e dalla parte istessa maggiormente ingrossati. Il cappello privo del tomento che lo cuopre in gioventù è di color bruno nereggiante, con leggier tinta violacea. I bordi di esso, arrotolati da prima verso le lamelle, svolgonsi gradatamente col crescere del fungo, e ne- gli individui maturi, scorgonsi tal fiata più o meno lobati e su- periormente squamoso-tubercolosi (v. Flor. Dan. tav. 891). Nel fungo stravecchio, le lamelle divengono giallastre (v. Bull. tav. cit.). La polvere seminale è abbondantissima e d’un bianco por- porino ! L’agarico ostreato vien detto dai Toscani Gelone, Cardela , Cerrena. Volgarmente si nomina Orgel, Bortolan, Ciaccer, Car- netta, ec. ec. In Francia gli sono stati dati i nomi di Agaric en conque, Oreille de Nouret, o Noiret. I Tedeschi lo chiamano der Drehling. L’agarico ostreato cresce a cespiti numerosi d’individui sugli alberi morti ed alquanto fracidi; di rado trovasi solitario. Esso svolgesi ordinariamente in autunno avanzato ed in primavera, Resiste in singolar modo al freddo, e gl’individui già da qual- che tempo induriti dal gelo, trasportati colla propria matrice in luogo temperato, continuano a vegetare. Egli è perciò che tro- vasi sovente anche nel cuor dell'inverno, qualora questo non corra troppo rigido e secco. E da qui ebbe probabilmente origine il sio nome di Gelone. Gli alberi su cui nasce più comune- 28 mente sono il Pioppo, il Salice, il Gelso ed il Noce. Egli è co- mune in tutta l'Italia. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico ostreato viene giustamente, per la sua bontà ed in- nocenza, ammesso tra i funghi commestibili, de’ quali è pure permessa la vendita sulle pubbliche piazze. Esso mangiasi infatti in varie parti dell’Italia, ove in alcune provincie si sottopone ad una specie di cultura, multiplicandolo artificialmente sulla fecola delle bacche dell’alloro (V. Annali di Fisica di Pavia, tom. X, dec. II, pag. 232 ). La sua carne però, soda e tenace, sebbene di sapore ed odor grato, riesce alquanto indigesta, massimamente quando si colga il fungo in età troppo avanzata. Egli è perciò che non debbesi far uso se non degli individui giovani e pre- viamente cotti nell'acqua. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. "> L’agaricus salignus di Persoon è quello, secondo la descrizio- ne che ne danno i micologi, che più assomiglia all’Ostreato, e di cui non è forse che una mera varietà. Esso non distinguesi da questo che per la lanuggine del ‘gambo, e per le lamelle subramose, ciò che si osserva bene spesso anche nell’agarico in questione. Un altro fungo simile nel colore e nelle forme all’Ostreato si è l’agaricus Eryngiî di De Candolle, del quale darò a suo luogo la descrizione, ed i caratteri che da questo lo distinguono. Del resto tanto l’agaricus salignus, quanto l’ agaricus Eryngii sono pure esculenti. ICONOLOGIA. Le figure di Jacquin, quantunque ne presentino assai. bene l'abito, in generale sono cattive; migliori sono quelle del Trattin- nik; ed a tutte superiori, specialmente nella forma, quelle del Curtis. Le figure della tavola 892 della Flora Danica sono abbastanza 29 esatte sì nella forma che nel colorito. Nè a queste inferiori sono quelle della tavola 891 della stessa Flora, rappresentanti un cespite d’individui cresciuti sopra un piano orizzontale, dotati perciò di forme meno irregolari e tutti muniti del gambo. Tutti i funghi rappresentati da Bulliard nelle tavole 508, 517, 298, sotto i nomi d’agaricus dimidiatus e conchatus, stando alle sole forme generali, apparterrebbero alla specie della quale tengo discorso. Niuno però offre le lamelle anastomosantisi alla base, e del color vero di quelle dell’agarico ostreato; anzi Bulliard istesso afferma di non averli mai veduti colle lamelle bianche. L’agaricus glandulosus dello stesso autore (tav. 426) rasso- miglia perfettamente all’ Ostreato. La sola differenza sta nelle ghiandolette pelose di cui sono sparse le lamelle, e che forse non sono altro che i germi del fungo sviluppantisi sulle lamelle stes- se, come vidi più volte intervenire a quelle dell’Ostreato. Le figure A e B della tavola 21 della Collezione dei funghi commestibili del sig. Bendiscioli, rappresentanti due cespiti del- l’Ostreato sotto il nome di agaricus Eryngi DC., sono piut- tosto buone. Bello è il vedere quest'agaricus ostreatus, Jacquin, dice il sig. Alberti nella sua opera sui funghi; e intanto esso ci presenta una figura pessimamente tratta da quelle di Jacquin, che la si direbbe non un fungo, ma un ammasso di ciottoli. Fungo cespitato a multiplici individui addossati l’uno sopra Paltro a foggia d’embrici, ed appigliati tutti ad un comune sti- pae. Lamelle grossette, regolari. Da queste poche parole tras- se il Larber (Saggio suz funghi, ec.) la figura dell’Ostreato, che quanto al vero s'assomiglia non è a dire. Appartengono pure a questa specie i funghi preparati in cera dal sig. Pizzagalli sotto il nome di agaricus conchatus di Bulliard. SINONIMIA. Questo fungo, descritto già dal Micheli sotto i nomi di Car- dela, Gelone, ec., si fece conoscere pel primo da Jacquin sotto il nome di agaricus ostreatus, nome adottato dal Persoon, dal Curtis, dal Sowerby, dal Fries e da molti altri micologi. Gli 30 autori della Flora Danica lo chiamarono in seguito agaricus ni- gricans, a cui devesi pure riferire l’agaricus fimbriatus della stessa Flora. Schaeffer nella sua opera sui funghi (v. tav. 43, 44) proba- bilmente descrisse e figurò l’Ostreato sotto il nome di agaricus flabelliformis, da cui pare abbia tratto Persoon il suo agaricus inconstans. E sebbene le figure dello Schaeffer per l'irregolarità del cappello sembrino scostarsi alquanto dalla nostra specie; le lamelle nondimeno, sia pel colore, sia per la forma, perfettamente con essa combinano. Nè avvi altra specie di questa sezione de- scritta o figurata dallo Schaeffer, che rappresenti l’Ostreato, fun- go del resto comune a tutta l'Europa. Pollini infatti (v. Flor. Veron., tom. 3, pag. 629) sotto il nome d’agaricus inconstans Pers. (agaricus flabelliformis, Schaeff.) ha creduto certamente di comprendere l’agaricus ostreatus di Jacquin, l’unico che sia co- mune da noi, e che si mangi sotto i nomi volgari da esso espo- sti. Ne riesce per altro di sorpresa il vedere dallo stesso au- tore, in una appendice alla sezione Pleurota, descritto tra gli altri funghi anche l’agaricus ostreatus di Jacquin come specie distinta. Il sig. Larber sotto il nome d’agaricus inconstans, tratto, da quel che pare, in errore dal sig. Pollini, fece figurare un fungo che nè all’agaricus ostreatus di Jacquin, nè all’agaricus flabelliformis Schaeffer punto somiglia, e che dice di natura sospetto pel suo tessuto poco acconcio a venir digerito (esculentus sed indigesti- bilis, Pollini 1. c.). Bendiscioli, all’incontro descrisse e figurò, unitamente ad altra specie, l’agaricus ostreatus per l’ agaricus Eryngii DC. Finalmente il Prof. Nocca nella sua Flora Tici- nese, credendo descriver l’Ostreato, che, secondo che egli dice, ad arborum truncos solitarius aut gregarius utplurimum occurrit, descrisse l’agaricus orcellus di Pertsoon (agaricus orcella di Bul- liard) specie terrestre, e che, come si vedrà a suo luogo, deve riferirsi all’agaricus prunulus della maggior parte degli autori. Lo che venne pur fatto dal dott. Bergamaschi, che seguì bonaria- mente le pedate del proprio maestro, dopo aver già dato l’aga- ricus flabelliformis di Schaeffer colla sinonimia dell’agaricus dimi- 3I diatus et stipticus di Bulliard, e colla descrizione della dedalaca quercina di Persoon!!! Per sì fatta maniera vengono anche i funghi più comuni resi ineerti da coloro, che, per un mal inteso spirito filantropico, vo- gliono disputare intorno a quelle cose che perfettamente ignorano. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV. AGARICUS OSTREATUS Jaco. Fig. IT. @ rudimenti del fungo; 4 cespite cresciuto sopra un piano orizzontale, formato di giovani individui muniti tutti di gambo apparentissimo e di cappello regolare, ma alquanto in- clinato dal lato della luce. Fig. II. Individuo di recente sviluppato, verticalmente spacca- to, ove si vedono i bordi del cappello arrotolati all’insotto verso le lamelle. Fig. III Altro giovane individuo, tratto da una fessura d’un tronco, spaccato pure verticalmente per far vedere l'irregolarità dello sviluppo, dipendente sia dal luogo della nascita, sia dal- l’azione della luce. Fig. IV. Cespite cresciuto sopra un piano verticale, formato d’individui alquanto sviluppati, con forme piuttosto irregolari, Fig. V. Individuo cresciuto sopra un piano verticale intera- mente sgambato. In questi funghi le fogliette sono disposte a guisa di ventaglio e si riuniscono posteriormente verso i rudi- menti del gambo, o sia verso il punto d'attacco del cappello col luogo di nascita. Fig. VI. Individuo fatto crescere artificialmente entro una serra dell’I. R. Orto Botanico di Pavia, il quale, quantunque so- litario e disposto sopra un piano orizzontale, si è sviluppato sol- tanto dal lato della luce; c estremità posteriore arrotondata di una lamelletta; 4 specie di lanuggine o tomento che cuopre la parte inferiore del gambo, e talora anche la superficie del cappello degli individui vecchi o cresciuti in luogo troppo umido ed oscuro. 32 Osservazione. Tutte queste irregolarità di forme a cui vanno soggetti specialmente i funghi parassitici e cespitosi colle lamelle trascorrenti, devono rendere avveduto il micologo onde non sia troppo corrivo nel crear nuove specie senza averne prima stu- diato l’intero sviluppo, unico mezzo onde fissarne i veri carat- teri specifici, riconoscibili ben anco in mezzo alle più strane anomalie. 33 AGARICUS MUSCARIUS Linn. Pileus rubro-miniatus, convexo-explanatus, margine striato, velo crasso, in verrucas polymorphas diviso, eleganter obtectus. Lamel- lac aquoso-albidae; lamellulae postice truncatae. Stipes farctus , anulatus , bulboso-squamosus. Volva marginata , fugax. Fungus bulbosus, e volva erumpens, pileolo superna parte aureo, et ad oras striato, in» ferna, et anulato pediculo albis, radice bulbosa. Mich., Gen. pag. 188, tab. 78, fig. 2. Agaricus muscarius, Linn. , Flor. Suec. 1235. — Schaeffer, Fung., tab. 27, 28. — Fries, Syst. myc. I, pag. 16. Agaricus pseudo-aurantiacus, Bull., Champ., tab. 122, aliorumque. Amanita muscaria , Persoon, Syn., pag. 253. Hypophyllum muscarium, Paulet, Champ. 2, pag. 346, tab. 157. b pileo hepatico. Pileus epidermide crassa vestitus, humidus, subviscosus; demum subsiccus, nitidus, margine obsolete striatus. Verrucae candidae aut pallide citrinac, floccoso-membranaceae, nunc latae, depressae, nunc minutae , angulosae , acutae, versus margines plerumque numero- stores. Lamellae crassiusculac , postice aequaliter attenuatae, mar- gine denticulatac. Stipes longus, apice dilatatus, supra bulbum verrucis nunc circularibus, nunc sparsis (veli portiunculis), vel squamulis , e cortice lacerato, ornatus, intus medulla gossy- pina farctus. Anulus amplus, membranaceus, supra substriatus , subtus squamulosus, margine libero, verrucis regulariter dispositis, fimbriatus. Color stipitis et anuli nunc albus, nunc pallide citri- nus vel flavescens. Volva marginata mox post pilci evolutionem evanescens. Odor non ingratus; sapor dulcis. In sylvis quercinis haud frequens, Septembri, Octobri. Venenatus. q AGARICO MOSCARIO pi Linneo. Appartiene alla sezione delle Amanite di Fries, ed alla sud- divisione delle Zignose del Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico moscario perfettamente sviluppato (Tav. V, fig. IV), ha il cappello appianato, alquanto protuberante verso il centro, 5 34 leggiermente striato ne’ margini, e tutto coperto di bitorzoletti o verruche (fig. III, c) di varia forma e grandezza, e di colore ora bianco, ed ora citrino pallido. L’epidermide del cappello è piuttosto crassa, granosa, umida, e spalmata come di glutine , difficilmente staccabile, massimamente quando il fungo è giovane, dalla carne sottoposta. Nel mezzo del cappello, essa è d’un color vivo di cinabro; ma il di lei colore va gradatamente scemando verso i margini, cangiandosi in un bel rancio di minio. La carne del cappello è candida, con leggier tinta giallognola verso l’epi- dermide. Essa è abbondante nel centro, scarsa verso i margini, ove svanisce quasi interamente, lasciando campo all’epidermide d’infossarsi tra le duplicature della membrana fruttifera (ime- nio ) corrispondenti al dorso di ciascuna delle sottoposte lamelle. Queste sono numerose, d’un bianco innacquato, di forma lan- ciolata, posteriormente ristrette ed acuminate, un po’ panciute ed ottuse anteriormente, frangiate finamente nel loro margine libero, ed un po’ rimote dall’apice del gambo. Le lamellette sono piut- tosto scarse, e troncate posteriormente in una linea retta o fal- cata (fig. IV, f). Il gambo è alto, subcilindrico, dilatato all’a- pice, bulboso alla base, squamuloso su tutta la superficie, e specialmente verso la sommità del bulbo, ove scorgonsi di fre- quenti alcune squame circolari interrotte che lo contornano (fig. HI, 5). Il gambo è pure munito d’un anello (fig. IV, g) mem- branaceo, persistente, ampio, tomentoso-striato superiormente , squamuloso al di sotto, coi bordi elegantemente e regolarmente frangiati. Il gambo è fibroso, ed offre internamente una cavità piena di sostanza simile alla bambagia. Il color del gambo e dell’anello varia dal bianco allo zolfino languido o biondeggian- te. Non avvi traccia di volva. SVILUPPO. L’agarico moscario sta rinchiuso in origine in una volva ton- deggiante d’uno spessore considerabile, ed alquanto appianata su- periormente. A mano a mano che l’embrione si svolge, la parte superiore e centrale della volva, corrispondente alla sommità del fungo, s’assottiglia, e, lacerandosi poscia circolarmente, ne lascia i inni — sx n 35 uscire il cappello, il quale trasporta seco quella tenue porzione della volva che corrispondeva al suo vertice. Offre in tal epoca il fungo l’immagine di due globetti sovrapposti l’uno all’altro (fig. I), de’ quali, l’inferiore, che è più grosso, corrisponde alla base, e precisamente al bulbo del gambo; l’altro globetto corrisponde al cappello. I margini lacerati della volva, che contornano la parte alta del suddetto bulbo (fig. I, 7), scompaiono ben tosto allo svolgersi del gambo, di maniera che nel fungo adulto non se ne vede traccia alcuna. Uscito il fungo dalla volva, rimane tuttavia parzialmente avviluppato in una seconda membrana (fig. I), la quale, discendendo verso l’apice del gambo per di sotto al- l’anello (fig. II, 2), si ripiega esternamente sul cappello (fig. IT, d) cuoprendolo interamente. Questa membrana, che io chiamo velo, come che di natura floscia e farinosa, dividesi, all’ingrossare del cappello del fungo, in tanti bitorzoletti o verruche, le quali, scostandosi successivamente le une dalle altre (fig. III, c), la- sciano trasparire la sottoposta epidermide, ed il cappello ne ri- mane vagamente macchiato. Queste verruche, sebbene di molto aderenti all’epidermide del cappello a motivo della sua viscosità, possono nulladimeno levarsi di leggieri, per poco che si inumi- disca l’epidermide stessa, non avendo esse con questa alcuna or- ganica connessione. L'anello, compreso nella sua infanzia tra il gambo e le lamelle (fig. II, e), ed attaccato da una parte al- l’apice del gambo, dall'altra ai bordi del cappello, allo svolgersi del fungo, staccasi circolarmente dalla base del gambo che si va allungando, e seguendo i margini del cappello dilatasi circolar- mente cuoprendo tutta la parte inferiore di esso (fig. III, a). Finalmente staccato per virtù della vegetazione anche dai bordi del cappello, ricade sul gambo a foggia di collare o gonnella, trasportando seco dei briccioli di velo, per cui ne rimane fran- giato (fig. IV, g). Dal laceramento del velo e dell’epidermide del gambo, pel distacco rapido dell’anello, hanno pure origine quelle squame circolari interrotte che circondano la sommità del bulbo (fig. III, 2), non che tutta la superficie del gambo. Sbrigatosi per tal modo il fungo da ogni sorta di vincolo, as- sume in poco d’ora le perfette sue forme, spandendo in fine una copiosissima polvere seminale bianca. Dopo di ciò il bel colore di 36 cinabro cangiasi in giallo languido, e l’intero fungo avvizzisce e muore. L’agarico moscario chiamasi dai Toscani Zigrosa dorata, o Uovolo malefico, minore, rosso e bianco rigato. Volgarmente Cocch velenos, bastard, matt, Cucù rosso, Pollin ross, ec. 1 Francesi lo dicono Fausse Oronge, ed i Tedeschi der Fliegenschwamm. Il Moscario è terrestre, solitario. Cresce tanto nelle selve om- brose ed umide di querce e castani, quanto ne’ luoghi soleg- giati ed aperti tra l’erica, in vicinanza de’ pini e delle betule. Vegeta sul finir dell’estate ed in autunno avanzato. Il Moscario è sommamente scarso presso di noi, ma riscon- trasi sparso qua e là negli aridi boschi della Grovana in vici- nanza di Limbiate nell’alto milanese; nelle selve uggiose del Ro- tone presso Pavia, ove occupa un limitatissimo spazio, non che in quelle di Carbonara nell’Umelina. Trovasi anche ne’ dintorni di Bergamo, e, se debbesi prestar fede a ciò che ne dissero i medici provinciali nelle loro relazioni trasmesse all’ Imperial Re- gio Governo in proposito di Funghi, vegeta pure nel resto delle provincie lombarde. INDOLE E QUALITA SENSIBILI. LI L’agarico moscario è senza esitanza uno de’ funghi più peri- colosi che si conoscano. Esso infatti, sotto le sembianze le più av- venenti e lusinghiere, non disgiunte da un sapore e da un odore che son grati, racchiude uno de?’ più terribili veleni, e ne appre- sta bene spesso una mortifera vivanda. Questo fungo ha la me- desima azione de’ veleni narcotico-acri, predominando in esso l’azione narcotica. Egli è però di gran lunga meno attivo del- l’agarico viroso e dell’agarico di primavera, nè è sì irreparabile il danno che apporta. ESPERIMENTI. Avendo io somministrato ad un grosso cane circa quattro once di questo fungo appena raccolto e fatto in minuti pezzi, l’animale lo digerì interamente, nè diede il minimo indizio di patimento. Ne replicai il dì vegnente la dose, e con mia somma sorpresa ebbi lo stesso risultamento. 37 Bulliard e Paulet dicono d’averlo sperimentato sui cani e sui gatti, i quali tutti perirono nello spazio di sei a nove ore, an- che quando lo amministravano a piccole dosi. Bulliard asserisce per altro d’averne egli stesso prese due once, senza sentire al- cun incomodo. Il Moscario, masticato crudo, ha un sapore grato dolciastro; il suo odore è pur quello de’ migliori funghi. Essiccato, perde poco delle sue forme; il cappello passa al color fulvo con lucentezza metallica, conservando ancora aderenti i briccioli del velo; le la- melle, il gambo e l’anello diventano giallognoli, e tutto il fungo acquista un gratissimo e penetrante aroma. Il sugo del Moscario ubbriaca, per così dire, le mosche, le quali, per poco che vi pog- gian sopra, cadono in una specie di sopore, ma alcune poche sol- tanto ne rimangoro vittima. Fa certo meraviglia che Bulliard non abbia mai potuto osservar questo fenomeno, quantunque ne avesse replicatamente tentate le prove; egli è appunto da que- sta proprietà d’uccidere, od almeno ubbriacare le mosche che venne detto Moscario. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Se v’ha specie che più interessi di ben conoscere non solo, ma di saper anche distinguere da qualunque altra con cui potesse esser confusa, ell’è senza dubbio la presente. Innumerevoli per- sone furono la vittima di sì fatta ignoranza; e questi funesti casi veggonsi con raccapriccio rinnovare di quando in quando, massi- mamente in que’ luoghi ove alligna questa mal augurata specie. L’agarico cesareo, come abbiam già fatto sopra ‘osservare, è quello che più d'ogni altro lo rassomiglia, specialmente nel colorito, per cui ne è l’uso tanto periglioso ed incerto. Distinguesi il Moscario dal Cesareo primieramente per la man- canza della volva (') alla base del suo bulboso gambo, che scor- (1) Micheli, alla pagina 186 della sua opera, fa menzione d’un fungo chiamato dai Toscani Vovolo malefico rosso, il quale ha molta somiglianza col Moscario in discor- so, ma che ne diversifica per la presenza d’una volva ampia e molto apparente, ciò che renderebbe il suenunciato carattere, ammesso da tutti come il più sicuro, alquane to equivoco. 38 gesi ampia e manifesta cingere la base acuminata del gambo del Cesareo; secondariamente il cappello del Moscario è quasi sempre carico dei rimasugli del velo che lo copriva in origine, mentre il cappello del Cesareo è sempre nudo, mancando esso di velo; finalmente le lamelle del Moscario sono sempre bianche, mentre quelle del Cesareo sono costantemente giallo-zolfine. Ag- giungasi, che l’agarico moscario giovinetto non ha mai la forma ovoide del Cesareo. L’agarico moscario si può pure confondere, prescindendo dal colore, coll’agarico panterino di Fries, di cui ha tutta l’apparen- za, ma_di questo ne farò parola a suo luogo. ICONOLOGIA. Le figure del Micheli, tav. 78 fig. 2, appartengono ad una va- rietà piccola del Moscario, detta appunto dai Toscani Z7gnosa rigata minore. Dall'esame di queste figure scorgesi manifestamente che la pretesa volva squamosa non è altro che la buccia del gambo sciolta in squame circolari; non sapendosi altrimenti come spiegare la presenza di queste squame verso l’apice del gambo, qualora appartenessero alla volva. Le figure di Paulet, I. c., sono le più esatte. Tra queste l’in- dividuo più giovane non può rappresentar meglio l’abito di questo fungo. Gli altri due individui sono un po’ difettosi nella forma del bulbo. Le figure dello Schaeffer non sono delle migliori. Le figure 4,5, 6 della tavola 27 hanno l’anello inferiore od ascendente che non è proprio d’alcun fungo di questa sezione; e le figure tutte della tavola 28 sono lisce ne’ margini. Anche le figure di Bulliard, sebbene ne presentino assai bene l’abito, non sono del tutto esatte. La figura A col gambo fisto- loso e colle lamellette posteriormente acuminate non è dise- gnata dal vivo; le figure B, C non sono striate ne’ margini; la figura D si scosta pure dal vero, come si rileva agevolmente dalla disposizione della carne del cappello, dalla forma delle lamellette, dell’anello e del gambo. Le figure del Bendiscioli sono copiate da quelle del Bulliard. 59 Le figure del Roques (P%yt medic.) sono piuttosto commen- devoli, specialmente quelle segnate n.° 2. rappresentanti due gio- vani individui. Ciò non possiam dire di quelle del Larber, del- le quali, quella in ispecie indicante il fungo non ancora sviluppa- to dalla volva, che egli appella sforacchiata, è del tutto imma- ginaria. Le figure finalmente che il sig. Alberti ha fatto disegnare sot- to il nome di agaricus muscarius, specie, com’egli dice, comunis- sima, appartengono probabilmente! a tre individui dell’agaricus pantherinus di Fries, dei quali due hanno il cappello colorato in rosso, forse per isbaglio del pittore, se invece in oscuro, co- "è m'è infatti l’agaricus pantherinus. SINONIMIA. Il Moscario, notissimo anche agli antichi sotto i nomi di fun- gus muscas interficiens, di Mel muscarium venenatum, ec., venne descritto dal Micheli col titolo di Zigrosa dore, ed Uovolo ma- lefico, minore, rosso e bianco rigato, al quale pare che apparten- ghi ben anco l’Vovolo selvatico malefico rosso, ec., descritto alla pag. 187, quantunque lo dica scevro di strie sui margini. Linneo quindi lo descrisse sotto il nome di agaricus musca- rius, che venne adottato dallo Schaeffer, da Fries e da presso che tutti i botanici. Bulliard lo chiamò agaricus pseudo-aurantiacus, e Persoon, nella sua Syropsis, amanita muscaria. L’amanita puella Rec., l’agaricus imperialis, Batsch, l’agaricus rubens, Scop., l’a- manita ica, Pers., Paggena muscarium, Paul., appar- tengono pure a questa specie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V. AGARICUS MUSCARIUS Linn. Fig. I. Piccolo individuo col cappello appena sbucciato dalla volva, coperto tuttavia dal velo; i margini lacerati della volva che contornano la sommità del bulbo costituente la base del gambo. 40 Fig. IL Individuo maggiormente sviluppato, verticalmente spac- . cato ad oggetto di far vedere l’origine del velo 2, ed il suo di» scovrimento sulla superficie del cappello d; e anello compreso in origine tra il velo e le lamelle. Fig. INIL Individuo vicino al suo perfetto sviluppo; @ anello ancora aderente ai bordi del cappello; c bitorzoletti o verruche, di cui è sparsa la superficie del cappello istesso, provenienti dal laceramento del velo; 3 squame circolari interrotte, formate dal- lo scioglimento del velo (fig. II, 2) e della buccia del gambo (figo) r Fig. IV. Fungo a perfetto sviluppo, verticalmente spaccato per far vedere la forma delle lamelle e delle lamellette, la di- sposizione e la natura della carne tanto del cappello che del gambo ; f estremità posteriore d’una lamelletta terminata da una linea retta, quasi fosse verticalmente troncata; g bordi frangiati dell’anello per l’attacco d’una porzione di velo; % squame for- mate dallo screpolamento della buccia del gambo. 4i AGARICUS CAMPESTRIS Lixn. Pileus carnosus, siccus, epidermide nunc integra, nunc squamoso- lacera, vel sericeo-laevi vestitus. Lamellae liberae, primum pallidae, mox carneae, demum fuscae. Stipes plenus , albus, anulo conco- lore, immutabili cincius. Volva fugacissima. Agaricus campestris. Fries, Syst. I, pag. 281. Sequenti modo variat: A. EDULIS (Tav. VI). Pileo pulvinato, albo, laevi, margine integro, juniori involuto; lamellis postice obtusis; anulo bifido, de- mum ascendenti, subinfundibuliformi. Fungus esculentus, major, pileolo lato, pulvinato, superna parte candido , inferne la- mellis purpurascentibus, pediculo brevi, supernae pileoli parti concolore , et duplici anulo cincto. Mich.', Gen., p. 174, n.° 2, et Fungus esculentus, pratensis, pileolo fornicato , desuper laevi et candido, inferne sub- purpureo , pediculo breviore, ample anulato , et supernae pileoli parti concolore. Ejusd., pag. 174, n.° 7. Agaricus edulis. Bull., Champ., tab. 514, fig. L, M? — Persoon, Syn., pag. 418? Agaricus campestris. Trattinnick, Essb. Schw., tab. L (figurae dexterae et inferiores). Amanita alba! Alberti, l. c., tab. I, adjuncta. Hypophyllum campestre. Paulet, Champ., t. 130, fig. 10! Magnus; junior omnino subterraneus, forma lycoperdinea. Sti- pes subaequalis , brevis , crassus , firmus. Anulus inferiora versus bifidus , seu duplicatus, internis et externis pilei marginibus , sti- pitique affirus, demum liber ac interdum mobilis. Frequens in locis acclivibus glareosis, ad viarum margines, etc. Aestate et au- tumno. Caeteris sapidior. B. PRATENSIS (Tav. VII, fig. I-VI). Pileo demum fusco- purpureo, piloso-squamoso, margine lacero, juniori vix involuto; la- mellis ventricosis, postice obtusis; anulo deflexo, lacero, subfugaci. Fungus esculentus, etc. Mich., Gen., pag. 174, n.° 1, 4,8, et Fungus esculentus desuper ex albo purpurascens , et veluti subhirsutus, etc. Ibid. , pag. 175. Agaricus campestris. Linn., Flor. Suec., pag. 1203. — Schaeff., Fung., tab. 33 (optime). — Flor. Dan., tab. 714. — Bolton, Funguss., tab. 45. — Persoon, Syn., pag. 418. Hypophyllum campestre. Paulet, l, c., tab. 130, fig. 3, 4, 6, 8,9; In 6 42 Fungus junior niveus, vix squamosus. Lamellae juniores laete carneae, vel rubentes. Anulus tenuis, membranaceus, nunc stipiti, nunc pilei marginibus adhaerens, interdum omnino cortinaeformis. Stipes breviusculus, basi plerumque acuminatus. Caro mollis, de- licata , rubescens , saporis et odoris grati. Omnium comunissimus in arvis, campis, ad latera viarum, etc. Raro in sylvis. Hujus quoque duo occurrunt varietates. 2. vaporarIvs ( Tab. VIII). Fungus esculentus, pileolo desuper ex fulvo subobscuro , cute lacera , inferne dilute purpureo , pediculo longo, albo, anulato , ac radicem versus crassescente. Mich., Gen., pag. 176. Agaricus campestris. Sowerby, Fung., tab. 305. — Trattinnick, Essb. Schw., tab. L ( figurae sinistrae et superiores). Agaricus campestris , varietas vaporarius! Pers., Syn., pag. 418-9. Agaricus edulis. Bull. tab. 134? Hypophyllum campestre. Paulet, tab. 130, fig. 1, 2,5, 7? Fungus junior ovatus. Pileus, initio, sericeo-laevis , rufescente- umbrinus , castaneus; demum piloso-squamosus , margine lacero. Lamellac substrictae , postice acutiusculae , juniores dilute purpu- reae. Stipes crassus, longus, squamulosus, subbulbosus. Anulus amplissimus , tumidus , margine piloso-fimbriatus , persistens. Caro compacta , praecedentium minus sapida; odor fere nullus. Ad la- tera viarum, circa fimum equinum , quo etiam in vaporariis arte colitur. Aestate et autumno obvius. B. RADICATUS. Fungus esculentus, pileolo desuper albo, et in superficie lacero, etc., radice candida, reticulata, terrae alte immissa. Mich., Gen., pag. 174, tab. 75, fig. 1, et Fungus esculentus, hortensis, parvus, pileolo desuper albo et lacero , etc., radice can- dida, repente. Ejusd., pag. 174, tab. 75, fig. 3, et Fungus esculentus, superna parte e griseo albus, inferna subrubens, pediculo prorsus al- bus, radice repente. Ejusd., pag. 175, n.° 4, et Fungus esculentus, parvus, acaulis ferme, pileolo fornicato, intense fulvo, etc. Ejusd., pag. 176, n.° 2. Fungus pileolo lato et rotundo. Battar., Fung. ar., pag. 29, tab. 7, A. Pileus junior sublaevis, albus, cinereus, rufescens vel flavescens, demum piloso-squamosus, ac volvae portiunculis hinc inde obte- ctus. Lamellae diu albido-pallidae persistunt, hinc suave rubent. 43 Suipes brevis , subnudus, profunde radicatus, radice alba, reticu- lata , repente. Caro molliuscula, attactu flavescens, parum sapida, odoris fortis quasi amygdalarum persicae vulgaris. Frequens ad rudera , in hortis, locis pinguibus, praesertim circa fimi equini cumulos. Aestate et autumno. C. SYLVICOLA (Tav. VII, fig. VIIIX). Pileo albo, laevi, nitido; lamellis utrinque acuminatis, postice remotiusculis ; stipite longo, gracili, marginato-bulboso, anulo tenui, subfugaci cincto. Fungus parvus nitide albus, lamellis carneis aut roseis, pediculo anulato, supernae pi- leoli parti concolore? Mich., Gen., pag. 175, n° 10. Hypophyllum globosum. Paulet., Champ., tab. 133, fig. 1, 2, 3, 4 (optime), 5? Agaricus edulis. Bull, Champ., t. 514, fig. P, Q, R; fig. N, O, stipite fistuloso in- structae, probabiliter ad aliam pertinent speciem. Fi ungus junior ovatus, esximie bulbosus. Pileus initio conicus , demum explanatus, margine tenui, lacero. Lamellae diu albido- pallidae persistunt. Stipes apice subattenuatus, basi ex volvae ve- stigiis marginatus. Caro mollis, sapida, odorosa, aetate fuscescens. In sylvis. Vere ct autumno. AGARICO CAMPESTRE pi Linneo. Appartiene alla sezione delle Pratelle di Fries, ed alla suddi- visione Psalliota dello stesso autore. Siccome l’enumerazione di tutte le modificazioni delle forme alle quali va soggetto l’agarico campestre, renderebbe la descrizione oltremodo lunga, e mi obbligherebbe a frequenti ripetizioni, darò solamente i caratteri che a tutte le varietà di esso fungo com- petono, rimettendo la descrizione e l’iconologia all’esame di cia- scuna di esse. DIAGNOSI. L’agarico campestre ha il cappello carnoso, ora liscio, ora squa- moso-lacero, di vario colore, bianco, vinato, leonato , fuliggi- noso, ec. Le sue lamelle sono libere, cioè non aderenti all’apice del gambo, di varia forma, bianco-pallide in origine, quindi carnicine, rosee, o vinato-smorte, poscia porporine, finalmente d’un DA 4 44 colore fosco nereggiante. Il gambo è pieno, bianco, di varia fi- gura e dimensione, munito d’un anello bianco, immutabile, più o meno persistente e di forma variabile. La polvere seminale è di color fosco-porporino. Varietà A. EDULE ( EDULIS). DESCRIZIONE. L’agarico campestre edule (Tav. VI, fig. VIII) ha il cappello piano convesso, leggermente depresso nel centro, coi margini grossi, interi, e sorpassanti di qualche linea l’estremità anteriore delle lamelle. La sua epidermide è bianco-pallida, interissima nel disco, alquanto lacera verso i margini, e difficilmente sollevabile, senza notabile laceramento, dalla carne sottoposta. Le lamelle sono oblunghe, alquanto ottuse posteriormente; le lamellette nu- merose , coll’estremità posteriore arrotondata (fig. IX, 2). Il gambo è corto, grosso, sodo, liscio, distinto dalla carne del cappello da una zona orizzontale vinata , corrispondente al suo apice; esso è munito d’un ampio anello, come raddoppiato, in- fondiboliforme, superiormente striato, e bene spesso mobile (fig. VIII, è,c). La carne dell’Edule è soda, bianca, con legger tinta vinata, ed ha un sapore ed un odore che sono grati e penetranti. S VALE UNPIPIO. L’Edule in origine, com'è delle altre varietà, trovasi rinchiuso in una volva piuttosto crassa, di forma ovata e bianca (fig. I, a). Appena l’embrione comincia ad ingrossare, la volva si lacera cir- colarmente (fig. I, 2) e m’esce il cappello ritenuto in modo al gambo dal margine inferiore dell’anello da rappresentare una specie di Licoperdo (fig. II, IV). Esaminato il fungo in que- sto stato, offre esso l’anello apparentemente doppio, formato cioè come d’una membrana ripiegata sopra sè stessa, ed attaccata, nel luogo della piegatura, all’apice del gambo (fig. V, a) (Bull., tav. 134, fig. F). Di questa membrana la porzione alta scorre sopra le lamelle e va ad inserirsi nei margini interni del cappello (fig. V, 2); la porzione inferiore discende invece sulla superficie del gambo, attaccandosi lateralmente ai bordi esterni del cappello istesso 45 (fig V, c, III, a). Fra queste due membrane anulari restano quindi compresi i margini del cappello (fig. V, d), che in tal epoca sono in singolar modo arrotolati all’insotto verso le la- melle. | Col successivo sviluppo staccansi circolarmente i bordi del cappello dal gambo, a cui gli univa la lamina inferiore dell’anello (fig. IV, a, e fig. V, c), e rapidamente svolgendosi ne strascinan seco la porzione alta (fig. VII, a). Nello stesso tempo, allungan- dosi il gambo superiormente, e scostandosi dall’apice dell’anello, prende quest’ultimo la forma come d’un imbuto (fig. VII, a, d, c) (vedi Bull., tab. 134, fig. G). Sciogliesi finalmente l’anello dai margini del cappello, ed il fungo assume allora le ulteriori sue forme. Nella pluralità dei casi, l’anello staccato anche dalla base del gambo (fig. VIII, @ 4) rimane mobile, e qualche rara fiata viene interamente trasportato dai margini del cappello (fig. IX, a). Le lamelle sono in gioventù arcuate, e di color bianco spor- co; divengono in seguito leggermente vinate, indi porporine, finalmente bruno-nereggianti (fig. IX), nel qual tempo si veg- gono tutte sparse di punti cinereo-lucenti. La volva, in origine apparentissima (fig. I, a 5), scomparisce ben tosto, e non è più visibile nel fungo appena svolto dal terreno. Questo fungo cresce ora gregario ed ora solitario nei luoghi piuttosto aperti, sabbionosi e concimati collo sterco cavallin o. Prima di sbucciare dal terreno esso trovasi già d’un volume con- siderabile, sorpassando taluna fiata la grossezza d’un uovo di gal- lina; e se ne conosce la presenza dal veder sollevato e screpolato in varii luoghi il terreno. È in quest'epoca che egli viene a pre- ferenza cercato e raccolto dagli amatori de’ funghi ; la maggior parte de’ quali poi non sa più riconoscerlo quando è in istato di perfetto sviluppo. comune nei dintorni di Milano, ai lati delle strade campe- stri, e specialmente lungo la strada di circonvallazione tra Porta Romana e Porta Orientale, non che lungo la strada postale Ro- mana, sotto gli olmi ed i platani, tra la ghiaja, e nelle fossette che servono di condotto all'acqua piovana. È rarissimo nella provincia pavese. 46 ICONOLOGIA. La figura 10 della tavola 130 dell’opera di Paulet appar- tiene all’agarico in discorso. Sono pure di questa varietà le fi- gure , sebbene imperfettissime , della tavola aggiunta specie I, del dottor Alberti ( op. cit. ). Questo micologo dopo aver fatte le sue osservazioni su questo fungo per tre anni conti- nui, lo descrisse finalmente qual nuova specie sotto il nome di Amanita alba; nè s' accorse essere questa la stessa specie che egli sotto il titolo d’agaricus campestris aveva già figurata nella tavola 4, e descritta alla pagina 27 come la specie più comune , ed anche più conosciuta per l’uso che se ne fa giornalmente. E quasi che non fosse ancora bastantemente ras- sicurato da sì penosa diagnosi, vaggiunse in una nota: Parmz non convenire il nome di Amanita, ma sia piuttosto da collocarsi ira i Boletus!!!, per cui è agevole il conchiudere non sapere il sig. Alberti che sia Agaricus, Amanita, Boletus...... Una sì ingenua confessione d’imperizia doveva ella sortire dalla penna di uno che si propone di dettar dalla cattedra su tale materia, dopo avere pur fatto osservare quanti sbagli e quante stragi ne posson derivare dal voler far ciò con precipizio e senza la mag- gior cautela e studio indefesso? Allo scopo utilissimo, dirò colle stesse sue parole, di potere evitare questi sbagli e queste stragi, bisogna occuparsi più seriamente nel compilare un’ opera tanto ne- cessaria. ... Chi mai se non che pochissimi possono vantare di cono- scere praticamente li funghi? (vedi la prefazione alla sua opera). Le figure L, M dell’agaricus edulis di Bulliard, disegnate nella ta- vola 514, rassomigliano assai, per la forma del cappello, e per l’in- tegrità della sua epidermide, alla nostra varietà. Pare però che sia stata trascurata la vera forma de’ giovani individui, non che la forma dell’anello degli individui adulti. L° agaricus pratensis del Bendiscioli (op. cit.), disegnato nella tavola 18, quantun- que col cappello, com’ei dice, costantemente lindo, pare che ap- partenga piuttosto alla varietà B, che egli mostrò apertamente di non conoscere. Le figure dell’agaricus edulis dell’opera del Trattinnick (£ssd. Schw.) appartengono probabilmente, come si vedrà a suo luogo, wicetepnetetvatzicio teri 47 ad un’altra specie. Vicinissime alla nostra varietà sono invece le due figure col cappello sbiancato, poste inferiormente ed a de- stra della tavola L dell’istessa opera, sotto il nome di agaricus campestris. Varietà B. PRATENSE (PRATENSIS). DESCRIZIONE. Il Pratense (Tav. VII, fig. I-VI) ha il cappello piano-con- vesso , colla superficie fioccoso-lacera, di colore ordinariamente bianco, coi margini sottili, lacero-frangiati, e sorpassanti di qual- che linea l'estremità lamellare (fig. IV). Le lamelle sono sot- tili, numerose, panciute ed un po’ ottuse posteriormente; le la- mellette pure numerose, arrotondate nella loro estremità cen- trale. Il gambo varia in lunghezza; è per lo più assottigliato alla base, ed è munito superiormente d’un anello sottile, mem- branaceo, fugace. La sua carne è bianca, con legger tinta rosea, specialmente in vicinanza delle lamelle e della periferia del gam- bo, tenera, ed ha un odore e un sapore che sono grati. SVILUPPO. Il Pratense, al primo svolgersi, combina perfettamente coll’E- dule. Sbucciato però dalla volva, offre delle marcabilissime diffe- renze, dovute alla diversa forma e disposizione d’alcune sue par- ti, specialmente dell’anello e delle lamelle. L’anello in questa varietà è semplicissimo. Parte, nel fungo giovinetto, dall’apice del gambo, e scorrendo sulla sua superficie dall’alto al basso, si attacca ai bordi interni ed esterni del cap- pello che connette col gambo medesimo (fig. I, a). Il cappello steso circolarmente sul gambo, tiene i lembi leggermente piegati all’insotto sopra l’estremità anteriore delle lamelle (fig. I, 2). Queste sono dritte (non arcuate ), e circondano col loro margine libero il gambo, al quale aderiscono mediante l’anello. Allo spie- garsi del cappello, staccansi i suoi bordi dalla parte inferiore del gambo (fig. III, a), strascinando seco l’anello, il quale, solle- vandosi, dal basso all’alto, dalla superficie del gambo, prende la forma come d’un imbuto capovolto. 48 Avvicinandosi il fungo al suo perfetto sviluppo, l’anello si stacca circolarmente dai bordi del cappello, ricadendo più o men lacero sul gambo, che circonda a foggia di collare (fig. V, c); ovvero viene lacerato dal gambo e trasportato dai margini del cappello (fig. IV, a). Talvolta però l'anello, abbandonando i mar- gini del cappello, appena questo comincia a svolgersi, rimane su tutta la sua lunghezza attaccato al gambo, il quale sembra allora nudo, o sia sfornito dell’anello (fig. II, a). Le lamelle, pallide in gioventù, divengono ben presto rosee, indi d’un rosso carneo vivissimo, finalmente bruno-nereggianti, nebulose (fig. VI). La superficie del cappello, in origine intera e di color niveo, fendesi in peli, in squame, in spicchii coll’invecchiare del fungo, e prende una tinta vinata più o meno risentita, quindi total- mente annerisce. Agli stessi cangiamenti di colore va pur sog- getta la carne tanto del cappello che del gambo. Cresce in copia ne’ luoghi erbosi incolti, aperti e ventilati , ne’ prati, ne’ giardini, lungo le vie, ec. ICONOLOGIA. Le migliori figure del Pratense sono quelle dello Schaeffer disegnate nella tavola 33 della sua opera. Commendevoli pure, specialmente nel colorito, sono le figure della tavola 714 della Flora Danica. Le figure del Bolton, tavola 45, sono meno esatte. Quelle dell’Alberti sono copiate da quelle dello Schaeffer. Appartiene pure a questa varietà la figura prima della tavola 8 del Roques ( Phytogr. medic.), e le figure 3, 4, 6, 8, 9, 11, della tavola 130 dell’opera di Paulet. Il Pratense presenta pure due varietà. La prima (Tav. VIII), che è la più voluminosa, ha il cap- pello coll’epidermide tinta di color bruno oscuro, il gambo lun- go, squamuloso , leggermente bulboso, e munito superiormente d'un ampio anello frangiato-lacero. Le sue lamelle passano dal bianco sporco al vinato smorto, al fosco porporino, ec. La sua carne è biancastra, poco odorosa, ed anco poco sapida. Cresce negli stessi luoghi in cui si è notato crescere l’ E- 49 dule, e specialmente vicino i mucchi di sterco cavallino. È la specie che ordinariamente si coltiva sui letti caldi in Francia ed in Germania. Le migliori figure di questa sotto varietà sono quelle del So- werby, disegnate nella tavola 305; e quelle poste superiormente ed a sinistra della tavola L dell’opera del Trattinnick ( £ss2. Schw.). Pare che appartengano pure a questa varietà le figure della tavola 134 dell’opera di Bulliard, non che le figure 2 e 3 della tavola 8 dell’opera citata del Roques. Le figure 1, 2, 5, 7, della tavola 130 di Paulet sono cattive. La seconda varietà del Pratense, che è la più piccola, ha il cappello ora bianco, ora bruno o cinerizio languido nel centro, e bianco giallognolo verso i margini. La sua superficie è quasi sempre sparsa di macchie biancastre, rimasugli della membrana (volva) che lo racchiudeva in origine. Le lamelle sono strette, sublanciolate, e si conservano per lungo tempo bianco-pallide. Il gambo è corto, leggermente bulboso, coll’anello fugace, ed è mu- nito inferiormente di radici lunghe ed anastomosate. La sua carne è bianca, ma, rotta o compressa fra le dita, ingiallisce; è piuttosto tenera, poco sapida, e d’odor forte, avvicinantesi di molto a quello delle mandorle del Pesco. Cresce ordinariamente ne’ luoghi grassi ombreggiati, lungo le siepi, negli orti, ed in vicinanza dei caseggiati campestri. Appartengono a questa sotto varietà i funghi dal Micheli di- segnati nella tavola 75, fig. 1 e 3; ed i funghi disegnati dal Bat- tarra nella tavola 7, fig. A, C. Sono pure a questa sotto varietà vicine le figure della tavola 134 di Bulliard, ma esse sono prive delle radici. Varietà C. BOSCAJUOLO (SYLZICOLA). DESCRIZIONE. Il Boscajuolo ha il cappello piano-convesso, coi margini as- sottigliati e laceri; la sua epidermide è bianca, quasi intera, sottile e facilmente sollevabile dalla carne sottoposta. Le lamelle sono strette, lanciolate, ed un po’ rimote dall’apice del gambo (Tav. VII, fig. VIII, 2). Questo è lungo, ordinariamente sottile, ed ingrossato 7 50 alla base in una specie di bulbo marginato (fig. IX, a); è mu- nito superiormente d’un anello sottile, a bordi frangiato-laceri, spesso fugace. SVILUPPO. Il Boscajuolo appena uscito dalla volva (Tav. VII, fig. VII) rassomiglia molto ad alcune specie d’ Amanite della suddi- visione delle Tignose. Conserva egli per alcun tempo, come queste, le tracce della volva verso la parte superiore del bulbo, che è perciò appunto quasi sempre marginato. Le lamelle, nel fungo giovane, non aderiscono col loro margine libero all’anello ; esse si conservano per lungo tempo bianco-pallide, divengono in seguito d’un roseo languido, indi porporino, finalmente si fan bruno-nerastre, com’ è delle altre varietà. Nel resto siegue ap- puntino gli andamenti del Pratense. La carne del Boscajuolo è scarsa, bianca, con legger tinta porporina, tenera, odorosa e sapida. Trovasi ordinariamente nelle selve ombrose d’alto fusto. Non è molto comune, e vegeta in primavera, nell’estate e nell’autunno. È questa la varietà del Campestre d’uso sospetto, potendosi facilmente scambiare coll’agarico di primavera e coll’agarico vi- roso bianco , i quali, oltre l'analogia delle forme, hanno pure comuni con esso i luoghi e l’epoca del nascere. ICONOLOGIA. Appartengono a questa varietà le figure 1, 2, 3 e 4 della tavola 130 dell’opera sui funghi del Paulet. Alcune di queste figure tro- vansi anche in due altre memorie sui funghi pubblicate dall’istesso autore, l’una inserita nel Journal de physique, ann. 1775, e l’altra nelle Memoires de la Société Royale, ann. 1777. Sono pure di questa varietà le figure P, Q, R dell’agaricus edulis Bull. dise- gnate nella tavola 514; le figure N, O della stessa tavola hanno, da quel che pare, il gambo fistoloso e zeppo di sostanza bam- bagiosa, quindi appartengono probabilmente ad un’altra specie. L'agarico campestre chiamasi dai Toscani col nome generico di Pratajuolo, al quale aggiungon poscia varii epiteti a norma SI delle varietà. Volgarmente si conosce sotto i nomi di Pradireu, Plareul, Sabbieu, Puinon, Colombareu, Castegneur, ec. I Francesi lo dicono Champignon; Agaric comestible, cultivé; Champisnon de couches, des prés, de fumier, de Brujers; Boule de neige; Potiron, ec. Dai Tedeschi lo si appella der Champignon. USI E QUALITA’ SENSIBILI. 1l Campestre si può dire a ragione il fungo più conosciuto, e quello, aggiugnerò colla maggior parte degli scrittori, di cui si fa più generalmente uso nell’economia domestica. È forse l’uni- ca specie commestibile che l’industria umana abbia saputo sin da tempi immemorabili coltivare alla foggia degli altri vegeta- bili. La coltura del Campestre si pratica pure attualmente, an- che durante la fredda stagione, in varie parti d'Europa, in In- ghilterra, in Germania ed in Francia, ove, specialmente a Parigi, forma per alcuni giardinieri un ramo considerabile di commer- cio. È pure, secondo Micheli, quantunque non coltivato, d’uso comunissimo in Toscana, ove sotto i nomi di Pratajuolo mag- giore, Pratajuolo buono, Pratajuolo bianco, Pratajuolo col cap- pello a spicchi, Pratajuolo Turino, Pratajuolo salvatico, ec., man- giansi tutte le sue varietà, e portansi per tal oggetto a vendere sui pubblici mercati. Egli è al contrario pochissimo conosciuto nel Regno Lombardo- Veneto, ove la sua coltivazione è trascurata, nè vedesi mai espo- sto in vendita, almeno sui mercati di Milano e di Pavia, quan- tunque registrato già da qualche anno nella lista de’ funghi com- mestibili di pubblico smercio. Dirò anzi che sotto il nome di ‘ agaricus campestris qui si confonde generalmente l’Uovolo, al qual errore avrà, cred’io, contribuito il prospetto de’ funghi commestibili dell’anno 1820, nel quale appunto si contrappose all’Uovolo , fungo presso noi usatissimo, il nome scientifico di agaricus campestris Linn. Farà quindi meraviglia il vedere da pressochè tutti i micologi di questo paese descritto il Campe- stre come il fungo più conosciuto per l’uso che se ne fa gior- nalmente, e per la facilità anche colla quale lo si coltiva. Chi esaminasse per altro attentamente i loro scritti, si corvincerebbe U, OF fida LIB. e sian A gozant “i 52 facilmente che questo fungo era per loro stessi sconosciuto quasi del tutto. Prova di ciò ne siano le descrizioni, i confronti, le osservazioni, ec., da opere straniere interamente trascritte, e bene spesso malamente interpretate, le figure o copiate o im- maginate, o da specie differenti ricavate, le frequenti contrad- dizioni, ec. ec., cose tutte che ognuno può da sè verificare , e delle quali verrà pur tempo di favellare. L’agarico campestre è risguardato dalla maggior parte degli scrittori, come il tipo invariabile di tutte le specie buone dei fun- ghi. Onde cantò già Orazio (Sat. IV, L rt, v. XX): BARR Pratensibus optima fungis Natura est: aliis male creditur. Soglionsi preferire per uso di cucina gl’individui ancor gio- vinetti, come i più sani e delicati. Divenende ordinariamente molle negli individui maturi la carne, riescon questi men grati al palato, ed anche indigesti. L'età del fungo è indicata dal colore progressivo delle lamelle. Queste, bianco-rosee o porporine nel fungo giovane, prendono coll’invecchiare di esso una tinta bruno-nereggiante. Si sceglieranno quindi gl’individui colle la- melle rosee o porporine, trascurando tutti quelli aventi le la- melle tinte di color fosco. Il Campestre, masticato crudo, ha un sapor grato dolciastro più o meno risentito a norma delle varietà alle quali appartiene. Lo stesso dicasi dell’odore. Gli individui coltivati sono a questo ri- guardo di molto inferiori a quelli che nascono spontaneamente e ne’ luoghi aperti e ventilati. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. La varietà C (sylvicola) dell’agarico campestre somiglia mol- tissimo all’agarico bulboso di primavera, uno dei funghi più ve- lenosi che si conoscano. Essa fu infatti soventi volte con que- sto scambiata nei dintorni di Parigi, errore che, al dire di Pau- let e di Bulliard, tolse la vita ad un numero considerabile di persone. L'unico carattere distintivo fra queste due specie, sul quale si 53 può con sicurezza contare, si è quello tolto dal colore delle la- melle. Le lamelle del Campestre, bianco-pallide in origine, pren- dono col tempo una tinta rosea, carnicina o porporina; quelle invece dell’agarico di primavera si conservano costantemente bianche durante l’intera vita del fungo. Alcune varietà però del Campestre, e appunto quella di cui mi occupo, conservano a lungo le lamelle biancastre. Sarà quindi della massima prudenza, a scansamento di qualsivoglia equivoco, il non far uso che de- gli individui colle lamelle rosee o vinate, rigettando tutti quelli che hanno le lamelle sbiancate. Tra i caratteri di second’ordine soglionsi annoverare il cangia- mento nel color della carne del Campestre, la solidità del suo gambo, la volva marginata fugacissima, ec., in opposizione alla immutabilità della carne dell’agarico vernale, al successivo svuo- tamento del suo gambo, ed alla volva ampia e persistente di cui è munito. Paulet (V. Journal de physique, ann. 1775) fu il primo che ad un’esatta descrizione e ad eccellenti figure, accoppiasse un ragionato confronto dei caratteri che distinguono questi due fun- ghi, quanto analoghi di forme, altrettanto d’indole diversi. Essi fu- rono poscia novellamente descritti e figurati da Bulliard nelle ta- vole 108 e 714 della sua opera sui funghi della Francia, il quale ne diede pure i caratteri distintivi. Molti scrittori in seguito, sulle tracce loro, parlarono dell’a- garico campestre, della sua affinità coll’agarico bulboso di pri- mavera, e dei gravi accidenti che frequentemente accadono per, lo scambio di questo con quello. Deplorarono altri per simil ragione la cieca confidenza che generalmente si ha nel Campe- stre, e l'abuso che se ne fa da alcuni popoli. Quasi tutti infine vivamente commossi dal desiderio di prevenire questi funesti ab- bagli, ne tracciarono i caratteri di scernimento, senza conoscere, nella pluralità dei casi, nè l'una nè l’altra delle specie dai sopra citati micologi descritte e figurate. L’agarico campestre, come si è veduto, è presso di noi poco in uso, ed è pure scarso l’agarico di primavera; quindi è che i casi funesti dal loro scambio accagionati, che che ne dicano i mo- derni micologi italiani, sono rarissimi. E se qualche volta acca- 84 ital ciò interviene accidentalmente a persone che nessuna sorta di funghi conoscono, ovvero a persone provenienti da paesi in cui si usa il Campestre. L’agarico bulboso di cui fanno menzione Paulet e Bulliard non vegeta che in primavera, eppure appena da noi si conosce qualche caso d’avvelenamento in simile sta- gione avvenuto. De-Candolle ( V. Essai sur les propriétés médicales des plantes, pag. 336) dice che tutti i funghi della sezione delle Pratelle di Persoon, muniti dell’anello completo od incompleto, colle lamelle rosee da principio, quindi rosse, poi brune e finalmente nere, sono egualmente salubri, nè possono confondersi con alcuna specie velenosa. Io parlerò a suo luogo d’un fungo di questa sezione, descritto già dal Micheli sotto il nome di Fungus per- niciosus, ec., il quale, benchè abbia comune col Campestre gli accennati caratteri, è d’indole sommamente sospetta. SINONIMIA. L’agarico campestre, noto agli antichi sotto i nomi di Fwungus campestris, Fungus equinus sativus, Fungi vulgatissimi esculenti, Praticoli, Pradella, ec., venne dal Micheli in più specie diviso e de- scritto sotto il nome generico di Pratajuolo. Indi trattò di esso anche il Battarra colla frase di Fungus pileolo lato et rotundo. Linneo in seguito lo chiamò agaricus campestris, nome adot- tato dallo Schaeffer, dal Fries, dal Sowerby, dal Bolton, dagli autori della Flora Danica, e da molti scrittori di micologia. Bulliard lo disse agaricus edulis. E Persoon fece di questo fungo due specie distinte, chiamando una con Linneo agaricus campestris, l’altra con Bulliard agaricus edulis. Paulet, nella sua opera sui funghi, fece dell’agarico campestre cinque specie distinte, delle quali soltanto quelle da esso speci- ficate col titolo di Zypophyllum campestre e globosum appar- tengono veramente alla specie in discorso. I funghi dello Schaeffer (op. cit.) delineati nelle tavole 96, 242, 310 e 3II, e descritti sotto i nomi di agaricus pratensis , sylvaticus ed arvensis, sebbene considerati da molti micologi come semplici varietà del Campestre, appartengono a specie distinte. DI Il signor Bendiscioli (op. cit.) fece del Campestre due specie, applicando ad una il titolo di agaricus pratensis, che alla nostra varietà di tal nome probabilmente appartiene, ritenendo per l’al- tra quello di agaricus campestris. Debbo però confessare che questo suo agaricus campestris che alla pagina 69 lo si dice li- scio, di carne saporita, aromatico-deliziosa, ed alla pagina 100 inodoroso e leggermente dolcigno, col cappello vellutato o to- mentoso 0 squamoso, o sparso di una marcatissima polvere fa- rinacea (d’onde il nome di Farizajo), col gambo ad astuccio midollare semi-vuoto, o pieno di una materia gossipina, ec., è ben diverso da quello che sotto tal nome è ricevuto dalla mag- gior parte de’ micologi. L’agarico che lungo le rive del Ticino si mangia in copia dai villici sotto il nome di Sabbieu, e che il signor Barelle, alla pa- gina 58 della sua opera, considera come una varietà dell’agaricus Fimetarius Auct. (agaricus porcellaneus di Schaeffer) appartiene alla specie in discorso. Quest’autore che, sulle tracce di Bulliard, diede già alla pag. 35 (op. cit.) i caratteri che l’agarico campestre dal bulboso di primavera distinguono, spinto a ciò fare, com’ egli dice, dal vedere di frequente colto quest’ultimo in luogo del primo, nol seppe poi egli stesso riconoscere quando gli venne fatto d’esaminarlo in natura. L’agaricus campestris del signor Alberti, specie, al suo dire, la più conosciuta, ha secondo lo stesso autore quasi sempre una tinta verde e la superficie umida, a differenza dell’agarico bul- boso, che ha un color bianco di latte, ed è secco sulla super- ficie. Per altro Paulet, 1. c., dice chiaramente: le prenzier (aga- ricus campestris ) est d’un blanc de lait, à la surface séche, l’au- tre (agaricus bulbosus vernus) a presque toujours une teinte verte, et sa surface est humide. Tutto all’opposto!! Il signor Pollini ritenne con Fries, che egli interamente tra- scrisse, come identiche le due specie di Persoon, e le quattro di Schaeffer. Ed il signor Larber, seguendo il Pollini, le com- prese esso pure nella stessa descrizione. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VI. AGARICUS CAMPESTRIS Linn. (var. eDULIS). Edule. Fig. I. Fungo ne’ primordii del suo sviluppo ; @ individuo rin- chiuso nella volva; 2 individuo nel momento che esce dalla vol- va; c individuo sbrigatosi della volva, ove cominciano a vedersi i rudimenti delle lamelle e dell’anello; d altro individuo più sviluppato, ma che conserva ancora le tracce della volva. Fig. II. Individuo svolto da qualche tempo dalla volva, della quale non ha più alcun indizio, col cappello saldato in guisa al gambo in a dal lembo inferior dell'anello da rappresentare una specie di licoperdo. Fig. III Lo stesso individuo verticalmente spaccato per far vedere il modo d’unione del cappello col gambo, non che la po- sizione orizzontale ed arcuata delle lamelle. Fig. IV. Individuo rappresentato nel momento in cui il cap- pello, svolgendo i suoi orli, si stacca circolarmente in a dal lembo inferiore dell’anello. Fig. V. Individuo un po’ più sviluppato dell’antecedente, ver- ticalmente spaccato ; 4 parte alta dell’anello corrispondente al luogo della sua inserzione coll’apice del gambo; 5 lamina supe- riore dello stesso; c lamina inferiore bifida; d bordi del cap- pello arrotolati all’insotto e stretti fra le due lamine dell’anello. Fig. VI. Individuo vicino al suo perfetto sviluppo coll’anello dilatato in alto alla foggia d’un imbuto @, ed attaccato ancora ai margini interni del cappello; 4 lembo inferiore dell’anello ade- rente in origine alla parte esterna dei inargini del cappello. Fig. VII. Lo stesso individuo verticalmente spaccato; c luogo d’inserzione della lamina superiore dell’anello coi margini del cap- pello; a la stessa lamina stirata all’esterno ed in alto dai: mar- gini del cappello; 4 lembo inferiore dell’anello. Fig. VIII. Fungo perfettamente sviluppato verticalmente spac- cato; a, a lembo inferiore dell’anello sciolto dalla base del gambo; b piegatura dell’anello corrispondente al luogo dell’originaria sua inserzione coll’apice del gambo (fig. V, @); c lamina superiore dell'anello minutamente striata. 37 Fig. IX. Fungo adulto verticalmente spaccato, col gambo nudo, cioè senza anello , il quale trovasi attaccato in @ ai bordi del cappello. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII. AGARICUS CAMPESTRIS (var. prarensis, fig. I-VI ). Pratense. Fig. I. Individuo sbucciato già da qualche tempo dalla volva, verticalmente spaccato; a lembo inferiore dell’anello aderente da una parte al gambo, dall’altra ai bordi esterni del cappello; è margini del cappello piegati all’insotto sopra l'estremità anteriore delle lamelle, e compresi in un particolar solco formato dal lab- bro superiore ed inferiore del lembo dell’anello (Tav. VIII, fig. IV). Fig. II. Individuo col cappello sciolto sin dal primo suo svol- gersi dall’anello, il quale rimase per ciò appunto interamente adeso al gambo; «, 2 linee circolari alquanto saglienti del lembo dell’anello corrispondenti al luogo della sua originaria inserzione colla parte interna ed esterna degli orli del cappello; 2 piccioli individui che svolgonsi talora, siccome gemme, dalla base degli adulti. Fig. III Individuo un po’ più sviluppato del precedente, ver- ticalmente spaccato; 4 lembo dell’anello svelto dal gambo e sti- rato in alto ed all’esterno dai margini del cappello; 4 porzione del lembo dell’anello che rimane ordinariamente attaccata al gambo. Fig. IV. Individuo vicino al suo perfetto sviluppo, vertical- mente spaccato; a margini frangiato-laceri del cappello, formati dal lembo dell’anello staccato dal gambo e trasportato dai mar- gini istessi. Fig. V. Fungo perfettamente sviluppato ; c anello Gago lacero, che a guisa di collare o gonnella circonda l’apice del gambo. Fig. VI. Porzione del cappello d’un fungo vicino al suo de- perimento, ove scorgesi una lamella di color bruno-nereggiante, come nebbiosa, e tutta coperta di piccioli punti oscuri disposti in varii gruppetti, che sono le spore, o sia i granelli riprodut- tori del fungo istesso, sporgenti dai loro ricettacoli. 8 » s AGARICUS CAMPESTRIS ( var. srLvicora , fig. VII-IX ). Boscajuolo. Fig. VII. Individuo appena uscito dalla volva , verticalmente spaccato. Fig. IX. Individuo alquanto sviluppato, ma col cappello ri- tenuto ancora al gambo dal lembo inferiore dell’anello; a mar- gine che circonda la parte alta del bulbo, corrispondente all’ori- ginario attacco della volva. Fig. VIM. Individuo dell’età circa del precedente verticalmente spaccato ; 5 estremità posteriore d’una lamelletta alquanto rimota dall’apice del gambo. Osservazione. Dei varii individui rappresentanti le diverse età e modificazioni del Boscajuolo sono stati scelti a preferenza quelli che mostrano la più grande analogia di forme coll’agarico bulboso di primavera , allo scopo di renderne più vantaggioso il confronto. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VIII. AGARICUS CAMPESTRIS (var. PRATENSIS vAPORARIUS ). Pratense coltivabile. Fig. volva. Fig. II. Individuo più sviluppato, spaccato verticalmente. Fig. III. Individuo il cui cappello -èomincia a svolgersi dal Aia a squamette formate dal laceramento del lembo infe- riore dell’anello. Fig. IV. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spaccato. Fig. V. Individuo vicino al suo gere: sviluppo, ma coi mar- gini del cappello tuttora aderenti all’anello; a porzione lacera del lembo inferiore dell’anello. è Fig. VI. Lo stesso individuo verticalmente spaccato; @, a lembo inferiore dell’anello staccato dal gambo e dalla parte esterna dei bordi del cappello, ma tuttora aderente alla parte interna dei suddetti bordi. Fig. VII. Fungo adulto verticalmente spaccato; a, a margine frangiato lacero dell’anello. - I. Piccolo individuo sbucciato già da qualche tempo dalla AGARICUS STROBILIFORMIS Norsts. Pileus convexo-planus, nitidus, margine laevi! velo floccoso-mem- branaceo, in verrucas crassas, pyramidales, obtusas soluto vestitus. Lamellae latae, aquoso-albidae; lamellulae posticé dentato-lacerae. Stipes solidus, anulatus, tuberosus. Volva marginalis, obsoleta. Fungus magnus, totus albus, esculentus, e volva erumpens, pediculo pracealto, anulato , radice bulbosa. Mich., pag. 187. Fungus bulbosus, pileolo strobiliformi! Paulet, Mem. de la Société de Médec., ann. 1776, pag. 458, n.° VIII, tab. 16, fig. 2. Hypophyllum strobiliforme. Ejusd., Traité des Champ., tab. 162, repetita. Agaricus solitarius. Bull., tab. 48, 593 (fig. minus fidae). — Fries, Syst., p. 17, et Agaricus excelsus? Ejusd., ibid. Amanita ampla. Persoon, Syn., pag. 255, et Amanita procera. Ejusd., Champ. com., pag. 186. Pileus initio sphaericus , strobiliformis, nunc candidus , nunc cum verrucis albido-cinereus, humidus, subviscosus; verrucae ver- sus pilei margines amorphae, floccoso-farinosae, difficulter seceden- tes. Lamellae postice rotundatae, margine denticulatae. Stipes al- tus, firmus, crassus, fibrosus, floccoso-squamulosus, anulo amplo, candido, crasso, acquoso-farinoso, sub digitis fatiscente instructus, supra bulbum floccoso-squamosus (veli reliquiae ). Bulbus insignis, subterraneus, rostratus, supra marginatus. Volva, jam a fungi origine, obsoleta. Odor et-sapor gratus. In sylvis et locis incultis subì Populo hinc inde frequens tempore autumni. Deliciosus, AGARICO STROBILIFORME. Appartiene alla sezione delle Amanzte di Fries, ed alla suddi- visione delle 7ignose del Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico strobiliforme (Tav. IX, fig. IV), uno de’ più grandi di questa sezione, ha il cappello appianato, alquanto depresso nel cen- tro, liscio ne’ margini, di color bianco, o bianco cinerizio, tutto coperto di verruche. Queste sono bianche o grigiastre, fioccoso- farinose, variabili nella forma e nella grandezza a norma della po- 60 sizione. Le centrali sono scarse, crasse, larghe, colla forma press’a poco di piramidette orizzontalmente troncate a poca distanza dal- la base; le periferiche invece sono meno crasse, irregolari, più numerose, e cuoprono quasi interamente i margini del cappello: tanto le une che le altre sono leggermente adese alla sottopo- sta epidermide. Questa è sottile, tenace, vischiosetta, trasparen- te, facilmente staccabile, ma con notabile lacerazione del sotto- posto parenchima; essa va scomparendo insensibilmente verso i margini del cappello, ove è come frangiato-lacera (fig. IV, f). Le lamelle sono di color bianco innacquato, tendente al giallo- gnolo, grandi, oblunghe, ottuse alle due estremità, crasse, den- tellate nel loro margine libero, alquanto adese posteriormente al- l'apice del gambo, sul quale lasciano manifesta la loro impronta, divisibili facilmente nelle due laminette che le compongono. Le lamellette sono poco numerose (1 @ 3), e terminano posterior- mente in una linea obliqua grossolanamente dentato-lacera (fig. IV, gg). Il gambo è subcilindrico, grosso, sodo, bianco, esterna- mente fioccoso-squamuloso, internamente pieno, omogeneo, car- noso-fibroso. Egli è munito superiormente d’un anello o collare ( fig. IV, :) egualmente bianco, grande, crasso, squamoso al di- sotto, substriato in alto, fioccoso-lacero nei margini, d’una na- tura singolare acquoso-farinosa, per cui appena tocco si spappola attaccandosi alle dita, sotto la cui minima pressione si risolve in poc acqua, quindi fugacissimo. Termina interiormente il gambo in un grosso tubere cono-inversiforme , posto ad una certa profondità nel terreno. Contornano la parte superiore del tubere alcune zone circolari interrotte, formate in parte dai rimasugli del velo, in parte dalla buccia del gambo istesso disciolta (fig. III, e, fig. IV, 2). La carne del cappello è abbondante, nivea, ma non troppo consistente: quella del gambo e del tubere è più soda e più durevole. SVILUPPO. L'embrione dell’agarico strobiliforme trovasi in origine, alla foggia di quello del Farinaccio, rinchiuso in una volva crassa, che, per la presenza del grosso ed appuntato tubere di cui è in 61 gran parte composta, prende una forma ovoide! Nel ‘suo progres- sivo sviluppo concorda perfettamente, com’è di tutte le Tignose, coll’agarico moscario. Rotta cioè circolarmente la volva (fig. I), ne esce il cappello munito inferiormente dell’anello, e coperto superiormente dal velo (fig. I, 2), il quale, dividendosi succes- sivamente come in tante isolette o bernoccoli di forma angoloso- smussata (fig. II, c), comparte al cappello non ancora perfetta- mente sviluppato la figura quasi d’una pina. I margini della volva che circondano superiormente il bulbo (fig. I, a) scom- paiono ben tosto collo svolgersi del fungo, e nel luogo mede- simo scorgonsi talora delle squame o fenditure circolari (fig. III, e, e IV, 2). L’anello segue per certo tratto i margini del cap- pello, allontanandosi dal corpo del gambo (fig. III, d), sul quale ricade ben tosto che dai margini stessi rimane disciolto (fig. IV, ?). Allora il cappello si appiana, e le sottoposte fo- - gliette spandono i maturati semi sotto forma di candidissima polvere. Invecchiando il fungo, la sua carne s’ammollisce, il cap- pello s’infossa nel centro, si cuopre inun col gambo di macchie grigiastre , indi totalmente si discioglie e muore. L’agarico strobiliforme chiamasi dai Toscani Zignosa bdianca maggiore de’ campi di radice grossa. Volgarmente Coccou bianch, Mascherpon , ec. I Francesi lo dicono Agaric solitaire (Bull.) , Oronge pomme de pin (Paul.). È terrestre. Cresce per lo più solitario ne’ prati incolti, umi- dicci, in vicinanza specialmente del pioppo, non che nelle selve uggiose pure di pioppi che costeggiano le grandi acque. Esso trovasi nel milanese in quasi tutti i boschi che fiancheggiano il Lambro; è comunissimo nei dintorni di Caravaggio in vicinanza d’un ramo dell’Adda, ove è conosciuto e mangiasi da tutti sotto il nome di Coccou bianch; nè meno comune è nei dintorni di Lodi, specialmente ne’ boschi lunghesso l’Adda istessa, ove rac- cogliesi e mangiasi sotto il nome di Mascherpon. Non l'ho mai ri- scontrato nel pavese, quantunque registrato nella Flora Ticinese e nelle Osservazioni sui funghi del pavese del dottor Bergamaschi, il quale, probabilmente con De-Candolle, dice che suolsi dai pavesi mangiare cotto sulla graticola, unto innanzi coll’olio 0 col burro fresco. 62 INDOLE E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico strobiliforme è senza dubbio uno de’ funghi più delicati e saporiti che noi possediamo. La sua carne candidissi- ma, nè di troppo consistente, acquista colla cottura un gratissi- mo sapore ed è insiememente di facile digestione. Il modo con cui si cucina comunemente nei d’intorni di Caravaggio, ove l’ho veduto io stesso cogliere, si è fritto sulla graticola con olio, pepe e sale; pel qual oggetto si fa uso del solo cappello di fresco raccolto, senz’altra preparazione. lo però l'ho mangiato anche in altri modi preparato, e l'ho sempre trovato gustosissimo. È d’uopo avvertire di cuocerlo il più presto possibile, giacchè con- servato a lungo la sua carne s'ammollisce facilmente, e diviene alquanto acquosa ed indigesta. Masticato crudo, ha un sapor di nocciuola; il suo odore è pur grato, e savvicina di molto a quello della pasta di farina’ di Zea mays di fresco macinata. Abbandonato a sè stesso si discio- glie anzi che essiccarsi. I vermi ne sono oltremodo ghiotti. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico strobiliforme può essere facilmente scambiato coll’a- garicus aculeatus N., fungo della stessa suddivisione, e di na- tura oltremodo sospetta, come si vedrà parlando di esso. L’aga- rico aculeato però ha il cappello, specialmente verso il centro, tutto coperto di verruche piccioline, molto' allungate, consistenti e puntute in forma di tante piramidette tri o quadrilatere, di molto aderenti alla sottoposta epidermide. Di più, le sue lamelle sono di color bianco-verdognolo; l’anello è sottile, persistente; il bulbo poco sensibile; la carne tanto del cappello che del gambo molto acquosa, tinta leggermente del color delle lamelle, e d’un odor forte spiacevole. Viene pure da taluni confuso coll’agarico ovoide o Farinaccio, ma questo ha la volva manifesta, persistente, e non ha che i rudimenti del velo ,. mentre l’agarico strobiliforme ha la volva marginale, fugace, ed il suo cappello è interamente coperto dal velo, per cui nel fungo adulto è sempre verrucoso. 63 Alcuni lo ebbero pure per una mera varietà dell’agarico ce- sareo od Uovolo rosso ordinario. ICONOLOGIA. La miglior figura che sia stata data di questo fungo si è quel- la di Paulet (1. c. ). Essa però non rappresenta che un piccolo individuo appena sbucciato dalla volva, il cui cappello si vede elegantemente coperto di verruche ed imitante assai bene la forma d’un pinocchio. Le figure dell’agaricus solitarius di Bull. disegnate nella tavola 593 s’accostano anch'esse alquanto, specialmente quelle segnate colle lettere D ed F, alla specie in discorso; e probabilmente tutte, non escluse quelle della tavola 48, appartengono ad essa. In generale però queste figure hanno una volva tondeggiante squamosa, quale non si trova mai nell’agarico strobiliforme ; di più, stando alla descrizione, il loro gambo sarebbe midolloso internamente, non solido omogeneo, ec. Lo stesso dicasi delle figure del Bendiscioli (op. cit.) tratte grosso- lanamente e liberamente da quelle di Bulliard, tranne forse la fig. C. La figura B della tav. VI del Battarra s’assomiglia pure d’as- sai alla nostra specie, ed analoga n° è pure la descrizione, quan- tunque anch’esso le associi un gambo midolloso. SINONIMIA. Micheli fu il primo che descrisse l’agarico strobiliforme sotto il no- me di Zignosa bianca de’ campi, ec. Alla quale pare doversi pure ri- durre il fango descritto dal Battarra col titolo Leucomyces germmatus. Paulet, cui andiamo debitori delle più belle scoperte ed espe- rienze riguardo ai funghi, scrisse sin dal 1777 un’importantissi- ma Memoria sui funghi volvati o bulbosi, nella quale, oltre ad altre specie affatto nuove, trovasi pur questa egregiamente de- scritta sotto la frase di Fungus dulbosus, pileolo strobiliformi ( V. Histoire de la Société royale de médecine, ann. 1776, p. 431 ), ch'egli . chiamò poscia Z/ypophyllum strobiliforme nella sua grande opera. Pare sia stato quindi descritto anche da Bulliard, che vi appose il nome di agaricus solitarius, adottato da presso che tutti i micologi, e che Persoon (Champ. com.) cangiò in quello di Amanita procera. 64 L'amanita ampla Persoon, Syn., e l’agaricus excelsus Fries, Syst., appartengono pure a questa specie. Nella raccolta dei funghi modellati in cera dal sig. Pizzagalli, trovansi alcuni individui di questa specie in istrana foggia stor- piati e contorti, sotto il nome di agaricus campestris!!! SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IX. AGARICUS STROBILIFORMIS N. Fig. I. Piccolo individuo appena sbucciato dalla volva, col cappello interamente coperto dal velo 8; a margini lacerati della volva. Fig. Il. Individuo alquanto più sviluppato ‘del precedente, ove vedesi il velo diviso in tante isolette o verruche analoghe -d’as- sai nella forma alle squame del pinocchio. Fig. III. Individuo vicino al suo perfetto sviluppo, coll’anello ancora aderente ai margini del cappello d; e solchi circolari ac- cagionati dallo screpolamento della buccia del gambo. Fig. IV. Fungo adulto verticalmente spaccato; / bordi lacero- farinosi del cappello; g, g estremità posteriore dentato-lacera delle lamellette; anello lacero-farinoso; / fenditure circolari della parte superiore del bulbo. 65 AGARICUS OREADES Borr. Gregarius. Pileus glaber, subcarnosus, tenax, umbonatus, palle- scente-rufus. Lamellae distantes, ventricosae , liberae, albido-pallidae. Stjpes nudus, solidus, teres, villoso-corticatus. Fungus parvus , esculentus, odoratus, coriaceus, rufus, lamellis inter se longe distan- tibus. Mich., Gen., pag. 148, n.° 3. Agaricus caryophyllaeus. Schaeff., Fung. Bav., tab. 77. — Persoon, Myc. europ. I, sect. III, pag. 144, n° 234. Agaricus oreades! Bolton, Funguss., tab. 151. — Fries, Syst. myc. I, pag. 127. Agaricus pseudo-mouceron. Bull., Champ., tab. 144 et 528, fig. 2. — Persoon, Champ. com., pag. 208. Agaricus pratensis. Sowerby, tab. 247. Agaricus tortilis. DC., FI. Fr. 2, pag. 194. Agaricus collinus! Persoon, Synopsis, pag. 330, excl. syn. — Zantedeschi, Giorn. di Fisica, Dec. II, tom. IV, pag. gr, excl. syn. Hypophyllum odoratum. Paulet, Champ., t. 103. Pileus junior obtuse conicus, margine laevi, hinc convexo-expla- naius,. obtuse umbonatus; demum excavatus, ac interdum obsolete umbilicatus, marginibus undulatis, pallescentibus, striato-sulcatis. Lamellae crassae, ventricosae, postice rotundatae, ac apici stipitis, in statu juniori, adnexae; demum liberae, flavescentes, supra reti- culatim connexac: lamellulae minus laiae, numerosiores, postice acutiusculae. Stipes albidus, solidus, intus fibroso-sericeus, a pilco distinctus, demum expallidus , villo tenuissimo , perbrevi vestitus , ac veluti corticatus, radicibus graminearum, quas necat, basi stri- goso-tomentosa, albida plesssmque innatus; easiccatione tortilis. Caro albida, subtenax, saporis et odoris grati aromatici. Abunde in graminosis, versuris , pascuis, ubi interdum e plurium indivi- duorum concursu regularissimos efformat circulos. Vere-autumno. Esculentus. AGARICO OREADE pi Borrosn. Appartiene alla sezione Clitocyde di Fries, ed alla suddivisione Scortei dello stesso autore. DO DESCRIZIONE. L’agarico Oreade (Tav. X, fig. I, E) ha il cappello ordinaria- mente piano-convesso, più o meno protuberante nel centro a foggia di capezzolo, coi margini per lo più solcati ed ondeggian- ti. La sua epidermide è secca, nitida, molto aderente alla carne sottoposta, di color di nocciuola pallido nel centro, più o meno sbiancato verso i bordi, ed è talora segnata di zone concentriche di colore più intenso (fig. I, C). Le lamelle sono scarse, cioè molto distanti le une dalle altre, panciute, piuttosto crasse, intere nel loro margine libero, posteriormente, ottuse e tondeggianti, ante-. riormente, acute, e riunite in alto da pieghe trasversali più o meno marcate (fig. 1, F ). Le lamellette sono più numerose, general- mente più strette delle lamelle, e la loro estremità posteriore è alquanto acuta. Le lamelle sono di color bianco pallido vergente al biondello. Il gambo è dritto, sottile, cilindrico, sodo, elastico, di color bianco pallido, colla buccia finissimamente vellutata, e distinta dalla parte interna, che è tutta composta di fibre sottili, fitte, bianco-sericee (fig. I, F, D), e facilmente separabili (1). Queste fibre terminano in una specie di volta corrispondente, all’ apice del gambo, nel luogo appunto ove questo s'inserisce nel cappello. Il gambo è privo dell’anello e della volva, e termina inferior- mente in una sorta di radice formata dall’intreccio di fili bian- co-cotonosi (fig. I, A, B, C, E), e posta ad una certa profon- dità nel terreno. La carne del cappello e del gambo è soda, elastica, e persistente. Abbandonato all’aria aperta, questo fun- go si disecca facilmente, ed il suo gambo si attortiglia come un cordoncino. SVILUPPO. e L’agarico oreade, appena svolto dal terreno, ha il cappello di forma conico-allungata, coi margini strettamente addossati sul gam- bo che ricuopre quasi del tutto (fig. I, A). All’allungarsi del gambo, il cappello si svolge gradatamente, prendendo una forma (1) The stem . . . . easily split into whit filaments, Bolt., Funguss., pag. 151. 67 decisamente conica (fig. I, B, C), indi piano-convessa (ivi, E ) con una lieve protuberanza nel centro, finalmente si fa cavo (ivi, F), presentando talora verso il centro una specie di depressione o bellico. I margini del cappello, poveri di carne, e distratti dal divaricamento delle due lamine dell’imenio componenti ciascuna lamella, divengono pellucidi e grossolanamente solcati in corri- spondenza appunto del dorso delle lamelle ( fig. I, E, F ). Col- l’invecchiare del fungo, il cappello diviene bianchiccio, e le la- melle ed il gambo prendono un colore giallognolo. L’agarico oreade chiamasi da’ Toscani Fungo color d’Isabella. Volg. Gambe secche.I Francesi gli danno il nome di Mousseron godaille, o di Dieppe; Mousseron d’automne; Mousseron pied- dur, ec. E dai Tedeschi si appella der igeleinschwamm , ov- vero der igelschwamm. L'agarico oreade cresce per lo più in famiglie d’individui dispo- sti simmetricamente in linea od in circoli; di rado trovasi sparso e solitario. Sebbene terrestre, esso svolgesi comunemente sulle radici e sui cauli sotterrati delle gramigne ( fig. I, C), che esso fa perire, abbarbicandosi tenacemente ad esse mediante la lanu- gine di cui è fornita la base del suo gambo. Vegeta nella pri- mavera, nell’estate e nell’autunno, ed è comunissimo nei luoghi erbosi e soleggiati dei boschi, nei pascoli, ne’ prati asciutti, lungo le strade, ec. USI E QUALITA SENSIBILI. L’Oreade è un fungo mangereccio sano e gustoso. Quantun- que piccolo e povero di carne, nulladimeno egli è abbastanza con- sistente, da potere con vantaggio, attesa la sua abbondanza, es- sere raccolto ed impiegato qual cibo. Egli è infatti d’uso comu- ne in Francia ed in Germania, nel qual ultimo paese, portasi in copia a vendere sui pubblici mercati, sotto il nome di dgel- schwamm (+). Il Micheli asserisce che l’Oreade si mangia pure in (1) Secondo Jacquin, il fungo che vendesi sui mercati di Vienna col nome di Na- gelschwamm , sarebbe l’agaricus esculentus di Wulfen (V. Miscell. austn 2, pag: 103, tab. 14, fig. 4), o sia l’agaricus clavus di Schaeffer (Fung. Bav., tab. 5g), da cui avrebbe probabilmente, conforme vuole Wulfen, tratto il suo nome. Schaeffer per la- 68 Toscana, ove si chiama Furgo color d’Isabella. Esso è al con- trario pressochè sconosciuto nella Lombardia, sebbene comunis- simo, come si disse, e non viene d’ordinario raccolto che dai soli Tedeschi quivi stanziati, e da quelle poche persone che da essi forse ne appresero l’uso. La sua carne, masticata cruda, ha un sapore abbastanza grato; il suo odore è leggiermente aromatico, molto somigliante a quello che esalano i fiori secchi dell’Ewu- genia cariophyllata , esistenti in commercio sotto il nome vol- gare di Stacchette di Garofani ( die Gewiirzniigel). Questo odore si comunica facilmente ai cibi ai quali si unisce qual droga, e si conserva anche nel fungo secco. Tale proprietà che esso ha comune coi Prugnuoli, e la facilità anche colla quale lo si può in tale stato conservare, lo rendono sommamente pregevole e ricercato. Per essiccarlo, non si ha che a passargli nel mezzo un filo , e sospenderlo per alcuni giorni all’aria aperta od in am- bienti tiepidi, dopo di che si chiude in cassette di legno od in sacchetti di carta, preservandoli più che si può dall’umido. L’O- reade in tal maniera preparato vendesi comunemente in varii di- partimenti della Francia, alla guisa dei Prugnuoli, sotto il nome di Mousseron d’automne. Quantunque l’Oreade, come si è già veduto, sia un fungo de- licato e sano, nulladimeno potrebbe riescire a taluno indigesto, qualora fosse troppo vecchio , per la sua tendenza a divenir coriaceo. Egli è perciò che non si dovranno scegliere per uso tro, parlando dell’agaricus clavus, che in parte corrisponde a quello descritto da Lin- neo collo stesso nome, dice che non ha alcun nome vernacolo, e non fa neppur cenno della sua buona qualità. All’incontro questo autore , favellando dell’Oreade, che egli denominò agaricus cariophyllaeus, dice che è mangereccio, e che si conosce volgar- inente sotto il nome di /Mdgelschwamm pel suo odore aromatico ( Er wird, wegen seines gewiirzhaften Geruches, INdgelschwimmgen genennet. Schaeff. , 1. c.). Del che mi sono più volte convinto interrogando gli stessi Tedeschi che sogliono raccoglierlo presso di noi per proprio uso. Egli è perciò probabile che tanto l’agaricus esculentus. di Wulfen, quanto l’agaricus oreades di Bolton vengano colà promiscuamente rac- colti e portati in vendita sotto lo stesso nome volgare di Mdgelschwamm. Del resto io non so comprendere come mai si faccia tanto consumo d’un fungo che, al dire dello stesso Wulfen, oltre ad essere estremamente piccolo, e quasi totalmente sprovveduto di carne, è senza odore, ed ha altresì, un sapore amarognolo. Questo piccolo agarico che, secondo la descrizione e la figura che ne dà Wulfen, ha le lamelle libere, lassa- mente connesse collo stipite, secondo Fries, Larber lo diede colle lamelle trascorrenti. 69 di cucina che gli individui giovinetti e freschi, gettando gli adulti, e specialmente quelli già essiccati , come si suol dire, sul piede. Un mezzo sicuro onde non andare errati in questa scelta, si è quello di raderli anzi che divellerli, incidendone colle unghie il gambo verso la sua base. Il gambo de’ funghi giovani, sugoso e molle, lasciandosi facilmente dalla compressione delle ugne reci- dere, fa sì che questi vengano scelti a preferenza degli adulti, il cui gambo asciutto e coriaceo difficilmente cede ad una simil | prova. Di più, così operando, si avranno mondi possibilmente dalla sabbia e dalle altre impurità che seco trae la loro lunga radice, dalle quali, attesa la loro piccolezza, e l’impossibilità di pelarli, non si potrebbero altrimenti liberare. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE SCAMBIATO. Due sono le specie che si approssimano nella forma all’Oreade, cioè l’agaricus collinus di Scopoli, e l’agaricus esculentus di Wul- fen ( agaricus clavus di Schaeffer). Sì l’uno che l’altro però ne differiscono essenzialmente pel numero e per la forma delle lamelle, e specialmente pel loro gambo che è vuoto internamente, o sia privo della midolla. Essi sono, oltre a ciò, senza odore, ed il loro colore rendesi sempre più intenso coll’età. ICONOLOGIA. Le più belle figure dell’Oreade sono quelle del Sowerby (tav. 247); le più esatte quelle dello Schaeffer (tav. 77). Le figure del Bolton (tav. 151) sono anche esse commendevoli. Tali pure sono quelle di Bulliard disegnate nella tavola 528 fig. 2; ma le figure della tavola 144 dello stesso autore non ne presentano di troppo l’abito. — Dei tanti individui rappresentati da tutte queste tavole, niuno, eccettuati quelli dello Schaeffer, offre i margini del cappello striati o solcati — Le figure del Larber sono erronee. SINONIMIA. L’Oreade venne per la prima volta chiaramente descritto dal Micheli sotto il nome di Zurgo color d’Isabella. Schaeffer quin- di lo descrisse e figurò sotto quello di agaricus cariophyllacus. Hudson e Sowerby lo chiamarono agarzicus pratensis, e Bolton agaricus oreades, nome che venne adottato anche da Fries, e che Sprengel, non so per qual cagione, cangiò in quello di agaricus Oreas. Bulliard lo disse agaricus pseudo-mouceron; De-Candolle agaricus tortilis, e Paulet Aypophyllum odoratum. Persoon, non saprei se per amor di chiarezza o di novità, lo chiamò agaricus collinus nella sua Syropsis, il qual nome riferì poscia all’agaricus collinus di Scopoli nella sua Micologia; lo chiamò con Bulliard agaricus pseudo-mouceron nel trattato dei fanghi commestibili; quindi lo denominò con Schaeffer agaricus caryophylleus nella Micologia europea. Il sig. Pollini, dietro la falsa sinonimia che il Persoon appose all’agaricus collinus della sua Synopsis, riunì sotto la stessa de- scrizione e l’agaricus collinus di Scopoli ( agaricus arundinaceus di Bulliard ), e l’agaricus collinus della Symopsis stessa ( agaricus oreades di Bolton ). Il sig. Larber, egualmente dietro la scorta del Pollini, quan- tunque avvertito dallo stesso Persoon che l’agaricus collinus della sua Synopsis non era già quello descritto sotto l’egual no- me nella sua Micologia, ma bensì l’agaricus cariophyllaeus della Micologia istessa, giudicò di poter identificare nella sua descri- zione i due mentovati funghi !! 71 AGARICUS ERYNGII DC. Subsolitarius. Pileus subirregularis, convexo-cxplanatus, centro demum depressus, subinfundibuliformis , e grisco-rufescens, virgato- scaber. Lamellae decurrentes, albido-carneae. Stipes nudus, solidus, albido-pallidus, in pileum diffusus. Fungi Eryngii. Magnol., Bot., par., pag. 103. Fungus esculentus,e griseo-rufescens, inferne lamellis et pediculo albis, in emortua ra- dice Eryngii nascens. Mich., Gen., tab. 73, fig. 2. Agaricus Eryngii. DC., Fl. Fr. 6, pag. 47. — Fries, Syst. 1, pag. 84. — Persoon, Myc. europ., Sect. III, pars. I, pag. 96. Champ. com., pag. 205. HypophyllIum Eryngii. Paulet, Champ., 2, pag. 133, tab. 39. Pileus junior involutus subtomentosus, demum nudus, subsiccus, etiam flavescens, ac obsolete virgatus. Stipes longitudine ac cras- sitie varius, basi subattenuatus, superne vero dilatatus, nunc cen- tralis, nunc subexcentricus, vel plane lateralis. Lamellae crassiu- sculae, latac, subdistantes , plus minusve longe decurrentes, basi etiam anastomosantes, sed minime sub striarum forma versus stipitis basim productae, hinc inde furcatae; lamellulae plurimae postice rotundatae. Caro fibrosa, tenax, albida, acerba, illae agarici tigri- ni analoga. Sporidiorum color albido-citrinus! In radice emortua Eryngii campestris solitarius ut plurimum occurrit autumno etiam seriori. Esculentus. AGARICO DELL’ERINGIO pi De-Canpotte. Appartiene alla sezione Pleurota di Fries, ed alla suddivisione Concharia dello stesso autore. DESCRIZIONE. L’agarico dell’Eringio (Tab. X, fig. II, A, B, C,) ha un cap- pello convesso-piano, o leggiermente scavato nel centro, e di forma bene spesso irregolare. La sua superficie è un po’ scabra, di color bruno rossastro, picchiettata con squamette concentriche di color più intenso (fig. II, C), formate, come pare, dalla nz estremità delle fibre che compongono Ia carne del cappello; tal fiata però è di color marronato chiaro vergente al biondetto, ed affatto liscia (fig. II, A). L’epidermide è grossa, e difficilmente sollevabile dalla carne sottoposta. Le lamelle sono di color bian- co carneo, alquanto crasse, non troppo numerose, ed abbastanza larghe; esse trascorrono più o meno sul gambo, terminando qualche volta coll’anastomosarsi a vicenda; le lamellette sono numerose (7 a 14), posteriormente arrotondate, per lo più li- bere, di rado saldate colle lamelle. Il gambo è di color bianco- pallido costantemente nudo, di iunghezza e grossezza variabile , assottigliato generalmente alla base, dilatato all’apice, ove span- desi, per così dire, nella sostanza del cappello. La carne tanto di questo, che del gambo, è bianca, soda, asciutta, tenace, fibrosa. Abbandonato all’aria aperta, s’essicca facilmente, e le sue lamelle divengono giallognole. SVILUPPO. Una serie di picciole punte o coni biancastri più o meno ser- vati tra loro, ed emergenti tutti da una sola radice, segnano i rudimenti dell’agarico dell’Eringio. Ingrossando infatti questi coni, costituenti propriamente la base, o sia il gambo del fu- turo germe, svolgesi ben presto alla sommità loro anche il cap- pello ( fig. II, A), ed il fungo ne rimane completo. Non tutti però questi piccioli funghi giungono egualmente a perfetto svi- luppo. La maggior parte di essi, sia per la ristrettezza del luogo di nascita, sia pel difetto di nutrimento, appena svolta, perisce. Il cappello in origine è di figura pressochè sferica, tiene i margini arrotolati all’insotto verso i rudimenti delle lamelle che esso pro- tegge, ed è tutto coperto d’una fitta lanuggine bianco-fuligginosa. Progredendo il fungo nel suo sviluppo, i bordi del cappello si svolgono, questo s’appiana, ed il tomento a poco a poco svanisce, lasciando trasparire l’oscura tinta dell’epidermide, la quale sol- tanto verso i bordi rimane a lungo dal suindicato tomento co- perta. Le lamelle perfettamente svolte sgravansi ben tosto del proprio prodotto, spandendo un denso polviscolo di color bianco cedrino! Nel fungo adulto il cappello si scava più o meno nel 73 centro alla foggia quasi di un imbuto ( fig. II, B), ed i margini divengono irregolari, sinuosi e ritorti. Invecchiando, la sua carne sindurisce di molto, e si conserva per lungo tempo. Questo fungo chiamasi dai Toscani Cicciolo. Volg. dicesi Or- gella, nome che si dà pure ad altri funghi. I Francesi gli danno il nome di Orezlle de Chardon ( Paul.). Il Cicciolo cresce unicamente sulla radice, o sia sul caule sotterraneo (r’zzoma) morto dell’Eringio o Calcatreppo ( £Eryn- gium campestre ) (fig. II, A, C). Esso è per lo più solitario, ed è ben raro il trovare due o tre individui emergenti dallo stesso rizoma (fig. II, B). Scorgonsi però quasi sempre alcuni piccioli germi avvizziti circondare la base del gambo dei già sviluppati (ivi, A). Questo fungo si trova nei mesi-di settembre, di ot- tobre e di novembre ne’ luoghi sterili, ove alligna in copia l’Eringio. È comune nei dintorni di Pavia, e specialmente sulle mura della Città e nel campo militare. USI E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico dell’Eringio è un fungo sano, delicato e d’assoluta innocenza. Esso mangiasi in Toscana, ove, al dir del Micheli, chiamasi Cicciolo, probabilmente pel suo colore avvicinantesi a quello della carne o ciccia lavata; mangiasi pure in varii dipar- timenti della Francia, ove è conosciuto sotto i nomi di /ragoule, Gingoule, Boligoule, ec. La sua carne cruda è un po’ tenace, nè del tutto piacevole, poichè, dopo essere stata masticata, lascia un leggier bruciore, ed una specie di strignimento nelle fauci; colla cottura però, ella diviene gustosissima come quella dell’Ostreato. Il Cicciolo, essendo poco conosciuto, non viene raccolto e man- giato che dai villici, nè vedesi mai esposto in vendita sui pub- blici mercati. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Fra tutti i funghi di questa sezione, l’Ostreato è quello che più d’ogni altro rassomiglia al Cicciolo. Questo però si distingue primieramente pel luogo ove nasce, crescendo costantemente, e 10 74 quasi sempre solitario sulla radice morta del Calcatreppo, men- tre l’Ostreato cresce sempre sui tronchi degli alberi, e per lo più a cespiti; secondariamente per la forma e pel colore tanto del cappello che delle lamelle. Infatti il cappello del Cicciolo, benchè di leggieri irregolare, è quasi sempre intero, ed ha un colore languidamente bruno-rossastro; le sue lamelle sono scarse, cioè alquanto distanti tra loro, piuttosto crasse, e di color bianco carnicino; mentre il cappello dell’Ostreato è per lo più dimez- zato, e tal fiata anche sgambato, di color bruno nerastro vergente al violetto; le sue lamelle sono più numerose, fitte, sottilissime, di color bianco cinereo o grigiastro, e si prolungano sotto for- ma di strisce sin verso la base del gambo. Si aggiunga che la polvere seminale del Cicciolo è di colore cedrino languido, men- tre quella dell’Ostreato è d’un bianco porporino. Finalmente la carne del Cicciolo ha un sapore piccante e pochissimo odore, mentre quella dell’Ostreato è piuttosto dolciastra ed ha un odor grato che sente molto di quello della dedalaca quercina e del polyporus suaveolens. ICONOLOGIA. Le migliori figure rappresentanti l’agarico dell’Eringio sono quelle del Paulet, disegnate nella tavola 39 della sua opera. La figura che ne diede il Micheli è alquanto rozzamente delineata, per cuis priva della radice dell’Eringio alla quale si connette, dif- ficilmente si giugnerebbe a determinarla. Le figure della tavola 21 dell’opera del Bendiscioli sono del tutto erronee. — Il fungo figurato in rilievo dal signor Pizza- galli sotto il nome di agaricus Eryngii n° XXIX, non appar- tiene alla specie della quale tengo discorso. SINONIMIA. Questo fungo descritto la prima volta dal Magnol sotto il nome di Fungi Eryngii, e poscia dal Micheli sotto quello di Cicciolo, fa fatto ampiamente conoscere dal De-Candolle, .nel supplimento alla sua Flora francese, col titolo d’agaricus Eryngt, 75 che fu adottato in seguito dal Fries, dal Persoon e da presso- chè tutti i micologi. Paulet comprese il Cicciolo, come tant’altri agarici, nel suo genere /ypophyllum, ritenendo però anch'egli il nome specifico tratto dalla pianta sulla quale vegeta. Il sig. Ben- discioli, sotto il nome di agaricus Eryngii, descrisse promiscua- mente e figurò due funghi a due diverse specie appartenenti. Uno infatti di questi, rappresentato dalla figura A e B della citata tavola, con gambo, com’ei dice, bene spesso eccentrico o nullo, col cappello dimezzato e foggiato come la volva d’un’ostrica, ec. , colle lamelle decorrenti, bianco-sordide, ec., e che cresce a ce- spugli lungo il tronco dei pioppi, dei salici, dei gelsi, ec., ed an- che sopra il frutto già spremuto e fermentoso del lauro comune, appartiene all’agarico ostreato; l’altro rappresentato dalla figura C e D della stessa tavola, emergente a cespugli dal suolo, con gambo alto, unicalibrato, screpolato, flessuoso, o contorto, rosseggiante, ec., col cappello intero, orizzontale, colle lamelle giallognole, di leggieri liberissime ( adnato-secedentibus ), con carne a paluda- mento rossigno e che sente leggiermente di finocchio, ec., ap- partiene ad un agarico della sottotribù dei Condropodi di Fries, vicinissimo all’agaricus fusipes e contortus di Bull., che è pur comune nei dintorni di Milano lungo le pubbliche vie, benchè affatto sprovviste d’Eringi (*). Alla fine poi alla descrizione, sog- giunge l’autore essersi a torto nella seconda Decade del tomo decimo del giornale scientifico di Pavia applicato il nome d’a- garicus ostreatus al fungo che si ottiene dalle spremute coccole dell’alloro. L’Ostreato , dic’egli, cresce tanto d’autunno quanto di primavera, mentre l’altro non ci fu mai dato di trovarlo che dopo le piogge ed i freschi di Settembre e di Ottobre; di più l’uno ha le lamelle sempre decorrenti ed anastomosate alla base, ed il piedicello scentrato; e l’altro ha le une costantemente rag- gianti, di leggieri liberissime, ed il piede assai frequentemente centrale. — Questi caratteri però, se non m’inganno, furono dal- l’autore stesso non già al fungo che cresce sulle bacche dell’al- loro, ma bensì a quello che emerge dal suolo riferiti. Per cui tutta la differenza consisterebbe nel crescere l’Ostreato, secondo (1) Da quest’istesso fungo trasse probabilmente il sig. Pizzagalli i modelli del suo agaricus Eryngiì. 6 i anche in primavera; ma si noti che la questione versa sul- l’agarico coltivato, e questo cresce non solo in Settembre ed in Ottobre, ma anche nel cuor dell'inverno, ed in qualunque al- tra stagione, purchè si metta in circostanze favorevoli. Fa certo meraviglia che il sig. Bendiscioli, che fu tanto cor- rivo nell’identicare specie da caratteri sì patenti distinte, attri- buendone lo svariamento al delicato e molle tessuto, abbia poi voluto scomunare in due l’istessa specie per caratteri di nessuna importanza. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X. Fig. I AGARICUS OREADES pi Botton. A, B, C. Piccoli individui di fresco sviluppati, tolti dal ter- reno e disegnati in guisa da far vedere il loro modo d’unione cogli steli sotterrati e -morti delle gramigne. D. Piccolo individuo verticalmente spaccato per far vedere la primitiva adesione dell’estremità posteriore delle lamelle col- l’apice del gambo. E. Fungo perfetto col cappello rilevato nel centro a foggia di capezzolo e coi margini solcati, disegnato ad oggetto di far vedere la scarsezza delle lamelle, o sia la notabile distanza che passa tra una lamella e l’altra, carattere proprio di que- sta specie. F. Individuo stravecchio col cappello scavato nel centro, sol- cato, ineguale ed ondeggiante ne’ margini, spaccato ad oggetto di far conoscere la forma delle lamelle e delle lamellette, le piccole pieghe o venature che le uniscono superiormente, final- mente la quantità e la disposizione della carne tanto del cappello che del gambo. Fig. II AGARICUS ERYNGII DC. A. Individuo giovane con cappello liscio e depresso nel cen- tro, circondato inferiormente da piccoli germi insieme cresciuti, i quali ordinariamente non giungono a perfetto sviluppo. 77 B. Due individui leggiermente tra loro saldati alla base, ed emergenti da uno stesso rizoma, verticalmente spaccati onde far vedere la forma delle lamelle e delle lamellette, il loro discor- rimento sul gambo, ec., non che lo spessore e la disposizione della carne tanto del gambo che del cappello. | C. Fungo a perfetto sviluppo, regolarissimo, col gambo alto; . colle lamelle lungamente trascorrenti, col cappello piano-convesso picchiettato a squamette concentriche di color più intenso del resto dell’epidermide. AGARICUS CITRINUS-ALBIDUS Nosis. Pileus convexo-explanatus, margine laevi, velo crasso, in verru- cas latas, amorphas diviso, obtectus. Lamellae strictae, sublanceo- latae; lamellulae postice rotundato-acutae. Stipes farctus, bulbo- sus, anulatus. Volva marginalis, obsoleta. Fungus italicus albidus et maculatus. Paulet, Mémoires de la Société Royale de Mé- decine, ann. 1776, pag. 456, tab. 15, fig. 1, 2. Hypophyllum albo-citrinum. Ejusd., Traité des Champ. 2, pag. 353, tab. 158 (repetita). a pileo albo. Agaricus bulbosus. Schaeffer, Fung., tab. 241. Amanita bulbosa. Persoon, Syn., pag. 250. Amanita bulbosa alba. Ejusd., Champ. com., pag. 179 (exclusis synonim., Bolto- ni, Bulliardi et Pauletii ), tab. 2, fig. 1. Amanita verna. Roques, Phyt. med. 1., pag. 47, tab. 15, fig. 3. — Larber, Sag- gio sui Funghi, pag. 122 (excl. syn.), tab. 8, fig. 3. (figurae 1, 1, « fictitiae). — Aliorumque. Agaricus phalloides, var. a. Fries, Syst. 1, pag. 13. b pileo pallide citrino. Agaricus citrinus. Schaeff., Fung., tab. 20 (excl., fig. VI). Amanita citrina. Pers., Syn., pag. 251. — Champ. com., pag. 180, tab. 2, fig. 2. — Roques, Phyt., pag. 47, tab. 15, fig. 1, 2. — Larber, Saggio sui Funghi, pag. 121, tab. 8, fig. 2. Agaricus bulbosus. Bull., Champ., tab. 577, fig. G, H, M. Agaricus phalloides, var. b. Fries, Syst. 1, pag. 13. c pilceo fusco? Fungus e volva erumpens, pileolo desuper griseo , inferne albo, pediculo pariter albo, anulato, imam partem versus sensim crassescente, radice bulbosa. Mich., Gen., pag. 187, tab. 78, fig. 1. Pileus humidus, parum carnosus, interdum subcavus, undulato- repandus, marginibus demum substriatis, epidermide crassiuscula, homogenea, difficulter secedenti vestitus. Verrucac centrales subde- ciduae, latiusculac, membranaceae, superne e volvae vestigiis, pal- lide fuligineae; periphaericae amorphae, confertac, floccoso-molles, subpersistentes, in a albidae, in b pallide citrinac, quod etiam de colore stipitis et anuli valet. Lamellae , pro pilei diametro stri- ctae, denticulatae, aquoso-albidae. Stipes crassus, firmus, primo carnoso-farcius, demum cavus! nec admodum fragilis, apice ma- nifeste dilatatus, deorsum incrassatus. Bulbus insignis, supra veluti truncatus, ac veli vestigiis sparsus, rimis latis plerumque divisus. 79 Anulus amplus, tenuis, membranaceus, margine libero verrucoso- fimbriatus. Volva marginalis fugacissima, subfuliginea , in verru- cis pilei centralibus, colore, adhuc distinguibilis. Odor fortis om- nino Brassicae rapae, sapor subnauscosus subamarus. In sylvis, autumno sertori frequens. Suspectus. AGARICO CITRINO O BIANCO. Appartiene alla sezione delle Amanite di Fries, ed alla sud- divisione delle Tignose del Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico citrino o bianco ( Tav. XI) porta un cappello gene- ralmente piano-convesso, coi margini lisci, lacero-frangiati, di colore ora bianco, ed ora zolfino languido, coperto di bitorzo- letti o verruche ( fig. VI, n) dello stesso colore. Queste ver- ruche hanno per lo più una forma irregolare: le centrali sono scarse, piuttosto larghe, membranacee, coperte superiormente d’una sottil lamina della volva di color fuligginoso lavato, e facilmente staccabili, le periferiche invece sono fioccoso-farinose, più nu- merose, tinte interamente del colore del cappello, ed alquanto aderenti alla sottoposta epidermide. Questa è piuttosto crassa , omogenea, umida, vischiosetta, e staccasi con qualche difficoltà dal sottoposto parenchima. Le lamelle sono d’un bianco inacqua- to, oblunghe, alquanto ristrette posteriormente, ottuse ed un po” panciute anteriormente; le lamellette sono scarse (1 a 3) e ter- minano in una linea curva per lo più intera, tal fiata dentato- lacera. Il gambo è bianco o leggiermente tinto del color del cappello, rotondeggiante, dilatato all’apice ove è munito dell’a- nello o collare, bulboso alla base, internamente è per lo più cavo, e zeppo bene spesso di, briccioli di membrane in partico- lar modo ripiegate ( fig. VI, 0). L’anello è del colore del gambo, sottile, membranaceo , persistente, piuttosto ampio, coi bordi frangiati e verrucosi (ivi, r). Il bulbo è grossissimo, tondeg- giante, superiormente appianato, e contornato d’un margine acu- to (fig. V, g) corrispondente al luogo dell’unione della volva 80 col bulbo medesimo. La carne del cappello è molliccia ed al- quanto scarsa, per cui in età avanzata la sua epidermide s’in- fossa alquanto tra le duplicature delle sottoposte lamelle, ed i margini ne compajono talora leggiermente striati. La carne del gambo è piuttosto soda, quantunque acquosa, e fugace nel centro. Il bulbo del gambo è soffice, ma persistente, nè perde mai le sue forme. Esso offre quasi sempre grandi screpolature verticali (fig. V,7), ed è per lo più roso dai vermi. Il colore tanto del bulbo che della volva è il fuligginoso più o meno languido. Ve n’hanno due varietà distinte pel colore: una a sbiancata, Tav. XI, fig. V; l’altra » col cappello, di colore zolfino, o cedrino languido. Tav. XI, fig. II, III, -IViei VI SVILUPPO. Nel suo sviluppo l’agarico citrino o bianco offre press’ a poco le stesse particolarità del Moscario. I margini laterali della volva' che contornano la sommità del bulbo (fig. V, g, e fig. IV, e) si conservano ancora visibili nel fungo adulto. Il gambo, pieno da principio, scavasi col successivo sviluppo, ed il parenchima che ne occupa il centro, trovasi qua e là sparso, raccolto in briccioli, entro la cavità stessa. Giunto a perfetta maturanza, questo fungo spande un'abbondante polvere seminale bianca. Dopo quest’epoca, il cappello s'infossa alquanto nel centro, i suoi margini divengono talora substriati, le lamelle giallognole, e tut- to il fungo rammollendo si cuopre di macchie d’un bel rosso di cinabro, segno non equivoco dell’incominciata putrefazione. L’agarico citrino o bianco chiamasi dai Toscani Z7grosa bianca 0 pagliata. I Francesi lo nominano Oronge blanche, o Citron (Paulet). Esso è solitario, tal fiata però trovansi alcuni individui ravvici- nati e quasi immedesimati colle loro basi. Cresce nei boschi di querce, di pini e di castagni, lungo le costiere, ec., sul finir dell'estate, e specialmente in autunno avanzato. La varietà 5 ‘è N . comunissima; la varietà a all'incontro è piuttosto rara. SI INDOLE E QUALITA SENSIBILI. L’agarico citrino o bianco, tenuto da alcuni scrittori sic- come varietà dell’agarico viroso ( agaricus dulbosus di Bulliard), scambiato da altri coll’agarico di primavera (agaricus vernus dello stesso autore), specie entrambe velenosissime, venne al pari di queste considerato come uno dei funghi più micidiali. Per altro non si conosce alcun fatto positivo che dimostri essere esso as- solutamente nocivo, e ben s’ingannerebbe colui che credesse cagionati dal medesimo tutti gli avvelenamenti che ad esso ven- gono attribuiti. ESPERIMENTI. L'anno 1827, io ho somministrato una sera forti dosi di questo fungo a grossi cani, ma non mi sono accorto che abbia recato loro alcun nocumento, perchè la mattinalitrovai tutti sani. Non essendo però soddisfatto di questa prova, l’anno scorso ho voluto fare nuove e più accurate esperienze sui cani giovani, ed ecco ciò che di singolare ho potuto osservare intorno alla sua maniera d’agire. L’agarico citrino o bianco, fatto ingojare ai cani anche a dosi moderate, promuove loro ben tosto il vomito, dopo il quale essi non sentono più verun incomodo. Ma se s’impedisce loro di vomitare con apposita musoliera, dopo qualche ora, comin- ciano a divenire inquieti, s'aggirano qua e là siccome storditi, con movimenti strani ed indecisi, s’arriccia loro il pelo, special- mente lungo la spina, mostrano quindi di reggersi a stento sulle gambe, e cadono finalmente sugli arti posteriori divenuti quasi paralitici, strascinandosi gemebondi sui soli arti anteriori. Essi rimangono in tale stato circa un'ora; dopo di che cominciano a poco a poco a riaversi, e nello spazio di qualche ora si risa- nano perfettamente, mangiano, bevono, ec. Durante l’azione di questo fungo, è notabile l'aumento della sensibilità su tutta la su- perficie del corpo, e specialmente lungo la spina dorsale, per cui gli animali che lo hanno inghiottito sfuggono urlando non solo al tatto, ma anche alla vista dei corpi che stanno loro vicini. Si osserva di più in essi la pupilla grandemente dilatata, ed una forte avversione alla luce. 82 L'azione del fungo, nei varii esperimenti che feci, non du- rò più di sei ore, la minor dose fu di mezz’oncia di funghi fre- schi, la maggiore di due once e mezza di funghi secchi ( dose considerabilissima, poichè corrisponde pressa poco a quattro lib- bre di funghi freschi). Gli animali che servirono agli esperimenti non avevano più di quattro mesi d’età, e tra questi uno fu soggetto di prova per cinque giorni continui, senza che perdesse menoma- mente la sua naturale gajezza. Non v’ebbe significante mossa di corpo nè durante, nè dopo l’azione del fungo, e le fecce natu- ralmente evacuate dopo il parossismo si mantennero quasi sempre figurate: quelle però degli individui ai quali erano state sommi- nistrate forti dosi della varietà cedrina, si mostravano leggiermente tinte dello stesso colore. — Tentato nell’ugual modo su cani vecchi e vigorosi, questo fungo non cagionò loro che un po’ d'inquietudine, accompagnata da passaggiere debolezza agli arti posteriori, e dal dilatamento della pupilla. Anche dalle esperienze del Paulet risulta non essere questo fungo assolutamente mortale (1). Avendone egli stesso mangiato uno cotto sulla graticola con olio, pepe e sale, provò poco dopo del mal essere, dell’ansietà, della tendenza al vomito, leggieri dolori di ventre, ed un po’ di debolezza; ma tutto poscia svanì senz'altro accidente, senza che fosse necessario l’emetico. Il sig. Roques dice che l’amanita citrina, la quale corrispon- derebbe alla varietà cedrina dell’agarico in discorso, esala un odor virulento e che, data agli animali anche a piccola dose, promuove loro il flusso di ventre. Un gatto, a cui ne fece pren- dere una dramma, soffrì spasmi e diarrea; ed un altro che ne aveva presa una dose più forte perì sotto le convulsioni. Probabilmente l’agarico da lui esperimentato apparteneva non già alla varietà cedrina dell’agarico in questione, ma bensì alla varietà giallognola dell’agarico viroso (Oronge cigiie jaunatre di Paulet). Su questa specie appunto versano gli esperimenti di Paulet e le storie degli avvelenamenti da esso descritte, che il (1) Donnée aux animaux à la dose de cinq ou six , elle les incommode un peu, les rende foibles, tristes, et les fait aller en dévoiement, mais sans les mettre à mort. Pau- let, Traité des Champ., tom. 2, pag. 354. 83 sig. Roques sulla scorta del Persoon ( Champ. com.) riferisce nell’articolo amanita citrina. L’agarico cedrino o bianco, masticato crudo, ha un sapore prima dolciastro, poscia amarognolo. Il suo odore è grato e s’av- vicina moltissimo a quello della rapa (Brassica rapa). Coll’essi- cazione, l'epidermide del cappello nella varietà cedrina diventa d’un colore cedrino carico, e prende una lucentezza metallica ; le lamelle divengono giallo-cedrine, e tutto il fungo spande un grato e penetrante aroma. SPECIE COLLE QUALI GENERALMENTE SI CONFONDE. Tra le specie che vennero coll’agarico cedrino o bianco confuse devono annoverarsi l’agarico di primavera (agaricus dulbosus ver- nus di Bulliard ), e la varietà giallastra del fungo che io chiamo agarico viroso (oronge cigiie jaundtre di Paulet ), il primo scam- biato colla varietà bianca, il secondo colla varietà cedrina. Sì l'uno che l’altro però si distinguono facilmente dall’agarico in questione, primieramente, per la volva ampia manifesta e persi- stente di cui sono muniti, la quale fugacissima e marginata (volpa spuria Schaeft.) è nell’agarico cedrino o bianco; secondariamen- te, per la mancanza nei due primi del velo, e quindi anche delle verruche, delle quali è costantemente sparso il cappello dell’agarico cedrino o bianco, essendo esso di crasso e persistente velo for- nito. Si aggiunga a questo il forte odore di rape dell’agarico ce- drino o bianco, bastante da sè solo a farcelo distinguere da tutti i funghi della sua sezione. ICONOLOGIA. Le figure dello Schaeffer, delineate nelle tavole 241 e 20 della sua opera, sebbene un po’ alterate nel colore, ne presentano assai bene l’abito, e corrispondono precisamente alle due varietà cedrina e bianca. La figura 6 però della tavola 20, sembra, come ha già fatto avvertire Persoon, appartenere all’agaricus virosus N. Commendevoli pure sono le figure del Roques disegnate nella "tavola 15 n.° 1,2, 3, rappresentanti esse pure le due varietà del- 84 l’agarico in discorso, ciò che egli stesso aveva di già traveduto. Nè a queste inferiori sono quelle del Persoon ( Champ. com. ) disegnate al n.° 1 e.2 della tavola seconda , appartenenti alle stesse varietà. Le figure del Paulet (Champ., tav. 153, fig. 1, 2) sono un po’ mancanti nella forma del bulbo. Quelle del Larber (tav. 8 fig. 1, 2), che sono tratte da quelle del Roques , sono difettose esse pure nella forma del bulbo. Le figure G, H, M della tavola 577 dell’opera di Bulliard, rappresentanti la varietà cedrina, sono piuttosto buone. Di molto a queste inferiori sono quelle del Curtis ( Fl. Lond. tav. 312 figure a destra). La figura 4 della tavola 10 dell’opera del Bendiscioli, rap- presentante la varietà cedrina dell’agarico in questione , appar- tiene alla varietà verde dell’agarico viroso delineata nella tavola 577, fig. D dell’opera di Bulliard, che il sig. Bendiscioli fece a suo talento tinger in cedrino e coprire di verruche. SINONIMIA. Micheli descrisse probabilmente (pag. 187) una varietà di questo fungo sotto il nome di 7ignosa grigia e bianca, non lumacosa. E Schaeffer diede sotto i nomi di agaricus bulbosus e di agaricus citrinus le due varietà bianca e cedrina. Paulet però si può dire a ragione il primo che abbia chiara- mente parlato delle due varietà (bianca e cedrina ) di questo fungo, come appartenenti ad unica specie che egli chiamò pri- ma Fungus italicus albidus, anulatus ( V. Mémoire de la Soc. R. de meédec., an. 1776, pag. 456, n.° V ), poscia 4Aypophyllum albo-citrinum nel suo grande Trattato , ove trovasi egregia- mente descritta. Tanto le figure però quanto la descrizione di quest’autore furono obbliate, e le varietà di questo fungo di- vennero nelle mani de’ micologi sorgente d’infiniti errori. Persoon nella sua Syropsis chiamò amanita citrina l’agaricus citrinus dello Schaeffer, ed amanita bulbosa l’agaricus bulbosus dello stesso autore. Dalla descrizione dell’amanziia dulbosa del Persoon, malamente interpretata, ne nacque quindi l’amanita 85 Dulbosa del Larber, specie affatto erronea (1), della quale egli ne diede anche il disegno alla tavola ottava fig. 1, e 1, @ della sua opera (2). i Bulliard ( Ventenat ) fece della varietà cedrina dell’agarico cedrino o bianco una varietà del suo agaricus bulbosus, e Fries le comprese entrambe siccome varietà del suo agaricus phalloides, assecondato da questo lato anche dal sig. Pollini. Persoon in seguito, nel suo trattato de’ funghi commestibili , descrisse e figurò la varietà bianca dell’agarico in questione sotto il nomedi amanita bulbosa alba, accomunandola all’amarita verna della Synopsis; come pure la varietà cedrina amanita citrina della Synopsis stessa accomunandola all’Ororge cigrie jaundtre di Paulet (agaricus virosus N.). Per cui si ebbe la varietà bianca dell’aga- rico cedrino o bianco scambiato coll’agarico bulboso di prima- vera, e la varietà cedrina dello stesso fungo scambiata coll’aga- rico viroso (Aypophyllum virosum Paul.). Appartengono infatti alla varietà bianca dell’agarico cedrino o bianco l’amanita verna del Roques (Phyt., pag. 47), e l’ama- nita verna del sig. Larber (Saggio sui funghi, pag. 122). Non è quindi da meravigliarsi se nè Persoon, nè Roques, nè Larber giunsero mai a vedere il loro agarico di primavera nella sua stagione !! Nè importava già che quest’ultimo autore spen- desse tante parole per farcelo credere, giacchè nessuno ha mai (1) Questa specie ha, secondo il suo inventore, una volva ampia , semicompleta (vedi Barelle, 1. c., pag. 35), e le lamelle, le quali alla foggia delle rossole proce- dono tutte uguali nella lunghezza (lamellae plurimae integrae seu longitudine acquales. Pers., Syn., pag. 251). Larber, Saggio, ec., pag. 121. (2) Saggio divisamento, per lo studio della Botanica, fu certo quello di corredare le descrizioni de’ vegetabili dell’imagine della specie descritta. (Senza un tale soccorso appena si sarebbe fatto qualche passo nella Micologia, perchè la semplicità delle forme degli esseri de’ quali ella si occupa, e la loro facile alterazione rendono insufficienti anche le descrizioni più esatte. Le migliori opere infatti, e le più istruttive sono quelle che delle migliori figure vanno adorne. Quasi tutti gli scritti diretti a far conoscere i funghi mangerecci e velenosi vennero per sì fatto motivo muniti delle naturali im- magini dei funghi descritti; e coloro che senza positive cognizioni, simili opere com- pilarono, non potendo trarre le figure dai tipi naturali, le tolsero dai libri. In questi ultimi tempi però sì spinse più oltre la cosa, e nella mancanza dei disegni con che corredare le trascritte descrizioni, e nella ignoranza dei tipi originali delle specie su l’altrui fede descritte, si abbozzarono le figure sulle stesse descrizioni, volgendo così a danno della scienza ciò che a suo vantaggio era stato dai padri di essa immaginato. 86 detto che l’agarico bulboso dello Schaeffer, sul quale Persoon (Champ. com.) ha basata la sua specie, cresca in primavera. L’amauita cedrina del Roques e del Larber appartiene alla va- rietà cedrina dell’agarico cedrino o bianco. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XI. AGARICUS CITRINO-ALBIDUS N. Fig. I. Giovane individuo non ancora sbucciato dalla volva. Fig. II. Lo stesso verticalmente spaccato ; a velo; 2 sottil lamina della volva stesa sopra la parte alta del velo. Fig. III. Individuo appena sciolto dalla volva, verticalmente spaccato. Fig. IV. Individuo un po’ più sviluppato del precedente, ta- gliato verticalmente ad oggetto di far vedere il successivo svol- gimento delle lamelle dell’anello e del velo, e specialmente la trasformazione di quest’ultimo nelle così dette verruche; e mar-' gini acuti e laceri della volva che contornano la sommità del bulbo; d sottil lamina della volva che rimane attaccata alla por- zione del velo che cuopre la sommità del cappello. Da questa laminetta deriva il color bruno superficiale delle verruche cen- trali del cappello istesso. VA LANE individuo di molto sviluppato, ma coll’anello ancora aderente ai margini del cappello; f margini del cappello frangiato, laceri per l’attacco del velo; g margini del bulbo provenienti dal laceramento circolar della volva; p fenditura verticale che si trova frequentemente nel bulbo di questa specie. Fig. VI. Individuo perfettamente sviluppato verticalmente spac- cato; n: verruche ( porzion del velo ) coperte superiormente da una sottil lamina della volva; z margine libero frangiato-lacero del- l'anello; o rimasugli della sostanza centrale del gambo , in sin- golar modo ripiegati e sparsi entro la di lui cavità. 87 AGARICUS MOUCERON Butr. Gregarius. Pileus subirregularis, convexo-explanatus, siccus, car- nosus. Lamellae inaequales , albido-pallidae , liberae, transversim striatae ! antice evanescentes. Stipes crassus, solidus, brevis, albidus. Prunuli, Spinuli, Cardueli. Hermolai et Ruellii. Mouceron I. Bauhinii L. XL, C. II. Prunulus. Caesalp., pag. 617. Fungus vernus, parvus, farinam recenter molitam redolens, pileolo desuper laete rufe- scente, inferne albo, etc. Mich., Gen., pag. 153, n.° 4, et Fungus vernus, parvus, furinam, ete., pileolo desuper rufo , etc. Ejusd., ibid. n.° 5, et Fungus esculentus, farinam, etc., pileolo superna parte griseo, etc.? Ejusd., pag. 150, n.° 2. Agaricus mouceron. Bull., Champ. pag. 580, tab. 142. — Trattinnick, Essb. Schw., pag. 53, tab. F — Persoon, Champ. com., pag. 201. Agaricus gambosus? Fries, Syst. I, pag. 50. Agaricus Prunulus? Scop. Fl. Carn. pag. 437 — Balbis et Nocca, FI. Ticin. ( non ex descriptione, sed ex loco natali et nomine vulgari ). Amanita odora. Lam. Enc., pag. 107, n.° 23. Hypophyllum rotundius, muscicola, aromaticum (et palumbinum ?) Paulet, Champ., tab. 94 et 95. Pileus junior subrotundus , involutus, hinc convexo-planus , expansus epidermide sicca, tomentoso-molli , difficulter secedenti vestitus. Lamellae initio confertissimae , angustissimae , ob stipitis conformationem, acute adnatae, vel spurie decurrentes; demum latiusculae , irregulares, omnino liberae, emarginatae , margine integro, inaequali, lobato-repando. Stipes basi subincrassatus, ex- tus fibrillosus, sive e fibrillis concretis striatus, intus plenus, fi- broso-carnosus , in pileum diffusus, primo albus, demum albido- rufescens. Pilei color albidus, griseus , pallidus , rufus. Sporidia alba! Caro compacta, nivea, subexsucca, odorosa. In sylvis mediolanensibus ac ticinensibus Martio-Majo; abunde vero in montibus transpadanis , dertonensibus ac bobbiensibus locis sylva- ticis incultis Majo-Junio. Esculentus. AGARICO MOUCERON pi Butziarp. Appartiene alla sezione Zricholoma di Fries, e probabilmente alla suddivisione Personata dello stesso autore. 88 DESCRIZIONE. Questo agarico, quando è perfettamente sviluppato (Tab. XII, fig. prima, I), ha il cappello piano convesso , di forma un po’ irregolare, coi margini lisci ed acuti. La sua superficie è secca (non mai vischiosa ), ineguale, bitorzoluta. L’epidermide che lo copre è piuttosto fragile, difficilmente staccabile dal sottoposto parenchima, tomentosetta specialmente verso i margini del cap- pello, e morbida al tatto come la pelle de’ guanti. Il suo colore ordinario, che è quello di nocciuola più o meno languido e gial- leggiante, suol variare dal bianco sporco al cenericcio, al grigio rossastro, ec. verso i margini del cappello però essa si mantiene quasi sempre biancastra. Le lamelle sono bianco-pallide, irrego- lari (poco numerose), trasversalmente striate, intere e per lo più sinuose nel loro margine libero (ivi). Esse sono smarginate , cioè terminano posteriormente in una specie d’intaccatura unci- nata, senza però trascorrere sul gambo. Le lamellette sono nu- merose, trovandosene da cinque ad undici e più tra due lamelle, e terminano posteriormente in una linea rotondeggiante. Tanto le lamelle che le lamellette vanno insensibilmente scomparendo verso i bordi del cappello. Il gambo è robusto, pieno, carnoso, bianco o leggiermente tinto nel color del cappello, ora cilindrico, ora leggiermente assottigliato verso la base. La sua superficie, at- tentamente osservata, è come coperta di fili cotonosi esilissimi, longitudinali e leggiermente tra loro intrecciati. La carne del gambo è soda, bianca, fibrosa, e le fibre che la compongono vanno a disperdersi a guisa di ventaglio nella carne del cappello. Coll’essiccazione la superficie del cappello diviene rugosa ed un po’ lucente, e le lamelle prendono un colore giallastro. SVILUPPO. Una massa terrosa, legata da filetti biancastri, difficilmente permeabile all'acqua, dà origine a questo fungo. Esso appare da principio sotto la forma di piccoli coni bianchi, al cui apice osservasi ben tosto una lieve protuberanza di color bianco-pal- lido, che, a mano a mano crescendo, ne traccia i rudimenti 69 del cappello (fig. I, E). Questo è da principio sferico, più o meno angoloso, e tiene i bordi strettamente arrotolati al di sotto verso le lamelle (fig. I, A-F); si fa quindi emisferico o conico, svolgendo gradatamente i suoi orli, e termina col prendere la forma piano-convessa che conserva per tutto il tempo della sua esistenza. Le lamelle del fungo giovane sono biancastre, pic- colissime , lineari, strettamente serrate le une contro le altre, un po’arcuate e leggiermente trascorrenti in apparenza sul gambo, in causa del singolar modo d’espandersi di questo nel cappello ( fig. I, D, F, H). Esse s’allargano in seguito, diventano irre- golari, sinuose nel margine, e la loro superficie vedesi allora tut- ta coperta di finissime strie trasversali, tracciate dalle fibre della carne del cappello che scorre entro le lamine dell’imenio ( fig. I, I). In alcuni individui trovansi bene spesso tutte le lamelle in singolar modo tra loro saldate, da imitare l’imenio delle Dedalee. Nel fango appena svolto dal terreno, i bordi del cap- pello sono biancastri, e le lamelle bianco-innacquate. Giunto fi- nalmente il fungo a perfetto sviluppo, spande una polvere se- minale bianca, abbondantissima, indi disecca, e muore consumato ordinariamente dalle larve degli insetti. L’agarico mouceron chiamasi dai Toscani Prugnuolo nostrale color d’Isabella, Prugnuolo nostrale cenerino, Prugnuolo di ma- remma ; volgarmente nominasi Spinarolo, Maggengo, Spinareu, Mazzin; i Francesi con molti altri lo appellano Mousseron, nomi tutti derivati dal tempo o dal luogo ne’ quali vegeta. I Tedeschi lo dicono Rassling, Rosling, Marckschwimmen. Il Prugnuolo vegeta ne’ luoghi aprichi delle selve, tanto del monte che del piano, tra i rovi e gli sterpi, coperto per lo più dal musco e dalle foglie cadute. Trovasi abbondantemente sparso in tutti i monti della vallata della Stafora, tra Varzi e Bobbio, e specialmente ne’ dintorni di Casale. Rinviensi pure, sebbene in minor copia, nelle vici- nanze di Pavia, e ne’ luoghi elevati dei boschi che costeggiano il fiume Lambro presso Milano. Esso non cresce che nella primavera, dalla metà circa di marzo alla metà di maggio; negli Appennini però, ove la primavera è di molto ritardata, si raccoglie dalla fine di Maggio sino al prin- 12 9 . . . pe cipio di Giugno. Alcuni scrittori, e tra questi Ventenat e lo stes- so Micheli, asseriscono che il Prugnuolo si trova anche d’autunno; ma ciò viene contraddetto dal Bulliard (1), dal Trattinnick (2) e da presso che tutti gli antichi scrittori. E a dir vero, per quanto io abbia esaminati, nella detta stagione, que’ luoghi istessi in cui crescono i Prugnuoli di primavera, non mi venne mai fatto di trovarne un solo individuo. Del che mi assicurai anche per riguardo a quelli che crescono sugli Appennini. I Prugnuoli, alla guisa dell’Oreade , trovansi ordinariamente disposti in file longitudinali o concentriche, formate dalla con- catenazione di piccioli gruppi d’individui ora liberi, ora leggier- mente tra loro saldati, sia colla base del gambo, sia col cappello. Talvolta però simili file sono tracciate da individui solitarii più o meno discosti gli uni dagli altri. Il diametro o sia la grandezza dei circoli va gradatamente aumentando d’anno in anno, ma il centro ne rimane costante. La continuità dei suddetti circoli viene, col lungo estendersi di essi, interrotta, e si hanno quindi le file sparse, le quali dopo qualche anno interamente scompajono. Questa particolare disposizione ne facilita oltre modo la ricerca, giacchè, trovatine alcuni; scorrendo il circolo o la linea da essi incominciata, facilmente si rinvengono gli altri. Coll’istesso or- dine, e precisamente nelle stesse posizioni soglionsi rinnovellare ogni anno, dando così origine a specie di fungaje naturali, l’età delle quali è indicata dalla grandezza del circolo, e la vicina loro scomparsa dalla trasformazione dei circoli in linee o file. Negli Appennini queste fungaje sono per lo più contrassegnate da circoli o linee, più o meno estese, dello spartium verticillatum. USI E QUALITÀ |SENSTIBILA Il Prugnuolo è uno de’ funghi più saporiti e gustosi che si conoscano. Come tale egli è molto ricercato, e d’uso frequente in Germania, in Francia ed in alcune parti dell’Italia. Esso non (1) On trouve communément ce champignon en Mai et Juin sur les friches, etc. Bolli,li cc. (2) Man sammelt der Rassling zur Zeit der Spitsmorchel , d. îi. im May und Junius. Tratt., I. c., pag. ‘54. SÌ è conosciuto che di nome in Lombardia, quantunque indigeno, nè venne mai descritto, almeno dal vivo, da alcun botanico o micologo di questo paese. Questo fungo, masticato crudo, ha un sapore particolare pic- cante non a tutti piacevole, il suo odore è grato, fungino, e si avvicina alcun poco a quello della farina di recente macinata. Essiccato acquista un aroma penetrante che comunica facilmen- te, come avviene dell’agarico Oreade, ai cibi coi quali si unisce. Quindi è che i Prugnuoli, atteso il luogo della nascita, si fanno ordinariamente essiccare, alla foggia dell’Oreade istesso, infil- zandoli con accia a guisa di corone (Bull., 1. c.,), o spac- candoli sin verso la metà del gambo in due o quattro parti (fig. I, L), sotto la qual forma si mettono poi in commercio, e si vendono a carissimo prezzo (dai 10 ai 14 franchi alla libbra ). Tali sono i Prugnuoli della Francia chiamati Mousseror, e quelli che si raccolgono negli Appennini, detti Spinaroli o Mazzenghi, e quelli che ci vengono dalla maremma, detti appunto Pru- gnuoli di maremma. I Prugnuoli freschi però, qualora si possano avere sani e giovinetti, sono di gran lunga preferibili agli essic- cati, perchè la loro carne diviene coll’essiccazione alquanto dura e coriacea, e qualora non si usino nel cuocerli le dovute precau- zioni, possono in tale stato riescire anche indigesti. Perciò alcuni non fanno uso che del sugo degli essiccati come condimento, gettando tutta la parte solida. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Nessun fungo, cred’io, cresce in primavera il quale abbia qualche somiglianza, benchè lontana, col Prugnuolo. La qualità e la quantità della carne, in proporzion del diametro del cap- pello, le lamelle libere , strettissime e lisce in gioventù, piut- tosto larghe e trasversalmente striate nel fungo adulto, sono caratteri tali che difficilmente si potranno trovare in altro aga- rico appartenente a questa sezione. Tra quelli che crescono nel- l'autunno, l’unico agarico che ha qualche analogia nelle forme col Prugnuolo si è V’agaricus acerbus di Bulliard, fungo com- mestibile, e conosciuto volgarmente sotto il nome di Ortetto. 92 Il suo cappello per altro è fioccoso-striato verso i bordi, le sue lamelle sono forcute, ed ha l'apice del gambo squamuloso ; oltre a ciò, esso è più grosso in tutte le sue parti, nè esala l’odor della farina. ICONOLOGIA. Le figure del Paulet, delineate nella tavola 94 e 95 della sua opera sotto i nomi di Aypophyllum rotundius, muscicola, aro- maticum, sono le migliori di tutte. Commendevoli pure sono. quelle. del Trattinnick (Essb. Schw., tav. L), e tra queste quella in ispecie disegnata al piede della tavola istessa. Le figure del Bulliard sono anch'esse abbastanza buone. Giovanni Bavino nel libro quarantesimo, capo decimo della sua storia delle piante, diede pure alcune figure di questo fungo, le quali, sebbene un po’ grossolane, ne presentano però assai bene l'abito. Le figure della tavola V dell’opera del sig. Alberti, rappre- sentanti, second’ esso, agaricus mouceron di Bulliard, furono tratte da quelle della tavola 78 di Schaeffer, appartenenti pro- babilmente all’agaricus orcella, di cui terrò in seguito discorso. Delle molte figure che diede il Bendiscioli sotto il nome di agaricus Prunulus, niuna a mio credere appartiene al vero Prugnuolo. SINONIMIA. Il Prugnuolo, conosciuto sin dai tempi più remoti sotto i nomi di Pruneoli, Spinuli, Cardueli (Hermol., Ruell., Caesalp. ), descritto pria dal Bavino, indi dal Tournefort, sotto quello di Mouceron, venne dal Micheli nelle sue varie forme specificato col titolo di Prugnuolo nostrale, Prugnuolo cenerino , Prugnuolo di maremma, ec. Scopoli pare sia stato il primo a chiamarlo agaricus Prunulus, benchè ciò non si possa con sicurezza affermare, attesa la breve descrizione che esso ne diede. Persoon sotto lo stesso nome di agaricus Prunulus Scop. descrisse nella sua Syrnopsis l’agaricus orcella di Bulliard, specie autunnale, e di ben altri caratteri ttt 3 fornita, che Fries e tant’altri ebbero poscia pel vero Bi to lo degli antichi. Dopo lo Scopoli venne il Prugnuolo egregiamente descritto dal Bulliard sotto il nome di agaricus mouceron, nome ritenuto dal Trattinnick, adottato dal Persoon nella sua opera sui funghi commestibili, e dal sig. Alberti. La descrizione che dà quest’ul- timo dell’agaricus mouceron di Bulliard alla pagina 31 del suo lavoro , tratta da quella di Lamark (v. Enc. ), sebbene imper- fetta, riguarda veramente il fango in questione. Nell’avvertimento però che dà al lettore sul modo di coglierlo , essiccarlo e pre- pararlo, dice che si dovranno gettare tanto i vecchi gambi di questo fungo, quanto gli individui aventi le lamelle di color rosso bruno !! Avrebbe mai inteso il sig. Alberti di parlare del- l’agarico campestre ? Quel che è certo si è che l’agarico in que- stione non ha mai le lamelle di questo colore. Le figure che ‘esso ne diede appartengono ad altra specie. Secondo il sig. Bendiscioli il Prugnuolo, fungo, come abbiam veduto, puramente di primavera, crescerebbe anche in autunno avanzato e nell’inverno !! Forse la parola verzus sulla quale in altro luogo ci fermeremo avrà fatto nascere l’equivoco. L’agaricus gambosus di Fries (1 c.) devesi probabilmente rapportare a questa specie; la descrizione infatti che ne dà quest'autore, il luogo della nascita, l’odore, ec., combinano inte- ramente con essa. Appartengono pure all’agarico in discorso, l’hypophillum rotundius, musicola, aromaticum, e forse anche l’aypophyllum palumbinum di Paulet (1 c. ). nf 04 AGARICUS ORCELLA Boutt. Subgregarius. Pileus varius, siccus, depressus, margine laevi , fle- xuoso. Lamellae decurrentes! albidae, demum incarnatae. Stipes nudus, breviusculus, solidus, in pileum diffusus. Fungus esculentus , farinam recenter molitam redolens, pileolo desuper cinereo , in ferne carneo, pediculo longiore et crassiore albo ! Mich., Gen., pag. 160, et Fungus esculentus, farinam, etc., pileolo desuper griseo, subtus lamellis primum car- neo-rubris, postea fulvis, pediculo albo. Ejusd., ibid., et Fungus esculentus, farinam, etc., pileo desuper griseo-argenteo , inferne lamellis rario- ribus carneis, pediculo albo ? Ejusd., ibid. Amanita. Haller, Helv., n. 2344. Agaricus albellus. Schaeffer , Fung., tab. 78? Agaricus Prunulus. Persoon; Syn., pag. 457. — Fries, Syst., 1, pag. 193 (exclus. plur. synonim. ). Agaricus orcella! Bulliard, Champ., pag. 519, tab. 5gr et 573, fig. 1. — Persoon, Champ. com., pag. 204. Agaricus pallidus Sowerby , tab. 143 ( optime ). be Agaricus orcellus. Persoon, Syn., pag. 473. — Fries, Syst., pag. 180 — D C., FI. Fr., 2, pag. 138 — Nocca et Balbis, FI. Tic. 2, pag. 330, etc. etc. b lamellis pallidae luteis , sterilibus. Pileus colore varius, albidus , griseus, cinerascens, rufescens , zonis hinc inde concentricis obscurioribus notatus, junior carnosus, convexus; demum cavus, subexcentricus, margine inciso-lobatus. Cutis tenuis, sicca, laevis, jove pluvio viscosa. Lamellae tenues, confertae, aquoso-molles, postice acuminatac lamellulae; numero- sissimae , postice rotundatae. Stipes albus, apice dilatatus , basi plerumque subattenuatus , ac villo tenui vestitus. Caro mollis, de- licata, saporis grati , ac odoris farinae recenter molitae. In sylvis praesertim graminosis autumno frequens. Esculentus ! AGARICO ORCELLA pi Buttiarp. Appartiene alla sezione Mouceron di Fries. L’agarico orcella perfettamente sviluppato ( Tab. XII, fig. II, E, C) ha un cappello di forma per lo più irregolare, depresso e come scavato nel centro, cogli orli lisci, angolosi, ondati e 5 bene spesso divisi in lobi tondeggianti. L’epidermide che lo cuopre è secca, liscia, opaca, somigliantissima alla pelle dei guanti, della quale ha pure la morbidezza, facilmente sollevabile, di color bianco, bianco-cinereo, grigio, rossastro, ec., segnata talvolta di zone concentriche di color più carico ( fig. II, D ). Le lamelle sono strette, sottili, tenere, di forma curvilineo- lanciolata, trascorrenti per lungo tratto sul gambo ( ivi, E ), di color carneo o ferrugineo languido; le lamellette sono numerose, colla estremità centrale rotondata. Il gambo, pieno ed abbastanza fermo, suol variare tanto rispetto alla lunghezza che alla gros- sezza. Egli è ordinariamente assottigliato alla base e dilatato in- vece all’apice, ora centrale, ora eccentrico, ora dritto, ora al- quanto incurvato, e fornito per lo più alla base d’una molle lanuggine biancastra. La carne tanto del cappello che del gambo è bianchissima, tenera, leggiermente fibrosa. Avvene una varietà singolare colle lamelle giallo-pallide ed affatto sterili ( fig. II, C). SVEL'UPPO. L'agarico orcella nel suo primo sviluppo rassomiglia alcun poco al Prugnuolo. Il suo cappello infatti, di forma quasi sferica ed oltremodo carnoso, tiene parimenti gli orli arrotolati all’insotto verso le lamelle, le quali sono in tal epoca strette, lineari e biancastre ( fig. II, A ). Il suo gambo è corto, sodo, ed al- quanto ingrossato alla base. Col successivo svolgersi però, esso prende forme più o meno irregolari, ed ogni somiglianza scom- pare. Il cappello s’allarga ordinariamente più da un iato che dall’altro, s'infossa nel centro, scavandosi tal fiata a guisa d’un imbuto, ed i suoi margini si assottigliano, s’allungano , s'arric- ciano, dividendosi bene spesso in lobi di varia forma e gran- dezza (fig. II, E). Allo svolgersi del cappello, il gambo diventa più o meno eccentrico, s'incurva ordinariamente verso la base, e finisce talora col divenire affatto laterale. Le lamelle infine, fatte di color carneo più o meno risentito, spandono una copio- sissima polvere seminale di color ferrugineo pallido, e tutta la loro superficie si vede d’una simil polvere macchiata. La varietà 96 £ conserva le lamelle bianco-cedrine le quali sono affatto sterili, e perciò non danno polvere di sorte. L’epidermide del cappello, secca ne’ tempi asciutti, diviene oltre modo viscida ne’ tempi umidi e piovosi. Giunto il fungo al suo deperimento, il gambo divien flaccido e semivuoto (specialmente verso la base ), pel ristringimento delle fibre centrali che lo compongono ( ivi, E), il cappello si sdraja sul terreno, le lamelle divengono \acquose, e l’intero fungo si discioglie. L’agarico orcella chiamasi dai Toscani Grumato grigio, Gru- mato bastardo, Prugnuolo bastardo. Volg. Paste, Pastine, ec. I Francesi gli danno il nome di agaric orcelle. Questo fungo è terrestre, e trovasi comunemente ne’ luoghi erbosi delle selve, e lungo i margini de’ prati, ne’ luoghi in- colti, ec. Cresce per lo più in famiglie d’individui simmetrica- mente disposti in linee od in circoli alla foggia della specie precedente; di rado trovasi solitario. Vegeta dal Giugno a tutto il Novembre, e trovasi abbondantemente sparso in pressochè tutti i boschi tanto del milanese, quanto della provincia pavese. USI E QUALITA ‘SENSIBILI. L’agarico orcella è senza dubbio uno de’ migliori funghi in- digeni. La sua carne è tenera, delicata, ed esala un odor grato penetrante simile a quello della pasta fatta colla farina di fru- mento macinata di fresco ; masticata cruda ha un sapore al- quanto mucillagginoso. Essiccato perde molto del suo volume a motivo della poca compattezza della sua carne, e prende un aroma soavissimo. Il modo più acconcio di cuocerlo consiste nel farlo friggere con burro, dopo averlo previamente privato della pelle ed inzuppato nel tuorlo d'uovo, quindi involto nel pane gratuggiato. L’Orcella però .con tutti i suoi pregi è affatto sconosciuta presso di noi, nè viene mai raccolta da alcuno per uso di cucina, 3 97 SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L'agarico orcella sebbene variabilissimo nella forma e nelle dimensioni, distinguesi nullameno assai facilmente da tutte le altre specie, tanto per l’odore particolare che esala, quanto per la struttura e pel colore delle lamelle. Tra i funghi che più l’assomigliano devono annoverarsi l’aga- ricus azonites e l’agaricus pyrogalus di Bulliard. Questi funghi però, appartenenti alla sezion de’ Lattiflui di Persoon, rotti o tagliati, gemono un umor denso lattiginoso, e non hanno odore di sorta. L’agarico orcella venne da molti micologi accomunato all’a- garicus mouceron di Bulliard, come ho già fatto altrove osser- vare. Queste specie però sono troppo tra loro diverse. perchè possa ragionevolmente ammettersi una simile riunione. L’agarico orcella ha le lamelle sottili, carnee e lungamente trascorrenti sul gambo, e il cappello per lo più irregolare e depresso nel cen- tro. L’agarico mouceron invece ha le lamelle grossette, bianche, affatto libere, e il cappello piano-convesso e quasi sempre regolare. La carne dell’agarico orcella è tenera, delicata; quella dell’aga- rico mouceron invece soda ed un po’ piccante. Il primo cresce nell’autunno; l’altro soltanto nella primavera. ICONOLOGIA. Le migliori figure che si hanno di questo fungo sono quelle del Sowerby, disegnate nella tavola 143. Anche le figure di Bulliard ne presentano assai bene l’abito, ma sono un po’ alte- rate nel colore. Le figure dello Schaefîer, disegnate nella tavola 73 della sua opera, se appartengono realmente, come vuole la maggior parte de’ micologi, all’agarico di cui tengo discorso, non sono del tutto esatte. Lo stesso deve pur dirsi delle figure dell’Alberti tratte da quelle dello Schaeffer. 13 98 SINONIMIA. Micheli descrisse già questo fungo sotto i nomi di Grumato grigio e Grumato bastardo , al quale deve probabilmente rife- rirsi anche Vagaricus albellus dello Schaeffer. Bulliard però può dirsi il primo che lo abbia fatto esattamente conoscere sotto il nome di agaricus orcella. Persoon nella sua Synopsis lo chiamò agaricus Prunulus, e nel trattato de’ funghi commestibili aga- ricus orcella con Bulliard. Sowerby lo disse in seguito agaricus pallidus; e Fries, ritenendo con molti altri il nome di agaricus Prunulus assegnatogli dal Persoon nella sua Synopsis, lo descris- se egregiamente alla pag. 193 del suo Sistema, proponendolo (nella credenza che fosse il vero Prugnuolo degli antichi) come tipo d’una nuova sezione degli agarici che appellò Mouceron. L’agaricus orcellus di Persoon (Synop., pag. 473) basato sulle sole figure dell'agaricus orcella di Bulliard, è specie erronea, e deve riferirsi all’agaricus Prunulus della stessa Syropsis, e quindi al fungo in discorso. Essa infatti venne soppressa dallo stesso suo inventore rella Micologia europea. Sulle tracce del Persoon, molti altri micologi descrissero pure l’agaricus orcellus come spe- cie distinta della sezione de’ Pleuroti, vicina all’Ostreato, che essi fecero di più crescere, come questo, or gregaria or solitaria sui legni morti ( V. Nocca, FI. Tic., pag. 330; Pollini Flor. Veron. 3, pag. 630; Bergamaschi, Funghi del Pavese, pag. 52, Larber, Saggio sui funghi, pag. 311 ). La qual cosa ne riesce tanto più strana, in quanto che Bulliard, parlando di quest’a- garico, le cui figure, come si disse, serviron di tipo alla specie, dice apertamente che ella è terrestre, e che si trova nei luoghi erbosi delle foreste, nelle praterie e ne’ pascoli. Simili errori non possono al certo perdonarsi a coloro che scrivono Flore o Trattati parziali, dovendosi supporre che tutte le specie descritte sieno state. da essi esaminate, non già trascritte od immaginate. — L'Orcella del Micheli e del Battarra appartengono a due spe- cie distinte. 99 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XII. Figura I. AGARICUS MOUCERON Burr. A-F. Piccoli individui sbucciati di fresco dal terreno, parte intieri, parte spaccati verticalmente. A quest'epoca soglionsi ra c- cogliere dagli alpigiani onde diseccarli e metterli in commercio. Ad epoca più avanzata difficilmente sono da essi per tali rico- nosciuti. G. Individuo alquanto sviluppato, di forme ordinarie, munito alla base d’altri piccoli individui, come lo è quello della lettera E. H. Individuo dell’età press’ a poco del precedente vertical- mente spaccato. I. Individuo maturo, o sia perfettamente sviluppato, vertical- mente pur esso spaccato, ad oggetto di far vedere il progressivo sviluppo, la forma e la disposizione delle lamelle. In questi in- dividui la parte centrale del gambo è per lo più rosa e vuotata dalle larve d’alcuni insetti. L. Individuo secco, fesso superiormente in quattro parti. Di tal maniera preparati scorgonsi quelli che ci vengono dagli Appen- nini sotto il nome volgare di Spinaroli o Magsgenghi. Osservazione. Gli individui disegnati alle lettere E, F, H fu- rono ritratti da esemplari raccolti sugli Appennini; gli altri da esemplari raccolti nei dintorni di Milano e di Pavia. Figura II: AGARICUS ORCELLA Burr. A. Piccolo individuo verticalmente spaccato, colle lamelle tut- tora bianche e leggiermente trascorrenti sul gambo, simile in certo modo all’individuo segnato alla lettera D della figura I. B. Individuo poco più sviluppato del precedente, col cappello lateralmente diviso in due lobi, e col gambo eccentrico (v. Bull. tav. 573 fig. I.) C. Individuo maturo appartenente alla varietà , colle lamelle sterili, verticalmente spaccato. La mancanza delle spore, di color roseo, come si è detto, all’epoca della loro maturanza, fa sì che 100 n le lamelle di questa varietà non prendono quella tinta leggier- mente carnea che forma uno dei caratteri principali di questa specie. Alcuni individui di quest istessa varietà vennero rappre- sentati già da Bulliard nella figura G della tavola 591. D. Individuo maturo, colla superficie del cappello leggiermente zonata (v. Bull. tav. 591 fig. F, G), al di cui piede trovasi un individuo di recente sviluppato. E. Individuo sviluppatissimo, col cappello scavato nel centro a foggia d’un imbuto, e coi bordi ineguali, lobato-sinuosi, ver- ticalmente spaccato. Osservazione. Ho voluto a bello studio riunire nella stessa ta- vola entrambe queste specie, in singolar modo fra loro confuse dalla maggior parte de’ Micologi, acciocchè a primo colpo d’oc- chio si scorga la notabile loro differenza. Non è difatti che nella loro prima età che hanno qualche lontana analogia di forme (v. fig. I D, e fig. II. A), ciò che potrebbe indurre taluno poco avveduto a crederle specie identiche; giunte però a per- fetto svilappo, esse mostransi perfettamente distinte in tutte le loro parti, sia nelle forme, sia nella consistenza, sia nel colorito. 10I MORCHELLA ESCULENTA Prrs. Pileus (receptaculum) forma et colore varius, basi membranae slipitis extimae haud reflexae adnatus. Cellulae e plicis ubique anastomosantibus irregularissimae. Stipes varius. Boletus esculentus, rugosus, amplior et orbicularis. Mich., Gen., pag. 203, tab. 85, fig. 1, et Boletus esculentus, rugosus , albicans , ec. Ejusd., ibid. , tab. 85, fig. 2. Phallus esculentus. Linn., Suec., 1262. — Schaeffer, tab. 199, fig. 4, 5, 6, et tab. 298 et 299? — Bulliard, Champ., pag. 273, tab. 218. — Flor. Dan., tab. 53. — Bolton, tab. gr. — Ventenat, in Mem. Inst. Nat. 1, pag. 508, et Phallus tremelloides. Ejusd., l. c., pag. 509, fig. 1? Phallus hiemalis. Balb. Misc., pag. 60, tab. 11, fig. 4. Helvella esculenta. Sowerby, tab. 51, figura dextera et sinistra. Morchella esculenta. Pers., Syn., pag. 618. — Myc. eur., Sect. 1, pag. 206. — Fries, Syst. 2, pag. 6, et Morchella tremelloides. DC., Fr. 2, pag. 213. — Fries, Syst. 2, pag. 10. — Cheval- lier, Flor. 1, pag. 119, aliorumque ex icone Bulliardi ab omnibus citato. Morchella hiemalis. Fries, l, c., pag. 9. Pileus rotundus, ovatus, conicus, subcylindricus, etc.; ejus color albidus, pallidus, flavus, fulvus, ochraceus, spadiceus, brunneus , nigricans, ater, etc. Costae firmae , in dorso pallidiores , steriles ac interdum granulatae. Cellulae profundae , intus plerumque ru- gosae. Stipes albido-carneus, albido-pallidus , cic., nunc longus, nunc brevis, nunc crassus, nunc tenuis, fragilis, aut compactus; sursum nunc attenuatus, nunc dilatatus, deorsum plerumque in- crassatus; nunc laevis, nunc striatus, interdum, pracsertim in spe- ciminibus luxuriantibus, plicatus vel lacunoso-costatus (quod e se- paratione duarum laminarum, e quibus stipes componitur, prae- cipue pendet), intus exinue fistulosus ac in pileum expansus, in utraque superficie floccoso-pruinosus. Caro fragilis, ceracea, sapo- ris et odoris grati. Sporidia pallide ochracea. In locis apricis in- cultis frequens, Vere. Esculenta. MORCHELLA ESCULENTA pi Persoon. DESCRIZIONE. . \ La morchella esculenta (Tav. XIII, fig. I-V, e Tav. XIV, fig. V). ha il cappello di forme e dimensioni variabili a norma del- l’età e del luogo della nascita. In generale esso è rotondeggiante, od ovato-conico più o meno allungato, coll’apice ora puntuto ed ora ottuso. La sua superficie è tutta coperta di cellette od al- veoli disegnati da pieghe o rughe (Tav. XIII, fig. I, 4) più o meno rilevate, formate dalla duplicatura della membrana frut- tifera (imenio). Queste pieghe, anastomosate in mille guise tra loro, non tengono un andamento regolare, per cui irregolari e svariatissime, tanto nella forma, che nelle dimensioni, sono pure le cellette. Le pieghe sul loro dorso hanno un colore meno in- tenso, e sono tal fiata granulate. Il cappello è cavo al di dentro, e la sua interna superficie è ineguale, fatta cioè a rialzi e valli- celle, e sparsa di fiocchi bianco-farinosi simili a brina (ivi, fig. IT). Il gambo è pure vuoto internamente, e la sua cavità comunica con quella del cappello (ivi). Esso è formato di due lamine o membrane più o meno consistenti e lassamente tra loro congiun- te, delle quali l’interna (ivi, 2), si continua in alto nel cappello, insinuandosi tra le duplicature della membrana fruttifera (ivi,c), e ne forma per così dire lo scheletro; l'esterna invece termina in corrispondenza dei margini del cappello, ai quali si connette (ivi, 4). Il gambo varia anch'esso alquanto sì nelle forme che nelle dimensioni. Ora è sottile, corto, cilindrico, liscio; ora gros- so, lunghetto, dilatato all'apice o alla base, con superficie ine- guale, striata, o solcata. La superficie tanto interna che esterna del gambo è tutta gremita di punti o briccioli fioccoso-farinosi. Il colore del cappello varia dal bianco sporco al bruno nerastro; il suo colore ordinario però è il giallo ocraceo, vergente da una parte al biondeggiante, dall’altra al bruno. Il color del gambo varia dal bianco roseo al bianco pallido o gialleggiante. La car- ne sì del cappello che del gambo è molle , fragile come la cera, di cui ha pure l’aspetto, ed esposta all’aria aperta, facil- mente si disecca. 103 SVILUPPO. La morchella esculenta riscontrasi da principio sotto la forma di un piccolo tubercoletto biancastro, emergente da una base terrosa strettamente legata da fili bianco-cotonosi. Il cappello in origine ( Tav. XIII, fig. V, d) è liscio, non alveolato, ed offre sulla sua superficie dei punti o delle lineette corrispondenti al luogo dell’apertura delle cellette, le quali in quest’ epoca sono perfet- tamente chiuse dai bordi superiori delle pieghe. Col successivo sviluppo, scostansi le piegature le une dalle altre, ed appajono gli alveoli prima piccoli ed internamente per lo più rugosi o granellosi, in fine ampi e lisci. Il gambo nel suo sviluppo non presenta notabili cangiamenti di forma, solo che negli individui lussureggianti e di lunga data si presenta tal fiata lacunoso- costato, come quello d’alcune elvelle, per lo sconnettersi e rag- grinzarsi delle due lamine che lo compongono. Dopo quindici o venti giorni di vegetazione, giunto il fungo a perfetta matu- ranza, emette a getti interrotti una polvere seminale giallognola sotto forma di fumo, poi si disecca, o si putrefa, secondo che la stagione è secca o piovosa. La morchella esculenta chiamasi dai Toscani Spugriolo, Spu- gnola, Tripetto, Bucherello, ec. Volgarmente Spongeula , Spon- gigneura , Sponzieura , ec. I Francesi la chiamano Morille come- stible, ed i Tedeschi die gemeine Morchel. Cresce in primavera or solitaria or gregaria nei luoghi aperti dei boschi, sull'orlo dei campi e delle strade, lungo le costiere ed i fossati, ne’ vigneti sotto i filari, ec. È questa la specie più comune, e quella che riscontrasi ordinariamente sui nostri mer- cati dopo le feconde piogge di marzo e d’ aprile. \ Usi E QUATRE SENSIBILI. Tutte le Morchelle, nessuna eccettuata, sono esculente, ed il loro uso è affatto scevro di pericoli, sia per la facilità colla qua- le si possono riconoscere, sia per l'innocenza di tutte le altre specie di funghi che più loro somigliano. La morchella escu- lenta però è fra le altre la più delicata e la più saporita. Essa 104. è quindi sommamente ricercata, e mangiasi con piacere in tutte le parti d'Europa, e specialmente in Italia, ove è ‘comunis- sima. Dicesi afrodisiaca , ed in tal concetto l’avevano appun- to gli antichi. Diseccata alla foggia dei Prugnuoli, si conserva per tutto l’anno ed entra qual droga nella composizione di di- versi piatti. Masticata cruda, è piuttosto insipida: colla cottura però ella prende un sapore assai gradito ; l’odore nel fungo fre- sco è poco sensibile, e s'avvicina alcun poco all’odore di farina di recente macinata; nel diseccato invece, è forte ed aromatico, e si comunica facilmente ai cibi cui si unisce. Debbonsi sce- gliere per uso della cucina gli individui giovani e freschi. Gli Spu- gnuoli di lunga data, e quelli che si raccolgono dopo lunghe piogge, riescono men grati e ben anco indigesti. Lo stesso di- casi di quelli che compransi talora nei mercati, per l’uso che hanno i venditori di bagnarli onde accrescerne il peso od il vo- lume. Gli Spugnuoli vecchi od innacquati si conoscono facil- mente per la friabilità della loro carne, ed anche per l’ odore disgustoso: che spesso tramandano. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE SCAMBIATA. La morchella costata, di cui terrò in seguito discorso, è la specie che ha più somiglianza colla presente. Essa però si di- stingue per le coste longitudinali e subparalelle del suo cappello, e per la forma meno irregolare degli alveoli. ICONOLOGIA. Le migliori figure che si conoscono della morchella esculenta sono quelle di Bulliard, tav. 218, quelle del Micheli, tav. 85, fig. 1 e 2, e quelle del Mentzel Pug. rar. tav. 6. Le figure destra e sinistra della tav. 51 del Sowerby sono cattive. Migliori quelle dello Schaeffer disegnate nelle tav. 199, fig. 4, 5, 6, e nelle tav. 298 e 299. Quest'ultime però si scostano alquanto per riguardo alla distribuzione degli alveoli dalla Morchella in discorso, e sem- brano quasi formare il passaggio alla specie seguente. Commen- devoli pure sono le figure della Fl. Dan. tav. 53, e quelle del 105 Bolton tav. g1. Le figure dell’Alberti tratte da quelle di Bulliard sono piuttosto buone. Le figure del Bendiscioli, tratte egualmente da quelle di Bulliard, e quelle del Larber, tratte in parte da quelle del Micheli, sono meno esatte di tutte. SINONIMIA. Tutte le Morchelle conosciute e descritte dagli antichi sotto i nomi di Fwungi porosi, rugosi, cavernosi, favaginosi, ec., di Spongiolae, di Meruli, debbonsi probabilmente riferire alla spe- cie in discorso. Micheli, sotto il nome generico di Boletus, ne descrisse le principali forme; e queste vennero comprese dal Lin- neo nel suo genere Phallus, sotto il titolo di Phallus esculentus. Questo nome fu ritenuto in seguito da Bulliard, da Bolton, da Schaeffer, da Ventenat, e da molti altri. Afzel invece la disse Helvella phalloides, e Sowerby Helvella esculenta. Finalmente Persoon, conservando il nome generico già asse- gnatole dal Dillen, la denominò Morchella esculenta nella Synop- sis, ed il suo esempio venne seguito da pressochè tutti i micologi. La morchella continua del Trattin. Fung. Austr. n.° 11, e la morchella conica del Persoon, Champ. com., pag. 256, apparten- gono esse pure a questa specie (1). È (1) La morchella esculenta venne dalla maggior parte de’ micologi suddivisa in al- cune varietà , basate ora sul semplice colorito del cappello, ed ora sul colorito in- sieme e sulla forma. Non v'hanno però limiti certi, e lo stesso individuo vedesi talora a norma dell’età , cambiare sensibilmente e di colore e di forma. Le varietà meno in- costanti sono: la cilindrica, la volgare e la fragile. La prima (tav. XIII, fig. IV, V), piccola , soda, compatta e con cellette poco marcate , segna per così dire la prima età della specie; la seconda (tav. XIM, fig. T, Il), ordinariamente più sviluppata , meno compatta e di forme più regolari, ne segna l’età media; ed in fine la terza ( tav. XIV, fig. V), con gambo e cappello soprammodo fistoloso, ne traccia l’ultima età. 106 MORCHELLA COSTATA Pers. Pileus (receptaculum) forma et colore varius, basi membranae stipitis extimae tantillum ad latera flexae (non reflexae) adnatus. Cellulae e plicis longitudinalibus , rugis transversalibus connexis , subquadrilaterae. Stipes varius. Boletus esculentus, compressus, dense foraminulatus, et per longitudinem costatus , e cinereo virescens, pediculo crassiore , albo. Mich., Gen., pag. 203, tab. 85, fig. 3. Phallus anastomosis. Gmel., Syst. 2, pag. 1449. Phallus costatus. Ventenat, l. c., pag. 510. Phallus esculentus. Schaeff. , tab. 199, fig. 1 et 3, et tab. 300, fig. 1, 3?; fig. 2 est icon optima helvellae esculentae. Morchella costata. Pers. , Syn., pag. 620. — Myc. eur., Sect. 1, pag. 208. Morchella elata. Fries, Syst. 2, pag. 8, et Morchella deliciosa. Ejusd., ibid. Pileus nunc ovatus obitusus, nunc acute conicus, nunc conico- pyramidatus, brevis, longus, tenuis, crassus, nunc basi dilatatus, nunc contractus ; cjus color brunneus, gilvo-brunneus, plerumque tamen cinereo-virescens, et veluti fulisine infectus. Costae , juxta actatem el tempestatem, nunc magis, nunc minus firmae, in dorso plerumque obscuriores. Cellulae oblongae, strictae, intus venulis seu rugis anastomosantibus plerumque insignitae, raro laeviusculae. Sti- pes albido-pallidus, cavus, in pileum expansus, nunc parvus, subeylindricus , vel apice tantillum dilatatus, nunc crassissimus , longus, gibboso-lacunosus, intus micis floccoso-farinosis sparsus , extus transversim squamulosus. Caro, in fungo juniori ac sub Jove sicco, sapida, in fungo vero exoleto, praesertim sub Jove pluvio , mollis, aquoso-turgida , fragilis, nauseosa. In locis humidis, circa fossas, ete., Vere. Esculenta. MORCHELLA COSTATA pi Persoon. DESCRIZIONE. La morchella costata (Tav. XIII, fig. VI, VII, e Tav. XIV, fig. VI) al pari della morchella esculenta ha il cappello di figura e di dimensioni svariate, dipendenti principalmente dall’età, dal x rom luogo della nascita, e dalle condizioni atmosferiche. La sua ra ordinaria però è l’ovale molto allungata, e la piramidale. Le cel- lette, delle quali è coperta la sua superficie, sono di figura pres- sa poco quadrilatera, formate da costole o rialzi longitudinali e subparalelli, uniti da pieghe trasversali. Queste duplicature o rialzi sono di rado tra loro anastomosati, e la membrana frut- tifera offre bene spesso sul loro dorso un colore più intenso (Tav. XIV, fig. VI). Il gambo è internamente vuoto e formato esso pure, come quello della morchella esculenta, di due lamine lassamente tra loro congiunte, l’esterna delle quali piegando leg- germente all'infuori in corrispondenza dell’ apice del gambo si connette immediatamente ai bordi del cappello (Tav. XIII, fig. VII, c), la cui base presenta talora una specie di disco circo- lare ed orizzontale ( Tav. XIV, fig. VI, 4). La superficie ester- na del gambo è sparsa, specialmente verso l’apice , di squamette disposte in linee trasversali, mentre la superficie interna sia del gambo, sia del cappello è coperta di fiocchi o punti farinosi si- mili alla brina. Il color del cappello varia dal bruno al fuliggineo fosco o nereggiante, al grigio verdastro; quello del gambo dal bianco carneo al bianco fuliggineo. La carne, tanto del cappello che del gambo, è piuttosto tenue, e di tessitura fragile ceracea. SVILUPPO. La morchella costata non differisce di molto nel suo svilup- po dalla morchella esculenta. Il suo cappello, in origine molto sottile ed allungato, non offre che leggieri scanalature lon- gitudinali nel luogo degli alveoli; il gambo è regolare, corto, compatto e leggermente fistoloso. Col successivo svolgersi sco- stansi le pieghe le une dalle altre, compajono gli alveoli, ed il cappello acquista in pochi giorni dimensioni considerabilissime, senza cangiar molto di forma. Il gambo pure rapidamente s°al- ‘lunga, si dilata, separansi in varj punti le due lamine che lo compongono (Tav. XIII, fig. VII, d), e finisce col divenire ine- guale, gibboso e contorto (ivi, fig. VI ). Giunto finalmente a per- fetta maturanza, spande un’ abbondante polvere seminale giallo- 108 gnola. Dopo quest'epoca la sua carne divien molle, flaccida, fe- tente, oppur si disecca a norma delle condizioni atmosferiche. La morchella costata non ha alcun nome italiano. Volgarmente chiamasi Bissacan. I Tedeschi la nominano, unitamente ad altre specie, grosse Maurache , spitzige Maurache, ec. Trovasi di primavera ne’ luoghi istessi in cui cresce la mor- chella esculenta. Essa è piuttosto rara presso di noi, e la mag- gior parte degli individui che riscontransi sui mercati di Milano e di Pavia ci vengono dall’oltre Po, ove è comunale. USI E QUALITA SENSIBILI. La morchella costata, quando sia giovinetta e colta di fresco, non cede sicuramente in bontà alla morchella esculenta. Con tutto ciò ella è molto meno di questa stimata, forse pel color ordinariamente tetro, e per la somiglianza che ha coi Pisciacani, funghi del genere Phallus, generalmente tenuti come velenosi. La sua carne cruda è insipida e di poco odore, s° imbeve facil- mente d'umidità, nel quale stato essa passa ben tosto alla pu- trefazione, spandendo un fetore insopportabile. Esposta all’ aria aperta, si disecca facilmente ed acquista un odore grato aromatico. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. Gli individui specialmente giovani e col cappello ovato della morchella costata rassomigliano di molto alla morchella esculenta. Essi però ne differiscono essenzialmente per la disposizione delle pieghe del cappello, e per la forma meno irregolare degli alveoli. ICONOLOGIA. L’unica figura che sì conosca appartenente veramente alla spe- cie in discorso sì è quella disegnata nella tavola 85, fig. 3 del- l’opera del Micheli. Vicinissime a questa sono le figure 1 e 3 della tavola 199, e le figure 1 e 3 della tavola 300 dell’opera dello Schaeffer. Le figure del Trattinnick, Essb. Schw., disegnate | rog nella tavola EE, appartengono. probabilmente ad una varietà della morchella esculenta. SINONIMIA. Micheli fu il primo che descrisse questa specie colla frase di Boletus esculentus, compressus, ec. Sulle tracce del Micheli, essa venne descritta dal Batsch e dal Gmelin sotto il nome di Phal- lus Anastomosis, e dal Ventenat sotto quello di Phallus costatus, che Persoon chiamò in seguito IMorchella costata. Appartengono pure a questa specie la IMorchella celata e la Morchella deliciosa del Fries. MORCHELLA SEMILIBERA DC. Pileus (receptaculum) forma et colore varius, inferiora versus membranae stipitis cxtimae, campanulato-reflexae adnatus. Cellu- lae e costis longitudinalibus, rugis obliquis connexis, plerumque rhomboideo-difformes. Stipes varius. Phallo-Boletus esculentus, pileolo parvo, conico, ex fulvo subobscuro , pediculo leuco- phaeo , fistuloso. Mich. , Gen. , pag. 203, tab. 84, fig. 3. Helvella hybrida. Sowerb. , tab. 238, et Helvella esculenta. Ejusd., tab. 51, fig. media. Phallus crassipes. Ventenat, l. c., pag. 509, fig. 2. Morchella patula. Per., Syn., pag. 619. — Fries, Syst. 2, pag. 1o, (non Trat- tinnick ). Morchella hybrida. Pers., Syn., pag. 620. Morchella crassipes. Pers., Myc. eur., sect. 1, pag. 206. Morchella semilibera. DG., Fr. 2, pag. 212. — Fries, Syst. 2, pag. ro. Morchella rete, fusca et mesomorpha. Pers., Myc. eur., Sect.I, pag. 205-6, etc. etc. Pileus rotundus, ovatus, plerumque tamen conicus, marginibus nunc patulo-campanulatis, nunc contractis, nunc stipiti insiden- tibus; ejus color albidus, stramineus, pallide rufus, vel vero cx fulvo subobscurus, lividus aut cinereo-viridescens. Costae hinc inde dichotomae, nunc rectae, nunc spirales, in dorso wiplu- rimum obscuriores, juxta actatem coelique conditionem, nunc fir- mae, crassiusculae, nunc molles membranaceae, quod etiam de religuis partibus valet. Cellulae variae, plerumque tamen rhomboi- deae, intus nunc laeves, nunc crispae. Stipes in individuis junio- ribus, parvus, brevis, laeviusculus, firmus, demum, tempestate praesertim pluviosa, longus, crassus, membranaceus, fragilis, valde fistulosus et apicem versus subreticulatim striatus, cxtus intusque floccoso-farinosus. Membrana stipitis extima, circa pilei medieta- tem ab interna secedit et retroflectitur suffulciens partem inferio- rem pilei, quae, tali pacto, a stipite soluta videtur, et pileus semi- liber dicitur. Caro in junioribus individuis tantillum sapida , in adultis vero acquoso-fatua. Sat frequens. Vere. Esculenta, sed ce- teris. vilior. MORCHELLA SEMILIBERA DC. DESCRIZIONE. La morchella semilibera (Tav. XIV, fig. I, II III, IV) giunta a perfetto sviluppo ha il cappello ordinariamente di forma conico- acuta, colla base triangolare, coi bordi assottigliati e sciolti sin verso la sua metà dall’apice del gambo (ivi, A C, E, F). Esso è munito superiormente di cellette od alveoli di. forma irregolare, quadri- latera o romboide, formate da rialzi o costole longitudinali qua e là anastomosate, e riunite trasversalmente da pieghe oblique imitanti in certo modo le maglie d’una rete (ivi, G). Il gam- bo è lungo, eminentemente cavo, ingrossato per lo più alla base in forma di clava, e dilatato all’apice, ove è per lo più segnato da solchi o rime longitudinali ed oblique irregolarmente tra loro anastomosate (ivi, G, a). Le sue pareti sono sottili, formate di due lamine lassamente tra loro congiunte, l’esterna delle quali, in corrispondenza dell’apice del gambo (ivi, C, 4), si ripiega al- l’infuori, coprendo tutta la parte inferiore e libera del cappello, mentre l’interna, prolungandosi in alto, ne cuopre la parte supe- riore ed interna (ivi, F, c). La superficie esterna del gambo, come pure la superficie interna tanto del gambo che del cap- pello è tutta sparsa di punti o briccioli fioccoso-farinosi. Il color del cappelio varia dal bianco sporco al fulvo, al bruno rossastro, al cinereo fosco o verdeggiante; quello del gambo dal bianco pallido, al bianco carneo o fuligginoso. La carne tanto del cap- pello che del gambo è scarsa, poco consistente, fragile, innac- quata. Coll’essiccazione, il cappello diventa grinzo e polveroso, ed il gambo si riduce in una sottile membranella. SVILUPPO. La morchella semilibera presenta da principio un cappello co- nico o tondeggiante, contratto alla base, longitudinalmente striato, con costole o pieghe appena marcate, e disposte talora a spi- rale; un gambo picciolo, corto, cilindrico, un poco fistoloso, e munito inferiormente di grosse appendici terroso-cotonose. Col 112 successivo svolgersi, il cappello s’' allarga, gli alveoli si rendono manifesti, le costole s’assottigliano, i bordi si divaricano, il gam- bo s’ingrossa, s'allunga, ed il fungo prende per così dire una nuova fisonomia. Questo sviluppo però è in varia guisa modi- ficato dagli agenti esterni. Gli individui che crescono in luoghi elevati ed in tempi non troppo piovosi, vestono generalmente forme nane e robuste, hanno cioè il cappello più sviluppato, di forma ovato-conica o tondeggiante, il gambo corto, sodo, e la carne compatta (fig. II e INT); quelli invece che crescono ne’ luoghi bassi, umidi, e ne? tempi piovosi, hanno il cappello meno sviluppato e di forma conico-acuta, il gambo per lo più lunghissimo, ed assai fistoloso, con pareti sottili e grinzose, ec., e la loro carne è tenue, fra- gile, innacquata (fig. IV). Talvolta questa diversità di sviluppo scorgesi ne’ differenti organi dello stesso individuo, quali sono il cappello ed il gambo, ciò che debbesi probabilmente attri- buire all’azione alternata delle succennate condizioni. Giunto il fango al suo perfetto sviluppo, spande un’ abbondante pol- vere seminale di color giallognolo, il cappello quindi si disec- ca, rimanendo per alcun tempo il solo gambo, il quale ordi- nariamente termina col disciogliersi. La morchella semilibera non ha nome italiano. Volgarmente chiamasi Bissacan. Cresce di primavera ne’ boschi, lungo i margini dei campi, negli orti, dietro le siepi, lungo i fossati, ec., ne’ luoghi ordi- nariamente umidi ed ombreggiati. È delle più comuni, ma non vegeta nell’egual copia tutti gli anni. USI E QUALITA’ SENSIBILI. La morchella semilibera è la meno pregiata di tutte. La sua carne molle ed innacquata, specialmente negli individui molto sviluppati, si dissipa quasi interamente sotto la cottura. Essa non ha inoltre il grato odore della morchella esculenta, è poco sa- pida, e può anche nuocere, qualora non si abbia l’avvertenza di scegliere per uso di cucina soltanto gli individui giovani e colla carne compatta. Riscontrasi per tal motivo di rado sui mercati, 113 essendo pochissimo ricercata, e vendesi solitamente a vilissimo prezzo. Coloro che la raccolgono per proprio uso, sogliono frig- gerla con burro, pepe e sale, unitamente ad uova od erbe. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. La morchella semilibera, di qualunque forma e grandezza ella sia, distinguesi facilmente tanto dalla morchella esculenta, quanto dalla morchella costata, della quale ha spesso l’apparenza, pel suo cappello inferiormente semilibero , o sia sciolto sin verso la sua metà dall’apice del gambo. ICONOLOGIA. Le più belle figure che noi possediamo di questa specie sono quelle delineate nella tavola 238 dell’opera del Sowerby. Com- mendevole pure, specialmente per riguardo alla forma, si è la figura 3, della tavola 84 del Micheli, sebbene pel difetto dello spaccato, non si possa con sicurezza riferire alla specie di cui si tratta. La figura media della tavola 51 del Sowerby, appar- tenente essa pure a questa specie, ha qualche difetto. Le figure della morchella patula del Trattinnick, Essb. Schw., tav. FF, e probabilmente anche la fig. 6 della tav. 8 dell’opera di Che- vallier spettano ad un altro genere di funghi. SINONIMIA. Questa specie, indicata probabilmente dal Micheli alla pag. 203, n. 3, nella frase Phallo-Boletus esculentus, ec., venne descritta dal Sowerby sotto il nome di ZMelvella hybrida , alla quale appartiene in parte anche l’Melvella esculenta dello stesso autore. Persoon, sulle figure del Sowerby, stabilì le due specie morchella hybrida e morchella patula della Synopsis, la prima delle quali chiamò poscia morchella crassipes, e l’altra morchella mesomorpha nella Mycologia europea; e sulla figura del Micheli, formò la morchella rete della Mycologia istessa, che 114 De Candolle aveva già descritta sotto il titolo di morchella se- milibera. Appartengono pure al fungo in discorso la morchella rimosi- pes di De Candolle, la morchella fusca della Micologia, e la morchella crassipes della Sinopsis di Persoon; e finalmente la morchella patula di Fries, il phallus rete di Batsch, il phallus patulus di Gleditsch, il phallus patulus e crassipes di Vente- nate. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XII. Fig. I-V. MORCHELLA ESCULENTA Pers. Fig. VI, VII MORCHELLA COSTATA Pers. Fig. I. Individuo sviluppatissimo col cappello ovato, regolare, e col gambo irregolarmente solcato della varietà volgare; @ parte sterile o dorsale delle pieghe o costole limitanti le cellette. Fig. II. Altro individuo della stessa varietà verticalmente spac- cato; è lamina interna del gambo, la quale si continua nel cap- pello costituendo il vero ricettacolo del fungo, o sia il sostegno c della membrana fruttifera; 4 membrana esterna del gambo che si connette superiormente ai margini del cappello. Fig. INI. Individuo piccolino della varietà fragile. Fig. IV. Individuo bastantemente sviluppato della varietà ci- lindrica. Fig. V. Individuo della stessa varietà verticalmente spaccato ; d piccoli individui emergenti dalla stessa base. Fig. VI. Elegantissimo esemplare della morchella costata, giunto all’ ultimo stadio di vita. Fig. VII. Porzione dello stesso verticalmente spaccato ; é la- mina esterna del gambo connessa superiormente coi margini del cappello; d lamina interna pieghettata e sconnessa in varj punti dall’ esterna. TI5 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XIV. Fig. I-IV. MORCHELLA SEMILIBERA DC. Figura I. A. Individuo nel suo primo sviluppo, verticalmente spaccato. B. Individuo dell’età pressa poco del precedente, coi margini contratti circolarmente sullo stipite, e colle costole pochissimo anastomosate e spiralmente contorte. Figura II. C. Individuo alquanto sviluppato col cappello ovato, con mar- gini patenti, e con cellette profonde, verticalmente spaccato; è lamina esterna del gambo ripiegata sulla superficie inferiore e libera del cappello. D. Individuo dell’età circa del precedente, col cappello ovato- conico, a costole rette e con cellette internamente rugose e poco profonde. Figura III. E. Individuo col cappello rotondeggiante, coi margini contratti circolarmente sullo stipite, munito superiormente di cellette subregolari, imitante sovra ogni altro la forma e l’abito della morchella esculenta. Figura IV. F. Individuo vicino al suo deperimento verticalmente spaccato. G. Individuo intiero dell’età circa del precedente, disegnato ad oggetto di far vedere l’enorme sviluppo del gambo in pro- porzione del cappello, e l'irregolarità della sua superficie per lo sconnettersi delle due lamine che lo compongono. 116 Fig. V. MORCHELLA ESCULENTA Pers. H. Individuo della varietà fragile, verticalmente spaccato. I. Altro individuo intiero dell’istessa varietà. Fig. VI. MORCHELLA COSTATA Pers. L. Individuo nel primo suo sviluppo verticalmente spaccato ; a lamina esterna del gambo leggiermente piegata all’infuori e connessa coi margini del cappello. M. Altro individuo intiero dell’istessa età. 117 VERPA DIGITALIFORMIS Pers. Pileus (receptaculum) campanulato-difformis, supra laevis vel rugoso-lacunosus, brunneus, inferne floccoso-albidus. Stipes brevis, albid us, extus floccoso-undulatus, intus gossypino-farcius. Verpa digitaliformis! Pers., Myc. eur., Sect. 1, pag. 202, tab. 7, fig. 1—3. — Fries, Syst. myc. 2, pag. 24. Morchella agaricoides? DC., Fl. Fr. 2, pag. 213. Pileus varius subcylindricus, globosus, clavatus, obtuse conicus, plerumque tamen campanulatus, digitaliformis, subtus undique liber, ac apici stipitis insertus. Pilei margines crassiusculi, integri, aut flexuoso-plicati , nunc ad stipitem adpressi, nunc patuli , re- flexi, limbo albicante (pars pilei inferior ) veluti circumscripti. Sti- pes subcylindricus, basi nunc attenuatus, nunc incrassatus, extus subsericeus ac transversim flocculosus , intus eximie fistulosus, sed flocco veluti gossypino farctus; junior firmus rigidus, subelasticus, mox vero mollis, aquosus flaccidus. Caro tam pilet quam stipitis tenuis, carnoso-membranacea, fugax. Sporidia minuta ovalia. Tem- pore vernali una cum Morchellis frequens. Esculenta. VERPA DIGITALIFORME pi Persoon. DESCRIZIONE. La verpa digitaliforme (Tav. XV, fig. I-IV) ha il cappello ordinariamente di forma conico-ottusa o campanulata, superior- mente rosso-bruno , liscio o rugoso-lacunoso, inferiormente li- bero e cotonoso-biancastro. I suoi margini sono interi, ondula- ti, ora stretti sul gambo a foggia d’anello (ivi, fig. II), or di- varicati e patenti a foggia di campana (ivi, fig. I, III), con- tornati da un orlo biancastro (ivi, fig. I, a,@) proveniente dalla lamina inferiore od imenifera del cappello istesso. Il gambo , di forma e grandezza variabile, è semplice, fioccoso-carnoso , bian- castro, esternamente ineguale, d’aspetto nitido quasi sericeo, e sparso di fiocchi cotonosi, disposti in linee circolari, ondeggianti, 16 118 interrotte, internamente cavo, ma zeppo di sostanza molle co- tonosa (ivi, fig. III, 2), proveniente dalle pareti istesse del gam- bo, delle quali sembra una continuazione. I fili che la compon- gono, fitti verso la periferia, flosci nel centro, e circolarmente disposti, imitano assai bene il midollo dello stelo dell’Arundo Phragmites. Il gambo aderisce superiormente al centro del cap- pello (ivi, fig. III, c), la cui parte inferiore od imenifera sem- bra interamente formata dalla sostanza corticale del gambo me- desimo. La carne del gambo è tenue, fragile, liquescente; quella del cappello è più consistente, meno fragile, e facilmente es- siccabile. SVILUPPO. La verpa digitaliforme, nel suo sviluppo, non offre ordinaria- mente notabili cangiamenti sia nelle forme che nelle dimensio- ni. Il suo cappello in origine è quasi sferico, liscio, coi margini strettamente serrati sul gambo; questo è piccolissimo, sodo, ela- stico, colla sostanza midollare, fitta, umorosa. Col successivo svi- luppo, la superficie del cappello diviene rugoso-solcata ed irrego- larmente lacunosa; i suoi margini; allargandosi e ripiegandosi in alto, si scostano dal gambo, che divien molle, acquoso, e la di lui sostanza midollare tenue e floscia. Pervenuto il fungo a maturanza, spande un'abbondante polvere seminale giallo-pallida. Infine il cappello si disecca ed il gambo si discioglie. La verpa digitaliforme non ha alcun nome vernacolo, volgar- mente dicesi Bissacan. Vegeta di primavera or solitaria, or gre- garia e cespitosa negli stessi luoghi ove crescono le Morchelle, specialmente sotto i filari delle viti, sulle costiere, e lungo i mar- gini dei campi. È comune nei d’intorni di Milano e di Pavia. USI E QUALITA SENSIBILI. La verpa digitaliforme giovinetta e fresca si raccoglie e si mangia dai villici unitamente alle morchelle di inferiore qualità, come sono la Senzlibera e la Costata. Essa riscontrasi pure non di rado sui mercati, frammista alle Morchelle. La sua carne è scarsa, insipida, inodora, e passa facilmente alla putrefazione. 119 Differisce dalla specie seguente pel suo cappello ordinaria- mente liscio, od appena rugoso-lacunoso, non mai però regolar- mente costato od alveolato, come pure per la polvere seminale composta di granelli (sporulae ), piccoli, ovali. ICONOLOGIA E SINONIMIA. Questa specie, scoperta da Chaillet nelle selve delle vicinanze di Neufchatel nella Svizzera, venne pubblicata per la prima volta dal Persoon nella sua micologia europea sotto il titolo di Y'erpa digitaliformis, quindi dal Fries sotto l’istesso nome nel suo $y- stema mycologicum. Le figure di questa Verpa, delle quali è cor- redata l’opera del Persoon sono bellissime, e le uniche che finora si possedano. La Morchella agaricoides di De-Candolle ( 7erpa agaricoides, Pers., Zerpa morchellula, di Fries), appartiene probabilmente alla presente specie. 120 VERPA SPECIOSA Nos. Pileus (receptaculum ) conico-campanulatus, obtusiusculus , su- perne plicato-costatus , alveolatus, brunneus, inferne laevis, floc- coso-albidus. Stipes magnus, albidus, extus floccoso-undulatus , intus gossypino-farctus. Phallo- Boletus esculentus , pileolo conico, ampliore, subobscuro, pediculo le ucophaceo fistuloso. Mich., pag. 202, tab. 84, fig. 1, et Phallo-Boletus esculentus, etc. Ejusd., pag. 203). DI Phallus Gigas. Batsch et Gmelin, Syst. vegetab. 2, pag. 1448. Phallus squamosus. Venten. in Mem. Inst. Nat. I, pag. 5I1. Morchella Gigas. Pers., Syn., pag. 619. — Myc. eur., Sect. I, pag. 204. — Fries, Syst. 2, pag. Ir. Morchella patula ! Trattinnick, Essb. Schw., tab. FF (non Persoonii). Helvella esculenta. Fries, Syst. 2, pag. 16 (ad partem?) Pileus interdum ovato-elongatus, vel subglobosus, morchellae- fornis; subtus undique liber, uti in phallo , ac apici stipitis in- sertus. Costae seu plicae unicolores , crassae , rotundatae , dicho- tomae , parum anastomosantes, rugis transversalibus irregulariter junctae. Cellulae rariores, amplae, elongato-difformes. Pilei mar- gines crassiusculi, obtusi, undulato-repandi, nunc patuli, nunc ad stipitem adpressi, limbo albicante (pars pilei inferior ) circumcin- cti. Stipes procerus, basi incrassatus, ac interdum lacunoso-sul- calus, SUrsum acqualiter alienuatusj; extus inaequalis, subsericeus, intus, eaimie fistulosus, sed flocco gossypino laxo farcius. Caro pi- lei subcompacta, ceracea; stipitis vero floccoso-mollis fragilis et facile deliquescens. Sporidia magna, oblonga! Martio-Aprili in sylvis hu- midiusculis circa fossas udas , etc., haud infrequens. Esculenta. VERPA SPECIOSA. DESCRIZIONE. La verpa speciosa (Tav. XV, fig. V-VIII), somigliantissima nell'aspetto alle morchelle, ha un cappello ordinariamente am- pio, di forma conico-ottusa, o tondeggiante, scavato inferiormente a foggia di campana, e totalmente libero dal gambo, al quale I2I non aderisce che verso il suo apice alla foggia di quello dei Falli ( fig. VII, a). La parte superior del cappello, di color rosso-bruno costante ed uniforme, è tutta sparsa di solchi o cellette limitate da duplicature o costole longitudinali, crasse, rotondeggianti, tortuose, dicotome, qua e là anastomosate, e riunite da numerose pie- ghe trasversali poco rilevate. Le cellette sono scarse, piuttosto ampie, non troppo profonde, e di forma irregolare allungata, ver- gente alla romboide. I margini del cappello sono grossi, interi, rotondati e sinuosi, ora divaricati, ora contratti circolarmente sul gambo, contornati da una specie d’orlo biancastro (ivi, fig. VI, 5) proveniente dalla membrana fioccoso-carnosa che veste la parte inferiore e liscia del cappello. Il gambo, ordinariamente sviluppatissimo in proporzione del cappello (ivi), è di color bianco pallido o carnicino, di forma conico-allungata, ingrossato cioè alla base, ove è generalmente segnato da solchi o lacune profonde, rappiccolito gradatamente verso l’apice. Esternamente, egli è liscio, ineguale, subsericeo e sparso di fiocchi disposti in linee trasversali interrotte ed ondeg- gianti; internamente, cavo, come nelle Morchelle, ma totalmente zeppo di una sostanza fioccoso-cotonosa (ivi, fig. VII, c), più o meno fitta a norma dell’età, i di cui fili sono circolarmente disposti (ivi, fig. V, d4) come nella specie precedente. Le pareti del gambo sono sottili, fragili, fioccoso-carnose, e si continuano superiormente nella membrana inferior del cappello (ivi, fig. VIII, e), la quale sembra da queste interamente formata. La carne del cappello è molle, polposa, facilmente essiccabile; quella del gambo è acquosa , soffice, liquescibile. SVILUPPO. La verpa speciosa nel suo primitivo sviluppo s'avvicina mol- tissimo alle Morchelle, e specialmente alla morchella semili- bera di cui veste talvolta le forme e le dimensioni. Giunta a perfetta maturanza, ciò che è l’affare di pochi giorni, essa spa nde a getti una polvere giallognola sotto forma di fumo, dopo di che il cappello si raggrinza e si disecca, convertendosi in una mem- brana arida, ineguale, scarioso-polverosa. Il gambo persiste ordi- 122 nariamente alcun ‘tempo dopo la trasformazione del cappello, in- fine divien molle, flaccido e termina collo sciogliersi in putrido liquame. La verpa speciosa chiamasi dai Toscani Spugnolo cappelluto maggiore ( Mich.). Volgarmente Bissacan. I Tedeschi la appel- lano die Bastardmorchel. Trovasi di primavera ne’ luoghi ordinariamente umidi dei bo- schi, presso i fossati, ec. Cresce or gregaria, or solitaria, e dicesi precedere di qualche giorno la comparsa delle Morchelle, al che forse avrà dato luogo la rapidità del suo sviluppo. Non è tanto rara, e scorgesi di frequente sui nostri mercati, quantunque non registrata nella Flora pavese, nè nell’ Enumerazione storica dei fanghi della stessa provincia, compilata dal dott. Bergamaschi. USI E QUALITA’ SENSIBILI. La verpa speciosa, quando è ancora giovane, mangiasi nell’i- . stessa guisa delle vere Morchelle, colle quali viene generalmente dal volgo confusa. Invecchiando però, la sua carne divien molle ed insipida, nè può somministrare un cibo egualmente sano. Essa passa inoltre facilmente alla putrefazione, vicina al quale stato potrebbe anche riescire dannosa. Quindi è che non portasi ge- neralmente da sola sui mercati, ove sarebbe riconosciuta e ri- fiutata, ma si usa frammetterla alle vere Morchelle, unitamente alle quali agevolmente si vende ed a caro prezzo. Colta di fresco, essa non ha odore, nè sapore marcato. Col di- seccamento , ciò che si ottiene con difficoltà, si riduce in una tenue ed arida membrana inodorosa, insipida e di nessun uso. SPECIE AFFINI. La verpa speciosa può essere facilmente confusa colla mor- chella semilibera e colla morchella esculenta, alle quali talvolta savvicina tanto nell’abito quanto nelle forme. Essa però si di- stinguerà tosto dalle suddette specie, qualora si avrà riguardo al carattere generale delle Verpe, che è quello d’aver il cappello in- tero (non lobato), e sciolto inferiormente dal gambo. Per il che 123 si distinguerà pure dall’elvella esculenta, di cui ha tutta l’appa- renza, come si vedrà a suo luogo di essa favellando. ICONOLOGIA. Il Micheli fu il primo che figurò questa specie di Verpa nella tavola 84, fig. 1 della sua opera, come chiaramente può rilevar- si e dall’ispezione della figura istessa, e dal carattere generico che esso ne diede (:) proprio delle Verpe, e che questa maniera di funghi ha da un lato comune anche coi Falli. Dopo il Mi- cheli essa venne di nuovo figurata dal vero dal Trattinnick, Essb. Schw. alla tavola FF, il quale ne diede anco lo spaccato. E quantunque questo autore abbia compreso la figurata specie tra le Morchelle, la separò nullameno da tutte le specie di que- sto genere dietro i caratteri appunto delle Verpe (2). È probabile che appartengano pure a questa specie la figura 2 della citata tavola del Micheli, e la figura 6 della tavola 8 dell’opera di Chevallier, copiata, se non m’inganno, dalle figure del Trattinnick. SINONIMIA. Questa specie fatta conoscere per la prima volta dal Micheli colla frase di Phallo-boletus esculentus, pileolo conico ampliore suboscuro , ec., l. c., e chiamata Phallus Gigas dal Batsch e dal Gmelin, Plhallus squamosus dal Ventenat, e IMorchella Gigas dal Persoon, venne di nuovo descritta dal Trattinnick sotto il no- me di Morchella patula come specie da quella distinta. Dopo il Micheli ed il Trattinnick nessun altro micologo descrisse que- sta Verpa dal vivo, e tutti coloro, che specialmente in Italia, parlarono di funghi, si accontentarono di registrarla come spe- cie indigena del suolo Fiorentino! (1): a Boleto (Morchella) vero discriminatur quod capituli inferior pars patula sit, et usque ad verticem cava, ubi demum pediculo connectitur, ut spectari potest in Phalli ab imo ad summum secti figura. Mich., Gen., pag. 202 all'articolo PhaWlo-boletus. (2) Sie ist der vorigen (morchella esculenta) sehr dihnlich , und unterscheidet sich von ihr vornihmlich durch den Hut, welcher nicht angewachsen ist, sondern rings um frey iiber den Strunk herabhcingt. Trattin., Essb. Schw. , pag. 173. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV. Fic. I-II. VERPA DIGITALIFORMIS Pers. Fig. I. Due individui di forma ordinaria e regolare, emergenti dalla stessa base, il più piccolo col cappello conico e coi margini patenti; l’altro col cappello digitaliforme: 4 a lamina inferiore od imenifera ripiegata leggermente all’esterno in corrispondenza dei margini del cappello. Fig. II Individuo lussureggiante, coi margini del cappello con- tratti sul gambo e colla superficie di esso sparsa di rime o la- cune limitate da pieghe più o meno rilevate, simile in certo modo a quella della verpa speczosa. Fig. III Individuo a perfetto sviluppo, coi margini irregolar- mente contratti sul gambo, verticalmente spaccato; c lamina su- periore del cappello o seminifera; 4 sostanza fioccosa-cotonosa che empie tutta la cavità del gambo, e che sostiene in corri- spondenza del di lui attacco colla sommità del cappello V’istessa membrana della fruttificazione. Fig. IV. Tubetti (thecae ) componenti la membrana fruttife- ra, e contenente ciascun d’essi otto granelli o semi ( sporidia ), ingranditi con una semplice lente. A sinistra della stessa figura vedesi un granello lanciato fuori dalla sommità del tubetto. Fic. V-VII. VERPA SPECIOSA Nos. Fig. V. Individuo non ancora perfettamente sviluppato, col cappello conico, con pieghe dicotome e serrate tra loro, col gambo conico-allungato, tagliato trasversalmente verso la metà circa della sua lunghezza, ad oggetto di far vedere la disposizione circolare dei fili che compongono la di lui sostanza centrale. Da un'identica struttura della sostanza corticale del gambo hanno origi- ne quei fiocchi trasversali di cui vedesi sparsa la superficie delle due descritte Verpe, e comune forse a tutte le specie di questo genere. Fig. VI. Specioso individuo giunto a perfetta maturanza, col cappello conico-campanulato, a rialzi marcatissimi, tra loro ana- stomosati in guisa da dar origine ad ampie irregolari cellette, in- 125 ternamente rugose e pieghettate, analoghe a quelle della morchella esculenta; 2 specie d’orlo biancastro, formato dalla pagina infe- riore del cappello sensibilmente ripiegata sulla faccia esterna. Fig. VII. Individuo di media età col cappello contratto verso i margini sul gambo, affatto simile ad alcuni esemplari della mor- chella esculenta, verticalmente spaccato ; 4 membrana fruttifera od imenio; e ricettacolo o sostegno della membrana fruttifera; c parte midollare cotonoso-molle del gambo. Fig. VIII. Parti della fruttificazione vedute separatamente; @ porzione del ricettacolo munito superiormente della membrana fruttifera, tolta dalla sezione trasversalmente del cappello; cin- que tubetti o teche componenti la membrana fruttifera, e conte- nenti da due a tre granelli, veduti all’istessa lente di quelli della fig. IV; c cinque granelli o sporidii veduti col microscopio. Osservazione. Per quanto sia grande l’analogia che hanno fra loro queste due specie di Verpe, la struttura, il numero e la differente grandezza delle spore, le farà in ogni tempo e sotto qualunque circostanza distinguere. 37 126 AGARICUS VAGINATUS Butx. Pileus colore varius, demum cavus, margine striatus, nudus (velo nullo ). Lamellae numerosae, antice latiusculae ; lamellulae po- stice truncatae. Stipes longus, farctus nec bulbosus, anulo plerum- que adnato. Volva libera, persistens. Agaricus vaginatus. Bull., Champ., pag. 664. — Fries, Syst. 1, pag. 14. Sequenti modo variat : a Pileo albo, livido, caesio, brunneo, fusco : Bull., 1. c., tab. 98 et 512, M. Fungus esculentus, e volva erumpens, major, totus albus, etc., et Fungus esculentus e volva erumpens , pileolo fornicato , etc., et Fungus esculentus, e volva erumpens, pileolo desuper ex obscuro griseo, et ad oras striato, inferne griseo albo , pediculo fistuloso, medii quasi coloris! Mich. , Gen., pag. 183—184. Pseudofarinaceus speciosior. Battar., tab. 5, C, D. Agaricus plumbeus. Schaeff., tab. 85, 86, et Agaricus hyalinus. Ejusd., tab. 244. Agaricus badius. Ejusd., tab. 245. Amanita livida. Pers., Syn., pag. 247. b Pileo spadiceo, fulvo, aurantio. Bull., l. c., tab. 512, N. Fungus e volva erumpens, pileolo desuper ex aureo pallido et a medio ad oras striato, lamellis et pediculo albis, et Fungus parvus e volva erumpens, pileolo rufo, ad oras striato, etc., tab. 76, fig. 2, et Fungus e volva erumpens, pileolo fulvo, etce., n.° 1, 2. Mich., Gen., pag. 183—84. Pseudofarinaceus. Battar., Fung. Ar., tab. 5, fig. A, B. Agaricus fulvus. Schaeff. , tab. 95. Agaricus trilobuò. Bolton. , tab. 38, fig. 2. Agaricus pulvinatus. Ejusd., pag. 49. Amanita spadicea. Pers., Syn., pag. 248. Pileus humidus, subviscosus, profunde sulcatus, primo conico- campanulatus , verrucis interdum (volvae portiunculis ) hinc inde vestitus. Lamellae postice acutiusculae, margine denticulatae, in a albido-griseae, in b albido-pallidae, quod etiam de stipite valet. Stipes altus, sursum aequaliter attenuatus , apice dilatatus, sub- stantia intus veluti grossypina repletus, aetate cavus, fragilis, ex- tus, ob anulum plerumque adnatum, squamuloso-striatus, versus basim anuli vestigia instructus. Volva crassa, ampla, floccoso- i 127 membranacea , laxa , persistens, stipitis basim libere circumdans. Odor nullus, sapor gratus. Ubique in sylvis, ad latera viarum, camporum versuris, etc., aestate et autumno frequens. Esculentus. AGARICO VAGINATO pi Butniarp. Appartiene alla sezione delle Amanite, ed alla suddivisione degli Uovoli. DE S'CRUNZIIOONNIEE. L’agarico vaginato, perfettamente sviluppato (Tav. XVI, fig. VI), ha il cappello profondamente striato ne’ margini, ordina- riamente piano-convesso, con leggier protuberanza nel centro. Esso varia d’assai di colore e di grandezza; la sua epidermide è vischiosetta, sottile, pellucida, e facilmente staccabile dalla carne sottoposta. Le lamelle, di color bianco--grigiastro o biondeg- giante, sono di forma allungata, alquanto ristrette posteriormente, e frangiate nel lor margine libero; le lamellette sono poco nu- merose, e posteriormente troncate in una linea retta o falcata (fig. VI, e e). Il gambo, apparentemente nudo, o sia sfor- nito d’anello, è lungo, leggiermente conico ed alquanto dila- tato all’apice, internamente, cavo e zeppo di sostanza bamba- giosa (ivi, g, g), esternamente, squamuloso, bianco o leggermente tinto del color del cappello. Non ha bulbo di sorta (ivi, 2), ed è inviluppato alla base da una volva floscia, membranacea, ampia, libera e persistente (ivi, a, a), porzione della quale scor- gesi talora sul cappello sotto forma di verruche (fig. II, a). La carne del cappello non è molto considerabile; manca quasi in- teramente verso i suoi margini (fig. VI, f), dal che appunto hanno origine le strie; la carne del gambo è più soda ma as- sai fragile. Due sono le principali varietà di questo fungo. La prima a ha il cappello di colore or bianco, or grigio, or marronato; e corrisponde all’amarita livida dei Persoon. Vedi la Tav. XVI, fig. I, II, V, VI. La seconda 128 i 5 ha il cappello ordinariamente di color fulvo ranciato ; e cor- risponde all’amanzta spadicea dell’istesso autore. Vedi la fig. IV. Una sotto varietà di questa specie cresce sul terriccio esistente nella cavità del tronco de’ vecchi castagni, distinta per la sua piccolezza, pel colore del cappello tendente al bruno nel centro, non che pel color giallognolo di tutte le sue parti. Vedi la fig. III. SVILUPPO. L’agarico vaginato trovasi da principio rinchiuso in una volva crassa, di forma ovoidea alquanto allungata. Se si spacca verti- calmente in tal epoca il fungo ( fig. I), scorgesi patentemente l'anello discendere dall’apice circa del gambo, ed attaccarsi ai margini del cappello (ivi, 4), scorrendo sulla parte esterna del lembo della volva che circonda la base del gambo. Squarciata la volva, ne esce il cappello alquanto viscido, di forma conico- campanulata (fig. IV, V), striato ne’ margini, e sciolto intera- mente dall’anello, il quale sia per la sua sottigliezza e friabilità, sia per la stretta connessione che ha col gambo, rimane per lo più adeso allo stesso su tutta la sua lunghezza (fig. VI, c, d). Allo svolgersi del gambo, l’anello si scioglie in minutissimi pezzi, e ne rende la sua superficie squamulosa (ivi, d), (v. Battar., 1. c., tav. 5, fig. GC, D). La specie d’orlo sagliente che riscon- trasi ordinariamente verso la base del gambo (ivi, c,c), e qualche ‘volta anche verso la sua parte superiore (fig. II, 3), è formata dal margine libero dell’anello. Sbrigatosi in tal mo- do il fungo quasi contemporaneamente dalla volva e dall’a- riello , assume rapidamente le perfette sue forme, disperden- do un’ abbondante polvere seminale bianco cinerea. Giunto fi- nalmente il fungo all'ultimo suo sviluppo, la parte centrale del gambo si dissipa quasi interamente , il cappello si avval- la, e la sua superficie diviene grinzosa, arida, lucente , le la- melle si fanno giallognole, e l’intero fungo termina solitamente col diseccarsi. L’agarico vaginato chiamasi dai Toscani /’also farinaccio, Bub- bolina rigata senza anello. Volgar. Bilzetto (Bendisc.). I Francesi 129 chiamano Coucouméle grise o Grisette la varietà a, e Coucoumele jaune, orangée, o semplicemente Zrandja, la varietà 2 (DC). Esso è terrestre, per lo più solitario, talvolta però trovasi riu- nito in gruppi di due o tre individui. È comunissimo, e cresce dovunque lungo i margini de’ campi, lateralmente alle strade cam- pestri, ne’ boschi, ec., dal mese di Marzo a tutto l’Ottobre, ed anche più oltre. INDOLE, USI, QUALITA’ SENSIBILI. Anche sull’indole di questo fungo, come si è veduto trattando del Meleo, non vanno tra loro d’accordo i moderni micologi. De Candolle, parlando della varietà @ dell’agarico in discorso, dice che ella è una delle specie più delicate e più sicure (2); e secondo lo stesso autore la varietà 2 vendesi sui mercati di Mont- pellier. Chevallier, Cordier, Descourtilz, e molti altri scrittori di micologia convengono pure sulle sue buone qualità. E senza andar tanto lontani, nei contorni di Mantova, al dir del Ben- discioli, si fa di questo fungo un uso quotidiano, si porta di fre- ‘quente, ed anche in copia sui mercati di quella città, e si vende e si compra con tutta confidenza. — Persoon al contrario ( Champ. com.) e Pico (Meleth., pag. 153) lo risguardano come sospetto ; Pollini ( Fl. Ver.), Bergamaschi (Funghi del Pavese), Larber (Saggio sui funghi) lo ritengono per velenoso; e Zantedeschi nella sua descrizione dei funghi della provincia bresciana ( v. Gior- nale di Fisica di Pavia, anno 1820, pag. 394) lo vuole anzi il più velenoso fra tutti i funghi. ESPERIMENTI. Le prime esperienze, dirette ad avverare le buone o ree qualità di questo fungo, furono fatte da Paulet. Gli animali su cui cad- dero le pruove sì dell’una che dell’altra varietà, somministrata a ripetute e variate dosi, non ne risentirono alcun danno (?). Di- (1) Za coucoumèle grise (ag. vagin., var. a) est une des espèces les plus délicates et plus sires à manger. DC., Fl. suppl., n. 568. (2) Pen ai donné plusieurs fois au nombre de deux , mélés avec de la viande, à 130 verso risultato ebbero le esperienze del Pico, I. c. Secondo que- stautore, un cane a cui egli fece ingojare la varietà 4 dell’aga- rico in questione (ag. fulvus, Schaeff.) si trovò fortemente in- comodato. Ultimamente, dietro analoghe esperienze, notò il sig. Bendiscioli che l’agarico vaginato, a qualunque varietà esso ap- partenga, somministrato cotto, o previamente infuso nell’acqua, non produce sugli animali alcun effetto sensibile, ma che riesce loro oltremodo nocivo, qualora venga somministrato crudo (1). Desideroso oltremodo di convincermi di questo fatto, volli io pure ripeterne gli esperimenti, ma non ebbi gli stessi risultati. Chè anzi un cane tra gli altri fu da me impunemente nutrito per alcuni giorni con questa sola specie di fungo crudo e poco pane. Non ebbi allora più alcuna difficoltà a provarlo anche su di me stesso, come feci più volte, nè m'’intervenne dal di lui uso alcun sinistro accidente (2). Dal che mi sembra di potere con ragione conchiudere essere poco o nulla fondate le asserzioni di coloro che lo vogliono un fungo nocivo (3), nè meritar esso la diffidenza in cui general mente si tiene. Fa per altro meraviglia il vedere che dei tanti des animaux , et je ne me suis jamais appercu qu'il les ait incommodés d’aucune ma- nière. Paul., Mém. de la Soc., an. 1777, pag. 445 (var. a). Essayé crud sur des animaux, au poids de deux et trois onces, mélé avec de la pdtée, il n'a produit aucun effet sensible. Ivi, pag. 447 (var. db). (1) Un piccolo cane, a cui il citato autore fece prendere mezz’oncia di questo fun- go crudo, perdè la sua naturale gajezza, palesò nausee affannose, conati al vomito, gorgogliamento di ventre, nè tornò alla consueta disinvoltura, che dopo alcune ore di vera malattia. Accresciuta la dose fino ad un’ oncia, vomitò iteratamente una materia schiumosa giallo-verdeggiante. Bend. , l. c., pag. 77. I risultati di questa esperienza trovansi in perfetta opposizione con quelli di Paulet, giacchè quest’autore ne’ suoi ten- tativi si servi appunto di funghi crudi, e ne portò la dose sino a tre once. (2) Io soglio al presente mangiarlo tutti gli anni, fritto con burro, olio d’ulivo e sale, appena colto e mondato dal gambo senz’altra preparazione. Egli è questo il modo più acconcio di cucinarlo. Cotto, od infuso per qualche tempo nell’acqua, perde gran parte de’ suoi pregi. (3) Debbo a questo proposito avvertire che tanto il sig. Bergamaschi quanto il sig. Pollini, e sulla scorta del Pollini anche il sig. Larber, non ebbero altro appoggio della loro asserzione , che le parole del Fries — Moscovitae comedunt ; secund. Jen. Litt. Zeit. 1819 venenatus (Fr., 1. c.) —; e che l’inganno del Zantedeschi nacque dall’aver esso confusol’agarico in questione con una delle specie più micidiali, cioè coll’agarico viroso (hypophyllum virosum, Paulet), come chiaramente risulta dalla citazione che fa l’autore della Memoria del Paulet risguardante appunto questo pernicioso agarico. I3I fanghi descritti dal Micheli alla pag. 183-4, appartenenti quasi tutti a questa specie, tre sol:anto della varietà a sieno da essi distinti col nome di esculenti, mentre ognun sa quanto Micheli fosse d'altronde facile a crederli tali. Battarra anch'egli nella de- scrizione di questo fungo non fa alcun cenno delle sua qualità. L’agarico vaginato non è in uso presso di noi, ed è pure escluso dalla lista dei funghi mangerecci di pubblico smercio. Masticato crudo, ha un sapor grato dolciastro avvicinantesi di molto a quello della castagna. Alcuni vogliono che questo fungo crudo lasci dietro la masticazione un sapore disaggradevole ed un senso di stringimento alle fauci da impedire persino la de- glutizione (+). Per verità io l'ho moltissime volte masticato in tale stato, e tenuto anche a lungo in bocca, ma non ho pro- vato una simile sensazione (2). La sua carne è tenera, inodo- ra, ed acconciamente cucinata riesce gustosa, di facile digestio- ne, sapida e prelibata. SPECIE AFFINI. L’agarico vaginato, quando è ancora rinchiuso nella volva, ha molta somiglianza coll’agarico cesareo. Si potrà però distinguere dalla sua forma allungata, non che dalla piccolezza di tutte le sue parti. Sbucciato di fresco dalla volva, in ispecie la varietà 4 (fig. IV), scambiasi frequentemente col detto Cesareo. Esso però è distinto non solo dall’agarico cesareo, ma da tutti i funghi di questa sezione per l’ apparente mancanza dell’anello; di più le lamelle ed il gambo sono bianchi nell’agarico vaginato , paglia- rini invece nell’agarico cesareo, almeno quando è pervenuto ad un certo grado di sviluppo. Così pure la varietà bruna dell’a- (1) Za saveur de ce champignon, dice Persoon, est à la vérité d'abord celle du cham- pignon de couche; mais après en avoir mdché, on remarque un arrière-goiît désagréable, et quelque chose d’astringent dans la gorge. Champ. com., pag. 184. Masticatolo crudo, narra il Bendiscioli, sviluppò sapore disaggradevole, aspro, nauseante. Tentammo d’inghiottirlo, dopo averlo lungamente dimenato per bocca, ma invano; chè un forte stringimento , anzi una specie di violenta contrazione alle fauci ce lo impedì ‘assolu- tamente. Op. citata, pag. 78. (2) Bulliard al piede della tavola 98, parlando di questo agarico dice: Il a une sa- veur un peu salée qui n'est pas désagréable ! ! 132 garico vaginato può essere confusa , coll'aguricus pantherinus di Fries, che ha pur desso le strie ne’ ‘margini, le lamellette tronca- te, il gambo vuoto, ec. La presenza però dell’anello, del velo e delle verruche, il bulbo dello stipite, la volva marginata, ec., di quest'ultimo, non lasciano equivoco nella sua ricognizione. ICONOLOGIA. Le migliori figure, benchè alquanto rozze, rappresentanti l’a- garico vaginato, sono quelle del Battarra, tav. 5. Nessuna però delle sue figure ha una volva guainante. Il disegno che ne diede il Micheli alla tavola 96, fig. 2, è cattivissimo. Schaeffer, che descrisse quasi tutte le varietà di questo fungo sotto nomi diversi, come vedrassi più sotto, ne diede anche delle buone figure (v. tav. 85, 36, 95, 244, 245). Commendevoli pure sono le figure della tavola 1014 della Flora Danica, una delle quali rappresenta un piccolo individuo munito patentemente del- Panello. Le figure della tavola 98 di Bulliard sono forse le meno esatte di tutte, per ciò appunto che avendo egli messo tra i caratteri distintivi della specie la volva guainante, la volle in alcune figure allungare anche più del bisogno, ed adattare per così dire al titolo medesimo; anche lo spaccato, fig. D, è erroneo, essendo le lamellette dell’agarico vaginato troncate po- steriormente (!), e non terminate in punta come vengono rappre- sentate dalla figura. Questo difetto però fu in parte emendato nelle figure della tavola 519. Le figure della tavola 12 del sig. Bendiscioli ne presentano assai bene l’abito, ma non sono però troppo esatte. Inferiori a tutte sono le figure della tavola 49 e 38, fig. 2, dell’opera del Bolton. SINONIMIA. La varietà di colorito che presenta il cappello di questo fun- go, fu cagione che egli venisse in molte specie diviso, e sotto diversi nomi descritto. Tali sono le citate specie del Micheli; il (1) Z7s (le lamelle ) sont mélés de demi et de portions de feuillets (le lamellette ) coupes perpendiculairement à la tranche. Paul., Mém., l c., pag. 447. ‘ 133 Pseudofarinaceus, ed il Pseudofarinaceus speciosior del Battarra; l’agaricus fulvus, badius, plumbeus, hyalinus dello Schaeffer; l’aga- ricus fungites del Batsch; l’agaricus trilobus e pulvinatus del Bolton; l’agaricus plumbeus della Fl. Danica, ec. Bulliard fu il primo che, nessun riguardo avendo al color del cappello, ne tracciasse i veri caratteri, riunendo tutte le già descritte forme in una sola specie, alla quale diede il nome di agaricus vaginatus. Il suo esempio venne poscia seguito da presso che tutti i micologi, tranne il Per- soon, cui piacque nella sua Syropsis di suddividerla ancora nelle due specie amanita livida e spadicea. Appartengono pure a que- sta specie l’amanita vaginata ed involuta di Lamark, e l’%ypo- phyllum elatum e sericeum del Paulet. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVI. AGARICUS VAGINATUS Butr. Fig. T. Individuo ancora avvolto nella volva, verticalmente spac- cato ; a parte inferiore dell’anello, il quale al primo svolgersi e sollevarsi del cappello abbandona ordinariamente i suoi bordi e rimane attaccato alla superficie del gambo; 4 parte inferiore del gambo, totalmente libera dalla volva, alla quale non aderisce che in corrispondenza della radice; c parte corticale del gambo sparsa. di macchie di color bianco innacquato, affatto distinta dalla centrale; d lembo della volva originariamente compreso tra la parte inferiore dell’anello ed il gambo. Fig. II Individuo liberatosi da poco tempo dalla volva, ver- ticalmente spaccato ; 4 verruche subregolari, facilmente staccabili, formate dalla divisione della parte superiore della volva che ori- ‘ ginariamente lo inviluppava; 2, è grossi margini dell'anello, che staccati per certo tratto dalla superficie del gambo, ne rendono palese l’esistenza; c parte interna della volva segnata di strie per l'impressione primitiva dei margini del cappello; 4 lembo della volva lacerato, il cui residuo scorgesi in 2 aderente inferiormente ai margini dell’anello. Fig. III. Individuo della sotto varietà che vegeta nel terriccio 18 134 che riempie la cavità de’ vecchi castagni, disegnato nel tempo che esce dalla volva. Fig. IV. Individuo della varietà ad epoca più avanzata del precedente. Fig. V. Altro individuo immaturo della varietà a, con gambo apparentemente nudo, ed inviluppato sin verso la sua metà dalla volva. i Fig. VI. Individuo perfettamente sviluppato della varietà @, verticalmente spaccato; a @ volva; 5 base del gambo libera dalla volva; c parte inferiore dell’anello; 4 lo stesso diviso in briccioli per lo svolgimento del gambo; e, e estremità posteriore come troncata delle lamellette; f luogo dove, per la tenuità della carne del pileo, s’infossa l'epidermide tra le duplicature dell’imenio, dando origine alle strie dei bordi del cappello; g, g parte mi- dollare del gambo raccolta qua e là entro la sua cavità, come nella, figura II. 135 AGARICUS VIROSUS Nor. Pileus convexus, nudus, margine laevi subfibrilloso. Lamellae ven- tricosae, albidac ; lamellulae postice rotundato-acutae. Stipes farc- tus, bulbosus, anulo tenui fatiscente instrucius. Volva manifesta, connata. 4 pileo pallide viridi, olivaceo-viridi , etc. Fungus parvus , e volva erumpens , pileo desuper dilute griseo , inferne cum fistuloso ac anulato pediculo albo ? Mich. , Gen., pag. 185. Fungus phalloides anulatus , sordide virescens et patulus. Vaillant, Botan. paris. , pag. 74, tab. 14, fig. 5. — Paulet, V. Rozier, Journ. de Physiq., ann. 1775, tom. V. pag. 477 , tab. II; et Mémoire de la Société de Méd., ann. 1776, pag. 431, tab. V. ( repetita ). Agaricus bulbosus. Bull., Champ., tab. 2. — Roques, Hist., tab. 23, fig. 1 et 2. Agaricus citrinus. Schaeff., tab. 20, fig. 6. Agaricus phalloides. var. Fries, Syst. 1, pag. 13. Amanita viridis. Pers., Syn., pag. 251. — Alb. et Schw., Consp., pag. 143 (bene). Amanita venenosa var. viridis. Pers., Champ. com., tab. 2, fig. 3. Hypophyllum virosum. (Oronge cigiie verte et jaunàtre ). Paulet, Champ. 2, pag. 326—28, n.° a, b, tab. 155 (repetita), et tab. 156, fig. 1 et 2. b totus albus. Fungus e volva erumpens, totus albus, pediculo cylindrico, prealto, et anulato? Mich. pag. 184, n.° 2. Agaricus vernalis! Bolton, Fung., tab. 48. Pileus initio conico-campanulatus, subviscosus, epidermide tenui subvirgata vestitus. Lamellae acquoso-albidae, adultae in a subvi- rescentes. Stipes cylindraceus, rectus, squamulosus, primo carnoso farctus, hinc, praesertim apicem versus, cavus, bulbus solidus, rotun- datus, persistens. Anulus supra striatus, margine tenui, brevi mar- cescens, in b albus, in a albido-viridescens, dein fuscus. Volva tenuis, albida, intus in a luteo-viridescens. Odor debilis, virosus, sapor subnullus. Var. a in; sylvis quercinis aestate et autumno fre- quens, b autumno tantum, ast rarissime. AGARICO VIROSO. Appartiene alla sezione delle Amarite, nella suddivisione degli Uovoli. . speci 136 DESCRIZIONE. L’agarico viroso (Tav. XVII, fig. IV) ha un cappello con- vesso-piano, leggermente cavo in età avanzata, coi margini li- sci, nudo (senza velo), vischiosetto, e di colore ora bianco, ora verdastro. La sua epidermide è sottile, trasparente, facilmente staccabile dalla carne sottoposta; finamente tessuta o vergata di strie concentriche ordinariamente di color fosco (v. Bull. tav. 2, fig. B, C) (, fibroso-sericea e sub-lacera verso i margini. Le la- melle sono numerose, oblunghe, panciute, di color bianco in- nacquato; le lamellette scarse, ottuse posteriormente e terminate in una linea curva (fig. IV, f). Il gambo è subcilindrico , lun- ghetto, cavo in età avanzata, specialmente verso il suo apice (ivi, 4), squamuloso, bianco o tinto leggermente del color del cappello. Esso termina alla base in un bulbo considerabile, piut- tosto sodo, contornato da una volva membranacea, sottile, bianca esternamente, bianca o giallo-verde internamente, e congenita col bulbo medesimo (ivi, ). Il gambo è pure munito dell’anello. Questo è sottile, leggermente striato al disopra, con bordi sem- plici lacero frangiati, poco persistente, sciogliendosi ben tosto in una specie di poltiglia attaccaticcia. Esaminato l’anello poco prima del suo spappolamento, si vede superiormente gremito di goc- cioline giallognole trasparenti. La carne del cappello è scarsa, ma si continua nientemeno sin verso i bordi del cappello (fig. IV, g), i quali perciò non sono mai striati; quella del gambo è soda esternamente, acquoso-molle nel centro, ove facilmente scompare. Se ne distinguono due varietà; la prima ha il a Cappello verde cedrino, verde uliva, verde terreo, grigia- stro (fig. I, II, IV); Valtra è b Totalmente bianca ( fig. III). (1) Pileus laetius opaciusve viridis: est etiam, quando viridi fuscoque marmoris ad'instar eleganter variegatum reperire obtigit. Alb. et Schw. Consp., pag. 143. SVILUPPO. L'’agarico viroso trovasi in origine entro una volva crassa e tondeggiante, come è di quasi tutte le Amanite. Allo svolgersi dell'embrione il cappello sospinge la parte superiore e centrale della volva, la quale assottigliandosi ed allungandosi fa prendere a tutto il fungo l’aspetto di un cono colle estremità tondeg- gianti (fig. 1). Se si spacca verticalmente in tal epoca il fungo (fig. IT), si vede il grosso bulbo che ne forma la base, conti- nuarsi centralmente nel gambo (ivi, a), e prolungarsi esterna- mente nella volva (ivi, 3 ), che dicesi per ciò appunto congenita. Il gambo in origine è pieno, carnoso, omogeneo, collo svolgersi però del fungo, la parte centrale di esso si ammollisce , e re- stringendosi gradatamente dalla sommità alla base finisce col dis- siparsi interamente. Nel momento in cui sta per lacerarsi la volva, presenta il fungo verso la metà circa della sua altezza una spe- cie di strozzamento circolare, corrispondente allo spazio compreso tra il.bulbo ed il cappello (1). Lacerata la volva ne esce il cap- pello di forma per lo più conico-ottusa, coi margini lisci e con- giunti col gambo mediante l’anello (fig. III, e), dal quale pure di- sciolto , si dilata in una superficie convesso-piana, disperdendo una abbondantissima polvere seminale bianca; dopo di che il cap- pello s’infossa alquanto nel centro, si copre di macchie bianca- stre e giallastre, e cade finalmente in una specie di sfacello, tra- mandando un odore fetidissimo. La varietà verde dell’agarico viroso non ha alcun nome ita- liano o vernacolo; i Francesi la chiamano Oronge cigiie verte, jaundtre, volgarmente Luit vert, Lucifer (Paul.). La varietà bianca chiamasi dai Toscani Bubbola bianca, Uovolo bastardo? (Mich.) L’agarico viroso è terrestre, e solitario. La varietà @ cresce abbondantemente nelle selve opache di quercie e castagni, ne’ co- rileti, ec., sul finir dell’estate e nell'autunno. La varietà d è piut- tosto scarsa, e non vegeta che in autunno avanzato. (1) Dans ce premier état, il ressemble à deux noix qui séraient posées l'une sur l'au- tre et recouvertes d'une peau blanche et un peu épaisse. Paulet, Mem., l. c. 138 INDOLE E QUALITA SENSIBILI. Tutti gli scrittori di micologia convengono nel considerare l’a- garico viroso come uno de’ funghi più perniciosi ('). Questo in- fatti, preso anche a piccole dosi, non manca mai di produrre sul- l'economia animale i più terribili effetti, conseguitati nella mag- gior parte de’ casi dalla estinzione della vita. Il sig. Paulet, in una Memoria inserita nel Journal de Phy- sique di Rozier, anno 1775, vol. V, pag. 477, ci riferisce tre casi di avvelenamento , accaduti nei dintorni di Parigi per opera di questo agarico, in cui fra dieci persone attossicate, cinque soltanto si sottrassero alla morte. Due altri fatti consimili, dei quali ne diede un’ esatta istoria il sig. Larber (2) intervennero l'autunno dell’anno 1830 nella provincia di Brescia. Quindici persone furono da quest’istesso fungo (3) avvelenate, e cinque ne rimasero vittima. I primi sintomi dell’avvelenamento, nelle storie riferite dal Pau- let, non si manifestarono che dopo dieci o dodici ore, ed i prin- cipali tra questi furono: l’ansietà , la nausea, gli svenimenti con- tinui, il vomito, la diarrea, il cholera-mordus, od il sopore. In nessuno degli avvelenati si manifestò quel senso di stringimento alla gola che dicesi accompagnare quasi sempre questa sorta di avvelenamenti. — Negli avvelenati delle due storie compilate dal Larber, i primi accidenti sursero in tutti un giorno dopo, edi (1) Ma, a che rinnovare codesti esperimenti e codeste narrative, se tutto il mondo è già concorde nel maledire il bulboso (ag. virosus ) qual pessimo fra tutti i funghi ? PE Se i lamenti dei miseri che ad ogni istante lo prendono in iscambio, lo man- giano, e straziati da’ più atroci dolori, se ne vanno all’altro mondo, reclamano ben al- tro che inutili ragionamenti ? Bendiscioli , op. cit., pag. 64. (2) Degli avvelenamenti intervenuti per opera dei funghi nel regno Lombardo-Ve- neto , ec. ec.; lettera indiritta al sig. Giuseppe dott. Moretti, professore ordinario di Agraria , e professore supplente di Botanica presso l’inclita I. R. Università di Pavia. Padova 1831. (3) Sebbene questo fungo sia indicato nella citata lettera sotto il nome di amanita bulbosa, Pers., agaricus bulbosus, Schaeff. (varietà bianca dell’agarico cedrino o bian- co), esso appartiene nulla meno alla varietà verde dell’agarico viroso ( ombreggiato come egli dice d’una tinta giallo-verdiccia ), la quale , unitamente alla varietà bianca, venne nel suo Saggio con differenti specie confusa. La varietà bianca dell’agarico ce- drino o bianco, alla quale spetta l’amanita bulbosa del Persoon, fu dal Larber delineata e descritta nello stesso Saggio sotto il nome di amanita verna (v. p. 85). 139 sintomi che soprastavano erano l’enteralgia, il cholera-mordus, l'oppressione all’epigastrio, ec. Apparve in alcuni la febbre, e negli aggravati v'era sete ardentissima, spesseggiante respirazione, addome enfiato; in progresso, inclinazione al sopore; più innanzi, letargo. Taluno mettea di per sè strida dolorose, ed era pigliato da convulsioni cloniche, metteale tal altro al sol toccarlo. Quat- tro de’ cadaveri vennero notomizzati. In tre la villosa del tubo intestinale mostrava chiasse di precessa flogosi, ed in uno di essi già inchinevole allo sfacello. Paulet dietro varie esperienze instituite sugli animali a fine di determinare la natura del veleno di questo fungo, la sua maniera d’agire, e le sostanze atte a neutralizzarlo, od almeno proprie a mitigarne gli effetti, conchiuse : 1. Che questa specie di fungo è ugualmente nociva all’uomo ed agli animali, e che il genere d’affezione che produce è una malattia per l’ordinario soporosa, di cui l’ultimo grado è una vera apoplessia. 2.° Che il veleno che essa contiene può produrre quest’effetto alla dose di 4, o 5 grani. 3.° Che, mangiato alla maniera ordinaria, non manifesta la sua azione, sia sull'uomo, sia sugli animali, se non dopo dieci o do- dici ore. 4° Che egli si risolve e si riduce in mucillaggine nelle prime vie, ove lascia sempre qualche traccia di sua presenza sia cor- rodendo, sia irritando. 5. Che non si conosce finora alcun mezzo valevole a disco- prire la sua deleteria qualità, prima che sia stato inghiottito; e che il miglior espediente si è quello di far prendere il sugo di questo fungo, a qualche animale, p. e. ad un cane, il quale ne risente subitamente gli effetti. 6. Che vi hanno parecchie sostanze atte a correggerlo, o piut- ‘tosto a privarlo del principio velenoso, come l’aceto, il sal ma- rino disciolto, lo spirito di vino, e qualche altro liquore spiri- toso od acido, come il vino, l’etere, ec. ‘n.° Che una volta che si sia mangiato senza correttivo, dopo gli evacuanti, p. e. l’emetico, non vi ha presentemente miglior rimedio d’una miscela d’acido e di spirito di vino, qual è l’e- 1/0 tere vitriolico, l’acqua minerale dell’ Hoffmann, ec., e niente di più contrario dell’alcali fisso o volatile. Secondo lo stesso autore il principio deleterio di questo fungo risiede in una resina, o gommo-resina, solubile principalmente nello spirito di vino, ed esistente nella proporzione di uno a quarantotto, per riguardo a tutte le altre parti, nel fungo fresco, e di uno a sei nel fungo essiccato. Queste esperienze però versarono tutte sulla varietà verde del- l’agarico in discorso. Altre furono da me tentate colla varietà bianca, onde convincermi della sua identità d’azione, ed. eccone una delle principali. ESPERIENZE. Ad un’ora circa di sera presentai ad un grosso cane della mi- nestra, a cui aveva unito, mentre bolliva, alcuni individui fatti in pezzi della varietà bianca dell'agarico viroso. Il cane quantun- que mostrasse appetito, ricusò per alcun tempo di mangiarne; finalmente lambendo con riservatezza gli orli del vaso, ne as- sorbì a stenti tutta la parte liquida. Contento di ciò lo feci le- gare in luogo appartato onde assicurarmi se mai il veleno venisse rimesso: passò tutta la notte dormendo, nè cominciò a manife- stare delle inquietudini che sul far del giorno, cercando con in- fruttuosi conati di vomito di liberarsi dall'ingojato veleno. A po- che ore di sole divenne come arrabbiato, appiccandosi ferocemente a quanto gli veniva presentato. Cominciò quindi a venir preso da forti convulsioni ed a reggersi a stento sulle gambe, emettendo in seguito per vomito e per secesso un’abbondante materia bigio- nerastra. Sordo più innanzi alla voce del proprio padrone, e di- steso sul terreno, non mandava che di tratto in tratto degli urli fortissimi, agitato da frequenti convulsioni. Il tetano in fine, an- nunziato già da preceduti spasmi parziali, e specialmente dal tri- sma e dallo spasmo cinico, venne a metter fine ai suoi patimenti poco prima del tramonto del sole. Il cadavere ancora caldo mo- strava una rigidità considerabile. L'atteggiamento ne era spaven- tevole; il muso, la testa e la spina stesi in linea retta, le lab- bra ritratte, le estremità avvicinate l’una all’altra, rigide e distese. : I4I Nel fare la sezione del cadavere si trovò l’esofago intatto; lo stomaco pieno di una materia bigio-nerastra, simile a quella eva- cuata col vomito, le sue pareti discretamente injettate e sparse di larghe macchie livide; il piloro chiuso quasi perfettamente. Le in- testina tenui, zeppe tutte della sopraccennata materia, mostra- vano qua e là le stesse macchie osservate nello stomaco; e tutto il tubo intestinal crasso era molto ristretto, ed aveva le pareti ingrossate e maravigliosamente injettate. Il cuore era flac-- cido e non conteneva che poca quantità di sangue quasi disciolto. Nello stesso stato trovaronsi i polmoni, il fegato e la milza. Le membrane del cervello e del midollo spinale erano pur esse injettate. Un cane da caccia, compagno del precedente, mancò quel giorno all’ora solita del cibo, e fu visto strascinarsi qua e là, contorcersi e rotolarsi tratto tratto per terra. La mattina seguente sì trovò morto in un angolo d’un porticato, presentando gli stessi atteggiamenti del primo. Non vi fu disputa sulla cagione della morte, poichè aveva lambito il vaso, lasciato imprudentemente dal servo nel luogo ove era stato sotterrato il residuo della minestra. Esso venne sezionato ancora caldo, e vi si riscontrarono gli stessi guasti sopra notati, ma in grado molto maggiore. Ripetute esperienze, ed in vario modo tentate ora coll’una, ora coll’altra varietà, furono sempre susseguite dalla morte del pa- ziente e dagli stessi guasti dello stomaco, delle intestina, e segna- tamente del cervello e del midollo spinale, ove erano in parti- colar modo dirette le mie indagini. In tutti questi esperimenti gli animali avvelenati non cominciarono a dar segni di mal es- sere che dopo sei, dodici o più ore, e perirono tutti nello spa- zio di tempo compreso tra le diciotto e quarant’otto ore ‘dall’in- gestione del veleno (1). (1) Il sig. Bendiscioli ( op. cit., pag. 64) asserisce d’aver egli pure ripetutamente sperimentato questo fungo sopra varj animali, e d’averne sempre ottenuto gli stessi ri- sultamenti del Paulet. Avendo per altro quest’ autore confuso sotto un istesso nome parecchie specie d’agarici, quali sono l’agaricus bulbosus e citrinus di Schaeffer, l’aga- ricus pantherinus di Fries, ec., rimane a verificarsi se queste esperienze siano state fatte coll’agarico indicato dal Paulet, oppure con qualcuna delle mentovate specie. Che se vogliamo attenerci alla descrizione ed alle figure che esso ne diede, pare anzi che questo micologo non abbia avuto ancora occasione d’esaminar questo fungo in natura. 19 142 L’agarico viroso, masticato crudo, non ha sapore sensibile ; l’o- dore nel fungo giovinetto è quasi nullo, nell’adulto invece è for- te, viroso, stupefaciente. Questo odore si fa più intenso nel fungo diseccato. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico viroso non ancora sbucciato dalla volva può facil- mente esser confuso coll’uovolo ordinario rosso e bianco, e coll’agarico ovoide o Farinaccio. Sbucciato poi dalla volva, al- meno la varietà bianca, può essere scambiata con una varietà a gambo allungato e bulboso dell’agarico campestre di Linneo, come si è avvertito parlando di questa specie. Il fungo nulla- meno che più rassomiglia all’agarico viroso bianco, sì nella forma che nelle qualità, si è l’agaricus vernus di Bulliard. Questo però, oltre ad essere più piccolo in tutte le sue parti, ha il gambo lun- go, sottile, flessuoso, il bulbo flaccido, grinzoso e di molto ap- profondato nel terreno, l’anello persistente coi margini grossi, un odor grato come di zafferano, ed un sapor acre. Mentre che il Viroso ha il bulbo solido, liscio, appena insinuato nel terreno, l’anello coi margini assottigliati, fugace ('), un odore alquanto vi- roso, e quasi nessun sapore. Viene pure comunemente confuso l’agarico viroso bianco colla varietà bianca dell’agarico cedrino o bianco; ma questa ha la volva marginata, fugace, è fornita di velo, ed il suo cappello è quindi sempre sparso di verruche (briccioli del velo), ha l'anello frangiato, persistente, ec., carat- teri tutti che non si riscontrano mai nell’agarico viroso. In fatti l’agarico del Bendiscioli ha il cappello rigato o solcato in sul margine, ed è quasi sempre verrucoso o pustulato , per la volva che si lacera ed a brani a brani gli rimane attaccata (1. c., pag. 67); mentre il cappello dell’agarico del Paulet è costan- temente liscio sui margini ( Ze, l'epidermide, reste toujours lisse, unie partout jusqu'à la destruction entière du champignon, Paul., l. c.), e non è mai verrucoso, essendo esso li velo sfornito (On le regard comme une variéié de l'agaric verruqueux de Decandolle, mais il en diffère par l’absence des debris du volva, etc. Roques, Phyt. med., pag. 46, —... nunquam nisi laevem (pilei superficies ) , glabriusculam , verrucis destitutam vidimus. Alb. et Schw., Consp., pag. 143). È (1) Son collet s'efface quelquefois presque intidrement. Paul., Mémoir., 1. c. — ZL est d'un tissu mou, foible et lache, flottant, et se colle quelquefois sur la tige au point d' étre peu sensible. Paul. , Trait. 2, pag. 328. 143 ICONOLOGIA. « Varietà verde ». Le figure della tavola seconda dell’opera di Bulliard sono esat- tissime, e ne presentano assai bene l’abito. Perciò tutti coloro che vorranno formarsi una giusta idea di questo fungo, le po- tranno con vantaggio consultare. Dei varj funghi rappresentati nella tavola 557 dello stesso lavoro sotto il nome d’agaricus dul- bosus , la sola figura D appartiene all’agarico viroso, ed anche questa è difettosa, avendo il fungo da essa rappresentato il cap- pello coi margini striati. Le figure del Paulet sono anch'esse commendevolissime, e specialmente quelle annesse alla monogra- fia dei funghi bulbosi o volvati, inserita negli Atti della So- cietà Reale di Medicina di Parigi, ridotte di grandezza naturale, e ripetute poscia a colori nelle tavole 155 e 156, fig. 1 e 2 del suo Trattato. Chiunqae si farà ad esaminare queste belle tavo- le scorgerà ad evidenza che l’Oronge cigiie jaundtre di quest'au- tore, rappresentato dalla maggior parte di queste figure, non è che una semplicissima varietà dell’agarico in discorso ('); e che a torto si è voluto da molti micologi accomunare coll’agaricus ci- trinus di Schaeffer, varietà cedrina dell’agarico cedrino o bian- co, descritto già e figurato dallo stesso Paulet sotto il nome di Oronge blanche ou citron, come specie affatto distinta. Le figure del Roques non sono di troppo soddisfacenti. Migliore è la fi- gura che ne diede il Persoon nella tavola seconda dei Funghi commestibili. « Varietà bianca ». Le figure dell’amanita bulbosa del Larber, modellate su quelle della sua amanita viridis, si avvicinano in certo modo alla va- rietà bianca dell’agarico viroso. Queste figure però, tratte dalla descrizione dell’amanita bulbosa di Persoon, varietà bianca del- l’agarico cedrino o bianco, e dalla descrizione dell’agarico bul- (1) Paulet istesso ( Traité, pag. 326) dice che la sua varietà Oronge cigiie jaundtre è quella che Vaillant ha specialmente indicata nel suo Botanicon, sotto il titolo di Fungus phalloides anulatus, ec., e figurata al n.° 5 della tavola 14, il che basterebbe per togliere ogni equivoco , essendo stata questa specie del Vaillant riferita concorde- mente da tutti i micologi alla specie in discorso. 144 boso di Barelle, varietà verde dell’agarico viroso, sono del tutto erronee, come ho già fatto altrove osservare. Le sole figure del- l’agaricus vernalis del Bolton appartengono a questa varietà. SINONIMIA. © « Varietà verde ». Questo fungo, indicato probabilmente dal Micheli nella frase Fungus parvus e volva erumpens, ec., l. c., fu per la prima volta descritto e figurato dal Vaillant ( Bot. paris.), il quale gli diede il nome di Furgus phalloides anulatus sordide virescens et patulus, 1. c., pag. 74, n.° 3. Esso venne poscia con l’istessa frase egregiamente descritto dal Paulet nelle due citate memorie, quindi nel suo 7raité des Champignons sotto il nome d’%ypo- phyllum virosum (Oronge cigiie verte et jaundtre ). Bulliard nella tavola seconda della sua opera lo descrisse sotto il nome d’aga- ricus bulbosus (+). E Persoon nella sua Synopsis lo chiamò ama- nita viridis, al qual nome sostituì poscia quello di amanita ve- nenosa var. viridis nel Traité des Champ. com., combinandolo colle due varietà citrina ed albida dell’agarico cedrino o bianco. Fries sotto il nome d’agaricus phalloides ritenne pure come iden- tiche le due specie persooniane, ciò che in tutto adottò il sig. Pollini. L’agaricus virescens della Flora Danica, l’agaricus verru- cosus var. g. DC. Fl Fr., l’agaricus viridis Nocca et Balbis FI. Tic., e l’agaricus bulbosus Bayle-Barelle, appartengono pure a questa specie. « Varietà bianca ». Il fango descritto dal Micheli colla frase Fungus e volva erumpens, totus albus, pediculo cylindrico, ec. , 1. c., pag. 184, n. 2, appartiene probabilmente alla presente varietà. Bolton però si può dire l’unico che l’abbia esattamente fatta conoscere sotto il titolo d’agaricus vernalis. E quantunque questo fungo, a mo- tivo forse del nome e del metodo di cura ivi indicato, sia stato da taluno riferito all’agaricus vernus di Bulliard, esso ne diffe- (1) Le figure delle tavole 85 e 86 dello Schaeffer, citate dal Bulliard al piede di questa tavola, spettano all’agarico vaginato. 145 risce però essenzialmente sia per la forma costantemente convessa del cappello, sia per la natura e fugacità dell’anello, carattere proprio di questa specie (2). SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVII. AGARICUS VIROSUS Nos. Fig. I. Individuo giovine rinchiuso ancora nella volva, disegna- to ad oggetto di far vedere la notabile differenza di forma che passa tra esso e l’agarico cesareo rinchiuso parimenti nella volva. Fig. II. Individuo un po’ più sviluppato del precedente, ver- ticalmente spaccato; a macchia di color bianco innacquato cor- rispondente al luogo d’inserzione del gambo col cappello. È in questo punto che la carne del gambo comincia ad ammollirsi, lasciando in progresso d’età vuota tutta la parte centrale; 2 sottil lamina della volva che cuopre il vertice del cappello; .c punto di divisione della volva dalla base del gambo, occupato dai mar- gini del cappello. % Fig. III. Individuo escito da qualche tempo dalla volva, col cappello di forma conico-campanulata, perfettamente liscio sui margini, i quali sono ancora aderenti all’anello; e luogo d’inser- zione dei bordi del cappello coll’anello; d parte lacerata della volva. Fig. IV. Individuo perfettamente sviluppato, col cappello leg- germente scavato, verticalmente spaccato; f estremità d’una la- ‘ melletta quale riscontrasi comunemente ad età perfetta; g mar- gini assottigliati del cappello perfettamente lisci anche ad età avanzata; 4 cavità superiore del gambo cagionata dall’ammolli- mento e dalla successiva contrazione e soluzione della sostanza centrale dello stesso gambo; 7 luogo di unione della base del gambo colla volva. (1) The curtain îs white very delicate. ...... disengaged frond the rind it contracts , and abides on the stem for a short tince. — I have seen a large variety of this species avhercin the curtain was wanting, ec. Bolton, Funguss., pag. 48. AGARICUS EXQUISITUS Nos. Magnus, pileus carnosus, siccus, sublaevis, velatus. Lamellae libe- rac, remotiusculae, antice latiores, primum albido-pallidae, sero sor- dide carneae, demum fuscae. Stipes floccoso-farctus, anulo albo, amplissimo cinctus. Volva marginata , fugax. Fungus esculentus, magnus , albus, pileolo fornicato , lamellis subrubentibus, pediculo longiore, et crassiore, ample anulato. Mich., Gen., pag. 174, n.° 1. Fungus totus albus edulis. Vaillant, Bot., pag. 75. Fungus esculentus pileolo et lamellis albis. Raji, Synopsis, 2, pag. 334. Amanita kremlinga alba? Dillen, L. c. Agaricus arvensis. Schaeff., tab. 310 et 3rt. Agaricus pratensis. Ejusd., tab. 96. Agaricus edulis. Bull., tab. 514, fig. N. O. — Trattinnick. Essb., Schw., tab. K ( fig. inferior ad perpendiculum secta) eximie. Agaricus Georgii. Sowerby, tab. 304 ( Fungus Georgii. Clus., pag. 264, 3, est agaricus gambosus Fries, probabiliter noster agaricus mouceron ). Agaricus cretaceus! Fries, Syst., 1, pag. 280 (non Bulliardi nec Persoonii ). Hypophyllum exquisitum! Paulet, 2, pag. 286, tab. 134, fig. 1, 2. Pileus initio conico-campanulatus, verrucis sparsis floccoso-fa- rinosis, fugacibus obtectus, demum convexo-explanatus, sericeo-laevis vel minutissime squamulosus, albido-pallidus, vel omnino niveus. Lamellae confertae , latiusculae , utrinque attenuatae , diu pallide persistentes, demum fuscae, nebulosae, dissolubiles; lamellulae po- stice obtusae. Stipes longus, subcylindricus, basi sub-incrassatus , vel etiam bulboso-marginatus ac veli vestigiis sparsus, extus albi- dus, nitidus, intus cavus sed flocco sericeo, tenui farctus. Anulus crassus, pilei apice insertus, duplici limbo instructus, inferior bre- vior in lacinias crassas, farinoso-floccosas radiatim fissus, superior integer, membranaceus , supra striatus, infra granuloso-farinosus. Caro pilei crassa, compacta, demum floccoso-mollis, nivea subim- mutabilis, caro stipitis dura, fragilis, fibrosa, albido-flavescens. Odor et sapor gratus. In ruderatis, ad latera viarum , ete., hinc inde obvius acstate et autumno. Esculentus! AGARICO ESQUISITO. Appartiene alla sezione Psalliota di Fries nella serie delle Pratelle. rh” DESCRIZIONE, L’agarico esquisito, giunto a perfetto sviluppo (Tav. XVIII, fig. VI), ha un cappello ampio, piano-convesso, coi margini li- sci, fioccoso-laceri e sorpassanti di qualche linea l’estremità la- mellare. Il suo colore varia dal bianco niveo al bianco pallido o gialliccio. La sua superficie, non di rado ineguale (fig. IV), è molle al tatto, tomentoso-sericea specialmente in vicinanza dei bordi del cappello, ove riscontrasi talora finamente coperta di fiocchi di peli, o di squamette formate dall’estremità delle fibre componenti la carne del cappello (fig. IT). La sua epidermide staccasi facilmente, ma con notabile lacerazione della carne sot- toposta. Le lamelle, di color carneo innacquato più o meno lan- guido ( fig. V ), sono numerose, ristrette nelle due estremità, li- bere ed un po’ rimote dall’apice del gambo (fig. III, V, VI); le lamellette sono posteriormente ottuse e tondeggianti (fig. V, VI ). Il gambo, munito superiormente dell’anello , è grosso, lungo, cilindrico, sensibilmente dilatato alla base, e talor anco bulboso-marginato (fig. II, IIT, IV), esternamente liscio, nitido, internamente cavo e zeppo di sostanza cotonoso-sericea (fig. III, V, VI). L'anello è bianco, grande, supero, persistente, col mar- gine libero frangiato-lacero (fig. VI, c), e munito inferiormente di grosse squame raggianti (continuazione del velo) (fig. IV, 2), imitanti un secondo anello. La superficie dell’anello che ri- sguarda le lamelle è finamente striata, l’altra granellosa-fioccosa (fig. IV e V). La carne del cappello è considerabile, alquanto soffice, odorosa, nivea, sub-immutabile; quella del gambo è più soda, fibrosa, fragile, e tagliata o compressa prende col tempo una leggier tinta giallo-fosca. SVILUPPO. L’agarico esquisito s'avvicina moltissimo nel suo modo di svi- lupparsi all’agarico moscario, ed in generale a tutti i funghi della suddivisione delle Tignose nella sezione delle Amanite. Il suo cappello in fatti oltre ad essere inviluppato in gioventù da una volva esilissima, più o meno fugace, è pure coperto di uno strato 148 di sostanza fioccoso-farinosa, perfettamente simile a quella che costituisce il velo delle Tignose, e che ne rende in seguito la sua superficie inegualmente verrucosa (fig. IT). Queste verruche sono fugacissime, e non riscontransi ordinariamente che negli individui giovani (+). Appena sciolto dalla volva (fig. III), esso ha il cappello conico-ottuso, coi bordi adesi al gambo mediante l’anello ed il velo; le lamelle diritte, strette, lanciolate, bianco- pallide, colore che conservano sin quasi all’epoca del distacco del- l'anello dai bordi del cappello (v. Bull., tav. 514, fig. N, O). Col successivo sviluppo (fig. IV, V) il cappello diviene emisfe- rico, piano-convesso, ec.3 le lamelle s’allargano, s’incurvano e prendono finalmente una leggier tinta carnea che passa ben to- sto alla fosco-porporina. Allo svolgersi del cappello la parte in- ferior dell’anello (fig. IV, 2), la quale non è altro che la con- tinuazione del velo, di natura friabile e poco estensibile, si stacca dalla superiore, riflettendosi sul gambo sotto forma di squame raggianti, mentre la superiore, dilatandosi, continua a ricoprir le lamelle. Staccata finalmente essa pure dai margini del cappello, ricade sul gambo, presentando così l'anello il lembo doppio ( fig. VI, c), ciò che ha fatto credere a taluno che questo fungo fosse di doppio anello fornito. Giunto il fungo a perfetta maturanza spande un’ abbondantissima polvere seminale di co- lor fosco porporino. Dopo di che il cappello s’infossa alquanto nel centro, assumendo una tinta giallastra, le lamelle divengono brune, nereggianti, s'ammolliscono, si disciolgono, e l’intero fungo tinto del color delle lamelle disecca e cade. L’agarico esquisito chiamasi dai Toscani Pratajuolo maggiore (Mich.), dai Francesi Champignon (Ball. ), Paturon blanc (Paul.), e dai Tedeschi die Gugemuke (Trattin.), die Xukemucke, der grosse Champignon (Schaeff). I Cresce or solitario or gregario in vicinanza dei ruderi, lungo i margini delle strade, nei luoghi pingui dei ‘boschi, segnata- (1) Quest’organo particolare fu osservato pure dal Trattinnick der auch nur die ge- ringste Spur von einer Wulsthaut haben sollte, die in der Jugend den ganzen Schwamm mit sammt dem Strunk und Hut bis auf die Wurzel verhiillet, 1. c., pag. 74), e dal Fries ( Veli subuniversalis rudimentum adest in ag. cretaceo (ag. exquisitus), campestri, echinato, etc., l. c., pag. 280. 149 mente dove si sogliono conservare le cataste della legna da fuoco. Vegeta nella primavera, nell’estate e nell’autunno, riproducendosi tutti gli anni nelle stesse località. È comune tanto nel milanese, quanto nel pavese; non trovasi però così abbondantemente sparso come il Campestre. USI E QUALITA’ SENSIBILI. L'’agarico esquisito è un fungo sano, oltremodo delicato e di facilissima digestione. Esso mangiasi in varie parti d’Europa alla foggia del Campestre, col quale ordinariamente si confonde. Con- viene però anche in questo luogo avvertire di non far uso che degli individui giovani, aventi cioè, come si è detto parlando del Campestre, le lamelle di color bianco-roseo o carnicino, giacchè ad epoca più avanzata potrebbero talora cagionare qual- che incomodo. La carne di questo fungo, masticata cruda, ha un sapore ab- bastanza grato; il suo odore è più forte di quello del Campe- stre, e conservasi anche nel fungo diseccato. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Il fungo che più d’ogni altro somiglia all’Esquisito si è la va- rietà Edule dell’agarico campestre. Coloro infatti, che ne’ din- torni di Milano vanno in traccia di questa varietà, raccolgono pure tutti gli individui giovani dell’agarico in discorso, e con essa promiscuamente li vendono. L’agarico esquisito però si di- stingue da questa varietà, come pure dalle altre tutte dell’aga- rico campestre, per avere il gambo cavo internamente e zeppo di fili sericeo-cotonosi (1), mentre quello del Campestre è sempre pieno, carnoso, sodo, omogeneo (2). Le lamelle innoltre dell’aga- rico esquisito sono alquanto rimote dall’apice del gambo, e sì co- lorano assai tardi, il che non è di quelle dell’agarico campestre, ad eccezione della varietà sylvicola. In fine la carne del Cam- pestre rotta o tagliata prende ben tosto una tinta rosea o car- (1) Stipes cavus, intus medulla araneosa. Fries, l. c., pag. 280-81. (2) Der Strunk, des Champignon .... voll und fleischig ist. Trattin., l. c., pag. 69. 20 150 nicina, laddove quella dell’agarico esquisito si conserva per lungo tempo bianca, assumendo in fine una leggier tinta giallognola. L’agarico esquisito potrebbe pure confondersi, a motivo del velo che lo ricopre quando è giovane, con qualche specie della sezione delle Amanite di Fries; come anche, a cagione della cavità del gambo, della disposizione delle lamelle e della natura dell’epider- mide, potrebbe essere scambiato con qualche fungo della sezione Lepiota dello stesso autore, tanto più che le lamelle dell’agarico esquisito conservansi, come si è detto, per lungo tempo bianca- stre. Si eviterà un simile abbaglio ponendo mente al color pro- gressivo delle lamelle, e specialmente al colore della polvere se- minale, la quale è bianca nelle Amanite e nei Lepioti, fosco-por- porina all'incontro nell’agarico in discorso. ICONOLOGIA. I funghi disegnati nelle tavole 310 e 311 dell’opera dello Schaeffer, sebbene ritenuti da molti come semplici varietà del Campestre, appartengono all’agarico in discorso; e se non erro, debbonsi riferire alla presente specie anche i funghi della tavola 96 dell’istessa opera, come ottimamente lo indicano la superficie del cappello, la cavità del gambo, l’ampiezza dell’anello, il co- lor della carne, ec. Spettano pure all’agarico esquisito, e sono anche commendevoli, le figure segnate N, O della tavola 314 di Bulliard, rappresentanti due giovani individui colle lamelle tuttora biancastre; le figure della tavola 304 del Sowerby, e quelle della tavola 134, fig. 1 e 2 del Paulet. La figura però, che a mio giudizio ne presenta meglio d’ogni altra l’abito ed i veri caratteri, si è quella disegnata nella tavola X dell’opera del Trattinnick (Essb. Schw), rappresentante lo spaccato dell’ultima età. Le altre figure della stessa tavola, sebbene considerate dall’autore come varietà della specie, sono poco soddisfacenti, e forse non appartengono neppure ad essa. SINONIMIA. Questo fungo, indicato già dal Micheli, dal Vaillant, dal Raji, AL dal Dillen, fu descritto dallo Schaeffer sotto i nomi d’agaricus arvensis e pratensis, e dal. Sowerby sotto quello di agaricus Georgii. Bulliard lo chiamò agaricus edulis, considerandolo come semplice varietà del Pratajuolo, e Paulet Zypophyllum exquisi- tum. Persoon, sulle tracce dello Schaeffer, descrisse pure questo fungo nella Syropsis col titolo d’agaricus edulis, allegandovi le frasi del Vaillant e del Micheli riferite già dallo stesso Schaef- fer; e le figure tutte della tavola 514 di Bulliard. Siccome però nella succinta descrizione che egli ne diede non si fa men- zione della cavità del gambo, e d’alcune altre particolarità sfug- gite anche allo Schaeffer, venne questa specie ritenuta egual- mente da altti siccome varietà del Campestre. Dopo il Persoon fu sotto lo stesso nome egregiamente descritto dal Trattinnick, I. c., il quale ne tracciò anche la maggior parte de’ caratteri che dal Campestre lo distinguono. Ultimamente Fries, nel suo Systema mycologicum, alla pag. 280, descrisse di nuovo dal vivo questo fungo come specie distinta, che denominò agaricus cretaceus, nella supposizione che l’agarico di questo nome, disegnato nella tavola 374 di Bulliard (la sola fi- gura che egli citi a questo proposito), fosse l’istessa specie. L’a- garicus cretaceus di Bulliard, del quale darò a suo luogo la figura e la descrizione , appartiene non già alla sezione Psalliota, ma bensì aHa sezione Lepiota di Fries, avendo esso, come agevol- mente si può conoscere e dalle figure e dalla descrizione di Bul- liard, le lamelle bianche, immutabili, assai rimote ; l'anello mo- bile, ec. Ma Fries non ne esaminò che le figure, e quest’agarico venne d'altronde da alcuni distinti micologi collocato nella se- rie de Coprini (v. agar. cacpaestipes Auct.), le lamelle dei qua- li, come ognun sa, passano dal color bianco originario al bruno, al nero, terminando collo sciogliersi interamente. Aggiungasi che l’agarico esquisito, come lo ha pure acconciamente indicato Fries, conserva per lungo tempo le lamelle biancastre, per cui quest'istesso autore lo disse molto simile all’agaricus excoriatus della sezione appunto de’ Lepioti. Chevallier ( Flore des environs de Paris, 1, pag. 222), servendosi per la distribuzione degli aga- rici, come d’altri generi, pressochè intieramente della classifica- zione del Fries, descrisse sotto la sezione Psalliota nella serie 152 delle Pratelle il vero agaricus cretaceus di Bulliard, il quale, come ho detto, appartiene alla sezione Lepiota nella serie dei Leucospori, ponendo così in manifesta contraddizione i caratteri della specie con quelli della sezione (1). Di sì fatte incongruenze sono zeppe le opere di alcuni mo- derni micologi italiani. In micologia tutto ciò che viene copiato dai libri, e non compilato dietro attento e ripetuto esame delle specie vive, non fa che accrescere inutilmente la mole della scienza, e ritardarne i progressi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVII. AGARICUS EXQUISITUS Nos. Fig. I. Fungo appena uscito dalla volva, col cappello ancora coperto dal velo, verticalmente spaccato. Fig. II. Individuo molto più sviluppato del precedente, ma coi margini del cappello tuttora serrati sul gambo; @ verruche che scorgonsi sulla superficie del bulbo e del cappello degli in- dividui giovani per lo spappolamento del velo. Fig. III. Lo stesso individuo verticalmente spaccato ad og- getto di far vedere l’originaria cavità del gambo, il colorito, la forma e la disposizione delle lamelle, come pure l'attacco e la disposizione delle lamelle, del velo e dell’anello. Fig. IV. Individuo disegnato nel momento del distacco del- l’anello dai bordi del cappello; 5 lamina inferiore dell’anello, o sia porzione del velo che veste la parte inferiore dell’anello istes- so, staccata per la prima dai margini del cappello sotto forma di squame raggianti (v. la fig. V). Fig. V. Individuo dell’età precisamente del precedente, ver- ticalmente spaccato. Fig. VI. Individuo a perfetta maturanza verticalmente spacca- to, e privato, con taglio trasversale, della parte inferior del gam- bo; c anello col margine libero bifido a motivo della soprac- cennata separazione della lamina inferiore dalla superiore. (1) Consimile errore fu commesso dallo stesso autore alla sezione Mouceron di Fries, sotto la quale descrisse il vero agaricus mouceron di Bulliard, appartenente ad una se- zione dei Leucospori. 153 BOLETUS FRAGRANS Nos. Pileus pulvinatus, subtomentosus, fusco-umbrinus. Tubuli semi- liberi, subrotundi, minuti, luteo-virescentes. Stipes crassus, laevis, luteus, rubro-variegatus. Caro lutea submutabilis. Suillus esculentus, crassusy superne fulvus et nonnihil hirsutus, interne et inferne luteus, pediculo ex fulvo subrubente. Mich., Gen., pag. 129, n.° 23 et Suillus esculentus, superne pulchre fulvus , inferne citrinus , et subtilissime perforatus , pediculo concolore? Mich., l. c., pag. 128, tab. 68, fig. 1. Magnus, plerumque caespitosus. Pileus compactus, carnosus, ini- tio hemisphaericus, subirregularis, marginibus acutis, subinvolutis , undulato-repandis, demum dilatatus, amplissimus. Tubuli primum brevissimi, vix visibiles, amoene lutei, subdecurrentes seu in stipi- tem evanescentes, demum longiusculi, subliberi, luteo-virescentes. Pori rotundi, lutei, hinc ferruginascentes. Sporidia sordide ochracea, subvirentia. Stipes in individuis junioribus plerumque ovato-bulbo- sus, demum subaequalis, basi nunc incrassatus, nunc attenuatus, extus laevis (non reticulatus ), intus plenus, fibroso-carnosus, ac a pilei substantia fere distinctus. Caro pilei et stipitis, rupia aut se- cta, tantillum coerulescit aut viridescit, hinc in colorem amoene luteo-aurantium transit, demum etiam rubescit. Stipitis superficies, tubuli et pori, tacti vel lacerati, codem modo mutantur. Sapor gra- tus, odor fortis, suavis agarici proceri Scop., qualis in nullo alio boleto. Ubique in sylvis quercinis mediolanensibus ac ticinensibus obvius aestate et autumno. Esculentus. BOLETO FRAGRANTE. Appartiene alla sezione Cortinaria di Fries. DESCRIZIONE. Il boleto fragrante, in età adulta ( Tav. XIX, fig. IV ), presenta un cappello ordinariamente assai voluminoso, convesso-piano in ambe le superficie, coi margini ottusi e per lo più irregolari. 154 ca sua epidermide è secca, uniforme, tomentosetta e molle al tatto, enon staccabile che a brani della carne sottoposta. Il suo colore è di cannella carico tendente al bruno rossastro o marro- nato, costante, immutabile. I tubetti che compongono la parte inferiore del cappello (fig. IV, 2) sono sottili, cilindrici, subli- beri cioè poco o nulla aderenti alla sommità del gambo (ivi d), e di color giallo-verdastro più o meno carico a norma del- l’età. I pori (boccucce od aperture de’ tubetti ) sono rotondi, mi- nuti, e disposti sopra un piano circolare, eguale o convesso (ivi c). Il gambo è grosso, sodo, cilindrico, ora dilatato, ora assotti- gliato alla base, esternamente liscio (non reticolato nè striato ), di color giallo vivissimo e picchiettato inferiormente di macchie rossastre, 0 ferruginee (fig. II ), internamente carnoso-fibroso, pieno, omogeneo. La carne tanto del cappello che del gambo è considerabilissima, soda, compatta, elastica, piuttosto asciutta, di color giallo languido, segnata, specialmente nel luogo dell’inser- zione del gambo col cappello, di macchie più cariche (fig. III, IV). Questa, tagliata o spezzata, prende talora una leggier tinta livida od azzurrognola, che si converte ben tosto in un bel giallo ranciato vergente al rossiccio. Col diseccamento però, la carne del fungo perde notabilmente di questo bel colorito, e diviene d’un giallo pallido estremamente languido. SVILUPPO. Il boleto fragrante presenta nel suo sviluppo notabili modifi- cazioni sia nella forma sia nel colorito. Il cappello in origine è conico o tondeggiante, ed ha i margini addossati e leggiermente adesi al gambo. Nel progresso dello sviluppo i margini del cappello si staccano dal gambo, si allargano e si ripiegano irregolarmente in varj punti sovra loro stessi (fig. Il ), compartendo al fungo un abito suo proprio. I margini del cappello sono a quest’epoca sottili ed acuti, e la parte inferiore di esso rimane a lungo sca- vata o sia conformata a volta (fig. III, a). I tubi sono in origine gialli, poco sensibili, e non è che ad epoca molto avanzata che si rendono manifesti. I pori sono anch'essi originariamente presso- chè invisibili, e siccome il bel color giallo di cui è tinta la pa- 155 gina inferiore del cappello si trasfonde uniformemente sul gambo (fig. IT), è acredersi che anche i tubi in questa età trascorrino per certo tratto sullo stesso. Il gambo nel fungo giovinetto è piuttosto sottile, conico-allungato o cilindraceo, e di color giallo pallido (fig. I); diventa in seguito grosso, panciuto © fusifor- me, acquista un color più intenso, e si cuopre, specialmente ver- so la base, di macchie rossastre o ferruginee, che ne rendono la superficie elegantemente variegata (ivi). Avvicinandosi il boleto al suo perfetto sviluppo, i tubetti rimasti sino allora brevissimi (fig. III ), si allungano rapidamente, presentando anche ad occhio nudo le lor boccucce aperte (fig. IV, c). Dietro tale svolgimento i bordi del cappello divengono ottusi, e la superficie inferiore di esso gonfia e ricolma, ad eccezione della parte centrale, ove per l'aborto, come pare, dei tubi che circondano il gambo, vi rimane una depressione circolare sensibilissima (fig. IV, d). Pervenuto il fungo a nîaturanza perfetta , il cappello dispiegasi in una su- perficie convesso-piana ampissima, ed i suoi tubetti, tinti di co- lor verde sudicio sul corpo e di color ferrugineo sulle loro estre- mità libere o boccucce , spandono una copiosissima polvere se- minale di color ocraceo sordido vergente al verde terreo od oli- vastro. Dopo quest'epoca il gambo, oltremodo ingrossato, e di forma pressochè cilindrica, si tinge sensibibmente del color del cappello, e tutta la sostanza del fungo, fatta d’un vivissimo gial- lo ranciato, si cuopre in varj punti di macchie bruno-rossastre, sammollisce, si putrefa e si discioglie. Il boleto fragrante chiamasi dai Toscani Porcino bastardo, Pi- naccio buono, pelosiccio; volgarmente dicesi Fungo cotogno, no- me che a motivo forse del color della carne, vien pure assegna- to ad altri funghi. Questo boleto cresce or solitario, or gregario, più di sovente però in cespi di due, tre sino a dieci individui ( fig. I) congiunti tra loro alla base in un tallo carnoso, considerabile, e profon- damente immerso nel terreno. Non tutti però gl’iudividui di un cespo giungono a perfetto sviluppo. Molti di essi rimangono sof- focati, per così dire, dal rapido svolgimento dei più robusti. Ve- geta ordinariamente questo fungo sul finir dell’estate e nell’au- tunno in vicinanza di annose quercie, e nei luoghi piuttosto ele- si apt sd a 7 156 vati. È comune nel pavese al bosco della Rossa in vicinanza di Roncaro, nei Boschi del Principe a Belgioso, lungo le costiere del Ticino vicino a Torre d’Isola, nei boschi di Carbonara nella Lumellina, in molti boschi dell’alto milanese, ed in quelli spe- cialmente che fiancheggiano il fiume Lambro in vicinanza di Bol- giano, a cinque miglia circa da Milano. USI E QUALITA’ SENSIBILI. Il boleto fragrante è senza dubbio, dopo il Porcino (Boletus edulis Bull. ), uno de’ migliori fanghi del suo genere. Esso man- giasi con tutta sicurezza dai villici in ispecie di varj paesi di Lombardia, ove si conosce e si raccoglie unitamente ad altri bo- leti, generalmente creduti nocivi (*), sotto il nome, come si è notato, di fungo cotogno. La sua carne, masticata cruda, ha un sapor grato dolciastro, il suo odore è forte, soave, affatto simile a quello del Pelliccione (ag. procerus Scop.). Questo odore, che non è proprio di alcun altro boleto, s'indebolisce e s’altera col diseccamento del fungo, nel quale stato esso sente molto del- l’odor del Porcino (doletus edulis Bull.) parimenti diseccato. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Varj sono i boleti che hanno qualche lontana rassomiglianza col fungo in discorso; tra questi devonsi principalmente an- noverare il doletus edulis di Balliard, ed il Zoletus subtomento- sus di Linneo. Il primo, che ne presenta perfettamente l’abito (v. Schaeff, tav. 130), sî distingue per la superficie levigata del cappello, per la bianchezza ed immutabilità della carne, per la reticella del gambo, ec.; l’altro, che ne presenta invece i colori, si distingue egualmente pel maggior diametro e per la forma angolosa ed ineguale dei tubi, come pure pel loro trascorri- mento sul gambo, il quale è per lo più striato, o striato-reti-. cellato (v. Schaeff. , tav. 112 ). Oltre a ciò la carne del dole- (1) Tra questi boleti merita particolar menzione il Boletus luridus di Schaeffer, il quale, sebbene al dire di un moderno micologo , sia da tutti concordemente dannato di assoluta velenosità, viene da costoro impunemente mangiato. .09) tus subtomentosus è di un giallo languido, ed ha poco o niun ro Del resto tutti sono mangerecci. Osservazione. Fra i tanti boleti descritti dal Fries nel suo Systema mycologicum, e riveduti poscia nel suo Zlenchus fungo- run, colla sinonimia completa di tutte le specie possibilmente determinabili, niuno ve n’ha che ne’ suoi caratteri combini con quello di cui ho tenuto discorso () Micheli però pare che l'abbia chiaramente indicato nella frase citata, per cui è pro- babile che questo boleto sia indigeno soltanto dell’Italia. Recherà quindi meraviglia il non vederlo descritto da alcun altro micologo del nostro paese, tanto più che tra questi vi fu chi trattò in ispecial modo dei funghi della provincia pavese; ma si rifletta che la maggior parte di questi scritti furono su di opere straniere compilate, ed ogni sorpresa verrà meno. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XIX. BOLETUS FRAGRANS Nos. Fig. 1. Cespite di giovani individui appena svolto dal terreno. Fig. II. Individuo alquanto sviluppato, col gambo corto, ova- to-fusiforme, e coi margini del cappello ripiegati irregolarmente verso la parte tubulosa. Fig. III. Individuo dell’età circa del precedente verticalmente spaccato; 4 rudimenti dei tubetti che vestono la pagina inferiore del cappello. Fig. IV. Fungo di grandezza media, pervenuto a maturanza perfetta, verticalmente spaccato; 2 tubetti nel massimo loro svi- luppo; c pori od aperture dei tubi; d depressione circolare della parte inferiore del cappello corrispondente al luogo della inser- zione del gambo. (1) L’unica specie che abbia qualche analogia di caratteri colla descritta si è il do- letùs variegatus di Schwartz (v. Fries, Obs. Myc. 1, pag. 107, Alb, et Schw., pag. 240). Esso però ha i tubetti congeniti collo stipite, e di color ferrugineo , il cappello di color giallo scuro e coperto di fascetti di peli insieme conglutinati , ec. « Bol. varie- gatus, pileo fasciculato-piloso obscure luteo, tubulis adnatis rotundis minutis ferrugineis, ec. » Fries, Syst. pag. 388. — Pileus.... squamulis obscurioribus subnigricantibus adpressis ae- qualiter dispositis , reticuli veluti speciem praebentibus , constantissime obsitus. Alb. et Schw., I. c. 2I 158 AGARICUS RACHODES Nos. Pileus amplus, depressus , epidermide tenui, in squamas haud secedentes diffracta, vestitus. Lamellae albidae , remotae. Stipes laevis , marginato-bulbosus, anulo mobili cinctus. Caro rubescens. Volva marginata. Agaricus procerus. Sowerby, tab. 190? Magnus, subcaespitosus. Pileus , volva adhuc inclusus , obiuse conicus ac volvae basi, circa margines, subadnexus, mox vero, e volva erumpens, subglobosus, hemisphaericus, demum convexo-ex- planatus , nunquam vero umbonatus. Epidermis in fungo juniori contigua, humidiuscula , reticulatim rivulosa, demum in squamas latas, polygonas, fibris radiantibus circumscriptas, soluta. Caro ini- tio subcompacta, humorosa, albido-rubescens, demum mollis, sub- exsucca, albido-murina. Lamellae numerosae, ventricosae, fragiles, postice circa collarium strictum, apicem stipitis excipientem, eva- nescentes. Stipes pro pilei magnitudine brevis, crassus, cylindricus, fibroso-carnosus , extus sericeo-albidus, non variegatus, intus ca- vus sed flocco sericeo farctus. Anulus amplus, erectus, circa mar- gines crassus, fibroso-lacerus. Volva, initio, rotundaia, crassissima, apice circulariter dehiscens, hinc, pileo stipiteque protrusis, margi- nato-reflexa, ac demum, in stipitis bulbum veluti absorpta, evane- scens. Caro pilei et stipitis rupta aut secta colorem croceo-rube- scentem illico assumit. Sapor et odor ingrati. In ruderatis sub co- rylo a Monticello, circa Mediolanum, quovis anno copiosissime occurrit, Aestate et Autumno. ÎINon esculentus. AGARICO RACODE. Appartiene alla sezione Lepiota di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico racode, perfettamente sviluppato (Tab. XX, fig. VII), ha un cappello piuttosto grande, convesso-piano e leggiermente 15, depresso nel centro, coi margini grossi, ineguali, ed PT mente fioccoso-laceri (ivi 2). La sua epidermide, di un bel color marronato più o men carico, è sottile, liscia, umidetta, intiera'o sia continua verso il centro del cappello, divisa invece in grandi squame poligone verso i margini (fig. VI, g). Queste squame dif- ficilmente sollevabili dalla parte sottoposta, sono limitate circo- larmente da vari fascetti di fili provenienti dallo sfasciamento su- perficiale delle fibre componenti la carne del cappello, l’estremi- tà delle quali ne forma, per così dire, l'epidermide (ivi). Le lamelle sono numerose, sottili, fragili, panciute, ristrette alle due estremità , e di color bianco innacquato. Esse non arri- vano posteriormente sino all’apice del gambo, ma terminano ad una piccola distanza dal medesimo sovra una specie d’orlo, che riceve come in un'articolazione la sommità del gambo (fig. V, VII). Le lamellette sono numerose, e posteriormente ro- tondeggianti. Il gambo è grosso, sodo, cilindrico, di lunghezza mediocre, munito superiormente dell’anello, e dilatato inferior- mente in un bulbo considerabilissimo. Esternamente esso è bian- co, nitido, con epidermide intierissima (non squamoso-lacera ), internamente cavo e zeppo di sostanza molle, asciutta, sericeo- cotonosa. L’anello è mobile, grande, diritto, imbutiforme, sot- tile e membranaceo verso la parte che aderiva originariamente alla superficie del gambo, ingrossato invece considerabilmente, e fibroso-lacero nel luogo del suo primitivo attacco coi bordi ‘del cappello (fig. VII, 2). La carne di questo è piuttosto conside- rabile, alquanto soda nel centro , fibroso-molle e floscia verso la superficie; quella del gambo è più compatta, fibrosa, ma fra- gile. La carne tanto del cappello come quella del gambo , di color bianco-pallido o cinericcio, rotta o tagliata, prende ben tosto una tinta giallo-rosseggiante assai risentita (1), che si con- serva anche nel fungo diseccato. Tutto il fungo compresso da un liquor giallo-fosco più o meno abbondante. (1) Tale proprietà non è affatto estranea ai Lepioti. La carne del gambo dell’aga- rico procero di Scopoli, rotta o tagliata prende anch'essa col tempo una leggier tinta rosseggiante; ed io conosco due altre specie di questa sezione, le quali appena tocche si tingono immediatamente di un color di sangue vivissimo , colore che si comunica pure al sugo che si ottiene dalla compressione della loro candidissima carne. 160 SVILUPPO. L’agarico racode trovasi in origine rinchiuso, alla maniera delle Amanite, in una volva crassa, rotondeggiante, biancastra (fig. IT), la quale di mano in mano che l’embrione si svolge, s'appiana superiormente, s’assottiglia, ed apresi finalmente în un foro circolare (fig. I), pel quale l’intiero fungo si sviluppa. Os- servata la volva poco dopo l’uscita del cappello del fungo, offre l’aspetto come di una scodelletta coi margini grossi e rilevati ( fig. III, a). Col successivo sviluppo, il fondo della volva, corrispon- dente alla base del gambo, s' innalza, i suoi margini scompa- jono, e più non rimane di essa che una debile traccia in quella specie d’orlo saliente che circonda il grosso bulbo del gambo (fig. IV, c). Il cappello nel fungo giovinetto è di forma conico- ottusa, ed aderisce leggermente in corrispondenza de’ suoi mar- gini al fondo della volva (fig. III). Appena esce da questa esso prende una figura globosa, indi emisferica, poscia piano-conves- sa, a norma dell’età e della maggiore o minor resistenza che gli presenta l’anello. La sua superficie è originariamente unita, ed elegantemente sparsa di numerose, ma leggeri scanalature ana- stomosate tra loro in guisa da presentare una specie di retico- lazione a maglie allungate e strette (fig. IV). In progresso d’età queste maglie si allargano, e l'epidermide in vicinanza special- mente dei margini del cappello si divide e suddivide in areole poligone, piuttosto ampie, le quali scostandosi per certo tratto le une dalle altre, strascinan seco ben anco l’estremità delle fibre componenti la carne del cappello (fig. VI, g). L'anello, che in que- sta specie trae origine dai margini del cappello, e scorrendo sulla facciata inferiore di esso va ad attaccarsi alla sommità del gambo (fig. III, 5), allo svolgersi del fungo, si stacca dall’apice del gambo, si abbassa (fig. V), e ripiegandosi gradatamente sovra sè stesso, presenta nel luogo della sua unione col cappello una specie di zona circolare biancastra, imbutiforme (fig. VI,,f). Sciolto finalmente anche dai margini del cappello, esso ricade sul gambo, attorno al quale rimane libero e mobile (fig. VII, :). Le lamelle in ori- gine poco sensibili, e di color bianco inacquato, prendono col- l'età dimensioni considerabilissime, ed una leggier tinta carnici- 16: na. Pervenuto il fungo a perfetta maturanza, spande un’abbon- dantissima polvere seminale bianca, finendo ordinariamente col diseccare, a meno che un tempo soverchiamente umido nol vieti. L’agarico racode non ha alcun nome italiano o vernacolo. Esso cresce in famiglie numerose d’individui, riuniti ordinaria- mente tra loro alla base in piccoli cespi; di rado rinviensi so- litario. Vegeta ad una certa profondità, per cui al primo spun- tare dal terreno esso è già totalmente libero dalla volva. Svolgesi in estate ed in autunno, e si rinnovella in copia prodigiosa ogni qualvolta venga il suolo o artificialmente , o naturalmente dalle piogge innaffiato. Trovasi a Monticello a cinque miglia circa da Milano, dietro un muro in vicinanza d’una ghiacciaja sotto un antico e semimorto cespite di nocciuolo (corylus apel- lana). Io non l'ho finora riscontrato in altre località. USI E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico racode non ha alcun uso presso di noi. E a dir vero, sebbene esso appartenga ad una sezione di funghi cre- duti generalmente innocenti, non offre certamente, nel complesso de’ suoi caratteri esterni, qualità alcuna che inviti a coglierlo. Il suo odore è dispiacevole, il sapore nauseante, e la sua carne presenta una tinta poco gradita. Non è però assolutamente ve- lenoso; giacchè avendolo io più volte esperimentato sui cani, anche a dosi considerabili, essi non ne risentirono incomodo di sorta. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico procero di Scopoli è tra i Lepioti il solo che ab- bia molta rassomiglianza coll’agarico in discorso. Esso però ha il cappello prominente d’ordinario nel centro a guisa di capez- zolo, e la sua epidermide è secca, friabile, decidua; le sue la- melle sono molto più rimote dall’apice del gambo di quelle dell’agarico racode; il suo gambo è più elevato, di color fosco, squamoso-lacero su tutta la superficie, ed ha il bulbo rotonda- 162 to, non marginato ; la sua carne infine è bianca, immutabile e d’odor soave. Osservazione. Le figure che più di tutte s’accostano all’aga- rico racode, specie senza dubbio nuovissima, sono quelle della tavola 190 del Sowerby rappresentanti, a giudizio dell’autore , varj individui dell’agarico procero di Scopoli. Dessi infatti hanno il gambo bianco, liscio (non squamuloso, nè variegato), il bulbo grosso, marginato, ec.; la loro carne però è bianca, immutabile. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XX. AGARICUS RACHODES Nos. Fig. I. Individuo giovinetto disegnato nel momento che esce dalla volva. Fig. II. Individuo rinchiuso ancora nella volva, verticalmente spaccato. Fig. III Individuo svolto dalla volva, ma circondato ancora sin verso la metà circa del cappello dai margini grossi ed ottusi a della volva istessa; 5 base dell’anello, o sia luogo d’unione dell’anello coi margini del cappello. Fig. IV. Individuo alquanto più sviluppato del precedente, col cappello di forma subrotonda, rugoso-striato, ed aderente ancora inferiormente all’anello; c margini della volva che vanno continuamente cancellandosi; d zona circolare biancastra formata dalla parte inferior dell’anello che comincia a capovolgersi. Fig. V. Individuo ancora più sviluppato del precedente, verti- calmente spaccato ad oggetto di far vedere il distacco dell’anello dall’apice del gambo, ed il suo abbassamento sul gambo istesso cagionato dallo svolgimento progressivo del cappello. Fig. VI. Individuo disegnato nel momento in cui l’anello è per abbandonare i margini del cappello; f lembo superiore del- l’anello capovolto; g squame del cappello provenienti dalla la- cerazione della parte corticale del cappello istesso. Fig. VII. Individuo adulto verticalmente spaccato; 4 margini frangiato-laceri del cappello, aderenti in origine ai margini del- l'anello; 7 margini dell’anello egualmente frangiato-laceri. 16386. AGARICUS RUBER Scxaerr. Pileus subcarnosus, compactus, siccus, colore varius, margine de- mum tuberculoso-sulcatus. Lamellae latae , subaequales, albido- flavescentes! Stipes nudus, elongatus, intus medulla ex albido- rufescenti farcius. Fungus esculentus , pileolo superne rubro, inferne primum albo, deinde obsolete lu- teo, etc. Mich., Gen., pag. 155, n.° 1. Omphalomyces margine pectinato. Battar., Fung. arim., pag. 37, tab. 15, fig. C (male). Agaricus ruber! Schaeff. , tab. 92 (optime). Agaricus decolorans ? Fries, Syst. 1, pag. 56. Agaricus lacteus?, campanulatus?, et griseus. Persoon, Syn., pag. 439, 44o et 445. Hypophyllum integrum (russula). Paulet, Trait. 2, pag. 177, tab. 74, fig. 3 (male). Pileus subrotundus, mox hemisphaericus, demum explanatus, depressus, subinfundibuliformis, margine laevis, nec, nisi in indi- viduis optime evolutis, manifeste tuberculoso-sulcatus. Ejus color ochraceus, rufus, luteo-viridis, olivaceus, etc., vel e variis compo- situs, plerumque tamen rubro-purpureus, disco nunc obscuriori ni- gricanie, nunc expallente maculato. Pilei superficies laevis, aut © minutissime punctata , sicca, jove pluvio viscosa! Lamellae hinc inde subfurcatae, ut plurimum tamen simplices, venoso-connexae, antice latiores, margine integrae , initio albido-azzurreae, subcon- fertae, demum vero subdistantes, ac e sporidiorum copia pulveroso- maculatae. Sporidia pallide ochracea. Stipes albus, subcylindricus, flexuosus, basim versus nunc tantillum incrassatus, nunc attenua- tus, intus valde spongiosus. Caro pilei et stipitis initio dura, com- pacta, nivea, rupta vel secta illico rufescens, demum floccoso-mollis, subexsucca , plus minusve fusco-colorata. Odor subnullus , sapor mitis, gratissimus. In quercetis et castanetis frequens aestate, au- tumno. Esculentus. AGARICO ROSSO pi ScHaeFrER. Appartiene alla sezione Aussula di Persoon. 164 DESCRIZIONE, L'agarico rosso perfettamente sviluppato ha il cappello ampio, depresso o scavato più o meno nel centro, coi margini orizzontali e tubercoloso-solcati (tav. XXI, fig. IV.). Il suo colore ordina- rio è il rosso porporino più o meno risentito , traente verso il disco al nerognolo od al leonato. Prende però talvolta anche il color giallo-ocraceo, il giallo-verde, l’uliva, l’ombrino, ec., nè è raro di vedere il cappello dello stesso individuo presentare più d’una delle suddette tinte. La sua epidermide è sottile’, facil- mente: sollevabile, ora pulita, ora rugosa, e talor anche minuta- mente punteggiata; secca ed opaca nei tempi asciutti, oltremodo vischiosa e coperta come d'una densa mucillaggine nei tempi pio- vosi. Le lamelle fragili, di color bianco-ocraceo o biondeggiante, connesse superiormente da pieghe o venature trasversali, grandi, d’uno spessore considerabile, panciute anteriormente, ristrette ed alquanto acute posteriormente, libere, per lo più semplici e di lunghezza eguale (fig. IV.); le lamellette o mancano intera- mente, o sono scarsissime coll’ estremità centrale arrotondata , libera od aderente al corpo di qualche lamella, che per tal modo appare bifida o forcuta (fig. V, a). Il gambo nudo, subcilin- drico , leggermente dilatato all'apice, ingrossato od assottigliato alla base, ordinariamente alto ed un po’ flessuoso, esternamente bianco o languidamente carneo, e segnato talvolta di strisce o macchie porporine, internamente midolloso e di color bianco vergente al biondello (color della mollica del pane di frumento ordinario ). La carne del cappello è poco considerabile, ma soda e compatta, specialmente nel fungo fresco; quella del gambo è più soffice, meno consistente, e compressa o tagliata prende una tinta languida d’ontano. SVILUPPO. Il cappello dell’agarico rosso è in origine di forma sferica (tav. XXI, fig. I.), e la sua epidermide è vischiosetta e difficilmente sollevabile dal sottoposto parenchima, diventa in seguito emi- sferico , indi piano-convesso, ec. I suoi margini si conservano 165 lisci sino verso l'età adulta (fig. I, II), divengono infine striati per l’assottigliarsi che fa la carne del cappello, lasciando travedere anche le pieghe che uniscono tra loro trasversalmente le sottopo- ste lamelle (fig. IV). Queste bianco-azzurrognole in gioventù, di- ritte, perpendicolari e strette sul gambo, si curvano .leggermente verso il gambo istesso allo svolgersi del cappello, per riprendere di nuovo, nell’età adulta, la forma retta orizzontale od in senso opposto arcuata. Giunte a perfetto sviluppo, spandono un’abbon- dante polvere seminale di color d’ocra languido, la quale, qua e là raccolta sulla loro superficie, ne rende il colorito apparente- mente più intenso. Il gambo è da principio cortissimo, e tra gli orli del cappello quasi intieramente nascosto (fig. I). Avvicinan- dosi il fungo al suo deperimento, la carne tanto del cappello che del gambo divien molle, soffice, spuguosa, e prende una tinta fu- ligginea più o meno risentita. L’agarico rosso chiamasi dai Toscani Rossola buona di gambo lungo (Mich.) (1); volgarmente Rossetto, Colombina rossa. I Fran- cesi lo nominano grande Rougeote, Prévat rosé, Rougeote cérise, ec. (Paulet); ed i Tedeschi rother Taubling (Schaeff. ). Questo agarico è solitario, terrestre, comunissimo nei luo- ghi elevati ed aperti delle selve, lungo le costiere, ec., in vici- nanza delle quercie e dei castagni. Vegeta sul cadere della estate e specialmente nel tardo autunno. USI E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico rosso è uno dei funghi più delicati e gustosi che si conoscano ; e sebbene non registrato nella lista dei funghi mangerecci, a motivo forse della sua somiglianza coll’ agarico emetico, generalmente creduto nocivo, mangiasi colla maggior fidanza dagli abitanti delle campagne, nè vi ha esempio ch’esso sia giammai tornato nocivo. Quest’agarico è pur d'uso comu- ne in Toscana, nello Stato Pontificio, in Germania, ec. La sua carne, masticata cruda, è dolce, tenera, ed ha il sapore quasi (1) Questo nome, nel citato avviso 24 luglio 1820, venne malamente applicato al boletus luteus di Linneo. 22 166 della nocciuola. L’odore nel fungo fresco'è appena sensibile; nel secco invece è forte, gradito, e si avvicina molto a quello della Tussilago fragrans. SPECIE AFFINI. La specie che più somiglia all’agarico rosso si è l’agaricus aluta- ceus di Fries. Questo però ha le lamelle di un color d’ocra assai carico, e la sua carne, ordinariamente più soda e più abbondante, ha sempre una tinta azzurrognola; il suo cappello inoltre, per poco che si svolga, offre ordinariamente i margini profondamente solcati, mentre nell’agarico rosso si mantengono lisci sino ad età molto avanzata. L’agarico rosso può essere pure scambiato col- l’agarico emetico di Schaeffer, del quale v’ ha un’insigne varietà che ha le lamelle bianche in origine, poscia giallognole. L’E- metico però ha sempre le lamelle più o meno ineguali, cioè sparse di lamellette, e la sua carne, masticata cruda, ha co- stantemente un sapor acre pungente, amaro. ICONOLOGIA. Le migliori figure che io conosco dell’agarico rosso sono quelle delineate nella tavola 92 dello Schaeffer. L’abito ed i caratteri vi sono egregiamente espressi. Queste figure nondimeno vennero quasi intieramente obbliate dai moderni micologi. Fries infatti, nel suo Systema mycologicum, non ne fece parola; e Persoon, dopo averle riferite con dubbio ne’ suoi commentarj ad una varietà dell’Emetico, le dimenticò egualmente nella Syropsis. La figura del Paulet (tav. 74, fig. 3) è cattiva, e sembra piuttosto imma- ginata anzi che copiata dal vero. SINONIMIA. Questo fungo, indicato già dal Micheli e dàl Battarra, fu de- scritto per la prima volta dallo Schaeffer sotto il nome di agd- ricus ruber. Paulet in seguito lo descrisse, od almeno credette descriverlo sotto il titolo di Aypophyllum integrum, var. russula. 16 Egli cita infatti la frase del Micheli, come quegli che lo ha bito specialmente conoscere, e fa pur cenno nella descrizione dell’uso che se ne fa in Italia (1). La specie per altro indicata dal Pau- let è di sapor acre e piccante fornita, mentre quella di cui tengo discorso ha un sapore mitissimo. Alcuni altri funghi di questa famiglia, più o meno vicini alla specie in discorso, trovansi pure descritti nelle opere del Persoon e del Fries. Tali sono l’ag. lacteus, campanulatus e griseus della Syropsis del primo, e l’ag. decolorans del Systema mycologicum del secondo. Le descrizioni però che ne diedero questi autori sono troppo succinte, per po- tere alcun che di certo sul conto loro affermare. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXI. AGARICUS RUBER ScuÙÙaere. Fig. I. Piccolo individuo col cappello di forma rotondeggiante , e col gambo quasi per intiero nascosto fra i lembi del cappello istesso. | Fig. II. Individuo alquanto più sviluppato del precedente, ma coi margini del cappello tuttora lisci. Fig. III Lo stesso verticalmente spaccato , ad oggetto di far vedere il successivo coloramento delle lamelle e della parte cen- trale del gambo. Fig. IV. Individuo perfettamente sviluppato, col cappello de- presso sensibilmente nel centro, coi margini tubercoloso-solcati, e colle lamelle tutte di eguale lunghezza. Fig. V. Individuo verso il termine della vegetazione, verti- calmente spaccato ad oggetto di far vedere la forma delle lamel- le, lo spessore, ed il colorito della carne tanto del cappello che del gambo; a unione della estremità posteriore d’una lamelletta colla vicina lamella, che appare perciò bifida o forcuta. (1) Cette espèce, que Micheli a fait spécialement connoître, . .... est une des rou- geotes dont on fait usage en Italie. Paul., l. c. 2, pag. 177. 168 BOLETUS EDULIS Burtr. Pileus pulvinatus, glaber, colore varius. Tubuli semiliberi, subro- tundi, minuti, luteo-virides. Stipes crassus, reticulatus , albido-ru- fescens. Caro alba immutabilis. Suillus esculentus, crassus, etc. Mich,, Gen,, pag. 127-8, n.° 8, 13 (optime). Boletus bulbosus. Schaeff., tab, 134 et 135. Boletus edulis. Bull., Champ. , tab. 60. — Fries, Syst. 1, pag. 392. — Persoon, Syn. , pag. Sro. Boletus edulis et acreus. Roques, Phyt. médic,, tab. 2, et ZHist. des Champ. com., tàb. 3, 4 (excl. fig 2}, 3 Boletus esculentus. Pers., Obs. myc. et Myc. eur., sect. 2, pag. 131, et Boletus dulcis, umbrinus. Ejusd., Myc., pag. 135 et 14o (ex Friesio). Boletus solidus. Sowerby, tab. 419 (bene). Tubiporus edulis, ustulatus et esculentus. Paul., Champ., tab. 167, 168 et 168 (bis). Pileus prima aetate conico-hemisphaericus, marginibus attenuatis, membranaceis stipiti adfixus, ac flocco tenuissimo (velum) prui- nae ad instar secedenti, ex integro obtectus; demum amplus, di- latatus, eximie carnosus, laevis vel rivuloso-scrobiculatus, nitidus, siccus. Ejus color albido-pallidus, rufescens, fuligineus , badius , vaccinus, castaneus, aereus, nigricans, ater, vel e variîs compositus. Tubuli initio aquoso-albidi, brevissimi, subdecurrentes, hinc albi- do-lutei, demum luteo-virescentes, sat longi, subliberi, ac circa sti- pitem interdum depressi. Pori prima aetate albidi, pervii, mox vero albido-carnei ac substantia veluti ceratea farcti, hinc lutescentes ac iterum aperti, demum e viridi-ferruginascentes. Sporidia sordide ochracea, subvirentia. Stipes nudus, crassus, plenus, carnosus, ini- tio brevis, ovato-bulbosus, demum longiusculus, subaequalis, albido- fuligineus vel pallide rufescens. Caro compacta, sub cute vinosiu- scula. Odor debilis funginus peculiaris, sapor gratus. Omnium vul- gatissimus in silvis praesertim quercinis et castaneis, aestate et au- tumno. Esculentus! B. PINICOLA. Boletus edulis. Bull., Champ., tab. 494! — Trattinnick. Essb. Schw., pag. STE tab. A. Boletus tuberosus var. Pers. , Syn.; pag. Sir. 169 Pileus initio, e flocco valde conspicuo, pruinoso-albidus, subvi- scosus, plerumque rivuloso-scrobiculatus , în centro intense casta- neus, circa margines vero rubrocupreus, raro omnino pallide ru- fescens. Caro mollis, aquosa, parum sapida, alba , sed circa tu- bulos etiam e luteo-viridescens. Stipes obsolete uiplurimum reticu- latus, ac albido-carneus. Reliqua uti in specie. In pinetis! abunde vere et autumno praeseriim seriore. BOLETO EDULE pi Burniarp. Appartiene alla sezione Cortinaria di Fries. DESCRIZIONE. Il boleto edule, perfettamente sviluppato ( Tav. XXII, fig. V), ha un cappello ampio, ben carnoso, orbicolare, più o meno con- vesso, coi margini grossi ed ottusi. La sua superficie è nuda (non tomentosa ), pulita, asciutta, eguale o rugosetta, e l’epider- mide che lo ricopre sottile, e difficilmente sollevabile dalla carne sottoposta. Il suo colore ordinario è il leonato traente, a norma dell'età, del luogo di nascita e della natura del terreno, al bajo più o meno carico, al bruno grigiastro, al bronzino, al nero, ec., con macchie o sfumature più o meno pronunciate. Gli indivi- dui appena nati, o privati per qualsivoglia cagione del libero in- flusso della luce, presentano ordinariamente una tinta pallida, si- mile al color dilavato della nocciuola (fig. I, A). La carne del cappello è soda, piuttosto asciutta, di color bianco inaltera- bile, con leggier tinta fuligginea o vinato-smorta verso l’epi- dermide. La pagina inferiore del cappello è piana o legger- mente convessa, e presenta non di rado una depressione cir- colare in corrispondenza della sua inserzione col gambo (fig. V, o). I tubi che la vestono sono lunghi, sottili, rotondeggianti, e di color giallo-verde sudicio o d’uliva; essi scemano in lun- ghezza coll’avvicinarsi al gambo, ed i più corti tra questi vi stanno leggermente adesi (ivi). I pori, o sia le boccucce dei tubi è sono, all’epoca della emissione della polvere seminale, di color bruno-carneo o ferrugineo (ivi c). Il gambo è grosso, sodo, di forma ordinariamente ovale o conico-allungata, e di altezza va- 170 riabile, esternamente di color bianco-rossiccio o fuligginoso e co- perto, specialmente verso il terzo superiore, di una elegantissima reticella con maglie di diversa forma e grandezza (fig. IV, nm), in- ternamente pieno, fibroso-carnoso, bianco, omogeneo. La varietà B pinicola distinguesi pei seguenti caratteri: Su- perficie del cappelio umida, vischiosetta , per lo più rugosa, di color di castagna carico , sfumato verso i margini in un bel rosso di rame, rare volte interamente bianca, o del colore illan- guidito della nocciuola. Carne molle, acquosa, leggermente tinta di color giallo-verdeggiante verso i tubetti. Gambo di color bianco-pallido o carnicino (color dilavato dei margini del cap- pello) con reticolazione poco sensibile, umido e sparso interna- mente di macchie innacquate. Tutto il fungo compresso geme una certa quantità d’acqua. SVILUPPO. Il boleto edule nel suo primo sviluppo ha la figura di un piccolo cono ad apice rotondeggiante (v. Bull., tav. 494, A). Il cappello è da principio conico-campanulato, coi margini sotti- li, membranacei, adesi circolarmente al gambo ( fig. I, 6, è), e la sua superficie è tutta coperta di una fina lanuggine bianca- stra. In progresso d’età i margini del cappello si staccano dal gambo, si dilatano, la lanuggine si disperde, ed il cappello istesso finisce col presentare una estesa superficie piano-convessa, ed affatto liscia. I tubi in origine sono poco sensibili, e tengono le loro boccucce appoggiate alla superficie del gambo (fig. II, @), sul quale essi trascorrono leggermente, dando origine col loro progressivo aborto a quella specie di.rete che circonda la su- perficie del gambo istesso. Collo svolgersi del cappello, i tubi rapidamente si allungano, e la pagina inferiore di quello divien piana, indi leggermente convessa. Il color dei tubi e delle loro boccucce varia a norma dell’età. Essi sono in giovinezza di color bianco innacquato (fig. III, r), col progredir dell’età pren- dono una tinta bianco-carnicina, indi gialliccia o pagliarina, infine giallo-verde o verde uliva (fig. V, g). I tubi quando sono an- cora appoggiati al gambo hanno le loro boccucce aperte, ma al InI sollevarsi dei margini del cappello, esse vengono perfettamente otturate dal trasudamento di una materia grumoso-ceracea di co- lor bianco di perla, che tutta ne ricopre l’inferior superficie. Il gambo nel fungo giovane è quasi sferico, diventa in appresso ovale, fusiforme, più innanzi conico-allungato, e talor anche per- fettamente cilindrito. All’avvicinarsi dell’epoca dello spargi- mento dei semi la pagina inferior del cappello divien turgida, la materia ceracea si dissipa, le boccucce dei tubi si riaprono, e questi giunti finalmente a maturanza emettono un abbon- dante polviscolo seminale di color verde ocraceo. Dopo que- st'epoca la carne tanto del cappello che del gambo divien mol- le, flaccida, i tubetti prendono una tinta verde oscura, si stac- cano facilmente dalla carne del cappello, e tutto il fungo cade in putrefazione. Il boleto edule chiamasi dai Toscani Porcino, Ceppatello buono di selva; volgarmente Ferré; Ferraresi; Levrin; Fong o fonz ferrar, ferré , freer; Legorzela; Cappellett; Vairoeu; Brisoti; Bianchin; None, ec. I Francesi lo chiamano Ceps, Cepe, Cepe franc, Girole, Potiron, ec., edi Tedeschi der Steinbilz (Schaeff.), der Herrenbilz ( Tratt.). Il Boleto edule cresce per lo più solitario nelle selve in ispe- cie di quercie e castagni, ne’ terreni ordinariamente elevati e leg- :geri, lungo le costiere, ai margini dei campi e dei vigneti, ec. Vegeta di primavera, d’estate e d’autunno. La varietà £ distinta dai Milanesi col titolo di Ferrée vernengh, pare esclusiva dei pi- neti. È comune nell’alto milanese, specialmente nei contorni di Limbiate, ove cresce in compagnia del vero doletus dovinus di Linneo; la maggior parte però degli individui che riscontransi sui mercati di Milano sono provenienti dai contorni di Como. Questa varietà vegeta ordinariamente sul cader dell’autunno , dal che trasse senza dubbio la sua volgare denominazione. USI E QUALITÀ SENSIBILI. Il Porcino è il fungo da noi più stimato, ed il più co- mune tra i mangiativi ordinarj. Atto sovra ogn’altro al com- mercio, a motivo della compattezza e della candidezza inal- 172 terabile della sua carne, portasi in copia a vendere sulle pub- bliche piazze, durante una gran parte dell’anno, e forma da que- sto lato, per non pochi paesi della Lombardia, una delle prin- cipali risorse della povera gente. È questa inoltre la specie che, attesa la generale ricerca, e la prodigiosa quantità degli indivi- dui che in date circostanze si riscontra, viene a preferenza di ogni altra sottoposta a diverse preparazioni, per servirsene all’uopo anche in quelle stagioni in cui la natura ricusa di riprodurla. A tale oggetto alcuni, scelti gl'individui giovinetti appena colti e mondati delle impurità, li fanno cuocere intieri nell’olio e nel- l’aceto con cannella, garofani, noce moscata, ec., e li conser- vano poscia nello stesso liquido; altri invece li infondono sem- plicemente nell’olio, nell’aceto o nella salamoja, dopo averli pas- sati per alcuni minuti all'acqua bollente. Generalmente però i Porcini, onde averli in ogni tempo, si fanno essiccare alla foggia dei Prugnoli, tagliandoli a fettoline ed esponendoli al sole, o me- glio collocandoli sopra stufe od in forni lievemente riscaldati ed aperti. Per tal modo preparati entrano pure in commercio sotto il nome generico di Funghi secchi; nè per avventura dai nostri dissimili erano i swz/li essiccati che i Romani traevano un tempo dalla Bitinia. La carne del Porcino diseccato si mantiene ordi- nariamente bianca; in alcuni individui però essa prende una tinta giallo-pallida, quale si scorge in alcuni boleti generalmente creduti nocivi. Si avrà quindi torto di giudicare assolutamente sospetti i Porcini del commercio sì fattamente colorati, e di proi- birne la vendita. Rarissimi del resto sono gli avvelenamenti ac- cagionati dall’uso di questi funghi essiccati; ciò che devesi at- tribuire senza dubbio all'’innocenza di presso che tutte le spe- cie del genere Boletus, ordinariamente le sole, che, o per ignoranza o per avidità di guadagno, vengano ai veri Porcini frammiste. Il boleto edule è uno dei funghi sulla cui innocenza non cade dubbio alcuno (1); si presta ad ogni sorta di cucinatura, e può anche mangiarsi crudo senza il minimo pericolo. Il suo odore, (1) Ce mets est un peu chaud et aphrodisiaque ; mais lorsque le champignon est bien choisi, je ne connois point d’observation qui prouve qu'il ait jamais incommode, Paul., Champ. 2, pag. 368. 173 fresco, non è molto forte, essiccato invece è penetrantissimo, foi to ed aromatico. La sua carne cruda è tenera, delicata, ed ha il sapore della nocciuola; cotta è prelibata e gustosissima. La varietà B non è egualmente pregevole. La sua carne è sempre più o meno molle, acquosa, insipida, si altera facilmente, e, se fassi cuocere, si discioglie in gran parte. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Il Porcino, a motivo della costanza e della moltiplicità dei ca- ratteri di cui è fornito, viene facilmente riconosciuto, e da qual- sivoglia altra specie distinto anche dalla gente del volgo. I prin- cipali suoi caratteri sono: la nitidezza della superficie del cap- pello ; il color progressivo dei tubi (bianchi sulle prime, poscia giallognoli, infine verdastri ); la reticella del gambo, costantissima in ispecie verso il terzo superiore; il candore in ultimo, e V’as- soluta immutabilità della carne. Invano questi caratteri insieme congiunti si cercheranno negli altri funghi di questo genere. Fra le specie che più l’assomigliano devono annoverarsi il doletus felleus, il boletus castaneus ed il boletus aereus di Bulliard. Distin- guonsi questi pei seguenti caratteri. Il primo (doletus felleus) ha i tubi di color bianco carnicino ; la polvere seminale di co- lor roseo; la carne molliccia, di sapor eccessivamente amaro, e che, rotta o tagliata, prende la stessa tinta dei tubi. Il secondo (boletus castaneus) ha il cappello villoso o tomentoso; il gambo liscio, cioè senza reticolazione, internamente fistoloso e zeppo di . sostanza molle come cotonosa; i tubi bianco-giallognoli, non mai verdi; la polvere seminale di color giallo sordido. Il terzo finalmente ( doletus aereus) ha, al dire del suo scopritore (1), i tubi molto più corti del boleto edule, e di color giallastro sin (1) Pare che questa specie, descritta per la prima volta dal Bulliard, non sia stata sinora esaminata in natura da altri micologi. Il boletus aereus del Roques ( Phyt. meé- dic. ed Hist. des Champ.), ed il tubiporus ustulatus del Paulet (cépe franc téte noire ) sono semplici forme del Porcino meritevoli neppure del nome di varietà ; ed a spe- cie differenti spettano egualmente il boletus cravetta del Bellardi ed il Boletus cepa del Thore, riferiti dal De Candolle, dal Persoon, dal Fries e dal Cordier allo stesso d0- letus aereus di Bulliard. 23 174 dalla nascita, il gambo piuttosto sottile e dell’ egual diametro ‘in tutta la sua lunghezza. Vi sono altri boleti i quali, sia nella forma, sia nel colorito, s'accostano più o meno alla specie in discorso. Tali sono il do- letus luridus di Schaeffer, il boletus subtomentosus di Linneo, il boletus cyanescens di Bulliard, ed il Boletus fragrans. Tutti que- sti però hanno la loro carne più o meno alterabile nel colorito, ed offrono nella somma de’ loro caratteri interni ed esterni con che agevolmente sceverarli. ICONOLOGIA. Le migliori figure di questo boleto sono quelle del Bulliard. Tutti gl’individui rappresentati da quest’autore nella tav. 494 della sua opera, di molto superiori per l’esattezza delle forme e del colorito a quelle della tav. 60, appartengono precisamente alla varietà piricola. Le figure del Roques delineate nella tavola 2 della Phytographie medicale, e nelle tavole 3, 4 (fig. 1), e 5 del- l’Histoire des Champignons, ec., appartenenti tutte all’agarico in discorso, quantunque in qualche parte mancanti, ne presentano però assai bene l’abito ed il colorito. Commendevoli sono pure le figure della tavola f del Trattinnick, spettanti probabilmente anch'esse, come le accennate del Bulliard, alla varietà pinicola (1), la figura della tavola 419 del Sowerby, e le figure dello Schaef- fer delineate nelle tavole 134 e 135. Il fungo disegnato nella tav. 68, fig. 1 dell’opera del Micheli, affatto simile nelle forme al vero Porcino, spetta probabilmente ad altra specie; lo stesso deve pur dirsi delle figure del Battarra (tav. 30 A, B), giac- chè non è verosimile che l’autore, parlando del vero boleto edu- le, non lo annoverasse tra gli esculenti. Le figure del Paulet di- segnate nelle tavole 157, 158 e 158 (dis), la seconda delle quali tavole venne grossolanamente copiata nell’opera dello Schaeffer, sì posson dire, fra le classici, le meno esatte di tutte. In gene- rale nel disegno di questo fungo o si è ommessa la reticella (1) Die Farbe des Hutes ist Kastanienbraun mit einem sehr dunklen Gipfel und lich- terem Rande. Tvatt., I. c., pag. 106. 175 del gambo come in alcune figure dello Schaéffer e del Balliard, nella maggior parte di quelle del Roques (ist. des Champ.), ed in tutte quelle del Paulet; o si è malamente ritratta, come in alcune figure del Bulliard, in quelle del Trattinnick, ed in altre d’alcuni moderni micologi, che, per l’inesattezza ben anco delle altre parti, mi dispenso dal citarle. SINONIMIA. Il boleto edule, fungo commestibile per eccellenza, comune a tutta l’Europa non solo, ma anche all’Asia ed all’America, cono- sciuto e celebrato fin dai tempi i più remoti sotto i nomi ge- nerici di Swillus, Ammonita, Fungus porosus, ec., venne dal Mi- cheli in due specie diviso ed egregiamente descritto col titolo di Porcino o Ceppatello di selva buono, leonato e scuro. Schaeffer in seguito lo chiamò Boletus bulbosus, e più innanzi Balliard Boletus edulis. Quest ultimo nome fu adottato dal Fries, dal Trattinnick e da quasi tutti i moderni micologi. Persoon nella sua Syropsis lo chiamò pure con Builiard Boletus edulis, ma nella Micologia Europea, seguendo il solito suo stile, lo cangiò in quello di Boletus esculentus, nome che egli aveva di già as- segnato a quest’istesso fungo nelle sue osservazioni micologiche. Il boleto edule, al pari dell’agarico cesareo non fu dal Linneo descritto. Alcuni botanici nullameno, e tra questi Gmelin, Vit- man, Allioni, Marzari, ec., descrissero questo boleto col titolo di doletus bovinus, Linn., nella credenza che Linneo avesse sotto questo nome di essolui favellato. Per lo stesso motivo Bulliard, Schaeffer, De Candolle ed altri molti, citarono il doletus do- vinus, Linn., come sinonimo della specie in discorso. Chiunque per altro si farà ad esaminare la descrizione che diede Linneo del boletus bovinus ('), scorgerà di leggieri quanto esso differisca dal nostro Porcino. Il doletus dovinus infatti, oltre modo comu- nale nei pineti dell’alto Milanese, ha il cappello umido vischio- so; i tubi di color giallo-grigiastro, grandissimi, angolosi e com- (1) Stipitatus, pileo glabro, pulvinato , marginato, poris compositis, acutis, porulis an- gulatis brevioribus. Linn., Fl. Suec. II, n.° 1246. — Sp. plant. II, pag. 1646. 176 nai d’altri tubetti più corti, in numero ordinariamente di tre a cinque, egualmente angolosi; i pori dello stesso colore dei tubi e trascorrenti leggermente sul gambo; questo, sottile, liscio, o sia privo della reticella. Ad accrescere la confusione vi fu chi riunì nella sinonimia del boletus edulis non solo il Boletus bovi- nus di Linneo, ma anche il doletus dovinus dello Schaeffer, ed il doletus bovinus del Bolton, appartenente il primo al doletus scaber di Fries, l’altro al doletus luridus dello Schaeffer. Spettano pure a questa specie il Soletus solidus del Sowerby, il tubiporus edulis, ustulatus ed esculentus del Paulet, il doletus cras- sipes di Schumacher, il doletus edulis ed aereus del Roques, ec. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXII. BOLETUS EDULIS Butr. Fig. I. A. Piccolo cespo d’individui nel primo loro sviluppo. B. Individuo un po’ più sviluppato dei precedenti verticalmente spaccato; 2,5 lembi del'cappello leggermente saldati in “e età colla superficie corrispondente del gambo. Fig. II. C. Individuo giovinetto verticalmente spaccato onde far vedere il primitivo trascorrimento dei tubi a sulla superficie del gambo. D. Lo stesso individuo intiero. Fig. III. Individuo alquanto più sviluppato del precedente, ver- ticalmente spaccato; 2 pori od aperture dei tubi perfettamente chiusi dal trasudamento di una materia. grumoso-ceracea, ope- rato dalla sostanza che lega tra di loro i tubi istessi. Fig. IV. Individuo dell’età circa del precedente, di forma piuttosto regolare ed elegante, quale ordinariamente si riscon- tra nei luoghi aperti e liberi, e ne’ terreni sabbionosi; m re- ticella che copre la superficie del gambo. Fig. V. Individuo perfettamente sviluppato , verticalmente spaccato. Fig. VI. Taglio trasversale d’una porzione de’ tubi componenti l'imenio, veduto con una semplice lente; d,d aperture de’ tubi; e,e carne del cappello intrusa fra le lamine dell’imenio, componenti i tubi: /,f laminetta dell’imenio costituente le pareti dei tubi. AT AGARICUS ULMARIUS Butr. Pileus carnosus, crassus, glaber, albido-flavus, margine attenuatus. Lamellae latissimae subconferiae, emarginatae, albido-pallescentes. Stipes plenus, nudus, adscendens, basi subtomentosus. Monomyces carnosus crassus. Battar., Arim., pag. 44, tab. 9, A Agaricus ulmarius. Bull., Champ., tab. 510. — Sowerby, tab. 67. — De Cand., FI. fr. 2, pag. 138. — Persoon, Syn., pag. 473, Myc. eur., Sect. III, pag. 48. — Fries, Syst. 1, pag. 186. — Alb. et Schw. Consp., pag. 226, etc. Solitarius vel caespitosus. Magnus, subirregularis; pileus obtusus, siccus, sublucidus, initio albidus marginibus involutis, hinc albido- favus, vel pallescente-alutaceus, demum albido-rufescens ac ‘inter- dum singulari modo, ex epidermide diffracta , rimoso-tessulatus (ag. tessulatus Bull. ). Lamellae crassiusculae, albido-pallidae, in- tus candidae ac transversim striatae, margine libero subundulatae; lamellulae parum numerosae (1-3) postice acute desinentes. Spo- ridia alba. Stipes albidus, validus, incurvus, centralis vel subex- centricus , rarissime plane lateralis , crassissimus , forma varius , nunc brevis subbulbosus, nunc elongatus fusiformis vel cylindricus. Caro pilei et stipitis candida, fibrosa, subtenax, mollis, elastica , saporis et odoris grati. Ad truncos emoriuos ulmi campestris, Po- puli, Fagi, autumno praesertim seriori. Esculentus ! AGARICO OLMARIO pi Bucttriarp. Appartiene alla sezione DIAP ed alla suddivisione Ae- geritaria di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico olmario, perfettamente sviluppato (tav. XXIII, fig. II), presenta un cappello ampio, carnosissimo, di forma per lo più orbicolare, piano-convesso , ottuso o leggermente protube- rante nel disco, assottigliato verso i margini e qualche volta leg- germente sinuoso. La sua superficie è secca, levigata e quasi lu- 178 di di color bianco pallido vergente in seguito al color di nocciuola languido o d’ontano. Le lamelle sono grandi, panciu- te, spesseggianti, grossette, intiere e leggermente sinuose nel mar- gine libero, di color bianco giallognolo esternamente, candide e trasversalmente striate internamente (ivi 2), congenite col gam- bo, sul quale terminano formando un angolo rientrante ( emar- ginatae ) (ivi a). Lamellette poco numerose (1-3 fra due la- melle ) e terminate posteriormente in punta. Il gambo è nudo, o sia privo dell'anello, solido, elastico, con superficie ondeg- giante, liscio e bianco verso l’apice, tomentosetto e leggermente tinto del color del cappello verso la base. È desso ora corto , grosso e bulboso (fig. IT), ora lungo cilindrico o fusiforme ( fig. I), ora retto orizzontale, ora curvo ascendente, ordinariamente centrale o leggermente eccentrico, di rado perfettamente laterale ( fig. II, d); variazioni tutte dovute più al luogo di nascita che alla natura propria del fungo. La carne tanto del cappello che del gambo è considerabilissima, candida, uniforme, fibroso-molle ed alquanto tenace. Le fibre del gambo si prolungano e si di- spiegano nel cappello alla foggia d’un ventaglio, e giunte in cor- rispondenza del margine superiore delle lamelle s’intrudono vi- sibilmente entro le lamine dell’imenio, sin verso il margine in- feriore e libero delle lamelle istesse (fig. II, db). SVILUPPO. L’agarico olmario non presenta nel suo sviluppo notabili can- giamenti nè di forma nè di colorito. Il suo cappello è in ori- gine rotondeggiante, ed ha i margini arruotolati verso le la- melle. Queste sono in giovinezza bianche, divengono in seguito giallognole, e giunte ad età perfetta spandono una polvere se- minale di color bianco. La superficie del cappello dell’Olmario si divide non di rado, durante il suo sviluppo, in tante areole o poligoni irregolari, circoscritti da solcature biancastre poco profonde, che compartono allo stesso un aspetto singolarissimo (fig. II, c). Esso termina ordinariamente col diseccarsi. L’agarico olmario non ha alcun nome italiano ; volgar- 179 mente chiamasi Orgella dell'’olmo. I Francesi pure lo appellano Oreille d’orme. Esso cresce or solitario or cespitoso sul tronco o sui rami morti o languenti del pioppo, del faggio, e più spesso deil’ol- mo , ordinariamente ad altezze considerabili. Non è molto co- mune, a motivo sicuramente del suo luogo di nascita; suole però ricomparire ogni anno alla foggia dell’Ostreato, su quelle istesse piante ove ha cominciato a svolgersi, dando origine ad una spe- cie di fungaja permanente. Vegeta comunemente in autunno avan- zato, ma qualora la stagione è piovosa e non troppo calda, svolgesi anche nella primavera e nell’estate. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico olmario è un fungo mangiativo di ottima qualità, e sommamente ricercato per gli usi della tavola. Tutti i micologi infatti che lo descrissero, e tra questi lo stesso Battara che lo esperimentò sovra sè stesso {"), non dubitarono di annoverarlo tra le specie commestibili più delicate e sicure. In Lombardia però questa specie non è molto conosciuta, a motivo della sua scarsezza, e quindi anche poco in uso; usitatissima invece è nei colli oltrepadani, ov è piuttosto comunale, e mangiasi con predilezione da quegli abitanti sotto l’indicato nome d'’ orgella dell’olmo. La sua carne, masticata cruda, è dolce, piacevole, il suo odo- re, benchè debole, è pure aggradevolissimo. Esposto l’Olmario al- l’aria aperta si disecca facilmente, e si conserva inalterato per moltissimo tempo. Durante l’essiccazione perde il fungo del suo aroma naturale, e le lamelle si tingono più o meno profonda- mente del color del cappello. SPECIE COLLE QUALI SI POTREBBE CONFONDERE. L’agaricus aurivellus di Batsch è tra i funghi indigeni quello che si potrebbe facilmente scambiare coll’agarico olmario. Desso (1) Periculo ventris nostri, Amicum (Petrum Montesium) certiorem fecimus fungum esse esculentum. Batt., Fung. arim., pag. 44. 180 per altro, oltre all'essere munito dell’anello, ha il cappello co- stantemente squamoso-lacero, le lamelle di color grigio olivastro, e la polvere seminale ferruginea. Tra i funghi descritti l’agaricus tessulatus di Bulliard, appartenente alla stessa sezione, è quello che più d’ogn’altro lo rassomiglia. Io non ho ancora esaminato questo fungo in natura, e sono anzi tentato di credere che esso non sia che una mera varietà dello stesso olmario. ICONOLOGIA. Le migliori figure che noi possediamo dell’agarico olmario sono quelle disegnate nella tavola 510 dell’opera del Bulliard. Le figure della tavola 67 del Sowerby, spettanti pure all’aga- rico in discorso, non sono meno commendevoli. Inferiore a que- ste si è la figura che ne diede il Battarra nella tavola IX, let- tera A della sua opera. Osservazione. Il fungo delineato nella tavola XX dell’opera del Paulet sotto il nome di Dendrosarcos juglandis, rassomiglia di molto, specialmente nel colorito del cappello e delle lamelle, alla presente specie; quasi tutti gl’ individui però, in quella tavola rap- presentati, hanno il cappello sessile e dimezzato , e le lamelle, come rilevasi dalla descrizione, trascorrenti sul gambo, ciò che non combina punto coi caratteri proprj dell’Olmario. SINONIMIA. Battarra fu il primo che descrisse questo fungo sotto il nome di Monomyces carnosus crassus. Bulliard in seguito lo chiamò Agaricus ulmarius, e questo nome, cosa per altro rara, venne da tutti i micologi adottato. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXIII. AGARICUS ULMARIUS Butr. Fig. I. Due individui giovinetti emergenti da una fessura verticale d’un ramo, riuniti fra loro alla base, e piegati in 181 modo coi loro gambi di mettere il cappello in una posizione orizzontale. Fig. II. Individuo sviluppatissimo , ad età perfetta, vertical- mente spaccato ; a particolar maniera di terminare delle lamelle e d’inserirsi sul gambo, per il che ebbero dai Micologi il nome di lamelle smarginate (emarginatae); 6 porzione d’una lamel- letta privata dell’imenio ad oggetto di far vedere il trascorri- mento delle fibre costituenti la sostanza del fungo fra le du- plicature dell’imenio istesso; c rime ed areole formate dalla di- visione della parte corticale del cappello; d piccolo individuo col cappello dimezzato , a motivo dell’aborto della parte poste- riore del cappello istesso, dipendente dal luogo della nascita, ver- ticalmente spaccato. Osservazione. Le figure di questa tavola, ci offrono, come si è già veduto parlando dell’Ostreato, un altro insigne esem- pio delle irregolarità della forma che presentano i funghi parasi- tici, dipendenti quasi unicamente dal luogo natale, e della co- -stanza ciò non ostante dei caratteri specifici desunti dalla forma -in ispecie, e dal colore delle lamelle. 24 182 o AGARICUS PROCERUS Scop. Pileus umbonatus, latissimus, epidermide crassa, in squamulas se- cedentes diffracta, vestitus. Lamellae remotissimae, albidae. Stipes fuscus, squamulosus, bulbosus, anulo amplissimo soluto cinctus. Caro immutabilis, volva fugax. Fungus bulbosus, esculentus, maximus, pileolo mammoso, obscuro, et in filamenta quasi lacerato, vertice papillato, etc, et Fungus bulbosus, esculentus, medius , pileo fornicato, obscuro et in superficie lacero , lamellis albis, etc. Mich. Gen., pag. 177, n.° 3, 4, tab. 81, fig. 1 (male). Agaricus procerus. Scopoli, Fl. carn., pag. 418, n.° 1465. — Schaeffer, tab. 22, 23 (bene). — FI. Dan. , tab. 772. — Persoon, Syn., pag. 257 ( ad partem). — Fries, Syst. 1, pag. 20. — Roques, Hist., pag. 120, tab. 17, fig. 3 et 4. Agaricus colubrinus. Bull. , tab. 78, 583. Agaricus anulatus, Bolt., tab. 23. Hypophyllum columella. Paulet, Champ. 2, pag. 288, tab. 135. Fungus prima actate volvatus! Pileus interdum obsolete um- bonatus, circa margines eximie fibritloso-lacerus; squamae exsuc- cae, friabiles, fuscae, in centro tantum persistentes. Lamellae ven- tricosae, subdistantes, ienues , margine libero denticulatae, primB0® albido-pallidae, mox albido-carneae, simplices vel etiam hinc inde fircatae, postice in speciem collarii latissimi, stipitis apicem exci- pientis, acute evanescentes! Stipes longissimus, fusco-variegatus , subeylindricus, apice in pilei acetabulum profunde immissus, deor- sum incrassatus ac bulbo insigni non marginato praeditus , intus cavus sed flocco laxo, veluti sericeo, repletus. Anulus membrana- ceus, erecius, caliciformis, margine libero tumidus, ac duplici vel triplici limbo, elegantissime fimbriato-lacero, ornatus, supra albus, infra fuscescens. Caro pilei crassiuscula, albido-rosea , initio hu- mida, subcompacta , mox vero exsucca floccoso-mollis, inter hy- menti plicas, e quibus lamellae conflantur, patentissime excurrens. Caro stipitis duriuscula, fibrosa, fragilis, subrubescens! Odor et sa- por gratus. In sylvis, vineis, camporum versuris, etc. , frequens. © Autumno. Esculentus ! B. MASTOCEPHALUS. 183 Minor. Pileus umbone longo, acuminato instructus, epidermide granuloso-squamosa vix secedente, lamellis minus remotis, distan- tibus, flavescentibus. Eisdem in locis, ast minus frequens. Autumno. AGARICO PROCERO pi Scopotri. Appartiene alla sezione Lepiota di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico procero, perfettamente sviluppato ( Tav. XXIV, fig. VII), ha il cappello grandissimo, orbicolare , piano o legger- mente concavo, prominente ordinariamente nel disco a guisa di capezzolo, e tutto coperto di squame (ivi z), di color fosco-fu- liggineo o. grigio-rossastro. Queste squame (formate dallo spap- polarsi dell'epidermide del cappello ) sono fitte e persistenti nel centro , scarse e più o meno fugaci verso la circonferenza. Le lamelle, di color bianco traente al carnicino, sono larghe, sot- tili, non troppo numerose, asciutte, denterellate nel margine li- bero, ordinariamente semplici, ristrette posteriormente e termi- nate ad una certa distanza del gambo in vicinanza dei lembi di una specie di collare subcartilagineo (ivi 4), che riceve come in un astuccio la sommità del gambo istesso. Le lamellette poco nu- merose (0, 2, 3 fra due lamelle), posteriormente rotondate (ivi g), e saldate qualche volta colle lamelle, per cui queste appajono bifide o forcute. Il gambo lunghissimo, subcilindrico, leggermente ingrossato verso la base ove termina in un bulbo considerabile, esternamente di color fosco, con iscreziature circolari biancastre provenienti dallo screpolamento della corteccia (fig. VI, /), in- ternamente cavo e zeppo di fili o fiocchi sericeo-cotonosi ( fig. II, III, IV, V e VI), e guernito superiormente di mobile anel- lo. Questo è grande, imbutiforme, sottile e membranaceo verso i contorni del gambo (fig. VII, f), spessato verso il margine libero, e col lembo corrispondente elegantemente diviso in due o tre zone circolari frangiato -lacere (ivi 4), superiormente bian- co, inferiormente del color del gambo. La carne del cappello è soffice, fioccoso-molle, asciutta, non molto considerabile, di co- 184 lor bianco vergente al'roseo ; quella del gambo è dura, fibro- sa, fragile e di color bianco rosseggiante. V’ ha un’insigne varietà di questa specie (mastocephalus) di- stinta pei seguenti caratteri: Abito in genere graciletto; papilla del cappello sviluppatissi- ma, sottile, prominente ; epidermide granelloso-squamosa, o sia divisa in piccole squame granelliformi, fitte e difficilmente stac- cabili dal sottoposto parenchima; lamelle gialleggianti meno nu- merose che nella specie, ed altresi meno rimote dall’apice del gambo; questo gracile, appena sensibilmente squamato, ed insi- nuato nel cappello sin verso la sommità della suaccennata pa pilla. Y SVILUPPO. Lo stesso dell’agarico racode. Il suo cappello appena svolto dalla volva, della quale ne conserva talora le tracce anche in pieno sviluppo, offre una forma conico-ottusa colla base appia- nata ed appoggiata alla parte superiore e schiacciata del bulbo del gambo (fig. I, IT); assume in progresso di età la forma ovoi- de, l’emisferica, la piano-convessa, ec. L’epidermide, ‘o meglio la parte corticale del cappello, è in origine continua ed. intiera (ivi), ma collo svolgersi del fango essa screpola e si divide in tante squame od isolette, varie di forma e di grandezza, le quali sollevandosi circolarmente (fig. VII, 2), e staccandosi infine dal sottoposto parenchima, lasciano a nudo quasi tutta la sommità del cappello. Questo, così spogliato della corteccia presenta una superficie fibroso-lacera, molle, asciutta e di color bianco-fulig- gineo. Lo stesso accade anche della parte corticale del gambo, la quale, continua nel fungo giovane, si lacera circolarmente in varj punti e con certa simmetria, durante il suo sviluppo , la- sciando travedere il color bianco del sottoposto parenchima (fig. VI, 2), onde fu da taluno rassomigliata alla pelle d’un colubro. Questo screpolamento però non ha luogo ordinariamente che verso il corpo del gambo istesso, rimanendo intatte le estremità, e le squamette che ne risultano non sono nè così friabili nè così cadu- che come quelle del cappello. L'anello steso in origine su tutta la superficie del gambo e continuato coi bordi del cappello (fig. II a), 18.5 allo svilupparsi di questo, sciogliendosi dall’apice e dalla super- ficie del gambo, scorre per certo tratto sul gambo istesso dal- l’alto al'basso (fig. IV, c), quindi, rovesciato sopra sè stesso , si solleva di nuovo stirato in alto dai margini del cappello (fig. V d), i quali circolarmente infine lacerandosi lasciano l’anello li- bero e scorrevole sul gambo (fig. VII, f X). Pervenuto il fungo al suo perfetto sviluppo, le lamelle, fatte di color bianco-carni- cino estremamente languido , emettono un’ abbondante polvere seminale di color bianco-sporco. In progresso d’età il cappello idel fungo s'ammollisce o si disecca a norma della stagione, ca- dendo penzolone sul gambo, il quale per la sua tessitura fi- broso-legnosa è sempre l’ultimo a consumarsi. L’agarico procero chiamasi da’ Toscani Bubbola maggiore, Bub- bola mezzana, Mazza da tamburo, eec., volgarmente Polline, Fonz della samba lunga, Tobbie, ec. I Francesi lo nominano Cou- leuvrée, Coulemelle, Cormelle, Grisette,, Parasol, Nez-de-chat, ec. Cresce per lo più solitario nelle selve di quercie e castagni, nei luoghi aperti ed elevati, nei terreni leggieri e sabbionosi, ne” vigneti, lungo le costiere, ec. È tra i funghi comunali; e vegeta sul finir dell’estate e nell'autunno. La varietà B è meno fre- quente, e trovasi specialmente nel bosco della Rossa presso Pa- via ed in alcuni boschetti che fiancheggiano il Lambro presso Linate nel basso milanese. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico procero è un fungo mangiativo d’assoluta innocenza. L’uso grande che se ne fa in varj paesi d’' Europa, e la molti- tudine dei nomi vernacoli che esso porta, lo comprovano abba- stanza. Non è desso però sì delicato ed appetitoso come si ce- lebra (1). La sostanza del cappello, asciutta, floscia, bambagiosa, D\ | sebbene ottimamente preparata è sempre più o meno insipida ; (1) Elle a un saveur très-agréable; est d’une chair tendre, très-délicate et ‘très-bonne è manger. Les amateurs la préfèrent méme au champignon de couche , comme ayant une chair plus fine et étant beaucoup plus legère sur l’estomac. Paulet, l. c. 2, pag. 290. — Ce champignon a peu de chair, mais il est très-savoureux, d’une odeur douce et fine. Roques, Hist., pag. 120. 186 e quella del gambo fibroso-coriacea e quasi legnosa, non può per alcun modo servire d’alimento. Il fango appena colto ha un odore piacevolissimo; secco sente di farina di fresco macinata. La sua carne masticata cruda è grata sulle prime, poscia nauseosa e leggermente acre. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Prescindendo dall’agarico racode, di cui ho qui sopra favel- lato, la specie che più somiglia all’agarico procero si è l’agaricus excoriatus di Schaeffer. Questo però è più piccolo in tutte le sue parti, le squame del suo cappello sono sottilissime, meno numerose, non osservabili ordinariamente che verso i bordi, e di rado decidue; le lamelle meno rimote dall’apice del gambo; questo piuttosto corto, bianco, non squamoso e poco o nulla bulboso; l’anello piccolo, sottile, nè sensibilmente frangiato- lacero, ec.; la sua carne inoltre più soda, più abbondante, meno asciutta, di sapore disgustoso stitico-astringente. Quasi tutti gli scrittori, parlando dell’agarico procero, avver- tono di non confonderlo coll’ agaricus clypeolarius di Bulliard, o a meglio dire coll’agaricus cristatus di Bolton, giacchè a que- sta specie appartiene il fungo, di odore penetrante e disgustoso fornito, da essi descritto sotto il nome di agaricus clypeolarius. Ma oltre a che per niente appoggiate sono le loro asserzioni sulle qualità venefiche di questo piccolo agarico (1), io non so al certo trovare in esso tanta affinità di forme da rendere necessaria una simile circospezione. E prescindendo anche dalla grandezza, giacchè trovansi talora delle Bubbole piccolissime seb- bene ottimamente sviluppate (v. Bull., tab. 583, fig. M), l’aga- ricus cristatus ha le lamelle sottilissime, fitte, nè terminate po- steriormente in quella specie di collare cartilagineo che osservasi nell’agarico procero; il cappello niveo, poco carnoso e sparso di (1) Paulet parlando di questa specie dice: Zes animaux la rejettent peu de temps après qu'il l’ont prise, mais quelquefois ils n'en sont pas incommodés. Traité 2, pag. 292. — Anche il sig. Roques sembra poco d’accordo, su questo punto, cogli altri micologi: Nous en avons mangé, dice egli, deux fois une petite quantité , et la digestion s'en est faite sans aucun trouble. Histoire des Champignons com. , pag. 121. 187 minute squame granelliformi, il gambo sottile, bianco, senza squame, senza bulbo, e per lo più anche senz’anello, che di sua natura tenue e fioccoso viene bene spesso disciolto dal gambo e trasportato a brani dai margini del cappello. ICONOLOGIA. Le migliori figure che noi possediamo di questo fungo, sia per riguardo all’esattezza delle forme e del colorito, sia per riguardo al numero degli individui egregiamente rappresentati nei varj gradi di sviluppo, sono quelle delineate nelle tavole 22 e 23 dello Schaeffer, e nelle tavole 78 e 583 del Bulliard. Commen- devoli pure sono quelle della Flora Danica (tav. 772), e del Paulet (tav. 135), sebbene quest'ultime pecchino alquanto nel- l’abito e nel colorito in ispecie della superficie del gambo. Le figure del Roques (Hist., tav. 17, fig. 3, 4) e del Bolton (tav. 23) sono poco soddisfacenti, e quelle del Sowerby (tav. 190) spettano probabilmente all’ agarico racode. Le figure del Clusio, dello Sterbeck, del Colonna e del Micheli sono le più rozze e le più imperfette di tutte. SINONIMIA. Questo fungo, conosciuto dalla maggior parte degli antichi ‘scrittori, e dal Micheli in più specie diviso sotto gli indicati nomi, venne descritto per la prima volta dallo Scopoli, poscia dallo Schaeffer, dal Curtis, dagli autori della Flora Danica, dal Per- soon, dal Fries e molti altri sotto il titolo di agaricus procerus. Bulliard nella storia dei funghi della Francia, dietro l’aspetto particolare del suo gambo, lo chiamò agaricus colubrinus, Batsch agaricus antiquatus, Willdenow agaricus squamosus, Bolton aga- ricus anulatus, Lamark amanita marmorea, e Paulet Rypophyllum columella. L’agaricus extinctorius del Linneo (Suec., n.° 1196) viene pure da alcuni riferito a questa specie. 188 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXIV. AGARICUS PROCERUS. Scop. . Fig. I. Individuo svolto da qualche tempo dalla volva, dise- gnato nel momento che comincia ad emergere dal suolo. Fig. II. Lo stesso verticalmente spaccato: a lembo dell’anello attaccato in origine all’apice del gambo. Fig. III Individuo più sviluppato del precedente verticalmente spaccato: è lembo dell’anello come sopra. Fig. IV. Individuo ancor più sviluppato del precedente, ver- ticalmente spaccato, disegnato onde far vedere il distacco dell’a- nello dall’apice del gambo, ed il suo abbassamento sullo stesso c. Fig. V. Individuo disegnato nell’ età in cui l’anello comincia a sciogliersi dai margini del cappello, verticalmente spaccato ; d lembo interno dell’anello staccato, durante lo sviluppo del fungo, dall’apice del gambo, e messo in una posizione affatto contraria alla prima pel sollevamento del lembo esterno dell’anello istesso, stirato in alto dai margini del cappello. Fig. VI. Individuo dell’età circa del precedente; nel suo stato naturale ; e lembo interno dell’ anello, di cui ho or ora favel- lato; squame circolari del gambo formate dallo screpolamento della parte corticale del gambo istesso ; #2 squame del cappello formate parimenti dallo screpolamento della sua corteccia. Fig. VII. Individuo perfettamente sviluppato, verticalmente spaccato; g estremità posteriore d’una lamelletta; % lembo del collare cartilagineo, che riceve la sommità del gambo; i bordi frangiato-laceri del cappello; f lembo dell’anello attaccato in ori- gine alla sommità del gambo, ed ora perfettamente libero e scorrevole sullo stesso; &X lembo esterno dell’anello continuo in origine coi margini del cappello, e staccato in ‘seguito,’ mediante lacerazione, dai margini istessi ; u squame corticali. Osservazione. Dietro l'esame di queste figure, si scorgerà di leggieri quanto sia erronea l’opinione messa in campo dal Per- soon nella sua Synopsis sulla causa della mobilità dell’anello, osservabile non solo nell’agarico procero dello Scopoli, ma ben anco in molte altre specie di questa sezione (v. ag. rachodes, excoriatus Schaeff. , cretaceus Bull., ec.). 189 CANTHARELLUS CIBARIUS Fxaies. Vitellinus. Pileus carnosus, glaber sub-depressus, lobato-repandus. Plicae tumidae, subdistantes. Stipes solidus, deorsum uitplurimum attenuatus. Fungus esculentus acris, pulchre croceus, etc. , et Fungus esculentus acris, colore vitellino, etc, Mich., Gen., pag. 144, 145. Alectorolophoides, seu crista galli. Battar., Arim., pag. 39, tab. 14, fig. B, C.° Agaricus cantharellus. Linn., Suec. 2, n.° 1207. — Schaeff. , tab. 82. — Bulliard, tab. 62 et 505, fig. 1. — Flora Danica, tab. 264. — Bolton, tab. 62. — So- werby, tab. 4o. Merulius cantharellus. Persoon, Syn., pag. 488, Myc. eur. 2, pag. 11. — Trattin- nick, Essb. Schw., tab. P. Cantharellus cibarius. Fries, Syst. 1, pag. 318. — Chevallier, Paris, pag. 240. — Greville, Crypt. Scot. — Roques, Histoire, tab. 10, fig. 1, 2 ( male). Cantarellus edulis. Persoon, Disp. meth. Fung., pag. 26. Hyponevris cantharellus. Paulet, Trait., tab. 36. Gregarius. Pileus subirregularis , initio rotundatus, convexus , marginibus involutis, demum explanatus, vel etiam subinfundibu-. liformis, marginibus hinc inde revolutis, undulato-repandis , dif- formibus. Plicae ramosac, seu repetito-dichotomae, crassae, angu- stae, haud implexace, decurrentes. Sporidia pallide ochracea. Stipes nudus, firmus, subacqualis vel basi attenuatus, centralis vel excen- tricus , plenus, in pileum diffusus, initio albidus! demum pileo concolor, aetate etiam subcavus. Caro crassa, fibrosa, subexsucca, albida, circa pilei superficiem lutescens, odoris grati subaromatici coriù confecti vel fructuum pruni domesticae , saporis mordacis veluti piperis. Ubique in sylvis praesertiim quercinis et castaneis vere , ‘aestate et autumno. Esculentus, sapidissimus! CANTARELLO CIBARIO pi Fries. Appartiene alla tribù Mesopus, ed alla suddivisione Agaricini dello stesso autore. DE gg RIZIONE. Il cantarello cibario, perfettamente sviluppato ( Tav. XXV, 25 190 fig. 1, B), ha un cappello d’ordinario irregolare, con snperficie liscia ( non tomentosa ) ed asciutta, più o meno scavato nel mezzo, coi margini assottigliati, sinuosi, ondeggianti, crespi e va- riamente ripiegati sul disco. La sua pagina inferiore presenta varie pieghe o nervature salienti, grosse, tumide, raggianti, stret-. te, un po’ distanti le une dalle altre, trascorrenti sul gambo , ramose, o sia a riprese forcute o bifide, e connesse superior- mente con piccole rughe trasversali. IÎ suo gambo, sfornito del- l’anello, è pieno, cilindrico, od a cono rovesciato, dilatato supe- riormente e continuo colla carne del cappello, ora centrale, ‘ora eccentrico, di rado affatto laterale. Il colore ordinario del fungo è il giallo di tuorlo d’uovo, traente ora al bianchiccio ed ora al ranciato. Comunemente la pagina inferiore del cappello ha un colorito più intenso. La carne è piuttosto abbondante, soda, fi- brosa, un po’ asciutta, bianca con leggier tinta giallognola verso la superficie del cappello. SVILUPPO. Il cantarello cibario presentasi in origine sotto la forma d’un piccolo cono biancastro ( fig. 1, B, 2), che gradatamente svol- gendosi s'ingrossa e si colora al suo apice, presentando i rudi- menti del cappello. Questo è da principio quasi sferico, e iiene i suoi bordi arruotolati al disotto sulle pieghe o nervature del- l’imenio (ivi E, F, c); prende in seguito la forma emisferica, indi la piana, ec., svolgendo gradatamente i suoi lembi al se- guo di riversarli sul disco in una direzione affatto opposta alla prima. Il gambo è in origine bianco, e tale si conserva sin verso l'età adulta del fungo (ivi F); prende successivamente la tinta del cappello e delle lamelle, e, giunto ad età molto avanza- ta, ha non di rado verso la base una specie di cavità pro- dotta dalla distrazione e dal consecutivo laceramento delle fibre che ne occupano la parte centrale (ivi B, a). Il cantarello ci- bario prende, collo svolgersi, forme più o meno irregolari e bizzarre a norma della stagione , del luogo della nascita e della qualità del terreno in cui vegeta (v. Battar., 1 c.). La sua polvere seminale è di color pallido ocraceo. Il fungo diseccato IQI offre il cappello sottile, membranaceo, duro, coriaceo; ua ture distanti, filiformi; il gambo grinzo, striato, ed un color giallo sporco vergente a quello dell’ontano. Il cantarello cibario chiamasi dai Toscani Gallinaccio, Capo gallo ; volg. Gallinocur, Pinfan, Fonz zald, Zaldi, Finfer, ec. I Francesi gli danno i nomi di Grirolle, Chevrille, Chevrotte , Gallinace, Jaunelet, Gerille, ec.; ed i Tedeschi lo nominano Pfeferling, Rothling, Chantarelle, Galluschel, gelber champignon, Rehgeiss, ec. Cresce questo fungo ora solitario, ora gregario, e talor anche in piccoli cespi, di due o tre individui sparsi, oppure disposti in linee od iu circoli più o meno estesi alla foggia del Prugnuo- lo. Ama le selve elevate ed uggiose di quercie e castagni; è co- munissimo, e vegeta nella primavera, nell’estate e nell’autunno. USI E QUALITA SENSIBILI. Il Gallinaccio è un fungo commestibile sommamente appe- tito, affatto innocente, nè facile ad essere scambiato con qual- che specie velenosa. Bulliard infatti e Roques lo annoverano tra i funghi più sicuri a mangiarsi (1), Fries tra i più saporiti (2), e ttarra lo antepone, per la sua delicatezza e salubrità, al Cam- pestre ed allo stesso Cesareo. In Lombardia il suo uso è presso- chè generale, e compreso essendo, ed a buon diritto, fra le spe- cie di pubblico smercio, vedesi anche non di rado esposto in vendita sulle pubbliche piazze. Mangiasi pure in Toscana ed in altri luoghi dell’Italia; in Germania, e specialmente nella Ba- viera e nell’Austria; in Isvezia; e sopra tutto in Francia, ove in alcuni luoghi gli abitanti della campagna si nutrono quasi unicamente di esso. La maggior parte però degli scrittori del nostro paese non è egualmente d’accordo sull’innocenza del Gallinaccio; e questo istesso fungo che, al dire del Trattinnick, (1) Ce Champignon est un de cenx qu'on peut manger avec plus de confiance . .. . Il y a des campagnes où les habitans en font presque leur unique nourriture. Bull. alla tavola 62. — Peu de champignons offrent autant de sécurité que le Chanterelle. Roques, Hist. des champ. com. , pag. 76. (2) Jure inter sapidissimos fungos numeratur. Fries, Syst. 1, pag. 318. 192 non tornò mai nocivo ad alcuna persona (1), e che farebbe anzi risuscitare i morti, come lepidamente si espresse l’ariminese mi- cologo (2), venne dal Bayle- Barelle, dal Larber, dal Bergama- schi, dal Pollini, ec., proscritto come specie sospetta, e tale da cagionare, specialmente quando si mangi in età adulta, vomito, tormi ni, diarrea ed altri simili accidenti benanco fatali. Vera- mente non vi ha alcun fatto che confermi questa loro asser- zione, ed il consumo illimitato che si fa di questa specie, resa anche di pubblico smercio , sembra anzi comprovare il contra- rio. Del resto qualora pur anco di leggier nocumento si temes- se, si potranno scegliere per uso della cucina soltanto gl’indivi- dui giovinetti. Nè credasi che sia cosa tanto difficile, come co- storo asseriscono, il determinare l’età di questo fungo; giacchè la mollezza e sugosità della carne, il color bianco ‘0 giallo-pal- lido del gambo, i margini del cappello ripiegati od arruotolati ancora più o meno sulle nervature della pagina inferiore sono facili indizi della fresca età; siccome la durezza e l’aridezza della carne, i bordi del cappello interamente svolti e ripiegati sul disco, il color giallo carico della superficie del gambo, ed infine il vuotarsi di questo, sono segni non equivoci dell’ età provetta. i i L’odore del Gallinaccio, colto di fresco, è gratissimo, e sente come di un misto di prugne e di cuojo conciato, per cui fu detto anche Prurello; diseccato invece ha un odore lardaceo poco marcato e piuttosto disgustoso. La sua carne, masticata cruda, ha un sapore sul principio piccante come di pepe, poscia mite, piacevole. n si Il Gallinaccio, di carne piuttosto ferma e poco sugosa , esige per la sua cuocitura, un veicolo liquido piuttosto abbondante. Fritto col burro o sulla graticola riesce sempre più o meno coriaceo. Alcuni lo mangiano crudo ; altri lo fanno diseccare o (1) Man pflegt diesen Schwamm aller Orten zum Gebrauche der Nahrung anzuwen- den, und es ist nock kein Beyspiel bekannt, dass je ein Mensch durch ihn oder auch durch eine Verwechslung mit demselben vére vergiftet worden, 1. c., pag. 98. + {2) Sunt qui hunc perniciosum scripsere.. Verum etiam latrante stomacho eum come- di, atque ex eo pulmenta parantur, quae si aridis IOTPAZIAE oribus admoveantur , pe- ream ni reviviscerent. Batt. , l. c., pag. 39. 193 lo pongono nell’aceto, nell’olio con sostanze aromatiche. alla foggia dei Porcini, e lo conservano per tutto l’anno. Avvertasi però che mangiato crudo , per la natura appunto della sua carne, potrebbe facilmente tornare indigesto. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’unica specie che ha qualche affinità di forme e di colorito col fungo in discorso, si è il cantharellus aurantiacus di Fries, o sia l’agaricus aurantiacus di Wulfen, varietà del quale si è pure l’agaricus cantharelloides di Bulliard , o ‘sia il merulius ni- gripes del Persoon. I caratteri che lo distinguono sono: il cap- pello tomentoso di color fulvo ranciato, le venature ranciate, il piede ordinariamente più lungo e più sottile di quello del Gal- linaccio, e soventi volte nerognolo verso la base, infine una tes- situra più molle e polposa. Esso non ha inoltre nè odore, nè sapore marcato (1). ICONOLOGIA. Le migliori figure del Gallinaccio sono quelle delineate nella tavola 4o dell’opera del Sowerby. Le figure della tavola 62 di Bulliard ne presentano esse pure egregiamente l’abito ed il co- lorito, sebbene le parti della fruttificazione non vi sieno troppo bene espresse. Questo difetto venne emendato nei disegni della tavola 505, fig. 1 dell’istessa opera. Le figure B, C della tavola 14 del Battarra, quelle della tavola 36 del Paulet, e quelle del Roques (Hist., tav. 10, fig. 1, 2) ne hanno l'abito, non i caratteri. Poco da queste dissimili sono le figure dello Schaeffer (tav. 82) e del Bendiscioli (op. cit., tav. XX). Le figure del Larber ( tav. 2, fig. 5, e tav. 21, fig. 3) sono erronee; e quelle dell’Alberti, disegnate nella tavola 18 della sua opera, spettano in parte al- l’aydnum repandum!! (1) Questa specie ritenuta dal Persoon, benchè forse a torto, come velenosa, e de- scritta dai sigg. Bergamaschi, Larber ed Alberti nelle rispettive loro opere, non alli- gna probabilmente presso. di noi, od almeno è molto rara, non avendone io potuto scorgere sinora un sol individuo. 194 SINONIMIA. Questo fungo, conosciuto dalla maggior parte degli antichi scrittori, indicato pure dal Micheli e dal Battarra, venne per la prima volta descritto dal Linneo, indi dallo Schaeffer, dal Bul- liard, dal Sowerby e da alcuni altri micologi col titolo di aga- ricus cantharellus. Persoon nella Dispositio methodica Fungorum lo chiamò Cantarellus edulis, e nella Synopsis, Merulius Can- tharellus, nome adottato dal Trattinnick, dal De Candolle, dal Pollini, ec., e ritenuto dallo stesso suo inventore nella Iyco- logia europaca. Fries nel Systema mycologicum lo denominò invece Cantharellus cibarius, e sotto lo stesso nome venne in seguito descritto dal Chevallier, dal Grewille, dal Roques, ec. L’Ayponevris cantharellus del Paulet appartiene pure alla specie in discorso. 195 HYDNUM REPANDUM Linn. Pileus carnosus, subrepandus, glaber, subsquamosus, ex albido ru- fescens. Aculei inaequales, subuliformes, pallide rufescentes. Stipes varius albido-flavescens. Erinaceus esculentus, pallide luteus. Mich. Gen., tab. 72, fig. 3. Hydnum repandum Linn. Suec, 2, n.° 1258. — FI. Dan., tab. 310. — Balliard , tab. 172. — Sowerby, tab. 176. — Bolton, tab. 88. — Persoon, Syn. pag. 555, Myc. eur. 2, pag. 160. — Fries, Syst. 1, pag. 400, — Roques, Hist. champ. , tab. Bale. 2. Hydnum flavidum, rufescens et squamosum. Schaeff. , tab. 318, 141, 273. Hydnum imbricatum. Bolton, tab. 87. Hypotele repanda. Paul., 2, pag. 126, tab. 35, fig. 1 et 2. Solitarium, gregarium , subcaespitosum, forma, magnitudine et colore plus minusve intenso, subinde etiam omnino albido, va- rians. Pileus plerumque irregularis, lobatus, flexuosus, concrescens; ejus superficies sicca , tactu mollis, sub lente tomentosa!, nunc aequalis, nunc subsquamoso-papillosa , zonulis obscurioribus hinc inde picta. Hymenium initio papillosum. Aculei breves, conferti, longitudine inaequales, subdecurrentes, alii teretes, integri, alii sub- © compressi ac apice nonnunquam divisi « subinde etiam tubulosi ». Stipes solidus, glaber, centralis vel subexcentricus , nunc Brevis, nunc longus, subacqualis vel basi attenuatus, apice plerumque di- latatus ac in pileum diffusus. Caro compacta, fragilis, fibrosa , subexsucca, albido-rufescens, circa pilei superficiem zonulis aquoso- albidis variegata , fracta aut secta lutescens. Odor quasi cantha- relli cibarii, sapor primo mitis, mox piperatus, acerbus, ingratus. In quercetis, pinetis ct castanetis hinc inde frequens, aestate et autumno decedentibus. Esculentus. IDNO REPANDO pi Linnrco. Appartiene alla sezione Mesopus di Fries. DESCRIZIONE. L’'idno repando, perfettamente sviluppato (Tav. XXV, fig IL 196 H). ha il cappello per lo più irregolare, piano-convesso , o leg- germente scavato nel centro, coi margini acuti ineguali, sinuosi o lobati, ordinariamente ondeggianti ed in varia guisa contorti (ivi K), di rado intieri e piani. Il suo colore varia dal fulvo giallognolo più o meno languido, al giallo rossastro o d’ontano, ora uniforme, ora segnato di zone circolari più o meno risen- tite. V'hanno anche, al dire di alcuni micologi, degli individui interamente bianchi. La superficie del cappello è glabra, molle al tatto, ora eguale, ora ineguale, papilloso-scabra, e talor anche leggermente squamata. La sua epidermide, per niun modo se- parabile dal sottoposto parenchima, osservata colla lente, vedesi coperta di una finissima lanuggine proveniente, come pare, dalla estremità delle fibre del gambo, le quali dispiegandosi upnifor- memente nel cappello vanno a terminare alla di lui superficie. La pagina inferiore del cappello è fornita di punte od aculei lesi- niformi, piuttosto corti, fitti, intieri o fessi all’apice, rotondi o compressi, un po’ trascorrenti sul gambo, e di color bianco biondeggiante traente a quello della superficie alta del cappello istesso. Gli aculei vanno gradatamente accorciandosi in vicinanza degli orli del cappello e dell’apice del gambo, ove terminano infine sotto la forma di piccoli punti o papille. Il gambo di color bianco-biondeggiante o carnicino, è nudo, pieno, vario di forma e di grandezza, liscio ed ordinariamente assottigliato verso la base, papilloso invece e dilatato all’apice, ora centrale, ora leggermente eccentrico, ora diritto, ora flessuoso , ec. La carne di questo fungo è soda, fibrosa, fragile, piuttosto asciutta, di color bianco pallido vergente a quello degli aculei, e segnata verso la superficie del cappello di zone concentriche innacquate, trasparenti. Messa al contatto dell’aria prende ordinariamente una tinta giallognola. SVILUPPO. L’idno repando nel suo primo sviluppo rassomiglia moltissimo al Cantarello. Un piccolo cono biancastro (fig. II, I f) ne segna i rudimenti. La pagina inferior del cappello è sparsa in origine di minutissime papille biancastre, le quali gradatamente svilup- 197 pandosi si convertono poscia in aculei. Questi sono bianco-pal- lidi nel fungo giovane, e di color languido d’ontano nel fungo in- vecchiato. La polvere seminale è bianca! In alcuni individui le estremità delle fibre che compongono la superficie del cappello si sollevano leggermente verso il disco, dando origine, col tratto successivo, ad irregolari squamette che rendono la superficie istessa più o meno scabra. Quest’ idno termina ordinariamente col diseccarsi. L’idno repando chiamasi dai Toscani Steccherino o Dentino dorato, buono; volgarmente Gallinoeur, Gallinoeur spinoos, Den- tin giald, ec. IT Francesi lo chiamano £urchon, Urchin, Rigno- che, Arresteron, Chevrotine, Chamois, Penchemille, ec. Lo Steccherino cresce ordinariamente in linee od in circoli, alla foggia del Gallinaccio, del Prugnuolo, dell’Oreade e d’al- cuni altri funghi, formati dalla riunione di molti individui liberi o riuniti tra loro, sia col gambo, sia col cappello, in piccoli ce- spi o famiglie; di rado vedesi sparso e solitario. Vegeta sul fi- nir dell’estate ed in autunno avanzato nelle selve di quercie , robinie, castagni, nei pineti, fra le eriche, ec. Esso è comu- nissimo nell’alto Milanese, e trovasi pure, sebbene in minor copia, nelle selve del Pavese e della Lumellina. USI E QUALITA SENSIBILI. Lo Steccherino tiene pur luogo tra i funghi commestibili più sicuri e più delicati (*). Gli abitanti della campagna ne fanno un uso considerabile. Esso trovasi pure non di rado sui pub- blici mercati insieme col Gallinaccio , col quale ha comune il nome vernacolo, e si compra da tutti e si mangia colla mag- gior sicurezza. È egualmente d’uso generale in Toscana, in Ger- mania ed in molti dipartimenti della Francia. Il miglior modo di cucinarlo si è nel tegame. A questo scopo si taglia lo Steccherino in fettucce, le quali si passano all’ac- qua bollente, e si fanno cuocere in seguito con grascia o burro, (1) Les épreuves que j'ai souvent faites sur moi-méme avec ce champignon, son usage genéralement répandu en France; en Italie, en Allemagne, ete., ne laissent aucun doute sur ses bonnes qualités, Roques, Histoire, pag. 44. 26 198 ee, sale, prezzemolo, aggiungendovi continuamente del brodo. La sua carne, piuttosto consistente, asciutta e fibrosa, richiede una lunga bollitura ed un veicolo liquido piuttosto abbondante. L'odore, nel fungo appena raccolto, è poco sensibile, e si av- vicina alquanto a quello del Cantarello; il suo sapore è mite e grato sulle prime, poscia acre, piccante, stitico-astringente, disgu- stoso. Questa acredine però si dissipa interamente colla cuocitura. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Non v’ha specie di questo genere, finora descritta, che possa essere confusa collo Steccherino. L’Hydnum squamosum di Bul- x liard ne è affatto diverso. ICONOLOGIA. Le migliori figure di quest'idno sono quelle disegnate nella tavola 141 dello Schaeffer; e nella tavola 2, fig. 2 dell’ Histoire des Champignons comestibles del Roques. Le figure della tavola 172 del Bulliard, quantunque un po’ difettose nella forma degli aculei, ne presentano pure assai bene l’abito ed il colorito. In- feriori a queste sono le figure del Sowerby (tav. 176), del Bol- ton (tav. 87 e 88), e quelle delle tavole 318 e 273 dello Schaef- fer. Le figure della tavola 35, fig. 1 e 2 del Paulet, disegnate probabilmente sopra individui diseccati, sono le peggiori di tutte. SINONIMIA. Lo Steccherino, indicato già dal Dillenio, dal Vaillant, dal Micheli, ec., fu descritto per la prima volta dal Linneo, poscia dall’Oeder, dal Bulliard, dal Sowerby, dal Bolton, dal Persoon, dal Fries e dalla maggior parte de’ moderni micologi sotto il nome di 4#ydnum repandum. Schaeffer e Batsch ne descrissero alcune forme particolari come specie distinte ; il primo sotto i nomi di /ydnum flavidum, rufescens, squamosum, l’altro sotto i nomi di /ydnum carnosum e clandestinum; Bolton ne de- scrisse pure una varietà col titolo di /ydnum imbricatum, e "99 Persoon un’altra, nelle sue Osservazioni micologiche, e nella $y- nopsis, col titolo di Hydnum rufescens. Bulliard fu il primo a considerare come sinonimi del fungo in discorso l’Aydnum car- nosum e clandestinum del Batsch, e l’Hydnum flavidum e rufe- scens dello Schaeffer. Fries poscia nelle sue Osservazioni mico- logiche v'aggiunse pure l’Aydnum squamosum dello Schaeffer e l’Hydnum rufescens del Persoon. Questa singolare riduzione di specie, della quale un moderno micologo italiano si fece au- tore, venne ammessa anche dal Persoon nella Mycologia europaea. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXV. Fig. I CANTHARELLUS CIBARIUS Fries. A. Sezione verticale d’una porzione del cappello di questo fungo, perfettamente sviluppato, disegnata onde far vedere la natura e la disposizione delle nervature costituenti l’ apparato della fruttificazione e la continuità dell’imenio, o sia della mem- brana seminifera che le ricopre. B. Individuo a maturanza perfetta, verticalmente spaccato ad oggetto di far vedere la forma delle pieghe o nervature soprac- cennate, la densità e la natura della carne, ec.; @ cavità pro- dotta dal laceramento delle fibre che occupano la parte cen- trale del gambo, facile a riscontrarsi negli individui che hanno passata la maturanza. C. Individuo giovinetto verticalmente spaccato. D. Individuo molto più sviluppato del precedente, ma coi margini del cappello arruotolati tuitora sovra le pieghe dell’ime- nio, verticalmente spaccato. E. Individuo cresciuto da poco tempo, col cappello arruoto- lato sui margini e stretto circolarmente sul gambo in modo da coprire perfettamente le parti della fruttificazione. F. Individuo dell’età circa di quello indicato alla lettera D disegnato onde far vedere la forma, la disposizione, il trascorri- mento delle pieghe o nervature sul gambo, ed il colorito in- fine delle diverse parti; c due piccoli individui, dell’età circa di quello disegnato alla lettera E, emergenti dalla sua radice. 200 Fig. II HYDNUM REPANDUM Lixx. G. Individuo giovinetto disegnato ad oggetto di far vedere la facciata inferiore o fruttifera del cappello; 4 piccolo indivi- duo col gambo allungatissimo, flessuoso, e col cappello appena distinto dal gambo istesso; e altro individuo svolto da pochis- simo tempo dal suolo, il cui gambo, di forma .conico-allungata, presenta all’apice i primi rudimenti del cappello. ‘ H. Individuo perfettamente sviluppato, verticalmente spaccato ad oggetto di far vedere la forma ed il progressivo sviluppo delle diverse parti, e specialmente la forma e la disposizione degli aculei. I. Individuo dell’età circa di quello indicato alla lettera G, d; f tre piccoli individui di forma conica più o meno appun- tata, rappresentanti i rudimenti della specie. K. Individuo perfettamente sviluppato col cappello diviso pro- fondamente in tre lobi ineguali, e diversamente piegati ed abbas- sati sul gambo; g piccolo individuo abortivo saldato colla base del suo gambo. Osservazione. Debbo in questo luogo avvertire che le figure dell’’ydnum repandum, fatte delineare dal dottor Alberti nella tavola 18 della sua opera, unitamente al Cantarello sotto il co- mun nome di Merulius Cantharellus Pers., furono copiate dalle figure G, I della presente tavola, pervenutagli nelle mani men- tre stava la suddetta opera compilando ('). (1) Io avrei certamente passata sotto silenzio una simile pirateria, se la pubblica- .zione di quell’opera;, avvenuta già da qualche anno, non potesse a taluno far credere il contrario. Del resto la maniera grossolana ed inesatta con cui furono delineate, ed il posto che occupano nell’indicata tavola, provano abbastanza il plagio, e confer- mano nell’istesso tempo l’inesperienza dell’autore. 201 HYDNUM ERINACEUS Burt. Maximum, cordiforme, album, lutescens. Pileus subsessilis, fibrillo- so-lacerus, intus subcancellatus. Aculei longissimi, aequales, penduli. Fungus Erinaceus albus in sylvis tusculanis. Boccone , Museo di Fisica, tab. 307 ( optime ). Fungus setaceus ? Ejusd., ibid., tab. 303, fig. 6. Agaricus barbatus flavescens. Buxbaum, Cent. 1, tab. 56, fig. 1. Hydnum Erinaceus. Bull., tab. 34. — Persoon, Syn., pag. 360. — DC., FI. fr. 2, pag. 108. — Fries, Syst. 1, pag. 4o7. — Chevallier, Fl. par. 1, pag. 275. — Trat- tinn., Essb. Schw., tab. Y. Hericium Erinaceus. Persoon, Myc. eur. 2, pag. 153. Ericium commune. Roques, Hist., pag. 47: — Persoon, Champ. com., pag. 251. Varium; nunc simplex, subregulare, nunc caespitosum, scalari- imbricatum, subramosum, difforme. Pileus, in statu normali, ova- tus, globosus, hemisphaericus, basi in stipitis speciem porrectus, vel plane sessilis, mollis, fibrillis subfasciculatis (aculeis abortivis ) lacerus, pileis minoribus saepe imbricatus, margine obiuso, in acu- leos abeunte, instrucius. Aculei 1, 1 1f> unc. et ultra longi, tenues, confertissimi, maxime regulares, molles, rotundi, deorsum aequa- liter attenuati, basi passim in fasciculos varios connati , et cum fibris parenchymatis continui. Substantia crassissima, carnoso-fi- brosa, tenax, mollissima, elastica, albida, immutabilis. Totus fun- gus sectus, lucunas, forma, magnitudine et numero varias , prae- » sertim circa aculeorum originem, ostendit. Ad truncos Fagi, Quer- cus, Mori, Castaneae. Autumno. Esculentus. IDNO RICCIO pi Burtziarp. Appartiene alla sezione dei Pleuroti di Fries. DESCRIZIONE. Il cappello, o sia il ricettacolo di questo fungo, perfettamente sviluppato (Tav. XXVI, fig. III), si presenta ordinariamente sotto l'aspetto di una massa carnosa considerabile, ovale, cuoriforme 202 od emisferica, bianca o leggiermente pagliarina, ed attaccata al luogo di nascita mediante un prolungamento più o meno sen- sibile della sostanza istessa: (fig. I e IT). La pagina superiore del cappello è sparsa d’ appendici filiformi, ricciute, ed in varj fascetti distribuite (fig. II e III ), le quali, a mano a mano che discendono a coprire l’inferior superficie, prendono la forma di lesine od aculei conico-allungati , liberi, diritti, regolari, gros- setti, fitti, pieni, fragili, di lunghezza variabile a norma della po- sizione che occupano, e costantemente pendenti, o sia rivolti colle loro punte verso il terreno (fig. II e IIT, 3, 2). Questi aculei, componenti l’apparato della fruttificazione, si riuniscono tra loro alla base in varj fascetti (fig. III, c), che si disperdono irregolarmente nella carne del cappello, colla quale sono conti- nui, e danno origine nel loro decorso ad ampie ed irregolari lacune (ivi). Il gambo in quegli individui che ne sono forniti, è laterale, più o meno lungo a norma del luogo di nascita, cilin- drico o fusiforme, ascendente od orizzontale e continuo colle fibre della carne. Questa è spessa, fibrosa, tenace, mollissima, elastica, bianca, immutabile. SVILUPPO. L’idno Riccio ha in origine una forma sferica, ovale o conica, e non presenta nel decorso della vegetazione che un graduato svolgimento di. parti. Questa forma originaria però viene bene spesso modificata da circostanze particolari ed in ispecie dal luogo della nascita e dalla rispettiva situazione. L’ordinaria posizione di questo fungo è la verticale (fig. II), ed è appunto in questa situazione che prende un regolare sviluppo, e si presenta sotto le già descritte forme. Crescendo invece sopra un piano oriz- zontale, p. e. sopra una trave o sopra un tronco atterrato, sì alza perpendicolarmente sul piano istesso, al quale si attacca con larga base, ed assume una forma emisferica. Che se è costretto a svilupparsi in luogo chiuso, e tolto per conseguenza al libero influsso della luce, p. e. in un profondo crepaccio, o nella cavità di un tronco, si allunga allora in una specie di gambo o torso, simile a quello d’un asparago, terminato superiormente da una 203 ciocca di fibre (rudimenti del cappello), ed appena uscito dalla fenditura o dalla cavità, s'incurva col suo apice verso il terreno, ‘e continua quindi a svolgersi come se fosse in una posizione verticale (fig. I); oppure, rimanendo incarcerato, si divide e si suddivide in grossi rami, variamente tra loro intrecciati ed ana- stomosati, coperti d’aculei per lo più sterili e senza norma alcuna diretti e contorti (v. Clavaria Caput Medusae Bull. ). Trovansi pure talora parecchi individui di questa specie sovrapposti gli uni agli altri a guisa d’embrici, e riuniti tutti verso la base in una massa carnosa considerabile (fig. III). In questo caso gli individui che occupano la parte superiore portano aculei sot- tili, corti, ricciuti e sterili (ivi a), mentre gl’inferiori ed i più esterni sono generalmente di lunghi e fertili aculei forniti (ivi). Giunto il fungo a perfetto sviluppo, emette da tutta la superficie degli aculei un abbondantissimo polviscolo seminale di color bianco pallido. Dopo quest'epoca esso prende una tinta pagliarina o zolfina più o meno espressiva, indi si disecca e muore. _ L’idno Riccio chiamasi dagli Italiani Aiccione ( Aichione ? Porta); volgar. Fung barbis o barbin, Barbesin. 1 Francesi lo chiamano ZMérisson (Bull.), Mouppe des arbres (Paulet); ed i Tedeschi der Jgelschwamm (Trattinn.). Cresce quest'idno in autunno sopra le parti morte od immal- sanite della quercia, del faggio, del castagno, del gelso, ec., tra i crepacci del legno o nelle cavità del tronco. Trovasi pure so- pra vecchie travi, nelle cantine, nelle miniere e negli istessi ca- seggiati. È piuttosto raro, ma suole riprodursi ordinariamente per più anni sopra quegli stessi alberi ove ha cominciato una volta a svolgersi. USI E QUALITA’ SENSIBILI. Il Riccione viene non a torto annoverato fra le specie di fun- ghi mangiativi più saporite, e delle quali si può far uso-senza pericolo alcuno. Si prepara nel tegame alla guisa dello Stecche- rino, oppure si fa friggere nel burro, tagliandolo in fettoline, le quali si passano all’acqua bollente, oppure si conspergono di sale, si lasciano per alcun tempo sgocciolare, e quindi si invol- 204 gono nel tuorlo d’uovo e nel pane grattugiato. Si prescelgono per l’uso della tavola gl’individui giovinetti ed appena raccolti, che sono i più teneri e delicati, giacchè col progredir dell’età la sua carne diviene dura e coriacea, e negli individui colti da molto tempo, asciutta, fibriabile, insipida. Le ferite praticate nella sostanza di questo fungo, sì cicatriz- zano rapidamente, come avvien nel Bovista, senza che esso ne risenti apparente nocumento. Quindi è ché trovandosi di un vo- lume considerabile ed in luogo riservato, p. e. in un giardino, si potrebbe, ad oggetto di averlo sempre fresco e sugoso, stac- care parzialmente dal luogo natale, anzichè svellerlo interamente. Di tal maniera questa singolare produzione, senza cessar di ve- getare, fornirebbe per più giorni consecutivi un -cibo quanto delizioso altrettanto innocente. La sua carne masticata cruda è tenera, delicata; il suo odore è fungino particolare, assai grato, e molto vicino a quello del- l’agarico campestre. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Varie sono le specie d’idni, che, attesa la moltiplicità delle forme a cui va soggetto, potrebbero facilmente scambiarsi col Riccio. Tra queste le più vicine sono: l’aydrum Coralloides dello Scopoli, l’rydnum caput Medusae del Bulliard, l’aydnum Hystrix del Batsch, e l’Aydnum Ramaria del Fries. Tutte però sono egualmente mangiative e sane, ed il loro scambio non potrebbe certamente produrre alcun sinistro accidente. ICONOLOGIA. Le migliori figure di quest'idno sono quelle della tavola 307 del Museo di Fisica del Boccone riferite dal Fries all’ Rydrnum hystricinum del Batsch. Le figure del Bulliard (L c. tav. 34), sebbene più eleganti di quelle del Boccone, sono alquanto di- fettose nella forma e nella disposizione degli aculei. Lo stesso deve pur dirsi di quelle del Trattinnich (1. c. tav. Y). La figura del Buxbaum (cent. 1, tav. 56, fig. 1) non ne presenta in ge- 205 nerale che l’abito, e le figure dell’ Alberti vennero grossolana- mente copiate da quelle del Bulliard. La figura 6 della tavola 303 del Museo di Fisica sopraccennato, vicina nella forma alla Clavaria Caput Medusae del Baulliard, spetta anch’essa probabil- ‘ mente ad una varietà sterile della specie in discorso. SINONIMIA. Qiesto fungo, indicato probabilmente dal Porta sotto il nome di Richione, venne per la prima volta descritto e figurato dal Boccone nel Museo di Fisica sotto il nome di Fungus Erina- ceus albus in sylvis tusculanis, indi dal Buxbaum nelle sue Cen- turie sotto quello di Agaricus darbatus flavescens. Bulliard lo chiamò in seguito Aydnum Erinaceus, e questo nome venne adottato dalla maggior parte de’ Micologi. Persoon nella Sy- nopsis, lo denominò pure con Bulliard Aydnum Erinaceus, ma nel Trattato de’ funghi commestibili lo separò dal genere 7yd- num sotto il titolo di Hericium commune (ordinaire), al quale sostituì quello di Mericium Erinaceus nella Mycologia euro- paea. Sotto la stessa denominazione di Zericium commune ven- ne pure descritto dal Roques nella storia dei funghi esculenti e velenosi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVI. HYDNUM ERINACEUS Butx. Fig. I. Individuo giovinetto emergente, mediante l’allunga- mento del gambo, dal profondo crepaccio di un tronco. Fig. II. Individuo perfettamente sviluppato, cresciuto in luogo aperto ed in una posizione verticale, e dotato perciò di forme regolari e caratteristiche: 4 fascetti di peli che coprono la fac- cia ‘superiore del cappello , provenienti dall’aborto degli aculei che vestivano in origine tutta la superficie del fungo ; 4 super- ficie inferiore o fruttifera del cappello, totalmente coperta di lunghi e fertili aculei. ta 206 Fig. III. Specioso ed irregolarissimo esemplare di questo fungo perfettamente sviluppato, formato dall’unione di parecchi indi- vidui addossati a guisa d’embrici gli uni agli altri, ed immede- simati tutti posteriormente in una massa carnosa considerabile insinuata, mediante corto piedicello, in una fessura di vecchia. trave, verticalmente spaccato: a fascetti di peli, o sia d’aculei abortivi, che coprono la facciata superiore del fungo, come nella fig. II; è aculei della facciata inferiore perfettamente sviluppati e fertili; c lacune, più o meno comunicanti, lasciate dalle fibre del parenchima. 207 AGARICUS HETERO-PHYLLUS Fr Pileus compactus, rugoso-rivulosus, margine laevis. Lamellae can- didae, inuequales! Stipes firmus , plenus, intus demum lacunoso- diffractus. Fungus esculentus pileolo pulvinato , etc.? Mich., pag. 152, et Fungus esculentus pileolo pulvinato, viridi, etc.? Ibid. n.° 1, et | Fungus esculentus, magnus, superne purpureus, etc. Ejusd., pag. 155, n.° 6. Agaricus cyanoxanthus! Schaeff., tab. 93. — Persoon, Syn. pag. 445. Agaricus virescens. Schaeff., tab. 94, fig. 1. — Roques, Hist., tab. 12, fig.3,4 (in descriptione vero cum agarico virescenti Personfî, confundit). Agaricus lividus, Pers., Syn., pag. 446. Agaricus furcatus. Fries, Syst. 1, pag. 59 (excl. syn. Bull.). Agaricus hetero-phyllus. Ejusd. l. c. excl. var. d. Agaricus squalidus. Chevall., Flor. paris. 1, pag. 141, excl. var. bd. Hypophyllum integrum (virescens). Paulet, Trait. tab. 74, fig. 1 Pileus subirregularis! convexus, umbilicatus, demum explana- tus, cavus, subinfundibuliformis. Pilei margines acuti, laeves, in exoletis quandoque substriati. Epidermis junior tenuis, humida, viscosa. Lamellae irregulares, subconfertae, crassiusculae, utrinque attenuatae, 2 unc. longae, 7 unc. latae, partim simplices, partim . furcatae, ac interdum bis terve divisue, idest repetito-dichotomae ; lamellulae rariores, sparsae. Color pilei albicans, carneus, purpu- reus, sordide virescens, vel, e variis mixtura, griseus, lividus, oli- vaceus, fuscus, etc., color centralis saepe a periferico diversus. Sti- «pes "> une. crassus, 1, 2, unc. longus, inferne subattenuatus, extus albidus, nitidus, rugoso-rivulosus, intus substantia grumoso-albida, subfriabili farctus. Caro compacta albido-rosea, sub pilei cute ple- rumque purpurascens, odoris ferme nulli, saporis mitis, grati. Om- nium communissimus in sylvis presertim quercinis quae occupat inde a junto per totum autumnum. AGARICO ETEROFILLO pi Fries. Appartiene alla sezione Aussula di Persoon. 208 DESCRIZIONE. L'agarico eterofillo, perfettamente sviluppato (Tav. XXVII, fig. IV), ha il cappello più o meno scavato nel centro, coi margini acu- ti, per lo più ineguali, ora rilevati, ora depressi, ed ordinariamente lisci. La sua superficie è sempre più o meno umida, non rimosa nè areolata, ma unita e sparsa come di minutissime strie raggianti e variamente, tra loro complicate alla foggia d’una rete (fig. III, d). La sua epidermide, non di rado leggermente zonata, è sottile, tenace , trasparente e facilmente staccabile dal sottoposto paren- chima. Il suo colore è estremamente variabile, e suscettibile d’infinite gradazioni. L’ocraceo, il carneo, il porporino, l’azzurro, il verde ne formano le tinte principali. Ordinariamente uno stesso individuo presenta diverse mischianze di colori. Le lamelle di color bianco innacquato, piuttosto numerose, ristrette nelle estremità sotto forma di lancetta (fig. V, c), altre semplici, altre forcute e non di rado ramose (fig. VI), o sia a riprese divise, colle lamellette scarse e qua e là disperse senz’ordine alcuno (fig. V, c). Il gambo nudo, di lunghezza e grossezza variabile, ora eguale, ora assottigliato verso la base, esternamente bianco, nitido, internamente pieno, con sostanza midollare compatta, subfriabile. . La carne del fungo è soda, non molto considerabile, di color bianco vergente al roseo, immutabile, con leggier tinta porpo- rina o verdastra verso l'epidermide del cappello. SVILUPPO. Il cappello, orbicolare da prima e vischiosetto, pervenuto al-. l’ultinio stadio di vita, prende ordinariamente la forma d’un im- buto (fig. IV e V), ed i suoi margini si offrono talora lieve- mente striati per lo scostamento delle lamelle, e pel consecutivo assottigliamento della carne del cappello che ricuopre il margine superiore ed esterno delle lamelle stesse (v. Schaeff. tav. 93, fig. V. — Roques, Mist. tav. 12, fig. 3). Queste nel loro svi- luppo non diversificano dalle altre Rossole; e giunte a matu- ranza, spandono una copiosa polvere bianca! Il gambo in gio- ventù è pieno, sodo, omogeneo; in progresso di vegetazione, la ; 209 sua polpa divien molle, friabile, e si lacera infine in varj punti, dando origine ad ampie lacune (fig. V, d), bene spesso comu- nicanti, le quali terminano col rendere il gambo stesso intera- mente fistoloso. | L’agarico eterofillo chiamasi dai Toscani Fungo verdone? Ros- sola maggiore, Rossola mezzana, ec., (Mich.), volg. Colombine. I Francesi lo chiamano Prévat verdoyant, Champignon des dames, Gorse de pigeon (Paul.). Cresce questo fungo, per lo più solitario, in quasi tutti i bo- schi di quercie o castagni dal mese di giugno a tutto novembre. È la specie più ovvia di questa famiglia, ed uno degli agarici più comuni della stagione autunnale. Gli insetti, i lumaconi ed i sorci lo cercano avidamente ed in poco tempo lo consumano. USI E QUALITA’ SENSIBILI: L’agarico eterofillo, sebbene considerato da taluno come fungo sospetto (v. Pers. Champ. com. pag. 226), merita a buon dritto d’essere registrato fra le specie esculenti di assoluta innocenza ('). Non men sicuro e gustoso del Cesareo e del Porcino, mangiasi esso con tutta confidenza dagli abitanti dei colli oltrepadani e dai villici dei contorni di Pavia e di Milano, i quali, come ho già fatto altrove osservare, raccolgono indistintamente ogni sorta di Rossole, nè intesi mai che dal loro uso ne sia derivato alcun funesto accidente. To stesso lo mangiai più volte, ora fritto sulla graticola, ora cotto nel tegame, -e talor anche crudo, e lo tro- vai sempre gustoso, sano e prelibato. Questa specie è pur d’uso comune in Toscana ed in Germania, come lo indicano il titolo d’esculentus, e la quantità dei nomi vernacoli che le sono im- posti (v. Mich. Gen., 1. c. — Schaeff., v. 4, pag. 40). Masti- . cato crudo ha un sapore costantemente mite, assai grato, non . dissimile da quello dell’agarico ‘alutaceo. L'odore, nel fungo fre- sco, è quasi nullo, nel diseccato invece, è assai forte, e sente alquanto di quello dell’agarico rosso. (1) Pai fait connaitre dans plusieurs campagnes des environs de Paris les bonnes qualités de ce champignon , qu'on rejetait à cause de sa couleur verdatre , et quelques amateurs le préfèrent maintenant à l'agaric de couche. Roques, Hist., pag. 86. 210 SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico eterofillo, a motivo della grande varietà di colori- to che presenta il suo cappello, si può facilmente confondere coll’agarico rosso e coll’agarico emetico di Schaeffer, ed anche coll’agarico sanguigno di Bulliard. Si noti però che l’agarico rosso ha le lamelle e la polvere seminale costantemente di color giallo ocraceo, e che l’agarico emetico e l’agarico Maguizga hanno la carne di sapor acre bruciante ed amaro. ICONOLOGIA. Le migliori figure, rappresentanti le varietà più comuni dell’aga- rico eterofillo, sono quelle disegnate nella tavola 93 e nella tavola 94, fig. 1, dello Schaeffer. Commendevoli pure sono. le figure del Roques ('), disegnate .nella tavola 12, fig. 3 e 4 dell’istoire des champ. com. La figura 1 della tavola 74 del Paulet, apparte- nente senza dubbio alla specie in discorso, è piuttosto buona; le figure invece della tavola 76 dello stesso autore, copiate gros- solanamente da quelle dello Schaeffer, non meritano neppure d’essere citate. I funghi disegnati alle lettere P, N, O della ta- vola 509 del Bulliard rassomigliano di molto, sia nella forma, sia nel colorito a quest'istesso agarico. Essi però hanno i margini del cappello patentemente striati, nè si fa menzione alcuna nella descrizione della loro indole speciale. » SINONIMIA. Questo fungo, indicato già dal Micheli, fu descritto per la prima volta dallo Schaeffer sotto i nomi di agaricus cyanoxanthus e virescens. Persoon nella Syropsis, tenendo troppo conto del . color del cappello, oltremodo variabile in questa razza di fun- ghi, lo divise in più specie sotto i titoli di agaricus cyano- xanthus, furcatus?, lividus, ec. Fries invece sotto il nome di aga- (1) La descrizione dell’agaricus virescens di quest'autore , corredata delle citate ‘fi- gure, spetta in parte all’agaricus virescens della Synopsis del Persoon. f1 ricus furcatus riunì in una sola specie-l’agaricus difidus di Bul- liard; appartenente senza dubbio ad altra specie, come si vedrà a suo luogo, e come varietà eterofilla dello stesso, l’agaricus vi- » rescens, l’agaricus lividus e l’agaricus lacteus del Persoon; mentre accomunò l’agaricus cyanoxanihus e virescens dello Schaeffer col- l’agaricus emeticus dello stesso autore. Una tale riforma venne adottata dal Pollini, dal Chevallier , dallo Sprengel, e da tutti quelli infine che le opere loro trascrissero. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVII. AGARICUS La peri FrIES. Fig. I. falda di forma alquanto irregolare, appena sbuc- ciato dal terreno. Fig. II. Individuo dell’età circa del prdeediinte: verticalmente spaccato; a margini del cappello assottigliati e piegati inferior- mente contro l’estremità delle lamelle. Fig. III. Individuo molto più sviluppato del precedente, di- segnato ad oggetto di far vedere la particolare struttura della superficie del cappello; è leggieri zone concentriche che si ri- scontrano non di rado sulla superficie istessa. Fig. TV. Individuo perfettamente sviluppato, col cappello scavato profondamente nel centro alla foggia d’imbuto, e colla maggior parte delle lamelle forcute. Fig. V. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spaccato ; c estremità centrale. d’una lamelletta; 4 lacune del gambo provenienti dal laceramento della sostanza midollare dello stesso. Fig. VI. Porzione del cappello d’un individuo maturo , dise- gnato ad oggetto di far vedere una lamella divisa e suddivisa nel suo decorso in altre lamellette, o sia ripetutamente forcuta. al2 e + BOLETUS SCABER Fr. Pileus pulvinatus subtomentosus! colore varius. Tubuli liberi, ro- tundi,'albido-fuliginei. Stipes procerus , subattenuatus , punctato- scaber ! Caro alba mutabilis. Boletus bovinus. Villdenow FI. Beroli, pag. 394. Boletus scaber. Fries, Syst. 1, pag. 393. — Wahlenberg, Suec., vol. Il, pag. 952, n.° 1985, — Chevallier, Par., pag. 268. a Pileo plus minusve rubro-colorato. Suillus esculentus, montanus , crassus , pileolo desuper ex rubro ferrugineo, inferne al- bido, pediculo longiore, albo, punctis rubris distincto. Mich., Gen. pag. 128, n.° 16, et Suillus esculentus, crassus, superne ex rubro ferrugineus, inferne albidus, pediculo con- colore rimoso vel striato ? Ibid. , pag. 127, n.° 6. Boletus rufus. Schaeff., tab. 103. Boletus aurantiacus. Bull., tab. 36 et 489, fig. 2. — Sowerby, tab. 10. — Per- soon, Myc. eur. 2, pag. 147. — pr e Phyt. méd. tab. 3, Hist. des champ. tab. g, fg. a, 3: è Boletus aurantius. Pers., Syn., pag. 505. — Alb. et Schw., Pag: 239. Boletus scaber, var. b, c, d, e. Fries, l. c. b Pileo ex albido cinereo, subnigrescente, vel fusco-aeneo. Boletus scaber, var. decipiens! Persoon, Myc. eur. 2, pag. i47. c Pileo ex albido fuligineo, glabro ! , ruguloso, ec. Boletus scaber! Persoon, Syn., pag. 505: — Myc. eur. 2, pag. 146 (ex descriptione). — Bulliard, tab. 132. — Sowerby, tab. 175. — Roques, Hist., tab. 9, fig. 1. Boletus bovinus. Schaeffer, tab. 104. u Boletus procerus. Bolt., tab. 86. { Tubiporus fusipes. Paulet, tab. 178. Pileus initio digitaliformis; marginibus attenuatis , membrana- ceis stipiti adfixis, demum amplus, dilatatus , late et obtuse ‘co- nicus, marginibus ut plurimum membranaceo-appendiculatis. Cutis initio sicca, in varietate a et b evidenter fasciculatim pilosa, pan- num aemulans!, demum humidiuscula, subviscosa, atque, e pilis adpressis, adglutinatis, sublaevis. Ejus color, juxta varietates , al- bido-carneus, fulvus, aurantius, rufus, ferrugineus, lateritius, cin- 213 nabarinus, ete., vel albido-cinereus, fuligineus, fuscus, nigri- cans, etc. Tubuli primo brevissimi, albido-pallidi , poris clausis , papillaeformibus; demum sat longi; sordidi ac circa stipitem de- pressi, poris apertis minutis, rotundatis. Sporidia obscure ferrugi- nea. Stipes crassus, plenus, fibroso -carnosus, firmus, rigidus, primo brevis, subcylindricus , apice eximie constrictus. Ejus superficies initio papilloso-laevis, vel plus minusve rivulosa, albida, aut pileo concolor; demum striatim vel subreticulatim diffracta , papillis sparsis, varie subinde pictis, aspera! Caro pilei et stipitis in ae- tate juniori compacta, demum molli, subaquosa, fracta aut dis- secta, primo rubescens, mox vero e livido nigrescens. Odor debilis, sapor subacidus. In ericetis et populetis frequens auiumno prae- sertim seriori. Esculentus. Obs. Z'arietas c distinguitur etiam superficie humida, rugulo- sa, adspectus velutini; pileo, e tubulis circa stipitem valde depres- sis, subcampanulato ; stipite tenui, duro, sublignoso; carne pilei tenui, mollissima, insipida, etc. In quercetis et coryletis! BOLETO SCABRO pi Frires. Appartiene alla sezione Derminus dello stesso autore. DESCRIZIONE. Il boleto scabro, perfettamente sviluppato (Tav. XXVIII, fig. VI), ha un cappello piuttosto voluminoso, di forma emisfe- rica o conico-tondeggiante ottusissima, coi margini grossi e cir- coscritti da un prolungamento più o meno esteso dell’epider- mide (ivi 2, 2). Questa è ordinariamente secca , tomentoso-la- nata, di color vario e difficilmente sollevabile, nel fungo giova- ne, dalla carne sottoposta. La superficie inferiore del cappello è piano-convessa, ed i tubi che la vestono sono sottili, rotondi, assai lunghi, di color faliggineo dilavato, liberi dal gambo, e circolarmente depressi nel luogo dell'inserzione di questo col ‘cappello (ivi c, c). La sua carne è più o meno considerabile a norma delle varietà, molle e cedevole facilmente sotto la com- pressione delle dita. Il gambo è grosso, sodo, ordinariamente 28 214 alto, di forma conico-allungata, o subcilindrica, di rado corto, bulboso o fusiforme , esternamente bianco, fibroso-lacero , sub- reticolato, e tutto sparso di punti o papille più o meno rile- vate (fig. III e IV), internamente pieno , fibroso-carnoso. La carne tanto del cappello che del gambo, umidetta e di color più o meno bianco, compressa o lacerata, prende una tinta vi- nato-smorta, traente in seguito al cinereo-fosco o nereggiante, con macchie azzurre o verdastre qua e là sparse. Lo stesso co- lore prende il fungo colla cottura. Tutte le varietà del boleto scabro, basate specialmente sul colorito del cappello e delle papille del gambo, si possono ri- durre alle seguenti: a Cappello di color ranciato, vergente da un lato al fulvo, al biondeggiante, al carneo, dall’altro al rosso di mattone, di cinabro , al rosso-bruno di castagna, ec.; papille del gambo bianche, cenerine, brune o del color del cappello (B. auran- tiacus , Bull.). b Cappello di color cenerino, fuligginoso , fosco , nerognolo , bronzino, ec. ; papille del gambo bianche o del color del cap- pello (5. decipiens, Pers.). c Cappello liscio (non lanugginoso ), rugoso, di color bianco- cenerino o fuligginoso ; papille come sopra ( B. scabder, Bull. ). SVILUPPO. Il boleto scabro ha il cappello in origine di forma conico-ci- lindrica ottusissima, coi margini assottigliati, membranacei e cir- colarmente adesi colla superficie del gambo (fig. I, II, III, a, a, a). I suoi tubi sono brevissimi, liberi ed appoggiati colle loro boccucce alla sommità del gambo, ricevuta in quest'epoca come in una specie d’articolazione dalla superficie inferiore del cap- pello. In progresso dell’età, i margini del cappello si staccano dal gambo, i tubi s'allungano, e la suddetta superficie diviene pia- no-convessa (fig. VI). I tubi ed i pori nel loro sviluppo pas- sano dal color bianco-gialliccio al bianco-fuligginoso, ec. Il gambo nel fungo appena sviluppato è di forma ovale o cilindrica (fig. : ), e la sua superficie, apparentemente liscia (v. Schaeffer tav. 21Ò 103, fig. 1,2), è tutta coperta di finissime papille variamente disposte e strettamente tra loro congiunte (ivi). In seguito la parte corticale di esso si divide e si suddivide sotto forma di strie longitudinali più o meno tra loro anastomosate, e le papille, che ne componevano, per così dire, l’epidermide, qua e là sparse sovra le indicate strie, ne rendono l’interna superficie scabra e variopinta a norma del colore che esse assumono (fig. IV). Le papille sono in origine biancastre, e tali si conservano in alcuni individui anche durante l’età perfetta; in altri invece passano coll’età dal bianco al cinereo, al bruno, oppure al ferrugineo, al ranciato, al rosso, ec. Giunto finalmente il fungo a maturanza perfetta, le boccucce dei tubi, chiuse durante l'infanzia di esso sotto forma di minutissime papille, si aprono e spandono un’ ab- bondante polvere seminale di color fosco-ferruginoso. Dopo que- stepoca la superficie del cappello divien umida, vischiosetta ed apparentemente liscia per l’agglutinamento della lanuggine alla superficie istessa ; la sua carne s'ammollisce., prende delle tinte più o meno livide, osservabili anche sulla superficie del gambo, e tutto il fungo finisce collo sciogliersi interamente. Il boleto seabro chiamasi dai Toscani Albarello , Arbatrello , Porcinello (Mich.); volg. Rossin, Brugareul, Surla, T'avarné, Le- goratt, Levrin, ec., a norma delle varietà. I Francesi lo chiamano Gyrole, Gyrole rouge, Roussile, Founge orange, ec., ed i Tede- schi rothkopfiger, o schwarzkopfiger, Bilalino. Ciihbilzling (Schaeff). Cresce questo fungo per lo più solitario nei boschi di quer- cie, castagni, betule, pini, ec., e specialmente in quelli di pioppi (populus alba e nigra), ne’ luoghi piuttosto umidi, tra i mu- schi e le eriche, nei corileti, ec. La varietà a è comunissima , la c è piuttosto rara, e la 4 non la rinvenni sinora che nelle selve del Rotone nelle vicinanze di Pavia e nei boschi di Car- bonara nella Lumellina. USI E QUALITA SENSIBILI. L’Albarello è l’unico boleto che riscontrasi di frequente nei ‘mostri mercati in compagnia del Porcino. Esso però non è molto ricercato a motivo senza dubbio del cambiamento di colore a TAGIM Egr 7 216 cui va soggetto la sua carne allorchè viene rotta o com- pressa (1). Di tessitura inoltre estremamente tenera, si altera fa- cilmente anche nella consistenza, e per poco che si maneggia, di- vien molle, viscido, d’aspetto lurido, e passa ben tosto alla pu- trefazione. Quindi è che di rado questo boleto compare sui met- cati privo di lividure, e- nello stato di sua naturale freschezza. Ciò nullameno esso è un fungo innocente, e non può cagionare alcun danno a chi ne faccia un uso moderato , e scelga a tal fine gli individui giovinetti, colti di fresco, ed aventi la carne compatta ed asciutta. Fra le varietà del Porcinello la più usata è la varietà a, o sia quella che ha il cappello rosseggiante, detta volgarmente Rossi dai Milanesi. La varietà 2 è la più voluminosa ed anche la più saporita, ma non riscontrasi ordinariamente che sui mercati di Pavia; ove vien detta volgarmente Z'avarné dal nome vernacolo della pianta (populus alba) sotto cui vegeta. La varietà c po- vera di carne, insipida, e più delle altre soggetta ad alterarsi, non si vede che di rado esposta in vendita nelle pubbliche piazze, ed è quella che i Milanesi chiamano Legoratt (2). La carne del boleto scabro, giovinetto, sente leggiermente di quella del Por- cino, e masticata cruda ha un sapor grato acidetto; affatto insi- pida invece, e di odore piuttosto disaggradevole è negli individui di soverchio sviluppati. L’Albarello col diseccarsi annerisce, indu- ra, si spoglia d’odore e di sapore, nè può in tale stato sommi- nistrare se non un cibo insipido , ributtante, indigesto. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Il Porcinello è pure uno dei funghi mangiativi più agevoli a (1) Il°volgo che crede nocivi tutti quei funghi che cambiano colore, si lascia facil- mente imporre da un tale fenomeno. Eppure, appoggiati all’osservazione giornaliera, noi dovremmo anzi risguardare un tal cambiamento come l’indizio meno equivoco della loro innocenza. Quasi’ tutti gli ‘agarici velenosi hanno la carne immutabile, e non si conosce finora alcun boleto, la maggior parte a carne mutabile, d’indole veramente nociva. 1 5 (2) Il sig. Bergamaschi nella storia dei funghi del Pavese descrive questa sola va- rietà , col titolo di doletus scaber Persoon , che dice essere il vero doletus bovinus di Linneo. La frase del Linneo stipes glaber, ec,, che egli cita in sostegno della sua as- n e è 217 riconoscersi. La superficie ineguale, ruvida e papillosa del gambo, dalla quale trasse esso il nome di scader, presenta il carattere principale e distintivo della specie. Niun altro boleto va di simil gambo fornito. Esso distinguesi in oltre per la lunghezza e pel colore de’ suoi tubi. L’unico fungo che ha qualche rassomiglianza col Porcinello si è il doletus floccopus di Fries. Esso però ha la superficie del cappello sparsa di grandi squame molli, fioccose (rimasugli del velo ), e della stessa natura sono pure le squame del gambo ; porta di più una specie di anello, ed ha un abito suo proprio. ICONOLOGIA. « Varietà a ». Le migliori figure di questa varietà sono quelle del Roques delineate nella tavola 3 della Phytographie medicale, e nella ta- vola 9, fig. 2.e 3 dell’Historre des champignons. Le figure del Bulliard disegnate nella tavola 236, quelle del Sowerby dise- gnate nella tavola 110, e quelle dello Schaeffer disegnate nella tavola 103 sono pure commendevoli. Le figure del Bendiscioli (1. c., tav. 23), sebbene ne presentino assai bene l’abito, sono al- quanto difettose nella struttura del gambo, mancando esso d’uno dei principali caratteri come è quello delle papille. Le figure dell’Alberti furono interamente copiate da quelle del Bulliard. « Varietà c ». Questa varietà trovasi egregiamente figurata nella tavola 132 dell’opera del Bulliard, e nella tavola 9, fig. 1 dell’istoire des champignons del Roques. Le figure dello Schaeffer (tav. 104), del Sowerby (tav. 175), del Paulet (tav. 178, fig. 1 e 2), ap- partenenti a questa istessa varietà sono pure abbastanza. esatte. Le figure della tavola 86 del Bolton sono malamente colorate; serzione comprova anzi il contrario (v. Persoon comment. pag. 41-42 ). Si noti di più che il boletus bovinus di Linneo fu già da lui considerato come sinonimo del boletus edulis di Bulliard. 218 e quelle dell’Alberti (tav. 10) furono copiate da quelle del Bul- liard. SINONIMIA. Il boleto scabro, non ignoto esso pure agli antichi, fu dal Micheli nitidamente descritto sotto il titolo, come abbiam ve- duto, d’Ardarello o Porcinello. La sua descrizione però risguarda soltanto la varietà a. Dopo il Micheli venne esso dal Linneo indicato, probabilmente la varietà c, sotto il nome di doletus viscidus. Schaeffer in seguito descrisse come specie distinte la va- rietà a col titolo di doletus rufus, e la varietà c col titolo di boletus bovinus. Lo stesso fece Bulliard, ma chiamò la prima do- letus aurantiacus, Valtra doletus scaber. Questi ultimi nomi fa- rono ricevuti dal Sowerby, dal’ Persoon nella Syropsis, dal De- Candolle, dagli Albertini e Schweintz, dal Cordier, dal Roques, e da tutti coloro in generale che adottarono la distinzione dello Schaeffer e del Bulliard. Fries nel Systema mycologicum sulle tracce del Wildenow (fl. berol. pag. 394 ) le riunì in una specie sola, alla quale conservò il nome di boletus scader. Greville., Vahlenberg, Sommerfeld, Sprengel, Chevallier, Pollini, ec., se- guirono il suo esempio; ma Persoon nella Mycologia europea ri- tenne ancora come distinte le specie del Bulliard, e cercò anzi coll’aggiunta di nuovi caratteri, giudicati essi pure insufficienti dal Fries (v. Zlench. fung. 1, pag. 127), di viemmeglio specificarle. Il boletus Cepa del Thore ( Chlor. des Landes, pag. 4892-83), considerato dal Persoon e dal Cordier siccome varietà del d0- letus acreus del Bulliard, appartiene probabilmente alla varietà 5 del fungo in discorso. Il suo cappello infatti è di color fosco nereggiante, i tubi sono bianchi ( v. boletus leucoporus Pers. Myec., eur. 2, pag. 138), la carne è anch'essa bianca, mutabile, il gambo panciuto, bianco e segnato di punti oscuri (v. Pers. l. c., Cor- dier, Guide, pag. 135). Appartengono pure a questa specie il boletus chioneus del Fries (Obs. myc.), il doletus procerus del Bolton, il Boletus Bovinus del Willdenow, ed il tudiporus fusipes del Paulet (1). (1) Nella notificazione sui funghi del 24 luglio 1820, venne indicato lo scabro sutto SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVIII. BOLETUS SCABER Fries. Fig. I. Individuo sbucciato da poco tempo dal terreno; « margini del cappello saldati colla superficie del gambo, e desti- nati a proteggere, alla foggia dell’anello, le parti della frutti- ficazione. Fig. II. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spaccato; a margini del cappello, come sopra. Fig. III. Individuo della varietà 4, un po’ più sviluppato del precedente, privato della metà del cappello, onde far ve- dere la particolare struttura, rimoso-ondata, della superficie del gambo, coperta in origine dalla facciata inferiore del cappello istesso; 4 margini del cappello come sopra. Fig. IV. Individuo dell’istessa varietà, ancora più sviluppato. Fig. V. Lo stesso verticalmente spaccato. Fig. VI. Individuo perfettamente sviluppato , verticalmente spaccato onde far vedere la forma e la disposizione dei tubi, lo spessore e la natura della carne, ec.; 2 margini membrana- cei del cappello; c pori od aperture dei tubetti che coprono la parte inferiore del cappello, circolarmente depressi nel luogo dell’inserzione di questo col gambo. Fig. VII. Sottil laminetta tolta dalla sezione trasversale d’al- cuni tubetti maturi, disegnata sotto il microscopio ad oggetto di far conoscere le parti della fruttificazione; d tessuto cellulare proveniente dalla sostanza del cappello, intrusa fra le dupli- cature dell’imenio componente i tubi, e che serve a legare fra loro i tubi istessi, ed a connetterli col cappello. Questo tes- suto corrisponde precisamente a quello .che si osserva fra le duplicature dell’imenio componente le lamelle degii agarici, le nervature dei Cantarelli, gli aculei degli Idni, ec.; e imenio o membrana fruttifera costituente le pareti dei tubi, formata dalla riunione degli otricelli (thecae) contenenti le spore; f boccuc- la denominazione di boletus luteus, Linn. (boletus annularius, Bull. ) specie diversis- sima, la quale, fra gli altri caratteri specifici, ha il gambo munito dell’ anello. 220 ce od aperture dei tubi, limitate circolarmente dalla membra- na fruttifera sparsa di spore emergenti dai suddetti otricelli. Fig. VIII. Porzione dell’imenio sopraccennato, veduta ad un maggiore ingrandimento ; g otricelli componenti l’imenio zeppi internamente di spore, o sia di granelli riproduttori; % al- cune spore emergenti dalle aperture degli otricelli e sostenute da un corto piedicello , proveniente, come pare, dalla mem- brana interna degli otricelli istessi, spinta fuori in un colle spore dalle suddette aperture; ? porzione di tessuto cellulare che serve di ricettacolo all’imenio, e del quale ho più sopra fa- vellato. 221 CLAVARIA BOTRYTIS Pers. Caulis crassissimus, albido-pallidus; rami longissimi, repetito-tri- chotomi; ramuli obtusi, apice rubicundi. Clavaria acroporphyrea. Schaeff., tab, 176, et Clavaria rubescens. Ejusd., tab. 288. Clavaria plebeja. Wulfen in Jacq. coll. 2, pag. ror, tab. 13. Clavaria Botrytis. Persoon, Comm. clav. pag. 42. Synopsis, pag. 387. Myc., eur. pag- 16. — Trattinn., Essb. Schw., pag. 157, fig. BB. — Fries, Syst. 1, pag. 466. — FI. Dan., tab. 1303. — Bolton, tab. 103. Ingens, caespitosa. Caulis obconicus , subadscendens, breviuscu- lus; rami initio brevissimi, congesti, obiusi, apice minutissime denticulati, demum, tempestate humida fuvente, admodum elonga- ti, pluries divisi, erecti, stricti, fastigiati, apicibus bi vel tridentatis. Rami, ramulique laeves , subrotundi , subflexuosi, circa divisiones canaliculati. Eorum color albo-carneus, luteus , ochraceus. Caro totius fungi alba , fibroso-mollis, odoris et saporis grati. In sylvis quercinis et castaneis hinc inde obvia, autumno. Esculenta! Oss. Sub coelo sicco rami ramulique indurati, contorti, ac in- simut congesti, haud elongantur, et totus fungus formam irregula- rem, incompletam exhibet. In hoc statu equidem a mycologis plerumque descriptu et delineata occurrit (v. Schaeffer, l. c.). CLAVARIA BOTRITE. Appartiene alla divisione Ockrosporea di Fries (Comm. 1, pag. 228). DESCRIZIONE. La clavaria Botrite, perfettamente sviluppata (Tav. XXIX, fig. 1 ), ha il gambo grosso, carnoso, assai corto (ivi 4), acuminato alla base, da cui superiormente si stacca un numero considera- bile di rami o piccoli tronchi, divisi nel loro tragitto in altri ra- moscelli e rami minimi (ivi 5, c). I rami in genere sono lisci, cilindrico-compressi, più o meno contorti, con scanalature o 29 223 solchi, che, partendo dal luogo delle divisioni, trascorrono per qualche tratto sul ramo sottoposto. Ciascun ramo principale si divide ordinariamente in tre ramoscelli (2, 2,2), di rado in due od in quattro, e questa legge è pur seguita nelle successive di- visioni. Gli ultimi ramoscelli, o rami minimi (ivi c, c), termi- nano con punte ottuse, semplici o dentate. Il colore del tronco, o sia della base del fungo, è biancastro, quello dei rami e dei ramoscelli varia dal bianco al giallo ocraceo, e quello delle estre- mità è sempre più o meno rossiccio, o fosco-corallino. I rami, sebbene di lor natura fragili, sono alquanto elastici, e piegansi sino ad un certo punto senza rompersi. La carne della base del fungo è bianca, compatta, omogenea; quella dei rami legger- mente fibrosa, e facilmente divisibile lungo il decorso delle fibre. SVILUPPO. Una massa carnosa considerabile, di color bianco e di forma conico-rovesciata, presenta i rudimenti della clavaria Botrite. Questa massa, che costituisce propriamente la base, o sia il gambo del fungo, appena sbucciata dal terreno, si divide superiormente in un numero strabocchevole di rami e ramoscelli, i quali com- plicati tra loro e stretti in forma solida e globosa, danno al fungo intiero l’aspetto preciso dell’infiorescenza prematura. del Cavolo-fiore (Brassica oleracea , var. Botrytis), dal che trasse probabilmente il suo nome triviale. Soprappreso in quest’ epoca il fungo da un tempo secco e caldo, i suoi rami abortiscono, si raggrinzano, e tutta la pianta infine si disecca e muore. Che se invece è influito da una stagione umida e piovosa, esso conti- nua a svolgersi, e le sue ramificazioni si allungano al punto d’ac- quistare più d’un piede d’altezza. Rassomiglia allora il fungo ad un elegantissimo cespuglio coi rami stretti, paralleli e gradata- mente moltiplicati in ragione dell’altezza. Il bel color fosco co- rallino che tingeva in origine tutta la parte alta del fungo neo- nato, illanguidito e smunto, non tinge in questa età che l’estre- mità delle ultime divisioni. Giunto in tal maniera il fango al suo perfetto sviluppo, emette da tutta la superficie, ad eccezione della base, un abbondante polviscolo seminale di color giallo- 223 ocraceo (color dei rami), e tutta la pianta infine si disecca, © si discioglie a norma della stagione. La clavaria Botrite chiamasi dagli Italiani Ditola gialla e ros- sa; volg. Didelle, Manine, Tajadelle, ec., nomi che essa ha co- muni con altre specie di questo genere. I Francesi pure le danno il nome collettivo di Barbe de chévre o de bouc, Pied de coq, Ganteline, Tripette, Mainotte, Manetos, ec. (Roques); i Tede- schi la chiamano die rothliche Birentaze (Trattin.). Questo fungo è terrestre, solitario, e cresce ordinariamente d’autunno nei boschi ombrosi di quercie e castagni. Trovasi qua e là sparso nelle selve dei contorni di Milano e di Pavia, e ve- desi ogni anno esposto in vendita sui pubblici mercati. USI E QUALITA’ SENSIBILI. La clavaria Botrite è uno dei funghi più innocenti e delicati di questa famiglia. Clusio l’annoverò già tra gli esculenti. Essa mangiasi in fatti con tutta sicurezza tanto dalla gente del vol- go, siccome dalle persone agiate; ed in que’ luoghi dove cresce in abbondanza si raccoglie dai villici, ed unitamente al Porci- no, al Porcinello ed al Cesareo portasi a vendere sulle pubbli- che piazze. La sua carne masticata cruda è tenera, delicata e di grato odore. Negli individui peraltro di lunga data, essa èsun po’ coriacea ed insipida. Soglionsi quindi scegliere per uso della tavola soltanto gl’ individui giovinetti e colti di fresco. Il fango giovine si conosce facilmente dall’imperfetto sviluppo dei rami. (Trattin., 1. c.), dal color rosso intenso delle loro estremità, e dalla bianchezza infine e mollezza della carne. Guardisi per al- tro di non confondere col fungo giovinetto quegli individui, il cui sviluppo venne impedito da una stagione sfavorevole. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. La clavaria flava dello Schaeffer, la clavaria coralloides di Linneo, e la clavaria formosa del Persoon, sono le specie che hanno la maggiore somiglianza di forme colla Ditola in discorso. Esse però hanno le estremità dei rami di color bianco o giallo 224 ocraceo a norma della specie, mentre la clavaria Botrite ha le suddette estremità costantemente tinte di rosso. SINONIMIA. La clavaria Botrite fu descritta dallo Scopoli sotto il nome di clavaria coralloides; e dal Wulfen (l. c.) sotto quello di cla- varia plebeja. Schaeffer la chiamò clavaria acroporphyrea, e Per- soon finalmente, ne’ suoi commenti sui funghi clavati, la disse clavaria Botrytis. Questo nome, ritenuto dal suo inventore nella Synopsis e nella Mycologia europaca, venne adottato dal Trat- tinnick, dal Fries e da pressochè tutti i micologi moderni. Il dottor Alberti nella sua opera (Del modo di conoscere i funghi mangerecci, ec. ) la scambiò colla clavaria coralloides di Linneo. ICONOLOGIA. Le migliori figure della clavaria in discorso sono quelle del Trattinnick (Essb. Schw., tav. BB), e quelle disegnate nella tavola 176 dello Schaeffer. Inferiori a queste sono quelle del Bolton (tav. 103), e della Flora Danica (tav. 1303). Le fi- gure del dottor Alberti tolte dai modelli in cera del Pizzagalli sono affatto erronee. Di tutte le citate figure non ve n’ ha una sola che rappre- senti un individuo di questa specie perfettamente sviluppato. à25 CLAVARIA FLAVA Scmaere. Caulis crassissimus, albidus; rami longiusculi, fragiles, recti, fa- stigiati, flavi; ramuli brevissimi, obtusi, sublutei, apice dentati. Coralloides flava. Tournefort I. R. H., tab. 332. — Battarra, Arim., pag. 22. Clavaria fastigiata. Linn. Fl. Suec, n.° 1269. Clavaria flavescens. Schaeffer , tab. 285 ( optime). Clavaria flava. Ejusd. tab. 175. — Persoon, Syn. pag. 586. Myc. eur. 1, pag. 162, — Fries, Syst, 1, pag. 467. Species elegantissima, magnitudine saepe insigni. Caulis obco- nicus in truncos majusculos subadscendentes irregulariter divisus. Rami teretes, rugulosi, substriati , circa divisiones canaliculati, stricti, fasciculati, apice plerumque tetrachotomi; ramuli crassiuscu- li, bi vel quadridentati. Axillae equidem arcuatae sed compressae. Morphosis omnino clavariae Botrytis. Toia planta admodum ri- gida. Caro alba, easucca, hinc inde lacunosa, vix fibrosa, odoris ferme nulli, saporis haud grati, subamari. In sylvis quercinis et castaneis haud frequens, septembri, octobri. Esculenta. CLAVARIA BIONDA pi ScHarrrer. Appartiene alla sezione Ockrosporea di Fries, |. c, DESCRIZIONE. La clavaria bionda, perfettamente sviluppata (Tav. XXIX, fig. II ), ha il tronco grosso, carnoso bianco, cortissimo, non dissimi- le da quello della clavaria Botrite, munito superiormente di un numero più o meno considerabile di troncolini (ivi e), ordinaria- mente divaricati ed ascendenti, i quali si dividono irregolarmente in rami e ramoscelli diritti e stretti fra loro alla foggia d'un mazzo- lino o d’un fascetto (ivi f). I ramoscelli che formano le ultime divisioni, sortono per lo più a quattro a quattro dal ramo sotto- posto (ivi g), ed hanno leloro sommità ottuse e dentate, distri- buite ordinariamente sovra un istesso piano orizzontale. Tanto 226 i rami che i ramoscelli sono cilindrico-compressi, leggermente striati, con scanalature longitudinali corrispondenti al luogo delle divisioni. La loro superficie è secca e rugosetta. Il color dei rami varia dal giallo ocraceo al biondeggiante, e quello dei ramoscelli inclina al giallo cedrino. È rimarcabile în questa cla- varia la somma fragilità del tessuto, per cui appena tocca si rompe non altrimenti d’un pezzo di cera. Se si spaccano vertical- mente i grossi rami od il gambo, si mettono talora allo scoperto grandi ed estese lacune, lasciate senza dubbio dal ristringimento delle fibre del parenchima. La carne del gambo e dei rami è bianca, asciutta, senza fibre apparenti, e subfriabile; quella dei ramoscelli e dei rami minimi è bianco-pallida, vergente cioè al colore della loro superficie. Lo sviluppo della clavaria bionda procede come nella Botri- te. La sua polvere seminale è di color ocraceo pallido. La clavaria bionda chiamasi dai Toscani Ditola gialla, volg. Manine gialle. I Tedeschi l’appellano gelber Geissbart (Schaeff. ). Cresce nei mesi di settembre e di ottobre nelle selve ordi- nariamente di quercie e castagni, ove forma dei cespi assai vo- luminosi, e del peso talvolta di più libbre. Trovasi in varj luo- ghi dei contorni di Milano, e specialmente nel bosco della Rossa, in vicinanza di Roncaro presso Pavia. USI E QUALITA SENSIBILI. Mangiasi questa clavaria confusa colla precedente sotto lo stesso nome volgare di Marine, Didelle, ec., e vedesi pure, benchè di rado, esposta in vendita sulle pubbliche piazze. L’odore nel fango fresco è poco sensibile, ma grato. La sua carne masticata cruda ha un sapore leggermente amaro ed alquanto spiacevole; colla cottura però ella acquista un gusto delicato, nè è meno pregevole in questo caso della stessa clavaria Botrite. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. La clavaria bionda può venire facilmente scambiata colla clavaria formosa di Persoon, e colla clavaria lutea di cui par- 22% lerò in appresso. Entrambe però ne differiscono bastantemente sia pel colore dei rami, sia per la loro flessibilità. Nè lo sba- glio sarebbe d'altronde pregiudiciale , essendo tutte egualmente mangerecce e prelibate. ICONOLOGIA. Le migliori figure che si hanno di questa specie sono quelle delineate nella tavola 285 dell’opera dello Schaeffer. Meno com- mendevoli sono quelle della tavola 75 dello stesso autore. La figura della tavola 222 di Bulliard, riferita dal Fries e dal Per- soon alla specie in discorso, ne differisce essenzialmente tanto per la forma che per la disposizione dei rami. L'abito ne è pure affatto diverso. SINONIMIA. La clavaria bionda, indicata dal Clusio, dal Bavino (Hist.), e da altri antichi scrittori, fu descritta prima dal Tournefort, po- scia dal Battarra sotto il titolo di Coralloides flava. Linneo la chiamò in seguito clavaria fastigiata , e Schaeffer, sceverandola in due specie, chiamò l’una clavaria flava , Valtra clavaria fla- vescens. Persoon nella Syropsis e nella Micologia europaea ri- tenne il nome di clavaria flava, e Fries nel Systema mycologi- cum riunì sotto lo stesso nome, come specie identiche, la cla- varia aurea di Schaeffer, e la clavaria coralloides di Bulliard. Appartengono pure a questa specie il merisma flavum dello Sprengel (Syst. veget. vol. 4), e la clavaria dichotoma di Per- soon (Comm. de fung. clavaef.). Alcuni moderni micologi, e tra questi Pollini e Laber, riuni- rono, o a meglio dire confusero specie differenti ora sotto il nome di clavaria Coralloides, ora sotto quello di clavaria flava. 228 CLAVARIA LUTEA Nosz. Caulis crassus, albidus; rami breviusculi, flexiles, divaricati, sul- phurei; ramuli tenuissimi concolores ; axillae arcuato-dilatatae. Praecedentium minor, delicatula, dense caespitosa. Caulis bre- vissimus, subtomentosus; rami crassiusculi, subdifformes, nunc te- retes, nunc subcompressi, sulcati, pluries arcuato-divisi; ramuli mi- nuti, filiformes, apice plerumque bifidi vel dentati. Caro totius fungi nivea, humida, fibroso-mollis, elastica , fissilis, odoris et sa- poris grati. Morphosis praecedentium. Sporidiorum color pallide ochraceus. In sylvis praesertim castancis frequens, autumno. Escu- lenta, deliciosa. CLAVARIA GIALLA. Appartiene alla sezione Ockrosporea di Fries, |. c. DESCRIZIONE. La clavaria gialla, perfettamente sviluppata (Tav. XXIX, fig. III, B), ha un gambo grosso, carnoso, cortissimo, diviso su- periormente in rami e ramoscelli lisci, subrotondi o leggermente compressi, ed un po’ scanalati in vicinanza delle loro divisio- ni. Queste si fanno ordinariamente ad arco, o sia ad angolo molto ottuso, per cui i rami che ne sortono si trovano sempre più o meno discosti gli uni dagli altri, e sono costretti a pren- dere nel loro decorso una direzione serpentina (ivi 4). Le ul- time divisioni sono numerosissime ed i ramoscelli brevissimi, filiformi e terminati per lo più in due o tre punte acute (ivi i, i,t). Il gambo è leggermente tomentoso e bianco, i rami ed i ramoscelli sono nudi e di color giallo zolfino più o meno risentito. La .carne di tutto il fungo è bianca, tenera, umida, fi- brosa, flessibile, elastica, per cui tanto i rami che i ramoscelli si possono facilmente dividere da un’ estremità all’altra. Lo sviluppo di questo fungo è simile a quello della elavaria Botrite; la polvere seminale è di color ocraceo languido. 22 La clavaria gialla trovasi ordinariamente negli stessi huochi ove crescono le precedenti; pare però che scelga a preferenza i castagneti. Ora è solitaria, ora riunita in famiglie d’individui più o meno numerosi, e posti a poca distanza gli uni dagli altri. Il bel colore de’ suoi rami la fa agevolmente discoprire. -_ USI E QUALITA’ SENSIBILI. La clavaria gialla è senza dubbio la specie più delicata di questo genere. La sua carne è tenera, odorosa, di sapor grato e di facilissima digestione. Mangiasi cotta nel tegame, o nel burro, alla foggia dei tartufi, oppure anche cruda con olio d’ulivo, aceto, pepe e sale alla maniera delle insalate. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE SCAMBIATA. La clavaria flava dello Schaeffer è la sola che potrebbesi fa- cilmente confondere colla specie in discorso. Essa però ne dif- ferisce bastantemente, prescindendo anche dal colorito, per la grossezza, per la disposizione e per la grande fragilità de’ suoi rami. ICONOLOGIA E SINONIMIA. La clavaria coralloides del Roques, delineata nella tavola 1, fig. 1 dell’Mistoire des Champignons comeéstibles, è quella che nella distribuzione e nella forma dei rami si avvicina più d’ogn’al- tra alla specie in discorso. Non molto dissimile dalla stessa è la figura della clavaria flava del Trattinnick ( £ssb. Schw. tav. AA), riferita dal Fries alla clavaria flava dello Schaeffer, e dal Persoon, nella JMycologia europaea, alla sua clavaria formosa. Entrambe però ne differiscono affatto pel colorito, essendo la cla- varia del Roques di color rosso-ranciato, e quella del Trattin- nick di color giallo vergente sempre più o meno al rosso vivo di sangue o di fuoco (1). Anche la figura della clavaria coral- (1) Znsbesondere prangen die jugendlichen Individuen mit den lebhaftesten Farben besonders mit der Rothe des Blutes, oder mit der blendenden Rothe der Feuerflammen. Trattinn,, l. e. 30 230 loides di Bulliard, disegnata nella tavola 222 della sua opera, ne è abbastanza distinta. È d’uopo del resto confessare essere cosa difficilissima l’asserire alcun che di positivo sul conto di queste figure, disegnate per lo più a capriccio, e prive per conseguenza dei veri caratteri specifici, ed in parte anche dell’abito. | SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXIX. Fig. I. CLAVARIA BOTRYTIS Pers. Porzione d’un grosso cespite, disegnato nell’epoca del suo per- fetto sviluppo; @ tronco o sia base del fungo; 2, 0,6 rami e loro divisione in ramoscelli e rami minimi; c,c,c loro estremi- tà; d varii rami emergenti dallo stesso tronco, trasversalmente troncati. Fig. II CLAVARIA FLAVA Scnarrre. Porzione d’un cespite come sopra; e base del fungo; f rami e ramoscelli; g estremità dentate. Fig. III CLAVARIA LUTEA Nos. A Individuo appena svolto dal terreno, disegnato ad oggetto di far vedere la forma primitiva del tronco e l’originaria dispo- sizione dei rami e dei ramoscelli. B Porzione d’un cesto d’un individuo maturo; & rami, ramo- scelli e rami minimi; 7,,î sommità semplici e dentate degli stessi. 231 HELVELLA CRISPA Farirs. Pileus deflexus, lobatus, crispus, ceraceo-membranaceus , albido- pallidus. Stipes candidus, farctus! costato-plicatus, lacunosus. Fungoides fungiforme, crispum, laciniatum, et varie complicatum, pediculo crasso, etc. Mich., Gen. pag. 204, tab. 86, fig. 7. Boletus pileolo spiralibus plicis contorto. Batt., Arim, tab. 2, fig. G ( male ). Phallus crispus. Scop., Carn. 2, pag. 475. Helvella albida. Schaeff., tab. 282. Helvella mitra var. alba et fulva. Bull., tab. 466. — Decand. FI., Fr. 2, pag. 94. — Cordier, Guide, pag. 108. — Roques, Hist., pag. 37, tab. 1, fig. 3. — Bendiscio- li, Fung. pag. 59, tab. 17 (male). Helvella mitra! Sow., tab. 39 (optime). Helvella leucophaea. Pers., Syn. pag. 616. — Champ. com., pag. 261. — Myc. eur., sect. 1, pag. 210. — Trattinn., Essb. Schw., pag. 163, tab. DD. — Larber, Saggio, ec., pag. 81, tab. 1, fig. 3. Helvella crispa. Fries, Syst. 2, pag. 14. Magna, subgregaria. Pileus initio subglobosus, velatus, lobis adnatis, inflexis, subinvolutis, ad invicem incumbentidus; demum explicatus, liberatus , lobis versa vice revolutis , inflatis , margini- busque undulato-repandis, sinuatis, contortis, lacerato-incisis. Pars pilei inferior floccoso-pruinosa (veli vestigia ) , albido-fuliginea vel pallide brunnea, hinc inde rimosa vel rugoso-plicata ; pars vero superior sive fructifera, albido-pallida, adspeciu cerco, bullato-cri- spata. Stipes candidus, crassus, validus, initio brevissimus, conicus, intra pilei lobulos exceptus, demum elongatus, aequalis aut ven- tricosus, subtortilis, costulis, plicis, lamellulis, e varia corticis com- plicatione enatis, ac diversimode complicatis , plane efformatus. Stipitis parietes superne ad invicem secedunt, deflectuntur ac recep- taculum fungi constituunt. Pilei substantia ceraceo-fragilis , pellu- cida; stipitis vero subcoriacea, subopaca. Fungi odor debilis nec admodum gratus, sapor Morchellarum. Eisdem in locis ubi cre- scunt Morchellae hinc inde frequens. Autumno. Esculenta. ELVELLA CRESPA pi Frirs. Appartiene alla sezione Mitrae dello stesso autore. 23% DESCRIZIONE. L’elvella crespa, perfettamente sviluppata (Tav. XXX, fig. I, C), ha un cappello sottile, membranoso, fragile come la cera, rigonfio e diviso irregolarmente in due o più lobi ripiegati in varia guisa in sè stessi e sul gambo. La parte inferiore del cap- pello, corrispondente alla concavità dei lobi, è di color bruno fuligginoso (1), fioccoso-farinosa, e non di rado rimoso-tassellata ; la superficie invece superiore, corrispondente alla convessità dei lobi istessi, è bianco-cerea (2), nitida, uniforme, ed è quella che porta gli organi della fruttificazione. Il suo gambo ordinariamente eguale, o leggermente ingrossato verso la base, è membranoso, candido, d’aspetto cereo, longitudinalmente e profondamente di- viso da irregolari solchi e lacune che ne rendono tutta la su- perficie costoluta e fenestrata. Queste solcature e queste lacune sono limitate da pieghe o rialzi più o meno elevati e varia- mente tra loro anastomosati, formati dalle duplicature della parte corticale del gambo istesso, e non hanno comunicazione alcuna colla parte midollare. Le pareti del gambo applicate per tal modo le une sulle altre, nei diversi punti del loro trascorrimen- to, sotto la forma di pieghe o laminette, si separano in alto e si ripiegano all’esterno, dando origine alla facciata inferiore del cappello. La carne di questo è tenera, fragile, pellucida ; quella del gambo più consistente, alquanto coriacea e quasi opaca. S VIÙUTLUPPO. L'’elvella crespa, esaminata vicino alla nascita (fig. I, A), ha la forma d'un piccolo tubercolo di color fosco fuligginoso e co- perto d’una fitta lanuggine bianco-cenerina , che gli serve come di velo. Il cappello ha in quest'epoca i suoi lobi ripiegati su- ._ (1) Auch sind die Lappen ihres Hutes auf der Hunterseit LL) aveiss sondern bràaun- lich, ec. Trattinn., l. c., pag. 167. (2) Ciò non s’accorda punto coll’asserzione del Fries (v. Comm. 2, pag. 147), il quale dice che tutte le Morchelle , le Verpe, le Elvelle, ec., hanno costantemente il disco, o sia la pagina superiore fruttifera, di colore più carico della pagina inferiore o sterile, 233 periormente verso il centro (ivi 4), e così strettamente addos- sati gli uni agli altri, che tutta la parte superiore o fruttifera del cappello istesso ne rimane coperta. Questi lobi hanno pure i margini piegati sopra l’imenio, e sono talora saldati in vari punti colla superficie del gambo. In progresso di sviluppo i lobi del cappello si staccano dal gambo, si rialzano, si spiegano all'infuori (fig. I, B, c, c), ed i loro lembi finiscono col prendere una direzione affatto opposta alla prima, lasciando così allo scoperto tutta la membrana fruttifera (fig. I, C, d, d). Il gambo, in ori- gine poco sensibile, e fra gli orli del cappello interamente na- scosto (fig. I, A, 2,) non offre nel suo sviluppo alcun nota- bile cambiamento di forma. Pervenuto il fungo all’età adulta, emette a getti istantanei da tutta la superficie superiore od imenifera (‘), un abbondantissimo polviscolo seminale di color bianco pallido. In ultimo, se non viene dai vermi o dagli in- setti consumato, si disecca e muore. L’elvella crespa chiamasi dai Toscani Pasta sciringa , terrestre (Mich.); volg. Spugriolo d’autunno crespo. I Francesi la chia- mano Morille de Moine (Paul. ) ed i Tedeschi die Zerbst mor- chel ('Trattinn.). Cresce questo fungo ora solitario ora riunito in famiglie più o meno numerose d’individui posti a poca distanza gli uni da- gli altri. Ama i luoghi non molto coperti dei boschi, i margini delle strade campestri, e specialmente le costiere. Vegeta in au- tunno avanzato, e si riscontra ordinariamente in quegli stessi luo- ghi ove abbondano di primavera le Verpe e le Spugniole. (1) Pare che i gongili di questo fungo, dice il sig. Bendiscioli, esistano più nel pie- dicello che nelle rughe del pileo, e precisamente in apposite capsulette giacenti fra le sue fenestrelle. Anche il cappello però, soggiung’egli, ne contiene e ne spande. Che le salienti vene, che rendono sinuosa ed aspra la di lui superficie inferiore ne sono piene , l. c. pag. 97. — Io non so comprendere come, trattandosi di cose di fatto, si possa lasciar correre una simile espressione. Del resto sappia il sig. Bendi- scioli che niun fungo sinora descritto porta le sementi snl gambo propriamente det- to; e che sino dai tempi del Micheli si sapeva , a non dubitarne, che nelle Elvelle, nelle Verpe, nelle Morchelle, nelle Pezize , ec., la pagina fruttifera era la superiore , non già l’inferiore. USI E QUALITA SENSIBILI. L’elvella crespa, qualora sì riscontri in certa quantità, può essere con vantaggio raccolta, ed agli stessi usi delle Spugniole destinata. Essa però non ha nè il grato sapore nè l’aroma di queste (+). La sua carne è pure alquanto coriacea, e, qualora non sia ottimamente preparata, può riescire alquanto indigesta. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. L’elvella crespa può facilmente essere scambiata coll’helvella lacunosa di Fries, della quale ha tutta l’apparenza. Il cappello però di quest’ultima è più regolare, i suoi lobi sono più di- stinti, ordinariamente intieri, ed il colore della pagina superiore o fruttifera è costantemente fosco-cenerino o nereggiante. Anche la sua carne è meno saporita di quella dell’elvella crespa. ICONOLOGIA. Le migliori figure dell’elvella crespa sono quelle disegnate nella tavola 3g dell’opera del Sowerby. L'autore ha fatto egregia- mente rimarcare in queste figure il colore fosco-fuligginoso della facciata inferiore del cappello, in opposizione a quello della facciata superiore o fruttifera che è bianco-pallido. Le figure della tavola 262 dello Schaeffer, e quelle della tavola 446 del Bulliard (var. alba e fulva), sono pure commendevoli. La fi- gura del Micheli (tav. 86, fig. 7), riprodotta dal Larber nella tavola 1, tig. 3 del suo Saggio, è piuttosto grossolana; e quella del Battarra (tavola 2, fig. G), non ne presenta neppure l’abito. Lie figure del Trattinnick (tav. DD), sono discrete, e la struttura in ispecie del gambo vi è assai bene rappresentata. Le figure del Bendiscioli sono affatto erronee. (1) L'elvella crespa, dice all’incontro il signor Bendiscioli (l c.), è meno carnosa della Spugnola propriamente detta, ma ne è assai più aromatica e saporita ; cosicchè si preferisce ad ogni altro fungo, ove trattasi di usarla qual droga per condire i pa- sticci, gli intingoli ed altri piatti composti. 235 È singolare che in nessuna delle citate tavole trovasi dise- gnata questa specie nei primordj del suo sviluppo. SINONIMIA. L’elvella crespa, indicata già dal Micheli e dal Battarra, venne descritta dallo Scopoli sotto il nome di phallus crispus, poscia dallo Schaeffer sotto quello di helvella albida. Persoon nelle va- rie sue opere la chiamò helvella leucophaca , e Fries nel Sy- stema mycologicum, ritenendo il nome specifico dello Scopo- li, la disse 4elvella crispa. Bulliard descrisse questo fungo sotto il titolo d’helvella mitra, accomunandolo con un’altra specie d’el- vella a cappello nerognolo, indicata già da var] scrittori, e de- scritta attualmente dal Fries nel suo Systema col nome d’hel- vella lacunosa. L'’helvella mitra del Sowerby, l’helvella leucophaea del Trat- tinnick e della Flora Danica, il phallus lobatus del Batsch., ec., appartengono pure alla specie in discorso. 236 PEZIZA ACETABULUM Linn Cupula hemisphaerica fuligineo-rufescens , extus minute furfura- cea. Stipes albidus, ceraceo-membranaceus, eximie sulcato-costatus. Fungoides fuscum, acetabuliforme, externe ramificatum. Vaill., Bot, Par., pag. 57, tab. 133 Agioc) Fungoides infundibuliforma, griseum, externe costis, seu venis ramosis et invicem im- plexis munitum. Mich., Gen., pag. 205, n.° 2. Peziza Acetabulum. Linn. — Bull. , Champ., tab. 485, fig. 4. — Sowerby, tab. 39 ( optime ), — Persoon, Syn., pag. 643, Myc. eur. sect. 1, pag. 218. — Fries, Syst. 2, pag. 44. Peziza ancilis! Persoon, Myc. eur., l. c., pag. arg. Solitaria vel gregaria , cyathiformis, calyciformis, infundibuli- formis, etc. Cupula initio clausa, elliptica et veluti transversim posita, superne sulco longitudinali, e marginibus involutis, conniven-. tibus efformato, exarata; demum aperta ac profunde excavata , intus laeris, extus pruinosa, venis ramosis e stipite porrectis plus minus costata. Stipes omnino helvellae crispae, nunc brevissimus nunc uncialis et ultra , firmus, subaequalis, costis planis, latis, membranaceis, pellucidis, hinc inde ad medium usque sulcato-di- visis, ac iterum in dorso canaliculatis ex integro efformatus. Co- stulae, plerumque liberae, superne cupulae fundo intime et radia- tim neciuntur uc in venas abeunt. Caro cupulac ceraceo-fragilis ; stipitis vero subcoriacea persistens. Unacum Morchellis haud in- frequens. Vere. Esculenta. PEZIZA ACETABULO pi Linneo. Appartiene alla serie Aleuria ed alla sezione Helvelloideae di Fries. DESCRIZIONE. Il cappello, o, per meglio esprimermi, la parte che porta gli organi della fruttificazione della Peziza Acetabulo, perfettamente sviluppata (fig. II, D), ha la forma precisa d’una piccola coppa 23 o scodelletta, limitata superiormente da un orlo tondeggiante 2a intiero, e sostenuta inferiormente da un gambo più o meno svi- luppato. La superficie interna o fruttifera di questa coppa è liscia e di color fosco fuligginoso, l'esterna invece è più pallida e sparsa di minutissime ciocche di peli morbidi, e come cotonosi (fig. IT, B, a), provenienti dallo spappolamento del velo che co- priva interamente in origine la superficie istessa. Le sue pareti sono grossette, opache, carnoso-membranacee, elastiche ed al- quanto fragili. Il gambo che la sostiene è più o meno lungo e grosso, di color bianco-cereo , fesso longitudinalmente sin verso il suo asse in tante laminette raggianti, semplici o profondamente divise, e terminate esternamente da un grosso margine tondeg- giante, e per lo più scanalato. Queste laminette componenti il gambo sono sottili, pellucide, più o meno flessuose, ordinaria- mente libere, di rado fra loro anastomosate. Esse si connettono superiormente col fondo del ricettacolo, o sia della piccola coppa, sulla quale terminano dividendosi più o meno sensibilmente in rami e ramoscelli. Quest'ultime divisioni hanno ordinariamente il colore della coppa. La carne del gambo è più consistente di quella della coppa, di natura subcartilaginea, e si lascia difficil- mente intaccare dal coltello. SVILUPPO. Questo fungo non offre nel suo sviluppo notabili cambiamenti. La coppa, nel fungo neonato (fig. II, A), ha la forma d’una pic- cola ellisse posta trasversalmente sul gambo e segnata superior- mente da una fenditura longitudinale formata dai margini della coppa istessa leggermente arruotolati verso la sua cavità, ed av- vicinati tra loro in modo da chiuderne perfettamente l’apertura. In progresso di sviluppo i margini si svolgono, la fenditura di- viene circolare, la scodelletta s'apre e termina in fine col pren- dere le sopraccennate forme. Giunto per tal modo il fungo a maturanza perfetta, la membrara fruttifera che copre tutto l’in- terno della coppa emette a getti istantanei e sotto forma di fu- mo una finissima ed abbondantissima polvere seminale. Dopo quest'epoca il fondo della scodelletta s'innalza, il disco s’appiana, 3I 238 i margini si fendono in varj punti e s'abbassano sul gambo, e tutto il fungo si disecca o si discioglie a norma delle condizioni atmosferiche. La peziza Acetabulo non ha alcun nome italiano o vernacolo. Cresce ora solitaria ora gregaria nella stessa stagione e nelle istesse località in cui si trovano le Spugniole. Essa è comunissima nei contorni di Milano, specialmente lungo le costiere boschive che fiancheggiano il Lambro nelle vicinanze di Bolgiano, Mon- ticello, Carpianello, ec., e trovasi pure nei boschi di Belgiojoso nella provincia pavese. USI E QUALITA SENSIBILI. La peziza Acetabulo, della consistenza e della natura in genere delle Morchelle e delle Elvelle, potrebbe essere al pari di queste all’uso della tavola destinata. I villici infatti la raccolgono e la mangiano unitamente ad altri funghi di primavera, generalmente poco stimati, quali sono: l’ helvella lacunosa Fr. ( Monachella Schaeff.), l’Relvella Monachella Scop. (1), la morchella semilibera e la verpa speciosa e digitaliformis. La sua carne cruda è un po coriacea, nè ha odore o sapore sensibile; convenientemente pre- parata però essa non la cede di molto alle stesse Spugniole. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. La specie che ha la maggiore analogia di forme col fungo in discorso si è la peziza calyciformis del Fries delineata nella ta- vola terza fig. C dell’opera del Battarra. Dessa però è autun- nale, ed il suo gambo non presenta quelle profonde solcature che si osservano nella peziza Acetabulo. ICONOLOGIA. Le migliori figure di questa peziza sono quelle disegnate nella (1) Quest'elvella, della quale ne diede il Micheli una bellissima figura (tav. 86, fig. 8), venne dal sig. Larber confusa coll’helvella mitra (var. nigrescens) del Persoon, o sia coll’helvella lacunosa del Fries, la quale ha fra gli altri caratteri il gambo co- stantemente lacunoso e costoluto. 23 tavola 59 del Sowerby. Commendevoli pure sono le Bisure del Vaillant (tavola 13, fig. 1), e quelle del Bulliard ( tavola 485, fig. 4), sebbene quest ultime pecchino alquanto nella forma del gambo. SINONIMIA. Questa specie, indicata per la prima volta dal Vaillant, fu de- scritta dal Linneo col titolo di peziza Acetadulum. In seguito venne pure sotto lo stesso nome distinta dal Bulliard, dal So- werby, dal Persoon, dal Decandolle, dal Fries e da presso che tutti i micologi. La peziza ancilis del Persoon (Myc. 1, pag. 219) appartiene pure a questa specie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXX. Fig I HELVELLA GRISPA Fx. A Individuo appena svolto dal terreno; aa lobi del cappello ripiegati in alto ed addossati vicendevolmente gli uni sugli al- tri; d rudimenti del gambo. B Individuo alquanto sviluppato , disegnato ad oggetto di far vedere il successivo svolgimento dei lobi del cappello c, c. C Individuo perfettamente sviluppato; d, 4 lobi del cappello totalmente svolti e ripiegati sovra loro stessi in modo da met- tere allo scoperto tutta la superficie superiore o fruttifera del cappello istesso. D Sottil laminetta tolta dalla sezione trasversale del gambo, disegnata allo scopo di far vedere la singolare struttura del gambo istesso. E Organi della fruttificazione ; e, e parafisi, o sia teche abor- tive; f, f teche ad otto spore ciascheduna. Fig. IL PEZIZA ACETABULUM Linn. A Piccolo individuo svolto da poco tempo dal terreno, 240 N disegnato onde far vedere la forma primitiva della piccola coppa. B Individuo più sviluppato del precedente, ma colla coppa non ancora perfettamente schiusa; a fiocchetti di peli prove- nienti dallo spappolamento del velo che copriva in origine tutta la superficie esterna della piccola coppa. C Individuo perfettamente sviluppato, spaccato in corrispon- denza del suo asse; 2 membrana fruttifera od imenio. D Altro individuo maturo ed intiero. E Porzione del gambo d’un individuo maturo, disegnato ad. oggetto di far vedere la sezione trasversale del gambo istesso.. ! | 24 AGARICUS VIRESCENS Scmarrr. Pileus compactus, rimoso-tessellatus, margine laevis. Lamellae inae- quales, albidae. Stipes nudus , crassus, albidus, intus medulla floc- coso-molli, albida, persistenti farcius. Amanita kremlinga, magna, aspera, virescens ? Dillen, Cat. Giss., pag. 178. Fungus sylvarum asper esculentus primus, seu ex albo-virescentis coloris. I/ Bauh, È Hist. III, pag. 872. Fungi umbilicum referentis variegati tertia species. C. Bauh., Pin., pag. 370. Agaricus virescens! Schaeffer, tab. 94, fig. 3—6. — Persoon, Syn., pag. 447. — Ro- ques, Hist., pag. 86 (ex descript.). Agaricus bifidus! Bulliard, tab. 26. Agaricus pectinaceus. Ejusd., tab. 509. fig. M? Agaricus furcatus. DC. Fl. Fr. 2, pag. 140. — Chevallier, Fl. par. 1, pag. 141. Russula aeruginosa! Persoon, Obs. myc. 1, pag. 103. Russule Palomet! Thore (ex Persooni descrip. Champ. com., pag. 227), et Agaricus Palomet. Ejusd. Essai d’une Chloris, etc., pag. 477. Pileus initio convexo-umbilicatus, demum subexcavatus, mar- gine hinc inde cpidermide denudato. Epidermis tenax, fibrosa, sicca (nunquam viscosa), integra, strato crassiusculo, opaco , ceraceo- farinoso, continuo, sed mox in areolas irregulares, polygonas dif- fracto, vestita. Color strati seu crustae superficialis variat ochra- ceus, ochraceo-viridis, aerugineus, glaucescens; subjectae vero epider- midis albido-ochraceus, albido-argenteus, albido-aerugineus, nitidus. Lamellae fragillimae, crassac, subdistantes, strictae, sublanceolatae, partim simplices, partim furcatae, lamellulis hinc inde immixtis, non raro plane aequales. Stipes ** unc. crassus, 1, 2 unc. et ul- . tra longus, firmus, extus rivuloso-striatus ac interdum, uti est de pilei superficie, tessellato-divisus, albus, absque nitore, intus primo compacius, homogeneus, demum medulla mollissima , exsucca, e filis tenuissimis dense implicatis composita, haud evanescenti, farc- tus. Caro totius fungi alba, immutabilis, odoris debilis subnauseosi, saporis grati. In sylvis frequens aestate et autumno. Esculentus! AGARICO VERDEGGIANTE pi ScHaerrer. Appartiene alla sezione Aussula di Persoon. 242 DESCRIZIONE. L’agarico verdeggiante, perfettamente sviluppato (tav. XXXI, fig. III e IV), presenta ordinariamente un cappello piano-con- vesso, scavato più o meno nel centro, e liscio sui margini. La sua superficie è secca, opaca e costantemente sparsa di areole o tasselli, di forma poligona irregolare, provenienti dalla divisione di uno strato particolare di sostanza ceraceo-farinosa, che rico- priva in origine tutta la parte superiore del cappello istesso. Que- ste areole o tasselli, più o meno rilevati a norma della maggiore o minore spessezza dello strato primitivo, di grandezza variabile e tenacemente adesi alla sottoposta epidermide, sono fitti e quasi continui nel centro del cappello, scarsi verso la periferia, ove ve- desi allo scoperto una porzione considerabile della stessa epider- mide. Questa è continua, fibrosa, tenace, lucente e non stacca- bile che a brani dalla carne del cappello. Il color delle areole varia dal giallo d’ocra o di nocciuola pallido, al verde di rame più o meno risentito, al verde glauco o d’acqua marina, ec.; quello dell’epidermide, messa a nudo dallo strato, è biancastro, traente sempre più o meno al color delle areole.- Le lamelle sono d’uno spessore considerabile, fragilissime, bianche, piuttosto strette, sublanciolate, altre semplici, e queste sono le più numerose, altre forcute (fig. IV, 2); le lamellette non mancano quasi mai e trovansi in numero variabile qua e là frammiste alle lamelle. Il gambo è nudo o sia privo dell'anello, ordinariamente grosso, corto ed eguale, di rado allungato e gradatamente assottigliato verso la base, bianco, opaco, rugoso-striato, con astuccio midol- lare spesso, compatto e zeppo internamente di sostanza fibroso- cotonosa, molle, elastica, stipata (ivi, c). La carne di questo fungo, ad eccezione di quella che occupa la parte centrale del gambo, è soda, compatta, friabile, e tutta in genere asciutta, bianca, im- mutabile, persistente. SVILUPPO. Lo stesso dell’agarico rosso. La superficie del cappello del fungo giovinetto è liscia, e lo strato ceraceo-farinoso, che ne rico- 243 pre l'epidermide, indiviso, come si osserva ancora nel centro del cappello di qualche individuo adulto. In progresso d’età questo strato si divide e suddivide nelle sopraccennate areole, e la su- perficie istessa diviene ineguale, scabra e come sparsa di farina (1). L’epidermide durante lo sviluppo del fungo si ritira talora dai margini del cappello lasciando allo scoperto la parte superiore ed anteriore delle lamelle (fig. III, a). Queste prendono col- l’età una tinta leggermente biondeggiante, e giunte a maturanza spandono una polvere seminale biancastra. Il gambo in gioventù è duro, compatto, pieno, omogeneo, candido tanto esternamente che internamente; diventa infine molliccio, specialmente nel cen- tro, e la sua carne prende una leggerissima tinta biondeggiante. Osserv. Quando ad abbondanti piogge succedono giorni caldi e ventilati, il cappello di questa specie d’agarico si divide pro- fondamente in tanti lobi stellati lungo il decorso delle lamelle. L’agarico verdeggiante non ha alcun nome italiano, volgar- mente chiamasi Colombdina verde, macchiata. I Francesi gli danno i nomi di Palomet, Crusagne, Irauxcher o Irachis ('Thore); ed i Tedeschi lo dicono Aremling, Griinling, griiner Bròdling, ec. (Schaeff ). Cresce questo fungo solitario nelle antiche selve di quercie e castagni, nei luoghi piuttosto elevati ed asciutti, e vegeta dal principio di giugno a tutto novembre. È comune nei colli del- l’Oltrepò, e trovasi pure qua e là sparso nella maggior parte delle selve del pavese e. del milanese. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico verdeggiante viene a ragione collocato fra le specie mangiative più sicure e delicate di questo genere (2). La sua carne masticata cruda non è molto saporita, ma colla cuocitura diviene gustosissima ed acquista per così dire il sapore delle so- stanze animali. Il miglior modo di cucinarlo si è sulla graticola (1) Sa superficie est comme moisie ou farineuse. Bull. , l. c. (2) In alcuni dipartimenti della Francia , si fa di questo agarico un uso esteso, e si assoggetta persino ad una specie di coltura. Thore (v. Pers., Champ. com., pag. 16, nella nota. 244 col solito condimento d’olio, pepe e sale. I nostri. villici e gli abitanti dei colli oltrepadani, presso i quali questo fungo è molto in uso, sogliono rosolarlo sulle bragie conspergendolo sempli- cemente di sale senz’altro condimento. Così preparato esso è pure delicatissimo, ed ha precisamente l’odore ed il sapore della carne rosolata dei nostri gamberi (cancer astacus). L'odore nel fungo fresco è appena sensibile ed un po’ nauseoso, nell’essiccato invece è forte urinoso e non dissimile da quello che tramandano le carni salate. Durante l’essiccazione non perde molto questo fungo del suo volume, e conserva assai bene anche nello stato di di- seccamento i principali suoi caratteri. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico verdeggiante potrebbe facilmente scambiarsi con alcu- ne varietà col cappello verdognolo dell’agarico eterofillo (v. Schaeff, tav. 94, fig. 1), qualora non si avesse riguardo alla superficie del cappello liscia ed intiera in quelle, scabra invece, ed in minute areole divisa in questo (1). Un carattere così manifesto, dovuto in ispecial modo alla presenza ed alla natura dello strato che ri- copre la superficie stessa, lo fa pure agevolmente distinguere da qualsivoglia altra specie di questa sezione. ICONOLOGIA. Le migliori figure che noi possediamo di questa specie sono quelle dello Schaeffer delineate nella tavola 94, fig. II-IV, della sua opera. Commendevoli sono pure le figure della tavola 26 del Bulliard, e specialmente quella delineata nella tavola 12, fig. 2 dell’Histoire des Champignons del sig. Roques, copiata, come sembra, dall’istessa tavola del Bulliard. La figura che ne diede il Larber nella tavola 19, fig. 3, del suo saggio, è del tutto erro- (1) Majusculus, pileo carnoso, convexo, tessellato-rugoso, ec., Pers., Syn., pag. 447. — Sa superficie est sèche et constamment aréolé , c’està dire marquée par des lignes qui se croisent en divers sens, etc. Pers., Champ. com., pag. 227. — Sa surface est sèche, un peu ridée , et comme aréolée ou fendillée .... On en voit dont la surface est ru- gueuse, marquée par des lignes qui se croîsent en divers sens et forment de petits poly- gones irréguliers. Roques, Hist., pag. 86, . nr___———_—l DID Qlone Sellia unità «en 245 nea, come si-può facilmente rilevare e dalla ispezione della figura istessa, e dalla descrizione (*). La figura M della tavola 509 del Bulliard, riferita dallo stesso Persoon (Champ. com., pag. 226) alla specie in discorso, manca delle areole o squamette che com- pongono lo strato ceraceo, ed è di più striata sui margini. SINONIMIA. Questo fungo, indicato probabilmente dai due Bavini e dal Dillenio nelle citate frasi, fu descritto per la prima volta dallo Schaeffer, unitamente ad una varietà dell’agarico eterofillo, sotto il nome di agaricus virescens. Persoon in seguito, nelle sue Os- servazioni micologiche, lo sceverò dalla suddetta varietà col titolo di russula acruginosa, che descrisse poscia nella Syropsis sotto la stessa denominazione dello Schaeffer. Ultimamente Fries, nel suo Systema mycologicum, lo accomunò di bel nuovo con spe- cie diverse sotto il titolo d’agaricus furcatus, var. heterophyllus, dalla quale varietà eterofilla ebbe poi origine l’agaricus squalidus del Chevallier (Par. 1, pag. 141), e l’agaricus virescens del Roques (Hist., pag. 86). L’agaricus russula virescens del Larber (Saggio, ec., pag. 197) è specie ibrida. La sua descrizione si riferisce in parte all’agari- - cus aeruginosus del Curtis (vedi la precedente nota), e la sino- nimia risguarda tre o quattro specie differenti. L’agaricus virens dello Scopoli (Fl. carn. 2, n. 1507), Fungo verdone dei Toscani, spetta probabilmente ad un’altra sezione (v. Fries, l. c., pag. 90). Appartengono pure a questa specie l’agaricus difidus di Bul- liard, confuso da parecchi micologi con una varietà dell’agarico eterofillo sotto il nome d’agaricus furcatus , V’agaricus aeruginosus dello Schumacher, l’agaricus Palomet del Thore (Essai d’une (1) La superficie del cappello di questo fungo, dic’egli, è intrisa d’una vischiosità verdolina, che col progresso dello sviluppo, grado grado dileguandosi , lascia pria in parte, e poscia tutta la superficie stessa bianco-gialliccia, qua e là picchiata come un acciajo non bene arrugginito, l. c., pag. 198; ed altrove parlando dell’agaricus furcatus (ag. bifidus Bull.) dice: Si distinguerà dal virescens segnatamente per il colore co- stante e proprio nel furcatus dell'epidermide del cappello, incostante invece nell’altro , perchè formato da una vischiosità non permanente, l, c., pag. 208. 32 2/6 Chloris, ec., pag. 477), e la Russule Palomet dello stesso autore riferita dal Persoon alla pagina 227 del suo trattato sui funghi commestibili. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXI. AGARICUS VIRESCENS Pers. Fig. I. Piccolo individuo disegnato nell’epoca in cui lo strato ceraceo-farinoso che ricopre la sua superficie comincia a dividersi e suddividersi in piccole isolette od areole. Fig. Il. Lo stesso verticalmente spaccato ad oggetto di far vedere l’originaria disposizione e la forma delle rispettive parti. Fig. III. Individuo perfettamente sviluppata, e depresso sen- sibilmente nel centro a foggia di bellico; @ estremità superiore ed anteriore delle lamelle spogliata dell'epidermide, la quale du- rante lo sviluppo del fungo abbandona non di rado per qualche tratto i margini del cappello. | Fig. IV. Individuo sviluppatissimo, verticalmente spaccato; è biforcazione d’una lamella ; c sostanza fibroso-cotonosa che riem- pie la parte centrale del gambo. 247 HELVELLA ESCULENTA Pens.? Pileus carnoso-membranaceus, lobatus, gyroso-costatus, subalveola- tus, rufo-brunneus. Stipes cavus , laevis, crassus, albidus. Fungus porosus communis intestinorum gyros referens. Menz., pug. rar., tab. 6 (icon. prima optima ex Fr.). — Weinm., Herb., tav. 523. Phallus esculentus, capitulo deformi, elvelaeformi! Schaeff, tab. 300, fig. 2 ( eximie ). Phallus mitra. Berg., mat. med., pag. 860 (ex Fr.). Helvella esculenta, Trattinn., Essb, Schw., tab. CC. — Albert. et Schwein., Consp. pag. 300. — Fries, Syst. 2, pag. 16 — Persoon? Comm., pag. 64, Syn., pag. 618. Champ. com., pag. 260, tab. 4, Myc. eur. 1, pag. 212. Pileus depressus, subglobosus, supra costis vagis, obtusis, cleva- tis, tortuosis, areolas spurias, difformes, varias efficientibus , ex- aratus. Lobi 3, 4, 5 crassi, rotundati, deflexi, subtus pallidi, mar- gine hinc inde stipiti, quem arcte circeumambiunt, adnati, in individuis luxuriantibus varie implexi, ac minus subinde manifesti. Stipes brevis, firmus, basi plerumque incrassatus, nunc teres, nunc an- gulatus et sublacunosus , primo niveus, demum albido-rufescens ; jus cavitas ampla, difformis , costis crassissimis varie percursa , . cavi superficies nitida, undulata , monticulosa. Odor subnullus , sapor gratus. In sylvis, ad camporum versuras, etc., una cum Morchellis, vere. Esculenta. ELVELLA ESCULENTA pi Persoon. Appartiene alla sezione IMitrae del Fries. DESCRIZIONE. L’elvella esculenta perfettamente sviluppata (Tav. XXXII, fig. I,B), ha un cappello irregolare, tondeggiante , depresso, diviso più o meno profondamente in 3, 4 o 5 lobi carnosi, ripiegati inferiormente sul gambo, e con esso in varj punti saldati ( fig. I, C, a). La sua pagina superiore, di color bruno rosseggiante o bajo oscuro, è senza norma percorsa da rialzi o costole ton- 248 deggianti più o meno rilevate, tortuose e variamente tra loro complicate in modo da dare origine a grandi ed irregolari fos- sette o lacune, poco profonde, nè gran fatto dissimili da quelle della verpa speciosa. La pagina inferiore è liscia, di color bian- co giallognolo o carnicino, e confluente superiormente colla su- perficie del gambo (fig. I, GC, 5). Questo è grosso, piuttosto cor- to, del color della pagina inferiore del cappello, con superficie liscia, nitida e come vellutata, ora rotondo, ora angoloso o leg- germente costoluto, ingrossato più o meno alla base e sparso ta- lora d'irregolari lacune. Esso presenta internamente un’ampia ed irregolare cavità attraversata in alcuni punti da grosse pie- ghe carnose, provenienti dalle pareti del gambo stesso, con su- perficie ineguale, conformata a dossi e vallicelle, ma nitida come l'esterna. La carne di tutto il fungo è piuttosto considerabile, soda, durevole. SVILUPPO. Lo stesso delle Verpe. Il gambo, cavo sin dalla nascita, è in origine brevissimo, rotondeggiante, ed intieramente coperto dai lobi del cappello (fig. I, A). Questo non offre ordinariamente nel suo sviluppo notabili cambiamenti di forma; i suoi margini si conservano permanentemente aderenti al gambo. Giunto il fango a maturanza perfetta, emette a getti istantanei da tutta la superficie superiore o fruttifera del cappello una finissima ed ab- bondante polvere seminale di color ocraceo languido. Dopo que- st’epoca la carne tanto del cappello che del gambo divien mol- le, flaccida, puzzolente, e tutto il fungo infine si discioglie e cade. L’elvella esculenta non ha alcun nome italiano ; volgarmente chiamasi Spongigneura falsa. In Germania vien detta Stockmor- chel, Stumpmorchel, falsche Morchel, ec. L'elvella esculenta è terrestre (1), e cresce ora solitaria, ora in famiglie sui margini delle strade e dei campi, lungo le costiere, nei boschi, ec. Trovasi nelle vicinanze di Milano lungo i bo- (1) Il sig. Larber dice al contrario che questo fungo cresce sopra i tronchi degli alberi (!) in primavera ed in autunno. V.' Saggio , l. c., pag. 294, n.° 20. 249 schetti specialmente che fiancheggiano il Lambro; nei boschi di Carbonara nella Lumellina; ed ai lati del Ticino nei boschi di S. Sofia, Torre d’Isola, S. Varese, ec., presso Pavia (1). Vegeta in aprile ed in maggio, al tempo cioè delle vere Spugniole, ma non è però così comune come queste. USI E QUALITA SENSIBILI. L’elvella esculenta si presta agli stessi usi delle Spugniole. Essa infatti viene raccolta dai nostri villici unitamente a que- ste, e vedesi non di rado esposta in vendita sulle pubbliche piazze. Questa elvella è pure usata in Germania, in Lusazia, ad Hartz in Baviera ed in altri siti, come rilevasi dalle opere del Trattinnick, degli Albertini e Schweinitz (2), dello Schaeffer , del Persoon, ec. L’odore nel fungo fresco è quasi nullo: la sua carne cruda è 5 3 piuttosto insipida, cotta invece è di grato sapore, non però tale da paragonarsi a quello delle vere Spugniole. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSA. L'elvella Infula dello Schaeffer è la sola specie di questo ge- nere che ha molta somiglianza col fungo in discorso. Questa nondimeno cresce solamente d’autunno sulla terra o sui tronchi cariosi , e si distingue dall’ elvella esculenta pel suo cappello più sottile, meno irregolare, rigonfio ed a lobi molto più mani- festi, superiormente liscio o vescicoloso-tubercoloso ; pel gambo pieno in gioventù, poscia cavo, ec. Il fungo però che viene dalla maggior parte de’ nostri villici colla presente specie - con- fuso, crescendo esso nelle stesse località, e nella stessa stagione, si è la verpa speciosa della quale ho più sopra favellato. To stesso la prima volta che rinvenni questa verpa esitai alquanto nello (1) Anche questa specie non venne registrata nella Flora Pavese, nè nella Storia dei funghi di questa provincia, compilata dal dott. Bergamaschi. (2) Frequens venum fertur fungus edulis ; gemeine Morchel. , Stumpmorchel., Consp., pag. 300. 250 sceverarla. Ma la somiglianza non è che apparente. L’elvella escu- lenta ha il cappello diviso costantemente in lobi più o meno manifesti, e saldati in var) punti colla superficie del gambo; que- sto ordinariamente corto, liscio ed ineguale esternamente, cavo e perfettamente vuoto nell’interno. La verpa speciosa all’incontro ha il cappello costantemente intiero, cioè senza lobi, ed affatto libero dal gambo; questo piuttosto lungo e regolare, fioccoso- squamuloso esternamente, cavo nell’interno e zeppo di sostanza molle e come cotonosa. Anche la forma delle spore, o sia dei granellini che costituiscono il polviscolo seminale, presenta una differenza di caratteri molto significante. ICONOLOGIA. La miglior figura che io conosca dell’elvella esculenta, si è quella delineata nella tavola 300, fig. 2 dell’opera dello Schaef- fer. Essa però non venne da alcun micologo avvertita. Le figure dello Schaeffer, delineate nelle tavole 160 e 161, e riferite dal Persoon (v. Comm., pag. 64) all’elvella in discorso, apparten- gono probabilmente all’elvella Infula dello stesso autore. Il tempo ed il luogo della nascita, la forma, il colore, ec., perfettamente con essa combinano; nè credo d’ingannarmi gran fatto rappor- tando alla stessa specie le figure disegnate nella tavola 4.* dei Funghi commestibili del Persoon istesso. La figura della tavola CC del Trattinnick, sebbene appartenente in realtà a questa spe- cie, non è del tutto commendevole ; migliori sono le figure della tavola 6 del Menzelio. SINONIMIA. Questo fungo indicato dal Menzel, dal VVeinmann, dal Gle- ditsch, ec., ed accomunato poscia dallo Schaeffer colla spu- gniola comune, come varietà, col titolo di Phullus esculentus capitulo deformi, elvelaeformi , venne egregiamente descritto dal Trattinnick, dagli Albertini e Schweinitz, dal Fries e da alcuni altri micologi sotto il nome Persooniano di helvella esculenta. Pare per altro che l’helvella esculenta del Persoon, basata proba- bilmente sulle sole figure dell’elvella mitra dello Schaeffer ( v. Comm., pag. 64, Syn., pag. 618), appartenga ad altra specie. AGARICUS VIRGINEUS Wucr. % Niveus. Pileus tenuis, humidus, subexcavatus, marginibus pelluci- dis, membranaceis. Lamellae distantes!, arcuato-decurrentes, ve- noso-connexae. Stipes inaequalis , deorsum aequaliter attenuatus , subfistulosus. Fungus esculentus , albus, pileolo plano , viscidus, lamellis crispis? Mich., pag. jo. nh 3. Agaricus virgineus. Wulf. in Jacq. coll. 2, pag. 104, tab. 15, fig. 1. — Sowerby, tab. 32 (fig. optimae ). — Persoon, Syn. pag. 456, Myc. eur. 3, pag. 100, Champ. com., pag. 211. — Decandolle, Fr. 2, pag. 168. — Fries, Syst. 1, pag. 100. Agaricus niveus. Scopoli, Carn. 2, pag. 430: — Schaeffer, tab. 232. Agaricus ericeus. Bulliard, tab. 188, et Agaricus ericetosum. Ejusd., tab. 551, fig. 1. Agarico eburneo summopere affinis, ast egregie distincius. Pileus initio convexo-umbonatus marginibus subinflexis; hinc late coni- cus, circa discum substriatus, demum plano-depressus, nunc umbi- licatus, nunc umbonatus, marginibus saepe reflexis ac subsiriatis. Ejus superficies, Jove pluvio, humida, pellucida; tempestate sere- na, sicca, opaca, hinc inde rimosa. Lamellae admodum distantes, tenues , utrinque acutae, vel postice obtusae ac veluti truncatae, initio arcuatim vel sub angulo circa medium flexae, venulis inter- dum prominulis, atque singulari modo, ut in merulis, ad invicem implexis, perbelle vestitis. Lamellulae potius numerosae (1-5 et ultra), breviores vere lanceolatae. Stipes subsericeo-nitidus, subfle- xuosus, longitudine varius, initio farcius, demum e fibris contrac- tione et laceratione subcavus, apice interdum, ex hymemi frustulis, subquamulosus. Caro candida fibrosa, fissilis, rigida, subexsucca, in stipitis centro molliuscula subevanida. Odor quasi boleti edulis, sapor gratissimus. Totus fungus tempestate humida pellucidus , sicca vero opacus. Epidermis, tenuissima, pellucida, facile detrahi- tur. Gregarius vel subsolitarius, locis sylvarum magis apertis, in ericetis, etc. , frequens, autumno praesertim seriori. Esculertus. 252 AGARICO VIRGINEO per Wutren. Appartiene alla sezione Clitocybe ed alla suddivisione Cama- rophylli del Fries. DESCRIZIONE. L’agarico virgineo varia notabilmente nelle forme e nelle di- mensioni a norma del luogo della nascita, dell’esposizione e delle condizioni atmosferiche. Il suo cappello, perfettamente sviluppato ( Tav. XXXII, fig. II, H, I), è ora piano, ora leggermente cavo, col centro ombilicato o prominente, e coi margini sottili, mem- branacei, pellucidi ed ordinariamente striati. La sua superficie è liscia, più o meno ineguale e solcata per l'impronta delle sottopo- ste lamelle, e l’epidermide che la ricopre sottile, trasparente fa- cilmente sollevabile, candida o leggermente pagliarina. Le sue lamelle sono bianche, poco numerose (anche negli individui me- glio sviluppati se ne contano talvolta meno di 20), distanti, sot- tili, trascorrenti inegualmente sul gambo, e di forma variabile a norma del maggiore o minor trascorrimento delle stesse. Le la- mellette sono piuttosto numerose (1-8), anch’esse distanti, e costantemente conformate a lancetta. Tanto le lamelle che le lamellette sono congiunte superiormente col mezzo di pieghe o venature più o meno prominenti, le quali trascorrono non di rado sulla superficie istessa delle lamelle, diramandosi ed anasto- mosandosi, siccome avviene nei merulj , alla foggia d’una rete ( fig. IL, H, e). Il suo gambo, di lunghezza variabile, è nudo, o sia sfornito dell’anello, bianco, nitido, ineguale, non di rado fles- suoso , assottigliato gradatamente verso la base, e più o meno cavo nel centro. La carne del cappello è scarsa, molle, asciutta , semitrasparente nei tempi umidi, opaca nei tempi asciutti; quella del gambo è soda, fibrosa e fragile esternamente, molliccia ed evanescente nel centro. Sì l'una che l’altra candida, immutabile. SVILUPPO. L’agarico virgineo, veduto nei primordj del suo sviluppo (fig. 253 II, G, f), rassomiglia perfettamente al Meleo. Il suo cappello è in origine tondeggiante, e tiene i margini stretti sul gambo e leggermente piegati contro le lamelle. Diviene in seguito coni- co, indi piano-convesso, cavo, ec. Le lamelle sono in origine ar- cuate, e piegate in alcuni individui ad angolo verso il loro mezzo (fig. II, F); si spiegano in seguito allo svolgersi del cappello , sinnalzano, e rovesciandosi talora in una direzione affatto op- posta alla prima, fan prendere al cappello istesso la figura d’una pera o d’un cono inverso (fig. II, I)) Il gambo è in gioventù ‘ pieno, fibroso, compatto; col progredire dell’età la sostanza cen- trale dello stesso divien molle, floscia, stopposa, e si dissipa in- fine lasciando il gambo quasi interamente vuoto. Le lamel- le, pervenuto il fungo a maturanza, emettono in abbondanza un polviscolo seminale di color bianco. Dopo quest'epoca i margini del cappello si ripiegano leggermente sul disco, la sua carne s'ammollisce, e tutto il fungo infine si discioglie. Talora, durante lo: sviluppo del fungo, la superficie del cappello si fende in varj punti (fig. II, H, I) dando origine ad irregolari areole o tasselli, come nell’Olmario. L’agarico virgineo cresce solitario, e più spesso riunito in fa- miglie, nei luoghi non molto coperti e piuttosto umidi dei bo- schi, nelle brughiere, tra i muschi, ec. Esso è comunissimo in queste nostre provincie , e cresce ordinariamente in autunno avanzato. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico virgineo, sebbene di piccolo volume, può nondime- no, ‘attesa la. sua abbondanza, essere con vantaggio raccolto, co- me si è detto dell’Oreade, ed agli usi della tavola destinato. Esso infatti si mangia in Inghilterra, e specialmente in Fran- cia ove, al dire del Decandolle e del Daltard, chiamasi petit Oreillette o Mousseron. La carne di questo piccolo agarico, masticata cruda, è tenera e di sapore gratissimo ; il suo odore: è ‘particolare fungino, e savvicina molto a quello del Porcino. Il miglior modo di cucinarlo si è nel tegame. Avvertasi però ‘33 25 i di cetegituio per uso della tavola, soltanto. gl’individui giovinetti e di color candido forniti; giacchè gli individui molto avan- zati in età, oltre all'essere o troppo coriacei o di soverchio rammolliti, nutrono non di rado una specie di muffa di co- lor pallido-ombrino, che introdotta nello stomaco unitamente a quelli, potrebbe talora cagionare non lieve incomodo. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Il fungo che rassomiglia più d’ogn’altro alla specie di cui favello, e che potrebbe facilmente confondersi con essa, si è l’a- garicus eburneus di Bulliard (v. Paul., tav. 112, fig. 3 e 5). Si noti però che l’agaricus edurneus, solitamente più ampio e carnoso, ha il cappello ed il gambo costantemente coperti d’una densa mucilaggine che li rende estremamente vischiosi e sfugge- voli; le lamelle più grosse, e non sensibilmente percorse o con- giunte da venature; il gambo ordinariamente pieno, molto. al- lungato, e sempre più o meno squamoso all’apice; e la carne infine molle, vischiosa, d’odor forte viroso, e di sapor nauseante fornita. V'ha, al dire del Fries (v. Obs. myc. 2, pag. 116, Syst., l. c.), una varietà (ericosus ) dell’agaricus pratensis del Persoon (ag. ficoides Bull.), talmente simile alla specie in discorso, da illudere anche’ il più esperto micologo. Questa varietà o non esiste fra noi, o venne forse da me scambiata coll’istesso Virgi- neo. Comunque però sia la cosa, egli è certo che questo scam- bio non produrrebbe alcuna sinistra conseguenza, essendo lo stesso agarico pratense (v. Pers. Champ. com., pag. 212) egual- mente mangereccio. Aggiugnerò .soltanto che l’agaricus ericeto- run del Bulliard (tav. 551, fig. 1), riferito dal Fries alla sud- detta varietà, spetta indubitatamente all’agarico di cui favello. ICONOLOGIA. Le migliori figure che noi possediamo di questa "specie sono quelle delineate nell’opera del Sowerby, e nella Cryptogamia scotica del Greville. Le figure del Bulliard (tavola 188 e 551, tate i 255 fig. 1), e quelle dello Schaeffer (tavola 232), sebbene meno eleganti: delle sopraccennate, sono però abbastanza esatte; SINONIMIA. Questo agarico , indicato forse dal Micheli sotto il nome di Fungo Mugnajo, venne descritto dal Wulfen (v. Miscell. austr. pag. 104), dal Sowerby, dal Persoon, dal DC., dal Fries, dal Greville, ec., sotto il nome d’agaricus virgineus. Scopoli , e Schaeffer lo chiamarono agaricus niveus; e Bulliard agaricus eri- ceus ed ericetorum. L'agaricus virgineus del Batsch è, secondo Fries,, lo stesso . agaricus eburneus di Bulliard. ‘ SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXII. Fig. I HELVELLA ESCULENTA Pers. A Individuo svolto da poco tempo dal terreno, verticalmente spaccato. B Individuo perfettamente sviluppato. C Altro individuo sviluppatissimo, verticalmente i a ‘unione dell’estremità d’un lobo del cappello colla superficie del gambo; 3 luogo in cui le pareti del gambo, riflettendosi al- l'esterno, si uniscono al ricettacolo del fungo, costituendone tutta la facciata inferiore o sterile. i D Parti della fruttificazione; c due teche, ad otto spore, ve- dute con una semplice lente; d tre spore separate vedute col microscopio. Fig. II AGARICUS VIRGINEUS Wutr. E Individuo piccolino verticalmente spaccato. F Individuo alquanto più sviluppato del precedente, anch'esso verticalmente spaccato. G Individuo vicino al suo perfetto sviluppo; f due piccoli individui saldati alla base del suo gambo. 256 H Individuo perfettamente sviluppato, ilbeticalinente spaccato; e distribuzione particolare delle venature. che uniscono supe- riormente le lamelle tra loro. I Individuo, ad ‘un maggior grado di MA del prece- dente , il cui cappello offre la forma di un cono ‘o d’una pera rovesciata. È K Porzione del cappello d’un indifidne maturo , disegnato ad oggetto di far vedere la disposizione delle lamelle e delle lamellette. e 257 LYCOPERDON PLUMBEUM Nos. «Sessile. Peridium tenax , papyraceum, flexile, plumbeo-griseum , . ‘ . . . È . apice lacero-dehiscens; extus membrana tenuissima , discreta tu- nicatum. Sporidia fusco-purpurea, pedicellata. Basis sterilis nulla. Lycoperdon sphaericum, cortice primario“in furfuraceas portiunculas abeunte. Mich. Gen., pag. 218, tab, 97, fig. 6 (ubi tria individua). Lycoperdon cepaeforme. Bull. , tab. 405, fig. 2, lin. superior, eximie! (status junior), Lycoperdon ardosiaceum. Ejusd., tab. 192, fig. tres ARES liberae (status exoletus ex descript.). Bovista plumbea. Pers., Syn., pag. 137 ; tab. 3, fig. 4 (cum icone Mich. omnino convenit). — Fries, Syst. 3, pag. 25. Bovista furfuracea. Pers., Syn., pag. 138. Bovista tunicata ? Fries, Syst. 3, pag. 25. Globosum, vel basi tantillum depressum, ac interdum leviter plicatum, radice tenui, filiformi , subramosa , prolifera instructus. Peridium jam ab iniîtio tenax, niveum, hinc luteo-viridescens, de- mum plumbeum aut plumbeo-griseum, inferne obscurius , laeviga- tum, ore minuto dehiscens. Cortex exterior candidus, laevis vel obscure rimoso-tesselatus, aut totus in furfuraceas portiunculas se- cedens, vel exaridus persistens ac stratum ceraceum obducens. Stra- tum hoc, initio albidum, crassiusculum , fragile , sub morphosi a peridio, deliquescendo, secedit, ac in speciem membranae tenerri- mae, fungum ex integro cingens et ab co facile solubilis, conver- titur. Haec membrana coloris extus albido-fuscescentis, intus plum- bei, aetate demum disperditur et nonnisi ad peridii basim, sub disci terrosi forma, diu persistit. Caro primitus alba (nunquam! rubescens ), compacta, odoris omnino polyanthis tuberosae , . sapo- ris gratissimi, hinc mollis, aquosa, luteo-vîirescens, demum in spo- ridia olivaceo-fuliginea!, mox vero fusco-purpurea! abiens. Capil- litium molliusculum haud compactum, fusco-purpureum, ubique aequale, absque basi sterili. In ericetis et pratis sterilibus siccioribus, ad latera viarunì, etc. communissimum.: Vere, aestate et autumno. Esculentum! £ Suberosum: peridium crassissimum, in exoletis-durum, sub- 258 lignosum; fragile. In sylvis sterilibus, aridissimis prope Torre 'I- sola circa Papiam, frequens. Obs. Bovista suberosa, Friesii, 1. c., pag. 26, probabiliter est ° Elaphomycelis species. | LICOPERDO PIOMBINO. Appartiene alla sezione Bovistg. | DESCRIZIONE. Il licoperdo piombino , all’epoca dell’emissione della polvere seminale ( Tav. XXXIII, fig. 1, C), ha la forma di una piccola vescica, del volume ordinariamente d’una grossa nocciuola, per- fettamente sferica o leggermente depressa e pieghettata alla base, ‘ ove è munita di una sottile radicetta filiforme, semplice o ramo- sa, che la connette al terreno. Le pareti di questa vescichetta (ivi, 2), che i botanici chiamano peridio, sono sottili, pieghe- voli, tenacissime, esternamente levigate, e di color grigio di piombo , internamente cappellute, o -sia coperte d’una ‘finissima lanuggine (capillitium) di color fosco porporino, che tutta ne riempie la cavità, e nella quale sta innicchiata la polvere semi- nale costituita da un numero prodigioso di granellini muniti alla base di una lunga appendice codiforme (fig. I, C, 4). Tutta la ve- scichetta od il peridio è esternamente involto da una sottile ed arida membranella (ivi, g), ora liscia, ora squamulosa, e di co- lor bianco-fuligginoso all’esterno, levigata e del colore del peridio nell’interno. Questa membrana non aderisce che alla base del peridio , ove scorgesi esternamente una specie di disco terroso (fig. I, A, @), attraversato dalla radicetta, proveniente dall’ade- sione di quest'istessa membrana col terreno sottoposto, e che si può quasi per intiero levare senza gran fatto lacerarla. SVILUPPO. Un candido granellino (fig. I, B, f) tenuto leggermente al suolo mediante una sottile radicetta, presenta i rudimenti di que- 259 sto fungo. Il quale, osservato ad un certo grado di sviluppo, of- fre internamente una massa carnosa compatta, nivea, omegenea (ivi, 2), limitata circolarmente da un grosso strato corticale pur esso di color bianco (ivi, c). Questo strato, esaminato at- tentanìente, vedesi composto di tre membrane distinte: la pri- ma, o sia la più esterna, sottile, liscia o leggermente areolata verso la sommità (ivi, d); la seconda, o sia la media, grossa, carnosa, subcartilaginea, fragile (ivi, c); la terza, cioè quella che costituisce propriamente l’invoglio delle parti della fruttifi- cazione, o sia il peridio del fungo, sottile anch'essa come l’e- sterna, ma tenace, pieghevole, persistente (ivi, e). Avvicinandosi il fango a maturanza, la sua polpa divien molle, acquosa, prende una tinta giallo-verdastra, indi verde-oliva, ec., e tutta si ri- solve alla fine in una specie di fitta lanuggine olivaceo-fuligginosa, poscia fosco-porporina involvente una abbondantissima e finissi- ma polvere dello stesso colore. Durante questo cambiamento della sostanza interna, anche la parte corticale subisce notabili modificazioni. La membrana interna, separata per l’ammollimento del fungo dalla media e dall’esterna, passa dal color bianco al giallo, al bigio , al piombino, e si converte finalmente nel vero peridio; la media invece, rammollita in una specie di poltiglia e ridotta per ultimo in sottile ed arida membrana, involge a guisa di camicia il peridio (fig. I, C, g); e l'esterna, sciolta in briccioli o squamette si disperde, oppure, ciò che accade più di frequente, rimane adesa alla media. Giunto finalmente il fungo a maturanza , il peridio s’apre superiormente, unitamente alla membrana che lo involge, in un piccolo foro lacero-irregolare (ivi, 7), pel quale n’esce la polvere seminale sotto forma di un denso fumo. Dopo quest'epoca, la membrana che involge il peridio si disperde, ed il fungo, staccato anche dal suolo ed agitato dal vento, si conserva per lungo tempo sotto la forma d'una grossa palla da fucile (v. le figure isolate della tavola 192 del Bulliard ). Avvi un’insigne varietà di questa specie, distinta, specialmente in età provetta, pel suo peridio grosso, duro, arido, fragile, di color bianco-cinereo, e per lo più indeiscente. Il licoperdo piombino chiamasi dai Toscani col nome gene- 260 rico di Yescia; volgar. Pettino , Pett de loff, Loffa, nome che si dà in generale a tytti i licoperdì. Cresce questo fungo ora solitario ora gregario nei campi ari- di, sterilissimi od incolti, nelle brughiere, ai margini delle stra- de, ec. È desso uno dei licoperdì più comunali, e dopo le calde pioggie d'estate e d'autunno, si veggono talora centinaja d’indi- vidui coprire limitati spaz] di terreno, come se vi fossero ad arte seminati. Vhanno alcuni individui i quali portano attaccati alle loro lunghe e finissime radici, stese orizzontalmente sotto terra, de’ piccoli funghetti (fig. I, B, /), i quali. continuano a succe- dersi per lungo tempo gli uni agli altri, come avviene di alcune piante fenerogame a radice tuberifera.. Vegeta di primavera, d’e- state e d’autunno. USI E QUALITA SENSIBILI. Il licoperdo piombino è uno dei funghi mangiativi più de- licati. che si conoscano. Il suo uso è pressochè generale. Egli è d’uopo però coglierlo giovinetto, cioè quando la sua carne è an- cora bianca e compatta, e mangiarlo il più presto possibile, chè, tolto dal terreno, trascorre rapidamente i varj periodi della vita, e subisce in poco tempo l’intera sua metamorfosi. L’incomin- ciare di questa è contrassegnato dalla mollezza generale del fun- go, e dal colore giallognolo che assume il suo parenchima: in questo stato, esso non è più commestibile e deve assoluta- mente gettarsi. Questo licoperdo giovinetto ha un odore fortissimo, aromati- co; analogo a quello che tramandano i fiori della polyanthes tu- derosa ; la sua carne masticata cruda ha un sapore mite gra— tissimo (1). Non altrimenti del .tartufo e delle spugnole questa specie di fungo fornisce un cibo eccessivamente riscaldante ; è da usarsi perciò con somma moderazione. (1) Ben diverso è il sapore del Zycoperdon ardosiaceum del Bulliard ,, che Decan- dolle e Persoon hanno creduto di accomunare colla specie in discorso. Si on mache cette vesse-loup, dice Bulliard alla tav. 192, méme quand elle est jeune , elle a un got de pourri assez désagréable. 261 SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Tutti i licoperdi privi del gambo e forniti di corteccia liscia e bianca possono, nei primordj della loro vegetazione, venire scam- biati col licoperdo piombino. La specie però che più d’ogni al- tra gli rassomiglia, perchè soggetta alle medesime trasformazio- ni, e che potrebbe facilmente venire con esso confusa a qual- sivoglia grado di sviluppo, si è la dovista nzgrescens del Persoon, fungo piuttosto raro fra noi, ma comune d’assai nei luoghi di montagna ('). Distinguesi questa dal licoperdo piombino pel suo maggior volume, per la sua forma ordinariamente ovale o tra- sversalmente allungata, e pel peridio più grosso e consistente, di color fosco-ombrino, levigato e splendente. Del resto questo fungo è dotato delle stesse proprietà del Piombino; viene con esso lui indistintamente raccolto , ed agli stessi usi destinato. ICONOLOGIA. Pochissime sono le figure che noi possediamo di questo fun- go. Le migliori tra queste sono quelle disegnate nella linea su- periore, figura seconda , della tavola 435 del Bulliard, rappre- sentanti lo stato giovanile della specie. Il volume ordinario del fungo, il successivo sviluppo, il modo di riprodursi per gemme, la forma e la natura istessa del peridio vi sono egregiamente espressi. Commendevoli sono pure le due figure poste al piede ed a sinistra della tavola 97 del Micheli, e la figura 4 della ta- vola 3 della Syropsis del Persoon, risguardanti l'età adulta. An- che l’età decrepita di quest'istesso licoperdo venne discretamen- (1) È questa probabilmente la specie che il signor Larber credette di comprendere nella già citata lettera ( Degli avvelenamenti intervenuti per opera de’ funghi, ec. Pado- va, 1831) sotto il titolo di scleroderma cervinum, fungo, come egli dice, mangiareccio non solo, ma pure d’una singolare squisitezza, sentendo assai del tartufo; per cui gli industriosi tirolesi diseccato eziandio lo tengono in serbo. Gli esemplari però da me osservati presso il prof. Moretti, al quale aveali lo stesso autore trasmessi, non ap- partenevano nè al genere dovista, nè al genere lycoperdon, nè al genere scleroderma. Erano dessi alcuni individui diseccati del tuber virens degli Albertini e Schweiniz ( Rhizopogon virens Fr.), fungo presso noî comunissimo, ma ben altro che mangiativo (inodorum ceterum et insipidum (!) Alb. et Schw., pag. 77). 34 6a te rappresentata dal Bulliard nelle tre figure isolate della tavola 192. Le altre figure di questa tavola, riferite dallo stesso Bul- liard (pag. 146) al suo lycoperdon epidendrum, spettano al ge- nere lycogala (v. lycog. epidendrum e plumbeum Fr., Syst. 3, pag. 80-2 ). Non v'ha infatti specie di licoperdo o di bovista attual- mente descritta, la quale nel suo primo sviluppo presenti il pe- ridio di color piombino oscuro e la carne rossastra, come viene ficurata e descritta dal Bulliard (1) La figura del Larber (I. c.) venne grossolanamente copiata dall’ opera del Micheli. SINONIMIA. Questo fungo, indicato già dal Micheli nella frase lycoperdon sphaericum cortice primario in furfuraceas portiunculas abeunte , venne dal Bulliard descritto, nel suo primo sviluppo, unitamente ad altra specie, sotto il nome di /ycoperdon proteus cepaeforme ; e poscia in età provetta, come chiaramente rilevasi dal testo (2), sotto quello di lycoperdon ardosiaceum. Persoon nelle sue Os- servazioni micologiche e nella Syz20psis, sceverandolo dal genere lycoperdon, lo chiamò dovista plumbea, e sotto questa denomi- nazione venne in seguito da pressochè tutti i micologi descritto. Appartengono pure a questa specie la dovista furfuracea e caesia del Persoon, e, se non m'inganno, anche la dopista tunicata del Fries. (1) Za vesse-loup ardoisée est toujours d'un noir plombè . . . Sa chair d'abord fer- me et rouge devient d’un brun foncé, etc. Bull., pag. 146. (2) Long-temps après la dispersion de ses semences, son péricarpe persiste encore dans son entier ; ce péricarpe est mince, coriace comme du parchemin, il craque méme entre les doigts lorsquon le presse. On peut le plier et le replier mille fois sans le rompre, Ball., pag. 146. À Nè 263 LYCOPERDON BOVISTA Linn. Sessile, basi sterili instructum. Peridium tenue, fragillimum , fu- sco-purpureum, superne arcolatim evanescens; cortex tenuis, sub- discretus. Sporidia sessilia , fusco-purpurea ! (?) Bovista maxima. Dillen, Cat. Giss., pag. 176. Lycoperdon maximum. Schaeff, tab. 19r. Lycoperdon Bovista. Linn. — Bull., Champ., pag. 154, tab. 447. — Fries, Syst. 3, pag. 29. Lycoperdon giganteum. Batsch., tab. 165. — Pers., Syn., pag. 140. — DC., FI. fi. 2, pag. 264. — Chevallier , Fl. par., pag. 352. — Cordier, Guide, pag. 228. Lycoperdon Proteus. Sow., tab. 332, fig. superior. Bovista gigantea. Nees. Magnitudo ab ovi gallinacei ad capitis humani et ultra variat. Uterus nunc globosus, depressus, nunc late obconicus, acqualis vel transversim clongatus ac basi plus minusve plicatus. Peridium in statu juniori albidum tenerrimum, hinc luteum, brunneum, gri- seo-plumbeum, etc., inferne, e cortice magis adnato, cupulari-per- sistens. Cortex exterior laevis aut floccoso-mollis, albus, cinereus, rufescens , flavescens , etc. , superne, juxta actatem, in areolas plus minus manifestas utplurimum divisus; demum fuscus, exaridus , tenuis ac frustulatim evanescens. Stratum ceraceum crassissimum, basim versus aequaliter attenuatum , initio albidum, compacitum, fragile, hinc luteo-molle, pultaceum, subfluxile, demum cum cor- tice deciduum. Caro initio candida, in individuis precipue luxurian- tibus, dura, compacta, odoris et saporis grati, hinc aquoso-mollis, fluxilis fere , lutea, luteo-viridis, fuliginea , demum fusco-purpu- rea! Capillitium rarum, laxum, una cum sporidiis, solo afflatu secedens. Basis sterilis floccosa, subcompacta , persistens , juxta uteri formam nunc minus nunc magis manifesta, interdum etiam subnulla. In locis sterilibus ad latera viarum, camporum versuras, etiam in hortis hinc inde frequens , aestate , autumno. Esculentus ! È) 264 LICOPERDO BOVISTA pi Linneo. Il licoperdo Bovista, perfettamente sviluppato, o sia all’epoca dell'emissione della polvere seminale (Tav. XXXIII, fig. II, G), si presenta solitamente sotto la forma di una palla o d’ un cono rovesciato più o meno irregolare, pieghettato non di rado verso la base, e tenuto debolmente al suolo mediante un pro- lungamento di sostanza molle cotonosa, che gli serve come di radice. Il suo volume ordinario è quello di un uovo di gallina o d’una grossa pera. Trovansi però talora alcuni individui d’una grossezza sorprendente, e del peso persino di 20 e più libbre. Il peridio, o sia la membrana che racchiude immediatamente gli organi della fruttificazione (ivi, g), è in questa specie sot- tilissimo, arido, friabile, di color fosco porporino e coperto, co- me nella già descritta, di una tenue ed arida membrana (ivi, p), di color bruno-fosco vergente anch'essa al porporino, libera e fugace superiormente, aderente invece e più o meno persi- stente verso la base. L’interno del peridio è zeppo d’una ab- bondantissima e finissima ‘polvere seminale, costituita da un nu- mero strabocchevole di granellini perfettamente sferici, e senza appendice di sorta (ivi s), intersecati da scarsi fiocchi di peli, flosci e facilmente separabili, provenienti dalle pareti interne dello stesso peridio. In corrispondenza però della base del fungo, osservasi uno strato più o meno denso di sostanza molle, fioccosa, ela- stica, affatto sterile, o sia privo della polvere sopraccennata (fig. II, F, o), il quale serve come di gambo o sostegno a tutta la pianta. SVILUPPO. Questa specie di licoperdo non differisce gran fatto nel suo sviluppo dalla precedente. Essa si presenta in origine sotto la forma di una massa carnosa più o meno considerabile, can- dida, compatta, omogenea (fig. II, F, m), circoscritta da un grosso strato corticale (ivi, 7), formato esso pure di tre membrane distinte. Di queste la superiore, o sia l'esterna, è bianca, vergente, a norma degli individui, al cinereo, al giallo, 265 al grigio-rossastro , al bruno, liscia o leggermente tomentosa, e divisa non di rado superiormente in tante areole od isolette ( fig. II, E,2); la media è soda, carnosa, fragile come la cera, d’uno spessore considerabile verso il disco (fig. II, F, n), gradatamente assottigliata verso la base e di color bianco innacquato; l’interna poi è sottile, candida, tenera, appena distinta dalla polpa cen- trale e non separabile che a brani dalle membrane sopraccen- nate (fig. II, G, g). In progresso d’età la sua carne diviene molle, poltacea, e passando per gradi, come nella descritta specie, dal color bianco al giallognolo, al verdastro , al bruno, ec., si cambia in fine nella massa fioccoso-polverosa di color fo- sco-porporino sopra indicata. Durante questo processo, geme da tutta la superficie del fungo un abbondante umor acqueo , il quale rammollendo i diversi strati della corteccia, lascia traspa- rire dalle rime superficiali della stessa il progressivo cambiamen- to di colore della rinchiusa polpa. Sciogliendosi infine lo strato medio della corteccia, la membrana esterna di questa si stacca a brani dall’interna, o sia dal vero peridio, lasciando a nudo tutta la superficie dello stesso, ad eccezione della base, nel qual luogo non avvenendo alcun interno cambiamento a motivo dello strato sterile basilare ivi esistente , essa rimane ordinaria— mente adesa. Il peridio, soggetto in origine agli stessi cambia- menti di colore della carne, appena spogliato della suddetta membrana presenta un color grigiastro o piombino fosco, .il quale passa ben tosto al color fosco porporino dell'intera mas- sa. Pervenuto di tal maniera il fango a maturanza perfetta, il peridio si divide superiormente in varj pezzi od areole (fig. II, G, r), e si disperde infine unitamente alla massa fioccoso-pol- verosa che contiene, nient’ altro rimanendo del fungo fuorchè lo strato sterile, circondato superiormente dai bordi frangiato- laceri dello stesso peridio, figurato alla maniera di una coppa o d’un cono rovesciato. Il licoperdo Bovista chiamasi dai Toscani /'escia maggiore buona da friggere. Volg. Pettino, Petto di lupo, ec. I Francesi lo appellano /'esse-loup des Bouviers (Bulliard), Yesse-de-loup ci- ‘trouille (Paul.). Cresce questo fungo ‘per lo più solitario nei luoghi aperti, aridi pronta, 266 ed incolti, lungo i margini delle strade e dei campi, nei vigneti e talor anche ne’ giardini. Esso è piuttosto comune nei contorni di Pavia, specialmente lungo il naviglio ed il Ticino, e trovasi pure, sebbene in minor copia, nelle vicinanze di Milano e di Como. Vegeta nella primavera, nell’estate, e specialmente nel- Fautunno, riproducendosi quasi costantemente nelle stesse località. USI E QUALITA’ SENSIBILI. Il licoperdo Bovista gode delle stesse proprietà del Piombino, e viene perciò agli stessi usi della tavola destinato. La sua carne candida, compatta e di un volume bene spesso considerabile, si presta facilmente a tutte le speculazioni del cuoco, e può for- nire in pari tempo, e secondo il bisogno un grato ed abbon- dante alimento. Esso riesce oltremodo delicato friggendolo nel burro. I Toscani, che al tempo del Micheli facevano un uso grandissimo di quasi tutte le specie di questo genere, presce- glievano appunto per quelle di maggior volume una simile pre- parazione; per ciò venivan dette comunemente Z’escie Buone da friggere. Nella scelta di questo licoperdo si useranno le stesse cautele indicate per la precedente specie. In generale la carne del Bovista non si altera così presto come quella del Piombino e degli altri licoperdi, essendo dessa in origine più compatta, e dovendo il’ordinario impiegare uno spazio di tempo piuttosto lungo per giugnere al punto di sua metamorfosi: si potrà però in ogni caso ritardarne lo scioglimento tenendo il fungo sul ghiac- cio, come si pratica coi tartufi. Qualora poi questo licoperdo fosse d’un volume considerabile, e si avesse in un luogo appar- tato e sicuro, sarebbe sempre meglio staccarlo parzialmente dal proprio tallo, come ho detto potersi praticare anche col Ric- cione; chè di tal maniera si avrebbe sempre fresco, e si evite- rebbe il pericolo di vederlo in poco tempo, levandolo intera- mente dal suolo, alterato e disciolto. Tutta la massa fioccoso-polverosa di questo fungo maturo, se opportunamente diseccata e conservata in vasi chiusi, può essere utilmente impiegata per fermare le emorragie non molto impo- nenti, e quelle in ispecie prodotte dal morso delle sanguisughe. 267 È questa infatti la vera Bovista officinalis degli antichi, decan- tata come specifico in sì fatte affezioni. Alcuni popoli si servono di questa stessa polvere, mista col latte, per guarire la diarrea dei buoi (v. Loesel., Fl. pr.). La base sterile infine, o sia il tessuto fioccoso-molle che oc- cupa la parte inferiore del peridio, può servire, come la sostanza del polyporus fomentarius , alla preparazione dell’esca. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Il licoperdo Bovista può essere facilmente confuso, nel suo primo sviluppo, col licoperdo piombino, e specialmente colla d0- vista nigrescens del Persoon, della quale esso offre non di rado e la forma ed il volume. Si noti però, a comune discernimen- to, che il peridio del licoperdo piombino e della Zopista rigre- scens è tenacissimo , e si può agevolmente staccare, senza lace- rarlo, dagli strati superiori della corteccia; laddove quello del licoperdo Bovista è tenero, fragilissimo, e per nessun modo stac- cabile, senza lacerazione, dagli strati suddetti. Quest’istesso ca- rattere serve anche a farcelo differenziare quando è in età adulta. Il peridio del Bovista si scioglie e si disperde quasi per intiero, unitamente alla polvere ed alla lanuggine che rinserra poco dopo la sua trasformazione; mentre il peridio del licoperdo piombino e della bopista nigrescens si conserva intatto per mesi ed anni. ICONOLOGIA. Le migliori figure che io conosco di questo fungo sono quelle disegnate nella tavola 447 del Bulliard. Commendevoli sono pure le figure della tavola 191 dello Schaeffer, e la figura de- ‘lineata nella parte superiore della tavola 332 del Sowerby. In niuna però di queste figure si osserva il color fosco-porporino del peridio e della massa seminifera ivi racchiusa. SINONIMIA. Questo fungo, non ignoto esso pure agli antichi scrittori (v. 268 Clusio, G. Bauino, Raj, Vaillant, Dillen, ec.), fu descritto dal Linneo, indi dal Bulliard, ed ultimamente dal Fries sotto il nome di /ycoperdon Bovista. Schaeffer lo chiamò invece lyco- perdon maximum, e Persoon con Batsch lycoperdon gisanteum. Appartiene pure a questa specie la dovistu gigantea del Nees, ed in parte anche il lycoperdon Proteus del Sowerby. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXIII. Fig. I LYCOPERDON PLUMBEUM Nos. A Individuo di grandezza ordinaria, ma che non ha ancora subito alcun cambiamento; 4 disco terroso basilare proveniente dall’ adesione della membrana esterna della corteccia col terreno sottoposto. B Individuo dell’ età circa del precedente verticalmente spac- cato ; 2 polpa centrale o parenchima; c strato medio o ceraceo della corteccia; d strato esterno ed epidermoideo della cortec- cia istessa, diviso ordinariamente nella parte superiore del fungo in piccole areole o tasselli; e strato interno costituente il vero periodo staccato per un piccol tratto dal medio; Y due piccoli individui appena sbucciati dal terreno, provenienti da una lunga e sottil radicetta dell'individuo sopraccennato stesa orizzontal- mente sotto terra. C Individuo adulto, disegnato cioè all’epoca dell’ emissione della polvere seminale; g parte esterna della corteccia che cinge a guisa di camicia lo strato interno, o sia il peridio del fungo; h lo stesso peridio messo a nudo dagli strati corticali esterni; è piccolo foro lacero-irregolare del peridio pel quale esce la pol- vere seminale ; & alcuni granelli della stessa veduti sotto il microscopio. Fig. II LYCOPERDON BOVISTA Linn. D Individuo giovinetto di forma piuttosto irregolare , trasver- salmente allungata. 26 E Individuo dell’età circa del precedente, dotato di forme L golari, e segnato superiormente da piccole areole o tasselli /. F Individuo allo stesso grado di sviluppo dei sopraccennati, verticalmente spaccato ; 72 parenchima; n corteccia; o base ste- rile persistente, cioè non soggetta ai cambiamenti del parenchima. G Individuo perfettamente sviluppato; 7 membrana decidua formata dallo strato esteriore della corteccia; 4g strato interno costituente il vero peridio del fungo; r grande apertura lacero- irregolare, proveniente dallo sfasciamento dello stesso peridio , per la quale esce la polvere seminale unitamente alla sostanza fioccosa che v'è frammista; s alcuni granelli costituenti la sud- detta polvere veduti col microscopio. do 270 AGARICUS ALUTACEUS Frirs. Pileus subcarnosus, compactus, colore varius, margine demum iuberculoso-sulcatus. Lamellae ventricosac, subaequales, alutaceae! Stipes nudus, breviusculus, intus medulla ex albido-azzurrea farctus. Omphalomyces sordidus, pectinatus, et sordidus alter. Battarra, Arim. pag. 37. Agaricus emeticus. Schaeffer, tab. 16, fig. 5, 6. Agaricus alutaceus! Fries, Syst. myc. 1, pag. 55. — Chevallier, Paris. 1, pag. 138. — Roques, Hist., tab. 10, fig. 3. Agaricus alutaceus, ochraceus, coeruleus, olivascerns. Persoon, Syn., pag. 441-43-45-47. Agaricus sapidus. Poivet, Encycl., suppl. 420 — Roques, Hist., tab. 10, fig. 4. Pileus convexo--explanatus, centro demum subexcavatus, mar- gine primum laevis, hinc tuberculoso-sulcatus. Color admodum va- rius exalbicans, pallidus, ochraceus, griseus, coeruleus, olivaceus , virescens, etc., vel e variis mixtus , plerumque tamen sanguineus, sanguineo-roseus, sanguineo-fuscus, demum siccus, cxpallidus. Epi- dermis sicca , irrigata, viscosa. Lamellae eximie venoso-connexae , crassae, fragiles, initio confertiusculae, demum, ex sporidiorum copia, ochraceae, nitidae, plerumque aequales, simplices; nonnulla tamen individua lamellas furcatas et lamellulas prioribus immixtas habent. Stipes albus « flavus (ag. esculentus et aureus Pers.) » crassus, initio firmus, plenus, hinc eximie spongiosus. Caro pilei et stipitis albido-azzurrea! Sapor mitis, gratissimus. In sylvis quercinis ei castaneis sat frequens: aestate, autunno. Esculentus! Obs. Adest varietas, vel potius species, habitu graciliori , pileo sublacvi, lamellis confertis, sordide ochraceis, pulverosis distincta , saporeque acerrimo predita. Circa Mediolanum haud frequens, du- tumno. Suspecta ? AGARICO ALUTACEO pi Frirs. Appartiene alla sezione delle Rossole di Persoon. DESCRIZIONE. L’agarico alutaceo, perfettamente sviluppato (Tav. XXXIV, 271 fig. INT), ha un cappello convesso-piano, scavato più o suino nel mezzo , e coi margini ordinariamente tubercoloso-striati (fig. V). Il suo colore è vario. Il bianco, il giallo, l’ocraceo, il giallo-verde, il verde-azzurro, ec., e specialmente il colore ‘sanguigno vergente da un lato al bruno, dall’altro al carneo, al giallastro, ec., ne formano le tinte ordinarie. La sua super- ficie è piuttosto unita, levigata, secca ne’ tempi asciutti, vi- schiosa ne’ tempi umidi .e piovosi. Le lamelle sono grandi, pan- ciute anteriormente, ristrette verso il gambo, distanti, grosse, fragili, ordinariamente eguali, connesse superiormente da pieghe trasversali »sensibilissime, intere nel margine libero, d’un bel giallo d’ocra esternamente, bianco-carnee o biondeggianti inter- namente (fig. VI, e). Il gambo è bianco, grosso, sodo, subci- lindrico, piuttosto corto, con sostanza midollare fioccoso-molle ( fig. II, «). La carne del cappello, siccome quella che occupa la periferia del gambo, è piuttosto soda , asciutta, e di color bianco-azzurrognolo. SVILUPPO. L’agarico alutaceo presenta nel suo sviluppo le stesse partico- larità dell’agarico rosso. Le lamelle hanno in origine una tinta pallida o leggermente biondeggiante (fig. IT). Fatte adulte, span- dono un abbondante polviscolo seminale di color d’ocra carico. Dopo quest'epoca il color del cappello diviene squallido, la carne sammollisce, le lamelle si disciolgono, e tutto il fungo si risolve in putridume. L’agarico alutaceo non ha alcun nome italiano; volgarmente chiamasi Colombina rossa e gialla. Cresce solitario nei boschi uggiosi di quercie e castagni, lungo le costiere ed i margini delle vigne sul finir dell’estate e nel- l'autunno. Non è specie tanto comune, ma facile a riscontrarsi, riproducendosi tutti gli anni, e ad epoche determinate, nelle stesse località. USI E QUALITA SENSIRILI. L'agarico alutaceo viene con tutta ragione annoverato dai mi- cologi fra le specie più delicate e sicure di questa famiglia. La sua carne è tenera, asciutta, di sapor mite gratissimo, si presta ad ogni sorta di preparazione, e può mangiarsi anche cruda senza timore alcuno che torni indigesta. L'odore, nel fungo fresco, è appena sensibile, nell’essiccato invece è forte e gradito. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agarico rosso, come ho avvertito di sopra, è tra i funghi descritti quello che più d'ogni altro somiglia alla specie in di- scorso. Non ha guari però trovai in un boschetto di quercie nelle vicinanze di Noverasco, lontano cinque miglia circa da Milano, un’ altra specie di Rossola non molto dissimile dalla presente, la quale comechè d’indole sospetta, merita d’essere esattamente conosciuta. I caratteri che la distinguono sono: abito in genere graciletto; cappello leggermente striato nei margini; lamelle fitte, sottili, di color fosco-ocraceo, polverose; gambo sottile, piuttosto lungo, eguale; carne non troppo consistente; sapore in fine acre, bruciante, ed ‘odore come di pepe recentemente infranto; Del resto il color della carne, la forma, la disposizione delle lamel- le, il colorito del gambo e della superficie del cappello, ec., sono precisamente gli stessi dell’ agarico alutaceo. Appartengono probabilmente a questa specie (alutaceo-acris ) le figure Q, R_ della tavola 509 del Bulliard; la figura però che ne presenta meglio l’abito ed il colorito si è quella della tavola 10 del Roques (ist. des Champ.), spettante all’agarico alutaceo. Avendo somministrato questo fungo ai cani, esso non pro- dusse alcun effetto sensibile; avendone io però mangiato un ‘individuo cotto sulla graticola, lo trovai alquanto indigesto. La sua acredine si conserva anche dopo la cuocitura. Di NI (AS) ICONOLOGIA. Le migliori figure di questa specie sono quelle disegnate nella . tavola 10, fig. 3 e 4 dell’opera del Roques (st. des Champ.). Inferiori a queste sono le figure dello Schaeffer (tav. 16, fig. 5,6). Le figure del Bulliard (tav. 509, figure Q, R) spettano forse ad altra specie. SINONIMIA. Questo fungo, compreso probabilmente dal Magnol nella spe- cie 3. de’ suoi funghi esculenti, e dal Battarra nelle serie degli Omphalomyces, fa descritto per la prima volta dallo Schaeffer, unitamente ad altre specie, sotto il nome di agaricus emeticus. Persoon in seguito, ritenendo come specie distinte parecchie va- rietà dello stesso, lo descrisse nella sua Syropsis sotto. i nomi di agaricus alutaceus, campanulaius?, olivascens, ochraceus, coe- ruleus, esculentus ed aureus. Diversamente la pensò Fries, e niun riguardo avendo alla forma ed al colorito delle parti della vege- tazione, riunì nel Systema mycologicum tutte le specie del Per- soon in una sola, per la quale ritenne il nome Persooniano di agaricus alutaceus esprimente assai bene il principal carattere di essa. Pollini, Chevallier, Sprengel, Roques, e tutti quelli in generale che dopo il Fries trattarono simile argomento, ne adot- tarono la riforma. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXIV. AGARICUS ALUTACEUS Fraiss. Fig. I. Individuo giovinetto, o sia svolto da poco tempo dal terreno. Fig. II. Lo stesso verticalmente spaccato, per far vedere la forma e la disposizione delle diverse parti. Fig. III. Individuo perfettamente sviluppato, egualmente spac- 294 cato per metà; «@ sostanza fioccoso-molle che occupa la parte midollare del gambo. Fig. IV. Porzione del gambo trasversalmente troncato; 2 so- stanza midollare; c astuccio midollare. Fig. V. Porzione del cappello d’un individuo adulto, dise- gnato ad oggetto di far vedere il rapporto delle lamelle ‘' colle strie dei margini del cappello. Fig. VI. Porzione del cappello. con alcune lamelle trasversal- mente tagliate; 4 lamina dell’imenio che copre le lamelle; e so- stanza centrale delle lamelle, o sia parenchima del cappello pe- netrante fra le lamine dell’imenio. AGARICUS EXCORIATUS Scuarrr. Pileus obluse umbonatus, medius, cpidermide tenui, in squamulas vix secedentes diffracta, vestitus. Lamellae remotiusculae, albidae. Stipes laevis, albidus, subbulbosus, anulo parvo, mobili cinctus. Caro immutabilis. Volva fugax. Fungus bulbosus, esculentus , pileolo ex rufo fulvo , cute nonnihil lacera , centro pa- pillato, lamellis et anulato ac longo pediculo albis. Mich., pag. 172, n.° 3. Agaricus excoriatus. Schaeff. , tab. 18, 19 (optime ). — Fries, Syst. 1, pag. 21. Agaricus procerus, var. y. Persoon, Syn., pag. 257. Hypophyllum globoso-cameratum. Paulet, Champ., tab. 135. Pileus primu actate obtuse conicus, mox conico-campanulatus , demum subexcavatus, capansus, coloris ex albdido-fuliginei vel cinereo-rufescentis , umbone obscuriore , marginibus denudatis, fi- brilloso-laceris. Epidermis sicca, minute granulosa, circa margines utplurimum radiatim diffracta, ac interdum in squamulas sub- secedentes divisa. Lamellae confertae, aquoso-albidae, margine sub- denticulatae, postice circa collariù speciem, pilei apicem excipientis, evanescentes; lamellulae numerosae postice subrotundatae. Sporidia albido-rosea. Stipes pro pilei diametro nunc brevis , nunc longus , cylindricus, subflexuosus, intus cavus, sed flocco sericeo repletus, basi plus minusve incrassatus, ac volvae marginatae vestigiis hinc inde instructus. Anulus albus, tenuis, plerumque integer, ac sti- pitis apicem libere circumambiens, non raro dissectus, pileique marginibus appendiculatim insertus. Caro pilei subexsucca , floc- coso-mollis, albida ; stipitis vero compactiuscula, fibrosa , fragilis. Odor gratus quasi agarici proceri, sapor ingratus, substypticus. In arvis, vineis, camporum versuris, elc., post messem autumno. Esculentus ! ME Rico EECOREIDO sai Appartiene alla sezione Lepziota di Fries. DESCRIZIONE. lagarico escoriato , perfettamente sviluppato (Tav. XXXV, fig. VI), ha un cappello di grandezza mediocre, scavato più © meno nel disco, con leggiere protuberanza a foggia di capezzolo nel centro, e coi margini appianati, fibrillosi e frangiato-laceri. La sua superficie è secca, e l’epidermide che lo ricopre granellosa , o sia formata di minuti bitorzoli granelliformi, continua e persi- stente nel disco, squamoso-lacera, e come a scacchi divisa verso i margini (fig. V, 4). Il suo colore, ordinariamente più intenso in corrispondenza della papilla centrale, varia dal bianco fuliggi- neo al grigio, al bruno a norma dell’età, del luogo di nascita, e della esposizione. Le lamelle libere, piuttosto numerose, di color bianco-carnicino, anteriormente panciute, ineguali e fina- mente denterellate nel margine libero, ristrette posteriormente ed alquanto rimote dall’ apice del gambo. Le lamellette nume- rose coll’estremità centrale arrotondata. Il gambo più o meno lungo, ordinariamente cilindrico, flessuoso, di rado leggermente ingrossato verso la base, ove termina in un bulbo poco sensi- bile, bianco e liscio esternamente, cavo e zeppo di sostanza se- riceo-cotonosa nell’interno. L'anello (fig. V, e) è piccolo, te- nue, libero e scorrevole: sul gambo, e non di rado deciduo (fig. VI). Il margine interno dell’anello corrispondente in ori- gine alla sommità del gambo è sottile, membranaceo, cigliato ; l'esterno invece è più grosso e fornito d’un doppio lembo fran- giato-lacero. La carne del cappello è bianca, con leggier tinta bruniccia verso l’epidermide, fioccoso-molle, e piuttosto asciut- ta; quella che costituisce l’astuccio midollare del gambo è più consistente, rigida, fibrosa e di color bianco innacquato. SVILUPPO. Lo stesso dell’agarico racode e dell’agarico procero. L’agarico escoriato presentasi in origine sotto la forma d’un candido gra- nello, emergente più o meno dal suolo, e tenuto inferiormente allo stesso mediante una sottile radicetta simile ad un filo di bambagia. I lembi della volva scompajono ordinariamente poco b | dopo l’escita. del cappello (fig. IV, c,‘c). La sua epidermide è ia origine intiera e levigata; ma col progredir dello sviluppo si divi- de, in corrispondenza dei margini del cappello, in tante squamette od areole (fig. V, 4), per lo più persistenti e con certa simmetria disposte, le quali essendo ordinariamente di colore diverso da quello del parenchima messo a nudo dall’epidermide stessa, compartono al fungo un aspetto suo proprio. La porzione d’epidermide che copre i margini del cappello viene ordinariamente trasportata dal margine esterno dell’anello. Egli è perciò che i margini del cappello si osservano quasi sempre spogliati della corteccia, d’onde trasse la specie il nome triviale di escoriato. Le lamelle sono in gioventù di color bianco-pallido, innacquato; prendono in ultimo una leggier tinta carnicina. 11 gambo non offre nel suo sviluppo notabili cangiamenti. Esso ha in origine un bulbo assai considerabile, contornato superiormente dai lembi della volva (fig. III @), la sua epidermide è liscia ed indivisa, e tale si man- tiene durante l’intiera vegetazione. Giunto finalmente il fango a maturanza perfetta, emette dg, tutta la superficie lamellare un abbondante polviscolo seminale di color bianco roseo, poi si di- secca e muore, L’agarico escoriato chiamasi dai Toscani BuZbola buona, vol- garmente Z'obbietta. Cresce ora solitario ora gregario, o sia riu- nito in piccole famiglie d’individui posti a poca distanza gli uni dagli altri. Ama i luoghi elevati ed aperti, i terreni leggeri e sabbionosi, i margini dei campi, i vigneti, i rispianati dei col- li, ec. Vegeta in autunno, e trovasi abbondantemente disseminato tanto nella provincia pavese quanto ‘nella milanese. USI E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico escoriato tiene pur luogo fra le specie esculenti d’as- soluta innocenza. Esso mangiasi in fatti in Toscana, in Germa- nia, in Isvezia, ec. I villici dell'alto Milanese ne fanno pure un consumo grandissimo, e lo preferiscono eziandio al Pelliccione, fungo generalmente fra noi poco stimato. La carne dell’agarico escoriato è in proporzione più abbon- dante, più sugosa e più compatta di quella del Pelliccione istesso ; 36 278 masticata cruda ha un sapore disgustoso, subacre, stitico-astrin- gente. L'odore di questo fungo è gratissimo, non molto dissimile da quello del Pelliccione. Diseccato , esso perde molto del suo volume, ma conserva inalterate le caratteristiche sue forme. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Oltre all’agarico procero, di cui ho già fatto parola, la spe- cie che più somiglia all’agarico in discorso, e che potrebbe fa- cilmente essere con esso confusa, si è l’agaricus leucothites, Nob., fango fra noi comunissimo, e del quale terrò a suo luogo di-. scorso. L’agaricus leucothites però, a differenza dell’agarico esco- riato, ha il cappello ordinariamente bianco, liscio ( non squamu- loso), le lamelle appressate j osteriormente all'apice del gambo (‘non rimote); il gambo appena sensibilmente fistoloso, duro, compatto, l’anello sottile, stretto e quasi immobile; la carne in- fine più abbondante, più sugosa, di sapore più ingrato, e di odore affatto diverso. ICONOLOGIA. Pochissime sono le figure che si posseggono di questa spe- cie. Le migliori sono quelle delineate nelle tavole 18 e 19 del- l’opera dello Schaeffer. Le figure della tavola 135 (dis) del Pau- let, appartenenti pure alla specie in discorso, sono meno com- mendevoli. SINONIMIA, Questo fungo, indicato probabilmente dal Micheli nella nu- merosa serie delle Bubbole, venne descritto per la prima volta dallo Schaeffer, come specie distinta, sotto il nome di agaricus excoriatus. Persoon lo accomunò in seguito, nella Syropsis, col- l’agarico procero, siccome varietà; e Fries lo sceverò di bel nuo- vo, nel suo Systema, sotto la stessa denominazione dello Schaef- fer. Quest’istesso fungo venne, non ha guari, figurato in cera dal signor Pizzagalli sotto il titolo d’Aypophyllum. vinearum, Paul. , specie diversissima, appartenente alla sezione /’olvaria di Fries i 279 nella serie delle Pratelle. La specie del Paulet che spetta vera- mente all’agarico in discorso si è quella disegnata nella citata tavola col titolo di Rypophyllum globoso-cameratum. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXYV. AGARICUS EXCORIATUS ScuÙaere. Fig. T. Individuo giovinetto emergente dalla volva. ian Fig. II. Individuo dell’età del precedente verticalmente spac- cato. Fig. III. Individuo appena svolto dalla volva verticalmente spaccato; a lembi frangiato-laceri della volva. Fig. IV. Due individui, alquanto più sviluppati del preceden- te, riuniti tra loro alla base; 2 orlo circolare biancastro, formato dal margine esterno o pileare dell’anello, stirato in alto dai mar- gini del cappello; c' margine che circonda la parte superiore del bulbo del gambo, corrispondente al luogo dell’originario attacco della volva col bulbo medesimo. Fig. V. Individuo disegnato poco dopo il distacco dell’anello dai margini del cappello; d squame marginali provenienti dalla lacerazione della corteccia. Fig. VI. Individuo adulto , spogliato dell’anello, verticalmente spaccato. ago FISTULINA HEPATICA Fx Pileus carnoso-succosus, sanguineus, indivisus. Tubuli (liberi ) ex albido-ochracet. Linguae. Caesalp., pag. 619.. Fungus latus sanguinei coloris. C. Bauhini, pag. 371, n.° 19. Fungus jecorinus, practerlatus, sanguineus, cristatus. Boce,, mus. 1, tab. 304, fig. 3.° Fungus arboreus, carnosus, hepatis facie. Raii, Syn. II, pag. 340. Agaricus porosus, rubens, carnosus, hepatis facie. Dillen, Catal. pl. giss., pag. 192. Agaricum esculentum, castaneae adnaseens, latissimum, hepatis facie, ec. Mich. , pag. 117, tab. 60. Boletus hepaticus. Schaeff. , tab. 116-20. — Sowerby, tab. 58. — Bolton, tab. 79. — Pers., Syn. pag. 549. — Trattinn. , Essb. Schw., pag. 123, tab. V. — Bull, tab, 74. De; Fistulina hepatica. Fries, Syst. 1, pag. 396. Fistulina buglossoides. Bull., tab. 464, 497. Hypodrys hepaticus (!) Pers., Myc. eur. , sect. II, pag. 148. — Roques, Hist., tab. 2, fig. 4. Dendrosarcos hepaticus. Paulet, Trait., tab. 12. U Pileus prima aetate ovato-rotundatus, luteo-aurantiacus, pa- pillosus ac cum stipite confluens, hinc explanatus, subreniformis, margine integro vel obsolete lobato, sessilis, aut oblique stipitatus, papillis sparsis (tubulorum rudimentis) obsitus, demum nudus, ru- bro-fuscus, mucososgelatinosus, viscidus ac longitudinaliter striatus ( Mich., l.c.). Z'uduli cum fibris receptaculi continui, longitudine utplurimum inacquales, minuti, cylindrici, adpressi, ‘confertissimi , apice granulosi ac substriati, primum brevissimi, ochraceo-rufescen- tes poris conniventibus papillacformibus; demum longiusculi, ochra- ceo-pallidi poris apertis. Sporidia ochraceo-virescentia ! Stipes , quando praesens, omnino lateralis, forma, ex loco natali, varians, basi nunc rotundatus et veluti truncatus, nunc acutus ac in ra- dicis speciem productus. Caro crassa, mollis, succulenta , eximie fibrosa, rubro-variegata, betae vulgaris pulpam quodamodo referens, odoris grati vinosi, saporis aciduli. In iruncis et radicibus semi- morluis quercuum et praecipue castanearum hinc inde obvia, au- tumno. Esculenta. | Si FISTOLINA EPATICA pi Fries DESCRIZIONE. La fistolina epatica (Tav. XXXVI) prende, a norma dell’età e del luogo ove nasce, forme e dimensioni svariatissime. Il suo cappello è ora intiero e fornito del gambo, ora dimezzato e quasi totalmente sgambato. La sua forma ordinaria è quella d’una lingua o d’un rene coi margini ottusi, intieri o leggermente lo-. bati. La pagina superiore del cappello, di color rosso cupo ver- gente al violetto, è piano-convessa, o leggermente concava, umi- da, molle, tremola come gelatina e sparsa di minute papille; l’inferiore è sempre più o meno convessa e tutta coperta di mi- nutissimi e numerosissimi tubetti, perfettamente cilindrici, e di color giallo ocraceo più o meno languido (fig. III, e). Questi tubi (fig. IV, :), sebbene avvicinati e stretti fra loro, non sono però saldati insieme come nei boleti, ma perfettamente liberi in tutta la loro estensione, e continui soltanto alla base colle fibre del parenchima. Il gambo, quando vi si scorge, è sempre late- rale ed ascendente, ora grosso, corto, arrotondato alla base ed appena distinto dal cappello; ora lungo, sottile e rappicciolato inferiormente a guisa di radice. Il suo colore è simile a quello del cappello, del quale non è che una porzione abortiva, cioè rosso superiormente, ocraceo-fosco o del color dei tubi al di- sotto. La carne della Fistolina è molto considerabile, molle, su- gosa, di color rosso-macchiato come la polpa delle barbabietole (fig. IIT), e segnata di strisce bianco-carnicine lungo la direzione delle fibre. Queste, partendo dalla base del fango, e dirigen- dosi lungo il suo asse, si spiegano a foggia di ventaglio, dando origine superiormente alle papille delle quali è sparsa la su- perficie (ivi, 4), ed inferiormente ai tubetti (ivi, e). SVILUPPO. La fistolina epatica si presenta in origine sotto l’ aspetto di un piccolo tubercolo di forma ordinariamente ovata o clavata, a norma del luogo di nascita, e di color giallo-ranciato od ocra- 282 ceo-fosco, tutto coperto di minute prominenze o ‘papille. Que- sto tubercoletto s'appiana in seguito e si dilata formando il cap- pello del fango , il quale mentre conserva ancora inferiormente il colore originario, si va grado grado tingendo in rosso supe- riormente (fig. IT). Nel progresso dello sviluppo, le papille della facciata inferiore si allungano più o meno rapidamente, dando ori- gine ai tubetti componenti l’apparato della fruttificazione (fig. IT, 2), laddove quelle della facciata superiore, sebbene della stessa natura, rimangono per aborto stazionarie durante l’intero sviluppo del fungo (fig. III, d). I tubetti o fiscellini sono in origine di color giallo ocraceo, ed hanno le loro boccucce chiuse sotto la forma di papille prominenti (fig. IV, 4), e circondate da una specie di rosetta o corolla (ivi, g) formata dalla riu- nione di un numero considerabile di granellini di color fosco ranciato più o meno espressivo, dei quali è pure sparsa tutta la superficie esterna dei tubi istessi. Lo sviluppo dei tubi, siccome l’aprimento dei fiori in altri vegetabili, si effettua in differenti epoche, ed è appunto per questo motivo che essi osservansi quasi sempre di lunghezza ineguale. Fatti adulti :spandono una abbondante polvere seminale di color d’ocra verdeggiante. Dopo quest'epoca, ‘sciogliendosi lo strato più esterno o corticale del cappello, la sua superficie diviene molle, liscia, vischiosa, guiz- zante come se fosse spalmata di miele o di gelatina. Se si leva questo strato, mediante ripetute lavature , ciò che accade natu- ralmente nel fungo decrepito, mettonsi allo scoperto le fibre del sottoposto parenchima. Pervenuto finalmente il fungo all’al- timo stadio della vita, la sua carne s'ammollisce considerabilmente, lasciando gemere un umor acqueo abbondante del colore ‘del sangue diluito; poscia, non rimanendo che le fibre del paren- chima irrigidite e fatte quasi legnose, si disecca e si consuma. La Fistolina epatica chiamasi dai Toscani Lingua di castagno rossa, buona (Mich.), volgar. Fung lengua, Melina, Carnesella, ec. I Francesi la chiamano Zoie de boeuf, Langue o glu de chéne (Bull) ed i Tedeschi FVeischwamm, Blutschwamm, Leberbilz, ec. (Trattinn.). i Cresce questo fungo sulle radici o sui vecchi tronchi di quer- cie o castagni tagliati rasente terra, sulle capitozze, nei crepacci ‘283 della corteccia e del legno, ec., ma costantemente sulle parti morte o pressochè morte. Vegeta d’estate e d’autunno, ed im- piega unò spazio di tempo considerabile per giugnere al suo completo sviluppo. USI E QUALITA’ SENSIBILI. La fistolina epatica, sebbene annoverata da tutti gli scrittori di micologia fra i funghi esculenti, non è però tale da potersi mangiare da tutti indistintamente senza tema alcuna di nocu- mento. La sua carne ordinariamente viscida, molle ed acquosa, riesce sempre più o meno indigesta, e può offendere non poco il debole stomaco di persone delicate. Essa infatti non mangiasi comunemente che dalla povera gente, per il che Schaeffer istesso la chiamò /ungus pauperibus esculentus. Chi però ne volesse far uso, procuri di raccogliere gl’individui giovinetti, di carne com- patta, rigettando quelli che hanno la carne soverchiamente molle, innacquata, il cappello glutinoso, ec., e si preparino con sostanze riscaldanti, aromatiche, con salse piccanti, ec. Alcuni fanno cuocere questo fungo sotto la cenere, e tagliatolo poscia in sottili * fet- tucce, lo mangiano in insalata alla foggia delle barbabietole. L’odore di questo fungo fresco, sebbene poco sensibile, è grato, vinoso; ela sua carne, masticata cruda, ‘ha un sapore aci-. detto ed alquanto salato. Col diseccamento divien duro, insipido, inodoro e prende una tinta nerastra. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. La fistolina epatica, la sola specie indigena di questo genere, distinguesi facilmente da tutti gli altri funghi, e specialmente dai boleti e dai polipori, coi quali ha qualche analogia di forme, per la sua polpa di color rosso screziato, simile di molto alla carne degli animali, e specialmente per la natura delle parti della fruttificazione. ICONOLOGIA. Le più belle ed eleganti figure della fistolina epatica sono quelle delineate nella tavola 464 e 497 dell’opera del Bulliard. Commendevoli sono pure le figure del Sowerby (tav. 58) e quelle del Paulet ( Trait., tav. 12). Le figure del Micheli ( ta- vola 60) e quelle del Trattinnick (Essb. Schw., tav. V) sono piuttosto grossolane. Anche le figure dello Schaeffer, delineate nelle tavole 116-120, rappresentanti quasi tutte individui mo- struosi e nei primordj del loro sviluppo, non sono di troppo sod- disfacenti. Migliori sorio le figure del Bendiscioli (op. cit., tav. XXII ). i Le figure dell’Alberti, e fors'anco quella del Roques (Hist., tav. 2, fig. 4) furono tratte da quelle del Bulliard. SINONIMIA. Questo fungo, indicato sotto varie frasi dalla maggior parte degli antichi scrittori, fu descritto per la prima volta dallo Schaef- fer sotto il titolo di doletus Repaticus, indi dallo Schwartz sotto quello di doletus buglossum. Bulliard avendolo sceverato col Mi- cheli dal genere Boletus, lo chiamò fistulina buglossoides, e Fries nel Systema mycologicum lo disse fistulina hepatica. Persoon nella Syropsis ritenne il nome dello Schaeffer; ma nella Jyco- logia europaca, non so per qual ragione, gli sostituì quello di hypodris hepaticus. Appartengono pure a questa specie il doletus asbestinus dello Scopoli (ann. Bot. IV, pag. 148), il duglossus quercinus del Vahlenberg (Suec. n.° 1217), ed il derndrosarcos hepaticus del Paulet. 285 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXVI, N Li 7, FISTULINA HEPATICA Frizs Fig. I. Individuo giovinetto emergente con lungo piedicello dalla cavità di un tronco. Fig. II Individuo adulto, della forma presso a poco d’una lingua, fornito di corto piedicello, emergente dal crepaccio d’un tronco ; a parte superiore del cappello; 4 parte inferiore o frut- tifera del cappello istesso; c gambo. Fig. III. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spaccato; d parte superiore del cappello; e tubetti o fiscellini componenti l'apparecchio della fruttificazione; Y gambo grosso e tondeggiante, emergente dalla fenditura di un tronco. Fig. IV. Organi della fruttificazione osservati con una sem- plice lente; g rudimenti dei tubetti aventi le loro boccucce an- cora chiuse, veduti di fronte; 4 gli stessi veduti lateralmente; : tre tubetti perfettamente sviluppati. 37 986 AGARICUS CONTROVERSUS Pens. Pileus amplus, subirregularis, infundibuliformis, albidus, mar- ginibus acutis, subzonatis. Lamellae simplices, confertissimae, car- neo-pallidae. Stipes nudus , plenus, albus. Agaricus (piperatus ) stipitatus, pileo planiusculo , lactescente, margine deflexo , la- mellis incarnato-pallidis. Linn., Suec., n.° 1195, f. Spec. plant. II, p. 1641 (ex Schaeff. ). Agaricus acris. Bull., tab. 538, fig. C, D, E, F. — Bendiscioli, l. c., tab. 11, fig. C! — Roques, Phyt., tab. 6, fig. 2, 3. Agaricus controversus. Pers., Syn., pag. 430; Champ. com., pag. 219. — Fries, Syst. 1, pag. 62. — Cordier, Guide, pag. 162. Hypophyllum piperatum var. Paulet, l. c. 2, pag. 165, tab. 68, fig. 1. Magnus, gregarius, subcaespitosus, meteoricus. Pileus prima aetate convexro-umbilicatus, subvillosus, marginibus tomentosis, in- volutis; hinc explanatus, nudus. Pilei superficies, in junioribus in- dividuis, albida, subsicca, inaequalis, quisquiliis utplurimum tecta; in adultis vero, humida vel viscosa, albido-pallida, vel albido-ro- sea, maculis vel zonis rubescentibus hinc inde variegata. Lamel- lae tenues, strictae, lineari-lanceolatae, postice subdecurrentes, mar- gine libero integrae, coloris dilute carnei vel pallide rufescentis ; lamellulae numerosae (8-16), breviores lanceolatae, longiores po- stice rotundatae. Sporidia coloris albido-rufescentis. Stipes sub- excentricus, brevis, aequalis vel basi subattenuatus , circa lamel- las substantia veluti ceraceo-farinosa, sulcis exarata vestitus. Caro grumoso-compacta, rigida, albida, circa pilei. margines zonis obscu- rioribus picia. Ejus odor gratus, sapor acris. Totus fungus rup- tus, vel sectus succum lacteum insipidum, mox vero acerrimum et felleum fundit. Ubique ad latera viarum , fossarum, camporum versuras , etc., aestate et autumno praesertim seriori. Esculentus. AGARICO CONTROVERSO pi Persoon. Appartiene alla sezione Zactiflui dello stesso autore, ed alla suddivisione Zricholomoidei di Fries. 287 DESCRIZIONE. L’agarico controverso, perfettamente sviluppato (Tav. XXXVII, fig. V), ha il cappello ampio, per lo più irregolare , confor- mato ad imbuto, coi margini sottili, acuti, ora intieri, ora elegantemente divisi in varj lobi tondeggianti come nella foglia dell’acanto. La sua superficie è ineguale, un po’ ruvida, ordina- riamente nuda, o sia sfornita di peli, vischiosetta ne’ tempi umidi o piovosi, asciutta nei tempi secchi. Il suo colore varia dal bianco niveo al gialliccio, al carnicino, ora uniforme, ora sparso di mac- chie o fasce rosseggianti (fig. V, c) più o meno risentite a norma dell'età e degl’individui. Le lamelle numerose, fitte, sottili, strette, lineari e terminate in punta alle due estremità sotto la forma di lancetta, intiere nel margine, trascorrenti apparentemente sul gambo, semplici (non forcute o ramose), e di color carni- cino languido vergente più o meno al gialliccio. Le lamellette numerosissime (8 a 16 fra due lamellette), posteriormente arro- tondate (fig. IV). Il gambo del color del cappello, grosso, sodo, pieno o leggermente fistoloso, ordinariamente assai corto e rim- picciolito verso la base, talora lunghetto o quasi cilindrico, ora centrale, ora eccentrico, di rado affatto laterale, nudo o sia sfor- nito dell’anello, e coperto in vicinanza delle lamelle d’uno strato come di sostanza cereo-farinosa (fig. V, 2), segnato di strie lungo la direzione delle lamelle istesse. La carne del fungo è molto considerabile, dura, fragile, granellosa, bianca, circoscritta verso i bordi del cappello da zone concentriche di color bianco innacquato (fig. III e IV, 4), rotta o tagliata geme un abbon- dante sugo lattiginoso, viscido, denso, bianco, immutabile, ed essa prende più o men tardi una leggier tinta gialliccia. SVILUPPO. L’agarico controverso, appena sbucciato dal terreno (fig. I), ha il cappello orbicolare, piano-convesso, ombilicato nel centro, coi margini arruotolati sopra le lamelle e serrati circolarmente sul gambo, e colla superficie asciutta, villosa nel disco, tomen- toso-lanata sui bordi, e coperta per lo più di briccioli di terra o 288 di vegetabili corrotti che le stanno tenacemente adesi. Le lamelle ordinariamente crespe o serpentine , interamente coperte dai margini arruotolati del cappello, e tinte languidamente del color delle adulte. In progresso dell’età, i margini del cappello si svol- gono, il tomento che ne copriva la superficie svanisce (:), le la- melle divengono rettilinee, e tutto il fungo prende le sopraccen- nate forme. Pervenuto finalmente al suo perfetto sviluppo, span- de dalla superficie lamellare un abbondante polviscolo di color bianco carnicino che tutto ne ricopre il terreno e le pianticelle sottoposte. Dopo quest'epoca la di lui superficie diviene umidet- ta, liscia, si copre di macchie livide, rossigne, nerastre, e termi- na finalmente spappolato dai vermi o dalla putredine corrotto. L’agarico controverso chiamasi dai Toscani Peperaccia o Peve- rone, nome comune a molte altre specie di questa sezione; .vol- garmente Brasca, Sottana. î Francesi lo appellano Latyror , Roussette, Chavanes, ec. Cresce questo fungo ordinariamente in famiglie formate da un numero più o meno considerabile d’indi- vidui liberi o ravvicinati tra loro alla base, e disposti in piccoli cesti o rosette. Trovasi dovunque ai lati delle strade campestri, sulle rive -dei fossi, lungo le costiere, ai margini de’ campi e delle selve, ec., in vicinanza del salice, del pioppo e della quer- cia, nei luoghi aperti, umidicci, di rado nel centro di fronzuti boschi. È uno degli agarici più voluminosi che noi possediamo, giugnendo talvolta al peso di più libbre; comincia a vegetare verso la fine di luglio, e non iscompare che al sopravvenire del- l'inverno. INDOLE E QUALITA SENSIBILI. Varie sono le opinioni dei Micologi intorno all’indole di que- st’agarico. Bulliard nella sua Storia dei funghi della Francia lo dà come mangiativo , e dice anzi che esso viene preferito al- l’agaricus piperatus di Linneo (2). Persoon (Champ. com., pag. (1) Correndo la stagione oltremodo asciutta, la lanuggine che copre la superficie del cappello di questo fungo si sviluppa ulteriormente, convertendosi in un fino e morbido tomento , e si conserva anche nel fungo adulto. {2) La variété de cet agaric (ag. acris) qui a ses feuillets très-multipliées et roua 289 219), Cordier ( Guide, pag. 162), Bendiscioli (Collez., pag. 70) (1, e Paulet (Traité 2, pag. 165 ) @) lo annoverano pure fra gli esculenti. Fries invece ( Syst. 1, pag. 64) lo dice noci- vo, ed opina anzi che Persoon si sia ingannato nel considerarlo commestibile; Bayle-Barelle ( Descriz. esat., pag. 48), e Roques (Phyt. médic., pag. 27, Hist. des Champ., pag. 87) lo chiamano sospetto; ed il sig. Bergamaschi infine, nella Storia dei funghi del Pavese, lo vuole velenosissimo (83). Se questo fungo fosse meno comune, o di caratteri mutabili fornito, vorrei credere che tali discordanze d’opinioni derivar potessero dall’aver confuso sotto un identico nome specie dif- ferenti: ma i suoi caratteri sono troppo chiari e costanti perchè si possa supporre un simile scambio. D'altronde chi meglio del Persoon, che ne stabilì la specie, poteva dare un giudizio sicuro sulla identità di questa con quella del Bulliard, cotanto usata in Francia, al dire anche dello stesso Paulet? Ma v’'abbia pure scambio di specie, egli è certo che l’agarico da me descritto, e di cui tengo presentemente discorso è affatto innocuo. Io lo mangiai più volte arrostito sulla graticola col semplice condimen- to d'olio, pepe e sale, nè ebbi mai a dolermi de’ suoi tristi ef- fetti. Mangiasi pure dai villici dei contorni di Pavia e di Mila- (ag. controversus Pers. ), est très-connue, dans la plus parte de nos provinces, sous les noms de Latyron, de Roussette. Les habitans des campagnes en mangent avec profusion, cuit sur le gril avec du beurre frais, ou de l'huile d’olive, du poivre et du sell Dans beaucoup d’endroits, voisins de grandes foréts , où s'en fait une ressource pour l'hiver, on la confit dans du vinaigre, du sel, beaucoup de poivre et d’ail, à la manière des cornichons: ainsi préparée les uns la font cuir avec d'autres alimens, les autres la man- gent crue. Bull., Champ., pag. 502. (1) Ed è veramente commestibile e saporoso, quando se ne levi il latte acerrimo e bruciante di cui è inzuppato, il che si ottiene colle itterate lozioni. Anche il fuoco sembra che lo depuri; chè arrostito sulla graticola riesce dolce e prelibato. Bendi- scioli, l. c. (2) On corrige son dereté avec le sel ordinaire, l’huile d'olive ou le beurre, le poivre; ainsi assaisonné on le fait cwire sur le plat: je l’ai mangé plusieurs fois de cette ma- i nière sans en étre incommodé. Paulet, |. c. (3) Io per verità non oserei assaggiare il più piccolo pezzo di fungo lattifluo o pi- perato, sebbene fatto cuocere col suddetto metallo (il ferro ). Bergamaschi, l. c., pag. 13 e 14. — Questo micologo accomunò l’agarico in discorso coll’agaricus piperatus di Linneo , e lo descrisse alla pagina 56 sotto il nome di agaricus lactiffuus piperatus , quindi di nuovo alla pagina 59 sotto il titolo di agaricus lactifluus lactarius !! 290 sa i quali lo raccolgono insieme con un’altra specie di questa sezione affatto scevra di latte (agaricus exsuccus Otto), nè in- tesi mai che dal di lui uso ne sia derivato alcun danno. Il latte di questo fungo, decantato da taluni come eccellente litontritico, preso in sufficiente dose, agisce come purgante drastico, il che prova ad evidenza l’analogia che passa tra il sugo di queste piante e quello delle euforbie. La sua carne, masticata cruda, è sulle prime insipida, manifesta in seguito un sapore acre bruciante simile a quello di pepe, se- guito da un amaro disgustosissimo. Questa acredine però, dovuta in gran parte al sugo latteo che l'innonda, si dissipa quasi inte- ramente colla cottura. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Due sono le specie di questa sezione che hanno molta somi- glianza di forme coll’agarico in discorso, cioè l’aguricus pipera- tus di Linneo, e l’agaricus vellereus di Fries. Il primo, che non ho ancora potuto esaminare in natura, distinguesi per le lamelle costantemente bianche, più volte forcute, o sia ramose, e per la superficie del cappello nuda, o sia sfornita di pelurie; ed il se- condo per le lamelle egualmente bianche, meno numerose, e so- prattutto per la sua superficie secca ed interamente coperta d’un denso e morbido tomento, persistente e sensibilissimo anche nel fango diseccato. L'agaricus exsuccus di Ottone, risguardato dal Paulet come varietà del Piperato , e dal Fries invece come va- rietà del Vellereo, non essendo infrequente in queste nostre provincie (1), potrebbe pure essere in qualche modo scambiato coll’agarico controverso. Esso però ne differisce ‘essenzialmente pel totale difetto del sugo latteo, pel color bianco-azzurrognolo della sua carne, per le lamelle panciute , distanti e di color bianco-pallido, e pei bordi infine del cappello non arruotolati in gioventù sovra le lamelle, ma distesi ed appoggiati sul gambo come nelle Rossole (2). (1) È comune nel bosco della Rossa presso Pavia, ed in quasi tutte le selve dei contorni di Milano. 2) Questo fungo, creduto da alcuni nocivo (v. Fries, Syst. 2, p. , € ricercalis- 8 3 5Y Pe_77 DISNI ICONOLOGIA. Pochissime sono le figure che noi possediamo di questa spe- cie. Le più commendevoli tra queste sono quelle del Bulliard disegnate alle lettere C, D, E, F della tavola 538, sebbene mancanti delle zone marginali e del particolar variegamento della carne del cappello dovuto alla presenza delle zone istesse. La figura C della tavola XI del Bendiscioli, e la figura prima della tavola 63 del Paulet ne presentano pure assai bene l’abito ed il colorito. Le figure del Roques sono meno apprezzabili, ed appartengono forse a specie differenti. SINONIMIA. Questo fungo, indicato probabilmente dal Vaillant (Par., pag. 61, n.° 8) nella frase Fungus lacteus maximus infurilibuliforma, venne dal Persoon nitidamente descritto nella sua Syropsis sotto il titolo d’agaricus controversus. Paulet accomunò questa specie coll’agaricus piperatus di Linneo sotto la denominazione d’%ypo- phyllum piperatum. È Bulliard sotto il nome d’agaricus acris comprese non solo l’agaricus piperatus di Linneo e l’agaricus controversus del Persoon, ma ancora l’agaricus exsuccus di Otto- ne. De Candolle, Bayle-Barelle (*), Bendiscioli e Roques ( Phyt. méd.) ritennero il nome e la specie del Bulliard; Fries invece, Gordier , Chevallier e tutti i più recenti. scrittori adottarono il nome e la distinzione del Persoon. simo e d’uso comune in alcuni luoghi del Bresciano, e specialmente nei paesi giacenti lungo la riva occidentale del lago di Garda, ove è generalmente conosciuto sotto il nome volgare di Brigòld. Mangiasi fresco, condito in varie maniere, e se ne fa anche provvisione per l'inverno diseccandolo, come si pratica col Porcino, oppure confinan- dolo in vasi di terra sotto una forte pressione, dopo averlo ben bene spolverato di sale. Ama questo fungo la quercia, e vegeta a preferenza dell’agarico controverso nel mezzo di fronzuti boschi. (1) Il sig. Larber alla pagina 185 del suo lavoro, dice che i signori Lamark, De Candolle e Bayle-Barelle non sceverano l’agaricus acris dal piperatus, stabilendolo sol- tanto come una varietà di questo. — Sappia perciò che l’agaricus «acris del Bolton e del Persoon che egli intende differenziare dal piperatus di Linneo, è ben diverso dal- l’agaricus acris di Bulliard, descritto dai citati autori, sotto il qual nome, come ho sopra avvertito, comprese il Bulliard il vero agaricus piperatus di Linneo, l’exsuccus 292 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXVII AGARICUS CONTROVERSUS pi PR Fig. I. Individuo appena sbucciato dal terreno, verticalmente spaccato. Fig. II. Individuo ad un maggior grado di di veduto pel di sotto. Fig. INI. Individuo dell'età circa del precedente, verticalmente spaccato. Fig. IV. Altro individuo vicino al suo perfetto sviluppo, an- ch’esso verticalmente spaccato ; a zone marginali concentriche del parenchima, dalle quali hanno origine le fasce circolari della superficie del cappello. Fig. V. Individuo perfettamente sviluppato, conformato ad imbuto, e munito di un gambo cortissimo, e quasi laterale; 4 strato cereo-farinoso , che circonda l’apice del gambo, osserva- bile anche nella fig. II; c zone, o fasce concentriche, che oc- cupano i margini del cappello, visibilissime in ispecie nell’età de- crepita del fungo. di Ottone ed il controversus di Persoon. Sappia di più che egli stesso scambiò il pipe- ratus coll’exsuccus, come rilevasi dalla descrizione e dalla figura che ne diede ; e confuse coi tre anzidetti agarici, piperatus, exsuccus e controversus , l’agaricus acris del Bolton e del Persoon, avendo citato come sinonimo dello stesso l’agaricus acris di Bulliard , dei Lamark e De Candolle, del Bayle-Barelle , ec. AGARICUS EMETICUS ScaÙaere. Pileus subcarnosus, compactus, rosco-sanguineus, margine demum striatus. Lamellae latae, subaequales, albidae, vel flavescentes. Stipes firmus, plenus, albidus. Fungus esculentus, pileolo pulvinato desuper rubro, subtus lamellis et breviori pediculo albis. Mich., Gen., pag. 155, n.° 3. Omphalomyces margine coccineo. Batt., Arim., tab. 12, fig. F, et Omphalomyces coccineus. Ejusd., tab. 15, fig. E. Agaricus emeticus. Schaeff., tab. 15, fig. 1, 2, 3. — Pers., Syn., pag. 439. — Fries, Syst., pag. 56 (excl. plur. syn.). — FI. Dan., tab. 1009, fig. 'r. — Roques, Hist. , tab. 11, fig. 1. Agaricus pectinaceus. Bull., tab. 509, fig. T, U (optime). — D.C., Fl. Fr. 2, pag. 139 (ad part.). Agaricus rosaceus. Pers., l. c. (ex Bull. cit. icone). Hypophyllum Russula. Paulet, Trait,, tab. 75, fig. 6, 7, 8. Pileus convexo-umbilicatus, actate demum infundibuliformis , marginibus inaequalibus, undulato-repandis, epidermide tenui, hu- mida, subviscosa, pellucida , fragili vestitus. Ejus color carneus , roseus, sanguineus , ruber vel, in individuis luce orbatis, omnino albido-cereus. Lamellae subventricosae , postice attenuatae , subdi- stantes, venoso-connexae, utplurimum simplices, lamellulis perpaucis immixtis, nonnullae interdum furcatae, nitidae, nunc niveae, nunc flavescentes. Sporidia, juxta lamellarum colorem, nunc albida, nunc pallidissime ochracea. Stipes longitudine et crassitie varius, teres , subacqualis, albidus, rubellore vario pictus, intus non admodum spongiosus. Caro pilei et stipitis initio dura, compacta, nivea, rupta vel secta demum albido-lutescens. Odor peculiaris, propriam acre- dinem jam a priori patefaciens, sapor acris, subamarus. In quer- cetis, camporum versuris, etc., hinc inde frequens, aestate, autumno. Obs. Caro pilei, in vivo fungo, qualibet de caussa epidermide denudata, colorem sacpe vivide rubrum, ejusdem cpidermidis brevi assumil. AGARICO EMETICO petto Scuarrren Appartiene alla sezione Aussula di Persoon. 38 294 DESCRIZIONE. L’agarico emetico, perfettamente sviluppato (Tav. XXXVIII, fig. I, B), ha il cappello orbicolare, discretamente ampio, con- vesso e solcato nei margini, scavato e liscio nel disco. Il suo colore, almeno negli esemplari da me finora osservati, non è gran fatto incostante, variando dal rosso pallido o carnicino, al rosso intenso di sangue o di cinabro, a norma dell’ esposizione. Gl’individui cresciuti sotto le foglie cadute, e privati per con- seguenza in parte od in tutto del libero influsso della luce, hanno il cappello ora parzialmente, ora totalmente bianco. La sua epidermide è sottile, umida, vischiosetta, specialmente negl’in- dividui appena sbucciati dal terreno, pellucida, fragile, difficil- mente sollevabile dal sottoposto parenchima. Le lamelle pan- ciute anteriormente, ristrette invece verso il centro del cappello, non troppo numerose, connesse superiormente da pieghe tra- sversali, di colore ora bianco, ora biondeggiante, nitide, per lo più semplici, «li rado frammischiate con qualche lamella forcuta. Le lamellette scarse e posteriormente arrotondate. Il gambo per lo più corto, sodo, pieno, bianco o leggermente tinto all’esterno del color del cappello. La carne tanto del cappello che del gambo soda, non però molto abbondante, di color bianco roseo ver- gente in seguito, specialmente se rotta o tagliata, al bianco gial- liccio. Negl’individui viventi, la carne del cappello, spogliata del- l'epidermide per la morsicatura degli animali, o per qualsivoglia altra causa, assume in poco tempo il colore non di rado vivis- simo dell'epidermide stessa. SVILUPPO. Lo stesso dell’agarico rosso. Il suo cappello, in origine di co- lor bianco-cereo ed alquanto vischioso, non presenta che tardi, come avviene della maggior parte delle Rossole, i margini stria- ti. Le sue lamelle sono da principio alquanto arcuate, e di co- lor bianco-innacquato, ma, col progresso dell’età, prendono in alcuni individui una leggier tinta biondeggiante, che viene loro comunicata dal colore ocraceo estremamente languido della 295 polvere seminale. Ordinariamente però esse si conservano bei che anche nel fungo adulto, e bianca è pure in questo caso la polvere seminale. Dopo l’emissione dei semi, i margini del cap- pello si rialzano e si ripiegano irregolarmente verso il disco, il suo bel colore a poco a poco impallidisce, e tutto il fungo in- fine si discioglie. L’agarico emetico chiamasi dai Toscani Rossola ordinaria; vol- garmente /ossetto, Colombina rossa, nomi che si danno in ge- nerale a tutte le Rossole di simil tinta fornite. I Francesi lo chia- mano, unitamente ad altre specie, agaric à dents de peigne, ed i Tedeschi, per le sue qualità emetiche, Speyteufel ( Schaeff.). Cresce quest’agarico ora solitario , ora in famiglie nei boschi ordinariamente di quercie e castagni. Non è tanto comune presso di noi come lo vogliono alcuni micologi; vi sono però dei iuo- ghi determinati ove esso si svolge abbondantemente e si ripro- duce senza interruzione per mesi intieri. Tali sono le selve del Rotone presso Pavia, ed alcune costiere e boschetti dei contor- ni di Milano. Vegeta dal principio di giugno sino alla metà di novembre. INDOLE E QUALITA SENSIBILI. V’hanno tra i botanici ed i tossicologi grandi discordanze sull’indole di questo fungo. Krapf, avendolo esperimentato so- pra sè stesso, ci assicura che nè la bollitura, nè il diseccamento diminuiscono punto la sua matura deleteria. In queste sue ri- cerche, come asserisce il Persoon (Champ. com., pag. 225), corse egli pericolo di perdere la vita, e non seppe meglio rime- diare al malfatto che ricorrendo all’emetico, e soprattutto be- vendo una quantità d’acqua freschissima. Anche il signor Roques (Hist. des champ. , pag. 83), avendo assaggiato un piccolo pezzo di quest’agarico crudo, provò dopo un'ora circa dei dolori allo stomaco accompagnati da nausee. Dietro l’uso d’un bicchiere d’acqua freschissima i dolori si fecero più forti, le nausee più frequenti, e questi accidenti non cessarono che dopo l’eva- cuazione del fungo, che egli stesso si procurò col titillare le fauci. — Paulet all'incontro, avendo ripetutamente esperimen- 2096 tato quest istesso fungo sugli animali, non vide produrre in loro alcun effetto sensibile (1). I risultati diametralmente opposti di queste esperienze, m'in- dussero tosto a tentarne delle nuove. Assicurato quindi dell’i- dentità della specie, almeno per quanto io credo, dietro i ca- ratteri indicati dal Persoon e dal Fries, cominciai a sommini- strarlo cotto ed a piccole dosi a diversi cani. Questi lo mangia- rono avidamente, nè diedero alcun indizio di patimento. Au- mentai ne’ giorni successivi la dose, ma egualmente senz’effetto. Temendo allora che mediante la cottura perdesse il fungo, con- tro ciò che vide Krapf, la propria forza nociva, lo diedi loro crudo. Ma neppure per tal modo operando, avendone aumeutata la dose sino alle dodici once (30 e più individui), non potei osservare in essi alcun segno di sofferenza. Non contento di tutto questo, e sospettando ragionevolmente, dietro le esperienze del Krapf e del Roques, che questo fungo potesse esser nocivo al- l’uomo e non agli animali, ho voluto anch'io sperimentarlo su di me stesso. Cinque individui di mezzana grandezza, mondati delle impurità e fritti con burro, olio d'ulivo, prezzemolo e sale, costituirono la dose da me prescelta per l’esperimento. La cottura non aveva loro levato totalmente nè l’acredine, nè V’a- maro, e, sebbene ottimamente cucinati, erano per sì fatto sa- pore ingratissimi al palato. Ciò non pertanto la digestione si è fatta normalmente, e ad eccezione d’un leggier senso di peso allo stomaco, accompagnato da frequenti rutti, ciò che devesi attribuire piuttosto al particolar modo di preparazione anzichè alla natura del fungo, non provai, durante la stessa, alcun notabile incomodo. Mi assicurai infine della sua innocenza, allorchè lo vidi cogliere in parecchi siti dai villici, unitamente ad altre Rossole, ed a proprio uso destinarlo (2). Egli è perciò probabilissimo che non tutti i sullodati autori abbiano esperimentato lo stesso fungo. (1) Donnée aux animaux plusieurs fois, elle ne produit aucun effet sensible. — Tous (le Rossole) sont d'un effet nul sur les animaux. Paulet, Champ., pag. 178-79. (2) E veramente esso dev'essere d’uso comune anche in Toscana, come chiaramente rilevasi dal titolo d’esculentus applicatovi dal Battarra (1. c., pag. 36, 37), nè è da supporsi che tra i molti funghi descritti dal Micheli alla pag. 155, n.° 3, 5, 6, 7, 8, 9; ec., sotto il nome di Rossole, e tutti: dichiarati esculenti, nessuno ve n’abbia che spetti all’agarico emetico degli autori, fungo, al dire degli stessi, oltremodo comune. 297 — Siccome però non è fuor del caso che altre specie di Ros- sole, e di natura puranco micidiale esistano, oltre le già descritte e conosciute, e sapendosi d’altronde che il più piccolo abbaglio in simile materia potrebbe costare la vita a chi lo commette; sarà prudente cosa l’astenersi assolutamente da tutte le specie di questa famiglia di sapor acre fornite (essendo questo uno dei caratteri dell’ Emetico ammesso da tutti gli scrittori), a meno che una esatta conoscenza, e l’uso comunale delle stesse, che vale ben più degli esperimenti (1), non ci metta al sicuro di qualunque danno. L’agarico emetico, masticato crudo, ha un sapore acre, amaro disgustosissimo, che non si dissipa nemmeno dietro la miglior cuocitura. L'odore nel fungo fresco è appena sensibile, nell’essic- cato invece è forte e piacevole. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Prescindendo dall’ agaricus sanguineus, del quale terrò in se- guito discorso, le specie che potrebbero in qualche modo con- fondersi coll’agarico emetico sono l’agarico etero-fillo e l’agarico rosso. Il primo però ha le lamelle costantemente ineguali ed i bordi del cappello lisci; il secondo ha le lamelle costantemente colorate e quasi sempre eguali. E sì l'uno che l’altro poi essen- zialmente da quello distinguonsi pel sapore mite e piacevole della Ioro carne. ICONOLOGIA. Le figure che meglio convengono coll’agarico da me descritto sono quelle delineate alle lettere T, U della tavola 509 dell’o- (1) L’agaricus melleus Wahl (’4ypoph. polymyces Paul.), l’agaricus strobiliformis Nob. (Rypoph. pellitum et strobiliforme Paul.), il boletus luteus Linn. (tubiporus anulatus Paul.) vengono , dietro gli esperimenti del Paulet, giudicati velenosi dalla maggior parte de’ micologi; eppure le prime due specie sono d’uso comune presso di noi, come ho a suo luogo dimostrato, e la terza mangiasi pure in Germania, come rile- vasi dall'opera dello Schaeffer, e come ognuno può convincersi osservando il grande consumo che si fa della stessa dai militari tedeschi stazionati, al tempo delle mano- LI vre, nelle brughiere di Gallarate, ove è comunissima. 208 3 pera del Bulliard. Commendevoli sono pure, sebbene mancanti di strie sui margini del cappello, le figure 6, 7 e 8 della tavola 75 del Paulet. Le figure del Roques, delineate nella tavola 11 dell’ZZistoîrre des Champignons, sono poco soddisfacenti, ed ap- partengono probabilmente a specie differenti. Migliori sono quelle della Flora Danica (tav. 1009, fig. 1) rappresentanti due indi- vidui giovinetti. Le figure 1, 2 e 3 della tavola 15 dello Schaef- fer, le sole riferibili a questa specie, e precisamente alla varietà colle lamelle biondeggianti, sono piuttosto cattive. Le figure in- fine del Bolton, citate sotto questa specie dal Fries, spettano in parte all’agaricus sanguineus di Bulliard, in parte all’ agarico eterofillo. SINONIMIA. Questo fungo confusamente indicato da molti antichi scritto- ri, venne, unitamente ad altre specie di questa sezione, descrit- to sotto il nome d’agaricus integer dal Linneo, d’agaricus emeti- cus dallo Schaeffer, e d’agaricus pectinaceus dal Bulliard. Persoon nella sua Syropsis, ritenendo il nome dello Schaeffer , ne pre- cisò meglio i caratteri. Fries nel suo Systema mycologicum riunì alla specie Persooniana, sotto l’istesso nome d’agaricus emeticus, l’agaricus cyanoxanthus e virescens dello Schaeffer appartenenti senza dubbio all’agarico eterofillo (ag. furcatus Fr.), e l’agaricus ochroleucus del Persoon appartenente probabilmente all’agaricus sanguineus di Bulliard. Molti altri micologi seguirono il suo esempio. 299 AGARICUS SANGUINEUS Butr. Pileus compactus, margine constanter laevis. Lamellae subfurca- tae, albidae. Stipes firmus, intus plenus, gruntoso-compactus, albidus, Agaricus emeticus pileo coccineo, lamellis albis, petiolo rubello. Schaeff., tab. 15, fig. 4 (optime). Agaricus sanguineus. Bull., Champ., tab. 42. — Roques, Hist, tab. 12, fig. 1. Agaricus ruber. De Candolle, Fr. 2, pag. 140. — Fries, Syst. 1, pag. 58. — Roques, Phyt. méd., tab. 5, fig. 2. Agaricus ochroleucus? Persoon, Syn., pag. 443. Agaricus integer. Bolton, Fung., tab, 1, fig. infer. Agaricus sylvaticus. Lamark, Fl. Fr. 1, pag. 106. Amanita rubra. Ejusd., Dict. 1, pag. 105. Statura agarici emetici. Pileus rotundatus, convexo-explanatus, centro demum depressus ac subinfundibuliformis. Epidermis sicca, opaca, nunquam viscosa, coloris interdum albido-rufescentis, ple- rumque tamen rubro-sanguinei seu cinnabarini, circa pilei mar- gines aliquantisper retracta, fragilis, nec facile secedens. Lamellac postice attenuatae, subacutac, venoso-connexae, fragiles, albidae, cx- succae (easiccatione flavo-cinereae ) , confertiusculae, partim sim- plices, partim furcatae, nec desunt interdum lamellulae. Sporidia sordide albida. Stipes subaequalis, solidus, durissimus, albus, in- terdum pallide rubens, vel rubro-striatus. Caro totius fungi albi- do-azzurrea, dura, non admodum fragilis, exsucca, cultro inimica, a reliquis abunde distincta. Odor debilis, sapor nauseosus, subacris, amarus. In sylvis quercinis haud frequens, aestate, autumno. Non esculentus. AGARICO SANGUIGNO pi Butrtiarp. Appartiene alla sezione Aussula del Persoon. DESCRIZIONE. L'’agarico sanguigno, perfettamente sviluppato (Tav. XXXVIII, fig. II, E), offre i seguenti caratteri: Cappello piuttosto rego- lare, piano-convesso, leggermente depresso nel centro, e costan- 300 temente liscio nei margini. Epidermide grossetta, opaca, non stac- cabile che a brani dalla carne sottoposta, ritirata alquanto in corrispondenza dei margini del cappello, ove scorgesi di frequente a nudo l’estremità anteriore e superiore delle sottoposte lamelle, asciutta, non mai vischiosa, comunemente di color rosso sanguigno intenso o di cinabro, tal fiata di color pallido rosseggiante 0 d’ontano. Lamelle piuttosto numerose, dilatate anteriormente, ri- strette posteriormente, connesse in alto da scarse pieghe trasver- sali, intiere nel margine libero, e talor anche colorate di rosso all’estremità anteriore del margine istesso, fragili, asciutte, alcune semplici, altre forcute, con qualche lamelletta qua e là senza norma alcuna dispersa. Gambo per lo più corto, cilindrico, duro, sodo, compatto, pieno, di color bianco segnato ordinariamente di macchie o strisce sanguigne più o meno risentite. Carne tanto del cappello che del gambo di color bianco azzurrognolo, di tes- situra particolare grumoso-compatta, non fragile, ma stopposa e che si lascia diflicilmente intaccare dal coltello. SEVEIIEIUBPSPIO: Nel suo primo sviluppo l’agarico sanguigno non diversifica dalle altre Rossole; giunto a maturanza, spande un’abbondantissima polvere seminale di color bianco sordido. Il gambo quindi si vuota più o meno nel centro pel ristringimento della carne, il cappello si conforma ad imbuto (v. Bull., 1. c.), e tutto il fango, se non viene interamente corroso dai vermi che ne vanno ghiotti, termina col diseccarsi, a meno che la stagione non sia sover- “chiamente umida o piovosa. Quest’agarico non ha alcun nome italiano o vernacolo. I Fran- cesi lo chiamano Agaric sanguin, ed i Tedeschi der Speyteufel ( Schaeff. ), nome che esso ha comune coll’agarico emetico. Cresce questo fungo solitario lungo le costiere e lateralmente ai viottoli dei boschi, in vicinanza d’antiche querce o castagni, nell’estate e nell'autunno. Non è molto comune, sebbene sia sparso in varj luoghi tanto della provincia milanese che della provincia pavese. nentiternme nen." a 301 INDOLE E QUALITA’ SENSIBILI. Se si dovesse dalle qualità sensibili, come avvertono parecchi micologi, giudicare dell’indole di un fungo, non si esiterebbe certamente a classificare l’agarico sanguigno fra le specie più perniciose di questo genere. La sua carne infatti, masticata cru- da, è dura, stopposa ed ha inoltre un sapore acre, amaro, dis- gustoso, che si mantiene anche dopo la miglior cuocitura. Ciò non pertanto dagli esperimenti, tentati a questo proposito sui cani, non si ebbero risultati diversi: da quelli che si ottennero coll’agarico emetico (vedi la pag. 295.). E sebbene gli animali, ai quali l’ho fatto. ingoiare a dosi considerabili e replicatamente, mostrassero in ultimo una certa ripugnanza per sì fatto cibo, non fui però mai costretto di farglielo ingolare forzatamente. Per cui è ragionevole il credere che il solo ingrato. sapore » non già l’idea risvegliata in loro d’una preceduta sofferenza per parte del fungo istesso, fosse la causa di una tale ripugnanza. Del resto anche per riguardo a questa /tossola, generalmente con- fusa coll’Emetico, e per conseguenza con esso lui proscritta dal novero de’ funghi esculenti, non trovasi negli scritti di mi- cologia alcun fatto positivo che autentichi la sua azione nociva sull’animale economia. L’odore nel fungo fresco è appena sensibile, nell’essiccato in- vece è gratissimo, e sente di farina di fresco macinata. Durante l’essiccazione non perde gran fatto il fungo nè di forma nè di volume, come avviene della maggior parte delle Rossole, e le sue lamelle prendono un colore cenerino. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Fra le varie specie di questa famiglia quella che più facil- mente potrebbe confondersi colla presente si è l’agaricus emeticus di Schaeffer. La maggior parte infatti degl’individui di questa specie hanno egualmente il cappello di color rosso-sanguigno, ed il gambo macchiato o strisciato più o meno dello stesso co- lore. Avvertasi nondimeno che il cappello dell’agarico emetico, allorchè sia bastantemente sviluppato, è sempre striato nei mar- sa 302 gini, mentre quello dell’agarico sanguigno non lo è mai. Di più le lamelle dell’agarico emetico, sebbene di leggieri ineguali, non sono che di rado forcute, mentre quelle dell’agarico sanguigno lo sono quasi costantemente. ICONOLOGIA. Pochissime sono le figure che si possedono di questa spe- cie. Le migliori tra queste sono quelle della tavola 42 del Bul- liard, e quella disegnata nella tavola 15, fig. 4 dello Schaeffer. Le figure del Roques non ne presentano di troppo l'abito; e quella del Larber (op. cit., tav. 18, fig. 7), disegnata colle lamelle trascorrenti, è affatto erronea. SINONIMIA. Quest’agarico, accennato già dallo Schaeffer, e con altre specie di Rossole confuso, sotto il titolo d’agaricus emeticus, venne de- scritto per la prima volta dal Bulliard, come specie distinta, sotto la denominazione d’agaricus sanguineus, che Ventenat accomunò in seguito coll’agaricus pectinaceus (v. Bull., Champ., pag. 599). De Candolle, nella Flora Francese, lo sceverò di bel nuovo chia- mandolo agaricus ruber; e questo nome sebbene di data posterio- re a quello assegnatogli dal Bulliard, ed applicato già dallo Schaef- fer ad altra specie di questa famiglia (v. agar. ruder Schaeff), fu adottato dal Fries, e ricevuto in seguito dallo Sprengel, dal Che- vallier, e da pressochè tutti i micologi moderni. Roques lo chia- mò agaricus ruber nella Phytographie médicale, ed agaricus san- guineus nell’Zistoîre des Champignons com. Persoon nella Synopsis confuse probabilmente questa specie col suo agaricus rosaceus, nè è inverosimile che l’agaricus ochroleucus dello stesso autore ap- partenga alla varietà giallo-pallida dell’agarico in discorso. 303 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXVII Fig. I AGARICUS EMETICUS Scnuaerr. A. Individuo giovinetto verticalmente spaccato ad oggetto di far vedere la forma e la disposizione delle lamelle. B. Individuo perfettamente sviluppato col cappello avvallato nel centro, e coi margini dello stesso rialzati, ondeggianti, e sen- sibilmente solcati. C. Individuo adulto della varietà colle lamelle biondeggianti, verticalmente spaccato onde far vedere la forma delle lamelle e delle lamellette, la natura e lo spessore della carne. Fig. II AGARICUS SANGUINEUS Burr. D. Individuo sbucciato da poco tempo dal terreno. E. Individuo perfettamente sviluppato , col cappello alquanto irregolare, leggermente infossato nel centro, ed affatto liscio nel margine. F. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spac- cato ad oggetto di far conoscere la forma delle lamelle, la na- tura e lo spessor della carne. AGARICUS PANTHERINUS DC. Pileus convexo-explanatus, margine striatus, velo tenui, in ver- rucas minutas niveas soluto, vestitus. Lamellae albidac, confertae, lamellulae postice truncatae. Stipes albus, farctus, anulatus , bul- boso-marginatus! Volva fugacissima. Fungus e volva erumpens pileolo desuper ex obscuro griseo, ad oras striato, ete. Mich., Gen.., pag. 189; n.° 2. Agaricus maculatus. Schaeff., tab, go. Agaricus pantherinus. DC., FI. Fr. 6, pag. 52. — Fries, Syst. 1, pag. 16. Agaricus verrucosus. Pers., Comment. , pag. 36. — Roques, Phyt. méd., tab. 11. Agaricus fuliginosus , herpeticus et cinereus! Ejusd., Hist., tab. 20, fig. 2, 3, et tab. 27, Wg., 29: i Agaricus bulbosus? Ball., tab. 577, fig. E, F. Amanita umbrina. Pers., Syn., pag. 254. Hypophylum margaritiferum. Paul., tab. 160 , fig. 1, 2. Agarico muscario summopere affinis. Pileus subcarnosus , hu- midus, subviscosus, obsolete striatus, epidermide pellucida , tenui vestitus; ejus color variat fuligineus, fuscus, lividus, subspadiceus, castaneus, cinercus, albidus. Verrucae confertae, granuloso-farino- sac, haud facile secedentes, regulariter interdum dispositae. La- mellae tenues, postice attenuatae, margine subdenticulatae, aquoso- albidae. Stipes candidus, subcylindricus, apice tantillum dilatatus, actate cavus, sed floccis veluti gossypinis refertus, basim versus subsquamulosus, ac anulo interdum spurio, e cortice diffracto ef- formato , cinctus. Anulus membranaceus, tenuis, supra striatus, margine libero crassiori fimbriatus , nunc amplus , nunc parvus, subfugax , vel omnino cum stipite concretus uti in agarico vagi- nato. Bulbus rotundatus, marginatus, candidus, granulatus, ocreae ad modum, margine suo obtuso , crassiusculo , subreflexo , stipitis basim circumdans. Caro totius fungi nivea, humida, mollis, circa stipitis ambitum subfibrosa, aquoso-variegata. Odor subnauseosus, sapor haud ingratus. Abunde in sylvis autumno praesertim serio- ri. Venenatus. 305 AGARICO PANTERINO pi DC. Appartiene alla sezione Amanita di Fries, ed alla suddivisione delle Zigrose del Micheli. DESCRIZIONE, L’agarico panterino, giunto a perfetto sviluppo ( Tav. XXXIX, fig. VIT), presenta i seguenti caratteri: Cappello piano-convesso o leggermente avvallato nel disco, coi margini appena sensibil- mente striati, coperto di piccole verruche candide, fioccoso-fa- rinose, di forma indeterminata e più o meno adese alla sottopo- sta epidermide, la quale è sottile, umida, vischiosetta, pellucida, facilmente sollevabile, di tessitura omogenea gommoso-gelatinosa, e di colore non molto variabile, fosco-olivaceo o fuliggineo-li- vido, vergente ora al bianco, ora al marronato. Lamelle piuttosto sottili, numerose, di color bianco innacquato, denterellate nel mar- gine libero, posteriormente ristrette ed alquanto rimote dall’apice del gambo; lamellette poco numerose , posteriormente tronca- te (ivi, 7). Gambo candido, dilatato nell’apice, leggermente e gra- duatamente ingrossato verso la base, ove termina con un bulbo considerabile, tondeggiante, granuloso, limitato superiormente da un orlo saliente ed ottuso, formato in parte dai margini della volva, in parte dalla buccia del gambo istesso circolar- mente staccata, e leggermente piegata all’esterno (fig. VI, f). Anello sottile, membranaceo, egualmente candido, superiormente striato, inferiormente liscio , col margine libero tumido e fran- giato-lacero. Carne del cappello poco considerabile, bianca omo- genea; quella del gambo egualmente candida, fibrosa, sparsa di macchie innacquate verso la circonferenza (fig. V, e), cotonoso- molle, e più o meno fugace nel centro. SVILUPPO. L’agarico panterino non differisce per nulla nel suo sviluppo dall’agarico moscario. L'anello, a norma che abbandona più o meno prontamente i margini del cappello, rimane ora intera- 306 mente adeso alla superficie del gambo, come nell’agarico vagi- nato, ora soltanto parzialmente svolto, e perciò apparentemente inserito, fuori dell’ordinario, verso la base dello stesso (1). Ac- cade pure qualche volta di vederlo totalmente disciolto dal gam- bo, e pendere a brani dagli orli del cappello (2). Oltre all’anello osservasi non di rado in questa specie, verso la base del gambo, ed a poca distanza dal bulbo (fig. IV, d), un orlo più o meno rilevato e regolare, formato dallo scioglimento eircolare della buccia del gambo istesso. Dalla lacerazione della corteccia hanno pure origine i ricei e le squamette che coprono in alcuni indi- vidui tutta la superficie del gambo sottoposta all’anello (fig. VI, g). Pervenuto il fungo ad età perfetta, emette da tutta la superficie lamellare un abbondante polviscolo seminale di eolor bianco. Poco dopo la sua carne sammollisce e si discioglie tramandando un odore fetidissimo. L’agarico panterino chiamasi dai Toscani Zîgnosa bigia, ri- gata; volgarmente Fung parnigaa. 4% Cresce solitario nelle selve uggiose di querce e castagni, lungo le costiere, i margini delle vigne, ec. È uno dei funghi più comuni di questa sezione, e vegeta ordinariamente in autunno avanzato. INDOLE E QUALITA SENSIBILI L’agarico panterino non si scosta gran fatto siccome nelle forme, così anche nell’indole, dall’agarico moscario. Alcuni anni sono nella provincia pavese un'intera famiglia venne avvelenata da questo fungo preso grossolanamente in iscambio coll’agarico escoriato. I sintomi che presentavano gli ammalati che lo ingoia- rono erano presso a poco quelli stessi che si osservano nell’av- velenamento prodotto dal morso della vipera, cioè una estrema debolezza accompagnata da ansietà e da frequenti svenimenti, delirio alternato con uno stato di profondo stupore, freddo nelle (1) Datur quoque varietas non minus memorabilis, ubi anulus, a loco consueto remo- tus, ad stipitis basim fere est insertus. Pers., Syn., I. c. (2) Le pedicule est dépourvu de collier ; celui-ci reste adhérent sous la forme de po tits lambeaux au bord du chapeau. DC. , FL Fr., l. c. CS 307 estremità, polsi piccoli ed appena sensibili, ec. L'emetico som- ministrato poco dopo la comparsa dei suddetti sintomi, ed in seguito l'ammoniaca tolsero quegli infelici dall’estremo pericolo che loro sovrastava. Fatto ingoiare forzatamente questo fungo agli animali, essi lo rigettano prontamente, e non ne soffrono alcun danno. L’agarico panterino, masticato crudo, ha un sapore dolciastro non affatto disaggradevole. Il suo odore è debole e nauseoso. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. La specie che ha la maggior somiglianza di forme coll’agarico panterino si è, come ho già altrove avvertito , l’agarico mosca- rio. I caratteri che la distinguono sono: il volume ordinaria- mente maggiore ; il colore del cappello per lo più rosso o ran- ciato, quello delle verruche del gambo e dell’anello spesse volte cedrino; il bulbo del gambo di rado marginato. La specie in- vece che più gli si avvicina nel colore e nella grandezza si è Vagaricus asper di Fries. Questa però ha, a differenza di quello, i margini del cappello ordinariamente lisci; le verruche giallo- gnole e di forma bene spesso determinata; le lamelle posterior- mente arrotondate, non troncate; il gambo infine ordinariamente pieno, appena sensibilmente bulboso, e del colore, come lo è pure lanello, delle sopraccennate verruche. ICONOLOGIA. L’agarico panterino trovasi egregiamente delineato nella tavola 21, fig. 2 e 3 dell’Mistoîre des Champignons del Roques. Le fi- gure 2 e 3 della tavola 20 di quest’istessa opera, sebbene non striate nei margini del cappello, e quelle della tavola 11 della Phytographie médicale di quest’istesso autore, sono pure commen- devoli. Anche la figura terza della tavola go dello Schaeffer ne presenta perfettamente l’abito ed i caratteri; le altre figure di questa tavola sono più o meno difettose. Inferiori a tutte sono le. figure della tavola 160 del Paulet. 308 SINONIMIA. Questo fungo, che non era ignoto agli antichi botanici, venne descritto per la prima volta, cred’io, dallo Schaeffer, siccome specie distinta, sotto il nome d’agaricus maculatus. Persoon in seguito, nei commentarj all’opera dello Schaeffer, lo chiamò aga- ricus verrucosus, e nella Synopsis amanita umbrina. De Candolle nel supplimento alla Flora francese descrisse di nuovo questo fungo, che egli avea anteriormente confuso coll’agarico viroso e colla varietà cedrina dell’agarico cedrino o bianco, sotto il ti- tolo d’agaricus pantherinus. Questo nome, sebbene di data molto posteriore a quello dello Schaeffer, venne adottato poscia dal Fries e da altri micologi. Recentemente il signor Roques descrisse e figurò alcune sem- plici forme di questo fungo, siccome specie affatto distinte e non per anco conosciute, sotto i nomi di agaricus verrucosus ( Phyt. med. ), fuliginosus, herpeticus e cinereus (Hist., 1 c.)!! L’hypophyllum margaritiferiim. del Paulet, e probabilmente anche l’agaricus muscarius del dottor Alberti (v. pag. 39) ap- partengono alla specie in discorso. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXXIX, AGARICUS PANTHERINUS DC. Fig. I. A Individuo ancora rinchiuso nella volva, B lo stesso verticalmente spaccato; @ velo, che ricuopre il cappello del pic- colo germe, affatto distinto dalla volva. Fig. II. Individuo, verticalmente spaccato, disegnato nell'epoca in cui il cappello, coperto dal velo, esce dalla volva. Fig. III. Individuo un po’ più sviluppato del precedente, an- ch’esso verticalmente spaccato; 4 unione del velo coll’anello. Fig. IV. Individuo molto più sviluppato del precedente, ma coi bordi del cappello tuttora aderenti all’anello ; c lembo in- ferior dell’anello coperto dei rimasugli del velo; d specie d’a- nello spurio che circonda la base del gambo ad una certa di- 30 stanza dal bulbo, formato dal laceramento circolare della Die cia del gambo. Fig. V. Individuo un po’ meno sviluppato del precedente, verticalmente spaccato; e macchie di color bianco innacquato, che osservansi nello spessore della carne che costituisce l’astuccio midollare del gambo. Fig. VI. Individuo disegnato nell’epoca in cui l'anello staccasi dai bordi del cappello ; f margine superiore del bulbo che a guisa d’ocrea circonda la base del gambo; g varie squame ric- ciute, disposte in serie circolari, formate dal laceramento della corteccia del gambo. Fig. VII. Individuo adulto d’una grandezza considerabile, ver- ticalmente spaccato; 4 anello appena sensibile, ed apparente- mente inserito verso la metà circa del gambo; è estremità po- steriore, come troncata, d’una lamelletta. ho AGARICUS LEUCOTHITES Nor. Candidus. Pileus leviter umbonatus, epidermide tenui, circa mar- gines in fibris velutinis soluta, vestitus. Lamellae approximatae. Stipes laevis, subbulbosus , anulo parvo , soluto cincius. Volva haud visibilis. . Agaricus ermineus? Fries, Syst. 1, pag. 22. Agaricus bulbosus! Alberti, Del modo di conoscere i funghi mangereccì , ete., tab. # (descriptio erronea ). Pileus carnosus, initio globoso-elongatus, subcylindraceus , de- mum subexcavatus , disco interdum dilutissime rufescens. Epider- mis subcontinua, sicca, mollis, granuloso-farinosa, facile secedens, sed cum notabili carnis laceratione. Lamellae confertae (120 et ultra), aquoso-albidae, tenues, ventricosae, utrinque obtusae, mar- gine libero subsinuoso ac minutissime crenulato, postice circa col- larium filiforme, stipitis apicem ambiens, insertae ; lamellulae pa- rum numerosae (1-3), postice inaequaliter rotundatae. Sporidio- run color albus! Stipes 2, 3 pol. longus, 4,5 lin. crassus, sub- Plexuosus, subaequalis, vel clavae ad normam circa basim. incras- satus, nunquam vero bulboso-marginatus, apice a pileo subdiscre- tus ac facile separabilis, intus cavus, et medulla floccoso-araneosa farctus. Anulus erectus, supra minutissime striatus, margine eaterno sive pileari crasso, fimbriato-lacero, mobilis, ac interdum pilei mar- ginibus ex integro adfixus. Caro stipitis-fibroso-compacta , succu- lenta, rigida, fragilis; pilei contra floccoso-mollis , subexucca. Odor fungi paeculiaris ; sapor ingratus , subacris, subnauseosus. Ubique in pratis siccioribus, vineis, ad latera viarum , etc. Au- tumno. Esculentus. Obs. Lamellae , omnino albidae, in fungo cexoleto vel e terra avulso colorem pallide roseum aut carneum assumunt; hinc fa- cile in hoc statu cum agarico campestri vel exquisito commu- tari potest. 31t AGARICO LEUCOTITE. Appartiene alla sezione Lepiota di Fries. DESCRIZIONE. L’agarico leucotite, perfettamente sviluppato (Tav. XL, fig. IV), ha un cappello di grandezza mediocre, piano-convesso o leggermente avvallato nel disco, con papilla centrale poco pro- minente, e coi margini frangiato-laceri, sorpassanti di qualche li- nea l’estremità anteriore delle lamelle. La sua epidermide è piut- tosto sottile, asciutta, morbida al tatto, facilmente sollevabile , ma con notevole lacerazione del parenchima, intiera e come fa- rinosa nel disco, divisa invece in fili sericeo-cotonosi, e qualche rara volta sciolta in minute squamette in corrispondenza dei margini. Il suo colore ordinario è il bianco più o meno candi- do; talora però essa prende una leggerissima tinta d’ontano, o di foglia morta, la quale va gradatamente scemando dal centro alla periferia. Le lamelle fitte, sottili, di color bianco innacqua- to, ottuse ad ambe le estremità, leggermente sinuose ed appena sensibilmente intaccate nel loro margine libero, appressate po- steriormente al gambo, e terminate ai contorni di una specie di collare od orlo filiforme che circonda la sommità del gambo istesso (fig. V, c). In qualche raro caso le lamelle si anastomizzano tra loro più o meno sensibilmente prima d'inserirsi nel suddetto orlo. Le lamellette poco numerose, coll’estremità centrale inegual- mente arrotondata, talora interrotte, ed in istrana foggia congiunte colle lamelle, siccome avviene nelle Dedalee (ivi). Il gambo, li- scio, candido, dritto o leggermente flessuoso, cilindrico o gra- datamente ingrossato verso la base ove termina in una specie di bulbo più o meno sensibile a norma dell’età, ma costante- mente privo delle tracce della volva, cavo internamente, e zeppo di fili sericeo-bambagiosi, distinto e facilmente separabile dalla carne del cappello. L’anello eretto, bianco, leggermente striato superiormente, col margine esterno (aderente in origine ai bordi del cappello ) grosso e frangiato-lacero, mobile, o sia scorrevole sul gambo istesso, d’ordinario persistente. La carne che costitui- 312 sce Vastuccio midollare del gambo è soda, fibrosa, sugosa, fra- gilissima ; quella invece del cappello è molle, piuttosto asciutta e come fioccosa. Sì l’una che l’altra bianca, immutabile. SVILUPPO. L’agarico leucotite presenta nel suo sviluppo le stesse parti- colarità dell’Escoriato , e di tutti i Lepioti in generale. Il suo cappello prende poco dopo la nascita una forma ovata o subci- lindrica che conserva sin quasi all’epoca del distacco dell’anello dai bordi del cappello istesso. L’anello durante lo sviluppo del fungo abbandona l'apice del gambo, a cui originariamente ade- riva, si abbassa, e staccandosi in seguito anche dai margini del cappello rimane libero sul gambo istesso. È rimarchevole nella prima età del fungo una specie d’orlo grosso e prominente che circonda la base del cappello (fig. I, a), formato da una pro- tuberanza del margine esterno dell’anello. Sciolto il cappello dai legami dell’anello, si svolge rapidamente assumendo le ulteriori sue forme, e spandendo un abbondantissimo polviscolo seminale di color bianco. Dopo quest'epoca le lamelle prendono una leg- gier tinta rosea o carnicina (ciò che avviene egualmente stac- cando la pianta dal suolo), e tutto il fungo si discioglie e cade. L’agarico leucotite non ha alcun nome italiano; volg. chia- masi Zobbietta bianca. Cresce per lo più solitario in compagnia del Campestre, del- l'Oreade e del licoperdo piombino, nei luoghi aperti e soleg- giati, nei prati asciutti, nelle vigne, lungo i margini dei campi e delle strade campestri, fra le gramigne, ec. È molto più co- mune dello stesso Campestre, e vegeta in queste nostre provin- cie dal mese di giugno a tutto l’ottobre. USI E QUALITA SENSIBILI. L’agarico leucotite serve agli stessi usi del Pelliccione e del- l’agarico escoriato. I villici infatti dei contorni di Milano e di Pavia lo raccolgono unitamente a questi ed al Campestre, col quale ordinariamente si confonde, e lo mangiano con tutta sicu- 313 rezza. Esso non è però così grato al palato, nè così leggiero sullo stomaco come il Campestre, e come molti asseriscono es- sere pure l’agarico escoriato ed il Pelliccione. La sua carne, masticata cruda, ha un sapore disgustoso, leg- germente acre e stitico. Il suo odore è fungino particolare, ed affatto diverso da quello dell’agarico escoriato. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. La specie che più d’ogn’altra somiglia al fungo in discorso, e che potrebbe facilmente con esso confondersi, si è l’agaricus ex- coriatus Schaeff. Avvertasi però che questo ha l'epidermide del cappello divisa sempre, più o meno sensibilmente, in squame o scacchi in corrispondenza dei margini; le lamelle costantemente rimote dall’apice del gambo; ed un odore infine affatto simile a quello del Pelliccione. Il Leucotite può pure essere confuso, e lo è infatti dal volgo, con alcune varietà del Campestre, e col- l’agarico esquisito; tanto più che, come ho più sopra accenna- to, le lamelle del Leucotite prendono in date circostanze una leggier tinta rosea o carnicina. Si eviterà un simile abbaglio po- nendo mente al color progressivo delle lamelle del Campestre e dell’Esquisito, ed a quello in ispecie della loro polvere semina- le. Le lamelle infatti di questi agarici passano successivamente dal color roseo al porporino, al bruno, al nero, e la polvere se- iminale da esse emessa è costantemente fosco-porporina; quelle ‘invece del Leucotite non subiscono ulterior cambiamento, e la polvere da esse emessa è costantemente bianca. Ciò però che più importa di sapere si è che l’agarico di cui si tratta potrebbe essere sgraziatamente scambiato colla varietà bianca dell’agarico viroso, o coll’istesso agarico di primavera, specie micidialissime. Singolar prova di ciò ne offrono la collezione dei fanghi preparati colla cera dal sig. Pizzagalli, e l’opera sui funghi mangerecci e vele- nosi del dott. Alberti, nelle quali venne questo fungo, cioè l’aga- rico leucotite, specificato col titolo di agaricus 21/bosus Bull., sotto la qual denominazione comprendesi generàlmente, come ho fatto altrove osservare, l’agarico di primavera e la varietà bianca del- 314 l'agarico viroso (*). I caratteri che distinguono il Lencotite dai sopraccennati agarici sono: la totale mancanza della volva, che manifestissima e persistente scorgesi costantemente in quelli; l’a- nello mobile, eretto, e continuo, nella giovinezza del fungo, colla carne del cappello; il gambo vuoto nell’interno sin dalla nascita, e zeppo di sostanza molle, asciutta , sericeo-bambagiosa; la. su- perficie del cappello asciutta (non mai vischiosa), molle al tatto e come farinosa; l'epidermide più grossa, agevole a sollevarsi ma con notabile lacerazione delia carne sottoposta; Ie lamelle terminate posteriormente sovra una linea determinata, e di color roseo nel fungo decrepito; la carne infine asciutta, molle, co- tonosa e d’odor fungino particolare. ICONOLOGIA E SINONIMIA. Le uniche figure che si hanno di questa specie sono quelle delineate nell’opera del dottore Alberti (tav. 7) sotto il titolo di agaricus bulbosus Bull. Esse furono tratte dai modelli in cera del Pizzagalli, e sebbene alquanto difettose in ciò che risguarda le parti della fruttificazione, meritano d’essere commendate per la forma in genere e per l’abito. Confrontando queste figure colla rispettiva descrizione, concernente l’agaricus dulbosus vernus di Bulliard , compilata dal Barelle, non sì può a meno di compiangere l’estrema imperizia e la storditezza insieme dell’autore. Sorte questo fungo; dice egli, da una volva che lo inviluppa in gioventù, la quale è incompleta e persistente; e niuna delle sopra citate figure offre il minimo indizio di volva. Jolte persone perdettero la vita, soggiu- gne, per aver mangiato di questo fungo , le quali se avessero os- servato le differenze notabilissime che lo distinguono , sicuramente non lo avrebbero confuso coll’agarico campestre di Linneo; ed intanto in mezzo a sì notabili differenze egli stesso lò confonde coll’agarico in discorso, che anzi prende questo per quello. (1) Questo scambio, compatibile nelle persone del volgo che si appagano facilmente delle esteriori apparenze, riesce affatto indecoroso pér coloro che prendendo per isco- PP ’ P P P po la pubblica istruzione, dovrebbero supporsi un po’ più addentro versati nella ma- teria di cui trattano. 315 L’agaricus ermineus del Fries l. c. appartiene pure probabil- mente a questa specie, od almeno ad un fungo a questa vicinis- simo. I caratteri pei quali esso si scosta alquanto dall’agarico da me descritto sono: la sottigliezza del gambo; l’anello fisso, cioè non scorrevole sul gambo istesso, fugace; il cappello poco. car- noso; la mancanza di quella specie di collare che cinge la som- mità del gambo, ed al cui contorno terminano posteriormente le lamelle; e finalmente il sapor forte di ramolaccio. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XL. AGARICUS LEUCOTHITES Nos. Fig. I. Fungo sbucciato da poco tempo dal terreno; «a orlo circolare sensibilissimo formato dai bordi ripiegati dell’anello. Fig. II. Individuo dell’età circa del precedente, verticalmente spaccato. Fig. III. Individuo disegnato nell’epoca in cui l’anello sta per disciogliersi dai bordi del cappello. Fig. IV. Individuo perfettamente sviluppato , verticalmente spaccato; 2 anello mobile , col lembo pileare frangiato-lacero, ripiegato in alto alla guisa d’un imbuto. Fig. V. Porzione d’un individuo mostruoso, avente cioè il cappello eccessivamente carnoso, e le lamelle interrotte, ed ana- stomosate tra loro alla foggia delle Dedalee; c orlo circolare ri- levato che cinge l'apice del gambo, ed al cui contorno termi- nano le lamelle. 316 AGARICUS RUBESCENS Fairs Pileus subcarnosus, convexo-explanatus, margine laevis, velo cras- siusculo, in verrucas polymorphas, albido-rufescentes soluto, vesti- tus. Lamellae ventricosae, albidae; lamellulae postice subacutae , dentato-lacerae. Stipes farctus, anulatus, subbulbosus. Volva mar- ginata, fugacissima. Caro mutabilis, rubescens! Fungus e volva erumpers, pileolo, etc. Mich., pag. 188, n.° 5, et Fungus esculentus e volva erumpens, etc. Ibid. n.° 2. Agaricus scandicinus. Scop. Carn. pag. 417. — Picco, Meleth. tab. 2, fig. 1 (male). Agaricus pustulatus. Schaeff., tab. gi, et Agaricus myodes. Ejusd,, tab. 261. Agaricus verrucosus. Bull., tab. 316. — Curtis., FI. lond. 2, tab. 312, fîg. sin. Agaricus rubescens. Fries, Syst. 1, pag. 18. — Cordier, Guide, pag. 209. Agaricus fulvo-albicans! Roques, Hist. pag. 131, tab. 21, fig. 1. Amanita rubescens. Pers., Syn. pag. 254. IHypophyllum vinosum! Paul., Trait. pag. 357, tab. 161 (bene). Pileus in individuis exoletis, gracilescentibus interdum substriatus. Ejus color albidus, albido-roseus, alutaceus, rubescens, umbrino- ‘fuscus , laccatus, etc., maculis hinc inde saturatioribus notatus. Verrucae nunc rariores, latiusculae, granuloso-membranaceae, sub- farinosae, subevanidae; nunc minutae, confertae, acutiusculae, sub- pyramidales, floccoso-suberosae! nec facile secedentes. Lamellae subdenticulatae, aquoso-albidac, dein albido-roseae, confertiusculae, in stipitem striato-prominentes. Stipes demum subcavus et substan- tia gossypina farctus, deorsum aequaliter incrassatus, subbulbosus, squamulosus, coloris albido-rubescentis. Anulus amplus, membra- naceus, persistens, margine libero verrucis (veli portiunculis) elegan- ter ornatus, superne albido-roseus, striatus, inferne rubescens , to- mentoso-laevis. Caro pilci et stipitis albido-rosea, rupia aut secta, citius tardiusve, sed constanter rubescens! quod etiam aetate con- tingit. Odor laevis, gratus; sapor primo gratus, hinc subamarus, substypticus. In sylvis ubique aestate et autumno. Esculentus. tI 317 AGARICO ROSSEGGIANTE pi Frirs. Appartiene alla sezione Amanita di Fries, ed alla suddivisione delle Tignose del Micheli. DESCRIZIONE. L’agarico rosseggiante, perfettamente sviluppato (Tav. XLI, fig. V), ha il cappello piuttosto ampio, ordinariamente piano- convesso, o leggermente depresso nel centro, e quasi costante- mente liscio nei margini. Egli è ben raro infatti di trovar qual- che individuo , a meno che non sia alquanto gracile e vicino alla sua decomposizione, il quale abbia i margini suddetti , benchè in leggier grado, striati. Il suo colore varia dal bian- co rosseggiante al vinato sporco, al grigio rossastro, al giallo- fosco, al fuligineo, ec. La sua superficie è sparsa di bitorzoletti o verruche tinte più o meno languidamente del color del cap- pello, e di forma e grandezza variabile. In alcuni individui, esse sono scarse, più o meno grandi, farinoso-membranacee e lievemente adese all’epidermide; in altri invece sono più nu- merose, più piccole, irregolari e farinose, oppure conformate alla foggia di sode piramidette di natura fioccoso-soverosa e difficil- mente staccabili dalla epidermide stessa (fig. II). La carne del cappello piuttosto scarsa, soffice, di color bianco vergente al roseo con leggier tinta vinosa verso l’epidermide, la quale è sottile, umi- detta, fibrosa ed agevole a sollevarsi. Le lamelle di color bianco vergente al roseo, numerose, col margine libero ondeggiante e finamente . dentellato, larghe anteriormente, ristrette invece po- steriormente, e leggermente prolungate sul gambo sotto la forma di fili o di strie; le lamellette sono pur esse numerose, coll’estre- mità centrale più o meno acuta e per lo più dentato-lacera. Il gambo, fornito superiormente dell’anello, di grandezza mediocre, un po’ dilatato all'apice, graduatamente ingrossato verso la base, ove termina con un bulbo più o meno sensibile, squamuloso su tutta la superficie sottoposta all’anello (fig. III), e specialmente verso la base pei rimasugli della volva e del velo, esternamente di color bianco rosseggiante, internamente bianco roseo e zeppo 4t 318 centralmente di sostanza molle cotonosa (fig. IV e V). L'anello grande, membranoso, col margine libero intiero ed elegantemente sparso di verruche (fig. IIT), superiormente bianco e striato, in- feriormente fioccoso-tomentoso e leggermente tinto del colore della superficie del gambo. La carne tanto del cappello che del gambo, rotta o tagliata, prende più o meno prontamente una tinta rosseggiante o vinato-smorta ! SVILUPPO. Siegue l’agarico rosseggiante nel suo sviluppo l’andamento ge- nerale delle Tignose (v. l’agar. moscario). Il cappello da prima ottusamente conico, indi emisferico, convesso-piano, ec., ter- mina col diventare piano-concavo (fig. V). Le lamelle, acquoso- bianche in origine, prendono col tratto successivo una tinta leg- germente rosea o carnicina, e la polvere da essa emessa è bianca e abbondantissima. Il gambo, nel fungo giovane, è biancastro, sodo e quasi omogeneo internamente ; rosseggiante, molliccio e quasi vuoto in età decrepita. Pervenuto il fungo all’ultimo periodo di vita‘ lamelle si coprono qua e là di macchie rossastre, la su- perfici del gambo e talvolta anche l’anello si tingono profon- damente del color del cappello, colore che si propaga in se- guito anche alla carne tanto del cappello che del gambo, ed in- fine a tutto il fungo, indizio sicuro della vicina sua decom- posizione. L’agarico rosseggiante 'chiamasi dai Toscani Zignosa bianca e vinata non rigata. I Francesi lo -appellano le Rougedtre o le Vineux truité (Paul.), Golmelle, Golmotte vraie ( Cordier), ed i Tedeschi wilder Fliegenschwamm (Schaeff. ). Cresce per lo più solitario nei luoghi meno coperti delle selve, in vicinanza specialmente delle quercie e dei castagni, lungo le costiere, i margini delle vigne, ec. È piuttosto comune e ve- geta nell’estate e nell'autunno. È questa una delle specie che viene, a preferenza di molt’altre, sommamente appetita dai sor- ci, dagli insetti e dai lumaconi. . 319 INDOLE E QUALITA SENSIBILI. L’agarico rosseggiante, considerato da alcuni scrittori come fungo sospetto a motivo della sua somiglianza col Moscario, da altri invece come assolutamente nocivo, venne non ha guari an- noverato dal Cordier (Guide è l’amateur des. Champignons , pag. 209) fra i funghi commestibili più delicati ed innocenti. Ci assicura infatti quest’autore che in Lorena, e nel dipartimento in ispecie della Meuse si fa di quest’agarico un consumo consi- derabile. La medesima cosa viene pure asserita dal Roques (ist. des champ., pag. 130), sebbene favellando egli alla pagina 311 di quest’istesso fungo, sotto il nome d’agaricus fulvo-albidus, lo dica d’uso sospetto per le stesse sue forme, e lo ascriva anzi fra i velenosi al piede della tavola 21, nella quale trovasi disegnato. Onde accertarmi se la specie da me descritta siccome nei ca- ratteri, così anche nelle proprietà perfettamente convenisse con quella del Cordier, instituii alcune esperienze sui cani, le quali tutte tornarono senza effetto. Avendolo io in seguito mangiato più volte, anche in compagnia d’altre persone, non mi acco»: «mai del più piccolo incomodo , che anzi lo trovai sempre .: facile digestione, e non altrimenti del Cesareo delicato e sano. Anche dalle esperienze del Paulet non risulta che esso sia assoluta- mente nocivo (1). La carne dell’agarico rosseggiante, masticata cruda, ha un sa- pore dolciastro poco sensibile, il quale diviene in seguito sala- to, amaro ed un po’ astringente. L'odore, nel fungo fresco, è quasi nullo, nell’essiccato invece, è forte fungino, affatto diverso da quello dell’agaricus asper. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. L’agaricus asper è il fango che più d’ogni altro somiglia alla specie in discorso. Alcuni scrittori infatti lo descrissero unitamente (1) Donnée aux quadrupèdes ,. tels que les chiens, elle leur Idche le ventre , paroit méme les incommoder un peu, mais il ne resulte pas d’autre accident. Paul. , 1. e. 2, pag. 358. 3a0 a questa siccome specie identica (v. Ball., DC.); nè tutti coloro che lo distinsero di nome, seppero poi anche distinguerlo di fatto (v. Pers., Cordier ). Si noti perciò che l’ agaricus asper, solita- mente più piccolo in tutte le sue parti dell’agarico rosseggiante, ha, a differenza di questo, il cappello di color fosco-fuliggineo più o meno gialleggiante, sparso di verruche spesso regolari, pira- midali od appuntate e di color giallo-pallido vergente al biondello; le lamelle di color bianco-gialleggiante, colle lamellette posterior- mente rotondate e terminate come a semicerchio; il gambo or- dinariamente gracile del colore illanguidito delle verruche soprac- cennate, col bulbo olivale poco sensibile; l’ anello sottile, più o meno fugace, superiormente del color delle lamelle; inferiormente del color del gambo; la carne infine bianca, immutabile, con leggier tinta fuligginea o giallo-sordida verso l’epidermide del cappello. La tinta generale dell’ agarico rosseggiante è la rosso- porporina più o meno espressiva a norma delle diverse. parti, quella invece dell’ agaricus asper è la fosco-giallognola, traente sempre più o meno al biondo. Questa distinzione è della massima importanza, giacchè l’aga- ricus asper è, al dire del Cordier e di molti altri scrittori, specie velenosissima. ICONOLOGIA. Le migliori figure dell’agarico in discorso sono quelle deli- neate nelle tavole gr e 261 dello Schaeffer, e quelle delineate nella tavola 161 del Paulet. Commendevoli pure sono le figure della tavola 316 del Bulliard. La forma infatti ed il colore delle diverse parti vi sono egregiamente . espressi. Queste figure per altro vennero dalla maggior parte de’ micologi, e dallo stesso Persoon riferite all’ agaricus asper. La figura delineata nella ta- vola 21 fig. 1 dell’opera del Roques (Histoire, etc. ), sebbene esat- tissima nel colore in generale delle diverse parti, e nella forma in ispecie del gambo e dell’ anello, pecca assolutamente nella forma del cappello, il quale è eccessivamente carnoso, mentre che nel- l’agarico rosseggiante ed in tutti gli agarici in genere di questa sezione è piuttostossottile e povero di carne. Inferiori a queste 321 sono le figure della flora Danica (tav. 831), e quella delineata nella tavola 2, fig. 1 dell’opera del Picco (v. Meleth. inaug.). La figura infine dell’agaricus rubescens del Larber delineata nella tavola 7, fig. 3 del suo Saggio, col cappello, com’egli dice, sensibilmente solcato ai margini, e collo stipite bianco ed inguai- nato alla base in un’ angusta reliquia di tenue e candida volva, è affatto erronea, come lo è pure la descrizione che le compete. SINONIMIA. Questo agarico, indicato già dal Micheli, venne descritto per la prima volta dallo Scopoli sotto il nome di agaricus scandi- cinus, poscia dallo Schaeffer sotto il nome di agaricus pustula- tus e myodes. Bulliard lo chiamò in seguito agaricus verrucosus, e Persoon, nella sua Syropsis, amanita rubescens. Fries nel suo Systema, adottando il nome specifico del Persoon, lo disse agaricus rubescens, e sotto un tal nome lo descrissero pure Cor- dier, Pollini, gli autori della Flora ticinese, ec. Il signor Roques, certamente poco esperto nella determina- zione delle specie, descrisse quest’istesso fungo nell’ZZistoire des champ. com. sotto il nome di agaricus fulvo-albicans , siccome specie non peranco conosciuta, na affatto distinta dall’agaricus rubescens del quale diede pure la descrizione nell’istessa opera. Il signor Bayle-Barelle ed il signor Bergamaschi confusero que- sta specie, come ho già fatto in altro scritto osservare, coll’a- garicus asper, coll’agaricus citrino-albidus , coll’agaricus panthe- rinus e coll’agaricus vaginatus!! Appartengono pure a questa specie l’7ypophyllum vinosum del Paulet, l’agaricus crassipes della Flora Danica, l’agaricus mar- garitiferus del Batsch, l’agaricus verrucosus del Curtis ed in parte anche l’agaricus asper del De Candolle e del Chevallier. 322 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XLI, AGARICUS RUBESCENS Fries, Fig. I. Individuo appena svolto dal terreno verticalmente spaccato. Fig. II. Individuo un po’ più sviluppato del precedente, di- segnato ad oggetto di far vedere la particolare struttura del velo e la sua trasformazione nelle verruche. Fig. III Individuo disegnato nel momento in cui l’anello ab- bandona i margini del cappello ricadendo sul gambo. Fig. IV. Individuo dell’età circa del precedente, ma coll’ a- nello tuttora aderente ai margini del cappello, verticalmente spaccato. Fig. V. Individuo perfettamente sviluppato, verticalmente spac- cato. 323 AGARICUS DELICIOSUS Linn. Pileus subviscosus obsolete zonatus, aurantio-lateritius, expallens. Lamellae variae, fulvo-aurantiacae. Supes cavus, glaber, scrobi- culatus. Lac intense croceum. Caro mutabilis. Fungus esculentus, lateritio colore immutabili, succum acrem et croceum fundens, pedi- culo breviori, et Fungus perniciosus (?), lateritio colore varians, succum acrem et croceum fundens, pedi- culo breviori. Mich., Gen., pag. 141. Agaricus deliciosus. Linn., FI. Suec. n.° 1211.— Schaeff., Fung., tab. 11 (optime). — | Sowerby, tab. 202. — FI. Dan. 1131. — Persoon, Syn., pag. 432. — Fries, Syst. 1, pag. 67. Hypophyllum lateritium. Paulet, Trait. 2, pag. 171, tab. 71. Pileus in statu juniori aurantio-carneus, umbilicatus, margini- bus involutis subtomentosis; mox lateritius , plano-depressus; de- mun sordide expallidus, virescens, infundibuliformis. Ejus super- ficies humida, leviter viscosa, plus minus manifeste zonato-varie- gata, sacpe etiam maculato-scrobiculata. Lamellac utrinque atte- nuatae, acutae, venoso-connexae, hinc inde, praesertim circa basim, furcatae, tactu viridescentes; lamellulae numerosae postice rotun- datae. Sporidia pallide ochracea! Stipes brevis, crassiusculus, coloris aurantio-carnei vel pallide rufescentis, maculis seu scrobiculis, nu- mero et forma variis, colore vero intensiori distinctis, notatus. Caro totius fungi albido-rufescens, secta aut fracta mox croceo-punctata, hinc, praesertim circa lamellas et stipitis ambitum, crocato-rubra , demum livida, virescens. Sapor fungi ipsiusque lactis acris; odor levis, gratus. In pinetis inter ericas plerumque graegarius. Autumno. Esculentus ! AGARICO DELIZIOSO pi Linneo. Appartiene alla sezione Lactflui del Persoon, ed alla suddi- visione Limacini del Fries. DESCRIZIONE. L’agarico delizioso, perfettamente sviluppato (Tav. XLII, fig. III e IV), ha il cappello conformato ordinariamente ad imbuto, 324. coi margini sottili, acuti, regolari o leggermente sinuosi ed on- deggianti. La sua superficie è umida, vischiosetta, più o meno ineguale, di color ordinariamente ranciato, vergente da un lato al color dei mattoni, dall’altro al color languido dell’ontano, finamente vergata di macchierelle più chiare, sfumate ai lati e variamente fra loro confluenti. Queste macchierelle, disposte or- dinariamente in serie circolari, tracciano sulla superficie istessa varie ed eleganti zone o fascie concentriche (fig. IV), vaga- mente talora circoscritte da una quantità di piccole rosette od areole orbicolari (fig. Il ) (. Le lamelle piuttosto numerose, della lunghezza circa di tre linee, intiere nel margine e termi— nate a punta alle due estremità, per lo più semplici, di rado senza norma forcute; le lamellette abbondanti e posteriormente arrotondate. Il colore delle lamelle è il giallo ranciato più o meno languido, traente al color dell’ontano. Il gambo ordina- riamente eguale, di lunghezza e grossezza variabile, liscio, legger- mente tinto del color del cappello, e sparso quasi costantemente di un numero più o meno considerabile di piccole macchie od areole ovali o subrotonde, alquanto depresse, e d’un color più risentito del rimanente della superficie (fig. II e III). Il gambo è per lo più cavo, e le sue pareti interne sono coperte di fioc- chi bambagiosi provenienti dal laceramento della sostanza che ne costituiva in origine il midollo. In alcuni individui però, specialmente se cresciuti in luoghi pingui od influiti da una sta- gione piovosa, il gambo si conserva pieno sino all’epoca del loro totale disfacimento. D’ordinario lo scavo del gambo viene in- nanzi tempo operato dal morso degli insetti (2). La carne di que- sto fungo è bianco-rossiccia, granoso-fioccosa, compatta verso la periferia, piuttosto molle nel centro, e zeppa d’un denso umore lattiginoso di color rosso ranciato o di zafferano. Se si spacca infatti o si rompe il fungo, si vede tosto trapelare dalla super- (1) Un esattissimo modello della distribuzione di queste macchiette, e del particolare variegamento della superficie che da essa ne risulta, ce lo offre in piccolo la buccia del seme del Ricino comune. (a) Er darf nicht sehr reif sverden, so ist er schon eine Wohnstitte und Vorrathskam- mer der Maden. Man trifft daher selten einen an dessen Strunk noch voll, und nicht von Insekten zerfressen und ausgehòhlt vire. Trattinn., 1. c., pag. 86. 325 ficie lesa, come da minuto eribro, un'infinità di goccioline sotto la forma di piccoli punti rossi, che, riunendosi in seguito più o meno prontamente, tingono l’intera superficie dello stesso colo- re. Questo umore però non è sì abbondante da raccogliersi in masse e sgocciolare, come avviene del maggior numero dei fun- ghi di questa sezione. La parte del fungo più compatta, o sia la periferica, è quella che ne contiene maggior copia. Il mag- gior coloramento infatti che si osserva nel fungo, spaccato da qualche tempo, si è in corrispondenza dell’astuccio midollare del gambo, e della inserzione delle lamelle; la parte centrale, ordi- nariamente soffice ed asciutta, non presenta che alcuni punti di color giallastro , simili in certo modo a briccioli di miele. Le lamelle, in proporzione del loro volume, contengono assai più ° latte del rimanente della carne, e lo lasciano anche fluire dalle ferite sotto la forma di goccioline. Un carattere singolare di questo fungo si è la mutabilità del colore. Per poco infatti che si prema o contunda qualche sua parte, sia o no con lesione di continuità, esso manifesta tosto nel luogo offeso una macchia livida sulle prime, indi verdastra, che si conserva anche nel fun- go diseccato. Le lamelle in ispecie presentano questo fenomeno in un modo meraviglioso ('). » SVILUPPO. L’agarico delizioso nel suo sviluppo rassomiglia perfettamente all’agarico controverso. Il cappello, nel fungo appena sbucciato dal terreno (fig. I ), è depresso sensibilmente nel centro a fog- gia di bellico, ed ha i margini leggermente tomentosi e ravvolti inferiormente sopra le lamelle; la sua superficie è pulita, umi- da, vischiosetta, d’un bel colore rosso-ranciato più o meno vivo a norma degli individui, ed appena sensibilmente zonata. Le la- melle sono fitte, strette, lineari, falcate, di color fulvo-ranciato, ed interamente coperte dai margini ravvolti del cappello. Il gambo (1) Jene (Lamellen), wenn sie mit den Fingern zerrieben werden, pflegen ihre Gold- gelbe Farbe in Gelbgriin zu verwandeln. Tvattinn., l. c., pag. 86. — Wulnera lamella- rum eleganter sacpe virent. Fries , Syst, 1, pag. 68. 42 326 corto e quasi totalmente nascosto fra gli orli del cappello, zeppo internamente di sostanza molle, fioccosa, piuttosto asciutta, la quale d’ordinario si dissipa col crescere del fungo, lasciando nel luogo istesso una più o men ampia cavità. Col progredire dello sviluppo, gli orli del cappello si svolgono, s'appianano e si rove- sciano infine verso il disco, facendo prendere al cappello istesso la forma d’un imbuto (fig. IT); le lamelle, seguendo lo sviluppo del cappello, passano dalla forma arcuata alla rettilinea, e termi- nano col prendere, in età provetta, una curva affatto opposta alla prima. Il gambo s’allunga e si vuota ordinariamente nel suo cen- tro, e tutto il fango, pervenuto di tal maniera al suo perfetto sviluppo, emette dalla superficie lamellare un abbondante polvi- scolo seminale di color d’ocra languido vergente al biondello (4). Il colore ordinario di questo fungo, che è il rosso ranciato più o meno sporco, varia sensibilmente a norma degli individui non solo, ma anche dell’età. In generale esso è sempre più risentito negli individui giovani, e meno negli adulti. L’opposto succede del color del latte, il quale è ranciato in gioventù, rosso ranciato nel- l’età matura, rosso di sangue pretto più tardi. Avvicinandosi il fungo all’ultimo stadio di vita, tutta la sua superficie, e special- mente la parte inferior del cappello, prende una tinta verdognola più o meno espressiva (2), la sua polpa cessa di mandar latte, e divenuto infine pascolo e nido di numerosa famiglia di insetti, si discioglie e cade. L’agarico delizioso chiamasi dai Toscani Fungo Lapacendro buono che goccia liquore colore di Zafferano (Mich.); volgar- mente Fungo sanguigno, Sanguani. I Tedeschi lo appellano Re:zker, Reische, Blitling, Herrenschwamm, ec. ( Trattin.). Cresce solitario, e più spesso in famiglie formate da un nu- mero più o meno considerabile d’individui, disposti in file od in circoli concentrici. Ama i luoghi alpestri coperti di pini, ed (1) Le macchie verdastre che osservansi comunemente sulle lamelle di questo fun- go, pervenuto a perfetto sviluppo, hanno fatto credere all’Haller, ed in seguito a parec- chj altri scrittori, che la sua polvere seminale fosse di color verde, e che da essa ap- punto avessero origine quelle macchie. (2) Zm Alter geht er ins Bronzfarbene iiber . .... , und spielt hie und da, beson- ders am Strunk und an den Lamellen ins Griinliche. Trattinn., |. c., pag. 86. 32 i terreni abbondanti di musco. Vegeta ordinariamente nell’autun nd avanzato, e non iscompare che ai primi rigori del verno. È co- munissimo in alcuni paesi del Bresciano giacenti lungo la riva occidentale del lago di Garda, e trovasi pure, sebbene in minor copia, in quasi tutti i pineti dell’alto Milanese (*). INDOLE, USI E QUALITA” SENSIBILI. L’agarico delizioso è uno dei funghi più delicati e sicuri che si conoscano (2). I Tedeschi, i Polacchi, gli Svedesi, i Russi, e tutti in generale i popoli del Nord ne fanno un consumo con- siderabile. È pur d’uso comune in Toscana, nel Piemonte ed an- che in Lombardia, ove viene da alcuni preferito, e non senza qualche ragione, allo stesso Cesareo ed al Porcino (3). Non è molto conosciuto in Francia, e pare anzi che i micologi di quel paese sieno poco propensi a crederlo innocente. Mangiasi da noi questo fungo fresco, o sia appena raccolto » rosolato sulle brace od arrostito sulla graticola coll’usato condi- mento d’olio, pepe e sale; e più comunemente ancora cotto nel tegame alla maniera dei tartufi. Se ne fa pure provvigione per l’inverno, essiccandolo, ovvero infondendolo nell’aceto buono, dopo averlo previamente fatto bollire nello stesso liquido unitamente a qualche aroma. Così preparato, si mangia insieme colla carne alla guisa dei peperoni, e riesce eccellente. La povera gente, per conservarlo, lo fa bollire alquanto nell’acqua, e, spremutolo po- scia ben bene, lo spolverizza con sale, e lo stiva in olle sotto (1) Il sig. Nocca nella Flora Ticinensis, ed il sig. Bergamaschi nella Enumerazione storica di tutti i funghi del pavese, descrivono pure questo fungo come indigeno di quel suolo. Volendo però attenerci ai loro scritti, vi sarebbe luogo a dubitare non solo della località, ma ben anco dell’identità della specie. Fatto sta che io non l’ho mai riscontrato in quella provincia. Nè ciò deve certamente recar meraviglia, qua- lora si rifletta che il territorio pavese è quasi totalmente spoglio di pini, e che è ap- punto nei pineti che si riscontra comunemente quest’agarico. (2) Esculentus omnino nostratibus inque deliciis habitus. Alb. et Schw., Consp., pi 209. (3) V'hanno però alcuni micologi italiani, affatto ignari probabilmente siccome delle specie, così anche dell’uso che se ne fa nei varj paesi d’Italia, i quali non dubitano d’ascrivere l’agarico delizioso, a fronte dell’allettativo suo nome e dell’autorità del grande Linneo, frà i funghi più peraiciosi che si conoscano. 328 forte pressione. Per mangiarlo lo cava dalla salamoja e lo fa ab- brustolare sulle brace senza altro condimento. La carne dell’agarico delizioso è fragile, piuttosto tenera, e, masticandola cruda, svolge un sapor acre piccante simile a quello del pepe. Mediante la cottura, essa perde interamente la sua acre- dine, ed acquista un aroma soave ed un gusto squisito. L’odore nel fungo fresco è appena sensibile; nell’essiccato invece è piut- tosto forte. Appassendosi questo fungo nel diseccare muta il co- lor ranciato in rossigno, e questi in verde pallido. Il colore or- x . dinario del fungo secco è il rancio fosco. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. Micheli alla pagina 141 del suo lavoro, sotto il nome di La- pacendro malefico, descrive un fungo il quale non distinguesi, se- condo lui, dal Lapacendro buono, cioè dall’agarico in discorso, che per la mutabilità del suo colore (1). Se ciò fosse vero, non vi sarebbe forse altro fungo commestibile d’uso più pericoloso dell’agarico delizioso. Imperocchè non attenendosi il volgo nella di lui scelta che al colore del latte, ammesso da tutti i più di- stinti micologi come l’esclusivo carattere di questo fungo (2), ne rimarrebbe frequentissimamente abbagliato. Qualora però si os- servi che la mutabilità del colore, che costituisce il carattere di- stintivo del Lapacendro malefico del Micheli, forma pure uno dei caratteri speciali dell’agarico delizioso (3), è forza conchiudere che la specie giudicata malefica dal micologo fiorentino non sia (1) Fungo Lapacendro, malefico, che cambia colore, e che goccia liquore di colore di Zafferano. Mich. , l. c. (2) Lactis colore ab omnibus agaricis differt. Fries, Syst. 1, pag. 68. — Zlle se di-- stingue aisément de toutes autres par son suc couleur orangé ou de brique. Persoon, Champ. com. pag. 222. (3) Questo cambiamento di colore è talmente sensibile nell’agarico delizioso, che il sig. Picco volendo confutare l'opinione di coloro che credono assolutamente nocivi tutti quei funghi che mutano colore, lo scelse ad esempio. — Attamen licet fungi vi- rulenti colore tali praediti utique occurrant, complures tamen etiam ejusdem coloris ob- servantur , qui veneni expertes atque edules sunt. Inter hos eminet agaricus deliciosus , alpinis satis notus fungus, sanguigno appellatus, qui colorem communiter dilute rubrum, lateritium habet, cujusque caro fragilis croceum et acrem succum fundens colorem suum fracta in lividum mutat. Melet., inaug., pag. 140. 329 per nulla distinta dall’agarico in discorso, e che la sola mu- tabilità del colore abbia indotto quest’ autore a chiamarlo @ priori nocivo. L'unica specie descritta che potrebbe facilmente confondersi colla presente si è l’aypophyllum sanguifluum di Paulet ( Traité 2, pag. 186, tab. 81, fig. 3, 4, 5), conosciuto in Francia sotto il nome di Rougillon. Questo fungo, sommamente ricercato, co- m’egli dice , da coloro che lo conoscono, rotto o compresso, geme pure un abbondante sugo di color sanguigno. Distinguesi . esso dall’agarico delizioso pel colore rosso-sanguigno uniforme ed immutabile di tutte le sue parti, per la totale mancanza delle zone del cappello, e per la natura in ispecie del suo sugo. Que- sto infatti non è acre come nell’agarico delizioso, ma simile pres- sa poco nel sapore a quello di certe frutta polpose. ICONOLOGIA. Le migliori figure che io conosca di questa specie sono quelle delineate nella tavola 11 dell’opera dello Schaeffer. Commende- voli sono pure le figure della Flora Danica e quelle del Sowerby. La figura 4 della tavola 6 del Battarra, riferita dal Fries al fungo in discorso, appartiene probabilmente ad altra specie. Dessa in- fatti è interamente sprovvista di zone, e pare anzi, almeno da quello che si può giudicare dalla descrizione, che la specie da essa rappresentata contenga un sugo latteo, cioè di color bianco di latte (totus fungus succo lacteo acri scatet, Batt.), non croceo come viene chiaramente indicato dal Micheli (succum acrem et croceum fundens Mich.). Le figure delineate nella tavola 7 del Trattinnick sono cattive e mal colorate. Le figure del Paulet (Trait., tav. 7) ricavate, come pare, da individui diseccati , non ne presentano in generale che l’abito. La figura infine che ne diede il Larber fu copiata dalla sopraccennata del Battarra. SINONIMIA. Questo fungo, non ignoto esso pure agli antichi botanici, venne per la prima volta descritto dal Linneo, ed in seguito da pres- 330 sochè tutti i micologi sotto il nome di agaricus deliciosus. Non credasi però che tutti i funghi sotto questo nome descritti ap- partengano in realtà a questa specie. Varj altri lattiflui furon con simil titolo spacciati, e lo stesso agarico cesareo, verine non di rado con essolui scambiato nelle opere micologiche. Spettano all’agarico delizioso l’amanita sanguinea del Lamark, l’agaricus zonarius del Bolton, il lactarius lateritius del Persoon (Disp. meth. Fung.), e V’hypophyllum lateritium del Paulet. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XLII. AGARICUS DELICIOSUS Linn. Fig. I. Individuo sbucciato da poco tempo dal terreno, ver- ‘ticalmente spaccato. Fig. II. Individuo molto più sviluppato del precedente, col cappello vagamente sparso d’areole orbicolari non dissimili da quelle che vestono la superficie del gambo del maggior numero degli individui: Fig. IMI. Individuo adulto, col cappello conformato ad imbu- to, disegnato ad oggetto di far vedere la distribuzione delle lamelle. Fig. IV. Altro individuo adulto, verticalmente spaccato. 331 AGARICUS ASPER Pers. Pileus subcarnosus, convexo-explanatus, margine laevis, velo cras- siusculo in verrucas acutas albido-flavescentes soluto, vestitus. La- mellae ventricosae, albidae ; lamellulae postice rotundatae, integrae. Stipes farcius, anulaius, subbulbosus. Volva fugacissima. Caro alba immutabilis ! Fungi albi venenati viscidi? I. Bauh. Hist., c. 8, pag. 826. Agaricus myodes. Bolt., Funguss., tab. 139 (ex Fries). Agaricus asper, Fries, Syst., 1, pag. 18. Agaricus verrucosus. Cordier, Guide, pag. 208, vix vero Bulliardi. Amanita aspera. Pers., Syn. pag. 250. Hypophyllum maculatum, Paul. , Trait. tab. 159 ( optime). Obiter visum agaricum pantherinum diceres. Pileus siccus, sub- sericeus, coelo humido viscosus, actate provecta circa margines in- terdum substriatus. Verrucae minutae, confertae , subpyramidales, subinde etiam planae, membranaceae, difficulter secedentes. Pilei color constans olivaceo-fuligineus, fuligineo-stramineus vel lutescens, intensitate varius. Lamellae subdenticulatae, aquoso-albidae cum tinctura flavedinis, conferiae, postice rotundatae, obtusae, in stipi- tem tantillum dentato-prominentes; lamellulae numerosae, hinc inde lamellis postice adnatae. Stipes subattenuatus , squamulosus, extus initio albus, hinc sordide flavescens, intus plenus, aetate de- mum subcavus. Anulus tenuis, subfugax, superne albidus, substria- tus, inferne albido-flavescens, subfibrillosus, margine verrucoso-fim- briatus. Caro alba sub pilei epidermide leviter fuliginea vel flave- scens, nunquam vero rubescens. Odor debilis ingratus quasi agarici cristati, sapor gratus. In sylvis aestate et autumno haud fre- quens. Suspectus ! AGARICO ASPRO per Persoon. Appartiene alia sezione delle Amanite del Fries, cd alla sud- divisione delle Tignose del Micheli. 332 DESCRIZIONE. L’agarico aspro, perfettamente sviluppato (Tav. XLIII sig; IV), offre i seguenti caratteri: cappello convesso-piano , liscio nei margini, sparso di verruche ordinariamente strette e termi- nate in punta, di rado membranacee ed appianate, di color bianco- sordido più o meno gialleggiante, e difficilmente staccabili dalla sottoposta epidermide, la quale è secca e sparsa di minutissimi fiocchi sericeo-lucenti nei tempi asciutti, un po’ vischiosa e gene- ralmente levigata nei tempi umidi e piovosi. La sua tessitura è fibrosa, ed il suo colore fuliggineo-fosco, o gialleggiante più o meno espressivo, non dissimile da quello dell’agarico panterino o dell’agarico dell’Eringio. Lamelle numerose, alquanto corte, posteriormente ottuse, leggermente frangiate nel margine libero, di color bianco vergente al biondello. Lamellette pure numero- se, posteriormente intiere e terminate a semicerchio. In alcuni individui osservansi talora parecchie lamellette saldate posterior- mente colle lamelle. Gambo ordinariamente sottile, più o men lungo, squamuloso, ingrossato equabilmente verso la base, ove termina con un bulbo poco sensibile di forma olivale, bianco— giallognolo o grigiastro esternamente, pieno o leggermente fisto- loso internamente. Anello membranaceo, poco durevole, bianco ed alquauto striato superiormente, del color del gambo e tomentoso- fibrilloso al di sotto. Carne non molto considerabile, soda, tinta del color del cappello verso l’epidermide, bianca ed immutabile nel resto. SVILUPPO. Lo stesso dell’agarico moscario. Il suo cappello è in origine pressochè sferico, diviene in seguito emisferico, indi piano, ec., conservando quasi sempre una certa regolarità nelle forme e nelle proporzioni delle parti. Il suo gambo è in gioventù pieno, omo- geneo (fig. II e III); col processo però della vegetazione la sua carne centrale divien molle, fioccosa e si dissipa più o meno completamente nell’età provetta (fig. IV). In alcuni individui la corteccia che cinge il margine superiore del bulbo si stacca cir- colarmente, e. per qualche tratto, dal gambo, conformandosi a 333 guisa di calzare come nell’agarico panterino. Pervenuto il fungo a maturanza perfetta, spande un abbondante polviscolo seminale di color bianco. Nel fungo invecchiato o graciletto osservasi ta- lora il margine del cappello leggermente striato. L’agarico aspro non ha alcun nome italiano o vernacolo. I Francesi lo chiamano Golmelle, o Golmotte fausse ( Cordier). Vegeta ora solitario, ora in famiglie nei luoghi istessi e nella stessa stagione in cui cresce l’agarico rosseggiante. È piuttosto raro, e forma sovr’ogni altro fungo la delizia dei lumaconi. . s INDOLE E QUALITA SENSIBILI. L’agarico aspro viene annoverato dal Cordier tra le specie più deleterie e pericolose di questa famiglia. Somigliantissimo in- fatti, com’egli dice, nelle forme e nell’abito all’agarico rosseg- giante, specie sommamente appetita in alcuni dipartimenti della Francia, viene non di rado con esso scambiato, e ne interven- gono dal di lui uso frequenti avvelenamenti. Paulet, parlando di quest’istessa specie, dice che, somministrata agli animali, li tor- menta alcun poco, ma senza metterli a morte. Soggiugne però che essi la rigettano prontamente vomitando. L'estrema scarsezza di questo fungo non avendomi sinora concesso di ripetere que- sti esperimenti, mi riservo in altro scritto a render conto . più preciso della di lui indole. La carne dell’agarico aspro, masticata cruda, ha un sapore dolciastro non del tutto ingrato. il suo odore invece è disaggradevole e si avvicina di molto a quello del- l’agaricus cristatus. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE SCAMBIATO. I fanghi che potrebbero facilmente confondersi coll’agarico aspro sono, come si è già veduto altrove, l’agarico rosseggiante e l’agarico panterino. Si eviterà un simile abbaglio riflettendo che l’agarico rosseggiante ha la carne costantemente cangiante, e le lamellette posteriormente lacero-acute; e che l’agarico pan- terino ha le verruche, il gambo e l'anello candidi, i margini del cappello striati, e le lamellette posterinrmente troncate. 43 334 ICONOLOGIA,. Le figure del Paulet, delineate nella tavola 159 del suo Trat- tato, sono a mio giudizio commendevolissime, e le sole che si possano con sicurezza riferire alla presente specie. Le figure della tavola 316 del Bulliard, sebbene rapportate dal Persoon, ed in seguito da pressochè tutti i micologi a questo fungo, spettano senza dubbio all’agarico rosseggiante (*). Anche la figura del Baxbaum (v. Cent. V, tav. 48, fig. 1), citata a questo riguardo dal Fries, non mi sembra che possa del tutto convenire coll’agarico di cui favello. La specie rappresentata dal Buxbaum ha, a differenza di tutti i fanghi di questa sezione, il cappello irsuto, ed è di più esculenta. La figura delineata nella tavola 9, fig. 1 dell’opera del Larber è affatto erronea. . SII. NONE M DA: Î . Questo fungo, indicato probabilmente dal Bavino (Hist., e. 8, pag. 826), venne per la: prima volta egregiamente descritto * dal Paulet in una memoria sui funghi bulbosi, inserita nelle 4Zé- moires de la Société de Med. ann. 1776, e poscia nel suo Trat- tato sui funghi in generale sotto il nome di Aypophyllum ma- culatum. Persoon, nella Syropsis, lo chiamò in seguito amanita aspera, Fries, nel suo Systema, agaricus asper, e più innanzi Cor- dier (Guide aux amateurs, ec.), agaricus verrucosus. General- mente però si confuse questa specie nelle descrizioni coll’agarico rosseggiante ; e lo stesso Cordier, che ha messo fuor di dubbio l'indole differente di questi due agarici, non li seppe parinonia distinguere che di nome. (1) A questa specie infatti vennero in seguito ricondotte dal Persoon alla pag. 194 dei Funghi commestibili; e dal Fries nell’indice generale al suo Systema mycologicum. d85: SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XLIII. AGARICUS ASPER Fxirs Fig. I. Individuo sbucciato da poco tempo dal terreno, dise- gnato ad oggetto di far vedere la. forma ordinaria delle verruche. Fig. II. Lo stesso verticalmente spaccato. Fig. III. Individuo disegnato poco dopo il distacco dell’anello dai margini del cappello, verticalmente spaccato. Fig. IV. Individuo perfettamente sviluppato col gambo straor- dinariamente allungato, e col cappello coperto di verruche re- golari ed acute nel centro, appianate e membranacee verso i la- ti, verticalmente spaccato. 336 AGARICUS VERNUS Burr. Candidus. Pileus demum excavatus, nudas! (absque verrucis), margine laevi. Lamellulae postice sinuoso-rotundatae. Stipes bul- bosus, farctus, subflexuosus, anulo crassiusculo, persistenti instruc- tus. Volva manifesta, connata. Oronge cigiie blanche ou du printems! Paulet , 2, pag. 328, tab. 156, fig. 3,4 (optime). P Agaricus bulbosus vernus! Bull., Champ. tab. 108 (bene ). Agaricus vernus? Fries, Syst. 1, pag. 13. posi Amanita verna. Persoon, Syn. pag. 250. i Pileus prima aetate sphaericus, subviscosus, nitidus, epidermide tenui ac facile secedenti vestitus. Ejus color niveus, aetate subin- de, praesertim in centro, albido-flavescens. Lamellae aquoso-albi- dae, parum latae, antice obtusiusculae. Stipes firmus, subaequalis, vel deorsum leviter incrassatus, initio carnoso-farctus, demum ex- cavatus! Anulus supra striatus, inferne sublaevis, margine libero tumido, ac veluti bifido ornatus. Volva tenuis, albida, subexsucca, flaccida , rugoso-plicata, persistens. Odor, dum recens est, omnino croci sativi; sapor demum acris! In sylvis quercinis provinciae praesertim Ticinensis vere! Summopere venenatus. AGARICO DI PRIMAVERA pi Buttiarp. Appartiene alla sezione delle Amanite ed alla suddivisione de- gli Uovoli. DESCRIZIONE. L'agarico di primavera, perfettamente sviluppato ( Tav. XLIV, fig. F), ha il cappello convesso-piano o leggermente avvallato nel disco , liscio nei margini, candido o leggiermente pagliarino nel centro, e costantemente privo di verruche. La sua epidermide è sottile, trasparente, vischiosetta e facilmente staccabile dal sotto- posto parenchima. Le lamelle numerose (100 e più ), d'un bianco innacquato, un po’ panciute, terminate quasi a punta all’estre- 337 mità centrale, tondeggianti anteriormente, e sorpassanti di qual- che poco il margine del cappello; le lamellette scarse (una od al più tre fra due lamelle), posteriormente ottuse e terminate ordinariamente in forma di s (fig. F, c). Il gambo subcilindrico o leggermente ingrossato verso la base, ordinariamente flessuoso, esternamente liscio o fioccoso-squamuloso, internamente cavo, e contenente alcuni briccioli di carne rammollita qua e là sparsi sotto forma di setti (fig. F, d). Esso termina alla base con un bulbo considerabile, soffice, grinzoso, circondato da una volva sottile, membranacea, flaccida, persistente e congenita collo stesso bulbo. L’anello sottile membranaceo, piuttosto regolare, legger- mente striato superiormente, fornito di un grosso lembo circo- scritto da due linee salienti frangiato-lacere (fig. G, g), corri- spondenti al luogo del suo primitivo attacco coi margini del cappello e:colla base del gambo. La volva, nel fungo adulto, stac- casi facilmente dalla base del gambo a motivo della fievolezza della carne del bulbo. Egli è perciò che, levando bruscamente il fungo dal suolo, la volva rimane quasi sempre disgiunta dal suo gambo ed attaccata al terreno. La carne del cappello di questo agarico è molle sugosa, poco considerabile; quella del bulbo asciutta, fioccoso-molle ; e quella che forma l’astuccio mi- dollare del: gambo leggermente fibrosa e piuttosto soda. SVILUPPO. L’agarico di primavera non differisce di molto nel suo svi- luppo dall’agarico viroso. Esso trovasi in origine rinchiuso come questo in una volva tondeggiante o conico-ottusa (fig. H, A), piuttosto crassa e posta ordinariamente nel terreno alla profon- dità di uno o due pollici. Lacerata la volva, ne esce il cappello di forma per lo più globosa od emisferica (fig. B), di un bel bianco di neve, lindo, vischiosetto, affatto nudo, o sia sfornito del velo, e coperto inferiormente dall’anello. Se si spacca verti- calmente in quest'epoca il fungo (fig. D), si vede che il paren- - chima del gambo, in origine compatto ed omogeneo, comincia a rammollirsi verso il centro, presentando ivi una larga striscia longitudinale di color bianco innacquato, per dar luogo in se- 338 guito, col suo totale discioglimento, alla cavità centrale del gambo istesso. In progresso di sviluppo, l’anello abbandona i margini del cappello, il quale s’appiana, e le sottoposte lamelle emettono in fine un’abbonidante polvere seminale di color bianco. Dopo quest'epoca, il cappello prende una tinta leggermente pagliarina, specialmente verso il disco (!), e s’infossa alquanto nel -centro, sollevando irregolarmente i suoi margini (fig. F); la sostanza midollare del gambo si dissipa pressochè interamente; la wolva avvizzisce, e tutta la produzione in ultimo si disecca o si discio- glie a norma delle condizioni atmosferiche. L’agarico di primavera non ha alcun nome italiano o volga- re: i Francesi lo chiamano Oronge cigiie blanche, ou du printems ( Paul.); Agaric printanier ( Bull). Esso è terrestre e solitario. Cresce dal principio di maggio sino alla fine di giugno, nè trovasi mai in autunno (2). Ama le selve uggiose, popolate in ispecie di quercie, ed i terreni sab- bionosi. Non è raro nei dintorni di Pavia, e riscontrasi pure, sebbene in minor copia, nelle vicinanze di Milano. INDOLE E QUALITA’ SENSIBILI. L’agarico di primavera è senza dubbio la specie più perniciosa di questa famiglia. I suoi effetti sulla economia animale sono al- trettanto più terribili, quanto più lenti a manifestarsi; e nella mag- gior parte dei casi al primo loro comparire riesce vana ogni cu- ra. La presente istoria ce ne offre una ben triste prova. (1) Questo cambiamento di colore è dovuto all’essiccazione di quel tenue strato di mucosità che cuopre, specialmente nella giovinezza del fungo, la superficie del cappello. (2) Persoon, nel suo Traité des champignons comestibles, asserisce di non aver giam- mai trovato questo fungo in primavera, stagione, com’egli dice, d’altronde poco favo- revole allo sviluppo dei funghi. Il sig. Larber nel suo Saggio generale , ed il signor Roques nella Phytographie médicale confermano pure la stessa cosa. Chè anzi poco soddisfatto quest’ultimo del nome triviale di vernus, impropriamente applicato , come egli dice, ad un fungo che non cresce che in autunno, credette bene, nella sua Hi- stoire des champignons, di sostituirvi quello di venenatus (v. ag. citrino-albidus). Anche il sig. Bendiscioli annovera questo fungo fra gli autunnali. Avendo però egli presa la parola vernus nel significato di vernale ( hiemalis ), la trovò benissimo accomodata alla specie in discorso (ag. bulbosus, var. vernea, l. c., pag. 93-5 ), la quale , com'egli af- ferma, cresce appunto nell'autunno avanzato. 339 Giovanna Ballerini, montanara, d’anni 26, moglie di Luigi Dodici, nativa di Brugnello, Stato Sardo, e domiciliata in Lar- dirago, Distretto di Belgiojoso, Provincia di Pavia, mangiò la sera del 19 maggio 1831, in compagnia di due suoi nipoti, Giuseppe Ballerini d'anni 6, e Maria d’anni 12, buona copia d’a- garici di primavera (*), cotti nella minestra. Erano dessi stati colti nel vicin bosco della Rossa, e da quella sventurata proba- bilmente scambiati coi Prugnuoli (ag. mouceron, Bull. ), fanghi generalmente conosciuti da quegli alpigiani sotto il nome di Spi- naroli o Maggenghi. All'indomani allontanossi Giovanna da ca- sa; come era suo costume, onde provvedere ai proprj bisogni ; ma trascorse alcune ore venne assalita da forte oppressione al- l’epigastrio, da nausee, da conati di vomito, ec., e costretta in- fine verso il meriggio dalla gravezza del patire a tornarsene a casa, ove trovò dallo stesso male tormentati anche i nipoti. I prin- cipali fenomeni morbosi che presentavano quegli infelici all’ar> rivo di Giovanna erano: nausee continue, dolori acutissimi allo stomaco ed alle intestina, deliqu) frequenti, convulsioni, ec. Poco dopo Maria ed in seguito Giovanna vennero prese da vomito ostinato di materié bigio-nerastre, a cui s'accoppiava bentosto, per colmo di sventura, un'abbondante soccorrenza della stessa materia, e più innanzi di pretto sangue. Impotente a recere Giu- seppe si struggeva in vani conati di vomito. Chiamato verso sera in loro soccorso il sig. dott. Luigi Casorati, medico condotto del luogo, mio collega ed amico, s'adoperò ma invano per so- (1) Trovandomi sul luogo il giorno istesso in cui perirono quegli infelici, ho potuto pienamente assicurarmi che la specie fatalmente impiegata era appunto quella di cui presentemente favello. Nel bosco della Rossa, da me scrupolosamente esaminato, non trovavasi allora altra spécie di fungo fuor dell’agarico di primavera, il quale era in quei giorni nel forte della sua comparsa. Interrogati i vicini sui caratteri esteriori del fungo che essi avevano veduto mondare da Giovanna , asserivano che eran dessi affatto bianchi, muniti di collarino, e che alcuni di loro portavano al piede quella spe- cie di camiscia propria degli Uovoli. Avendo mostrato loro alcuni individui dell’aga- rico di primavera non esitavano punto a riconoscerli. Interrogata pure Giovanna verso gli estremi di vita, sulla qualità dei funghi mangiati, rispose che eran dessi affatto bianchi, che li avea colti sul terreno, e che di simili se ne mangiavano anche al suo paese. Ciò però che mi mise fuor d’ogni dubbio, si fu l’esame dei rimasugli dei funghi mondati, e più ancora di var) pezzi indecomposti dei funghi istessi, rinvenuti nello stomaco di Giuseppe nell’atto della sezione del suo cadavere. 340 stare il vomito ed il coléra, che specialmente in Maria ed in Gio- vanna andavano sempre più imperversando. Le bevande mucilag- ginose, il latte, gli oppiati, le fomentazioni ammollienti sull’addome a nulla giovarono. Si tentò la- sanguigna, ma anche questa senza effetto. Alle ore 7 del mattino del giorno 21, 38 ore circa dal- l’ingestione del fungo, Giuseppe, che si era ostinatamente rifiu- tato ad ogni medicina, non era più; nè miglior sorte incontra- vano Maria e Giovanna, che tradotte all’ospedale di Pavia, non ostante i soccorsi che vennero loro prodigati, perivano nella stessa giornata fra le più terribili angosce, e senza perdere gran fatto l’uso dei sensi, la prima verso il meriggio; l’altra verso le ore sette pomeridiane. All’autopsia del cadavere di Giuseppe Ballerini, eseguitasi in Lardirago , sotto i miei occhi, dallo stesso dottor Casorati che gentilmente me ne fece invito, ed alla quale assisteva pure il signor dottor Giovanni Gallotti , si trovò lo stomaco zeppo di un liquido verdastro, entro cui nuotavano ancora, unitamente a buona porzione di riso e di erbe, varj pezzetti del fungo non ancora decomposti , e che potei agevolmente ri- conoscere a qual parte della pianta apparteressero ; la mucosa di quel viscere sensibilmente injettata, e coperta, specialmente lungo la piccola curvatura ed in vicinanza del piloro, di grandi macchie di color rosso-livido intenso. Le intestina tenui pur esse ove più ove. meno injettate, e del color dello scarlatto’, le crasse morbosamente ristrette, ma meno delle. tenui ingor- gate; sì le une che le altre vuote d’alimenti, e non contenen- ti che poca quantità di muco bigio-nerastro , e qualche lom- brico. Le meningi erano anch’esse sommamente injettate, spe- cialmente la pia; la sostanza del cervello meno consistente del naturale, punteggiata di rosso, e la base dello stesso nuotante in una quantità considerabile di siero sanguinolento. Gli altri visceri sia della cavità del petto, sia dell'addome, non presenta- vano alcuna rilevante alterazione. Veniva pure eseguita a Pavia la gastrotomia dei cadaveri di Maria e di Giovanna, ma un’incipiente putrefazione, accagionata dal ritardo dell’autopsia, aveva di già alterati sensibilmente i tessuti. La villosa dello stomaco, macerata dai liquidi medicati , 341 era pressochè disciolta, nè in migliore stato trovavasi quella delle intestina. Erano queste affatto vuote, livide e spalmate qua e là d’una materia bigio-nerastra. Il sig. Paulet fu il primo a parlare dell’indole deleteria del- l’agarico di primavera; e noi dobbiamo a questo micologo la storia esatta d’un avvelenamento accaduto a Parigi nel maggio del 1788 per colpa di questo perniciosissimo agarico. Tre per- sone furono da esso attossicate, ed una sola si sottrasse miraco- losamente alla morte. Un altro caso d’avvelenamento prodotto dall’agarico di primavera leggesi nella Gazette de Santé n.° 34 dell’anno 1777. Cinque persone della parrocchia di Taverny, nella valle di Montmorency in Francia, mangiarono la sera del tre luglio (1) certa quantità di questo fungo cotto con burro, pepe e sale. La mattina seguente, provarono esse un mal essere generale, nausee, dolori di stomaco, ansietà, vomito. Verso mezzo giorno venne loro prescritto del latte, della triaca e l’emetico, ma senza alcun vantaggio. Esse durarono nello stesso stato quat- tro intere giornate, e tre finalmente perirono dopo aver sofferto acutissimi dolori lungo tutto il canale digerente, ma senza con- vulsioni e senza perdere l’uso dei sensi. Il loro corpo era co- perto di macchie livide, i denti e le gengive erano nere, la bocca ulcerata, e l’ano infiammato. Diverse esperienze furono da me istituite in diverse epoche, e sopra diversi animali, a fine di avverare l’indole di quest’aga- rico, e di precisarne meglio gli effetti. Tutti gli individui assoggettati alla di lui azione perirono, ad eccezione di un solo, il quale dopo alcuni mesi di generale lan- guore, accagionato dalle copiose perdite sanguigne che avea sof- ferto, perfettamente si ristabilì. Le dosi impiegate in questi esperimenti furono in generale piccolissime. Uno od al più due individui di questo fungo fre- sco bastano ordinariamente per uccidere un vigoroso cane. Il fungo secco, in proporzione del numero degli individui impiega- ti, è meno attivo del fresco. Venti grani (5 a 7 individui) bastano appena per uccidere un cane anche di mediocre grossezza. Pare (1) Nei paesi di montagna, ove la primavera è di molto ritardata, cresce questo fungo sin verso la fine di luglio. 44 5a che ciò debba ripetersi dalla difficoltà con cui viene in tale stato disciolto dagli umori dello stomaco. I sintomi dell’avvelenamento compajono d’ordinario assai tardi anche negli animali. Un cane, che aveva preso una discreta dose di questo fungo essiccato, passò due intiere giornate senza dare il minimo indizio di patimento. L’evacuazione totale del fungo, seguita anche poco dopo la sua ingestione, di rado salva il paziente. Un ursus lotor, tentato con una dramma circa di questo fungo secco, ridotto in bric- cioli, e cotto nella minestra, vomitò alcuni minuti dopo l’ingo- iato veleno, nè perciò sfuggì alla morte. Un piccolo cane, al quale aveva fatto prendere due grani di tartaro emetico sciolto in molt'acqua, poco dopo l’ingestione di una tenue quantità di questo fungo fresco, receva all'istante abbondantissimamente, e veniva in seguito anche discretamente purgato; non ostante perì la sera del giorno appresso sotto le più terribili spasmodie. L’emetico somministrato dopo la comparsa dei principali sin- tomi morbosi ne aumenta il pericolo. I sintomi dell’avvelena- mento, comunemente osservati in queste esperienze, furono vomito smoderato e dejezioni alvine di materie bigio-nerastre, in alcuni di puro sangue, non di rado assoluta stitichezza, e negli ultimi. momenti di vita contrazioni spasmodiche violenti, trisma, tetano. Alcuni individui, durante l’azione del fungo, si rimangono con- tinuamente accovacciati come storditi, se non che vengono tratto tratto tolti da quello stato di profonda sofferenza dagli inces- santi conati di vomito e dalle necessità delle purghe; altri invece continuano a strascinarsi sugli arti sin quasi agli estremi. Tutti gli animali che furono la wittima di queste esperienze, presentarono guasti più o meno considerabili nello stomaco e nelle intestina. In alcuni si trovarono queste parti semplicemente injettate in tutta la loro estensione e di un color più o men vivo di scarlatto; in altri sparsi qua e là di macchie livide e gangrenose, nella maggior parte ulcerate. Un cane che aveva resi- stito per più giorni all’azione di questo fungo secco, fattoglielo forzatamente ingoiare alla dose di mezz’oncia, presentò alla se- zione la villosa dello stomaco, segnatamente in corrispondenza del fondo cieco, sensibilmente rammollita, e profondamente divisa 345 in var} poligoni irregolari. Un altro invece, morto in terza Hoiata, dietro l’uso di tre individui freschi somministratigli nella minestra, aveva la membrana mucosa dello stomaco traforata in varj punti, e staccata per certo tratto dalla tunica sottoposta, di modo che sì poteva far scorrere fra l’una e l’altra membrana, entrando pei fori praticativi dal veleno, la punta dell’indice. Il contorno di queste estesissime ulceri appariva profondamente injettato (1). La sezione del cervello e del midollo spinale, instituitasi so- pra alcuni individui, mostrò pure queste parti, ed in ispecie gli invogli membranosi sensibilmente injettati. L’agarico di primavera, masticato crudo, non manifesta alla prima sensazione di sorta, ma dopo alcuni minuti svolge nelle auci un ardore insopportabile seguito bene spesso da una vio- lenta irritazione alle vicine parti, come io stesso ebbi occasione di sperimentare per ben due volte, avendolo tenuto in bocca troppo a lungo. Il suo odore è grato (?), e negli individui appena esciti dalla volva, s'avvicina di molto a quello dello zafferano e delle mandorle amare. Il tanfo disgustoso che tramandano non di rado gl’individui adulti, proviene dalla loro incipiente de- composizione. L’essiccazione comparte a questo fungo un odore fungino aromatico particolare, molto intenso e come stupefaciente. Esponendo quest’agarico al calore moderato di un forno, il di lui cappello assume una leggier tinta cedrina, ed una lucentezza metallica. Ciò è dovuto all’essiccazione del tenue strato di mu- cosità che ricopre la superficie del cappello istesso. SPECIE COLLE QUALI PUÒ ESSERE CONFUSO. I funghi che hanno la maggiore somiglianza di forme coll’aga- rico di primavera, e che potrebbero venire facilmente con esso scambiati, sono, come ho già altrove avvertito, additandone anche i caratteri distintivi, le varietà di color bianco dell’agarico (1) Lo stomaco di questo cane, sezionato a Pavia alla presenza di varj medici, venne con soddisfazione esaminato anche dall’esimio professore Panizza. (2) Paulet afferma pure la stessa cosa: Cezte plante, dice egli, a. nzalheureusement Fodeur du champignon ordinaire, qui n'est pas méme desagréable et ne rebute pas , Ì. c. 2, pag. 329 344 viroso (pag. 142) e dell’agarico cedrino o bianco (pag. 83), l’agarico leucotite ( pag. 313), e la varietà sy/vicola dell’agarico campestre (pag. 52), detta dai Francesi Boule de neige. ICONOLOGIA. L’agarico di primavera trovasi egregiamente delineato nella tavola 156, fig. 3 e 4 dell’opera del Paulet, e nella tavola 108 dell’opera del Bulliard. Le figure specialmente di quest’ ultima tavola, rappresentanti varj individui nei diversi periodi della ve- getazione, sono commendevolissime, e non si sa comprendere come i signori Persoon e Roques, possessori di sì perfette imma- gini, siensi lasciati abbagliare nella determinazione di questa specie. Le figure del Bayle-Barelle e del Bendiscioli, copiate libe- ramente da quelle del Bulliard, sono poco soddisfacenti. Quelle deli’ Alberti, tratte dai lavori in cera del Pizzagalli, non appar- tengono neppure a questa specie (v. ag. leucothites ). SINONIMIA. Questo fungo fu per la prima volta descritto dal Paulet sotto il nome di Oronge cigiie blanche, come varietà del suo Aypo- phyllum virosum; e poscia dal Bulliard, siccome specie distinta, sotto quello di agaricus vernus. Nessun altro micologo, dopo il Bulliard, esaminò questo fungo in natura, e tutte le descrizioni e le figure che si pubblicarono in seguito, o furono copiate dalle opere del Paulet e del Bulliard, come sono quelle che risguar- dano l’amanita verna della Synopsis del Persoon, l’agaricus bul- bosus vernus del Bayle-Barelle, e la varietà vernea dell’agaricus bulbosus del Bendiscioli; oppure furono desunte da specie diffe- renti, come sono le altre spettanti all’amarita venenosa alba del Persoon (champ. com.), all’agaricus vernus e venenatus del Roques (Phyt. ed Hist.), ed all’amanita verna del Larber, che compren- dono precisamente la varietà bianca dell’agarico cedrino o bianco. Anche l’agaricus vernus del Fries pare che a diversa specie riferire si debba, avendo desso, a differenza di quello che presente- mente ci occupa, il cappello subverrucoso, la volva libera guai- 335 nante, il gambo pieno subeguale (non bulboso), ed un odore ingrato. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XLIV. bo ARLCUSTVMERNUS Burr. A Piccolo individuo rinchiuso ancora nella volva. B Individuo disegnato nell’epoca in cui esce dalla volva. C Individuo rinchiuso ancora nella volva, verticalmente spaccato. D Individuo svolto da poco tempo dalla volva, verticalmente spaccato ; a luogo dell’inserzione del lembo interno dell’anello colla base del gambo. E Individuo disegnato nel momento in cui l’anello sta per abbandonare i margini del cappello. F Individuo perfettamente sviluppato, verticalmente spaccato; c estremità posteriore d’una lamelletta; d varj pezzetti di sostanza midollare sparsi entro la cavità del gambo sotto la forma di setti; e lembi del cappello; f macchie giallastre provenienti dalla de- composizione della sostanza del bulbo. G Parte superiore del gambo d’un individuo adulto, munita dell’anello; g lembo dello stesso formato di due linee saglienti, delle quali l’interna corrisponde al luogo del suo primitivo attacco colla base del gambo, l’altra coi margini del cappello. H Individuo vicinissimo alla sua origine, verticalmente spaccato. (SC) x (ep} AGGIUNTA A compimento di questo lavoro aggiugnerò qui in via d’ap- pendice la succinta descrizione di alcuni altri agarici poco o nulla conosciuti dai Botanici, parte innocui, parte assolutamente vele- nosi o sospetti, riservandomi in altro scritto, che servirà come di supplimento a tutta l’opera, a dare di essi, come di altre specie di questa famiglia, una più estesa nozione. AGARICUS (AMANITA) ECHINOCEPHALUS Nos. ‘Abidus. Pileus convexo-cxplanatus, ritidus, margine laevis, velo, ‘in verrucas pyramidales acutas soluto, vestitus. Lamellae ventri- cosae, ex albido-virescentes; lamellulae postice dentato-lacerae. Sti- pes solidus, bulboso-tuberosus , anulo amplo, haud fatiscenti, in- structus. Volva fugax. Hypophyllum tricuspidatum. Paul., Champ. 2, pag. 359, tab. 163, fig. 3. Descrizione. L’agarico echinocefalo, appartenente alla sezione Amanita, rassomiglia di molto nell’abito e nel colore all’agarico strobiliforme. Perfettamente sviluppato, ha desso il cappello pia- no-convesso, liscio nei margini, tutto coperto di piccole verru- che piramidali, acute, formate dai rimasugli del velo che lo copriva in gioventù. Le lamelle panciute, piuttosto crasse, di color bianco-pallido vergente al verdognolo, e le lamellette po- steriormente dentato-lacere. Il gambo grosso, sodo, pieno, fibroso, gradatamente ingrossato verso la base, ove termina con un bulbo più o meno sensibile, appuntato ed immerso alquanto nel terre- no, squamuloso su tutta la superficie sottoposta all’ anello , il quale è fibroso-membranaceo , frangiato-lacero , persistente. La carne tanto del cappello che del gambo è piuttosto abbondante, ma acquosa, e di color bianco-azzurrognolo. Questo fungo nel suo sviluppo si avvicina di molto all’agarico aspro. Trovasi ordinariamente nelle selve di pioppi e lungo le rive dei fiumi in compagnia dello Strobiliforme. È d’indole cat- 347 tiva (1), e mangiato anche in piccola dose provoca vomito, tor- mini, diarrea ed altri simili accidenti. AGARICUS (LEPIOTA) CRETACEUS Bux. Gregarius. Pileus ex albido-flavescens , piloso-squamosus , mar- gine striatus. Lamellae latae, aquoso-albidae, remotae. Stipes floc- culosus, inverse clavatus, anulo mobili, erecto cinctus. Volva fugax. Agaricus cretaceus. Bull., Champ., tab. 374, nec aliorum. Agaricus cepaestipes. Sow., tab. 2. Agaricus luteus. Bolt., tab. 50. Descrizione. L’agarico cretaceo, della sezione dei Lepioti, per- fettamente sviluppato, ha il cappello piano-concavo con papilla centrale poco sensibile, striato nei margini, e tutto coperto di squame o ciocche di peli fioccoso-molli, e più o meno fugaci. Le lamelle panciute, di color bianco pallido, immutabili, di- stanti, ristrette posteriormente e terminate insensibilmente, come nel Pelliccione, ai lembi di un cingolo subcartilagineo che riceve come in un astuccio l’apice del gambo. Questo è piuttosto lungo, ingrossato inferiormente a guisa di clava, esternamente fioccoso- farinoso, cavo nell’interno e zeppo di fili sericeo-cotonosi, mu- nito superiormente di anello mobile, imbutiforme, frangiato- lacero, fugace. La carne del cappello è scarsa, molle ed asciutta; quella del gambo soda, fibrosa e fragile. Il colore ordinario di questo fungo è il bianco di creta vergente in alcuni individui al gialliccio o pagliarino. La sua polvere seminale è bianca. L’agarico cretaceo s’avvicina d’assai nel suo modo di svilup- parsi, siccome pure nel sapore e nell’odore, al Pelliccione. Cre- sce per lo più in famiglie od a piccoli cespugli, di rado soli- tario ne’ luoghi pingui e specialmente sul terriccio proveniente dalla decomposizione di un miscuglio di sostanze animali e ve- getabili. È affatto innocente, e raccolto giovinetto può essere, al pari del Pelliccione, per gli usi della tavola destinato. (©) Donnée aux animaux, à la dose d’un seul, elle excite deux heures après un vo- missement considérable ; l’animal se plaint, ne veut rien prendre , tombe dans l’assoupis= sement et meurt. Paul. 2, pag. 360. GARICUS (LEPIOTA) ACULEATUS Nos. Pileus squamoso-aculeatus, fusco-ferrugineus. Lamellae confertis- simae , lineares, transversim striatae, repetito-dichotomae, remotiu- diana Stipes subbulbosus, anulo amplissimo, fixo > loccoso-ara- neoso cinctus. Volva marginata , fugax. Fungus esculentus, bulbosus, pileolo, insigniter echinato, ex obscuro ferrugineo, inferne lamellis subtilissimis et densissimis albis, etc. Mich., Gen., pag. 173. Agaricus (curioso). Larber, Degli avvelenamenti, ec. Lettera indiritta al P. Moret- ti, pag. 7. Descrizione. Questo agarico, della sezione esso pure dei Le- pioti, s‘avvicina di molto nell’abito e nel modo di svilupparsi ai funghi della suddivisione delle Tignose nella sezione delle Ama- nite. Perfettamente sviluppato, esso ha il cappello ampio, piano- convesso o leggermente avvallato nel disco, di color ferrugineo- fosco o gialleggiante, fioccoso-molle, asciutto, e tutto coperto di picciole punte nerastre, piramidali, acute, formate dal con- corso dell’ estremità delle fibre che compongono la corteccia. Queste punte sono come articolate sulla loro base, dalla quale infine si staccano lasciando nel luogo istesso varie areole o tas- selli. Le lamelle sono sottili, numerosissime, della larghezza di due a tre linee, trasversalmente striate, replicatamente forcute, di color bianco innacquato, ed un po’ rimote dall’apice del gambo. Questo subcilindrico, bianco-fuliggineo, bulboso alla base, zeppo internamente di sostanza fioccoso-sericea, esternamente fioccoso- araneoso, e coperto verso i contorni del bulbo di verruche o squame simili a quelle che tappezzano la superficie del cappello. Il gambo è pur munito superiormente di un anello ampissimo, fisso, discendente, fioccoso-araneoso, liscio superiormente, lanato- lacero ed elegantemente sparso di verruche inferiormente. La carne di questo fungo è bianca, compatta, fibrosa, d’odor forte spiacevole simile a quello dell’agaricus cristatus. Cresce ora solitario, ed ora in famiglie nei boschi, lungo i mar- gini dei campi, negli orti, ec. È al dir del Micheli mangiativo, ma le sue qualità sensibili lo rendono oltremodo sospetto. 349 AGARICUS (T7RICHOLOMA) CONGLOBATUS Nos. Caespitosus, congestus. Pileus compactus , carnosus , fusco-nigri- cans, laevis, margine tenui, inflexo, subpruinoso. Lamellae albido- pallidae, antice evanescentes, postice rotundatae, liberae. Stipes bre- vis, solidus, ventricosus, albidus , basi innato-tuberosus. Fungus parvus, obesus, ex uno pede multiplex, superne fusco-nigricans, inferne, etc. ? Mich., Gen., pag. 192, n.° 2. Descrizione. L’agarico conglobato, della sezione Zricholoma , ha i seguenti caratteri. Cappello irregolare, piano-convesso, car- noso, compatto, di color fosco-nereggiante, liscio, coi mar- gini assottigliati, ineguali, arrotolati più o meno al di sotto, so- pra l'estremità anteriore delle lamelle, e leggermente tomentosi. Lamelle scarse, di color bianco pallido, gradatamente ristrette ed acuminate anteriormente, arrotondate e libere posteriormen- te; lamellette numerose (3 a 7), e terminate anch’esse come le lamelle. Gambo corto, panciuto, sodo, carnoso-fibroso, pie- no, di color bianco cenerino, leggermente tomentoso, e con- genito alla base con altri molti in una specie di tubere carnoso, denso, informe, tenacemente infitto nel terreno entro la ghiaja, o fra le radici degli alberi. La sua carne è bianca, simile nel- l’aspetto e nel sapore a quella dell’Ostreato, e d’odor grato si- mile a quello che esala dalla farina di recente macinata. Nel suo modo di svilupparsi si avvicina di molto all’agarico Ostreato. La massa carnosa che gli serve di base è perenne, e per poco che venga umettata dalle pioggie autunnali, svolge da tutta la sua superficie una prodigiosa quantità d’individui, i quali, col crescere di volume, si serrano coi loro cappelli in modo da presentare una specie di pallottola densa, consistente, e di un volume bene spesso considerabile. Serve quest’agarico agli istessi usi dell’Ostreato, col quale viene ordinariamente dal volgo confuso. 45 AGARICUS ( TRICHOLOMA) ACERBUS But. Subcaespitosus. Pileus carnosus, convexus, laevis, helvolus , mar- ginibus inflexis, floccoso-tomentosis. Lamellae emarginatae, albido- pallescentes, furcatae! antice evanescentes. Stipes brevis, solidus, ex albido-flavescens , apice punctato-squamosus. Agaricus acerbus. Bull.; tab. 571, fig. 2. — DC. FI., Fr. n.° 175. — Fries, Syst. 1, pag. 49. Descrizione. L’agarico acerbo, appartenente esso pure alla sezione Tricholoma, allorquando è perfettamente sviluppato, ha il cappello ampio, carnoso, convesso, di color giallo-pallido traente al rossiccio od al colore della nocciuola, liscio, coi margini arrotolati sempre più o meno sopra l’estremità anteriore delle lamelle, e coperti di una morbida lanuggine distribuita, a motivo della disposizione primaria dei bordi istessi, in tante linee saglienti sotto la forma di strie. Le lamelle di color bianco-pallido, non molto larghe, per la massima parte forcute, posteriormente smarginate, grada- tamente ristrette e terminate con una punta acuta nella lor parte anteriore. Lo stipite solido, carnoso-fibroso, piuttosto grosso, cor- to, ordinariamente eguale, o leggermente assottigliato verso la base, di rado alquanto bulboso, del color del cappello più o meno illanguidito e coperto in corrispondenza del suo apice di piccole squamette o punti come farinosi. La sua carne è bianca, soda, considerabile, di poco o nessun odore, e di sapore alquanto austero e stitico. Rassomiglia questo fungo nel suo sviluppo, siccome anche nel colore e nell’abito, all’agaricus mouceron. Cresce nell’autunno avanzato, ordinariamente in famiglie , ed anche riunito in piccoli cespiti di due, tre, quattro individui. Chiamasi volgarmente Orletto, a motivo dell’arrotolamento de’ suoi margini, e viene dalla maggior parte dei villici dei con- torni di Milano annoverato fra le specie mangiative. | 35% AGARICUS (ZOLZARIA ) BOMBYCINUS Scmatrr. Pileus villoso-sericeus, alhidus. Lamellae ventricosae, remotiuscu- lae, carneo-rubentes. Stipes solidus, subbulbosus , nitidus. Volva ampla , laxa. Fungus magnus esculentus, e volva erumpens, pileolo villoso, albo, lamellis carneis, etc. Mich., pag. 182, tab. 76, fig. 1. Agaricus bombycinus. Schaeff., tab. 98. — Fries, Syst. 1, pag. 277. Amanita incarnata. Pers., Syn., pag. 248. Descrizione. L’agarico bombicino, appartenente alla sezione Volvaria di Fries, quando sia perfettamente sviluppato, ha il cappello bianco o grigiastro , campaniforme o piano convesso, rilevato nel centro a foggia di capezzolo, liscio nei margini, e coperto di una tenue lanuggine sericeo-lucente. Le lamelle pan- ciute, di color rosso-carnicino più o meno espressivo, alquanto ri- mote dall’apice del gambo, ed alternate da copiose lamellette. Il gambo bianco, nitido, cilindrico o lievemente rappicciolito verso l’apice, ordinariamente flessuoso, pieno, fibroso, privo dell’anello, e terminato alla base con un bulbo più o meno considerabile, con- tornato da una volva bianco-giallastra, membranosa, ampia, per- sistente. La carne di questo fungo è scarsa, ma bianca, succosa e di sapore piacevole. Nel suo primo sviluppo esso somiglia moltissimo all’ Uovolo, e le sue lamelle sono in tal epoca di color bianco-innacquato. Cresce solitario od a cespugli nel terriccio esistente sui tronchi o nelle cavità dei vecchi alberi, e specialmente della quercia, del gelso e del castagno. Ordinariamente però si trova nelle serre sui letti caldi, entro la vallonea. — Raccolto prima del suo per- fetto sviluppo, può essere con vantaggio agli usi della tavola de- stinato non altrimenti del Campestre, col quale ha comune i principali caratteri. 355 AGARICUS (PSALLIOTA) SYLVATICUS Scmaerr. Pileus convexo-caplanatus e grisco-fuligineus, minutissime squa- mulosus. Lamellae utrinque attenuatae , demum fuscae , remotiu- sculae. Stipes laevis, subbulbosus, fistulosus, anulo mutabili cinc- tus. Volva marginalis, fugax. Fungus perniciosus, superne griseus , et leucophacus , inferne dilute purpureus , etc, Mich,, Gen., pag. 175, n.° 3. Agaricus sylvaticus. Schaeff., tab. 242. Descrizione. L’agarico selvatico, appartenente alla stessa sezione del Campestre, qualora sia perfettamente sviluppato, offre i se- guenti caratteri. Cappello piano-convesso, di color grigio-fosco, tutto coperto di minutissime squamette fitte e regolari nel cen- tro, diradate e lacero-allungate verso i margini. Lamelle attenuate verso le estremità, un po’ rimote dall’apice del gambo, bianco- sporche in origine, indi fosco-rosee , finalmente bruno-nerastre. Gambo subeguale, bianco, liscio, bulboso-marginato, internamente cavo e zeppo di fili sericeo-cotonosi, munito superiormente d’a- nello grande, bianco, coi bordi spessi, frangiato-laceri. Quest’a- nello, compresso o soffregato, prende tosto una tinta giallo-sporca sensibilissima, e tramanda un odore disgustosissimo. La carne di questo fungo è piuttosto abbondante, soda, bianca; tagliata però o compressa, divien giallognola, indi bruna. Tutta la pianta ha un odor disgustoso, e somministrata agli animali li tormenta sensi- bilmente senza però metterli a morte. Cresce solitario od in famiglie nelle selve, lungo i margini delle vigne, e più di frequente negli orti in compagnia del Pratajuolo. FINE DELL'OPERA. INDICE GENERALE DELLE CLASSI, DEGLI ORDINI, DELLE FAMIGLIE, DEI GENERI, DELLE SEZIONI E DELLE SPECIE DESCRITTE IN QUEST'OPERA, COLL’AGGIUNTA DELLA MAGGIOR PARTE DE’ SINONIMI. AGARICUS Linn. acerbus Ball. acris Ejusd. (ad part.) aculeatus Nob. . aeruginosus Schum. albellus Schaeff. alutaceus P., Fr. antiguatus Batsch. anularius Bull. . anulatus Bolt. arvensis Schaeff, asper Fr. . aurantiacus Bull. aureus P. TE aurivellus Batsch. . badius Schaeff. . bifidus Bull. . bombycinus Schaeff. bulbosus Bull. ——— Schaeff. ——— Alberti . caesareus Scop. campanulatus P. campestris L. . . Cantharellus Ejusd. cantharelloides Ball. . caryophyllaeus Schaeff. . caudicinus P. cepaestipes Sow. cinereus Roq. citrino-albidus Nob. citrinus Schaeff. clypeolarius Bull. . coeruleus P. . collinus Ejusd. . . xxix AGARICUS colubrinus Bull. 350 conglobatus Nob. 286 congregatus Bolt. 348 controversus P. 245 crassipes Fl. Dan. . 94 cretaceus Bull. . 270 ———— Fr. 187 cristatus Bolt. 16 curioso Larber . 182 cyanoxanthus Schaeff. 146 decolorans Fr. . 331 deliciosus L. I dimidiatus Bull. 193 eburneus Ejusd. 273 edulis Bull. 179 echinocephalus Nob. 126 emeticus Schaeff. 241 ericeus ed ericetorum Bull. . 351 ermineus Fr. 135 Eryngii D.C. 78 esculentus Wulf. Sio: I excelsus Fr. . 163 excoriatus Schaeff, . 4i exquisitus Nob. 189 eaxsuccus Otto. . 193 extinctorius L. . 65 fimbriatus FI. Dan. 20 flabelliformis Schaeff. . 347 fuliginosus Roq. 304 fulvo-albicans Ejusd. . 78 fulvus Schaeff. . ivi furcatus Fr. . 186 ——— D.C. . . 270 fusco-pallidus Bolt. 65 gambosus Fr. “ii 354 AGARICUS Georgi Sow. griseus P. : herpeticus Roq. . + hetero-phyllus Fr. . hyalinus Schaeff. imperialis Batsch. . integer Bolt. . lacteus P. leucothites Nob. lividus P. luteus Bolt. maculatus Schaeff. margaritiferus Batsch. melleus Vahl. mouceron Ball. MUuScanusti.ano, mutabilis Schaeff. myodes Ejusd. ——— Bolt. nigricans FI. Dan. . niveus Scop. ochraceus P. ochroleucus Ejusd. olivascens Ejusd. orcella Ball. orcellus P. oreades Bolt. ostreatus Jacq. . ovoides Bull. pallidus Sow. Palomet Thor. paatherinus D.C., sel pectinaceus Bull. (ad part.) phalloides, var. a, b Fr. ———— var. c, d Ejusd. . plumbeus Schaeff. . polymyces P. pratensis Sow. ——— Schaeff. procerus Scop. . ——— Sow. Prunulus Scop. e): pseudo-aurantiacus Bull. pseudo-mouceron Ejusd. . pulvinatus Bolt. pustulatus Schaeff. rachodes Nob. =. 163 . 146 AGARICUS rosaceus P. rubens Scop. ruber Schaeff. . —— D.C., Fr. rubescens Fr. salignus P. sanguineus Bull. sapidus Poir., Roq. scandicinus Scop. solitarius Bull. . squalidus Chev. squamosus Willd. . stipitis Sow. . 4 strobiliformis Nob. sylvaticus Schaeff. . ———_—— Lam. tessulatus Bull. . tortilis D.C. . trilobus Bolt. ulmarius Bull. vaginatus Ejusd. venenutus Roq. . vernalis Bolt. vernus Bull. . ——— Roq. ; verrucosus P. (Com.), Roq. ———— Cordier . ———t— Bull., Curtis virescens Schaeff. virgineus Wulf. . virosus Nob. zonarius Bolt. AMANITA Pers., Lam. ampla P. . alba P. (champ.) —— Alberti aspera P. aurantiaca P. badia P. bulbosa P. ——— alba Eiall (champ gio caesarea P. citrina P. formosa P. fulva P. incarnata P. involuta Lam. livida P. . SU marmorea Lam. Lia muscaria P. odora Lam. . .. procera P. (champ. Î; puella Rec. A rubescens P. rubra Lam. . sanguinea Ejusd. spadicea P. umbrina P. vaginata Lam. ° venenosa viridis P. fol: }s ———— alba et citrina Ejusd. » verna P. . —— (25) 5 bui viridis P. i AMANITA Fri AnciocarpI P. . ARMILLARIA Fr. . BOLETUS Dill. aereus Bull. . ——— Roq. asbestinus Scop. aurantiacus Bull. aurantius P. bovwnus L. . . ——— Willd. ——— Schaeff, bulbosus Ejusd. castaneus Bull. . Cepa Thor. . crassipes Schum. cyanescens Bull. dulcis P. (Myc.) edulis Bull. esculentus P. (Myc.) . felleus Bull. . floccopus Vahl. . fragrans Nob. hepaticus Schaeff. . leucoporus P. ( Mye. ) luridus Schaeff. procerus Bolt. rufus Schaeff. scaber Fr. ——— Bull, P. solidus Sow. subtomentosus L. . 2 è 39 XXXII 29 XXXVII 173 168 284. » 212 ivi 175 212 ivi 168 173 218 176 174 168 ivi ivi 173 217 153 280 218 174 212 ivi ivi ivi 168 156 BOLETUS umbrinus P. (Myc.). pag. variegatus Schwein. work BOVISTA P. furfuracea P gigantea Nees. . maxima Dill. nigrescens P. plumbea P. tunicata Fr. CANTHARELLUS Ada aurantiacus Fr. cibarius Ejusd. . edulis P. ( Disp.) . CLAVARIA Vaill. acroporphyrea Schaeff. aurea Ejusd. Botrytis P coralloides Bull. ———— Scop. dichotoma P. ( Comm.) . fastigiata L. flava Schaeff. —— Trattinn... flavescens Schaeff. . formosa P. lutea Nob. plebeja Wulf. rubescens Schaeff. . CLavati Fr. CLirocyee Fr. CupuLati Fr. DENDROSARCOS Padlet, hepaticus . juglandis . FISTULINA Bull. buglossoides Bull. . hepatica Fr. . Gasteromycetes Fr. Gywnocarpil P. HELVELLA Linn. albida Schaeff. . crispa Fr. esculenta P. ? ———— ? Sow. (ad part.). —_—ns Trattinn. hybrida Sow. Infula Schaeff. . leucophaca P., Trattinn. a 2 355 168 157 XLII 257 263 ivi 261 257 ivi XXXVII 2 ” ” E}) ” 29 be] ” 193 189 ivi + 99 XXXIX 221 227 221 229 224 227 225 ivi 229 225 223 228 221 ivi + 99 XXXIX - 2 XXXIV XLI 280 180 XXXVIII 280 ivi XLII XVII XLI 231 ivi 247 101 247 110 249 231 lime zati 356 HELVELLA mitra Sow.. ———— alba et fulva Ball. phalloides Afzel. HERICIUM P. Frinaceus P. . commune Roq. . HYDNUM Linn. è caput Medusac Ball. . carnosum Batsch. . clandestinum Ejusd. coralloides Scop. Erinaceus Bull. . fiavidum Schacff. Histrix Batsch. imbricatum Bolt. Ramaria Fr. repandum L. rufescens Schaeff. . squamosum Ejusd. ————— Ball. HymenomyceTes Fr. È HYPODRIS P. (Myc.). hepaticus P., Roq. HYPONEFV RIS Paulet Cantharellus . , HYPOPHYLLUM Pam albo-citrinum aromaticum . caesareum campestre columella cucullatum elatum Eryngii crquisitum 3 globoso-cameratum globosum È integrum (Russula) ———— (pirescens) lateritium maculaium margaritiferum . muscarium muscicola. odoratum palumbinum . piperatum var. . polymyces pag. 231 HYPOPHYLLUM rotundius Pag: 87 ivi e 99 XXXIX 201 195 20/4. 195 204, 195 ivi ivi 198 sE DIRI Russula . . . . » 293 sanguifluum . . . . ... » 329 sericeum o. . +0. 0% 0.0.» 126 strobiliforme. .. . . .°. . » 509 tricuspidatum »—. . . . +. . » 346 vinosum . . «0 “9816 virosum (verte et di pan «Ma, ih35 ——— (du printems) . .‘. »'836 Hyprormopnius Fr. + 9 XXXV HYPOTELE Paul... 000 (See repanda » 195 LacrirLUI P. è TOI eta Lepiota Fr. - 3 XXXI * Leucosporus Fr. . . » XXX LYCOPERDON Linn. e Mo 4 » XLII . ardosiaceum Bull. (ex part.) . » 257 e \Bovista (Li >» . » 263 cepaeforme Bull. (ad parteli . » 257 giganteum Batsch. . . . . » 263 maximum Schaeff. ... .. » ivi é plumbeum Nob.. . . Ul tab Proteus Sow. (ex part.) . . » 263 MERULIUS Per. è ta IDA Cantharellus P,. .. .. RN nigripes Ejusd. . . . . , . » 193 Mind Fr, 000000. 1, RE MORGHELLA Dill, ..... » divi agaricoides D.G. .. bia. è Rena conica.P. ‘..0;,: <<. AI continua Trattnn. . . . . » 105 costata. P. ;.. .. 0. Ri eoo crassipes Ejusd. (Myc.) . . . » rio deliciosa Fr... è. (TOCCO elata Ejasd.:. <.<... +, Sd n esculenta Pj.. .. it) 206000 fusca P. (Myc.). >. RR Gigas P., Fr... SE hiemalis Fr... .; «i. .; (RU hybrida P. ... TRAE mesomorp#a P. (Myc.) . . . » iv patula P., Fr. .. .. VR ——-— Trattinn. . . .... » 120 rete«P..(Myc.). . . 000000 semilibera D.C... «. 0° Mn tremelloides Ejusd. . . ... » ivi Moucrron Fr. . + XXXVI PEZIZA Dill: . . i} SMR —|————1————@—n1nm211ro_——————————————————__—_—__————#È PEZIZA Acetabulum L. ancilis P. calyciformis Fr. PHALLUS Linn. anastomosis Gmel. costatus Vent. crassipes Ejusd. crispus Scop. esculentus L. Gigas Batsch. hiemalis Balb. lobatus Batsch. . mitra Berg. rete Batsch. . squamosus Vent. tremelloides Ejusd. Piceni Fr. . Preurotus Fr. . PrRATELLA P. « 2) ivi 238 XL 106 ivi I10 231 IOI 120 IOI 235 247 114 120 sOI 2 XXIX 3) XXXV 3) XXXVI Russuca P. aeruginosa P. (Obs.) TricnogastRrEs Fr. TricHoLoma Fr. . 236 PsarcioTa Fr. Tricnospermi Fr. . TUBIPORUS Paul. edulis . . esculentus . fusipes . ustulatus UTERINI Fr. VERPA Schwartz. agaricoides P. ° . digitaliformis Ejusd. morchellula Fr. speciosa Nob. VoLvaria Fr. 357 pag. XXXVII XXXIII 2) 2) 2 2/1 XLII + 2 XXXII XLII 168 XLI 119 117 119 120 2 XXXVI TAVOLA DEI NOMI ITALIANI, VERNACOLI, FRANCESI E TEDESCHI DELLE SPECIE DESCRITTE, COI RISPETTIVI NOMI SCIENTIFICI. Aeairio comestible — ag. campestris L. » cultivé -- idem. » en conque — ag. ostreatus Jacq. » orcelle — ag. orcella Bull. » printanier — ag. vernus Bull. » sanguin — gg. sanguineus idem: » . solitaire — ag. strobiliformis N. Albarello — 6. scader Fr. Anelì — ag. melleus Vahl. Arbatrello — 4. scader Fr. Arresteron — hyd. repandum L. sarbe de bouc — clavariae spec. » de chèvre — idem. Barbesin — Ayd. Erinaceus Bull. Barentaze (rothliche ) — clav. Botrytis P. Bastardmorchel — verpa speciosa N. Bianchin — 2. edulis Bull. Bilzetto Mant. — ag. vaginatus Ball. Bilzling (roth o schwartzcopfiger) — bd. scaber Fr. Bissacan — morch. costata , semilibera , verpa digitaliformis. Bliitling — ag. deliciosus L. Blitschwamm — fîst. hepatica Fr. Bolé, Boleto — ag. caesareus Scop. » bianch — ag. opoides Bull. Boligoule — ag. Eryngi DC. Bortolan — ag. ostreatus Jacq. Boule de neige — ag. campestris L. Brasca — ag. controversus P. Brigòld Bresc. — ag. exsuccus Ott. Brisott — dol. edulis Bull. 3rugareul. — d. scaber Fr. Brodling (griiner) — ag. virescens Schaeff. Bubbola bianca — ag. virosus N. » buona — ag. excoriatus Schaeff. » maggiore — ag. procerus Scop. Bubbolina rigata senza anello — ag. pa- ginatus Bull. Buekerello — morchella esculenta P. Cadran — ag. caesareus Scop. Cappellett — dol. edulis Bull. Capo gallo — canth. cibarius Fr. Cardela — ag. ostreatus Jacq. Carnetta — idem. Carnesella — fist. hepatica Fr. Castegneur — ag. campestris var. Ceppatello buono di selva — 2. edulis Bull. Cèpe — idem. » franc — idem. Ceps — idem. Cerrena — ag. ostreatus Jacq. Chamois — kyd. repandum. L. Champignon Fr. Ted. — ag. campestris L. » de Brujers — idem. » de couches — idem. » des Dames—ag. hetero-phyllus Fr. » de fumier — ag. campestris L. » (grosse) — ag. exquisitus N. Chavanes — ag. controversus P. Chevrille — cantà. cibarius Fr. Chevrotine — hyd. repandum Lin. Chevrotte — idem. Ciaccer — ag. ostreatus Jacq. Cicciolo — ag. Eryngii DC. Ciodareui — ag. melleus Vahl. Ciodin, Ciodett — idem. » de Sales — idem. » de Noos — idem. » de Pobbia — idem. » d’Albera — idem. Cocch Mil. — ag. caesareus Scop. » bastard — ag. muscarius L. » bianch — gg. ovoides Bull. » matt — ag. muscarius L. » velenos — idem. Coccou bianch Berg. — ag. strobilifor- mis N. Colombareu — ag. campestris L. Colombina — russulae spec. ” rossa -— ag. ruber ed emeticus i Schaeff. , sanguineus Bull. » rossa e gialla — ag. alutaceus Fr. » verde macchiata — gg. virescens Schaeff. Coquemelle — ag. ovoides ? Bull. Coucouméle grise — ag. vaginatus Bull. » jaune — idem. x » orange — idem. Coulemelle — ag. procerus Scop. Couleuvrée — idem. Crusagne — ag. virescens Schacff. Cuccù rosso — ag. muscarius L. Cihbilzling — dol. scader Fr. Dentino dorato, buono — 4yd. repandum L. Dentin giald, Denti — idem. Didelle, Didine — clavariae spec. Ditola gialla — clav. lava Schaeff. » gialla e rossa — clav. Botrytis P. Dorade — ag. caesareus Scop. Drehling — ag. ostreatus Jacq. Eurchon — hyd. repandum L. Famiglia buona, bianca e leonata — ag. melleus Vahl. Famigliuole — idem. Farinaccio — ag. ovoides Bull. » falso —— ag. vaginatus idem. Farinon — ag. opoides Bull. Fausse Oronge — ag. muscarius L. Ferraresi — 2. edulis Bull. Ferré Mil. — idem. Finfer — canth. cibarius Fr. Fleischwamm — fist. hepatica Fr. Sean — ag. muscarius L. » (wilder) — ag, rudescens Fr. Foie de boeuf — fist. hepatica Fr. Fonz zald — canth. cibarius Fr. Founge orange — 2. scaber var. Fungo color d’Isabella — ag. oreades Bolt. » cotogno — 8. fragrans N., subto- mentosus L. Lapacendro buono che goccia liquo- re color di zafferano — ag. de- liciosus L. » mugnajo — gag. virgineus Wulf. » sanguigno — dg. (I s deliciosus L. 359 Fungo verdone — ag. hetero-phyllus Fr. Fung o fonz barbis o barbin — hyd. £ri- naceus Bull. » cocch, coccou — ag. caesareus Scop. .» della gamba lunga — ag. procerus Scop. » ferrar, ferré, freer — dol. edulis Bull. » lengua — fist. hepatica Fr. » moron, noos, ec. — ag. melleus Vabl. » oeuf — ug. caesareus Scop. » parnigà — ag. paniherinus DC. Funghi chiodetti — ag. melleus Vahl. » de morar, pioppar, salgar, ec. — idem. Gabbareu, Gabbreu Mil. Pav. — ag. mel- leus Vahl. Gabbaroli — idem. Gallinaccio — canth. cibarius Fr. Gallinace — idem. Gallinell, Gallinetta — idem. Gallinoeur, Gallilì — idem. » * spinoos — hyd. repandum L. Galluschel — canth. cibarius Fr. Gambe secche — ag. oreades Bolt. Ganteline — clavariae spec. Geissbart (gelber) — clav. lava Schaeff. Gelone — ag. ostreatus Jacq. Gérille — cantà. cibarius Fr. Gingoule — ag. Eryngii DC. Girolle — cantàh. cibarius Fr. Golmelle fausse — ag. asper Fr. » vraie — ag. rubescens Fr. Golmotte fausse — ag. asper Fr. » vraie — ag. rubescens Fr. Gorge de pigeon — ag. hetero-phyllus Fr. Grisette — ag. procerus Scop., ag tus Bull. Grumato bastardo — ag. orcella Bull. » grigio — idem. ; vagina- Griinling — ag. virescens Schaeff. Gugemuke — ag. exquisitus N. Gyrole, Gyroale — dol. edulis Bull. » rouge — dol. scaber var. Hallimasch — ag. melleus Vahl. Herbstmorchel — helvella crispa Scop. _ Hérisson — hyd. Erinaceus Bull. Herrenbilz — dol. edulis Ball. Herrenschwamm — ag. deliciosus L. 360 Houppe des arbres — 4yd. Erinaceus Bull. Jaune d’oeuf — ag. caesareus Scop. Jaunelet — cantàh. cibarius Fr. Jgelschwamm — hyd. ÉErinaceus Bull. Jrachis — ag. virescens Schaeff. Jrandja — ag. vaginatus Ball. Jrauxcher — ag. virescens Schaeff. Kaiserling — ag. caesareus Scop. Kremling — ag. virescens Schaeff. Kukemucke — ag. erquisitus N. Langue o glu de chéne — fist. hepatica Fr. Lapacendro — ag. deliciosus L. Latyron — ag. controversus P. Leberbilz — fistul. hepatica Fr. Legoratt — dol. scaber var. Legorzella — dol. edulis e scaber. Lengua de bò — fist. hepatica Fr. Levrin — dol. edulis Ball. Lingua dì castagno rossa buona —- fist. he- patica Fr. Loffa — lycoperd. spec. Lucifer — ag. virosus N. ‘ Luit ver — idem. Madonine Mil. — ag. vaginatus Bull. Maggengo — ag. mouceron idem. Mainotte — clqo. spec. Manetos — idem. Manine — idem. » gialle — clav. flava Schaeff. Marckschwamm — ag. mouceron Bull. Mascherpon Lod. — ag. strobiliformis N. Maurache (grosse, spitzige) — morch. co- stata, Mazza da tamburo — 4g. procerus Scop. Mazzengo — ag. mouceron Bull. Mazzin — idem. Melina, Mlina — fist. hepatica Fr. Morchel (gemeine) — morck. esculenta P. » (falsche) — kelo. esculenta P. Morille comestible — morck. esculenta P. » de Moine — heb. crispa Scop. Mousseron — ag. mouceron Bull. » godaille — ag. oreades Bolt. » d’automne — idem. PI de Dieppe — idem. » (petit) — ag. virgineus Wall. n) pied-dur — ag. oreades Bolt. Nigelschwamm — idem. : Nez-de-chat — ag. procerus Scop. Noiret — ag. ostreatus Jacq. Nosareui — ag. melleus. Vahl. Ocuf bianch — ag. ovoides Bull., strodi- liformis N. Oregine, Oreccine — help. crispa Fr. Oreille de Chardon — ag. Eryngii. » d’Orme — ag. ulmarius Bull, » de Nouret — ag. ostreatus Jacq. Oreillette — ag. virgincus Wulf, Orgella — ag. Eryngii, ostreatus. ».dell’olmo — ag. ulmarius Ball. Orlett, Orlitt.— ag. acerdus Bull. Oronge — ag. caesareus Scop. » —blanch — ag. ovoides Bull. » blanch ou Citron — ag. citrino- albidus N. » cigué blanche ou du printems — ag. vernus Bull. » ciguè verte ou jaundtre — gg. vi- rosus N. » pommede pin — ag. strodiliformisN. » vraie — ag. cacsareus Scop. Palomet — ag. virescens Schaeff. Parasol — ag. procerus Scop. Pasta sciringa terrestre — helv. crispa Scop. Paste, Pastine Mil. — ag. orcella Bull. Pàturon blanc — ag. exquisitus N. Pellicione, Pellizzù — ag. procerus Scop. Penchemille — 4kyd. repandum L. Pett de louff — lycop. spec. Pettino — idem. Peveraccia — ag. controversus P. Peverone — idem Pfeferling — canth. cibarius Fr. Pied de coq — clav. spec. Pinaccio buono pelosiccio — bol. fra- grans N. Pinfan — canth. cibarius Fr. Plareul — ag. campestris L. Polline — lepiotae spec. Pollin bastard — ag. pantherinus, asper, rubescens , etc. » ross — ag. muscarius L. Porcinello — dol. scaber Fr. Porcino — dol. edulis Ball. » bastardo — bol. fragrans N. Potiron — ag. campestris L. —————————————————im Pradireu ag. campestris L. Pratajuolo bianco, buono — ag. campestris L. » col cappello 2 spiechii — idem. ” maggiore — idem, ag. exquisitus ” Turino — ag. campestris L. Prévat rosé — ag. ruber Schaeff. » verdoyant—ag. hetero-phyllus Fr. Prugnuolo — ag. mouceron Bull. » nostrale cenerino — idem. » nostrale color d’Isabella — idem. » bastardo — ag. orcella Ball. ”» di maremma - ag. mouceron.Bull. Prunello — canth. cibarius Fr. Puinon — ag. campestris L, Ragoule — ag. Eryngii. Rassling — ag. mouceron Bull. Rehgeiss — canth. cibarius Fr. Reische — ag. deliciosus L. Reizker — idem. Riccione — /yd. Erinaceus Bull. Rignoche — hyd. repandum L. Rosling — ag. mouceron Ball. Rossetto — ag. emeticus, sanguineus, ru- ber, etc. Rossola buona di gambo lungo — ag. ru- ber Schaeff. maggiore — ag. hetero-phyllus Fr. mezzana — idem. » ordinaria — ag. emeticus ad p. Rothling — cantà. cibarius Fr. Rougeàtre (le) — ag. rudescens Fr. Rougeote cerise — ag. ruber Schaeff. » (grande) — idem. Roussette — ag. controversus P. Roussile — bol. scader var. Sabbieu — ag. campestris L. Sanguanì Bresc. — ag. deliciosus L. | Sottana — ag. controversus P. Speyteufel — ag. emeticus Schaeff. Spinarolo, Spinareu — ag. mouceron Bull. Spongeula — morch. esculenta P. Spongigneura, Spongieura — idem. ” falsa — perpa speciosa N. Spugniolo — morch. esculenta P. ” d’autunno crespo — helv. cri- spa Scop. 361 Spugnola — morch. esculenta P. Spugnolo cappelluto maggiore -— verpa spe- ciosa N. Steccherino — 4yd. repandum L. Steinbilz — dol. edulis Bull. Stockmorchel — helv. esculenta P. Stumpmorchel — idem. Surla — dol. scaber Fr. Tajadelle — celav. species. Tavarné — dol. scaber var. Taubling (rother) — ag. ruder Schaeff. Téte de Méduse — ag. melleus Vahl. Tignosa bianca o pagliata — ag. citrino- albidus N. » biancae vinata non rigata — ag. rubescens Fr. ” bianca maggiore de’ campi — ag. strobiliformis N. » bigia,rigata — ag. pantherinus D.C. » dorata — ag. muscarius L. Tobbie — ag. procerus Scop. Tobbietta — ag. excoriaius Schaeff. ”» bianca — ag. leucothites N. » falsa — ag. pantherinus D.C. Torobbie — ag. procerus Scop. Tripette — clav. species. Tripetto — morch. esculenta P. Tron Pav. — ag. controversus P. Uovolo — ag. caesareus Scop. » bastardo — ag. virosus? N. » malefico — ag. muscarius L. » ordinario — ag. caesareus Scop. rosso — idem selvatico malefico rosso — ag. mu- scarius L. Urchin — kyd. repandum L. Vairoeu o Varioeu — dol. edulis Ball. Vescia -— lycop. spec. » maggiore buona da friggere — £Lye. Bovista L. Vesse-de-loup citrouille — idem. Vesse-loup de Bouviers — idem. Vineux truité (le) — ag. rudescens Fr. Zaldì — canth. cibarius Fr. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUEST’OPERÀ. Daria dilaga ao Prefazione. . . Oa AU Organi principali del fungo, e disbette ins Del ricettacolo e delle sue dipendenze . . Del''eappella. snut Rune, Dellasclava®g9t muta: Della*mitra 0 pi pio bon SANE, 6a Della: :scodellima:".1 . 00%. Dell’utero Ml bro n CAVI 0 VIN, Degli invogli in genere de? ubi ARTO Della Shiva VUBIRSA I ee Dell’anello . . . Dellatcertoina: 393-000 Delivelo 804. nt Ii Degli organi della fiuttifieazione PMT Delle spore o gongili . . . Delle teche e degli sporangi . Dell'imenio ate pa e ER DIA Delle lamelle . apr dara ve Derstubie tr et A SRI 0) Delle:ivens zan 000090916 Degliraculei 041 «Ente 800 Germogliamento delle spore e formazione successiva tuenti ilafango I si { SE MPRO AU . pag. . . . . . . ” modificazioni È Vai] ” . . . . . . . . »” . . . 3 . ° ” . . »” . . . . . . ” . ° ° . . . . . . . ” ° er e (tc; . » . . . . ” . . . . » . è . . »” . . . . ° . >» ° . ° PI ” . ° . . otti. . ® . . . . . »” . . . . . . ” . O . . . ° » . . . . è . . 3” . . . . ”» ea a e Re T] delle diverse parti costi- . . . . . © »” Distribuzione metodica delle fice da fighi desc in cuevopla collindità! zione dei caratteri delle Classi, degli Ordini, dei Generi e delle Famiglie. » Sintomi generali prodotti dall’azione dei funghi nocivi sull’umana economia. » Apparenze marbosett/it 60 Azione dei funghi deleterj . . . . Metodo generale di cura . i . n . ° . . . » Descrizione DEI FUNGHI MANGERECCI PIU’ COMUNI DELL'ITALIA. 1 Agaricus caesareus Scop. . . . . 2 Agaricus ovoides Bull . . . . 3 Agaricus melleus Vahi. 4 Agaricus ostreatus Jacq. 5 Agaricus muscarius Linn. Pag è» PRAIA) I 25 33 Tav. I ” IL » III. 2) IV. » IVA 363 6 Agarîtus campestris Lion. ° . . . pag. 4r Tav. VI, VII, VII. 7 Agaricus strobiliformis Nob. . . . . . » 59» IX. 8 Agaricus oreades Bolt. . . .... ».65. » X, fig. I. anaggaricis: Erga DG... 0... an I ” X, fig. IL. ro Agaricus citrino-albidus Nob. . . . . » 78 » XI. 11 Agaricus mouceron Bull. . . . . . . » 87 ” XII, fig. I. 1a Agaricus orcella Ejusd. . ... .....» 94 >» XI, fig. IL 13 Morchella esculenta Pers. . .. .. » 101 ” XII, fig. I-V, e » XIV, fig. V. 14 Morchella costata Ejusd. . . . . . . » 106 ” XII, fig. VI-VII, e n XIV, fig. VI. sniMorchella, semilibera DC... ..........» tuo. » XIV, fig. I-IV. 16 Zerpa digitaliformis Pers... ... »iin » XV, fig. IV. meerierpe ispeciosa Nob.. . . . ...°. . » 120, |» XV, fig. V-VIII. 18 Agaricus vaginatus Bull. . . . ... » 126» XVI. idizaricnis virosus Nob. . . . >. . .. » 135 » XVII. 20 Agaricus exquisitus Nob. . . . . . . » 146 » XVIII. umbalene fragrans Nob. . ... . ... . » 153 » XIX. oa Agaricus rachodes Nob. . ... . . . » 158 ”» XX. 23 Agaricus ruber Schaeff. . . . .. . » 163 » XXI. mpebolenis edulis Bull. . ... ll ... » 168 » XXII. 25 Agaricus ulmarius Ejusd. . . . .. » 177 ” XXIII. 26 Agaricus pioceras Scop. . 0. . 0. v 182 È) XXIV. 27 Cantharellus cibarius Fr. . .. . .. » 189 » XXV, fig. I. 28 Hydnum repandum Linn. . . . . . » 195 ”» XXV, fig. IL 20 Hydnum Erinaceus Bull. . . . . . . » 201 ” XXVI. 30 Agaricus hetero-phyllus Fr. . . . . . » 207 » XXVII. sulbplcbistsoaber Ejusd. ... . . .-. . naia » . XXVII. SalClavaria Boirytis Pers. *. . . . .. » 221 DI) XXIX, fig. I. duetanam a fava Schaeft. . . . . . . » 225. » XXIX, fig. II metenamia Iutca Nob. . . ... . . .. 02280» XXIX, fig. III edelialerispa Fr... .. 0... » 231 » XXX, fig. I. 36 Peziza Acetabulum Lion. . . ... » 236 » XXX, fig. IL. 37 Agaricus virescens Schaeff . . ... » 241» XXXI. 38 Helvella esculenta Pers.? . . ..... » 2467 » XXXII, fig. I 39 Agaricus virgineus Wulf. . . . .-. 0. » 251 ” XXXII, fig. IL 4o Lycoperdon plumbeum Nobi . . . .. » 257 » XXXII, fig. IL 4: Lycoperdon Bovista Linn. ; » 263 » XXXII, fig. II guldicaricus alutaceus Fr... .. Ul .. . » 270 * » XXXIV. 43 Agaricus excoriatus Schaeff. . . . . . » 273 » XXXV. gelatina hepatica*Fr. . <.<... .0. . » 280 nie: XXXVI 45 Agaricus controversus Pers. . . . . . » 286 » XXXVII. 46 Agaricus emeticus Schaeff. . . . . . » 293 » XXXVIII, fig. I. 47 Agaricus sanguineus Bull. . . . . » 299 » XXXVIII, fig. II 48 Agaricus pantherinus DC. . . .... » 304 » XXXIX. 49 Agaricus leucothites Nob. . .. . . . . » 310 » XL. So Agaricus rubescens Fr. . . .. .. » 316 » XII. aa Agaricus deliciosus Linn... . ©. . . : » 323.» XLII 364. 52 Agaricus asper Fr... si de 0. 33: Tav. _XLUI. nova 53 Agaricus vernus Bull. . . . . 0...» 336.» XLIV. 54 Agaricus echinocephalus Nob. . . . . » 346 55 Agaricus cretaceus Bull . . % ..... » 347 56 Agaricus aculeatus Nob. . . .... . . » 348 57 Agaricus conglobatus Nob. . . «>. - } Ì i x \ IS ù Ti N o N \ i hi % vg RR A TREIA TELE I A, sini tdi < E 3SRi MIRPE SS ILE i \ A \ | ARRE Ù nt “ia 3 \ nat Fadini ce natura » \ - » Ch ei "a I\ PE n D 2) - Y LI uri 4 doi }1 v ber 87 A (4 i b3 v dl \ «ii FI i | «nie er I ul la ge i P. Li à f. ma fa Pi Gee A ; 1 a i i ; a È ù ° È di ME Ni Ù ‘ey ® } | i 0% li si i Li CI ato ; ) PI h; i E ve * si x î n A Si ù Ì DE - PA di C: i - “ ì : È P E | y } bi | ] E i ; % A È sf Da La i i N ta Fal | i ni o) | . i ; oe x ue x Do. ” ; d° % L . Ò Le \ i ì Si i i nÀ \- ? ù I 4 À + » * 3 ” età let Ing : ; | ‘ CA È 7 î it A p- e apr » ut ae 7 É TR: ; Ù Pò “i ; Ne SAI î PUMA | DI 2° vi OÙ, è Ù ) i Ue LI . n » î | ‘ : - di î 3 È Pi ' | n ì i, ‘ . È LI 2) ; Dr i ‘ 2 ; x, 283 i di RE ti 1% : (a ì | i tI i È ri X i . \ | A x 0 ' 2 = PI 5 A î , a” À CI cali cel sede i î i Ì i À trici vere Iitadini er natira = % È A ta c igre ACUI SVPOAL da (AA SOPIMUI < beat 9 De; uu s 9° °° ZO \ IC IUadini en natura Pa CA Y Li, : . x è LI I ) CAS \ ii LU \ n Y C) afì è o { win — AM | e bi te hi di ? Î| ; ‘ ti si n Fi È li 1 v6 A Di hi'Ò È i x ì Î Me Î , è Da Ì xi 4 Ù fa Labe hi ee: È. J n Sona da n + » fa HA D, Si . » » * * A i x . Mittadira ex natura LI GALACHUI aree e od. T'AVTII. aa ax n qa it P LI vi Yè è Pp € n AI ART: dl 7 My Je, Ve 20 7 he GLAS. VOLG Vittadini ea natura l 1 : NE. ne î dA O H \ PASO oa SU E RR ha TXNNI. mA Mag pi do n iN teo A) ; N »b . A » U "” * . di i , Ta RA RA. Ivg La Y Ù DSL RARA e / ladini ex natura ti ga 2LeL AI 7 MOCOVUI < VAR ae A » sno» 4 Pre n Nu la Win Ma i A Ri sar il fia” n pa VADD ILA 902777 (2) musi ( VIIMNACOUI C) A, - SER Iittadini ca natura TXXVI. ltadini ex natura LI Ù) . Ù i | DIPCONIZAI TE I è | ali 1% i ‘ “ N i a ‘ PA ci i Met x “ ì N Mr Ha, i D LAT 1] 128° L la Liga LI Meii 6 1° \ : h 0 FI 4 | ° f a) % e Lala \ x INT seta A L rai «(TE . 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