'p-iìqo. mmtifxcfy ^ idUx dimenio speriamo di potere in miglior guisa soddi- sfare al nostro ed al comuii desiderio , e vie meglio concorrere all' utile della patria ed alla gloria di es- sa; jioithè nostro pensiero essendo di occuparci sopra lutto delle patrie cose, oltreché un' opera verremo a formare tutta siciliana , i)otremo vie meglio appagare la curiosità degli* stranieri, che divìsi come essi sono da noi, e con poche comunicazioni, difficilmente giun- gono a ionoscere ciò che si opera in questo suolo, di cui vorrebbero caldamente occuparsi , non ignorando come fu ed è, al dir di essi, classica terra. Un nuovo asjietto pnnidendo ora queste Effemeridi wn novello ordine è di mestieri che loro si dia. E primieramente facendo una più distinta divisione del-^ le materie che verranno in esse trattate, consacreremo la prima parie alle scienze ed alle arti meccaniche, ove saranno registrali in primo luogo i lavori iwiù del Rea' le Istituto d' inconiggiametìto di agricoltura art' e mestieri^ che fornuranno una parte importantissima del giornale, come quelli che saranno per uscire da una illustre assemblea , composta da più distinte persone , da molti valentuomini, e dii j)iù riputati professori si- ciliani; come anche per io scopo a cui mireranno d'in- coraggiare le invenzioni e l'esperienze, che tendono a migliorar le arti e le industrie nazionali , e di rendere comuni i buoni principi delle economiche ed agrarie PROEMIO V discipline, e inspirare più forte 1' ardore per tali og- getti, a cui dovrebbero caldamente i Siciliani tutti ri- volgersi; perchè di felice e perspicace ingegno dotati, e perchè nati in un suolo fertilissimo , che allo sente il bisogno di un miglioramento di agricoltura nello stato attuale di sua decadenza(i). Ai quali lavori verran dietro altre memorie, ed estratti di opere scientifiche, con cui chiuderemo la parte prima , e daremo principio alla seconda di letteratura e belle arti, ove la storia, e quel- la particolarmente della Sicilia non bene ancora e tut- ta illustrata, l'antiquaria, la filologia, la buona poesia, e le arti belle, ampia materia presteranno ai leggitori d'istruzione e di diletto. E perchè null'altro mezzo avvi, con cui spargere al- cun seme di letteraria coltura più acconcio di quello di divulgare le fatiche nonché dei dotti del proprio paese, ma quelle eziandio delle esterne contrade, noi non tr; - lasceremo di consacrare alcune pagine del nostro Gior- nale a talune opere di stranieri scrittori, che per sin- golari pregi degne ci sembreranno di venire alla cono- scenza di tutti, !iè tralasceremo di far tesoro delle me- morie di cui ci saranno i forestieri cortesi, come anche di alcuni articoli che anderemo spigolando dai ii|)ulali giornali che potrebbero essere di giovamento alla Sicili.i. Siflàtlamente darem principio al terzo anno di qi e- ste Effemeridi^ che speriamo vorranno riuscire di mag- giore interesse , e di comun gradi'nenlo. Presentiamo intanto un breve prospello di tutto ciò , che per lo corso di due intieri anni da noi si è fatto, acciò possa ciascuno conoscere le fatiche da noi sostenute dal i83a (l) La scelta di questi lavori, giusta la mitiislerialc ile! Governo, è stata aliidata al R. Istituto , il quale a tale obbictto ha nomiiiitto un Comitato composto dai signori Ferdinando Malvica Direttore della Classe di economia Civile, Prof, Ignazio Sanfilippo, Barone Antonino Bivoiia Xlirettore delia alasse di economia rurale, marchese GallidorOi Pro!» Giuseppe Ru(so, e baione Giuseppe Paliueii. YI PROEMIO al 34 , che formeranno una parte , comech è piccola , della storia generale della siciliana coltura. PARTE I. Scienze I lavori scientifici, da noi presentali negli otto vo- lumi di queste Effemeridi sono una prova del felice successo, con cui vengono tra noi le severe discipline coltivate , checche alcuni balzani ingegni ne dicano y "che invidi delia nostra gloria, e niraici del proprio paese ]e opere dei Siciliani tengono a vile, sol perchè nate in un suolo che per maligno spirito di parie vorrebbero jjer ogni verso avvilito. Poche sono stati gli scritti di matematica , che in questi due anni si sono pubblicali , sebbene non man- chino dei valentissimi cultori, che caldo tra la gioven- tù r ardore a questi sludì mantengono. Ma due pre- gevoli opere elementari di due insigni professori cala- nesi le lezioni , cioè , alla cattedra di matematiche sublimi di Agatino S. Martino , e quelle di algebra elementare del cav. Ignazio di Napoli vagllono a com- jiensar la penuria di altri scritti. Un' altra di non mi- nore interesse ci restò ad esaminare, gli elementi di arit- metica e di algebra àeW ah. Alessando Gasano, pubbli- cati non ha guari in Palermo, e dei quali non trala- sceremo di dare in questo anno distinto ragguaglio. Ne i viventi miracoli che ha la Sicilia in questi ultimi tempi presentalo intorno alla scienza del calcolo sono stati da noi trascurali; imperciocché non solo demmo conto dei progressi d'Ignazio Landolina prodigioso fan- ciullo, che mostratosi nel medesimo tempo con Vincenzo Zuccaro ha su di se richiamato l'attenzione di tutti, ♦ PROEMIO VH ma ben aiico di Giuseppe Puglisi, clie gli slessi straor- dinari talenti ha dimostrato dei primi. Un novello vulcano che sorgeva in mezzo al mari di Sciacca era un fenorheno sì straordinario, che attirar dovea su di se gli sguardi dei dotti, e prestò l'argomento al eh. professore abate Domenico Scinà a dettare un assai dot- to ed eloquente ragguaglio ove in mezzo alla storica narrazione dell'origine, dello scoprimento, e del fine di esso, mette innanzi delle sue particolari e dotte vedu- te. Come anche per la strepitosa eruzione dell'Etna nel- l'ottobre del i833 ci giovammo della relazione del pro- fessor Francesco Ferrara, alle quali fatiche geologiche debbesi aggiungere la lettera di Carlo Gemmellaro sul modo di formazione dei rognoni silicei nella roccia calcarea^ di non lieve interesse per la gravità del sog- getto e per la dottrina con cui sembrocci detlata. Intorno a bellissimi argomenti alcuni nostri zoolo- gi si sono occupati. E a gran vanto ài lumi. Tranquillo infatti, e chiuso nella purità delle me intenzioni, non mai disgiunte dal decoro del Real Ii- stiluto , e dall' adempimento d^i miei doveri , aspetto, che il Governo, la pubblica opinione, e Voi stessi nj pronunzierete equa sentenza. Lo Statuto vuole con saggio provvedimento, che i. Vice-presidente non debba durare, che un anno solo ed io il desidero, sia per dar luogo ad altro socio di m« più meritevole, sia per il grave peso della Direzione della Statistica, che mi toglie ad ogni altra occupazio' ne; passerete dunque alla scelta del mio successore ii questo giorno appunto, ch'è l' anniversario della sua ista- lazione, e con piacere presenterò io s lesso , chiunque dovrà far le mie veci, a S. A.R. Egli volle onorami di questa carica tanto più da me gradila, quanto ^nh spontaneamente conferitami; più lieto nell'animo nio, di questo onore nella mia patria » che di quello Jelle primarie accademie d'Europa, alle quali, contro ogni fiierito, trovomi ascrillp. MtCCANICHE Sopra i Lavori del primo anno del real Istituto D INCORAGGIAMENTO d' AGRICOLTURA ARTI E ME* STI E RI per la Sicilia . Rapporto del segretario gè- nerale perpetuo e socio ordinario Abate Emmanue- LE Vaccaro; letto neU ultima solenne tornata del i833. V40ME prima il supremo senno dell'augusto nostro MO- NARCA * chiamava alla esistenza un suo Istituto Rea- le vòlto unicamente alia prosperità della nostra depres- sa agricoltura, ed al miglioramento del nostro menoma- to commercio, 1' anima n'esultava della dolce speranza di veder pur tuttavia brillare nel cielo uu qualche rag- gio di siciliana felicità. Sorgea tosto , ed agilavasi sol- lecita la Sicilia alla voce del Re, e del Governo; e col risponder che faceva energicamente coU'opera della ma- no e dell'ingegno alle benefiche cure di lui nella gra- ve impresa del rapido e totale stabilimento del Reale Istituto mostrò possenlemetile , che indegna ella pur non eia delle sovrane beneficenze. Ora i moltiplici e variati lavori cui l'egregio con' sesso intese, volgendo il primo anno della sua esistenza, come altamente mostran da un lato che i chiarissimi personaggi!, che dal regal beneplacito a far parte di esso venner chiamati, degni eran dell'alta fiducia del Principe e del sacro deposito della nazional prosperità che loro affidava , mostravan dall'altro alle straniere incivilite na- zioni, che come pregiatissime opere d'illustri e dotti si- ciliani chiaro troppo aveao fatto non esser qui ignorate le fisiche , le economiche , le matematiche discipline , nìostran ora altresì che presso noi pur la scienza si mette d'accordo con l'arte; che il filosofo non isdegua qui di guidar la mano dell'agricoltore, e di sparger la luce del suo sapere sopra quei solchi a gran pena aperti nel seno della terra . E inoslrano altresì che vano e sterile spet- IO SCIEmfi ED ABTI tacolo non sono a noi la varietà dell'atmosfera, la in- fluenza degli astri, lo avvicendar delle stagioni e tutti i meteorologici fenomeni; ma che al meglio vólti del- l'agronomia, più secure e copiose fanno ne' campi bion- deggiar le messi, e d'altri doni che non son le spighe ne presenta già il suolo fecondo di Cerere; in fine, che la ragione disposata in avventuroso legame col fatto, di pari passo discorrendo fra noi il regno della natura, for- zan già fin le nostre rocce a metter fuori dal loro avido grembo de' ricchi minerali, preziosi forse quanto i me- talli, che altra fiata l'avarizia e la crudeltà chiamarono ad insanguinar le innocenti contrade del nuovo mondo. Difatti, gran mercede al Real Principe che le sorli regge di questa bella parte delle Sicilie ; chiamò egli anzi ogni cosa, prima con le aflettuose espressioni della immediata sua voce, indi per ministerial comatidamenlo* l'attenzione del nascente Istituto a'metodi, con che fra noi usato si era di bruciar lo zolfo, attuai nostra ric- chezza. Pungealo dolce cura paterna della salute sem- pre preziosa de' sudditi e vigilanza della prosperità del- l'agricoltura ; ed un metodo, ovvero delle provvidenze richiedeva si proponessero, e per le quali alla general ve- getazione, non si avesse a recar nocumento. Coglieva eoa gioia il nostro consesso la prospera occasione, onde ren- dersi per SI importante servigio fin dal bel principio utile alla patria , caro al Principe. Prova ora il fatto, che Vana non tornò sì bella speranza. Un comitato tra nostri pili valorosi fu scelto, non che a metter di accordo le costumanze della indicata com- bustione con la pubblica e privata salute , ma a rinve- nir nelle viscere stesse della natura un nuovo chimico processo, che all'angheria delle prescrizioni e dei rego- lamenti avesse dato bando , e libero fosse ciascun pos- sidente, quando, come, e dove gli talentasse , di farne sperimento. Non corron che pochi dì , ed ecco nella tornata seguente sorgere il nostro chiaro direttore di classe barone Bivona Bernardi , e presentar in un suo MECCANICHE tt dotto discorso sul proposito un progetto di concerto col nostro socio cavaliere Dominici imaginato. Restino i fornelli presso a poco, diceva ilBivona, come sono nelle zolfatare di presente, ma chiudansi intorno con una spe- cie di camera cilindrica sormontata da una volta di piombo, cinta alla sua base per un canale da introdur- vi dell' acqua , o rinnovellarla con 1' aria per opera di spiragli , che chiudansi; e il canale abbia due tubi, o conduttori che mettano in botti contenenti una mode- rata quantità d'acqua. A questo esterno meccanismo giun- geva l'autore di sommetlersi al minerale uno strato di sette parli di polve di zolfo, ed una di nilro, dalla com- bustione del qua! mosciiglio, con l'ajuto di vapori acquei, che per uno dei spiragh dovea portar dentro della mac- china un tubo a ciò destinato , diceva egli, si avreb- be non gas acido zolfbroso, ma solforico , benigno alla vegetazione, ed intanto all' alilo di quel temperato ca- lore verrebbe fluendo lo zolfo. Le diverse utilità ch'ei fìiceva conseguir da sill'atte operazioni, il corredo di qual- che analogo fatto, ed un elegante disegno con chiara sua descrizione , metlean fine al suo progetto, che la- sciava ei alla fine , com' è proprio della pieghevolezza dei dotti , a correggere ed a meliorare alla esperienza. Ma utili sono le gare della letteratura, e bello è nel campo del sapere il combattimento de' forti. Dall'urlo, e dallo stropicciamento degl'ingegni tali escon faville di nuova luce, che mentre le tenebre rischiaran da un can- to, accendon dall'altro e l'ardor diffondon così, che fino agli estremi confini rapidamente si propaga il foco del- l'entusiamo, padre delie maggiori cose e delle più chiare scoperte. Chiarissimo in fatti per più illustri opere di teorica e di pratica chimica il nostro socio professor Antonino Puritano levossi nella tornata vegnente, ed itt suo dotto ragionamento a severa disamina cimentò al- quante proposizioni del Bivona. Che da quel misto di nilro, e di zolfo s'abbia a trarre la combustione chia- mava in dubbio il professore; avvegnaché , ei diceva, '1^ SCIENTE ED ARTI il gas aci^o solforoso, che sene ingenera, come più gra- ve dell'aria atmosferica, nel basso|del forno cumolandusì da esso ne la espelle, e ad allra che volesse ìntrarvi per la sua deosilà farebbe inciampo; laonde senza il suo pri- mitivo alimento languirebbe da prima, indi spegnereb- besi la fiamma , e mancherebbe la combustione. Met- teva in forse ei del pari, che concessa per poco la com- bustione, da quel breve miscuglio di nitro e di zolfo abbia tanto calore a svegliarsi che le vive rocce tra- smeando tutti ne emunga e faccia colare i menomi gra- nelli, e filetti dello zolfo rappreso; ed ove il calor ne- cessario pur si avesse per poco da ciò, non s'arrendeva poi egli a credere, che alla perfine non abbia a fondersi anch'essa una con lo zolfo, quella volta di piombo, che la macchina chiuder dovea e sormontare. Compiva egli ultimamente il maschio suo favellare, dicendo nulla es- servi di meglio di quanto avea fatto praticare da im- inemorabil tempo la vecchia esperienza ; ed aversi ad insistere sul buon uso, e prudente applicazione di quelle poche regole, alle quali due vetusti decreti dell'abolito Tribunale del R. patrimonio avea già dato vigore. Ma lo- de sia al Reale Istituto, che gran giovamento seppe trarre dalle idee di entrambi quei valorosi. Se tutto ancora non sorti il bramato successo il metodo imma- ginato dal primo, (e quale opera è perfetta nel suo na- scere?) ordì pure le prime tracce della tela, e bello ed util soggetto apprestò alla meditazione dei dotti. Da questo centro del Reale Istituto si trasfusero in bre- ve ora circolarmente queste idee alle nostre Economi- che Società, e da queste a tutte le Commissioni comu- nali; e quindi tutti i dotti di dentro, e di fuori la Isola contemporaneamente sopra questi elementi di concerto meditano, riflettono, travagliano, mentre dall'altra parte supplicato il Governo di dar tempo ad opera di sì gra- ve momento, ordina I'Istituto che altri dei suoi Socj intendessero a meliorare quei regolamenti in vigore già per la vecchia combustione. Eccovi adunque in un MECCANICHE l3 tnomento e macelline e memorie e lavori da tutte le parti dei Regno , e che la oostra viva corrispondenza di un anno intero con tutta l' Isola seppe pur procac- ciarne. Udiste pur voi da me leggere , o Signori , le due belle, e patriottiche memorie del nostro socio corrispon- dente sig. marchese Nunziante. Con la prima di esse, scritta nell'ottobre del passalo anno opponevasi egli, se ben vi ricorda, al metodo della combustione, come quel- lo, che spoglio esser non saprà mai di quelle conseguen- ze nocenli, che di sua natura seco si trae, e le ragio- ni, dal Puritano discorse, anch'egli spontaneo produceva ad inforsar i' effetto della ceiinala macchina. Volgeasi egli in seguito come a miglior partito a quello della distillazione ovvero raffinamento, com'egli diceva, da lui pratticato nelle isole di Vulcano per mezzo di cal- daje, ovvero piloni, che di mattoni cotti egli ha finor fatti venire da Roma, ma che or già fatti di ferro fuso, donde liquido fluisse quel suo zolfo, che puro assai più del nostro combusto, meglio vien richiesto e spacciato nei mercati di Messina. L' altra parte di questa sua memoria indicava poi il modo, onde aver quel combu- stibile a tal mestieri abbisognevole, e di che noi man- chiamo. Dal non aver noi braccia da ben coltivare tutta la estenzione del nostro suolo, e dal veder com'esso a lunghi tratti si rimanga miseramente inculto e selvag- gio, consigliavane l'ottimo partito di attendere anzi ogni cosa a far crescere nella Sicilia le foreste, e ì boschi , che tanto bene recano ad ogni maniera d'industria, alle arti tutte, ed alla marineria specialmente con le travi , le tavole, la gomma, la pece, il catrame , la potassa, il carbone , e le altre cose tutte cui solo essi possoa somministrare. Dotta e filantropica idea, della quale non fu per vero ancor tempo che si occupasse il Real Isn- TUTo; ma che desiderevole è egli assai che tantosto for- mi grave soggetto delle sue cure. La seconda memoria, scritta ai nove di marzo del cor- 14 SCIENZE ED ARTI rente anno era slata all'onorevol Socio da noi richiesta in dilucidazion della prima. Insìsteva in essa sulla fusio- ne ; significavane come più lieve spesa ne torni quella dei piloni di ferro fuso, ognuno dei quali non sorpassa i ducati otto di spesa, ma che sono interminabili, e di ^uasi metà fanno risparmio al combustibile : come age- vol cosa sia ad ogni proprietario, e di nullo dispendio il piantar iDresso alle loro miniere il necessario boscliet- to. Nulla essere a lui costato il covrir che fece il suo monte di Lentia di una selva di castagni; che senz'al- tro lavoro che di un fosso col palo , frondeggian tosto gli steli dei pioppi , che dalle semplici foglie frondeg- gian le acacie , che pezzi di terreno da non coltivarsi esiston sempre nei gran fondi specialmente appresso le solfataie. E così chiudeva egli, tornando ai boschi, ol- tre tutto ciò si avrebbero in Sicilia, primo , rafiinerie di zolfo, onde non più l'estero a noi terrebbe il guadagno so- pra quello, che ne largheggia la natura, secondo, nocu- mento alcuno non si apporterebbe mai più alla salute degli uomini, e delle piante, terzo raifinar polrebbonsi zolfi in tutti i mesi dell'anno, e senza legge alcuna di distanza e di luogo. D'altra memoria parimenti sullo stesso as- sunto scritta dal signor D. Froneesco Arrosto, a noi mandata, vi die conto il Direttore della rural classe. iSenliste come proponevasi l'autore di evitare il diflba- dimento per aere di vapori provenienti dalla combustio- ne delle nostre pietre da zolfo con impiegar quelli alla formazione del gas acido solforico, ed obligarli insieme a deporre il fior dello zolfo stesso. E grazie a quel ge- neroso che tosto di pubblica ragione fece il suo proces- so, contento solo delle belle speranze del pubblico bene. Vedeste voi in seguito, o socj, e voi o componenti il comitato, appositamente eletto ad esaminarle, le tante dotte , ed industri macchine a noi pervenute da tutte le parli del regno. Cosi quella della Società Economica di Girgenti sotto il dì 4 dicembre del passato anno pro- messa, quindi iu disegno a noi pervenuta, concetto del MECCÀNICHE 1,5 mentissimo signor benedetto Bentivenga architetto pro- vinciale, e socio corrispondente di quella Società; cosi l'altra che alla prima tenne dietro, quella cioè del Vol- pes, descritta e in rilieyo. E l'operosa Società di Ca- tania non men di quella sollecita , a' 4 di gennaio al- tra ne trasmise jier altro processo inventato da quel lo- devole socio D. D. Salvatore Platania e Giuffrida. Al- tra la Società economica di Callanissetta ne rimettea a 5 di quel mese, presentata da quel socio ordinario sig' D. Michele Piazza, e dal Realr Istituto rimessa, pa- rimenti che le prime, allo anzidetto comitato. Benedetto Barbagallo Calanese e socio ordinario di quella società economica, altra ne presenta a i4 febbraro, alla com- bustione con bello accorgimento sostituendo la fusione; e sovra essa il primo esperimento cadde a 39 aprile, ed a noi trasmessone il risullamcnto , un rapporto di privativa deliberò elargirvi a 3i maggio il Reale Isti- tuto. Nò la Società economica di Messina rimaneasi ino- perosa. Sotto il otS di febbraro un progetto anch'essa uè rimandava per brugiamenlo di zolfo, ch'essa, onde non apparisca da meno delle altre, provocò da un suo co- mitato appositamente eletto. Ed altra or di nuovo ne presenta la Società di Caltanissetta, prima in disegno, indi ia perfetto rilievo a nome di due industriosi Fran- cesco ed Antonio Sciaulino. Dallo stesso Valle altra ne pervenne di un colai Fanara da Favara; sulle quali tutte si chiamò ad occuparsi il comitato. Ed una poi ne pre- sentava qui in Palermo un cotal Calderolo in descrizione, altra un certo signor Arsena Aycard, ed altra un Fran- cesco Francescliini. Altra teste ne presentò in rilievo per mezzo della Società economica di Catania il vice Presidente di quella Dr. Maravigna ; sulle quali prov- vidissime e filantropiche deliberazioni emetteste; ed al- tre ne hanno in pronto altri nostri , uomini lutti che lianno, per le loro industrie, inteso al privalo lor me- glio in uno, ed al pubblico bene; agli sforzi dei quali, parimenti che alle solerti ed assidue fatiche delle so- l6 SCTERZE ED ARTI cielà economiche, pubblica e bella testimonianza di lo- de consacra il Reale Istituto, e i più vivi rendimenti di grazie loro a nome della patria retribuisce. Qui pur Voi non vi arrestate in sì alla bisogna. Sovra tante prof- ferte macchine, e processi da tutte le parti della Isola qui come centro raccolti, voi stendeste lo sguardo scru- tinatore. Quella del Barbagallo sembrovvi alle altre su- periore per la sua felicissima idea forse altrove in va- l'io aspetto conosciuta, ma qui la prima volta a questa bisogna da quel [benemerito applicata. Atto vi parve quel processo a solver forse il problema dal Governo in principio propostovi, quello cioè di sostituire al vecchio processo del brugiamenlo un nuovo, che non isviluppi il troppo nocevole agli uomini ed alle piante gas acido solforoso. A questo comando che allamente vi sfava in core voi ardevate di soddisfare. Migliorata era già dalla prima guisa la macchina del Barbagallo , e propose il Reale Istituto di ftire a spese dei suoi fondi uà pub- blico, e solenne esperimento. Questo si adempiè; surse la maccbina novella in mezzo al- giardino di San Do- menico di questi Padri Predicatori, e tutto il Real Mi- nistero in uno colà raccolto, I'Istituto intero, ed uno splendidissimo consesso di professori, di nobili, di scien- ziati, di forestieri, vider fluire mirabilmenle lo zolfo senza che menomamente la respirazion ne patisse o la circoslanle vegetazione, mentre che uno special comi- tale pesava il combustibile, e il minerale, notava i cal- coli, verificava gli efièlli, misurava il tempo , segnava la temperatura dell'atmosfera, e tutti questi risultamenti, che con severità e posatezza, in general tornata elucu- brati, fecero rilevare esser con tutta certezza più di metà cresciuto sul vecchio metodo di combustione il puro zolfo col nuovo processo ottenuto, il Real Istituto si- gnificò ofFicialmenle al Governo , lieto di aver soddi- sfatto così al supremo comando, e di aver mostrato agli specolatori avvenire una secura traccia di maggiore utilità. MECCANICHE I y Qualunque però si fosse il pregiato minerale, che eoa altro prezioso metallo si scambia, non rappreseutan fi- ualmente 1' uno e l'altro, che quei preziosi presenti di Cerere, che l'esistenza forman de' popoli. Di là ogni vi- ta, ogni moto, ogni industria. La letizia de' campi chia- mava quindi potentemente la vostra attenzione. Non già che paragonando come fece Senofonte ne' suoi trattati di economia le due strade onde si giunge a fortuna, quel- la cioè delle arti meccaniche, secondo 1' aureo scrittore si esprime, e l'altra dell'agricoltura approvarsi debba il disprezzo a quei dì concetto per le prime, come quelle che affievolito il corpo, ed alterata la salute, prostrano l'animo, e infiacchiscono il coraggio; mentre poi dei colori più ridenti vien dipingendo l'agricoltura, sorgente di ogni delizia domestica, e della quale indivisibili com- pagni sono la forza del corpo, il coraggio , 1' ospitalità la generosità, ogni genere di virtù, ma dir dobbiamo sibbene prima con Platone, indi con lo Smith, che le arti e l'industria, ove floriscan producono il commer- cio, che di quelle è insieme effetto, e misura; ma ma- dre e principio e vita delle arti, del commercio e del- l'industria è l'agricoltura, che a quelli materia appre- sta co' suoi prodotti. Tenevate pur voi presente che non per altro se non per essa fu ne' remoti tempi felice, gran- de, invidiata la Sicilia; ne per altro furon potenti, e di tanti milioni di popoli Signori i suoi Re, i quali al par che innanzi alle file degli eserciti, uscir non isdegnarono alla testa degli agricoltori ne' campi; e pria scrisser le leggi dell'agricoltura, indi dettar quelle della società. Sorgeva per tanto il nostro socio Barone Bivona nella prima tornata del Real Istituto, e con brieve ed ef- ficace dissertazione accingevasi a provare una troppo utile verità, quella cioè che a provvedere al meglio alla si- ciliana agricoltura è ornai d' uopo di fatti e di esempj più che di argomenti, e di scritti; atti non esser que- sti in verna modo a persuadere i nostri contadini, che altronde non agiscou che per le pratiche de' vicini, e per 2 l8 SCIENZE ED ARTI l'uso de' padri. E quindi a far viva, e parlante la voce dcH'esempio e del fallo a tutti i siciliani agricoltori , esser nicstiero di campi agrarj comparali , non che ia Palermo, ma bea anco in tulli i capovalli delle provin- cie. Divisi voleva il discorrente i suoi campi in pezzi, Ile destinava alla collivazion de' cereali, parte alle piante tintorie, altre a prati artificiali, a vigne, ad altro. Ag- giungeva, che gl'incaricati de' campi avesser a presen- tar al pubblico de' mensili slati di coltivazione, secondo che il Real Istituto d'incoraggiamento avrebbe stabi- lito, da cui si sarebbero in ogni anno pubblicati i resul- tamenli con osservazioni, tavole, e quanto foss' uopo. Provvedeva anch' egli che del profitto d'ogni campo agra- rio il terzo restaurar dovesse i danni , e le perdite ; l'altra vada i pesi redimendo del campo stesso; e l'ul- tima parte s'abbia a convertire in premj da distribuirsi ogni triennio in una festa campestre a' più diligenti, ed operosi coltivatori. Proponeva da ultimo, che al campo di Palermo si unisse la scuola d' agricoltura dal benemeri- to principe di Castelnuovo fondala per lo meglio d'en- trambi gli stabilimenti, ed ove piacesse con distinte am- ministrazioni. Assai da senno trovava il Real Istituto sllTatle cose , ma siccome da pensar maturamente, era sui mezzi proposti, onde mandarle ad effigilo; siccome r importanza queste includeano di un codice agrario , onde affatto manchiamo, di un monitore di osservazio- ni , e di falli su tutti i rami dell' agricoltura , e del- la pastorizia , di una scuola di veterinaria, come di- anzi manifestava l'alto senno del Re da aversi nei di- rettori de' campi istessi , questa materia di gravissimo pondo doversi serbare, deliberavasi, al tempo, che tutte organizzale, e ferme con l' Istituto le società e com- messioni economiche quelle pur chiamate all'alta impre- sa, maturamente si penserebbe a darvi esistenza. Intan- to diessi da noi contezza, per quanto allor si potè, di tante utili idee alle esistenti Società; il che bene il suo scopo conseguelte, avvegnaché alquante tra esse d'allora MECCANICHE tg cominciarono a tentare degli agravj esperi menti; e lode inerita però sovra tutte la Società economica di Trapa- ni, i di cui socj in ispecial modo di tanta utilità pe- netrati a disposizione della società istessa han messo, clii po'tè i lor fondi, i fondi del lor patrimonio, ed un campo di esperimento han già creato ad ammessione di nuove pratiche e verilà, ed a riforma de' vieti abusi ed errori agronomici, come il Presidente di quella a noi officiai- mente nel passato marzo partecipava, a questo Reale Istituto scorta e norma chiedendo perii divisati espe- rimenti. Fino alle lagrime inteneriscono i belli esempi di generosa carità per la patria; uè si alti sensi allignano altrove, che in petti veramente nobili, e virtuosi. Ed acciò tutta la Sicilia e l'estero avcsser di ciò contezza il plaudente Istituto deliberava che venisse in solenne modo nei pubblici fogli promulgalo a fama dei bene- meriti, e ad emulazione de'concittadini. Intanto, peroc- ché dirottissihie piogge quest' anno le feconde campagne di Siracusa aveano inondato sì perdutamente, che vie- tato avean a'iavoratori di confidar a' solchi le desiate biade, e in costituzion di queste, perchè di fame non pe- risse la misera gente , era d' uopo di una piantagione di pomi di terra, e di mais, di che ognuno altrove co- me Voi, o socj, conosce la utilità, e il valore, ma po- co in uso nell'interno del regno ; ed avvegnaché feli- cissimamente, abbenclìè selvaggia, germogli nelle nostre pianure la rubici tinctorum^ dalla quale in Olanda, in Francia, in Oriente, e fin nella propinqua Napoli così grande vantaggio ne trae il commercio per le sue non che medicinali, ma tintorie, ed altre belle quali- tà, sovra tutti questi prodotti volse di buon'ora il Re- AL Istituto la sua attenzione. Ci proponemmo quindi per circolari , e manifesti d' istruire la massa del po- polo, e de' minori coloni su tali oggetti; alla nostra ru- ral classe diemmo a lavorare medesimamente delle pra- tiche istruzioni atte a persuadere facilissimamente di lor pregio, e della maniera di coltivai li anco le ra^n- aO SCIENZE ED ARTI li più rozie e ritrose; e cosi tFa Ile regole da questo Reale Istituto approvale lian già per nostre cure ve- tlufo la luce, e ditliise son già in lutti i punii della Sicilia. E ne a ciò ci fermammo; anzi facemmo di più. Siccome fin per sementi scarseggiavan nell'inleino del legno i pomi di terra , implorò il Real Istituto dal paterno Governo, ciie da' suoi fondi si comperasse una larga quantità di questo prodotto della più perlelta qua- lità, perchè venisse da noi, per tulio il regno, una con Jc istruzioni da usarne e coltivarlo, alle società econo- miche, ed alle commessioni diffuso. Annuì il benigno Governo al proposto; come ognor la prontamente, e eoa alacrità al pubblico bene, e già siam lieti di annunzi- arvi aver già tntlo ([uesto ricevuto il suo pieno, e fe- lice risultamento, ed assai carissimi rendimenti di gra- zie vengon già dalle provincie al Real Istituto nella Capitale. Ed altra non meno importante provvidenza a tutto ciò in quel tempo stesso da noi si aggiungeva. In uno di quei brevi momenti, che abbiam potuto fra noi go- dere il nostro benemerito presidente sig. princi|)e di fiu- terà, sorgeva egli a favellare nell'accollo Isiituto con toccanti, e brievi cenni i guasti considerevoli , e i dan- ni che i lupi arrecano insidiosi alle nostre greggi , alle campagne; tutte le notti scemarsi di una quantità delle migliori belanti per la voracità insaziabile di quelli. Essere stalo primario oggetto delle più colte nazioni, e specialmente della gran Brettagna, che come noi era- iie infesta, la destruzione di essi , e ciò esser mirabil- mente riuscito per mezzo di premi agli uccisori di quelli. L' esempio illustre proponeva quindi il nostro oratore «l Reale Istituto, il quale tardo non mai nel bene del- la patria, che è suo scopo, con ilarità si giovò della occasione per dimostrar a questa, anco con qualche sa- crifìcio, il suo amore. Ei, finito ch'ebbe il suo ragio- nare il proponente, tre annuali premi votò da' suoi fon- dij di once 20 il primo, di once 12 il secondo, e il MECCANICHE 2 ^ terzo di 6, da elargirsi rispeltivarnenfe a chi più uc- cidesse in ogni anno di quelle temute , e devastatrici belve. S. A. R. impartì il suo supremo beneplacito, ed un manifesto, che ciò annunziasse per la Sicilia tut- ta, venne tostamente redatto. Due discorsi tenner dietro a questi lavori , ia occa- sione che alcuni tra commercianti chiesero al real Go- verno che imponesse, per legge, la seconda ricolta del sommacco, che alla prima è di gran lunga inferiore m bontà, con quella non si mescesse, onde non invilirsene la natura, e menomarsene presso lo straniero lo spac- cio. Era la jn-ima memoria del Direttor di classe Baro- ne Bivona, la seconda del socio Ignazio Sanfilijipo Chiamava il primo il divieto che si chiedeva ad una specie di giudizio. Ed alquante ragioni esponeva in di lui pio; cioè i«. Il nocumento che produce allo arbu- sto la seconda sfrondatura alla vegnente riproduzione delle fronde, a'' La inutilità di queste seconde foglie, che per se non posson servire ad uso di conce. 3 . Il danno che reca deturpando la prima ricolta. 4^ Lo scan- zo che ne verrebbe della frode. 5\ Finalmente il me- glio che se ne trarrebbe alla nuova ricolla. Góntropo- ne nell altra bilancia contro il divieto il relatore uu solo argomento quello della proprietà; un colai princi- pio sviluppando fa osservar dottamente che le antiche e moderne legislazioni han sempre fulminato i cor- ruttori, e scambiatori di merci; ma non mai impedito a proprietarj il godimento di quelle. Quindi suli' auto- rità del Voet conclude non aversi a vietare la secon(?a ricolta del sommacco, ma bensì fulminarsi di una pena la mescolanza di questa con la prima. Il secondo oratore poi inutile teneva nel suo discor- sola pena proposta dal preopinante, come di tuLe le leggi proibitive, interviene in cosa, che di le^giejì pensava potersene discernere la purezza dall' adulh-ra- zione Temeva inoltre che dannosa tornasse una le-ge penale, come quella che inceppa e deprime l' iudusti'ia 22 SCIENZE ED ARTI che nella libertà sola fiorisce ; dannosa ancora perchè seco si trarrebbe le accuse, le delazioni, le calunnie, gli odj privali tra collivatoii e coltivatori , tra possi- denti, e possidenti; danncvole in fine perchè attenta al sacro dritto della proprietà. In questa discordanza venne in sentenza il Reale Istituto non aversi a pro[X)rre una pena; sì bene istruire tutte le classi di quanto danno è cagione la miscela delle due ricolte alla buona fede del commercio, ed alla prosperità di questa industria, Cdminciando già per tal causa ne' mercati ad esser non che non richiesto, ma disprezzato dallo straniero questo prima sì ricercato prodotto , e come per lutti i versi una cotal frode torna in assoluto, e grave danno dei proprietarj medesimi (i). Ed al proposito di liberta di commercio altra sua memoria aggiungeva intorno a quel tempo il prelodato ju-ofessor Santìlippo. Verteva essa sulla libera immes- sioue de' grani in questo nostro paese bellissimo. E per non aversi altro special prodotto fra noi, che quello dei giani, vien deplorando il professore i danni, che con- seguono in caso di scarsa ricolta , dallo esserne vietata fra noi l' immessione dall'estero. Vien dando corpo al suo dire con quei principio , clic la ricchezza di una Dazione non consiste, che nell'abbondanza delle cose ne- cessarie, comode, e piacevoli alla vita; e due essere i mezzi, onde prevenirvi, la istruzione pubblica, e la li- bertà del commercio; e quest'ultima mancare al nostro regno riguardo a' grani. E perocché bene ei si accor- ge, che passando da un divieto assoluto ad una asso- luta libertà danno maggiore ne tornerebbe!, conclude egli da ultirao facendosi medio tra' due sistemi , am- mcltendo cioè la libera concorrenza dello straniero, col dovervisi però imporre un moderato dazio, che la rat- tempri. Ma convinto questo Reale Istituto, che uno de' prin- cipali difètti della nostra agricoltura consista nella im- perlèzioue degli strumenti , e delle macchine , di daip MErCANTCHE 23 opera già si pensava acì introdurre mano mano eli quel- li, che altrove si sono con buon successo inventali ov- vero migliorati considerabilmente; e lo aratro primo ele- mento della coltura de' campi, chiamava il [)rimo nostro pensiero. Conoscevamo noi già che l'oreccliio de' coltri erasi in Ginevra, e in altre parti della Svizzera reca- to ad una forma assai vantaggiosa; e che dopo le utili specolazioni d'illustri agronomi oltramontani, il marchese Ridolfi lo avea anch' egli migliorato, e che finalmente lo stesso modificato, ancora dal benemerito sig. Lam- bruschini, presentava una perfezione cotale che dei campi di Toscana, i più invidiali e felici, ne avea fallo di quasi tutta l'Europa. Ma a questo nostro divisamenlo una richiesta del duca di Angiò venne bella, e felice oppor- tunità apprestando. Consiglialo egli da un canto dal pro- prio interesse, ed avendo dallallro nel pensiero, che ogni onesto cittadino sentir dovrebbe di render servi- gio al suo paese col proprio esempio gli altri proprie- tari invogliando a migliorare i lor fondi, per essi mi- gliori strumenti mettendo in opera; esperimento aveva fatto del nuovo aratro; e dove qui ancora lavoriamo la terra con la vanga del nostro primo padre, e la graf- fiamo con l'aratro di Tritlolemo, il nuovo coltro, che taglia mirabilmente, e s' approfonda nelle viscere della terra, rovescia, sminuzza la zolla, e risparmiando le rad- doppiate arature economizza e dispensa con regole le sementi che vengono con più sicurezza a' solchi a (fida- te; aveva già fatto nelle prossime pianure di Perpignano piene, rigogliose, uguali biondeggiar le spighe, le quali un dolente contrasto facean con lo sparuto, e rado se- minato dei limitrofi campi. Chiedeva il duca in fran- chigia immetter altri, e simili coltri; e il Reale Istituto mentre da un canto umiliava al Governo il suo parere e le sue efficaci preghiere , onde l' utilissima richiesta si consentisse, dall' altra contezza ne dava all' economi- che società; un modello ne ordinava per se; uno man- davano a richiedere la società economica di Catania, 24 SCIENZE ED ARTI cui decrelò 1' Istituto si facesse eseguire, e di esso gra- lificurla in premio della diligenza , e la società poi di Trripani non mai abbastanza lodala di esso ha tratto una ulililà, che non si potea maggiore. Se tanto il buon esera- pio di un cittadino iiiflu'sce al pubblico bene; Signori socj, possidenti, concittadini, che sarebbe mai della Si- cilia in poco tempo, ove dallo stesso spirito di filantro- pia lutti parimenti fossimo invasi, ed animati?. Ma uno de' princijìali rami dell'agricoltura, e forse il piij dilettevole, e giocondo è la pastorizia. E che i siciliani campi, e i nienti fossero stati di tutta la terra i più felici, e i più ricchi lo mostrano i bei versi che cantano i pastori di Virgilio, quando di dovizie tra lor gareggiano per le mille agnelle, che loro erran nei sici- liani monti: Quain dives pecorr's^ nivei qiinm lactis ahundans Mille mene siculi s errant in moniibiis agnne. E il favoleggiar che fecero i vetusti poeti, che in que- sti campi pasturassero i bianchi cavalli del Sole, come se altri più grassi pascoli, che questi, non vedesscr mai in tutto il diurno giro eh' essi fanno del globo. Adunque iUniglioramenlo delle varie specie degli uti- li animali fu parimenti uno de' nostri primi, e più cari pensieri. Porlavam già i nos(ri sguardi sovra quelli, che più utili a noi sono pel travaglio, e su gli altri, che de- stinati sono a dar le lane al commercio, onde far per lo incrocicchiamento quelli più forti e più sani, questi più gentili, e più fini. Il sapientissimo Governo però ne chiamò a meditar sulle razze de' cavalli : avvegnaché nella vicina Najx)li sovra ciò avea dato il Monarca par- ticolari provvidenze. In efìètto di ciò avvertiti per mi- nislerial foglio del ag dell'altro ottobre in risposta ad uji nostro devoto precedente rapporto, le sopra indicate cose rassegnate, avemmo i documenti, che la napoletana rifor- ma de' cavalli risguardavano,a questo rcal Governo rimessi dal ministero degli afiari interni di quella parte del re^no con incomiieuza di attendere ad un progetto analogo alla MECCANICHE a5 Sicilia, e da umiliarsi al Re. Ecco quindi infaticabil- menle al lavoro la nostra classe rurale. E Voi aveste, o Socj i frequenti rapporti di quella, che soventi fiale nelle vostre assemblee discuteste, moderaste , correg- geste. Né avete certo obbliato quanto quinci, e quindi discorsero con pari lode e senno i due valenti nostri so- cj baroni Bivona, e Palmeri entrambi utili idee , ma diverse, rassegnati al Reale Istituto. E voi, o Signore, da cui la prima aura mosse, che cortese arride a questo stabilimento novello, quando al- tra fiata avemmo la gioja di vedervi fra noi, udiste pur voi quanto di utile, e di bello in uno stile semplice in- sieme, ed elevato in un suo dotto discorso sul proposi- to venne da questo benemerito nostro Vice Presidente cavaliere Scrofani ragionato, alle cui gravi fatiche io mi glorio di essere stato compagno nella fondazione del Reale istituto. Pur vi rammenti quanto bellamente imprese a descriver la vaghezza , e celebrità de' sici- liani cavalli da Pindaro stesso, e da Virgilio memora- te. Come però in pregio fossero sempre tenuti presso le estere nazioni. E dalla maniera ia che or si vivon macri, e sparuti, la necessità ne inferiva di migliorarne le razze, migliorandone i padri conformemente al de- creto reale. Passava indi a toccar la posizione de' nostri due regni atta più o meno allo risorgimento di esse ; e discorre conseguentemente i regolamenti però ema- nati per quella parte di Reali dominj , circa la loro applicazione alla Sicilia. Due quistioni eleva quindi; cioè 1. Nelle circostanze nostre attuali la somma ne- cessaria a comprare i divisati padri è ella necessaria ai nostri bisogni? 2. Perchè non voler, che siffatti cavalli vengano d'altre parti, e specialmente dalla bella nostra Italia ? Ed io taccio a questo proposito le belle osser- vazioni del chiarissimo autore , temendo con la mia pochezza di menomarne lo splendore. Or dopo tante, e disserto altre fatiche venne ad ul- timar la classe un completo rapporto , che da buoni a6 SCIENZE ED ARTI provvedimenti avvalorato scrisse il Bivona, e dal Rea- XE Istituto approvato , il di 6 di febbraro venne al Governo sommesso. Né ignorale pur voi finalmente co- inè le nostre proposte , non a discaro avute dal Reai. Principe, il benigno compatimento ebbero della clemen- , za del Re, essendone testò due Sovrani decreti slati per inìnisterial foglio comunicati, l'uno de' 2 di giugno, che vieta con prudenti eccezioni la immessione dei cavalli esteri interi nella Sicilia, e per quelli che entrar deg- giono, degnossi negli annessi regolamenti la real clemen- za ordinare di dover essere il parere dello Istituto ascol- tato. L'altro de' 3 del cennato mese con che viene so- vranamente stabilito in questa capitale un deposilo dei migliori forestieri cavalli da monta per diffondersi nel- le Provincie , e di che S. M. commetter si degna al nostro Reale Istituto di compilare un diffinitivo pro- getto di regolamenti. Ed infinito io pur sarei se voles- si tutte partitamente esporre quante altre fatiche risguar- danti la rurale economia duraste ne' vari rapporti da Voi , o Soci , per mezzo della presidenza al prudente Governo umiliati. Fra le quali quelle non potrete mai più obbliare per gl'infèstissimi acridi, ovvero cavallette, flagello spaventevole per le campagne, e in tutti i tem- pi, e in tutti i luoghi avuto sempre al dir dei classici agronomi, come un pubblico disastro , cui non si rin^ venne flnor decisivo, ed apposito rimedio. Ad espeller una gravosa richiesta di Leonardo Fontanazza, che il- luso dalla speranza forse, si pensava di avere rinvenu- to il modo di destrurre que' nocivi insetti, si versaroa le prime vostre fatiche, e la gravezza della bisogna vi fece tutte le società economiche chiamare in soccorso. Il Governo, alla cui sollecita vigilanza in questo disa- stro specialmente non potremmo noi mai render baste- voli, e condegne grazie, destò degna di lui la bellissi- ma idea di promettere un premio di ducati 100, a colui, che un decisivo modo ritrovasse di scamparci di questi nuvoloni emigranti d'inselli. JNoi con piacere a ciò chia- bìeccaniche 27 mati, da' fondi del nostro Istituto ciò in sul momen- to promettemmo , e , per circolari fogli , manifesto il femmo ne' punti tutti della Sicilia, ogni classe di gen- te a lavorar sull' assunto invitando. Memorie varie a ciò dirette avemmo come quella del D. D. Biagio Cre- scimone, del socio di Caltanissetta abate Li-Volsi , il parere del Cinnirella sul Fontanazza , e con altre me- morie altresì i pareri delle varie economiche società. Un critico rapporto sul proposito venne emesso dalla nostra rural classe per mezzo del suo Direttore a que- st' assemblea, dalla quale molto si disse, e mollo ancor si ragionò in varie sue rai:;unanze particolari , e gene- rali, ordinarie, ed estraordinarie, all'uopo tutte convo- cate. Finalmente un completo progetto venne formato su quanto di meglio sulla deslruzion di quegl' insetti gli scrittori tutti dellarono e l'esperienza principalmente in- segnò per isvellerli da sotto il terreno nello stato di numerosissimi uovi accolti ne' lor gusci; per accorli sparsi, e presso allo sbucciamento, e per destrurli na- ti , e in istalo di larve , che in quello di volanti , o adulti, sono per la infinita lor quantità all'uomo slesso formidabili. I mezzi proposti , e la parte pratica , ed esecutiva del progetto vennero a parte a parte rassegnali a S.A.R. con nostro rapporto de' 12 dello scorso febbra- io: i quali mezzi reputo io qui superfluo di esporvi; avvegnaché nel circolar regolamento, che con le stam- pe il governo iiidisse e promulgò per le provincie, pie- na contezza ne avete, e per esso convinti potete esser con piacere, come ben fossero apprezzali dalla clemen- za di S. A. R. i nostri lavori, mercede che largamen- te ne guiderdona, e dolcemente appaga i nostri cuori. Finalmente non è or egli certamente possibile che di tutte le fatiche vi parli , che il Real Istituto so- stenne circa a civile economia. I moltissimi , e vari rapporti di quella classe, diretta da mio de' più illustri e probi personaggi, che onorino la patria, ve ne son« testimonio solenne, e gallo il Govejrao , eh' ebbe fmor 28 SCIENZE ED ARTI la clemenza di adibirci per mille oggetti diversi di pa- trie, e forestiere industrie (2). Di due bellissime ed eloquenti memorie non posso io tacermi per tanto , una del nostro socio ordinario Ferdinando Malvica, l'altra del prelodato direttore del- la civil classe principe di Villafranca , che assai oppor- tunamente chiude i lavori annuali del Reale Istitu- to. Era quella del Malvica sopra un rapporto che la classe emetteva a cagion di due dmiande, l'una di pri- vativa del sig. Coop di Messina, l'altra del sig. Aibrecth qui in Palermo dimorante, luna e 1' altra sopra indu- stria di tesser cotoni. Quanto di bello, di eloquente, e di animato, caldo tutto di amor patrio disse questo col- tissimo scrittore a voi non è ignoto, e ciascuno potrà meglio vederlo per le stampe pubblicato, il che viene a sdebitarmi di dirne più avanti- Tocco quindi della pregiata, e dotta fatica del preloda fo principe. Dal non essersi adottata la massima della libera in- troduzione ed estrazione d'ogni prodotto , ricava lo il- lustre sermocinante i primi danni del nostro commer- cio. Un paese, che produce poco, o che non può sof- frir la concorrenza straniera , avendo bisogno poi di molto, deve miseramente impoverirsi , spopolarsi , ed esser infine desolato; e la Sicilia priva coni' è delle produzioni industriali, che servono a' bisogni ed a' co- modi della vita, le sue produzioni indigene intanto non trovano piiì uno sbocco nello straniero, ove sono o proi- bite j o di così forte dazio gravate da equivalere ad una proibizione. Il confronto del quadro di esportazione antecedente di frumento, vini, olj , soda, manna , re- golizia , ec. col quadro delle attuali esportazioni serve a provar con evidenza il suo assunto. Lo schiuder dei porti del Mar Nero, che vaticinava il Dandolo nel 1806, dover essere funesto all'italiano commercio, essere una seconda causa di nostra povertà, l' uso che dappertutto fassi delle patate , crede che abbia invilito quello dei crani, e tace egli tanl' altre ragioni , che possou con- MECCANICHE 3' correre a fare una viva dipintura, e commovente, dei mali della Sicilia. E qual uomo fornito di ogni cono- scenza in entrambe le due economie civile, e rurale , e più d'una esperienza incomparabile dei fatti, passa a proporre i seguenti utili, anzi necessarj provvedimen- ti: i.° La formazione di un codice di polizia rurale. 3.° Trovare uu modo semplice onde incassar le con- tribuzioni, senza aggravare i piccoli proprielarj, ed agri- colfori di quelle eccessive spese, che quelli consumando, nulla giovano all'Erario. 3**. Un regolamento pel consumo rurale contro gli arbiirii, il doppio pagamento ec. 4- Delle spese di anticipazione, e soccorsi per gli agricoltori. 5. Delle leggi a favorire lo slabiliinenlo di nuove popolazioni infra quelle, che al presente soii troppo distanti, il che dif- fìculla la collivazione. 6. Mezzi d'istruzione, e di esem- pio per sosliluire al vieto costume di coltivazione agra- ria delle maggesi nette , «juello degli avvicendamenti , o ruote di raccolte in uso da per tutto, -y. Dei mezzi onde introdurre i prati artificiali cosi irrigabili, chea secco. 8. promuovere la coltura delle palate, saraceno, rape, colza, camellina, robia, ec. g Migliorare le razze degli animali domestici, io. Stabilire una cattedra di anatomia comparata , e una scuola di veterinaria con annesso clinico stabilimento, ii. Promuover la pian- tagione degli alberi fruttiferi, e particolarmente i gelsi. 12. Le migliori fabbriche del vino. i3. Una scuola di mineralogia, come è quella di Francia. i4* Delle fab- briche di panni, ed altri tessuti. i5. Far venir da Fran- cia, e Inghilterra delle macchine per filar cotone, lino, canape, ec. i6. stabilir finalmente , che nessuno pos- sa essere laureato in dritto senza un corso di agricol- tura. Questa memoria riscosse i più vivi, e sinceri ap- plausi deirisTiTUTO , come anche li riscuoterà da ogni più caldo amator della patria. Queste sì belle proposte porgeran sufficiente materia di occupar le cure del secondo anno del Real Istituto. E quanta beila speranza non fa balenare ai nostri sguar^ 30 SCIENZE ED ARTI di il felice e total movimento d'ogni industria, diche tutta or ferve 1' Isola nostra ? Una compagnia agraria che si prepara, altra di assicurazione, altra di anticipi, la forza dei vapore, che or si vuole applicare alle no- stre macchine; sopratullo il benigno favor del Governo, il forte nostro volere, tulio fa con certezza vaticinare negli anni vegnenti alla patria un' era novella, ed una totale restaurazione. NOTE (i) E quasi eguale quislione «sjitavasi a quei dì nell' Istituto, in- torno ad uu rapporto dell' Intendente di Trapani che il Governo ne rìnieUeva, e nel quale si accompagnava una deliberazione del Decurio- Dato di Castellammare. In essa proponevasi clie un' apposita legge proibisse la vendemmia firima del tempo debito in qnei luoj,hi e ])re cisamente nel lerritorio di Fraglnesi ove veggonsi più abbondanti sorger le vigne , e migliore il Tino che se ne ottiene. Con tal provvedimento avvisavasi quel corpo decurionale d'impedire in appresso che i vini di quelle contrade non inenoniassero dell'alio pregio, in che tcngonsi nell'estero, e non venis- se per conseguente a scemarne la ricerca. E a dir vero, non male sopra queste viste fcrmavasi quel consesso; avvegnaché noi veggiani con clTelto che ovunque son bene accetti i vini nostrani, come di ciò oflicialmcnte ci siam confermati dietro alla partecipazione faltaci non è guari dal Governo di un rapporto del no- stro console nel Brasile , il quale ci assicura della estimazione che fassi di questo nostro prodotto anche ili quelle coste meridionali. Ma comechè bello nel suo scopo comnieiciale cotal proponimento j mentre niuu'è che neghi esser dannosa la firemalura raccolta delle uve alla buona riuscita dei vini tanto da invilirne le qualità, non è però combinabile nei suoi elfttti coi dritti inalterabili della piopriclà: im- perciocché, secondo il voto sudttto, sarebbe mestieri che si obbligas- sero i proprietari a non poter liberamente usare del loro prodotto fi- no a che giugnesse l'epoca stal)ilita dalla legge che si vorrebbe indot- ta. Sarebbe egli tal proposto il maggior inceppo che dar si polesse ai proprietari , e la no^tra classe di rurale economia non tardò punto , anclie fatta secnra dall'analogo rapporto della società di Tra|)aiii , a dichiaiaie inammissibile la dccurìonal deliberazione connata, opinan- do tornar più acconcio lo usarsi in qucsla occasione meglio che la for- za il consiglio, e il cercarsi piuttosto di ottenere per via d'insinuazio- ne che si convincessero i proprietari delle vigne a far le loro vendem- mie ad opportuno tempo, per lo vantaggio che loro ne lorncrre')be quan- do per l'osservanza di qucsla pratica , meglio condizionati vini otter- rebbero. (2) Fu nei primi periodi delle nostre occupazioni , che una impor- tante disamina fu costretto sostener I'Jstituto sopra una dimanda del MECCANICHE 3r Tenente generale marchese Nunziante che il Governo rimettevaci cort ministeriale de' 22 novembre i832. Introdotta in Napoli da questo Ge- nerale la fabbrica dei cappelli con apocino, per la quale godeva una privativa, cbiedeva con energiche suppliche, porte a S. M- , che questa manifattura si proibisse a taluni che qui in Palermo la esercitavano: il che riputar dovevasi come un attentato ai dritti della sua esclusiva un'aperta controvensione al R. decreto de' 17 ottobre 182G. Delegava I'Istituto già alla sua classe di civile economia lo imme- diato sviluppo delle circostanze che avrebber potuto concorrere a da- re un adeguato rapporto al Governo sopra questa dimanda , e hen fu sopra solide basi non molto dopo presentato dalla diligente classe il debito avviso. Rilevavasi dallo stesso che i Siciliani fabbricanti intro- dotto avevano tra noi questa manifattura già molto innanzi che il Ge- nerale Nunziante la sua privativa ottenesse. Certe prove quindi noi avemmo di questo fatto per mezzo d'attestati di cospicue persone degne di ogni fede , di maniera che non rc'tavaci più luogo da dubitarne , quindi nel mentre che ci doleva da un canto il dover di contrario vo- lo rispondere alia dimanda dell'alio islanzante e andavamo di ciò co- l'ucciati , ci allegravam dall'allro, che per elfelto delle prove ottenute noi avevamo guarentito alla nostra patria un ramo novello d'industria, già surlo in essa, ed assicuralo insieme la sussistenza a tante famiglie di miseri artigiani che in quelle fabbiiche la loro opra impiegavano. Il Governo fu pago delle notizie apprestate dall'IsTlTUTO , e S. A. R. il Luogotenente generale nel suo Consiglio del 1. marzo i833 dcgnossi dichiarare non esser luogo a provvedimento sulla supplica del Genera- le Nunziante, per come avrebbe a S. M. rassegnato; fu l'opra coronala inGne dal Rcal rescritto de' 29 aprile susseguente per lo quale si par- tecipava di essere del tutto rimasta intesa la M. S. (i) Ovunque gareggiano i manifattori e gl'industriosi per presentare chi una invenzione novella , chi una introduzione di quella appo gli stranieri prodotta; e già molti han fatto sentire la loro voce al Gover- no che i nuovi progetti accoglie , ed all'IsxiTUTo ne commette lo esa- me. In fatti sorsero un Francesco Franceschini, ed un Silvestre Giorda- no che la fabbrica dei cappelli di paglia alluso di Firenze si avvisa- vano qui stabilire, e eontcudevansi insieme il primato alla introduzio- ne di quella manifattura (a). (a) Fu la domanda del Franceschini rimessa all'IsTiTCTO per riferi- rire con ministeriale del 7 gennaro i833. Nel mentre che la classe di civile economia imprendeva ad esaminarla , fu rimessa 1' altra istanza del Giordano con ministeriale dei 26 Marzo i833, che si opponeva a quella del Franceschii(i, perchè sosteneva aver egli il primo quella fab- brica introdotto in Sicilia sin da molti anni. La classe liquidò con effetto che il Giordano possedeva la macchina per pressare le paglie e ch'era istruito nell'arte d'imbiancare i cappelli di paglia di Firenze, della qual pratica era ignaro il Franceschini; Che i saggi fatti dal pri- mo facevano presto sperare lo stabilimento di questa fabbrica mercè le paglie ch'egli fa sperare coltivabile tra noi. Rassegnava quindi I'ìstitd- TO al Governo ch'era suo voto di accordarsi al Giordano un premio , onde incoraggiailo a seguire il lodevole suo intento. Il Governo parò per non togliere a coloro che volessero questo ramo d'industria intro- durre gli uguali mezzi d'incoraggiamento, dispose che ove volesse pro- ^orsi un premio, valesse questo in generale per colui che il primo ri- ducesse a perfcziflue magaiore quella maaiiktluii». 3l SCIENZE ED ARTI Salvatore Bisanti, Antonino Caniares, e Gaetano Veneziano che ga- reggiavano per la introduzione dei peltini d'unghia di bovi (b). Fran- cesco Cordaro che per mezzo di una macchina mossa dall'acqua riesce a dare la forma concava al rame, ed al quale il benigno Governo una privativa fece accordare dal provvido Monarca. Emmanuele Garofalo che ne presenta il modo d'imprimer l'oro sopra qualunque materia, ed a cui il Governo la prima medaglia dell'IsTiTU- TO ha destinato in premio. Del pari da Trapani si presentano per mezzo della non mai abba- stanza lodata società economica taluni saggi della tipografia del Cola- Janni, e lo Istituto le accoglie, e tale le trova da far con nuore pro- gressi «perare lo affronto con quelli dei piià rinomati stabilimenti di stampa .— Francesco Chilardi che spone di avere inventato appositi stru- menti per riuscire alla sollecita stampa deicaralteri musicali. Francesco Mannaia che dal comune di S. Giuseppe ci porta un modello di un molino che agisce con la forza di un solo cavallo. Giacomo Roubaud che vuoici introdurre delle nuove carrette atte a servirci nel trasporto meglio che le nostre. Benedetto Mondini che il modello di altre car- rette ci presenta, il cui roteggio siffattanìente va costrutta da comportare un peso straordinario con più facile e sicuro movimento: Gaspare Gar- cione da Naro che si offre a prepararci un sifone di tal maniera ideato da poter facilmente eslrarre le acque, dalle zolfonaje, ove queste, come non e di rado, vanno di quelle ingombrate. Gioachino Romeo che imi- tando la machina qui dalla Francia tradotta dal Dr. Panvini per la estrazione dei fluidi e di altre materie del ventricolo , ci appresta que- ■ (b) Fu il primo D. Salvadore Bisanti che chiedesse la privativa per questa manifattura , e la costui supplica fu dal Governo rimessa eoa ministeriale del i^. gennaro i833 , e in di appresso le uguali dimande facevano D. Antonino Cantares, e D. Gaetano Veneziano. Incaricata la classe civile dello esame di queste dimaudc, ci riferiva intanto che per accertarsi delle circostauze esposte dai primi due di- sposto aveva di chiamarli a costruire i mentovati pettini alla presen- za di uno de' soci delegato a questo sperimento: 1 risultati di questa disposizione intanto n'erano che il Cantares munito del necessario tor- chio ed altri strumenti, eseguiva il suo travaglio; non cosi il Bisanti, il quale adoprava l'informe strumento comunemente detto la morsa che suolsi usare da tutti i peltinaiuoli per appianare le corna bovine; d'on- de se ne inferiva che meglio dal Cantares si riuscisse lo appianamento delle unghia di bovi di maniera che con una sola costruiva un intero pettine, quando al Bisanti diverse ne abbisognavano unite insieme. Che riguardo al Veneziano, trovandosi costui di aver domandato la privativa per la introduzione della macchina altrove usata per la co- ilruzione di questi pettini, dalla quale trovasi il Cantares già provve- luto, opinava non doverglisi attribuire maggior merito di quello di- nostralo dal Cantares nello eseguite mercè la falla introduzione la sua nanifutlura. Quindi la classe pel solo Cantares votava doversi impe- trare la ])rivativa. Però risTiTtjTO nel sommettere questo avviso al Governo, non man- cò di far riflettere che pel Keal Decreto de' 4 maggio 182^ apparlien- li la privativa a colui che eseguisse in Sicilia oggetti d' industria fino al momento sconosciuti; e che non polendosi ])er tale riputare la ma- nifattura dei pettini d'unghia di liove da che più individui in un puu- to ne douidudavano la privativa e molti altri la conoscevano: i quali MECCANICHE 33 sto si ntilc ritrovato a vantaggio della travagliala umanità (c^, A risorsa di non lieve momento del siciliano coniniercio , noi a^bia-» jno pme avuto presente la proposta della ditta Florio per lo stabili-» mento di una raffineria di zucchero (d). Infine -una compagnia agraria che si prepara, altra di assicurazione, altra di anticipi: la forza del vapore che orsi vuole applicare alle no- stre macchine, e tutte quante le altre proposte che in corso di esame rimangono, non ci fanno sicuri del risorgimento, che la nostra isola, va ad incontrare mercè questo utile stabilimento creilo tra noi dal be- nefico Sovrano.' La pubblica esposizione che avrà luogo in maggio i831 non è un punto ove posson poggiarsi belle speranze? Certo che si, poi- ché se nel volger del primo anno dalla fondazione dell" Istitcto già veggoiisi sorgere la industria e le arti, finora quasi da ferrea mano de- presse, quanti altri prodotti non dobbiamo aspettarci da quelle, nell* gara che in tale pubblica solennità dovrà muoversi? Noi possiam con» vincercene alla pubblicazione degli alti dcll'lsTiTuio di quell'anno, Gio» va per ora solamente ad alte speranze muovere i nostri cuori; speran- za che fondate nel benigno favor del Gaverno, nel forte nostro vole-t re, ci fanno con certezza vaticinare negli anni vegnenti alla patria u»'e»- ra novella, ed una totale restaurazioua. concorsi erano a travaglio del Bisanti parca non doversi ad alcnno dei ricorrenti menarsi buona la domanda, con ministeriale del primo ago^» sto fu dichiarata la uniforme risoluzione di S. A. R. di non esser luo- go a provvedimento alcuno sulle tre sopraddette domande, potendo gli stessi inaiiifa'.tiirieri esser tenuti in considerazioni per quel che rli'uar» (la il perfezionamento della loro manifattura nella generale esposizione, (e) Con ministeriale del i5 aprile i833 f« rimena la costui diman.. da, con la quale chiedeva una privativa di cinque anni per 1' uso del» la njacchina sudelta da lui imitata annunziandosi dal Governo , il fa- Toieyole avviso dato già sopra istanza dalla pubblica istruzione, in sCf guito dell'attento esame portato sulla macchina dal Collegio medico. L'IsTiTDTo, inteso il favorevoi voto della sua civil classe , presenta il suo rapporto al Governo sotto il i^ giugno susseguente, perchè i( Romeo la chiesta privativa si avesse. (d) La cennata dimanda venne spinta al Rq.viE Istituto con mini- steriale del i4 luglio i833; in essa si voleva per lo proposto stabili- mento una privativa di dieci anni , il rilascio ìli metà del dazio sull^. immissione dello zuccLero greggio, e la franchiggia di dogana p.-r tutr te le macchine e gli utensili necessari , e pel carbon fossile , ove figl corso della esclusiva fosse questo a dazio sottoposto. L'Istituto, uniformemente al parere della sua classe civile rispose a| Governo che era suo avviso polersi accordare al sig, Florio j qnaiilQ per essi si domandava, a riguardo dell' importanza dello st^bilitnento e del rischio, cui vanpo essi iocootro per le iogeati toqtini »h* fii(b% Ijqop in)picg«re« 34 SCIENZE ED AUTI Rullìi necesnià di sminuire i dazi sull' ingresso dei carboni stranieri — Memoria letta al li. Istituto d'incoraggiamento dal socio ordinario prof, di ecO' nomia politica Ignazio Sanfilippo. Infra i mulliplici prodoUi che agli usi del viver ci- vile abbisognano, ciascun ili voi , soci ornalissimi , sa per pruova di quanto momento sia il carbone , sic- come quello che in tutte le stagioni è ordinato a cuo- cer le vivande , e iicli' inverno a ristorarci dal lieddo e direi quasi a ravvivare la nostra persona. Per la qual cosa se in ogni tempo egli è ricercato, nell'inverno lo è ancor più . e quindi in proporzione convien che se ne accresca il prezzo. Ma sono oramai più anni che in questa medesima stagione il prezzo si è fuor di mi- sura innalzato; il che mentre ha diminuito in rispon- denza le nostre rendite, grave detrimento ha recato alla gente minuta, e sovra tutto a quelli che vivono del loro travaglio. Da ciò è seguito che il valor cor- rente delle legna si è accresciuto, che molti alberi frut- tiferi, e con ispezialità gli olivi, si sono sbarbicati, ed i Imo fusti ed i loro rami commessi alle fiamme. Ne qui certo si arresterà il male, ma egli proce- derà più olire, se rimedio non vi si apponga; con- ciossiachè i bisogni di primo grado sono sì violenti di lor natura, che rompono il freno di ogni legge, non esclusa quella della sacra proprietà; il perehè voi presentite o soci ornatissimi di quanta importanza sia Io investigar di quello la cagione per poter alia meglio ripararvi: rivolgiamoci ai latti. A due generi di dazi è sialo soggetto il carbone , 1' uno cioè civico e l'altro regio. Il civico in sulle prime fu confuso con altri og- getti , e sj tenue che appena montava a tari uno per Of;ni tari trenta di nostra moneta ; ma i bisogni della città di Palermo si accrebbero; e per occorrervi fu me- MECCANICHE 3J stiere aver nuove rendite, tra Je quali una si fu quella del dazio di lari due per ogni salma di carbone che lo straniero v immette. Io non ho potuto sapere se fino al 1824, epoca della nuova legge sulle dogane, oltre ai dazi civici vi fossero ancora dazi regi e quali; certo si è, che per lo regal decreto del 1824 ^J prodotto suddivisalo fu colpito del- J imposta di gr. 5o napolitani per ogni tonnellata, pari a tari uno per ogni salma nostrale; di che si vede, co- me al trar dei conti egli non pagava che lari tre a sal- ma oltre al tari uno per ogni oncia detto poco prima. Duro un tale stato di cose fino al i83i , nel qual tempo non fu visto il prezzo del carbone alzarsi note- volmente, 1 forestieri non ritrarsi dal venderlo in Sici- lia, ed il regio erano percepirne la parte del suo lucro. Ma non cosi avvenne dal i83i innanzi, quando vale a dire con altro reaal decreto il dazio regio si aumentò a Ducati 2 e gr 5o napolitani, pari a tari cinque per ogni tonnellata: d allora ,n poi gli stranieri si astennero dai! introdurre in Sicilia un tal genere, l'erario vi per- dette la rendita che ne riscuoteva, ed il prezzo si elevò luor di misura. Da questi latti chiaro appare, che T imposta di du- cati 2, e jo a tonnellata sull'ingresso dei carboni esteri è stata ad uu di presso equivalente ad un divieto assoluto- equmdi, a mio avviso, la ragion principale del danno SI privato, SI pubblico. Né altrimenti, o soci, debbe i,i- terven.re di quello che l'esperienza c'insegna, imperoc che la ragione, la quale non vuoisi giamuKii scompa- gnare dai fatti, ci alforza ancor più la verità del nostro assunto. I prezzi delle cose non procedono , siccome è noto a ciascun di voi, che dalla ragion diretta della ri- cerca, e dall inversa della loro offerta. Se dunque neN 1 inverno SI e accresciuta da una parte la dinianda del cad^one, e dal! altra per i forti dazi se n' è Juninuita lolle.li, ragion vuole .he il suo prezzo si aummti, e venga manco la rendila del regio erario. Ma voi mi 36 SCIENZE ED ARTI direte , che a questo danno si e tlalo rimedio col ca- bolapgio tra Napoli e Sicilia, sì che se questa non ha molli hosclii e ibieste, ciò non monta a nulla, peroc- thè quello avendone in gran copia, può largamente for- nirci di legne e tal boni. Io non liiego, o signorij che per lo commercio su- delto si possa alleviare la carestia di un tal genere, ma jiregovi a liflellere innanzi trailo, che ciò non ostante ella non si è alleviata , segno certo che il cabotaggio non è un rimedio acconcio al male che ci travaglia. A questo aggiungete, che qualunque siasi la quantità dei carboni che da Napoli possono inviarsi in Sicilia , sarà ella sempre minore di quella che se ne faceva prima, quando cioè e Nafiolitani e forestieri potevan ciò pra- ticare, onde si è sempre diminuita 1' offerta di un tal prodotto, non senta nostro grave dispendio. Né mi si obbietti , che ciò si è fatto per incorag- giare i nostri concittadini alla coltura dei boschi. Cou- ciossiach'è, sebbene io mi accordi suU'ollima e l'audevo- le intenzione del nostro governo, pure io non so persua- dermi come ben presto possiamo noi avere più boschi, che oggi non abbiamo : essi dimandan capitali e non lievi, e credo sian pochissimi coloro , che possano in- \estirli nel succennato ramo d' industria ; massime se ridettesi che i boschi non dan frutti se non dopo lo scorrere di più anni, e tale si è l'indole nostra, e forse queUa della maggior parte degli uomini, che vogliamo più preslo godere del poco purché sia presente, che del mollo ma lontano e da venire. Anni io tengo jier fermo, cfie ove noi durerenro nel presente sistema , non che non si panleranno nuovi boschi, ma si distruggeranno quei |x)chi i quali ci abbiamo , € per far preslo , gli otjvcti, ed altri alberi da frullo. A tuUo ciò per ulti- mo è d» arrogere il fatto che debb'esser sempre la uo- sti-a guida nella ricer-ca della verità, ed il fìllio ci ad- dinjost!-a che sono oramai più anni, e niun agricoltore o piT>prietari<ì di terroni ci è stalo, il quale abbia at- tedio alia [)iat)tagÌ0QC di boschi novelli. MECCAMCHE 37 Dalle quali cose raccooliesi che i forti daiì all'ingresso dei carboni stranieri male lian procacciato al regio era- rio, ed a ciascun eli noi, onde l'interesse privalo e pub- blico allamente reclama, che eglino siano sminuiti, o almeno ridotti a quel punto eh' era n prima del i83i. Signori, si è questo il volo della massima parte dei no- stri concittadini: coloro che vivono di una sottile ren- dila, l'immenso stuolo degli artigiani, e fra costoro i po- veri padri di numerose famiglie a noi si dirigono , a noi che indossiamo il peso di proporre i mezzi comii làr crescere le comuni dovizie, e per l'opera nostra egli- no sperano un qualche ajulo dalla saviezza del gover- no. E sarem noi così insensibili ai propri ed ai mali altrui da negar loro 1' adempimento del nostro uITicio? Quanlo a me non so immaginarlo, molto pii^i, che così praticando noi andremo a seconda deU'animo generoso e benefico dell' oltimo principe, il quale non vuole né può volere che il bene pubblico. Epperò io concludo, o soci ornatissimi, e pregovi caldamente a voler umi- liare al nostro governo i tristi effetti delle gravi im- poste sii i carboni stranieri, e di supplicarlo ad un ora, che coU'alto suo senno si compiaccia di apportarvi ri- medio. Manifesto del R. Istituto d' incoraggiamento di /é^*"'- coltura arti e mestieri per la Sicilia^ per la espo~ sizione solenne delle manifatture^ e per la distribu- zione de premi , e medaglie da farsi il giorno 3o. del prossimo Alaggio 18 34- Jr ersuaso sempre mai l'augusto Monarca, alla cui alta saviezza diede Iddio a reggere i nostii destini , ess*er l'opera più grande, e più degna di un Re quella di ren- der felici i suoi popoli; che gloria verace del Re sono le benedizioni de' suoi suddili , i quali come figlinoli di una sulu famiglia, tulli egualmente da lui attendono sus- 38 SCIENZE ED Ann 5isten7.a, e proiezione; e persuaso altresì il regal senno tliir olii Ilio Ferdinando clic uè agiata ne fioieiile sarà in:»i una nazione rispettosa delie sacrosante ragioni deU l'altrui proprietà, se non quando vede colti e ridenti i suoi cani j)i, prosperosa e solerle la sua industria, attivo ctl (Sleso il commercio , di essi aveva già fatto scopo delle sue più gravi occupazioni. Ma perchè in questi suoi reali domini, queste prime Lasi della esistenza di ogni umana società si vengano sempre più consolidando, non pago il cuore benefico di S. JM. di prodigarvi so- lila intessantemenle le regali sue cure, una eletta adu- iiiinza di gente colla ed illuminala vi lia posto con in- dicibil t-aviczza a vegliarne con is[)ezialilà i progredi- menti, 8Ì che tanto sull' agricoltura, quanto sopra l'iu- tlustiia, come sul commercio di questa nostra bella Si- cilia versando di continuo i loro lumi, e la loro opera, servisse ad essi e con istruzioni , e con premi d' inco- raggiamento e di sprone. Questa società, detta per ciò slesso Istituto Reale d'incoraggiamento di agricoltura ar- ti e mestieri , è 1' organo intermedio tra 1' angusto So- vrano , ed il corpo degli agricoltori, de' commercianti, e degli artieri , sopra cui tulle debbono diirondersi le sovrane beneficenze. Ora a queste tre rispettabili classi d'individui, che danno i primordiali elementi della esi- stenza della società, si fa noto soknnemeute, che que- sto lU'ale Istituto d'incoraggimento proclamato da S. M. con real decreto del 9 novembre dello scorso anno i83i trovasi già del tutto oiganizzato, stabilito e nel pieno esercizio di tutte le attribuzioni analoghe all'alto scopo della sua importante e proficua esistenza. Il quale scopo ed oggetto dello Istituto giova alle ceunale classi di ar- tieri agricoltori e fabbricanti di far sovvenire colle pa- role slesse del decreto, e degli statuti da S. RI. san- zionati , per quanto alle costoro ingerenze , a lor me- stieri, ed all'opera loro possa ciò aver pai le. MECCANICHE 3o Capitolo Settimo aut. 69. » L'oggetto del Real Istituto si è la floridezza della » Sicilia poggiata non che sulle scienze utili , come lo >j sono r agiicoltura , la economia pubblica e privata, M ma eziandio sulle arti , che vengono sostenute dalle t» matematiche, dalla tisica, dalla chimica, dalla storia w naturale, e da altre scienze analoghe. Aut. 'jo. w Per conseguire quesl' oggetto 1' Istituto » terrà un elenco non che di tutte le arti, e maniiatture « che sono nella Sicilia, ma eziandio de' fabbricanti; e >ì si occuperà a conoscere i modi onde quelle si eser- «citano, lo stato attuale, gl'intoppi al progredimento, «e li rappresenterà al Governo per attenderne le supe- » riori determinazioni w. Art. 71. w Invigilerà sull'uso delle privative, aflin- >i che sieno godute nel modo che sono slate concedute >i a ciascun manifiittore, e fabbricante dovendosi comu- M nicare all'Istituto le privative che si andianno accor- ci dando «. Art. 72. a tale fine farà l'Istituto in ogni biennio la pubblica esposizione de' prodotti d'industria nel modo che si dirà nel capitolo 8. Capitolo 8. Il presidente dello Istituto entro il mese di gennaro avviserà con manifesto in istampa non che «ella valle di sua dij)endenza , ma eziandio farà avvi- sare dai presidenti delle società economiche delle allre valli, e quindi dalle commissioni comunali, che il gior- no 3o maggio avrà luogo la pubblica esposizione. Art. 88. Avvertirà per via del medesimo manifesto i manifattori, gli artieri, ed i fabbricanti di ogni sorta d'industria a fare registrare al più tardi il 3i marzo i loro nomi e cognomi nella cancelleria delle commissioni comunali della sua valle , ed a j)resentarvi i campioni e modelli degli oggetti da csjjorsi. Aut. 89. Le comuiissioui comunali della valle di Pu- 4Ò SCIENZE ED ARTI leimo avranno parlicolar cura tli fare scrivere i nomi de' manifàltori., artieri , e fabbricanti de* rispettivi co- muni, e di raccof^liere gli oggetti surrilorili rilasciando ai loro proprietari il corrispondente ricevo come si dirà allo art. 164. Art. go. Coloro i quali avranno ottenuto dal Governo una privativa, o un premio qualunque, saranno espres- samente obbligati a lasciare nel deposilo dello istituto ì campioni, ove si tratta di fabbriche, tessuti, e simili: ed ove si tratti di macchine, © strumenti d' ogni spe- cie, sieno obbligati di lasciare i modelli, ovvero i di- segni delle dettagliale descrizioni , salve sempre bensì le disposizioni dogli articoli '^ e 12 del real decreto del 4 maggio 1S24 sulle concessioni di privativa. Art. 91. Le materie sì grezze con»e lavorate , do- vranno essere presentate ne' differenti loro stali, comin- ciando dal primo , e passando per gli siali intermedi sino al punto che avranno ricevuto l' intera perfezione. Art. 92. jj Ogni campione dovrà esser tale, da fa- to cilitare il giudizio suU'intiera manifattura w. Art. 96. Il Direttore della Classe di economia civile pubblicherà a nome dello Istituto e per mezzo del pre- sidente, per via di avvisi in tutta la sua valle, i nomi. e cognomi degli artieri, e manifattori, le cui produzioni BÌ sono credute degne di essere presentate alla jìubblica esposizione; indicherà nello avviso il genere, e le quan- tità delle produzioni, e renderà pubblico questo avviso per mezzo de' giornali. Tulli gli artieri e manifattori teste mentovali le cui produzioni si son credute degne di essere presentate alla pubblica esposizione, sono autorizzati a portare a lor piacere una quaniilà di tali produzioni per farne spac- cio, melleadole in veduta al pubblico, durante 1' esposi- Kione e nel locale medesimo in cui questa sarà eseguita. Art. 9'y. Terminala la esposizione l'istilulo restituirà t'Saltamenle ai presidenti delle socielà economiche , ed illic commessioni della propria valle, o ai rispettivi in- MECCANICHE J^f dividui di Palermo tutti gli oggetti che non sono slati premiali afilli di consegnarsi a chi si appartengono. Le commissioni saranno obbligale di renderli ai loro pro- prietari. Art. 98. Si distribuiranno in ogni biennio ducati trecento per premi di tre memorie da coronarsi per concorso. La som ma del premio per ciascuna delle tre memorie da coronarsi sarà con anticipazione fissala e inanileslala al pubblico nel progromma rispettivo di cui qui appresso sarà (atta menzione , ed una tal somma ])olrà fissarsi magf;ioie, 0 minore per ciascuna memoria a misura della maggiore, o minore importanza, e gra- vità della materia. Art. 99. A quest'oggetto ciascuna classe presenlerà in ogni anno i programmi pel miglioramento di quei rami d' industria che crederà pii'i proficui alla Sicilia. Questi programmi dovninno essere approvati in una sessione generale dell'islilulo, il quale li presenlerà a S. A. R. il Luogotenente Generale, acciocché conoscendone l'importanza gli accordi il permesso di renderli pubblici. Art. ICQ. Ottenuto il permesso di S. A. R. il Luo- gotenente , i programmi si renderanno pubblici colle stampe. Art. idi . Elasso il tempo prefìsso, i concorrenti pre- senteran le loro memorie cogli analoghi modelli (se trattasi di nuove macchine di migliorazioni alle già co- nosciute) al segretario generale, chiuse, o aperte a loro piacere , ma senza nomi di autori , e segnali con uu motto arbitrarlo. Art. 102. Contemporaneamente presenteranno una scheda suggellala nella quale sarà scritto il nome del- l' autore, e al di fuori sarà notala con lo stesso molto apjìosto alla memoria. Art. io3. Le memorie saranno rimesse alla classe rispettiva, eie schede conservale nella cassa del suggello. Art. 104 Le classi, fatto un severo esame di tulle le memorie, ne faranno iu iscritto i corrispondenti rap- jfa SCIENZE ED ARTI porli , clic Terranno presentati alla generale unione dell'Istituto, il quale in un' altra sessione dovrà deci- dere a voti segreti del loro merito, e del premio da conferirsi. Art. io5 In seguilo di tale rapporto, sarà fìssala la sessione generale, che si convocherà con biglietti par- ticolari, ed in essa si coroneranno quelle memorie, che avranno più soddisfatto ai programmi, e le altre che avran meritato l'accessit. Art. io6 Nel tempo che si frappone tra il rapporto fatto dalle classi , e la decisione dello Istituto , sarà ia libertà di ogni socio d'istruirsi del contenuto, sì delle memorie che de' rapporti delle classi , a quale effetto sì le memorie, che i rapporti si terranno nello archi- vio a continua disposizione di tutti i soci, ma non si potranno estrarre per qualunque causa Art. io8. Al momento che sarà fatto il giudizio, si apriranno le schede che avranno i corrispondenti motti, delle memorie che avran meritato il premio, e di quelli che avranno ottenuto lo accessit^ si pubblicheranno i nomi degli autori rispettivi , bruciando le altre schede nella stessa pubblica sessione. Art. 109 Si supplicherà S. A. R. il Luogotenente Generale tulle le volle che si dovrà fissare il giorno, e il luogo della grande sessione Art. Ilo L'alto accademico di ammissione al pre- mio sarà stampato e scritto nel libro a ciò destinato. Art. 1 1 1 Olire ai premi sudetti se saran presen- tate allo Istituto memorie, libri, invenzioni, perfezione di melodi tecnici, modelli di macchine, ed ogni altro che tende ad aumentare la pubblica floridezza, ne sa- rà fatto 1 apporto a S. A. R. il Luogotenente Gene- rale per implorare dal Re un premio corrispondente. Art. 1 1 2 Saranno stabilite in ogni biennio dieci medjt^lie per [»reiniarsi gli artieri e manifallori che se ne reuderatmo uieiilevoli, due di esse saranno d'oro del valere di oiize 20 per ognuna, ed olio di argento del \ulorc di onze 3 e tari io. per ognuna. MECCANICHE 4^ Art. 1 13 L'Istituto d'Incoraggiamento, riuniti che salatino tulli gli oggetti trasmessigli tanto della valle di Palermo, o dagli individui della città di Palermo, quanto dalle altre Valli, si occuperà dello esame di essi. Art. 1 14 a quest' oggetto il presidente destinerà una commissione, che verrà composta di n. i6 individui cioè otto della prima classe ed otto della seconda. Que- sto numero potrà accrescersi , ove il bisogno lo esiga, di altri individui non appartenenti allo Istituto, purché fossero istruiti, o esperti nelle arti di cui dee giudicar- si, accioccliè esamini partilamente, e scelga tutti gli og- getti che cretlerà degni di premio, e di qual premio. Art. 1 15 Questa scella sarà presentata in una se- duta generale allo Istituto, il quale farà a pluralità di "voti, ed a bussolo segreto le sue deliberazioni. Art. ii6 Saranno meritevoli de' primi premi tutti coloro i quali presentassero m acchine, strumenti, e al- tri nuovi ritrovali che evident emente migliorassero la nostra agricoltura, e de' secondi premi, tutti coloro i quali olìiissero prodotti di arte, o di manifatture, che fililo il contionlo potessero sos tenere la concorrenza dei prodotti stranieri, o inventa ssero macchine e strumenti alti a migliorare la nostra industria delle manifatture. Qualora però non vi fossero nuove scoperte nell' a- gricoltura, in tal caso i primi premi li avranno coloro i quali jìicsentassero macchine, strumenti, ed altri nuo- vi ritrovali che evidentemente migliorassero le nostre industrie manufatluriere. Art. 117 L'Istituto d'Incoraggiamento dopo lo esa- me fatto, e la sua determinazione, proporrà a S. A. R. il Luogotenente Generale gl'individui che saran meri- tevoli, non che delle medaglie d' oro, ma benanche di quelle di argento. Art. 118 Indicherà altresì coloro tra gli artieri e manitattori, che sebbene non avessero meritalo il pre- mio, fossero degui tuttavia di essere onorevolmente meu- zionuli. i)|l| SCIBKZE ED ARTI Art. 119. Saranno ugualmente fatti pubblici, eoa onorata menzione i nomi e cognomi di coloro i quali si saranno distinti per il loro zelo, ed attività tanto pel- le società economiche, quanto nelle commissioni comu- nali, e saranno presentati al governo per averle in par- ticolar considerazione. Art. 120 Le medaglie saranno accompagnate da una lettera patente nella quale si esporranno i meriti che bau dato dritto al premio. Art. 131 La solenne distribuzione delie medaglie agli artieri e manifattori , che le avranno ottenute , avrà luogo il dì 3o maggio giorno onomastico del Re; e potrà esser fatta, o dalla M. S. s'ella risiderà in que- sta isola, o da S. A. R. il Luogotenente Generale , o da altra persona che potrà l'A S. R. destinare. Nella iscrizione apposta agli oggetti premiati sarà espressamente fatta menzione del premio ottenuto. Art. 122 II Segretario Generale dell'Istituto d'inco- raggiamento pubblicherà in ogni biennio lo risultamento della esposizione, e farà espressa ed onorata ricordanza degl'individui, le cui produzioni saran premiate w. Quindi a mente delle or di anzi esposte reali determi- nazioni si fa noto a tulli gli agricoltori, artieri e fab- bricanti, non che a tulli coloro, che potranno influire colle loro cognizioni, e le loro opere al sacro scopo della rurale e civile prosperità della patria, che il Reale Isti- tuto d' incoraggiamento d'agricoltura, arti e manifat- ture per la Sicilia terrà la sua solenne esposizione di tutte le patrie industrie addì 3o del prossimo maggio del corrente anno i834, giorno di altissimo gmbilo, per- chè sacro al nome glorioso di quel graziosissimo Sovra- no, che di se lidi rende questi suoi regni. Restano in conseguenza per lo presente manifesto avvisati i Presi- denti delle commissioni comunali del vaile di Palermo d impiegar da ora innanzi sino al giorno 3i del pros- simo Marzo im[)rorogabiInjcule tutta la loro opera, jicrcht nel ceuualo termine i manifattori, gli artieri ed MECCANICHE 4^ ì fabbricanti di ogni industria vengano registrando nel- le cancellerie dipendenti dai lor comuni, i loro noniì,^ e cognomi ed a presentarvi i campioni e i modelli de- gli oggetti da esporsi tanto per potersene premiare l'o- pera, come per commendarsene pubblicamente lo spac- cio. Ed i manifattori, gli artieri ed i fabbricanti tutti dei comuni di|>endenti da questa Capitale, che spirilo di gloria han sempre mostrato e verace amor di patria, sono parimenti avvertiti di concorrere cou prudenza ed ilarità alla bell'opera non solo facendo registrare i loro nomi nelle ior comunali cancellerie, ma raddoppiando gli sforzi per mostrare la bellezza, e l'eleganza, il mi- glioramento delle loro opere ed industrie, e jierchè eoa bella gara, ed emulazione colà presentino i lor modelli e cam()ioai, che debbono a questo Reale Istituto essere rimessi. Questi oggetti possono essere: Ogni lavoro di ferro ed acciajo come armi, canne, la- me, macchine, monili., catene, bottoni. Di ferro come mortai, stufe, fornacelte, toppe, e ser- rature di ogni maniera. Di bronzo dorato all'uso forestiere d'ogni sorta. Tessuti di seta, di lana, di cotone, lavorati e senza, di lino d'ogni fabbrica, e d'ogni modo. Coperte da letto di bambagia, ec. Lavori di calze di maglie di seta, di cotone, ombrel- li, busti, borse ec. Guanti, lacci, frange, denteile, ricami d'oro e d'argen- to, galloni. ' 11 . Bardature, selle, arnesi da carrozze, e scuderie , ec. Lavori di orificeria, argento, vasellami, anella, col- Jane, posate, pendenti, braccioletti. Lavori di pietre forti siciliane come agate, ec. Di pietre fossili, antracite, ec. Di alabastro, di corallo. Di ottica, come lenti, occlalali, telescopi. Di tartaruca, d'unghia di bue, come [lettini, tabac- chiere. /^G SCIENZE ED ARTI Fabbriche di stoviglie, come vasi, chicchere, piatti ec. lavorati, dorali, e senza, ec. Cristalli d'ogni sorta, vetri, ec. Impressioni in oro , e dorature sopra ogni materia . Funi, sarte e quanto alla marineria appartiene. Cappelli di pelo, di seta, di apocino, di paglia nostrale e forestiera ad uso nostro ed a quello di Firenze. Candele di cera d'ogni colore, e d'ogni specie. Macchine armoniche , piani forti, chitarre lavorate , corde. Lavori di pelle lavorata in rilievo per porla fogli, li- bri, biglietti da visite, carte impresse, e colorite. Carta qui fabbricata d'ogni maniera. Lavori di ebanista di tutti i generi. Di Calligrafìa. Di Tipografia. Pelli conciate ad uso inglese. Fiori ad uso forestiero ec. ec. In somma ninno oggetto di quanto può creare l' in- dustria e l'arte de' Siciliani, viene escluso dall'esposizione € dalla concorrenza de' premi. E niuno stabilimento privato o pubblico come al- bergo di poveri , stabilimenti di projetli ec. e niuua iàbbrica o officio verrà escluso dal concorrervi. Restano ancora avvisati gli artieri manifattori e fab- bricanti della capitale che da ora innanzi (ino al cen- nalo termine de' 3i marzo tutte le mattine da 3 ore prima di mezzodì potranno portarsi nella secreleria del Reale Istituto, sita nel palazzo del marchese di S. Croce strada Macqueda n.207, ove è innalzalo il grande stemma del Real Istituto, ed ivi fare registrare i nomi loro e le industrie , e presentarne i modelli che più belli crederanno e convenienti. Finalmente restano i Presidenti delle società econo- miche del pari avvisati a nome del Reale Istituto di ])raticare altrettanto ne' loro cajiovalli e farlo pratica- re dalle coaiuuali commcssioai di lor dipendenza. Ed MECCANICHE 4? al loro zelo già per replicale prove manifesto , ed al loro amor, patrio così bene adoperato sin dal principio di suo stabilimento pel pubblico bene, confida il Reale Istituto il felice risultamento di, opera così bella, quale e la solenne esposizione; che caro spettacolo sarà agli occhi de' compatriotti Siciliani, del Real Principe clie ci governa, e del Re, cui meglio non sapremmo la no- stra divozione significare in quel dì solenne, che mo- strando quai dolci frutti già la Sicilia coglie dai pochi anni del principio del suo felicissimo regno . — Per r assenza del Presidente, il vicepresidente — Principe di Villafrauca — il segretario generale perpetuo — Em- manuele Vaccaro. PARTE SECO]XDA Trattato di Jnatomia descrittiva composto secondo il metodo adottato alla facoltà di Medicina di Pa- rigi da Ippolito Cloquet. Quarta edizione rivedu- ta ed aumentata. Tradotto ed annotato da Gio- vanni Silvestri dott. in Medicina e in Filosofia eie. Palermo dal gabinetto Tipografico all'insegna di Meli 1 83 2-33. quattro voi. in 8. con le aggiun- te della quinta edizione. fjolui che voglia ben distinguersi a preferenza nella divina scienza d' Ippocrale , dee riunire oltre le prati- che istituzioni anche le conoscenze anatomiche, senza le quali non può pervenire certamente a quel grado di ce- lebrità, che hanno toccato i Portai, i Corvisarl, i Brous- sais , i Sabatier, i Tommasini, gli Scarpa, e tutti gli al- tri che sovrani han regnato nel moderno impero della medicina. La cognizione della fabbrica del corpo uma- no è pel medico ciò ch'è quella del sito d'uu paese pel viaggiatore, il quale, ne studia la topografia prima di appararne la politica e la morale. Se rivelaQte è tale co- 4^ ^ SCIENZE ED ARTI gnizione pel medico, non lo è meno per l'Ideologo cbe con occhio veramente filosofico voglia scandagliare i fe- nomeni della sensibilità e dell'iutendimenlo^ di cui l'en- cefalo è r organo e la condizione materiale ; perocché egli non potrà mai giungere a ben conoscere gì' intirai rapporti che legano il sistema nervoso all'animo nostro senza apprendere la struttura e quindi gli usi di quello. Lo studio dell' Anatomia ha avuto molti amatori in Sicilia dacché il riputato sig. Gorgone si è dato co' suoi lumi e colle pubbliche lezioni a rilevarne i vantaggi, e leggerla con tutto quell' impegno che a un filantropo professore conviensi ; e la nostra patria che vantasi di dar la culla agli Ingrassia , agli Spedalieri non è oggi l'ultima fra le nazioni che coltivano questa interessaiile branca delle scienze naturali, come non lo è nemmanco per altri rami del sapere umano. Molli sono gli autori che si son fatti da molto tempo a descrivere gli organi del corpo umano; ma 1' opera d' Ippolito Cloquet ha sempre riscosso gli applausi dei dotti. L'esattezza nelle descrizioni la chiarezza nel lin- guaggio , e molto più l'ordine fisiologico del Dunieril, secondo il quale è recata, sono delle condizioni che fan- no apprezzare moltissimo 1' opera del Cloquet. Troppo ancor commendevole è questo lavoro, perchè frutto di uno dei più valorosi anolomici della Francia, e perchè ridotto a livello delle più recenti scoperte. Volendo adunque ricercare un trattato d'istituzioni per li giovani alunni non poteasi ritrovare opera più compiuta e più acconcia che quella del Cloquet , il i^uale si è per tal riguardo reso fra noi 1' autor prediletto dalla gioventù studiosa. Sebbene molti sieno fra' nostri alunni che pos- seggano l'idioma francese, ammettendosi un trattato ele- mentare, iudisj)ensabile era il volgersi nella nostra lingua per prestarsi alla capacità di qualcheduno che il francese Ignora: la traduzione d'un certo De Lisio napolitano era poco fedele, anzi il senso trasformava di varie frasi: l'Ita- lia ne bramava un'altra eseguila con fedeltà con boa- MECCANICHE /^ tà di Stile e proprietà di lingua. Ciò ha fatto il Silve- stri nella sua traduzione eseguita sulla quarta edizione irancese colle aggiunte delia quinta che tardi giunse fra noi. Bravo e diligente anatomico e ottimo traduttore qual egli era ha vestito l'opera francese de' veri ornati ita- taliani, l'ha arricchita d'un gran numero di annotazioni (Irutto delie sue diligenti ricerche anatomiche) sopra vari articoli della scienza non ancor discussi e intorno ali anatomia delle età. Considerando nelle note il lavoro possiamo dividerlo in due classi: nella prima dilucidando alcuni sentimenti dell' Autore , illustrando delle anato- miche quistioni, accrescendo il numero, com'ei s'esprime, delle vedute generali dell' Anatomia non lascia di affi gmngere delle interessanti sue osservazioni. Tra questa giova accennarne alcune della maggiore importanza . 1^ unione dello sfenoide coli' opofìsi basilare anziché «na sutura, il traduttore crede formare un'intermedio tra Je suture e le anfiartrosi. Se il cranio sia o no un complesso di vertebre noa
  • orae quello che agevola lo studio la meditazione e la memoria che prodotto dall'analisi avvicina o allontana dalle cose , le quah altrimenti pensate ci nrecipitereb- Deronell errore, noi rispettiamo il sistema, noi lo do- mandiamo nella rivista delle osservazioni e delle idee 4 50 SCIENZfi ED ARTI per arri£cliirci dell' ajulo di legge di facoltà; ma Io detesteremo mai sempre quando io si vuole far dominare sii cose che distinse natura. lu tale disputa levasi Sil- vestri , e con valorosi argomenti , da nessuno fra noi prima enunciali, con tulio lo sviluppo combalte l'opinio- ne de' moderni naturalisti. Agli argomenti , che trattando delle dimensioni ri- spettive óei cranio e della faccia adduce Clotjuet contro il tanto ripetuto angolo faciale del Camper , sopra di cui il Lavater ha stabilita la sua scala progressiva, l'An- nolatore ne aggiunge degli altri- Riguardando oltre il vo- lume del cervello altre condizioni, come la convenevole inlima struttura, l'energia di nutrizione e altro a noi ignoto esser d'uopo allo sviluppamento delle facoltà intellettuali; osservando in alcuni decrepiti mentecatti l'angolo faciale così ampio come nello stalo adulto; esaminando ezian- dio ne' fanciulli la fronte assai rilevala corrispondere alla poco estensione delle arcate dentarie pel poco numero de' denti, per le cavità interne della faccia poco svilup- pate, per cui in queste occasioni l'angolo è meno acuto di quel che osservasi nella gioventù e nello sfato adulto, in cui molto si supera in intendimento la fanciullezza; adducendo l'osservazione di Gali sui vari Etiopi, i quali non ostante che per lo sporgere delle mascelle offrivano ben acuto l'angolo facciale, pure svelli d'ingegno e di pensiere mostravansi , in somma con tulle queste ra- gioni esclude interamente la misura del Camper. Si- milmente mostra niente sicuro il mezzo dal Cuvier pro- posto, e , come egli dice, Jacendosi dopo morte ^ qiial prò induce se già si sa a posteriori e per mezzo del- l osservazione quaV era lo sviluppo delle facoltà in- tellettuali di quell'individuo^ di cui alla morte si mi' sura il cranio ? Nulla però il traduttore ci dice del- l'altro metodo del Daubenton, forse percliè bene esami- nalo dall' AdeloQ e da altri superfluo riusciva il farne menzione. Ai molti esempi della natura , che spesso rinunzia MECCAI^ICHE Si al SUO consueto cammino, aggiunge il sig. Silvestri quello d'una sesta cartilagine costale del lato destro larga il tri- plo pili dell' ordinario , la quale offrla nel suo mezzo un foro occupato da un sopranumerario muscoletto in- tercostale. All'opinione del Ribes , il quale crede la membrana congiuntiva limitarsi contemporaneamente alla circonfe- renza della cornea , opinione cui aderisce il Cioquet , l'annotatore oppone de' buoni fatti patologici; e col soc- corso delle osservazioni sue, e del nostro ottimo prof. Portai viene a stabilire la continuazione della summento- vata membrana sulla cornea . Prevedendo le obbiezio- ni che gli si potrebbon fare fortemente risponde : il tenue moccio dalla membrana segregato invece di essere di ostacolo sembra necessario a rendere umida la cornea e inaccessibile al danno della luce e del calorico . Inoltre perchè i vasi nuovi apparenti sono tessuti nuovi, per- chè abbisognano di tempo per organizzarsi e poscia spa- rire perchè nelle osservazioni da lui riferite, i vasellini, che dalla congiuntiva andavano alla cornea, a somiglianza delle membrane sierose e di altri tessuti, nei quali piiì all'atto infiammatorio che a novella formazione si rap- porterebbero, sono certamente da riguardarsi per primi- tivi resi apparenti dall' ingorgamento e da quell' addi- zione di giobetti sanguigni ch'essi malati contengono. Finalmente una bella osservazione d'un utero scirroso, in cui osservavansi delle fibre molli biancorossastrtt marcatisslrne e chiaramente muscolari dà a vedere che non è solo nella gravidanza che apparisce la strut- tura muscolare dell'utero. Venendo alla seconda classe delle note il Dr. Sil- vestri senza alterare come traduttore l'ordine fisiologico dell' autore chiamando delle note vi deposita quanto di più esatto e di piìi conciso a vari autori e a lui ha presentato l'esame degli organi nelle diflTereuti età, aman- do d'inserire all'uopo delle filosofiche e fisiologiclie ri- flessioni. Mentre i giovani all'esalta e grafica descrizio- 5j scienze ed arti ne del bravo Cloquel trovando aggiunte le vicende clic l'organizzazione solVre ne vari periodi di nostra esisten- za estendono il loro sapere^ i dotti pure sentiranno quella graia compiacenza che provasi all'apparire delle scelte cose dell' ordine e della novità, e eh' è negala all'igno- rante invidia che macera se stessa. Senza negare all'immor- tale Bichat, all'illustre Meckcl ec. qualche cenno sull'anatc- mia dell'età, francamenteci congratuliamo di essere fra noi, ove l'antropotomia comincia a coltivarsi con calore, reso a buono stato quel lavoro che il Cloquet avea promesso e che il Silvestri adesso ci offre. Ai titolo di nuovo quelle cose che mirano avendo diritto al nostro annun™ «io ci sentiamo a grado accennare le principali osser- vazioni che in questa seconda classe di annotazioni si rinvengono. Notandosi la colonna vertebrale d'un vecchio morto a cento e dieci anni , il cui scheletro si conserva nel museo anolomico della R. Università di Palermo , di cui l'annotatore in progresso sempre si serve per tipo nel la scheletrologia de' vecchi, si olirono vertebre inegualis- simc alla superficie , numerosissime aperture che dalla faccia superiore ed inferiore e dalle apofisi vanno al tessuto celluioso , una fibro-cartilagine intermedia alle cervicali ossificate formandosi di due vertebre un solo pezzo, il corpo di ogni vertebra il doppio di quelle del- l'adulto, il forame-rachidiano delle dorsali e delle lombari ristretto. Quantunque l'ossificazione delle fibro-carlilagi- ni e la forma delle vertebre per quella nota cessione che la gelatina fa al fosfato calcare sia un fenomeno comune rei vecchi, la descrizione però d'una colonna vertebrale, che, come io stesso ho osservato , offre preparata uà pezzo , dirò così, formalo a getto , sembrami meritare "veramente l'attenzione dell' anatomico. Sarebbe deside- rabile che i medici russi onde accrescere le vedute della scheletrologia non trascurassero la dissezione del vecchio Scita che spesso tenta di sfidare due secoli. Venendo allo stato delle caitilagiai nel neonato cer- i MECCANICHE 53 ca egli con parecchie osservazioni di sfabilire fra le tem- poranee e le permanenti un limite fondato non nell'an- ticipata conoscenza, ma bensì seguendo il Bichat nella loro differente organizzazione; e cadendogli il destro di entrare nella disputa se esistano vasi sanguigni nelle car- tilagini con valevoli ragioni dichiarasi iu favore dell'af- fermazione. Erano di già pubblicati tre volumi dell'opera, quando il traduttore conobbe la quinta edizione francese; e volen- do mettere la sua traduzione a livello delle addizioni che in quella si trovano , le pose traducendole in fine del terzo volume che per alcune circostanze fu l'ultimo ad uscire, in modo che la traduzione annunciala e con- forme alla quinta edizione francese. Già il Silvestri coltivava con ardore le scienze della natura, già correa a gran passi verso la perfezione, già la patria godea di possedere un giovane che in età an- cor verde meritava il titolo di maestro , quando nella primavera della vita pagò il tributo de' mortali. Egli sì fu colui che senza altri imitare tentava de' sa- gaci sperimenti sugli animali vivi, e delle diligenti os- servazioni chimico-animali nelle sue lezioni privale -di fisiologia; (i) ed egli fu pur colui che arricchì la scien- za d' un novello lavoro che andrà non guari a pub- blicarsi, V Embriologia^ ossia la descrizione degli orga- ni tutti, che si sono sviluppati nell' embrione; lavora che sarà ricevuto con applauso dal pubblico, e di mille glorie colmerà dell' autore la memoria. Niccolo' Castellana, (0 Nel voi. 7 di questo Giornale alla pag. i85 Un, i5 oyc sta di JUaiofìa leggasi di fisiologia. 5/t LETTERATURA Intorno Variicolo del Noel sulle abbreviature usate dagli antichi nello scrivere. Jissendomi venuto in mano il primo fascicolo elei Di- zionario storico, e mitologico di tutti i popoli del mon- un defunto. Chi desideri altri esempi, ne troverà nello antiche lapidi, e potrà consultare l'opera di Magnone, il quale ne fece una raccolta ne' tempi di Carlo Magno. Non sono da pretermettersi in questa disamina talu- ne particolarità de' punti, e delle linee, le quali avevano luogo non solo nelle abbreviature delle lettere servendo loro di appoggio , come sopra abbiam fatto osservare, ma eziandio si aQìgevano a certe linee destinate ad espri- mere parole intiere , in fatti per dire scn'piura si deli- neava questa linea serpeggiante ^ simile ad un S. ori- zontalmenle posta con un punto sotto; per aggiungervi est si segnava la stessa linea con due punti co La-B-J così lineata dinotava bustum: la-S-; con le stesse linee significava scriba. Tale era poi la efficacia della collocazione, e del nu- mero de' punii sudelti, che, giusta lakiiie posizioni, face- vano cangiar significato agli stessi segni, o lettere che fossero; abbiamo di ciò non pochi esempì, eccone alcu- ni: queste due lettere AC. con un punto significavano actio^ quando si dividevano con due punti A. C. espri- mevano a consule: se si voleva dire a consulibus suae legaiionis si scrivevano le sole iniziali punteggiate A. C. S. L. y^^f/o/jiàutj^ si abbreviava AD P. Le slesse let- tere divise in questa forma AD. P. dicevano ad pedes^ separate ognuna da un punto A. D. P. significavano j4nte diem prìdie. A M N. con un sol punto in fine indicavano amantissimus ^ con due punti A M. N. ami' cus noster. L'abbreviatura AL significava anima , eoa due punti A. L a Judice. Se havvi chi desideri altri esempì, può trovarli nelle dotte osservazioni di Cujacio, nelle ricerche di Aldo Manuzio, e nell'epistola di Giu- sto Lipsio cementala da Meisnero. Mi resta finalmente a parlare dell'ultima cagione, per cui si rende intricata la lezione delle antiche scritture, 62 tETTERATURA. e diclilarare che cosa erauo le sigle; e con questa ri- cerca avremo agio di prestare un filo di più nei labe - rinto dell' antica chirografla. Si genera oscurità nel testo delle pergamene, dei co- dici, dei diplomi ec. o pel troncare, o pel raddoppia- re le ultime lettere delle parole; locchè confonde , al primo colpo d'occhio, anche i più versati; ed alle volte per la mancanza , o la raddoppiazione di una sola let- tera si fa oscuro un discorso. Verifichiamolo con qual- che esempio. Feslo nella parola aboloes, e nelle parole Jorum, ed aulas, ed Isidoro lib. i. cap. 26 de orig. in fine asse- riscono, ehe gli antichi invece di scrivere le lettere dop- pie, come si fa oggi, scrivevano una sola lettera gran- de, ma vi apponevano sopra un segno detto in Ialino sìglum^ o siciUcum^ con cui veniva avvertito il lettore, che si doveva leggendo raddoppiare la lettera. Ignorando i copisti ed i librai della prima età della stampa il va- lore di questo segno, commisero sconcissimi errori. Tro- viamo vestigli di questa ignoranza fino nelle Pandette fiorentine, ove nella legge Ubroruni 5i §. ult. ff, de legai. 3. sta scritto dactaliotìiecaM eani^ quando dove- va scriversi dactaliothecam meam. Sarebbe ancora da correggersi la lezione della legge Inter mortis 38 fF. de morlis causa donat. In essa Marcello scrisse ce mortis causa donatur, quod praesens preesenti dat, a morlis causa capi intelligitur; e Radulfo Fornerio suggerisce fondatametite doversi correggere, a^ mortis causa capi intelligitur. Da questa ignoranza delle sigle derivò che talune parole della legge in testamenti 27 fF. de condii, et demonstr. si sia stampata con varie lezioni in diversi esemplari, in alcuni sta scritto tametsi in scriptura non tuin essety in altri ita non esset, quando si dovrebbe scrivere c< non iiotum essel» perchè negli antichi codici si trova scrit- to NoNotum esset » nella lettera I. più facilmente omet- tevano gli antichi la ripetizione, senza quesla avverten- za si confonderebbe di leggieri il senso della scrittura. ED ARTI LIBERALI (JJ Nella legge in fesfament. 5i ff. de manumiss. teslam SI legge peiii invece di petiit, nella legge species i5 ff de aur: et argent. legato » eius est e scritto invece di ei jiis est, nella legge 34 ff. de servii. uiL. invece di adiici SI legge adici: sulla traccia di questi esempi io aderisco alla opinione di Fornerio, il quale opina doversi eggere in luogo di receptis arbìtris » receptis arbitriis- Jocche meglio si conférma per la legge Poinponius ff de recepì, ove si dice qui arbitrium recepenmt. Quanto abbiamo osservato circa la necessità di sup- plire alcune lettere che mancano, può notarsi circa la necessita contraria di sottrarue alcune superllue- fl-if'Ii^^^ 'e? ''"°'^ ^ ^"'' '^ ^^'^- "^"' auxilium U. ad 5. C. ijilan. sta scritto «quia « in iuo-o di qui. Cosi pure si trovano sovraposle le lettere AR. nella pa- rola Cellamim della legge quaesilum 12 § 2 ff.i* de fun. Inslr: nella quale si legge cellerarliun. Nella leg- ge annua 20 § Attia 1. fl'.is de ann. Leg. si deve lo- glicre la congiunzione et; poiché in essa sta scritto « di- milterct : et si eas; quando dovrebbe legf^ersi dimit- leiet: si eas; poiché quella congiunzione non è che un'i- nutile ripetizione delle due ultime lettere della paiola dimitieret^ la quale guasta, e disordina il senso della legge. Queste raddoppia zioni , o sottrazioni che troviamo nelle lettere si scorgono anche nelle sillabe e fino nel- le parole intiere. ^'^'' ^' .^o?Ì" ^^ '^'P"'- ^^'•^- leggiamo ..sernis commums ipSE , sibi siipulari non potesi-, quando dovrebbe scriversi ipse se sibi. Nella L. Sed addes iq S SI inquihnus 5. ff. Locat. si scrisse arcJM emtani, invece di arcani Cameratam, o arciiatam: così pure nella L. i ff.- de milit. lesl«. >. faciani^.^X^ scritto y:>Jgitur testamenta quomodo volent in luoeo di quo- quomodo ^olent. Nella legge fructus ff.i* solufo mattini, dovrebbe supplirsi un est per rischiarare il senso « mar^ mor quod ccesurio ncque exportatum est, maritl.Sa- rebbc pm aperto il senso se si scrivesse neque exporta- 64 LETTEftATtRA. tumest, est maHtì.Vn rischiaramento ancora è necessario nella L: sedet si possessori ii. §. ult. deJurerau. nella quale si scrisse w Juque caepisses peterEJMe', in essa si dovrebbe leggere w tu que caepisses petere eam a me. Ugualmente come sono necessarie queste illustrazio- ni supplendo delle sillabe, e delle parole intiere, così bisogna sovente castrare delle sillabe, e radere delle pa- role, perchè inutilmente raddoppiate. Come è agevole il ravvisare nella lezione della legge Solet 16 ff.'* de Jurisd: nella quale uopo è cancellare la particella nam^ perchè è una replica della desinenza della parola pre- cedente. In essa si legge w Jurisdictioneni vel omneni posse mandarì vel speciem unam^ nam et is cui man- data jurisdictio etc. in questo passo si deve togliere il nam^ come più correttamente fìi scritto nelle Piindelte fiorentine, così pure è da cancellarsi la parola ad edi- cium della L. 3 in princ, fi".'* Quod quisque jur: ugual- mente che la parola nisi della L. post contractum i5. de donat. Io potrei addurre infiniti altri esemjii di questi errori, che viziano le lezioni delle lepgi, alcuni de' qua- li sono originali dall' invecchiala maniera di scrivere degli antichi, ed altri dalla tiascuraj^gine, ed ignoran- za dei copisti, e de' librai. In tutti e due questi casi fa bisogno valersi dello aiuto, e delle cognizioni del- l'ortografia legale, ed archeologica, onde fare quelle cor- rezioni , che occorrono per la retta spiegazione del testo delle leggi, e per arrecarle quella chiarezza della quale sovente sono mancanti: locchè è un'oggetto, che deve non poco interessare i giuristi e gli archeologi, altesocchè non solo nelle leggi, ma nei diplomi, e fino nelle lapidi tali scorrezioni s' incontrano. Avrei potuto estendermi ancor più , e forse vi sarà chi avrebbe voluto una maggior copia di esempi per l'utilità che se ne potrebbe ottenere; ma già si eradi troppo allungato questo lavoro, e doveva io quindi te- mere, che il travalicare i limili di un foglio avrebbe po- lulo generare fastidio, e sazietà: per altro io non ini- ED ARTI IIBERALI g^ presi a dejtare un'opera di ricorso, ma di supplirele omissioni di un articolo di un dizionario. Ad o/ni mo 43o quei che amerà aver piena cognizione delle male- ne da me indicate potrà consultare oltre le opere da ine citate, i libri classici del Mabilion, ed il dizionario diplomatico del Walter. Giuseppe Torturi ci. Velia Gerarchia degli esseri inteWgenU — Cantica del marchese Tommaso Gargallo, (Fedi tomo vili. pag. 106.) ^ IDDIO CANTO IV. tJuE' che non nacque, e mai non fia che mora. Onde tutto, ove tutto emana, e riede, guanto soggiace alla volubil ora, ou trono eterno immobilmente siede- Che immutabil non teme, e non desia, i^ nulla in lui si cangia, o si succede, il solo Lgh e che per se stesso stia; il sol che tutto in sé comprenda; il solo iJi CUI dir non si può che fu che fia. ùciolse su r Universo al tempo il volo, Uie le vite degli esseri misura Col successivo rotear del Polo. ■Al moto comandò : tu sii misura l^el tempo: eterno, e di me stesso pago io vivo; il tempo assegno alla natura, iempo con metro stabilmente vago in tuo corso volgendoti; d'immola _t.ternitd su tu mobile immago. xf ; ^ j. ^^^ So'' intorno immensa ruota > olge di s|)cre, e inforno al nostro questa. Che quasi in tanto cielo ultima rota. 5 66 LETTERATURA Qui l'uom: ma il suo pensier, cui nulla arresta, Ad indagar l'omiifico Archilelto, , , Sprezza l'ingombro de la fragil vesta. Chi '1 conlempla nel ciel, chi nell'insello; Chi ne le parli del corporeo slame, Chi nel vigor del vivido intelletto; E ovunque spinga l'orgoglioso esame,. Mano invilla il respigne, allor che fàssi L'intero a lacerar denso velame. Lor meta han tutte le ordinate classi Nel conoscer di Dio: tentasi invano Il termine varcar; più in la non vassi.* E chi l'osò, fu per l'immenso vano Spinto a vagar di fantasia, che' campi , Fascia del breve intendimento umano. Ben lice a l'uomo vagheggiar negli ampi Cieli l'animatrice universal luce, Di cui son gli astri e ì Sol scintille e lampi; Ma come eterna per se slessa luce; Come immobile il lutto agita, e move; Come esausta non mai, sempre produce; S'è' spiegar tenti ecco di mille nuove Popolarsi l'Empir favole, e mostri; Su l'ara ecco sedersi or Bran)a, or Giove. Conlento l'uom che sua ragion gli mostri Ne la mobil degli esseri vicenda L'Esser uno eh' è lutto, a lui si prostri; Ma che fasciato d'insolubil benda. Cui radi forellin dan trasparenza, Vederlo intero in suo splendor pretenda, Egli dia nome, e dicane l'essenza, E adattandogli unjan senso, e linguaggio, De le chimere sue faccia scienza; Oh folle allor, quanl'ei si tien più saggio, Se la densa tenèbra, onde siam cinti Divo non rompa sfplgoranle raggio! Per questo raggio a noi acl limo avvinti, ED Antl MBERAtf "Gf Che discorriamo con tarpate piume) {> Desto pianeta i ciechi laberinti^ iri Tal giugne, qual si adatti al tenue acume ti ■ Di nostra mente, e come ad occhio infermo ',ì^ Giugner si fa per fosco vetro lume. Così a stupide orecchie arcano sermo ^ Mosè dettando; agli alti sensi arcani :\> Di simbolico stil fea siepe, e schermo. .a Ahi ! che pur troppo non veggiam che' bratù De la macchina immensa che incatena Il nostro a' più rimoti astri lontani. Serpeggiar noi veggiam la gran catena Ch'or che scopre un anel, mille ne asconde) E a lunghi tratti altri ne addita appena. Da l'alpe ne' gran vortici de l'onde, E da l'ultimo ciel de l'ima terra S'interna nelle viscere profonde. Tutto avvince, compon, circonda, inserra» E ordinata armonia libra e confonde Le tante forze avverse in tanta guerra. Or quandofla che la caligin densa Sgombrando al fin, lucida a noi si scopra De l'artefice in sen l'opera immensa, Com'or scopriam l'Artefice ne l'opra! Prose e versi in memoria di Luisa Granito Con.' tessa di Camaldoli • — Napoli dalla tipograjìa del Porcelli t833. un voi. in S.'^di pag, i5a e i5. Al vedere una giovine donna , distinta per natali e Modestia di costumi , che in mezzo ai perturbamenti «vili di un popolo, affronta gravi perigli, onde sottrair- re dalla furia delle parti una cittadina egregia , cut sacro legame di amicizia la stringeva; e salvar dalla scu- re di miserandi tempi un pastore venerando per età e per virtù, e eh' era del suo cuore e del suo «pirito 63 LETTERATURA divenuto il sorreltore ed il consiglierp, non possiamo non congratularci col suolo natio, che, produce ancora SÌ belle piante; ed innalzare per essa dà! nostri cpori in- ni di laude, consegnandone ai posteri l?jll,ibata. f^tjia* Luisa Granilo dei marchesi di Castellabale, che poi vedemmo congiunta in raalrinionio a Francesco Ricciar»' di Conte di Camaldoli , uomo di grandissimo senno , mirabile per dottrina ed altezza di sentire, e per civi- le prudenza a ninno secondo, è la donna che di:tan\ ta virtù crasi armala il petto, e che nelle pagine del- l'annunziato volume si deplora.!*"/;. ' i. . I titoli più sacri che la femmina puole avere in so- cietà, e per cui può riscuotere l'estimazione de' presenti e la ricordanza de' futuri , son quelli di figlia di sorella di amica di sposa di madre. Quando si adempie ai do- veri, che a questi nomi son congiunti, la donna , na- ta per vivificare la natura, ed aspergere di. dolcezze le miserie dell'umana vita, diviene l'essere il più caro ed il più sublime di questo mondo. Luisa Gi;anito adesm- pi miriibilmente ai doveri, cui fortuna la chiamò. Ella fu figlia dolce e benevola, sorella modesta ed atletluo- sa, amica sicura e candida, sposa inletnerala , madre tenerissima. Il suo petto accolse tutte le domestiche vir- tù; diguisachè ninno fu mai che, a lei ricorrendo, non trovasse in lei consiglio ed aiuto, Raffaele Liberatore, scrittore a dovìzia fornito d'in- gegno e di dottrina, ritrasse nel bellissimo elogio, pre- messo airan:fidetto libro, tutti i pregi di quesla rara nia- trona^ In quelle pagine troviamo un nitore di favella, ed una purezza di pensieri che ben si addicono al no- bile subbietto, cui son consacrate. E s*egU è vero, eo- m* io credo che sia , che negli elogi tu devi rinvenire tale unzione che ti fa innamorare delle virtù deirestin- to , e piangerne la perdita , agognando di meritare il pubblico lamento, ch'ei meritò, dirai che il nostro va» lente ai) lo re colse appieno la meta, che si prelìsse. Ini* ^rciwchè nel suo elogio vedi schieiali con grandis- ED ARTI LIBERALI 6g sima Verità tulli i pregi che distinsero l' egregia don- na perduta^ è ti senti con irresistibile forza invitalo a versar lagrime e fiori sulla sua tomba. E se alcuno pej^ avventura dicesse che l'autore si sia talvolta a trop- pe minutezze abbandoiiato, io non vorrei disdirlo, ma gli farei riflettere, che nei tempi attuali, in cui si di- spregiano le virtù domestiche, e pili vivaci e leggiadre,, vituperio nostrol , stimausi quelle donne che più di- mentiche sono di se medesime-, ne* tempi di scurrile licenza, dolci ne tornano al cuore gli esempi virtuosi di una nobile donna , che fu moglie e madre degna della riverenza dei posteri. Nò all'autore fugi^ì il rim- provero che mi è piaciuto qui di notare; poiché discen- dendo egli a ragionar delle familiari faccende , a cui attendeva pure l'estinta, e che mostrano ili senno e il giudicio, di che fu adorna, tutto ad un tratto ctìsl ri- prese a favellare: misere particolarità cert&«igU stra^ nì^ che queste carte leggeranno ; ■ imporiantissime e desiderabili a chi consideri che di una < madre di 'fami- glia io descrivo gli andari. ■ ì)u\ ■ '\ ■.■■'•■ Gli. elogi debbono ritrarre: i- vei^i iliaca menti. Tiiorali di chi' ad elo(giare s'imprende. E sommo pregio'di tal sorla di lavori è, a parer mio^r quello ^che riunisce tut- te le operazioni della vita, ed a guisa di raggi le con- giunge in un punto, onde migliore e. più completo ne riesca il ritratto. ; ! ,1 .,(■:? i . .' ISoa vi è stato popolo che non abbia avuto elogi di un genere tutto suo , e a seconda della fisonomia del proprio secolo. I barbari avean quelli che dipin- gevan 1' entusiasmo guerriero , che più alla feròcia si accostava: abbiam: veduto che: gli Egizi , i qualiiuron gente di misteri e di religiose costumanze, li fecero ser- vire alla morale: i Greci che furon sapienti e liberi alla filosofia e alla politica: i Romani, che li consacrarono, sotto la repubblica, alla virtù che dalla libertà e dalla patria dij)endeva, li destinalo sotto i Cesari all'adula- zione, della tirannide e de' tiranni, che 1' umanai'Vfltà giunse a divinizzare. lyO LETTERATUAA. Nei tempi di mezzo cadendo nel fango le gentili discH pline , e rompendosi gli uomini ne' barbarici coslumi "venne novellamente lodata la ferocia guerriera: quindi sorgendo mano mano fra popoli lo spirito della cav^d- leria , e cominciandosi a riguardare con alta ammira- zione tutte le pazze costumanze di quella , si credette che l'ottimo della umana natura fra loro si agirasse: dal che avvenne che negli elogi si prese poscia ad inceu- sare, per sistema, una virtù stolta e mentita. Gli scrittori del secolo decimo sesto, che si videro pos- sessori dell'antica sapienza, volendo far rivivere la lingua di Tullio si diedero a scrivere elogi in latino, ove ad altro non intesero che a far pompa di un' eloquenza fredda e mendicata, a cui sacrificavano i pensieri e gli àflètli... La Francia diede nel secolo di Luigi XIV un modello di elogi magnifici. Ma siccome in quell'epoca tutto in essa era splendido e grandeggiava; così questi risentivano della magnificenza del secolo, e si levarono a dipingere la virtù in alti seggi collocata, e cinta dalla maestà della fortuna. Nel secolo XVIII, che fu secolo di filosofia e di letteratura, si videro e in Francia e in Italia elogi di sapienti e di letterati uomini, delle opere dei quali ra- gionavasi , sviluppandosene i principi , e discutendosi sulle loro dottrine in guisa che si venivano formando dei discorsi intorno alle facoltà professat^éi dagli estinti the si lodavano. ! ■ ' Per le quali cose crediamo, che manchi tuttavìa aK l'Italia, non che alla Francia e alllnghillena, quel ge^ nere di elogi, che ritrae modeste virtù, dipingendo gli uomini intenti a quelle dimesliche cure, che li rendono venerabili all'occhio dei saggi, e cari e rispellati in so- cietà. Forse la mezzana foituna dei modesti uomini Jion ha sveglialo la mente degli scritlori: forse l'alleri- gia di questi non gli ha inchinali a ritrarre virtù fa- miliari e cittadinesche. E pure ci è di avviso, j)erchè Umorale utilità rechino a' iio.stri tempi gli elogi, che le ED AUTI LIBERALr fUi. nazioni, e particolarmente l'ilaliana, ne abbian eli quelli per cui moviamo lamento. Imperciocché non si può essere buon cilladiuo , se non si è prima buon figlio , e fratello marito padre amico laudabile: essendo certo che non può amare la patria, e non può fare per essa generosi sacrifizi colui che calca i doveri santissimi della natura: ne i popoli polransi mai formare alle virtù ma- schie, senza che pria si sieno formati gli uomini alle virtù domestiche. Quindi a noi pare che abbiam d'uo- po di elogi, che ritraggano coleste virtù, e le insinuino nei petti, e le presentino sotto tali forme, che tutti co- noscano potersi per esse acquistare riverenza e gloria. Ecco dunque il genere di elo^^i, di che siam privi, e a cui dovrebbero attendere gl'italiani. Qui pertanto non possiamo non ricordare il robusto senno di Pietro Gior- dani, il quale conoscendo appieno il biso^^no, di che ab- i»iam levato querela, schiusa e additò il sentiero di cotal sorta di elogi; e sebbene non abbia egli corso per intero questo nobilissimo aringo, tuttavia ne ha dato esempi si luminosi, che per bene degli uomini e della patria è mestieri che non si lascin soli , ma si faccia di lutto per seguirli e raggiungerli. ■ Quindi ci congratuliamo Con noi slessi che l'egregio RalFaele Liberatore nel bello elogio , che a considerare imprendemmo, abbia avuto in mira questo concetto, che vorremmo più diffuso e più comune, e che noi da lungo tempo andava m ravvolgendo nel pensiero. Il libro, ch'è subbietto al nostro dire , oltre delle poesie , di cui saremo fier favellare , contiene altresì un'orazione funebre del Marchese Basilio Puoli, capo m Napoli di una scuola di bellissijno italiano stile, da lui fon- data coi precetti e cogli esempi propri. Nulla manca alla scrittura di questo valentissimo prosatore. Egli eoo ra-^ pida e maestra mano traccia le virtù dell'estinta m^ Irona, ed altamente muove gli aflctti nostri: tutto è oro 3u quella funebre orazione, che pienamente rispoti 1 fine del suo titolo; ed ogni cosa ù in essa palese i' ^a lETTERATUnA e maturo ingegno di colui che la dettò. Bastano queste |)oche parole, cred'io, perchè la dovuta laude sia tribu- tata all'opera del Puoli, ed onorati rimangano nei nostri Tolumi il senno e la dottrina di lui. Numerosi erano gli amici e gli ammiratori dell'e- stinta Luisa : i più riputati ingegni d'Italia non solo,- ma d'oltremonti, che venivano a godere delie felici aure napolitane, givan tutti ad inchinare l'illustre Conte di Ca- maldoli, che in ozio bealo, a mezzo la sua virtuosa Simiglia, con Platone e Tullio scorreva gli onorali gior- ui. Luisa, che fu, per sei lustri e mezzo, amata con- sorte di si solenne uomo, veniva anch' ella, per gli alti pregi che il santo suo petlo rinserrava, riverita ed ono- rala. Quindi universale fu il duolo per la morie di lei; ed una splendida schiera di valenti italiani, che da presso all'insigne Ricciardi l'avevano ammirala, oggi, con bellissimo esempio, insieme si congiungono, e ia dolenti rime ne proclamano le virtù, e ne piangono la perdita. Una iscrizione latina del Ciampilli, che ci ricorda l'attica venustà del Morcelli, siegue l'elogio del Libe- ratore: vengon poi cinrjue iscrizioni italiane, quattro del mentovato Puoli, ed una del Missirini, tulle sem- plici e modeste, come la beata anima cui son dedi- cate. Siegue appresso un carme latino del Gargallo , •volto in terza rima dal Ricci. Al che si aggiunge un sonetto d^ Irene Ricciardi^ colta ed amabile donzella, e della defunta matrona figliuola dolcissima. Ella pian- ge la perdita della madre in sì care note, che tutta ti ricordano la venustà petrarchesca: £' spento il lume che guidò mia Tita, Anzi fé' dolce il doloroso calle. Or che farommi incerta e sbigottita In questa oscura insidiosa valle? Al ciel mi volgo, al ciel che a se m'invita, Ed al mondo anzi tempo io do le spalle: Così nel mio dolor mi sto romita, Qual tortore gemente a la convalle. ED ARTI LIBEnALI 73 Giuseppe Ricciardi^ altro figlio di Luisa, scrisse pu- te da Ginevra, ove allora si slava, la sua canzone di duolo. Questo chiarissimo giovane, di alti spiriti e di robusto ingegno, è delie Muse esimio sacerdote. Egli ama le lettere con amore immenso, ed egregiamente le col- tiva. Ogni parola di laude, che più bella suoni, si con- viene al suo valore; ond'io gliela tributo intera, e eoa quell'alfelto che per me si puote maggiore. Egli spande lagrime e fiori sulla materna tomba , e nella cennat^ canzone, piena di forza e di nobili pensieri, j^il^i^.y^? desi trasfusa la bell'anitna sua. .,m 1 m, |*, Si volge alla madre, e così dice: Tra gli affetti che il tuo nobile. spirto Signoreggiavan, duo ;.^ 0 ,-r?M Sedeano in cima d'ogni pensier tuo La bella carilate . 9 ,,..;,i JDella santa e gentile» itala terra n..'! oì E il disio di veder rinnovellale Sue virtù prische; ma perchè volgea Un' età vile e rea Che sovente i bei fatti chiamò pravi, Non tutta a me la tua mente. svela vi,., Magnanima è poi l'idea del giuramento, eh' ei porge a nome della, estinta madre, di consecrare ogni parola ed ogni opera sua al bene e alla gloria del natio ter- reno: E m'odi, oh patria! Pél suo cener santo Giuro, (e il giuro non fia Vano) ch'ogni opra, ogni parola mia, All'util tuo fien volte, E se, lei via, tutte ebbi in amarla Le potenze dell'anima raccolte. Or ch'empia morie il suo bel velo sciolse, E il ciel la si ritolse, Tutte del natio loco all'amor sacro. Le potenze dell'anima consacro. Canzon, figlia del duolo, >f^ LETTERATURA -U'{ ;• Vanne al dolce terreno ^^ Che copre 1' un de' miei cari parenti. Ed allo infra le genti Parla del nobil giuro Ch'io feci a nome di colei ch'io piango, E di' che nella mia doglia infinita j'" ' '• ft'f Sol per esso nmn grave emmi la vita. "Or se volessi favellare di tutù i componimenti rac- colti in questo aureo volume, e dettati in onore della donna cheabbiam pianta, lunga fatica mi addosserei: quin- di mi limiterò a dir novellamente, che valentissimi ingegni non che di Napoli, ma di molte allre italiche provincie scrissero spontanei a quest'uopo. Divina cosa, fra mortali, è onorare la virtù; e grandi sono i beni che agli uo- mini da questa santa azione scaturiscono. Perlochè altamente io lodo e il Baldacchini , e la Giiacci , e il Borghi, e il Tarantini, e il Cicognara, e il Pepoli, e il Ricci, e il Gasano, e il Campagna, e Francesco Puoli, e il Dalbono, e il Montrone, e il' Lampredi, e il Muz- zarelli, e il Resini, e l'Antinori, e il Mezzanotte, e il Selvaggi, i quali tutti'' ili m'etri diversi, e con modi gen- tili , e pensieri 'jjìù' tì'imeno' solerli offrirono incensi a Luisa Ricciardiv ' ' ■ ■ ' ' ' F^RDlNAÌfDO MaLVICA. Sunto dei discorsi letti ali accademia ., dei Zelatiti di Aci Reale. ; Tornata ordinària dei r^ marzo i8Z 3. Il Socio attivo suddiacono Mariano Leonardi nella sua lezione dì turno ha ragionato sulla utilità dello studio della storia. m\ nostro giovin collega in cinque parliscó il suo ra- gionare: precesse queste cinque parti da modestissimo esordio, seguito' da utile e breve chiusa. Dapprima con ar}?omentazioni e leslimóni chiarisce esser .1. istoria in- cilameiilo a virtù ne porgendo T esempio delle azioui ED ARTI ITBERALI ^5 eroìclie da imitare, delle turpi a fuggire. In secondo mostra impararsi per essa previdenza e accorgimento negli affari di vita; e ciò dispiega con la ragione ed i falli, la terzo, e qur si eleva avvicinandosi alla raae- slosa gi'andezza del subbiello, nota farci la storia cono" scere il progredimento dello spirilo umano della società, della sapienza in tutte le sue vastissime ramificazioni, on« d'è l'uoui giunto a dominar gli elementi, se stesso in domi^ to più delle tempeste e delle belve, provando con i prodigi della sua mente lo animare l'incorruttibile aura spiriitagti dal soffio vivifico del primo mobile. In fjdaHo assevera essere la storia 1' unico sostegno sopra cui ^ religione si appoggia. Per quinto in fine tocca brevemente dell'u- tile che ne mercano tutte le persone in particolare qua- lunque siansi le vie che nella terra percorrano: così con- chiude ripetendo l'elogio, che Tullio, e Diodoro fanno della storia, quegli maestro di vita , luce di verità^ e questi metropoli della filosofia la chianjando. In seguilo il socio attivo Lionardo Vigo illustro una scoperta pittorica di Emmanuele Grasso Naso , che ha per oggetto poter dipingere a fresco 'Sopra tavola , o tela. Sono cento anni, egli disse, da che, reduce da Ro- ma, Paolo Vasta innalzò altissima colla sua scuola la rinomanza di Aci Reale; caduto lui si estlnse qui ogni semente dell'arte, che non la città era colta e avea i talenti del Vasta secondato, ma egli solo avea quel me- ligio, che con lui si estinse, prodotto. Dopo un secolo il nome di questa terra in pittura è risvegliato dall'in- venzione del Grasso. Egli nacque da quel Giuseppe, che discepolo di Paolo Vasta , fu abile in rabescare , ornare ed anco nel figurare, e segnando le vestigie pa- terne si è tutto dedito a' pennelli, ed ha in questi stu- di avuto il bene di scoprire un processo con cui si può affrescar sopra tela. Oltre alla novità il suo ritrovato La molto merito nel lusso dell'arte, e n'offerse un saggio all'intera accademia per meritarne un certificato. Egli Ila cosi recato giovamento agli adolescenti che senza 7^ LETTERATURA. inchiesta |)plranno esercitarsi nel fresco, ha follo il bi- sogno e il, dispendio di alzarci ponti, e il pericolo del salirvi; ha dato agio a' nialsuiii di pitturare in propria C9sà; uè solo quando le infermità loro il vietano, ma ancora (Juando si dee dipingere il luogo malagevole, o di cattiva 0 poca luce; così potrà l'artefice afìrescare a suo comodo senza commissioni, e vendere i quadri quan- do verrà la ricerca, e vedransi così arricchito le galle- rie di tele a fresco con ammirazione comune, perchè del tutto insolite ; ha dato agio a distendere tutta in una fiata I l'arricciatura dei freschi, togliendo lo sconcio ;Che nascequalche volta dal non potersi bene esattamente adunare l'intonaco di oggi con quello della dimane; COSI fatte tele si possono in caso di demolizione degli edifici trasportare , e ne' trerauoti , se non rovinano afiàtto le iìibbriche e le stritolano salvarsi e non perir ntlJtì riparazioni. In oltre egli ha sostituito alla sabbia di torrente non riperibile ovunque di buona qualità, un ,C;emcQlo succedaneo ottimo in tutto il globo, come as- severa. Conchiude l'oratore annunciando un altra inven- zione del sig. G;iovanbattisla Pennini, per levare in latti facilmente i fieschi senza leder le fabbriche: l'utilità ne auuunzia e dimostra. . Tornata ordinaria degli it aprile iSò3. Il socio attivo Cristoforo Cosentino ha letto la sua lezione di turno sopra le.nialattie lagrimali. o',,I)opó modestissimo esordio si è fatto ad esporre le jflalallie, che guastano la gianduia lagrimale, punti con- ^h^tli, spicco, e canal nasale come l'epifora, lo scelloma, ^V ecroj)io , la bufiahnja o oftalmia ec. Per il caso di .0.1 tura mento di punii lagrimali, esposto prima il male, xli,moslia il difetto del metodo pi:o|)oslo da Alessandro Ikionrò,. 5. Segue a questa prima la seconda parte veramente aurea, ove sono investigazioni acute e utili di fatto tutte quante. A nostro sentire non è piiì questa stagione di andar dietro alle nominali ricerche dei sofisti, ma bensìi alle palpabili cose di yerace aoimaes tramenio e gloria eo- ED ARTI LIBERALI S3 iìiutiet però Sicilia si avendo per lo vernacolo preziosi poe* ti e tali da primeggiare fra gli erolici di tutte le nazioni di tutte le età; e lirici, e morali, e un'epica non immerite- vole di riverenza, e qualche prosatore, e due vocabolail, ]'ultimo dei quali pregevolissimoj e venendo per la ec- cellenza dei poeti, e il rispetto deirantica nominanza studiata questa favella, con cui Tunico Meli inforsava la fama di Anacreonte e Teocrito, senza sciupare il Cem- po a battagliare del nome, che le si affa viemeglio : è sano intendimento soccorrere alla povertà di lei, diedi una grammatica abbisogna, e così meritare dalla patria e dagli stranieri; i quali per dilettazione o necessità vor- rebbero appararla, Saggissimo consiglio pertanto è stato quello del socio Grassi Cambino, lo riempir questa la- cuna. Ne quella della comune favella può scusarne il dilètto, avvegnaché la sicula è nel numero delle lettere dello alfabeto, nell'ortografia, nell'indole delle parole, nelle cotijugazioiii, nelle declinazioni, ne' segnacasi, nei tempi, nell'uso degli ausiliari, nelle regole del regimen- to , nelle, figure grammaticali cioè nell' uso della lin- gua affatto e sostanzialmente diversa dell'italica. Cosi è, e così dimostra nellamenle il socio attivo, il quale per rendere vie maggiormente proficuo il suo lavoro promet- te donarne una grammatica sicula-ilalica-latina per uso dei letterati , della mercatura , delle scuote. Chiude il suo ragionare con varie osservazioni, tendenti a pro- vare r uso e il vantaggio della grammatica siciliana» tra cui ve ne hanno bellissime dirette ai maestri di scuc- ia, per l'uso dei libri siciliani e italiani nei primordi dell'educazione letteraria, e per le basse classi della so- cietà, cui e negato l'apprendimrnlo della lingua illustre, cui vuole l'oratore almeno s'insegni bene quella, che dalla nutrice apprese, onde così non iscrivere in quel garbo, che usano diuturnamente, il quale notte né 5/- culo né latino^ né galla o fiorentina ^ né arabo né acotto, né degli altri discesi da Nembrotfo. LiotìARDo Vmo» §4 LETTERATURA AVVERTENZA Il celebre prof. Mezzanotte , leggendo Y articolo clic venne inserito nel xxii. fascicolo delle nostre Effeme- ridi intorno i Fasti della Grecia rigenerata , eh' egli ha pubblicalo con, tanta gloria del suo nome, inviò al signor Malvica la seguente lettera, desiderando che nel- le stesse Effemeridi venisse inserita. Noi perciò secon- diamo il desiderio del sapiente scrittore perugino , onde i lettori conoscano, com' ei si difenda dalle accu- se del Siciliano; e i^uindi nella loro saviezza decidano da qual parte stia la ragione. Zattera di Antonio Mezzanotte professore dì lettere greche e dì eloquenza sublime al signor Ferdinando Malvica. A .< Ferdinando Malvica ì " ^ Antonio Mezzanotte JE incredibile il desiderio che destano di se le belle cose; ed è sommo del possederle il piacere. Sentii for- temente il primo fin d' allora the voi , incomparabile amico, dilettato dalla lettura de' miei Fasti della Gre- cia, mi faceste spontanea promessa di un articolo su tale 0|}era da inserirsi nelle applaudite vostre Sicilia- ne Efi'emeridi: provai, e provo tutloja dolcemente il secondo, dopo essermi giunto 1' articolo dottissimo, da cui tutta traluce un'anima generosa. Analizzando i miei Fa?,ti Ellenici, voi vi mostrate ad un tempo uomo di genio, e di gusto correttissimo; cosicché parmi che del mio lavoro, giudicato da voi, sia stato il giudice Lon- gino, o Quintiliano: tanta, è la purità delle vostre dot- trine in letteratura , la squisitezza del sentimento , la rettitudine del giudizio, la peregrina erudizione, la som- ma cortesia, sì nelle molte lodi di chej^mi onorate, sa ED Ann LIBEnALt 85 nell'urbanissima critica di alcuni clifelli,suggerilavi dall'a- more dell'arte. Ve ne ringrazio con animo penetrato dalla più viva gratitudine: e siccome il vostro articolo, clie può dirsi un pieno trattato di lirica poesia, m'interes- sa altamente , così gradite che con voi mi trattenga parlando degli ameni ed utili studi, che formano la de- lizia e la consolazione del viver nostro. La Grecia, riposta dal proprio valore nel rango del- le Nazioni, dopo tanti secoli di obbrobriosa schiavitù, ed esempio al Mondo di un eroismo ap])ena dai po- steri credibile, è soggetto così sublime , che voi non potevate non rimanerne scosso ed infiammato. Quindi è che veramente maravigliosa è l'animala esposizione da voi fatta dei temi da me trattati nelle venliquat- Iro liriche poesie degli Ellenici Fasti: cosicché dalla prima, di cui è argomento la morte del patriarca Gre- gorio, che preparò col proprio sangue la prodigiosa re- denzione della Patria, fino all' ultima ode alla nuova Grecia, tanto è viva ed energica la narrazione dei fatti, che i brevi quadri storici da voi delineati hanno l'im- pronta d'un genio che dipinge. Ma la parte più inte- ressante del vostro articolo si è quella che contiene la profonda disamina della Lirica in genere, e di quella in particolare degli Ebrei, e dei Greci: Voi ben co- noscete quali siano i veri Lirici , perchè sentite alta- mente il nobile fine a cui tende la poesia. Se la Li- rica degli Ebrei prendete ad esame , con tal forza e grandezza ne ragionate che ben rispondono alla subli- me natura di una poesia che dal sublimissim^o fra gli enti fu appunto ispirata. Se di David parlate , o di Geremia, non solo ci fate risovvenire l'effetto stupen- do che in noi produce la lettura dei loro poemi, ma quasi per incanto ci trasportate nei luoghi ch'essi abi- tarono, facendoci vivere in mezzo ad essi. Se de! mio Tebano analizzale l'arcana Lirica portentosa, desta ma- raviglia il vedere come sappiate stringere io poche pa- g6 LETTERATURA. iole materia così vasta e diliicile: e partili che niuno segnar sapesse meglio di voi quella linea die Orazio da Pindaro divide. Pieno della grandezza di Lirici così famosi, Voi non vedete in Anacreonte un vero Lirico nel scuso vostro, perchè privo di quel fuoco divino che infiamma ad alte cose : e tendono a buon fine le ge- nerose vostre parole ; che il Poeta di Teo è il poeta delle grazie e della voluttà , ma Voi ben dite che la poesia debb' essere utile onorando la virtù : molte Ila qui furono e sono le ghirlande di mirti e di rose con« gecrflle al i>iacere, ma scarsi sono gli allori di che la virtù si corona. Colpa è forse questa dei tempi , ma ];iù dei poeti : senza splendidi occasioni non si forma- no i sommi Lirici, ò vero ; ma che giovò all' Inghil- terra, come Voi sagacemente andate osservando, l'es» sere stala per lungo tempo teatro di grandi avvenimenti alti a svegliare le più sopite immaginazioni? Sebbene avessero motivo di canto nobilissimo, pure si tacquero gl'inglesi Lirici, perchè non reagirono all'urto di gran- di passioni , e non sentirono la dignità del sublime loro ministero. Tra le nebbie ed i ghiacci però arde languidissima la lirica fiamma , e può questo scusarli in qualche modo; ma pel beato clima d'Italia, in que- sta terra di prodigi in ogni tempo, e così feconda di geni creatori, perchè sì raro jl canto dei Lirici ad ono- lare la virtù, ed il valore? La dotta vostra disamina, egregio amico , sulla Li- l'ica, e suU'allo scopo di essa, e sugli antichi maestri di tale poesia, e sulla saggia imitazione dei medesimi, tende a preparare 1' applicazione di sì luminose teorie all' opera che djè occasione al vostro articolo ; e qui jni laccio; che assai dalle vostre parole di lode ono- rato, debbo limitarmi alla sola espressione del verace pentimento della più viva gratitudine. E poiché vole- ste pone il colmo ai vostri favori notando alcuni di- fetti (inseparabili da ogni umana opera seuìpre imper- fetta) che^ne' suddetti miei Fusti Ellenici vi sembrò ED ARTI LIBERA LT 87 rinvenire, mi tralteirò piuttosto volentieri con Voi fa- cendo intorno ad essi qualclie opportuna Osservazione^ per solo amore di quelT arte che professo , ed in cui vi mostrate giudice così dotto e cortese. Nell'ode destinata a celebrare le Greche Eroine, Voi desideiaste per mio onore che la fantasia do! poeta si fosse innalzala a maggior volo, sciogliendo un Inno più robusto e convenevole al subbietlo. Ciò si sarebbe fa- eilmente ottenuto lodando separatamente ciascuna eroi- na; questo fu sulle prime il mio pensiero, e la gran- dezza d'o£[ni tema separato ben comportava la eleva- zione dell' ode; ma parvemi che non fosse a proposito lo sciogliere un canto ad onore d'ognuna di quelle eroi- che donne, prendendo così la cosa aspetto d'un piano troppo studialo, e di minuto dettaglio; perlocchè im- rriaginai di tutte riunirle in un canto , onde la gran- dezza dell'una riverberasse sull'altra, e cosi più nobiltà, calore, ed interesse, uè prendesse l'ode, tutte schieran- dole siccome in un quadro; e persuaso da tale riflesso, stretto pure trovandomi da altri tèmi di maggiore im- portanza , scrissi queir ode cosi come il genio me la dettava, e (a dirvi il vero) con mia particolare soddi- sfazione , la quale fu poi dall' altrui gradimento non ismenlita ; e ne può essere prova il favorevole giudi- zio che l'egregio Diego Parreri Modi da Pesaro die in un suo bello articolo da lui fatto inserire nella no- stra Omologia^ prendendo appunto ad esame accuratis- simo l'ode di cui si parla. Intorno poi al perchè non abbia io sciolto un inno pel disastro di Parga sì famoso nella ellenica storia , Voi stesso mi difendete così ingegnosamente, penetran- do nello spirito dellautore, che non è mestieri che da nie si aggiungano altre parole a giusti6carmi. Solo vi farò considerare che l'infelice catastrofe degl'immortali Parghiolti è di un' epoca anteriore a quella da cui co- minciano le prove di valore che sono argomento degli Ellenici miei Fasti; anche per questa ragione principal- 88 LETTERATURA mente mi tacqui di Parga, che non potea senza sfor- zo entrare nella serie dei fatti da me cantati: non la- sciai però di cogliere opportuna occasione di ricordare gli eroici Parghiotti, e lo feci nel terzo canto dell'as- sedio di Missolungi) toltone motivo da quei prodi di- fensori, che costretti a lasciare la cara patria , ne ba- ciano prima la terra, e ne raccolgono la preziosa pol- Tere, onde seco portarla, come già prima fatto avevano gli Esuli infelici di Parga ; ed ecco la stanza di quel canto; Così di Parga, a perfid'oste e prava Per nefando mercato un dì venduta, Seco l'ignuda gente esul portava Le patrie arene, in duol profondo muta: E in quel rossor, che a gentil core aggrava D'amara scliiavitù l'aspra feruta, Indi echeggiar fea di pietosi gridi De l'ospitai Corcira indarno i lidi. Io non vorrò sostenere che i soli tredici separati ver- si, che voi, fra le molte centinaja di essi, onde si com- pongono i Fasti^ aveste la bontà di annotare come di conio non perfetto, non siano tali; imperocché chi ose- rebbe sostenerlo innanzi ad un giudice vostro pari? Ma temo ch'essi, o men vibrali, o poco scorrevoli, o nou abbastanza sonori appariscano, perchè così letli riuniti alta rinfusa, e senza legame di sentimento intermedio: forse ciascuno di essi , letto nel luogo in cui sta , in dipendenza dal sentimento continuato della stanza o della strofe, e fuso nella intera armonia della medesima, potreb- be apparire diverso: forse se dello slesso Dante e del Tasso si riunissero alcuni separati versi, divelti dal luo- go ove si posero degli autori, potrebbero anch' essi far desiderare che più vibrati fossero, o più scorrevoli, o più sonori, i quali letti nel luogo proprio non sembrerebbero più tali; che , siccome il beilo non è nelle parti se non ED ARTI LIBERALI 89 ià relazione al tutto, così la piena armonica bellezza non è ili ciascun verso se non in jeiazione alla intera stanza o strofe che sia. Ed anche accertato in ciascuno dei no- tati versi un difetto di sonorità, o di vibra lezza, o di scorrevolezza, questo non sarebbe che una poetica disso- nanza, la quale si perde e si fonde neirarmonia dell'inte- ro, ed anzi talora è di ottimo effetto; e voi sapete che ne sono frequenti ne' classici gli esempì, e sapete altresì come anche in musica siffatte dissonanze giudiziosamente intro- dotte concorrano al migliore elfello delle melodiche frasi. D'un altro solo difellu fate parola, sembrandovi che la fine del canto che proclama la conquista di Tripolilza al lutto non corrisponda, perchè vi è inlrodolla l'idea del- l'Eterno che, commosso dagli eccessi degli Ottomanni, ac- cenna ad un angelo che tolto il vase dell'ira scenda a pu- nire l'oltraggio fatto da quei barbari al suo nome; chia- mando l'idea vieta e falsa, ed imitata, e raffreddante il calore ed il movimento che circola per entro a quel can- to. Non niegherò che l'idea sia antica, ed imitata dai miei prediletti originali ; ma questa stessa imitazione dagli Ebrei classici e dai Greci Voi sommamente lodaste nel profondo esame da voi fatto della vera Lirica ; e ciò torna a mio onore: solo non posso concedervi che tale idea sia falsa, adoperata com'essa fu dai sacri Li- rici da Dio stesso inspirati ; ne che raffreddi il calore ed il movimento , imperocché questo effetto non può prodursi dal sublime, e nulla v'ha più sublime dell'i- dea dell'Eterno, e di ciò ch'egli fa, o comanda: ne que- sto parmi un trapiantare ne' nostri terreni le viete cre- denze degli antichi, le quali non facciano veruna im- pressione ai moderni; imperocché l'Eterno, da me in- trodotto, non è il Giove dei mitologi , ma quello che sarà sempre tipo immutabile di sublimi immagini di genere religioso e solenne. Ma l'amore dell' arte mi ha condotto fin dove forse io giungere non dovea, facendo a voi, conoscitore pro- fondo del bello delle arti, queste poche osservazioni, cha gO LETTERATURA sfuggir non possono alla voslia peneirazione , intorno a quello che annoiaste con lauta cortesia, onde contrap-i pone (palelle ombra alla pienezza di quella luce, in cui vi compiaceste porre la fortunata opera^mia- Ab- biatevi dunque, ed a pieno diritto , la sincera espres- sione della mia viva gralilndiue ; ed i miei ringrazia- menti mirano altresì all'augurio faltomi da voi che, cioè, conosciuti in Sicilia, mercè le dotte vostre considera- zioni, gli Elleììici Fiisti^ l'onorala ombia del mio Te- bano goda dell'encomio da me giustamente compartito agli Eroi della Grecia rigenerata- l^ossa tale augurio avverarsi in quella Sicilia, dove già Te'one e Gerone, modello di ottimi Ile, accolsero con lieto plauso il Li- jico sovrano; e dove voi unitamente agl'illustri compi- latori delle Siciliane EHèmeridi già salite in Italia a tanta estimazione , con indefesso zelo vi adoperale a clilTòndere fra i vostii concittadini l'utile istruzione, da cui dipende la gloria e la felicità delle nazioni. Conservatemi l'affètto di che mi onorate , in corri- spondenza di quello che in me sarà inalterabile verso di voi, perchè fondato nella stima che ben tneritauo i lari vostri talenti, e le vostre virtù. J)i Perugia. — A' dì 9 del 1834. Avvertenza / Fasti della Grecia rigenerata hanno eccitato in tutte le greche provincie pubblico entusiasmo , e già ìiella favella di Pindaro si traducono . li giovane Re Ottone I. eh' è pieno di amore per la sublime terra, «he fu chiamato a governare, volendo mostrare al prò- ' fi'ssor di Perugia, per sì bell'opera, il suo alto com- jtiacimento, gli scrisse una graziosissima lettera, che qnesli ne ha fatto conoscere, e che noi ci facciamo un jjrcgio di riportare nelle nostre pagine, KD ARtl LIBBRALI Q,! Lei ter a di Ottone L Re della Grecia al professor Mezzanotte. Monsieur le Professeur! La pari sincère que vous pretiez aux desti nèes tle la Greco, ci Ics bulles preuves cjue vous eu doniiez dans vo- tre Ouvnige » I Fasti della Grecia » ne sauroieiit m'ètre itidiftereiiles. Votrc heureux tnleiil d'esprimer ce qu'ii y a de plus beau de seuliineuls dans une Poesie si charman- te, commande ègalemeul et mon esliine el ma reconnois- sance Soyei persuade que Je u'eii perdrai pas le so uve- liir, ei que Jeserai loujours Votre bien alTedionuè Othok. Nauplie ce m. de rnars i833. A' Wr. le Professeur Mezzanotte A' Perugia. ^Notizia Letteraria .^UEL nostro giovine concittadino , Ignazio Batolo (in america Pietro Bachi) , del quale abbiam parlato altra volta , si è ora dato a un'impresa , che, ove sia ben condotta come possiamo aspettarcela, gli frutterà sommo onore, ma dopo avergli costato 'un travaglio, se non può dirsi penoso ne difficile a lui, certamente ben atto a sgomentare ogni cuore men coraggioso del suo. Si tratta di volgere il Dante in inglése , e pub- blicarlo col lesto italiano di faccia. Bachi (questo no- me suona meglio che l'altro) i'avea cominciato a spie- 9^1 LETTERATURA gar dalla cattedra, sin da quando fu scello a professore neir Università Harvardiana di Cambridge; l'avea fatto assaporare a'suoi allievi; aveva, colla potente influenza d'un professore onorato da'dotti e caro alla gioventii, contributo ad accendere una specie d' entusiasmo per Dante. E sin d' allora pensava di riprodurlo in un mo- do sì splendido, da potersi dir degno del Poeta e del- la beala Nazione, alla quale è diretto. Ciascuno può ìmaginarsi che significlii un'edizione di lusso in Ame- rica, un'edizione destinata a rivale delle più belle d'Eu- ropa; dobbiamo aggiungere solamente che si pensa di riunirvi, incise a posta colla squisitezza desiderabile, tutte le tavole messe alla luce, particolarmente iu In- ghilterra dal Flaxman, per illustrare la Divina Com- media. A quel che sappiamo, il primo fascicolo - tre fogli d' impressione in 8vo reale - dovea darsi fuori dal cominciare di ottobre i833. Tutto ciò va eseguito a risico di taluni librai , che ne hanno presoli carico sopra di se. Dunque ci son letto- ri di Dante in America, che bastino a ripagare le spese immense d'una intrapresa così gigantesca , e sostenere inoltre la speranza d' un guadagno. Eppure il Dante rispetto agli Americani può tornare a un incirca quel che sarebbe lo Sheakespeare riguardo, agli Italiani. Or bene, provatevi di slampare lo Sheakespeare, non dirò col medesimo lusso, ma con la sfretta parsimonia delle edizioni tascabili', e dopo aver visto quanto fosse dif- fìcile il darne via un dugento copie, avrete una prova materiale della differenza che passa tra lo sviluppo li- bero e coraggioso della civiltà americana , e qualche stentato , furtivo movimento che appena in mezzo a tanti vincoli, si può arrischiare in Italia , per appres- jarci a un miglioramento, al quale pur troppo ci sen- tiamo chiamati anche noi, F' F. E& ARTI LIBERALI 93 Séguito delle sessioni delt accademia Gioenia di scieU' ze naturali in Catania. Il Segretario Generale canonico Giuseppe Alessi , se- condo gli statuti , lesse la relazione dei lavori dell' an- no IX accademico. Legando egli le osservazioni me- teorologiche e quelle del traripamenlo dell' Araenano, scritte dal socio Gemmellaro, all'Idrologia generale del- l'Etna, divisata dal socio di Giacomo; e jqucsta all' uso dei bagni proclamata dal socio Libra , ed alla vegeta- zione delle piante scoverte dal socio Cosentini e dal col- laboratore Parlato; e piante ed acqua ed aria connet- tendo allo sviluppo ed alla estirpazione delle cavallet- te, argomento maneggiato dal Segretario Alessi, e con- tribuendo i medesimi elementi ai fenomeni vulcanici ap- palesati dall' Alessi nel con)pimenlo della Storia critica dell'eruzioni dell'Etna, e dal socio Mnsumeci nel rap- porto dell'ultima eruzione di fuoco che inondò i campi di Bronte, e gran parte avendo gli elementi istessi nella Oriltognosia etnea, di cui il socio Maravigna continuò il lavoro descrivendo i silicidi, ed ai grandi cambiamenti della natura connetendovi il passaggio degli animali sel- vatici ed il loro domesticare, descritti dal socio Orsini, ed appalesando col socio Calvagni falso ed apparente il parto di una cagna supposto ad una donna , coraechè contrario alle leggi fondamentali di natura , e col Cal- vagni islesso appalesalo avendo l'origine, e la cura di una Phitiriasi in un morbo intermittente, in cui l'aria l'acqua e l'abuso di ogni elemento influirono avendo, io dico, l' Alessi legalo tutti questi argomenti in bel nodo, appalesò che l'accademia cammina a gran passi neir orbita dell'unica ed universale scienza della natura, secondo i sublimi principi di Platone e di Tul- lio; e per vieppiù incoraggiare all'impresa vi aggiunse l'origine ed i progressi della storia [naturale in Sicilia Uescritli dal socio Gemmellaro, ed il plauso compartito g4 L^rrTERATum alla Gioenia dalle accademie di oltremare, e di oltre-' molile. Sessione dei s'^ g/agwo / 833 presedata dal medesimo Direttore Gambino. SI lesse un'indirizzo del sig. Mortillaro direttore del Giornale di scienze lettere , ed arti per la Sicilia per istabilire il cambio degli alti accademici col detto giorna- le: lo che fu stabilito ed eseguito, altro indirizzo dal Se- gretario della Reale Accademia economica agraria di Pesaro ofTerendo la eonlinuazione degli atti di quella accademia, e chiedendo la continuazione degli atti gioe- liici, cui fu risposto di continuarvi; una lettera di rin- graziamento dal sig. Santoro Cremona eletto a socio cor- rispondente, altra del principe di Scilla eletto socio ono- rario, altra di monsignor Amorelli di ringraziamento pel settimo volume speditogli, un indirizzo del socio prin- cipe di Sperlinga Manganelli Intendente del Valle, per avere raccomandato al consiglio provinciale la incliicsla dell'accademia, onde essere agevolala nei suoi lavori, ed entrambi sono stati ringraziati per essersi cooperati all'uopo; e finalmente una slampa inviala dal professore Elice di Genova, intitolando all'accademia un pluvio- metro di propria invenzione, dando l'onore alla mede- sima di deciderne sul merito, ec. e fu allidato l'esame al socio Carlo Gemmellaro, il quale rispondendo all' in- ventore e dandogli la dovuta lode, non tralasciò di ap- palesargli di avere anche egli inventato un pluviometro che meglio corrisponde all'uopo, e di cui diede la de- scrizione nella memoria da pubblicarsi nel nono volume degli alli accadeniici. Si fé grata ricordanza dei seguenti doni spediti al- l' Accademia. Mortillaro Vincenzo— saggi dì archeologia arabica 8.* Palermo i833. Le Comte di Biland resumé prMiminaire de l'ouvrage sur la iheorie des vulcans. ED ARTI LIBERALt q5 Solina rocco su di un precoce sviluppo di un fan- ciullo palerminalo, 8.° Palermo i833. De Blasi Antonio Cenni sul vajolo vaccinico e sulla vaccinazione in Sic. 8.° Palermo i833. Paci Giacomo. Sulla pretesa reazione dell' Inerzia — • 8°. Napoli i832. Capo Bianco Raffaele. Risultamenti clinici nella scuola di medicina chimica dell'ospedale della Cesarea — S°m Napoli i832. Gemmellaro Carlo — sopra l'origine ed i progressi delle scienze naturali iu Sicilia — 8°. Catania i833. Longo Agatino osservazioni a Biot ed altri opuscoli. Finalmente ( previo il permesso dell'accademia ) si les- se dal collaboratore Michelangelo Bonaccorsi una memo- ria— su particolari osservazioni in un caso di avvele- namento con oppio — dove il giovane medico descritti l'avvelenamento, i sintomi, i rimedi, i'autopsia, e quanto la scienza e l'arte esiggeva, utili ammaestramenti ne trasse su quel farmaco, e sulla maniera di somministrarsi il medesimo, ed ogni altro elemento. Sessione dei a 5 luglio i833 preseduta dal primo Di-' rettore Giuseppe Jlvaro Paterno principe di Sper- linga Manganelli Intendente del valle dì Catania. Si lesse un' indirizzo del sudello Direttore onde cor- tesemente ringraziava l'accademia dell'onore impartito- gli, e tutto il buono animo in favorirla appalesava. L' accademia ricevette con riconoscenza gì' infrascritti doni. Dal sudetlo direttore, Valmont de Bomar — Diclio- naire raisonnè voi. 12 in 8°. Asverdon 1769. Tourneforl, voyage du Levant voi. 3, 4 parte Lyon Vocabolario della crusca — Volumi 3 in fol. Firen- ze 1691. CuUen . medicina pratica — voi. 3 8." Venezia 1796 Moion-— corso di chimica.— voi. 3 in 8°. Genova Richeraud, fisiologia voi 3 in ia°« Palermo. ^6 lETTERATORA Var! pezzi di lava e scorie dell' ultima eruzione del- l'Etna vicino Brente. Dal Direttore D. Francesco Cambino, due volumi ia fol. legati in uno, contenenti le osservazioni sulla specola di Palermo, dove registrate sono le osservazioni di Ve- nere calcolate dal sudetto sig. Cambino, sommamente elogiate dall'immortale suo precettore Piazzi — Stamp* reale 1792. Dagli illustri Compilatori delle Effemeridi, il 16° fascicolo. Da Parigi alcuni fascicoli del Giornale intitolato l'In- slitulo. Dal sigr. Andrea Barbacci segretario dell'accademia delle scienze mediche, — Prospetto della storia della sud- detta accademia. Nella medesima si accennano i cor- tesi sentimenti di lode profferiti dal chiaro Presidente Dr. Greco pell'Accademia Gioenia, e si fa onorata raea- dei nostri Bonanno, e Regulias. Dal sig. Giovanni Giacomo Rol. Opere Teatrali voi. i.** in 13.° Messina. Dal sig. Stefano Anzaldi -— Istoria di Suicidio 8.° Palermo i833. Dal segretario Alessi— Relazione accademica dell'an- no IX — in 8.° Catania i833. Dal socio Filippo Libra un pezzo di sale ammonia- co cristallizzato con solfato di ferro , dai fumajoli del oratene vicino Bronte. Quindi il socio Gemmellaro lesse una Memoria in- titolata-Sopra ì Vulcani estinti del vai di Nolo -Me- moria seconda, e dietro le proprie osservazioni , fatte in compagnia del socio Conte Beffa Negrini da Man- tova va a comprovare, che il calcarlo Ibleo precedet- te i Vulcani; che questi operarono sotto mare in tem- po di più recenti deposizioni calcarei; che comparve- ro quindi alla supertìcie al ritirarsi le acque; e che formarono allora le vere correnti di lava , essendo là bea marcati i calcarei e le Roccie vulcaniche fra loro. ED ARTI LIBERALI gm Sessione dei SQ agosto preseduta dal Direttore Gam^ bino. Sì lesse un Ufilcio deirintendenle in cui a nome del Governo chiedevasi, se stalo vi fosse cambiamento per- sonale nell'Accademia, a cui si rispose di essersi cambiato il primo Direttore comechè annuo. Presentati e ricevuti furono con animo grato dal cen- nato Direttore Principe di Sperlinga Manganelli — Di- scorso all'apertura del consiglio generale del Valle, da lui pronunziato nel dì n giugno in 8.° Catania i833 --Memorja sopra la irrigazione dei campi die attor- mano il Simelo- terza edizione Catania i833. Dal socio cav. Ignazio di ^^apoli professor* di Geo- Tóo * ~" '''^^'°"' '*' Algebra elementare /i.*^ Catania Dal cav. Vincenzo Tedeschi professor di Metafìsica — Elementi di filosofia parte 1.^8." Catania i833. Dal socio corrispondente Filippo Libra -^ Memoria sul.e modificazioni del salasso della Jugulare e sulla estirpazione di un tumore cerebri-lòraie — 8.° Catania 1033. Rodriquez Carlo. Prolusione sull' origine progresso e decadenza della greca e latina eloquenza— 1 2. «'Mes- sina i832.^ Ode allAccademia Flonmontata. boraci Francesco sulla Meridiana di Messina opera del matematico Jaci — 8.° Messina i833. Dal socio Ferdinando Cosentini si lesse la descri- zione tli due nuove specie di piante leguminose da lui scoperte la Vicia ed il Lupinus; le quali il socio Gus- •sone per onorare l'inventore, denominò Vicia Cosentini, •Lupinus Cosentini. Sessione dei io. Settembre i833 prescdula dal sud- detto direttore professor Cambino. Si lesse una lettera di D. Vincenzo Mortillaro dove clnede la continuazione delle Sessioni per inserirsi nel detto 7 f)8 "Letteratura. giornale di scienze ec. ed uii'allra del Segretario dell'I, e R. accadenii;i agraria dei Georgofiii di Firenze, che cliit'de dove dirigere la coutiiiuazione degli alti dal se- $to volume in poi, e gli fu risposto che l'inviasse ia Fer- rara al Direttore onorario Commendatore Cesare Borgia. Grati ci furono i seguenti doni. Osservazioni sulla slori.i di Catania del cav. Vincen- zo Cordare, 8. Catania i833. De Moulon. Delirius tremens pofalorum melhodus cogiiosccndi et niedendi — P.itavii 1829, speditoci dal sig. Bartolonimeo Biaso da Tiiesle. Idem. Prospetto delle malattie. Sezioni cadaveriche dell'Ospedale di Trieste. Udine 1829. F» F» Ww Herschel , socio corrispondente, Descri- zione di una macchina per risolvere a vista alcuni im- portanti fbrmole di equazioni trascendentali. Cambridge i8;ì2. F>j F» Ww Herschel. Sulle cause astronomiche, che influir possono su i fenomeni Geologici — London i832. ]ndi il socio Carlo Gemmellaro lesse il cennalo Di- scorso sulle cause Astronomiche, ehe influir possono su i fenomeni geologici dall'originale Inglese ridotto in to- scana favella, come fecondo di sublimi sentimenti, ed indice di nuove scoperte. Dal Collaboratore D. Andrea Aradas (previo il per- messo dell'Accademia) si lesse una Memoria intorno un caso raro di completa soppressione di Urina osservato da lui , e cavalo con oppio ed altri farmaehi, onde è divenuto la sorgente di nuove osservazioni medicinali. Can. Giuseppe Jlessj, ED IRTI LIBERALI Iscrizioni Italiane 99 (innanzi la porta della Chiesa) MORTALE NON TI LUSINGHI LA VITA LEGGI ED ENTRA QUESTA. LUGUBRE POMPA, AD ALESSANDRO ZAMITT È SACRA! El NACQUE IN VALLETTA studio' in EDIMBURGO, VIAGGlo' PUR EUROPA termo' stanza in PALERMO E GENTILE PER LETTERE E COSTUMI. A NOBILE DONZELLA SI CONGIUNSE: AHI PER SOLI ANNI DUE NE formo' l'amore E LA DELIZIA? CO^SUNTO DA TABE PULMONARE trapasso' IL 25 FEEBUAJO DELl'annO i833 VENTINOVESIMO DELl'eTA' SUA.' PACE IN SEMPITERNO (À sinistra del catafalco) GLI AMICI CHE LO AMARONO E LO PIANGONO DOLENTI ME RICORDERANNO IL NOME (A destra del medesimo) LA VEDOVA INCONSOLABILE ESIiMPIO DELLE SPOSE ALLA DOLCE MEMORIA DELL* ADORATO CONSORTE DI CUI RACCOLSE LO SPIRITO , LAGRIME perpetua: lOO LETTERATURA QUI GIACE VINCENZINA BUTTAFOCO NEL RICAMARE, DIPINGERE, SONARE IL MANOFORT. DAI più' VALENTI LAUDATA*. FU ALLE VERGINI MODELLO DI VERECONDIA E DI PUDORE; RIMASE DI TRE ANNI ORBA DEL PADRE, E A DURI VOLERI DELLA GENITRICE PAZIENTEMENTE SOMMESSA: amo' GABRIELE CORDUA GIOVANE DI OGNI AMORE DEGNISSIMO E NELLE SUE SPERANZE MISERAMENTE DELUSO.* mori' QUADRILUSTRE PER ISTRAVASAMENTO DI BILE l' ANTIVIGILIA DEGLI SPONSALI: OH RARA GIOVINETTA IN VITA SOFFRISTI SEMPRE WÈ 1 TORTI DELLA NATURA CON ESSERE SPOSA E MADRE RIVENDICARE POTESTI TALE IN ETERNO MDCCCXXXIV AL VENERANDO NESTORE DELLA CERUSICA ARTE ANTONIO SCARPA TEORICO E OPERATORE SOMMO l'umanità' sulla SACRA TESTA DEL GRANDE ITALIANO UN SERTO d' IMMORTALE RICONOSCENZA PONE Ferdinando Malvjca, ED ARTI LIBERALI IO! NEGROLOGIÌl Alter post mortem quoque est, alter ante mortem periil. Seneca — Epist. xeni, III giorno venti di quest'anno, per la morte del cav. Francesco SoHima Presidente della Corte suprema di giustizia , fu pel siciliano foro giorno di lutto: e non che al foro ma ad ogni classe di cittadini fu cotal per- dita grave e dolorosa; poiché da tutti era egli ammi- ralo per l'ingegno e per la dottrina , amato per la ge- nerosità, la dolcezza, l'umanità, la benignità dell'animo; rispettalo e venerato per la fermezza del carattere e l'in- tegrità de' costumi. Ed in vero un magistrato virtuoso e dotto debbe in ogni tempo riputarsi un essere prezioso; in tempi poi corrotti (e tali per nostra sventura pos- siam chiamare i presenti) egli è un tesoro del pubbli- co , e il perderlo è perdita pubblica. La magistratura questa emanazione del potere supremo, che è destinata al più importante e nobile uflìcio , anzi direi divino , dovrebb' esser tutta composta di uomini dotti e virtuosi, qual era Francesco Sollima. Ma quanti pochi non sono quelli che lo somigliano! Ei fu uno di quegli eletti che anche dopo morte esistono nella memoria degli uomini, lasciando vivo desiderio di se. E noi vorremmo che al sentire e al buon volere le nostre forze corrispon- dessero per dettarne degnamente le lodi: ma elle son pur troppo deboli; laonde facciam voti che lo spirito di lui accolga dalla beata sua sede queste qualunque sieno pa- role, come un omaggio alla sua virtù e un tributo di gratitudine alla benevolenza ed all'amicizia, di che sem- pre ci fu generoso. Bugiarda e meschina lode è quella che talvolta si prodiga, e ne' tempi andati più di sovente prodigavasi, a quegli estinti che i loro pregi non trassero che da antiche pergamene , e da una serie di avoli titolati. Cotesti vili adulatori nuocouo colle loro vanità e col- 102 J.ETTER ATURA Je loro nienzopne alla pubblica morale, e muovono a sdegno i buoni; che il dare ad altri ciò che alla so- la virtù è dovulo è cosa empia, come l'olTerire a' fal- si Dei gl'incensi. E qui torna bello ripetere le parole tlello stoico cordovcse: Eadem omnibus principia^ ea- denique origo: nenio altero nobilior , nisi cui recti us ingenium , et ariibus bonis aptius. Qui imagines in atrio esponunt^ et nomina faniiliae suae longo ordi- ne., ne lììultis steìììiìiatum illigata Jluxuris in parie prima E di ani collocant , noli magis^ quam nobiles sunt. (i) Noi quindi non daremo lode a Francesco Sol- lima per esser disceso da nobili antenati , di cui non pochi si distinsero nelle magistrature , e nel senato di JNlessina, e nel!',, dine cavalleresco degli Ospitalieri Ge- rosolimitani; iiij [ierchè seppe colie sue virtù mante- nere non solo, ma accrescere l'onore ed il lustro del- la sua fu miglia. Giovanni SoUima e Bonanno cavaliere di Malta e Laura Sollima furono j;li avventurosi genitori di Fian- cesco , che vide la luce in Messina nel giorno 28 di dicembre ì']6o. Ei [)assò i primi anni sino al decima- terzo sotto l'accurata educazione de' suoi genitori, fa- cendo progressi negli studi elementari convenienti alla sua età: ma fu allora che mostrò desiderio d' entrare nel monistero de' religiosi di San Bi-nedetto ; ed il pa- dre , ])erchè tal monistero ripulaziou godj^va e pe' co- stumi e per gli studi, al suo volere condiscese. Vesti- to l'abito religioso con j)iù energia si die il giovanetto a proseguire nella studiosa carriera, ed in [)Oco tempo ira tutti i suoi compagni come j)rimo si distinse. Era quivi usanza d' inviare ne' monisleri di;' Bene- dettini di Firenze , di Roma e di Pavia, in ogni da- to numero di anni, tre de' giovani novizi , onde com- ]>iervi il corso de' loro sludi: e fu il Soliima, che già contava il diciassettesimo anno di età, dal consesso di quel padri, per uno dei tre prescelto, ed a Firenze mandato. (1) «S«»«C(/, de bmeficiii Uh. 3, cap. a3. ED Ann LIBERALI lOD Per l'iiidole sua modesla non su perLì lìal vedersi |)ie- ftirilo a' suoi compagni; ma seulì che doveva addo|)piar di voloiilà, e se l'osse sialo possibile sforzare per così dir l'ingeguo, onde i superiori non mai dovessero della scella falla peulirsi. Quallio anni in quel monislero rimase, j)OÌcl»è avendo compili gli anni veni' uno dell'eia sua, ed avendo fallo conoscere a' suoi di voler lasciare l'a- Lito monaslico, della quale vicina j)erdila lulli i reli- giosi del monaslero di Firenze e di quel di Messina dolevansi, venne dal Superiore in palria richiamalo. In coleslo quallrennio compiè il corso degli sludì coti successo lale, che riportonne infinili elogi da' piofesso- ri, ed alleslali frequenlissimi de'supcriori che a quei di Messina gl'inviavaiio. Nello studio della filosofia ebbe a pred della guida Viììtendiiiiento umano di Loike: e per le belle lellere, allinse a' puri fonli degli antichi i sani prin- cij)ì della vera eloquenza, e la piena coguixione della ilaliana e Ialina favella. Percorse con grande ulililà del .suo spirilo la teologia tanto teorica che pralica, o sia la dommalica e la morale; e sopra il diritto canouico fece gravissimo studio , poiché necessariissimo stima- va lo entrarvi addentro , avendo già concello il pen« .siero di voler professare la scienza del giureconsulto. ISIenlr'ei però attendeva a queste materie intellettuali, non tralasciava di meditar sulla storia , la quale nar- randogli la lunga serie di rivoluzioni, cioè a dire di dis- grazie, di eroiche azioni e di misfatti che hanno tante volte cangiata la faccia del mondo, gì' insegnava l'arte tanto difticile quanto profonda di conoscere gli uomi- ni, e l'altra ancora di saper cavare profitto dalle loro debolezze medesime per diriggerle al bene- E piii- ultimo volle applicarsi alle economiche mate- rie, che già da più anni uìovevano entusiasmu in Italia, J)er le o[)ere del Genovesi, di;l Galeani, del Bt-ccaria, de' Verri e di altri uomini di rinomanza, e più del l i- langieri, che mi lySo- die alla luce dell' opera stia it F. ed il 11^. bbro, nel quile delle leggi politiche ed I04 LETTERATURA economiche si ragiona. Ed iu Toscana parlicolarmenle pel filosofico reggimento di Leopoldo, die in pochi anni aveva sapientemente a tutt' i rami della sna ammini- strazione provveduto, nessuno era che di economia po- litica non ragionasse : e per vero la Toscana già risorta a nuova vita, diveniva fiorentissima. Erano state riordinale le finanze; le leggi civili rese semplici, benigne le criminali: si eran tolte le scorag- gianti servili! all' agricoltura, e con novelle insliluzioni la s' incoraggiava ; ne gleba rinianeva che dissoda- ta non fosse, ne palude non asciugala: proclamavasi la assoluta libertà dell' induslria e did commercio: soccor- levasi r umanità sofìerenle: le belle arli si proteggeva- no: l'istruzione pubblica generalizzavasi; e gli antichi metodi si miglioravano, A tutto il magnanimo Leopol- do (olla sua presenza, co' suoi incora^i^iaminiti e coi premi dava moto e vita. Ed il nostro Sollima ebbe la \entura di essere da sì gran principe lodalo incorag- giato e premiato. Egli scrisse un discorso che lesse alla presenza di lai de' suoi ministri e delle prime autorità di Firenze; e ne fu il subbietlo, se si dovesse in Sicilia accordare la preforenzu all'agricoltura, oall' industria, o al commer- cio. Ei pronunciossi in favor della prima, dovendo pe- lò esser protetto anche il commercio, come mezzo ad ♦asportare i prodotti del nostro suolo , e a favci avere cjuelli della straniera industria. Noi non siamo per emettere alcuna opinione sopra tale sentenza del Sollima, che per altro fu da lui dettata cin- quanlatre anni addietro; ne sappiamo veramente se a questi tempi, attese le presenti condizioni dcifEuropa, in cui tulli i popoli si son dati coli' arte a soccorrere la sterilità de' terreni, direi quasi sforzandoli a produr- re, ei non più si avvisasse che bastasse alla Sicilia es- sere sollanlo agricola e non parimenti mar)irnlluiicra, ma diremo solo che il discorso spirava amor di patria, piocedeva eoa ordine e con forza , ed era scritto con ED AKTI LIBEFIALI I05 pura, ma non leccala locuzione. Leopoldo lotlollo con afKlto, e incoraf^giariclolo a proseguire con costanza negli sluclì, i^li pose al collo ei stesso un monile d* oro fre- gialo di onorifica medaglia. Poco dopo ei fece mossa da Firenze onde rimpatria- re; e pria visitava alcune città principali d'Italia, e pò- S( ia in Roma si fermava per osservare i sublimi avan- zi dell'antica grandezza romana , e le moderne opere frutto della morale potenza de' Pontelici. Ogni ogget- to che a' suoi sguardi si presentava , richiamava alla sua mente erudita storiche reminiscenze; e mentre rav- vicinava le cose vedute con le cose lette, l'animo suo, in veggendo il luogo dov'era l'antico foro, rimaneva op- presso da tristezza considerando le vicissitudini di quella famosa terra. Ma è tempo che noi veggiamo il Sollima fra le mu- ra dove nacque, e fra i teneri abbracciamenti degli a- niatissimi che gli diedero vita. Però breve fu la dimo- ra ch'ei fece a Messina, poiché volendo attendere alla scienza delle leggi, lasciato l'abito religioso, alla capi- tale sen venne. Fissarono da prima la sua attenzione le leggi roma- re, che addimostrano per l'alta loro saviezza il carat- tere de' padroni del mondo: ma con singolare giudizio ei non intratlenevasi ad approfondire quelle che eran tulle proprie de' costumi dei tempi in cui furon det- tate. Le consuetudini feudali, le constituzioni di Fede- rico, e gli statuii della Sicilia, malgrado della loro con- fusione, e mole gravissima, non poterono stancare la sua pazienza. Intanto il diritto pubblico siciliano non era da lui negletto , anzi per quanto fosse allora possibile, con grandissimo travaglio aj)prendeva. Ed il diritto delle genti, questo prodotto di meditazioni falle da un picco! numero di saggi sulle leggi nate col genere umano, per mantenere la pace e limitare i mali della guerra , at- tirò eziandio la sua attenzione; ma la storia gli aveva precedeutemenle coi falli dimostralo che coleste leggi lo6 LETTERATURA santissime sono spesso arlifiziosamente eluse dall'iniqua ambizione de' polenti, i qiìali più spesso ancora aper- tamente le disprezzano cancellandole in torreuli di uuìa^ no sangue. ISel teu)po cir egli andava così arricchendo la sua mente della scienza delle leggi , nella pratica del furo esercitavasi presso Francesco Delbono riputalissimo av- vocalo , e eh' ebbe rinomanza ancora di ottimo magi- strato. Sollima fece in breve conoscere quanto valesse in co- iesta diflìcile professione, e benché giovane era tenu- to in gran prep;io. Tornato dopo vari anni in Messina vi fu con giubilo accolto dai j)arenli e dagli amici, e oa chiunque già per nome il conoscesse: ed alle loro Vive e reiterale premure ci s'arrese onde quivi fermar sua stanza. Dotto giureconsulto, e d'animo nobilissimo e compassionevole, difendeva le cause con senno e con affetto, e non ingarbugliando giammai la verità : quel- le manifestamente ingiuste rifiutava, senza che ne l'o- ro del ricco, ne il favore del polente lo abbagliassero: qualunque fosse l'interesse ed il viluppo delle cause il pat- teggiare coi clienti abborriva, ed ogni suo diritto ripo- neva nella loro onoratezza e volontà. Era poi degl'in- felici e de' poveri non difensore ma padre: franco nel- l'esporre sua ragione scrivendo ed orando, non rimette- va giammai del rispello dovuto a' magistrati; e scru- polosamenle divietavasi di esprimere qualunque mot- teggio che punger jiotesse il difensore dall'avversa par- te, o questa medesima, riputando ciò cosa bassa e dis- dicevole alla dignità dell'avvocato. In colai modo lodevolissimo, Francesco Sollima l'av- vocazione esercitava: ma il volere del Principe lo chia- mava ad ufficio più importante, quello cioè di senten- 2Ìare sullo sostanze, sull'onore, sulla libertà e sulla vi- ta medesima de' cittadini. Nell'anno 1793 venne elet- to a giudice di appello in Messina, che secondo le an- tiche magislrature era carica biennale. Non è a dir*? ED ARTI LIBERALI lój com' ei sentisse tulla 1' impojtauza e tulio il peso de' suoi nuovi doveri. Aìfro è difendere, altro giudicare! Gli errori del giudice non inai son piccoli, e di soven- te irreparabili: ed ei di null'allro leiueva tanto, quan- to dell'errore ne' suoi giudizi. Laonde i momenti ap- prezzava per coDsacr.irli all'esalto adempimento de' suoi dov(MÌ , e nella sua coscienza medesima ne trovava il più |)rezioso coni penso. E come ciederà un niagislralo di potere adempiere alle cure del suo ministero, se non darà loro che i Imiguidi resti d'un tempo in gran par- te dissipalo ne' piaceri del mondo? Deciderà le cause; ma farà egli la giustizia? Ne chieda conio a se mede- simo: interroghi la sua coscienza, che j)er certo lo am- monirà di non essere rimasta serena, poicliè l'inlellet- to non meditò né potè quindi conoscere il vero. Si tol- gano i prestigi: ei non è cl-e frullo di studio e di me- ditazione lo scoprire l'errore e la menzogna fra un la- berinlo di procedure e di garbugli forensi, e farne sor- gere la verità semplice e j)ura. Ne alla giustizia giova che il pigro o il dissipato possa dire con fronte tran- quilla; nulla diedi all'oro, nulla alla protezione del po- tente, india al timore del suo sdegno: perciocché le in- giustizie che si commettono o per malvagità o per ne- gligenza o per ignoranza , comecché da diverse cause derivino, son sempre ingiustizie e j)roducono gli slessi perniciosi elFelti contro coloro che le soffrono* Della integrità del Sollima sarebbe troppo il far pa- rola, poiché ella debbessere la prima qualità del magi- strato; e chi ne avesse difetto, qualunque fossero i suoi pregi intellelluali, meriterebbe che venisse consacralo all'infamia a tremendo esempio de' tristi, o che restasse per Io meno sepolto nell'obblio. Diremo sì, eh' ei la malignila degli uomini conoscendo, abominò mai sem- • 1 • • pre quella genia di forensi che auricolari son volgai'- menle nominali, i quali vanno accanando clienti per mezzo del buon viso e dell'amicizia che loro dimostra questo o quell'altro magistrato; e di sovente con in- 108 . LETTERATURA. £;valllucline e con perfidia inaudita raellono a prezzo r onor del medesimo, che ignaro di tanta pravità vive tranquillo nella purezza della sua coscienza. Vero è che nell'antico ordine giudiziario, essendo le magistrature a tempo, di cotesti ai/ricolarì era copia nel foro più che al presente , ma d' uopo sarebbe che tutta la vile razza ne fosse estinta, poiché sono di disonore al ma- gistrato, mettono in pericolo col di loro alito contagio- so l'integrità di lui, e accrescono di mollo il dispendio de' litiganti , che sono d'altronde sommamente aggra- vati. Ma basta di colesloio, e seguiliam del Solhma. Compito il biennio della sua carica, fece ritorno al- l' avvocazione: ma quanto trovò più cauto se stesso nei suoi consigli, e più paziente nelle difese! Ne ciò dee strano sembrare, jioicliè se ben si consideri , par che non sia dubbio che siccome ond' essere ottimo magi- strato e mestieri essere slato pria molti anni nel foro ad avvocar le cause , non potendosi altrimenti acqui- stare l'esperienza della maniera di agire e di difender- si e mille altre cognizioni intorno al preparare nel ga- binetto de' difensori colali assalii e resistenze, cognizioni che mollo giovano al magistrato per lo scoprimento della verità; così a divenire perfetto avvocato è di non piccolo giovamento l'essere stato magistrato, poiché nel- l'esercizio di questo ministero si consegue 1' abiludine di veder le quistioni da indifferente e senza passione; la quale abitudine serve a formare un giudizio matu- ro e rettissimo, che è pure, a nostro credere, il più alto pregio non solo del magistrato nia dell'avvocato ancora. E per dirla in due parole noi opiniamo che questi due ufiicì vicendevolmente si ajutino per giun- gere alla perfezione. Ma col novello sistema delle ma- gistrature a vita, cotesto vantaggio si è perduto, seb- bene confessar dobbiamo che l'attuale, per questo ri- guardo, ne ha molti sopra T antico di non lieve mo- nicnlo. Quattro anni passarono, e l'illustre estinto fu nuo- ^, ED ARTI LIBERALI lOQ vamente alla inagistralura chiamato per occupare l'una dopo l'allva una sene di cariche sino al giorno fatale in che ci venne rapilo. Ebbe dunque nel 1799 l'ele- zione a giudice della Regia Udienza nella sua patria: e non compilo ancora il biennio , Venne dal Governo destinalo alla carica perpetua di avvocato fiscale della pro-Udienza di guerra, e l'anno appresso, urgendo il bisogno, gli fu affidala in vece quella del pari perpe- tua di avvocato fiscale del Consolalo di mare e terra, che in Messina, come floridissima cillà commerciale, era di somma importanza, ed abbisognava d'un uomo d'ingegno e della più sperimentata integrila . Ed egli in falli quanti abusi non tolse, a quanti disordini non diede riparo ! Dopo un sessennio di penosi travagli , venne per la seconda volla elello giudice della Regia Udienza: ma scorso appena il primo anno fu promos- so a giudice della gran Corte criminale in Palermo, la quale non era un tribunale municipale di una cit- tà, ma sopra tutta la Sicilia la sua giuridizione sten- deva . Compilo il biennio di tal magistratura fu egli elello consultore del governo militare in Messina, e jpe- ce allora conoscere quanto senno si avesse nel consiglio di cose politiche, ed in circostanze difficili. Essendo slata in Palermo creala nel i8i5 una com- missione per la compilazione di un codice di leggi che i tempi reclamavano, fu il Sollima scelto a mem- bro di essa ; ma non avendo poi colai commissione avuto effètto, ebbe per la terza volla conferita la carica di giudice della Regia Udienza in Messina . Però nel 181 7 il governo, che il distinto merito ne apprezza- va , promosselo a Consigliere del supremo Consiglio di Cancelleria , di cui era stala in Napoli ordinala la inslituzione con decreto di dicembre dell' anno prece- dente, all' oggetto di quivi discutersi e prepararsi gli affari pia importanti dello Stato prima di recarsi dai Ministri alla Sovrana decisione. A questo supre- mo Consiglio venne commesso lo esame del proget- no LETTERATURl to del Codice per lo Regno delle due Sicilie: e Sol- lima fu uno de' componenti le commissioni scelte ad esaminare il progetto clolle leggi civili , e di quelle del- la procedura ne' giudizi civili , ed il progetto ancora delio statuto penale militare, e degli altri due per l'ar- mata di mare e pei forzati. Ci è noto che presso il figlio di lui D. Niccolò, die sulle tracce del padre de- gnamente appartiene alla magistratura , esistono i rap- porti delle mentovale commissioni che furono scritti quasi tulli dal SoUima, e che senza dubbio molla uti- lità potrebbero recare alla interpelrazione delle dispo- sizioui che sono o aggiunte, o contrarie, o modrttcali- ve di quelle del codice civile e di procedura civile di Francia , che furono i tipi del nostro: e perciò non crediamo inutile il desiderare che vengano j)ubblicali per le stampe cotesti rapporti, qualora non vi fossero altre ragioni che potessero vielarlo. Nell'anno 1819 la promulgazione dell'attuale sistema giudiziario efleltuossi; ed il Sollima Presidente si assi- se nella gran Corte civile di Messina; e dopo il quin- to anno fu promosso al piij eminente grado della ma- gistratura , a Presidente cioè della Corte Suprema di giustizia della Sicilia. La pubblica discussione nelle cause penali è sfata senza dubbio la più filosofica istituzione che appo noi in qnesli ultimi tempi siasi fatta. Ma ella onde feli- cemente conduca allo scoprimento del vero , che e il fine cui mira, e mestieri che sia diletta da un Pre- sidente che riunisca al pronto ingegno ed al chiaro e preciso linguaggio, vma profonda conoscenza del cuore umano ed una dolcezza tale nei modi che sia sempre a dignità congiunta. Di tutte queste qualità ben si mostrò esser dotato il Presidente Sollima esercitando tal carica nella graa Corte di Messina. Che diremo poi del come sosteneva l'eminente cari- ca a cui venne elevalo nella Corte suprema di giusti- ED AnTI LIBERALI Uj zìa, laddove per base fondamentale della sua islititzio- iie, non il merito delle cause , ma le violazioni della legge, e le nullità delle forme solo vengono a disami- na? Diremo che sendogli presente ognora cotesto spe- cial dovere non ad allro ei dava ascolto che alla voce iinponente della legge. E per vero chi sedendo in quella Corte volesse al suo giudizio dar norma volgendo lo sguardo al merito delle cause, ed alla giustizia o in- gmslizia delle decisioni rispetto a questo , non solo al voto della legge non soddisfarebbe, ma darebbe un crollo al presente edificio giudiziario. Ma pria di dar termine a questi detti, e nostro de- bito mettere particolarmente ]n rilievo una singolaris- sima quahla del Sollima , in cui potè per avventura aver compagni ma chi lo superasse non mai. Era la sua mente lucida in modo che le si presentavano le Idee così distinte e chiare, che ogni viluppo delle cose ie pm complicate in essa spariva , e tutto maraviglio- samente SI ordinava. Da ciò seguiva che per lui anco Je cause, che per le moltiplici complicazioni sembra- vano inestngabili, prendevano tutte la fisionomia della semplicità; ed ei con sorprendente precisione e chia- rezza sviluppandole e d'ogni estraneo sj)ogliandole, ri- duc,-vale in brevi termini al vero punto della quistione. Ebbe egli corrispondenza con letterati e scienziati di rinomanza, e ne fu di parecchi amico diletto, fra quali è bello poter nominare lo Spallanzani da lui conosciuto per Ja prima volta in Pavia, e poi stietlosegli in amicizia nel I7b« quando questo celebre naturalista pertossi in Si- cilia, onde osservare le meraviglie della natura, e fare acquisto di minerali per arricchirne il pavese museo. Vane accademie letterarie e scientifiche sì naziona- li che straniere lo noverarono fra i soci. Era egli cavaliere dell'ordine Gerosolimitano, e fa dal defunto Re Francesco I. insignito della Gran Cro- ce dell ordine da lui fondalo, e che il titolo trae dallo augusto suo Nome. IH LETTERATURA. Fu affettuoso marito , tenero padre , amico sin- cero e non mai variabile per variar di fortuna ; ed ora in compenso l'antica consorte e sei figli inconsola- bili lo piangono e lo desiderano , e gli amici ricono- scenti ne predicano le virtù. LviGi Malvica, li;Up ii3 FEBBRAIO 1854. PARTE PRIMA OFFICIALE LAVORI DEL R. ISTITUTO Privative accordate da S. M. durante la esistenza del Reale Istitutcj esposte dal segretario perpe- tuo Ab. Emmanuele P^accaro, %J[\Q le privative nuocano al rapido incremento della in- dustria lo credono i più tra gli Economisti, a malgra- do che alquanti lo neghino anco Ira'più severi pensatori. Certo egli è in vero, che esse concentrino nelle mani di un solo tutto un ramo d' industria , e che questa però scompagnata della necessaria emulazione languisca) o lentamente s'avanzi oltre di che buon nua>ero di citta- dini vien privo di tutti quegli avvantaggi onde quel solo vuol gratificarsi. In appoggio della quale sentenza po- trebbe aggiungersi, così non aver fatto il famoso Colbert quando divisò di arricchir la Franei delle più importan- ti fabbriche, specialmente di qiieli i panni tanto cele- brate in Olanda, e quelle delle berrette bellissimo d'Inghil- terra. Ei di là trapiantò Van-Robais, ed Hindrct due de' pili rinomati fabbricanti in aanbe le industrie, cui lungi di accordar privilegi e privative , collocò questo nel Ca- stel-di-Madrid in Boulogna, e quello in Abbeville; dei convenevoli stabilimenti , delle macchine migliori , di tutto il bisognevole fornilli , accordò qualche tempora- neo vantaggio a'soli prodotti, lor commettendo d'istruire in quelle industrie una mano di allievi, che di mac- chine e telaj ed altro anch' essi fornivan , quando e- sporti uscivano dell'opera. Cosi iti picciol voli^ere d'aa- 9 IÌ4 SCIENZE ED ARTI ni SÌ vieterò in tutti i punti della Francia una infinità di que* stabilimenti , ora fonti inesauste d' infinita ric- chezza. Ma chi non si avvede ciò includer due impor- tantissime idee , quelle che mentre si è privi di tali industrie si abbiano poi in potere de' mezzi così potenti da chiamarle con tanta prestezza , e , per così dire , con tanto imperio nel proprio paese? E oirca questa seconda parte egli è certo, che non è uguale con noi il confronto. Qui ove istantaneo , imperioso bisogno avvi d'incoiaggiar le industrie, ora specialmente, che un prin- cipio di vita comincia a risentire quasi novello alito ce- leste il nostro commercio, e modo non vi è d'incorag- girle altrimenti, ognuno di leggieri s'avvede che il minor malo sicno le privative, o i privilegi, pe'quali di un sicuro guad.'igno allettati gli speculatori, non gareggiando l'in- dustria, si affrettano a farci godere di quei migliora- menti ed introduzioni, le quali o non pcrverrebberci, o con molla tardità. Questa rillessione è bastevole, panni, a farci altresì indulgenti sovra quell'altra specie d'ingiu- stizia che emerge dal legalmente premiarsi pello stesso pri- vilegio la invenzione deipari, che la introduzione, come se ugual merito fosse l'opera del genio che inventa, e quella dello ingegno che ne approfitta. Ma ad un paese che non ha il possesso ne dell'uno, ne dell'altro torna in fatto così dalla invenzione , come dalia introduzio- ne l'ugual vantaggio, purckè utilità vera quella deside- rala industria vi arrecasse. Gloria somma è inverità di una jKizione che inventa, e eh* si eleva sovra le altre in fat- to di utili scoperte, e dolce è al cittadino il poter dire; nacque nella patria mia quella industria che è fonte di ricchezza alle nazioni ; ma la scienza della economia avida d'utilità, più che vaga di gloria, colla presenza della prima si conforta facilmente della mancanza del- la seconda. Una fabbrica di panni quindi sommamente bra- niav^asi da questo bel [)aese, che per quella tutti con- serva nel suo seno gli elementi , e per la quale i piìi MECCANICHE I 1,5 bei tentativi avea pur fatti , e che per quel ram- marico che non possiamo torci dal core veniier già svea- turatamente meno. Cosi fatte fabbriclie reclamerebbero in seguito altamente i filatoi delle lane abbisognevo- li, i quali mentre il prezzo della mano di opera aggiun- gerebbero a questo nostro prodotto, di cui ora profitta lo straniero, una considerevole quantità di nostre brac- cia impiegherebbero; e tutte queste industrie fino alla perfezion de'panni di quanto tributo non ci alleggereb- bero verso le altre nazioni! Grazie alla mano della Prov- videnza, che mula veglia e benefica su noi, ciò con lie- ti auspici viene ad avere buon cominciamenlo per mez- zo di una privativa di cinque anni pe?ò da S. M. al signor Antonio Barbier con una compagnia d' industrio- si francesi accordata, e noi facciam voti die scaldati venis- sero i Siciliani nostri di tanto patrio amore quanto anche con qualche lieve sacrificio voglian, quando sarà tempo, in- coraggiar siffatta industria , onde la concorrenza fatale, se non per se stessa almeno per li nostri sforzi venga dapprima sostenuta ! Quindi un Reale Rescritto de'3i agosto i833 al R. Istituto con ministeriale de' 23 settembre venne parte- cipalo, per lo quale sopra la domanda di privativa fatta dal signor Barbier con una compagnia di manitiiltori francesi per lo stabilimento della delta fabbrica di pan- ni in questa capitale , la Maestà del Re nel cousiglio ordinario di sialo dei aS dello stesso mese deguavasi di decretare: 1. Che si accordasse al chiedente colla sua società il permesso di stabilire in Palermo una fabbrica di pan- ni, da godere per la medesima della privativa di anni cinque. 2. Che durante il detto quinquennio le lane estere filate sieno bianche, sieno tinte pagiiino per diritto d'im- missione ducati 3o a quintale. 3. Clic circa al modo del pagamento di dallo dazio sia iu obbligo la società Barbier depoailare sul nio.nen- 11 6 SCIENZE ED ARTI to della importazione delle lane suddelle il corrispon- dente dritto da valutarsi , secondo le tariffe doganali vigenti, sulle quali non sia permessa alcuna novità, e con restituirsi indi alla medesima società quella som- ma di pili pagata risultante sulla quantità che si con-r testerà di essersi in effètto impiegata per uso della fab- brica, da calcolarsi, come sopra, alla ragione di ducati trenta a quintale. 4. Che sieno esenti da ogni dazio le macchine da immettersi per uso della fabbrica suddetta. 5. Che debba il signor Barbier avviare lo stabili- mento in Sicilia per la filatura delle lane nazionali da poter supplire iu parie ai bisogni della fabbrica dei panni. 6. Che la privativa , e la riduzione del dazio non abbiano luogo, se nel termine di mesi sei non abbia il Barbier contestato di avere stabilito la fabbrica. 7. Che siccome lo stabilimento per la filatura delle lane indigene è obbligatorio a Barbier, così l'edifìzio, e le corrispondenti macchine del lanefìcio debbano es- sere addette e cedute al R. Governo» in maniera che non possano essere affatto alienate dal proprietario, se prima non sarà legalmente sciolto dal Governo da sif- liitta obbligazione. 8. Finalmente, che non possa negare il signor Bar- bier ad accordare un terzo delle azioni per siffatto sta- bilimento a favore dei Siciliani, purché nel primo an- no della privativa gliene faceiano la domanda ; quale termine scorso , che sia in facoltà del signor Barbier l'accordare, o negare questa società di azioni ai Sici- liani. Ha ordinato S. M. infine , che per l'oggetto si sti- poli tra questo Governo, ed il nominalo di Barbier con la sua società il corrispondente strumento di conven- zione da valere per cinque anni, con tutti i patii, e le lacililazioni sopra enunciali, degnandosi dichiarare es- sere sua sovrana volontà, che non sia con ciò vietata la fabbrica dei panni ordinarli già inUodolta, MECCANICHE II -7^ Queste sovrane provvidenze non possono Lastevolmente encomiarsi sì per le apprestale facilitazioni, come per le ingiunte filatorie delle lane, quanto poi per ciò che vie- ne dall' orticolo 8vo sanzionato , e che largo campo schiude a chi volesse tra i Siciliani con sicura uti ila propria e della patria impiegar parte delle sue fortune. Ma pure essendosi degli ulteriori vantaggi ed allevia- menti chiesti dallo Barbier, e con animo paterno essendo state accolte da questo nostro Real Governo le richieste, S. M. con altro suo Real rcscrito degli otto dell' or passato marzo degnavasi ulteriormente il dazio già di- minuito per le lane da immettersi per uso di quelle fabbriche, diminuirlo ancora fino al aS per cento. Se- condo, che quel dippiù che sul detto dazio doveasi in contante depositare dalla compagnia dovessesi invece nel modo conveniente garentire, senzachè il difficil de- posito si effeltuisse. Terzo, che uno imprestilo di onze cinquemille il governo di S. A. R. fosse autorizalo a far prontamente al Barbier da quel fondo che più cre- derà opportuno, perchè sì utile industria colla maggior prestezza fosse posta in opera in questa parte del Regno. Comentar queste ulteriori paterne beneficenze di Sua Maestà sarebbe lo stesso, che oscurarne lo splendore. Quin- di altro non restando a desiderare al signor Barbier, speriamo che attenda potentemente alla pronta riuscita della impresa, e di che allora noi gli saprem grado, quan- do per lo comua meglio il vedremo al colmo de' suoi voti. {sarà continuato) H8 SCIENZE ED ARTI Memoria sulla coltivazione de pomi di terra ^ a patate, e su i K'antaggi della medesima in Sieilia; compilata dal P^jcE-FiitsiDEArE Principe di F^jllafranca. ARTICOLO PRIMO Sommi vantaggi che riirar si possono dd pomi di terra, J8l pomo (li terra , detto anclie palata, dall'A melica jtorlalo in Eurojìa è una delle piante più preziose, di cui la Provvidenza ha (iillo dono all'uomo , ed al mi- sero ])arlicolannen1e. Essa ìia dolalo questo vegetabile defila lacoltà di crescere ne' luoghi più sterili, ed anche C(»nliaiii a qualunque altra coltivazione sotto quasi tut- ti i climi , ed in tutte 1' esposizioni . Essa lo ha reso lècondo più di qualunque altro prodotto nutritivo. Es- sa lo ha garantito da tutti quei flagelli, che conver- tono da un momento all'altio la letizia in pianto , fa- ccjido svanire le più Lello fondale s])eranze , come di continuo veggiamo , ora in queste , ed ora in quelle cam])agnc dopo eccessive pioggie , grandini , uragani , siccità, ed altro. Dessa lo ha destinalo alla nutrizione dell'uomo, e degli animali, particolarmente ia quei mesi dell' anno, in cui la terra nega ad ognuno qua- lunque frutto. Dessa con questo eccellente prodotto ci Ila somministrato i mezzi da assicurarci anche nei tem- pi di carestia una economica sussistenza , attivissima a dar vigore, salute, e lunga vita a chiunque se ne pa- sce. Dessa in fine ha dato a questo vegetabile la pro- prietà di ripulire per parecchi anni le terre infestate dall'erbe cattive, di favorire la riuscita dei grani, che loro succedono , e ha fatto sì che la sua coltivazione non si opponga minimamente ai lavori ordinari della MECCANICHE HCf campagna, poicliè si pianta esso dopo tulle le semine, e la sua raccolta termina tutte le messi. Alla introduzione de' pomi di^ierra particolarmente noi dobbiamo l'aumento successivo della popolazione euro- pea ad onta di tante cagioni che avrebbero dovuto pro- durre una sensibile diminuzione della medesima. Dif- fatti nelle contrade settentrionali, specialmente ove la natura si mostra molto avara in prodotti utili all'uomo, i pomi di terra si coltivano col maggior successo , ed alimentano quasi intere nazioni, come l'Irlanda, la Sco- zia, la Germania, la Svizzera che prosperano incredi- bilmente in popolazione, ed in vigorosa robustezza. Non si può quindi meditare un istante sulla immensa utilità di questo vegetabile senza rimanere altamente afflitti , come in Sicilia questo così prezioso prodotto sia così poco conosciuto , che non se ne faccia quasi uso , se non nelle tavole di lusso , e che gli abitanti delle nostre campagne, che per caso Io conoscono ab- biano contro il medesimo una forte prevenzione , ca- gionala dalla ignoranza e dalla forza dell'abitudine. Le persone colte della nostra isola, gli amici sinceri della umanità, e della loro patria debbono perciò colla istruzione, persuasione, ed esempio far conoscere a tutti i vantaggi, e gli usi de' pomi di terra, vincere i pregiu- dizi, ch'esistono, e convincere gli ostinati , che è pre- feribile il nutrirsi de' medesimi al morire di fame , e al nutrirsi di erbe selvaggie, come nello inverno quasi in ciascun anno succede a' poveri delle campagne , o particolarmente a quei dello interno • Contribuiranno così ad assicurare la sussistenza di un gran numero di uo- mini con poca spesa, e coli' impiego di poca terra, e particolarmente di quella, che ora nulla, o quasi nulla produce , e che invece di restare sfruttata dalla delta coltivazione diverrà nell'anno appresso più produttiva di quel, che lo sarebbe restando in riposo, o preparala a maggesi. Se si arriverà ad ottenere la introduzione* di una così l:2Ò SCIENZE ED ARTI interessante coltura , ella è cosa certa , che noi al- lora saremmo meno poveri, perchè senza diminuire in nulla le alluaiì produzioni, ne avremmo un'altra conside- revolissima, e quindi avremmo una maggior quantità di jirodolti naturali disponibili. Questa coltivazione adun- que attivata che fosse porterebbe necessariamente pre- servazione, ed aumento di popolazione , e di ricchezza nazionale. E supponendosi che la coltivazione de' pomi di terra non fosse adottala dalla gente di campagna , che per prevalersene ne' soli casi, in cui venisse loro a manca- le il consueto alimento, ancora non cesserebbe questa coltivazione di produrre nella bilancia della nostra pub- blica economia degl'incalcolabili beni. Sujipongo ancora, che l'abbondanza de' raccolti co- muni non metta altrimenti in necessità i conladini di preferire i pomi di terra al frumento alla germana, al- l'orzo, alle fjive , ai ceci, ed altri legumi, e che quin- di non inclinino essi a farne uso per la loro propria luilrizionc. Ma in questa stessa condizione di coso quan- do anche essi non se ne cibasseio allatto, e non potes- sero venderli per uso dei miserabili, che troverebbero con essi il mezzo di sfamarsi con poco denaro , i po- mi di tetra non cesserebbero perciò di entrare in utilis- sima cijcolazione , polendo servire pel nutrimento de- gli r*jimali domestici , the tulli ne mangiano; e sicco- me il conladino mantiene un maggior numero di ani- mali in pro])orzione della maggior quantità di alimento disponibile che si trova di avere , così è chiaro , che questa nuova massa di sostanza nutritiva , mettendo cia- scheduno in situazione di tenere un bue, una vacca, un cavallo, un mulo, un jwrco, una pecora di piii dell'or- dinario, accrescerà sul fatto di una frazione la nazionale ricchezza, mentre dall'altra palle preparando jcon tale aumento di animali una copia maggiore di letame, prin- cipio quasi unico della liproduziotie , e del migliora- mento de' fondi, contribuirà in appresso alla raolliplica- -zione td aumento de' prodolli cercali. MECCANICHE M,l^ ARTicoi^o s£cp;xDa ,,, Sulla coltivazione de* pomi di terra Non è in alcun modo mia intenzione di far qui un, trattato sulla coltivazione dei pomi di terra. Di questi, trattati vene sono centinaja uno migliore dell'altro, 9, fra gli altri le istruzioni per la piantagione e coltura delle 'patate, emesse dal Reale Istituto, e compilate dal meritissimo socio, e Direttore della classe di agricoltura tarone Bivona Bernardi. Io non voglio dare che i cen- ni bastanti per mettere sotl' occhio a chiunque vorr^' introdurre tale coltivazione, ciò che si è fatto da' mi-r gliori agricoltori nelle loro possessioni , ed ì risultali che ne hanno ottenuto. Io parlo della coltivazione dei pomi di terra per la relazione anche che essi hanno colla niiglior nutrizione degli animali, e perchè mi na- sce viva speranza, che voglia diflondersi tale coltiva- zione particolarmente fra i miseri abitanti dello internò della nostra isola. , ,^v.,„ 1 • • . ' t - -i (Qualunque terreno e buono per piantare 1 pomi di lena purché sia leggiero e mobile, e ceder possa facil- mente tanto ai capillari filetti fibrosi, che legano i po- mi di terra, quanto allo stesso pomo di terra, che dee dilatarsi, ed ingrandirsi. Non avvi luogo arido qualun>' que, in cui siavi qualche porzione di terra movibilè '^ fosse anche quasi affatto ghiajosa, che atta non sia a» tale coltivazione. È necessaria però una operazione per quel terreno che si vuole destinare alla coltivazione dei,' pomi di terra. Conviene in autunno dopo che ha pio- vuto, o nello inverno rompere e voltare la terra colle zappe , o coll'aratro secondo la opportunità e grandezza' del luogo. Si dà così molta mobilità al fondo,. e si ro- vesciano tutte l'erbe, o radici, che si trovano, le quali manendo divengono anche un concime ulilissiino. Mcs'sa la terra a contallo dell'aria, acquista cqjj anch'essa ùanf)-/ 122 SCIENZE ED ARTf tabile miglioramento. Potendosi concimare la terra , si faccia assolutamente, perchè ciò aumenterà del doppio ad un di presso la raccolta, ma non avendone , se ne potrà fare a meno. Il pomo di terra più produttivo fra quelli che da noi si conoscono , è quello di polpa bianca , o bianca verdognola, che ha talvolta anche delle vene rossigne. Dico più produttivo a circostanze eguali , nel resto vi sono delle specie di pomi di terra, che non danno un quarto, un terzo, una metà di prodotto in confronto di quello che danno i bianchi. Queste sono anche i più propri ai terreni magrissimi. Fra i pomi di terra bian- chi danno maggior frutto quelli che sono i più grandi. Nel caso nostro dobbiamo soltanto occuparci di ottenere un ricco raccolto, e non che i pomi di terra abbiano un sapore un poco migliore, come lo hanno molle spe- cie che producono poco. Quando saremo divenuti ricchi di pomi di terra bian- chi, allora penseremo anche alle specie più delicate. La piantagione si farà secondo le località più o me- no fredde dai primi di marzo a tutta la metà di aprile, avuto anche riguardo alla stagione. Pria di piantare i pomi di terra si tagliano per lun- go in quarti, e non mai in fette circolari, in modo che ogni quarto abbia due o tre occhi almeno con la pre- cauzione di esporre per tre o quattro giorni all' aria i pezzi tagliati, perchè si dissecchino dal lato del taglio, e non marciscano nella terra per l'azione delle abbon- danti pioggie , che sopragiungouo talvolta subito dopo la piantagione. Si possono anche piantare con vantaggio i piccoli pomi di terra intieri ; pervenuti al loro punto di ma- turità. La piantagione è preceduta da una nuova zappatura della terra, o da una nuova aratura. Se il luogo è pic- colo, mentre uno, o più zappano il terreno), un altro con una zappa leggiera fa da per lutto dei buchi , in MECCANICHE 123 fondo de' quali si mettono due pezzetti di pomi di ter- ra rivolti con la pelle in su, ovvero un piccolo pomo di terra intiero, bi empiono i detti buclii colla terra levata da prima colla zappa : i buchi saranno profondi quattro once circa, ed i pomi piantati saranno distanti almeno un palmo e mezzo gli uni dagli altri. Il po' più, o il po' meno nelle distanze potrebbe sembrare indif- ferente. Il po' più però fa, clie i pomi di terra diven- tino più numerosi e più grossi , ma bisogna propor- zionare la quantità alla qualità e preparazione della terra. Se il fondo è grande, ed opportuno si lavora coU'a- ratro, come sono per dire. L' aratro fa il suo solco, in fondo al quale, con prestezza si mettono alle indicate distanze i pezzi di pomi di terra. Quando l'aratro tor- na in dietro facendo un altro solco copre i pezzetti dei pomi di terra» che si sono piantati, e così di seguito. Se l'aratro non può affondar bene, e i solchi sono molto vicini , allora si mettono i pomi di terra in un solco sì, e nell'altro nò. Così la terra di mezzo rimane mol- to mobile, e quindi attissima , come vedremo , a rin- calzarli bene. Piantati così i pomi di terra stanno essi o più , o meno a nascere secondo le differenti circostanze della stagione. Volendo letamare il fondo, ciò si fa nell'atto che si la- vora la seconda volta il terreno per piantarvi i pomi di terra. Quando i pomi di terra sono nati , e la pianta ha già un palmo circa di altezza , allora importa moltis- simo di zapparla. Questa operazione ha due oggetti di- stinti, il primo si è quello di rincalzare la pianta, cioè di mettere intorno ad essa , o di alzare longitudinal- mente tutta la quantità possibile di terra mobile , af- finchè essa pianta possa rinvigorirsi, e gettare nume-» rose radici. Il secondo oggetto si è di togliere tutte ì& piante erbose e parassite, che leverebbero la prima nu- trizione ai pomi di terra. «24 Scienze ed arti Quando il pomo di terra ha preso forza, e moitipli- cate si sono le foglie sues allora nessun'altra pianta po- trebbe facilmente più vivere e prosperare. Non avvi cura, che sia meglio pagata, quanto è quella di tenere netti da principio dell'erbe i pomi di terra. Bisogna agire con diligenza affine di non istrappare qualche pian- ta, o di non lacerarne qualche altra. Se il terreno aves- se pochissimo fondo, ed i pomi di terra non potessero essere ben coltivati, allora si piantano i pomi di terra in questo fondo , per esempio sopra una striscia larga quattro palmi , lasciandovi un altra strìscia di egual larghezza , o minore, senza nulla piantarvi. Quando i pomi di terra sono abbastanza grandi per essere rin- calzati, si rincalzano essi con quella terra, che non è slata impiegata nella piantagione, e così si fa diventare un fondo buono quello che prima non lo era. La striscia del fondo, da cui si è levata la terra buo- na diventa come un fossetto , nel quale si ripongono tutti i sassi, che sortono nel lavorar la terra. Per tal via un pezzo di terra non atta che ad un cattivo pa- scolo, e che non produceva nulla, diventa in poco tem- po un fondo atto a produrre non solo pomi di terra, ma qualunque altro utile vegetabile. Dopo così piccole cure, cioè dopo la zappatura, il pomo di terra non domanda altri soccorsi fino al mo- mento della raccolta. Pria di raccogliere i pomi di terra comincia il rac- coho delle foglie per chi ne ha di bisogno. Esso deve farsi dalla metà di agosto fiuo alla metà di ottobre, po- chi giorni prima del tempo in cui deve cominciarsi la raccolta de' pomi di terra. Si> tagliano giornalmente tante foglie quante ne ab- bisognano. Conviene però dire, che sul principio le vac- che , e i buoi non vogliono mangiare tali foglie , ma a poco a poco, sia l'appetito che loro eccita il lungo pqiiodo di ore, nelle quali non si dà loro altro alimen- to, sia che si vadano accoslumaudo all'odore di quelle MECCANICHE 1 25 foglie, elle pria forse loro non piace, cominciano, e con- tinnaiio a mangiarne ogni notte, lasciando indietro sol- tanto i fusti delle piante. Le foglie non si tagliano che all'altezza di un palmo circa sopra terra, onde la radice non soffra ostacolo alla progressione del suo aumento. Il pomo di terra della specie bianca è anche quello , che sopporta senza mi- nimo danno questo taglio delle foglie. Se non vi sono animali , a cui far mangiare le fo- glie, queste rimangono in grande abbondanza sul cam- j)o, e diventano ottimo ingrasso pel campo stesso, tanto brugiandole se sono secche, quanto sotterrandole se so- no marcite. Il seguo sicuro della maturità della pianta, e del mo- mento di raccogliere i pomi di terra si è quello del- l'impassimento delle foglie, e del gambo, e dell'ingial- limento della bocca che porla la semente. La raccolta de' pomi di terra si potrà eseguire se- condo le località, dai primi di settembre sino alla metà di ottobre pria delle pioggie autunnali , poiché giova essenzialmente , che i pomi di terra sieno raccolti in Rlagione asciutta , particolarmente per coloro che non avessero luoghi propri onde lasciarli asciugare alcun poco, e fintantoché la terra umida, che alle radici si ti ova non sia asciugata , e distaccala da esse. Quando il pomo di terra è trailo in tempo asciutto resta mon- do, e non ha bisogno di esser lavato pria di metterlo a cuocere, o pria di darlo a mangiare alle pecore. Se è tratto dalla terra bagnato, poca o molta terra resta attaccata sempre alla sua superficie, ed allora conviene die sia lavato pria di farne uso. Poco già costa anche il lavarlo sempre. E preferibile di far trarre dal terreno tutti i pomi amano, piutloslochè con qualunque altro metodo. Un poco di diligenza basta per farlo senza guastarne alcu- no. La optrazione riuscirà forse un pò più lunga, e più dispendiosa , ma più sicura , e trattandosi poi non 4 126 SCIENZE ED AUTI grandi, ma di piccole estenzioni piantate non si potreb- be far diversamente. L'uomo, o il ragazzo che li strap- pa colia zappa, dee sempre osservare ove esiste il gam- bo della pianta. Allora esso dà il suo colpo di zappa in qualche distanza, e muove tutta quella porzione di terreno, che nasconde i pomi. Molti di questi si veg- gono talvolta alla superficie inverditi dalla luce, e dal- l'aria. Se la porzione , di cui parlo, fosse di terra for- te, o argillosa, allora grande sarebbe la fatica , ed in- certo il successo, ma siccome il pomo di terra va pian- talo di preferenza , come dissi , in terreni leggieri , e mobili; così al primo colpo di zappa si scopre il pre- zioso prodotto. E quanto non alleila il vedere un cam- po, che l'anno prima era quasi affatto sterile , offrire il più abbondante raccolto ! Tlaccolli i pomi di terra si trasportano in un luogo asciutto esposto all' aria , ed al coperto della pioggia. Si lasciano quivi finche sieno bene asciutti , e finche non si tema che il gelo possa attaccarli. Qualunque luogo è buono per questa operazione , quando il fondo sia bene asciutto, l'esposizione ventilata e garentita dal- le acque. * I [)omi di terra asciuUi nel modo indicato di sopra, e mondi da lutte le radici capillari si possono riporre in qualunque stanza, o magazzino, purché il locale sia asciutto, e non mollo freddo. Sarà bene il porli sopra un Icllo di paglia, o foglie secche, ed all'altezza di due o Ire palmi circa. Nello inverno la maggior disgrazia che si abbia a te- mere pe' pomi di terra riposti nei magazzini, o stanze, si è il gelo. INienle però Avvi di più facile a riparare. Se il luogo (j freddo debbono essere copcili con paglia, o foglie sccciie. Se fossero in luogo caldo verso la pri- mavera converrebbe mellerli in luogo lieschissimo, onde l'ilardarne la germinazione, la quale rendorcbbeli mono buoni di prin4a. Se fossero ri[iosli bagnali miìiclrebbe- ì'fi , o gcrmoglicrebbcro in inverno tanto più presto , quanto [«ù W luogo fosse tepido. I MECCANICHE 137 È sempre utile dare qualche occhiata al pomi di terra messi in raagp?ino. Se 1* occhio ne scopre anche alcuno marcio, si leva, afllnchè non guasti gli altri. ARTICOLO TEnzO Raccolta sperabile , e spesa presunta fondata sulla esperienza. In un terreno non concimato, ma ben preparato di una salma di misura legale di qualità mediocre , ma mobile , la raccolta che può aversi regolarmente è di quintali trecentoscssanla ; e siccome la semente neces- saria [jer delta quantità di terra è di quintali diciollo al più , così ho calcolalo il prodotto , alla ragione di venti volle la semente, mettendomi un poco al di sotto di quello, che rapporta il conte Dandolo, cioè le ven- tidne sementi, e meno ancora di quel che dicono altri. I delti quintali trecentosessanta, calcolati a tari cin- que quintale, danno un introito di onze 60. Spose di coltivazione per una salma di terra di mi- sura legale. Per una salma di terra di mediocre qualità, può calcolarsi onze 3. Per aratura si calcola , onze 4- Per piantare e rincalzare i pomi di terra giornate num. 120. calcolate a tari 3, sono onze I3. Per raccogliere e mettere a magazzino i me- desimi, giornate num. i3o di uomini, e ra- gazzi , computati a tari 2. io. l'un per l'al- tro, sono onze io, aS. Per la semente ragionata a tari io quintale, che per quintali 18. che vi abbisognano so- no onze 6. Totale onze trentacinque, e tari venticinque 35. 25« ■128 SCIENZE ED ARTI Il frullato come sopra h onze ses- santa . 60. La spesa è onze . . . . i- ^syaj ^ 35. a5. Resta il netto in onze 24* 5. È maggiore certamente del fruttato di una salma di terra semiuata a frumento, orzo, o legumi. Supponen- dosi che si volesse ingrassare il detto terreno, e vi si spendessero per il detto oggetto onze dieci, e che il raccolto fosse il medesimo , il che per altro è contro lai sperienza che ha mostrato esser poco meno del dop- pio, come ho detto di sopra , allora il fruttato reste- rebbe onze quattordici e tari cinaue ; ma il venturo anno il raccolto del frumento sarebli eccellente, e mollo migliore, che se si fosse preparata la terra colia mag- gese e anche col seminarvi fave. Domando ora se la mente nostra possa concepire co- me vi possa essere un prodotto atto ad alimentare be- nissimo un uomo per una intiera giornata, che non co- sti che un grano il rotolo? e come tuttavia un tal pro- dotto sia trascurato tra noi generalmente? ARTICOLO QUARTO Rapporti tra i pomi di terra e l'uomo. Sì può vivere benissimo parecchi giorni , non man- giando altro in ciascun giorno die un rotolo e mezzo di pomi di terra lessi, e poi tagliati, e scalciati all'in- fretfa in una padella di ferro con una oncia di butirro , di strutto, o di olio, ed un poco di sale. Un uomo robusto , e che fatica ne avrà di bisogno ogni giorno due rotoli, e anche due rotoli e mezzo. Suppongo che i giovanetti in una famiglia ne abbiano a mangiare , uno per l'ali ro, un rotolo e mezzo al giorno. Una vacca di mezzana grandezza con dieci rotoli di pomi di terra per giorno, avvezzata ch'ella si abbia a mangiarli, vi- ve benissimo, e fa molto latte. ^ MECCANICHE 1 29 Tina pecora comune si mantiene benissimo con due rotoli, un porco di mezzana grandezza che si voglia al levare cresce e prospera benissimo con otto rotoli al giorno. Ad una famiglia adunque che foase composta di otto persone adulte, e di quattro ragazzi, e che mm- tenesse una vacca, quattro pecore, ed un porco, baste- rebbero quintali novanta , per assicurare la sussistenza per la metà dell'anno, i quali possono ottenersi da tu- moli quattro di terra della legale misura, e colla spesa di onze nove circa solamente, come ho dimostrato di sopra. Ma questa spesa non va interamente calcolata , perchè parte della stessa famiglia lavorerebbe , senza quasi affatto distraersi da' suoi ordinarli e metodici lavori, i quattro turaoli di terra sopra enunciati. Oltre tutto ciò il contadino si troverebbe ricco di letami , avrebbe a suo profitto la dupplicazione di valore del porco, o avrebbe la lana delle pecore, gli agnelli, e la vacca darebbe bastante latte per fare il formaggio, ed il butirro , conche condire i pomi di terra. Dopo ele- menti così semplici , quante idee consolanti non corrono in mente all'amico dell'umanità! Quattro tumoli di terra della legale misura produr possono tanti beni , e noa avvi chi pensi a generalizzarli? Una centesima parte della superficie della Sicilia presa fra quelle inculte ^ e fra quelle destinate a maggesi, porterebbe eoa una sa- na, e comoda sussistenza la felicità fra migliaia e mi- gliaia di misere famiglie, promuoverebbe un'ampliazio- ne incredibile di animali domestici, di cui disgraziata- mente siamo scarsissimi , darebbe una massa immensa di letami, di cui assolutamente manchiamo, per mettere in maggior valore le nostre terre , aumenterebbe evi- dentemente la nostra popolazione , e migliorerebbe la salute di gran parte della medesima, aggiungerebbe in somma una nuova risorsa al nostro corpo politico. PoSsa quel che ho detto non essere inutile per animare i miei concittadini a mettere in coltura degli sterili fondi ^ mettendoli a pomi di terra » ed impiegare alla detta 10 l30 SàkvtZE ED ARTI utile coltivazione una parte eli quelle terre, che ora si fanno a maggesi , e dove si spende tanto senza rica- varne alcun profitto. Non ho parlato della raccolta della semente, ne della seminazione dei pomi di terra, ne de differenti metodi alti ad ollenerne. JNon sono entrato in particolarità re- lative ai princi[)ì nutritivi ed utili , che compogono i pomi di terra, ne ai molliplici usi che far si possono di questo prodotto, polendosi su di ciò consultare mol- tissimi ottimi scritti , ma spero compilar sui detti og- getti un' altra memoria. Ho creduto soltanto per ora indicare come attualmente si possa trarre un immenso vantaggio da tale coltivazione, impiegando mezzi sem- plici e facili a lutti, ed i più utili , che dar si pos- sono , e generalizzarne così quanto più è possibile la coltivazione. Felice me se potranno le cose dette con- tribuire ad ottenersi il detto risultamento! Dopo lutto quel che ho dello , mi resta soltanto a risponiiere ad una obbiezione che polià l'arsi dai pro- prietari , e fiUuari di terre alla coltivazione de' pomi di terra, cioè che se attualmente il iruuiento, gli altri ce- reali, ed i legumi hanno un così basso prezzo, quando .sarà introdotta la delta coltivazione, saranno a prezzo ancor più vile, e che perciò non conviene afiàlto pro- muovere la della coltivazione, che sarebbe loro di gran danno , anziché di vantaggio. Io però a ciò rispondo, che qualora si ammettesse il principio, che l'aver mi- nor prodotto è cosa utile , non vedo la ragione , per cui non si dovrebbero cercare tulli i mezzi per far re- stare incolta la maggior quantità di terra possibile, af- finchè i prodotti della poca terra seminata avessero un prezzo strabocchevole , e così la Sicilia divenir ric- ca; ma ognun vede a colpo d'occhio, che questo prez- zo allo derivato dalla scarsezza del prodotto, quantun- que arricchirebbe i pochi fortunali , che si trovassero aver seminalo , pure sarebbe la rovina di tulli gli al- tri , che in parie morrebbero di fame , come succede MECCANICHE l3l attualmente quando vi è uno scarso raccolto. La scar- sezza dei prodotti non può portare certamente ricchez- za, ed il prezzo caro, conseguenza della detta scarsezza, è una calamità, e non un vantaggio; cosa di cui ognu- no si persuade senza bisogno di venir dimostrata. Per la stessa ragione il prezzo basso dei prodotti della terra quando è cagionato dall' ubertosità delle raccolte è un Lene per tutti. Quando i pomi di terra venissero dal- l' estero, e si producessero per un mezzo straordinario, arrecherebbero, non vi ha dubbio, un positivo ribasso ne' cereali, che tutto sarebbe a danno della nostra agri- coltura ; ma nascendo nel nostro suolo , non si tratta altro che di acquistarsi da' proprietari, o fittuarì un pro- dotto utile, che ora non hanno senza impiegarvi affatto la terra destinata al frumento, ai cereali, e ai legumi, e perciò, diminuendo di qualche frazione il prezzo dei detti generi, diminuirebbe di qualche cosa il vantaggio, che ricaverebbero dal detto nuovo prodotto, che lascerebbe pero sempre un bastante utile. Al che si aggiunge, che la terra dà certamente più grano l'anno appresso alla piantagione delle palate di quel , che rende quella pre- parata a maggesi con tanto improduttivo disy)endio, co- me di sopra abbiam detto. Nessun poi potrà negarmi elle una volta che sarà introdotta la coltivazione delle patate, non più che in una centesima parte delle terrg della biciha, noi avremo in ogni anno un prodotto tale di esse da nutrire non meno di cinquecentomila abi- tanti, e di un numero immenso di animali, e che in- conseguenza la nostra popolazione si audrà gradatamente ad accrescere del dello numero; il che dovrà produrre certamente un maggior consumo di tutti i cereali ed li temuto ribasso né anche avrà luogo. Sì persuadano 1 possessori di terre, che il grano non potrà, fuori ài qualche slraordinaria circoslanza, aver mai un prezzo pm allo da noi di quel, che costa negli altri paesi e perciò tutta la loro attenzione deve essere rivolta a far eie 11 grano costi loro meno di quel, che costa attuai- l33 SCIENZE ED ARTI mente ; il die puossi ottenere nei seguenti modi. Col- tivando meglio la terra, ricavandone ogni anno un frut- to, e spendendo il meno possibile. Pensino che la Si- cilia era una volta il granaio dell'Italia, che la sua fer- tilità era proverbiale , e che ora dà non più di quel, che danno i paesi i meno favoriti dalla natura , e ciò per la sola ragione, che le terre si coltivano male , o poco bene, e che se qualche volta la natura fa dei pro- digi, questi non sono frequenti, e non bisogna contar- vi, ma bisogna coltivar bene, se si vogliono avere buo- ni raccolti Cenni sul Mays del Barone Saverio Scrofani» JKella lode si h data da S. A. R. alla società eco- nomica di Siracusa , e ad essa meritamente accordata JHT avere proposto nelle passate ristrettezze di viveri di introdurre la coltura delle palate, e del frumentone; ed ammirevolmente benefica è slata la dis])Osizione del Governo, che cento quintali di patate sieno divisi per le sette valli a' più poveri agricoltori per mezzo delle rispettive società economiche-, in fine questo Reale Isti- tuto, priiicipal promotore di tanto bene, ha già riunito i pratici regolamenti alle teorie già conosciute per la pratica coltura di questa pianta, che a ragione chiamasi altrove benedetta. Ben augurata è dunque la speranza di vederla iu breve introdotta, ed accresciuta general- mente. Dopo aver così provveduto a quanto riguarda le pa- tate, e dopo avere con liete voci applaudilo questo Reale Istituto alle paterne cure del Principe, uopo è scendere all'altra pianta proposta da quell'onorevole Società eco- nomica, non molto dissimile per la sua utilità da quella delle pjifale, voglio dire il frumentone. 11 frumentone, ossia il Zea Majs di Linneo , che e conosciuto bea MECCANICHE l33 anche sotto il nome di Melica gran turco ^ Mèlgone, Melica , Miglio, e per sino di gran siciliano, aocor- che oggi appena coltivalo in Sicilia merita un luogo di- stinto tra le piante concesse dal cielo agli uomini per la loro sussistenza; sopra tutto per la parte del popolo, che spesso può trovarsi tra la miseria e la fame : e tanto più merita la provvidenza i nostri sinceri ringra- ziamenti, quanto più la sua coltura è meno difficile di tante altre specie di simili piante, meno dispendiosa, e di maggior profitto. Di questa coltura Ìo parlo appunto in questi brevi cenni senza la vanità di scrittore, e parlo all'agricolto- re, e se fosse d' uopo anche al bracciante , uniforman- domi per quanto posso al loro linguaggio. Ogni terra è buona pel frumentone, ancorché miglio- re sia quella dove possonsi seminare il canape, il lino, e simili: si piace nei terreni umidi, ma i tro()po irri- gui gli sono piuttosto nocevoli, e sino dove il frumento non prospera, vien bene il granone; se con una aratura SI prepara questo terreno in autunno sarà bene meglio, se in gennaro, o marzo, o dopo levate le stoppie del Irumento, o orzo ec. converrebbe allora zappare , non lavorare il terreno , perchè svelto il frumentone egre- giamente semina il frumento, la fava, l'orzo, ec. Con- viene per altro che in ogni modo la terra sia prepara- ta, e letamala, ne si semini il granone senza essere ben erpicata netta, e pulita di ogn erba parasita: circ(«tau2a essenzialissima alla buona riuscita del granone. Non vuoi esso terre ombreggiate, ed ama il caldo. Le terre s'ingrassano in qualunque modo si vogliano, ma 11 letame di stalla è il migliore, ed anco il più fre- sco: Il seme o si sparge come il frumento, ovvero co- me SI dice a buca, vale a dire si fanno porche a sol- clii tirati a filo, e si letamano o intero, o egualmente a buca: vale a dire lungo il solco si fauno buchi di due dita circa di profondità sei, in sette palmi, la di- stanza delle file, e quattro di una pianta all'altra seco»- 1-34 SCIENZE ED ARTI do il valore delle tene: si versa in ogni buca dappri^ ma un pugno di buon letame, e si mettono nel fondo due, o tre , o quattro grani di frumentone , si cuopre la buca, e si rincalza il terreno. Ne' luoghi caldi si se- mina più presto, che ne' freddi; negli asciutti si antici- pa ; comunque sia giova sempre seminare un pò fitto, perchè spuntando le pianticelle , si svellono le più de- boli, e si lasciano le più robuste. Il grano da seminare deve cavarsi dalle più nutrite j)annocchie scelte a quest' uso , i grani macchiati non servono al seminerio. Se in questo tempo accade qual- che freddo, o altro eccedente di piogge dirotte, e se si jiuò riseminare, ancorché più si gelano le foglie, più s'interna la loro radice che è pernale; utile in altri paesi «ì W piantonai o^ strumento cosi detto per piantare, ma >jon è buono tra noi, dove comincia questa coltivazio- «le, e dove lo zappare, il lavorare, e il letamare a bu- chi, è preferibile a tult'altro metodo. Il granone è di molte qualità: ve ne ha del bianco, del giallo, del nero, del losso, le due prime sono da scegliersi a preferenza: il bianco rende una farina insipida; il nero sarebbe tra Jioi piuttosto pianta da foraggio: la sjiecie più comune che si coltiva nel Piemonte, e in Lombardia, nello stato Veneto , in Toscana e il giallo : di questo istesso ve ne ha di più sorti. Vi è quello che chiamano cinquan- tino^ o Zea biniesiris^ il quarantino cioè a dire, che in quaranta, o cinquanta giorni si semina, e si raccoglie, ma ciò non si verifica , avendo in generale bisogno di <:irca tre, e più mesi; da poiché il priniaticcio si semina di ordinario circa li 20 di maggio, e si raccoglie circa li 20 di agosto, il comune sino a' 10 a' i5 di settembre. Nei terreni ben lavorati in inverno la raccolta si anticipa, '! così pure dove si può il terreno irrigare, ma l'irriga- zione si faccia due, o tre volte; e nei tempi assai cai-; di. In taluni paesi , e in terreni feililissimi si può il primaticcio seminare in marzo, e in aprile, ed ottenere due raccolte in uà anno : ma questo metodo domanda MECCANICHE l35 mollo concime, e non è certo da seguitarsi tra noi. I nuovi germogli spuntano facilmente, allora convien net- tarli dell' erbe cattive , si tolgono come si è detto , le pianticelle deboli, e si rincalza la terra delle altre, per- chè le radici del granone quanto più sprofondano, tanto più riesce vigoroso. Vi sono pianticelle , che nascono storte che vai meglio estirpare , che chi è nato zoppo non si raddrizza mai. Le prime foglie bastano a nu- trire il bestiame , che n'è ghiotto. Alzate le pianticelle quando sono già di tre foglie, si fa il primo lavoro con la zappa, un secondo dopo un tempo proporzionato; l'ul- timo quando comincia a formarsi il grano : terminata la fioritura si tosano le cime , si raccolgono e si spo- gliano. La raccolta del frumentone avrà luogo allorché le foglie ingialliscono, che il grano è lucente, e duro, e nel più bel tempo possibile : il grano cavalo dalle pannocchie si tiene iper pochi giorni al sole per farlo seccare, e si conserva in luogo asciutto. Tutto è utile in questa pianta, e si comincia dal ren- der fruttifero il terreno, che si frammezza fra i solchi , in questo appunto possono piantarsi le tospe, i faggiuo- li, ed altri simili legumi, che servono, non che a dare una seconda raccolta , ma bea anche a fecondare con le loro radici e foglie la terra per l' anno avvenire, e a riparare intanto dal caldo solare le piante del grano- ne. La farina del granone è conosciuta sotto nome di polenta per essere un cibo nutritivo e sacro per gli uomini; giacche molti milioni se ne cibano oggi giorno di preferenza. Essa ha dippiù il pregio di potersi con- dire in qualunque modo si voglia, col latte, col burro, con la carne, col pesce, con lo strutto, con l'olio, e i bambini , e vecchi , e le donne nelle campagne di- ventano più robusti ; inoltre gli uccelli , le galline , le oche, le anitre , i porci, ne mangiano avidamente il gra- no, e se ne ingrassano. Le foglie, come si è osservato, sono un ottimo cibo per nutrire il bestiame o verdi , o secche, e queste ultime conservate in inverno, valgono j36 scienze ed arti * meglio di qualunque altra paglia: i culmi stessi del gran turco tolto il grano , servono di alimento al bestiame. Finalmente un ultimo beneficio di questa utilissima pian- ta (e forse il principale) si è quello, che il terreno do- ve si è semininato il granone, non ha bisogno di ulte- riore ingrasso per le seguenti seminagioni dell' orzo ^ frumento, ec. Tanto resta fertilizzato dalla coltura data al frumentone dalle spoglie del medesimo restate nelU terra, e delle allie piante che l'accompagnano. Sessioni del R. Istituto Tornata ordinaria avuta addì i5 febbraio i834 ideila quale primieramente dal socio ordinario e se- gretario generale venne letto il verbal processo delle cose discorse e deliberate nella precedente ordinaria tor- nala, quindi una riverita ministeriale del Governo che sotto la data de' 6. dell'anzidetto mese ne rimetteva una nehiesta di privativa per anni quindici fatta da un co- tal signor Pietro D' Angelo Schettini per un nuovo processo da liquefare i zolfi senza combustibile, e con sommo vantaggio dell' agricoltura e della salute degli uomini. Ed il Reale Istituto ciò rimesse al comitato già ptr li ztlfi eletto Altra dello slesso giorno portante una supplica del signor Pasquale Andreoli che desidera eseguire in Pa- leruio un nuovo sperimento sul moto verticale delle macchino areoslatiche chiedendo di averne approntali i uiczzi dalle spese, che il comune suol fare nelle fe- ste di S. Rosolia, con doverli compensare col profitto che j>u ne ritrarrebbe. Un comitato però venne eletto com- posto de' socj sig. INlalvica marchese Gallidoro, Abate Ga- s.iuo, Duca di Scrrudi falco. Altra riverita ministeriale de' io del cemialo me- MECCANICHE . *^7 se ne partecipava la reale decisione di S. A. il Luo- gotenente di S. M. di riunire in unico giornale sotto la immediata garanzia del Governo quello delle Effeme- ridi scientifiche^ e letterarie perla Sicilia^ e l'altro da noi proposto de' lavori del Reale Istituto e delle eco- nomiche, Società; dando per fondi di esso Giornale unito le associazioni dei comuni di due mille anime in sopra; dovendo in due partirsi, comprendente esso giornale , la parte prima officiale, i lavori del Reale Istituto, e la parte seconda, scienze e lettere; poi tutte quelle par- ticolarità nella slessa ministeriale descritte, e la quale venne stabilito di communicarsi a tutti coloro cui sa- rebbe slato conijjetenle , e specialmente alle Società e- conomiclie eCommessioui coujunali, che mandar deb- bono al Reale Istitnlo i loro lavori. Altra de' 13. dello stesso mese partecipava un reale rescritto dato in 'Napoli a' 25 del passato gennaro, coti che S. M. decretò the il soldo del segretario generale di questo Reale Istituto dallo stato attuale di ony 6. 20, venisse aumentato ad onze dieci j)er ogni mese, quello del vice-segretario e de' due segretarj di classe ad on- ze quattro per ciascheduno, quello dei commessi delle classi ad onze tre pei^ uno, e del commesso del segre- tario generale ad onze tre e tari dieci , quello dell' u- sciere ad onze 2. 20, e quello del barandiere ad onze due, prescrivendo lo stesso Reale rescritto da quai fondi del Reale Istituto resta prelevato il detto aumento. Il che venne risoli.to di legalmente comunicarsi. Altra de' i3 poi permetteva a D. Antonio Catania , confermemenle al nostro precedente rapporto, d'immettere in quest' Isola un cayallo"^ arabo per miglioramento di razza. Altra dello stesso giorno ne trasmetteva una supplica del nostro vicesegretario D. Girolamo Dotto portante una sua memoria sulla natura ed usi del minerale trovato in Salem i, e chiedente per questo suo lavoro uu com- l38 SCIENZE ED ARTI penso. Ed il Reale Istituto nominò a tal' uopo una com- ìuissione de' socj Barone Bivona , Gasano , Grohuman, e Caruso perchè col parere riferisca. Con altra ministeriale ancor dello stesso giorno ne re- spingeva il Governo un rapporto precedente sovra una dimanda degli eredi dell'arciprete Lopresti per lo brucia- mento de' lor zolfi fino a tutto febbraro , commettendo di riferire se cotal prolungato bruciamento possa in quei luoghi tornar di verace nocumento, o nò all'agricoltura, e facendone per questo rapporto la massima premura. Il Reale Istituto deliberava però, che si dovesse al pro- posito far l'applicazione dei principj e regolamenti fissati ed approvali in questa stessa tornata per lo bruciamento dello zolfo ad aria aperta , acciò formasse il sollecito rapporto di riscontro al venerato comando del Governo. Si venne conseguentemente dal direttore di civil classe, sig. D. Ferdinando Malvica, alla lettura del cennato progetto di regolamenti per la combustione dello zolfo ad aria aperta, già per la terza volta lavorato dalla com- missione e redatto. Viva discussione e ragionala ebbe ogni articolo, sovra che rimasero ad unanimità finalmente i socj. (i) Confermati i detti articoli, a mozione del nostro socio signor Ingham venne deliberato, che egli di conserva col detto relatore avessero a farvi i conside- randi,e quindi sovra essi si abbia a compilare il diffinitivo rapporto , perchè alla fine resti soddisfatto il comando di S. A. R. pervenutoci su questa materia il primo giorno della fondazione del Reale Istituto. Vennero appresso di ciò proposti dal nostro vice-presidente per nostri soci onorari i seguenti signori Barone Calafato, Barone Giacouia segretario perpetuo della camera con- ..' (0 Eccetto il socio segretario generale, clie riputò sempre superfluo il I. articolo; e dissetili uj^nalrrienle dal 7. prescrivente che dall'abi- tato due iTiiplia dehban passare, e clic per aliilato deliba intcnib'rsi una riùiiìnne in sopra di 200 persone , opinando il detto socio di doversi sol Le fettucce eli colore ondate all'uso di Francia di tutte grandezze anche si vendono con molto guadagno. Diversi altri generi. Il sapone bianco duro, le paste con zaffiirano, le mandorle dolci^ quelle amare, l'olio di lino, le noci, le nocciuolc, le ulive salate, l'uva passa, le cantaridi, la colla di pesce, la semenza di lino, la manna, le scarpe per uomo forti e larghe, dette di seta per donne, i montoni coloriti di Castellammare, lo spago lavorato all'uso inglese, le candele di sego, la potassa sono ge- neri che si vendono con grande utile. E da osservarsi che il carico deve essere assortito di tutti i suddetti generi per vendersi eoa facilità e vantaggio, diversamente il risultato è dubbio, e la ven- dita è lenta. Un carico fatto per Rio- Janeiro darebbe della per- dita a Pernabuco, Bahia, e Rio-Grande, ed uno diretto per queste provincia presenterebbe de' cattivi risultali nella capitale. Un ramo di commercio anche interessante sono i grani per essere un articolo di gran consumo, e spesso mancano nei mercati. Si potrebbero portare in botti ed in barili. Questo trafllco si fa ora quasi esclusivamente dagli Americani del nord. Pernabuco. La città di Pernabuco, o Fernabuco, si trova 8 gradi, 4 minuti, e 7 secondi di latitudine sud, e 3'^ gl'adi, 12 minuti, e Sq secondi di longitudine ovest. Il primo oggetto che colpisce roci;hio del viaggia- tore arrivando in Pernabuco, è la scogliera che fian- cheggia la rada , la quale si prolunga circa 120 mi- glia , come se la natura l' avesse espressamente messa per custodire un giorno la città che si doveva fabbri- care di rimpelto ad essa, per difenderla dal furore de- gli uomini e degli elementi. Questi scogli formano una linea assolutamente di- ritta i nella bassa marea sortono sette ad otto palmi IO 1^6 SCIENZE ED ARTI fuori racfjiia, e non ostante che sembrano in qualche parte da poter lasciare il passaggio libero , bisogna guardarsi dal passarvi, perchè vi è sempre la conti- nuazione di essi, e solamente la superficie differisce. Quello che sorprende ugualmente l'osservatore è la presenza dei negri pescatori che si allontanano dalla costa trenta e quaranta miglia sopra quattro semplici travi legati alla estremità, o inchiodati con due traverse, alle quali adattano una vela, e così equipaggiati affron- tano il pericolo con un sangue freddo, che sconcerta l'immaginazione dellEuropeo. Il commercio è bastantemente attivo, ed il consumo locale può essere considerato assai importante per rap- porto alla sua popolazione, ma i generi di lusso non trovano una facile vendita per esservi pochi bianchi. I prodotti di Pernabuco sono il cotone, lo zucchero, il calle ed il tabacco in quantità bastantemente consi- derevoli, l'indaco, il riso, l'ipecaquana e l'anisi, ma la coltura di questi vegetabili essendo ancora nella sua infanzia , ve ne sono perciò piccole quantità. La rac- colta del cotone è la più considerevole, ed il cotone di Pernabuco è reputato in Europa il migliore che j^ro- ducono le terre sotto la zona torrida; e per questo non è dillicile di vedere de' bastimenti che vendono i loro carichi a Rio-Jaueiro, ritornare in Pernabuco a pren- dere il carico di ritorno in cotone. Si trova del legno conosciuto nel commercio sotto il nome di legno del Brasile , ma la sua quantità è in- feriore a quella di Rio-Janeiro, e soprattutto a quella di Ilio-Grande. Vi è una differenza del 5 al io per loo tra i cuoi di Pernabuco e Rio-Janeiro , e del 4 ^1 7 t'^ questi ultimi e quelli di Rio-Grande. I cuoi di Buenos Ayies però sono i migliori di tutti. La dogana di Pernabuco non è rigoroiia ; non vi ù boiba. MECCANICHE IJ^'J Bahia. Bahia è situala i8 gradi, 58 minuti, e 23 secondi di latitudine sud, e 4^ gradi e 5i minuti di longitudine ovest. Questa città altra volta capitale del Brasile col nome di S. Salvatore, è più grande, meglio fabbricata, ed è più importante di Pernabuco e delle altre provincie. La proporzione de' negri con i bianchi è meno nu- merosa di questa ultima città. L'ancoraggio de' bastimenti di commercio è dentro della linea che unisce il forte di Mar alla punta di Monferrate, e nello entrare della baja devesi evitare il basso fondo che i pratici del paese dicono di essere 220 passi ovest, un quarto nord ovest dal forte di Mar so- pra del quale non si trovano che tre braccia e | di acqua nella bassa marea. Il miglior luogo per ancorare è a traverso dell'obe- lisco del passeggio pubblico. La baja di Bahia, che chiamano baja di tutti i santi, forma un golfo di novanta miglia di circuito. Si entra senza pilota. Sulla costa orientale della entrata principale, la terra s'innalza come un anfiteatro, e da lontano si distin- gono le città, bassa ed alta; a quest'ultima fabbricata sopra un terreno ineguale vi si arriva salendo per circa 10 minuti. Gli alberi di cocco, di aranci e banani, che circondano e separano le abitazioni, offrono un fre- sco ed una verdura continuata degni d' incantare l'oc- chio dello ammiratore il più insensibile delle bellezze della natura , e da una certa distanza si direbbe che alberi sì belli e maestosi sono piantati sopra i tetti delle case. La città bassa è sporca, fetida, piena d'immondezze, le strade strettissime, pessimamente lastricate, ed un cat- tivo odore in un paese cosi vicino alla linea, ed è straor- dinario come non esercita una grande influenza sopra la salute degli abitanti. l48 SCIENZE ED ARTI Nella città alta , dove abitano tutte le autorità , i principali del paese, ed i negozianti esteri, le strade sono grandi, vi sono delle belle case, e vi regna molt» pulizia. I prodotti diBaliia sono gli stessi che quelli di Perna- buco in minor quantità, eccettuato lo zucchero. La qua- lità de' cotoni è inferiore, ma il commercio e più im- portante, ed i generi di lusso trovano più facile smercio. La dogana è più severa di quella di Pernabuco, la borsa è moderna, e si entra col cappello ia mano ia questi due stabilimenti. Rio-Janeiro, Rio-Janeiro è a 23 gradi, 56 minuti, e 8 secondi di latitudine sud, ed a 45 gradi, 34 minuti, e 4^ secondi di longitudine ovest. La baja di questa capitale tocca il gigantesco, e l'am- miraglio Eoussiu crede che non esista nel mondo una simile. Essa si prolunga su de' diametri di io e 12 miglia in diverse direzioni fra montagne di una eleva- zione maestosa, coperte tutto l'anno delia più ricca ver- dura, e piene di villaggi. II jxnssaggio più frequentato per entrare nella baja è tra il forte di S. Cruz ed il forte La gè, mentre la variazione probabile dei venti sotto il Pane di fuoco, e le altre terre vicine, alle falde delle quali bisogne- rebbe passare l'irregolarità delle correnti, ed il fondo degli scogli, dove l'ancora si romperebbe se bisognasse dar fondo, rendono questo jìassaggio se non impratica- bile almeno pericolosissimo. Dal traverso di 4oo passi all'ovest del forte S. Cruz, il cammino dritto per andare all'ancoraggio vicino i ba- stimenti di guerra è al nord 35 gradi ovest, sino a tanto che non si arriva all'est nord est del forte Vil- lagugnon , a 400 passi dal quale si passa senza peri- colo. Da questo punto si dirigge so])ra l'isola del Ba- tos, e arrivato avanti alla città si scioglie l'ancoraggio, beninteso di non iscoprirc il pane di zucchero all'ovest del forte Yillaguguou. Si entra scuzu piloto. MECCANICHE l49 L'attività che ofTie il commercio, il gran nmiiero di forestieri che abitano questa capitale, il movimento straordinario della entrata e sortita dei bastimenti mer* cantili di tutte le nazioni, l'aspetto di una dogana im- mensa, dove vi sono delle quantità sorprendenti di mer- canzie che compariscono e scompariscono immediatamen- te, offrono nello insieme una idea positiva del gran com- mercio di questa piazza. I prodotti di questa provincia sono il caffè, lo zuc- chero ed i cuoi. Il caffè si considera in Europa come la miglior qualità del Brasile. Non si crederebbe che non vi è borsa. Bio-Grande. II bastimento arrivato all'altura di 33 gradi e io minuti di latitudine sud, ha terminato il suo viaggio, deve mettere la prora a terra per iscoprire la torre, la bussola non regola più , ma collo scandaglio che deve avere il sego bisogna scandagliare ogni quarto di ora per lo meno; arrivato ad otto braccia di acqua, e fa- cendo conoscere lo scandaglio che il fondo è di fango, non vi ha dubbio che si è alla vicinanza della torre , ed è prudenza di non arrivare a sei braccia; scopren- dola, si avvicina portando sull'albero maestro il segno dell'acqua che pesca il bastimento ; subitochè la torre scopre il bastimento alza una bandiera rossa dal lato del quale si deve entrare nella barra, questa bandiera denota nel medesimo tempo che si può continuare ad avvicinarsi per esservi acqua suflicicnte sul banco, quan- do la torre si e assicurata dei palmi di acqua che il bastimento pesca, se il banco tiene tanta acqua ripete subito lo stesso segno del bastimento , in caso con- trario abbassa la bandiera, e si deve immediatamente .tirare di bordo , e bordeggiare aspettando il segnale della torre. Subito fatto il segnale dalla torre per es- servi l'acqua, una lancia col pratico della barra va sul h^iico, e ripete il medesimo segnale che porta il ba- stimento, e che tiene la torre, allora si deve mettere l50 SCIENZE ED ARTI la prora direttamenle alla lancia, facendo molta atten- zione a' segnali della stessa, i quali diriggono il basti- mento; e se allo improvviso abbassa i segnali bisogna subito virare di bordo, perchè è segno che 1' acqua è mancante, e come si è detto bisogna essere molto at- tenti tanto a' segnali della lancia che della torre. L'entrata della barra l'inverno è al sud, e la slate al nord, la sua larghezza è di 35 a ^G braccia, e i mi- gliori bastimenti per questo porto sono quelli che pe- scano la palmi d'acqua. Passata la barra si domanda il pilota mettendo il segnale di uso , dalla barra alla imboccatura del lago dello dos laioSj dov'è Rio-Grande, ed alla parte op- posta San Jozè vi sono nove miglia , ed è il luogo dello ancoraggio de' bastimenti. La capitale di qupsta provincia è situala alla estremità del suddetto lago; chiamasi Porto-allegro, ed è lontana 180 miglia dalle città di Rio- Grande e San Jozè. La navigazione nello interno del lago è pericolo.-^a per i ba- stimenti di grande portata. 1 prodotti di questa provincia sono i cuoi, che sono i migliori del Brasile, setole, sego e carne secca. Il commercio può considerarsi uguale a quello di Perna- buco. La dogana è meno rigorosa di Rio-Janeiro. Non vi è borsa. Dogana. Le mercanzie sono soggette al pagamento del dritto del i5 per 5 preso non sopra il valore degli articoli dietro fattura, ma sopra l'apprezzo della larifTa di do- gana, per cui spesso avviene, che si paga molto più del i5 per |. JR eclamo. Quando la mercanzia è ancora in dogana, e che la spedizione non è siala ancora notata sul gran libro, si può ricorrere al console, o vice-console, ptr reclamare contro degli abusi, e delle vessazioni di dogana so^'ra citali, e qualche volta è sufficiente di fare una petizione al giudice della dogana. I I MECCANICHE i5j Della spedizione. Essendo la mercanzia salila nella gran sala di aper- tura, sala dove si verifica per ispedirsi, bisogna presen- tare un cosi detto recriinento al gran giudice, doman- dandogli di ottenere la uscita di tale cassa contenente tale mercanzia, dandogli il dettaglio della fattura, e facen- dogli conoscere le marche, i numeri, il nome del ba- stimento, quello del capitano, il giorno della sua en- trata, il giorno ch'è stato scaricato in dogana, il nome àeì proprietario della mercanzia, o quello del conse- l gnatario, ed in fine il porto donde viene il bastimento. Secondo il numero delle casse si deve dividere la spedizione in due, tre, quattro, o cinque parti per avere altrettanti così delti tejlor, acciò la verifica si faccia prontamente. Però è utile di osservare che questo modo di verifica è il più speditivo, ma spesso non è il più sicuro, col medesimo per essere spedito senza ritardo SI rischia di essere ingannati, coU'altro, che fa perdere un poco di tempo si è più sicuri della spedizione. Se Il sopraccarico, o capitano, saranno raccomandati ad una casa, di cui conoscono la morale, potranno servirsi del mezzo più celere, altrimenti si servano nel modo più iungo, ma più sicuro. Per le mercanzie avariate bisogna dare subito una petizione al gran giudice per ottenere una diminuzione su 1 dritti, come ancoia per le botti, barili, o botti- glie che sono vuote o rotte, sortendo dal bastimento. In questo ultimo caso non è più nelle facoltà del gran giudice ma dell'amministratore c/e estl^^a ai quale bi- sogna dirigere 1 reclami, e quaudo gl'impiegati non tanno dritto alla domanda bisogna dirigersi al console o vice-console. Lo spedizioniere ordinariamente è un uomo, la di cui probità deve considerarsi dubbiosa, onde bisogna avere gli occhi bene ajocrti sopra di lui, e bndare di non far aprire le casse, che una per una; farsi dare il dettaglio della valutazione fatta dal tejlor di ogni cassa "153 SCIENZE ED ARTI per vedere se vi è qualche articolo, clie sembri esor- bitante nella suddetta stima , perchè in quest' ultimo caso si possono fare le necessarie osservazioni e reclami sino a tanto che la spedizione non è stata ancora pre- sentata, poiché dopo adempita questa formalità, qua- lunque domanda è considerata come non fatta, e niente può ottenersi. Non credo conveniente di far conoscere tutte le scal- trezze improbe degli spedizionieri, debbo però prevenire che esistono degli abusi. Della Estiva. 1 vini, i liquidi, ed i commestibili si mettono in generale in un vasto locale vicino alla dogana, che i Brasiliani chiamano la Estiva^ e là stesso bisogna cer- care di vendere. I vini valgono il i5 jier §, <;d anche il 20 per I di più che nei magazzini, perchè i com- pratori sono sicuri di averli, sortendo dal bastimento, esenti di acqua e di campeggio. I Portoghesi non com- prano clie alla Estiva. Proibizioni. In materia di mercanzie a nessuna è proibita l'en- trata nella dogana del Brasile, le armi solamente sono soggette ad alcune formalità. Origine delle mercanzie e dritto del i5 per |. Le mercanzie non pagano che il i5 per % dietro la tanfìà, come sopra si è detto. Per gli articoli, che non figurano in questa tariffa il negoziante ha la facoltà di pagare il i5 per % sul proprio apprezzo, ma se la do- gana vede che la valutazione è al di sotlo del prezzo reale, ha il dritto d'impadronirsi della mcicaiizia, pa- gando le sjìese di entrata, e dando il io per % di pre- mio al negoziante, al di sopra di quello, che egli me- desimo ha stimato, e quantunque questa facoltà sia pie- ij;:mente illusoria non bisogna approfittarsene che mo- deratamente. Marcile e fettucce. Bisogna, se è possibile, evitare un gran numero di MECCANICHE l53 tnarclie sopra le casse, balle , botti , barili , e perchè quante ve ne sono, tante patacche (tre carlini napoli- tani, o tari tre siciliani) si pagano al di più del i5 per |. È ugualmente importante di non far mettere le fcltuccie ai panieri, che contengono vasi di olio o altro, ed ai sacchi, perchè per ognuna si paga una pa- tacca. I Del Qiiardamor^ e del tejlor. Il Quarda-mor è quello che può tutto durante il tempo che il bastimeuto è in rada. Il tejlor è nel- lo slesso caso quando "la mercanzia è entrata in dosana, e questo ultimo stima la mercanzia colla tariffa, e col carado (misura) alla mano, per cui è importante di farselo amico. Il resto degl' ioipiegali devono essere trattati duramente, essendo tante mani, dalle quali bi- so;;na dillidare, perchè tentano d'involare qualunque og- getto possono, e sorprendendoli sul fatto, non lasciano di dire, che lo portavano all'apprezzo. Abusi da coniare. Se il tejlor è ingiusto, che valuta le mercanzie più care, o che le comprende in una classe jiiù onerosa, di quel che lo sono realmente, si ha il dritto di ap- jjcllarsi al doge, o sindaco, della tavola dei tejlor; non làcendo questi la giustizia, si devono dirigere al gran giudice, infine al ministro della dogana, se il gran giudice non cura il reclamo. Diritti. Il bastimento paga i diritti sopra i commestibili, che restano a bordo, al momento che ha dichiarato in dogana, quantevolte eccedono il regolare per la prov- vista del bastimento. Entrata in rada. Il bastimento entrando in uno de' porti del Brasile bisogna che innalzi la sua bandiera nazionale, e deve aspettare fuori de' forti, fino a tanto che la polizia, la sanità, e la dogana labbiano visitato, e se si avan- zasse in rada prima di avere adempito a queste ior- l54 SCIENZE ED ARTI malità il forte tirerebbe sopra di lui, ed ogni colpo di cannone dovrebbe pagarsi dal capitano. I bastimenti scaricano regolarmente ognuno per turno , e secondo il giorno che arrivano. Sortita dal porto. Se un capitano volesse uscire dal porto senza essere in regola colla polizia e colla dogana , o senza avere tutte le sue carte, potrebbero risultarne degli avveni- menti dispiacevoli per il bastimento , ed i forti tire- rebbero sopra di lui. Ancoraggio. L'ancoraggio di un bastimento è di io reis al giorno per tonnellata per lo spazio di 5o giorni, più lOO reis a tonnellata per una sol volta per dritto di lanterna. Le S])ese della dichiarazione in dogana , spedizione , entrata, e visite dell'aulorilà si elevano da i5o a aSo ducati napolitani secondo il porto, e secondo si è più o meno ben regolato il sopraccarico, o capitano. Riesportazione. Se una mercanzia offre tro])pa perdita per venderla nel Brasile, e che si voglia riportare altrove, se tut- tora non è spedila, bisogna pagare il 2 per § di do- gana, e i4 mila reis, tanto sopra un carico intero, che per qualunque piccolo volume, ma una volta notata sul gran libro, bisogna che la mercanzia si consumi nello Impero. Questa disposizione si osserva rigorosa- mente. Del manifesto. Bisogna che il manifesto sia identico colle fatture e riconoscimento per le marche minori, diversamente il ca])itano prova de' ritardi e delle dillicollà estremamente j)regiudizievoli; bisogna ancora che sia firmato dal con- sole brasiliano dei porto, dal quale parte il bastimen- to , qualora ve ne esista. Il manifesto deve essere in- viato alla dogana, dodici ore dopo l'entrata del basti- mento. MECCAmCBE l55 Cabotaggio. I bastimenti esteri non possono fare il cabotaggio nei diversi porti del Brasile. Per trasportarsi la mercan- zia da un porto ad un altro bisogna ch'essn sia cari- cala su' bastimenti brasiliani. Ma però quasi sempre avviene che se la mercanzia è ancora in dogana, e che non si è ancora pagato il dritto, si ottenga dal governo di potere trasportare collo stesso bastimento la mer- canzia in un altro porto del Brasile , e qualche volta il cambiamento del bastimento non è un ostacolo. Sì possono spedile le mercanzie per mezzo di basti- menti brasiliani da un porto all'altro, ma bisogna avere la cura di fersi dare le cartes de paga (ricevute del pagamento de' dritti) altrimenti si pagano la seconda volta. Sequestro di mercanzie. Bisogna un'attività, una intelligenza, ed una fermezza negli afiàri per ottenere qualche favore dalla dogana. La più piccola imprudenza può compromettere n«^llo stesso tempo una operazione, un capitano, ed un soprac- carico. Subito fatta la compra di una mercanzia di espor- tazione, che si vuole caricare sopra un bastimento, bi- sogna andare al consolato., officio di dogana, per la u- scita delle mercanzie; dichiararne il peso, la qualità, il nome di chi carica , e quello del bastimento per ot- tenere così un biglietto di accompagnamento, e senza Cjuesto biglietto , il quale prova che il ricevitore ha percepito i dritti, possono sequestrare, le mercanzie an- che se fossero nella baja. Giova osservare che quanto meno si dichiara il peso, meno dritto si paga, ma non bisogna abusare della fi- ducia che accorda la dogana. Bisogna essere modera- tissimo per non essere vittima della propria imprudenza. Dritto dell'uno per 5. Dietro l'abolizione del piombo si è imposto il dritto dcH'uno per § per tutte le mercanzie oltre del i5 per %> l56 SCIENZE ED ARTI Diritti di partenza ossia di esportazione. I caffè che escono dal Brasile pagano un dritto di sortita del 9 per | sopra la esportazione fatta dalla do- gana, e pili 200 reis per arrobe^ per dritto di con- solato. Se però la valutazione deìVarrobe di caffè è più di 4oo reis, allora questo genere entra nella classe delle altre derrate, ed i dritti non si percepiscono che alla Jagjone del 2 per §. Se il caffè che si carica è stato raccolto in terre lontane, la dogana esige di meno per la esportazione in considerazione delle spese di trasporto, che ha dovuto pagare il proprietario. Lo zucchero, il cotone, gli anisi, i cuoi, il riso, l'indaco, il crino, l'ipe- caquana, ed il tabacco pagano de' dritti quasi insigni- lìcanli, ma sempre il 2 per ~ di consolato sopra la stima della tariffa settimanile, ossia eddomodaria. MetaUi e diamanti. II rame, l'argento, e l'oro marcati colle armi del Brasile non possono uscire dall'Impero, come anche i diamanti e la polvere di oro, ma questa disposizione non riguarda le monete di oro e di argento estero. Tutta la moneta del Brasile trovata a bordo di un ba- stimento, che sta per partire per Europa è soggetta ad essere sequestrata. Del dritto di reclamo contro la dogana e lo spe- dizioniere. Il sopraccarico, o ca23Ìtano effettuando la spedizione avrà la cura andando in Dogana di essere munito delle sue fatture per fare costare l'identità del contenuto di ogni cassa ; se alla porta di uscita (porta dove si fa l'ultima verifica dalla dogana) si accorgesse di qual- che mancanza di mercanzie, può far cessare l'opera- zione, esibendo la Iattura ed il certificato d' ideatila, e reclamare al gran giudice il valore, o il rimpiazzo degli oggetti mancanti. Dopo che la mercanzia ha pas- sato l'ultima porta, e che è stata scritta sul libro di uscita ogni reclamo è nullo. MECCANICHE l5j Passaporto. Per evitare eli pagare ao ducati per il passaporto della polizia brasiliana, il sopraccarico dovrà farsi iscri- vere sul ruolo, come facendo parte dello equipaggio del bastimento, nel quale s'imbarca. j4 per tura e chiusa della dogana. La dogana di Rio-Janeiro, e quelle di Bahia, Per- nabuco, e Rio -grande si aprono alle ore 9 di Francia, e si chiudono alle ore due dopo mezzo giorno. I soli giorni di festa non si aprono. Tutte le domande e re- clami devono essere in lingua portoghese. Usi e località. Tutte le scritture al Brasile sono stabilite in rels. Non vi sono agenti di cambio in ninna delle piazze del Brasile. La mezzania nelle compre e vendite di derrate si paga \ per | quella degli articoli di lusso varia secondo la im2)ortanza del negozio. L'interesse del denaro è regolarmente del io al i5 per % per anno. Le cambiali , riconoscenze , ed altre carte di questo genere non sono bollate. I dritti di dogana si pagano nello stesso momento della uscita delle mercanzie dalla gran sala di apertura, di cui abbiamo parlato. In un primo viaggio vai meglio pagare una commessione con consegna , che esporsi a tutte le ri- tualità della dogana , nelle quali una minima svista può portare terribili conseguenze. Non esiste un corso fìsso positivo di prezzi ne' porti del Brasile, come in Europa, ma dipende dall'attività ed intelligenza degl'individui, che contribuiscono a fis- sare il prezzo delle mercanzie. Spesse volte si guada- gna sopra di un articolo , sul quale si è varie volte IJorduto per incapacità, o mancanza di esperienza. La peisona , che sarà incaricata di vendere non deve di- menticarsi che la prima offerta di un Portoghese , o Brasiliano , è sempre la migliore. L'Europeo che ar- riva la prima volta nel Brasile difficilmente si adatta a questo modo di contrattare tutto nuovo per lui. Coiu- l58 SCIENZE ED ARTI piando 11 caffè bisogna esaminare i sacchi internamente nelle du<3 estremità , e per evitare la frode è necessa- rio ugualmente ritrovarsi a bordo del bastimento nel momento che arriva la mercanzia , per fare alla me- desima l'ultima visita, che deve essere rigorosa. La pre- senza ddl capitano è indispensabile a bordo nel mo- mento di caricare, e se i marinai perdono, o dimen- ticano il biglietto del ricevitore , le derrate possono essere sequestrate. Comprando i cuoi bisogna farli bat- tere alla uscita dal Frapiche (un luogo di deposito), e subilo dopo battuti gettarvi qualche goccia di spirito di trementina per preservarli degl'insetti. E anche ne- cessaria l'assistenza del capitano, o sopraccarico, al peso della mercanzia. Per la compra de' cuoi sarebbe pru- dente essere guidato da una peisona che se ne intende. Bisogna dillidarsi delle offerte obbliganti che fanno qualche volta gl'impiegati subalterni per farvi delle a- gevolazioni, mentre questi sono spesso degli agenti se- duttori, che pagati dalle autorità s'uicaricano di scopri- re le intenzioni del sopraccarico, o capitano, e que- sta osservazione è molto seria e importante. Se non si vendono i vini , e gli spiriti nella dogana bisogna depositarli in un magazzino il più vicino che si può trovare in un quartiere situato al sud-ovest della città, ed è prudente di buttare acqua ogni giorno sulle bot- ti e barili. Le seterie nel Brasile esiggono una cura tutta particolare per impedire la tarla. Bisogna invi- lupparle bene nella carta, e metterle in cassettine, di maniera che il contatto dell' aria non possa scolorirle. Subito che si vede piovere si avrà la cura di chiudere le finestre dello appartamento, o le porte del magazzino, nel quale si trova depositata la mercanzia , come an- che cercare un luogo dove vi sieno meno baraies (una specie di scarafaggio, che rode tutti gli oggetti di se- terie, e telerie , e dei quali nel Brasile le case , ed i magazzini ne sono pieni). 1 ca2)pelli, i libri, le slampe in cornice, gli ombrelli, MECCANICHE 1 5g i villi di prezzo , gli strumenti di musica , meno dei jjiani forti, e delle chitarre, gli olii di odore, ed i ge- neri di profumeria si vendono quasi eoa perdita nel Brasile. Composizione di un carico da estrarsi dal regno delle due Sicilie per la piazza di Rio Janeiro. Pippe 200 a u.5o. Vino nero col io al 12 per 100 di acqua- vita in fusti all'uso portoghese, e sulle te- stale dei quali ntiarcate ire ledere a fuoco. Fra questi possono esservi delle mezze pippe. D, a5 a 3o. Acquavite di gradi 28 a 3o prova di olio in fusti della capienza di quelli usuali di Catalogna. » 10. Olio di lino, preferito in slagnoni di 12 galloni. )) aS a 3o. Olio di uliva giallo denso per essere que- sto il gusto del paese. Sacchi 4^. Semenze di lino, o pure in barili. Barili 40- Scagliola, i barili uguali a quelli, che contengono la farina americana. )) 70. Mandorle senza corteccia dolce idem. Dette amare idem. Casselte 200, Sapone marmorato in pani lunghi 2 palmi e i del peso di tre rotoli circa, e la cassetta in peso liquido di uiCarroLa di Zi libre por- toghesi. 11 marmorato rosso e bianco ad imitazione di quello di Spagna è preferito. Casse 3oo. Paste ftibbricate all'uso genovese con dop- pia dose di zaffarano per renderle ben gialle, assortile nel seguente modo. Mela maeche- roni, un quarto fedelini, ed il rimanente, porzione lasagne un poco strette, e altre di- verse sorti, fra le quali dei maccheroni grossi tagliati 4 pulgale circa di lunghezza, qua- lità chiamala volgarmenle in Genova da natale. Le casse devono contenere un'arro^a liquida di peso , e debbono essere forti e grandi, e deve badarsi che nell' incassare le paste, non vengano esse rotte e triturate, mettendovi carta sufficiente, acciò vengano l6o SCIENZE ED ARTI Lea riparate dalla umidita, e dal catlivo odore della stiva del bastimento, che sovente le fa arrivare avariate, quando uou vengouo incassate con precauzione. Casse 10. Manna assortita nuova e sciolta, riposta in iscatole di 22 a 26 libre portoghesi, la qua- lità vecchia, e di costo più inferiore può in- contrare bene trovandosi questa sciolta e bea conservata. Barili 3o. Vino di Marsala bianco manifatturato al- l'uso di MacJera con sei cerchi di ferro so- lamente, della capienza di 26 a t-j galloni inglesi, e quando la qualità è buona può vendersi 18 a 20 mila reis il barile. I ba- rili devono venire colle testate dipinte rosse colla seguente marca a fuoco presso il buco del centro. Madera. Libre portoghesi 100. Cantaridi nuove io iscatole 10 riposte in un solo cassone. Cassette 100. Zollo in cannoli piccoli ben giallo di li- bre 100 portoghesi ogni cassetta. Libre portoghesi 200. Seta per cucire ogni pacco Ito deve pesare un'oncia. Bleu del Re, bleu chiaro, nero lumone, 5o. 20. 5o. 16. verde, biacca, naccheri, rosa viva, scarlato, 16. 16. 16. 16. 10. bleu^oscuro. 10. Dozzine 200. Pelli di colore, ossiano montoni della fab- brica di Castellammare ben condizionati ia casse. Scarlato, giallo, verde, diversi colori oscuri. 80. 60. ^0. 20. Composizione di un carico da esirarsi dal regno delle due Sicilie per le piazze di Pernabuco, Balda, e Rio-Grande. Pippe l5o a 300. Vino di Milazzo, Mascali, Pozzuoli, o Ca- labria, rosso rinforzato di spirito. Le pippc devono essere conio quelle di Portogallo di 70 a ^^a vetlrc. Le P'ppe catalane convcu- gono meno. MECCANICHE |6l Mezze pippe 5o. Idem. T)elte 5o. Bianco moscato. VcUre S a 4ooo. Olio di uljya di Cefalu giallo, e non verde denso in bot(i ben condizionate. Pippe 5o a So. Acqua vile 3= a prova di olio, e ben bianca. Casse 2U0. Sapone bianco duro, ogùi cassa deve pe« sa re un'arroba. ^^ ,,, Dette 0.00. Vermicelli fini, con zaTarano. Delle 100. Maccheroni di grandezza ordinaria con zaf- ferano, le paste bianthe rton couveugouo. Sacchi 20. Mandorle dolci, corteccia tenera. Barili 10. Olio di lino. Sacchi 3o. Noci. Detti 20. Nocciifole. Barili piccoli 3o a ^o. Ulive salate; i balili uguali a quelli di Li- sbona. < Casse 3oo a 400. Uva passa, ogni cassa del peso di s5 libre portoghesi. Cassa 1. Cantaride di 5o libre portoghesi. Libre portoghesi 100. Colla forte di pesce. Arrohe 100. Semenze di lino in barili, o sacchi. Casse 5oo. Manna in lagrime, casse di 25 a 3o libre portoghesi. Idem 100. Detta assortita. Casse 102. Scarpe per uomini e donne. Libre 100. Seta per cucire, ogni paccòtto di peso un'on- cia. Bleu del re, bleu chiaro, nero, limone, a5. 10. 25. 6 verde, qaccherjj rosa viva, bleu oscuro, 6, 5. 6. scartato, biande. 5. 6.> Dozzine 100. Montoni di colore della fabbrica di Castel- lammare, in casse ben coudizipnate. Scarlato, giallo, verde, diversi colori oscuri. 3o. i5. 25. 3o. Tutti gli articoli devono avere una sola marca, e distinguersi col numero d'ordine, portata in fattui-a la marca ad oggetto di pagare una sola patacca , ed eyitare cosi di pagare tante pa- tacche per quante possono essere le diverse marche. I 1 l62 SCIENZE ED ARTI PARTE SECONDA, Continuazione della lettera del sig. Emerico Amari al cav. Antonio di Giovanni-Mira intorno agli elementi di filosofia del prof. Vjncbnzo Tedeschi. (V. tomo Vili. pag. 126). Sezione Seconda Delle idee considerate in quanto a ciò cui sono riferite, >j M. UTTO è relazione nell'universo, perchè tutto è le- gato da rapporti, tulio è catena, l'occhio delle intelli- genze penetra nella profondità dello spazio, ammira le meraviglie di che è teatro, e si solleva sino a colui, che comandò che fussero(i)» per essi noi veniamo in conoscenza delle qualità, che fanno la natura delle cose, che la essenza n'è pienamente sconosciuta, e quella che noi chiamiam natura non è che la somma di quelle qua- lità che per esserne essenziali diciara proprietà. Pero "Ve ne ha delle altre che non iscorgiamo, che quando stanno ad altre vicine; quindi due classi di qualità di rapporti, gli uni primari formanti la natura di un og- getto, gli altri secondari e variabili dei quali dee ra- gionar l'autore in questa sezione, ch'egli comincia con una securità tutta dommatica posando nella mente tre concetti immancabili, universali, fondamentali: quelli dell'unità assoluta, del tutto assoluto, della causa asso- luta, la causa delle cause (p. 29); e la nostra mente non può tenersi da siffatte inclusioni (p. 3o) e quindi per la ragione che secondo Kant è la facoltà che tende allo assoluto, all' incondizionale, al fondamentale esistono (i) Massias Rapport de l'homme a la naturt ttc. MECCANICHE l63 in noi ire idee a quelli corrispondenti, cioè: la psico- logica, ossia dell'unità assoluta; la cosmologica, o del tutto assoluto; la teologica, o di Dio, ente principio, e ragione d'ogni esistenza. Ma quali argomenti provan la realità di queste idee? quale incatenamento analitico potea far necessario il co- minciar da questo punto cosi sublime per venire a par- lar dei rapporti delle idee? Altri argomenti non tro- viamo che un non bastava^ un bisognava, la pia lieve attenzione ci fa piano, ed ecco un dommatismo sde- gnoso assai più di quello trascendentale di Kant, per- chè privo sino di quelle misteriose dimostrazioni del saggio di Koenisberga, mentre così ne riproduce il pen- siero contenuto nella teoria della ragione pura, che tutto questo passo ci è parso una compendiosa traduzione della esposizione che ne fece Carlo Villers(i). Ora seguitando dietro a Kant a pronunziare sentenze soggiugne che a ciascuna idea va congiunta quella della condizione d'esistere, e quindi tre realità conoscersi, la subjettiva intrinseca ed intelligibile, che corrisponde alla idea psicologica; la estrinseca sensibile alla cosmo- logica; la estrinseca ed intelligibile alla teologica; il vero significato di questi metafisici indovinelli, ne ce lo chia- risce , ne fa intravederlo, ed io rimetto alla bella memoria di Tracy(2) sopra annoverata chi volesse co- noscer la con tradizione delle tre idee colla stessa kan- tiana definizione della ragione. Ma non a tutte le idee che a quelle tre hanno rap- porto corrisponde una realità che sia quella almeno della quale è discorso (p, 3o), perchè ve n'ha a cui (0 Pag- 3i4, e cosi la pag. 3o e 3i compendia le pag. 3i5, BiGcseg'- di Villers. Per chi non ha il Villcrs o Kant, opere, delie quali è assoluto difetto non clie nelle private, ma nelle pubbliche biblioteche, jiuò servire l'espo- sizione della fdosofia di Kant fqtta dal Soave nel volume degli Opuscoli me- tafìsici pag. 209. Vedi pure la Bihliotèque uniferselle di Ginevra toro. 11.. Stewart Histoire Abrèi^ée des scii-nces metaph, etc. voi. iii , p. 62 , e le più moderne storie della filosofia Dcgerando, Buhlc, Tennemano ec. (a) Vedi la prima parte di questo articolo pag. iJa.. * l64 SCIENZE ED ARTI jiou ne risponde alcuna; ecco ove dovea condurci que- sta affannata e rimota analisi; ma senza di essa da que- sto punto movere saria bastato , moltopiù che tante asserzioni senza dimostrare non sono spedienti oppor- tuni ad accrescere opinione al vero; ma comunque ci sia, eccoci sulla teoria dielle idee di relazione, w Cia- scuna delle idee o consiste nello apprendimento di un particolar soggetto, o cosa, che sussiste per se, deter- minata nel suo modo d'essere da ciò che le conviene esclusivamente, e Ve proprio da ciò che ha comune con nioltc, e da ciò eh' è in ordine a talune altre (p. 3i) in breve ir soggetto o l'essere, e le sue modificazioni, fra le quali le j^rime sì dicono proprietà , le seconde qualità, lu terze relazioni. Ora attentamente esaminando (prosegue) questo ultimo genere di conoscenze (le rela- zioni) vedrassi alcune soltanto essere idee di cose le quajii sono ad un soggetto realmente legate, e le altro maniere e forme sotto alle quali nostra mente apprende gli oggetti che ad un tempo percepisce e considera gli uni rapporto agli altri (p. 3 1)53. Quest'ultima classe di idee si dicono di rapporto, e sono messe a confronto delle prime, per trarne, che le prime hanno una rea- lità, le seconde nissuna. La quale teoria sebbene non «uova perchè e Locke, e Condillac, e Tracj(i) di- cendo che le idèe di relazioni sono vedute dello spi- rito, diceano essere idee, cui non corrisponde oggetto reale esistente, toccò però la eccellenza per opera del La- romiguière (2) e la seguì da vicino il Galluppi(3), e il nostro autore con una precisione analitica, die noia si può abbastanza laudare con belli esempli riprodusse, coin'ei medesimo fa argomentare citandolo a p. 34, solo ci duole, che in più d'un luogo, non che adottarne le (i) Trar.y, Ideal., p. i, cap. iVj pnp. \Cì. (•'.) Liii'omiguitTC, Lc^ons de philosophie , p. 2 , , Icz. 7 , voi. 11 , p; aOf) e .SI},'. (5) Siiffi^io analitico, voi- iv, cap. 111. MECCANICHE 1 55 idee, ne abbia le parole fedebssimaniente tradotte e senza citarlo come proprie, rappresentalo (i). ' _ Ma sebbene non corrisponda oggetto reale alla idea di rapporto, reah sono, e debbono essere gli o-gelli dal CUI confronto quella è nata; ora paragonando queste Klee alle realità nascono iu esse alcuni caratteri che giova conoscere, 1 quali ei viene classificando dalla pa- gina 3o alla 4i ma a nostro malgrado, e per l'amor della venta e da notafsi, che tutte queste classificazioni sono tolte di peso dalla logica del Soave (2) All'occasione delle idee adeguate ed inadeguate raulore viene a parlare delle astratte e generali, .. e qui ognuno SI aspetta una lunga e travagliosa discussione, perchè queste parolg astratto, astrazione, generale ec. ce. vaa congiunte nella maggior parte delle me^ti con tutto quello che VI ha di sottile, oscuro, impenelrabile, ba- sta pronunziarle per iscoraggiare l'attenzione, e spegnere la curiosità (3) «. Mail nostro autore da tanto nonìe ha (l) Remarqanvs ici, qne pour oli- temi- l'idée d'un rapport detcì'mi„è Jioiis n'avons pus besoin de dcux ob- jcct.1 dncrminés: L'idèe d' egnlité pria nous venir de la cnmpàraison de deux nomhres; elle petit nous veniP d(!la comparaison de deux objects phisicpiesi de mcme nnm pownns ob- tenir l' idèe de siiperioritè en com- paiunt Vhauteur d'un elicne a celle d'un roscau, en coniparant le genie d'Homèn d celui de Lucain. La- . roimsuiàc Icg. io, p. 2, voi. iii. Osserviamo qui che por oKniei-c la idea di un rapporto dcternii Aato non abbiamo bisogno di due oggetti de- terminati; giaccliè la idèa d'uguaglian- za può provcniiri dal confronto di due numeri , come può jirovonirci dal paragone di due oggetti (isici. Parimenti pos.-iiamo rttt. nere la idea di superiorità paragonando l'altezza di una quercia, a ({nella di una can- na, il genio d'Omero a quello di Lu- cano. Tedeschi pag. 33. E cosi la p. 34 è copiata dalla pagina 100. l'-'S- 99 (^) Basti notarne il principi» per non essere interminabil à'oave. Vera metafìsicamente si di- ce una cosa, quando ha tuttpciò, che conviene alla sua propria natura: cosi Tcro oro, e vero argento si chiama quello, che ha tutte le qualità, clic convengono all'oro, ed all'arg(-nto. In qui'sto scuso tutte le cose son vere ce (l«S- G6.) Tedeschi. Vera mctafisicamenle si flice una cosa, quando ha tullociò, che conviene alla sua propria natura: cosi vero oro, e vero argento si c'id:;- ma quello, elle ha tulte le qualità, che convengono all'oro, ed all'argen- to. In questo senso tutte le cose son vere ce. (pag. 35, e cosi nelle pag. 35, 37 va trascrivendo Soave pag. Q) L;u-omiguiac lez. 12, p. 2, voi. Pln'^w^! ^'^' 1^6 SCIENZE ED ARTI creduto ed appena una pagina ha concesso a quell'am- pia e rilevata materia the occupa due lunghe lezioui nel Laromiguière. La parola astratto come tutte quelle che sono di scienze speculative ha avuto vari sensi, e le idee astratte si sono spesso confusescolle incomplete, e le inadeguate, e più spesso colle generali, dalle quali però il nostro autore le vuole e con ragione distinte (p. Sg). Ora le astratte sono all'universale definite, quelle che rappresentano una o più qualità separate dal loro soggetto. Le generali (p. 3g) un modo di percepir più cose sotto un aspetto couiune, o per rapporto a quello che del pari a tutte conviensi (i). L'idea di bianchezza dataci da un giglio è una idea astratta , ma essa può venire da tanti altri oggetti come dal latte, dalla neve, dalla carta ec. ec, nel primo caso è la idea delle qua- lità di un solo individuo, (l'astratta semplicemente) nel secondo di quelle comuni a tanti, (le generali). E qui torna a trascrivere il Soave, colle stesse parole, cogli stessi esempli (2). Quindi soggiugne quell'antichissima osserva- zione, che intorno alle nozioni ed alle idee universali due cose abbiamo principalmente a distinguere, cioè la com- jjrensione, o il numero delle idee semplici, onde una idea si compone, e la estensione, o il numero degli oggetti a cui può una idea applicarsi, l'una delle quali è sem- pre in ragione inversa dell'altra ec. ec. (p. 4^), osser- vazione fatta da tutti i logici, dal Soave non tralasciata, ma dal Tracy in modi similissimi esposta dove dice : 3> In una idea vi sono due cose da considerare la sua' estensione, ossia il numero degli oggetti ai quali essa (i) Lrz. 12, p. 2, pag. i65, voi. iii Laromigiiicre. (2) Tedeschi. Sebbene nella natura Soave. Nella natura non esistono non esistano propriamente , che og- propriamente ch'oggetti particolari , getti particolari , ed individui , non ed individui, esiste per esempio un esistendo p. e. che nn tal pino, un tal pino, un tal pioppo, un tal abete; lai pioppo, un tale abete, e non già il pino, il piojipo, l'abete in genc- il pino, il pioppo, l'abete in gene- ralc, e molto meno l'albero in gene- rale, e molto meno ralbero in gene- rale ec. ec. non hanno esistito (pag. ralc ce. ec. (pag. 39). 87, ari. iv, se/,. 2, e. i , e cosi la p. 40 trascrive la p. 88 del Soave). MECCANICHE 1 67 conviene, e la sua compreensione ossia il numero cklle idee ch'essa comprende. Più che una idea è generale essa conviene ad un più gran numero d'oggetti ec. w (i). L'ultima sezione volge sulla più grande quistione di filosofia, quella dell'origine delle idee; imperocché sia per Io gran lume che può spandere sulla loro natura, mentre chi conosce la origine , è già assai avanti pe- iiefrato nella natura di una cosa, sia perchè conoscendo la sorgente si è già saputo il principio generatore, ed il modo in che nascono, e la certezza degli oggetti ai quali hanno rapporto, in somma la metafisica tutta, ne è seguito, che quella questione, sia di ogni ideologo la prima; e se pure vero fosse, come per alcuno si è pen- sato (2), che poco o nulla rilievi il questionar dell'ori- gine, ove si conviene della esistenza, e della eslenzione delle idee pure con tanla pertinacia di sistema, e eoa tale contrasto di opinioni è stata essa variamente com- battuta, ch'è diventata come una illustre arena , dove i più nobili ingegni sono venuti a provar la propria virtù; ma tutte le opposte sentenze intorno a quella questione possono a quattro essere ridotte: perchè se- condo la bella ed ampia teoria da Cousin alla eccellenza di gravissimo sistema sollevata, tutte le sette in filosofia, anzi in ogni parte della scienza umana a queste si ridu- cono; cioè dei sensualisti, degli idealisti, dei mistici, e degli scettici, ne solamente la filosofia tutta, ma, ogni fon- damento di essa come di scienza dove i principi sono tra loro meravigliosamente incatenati ha dovuto averle au- cora; e con maggior dritto questa massima della ori- gine delle idee, che per se sola forma un sistema ; e quindi ha dessa avuto i suoi idealisti, che nello intelletto (i) Tracy, Ideol., p, !, rap. iv, nota i, voi. i,pag. Sq. Fino al Wol- fiauo Storchenau che fa estesamente questa osservazione cominciando in parolr al nostro autore simili. In qualibel idea universali duo sunt quae atti-ii- tionem merentur comprehensio, etc. etc. Methaph. p. i, cap. in, 5 75, p. fii. (2) Stewart Elemcns de la philosoph, de l'esprit huinain eli. i, scc. j, voi I, pag. 192. 1 C)S SCIENZE ED ARTI iunalc, insite, connaturali ha n riputato tutte, o almeno ]e più principali khr; i suoi sensualisti, che tutte dai SCUSI le hanno ripetuto; i suoi mistici che in Dio solo le contemplauo, e trovano, e gli -scettici, che inganni di nostra mente le hanno credulo. Forse opera non vana sarebbe volgere un guardo sugli annali di ogni filosofia, e questo periodo di dotlriue vedere intorno alle idee inaravigliosamenle mantenuto; ma oltreché i limiti di uno artitxjlo noi comporterebbero, il Cousin nella sua introduzione alla storia della filosofia, ne ha con gran magistero, i principali liueameuti disegnato; solo cre- diamo spediente l'osservar, come nel secolo nostro Ira le quattro scuole, che vive pure, e per grandi nomi riputatissime sono, quella che eclettica si è voluto nor minare, sebben pretenda a ninna scuola appartenere, sulla questione della origine delle idee all'idealismo, ,oil ai principi innati, conviene che si accosti usando uno arti- ficio, ch'ò tanto più necessario l'avvertire, quanto lo crediamo jiiù spesso dal nostro A. usato: intendendo come l'analisi })rimitiva dell'opera dello intelletto nel formar le idee fatta sì ^splendidamente da Locke, Condillac, Eou- net, e Tracj conduce ad un puro spcriiiicntalismo, esa- minano le idee, non più nella origine, ma ne' caratteri, coi quali nell'uomo sviluppato si manifestano, e con una ingegnosa fraude supponendo, che cosi sempre fossero sta- le stabiliscono, che idee si complicate, astratte, e spiri- tuali mai dalla sensazione non: j)ossano essere venule; questo primo passo, li trascina immediatamente a sup- porre come gli Scozzesi una innata disposizione, che quel- le idee possa generare; ma poi esaminando,, come anche le più complesse ed astraile , e da essi sopraseiisibUi chiamate, non sarian m'ai nate, ove altre idee dipen- denti allatto dai sensi, come essi stessi confessano, non si fossero prima avute, immaginano un altro nuovo e spe- cioso trovalo, dicendo che non esistono già idee innate, ma che dalla mente si formano immedialanienle alla occasione^ che quelle sensibili si sono ricevute; e così MECCANICHE 1 69 tutta questa vantala ed industriosa genesi dagli ccdet- liei con grande aiia di novità spacciata^ si riduce a quel vcccliissjmo sistema delle reminiscenze occasionali, e delle idee dormienti di Platone; e noi, comechè 1' A^apcrta■- niente noi confessi, crediamo questo sistema aver adot-» tato, come manifesteremo ne' tre artiooli nei quali è divisa questa sezione. . ì >. '■' ' • Il primo articolo destinato. alle idee ,clie derivano dai sensi è quasi tutto occupato dal gran próLlfcraa del modo nel quale la nostra rajente dalle idee ricevute per mezzo di quelli passi a conoscere l'esistenza di cose fuori di se stessa, il quale d'AIambert con ragione cltiamava il primo d'ogni metalisica (i); e veramente laiq-ueslionc della cftislenza di tutto il creato, dell» certezza di tulle le scienze, la causa dello idealismo, ia fine la filosofia tutta , su questo fondaujento si j)osa ; e {>erò alla pio- fonda mente di Kant non potea sfuggire, ed egli così a se medesimo la poneva: l'animai non sente , che in se, non conosce che se, per qualri-niracolo giugne a saper,, che .vi ha qualche cosa fuori di sé stessa y che le produca una impressione? (2)^, Tutti i-filosofi si sono alluticati, ed han finalmente credulo: darci qualche, scio- glimento incontrastabile , ma . è -da dubitare asseti che iiissune.ne abbia dato uno. suOitiente ; quindi ai a' gione dicea Galluppi questa domanda fare impallidire i filosoli (3). Intanto posata la questione, in due modi poteva essere risoluta, 1.0 .jper mezzo ; dtj razionalismo, o per mezzo della esperienza, la quale di-versilà, che nata colla filosofia , quanto quella »vrà a durare, ri- duce tutte le diversissime scuole su quc;sto problema (lasciando star i mistici, e gli sceltici che di ogni co- noscenza umana disperano) a quelle di razionalisti , e di sperimentali: questi all'opera della sensazione e priu- (1) Elcmcns de i>TiilnsopTiie. alt. 4- (■'.) V^illns Jìcinaniue ir. ;ir. .x, j.iig. aj^G, (ii) Pilcota^. e. II, |,;ig. 3ji. l^O SCIENZE ED ARTI cipaimente a quella dei tatto attribuiscono la virtù dì renderci sicura la esistenza delle cose; quelli loro la negano , e ad un principio indipendente dai sensi ad una intellettuale facoltà la concedono; in mezzo a que- sti estremi, i seguaci della (ìloso6a scozzese, con uno di quei mille coaimodissirai principi del buon senso si levarono d'i.mpaccio, e senza entrare a ragionar della questione posero il fallo, chy l'anima avuta una impres- sione, tosto ha la percezione degli oggetti , e intanto confessano la incomprensibilità del jnodo fi) ; gli ec- clettici , che come tocca nj ino tiel principio di questo articolo sogliono comporre i principi scozzesi a' kan- tiani ne uscirono con una teoria nuova di parole, cioè dicendo solamente, che la hienle avuta l'impiessione pel principio di cau*>alilà e dell'esistenza cioè per quella disposizione, che ha t!i correre dallo ellello alla causa, dal fenomeno all'essire venga tosto a pensale che una causa fuori di se esistente produce le sue sensazioni: Galluppi, il maestro ciegli eccleltici d'Italia, si restrinse a dire, che ogni sensazione oltracliè in se contiene in- viluppato ed indistinto il sentimento del soggetto, cioè il /7i Alle impressioni che ha l'animo segue l:i percezione, che noi ahiiiamo della esistenza e delle qualità, che hanno fatto impressione sull'organo. Tulle le circostanze di questo fenomeno sono incomprensibili, jj Dugald-Stewart Eleméns de la philosopli. de l'esprit humain scz. lir, e. i, dove espone il sistema di Read sulla percezione da lui seguito. (a) Pìiicologia cap. ii, J ii, p. aa, 12, p. 27. MECCANICHE JJI tivo dell'essere intellettuale: w la sensazione e distìnta nella coscienza dalia cosa sentita dalla cosa che sente, ed è legata a tutte due w (i). E reccltttico siciliano questa teoria del Galla ppi mi sembra riproduca , eoa questa differenza , che oltre al doppio riferimento del me e del fuor di me ne aggiugne un altro ad ogni sensa- zione, cioè all'organo che n'è lo strumento (p. 47, 5o), e ciò in virtù di una proprietà della niente umana, w Te- nuto per fermo, che in virtù di una proprietà di no- stra meiite ogni sensazione ha luogo sotto alla condizione di un triplice riferimento al me che n'è il soggetto, al senso che n' è lo strumento, ed all'oggetto che fa na- scerla agendo sul medesimo corpo w (p. 5j). Ma ci sia lecito ora osservare, che tanto gli ecclcttici france- si , quanto il napolitano, quanto finalmente il nostra non fecero che asserire un fatto , e svestendo le loro teorie dal misterioso ammalato di metafisiche parole, solo si ristrinsero a dire che avuta la sensazione l'uomo ha la percezione delle cose esterne, perchè l'ha. Forse alla mente umana noii è dato, che verificare un fatto senza potere spiegarne il modo, e forse eo; fessarlo inespli- cabile, come gli Scozzesi e Galkippi, è Ja |,iù sincora filosofica teoria: ma è pur giusto, che ordinatamente e con sperimenti veri questo fatto sia mostrato costante. 11 primo passo adumjue in sì dillìcile cammino dovea muovere dal piimo riferimenlo cioè al /y.e, perchè ove non si mostra che ad ogni prima sensazioLe nasce l'i- dea d'un ute non si potrà mai provar che nascono quelle due altre del fuori e dell'organo, e da questo mosse il Degerando (2), e da questo il Gallunpi la massima di- mostrazione trasse del secondo riferimento, perchè ove un me si distingue dee necessariamente un Inori di me essere distinto; chi per una sensazione appercepisce il me dee poter appercepire che la sensazione non è il (0 Vid. p. 28. (3) De l'injluence des signcs scz. i. 172 SCIENZE ED ARTI jìie: tiov'ccllslinzione è diversità di cose. Ma il nostro A. nell'ultimo luogo e di volo ne parla; dondcchè quanto l'ordine ne patisca, la chiarezza s'oiruschi, il convinci- mento si arresti nessuno noi vede, w L'ordine la verità 'la precisione (noi ripeleremo con uà sommo Italiano vivente) non possono abbastanza raccomandarsi in opere elementari, nelle quali analizzando e deiìnendo proce- der mai sempre conviene, quindi non saremo tacciati di sofisticheria notando quello che per la severità del me- todo dovesse mettersi innanzi, o dopo(i).» Pili rilevato però ci pare il difetto di prove del fatto stesso asserito; chi ci assicura, che ogni sensazione pro- duca questo triplice riferimento? il primo eh' è quello del ìììe e di cui l'autore all'ultimo ha parlato, comechè inevitabile sembri, fu però contrastato dal Condiilac, dal Laromiguiére, dal Tracy, e da cento altri di simile tem- pra: ed invero se noi ora adulti nella ragione, se da una vecchissima tradizione de pensamenti degli altri ammaestrati, (mezzo il più comune di formar giudici) se dopo tanti secoli che ci han detlo esistere in noi un essere che sente distinto dal senso per cui si sente e da quel che si sente, pure quando sentiamo, e forte- mente sentiamo, aon pensiamo più ne a me, 0 non /we, ne ad oggetto , ne a suhhietlo , ma solo a ffucl che sentianjo , come supporre , che una prima sens;izione come un odore nei primi istanti della vita inkllcltua- le di un uomo ad un senso solo ridotto possa tante cognizioni tutte belle e compiute come per incanto ge- nerar nella meri le? Il volgersi jjoi degli animali , e dei bambini verso gli oggetti che li colpiscono, creduto grande argomenlo dall'A. è per noi un molo puramente meccanico, uè può esser principio a conoscenza, e siccome da quella meccanica contrazione, che dislringe e f;i basse le pal- pebre come si avvicina un corpo airocchio niuno mai (1) ISiccolìrri sc'iira Slc\\.nl p. aJS, voi. iii. MECCANICHE I7' lia indolto cognizione di quel corpo, così pare, potersi dire, di ogni altro moto meccanico; e pei ciechi nati, e alla vista restituiti il Cheselden (e la buona fede del- l'A. noi dissimula) fece già quel solennissimo sperimen- to , ed il Bussi , ed il Jacobl il confermarono , pel quale quei ciechi credean vedere da principio tutti gli oggetti sopra gli occhi propri e non fuori, e se l'A. chiama questa sperienza effetto di uno stato patologi- co, non è forse più diritto ragionare il dire, che colo- ro, che fuori li credevano erano a questo indutti dalla perenne credenza di cose esterne che sebbene ciechi aveano potuto e dovuto avere certissimo e pel proprio tatto e J3er l'ammaestramento altrui? Quei due fatti intanto possono dare sì bene una pro- babilità della conoscenza degli oggetti esterni, e dell'or- gano per cui ne giugne l'impressione, ma non del primo riferimento., cioè il me. che anzi e' lo suppongono bene distinto, dal che ne viene una specie di mancanza di fondamento a tutto il sistema. Laonde tutta quest'ana- lisi ci pare non riesca , che ad una magra asserzione sul tuono della scuola scozzese, cioè che in virtù di un principio instintivo (di un processo naturale primitivo direbbe il nostro A,) le sensazioni ci danno, i" la co- gnizione di noi, 2' quella de' corpi, o di un fuori di noi, 3° quella ckgli organi pei quali sentiamo: il che come quel venerando metafisico del Tracy giudicava w è un dire implicitamente, che l' atto del sentire, il quale non ci è dubbio che non ci faccia conoscere la nostra esistenza, ci rivela anche la esistenza di un altro essere, della relazione ch'esso ha con noi , e che que- sto giudizio ossia sentimento di queste relazioni sia in- separabile dalla semplice sensazione. Ma questo è una asserzione, e non già una dimostrazione (1). Ma sono le mere asserzioni degqe di una forte ed am- pia mente come vogliamo sperare quella del Tedeschi? (1) Tracy Idcol, p. i, eli. 7, voi. 1, p. loj. 1^4 SCIENZA ED ARTI sono esse il più opportuno mezzo onde questa sdegnosa e severa generazione di uomini moderni a' suoi pensa- menti facile si arrenda? Apre l'articolo secondo, che parla delle idee non de- rivanti dai sensi, con esempli di astronomiche scoperte, d'onde trae, che quelle, le quali dalla conoscenza di uti fatto sensibile colla industria della mente umana w ven- nero ricavate, non possono attribuirsi ai sensi e confon- dersi tra i prodotti dell'azione degli organi (i): » qui ci sembra intanto che l'A. sia caduto in quello errore comune, a quei che risoluti a torto o a ragione ad anni- chilare la filosofia sperimentale, intendono, che una idea, la quale non si confonda colla immediata azione orga- nica, non possa dirsi derivar dai sensi, a tale che soa giunti a domandar dove sia il senso della unità , del- l'essere, del pensare, se sien queste idee luminose, co- lorate ec. (a). Per qual senso sia entrata l'idea di dritto di giustizia (3) dove si sia veduto nella natura , che due e due fan quattro ec. (4)-Ma sì fatte maltezze non si allogaron mai in quelle sane e robuste menti del Locke, del Condillac, del Tracy ec, i quali dicendo derivar ogni nostra idea da' sensi, intendeano, solo delle sem- plici per loro mezzo procurate, e che per opera delle nostre facoltà ci venissero le altre più sublimi ed astru- se; laonde Locke distinse le idee dei sensi da quelle (i) Esempli intanto non nqovi affatto: così quello sì lungo della gravita- zione è tradotto alla parola dal Lai-omiguière: basti notarne il principio. Lai'omiguière. n Par V attention Tedeschi. nDaìVossery azione Gali- GaiiLée decouvre que les corps cu leo cstrassc, che i corpi cadendo ver- tontbant veriicalement prés de la ticalmcnte presso alL» superficie della ^urface de la terre par courent quiii' terra percorrono quindici piedi nel se picds daiis la premièri- seconde etc. primo secQado ce. ce. pag, 67. etc.» Lcz. 4> P- I» ■voi, I, p. 109. (a) Villers Prolegomen. Logicjue de Port Royal p. vx, 14. (3) Frammenti Jllosof. voi. 2, p. 336. (4) Cousin Programma del concorso Jìlosojìco del l8ig , dimostrazione coronata di F. Carré. Nuovi frammenti Jìloiofici, traduzione del Galluppi »ol. 2, pag. 236. mkccantche 1 J^ di riflessione (i), e Condillac uà capitolo apposta iu- titolò delle idee delle cose che non cadono sotto ai sen- si (2): e a questo errore vorrei, che si ponesse mente sin dal principio , onde bene giudicare della giustizia dell'A. ogni qual volta argomenta una idea non venir dai sensi, perchè nessuna azione di organi immediata- mente non le corrisponde; intanto con questa intenzione e' viene ad una ad una esaminando le principali idee, che dai sensi non derivano , le quali però a me non sembrano che li concetti puri, basi alle categorie kan- tiane; comincia infatti da quella ch'è fondamento alla scienza della quantità, V unità, ossia la prima cate- goria della prima classe quantità. w Qualunque rapporto di quantità (secondo l'autore) suppone una unità di misura, e quindi il concetto d'u- nità (p. 58) il quale non è mai semplice informazio- ne de' sensi; » e la prova è (senza avvertirlo) quella stessa già usata da Fèuèlon (3) in quel luogo che cita ^'illers nella sposizione di Kant(p. 284, nota i); e Gal- luppi Saggio filosofico lib. iii, e. 11, § 10, dove però quella opinione confutò e nel sentimento del me unico indivisibile trovò l'idea dell'unità (4), che però è assai lontana dall'essere innata, perchè una sensazione abbiso- gna per generare questa idea del me; alla quale opinione si avvicinò Degerando(5) sul motivo stesso del N. A., e del Fèuèlon che ogni esterna impressione presentando moltiplicità non può fornire l'idea dell'unità, ma è da riflettere contro a questa ragione w che se al presente ci è impossibile di ricevere l'impressione di un corpo posto davanti a noi senza distinguerlo da' corpi che lo attorniano , e senza distinguerne qualità diverse come il colore, la forma , la dimensione ec. non è così pel (i) Lib. II, cap. VI. (3) Logique cap. v. (3) Fénélon Traile de l'existencc de Dieu, p. i, art, 6i. (4) Ivi pag. 84. (.5) Du perfectionnemeiu moral. J']6 SCIENZE ED ARTI fanciullo die viene al mondo, ed è si lontano dal di- stinguere le qualità de' corpi, cli'ei non sospetta ne l'e- sistenza di queste qualità , ne quella degli oggetti e- sterni (i); » e senza tras|>ortarci a' primi inizi del pen- siero non è un fatto comune che ove siamo colpiti da wn grande oggetto principalmente quando nuovo e stra- ordinano e' sia ci colpisce l'idea della sua unità, senza che la novità ne dia tempo a sminuzzarne le parti, o gli elementi? , Provata 1' origine sopra sensibile della idea di unità ne applica l'A. le conseguenze ai vari modi di quan- tità , che sono tanti oggetti particolari delle matema- tiche , e prende primamente a formare una geometria pura a priori, disegno già imaginato da Kant , e poi come incarnato dal Villers le cui idee dal professore di Catania sono fedelmente riprodotte*, data l' idea di spazio (e' dice) è forza che la mente, vi riconosca tre di- niensioui larghezza, lun^diczza, profondità, ììC però tre linee; imaginaudo una successione indefinita di linee pa- rallele si forma l'idea di . superficie; sovrapponendo su- perficie a superficie,, quella di solido, o , pure movendo una linea parallelamente a se stessa, e intorno ad uno dei suoi estremi (p. 6i). (2); imperò taluno non così bene dÌ6posto come il Tedeschi, ovvero il Villers, a giurar fede nei dommi kantiani potria trovar assai con- tradizioni in tutta questa industre costruzione di geo- metria pura. L'idea di spazio al quale si fanno oprar tanti miracoli non è che il vuoto senza limiti e senza fine (l'A. p. 23, 63). Qr se per le tre dimensioni da quella idea inseparabili è data quella di linea, ne viene immediatamente l'altra di limite, perchè necessariamente parte dello spazio dee imaginarsi da un , lato della li- nea, e parte dall'altro, ed ecco da una idea per se ne- (0 Laroitiigmère Icz. 8, p. aj'vol. iji, p. 3i. ' (u) Pcrf.ltaiucnte come Villers sur i enteinlciit, piv. rcmaniuc r, art. XIII, jiyg. 3o3.. MECCANICHE l']'J cessa riamente illimitata senza nuovo elemento nata quella di limite. Le due parallele poi d'onde l'idea di sijperli- cie, danno uno spazio anche più limitato, perchè tra due linee rinchiuso; e finalmente quello di solidità più determinato ancora, perchè da più superficie composto, e siccome dall'idea di solido a quella di corpo non è che un passo, chi proibirà alla nostra mente che non se ne ra (liguri, e così divinità uovella nqa si wei l'u- niverso dal nulla? Tra le idee non sensibili mette le riflesse , e quelle che a mò del nuovo vocabolario trascendentale sono t'prrae dello esercizio delle nostre facoltà, della sensibilità pura, colle categorie di Kant, come fia piano leggendone l'e- numerazione (p. 62); e prima lo spazio ed il tempo, le pietre angulari del su])erbo edificio kantiano. L'apriorità di queste idee si prova, ne più, ne manco colle ragioni identiche da Kant, Villers e Cousin sviluppate, jj Ogni corpo è necessariamente veduto come situato nello spa- zio, eh' è quanto a dire, non possiamo percefiire ui^ corpo il quale non sia nello spazio (p. 62), Tolta la rappresentazione dello spazio non è possibile concepire l'esistenza di corpo (p. 23, 24), peilocchè il concetto di spazio è la condizione logica della rappresentazione di corpo. Ma se non possiamo avere senza la rappre- sentazione di spazio la conoscenza eli un corpo quella non può venire da questa, essendoché questa suppone quella (p. 6.^) w dallo spazio usandola transizione stessa •di Cousin passa al tempo, ed a questo estende gU argo- menti di quello (1); ora riducendoci ai minimi termini tutto il nerbo dell'argomento riposa su questo domma, la cui prova è un'asserzione ogni corpo dee percepirai (1) Chi volesse assicurarsi come tutta questa teoria dello spazio e del tem- po è alla parola tradotto da Villers, da Cousin, confronti le p. 22, 34, 6'^ tiell'A. colla p. 263 di Villers , l,i 63 colla 264. Tedeschi p. 63. Villeivs 572, 3^3, 277, e tutta la lezione di Cousin 17, 18, voi. 11, dalla p. i5o a pag. 184 dove ampiamente dcU'oiiginc della idea di spazio e di tempo tratta. i-jS SCIENZE ED ARTI nello spazio, Ogni avvenimento nel tempo; dunque le idee dell'uno e dell'altro non potendo da quelle di cor- po ed avvenimento venire, perchè le precedono, non ven- gono dalle sensazioni; ma lo sforzo invincibile che durati gli uomini dopo un diluvio di scritti e di pai'ole, in che siamo subbissati a formarci una distinta idea di uno spazio puro, vuoto d'ogni mondo imaginabile, di un nulla; di un tempo illimitato, eterno, ha fatto il domma dubbio per molti: a questa osservazione come a dire personale assai robuste menti come i Tracy, i Gal- luppi, i Degerando, ed anche alcuni Alemanni hanno aggiunto sì gravi argomenti, onde il dubbio si è tanto accresciuto che i kantiani sentendone il peso imagina- rono un ingegnoso ritrovamento distinguendo, che seb- bene nell'ordine logico l' idea di spazio o tempo pre- ceda quella di corpo, o avvenimento, nel cronologico le segue; la quale scolastica distinzione questo senso, sep- pur ne ha veruno, può solamente avere, cioè che la idea di spazio non preceda la idea di corpo o avvenimento, ma che date queste ne vengan necessariamente quelle, e questo arcanamente disse il kantiano Villers (i), questo francamente confessò l'ecclettico Cousin (a). Ma se l'idea di spazio nasce a malapena, quella di corpo ci è data, questa dev'esistere certamente quando si sveglia quella, o almeno vengono contemporanee (3); dunque avvi un istante in cui l' idea di corpo esiste indipendentemente da quella di spazio, dunque non è questa a quella pree- sistente, e così l'ultima difesa può chiarirsi contradizione manifesta. Il Tedeschi, che a questo rifugio anch'ei ri- para (4), non conoscea questa diflìcoltà, o conoscendone la virtù si tacque. Ricalcando le orme di Kant e di Villers (5) da quelle (i) Pag. 268. (0 Frammenti /ilosnfìri, Kz. i8, vol. Il, p. 1 ;3 cd in molli altri liioglii. (3) fx)ii!iin pag. i6t loco cit, CO l'np. ni. (0 ^iU«.rs art, mi, ji. 27 j. MECCANICHE }*^Q due forme fondamentali dello int<'llclto viene sponendp I;i genesi delle primarie idee di rapporto, clkc prodotti chiama della spontaneità intellettiva (p. 63). Fra le quali a quella grande ci feraiianio, eh' è come la base di ogni nostro ragionare, cioè quella di causa. >jI1 vo- cabolo causa (come l'ha detto Read poneva l'A. p. aJ), esprime qualche cosa che si suppone necessariamente in connessione con ogni avvenimento, che diciamo eftelto, e senza la quale questo avvenimento non avrebbe avuto mai luogo, e questo intimo legame tra l'azione, ed il suo effetto è ciò che appellasi rapporto di causalità Dond'è generata questa idea? dal principio di cau- salità cioè, quello im^ndso per lo quale veduto un w fe- nomeno corre all'animo il giudizio di aver quello in al- tro il suo principio, ossia Qondizion d'esistere (pag. Gd^i principio necessario, e preesistente ad ogni altra idea. >i perchè altrimenti tutto in natura saria sconnesso e sle- gato w (p. 25). A questi semplicissimi terminisi riduce tutta la teoria in vari luoghi sparsa dall'autore (i) sulla genesi soprasensibile di causa: ma ci sia permesso il dire che tutta ci pare imprestata da Cousin, che dal suo mae- stro Royer Collard l'avea ricevuta, e questi da Read, e dalla scuola di Scozia (2). Kant, che nei pensieri di quella scuola avea pene- trato addentro ne fece una categoria della 2. tavola; un concetto a j)riori, di quello, che per l'altra era un prin- cipio instintivo necessario, insomma levando l'ingom- bro delle parole tutti l'ebberp a principio innato, ed (i) P. 25, 6G, C)8, 71, (a) Comcchè la giustificazione e la promessa mia, e piìi di tutto la ra- gion del vero volessero che io qui trascrivessi quei luoghi, dove non dico l'- idee (che a niun che abbia fior d' ingegno e di giustizia non può farsi dub- bio) ma le parole del nostro autore sieno le stesse di quelle di Read , di Collard, e precisamente di Cousin, pure l'angustia di un giornale me l'impedi- sce , e mi stringe a citarne i soli luoghi: cosi i più scrupolosi confrontin'» le pagine 2i8, 219, 220, 217 di Cousin le/. 19, voi. 11, colle pag. 86, GS> 7 1 di Tedeschi, e si faccian sicuri che in uic non si allega già dcsiq di of- fesa, o di calunnia, ma di vcr% 'iSb SCIENZE ED ARTI ceco come questa superba moderna generazione eli fi- losofi, clrfe chiaman meschina la sperimentale, è stretta a sognare una idea innata ad ognuna che diftìcile pruovi il fare altronde derivare, e questo si chiamò arricchire sublimare la scienza dello intelletto umano! Locke crede rinvenire nella osservazione di una co- stante successione di un fenomeno ad un altro la genesi della idea di causa (i); ma Hume il primo l'oppugnò sostenendo, che per trarre dalla vicenda delle cose quel- la idea era d'uopo, che una cosa in connessione si ve- desse con un'altra, e che noi non vedendo che feno- meni in successione, cioè gli uni dopo gli altri non la connessione l'idea di causa non possiara affatto ottenere (2); Kant, Stewart, e Cousin afferrarono alacramente sì sot- tile ritrovato, ma ne trassero oppostissime conseguenze, cioè che da principio innato connaturale a noi venisse quella idea, e lo ragionamento ne adottò perfettamente il Tedeschi (3). Locke ebbe forse torto, ma fra la sua opinione ed il gettarsi alla disperata in un principio innato non era mez- zano slato? e non potea venir l'idea di causa dal sen^ timefito della propria attività intellettuale come scri- veva Galluppi (4), copiando anch'ei dalla sua parte La- roraiguière (5); e Maìne-de-Biran (6), che nel sentimento della propria azione, e dei limiti delle proprie modi- ficazioni la trovavano? Certo son questi pensamenti frutto di lunghe e pro- fonde meditazioni, e meritavano come l'opinione lokia- na scria confutazione come fu fatto da Cousin (lez. 19) nel senso del suo sistema. Ma il nostro autore non che (i) De intell. hiim. lib, li, cap. 26, 5 '> >'» voi. i, pag. 276. (a) Essnys and Treatises essciy 7 of the idea, of necessary conifexion voi. Ili, jnig 89. (3) Cousin lez. 19, voi. 11, png. 2i4 e scg. Tedeschi png. 08, 69. (4) Saggio filosofico. (a) Ler-. 12, pait. 1, voi. 11, pag. Artide Leihiiitz daiis la Bigraphie univ>cìi. pag. l5« (<0 Cotibin citala Icz. 19, \ol. ji, piig. -jJG. MECCANICHE l8l confutar l'altrui molto fortemente non volle neppure la sua sostenere. Ora come la idea dì causa, ciascuna idea la cui ori- gine sperimentale difficile riesce, vien dichiarata sopra- sensibile, cosi quella di sostanza, di esistenza, d' ine- jenza , ec. ec. ; un principio nuovo insito alla mente detto di causalità fu inventato da Cousin per chiarire il modo, onde avuta l' idea di effetto si procede a quella di causa, un altro simile nominato deiressere fu inven- tato per la sostanza; come quella idea di causa nasce alla occasione della sensazione di eflètlo, così questa di so- stanza » alla occasione del sentimento sensazione , che è quello di una modificazione, percepiamo oltre alla esi- stenza della cosa modificata l'esistenza della cosa , elie modifica, ed all'occasione del sentimento della volizione, 0 del pensiero non lasciam di percepire l'esistenza del- 1 essere, che vuole e pensa (p< 91). Ecco come la fi- losofia del nostro autore, come già fu per noi detto, si riduce alle celebri idee occasionali e latenti di Platone. Fatto il primo passo, difficile è fermarsi nello smi- surato campo delle ipotesi metafisiche delle idee e dei principi! insiti primitivi, innati, come vogliasi dire; perlochè non contento alle idee semplici, il nostro au- tore passa a supporre della medesima natura gli assio- mi. Ecco a che mirava l'alFannosa analisi di lutta questa sezione, e a che mirar deve sempre ogni sistema di idee soprasensibili. L'osservar certe verità comuni a tutti, e del di cui cominciamenlo non sappiamo formar ne la data, ne il modo, ha spinto tutti i razionalisti a cre- tlerle innate; ma Locke in quella parte dell'opera sua, che non si è avuto il coraggio di riprendere, ha jiro- vato, che ne comuni sono gli assiomi, ne tanto anti- chi, come per alcuno son creduti (i): ma cosa più forte, (2) » E Bacone avvertiva, essere mestieri, clic lentamente e grarlatanientc si formino, e clie tratti sieno dalla osservazione, e dalla esj.ieri.cnza ricava* ti. » Niccolini sopra Stewai-t p. a^Qr l83 SCIENZE ED ARTI che la maggior parte di issi non sono , die proposi- zioni frivole, dove l'un termine, non è che l'altro in parole diverse; e cosi clii dice parte, ha detto che deve essere minore del lutto, perchè j)cr parte s'intende una porzione del tutto: e però questo famoso assioma, il tutto è maggior della parte si risolve in questo: il tutto iion è parte, la parte è parte (i), e Kant ne riconobbe le ragioni, e chiamò questi giudici identici (2), i quali argomenti parvero si robusti al nostro autore che fu obbligato a confessare: ^j che nello spirito umano non esi- stono da principio ne verità, ne idee mnate di maniera- chè l'uomo nascendo non porti, che facoltà, disposizioni ed altitudini a conosceie e pensare (p. 28) (3). » Ma questa strappata concessione innanzichè sia l'espres- sion vera de' pensamenti dell'autore viene in manifesta coutradizione col suo sistema in cento luoghi già chia- rito, pel quale non solo facoltà, abitudini, ma idee, prin- cipi preesitenti, a priori, concetti puri, forme intellet- tuali, ideali, giudici primitivi egli ammette, ciò che si fa piano in quel Inogo, che sendo la conclusione di (1) Locko llb. IV, cap. vm De propnsitwn. nugatnriis, e vii De axiomat. (2) G."llu])jii Logica pura § -w, p. 81 e scg. dove questa opinione vit- toriosani< iit(: .sostiene. (3) È inutile l'aggiugnerc, che questo principio è levato di peso da Cou- sln dove disse: il n'ya pas de pi'opositions iniiécs, uitcìidu qii' il n'ya pas iViJèes, Oli de propositions iìiiiées, mais il ya une verlu innèe dans Veti' tendemeììt, qui se prnduit en jugement primitifelc. etc. Lcz. 22, tom. 2 in fine. E Cousin da Liibnitz il trasse, clie dicca nihil est in intcllectu quod prius non fuerit in sensu nisi iiUellectus (Nouvcàiix. cssais p. 6^). Ma La- ronaiguicre lia fatto vedere come questo è un paralogismo , che per essere di un grand'uojno (come suole) è passato per verità profonda. Lez. 9, p. 2, voi. Ili, pag. 5G e scg, E Stewart qifcirassioma di Leilmitz comcntando così ne riprova il senso: Je ne voudrai pus qu'on cnit que jiipprowe l'emploi fuit ici par Leihnitz fili mot iiinè. Je le crois exposé ìi quclqucs égaids aux mèmes objections /jue les idè.es iniiées de Dccarles; dans ces deux auteurs cene exprcssion sem- ole signijier non seulement, que les idées ont une existcnce distinctc se- fjoréc de la facullc de pensa; mais, que quelques idccs au moins forment une partie de l'approvisionemeut primilif de l'esprit, et lui prèsentent dex irrsors de connaissances qu'il n'a qit'ìi examiner m'ec une mèditation profonde pcur arrider aux plus suhlimcs verilés. Stcvarl Lssais pliilosop. tnid. pur JIuiciiu. Paris 1828, p. 128. MECCANICHE l83 tutto questo capitolo è come il sommario di tutto il suo sistema, l'alto di fede della sua filosofia, le dernier mot direbbe Cousin;dove mette fra' materiali delle no- stre idee 3j i concetti che determinano e specificano ogni maniera di concetto intellettuale, e costituiscono le varie forme delie percezioni di rapporto (conclus. p. i i9)(i)>j e il richiamarci a' principi dell'essere, della causalità, della sostanza anteriori ad ogni sensazione per chiarirci la generazione delle idee delle nostre facoltà intellettuali, e di molte secondarie operazioni delle quali usa la mente per l'acquisto e chiarimento del vero (2), conforta assai la nostra opinione: nella quale ci conferma finalmente la grande teoria dei giudici primitivi (che fa la più ri- levata materia del 3° articolo) a cui è l'autore trasci- nato da lutto il suo sistema della origine delle idee, e . ..... " . degli assiomi; e già sin da quando stabiliva che appena avuta l'idea di corpo e di avvenimento corresse all'a- nima il giudizio, che nel tempo e nello spazio ci fos- sero, e le idee corrispondenti ne ricevesse, quando so- stenea, che per simile procedimento all'occasione delle idee di effetto, qualità e fenomeni, generasse quelle di causa, essere, sostanza, ne avea i primi semi della sua teoria gettati; imperocché senza giudici primitivi *ìà in- dipendenti a queste conseguenze non potea riuscire; in- tanto qui più precisamente viene a questo fondamentale principio della sua logica, sostenendo esservi giudici pri- mitivi, indipendenti da ogni paragone ed esperienza, e (i) Si consultino pure le pag. 70, 74? /^j 27, 80 dove a principi innati ci conduce, e la conoscenza delle tre idee, o concetti assoluti fondamintali, psicologica, cosmologica, teologica se non m'inganno è altro che abitudine, disposizione, ec. ec. Forse la nota 6 a questo luogo apposta era destinata a rischiarare questa conlradizione: ma siccome all'ultimo l'A. si è ri-erhalo aggiugner le note, la contradizione è restata: laonde mi sia permesso pregare l'A. che le note certamente necessarie alla intelligenza dei lesto, voglia ornai aggiugnere presso a* luoghi, o almeno a' capitoli cui han rajìporto; che non solamente crediamo utile il farlo, ma assai dannoso il trascurarlo. . (a) Come sono la definizione , la dimostrazione , il postulato ce. ec. ec. qui ci Venne fatto di trovare trascritte forse per acrideiife le delinizioni stesse date dal Bini Lez. Logic. 31et(ijìs. Murai, lez. il, voi. li, png. 2G. Te- deschi p. 84, 85. l84 SCIÈNZE ED ARTI questa fu la pììi famosa investigazione della dialettica tniscendentale di Kant così da lui posata, come sono j)ossibili i giudici sintetici a ])riori? ed i di lui prin- cij)i fatti famosi in Francia dalla splendida eloquenza di Cousin ci sembrano interamente dal nostro profes- sore adottati» Per comprendere il nostro autore e il suo originale Cousin, conviene conoscere il sistema della formazione dei giudici' secondo Locke, Condillac, Tracy e la loro scuola contro la quale manifestamente quegli combalte. Locke dominalo dal suo pensiero favorito della dopjna sorgente delle idee, la sensazione, e la ri- flessione, è peisuaso, che la mente non abbia altri ob- bietti fuori delle sue idee; sostiene che la conoscenza (primo grado del giudizio) altra cosa non sia, che w la percezione del legame, o convenienza , della opposizio- ne, o disconvenienza, che passa tra talune idee, sistema che da Condillac fatto più semplice, fu dal Tracj al minimo termine ridotto, dicendo che giudicare è sen- tire raj)j)orti fra due idee, o piutlosto che una idea ia un'altra sia contenuta; finalmente che il giudizio non è che la perctzion di un rapporto fra due idee, come con- clude Cousin in quella lezione, dove con una stupenda solligliezza esamina la lockiana teoria (i). Ma questa seguendo l' analisi cousiniana suppone tre condizioni: y> 1° che vi sieno due idee, sotto alla osservazione della mente conosciute anteriormente alla percezione del rap- porto; 2° che vi sia fra di esse un paragone; 3* che in fine venga una percezione di rapporto qualunque tra loro (2). w Intanto una di esse deve necessariamente essere astratta perdi' è quella, ch'esprime una qualità del giudicio cre- duta conveniente ad un soggetto , così dicendo Dio è buono, conviene aver l'idea di Dio, e quella di bontà che gli conviene; se tutti i giudici con questo proce- dimento fossero formati sarieno certamente tutti speri- (i) Lfz. ■?.3, voi. Il, pag. ^oy. C^) Ivi 407, 1)2. .',3ij ìcz. ■^!^, pg, ,',391, MECCANICHE 1 85 mentali, ove però alcuni ve ne abbiano, clie senza con- fionlo nascano, sono da ogni sperienza indipendente, pro- dotti dalla mente, innati. CoLisin per via di esempli distingue due classi di giu- dici, quei di rapporto, e quei co' quali la mente con- giugne una qualità sconosciuta ad un soggetto, e questi sono i giudizi sintetici di Kant: i primi suppongono il paragone, ne' secondi ogni termine di paragone prece- dono; i primi sperimentali, i secondi a priori. Una pro- fonda analisi, secondo il filosofo francese vi scuopre ap- partenere a questa seconda classe tutti i giudici, che contengono verità primitive, come Io esisto^ lo sento ce. ec. (i), e il fi^losofo siciliano anch' ei comincia dal distinguere giudici primitivi prodotti w dall'azione spon- tanea delle facoltà nostre senza confronto da lui chia- mate intrinseci, o d'inclusione, ed altri di rapporto, o estrinsici, e tosto copiando le parole stesse di Cousin, viene a stabilire quali sieno gl'intrinseci o d'inclnS'io- ne jj tali sono q^uelli enunciati nelle frasi io penso io voglio, questo corpo o nello spazio ec.ec. (p.iio) (2), e riassumendo le tre condizioni, come fece Cousin, dei giudici comparativi secondo LocIce(3) viene esaminanda ad uno ad uno gli accennati giudici per verificare se le tre condizioni vi concorrano. Comincia dal giudizio primitivo io esisto vien quindi a quello io senlo^ e fi- nalmente a quelli di io penso ^ io voglio cete, riprodiv- cendo con una osservabile scrupolosità non che le idee, le frasi, le parole, l'ordine medesimo del francese (4). Opera immensa, e non dalla natura delle nostre con- siderazioni sarebbe il sottoporre ad una minuta critica le ragioni dell'autore francese e del siciliano ?,n\C apriorità de' giudici, solo osserviamo che tutti riposano su questo- argomento, che questi giudici debbano essere antecedenti (0 Lei. 23, pag. 3^3 e 4'6 e più precisamente 427- ('.*) Cousin Icz. a.|) voi. 11, p;ig. /|3<>. (,3) Cousin Icz. 34, pr.p, 4 ''9- Tedeschi pag. 110. <^4) Lcz.. 24, png, 412, 417, 4iy, 420, 421. Tctlcbcbi pag. 110 , iii , 112, ii3j 114. l86 SCIENZE ED ARTI ad Ogni paragone, perchè altrimenti darebbono giudici astratti sopra idee astratte fondati, mentre è certo, che lo spirito comincia dal concreto e non dallo astratto, dal particolare, non dal generale, e a dir breve co- mincia sempre dal conoscere la realità. Ma io do- mando se ha un qualche senso questo giudicio io penso^ io senio j io esisto^ che intendono dire gli uomini? cerio the io ho la qualità di pensare, di sentire ec, il 2° termine qualunque siane la natura non esprime altro, (he una qualità dell'/o; certo non ha esistito mai il penso^ V esisto solo e da se; ora s'è una qualità del- l'/o è certamente una astrazione, e se è tale, ecco la conseguenza: o l'idea astratta nasce come tutte l'altre idee, e allora il giudicio è in termini sperimentali; o è innata, e l'autore si contraddice; o è ispirata come per una specie di celeste rivelazione, o di diviuazione della mente, che senza antecedente conoscenza ha l'idea di una qualità astratta senza raccoglierla da nissuno og- getto; ed eccolo diventato ultra-mistico (i). Temo, che parrà troppo lunga e miiiuta l'analisi, che ho fatto di questo primo capitolo, ma spero, che mi troverà scusa presso i buoni e i dotti, il conside- rare, che per la rannodata maniera dell'autore, in poco volume racchiude i principi di tutta la metafisica , e le più gravi questioni d'ideologia, ontologia, logica, scienze , che son fondamento a tutte le altre , e nelle quali un minimo eriore trascina in cento inestimabili e fatali; dopo tutto questo è assai naturale la domanda di quello, ch'io giudichi di tutta l'opera, e che di nuo- vo, e che di vero, e che di grande io ne senta; ma come mi proponeva in principio risponderò nel fine, come già rispose Montaigne, ye 7ie juge pas, je raconie. (i) Non è mia inf.enzionc, ne sarci si stolto a crederò, che sì poche pa- role bastino a confular l'ardilo sistema dei giudici primitivi non speriiiien- t.ili, a priori come voglia dirsi: ma solo alcun dulilùo io volli accennare, che già assai nobili ingegni, fra' quali non è a vcnm secondo l'alto seiuio «lei (rallnppi, han dimosti-ato l'impossibilità di questi giudizi ; e da quei grandi convien ripetere i saldi atgomeuU cade ;ibbatlerc questi sistemi di svaporato trajccndcntalisnio. 187 LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Intorno alla injluenza della filosofia di Jrisfippo su i costumi de Siracusani. Ragionamento diì^Euis m\.do Sebio. (Continuazione V. toni. VII pag. -y-y). - Vili. A che monta però l'avere discorso lo stalo do' costumi siracusani ne' tempi precedenti? Non ad altro scopo, io dico, se non che a farci giudicare di quel tem])o, di che 111 parola questo mio ragionamen- to. Il passato suol essere di norma ne' giudizi sull'av- venire. Gli uomini in ogni età sono intorniati da' me- desimi oggetti, sono stimolati dagli stessi bisogni, iianno perciò le medesime tendenze, i medesimi desideri, le stesse passioni , e se non fosse per le diverse circo- stanze, che varia modificazione adducono, in niun tempo si scorgerebbe varietà ne' costumi loro. Si è veduto come i Siracusani partendo dal buono, irono mano mano intristendo , e a un tempo quali salutari provvedenze e avventurose circostanze li tennero dall'abbandonarsi scioperatamente al colmo di ogni malizia , e di mol- lezza. Venuto meno questo benefico sostegno era forza che rovinati fossero nella corruzione. La religione me- desima in vigore di quell'età, colla moltitudine degli Dei, e colla libertà del culto, lasciava al libero arbitrio di ciascuno le norme della vita. Ora in così fatto stato essendo la cittadinanza di Siracusa, si dovette viem- maggiormente accrescere, accelerare la corruzione al- l'arrivo di Aristippo , che tradusse la voluttà sino al- l'altezza de' principi filosofici , de' quali colie maniei'e del suo vivere insegnò la pratica. Ma chi vorrà mai scostarsi dalla mia credenza, tenendo più tosto in con- trario , che in niun modo influirono le dottrine cire- naiche su i costumi de' Siracusani? Ninno, credo, in ciò vorrà opporsi; poiché le sfrenate cupidigie, le sre- l88 LETTERATURA. golatezze , le disonestà , le vergogne , fatte lecite per raulorilà gravissima, e pel chiaro esempio di un sa- piente, più agevole trovano copia di seguaci. Ed ecco qual fu la prima influenza diretta, ch'ebbe la filosofìa di Aristippo sulla civiltà di Siracusa. IX. Introdottosi e' nella corte, vi condusse il brio, le facezie, i mofttggi, i diletti d'ogni sorta, e preso l'a- bito cortigianesco, frammischiossi co' famigliari del re, addottrinandoli nella sua sapienza. Ma Dionigi il vec- chio non fu contaminato gran fatto dal veleno cirenai- co: di che abbiamo una testimonianza di Cornelio Ni- pote, che nelle vite de' re lo dice non libidinoso: senza io qui punto esaminare tutto il carattere , che ce ne dà quel biografo, non a pieno conforme colle memo- jie storiche. Oltre a ciò ne possiamo cavare anco una prova non dubia da un luogo di Plutarco: il quale ne- gli apoftegmi di re , e comandanti ci riferisce , che quel principe puniva con severissime pene tutte le scel- leratezze , solo passandosi leggermente del fallo degli involatori di vesti , con disegno, che i Siracusani sa- jebbono così venuti a cessare i conviti , e l'inebriarsi tra loro. Dal che, secondo mio debole giudizio, de- duco agevolmente due conseguenze, l'una intorno alla pessima usanza di quei cittadini, i quali aveano rotto il freno alla continenza, l'altra in riguardo alla sobrietà di Dionigi, dapoichè sovente il reggitore ama meglio, che i popoli soggetti simili a se abbiano i costumi. Si consideri inoltre Dionigi quando fu latto consape- vole di un adulterio dal figliuolo commesso con la donna di un onesto cittadino. Si mosse a sdegno , e lo gar- rì, diceudo: Hai tu forse, o figliuolo, inteso a raccon- tar cosa simile di me tuo padre? Questa franchezza d'animo, e di parole mi somministra un argomento della gravità di Dionigi il vecchio; dapoichè etili non si sarebbe posto nel pericolo d'essere smentito dal gio- vine figliuolo. Ne questi ebbe altro che rispondere salvo che : Tuo padre non fu re , siccome il mio. Si ED ARTI LIBERALI ISq consideri in quel punto, che facea lamentanze al filo- sofo per non aver tratto molto vantaggio dalla sua dot- trina. Anstippo non negò , che anzi liberamente ri- spose: esser ciò vero, perchè non avea da se rimosso quel peso mcommodo del governo. Avrebbe ei potuto rispondere negativamente con pari libertà e franchez- za , sponcndogh duja.izi quei tratti di vita , ch'eran conformi al suo filosofare, ed agli esempì suoi. Or quali furono mai le cagioni, perchè le storte dot- trine, e 1 esempio pernicioso di Aristippo non misero radici nella mente, e nel cuore del primo Dioni-i? J^sse son parecchie, come a me sembra, le quali, per non molto dilungarmi, noterò ad una ad una con brevi parole. E pna d'ogn'allro, quando quel filosofo giunse m Siracusa, Dionigi era venuto in una età, che le in- doli degli uomini son ferme e sode- giacche quel ti- ranno in.-ialzossi al dominio siracusano di anni venti- cinque. Nato egli da un padre virtuoso (i), non dico eh ebbe tutte trasfuse le virtù, ma sentì bene quanto sia diverso 1 essere soggetto alla disciplina di buoni e- ducatori, che di pessimi e malvagi. Così egli, cre- sciutosi un poco negli anni, e datosi alla milizia, rap. presentossi di animo grande, e sobrio nel vivere; dimo- doché i Siracusani lo ehssero per lor primo pretore, e poscia gli commisero il carico di condottiere nella spedizione contro i Cartaginesi. Nemmeno fu al tutto immeritevole nel suo governo , nel quale insieme al- iammo guerriero, die' qualche fiata prove di senno e di giustizia. Per la qual cosa Aristippo non potea re- care una intera rivoluzione sull'indole sua stabilita, ma sola qualche piccola modificazione. Oltre a ciò sover- chiato era Dionigi, come ognun sa , da una terribile passione assai molesta per se, funestissima iDe' popoli, dall ambizione. Or chi non avvisa tosto esser fblli^ li pensare, essersi potuto trovare ad un tempo domi»- (!) MuUcr. St. Uni,; Uh. vi, cap. x,. iqO LETTERATURA Italo dalla voluttà cirenaica? Certo a me sembrerebbe inatta presunzione, se sostener ciò si volesse , dapoi- cliè internandomi nella minuta economia del cuore li- mano mi si chiarisce (juel vero , che non possono in un tempo medesimo afieltar l'uomo due vigorose pas- sioni , per la ragione , che riottando tra loro verreb- bono a perdere tutta la loro forza ; come si ha pari- mente dalle scienze fisiche nell'urto scambievole de' cor- pi. Pertanto si fa manifesto, che per abbandonarsi Dio- nigi alle voluttà de' sensi era mestieri , che spogliato prima si fosse del dispotismo. E siccome questo in tutto il coiso del suo vivere giammai lo lasciò libero, così Dionigi esser non potè cirenaico voluttuoso. E poi come daisi bel tempo, e sollazzarsi, se gir dovea sospettoso, e guardingo de' suoi stessi popoli, se niuna fidanza a- vea del più sacro vincolo di amicizia, e di parentela, se rarissime fiate, o non mai, faceasi vedere in pub- blico, se finalmente ascondeva scrupolosamente il luogo preciso di sua dimora? Degnissimo guiderdone per chi non sa rispettare i diritti degli uomini ! Quindi il pen- sar de' pericoli lontani, e delle insidie , i fantasmi, e le illusioni dell' animo turbolentissimo jiartorirono in- giustissima morte a migliaia d'uomini innocenti. Quindi da lui si punivano ferocemente ne' soggetti gli stessi sogni, abbassandosi dall'altezza del trono a prestar pue- rile credenza alle false e disordinate immagini della notte. DI: può niai Dionigi star bene al confronto del- l'ottimo augusto Gelone , che gittando le basi al suo dominio sull'amorevolezza, e sull'equità, divenne la de- lizia de' popoli, e fu da tutti altissimamente riverito, ed adorato! Ma togliamo questo paragone che senza vo- lerlo potrebbe sviarmi dall'assunto, Ora in questo modo inlàccendato Dionigi, gravato da' tristi pensieri, dalle penose sollecitudini potea mai far luogo di molto agli stravizzi, ed a' disordinati passatempi? Se pur l'avesse desiderato ne saria stato distolto dalla funesta rimem- branza del suo viver trascorso, e dal timore, che av- ED ARTI LIBERALI IQI velena ogni maniera di diletti. Senza die pur troppo occupossi nelle guerre, e parte non poca fecero de' suoi pensieri la liberale muniticenza accordata a' letterati , ed agli esercizi della tragica poesia, della musica, della storia, della medicina , della caccia. Dal ragionato di sopra concludo , che se Dionigi il vecchio fu signo- reggiato dalla crudeltà dalla ferocia, non fu per indole voluttuoso; anzi di ciò si pose in guardia. X. Ma con tutto che Aristippo non tramutò inte- ramente l'indole del vecchio Dionigi, non di manco non fu al tutto indifFerente sul di lui animo. Preso quel tiranno dello spirito, della leggiadria, e festevo- lezza de' modi del filosofo, strettamente lo tenne al suo fianco, seco sovente con piacer costumando. Non fu nemmeno libero del tutto della passione della ta- vola, e del vino, come può scorgersi da qualche luogo di Diodoro (i), e di Eliano(2), che cel presenta come bevitore solenne. Io però stimo non avere amato le vivande ed il vino pel sistema del suo vivere, ma solo ne' momenti per lui di maggiore allegrezza. Tali sono i due luoghi del citato Diodoro , che nel primo ce lo mostra cupido di sapere il giudizio delle sue poesie da Filosseno poeta ditirambico, suo famigliare. Nel quale stato era invanito del suo merito, e giulivo per amor proprio. Nel secondo luogo ciascuno può fare ragione come dovea galluzzare di gioia pel trionfo ottenuto da una sua tragedia nella prova poetica in Atene alle fe- ste di Bacco. Chiunque soverchiato da gioia, non può fidarsi di serbar continenza. Dalla medesima fonte ebbe nascimento la pompa, ed il lusso, con che Dionigi il vecchio inviava le sue tragedie a' giuochi olimpici, ed alle feste di Bacco nella Grecia, commettendone la rap- presentanza ad abili, e valenti istrioni, di persona belli, insigni per le pi'egevoli doti della voce. E' se non fu (0 Tom. V, cap. u e xi. (0 Far, hist. tom. n, cap. xu. in?, LETTERATURA dedito alle libidini, non fu però esente della galante- ria; il che si fa cliiaio pel seguente successo. Dopo aver eoduto in corte della lieta compagnia di Aristippo, nel- l'accommiatarlo gli presentò tre bellissime cortigiane, a lui lasciando libera la elezione di colei che vincesse le compagne in avvenenza. 11 filosofo ricordò quale col- mo di sciagure era piombato sopra di Paride per una simile poco giudiziosa elezione, e accettolle tutte e tre; sebbene poi giunto all'uscio di sua casa le avesse li- cenziale. Con questo ancor si fa chiaro quale era sotto la sua disciplina il vezzo di quella corte, che sgrazia- tamente ne intese tutta la malvagia influenza. In quel torno appunto ci si condusse spinto dagli stimoli del bisogno Eschine il filosofo, il quale slargandosi dalla moderazione di Socrate, suo maestro, accostossi alla co<- moda sapienza dell'amico Aristippo, che oppositamente agli spreggi di Platone, accomandollo al tiranno; al di cui cospetto fu poi sempre grazioso, e con larghi doni rimeritato dell'offerta di alcuni dialoghi (i). Ecco come allora era commendato e sostenuto il vizio, contrastata, vilipesa la virtù. Platone coU'amatissimo discepolo Dio- ne, e con gli altri pochissimi accademici suoi scolari, nulla potè. Le sue lodevoli dottrine, per la potentis- sima, e ammaliatrice forza contraria, furono a mezzo rattenute, e involate a' salutari effptti. Platone per gli artifizi degl'invidi, e malevoli cortigiani vide venir manr co il favore del principe; e per la sua libertà filoso- fica fu venduto a guisa di schiavo. Oltre a' platonici, nulla poterono i pitagorici, di che era piena la città; tra' quali si conta l'eroismo di que' due, che mollo preziosissima cosa stimavano la lealtà, la fede nell'a- micizia (2). Si corruppe la corte, si viziarono i citta- dini, abbandonandosi a' sollazzi de' frequenti conviti, com£ si ha d?l citato luogo di Plutarco, (1) Laerzio Vita di Aristippo. (») Cic. Se off', lib. Ili, Ciip. v;, ED ARTI LIBERA-LI If)3 XI. Fu però considerevole la differenza de' costumi di Siracusa sotto il governo dell'uno e dell'altro Dio- nigi, e particolarmente varie cagioni sodissime al guar- do lilosofico si presentano. E prima non tutta a uu tratto portossi la corruzione in quella città dalle dot- trine, e dall'esempio di Aristippo, ma per gradi. Laon- de si fa manifesto, che i costumi de' primi tempi do- vettero essere meno viziosi, e che poi via via proce- dendo, andaron più e più peggiorando. L'esempio del primo Dionigi valse di antidoto a quel veleno che diffoiideasi per la città. Operando e' ditforme a quei precetti lor tolse in qualche modo il vigore, che assai sarebbe cresciuto, se nel fatto vi si fosse dato a vedere seguace. Si accoppiarono a ciò le provvedenze, ch'egli usava per chiamare i cittadini al retto, ritraendoli dalle magnifiche frequenti e compagnevoli gozzoviglie. Per ultimo io credo averci molto contribuito, l'essersi tro- vata quella città, comecché ricchissima, non tanto co- piosa di danaro , che non ben regolato suole essere l'amo del vizio. Poiché Dionigi affin di assodarsi mag- giormente sul trono, con cinque anni di gravissime im- posizioni, avealo tratto a se in abbondanza. Le quali cagioni, comecché furono salutari sotto il reggimento del vecchio Dionigi, voltandosi in contrario sotto quello dei giovine furono assai perniziose e nocevoli. La corru- zione cirenaica erasi già per gradi avanzata, la cui forza insieme congiunta era cagione di grandi effetti. Non vi si oppose quel dominante, anzi vieppiù coH'esempio la accrebbe, e col rimettere tre anni di tributo, per cat- tivarsi scaltramente sul cominciar del governo la ne- cessaria benevolenza del popolo soggetto. XIL Ma per dimostrare come Aristippo influì su i costumi siracusani indirettamente mercè l'opera del gio- vine Dionigi , mi par dicevole cominciare un po' più d'alto il mio discorso. Nel tempo che il filosofo cire- nèo entrò nella corte siracusana, il secondo Dionigi era giovinetto negli anni, e iii una età per l'appunto, che i3 iqÌ letteratura da' sapienti morali dicesi delle impressioni. Imper- ciocché r uomo nascendo altro non jwrta da natura , che principi e tendenze, e nuovo cittadino del mondo da tutti gli oggetti vivamente è mosso. Così egli, se- condo la bontà o malvagità di quelle prime impres- sioni si forma le varie idee; e col tempo procedendo innanzi , Stabilisce per se la regola della vita ; e ven- gono in seguito le abitudini. Per tal modo il giovinetto Dionigi nella corte del padre, piena di meretrici lezzi, trovò le prime sensazioni assai cattive per opera degli esempi voluttuosi di Aristippo, e de' seguaci cortigiani. Conformi a quelle prime sensazioni egli acquistò le idee, the occuparono la sua mente, regolarono le azioni, che jwscia djvennei'o abitudini. Quanto più vigorose sono, e più costanti le prime impressioni, tanto maggiormente litorna malagevole il poterle sbandire nel corso della \ila. Dalla prima educazione dipende la condotta re- golare o storta degli uomini, sì ma non tengo con El- vezio nel sostenere, che di quella essi siano solo risul- tamento. Per questo può bene il villico nel cimpo far prendere ad un tenerello virgulto quella direzione, che curvilinea o retta meglio a lui garba. Di questa ve- rità persuasi i Lacedemoni, facendo senno nell'ammae- strare i fanciulli alla temperanza, loro ponevano dinnanzi gli ubriachi, facendogli per tempissimo abbominare quel vizio nella deformità degli effetti. Non altrimenti Ari- stippo educò il giovine Dionigi alla voluttà, e tosto ei bene a lui si fece vedere non degenere discepolo. XIII. Non dico io qui della sua gioventù, nella quale ricevette il biasimo, e le rampogne del sobrio genitore. Solo considero quel tempo, nel quale egli, rimaso uomo a se , sciolto da' vincoli della potestà patria , tolse il freno per moderare i destini dei popolo siracusano. Dap- prima egli si mostrò liberale, prudente, fìivo reggiate re del primo diritto degli uomini della libertà: laonde per tre anni, come ho detto di sopra, sciolse il popolo dalle imposizioni, e rimise liberi tre mila cittadini, che per ED ARTI LIBERALI ig5 ordinanza ilei fVi lui genitore giaceano miseramente nel carcere. Chi allora non avrebbe antiveduto un prospe- ro, e invidiabile governo, se così bello n'era il coinin- cianiento? E pure se si fosse posta niente alle sue gio- vanili azioni, sarebbono a un tratto svanite le più alte speranze, si sarebbe veduto non poter essere quella lu sua vera indole; esser anzi quella una virtù simulata, proveniente da suo falso giudizio politico , che gli Ia- cea vedere necessario il procacciarsi a prima giunta fama di virtuoso, ed ottimo sovrano, per poi lasciar libera- mente il freno agli obbliqui suoi desideri. Tolse incon- tanente però il velame all'indole sua vera, infierendo singolarmente contro i congiunti per paura d'essere ri- mosso dal trono. S'appalesò cupido di tranquillità e di pace, e l'accordò a' Cartaginesi e a' Lucani, co' quali era in guerra , ma non fu veramente quella tranquil- lità, e quella pace, che fé' preziosissimo l'aureo governo di Gelone. E' si spacciò d'ogni briga per attender solo senza intervallo alla pratica filosofìa del suo lodato maer stro Aristippo. In conseguenza lordò la vita di mille laidezze, abbandonandosi scioperatamente alle più sor- dide, e nefande colpe, alla ghiottoneria, alla ubbriachez- za, alle lascivie. Dione però, virtuosissimo filosofo pla- tonico ^ pensava sempre al retto, malamente pativa le nefande sordidezze di Dionigi suo congiunto, e voleva anzi il suo meglio. Immaginò phe a svilupparlo da quella ignavia, da que' molti vizi, ne' quali era assai stretta- mente intricato, si fòsse sfato necessario lo studio della buona e grave filosofia, e di un sapiente da poter con vantaggio contrapporre ad Aristippo. Per tanto studio- samente cercò di mettergli in puore Platone e la sua sapienza. Ma nulla giovaronp in quella corte per la se- conda fiata gli ammaestramenti, e gli esempì di Dio- ne, e di Platone, a tal'uopo chiamato, e onorevolmente ricevuto dal re Dionigi. Eglino colla purità delle dot- trine, e colla integrità de' costumi cercarono, ma in- darno , metterlo sul diritto cammino di virtù. Ambi- 1 9^ LETTERATURA «lue poco tempo prevalsero sul di lui animo , cliè gli artifizi de' collctti e vili cortigiani, ad uno fruttai ono l'ingiusto bando, all'altro il tornarsi due volte in A- tene , e rimisero Dionigi sul pristino sentiero. Tornò di nuovo a prevaler nella corte Aristippo , die chia- mato regal cane da Diogene, divenne il sopracciò della mensa del re, e de' cucinieri, che gareggiavano tra loro nel produr quelle vivande, che per isquisilezza, e per varietà fossero state acconce al gusto dilicato , e finis- simo di Dionigi. Aristippo andò qualche tempo in Co- rinto, tratto dalla bellezza maravigliosa di Laide, fa- mosa meretrice siciliana ; ma non lasciò lungamente privo di se il caro allievo, che anelava la sua prege- volissima compagnia. ^IV, Brevissimamente noterò gli usi della mensa del re, cioè li ritrarrò in poco, lumeggiandoli co' piìi vivi colori , che mi sarà possibile. Stava in ampia stanza locata la mensa con attorno trenta mollissimi e ornati letli(i). Doviziosi n'erano i fornimenti, per la rarità pregevoli, elegantemente disposti ed ordinali: cose tutte che appagavano la vista de' riguardanti. A questo ce- nacolo si avvicinavano i parassiti, nobilmente vestiti, co- sparsa la chioma di finissimi unguenti, il di cui odo- re tenzonava con gli altri mille, di ch'era imjire- gnata l'aria della stanza pe' siriaci profumi della mirra e dell'incenso. Intorno al capo portavano una connessa ghirlanda di mille varietà di bellissimi, e olezzanti fio- ri. Poco mancava, che non ponessero alla faccia il li- scio, ed il belletto, come usano le fanciulle per viem- maggiormente piacere agli amatori. Mille squisite vi- vande erano messe in tavola, successivamente ministrate da parecchi valletti, splendidi per ornamenti , vaghis- simi, a' quali certo mancar non doveano in sulla testa que' crini biondi e ricciutelli , ad arte composti , che mollo favoriscono la bellezza del sembiante. Genero- (0 Alcii. liJj. m. ED ARTI LIBERALI IQ^ sìssimi vini tramezzavano il desinare, e più singolar- mente il Pollio, pregiatissimo in Siracusa. INIille tra vivaci ed allegri ragionamenti , e tra leggiadri molti sbandivano le molestie, facendo trionfare la gioia. Vari carmi vi si mescolavano, che non aveano Io stesso no- bile scopo di que' delle mense catanesi, co' quali si di- lettava ammonendo gU ascoltanti delle leggi di Caron- da. Dopo aver bene ingozzate , trapassando la misura del convenevole, i più dilicati e saporosi cibi, non si annestava la gioia, ma sopram-modo accrescevasi , me- nando lascivetli balli; e in seguito per opera di lietis- simi giuochi. Laerzio(a.) ci narra, che in un convito impose Dionigi , che la danza si eseguisse vestendosi a porjiora. INegossi a quel ballo il sobrio Platone, che allora in Siracusa dimorava, dicendo: averlo natura fatto maschio, e non comportare il mettersi in dosso le ve- stimenta acconce ad una femmina. Proverbiollo Ari- stippo, che si trasse innanzi con quell'abito, e ballò, gridando, che la mente casta ne' sagrifizi di Bacco non si corrompe. Questo ci chiarisce come sovente in quella corte erano in opposizione la virtù ed il vizio, vetiendo a lotta Platone ed Aristippo. Dall'anzidetta descrizione può scorgersi in qual guisa la corte del giovine Dio- nigi, mercè l'influenza cirenaica emulò, e, direi quasi, vinse la mollezza de' Sibariti, la splendidezza e gliiol- toneria de' Colofoni. XV. L'esempio de' re forma i costumi delle corti , e delle nazioni. I cortigiani esaminano a pritna giunta la più nascosa indole di ogni re novello , e per adu- lazione sono inchinevoli a pigliare i suoi desideri , le passioni sue, i costumi. Se si avvedono che il re ama la letteratura, si fanno tosto coltivatori de' buoni studi, delle scienze, e si ostinano a sbandire l'ignoranza. Se trovano soverchio amore di religione , divengono per simulazione, o per altro, superstiziosi e picchiapetti ; se (i) Loco cit. jgS LF.TTERA.TUR A diritta intenzione di costumare i cittadini , di miglio- rare la vita civile, di frenare le malvagità, essi toìgon subito l'istcssa buona tempera. Parimente se internan- dosi con artifizio nel cuore del re, lo veggono signoreg- giato da turpi e vilissirae passioni , essi ])er kziosag- girie si lascian cadere nello svilimento , e nelle sor- didezze. Gli adulatori, a detto di Plutarco, sono a jìunto come le bertucce, che pigliano i costumi e gli alletti giusta le persone colle quali si rinvengono. Qual mai sembianza presero i famigliari del giovine Dionigi, sotto il perfetto esemplare, che loro si proj)oneva? Cer- tamente non altra, che quella, ch'ebbero i compagni di Ulisse, convertiti in ciacchi dalla celebre maliarda di Circe. Eglino lodavano nel ior principe quelle scon- cezze, che per aver piìi favore e stima , a lui mette- vano avanti. E Dionigi, vituperando i buoni e sapienti, si accomunava con quella vile ciurmaglia di assentatori e beoni , che per lui si appellavano dionisicoli. Fra quella turba, che per costumanza giungeva sempre al- l'ultimo dell'ebrietà, si contavano Niseo, Ipj;arino, A- poUociate. Il re col suo molle e scioperato vivere dif- fuse il lusso e la matrnilicenza nelle vesti, ne' nobili e ricchi adornamenti del palagio, e per tutto; e quelle jjersoue di corte mutarono gli abiti, adornarono stupen- damente le case loro. Era fra costoro un colai Simo, tesoriere di Dionigi, il quale, frigio di nascimento, avea una malvagia tempera di costunii. Con tutto l'animo attendea in adornare il di lui palagio con la possibile magnificenza e splendore. E', di presente giunto a tanto che più non potea, già superbo e fastoso di se stesso, commendando a ciascuno le cose sue domestiche. Or si avvenne un dì, che menalo seco Aristippo a visitarle, e questi voltandosi di qua di là, e in ogni angolo scor- gendo la strabbocchevole ricchezza degli apparati , il lusso, e i nobili fornimenti del suolo, gli sputò subito la sciliva sul viso. Simo incontanente montò in furia, recandosela in onta gravissima, e lutto colleroso allissò ED Arti liberali 19Q Io sguardo su del filosofo, il quale amantissimo com'era della piacevolezza e della celia, cercò rattemperarne 1» sdegno, chiedendogli scusa per non aver veduto intorno alcun luogo, ove più decentemente fare ciò, che fatto savea(i). Giova questo piacevole avvenimento ad aflbr- zare il mio detto. Più addentro imitando que' cortigiani le maniere del re, si diedero al bere disordinatamente, e ad ingozzare i più dolci e saporosi manicaretti, git- tandosi nell'immondissima fogna di mille vizi. Il po- polo, com'è uso, trasse dalla corte quelle consuetudini; con tutto che dapprima non avesse amato nel reggitore il vituperio di tante perversità, di tante colpe; e la più minuta gentaglia, non senza soddisfazione, vi si accon- ciò parimente. XVI. Ciascun da ciò si accorge qua! sia stata indi- rettamente l'influenza di Arislippo su i costumi de' Si- racusani, mercè l'efficacia, e gagliardia del vivere del suo discepolo Dionigi il giovine. E in vero di che gravi danni non fu amara sorgente l'esempio funesto di quel vigliacco assunto al trono della più splendida citfà, che in quel tempo si fosse stata in Sicilia? Come può mai reggere degnamente i destini de' popoli soggetti colui, che affatto ignora l'arte, ad ognun necessaria, di do- minar se stesso? Allora vennero meno più che prima uè' petti siracusani quei magnanimi e generosi spiriti, che aveano spronato gli avi loro a farsi belli di tanti gloriosi conquisti, a infrenare l'orgoglio e la baldanza de' ladroni dell'Africa, a gastigare l'audacia de' pirati, a ridur soggette alla loro discrezione le ribellanti città siciliane. Se tu li avessi per avventura voluto in quel tempo condurre al campo, io credo che al primo ba- lenar delle arme li avresti subito veduto voltar paurosi le terga, e abbandonare vilmente la prova marziale. Cadde dalla consuetudine la ginnastica, già usatissima per lo innanzi, e degeneri quei cittadini alle virtù pri- (i) Laerzio, loc. cit. 200 LETTERATURA sclie nulla lennero quella salutare disciplina, che ad- dostrando gli uomini al salto, alla corsa, alla lotta, e mettendo i singoli membri del corpo in esercizio, non più di quello che comanda la loro natura, li rende for- tissimi e gagliardi. Vituperosamente lasciarono il freno ;id ogni sorla di mollezza, e si gettarono nell'abbiezio- ne. Avidi delle più ghiotte vivande, ad esse j>osero tulto l'animo studiandone addentro minutamente la squisitez- za, la varietà, la fraganza. A quel tempo parecchi fu- rono gli scrittori che opere composero ad insegnar pre- cipuamente ciò che fosse di più voluttuoso ne' desi- nari. Fiorirono singolarmente Terpsione, e l'allievo Ar- cheslrato, ambi cittadini siracusani e poeti, famosi col- tivatori del ventre. Dell'uno saggi erano gli amnjae- stramenti , l'astinenza cioè della crapula , ma dinanzi agli allievi smentiva le parole coli' esempio della sua vita. Dell'altro notò Crisippo stoico, che fu duca e maestro degli epicurei, chiamando la sua gastronomia la metropoli dell'epicurea filosofia. Seguirono le loro vestigia ambidue gli Eraclidi siracusani, ctkbratissimi gastronomi. La perizia di que' cittadini nel condire i cibi più Sfjuisitamenle fu tale e tanta, che le mense si- racusane irono in proverbio , e corse vezzo appo gli ottimati della Grecia di chiamare da Siracusa i più perfetti cucinieri; anzi con ciò davano certo argomento di loro grandezza. I vini più generosi e pregevoli tras- sero pure l'attenzione de' Siracusani, e chi meglio po- tealo, ne ornava magnificamente le laute irabandig- gioni , e se ne spassava tra famigliari ed amici. Per- tanto Platone nel terzo libro della sua repubblica con- danna le mense siracusane, e anco nella settima lette- ra, ove ci avvisa, che que' cittadini erano usati a man- giar due volte al giorno (nell'istessa guisa , che oggi- mai si fa una sola volta), e lascia pur troppo alla im- maginazione il considerare altre sconce e dannevoli co- ^^umanze. Per fermo l'empirsi assai più di cibo, che il naturai bisogno richiede, di necessità dovea incitar ED ARTI LIBERALI 301 le menti a poco leciti pensieri, e a disoneste e storte passioni. Tale era lo stato de' costumi di Siracusa, al- lorché noi veggiamo alzarsi un tempio alla voracità, stabiliicisi e cerimonie, e sacrifizi, e tutt'altro che si addice al cullo religioso. Con questo ci è dato di con- siderare, che la religione stessa facea parte nel vivere degli uomini, e che d'ugual passo s'avviavano o al retto, o ai tralignante costume. Mi piace qui rapidamente notare, che non potè la Sicilia tenersi lontana siffattamente che non intese quel guasto, e elle noi vide farsi strada e diffondersi tra i suoi. Veramente ella non era di quel tempo, ne fa mai sotto i Greci, cosi bene congiunta in unico ed uni- versale reggimento. Ma Siracusa soprastava a tutti gli stati siciliani, e tranne pochi, tutti erano da lei di- pendenti, tra per le confederazioni, e per la forza che riducevali soggetti. Siracusa potentissima tenea l'impero della dignità dell'opalenza, cosicché gli altri piccofi stati doveano dinanzi a lei piegarsi a riverirla. Laoncie con- scguentemente venia , che diversi popoli delfisola ci traevano, e molti Siraciisani in altre contrade si reca- vano, e con quel frequente costumar 3( co loro e do- mesticamente, dilatossi il contaggio. Diffalti Sicilia man- dava allora il medesimo puzzo , te passioni presero pessimo avviamento, il gusto di condir le vivande in- signorissi di tutti , che ne divennero maestri. I cuci- nieri greci venivano ad erudirsi alla scuola de' nostri, e Lf bdaco siciliano, ito peregrinando per varie contrade greche, con molto successo espose le sue lezioni. Il molto disordinalo desinare, diffusosi per tutta Sicilia , co' vapori offuscava le menti degli avoli nostri, e fa- cevali cadere nella malinconia. Questa, fermamente io credo, essere stata la cagione, per cui son delti malin- coniosi gli antichi Siciliani, che or non sono i moder- ni, perchè seguitano nelle iiiense 1» moderatezza ita- liana. à02 LETTERATURA A tanta commiserevole condizione era venuta la ma- gnificentissima Siracusa come abbiam di sopra veduto. Era necessario per tornarsi all'ottimo, che allontanali si fossero primamente Aristippo e Dionigi, funeslissima cagione di cotanto svilimento. Mancò in fatti il filosofo di Cirene , dapoichè sollecitamente chiamalo in pa- tria dalla figliuola Arete per mettere bene in assetto le sue bisogne, fu nel viaggio incolto dall'ultimo suo male, e finì di vivere nell'isola di Lipari (i). L'allievo fu costretto a lasciare il comando per opera di Dione; che mal suo grado sofl'erendo le perturbazioni alla virtù cagionate in quella nobile cittadinanza dall'ignavia sua, erasi mosso a tal proposto dall'ingiusto esilio. Rifor- mò in seguito la legislazione colla platonica sapienza, e in qualche maniera i Siracusani usarono temperanza, che al dir di Demofilo è il vigore dell'animo. Tornò di nuovo Dionigi , ma fu cacciato , senza speranza di im secondo ritorno, dal pacifico e buono Timoleone, che coir esempio e colle sue provvedenze migliorò di assai i costumi de' cittadini siracusani. Eglino furono dolorosissimi nella di lui morte, amorevoli nel reggi- mento. Con Dione però si mostrarono ingrati mentre che visse, riconoscenti dopo morte. Questi sono in poco, ornatissimi Accademici, i miei pensamenti sull'assunto propostomi. Li ho sottomesso, siccome ho fatto, al vostro savio accorgimento, allinchè ne facciate voi giudizio, dicendo sulla loro giustezza. Così potrò io correggere e raddrizzare le mie idee, ove per elleno fossi in errore inciampalo. (i) Stanbio Hist. phil. par. in, cap. viii. ED ARTI LinERALi ao: Sulla vita e le opere di Giuseppe LoCoteta. Me- ivoria del presidente Francesco di Paola-Avolio. (Continuazione veci. toni. Vil^ pag. gì). Numero VII. Commentarius Critico- Theologicus de Divo Metho- dio vS/mcMMno. Catanae 1786, FraDciscus Pastore cxcudebat. T. 1° in-8*. Fra gli apologisti della cattolica fede è da porsi in riga cogli eccellenti s. Metodio siracusano, patriarca di Costantinopoli. Molto egli si tia vagliò contro gl'icono- clasti, superbi o polenti per prolezione degli Angusti ne' loro errori. Perocché stimò debito di riconoscenza il nostro A. di rlnnovellare le memorie di un suo con- ciltadino di tante lettere, di tanta fortezza, di tanta santità, le notizie attingendone da pure sorgenti, e da codici mss. In sul principio del dire dassi pensiero il Logotela a fare una erudita diceria di tutù i sacri sto- rici siciliani, e stranieri, tra i quali sono da nominare il Be.'-cojiè, il Chiflezio, il Bollando, il Papebrochio, il Leone, Allazio, l'Eschenio, un Greco anonimo, il Cave, il Tiraboschi, ed il Berti, a provare che Metodio di nobili parenti disceso , nella patria terra educato , le lettere vi apprese. Perduto non aveva Siracusa, vivente costui nel secolo VII, l'antico letterario splendore, e precipuamente i chiostri allora somigliarsi potevano a ginnasi ben coltivati e fiorenti. E questa città di vero priva non fu mai di lai sacrati asili della pietà e delle scienze , massime il monistero ditto di s. Lucia , il quale ben conto divenne a' ternj)i di s. Gregorio , e l'altro eziandio chiamato di s. Pietro ad Bajas. Or egli è agevole l'arguire che il Metodio in sul fiorire degli anni intese ad istruirvisi pienamente negli studi 204 LETTERATURA delle lingue e delle scienze. A questo fine, ed a con- seguimento di civili onori recossi ancora a Constanti- fiopoli, ma invitato dalla divina grazia a sublime vo- cazione professò religiosa vita, un monastcrio eresse, e vie più si affalicò nelle discipline. Imprese poscia con caldo zelo ad impugnare l'errore degl'iconoclasti; con- seguendo intanto delle preclare onorificenze, fra le quali si conta l'elezione sua a parroco di Roma. Qui tocca il biografo le virtù morali di questo eroe della chie- sa, e specialmente la castità di lui comprovata lucidis- simamente a dispetto di un' orditagli calunnia. Per la quale cosa tante testimonianze gravissime egli riporta che riferirle interamente sarebbe lungo. Favellando di poi del grado di legato dell'apostolica sede conferitogli per sostenere il culto delle sacre immagini, si fa il Lo- goteta a raccontare in poche parole i mali tutti che cotal persecuzione dagl'imperadori regnanti protetta alla chiesa orientale cagionarono; ne preterisce di accennare le prove di cristiano valore , che in quello strano in- tervenimento, siccome in tenzon faticosa, diede il no- stro Metodio. Narra medesimamente le pene di carcere e di percosse, alle quali il santo uomo soggiacque per comando di Michele Balbo , secondo che attestano il Zonara, il Ccdreno, il Baronio, Natale da Alessandro, il Gravesonio, ed il Cave. Seguita dicendo che oppres- sioni spietate, e violenze iniquissime ebbe a com])ortare sotto l'imperador Teofìlo; ma trapassato costui, succe- duta all'imperio Teodora Augusta, restituì ella il cullo alle sacre immagini, e chiamò il Metodio, rinomato già ovnnque per santi costumi e per dottrina, a tenere il primo grado nella chiesa dell'antico Bizanzio. A tanta onoranza elevato, fece le ultime prove ad espurgarla delle germogliatevi zizzanie, restituendole il perduto splen- dore, e celebrandovi delle sontuose festività io rendi- mento di grazie all'Autor supremo di ogni bene. Ri- chiamò parimente all'ovile le sviate pecorelle, e perti- naci espulse, e fece de' canoni penitenziali, che il Lo- ED ARTI LIBERAU 2o5 goleta v' inserisce, per quelli che dopo il loro allonta- namento dalla chiesa pentiti vi ritornarono. Oltre a ciò discute se regga oramai a' precetti di severa critica la sentenza del cardinal Baronie dicendo, che TaDima del» l'imperador Teofilo liberata fosse dall'inferno a pre- ghiere del Metodio. Ed oh con qual finezza è svolto quest'argomento ! Ribatte il Cave che le cure del no- stro patriarca biasimò per la conservazione e pel culto de' corpi santi: cullo infin da' primi secoli ammesso. Dopo di aver parlato di così fatte materie, disputa se abbia il Metodio dati gli ordini ecclesiastici a' vescovi siciliani, quantunque alla giurisdizion di lui non sog- getti. Ceito egli è che la chiesa siciliana non si sot- trasse mai dalla romana sede, e per conseguenza ha il Logoteta per cose di poco rilievo tutte le autorità, le quali a questo assunto in contrario si riportano. Laonde impugna il libro di Giustino Febronio De stata ec* clesiae^ che tante e tali notizie ammassa contra il pri- mato del so«HHo gerarca, affine di far credere presso- ché illimitata la vescovile giurisdizione. Formano poi il tema degli ultimi capitoli della presente opera gli scritti del nostro patriarca, il quale pari è in onore, ed in sapere a' ss. Gregorio Nazianzeno, Crisostomo, ed a' padri della chiesa, conforme ne sentono il Berti, ed il BaiUè (vies des saints). Si persuade di per se il lettore, che fu d'uopo al Logoteta tesservi ordinato di* scorso de' suddetti scritti, e sostener le ragioni; acciocché senza timor di abbaglio al Metodio si attribuiscano, che che diversamente altri ne pensino, i cui pareri va di ma- no in mano l'autore confutando. In cotale disamina tutto e' pone al sjo luogo: nulla scorgesi detto per ostenta- zione d'ingegno, tutto è per ischiarimento del subbietto, e per utilità di profitto. Fa egli per ultimo menzione del culto tributatosi a questo eroe della chiesa greca e latiifia. E perchè ardeva il Logoteta di un desiderio accesissimo di proporre a pubblico esempio le gesta di quei suoi concittadini , i quali furono di religioa sia^ ao6 LETTERATURA gelare, e di alta scienza; perciò rivolgesi a noi esor- tandoci in questo modo: ' ' f^irì concives Meihodium in urbe nostra felicìter natum, et bonis instruclum litteris, qui meritoruin in- gentium praemia in altera vita percepit , laudibus , cultii^ virtutum iinitatione jure proseqwimur^ templuni tanto heroe dignum erigamas^ ejusque fruamur pa- trocinio. A questa dissertazione, ed all'altra dianzi ci- tata sull'apostolica istituzione della cliiesa siracusana il giornale enciclopedico d'Italia (tom. y\i pag. 197) tri- butò alte iodi. Solamente è d'avvertire per incidenza di essere quel giornalista incorso nell'errore di credere opera del Logoteta la lettera apologetica in prova della verità di quanto contiensi negli atti greci della f^. e M. siracusana s. Lucia^ la quale uscì dalla jìcnna del dottor Vincenzo Russo Pares, e non mai dallo scrittore Aostro. •i^q - Numero Vili. ^JRiJlessioni sopra il rito di consagrare le chiese. Catania 1787 per Francesco Pastore t. 1° in-8° pie. Fu composto dall'autore in occasione di farsi pom- posamente la sagra del monastero intitolato di s. Ma- ria in Siracusa, e forse a petizione di uiia religiosa di quel cliiostro chiamata Raffaela Statella , distinta per intendimento perspicace, e solida pietà , di cui era il -iiOgoteta confessore e direttore nell'insegnamento dei santi misteri, e delle cose sacre, delle quali la donna pia cupida era a voler conoscere le più riposte ragio- ni. E da rimirare in quest'opuscoletto come proceda egli con la massima brevità a dichiarare di parte in parte qué' vnneiandi riti, i quali alti misteri compreu-' dono. E sebbene necessità fosse di valersi alcune fiate di molte erudizioni, onde chiarire sì auguste liturgie, non ammesse quelle poste in uso per questo oggetto medesimo dalla chiesa siciliana ; pur sono sempre le ED ARTI LIBERALI 2O7 materie significanti, semplici, e chiare senza ingombro di frasche. Numero IX. La vera credenza: Opuscolo teologlco-poUtico per la civile gioventù. Siracusa 1792, presso Francesco M. Pulejo, tom. 1° in-S". Fra tanti addottrinati ecclesiastici, i quali non si a- doperarono nella Sicilia con la voce e con la penna ad impugnare le opinioni stortissime, diffuse ovunque ia quelle stagioni contra la fede, egli, il Logoteta, si recò con singolarità a coscienza il non rimanersi silenzioso. Infatti dello questo piccolo volume, che comprende una scelta di considerazioni, dove sembra che con poche voci voglia esprimere degli altri sentimenti. Usò ben anco brevità , acciocché i lettori non avessero tanto a grave di ritrovarvi compendiate le sane massime, e di contemplarvi le inconcusse ragioni , che registrate vi sono: ed i seguaci de' novatori, similmente troppo tìu- iiierosi, e troppo insolentiti allora dalle opportunità loro favorevoli, provassero schifezza nel ciecamente seguirli. Le opere di tal sorte debbono convincere l'intelletto, com- muovere il cuore; e per conseguenza l'autore ingegnasi quanto j)uò a confutare l'ateismo, il deismo, il ma- terialsmo ; e queste confutazioni , dove bene riescano, sono uguali al fulmine che splende, e manda tutto in conquasso. Succedono a' predelti ragionari le prove sulla verità della religion rivelata , e su la vantaggiosa sua influenza nella società. Si propongono quindi gli anti- doti adatti all'epidemia della miscredenza , la cui fon- te, arbitrava egU, che causala fosse da' libri divulgati dalle città appestate , dalla miscredenza , uguagliandoli a un vivajo di piante mortifere^ a gole di aperti se- polcri, a nidi di serpenti. Ed oime ! quanti e quali volumi così inimico tempo alla pietà correndo giravano per le mani degl'incauti , là dove con airaulalo arlifì- 20S LETTERATURA. zio era l'empietà orpellata! Un più lungo ragguaglio di questo libretto diede l'A. medesimo nel tomo i del suo giornale ecclesiastico a fog. 52 , e segu. Imperciò nou fa mestieri che più copiosamente mi distenda , maggiormente, che altrove di questi, e non dissimili ar- gomenti avrò luogo di parlar più volte. Numero X. Àpologeticus de Sìciliae Orthodoxla. Sjracusis i-ygS tjpis Puleii t. 1° ia-8% La descrizione delle mostruosità avvenute appo gli antichi Siciliani in fatto di religiose credenze e di sa- cro culto, benché state fossero da loro talune virtù mo- rali osservate, serve d'introduzione a questo erudito di- scorso. Dall' enunciate sposizioni ben s'inferisce la ne- cessità della religion rivelata: va di poi l'A. continuando a dire che dopo la morte del Divin Redentore si av- verarono le missioni apostoliche nella Sicilia , mercè delle quali conobbesi la sacrosanta legge, e vi fiori: ne la cieca idolatria , ne il truculento genio degli avver- sari polè ritardare il suo ingrandimento, ed il suo lu- stro maggiore, somministrandone valide prove il nu- mero de' martiri, che sotto i Cesari specialmente vi si segnalarono. Non trascura qui l'autore di dire succin- tamente le immense fatiche de' vescovi e de' valentuo- mini siciliani, i quali si aggiunsero alla schiera de' più gloriosi campioni intenti a serbare appo noi illeso il deposito della fede colle opere d'ingegno e con man forte. Ed oh quanti famosi sperimenti di sana dottrina, l'e- resie combattendo a fronte degl' infedeli potentati non diede la chiesa siracusana in quell'epoche memorande! Il Logoteta infaticabile raccoglitore di testimonianze e di prove, tutto riunisce e pone in luminosa veduta. Tanto impegno, e tanto j^clo a prò della legge di G. C, se- ED ARTI LIBERALI SOQ gue a dire, pur vivissimo si mantenne sotto i Van- dali, i Goti, e sotto i Greci imperadori. Non altrimenti accadde nel dominio de' Saraceni, poiché sacrati uomini e pastori zelantissimi rilussero allora in questa classica terra, Non si trascura a di- mostrare che da' principi normanni infino a* nostri au- gusti dominatori 1' evangelica luce non è stata oramai da veruna caligine ottenebrata; anziché tenuta in prez- zo qual grazia somma, com'ella iè, concedutaci dal cielo. Le quali cose però pon airo tutte di qui raccontare, perchè se ne fece dall'autore relazion distinta nel tomo II" del sopraccitato suo giornale ecclesiastico. E ciò posto riassumendo le cose già discorse si può conchiudere che molto riconoscimento debbasi a lui per questo, e per precedenti lavori; mercecchè trattano di que' suggelli, i quali sono ad ogni popolo i più reverendi ed eccelsi. E rispetto al merito dello scrittore, giustizia vuole, che gli s' intrecci serto di lodi. Non si perviene mai a fare sì be' lavori senza valor di mente, senza assiduità di studio ed ampio corredo di dotte conoscenze. Con buon titolo dunque il sig. abate Domenico Scinà menzionando le sopraccennate opere innalza con encomi il Logoteta, qual fervido studiatore delle scienze ecclesiastiche , e del- le profane erudizioni, il quale illustrò le antichità e la disciplina della chiesa di Siracusa, e l'onor vendicò di tutta Sicilia, che la dottrina cattolica ha sempre rive- rente seguito (i). Il che porge bello argomento su la bontà del cuore e della dirittura dell'intendimento, di cui la natura fregiò la gente siciliana. Egli è certo che la verit» non si combatte d^ chi la vede. (Sarà continuato) (0 Prospetto della storia letterari^ nel secolo XFIII, voi. 3,p. 408, l^ 2 IO LETTERATURA. Elogio del Conte Leopoldo Cicognara scritto da Fep^- DiNANDo Malvica^ 6 recitato nelV Accadenùa di scienze e belle lettere di Palermo la sera dei i3 di aprile i834- MJk perdita dei grandi uomini deesì riputare pubblica calamità. Il Conte Leopoldo Cicognara non è più: e l'I- talia piange nella sua morte il letterato il filosofo il cittadino, che nacque in questa età di fango e di mi- serie, ma che aveva il cuore e la mente di un antico. Egli rimarrà sempre nella memoria degl'Italiani, per "virtù esimie che lo fregiarono, e per segnalati servigi resi alia patria, alle lettere, alle arti. L'elogio di lui è sulle labbra di tutti che la grandezza dell'anima sua co- nobbero, o che ammirarono ne' suoi scritti il profondo giudicio , e la vasta dottrina , che riverito ed onorato per Europa lo rendevano. Io ne' miei passati anni fui vicino a questo famoso saggio, e tutti conobbi gli eminenti pregi, che l'ador- navano, e fra i grandi dell'età nostra lo avean collo- cato. Quant'egli mi amasse non io il dirò; dirò bensì che i legami della dolce amicizia , che ci stringeva si ruppero solo da colei, che ogni cosa dissolve. Egli mille volte a voce, e sempre ne' suoi fogli, che pieni di te- nerezza mi scriveva , mi svelò i sublimi concetti del suo altissimo senno, e tutti i sentimenti dell'animo suo, ch'era pieno di nobile e fiera bile contro la bassezza e la iniquità de' tempi in che siamo. Io lo piango con lagrime di profondo dolore, e piaugerollo sempre: ma qui oggi non sono che l'interpetre del comune lutto. Le opere dell'ingegno umano non furon sempre i si- curi garanti dell'animo e del carattere degli scrittori, e noi possiamo facilmente trovarci ingannati ne' nostri giudizi, e delusi nelle nostre speranze, qualora non ab- ED ARTI LIBERALI 211 Liamo alili elementi in fuori di quelle. Imperciocché si sono spesse fiale veduti uomini perversi scrivere ope- re, che predicano virtù, ed abbiam pure alcuna volta osservato lo strano caso, che uomini di vita incorrotta sono stati gli autori di malvagie scritture. Si scorra la storia delle lettere, e si vedrà in tutti i popoli co- testa mostruosa contraddizione. Quindi bene e savia- mente fecero gli Egiziani statuendo il giudicio dei de- funti, per cui venivano i mali cittadini esclusi dal se- polcro, ed esecrati nella memoria de' posteri; ed i Greci decretando pubbliche laudi a que* soli, ch'erano dalla pubblica fama, che mai non fallisce, per virtuosi de- cantali; ed ordinando i Romani che gli estinti nel foro si lodassero presente la moltitudine , che in folla ac- correva , e fremeva sdegnosa qualora ingiusti eran gli onori, che alla loro memoria si tributavano, avveniva che il vizio a que' casti secoli non aveva incensi, e sa- cre divennero le laudazioni del rosro. Ma andandosi col progredire de' tempi degenerando i popoli, e corrom- pendo gli animi , vennero disciolte quelle sublimi co- stumanze, figlie dell'antica sapienza, e videsi il nefando spettacolo di essere anche i polenti malvagi laudati, e divinizzati oltre la tomba ; innanzi a cui soglion ce- dere le passioni, vinte dallo sparire degli uomini, e suol comparire la verità in tutta la sua più splendida luce. I funebri elogi, che si fanno presso noi, sono un'ima- gine degli antichi usi; ma siccome la severa virtù di que' nostri padri venerandi non fu retaggio de' moder- ni, così abbiam veduto non rare fiate quelle orazioni servire scandalosamente a fini contrari: e lodando esse indifferentemente la virtù e la colpa son cadute dalla opinione de' saggi, ne possono servire a' posteri, onde conoscere il vero valore morale degli uomini, che ab- biamo pubblicamente lagrimato. Altro quindi non ci rimane, se non che la voce del popolo, che grida senza speranze e senza timori, A questa noi dunque ci ap- 212 LETTERATURA. pigliamo; ed ella nel caso nostro ne guida la penna , e ci spinge a deplorare con parole di duolo, la gra- Tissima perdita, che ha fatto Italia nella morte di Leo- poldo Cicognara. Pochissimi in Sicilia conobbero di persona que- st'uomo insigne , e pochissimi son quelli fra noi , che possono delle solenni virtù del suo animo far pubblica fede. Ma il Cicognara aveva più volte scorso la Fran- cia, l'Inghilterra, l'Olanda, la Sassonia, la Prussia f 1 Italia tutta, lasciando impressi per ogni dove i segni delle sue maschie virtù. Onde si sono levate da ogni luogo pubbliche querele per la caduta di lui; e l'Ita- lia che lo vide nascere, e nelle sue varie città lo ac- colse, sentì , più di qualunque altra regione, sì grave sventura. Laonde a splendido onore di quell'anima be~ iiedetla tornerà il dire, che ne sono giunte, da ogni angolo della penisola, lettere, in cui altamente si de- plora cotal perdita, dicendosi da tutti che il pubblico lamento forma l'elogio dell'uomo sommo che piangia- mo. Egli era di una rettitudine di mente e di cuore ijon facile a rinvenirsi, e di una fermezza di carattere maravigliosa: fu sempre costante difensore della patria; ne collagrimava le miserie; si riempiva di generoso sde- gno contra i nemici che la sua gloria attaccavano; si ri- volgeva ai potenti, e con franco e libero linguaggio delle itabane piaghe ragionava, additando i rimedi, che le avreb- bero solo sanate. Superiore ai tempi la fortuna di Bo- naparte non l'abbagliò: eletto nel 1796 membro della Giunta di difesa generale stabilita a Modena, e chia- mato nell'anno appresso a far parte del Consiglio le- gislativo della Repubblica cisalpina^ residente in Mi- lano, alto diceva, e i dritti delle italiche franchigie al guerriero potentissimo ricordava. Inviato poscia mini- stro plenipotenziario a Torino , e quindi deputato ai Comizi in Lione nulla cosa mai fece o disse, che a di- lèsa dell'Italia non mirasse. Cigauteggiando poi Napoleone sopra tutti i potentati ED ARTI LIBERALI 21 3 del mondo, ed avendo egli avuto l'accortezza, come colui, che di sublime intendimento era dotato, di chiamare a se gli uomini più grandi della soggiogata Italia, venne Leopoldo Cicognara innalzato al rango di Consigliere di Stato dell'Impero. Ma egli poscia veggendo che più utile esser non potea alla sua patria, perciocché cadute erano sotto il napoleonico ferro le italiche sfieranze, non volle rimanere gran fatto nell'eccelsa carica, di cui era stato investito, e ne chiese nel 1808 la dimissione: dimis- sione che non durò fatica ad ottenere; poiché quel fiero doniinalore dell'Europa uomini franchi, e capaci di dire liberamente il vero, non bramava, volendo egli onorare il merito, ma innanzi a lui piegarlo ed ammutolirlo. Leopoldo Cicognara fu il vero confortatore degl' in- felici, il padre degli studiosi, l'ajutatore de' provetti ar- tisti, il guidatore ed il consigliero dei giovani: fu, nel tempi più tui'pi delle italiane angosce, l'amico più ge- neroso e più fermo che si avessero avuto i migliori, ed uno di quegli uomini, di cui il mondo si onora ed ab- bisogna. Onde lasciò questa terra pieno di una gloria, che i secoli non potraa distruggere, ed entrò nel sepol- cro portando seco il compianto universale. Discendeva il Cicognara da nobilissima stirpe, ed avea veduto la luce in Ferrara ai aS di novembre del 1767. Visse 66 anni, 3 mesi, e 9 giorni*, che mori in Ve- nezia il 5 di marzo dell'anno in che siamo. Alla fiera novella che la pulmonare tabe, che da più tempo lo andava consumando, già lo minacciava nella vita, si videro dipinte sul volto di tutti i buoni di Vinegia la mestizia e l'alFanno: ognuno, straniero o italiano, alFret- tavasi a prender conto degli andamenti del morbo, il quale a misura che facea mostra, come suole, ora di dimi- nuire ora di crescere, gli animi si piegavano alla facile .«speranza, o rimanevano vinti dal dolore. Quindi si udi- vano e preci e lamenti: gli uni, a cui già mancava il con- solatore e l'amico, porgevano caldissimi voli per una vita si cara; gli altri che vedevano cadere, nella caduta 2t4 letteratura di lui, una delle più famose glorie delle italiche lettere, coni miserava no la patria, che andava perdendo tutti i sostegni della sua grandezza. Leopoldo Cicognara non è più! Io ne parlo con ?ì tenero afiètto, che a gemere di profondo cuore mi spinge: vorrei a quest'uopo l'elo- quenza medesima ch'egli in sì eminente grado posse^ deva, onde sentir facessi tutto il peso della perdita che abbiam fatta. Egli parlando o scrivendo balenava e to- nava , con abbondanza di numeri e di poderosi argo- menti fiancheggiava e sosteneva i suoi ragionari: a guisa di maestoso fiume cresceva sempre, strascinava, rapiva; Se fosse vissuto in tempi di popolari adunanze sarebbe stato fàcilmente il primo, e, come Demostene, avrebbe trionfato di ogni ostacolo , persuaso o dissuaso , mosso concitato e volto gli animi a suo senno: tanto era la magìa della sua potente favella! L'Italia ha perduto in un periodo di pochi anni uo- mini che avevano la nostra scientifica e letteraria sa- pienza collocato sì alto, che le nazioni più sdegnose e più invide della italica gloria confessavano che noi a mezzo le miserie eravam tuttavia i padroni dell'umano pensiero. Volta, Mascagni, Scarpa, Quirino Visconti, Piazzi, Oriani, Domenico Seslini, Gioja, Brocchi, Bcl- zoni, Monti, Pindemoute, Foscolo, Perticari, Canova, Morghen, Appiani forman la gloria di un mondo. Leopoldo Cicognara accrebbe mirabilmente il patri- monio delle nostre letterarie ed artistiche cognizioni: avviò il secolo di Canova sul diflicile sentiero, che si era già questi dischiuso, e alla meta, cui tendeva, ra- pidamente lo spinse, facendo ritornare, in fatto di arti, l'ellenico gusto in Italia. Io (jiii non parlerò de' primi studi di lui, che furon fatti nel collegio dei nobili di Modena, ove, non aven- do ancor compiuto il secondo lustro, venne dai geni- tori collocato. Imperciocché furon dessi stolti e negletti. Fatale destino a cui soggiacquero , quasi tutti i grandi ilomini delle moderne età: i quali poi conoscendo, per ED ARTI LIBERALI 2l5 la forza del loro intelletto, la barbarie de' melodi, cui furon sottoposti nella loro puerizia, cercaron di dimen- ticare ciò che avevano miseramente appreso, e diverso principio diedero ai loro studi, aprendosi da se stessi un novello cammino. Il Cicognara dimorò nove anni nel modanese collegio; e i suoi primi studi, che furon quelli di latino e di greco, fatti con metodi iniqui, ed in un tempo in cui ne di greco ne di latino puossi imparare cosa alcuna, lo rivoltarono, e in odio, come suole avvenire, gli fecero prendere le lettere. I pazzi maestri imputavano a sua colpa la poca inclinazione, che aveva per esse, e la difficoltà con cui le lezioni percepiva, e i lenti progressi che vi facea; mentre do- vevano cotal male riconoscere dai vincoli che i loro stolti melodi creavano, e che la generosa natura del giovinetto sdegnava. Dal che avvenne che avendo la sua mente bisogno di pabolo , e non potendolo trovare in quegli sludi sì poco convenevoli all'età sua, e in che preten- devano a forza di ammaestrarlo, si diede tutto alle arti del disegno; onde per ischerno veniva poscia in col- legio dilettante di pittura denominato. Quindi tene- vano gli sciocchi maestri la sentenza, che rozzo di mente fosse il Cicognara, e che un uom di lettere non sarebbe mai divenuto. Egli però svincolatosi al diciottesimo anno dell' età sua dalla scolastica servitù , fé' vedere di quai voli fosse capace il suo divino ingegno: conobbe per se me- desimo l'errore, pianse il perduto tempo nel collegio, e pensò, con grandissimo animo, a riparare i mali, che l'ignoranza altrui gli avea cagionati. Ecco dunque quai danni recano all'umanità i barbari metodi dell'elementare istruzione! Il Cicognara avea perduto un tempo prezioso, cui, fremendo, ogni uom di senno ricorda; e bisognò con istraordinario sforzo prendere affetto a quegli studi, che aveva in ira, rompere i duri ceppi della pedanteria, che lo tennero avvinto per tanti anni, ed educar se medesimo: ma pochi sono gli uomini dotati di tanta forza di mente; 2l6 LETTERATURA e i più rimangon vittima del turchesco e tremendo di- spotismo dei pedanti. Noi dunque risguarderemo il Ci- cognara non sotto le morali e fisiche torture di costoro, ma adulto e creatore di se stesso. Le novelle scoperte sull'elettricità occupavano ne' pri- mi tempi della sua vita gli spiriti più illuminati d'Eu- ropa, ed avevano altamente mosso la sua curiosità; onde si diede tutto agli studi fisici, e alle scienze esatte, che la mente gli svegliavano, e il giudici© gli andavano correggendo e formando. Aprì poscia la sua letteraria carriera colla poesia; e ne' suoi giovanili anni scrisse vari lirici componimenti per monacazioni, matrimoni, dottorati, e per altre cose di simil fatta: quindi si les- sero per le stampe le ore del giorno ; // cigno e le rane; ed un poemetto in tre canti, che intitolò le belle arti. Ma egli, come intelletto di prima grandezza, vide ben tosto che il secolo verso cui s' inoltrava alte e se- vere cose richiedeva; conobbe che la mediocrità in poe- sia non era più sopportabile, e scherni anziché lodi ca- gionava; perlochè depose la cetra, e mai più non l'a- vrebbe ripresa, se il duolo, che per la perdita di qual- che amico l'anima gli agitava, non lo avesse talvolta sforzato a sciogliere un inno sulla tomba che lo chiu- deva. Onde a gloria sua ridonderà il dire, ch'ei poscia, qual severo giudice di se stesso, condannò all'oblio le cennate opere poetiche: ed acciocché la propria sentenza, e la sua volontà da tutti si conoscessero, vergò di suo pu- gno negli autografi di que' lavori le seguenti parole : opere giovanili da non ristamparsi mai anche se si rinvenissero. La qual cosa io nolo particolarmente, perchè ad ognuno sia manifesta, e si fermi nel pensiero di coloro, che spinti da librarie speculazioni sogliono alla rinfusa pubblicare tutto eh' è uscito dalla jjenna dei grandi uomini, senza badare ai loro pentimenti, e senza distinguere i tempi le occasioni le circostanze, solo fa- cendo, per la loro ingordigia, torto non lieve alle più splendide riputazioni. ED AKTI LIBERALI 2 1 7 Il Cicognara si diede, giovine, a viaggiare; e viag- giando scosse la sua mente, la educò, la utiirì: dive- nuto per le meditaiioiii profonde, falle sulla natura e sal- l'antico, conoscitore esimio del bello , scrisse un trai- iato sul bello., in selle ragionamenti diviso , pieno di una castità di sentire^ e di una finezza di pensieri, che si possono uguagliare, ma non vincere: predicava rfnella verginale btllezza piena di vita di vigore di modestia, e volea che nella sola natura, spoglia di brutture, si rinvenisse, e che su lei, tipo eterno del bello, le opere umane si modellassero. Le Grazie di Grecia eran sem- pre nel suo cuore: ad esse, come Platone, sacrificava, e bramava che alla mente degli artisti fossero ogiioia presenti; che le Grazie, ch'ei sì altamente sentiva, non eran quelle prive di pudore, e corrompitrici del vero, ma interpetri di esso, e maestre di ordine e di armo- nia. Quindi ricco di queste idee trattò sempre con gr-inde giudici© dell'estetica delle arti; ed in occasione di ce- lebri nozze, seguite in Padova nel 1818, dettò alcune prose gravi e leggiadrissime sulla grazia., sull'accon- ciatura del capo femminile^ e sulla persuasione Noi Vorremmo che tutte le sue estetiche scritture venissero nelle mani di ogni artefice del bello; iropeFcioccliè elle non sono utili ai soli scultori ai pittori agli architetti, ma sibbene ai poeti, agli oratori, e agli scrittori di ogni specie, che debbono o persuadere l'intelletto, o toccare il cuore, o allettare i sensi: tanti puri sono i suoi precetti! tanta filosofia regna ne' suoi principi! Il Cicognara quando prendeva ad esaminare artisti- camente le grandi opere dell'antichità, le riguardava pure dal lato dell'archeologia; diguisachè pieni di ar- cheologica sapienza sono i libri che su tali argomen- ti giva pubblicando. E siccome il gusto , che aveva acquistato in fatto di arti, era profondamente esqui^- to; cosi i suoi giudizi sulle cose artistiche eran tali, che bandivano l'errore, e stabilivano il vero sopra salde fondamenta. Le quali cose ad evidenza si dimoslrano 2l8 lETTERATURA. per Vestraitò del Giove olimpico di Qualremere ; per la memoria sul saggio del medesimo , risguardaiite la natura delle aili; e per quelle sul violincembalo ; sul distacco della pittura a fresco; sull'indole e gli scritti di Francesco Milizia; sul quesito se Simone Memmi fosse slato anche scultore; e finalmente sul codice di Teofilo, e l'origine della pittura ad olio: le q^yali due ulùme memorie sebbene estratte dalle note del primo volume della sua storia della scultura, comparvero più ampliate, e, rendendosi di facile acquisto, diffusero celeremente fra gli uomini molte idee utili e peregrine. Alle quali fatiche, acciocché meglio la nostra asser- zione si consolidi, possiamo arrogere le gravissime scrit- ture ch'ei pubblicò nel i8i4 su i propilei, e l'inuti- lità e i danni dei perni metallici nella costruzione de- gli edifici: al che fu indotto dal vedere alcuni fram- menti di perni di legno, recati in Italia da Dowel, che gli avea acquistati ne' suoi viaggi in Grecia, in seguito di esser caduta una delle colonne de' propilei, mentre egli soggiornava in Atene. Andava poscia il Cicognara eoa dotti opuscoli filo- sofando sulle allegorie nei monumenti, e sulla fallacia dei giudizi nelle opere di gusto. Dettò pure due altre bel- lissime memorie ^Xnna intorno l'insigne lavoro del Quatre- nicre, che si agirava sulle opere e sulla vita di Raf- faello; e l'altra sulla storia della cattedrale di Colonia del Boissere. Scrisse un rngionamento, per confutare il Denina nel suo Quadro storico dell' alta Italia , che poscia stampò innanti la continuazione delle memorie istori- che dei letterati ed artisti ferraresi di Girolamo Ba- JufFaldi. Egli in ciò, come in tutti gli altri lavori di critica, fu agli uomini di gentilezza e di moderazione solennissimo esempio, non facendo uscir mai dalle sue labbra , nelle più severe sue confutazioni, parola che macular potesse la riputazione altrui: a chi brusco l'at- taccò mai non rispose, e solo scese nell'aringo, quando vide che per la verità si combatteva , e eh' eran de- ED ARTI LIBERALI 3IC) £;ni di lui i suoi competitori. La critica nelle sue mani divenne un'arma di amicizia e di verità. Eterno vitu- pero per fjue' pedanti, feccia della natura, i quali vati superbi di scellerata fama, correndo alle villanie, alle calunnie, alle villadi ; e nascondendo con iniquo pcn- sieio gl'infiniti pregi delle opere altrui, gridau la croce, s'infangano il bugiardo labbro, avvezzo al furto, e be- stemmiano per qualche inavvertenza o errore che fuggì. Ora mentre il Cicognara a cotai lavori attendca an- dava immaginando un'opera di gran mole e di gran momento, che rese poscia di pubblica ragione, in due volumi in foglio, dal 18 15 al 1820, intorno le fab- briche più cospicue di Venezia, misurate illustrate ed intagliate dai membri della veneta accademia di belle arti. Essa contiene dugento cinquanta tavole colle pian- te, spaccali, e prospetti de' più insigni edifici di ogni secolo, che decorano quella raaravigliosa città. Dissero fazioni storiche, piene di severa critica, gli accompagnano: il Diedo ed il Selva ^ ambedue nell'architettura peri- tissimi, ebbero parte in alcune di esse. Grande fu l'o- nore, che ridondò a Venezia da quest'oj)era magfiifica: l'Accademia ne ebbe immenso plauso, e l'autore perpe- tuando tanti monumenti, che con istupore del mondo, la veneziana potenza fece sorgere a mezzo le onde, rendeva alle arti luminoso servigio, e prestava alla sua sventurata patria seconda , il più dolce conforto che negli affatmi, e nelle truci miserie che l'avean colpito, jìotesse desiderare. Fece il Cicognara molti lavori, a guisa di lettere, in cui si diede a svolgere gravissimi argomenti di ar- cheologia e di arti : indirizzò al Giordani quella in- torno ad un monumento attribuito a Canova; al Mis- sirini scrisse su i ragionamenti del Longhi intorno la calcografia, e sulla fusione in bronzo del Gruppo della Pietà dell'istcsso Canova; al Pezza na sullo S|x\simo di Sicilia; al De Lazara sul vero ritratto di Laura; al Mon- talvo su di alcune nuove scoperte e pratiche d^iataglio; 220 LeTTKRATUnA. al Ricci su i dipinti del Paoletti; all'atale Canova sul nionuuiento di Canova; al Moreni su di alcune minia* ture nei codici della Laurenziana; al Capponi sul codice del Cennini. Scrisse il Cicognara il catalogo ragionato dei libri d'arie e d'antichità, cli'ei possedeva: illustrò partico- larmente il tempio di Possagno; quaranta quadri lilo- grafiati a Veneziaj la Polinnia scolpita da Canova; la Strage degl'innocenti intagliata da Marcantonio; le due celebri sale del Palazzo Pitti; il busto colossale di Me- cenate; e diede una relazione^ che pubblicò anonima nel 1816, di due quadri di Tiziano Vecellio. Compose molle orazioni e prolusioni , che lesse al- l'Ateneo, e all'Accademia di belle arti, per cui dettò un'apposita memoria^ che sul nascimento e su i pro- gressi di lei agiravasi. Tessè gli elogi del Tiziano, del Palladio, del Giorgione, e del Foschini: scrisse la bio- grafia di Canova; le notizie intorno ad Antonio Fabris coniatore ed orefice; e ristampò il tanto noto, ma raro ed inetto opuscolo, che Lazaro Baldi aveva nel 1681, pubblicato in Roma, sulla vita e morte di s. Lazaro monaco e pittore, che sotto Teofilo imperatore Icono- maco molti tormenti patì, per la pittura e pel cullo delle sacre immagini. Cotesto opuscolo, privo di criti- ca e di buon senso, e ridondante d'inezie e di badiali notizie, fu già tempo in gran voga , e venne dall'au- tore ristampato , per battere le umane follie , e mo- strare quanto profonda radice prendano sovente gli er- rori, e come sieno facili a pullulare: quindi lo fé' pre- cedere da una dotta ed ingegnosa memoria sulla bi- bliomaràa, che questo fine direttamente segnava. Inoltre furon letti con grande rumore, e si leggeran sempre con sommo compiacimento, la lettera che vergò su di alcune controversie relative al Panteon, e la nar- razione storica intorno i quattro Cavalli riposti sul pronao della basilica di s. Marco: la quale venne }iOÌ con molta forza dallo Schlegel e dal Mustoxidi at- ED ARTI riBERAU 221 taccata; polche il nostro autore sosteneva esser quelli un'opera romana, come li sono difatti, e que' due va- lorosi gì' innalzavano e divinizzavano, come lavoro di greco scarpello. Molti scritti si fecero a que' tempi favoreggiando ed oppugnando colali opinioni : ma il Cicognara si tacque, e solo a tutto rispose in una lunga nota dell'ultimo volume della sua Storia della Scultura. Or questa Storia appunto è l'opera più grande che sia uscita dalla sua penna, e quella veramente che ha fatto volare il suo nome per ogni contrada del mondo civile , e che lo tramanda glorioso alla posterità piiì lontana. Canova avea riempito del suo nome la terra. Egli erasi acquistato tanta gloria col suo scarpello, quanto Napoleone, nell'epoca stessa, ne avea conquistato colla spada. Sublime destino delle virili della mente! Le ■vittorie di Napoleone non sono più che un'ombra fug- gevole, e si perdono fra quelle di Alessandro, di Cesare, di Carlo duodecimo, e di tutti gl'infiniti conquistatori, che han desolata la terra , e raddoppiato i ceppi del- l'uman genere: le opere di Canova vivono a gloria del- l'umano senno, sfidano la natura, e rimangono a per- petuare nel mondo il grido dell'italiano valore. Leopoldo Cicognara fu l' amico di lui: e bellissima cosa venne sempre riputata l'essere al sommo letterato il sommo artista teneramente congiunto. Laonde que- gli, pieno l'intelletto ed il cuore delle opere mirabili di questo divino ingegno, le andava illustrando, e colla sua sapienza, e coH'autorevole nome ne indicava i pregi agli artisti, segnando le vie più recondite del cammi- no, che quel genio si era per se medesimo dischiuso. Quindi Pietro Giordani conoscendo lui essere il solo fra noi, che potesse le arti italiane, e i nostri monu- menti , le nostre glorie , porre in piena luce , e dai taciti insulti degli stranieri rivendicarle, lo spronò, a ciò confortato dalle istanze del d'Agincourt e dello Schlegel , a comporre un' opera su questo grande ar- 222 LETTERATURA };onicnto: ed egli che da più tempo iva nel pensiero agitando queste idee, mosso poi dalle parole di questi Viileutissimi uomini, deliberò di scrivere la Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al seco- lo Xli. Scorse un campo vergine, e da ninno mai tocco; diguisachè l'opera sua può servire di continuazione, sic- come immaginò egli stesso, alle opere di Winclielmann e di d'Angiiicourt, Delineò sei secoli, e narrò in sì lungo periodo tutte le vicende di quest'arte con grande giu- dicio, grandissimo aflètto, peregrina erudizione, e lar- ga eloquenza. Ma siccome la scultura non fece presso gli altri popoli che progredire più o meno lentamente, e non mai alto s'innalzò; così in Italia, ove apparve- ro i miracoli di Nicola da Pisa, di Ghiberti, di Do- nato, di Niccolò dalla Quercia, di Donatello, di Lom- bardi, di Bandinelli, di Michelangelo, e di altri mol- tissimi, più che altrove si ferma, le glorie ne per- corre, e tutti i fasti della storia civile e politica, che sono tanto legati ai progressi delle arti e della civiltà, con infinita sapienza rileva; solo degli altri popoli ra- gionando^ qualora seppero prenderci ad imitazione, e darci alcun che di momento: poiché, a dir vero, la storia della scultura in Italia, nel corso dei cennati se- coli, è la storia di quest'arte in Europa. Ciò non per- tanto alcun monumento di grido, dovunque egli sia, Don è da lui trascurato; e i nomi e le fatiche di molti scultori stranieri sono maturamente e pienamente illu- strati, Opera grande ed erculea eU'è questa; o, come disse l'autore, laboriosa ed ardita: nata nonostante e compiuta iia le massime agitazioni che involsero la mag- gior parte della terra. Il che serve a provare sempre più ciò che in più luoghi di questa immortale fatica l'autore medesimo, quasi scosso e maravigliato dalla va- stità del suo concetto, annunziò , che le più ardimen- tose intraprese non si t'scguiron solo all'ombra de' pla- cidi ulivi. ED ARTI LIBERALI 2 23 Il piano cli'egli immaginò e seguì non può essere ne più facile ne più chiaro ne più filosofico. Imperciocché divise in cinque epoche tutta la immensa materia dei suo lavoro. Ma prima di discendere al suo argomento si volge, con sapiente consiglio, alle epoche che prece- derono il risorgimento delle arti; onde vedere nella ca- ligine di que' barbari tempi, in che slato elle giaces- sero in Italia, e quai ne fossero i cultori. Le sue pro- fonde investigazioni furono insieme e fortunate e glo- riose: poiché giunse a conoscere, che sebbene le arti ne' secoli di mezzo illanguidissero, e rimanessero eoa un filo di vita, non emigrarou però mai dal suolo ita- liano. Ed ei trovò italiani antichissimi fra i costruttori degli edifizì pisani, e italiani rinvenne fra i primi ope- rai degli edifizì veneziani, e italiani dal settentrione al mezzodì di tutta la penisola , che lavorarono in ma- niera da non invidiare gli artisti che tenevano allora le scuole nella vacillante capitale dell'impero d'Oriente. Quindi mostrando che preciece^sori di Nicola da Pisa furono i Boschetti, i Diotisalvi, i Rinaldi, i Bonanni, gli Antelami, i Biduini, i Viligelmi e tanti altri, si viene evidentemente a provare, com'egli stesso aggiunse, che gli artisti non furon tratti esclusivamente da Bizanzio, e che ai Bizantini non dobbiamo altra riconoscenza che lo averci conservalo il tesoro della divina lingua, ed aver trascritti molti volumi preziosi di lor mano, finche nei migliori secoli, caduto il regno d'Oriente, trovarono in Italia pane, tetto ospitale, e mecenati generosi, presso i quali si ricovrarono, e scuole d'onde si diffondeva la erudizione grammaticale. Nella prima epoca che comprende i secoli xiii e xiv Nicola da Pisa osservando le opere dell'antichità in con- corso coir imitazione del naturale fé' solennemente pro- gredire la scultura; e questo acuto ingegno deesi ripu- tare il restauratore delle arti dopo che per tante sta- gioni rimasero nella dimenticanza degli uomini. L'au- tore considerando sotto tutti gli aspetti questo lungo pe- 224 LETTERATURA riodo viene con grandi8sima sagacilà a dimostrare die lungo tempo passò pria che il migliorato stile e le pra- liclie si diffondessero: la quale lentezza veniva però sem- pre accompagnata da savio pensare di ottimi osserva- tori, i quali operavano con somma circospezione e ti- midezza unite alla verità, e alla più giusta espressione degli afletti. Quindi notò essere la semplicità, l'espres- sione, e l'imitazione diligente i veri caratteri di questa epoca: nella quale (è l'autore che mi guida) le arti noa attesero a sorprendere, ma si diressero a toccare il cuo- re: e siccome la devozione si manifesta immediata cou sentimenti dolcissimi e affcttuosissimi; così i primi mo- numenti che si scolpirono, essendo sacri al culto e al- l'altare, furono trattati in maniera da commuovere, ed eccitare piuttosto la sensibilità di quello che dar pascolo all'immaginazione. L'epoca seconda comprende il secolo xv, in cui l'I- talia tu piena in breve di eccellenti artisti pei bronzi e pei marmi. L'autore scorre tutte le città italiane, e volge gli occhi oltre le alpi e i mari: la Certosa di Pa- via, il Duomo di Milano, ed una serie di monumenti sepolcrali, che in questo secolo sorsero in Italia a sbigot- tire la grandezza delle più ardite nazioni, vengono mi- nutamente descritti, e maturamente giudicati. I Signori $1 piacevano di adornare i loro palagi di statue e di ac- quai; i potenti monaci adornavano i loro conventi e le loro chiese di porte di bronzo, di argenterie, e di la- vori insigni di ogni specie, in cui gli orefici, divenuti generalmente scultori, e gli architetti medesimi, i fon- ditori, i plastici, i cesellatori si diedero ad una infinità di solerli esercizi di scarpello, di bulino, e di minu- tissimi ed ingegnosissimi ferri. L'autore afit;rrando il carattere di quest'epoca die», che modesta l'arte metteva in evidenza l'oggetto, e cer- cava di non far di se slessa una mostra di soverchio pomposa. Il cuore prendeva in ogni cosa interesse, e mettevano gli artisti ogni studio a commuovere , pò- ED ARTI LIBERALI 225 cìiisslmo a sorprendere. Ingenuità, semplicità, dolcezza, afitifo, e concetti purissimi elegantissimi si veggono in tutte le opere di questa età. L'epoca terza è quella del secolo xvi. Qui s'ingigan- tisce il pensiero: sorge Michelangelo, e porta nelle arti una rivoluzione maravigliosa: l'immaginazione di questo sovrano intelletto rompe ogni diga, strascina la sua ge- nerazione, ed impera sola: t^lti si piegano a tanta luce, che abbaglia e stordisce, ed una novella era si fonda. L'au- tore mette Michelangelo nel suo vero lume : profonda ammiratore di esso non asconde i difetti delle sue ope- re, e tutta manifesta la filosofia, che diresse il pensiero e la mano di quel potente ingegno: nulla fu Miche- langelo jjel cuore, tutto per la forza: egli non toccò mai, ma sbigottì atterrì sempre, e dischiuse ai nova- tori una voragine, ove poscia precipitarori tutti: egli vide il precipizio, di cui era autore, stette sull'orlo sempre, ma non cadde mai; e ne' suoi voli divini la- sciò al mondo un esempio splendidissimo di quanto possa la mente di un mortale. L'epoca quarta, ch'è il seicento, quanto fu luminosa alle scienze , tanto fu fatale alle arti : il filosofo inter- rogò la natura , e la natura bene interrogata rispose: gli artisti la sconobbero, la tradirono, e la natura ven- dicossi col gittarli noll'obblìo. Ogni cosa fu dominata da strane convenzioni : si confusero i regni delle arti: lo scultore imitava il pittore, il pittore lo scultore; l'ar- chitelto non più rivolse gli occhi ai puri monumenti degli antichi, ma fu sempre obbliquo, sempre nemico della grazia, della semplicità, della gravità, dell'ordine. Il Bernini, il Borromini, il Le Brun furon simili al Marini, al Preti, all'Achillini. Ma eccoci all'epoca quinta, che comprende il se- colo che passò. Apparisce Canova, il quale dotato di un sentire squisito, senza orme e consigli, conoscendo terrore, che tutte le menti dominava, ruppe i ferrei ceppi della ciecq. opinione, e coli' imitazione dell'antico i5 226 LETTERATURA e della natura innalzò la arti cadute: quindi si videro creare mano mano una folla di opere stupende; e più soli non furono i miracoli dell' antichità. Grande im- presa e sublime! Qui l'autore tutta sviluppa la gran- dezza dell'anima sua: parla con somma verità e sommo giudicio dell'amico, del filosofo, e dell'artista, che pa- ri, quasi direi, all'Alighieri, in mezzo al bujo brillò di una luce suprema, e lo indica al mondo , come il rigeneratore delle arti. Ecco l'immensa fatica del Cicognara: ella e ricca di note di prolegomeni di dissertazioni: mentre l'autore parla della scultura ragiona di tutte le altre arti, e dei vari rami della letteratura , che venivano ad essere colpiti dulie stesse cause , e che li facevano o progre- dire o arrestare o traviare. Quindi ella racchiude gran ])arte delle glorie letterarie ed artistiche d'Italia nel corso di sei secoli. Cicognara espositore di cose e di pensieri , e non vago di parole accozzate , a guisa di mosaico , dagli scrittori del tre cento, fu alquanto negletto nello stile, e gran folto non si curò di cruscate voci , e di ricer- cate locuzioni. Egli stesso lo conobbe, ed ingenuamente lo coufessava; e di questo argomento meco una fiata trattando nella seguente maniera mi scrisse: ?ielle cose di lelleratura vi è forse meno tolleranza che in quelle di religione^ ed è tutto dire: e poi sovente le cose si tengono meno a calcolo delle parole, ed io di que- ste ho fatto meno uso che delle prime , preferendo la mia qualunque fi sononna^ che il premiere per co- prirmi la maschera altrui Del resto (soggiungeva in altra lettera) in fine alla prefazione della mia se- conda edizione io convengo di qualcìie inesattezza di stile ^ allegandomi così fitto ^ e non altrimenti^ onde chi ini vuol mi legga, e chi non mi vuole mi lasci Checche sia di ciò egli è certo, che sebbene castigata non sembri talvolta la dizione del Cicognara, nondi- meno lo stile da lui adoperalo e sempre pieno di vi- ED ARTI LIBERALI 22^ ta, tli dignità, di robustezza : ed egli pienamente co- noscea queil' arte sì difficile , che la sola natura può dare, ma che a pochi suoi privilegiati concede, di te- nerti sempre svegliato, desto sempre, e farti prender viva parte alle cose che si ragionano , onde ti colpi- scano , e mai non ti stanchino. Imperciocché qualora nel leggitore o nell' uditore sopraggiunge la uoja e la stanchezza, l'opera è perduta, qualunque sia la dottrina ch'ella possa racchiudere. La quale magia del grande scrittore, ignota a que' freddi e languidi puristi, che ti agghiacciano e ti uccidono, contiene in se medesima fecondi semi, che mirabilmente fruttificano. Laonde lo- pera del Cicognara , che si legge sempre con un' avi- dità crescente , sarà da tutti collocata fra le migliori dell'età nostra, e si terrà in grandissimo pregio finché gl'Italiani si ricorderanno di avere avuto una storia di civiltà di grandezza di prodigi. Canova aveva innalzato a Possagno, sua patria, pic- ciola terra a poche miglia da Venezia, un tempio, che doveva ai posteri ricordare, insieme alla religione del fondatore, la carità che pel suo natio paese aveva nu- trito. Possagno , che non era quasi conosciuto fra i luoghi, che in Italia si abitassero, divenne frequentato in picciol tempo, e si accrebbe rapidamente in popo- lazione: gli stranieri vi accorrevano e vi accorron da ogni parte, per visitare l'opera di quell'eccelso artefi- ce, Possagno insomma divenne celebre nel mondo. Ma il tempio che tante affettuose cure, e sì enormi spese era costato al Canova, e che formava il suo più dolce e più tenero pensiero fu cagione della morte di lui. Imperciocché tradito da coloro , che alla grande fab- brica presedevano, e deluso nell'altezza de' suoi divi- samenti ebbe sì gravi dispiacenze , che quando meno si aspettava. Canova trapassò di questa vita. Immenso fu il dolore di Cicognara per la perdita dell'amico suo: ina, nella sventura non ismarritosi, tutte le sue forze riunì , perchè la spoglia mortale di quello spirito di- vino ricevesse gli ultimi tributi del suo amore. ^ 228 LETTERATURA Canova aveva statuito die il tempio, secondo il suo concetto, si proseguisse, e che il suo corpo ivi si sot- terrasse. Onde il Cicognara scrive in men che si pensa minorazione in elogio di lui, e pria che il corpo a Pos- sagno venisse trasportato, ordinò che nell'Accademia alla venerazione delle genti si esponesse: quindi presente il cadavere, e i soci dell' Accademia insieme agli artisti di ogni valore, che gli facevan corona, ei lesse, inter- rotto dalle proprie lagrime e dai singhiozzi, quelle pa- role di eterno duolo, che come il cuore dettava, aveva scritto: gli animi altamente commosse, le lagrime da ogni ciglio strappò: mute si stavan le gènti, quasi da niuno movevasi palpebra in quella sublime cerimo- nia; ed altro non udivasì ehe la voce del Cicognara, che le menti percoteva , e su tutti i cuori scoppiava, proclamando le virtù del primo artefice del mondo nel secolo XIX. Il Cicognara potentemente sentiva la bisogna di per- correre tutti i vari regni delle arti, e lasciare alla pa- tria tali monumenti che un' era novella si segnasse. E trovando in questa terra i semi di tutte , che poi per ogni dove mirabilmente fruttificarono , si diede grandissima cura , perchè non si disperdesse ciò che tendeva a provare quanto in Italia belli e felici fossero gli esordi delle arti. E veggeudo che gli stranieri erano, di queste ma- terie trattando, in infiniti errori trascorsi, prese a scri- vere un'opera (e fu l'ultima di gran polso ch'ei faces- se) intitolala: Memorie spettanti alla storia della cai- cograjia: la quale si aggira particolarmente su i nielli, le carte da giuoco, la litografia, e la siderografia. Pro- fonde ed immense furono le fatiche che durò , onde giungeie alla conoscenza di que' rari e preziosi lavori d'orificeria e d' intaglio , non che di antichi mazzi di carte da giuoco, oggetti di gran momento, e fertili di uria preziosa serie di nozioni per le arti, e per i co- stumi de' popoli. Tentò di fur passare sotto il vaglio ED ARTI LIBEIIALI 339 del SUO profondo acume tutto ciò che potea esistere in Italia di antichissime stampe anoiiime, cominciando da Finiguerra sino alla scuola di Marcantonio, e quindi tutto che appartenne a Pollajolo, a Baccio Baldini, a Sandro Botticelli, e a quegli altri antichi, come Man- tegna , Campagnuola , Giovanni Antonio da Brescia , Bandetto Montagna, Nicoletto da Modena , fu per lui di un altissimo pregio. E qui Profeti, Sibille, trionfi di Petrarca, Pianeti, ed altre simili cose antiche anonime italiane, e certe piccole stampine, che da altri non in- tendevansi, o poco si curavano, furon sempre per lui sorgenti di novelle cognizioni. Batte in quest'opera il Duchesne^ che in non pochi falli era caduto, e mo- stra che la di lui raccolta , che si tenea per copiosa ed esattissima, non può servire di norma a questi stu- di. L' autore però sempre giusto , ed a se medesimo uguale, novera con onore tutti quegli stranieri, che con molta assiduità di ricerche (son queste parole di lui) attinsero nel suolo italiano le sorgenti di ogni loro co- gnizione, e presentarono all'Europa opere rinomatissime in materia d'arti poi soggiunge: tanta cura degli stranieri meritava a buon dritto d'essere conosciuta ap- plaudita ed emulata dagl'Italiani. In tre parti divide tutta l'opera; ragiona nella prima dell'origine composizione e decomposizione de' nielli; nella seconda tratta delle carte da giuoco ; nella terza finalmente discorre della litografia e della siderografia. La face delle sue ricerche dirada la caligine de' tem- pi, bandisce gli errori, e fonda il vero su principi in- dubitati. Se io volessi qui discorrere di ciò ch'egli iu quest'opera annunzia e dimostra, e seguirlo in tutte le sue filosofiche indagini, dovrei condurre il mio lettore a mezzo di una infinità di ragionamenti, di descrizio- ni, di questioni, d'induzioni, di prove che non si po- trebbero in un sunto mettere in quella luce che me- ritano, e di cui l'autore gli ha ricoperti. Dirò solo che non vi è stampa che per data certa possa mostrarsi g3o letteratura anteriore al l453, nel quale anno il Finigucrra stam- pava i suoi nielli. L*arte del niellare è di somma vaghez- za, ed in altro non consiste, che neirassociar metalli a metalli nei vasellami, e nelle altre opere di piìi mi- nuta orificeria, facendo fiorellini in argento, sigle e carat- teri in oro, busti a modo di ritratti, figure intere va- riamente sedute ed aggruppate, arabeschi , fogliami di ogni natura , ed altri simiglianti lavori. Lo scudo di Achille descritto da Omero , lo scettro del Giove di Fidia, di cui dà contezza Pausania non sono che opere di più metalli commessi, ed appartenenti a quest'arte ve- tustissima. Il Cicognara ampiamente favella degli smalti egiziani e greci, e di quelli dell'età di mezzo: tutti i più importanti nielli^ che sono in Europa non fuggono alle sue investigazioni : egli li descrive , gl'illustra, li paragona. Quindi mostrando con somma evidenza l'er- rore del Duchesne , che sosfenea di non potersi senza guastare decomporre i nielli antichi, adoperando solo, onde trarne delle stampe , il pessimo costume di ri- durre in frammenti la sostanza nera, e così farla uscire dagl'intagli; il Cicognara jinviene il vero modo, ch'è nuovo e tutto suo, di decomporli senza alterare mini- mamente la finitezza del lavoro: ài che arriva con porre il niello (parlerò le sue parole per tema di alterarne il concetto) in un crogiuolo d'argento con dose di po- tassa caustica, ed appena si ritrova la materia in ebul- lizione, e ne rimane svaporata l'acqua, il niello viene attaccato e sciolto dal fluido caustico, e in pochi minuti la laminetta rimane interamente detersa, come se fosse uscita dalla mano dell'orefice intagliatore. Ninno prima del Cicognara avea pensato e messo in pratica questo mezzo semplice e facilissimo: dimanie- rachè tutti, strascinati in inganno dalla opinione del Duchesne, credevano che il niello non si potesse decom- porre, senza soggettarlo a guasti di non lieve conto. . Le carte da giuoco formano l'obbietto della seconda '^)arte del libro: e se nella prima l'autore si manifesta ED ARTI LIBERALI 5^1 per quel che fu, cioè sommamente perito e tlotto nelle arti, in questa palesa non volgare sapienza. Imperciocchtt da pochi elementi incerti ed oscuri, egli trae sì chiara luce per i costumi de' popoli, pel principio, e per l'in- cremento della loro civiltà, eh' è davvero cosa mera- vigliosa. Primieramente scorre le varie sentenze degli scrit- tori sull'origine delle carte da giuoco : le balte tutte, e gitta fra i vortici di Cartesio l'opinione, un giorno sì làmosa, di Gebelin, il quale pretese che le carte da taiocco, giuoco, dice l'autore, non conosciuto in Fran- cia, siano un antico libro egiziano, la cui allegoria tro- va conforme alla dottrina civile, filosofica e religiosa degli antichi Egizi; e vuol riconoscerlo, come un'opera della profondissima sapienza di quei popoli. Quindi ban- disce l'idea di coloro, che vorrebbero nei più rimoti tempi trovare l'origina delle carte da giuoco: soltanto condiscende, che la derivazione in Italia dalle Spagnt, ed in queste dagli Arabi provenga; e quindi dimostra, senza equivoco alcuno, che le carte da giuoco si usa- rono in Italia sul finir del secolo xiii, e in Francia sul principio del xiv solamente. Dopo di aver l'autore molte cose sulla significazione e sulle allegorie delle carte ragionato, enuncia la sua con- gettura, che originariamente quasi tutti i giuochi siano stati inventati per divertir la milizia, e distrarla da quei lunghissimi ozi inseparabili dalla militar condizione; che il pili antico giuoco in Italia sia stato quello denominato trappola^ consimile al tarocco, e sembra, soggiunge in altro luogo dell'opera, comprovato abbastanza, che non restino monumenti più antichi de' veneziani tanto nelle carte da giuoco fatte a mano, quanto in quelle, ove si adoperava stampiglia, o intaglio in legno, o anche in- cisione in rame. Se volessi andar dietro a tutto ciò che in questo li- bro si racchiude, farei certamente grato servigio a chic- chessia; ma temendo^ col toccare di rapido volo tante 232 LETTERATURA dotte investigazioni, di menomarne il valore, e di non corrispondere bene al mio assunto, mi limito ad afFer- rarne lo spirito, desiderando che alla fonte medesima, ond'io ho attinto , si ricorresse. Onde solo ricorderò aver l'autore presentato documenti inconcussi, che mo* strano non essersi mai spente del tutto le arti in Ita* lia; e le vetuste opere dei nielli colle carte da giuoco, siccome sapientemente disse egli medesimo, sono ap- punto quelle, che legano con invisibili anclla le antiche alle moderne arti, e quelle precisamente dei tempi di cui si compianse la decadenza con quelli dell'epoca più felice e più consolante del loro risorgimento. Finalmente discendendo all'ultima parte di questa slu- penda fatica, che sulla Utograjìa^ cioè disegno in pie- tra, e sulla siderografia^ cioè mcisione in ferro, si ag- gira, seguilo l'autore , che si volge a parlare dell'in- venzione della prima, che conta un'epoca assai recente, e. de' suoi vari melodi, e de suoi celeri progressi. Ricordando la popolarità ch'ella si acquistò in breve tempo, e l'opinione ch'era dappertutto invalsa di po- tere rivaleggiare coli' arte dell'intaglio, viene il Cico- gnara a far conoscere la differenza che passa da questa a quella, e quai vantaggi l'una abbia sull'altra. Esat- tissimi sono i suoi pensamenti, recondite le sue cogni- zioni; e tante e sì gravi cose discorre, che possono al- tamente giovare agli artisti che la esercitano; rimanendo però sempre l'arte dell'intaglio superiore e maestra. La siderografia ancor più recente della litografia^ perchè inventata, son pochi anni, in Inghilterra da Per- ckins e Fairmaus consiste nell' incidere in accia jo piut- tosto che in rame, senza che si debba impiegare mag- gior forza di bulino, eh' è spesse volte quella che raf- fredda ed assidera l'entusiasmo dell'artefice ne' suoi fe- lici concepimenti: poiché le lamine d'acciajo si prepa- rano, e divengon molli quanto quelle di oro e di ra- me, e ritornano, dopo di essere incise, alla primiera durezza. Fa mestieri per tanto avvertire che tal ma- ED ARTI LIBERALI à33 niera non può adoperarsi, che per opere di mezzana raolet poiché sia che sommatDente difficoltoso riesca il mordere e rimordere il ferro coll'acqua forfè ed altri acidi, con- forme opina il Vendramini dal nostra autore citato; sia che per produrre tagli grossi nitidi e profondi, secondo richiede uu soggetto in grande , bisogna rientrarli 3o e 40 volte, e dopo una certa profondità il bulino nou regge più, spezzandosi la punta ad ogni momento; sia, come crede il Cicognara, che la costruzione di più grandi macchine incontri ostacoli non agevoli a superarsi, o che il materiale reso di rigidissima tempera in dimen- sioni più estese si spezzi facilmente, per l'urto, com'egli si esprime, veemente della pressione; essendo al sommo difficile, che questa seguir possa si equabilmente, e con tal coesione da non render friabile una sostanza , che ha perduto ogni sorla di duttilità; sia in somma altro che più si voglia, il certo è che si rende fuor di mi- sura difficoltoso, e quasi impossibile, il lavorare sopra grandi lamine d'acciajo. In opere però di mezzana gran- dezza il novello sistema è di gran momento, e due van- taggi singolarissimi offre sull'antica incisione: primiera- mente si possono tirare dieci mila stampe sane e per- fette innanzi che si vegga in qualche parte l'incisione logorata; mentre la lamina di rame nou dà, senza che risentano le figure la durata fatica , che due mila co- pie al più; e dalle due mila in poi, logoro il rame, le stampe non escono che guaste ed imperfette. Inol- tre possonsi le lamine moltiplicare in forma originaria conservando tutte i più sottili e minuti tocchi: digui- sachè facile riesce il tirare simultaneamente più mi- glia ja di stampe della medesima opera io varie città della terra, e farle in un momento circolare e diffon- dere per ogni dove. Il meccanismo, che fu inventato per giungere a questo fine, è facile ed insieme sempli- cissiino: i'annunzierò in poche parole, affiurhè un'idea se n'abbiano quelli che l' ignorano. Sopra la lamina d'acciaio già sculta, e alla primitiva durezza ritornata, ia34 LETTERATURA si fa, per via di torchio, passare un cilindro d'acciajo ammollito: il quale mano mano che gira ritrae in ri- lievo tutta l'opera nella lamina intagliata: quindi si fa questo indurito cilindro passare sopra lamine d'acciajo del pari ammollite: le quali poscia rimangono tutte im- presse dell'originario lavoro, ed atte a dare più migliaja di stampe perfettamente incise. In Inghilterra il meccanismo di moltiplicare le incise lamine è arrivato a tal perfezionamento , che grande ammirazione cagiona a chiunque lo consideri. Le quali cose tutte, ripensando al magnanimo sentire dtll'uomo sommo che piangiamo, ci guidano a ricordare che siam noi giunti a tempi, in cui l'ingegno dell'uomo ha svi- luppato tanta forza in ogni ramo dtU' umano sapere, che il nostro secolo sarà dai posteri collocalo nella li- nea di quello, in cui Galileo disse al Sole di fermarsi, e Newton decompose la luce, e coU'attrazione univer- sale sostenne i mondi. Tutto è oggi rivolto verso la verità: gli studi della natura han progredito sì fattamente, e sopra sentieri sì saldi, che non possiamo antivedere il glorioso termine, ove saranno per ispingersi: la politica associata alla mo- rale ha risoluto quel gran problema, a cui avean rotto gl'ingegni più sottili dtll'antichilà, di potersi cioè nella monarchia rinvenire la pace e le dolcezze de' vetusti reggimenti, senza i mali che li disordinavano e li cor- rompevano. La filosofia con un sano ecleticismo; l'eco- nomia pubblica con dottrine non fantastiche , ma sul- r esperienza fondate, hanno ammaestrato da una parte gl'incerti o assonnati spiriti sulla vera costituzione del loro pensiero, ed illuminato i Governi, dall'altra, onde ordinare meglio la pubblica amministrazione, ed accre- scere le dovizie de' popoli. La storia che ha dovulo descrivere le vicende di un'epoca feconda di straordi- nari,, e, quasi direi, incredibili casi , ha innalzato al mondo monumenti, che non è dato al tempo di distrug- gere. Laonde se i fdosofi han chiamalo il presente se- ED ARTI LlÉERAtl 235r colo, secolo di fango d di sozzure, si è perchè gli uo- mini, in mezzo a tanta luce, han tradito i loro più alti interessi, hanrio sconosciuto la patria, saci'ificato il Ye- ro, insozzato le virtù, coprendosi di obbrobrio e di vergógna. Le opere dell' ingegno han progredito, per pochi eletti, che si sono agli studi consacrali; ma l'u- manità mentre credea di essere rigenerala vide apparirò per le colpe de' tempi un'epoca di ferro e di lagrime. Il Cicognara sentiva nell'intimo dell'animo queste do- lorose verità , e fieramente lamentava le viltadi degli uomini, e le tempeste che hanno sconvolto questa mi- sera terra: perlochè cercava di porre doi suoi magna- nimi sensi una barriera aWoscurantìsmo, di cui ci vor- rebbero minacciare la superstizione e la prepotenza: e per ritrarre a più umani studi, e a pensieri più ge- nerosi questo secolo vigliacco e turbolento , spinse la filosofia delle arti, che tanto ingentiliscono e miglio- rano le nazioni, ad una meta di onore e di gloria, a cui non si giunge che raramente, e con affannata h^na. Noi crediamo di aver già pienamente dimostralo ciò ch'tgli abbia fatto in questo sublime regno del sapere umano: e nell'eccellente libro che in ullimo })rendemmo ad esaminare, si racchiude tutto che di meglio può ap- paitenere a calcografia. Il Cicognara, pieno sempre di carità per la terra na- tiva , si era dato nell'ultimo periodo della sua vita a promuovere un Giornale di tecnologia e di belle artìj che sotto i suoi auspici, e la sua direzione vedeva la luce a Venezia. Egli vi scriveva dottissimi articoli, e tutto che in esso veniva inserito tendeva a comggere gli errori, a purgare il gusto, ad instillare principi di bene pubblico e di amor nazionale. Al che V animo applicava con cura assidua e solertissima. Imperciocihè appieno conosceva quella potente ragione , ignota al volgo degli spiriti, che circolando i giornali fra i dotti e fra gl'indotti, andando nelle mani dell'uomo pubblico e del privato, del militare e dell'artista, come in quelle 336 LETTERATUn.V della donna di spirito e della madre di famiglia, av- viene che le buone idee facilmente non che rapidamente si difibndono, e producono ai popoli beni sordi, e non isperati. Egli si era nella sua vita forte rammaricato, e nei suoi scritti questo rammarico sempre manifestò, che gl'I- taliani si perdessero soventi volte in guerre gramma- ticali, ed attendessero con pazzo furore a studi, che in- torpidiscono l'ingegno, e son fatali alla vera civiltà delle nazioni : quindi volea che i giornali italiani se- gnassero novelle mete, battessero differenti sentieri, e corrispondessero al loro nobile fine : onde facea voti perchè più non si parlasse dell' origine della volgare lingua, e di discussioni grammaticali, di parole, di con- venzioni letterarie, d'interpetrazioni, e di cose di simil fatta. Imperciocché noi abbiamo bisogno di progredire colla massa delle cognizioni umane, abbiamo necessità di buoni confronti fra le statistiche, eli buoni articoli di economia pubblica, e di dntlo civile; noi vogliamo progredire dopo che Vico, Filangieri, Beccaria presero la face per diradare le tenebre che coprivano il globo. Noi vogliamo che chi ha ingegno l'adoperi, e che ogni scritto porti il marchio dell' eia in cui fu stampalo. Ognuno debbe avere la propria fisonomia; l'hanno le nazioni, gli uomini, i secoli; e le fatiche letterarie dei nostri giorni non debbono ammantarsi colle larve delle età che non son piiì. Ecco dunque l'uomo che noi abbiam perduto, e che ,Iion potrà essere nel vario corso delle generazioni che difficilmente rimpiazzato. Era Leopoldo Cicognara alto della persona , e più a magrezza che a pinguedine inclinato, di nobilissime forme, di maniere gravi, ma gentili ed amabili: ajierto di cuore cogli amici e generoso , schietto ed ingenuo nel favellare; della tirannide non chiuso nemico, della simulazione del fanatismo e della superstizione dispre- giatore fiero ed implacabile. ED ARTI LIBERALI sSy Ebbe due mogli, ed un sol figlio dalla prima, nes- suno dalla seconda : prendeva diletto ad incidere, e a dipingere; e nel ritrarre paesi sulla tela veniva giudi- calo maestro valentissimo: aveva acquistato, nel corso degli aimi suoi, oggetti di belle arti di sommo valore; e possedeva la più copiosa raccolta di nielli che fosse per avventura in Europa. La sua biblioteca era si va- sta e sì bella più che a particolar signore si convenisse. Le vicende dei tempi, e vari sconvolgimenti nella do- rnestica fortuna lo costrinsero a venderla: Leone XII l'acquistò, e l'unì alla Biblioteca del Vaticano. Fu da Napoleone, come già vedemmo, altamente pregialo, e venne eletto da lui che le umane sorti reg- geva, Commendatore della Corona di ferro: si assise fin dal 1808 primo presidente dell'Accademia di belle arti in Venezia, ch'ei rigenerò talmente, che ne venne di- chiarato fondatore: la provvide di eccellenti professori; ne ampliò in modo magnifico i locali; l'arricchì di rari dipinti, e di preziosi disegni; la fregiò dei gessi di tutti i capi-d'opera della scultura sparsi per Italia e per Francia; la decorò eziandio dei gessi delle opere di Fi- dia, che adornavano il Partenone di Atene, e che Giorgio IV, sugli originali portati in Inghilterra da lord Elgin, fé' ritrarre, ed a lui regalare: la colmò di gloria col suo nome, cogli scritti che vi leggeva, co- gli sproni dell'emulazione, e de' premi, e della pub- blica esposizione che statuì; sì fattamente che in po- chi anni la salutaron sorella, e la consultavano le più cospicue Accademie d'Europa. Apparteneva all'Istituto di Francia, e i più illustri corpi scientifici e letterari d'Inghilterra di Germania d'Italia lo accolsero lietissimi nel loro spno. La patria ora lo piange; ed io, chiuso in rae stesso, bacio col pensiero la tomba, che ne raccolse le ossa, ed innanzi a lei riverente mi prostro. a38 LETTERATURA. Corrispondenza Lettera del dottor Giuseppe Coscio-Cortese da Trapani al pavalicre Antonio Di Giovanni-Mira. Prestantissimo signor cavaliere Legato con dolci nodi di parentela alia memoria del dottor Giuseppe Ma;co Calvino, dall' invida parca già rapito alle cure della sua sconsolala famiglia, io non posso cominciare questa mia lettera, senza ringraziarla vivamente della indignazione da lei pro- vata nel supporre, che né la carila che il Calvino sentii'a gran- dissima del loco natio ^ né i suoi talenti^ né gli allri pregi di che ebbe per avventura V animo fregiato^ gli ottennero dalla pa- tria una lacrima di quel dolore-, eli Ella avrebbe dovuto sentire per la di lui perdita: vero esempio., cos'i Ella continua, della in- giustizia degli uoniini(^i). Tai nobili sentimenti muovono al certo da un'anima allevata nelle massime le piìx sacrosante di esemplare filosofia- Essi, senza fallo, sede hanno in un cuore, che móndo da qualunque spregevole passione, tutto sperimenta l'ardore della cara e leale amicizia: virtù quanto rara, e declinala fra molli, altrettanto apprezzabile e degna di un uomo onesto. Ma poiché l'amaro supposto, con cui la memoria di questa città, si fa Ella a macchiare, preso nel senso della parola, i meno veggouti trar- rebbe a concludere, che qui stalo fosse poco, o nulla apprezzato il Calvino, Ciò essendo un rimprovero immeritalo, penmellerà ch'io mi dia a dichiararlo per tale, e repdeie al vero l'omaggio, che gli è dovuto. Dopoché rapidissima e fatai malattia, tolse nel Y'gor della mente, e degli anni, il migliore ornamento di poesia a questa cittàj essa non poteva fare a meno di lestarne profondamente commossa, od oltre ogni dire conlristata e dolente 5 cosicché la perdita di uà tanto uomo merita di essere risguardata come un colpo ad un'oi'a inaspettato e crudele, che valse, non dirò a spremere una lacrima di quel dolore, che la patria doveva sentire, ma a disseccarne per fino ogni ricca sorgente. E come 110 se quel valentuomo, di cui a caldo ciglio deploriamo la fine, amalo ed applaudito era anzi idolatrato, dirò meglio, da ogni classe di persone, le quali con esso lui comune avevan la patria? Protettore in sua vita addi- mandavalo qui di fatti la gente di mare, in prò' della quale se» (i) Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia agosto e settem- bre iS'i'i, pag. 161. ED ARTI LIBERALI 289 dendo al posto di deputato di salute marittima, la di lui com- modità, ed il riposo tutto sacrificò. Coi dolci titoli di benefat- tore, la vedova desolala, il tenero orfanello, il vecchio grimo e cadente acclamavaiilo, e di sua benefica mano il desialo sollievo, parie per mezzo delle opere di pubblica beneficenza, e parte dal sua particoliire peculio tulli ritrassero. E padre, ed amico in fine chia- mavalo la plebe, che al suo bene con paziente solerzia rivolte ve- dea le cure di lui, occupando la carica di primo eletto dell' an- zidetta sua patria. Che se dal basso popolo fia che poscia ritiriamo lo sguardo; oh come vedremo essere stalo il Calvino, la delizia di ogni per- sona colla e civile! Era desso che con graziosissime celie diverti- va ogni gentile brigala; e più ancora pei di lui versi berne- schi, difficilissimo siòizoa quanti verrà forse desio d'emularlo (i), gli venian tributate quelle lodi, ch'erano alla sua fama dovute, e che aveva saputo acquistarsi coll'ingegno, e colla dolcezza de' suoi costumi. Lontano dai forensi dissidi, non mai orgoglioso, amico solo degli OZI poetici e del viver tranquillo, di beni di fortuna fornito noi lusingava eminenza di posto, ne giammai veruna lu- crosa carica agognò. I lalt^nti dunque di questo eccellente citta- dino, raflfabililà. la giovialità, l'animo propendo al ben fare, l'av- venenza aggiungo, di cui la natura avevalo perfino a dovizia fre- giato, e tanti altri pregi, che in lui ravvisò noti che la patria, ma tutta Sicilia, caro rendeanlo a' suoi compalriolti , e quindi era ben naturale che la di lui perdita avesse destato un estremo rammarico in ogni cuore. Alle cose esposte fin'ora potrebbe replicarsi, che malgrado il dolore risentito vivissimo alla morte del suUodato Calvino , la (i) Il poeta di cui qui si ragiona è per avventura notissimo in Sicilia e fuori. Io mi penso però che la di lui fama spinta sarebbe molto al di là, se a tutti familiari esser potessero le poesie di vario metro ch'egli ci lasciò sopra parecchi scherzevoli argomenti, talune nel patrio dialetto, altre nella favella d'Italia. I sali non di meno veramente attici, e le descrizioni vo- luttuose , scritte con libertà , rendono impossibile sotto l' impero delle no- stj-e leggi, la pubblicazione di cotali produzioni fatte dal loro autore per corrispondere all' iin]3ulso della natura. Queste sue rime lo caratterizza- no per un poeta facondo eminentemente di concetti, e di vivaci immagi- ni del tutto nuove. Nulla in questo genere di poesia è difficile per lui; egli supera tutti gli ostacoli con invitta prontezza, e faciltà di verseggiare; egli frammescola degli scherzi, che tirano a forza le risa degli uoiiuni i più nemici della giovialità, e dell'allegrezza. Egli in fine riesce a pennelleggiare il carattere di taluni individui, seguendoli per minuto nell'iitteggiamento, n'.-ì ge-to, nel cammino , nelle parole , di modochè a te sembra vederli, e palliarli con mano. Tra le suUodale composizioni meritano particolare ri- cordanza: Li Ciiicu Jiloso/i, l'Esorcisimu, lu Triunfu supra la carni, lu munnu, e lu dimoniu, VÀwisii a lu pubblica, lu Manifesta in continua- zioni di l'avvisa, la Meta, lu Sbarca di la pueta cu li musi, ed «gregic soa pure le novelle, e l'anacreonlica Invilo al bagno. 3^0 LETTERATURA patria nessun fiore gettò sulla tomba di lui per tramandarne pul)« hiicamente ai posteri la memoria, e satisfare all'obbligo di gra- titudine che le correva. Confesso siffaila obbiezione sarìi per molti di non lieve impor- tanza. Ma essi tale si mostra a coloro, che sono poco consci delle c.rcostauze del paese. ' Tuttavolta per alleggiare, signor estensore pregiatissimo, il di lei giusto cordoglio, ed il mio, non sarà per avventura inopportu- no, che io qui venga a protestare, essere slata la trista catastrofe cui soggiacque, uon è ormai guari questa citta, ostacolo fortissimo alla pubblica, e sollecita dimostrazione, che in memoria delTe- stinto da per tutto chiedevasi. Ed a migliore conferma del vero non vuoisi pretermettere di ricordare, che mentre lo spirito di lui volava generoso verso 1' eterne sfere , quel truce morbo (il tifo) che lo trasse alTorror della tomba , giuiìto di già al col- mo del suo distruttore dominio, a tutta lena infieriva contro que- sto allora sfortunatissimo suolo. Laonde affievolito per si fatta lu- gubre sceua era d'ogni cittadino il cor.tggio, agitate le menti. Molti altrove un asilo cercavano , parecchi egri infelicemente trova- vansi, e moltissimi le pubbliche cerimonie contristati fuggivano. Io dunque in tanta confusione , e miserando trambusto somi- glierò la patria del Calvino a quella tenera madre, la quale ve- dendo strappata dalle braccia i suoi cari figli , e resa doma tantosto dalla forza di crudelissima ambascia, quasi stupida resta, «è fiato le rimane onde sciorre a pronte querele la voce. Curae laeves loquuntur, ingenles slupent Rifiorita poscia la salute, e qui la calma fatta reduce per es- sa, a perenne monumento di lutto per la perdita A\ lui, meditò sollecita la patria qualche cosa offerire. Tra le pubbliche dimo- strazioni, che le prime si affacciarono alle meuti , si atfnnero i più al generoso proposto di erigere per volontaria soserizioue uu mezzo busto alla memoria di quel pofta. La gravila delle persone che a ciò f cer buon viso, ed il loro grande interesse, mi riucoiano assai, che questo caro pensiero sarà mandato pienamente ad effello. Altri con patetici versi ne pian- sero l'acerba ed onorata fine. E la nostra Accademia della Ci- retta neghittosa spettatrice del comun duolo punto non stellesi; avvegnacliè orbala oi uno de' suoi più forti sostegni a dimostrare almanco il suo cordoglio, di compi:ingerne apertamente la perdita- briiiiosissima si dichiarò. Fu per ciò stesso, un'adunanza appo- siiam'nte tenuta. A questa presedette il signor cavaliere Sammarti. Ilo funzionante da Inteudente, e della delta Accademia promotore caldissimo. Il cavaliere don Benedetto Omodei di tessere il fu- nebre elogio l'incarco volenteroso si assunse, e che questo, ed altri componimenti a ciò relativi per mezzo della stampa si di- vuljjassero la proposizione unanimamente fu ricevuta j e siffatto ED AUTI LIBERALI n^l tributo di doverosa gratitudine non tarderà guari, lo spero, ad aver luogo tra noi. Né desso poteva di leggieri prima avverarsi, che composta per la massima parte la succennata società di per- sone legale a pubbliche cariche, o sommamente amiclie dell'estin- lo, o congiunte in parentela col medesimo, era indispensabile che tale bisogna fosse ita sempre a rilento; conciossiachè ai primi il tempo mancava per tosto rispondere all'impulso del cuorej ed ai secondi faceva pur mestieri, che il tempo medesimo, e la ragione avessero reso più sopportabile la funesta necessita di restare loutani per sempre quaggiìi del loro dolcissimo congiunto. E torna pure di qualche sollievo il riflettere, che laddove de- sio vengaci di consultare per poco l'istoria de' tempi andati, appo regni e citta rifulgenti per coltura d'ogni maniera d'ingegni, rari ijou troveremo gli esempli , in cui uomini celebri hanno anche dopo molti anni ottenuto dalla patria non mai una lacrima di dolore (che questo l'ebbero già dal primo istante) ma un attestalo pubblico del di lei cordoglio. Ciò al certo non per mancanza di dovuta estimazione verso i nomi di quelli, ma per ostacoli, cui l'uomo non è sempre in sua posta di rimediar prontamente. Re- cando il tutto alla somma io mi attendo che alcuno quindin- naozi non potrà affermare essere nel loco natio spenta, o menomata del Calvino la memoria. E chi mai si avviserebbe ora da senno, che questa terra, ove accolti furono i suoi primi vaggiti, ed ove calda se ne conserva da per tutto l'immagine, non piangerà sul muto avello destinato a custodire la di lui spoglia mortale! Ah no, sia lungi da noi cosiffatto tristissimo augurio? mi gode anzi l'animo in poter dire ch'essa guarderà vigile e gelosa la gloria di questo suo benemerito figlio. Tali sono, ornatissimo signor cavaliere, le precipue giustifica- zioni, che incontenente ho potuto riunire , e sottoporre al di lei grave giudizio per la difesa di questa citta , che qual se- conda patria tengo, ed apprezzo. Mi duole, che esse le giunge- ranno tardivamente; io ignorava pria d'ora le di lei osservazioni contenute ne' fascicoli 20, e 21 dell'Effemeridi, che questa volta mi \enne fatto di ricevere dopo lungo, e rincrescevole indugio. Pos- sano dall'altro cauto le ragioni da me esposte raddolcire almeno in parte la piaga profonda che ha lasciato a me come congiunto, a lei come amico,, la perdita amarissinria di un tanto uomo! Possano pure rendere dovuta laude alla memoria che del bonemeriu» loro concittadino tengono impressa questi benevoli, e virtuosi Trapanesi ! E gradisca intanto ch'io pi'ofittando della presente occasione venga ad offrirle le prime testimonianze della mia sentita stima, per cui sono Da Trapani il W ^ennajo i83.'j. Ohhnio. e Vivnio. seivi/ort^ GiL SEPPE Cascio-Coiìtese. n^'a LETTERATURA CC. ^l dottor ÌAitiiììzo jisaiLBRi, La vostra traduzione dal latino dell' opera di Massimiliano StoU è stata iiicritanuntc lodata dai nostri valenti medici, si per sé stessa, che per le note clic voi apposto vi avete. Io non son medico, e perciò non posso giudicare del merito delle note, ma ammiro non poco il vostro travaglio per la parte della versione di un libro scritto in latino tedesco^ o direi forse meglio in teutonico-sassovo-haiiiaro-latino. Ed in vero StoU, comechè arcivalente medico clinico, ha scritto in una lingua latina, che fa sbigottire i cani, e spiritare i cimitcrii, voi però l'a- vete disasprito col linguaggio del bel paese là, ove il sì suona, e reso in- Iclligilìile con avervi tolto il pape , il satan , l'aleppe, e la voce chioccia di Plutdnc. Me ne congratulo, caro Anglleri, e vi esorto a fare altri consimili lavo- ri, clic sempre riusciranno utili, perchè grande è il vantaggio die si ricava dal cambiare 1' idioma d'aferno , e delle tenebre , in quello del giorno, e della luce; e non pochi libri scritti in latino, che vengono d'oltremonti hanno bisogno d'una siftatta metamorfosi, acciocché ognuno li legga senza csorci- smjj che caccino il principe delle tenebre: Sono con Ufra stima vostro amico Giuseppe Crispi. ERRA.TA CORRIGE AL FASCICOLO XXV. ERRORI CORREZIONI Pag. vili, lui. iQ e 3o delle nuove note di Gin- della prima versione ita- scppe Angilcri alle lezio- liana delle lezioni sopra ni di Massimiliano Sloolj diversi morbi cronici di Massimiliano StoU , cim note di Lorenzo Angilcri; Pag. XI, lin. 1 e ^ e tra questi merita e qui merita Pag. XII, lin. 8 J'rancesco Paolo Avolio Fi^ncesco di Paola Av olio Ivi lin. i5 artiste, artisti, Ivi lin. ig e 2o interessantissimi interessantissime Pag. xni, lin. 2i e 23 ai dialetti parlati e scritti al di.ilctto parlato e scrii- in Sicilia to in Sicilia, quando fu abitala dai Greci Ivi lin. 32 e 33 del snllodato Garofalo, rivU'abate Garofalo, P.ig. XVI, lin. i6 nel 1236 dal 1296 al i3i3 Pag. 6, lin. 36 e 3^ metieri. mestieri. Pag. 1 1 , lin. 33 e 34 ed in suo dotto ragio- ed in un suo dotto ra- namento gionamcnlo Pag. 12, lin. IO e facea colare e faccia colare Pag. 14, lin. 23 D. Francesco Arrosto D. Francesco Arro.4o Png. 56, lin. 24 e come tale e come 'ali ■Pag. 67, lin. 23 da' più assidui dei più assidui Piig. 65, lin. I supplircle supplire le Pag. 06, lir. 17 Cicli Ciel Pag. 73, lin. 3i E se, lei via, E se, lei viva, Ia i lin. 35 all'amor sacro. all'amor sacro 343 MARZO 1834. SCIENZE ED ARTI MECCANICHE PARTE PRIMA OFFICIALE LAVORI DEL REALE ISTITUTO SESSIONI DEL MEDESIMO ^ Tornata ordinaria avuta addì 8 marzo i834' Wenne letta una riverita ministeriale eie' 27 dello scorso febbrajo, con che S. E. il Ministro Segretario di Stato rimetteva al Reale Istituto una richiesta di privativa per anni i5 fatta da don Pietro Bua per avere inventata una macchina che porta l'utilità d'impastare molta quantità di farina in una volta; accludeva coti essa un rapporto di S. E. l'Intendente, sul proposito, e ciò perchè il Reale Istituto emettesse il suo avviso. I quali documenti, venne deliberato si trasmettessero alla nostra civil classe per subitamente riferire. Altra de' 3 del corrente ingiungeva, che il nostro consesso rassegnasse parimenti il suo parere nella occa-- sione che la Società Economica di Trapani, chiedendo dispensa agli art. i3o e i36 de' nostri reali statuti, confermato avea per Io secondo anno nella vicepresi- denza quel benemerito socio signor Luigi Barberi, e ciò per utilità che da quell'ottimo la società stessa traea. Siffatta rielezione avvalorata anche dal grave avviso di quell'Intendente venne fra noi discussa insiememente a' cennati articoli di legge; e fu per conseguente dilibe- rato, che trattandosi di persona sì degna, ove il voler di lui positivamente non ostasse, si avesse a far rap- l'i'-.. n ^44 SCIENZE ED ARTI porto, con clic si rassegnasse potersi S. A. R. degnare d'impartire il suo real beneplacito alla cennata riele- zione, come anche alla dispensa delle suddette organiche disposizioni. Quindi venne fatto presente un foglio della lodevole Società Economica di Messina de' 24 del passato mese, con che di riscontro a' nostri precedenti uffici rimette- vansi i lavori di essa su' mezzi di promuovere la pro- sperità industriale de' comuni della Sicilia. E però bella lode impartiva da un lato il Reale Istituto a quella operosa Società, e dall'altro deliberava si rimettessero ai comitato però eletto, perchè agli altri simili docu- menti riuniti, da ultimo compilasse il completo suo raj)porto. Altro de' 24 dello slesso mese e della medesima E- conomica Società, portava con autentico verbale cono- scenza di un premio da quello ammirevolissimo pre- sidente cav. Cumbo proposto di ducati 100 per chi avesse eseguito un completo lavoro avente per soggetto: "la monografia degli agrumi trattata relativamente alla botanica, all'agricoltura, ed alla economia commerciale. 53 il programma letto nella tornata , il plauso de' soci riscosse il filantropico divisamento di quel benemerito, e perchè emulazione svegliasse l'illustre esempio, venne deliberato, che si pubblicasse nel giornale del Reale Istituto. Altro ufficio era della non meno ojierosa Società Eco- nomica di Catania, la quale sotto il dì 3o dell'ultimo gennajo passato trasmetteva il modello del secondo ap- parecchio di quel socio signor don Giuseppe Mirone per fondere lo zolfo. E ciò venne rimesso allo esame del nostro comitato de' zolfi, perchè ne facesse al pri- mo unitamente rapporto. Venne letto un rapporto dal direttore di classe ci- vile signor don Ferdinando Malvica a nome della classe medesima, che divisava potersi accordar privativa di 5 anni ad un certo signor Ruffino per industria di jior- It MECCANICHE 2/\% tafogìi all'uso forestiero da lui imitati primitivamente, e jier biglietti di visita in rilievo; con che debita lode si avesse a dare ad un certo signor Chilardi che pri- ma del Ruffino, non senza qualche buon esito, tentò l'impresa. Ma essendosi riflettuto che equo non sarebbe stato che il Chilardi, che fu il primo a tentar l'im- presa, e che ha proseguila colla sua primitiva maniera, e quando ne è stato richiesto, la sua industria, come i suoi certificati attestano, fosse dell'uso di questa proi- bito in forza della privativa del Ruffino , venne deli- berato che espressamente si dichiarasse, che la priva- tiva che si accorderebbe a questo ultimo, per lo mi- glioramento, non avesse in verun modo a nuocere alla industria del ])rimo, che ne fu introduttore, e che non mai jier se privativa alcuna richiese. Projjoneva il socio segretario generale come inca- ricato, in virtù della riverita analoga ministeriale del- la compilazione della paite officiale del giornale del Reale Istituto, i lavori da inserirsi in esso, previa l'ap- provazione de' soci, una disserta memoria sulla natura, qualità, ed uso della robbia scritta dal nostro socio ono- rario signor commendatore don Gaspare Vaccaro. la questa occasione venne eletto il consiglio di esame già precedentemente dall'Istituto deliberato, ed il quale ven- ne composto da' nostri soci baroni Bivona, e Palmeri, professor Russo, barone Scrofani, professor Sanfilip(D0, marchese Gallidoro, e don Ferdinando Malvica, ai quali commettersi debbano dal segretario generale i lavori mandati da' soci, dalle Società Economiche, e dalle Commissioni Comunali, perchè venissero anzi tratto letti ed approvati. Con che il numero di tre fosse le- gale a formare il consiglio; che quando i tre non sien di accordo, o riclami l'autore contro la decisione del consiglio, debba questa discutersi nel Reale Istituto, che deciderà sovr'essa diffinitivamente. Deliberò conseguentemente il Reale Istituto che fos- sero inseriti nel suo giornale i° il rapporto del no- ^46 SCIENZE ED ARTI Siro socio SatìCllppo, portante la proposta dì togliersi il dazio di consumo sul carLone che da fuori s'immette, e che fu letto ed approvato in una delle aatecedeiiti nostre tornate. Quindi approvata venne la pubblicazione di alcuni cenni sul Majs^ o gran turco, scritti dal nostro socio barone Scrofani , e di un discorso del cavaliere Scu- dtri, presidente della Società Economica di Catania, pro- nunziato nell'adunanza generale de' 3o del passato mag- gio risguardante i lavori di quella Società. Finalmente l'ex-tesoriere nostro socio barone Turrisi avendo presentato i conti della sua gestione del pas- sato anno, ed il Reale Istituto riserbandosene l'esame alle venture toniate, proponeva j^er lo commesso doa llafiàele Reich, che lui con assiduità assistette in qua- lità di uffiziale incaricato, una corrispondente gratifica- zione; cui essendosi uniformatoli Reale Istituto, venne da ultimo dal presidente sciolta la seduta. Seduta ordinaria dei q3 marzo i834' Venne letto dal segretario generale il verbal pro- cesso della precedente ordinaria tornata. Quindi una riverita ministeriale de' io del mese di marzo n. jaio, con che S. A. R. degnava chiamarsi soddisfatta de' lavori dtl primo anno del Reale Istitu- to, all'Altezza sua rassegnali nel rapporto dfJ citato se- gretario generale, e conseguentemente il Real principe veniva il nostro Istituto animando a proseguire la in- trapresa carriera collo stesso impegno ed alacrità; inca- ricava da ultimo il presidente a rassegnar nominata- mente sempre coloro tra' nostri soci che si distingues- sero così coU'opera del loro ingegno, come con la per- sonale assiduità alle nostre sedute, perchè S. A. R. a- vcsse con particolarità presenti i nomi di quei bene- meriti. Ed il Reale Istituto deliberava ciò si parteci- passe circolarmente a' soci. MECCANICHE 347 Altro ministerìal foglio de' i3 dello stesso mese ti. 1278, ingiungeva che l'Istituto riferisse sulla dimanda fatta da don Mariano Buonocore per immettere tre ca- valli barbareschi da razza in Sicilia. Ed il Reale Isti- tuto deliberava si facesse affermativo rapporto a norma di quanto da noi si è praticato in simili casi. Altro de' 17 dello stesso mese n. iSaS , sollecita- va il nostro rapporto sulla incombenza datane dal Go- verno di riferire sulla richiesta di privativa j^'-r nuova fornace da fondere zolfi, avanzata a' aS dell'ultimo no- vembre da don Carlo Giaccheri. E ciò venne deliberato si comunicasse al comitato de' zolfi. Altro della stessa data n. i322, portava ugual sol- lecitazione per ugual dimanda di privativa per nuovo metodo da zolfo fatta dal signor Amato Taix; e la u- gual deliberazione dianzi fu presa dal Reale Istituto. Uno ufficio venne letto della Commessione Comu- nale di Tripi, il quale proponeva al Reale Istituto, che si provvedesse alla estirpazione da' luoghi censiti e col- tivati degli animali che vi nuocono, e ciò con impe- trar facoltà di ucciderli, 0 con altro più analogo mez- zo. Il Reale Istituto prima di rassegnare al Governo il suo parere sullo assunto deliberò si scrivesse in pro- posito alla Società Economica di Messina, cui quella Com- messione appartiene, perchè somministrasse quelle im- mediate conoscenze su' reclami avanzati che apprestar possono alla matelia e lume, e schiarimento. Altro rapporto si ebbe dalla Società Economica di Girgenti con qualche idea di risposta alla ministeriale comunicata alla stessa onde provvedere a' mezzi di pro- muovere la industriai prosperità della Sicilia; e venne deliberato rimettersi al comitato competente, perchè si avesse presente nello intrapreso lavoro. E che intanto si deliberava acciò si sollecitasse l'anzidetto comitato. Veniva proposto da questo nostro vice-presidente, funzionante da presidente, di adoperarsi il Reale Isti- tuto ad animar la coltivazione in Sicilia dell'indago, ^4^ SCIENZE ED ARTI del gnado, e del girasole, tanto utili piante alle tinto- rie, e di cui assai bene s'avvantaggia l'industria. Ap- plaudiva dà un lato la proposta il Reale Istituto, e dall' altro deliberava che si scrivesse al socio onorario signor Tineo , perchè desse contezze su queste piante degli esperimenti che abbia egli fatto nell'orto bota- nico clie dirigge, perchè poi si possa fare di tulte le idee necessarie colrcdata una relazione , e della quale era incaricato il socio Sanfilippo al medesimo Testando raccomandato di mettersi in concordia collo indicato Tioeo per lo divisato oggetto Simigliante proposta veniva in seguito fatta dal pre- lodato vicepresidente pet lo gelso detto delle Filip- pine. Ed il socio Sanfilippo avendo fatto presente aver egli nel catechismo agrario, ch'egli compila col nostro socio barone Palmeri, scritte le istruzioni analoghe alla coltivazione dello slesso, deliberò il Reale Istituto che nella ventura tornata ei queste leggesse per poi poter- sene provvedere le pubblicazione. Veniva proposto inoltre dal Reale Istituto il rim- piazzamento de' due soci ordinari cav. don Domenico Greco, e signor duca di Viilarosa , il primo perchè già passato al rango di onorario per lo suo abituale non intervento alle nostre sedute, il secondo per la traslocazione del cambiato soggiorno , cui obbligoUo già la sua promozione ad Intendente di Caltanissetta. Ed in vece del primo venne proposta per ordinario il cav. Fileti, attuale nostro socio onorario, ed in luogo del secondo fu scelto il nostro socio onorario il signor principe di Granatelli. Venne proposto in questa occasione per nostro socio onorario il signor barone Milazzo. Proposta veniva ancora al Reale Istituto l' associa- zione all'utilissimo giornale d'ogni arte ed industria, che sotto il nome di Jpe delle conoscenze utili si pubblica in Capolago; la quale proposta era dal Reale Istituto loede^ùuo approvata. MECCANICHE a^g Finalmente una memoria veniva Ietta dal già lodato principe di Villafranca sulla coltivazione de' pomi di terra , e su' vantaggi della medesima in Sicilia. La quale memoria piena essendo di ogni più utile e pre- ziosa cognizione, riscosse lode dall'Istituto; il quale de- liberò tosto si pubblicasse nel prossimo fascicolo dtìl suo giornale. Indi venne sciolto il consesso, Emmanuele Vaccaro. Privative accordate da S. M. durante la esistenza del Beale Istituto, esposte dal Segretario perpetuo Ab. Emmanvele Faccarq (continuazione yed. fase, 26, pag. ii3). Se le fabbriche de' panni ancor non si vedono introdotte presso di noi a malgrado de' replicati ten- tativi da noi fatti in questa industria, e gl'incoraggia- menti particolari impartiti di tempo in tempo , onde animarvi gli specolatori , ei potrebbe sempre addursi in discolpa una certa scusabile pusillanimità da parte di quest'ultimi, cbe forse non potendosi, almeno in prin- cipio, sostener la concorrenza di quei panni che a mi- glior mercato di fuori ne s'immettono, non potrebbero rapidamente venir fiorenti ed estendersi, appena intro- dotte le fabbriche nostre. Forse ciò ancor trattiene il signor Barbier dal mettere in pratica le proposte fab- briche di panni, e per cui ottenne la privativa, di cui abbiam fatto parola; ma tutte le facilitazioni da parte del nostro ottimo Governo a lui perciò concesse, oltre della privativa medesima, non dovrebbero oramai im- pegnare il signor Barbier a tener la sua parola, ed a metter mano all'opera ? E poi , egli potrebbe richia- marsi a memoria come ogni principio d'industria è so- migliante in tutte le nazioni; e che quando Coibert in- aSo SCIENZE ED ARTI troducera queste fabbriche in Francia non poteva certo lusingarsi che abbian potuto i suoi tessuti nel lor co- ininciamento sostener la concorrenza con quelli di O- landa e d'Inghilterra, di gran lunga allora e da gran tempo superiori di quest'opere, ed in tutte le fabbri- che riguardanti ogni più vaga e ricercata perfezione delle medesime; e pure a che non giunse la loro pro- sperità in brevissimo tempo? Non non solo fu piìi all'e- stero tributaria la Francia circa il bisognevole, ma l'e- strazione de' suoi tessuti di lana nel 1789 ascendeva già a quasi venticinque milioni di franchi; non parlo della susseguente progressione. Ma tralasciando queste cose, che in parte ci fanno do- lere della tardanza del signor Barbier, ed in parte la Sua timidezza scusar potrebbero, ove una privativa non avesse ricliiesta ed ottenuta, con che solennemente venne a legarsi col Governo e col pubblico, nulla ragione avvi perchè non abbiano ad introdursi fra noi, ora special- mente, la Jilature di cotone. Già i tessuti di questo genere cominciano ad esser fra noi di qualche interesse anche in confronto di quelli stranieri. Ne gode viva- mente l'animo come questa industria di giorno in giorno progredisca in Sicilia, e noi abbiam sotto gli occhi i prodigi che quasi per incantesimo escono dalle fab- briche del signor Albrech, qui presso noi nella casa di Napoli a ponente della capitale, già fiorentissime, e per la bellezza della fattura, e per la varietà delle specie, e per la vaghezza de' coloriti e de' disegni. L'Albergo de' Poveri, e lo stabilimento di S. Spirito fanno ve- ramente onore a coloro che li diriggono, ed i campio- ni di loro industrie a questo Istituto Reale presentati, faranno teste vedere nella prossima esposizione delle opere di siciliana industria , che suolo sia questo, che ingegni produca, di quali ricche specolazioni e mani- latlure sia egli capace. Altri particolari stabilimenti per questi tessuti volano ancora a gran passi alla perfezio- ne. Messina poi merita la riconoscenza nostra per que- MECCANICHE DtSt ste industrie, come per altre opere infinite; gli stabi- limenti de' signori Coop, Ruggieri, ec. già possono for- nire di che con abbondanza, e con lusso soddisfare ai nostri bisogni. Catania anch'essa del pari manifatturiera ed operosa, vede crescer questa industria; e con gran- de nostro contento ad ogni varia sorta di tessuti di co- tone (non parlo di quelli di seta di cui tratterò appres- so) veggiamo sorgere, unitamente altre fabbriche che tutti gli altri mezzi ausiliari di questa manifattura in- cominciano a far fiorire. Le tintorie, l'imbiancamento, che felicemente cominciano, l'apparecchio e la cilindra- tura, che si accostano alla perfezione, ci danno la più bella speranza di formare fra breve uno de' più im- portanti rami della nostra industria. Prova di questo è che fra noi già uomini e donne di ogni classe vanno coperti di questi tessuti, ed impiegati si veggono così nelle ricche, come nelle povere case, unendo essi al più discreto prezzo la più vaga bellezza. E prova aqche di questo si è, che uno sterminato numero di famiglie e d'individui di questa industria agiatamente già vivono in varie parti clell'isola. Pure il cotone l:)isognevole che qui impiegasi a que- ste opere, non viene filato fra noi; e questo prodotto del nostro suolo va allo straniero a vii mercato; a ca- rissimo prezzo a noi filato, e grave di tante spese, per indi noi medesimi impiegarlo alle nostre manifatture. Gli autentici registri della direzione di Statistica e Cen- simento portano i seguenti risultamenti ci|:'ca questa ma- teria, degnissimi di tutta la umana attenzione. Stalo dell'importazione de^ cotoni in Palermo del pas' saio anno i833. Cotone in istampa, nulla. Cotone filato, cantara 2178, 42, per il valore me- dio in Sicilia di once 4^721, schiavo di dogana, pro- veniente per la più parte dagli stati Sardi, Inghil- terra, e porto fianco di Messina. 16* 252 SCIENZE ED ARTI Il dazio liquidato fa di once i3668j zi. Si compari ciò con l'esportazione di Cotone in istoppa sjiedilo per Genova caulara a6o pel valore medio in Sicilia di once 2080,. ^^ ■ , , Il quale calcolo certissimo è solo per Palermo, non vo- lendo per tutta l'Isola neppure avventurare uno aj)pros- simativo,e che si potrebbe bene coughietturare di quan- to ei crescerebbe. Di più evvi a riflettere, cbe diminui- ta di molto è l'esportazione del nostro cotone; rilraen- clolo l'Inghilterra principalmente dall'America, e da altri lontani paesi, e costando quello posto in Inghilterra al-? meno once tre a cantaro di più di quanto costerebbe il nostro cotone, a quello in tutto similissimo, e posto già nelle fabbriche nostre; il quale aumento è la pri- ma perdita che noi jìati^mo, dovendo quello comperar filato; quindi le spese della mano d'opera, quindi i pas- saggi delle mani intermedie che guadagnar vi debbono sempre, quindi il trasporto, l'imbarco, le senzalie, il nolo, l'assicurazione, il disbarco, la provigione, le spese di consegna alla vendita , le quali cose tutte crescono certo del aS al 3o per cento il prezzo del coton tes- suto che noi compriamo; e finalmente il certissimo dritto phe pagar si debbe oltre a quanto abbiam detto, quello cioè di once 6 e tari 20 siciliani per ogni cantaro, di Ecco con quanta nostra perdita slamo noi obbligati ad immettere il cotone manufatto in filo; e pure tant^ immensa quantità ne compriamo, cresciuto essendone fra noi a tanta dismisura il consumo. Appresso tutto ciò, potrebbe mai fallare una specolazione di questo ger nere? Potrebbe mai opporsi, che le fabbriche da noi introdotte all'uso d'Inghilleira e di Francia per filale il nostro bellissimo, anzi ottimo cotone non avran qui il debito consumo? Potrà mai dirsi che questo nostro prodotto iion sofliirebbe la concorrenza straniera, men- tre i nostri tessuti , ancorché carichi di tante spese e gravezze, costano di presente ad asbui miglior mercato degli stranieri ? MÈCCATTTCHÉ 253 Ì)l più, clii lò crederebbe? financo una privativa, tìi cui ora trascriveremo il real decreto dato in Napoli a* 26 di settembre del passato anno i833, ed al no- stro Reale Isrituto comunicato dal nostro Governo Con ministeriale de' 3o di dicembre dello stesso aùno, è Venuta a concentrare tutti i guadagni, che con certa conghiettura potran dirsi larghi ed infallibili nelle mani d'un solo, il signor Felice Dusargues Lavai, che quella privativa con gravissimo accorgimento del suo proprio interesse chiese, ed ottenne. Ma ne ciò scusa pur tutti gli altri nostri speculatori, perchè il Lavai ha con suo apposito programma invitato a j)arte de' suoi profitti una società di azionisti per raccogliere la somma di Once 20,000 divisa in 100 azioni di once 200 per una, e ch'ei calcolò bisognevole per uu debito stabilimento di una filatura di cotone ne' contorni di Palermo con macchine ad acqua. L'azione, è vero, fu stabilita un po' forte per le nostre circostanze , avendo il signor Lavai potuto meglio trovar duecento azionisti di once cento, che viceversa; ma pure la certezza de' vantaggi enunciati è più forte, a nostro avviso, di questa stessa riflessione. Cinque mesi già sono scorsi dalla pubbli- cazione di quel decreto di ottenuta quinquenne priva- tiva, non restano cbe altri sette mesi al sig. Lavai per decadere da quella, il tempo vola, nulla si fa;- e la po- vera Sicilia resta or per l'un verso, or per l'altro, sem- pre priva delle migliori sue specolazioni, e bersagliata sempre da una decisa sventura. Ecco r anzidetto real decreto de 26 settembre i833. Ferdinando 11° ec. "Visto il rapporto ec. Art, 7. Accordiamo al signor Felice Dusai'gues Lavai là pri- vativa per cinque anni pella sola introduzione in Sicilia di una inacchina di filar cotone e Suo uso senza conceder privilegio allo spaccio. Jrt, 2. Per effetto della pfesenfe privativa', wòn debbono in- teudorsi lesi gli attuali metodi usati in quella parte de' Reali Do- mini pella filatura del cotone, e di qualunque altro diverso me- todo che si vorrà in appresso introdurre, e clie no» possa im- a54 SCIENZE ED ARTI fedire la immisMone delle macchiue, che sono stale già chiamate dall'eslero per i soli stabilimenti dell'Albergo de' poveri in Pa- lermo, della casa della bassa gente di Catania, e per il comune stesso di Catania. jirt. .5. Il nostro Ministro Segretario di sialo ec. Firmalo — Ferdinando. Ma perchè alle teorie crescan forza gli esempi, quanto (per conclnsioD di questo articolo) più mite arrise mai sempre il destino alla Francia anche in quei pochi e raris- simi casi, che è stata alia patria nostra uguale uelle sue commerciali bisogne! Scriveva nell'anno 1B19 il conte Chaptal, e diceva francamente, che la filatura del cotone per le macchine non era in verun modo colà praticata treut'anni innanzi. La più parte del cotone che impiega- vasi in tutto quel vasto regno nen era che manufatta, e fi- lata dalle donne nelle montagne ove la mano d'opera era a Lasso piczzo; ma una gran quantità ne veniva importata dalla Svizzera, dalla Inghilterra, da' porti del Levante. Sen- za privativa alcuna, ed in pochissimo teinjio un grandis- simo numero di fabbriche , e di stabilimenti immensi si videro poi sorgere, cui seguelter le meccaniche più per- fette delle ausiliari operazioni, e appena il consumo di quei tessuti colà ebbe buon cominciamento, la filatura del cotone divenne il ramo d'industria più importante della Francia. Nel 1812, supponendo in un anno il la- voro delle macchine da cotone allora esistenti nella Fran- cia al n. di 3oo giorni e di ore 12 per giorno, a si- euro calcolo producevano i3,474?6^0 chilogrammi di filo. Ciò produrre dovea senza meno una rivoluzione di questo ramo d'industria nel commercio; sino le In- die ed i i^iù rimoti paesi dovettero sentirne le conse- guenze; ma dove si ha la bella abitudine di esser ope- rosi son presti al momento mille alili argomenti di ricchezza e d'industria! Deh! quando sarà che ac- quisti la Sicilia una operosità pari alla vigorìa de' suoi campi , ed alla bellezza del suo cielo ! quando avrem noi la gioja di poter dire : qui della natura non tra- iignan gli abitanti; essi sono ricchi come il .suolo che li soslitne. MECCANICHE oSS Su i \fantaggi commerciali della robbia. Memoriti del Commendatore Gaspare P^accaro. Si ottiene il color rosso, sia cliermisl o scartato^ dai regni vegetabile ed aninaale. Fornisce il regno mi- nerale gli elementi tutti per render fissi e durevoli nelle loro impressioni sulla lana, sul cotone, sulla seta, tali colori. Fra i vegetabili, la parte maggiore, che contiene il sugo colorante di cui parliamo, è ristretta come in fa- miglia nella classe quarta di Linneo, detta Tetrandrìct Monoginia (i); e la robbia primeggia senza Contrasto^ non solo pella qualità del colorito, ma pella tenacità di sua tinta (2). Sono tutti insetti Hemipfcri quei, clie nel regno ani- male producono il suddetto colóre, ed i moderni rite- nendo l'antica nomenclatura di cocciis , ne assegnano! vari, de' quali il più eccellente è quello della cocci- niglia, che ha fatto dimenticare la tanto rinomata por- pora dell'anticliilà; malgrado però la lucidezza, come di smalto, è inferiore alla robbia nella solidità e fissi- tà (3). Cosa, diremo poi, degli ultimi ritrovati in Fran- cia nel corso della rivoluzione fatta dagli abili tintori Gonin, i quali Iian dato alla robbia il lucido perfetta* della cocciniglia? (4). Veggeta la robbia in tutti quasi i etimi della terra colla diversità però, die la qualità tintoria è più fina (i) Carol. a Linnù Rcgnum vegetai, toni, ii, p. ij5, ii& e seg. (u) Mcttcrpaclic'U Eleni, di agricoltura tom. i, p.' 24ó.- (3) Dumont Cours et Le hotaniste cultivateur voi. HI, p. 459. (4) Mais de nos jours MM. Goniu habiles teinluiiers sont parvenus à don- Kcr à la couleur de garaiice l'eclat, et la solidité de l'ccarlata de la cochc-i nillc. 3 ai vu teindre taut à Paris, qu'a Lyon, daas Ics atelicrs des auteurs de eette dccouvcrte vingt-deux pieces de draps en ecariute de garaucc, et les e^- sais coinpaiés, que je ai iait sur la couleur in'ont prouvé, qu'ellc était aussi hrillante, que etile de la cochcjiille, et qu'ellc sur ctlir-ci l'avantage de nes'al-i tercr par la pini ni ^ax la siicur. (Jhaptal de l'indnstrie francaise tom. 11, p. 56, 57. 256 SCIENZE ED ARTI e di qualità migliore ne' paesi caldi , clie ne paesi freddi. Ecco la ragione per cui gli Olandesi, malgrado la coltivazione immensa che ne fanno nelle loro terre, sou costretti di dare larghissime commissioni nel le- vante per mischiarla colla propria indigena, per accre- scerne il colorito, e così assicurare l'intensità delle tinte nu' lavori di loro speculazione. Non minori sono le di- raande de' Francesi nella scala del mezzogiorno , oggi più che mai, pella strabocchevole quantità, che ne consumano nelle impressioni de' mussolini , seterie, e j)<^inni. L'azala di Smirne, come si legge nell'Enciclope- dia economica, all'art, garance voi. vii, pag. 4^9? ^ impiegata a Darnetal e Aubenas, paesi meridionali di Francia, per fare sul cotone le belle tinture incarnate, che imitano quelle d'Andrinopoli(i). La Sicilia tutta va coperta di questa pianta, e può francamente dirsi, che generalmente se ne conosce l'in- trinseco merito del sugo colorante; cosicché viene im- piegata con .successo e durata nelle lane , che servono ordinariamente per grembidli di contadine, per gros- solane coltre, ed altri lavori per gente di campagna (2). Operazioni uguali 6Ì farebbero forse sulle tele di co- tone e sulle seterie, se l'industria e le manifatture fos- sero al livello delle altre incivilite nazioni. E per giu- gnervi su questo articolo solo, a cui va diretta la pre- sente memoria, io invito i miei concittadini a pene- trarsi di quanto sarò per dire colla massima brevità ])ossibile. Per quanto io sappia è generale in Sicilia la éono- (1) La rubia tinctnrum, di cui trattiamo, è chinmata a Smimr, aKurdlrr^ "Vordas ec, azala, hazala, rkmc, boia. I Greci moderni la dcnoiiiinano li- '/ari, o izarj. Enciclop. ecnriom. toni. vii. p;ig. 469. (2) In Palazzo Adriano, Frizzi, S. Stefano, ed altri comuni del vai di Mjizzara si fanno de' tessuti per sopratavolc, tappeti, coltre . ce. eseguiti in rilievo vellutato ad Wa illusione (ale da farli credere lavorati in paesi cslre-" niainentc industriosi. N(; ho io veduti de' più belli, graziosamente intersecali, e con ogni sorta di colóri non escluso lo searlato della robbia. E si aggiunga per onoro del genio siciiln. clii' i preparativi, mordenti, ed altro pFaticamente Usati ne rendono perfelti ed immutabili i colori.- MECCANICHE 25^ sccnza di questa preziosa jìiaiila, non solo jier le sue qualità medicinali (i), ma per le tintorie ancora: vanno anco annesse a tali conoscenze i processi pratici di Renden: immutabili le sue tinte non sono forse al g;rado perfetto in cui è giunta la moderna chimica, ina in- tanto tutto ciò che grossolanamente si tinge non si al- tera, e resiste alle piogge, al sole, all'azione penetrante dell'aria: è avvenuto ed avviene ciò per solo azzardo, o per cognizioni communicate e ricevute da nazioni straniere? Alla seconda io mi appiglio, fondato sulle ragioni seguenti. È pur troppo noto il perenne contatto che la Sicilia ha avuto ne' secoli andati con tante nazioni, che ne hanno disputato il possesso ed il pieno dominio, e senza molto inoltrarmi, nelle tante passate vicende , mi li- mito a quello degli Arabi-Saraceni, che nella loro in-- vasione furono apportatori di scienze, arti, mestieri, ed altro, di cui ne profittò non poco la nazione siciliana. Gli antichi, secondo Plinio, conobbero eilL-tti preziosi dalla robbia, anzi aggiunge con Vitruvio, che la mi- schiavano colla porpora (a). Sa bene ognuno versalo liella storia antica, quanto fu rinomata in tutti i po- poli dell'Asia la tinta porporina, di cui si fece fra gli autori dispula ostinata sulla sua scoperta. Sostiene Gas- sjodoro doversi all'azzardo di un cane di pastore, il (i) Tutti in generale sanno, che la robMa è un rimedio unico, e qunsi specifico nelle contusioni, e ciò pelle sue qualiti'i astringenti; ina ignora il volgo, e forse molte fra le persone iitruitc , che le parti costitutive della robbia non s'immutano nella circolazione col sangue, ma conservano il rosso fino a tingere le ossa, se mai se ne faccia uso continuato. Il celebre Alberto Haller ne fece spcrienza sopra due polli, che do])o lungo pasto di crusca e robbia trovò tinti in perfetto scarlato i loro scheletri. L' infaticabile Duha- niel fece uguali tentativi in vari animali, e vi riuscì. M. Dul)amcl en ayant la racine avec la mangenille de quclcpics aniraaux a cu licu d'observCr que, la teinture se communique à 1;» portion des os, qui s'enduicit pendant q« ils ,h- rent usage de cet alimcnt; quo cclles que étoicnt a moitié rndiircics, netoicnt que d'un rouge pale , et Ics autres parfccteincnt lilaiich>s. Encfclop. econ. voi. VII , pag. 491. Joly Clerc Physiolog. uiiwerscUe des pUciUes voi. i, pag. i38. ^ ' (i) Buchoz Manuel tinctorial des plantes pa^, l83. 255 SCIENZE EB ARTI quale spinto dalla fame strappò nel lido del mare una conchiglia per satollare la sua fame, e fu tinto nella gola di un colore sanguigno, che attirò la sorpresa de- gli astanti , i quali tentarono subito applicarlo sulle Stoffe, e vi riuscirono (i). Ne fissano altri il ritrovato sotto il regno di Phoe- nix XII (2) re di Tiro, per meglio dire, poco più di i5oo anni avanti G. C. Altri nel terajjo di Minos il pri- mo, che regnò in Creta 14^9 anni pria dell'era cristia- na (3). Il niaggior numero però è concorde nel renderne l'o- nore della invenzione ad Ercole Tirio, che tinse le pri- me stoffe in color di porpora, e ne presentò i primi saggi al re di Fenicia, il quale geloso di quel prezioso nuovo colore, lo riservò esclusivamente per se, e per l'erede presuntivo della corona. Checche ne sia sull'epoca di sua origine, quando è certo che nella composizione della porpora l'unico in- grediente era quello della robbia , altra ragione non dovette indurre i primi tintori a servirsene con par- ticolarità, se non quella di trovarla a proposito, o per supplirla alla poca quantità, che poteva ritrarsene dalle conchiglie porporine, o per rendere colla sua mescolanza la tinta più solida e più tenace di quello che darebbe sola (4). Nell'uno e nell'altro caso resta chiara l'esclusi- va qualità della robbia in preferenza di tutte le altre piante che somministrano del rosso. E necessario per altro, si sappia, che il risultato di tutti quei buccini da porpora più o meno apprestati se- (a) Variar. Jib. i, ep. u, pag. 4- Acliill. Tat. de Clkophon, Leucipp. mmor. lib. ii, pag. 87. Paleph^t in Chron. Puschal. pag. 43. (1) Pakphat. 1. e, Cedren. pag. 18 D. (a) Sitid. toni. II, pag. ^3. (3) La migliore trovavasi vicina all'isola, ove fu fabbricata la nuova città di Tiro. Plin. lib. ix, sect. 60, pag. 324. Le coste di Africa erano rino- Jinate jier la porpora di Getwlia ibid. lib. v, sect. a , pag. 242. Quelle di Europa fornivano la porpora di Laconia, di cui faceasi molta stima. Pau- »an. iib, m, «. 21, pag. ap4. Horat. Cdi'min. lib. 11, od. 18, v. 8. MECCANICHE 201) concio i luoghi, ove si pescavano (i), davano un co- lore troppo oscuro , e variavano nella differenza di maggiore o iiiinore intensità. Erano intanto i soli co- lori cupi e sanguinei i ])iù apprezzati, e riservati agli ornamenti per il culto della divinità, per i sovrani, e per le più alte dignità ; Moisi.^ fece uso per il cullo dell'Onnipotente delle stoffe tinte due volte di porjjora per essere più carica (2); Omero e Virgilio, tacendo al- lusione a tale tinta, danno al sangue l'epiteto di por- porato. Si crede poi, che altra porpora vi era più scarica, e meno apprezzata (3). Ne segue da ciò, che tutti quei che non poteano fare uso della piivilegiata , indossa- vano la seconda. Ma siccome il lusso fu sempre la pas- sione favorita degli Asiatici, fra i quali primeggiavano i Medi, i Persiani, gli Assiri, i Babilonesi ec, forza è di conchiudere , che alla rarità di un liquore cosi hello e ricercato, dovea supplirsi il sugo della robbia , che in tutte quelle contrade abbonda a dismisura, e con- tiene le più eccellenti qualità. Esaurita la prima parte sull'uso generale della rob- bia presso gli antichi , mi pare convenevole , che ra- pidamente esamini, se i medesimi aveano della cono- scenza per rendere solide e permanenti le loro tinte, La soluzione è focile quaudo si legge, che con effetto adoperavano de' sali alcalini, ed altri ingredienti senza il soccorso della chimica ; e con eflètto non si lagna- vano di alterazioni, o cambiamento delle stoffe, dob- biamo couchiudere, che al difetto di chimiche opera- zioni, vi supplivano con particolari manipolazioni, che noi ignoriamo. Plutarco rapporta nella vita di Ales- (1) Rigrantis Robae suLlucons; laus ti sumraa in colore sanguini-i concreti Plin. secl. 5a, pag. oG. Vedasi , clic in genenJe non apprezzavano , che i colori oscuri. Anacrconle dà la preferenza alle rose, che si accostano al hct ro. Goguet Origine des Ivis, des arts et scienccs, toin. ii, pag. 96. (j) Exod. e. 25, V. 4^ e con tale doppia operazione si giijgnca a remlciU così preziosa che disputava il prezzo dell'oro. Gogtict 1. e. (3) Rubens color uigriiutc dctcìior, l'Hn, sccl, J3, p. jsG, 17 360 '^ SCIENZE ED ARTI Sandro, clic trovò quel conquistatore nel tesoro de* re di Persia una quantità prodigiosa di sto ili; -porpora, le quali dopo 190, cli'eiano state ivi conservate, aveano tutti il lustro primiero e l'uguale freschezza, per essere state (dice egli) preparate col miele (1). Ecco un ge- nere d'ingrediente, che i moderni ignorano. Trovasi presso Erodoto, che alcuni popoli vicini al mare Carpio imprimevano sulle loro stofiè de' disegni, sia di animali, o fiori, di cui non si scancellava mai il colorito (2). Sappiamo altronde, secondo l'assicura- zione di accreditati viaggiatori, che i selvaggi del Chili tingono in modo, che non si alterano le impressioni latte, malgrado tutti i tentativi (3). Plinio finalmente descrive il modo con cui gli Egizi tingevano le loro tele che divenivano inalterabili con alcune preparazioni, che descrive (4). Sì può conchiudere da tutti questi fatti, che aveano naturalmente gli antichi delle preparazioni, e pratiche cognizioni, colle quali supplivano al soccorso della chi- mica, per fissare i loro colori. E per dar un peso mag- giore al mio ragionamento devo aggiungere, che presso gli scrittori i più antichi, e ne' libri sacri jìarlasi sovente di calce, sali, liscivi, fermentazioni, macerazioni, ed altro, che fa chiaramente presumere, che possedevano gli antichi un perfetto sapere dell'uso a cui doveano destinarsi; parlasi infatti del modo di nettare, ed im- biancare le stoffe, quando erano sporche, e non j^olea certo mandarsi ad effetto tale operazione senza un sa- pone, senza un liscivio. (0 Plutarco pag. 686 D. (2) Li)). I, 11. 2o3. (3) Vorsage tic Frcsin. pag. 75. (4) L. xxxv, secf. /p, pag. 709. L'antichità faceva onore di tali invon- zioiii ai popoli della Frigia, ed altri ai Babilonesi. In qualunque modo pe- l'o, e indubitato, che sia antichissima quell'arte, mentre il linguaggio, che tengono Moisè e Giobbe indica a chiare note che l'origine di quella scoperta era mollo vetusta; e l'istesso potrebbe aflcrmarsi del riccamo in varie tinte, come si ricava dall'assicurazione generale non solo di scrittori profani , ma chiesiastici. Goguct Origine des lois, dcs arts, et metiers, voi. i, p. ii'iS. I MECCANICHE 261 Giobbe parla di lavare i suoi panni su una fossa col- l'erba di Borith(i). Questo passaggio mostra, che p(!r nettare le stoffe, il metodo ha dovuto essere di ri porle in una fossa piena di acqua impregnata di alcune ce> neri alcaline, pratica universalmente adoperata dagli antichi; difatti. Omero dipinge JNausica, ed i suoi com- jiagni , pigiando co' piedi nelle fosse i loro abiti per imbiancarli(2); ecco l'effetto del sapone, unico per tale operazione. I Romani, ed i Greci supplivano a quell'alcalina mi- stura, con varie terre saponacee, ed altre piante(3). In Persia facevano uso di terre bolari, e marnose (4). Tutte queste differenti pratiche dimostrano a chiare note, che i bisogni in tutti i tempi, ed in tutte le nazioni del mondo hanno dovuto spingere gli uomini a delle scoperte pressoché simili, e qualche volta superiori alle nostre. Avendo percosse le cognizioni, che sin dai primi secoli, si son trovate presso molti popoli, i Greci, i Romani, gli Arabi vi sono stati compresi, e sono ap- punto quelli, e forse altri (5), che ne' passaggi rispettivi eseguiti in Sicilia, hanno lasciato le cognizioni di tali composizioni tintori. Non è già che io voglia defraudare i miei patriotti del talento ad essi proprio di aver sa- puto, e sapere inventare come gli altri; ma siccome avviene, che le più colte nazioni da un secolo all'altro degenerano, e sovente si abrutiscono senza poterne spie- (i) Gap. IX, V. 3o. Il testo ebreo porta Bor, ma migliori intcrpclrl pen- sano che tale parola è l'istessa, che il Borith di Geremia cap. i, v. 22, 1; eli Malach. cap. 3, v. 2. » In quanto all'erba, che Giobbe chiama Borith, io credo che sia la soda, e per tale ha voluto caratterizzarla. Questa pianta è comunissima nella Siria, nella Giudea, nell'Egitto, e nell'Arabia. Si brucia per specolazionc per ricavarne le ceneri necessarie al conosciuto liscivio, con cui si tolgono le macchie, w Goguet Orinili, des lois, des aì'Cs, et des sciencex, tom. 1, pag. i5o. (2) OJyss. lib. VI, V. ga, (3) Plin. lib. xxxv, sect. 67. (4) Chardin, tom. iv, pag. 66, 67, (5) Intendo parlare de' Fenici che furono de' primi a passare in Sicilia, e dovettero colla loro presenza comunicarle quanto piii degli altri cono- scevano sulla navigazione, sul commercio, e per conseguenza tiittociò che y^i •-onncisso a ^iiei due rami di scienza. 262 SCIENZE ED ARTF gare le ragioni, cosi non farò torto alla Sicilia, qua- lora sostengo , che trovandosi in alcuni t*fnipi degra- dati dalle prime loro cognizioni, ne hanno poscia pro- fittalo dal contatto di quei, che ne hanno fatta la con- quista. E quindi ne deduco, clie forse dai suddetti po- poli hanno succhiato i lumi di tutto, o parte, sopra l'uso della robbia , ed i modi onde renderla più solida, ed invariabile nelle sue impressioni. Compariamo lo stato degli Arabi attuali, con quei che furono ai tempi di Maometto, e ne' seguenti se- coli, e si conoscerà palpabilmente quali oscillazioni non si veriiìcano nell'aumento, e decremento dell'umano sa- pere; furono essi, che nella conquista della Sicilia, re- carono col fragore delle armi, de' lumi che altri non aveano, e soprattutto nella chimica, medicina, algebra, arti ce. Cosa divennero poscia , e cosa sono ne' mo^ menti attuali? Fissiamoci in questo punto, e conchiu- diamo, che avendo i Siciliani attinto dalle suddette na- zioni conquistatrici ogni sorta di sapere, hanno ancora aj^presa l'arte tintoria cogli accessori di una pratica chi- mica, che si è trasmessa di generazione in generazio- ne, ma di un modo languido, e senza voglia di tirarne alcun j»rofìtto, che nelle attuali circostanze di un lusso illimitato, e di consumazione immensa che si fa della robbia in Inghilterra, Francia, Olanda, Svizzera, Ger- mania , ec. non poche somme rientrerebbero in Sici- lia in ritorno delle dimande, che da tali nazioni ver- rebbero fatte; e si aggiunga ancora l'intrinseco vantag- gio della Sicilia , qualora doppiamente ritrarrebbe , e pcir esportazione di una radice cotanto eccellente (i), e peli' uso interno, che certamente verrebbe eseguitQ per imitare, e forse superare le stofle straniere. (1) Pria tlcHa rivoluzione di Francia mandai in Marsiglia due pachcUi fli rol)Jiia iliv.MCCata, secondo il metodo da jiii; letto nel gi'an dizionario di «oinnieicio di Savary, ].cr sapere la ijiialità da ))()tcrne l'are spccolazionc, e ni i'u rispo^lo, jiotersi jiaragonare a qiii'lla di Aleso e di Smirne. Per tuffo riii-e, I'u in Hacalmutu, comune poco distante da Girgenti, clic ne feci di- manda, invoglialo delle sii))erj)e linfe clic liinno sopra lane da servire per giubcrni, bisacce ed altro pCT ibo de' cuiiladiui. i MECCANICHE 263 Anco in Francia ove rindiislria, e le manifaltuit; erano al suo colmò in tempo di Luigi XIV, il gran Colbert nel 1671 fu il primo, che conoscendo l'estrema utiltà di tal pianta , entrò ne' più minuti dettagli , e consultò la coltivazione da lìirsene per impedire l'espan- sione di somme considerevoli^ che si versavano per ri- trarle tanto dalia Zelanda, che da levante (a). Da quel- l'epoca in poi si molti|)l)cò la coltivazione in tutto quel vasto regno, e si verificò quanto si era preveduto. Si lanno delle ricerche ancora in levante della robhia per rendere più perfetta l'indigena, ma la quantità è mi- nore della prima , e per quella si dimandava iu Ze- landa se n'emancipò totalaiente. Eccoci al momento, in cui profittando de' doni della natura, e della felice posiziont* della Sicilia, potremo somministrare alla Francia tutta la quantità che ritrae da Smirne, Alep , ed altri paesi del levante, e con prezzi minori per il nsparmio da calcolarsi non solo pella vicinanza maggiore, ma per altra considerazione, che iu appresso sarò per esporre. Sulla cultura della rabbia . Fra tutte le spezie di robbia, di cui potrebbero im- piegasi le radici pella tintura , le due , che iu prefe- jenza si coltivano attualmente nella Fiandra, nella Ze- landa, nella Francia, ed in altri paesi, sono la tanto co- nosciuta da' naturalisti sotto il nome di Rabia iincto- rum saliva , e 1' altra che vien detta Rabia Sjhe- stris Monpessulana major C^)-, e pare, che questa se- conda non sia che una varietà della prima, differendo soltanto nelle sue foglie più larghe della robbia corn- er) t conta'lim di GotlaniHa invece di roMùa adoperrmo 1' asprcUa dei fintoli aspcrula ù'nctoria, quei di Siberia sorvolisi del guLiuin mollugo ì-, v. 1 selvaggi del Canada del galiuin ùnctorum. Piante tutto della riasse dcìia robltia, ma meno efiicaci niì rosso , che comunicano. Milterpachen Elem. d'agriculluìu toni, i, pag. ajG. 2fi4 SCIENZE ED ARTI Illune e più gracili, le sue radici rassomigliando per- IJtlanicnlc a quella di levante. In fatti prontati i semi della robbia di Beozia ove si reputa migliore delle al- tre convicinc contrade della Grecia, nei terreni di Pro- venza, cambiò inteiamente in pochi anni, e si ridusse y| pari dell'altre robbie di Francia. iStimo irmtile intrattenermi sulla descrizione bota- nica di questa pianta per essere generalmente cono- sciuta da tutti i contadini di Sicilia. Raccomando sol- l.'inlo, clie si. facci differenza da varie altre della fami- glia islessa, che si confondono pella somiglianza delle foglie, e bisogna allora attenersi alla radice, die nella vera Rubìa tinciorwn è d'un rosso carico, e nel cen- tro un colore arancio; oltre a ciò la sua scorza, ossia epi- derme, è molto lina, lacMove quella delle altre è mollo spessa, e con pochissimo rosso nelFinterno. Sulla qualità di lerreno die conviene alla rabbia. Si osserva di continuo, che molte piante del genere istcsso, e della spezie medesima^ producono frulla d'una qualità, e d'un gusto diverso, secondo la diversità dei terreni ne' quali si coltiva; si osserva l'istessa cosa nella lobbia , di cui la spezie medesima non produce delle radici uguali in tutti i terreni , ed in tutti i paesi. E necessario dunque , che se ne scelga uno , che sia convenevole alla sua cultura. Sebbene paia, che la robbia veggeti facilmente in ogni sorta di terra , e che sia per conseguenza prati- cabile la coltivazione daperlutto ; frattanto si osserva, che la robbia selvatica prospera meglio nelle sponde de' fiumi , e nelle fbssate che contengono della terra di poca sostanza ; e per queste ragioni , può conchiu- dersi, secondo l'opinione generale degli agronomi, che bisogna scegliere un terreno succulento, sì ma leggiero licl tempo islesso, non compatto, e stem pelato. In una fniola, conchiudc I.)'x\pligny, il più adattalo è quello MECCANICHE 265 die sì avvicina al quasi pantanoso, simile a quello, che fa presperare il canape. Sono molti autori di que- sto avviso, e con preferenza mi uniformo a quel, che avendo dimorato in levante, ove cresce , ed alligna la migliore robbia, e fatte delle ripetute osservazioni, non disconvengono sulla scelta, che si è detta, ma vi ag- giungono altre circostanze, e coll'appoggio de' fatti. Uno di questi è l'ex- console francese in Grecia, Felice Beaujour, che nella sua opera sul commercio di quel regno, parlando della robbia che si coltiva in tutte quelle contrade, dice: » I terreni più confacenti alla vegetazione della robbia sono gli umidi , senza che le acque soggiornino nei fondo stemperate, e giacente so- pra argilla, o sopra della sabbia, w E dopo ciò addita in conferma della sua opinione i luoghi , ove con ef- fètto trovasi la migliore, e più rinomata robbia (i). Quasi tutti gli autori convengono su questo punto , che forma la base della buona coltivazione della rob- bia: w Ama essa, leggesi nell'Enciclopedia Economica, una terra dolce , leggiera , di cui il solo fondo sia u- mido, e dove l'acqua non soggiorni; vedesi infatti riu- scire tanto bene nelle sabbie grasse pof^giate sopra ar- gilla, che impedendo le radici di estendersi in profon- dità, le obbliga a stendersi orizzontalmente , sopra il suolo umido, e favorevole in conseguenza al loro pro- gresso (2) M (b). Intanto per rendere quel terreno più nutritivo , e più permeabile, conviene concimarlo, come appunto (i) » Voila ]iourquoi les roeilleures garanccs de Beotìe sont celles, qui st rccoltent sur les bords du lac Copais , Capree , ou Chcroncc , Orcoinc- 110, la bourbcuse Oncheste , et Ics princiiiaiix villages de la plaine de Thebes , ont aujoiirdhui d' aussi belles garancieres , quo coUcs que 1' on volt sur les rives de l'Herrous dans la plaine de Sardés. « Tableau du com- merce de la Grece par Felix BeaujouT ex-consul en Grece tora, i, pag. 237, a38 etc. Aly-zari de Beolie. (2) 3> Elle alme une terre douce, le'g^re, dont, le fond séul est humide, et ou IVau ne scjourne pas. Aussi la voit»tìn-»rcussir dans Ics sables gras assis sur lui fond de glaise, qui empcchent les racines de sVtendre en profondeur Ics obiige a se valcs sur ce sol hu-.iiidc, et de la faYOrable a Jeiirs pre- gi es. » Euc^clop. Econom. tom. vu, pagi 47'- 266 SCIEKZK ED ARTI si pratica per tutte le altre ])iante, che abbisognnno di un soccorso per ineglio nutrirsi. Giova però far ri- llctloro, che l'introduzione di cjuesto dovizioso vegeta- bile in Sicilia, esercitandosi sopra terre ingrate, e quasi inutili pella coltivazione del irurnento, porterebbe dei jirolitti inunensi senza punto toccare il ramo princi- p.'dc dclhi nostra agricoltura. Pili si potrebbe obiettare: il terreno dunque sostan- zioso, di molto fondo, e ricco in terriccio, sarà inutile ]icr la robbia? No: anzi a mio credere, salvo sempre il rispetto che si deve a scrittori di tanto merito e nome, essa sarebbe più bella, più rigogliosa, e meglio liuti ita; avjcbbe solo il pieveduto inconveniente, che non trovando ostacolo nel fondo , invece di strisciare orizzontalmente, amerebbe piuttosto la situazione al- quanto verticale, e per conseguenza più costoso e più tliflicile lo sbarbicamento. Ma chi non vede essere di ];oco peso tale inconveniente, avendo in considerazione la maggiore grossezza di tali radici, ed una più ])er- iella nutrizione: circostanze, che poste a calcolo colla spesa da farsi per tirarla fuori , sarebbe certamente minore di quel duplicato triplice ec, guadagno che da- rebbe nel maggior peso, e qualità del sugo colorante. Situazione e ])reparazione del terreno. Avendo esposta la natura e carattere della robbia, è Jacile rispondere alla prima, che tutte le situazioni le convengono, ad esclusione di quella jierfèttamente j)ia- na, che dando ricetto alle abbondanti ac(]ue, sarebbe diametralmente nociva alla sua vegetazione, meno che coli'arte non si potesse dare qualche scolo alla temuta sovrabbondanza, ed abbandonarvi con successo la sua coltivazioue. L'unico vantaggio calcolabile della rob- bia è quello di non essere soggetta alle vicende, in- chmcnza, o intemperie di aria, giacche st rpeggiando iotto terra si sottrae a tutti grinco'ivcuiciili, che sono MECCANICHE 367 riserbatl a quelle piante, che la Provvidenza ha desti- nate a cielo aperto. Così è per l'appunto la hatafasy ossia ]iomo di terra (solaniun tiiherosum ^ Yhelìantkus tnberosus) detto in America iopinambouoc il primo ed il secondo pregevoli nelle loro radici alimentarie, che sfuggono le visite devastatrici degli elementi. E per tntli questi motivi sono de' vegelabili privilegiati da occupare l'industria particolare degli uomini. Nello aver detto, che alla robbia convieu qualunque situazione, intendo sempre accompagnarvi la condizione indispensabile, che sia suscettibile di sufficiente alimen- to e nutrizione alle radici serpeggianti. Da ciò si de- duce dover escludere quella situazione esposta troppo agli ardori del sole, e scarda di tanta terra che possa conservare una certa umidità e freschezza, compagne necessarie al ben essere delle sue radici. Egli è pur vero , che sovente trovasi della robbia fresca e rigo- gliosa nelle fonditure delle pietre, ma questa partico- larità si riduce a pochissime piante, le quali per altro insinuando le loro radici nelle viscere delle rocce, suc- chiano ivi bastante umore j)er nutrirsi e rinfrescarsi; ma potremo applicare tal singolarità ad una copiosa coltivazione , che servir deve a dar profitto e guada- gno sufliciente? In quanto poi alla preparazione del terreno, bisogna far distinzione tra quello che è sialo pria coltivalo, e l'allio che deve dissodarsi. Esige il piimo una sufli- ciente aratura eseguita ad una bastante prolbndilà colla maggior diligenza possibile, più di quanto isigcrebbe la coltura per il grano, e passarvi diligentemente l'er- pice per rompere le zolle, e tirare le radici sparse, pria che si gettino i semi della robbia. Bisognano per il secondo non una, n»a più arature per ridurlo coltivabile e capace di ricevere nel suo se- no delle piante che abbisognano di copioso nutriineulo. Per giugucrvi come Conviene, basta eseguire in gene- rale, e con maggiore sci upolcsiià i precetti tutti , che a68 SCIENZE ED ARTI si conoscono per la coltivazione del grano; la conci- mazione non può che rendere la terra più feconda, e più adatta al nutrimento di quelle piante, che le ven- gono aflidate: questo utile ingrediente non fa che som- ministrare de' sili (e), che non ha una terra di sua na- tura ingrata, compatta, e sterile, o li rinnova in quella naturalmente buona, ma che li ha perduti, e consu- mati colla passiva consumazione di molti anni: e ciò avviene soprattutto a quei terreni che coirarte,ed a forza di leplicate arature sono state costrette ad una violenta proclusione. Bisogna in questo caso accordargli del ri- poso, afllnchè possano col soccorso delle piogge, delle ru^giade, e dello sparso concime riacquistare quei sali, che colla vegetazione sonosi perduti e consumati; l'in- grasso allora sparso dapertutto , e mischiato almeno sei mesi pria di piantare, colla terra, questa si appro- pria, ed attrae le parti saline che avea perdute. Nel presentare questo mio avvertimento, £uj)pongo sempre una possibilità di averne la quantità relativa alle terre, che vogliono porsi in valore : ma quando poi trattasi di latifondi insuscettibili di questo artificiale soccorso, bisogna supplirvi colle replicate arature, col riposo, e col rinetla mento di quei sterpi e radici iim- tili, che l'ingombiano; si opera in tal caso ciò che av- viene pei grani, ai quali non è accordato il soccorso del concime per l'impossibilità di somministrarlo. Della disposizione del terreno. Trattandosi di ben regolare la coltivazione di una pianta, che ha il suo principal merito nelle radici, bi- sogna dare delle norme e de' precetti per assicurarne il miglior successo possibile: oltre lo smovimento della terra per facilitare la sua vegetazione, l'estirpazione delie erbe tutte, che tendono a privarla del suo ali- mento, bisogna })ro])agginare nella terra vuota quei tralci, che sotterrali daranno delle radici piccole e li- • MECCANICHE 269 lanieolose, clie apportando del sugo nutritivo al tralcio propagginato, Gambiera questo di natura, e diverrà radice colorante, come tutte le altre collaterali e pri- mitive. Ad eseguire tutte queste operazioni, abbisogna un continuo calpestio, che iu senso contrario comprime e danneggia il ricamo di tulto quel tessuto, che trovasi sotterra, e che deve assicurare la buona ricolta del proprietario. Ad evitare tali inconvenienti , si tirano sulla terra preparata delle linee, che la dividono in fa- sce paralelle, che traviano alternativamente una più larga, e l'altra più stretta; chiamasi questa piate blande, banchina, ossia marciapiedi, l'ultra vien detta planche, tavola, fascia ec. Più larga la seconda perchè destinata a ricevere i semi della robbia, o pure i piantoni svelti da piante antiche, come meglio in appresso. Furono gli Olandesi i primi che conobbero in levante ed in altre contrade asiatiche la coltivazione di questa utile pianta, ed avendone imitata la coltivazione fu pre- sto introdotta nella Fiandra, nella Zelanda, ec. e per conseguenza ne fu anco copiato il suddetto modello , che sparso poscia con tutti ^li accessori in vari regni di Europa , si è modificato giusta le purticolari conve- nienze. Varia è stata la larghezza, tanto della fascia semina- toria , o a piantaggione, quanto di quella destinata a laterale banchina. In Fiandra ha 12, a 14 piedi la prima, e ò \a seconda; non così nella Zelanda, Neer- landia, ed altre contrade convicine, ove vengono am- bedue limitute, e ristrette. Differenza uguale trovasi in Francia nel modo di ripartire le sopraddette tavole, ed essendo cosa lunga rapportare le opinioni diverse do- gli agronomi , e delle pratiche usate in vari diparti- menti, mi contento limitarmi al sistema necessario da imitarsi in Sicilia, ove sarà modificato secondo la qua- lità, quantità, e posizione de' terreni, applicandovi i principi rapidamente annunziati, e che vado meglio ad esplorare. 370 SCIE^VZE ED ARTI L'oggetto di sillàlla invenzione tende ad impedire un continuo e nocivo passaggio sopra un terreno pian- talo e seminato a robbia, che certamente avrebbe luo- go, quando in tutta la sua estenzione non fosse circon- dato di più viali a banchina , che permettono un la- terale contatto a nastri, o fasce, e non pianure di terra. In tal modo crescendo, e vegetando le j)iante di rob- bia iu quelle sfrette zone, comunicano alle sottoposte radici tutta l'umore, che attirano tanto dall'aria, che dalle viscere della terra. Oltre a ciò i maiciapicdi, che non lasciano di zap- parsi per l'uso, che in ultimo luogo diremo, formano un dejìosilo per somministiare del terreno bisognevole a copiire le propaggini, che di sovente si fanno nelle iasce, così dette, j)er supplire a de' vuoti, soliti a ve- jilicarsi col deperimento di vari tralci. Ed accade non di j-ado, che il bisogno esige trarne a suilìcienza ^ di jnodocliè da marciapiede diviene fossato, e quasi ca- nale, che nell'inverno dà ricetto e passaggio alle acque sovrabbondanti non molto amiche alle radici della rob- Ijia. Ed ecco la semplicità di un ritrovato, che assi- cura di una maniera peritila gl'interessi del coltivatore. E per assolvere in tutta la estensione la materia , deve osservare, che per verificarsi l'applicazione di quella agraria spartizione, bisogna, che delta alterna- tiva di maiciapiede, e dalla zona coltivabile, si adatti alla forma, retta, tortuosa ce. del terreno, non che alla quanlilà; giacche iu una corta estensione di ter- reno basta un sol quadrato, a bislungo attorniato sem- pre dalla banchina per agevolarne le descritte opera- zioni ; ma in un vasto, uopo è che si traccino in tutti i sensi i molliplici spazi sempre alternati e pro- porzionati ad assicurare il già descritto vantaggio. Com- prende ognuno, che in tale j)osizione il campo da de- stinarsi a robbia ])resenterà un disegno bizzarro e gra- zioso, che diverrà itjteressante, quando al suo termine verranno disotteirate le radici > che formano il desiato compenso agli avanzi del proprietario. MECCANICHE 2*7 1 Per tutto dire, le hanchine, ossia marciapiedi fign ranti tantosto deposito di terra per coprire le propag- gini, e poscia canali pello scolo delle acque, e sempre destinato al passaggio do' lavoratori , passera dopo lo giro di 4) 5 o 6 ricolte dallo stato di passività a quello di campo attivo per ricevere semi, o piante di robbia del modo istesso, che lo fu il primo, che passa a tur le veci di marciapiede, perdendo porzione di sua lar- ghezza per aggregarsi alla più stretta. Della piantagione. Tre cose devano considerarsi nella piantagione, i" il tempo in cui si pianta, 2° la qualità della pianta, se sia da seme, o pure da germoglio, o pollone, 3° la for- ma che voglia darsi. La primavera e l'autunno sono le stagioni adatte a piantare, e bisogna in quei tempi istessi scegliere i giorni alquanto freschi, i senza sole, perchè non soffrano pianticelle cotanto tenere; anzi è necessaria precauzione scegliere nella giornata il sole cadente, acciò, passando una intera notte, quelle pian- toline possano resistere all'azione dell'aria; ma ciò è praticabile, quando piccola fosse la piantagione ad eser guire. Del resto è cosa accomodabile servirsi delle giornale intere, qualora vi sia la possibilità d'inaiìlare per via di canali laterali sulla banchina le piante aflidate alla terra; purché si làcci tutto con discretezza, essendo totalmente contraria la troppa umidità alla natura della robbia, Si risponde al secondo quesito , che trattandosi di svellere a suo tempo delle piante nate da semi, bisoT gna, che sieno alquanto adulte per restare senza rom- persi all'azione della mano, che deve applicarsi nel passo delia pianta per incontrare tessuto più forte, e capace di trarne seeo le radici di già abbarbicate; e qualora riesca difficile tale operazione, si ricorra alle zappette , che per via laterale e comoda |ie caccilo •fuori intatte le piantolioe. rì'J2 SCIEKZE ED ARTI Per i germogli, o polloni, nati da piante madri, fò tli bisogno spopparli alquanto grandicelli da non rom- persi, qualora s'introduce la mano per tirarne le ra- dici, e staccarli dal ramo a cui Irovansi attaccati, per ambe le piante tanto da semi , che da germoglio , la cautela prescrive, che si ripongano dolcemente in ce- ste ben coperte da fogli ben grandi per non venire of- fese dai raygi del sole, o d'altra causa esterna; e pria che si cominci la piantagione, necessità porta, che si taglino con forbici , o colttllo le punte delle radici a quelle nate da semi, e ciò per due ragioni, i° per ren- dere più forte il tratto fitsi forme (i) della radice, e non curvarsi, quando s'introduce nel buco aperto dal piuo- lo, 2° per evitare il pericolo di non radicare , qualo- ra si trovasse appassita per qualunque caso possibile; il resto della pianta si lascia intatto. Per i germogli, ossia polloni, bisogna tagliarne tutte le foglie, e stelo, e lasciare intatto il rimanente fino alle radici quasi pella ragione, che l'abbarbicamento è più lungo in quelle piante staccate e ferite; e verifi- candosi per conseguenza una interruzione di umore nu- tritizio ne' vasellini quasi appassiti si appresta rime- dio per meglio guarirli, qualora si recidono le foglie o gambo che dovrebbero succhiare alimento, se uou fossero tagliale. Intanto pria di parlare del metodo di piantare, cade in acconcio far motto della diversità di pareri, in cui trovo gli agronomi, se meglio sia pier la pianta da semi, far pria in disparte un semenzaio, per indi a suo tempo fornirne il campo intero, o pure usare il metodo islesso del grano, che si sparge a mano aperta, e cosi lasciar lo piante a dimora. I confini di una memoria non com- portano, che ne rap])orli in distesa le rispettive ra- gioni, e mi contento farla da conciliatore, consigliando, «he la seminagione si facci intera nel campo da rob- {•) Così detto dai botanici, perchè dà somiglianza alla forma di fiiso. MECCANICHE 27^ bla, e con dose alquanto avanzata, e ciò sulla ragione, che le sovrabbondanti pianticelle a giusto tempo po- trebbero sbarbicarsi per cosi coprirne un doppio ter- reno, che servirebbe come corpo di riserva nelle man- canze da verificarsi. Dirò poco sulla forma, e metodo di piantagione per essere diversi in tutti i paesi; le opinioni sono cosi di- vise, che vai meglio regolarsi secondo un senso com- mune, che non è molto ottuso ne' Siciliani. Si osservi solo , che trattandosi di affidare alla terra de' germo- gli, che possono avere una radice un po' lunga, e fi- lamentosa, bisogna tracciare colla zappetta de' solchi, ne' quali situandosi orizzontalmente , ed alla distanza d'un palmo circa, si copriranno ben presto, e con una certa pressione. Lascio all'arbitrio de' coltivatori, se i solchi saranno formati in largo, o in lungo del terre- no, dipendendo lutto dalla situazione. Diverso sarà il modo pelle pianticelle nate da semi, non dovendosi sot- terrare che ne' buchi perpendicolari , e fatti col fora- terra, ossia piuolo da piantare, avvicinandosi lateral- mente la terra da basso in alto. Sulle cure per far prosperare la piantagione della rabbia. L'unico scopo dev'esser quello di prestare alimento alle radici, che formano il solo oggetto per recare del vantaggio al proprietario. Sarchiare di frequente, e svel- lere le straniere e cattive piante, sono le prime occu- pazioni per destinare tutto l'alimento alle radici per iarle presto ingrossare. Intanto bisogna diligentemente osservare lo stato delle piante , se vegetano bene , e crescono a misura della buona coltivazioiìc. Si vigili ugualmente, se il campo resti provveduto in tutta la .superficie, per ripararvi al più presto quando incon- trasi qualche vuoto; si sceglie a tal uopo il fusto d'una vicina pianta , e fatto un corrispondente Ibssalello , si 3'74 SCIENZE ED ARTI sotfcira, tagliali pria i lainicelli laterali. Tali propag- giui gettano in pochi gioì ai delle radici filameutoes^ die prestando umore alia propaggine diviene anch'es- sa , sebbene più tardi , radice madre colorala come le altre più avanzate(i). Verificata una pi'ospera vegetazione , ed ingrandite le piante tutte a dismisura, fa uopo falciarle, e trarne cpu ciò un doppio profitto; il primo è quello di pre- star grato ed utile alimento alle vacche , producendo dell'eccellente latte, e butiro di color giallognolo; il secondo ridonda a benefizio delle radici, che si appro- priano quel succo intero, che circolava nelle alte pian- te. 11 mese di settembre del secondo anno è ordinaria- inenle destinalo a tale operazione, verificandosi in (pie), mese il maggior rigoglio possibile. Ricolla de semi, Essendo i semi ugualmente necessari alla moltiplica- zione della robbia, che i germogli, è giusta previdenza di lame sufliciente acquisto nel tempo a ciò propizio; in Sicilia soprattutto , ove questa pianta verrà a pro- pagarsi per formare uno dti' principali rami di sua do- vizia, non si tarderà certamente dagli industruosi abi- tatori a procurarsene. È da considerare per altro, che per il momento pochi germogli potranno ottenersi da quella indigena , che pella sua annosissima esistenza , non ha che delle grosse oltremodo radici , che sulle prime dovranno estirparsi per cominciare una sepa- razione delle buone , che potranno seccarsi nel modo (i) Accade spesso, clic tale vuoto sia rasente al marciapiede, ed in lai C^so l)isogrui dirigere le propaggini in parie, o ia tulio verso il laterale ler- l'Cno della banchina, che trovasi sempre in grado di ricevere cultura; e con questo espediente si mette a profilto aulicipalaniente ]ior/.ione di quella fa- scia, che diverrà a suo tempo carni") a robliia. E da sapere per altro, che in molti paesi della Francia, e di Olanda, si seminano in quei marciapiedi della bietola, di |)oini di terra, topinaiuboux, ed altre pi;iutc alimeulan, che yoa ialicaiu) il lericuo. MECCANICHE 2'j5 che in appresso si dirà, e ritraine il primo guadagno. Questa operazione però sarà posta in esecuzione dopo la ricolta di quei semi che senza meno trovansi attac» cati alle vecchie piante. L'epoca, in cui 2)er l'ordinario si matura il seme della rohbia è il mese di settembre. E siccome la matura- zione si fa con gradazione, bisogna con pazienza stac- care i primi semi perfettamente neri, e coperti di di- licato guscio; per tutti gli altri, che danno ritardo, il migliore espediente è quello di tagliare le piante, e la- sciarle sul suolo, giacche l'umido che intrinsecamente rimane, basta per maturarli tutti quanti. Si noti, che il settembre, di cui parlo, non è l'immediato alla prima seminagione , o piantagione , ma quello del secondo anno, vale a dire diciotto mesi dopo; non devo ugual- mente tacere, che trovandosi i semi ricoperti di tenace •corza , bisogna fregarli, jJer meglio esporli all'azione dell'umido, e del calore, qualora verranno seminali. Sulla estrazione delle radici. E questa la pii!i interessante meta del coltivatore, il premio de' suoi capitali, e de' suoi sudori. Non ha la robbia segni manifesti di sua maturazione, come il grano, ed altri semi. Tali sono le vicende ili tutte le radici , che vegetando sotto terra , non hanno fasi costanti, e l'uomo, che jirofitta de' vari colori che contengono, esplora colla sua sagacità i vari indizi di loro perfezione ; da ciò è nato il diverso giudizio nei paesi diversi. Nelle fiandre si svellono generalmente le radici dopo 18 mesi, e sono le sole, che si limitano ad un si corto spazio, fidando sulla eccellente qualità delle terre, che producono con rapidità maggiore. Viene intanto cen- surata da vari autori quella prematura pratica, con assi- curare, che tali radici pella loro picciolezza ed imma- turità diminuiscono notubihneute a danno del pro[)riclu- 276 SCIENZE ED ARTI rio; io pero sono di contrario parere, attesa la sagaci- tà, e buon senso di quella nazione, che ha saputo sem- pre calcolare i suoi interessi; e quando si volesse esa- minare l'adottato sistema io troverei per essa le seguenti ragioni. Essendo certa la fecondità delle terre in Fiandra, la nutrizione delle radici deve correre in proporzione del- l'abbondante umore, che circola nel loro tessuto, e la conseguenza dev'esser quella, che divengono cotanto gras- se e ben nutrite in 18 mesi, come sarebbono in 3o mesi ne' terreni ingrati e scarsi di parti nutritive. Bi- sogna per altro riflettere, che in quel jjaese l'interna consumazione è immensa, e jìochissima esportazione si fa di quell'articolo, a diversità della Zelanda, che ne estrae moltissimo. Da cui ne segue, che i fabbricatori impiegano per lo più la robbia fresca, e non disseccata nelle stufe, come generalmente si pratica in quei paesi lieddi. Tale essendo l'impiego economico di quelle ra- dici, eccone i risultati oltremodo vantaggiosi. 1 oi risjiarmiano le spese della stufa, e l'imbarazzo di far seccare all'ombra, o al sole, pria di esporsi a quel calore artificiale. 2" Si evitano i pericoli de' cattivi effetti che possono risultare del fuoco non ben regolato. 3° Ptis^iarraio del rineltamento artifiziale delle radici capellari, crivcllatura ec. 4" Minor quantità di radici fresche, di quella che do- vrebbe impiegarsi in polve lina ; e secondo il calcolo del signor D Ambournay^ sole quattro libbre di robbia fresca equivalgono ad una libbra senza aggiungervi an- cora, che per avere una libbra di robbia secca biso- gna impiegarne sette (i). Si sbarbicano le radici in alcuni paesi a 3o mesi, (■->.) Il resulfc (Ics cproiivcs qii'ou a faitos, qiic qtiatrc , oii f/ualir pnrlics €•1 (kiiiic vaicnt aiilanl, (jri'iiiK; j.arlic de g:iraiicc grappe cu pouilic. D'A- pligiiy De lari de la icinlm-e pag. a/jS v stg. MECCANICHE ^'^n in altri a tre anni, e nel Levante dopo cinque anni(i). Qual mai dovrebbe essere in Sicilia il vero termine non oso fissarlo, dipendendo tutto dell'incremento che in questo suolo acquistano; esperimento facile dopo che si conoscerà in un certo modo l'interna struttura, e le j)rime sperienze. Due sono l'epoche, nelle quali si svelle la radice della lobbia, in autunno, e nella primavera; è preferibile questa per il vantaggio di trovarla più netta nella sua e[jiderme: circostanza da notarsi, perchè diminuisce di molto la pena per renderla pura, pi-ia di seccarsi; non così in autunno, in cui il terreno trovasi pregno di ac- qua, e attaccandosi della terra alle radici, con diffi- coltà somma potrebbero rinettarsi. Si rifletta altronde quanto propizia sia la primavera all'asciugamento; del resto devo suggerire che tutto dipende dalle intenzioni del proprietario nel ripianto della robbia. E preferi- bile l'autunno quando il nuovo terreno a destinarsi sarà coperto di polloni , o germogli , che si staccano dalle radici madri, sulla ragione, che il tempo umido au- tunnale , che si rende giornalmente fresco , agevola l'abbarbicamento delle piantoline. Se poi getterà dei semi, convenevol cosa riesce sbarbicare nella primavera, ed affidare immediatamente i semi della robbia, che in pochissimi giorni sbucciano dal guscio. Anche il modo di svellere deve formare oggetto di rurale economia pelle radici della robbia ; ne' terreni di poco fondo, ove superficialmente serpeggiano, anco le mani delle donne bastano per trarla fuori , e scuo- (i) Oh ne fait ici la rccolte des garancieres , que la quatricme ou cin- quit'ine année: ce qui est cause, que la piante a le temps de grossir et de charger de belles, et nombreuses racines, dans Ics quelies git font le mente de la garancc. Tableau du commerce de la Grece par Felix Bcaujour p. 2:'|0, Nou so quanto possa lodarsi quel sistema de' Levantini che nel calcolo delle spese alla coltura per cinque anni, oltre il dazio annuale sulle terre, devono in vece di guadagnare, perdere molto; e per altro la lunghezza del tempo non accresce merito al sugo coloraiilc', anzi io cambia e lo degrada, secondo U giudizio di molti agroaojui. 3^8 SCIENZE ED ARTI teila ben bene per purgarla dalla terra; si tagliano i fusti siano corti, o lunghi pell'uso a cui possono desti- narsi. Per generale suggerimento, in qualunque sta- gione si esegua questa operazione, è sempre utile pre- videnza, di tagliare, e pianta, e porzione di radici con alquante barbe attaccate , per metterle sotterra come barbatelle, in altro vuoto terreno, e coti questo facile e corto metodo si verifica un doppio risparmio, cioè; senza punto attendere alquanti mesi per avere de' ger- mogli atti a piantagione, si hanno tutti ])ronti, senza diminuire la ricolta necessaria delle radici; l'altro è quel- lo di minori braccia per l'esecuzione di quella economia. Qualora l'opera da sbarbicare ha luogo in profondi terreni, è più serio, e più costoso lo sbarbicamento delie radici, bisognando ricorrere a doppie zappe, o vanghe per rovesciarle sm dal profondo, ove trovansi sepolte. Viene pur suggerito da parecchi scrittori l'aratro a lun- go, e forte vomere per fondere meglio la terra, e scom- paginare la folta rete delle radici, che saranno intera- mente disolterrate coU'aiuto delle zappe. Finite tali ope- razioni ed ammassate le radici, che alla meglio pos- sibile saranno rinettate , si esporrano sopra nude pia- nure per disseccarsi; ma pria che giungano a tale gra- do, bisogna ripassarle, e scuoterle per cacciarne la parte terrosa, e rinettarle ancora delle barbe, o filamenti , che le ingrombrano, e ne tolgano il merito nelle ven- dite da farsi, sia in natura, o ridotte iu polve, come più basso accenneremo. Sul disseccamento delle radici. Fatta la ricolta delle radici, bisogna pria di esporle al sole, o pure all'ombra , torre ogni parte estranea, come sarebbe , tutti i fusti e foglie delle piante , le piccole radici, la terra attaccata, ed altro che può de- gradarne la sua qualità. Intanto io veggo scisse le ppinioni, se si debbano all'ombra, che al sole dissec- MECCANICHE !Ì79 care le radici, fondandosi alcuni sulla ragione, che il sole consuma ed atterra la parte colorante, niegau- dosi dagli altri tale pretesa alterazione. In levante si e conservato sempre il sistema di disseccarle all'ombra, e pare che il loro metodo abbia riscosso l'approvazio- ne di tutti i trafficanti, che preferiscono la robbia di quei paesi pella perfezione in tutte le sue parti. Il famoso Duhamel è di questo avviso, come pure Sava- ry nel suo gran dizionaTÌo di commercio. Sostiene il signor Beaujour, autore del commercio della Grecia, il jiartito contrario, dicendo, che il rosso della robbia, essendo inalterabile uella impressione sulla laua e sul co- tone ec. non teme punto i raggi anco cocenti del so- le (i). Ed altri pretendono sull'esempio della Zelanda, delle Fiandre ec, che la robbia può ben disseccarsi Don solo al sole, ma nelle stufe all'uopo costrutte. Ve- diamo però, se quelle nazioni hanno adottato quel si- stema per opinione, o per necessità. L'Olanda, la Zelan- da, le Fiandre ec. situate sotto climi freddi hanno vo- luto per amore del guadagno forzare la natura, e col" tivare la robbia , che signoreggia tanto bene ne' pae- (i) Dcs quo Ics racines soni epluchées, on Ics porte sous dcs hangards et on Ics fait sechcr à l'oiribre par la seule action de l'air. Lcs Grccs croyent^ que les rayons dii sok'il altereraicnt la substance colorante: ccttc opinion n'est pas vraisenililable, puisquc nous voyons que la rougc de la Garance appli- qui'e sur l'étofFe, resiste sans altération à l'action de l'a'ir, et du solcil. Ta- bleau du commerce de la Grece par Felix Beaujour pag. 241. Dimanderei io però a detfo autore, se il rosso della robbia senza mor- denti, ed .-litre preparazioni lisciviali fosse inalterabile nell'applicazione so- pra le sto ile ? certo die no; ed ih questo caso pare s;enza contrasto, che saggia ed imitabile si è la pratica contante de' Greci, molto più, che ven- gono agevoLrli dal favore d'un clima, che fa ben disseccare le radici ripo- ste sotto tcttQÌ,e grandi rimesse a molti piani graticciati, che danno un pe- renne Uusso e riilusso ai movimenti dell'ariaj io spero vedere frapporre in Sicilia introdotto tale sistema. Do quelque facon qu'on s'y prcnne, commc Ics racines de Garance sont sujcltes à s'cchautFcr facileracnt, il sera trés a propos , aprés les avoir tirées de terre, de ks étcndrc dan's un endroit exposé au soleil , et à l'air, ou à l'ombre sous un hangard,et de Ics' retourner de temps en temps: il faut surtout Toir la precaution de n'arracher à la fois que la quantité de racines, qu'on ]iouiTa ainsi cxposcr, et faire sechcr. L art de la teinturc dss ftls etc. par d'Apligny pag. 2:'|9, 25o, aSo SCIENZE ED ARTI si caldi, e non già negli agghiacciati. E per giugnere al loro intento sono i soli che hanno limitata a 3o mesi la jjeifezione delle radici ; e per meglio giugnervi se- minano in primavera, acciò si verifichi subito lo svi- Inppo delle recenti piantoline. In settembre del secondo anno si sbarbicano le radici , che si espongono , dopo le solite o])erazioni di rinettamento ai raggi di tiepido sole, che non può in conto alcuno disseccarle al punto di potersi macinare; ed ecco il motivo per cui hanno inventate delle stufe per supplire con un calore arti- ficiale, e graduato a quello, che il Creatore non gli ha accordato. Intanto convengono tutti unanimamente, che tale dis- seccamento è soggetto a molti inconvenienti. 11 primo è quello che le costruzioni delle stufe portano seco delle spese enormi, per cui il maggior numero de' coltiva- tori sono stretti vendere le loro radici a quei soli pro- prietari di tali macchine. Il secondo inconviente con- siste nel fumo , che mischiandosi , malgiado tutte le cautele, all'aria calda , che traversa le radici ivi am- monticchiate, le carica di una filiginosità tale, che al- tera la parte colorante, ed è questa la cagione, per cui trovasi una differenza notabile tra la robbia di Le- vante, e quella di Fiandra, Zelanda, ed Olanda. Il terzo è la difficoltà di graduare il fuoco, al segno che convinto di questo viziq il celebre Duhamel pro- pose un'altra specie di stufa , di cui non ebbe il co- raggio di deciderne la riuscita, e ninno per conseguen- za volle adottarne 1' uso. Potrei più a lungo esporre quanto trovasi scritto dal sig. Apligny su tutti gl'in- convenienti del praticato metodo in Olanda ce, ma me ne astengo sulla certezza, che in Sicilia, come in le- vante possono bene le radici della robbia disseccarsi al- J'ombra col metodo istesso. Sol mi permetto insinuare colla scorta del citato autore , che nell' esporre le ra- dici al sole, ed all'aria, o pure all'ombra sotto le ri- messe, o tettoi, si rivoltino di continuo per prevenire MECCANICHE 28 1 lo riscaldamento a cui vanno soggetti; ed usare per fino la precauzione di non sbarbicare che gradatamente le radici ed a misura, che si possano di leggieri seccare. Per accelerare la politura delle radici si permettono alcuni di ben lavarle nell' acqua corrente , senza però riflettere che tale operazione porta seco le migliori parti coloranti , come ben si osserva nell' acqua istessa che diviene rossa come il sangue. Viene soltanto approvata, allorquando vogliano adoperarsi fresche, perchè allora non si calcola il piccolo dispendio delle parti colle co- loranti, che viene largamente compensato da tanti ri- sparmi, che si ottengono , dispensandosi di tante ero- gazioni da farsi nella più rigorosa politura, nella cri- vellatura, nel disseccamento delle radici, ed infiniti al-» tri disjiendì. Quando dunque vorrà farsi uso delle radici fresche, per nulla perdere, bisogna separare pria i germogli di buona qualità per impiegarle in nuova piantagione, e dopo perfetta lavatura si tagliano grossolanamente , e si ripongono sotto una mola verticale, simile a quella di cui si fa uso per le ulive, finche siano ridotte in una specie di pasta, di cui all'uopo si farà uso. Ne resulta dalle sperienze fatte, che quattro a quat- tro paiti e mezza di questa pasta equivalgono ad una parte di robbia ridotta in polve, e soprattutto se si ha r attenzione di porre nella caldaia meno quantità di acqua peli' umidità, che intrinsecamente contiene quella pasta; il vantaggio è considerevole, giacche bi- sognano sette a otto libbre di robbia per dare una libbra in polve, senza punto contare il risparmio di tante altre spese; oltreché la tinta di radici fresche data sopra il cotone è jjiù facile a ravvivare. Sulla macinatura. E questa l'ultima operazione che si fa sulle radici della robbia, e che compie il deposito delle specola- a82 SCIENZE ED ARTI zioni ccononiicìie di un proprietario. Abbiamo già par- Jato della niaciuazionc delle fresche radici sotto una mola verticale, che si riducono in pasta , ma diversa si è questa di tritare e ridurre in polve finissima le radici secche, che riscuotono magp;ior pena ed atten- zione tanto pria di jìortarsi al molino, che nella ma- cinatura islessa. Basta per assicurarsi della buona qua- lità delle fresche, che sieno state ben levate, e depu- rate per conseguenza di qualunque estranea impurità. Per giugncre però al grado medesimo della seconda, ab- bisogna sjìcsa maggiore, bastante fatica ed atlenzioiie ])elle seguenti ragioni. Oltre la terra che trovasi sempre attaccata alla su- perficie, vi è ancora l'epiderme, che bisogna staccare dal parenchima, che contiene tutta la parte colorante. E egli vero, che la pellicola esterna, detta epidemie, conserva qualche frammento di rosso, ma siccome di- viene coir azione del sole e dell'aria di colore quasi nero, è prudente cautela allontanarlo per non guastare il bel rosso della media corteccia tra essa, e la cen- trale parte lignosa, chiamato cuore; non perciò è to- talmente inutile, come appresso. In due modi si giugne a spogliare le, radici tanto della prima, che della seconda. O si ripongono le ra- dici dentro sacchi di tela forte , dimenandole , e sfer- zandole al segno che la terra e l'epiderme si stacchi- no; o pure si distendano sopra graticci, sferzandole eoa violenti battiture per ottenere l'effetto islesso; nell'uno e nell'altro caso, bastante copia di oscure pellicole, di capillari radici, e sminuzzoli di buona sostanza si ac- cumula, che da' tintori, e spezialmente in Olanda vie- ne impiegata nelle communi impressioni, chiamata pella inferiore sua qualità biglione(i). (i) Toutcs CCS matiorcs qui altcrcraicnt la qiialitc dcs bonncs rariiirs, cu ji'uflaut Ics tcintiircs moins brillantcs, rcstcìit soiis Ics claics, oii au foiid tlii ▼ an. La petite raciiic , ncftoyéc de la torre, et d'une ])arlie de l'éiiideiinc &c nojnmu belloìi, qui puut (ilrc rcjcttc coiiunc inulilcj rjnoiquc oii reiji]iloic MECCANICHE 583 Ridotte le radici alla maggiore nettezza possibile, si passano nella mola per polverizzarsi, pievcncndo i leg- gitori, che due difiiircnti se ne trovano j)er il compi- mento di tale operazione, una è verticale, simile a quella con cui si estraggono olio di noce, di canapuccia ec, e l'altra rassomiglia a quella orizzontale, di cui le prin- cipali operazioni si eseguono con j^estelli guarniti di punta di ferro, uguali a quei che servono pella polve di conciapelli. Fra le mentovate la piìi comune, ed usitata è la verticale, in cui riponendo le radici al- quanto sminuzzate , dopo alquanti giri si ritraggono mezzanamente frante per joassarle ne' crivelli forati, e chiusi d'ambe le parti a guisa di tambnrro. Da questa prima crivcllatura si ottiene una grossolana polve, prove- niente da quella epidemie^ che non si è staccata colle prime battiture, perchè in maggior confatto col paren- chima, sede principale del colore porporino; come anco da quelle piccole radici anco permanenti. E questo pri- mo prodotto è il meno apprezzato, perchè serve solo al color castagno. Col secondo giro si guadagna alquanto nella quantità e qualità, riputata per conseguenza nel commercio; e la ragione si è perchè comincia a frangersi il paren* chima, ossia corteccia colorante. E. passando gradata- mente alla terza, o quarta tornata, si ottiene in ra- gione della gradazione, qualità maggiore, e prezzo cor- rispondente. Del resto io non posso che dare i primi elementi per comprendersi meglio colia pratica ed il senso comune , ciò che diilìcilmente potrò colla pen- di Hollande à dcs teintures comnnmes. Encyclop. Oéconom. voi. vii, pag', 483. » Si chiama bigUone nel commercio ima lega di niolti metalli, in cui la quantità del metallo prezioso è miiioi'c dedi altri. Vengono chiamali oro o avs^eiito di Liglione le pezze d'oro, o il argento die ritengono una por- zinne di rame maggiore, o più uotabile'><& quella ch'è prescritta dalle or- dina.i7.e spcitanli la Ihiez/.a, ossia hontà delle monde. « Dczioiuir. drl Cit- tadino toni. 1, pag. io8. Ecco la ragione per cui si è voluto dare il ter- mine di bigUonti ad una robbia, in cui sono maggiori le parti cattive, die le buone. 284 SCIENZE ED ARTI na, mollo più, clie trattasi di materie non molto a noi familiari. Terminati i descritti lavori si ripone la polve nelle botti, procurando di pigiarla bene, e di turar bene i detti recipienti, che verranno situati in luoghi asciutti e ben condizionati per preservarla dall'umido, che ne guasta la qualità. Ho voluto presentare alla Sicilia in compendio ciò che si richiede dal principio fino al termine per intro- dursi in un nuovo ramo di commercio, che tanto utile reca attualmente non solo in Olanda, Zelanda, Fian- dra, Francia, Svizzera ec. ma in tutto il Levante, in cui si è sempre fatta la più estesa coltivazione, e grande esportazione; tuttoché non curino i Levantini di ridurla in polve, e si contentano situare le radici ne' sacchi, o imballarla. Qualunque sia, per essere però la con- dotta de' Siciliani su questo articolo; se farne ampia specolazione peli' estero, o contentarsi del solo interno spaccio si debbano, è sempre bene, che ogni proprietario ne possieda sufiiciente quanlità in polve , per venderla allo straniero, o pure ai consumatori interni, giacche la robbia fresca non trovasi in tutti i mesi dell'anno. Se poi vogliansi imitare i Greci, che non credono impic- ciarsi nella macinatura, ma venderla in radici disseccate, chiamata da essi in Sorta, che corrisponde a mio cre- dere al termine Siculo in frasca, mi lusingo che sa- ranno i miei compatriotti grati alle cognizioni, che gli ho suggeriti , acciò possano avere l'alternativa di ven- dere e specolare a loro capriccio, aspettando che fespe- rienza gli faccia conoscere quanto vantaggioso sarà per essere il commercio della robbia , non inferiore forse del grano, anzi oso dire superiore pelle considerazioni, che brevemente accennerò. L'autore del commercio della Grecia più volte da ine citato, do])0 aver parlalo della robbia , che si coltiva nelle pianure vaste della Beo- zia, volendo dar conto della sua produzione, de' modi di coltivare, e delle poche spese a fusi conchiude, che il guadagno è paragonabile a quello del grano; intanto MECCANICHE 285 a questo calcolo aggiunge, clie le terre a piantarsi non sono della qualità , e grado di quelle che si ricercano per il frumento; restringe per altro la sua calcolaxione al giro di anni quattro, ne' quali stanno sepolte le ra- dici della robbia , costtimi di quelle contrade , ove si giugne fino n cinque anni, come in altro luogo l'au- tore istes5So(i). Aggiungendo per altro quella essenziale circostanza di non abbisognarvi per tale coltivazione (2) molto impiego di anticipate erogazioni; di tutto ciò io ne deduco in favore di questa isola. 1" Il giro della maturità della robbia, attesa la qua- lità delle terre di Sicilia, non inferiori a quelle di Fian- dra, potrebbe restringersi ugualmente a mesi 18, e non già ad anni quattro, ed ecco una triplicazione di gua- dagno, 0 almeno una quasi dupplicazione quando vor- rebbe limitarsi a due anni e mezzo il termine di veg- getazione. 2° L'impiego utile, e nuovo di tutte quelle terre, elle finora sono state abbandonate pella cattiva situa- zione, e pella qualità istessa nou buona pelle usate no- stre coltivazioni. 3" Pella ridicola anticipazione di spesa, che a tal'uo- go abbisognerebbe, è opera da imprendersi agevolmente da qualunque me?izano proprietario. (•) Un arpent de terre seme cn garcncc donne au hont dcs 4 aire ^,000 okes de racincs fia'cbes, qui, d'après niou calcul, doivcnt à pcu prcs se it- duire à (joo ofccs, quand elles ont tté seehécs. La garance scche se vcnd de 3o a 40 paras l'octe. Ce qui fait un objct de 6cfo jiLustrcs, on de i^o piastres par an, produit comparable à cclui dn blc. Obscrvez, que la garaiicC n'cxigc pas autant d'avances, et qu'ellc eiuploic dcs tirres, qui uè jiouriaienl t'Ire emlilavées on rccueiJle dans la grande |ilaine de Ctolie laoo sacs, d'aly-zari. Il s'en consommé 700 sacs dans la Grece pour la teinturc desEctons tìlès; des autres 5oo sacs sont exportc-s a Livourne, a Trieste, et a Marseille, Le sac est de 100 okes, et l'oke vaut 20, a 2.5 paras.* (a) Fatta coni])arazione tra l'a/y^eot di Francia e la salma li^galc di Sicilia, il risultato ci porta a ciò che segue; Yarpent equivale a loo perliche. Ogni pertica contiene 18, 20, 22 piedi di Re, giusta le coslunian/.e diverse di Francia; e ridticeiulosi la coltivazione sopra piedi 22, corrispondo a tuni. 4j luoud. !, e carezzi 3. *I1 paras o parai vale 3 aspi , aspe contiene (> denari, il denaro e una moneta ili lloraa, equivalente presso a poco a piccoli due di Siciiia. 386 SCIENZE ED ARTI 4° Ricolta esente da qualunque sinistro , perchè le radici serpeggiando sotterra non temono le influenze dell'aria, e l'intemperie tutte, a cui va soggetto il fru- mento. 5° E finalmente il vantaggio di potere conservare per lunghi anni un'articolo non soggetto a deteriora- zione alcuna quando si ha l'attenzione di conservarlo in luoghi asciutti. La piantagione della rabbia esaurisce il terreno co- me il grano? E qual'ò l'ordinaria sua meta nel Caso negativo? La soluzione per il primo quesito è facile a preve- dersi, quando si sa cL.e l'operazione istessa per far pro- S2)erare la robbia tende a dividere le molecule dilla terra , e gli aggenti sono le radici stesse , che perfo- rando da pertutfo , la sua consistenza la rendono per' me abile per ogni dove, come far potrebbe il migliore ingrasso, che a tal fine si adopera. Non così il grano, che sta attaccato alla terra colle sue radici filamento- se, che succhiano senza interessare, dividere, e fran- gere la naturale sua coesione; e solo ne tira i sali, che in essa si trovano se sia naturalmente pingue, o lo di* viene coU'arlifizio del concime; malgrado questo sen- sibile vantaggio in opposizione a quanto si è detto per il grano, non può rendersi perpetuo^ al segno di pian- tare, ripiantare a vicenda continua, di modochè la su- perficie circoscritta in una data quantità serva sempre al fine i^tesso. Quantunque il terreno a robbia abbia nelle sue viscere degli agenti perenni che travagliano a suo prò, non lasciano in ugual tempo di vivere, pro- sperare , ed ingrassare a suo peso. Ed ecco dopo al- quanti anni un riposo(d). Sono divisi gli autori su tal jjcriodo , che varia come variano gii usi diflèrenli di diversi paesi. Il solo Savary nel suo gran dizionario di commercio all'articolo garunce, dopo uon lungo discorso I MECCANICHE 287 delia medesima conclude, che attesa la solcatura pro- fonda, e la natura delle radici , che naturalmente di- vidono, ed arano la terra, è questa suscettibile di una perenne seminagione, o piantagione di anni dieci. Frat- tanto non diversificando quell'autore la diversa qualità del terreno, io sarei di avviso, che ogni coltivatore co- noscendo il valore del suo campo, potesse regolare il modo di coltivazione sopra tale conoscenza. E certa- mente un terreno puramente argilloso, con poco ter- riccio sulla superficie, epoca profondità, riceve e nu- tre bene la robbia per alcuni anni, ma non può es- sere straziato per dieci anni dalla presenza continua d'importune radici, senza un soccorso di concime, che gli comunica, ed appresta i sali necessari, di cui manca per dare alimento a quelle piante. Questo avvertimento basta, perchè ogni diligente proprietario si formi a se un canone regolatorio su di ciò che possiede. Uguale prevenzione io fo sulla calcolazione a fissare il decennio per regolatorio, giusta il metodo che ognu- no crede di adottare sulla durata, e ricolta della rob- bia. Se p. e. crede imitare 1 Fiarminghi di sbarbicare le radici a 18 mesi, più lungo diviene il ritorno sulla terra medesima, e così a misura di sua credenza terrà un calendario perpetuo per bene annotare la gradazione 4ella sua coltivazione, Ricapitolazione. È fuori dubbio che la Sicilia possiede in tutta la sua superficie della più bella robbia non inferiore a quella di Aleso, Smirne e di tutto il levante. É) certo ancora , che in essa trovansi de' terreni a dissodare , e suscettibili a dar vita ad una pianta di utilità inesplicabile. Altri poi ve ne sono di natura a far prosperare la sua rigogliosa vegetazione dal prin- cipio alla fine, senza punto toccare i campi seminatori di grano, come souo le marenne disseccate, ed ancor a88 SCIENZE ED ARTI coperte di giunclii, sterpi, ed altre piante facili ad estir- parsi (i). Bello si è leggere quanto fu disposto da Luigi XII di Francia con decreto de' 24 febbrajo i^SS per incoraggiare la coltivazione della robbia anco nelle maremme, ed altri luoghi di simil natura, che ad arte sarebbero disseccate e dissodate. Qual grandezza d'ani- mo, e quale munificenza non ispira quel sublime tratto di sovrana dichiarazione? E che non si potrebbe pro- vocare da questo Reale Istituto uguale beneficente di- sposizione dal nosti'o clemente Sovrano? La ricolta della robbia è scmjire certa, invariabile, e non soggetta alle vicende capricciose delle stagioni. E per questa ragione forma un capitale perenne ai proprietari. Il suo spaccio, attese le immense manifatture, che trovasi stabilite in tutta l'Europa, è certo, e nella con- correnza la robbia di Sicilia varrebbe preferita a quel- la di Levante, perchè potrebbe vendersi a miglior conto l>ella brevità del trasporto, trovandosi lu Siciba nei centro del Mediterraneo. Trovandosi in questa isola terreni più spaziosi, e di fertilità maggiore di quei della Beozia, della Livadia ec, non, di molta esterizione, il prodotto sarebbe estre- mamente copioso, e numerario corrispondente entrereb- be in questo regno. (1) Louis xy toujours attentif.à l'aiigmentation dcs diflercnfcs branclics de coinmcice a accordò pai- arriJt de son conseil dV'tat du '.'^ fcvricr i^56àtous ccux, qui entirprcndroieiit de cuUivcr dcs plaulations de garance dans dcs inarais, cu autres lietis. de parcille nature, qui ne sont polnt cidlivés , l'c- xernjjtion de tonte iniposiliou jicndent l'cspacc de vingt aniiécs, à coinpter d(i joiir qui ks dessechcuicnts auront cté coiiiiiicnccs que ne Ics'entrcprcncurs, ne ceux, qui scront cmployés, ne pourront etre coiupris dans le iòle de la tiillc, luènic pour Ics autics hicns , facultés , et exploitations ; qui jouiront de tous Ics privilegcs portés par l'édit . de 1607, et de Ja ck'clai'alion , de iG.'ji, cn faveur des entre|uc'ncurs des desscclieuicuts et qui pourront avoir tant dans Pai'is, que dans les autres villes, et lieux du royaumc, magazins de la garance venant de kur exploitalion, la vcndre tant cn gros, qu'cn dc- • ail, sans qu' on puisse les troubler , ne les inquieter ; sa Majesté i:voquant à Elle; et à son conseil tous les procés, et conlcslalions, tant eii dcniandant, »iu' cu (Irfcndanl, que stu'viendront aiix culli\4lcur5 tic la garuuCCi JJictioit, dm arls^ eC meUcrs 41IÌC. garaucc toni, lu MECCANICHE 289 Divenendo poscia probabile, anzi certo, die la sua produzione darebbe maggior profitto, che il grano, ed anco uguale, di una percezione immancabile, e per con- seguenza più preferibile, il ceto più saggio della nazione aprirebbe gli occhi sopra inutili selve e luoghi abban- donati per ricettare una pianta cotanto preziosa, e non calcolata finora. Per tutte queste, ed altre ragioni, che per brevità io taccio, non dubito punto, che allignerà in Sicilia fra breve spazio di tempo un nuovo ramo di commercio non meno vantaggioso di quello del grano. Note del Comitato di censura apposte alla memoria su i vantaggi commerciali della rabbia. (a) Non posson negarsi i vantaggi cbe trarrebbe la Sicilia daSIa coltiva- zione della robbia, e tali sono quelli che nascono da un prodotto cosi ne- cessario alle arti , e tanto chiesto da' popoli stranieri ; ma non possiamo ammettere che questi vantaggi consistano ncU' introito del denaro, e che perciò dcbbasi praticare in Sicilia, quanto Colbert con molta minutezza propose e fece per la Francia, attesoché 1' ufficio di un savio governo si è quello d'istruire, di assicurare, e di render libera la proprietà presa nel senso più esteso. (b) Una specie di robbia, che noi chiamiamo raggia , nasce spontanea- mente in alcuni luoghi dell'Isola nostra. (e) Qui l'Autore si esprime alla maniera antica. (d) Tra gli altri diversi pareri in riguardo a riposo e periodo dello stesso, avvi quello fondato sullg continuata coltura e natura diversa delle piante, vuoisi dire di avvicendar la robbia con altro genere di coltivaiione che ben yi corrisponde, aqo SCIENZE ed arti Istruzioni per coltivarle la ruhia tinctorum. Saggio agrario di Luigi Oddo da Sciacca in un suo po- dere distante dalla città miglia sei, e dal mare mi- glia due, costa di mezzogiorno. Nei primi del mese aprile i833 fu scelto tumolo uno della corda generale, di terra fresca, ma niente palu- dosa, francibile, e leggiera, anzi quasi arenosa, avendola fatto zappare con due palmi di maggesa per beh due ■volte, indi bene impianata con rastrello a punte di ferro fatte a lame di coltello, ridotta a cenere, e sgombra per quanto fu possibile di qualche pietra. La terra così preparata fu rigata ad ortaggio alla di- stanza di ogni riga di palmi due circa ben dritta con una zappa di oncie dieci larga ; fatte quattro righe si ò, lasciato un vuoto di palmo uno \ circa ad oggetto di prendere la terra per coprire la pianta all'epoche seguenti , e si sono fatte altre quattro righe , e tutte tirate dritte con la corda. Sotto li 22 aprile i833 fu affidata alla terra la semen- za, che da Francia a bella posta si fece venire, alla lar- ghezza meno stretta del frumento: nel centro delle righe essendosi leggermente coperto di terra, cioè la terra di una riga ha coperto l'altra, ma bisogna coprirla puo- co. Un'oncia di terra, ed anche meno basterebbe; che troppo coperta non spunterebbe. Dopo la semina si è passato al di sopra il rastrel- lo di ferro per sminuzzar bene la terra, e se prima di spuntare la pianta accade pioggia forte, bisogna pas- sare di nuovo il rastrello per sollevare la terra , che trovandosi calcata, la pianta non potrebbe spuntare, essendo molto dilicata. Dopo giorni nove succedette una piccola pioggia, die- tro la (juale si vidde spuntare lu pianta, e cosi di giorno in giorno germogliare. MECCANICHE agi Sotto li 3 giugno cresciuta la pianta ad once tre in quattro allo infuori fu nettata la terra di quell'erbe estranee e cattive che la circondavano, e si copri tut- ta legermente di terra, di quella di cui fu formata la riga, ossia il travo nella divisione di ogni riga, di modo che la pianta non venga solFocata, e queste operazioni eseguir si dovranno la maggior parte colle mani per noa offenderla, ed in tempo sereno, e non piovoso. E di assoluta necessità nettarla spesso ogni qual volta vi crescono erbe, ne si deve trascurare ne badare alla spesa dei versamenti: poiché l'erba soffoga la robbia. In agosto i833 la pianta cominciò a far la semenza, che si formò a grappoli, e ridotta negli ultimi di ot- tobre i833 perfettamente nera, segno di sua maturità, fu raccolta il giorno tre novembre 1 833 con il coltello senza punto toccare la pianta. Quale semenza fu bene asciutta al sole, che uguaglia a quella venuta da Francia. E stata nettata la pianta suddetta per altre quatr- tro volte sino a' 24 febbrajo i834, e coverta sempre di terra essendosi nell'interno appassite le foglie, e nella primavera si vedon di nuovo rigorosamente germogliare. La radice si scava da j8 mesi in 3o, in Francia l'ul- timo periodo è più vantaggioso, quando il terreno non è umido e paludoso e non si teme di marcire. In Sici- lia bastano i8 in 2Q mesi per esser perfetta, essendo il clima pili caldo. Pria di scavare si toglie la pianta vicino la terra, Il giorno 26 marzo i834, vale a dire mesi undici dopo la semina, si è scavata la terra , e si è trovata la radice maestra alla profondità di palmi tre grossa di colore oscuro rossiccio, e le seconde radici più pic- cole di colore giallo carico , essendosi in poche righe raccolta sufliciente radice; che ad altri otto mesi au- menterà di grossezza. Si fa osservare , che essendosi fatto il saggio onde conoscersi il tempo oppurtuno della semina, quella in 19 Sg7 SCIENZE ED ARTI febbrajo, etl ultiiTii di maggio affatto non spuntò, mal- grado di esservi state le piogge ; quiodi con certezza può conchiudersi, che la semina della rubia tinctorum dovrà eseguii'si negli ultimi del mese di marzo, al più nei primi di aprile. - > ■ ■ Progetto onde migliorare la cultura attuale del riso ^comune acquajuolo^ e metterlo a scanso delle mi- ■ sure sanitarie. Letto alla Società Economica 4^ •^Catania nella seduta de' a marzo i833. In questo breve progetto non ammasserò erudizie- ni , ne mi occuperò di lunghe , e noiose teorie , che spesso trovansi inutili senza l'opportuna applicazione; ma solo dirò quanto costami per osservazione ed espe- rienza. Tralascio pure di far motto dell'uso che face- vano gli antichi del riso O'pu^oi de' Greci, Orjza sa» tiva de' Latini, e superfluo sarebbe ridire quanto dis- sero gli antichi, e specialmente Dioscoride alia pag. i53 cap. Lxxxiif, e Galeno ar cap. viti, ragionando delle facoltà de' semplici: e mi conlento meglio dire, che potrà divenire questo ramo d'industria siciliana un elemento importante di ricchezza rurale più di quanto lo è fra noi. Il territorio di Biancavilla, Adernò, e Ccniorbi apr parte dello stato di Carcaci, e dell'ex-ftiudo di Aragona di spettanza della tanto rinomata famiglia Paterno Ca- ^tello de' Principi di Biscari, ha il bene di godere salme 11x5 terre irrigue di netto di (legale misura, parte delle quali s'irrigano col Simeto, e parte con altre acque. Gli ex-feudi Poportello e Mandarano, che apparten- gono alla eredità Paterno Moncada offrono all'industre agricoltore salme 214 terre, che s'innaffiano col Simeto e che progetterei coltivare in questo modo, cioè 107 salme a riso pel primo anno, ed il resto a foraggio; MECCANICHE 2^3 il secondo anno a frumento, ed a foraggio; il terzo a legumi, e specialmente a fave, a lenti, e non lascerei il lupino, ed i pomi di terra, che ben si comportano insieme; il quarto come il primo, il quinto a formen- tone ed a foraggio; il sesto tenterei a cotone; dissi tenterei non perchè sono siffatte terre disadatte alla coltura del cotone, ma perchè sono anni ben molti, che non si è data la tanto necessaria rota, ed in ogni anno si son seminate a cotone, e stracche ormai sono di sostenere più tal pianta, abbenchè son d'avviso di mai fare riposare la terra , avvegnacchè non è il ri- poso che dà alla terra la perduta fertilità , ma sono i bene adattati ingrassi, ed una giusta rota agraria; ed ogni savio economista dee sempre aver presente il gran precetto di Columella; terrani nec senescere, nec fa- ticarl si stercoretur. La natura della terra di cui parliamo è argillosa, di bonissimo fondo senza alberi, e di opportuna elevazione, atta alla coltura del riso, del cotone, del formentone ed in somma di tutte le bacelline. L'altre 901 salme terre irrigue, che sono sparse in vari punti del territorio le guarderei dalla coltura del riso, e le destinerei a frumento, legumi, formentone, lupino, e a foraggio. Conviene preparare il campo che si destina per la seminagione del riso arandolo due volte nell'autunno altre due volte in marzo, e due volte in aprile, o in maggio tempo in cui si spargerà il concio, È indispensabile pria di seminare il riso, nettare bene la terra dell'erbe estranee, e poi dividerla in ajuole (volgarmente caselle) di palmi ventiquattro, girandole, d'un ciglione dell' altezza di un palmo quanto precin- gesse bene le ajuole, onde facilmente irrigarle, e cosi esser durevole l'umidità nella terra. E necessario egualmente di mettere a molle il riso ventiquattr' ore avanti di seminarlo per essere più fa- cile il germogliamento, e per separare il maturo dal* 294 SCIEiNZE ED ARTI r immaturo che galleggia , e che conviene al solerle agricoltore segregare. La seminagione conviene farla in maggio quando fa troppo freddo in aprile. Fa mestieri seminare semjire il riso a volata e non a solco, o a fossa, come qualche volta ho fa Ito prati- care, ed indi levigare bene la terra col rastello, o colla zappa, che i nostri agricoltori così bene maneggiano. Seminato il riso conviene lasciare l' acqna a dimora finche germinizza, ed essendo bene attaccato tutto colle piccole barbe alla terra , dopo otto o dieci giorni si leva l'acqua, e poi di quando in quando s'irriga se- condo il bisogno, ed a misura che divien più grande la pianta, e più si fa sentire il sole com'è in luglio ed in agosto, così conviene replicare più spesso l'inaf*- fiature. Se però vi saranno piogge si sospenderà 1' ir- rigazione. Dovrà zapparsi tre volte almeno, e tre volte net- tarsi dell' erbe che nuocono , onde più completa for- marsi la pannocchia , e cos'i la granigione farsi in- tegra. Non conviene zapparsi il riso quando è vicino a formarsi , e quando sta per svolgersi la pannocchia , perchè non s'avvolticchia bene la coppa, perde l'aureo suo colorito, e la graniggione non sarà nitida. Granito che sarà il riso gli uccelli, e le formiche sono i suoi grandi nemici ; ai primi si ripara colla macchina da rumoreggio; ma alla rapacità delle seconde non vi è riparo quando la terra non è ben preparata pria ; ed ecco anche il bisogno di arare replicate volte la terra, che si suol coltivare a riso, ed ararla in tempi diver- si, onde disperderne li uovi e distruggere così la cova; e qui giova rammentare l'avvertimento di Columella De Jgr. lib. CI. v. 322. Nec formica rapax popu- lari semina possit. Tutto il segreto del nuovo progetto consiste dunque nell'arare sei volte la terra , e conciarla ; quando col MECCANICHE 2q5 metodo attuale mai si fa vedere l'aratro alla terra, nò s'ingrassa mai, se si coltiva a riso. Secondo di divide- re la terra in j3Ìcciole ajuole. Terzo finalmente non lasciar l'acqua a dimora tutto il tempo die si coltiva, ma dare all' uopo le opportune inafliature ; e per m« quest'ultima circostanza è il punto più importante del nuovo progetto. Il prodotto che dona la terra coltivata in questo moc|o, e più del trenta per ogcii salma; quando col metodo presente appena dà il dieci. Il vantaggio dunque è di salme quindici e di oncie cento trenta nove, tari ven- tidue e grana dieci. Spese per coltivare a riso una salina di terra legale misura. Gabbella di salma una terra on7 io »j w Per smaltito, o concio on7 3 w » Aratri 3o a tari J2 per uno on7 12 w « Per 3o uomini a tari due per uno per dividere la terra in ajuole ony 2 « >j Per salma una, e tumoli dieci semenza ad oncie due, e tari venti salma ony 4 *^ '* Per venticinque uomini per fare il por- tacqua a tari due e grana dieci per uno on7 2 2 IO Per seminatore, e custode on7 w io >j Per 90 uomini a tari due per uno, onde nettare il riso dell'erhe che nuocono. on7 6 « » Per trenta uomini a tari tre per flilciare il riso on7 3 « >ì Per raccogliere, legare, e portare all'aja i covoni con due carri on7 1 w w Per venti uomini, e venti vetture; li primi a tari 2 per uno, e le seconde a tari tre, e grana dieci per una onde trebiare i covoni , on7 4 '^ « on7 4? '7 ^^ ^^fi SCIENZE ED ARTI ■ , ■ ^^ Riporto on7 47 17 io Per sessanta vetture, onde trasportare dal- l'aia al molino il riso per mondarlo, ove il molino non è nel proprio campo , e non vi è strada da carreggio, come nel ^^ caso nostro, a tari tre per uno.... on7 Spese , che si fanno al molino per man- ^^ ^^ dare il riso dalla coppa on7 Per cinquanta vetture a tari due e grana cinque per uno, onde trasportare il riso mondato dal molino al granajo, ove Io stesso dista dal campo, e non gode strada ^ ^^ ^^ rotabile ^ ' ^ on7 63 7 10 Per coltivare una salma di terra a riso se- condo il metodo attuale vi abbisogna- OU7 23 >•> " 80 Il prodoVto'rdi salme dieci; ad oncie 8, , salma - ^^^ 55 „ „ Lucro ' j^ j ; Il prodotto, giusta il nuovo progetto, e di salme trenta; ad oncie otto salma, on? Ao » « Lucro fuori le spese di coltura 007 i ;b 32 MECCANICHE 2gJ7 i PARTE SECONDA. Sulle fave. Lettera del dott. Vincenzo Navarro dd Ribera^ di risposta ad un officio del sig. Sot' TiNTENDENTE del distretto di Blvona. Mille hominuin species, et rerum diicolor usus: Velie suum cuique est, nec voto vivitur uno, Pers... I^E da uiia parte mi gode l'animo, o Signore, ve- dendomi da voi onorato in modo che la più schiva modestia ne arrossirebbe, duolmi dall'altra assai forte^ che non posso io, no per fermo, corrispondere alla vo- stra aspettazione, dappoiché (ed ingenuamente il con- fesso) non è in me tal corredo di erudizione, ed acume d'ingegno, che basti al nobile scopo, a cui mi avete "Voi destinato. Ma, e perchè trattasi di un comando ve- nutomi da voi, e perchè in esso si racchiude anco il pubblico vantaggio, vi porgerò, alla meglio che per me si potrà, il mio parere; e fatene pur quei conto che si convenga; e siatemi largo, vi prego, di un graziose compatimento. Mi chiedete se debba allontanarsi la vegetazione delle fave dall'abitato e da' suoi dintorni, a cagion della sua efflorescenza, di cui alcuni si dolgono come di cosa che assai noccia, e, che più monta, in una stagione tanto salutare quanto è quella della primavera; e se la pianta delle fave annoverar si debba fra le venefiche. Or che vi dirò io, o Signore? e qual giudizio po- trò portare, che fermamente resista alla varia opinione degli uomini? Consapevole dell'insufficienza del mio in- telletto, uopo è che io ricorra al giudizio degli autori che ne hanno scritto, per veder modo come poter iìlh 3g8 SCIENZE ED ARTI scile a buon fine. Ma clic si troverà sul proposito ? Io qui mi confondo a riferirvi le opinioni sparse sul- la lava (falcia faba di Linneo , Diadelphia decani drin, della famiglia delle Leguminose). Essa è stata coltivata fino dalla più remota antichità , e tenuta in pregio di pianta di utile nutrimento, siccome puossi apprendere dal nostro Diodoro, là dove vienci dicendo, che w l'Egitto produce la radice del calamo, e il loto, e la fava che da esso ha nome, e quello che ivi chia- masi corseon ^ e molte piante simili di pronto nutri- mento per gli uomini, w Venendo al parere di altri au- tori, vi dirò, che Teofraslo credea durar piìi lunga- mente le fave involte nelle loro siliquie esterne , che prive delle medesime, e che i vermicciuoluzzi che da esse si generano sieno un di lor purgamento. Didimo ne' gcoponici asserisce, che gli alberi, presso le cui ra- dici si seminano delle fave, non van punto soggetti ne all'arsura cocente dell'estate, ne all'assiderante atmosfera dell'inverno. E da questi autori nulla si apprende che possa far credere di esser nociva questa pianta siccome ancora il suo flutto: Orfeo però lo interdisse cantando Kaì ìaoy tÓv >iùa//ov afxyss'.y xs^aXoij ts tojtetiSjy, facendoci comprendere che strugger fave è lo stesso che torre il capo a' parenti ; dappoiché per tradizione dei Magi, nelle fave erano le anime de' morti, per la qual cosa se ne Iacea uso nei funerali. Artemidoro le sti- mava infauste perchè credea ch'esse fossero escluse da tutti i sacrifìcii, quando, siccome si è detto, si adope- ravano in quelli de' morti, ed anco in quelli della Dea Carna, Dea della Vita. Anfiarao porta giudizio che, su- scitando delle flatulenze, togliessei-o la calma dello spi- rito, e producessero de' sogni funesti. Pitagora cridea rhe intorpidissero l'intelletto, e togliessero il sonno: con- sigliava inoltre a non farne uso, perchè ne' loro fiori si scorgon lugubri lettere (e qui si noti, che niente al- MECCANICHE ^gg tro di nocivo vi lia in questa pianta die le lugubri lettere, le quali, a dir vero, sono una bizzarra chime- ra) ; ne volea che se ne fossero frequentemente cibate le galline, onde non divenissero sterili per esse. Il per- chè Callimaco, tratto dalla pitagorica sentenza scrisse Benclìè taluni (dandosi a riflettere die cyamos Iia nel greco idioma il doppio significato di fave e di testi- coli) stimano che Pitagora consultava d'astenersi dallo abuso della venere, anzicclie delle fave. E questa opi- nione vien pur sostenuta da Filosseno, scolaro di Ari- stotile, che atteslò non cibarsi Pitagora spesso spesso di altri legumi che di fave, perchè tal cibo gli lubri- cava, e gli apriva l'alvo dolcemente. Ed io penso, che per ciò, forse gravato de' lauti pranzi di Mecenate, il cantor di Venosa esclamasse: O quando faba Pylhagorae cognata simuJqae lincia satis pingui ponelur oluscula lardo! Ma Ciceronce fu dell'opposto avviso, dappoiché riputò le favi esser perturbatrici della quiete dell'animo, e della tranquillità della mente. Plutarco nella educazione dei figli vuol, che si astengan essi dal mangiar fave; ma pare aver detto ciò con buon fondamento, qualora co- me da molti dotti si crede, abbia egli consigliato con questo enigma di astenersi dagl'impieghi pubblici, cha turbano la pace e la tranquillità della vita, impercioc- ché in Atene nell'eligere i maestrati si raccoglievano i voti per mezzo delle fave, siccome fino a' dì nostri vedemmo praticarsi anco iq Sicilia. Ma perchè tutta questa tiritera? Per farvi ved(Te, o Signore, che per molto che siesi parlato male delle fave, nissuno pensò mai ch'elle nocciano nello stato di efflorescenza, e tanto meno che sia velenosa una tal pian- ta. Potrei allegarvi anco al proposito l'autorità di Dio- 300 SCIENZE Et) ARtl scoridc, di Platone , di Esiodo ^ di Virgilio , di Vaf- rone, di Catone, di Plinio, di Columeila, di Galeno^ di Mattioli, e di altri, o medici, o agronomi, o na- turalisti, die di fave ragionando non le disser mica no- cive, ne in istato di efflorescenza ne prima, ne dopo* Ma essendo a' dì di costoro la botanica, e la chimica nell'infanzia e nella grettezza, mi si potrebbe di alcun che dar risposta, dannando parimenti gli autori di so- pra addotti. Tacciasi dunque degli antichi. Parlerò dei moderni? Linneo, Jussieu, Buffon, Decandolle, Bernar- dino d'Ucria, Sangiorgio, Targioni-Tozzetti, Dumont de Courset, ed altri molli, attestaron mai che le fave ed i lor fiori distruggono, o danneggiano la nostra fi- sica esistenza? Mai no: usan anzi le dilicate damigelle ungersi e stropicciarsi le morbide carni, o con la farina delle fave, o coU^acqua de' fiori delle medesime , per fare che la lor pelle più monda e più bianca ne addiven- ga. E qual mai nocumento n'è lor venuto? E chi sa ben vede, che buona parte di tale sostanza hanno elle as- sorbite per le boccucce de' vasellini assorbenti, di cui l'epidermide tutta è fornita; e buona parte ne han per le nari inspirato, ch'entrando nelle cellule aeree de' pul- iBoni , s'è versata nel torrente della circolazione. Ma quale, mi piace ripeterlo, n'è venuto lor nocumento? E parlo io qui de' fiori, non intendo parlar mica del frullo ridotto in polvere del quale fanno esse un uso esteriore; imperocché senza di questo ognun sa, e ne anco i gonzi l' ignorano , che tutti i figli di Adamo ed in ispecie gl'indigenti han fatto, e fanno, e fa- ranno , un solenne , dirò così , uso interno f ossia un mangiar di fave che nulla più , ne mai si è gridato all'avvelenamento, per quante eglino mangiate ne aves- sero. Ne m'impegnerò io a portare a cielo, o Signore, la virtù nutritiva di questo frutto, risultando ciò chiara- mente da' bei lavori di Fourcroy , di Vauquelin, di Fciiiui iilicr, e di Einhof specialmente, che ne dà un'ana- MECCANICHE 3or lisi cliiraica la più soddisfacente clie mai. Dirò solo , che chiunque volge lo sguardo alle basse capanne dei pastori, che spessissime fiate nelle fave ritrovano il lor nutrimento, scorge appieno qual profitto ne traggono. I muscoli ben pronunziati dinotano la ricchezza delle loro forze, e la paffutella salute firegiata di rose, ride sulle loro guance. Qual marcata differenza non v' ha tra la grassetta e rubiconda villanella, il pingue e ner- boruto contadino che si pascono di fave , e la gracile e pallida dama, ed il debole e tisico cavaliere, che di ricercate e squisite sostanze si fanno sempre vivanda? Per lo che Addisson ebbe a dire: » Allorché io vedo una tavola fornita di ogni sua magnificenza non vi scorgo che podagre , che idropisie, che febbri, e mille altre infermità nascoste sotto a' piattelli. » E che più ? Dirò quanto buon uso si faccia inol- tre e della pianta e del fruito delle fave ? Dirò con ElmuUero, ne' conienti a Daniello Lodovico, che x» la farina di fava ridotta in forma di cataplasma con acelo è eccellente per dissipare e risolvere i tumori senza in- fiammazione delle parti glaudolose ? » Dirò con Du- mont de Courset che w la sua farina è una delle quat- tro farine risolventi?» che » è la preziosa e buonis- sima cosa per la povertà e per la carestia? Che «alle volte se ne fa del pane mtschiandola con altri gra- ni ? M che » le fave secche de' campi sono un ottimo foraggio pe' cavalli e per i bestiami, a' quali danno forza e grassezza ? » Dirò le stesse cose ridette da Tar- gioni-Tozzetti ? e di più (parlando delia farina delle fave) che» è adoperata al Giappone per lavare le tele indiane tinte con colori che si potrebbero alterare dal- l'alcali del sapone?» che wi fusti delle fave ser- vono di caloria pe' terreni ?» E questa è la pianta velenosa ? e si vorrà gridare la croce addosso al suo frutto, perchè flatulento? Ebbene: sia flatulento quanto pur si voglia", ma egli è nutritivo, nutritivissimo. E pur la carne suina non è grave a digerirsi ? Dell'ova 3o2 SCIENZE ED ARTI noQ disse il gran Vecchio di Coo? P^ohiCmm ova va- Udum quid et nutriens, et injlans habent. Baodiremo perciò una tal carne? daremo il bando anclie all'ova? Ma si vuol sapere de' fiori. E che potrò dirne di male ? Quanto a me dal molto legger che ho fatto, e lungo quegli scrittori che ne fan verbo, parnii non aver po- tuto ritrarne de' sinistri argomenti. Ho fatto di tutto per avere a questi di di tal pianta fiorita. L'ho avuta: l'ho osservata; ed ho scorto ch'ella appartiene non alla classe delle ombrellate , delle poUandre ec. ma delle papiglionacee , classe innocentissima. Il suo fiore non ha egli il suo nettario distinto da' petali, come l'Aco- nito, l'Elleboro, l'Aquilegia ec. Il suo colore è bianco, screziato d'un color moscato, e non nero ed ingrato sic- come sarebbe quello delle bacche di Atropa, di Actea, di Solano ec. Non è graveolente, ma fragrante che sente un ])o' dell'odore del fior della ginestra. Il suo sapore non è ne acre, ne secco, ma dolce e viscoso. L'ho stro- finato, secondo il far di Tournefort, su della carta ce- rulea, e l'ha mutata in verde. Tutto in somma mi ha dimostrato la sua innocenza. E si pretende che que- sto fiore offenda la bellezza la salubrità della prima- vera, quando ella lieta e ridente se ne cinge il criue al par delle rose, delle ginestre, de' gelsomini? e si oserà di annoverar la sua pianta fra le venefiche ? Di grazia, si trova ella forse improntata di questo atro marchio nella tossicologia. di Orfila, di Frank, o di al- tro saggio scrittore ? Ma (jui mi si para davanti il fatto, tutto contrario a questo buon veder di botanica, dal quale son deri- vate le lagnanze avverso questo vegetabile benedetto e mi addimostra che, ad onta di ciò, v'ha degli indi- vidui, ch'entrando in un campo di lave vegetiinti, ed in ispecie nello stato di efilorescenza, restano quasi im- mantinente presi da grave turbamento di cervello, o da sincope, o da vomito, o da febbre, ed i molti, e per lo più , da itterizia: il clic avviene appo noi in paesi e MECCANICHE 3o3 montanari, e marittimi. Ciò è vero, anzi verissimo; ed io ne ho osservati parecchi, e posso venire anco di ciò in testimonio. Ed ei pare che là dove io mi credea uscito d'imbroglio sono stato, per questa opposizione, cacciato in tal bugnola dalla quale non avverrà forse ch'io mi di- strighi. Eppure se la buona logica ed il saper medico non mi verran meno, spero toglier di mezzo questa contrarietà. E primamente dirò ch'io non ho imparato mai ad argomentar col così detto, quia -post hoc, ergo propler hoc, per la qual cosa, poiché si vede eoa gli occhi, e si palpa con le mani un tal nocumento, non debbo conchiuder di botto, e su di un pie, ch'esso dallo fave onninamente provenga, che certa ragione non c'è, che anzi l'analisi della lor natura a tutt'altro giudizio ne conduce. Credo adunque eh' e' bisogna leggere la tal fatto con più acuti occhi, che non sono i miei. Ma pure a me sembra, se mal non m'avviso, che la ca- gion di lai malori non istia in delle proprietà deleteri di questa pianta fiorente, che siccome s'è addimostrato, non ne ha; ma sibbene nella peculiar maniera di sen- tire di cotali individui. Dappoiché se le alcaline mo- lecole aeriformi, che scappano da questa pianta fiorita, avesser veramente velenosa natura, dovrebbero nuocere a tutti, od a' più. Egli è vero che Van Mons, par- lando del Rhus-Thoxicodendron ne fa sapere che v'ha forse taluno che appressarsi possa a tal pianta vele- nosa, senza sperimentarne alcun male; ma la maggior parte, anzi tutto il resto degli uomini, alla sua venefica potenza andar dee miseramente soggetto. Il che noa avviene delle fave, essendo anzi pochissime le persone che detrimento ne soffì'ono. Per la qual cosa, se mi sarà lecito spacciare un mio, qualunque siesi pensa- mento, dirò, che in tutti gli uomini (eccettuati i delti pochi) le suddette molecole odorifere , per mezzo del- l' aria , portandosi a spiegare la loro azione sulle pa- pille nervose della membrana, che trae da Schneider il nome, non vi suscita che un lieve movimento, il qual« 3o4 SCIENZE ED ARTI j)e' nervi olfattori dolcemente alcerebro si trasporta e gli piace, ovvero almen noi conturba, mentre in co- tali pochi , per la già detta peculiare lor maniera di sentire, vi suscita un rapido e forte movimento , che comunicandosi al cerebro vi fa nascer quell'intellet- tuale turbamento. Quella , dirò così , violenta scossa perturbatrice scende per l'ottavo pajo de' nervi, o par vago, al plesso cardiaco, e dritto e sinistro pulmonale, tìd eccovi la sincope; od al plesso esofageo, od a' due stomatici ed eccovi il vomito; od a' plessi epatici, per ]o che venendo ad essere affetta la cistifellea , si con- velle e s'emunge spasmodicamente, ed eccovi lo sbocco della bile pel dotto coledoco, che può esser anco ca- gion di vomito , o essendo ritenuta rifluendo per gli assorbenti nel torrente della circolazione, si porta 6no al rete moccioso, ed all'epidermide, ed eccovi l'itterizia; ed in tanta perturbazione di fisica economia eccovi la febbre, e quanti altri mali si vogliano. Ma qui mi si chiederà che intenda io per cosiffatta pcculiar maniera di sentire? Oh vi par poi, o Signore, ch'io voglia mettermi in cattedra (e già vi confesso che non mi reputo da tanto) a dettar fisiologia , e pato- logia ancora e non finirla più, e far una Iliade di que- sta lettera, che pur è lunga abbastanza? Eppure i dotti medici la intendono; e voi pur bene, o Signore, com- prenderete la spiegazione che ho tentato di dare di uu tal fenomeno. E se pur sempre mi venisse fatto di spiegar bene i fenomeni della natura, senza rimontar tanl'alto alle cause prime, mi reputerei di troppo for- tunato. INJa solo a chiarir meglio quanto ho asserito intorno a questa individuale suscettibilità nervosa verrò ricordando che Haller , onore della fisiologia e poesia alemanna, sentiasi venir meno all' odore del cacio. E sogt^iungerò che un lai sacerdote Francesco CrisafuUi da Burgio vivente, cade in sincope all'odor de' cedrinoli, e che ho conosciuta io la signora Maria Anna Pisca- tpre da Sambuca che prova delle forti convulsioni al- MECCANICHE 3o5 l'odor delle rose. Or chi dirà che slen velenosi il ca- cio, i cedriuoli, le rose soavissime!!! Tutto, è molto più intorno agli odori, è relativo. E chi non ha ve- dute delle donne, cui dà così nell'umore l' odor della puzzolente ruta, mentre son così schife di quello dei gelsomini, delle mammole, e delle giunchiglie? Mi sovviene al proposito di cosa avvenuta mentr'io dimo- rava in Palermo che fu cagion d'un bel ridere. Tro- vandomi una sera in una nobile ragunauza sopravvenne un cotal baronetto tutto profumato di muschio, per lo che parte di quella congrega fece, con una certa grazia, il muso per nausea, e parte respirò di diletto. Ma due insofferenti damigelle chiusero quella scena: i'una, che pativa non poco a quell'odore, maledisse il baronetto, e quasi avrebbe voluto ch'ei da quel luogo via andato se ne fosse, mentre l'altra, cui gran piacere ne veniva, lodavalo, e pregavalo che appo lei si fer- masse, ad onta di quella, a parer suo schizzinosa. E per portare al colmo questa verità piacemi riferir cosa veramente degna di esser notata, ed ella è, che un certo don Ignazio Catania da Torino, siniscalco del de^, funto duca di Tagliavia in Sciacca, per aver delle al- vine purgazioni , non dovea far altro che portarsi da uno speziale, e odorare il vaso dove teneasi in serbo la confezione di rose. Quale e quanta azione non ispie- gava il solo odore di quel farmaco in costui, per una esclusiva maniera di sentire tutta sua! Ma che più? la stessa primavera tanto giovevole, tanto salutare per gli esseri viventi, che li eccita, e li stimola gagliardamen- te, non diviene nociva, secondo il saggio intendimento di Barbier 33 a tutle quelle persone, che saranno attac- cate da affezioni morbose, nelle quali si osserverà molto vigore organico, o troppa agitazione e movimento? w Lasciamo dunque che vegitino le fave, e vegitino dappertutto, senza por mente a luogo, od a clima; e que' pochi, i quali han dalla natura ricevuto un tem- peramento, o dalle circostaaze di lor vivere una costi- 3o6 SCIENZE ED ARTI tuzione , cui nocclano, badino solamente a non acce- slarvisi , imperoccliè le particelle odorifere di questa l^ianta fiorita non agiscono, che a distanza brevissima. E, col solo ciò fare, sarà tolto ogni danno per loro, e ne rimarrà, che assai piìi importa, illeso ed intatto il ben pubblico. Altronde l'attuale deplorabile stato di a- gricoltura in Sicilia abbisogna piìi di incoraggiamento e di munificenze, che di proibizioni, e di freno. E qui sembrami, o Signore, ch'io abbia il mio do- vere fornito, se bene o male io noi so, ne spetta a me giudicarlo. So che per quanto le non lievi occupazioni della professioa mia me l'han permesso, mi son'io in- gegnato a servirvi, e l'ho fatto di tutto cuore, senza presunzione alcuna, dappoiché ninno meglio di me può conoscere la fievolezza del mio intendimento. Se sarò piaciuto alla vostra saggia mente ed a quella de' dotti, a' quali potrà forse venire a mani questo scritto , la ascriverò a gran ventura, Ma se non potrò andar lieto di tanto, voriò per fermo sperare che .sarete per con- cedermi compatimento, in grazia almeno dell'obbedir che ho fatto io al gentil comando, di cui onorato mi avete, per lo che, con ogni ossequio, non lascerò mai di essere Di voi, o signore, Jl sig. Sottintendente del distretto di Bidona. Da Ribera li 3 marzo 18^5. Umilissimo e devotissimo servidort yiycsyzo Navarro. MECCANICHE 3o7 I Udito provato per mezzo delle cicatrici che succedono alla trapanazione del cranio. Vi sono del fatti nuovi, i quali urlano talmente le idee ricevute, che debbono essere pubblicati colla mas- sima circospezione: di tale natura è quello che noi ora comunichiamo , e che abbiamo ricavato dal Joiirn. Hebdoni. ultimo fascicolo del i833. L'orecchio non è la sola via di trasmissione dei suoni (i), imperocché le onde sonore possono eziandio pervenire al cervello per mezzo di un'apertura praticata alle pareti del cranio e per mezzo della cicatrice , che rimpiazza la perdita della sostanza ossea. Si deve al dottor Perier la scoverta di questo feno- meno, di cui per ora ci è impossibile di dedurre a priori tutte le conseguenze. Questo chirurgo osservando gli ef- fetti consecutivi della trapanazione , in diversi militari della Casa degl'Invalidi di Parigi, riconobbe da prin- cipio, che a quest'operazione succedeva la sensazione di un rumore insolito , e costante. Riunitisi allora vari professori nella clinica del ba- rone Larrey, e tra gli altri il dottissimo Savart videro ripetere, e ripeterono essi stessi le seguenti esperienze. Furono chiuse ermeticamente le orecchie, ma lasciata libera la periferia del cranio, ad uno che sofferto aveva la trapanazione, pure la percezione dei suoni si operò, e ciò tanto meglio, quanto più perpendicolarmente alla superficie della cicatrice venivano dirette le onde so- nore. Per mezzo di questa medesima cicatrice i suoni vocali furono intesi a diverse distanze dalla persona trapanata, tanto da rendere possibile in certi limiti, uu colloquio tra lo sperimentatore e lo ammalato; le bat- (i) Taluni sordi più facilmente sentono allorqiwady dà parla applica le labbra ad un punto qualunque dei loro cranio. 20 3o8 SCIENZE ED ARTI tute dell'orinolo furono anche sentite a molti pollici di distanza; all'incontro però tutte le volte che la palma della mano fu applicata in modo da cuoprire forte- mcnle la cicatrice ed i condotti uditivi, l'udito noa ebbe più luogo. Abbiamo voluto pubblicare questo fatto perchè sarà di grandissimo interesse uon solo per la delucidazione del complicato meccanismo dell'udito, ma per la fisio- logia del cervello, e specialmente per la sordità. Spe- riamo però che il signor Perier voglia replicare, ed ampliare la serie delle esperienze, onde toglierci di ogni dubbio; dappoiché s'egli è vero che la sensazione del- l'udito, la quale è dovuta al nervo acustico, possa es- ser percepita da un punto qualunque del cervello, vi sarebbe allora da sperare, che si rinvenga un giorno il mezzo di far pervenire immediatamente al cervello le sensazioni della vista, e dell'odorato, senza la me- diazione dei nervi ottici, ed olfattori. Quod est probandum. Antonino Greco. Defehre per varias Siciliae plagas populariter gras' sante Jécroasis ad laureani mcdicinae generalem^ quamliabuit Antoninus De-Glacomo. Catanae icS33 pag. 32 in-S". Chiarissimo è l'autore per moltissimi suoi lavori scientifici, perlocchè, in leggendo la erudita sua orazio- ne, nostro primo pensamento era quello di darne un'a- nalisi, the semplicemente lo spirito dell'opera addimo- strasse; ma un più maturo esame avendo fa Ito insor- gere nella nostra mente alcuni dubbi, i quali solo dal dotto autore potranno essere sciolti, così abbiamo cre- duto, con quella decente libertà propria alla repubblica lelteraiOa, esporli specialmente alla gioventù, cui la rae- moria dell'autore è indirizzata. MECCANICHE BoQ i' Vera causa delle febbri regnanti fu, secondo il chiai'issimo autore, la costituzione atmosferica, il di^ vinum in aere latitans d'Ippocrate, ossia vicissitudini meteorologiche, eruzioni vulcaniche, trernuoti, ed altri fenomeni elettrici, la quale costituzione più della na- tura dei cibi, delle bevande, e dei miasmi influì alla produzione della epidemia. Tale sentenza più sotto chia- merà la nostra attenzione. 2° Il male cominciava sotto forma di sinoca infiam- matoria, e spesso dopo la prima e seconda settimana passava in tifo^ il perchè descrive con molta chiarezza i sintomi dell'uno e dell'altro stadio, non trascurando quelli deiruitimo periodo, ossia il mortale. L'autore di- pingendo con tinte troppo leggiere la natura di queste febbri, dice, che nei casi più miti 3 per loo furono i morti, e nei più gravi 7 per 100. Ma in qual modo potrassi spiegare la mortalità di Partinico(anno i82C)-3o) che giunse al io e sino al i3 per ioo?(i): e quella di Trapani (anno i83j) che pervenne negli spedali al 12 per 100, e nel proprio domicilio al i5 per 100? (2). La sezione dei cadaveri, segue l'autore, non presentò nel primo periodo del male alcuna lesione organica , ma inoltratosi questo, si osservarono congestione san- guigna alle meningi; epatizzazione ed ecchimosi gan- grenose ai polmoni; macchie rosse o livide alla m,u- cosd gastro-enterica; fegato gonfio livido; cistifellea carica di verde bile ec. Talvolta per cause peculiari il male era nervoso sin dal primo nascere, e rapiva in pochi giorni l'infermo; talvolta però, elasse le due settimane, passava in febbre intermittente atassica. 3" Sulla natura e sede di questo morbo molto appo gli antichi si disputò priachè la medicina Jìsiologica (i) NolÌ7-ia comunicataci da vari medici di Partinico, e particolarmente dal consumato clinico Giuseppe Azzolini autore di una esattissima Storia dell'epidemia avuta in quel paese. (a) V. tiffemeridi scientifiche fase. 24, pag. J98. 3lO SCIEKZn ED ARTI sparso avesse una nuova luce nella spiegazione tlei fe- nomeni del corpo umano vivente, il perchè così de- cide: nunc vero temporìs ad maleriam puiridani mor- hificam intus exisientem recurrere^ ilUus maturUateni sive coviionein expectare^ illam a victrlcibus naturae vìribus post initum ejjenun praeliuni foris expulsani (igvoscere^ salutare^ et rancidas isiiusniodl expl'icatio' nes denuo SicUiae ntedicis suadere^ idem est ac sa- nae raiioni novum praelium indicere^ vel ad primaevae inedicinae injantiani iiifeUciter redire. E qui comin- ciano a sorgere i miei dubbi, dappoiché non so capire, perch(3 debbansi chiamare rancide, insensate, e puerili tali vedute di taluni medici siciliani , che furon pur quelle dei primi luminari della medicina , e che ora tornano in onore per opra di un Andrai, di un Bouil- laud, di un i^Iagendie, di un Velpcau, di un Bufaliui, del calanese Bonanno, e di mille altri patologisti (i). E se mal non vedo, anche il Broussais nel suo Corso di Patologia e di Terapeutica generale, stampato in Pa- rigi nel i832, tali vedute ammette. Egli difalti nella sua terza lezione pensa, che per aversi una idea pre- cisa sulla natura di una malattia, basta che si cono- sca i^la causa, o pertuibatore visibile, o deducibile che la jjrodusse, agl'influenza di questo modiflcatore sul primo organo, o sul \)v\mo fluido aflètto ec. ...... In quanto alla guarigione delle malattie cosi nella me- desima lezione si esprime wReconnaissons un premier iait; ce n'est pas nous, à proprement parler, qui gué- rissous, mais les Ioli de V economie (cioè leggi della natura)" e ciò non basta, ecco cosa dice nella quarta 'lezione jj sans incconnaltre l' aliéraiion des Jluides dau.s les maladies, et tout en convenant que le corps a conirueucc par ciré fluide; sans prétendre que l'irriia- iiofi soit la cause unique dcs maladies sans nier (i) Con molla rlr;^an/,a scrisse il doUor ViMoiio Grasso da Messina un Breve cenno iuU'uiit irii/iiOy utllo SpcUiU. ZancL li. lo e lO, aprile i83j. MECCANICHE 3 I r qu'une carne morhifìque piasse re'sider dans les Jlai- des ec. ec. w E feceiulo nella fine della slessa lezione una distribuzione nosologica assegna nella quinta spe- cie \ alterazione de Jliddi. Non è ch'io sia cieco seguace di un esclusivo umo- rismo, che anzi seguendo i precetti dell'immortale Bi- chat ho sempre creduto, clie 3> toute théorie esclusive d'humorisme, et de solidisme est un contrcsens palho- logique,3:> perlochè tenendo la via di mezzo porto pen- siero assieme all'aureo scrittore della clinica medica (i) che w au licu de dévcrscr un mépris absolu sur les an- ciennes ihéories humorales, il serait peut-élre plus phi- losophifjue de medi ter les faits sur les quels réposent ces tliéories, d'en discuter la valeur, et de chercher à en consta ter la reali té? Ce uè serait pas le première fois qu'une opinion rangée parrai les erreurs serait rc- devenue une verité. Qui oserait garantir que nos ihéo- ries actuelles ne seront pas aussi à leur tour coudaiu- nées au ridicule et à l'oubli? Epperò il professor di Catania seguendo il suo det- tato così sulla natura del morbo si esprime: satis eniin neotericorum periculis atque obseroation'bus inclaruit, febbrem Ulani ab inflammatione mucosae gastricae primo ortum trahere, et deinde sj mpathiaruni ope alia organa nobiliora simul-, et centnun ipswn nervosum aggredii ex quo symptomata adinamica et ataocica^ et ipse tjphus orìtnr. Onde verificare quanto l'autore asserisce, ricorsi alle osservazioni ed esperimenti di quei medesimi moderni^ ch'egli chiama in appoggio, ma lungi di veder confermata la sua sentenza mi ac- corsi varie oltre ogni dire essere le opinioni che tali autori portano sulla natura e sulla sede di sifi^atta feb- bre. Leggendo difattl le varie descrizioni, che medi- ci esteri, e nazionali ne han latto, si scorgerà di leg- gieri , che taluni assegnarono la sede nello stomaco , (i) Clinici. ìwdic. tolti. I, p. 3^9, I u(Uct. 3l3 SCIENZE ED ARTI alili nell'iloo e mesenterio, altri nelle meningi, o nel sistema nervoso, altri supposero una specifica irrita- zione delle glandole d»fl Peyer, altri un'alterazione del sangue, o della innervazione, altri fìnalinente da tante varietà di risultamenti avanzarono, wque l'afRclion \y- pboide, au plulòt symptonies thypLoides soni dus à plusieurs causes ])remières distinctes, qui en font aiors des malcidies cUJJércntes ajant leur siège leur point de départ sépaié, et pouvant cxiger par consequcnt un traitement différent (t). Ed a tale propo.silo molto a sangue mi è andata la sentenza dell'infatigabile Mr. Louis(2) la quale amo per intero trascrivere, w Puis- que la membrane muqueuse de l'estoaiac ii'est pas al- terca dans lous les cas oìi i'affection tjphoule a lieu, qu'on la trouve dans l'état norraal chez des sujets qui succombent très-rapidement (e ciò si ammette dal Di- giacomo pag. io) et chez les quels on ne saurait ad- meltre que la lésion, si elle tùt txislée, ait pu disparaì- tre complétement, que, dao les cas oìi l'une des ìé- sions indiquées esiste, elle ne se devéloppe, qua une epoque plus ou moins éloignée du début, il s'en suit rigoureusement qu'une fièvre Ijphoide, ou putride, ou ataxique n'est pas plus une gastro enterite qu'une pe'- rìpneumonie n'est une gastroenterite, bien qu'on trou- ve la membrane muqueuse de l'eslomac plus ou moins prolbndément altérée chez un grand nombre de sujecls qui succombent à une inflammation du parencbjme pui- jnonaire.» Così dice uno de' più distinti neolerici ìa un'opera premiata dai primi uomini della Francia (3). (!) Jour. Hehd. Aoùt, et Octoh. i833. (a) Recherches sur la maladie connue sous les noms de gastro-enterite^ fiivre putride, adynaniique, ataxique eie, |;ar P. Ch. A. Louis t. l, p. l8l. (Opera che ha oUcnnto il premio al concorso dcU'litituto Reale di Francia). (3) Recherà a taluni meraviglia quel corilinuo trascrivere che noi faccia- mo dei passi di scrittori ruodcrni fi ancesij ma egli è da rillettcre, che a ciò «iamo st^ti costretti dalle parole dello stesso autore; laonde per non renderci vieppiù nojosi, abbiamo risoluto di esporre in nota le seguenti idee dei si- {piori Roche e Sansoni, ricavate (iall'ultima edizione dei loro Elementi di fuiHiì'^ia (i833). (Iritsti dottissimi patologi.vti. apostoli un tempo deìh Me- MECCANICHE 3 I 3 E ritornando alla memoria in disamina l'autore espo- ne in seguito quei segni, o epifenomeni, i quali furono di buono, o di tristo augurio, ed in ciò fare parla più volle di crisi mercè le quali si scioglieva il male. 4° Non già la galenica polifarmacia , ma pochi ri- medi han giovato; nel primo periodo i debilitatiti, e la dieta; talvolta l'applicazione di molte sanguisughe all'epigastro, non che i bagni tepidi, al che aggiunge: cavendwn interea cane pejiu et angue slimulantibus remediis intus propinatisi quae falsa debilitati^ prae- concepta idea medicoram vulgo et Scolici sectatoribus male suasil; conobbe di fa Ili, che sotto il mètodo abir- ritante non comparve il treno de' spaventevoli sintomi; che se per essersi trascurato questo metodo il male passò nel secondo periodo alassico, allora fu lecito aver ri- corso al trattamento eccitante, dappoiché w tutte le volte che il ventre non è tumido, ne duole, e la lingua è umida, e le forze sono depresse, e tardano le secrezioni tunc^ uti clinici ajunt^ ad promovendam crisi m puhe- rem James^ vel antimonialem propinare optimum fuit consilium^ et multoties fortunale aegroiis propinavl- dicina fisiologica, posero in testa alla prima edizione (iSaS) la seguente iscrizione Compilata secondo i principi della medicina Jìsiologica, e molt» contribuirono alla propagazione di detta teoria; ma cominciautlo a ricredersi tacquero nella seconda edizione (1828) tale iscrizione, e confessarono, ciò che non avevano fatto nella prima, che la malattia non è soltanto un al- terazione di un tessuto, ma ancora di un fluido ec. Ma nella terza edizione (i833) cantando tìnalinentc la palinodia, ed apo- statando dalla setta irritabiìistica così sclamarono. » Lcs faits ne pcrissenk jamais , mais ils lombent parfois dans le goutfrc de l'oubU , entraines par la chutc des théories qui les animaicnt de la vie scientillque , et tei avaifc été le sort de ceCix sur lesquels reposait le vieil huiiiorismcs. Aujourd' hui nous Ips sortons du gouffre, nous essayons de les ranimcr au soufflé de la physiologie moderne; ce n'est point là rétrograder, c'est encore marcher en avant dans la voie de l'avenir. » E questo è poco , ceco cosa dicono sul trattamento delle centinaia di malattie ch'essi attribuiscono alle alterazioni del sangue. » Des conséquences ihérapeutiques iraportantes et ncuves, décou- lent, ce nous serable, de notre manière d'cnvisager les altcrations dn sang. Il en rtsulle: i, que la première indication de leur traltemenl consiste a flcbarrasscr, autant que possible, l'economie de la présence du principe mor- bifique. » Si legga a questo proposito una memoria del suddetto Roche Sull« «Iterazioni del sangue, nel Jour. Ilebdom. t. xii, p. 3lo. 3l4 SCIENZE ED ARTI mus.^:) E ciò non bastò: si ricorse anche con gran pro- fìlto alla canfora e principalmenie al muschio. Per- venuto a questo punto la mia mente prova somma dif- ficoltà nel percepire l'argomento; il perchè nello esporre i miei dubbi impetrerò dal benigno professore quelle delucidazioni necessarie all'obbietto. Ammette poter la malattia mancare di sintomi d'iu- iìammazione gastrica verter nec iumeat. ìiec doleat., et lingua madida (p. ló) nec mucosa gastrica irritatio- nem pandeai (p. 17) mentre trovasi aver sostenuto, la malattia aver sua sede infiammatoria nel ventricolo(p.ii). Che possa darsi debolezza di forze vìres prostratile.... facies collapsa (p. i5 e 17), mentre ha già detto che non si debba prestar fede alla debolezza, perchè falsa (p. 12 e i5). Che in tali casi di debolezza, o atassia si debbano amministrare gli eccitanti (p. 16 e 17) mentre ha sem- pre predicato contro di essi. Parla di fortunate crisi nate, 0 pel corso regolare de! morbo (p. i3) (il che equivale per opra della natura) ovvero prodotte dai rimedi (p. ib) mentre alla pag. 1 1 voltato aveva in ridicolo i medici , che prestan fede alle crisi ed agli sforzi della natura. Pare finalmente che faccia una marcata distinzione Ira il primo stadio infiammatorio, e tra il secondo atas- sico, ammettendo debilitanti nel primo, ed eccitanti nel secondo, mentre trovasi a pag. 12 aver detto, che falsi ed apparenti sono i secondai! fenomeni di debolezza , e che non cambia mica la natura del male , e difalti secondo i principi della scuola solidistica il processo flo- gistico è sempie identico a se stesso, e non cambia mai di natura, i sintomi di atassia, di debolezza sono fal- laci, la cura evacuante ed antiflogistica è la sola an- cora di salvezza, dall'invasione di un male sino alla fine dt^bbesi insistere colla dieta, colle deplezioni, coi debi- litanti. Mi sembra dunque che il professore di Catania abbia icH'applicazionc j)ratica dato senza sua voglia un crollo sll'cdifizio irrilabilislico. MECCANICHE 3 I 5 E per far ritorno al tralasciato filo, dice l'aulore che se la febbre passava in intermittente perniciosa si som- minislrava il corticc peruviano, e con più vantaggio il solfato di chinina. 5° Questa febbre non è nuova fra noi , a che pro- vare fece l'erudito autore il novero delle principali epi- demie di queste febbri che dal 1-793 al giorno d'oggi han regnato nei vari punti dell'isola, e porta parere tale febbre ìion esser degna di molta attenzione, perchè pro- pria alla Sicilia a causa della sua posizione geografica, o 'del suo gran calore. 6° Inculca caldamente la necessità dell'anatomia pa- tologica specialmente in siffatte malattie., e sospetta che tante epidemie regnate in varie pajli del mondo, ed in vari tempi, come la febbre sudatoria, la gialla, la ungarica ec. abbian forse avuto la medesima sede. Ripete finalmente questa febbre essere in Sicilia con- sueta e costituzionale, ne di gran momento, perlocthè disprezza quelle circostanze, che tutte in complesso, quali cause sono state tenute da tutti gli autori, siccome le- tamai, sepolture, cloache, stalle, macelli ec, e perciò stesso immondezze, miserie, sudiciume, affollamento dì famiglie. Conchiuderò questo articolo coli' esporre taluni altri miei dubbi e col richiedere dall'autore i solili rischia- rimenti. Se causa caratteristica di queste febbri è il calore ec- cessivo, la pressione dell'aria, l'eruzioni vulcaniche, (p. 1) e la posizione geografica dell'isola, (p. 31) per- chè han esse regnato e regnano in ogni paese dell'Eu- ropa, ove non le stesse vicende atmosfericlie , non la medesima posizione geografica, non eruzioni vulcaniche han potuto svegliarle? Gli autori difatti gli han dato il nome di Tifo Europeo. Chiama egli non degna di molta attenzione, e di poco momento tale febbre , mentre trovasi egli stesso di averla dichiarata di somma importanza, e micidiale, 3l6 SCIENZE ED ARTI eC. ed ecco le sue parole, tandem in contagli indìgeni naturam conversa populatini grassatur, et Supremi Magistratus Salutis philantropicas nuper vig'desque curas obtinuit (^. 7) Messanae civicum noso- comìum invasiti et valde affectavit Panonnum multa caede occupavit (p. 19) Calatanis.tettam ejusque provinciain irripuìt, et valde afTtctavit in Drepanuni quammaxinie saevit (p. 20). E non ha egli più volte assicurato, che tale febbre spinse in tutti i tempi le varie autorità a spedire auxiis efflagitaUo- nibus e medici, e soccorsi? Oltre di che egli è di ag- giungere , che di poca attenzione non è da riputarsi quella epidemia, che in certi paesi uccise il 12 e fino il ì5 per 100. E sebbene nel maggior numero dei casi mite anzi che no sia stata questa epidemia, pure a me pare, che dovere sia di un buon cittadino il proporre sempre mezzi capaci a soccorrere quei grami abitatori, che per la p»-;uuria dei tempi, e per vecchie costumanze si tro- vano circondati dalla miseria, dal petturae , dalle se- polture, dalle fogne ec. e non dichiarare le febbri di cui vengono aftlitti da una mano degne di poca atten- zione, e dall'altra dipendenti da geografica posizione e da un quid divinum dell'atmosfera, il che equivale a male inestinguibile, a male irreparabile. Antonino Greco. LETTERATURA ED ARTI LIBERALI Brevissimo cenno intorno allo stato attuale della Letteratura napolitana. Grande è la copia appo noi di coloro i quali colli- vano i buoni studi; ma , come puossi bene immagi- nare, non grandissima quella de' valorosi. Pure con- LETTERATURA ec. ZlJ viene affermare die, posto mente alle condizioni civili e politiche del paese, la città nostra risplende fra le ila- liane, siccome quella dove le lettere sono più sparse ed in fiore. La nostra maggiore riccliezza consiste negli archeo- logi, e nei filologi. Secondo l'avviso di coloro che sen- tono molto addentro in sifìàtlc materie, i primi sori questi: Cataldo, Jannelli, Francesco Maria Avellino, e Salvadore Cirillo. Secondano (parlo degli archeologi) Quaranta, Bonucci, d'Apuzzo, Pessetti, Guarini, meno il Jannelli, del quale abbiamo un'opera gravissima in /^ volutili in latino su i geroglifici, sono quasi che tutti autori di o[)uscoli e non di opere; ma quegli opusco- li gli mostran capaci di cose maggiori. Ultimo, quanto a dottrina , ma primo quanto a cognizioni pratiche e locali, deve dirsi il canonico Andrea Jorio. Ed io non ho nominato che i principali cultori dell'archeologia. Questo bel ramo della letteratura è in mollo onore appo i;oi , né ciò dee recar maraviglia in una contrada, la quale oflre sì vasto e nobile campo a investigazioni di simil natura. La più parte di quelli che ho annoverati fra gli archeologi souo pure latinisti ed ellenisti. E fra questi sono altresì da notare, Girolamo Marano, Gae- tano Greco, Angtlo Antonio Scolti, Basilio Puoti e mol- tissimi altri, che troppo lungo sarebbe il volere andar numerando. Niun di costoro è autore di opere di graa lena, ma bensì di scritture, le quali, comecché di pic- ciola mole, fanno ampia fede del mollo valore di chi le dettò. Lo Scotti è proposto allo svolgimento ed alla interpetrazione de' papiri, opere entrambe asr.ai malage- voli, e nelle quali dimostra abilità singolare. Il Puoti sta conducendo a fine una sua versione della guerra pe- loponnesiaca di Tucidide, i cui saggi finora per lui dati in luce sono bellissimi. Gli studi storici sono assai cari ai Napolitani. Ninno ignorerà per avventura i lavori gravissimi di Carlo Troja sul secolo di Dante, e tutti «onoscerauno le fatiche di Giù- 3l8 LETTF.nATrnA seppe di Cesare, il quale oltre moltissime cose intorno alla storia di Napoli, massime in f|iiella parte die risgnar- da Manfredi, ha non è fjnari pubblicato un romanzo sieri- co intitolato Jrrii^ocTJbbate^e di presbite sta lavorando ad un altro romanzo del medesimo genere. V'ha ir.ol- tre assai giovani che di storia si vanno occupando. Un Filippo IMaria Pagano, nipote di quel caro infelice ca- duto vittima de' furori del l'^gg, scrive una storia di Napoli della quale ha già dato fuori il primo volume. 11 lavoro è piaciuto. Michele Baldacchini scrive tre li- Lri su Masaniello. Ne ho udito leggere qu;ilche brano dal- l'autore medesimo, e posso assiemare che l'oj)! ra sarà tale da riuscirgli di grandissimo onore. Dovrei agf;iun_uere a questi lavori, o già pubblicati, o inediti tuttavia, al- cuni altri di varii giovani della città nostia, che in si- lenzio, e senza sj)eranza di cogliere verun frutto dalle loro fatiche, danno opera a sludi risguardanli la storia municipale non solo, ma bensì Ja italiana. E qui cade in acconcio il far notare che iu generale fra noi la- vorano molto più i giovani che gli uomini di età ma- tura , del che tanfo più son da lodare, che non han verun campo ove possano veramente brillare, siccome in Francia, in Inghilterra ed iu altri paesi, dove non sono ostacoli contro la slampa. Passiamo agli studi di amena letteratura. I cultori di 'questa sono assai numerosi, massime i giovani. Se vuoisene acquistare un'idea, comecché forse leggiera, scor- ]er si j)otrà una raccolta di prose e di versi che porta per titolo: /'/m/e, ovvero Strenna pel capocTanno e pel gior- ni onomastici teste uscita in luce fra noi. Vi si troveran- no buoni lavori di circa 4o scrittori tutti napolitani, la- vori fra i quali ve ne ha di molto pregevoli, e diedi mi- gliori ne annunziano jier lo avvenire, siccome quelli che per la più parte sono di giovani. Pier Agnolo Fiorentino, Cesare Dalbono, i i\i\(:i fratelli Volpicella, Filippo e Scipione, (Giuseppe Daniele, Giuseppe del J?e, Emidio Cappelli, Michele Ruggiero, Leopoldo Ta- I ED ARTI LIBERALI 3 I9 vantioi, Emilio Imbriani ed alcuni altri, die taccio per tjoa dilungarmi soverchiamente, sono, a parer mio, i pili valorosi della gioventìi nostra. Ma parliamo de- gli uomini di età matura. Fra i principali mi sembra doversi no.tare il Marchese di Montrone, il marchese Basilio Puoti, del quale ho già fatto cenno parlando de' latinisti e degli ellenisti, e Raffaele Liberatore. Tutti e tre sono eleganti scrittori, comecché in generi diffei-entissimi. Il Montrone, oltre lo avere volgarrizzalo i Salmi, ed il Peplo, ha dettato molti versi bellissimi, ed alcune prose, le quali possono venire considerate sic- come modeìii di bello stile e di lingua purissima. Il Puoti, oltre la traduzione di Tucidide, della quale ho parlato, oltre molti discorsi inaugurali, qualche orazione funebre, e lo avere teste pubblicata una grammatica, fruito di lunghe fatiche, va grandemente encomiato per aver da più anni fondato una scuola di lingua italiana, nella quale convengono circa cinquanta giovani. In due tornale accademiche, le quali ricorrono ogni anno, al- cuni fra questi giovani, leggono i loro lavori, i quali fi aggirano il più delle volte sopra storie, novelle, ver- sioni dal latino o dal greco, e simiglianti altre co- se, per la più parte pregevoli. La scuola della quale parlo , è inutile il dirlo , è gratuita , e vi si accoglie cJiiunque non è affatto digiuno di buoni studi. Il Li- beratore, oltre molte scritture di picciola mole, ma non di picciol valore, ha illustrato eoa Go bellissimi arti- coli un viaggio pittorico delle Due Sicilie. Ora sta com- pilando un vocabolario universale della lingua italiana, che sarà forse il più compiuto fra quanti ne sono stati pubblicati finora. L'opera è al terzo volume. Fra gli altri moltissimi che potrei nominare, e dei quali sarebbe troppo lungo tener discorso, cennerò i più valenti , per esempio i due fratelli Baldac- chini Saverio e Michele, dei quali il primo segnata- mente possiede uno stile tutto forbito od elegante, e Giuseppe Ferrigui clic ai gravi studi legali ha saputo 330 LETTERATURA si bene accoppiare quei delle lettere, e Giuseppe Cam- pagna, autore di molli bei versi, e di una tragedia in- titolata Ferrante. Ne sta poi in quest'ora medesima scri- vendo un'altra, il cui sogg;etto è Lodovico il Moro. Giacomo Filioli va pur collocato fra i puliti scrittori napolitani. La bella e spiritosa commedia intitolata : il mecenate e L dotti è opera della sua penna. E poi- ché lio fatto cenno di due scrittori di opere teatra- li dirò, senza più, alcuna cosa del nostro teatro. Il Della Valle (Duca di Ventignano) è fra i pochissimi degni di nota. Le sue tragedie finora sono undici. Eccole: L'Ifi- genia in Aulide, l'Ifigenia in Tanride, rAlexi,il Colom- bo, l'Abele, Romeo e Giulietta, Anna Erizzo, Giovanna Graj, parte prima, Giovanna Gray, parte seconda, l'Ippolito, e la Medea. Quest'ultima è la sua migliore tragedia. A Roma fu ripetuta quattordici volte di se- guito, a Bologna diciotto. Francesco D'::lla Valle, figlio del Duca di Ventignano, ha pure dettato alcune tra- gedie, le quali non sono prive di pregi, e sono, lo Ste- liìno Duca di Napoli, l'Ifigenia, il Manfredi e due altre tuttora inedite. Sperduti, Fiuto, Filipponi e qualche al- tro che tralascio di mentovare, hanno scritti porrà meate che in Italia pochi] pochissimi finora ED ARTI LIBERALI 3ai Occuparonsì de' fanciulli,se ne togli le due valorose donne, la Rosellini e la Mojon, il Taverna, l'Aporti e qualche altro. Le coni medine del Genuino sopra discorse sono slate già ristampate a Firenze e a Milano. Se questo mio cenno non dovesse aggirarsi che su- gli scnllori di lingue culle, vorrei proprio dire qual cosa di alcune commedie bellissime in dialello napo- litano che un tal Cammarano scrive per l'umil teatro di s. Carlino, In qutste commedie dipingesi il popolo napolitano, ed oso dire che non si fé' mai pittura più vera, più esalta, più maestrevole. Oltre di che nei dia- loghi il comico sale è a larga mano diffuso. Ora gli è tempo di ragionare delle nostre donne. Il btl sl'SSo appo noi, massime nel medio ceto, comin- cia ad essere molto istruito, e l'educazione delle gio- vanetle è forse curata quanto quella dei giovani , se non più ancora di quella de' giovani. La lettura è ia mollo favore, più lingue s'imparano, della francese è inulde il dire, che è in bocca di tutte, l'arte musicale e il disegno s'igiioran da poche. Molte poi sono le donne che dettano versi. Nella strenna^ di cui ho parliito, nove donne hanno scritto, e certo i loro com- ponimenti sì in prosa, che in verso non sono i mea buoni della raccolta. Meritevole di sedere accanto alla Co:^taD^a Perticari, alla Verdoni, alla Ferrucci, alla Malvezzi , ed a quante altre più valorose decorano la terra italiana, è Maiia Giuseppa Guacci, che io non sa- prei abbastanza lodare. Ha tutto per se, pensieri alti e profondi, venustà di lingua, bellezza di stile, dolcezza ed armonia di verso, tutte le parti in una parola che dee possedere il buono scrittore di cose poetiche. Pub- blicò fin da gennajo i832 un volumetto di rime tutte eleganti, tutte bellissime; le quali è gran danno che non si conoscano oltralpe, il che per altro suole av- venire di quasi che tutte le nostre migliori cose. Le altre donne più valenti sono a mio senno la Libera- tore, la FoUierOj la Pulii, la Terracina. Bonucci, e la Puoti. 322 LETTERATURA Questo mio sì imperfelto cenno intorno alla lette- ratura uapolilaua sarebbe imperfettissimo se non fa- cessi parola dei giornali e delle opere periodiche che possiede la città nostra. Eccone 1' elenco in ordine cronologico, vale a dire in quello della lor fondazione. 1806. // Giornale del Regno delle due Sicilie. 18 1-7. Biblioteca Vaccinica. 1823. L'osservatore medico. 182'y. IJEsculapio Napolitano. M // Raccoglitore. 1828. Jrchim di Medicina e Chirurgia. i83i. Effemeridi di Medicina omiopatica. >i IL FUiaire Sebezio. w Estratti dai registri deW Indicatore. i832. Il Progresso delle scienze delle lettere e delle arti. w // Severino. >•> L Industriale. i833. Gli annali civili del Regno delle due Sicilie. >i ^Omnibus, » // topo letterato. ■>:> Omnibus et omnium. 5j Voyage autour da monde dans son fanieuìl. 5j Le Decameron moderne. 1834. Il Vesuvio. w // nuovo Diogene. ■» Il Folletto. Sette sono Giornali di medicina. Gli Annali Civili, e il Progresso, pubblicati per fascicoli bimestrali, sono giornali scientifici, letterarii, e di belle arti. L'indu- striale è giornale tutto speciale, siccome quello ch'è destinato a registrare i progressi dell'industria. 11 Gior- nale delle Due Sicilie appartiene al Governo, ed ha sol esso facollà di parlar di politica. Gli altri tutti so- no letterari, dei quali tre francesi, il che vuoisi notare, iìx ni un'altra città italiana uscendone a luce di simi- *^» I ED ARTI l^IIiERAlI 323 glianti. Non ha guari cessarou di uscire in luce tre aU tre opere periodiche: Zo spettatore del F'esiwio e dei campì Flegrei, giornale geologico compilato da' signori Cassola, e Pilla , V Archivio di Curiosità e novità in- teressanti e dilettevoli^ e la Moda araendue letterarie. Nmiio si maravigli, se io non abbia fatto finora al- cun cenno delle nostre accademie: cesserà cotesla ma- raviglia quand'io dirò che non fanno gran cosa, il che tanto più dee dolere, quanto che vi seggono uomini di niol^o valore, massime in quella delle scienze, e nella Ercolanese. Forse la Pontaniana è la meno indolente. Se non foss' altro, vi si pubblicano con esattezza i vo- lumi degli atti. Queste cose ho saputo notare intorno alla nostra let, teratura. Il mio lavoro certo è imperfettissimo, supcr- ficialissimo; molte cpse avrò trasandate, o per averle ignorate, ovvero per essermi uscite di mente. Ciò nulla meno esso forse potrà servire ad altri, per dettarne uno migliore e più completo. R. Notizie intorno alla vita^ e alle opere di Jntonjnù Gentile architetto palermitano^ raccolte ed espo- ste da AcosTiifo Gallo. Mal non si appose al vero quei fulgidissimo, lume della sapienza architettonica, Marco Vitruvio Pollione, il qua- le di non poche letterarie e scientifiche cognizioni vo- lea che adorno fosse colui che degnamente mirasse ad esercitarla , e ad esse congiunte richiedea molte ed esimie qualità dell'animo, onde in tutto 2>erfetto arte-^ fice reputar si potesse. E fra queste credea mestieri che aftàbile con gravità esser dovesse, e insieme leale, giu- sto, incorrotto, e non da sozza ingordigia predomina- to (i). Imperocché, riflettea egli, non bastar che di buo- (!) yitvuvio cap. ij pag. 3. Napoli per Tencs 1790, 3f ^24 LETTERATURA no ingegno da natura ei fosse fornito, ma dover con in- defesso studio fecondarlo,, ed accrescerlo, non potendo il solo ingegno senza lo studio, ne questo senza l'altro ibrniare un eccellente architettore. E dippiù le doti del cuore stimava del tutto ad esso indispensabili; giacche ove privo ne fosse, mal potrebbe sostenere il proprio de- coro, e un buon nome nella sua professione acquistarsi, e durevolmente conservarlo. Siffatte considerazioni del Vitruvio mi conducono or- mai a deplorar col Pubblico la perdita di Antonino Gentile, che l'architettura professava in questa Capitale con sì larga copia di dottrine, e non equivoca fama di impareggiabil probità ad altre belle virtuti congiunta. La qual perdita tanto più amara ci giunse , quanto meno aspettata, toccando egli appena gli anni 44? ^ v^" goroso essendo della persona; talché lunghissima vita, ed altre moltiplici opere, oltre quelle già fatte, sembrava imprometterci, ond'esser vieppiù degno della considera- zione della posterità. Ma fallate andarono le nostre, e le sue speranze; dapoichè Catania il vide quasi repentina- mente estinto a 29 marzo del corrente anno i834, al- l'occasione di essersi colà recato, dopo di avere adem- piuto un incarico giudiziario nel comune di Scicli. E veramente luttuosa contingenza si fu il perir lungi dal suolo natio, fuori delle domestiche mura, senza poter ottenere gli ultimi contrassegni del meritato affetto dalle sorelle, da' germani, e da' suoi più intimi amici, es- sendogli sciaguratamente toccato di esalar lo spirito fra acerbissimi viscerali dolori in terra non sua, confortato soltanto dagli amplessi del barone Michele Majorana, che amorosamente l'ospitava, e di sedule, ma inutili cure, e infine di funebri onori gli fu largo e pietoso. Però altro a noi non resta che l'ambascia di non poterlo mai più rivedere in questa terra, e la memoria dolce insieme, ed ailàunosa delle prestanti virtù del suo cuore, e delle opere onorevolissime della mente, a ram- mentar le quali, e a tesser allo stesso tempo i pochi ED ARTI LIBERALI 3 25 fatti <3i sua vita mi stringe sacro dover di amicizia, e la venerazione in che tengo tutti coloro, i quali con fe- lice successo coltivano le scienze, le lettere, e le arti e con intensi studi, e ragguardevoli lavori intendono a procacciarsi rinnomanza in vita, ed oltre il sepolcro. E bea tra tai pochi eletti è da annoverarsi il Gen- tile, che ogni opera pose a divenir quel valoroso ar- chitetto in che il tenea il Pubblico non mai fallace ne' suoi giudizi. Egli tutto dovette a se stesso, nulla alla fortuna, la quale negar gli volle sinanco decorosi i natali, cui sogliono agiatezza e larghi mezzi accompa- gnare, che rendon più agevole la spinosa carriera delle lettere. Imperocché umilissima si ebbe la culla in que- sta Capitale; non essendo Leonardo padre di lui, che un abbietto cavallerizzo del duca di Castellana, e la madre Giuseppa Oli veri, che una semplice fantesca della duchessa, che strettamente vivendosi erano per mag- giore sciagura gravati del peso di altri quattro figliuoli. Vuoisi ciò ricordare soltanto a viemaggiormente rime- ritare il nostro Antonino per essersi elevato da sì bas- sa origine col suo ingegno, co' suoi studi, e i suoi in- temerati costumi alla stima universale, e al consor- zio di coltissimi magnati, che caro l'ebbero, e della lor amicizia e familiarità il credettero degno, e fra costoro basterebbe sol rammentare quel Carlo Cotone, principe di Castelnuovo, specchio di rare cittadine virtù. Da pri- ma seppe egli procacciarsi l'affetto del suo padrone; onde essere indirizzato negli studi: talché fu tosto avviato nelle scuole normali, che fiorenti erano allora sotto la direzione del loro istitutore, il chiarissimo canonico Giannagostino De Cosmi, e poscia ottenne dal duca medesimo di ve- nire accolto con metà di provvigione nel seminario dei chierici. Ivi co' suoi progressi nelle scuole, eia sua re- golare condotta acquistossi nell'arcivescovo Mormile un novello mecenate, che non guari di poi lo scelse a suo paggio di onore. Compiuto il corso elementare della lingua latina, delle umane lettere, e della filosofia con 326 tE^TEnAtURl avidità si rivolse a quello delle nialeniaticlié,a cui venia quasi strascinato dal suo spirito, che sul principio vivace, con instantanea mutazione divenuto era sobrio e posato qual poi costantemente per tutta la vita conservossi. Nella geometria ebbe a maestro il beneficiale Lo- renzo Federici, che ottimamente guidar sapea la gio- ventù nello scabroso metodo sintetico con l'opera del Tacquet. Sin d'allora mostrò il nostro Antonino di qual mente soda e perspicace fornito fosse nel discuterne con forza di raziocinio, e nell'afferrarne tenacemente i piìi ardui e complicati teoremi, gareggiar dovendo altronde con valorosi giovani, che indi egregi professori in di- versi pubblici licei son divenuti. Perduto avendo verso cjuel tempo il genitore, e il suo padrone, presentossi a monsignor Morniile; affiuchè fosse affrancato dal pagamento della" metà dell' aiinual pensione, e sì bene seppe parlare^ e commuoverlo che fu appagato nel suo desiderio. Compiti intanto gli studi elementari, e uscito dal se- minario, cominciò a sperimentar la protezione di Carlo Cotone, principe di Caslelnuovo, e della sua ben de- gna consorte, figlia del duca di Castellana che lo avea raccomandato al marito, e da costui ottenne un pic- ciol soldo nella sua privata segreteria. Mirando bensì a più ragguardevole stato, non tralasciava di recarsi alla Regia Università, ove ascoltar volle le lezioni di elo- quenza del chiarissimo P. Michelangelo Monti, quelle di fisica sperimentale dell'insigne abate Domenico Sci- Jià, e di matematica sublime, e fisico-matematica degli ottimi professori, Marabitti, e Muzio. Pria d'entrar nella scuola del Marabitti, scorgendo di dovere incontrare il secondo anno del corso, in cui da- vasi il calcolo integrale e differenziale, a che non era preparalo, volle ne' quattro mesi precedenti di ferie as- sociarsi co' bennati giovani, Onofrio Montaperto, e An- tonino Maranzano, e insieme con essi percorrere con in- tenso studio la trigonometria rettilinea, le sezioni coni- ED ARTI LIBERAI* 3:ìJ che, e il trattato di altie curve, talché al comiriciàr del nuovo anno scolastico potè essere saldo da imprenderci il calcolo integrale, e difft^reiiziale, e gareggi;ir co' più provetti nella scienza, lasciando onorevole ricordanza di se in quella scuola. Questi studi lo rivolsero all'archi- tettura, ch'egli divisò di scegliere per sua professione. Ne era allora precettore nella nostra Regia Univer- sità il celebre Giuseppe Venanzio Marvuglia , che il gusto più squisito de' Greci, e de' Romani ricondotto avea in Sicilia dopo il suo lungo soggiorno in Roma, ove disegnando, e studiando gli antichi monumenti si era vantaggiosamente distinto da meritar premi, ed ono- rificenze dalla pontificia accademia di S. Luca. Da co- stui trasse non solo gli ammaestramenti della scienza architettonica con profonda applicazione, e istancabile assiduità, ma sibbene lui medesimo tolse a modello nella integrità de' costumi, e nella nobil condotta, che tener dovea come architetto. Cessato di vivere il Marvuglia acquistar volle la pra- tica edificatoria dal signor Niccolò Puglia, in questa parte giudicato appo noi a nuli' altro secondo , ed ot- tenuta la licenzìatura nella facoltà, si pose ad eserci- tarla. Aperto intanto il concorso per la Cattedra già rimàsa "Vota vi si presentò col signor Cristofaro Cavallaro, ch« provetto si era per età, e pef lungo esercizio uell ar- chitettura, e vieppiù nelle matematiche, mentre il no- stro Antonino fiorente ancor della più fresca gioven- tù non avea avuto il tempo sufficiente di maturar le ottime teorie apprese nelle scuole. Il tema principale uscito in sorte fu relativo alla scienza fisico-matematica, e favorì anco il Cavallaro, che in essa era più profoDda- meute istruito, che nella semplice architettura; e quin- di a lui fu defFerita la cattedra. Questo giovanile ar- dire del nostro Antonino non tornò bensì a suo dan- no ; imperocché lo inanimì ulteriormente a proseguire con maggior calore i suoi studi, molto più che la SaS LETTERATURA. sua verde elk^ e quella cadente del suo emulo il con- sigliavano a non depone il pensiero della cattedra. Ne andò punto fallila la sua prewidenza: dappoiché, morto colui dopo due anDÌ,presentossi nuovamcnle al concorso con maggior fama per conseguirla, talché non iscorgen- dosi comparir alcuno a competergliela, gli fu permesso un rigoroso esame in iscritto, ed a voce, nel che sod- disfatto avendo pienamente coloro che deputati erano a giudicare, ne fu proclamato professore ad unanimità di voti sul cadere del i8rg. Questa seconda scelta sin dal bel principio fu riguar- dala come iniglior della prima, ed aprì il cuore della sagace Commcssione di pubblica istruzione a più bel- le speranze, ne andaron queste punlo fallite; impe- jocchè il giovane professore mosfrossi anche sin da' pri- mi giorni spertissimo nella sua facoltà, e molti furon gli allievi che d'allora si ebbe, che con diletto, ed at- teuzion lo ascoltavano. Egli ponendo mente, che l'o- pera del Milizia, riguardata come elementare, ottenuto avea il suffragio de* dolti , di quella si valse , ma in modo, che servir dovesse di testo, che egli a voce ar- ricchiva di larghi comenti, raccolti da' migliori parziali trattati, e, sponcndone con piena intelligenza e chiarezza le varie teorie, di ottimi esempi tratti dagli antichi mo- numenti le corredava. A' pochi articoli del Milizia sull'architettura idrau- lica aggiunger soleva quanto da' più recenti autori si era scritto sulla medesima. Intrattenere usava ben anche i suoi allievi in varie lezioni sulla spinta delle terre , e delle volle con le dottrine del celebre Belidor, ch'egli preferiva come più piane e intelligibili, non essendo coloro talvolta ben fondali sul calcolo integrale, e dif- ferenziale. Aggiungeva dippiù al Milizia il trattalo delle moderne costruzioni di ferro ignote a quell'autore, e di tutte le nuove invenzioni, e scoverte, relative alle ar- ti, ed alla meccanica dell'architettura, che andava spi- golando in vari giornali, e precipuamente in quello \ ED ARTI LIBERALI Sag francese del gehio civile, rendea istruita compitamente la gioventù: talché nulla ometlea nò per diligenza, ne per istudio onde rendersi meritevole del nome di ot- timo professore. La fama intanto del suo inerito, e della sua onora- tezza, di che in varie occasioni dato avea luminose prove non giunse tardi alle orecchie del Marchese Gioacchino Ferreri, Ministro Segretario di Stato in Sicilia, e questi addossar gli volle il geloso incarico di esaminare il pro- getto di un nuovo porto artificiale, che intendevi^ aprir nel sito degli Scoglitli, vicino il comune di Vittoria, su di che consultato avendo precedentemente l'architetto catanese Salvator Zahra Buda era stato lusingato d'un fe- lice successo. Si recò su quella spiaggia il Gentile, e non ostante che conoscesse la segreta inclinazione del Mini- stro procedente da sue ragioni non seppe far velo al Vero, e al suo intimo sentimento. Si persuase egli, ch'es- sendo quel sito predominato da' venti, maestrale, libeccio, e ponente nella vernale stagione, oltre di esser mal sicuro alle navi, in pochi anni sarebbe stato accecato dalle arene recatevi dalla marea, da divenire al tutto inutile, talché come perdute riguardava l'ingentissime somme eh' era mestieri impiegarvi nello scavarlo. Per queste ed altre topografiche, e fisiche ragioni rappresentò, con la sicurezza di esser mal gradito, e di togliersi di mano un'impresa di considerevol guadagno, che non conve- niva di volgervi ne anche al pensiero. Maria Carolina Regina delle due Sicilie donato avea al R. Orto Botanico di Palermo un'immensa e magni- fica stufa di ferro per le piante esotiche, stata costruita ingegnosamente in Germania, che fino al 1824 era rs- masa inoperosa, mancando appo noi chi saputo av;:-s ■ se riunirne e ordinarne i moltiplici pezzi senza la guida del disegno del costruttore. Egli seppe idearne j il congegno, e l'ordinamento, e s'accorse che di alcn- j ni pezzi smarritisi nel viaggio mancava, e fattili qui I «eseguire fé' ia breye sorgere in piedi questo grandi :o 33p LETTERATURJV calidario, che presenta una vistosa galleria, coverta eli cristalli, sopra un marmoreo pavimento, nel quale si frammezzano delle lingue di' terra ove alto verdeggiar pò gli alberi stranieri piantativi. Non molto di poi la Commessione di pubblica istru- zione lo incaricò di edificare un teatro anatomico, ed egli accomodandosi al sito ne ideò la pianta in un'elissi intorno a cui si volgono eleganti sedili, destinati alla gior ventù spettatrice delle autopsie cadaveriche, e amplissime finestre aprendovi, e le mura con semplice eleganza or- jiandone, rese quella fabbrica sì bella da far per po- f:o dimenticare il tristo ed orrendo oggetto cui è de- stinata. Costruì appresso nella fi. Università una gran gal-? leria lastricata di marmi, la quale serve per la distri* l)Uziou delle lauree dottorali, e per conservarvi gli an- tichi quadri che possiede. A questo scopo, riflettendo egli, che l'architettura non dovea che secondariamente figurarvi, vi fu assai parco di ornamenti, ma di semplice cimasa che intorno ricorre, la voUe abbel|irej allinchè spiccar potessero i capi d'opera dell'arte pittorica. Con la stessa semplicità edificò ivi f interno vestibolo da quattro colonne jouic|ie sostenuto, che al presente serve per contenervi le antiche statue, le ossa fossili ritrq- vate a mare dolce, ed altri oggetti di antichità, e in appresso esser dee convertito in primo iqgresso alla ma- gnifica scala da condurre a' piani superiori, di cui lasciq i ben ordinati disegni, siccome lasciò pur quelli del ga- binetto di fisica, e di chimica di figura semicircolare. Una comoda ed elegante Casina con leggiadro prospetto a semplice distribuzion di linee verso quel torno in- nalzò pel negoziante francese Mr. Donaudj nella cam- joagna dell'Olivuzza vicino Palermo. Ad opere di maggior considerazione ^i già commes- segli da' ricchi particolari, e dal Governo rivolta avea frattanto la mente, e ne meditava i piani, e ne schiz^ :fava i disegni , variandone sempre i progetti per 1? uiigliore scelta, e riuscita. ED ARTI LIBl^RALI 33 1 Il suranienzÌDnato principe di Castelnuovo, tutto caldo com'era di amor di patria, ideato avea di fondare un seminario di agricoltori nel suo podere a Colli presso Palermo, e di assegnarvi una ricca dotazione, affin- chè i villici dalla più tenera età vi fossero ricevuti, e sostenuti gratuitamente, ed ivi sotto la direzion d'un abile professore , e con la guida dell' esperienza i mi- gliori metodi agronomici imparar potessero, per indi, fetli adulti, diffonderne la pratica in tutta la Sicilia. Credette a ciò necessario un ampio edificio far co- struire, da innalzarsi sopranna vasta fossata, che servir dovea per conserva di acque piovane. Comunicò il suo pensiero al Gentile cui già costituito avea arclii- tetto di sua casa. Costui lo distolse dall' idea di va- lersi dalla fossata per raccogliervi le piogge a cagion dell'umidità che patir doveano le mura del casamento da sovrapporvi, e dell'aria malsana che respirar vi si dovea nella state, e il consigliò più presto a farne uà piano infimo del medesimo, secondo la pratica d' In- ghilterra ne' sontuosi palagi. Il Principe si arrese a questo suggerimento, lasciando bensì il carico all' ar- chitetto di render quest'infimo piano asciutto del tut> lo, e luminoso, e arioso a sufficienza per potervi abitare gli allievi. Queste difficoltà di non lieve momento con tanto ingegno ed accorgimento superò egli in modo che anche per questo riguardo, ove noi fosse per altro, sarebbe meraviglioso quell'edificio. La fabbrica sorge sopra un basamento rettangolare , e sembra da lungi non aver che unico piano. Ha due simili prospetti con due colonne doriche centi'ali di cinque diametri, e qualche parte, compresovi il capite!-? 1q, che decorano l'ingresso del liceo, cui si va per mezzo d'una gradinata che immette in un vestibolo interno suf- fulto da quattro colonne doriche dell'anzidetta proporzio- ne, cui l'autore profilar volle sul modello di quelle de-r gli antichi tempi di Selinunte. Le quattro interne co^ ìonne sorreggono la cupola aperta nel vertice per im.-» 332 LETTERATURA mettervi la luce, die è internamente compartita in cas- settoni con gran fiori variati, come si scorge in quella del Panteon di Agrippa in Roma. L'interno dell'edificio è distribuito in varie slanze, destinate per la scuola, per la libreria, per la conservazione de' semi, e degli stru- menti agrari, e per l'abitazion del direttore. Da queste ultime per una scala segreta si scende nell'appartamento de' giovani, sottoposto di i4 palmi al livello del pian- terreno dell'appartamento nobile. Intorno a questo se- condo piano ricorre una stradella adorna di ajjrumi; tal- elle non essendo esso m contatto con il terreno e la rocca laterale è preservato dall'umidità. Ivi ritrovansi i dor- mitori de' giovani alunni, la cappella, il refittorio, la cucina, ed altre stanze addette a vari usi. Questa fabbrica semplice, solida, e di grande artifi- zio è già del lutto terminata nell'interno, e manca solo sì nel vestibulo inferno, che ne' prospetti degli ultimi ab- bellimenti. A giudicarne con imparzialità ci sembra che per la pianta, per la comodità, e pel compartimento noti possa essere meglio ideata. Infinite son poi le difficoltà ingegnosamente superatevi dal sagace architetto, e solo lascia a desiderare, che alquanto più assorgesse, affin- chè da lungi sembrasse meno pesante ; comechè 1' or- dine presceltovi sia grave di per se; ma l'artifice dovea considerare che il dorico-sicolo austero fu da' nostri anti- chi adoperato in luoghi elevati; e che nella località di questo edificio meglio si afFacea il dorico pericleo , o il corinzio. Da' voti del Consiglio provinciale di Palermo, e dalla Commessione di pubblica istruzione era reclamato anche uno stabilimento centrale di agricoltura, un ginnasio, ed tm campo dì esperimenti. Il progetto ne fu affidato al Gentile, il quale conoscendo la differenza che passar dee tra uno di particolare, ed uno di nazionale istituzione con idee più vaste, e più variate dell'altro del principe di Ca- slelnuoYO si accinse all'impresa. Dispose egli la pianta del gran recinto in forma rettangolare che presentava ED ARTI LIBERALI 333 nella linea dì prospetto un portico con quattro colon- ne doriche di sei diametri, compreso il capitello, for- mando avancorpo, con travatura ornata dell'esclusivo ca- rattere dell'ordine, cioè con metope, triglifi e modiglio- ni. Nella parte opposta sporgea in pianta un corpo semi- circolare che tertninava in volta sferica ed avea un ve- stibolo con quattro colonne joniche. L'interno era ripartito in poche stanze, destinate all'istruzion della gioventù, e ad altri oggetti. Alcuni accessori edifici necessari per quel grande stabilimento, lasciando figurare il principale, do- veansi succedere a due lati. Eravi quello pe' filugelli, per le api, per le colombe, la stalla pe' cavalli, per le pecore, e per l'armento. Il campo poi avea moltiplici comparlimenti nella pianta topografica, secondo il vario genere di esperimenti. Tutti questi disegui al numero di sedici suddivisi anche nelle parti accessorie mostrano somma intelligenza architettonica, gran semplicità nel carattere degli edifici, e la più minuta, e matura ri- flessione nel disporne i compartimenti, e serbansi nell'In- tendenza di Palermo per avere esecuzione quando saran raccolte le somme credute necessarie a recare ad effetto sì vasto intraprendimento. 11 Governo scorgendo di quanti mali sia cagione l'O- reto; comechè picciol torrente si fosse, per l'impaluda- mento delle acque, e per la continuata divergenza del corsoj incaricò i professori di matematica Muzio, e Ca- .sano, il signor Carlo Dolce, colonnello del Genio, e il nostro Gentile ad esaminarlo sin dalla sorgente, e a presentare un progetto onde render si possa innocuo. Sotto la direzione degli anzidetti scienziati formò questi la pianta topografica della campagna ove trascorreva , quella del corso che regolarmente avrebbe dovuto segui- re, indicando i luoghi ove il letto del fiume rialzar dovrà, ed ove avvallarsi, i tagli che far conveniva al terreno per arginarvi le acque regolarmente, e propose di la- itricarsene il letto tra la parte del ponte più vicina alla chiesetta de' decollati, e il ponte di mare, ove la corrente 334 IfiTTERATtRA iTìanca dalla convenevole declività , onde evìfarsene rimpaludamcnto. Questo immenso lavoro, rappresentato in più carte, e accompagnato da una dotta descrizione, e dalla relazion della spesa occorrente avrebbe meri- tato una prontissima esecuzione, trattandosi di assicurar co' mezzi proposti la pubblica salute, sospendendosi ogni altro comunale dispendio di minore interesse, ep- pur si giace inoperoso, non ostante che sia altamente reclamato dal pubblico. Un altro suo progetto rimase del pari ineseguito, quello cioè dell'ingrandimento dell'ospedale de' tisici nella contrada dell' Olivuzza, come altresì quello di una sontuosa Casina pel barone Majorana in Catania, e di un Collegio per la educazione delle donzelle nel comune di S. Caterina, non che d'un edilizio ptr uso di pub- blico albergo; per gli ultimi dei quali presentato avea i disegni al Principe di Castelnuovo, da cui gliene era stato indossato l'incarico. Non .così tjuello di un tempietto monoptero con volta sferica per la piazza Ferdinanda in Messina, che avendo pria ideato nelToidiie corin- zio, il volle poscia modillcare nel dorico da lui pre- diletto. Tra tut*e le opere del Gentile io vo rammentando sol'anto quelle di maggiore importanza, che più delle altre manifestar possono l'architettore di ehvato inge- gno, e l'edificatore intelligente. Laonde richiamerò in particolare l'attenzione sulle grandi opere da lui fatte pel comune di Trapani; cioè il teatro, la casa sanitaria, il lazzaretto, e il camposanto. Son queste fabbriche di lor natura sì complicale, e di sì difiicile esecuzione, che ciascuna di esse basterebbe sola a dare un chiarissimo nome a colui che l'avesse bene imnuiginata, e con sa- gace magistero condotta a compimento. Però bisogna por mente, che sebbene le menzionate opere, pubbliche si fossero; pure non appartengono ad una capitale co-- ine Palermo, centro d'una vasta provincia, che più di ogni altra ha gran mezzi di fare csegnire vastiusirni prò- ED AflTl LIÉERALt 335 Il teatro Idealo per Trapani presenta un vestibolo con due colonne joniche in linea del muro del prospetto, le quali sostengono il cornicione, clie ha il fregio ornato di Stemmi musicali. I dile corpi laterali son destinati uno per bottega da cafl'è, e l'altro per le guardie. Di centro al- l'anzidette due colonne in fondo al vestibolo esser dovea collocato sopra un comune piedistallo un gruppo di tre statue; cicè Apollo, Melpomene, e Talia; e a' due lati RI aprivano due ingressi ad una capace galleria, ove po- teansi soffermare, e prendere aria coloro che entravano in platea, o ne uscivano. Da' due punii laterali di detta galleria ascender si dovea per comode scale alle logge distribuite in quattro ordini, ed ivi eran te stanze desti- nate per la distribuzione de' biglietti , e per uso del palchettiere. La platea era a forma di ferro di cavallo, a un dipresso eguale a quella del nostro teatro Carolino. Spazioso esser ne dovea il palco scenico, e nell'interno sì da' lati, che nel fondo provveduto degli opportuni ma- gazzini, e di stanzine per gli attori. Qnesto progetto si sarebbe potuto dire al tutto com- piuto, se le circostanze locali avessero permesso all'ar- chitetto di aggiungervi un portico spazioso per entro a cui trascorrendo jwteansi i cocchi fermare nel cen- tro, affinchè coloro che doveano scendere fossero stnlr al coverto della pioggia, come si scorge nel teatro di S. Carlo, e in altri d'Italia. Il nostro Gentile avea già cominciato ad intrapren- derne la esecuzione, facendovi pria diroccare un muc- chio di case, che ingombravano lo spazio prescelto per quel nobilissimo ediiizio; ma non si sa per quai mo- tivi non siesi posto mano finora all'edificazion del me- desimo ; e voglia il cielo , che quel comune a ciò si determini, e non si perdan di vista le belle idee del Gentile da chi fìa scelto ad eseguirlo. Lo stesso av- venne della casa sanitaria di cui presentato aveva ì parziali disegni con ogni .studio immaginati, e condotti da risultarne un elegante palagio per le sessioni della deputazione di pubblica salute. 336 LETTERATUnA, Più forhmalo egli si fu nell'altro vasto progetto per la stessa città del lazzaretto, destinato alle contumacie. Esso presenta per vero una opera divisata con la mag- gior sagacità per lo interessante scopo di assicurar la pubblica salute. Scelse 1' architetto per sifo l'isola di S. Antonio, ch'essendo guardata dal forte della colom- baja, rende quasi impossibili i controbandi, per mezzo de' quali si comunica d'ordinario la peste. Benché sia il lazzaretto disposto in un solo piano offre bastante capacità a tutti i comodi di coloro, che vi debbon es- ser racchiusi sotto la medica osservazione degli inser- vienti, e delle autorità incaricale a vigilarvi. Nell'e- sterno non presenta finestre, o aperture di sorta, ma ri- ceve bensì ventilazione e luce dall'interno ove cam- peggia spaziosissima area sco verta. La sua figura è mi- slilmea, formando in pianta un semicerchio al fondo, che prolunga rettilineamente le sue estremità, e vìeii chiuso in prospetto da una retta, nel cui centro s'apre l'ingresso decorato da colonne doriche, e custodito da ferriata. A ciascun de' lati si scorge una porta che immette nelle stanze del soprintendente. La fabbrica interna si volge in archi sostenuti da pilastri dorici di austere proporzioni. Nel punto superiore all'ingresso si erge una cappel letta sopra otto colonne, che per la sua elevazione rende visibile il prete destinato a dir la messa a tutti i contumacisti. La parte semicircolare interna è divisa in vari magazzini, i cui muri di se- parazione concorrono al centro, ed ognuno ha innanzi uno spaaio scoverto, reso sicuro da doppia ferriata. Nei due lati rettilinei vi sono gli appartamenti pe' contu- macisti, che son anche muniti di doppia ferriata. Nel centro dell'area sta collocata la guardia che li può scor- gere, e sorvegliare da tutti i punti. Qu(sto immenso fabbricato già condotto al suo ter- mine ha riscosso gli ajqilausi uiiiversali per essere me- iavi<^!iosatnente ideato, e compartito, e per provvedere nel miglior modo al sacro oggetto cui è destinalo} e ED ARTI LIBETIA.H SSy se l'architetto gli negò ogni specie d'ornamento ciò rao- stra appunto sagacia e maturo giudizio. Imperocché tali edifici li sdegnano al tutto, e solo amano una sob- bria semplicità; essendo il loro principale ed unico scopo di assicurare la pubblica salute, talché muove- rebbe più presto a riso lo scorgere ricca di decora- zioni, e d'ornamenti una fabbrica, ove hanno asilo il pianto, e i sospiri dell'umanità languente. Quindi anco ci piace per tal sobbrietà, e solo avremmo desiderato di non veder quella cappelletta in aria, che elevasi sul- lo unico piano, e che nella linea di prospetto rimansi troppo isolata. Fu incaricato parimenti il Gentile a presentar per quel comune il progetto d'un camposanto, e a due cose innanzi tratto pose mente, cioè alla scella del sito e al metodo che seguir si dovea nel seppellimento de' ca- daveri. Una ampia estensione di terra vicina al con- vento e al tempio abolito di S. Francesco di Paola sulle falde dell'Enee, discosta quasi un miglio dalla città cre- dette egli preferibile ad ogni altro sito, sì per la sua lontananza dall'abitato, che per la sua elevazione, per la natura del terreno, e per lo spirar de' venti. Quan- to al metodo del seppellimento opinò egli doversi adot- tare quello i^er inumazione, non essendo da pria così dispendioso che l'allro per tumulazione nelle fosse mura- te, e presentando altronde l'utilità di recar meno nocu- mento a' vivi. Circa al sito l'opinione del Gentile non fu seguita , essendosi dagli architetti locali giudicato preferibile un altro presso al convento de' Cappuccini più vicino alla Città; che l'esperienza ha dimostrato di es- ser non molto acconcio all'oggetto, per la natura, e il livello del terreno altronde di troppo acquoso , che a lungo dee sostener la putrescenza de' cadaveri. Iniziato colà il Camposanto si pensò a quel che era più urgente, cioè ad aprirvi le fossate, ma nulla si è fatto pel fabbricato, né sappiamo se vorrà in appresso adottarsi il progetto del Gentile, di cui giova fir qui un cenno affinchè almeno ne rimanga la memoria. 338 LETTERATURA. J^a sua figijira era quadrata, e l'ingresso figncl/teggiato da due corpi ottangoni di basse proporzioni, da termi- nar piramidalmente. Entro vi eran le stanze dei custodi e del prete , e sopra scorger si doveano varie urne cenerarie ad indicare a primo sguardo esser qujello lo asilo di morte. Due piazze con mura semicircolari sparse di emblemi funebri, e in giro di arbusti di diversa sorta renderne do- veano il prospetto lugubre, grave, e maestoso. Ij' am- bito interuo offriva lunghi sentieri al passeggio di coloro ch'amano pascersi della trista meditazione dell'umana fra- gilezza, e della vita avvenire. Tutto il campo, era sim- metricamente intersecato di viali, ove ricorreano sarco- fagi) i, e sepolcri di varia forma destinati a persone di ragguardevole condizione, su' quali stendeano foltissime ombre i salici, ed i cipressi alternativamente piantati, mentre la nuda terra apriva il seno a ricevere le ossa del volgo, per cui eran tracciate numerose e profonde fosse ad eguali distanze; talché a ritornare ^lle prime trascorrer dovea non breye spazio di anni, quando già i cadaveri si eran disciolti, o resi del tutto innocui alla salubrità dell'aria. In fondo, e appunto di contro all'iu- gresso sorgeva il tempio del carattere degli antichi pro- stili; cioè di quelli ch'eran formati della cella con un portico avanti, ^dornp di semplici doriche colonne , e largo quanto la cella stessa , |o fiancheggiavano due grandissime urne cenerarie, che si elevavano sopra alti piedistalli, ed erano ombreggiate da' salici piangenti, chiudendo all'occhio quella mesta scena con rivolgere il pensiero alla religione che ivi aperto avea le j^orte della salvezza all'uomo traviato, e ad implorar fla Dio riposQ, e beatitudine ggli estinti. Questo nobile pro- getto fu tutto alterato nell'esecuzione, e il camposanto che ormai si scorge appena sul cominciamento non ha incontrato il pubblico favpre. Son queste le opere maggiori del Gentile , che noi .jjbbiara yolutp descrivere per mostrare quant'ei valesse ED ARTI LIBEUALI SSq ìieirarcliitcltufa , e come tutto ciò che uscia dalla sua niente era frutto eli fredda e matura riflessione, e dui buoni studi sulle scienze ausiliarie da lui vantaggiosa- mente j)ercorse. Sulle quali opere ci- è piaciuto d'in- trattenere il lettore, in quanto modesto, com'egli era, e schivo della sete di gloria ncqi amava di parlar delle cose sue, e molto meno di mostrarle. Laonde a molli sarebbero forse rima "a ignote , senza questa dimessa narrazione. Grandi sono per vero questi suoi lavori , e tali da lasciargli un durevole nome. Che se con rigorosa cri- tica si volesser pure attentamente esaminare, potrebbesi soltanto dire, che in esse di rado la severità vien tem- perata dal sorriso delle Grazie, e ciò appunto gli fece quasi sempre prescegliere ne' suoi edifici l'austero ordine dorico-siculo. Parchissimo egli era negli ornali, esclu- dendone talvolta anco quelli, che risultano dalla deco- razione dell'ordine stesso, siccome vediamo nel ginna- sio a' Colli , ove le finestre non si mostra n ne anche adorne di stipiti. Ma a questa sua peculiare qualità della mente, che non so se difetto si debba addimaudare, e che consonava del tutto a quella del suo morale carat- tere, moltissimi esimi pregi riuniva, e principalmente quello d'esser egli sempre seguace de' buoni principi dell'arte, sostenuti da nobili esempi dell'antichità, non che l'altro di evitar accortamente il frastagliamento, e la divergenza delle linee, e il trito e minuto delle parti, pre- cetto interessantissimo, che non mai perdettero di mira i greci, e i buoni architetti romani, e in fine quello di saper ottimamente tracciar le piante, di adattar l'ordine, le modanature, e la distribuzion delle j)arti, secondo il carattere dell'edifizio; di saperne preveder tutti i bisogni, ed ovviare a tulli gl'inconvenienti, che di primo lancio appena immaginar si possono in un vasto fabbricato. Nel modo di profilar le colonne, i capitelli, nelle sa- gome delle cornici, e delle parti più accessorie, comechè alquanto severo apparisse pure seguia gli esempi del- 22 34o LETTERATURA l'antico. Un altro pregio altresì non comune, di cui vuoisi commendare altamente, si era la piena cognizione della j^arte meccanica edificatoria, sapendo egli tutto pre- vedere che fosse necessario all'ottima costruzione, talché le sue fabbriche sembrano poter contrastare con l'eternità, quando anche, come nel ginnasio a' Colli, presentassero arditissimi partiti di diflicile esecuzione, conoscendo egli meravigliosamente tutti i moltipUci mezzi e secreti del- l'arte per assicurarne la solidità e durabilità. Che se per poco volgiamo il pensiero alle morali qualità del Gentile vedremo in lui riunite tutte quelle che il surriferito Vitruvio in un perfetto artefice richie- dea, come sul principio annunziai. Imperocché nelle molte costruzioni a lui commesse con somma equità ap- prezzar soleva i lavori da soddisfare, non solo coloro che gliele arcano affidate, ma sibbene da non lasciare scontenti i fabbri che li aveano eseguito. E il grido di questa sua equità era sifTattamente trascorso nella pub- blica opinione, che anche nelle contese per fabbriche da lui non ideate era egli di comun consentimento delle parti avverse arbitro proclamato. Nel che giusto, leale, e incor- rotto si mostrava , e a lui si volgeauo i magistrati in aflari di gravissimo momento alla sua professione rela- tivi, siccome quello si fu di Scicli, in che dando Pulti- me prove di sua virtù chiuse infelicemente i suoi giorni. Quanto egli fosse poi lontano da quella sozza ingordigia ne danno chiaro argomento le poche sostanze ch'ei potè cumulare in qualità di architetto. E qui è mestieri consi- derare che sobbrJamenle egli viveasi, senza altro peso fa- migliare che il manteuimento di una sua sorella, e di una nipote, non isfoggiando in pranzi, feste, cocchi, ed altre delizie della vita, e non ostante che di non pochi assegna- menti annuali di nobili case, oltre quello della cattedra, fosse provveduto, ed immense e costosissime opere co- struito avesse, la sua fortuna industriosamente raccolta iu ventiquattro anni di esercizio della sua jìrotijssione non ascese che alla modica somma di once olloccnlo, che per ED ARTI LIBERALI 34 1 maggior sicurezza volle depositar nel pubblico banco pria tU partire per Scicli. Non case, non poderi, non rendite acquistò ; perchè nuli' altro trasse dalle sue fa- tiche, che quello che strettamente di dovere gli spet- tava. Avverso mostrossi sempre ad ogni intrigo per procacciarsi de' lucrosi lavori , che anzi , che li ricer- casse da se, o per mezzo di amici ei n'era sempre ri- cercato da coloro, che consultando la pubblica opinione a lui spontaneamente si volgeano. Laonde sdegnoso oltre ogni credere si fu di acquistarsi mecenati. Che se tale ri- guardar si voglia verso di lui il principe di Castelnuovo, dirò che questo bene dovette più presto al caso, che alle arti sue; ma panni che invece qual suo amico esser debba considerato, il cui affètto mai non istancò con preghiere, e sollecitazioni, ond' essere ad altri magnati per suo vantaggio accomandalo, ne volle da lui alcun prò ricavare durante il suo ministero di slato. Molto giovossi bensì dell' esempio di sue virti!i; e quindi no- bilmente contegnoso divenne, saldo nelle promesse, nel- l'amicizia, e della patria amantissimo. Eran queste complessivamente le qualità dell'ingegno , e dell'animo del nostro Gentile, che nella stessa per- sona riunite per la tristezza de' tempi il rendeano sin-r golarc. Egli ben si avvide sin dalla prima sua gio- vinezza, che i talenti son dono spontaneo della natu- ra, e di essi, e delle belle fatiche, che ne risultano , può l'uomo esserne tanto rimeritato dalla società, quanto abbia posto di cura , e sollecitudine a coltivarli, Non così delle virtù, e delle nobili doti dell'animo, per le quali, come opera propria, ha dritto a maggiore riguar- do ed encomio dal consorzio de' suoi simili; onde su queste considerazioni seppe egli conformare in guisa la sua condotta da attirarsi la stima, e l'afFetto universa- le. La qual cosa fé' da tutti i suoi cittadini sclamare al tristo annunzio di sua morte con l'espression del piì^ vivo dolore di essersi in lui perduto per senipre il va- lentuomo, e l'uoiuo dabbene , e ad pssi lasciò lunga 342 LETTERATURA desiderio di sie, e splendidi esempì di luminose viilìi, € bei modelli di perfetto architettare. Le quali esitnie prerogative faran trascorrere, com'io credo, il suo no- me alla posterità doppiamente encomiato, e riverito. Nuovo volgarizzamento metrico deW Iliade, di Urba- no Lampredi. Napoli, tipografia Porcelli, i833, Canio primo. Molti erano i traduttori d'Omero in Italia allorcliè Vincenzo Monti, volando com' aquila sopra tutti, fra gli altri miracoli del suo soprumano ingegno, produsse quella versione che parve unica nel suo genere: ver- sione divenuta una delle più care delizie dell'italiano Parnaso; versione d'un Monti non grecista ammirata da' più consumati grecisti. E chi dopo il Monti, a- vrebbe osato d'offrirne anche un'altra agl'Italiani e non temer degl'Italiani se non lo spregio, almeno la noif. curanza? Potea ciò solo concedersi a qualche forte in- gegno anch'esso d'antica fama, il quale conternplando ì Opinione regina deW universo , ch'elevò quel Monti al più sublime seggio dentro la Basilica de tradut- tori d'Omero, avesse rispettato questa potentissima Re- gina, senza lasciarsi dalla medesima sopraflàie. Ed ecco sorgere il chiarissimo Urbano Lampredi, uomo con- secrato nel corso de' suoi lunghi anni alle più severe e nobili discipline, e caro nel tenipo stesso alle nui- se, uno degli onori viventi di cui le scienze e le let- tere italiane si vantino , e che oggi viene a far dono all'Italia d'un nuovo suo volgarizzamento dell'Iliade. Ne avea già non ha guari dato per saggio un brano del 12" canto in alcuni giornali, e i dotti concorde- mente gli fccer plauso: condotto al termine l'aiduo lavoro , comincia egli ora a renderlo di ragion j)ub- blica , e ne abbiamo già intero il canlo primo, che ED ARTI LIBERALI 34^ Ciucilo che noi lieti qui annunziamo. Sì presenta l'il- lustre traduttore con rara modestia, e vero, il che si scorge dal suo proemio; ma non iscompagnata da qual- che fiducia: ne indarno, com'è ben ragione di atten- dersi. Che ogn' Italiano, e massime di quanti senton. più innanzi nelle cose del bello, al nome del Lampredi corre anzioso a leggere e meditare nel suo lavoro, spe- rando ricompensa della lettura e delle meditazioni: ne le sperenze gli vàn fallite. Senza nulla detrarre alla celebrità del volgarizzamento del Monti, il quale può dirsi una vera inspirazione; noi osiamo affermare che questo del signor Lampredi ha gran pregio. Ne senza audacia potremmo arrogarci l'uflìcio di giudicarne con minuto esame, noi che dinanzi al pubblico vogliamo e possiamo soltanto essere ammiratori, non giudici delle fatiche de' grandi. Pure, perchè la nostra ammirazione sia quella ancora di chiunque non ha avuto sott'occhio il volgarizzamento del signor Lampredi , poniamo qui alcuni versi del suo principio, e soramettiamo qualche nostro dubbio al chiarissimo traduttore con quella dif- fidenza di noi medesimi, e quella timidità che conce- piamo parlando d'opere d'ingegni gravi e maturi. Canta, o Dea, Tira del Pelide Achille, Ira esecranda, che d'immenso lullo Gravò gli Achei 5 molte d'eroi sotterra Ripinse anime forli, ed insepolti Pasto di cani, e d'avoltoi sul campo (Che tal di Giove era il voler) lascioUi. Qual primamente aspra tenzon divise L'Atride il sommo duce, e il prode Acliille? Qual Dio li mosse alla grau lulta? Il figlio Di Latona, e di Giove. Ei fu che irato, Perchè l'Alride il sacerdote Crise Non rispettò, sterminatrice peste Destò nel campo, ove col degno prezzo Crise venuto a riscattar la figlia, E in man del lungi-saetlanle Apollo La sacra infula avendo, e l'aureo scettro, Tulli, e principalnienle i duci Atridi Ei supplicava: o Auidi, o Acheij se i numi,- 344 LETTEnATUnA Abiintori dell'Olimpie case, Di.'tiivi Troja espugiiar, fausto il rilornoj Deh, mi sciogliete la diletta figlia, Eccone il depno prezzo, e risjietlnle Di Giove il figlio, il feritor da luiige. Ci si ofiVe per primo verso quello stesso che al Monli cnise anche subilo soUo la penna da se medesimo ; e ch'egli mollo ragionandovi sopra, non volle ritenere nella sua versione (i): ma il signor Lampredi prendo a giustificare in una nota a pag. 58 la scella di lai primo verso, e non porgli degno di piena approi'ci- zione l'allro pia armonico e swlto del Monti: w Can- tami, o Diva, del Pelide Achille w Non è dalo a noi di sciorre la lite fra i due valenl'uomini, e rimettiamo il collo pubblico a' loro scritti. Nel secondo verso allontanandosi il signor Lampredi dalla comune de' Iradutlori che lo haii ])rcccdulo , e sull'aulorilà di moderni ellenisti, sopra tulli del dollor .Korai. spiega 1 epitelo ovXoixévfw non già perniciosa , fntiesia^ sterminatrice^ come erasi per lo innanzi co- muiienìciite fallo, ma con voce passiva, esecranda; la (jiial voce ha un senso, a parer nostro, profondo. E se non temessimo d'esser troppo prolissi, mostreremmo altresì quanta sapienza è nelle ragioni messe innanzi dal signor Lampredi per lai sua nuova spiegazione. Ci sia lecito però di notare colla debita riverenza , che la ripetizione dell'/m non sappiamo se possa e debba render pago ogni ammiratore di Omero. Ne minore attenzione richiama l'altra ardita novi- tà, come la nomina lo stesso signor Lampredi, di ri- durre , cioè, la prolasi del poema a cinque versi nel teslo, invece di sette quanti d'ordinario se ne sono fi- nora assegnati. Novità che pure nella mente dell*egrc- gio traduttore ha forti argomenti, ed è bello il leggerli (l) V. Con'^(!ta, è il sommo duce non solo, ma il sommo duce ifius, idest habens diviiiuni aliquid quo excellit , praeiiantissinius , diviis. E te- nia mo die in italiano esattamente rispondavi il divino o divo. Divina incredibile bellezza chiamò il Petrarca la bellezza della sua donna; divino Africano è detto Scipione dal Sannazzaro, il divino Ariosto diciamo tut- ti; e questa imago è diva esclamò lo stesso Monti nel 346 LETTERATURA sonetto sul ritratto della sua figlia dipinto da Luigi Agricola. Onde commendevole è del Salvini il dho A- chille^ falso e crudele a ogni orecchio X Jtride (Vuomin rege; insuperabile tutto il verso del Monti )> U re dei prodi Atridc e il divo Achille. » Ne' sommi scrittori le cose stesse che pajon lievis- sime sono soventi volte assai gravi , si che vogliono religiosamente essere rispettate. Parve già al noto Pe- rault che gli epiteti d'Omero siano spesso ridondanti e superflui. Ma con grande evidenza il Boileau mostro- gli il valore e il pregio di ogni epiteto del greco poe- ta, anche di quelli che sembrano quasi aflhlto insigni- ficanti; e assai prima Plutarco ci avea su tal proj)0- sito lasciato pure delle sensate osservazioni (i). Se qual- cuno adunque desiderasse nel verso 18° del signor Lam- prcdi l' epiteto èvyivrmiSss dato da Omero agli Achei , noi non sapremmo tacciar di soverchia scrupolosità il suo desiderio. Ma il traduttore sdegnò forse lo stra- scico del ben armati in gamba del Salvini, rigettò il coturnaii del Monti , dall'illustre Mustoxidi con dotti e belli argomenti già condannato (2), ne trovò in ita- liano voce corrispondente e leggiadra; onde stimò ta- cerla. Al contrario V èv.f\Goko5 aggiunto ad Ajwllo nel 14° € nel 21° verso del testo, tradotto saettante dal mag- gior numero de' traduttori, perfino dallo stesso Monti, è traslatato dal sig. Lampredi il lungi saettante Apollo, o Apollo feritor da lungi; il che a parer nostro è ben diverso, non solo perchè il lungi è già nella dizione greca, ma perchè saettante è la qualità di un mortale, € il lungi-saettante è di un Dio , d'Apollo. La forza delle frecce umane è limitala, è corta; quella delle di- vine anche di lontano, dal cielo istesso, raggiunge e fe- risce. (i) Boil Rrflcx. crii, sur ffiirlqucs pnsf. de Lon^in. R/fl. ix. Pini de stoni. Id Sx'mp. I. VI. (i) Mustox. Prose varie. Mil. Bettolìi, jiag. 179. F.n ARTI LIBERALI 347 Ri protestiamo nelle cose da noi dotte la nostra piena sommessione dinanzi al dotto ed esimio traduttore, ed uniamo i nostri voli a quelli di tutta Italia jiercliè il volgarizzamento dell'Iliade, da sì maestra mano con- dono, venga tosto compiutamente in luce. A maggior pregio dell'opera, questo primo canto di già comparso, è fregiato di un discorso che lia per titolo Omero e Dante del sig. Leonardo Antonio Forleo, la- voro già noto all'Italia, nel quale belle e peregrine os- servazioni intorno ai due padri e luminari della civiltà greca ed italiana, il cui paragone riesce sublime, fu- rono lette, e rileggonsi con piacere. Opiniamo però non aver guadagnato il valente autore nello scambio del ti- tolo, che prima era Cause e ragioni e Jie fanno clas- sico il poema di Dante; e che più il suo discorso ri- splenderebbe innanzi alla Divina Commedia^ che al- \Iliade. Baldassare Roman». Poesie di Lionardo ^igo, seconda edizione corretta ed aumentata daWautore. Palermo presso gli eredi Graileo 1829. un voi. in-8° di pag,. a4o. Non rechi maraviglia se ci facciamo a ragionare oggi di un libro, che porta nel frontispizio la data del 1829; polche esso per alcune imprevedute circostanze, e per la lontananza deirautore dalla capitale, non fu pubbji- cato che verso il finire del passato anno. Poesie! e an^or volumi di poesie!! povera Italia!!! esclamerà sdegnato il severo filosofo, buttando lunge da lui l'inutile libro. E che! non è forse ancora stanco il mondo di bazzecole e di ciance canore? Non si son» forse gl'Italiani persuasi che la missione degli scrittori del decimo nono secolo è nuova grande altissima, per' che non volge che a ruigliorare le generazioni, a render 348 lkttkrXtori june ccl innocenli le leggi, a dilTbntlcrc la sapienza, a torre di mezzo il fanatismo e la superstizione, clie lian tanto degradato l'umana specie, ad educare linalmentc gli uomini, secondo ragione e verità, le sole Dee, clie debbono imperare su questa misera teira? E che giova a noi sentir le mille volte ripetere in numeri rimali, e. in modi o freddi o leziosi o stemprati, le stesse im- magini, e gli stessi concetti, che furon già vieti negli andati tenipi? Che acquistasi ciò facendo? quale utile re- chiam noi agli uomini, quale onore alla patria? Vituperio nostro ! Pace pace severo spirito; schiudi la mente a miti pensieri, e m'ascolta. Debbono, egli è vero, dar fiato alia tromba, o toccar la lira, o calzare il coturno que' soli privilegiati dalla natura, che sentonsi agitare i petti del fuoco stesso divirK), che già agitava coloro che ne fur padri e maestri; che noi vogliamo il nostro parnasso non numeroso, ma scelto; e questo grido che s'innalza dal cuore di ognun che sente la dignità della patria è vento che ])ercuote quello sciame innumerabile di l'imatori meschini (servum pecus) che assordano i licei, le accademie, le città. Ma che! possono tutti gli uomini esser grandi? Dunque la leggiadra poesia non dee più occupare l'innocente vita di coloro che voglion trovare in essa ristoro a' mali, da cui son battuti? INascon forse tutti per le scienze? le menti son forse tutte deU'istessa tempra? Wo, non si vuol questo; vuoisi che per onore della patria e del senno umano si stampino solo quelle poesie, che portano il suggello dell'età in che siamo. A che prò pubblicar tante inezie? l'intemperanza poetica è fatale ai costumi e alla civiltà delle nazioni. Poetisi pure a proprio diletto, se ciò pur si brama, nelle ore che alla quiete dello spirito si de- stinano; ma restin sepolti i nostri versi. Meritano forse pubblica luce lutti i sospiri e i deliri degli uomini? Quanti libri ])oetici non si sono stampati ! quanti fa- citori di rime non hu avuto Italia! Ma inetti, molli, stolti son la più parte, peste dell'umano intelletto, ce- ED Arti liBERALf ^^q cilsno risa o sprezzo, e robl)lio li copre: Jncrllafa pena della loro ignavia, e della baldanza loro. Oh possa un sì grande e sì antico esempio scuotere finalmente (juelli, clic si dilellao di poetare, ad esser sobri, e a conoscer meglio i tempi, gli uomini, se stessi. Premesse queste considerazioni, che l'argomento me- desimo ci ha strappato dalla penna, discenderemo al- l'autore delle annunziate poesie, e dimanderemo quindi a noi medesimi, s'ei bene o male facesse a pubblicarle, onde conoscere se appartiene alla scuola, che muore nascendo, o a quella che resta nel mondo. Lionardo Vigo è stupendo intelletto. Egli onora la patria e le siciliane lettere: egli col suo Ruggiero, epico poema, su di che incessantemente lavora, e che per forza di concetti, per fecondità d'immagini, e leg- giadria di stile verrà equiparato agli ottimi, farà alla Sicilia la nostra monarchia, e gli antichi nostri dritti energicamente difendendo , un dono eh' eterno durerà e che farà alto sonare il nome suo. Non credasi però che il presente Volume di poetici componimenti possa accrescergli fama: e sebbene privo non sia di elette cose , pur non di manco 1' autore è di gran lunga superiore al suo libro medesimo. In esso leggesi un poemetto sull'eruzione dell'Élna avvenuta ai 27 di maggio 1819; e molte liriche poesie, capitoli, sciolti, odi, canzoni: il primo e diviso in tre canti, e cambia di metro in ognuno, ed ogni canto è maneggiato in metri differenti: quindi appartiene in ciò più alla romantica che alla classica scuola: il Bar- do della Selva Nera, e non Baswille gliene apprestò l'immagine. Il filosofo ed il poeta hanno sin dai piìi remoti tempi contemplato con grande ammirazione l'etnèa montagna, la quale fu sempre obbietto di maraviglia e di terrore: e parlando essa ora alla ragione, ora alla fantasia dtgli uomini ha fatto sviluppare dall' umano ingegno tali scintille, che infinita luce risplendono. 350 LETTERATURA L'eruzione del 1819 fu sì tiementla die non polca non iscuotere ed infiammare l'ingegno del Vigo in im- maginare potente, in creare fecondo. Egli apre la scena del suo canto descrivendo l'Etna, clie mugghia e scoppia, ed incute paura in tutti i petti. Pindaro, Virgilio, Ovidio, Vida descrissero questo fa- moso monte nello stato di sue eruzioni; ma il Tebano, che in ciò non ha emuli, solo dopo tanti secoli giganteg- gia. Viigilio volle imitarlo, e a lui restò dietro le mille miglia; Ovidio non ishigottì gran fatto per quei due som- mi clie io avean preceduto; del Vida non parlo, poi- ché seguì pedestreroente il Mantovano, e delle idee, delle espressioni, delle voci stesse di lui si vestì. Ma gli antichi rimasero sì sorpresi agli straordinari feno- meni di questa sublime montagna, che non vi fu, tra loro, prosatore o poeta di nome che parlalo altamente non ne avesse. Cornelio Severo nel più bel secolo di Roma le consacrò un poema; e a me pare che il no- stro autore abbia avuto presente costui , tanto nelle descrizioni che fa del vulcano concitato, quanto in al- cune immagini, di cui veste le sue parole. Ei, come dicemmo, con fòrza ed evidenza descrive l'eruzione et- nèa; e, seguendo Severo, ti mette innanzi al pensiere i mali che alle siciliane terre cagionò: tu fremi e pian- gi, udendo anzi veggendo di fuoco allagate le siciliane campagne, e distrutti i sudori dei poveri coloni. Ma siccome il poeta ha d'uopo d'immagini e di fin- zioni, stantechè nei campi del maraviglioso si spazia; così il Vigo finge che uno spirto, esecutore dei voleri divini, scenda sull'Etna armato di una lìice che non mai si eslingue, ed è ministra d'incendio e di tempesta. Es- so, fiammante di funereo lume, corse nel ratto suo ■volo a ferire il monte, donde, combusto di zolfo e di bitume, videsi innalzare nube truculenta, che piom- bando poscia sulle desolale città ruine e stragi arre- cava. ]\Ia mentre i mali si accrescevano, e lo spirto i piedi sull'Etna mclleva apparisce l'ombra di Emi>cda- ED ARTI LIBERALI 35 1 eie, piena di maestà e di grandezza, che innanzi al celeste china la severa fronte e si prostra. Al petto quei l'accoglie, ed ambidue volgono sulle siciliana terre il pensiero e lo sguardo, e van rimembrando le glorie delle antiche città o spente dai tempi, o distrutte dagli uomini: qui sorgeva Nasso, colà il genio di Acradiua tarpò alle aquile latine le penne e la baldanza: più non sono Enna, Taormina, Segesta e Camerina: nelle loro rovine i secoli ogni cosa ravvolsero , e alle glorie le miserie successero. Empedocle si mise a ragionar fi- losofando col celeste spirito, quasi volesse rattenerlo , onde i fulmini alla misera patria non iscagliasse; ma poscia ripigliò: , qual ti muova Ragion suprema dell' irato Dio A far sull'Etna s'i funeste prove? Per opra tua già dal suo fianco uscio Torbido nembo di combusta polve, Che all'Isola l'austral valle coprìo. . Sterminio atroce e fiero danno volvQ La di procelle gravida bufèra, Che la trinacria terra in luUo avvolve. Al che quegli rispose che legge arcana nasconde i segreti de' Superi in notte nubilosa e nera, e che egli avrebbe veduto, come l'Etna una fiumana infesta di accensi solfi avrla tonatido scagliato, e dalla ripida pen- dice roteando avrebbe e qui trattenne ad un fiato il suono delle truci parole, e sull'ombra mesta del siciliano Sofo, che muto lo ascoltava, drizzò il tre- molante sguardo. Laonde questi, lamentando il destino della patria, sciolse verso lui accenti di profondo' duolo, per disarmar l'ira, ond' era compreso, e far ch'ei al- l'etereo soggiorno ritornasse. Sentì in cuore il celeste guerriero pietà de' mali che travagliavano la nostra terra, e movendo il ciglio più fulgido e mea severo, così imprese a favellare: 352 LETTERATURA Giusto e mite, Empedocle, e il tuo consiglio, Mu il suol se trema, o romoreggia il tuono, Se corre il mondo l'ultimo periglio, Non lo lascia TElerno in abbandonoj E dell'irata destra ad ogni scossa Tempra la sua vendetta e il suo perdono. Non cozzi l'uom con l'invincibil possa; Ed io che del Tonante al fianco siedo, Invano niego il braccio alla percossa; Pel siculo terren clemenza chiedo Dell' universo al sovrumano Duce, E sul cerchio degli astri ornai ne riedo» Disse e volò fra un'iride di luce. Qui ogutjn vede, come l'autore abbia sapulo leggia- dramente imitare quegli altissimi vepsi di Vincenzo Monti per Ugo Baswille. L'imitazione di tal fatta e sì commendabile che non può non raccomandarsi ai cul- tori della italiana poesia. E benché noi fossimo per- suasi che i poeti farebbero meglio ad attingere in quei jibnti stessi, a cui il Monti attinse; ciò non pertanto questo divipo poeta trovò nella ispirazione del proprio genio una poesia , che risentendo lo spirito di quella dj Virgilio e di Dante, usciva con una impronta ori- ginale dalla potente sua fantasia. E quando il tempo spegnerà le attuali passioni , clje sono state si fiere e SI ingiiiste, e ci allontanerà più dalle ricordanze della vita di quell'altissimo scrittore, verrà egli collocato dai posteri alla testa di una scuola , tutta italiana e tutta vergine, le mille miglia lontana dalle turpi veneri dei moderni corrompitori; onde i futuri vecchi diranno alla nascente loro gioventù: in Vincenzo Monti specchiatevi, lui seguite ed imitate ; che tolse il bello ovunque Io litrovò, e seppe alla natura italiana si fattamente adat- tarlo, che indigena pianta fra le sue niani divenne. Nel secondo canto il Vigo introduce una vergine, che dal cielo sopra luminoso raggio discese: d'impa- vida Amazone avea l'aspetto; agguaglia il Sole in for- ma ed ìli fulgore; sull'egida di adarnanlc impcnetrjt- ED ARTI LIBERALI 353 bile ha della Irinacria il simbolo; ticn l'asta alla dritta, lo scudo alla sinistra mano, su cui in greche cifre vi è scullo di Triqueira il nome. Intanto la Dea, che veglia sul destino dell'Isola, viene a soccorrere in mezzo ai furori della natura scompi- gliata la misera terra che rappresenta: presta qual lam- po varca l'etere, e giunge là dove triste si giaceva il Sofo di Agrigento. Al vedersi le dive intelligenze si que- relaro della fortuna della patria, ed insieme spontaneo e lungo pianto mescerono. Qui il poeta (mi si perdoni l'espressione) lascia, a guisa di romantico, il suo subbietto, si spazia, e si smar- risce; ed accorgendosi poscia egli stesso, che batteva lontano e straniero cammino, si riscosse, e a se me- desimo chiese, per qual via s'inoltrasse: quindi ripre- se ad un tratto: ,. In sul sentiero D'Etna torniam, per cui pieùi mi spinse A svegliar Tarpa, e nr infiammò il pensiero. Poscia si volge alla Sicilia, che aveva in pietosa e potente diva personificato, a sciogliere una canzone al re de' mondi e delle genti. Qnd'ella innalza forti que- rele, si duole profondamente del suo stato, e preci porge ali' Eterno , perchè il suo sdegno rimuova da questa travagliata terra Ma balena un lampo, ride la natura, e la speranza rinasce nel cuore d'Empedocle, che in questa scena nulla fa, e nulla dice, ed il poeta ne fa di lui sovvenire negli ultimi versi del suo canto solamente. Si apre il terrò con una novella descrizione della combustione di Etna, ch'è la pili lunga e la più com-- pietà di tutta la cantica. Cresce l'incendio, la vampa si dilata, vince gli ostacoli, e mette tutto in cenere. Quivi ricorda il poeta la tremenda alluvione, che in quei campi stessi, che ora il fuoco distrugge, le acque, sou già tre lustri, perlaio la strage ed il terrore. A mezzo 354 LETTERATURA. la t'.cscrizione intreccia alcuni episodi tli pastori , die piangono le loro messi disljulte, e vauiio , fuiiboiuli, in traccia delle loro iiinauioratc; dallo spavento battute, e per le selve smarrite. In questo mentre vedesi ri- tornare Empedocle su di una nube insieme alla diva intelligenza; la quale vcggendo novellamente il fiero strazio che il vulcano faeea delle sicanie terre, vola airOlinipo, dall'alato spirito preceduta, onde flnalmeatc iijchinarc a pietà ii facitore clelle genti. Il filosofo pe- rò, cui non è dato di penetrare ne' cieli, resta in cima al volcano, mirando sotto a' suoi piedi lo sterminio elle si deplora , e clje sempre incalza e la dislruzion di Sicilia ii^inqccia. La Diva Grazia intanto giunge ad otte^iere dall'Eterno, clic l'Etna piia non flagelli questa misera terra, e ponga fine ai tremendi mali che la de- solavano. Il più bello di tutta la cantica è appunto nel fini- re, iy cui il poeta cambia di metro, e con pindarici voli riferisce da una parte le preci ed il lutto di Si- cilia , e palesa dall'altra la risposta di Dio, ch'eiasi iiiosso a sdegno , per le colpo degli uomini , ed ora , placata la sua ira tremende), schiudeva a pietade il pet- to , e faceva coii un cenno lutto in c^lma ritornare, Perlochè apparispe il sole, ed irraggia la terra; lo spa- vento si bandisce, e a novelle speranze risorgono gli animi abbattuti. Ecco tutta la tessitura della fatica del Vigo: noi l'abbiam seguito passo passo, onde fargli conoscere in qual pregio funghiamo ogni cosa che esce dalla sua pen- na; stimandolo noi altamente, ed altamente amandolo, essendo egli uno di que' magnanimi intelletli, che o- norauo al sommo la patria, e di cui la patria ha ve- race bisogno. La didascalica poesia istruisce gli uomini in un'arto o iu una scienza qualunque. Scaligero, seguendo forse il concetto di Quintiliano, che chiamò Cornelio Severo versificatore e non popta, nel genere dei didattici poemi ED ARTI LIBERALI .^5j collocò quello sull'Etna. Quindi ne verrebbe la conse- guenza che noi a questo genere stesso dovremmo il lavoro del Vigo collocare. Ma in vero, esaminando bene le varie specie della poesia, crediamo che al ge- nere elegiaco la cantica del siciliano poeta si appar- tenga. Imperocché egli, descrivendo l'eruzione etnèa, lamenti esala pel misero stato della patria, e voti por- ge, onde venga liberata dalle angosce, ove giaceva se- polta. Ne gli episodi, quegli episodi, per cui un poeta in tante svariate cose si slancia, e tanto movimento e tanta vita pone nel tutto del suo poema, son qui tali da far sostenere un altro nome alla fatica del Vigo: di che certo ninno muoverà dubbio, pensando che Marco Tullio, malgrado la grandezza e l'importanza degli e- pisodì di Lucrezio , non istimò che questi fossero di tale indole da far crescere la poca luce, che, a suo sen- tire, aveva il poema de rerum natura^ e a farlo col- locare in altra sfera. Laonde io credo, che Y Etna di Cornelio Severo si sia fatta entrare nella categoria dei didattici, per quelle poche idee che vi si annunziano intorno l'origine dei volcani, e le cause delle eruzioni: che in caso contrario non si saprebbe in qual guisa di- fendere l'autorità di que' due critici valentissimi. E se io, a rigore di giudizio, fossi chiamato ad emettere il mio parere su ciò, non esiterei a dire , che in er- rore trascorsero e Quintiliano e Scaligero nell'opinare nel modo che fecero; e soggiungerei poeta e non rimatore esser Severo , ma poeta elegiaco , e non mai didasca- lico. Imperciocché i didascalici poeti debbono ammae- strare in versi dcll'istessa maniera che farebbe un trat« tatista in prosa. Quindi per questo Arato e Manilio a- stronomi e non poeti furono denominati; e per questo appunto Aristotile chiamò fisiologo Empedocle, e venne Esiodo nelle opere e nei giorni agricoltore appellato. I moderni però non possono ne debbono esseie cosi severi , come furono gli antichi. Imperciocché lavori di tal fatta noa ispleadono pei soli nudi precetti , ma 356 LETTERATURA pei colori con cui sono delineati , e per le immagini che adombrano, e per gli affetti che vi si innestano, e per l'armonia del metro che gli accompagna, e j)er gli episodi che lì rallegrano , onde un tutto se ne venga formando, che alletta insieme ed ammaestra. Ne io sono del parere d'Ippolito Pindemonte, che dice fine di que- sti poemi essere il diletto, e non già l'ammaestra- mento. Imperciocché rpiaiitnnqne la piosa sia assai più coufacente alla istruzione dogli uomini , perchè priva di ceppi, e l'autore con freddezza filoiiofica può svilup- jiare tutte le ragioni del suo assunto, e guidare il let- tore ne' più reconditi recessi del suo argomento; il che non può farsi ne' poemi , per essere sovente le cose di che si tratta contrarie all'indole della poesia, e non Vestibili di linguaggio poetico; nondimeno ciò non c- sclude, che istruttivi quelli non sieno, e che l'ammae- blramenlo congiunto al diletto non si abbiano per fi- ne. I trattati p. e. istruiscono come cento, i ])oemi come cinquanta, ma l'istruzione , con pace del Pmde- monte, non è loro straniera , ma è la mela cui ten- dono. Anzi io soggiungo che siccome la morale istru- 7-ione forte s'insinua nei petti degli uomini per lo mezzo dell'allettamento poetico; così l'istruzione pratica delle tisiche scienze forte colpisce le menti per lo mezzo me- desimo. Ed egli è certo che i culti agronomi tengono più làcilmente a memoria , i precetti che nei divini versi delle Georgiche di Virgilio si contengono , anziché le dottiine di Youngh, o di Rozier. La qual cosa j)otrcmmo applicare a migliaja di simiglianli ehem]Vì,se non temessi- mo di allontanarci dal nostro subbietto. Dunque istruttivi, come pollano il nome, sono i poemi didascalici, e poeti so- no gli autori. Quindi è che noi partecijiar non possiamo in verun conto nella sentenza degli antichi, ciecamente dai moderni seguitata. Dil'alti Opijiano Cilice per que' due suoi gentilissimi poemi della Caccia ^ e della Fesca dovrebbesi naturalista e non potea denominare. Ma come potremmo negargli colai titolo senza ingiustizia';:* ED ARTI LIBERALI 3j'J E senza ingiustizia, come lo negheremo al Fiacnsloro por la Sifilide.) all'Alamanni per la CoUivazione., al Kucellai per le j^pi ^ ad Erasmo di Valvasonc per la Caccia , a Bernardino Baldi per la Nautica , allo Spolverini per la Coltivazione del riso , ad Antonio Tirabosco jier V Uccellagione^ e al nostro Arici per la Pastorizia? Dunque non versificatori, come voleano gli antichi, ma poeti debLousi stimare ed appellare i didascalici. Quando però costoro non si prefigono di ammaestrare gli uomini in arti o in iscienze a questa classe non appartengono, e si peccherebbe di giudizio nel volerveli includere. L'epica poesia si propone l'imitazione di grandi vir» tìi, e di grandi vizi, per eccitare gli animi ad amare e seguire le une, detestare e fuggire gli altri: la dida- scalica ha j)CT oggetto l'ammaestramento pratico e fi- sico delle cose. Quindi per ritornare là d' onde ci di- partimmo non prefigendosi il poema del Vigo ne l'uno ne l'altro di questi lini errore sarebbe il collocarlo ili tali sfere. Per lo contrario rdegiaco poema , ch'è l'imitazione di lamentevoli casi, dee segnare una periferia assai più estesa di quella che si è finora creduto: e chi volesse considerar bene le elegie di Tibullo, di Properzio, di jMccenatc, di Ovidio, di Cornelio Gallo converrebbe nella nostra sentenza, e reclamerebbe molti lavori, clie, per difetto di sicuro giudicio, ora epici, ora didattici, ora elegiaci si sono appellati. Ovidio con ispijito elegiaco e con elegiaci versi di molte e svariate cose trattò. Ne fu egli solamente er legiaco là dove pianse la morte di Druso e di Tibul- lo. Imperocché lamentevoli componimenti, a questo ge- nere spettanti, sono quelli che del ponto e delle cose tristi s'intitolano. Teognide megarese , cantando del- l'assedio e della liberazione dei Siracusani, fece un bel- lissimo lavoro, che puramente elegiaco venne da tutti i dotti reputato. E se nell'epica, la quale altro non è, 358 ^ LETTERATURA a dir dello Stagirlta , che l'imilazioiie e la pittura ài un'eroica azione, si richieggono la favola, gli alletti, le sentenze, i sentimenti, il maraviglioso; ed il poeta ritiene depone e ripiglia la persona; nell'elegia, che imita un latto lagrimevole, richieggousi più o meno gli stessi caratteri che in quella si esigono. Per le quali cose la fatica del Vigo, che a considerare imprendemmo , a questo genere di poesia esclusivamente si addice. Passando ora agli allri componimenti, che in questo Tolume si contengono, diciam solo, che i più belli, a parer nostro, sono il Carme su le rovine di Agrigento, Je terzine sulla morte di Cristo, il cajjitolosul Giudizio XJniversale, l'ode per Aci-Reale, e quella per la villa del Ciantro Pauitlcri, situata nel foro e nel mezzo del- l'antica Agrigento; jiensieri giusti; slanci di generosa Jiile; stile facile e pregevole sugli altri eminentemente li distinguono: quindi noi, senza bisogno che all'esame particolare di ognun di loro discendessimo, ci siamo limitati ad additarli, onde i lettori gli esaminassero, e per se medesimi li giudicassero. Noi abbiamo osservato, con grandissimo contento, che il Vigo, nato con un sentire maschio, a correggi- mento di costumi fa tender sempre i suoi versi. Ei tratta di nobilissimi subbietti con franca e libera ve- na : e volendo afferrare lo spirito de' suoi componi- menti non erreremmo se dicessimo , che nel forte as- sai più riesce che nel delicato : quindi l'Alighieri sie- gue più che Petrarca; l'amore non e il Dio che do- mina nel suo cuore , ne l'affetto ch'ei più vagheggia; bensì la patria la scienza il giusto il retto vengon sem- pre ne' suoi canti con arte e natura ad intrecciarsi. 5cco il carattere del Vigo e delle sue poesie. Noi "Vorremmo che i suoi nobili divisamenti venissero se- guiti, e ch'egli fosse di esempio a coloro che in inu- tili canzonieri, ove lodando, pieni di un mentito en- tusiasmo, le labbra, le pupille, la mano, i denti di una femmina, che non esiste le spesse volte, che nelle ED ARTI LIBERALI SÒQ esaltate loro immaginazioni, umiliano se stessi, per- dendo miseramente il tempo e l'ingegno. Deh! pongasi una volta fine a tante inezie, e si faccia servire la poe- sia non al solo diletto, che tosto muore nell'animo del- Tuonio, ma all'ammaestramento, ch'eterno dura, e cose memorabili partorisce! Ogni popolo che ha i suoi co- stumi dee avere i suoi filosofi: ciò ch'era gloria ne' se- coli passati oggi forse è vitupero; ciò che potea essere vezzeggialo dagli avi si sdegna dai nipoti. Noi non dob- biamo vestire gli abiti di una gente che non è più, ne seguire stolti le costumanze altrui, ne adottare la favi^lla degli strani. Le moderne generazioni chiamate ad alti destini han d'uopo di prose ragionatrici e se- vere. Grandi nazioni non furono nel secolo passato scosse ed illuminate da miseri versi, ma da prose solenni e potentissime. Noi abbiam sovente notato , che l'uomo immerso nelle veneri di piagnolosi e lascivi poeti perde quella energia, che avrebbe avuto, se avesse dato no- vella direzione agli studi, e all'ingegno. Vigo non e solo poeta , ma prosatore , e prosatore illustrissimo. Prosiegua egli dunque il suo Ruggiero ^ con quel me- desimo spirito, con cui a mezzo il cammino l'ha con- dotto; e dopo di aver fatto sì bel dono alla patria de- ponga la cetra, e piìi a poetici numeri non volga la mente; poiché ne abbiam già troppi , e da uomini , come lui, la patria oggi attende e chiede altri lavori che versi non sono. Ferdinando Malvica. Sulla popolazione. Ragionamento di Salvatore ^L' DISIO. Palermo per le stampe di Francesco Nocera 1834. Dalla scelta degli argomenti cominciano gli autori a mostrare il buono o meschino loro giudicio; onde noi ci congratuliamo con l'autore dell' aununiiato ragiona- 36o LETTERATURA iMcnfo, perchè a sì grave subbielto rivolse il pensiero. E st'Lbene cose non si dicessero, che accrescer potessero il patrimonio delle idee, pure il battere e l'agitare ob- bietti di grande utilità, che furou da altri discussi, un bene reca di non lieve pondo , eh' è quello di render ])iù diffuse e più comuni idee che sono forse di pochi. Opere di sommo polso furon già da scrittori sapientissi- mi pubblicate intorno il subbictto, cui si agira l'annun- ziato lavoro. Ma forse per questo non loderemo l'Al- disio? No, il nobile concello di proclamare quella idea profonda e vera ^ che lo stato numeroso di una popo- lazione è sempre in rapporto diretto con quello dtlla sua maggiore o minore ricchezza, e che da questa di- rettamente dipende, come dipender può reflillo dalla causa, è cosa degnissima di larga commendazione. Imper- ciocché su questo grande principio si fonda la pios[)erità de'popoli'jcd ognun vede quanto sia necessario che in tutti i modi si agili, e da tutte le parti in novelle guise si consideri; poiché da novelle discussioni un qualche van- taggio jiuò sorgere. Il nucleo della quistione nel caso no- stro consiste a proccurare che si accrescano i mezzi di sussistenza, senza di cui le popolazioni si andrebbero a diminuire e a distruggere. E pure dubbi si levarono un tempo sopra ciò che dubbi non ammetteva, se la copia cioè di popolazione sia da reputare cagione ov- vero eflétlo di civile ricchezza. Lo spirito di ronlrad- dizione ha sovente smarrito gl'ingegni, e gli ha gui- dali a versar tenebre sulla luce. Tulli gli esseri ani- mali e vegetabili tendono a propagarsi in guisa pro- digiosa: le circostanze peculiari sono quelle che cotcsta propagazione diminuiscono o arrestano. Dunque è da cercare il modo di tenerle dagli uomini lontane. E de- bole pensiero di quelli che reggevano le pubbliche cose fu, a parer mio, il credere che per accrtsctre la popo- lazione bastasse di accordare premi , incoraggiamenti ., ed esenzioni a coloro che divenivano onusti padri di iàmiglia. No, i mali debbonsi curare nella causa e non ED ARTI LIBERATA 36 1 mai nell'enelto. Pioccurate mezzi generali e vasti di sussistenza, e le popolazioni si accrescono rapidamente e si raddoppiano: allontanate per lo mezzo della civiltà i flagelli che. la natura suole scagliare ai popoli, e ve- drete che questi non perderanno i fruiti dei loro ac- crescimenti. Quindi si estirpi la miseria, non già ragu- nando le immense masse dei poveri nei conservatori, ma col promuovere l'agricoltura il commercio l'indu- stria, coi prendere delle precauzioni , perchè le pesti non vengano a flagellarvi, e col diffondere, per mezzo della persuasione e dell'istruzione, i buoni e sani prin- cipi, onde il gran ritrovato dell'innesto vaccino vie più si conosca e si abbracci. Grande e filosofica a me parve sempre quella sen- tenza di Arthur Young, dall' Aldisio ricordata, che la cura di accrescere la popolazione non dovrebbe fissare un solo istante- l'attenzione de' governi. Imperciocché la natura è per se medesima tioppo potente, per a- ver bisogno di stimoli diretti alla moltiplicazione de- gli uomini. I governi non debbono far altro , se non che proccurare tutto che possa far fiorire l'industria, onde gli uomini non abbiano penuria di mezzi di sus- sistenza. Vane quindi ed inutili sono quelle leggi che favoriscono i matrimoni, puniscono i celibi, ed accorda- no delle esenzioni ai padri di numerosa prole; poiché le leggi parziali non guariscon mai i mali alla radice, e riescon quasi sempre infruttuose; dovendo elle, qua- lora vogliano colpire nel segno, e produrre dei beni non perituri, risguardare non l'individuo, non la classe, ma la generazione in massa. Il ragionamento dell'Aldisio , ch'è tutto savio ed e- rudito, ci ha spinto a dire queste poche parole, quasi a suggello della idea , con cui demmo cominciamene to a questo articolo: sapientissima essendo quella gran verità dal latino filosofo predicata, che quaecumque utilia siiiit saepc agitare dehent , sae\)e versavi ; ut- non tantum nota sinb nohis^ sed etiam parata. Noi 362 LETTERÌT13RA uri quinto fascicolo di queste Effemeridi parlando dei Cenni statistici del Cacionpo , a lungo di questa medesimo argomento ragionammo, e discendemmo a confutare tutto che la Sicilia risguardavg, le teorie ai casi nostri applicando: quindi con grandissimo piacere abbiamo oggi letto il discorso dell'Aldisio , o facciam voti sinceri, ch'ei sempre, come mostra di fare, a po- sitivi studi attenda ; e lasciando le inane cose ai me- schini intelletti , che , a flagello del vero e dell'utile , la natura , per colmo di nostre miserie , è si feconda a far sorgere, si dia tutto a studi, che i vantaggi reali dogli uomini proccurano , e ne avrà dai saggi laude bella e degna, o F. Malvica. RIVISTA. Discorso sulla sifilide ereditaria di Li/tgt Cjstéllàsj. — Pa- lermo presso Tommaso Grafico, i833, uu voi. in 8. L'autore di questo pregiato opuscolo, quantunque giovane, ha però fallo dono alla repubblica medica di uu iuieressanle lavoro. Veio è che mollo si è scritto sulle malattie sifiliiiche, ma pochi hanno preso la briga d'indagarne il modo di trasmissione, e cib che da esse si erediti. Vero è che il Petit parlando dei morbi ereditari in generale molla luce ha sparso sulla trasmissione dei medesimi, ma la sifilide riguardata ereditaria pel solo motivo di riconoscere un contagio era da dense tenebre involta, per cui vane ipotesi eransi immaginate e poste in campo, e la maggior parte degli scrittori riconoscea la sifilide ereditaria senza deter- minarne il modo. Or però, mercè i travagii dei moderui, il signor Castellana ha con non poco giudizio saputo riunire quanto di meglio sullo assunto si è detto, e con alcuni fatti frullo dell'al- trui e della propria osservazione fassi a combattere la trasmissione del virus, il qu.ìle con valide ragioni ripone piuttosto nel vizio degli umori, che io un essere particolare contenuto in mezzo ai Ed auti lttìerali 363 tneclesimi, e, senza però negare la verità del contagio, gli argo- mmli i quali adduce a tal riguardo sono di molta imtiorfanza. Pas?a dapprima a general disamina le malattie ereditarie per ti- rarne illazioni analoghe rispetto alla sifilide, combattendo la tra- smissione del virus, e dopo le più recenti teorie fisiologiche e anatomico-patologiche con severa analisi procedendo stabilisce non ereditarsi altro dai genitori che l'organica condizione, la quale si fa patologica col concorso delle cause occasionali. Di più considerando l'autore che viziato il seme non pu?> aver luogo la fecondazione, e che la materia del contagio sta risposta nell'alterazione di quel fluido inclina a credere che il maggior numero dei casi di neonati sifilitici i quali in tal modo hanno respirato le prime aure della vita debbano attribuirsi a quelle cause occasionali, che nel seno materno han potuto dare movi- mento a quella morbosa condizione chiamata sifilide, e cos'i ha escluso Tereditaria trasmissione di un germe patologico. LoREHzo Angileri. II. Alcune rime e due sepolcrali {scrizioni composte da Francesco Spada romano^ e da lui agli amici suoi dedicale. Roma dal- la tipografia Salviucci un voi. in 8° di pag. aS. Se alcuna volta io rido o canto FaccioI perchè non ho se non quest' una Via di celare il nùo angoscioso pianto. Questa è l'epigrafe che il bellissimo ingegno di Francesco Spad.i appose alle annunziate sue rime, che con vere, caste, ed aiFet- tuose parole la veriia, dalla terra proscritta, ed in cielo accolta, invoca, la virtù de' buoni loda, e la morte di vari amici com- piange. Buono è lo stile di questi versi, ottima la lingua, ricer- cate le immagini. Lo Spada è uno di quegli eletti spirili gravi e maturi, sdegnoso delle vanità, e di cose positive avidissimo. Questo schietto ed ingenuo elogio , che altamente ei merita , il cuore, con tutte le sue forze, glie!' offre. Le due iscrizioni italiane, che chiudono questo libretto, fu- Ton dettale pel sepolcro di Clementina Spada sorella di lui, e per quello dell'amica Teresa Sernicoli Lepri; elle ne son sem- brate bellissime, e modello di semplicità e di venustà. Quando gli uomini profondamente sentono, ed han l'aninio da viva pas- sione agitato non possono non iscriver bene: quando la italica epigrafia è maneggiala da uomini di valore, potentissimo è l'ef- fetto, che produce sulle meati umane. F. M. 364 LETTERATURA III. In morte di Antosij^a Perez , carme di Francesco Perez. Palermo, gabiaetto tipografico all'iusegna di Meli i834) ia-8* di pag. 7. Questo carme in terza rima è rivolto dall'autore a compiange- re la grave perdita della sua genitrice, a descriverne le virtù, a confortare il suo, ed il cordoglio del padre. A quest'ultimo di fatti è indirizzalo. L'encomio dell'estinta, con molta arte, sorge da' concetti accessori, e più bello vi spicca. Rassicura egli il ge- nitore, che quella inclita donna godasi l'clerna beatitudine, dopo una vita travagliata d'ambasce, e confortala da preclare virtù. Tutte queste idee, che per altro saiebbero comuni, sono annun- ziate con tanta nobiltà di siile , che sembra che V aulore abbia avuto presente quella oraziana sentenza — Difficile est proprie communia dicere- L'intero componimento inoltre ci è parato ispiralo da un forte seti lire, e condono con un forte pensare, e ben ciò è conforme alla indole natia dello scriltore, e al lungo studio, che ha duiato sopra il più vigoroso degli italiani poeti, il massimo Dante. A. Gallo. VARIETÀ. Il tener sempre viva la memoria degli uomini sommi, ora illu- strando la vita e le opere, ed ora offrendo le immagini delle loro sembianze, è questo cerlamenle un bello ed efficace mezzo per po- tere nella nifnie di ognuno risvegliar le virtù, di che quei valen- tuomini ivano gloriosi 5 poiclic la continua ricordanza di quei grandi distoglie soventi volle l'animo nostro da un Irislo sentiero, che a fronte di quello della gloria lo fa sembrare molto piìi vi- tuperevole e abbomin.indo. Quindi è che tulli coloro die a questo scopo nobilissimo si rivolgono, rendonsi benemeriti alla palria. E noi pure, allorquando fu pubblicato dai soci Minneci, e Fi- lippone il nianife?lo d'associazione ai 54 ritratti degli uomini illu- stri siciliani, cavali da genuini ed originali ritraili posseduii dal sig. Agostino Gillo, fummo sommamenie lieti airiidire che ivansi mano mano pubbìicr;nJo con la calcografìa le vere sembianze di En ARTI LIBERALI 365 quei farnesi siciliani , taluni dei quali non pure illustravano la patria terra, ma eziandio la specie umana. Questa impresa ci Icr- nava più grata in quanto consideravamo die di una tale colle- zione era la nostra Sicilia manchevole; perocché quantunque noi avevamo osservato i ritratti ad incisione nella hiegrafia pubblicità di S. Chiara. Orazione funebre del dottor Domenico Carbonaro, 31 dell'abate cassinese D, Gio. Andrea Paterno Castello dei mar- chesi di S. Giuliano, 3) del re Francesco Primo. Elenco delle pitture pregevoli , esistenti in diverse chiese della città di Catania. Diffsa dei diritti del Capitolo della cattedrale di Catania. Iscrizioni latine. Salvatore Barbacallo-Pitta'. (*) Indisposizioni di salute impedirono il Pi'ivitera di soddisfare all'inca- rico ricevuto: e l'elogio di Ferdinando I, fu scritto e recitato dal chiaris- simo D. Antonino Patti, già maestro-cappellano , ed oggi vicario generale di Monsignor Orlando e Canonico nella Cattedrale di Catania. II. Quando morire è inevitabile ad ognuno che nacque ; lasciar lutto e desiderio di sé è premio dato solamente alla conosciuta bontà. Se il bagnare le gote di qualche lacrima, volgendo nella me- moria le virtìi singolari di colui che intimamente amandosi si è malavventurosamente perduto, fia di sollievo all'animo, e di con- forto alla mente agitata da inconsolabile angoscioso dolore, noa sia grave, or che rotti da morte, ahi! troppo immatura, i teneri «odi di un'amicizia sincera, altro non rimane in tanta conturba- zione, che la sola misei'anda ricordanza di quel che era e non e più, non sia grave il deplorare meslameule il fato estremo del- l'amico fedele. Anziché ei compiesse il vigesimo ottavo anno dell' età sua, è mancato a noi Salvadore Bonafede, cui non so bea io se piìi le virili l)ellf;, e i mansueti costumi, o se la sapienza, e la dottrina clic u'j adornavano lo spirilo rendessero a me, ai buoni, a tutti dileitissimo e commendevole. 370 LETTERATURA Nato egli da civili ed ou<=sii parenti, e messo di buon ora nella via delle lettere, sotto la scorta del di lui zio abate Tom- maso Boiiafede, uomo per profondo sapere e per singolare pru- deuza estiinalissiino, mosliò qual fosse il suo amore per lo stu- dio, e quali i l.ileuti, di che lo avea natura dotato, uè rapidi pro- gressi delle sue prime elenienlai i istituzioni, nelle quuli e per amore di gloria, e per nobile gara, fu primo sempre a tulli, dietro la- •sciando quanti si ebbe compagni di studio. Varcato questo primo passo, ed elevatosi a maggiori cose, le amene lettere fecero in pria il suo diletto, e caro com'egli era alle Muse, attese alla poesia scrivendo versi pieni di nobili pen- sieri, e di poetico estro. Onde ne VfUne a lui lode grandissima, e l'applauso de' pochi cui egli li venia leggendo. È tra questi se ne coniano alcuni valorosi, i quali in fallo di lettere a mae- stro tenendolo, non isdegnarono chiamarlo giudice de' loro poe- tici componimenti, e quindi copie gliene diiizzavano. Persuaso come dal riandare gli avvicendamenti delle passate cose r inscgtiamento sorgesse d'ogni umana prudenza, formò eziandio della storia la sua particolare applicazione, e tale profillo sapea ei cavare dalla cognizione delle umane vicende, e delle passioni che le governano, che ne venne il suo giudizio in tanta fermez- za, che fu esempio altrui di moderazione, e di preveggenza nelle cose di questa vita piena di tanla tristizia, e di sì strani e disa- strosi avvolgimenti. Perchè molta fu la slima in che il tennero coloro che lo avvicinavano, e sovente dei suoi consigli lo richie- devano ne' casi loro. Ma che valse a lui tanto sapere, se nel pili bel fiore di sua giovinezza ebbe tutto a finire?.. Sventurato! Sortito avea da natura un cuore dolce e sensitivo, e le cose gravi amava meglio che le scherzevoli. Laonde ebbe altissima idea dell'amicizia, per cui in pochi ripose il suo cuore. Del resto fu s\ castigalo , si sobrio in quell' eia in cui m^i piìi la ragione resta vinta dal talento, che non si adoprerebbe meglio in maturi anni. Ne in ciò ebbe parte finzione, o ipocrisia, che queste arti sempre abborri come vizi vituperevoli, nò il suo animo sincero avrebbe saputo mascherare uu pensiero, perchè per sua naturale disposizione, tutti mostrava nel volto i seulimenli che preoccupavano il suo cuore. Ma la sorte stata a lui sin allora amica, cangiò a un tratto tenore, e volle nei brevi giorni assegnati alla sua vita versare il fiele di ogni amarezza, e inelterc la sua virtìi ai piìi tormentosi sperimenti; perchè nel bieve corso di nove lune padre, zio, fra- tello gli tolse, aprenilo nel suo cuore insanabile ferita , e scrol- lando a un tempo le basi sulle quali poggiavano le piìi belle speranze della sua futura esistenza. Tante sciagure avrebbero dovuto mellerlo ia basso, e quasi ED ARTI LirsERAH Zj l estinguere op,ui scintilla del suo ingegno, ma ei noa lasciò vin- cersi a lauto. Stretto come era ai suoi congiunti , e teneris- simo oltre misura alla madre che pur lo ricambiava di coceu- lissimo amore, era egli di conforto nella comune sventura, e mo- strava loro con cjiial animo sostener si dovessero i colpi del- l'avverso destino. Pure non intralasciava di provvedere alio slato SU05 però volgeva le sue applicazioni alia ragion civile, e pro- gredendo in essa con felice successo, prendeva nel iSaS la laurea dottorale. In questa riorganizzavasi la nostra accademia di lettere, e scienze, e ad essa cliiamavansi coloro che per ameni e gravi studi si di- stinguerauo, ed ei che giovane era, di molte speranze, per al- trui volere veniavi ascritto fra i cultori delle scienze morali, e po- litiche. Ma suo scopo primiero fu quello di attendere alla lu- minosa carriera delPavvocheria, e sulle prime mosse die mostra straordinaria di senno, e di dottrina superiore alla tenerezza dei suoi anni. Si accinse sul bel principio a orare appo le corti cri- minali, e nei suoi ragionamenti lasciò sospeso il giudizio se più fosse in lui d'ammirare la sapienza del dritto, o l'artificio, e la grazia di una maschia al tempo stesso e facile eloquenza, cui la precisione di un linguaggio energico, e netto di vani ornamenti, facea più bella ed elhcace. Era grande il suo desiderio di raccorre qualche frutto di tanti travagli a bene di sé, e de' suoi, che prima parte erano delle solerli, ed incossauli sue cure, ma la sua eia lontana ancora di qualche anni dal quinto lustro, malagevole gli mostrava la via e un po' lunga, a fronte di tanti destri avvocali, che preceden- dolo negli anni, e nella pratica del mestiere, lo vincevano di dotlrina non giìi, ma di esperienza e di nomej al che si aggiun- gevano quelle scure magagne del foro, che vedeva istanleniente Irapporsi al libero sviluppo de' più felici e giovanili talentij per*- che sembrò a lui di pili corta andata lo avviarsi alla magistra- tura, e fermo in tal divisamenlo non lo scoraggiavano né le dif- ficollk de' carichi, riè i penosi avvicendameoli di un sistema pel quale, balzato fuori della sua patria, dovea egli i migliori anni di sua vita consumare or fra monti, or fra valli, tratto succes- sivamente di terra in terra, di paese in paese. Laonde sostenuto l'anno i83o il travaglio di un concorso, in età vicina a 25 anni fu eletto a giudice nel comune di Riesi. Fu per lui sorte o sventura il conseguire si a buon ora il fine de' suoi desideri? Io non so dire: certo ei lasciava queste belle mura, e questi luoghi pur cari, ove avea comincialo e sostenuto una vita angosciosa ; si divelleva con pena dalle braccia di una madre amatissima; si dipartiva da' suoi congiunti, dagli amici, e recavasi a volouiaiio coufiue in parte sì diversa da quella ove 373 • LETTERATURA cbbesi il suo nascimento, e correva, infelice! a gran passi ad in- contrare l'estrema sua ora, lontano dagli oggetti più cari alla sua tenerezza. E (ante speranze Indarno, Il nuovo stato però apriva a lui larghissimo campo a virtù rovelle^ perciocché riunendo nelle sue mani i principali poteri , e r autorità maggiore sulla popolazione di quel comune, avea acquistato abilita di sollevare i miseri, di soccorrere gli oppressi, di reprimere i tristi, di giovare n tutti. E comechè ei conoscesse qaal fosse gravissimo peso lo entrar giudicante fra gli urti di contrari interessi, senza che alcuno avesse di lui a dolersi mai, con sicurezza ne affrontava il cimento, ed istancabile ad ogni fa- tica, sebbene tanto la sua natura non comportasse, sforzi non ri- sparmiava o sacrifici, perchè lutto fosse proceduto colla celerità inaggiorei imparziale ed integerrimo ministrava a chi competesse la dovuta giustizia, urbauo ed affettuoso a lutti, accoglieva eoa egual dolcezza i reclami de' ricchi e de' poveri, de' nobili e dei popolani, e presto ad ogni occorrenza, in tutte le ore a ciascuno accessibile, v per Francesco Pastore in-8 di pag. i3. ELOGIO funebre del reverendissimo ex-generale Luigi Antonio Faro carmiiitano, pronunziato nelle so- lenni sue e-equie dal patlie don Luigi Benedetto Corvaja casine- se, decano e maestro de' novizii. Catania da' tipi di Salvatore la Magna e figlio i8j3 in-4 di pag. 38, senza la dedicatoria e le iscri- zioni. RAPPORTO topografico meteorolo- gico statistico del terribile mta- cLisinu avvenuto a Jo oltubic ibiJi in Morsica di Michele PvIzzose pc. Pdkrinn presso Sd/i'acloie Bar- cellona -iS'ò'.'i ùi^S di [Jiii^. 2-j. L' ALLUVIONE ili MoJlca de' io ottobre i833: poemetto di Sa ve. Bio ScuoFANi Zacco dì Modica, dedicato al signor SAVt.v.10 ScRo- FAHI Aljgos 4 direttore r) Discorso sulla sifilide ereditaria di Luigi Castellana. Palermo i833. •^Lorenzo Angileri ^ . , n 3Ga LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Intorno all'articolo del Noci sulle breviatui'e usate dagli antichi nello scrivere. —1 Giuseppe Torturici .,...» 54 Della Gerarchia degli Esseri iutcUigeuti. •— Cantica del Marchese Tommaso GargiUo. Iddio cauto iv » ^-^ Prose e versi in memoria di Luisa Granito contessa di Camaldoli. Napoli 1 833. — Ferdinando Malvica . , . . , n ^1 Sunto dei discorsi letti nell'Accademia dei Zelanti di Aci-Reale. — Lionardo Vigo » 7'i Lettera di Antonio Mezzanotte prof, di lettere greche , e di elo- quenza nell'Università di Perugia al .«ig. Ferdinando Malvica. « 84 Lettera di Ottone I, Re della Grecia al prof. Mezzanotte . . . m 9' Siguito delle sessioni dell'Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. — Giuseppe Alessi j» 9-* Isciizioni italiane di Ferdinando Malvica. >» 99 Intorno aU'iuUuenza della lìlosofìa di Aristippo su i costumi dei Siracusani. Ragionamcutodi Bernardo Serio (conlinuaz. e fine)» 287 Sulla vita e le opere di Giuseppe Logoteta , memoria del Presi- dente Francesco di Paola Àvolio (continuazione) » ao3 Elogio del conte Leopoldo Cicognara scritto da Ferdinando Mal- vica, e recitato nell'Accademia di scienze e belle lettere di Palermo la sera dei i3 di aprile |834 » ^'** Brevissimo cenno intorno allo stato attuale della letteratura napo- litana. — . B n Notizie intorno alla vita e alle opere di Antonino Gentile architetto palermitano raccolte da Agostino Gallo » Nuovo volgarizzamento metrico dell'Iliade, di "Urbano Lampredi. — Napoli, tipografia PoiceUi, i833. Canto primo. -< Baldas- sare lìomano » ^4* Poesie di Lionardo Vigo, seconda edizione corretta ed aumentata dall'autore. Palermo presso gli eredi Giaffeo, 1829, un volume in-8. l/ì ).ag. 240. --Ferdinando Malvica » 34? Alcune rime, e due sepolcrali iscrizioni, composte da Francesco Spada Romano. Roma i833. —/ F. M , . . . « 363 In morte di Antonina Perez, caiiae di Francesco Perez. Palermo 1834. - A. Gallo « 364 Varietà. — Antonino Zercgu. . » ivi Necrologie. Per Francesco Sollima —Luigi Malvica » 101 Domenico Privitera — Salvatore Barba gallo Pitta » 3(>(> Salvatore Buonafede— • Antonino Viola '> SGg Corrispondenza . Lettera del dottor Giuseppe Cascio-Corlese al cav. Antonio Di Giovanni Mira ' » '^^° Lettera del professor Giuseppe Crispi al dottor Lorenzo Angileri-» ^i^a Bibliografia Siciliana ,....,...» ^74 3i6 3a3 ^^ $cmilfK^^ € Luogotenente di S. M. seguito eia tulio il suo mae- stoso corteggio da' Gentiluomini di Camera e dalle Dame della Real Corte , coli' intervento di S. E. il Consigliere Ministro Segretario di Slato , dalle Loro Eccellenze i Direttori della Real Segreteria, e di tulle le primarie dignità così civili, che militari della capi- tale, non che di tutti i Soci del Reale Istituto, e dei nostri principali scienziati, ne fece la inaugurazione so- lenne. L'Altezza Sua con l'afFabililà che lo distinguo, e con vero patrio interesse, ascollò da prima il discorso analogo alla circostanza, letto dal Presidente del Reale Istituto signor Principe di Villafranca, come anche la solenne ed onorata menzione che a norma de' Reali Statuti fece in seguito il Segretario Generale Abate Em- manuele Vaccaro di tutti quegli individui che meritato aveano dal Reale Istituto, con approvazione di S.A. R., i premi delle medaglie d'oro e d'argento, e di coloro altresì cui decretata si era, appresso quelli, degna retri- buzione di lode. Quindi degnavasi il Real Principe di eseguire la so- lenne divisata coronazione, impartendo colla sua real mano, e con evidente commozione di gioja di tutti gli astanti, i detti premi agl'induslriosi presenti. I quali lietissimi deli' ottenuto onore destano già emulazione e rammarico insieme in coloro che aver parte non vol- lero forse, o non poterono, a sì commovente ed onorata solennità. Indi venne schiusa la gran sala, ove bella mostra face- vano le opere tutte della patria industria, ed appresso il Real Principe ed il suo accompagnamento, si die luogo ad una folla di popolo, che quasi un grido d'entusiasmo levò nel metter piede in quel luogo di siciliana gloria. Il concorso d' ogni gente che in folla trasse di continuo per diciotto consecutivi giorni non venne meno colà un solo istante; e la soddisfazione ed il contento dal Real Principe, dal Governo, e dal Pubblico rispettabile e colto largamente in si lieta occasione significato, è ora 6 SCIENZE EU ARTI larghissimo guiderdoue al Reale Istituto per le gravi sostenute fatiche. Della quale solennità a far completa la storia si ag- giungono qui appresso i menzionati discorsi del Pre- sidente e Segretario Generale; vi terrà dietro il cata- logo de' saggi de' prodotti della siciliana industria che avevan luogo nella Esposizione, e chiuderà da ultimo questa parte del R. Istituto una riverita analoga mi- nisteriale del Governo. Emmanl'ele Vaccaro. Discorso del Presidente del Reale Istituto Principe di P^illafranca. La vostra presenza, A. R., quantunque da un lato fàccia sì che il mio spirito sopra tìàtlo rimanga a ra- gione dal malagevole, benché onorevolissimo incarico di ragionare davanti a voi, per la qual cosa timido il labbro, ed infeconda più dell'usato scorrer dovrebbe la lingua, pur non dimeno dall'altro mi dà tanto co- laggio e vigore , che invece di dilTidar di me stesso , fatto di me maggiore, intraprendo animoso il mio di- scorso. E prima d'ogni altro vengo, benché imperfettamente, ad esprimere i sentimenti di venerazione e rispetto, da cui è animato l'Istituto intero per l'ottimo nostro so- vrano Ferdinando IF, sentimenti di rispettoso omag- gio , di felicitazione pel di lui giorno onomastico che oggi ricorre; sentimenti di gratitudine per lo stabili- mento del nostro Istituto, e per averci prescelto a com- ponenti il medesimo; sentimenti in fine di umile pre- ghiera, affinchè voglia guardar sempre eoa particolare predilezione quest'opera delle sue mani. E Voi, A. R., che qui a comun vantaggio rappre- sentate a])po noi il vostro augusto germano, vogliate MECCANICHE 7 essere presso lui l'interpetre de' predetti sensi, nati dai nostri cuori, e ne' quali non hanno la benché minima parte l'adulazione e le vane formalità. Dopo di avere adempito alla manifestazione de' no- stri umili sensi, entro brevemente in materia, ragio- nando prima della necessità, che l'agricoltura, le arti, Je manifattuje, il commercio sieno incoraggiate e pro- tette. E quindi dell'influenza dell'esposizione de' prodotti agricoli e manifatturieri sul miglioramento e prospe- rità de' predetti rami, cotanto interessanti in ogni ci- vile società. PRIMA PARTE. Che l'agricoltura, le manifatture, e il commercio sieno necessarie per l'esistenza di uno stato incivilito, e che quanto più fioriscono, tanto più i paesi sono pro- speri e ricchi, non ha bisogno di dimostrazione, e tutti i governi vorrebbero ^ che la produzione della terra fosse la maggiore possibile , che le manifatture tutte, e specialmente le più comuni a' bisogni tutti prospe- rassero, e finalmente che il commercio interno ed e- sterno fosse il massimo, nel che non può esservi, e non vi è alcuna disparità fra tutti gli economisti; ma per ottenere questi risultamenti ogni governo ed ogni epoca ha seguito una strada diversa, e gli scrittori sono stati fra loro nella medesima diversità di opinioni. Gli antichi erano di sentimento che tutto avessero fatto i governi, che si mescolassero di tutto, regolas- sero tutto, stabilissero delle fabbriche per proprio conto, e si occupassero di ogni cosa , dalle più frivole , sino alle più gravi. Gli economisti moderni, cominciando da Smitt, vo- lendo generalizzare ciò, che è subordinato alle località, alle circostanze e ad infinite diverse combinazioni, hanno stabilito per massima, che il migl'or sistema di poli- tica economia sia che i governi da un cauto lascino a 8 SCIENZE Eft ARTI tutti l'assoluta libertà di adottare quelle colture , quelle maoifatture, quel commercio che più loro piacciano, e dall'altro non dieno incoraggiamento di sorta a qua- lunque siasi ramo d'industria, sia agricola, manifattu- l-iera o commerciale: e ad appoggiare e dimostrare ciò, dicono che lo ajuto dato ad un ramo è sempre a de- trimento degli altri, e che l'azione governativa in que- sto genere è dannosa, anziché no, dal che ne verreb- be la conseguenza , che quel governo sarebbe il mi- gliore, che riunisse in se la massima ignoranza alla massima inerzia: le quali opinioni sono sì l'una che l'al- tra, riconosciute oramai di sommo danno, e gli stessi autori moderni, che sono per l'opinione del non far null^, si contradicono allo spesso con loro stessi, men- tre in molte circostanze desiderano, che l'azione go- vernativa si facesse sentire o per reprimere o per re- golare. L'opinione saggia, e che hanno adottato i più illu- minati governi è di seguire la strada di mezzo, di la- sciar cioè ad ogniuio il libero uso delle sue proprietà, siano rurali, siano manifatturiere, o commerciali, vie- tando solamente l'abuso, e la frode, incoraggiare la in- dustria , togliere gli ostacoli , promuovere e spargere l'istruzione, dare de' premii, de' soccorsi, delle antici- pazioni, caricare di maggiori dazi e anche in alcuni casi proibire gli oggetti , che si producono in abbon- danza nel proprio paese, diflicollare l'uscita delle pro- duzioni, che possono bisognare alle proprie manifat- ture, agevolare il commercio, e la navigazione nazio- nale, e fare in somma che prosperi ogni ramo d'in- dustria, avuto riguardo alle diverse circostanze, e lo- calità. A conferma di ciò vi è l'esperienza, mentre que- sto sistema è stato quello, che ha portato l'agricoltura, le manifatture, il commercio in Inghilterra ed iu Fran- cia a quello stato di prosperità , in cui si trovano, e che sta facendo progredire gli altri paesi verso la stessa posizione, non ostante di essere alcuni di essi poco fa- voriti dalla nalLira. MECCANICHE g 1 più saggi governi sin da' più remoli tempi hanno cennato coll'esempio, con premii, soccorsi, e leggi, di promuovere ^agricoltura, le arti, le manifatture, il com- mercio. Ed infatti i Fenici ed i Cartaginesi accordavan dei premi d' incoraggiamento a coloro, che scoprivano dei mezzi onde perfezionare la navigazione, ed ognun sa la prosperità commerciale d(:'lle dette due nazioni. Augusto e Trajano diedero degli incoraggiamenti alle arti. Ruggiero fondatore della monarchia siciliana nel Ii4^ condusse seco dalle città di Corinto, Tebe, ed Atene, da lui conquistate, molti operai, che lavoravano la Stia e li stabilì (jui in Palermo, per cui sorsero i Gelsi, prosperò il setifìcio, e si diffuse per tutta l'Ita- lia. Federico re di Sicilia Don poche leggi fece por pro- muovere l'agricoltura e le arti, dalle quali non pochi vantaggi ne risentì la nazione. Ferdinando II nel i5i5 accordò i5 mila fiorini, somma assai considerevole in quei tempi, per lo sta- bilimento di una fabbrica di panni ed altra di calzette che però per la di lui morte non ebbero eil'etlo. La regina Elisabetta stabilì essa medesima le ma- nifatture di stoffe di lana, adoperando i consigli, e la direzione d'un negoziante chiamato Greshan, a cui fu eretta una statua nella borsa di Londra. Pietro il Grande, e Luigi XIV fecero degl'incredi- bili sforzi, il primo per cambiar tolalraente la faccia del suo impero, nel che in gran parte vi riuscì, e il secondo per migliorare fé arti, le manifatture, il com- mercio nel suo regno, e mercè il gran Colbert, suo ministro, ottenne felicissimi risultamenti , e la Fran- tia deve in gran parte a lui l'aumento delle sue rua- nifittuie, e del suo commercio^ Guglielmo 111° Re d'Inghilterra apprestò capitali, e premi per lo stabiiiuiento delle fabbriche di tele in IO SCIENZE ED ARTI Manchester, e in Lancaster-Shire, che sono state di tanto vantaggio all'Inghilterrai Carlo IIP vedendo le cause della decadenza della Monarchia di Spagna introdusse diverse fabbriche, e manifatture, accordando denaro, esenzioni, privilegi, e stabilì talune colonie di Svizzeri in alcuni punti più spopolati con una immensa spesa. Il medesimo stabilì in Messina una fabbrica di se- terie , facendo assegnare annue once 800 ai Direttore fatto a bella posta venire dal Piemonte. Carlo IV° fondò in Ispagna delle accademie, a di- disposizione delle quali mise de' considerevoli premi per promuovere le utili arti. Ferdinando P e Francesco 1° di felice ricordanza , fecero non poche leggi per incoraggiare l'agricoltura, le manifatture, il commercio, ma era riserbato al no- stro monarca Ferdinando IP il fare ancor di più. Egli volendo che gli agricoltori e manifatturieri fos* sero istruiti , incoraggiati , soccorsi ^ premiati , che il commercio fosse agevolato e messo a portata di soste- ner la concorrenza cogli stranieri, e che questa parte de' suoi domini non restasse in dietro dell'altra, volle, son quasi due anni, stabilire il nostro Istituto^ affinchè ajutato dalle società economiche ne' capi valli, dalle commissioni comunali negli altri paesi ^ diffondesse le utili cognizioni da pertutto, istruisse, persuadesse, pro- curasse di togliere di mezzo i pregiudizi inveterati, nati dall'ignoranza, e dall'abitudine, promoves&e lo sta- liilimcuto di utili culture, e manifatture, proponesse al governo utili espedienti, premi, incoraggiamenti; istituzione introdotta in tutti gli altri paesi, dove essa ha recato immensi vantaggi, e che speriamo esser per la Sicilia di uguale giovamento , mercè le nostre in- defesse fatiche, la premura per la nazionale prospe- rità e l'impegno, da cui tutti siamo animati di cor- rispondere alle benefiche mire del re, e alle vostre, MECCANTCHE I 1 A. R., che tanto avete a cuofe il promiiotere ogni elemento di privato e pubblico bene. SECONDA PARTE. 1 vantaggi, che ha recato alla Francia, che è stafa la prima ad introdurla l'esposizione, delle agricole pro- duzioni , e delle manifatture, sono incalcolabili, come lo assicurano molti scrittori , e particolarmente il ce-» iebre Chapol nella sua opera classica sull'industria fran- cese, ed è a tutti noto quanto sia slata giovevole al- l'industria dell'altra parte de' reali domini, e lo stesso è avvenuto negli altri paesi, dove è stata introdotta , e così doveva essere perchè una delle principali molle che muove gli uomini è l'emulazione, e non può esservi miglior modo di eccitarla , ^he col metter sotto gli occhi di una gran parte delibi popolazione i prodotti delle varie industrie, che devono perciò subire il giu- dizio di tutti coloro, che le osservano; giudizio di con- fronto facile e vicino; giudizio imparziale, per non esservi certamente nella totalità di chi deve giudicar- ne una prevenzione favorevole, o contraria. Uno degli altri vantaggi dell'esposizione è il far co- noscere a tutti ciò che si produce o si fabbrica in un paese, e che per lo più è ignorato; ed aumentare cosi lo spaccio delle indigene manifatture, diminuendo quel- lo delle forastiere, a cui molti ricorrono per l'assoluta ignoranza, in cui sono di fabbricarsi nel proprio paese ciò che richiedono. Giova anche a far conoscere ai forastieri alcuni rami d'industria che potrebbero essere da loro ricercali. Al- tro sommo utile finalmente dell'esposizione si è il far conoscere ai governi lo stato dell'industria, quali rami di essa mancano assolutamente, quali esistono, ma, o di qualità troppo cattiva^ o di prezzo troppo alto a proporzione delle qualità, o in quantità da non poter soddisfare a' bisogni del paese, onde con queste cogni- fi SCIENZE ED ARTI zioni acquistate facilmente, sollecitamente, e senza tema «li venire ingannati, possano a ragion veduta incorag- giare le più utili cose, ajutare chi più ne ha bisogno, dare i mezzi di svilupparsi agl'ingegni più sollevati, promuovere quelle colture, e quelle arti, e manifatture, di cui si manca assolutamentp, e dare tutti que' prov- vedimenti che potranno esser richiesti dalle circostanze^ Le medaglie poi che si distribuiscono sono una mag- gior eccitativa all'emulazione, ed alla invenzione o mi- glioramento, il che non ha certamente bisogno di ve- nir dimostrato. Penetrato il Reale Istituto da queste in- contrastabili verità non ha lasciato mezzo di sorta, onde avesse potuto la pubblica esposizione sin da questa pri- ma volta apportare alcuni de' sopradetti vantaggi, che hanno mosso l'animo benefico, e la mente illuminala del nostro augusto sovrano a stabilirla presso noi , e che vi hanno spinto. A, R., a prendervi il più vivo interesse e a tanto pioteggeila, e ha creduto, che il mi- glior mezzo di mostrare la sua eterna riconoscenza per questo benefìcio era di farla riuscire quanto meglio si poteva, non ostante tutti i pregiudizi, prevenzioni, igno- ranza, diffidenza; e tutti gli ostacoli che sorgono nello stabilimento di una cosa assolutamente nuova. La man- canza poi de' capitali de' nostri artisti giunge disgrazia- tamente al punto, che molti non han portato oggetti per tema di non poterli vendere prontamente, ed altri che gli avevano preparato, gli hanno venduto per non perdere l'occasione che si è loro presentata , e questo e stato uno degli ostacoli, che si è dovuto superare. Venendo ora a ragionare dell'attuale esposizione, se si vogliono riguardare in se stesse l'esposte nostre ma- nifatture, si scorgerà facilmente, che noi siamo ancora discosti dalle altre nazioni, ma se si rifletterà alla po- sizione de' nostri manifattori ed artisti, privi com'essi sono, per la più parte , di capitali, d' istruzione e di macchine e sin'ora di qualunque incoraggiamento , si Vftdrà ch'essi fan de' prodigi, e che col siciliano fer- MECCANICHE l3 vido ingegno, ajutato da rozzi strumenti, arrivano, se non ad uguagliare, ad imitare almeno molti generi di estere manifatture. A questa mia proposizione devono però far eccezione alcune manifatture, che sono poco distanti da quelle estere, perchè usano delle stesse macchine, e sono state dirette da artigiani forestieri di sperimentata abilità. Sì vedrà anche nell'attuale esposizione, che noi man- chiamo delle più interessanti ed utili manifatture, e con particolarità di quella de' panni e delia filatura del cotone, della lana, e del lino; mancanza, che fa uscire ingenti somme dalla nostra isola; e manchiamo ancora di fabbriche di terraglia, di cristalli, e di vetri, anche i più ordinari, e che fino a pochi anni fa esistevano, ma la privativa, e le facilitazioni non poche accordate dal governo per lo stabilimento di una fabbrica di panni ci deve far lusingare, che presto sarà introdotto appo noi questo così interessante ramo d' industria, e lo stesso può dirsi per la filatura del cotone, per la quale, oltre la privativa già accordata, si è disposto , che i [ìubblici pii stabilimenti di beneficenza di Pa- lermo e Catania, facciano venire le macchine opportune, che fra non guari si aspettano. Altra privativa è stata richiesta per delle filature a vapore, ed altre di minor interesse sono egualmente state dimandale, ed in gene- rale non può negarsi esservi una gran tendenza verso un generale miglioramento delle nostre manifatture, e lo stabilimento di nuove, e con qualche particolare in^ coraggiamento, io senza tema di sbagliare son sicuro che di qui a pochissimi anni la Sicilia sarà a livello degli aUri paesi per la maggior parte delle arti, e ma- nilatture, e mi lusingo che potrà nascere in essa qual- che utile invenzione, come molte ne' tempi antichi ne ha j)rodotte, ed il paese che ha dato un Archimede ne potrà dare un secondo, ma per ottenere questo felicis- simo risultamento, oltre i governativi incoraggiamenti dovrebbero assolutamente i compratori di manifatture l4 SCIElfìJtK ED K-RJt ch'esistono in Sicilia, e soprattutto (ài generi di lusso, animare i manifattori nazionali, contentandosi del bup- no lavorato qui, ed a giusto prezzo piuttosto, che ri- cercan4o il perfetto lavorato altrove. Illustri esempi, de' quali per amor del vero noi non pianch.iarao , potrebbero soltanto eccitare fra noi un siffatto utilissimo spirito nazionale. Sono molti anni che si è delirato per l'amor di pa- tria con politiche , e poetiche discussioni , ed ognuno ha detto, che sarebbe pronto al bisogno a sacrificar le sue sostanze, la sua stessa vita per essa, e trattan- dosi di utilità positiva da ottenersi con leggerissimo incomodo, questo nobilissimo affetto si trova nel cuorp solamente di pochi. Tanto è vero che gli uomini si pascono sempre pi^ 4' illusioni, che di realità. I miglioramenti poi nell'agricoltura r^on possono esser posi rapidi come quelli delle manifatture. In pochi anni si può stabilire dovunque, avendo de' capitali, uqa ma- nifattura che può far cambiare lo stato economico di un intero paese , ma per introdurre un nuovo genere di coltura si bisognano vincere de' pregiudizi invecchiati ne' produttori, e talvolta anche ne' consumatori, si deb- bono far replicate esperienze perchè il più delle volte il l^^tq non corrispond,e alla teoria, una coltura, che fiesce bene in un terreno di piccpla estenzione non ha Vin felice risultamento in una estesa quantità, e ciò c\\e prospera in una qualità di terreno sotto una data espo- sizione , non corrisponde ugualmente in una diversa condizione di terra, o situata diversamente. Se 3Ì tratta poi di piantaggioni di alberi, il tempo per dare un pro- fitto, e quello per far esperienza, è assai maggiore, e perciò non possiamo lusingarci, che l'esposizione possa portare sollecitamente all'agricoltura que' vantaggi che arrecherà alle arti, e alle manifatture, nia col tempp contribuirà di uniti) agli altri inporaggiamenti, ed alla istruzione , al miglioramento della nostra agricoltura , MECCANICHE 1 5 che dobbiamo convenire essere di gran lunga più di- scosta da quella degli altri paesi di quel che le njair niialture Io sono. Eccomi giunto al termine del mio ragionamento , che per la vostra presenza, A. R., non meno che per- la importanza del soggetto, era di gran lunga superiore alle mie deboli forze, ma da' miei colleghi onorato , di questo difficilissimo incarico, che non poteva da me rifiutarsi, ho cercato supplire alla mia pochezza col zelo, da cui sono animato pel miglioramento dell'agri- coltura, delle manifatture, e del commercio della Si- cilia, voluto con tanta efficacia dal paterno benefico animo della M. S. , che il cielo pouservi per lunghi e prosperi anni. Felice me ee ho potuto, A. R. , in grazia delle mie intenzioni meritare il benigno vostro compatimento. Rapporto del Segretario Generale- Godenii vivamente l'animo, o Signore, che io sia chiamalo a nominare, innanti la Reale Altezza Vostra quei rispettabili Siciliani che per opere di nazionale industria bene han meritato dalla patria. Godemi vivamente l'animo in pensando che i segni dell'onore per opera di una reale mano risplendono già nei petti dei più utili cittadini dello stato. Conosce ora bene il mondo più che non fece nei passati tempi che più rispettabile non havvi nella società di quell'uomo, che perfettamente e meglio che ogn'altro esegue il suo mestiere, e di colui che all'opera della sua mano e col sudor di sua fronte concorre la patria sua a render più ricca o più agiata. Chi può negare che un buon la- voratore della terra^ un artigiano onesto sia più utile membro dello stato di un ricco semplicemente dei pro- dotti consumatore? Che sarebbe di quest'ultimo, anzi ì6 SCIENZE ED ARTI dello stato intero, se il primo ooa gli creasse la ric- chezza, se il secondo non gliel' aumentasse? Il più de- gno e bello spettacolo è poi d'altro lato sulla terra; e santo amore pe' suoi popoli infiamma il Principe che il suo trono non isdegna di circondare di questa utile gente, di vegliarne attentamente i passi, di ]>remiarne per condegnje larghezze i miglioramenti. Lode sia a quel Sovrano; egli è nel suo regno come il sole nella natura; che col beneficio delia sua luce ov'egli si mo- stra rischiara e feconda. Signore, voi foste l'eco fedele della sacra parola 4el Re, il quale al Reale nostro Istituto ingiungeva che i più utili e più operosi sudditi di questa parte del regno ravvicinasse al suo Sovrano, perchè egli, come il padre che è contento dei suoi figliuoli, lor mostrasse Ja sua soddisfiizione e li premiasse. L'Istituto intese già con assiduità e solerzia al sovrano cenno; ed esso è ormai contento di poterli in questo lietissimo giorno presentare, e nomipare al cospetto del suo graziosissi- pio Principe. JE primo. 1° Don Gioacchino Romeo palermitano attirò gli sguardi del Reale Istituto con una sua felicissima e liianlropica idea. Quanti strumenti in Londra ed in Francia vennero mai inventati a tornar la vita a que- gl'infelici che allogano in mare, o cadono in altra qualunque asfissia, egli seppe qui far costruire dai no- stri artefici, e con mirabil ordine, secondo meglio l'arte medica suggerisce, in una cassa riunì, che egli degna- mente chiamò cassa di salvezza. Altri strumenti chi- rurgici aggiunse , che a francarne cominciano per tal bisogno dallo straniero; ed i suoi lavori di gomma elastica, da lui primigeniamente tentati e perft7.ionati, ad un tratto cominciano, non che a provvedere. agi' in- terni bisogni, ma han già spaccio nello straniero. Uno strumento onde estrarre i fluidi dal ventre ed immel- terveli facilmente, detto il Jluidue, imitato su quello MECCANICHE 1 7 da Parigi, recentemente recato dal nostro socio corri- spondente abate Panvini ; altro processo di strumenti onde far uso del metodo a curar la tisi pulmonale giu- sta quello recente. Queste e varie altre macchine tutte fra noi eseguite meritarono al Romeo cumulalamente l'onore della prima tra le medaglie d'oro da impartirsi. 2° Giovanni Albrecht ha fatto sorgere un esteso sta- bilimento di tessuti di cotone qui presso la capitale. Egli coi soli suoi sforzi ha reso generale fra noi l' uso di questo nostro genere indigeno, ed il quale, poiché fi- lato è dall'estero, a noi stessi, pel già creato bisogno, ritorna venduto. Questo uomo rispettabile che ha colle sue fabbriche da tessere aperto l'adito all'altra felicis- sima, ricca e certa risorsa del tessere, che puossi fra noi agevolmente fare; che colle stesse alquante centi- naja di bracci e di allievi fa vivere ed istruisce, ebbe assai degnamente volato dal Reale Istituto l'onore della seconda medaglia. 3° Antonino Grillo da Messina meritò in terzo luo- go lo stesso onore per aver costrutto ad uso delle grosse navi una catena di ferro per servir di gomona all'anco- raggio.Tutti sanno quanto di questo mezzo si avvantaggi la navigazione; e quanto famosa ne vada l'Inghilterra come la principal costruttrice. Ma questa dell'artefice siciliano vince le inglesi , primo per essere battuta a martello, e non fusa come quelle, che son quindi fran- gibili all'urto di violenta bufera: e secondo che più sapiente n'è il congegno, perchè più facile n'è l'uso, e di una particolar mobilità il così detto maniglio e molinello. 4" Giuseppe Naccari da Palermo venne anch'egli giu- dicato degno d'essere rimeritato dello stesso onore. Lun- go saria narrar le industriose risorse di questo nostro fecondissimo ingegno. Ma i letti di vario metallo, e di bellissimo lavorio, gli strumenti da camino di rame ed acciaro di peregrina bellezza, i bottoni d'ogni genere, di che ormai si potrebbe provveder la Sicilia, e tutti l8 SCIENZE ED ARTI i suoi diversi lavori di ottone, da lui ridotti a sostenere il paragone dell' altro miglior metallo , come noto lo rendono all'estero, gli conciliano altresì la riconoscenza della patria, che la quarta medaglia d'oro gli decreta, Medaglie d'argento. Vengono primamente fregiati di questo premio i fra- telli Ottaviani da Messina, e don Corrado Marano da Catania pei loro rispettivi stabilimenti da conciar pelli all'uso inglese e di Tours. La somma perfezione che in questa industria asseguirono gli uni e l'altro di que- sti due fabbricanti, l'estensione dello spaccio, ed il bi- sogno del consumo di questo indispensabile genere avreb- Ler guiderdonati questi ottimi siciliani della medaglia d'oro anch'essi, ove il numero di quelle consentito l'a- vesse. Quindi ebbero colle prime due medaglie di ar- gonto decretata ogni più alta elTusione di lode. Lo stabilimento di Santo Spirito in terzo luogo pei suoi bellissimi tessuti di seta, ricami d'ogni sorta, fiori all'uso di Francia, e sopratutto per la mostra di cachc- mir che giudicato venne da veditori esperti eguale al forastiero in bellezza, meritò a pieni voti la medaglia di argento- Dei quarto premio di questo genere e rimeritato Sil- vestre Giordano da Caltanissetta. Questo ingegnoso ar- tefice non che tessè i cappelli di paglia colla stessa fi- nezza di quelli di Firenze; ma la paglia stessa toscana che per quelli veniva importata qui in Sicilia seminò e raccolse. I suoi cappelli di paglia lavorati cou istru- menti da lui stesso eseguiti sarebbe tempo che fossero in uso presso ogni classe di cittadini che con aumentare il consumo de' propri prodotti, e lo spaccio delle nazio- nali industrie dovrebber mostrare il loro patriottismo. La quinta si decretò ad un felicissimo tentativo del signor Tenente Morisani, in questo Reale Albei'go dei Poveri eseguito, e che ci auguriamo clic avrà per la I MECCANICHE 1 9 patria nostra le più belle e liete conseguenze. Con un suo metodo con cui, non che il lino ma il canape e la stoppa riduce alla morbida finezza della seta, e ad una bianchezza senza pari, si provò fin senza adatti strumen- ti di ordir la tela di Olanda , e i doghi più belli , e voi stessi, o signori, vedrete i campioni in queste sale esposti se sien perfetti. Donna Rosalia Emmanuele in Citati palermitana ha fra noi eretto un particolare stabilimento per i lavori di cotone, li quali per la maestria con che si veggoa fatti sono stati riputati anche migliori di altri compa- gni tessuti. Ella si ebbe l' onore della sesta medaglia d'argento. Giacomo Buongiovanni da Caltagirons pe' suoi gruppi e figure di costumi in argilla eseguiti seppe attirar l'at- tenzione d'ogni forestiere di gusto dal Iato delle forme più belle e della più gran varietà, di che viene arieg- giando i suoi personaggi. Questi gruppi sono con avi- dità richiesti, e cominciano ad essere una importante in- dustria. Il Buongiovanni ebbe quindi con ragione vo^ tita altra medaglia d'argento. Mostra dei più bei fiori che mai si sieno veduti dalla Datura imitati presentò il Collegio di Maria di (basti- glia. Questo campione, che esime d'ogni scusa in faccia alla patria coloro che proseguiranno nell'uso dei fiori stranieri, è stato rimeritato parimente dell'onore della medaglia d'argento. In seguito degni venner giudicati di premio. D. Vito Badia per fabbrica ed arbitrio di cera ad uso di Venezia. Maestro Matteo Caraffa per lampade e bracciuoli, e candelieri di rame imitanti il bronzo. Salvatore Ammirata fabbricante di canne da fucile assai pregiato. Giovanni Figarrotta i cui lavori di oro e d'argento con gusto ed eleganza eseguiti, se non vincono, aggua^ glian senza fallo quelli di Parigi o di Londra. 20 SCIENZE ED ARTI E D. Antonino Pampillonia cui fanno sommo onore del pari i campioni di oro e d'argento non con minore squisitezza del primo lavorati. Questi cinque pregiati nostri concittadini ebbero ugualmente ciascuno decreta- |to l'onore della medaglia di argento. Finalmente: Francesca Magnano da Sortino per vari tappeti dì lana e coperte, li quali almeno pe' giorni avvenire fan mostra di quanta speranza di miglioramento sieno es- si capaci. D. Litterio Clntorino da Messina per la sua perfetta fabbrica di acido citrico. I Soci Marino e d'Alleo da Trapani per lavori di alabastro leggladrissimi, forse anche migliori di quelli di Livorno e di Napoli. Alberto di Giorgio trapanese ugualmente per la sua collana di corallo da tutto un pezzo costrutta con pro- digiosa industria. I fratelli Corrado e Nicolò Sgroi da Militello per due perfettissime statere che fino levano la dramma nel pesoj ammirevolissimi ben anco per lor bellissimo la- yorio, meritarono le ultime cinque medaglie di argento. "^ Onorate menzioni. Oltre ai cennati soggetti , degni riputava il Reale Istituto di essere con sommo onore rammentati, e pri- ma d'ogni altro il signor Benvenuto Pavin. A questo rispettabile nostro socio ordinario pei suoi eccellenti tessuti di seta nel R. Albergo de' poveri eseguiti, avea il Beale Istituto votata una medaglia d'oro, per la bellezza e l'importanza di questo genere di nazionale industria. Dolevasi egli fortemente di non esser venute le sete da Catania, perchè ardea di farne con quelle il confronto. Come tale, il Pavin generosamente rifiu- tava il premio elargito; egli era pago di questo onore, ed amava meglio vederne altro ugualmente utile ar- MECCANICHE 12 1 tiere coronato. Bello troppo e generoso era questo trat- to per essere dal Reale Istituto rifiutato. Questo ac- cettò l'ofTerta, e gioiendo vivamente che sì bello esera- pio partisse da uno dei suoi soci, a lui votò le prime lodi, e le prime onorate menzioni. Il barone don Mauro Tunisi altro nostro rispetta- bile socio ordinario meritò ancli'egli larga retribuzione! di lode per la sua fabbrica da carta con gravi suoi dispendi e fatiche fatta sorgere in Castelbuono. e per dar sol esso di presente in Sicilia il lodevole esempio di far sussistere un sì utile e necessario stabilimento. Menzione di onore facciara parimente dei lìTògrafl Sconduto, Scaglione, Paderni, Filippone, e Minneci co- me coloro, che con quanto posson d'ingegno, di fìitica, e di spese concorrono a far lodata la patria nella bel- la e gentilissima arte della litografia. E don Giuseppe Forcasi da Palermo pe' modelli d'una macchina a due cilindri per pigiare le uve, e d'una tromba aspirante per trarre l'acqua da' pozzi per via di una leva ma- neggiata da un uomo; maestro Marcantonio Versace da Palermo pel modello di una simile macchina che agi- sce jDer mezzo di un meccanismo di due cilindri messi dalla forza di un uomo; il signor don Salvatore Lea- nardi da Catania pel modello d^lla macchina per ma- cinare le ulive; maestro Giuseppe Cannella da Palermo pel modello di una macchina idraulica per innalzare le acque de' fiumi; i signori don Andrea Abbate, e capo maestro Francesco Scalabrino da Trapani pe' mo- delli di simili macchine da loro inventate per far pas- sare le acque del mare nelle saline; i signori don Sal- vatore Chilardi da Palermo, e don Leonardo Rizzuta da Giuliana pe' modelli degli strumenti di agricoltura da loro ideati furono anche nominati con lode. Ed ol- tre a questi don Maurizio la Barbera pei suoi lavori di ottica, don Francesco Ciiilardi nella sua fusion di caratteri musicali e tipografici espertissimo, i ligatori di libri Roberti e Rulììno, maestro Gaetano Antico per 2 9 SCIENZE ED ARTI tintura di coione a vari colori, il sig. don Luigi Oddi da Sciacca per la tentata e riuscita coltivazione della robbia all'uso straniero, il signor don Francesco Nicolosi alias Puppù da Catania per tessuti bellissimi di seta da camiciuoli, maestro Costantino Carafa da Aci-Reale ed abitante in Palermo per mortai a rilievo di bronzo e di ferro, e maestro Giuseppe Speciale da Palermo per una staterà americana che leva trentasei cantari, e colo- rata a fuoco, meritaron tutti ugualmente [debita impar- tizione di lode. La quale mio particolare ed ardentissimo voto sa- rebbe stato da ultimo che larghissima e perenne otte- nuta avessero da una di quelle celebrate penne che ar- bitro sono della vita e dell'obblio degli uomini ne' se- coli avvenire. MECCANICHI? 23 Catalogo dei saggi de' prodotti della industria nazionale pre- sentati nella solenne esposizione fatta dal real Istituto d'inco- raggiamento d' agricoltura arti e manifatture per la Sicilia^ nel dì 3o maggio iS34t giorno onomastico di S. M. Ferui-- NANDO Secondo Re del regno delle due Sicilie. Premi accordati nella solenne esposizione delle manifaltun dell'anno iiì34i^)- Medaglie di oro. i • Al sig. dolt, don Gioacchino Romeo da Palermo per lavori di gomma elastica fCaovtchouc) e per una cassa di salvez- za, in cui vengono mirabilmente riuniti tulli gli strumenti, che lornan la vila agli asfltlici, e fra noi macslrcvolmenle la- vorati. • 3. Al sig. don Giovanni Albrecht per lo slabilimenlo de' tes- suti di coione, e di lino di ogni genere e gusto; e per essere stato il primo a far sorgere nella Capitale un gran stabili- mento di manifatture diverse tanto comuni allo spaccio, di ciii^ . già fa uso ogni classe di pcrsoue. ' '' 3. Al signor Antonio Grillo da Messina per una catena di fer- ro da servir di gomena alle grandi navi, battuta a martello, e rjuindi più salda di quelle d'Inghilterra eseguite di ferro fuso, col molinello, e maniglia maestrevolmente lavorati. 4- Al sig. Giuseppe Naocari da Palermo pei diversi lavori di rame argentato, di acciajo, di ottone, e d'altro. ( ) Lr manifatture tutte che si troveranno esposte, sono sfate accomjia- gnate dai certificati delle autorità locali, che assicurano di essere stai.- la- vorate nrlle fabbriche, che si trovano nei rispettivi distretti stabilite. La loro classificazione sarà fatta per articoli, dimodoché i lavori si troveranno tiriti classincati nella sala di csposiieione, essendovi m'Ha magijior parte degli og- getti notato il prrzzo jispettivo; e se questo in alcuni manca, ciò e avve- nuto perchè i fabbricanti non avendo terminato di tulio punto i lavori da «■sporre, allorché Jian dato la loro noia, non Lan potuto con precisione in- dicarlo. * a4 SCIENZE ED ARTI i Medàglie di argentò. 1. Ai signori fratelli Ouaviani da Messina capi di uno stabili- mento per conciar cuòi, suole e pelli all'uso inglese, e del pari perfette ed utili. 2. A don Corrado Marano da Catania per V ugual fabbrica e industria, e per le pdli cosi dette di dante. 3. Al R. Conservatorio di Santo Spirilo di Palermo per vari lavori, fiori, e tessuti, e specialmente per bordure di Cachemire, ^. A don Silvestro Giordano da Caltnnissetta domiciliato in Pa- lermo per cappelli di paglia seminata, e raccolta iu Sicilia, e per altre manifatture. 5. Al signor tenente don Domenico Morisani per lo lino, e il canape secondo il suo paiiicolar metodo imbiancato, e per li vari dock di tela, e damascati all'uso di Fiandra lavo- rati nel Real Albergo dei Poveri di Palermo. 6. Alla signora donna Rosalia Enimanuele in Citati da Palernoo per diversi tessuti di cotone e lino e precisamente pei nanlini lavorati nella sua fabbrica, •J. Al sig. Giacomo BuongJovanni da Callagirone per manifatture in creta cotta, consistenti di figure e gruppi diversi di costumi siciliani 8. AI Collegio di Maria di Castiglia di Palermo per fattura per- fettissima di fiori esenuili da Suor IMaria Caterina Bancalari. p. A maestio IMutleo Caraffa da Palermo per uu candeliere 4 olio a due bracci di rame bronzato e dorato. IO. Al sig. don Vito Badia da Palermo per candelotti di «era bianca e di vari colori all' uso di Venezia. 3 1. A Fiancesca Magnano del fu Giuseppe vedova di Nunzio Giuliano da Sonino per una coperta da letto di lana a va- rio lavoro, e colore. 12. Al signor Litterio Cintoriuo da Messina per la fabbrica del- l' acido-cidrico. i3. A' signori don Francesco Marino e don Alberto Alco da Tra- pani per vari bellissimi oggetti di alabastro. 14. Al signor don Alberto Giorgio da Trapani per manifatture dì coralli. j5. a maestro Salvatore Ammirata da Palermo per la fabbri- ca di canne da schioppo damaschiue. i6. AI sig. don Giovanni Figarotta per vari bellissimi lavori d' oro e di argento. i^. Al sig. don Antonino Pampillonia da Palermo per simili bellissimi lavori di argenterie a cesello. 18. Ai signori fratelli Corrado, e Niccolò Sgroj da Mililello per dne stadere eseguite eoa la massima esattezza. MECCANICHE ùS Onorata menzione. I. Il signor Benvenuto Pavin pei suoi eccellenti lavori, ehe emulano la bellezza di quelli di Lione , avea meritato dal R. Istituto una delle medaglie d'oro, ma egli guai membro dello stesso non volendo die restar pago del solo onore, generosamente rifiutolla, perchè il merito di altri artisti ne venisse preraiato. Quindi il R. Istituto a lui volò le prime lodi, e le prime ono- rate menzioni. I. Al socio ordinario sig. barone don Mauro Turrisi da Pa- lermo per aver fatto sorgere una fabbrica di carta d' ogni sorta con grave suo dispendio e fatica, votò parimente il R. Istituto le più distinte, ed onorate menzioni. 3. I signori fratelli Sconduto, don Giuseppe Scaglione e don Francesco Paderni, don Giovanni Minneci, e don Giuseppe Fi- lippone, come quelli, che coi loro utili stabilimenti di litogra- fìa concorrono a fare lodata la patria in un'arte così bella e gentile, meritano parimente daH'Jstiluto menzione di onore. 4. Don Giuseppe Forcasi da Palermo pei modelli d' una macchina a due cilindri per pigiare le uve, e d' una tromba aspirante per trarre 1' acqua dai pozzi ec. per mezzo di una le* va maneggiala da un uomo. 5. Maestro Marcantonio Versace da Palermo pel modello di una simile macchina, che agisce per mezzo di un meccanismo di due cilindri mossi dalla forza di un uomo. 6. I signori don Francesco Ruffino, e don Michele Roberti da Palermo pei lavori a rilievo sopra pelle da essoloro eseguiti per fodere di portafogli, borse libri ec. y. Maestro Cost;intino Caraffa da Aci-Reale domiciliato in Pa- lermo, pei lavori di bronzo e di ferro fuso eseguili con sommo artificio. 8. Il signor don Salvatore Leonardi da Catania pel modello della macchina per macinare le ulive ingegnosamente costruita, g. Maestro Giuseppe Cannella da Palermo pel modello di una macchina idraulica per innalzare le acque dei fiumi , ed i signori don Andrea Abbate, e capo maes.lro Francesco Scala- brino da Trapani pei modelli di simili macchine da loro in- Tentate per far passare le acque del mare nelle Saline. IO. I signori don Salvatore Chilardi da Palermo, e don Leo- nardo Rizzuto da Giuliana pei modelli degli strumenti d'agricol- tura da loro ideati e in modelli a rilievo all'Istituto presentati. II. Maestro Giuseppe Speciale da Palermo per la stallerà mo- dellata seoonlo quelle di America, e ridotta al peso di Sicilia. 12. Don Maurizio La Barbera da Palermo pei lavori di oilwa 26 SCIENZE ED ARTI maestrevolmente, e a somiglianza di quelli dell'estero da luì eseguiti. i3. Don Fiancesco Chilardi da Palerrao per la fonderia dei caratteri tipografici di v»rie sorli, e delle sue madrict. 14. 11 signor don Luigi Oddi da Sciacca per essere stato il primo a presentare all'Istituto la robbia nel suo podere coltivata, la quale risulta di graiid'utile per la tinta delle manifatture. i5. Il signor Gioacchino Antico da Palermo per la tintura dei cotoni, eseguita con pianie siciliane. 16. Il signor Francesco Nicolosi da Catania per le stoffe di seta a vari colori e disegni ad imitazione di quelle di Francia. I quali meritano tutti ugual menzione di lode. Valle di Palermo. Matìifatture di seta dirette dal sig. Betipenuto Pavia francese j nel Rcal Albergo dei Poveri di Palermo. Stoffa per parato col fondo raso di color ponzò fino, con gigli e rosoni color d'oro a chiaro-scuro largo . palmi 4 4 ''^ canna . . ^ on^ 5 w Detta col fondo raso color giallo con festoni fiorati bian- chi con simboli agrari intrecciati larghi palmi 2 | ■ la canna on'j a i5 Detta col fondo raso color celeste, con arabeschi bianchi larga palmi 1 la canna onj 2 20 Detta col fondo raso color pistacchio lavorata a scacco, e roso)\i bianchi ombreggiati, larg. pai. 2 la can. on^ 1 ao Detta o bordura col fondo raso color ponzò fino lavora- ta con fogliame gialla dorata, larg. pai. » ^ la can. oti^ i 6 Detta o bordura col fondo raso color celeste, con arabe» schi ed oca centrale color canarino , ombreggiato di verde oliva, larg. » ^ la canna on^ l 6 Barcges orelèa bianco, rigato color di rosa, larg. palmi 2 I la eanna owj » liJ Detto giallo rigalo a fasce rasale, larg. pai. 2 | la can- na onT » 18 Seta grezza bianca, e gialla color naturale filala di quat- tro in cin(|ue bozzoli per lib!)ra on^ 1 2 Organzino operalo nei filatori idraulici per libbra on^ i 18 MECCANICHE ^^ Manifailnre di lino e canape del Reni Allerto dei Poveri di Pa- lermo dirette dal sig. lenente don Domenico Morisani. Dock bianco di filo la canna ....... oht » » Detto bigio di filo la canna ou^ ,, ^ Detto rigato a colore la canna onT » » Tela fina la canna ona » ,) Lino in manne biancheggiato il rotolo .... 01)7 » y, Detto rczzatura il rotolo -^^...v^ I >-^<.it([if «. ji luiulu , . , on7 )> w De Ito stoppa il rotolo onn » „ Filo grezzo delle suddette tre materie, il rotolo . onn » >, Canape grezzo nelle dette tre gradazioni il rotolo , 0117 » » Manifattura di cotone del suddetto Real Albergo dei Poveri diretto dal sig. Giorgio Schrepfer svizzero. Tovaglie da tavola a diversi lavori, larghe palmi 6, e lunghe palmi io del prezzo per ognuna -r, ,]' ^. onT w a4 '> JJette di canna una per ognuna onn » 16 » Dette larghe palmi sei e lunghe canna «na . on-; » 7.0 „ To-'nghuole da faccia per ognuna . • . . on7 ,, 5 io fcalvielte correnti per ognuna . . . . . . on? ), 2 io ;Uelte lavorate a roselle per cadauna . . . 0U7 » 2 i5 Rigatino per coltre per ogni canna . • • . out » n 10 Dette a fasce piccole ^ o„;l '' Tessuto di cotone e seta per gilè per ogni palnio on7 Detto di cotone lavorato a roselle. ... 7 10 ou Manifatture del Real Conservatorio di Santo Spirito di Palermo. Stoffe diverse per gilè in tutta seta il palmo . . on? « 6 bordure o strisce diverse di seta e cotone tessute a Ca- chemire con fiori , di vario colore per abiti, al prezzo per canna *^ o e. • j- , onT 1 18 btrisce di mussola ricamate a diversi disegni . . onn x 20 Tovaglia umerale di stoffa di seta bianca ricamala in oro Matasse di lino biancheggiato " .* .* .* .' .* * onn » l Bouquet grande di fiori lavorati all'uso di Francia on7 3 )> Hamiceilo di rose lavorale come sopra . . . . oni 1 » » 6 IO )) 6 » )) 5 » )) 3 IO » 4 » » i5 » » 5 » a8 SCIENZE ED ARTI Manifatture del Reale Stabilimento dei Pazzi. Tessuti di cotone bianchi rigati color turchino eseguiti dai Pazzi . , on^ » » Vesti da donna dei suddetti tessuti eseguite e. sopra on;; )> » Calzoni di delti tessuti tagliati, e cucili come sopra on^ m » Manifatture della fahbrica della signora donna Rosalia Emmor nuele in Citali di Palermo. Matras di cotone di differenti colori la canna . onn » 6 » Tela CI teca bianca, la canna on^ Della rigala a colori la canna ou^ Telelle d'india la canna • on^ Dette d'inferior qualità la canna on;7 ISanckino di cotone la canna oii-j Dello di filo la canna oti^ Baregès diversi la canna oii^ Dello per spallini la canna on^ ); io » Manifatture della fabbrica di cotoncrie del signor Giovanni Albrecht svizzero. Dock di coione rigali a colori la canna . . ony » ^ » Detto liscio bianco on^ » g » Dello rigalo bianco on^ » 8 » Detto rigato mezzo lino oii'j » io » Detto liscio di lino on^ » io » Spigòne rigato on^ » 5 io Telette d'india on^ » 5 io Delle all'uso inglese oun » 6 » Barèges di cotone on7 » 7 » Delti a mezza seta out » g » Barracani o sia spigoni larghi palmi 4 • • ^"7 » 10 » Cotonine per fodere di materasse con fasce rasale color fino largo palmi 4 owj » J2 » Fazzoletti di velo colorato, per uno .... on^ )> 2 5 Delti come sopra con bordi di seta . . . on^ » 210 Detti come sopra con bordi di seta quadrigliali 0117 » 2 i5 Mossolino damascato a fiori grandi largo palmi 5, la canna on^ » li » Percal fìoissimo senza apparecchio . . , on^ » 8 » ^9 » 5 IO » 5 w » 6 » » 6 IO » 22 IO » » 7 IO i5 n 2 i5 7 8 22 )) 6 » i5 » MECCANICHE Mossolino velato fino on'j Gambrick fino 007 Detto a mille righe 007 Detto a peparelli on7 Tovagli o mensali grandi di palmi io per cadauna 007 Dette palmi io per 8 007 Dette palmi io per lo 007 Delle palmi 10 per 12 007 Salviette con bordure, cadauna on7 Fiandre fine on7 Ditnities on7 Sarronèt color di rosa, la pezza on7 Detto color celeste, la pezza on7 Coperte da letto lunghe pai. 10, larg. pai. 12. on7 Manifatture del signor don Gioacchino Antico da Palermo. Fazzoletti di cotone a colori stampati a due facce al- l'uso di Boemia, per cadauno 007 » 3 io Diversi campioni di cotone tinto a vari colori cou dro- ghe di Sicilia ^ . . 007 » )) )) Manifattura della signora don Angela Rao dfe' baroni di Ca- viemi da Palermo^ Un modello di coperta da letto lavorata a mani a simi- glianza di guarnizione ony » » Fabbrica di cera di don Vito Badia da Palermo. Candelotti sopraifmi a fazione di Venezia il rotolo. 007 « 12 Delti come sopra a diversi colori on7 » i3 Cerini bianchi e a vari colori, secondo la qualità ai sud- detti prezzi. Fabbrica di Cappelli di don Cesare la Farina da Palermo con magazzino via Toledo. Cappello di castoro bianco on7 1 6 Altro simile nero come sopra 007 » 31 Altro simile rotondo da Prete come sopra . . . 0117 1 10 007 )) 24 0D7 1 )) on^ 1 18 0117 1 6 007 1 20 3o SCIENZE ED ARTI Altro di topo <3i Moscovia 0117 1 10 Alno nero di seta vegetabile onrj •» aa Aldo bianco della slessa seta 0117 » ao ^itro bianco di seta comune . . • . . • . • 0D7 » aa Fabbrica di Cappelli di don Giovanni Marano da Palermo con magazzino nella via Maequeda. IJn cappello faticato all'iniglese impermeabile • Altro a mezzo raso come sopra Altro di pelo di topo di Moscovia come sopra. , Altro di pelo strappato di castoro. . . . ^ . ]Ju lasco da donna di un sol pelo di vario colore. Fabbrica di Cappelli di don Carlo Sicardi da Palermo.) con niagazziuo nella via Toledo. Cappello di castoro nero 007 1 l8 Altro nero come sopra 007 i » Altro come sopra impermeabile da Prete. . . . on7 a » Lavori di litografia dei signori fratelli Sconduto da Palermo. Ritratto di S. M. il Re (D.GJ on7 » 3 Detto di S. M. la Regina ........ on7 » 3 Detto di S. A. R, il Principe don Leopoldo . . 0117 » 3 Detto del Duca di Cumia on7 w 4 Detto del Barone Pisani 5 . . . on7 » 4 Stampe a colore con figure di vasi eti'uscUi . . . 0U7 » » Lavori a lapis ed a litografìa dei signori don Giuseppe Scaglione, e don Franeeseo Padcrni. — Disegni a lapis. Paesc'rnpprcscntanle Narciso al fonie on7 20 » Altro simile con Venere ed Amore 007 20 » Altro ideale on7 10 » Ritratto a mezza figura di An5onello Principe di Salerno. on7 io » Dello di un Fiammingo owj 10 » MECCANICHE 3 1 . Lavori a Litografia. Testa di Cristo morienle . . . ." on^ » 6 Rilratto di Girolamo Settimo marchese dj Giarratana on^ » ^ Detto di Tommaso Gargallo marchese di Castelleatini ony » 4 Detto di Vincenzo Bellini on7 » 4 Detto ideale di un Giovane on'y » ^ Un cane di razza spagnuola ....... ony » 3 Due vedute diverse • on^ » 4 Lavori di litografìa da' signori don Giovanni Minneci^ e don Giuseppe Filippone da Palermo. Ritratto del poeta Giovanni Meli ...... on^ » >> Detto di Teocrito poeta siracusano on^ « » Quattro vedutine dei dintorni di Palermo . . . on^ m » Tre tavole di vasi etruschi oni^ » « Un fascicolo di musica ony^ » » Manifatture in oro e argento del Gioelliere don Giovanni Fc carotia da Palernio. Un oriuòlo d'oro con cassa ornata di rabeschi a rilievo, e cjuadraule smaltato on^ i6 » Un suggello d'oro con grilletto, anello, e passante all'egi- ziana con geroglifici analoghi di oro matto . . on^ 14 » Un anello d'oro mortuario all'uso gotico con due stemmi in rilievo . on7 20 » Detto più piccolo smaltato bianco e nero . . . on^ 6 j> Un suggello d'argcnio con manico di legno impietrito cor» stemma inciso all'uso inglese oii'y 20 » Detto simile con prisma d'oro con nome e slemma incisi on^ 6 » Detto simile con manico di agata con nome e corona in- cisa owj 5 » Un taglia caria d'argento con manico di agata. . onj 6 » Manifatture d^oro e d'argento eseguile da don Emmanuele Fe- carolta da Palermo. Una fil)!)ia d'oro aral>escala in rilievo .... on^ 20 » Uii temperino- di argento con manico di agata all'uso del medio evo . . , on^ 4 '* 3? SCIENZE ED ARTI Una scatola d'oro con rabeschi e lellere a rilievo . ou;^ 5o Della d'argeuto lavorata all'uso inglese con lellere a ri- lievo 0117 10 Manifallure d'oro., e d'argento eseguite da don Antonino Pam- pillonia da Palermo. Due bacini con bordo a lavori cesellati .... on7 » » Un boccale d'argento di forma antica, con foglie e figure nei due lati a basso rilievo tirate dalla slessa plancia a cesello • 007 » » U la caffeuiera di forma antica con foglie e figure a basso rilievo come sopra on7 20 » Posata d'argnjto dorato, lavorata all' inglese. . . 007 » » Delta d'argento lavorata come sopra on7 » » Cucchiarino da caffè come sopra 0117 » » Coltelli da tavola con manico di avorio guarnito d'ar- gento 0^7 » » Lavori di Ottica eseguiti da don Maurizio La Barbera da Pa» lermOj il cui laboratorio è silo in via Toledo. Un cannocchiale con tubo di mogano lungo palmi quat- tro con obbiettivo acromatico 007 8 )> Una camera chiara con cassa di mogano . . . 007 2 » Tre lenti da lanterua-magica 007 » » Due lenti di orinolo da notte l'uua piano-convessa, l'al- tra convesso-convessa 007 » ■' Due obbiettivi acromatici per cannocchiali, l'uno del dia- metro di linee 87, l'allro di linee 3o . . . . on7 )) » Altri due simili l'uno di linee 82, l'altro di linee 3i. 007 » » Altri due simili piccoli per occhialetli, l'uno a 3 lenii di linee 22, l'altro a due lenti di linee i3 . . on7 » » Due prismi per camera lucida secondo WoUaslon. on7 » » Altri due con cristallo piano per camera lucida secondo il professore Amici 007 » )> Tre specchi piani per sestante di diverse dimensioni. on7 » » Due cristalli grandi per sestante di differenti grandezze. 007 » » Uo prisma di lunghezza onpe 4 e linee Q . , , 0U7 » )) MECCANICHE 33 Oggetti di ottica di don Carlo La Barbera .^ il cui laboratorio è via Toledo num. lg5. Un binòccolo acromatico di rame indorato con tubi di madrcperla ' . • ony 2 » Tre occhiali di tartaruga con aste di acciajo, per cia- scuno OW] » l-ì. Altri due simili di acciajo con cristalli .... on7 » 7 Manifatture eseguite da don Giuseppe .Naccari da Palermo il cui magazzino è in via Toledo- Campioni di bottoni [diversi di rame dorato eseguiti a conio on^ » » Un bacinetto di rame inargentato ongf » » Un paralume di rame doralo con figura bronzata, on^ » » Una tolettina di rame inargentato on^ w » Un parafuoco di rame 0U7 » )> Un avanti-camraino traforato e bronzato. . . . 007 » a Un poggia-paletta, molle, ec. di acciajo per cammino, on^ » » Una briglia di acciajo con due imboccature . . on'j » » Due posale di rame inargentato on^ » » Un letto di rame con sua base di mogano . . . on^ » » Altro simile da viaggio attaccato ad un baulle, con suo materasso, cuscino, cortinaggio di mussolino ee. onj )) « Manifatture dì rame di maestro 3Iatleo Caraffa da Aci- Reale, domiciliato in Palermo via Tornaj. Candeliere a olio a due bracci di rame misturato e bron- zato on^ )) » Due candelieri a cera dello stesso metallo e lavoro, on^ w » Manifatture eseguite da maestro Costantino Caraffa da Aci-Heale domiciliato in Palermo, Un niortajo di bronzo con fascia a lavoro in rilievo con suo pestello 007 •» » ,Dello di ferro lavorato come sopra, e pestello corrispon- dente on^ » )) 34 SCIENZE ED ARTI Mani/alture di maestro Sabadore Ammirala da Palermo. . Uua canna da schioppo all'usanza di Damasco . on^ » » Altra simile di maggior calibro on^ » )? Lai'ori di don Francesco Chilardi d(t Palermo. Modelli di macchine e strumenti , che compongono una calcolografìa di musica, e i prodotti della slampa ese- guila con gli slessi on'j » )) Modelli di macchine e strumenti , che compongono uua fabbrica di caratteri tipografici, e i prodotti dei mede- simi on7 » )) Saggio di caratleri tipografici arabi eseguiti colla detta macchiua o"7 » >> Manifatture di maestro Giuseppe Speciale da Palermo. Una stadèra modellala secondo quelle di America, ridot- ta al peso di Sicilia, dipinta a mistura, e che leva da un'oncia a quintali 36 ow] 4» » Fabbrica di carta del signor Barone don Mauro Turrisi da Palermo. Carta fioretto corrente per ciascuna risma . . . on7 » i6 Betta fioretto più fina on7 w 17 lietta sopraiiiua in forma d'Almasso 007 » -20 Carta regale 007 1 16 Detta bastarda on7 1 4 Delta da lettere ossia foglietti on7 » 17 Delta foglietti con doratura on7 » i\ Manifatture di guanti di don Salvatore Carfoj il cui magazzino è sito in via Toledo. Guanti di pelle a colore da uomo, e da donna . on7 » » Detti da donna con ricami, con velluto di seta, con bot- toncini ec 0U7 » » Tjn fusto d'ombrella da uomo con nianiio d'odio nero , canna di spugna, e bacchette di acci;ijo • . . ou-j » » on7 » 5 )* 0117 )) 4 10 007 )) 3 JO on7 » 2 IO 007 » 1 » 007 )) b \> 007 )) 2 )) 007 » ò » 007 » 1 10 on7 )) » ib MECCAyrICHE 35 Manifatture di don Francesco Riiflno da Palermo. Due portafogli di pelle a colore eoa figure a rilievo, guarniti di seta, Tuno 007 Altri due più piccoli come sopra. . Altri più grandi guarniti di carta Altri pili piccoli come sopra Due sicariere di pelle lavorata come sopra. Una borsa di pelle come sopra da chirurgo Un porta biglietti di pelle come sopra . . Un librettino a maddalena per cambiali. Dieci pacchetti di viglietti di visita . Strisce di pelle lavorata da cappello. . . Manifatture di don Michele Roberti da Palermo. Una cartiera di pelle a lavoro in rilievo coti dorature , fodeia di seta, e fermaglia di rame dorato . . on7 Un libro con legatura di pelle a bassi rilievi . • on7 Altro simile fregiato d'oro on7 Manifatture dsl signor don Silvestro Giordano da Caltanissetta domiciliato in Palermo. Due cappelli di paglia l'uno da uomo, Taltro da donna ad uso di Firenze j di paglia seminala e raccolta in Sicilia on7 » 28 Uno detto di paglia elastica per donna . . . • on7 i 6 Altro simile traforato a disegni on; x 10 !Num. 7 mazzetti di paglia suddetta di diversi numeri , il piìi fino de' quali di num. 54 o"7 " " Un cassettino con diversi ferri da lavorar fiori, . on7 » » Un bouquet di fiori lavorati coi delti strumenti . on7 m » ISum. 11 matassine di lane tinte a vario colore . on7 » ;> Manifatture della signora donna Maria Eloisa Franceschini da Lucca domiciliata in Palermo. Un cappello di paglia da uomo ad uso, e con padi Fi- renze ©«7 » » 36 SCIENZE ED ARTI Lai-ori (Itila signora donna Carolina Natale de marchesi di Monlerosalo. Diversi laroii di ricamo in laua e scia eseguili sopra ca- sinjiro bianco, formanti un piccolo Divano^ e rappre- jsentaiiti una caccia inglese-, e un vaso con 4 colombe e dna fesloiii di fiori. Più uura. io cuscini da sedia . ricaniiili come sopra rappresenlanli una gliirlanJa con pappagalli, un quadro con Ire figure, un vaso di fiori, un bou([uèt di fiori -, una ghirlanda con farfalle , un cane, un gallo, un gallo ec. ...... on^ Manifatture di don Gaetano Allerti scidtore cieco da Trapani domiciliato in Falernio. Un tempietto di Alabastro di forma rotonda con 6 colonne con statuetla di Cerere uel centro ..... on^ » » La^ ori fatti eseguire dal signor don Girolamo Dotto de Bauli di Palermo. Num. 1» paja orecchine di Lignite giajclto della cava di Salemi, lisce a faccette, e di forme diverse . . on^ » )» Ts'um. 12 bolloncini lisci, e brillantati .... 0117 » » Un campione di collana . on^ » )> JÌIan fatture del sig. dottor don Michele Àzzarello da Palcrniq domiciliato piazza s. Onofrio. Due arbusti con piedistalli contenenti l'uno numero 4? ^ l'altro uum. 2 uccelli, ed insetti diversi preparati per lo studio deirornitologia, e dell'entoraologia , per ogni uno on7 3 » Lai'ori di suor Maria Caterina Bancalari da Genova eseguili nel Collegio di Ilaria di Castiglia di Palermo. Un bouquet di diversi fiori selvaggi ..... onj » m MECCANICHE ^^ Lai'ori del signor don Giuseppe Favcdoro alunno nel reni Col' ^ legio di s. Placco, Esemplare a penna di vari cimiteri moderni . . 0D7 » » Manifatture di don Bruno Cottone da Palermo. Quattro pettini di bosso lavorali all'uso di Francia, l'uno ............ 007 » i 10 Manifatture di don Gennaro Garufi da Palermo. )) » Una parrucca di capelli intessnti sopra drappo . on^ Detta più piccola o pezzotto on^ « » Altre manifatture di cotone del signor Giovanni Alhrecht svizzero. Cambrick stampato a colori, la canna Mossolino stampalo a vari disegni Telette d'India stampate .... Fazzoletti stampati bleìi a due facce Delti bianchi stampati a bordi rossi , on^ » 6 » ony » 5 J* oti^ » 6 "9 on^ » 2 » om •)) 2 IO Lavori della signora donna Domenica d''Angelo da Palermo. Una coltre di cotone lavorata a maui con aghi on^ 20 » » Lavori meccanici e chirurgici del dottor don Gioacchino Romeo da Palermo. Una macchinetta per le ispirazioni doriche unitamente al suo bagno, fornellino, termometro, e suoi rubbinetti per curare la tisi polraonale ...... on^ )r » Diversi strumenti di Caoutchouc o sia goiuma elastica, cioè: Cateteri per uomo di diverse qualità .... ony » w Detti ppr donna come sopra ony » » Delti per dar passaggio ai grumi di sangue . . Gw") * » 35 SCIENZE ED ARTI Candelette sopraiFme cilindriche, a cono, ec. . . on^ » )> Bugie a ventre on7 » » Pessarì ovali , rotondi , a cilindro , a cono , alla Bou- don^ ec on7 » » Capezzoli diversi per differenti usi on^ » » Canule per uso àe\ Jlw'duch, per l'esofago di diverse lun- ghezze, e diametri, e per frenare l'emorragia nel taglio della pietra, di forme differenti secondo i diversi au- tori on7 » » Supposte per lo ristringimento dell' uretra , ed altri stru- menti, ec on^ )» » Una casseitina con gelatina estratta dalle ossa con nuovo processo, cioè dislruggerido il fosfato calcare per mezzo dell'acido idroclorico, ed esponendo ad una lunga ebol- lizione il tessuto cellulare, che rimane dalle ossa per cambiarlo in gelatina , la quale serve per chiarire i vini, ec on^ » i4 Un conduttore elastico per poter travasare i fluidi da in- determinata distanza , con suo rubbinetto, e nodo di unione on^ » » Cassa di salvezza, ove trovansi mirabilmente riuniti tulli gli strumenti necessari per tornare in vita gli asfittici con vari aggiunti di non minore importanza immagi- nati dallo slesso on^ » » Poppatore di erislallo con capezzolo di gomma elastica , il quale serve jjer allattare i bambini senza il soccorso della balia on^ » i5 tStrumenti di chirurgia del dottor don Salvatore Ciambra da Palermo. Apparecchio di Bnyer^ che serve per la frattura del collo del femore, perfezionato nella sua branca, che cammina per la sua parte schiacciata in luogo della piatta, onde renderlo più leggiero 007 » Due cinte elastiche sullo siile di Salmoiis modificate nella zona, le di cui estremila si guardano oblique, e la plac- ca anteriore conservando il movimento iu tulli i punti si può fissare iu un punto solo on7 » Lavori del dottor don Francesco Spagnolo da Palermo, Alcuni cateteri e candelette lavorate all'uso di Francia, ed clastiche secondo il metodo di Olanda . . . ow] MECCANICHE Sq Manifatture del signor don Giuseppe Porcasi da Palermo. Un piccolo vasetto d'avorio alto circa un pollice , lavo- rato a trafori, con dentro una piccola statuetta rappre- sentante S. A. R. il Luogotenente Generale . . orrj Modello d'una raacchina per pigiare le uve, a 'due cilin- dri, nella quale si adopera la forza di un uomo ony » » Altro d'una pompa aspirante, che trae T acqua dai pozzi e da sotterrr sino alla profondita di palmi 4° per mezzo di una leva maneggiata da un sol uomo . . . on^ » » Manifattura di maestro Marcantonio Versace da Palermo Un modello di macchina in rilievo per pigiare le uve per mezzo di un meccanismo di due cilindri mossi dalla forza di un uomo. Manifatture di maestro Giuseppe Cannella da Palermo. Modello in rilievo d'una macchina idraulica per innal- zare le acque dei fiumi colla forza della corrente delle stesse , on'j » » Una sedia a due ruote da lui detta velocifero^ mossa dalla forza dell'uomo seduto nella medesima . . • onn » > Modelli di strumenti agrari di don Salvatore Chilardi da Palermo. Modello d'un aratro con due ruote e coltro alla Lamhru^ schini on^ » » Altro d'un erpice ruotante all'uso di Toscana . . on^ » » Strumenti di chirurgia del dottor don Pasquale Locaselo da Palermo. Un istiumrnto da lui inventato e nominato »re77ie arteria., il quale serve a fermare l'emorragia, clie dalle arterie Si uianifcaia nella circostanza di forile, ce. . . on7 » 4o SCIENZE ED ARTI Manifatture di maestro Paolo Paladino elanista da Palermo. Un tavolino rotondo eoa suo piedestallo di legno di ace- ro lavoralo a disegni, eseguili in corallina e bosso, con cifre, stemmi, ec .•....•.. . onn » » Una sedia a braccioli di legno mogano con guarniture di rame, e cuscino a lavoro di lana .... ony » » Manifatture di maestro Raffaele di Giovanni da Palermo. Due lame di sciabla, ed una di spada non ancor fini- te on^ » M Manifattura di maestro Malico lo Duca da Cinisi. Un pajo di stivali di pelle senza veruna cucitura, all'in- fuori di t£uella delle suole e fodere delle slesse . on^ » » Modello di don Leonardo Rizzuto da Giuliana. Modello d'un aratro da lui inventato per adattarsi ad un solo animale on^ » )> Fabbrica di ferro del barone don Michelangelo Collolli da Castclbuono . Bue barre di ferro fuso siciliano nello stalo informe on7 w » Due delle perfezionale on^ » » Alcune verghe dello slesso metallo on^ » » Industria agraria del signor don Luigi Oddi da Sciacca. Una cassettina contenente alquante piante di robbia ("Ru- bia tinctorurn) svelle dal suolo con le radici, e il scine della slessa ricavalo nella precedente piantagione da lui fatta, e queste accompagnale dalle isUuaioni per la cultura di questa pianta da lui falla .... on^ » » b MECCANICHE 4* Valle di Messina. Manifatture della fnhhrica di cuoja^ suole, e pelli dei signori fralelli Oltai'iani da Messina. Suole concie air uso di Francia per quintale . . 0117 21 » Vitelli raspali bianchi all'uso di Parigi senza leste e gambe '•'] 5o » Dctli incerali all' uso di Parigi come sopra . . 0117 4^ *' N. B. 1 suddetti prezzi si riducono ad on^ /[l avendo le teste e le gambe ow] Suole all' uso di Bologna per quintale .... on^ 21 JO Pelli marocchine a colore, per dozzina . . ' . . cn^ 3 12, N. B. I montoni di color verde, rosso, e blcli on^ 1, •28; e quelli di colori diversi 0117 1 24- . . 0117 Marocchine color rosso fino più piccole. . . . on^ 2 Pelli per Sellerie per quintale 0U7 56 20 Manifatture della fabbrica del signor Gioirinni Pracanica da Messina. N. i5 pelli capretti di colore cioè . . . « . 0117 » Una di color carne di donzella ow] ri Detta color di piombo on^ » Detta color grigio on^ •» )) color verde ony » >) color rosso . . . • ony » » color bianco lordo 0117 » » color mulignana 0117 » )) color di rosa on^ » )) color verde chiaro on^ » )) color giallo ony » )) color turchino owj » )) color rosso on^ » » color nero 007 » )) color di pulce 0117 » )) grezza , . . r . . on^ )> Quattro vitelli di Trieste, cioè due grezzi, uno inceralo e r allro corredato in bianco 0117 )) Quattro mezziui di suola concia cioè, uno di Trieste, uno spingurdo, uno spagnolo e l' aliro siciliano, ou^ » 4^ SCIENZE ED ARTI Manifatture della fabbrica del signor Giovanni Coop Inglese domiciliato in Messina. Mussoline velato ow] » « Detto mezzo velalo 0117 » » Detto velato a fasce di color violetto on^ » » Detto a piccole righe di color nanchino . . . ony » » Delfo o Baroges a vari colori 0117 » » Coslanzelle fine per fodere come sopra .... onj » » b ■» 10 » 8 )) 8 »o 4 » 3 i5 2 )) 23 10 7 )» Manifatture della Fabbrica del signor Blichelangclo Clangano da Catania domiciliato in Messina. Stoffe di seta a vari lavori eseguili ad imitazione di quello di Francia, per palmo on^ Dette eoa argentala come sopra on-^ Velluto a fasce di color bloù on^ Detto color chermisino ........ on^ Sloff"a pelle-nera . on^ Detta per calzoni on^ Detta Grò on7 Seta grezza o organzino on^ Detta orsoio on^ Manifatture eseguite da Antonio Grillo da Messina. Catena di ferro detta di forza , da servire da gomena per le grosse oavi come quelle d' Inghilterra . . 0117 Manifatture d'oro e d'argento del signor Antonio Maugeri da Messina. Catena, o laccio largo d'oro di nuova invenzione. on7 » Detta, o laccio stretto come sopra on7 )) Detta, o laccio rotondo come sopra on7 » Cucchiajo, forchetta, e coltello di argento con cifre, ti- rati a martello on7 « Cucchiaia da desèrt come sopra on7 » Cucchiaino da caffè come sopra 007 » MECCANICHE ^3 Lavori di calligrafìa del signor don intonino Pirrone da Messitia. Esemplare di diversi moderni caratteri, a penna . on^ » » Altri lavori di calligrafìa del signor Giacomo Roll da Messina. N. 12 carte di disegni e di ritratti a penna eseguili so- pra carta colorata out » » ' Lavori litografici dei fratelli Blindsi da Messina. Una stampa rappresentante Tullia 0T17 » » Altra ritorno dal campo a pastello oht » » Altra ritorno dal bosco , . onn » » Allra rappresentante una figura onn » » Due dette con vedute di paese onn » » Manifatture dei fratelli Mangano da Missina. Due cappelli di felpa nera onn » » Prodotti chimici del signor Litlerio Centurlno da Messina. Acido citrico d' invenzione del signor Giovanni Giorgio Skurrajj da servire per diversi usi .... out » » Prodotti chinaci del signor Giuseppe Antonio de Laurentiis da Messina. Cremor di tartaro in tre stadi di perfetta qualità, onn ì> » Lavori chimici del signor Samuele Hopkins inglese domiciliato in Messina. Nuova mistura per tinta verde per le sete e per le pelli di capretto on; » )j '44 SCIENZE ED AUTI Prodotti chimici del signor Giorgio Kilian inglese domiciliato in Messina, Agro di limone concentrato a gradi Go . . ; . on^ » -n Manifatture del signor intonino Barbera da Messina. Verderame in num. i4 formelle j il rotolo . . . on;^ » 5 Macchina del signor don Natale Ferrare da Messina. Modello di filanda a vapore per estrarre la seta dai boz- zoli, stata di già attivala in detto capo vallea . on^ » ii Valle di Catania. Manifatture del signor don Carmelo Motta da Catania. Stoffe di seta in cinque campioni di vario lavoro all'uso di Francia ...<........ on^ » » Manifatture del signor Francesco Nicolosi alias Puppìi da Catania, Num. 4 camiciuole di stoffa di seta a diversi colori e di- segni, lavorate all'uso di Francia ..... ou^ )) » Manifatture della fabbrica del signor don Benedetto Barlagdlló da Catania. Num, 6 fazzoletti di seta a diversi colori e disegni all'uso di Francia , . . . . on7 )) » Manifatture della fabbrica del signor don Corrado Marano da Catania. Una mezzina di suola impenetrabile all'acqua . . ony 20 yt Altra simile di concia differente per selle ad uso inglese; " MECCANICHE /JS i! quintale on^ ^o » Aìlia nera per ornamenti di cavalli da carrozza . on^ ^o » Un vitello conciato alFuso di Frauda .... onT ^H ■» Num. a cordovane lustre simili a quelle, che pria trae- vansi dalla Grecia on^ ^o » Una pelle detta inforra per uso di selle. . , . 007 26 » Un vitello. col pelo morbido da servire per scarpe, ony 5o » Altro raspato aìruso di Francia per stivali . . . on^ 5o » Altro sbiancalo come sopra . on^ 5o » Altro inceralo nero all'uso di Francia .... onn 5o » Un imperiale nero , o cavallino per coperte di carrozze secondo la grandezza, l'uno onT 2 » Due pelli Dante bianco per guanti e per selle. . ony i5 » A'itra simile nero on- i5 » Una pelle in forra a concia di scorza per tiracalzoni. owj 3o » Un campione di suola forte 0U7 20 » Altro di psUe di porco per uso di selle. . . , onn » » Manifatture del signor don Giocanni Grasso da Catania. Num. 2 tagli di tela incerata per sopra-scrivanie a di- versi colori e disegui all'uso inglese .... onn » » Manifattura del signor Vincenzo Calcagnolo da Catania. Una toppa di piastra di ferro con chiave corrispondente da non potersi aprire con chiavi adulterine . . onT » » 3Iaccliina del signor Sabatore Leonardi da Catania. Modello a rilievo d'una macchina per macinare le ulive, la quale presenta il vantaggio , che per mezzo di uu rocchfllo attaccalo all'asse della ruota , uè rende più agevole e meno pesame il movimento .... om » » ManifuttuìX dei signori fratelli Corrado e Nicolò Sgroj da Militello domiciliati in Catania. Uua stadera, che leva a collo quint. g, io e progressi- v.imenle sino a quint. 21 cirua onn ^o » Altra ^i:l)ile a bilancione^ che leva da un'oncia e progres- ' siyauieute sino a rotoli ^o circa ow d )i ^6 SCIEKZB ED ARTI Manifatluvc del signor don Giovanni Turria da Catania. Kum. 4 'ibi* con legatura di pelle impressa coti un suo nuovo melodo, a simiglianza di quelle deirestero. ooj » » Manifatture dei signori don Giacomo Buongiot'anni, e don Giuseppe Vaccaro e Buougiovanni da Caltagirone. TJu groppo di diverse figure in creta colta, colorate, rap- presentanti un pranzo di contadini on^ io )) Alito simile, che rappresenta un asino caduto a terra con la donna che lo cavalca ec on'j io » Kum. 4 figu'e di cosiumi o contadini siciliani, colorite, per cadauna on^ » io Num. 2 dette non colorate on'j )> i8 Un cagnolino bolognese come sopra on^ i 12 Manifatture dei signori don Gregorio Guccione, don Gioacchino la Ferlita^ e maestro Ferdinando Rizzardi da Vizzini- Alcuni campioni di cuoja conci o suole. . . . 007 » » Macchina del dott. doti Andrea Scialfa da Cerami. Una trappola con suoi ordigni di ferro da prender lupi. 0117 » » Valle di Siracusa. Manifatture di maestro Rosario Velia da Siracusa. Un pajo di staile di acciajo con molla scappante, on^ m » IN uni. 3 raspe o strisce di accia jo per uso degli arma) noli, on^ >» » Manifatture del signor don Rosario Politi da Siracusa. Un campione di carta Papiro , su di che trovasi questa pianta disegnata owj » >; MECCANICHE 4? Manifallura del signor don ^Intonino Curdo da Siracusa. Allro campione di carta di Papiro ..... on^ » » Macchina del signor da Siracusa. JMacchina elettrica con pezzi corrispondenti . . . onj » » * Manifatture della signora Rosalia Gianguinda da Monterosso. ' -Un campione di tappeto iiitessuto di lana e cotone a vari I 3 disegni e colori, la canna on^ » 20 Manifatture dei signori da Buccheri. Num, 6 campioni di tessuti di lana a vari disegni e co- lori per tappeti on^ )> » Manifatture della fabbrica del signor . . . da Comiso. Num. g Campioni di carta di diverse qualità . . onj » » Manifallure di maestro Mariano e Gius. Pandolf» da Sorlino. Rame rosso in caldaja battuto a martello per ogni roto- lo tari 'j owj )) 7 Manifatture della signora Francesca Magnano vedova del fu Auìiziu Giuliano da Sortino. Una coperta da letto di lana iutessuta a vari colori e disej^ui, ou^ » » Manifatture della signora donna Giovanna Marino in Blurà da Sorlino. ì na copcrla grande da letto tessuta di canape e cotone a Villi disegni on^ » ■» 48 SCIENZE ED ARTI 3Iaiiifatlure della signora jllaltia Diinauro e Rossillo da Sortine. Uà campione di panno nero grezzo per .... on^ » io Manifatture della signora Lucia Cilà di Mariano da Sorti/io. U;ia coperta da letto piccolo tessuta di canape e cotone. on7 2 « Mflnifatlurc della signora donna Rosa Valguarnera in Augerì da Sortino. Uxia tovagliuola di lino tessuta a damasco . . . on^ » » Manifatture del nionistero di Monte Vergine e san Benedetto da Sorlino. Vn cassettiuo couteutute alquanto nitro purificato. 0117 » » Manifatture della signora Anna Salanilro del fu da Sorlino. Uu tappeto piccolo di lana a vari colori • . . on^ >> » Manifatture di maestro Carmelo Biiongiovanni da Sortino. Un fucile da schioppo a fulminante 007 1 » Una forbice con astuccio on^ » 8 Uua piccola morsa per orefice on^ t 10 Blanifalture di maestro Sehaslinno Giuliano da Sortino. Campione di polvere da sparo di 1 qualità, il rat. on7 » 5 Manifatture di maestro Tommaso Giuliano da Sortino. Uu scaloliuo contenente magnesia in cuce 6. . . 0U7 » 4 MECCANICHE 49 Vallk di Trapani. Ulani/allure de signori fiori Francesco Clarino , e don Alberto Alco da Trapani. Cesta di frulla d'alabastro sostenuta da due arpie di pie- tra detta incarnata on7 6 » Due vasi piccoli di alabastro bianco , per situarvi fiori di concili j^lio, di tela ec 007 i 10 Altro vaso per fiori dell'istessa materia dorato, e dipinto con figure a colori on^ 3 » Un lampadare di alabastro lavorato sul gusto di Firenze loslochè sarà finito. . , on^ 7 » Mani/alture della signora donna Francesca Biaggini da Trapani. Due bouquèts di fiori di conchiglie on7 » » Manifatture di don Alberto Giorgio da Trapani- Una collana di corallo a maglie eoa medaglia col ritrat- to di S. M. (D. G.), d'unico pezzo .... 007 » « Manifatture di don Domenico Signorino da Trapani* Una conchiglia incisa nelle due valvole, rappresentante, in una la lesta di Nunia Pompilio , e nell'altra una bambocciata di puttini baccanti ony 4 >' Manifatture di don Ignazio Tardia da Trapani. Campioni di cammèi di conchiglie, alcune a due colori, altre tutte bianche col campo diafano, intagliati sopra conchiglia volgarmente detta gruppo di galla • owj /[ 12 Manifatture di Gio: Battista Fàcecuto da Trapani. Tessuto di Colone ad uso di vele, o cotonina . . on7 )> w 4 30 SCIENZE ED ARTI Manifatlurc di don Domenico De Santis da Trapani' Campioni di fodere di materasse , o schiavoni a colori fini. . 0117 » 1) Detti di tappelli rigati da servire anco per lo stess'og- ' getto 0U7 » » Campioni di fazzoletti all'uso di Svizzera . . . 007 » ^} Simili di diversi altri tessuti di cotone .... on7 » )^ ProdotU chimici dei fratelli Piazza da Trapani. Snponetti duri comuni, il quintale .... on7 6 » i> Petti per barba con pasta di maudorl'amara . 007 » » 14 Essenza di sapone a quartuccio on7 » 10 )} Manifallure di don Gioacchino Marino da Trapani. lina collana con sua croce , orecchini , e due anelli di Lignite della cava presso Salemi onj l 28 Macchina del signor don Andrea Abbate da Trapani. Modello di una macchina idraulica inventala per innal- zare r acqua del mare, e farla passare da un recipiente pili basso ad uno più allo nelle Saline e far comuni- care in tutte le caselle delle stesse T acqua preparata, che si chiama acqua-falla 0U7 » » Macchina del capomaeslro Francesco Scalabrino da Trapani. Modello di macchina idraulica da servire per V oggetto qui sopra descrilto on7 » w Manifatture del signor don Domenico Cordaro da Trapani. Saggio di calligrafia col rnclodo dello americaao . on7 » » MECCANICHE Si Manifatture delle sorelle Rizzo di Salvatore da Monte S. Giuliano. Campioni di coverlc da letto di lana a vari colori ony » » Manifatture della signora donna Teresa Consiglio da Casteluetrano. Un Bouquet di fiori di tela, all' uso di Francia . ow] Manifatture del signor don Antonio Pappalardo da Castebetrano. Campioni di tessuti per materasse fini rigati, di drappi a merinos colorati, di dock, di tessuti a torino per uso di tavola ec on7 » » Ministero e Real Segreteria di Stato presso il Luo- gotenente Generale^ ripartimento interno^ car. 2°, num. J126. A. S, È. Sig. Principe di J^illa- franca Presidente del R. Istituto di Incoraggia- mento. Eccellenza Letto il suo rajiporto del 5 giugno, ho fatto pre- sente a S. A. R. di quanta lode sieno meritevoli i)er aver contribuito a far bella l'esposizione del 3o mag- gio alcuni soci dell' Istituto , tra i quali si distinse il socio ordinario Segretario generale abate Vaccaro per aver assiduamente assistito le sessioni, ed essersi ado- perato con zelo, non tralasciando tutte le ordinarie fa- tiche; il Direttore della civil classe don Ferdinando Malvica, il quale, sollecito del ben pubblico, è stato as- sai utile all'Istituto, l'abate don Alessandro Gasano, don Ignazio Sanfllippo, il principe di Trabia, il mar- 5^ SCIENZE ED ARTI i cLese Gallotloro, il signor Enrico Dr.cslcr, flou Rosa- rio Caruso, don Giuseppe Caminneci, ed il signor Ben- venuto Pavin, che meritano distinta lode per l'utilità do' loro talenti, e delle loro cognizioni. Ho fatto pre- sente inoltre all'A. S., che tra i componenti delle So- cietà Economiche son meritevoli di elogio il ca^. Cuin- ho presidente, ed il signor Felice Bisazza segretario della società di IMessina per essere stati i primi, non risparmiando fotica, a mandare i loro oggetti d'arte; il signor Luigi Barbieri presidente , ed il cav. Omodei segretario della società di Trapani , i quali doverono superare molti ostacoli, onde làr figurare le loro ma- rltatture; il can. Avolio presidente, ed il signor Gia- como Montcrosso segretario della società di Siracusa per il loro zelo ed assidue llUiche incoraggiate dall'Inten- dente cav. Sammartino, ed infine il presidente delia società di Catania, che quantunque sofìrisse una penosa malattia, non ha mancato di zelo. E S. A, lì. nei consiglio del 6 giugno si è degnato mostrare il suo gradimento ai noniinati soggetti , e la stja real cpm- piaqenza all'È. V. per avere u§ato tutto il suo zelo per la riuscita della esposizione. Le partecipo ciò per sua intelligenza ed uso conve- piente. Palermo, li 16 giugno 1834- Jl Principe Campqfranì^o. Per copia conforme // Segretario Generale Emmaìsuele Vaccako, MECCANICHE r>3 PARTE SECONDA. Sulle qualità necessarie ad un uomo di stato; pen- sieri di Giuseppe Turturick JCissENDO stato un gran persoriaggio destinato tlal suo principe al governo di un popolo , uno de' suoi con- fidenti, uomo saggio ed amico degli uomini, volle ad imitazione di ciò, che praticò Tullio col di lui fra- tello Quinto, dirigergli alcune osservazioni sulle qua- lità, ed i caratteri che formano un ottimo ministro, e sulle debolezze e i difetti, che ne guastano e ne cor- rompono il carattere. Intese egli così tacitamente inci- tarlo a procacciarsi quelle virtù ^ delle quali forse il nuovo ministro mancava, ed ammonirlo al tempo stes- so onde custodire, e rinforzare le buone disposizioni , e le felici tendenze del suo spirito j ed a correggersi di quei difetti, e di quegli errori, che a malgrado di essere talvolta tenui, ed indiscernibili, sogliono intanto recar grave pregiudizio alla riputazione di un uouio pub- blico, ed essere al tempo istesso di massimo detrimento ai cittadini, ed alla intera società^ E jierchè questi pensieri possano giovare tanto a quei che governano, quanto a quei che sono governati^ io ho voluto ammetterli in questa raccolta, eh' è de- dicata alla comune utilità. Signore iDall'alto posto, in cui siete locato, ndn isdegnate di gettar qualche guardo su questa carta, nella quale io nel delincare i caratteri dell'ottimo ministro, ho i^re- teso tessere il vostro elogio; imperciocché delle qua- lità^ che costituiscono l'uomo pubblico, voi siete pic- namenlG adorno. 54 SCIENZE ED ARTI Nel tempo stesso però ho voluto indicare le debo- lezze ed i difetti , ai quali va perloppiù soggetto lo spirito umano, anche colle più rette intenzioni, ed ai quali può soggiacere la stessa virtù nell'esercizio delle pubbliche funzioni, affinchè voi ch'entrate in una car- riera tanto spinosa, possiate difendervi dagli occulti ne- mici della vostra gloria, quali sono le tacite seduzioni del cuore, le attrattive delle più innocenti inclinazio- ni, e le più piccole debolezze, inavvertenze ed errori. Chi sei tu , mi potreste dir voi , che pretendi cono- scere l'uomo pubblico? Sei tu magistrato, sei mini- stro, hai parte nei pubblici affari ? Nulla di tutto ciò; se io fossi in carica non parlerei, ma farei. Ne fa d'uojDO, a dir vero, per descrivere le qualità, che d'ordinario sogliono concorrere in coloro, che sono costituiti in dignità, essere della loro classe ; anzi tra coloro, ai quali è pressoché impossibile il conoscere se stessi, sono d'aversi, jnia di tutti, quelli, che ammini- strano qualche ramo della pubblica autorità. Chi mai infatti ha detto loro in faccia la verità nuda , e sem- plice? Chi ha osato presentare ai loro occhi il loro vero ritratto? Carezzati dall'adulazione, inebbriati del potere, che hanno in mano, abbacinati dall'amor pro- prio, si apprezzano essi sempre più di quanto vogliono, e non possono perciò mai essere buoni, ed imparziali giudici di se stessi, e delle persone del loro ordine. All'incontro non vi sono uomini, dei quali il pub- blico formi così esatto giudizio, e sopra i quali eser- citi con più giusto dritto la tacita autorità dtU'opinio- ne, come i magistrali, ed i membri dei supienii di- casteri. Gli uomini in ninna cosa sono tanto occhiuti, quanto nel giudicare delle qualità, e del merito di co- loro, che li governano. È vero, he le passioni particolari, e gl'interessi di- scordi della moltitudine, formano di un medesimo sog- getto diverse opinioni, ma è vero parimente, che alla lunga risulta un accoido generale di pareri, che attri- buisce ad ogui pubblico personaggio quella porzione MECCANICHE 55 Ji merito , che ha reahuente, e tanta stima gli com- partisce, quanta gliene compete; onde può bene un pri- vato, che abbia giusto senso, concepire colla guida della pubblica opinione, e colle sue proprie osservazioni l'idea dell'ottimo ministro. E perciò io mi son fatto lecito di presentarvi alcuni miei pensieri su, questo argomento, che mi sono stati dettati dall'interesse, ch'io prendo per la vostra gloria, e per il buon essere dei miei con- cittadini. Nell'uomo pubblico, disse Michele Montagne, non sono da osservarsi le qualità che ha egli come Giaco- mo, e Pietro, ma quelle, che sono buone, ed opportu- ne nel maneggio dei pubblici affari; bisogna dunque ri- guardarlo da quel lato, in Cui lo presenta la carica, e Conoscerlo in quel punto, in cui finisce la sua vita pri- vata, e comincia l'esercizio delle sue funzioni. Allora può ravvisarsi quanta forza egli abbia, per dirigere e governare gli uomini, e quanta parte egli ritenga del- l'uomo privato nel ministero. Uno infatti dei piiì dif- ficili sforzi dello spirito umano si h quello di trattar le cose pubbliche senza privati riguardi, senza preoc- tupazioni, senza studio di parti, e di rinunciare a tutte le afieziùni particolari, ed a tutti i vincoli naturali, do- mestici e di società. Ardua cosa è, oltre ciò, di sua natura, il governare gli uomini; giacche essi perloppiù si oppongono senza accorgersene ai loro veri vantaggi, e combattono so- vente le disposizioni jiiù salutari del governo. La cu- pidigia, l'ambizione, l'orgoglio, l'amor proprio, e tutte in somma le passioni dei j^articolari mantengono una guerra occulta sì, ma viva tra il governo, ed i go- vernati. Tutti amiamo l'ordine, ma ninno vuol con- corrervi col sacrificio de' suoi anche minimi interessi: tutti vogliamo la legge , ma ninno vuole sentirne il peso sulla sua fronte. Non vi è quindi assunto più dif- ficile di quello addossato ad un ministro, cioè di con- dliare tanti reluttanti interessi, e di flir cospirare allo Stesso fine tante discordi volontà. 56 SCIENZE ED ARTI In tanta difficoltà, in mezzo di tanti ostacoli , die derivano parte dalla debolezza propria, e ])artc dall'in- dole delle passioni, e dalla diversità degl'interessi uma- ni, che fanno un urto continuo alle più utili e magna- nime intenzioni di un ministro, vi sono però i mezzi che possono spianargli la via per eseguire i suoi dise- gni, e per fajgli ottenere l'amore degli uomini, e la gratitudine del suo principe , su dei quali si fonda la vera gloria di un ministro. Questi mezzi per lo più dipendono dalla sua volontà, giacche essi non sono se non l'amore dell'umanità, l'a- ziiore della giustizia, e l'amore della gloria; da questi promanano, come dai suoi germi, l'integrila, l'urba- nità, la dolcezza di carattere, e la vera dignità, che sono le qualità che costituiscono essenzialmente l'oUimo ministro, e che non solo gli agevolano tutte le ope- razioni, ma lo fiinno alla line trionfare di tutti gli osta- coli e di tutti gl'intoppi che sogliono attraversare le più benefiche e le più nobili idee del governo. Un ministro, animato da questi nobili principi, de- dica tutto se stesso all'esercizio dei suoi dillicili doveri; doveri difficili non solo per la comune degli uomini, ma eziandio pei buoni: dappoiché nella gloria di un ministro non vi ha parte, come in quella di un gene- rale, la fortuna, ma dee tutta esser l'opera della sua saviezza, dei suoi lumi, della sua foltezza, e della sua diligenza; ne tale gloria si acquista nella tranquillità, e nei piaceri, ma con le fatiche, e col sagriGcio dei pro- prio riposo, e de' propri interessi. E necessario oltre ciò che un ministro sia dotato di ■un colpo d'occhio sicuro, di un celere accorgimento, di una non picciola fecondità d'ingegno, e di una ope- rosa ed attiva fortezza di animo, tanto per conoscere gli abusi e gl'inconvenienti, e per rintracciarne le ca- gioni e le radici; quanto per rinvenirne i ri])ari, e per ado])erarli a suo tempo, e con quelle misure, che ne rendano certa la riuscita; usando ora la lentezza della MECGANICirE S'] circospezione, ora la nipidità, che la urgenza richiede; ora atlaccaudo di fronte i mali ed i disordini, che teu- lano d' introdursi , e di scompigliare il buon ordine; ora combattendo occultamente, e per vie indirette gli errori ed i pregiudizi invecchiati e divenuti costumi. Ciò poi che è il più difiicile nella pratica dei do- veri, e nolVesercizio delle funzioni di un ministro, si è, a mio parere, il dover conciliare delle qualità, che sono tra loro opposte , sposare cioè il rigore alla be-* nignità, la gravità alla gcBtilczza ed alla urbanità, la costanza alla pieghevolezza, e la giustizia alla prudenza ed all'equità. Avvezzar più l'animo a sostenere le grandi cose, per ottenere dei grandi resultati , e ad ingerirsi nel dettaglio delle piccole, quando l'uopo il richiegga, e specialmente quando si tratta di proteggere l'inno- cenza , e la debolezza oppressa , di porger soccorso e favore alla vedova, al povero, ed al pupillo, di so=te- nere e premiare il vero merito ed i talenti; di ani- mare le arti, e di favorire l'agricoltura, l'industria, ed il commercio. A tutto ciò per compire l^idea dell*otlimo uomo pub- blico resta finalmente da aggiungersi, che non gli ba- sta il possedere le proprie virtù, ma dee promuovere le virtù degli altri, e specialmente di quelli che sono i ministri subalterni della sua autorità, con raflrenare la loro cupidigia, la loro avidità, e la loro insolenza. E come egli è integro, così fa d'uopo, che sieno in- tegri coloro che hanno parte sotto di lui nell'esercizio della pubblica autorità, dovendo quanto in esso, tanto in quelli che gli stanno a fianchi, rilucere la probità, la continenza, il pudore, la benignità, e la diligenza. Dopo aver abbozzate , come ho saputo , i caratteri" e le qualità che l'ottimo ministro costituiscono, sono ora da avvertirsi quegli errori, quei difetti, e quelle debolezze che possono oscurare la sua opinione, ed im- pedire i vantaggi che dalle sue operazioni, tanto i pri- vali, quanto 1 iuticio corpo politico, si attendono. 58 SCIENZE ED ARTI Or io nel trafilare degli errori e tlci difctli dei mi- nistri, e dei pul)blici funzionari, non Lo voluto lordar queste carte, parlando specialmente a voi, che di tanta illibatezza e di tanta nobiltà di cuore e di spirito siete dotato, con tener e onto di coloro, i quali, o pervertiti da- vile interesse, o dominati da altre basse e sordide passioni, quel potere che loro è stato confidalo per for- jnare il buon essere degli uomini, lo fanno servire al- l'oggetto di soddisfare i loro appetiti e la loro ambi- zione, sagrificando i dritti, i beni, la sorte di tanti in- felici, ed i vantaggi stessi dello slato al loro unico van- taggio, ed al loro privato ingrandimento. Tali scellerati, i quali, secondo ebbe a dire Marco' Catone parlando dei cattivi giudici, meritano di essere lapidali (i), per fortuna della specie umana sono raris- simi; ne e, a dir vero, da temersi che negli altri posti possa tanta infamia allignare. E poi è così abominevole per sé stesso un tal ca- rattere, che non fa mestieri combatterlo con le parole, bastando l'obbrobrio che naturalmente l'accompagna, per condannarlo alla maledizione delle genti, ed all'e- secrazione di tutti i buoni. Lo scopo per altro ch'io mi propósi nell'esporre questi pensieri non fu di deli-' tìeare il carattere del cattivo ministro e del nemico de- gli uomini, ma di preservare lo spirito dell'uomo pub- blico da quelle seduzioni, che quanto più sono occulte,- tanto più sono difiicili ad evitarsi; e per quanto sem- brino tenui ed incalcolabili, non lasciano intanto di disordinare un sistema di buon governo. Ed in verità, non è di lieve importanza, come altri j)otrà supporre questo soggetto; imperocché gli errori di un uomo privato possono nuocere a se stesso, o a pochi; ma quelli dell'uomo pubblico producono sempre la sciagura di più migliaja d'uomini, e trascinano qual- che volta alla rovina gli slati, anche più floridi. Una delle più ovvie cagioni, che fa talvolta deviare (i) Vcl. Plutarc. Apophl. MECCANICHE 5g dal sehticro della rettitudine, e della gloria un uomo di sfato, senza che egli se ne avveda, può essere il modo e la misura con cui fa uso de' suoi talenti e delle sue migliori qualità. Se un ministro, quantunque fornito di lumi, e dotato delle più felici e nobili disposizioni di ar.imo e di cuore non è sempre, e costantemente di-^ retto nell'esercizio delle sue funzioni dalla moderazio-* ne e dalla prudenza , e non mantiene sempre in cen- tro la bilancia, l'uso di così belle qualità, e delle virtù stesse , invece di giovare , diviene pericoloso e spesso nocivo alla pubblica amministrazione. E perciò non di raro è avvenuto, che la dolcezza e la gentilezza di ca- rattere si travalica in debolezza, che ha scemato se non estinto del tutto il rispetto dovuto all'autorità. La co- stanza è divenuta condannabile ostinazione, che ha fatto sovente posporre la verità e la ragione alle proprie ideCj ed alle false prevenzioni; la gravità è trascesa in seve- rità, che rendendo inaccessibile un ministro, ha inee- rito nell'animo dei cittadini verso di lui un certo ti- more, misto d'odio, che gli ha fatto perdere la fidu- cia, e l'amore del pubblico: la rettitudine stessa in fine (per non dir altro, e per non dilungarmi oltre il bi- sogr)o) scompagnata dall'equità, e dalla prudenza, si h tradotta in rigore, e sovente è confinata con la cru- deltà. Tra le più pericolose seduzioni poi alle quali non pochi soggiacciono, è quella che ci trama l'amor pro- prio, nel suggerirci dei pretesti , e delle colorate ra- gioni, per giustificare agli occhi nostri stessi i proj^rì falli, e per tranquillare la nostra coscienza. Or di que- sta maniera di mendicati motivi, non pochi ne speco- lano coloro, i quali avendo in mano qualche grado di autorità, e qualche parte nel governo delie cose pub- bliche, o ne hanno abusato, o sono ad abusarne indi-' nati. Essi, se hanno senso di moralità, tessono tacita- mente a se medesimi l'apologia della loro condotta, e per legittimare i profitti, che oltre quanto è lecito, si 6o SniENZH ED ARTI procacciano, allegano i bisogni del proprio Stato: so ama- no di vendicarsi di qualclie ofTesa, che credono di aver ricevuta, adducono la necessità di dover mantenere la dignità del loro carattere: le parzialità che usano, chia- mano ollìcì di amicizia j o doveri di gratitudine: colo- rano le. oppressioni e le violenze col dovere che hanno di obbedire ai comandi di chi loro sovrasta, e simili. A malgrado però tati lusinghiere ed occulte persuasioni dell'ainor proprio ^ il pubblico non lascia ingannarsi , e la voce interna della ragione, e del proprio cuore, se tace per qualche momento, si sveglia poi più effi- cace, grida altamente, e condanna senz'ap]:>ello i nostri falli ^ facendoci conoscere o la nostra debolezza , o la nostra malizia. Costoro che tentano di coprire con que- sto velo la loro immoralità, mi pajono simili a quelle donne che si bcUettano. Se le toglierete quella masche- ra, locchè è facile, voi ne vedrete tutta la bruttezza, e le lidurrete ad arrossire di vergogna e di confusione. Veniamo olire a considerare un'altra maniera di lieve e tacila, ma non meno dannosa prevaricazione. La dolcezza stessa di carattere , che è uno dei jiiìi telli ornamenti di uà uomo in carica, lo espone sovente a non j)ochi pericoli e seduzioni; ed in fatti, tale è l'indole del cuore umano, che non v'ha uomo dolce e sensibile, che non abbia delle occulte preoccupazioniy e delle parzialità, starei per dire involontarie, che le fanno non di raro traviare, senz'accorgersene, dal dritto Sentiero. Or queste aberrazioni nella vita privata, non producono per lo più che piccoli mali, ma nell'ammi- nistrazione delle cose civili e politiche , fanno spesso nascere gravi disordini, e recano massimo detrimento ai pubblici affari. Un uomo di stato deferisce di soverchio ad un amicoy l'amico e predominato da una sua favorita, costei la- scia diriggersi da un familiare, abbreviate questa sc- ric; il resultato si è che il grave ministro, quegli cbc 1ki in mano la sorte degli uomini, è governato senzai sa[)erloj da un vile fante^ MECCANICHE Ci Simili casi possono avvenire per la parziaìila istcssa che ha un uojiio in carica verso la moglie, i figli, i congiunti; parzialità suggerita dalla dimeslicliezza , e dei'ivata dai vincoli formati dalle mani stesse della na- tura; ma di cui sovente fanno tali persone sconcissimo abuso. E fa in verità compassione, il vedere la ripu- tazione di certi personaggi gravi per altro, e cordati, manomi.>ssa, e vilipesa per quella specie di traffico, che fanno del loro nome, e della loro autorità i domestici, i congiunti, i subiilterni. Che intendi perciò, mi dirà taluno, dee dunque un uor mo pubblico privarsi del commercio degli uomini, e spezzare i vincoli del sangue, e della società? I^o, sarei uno snaturato se insinuaci tali principi; ma insisto èempre però nell'aflèrmare, che tali vincoli, e tali pendi (sieno essi i più dolci, i pili tenaci, e li più innocenti) devono nell'animo di un ministro essere subordinati ai doveri del suo stato ; e che quando vengono gli uni , cogli altri in collisione, devono i primi ce.dcre ai se? condi, perchè forza è che tacciano le voci del cuore , quando parlano la ragione, é la giustizia. Un es£mpio potrà forse far meglio capire il mio pen?- siere. Fabio Massimo, essendo stato il di lui figlio creato console, volle precederlo nella via, montato a cavallo; accortosi di ciò il figlio ordinò al littore di farlo smon- tiìY da cavallo, giacche non conveniva ad alcun citta- dino incedere a cavallo avanti al console. Fabio, che avea ciò praticato, per conoscere, se il di lui figlio ca- piva la dignità dcU'officio consolare, non solo non isder gnossi dell'ordine che questi avea dato, ma sceso dq ca- vallo lo abbracciò, e lo lodò altamente. Quest'esempio oltrecchè ci dimostra, che un uomo di stato deye posporre all'adempimento delle sue funzioni tutti gli altri rajiporti , che lo legano agli amici , ai congiunti medesimi, al tempo istesso c'insegna, che quelli li (juali siedono negli alti ranghi devono essi i priiui essere penetrali dx rispetto per h dignità dei 162 SCIENZE ED ARTI loro giatìO) ondo inspirare tale rispetto a coloro, clic gli sono soggetti, ed avvezzare i cittadini a venerare pella sua dignità la forza delie leggi, e l'autorità del governo. Il tutto sta però nel modo con cui un ministro ma- pifcsta questo ris2ictto, che egli ha per la sua carica;, dapoichè può ben avvenire, ed anzi per disavventura pvvianicnie avviene, che un uomo in carica per uno slra- pò scambio d'ide.e attribuisca alla sua persona quell'os- se({uio che suole dal pubblico alla sua carica tributarsi, ed allora degenerando in ).ui il sentimento della pro- pria dignità in orgoglio, esagera egli con affettata gra- vità il suo contegno, ed usa modi sprezzanti verso i minori nel maneggio degli affari; così invece di con- .ciliarsi, come pretende, maggior venerazione, o incute un odioso timore, o si attira un certo ridicolo, che lo ribassa agli occhi dei saggi, fa svanire quella impor- jtanza stessa, che la carica gli dava; ributta le persone, (B facendogli perdere l'airezione, e la fiducia del pub- blico, crea un nuovo genere di ostacoli alle di lui ope- razioni; dapoicchè ognun sa, che quando un ministro e amato, trova aperti a suo favore tutti i cuori; quando al contrario non gode la pubblica stima, ad ogni passo trova delle diiìicoltà, ed incontra delle opposizioni, per vincere le quali dee adoperare la forza, o altri modi violenti, che ad un buon ministro disdicono, e che ne .ecclissano Ja riputazione, e la gloria. Domiziano, che gli storici ci hanno descritto come il più yano , e superbo degl'imperatori, non fu visto mai tossire, o sputare in pubblico; credendolo discon- yeniente all'imperatoria maestà: egli non salutò mai alcuno, e solamente chinava il capo, quando passava sotto archi altissimi, volendo far supporre per non so qual delirio di orgogliosa vanità, che la sua persona losse più alta anche degli archi più elevati. La vera dignità però non consiste in sì fatte vane, e ridicole appariscenze, nella severità del contegno, nel MICCAWICHE 63 camminare a passi lenti , e misurati , nel parlare sen- tenzioso , e a maniera di oracolo , come usano molli ^ questa è la vernice della dignità, con cui suole coprirsi la tumidezza degli spinti deboli. Un pubblico perso- naggio si rende rispettabile agli occhi dei cittadini con la semplicità del carattere, con la purità, ed illibatezza (del costume, con la soavità delle maniere; avvegnaché la dignità è il prodotto della saviezza, e non dell'affct- jtazione, ne alla gravità sconviene la dolcezza, e l'afTa- Lilità, anzi le accresce splendore, e decoro. Non vi è 3tato, al riferire di Plinio, principe più umano, e piìi cortese di Trajano, ne vi è stato al tempo istesso prin- cipe più sinceramente rispettato. Senofonte volendo dar- jci il modello dell'ottimo principe, accoppia in Ciro 1^ somma gravità con una singoiar benignità. Il pubblicp adora iu un sovrano, e ne' suoi ministri questa qualità, jche senza riabbassare i grandi, rialza, e ravvicina a loro anche l'ultimo degli uomini; questa è una proprietà, jclie li rassomiglia a Dio. Pieno di queste idee il divino Tullio, istruendo il di Jui fratello Quinto del modo, con cui era da condursi nel governo dell'Asia 53 Le fàsci, gli scrisse egli, i se- w gni del rigore, sieno più tosto quelli della voslra 55 dignità, che della vostra potestà, fate capire anzi, >3 che a voi sono care la salute, la prole, la fama, e y> le sostanze di quei che governateci ed indi gli sog- ?j giunse: Nel vostro governo non si sperimenti alcuna 3} specie di asprezza, e di severità, ma tutto sia cle- jj menza, tutto mansuetudine, tutto umanità.» Dopo ciò non si creda, ch'io voglia ascrivere a dir fetto la severità , di cui talvolta sono obbligati a ve- stirsi i pubblici funzionari ; perciocché , quantunque tra li due estremi sia da preferirsi sempre la via della dolcezza a quella del rigore; pure vi possono essere fre^ quenti casi, ne' quali il timore è un utile, ed efficace rimedio ai disordini pubblici; ma l'usarlo sempre per consuetudine, il farne la base del proprio carattere, se 6l\ SC1E^7,E ED AHTt riucresce , e riLulta in un jjrivato cittadino , inspira non chtì timore, ma spavento, quando in un pubblico personaggio si sperimenta, ed eccita un tale odioso sen- timento nel popolo verso di lui, che non solo non reca profìtto all' amministrazione delle cose pubbliche, ma jiroduce anzi nuovi inconvenienti, e mali non previsti. Fra tulli gli errori infine , nei quali puole inciam- pare lo spirito di coloro, ai quali è alFidato il governo delle cose pubbliche, quelli che più nocciono alla loro gloria , e che più gravi danni , ed oltraggi recano ai cittadini, ed alla intiera società, sono, a mio avviso, le Ifìlse idee, che taluni di essi hanno avuto della poli- tica, e del loro importante ofTieio. Io dovrei trattenermi lungamente a considerare la gravità di sì latti errori, e le fatali conseguenze, che ne risultano. Molto più che i medesimi per la loro particolare indole, ed efficacia sono i più difficili a vin- cersi, ed a sradicarsi; stanlecchè non attaccano il cuore ina lo spirito; e non derivano da immoralità di j)i'in- cipì, ma da false persuasioni, e da opinioni vecchie, e comunemente ricevute, che col tempo, e con la iera- tica si sono semprcpj)iù stabilite e confermate: onde ne avviene che un ministro quanto più vi si abbandona, tanto più crede di adempiere con zelo, ed esattezza i propri doveri, e gli obblighi del suo stato. Ragionando però con voi, e con quelli, che sono del vostro ordine, che persone di allo intendimento so- lete essere, non £i mestieri il tessere una lunga dice- ria, bastando il cennarvi apjìena un pensiero per ca- pirne tutta r estensione e tutti i resultati ; quindi mi contenterò di làrne brevemente parola, senza trascurar però nulla di essenziale, e d'interessante. Tante sono, come sopra abbiamo avvertilo, le dif- ficoltà e gli ostacoli, che alle procedure ed ai disegni di un uomo di slato si oppongono ; e cosi intralciate sono le vie, che deve egli battere, per recare a fine i suoi piani , e per riuUzzarc le sue idee, che senza MECCANICHE 65 l'aiuto della più matura politica Don arrivcreLbe egli mai a poter adempire le sue funzioni, ed a reggere la tanto complicata macchina del governo. Quale sia di quest'arte, o scienza, come voglia cliia- marsi, la vastità, e l'importanza; quali gli studi, che la medesima richiède , onde poter giovare a chi dee 2)raticarla, per conoscere gli uomini e le cose, che il corpo politico costituiscono, e per cavarne i mezzi, e gli aiuti opportuni per le sue operazioni; quali sieno tali mezzi, e quale la loro efficacia, ed influenza nella pubblica amministrazione, non è mio istituto di esporre; ne la brevità, e l'oggetto di questo foglio il compor- tano; molto più che di tutto ciò, non che voi, il quale tanto colto , ed illuminato siete , ma eziandio gli ap- prendenti della classe diplomatica ne sono a sufficienza istruiti. Io mi limito dunque a fare solamente rilevare, per attenermi al soggetto, che sto trattando, la falsa idea, che regna non solo presso il maggior numero , ma ben anco presso gli uomini di alto rango, circa lo scopo che quest'arte si propone, e circa l'uso a cui la medesima è destinata. Comunemente si crede, che la politica non sia, che l'arte d'ingannare, e che l'uso, che dee farsene, sia quel- lo, di sajier trovare i mezzi più adatti, e che con più sicurezza facciano questo fine ottenere. Parlandosi di po- litica suonano nelle bocche di tutti il Macchia velli, ed il Mazarino, che si reputano falsamente, perchè mal si capiscono, come i maestri di quest'arte insidiosa, ed è a tal punto prevalsa questa nociva persuasione, che an- che persone dotte , e di spirito hanno formato delle massime, che da tale falsa idea derivano, e che la sup- pongono una verità, se non in teoria, alcerto nella pra- tica. Un dotto inglese in fatti, che scrisse massime j)0- litiche e di società, in una di esse insegnò, che le ra- gioni di stato sono tanto intrigate , quanto un buon ministro difficilmente può essere un buon uomo (i). E (0 Mass. di Sialo, e di Società, Mass .\.\i pari. a. & !66 SCIENZE ED ARTI ciò perchè per buon minislro, secondo le idee comuni, ijou 5>i reputa colui, che sia più doluto di buone qua- lilà, ma quegli che sappia meglio armarsi di politica, cioè di quella cupa, e falsa politica, che consiste in un giuoco di ripieghi, di artifiz.!, di sotligliezze, e di elu- lioni, e che da principio si veste di simulazione, e lì- fiisce poi con ingannare se stesso, e gli altri. Or fin quando un tal'errore si confina nelle teste dei privati non può nuocere, che a loro stessi, e non può estendere la sua cattiva influenza che alla picciola sfera, in cui essi si aggirano, ma se preoccupa lo spirito di un uomo pubblico , massimo detrimento ne risentono allora i particolari, gli ordini tutti della società, e l'in- tiero corpo poli ileo; avvegnacchè un ministro che questa dannosa politica adotta , non se ne vale solamente nel maneggio degli alti affari, nel bilanciare gl'interessi re- ciproci delle ^nazioni , e nelle trattative di pace , e di guerra, ma eziaiìdio negl'interni, e cotidiani negozi, e pelle cose islesse dei privati l'adopera con massimo danno ^ei cittadini, e con massimo discapito della sua stess^ reputazione. Questa falsa politica , questo flagello dei popoli , e flelle nazioni, nacque dalla malizia di coloro, che vol- lero servire i grandi, e le loro passioni; fomentata quindi dall'adulazione, e sostenuta dalla forza, e dall' autorità, divenne l'arbitra della sorte degli uomini, e la ministra delle pubbliche calamità. Uop'è dunque dirlo altamen- te, ailinehè si disingannino tutti coloro, che sono invasi di un errore così fatale. Ogni politica, che non ha per hase la verità, ed U bene generale, è un inganno dan- noso non solo a quelli, cohtra i quali si esercita, ma a quegli stessi, che l'esercitano; giacché produce mise- ria , ed oppressione pei deboli , odio ed indignazione contro i grandi, scompiglio e mal essere nella società. La vera, la genuina politica è al contrario un'arte salutare, e benefica, ed una specie di supplemento alle leggi positive, giacche ove la loro cflicacia non arriva, MECCANICHE 67 ne fa essa lo veci; vale a dire riforma gli aLusi, dirig- ge le opinioni, combatte i pregiudizi, introduce gli utili stabilimenti. Promuove in somma, per dirlo in poche parole, con Taccorgiraento, e con la sagacità della sa- viezza la pubblica utilità , ed insegna a conoscere gli uomini , non per raggirarli , e per circonvenirli , ma per guidarli loro malgrado al bene, e per farli con- correre al vero vantaggio di se stessi, e dello stato. Non è infine di minor peso, e conseguenza degli altri errori, e pregiudizi politici, de' quali ho finora ragio- nato ; ed anzi oserei dire più gravi disastri ha fatto soffrire all'umanità di tutti gli errori suddetti, collettiva- mente considerati, la falsa opinione, che hanno avuto alcuni pubblici personaggi dello scopo, a cui deve mira- re il loro importante officio, e dell'oggetto, a cui de- vono diriggcrsi tutti li loro travagli, e tutta la loro sollecitudine. Imperciocché come in un naviglio se man- cano taluni degli attrezzi, che servono per governarlo, possono in un modo, o in un altro tali ingegni supplirsi, e può trarsi avanti il cammino, se ha però perduto la bussola, o il timone non potrà mai arrivare in porto, ed andrà finalmente a romjiersi, ed a sommergersi; così nel reggimento delle cose politiche uno, o un altro par- ticolare oggetto che si trascura , non disordina tutta quanta la macchina sociale , ma questa falsa opinione tende a traslineare tutto il sistema del governo, ed a far perdere di mira il vero metodo di una saggia , e benefica amministrazione, onde dovrà alla lunga pro- durre, se non la totale rovina, al certo la decadenza de^ gli stati. 11 primo dovere, ed anzi il centro di tutti i doveri non solo di coloro, che governano uomini, e cittadini, ma di quelli ancora, che sovrastano a servi, o alle di cui cure sono affidate le greggio istesse dei bruti, si è di proccurare la utilità, i vantaggi, ed il buon essere di quelli ai quali sovrastano. Or pochi tra coloro , che hanno avuto in mano la 63 SCIENZE ED AnTI sorte degli uomini, sono stati penetrali quanto conviene delia immensa importanza di questo dovere; anzi taluni di essi hanno supposto, di dover servire esclusivamente alla sola utilità del principe, e di dover sottoporre a quest'unico oggetto tutti gli altri doveri, obbliglii, ed offici del loro ministero. A ciò si sono indotti per un altro errore fatale, di aver cioè creduto non solo distinti, e separati, ma al- tresì reluttanti gl'interessi dei principi con quelli dei popoli ; quaudocchè tali interessi sono di sua natura indivisibili , ed anzi non sono in tutti i sensi che i medesimi. Umiliate una nazione,'dissanguate un popolo, voi rib- basserete la gloria del principe, ed impoverirete il suo erario: un popolo avvilito diviene una greggia di schia- vi, che non sono buoni ne per la pace, uè per la guerra. Un popolo gravato di pesi si ridurrà in breve inabile non solo a soddisfare le straordinarie contribuzioni, ma a sostenerne le più lievi, e le più necessarie; e quindi s'impoverirà l'erario, si estinguerà il credilo ^mbblico; e ne risulterà il fallimento dello stato. L'unico dunque, e senza contrasto il più sicuro modo di servire bene un sovrano, e di far prosperare il corpo politico, è quello di elevare quanto più si possa nell'or- dine delle nazioni i suoi sudditi, e di renderli ricchi, e felici. Dapoichè più glorioso è per un principe il comandare a buoni, e veri cittadini, che ad uomini degradati, e miserabili. E maggiore, e jjiù salda è la potenza di un Sovrano, che ha sotto di se una nazione iiilice, ed a lui attaccata per ossequioso sentimento. Una guerra , un pubblico disastro vuotano in un istante i tesori, cumulati in molti anni, e l'attaccamento fedele dei sudditi è un baluardo eterno, ed inespugnabile, ed una miniera inesaurabilc di ricchezza. Quando dunque si vedono procedere separati, e di- vergenti gl'interessi dol Principe da fpielh del p()j)olu allora e da giurarsi , che coloro ai quali è ail;dalo il MECCANICHE 69 freno del governo, o ingannano se stessi, 0 ingannano il loro Sovrano, vale a dire, o non conoscono, o non vogliono per loro privati disegni seguire il vero cam- mino, che guida alla prosperità dei popoli, ch'è la vera prosperità dei principi. Signore voi comparite in un teatro, in cui tutti gli occhi di un popolo sono rivolti verso di voi, e so- pra le minime vostre azioni, in voi è riposta la pub- blica fiducia, e si compromette ottenere sotto il vostro ministero non solo tranquillità e sicurezza , ma agio , buon essere, e prosperità. Le vostre sagge operazioni, e le benefiche vostre in- tenzioni potranno per la infelicità dei tempi essere qual- che volta contrastate; ma se sosterrete con fermezza gli urti, e le contraddizioni, la vostra virtìi vincerà alla fine tutti gli ostacoli, e trionferà della malizia degli uomini e delle contrarietà istesse della fortuna. Il testimonio interno^ della propria coscienza vi ricompenserà di tutte le vostre fatiche, e la pubblica riconoscenza coronerà la rettitudine delle vostre inteuziooi, colmando di lodi, e di benedizioni il vostro nome, ch^è il premio più, nobile, che possano le virtù di uà ottimo ministro ri- portare. fJO LETTERATURA LETTERATURA ED ARTI LIBERALI Seguito della memoria di Agostino Gallo sulla vi- ta, e le opere del Marchese Giacomo Gjoseppe Havs{\). (Vedi fascicolo di maggio i833 p. i47)- Sposizione delle opere. Bello e dilettevole è trascorrer la vita nella pace del- l'animo, e nel diuturno esercizio della virtù, e scender poi tranquillamente nel sepolcro senza affannosi timori e laceranti rimorsi; ma non mea bella e confortevole è la speranza di sopravvivere nella memoria degli uo- mini, mercè gli esimi lavori della mente da vigorosa ragione concepiti, da intenso studio maturati, e a tutta perfezione condotti. E poiché abbiam noi considerato dianzi qual si fosse l'egregio Marchese Giacomo Giuseppe Hans nella inte- grità dei costumi, e nell'ampia luce di sociali, e cri- stiane virtù, conviene omai far parola di lui qual som- mo letterato, esaminando i nobili parti del suo ingegno, che gli dan pieno diritto, non men che le prestanti qua- lità del suo cuore all'onorevole ricordanza dei posteri. Egli è vero che quel valentuomo attinger non volle fama dalle scienze, cui dassi il primo onore nel seeolo in che viviamo, e quel tanto volle saperne che a sem- plice istruzione, ed ornamento giovar gli potea: ma in- tese invece a procacciarsela nell'amene lettere, nella ar- j cheologia, e nelle arti che belle si addimandano; però fu in queste discipline sì prestante da lasciarsi dietro non pochi dell'età sua. E pur vero altresì, che all'in- fuori della poetica di Aristotile, ragguardevol lavoro noa (i) L'autore ha dovuto ritardar la pubblicazione di qiipsl' ultima parte della sua memoria promessa sin da maggio i833jpcr la soprawi^iuta morte del padic, ed «litri imprcveduti accidenti. ED ARTI LIBERALI jì che per copia eli dottrina, e forza di criticai, ma Leu anclie per estensione, fu egli autore di opuscoli di pie- ciola mole ; ma ogni suo opuscolo vale per se stesso un'opera; cotanto son essi pieni di peregrina erudizione, e quel che più monta, di non comuni, e sovente nuove idee riguardo alla letteratura, alla veneranda antichità, ed alle arti. Dapoiche rifuggiva egli dal costume di molti, che credono di acquistarsi dureVol nome col raccozzare alla meglio dalle opere altrui le principali cose, vestirle di novello stile, e riprodurle più compendiosamente, d largamente con titoli variati sotto il proprio nome. Questa inatta genia, che al volger di poche lune ti schiccherà volumi senza accrescer per nulla la massa delle umane cognizioni, o raddrizzarle allo scopo di maggiore utili- tà, e che, anzi che letterati, fuchi della letteratura ap- pellar si possono, tenea egli in dispregio; e quindi per non assimilarsi ad essi non ponea mano alla penna se non per annunziare nuovi, o interessanti concetti. E qui giova riferire in prova di questo suo costume ciò ch'egli mi disse sul proposilo di una greca mutila iscri- zione , ritrovata nel teatro di Segesta di cui gli pre- sentai copia per ispiegarla , e illustrarla : poche idee presenta questa ellenica scrittura^ e le poche non et J^an saper più di quel citerà stato detto dagli scrit- tori intorno a Segesta^ laonde non intendo occupar- mene. Che se egli, «nonostante quel sito- proponiraentd he stese poi un dotto articolo(i), ciò fu per compia- cere alle mie preghiere, avendogli io dimostrato ch'al- tre prove ricavar si poteano da quel monumento in Coferma delle divolgate istoriche notizie. Queste sue opere inoltre eran frutto di lenta e in- cessante riflessione; imperocché egli era uso, pria di porvi mano, di escogitarle a lungo nella mente; e di più con (-i) Fu dato in luce nelle nostie EfFcmcridi scientifiche, e Iclteraric. 79 LETTERATURA gravissima pena le conduceva innanzi, dovendosi valere dell' altrui soccorso per la lettura degli autori che fa- cevano all'uopo suo, e per istenderle in carta. Ed anzi degno di osservazione si è, come egli, conservando fino agli ultimi istanti di sua vita una tenacissima memoria delle cose già lette sin dalla piìi verde età, iva richia- mando ad uno ad uno gli autori alla materia confacenti, e sovente i volumi e i capitoli ne additava al suo se- gretario, ove l'opportuna erudizione, i sentimenti o al- tro pescar ne dovesse; e ciò praticava in mezzo a tanti mali che senza tregua lo travagliavano cotidianamente; tal che di lui potea dirsi, ch'essendo quasi morto il cor- po avea sola e doppia vita l'intelletto. E hen sommo vigor di mente dimostrano questi suoi lavori, che ap- palesano più presto una robusta e sana gioventù , che la vecchiaia infermiccia e cadente; e di essi a buon dritto occupar ci dobbiamo, esaminandoli e scrutandoli parli- titaniente. Se ponderar vuoisi dirittamente il valor vero di al- cuno scrittore, decsi soprattutto porre a disamina l'u- tilità cui mirano le opere sue. La repubblica letteraria è troppo ingombra di libri, di cui una parte è dannevole alla morale, un'altra al- l'umano intendimento, trascinandolo nell'errore, e pa- scendolo oziosamente di vane ed inutili ciance con grave perdita del tempo, prezioso pur troppo per l'uo- mo, che apparso appena sulla scena del mondo non gua- ri dopo batter sente l'istante della sua fatale dipaitita. Pochi libri son destinali alia islruzion dtlla società, ad accrescer la massa delle cognizioni dell'uomo , a retti- ficarne i giudizi , a condurlo per vie facili e piane ai veri elementi delle scientificl.c, o letterarie facoltà; ad apprestargli un filo salutare , ondo porre più sicuro il -pie' nello intrigato laberinto dell'antichità, modello, e guida (specialmente la greca) d'ogni proficua e dilette- vole disciplina, non che del viver civile. A sì utile scopo, e Segnatamente a quello d'illustrare l' antica letteratura, ED ARTI LTI5E1\ALI 73 le belle arti, e l'archeologia, miran le opere del nostro valentuomo, di che spero rimaner si possa convinti con la fedele sposizione, che tratto tratto ne andrò facendo. Talché di lui profferir dovrassi secondo la sentenza ora- ziana: judicium subtile videndis artibus. Io non accennerò le opere sue nell'ordine cronologico, in cui furon pubblicate, che ciò nulla imporla, ma più presto per classe. Fra le opere di Aristotile quella che nello spazio di circa venlidue secoli è Stata costantemente più letta stu- diata, comentata, ed illustrata è certo la sua poetica, in cui con mirabile, e perspicace ingegno raccolse le norme tutle del retto poetare dietro le più accurate e diligenti osservazioni de' prestanti scrittori di poemi, che fiorirono in Grecia. E da credere che lo Stagjrita si giovasse di quanto dettato aveano sullo stesso argomento Democri- to, Simone, e Zenone Cizieo, e che anzi a cominciar dalla grammatica, a proseguir con la rcttorica, e ter- minar con la poetica, inteso avesse a guidar la gioventù ])el fiorente campo debile amene lettere, per innoltrarsi j)oi negli studi più gravi della logica, della metafisica, della morale, delia politica, della fisica, della storia na- turale, di cui parimente steso avea lunghi trattati. IMa Sciaguratamente questo della poetica che ci sarebbe stato di maggior uopo è giunto a noi mutilo, guasto, e de- formato in guisa che ha fatto ad alcuni critici dubi- tare, o di essere un compendio malamente da altri rac- cozzato di quello suo più ampio sulla stessa materia, o di esser almeno manchevole di altri due libri; dapoicchc ritrovasi esso ristretto in un solo, laddove si scorge ci- tato da Laerzio il terzo, che fa supporre che gli altri due siensi smarriti. Checche ne sia, egli è certo che l'ordine de' capitoli del testo che ne abbiamo, è tale che sovente manca di legame, e quindi non è da sup- porsi, che in siffatta guisa sortito sia dalla mente di quel profondo dialettico che nelle altre opere sue è sempre luiiabibucnte ordinato. ^4 LETTERATURA Or questo trattato del gran precettore di Alessandro, SÌ interessante all' istruzion della giovenlfi , occupò per molti anni l'intendimento del nostro Marchese Haus, e l'opera ch'ei su lo stesso pubblicò tien fra tutte il primo luogo per ampiczTla, e gravità di lavoro, e per altri pregi infiniti, per la quale conseguì a dir vero la mag- giore reputazione. Fu essa pubblicata nel i8i5 in Pa- lermo nella veal tipografia , e presenta riunito quanto puossi desiderar sulla poetica dello Stagirita, oggetto di meditazione , e di studio de' dotti di ogni età, e di ogni nazione. Il testo sceltone è quello dato dall'edizione -Bipontina del 1800, fin allora riconosciuto il miglio- re, ma che egli con immenso studio vieppiù emendò, e ridusse a più corretta lezione, come vedremo. Innanzi tratto in una breve prefazione espone il piano dell'opera, poi dà il semplice testo gieco con note, ed emendazioni giustificate in pie' di pagina, sieguono indi la sua ver- sione latina con animadversioni filosofiche e finalmente due dottissime dissertazioni l'una col titolo appencUx pri- ma deiragoediae officio^ la seconda appendix cdiera dra- mnticae poeseos origines apud graccos, precipue seciin- diim jéristoieìem. Per le emendazioni al testo gli elle- nisti hanno osservato, che alcune sono così ben divisate, ■che non lascian luogo a dubbio di sorta, dapoichè con picciola mutazion di lettere si rettificano alcune voci , the facean inciampo al senso, e queste hanno ricevuto un generale accoglimento da' dotti; altre correzioni, seb- ben poche, non sono sembrate a costoro necessarie. Im- perocché anche le voci, o le frasi, come Stanno nella Bi- pontina, potrebbero forse giustificarsi con esempi simili, e con la peculiare attitudine, ed ampiezza della lingua greca. Checche ne sia di questa opinione certo egli è che il Marchese Haus col suo lavoro ha il vanto di ave- re saldate le antiche piaghe alla poetica dello Stagiri- ta , che state erano da molti indicate , e specialmen- te dal Training, e dal Buhle, senza recarvi bensì al-' cun rimedio, e m ciò è da lodarsi il silo arlifizrio, eh« I.t) ARTI jLIPBRAU ^§i per molle cmenclazioui si vale dello sicsso Aristotele,- adduccnclo a riscontro le voci, e le frasi di altri luo- ghi del medesimo, onde mostrare, secondo la confor- mità dello stile, e della lingua, che aver suole ogni autore nell'opere sue, quanto state sieno da lui ra- gionevolmente proposte. Nella versione latina non solof mostrasi fedele al suo originale, ma con giudiziosa par- simonia qualche jiasso ne schiarisce, o con la scelta di voci, che dieno mf'ggior lume al concetto, ovvero con l'addizione di qualche altra al ttsto, scritta in corsivo che serve pure allo stesso oggetto. A maggior diluci- dazione poi di alcune idee di Aristotele, due controver- sie discute , una relativa al bello degli antichi nellai poetica, e nella eloquenza, che si riferisce al capo 8* della poetica, e l'altra relativa all'istoria della gram- matica greca. Nella dissertazione, che egli intitola appendix de tfa-* goediae officio^ agita la gravissima quistione dello sco- po della tragedia , e dei mezzi che adopera per com- muovere il cuore degli spettatori; pel fine stabilisce il diletto, per mezzi vi riconosce il timore, ovvero quella paurosa esitazion d'animo, e la commiserazione; affet-' li che noi sentiamo nello scorgere un illustro personag- gio ravviluppato nelle sciagure. Egli però sennafamente fa osservare, che questo timore nella interpetrazion della greca voce (^ó/3ov era stato equivocato da quasi tutti gli interpetri col terrore, passion che soprafl'à ed opprime l'uman cuore. Per questa erronea interpetrazione dispe- rata si rendea l'intelligenza di quell'altro passo del greca filosofo, ove parla della purgazion degli affetti, la quale per mezzo del timore, e della compassione viene a com- pirsi, secondo l'idea del medesimo, e qui egli prova ad evidenza, che purgare i surriferiti due alletti, princi- pali moventi della tragedia, altro non significa, che me- nomarli di quanto aver possano di eccessivo, mitigarli, ridurli a giusta misura, senza di che non puossi conse- guir il diletto cella drammatica azione j che ne forma •^6 LETTERATURA. lo scopo. Di questa aristotelica verità egli era tanto in- timamente convinto, che in due altri opuscoli separati, scritti in italiano ne volle più distintamente trattare (i); a cui un terzo (2) aggiunse sul diletto, qual fine della greca tragedia, di risposta ad alcune dotte obbiezioni fat- tegli sull'argomento dal chiarissimo Beneficiale Luigi Garofalo, il quale sostenne invece che la pubblica uti- lità, era il verace scopo della medesima secondo Ari- stotele. Ma sia che vuoisi del vero di tal quistione, sia che il diletto come un artificio del tragico debba ri- guardarsi, e non già come il fine dell'azion dramma- tica, da riporsi piìi presto nella politica utilità, oppure, come sembra più probabile, che i primi tragici greci il diletto unicamente si proposero; e quei che appresso si diedero l'arte tragica a perfezionare, cioè Sofocle, ed Euripide, abbiano avuto in vista la politica utilità; cer- to egli è, che il divisamente del Marchese Haus è so- stenuto a sufficienza dalle dottrine di Aristotile, e spe- cialmente da quel suo generale principio , che le arti liberali (e fra queste certamente vuoisi comprendere la poesia di ogni genere, ch'egli stesso non esclude) hanno per iscopo il diletto. Nella seconda appendice tratta in i5 cajiitoli l'isto- ria del teatro greco dalla sua più rozza origine sino alla perfezione, e quanto allo stesso ha rapporto, co- minciando dalle feste di Bacco, e dai ditirambi, che suggerirono la prima idea della tragedia, e dalle fal- liche canzonette, che quella risvegliarono della com- media, e proseguendo a parlare degli autori scenici, della locuzione drammatica , dei gesti , e dei movi- menti de' personaggi ad essa confacenti, delle due ma- niere di commedia, l'antica e la nuova, e del loro (1) Sul terrore nella tragedia. Un'altra volta ancora, ma breveinenie sul terrore nella tragedia. Opuscoli inserili ne' giornali e poscia ii])ubMi- cati in una r.-ireolta di suoi lavori loltirarii nella Reale TJpogr;i(iu di Pa- Jcrmo nrl i8'.>,^. (O Questo opuscolo fu pubblicato nella sopracitata raccolta. ED ARTI LlBERALf 7^ intrinseco carattere , della struttura dei teatri antichi , de mimi, del coro tragico, dei coro comico; e in (ine de' tempi prefissi a' pubblici spettacoli, del modo come i poeti li eseguiano sulle scene, e de' premi, che per le loro produzioni riportavano. Questa dissertazione che occupa a buon conto 1 29 pagine di grande ottavo puossi riguardare come un' opera compiuta sul greco teatro, senza opinioni arbitrarie, sic- come han fatto altri autori , che lo stesso subbietto han toccato , ma in tutte le parti sostenuta da' passi di Aristotele, e di altri antichi scrittori, che in larga copia vi si veggon citati. E quel che vi si dee ammi- rare principalmente si è l'acume d'ingegno eh' egli a- dopera nello stabilire le cose più controverse; talché per questo pregio lasciasi addietro chiunque altro (che molti ve ne sono) abbia su tale materia in molti vo- lumi ragionato. Quest'opera, e i vari altri opuscoli da me accennati, che vi l';in seguito o servono ad essa di cemento, o di dilucidazione solca egli tenere meno delle altre a di- scaro, calcolando l'immensa fatica che gli costò, e noi riguardar la dobbiamo come degna di altissima com- niendazioue. Viuie operette scrisse egli inoltre di archeologia, e di belle arti, ciascuna delle quali dar potrebbe a chiun- que la fama di pregiato e dotto autore, ma eh' egli pur le considerava come lavori di semplice sollazzo, e quasi di riposo della sua mente. Fra queste è da ac- cennare il suo saggio pubblicato in Palermo nel 181 4 sul tempio^ e la statua di Giove in Olimpia^ e sul tempio dello stesso dio Olimpio , disotterrato in A' gr/gento. In esso stabilisce il paragone tra i due tempi consacrati allo stesso Dio, l'uno cioè in Grecia nella campagna di Pisa, ch'ei crede essersi chiamata Olim- pia, non trovando presso gli antichi città di tal denor minayJone, e l'altro nella nostra antica Agrigento. Ra- giona delFordine dorico, e delle sue proporzioni, che r8 ^ LETTERATURA servon ad amontlue, e dtllc ])iccole differenze, clic in essi scorgcansi; palla della statua di Fidia, oruamcnto del Pisano, e delle sculture in alto rilievo, die decora- vano il nostro, e move la quistione circa alla parte del tempio ov'eran collocate: questione fin a desso indefi- nita , perchè risultante dalle parole indeterminate di Diodoro Siculo, ottimo istorico per vero, ma poco in- tendente di architettura , e quindi scrittore iii questa 2)arte die offre una incerta manuduzione. Molte altre cose tocca di volo in questo suo lavoro con piena cognizione dell'arte architettonica antica; e tanto più è ammirevole quanto nel tempo iii cui egli scrisse, e visitò il nostro tempio Agrigentino, non si era ancora scoverta la pianta , né bene si poteano osservare le membra di tanto edificio; nulla di manco le sue dotte congetture su ciò che riguarda il complesso idei medesimo, e la sua particolare struttura non sono state smentite da' travagli del Politi , del Palmer! , e del Duca di Serradifalco , che tra i nostri se ne sono lodevolmente occupati (i). Non dico già degli stranieri, parte dei quali o lo hanno troppo alla sfuggita o cou ispirito di sistema osservato, essendo a' nostri forse toc- cato in sorte di studiar tal monumento sennatamen'e a più bell'agio, e di aggiungere qualche loro importante osservazione a quelle del Marchese llaus; ma egli sem- pre avrà il vanto di averlo il primo tra noi dottamente illustrato. È vero che a questa opeja furon fatte delle obbiezioni pria dal signor Politi, e poscia dal signor Klenz, soprantendente delle fabbriche del re di Bavie- ra, ma all'uno e all'altro rispose egli in sostegno del- le sue, per altro fondate, congetture; giacche negli scrit-r ti di quei due artisti di nuU'altio trattavasi , che di sostituir le proprie a quelle del nostro valentuomo. Uà altro pregevolissimo opuscolo stese egli su i vasi greci, comunemente detti etruschi, che jHibblicò pari- (.l)V. EfFom. t. 8 Ufi mio art. Sull'antichUà ii{;ris;- illu>tialr rial Palinrii, ove ij mctton da me a raflionto le varie Oinuioni sul Umpio di Giove Olimi'io- ED ARTI LIBERALI ^f) menti in Palermo nel 1823, ove a lungo discorre delht loro materia, del modo di configurarli, di apporvi I4 vernice, e poi di loro uso e denominazione presso gli an- tichi, desunti dalle particolari forme, che recano, di cui le principali joresenta in una tavola delineata in semplici contorni. A questo opuscolo tien dietro un ra;>iona- mento da lui letto in Roma all' Accademia Archeolo- gica, alla quale appartenne, ed ha per titolo Cond^ derazioni sullo siile de Greci nelle arti del disegno. In esso stabilisce che lo stile proprio de' greci artisti sia stato composto di semplicità e nobiltà, ossia di na- turalezza non mai scompagnata dal decoro , e questo suo pensamento, precedentemente già annunzialo dal Winkelman, corrobora egli con belle osservazioni che mostrano (guanto ottimamente sentisse degli antichi mo- numenti, e quanto altronde istruito fosse nella istoria dtile arti greche, e degli artisti di quell'epoca beata, spargendone di opportune notizie tutto il suo breve dettato, che solo fa desiderare un maggiore svilup[io, ed una più ampia estensione, e più frequente applicazioii di confronti colle opere elleniche, che ci sono rimase. Un articolo, a guisa di commentario sopra un passo di Plinio, pubblicò nel 1820 nella lìiblioteca Italiana, e indi riprodusse in Palermo nel 1823 sopra la pit- tura all' encausto degli antichi in cui tieu proposilo pe' vari modi di dipingere in questa maniera, e de' mez- zi adoperati da' Greci, desumendo da Plinio le sue sottili congetture. Su questo subbietto scritto avea co- piosamente il Requeno; ma io non saprei determinar se nelle poche pagine del nostro Hans più si contenga phe nell'opera immane dello spagnuolo , so bensì che il tedesco scrittore contenta e persuade piìi non die i dotti, ma gli stessi artisti colla perspicace spiegazione ^elle misteriose parole di Plinio. Un altro articolo scrisse sugli scamilli impari, spie- gandone un passo arduissimo di Vitruvio che ha iàti- ' ito non poco la mente di tutti gli scrittori dell'arte 8o LETTERATURA edificatoria. Questo articolo puossl considerare come continuazione di una sua lunghissinia nota, segnata con la lettera O, e apposta a schiari mento del suo Saggio sul tempio di Giove Olimpico in Grecia e in -Agri' gerito^ di cui abbiamo tenuto parola di sopra. Egli dimostra con plausibili ragioni che tai scamilli impari altro non sleno, che un artifizio di costruzione da pra- ticarsi, secondo il suggerimento di Vitruvio, nei tem- pi elevati sopra poggetti , siccome erasi quello agri- g£utino, e da collocarsi presso allo stillobata pel mi- gliore e regolare effetto ottico, e secondo la sua buo- na critica consueta pone in raffronto un altro passo di Vitruvio ove ragiona pur degli scamilli in un' altra situazione, ma divisati per lo stesso oggetto, talché la sua dotta congettura se non ci dà una inconcussa cer- tezza, sembra almeno più soddisfacente di tante altre, che sullo stesso passo di quel sommo architetto si so- no fin adesso avanzate; e l' essere questo opuscoletto, già pubblicato in Roma, sede delle belle arti, e de' più valorosi artisti, rimaso sinora illeso dalle censure, ci fa argomentare che la datane spiegazione non sia spiaciula a quei che intendono l'arte architettonica, giudici com- petenti in siilàtta materia. Un altro gentile, e grazioso oj^uscoletlo scrisse egli sul celebre dipinto, creduto rappresentare il trionfo. di Galatea, che accompagnata da nmfe marine, e da' tri- toni, e preceduta da una turba di amorini, in una gran conca seduta, lucendo mostra di sua bellezza, trascors^e lievemente su' flutti. Or egli non riconosce in questa dijiintura, che Venere Anadiomène pel suo leg- giadro, e decoroso corteggio, più conveniente alla diva sorta dal mare, che a Galatea che ne era semplice- mente una ninfa , e vuol con buoni argomenti soste- nere, che in quella rappresentazione s'indicasse il trionfo della bellezza della diva. Sostien la sua opinione con l'e- sempio di un antico basso rilievo, esistente in Roma, che liaf^kello dovette aver sotto gli occhi, studioso co- ED ARTI LIBERALI 8ì m'era dell'antico; e con un passo di Ajìuleo , ove si fa la descrizione di Citerea , di quel corteggio , e del trionfo della sua bellezza presso a poco allo stesso mo- do che venne affigurato dallo Urbinate, a cui non po- teva esser ignoto, si perchè si avea già la versione di quel greco scrittore, come altresì perchè il suo pennello era guidato da dotti uomini nelle invenzioni pittoriche. Egli è vero, che a tal suo pensamento fa ostacolo una lettera di Raffaello , diretta al Casti glioni dalla quale tolse idea forse il Vasari, come l'Hans dice, di ricono- scere in quel dipinto una Galatea piij presto , che la dea di Gnido, ma egli di leggieri si toglie d'impaccio, mostrando che appunto per questa lettera fu indotto in errore il Vasari, come chiunque altro tra i moder- ni, e che in essa il Sanzio non parla di una Galatea già eseguita, ma d'un quadro di un tal soggetto, ch'egli volea dipingere, e che forse come tanti altri, che volgea in mente , per la brevità della sua vita , o per altro motivo a noi ignoto, mai non dipinse. In somma ri- conosce egli in quel corteggio, e in tutte le parti del- la rappresentazione, il trionfo di Venere, e non già di Galatea , perchè crede che sarebbe stato del tutto incompetente , e di una difettosa profusione per una semplice Nereide; ad indicar la quale soltanto sarebbe stato opportuno dalla parte della sponda a gran distanza rappresentarvi in macchia pittorica Polifemo, come fatto avea un greco artista. A quest'opuscolo fu fatta obbiezione nella Biblioteca Italiana, non per ciò che riguarda la forza degli argo- menti, che questi rimangon saldissimi, ma per quello che risulta da una supposta iscrizione nel rame di mano del Raimondi, allievo di Raffaello. E il nostro autore di replica scrisse, che il rame inciso dal Raimondi, di cui egli tenea due freschissime copie nella sua ricca collezione di stampe, non porta la sognata iscrizione) che non fu mai costume di quello artista, ne de' suoi sco- lari, ne di altri antichi incisori, di apporre il nome ui 6 82 LETTERATURA. soggetti, die intagliavano, e (juindi tolta questa obbicr zione riruangon ferme le ragioni per riconoscere nel dipinto di Ratiaelio la Dea della bellezza , e noa già jGalatea. Diverse altre operette scrisse in materia di archeq- logia, pubblicate nel Giornale letterario da me stabilito nel 1(833, e nell'altro delle Effemeridi, cioè la spiega- zione di un'antico tenerissima iscrizione sepolcrale la- tina, ritrovata nel duomo di Cefalu, e riconosciuta come disperata dal celebre Lancellotto Castelli principe di Torremuzza, e dal professor Nascb, ma dal' nostro va- lentuomo pienamente illustrata da non lasciar alcun dub- . bio. Un'altra iscrizione grjsca ritrovata di recente in Se- gesta, mutila in più parti, illustrò pure come meglio potè, apprestando con quella ulteriori argomenti circa al sito della città, e stabilendo per essa, che il dialetto dorico era il favorito ed usitato da' Segestani, noa che qualch'altra non ispregevole congettura. Finalmente nel 1827 lìubblicò le sue belle ricerche intorno all'occasione^ e alt epoca cui possa attribuirsi la celebre medaglia antica battuta in jiome de Sici- liani tutti con l'epigrafe ^IKEAIilTAN. In questa operetta di sole 42 facce discorre egli sullo stato politico delle repubbliche dell'antica Sicilia, con tanto acume d'ingegno, e profonda pognizione della nostra istoria, e procura dimostrare come all'epoca di Timoleonte dalle greche città vessate da' Cartaginesi, che anelavano di conquistarle, e renderle a loro Soggette, ^i i'e' in Siracusa il tanto utile progetto di una lega tra i Siciliani, onde far fronte all'ambiziosa Cartagine; e quasi in emblema del preventivo trionfo su quella pre- potente repubblica si volle in memoria coniar la me- daglia con la epigrafe indicante la riunione de' Sicilia- ili, per restarne a' posteri la memoria. Sostiene egli però, che per altre sopravvenute circo- stanze politiche tra' piccoli governi greci, l'un dell'altro gelosi, e pronti a venire a baruffa, questo utile progeltq I ED ARTI LIBERALI 83 non ebbe effetto; e quindi come di cosa quasi efimera non ne sia rimasa ricordanza nell'istoria. Questa inge- gnosa congettura in mancanza de' documenti sostiene egli con tante plausibili ragioni , che quasi giugne a persuadere il suo lettore, il quale almeno non sa tro- vare argomenti in contrario da opporgli, non ostante che ei non gliene appresti de' positivi per convincerlo, come di una istorica verità. Non guari pria della sua morte scriver volea sul sup- posto emblema generale della Sicilia delle tre gambe attaccate alla testa di Medusa, ch'egli con valevoli ra- gioni non riconoscea per antico, e di cui fece un cenno nella seconda nota del surriferito opuscolo sulla me- daglia indicata. Ma rinvenir forse non potendo ulte- riori prove, ne depose il pensiero. Alcuni suoi divisa menti sotto il titolo di riflessioni de un vecchio ottagenario sullo spirito del tempo correli' te slava egli dettando fino a pochi giorni pria della sua morte, che rimasero incompiuti, in cui si scorge bensì l'ultimo sforzo della sua ragione, già oppressa dagli anni, e da' mali; nKi non lascian di mostrare gl'inte- merati suoi principi politici , rafforzati da una lunga esperienza delle vicende luttuose dei regni, e de' popo- li; e in questo dettato non mancano delle utili lezioni a' sovrani, ed a' sudditi, che sono tanto più pregevoli, quanto egli fu sempre un onesto, e fedel cortigiano, e al punto in cui scriveva era già all'orlo del sepolcro nel pieno disinganno di tante larve illusorie, ma nella piena cognizione de' veri interessi della società. Tale fu la vita letteraria del Marchese Giuseppe Hans. Che se le opere sue posson tutte raccogliersi in due soli volumi di giusta mole è da considerare , che nel sessantesiraosesto annp di sua età egli divenne autorej che fu quasi sempre oppresso da' mali; e che a scrir vere opere di tanta dottrina , di tanta erudizione , di tanta salda critica, opere, in cui, per le ardue opinioni sostenute, gli era agevole il fiUlare; eppure egli rimase 84 LETTERATURA. sempre vittorioso delle poche censure lanciategli , noa fu lungo lo spazio di anni diciannove ch'egli impiegovvi. Altronde nelle opere della mente, rivolte a passare alla jiosterità, è un nulla il tempo che vi si è consumato, è tutto il merito intrinseco delle medesime. Tale si era il Marchese Giacomo Giuseppe Hans nella condizion di cittadino, di cortigiano, di letterato; e tale egli presentossi alla società, all'aula règia, alla repub- plica degli scienziati, col corredo di belle e multiplici virtù, e fra lo splendore di non ordinaria dottrina. Egli con le sue virtù attirossi l'universale stima e venera- zione, con la semplicità e affabiltà delle maniere l'af- fetto di quanti lo conobbero, e coi suoi talenti l'ammi- razione dei conlempovanei,cui seguirai senza meno quella dei posteri. Innanzi a lui si tacque l'invidia, che al picciol merito lancia rabbiosa le artiglia , al sommo non osa fare oltraggio. Nato in Germania, ingentilì il suo spinto all'aura del bel cielo di Napoli, e vissuto a lungo in Sicilia spiegò ampiamente le ali dell'intelletto in questa classica terra che fu madre di Teocrito, di Archimede, e di Meli. Amico di quest'ultimo, del Gregorio, del Natali, del Piazzi, del Oargallo, accresceva con essoloro ornamento alla gloria di Palermo, a lui divenuta seconda patria. Acclamato dal pubblico voto nostro concittadino, esul- tar si vide di gioia nell'essere riconosciuto figlio di que- sta terra ospitale che teneramente avea prediletto. E di cotal suo filiale afletto bello argomento apprestano le sue lettere dirette a prò di lei al suo inclito allievo e sovrano, che schizzate ho rinvenuto fra le sue car- te (i). Caldissimo cultore delle arti del bel|o, dip' salde (i) Vaglia per tutte la seguente lettera senza data, da noi fedelmente tra- scritta sullo schizzo autografo, indiiizzata a S. M. Francesco 1° all' occa^ sipne del suo viaggio in Italia nel coniinciamento del suo regno. 3> Mentre da quattro mesi ini trovai afllitto da grave malattia, che tuf- » tavia mi trattiene in letto, il niio cuore si fece una delizia di mettersi 5> in seguito di V. M. nel suo bel viaggio per l'Italia. Mi credei esser pre- « sente alla festiva sua accoglienza nelle diverse corti, alleate tutte della sua ?> rcal famiglia, ed amiche della sua augusta persona, assistei parimente alle ED ARTI LIBERALI S,j prove con le sue nobili azioni , e co' suoi intemerati costumi di quella gran verità, già detta dal Milizia, che t uomo formato dalle halle arti è cC una sensibilità depurata^ d'una probità attiva^ cioè un benefattore illuminato (^i). Che se il ritratto, ch'io ne ho dipinto manca di que' vaghi colori che la magica eloquenza avrebbe sola potuto apprestarmi, egli è certo fedelissimo ne' delinea- menti. Imperciocché avendo io a lungo goduto di sua affettuosa e costante amicizia, nulla mi è potuto sfuggire" per tracciare esattamente l'immagine morale e intellettua- le, che insieme a quella del suo volto, che si scorge nel sacro tempio (2), ove son depostele sue ceneri, rende al tutto concepita l'idea dell'uom virtuoso, del valentuomo' che abbiamo perduto. 3> sue accurate osservazioni «li tanti stabilimenti ed istituzioni politiche, am-' » minislrative, artistiche e letterarie , nelle quali mercè le amjile sue co- j> noscenze recò l'ammirazione degli astanti. Se in queste osservazioni i j) suoi lumi hanno potuto trovar paboli in compararle con le istituzioni del « proprio suo regno; neppure sarà scappata al suo alto intendinicnto la cir- 3) costanza in questa parte felice dell'Italia per esser divisa in vari st.;ti per j> l'emulazione clie indi procede; mentre che una sola capitale e coite avrebbe H richiamato tutti i buoni ingegni, e talenti, tutte le ricchezzcj e speranze )> ad un solo centrOi V.- M. avrà certamente fattone l'applicazione alla sua j) Siciliaj la quale con tutte le sue ampie risorse, e coi suoi ....ridotta a mero 31 stato di provincia. In somma tutto quello che io desideio è clic il priu- 5> cipio del vostro regno venga segnalato si di ini grande esempio di giù- M stizia , come d' un grande esempio di bencficeivza , ma sopratiitto d' una ■n grand'opera di riforma degna di tanti anni da V- M. consumati nella « contemplazione de' bisogni del suo regno , degna finalmente del genio , r> che pur troppo so che l'anima; allora si che m'applaudirò delle lunghe >> veglie, che ho passato presso la sua infanzia, né mi rincrescerà il tempo, » che mi ha svelto dal suo lato. » Anche S. M. l'augusta sua compagna, e Regina con l'amabiltà del suo 5) tratto, e con le vai-icj ed ammirabili sue conoscenze ha dovuto riscuotere j> un generale amore j e venerazione. In occasione dcUa prossima sua fcst:^ ij di nascita io offro ad ambodue le più larghe , e sincere espressioni dei » miei voti per la comune felicità con quel profondo senso di sommo ri- » spetto,- e sommissione, che notì cesserà mài in vita.' Del SUO.Ì (i) Milizia dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno. Venezia tipo- grafìa di Alvisopoli 18^3 pag. 57. (2) Nella chiesa di S. Francesco di Paola de' Minimi fuori le porte di {•alcrmo gli è stata innalzata, per cura dello scrivente, del P. Glatuballistaf Tarallo Cassinese, e del signor D. Giambattista Cutelli, suoi fedtcoiinuissarl tma medaglia che lo rappresenta al vero, scolpita dal giovine, e yaloicwC «rtibta Kunzio Mcrello.- S6 LETTERATURA Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Serradi- falco. Socio di varie Accademie. Voi. II. Palermo presso Andrea Altieri i834 in-4'' ài pag. io8, e 35 tavole. Lieto ne scende sull'animo il pensiero, che la prima luce, dopo una tenebrosa notte di non poche olimpiadi, splende su questa terra , è circola per entro le vene de' Siciliani, infiammando le loro menti, e a nuovi altissimi concelti volgendole. Oh quante volte abbiam desiderato questi tempi, che sono d'inizio sicuro a mi- gliori destini! Noi stiam preparando un'epoca sublime alle venture nostre generazioni: le quali un giorno, pie- ne di maraviglia e di gratitudine, diranno a se stesse: questo bene a' nostri padri venerandi è dovuto : noi stiam raccogbendo a piene mani i frutti delle sementi ch'eglino con tanti sudori, tante fatiche, tanti contrasti seminaro. Bella speranza e dolcissima per coloro che non si ristanno al momento che fugge, ma conforto tro- vano nei ravvolgimenti delle future cose. L'amore per gli studi che si è svegliato appo noi, e che va sempre crescendo è il miglior bene che potessimo desiderare. Uomini di ogni rango attendon già alle lettere , e ne cominciano a sentire la dignità: i giovani si ion mossi, e ai pungoli della gloria non son sordi: un movimento esiste in tutti gli spiriti, che già conoscono il bisogno di apprendere, e sentono la necessità di sapere. E quan- tunque da questo grave fermento nascano errori , che pur troppo ne son nati, e false vie negli studi si bat- tano; pure il tempo, che maturerà l'opera sua, dissiperà il falso, ed il vero trionferà: la furia delle lotte in prin- cipio genera male, ma questo gradatamente vien man- co , e resta il bene. Stoltizia sarebbe quella di volere tutto retto e buoxio nei cominciare; no, non si perviene ED ARTI LIBERALI 87 a salti nelle Hvoluxioni dell'in telietto umano^ ma a pas- si^ e lenti: poiché prima di giungere al vero si dee pas- sare per l'errore, che sovente pullula sotto la radice del vero stesso. Secondiamo dunque con tutte le nostre forze questo grande movimento de' siciliani ingegni , che guida ad una mela di gloria non comune e sicura. Quindi è spe- cialmente da notare, come un segnale non dubbio della nostra intellettuale rigenerazione, e de' futuri nostri de- stini, che parecchi de' più cospicui magnati, potenti per ricchezze e per onori, calpestando i pregiudizi dell'età, e facendo guerra all'opinione si sono volti agli studi, ed han conosciuto quel grandissimo vero che quaggiù tutto è illusorio, e non evvi di reale che la sola sapien- za. Un esempio bellissimo, quasi a suggello di ciò dm asseriamo, cel presenta oggi Domenico Lo Faso Pietra Santa duca di Serradifalco. Questo illustre cittadino ha dato opera agli studi filologici ed archeologici, e viene a presentare alle genti il frutto delle gravi sue medi- tazionij e delle sue indefesse fatichci Noi al num. xin di queste Effemeridi annunziammo in una lettera indirizzata a quello splendido lume delle italiane arti ^ Leopoldo Cicognara , che , non è gua- ri, abbiam tanto lagrimato, l'opera del Serradifalco, che già si preparava , e che spinge le presenti nostre parole. Io credo che a questi tempi, in eui gli uomini cer- cano di nutrire ed ingrandire il pensiero colla sapien- za degli avi non si possa concepire miglior divisamento di quello che tende ad illustrare le antiche cose. Im- perciocché le moderne generazioni, conoscendo quanto giganteschi e sublimi sieno stati i concetti degli antichi, si sono dati a frugare in tutti i modi per entro le vi- scere della terra ^ e a far rivivere gli avanzi della vetusta grandezza; acciocché s'infiammassero le umane menti, e tacitamente si scotessero e si ammaestrassero. L'Etru- ria, la Grecia, Roma, e l'Egitto sono state nelle prc- Ss LETTERATURA senti epoche illustrate da filosofanti di altissima fama; ed il mondo stupefatto ha veduto ritornare a vita mo- numenti, che, attestando la potenza degli avi, fan- no ampia fede della loro politica e civile sapienza. Babilonia stessa , di cui altro non rimaneva che il nome, che tuttavia tona, e con lugubre suono si per- de, non è fuggita alle ricerche dei filosofi. Riche pe- netrando entro i nascondigli di un impero dallo squal- lore e dal silenzio ingombro , e condotto da Erodo- to, da Strabene, da Diodoro, e da Quinto Curzio, i quali di Babilonia , a' tempi loro già da secoli pe- rita, con istupore ragionano, cercò di squarciare le te- nebre che la coprivano , e di porre fra gli uomini i resti sorprendenti di una potenza piìi vera che credi- bile, e innanzi a cui si ecclissa Atene, e cedono Egit- to e Roma. La Sicilia non è l'ultima fra queste subli- mi regioni, e innalza maestosa la fronte: ella fu mae- stra dei popoli: qui città potentissime sorgevano: qui erano scienze, arti, industria, commercio, ricchezze, sapienza infinita. Quindi in ogni secolo è stata ella va- gheggiata, e da tutti i filosofi con tenerezza ricordata. Obbietto stupendo, e degno delle cure, delle indagini, e degli studi di quanti furono allevati e nutriti all'im- mortale lume degli antichi. Ma sia pei tempi, pei reg- gimenti, per l'educazione, per le vicende degli anni, Sicilia non è stata ricercata nelle sue viscere, e studiata, siccome voleva la sua splendida fama. Difatti un'opera non abbiamo che tutte le sue antichità comprenda, ed illustri, ed onori. Gabriele Lancellotto, Principe di Torremuzza, co- noscendo, verso la seconda metà del passato secolo, il duro lamento che moviamo, immaginò, nella sua gra- ve dottrina, l'idea di un tesoro che contenesse una gene- rale raccolta di tutte le antichità di Sicilia; onde spro- nare i dotti a questi studi, e rivendicare la patria dei torti che le si eran fatti. Imperciocché egli vide che l'esame dei monumenti antichi, che tanto lume spando- ED ARTI LIBERALI 89 no sulla storia civile letteraria artistica politica e filo- sofica dei popoli, fu dai siciliani scrittori lino al seco- lo XVII del tutto dimenticato; poiché altro essi non fe- cero che andar razzolando ed insieme mettendo tutti que' luoghi sparsi nei libri degli antichi, che delle no- stre cose ragionano, nulla curando il resto, e in intiero abbandono lasciando i monumenti , che fan verificare le cose, e rettificarle e correggerle. Io qui non parlerò riè di Onofrio Panvhiio , che venne a bella posta in Sicilia, per raccogliere ed illustrare le antichità famose che quivi esistevano; poiché egli, siccome ninno ignora, assalito dalla morte non potè dar compimento all'idea sua generosa: e i due volumi intorno le medaglie e le iscrizioni nostre, frutto delle fatiche di quel sommo eru- dito, e che furono dal Paruta e dal Walterio pubbli- cate, lascìan molto a desiderare dalla parte della clas- sificazione, e della interpetrazione filologica e filosofica, non avendo avuto Fautore tempo di rivedere l'opera sua, ne di raccogliere, come avrebbe potuto, una maggior copia di que' rari monumenti. Non parlerò tampoco dell'opera di Pietro Burmanno^ che comparve in molti volumi, per le stampe di Leiden, sotto il titolo di an- tichità siciliane. Imperciocché ella, siccome sapiente- mente giudicolla il Torremuzza , altro non è che un informe raccolta di scrittori delle cose di Sicilia jwsti assieme senza scelta, e senza ordine, vedendosi in essa tramischiati e confusi quegli scrittori, che trattano della storia antica cogli altri , che scrissero sulla moderna , quei, che la sacra, e gli altri che la profana illustra- rono. Inoltre il Mirabella^ si era dato ad illustrare le an- tichità di Siracusa , e parecchi altri rivolsero le loro cure a quelle di altre particolari città; ma nelle loro Jucubrazioni non molta fu la critica, uè molto il giu- dicio che li guidò. Il Pancrazi poscia concepì il vasto concetto d'illustrare tutti gli antichi monumenti della Sicilia; ed egli merita la pubblica riconoscenza, per aver 90 LETTERATURA mostrato niente sì acuta, ed animo sì forte e si g;agliar- clo. Ma non basta in questi studi la tuona volontà e l'erudizione. Imperciocché vi abbisognano, oltre di eletta dottrina e di retto giudicio, mezzi non pochi jier ar- rivare a fine sì lieto, e sì importante. Difatti, dopo tante fatiche, il Pancrazì correndo gli anni iy5i e l'^Sa non giunse a pubblicare ^ pei tipi napolitani, che due soli volumi, ne' quali imperfettamente ragionò delle fabbri- che antiche nella sola Agrigento esistenti: per mancan- za di mezzi in molti errori trascorse, in false conget- ture si perdette^ e non esatte ci potè dare le misure de' tempi. Or mentre le antiche cose di Sicilia in questo stato si rimanevano sorsero insieme al Pancrazì il Lupi e l'Allegranza, i quali si sforzarono a mettere in grido e a far fiorire l'archeologica scienza: quindi si videro il Biscari e il Gaetani gareggiare insieme , per iscoprire gl'ignorati resti dell'antica grandezza di Catana, ed at- tendere con ogni animo alla illustrazione di monumenti e discrizioni. Questi nobili esempi non restarono senza frutto. Imperciocché molti valenti siciliani nel mede- simo tempo, e poco appresso, si mossero, e givan rin- tracciando le vestigia di altre antiche città, pubblicando memorie ed interpetrando ed illustrando chi un idolo, chi un basso rilievo, chi una statua, chi una moneta, chi un vaso, chi un suggello, chi un piombo, chi un carneo. Quindi lo Schiavo, il Logoteta, ed il Di Blasi, dietro le orme del Biscari e del Gaetani ^ la scienza colla voce e eoli' esempio in tutte le guise onoravano e promovevano. Ma colui che spinse, come aquila, so- pra tutti il volo, fu il Torremuzza, che a mente acuta, studi profondi congiungeva; e per mettere gli archeo- logi sopra un giusto cammino, e sperar da loro opere di polso ed utili, propose la bella e vasta idea che ac- cennammo. Egli richiama primieramente alla memo- ria la divisione in otto classi che il dottissimo Sponio ■vuole che si faccia de' vetusti monumenti^ diguisacliftì ED ARTI LIBERALI QI tulio die ilsguavcìa la religione, la storia, la politica,! costumi, la filosofia^ le scienze, le arti sodo il nome di archeographia abbracciò: quindi le medaglie^ le iscrizioni, gli edifìci^ le statue, le gemme, la scultura^ i manoscritti, e tutti gli strumenti d'ogni genere nelle cennate classi comprese, principiando da' tempi più re- moti sino all'epoca deH'inA'asione saracenica'^ poiché sa- rebbe obbietto di un altro particolare lavoro quello che si proponesse i tempi posteriori. Il Lancellotto però non crede che tal divisione possa senza mutazioni adottarsi in un'opera che sulle nostre antichità si agiri. Imperciocché non essendo, siccome egli dice, rimasti in Sicilia antichi manoscritti a ca- gione delle tante invasioni de' barbari, a cui misera- mente soggiacque , non ci potremo servire di questa classe, che sarà supplita però da un distinto capo, vale a dire dalla ceramica Jìguraia, ossia da monumenti di creta con figure, compresa dallo Sponio nell'ultima generale divisione degl'istrumenti di qualunque genere. Pcrlochè avvisa che il tesoro di antichità siciliane possa dividersi nelle seguenti otto classi: architectonog rapina, che comprende le piante delle antiche città, i tempi, i bagni , i teatri , e tutto che ad architettura appar- tiene; iconographia y che risguarda i disegni e le an- tiche statue in marmo o in metallo; toreumatographia^ che ha per obbietto i bassi rilievi, i sarcofagi, le urne sepolcrali, i vasi di pietra ec. ; epigrammatographia, che sulle iscrizioni si aggira; numismatica, che le meda- glie ha per finej glitograjica sicula, che volge sulle gemme, su i camei, e sulle pietre incise; cerannca , che le lucerne, i voti o donarì, il vasellame figurato comprende; e l'ultima finalmenle a cui non potè dare un solo nome che la esprimesse, dee contenere lutti gli altri obbietti di antichità, quali sarebbero gli uten- sili, le masserizie di casa, le armi di difesa e di of- fesa, gli strumenti di sacrifici, i pesi, le misure, ed al- tre cose di simigliaulc natura. Ecco dunque il ractoilo ga LETTERATURA con che vorrebbe il Torremuzza che le siciliane anti- chità s'illustrassero. Egli certamente non poteva imma- ginare idea migliore di questa , né proporla con più sentito intendimento; dimanierachè noi siam sicuri che se in pratica si mettesse, utile sommo si recherebbe alla scienza , splendore alla patria. Ei però veggendo che tal fatica gigantesca opera di un sol dotto non sa- rebbe, ma sibbene di molli, fece voti altissimi, onde più sapienti vi volgessero il pensiero, ed il peso se ne divides- sero, a seconda del genio particolare di ognuno. Quindi egli stesso, che sapientissimo era, si diede ad illustrare la lapidaria e la numismatica, ed in esse così bene riu- scì, che le opere da lui pubblicate, la prima nel 1769, e la seconda nel 17H9 e 179», nelle quali svolse tutta la dottrina delle iscrizioni, e delle antiche siciliane mo- nete, Somma meraviglia recarono a tutti i dotti di Eu- ropa, e ad altissimo volo fecero poggiare il nome sua. Ma questo esempio glorioso fu privo di coraggiosi se- j^uitalori, non essendosi fatta da quell'epoca in poi cosa che onori veramente la Sicilia, e che in alcuna parte il vuoto da noi deplorato riempia. Imperciocché la dis- sertazione del Bonajuto sul Ginnasio e l'Anfiteatro di Catania; e le /^6 tavole del Pigonali che i nudi dise- gni, spesso inesatti, degli antichi monumenti siciliani, ci presenta, con altri lavori di maggiore o minoie mo- mento, che ne' tempi posteriori si son pubblicati, non credo che possano far diminuire la querela che abbiam levato. Oggi jierò, con lieto augurio, sorge il Serradi- falco, e mette in pratica nella parte più difficile la pro- fonda idea del Torremuzza. Imperciocché V architectono- graphia , a cui egli si è rivolto , fissa molti punti di non lieve pondo nella storia dell'arte figurata, ed ad- dita ai presenti in un modo non equivoco qual sia stata un giorno la potenza, e la sapienza siciliana. La na- tura però dell'opera sua è tale, che egli, qualora il bi- sogno lo esige, non rifiuterà di rivolgere la mente allit ìconogniphia^ toreuinatographici-^ e ceramica. Pefcioe- ED ARTI LIBERALI ^3 che le statue, i bassi rilievi, i sarcofagi, le lucerne, il vasellame figurato, e tutti gli altri obbietti di questa specie, che si soijo rinvenuti, o che possonsi rinvenire sotto le rovine delle antiche città, cadono entro la pe-ii- riferia, che l'autore ha segnato al suo lavoro. Quindi ognun vede quanto sia eminente il concetto che ha agi- tato nel pensiero, e che oggi pone in pienissima luce. Primieramente mi è caro il dire che l'autore, quan- do pensò di attendere alla scienza archeologica, che dor vea formare la meta de' suoi studi prediletti, si applicò a sapere lo stato in che veramente si ritrovasse, e non gli fu malagevole il conoscere ch'ella si era spesso perr duta in vane ipotesi ed in ciance : conobbe tosto gli strani sistemi che l'avevano dopo l'epoca del Petrarca e del Boccaccio, e quella che seguì di Leonardo Are- tino, di Pomponio Leto, del Platina e di pochi altri di questa tempra, enormemente confusa e pel corso di tre secoli ingombra e disonorata. Lnperciocchè a dismisura eran cresciuti coloro che la coltivavano, e che per la pili parte in assurdità, in pazze congetture, ed in jiue- rili contese alla scapestrata si rompevano. Quindi egli si diede a battere, con severità di giudicio, la via cal- cata da Winckelmann e da Quirino Visconti: i quali nel passato secolo crearono una novella scuola, e fecero una rivoluzione nell' archeologia , lasciando da parte i giuochi dell'immaginazione, e sempre congiungendo al- J'esame de' monumenti quello dei grandi scrittori del- l'antichità, in guisa che gli uni servissero agli altri di scorta e di sostegno. Perlochè si attenne strettamente agli antichi autori, che sono l'unico fondarnento di que- sta scienza, ed insieme face che dissipa la caligine dei secoli e guida al vero. Egli dunque, con mirabile senno, ciò che gli autori asseriscono, su i monumenti verifica, gli uni agli altri comparando, e non mai disgiungendo la testimonianza di quelli dalla archi te! tonica ispezione jdi questi. i^on tal sisteijia si è il Scrradifalco prefisso di es|iorre 94 LETTERATURA ed illustrare le antichità tutte della Sicilia, formandone UQ corpo, che rendendo jiiìi chiaro il grido dell'estinta grandezza della patria, indichi agli uomini il vero bello che ivi in profondi concetti si rinserra, e loro sdegnoso ricordi che quelle pietre mute sono codice di dottrina, e la picciolezza e l' ignavia presente rinfacciano. Il volume, di cui sopra abbiam posto il titolo, è il secondo dell' opera : imperciocché 1' autore aveva pre- mura che si pubblicassero pria di ogni altro le sue idee intorno le meiope di Selinunte non ha guari scoperte, ed in questo volume raccolte. E siccome si prefisse al- tresì di seguire nelle sue investigazioni ed illustrazioni le antiche città, com'elle sono topograficamente situate j così Segesta presenta vasi la prima , e Selinunte la se- conda ; al che si arroge che gli scavi nel teatro nel tempio e nella città della mentovata Segesta non si sono compiuti che da poco tempo solamente, e quindi il Igi- nio volume che dee comprendere questi monumenti non si sarebbe jiotuto pubblicare che monco nella parte più bella ed importante. Il piano che l'autore tiene in quest'opera si è quello di condurre il lettore quasi per mano nelle vetuste città dell'Isola, e dargli un'idea completa di tutti gli anti- chi monumenti della prisca siciliana grandezza. Il pri- mo dunque sarà consacrato a Segesta, il secondo lo è a Selinunte, e gli altri, che mano mano succederanno, sar r^n destinati a Acre, ad Siracusa, a Catania, a Taormina, aTindaro,e a Soluiito.Il primo, oltre delle archeologiche illustrazioni, conterrà la carta della Sicilia antica; iJ quadro sinottico de' nomi antichi e moderni delle sue città; un epitome generale di tutta l'antica storia sici- liana ; la topografia di Segesta ; e la storia j^articolare de' latti più notabili che ivi avvennero. Ecco il qua- dro imponente con cui si apre la scena superba di que- st'opera. Mente dell' autore è il far preceder sempre alle illustrazioni delle antichità che ne' vari luoghi si fwujtjingono la storia dei popoli ch'ebbero stanza e do- Ep ARTI LIBERALI 0)5 minio ne' luoghi medesimi: \a qual cosa, spargeoclo ppn picciol lume iulle idee che nel progresso del libro si enunciano , e pj^eparando ii lettore a riceverle eoa più sicurezza e facilità, viene ad esser congiunta stret- tamente al fine che l'autore si propone. Impercipcchè tutto che nella storia si fa rilevare, concorre, siccome abbiamo osservato in quella di Selinunte, a fissare l'e- poca de' monumenti, e a rischiarare punti dubbi, e tuttavia non dcciferati. Questo secondo volume è diviso in tre parti: la pii- ma è consecrala alla storia particolare de' Selinuntini; tratta la seconda delia città e de^ suoi tempi; volge la terza sulle metope. Tucidide racconta che un tal di Pammilo guidandq una colonia di Megaresi si diresse verso la costa occi- dentale dell'isola, e negli anni 628 o 629 dell'era vol- gare sbarcò presso il fiume Selinos, ove gitlò le fon- damenta di Selinunte. Diodoro però e i marmi di Pa- ros stabiliscono la sua fondazione i33 anni 4opo l'epoct^ (da Tucidide indicata. L'autore con molta chiarezza passa ad esame coteste due opinioni, e nota un errore di calcolo in cui cadde Raoul Rocheile là dove, nella sua storia della fonda- zione delle greche colonie, fissa l'epoca della fondazione di Megara , donde uscì la colonia che la nostra Seli- nunte fondò. Ma ciò non imporla gran fatto al nostro scopo: quello che a noi preme si è che Selinunte, a popolo reggendosi, giunse in poco tempo ad esser po- polosa, ricca, e commerciante. Cpn Cartagine, per la ^ua felice posizione, legami strinse di attivo traflico; iu modo che divenne sì fiorente che in grandezza crebbe, e di magnifici e sontuosi edifizi, che i più vasti e più belli del mondo emulavano, videsi decorata. Però fiere pestilenze, prodotte dalle acque stagnanti che la cinge- vano, mentr'era nel centro della sua prosperità, pa- recchie volte la colpirono, e la distruzione del popolo minacciavano: onde questo ricorse ad Empedocle, che 96 - LETTEHATURA iì que* tempi fioriva, e per la sua sapienza, in ogni an- golo della nostra terra, alto rumore levava. L'agrigen- tino filosofo conobbe tosto la cagione del tremendo male che la ciltade aflligeva , e per via di canali, ingegno- samente cavati, scolo diede alle mortifere acque, e Se- liuunte fu salva. Ma ciò che non potè fare la natura venne fatto dagli uomini: j^erciocchè i Selinunzi guerre sanguinose, per i limiti del territorio, cogli Egestani vicini attaccarono: poscia, tacendo gli storici sul loro conto, tregua fra loro stabilirono; ma dopo alquante olimpiadi novellamente alle antiche ire tornarono. Ed essendo i Selinunzì potenti, e gli Egestani loro di molto inferiori, avvenne che questi, mossi da feroce odio, chie- sero ajuto agli stranieri, e alla repubblica di Atene il conquisto di Sicilia oilcrirono : ma la siciliana virtù cstermiuò le greche armate, e l'assedio di Siracusa tut- tavia nel mondo risuona famoso. Onde gli Egestani , coperti di onta e da tutti abborriti, per aver patteg- giato collo straniero la schiavitù della patria, si rivol- sero a' Peni loro ofTerendo di Segesta la signoria. Ac- colsero i Cartaginesi l'iniqua ofli^rta, che la strada loro .spianava al conquisto di Sicilia che ambivano. Ma essi con inganni vollero prima della neutralità di Siracusa assicurarsi; e posciachè luron certi di questa inviaron mer- cenari a Segesta: dal che avvennero tutte le sciagure dei Selinutini: essi primieramente perdettero il bottino che avean fatto su i loro nemici. Ma poco appresso i Peni credettero che il punto dj sottomettere Sicilia fosse venuto; onde spedirono Annibale,, figliuolo di Gi^ scone, con cenlo mila soldati al disiato conquisto: quel fiero capitano, pieno di cruda bile, e memore delle an- tiche discordie, rivolse, pria di ogni altrui cosa, contra Selinunte le sue forze: qui fu che gli abitatori di quella magnifica terra, colti all'improvviso da sì tremendo tur- bine, diedero prove di coraggio e di valore inaudito; resistendo gloriosamente per nove giorni ad un diluvio rfj armati: ma finatlmeiitc furoijo vinti dispersi distrutti, ED ARTI LIBERALI . 97 eia loro bella città nell'impeto degli assalti, e nel fu- rore delle passioni, dopo 242 anni della sua fondazione battuta ed adequata al suolo. Venne ella poi ricostruita e riabitata dalle reliquie del suo popolo sventurato; ma rimase ombra sparuta dell' antica , e ne conservò ap- pena lo splendido nome: ella insomma non figurò più nel mondo, e si giacque per sempre neil'obblio. Cosi fu spenta Selinunte. Il Serradifalco con rapidità e leggiadria passa a ras- segna le varie vicende che ora forte e felice, ora mi- sera e travagliata la resero: quindi ci guida a mezzo le sue rovine, che l'antica maestà ne contestano e ri- cordano. Il tutto è descritto con verità, e con forza; dimodoché noi, dopo sì lunghi secoli, prendiam viva parte alle sventure di essa , e palpitar sentiamo i no- stri petti. Qui Un'osservazione è da farsi: la prosperità di Selinunte non conta, a dir vero, che oltre a due se- coli; ed in questo breve periodo prodigioso fu l'incre- mento della sua civiltà. Perlochè noi con ogni cura, sempre più amorosa, andiam rintracciando qualunque rudero della sua passata grandezza; onde conoscere in ognuno di essi l'impronta del genio e della forza di que' sicoli arditissimi. L'autore comincia a parlare dell'estensione delle mu- ra sclinuntine dalle vestigia che ne rimangono; stabi- lisce poi ad un dipresso i limiti di esse, e discende a dar particolare contezza di tutti i tempi colà rinvenuti. Minuta ed esattissima è la descrizione ch'ei ne fa, ri- correndo sempre agli antichi autori o per fissare le.sue idee , o in appoggio delle sue congetture. Già questo pensiero venne da noi enunciato là dove afferrando io spirito che lo guidò nella sua bella fatica, ragionammo del cammino generale ch'egli aveva battuto. Sette sono i tempi di Selinunte, e trovansi tutti, se- condo l'uso geratico, volti ad oriente: eglino, eccetto il più piccolo, son circondati da portici d'ordine dorico senza base. Il primo situato nell'acropoli, è cxastilo-peripiero gS LETTERATURA. con quattorclici colonne ai lati mafijgiori; del più pic- colo sussisto!! quasi per intero le fondamenta, un capi- tello, tutta la trabeazione, il principio del frontispizio, ed altri avanzi non leggieri: le quali cose apprestano al- l'autore tanti elementi da poterne fare perfetta la ri- staurazione , e supplire col pensiero a ciò che manca. Il terzo tempio, il maggiore dell'acropoli, e il più ve- tusto dei selinuntini, è anch'esso exasiilo-periptero con diciassette colonne alle ale: la qual disposizione, secondo riflette l'autore, è nuova, e non si è altrove per anco osservata. Quivi, e precisamente nelle ruine del pro- spetto, gli architetti inglesi Harris ed Angel ebbero nel j 823 la bella ventura di scoprire le prime tre metope^ che apriron la via ad ulteriori scavi ed a più liete spe- ranze. Il quarto tempio ha tredici colonne a' lati mag- giori, ed è parimente exasiilo-periptero : negli angoli del pronao invece di pilastri vi son colonne. Osserva l'autore che la trabeazione in questo è molto pesante, e la cornice offre nei modiglioni la medesima peculiarità che in quello dianzi descritto. Lo stalo però di degra- dazione in che si ritrovano le sue colonne non permette che se ne possa fissare l'altezza. Ma siccome l'altezza delle colonne di tutti gli antichi tempi della Sicilia batte generalmente su i cinque diametri; così pare che questo di poco ecceder possa la stessa misura dei pre- cedenti. Gli altri tre tempi, che rimangono, sono situati nella parte della città volta al mare: anch'essi sono di ordi- ne dorico , ed exastilo-peripteri: il primo ha quindici colonne ai lati maggiori, ed è lontano 180 palmi a set- tentrione dal secondo: in esso nel maggio del i83i eb- be il Serradifalco la sorte di rinvenire le cinque me- tope , di cui parleremo , e che sono state sì utili alle arti e all'archeologia: le prime due le rinvenne nel po- stico^ e le tre altre nel pronao. Vi rinvenne eziandio teste e piedi di marmo greco, che sono le prey-iose re- liquie di altre seWo. metopc,che adornar pure doveano il pronao ed il postico di questo tempio stupendo. ED ARTI LIBERALI QQ Il secondo, lontano da questo per cento ottanta palmi più a settentrione, lia il prospetto fornito di un doppio portico , formato da una seconda fila di colonne posta in linea colla terza delle ale. Ivi gl'inglesi architetti Har- ris ed Angel rinvennero a mezzo le macerie de' gradini altre due metope dimezzate, ed alquanti piccoli fram- menti, che senza i pezzi intermedi non possono essere gran fatto importanti, siccome dicemmo pei cimeli dal Serradifalco, insieme alle cinque metope, rinvenuti. A questo luogo è pure da riflettere, che la cornice ornata di meandri e di fòglie è dipinta di rosso di giallo e di verde, colori che gli antichi insieme al bianco, al nero o cenerognolo, e all'azzurro facevan campeggiare negli edifizì di policroma architettura. L'autore poi veggendo che la disposizione di questo tempio, parlerò le sue stes- se parole, è simile a quella del terzo nell'acropoli, tanto per la doppia fila delle colonne, che nel prospetto so- stengono il portico, quanto per la semplicità del pronao chiuso a guisa di una camera, pel prolungamento delle mura della cella senza pilastri e senza colonne, si porta ad osservare , che di tal particolarità non è noto che si sia altro esempio rinvenuto, all'infuori che in alcuni monumenti dell'Egitto, siccome nel tempio dell'ovest in Filoè, nell'altro del sud dell'isola elefantina, ed in quelli d'Edfù, d'el-Kab, e d'Erment: dal che egli sensatamente conchiude che tal circostanza vale viepiù a palesarci quanto l'architettura greca, del pari che l'arte figurata, siasi giovata dell'egiziana, conservandone lungamente ta- luni tratti caratteristici , che la filiazione apertamente ne mostrano. 11 più vasto tempio che l'antichità abbia costruito per onorare gli Dei è quello di Diana in Efeso , che ha palmi 455. ^o. di lunghezza , e 220. 55. di lar- ghezza: vengon poi i due tempi in Agrigento ed in Se- linunte a Giove Olimpico dedicati: il primo de' quali è lungo 417 palmi, e largo 2o3. 3; ed il secondo largo 192. 6. e lungo 425. e a. Donde si deduce che quc 100 LETTERATURA. st'ultimo tempio, cui l'aulorc imprende a descrivere, e clie sorge maestoso a dugcnto palmi più a settentrione del precedente, è in vastità, come in magnificenza ed in solidità , il terzo fi-a tutti quelli che in Grecia in Italia in Egitto e nell'Asia minore abbia la potenza degli antichi innalzato ai numi. La sua forma, dice il Serradifalco , è quella di un octastilo-pseudo-diptero-ipetro, con diciassette colonne alle ali. Il prospetto è decorato di un doppio portico diviso da quattro colonne, poste in linea con la terza dei lati, in guisa che le mura laterali della cella, for- nite di pilastri nelle testate, si stendon quasi fino alla quinta colonna del fianco. L'autore nell'esame di que- sto tempio fa molte sagge osservazioni, e dimostra co- m'egli appartenga alla classe dei così detti pseudo-dipte- ri: quindi maestrevolmente provando che la fondazione del tempio selinuntiuo precesse quasi di un secolo quelli di Diana in Magnesia, e di Bacco in Teos, dall'archi- tetto Ermogene costruiti, viene egregiamente a smen- tire l'asserzione di Vitiuvio, che voleva l'invenzione del genere pseudo-diptero, a cui eziandio questi due tempi appartengono, al detto Ermogene attribuire: dal che pos- siamo oggi francamente conchiudere, e sostenerlo fintan- toché ulteriori monumenti il contrario non provano, che l'invenzione di questo genere di edifici ai Selinuntini ap- partiene, o per meglio dire in Selinunte ne sorse il pri- mo esempio. Un'altra idea del pari importante, che l'au- tore ricava dall'osservazione dei selinuntini monumenti, si è quella che tende a distruggere l'opinione di coloro che dalla maggior pesantezza delle colonne vorrebbero derivare l'antichità dei tempi. Imperciocché egli ha pie- namente dimostrato che l'esser le colonne più tozze ed alte di minor numero di diametri non sia indizio di ve- tustà: di fatti il tempio scliuuntino, in cui sono le pm antiche sculture, e che ha qualche anomalia, e soste- nuto da colonne più svelte e più alte degli altri edifici, ove Irovausi sculture più moderne. ED ARTI LIBERALI Ì0» lliguàrdo poi all'arcliilettura policroma io credo che la presente opera offra tanti lumi e sì splendidi, quanti non se ne sono mai offerti per lo passato. Conciossia- cliè non si sono ivi esposte crete cotte, o piccoli avanzi di colori impressi sopra macerie di distrutti edifici; ma sibbene prove solenni ed evidentissime, tratte da non po- che porzioni di tempi, interamente coperte di svariati colori. Inoltre si è per la prima volta osservato, che i Greci servivansi di quei medesimi sei colori, di che si servivano gli Egiziani, adoperandoli nel modo stesso che quei 1 adoperavano. Ne alla perspicacia dell'autore fuggì di osservare che i Greci, nei tempi almeno di Selinunte, usavano costantemente , nelle medesime parti de' vari edifici, di un colore piuttosto che di un altro. Le quali osservalioni insieme a moltissime altre di non lieve mo- mento apprestano chiari e precisi esempi dell' uso in che fu presso i Greci l'architettura policroma, e nuovi e forti argomenti nell'istesso tempo ci offrono, onde confermare sempre più la filiazione dell'arte greca dal- l'egiziana. Il qual concetto si vede pienamente svilup- jiato nella terza parte dell'opera, ove pure il nascimento ed il progresso dell'arte figurata in guisa non dubbia coi monumenti si dimostra. Dieci sono le metope nei tempi di Selinunte rinve- nute. La loro importanza è sì grande , che qucll' av- venturato scoprimento segna un'epoca gloriosa nella sto- ria dell'arte figurata. Winckelmann, malgrado dell'acu- tezza del suo ingegno e della vastità della sua dottrina, volendo riconoscere i principi dell'arte greca, come nati in Grecia, e non introdotti dalle colonie, che la Elle- nia ad abitare givano, seco portando egiziane idee, se non dottrine, innalzò un edificio, che minaccia di ca- dere interamente, se pur già non sia caduto. II Scrra- difalco si dijiarte dai principi dell'alemanno filosofo, e riconosce dall'Egitto gli esordì delle greche arti, o al- meno scopre in essi tutta rinfluenia egiziaca. Bellissi- ma è questa parie del suo lavoro. Famosi archeologi 102 LETTERATURA avcan già da più tempo stabilito tali principi, ed avea- no eoa erculei colpi battuto l'edificio 'winckelmanniano. Quindi oggi il Serradifalco ha aggiunto novelle testi- monianze, e prove tali, che quelle idee pienamente con- fermano, e bandiscono qualunque dubbio che possa per avventura risorgere. Le metope selinuntine sono scolpite ad alto rilievo so- pra una specie di molle tufo , che in gran copia nei dintorni di Sclinunte si rinviene. Nella prima vedesi e- sattamente scolpita l'avventura di Ercole coi due fra- telli cercopi Caudalo e Atlante, dalla quale riportò il soprannome di Melampigo: la seconda, che seguiva il tri- glifo della precedente, esprime la favola di Perseo e di Medusa: la terza, che viene immediatamente dopo, rap- presenta una quadriga coi cavalli di fronte, in mezzo a cui sta una figura maschile , avente , un po' dietro al carro dall'una e l'altra banda, ritte due donne, ve- stite di lunga tunica che fino ai loro piedi discende. L'autore osserva che m'olte parti di questa scultura e- rin dipinte di rosso; ma per essere le tre figure mu- tilale in gran parte non può egli darne sicura spiega- zione: quindi passando a rassegna le varie opinioni che molti eruditi ne han portato si attiene a quella dell'ar- chitetto Angel, che la gara equestre fi a Pelope ed Eno- mao vi credè ravvisare. Ma ciò che in questa metopa deesi riputare di gran peso si è l'importantissimo sag- gio ch'ella offre dell'antica scultura, veggendovisi, piìi che noi comporti un allo rilievo , alcune figure quasi staccate dal fondo. Dopo di che il Serradifalco passa ad esaminare lo stile in che sono eseguite le sculture delle cennale tre metope. E tenendo la sentenza che ivi esistano i germi dell'egiziana maniera, rileva, con molto giudieio, le par- ticolarità, che alle opere dell'Egitto le somigliano. Per- lochè discendendo ad un più minuto esame, che di gran pondo risulta, dice che lo stile di queste sculture pa- lesa evidentemente l'arte nel punto che vuoisi dai ceppi ED ARTI LIBERALI lO^ egiziani svincolare. Impeicioccliè un primo movimento di vita, che gli Egizi, avendo un tipo perpetuo su cui si modellavano, non iniprimevan mai nelle loro figure, qui chiaramente si osserva. La quarta metopa esprime un combattimento di una donna con un guerriero: la quinta che siegue l'antece- dente, essendosi ambedue, come accennammo, nell'istcsso tempio rinvenute , ci oflie un altro combattimento al primo simigliante. L'autore , discendendo ad esaminar pure lo stile di queste metope, osserva con molto acume ch'elle sono di gran lunga superiori alle tre già descritte, e nel tem- pio di mezzo dell'acropoli ritrovate. Egli la sua opinio- ne convalida con molte minute ed argute osservazioni i» forma paragoni; rileva le differenze; i caratteri di ognu- na con fino criterio stabilisce. Quindi conchiude che que- ste due metope ci apprestan l'esempio di un secondo periodo de' progressi dell'arte nell'epoca del suo svilup- pamento. Imperciocché (egli arroge) mentre l'uniforme monotonia delle teste, il taglio delle bocche, la batba, i capelli, l'abbigliamento delle donne lo stile arcaico ricordano; per la spontaneità dei movimenti, all'iacoa- tro , per la maggior correzione del disegno , e per la diligente esecuzione de' particolari ci mauifeslan l'arte già pervenuta ad una perfezione maggiore. Finalmente la sesta, settima, ottava, nona, e decima metopa, che furono, secondo dicemmo, dall'autore stesso scoperte, vincono tutte le altre, e fissano il terzo periodo dell'arte figurata, quand'ella trovavasi non mollo lon- tana dall'età di Fidia. Lnperciocchè presentando coteste sculture grazia e spontaneità nei movimenti, castigatezza nel disegno, varietà nelle fisonomie, gentilezza nei pro- fili, mossa nei drappi, forma nei capelli, esattezza nei piedi e nelle mani, non possiamo non convenire nell'opi- nione dell'autore con sommo giudicio, e somma trudi- zione sostenuta e dimostrata. Dal che sorge il bellissi* mo pensiero che la Sicilia, in una sola delle sue auli" I04 LETTERATURA. che città, dimostra il nascimento l'incremento e la per- fezione, che l'arte figurata, lasciando le dedalee vestigia, fece nel breve corso di due secoli, e in quel tcnijjo stesso in cui la Grecia, abbattuta la persiana potenza, si elevò a gran volo, ed a gran volo spinse tutte le umane di- scipline. I subbietti delle metope, di che abbiam fatto ricor- do, son tutti vari e leggiadri: nella prima evvi scolpito un giovine di bellissime forme, avente la lira nelle ma- ni e la clamide gittata sulle spalle, in atto d'inse- guire una giovane che fugge: son questi Apollo e Dafne. Nella seconda evvi una donna che combatte valorosa- mente con un guerriero, il quale è presso a cedere vinto dalla forza della nemica: nella terza evvi un giovane nudo colla pelle di un cervo sulle spalle, che si difende da tre cani, che gli si sono furiosamente avventati: nella quarta vedesi effigiato un uomo con lunga barba, e con manto che per metà lo copre, e che sia in atto di ti- rare a se, con cupidi sguardi, una giovane, ch'è ritrosa a cedere al suo invito amoroso: nella quinta finalmente vedesi Ercole, che combatte Ippolita coperta di lorica, ed armata di scure : la quale non potendo svincolarsi dall'eroe, che la tiene afferrata per l'elmetto, minaccia di ferirlo. Ecco le tanto celebrate metope, che rendono sì im- portante la terza parte di questa stupenda fatica: ond'io riepilogando ed insieme riunendo le idee più peregrine, che in essa si contengono, soggiungerò che l'autore ha fatto conoscere come le jirime seconde e terze metope selinuntine appartengano a quel periodo, nel quale si segna lo sviluppo dell'arte greca, sotto il nome di egi- netico stile compresa, cioè dalla So" olimpiade sino al- l'età di Fidia: il che ha egli dimostrato primo colle autorità de' classici scrittori, che sulle opere e sul cam- mino dell'arte hanno scritto; secondo colla storia delle vicende di Selinunte ; ed in ultimo colle osservazioni fatte sulle nostre sculture , confrontandole ad altre te- nute per antichissime. ED ARTI I.1EBRAII Io5 Inoltre ci è caro il far riflettere che l'autore, por la "scoperta delle tre raetope àcWErcole del Perseo e della Quadriga^ le quali annunziano i primi passi dello svi- luppo dell'arte, in un tempio di perfettissimo ordine do- rico, è venuto a far conoscere eziandio che l'architettura, almeno pel dorico ordine, giunse alla sua perfezione pria dell'arte figurata: la qual cosa conta una granfie anti- chità, essendo avvenuta sin dai primi tempi della lon- dazione di Selinunte. Ecco tutto che in quest'opera si contiene. Io però non ho presentato che il nudo disegno di "ha quadro da mano maestra dipinto. Ciò non pertanto ho cercato di metterlo in quella luce che meglio sapea, rilevando tutto che ad onore non solamente dell'autore, ma della patria comune potea ridondare: e mi è grato il soggiungere che a ciò fare non ha avuto veruna parte, ne averla potea considerando me stesso, l'amicizia che all'autore mi strin- ge; bensì l'amore per la scienza, la veritade, e la ca- rità del natio terreno sono slate le uniche molli , che lian mosso la mia penna. Imperciocché se l'opera non avesse, a mio credere , meritato sì particolare svilup- po, l'avrei in poche parole annunziata, o mi sarei taciuto senza più. Ma ella parla da se medesima, for- te ragiona allo spirito di tutti, e per la splendida sua edizione , e per le stupende tavole che la corredano , ferisce potentemente gli occhi di ognuno. Sia dunque al nostro egregio concittadino offerta quella corona di laude , che io forse non gli ho saputo intessere , e si porgau voti, onde l'opera sì bene cominciata al suo pie- no compimento conduca. Conciossiachè le siciliane an- tichità interessano ogni nazione del mondo, comprenden- do elleno tutti i rami della filologia, se non vuoisi ancor dire quelli della più parte dell'umano sapere. Ferdinando Malvica. I06 LETTERATURA. Isocrate a Demonico Orazione Parenetica volgariz- zata da Carlo Gemelli. Messinu stamperia Pa])pa- laido 1834. Un piccolo volume iu-8° di pag. 66. Tutti que' libri che tendono ad incivilire la massa del popolo, e che dalla ignavia e dalla turpezza in cui essa giace, o pella totale ignoranza de' propri doveri, o pell'eccesso delle umane passioni, la traggono, ed alla vera morale con chiare e semplici ragioni l'attirano, son degni più che tutt'altri di encomi, e meritano lieta e comune accoglienza. A questo santissimo scopo mirano oggimai tutti i sani intelletti del secol nostro. Non lieve fu il danno che i tempi rotti arrecarono all'umana razza, e se essi, facendo trionfare dall'un lato coirempietà l'ateismo e l'incredu- lità, dall'altro con la superstizione le loro prave dottri- ne , disviarono dal retto sentiero l'umano spirito, già dalla sana morale alle utili riforme inclinato , ragion vuole adesso, che gli uomini, dalla sperienza ammae- strati e fatti consci dei loro veri interessi, basino fer- mamente le loro istituzioni e la comune felicità sulla mo- rale pubblica e generale. Questa morale , fonte puris- sima d'ogni miglioramento e d'ogni bene sociale, fer- vida ed innocua traspira nelle divine carte del Man- zoni, ne' libri del Pellico, in ispecie nell' ultimo (dei Doveri degli Uomini), di cui alcuni tentan biasimarne la semplicità, e di quei tanti, che per molle vie e con vario successo a questa bell'opra le lor menti rivol-ero. Buon viso dunque è d'uopo che si feccia a quest'au- reo libretto, vero modello della ellenica sapienza mo- rale, e nel tempo istesso della sua franca e scmplic^j sposizioue, ed a colui che cel fa vieppiù conoscere ed apprezzare vestendolo delle italiche forme. Gli ammae- stramenti in esso trascritti, le norme dettate son tutti cunscnlance a quella morale che e una come la virtù, ED ARTI LIBERALI IO7 e die è stata sempre, ed appo tutte le nazioni, la me- desima, ne cangiar di stagioni e di costumanze potrà variarla giammai. La Grecia fu potente fintantoché fu morale, e certo assai meglio ad essa valsero i dettami di Socrate e di Platone, che que' d'Epicuro e di Ari- stippo: lo stesso può dirsi di Ptoma, se essa uvesse ascol- tata l'apostolica voce di Tullio non sarebbe certamente perita vittima della propria corruttela. Or l'orazione che ci diamo ad annunziare è opera di uno de' più grandi uomini dell' antichità , di colui dalla di cui scuola, secondo il dir di Tullio, uscirono più famosi oratori che non sortirono eroi dal cavallo di Troja; di colui, il quale, comechè dalla natura per organiche mende all'oratoria negato, solea dir di se stes- so, per la gran copia de' discepoli da lui ammaestrati, ch'egli era siccome la pietra di aflilare, che avea la virtù di far tagliare i coltelli, tuttoché ella medesima non tagliasse; idea assai dopo ripetuta da Orazio nelle jiarole: fungcir vice cotis acutum Recidere qui nescil ferruin expers ipsa secandi. Isocrate ebbe grido di soave ed eloquente scrittore, fu grande apologista della vntù , tenace conculcatore del Vizio; tale cel danno a divedere Aristotele (come accerta Cicerone), Platone, Quintiliano, Ermogene, Filostrato, Plutarco, Dionigio Alicarnasseo, Cicerone, Fozio, Aulo Gelilo, Eusebio, Snida , e fra i moderni, oltra i tanti che lo rammentano, un anonimo francese, Thomas, l'abate Vatiy , e Melchiorre Cesarotti. Il Vatry(i), senza disaminare le critiche contrastanti, dice essere del grande Isocrate il Demonico; e ragion vuole che di lui fosse, dapoichè, se, come dice l'Alicarnasseo, tutti i sog- getti da lui trattati erano nobili ognora, e diretti alla (i) BIcmoires de litterature de V Academie Royale des Iscriptions et Belle LeW'es de l'unnèa ijS^f a ly'àj, t. i3. Puiis i74oj pag- 162. Rechcrches sur les ouvrages d'iaocnite cjiie nous n'avons plus. 108 LETTERATURA j)ubbllca utilità; argomento più proprio del Bemonico a far tralucere tal verità certo rinvenir non si può. E lo stesso Dionigi , passando a rassc*;na le opere di lui, così si esprime: jj potrei citare molti altri suoi di- scorsi da lui indiritti a repubbliche, a principi, o a particolari, ne' quali egli esorta i popoli alla concordia e alla tranquillità; i re alla moderazione e alla giusti- zia , i cittadini ad una vita regolata e virtuosa w (i). Ciò premesso puossi senza tema inferire, che che altri critici 416 dicano , pertenere il Demonico al grande Isocrate e non all'Apolloniato, o-all'allro di un ta] nome. Cotesto moral carattere il rese caro ci buoni .suoi con- temporanei , e riverire il fece dalla jjosterilà. Viva e bella e la pittura che ne fa l'abate Cesarotli (2), attinta da Dionigi d'Alicaruasso, da Plutarco, e da Cicerone, che il Gemelli fa precedere al suo volgarizzamento; son queste le parole dello scrittcr cisalpino: » Tutte le sue opere, ei dice, trattone alcuni scherzi rettorici, scritti l^er esercizio d'ingegno, spirano la pia pura morale, e Len degna di un'ammiratore di Socrate. I suoi discorsi precettivi vagliono molti trattati d'educazion giovanile, e ne formano il })iia sensato compendio: nelle aringhe dclibeialive si ammira un patriottismo illuminato, una ])olitica nobile, che non disgiunge il ben comune dal proprio, un'amor delia vera gloria prodotta solo dal- l'eroismo benefico. Persuaso che ogni specie di stato è lodevole, ove domina la virtù, non idolatra ciecamente un nome particolar di governo, ma dà le regole di es- sere in ognuno felice: predica l'ubbidienza ai Sudditi, ai sovjani l'umanità, la modestia al popolo, la popo- larità ai potenti, a tutti indistintamente l'amor delle leggi e del giusto: vero amico della città, non dissimula i vizi della costituzione j)resente, non adula le passioni della moltitudine; vuol curarla della sua morbosi» ed (1) OptiscoU (li Dionigi d'AUcai'iiasso. Milano ìBì-j. Collana degli an- tichi storici Greci volgarizzati. Isocrate Ateniese )vi(j. aor). (2) Ragronaincnto Critico sopra Isocrate. Corso della letteratura greca, Tom. u png. 8y. ED ARTI LIBEIlALt lOQ insolente ambizione; mostra l'inulilità delle leggi senza la guardia del costume, presenta il quadro maestoso e imponente della primitiva repubblica, fa sentir la somma distanza che passa fra una savia libertà e una sfrenata licenza: finalmente cittadino non sol d'Ahnie ma della Grecia, pieno di entusiasmo nazionale, itisinua la ge- nerale concordia, e vuol che tutti i Greci, deposte le gare civili, volgano le loro arme contro il nemico co- mune, lavino nel sangue de' barbari l'ignominia di una pace infame, e rinnovando i trofei di Cimone vadano a cercar nell'Asia gloria senza macchia e ricchezze senza rimorsi.» E più avanti lo stesso ammiratore d'Isocrate del suo carattere parlando, e del difetto che impedigli di darsi intero all'oratoria cosi si esprime: » Dotato di uno spirito pacifico, amator del retto, cittadino filosofo egli non avea quel fanatismo cieco, rjuelf adorazione dei pregiudizi nazionali, quella manìa di una falsa gloria, quella servitù ])olitica. che. nelle democrazie suole sem-^ pre usurpare il nome di 2:)afriottismo. Persuaso che la felicità di uno stato dipende dalla moderazione e dalla virtù, avrebbe attaccato colla voce i vizi del suo go- verno come gli attaccò con la penna, e vittima della fazione e della calunnia avrebbe forse verificato il detto di vSocrate , che niuno jjsì o[)pose impunemente alle passioni di ima moltitudine sovrana.» Il Demonico ha l'impronta assoluta di questo carat- tere. Tutto è Bennato in quest'aureo libretto; gli scam- bievoli doveri degli uomini, i precelti al btni viver ci' vile, le norme al magistrato sono con diligenza e fa- cillà d'esposizione indicati. Il volgarizzamento è felice, e noi di tutto l'animo lodiamo il Gemelli che l'ha fatto di ragion pubblica; versato egli nelle elleniche lettere prosiegua ad arricchirci di cosi belli opuscoli o di altre opere di grandi di quella età divina; preferisca ognora gli 'autori in-orali, onde diffondere sempreppiù fra noi le massime di civiltà, di virtù, e di buon costume: bello retaggio ne avrà la patria se esse fiano apprese viap-. più ed imitate, ScorpU. 110 LETTERATURA FkAncisci Nasce in Panonnilano Alhcnaeo eloquentiac profeS' soris Francisci I. ordinis eqidiis Inscriptiones Carmina et O- rationes. Panorini ex lypogiapliia Laureutii Dato mdcccxxxiu iu-y di pag. 3a e clxix. Grande era il plauso che in tutta Sicilia levava Francesco Nasce, signoreggiando col suo vero e conosciuto merito, le in- vidie, e le altrui private passioni, inteso com'era poclii anni sono a professare valorosamente la eloquenza latina ed italiana nella Università degli studi di Palermo. Laonde bello ci era il vedere come a folla traevano a lui da ogni canto dell' isola i giovani studiosi , che tosto con buon esito veniano messi nella salutifera dimestichezza delle migliori scritture, mercè la gagliardia de' suoi dolci e continuali contorti. Non può dirsi appieno però di quanto dolore fu aspra cagione universalmente la di lui morte: e pur tultavolla potrebbe qualcuno pigliarne argomento dal sin- cero compianto degli allievi, degli amici, di tutti quanti i buoni ch'ebbero caro soprammodo il miglioramento della coltura del nostro suolo. E perchè mai egli conoscendo, come facea, in ot- tima guisa tutte le singolari ragioni della nobile e leggiadra let- teratura, non ci lasciò grandi monumenti e bastevoli a poter so- stenere ne' secoli che sopravverranno la convenienza delle com- mendazioni che al suo merito si son largite in questi nostri tem- pi? Cosi non fosse piaciuto al nostro contrario destino j che noi avremmo tuttora in lui una guida sicura per la nostra gioventìi, che va bisognosa senza fallo di savi consigli. Questo volumetto però di sue cose latine, comecché siano elle pochissime, a dir vero ci torna assai gradevole, e vai bene a destarci mille tra piacevoli reminiscenze, e soavi sentimenti, facendoci in tal guisa una bella illusione al cuore, come se noi fossimo ancora nel no- vero dei suoi discepoli, taciti e sospesi a suoi proficui ammae- stramenti. Pertanto non sarà discaro consacrare alcune pagine a tener giudizio di questi suoi componimenti, e sinceramente oltre a ciò contessiamo che si muove in noi un sentimento di riconoscen- za, con energia stitnolandoci a coglier questa opportuna occasione j)er favellare dell'egregio ed amato nostro maestro. Dobbiamo a prima giunta lodare l'-minio di Gioacchino Nasce, che amorevolmente volendo offrire allp memoria del fratello un degno monumento, svolse le sue carte tonto pubblicate che ine- dite, ed elette queste poche scritture con l'aiuto di due suoi sco- lari Benedetto Mondini, e Salvadore Di Giovanni, le mise in luce, intitolandole con alquanti esametri latini a S. A. R. il Luo- goleuenle di Sicilia, ed ornando la edizione del ritratto dell'an- ED ARTI LIBERALI I t I tore, cavato dalla pinacoteca del signor Agoslino Gallo. Va iu- naiizi trailo la vita di Francesco Nasce scritta dall'anzidelto Mon- din], ove si raccoglie quanto poteva all'uopo servire, e sono caa tant'ordine e legame condotte le poche memorie che risguardano il viver pacifico deUV-slinlo autoi'e, che ci pince vederlo ora sotto la educazione domestica nella quale i suoi buoni genitori posero, molta cura ad informarlo alla vi;tù agli studi, ora vederlo sol- lecito ad imparar le scienze, le lettere italiane latine e greche, e tulle le peculiari ragioni filologiche nel seminario di Monreale. Ci si fa vedere primamente [)rofessore di filologia nel seminario di Palermo, quindi di belle lettere nel collegio Ferdinando, e infine nella Univei-sita di lelleralura latina ed italiana. Con giu- dizio si esamina lo stato degli studi di quel tempo, i mutamenti di decadenza e di risorgitiìento, il merito e le laudi de' proteggi- tori, la eccellenza, gli onori, le commendazioni del Nasce, ed eziandio talune sue dottrine. In questa vita nulla liavvi a desi- derarsij anzi parrebbe di essere un po' minutamente spostc le me- morie, ma la proprietà e l'eleganza de' vocaboli e modi latini, e il giudizio del biografo le fanno piacere si/Idtlameute che lai fiata ci parve nel If^ggerle avere avanti piuttosto le vite degl'il- lustri comandanti di Cornelio Nipote, e con singolarità quella di Tito Pomponio Attico. Bisogna però dire per, amor di verità che il primo elogio del Nascii fu scritto dall'affezionato discepolo Giuseppe Scibona, letto nell'accademia delle scienze e belle let- tere,e pubblicato nel giornale di scienze letlere ed arti per la Sicilia. Ognun sa come il seminario di Monreale a (jue' d'i era salito in altissima celebrità, e quanti valorosi allievi uscirono dalla istru- zione di otiiiiii maestri. E piìi di lutti son conosciuti i nomi di que' tanti latinisti famosi, che valsero ad onorare il celebre sa- voiardo Mui'cna, che cola era stalo condotto professore delle bolle lettere. Tra questi ebbe principalissitno luogo Francesco Nasce, il quale con tanta sollecitudine pose l'animo a imparare il nobile linguaggio dell'antica Italia sopra gli aurei volumi di Orazio, di Virgilio, di Cicerone, di Catullo, che ivi spiata addentro la pu- rità la proprietà la eleganza delle voci e maniere, andò colant'oltre in siffatta conoscenza, che co' suoi scrini fece bene rimemorare, il bel secolo di Leone X. Egli esercitossi in differenti modi di versi e di prose e più nella epigrafia degli anticJii romani, come puossi vedere in qualche maniera da questo volume che compren- de in sé e iscrizioni, e poesie, ed orazioni. Le iscrizioni sono mol- tissime, e credo che col numero superano le altre cose, ed occu- pano gran parte del libro. Esse furono scritte per diverse occa- sioni come gli venivano innanzi, perchè, conosciuta la di lui pe* rizia, non altrimenti se ne valevano che del pili profondo cono- scitore de' vetusti marmi. Mi piace a questo proposito il giudi' 1 T 2 LETTERATURA zio che delle sole iscrizioni lia dato l'anzidetto biografo , ed io in questo tengo con lui, giacche veramente il Nasce usa in esse non solo la eleganza, e la soave leggiadria degli antichi, ma si bene la varietà eia grandilo(|uenza de' suoi tempii adatta inoltre ad ognuna le manieie più acconce alla sua natura, o di storiche o di funebri o di altro, miste ad una naturale nitidezza, e ad una somma eccellenza nel dipinger gli affetti co' quali sa muovere le direrss passioni. Io qui particolarmente non favello di alcuna, perchè tutte piìi o meno mi paiono bilie. In seguito alle iscrizioni vengono i versi: cioè, un carme, una elegia, un idillio, e un endecasillabo. Bello ed onorevole esempio ci ha messo avanti il Nasce con queste poesie, dandoci manife- stamente a divedere, che le parole lungi dal farsi valere a piag- giare vilmente la ignavia de' grandi, si devono meglio serbare a tributar degnamente un omaggio di onore alla virtù commende- vole alla sapienza. Diffatli chi rimembra quel benemerito mon- signor Gioeni fervido il petto smisuratamente di verace carità di cittadino, senza esser tocco da riverenza da gratitudine? Certo niuno che riduca in mente l'inslituzione di un seminario di Nautica , dotato di un'annua rendita, la introduzione di nuove macchine nell'Albergo de' poveri per agevolare e migliorare i prodotti del- l'industria maniùtluriera , lo stabilimento di una cattedra nella Università per lo necessario e dilettevole studio della scienza del- l'uomo morale, presso di noi senza ragione negletta , lo sprone «■iggiunlovi de' premi per gli animi giovanili , gli adornamenti fatti alla pubblica Villa Giulia per accrescerne l'amenità la ele- ganza. Sono questi a dir vero non tulli ma i singolari pregi del Gioeni, che ogni buon siciliano non potrìi mai, non che dimen- ticare, ma nemmanco privare delle debite laudi; avuto riguardo che assai raramente allignano su questa terra malvagia siffatti bei germogli, i cui benefici sono abbastanza guiderdonati dalle sincere Jjenedizioni de' popoli riconoscenti. E non ha mestieri questo no- stro suolo d'invidiare alla Francia Roberto Auget barone di Mon- thyon, il quale le sue copiosissime dovizie profuse in vantaggio delle ulili scienze, de' costumi, della sussistenza de' poveri, della felicita di tulli. Ben la Sicilia, presso che nel medesimo tempo ch« la Francia, potea esser paga del Gioeni, tenero per la patria e pel bene degli uomini. Dobbiam per questo noi saper grado al Nasce di avere nel suo carme tolto a celebrare i di lui meri- ti. Si fa in esso il poeta primamente a considerare che le lagri- me non sono premio senza piìi alle forti intraprese della guerra, ma SI bene a cjae' grandi che nella pace intendono a produrre de' comodi per la vita, e che se Ettore fu pianto dalla sua pa- tria, ebbe lo stesso il Gioeni, la cui morte fu parimenti lamen- tata dalla Sicilia , che jjuindi viene in quesU versi inlrodolta a ED ARTI LIBERALI _ ll3 ramtnemorare le nnzidette sue virtù, commiseranclo infine se stessa per esser finito di vivere lontano da lei. Tutta la eleganza, e la rohiila virgiliana si ammira in questo carme, e peculiarmente la niaravigliosa perizia dell'autore colla quale seppe in un linguaggio già c.idulo di uso, provvedendo sempre mai con ottimo successo alla t'orza de' colori poetici, vestire con vocaboli e modi propri molti oggetti ed usi di marineria, e descrivere a punio la mac- china del tessere La maestosa elegia che vien poscia fu composta per la morte dtl canonico Zerilli teologo filosofo dotto nelle lingue ebraica e greca, e pare aver cavdta il Nasce l'idea del cominciamenlo della inascheroiiiana di Vincenzo Monti ; ove qut^sti paragonando la morte di Lorenzo Mascheroni, lodato poeta e matematico berga- masco, ad un lume che per mancanza di alimenlo si spegne, pone con leggiadi'e immagini a far cerchio al letto su cui giacca la molta spoglia dell'estinto tulle le bdle virtù, che fregiato Taveano m^nlr'era in vita, e l'amor della patria della liberta di Inlti, e Tuniilta e le muje, e le rnati^'maliche. Della stessa guisa il Nasce rappresenta vivamente il Zerilli disteso sul letto, che trae a stento l'ultimo spirilo, e gioioso a vedere la religione ch'era scesa dal cielo. Dall'un canto sta Sofìa facendosi sostegno del gomito, at- teggiata di duolo in sulla sponda del letto , somigli mie ad un freddo sasso. Evvi Poliglotta, che sospirosa tiene altrove gli occhi rivolli immobilmente, ricordando la eccellenza di lui nelle lingue ebraica e greca. E ultimamente ri sono due figliuole di Mnemo- sine in sembianza di dolore, che nate ad un parto medesimo in- volano all'obblio le valentie de' forti e gli antichi fasti, traiDan- dandone la memoria sotto le varie vicende, a significare con ciò, credo , la storica erudizione del Zerilli. Ma giunta l'ora fatale siccome una facella che va morendo manda una opaca luce on- deggiante , si raccoglie improvvpdulamente, torna a risplendere con più forza e si spegne ; cosi Zerilli richiama tutti gli spirili abbattuti , a mpia si solleva , e le sue membra pigliano vigore fra le braccia della religione^ divien maggiore e più forte mentre sta per esalare l'anima con (;li ultimi sforzi^ e a un tratto cade nell'amato grembo di lei. Questo bel paragone della fiaccola è usatissimo presso gl'italiani poeti. Il Petrarca primamente ne' suoi Trionfi oriiollo di somma gentilezza^ il Monti gli die' maggior forza , perchè bene educalo alla scuola dantesca *, il Nasce però fu primo tra tutti ,a vestirlo con vocaboli e modi latini, dando- gli , se mal non m'appongo , bastevole vivezza e verità. E per tjuesto mio sentimento qui trascrivo i versi del poeta siciliano a volere che ogni leggitore ne porti suo giudizio: Qiialis ubi swnnio pcndentis fornice lychni Suhlustri moriens liice natat J'acula; 1 1 4 IffTTERATtJl^A. Mox sese impvitvisa recoUigit, aurea fulgent Tecla dbmiis: postquain vivu/us eniicuit J/iiptìtiis erumpciìs f luccin caeca iiiseciuitur nox: jiauii secus etc. Non è questa una naturalissima dipintura? E quel nalat non vale tant'oio a dinotare il movimento di oscillazione, che prende la facella, poiché per difetto di umore s'è rasciutto il lucignolo drlla lucerna pendente? Ma debbo dire per sincero amor di ve- rità che in questa parola io trovo il guizzare usato dal Monti. Piacemi inoltre di far avvisare che la monosillaba nox locata infine airesarnetro non fu effetto del caso che ivi la pose, nem- inanco della necessita che n'ebbe il poeta per condurre il verso, ma si bene fu opera di senno: impercioccliè chi legge e non s'ar- resta in quella monosillaba a provare gli eficlli, che l'improvviso venir meno del lume produce sopra gli organi visuali, siccome ciascheduno può averli più fiate sentili, e che il volerli esprimere con parole sarebbe senza ragione , e senza successo? Si vede la eccellenza dello scrittore allora quando con una parola, posta ac- conciamente, ha potere di destare per punto talune sensazioni, che sogliono essere partorite dalla natura. Sotto il nome del pastorello Da mone piange il Nasce nell'idillio la morte di Camillo di Maria chierico regolare delle scuole pie, e rettore del Collegio Calasanzio. Ivi tutto è leggiadria di descri- zioni, e d'immagini tratta dall'egloghe di Virgilio insieme a gra- ziose e semplici voci ed espressioni, mescolala ad un colai tenero sentimento, per cui vieni stimolato dolcemente au. aver dolore di quella molte. Maraviglioso è il modo che usa ad ascondere sotto campestri comparazioni le' virtù dtll'estiiito, ove fra tuU'altro as- somiglia la eloquenza ad un torrente che colla immensa piena dirocciando dal ciglione del monte, allaga le sottoposte campa- gne, e ciò che incontra travolve nel furioso vortice; e del pari la facondia al sibilo d'Austro o al dolce mormorio di un rivo» letto. L'endecasillabo fìunlmenté fu scritto in risposta ad una let- tera latina, che pubblicala nel presente volume si trova, manda- tagli dall'amico Basilio Puoti, esorlandolo a cantare la racquistata salute del comune amico Viucsnzo Galiano, e a celebrare l'allen- zione della fedelissima consorte, l'allegrezza l'amoie degli amici. Questi suoi versi sono commendcvoli per dilicatczza e venusta c.ir tulliana, e in fine ci metton dolore quando il poeta rimembra i bei tempi passati, sopraflatlo com'era dall'acerbità del male che lo tolse a' viventi. Il Nasce nelle poesie che ho sopra nominate ctrio non si mostra dolalo di una rnenlc fecondissima di grandi jnvenziijni, ma non manca pur tullafiala di graziose e noliili im- magini j e se pure nou sono eikao proprie sempre di lui , n^a ED ARTI LICERMI 1 l5 trnlte quando ria uno quando da uti'altro latino popla , ci è di valevole argomento per mostrare com'era in essi abbastanza nu« trito, e che tanto pieno era delle bellezze loro, che o tal volta lasciavasele sfuggire inavvedutamente , o che sembravagli giusto ornarne le sue cose quando /^'li fosse venuto iu destro. Tengono Unaimente l'ultimo luogo del volumetto due brevi ora- zioni, ch'ebbe carico il Nasce di recitare in due aimi nel rinno- vcllamrnio dfgli studi: né trovo ragione dell'ordine con cui fu- rono pubblicate, giacche la prima sulla lingua Ialina fu delta nel mese di novembre del 1808, quattro anni cioè dopo del- l'altra, che risguarda l'amichevole accoppiamento della filosofia colle umane lettere. Ottimi argomenti sono questi considerando non solo la elezione fallane dall'autore in tempi, che ve n'era stretto bisogno, come ancora avuto riguardo all'utile grandissimo che conseguentemente tornò a' giovani studiosi. Senza dubbio il Nasc^ proposto alla istruzione della gioventù videsi costretto ad adempiere per punto a cotant'alto e nobile ufllcio. Laonde gii fu d'uopo attendere con massima sollecitudine a investigare quali cagioni erano a que' di contrarie agli sludì delle lettere, e quali eflicaci mezzi si doveano con accorgimento porre in opposizione. E ben ratto gli venne veduto come principalmente a ciò avea sinistra influenza l'animo di coloro che datisi all'apprendimento delle scienze, iyan lullodl cercando modo di far cadere in disi- stima l'onorato esercizio delle lettere, siccome studio di baie. \ giovani alloi'a mossi cotidianamente da siffatte voci, credeano far senno ponendo l'animo loro fervidamente alle scienze, al tutto alieni dalla necessaria e vaga letteratura. Vedea da un'allro canto però il Nasce una bieca istruzione per quei ch'erano cupidi di apprendere siffatti studì^ comunemente negletti, e pria d'ogni altro ravs'isava in ciò la trascuranza del latino linguaggio. Mai sem- pre è sialo coltivato con ardore e successo iu (pesta nostra isola il nobile idioma degli antichi romani, poiché per la inondazione de' barbiri fu volto in basso, e si corruppe, e si spense. E ciò per colai guisa, che volendo riandare la letleralura siciliana di questi ultimi secoli ci è d'uopo imbatterci in una folla smisurata di latinisti. Non so però per qual caso o avverso deslino, o forse pel gusto della letteratura del norte, da pili tempo introdottosi ' nelle nostre contrade, o forse ancora per quella matta brama di voler tullod'i vestire i pensieri, scrivendo in italiano, con vocaboli cavali dalla propria fantasia, o dagli altri linguaggi stranieri, e più dal francese, pigliandone molti e malsani adornameuli, onde ivano cadendo in oblivione i bei volumi de' classici, nauseandosi Io studio su quei grandi modelli, cosa certa si fu che in sul co- iiiiaci ir di questo secolo nelle nostre scuole, scambiata la vera istruzione, e anzi sostituitane una falsa e pessima, si mise in fondo 1X6 LETTERATCRX il diritto metodo di far «ppreiìJiie il juino, se ne dimmùcò la iniporlaiizii, e fu toslarrieiite negletto. ìi vero che ancora erano ili fiore i inolli e bravi allievi del Miireiia, ma ci è necissitU confessare, che con grande discapiio delie lettere, il più de' gio- vani erano siirattaincnle digiuni di quel linguaggio, che qualun- que voce latina riuscivagli sconosciuta e barbara. Con molto senno il INascè di lutto questo ebbe subito accor- gimento e parvegli acconcio a bella prima crrcar via di me'.lere io riverenza e in voga gli studi delle lettere, di persuader po- scia la strettissima nec^ssiiìi di apprendere il Ialino per potere in esse salire alia eccellenza. Con una sua orazione pertanto mo- slrò che non si dovea trascurare nò jiunto ne poco la filosofia, ma che nemmauco era dicevole tener da meno le lettere, e che ;i rincontro era molto savio consiglio accoppiarle insieme con uà saldo vincolo ■ e provò la necessità di rfuesto facendo vedere la utilità la eiì'icacia della bella letteratura. Neil' altra orazione quindi togliendo ad assunto la necessilli di apprendere il latino linguaggio esaminò lo schinmazzargli contro degli ignoranti , le lamentanze dei semidotti, e le autorità de' doltijecou tanta forza e nobillli di ragionamento sostenne il suo proposto, che non si ])otea meglio. Lette al pubblico queste orazioni, e iteralene po- scia di continuo le dottrine nella scuola, riuscirono di assai prò alla letteratura siciliana. E bello esempio eoa esse dava della sua molla perizia nel latino, perchè oltre alla proprieth, ci si «corge trasfusa tutta la nobiltà della elocuzione, e la pienezza del periodo del principe degli oiatori romani. Tal fiata però pecca con Cicerone medesimo nel far seivire al decoro del discorso l'al- Jontanamento di espressioni precise. Queste due orazioni son fatte sconce, come tutto il rimanente volume, per la copia di He mende tipografiche, ove parecchie altre se ne riavengono sopra quelle ciie sono state notale nel fine. Queste che ho dette di sopra sono senz'altro le cose latine del IJascè colla presente edizione pubblicate. Deblx) però confessarcj che altre io ve ne desiderava, che non son punto inedite. E pria di tutle potea giustamente escludersi quel dolcissimo e dili- CTto endecasillabo Ialino in risposta ad un altro inviatogli dal sojiracciò della nostra letteratura, dal marchese Tommaso Gar- gallo, in occasione composto, che l'arciduchessa di Toscana Ma- ria Anna fece con la sua presenza l' apertura del collegio delle nobili fanciulle, da lei fondato? Siccome è assai breve mi piace qui notarlo: Onrgalle, Italicae decus Camenae^ Jjegi versiculns tuns teneflos, J\ectavr^ awììVo.iiaqìie du/cioves: Relegi: et ppream mihi viderii iSi fion tu iialiae decus Cainenae, ED Ann LIBERALI 1 I 7 Nemmaneo i versi pel l'amoso fanciullo Vincenzo >?uccaro do- Veano truidùrarsi: Ilaic (iptinn ìUimerù atìiinani Niitura tendilo Fiiixit, et arcana pl-otulit. urte Snjjhum. Hunc natura fov^ns, mea sunt miracitla dixiti Tantulus Ilio nwneris iinpjvet ùiiiuinensy E i due distici sotto i ritratti deir.islronomo scopritori^ di Ce- rere, Giuseppa Piazzi, e del traduttore di Aristotile, Marchese Ilaus non erun degni pariineuti? QusUo del primo è coins sugne: IJuic coelum emr:iso Frrnanflum inscribcre JJiVts £t Cererem SicuUs reilituisne daiuiii est. Il dislieo per l'altro è il seguente: Jani nocte occidua fractiis, germana ope fuhiLs Post sdecula, ecce iterutn pVodeo ArlstuLeles. Senza questi ed aliri versi che si possono leggere in fine del sopradelto elogio scritto dallo Scibcila , chi non avrebbe voluto vedere riprodolta la bella ed elegnnle elegia in morte del chia- rissimo MicheLingelo Monti, intitolata a Piazzi ch'era toni.ito iii Palermo. Nò possiamo trovare una ragione per la quale gli edi- tori fossero slati spinti a preterirla, assumendo un giudizio mag- giore dell'autore medesimo, che non era tanto inchinevole a fair vedere al pubblico le cose sue. Ma se il Nasce era valente latinista, non era manchevole del sano giudizio del btUo risguaidanle la letteratura italiana. Chi non ninembra con quanta energia elViCacemenle ispiravalo in' pelto ai giovani studiosi, ora mettendo loro in riverenza e Dante Petrarca Boccaccio e tulli i trecentisti, ed ora monsignor Della Casa e gli altri scrittori del secolo xvi. ìNè lasciava di dar laude ai buoni moderni; per la qual cosa mi torna in mente in quanta stima teneva e Peiticari, e Giord;.ni, e Cesari alire3i,del quale, con tutto che da molti , ma ingiustamente in ogni cosa si bia- sima, usava egli fare una conveniente difesa , rimeraorando lo stalo di svilimento dell'italica favella di que' di, e facendo ve- dere parimente per sue ragioni eh' era necessario trasportar gli uomini da quell'estremo di slrenntezza all'altro di severissimo «luglio gu gli antichi, per potersi poscia avere una giusta misura nello scrivere. E be;i iacea [ilauso senza ciò a' pochi e belli e pittoresclu sonetti del Ca>.-iiaiii e più a quello del r.itto di Proserpina, chi> io costumava recitarteli mano mano insieme alla B isvillima di "Viuoeuzo Monti ohe lanl'alto commandara per la felice iinila- 1 1 8 LETTERATURA zione delJaDivitia Commedia, che mosso da rlvercnzn con sue pro- prie pnrolc diceva esser ^louù il primogenito deirAli^hieri. Però senza passare pili oltre dico che se a taluni sembrerà Spinto assai lungi dal giusto questo mio discorso, bisogna osservare che non è n.'ai a])bastanza per Nasce, che tanta benefica influenza ebbe sulla letteratura siciliana, piucchc forse (qualcuno non pensa. Bernardo Serio. Sopra la Fata Morgana del Lago (V /duerno pel Marchese Giuseppe Ruffo. (Estratto di E*** T*»»). Con sommo piacere, tutte le volte che l'occasione avventurosa appresentasi, noi prendiamo a discorrere delle oper.' e dtlle gesta di que' nostri concilladini , che, luori del suolo natio, mietono allori nel difllcile aringo delle scit^nze e delle lettere', questi eletti onorano la patria col loro nome, T incoraggiano ad opere migliori col loro esempio; la fama loro eterna vivrà, ne rende- rassi mai peritura, e la gratitudine di itilta la cittadinanza av- venire sarà Tolocausto sempiterno che alla loro onorata memoria verrà ofierto. Epperò questo nostro desiderio e questi sentimenti di patri af- fetti sonosi non ha guari svegliali ntl leggere un dotto arti- colo del signor E**' T*""" intorno ad un discorso del nostro concittadino Marchese Giuseppe Rufib sopra la Fata Morgana del Lago d'Averno, letto nella ordinaria tornata delTAccadeinia delle Scienze di Napoli il 2 dello scorso dicembre e giudicalo degno di essere stampato negli alti di quvll illustre consesso. Dagli squarci riportati dal sii;nor E*** T*** nel suo estratto noi ben vegniamo come il Ruffo diasi a dividere in (|uesio suo lavoro, oltreché elegante ed immaginoso scrittore, valente lisico, e noi di tutto T animo ce ne gralulmmo seco lui che sì bene sempre pili eccella non solo nelle economiche e morali discipli- ne, ma eziandio nelle natur;di, delle quali, se ce ne avea da- to una non piccola prova nelle note all' ode in morte di Poli, ampia materia ora ci offre in questo suo lavoro per farsi gridare egregio come la napolitaoa accademia 1' ha aeclauiato. Ma per dire della Fata Morg.iua d' Avcrno, avanti che il Ruffo ne faccia l'analisi scientilìca fi crede suo di l»ito tener ra- gionauicnto della pili ccJebic Moigma dell' Universo, qudl'ap- ED ARTI LIBEnAlil IIQ punto che apparisce nel canale di Messiua. Principia eg?i a dir dello stuolo di coloro che sulla Morgana di Messina scrissero, e ne disamina le opinioni varie, e qualche volla mal fondate ed insulse; raninienla perciò T Anj^elucGi , il Rircherio, il Giardi- na, lo Scolto, TAUrgranza, il Ganipaiila, il Varano, il nostro jjoeta vernacolo Viiali, il Minasi, il Ribaud, e sulle cong -tture e ragionari di questi due uilimi in is|iecie si dH a discorrete. Parlando appresso le stesse parole del Minasi dica il perchè edonsi avere le spalle al sole onde godere di questo naturale spettacolo tutte le volte che apparisce, ed indi giustamente adi- rasi contro lo slesso, il quale, qunsi che volendo schernire i Si- ciliani perchè querelansi (siccome ei crede) che da Messina noa veggon la Morgana, ciò adduce a generale ignoranza, ed a difetto morale; ecco come dice il RulTo. » Prenderò poi sdegno o pietà della di lui balordaggine con che allida i Siciliani a non teme- re delia cecità di lor mente (i) se da Messina non iscorgono la Morgana, anche in quel frattenipo sereno in cui odono il grido de' Pieggitani, che Morgana Morgana da baccanti esclamano? Sciocco ed insultante conforto è il suo per un popolo spiritoso ed acuto che legge le sue glorie di guerra e di pace u"lla storia di tutti i tempi, che la sua grandezza mira scolpita nei prischi nomi delle sue città, e nelle immense rovine de' suoi monu- menti; che impara il suo merito, ma innanzi tratto lo ssute: e che non sarà da sezzo ancorché balestrato dalia fortuna! » Siegue dopo ciò la disamina delle teorie del Minasi sulla due Morgane Marina ed Aerea^ e con onore son ricordati i comi di Cornelio Agrippa, del Fazello , del Galateo, e dtl vivente Giovine. Alla teoria di quello unisce il Rullo le sue, e ae con- clude alla per fine con ragioni convincenti, che la Morgana del lago d' Averno da lui osservata è aerea. 11 signor E*'* X*** nel suo articolo accenna eziandio le bre- vissime teorie dell'Houel sulla Morgana dello stretto di Messina^ non dette dal Ruffo, ma quegli da semplice artista e casualmente osservò quel fenomeno, mentre il Rulfo l'analizza da scienziato; tale omissione non è dunque da rimproverarsi. Con grande in- certezza ne conclude appresso (siccome dissero gli autoti del- rEnciclo[)edia Metodica) ciò non può essere che una ipotesi, non polendosi dichiarare questo fenomeno nel modo stesso che spie- gar riride, il parelio, la paraselcne. Il perchè noi, contentandoci di aver dato un cenno del nuovo (i) Difètto ninnile sono le parole di cui egli si serve, e che equivalgono pur trojjpo a cecità ili mente. E per consolare ajipiL'no qmgii isolani s'ig-' giiingi' col maggior senno del mondo, che jjIo stesso fisico difetto contrar- rebbe UH Ikggilauo se da colà volesse mirare i' «tesso fatto naturale! » (JS'o- ta dell' A.) 130 LETTERATURA applaudito lavoro del Rufib, uiiiomo i nostri agli encomi del- l'accademia napolilaiia e di ]^*»» X***, e lo csoi tiamo a b^iUere tranquillamente e con forte e securo animo quella via che è la sola pella quale l'uomo non perisce. Soltanto ci sia permesso far- gli rifleitere due sole cose, prima che ci è smbrato disdicevole il non aver egli fatta onorevole ricordanza del nostro hiLoriosissiino Mongilore, che nella sua Sicilia Ricercala (^lotn. i, cap. xvi. pag 4°^) riunisce quanto sulla Morgana allor si sapea, nefando le opinioni del Kiicherio, dell' Arigelucci, dello Scotto, del Giar- dina , del Camp;iilla, del Fazelio , ed a queste aj;giui)2e quelle del P. Cesare Calino, e rammenta que' tanti che sVtr essa han scritto, o Tiiaii soltanto additato, siccome il Carnevale, il Reiiia, il Giannettasio, il Conti, il Lubrani, lo stesso sotto il nome di Brinucio, il Deza, il Carrera, il Salamene ed aliri: seconda che non ci sembra adattato per nulla l'epiteto di pseudo con cui ha voluto caratterizzare il nostro epico vernacolo Vitali-, egli è epico quanto tult'altro che V epopea abbia trattalo, ne in lui è scar- sezza d'immagini, di genio descrittivo e di poetica vena^però noi» è scevro di mende e forse qualche volta gravi... nia... la per- fezione non è deil'umaaa natura. SCORDIA Sunti delle sessioni dell'Accademia di scienze lettere ed arti di Jci-Rcale, 23 luglio i833. Tornata straordinaria. Dal srgretnrio della classe di lettere arti, e belle arti fu letto un discorso frenologico del socio corrispondente Vincenzo Tedeschi Piitcrnò Castdlo professore di metafisica nella Università di Catania ; discorso vo'auicnie classico nel suo genere, ed in cui l'autore mostra jsieno possesso fiella scienza nei suoi attuali progressi: eccone il sunto scritto dall'autore medesimo. La percezione, la memoria, il giuiiizio, rimmaginazione, la velleità, lo istinto, il desiderio, giusta i pensamenti dei motlerni frenoligisti , sono le' proprietà comuni o speciali di un certo numero di facoltà jirimitivc. Or questa dottrina da altri adottata, ragionando d'igiene, di educazione, e di giurisprudenza, e da altri rimbeccata e rigettala, o come erronea, o come pei'icolosa, deve fissare l'attenzione del fdosofo, perchè iliretta a rischiarare la storia paiticolare degl'istinti intellcltiiali e morali. Non sarà quindi dis- diccvole cosa a lirevc disamina sottoporre i principali argomenti liai frcno- logisti recati innanzi. Lo sviluppo successivo delle varie facoltà che l'essere vivo animale cor» rendo sua età dispiega, le varie forme di combinazioni, ed i vari gradi (il sviluppo dei pendi, dei sentimenti, e delle attitudini intellettive, che in- contra vedere sì negl'individui di una stessa specie, come nelle specie di- verse, la perturbazione o lo stato abnorme di una o più facoltà, che in tiiliini individui inconti'a vedere, or per cause congeniali, ed or p(r ma- lattia Mjpravvenitnte , sono altrettanti fulli dei quaii jion è lieve cosa dai- ED auti liberali 121 spiegamento, .sii]ipnncn'!o clic lo facoltà coiuuiRinciile ammesse <1ai tuttofi- siri sicno Jo facoltà primitive; iinpcrciocclic non può una poliiiza agire con energia in un caso ed esser laiigifida in un altro. Né le espressate psicologiclie differenzi', che nell'abilità, e nella dcstrez'ia, nei gusti e nei pendi di gli esseri vivi animali notate vauno ^ono da ridursi traglt elfetti dell'esperienza, dell'educazione, dell'abito, delle etrinseclie cir- coblanzc, mentre nella storia dell'uomo e degli animali trovansi più e di* versi fatti i quali fanno aperto, die bis igna riconoscere negli esseri vivi ani- mali tendenze e propensioni naturali, die ogni disjiosiziOae di questa natura Icjide a manifestarR in onta degli ostacoli che ne ritengono lo sviluppo, che l'educazione può dirigere e sviluppare le facoltà, e non già creai le, e elio individui collocati in mezzo alle stesse circostanze dànua a divedere qua- lità mollo diiferenti. Nò puossi argomentare che sua ragione avesse o nelle funzioni delle vi- scera, del petto e dell'addome, o nelle proprietà dei temperMiienti l'osser- vata varietà dei gusti e dei pendi, dei stntiiiienli e delle passioni, dell'in- gegno e delle idee. K primamente le materiali condizioni dei fenomeni intellettuali e morali sono da ricercarsi nella struttura delle parli dell'encefalo, e vanno errati co- loro che altrimenti r;:gionarono, fondali sugli cd'elti fisici delle passioiu. Le sensazioni e i disturbi che nelle varie regioni .del corpo suscitansi al tocco delle passioni nascono dall'azione, che esercita l'asse-cerebro-spinalc sulle al- tre parli dell'animale economia, e quelle sensazioni, e quei disturbi variano nei vari individui, ed in uno stesso individuo. Se poi alla ceca-ione di un riioviiiieiilo allettivo le funzionii delle mentovate viscera piovano qualche pei liubazionc, anche nelle funzioni dell'encefalo si osservano n labili scon- certi. Ed è pur vero che delle sensazioni delle interne il Cabanis fa n scere lo istinto, e le passioni sono ij/Oleliche, poiché non date ijalla esperienza, ed assurde perchè non sono secondo le leggi generali della natura, la qua'e mai non assigna ad uno slesso organo funzioni diverse, come il principio di una passione ad una funzione assimilalrice. Su quanto poi al a preteca influenza dei lemperaiiienli è di momento considerare, che non avvi sem- pre quella medesimezza di proprietà psicologiche nelle persone dotale dello stis.so temperamento, quale costant( mente iii^-ontrar dovrebbesi, ove la eo- siiluzione del corpo, e l'abito dei princip:;!i sistemi di questo, avesser !a diletta inlliienza: che ove anche avvenghi d'incontrare coslanlemcnte so.rù- glianza di gusti, di sentimenti, di pendi in coloro nei quali isc rgcsi sopii. glianza di temperamento, sia da ricercarsi, avuta considerazione all'influenza dello stato morale sull'organismo vivi nte, se la forma di temperaiiieido fosse o no un fatto secondario, e che non jiossiamo nel temperaincnlo coll->rare la ragione delle additale psicologiche diflércnze: conciossiacchè non è possi- bile vedere somiglianza di tcmpcraniciito in quegli animali, die, sehbcr.n mollo tliversi in qu;uito alla costituzione del corpo, si assomigliano tuft,-- volla in quanto all'istinto, ai costumi, ed alle abitudini l^ro, n.entrc altri poi che diversi sono sotto questo ulliiao a petto non presentano che lievi differenze nella loro fisica costituzione. Sembra quindi che movendo dall'esame comparativo dei gusti, dei pendi, delle abitudini e dei costumi, dilla destrezza e dell'abilità osservati negli esseri vivi animali, e vieppiù dalla storia delle anomalie che nelle facoltà degli individui di una stessa specie notate vanno , sia ragionevole rosa ve- dere nella percezione, nella memoria, nel giu'lizin, nella immaginazione, e nello istinto altrettanti modi di azione di un certo numero di ]jriniitivc facoltà allei live ed intellettive. Ma non è de! ppri .:gevnle argomenlare il mi- luero e la natura ili qiif.itij. 1 ticjioloijisti sono intorno a ciò veouti iu isya- laa LETTERATURA rialc e (Hscni-dnnti opinioni. Non alilàiiiiio una siifTicicntc collezione di fatti a ciiLsa (!i:!Ia dilezione, clic i sisUmi e le o|iinioni dei tilcsofi impressero nlla filosofia. I falli poi die bisogna coDoidcrare, analizzare, e ravvicinare, sono per sé stessi molto complicati, e per più e diverse cagioni ad un gran numero di anomalie sojvgetli. Quindi e jnestieri istituire un accurato esame comparativo delle diverse specie e degli individui della stessa specie relativamente a tutto ciò che ri- guarda i giisli, i sentimenti, le inclinazioni, i pendi, e le idee. Avere cura ili estendere, variare, e moltiplicare il piìi clic si potesse cosiffatte osserva- zioni, onde vedere fpiali fossero ipielle altitudini, die hanno una esistenza indijiendenlf da ogni altra, ma segnatamente bisogna con maturità e riguardo far considerazione allo stalo delle facoltcà nelle diverse malattie valevoli a perturbarne, sorprenderne, indebolirne, ed annientarne lo esercizio. Tutto ciò poi è scn/.a dubbio di gran moiuento onde recaie a giusto perfezionamento cpiel ramo delle umane conoscenze appellato con ragioni 3> scienza delle scien- ze, teoria delle teorie, e matlre del sajierc. j> Occupò secoadaiiiente la tribuna Santo Albergo da Catania, nostro socio cor- rispondente, che sull'origine, natura e valore della moneta tenne lien fungo di- scorso.E dappria fa egli le scuse, siccome dagli studi, cui è inteso, inipedito, non ])uò com'ei vorrebbe al presente, cose ofU'rire degne dell'Accademia, promet- tendo farlo fin dove aggiugner potranno le di lui forze, a tempo migliore. Passa quindi primamente a dire della origine della moneta, che nei primi periodi dell' umana società essendo la sfera degli umani bisogni assai breve e ristretta, circoscritta era puranco, e limitato il numero dei cambi, a niente altro riducendosi che al superfluo dei loio viveri. Cresciuti però di mano in mano i bisogni, si pensò fra tutte scerrc per cambio quella derrata, o cosa, che si fosse, il cui bisogno riusciva \>ui comune e generale. E noi svol- gendo le storie troviamo i Numidi, i Greci, gli Sciti, i Romani, e millan- t'altri nello sialo di pastorizia, essersi valuti ])t:r moneta degli armenti, dalla qiial congiuntura poi, e drtU'esscrc stati impressi la pecora, o il bue nelle [irime che furono coniate venner qiiesle da pecus, pecunia volgarmente ad- dimandale. Ma cresciuti a dismisma i bisogni nell'unian genere la mercè della civilizzazione e cultura, e considerando ognuno che i generi sino a (juel tempo avuti in conto di moni la non ci'ano soddisCaccnti a tulle le permute; ch'era- no di grande vohimc l'ispetto all'intrinseco loro valore, e jierò poco alti al t|■a^porto; che mancavano di hniga durata venendo coll'uso a menomarsi; che finuiincnto non erano in tignai modo ricercati da tutti i popoli della terra; così pcnsossi inveiiirc un genere di cosa, che tutte scansasse le soj'ra indicate disagevolezze, o die almeno il numero ne rendesse minore, per lo che co. nosciuto il pregio dei metalli preziosi sopra ogni altro genere di rosa, che all'oggetto avrebhc. pollilo vabre, furono dessi a )iriferenza scelti. E cosi fa egli bill avvisare siccome l'uso dei metalli per moiiela, anziché l'effetto della c.^nv^•nzinne unanime dei viventi, il lisiiltato debl)a dirsi piuttosto della ci- vilizzazione e cullura. In tale occasione ccmia altresì di passaggio ignorarsi ancora a chi 1' uso primiero della moneta attribuir si debba; essendovi chi a Ginro, chi ad Frono, chi a Filone Argivo, e chi a Teseo attribuir lo vo- lesse; i Greci, sccondoeehé sajipianio da Oineio,conobber l'uso della moneta nieiailica, ed i Romani solto a Servio 'J'idlio cominciarono jier la prima vol- ta a coniarla. Viene qui giunto al seconrlo suo jiroposlo, e della natura ilella moneta tier le sue intrinseche f^ualil.ì , e per l'auteulieilà del En AUTI LIT!F.nA.T,t 123 v.nl.orr, e- un eqiiivalnntc coimiiiciniiili' arn (l.u)ilc- lìi tutti pli iiltii proiloftl.» E lìiinlincnlc v< ni ndo al valore della moneta, ultimo suo proposto, ne dice essa avere a sua ilisjiOsizicnc la massa tutta elei prodotti, che esistono fra gli uomini; la richiesta della medesima essere costante ed invariahile, non cosi quella d'ogni altro g( ni re di cosa, costituire uno dei principali elementi del- l'impiego del tiavaglio umano. Così con non minor grazia e perspicuità di che fa mostra al jirincipio dà fine al suo dissertare. L. Aico. IO agosto. Tornata piilihlica orcUtiaria. Il signor Lionardo Vigo socio attivo fondatore occnpò la liihima, dando la sua lezione ili tuiuo snll'eslstenza dell'antica Aci-Sifinia sul capo dei mo- lini; di cui ecco l'idea tratta dal capitolo, e dalle dilucidazioni che lo sic- guoiio. A fine che lucida emerga la dimostrazione del proposto argomento e cliiara la intelligenza dei classici d'allegarsi all'uopo, fassi il discorrente a dire sui vari nomi che nelle varie epoche dell'antichità e nei tempi a noi jiiù vicini sorti la nostra patria. S(orta, sicché Amico con ragion conchiu- de, riferendo anche l'autorità di Cluverio, che: nmale igitur frigiduni ahi Acini appelUuit.n Che il Capo Sifonio poi sia il nostro Capo-'dei-molini si prova coll'au- torilà del Gollz, e del semjire celehre nostro Maurolico. Dall'Ovidio anche conchiudesi, che il nome di Sifonio dato al Cnpo-dei-inolini fosse originato dalla sua forma cuspidale. Traggc-i però da Slrabone avere sortito nn tal nome dall'esistenza di Sifouia allo stesso vicino. Dal Goitz Cnalnientc rilie- vasi , che il nome di Sifonio gli venne dalla pesca del pesce spada, detto ^/©aC in greco, e Xiphios in latino nXijihoniuni promontoriiim, c^lì dice, tixiphonioruin pisciuin copia, tjuibiis hoc mare ahbundut, vocatum nonnidlì opinantur. n Premesse ora queste cognizioni a mostrar Sifotiia al Capo-dei-molini luci- de e belle sorgono le pruove; quali, poiché trattasi di topografica esistenza di antica città, secondo la logica insegna, a quattro classi daìfilhistre 'discor- rente riduconsi. Autorità degli antichi, monumenti rimasti, autorità dei mo- derni, tiadizioni popolavi. E per iucomiiiciai-c dallo prime Silio Italico offresi ii5caiizi, il quale, ce- 124 IRTTEnATUtlA niunque seguendo il volo dell' inimaginazioiic, non mentisce mai, scconltf Tirabosrhi accerta, le istoriche verità, eiiiiineranJo le cillà corife ieratc a'Ro- liiani nella seconrla guerra Punica, e noininaadole dai filimi clic liiro son presso rassegna Gela, Alesa, Palici, Austa, ed Ari, che per le campagne etnèe volgo i suoi flutti al uiarc, Aci rivale di Polifemo nell' amore della bella Gatatca. A corroborare l'autorità di Silio Italico sicgue Flcgonc Tralliano ^ che sposando in modo Sil'onia, da lui cliianiata Sifonisba, col fiume e colla l'avola di Aci , mostra ad evidenza la topografia ili quella città. A Fie- gonc sicgue appresso l'itinerario di Autonino, in cui segnandosi la città liostra col nome di Aduni se ne staliilisce la sua località u diecinove mille j.assi da Taormina e a nove mille da Catania. CoU'autorità di due epistola del senato di Catania, da Uiodoro riportate bene rilicvasi: 35c-serc Sifonia alialo gli scogli dei Ciclopi, della Rocca Sulurnia, del porto d',Ognia, poco discosta da Catania» ove noi crediamo che sorgesse, dice l'A. in ncdla dal- l'amor di patria illusi. Alla sentenza di Diodoro quella finalmente aggiun- gevi di Strabone, il quidc situa il |iromontorio di Sifonia, come sopra cen- ' iiossi, dove si riuniscono i rigagnoli, che delluiscono dall'Etna nella spiag- gia portuosa. Non Ix'nc dunque Cluverio, questo geografo romano irrtcr- petrando, e perchè Scilace nel suo jìoiijilo chiama Sifoniense il Capo-di- Santa-Croce, crede che ivi l'antica Sifonia sorgesse. Le allegate chiare au- torità, e gli argomeali da riferirsi, poco fondata fan vedere la sua sentenza, quale seirza riflessione è stata da alcuni poclii moderni adottata, e per cicca deferenza all'alto sapere del geografo prussiano. Ed in vero quali monumenti, quali avanzi di antiche costruzioni dimo- strano in Santa-Croce l'esistenza di città antica? Ninno: mentre al contra- rio al Capo-dei-Molini nei discavi spesso rinvengonsi piedistalli di statue e di colonne, capitelli, braccia, gambe, teste, fusti, pavimenti marmorei, lar- ghe pedamcnla di fabbriche, alcuni ruderi di varia natura , e celebri sono le tenne siJunUe, A senno duiìquc quasi tutti i moderni di cose sicole descrittori, de' quali in non piccol numero e con giudiziosa critica dal discorrente le autorità riporlansi, neil' unanime sentimento concorrono della situazione di Sifonia al Capo-dei-Molini. E la tradizione popolare in ultimo tanto ne conferma, mentre, come ri- ferisce il Cairera, dimorando egli stesso in Santa-Croce, alcim vestigio d'an- tichità, alcuna popolare tradizione coìi esquisita diligenza ricercati, non potè rinvenire, lo che al contrario perfettamente pel nostro Capo-dei-Mo- lini osservasi. L'illustre discorrente presso al principio del suo ragionare detto avca con modestia; lui nutrir lusinga che la lite sull'esistenza toiiografica della antica Sifonia mai più frai dotti risorger non dovea; ora però dopo gli addotti argomenti può ben'egli conchiudere che: jj.embra |irovato ad evidenza (sono » sue parole) che l'antica Sifonia o Aci-Sifonia sicuramente non si alzò sul « Capo- li-Santu-Croee, ed era precisamente quella città di cui grandeggiano » le reliquie sul Capo-dci-AIolini. « Sac. Antomno Calì Sardo. 5 settembre i833. Ternata Ordinaria. 11 socio attivo Salvadore Grassi Amico ascese la tribuna per pronunziare la sua lezione di turno. Egli riconoscendo, com'è fermamente vero nellii noUra |iatri.;, e avrebbe potuto aggiungire nella massima parte dell'isola, non esser fiorenti, anzi intristire gli studi della comune favella italiana, s'è fatto contro a coloro i quali uou ancora ^-er essa sono caldi di affctl03 di» ED ARTI LIBERALI li) i»io50 coltirarsi la lingua, come la gran cnle.ia potentissima invLsiblln, die tiitti da Tiapiini a Turino annoda i popoli (\cì si, dalle guerre eslranc e iii- tesllne, dal furore de' comuni nemici, dalla politica dei settentrionali nistri antichi schiavi, ]jartiti in faini-^lie a dispetto delle Alpi e ilei mare, die ne fcinno uno, e dai harbari separano; a dispetto di Dio stesso, il quale a 19 milioni di nomini diede unità d'interessi e di favella insieme. La lingna di Dante, MaccUiavelli , Alfieri, Guicciardini, Botta, Galileo al)biam bjIo di comune gl'italici tutti; questo è il palladio die ne sopravaiiza delle nostie glorie di allorquando fummo tutti uno in (jauipidnglio. Pertanto il giovine Autore con la modestia delle filologiche disquisizioni, vassi raccendendo nei cuori il sopito, non estinto, foco del nome della patria raccendendo l'amor della lingua. E vicii slguiftcando il debito di eternare le cogitazioni nostre nell'illustre lingua pcniasalare; il miglior metodo di far tosto tesoro del fiore della favella; e da fczzo sfolgora i dappoco sprezzatori in vista del Cesari propugnatore del classicismo filologico, ed in fatto fautori del neo- logismo e dell'ignoranza, perchè neologisti per ignoranza essi niedesini!. Prova egli quuidi la moltiplicazione delle lingue mnccrc al couimercio della sapienza 0 dei popoli, accrescere il ritardo dell'apprendimento delle utili conoscenze, ed essere desiderabilissimo, se non l'unicità del lingiiaggif) mondiale o scritto o parhito, desianza di sTgnatori filosofi, almeno di non aumentarsi a dismisura le lingue per quanta sono i dialetti dei piccioli slati. Per lo che i Siculi a tutto potere deggiono studiarsi informare i loro pen- samenti nella favella di Dante, mollo piii ch'essi ne furono i fondatin-i sin dall'epoca sveva, prima che sorgessero i tre magni archimandriti delle let- tere italiane, padri dell'europea civiltà; e qui con la ])rova dei documenti storici elevasi a' primordi della lingua da mi voca'izz;ita; da noi ingentilita dell'eolica armonia, da noi dal trivio e dalla bocca delle trecche elevala sul trom de' re, e fatta sonora e magnificente tra le labbra de' monarchi, da ove poi quel mare d'ogni sapienza l'Alighieri la sublimò sopra i cieli loca- tala accanto a Dio, Diinostiò essere debito comune ne avvalere dell'italiano, non del verna- colo; colla scorta del Parini, traccia la via, che deggiono ormare i giovani ncir appararlo; e primamente alla elezione dei libri, seconilamente al tempo che ha di mestieri quell'insignainento i suoi ragionari rivolge. Oltre g!i ot- timi lessici e grammatici, gli esemjilari del secolo d'oro, e del pontificato di Leon dei Medici, e della stagione in cui vivesi debbiamo svolgere diu- turnamente : i primi ne ammaestrano nelle verginali eleganze dell'infanzia della favella, e in quelli antesignani | rimipili essendo rimmcnso Dante, il gentile soavissimo Francesco, l'elegantissimo nettareo Giovanni, da quelli tutti e tre luce vivida hanno da ricevere i nostri dettati; (\im della seconda eiioca n'avvisano come cogliere i fiori nella selvaggia selva delie antiche spine; e da sezzo coloro della stagione presente, ne chiarendo l'indole ilei secolo e i jnutarnenti fatti dall'arbitrio dell'iisn, come i pregi di tutti mescere, accioc- ché fresche e verdi, non che elette e di classsico sapore tornino le com- posizioni nostre, Né tale maniera fli studi è indecorosa per i sublimi intel- letti anzi i più altissimi sonosi in essa deliziati , come con bc Ili esempi , attinti nelle pagine degli starici dilla letteratura, vien l'oratore rammen- tanlo; a ragione acceso di sdegno per lo s|ire/Lzo con cui la pluralità dei siciliani istitutori riguarda tali studi, poich'essi pongon fra mano ai ham- J)oli per lo latino i classici dell'età di Augusto, per lo francisc quelli dell'età di Ludovico il grande , e per io italiano qualsivoglia sgrammati- cata cantafera, che prima lor si jiara avanti; e quelle soii lingue appa,- rate fcr lusso di sapienza , questa per necessità ; quelle cftiane o sia ryive o m 'rte , questa ijostra ; tanta cecità annuvola le menti dei piìi!',., I a6 LETTERATOnA ' Nil' ili tali lucuhrazioni sono da coiMimaro jo anni di vita come i mal av- Ti^er l'armi francesi, come l'italiana gloria, e le italiane repubbliche, invece di percorrere qualsisia altra carriera per meritare l'inimortalità. E la lingua stessa, non maio che le cose dà agli scrittori l'inmiorlalità; vero ri- petuto in questo secolo dal Cesari, e conosciuto sin da che gli uomini ban prediletto il bello in ogni disciplina, e provato dal fatto. E quel perorare, e i(ucl chiamare gl'italiani all'antico fu necessario ne' primi lustri di questo secolo per Cesari, come lo fu per lo massimo Botta, per Giulio Perticar!, per Vincenzo Monti, che dietro le poste di tutti gli ottimi greci, francesi, riimani, britanni e germani e slavi per fino, e ]iiù di M. Tullio Cicerone, il quale non che dolersi del pervertire del latino , coll'cserapio richiamava Iv'ima alla purità della favella; tutti il guasto secolo ridussero al diritto sen- tiero, e più il Bolla con quella sua maravigliosa istoria della indipendenza niiiericana fiume ]dacido jii'rcnue inesauribile di lluid'oro e fusi brillanti, che farà stupire d'ammirazione le generazioni future. Con appropriati argomenti cavali dalle pagine de' più eletti scrittori viventi, conforta il nostro giovin collega la difesa del Cesari, e del suo sano opinare; e per aggiungere a quella, luce un sole , riferisce le parole fli Carlo Bolla indiritte atl un amico cori Zilo eloquenza e fiamma d'amore di patria tali e tante, ch'io ne disgrado lo sti'sso Alighieri: mi duole non le rijiortare per brevità; ma voi le udiste, e lor feste ]>lauso al pari che Italia tutta allorché le leggeva. Dopo del che raccogliendo in porlii termini il lungo suo ragionare, riconsiglia il purgato ilaliano scrivere per viei)più ailiatellarci con tutti i popoli della penisola, dai quali più che il mare, ne disgiunge la forza di avversi destini. Sebastiano Fichera socio collaboratore giovinetto di lietissime speranze, (e fra! elio di quel Francesco a noi nel i83o, sul fiorire degli anni vittima gc-r ncrosa d'amore per l'umanità languente in eterno rapito nel curar coraggioso le febri tifoidee, che minacciarono la salute pubblica di questa città, per cui sono ancor calde le comuni lagrime sul marmo che lo rinserra) ; ascesa la tribuna il Fichera produsse pareccliie osseiviiini t Lettera di jLio.^.ikuo Kico, Girgenti presso Vincenzo Lipo" mi 1834 "'-<^ di pag. 24- ELEMENTI di Gcogi'alia. Seconda edizione palermitana corretta ed accresciuta particolarmente nell'ar- ticolo della Sicilia, con una breve cognizione della sfera, Palermo presso Giovanni Anello i8'ò4 '"- 12. TRATTATO elementare di corri- spondenza familiare e mercantile corredalo di lettere moderne in o- gni genero. Palermo stamperia Pedone e Muratori 1834 t.n-t2 di pag. XXX e igo. ELOGIO di Ferdinando II felice- mente regnante sul trono delle Due Sicilie scritto da Antonio Galatti da Messina, e recitalo da lui nella sala della Peloritana accademia , festeggiandovi nel gcnnajo del 1 834 il di natale della ])relodata M. S. 3'Jessina pei' Michelangelo Nobo- lo 1834 in-8 di pug. 4^- ELOGIO funebre di Vincenzo Pa- teinù-Cast. Ho duca di Carcaci ba- rone tli Placa e Bajana gentiluomo di camera con esercizio di S. M. (D.G.) oc. recitalo in Catania nel- la venerabile chiesa de' RR. PP. Predicatori in S. Domenico il di IO marzo del 1 834 dall'abate Pao- lo Strano professore di umane let- tere nella R. Università e socio drl- l'Accadeuiia Gio;:nia di Scienze na- turali. Ca^rt/uaefaZZa tipografìa dei fratelli Sciato iS34 in-4 di p«a'- sa. ELOGIO de' fratelli Sueba dettato dal loro concittadino Giacomo Rol. Messina stamperia di Tommaso Capra, maggio i834 in-i) di pag. 8. EL0(;I0 storico del C. Francesco S dyiua precidente della C. Supie- ma di Giii<:lizia scritto ila Paolo Zakghi giuilicc della gran Corte Civile piiina caiiv ra, già vice pre- sidente delia Società Economica della valle di Callanissefta. Paler- mo presso SaLvadore Barcellona ió'ii^ iìi-S di fHig. /fS. OPUSCOLI del d.itt. Filippo Libba sopra il catarro febbrile epidcnii- jco, e sopra alcune mal ,ttic dell'u- tero. Catania presso i fratelli Sciulo 18'ijj. 111-8 di pag.' 22. SPiiaiAZIO.N E tic! Vangelo per tut- te le doiiunichc e vane feste del- j'ann 1. Opera pot ima di Gidseppe BiiAKRA sactrdolc oblato ilella con- gregaiiione de' ss, Ambrogio e Car- io, e parroco di s. Sepolcro in Mi- lano. Prima edizione siciliana. Pa. lenno , stamperai Pedone e Blu- rettori i8ò4 '"-^ '"'"• ^ d' poleone del signor di Nonviss prima traduzione italiana eseguita sulla quarta edizione di Pa- rigi. Palermo presso i librai Pe- done e Giuratori i834 in-12 il 1 voi. di pag. xxyi 346, il 2 di pag. 26'6", ed il 3 di pag. 2jo. IJNTUODUZlONEalle I, zioni di pa- tol giageiii-ralc. (Memoria del prof. Michele PandÒlfika). Palermo 1834 i"^S di pag. 16. D'UrsA oilalniite semplice non puru- lenlii divenuta contagios,i: rillessio- ni di GiovAKKi Mika'Morici pra- tico maggiore nel grande civico s]iedale di Messina, |irofessore so- stituto di fisiologia nella reale Ac- cailemia Carolina, socio ordinario dell'Accademia Peloritana di prima classe, socio onorario della pubbli- ca commissione di vaccinazione. Messina stamperia Pappalardo 1834 in-12 di pag. 22. OPiAZlOINl e frammenti di Lisia si- racusano , primo volgarizzamento fatto dal sac. Giuseppe Crispi pro- fessore di greche lettere in questa ngia università degli stmiii e ret- tore del collegio delle colonie gre- che ec. con tre suoi discorsi pre- ' liiuinari e le versioni del coinen- tarlo di Dionisio d'Alicarnasso delle vite scritte da Plutarco Fozio Sui- da e delle testimonianze e de' grti- dizi di vari autori, il tutto corre- dato di note del traduttore. Pa- lermo stamperia Pedone e Mura- tori 1S34 iiì-S di pag. xij e 3oo, con il ritratto di Lisia inciso di liajf. Politi. fSarà coìitimiatnj. MAGGIO i834. SCIENZE EU ARTI MECCANICHE PARTE PRIMA OFFICIALE LAVORI DEL REALE ISTITUTO Tornata ordinaria de i3 aprile 1834- i%.pprovato il verhal processo della precedente ordina- ria tornata, il Pteale Istituto, in numero legale aduna- to, si venne occupando d'un riverito ininisterial foglio de' i4 dello scorso marzo n." i4o8, secondo carico, con che compiacevasi il Governo di rimetterci, per ri- ferir nuovamente in proposito, due rapporti delle due Camere Consultive di Commercio di Palermo e di Mes- sina sulla dimanda di privativa per nuovo metodo da fonder lo zollo, fatta dal signor Duca di S. Giovanni; sulla quale aveva già il Reale Istituto innoltrato al Go- verno sotto i g del dicembre del passato anno il suo rapporto. I quali due documenti leggendo, rilevavasi da essi il parere delle cennate Camere di doversi con espe- rimento vedere se i metodi tatti che si propongono sie- rjo gli stessi., nel qual caso non meritava privativa al- cuno de' medesimi: sovra che veniva conseguentemente da' primi soci riflettuto che essendosi fatto dal Reale Istituto per opera d'un suo comitato, appositamente eletto, il debito esperimento della macchina del Duca di S. Giovanni, di cui la riverita ministeriale tratta, e ciò nell'atrio del Principe di Paterno di questa ca- pitale , Sri è trovato esser questo processo diverso da quello del Barbagallo, abbenchè il metodo sia lo sles- o l3o SCIENZE ED ARTI SO, cioè <|uello della fusione. Sulla quale clifTerenza tli precesso, ovvero di apparecchio, resultante dal com- parativo giudizio fatto dal Reale Istituto, essendosi fat- to il rapporto di privativa per lo stesso, si trovava dunque il Reale Istituto aver prevenuto il desiderio delle Camere Consultive di Commercio sopra qiie>lo particolare. Sul qual principio inerendo , trattandosi della richiesta de' fratelli Fodera, il Reale Istituto a- vanzò il suo rapporto, umiliando al Governo che cre- devasi conveniente, per dare un avveduto giudizio sulla macchina da essi proposta, il farne esperimento per vede- re se diverso sia da' precedenti il costoro apparecchio; ma che a questo esame essendosi formalmente i Fodera negati, invocando la legge, che realmente non obbliga i chiedenti a veruno preventivo esperimento, il Reale Istituto si asteneva di dare perciò un positivo parere. Finalmente che gli stessi principi di ragionevolezza e di equità avrebbero guidato il Reale Istituto ne' lavori che sta eseguendo per le altre richieste di simil latta. Con questa occasione deliberava il Reale Istituto si sup- plicasse umilmente il Governo, che qualche certa so- vrana decisione ne facesse sopra i proposti rapporti di privativa conoscere, sia concedendo le privative, sia ne- gando. Il che oltre di servire a tutti di sicura norma, lo Stato della incertezza facendo cessare, piglierebbero cosi gli speculatori, come i possidenti le lor misure. Ed allora tutta questa quantità di processi che di pre- sente non osano di mettere in opra, onde agli altri non renderli noti per la speranza d'una privativa, si met- terebbero in etfetto, o perchè hanno già le privative ri- chieste ottenuto, o peixhè negate a tutti, ognuno s'in- gegnerebbe di mettere la sua in opera colla speranza che le altre vincerebbe, se si trovasse di maggiore utilità. La qual misura poi il certo bene iu tutti i casi pro- durrebbe, che tra tanti metodi sarebbe veduto se al- cuno veii 'abbia di positiva utilità , e verrebbe ciò co- nosciuto, 0 niuuo trovandosene atto al bisogno della Si- MECCANICHE t 3 £ cilia eli liquefor la quantità di questo suo minerale, ed allora tutti cadendo, potrebbesi dagli speculatori volger co» più profitto ad altre ricerche l'attenzione. Quindi altro foglio ministeriale de' 2 del corrente mese ne ac- chiudeva copia d'un rapporto del regio Console Sici- liano al Brasile sul commercio di quell'impero col no- stro regno; il quale, come cosa di somma ed imme- diata utilità al celere spaccio di nostri generi, si è de- liberalo di stamparsi tostamente nel nostro giornale, indi farlo circolare pe' commercianti conosciuti dell'isola. Altro simile rainisterial foglio de' 7 ne recava uu notamcnto degli articoli del commercio che negli ul- timi quattro mesi dello scorso anno i833 ebbe luogo tra la Sicilia e gli Stati Uniti d'America, pervenuto of- ficiai mente a questo Real Ministero. E sulla impor- tante utilità che reca la pubblicazione di detti arti- coli s'ordirlo si stampasse sollecitamente. Nel medesimo tempo un rapporto s'inoltra al Governo, nel quale, dando conto delle cennate disposizioni, si prega che si facesse opera che tutti i nostri consoli delle principali piazze di commercio periodicamente mandino simigiianti raj»- porti, perchè potesse questo Reale Istituto farli nell'u- gual modo circolare pe' nostri più conosciuti commer- cianti delia Sicilia. i Altra riverita ministeriale de' io venne letta da ul- timo, la quale significava al Reale Istituto che S. M. nel consiglio de' 2'j del passato febbraio si era degnata di modificar l'articolo 27 de' reali nostri statuti, dispo- nendo che il numero de' soci che debboa formare le no- stre legali sedute prescritto che resultasse da i5 oltre il presidente, potesse averne dieci ordinari, ed il rima- nente numero completassero i soci onorari intervenuti. Appresso questo, fece oggetto delle nostre riflessioni una memoria del Principe di Paterno, che molli richia- mi portava contro il brugiamento delle ristoppie, che ne' due scorsi anni al reclamante brugiò quattromille e più alberi d'ulivi, e sugheri, ed un trappeto corri- l32 SCIENZE ED ARTI spendente. Si jlcliiese a tal'uopo dalla presidenza il la- voro in proposito commesso allo special comitato eletto, a cui alquante osservazioni si eian fatte aggiunsfcrc dai soci 1) Agostino, e lascy; e ciò, a mozione del socio Palmeri, venne ancora rimesso ad un comitato de' si- gnori principe di Trabia, barone Palmeri, professore Russo, e signor D'Agostino, perchè improrogabilmente alla ventura tornata si leggesse l'ultimo rapporto. Si occupava "in seguito il Reale Istituto d'una diman- da del signor don RatFaele Politi, membro della Eco- liomica Società di Girgenti; il qual nel rimettere al- quanti cilindri da musica, chiedeva che il suo nuovo -Strumento, accompagnato dal suo autore, \enisse a fare sp'evimento innanzi al Reale Istituto. Ma non polendo questo disporre degli analoghi mezzi, si deliberò tener- ne riscontrato il Pobti. Una gentil lettera del nostro socio corrispondente si- gnor Marchese INuuziantc teneva dietro, il quale con espressioni amorevolissime pella nostra patria impromet- teva tutto adoprarsi,onde rispondere degnamente al Reale Istituto che il r:;jhiese de' suoi lavori e delle sue idee sul gravissimo argomento del rapporto a noi imposto dal Re su' mezzi di torre la miseria da' comuni della Sicilia. Assai di gradimento recava ciò al Reale Isti- tuto, che deliberava di significarlo allo illustre scribenlc. Chiudeva da ultimo la corrispondenza un plico ri- messo dal comune di Giarre, portante un disegno ed un'analoga descrizione sopra una macchina onde elevar l'acque da' finmi, ad irrigare i terreni contigui, sulla quale il signor Musumeci, autore di essa, dimandava una privativa. Un comitato analogo venne eletto però, composto da' nostri soci signor Gasano, Muzio, e Dresler. Colla quale opportunità venne ricliiamandosi l'incarico simigliante per altra uguale dimanda, non di privativa, ma per altri compensi, fatta dal sig. D'Orto nel mese di luglio del passato anno ad altro comitato. Si deli- berava quindi che si commcttciisc al Diretlor della qivii MECrANTCHE l33 classe signor D Ferdinando Malvica, che, entrambi i comitati adunando facesse uii rapporto comparativo al Reale Istituto. Presentava conseguentemente il socio Sanfilippo un rapporto a nome della civil classe sovra una dimanda di privativa del signor Pietro Bua per nuova maniera da gramular pasta, con li descritti vantaggi, portando favorevole parere. Ed il Reale Istituto, uniformandosi allo avviso della classe, deìriberava di potersi fare rap- porto di privativa per li soli cinque anni. Proponeva appresso il socio Segretario Generale sulla necessità di animar vieppiù gli artieri e i frabbricanti siciliani a presentare più numerosi, e belli oggetti della loro industria pella prossima esposizione de' 3o mag- gio, e sull'interesse che La il Reale Istituto che bella mostra questa facesse, massime la prima volta, di ac- crescersi al doppio il numero delle medaglie d'oro e d' argento da impartirsi in quella opportunità , prele- vando il cennato argomento dal fondo de' premi pelle dissertazioni che non poteron quest'anno scriversi per l'angustia del tempo. Alla qual proposta unanimemente si uniformava il Reale Istituto, e deliberava si facesse al Governo l'analogo rapporto, e da noi il corrispon- dente manifesto. Quindi, a mente dell'articolo 5o de' reali statuti, che prescrivono la elezione di due censori ogni anno per rivedere i conti del passato tesoriere, il socio barone Turrisi proponeva che dal Reale Istituto si venisse alla cennata elezione. Ed a ciò furono scelti i due soci San- filipjìo e barone Palmeri, i quali d'accordo col cennato ex-tesoriere rivedessero i presentati conti, e quindi fa- cessero rapporto al Presidente, e Segretario Generale, li quali, secondo il cennato articolo, da loro riveduti, debbono poi farli presenti al Reale Istituto. Poi se- con'do la proposta della precedente tornata i soci ono- rari don Michele Fileti, e principe di Granatclli ciano dal Reale Istituto ad wnaaimilà confermati per soci or- l34 SCIENZE ED ARTI dinari in luogo de' signori duca di Villarosa e cava- lier Greco. Veniva in ultimo proposto da taluni che i rapporti delle classi, e de' soci a nome di esse, venissero stam- pati appena approvati nel Reale Istituto. Ma avendosi fatto osservare da altri che giusta dilicatezza dell'Isti- tuto sarebbe stata il non far conoscere al pubblico gli affari che aspettano una suprema decisione, prima che il Governo decidesse, deliberò l'Istituto, che si stam- passero sì i rapporti divisati come si proponeva , ma che ciò fosse dopo la venuta decisione del Governo , come si modificava. Quindi venne sciolto il consesso. Emmanuele Vaccaro. De lavori del secondo anno della Società Economica della valle di Catania — Rapporto del segretario perpetuo e socio ordinario dottor Alfio Bonanno , letto nella solenne adunanza de' 3o maggio i834- L'obbietto, di cui occupar debbonsi l'economiche società , non è di formare ipotesi , e di vagare negli immensi spazi delle astrazioni e del possibile ; dove nel mentre che il ragionatore credesi di aver molto rinvenuto, nulla sovente raccoglie. Il durar fatica onde isquarciare il velo, di cui natura gelosamente si c.uo' pre, e furarle i più riposti misteri, scopo si è di altre scientilìche assemblee. Le società economiche esser deg- giono intese a tutto ciò, che può dirittamente tornare ad util pubblico; e per toccar cotesta meta fa bisogno, che assolutamente sui fatti si cammini, e sulla esperien- za. Or quanto più agevol sia il produrre scritti di ra- gionamenti, d'ipotesi, e di analogie pieni, a dimostrar tendenti il tal fenomeno potere in quella guisa avve- nire, e questa o quella poterne esser la causa, di quanto MECCANICHE l35 il presentar lavori sulla esperieuza poggiati, sicché un real vantaggio ne ricavi lo stato, ognun sa da se stesso conoscere. Il tliflònder poi in tutte le classi degli uo- mini i lumi alla prosperila nazionale bisognevoli, tanta più dillicile impresa riescer d^bbe , quanto più folte sono per così dir le tenebre d'ignoranza, in che stati sono avvolti i popoli. I danni dal tempo prodotti haa bisogno del tempo per esser riparati. Questa verifà, di cui in 2)aite toccò, compie or l'an- no, il chiarissimo nostro socio ordinario, e vice-presi- dente proffssor Carmelo Maravigna, valendo da un canto a prevenirci, che i vantaggi dell'Istituto d'Incoraggia- mento in Sicilia stabilito, non ha ancor due anni, dal senno supremo e dalla paterna beneficenza dell'augusto Ferdinando Secondo, non possono generalmente ha noi in breve spazio di tempo sperimentarsi, addimostra da un altro di quanta importanza sia il discorso, con che il preloddto professore diede cominciamento a' lavori, de' quali ho io già il carico d'intrattenervi, o illustri consoci, in questa periodica solenne adunanza. Lo scrit- to , di cui intendo parlarvi si versa : su mezzi , che debhoììsi adottare dalf economiche società per la prO' mozione deW agricoltura , dallo arti ^ e deW industria nazionale. 1 progressi della prosperità dello stato in ragion di- retta sono del miglioramento di tutte le industrie sì geoponiche , come manifatturiere : e non potendosi a cotal miglioramento pervenire senza la generale propa- gazion de' lumi, che le liberali discipline, le scienze fi- siche, la chimica, e l'esperienza somministrano, debbesi a tutta possa dalle nostre economiche società veder via di ditf()nder prontamente siflàlta istruzione in tutte le varie classi degl'industriosi. Ecco qumdi l'obbligo di darsi da noi in luce un Catechismo agrario.^ ed una raccolta di pratici insegnamenti; i quali con quel lin- guaggio, che alla povertà del rozzo spirito de' nostri agricoltori ed artisti tonviensi , insegnassero i risulta- l36 SCIENZE ED ARTI menli della più alta scienza, e tutte le scoverle tecno- logiche, che di giorno in giorno presso le più illumi- nate nazioni fannosi per la pubblica prosperità. Si ab- bassi la scienza (che essa bene il può) al livello del- l'ignoranza del bifolco e dell'artista, non potendo afìfallo sperarsi, che costoro nello stato, in cui sono, si potes- sero fino ad essa levare. E questi libri vadano essi stessi a ritrovarli per le cure del provvido Governo fin dentro il proprio tugurio, e la propria bottega; apprestandosi loro inoltre il comodo di sentirli leggere, e, dove uopo il vuole, mettere in più chiaro, a giorni prefissi dai curati. E costoro poi con istruzion sillàtta, che colti- vando lo spirito alTacquisto dirittamente tende dei mezzi di guadagno, otterranno a vantaggio del buon costume profitto non poco. Tutto ciò, che a sbandir vale dal mezzo degli uomini l'ozio, renderà mai sempre gentili i costumi: la morale e l'interesse non sono mai di ac- cordo quanto nel sistema dell'industria. Ma un colai mezzo, che lo scrittore chiama empi- rico e jìrovvisorio , potrà solamente essere acconcio a diffóndere al più presto possibile nel nostro regno le pratiche cognizioni, di cui giovar debbonsi l'agricoltore e l'artefice, i quali, con pertinacia a viete e false usan- ze avvinti, nella perfetta ignoranza si stanno di tutti i progressi, che l'ingegno umano trovasi già di aver fatti. Di un altro mezzo evvi assolutamente mestieri per in- nalzare sopra solide iondameuta il grande edificio della beata prosperità. Fin tanto che non avvcrerassi appo noi il conoscimento, quasi starei'per dire, generale delle scienze fisiche, delle teorie agronomiche, e precisamente della chimica filosofica, Sicilia sarà sempie astretta a dipendere in fatto d'industrie da altre nazioni, e non potrà mai darsi vanto di esserne emulatrice. Di qui viene, o signori, il doversi ne' nostri licei, e collegi di arti e manifatture, instituire cattedre di agricoltura teorica e pratica, e di chimica applicata alle arti; ed imporre robbligo di appararle a coloro, che destinati MECCANICHE iBy sono a dirigere i diversi rami d'industria sì agronomi- ca, come manifatturiera. In tal guisa verranno ben presto i Siciliani a cogni- zione de' magisteri piìi sicuri ed economici, che dalie eulte nazioni adopransi, ed eglino stessi saran pure ia grado d'inventarne parecchi, per lo miglioramento dì tutte le industrie, che l'isola nostra può e deve colli- vare per le sue topografiche e fisiche circostanze; tal- ché lo straniero non oserà più farci pagare a caro prezzo quelle derrate, che a pochissimo costo egli da noi si ebbe nello stato, che furono da natura prodotte, e che ci restituisce ben atte agli usi della vita; talché, io diceva, il Governo sarà da poderose ragioni indotto a proibire di più introdursi ira noi oggetti, che astrin- gono Sicilia ad esitar grosse somme di denaro, e che tener le fanno un posto passivo nella gran catena com- merciale. Convinta sempre piìi la società de' pensamenti del professor Maravigna, con tanto zelo e senno esposti, e determinata di condurli ad effetto, non indugiò mica a cogliere l'occasione del ragunamento del consiglio pro- vinciale, onde farsi a domandare i mezzi necessari per dar opera all'importante j^rogetto. Il signor intendente principe di Manganelli, nostro benemerito socio, inteso sempre a produrre nella valle opere grandiose e stabil- mente utili, rafìorzò la inchiesta appo il consiglio, il quale sì graziosamente acconsentì, che di altro ora non fa d'uopo per fornir la bisogna, che della approvazione dell'augusto Sovrano, il quale, di paterno amore tutto tenero per li suoi popoli, voleva i Consigli provinciali in ispecial riguardo dover tenere i soccorsi non tenui, che dalle economiche assemblee ricliiedonsi a condurre innanzi le loro incombenze. Chi di leggieri non avvisa, che quando alla prospe- rità della patria travagliar si vuole, debba innanzi tratto aversi a mira il miglioramento delle proprie industrie, e tutto ciò, che alle proprie circostanze si affa? Divi- io l33 SCIENZE ED ARTI saodo noi dunque di riuscir «ella oostra impresa, era bisogno di giltare uno sguardo sopra i principali rami ecouonìici della nostra valle: e ciò venne in talento di fare ali'ornatissimo nostro socio corrispondente dottor Alessio Scigliani con la sua elaborata memoria: Cenni sopra alcuni rami d'industria degli abitanti della sfalle di Catania. Quali che state fossero le politiche vicende della no- stra ])rovincia, si è costantemente osservalo 1' ingegno dei manifattori catanesi non essersi saputo ad altro ra- mo di economia meglio adattare, che a quello do' tes- suti di seta e di cotone. In formando quindi un pro- getto, onde render fiorente la nostra provincia, rinve- nir debbonsi tutti i mezzi tendenti a favorir l'inclina- zione degli abitatori di Catania, centro donde o la ric- chezza, o la miseria in tutta la valle propagasi. Il variar le specie de' tessuti sì di seta, come di co- tone, talché aumentar se ne potrebbono gli usi, e per conseguente le braccia da lavoro, è per lo Scigliani un intzzo valevole, che allo scopo conduce. Ma senza di- venir fra noi quasi universali que' lumi, che in fatto d' industrie rendono superiori a Sicilia alquante altre nazioni, andrà sempre fallita la nostra impresa. E sic- come nelle arti e manifatture l'osservar co' propri occhi vai più ad istruire, che qualsisia ben eseguita descri- zione, o disegno, lo Scigliani, dall'autorità del Say so- stentato, vuole ehe per noi si faccia quanto possibil sia, onde render vogliosi a venire in queste contrade degli esperti artisti stianieri , che sappiano ben maneggiare gli ordegni, di che giovansi con gran vantaggio le ma- nifatture, e rimpiazzarne que' pozzi, che saran resi lo- gori dall'uso. Ed in siffatta guisa, movendo noi dal punto donde gli altri son finiti, giugneremo, non an- drà guari j quasi a pareggiar le più culle nazioni. E perchè (come dianzi si è avuto luogo a dirlo) le arti ammonterà il consu- mo di essi per la ricerca, che verrà a farne lo stra- niero? E consumo di lavori in linguaggio di economia , non suona lo stesso che ricchezza? Un aumentato spaccio di tessuti di cotone e tele esi- gendo maggior quantità di cotone, linof, e canapa, ne conseguiterà dover esser posta alla cultura di queste derrate una parte de' nostri terreni , che quantunque ben vi si prestino, se ne stanno tuttavia senza produr nulla di quello, che a maggior nostro utile potrebbono: e un maggior esito d'industrie seriche, richiedendo mag- gior quantità di foglia, conforterà i nostri agricoltori a moltiplicare i gelseti; a portare i quali per altro il no- stro clima è molto favorevole. Servendo ^oi i principi estrattivi della robbia e dello zafferano a dare elegante e durevol colore alle mani- Iatture di seta e di bambagia, i nostri agricoltori, che di tanto sono già istruiti per le cognizioni dal Reale Istituto d'Incoraggiamento pro|)agate, s'invoglieraano a coltivar con impegno queste due preziose piante, per le quali il nostro suolo è sì ben atto, che le vediamo spontaneamente venire. E qui non conoscesi esser vero pur troppo: » che le arti comunicano costantemente al- » l'agricoltura tutto quanto l'impulso del loro trava- w glio produttore; e che perciò l'impiego del travaglio 1^0 SCIENZE ED ARTI >j industriale cagiona costantemente un eguale impiego M di travaglio economico? (i) >j A renderci sempre più di questa verità convinti pur conferisce l'importautissimo ritrovato del nostro sagace socio corrispondente don Corrado Marano, nel far ser- vire per la concia delle cuoia la scorza interna de' su- gheri invece de' sommacclii. Essendo già siffatta scorza ricerca fin anco dagli stranieri, i nostri agricoltori ri- trarranno da' loro campi una derrata di più, che tiene un luogo distinto nel commercio. Ed ecco ad esso loro im incentivo onde moltiplicare i sughereti, e laude non poca merita lo Scigliani per quanto ad istruziou dei coltivatori a siffatto scopo propone. I mezzi da questo socio indicati, onde far progredire le nostre industrie sono quelli stessi , che apprestando travaglio agli abitanti della nostra ralle, sbandir potran- no da noi la miseria e la noia ^pena inalterabile da natura imposta a chi scioperato éorrer lascia il tempo. Si travagli adunque, e per fermo sappiasi, che la mi- seria nel non travagliare principalmente stassi. Ma senza capitali, e capitali circolanti, come potrà mai sostenersi quel travaglio per dir così generale, che le manifatture luena fino a quel grado di miglioramento necessario , onde potersi estendere i nostri legami commerciali collo straniero? Ecco la necessità di un banco di circola- zione^ e del quale lo zelante Scigliani propensi espres- samente trattare in altro lavoro, onde farne conóscere la facile formazione, ed il vantaggio, che trar ne po- tranno i contribuenti. E qui in buon punto il socio corrispondente abate Gioacchino Geremia con una sua memoria su mezzi opportuni^ onde riparare a bisogni particolari della valle di Catania e venuto ad additarci come potersi trovar prontamente questi capitali (a). MECCANICHE I 4 t Dopo aver l'ottimo socio con molta pazienza fatta la somma delle rendite, onde le congregazioni e con- fraternite della nostra valle si godono, ])rop(>ne lasciar- sene la metà all'assolutamente bisognevole per lo culto divino, e per tutt'altro, clie serve al mantenimento delle stesse opere pie; e darsi l'altra porzione a mutuo di anno in anno, impiegandosi al sette per cento, onde va- ler, dietro Lea regolata amministrazione, a stabilir fab- briche di patrie manifatture, lavorandovi i neghittosi, e tutti coloro, che non trovano da faticare; ed indi col profitto, che otterrassi, mantenere tutti quell'individui, che o per infermità, o per difetti fisiologici, o per al- tri non mentiti motivi, sono del tutto ad ogni fitica inabili. E siccome il lavoro delle proposte manifatture è di molta division capace, cosicché quelle membra , che agir debbono in un ripartimento non sono neces- sarie in un altro, ben potranno trovarvi di che fare fin anco coloro, che la disgrazia soffrono di esser inaa- chevoli di alcune membra, o travolti. Il Geremia passa in seguito a dire acconciamrnte il parer suo sul modo di prevenire che gli artisti ed i coltivatori non perisser di fame; e propone di riunirli a classi in sacre congreghe ben regolate, come alcune Catania ne mostra; in guisa che instituir potrebbonsi delle casse di previdenza, onde servire negl' infortuni a sovvenimento delle famiglie, che vi appartengono. La massa de' neghittosi in ragion cresce della man- canza del travaglio: e dappoicchè in rajezzo a cotestoro trovansi signoreggiare il vizio ed il delitto , gli oziosi ed i vagabondi stati sono mai sempre nelle incivilite nazioni notati di colpa agli occhi della legge. Diansi dunque agli uomini di ogni classe mezzi da travagliare; ed allora avrassi posto fargine più potente alla corru- zione de' costumi. E se nelle congreghe dal socio Ge- remia divisatesi ergeranno (secondo sua pro[tosta) tri- bune, donde sacri oratori e colla dottrina, e coU'auto- lità dell'esempio (autorità potentissima) istruissero i pò- l42 SCIENtE ED AKTI poli ne* santi dogmi della scienza di Dio, nella quale tutti i doveri dell'uomo sono ben compresi, sarà il buoa costume sopra le più solide fondamenta poggialo. È in- contrastabile, che dove buon costume non regna, non e prosperità; ed una delle cause della miseria (ha detto il Vasco) è il sospetto più o meno fondato che man- chi probità. Se gli ordegni inventati a perfezionar le nostre ma- nifallure con risparmio di travaglio e di tempo sono assolutamente necessari negli stabilimenti di arti, che dovrebbonsi erigere per riparare a' bisogni della nostra valle, non possono essi certamente se non riuscir di sommo utile in quei reclusori a custodire consecrati l'innocenza di quelle donzelle, cui la miseria e il mal costume ban gittate alla ventura. Or ciò si fece ad espor- re in una nostra conferenza il commendato socio abate Gioacchijif» Geremia jel suo rapporto sul volersi intro- durre dal catancse don Luigi Geremia nel nostro reclu- sorio delle proiclìe l'ordegno da esso lui costruito alla foggia svizzera col solo osservare l'esterno di quelli, che, Dascondendosene l'essenziale struttura a' curiosi, fannosi lavorare dagli svizzeri in Palermo fuori Porta-Nuova : ordegno assai acconcio per ottenersi con molto spara- gno di braccia, di tempo, e di materiale, tessuti di bam- bagia ben compatti, e di tal finezza da gareggiar coi mussolini. Lo stesso argomento fu pur trattato con molto senno, e con laudevol carità di patria dal nostro socio corri- spondente abate Michelangelo Nicosia da Paterno nel suo progetto di doversi fare acquisto da quella comune (che ha sempre fatto mostra di zelo in far progredire le patrie manifatture) le filande da canapa e da lana. Con tal mezzo, facile a condursi ad eflètto, secondo il divisamento dello scrittore , si fabbricheranno a pub- blico vantaggio con la canapa e con le lane indigene ide finissime, bajetle, lille, coltri, ed altre di così fatte; e rccherassi ad un tempo sollievo non poco alle doa- METANICHE I/Ì'> ielle (li quel reclusorio dello Spirilo Santo, le quali per far tesoro in quel luogo pio della edueazioue, die a buone cittadine conviensi, astrette or sono di vivere troppb ta|)ine, e senza poter cumulare nel corso di pa- recchi anni colia fatica delle loro mani tanto denaro, che possa lor fornire una qualunque siasi dote andando a marito. Non vi ha dubbio che la ricchezza nazionale dalla cultura de' diversi rami d'industria dipende per l'aiulo ch'essi scambievolmente si danno; e se io una prova teste vi cennai, o signori, dell'impulso, che le arti al- l'agricoltura comunicano, mi viene già il destro di toc- care del soccorso, che alle arti rende l'agricoltura. Se la fuemoria dell'abate Geremia, delia quale vi ho di^nnzi. .sposto il sunto, è intesa ad indicarvi i mezzi di ottener piOD la mente i capitali pef erigere nella nostra valle fabbriche di manifatture, da potervisi destinar la gen- tamc , che per varie circostanze nell'ozio sen vive e nella miseria; ad agevolare il mantenimento di colali fabbriche concorre il Rapporto sopra i mezzi di esten- dere la coltivazione delle palate in Sicilia: rapporto, che il nostro chiarissimo socio ordinario dottor Carlo Gemmellaro, professor di storia naturale in questo illustre Ginnasio, ebbe scritto per incarico della nostra società, la quale l'invito pur n'ebbe dal Reale Istituto d'Inco- raggiamento. Il dottor Gemmellaro attribuisce alla estensione vasla dei nostri terreni feraci, e ben atti a produrre cereali, il non essere appresso noi andata avanti la cultura delle palate, che tanto bene sostituir si possono a' grani. » Il M Siciliano (dice il nostro scrittore) mai non piegherassi » alla coltivazione dei sostituti de' suoi grani quando 5> avrà mezzi di attendere a questi: e confesserà appena w che il granone e le patate sarebbeio anche utili quando M la carestia l'avrà privato de' primi, w E d'uopo quindi, o prestantissimi colleghi, far conoscere a' Siciliani l'utile delle patate icdipendentenjeufe dalla sterile ricolta dei l44 SCIENZE ED ARTI cereali; in guisa clic comune e costante facendosene l'u- so, ragricoltove,dal sicuro guadagno incitato, mai non si rimarrà dal prestar sue cure alla coltivazione del prege- Tol tubero. Il nostro socio dopo aver fatto parola sui vantaggi delle patate sì per la buona qualità, in che esser pos- sono mantenute, e sì per lo nutrimento, che conten- gono, talché quasi l'unico cibo formano degli abitanti delle nazioni settentrionali, si ferma a far conoscere il risparmio, che si ha in formando con esse delle sapo- rite minestre. E qui mettendo egli in paragone la spesa che per cinquanta persone addinianda una minestra di patate ben condita, con un'altra di legumi con la mag- gior economia possibile formata, mostra costar questa il triplo di più della prima. Differenza non poca, ri- sparmio di molto momento per lutti quegli stabilimenti, che sostenersi non possono se non a fòrza di economia ! E pure non è solo per la parte del vitto che que- sto ramo d' industria agronomica sarebbe di rilevante agevolazione al mantenimento presso noi delle manifat- ture di seta e di cotone: sarà eziandio tale, a mio av- \iso, per gli usi, che le patate aver possono sulle slesse manifatture; e che ne faccia qui cenno mi si comporti, uscendo un istante dello scritto del socio Geramellaro. Per le qualità detersive, che nel nostro tubero con- tengonsi, il signor Morris usandolo a pulire le stoffe di seta, lana e bambagia, fu dalla Società d'Incoraggia- mento di Londra meritato di un premio di quindici ghinee (i). E qui cade in taglio il riflettere, che po- tendosi assai bene sostituire i pomi di terra al sapone per farsene il ranno, secondo il facil metodo dal signor Cadet de F^aux indicato, uscendone ben tersa la bian- cheria, avrassi un mezzo di mantener con pochissima spesa la politezza de' panni-lini dei xinanifattori de' no- stri stabilimenti ; politezza di soraino momento , onde (0 Iccbflival RefositoHS; dicembre i8j3. MECCANICHE 1 /!^5 impedire le schifose e funeste malattie, dal sudiciume di molte persone convinventi originate (i). La colla, che co' pomi di terra formasi, e clie, a pre- ferenza di quella di frumento, è dal signor Carlo Druns raccomandata ai tessitori, ed agli stampatori sopra tele, potrà ottimamente, e con molto risparmio di spesa, ser- vire alle nostre manifatture (2). Ne il tempo, ne l'incombenza, che in questo dì adem- pier deggio, consentono di farmi qui a narrare degli altri Vantaggi, che i pomi di terra si hanno nella for- mazione del cacio, dell'amido, del pane, della cera, e, quel che più monta, nella nutrizione del bestiame si grosso, come minuto per lo positivo giovamento, che a' progressi della nostra agricoltura recar potranno. Ma tosto che i Siciliani conosceran cotali vantaggi appieno, qual conto non faranno de' pomi di terra? Ed avve- randosene allora lo spaccio, sicura ne sarà la moltipli- cazione fra noi; e l'agricoltore a ricercarli andrebbe per uso di semente fin'anche al di là de' mari, se non gli venisse fatto di averli in Sicilia. Ma la nostra isola non ne manca punto. Mercè le amorevoli piemure dell'au- gusto Principe, che per nostra gran ventura ci gover- na, tutte le comuni del regno han già gratuitamente avuto il mezzo di propagarli nelle proprie campagne. E qui giustizia m'impone che onorevol cenno io fac- cia della Comessione Economica di Zaffarana Etnea per le filantropiche prove , che ha date nello estendere in quel territorio la cultura de' pomi di terra, col farne conoscere a quegli abitanti gli utili e parecchi usi, ed il guadagno maggiore, che in confronto della segala se ne ottiene: ed il rapporto in proposito, dalla lodata Com- messione a noi indiritto, si ebbe il merito, onde cono- scersi da tutta Sicilia, di essere inserito dal Reale Isti- tuto d'Incoraggiamento nel giornale la Cerere. (1) Biillettin flps scienccs trrnologiqiip», tom. n. (■^) Tfchmcal Reposilonf, dicembre i8a3. l46 ' SCIENTE ED A^TI Ai vantaggi, che i pomi dì terra in se stessi con- teugono per li molti e begli usi, che possa farsene, il professor Gcnimcilaro, chiudendo la sua memoria, quelli finalmente aggiunge di rendersi con questo ramo d'in- dustria agraria proficui que' terreni , che lasciansi da noi presso che incolti, perchè non acconci ne a portar cereali, ne viti. E lo scrittore, le terre indicando alia ^piantagione delle patate più adatte, ed enumerando le contrade, che nella nostra valle meglio vi si affanno, npn lascia di mostrar quella dottrina , quel senno , e quella chiarezza, che han sempre distinto i suoi scritti. Se le patate, o signori, un bel mezzo ci sommini- strano per volgere a profitto alquanti terreni, che dai più de' nostri agricoltori sogliono esser tenuti in poco o nessun conto: una pianta posta fra noi in non cale per la sua abbondanza ci è stata di recente indicata dalla Coramessione Economica di ZafFarana Etnea come molto utile a' nostri usi. Essa appartiene al genere delle Iridi, da' cui bulbi lo esperto botanico don Marcello Garzia ha con facilissimo metodo io gran copia rica- rato, è già più di un anno, a detto della Commessione cennata, un amido sì eccellente, che possiam prenderne servigio a preferenza di quello di frumento per gli usi domestici ; e sostituirlo in medicina al sagù , ed al salep topiucca: ed il signor Garzia ha promesso for- nirci su quest'obbietto di una sua scrittura. E quest'a- mido stesso, e i bulbi della pianta da cui ritracsi è Tenuto poi a presentarci con lodevol premura il dottor Sebastiano Barbagallo da Viagrande, promettendoci pure di scrivere in proposito una memoiia. A lungo discorso mcnerebberai, o signori» il volervi intrattenere con la relazione di altre parecchie fatiche, dalla nostra società sostenute nella corrispondenza con le Commessioni Economiche della valle, lor proponendo con circolari, argomenti al comun prò diretti, e dando de' rischiaramenti, e delle istruzioni, secondo le inchie- ste, che~ ci son venute. E qui a parlar cadcrebbe dello MECCAWICME 147 telo del nostro presidente cavaliere professor Sai madore Scuderi in dirigere i travagli e le incombenze della sO' cietà, ancorché sia egli slato da più mesi cagionevole, ch'è il motivo di non trovarsi fra noi (fi;rau dnolo per lui!) in questo dì, onde render suo omaggio alla gloria dell'augusto Ferdinando Secondo: opportuno pur sa- rebbe il far cenno del rapporto sui molini di varia fog- gia scritto ad invito della nostra società dal nieritissi* mo socio onorario dottor Euplio Carbonaro in risposta di quanto ci chiedeva l'operosa Commessione Econo- mica di Zaffarana Etnea, nella circostanza di voler essa costruire un molino da poter far le veci di quelli ad acqua a sommo risparmio, ed a gran comodo di quegli abitanti, e precisamente della poveraglia. Ma di altri travagli di grave argomento debbo, o signori, toccare, perocché sono travagli portati a termine, e già venuti al fatto. In questo dì faustissimo, volge già l'anno, ch'ebbi provalo il piacere di farvi parola come la nostra so- cietà fu presta, e con esimio risullamento, in rispon- dere agl'inviti del Reale Istituto per cose pur troppo alla prosperità del commercio nazionale importanti; e vi parlai allora di due ordegni da' soci doltor Salva- dorè Piatania, e don Benedetto Barbagallo inventali a liberar lo zolfo dalla ganga aderente con un metodo che lo svolgimento impedisce del gas acido solforoso, il quale sì nocevole alla vita degli uomini e degli ai7Ì- mali addiviene, ed alla circostante vegetazione: ed or mi gode l'animo di poter dire di altri ordegni allo slesso importante oggetto da' nostri soci prodotti. Avvegnacchè la macchina del socio Barbagallo a cal- daia di zinco avesse ben corrisposto, cimentata da noi, alla nostra espettazione, come fecivi allor notare, non di meno il sagace inventore formar volle più semplice nella costruttura, più facile nel maneggio, e di minor costo il suo ordegno. Il perchè alla caldaia di zinco una cassa a mattoni sostituì coperta con lamina di ferro, l4B, • SCIENZE ED AnTf ed a piano inclinato allogata, circolar facendovi per due fornelli, uno lalevale e l'altro sopposlo, il calorico con tale artifizio da sparagnar fuoco al possibile. Macchina sifTàtta lostocliè fu messa alla prova si ebbe dalla no- stra società il debito plauso; e riesce per noi di molto contento il ricevere attestati di non esserci fatti traspor- tare ne' nostri giudizi da quella parzialità, onde l'amor proprio il più delle volte suol far riguardare all'uomo le cose, che più da vicino appartengogll; come eziandio di essersi la nostra società resa cospicua nel colpire il segno, trattandosi di una sorgente produttiva, sulla quale poggia gran parte dell'altuale sussistenza di Sicilia. E qui tornerebbe pur bello il trascrivere per intero il lun- go articolo, che sull'obbietto impiegava il chiarissimo segretario generale abate Emraanuele Vaccaro nel rap- porto de' lavori del primo anno del Reale Istituto d'In- coraggiamento; ma essendo da più mesi delle slampe uscito l'elegante scritto, potrà ivi ciascun distesamente ritrarre come quell'illustre consesso giudicata ebbe la macchina del Barbagallo. Debbo però qui dirvi, o si- gnori, che posta dal Reale Istituto sifìàtta macchina a lavorare in grande nell'ultimo settembre, testimoni di veduta e il Real Ministero, ed una splendidissima as- semblea di professori e di scienziati nazionali e fore- stieri, l'operazione parve ben atta a solvere il proble- ma dal Governo proposto, ed a mostrare agli specula- tori una secura traccia di maggiore utilità; tanto che infra tutte le macchine fin' allora dalle varie parti del- l'isola in quel centro raccolte, fu a quella del nostro Barbagallo dato da que' dotti giudici il j)rimo luogo; e della privativa è stata già dal Governo guiderdonala. Ma altri argomenti a provar compiacenza su que- st'obbietto ha l'economica società della valle di Catania. Il nostro socio ordinario , e vice-presidente professor Carmelo Maravigna, nella repubblica lelteiaria pcx le sue opere notissimo, volle pur impiegare il suo perspi- cace ingegno ad inventare una macchina di facile co- MECCANICHE l49 strutlura e di lieve spesa , donde un bel solfo pure fluisse senza che formato si fòsse gas acido solforoso. Il predetto socio quindi nel dì 3o agosto ci presentò all'uopo una macchina, che lungo due rette parallele conteneva de' gran cilindri di argilla, senza comunicar nelle estremità, ne coli'interno del fornello; e posti in guisa tale da riempirsi in breve tempo e con minima fatica, indipendentemente l'uno dall'altro, di zolfo grez- zo per le loro bocthe superiori; e poscia votarsi della ganga, quasi direi ad un batter di occhio, per le bocche inferiori con eguale indipendenza. — Fattosene fra noi il saggio, la società avvisò di doversene inviare senza ritardo il modello al Reale Istituto, perchè di notabil rilievo era l'iuvenzione del professor Maravigna all'in- dustria dello zolfo. E replicatasene in Palermo la prova nello scorso ottobre, sotto l'esame di un comitato appo- sitamente eletto infra il numero de' eultissimi soci del Reale Istituto, intervenendovi il ministero tutto, e non pochi scienziati, un risultamento sì felice sen'ebbe, che il comitato rapportar dovette: wil pronto e facile vo- >j tare e riempiere del minerale i recipienti, la leggiera w perdita, che si fa, in questa operazione, di calorico, >j e quindi il risparmio notabile di combustibile , la w sicurezza assoluta , che lo zolfo non brugia, ne si w fonde di soverchio, chiuque sia che maneggi e go- w verni la macchina, danno ad essa sulle altre fin'ora w allo stesso fine inventate, non poca superiorità. » Qual potere non ha negli svelti ingegni il fuoco di quella santa emulazione produttrice di que' ritrovati , che di tant'utile all'umanità riescono? Altri due orde- gni a far ottenere lo zolfo puro per via di fusione de- stinati, senza venirne malefico gas, furono a questa so- cietà presentati, è già più mesi, dal socio corrispon- dente don Giuseppe Mirone. Nel primo, due gran ci- lindri di ferro fuso, a piano inclinato collocati, servono di recipienti allo zollò greggio ; e messo più fiate al cimento nella casa slessa dell'inventore, alcuni de' nostri l5o SCIENZE ED ARTI SOCI iutervenutivi , uno zolfo ha dato della più bella qualità: nel secondo, unico è il recipiente di ferro in forma di spira, ed a perpendicolo situato. £ si nell'uno, come nell'altro bassi ragion di ammirare la sagacità del Mirnne, ed il suo zelo nel voler dare a Sicilia due maccbine, onde cavar dal hriscale lo zolfo con positivi vantaggi, e sul legno da bruciarvisi, e sul riempiere e votare facilmente e prestamente i recipienti, e sul pre- venire gli effetti meccanici della rarefazione del vapore acqueo, o di qualcb'altro gas, che per negligenza di chi le maneggia potrebbe prodursi; vantaggi dall'inven- tore medesimo dimostri con grave senno e con molla scienza in una memoria , con che ha i modelli delle suo macchine accompagnati. Essi ritrovansi già presso il Reale Istituto, dove essendo posti al cimento, la spe- ranza mi dà per lo fermo, che il nostro Mirone som- me laudi avranne. — La Società Economica della valle di Catania inlauto può ben menar vanto di aver dati fin'ora a Sicilia cinque ordegni, onde far del tutto ces- sare il dannevol metodo, che appo noi è invalso nel- . l'ottener lo zolfo puro dal materiale aderente: ordegni tutti al rilevante scopo ben acconci, e de' quali i pro- pi'ietari delle zolfare sceglier potranno quello, che alle peculiari circostanze meglio si addice. In un giorno sì avventuroso fregiato del nome augu- sto di un giovine Sovrano, siamo altamente onorati a poter otTerire in solenne guisa appiè del suo trono at- testati di divozione, e non possiamo adempier meglio Ja nostra parte se non cousecrandogli i lavori , che abbiamo in quest'anno sostenuti. E ad un Monarca omaggio più gradito non può presentarsi di ciò, ch'alia prosperità del suo regno è diretto. Ma i nostri trava- gli son tali da poter esser maritati di uno sguardo del Sovrano? Ah quanto tenui pur troppo essi sono! Ma se non sono quali in ardente desiderio abbiara che fos- sero, sono pelò quelli, die alle nostre circostanze ed alia nostra possa corrispondono. MECCANICHE l5l Esame sulle cagioni^ che sono di ostacolo al per- Jezionamento de' vini in Sicilia, e sopra il modo di migliorarli; del socio ordinario Michele Giar- Rizzo, letto nella seduta generale del dì 3o mag- gio i834' Scopo deiristituto d'Incoraggiamento essendo quello di promuovere la floridezza, e l'abbondanza, non che il raflinaraento delle arti, e delle manifatture in Sicilia, toccandomi in sorte di sedere fra di voi, ornatissimi Accademici, a cui sta a cuore l'amore del pubblico bene, non isdegnar vi piaccia , che in questa generale adu- nanza alquanto v'intertenghi sull'esame delle cagioni, che sono di ostacolo al perfezionamento de' nostri vini, e sopra il modo di migliorarli. Obbietto così impor- tante, sotto il rapporto dell'industria e del commercio, interessar deve il nostro zelo, onde arrecargli una ri- forma tale nella preparazione, da portarlo al più alto grado di perfezione, di cui è suscettibile. L'uva è il solo prodotto, che ci appresta la natura: abbandonandosi a sé stessa si appassisce, o passa a mar- cire; vi si richiede l'aiuto dell'arte per convertirla in vino; ed in effetto mediante la piggialura, spremitura , e fermentazione il succo dell'uva passa a fai'si vino, j il migliore di tutti i liquori di tal nome, e che sono j pure il resultato della fermentazione vinosa. Or se il I vino è un prodotto della natura e dell'arte, sarà me- jj stieri, che oltre l'insieme di tutte le circostanze nalu- l! rali, quelle ben anco vi concorressero che sono dell'arte, per gli utili, ed accertati procedimenti, che ci addita, onde meglio farlo pervenire alla di lui perfezione. Era il riserbato alla chimica moderna, disvelando i principi [] costituenti del vino, d'indicare i migliori metodi di fab- i| bricarlo, ed i mezzi di correggerne i difetti. DifFalti l'arte 1 di ben prepararlo non è soggetta all'azzardo, o al ca- • priccio, ma bensì a ct-rte determinate leggi, che sono il t52 SCIENZE ED ARTI risultato delle più accurate osservazioni, e de' travagli di chiarissimi autori, che haono tanto illustrato que- st' arte. il vino varia in qualità appunto, come differenti sono le specie dell'uva, il suolo, il clima, l'esposizione delle viti, la cultura di queste, la maniera di prepararlo. Un' esame ragionato, istituito su queste considerazioni, sarebbe importantissimo a farsi, onde colla scorta dei lumi dell'agricoltura, e dell'enologia i metodi e le co- stumanze, che si praticano presso di noi per la vinifi- cazione, venissero accuratamente analizzali, per proporne de' nuovi ove ne abbisognano, e correggerli, o bandirli dell'intuito, ove si ritrovano falsi ed inconcludenti. Un piano d'istruzione pratica, scevro di scientifico linguag- gio, e ridotto a pochi principi, sarebbe molto interes- sante, affinchè fosse da ognuno facilmente praticato. La Sicilia, posta sotto i gradi 36, 3g, a 38, 14 di latitudine, olire un clima molto opportuno per la pro- spera vegetazione della vite, le di cui uve pervengono al massimo grado di maturità, motivo per cui i vini della costa meridionale, ed occidentale di quest'isola, quantunque non formati con quella precisione di ope- razioni esatte e metodiche, pur non di meno sono tanto buoni da venire in concorrenza con i migliori vini del- l'Europa. Oltre il clima, adatto al rigoglio della vite, la ferti- lità del nostro terreno molto vi concorre dalla parte sua a farla crescere rigogliosa, e prosperare. E quali altri terreni potranno mai emulare quelli che sono il risultalo della decomposizione delle lave vulcaniche nei dintorni dell'Etna, e fra i vulcani estinti del vai di Noto? Ovunque si rivolge lo sguardo sterminate colline, e poggi si veggono di terreni sabbionosi, e calcari, non che di terreni argillosi adatti a farla sì bene vegetare in modo da ritrarne ottima qualità di vino nelle prime, ed una abbondante quantità nelle seconde. Per poco che l'accorto agricoltore si desse la premura di scegliere MECCANICHE l53 i migliori siti per l'esposizione, e le migliori specie di vitigni ne ritrarrebbe ricco compenso dalle sue fatiche. Perchè mai adunque i nostri vini, non ostante questi naturali vantaggi , almeno in massima parte riescono così cattivi, che appena possono servire per la più bassa classe del popolo ? Si dirà forse che il prodotto delle nostre vigne non sarà mai suscettibile di quelle utili modificazioni , per le quali addivenir potrebbe tanto buono da essere ricercato dai consumatori stranieri? La esperienza mostraci il contrario: senza rammemorare i vini Entellani, e Ineltini^ i quali, abbenchè celebrati da Strabone e da Paiisania, al dire di Fazello, non lo furono tanto, quanto in oggi sono desiderati; senza far cenno del vino Taonnenitnno ^ che come dice Plinio si metteva allo spesso in cambio del Mamertino; senza far menzione del vino Pollo di Siracusa, e che d'Ateneo si giudica di essere il vino Blblinio; senza parlare in- fine dell'antico vino Mamertino^ che al riferire di Stra- tone e di Plinio, Cesare primo Dittatore ordinò, che ne' pubblici conviti gli fòsse dato il quarto luogo dopo il Falerno^ il Chlo^ ed il Lesbio (i): i vini dell'età nostra, e segnatamente quelli di Siracusa, di Marsala, e di Mascali , dopo di essere stati preparati da' periti specolatori stranieri, sono in grande estimazione presso gli Oltremontani, e la celebrità di questi è nota da- pertutto. Quanto biasimo non meritiamo noi in vero, che abbandonata abbiamo nelle mani degli esteri la ma- nifattura di un genere tanto importante pel commercio, capace di arrecare non lieve ricchezza a tutta la Sicilia? Chiunque ama l'onore e l'interesse della patria sforzar si deve col diffonder e i suoi lumi, e col darne l'esem- pio, per portarsi al più alto grado di perfezione questa risorsa nazionale. E una massima ripetuta da tutti gli enologi, che dal saper piantare la vite s'incomincia a fare il buon vino. (i) rateilo, Della Stoiia di Sicilu. Voi, ), pag. .48. lì ì5i\ SC^K^2^F ED ARTI Quindi e mestieri, che si pianti il vigneto in una espo- sizione talmente Tanfaggiosa, che possa godere la b«- nefica influenza del sole, e che sia difeso da' venti ge- lati, e non soggetto alle frequenti nebbie ed umidità. L'esposizione di mezzogiorno è la migliore, indi vien quella di levante; quella poi di ponente, e di tramon- tana non è in verun modo adatta , anzi le riesce di sovente molto contraria. Dopo la scelta dell'esposizione si proccuri quella delle migliori sorli dille viti, le quali fornir ci potrebbero un prodotlo ottimo per qualità, e per quantità anco- ra, e potrebbero reggere di più alle vicende meteoro- logiche. Per una tale ricerca molta circospezione ri- chiedesi da parte del sagace agricoltore, dapoichè noo dovrà egli ignorare, che quei vitigni, che in uu dato suolo, ed in una data esposizione hanno prodotto buo- ni vini, col cambiar di terreno, e di sito, hanno of- ferto una produzione, che si durerebbe fatica a rico- noscere di essere stata prodotta dalla stessa sorta di vite. Sarà dunque ottimo consiglio quello di consultare una matura e ben ponderata esperienza per una tale ricerca, e determinarsi sempre a piantarvi quelle sorti tratte da un clima piuttosto freddo, anzicchè piìi caldo del proprio ; e coU'avvertenza che nei terreni asciutti e magri j)rosperan bene le viti, che producon l'uve di buccia gentile, ed. in quegli umidi e grassi quelle di buccia dura, ma soprattutto si dovranno scegliere quelle specie più sollecite a maturare. Per fare che il vigneto fosse disposto regolarmente e con ordine è importante cosa che sia formato in qua» drati , o ringhiere delle stesse specie di vitigni; con questo mezzo si renderebbe agevole il potervi fare varie raccolte delle uve, che avranno maturato a diffe- renti epoche , polendosi ben anco unire insieme nella vendemmia lo diverse specie di uva, che hanno con- formità di principi e di maturità. Uu vigneto costrutto confusamente e senza ordine sarà sempre impossibile MBCCANICnK ì5S die fosse vendemmiato coll'anzidetta precisione, anzi si renderebbe facile la miscela delle uve di natura diversa, ma di principi uniformi, e la fermentazione ne verreb- be ad essere sconcertata. E qui vasto campo mi si parerebbe innanzi, se det- tagliatamente entrar volessi nella disamina del moda di piantar le viti, della di loro cultura, rimonda o po- tatura, del modo di palarli, concimarli ec : questi ar- ticoli, interessantissimi per se stessi, meritano uno svi- luppo tanto esleso da formare il soggetto d'interi vo- lumi, ciò che mi allontanerebbe dal mio oggetto; ma mi basta di accentiar succintamente qualche generale trailo, che servir potrà di base all'insieme di quelle modificazioni, che una saggia esperienza saprà adottare. La cultura dovrà essere proporzionata alla qualità e situazione della terra, non che alla posizione e distanza delle viti, ma ben anco alla di loro situazione, se eoa- iiesse agli alberi, se disposte a spalliera, o trattenute basse ec. in qualunque modo però tutta l'attenzione, e cura dovrà riporsi nello svellere ogni pianta che po- trebbe sottrarle la propria nutrizione; nell'acconcia re e rivoltare la terra in modo, che l'acqua e l'aria libera- mente vi potessero concorrere a farle vegetare. La potatura o rimonda è il capo lavoro dell'abile agricoltore: essa assicura non solo la durata e la con- servazione di questa pianta, ma pure la qualità e l'ab- bondanza delle uve; per quanto però utile ella sia, al- trettanto per l'inespertezza dello stesso riesce la sorgente fatale di non pochi mali, principal sua cura dovrà esser quella di calcolarne tutte le circostanze e considerarla sotto tutti i riguardi, quali sono l'età e forza della pian- ta, la qualità del suolo, e dell'esposizione, ov'è piantata la vile, i nodi, e le parti inferme della pianta, e mille altre particolarità che io tralascio qui di accennare , prendendo sempre con somma discretezza quell'adag- gio jj fammi povera ch'io ti farò ricco, w Sarebbe de- siderevole, e molto utile tornerebbe, qualora il potatore l56 SClENZi: ED ARTI fosse istruito della sliutluia meccanica della vite, e del- l'uso delle diverse sue jiarti: colla scorta de' cennati lu- mi saprebbe egli ad occhi veggenti assestare, e rego- lare il tutto conlonue alle circostanze. Il tempo appropriato pella potatura è stato un og- getto di controversia fra gli agronomi; chi lo prescrive dopo eseguita la vendemmia, chi in primavera, e chi in gennaio. Sarebbe miglior consiglio quello di atte- nersi alla esperienza di molti anni, e colla previa cono- scenza dell'attività meccanica della terra, ov'è piantala la vite, dello stalo atmosferico, e meteorologico delle stagioni , della più o meno propizia sua esposizione , della costituzione particolare della j)ianta, e del mag- giore o minor numero degli occhi da conservarle; dal- l'insieme di tutte queste considerazioni ben calcolate si potrà raccogliere sufficiente lume, per fissarne il tempo appropriato. La ripulitura, e la palatura sono le altre due ope- razioni che rimangono a farsi dall'agricoltore; per mezzo della ripulitura si libera la vite daiìe feiiwiinelle e da tutti gli altri getti inutili, che si appropriano i succhi nutritivi de' tralci utili e frutti/eri: in tal modo la forza vegetativa della pianta si concentra e serve ad alimentar maglio il frutto, ed a farlo maturare. Lo scopo della palatura si è quello di difender la vite dall'impeto dei Tenti, e di farvi circolare in tutti i sensi l'aria e U luce , che sono tanto necessari per far giungere l'uva alla sua perfetta maturità. Dopo di aver compendiosamente abbozzato quanto si ricerca dalla parte del clima, del suolo, della esposi- zione, della cultura ec. acciocché il vigneto ci fornisse una buona quantità e qualità di uva ; esaminar ci è d'uopo quali operazioni, e procedimenti sono necessari per ritrarne il vino. Presso di noi, almeno io parlo della nostra Valle, non si adotta altra pratica per la vinificazione, se non 6G quella di raccogliere promiscuamente tutte le specie weccanichb 157 di uva, siano esse mature, acerbe, marce, ec. si arn- monticcliiano nel così detto pahucnto, ove vengono fig- giate, e sottoposte allo strettoio; il mosto, che ne re- sulta da queste operazioni, passa dal palmento in uà sottoposto recipiente, da dove si ritira per essere tra- sportato nelle botti, poste in luoghi di sovente molto distanti. Si è nelle botti, che si esiegue la fermenta- zione, cessata la quale dopo due o tre mesi si travasa il vino, passandolo dalla botte ne' tini scoverti , e da questi nella medesima botte, dopo di essere stata ripu- lita e mondata dalle fecce. Un metodo sì grossolano , ed una pratica così di- fettosa arreca in elFetto a' nostri vini un deterioramento tale da poter appena servire per il giornaliero consu- mo di noi medesimi, e con pregiudizio della nostra salute: quando all'incontro, a])portando delle riforme a quest'arte, e sostituendo i nuovi ed accreditati proce- dimenti a quegli imperfetti che da noi si usano, si otter- rebbero vini della miglior condizione. Per procedere adunque con metodo incominciar si debbe dal carpire il tempo opportuno per la vendem- mia. Ma a tale oggetto è necessario almeno che si sap- pia da ognuno, per non andar tentone in questa parte cotanto essenziale, che l'uva allor sarà matura quando il gambo è nereggiante, il grappolo pendente, i granelli morbidi, la pellicola sottile, il succo viscoso, dolce, saporoso, e i vinaccioli solidi e nou glutinosi. La ven- demmia dovrà essere eseguita ne' giorni asciutti e se- reni, e dopo che il sole ne avrà dissipato l'umidità. Il tempo nebbioso ed umido, accrescendone la quantità dell'acqua, molto concorre a deteriorare la qualità dei vini: imperocché è un fatto noto nella Sciampagna die l'uva raccolta colla rugiada , e durante la nebbia dà 26 botti di vino, invece di darne 24. Le uve poi do- vranno essere raccolte tutte della stessa specie, oppure di quelle che fra esse più si combinano per la propor- zione de' principi, e della maturità; ciò che ottener si ì5S SCTSKEE E» A3\TI potrebbe quando il vigneto fosse staio regolarmcnle disposto per come pocanzi abbiam fatto osservare. Da tutti gli agronomi viene raccomandato, die nei vigneti vi fossero erette le capanne per farvi colà (di- stcndendo a vari sliali l'uva), perdere tutta J'uiuidità eccedente, e nel medesimo tempo aver l'agio di mon- darla di tutti i granì sccclii, guasti ed acerbi; ma poi- ché non tutti i proprietà)! sono nel caso di poterle co- struire, pioccurino almeno, giusta l'insegnamento di Pli- nio^ e ad escmpi'o di Rivetialtes, dell'isola di Cipro, di Candia, e di Tolcai, a seconda le varie specie di viti ^i spampinarle gradatamente, pochi giorni pria di rac- coglierne il frutto, e di torcere colle tenaglie il gambo al grappolo dell'uva, per così faile interiompere la cir- colazione del succo vegetativo della pianta , e render- le più attiva l'efficacia de' raggi solari, onde le uve venire ad appassirsi sul proprio ceppo. Raccolte in tal guisa le uve si abbia la cura di se- pararne le buone dalle cattive, le quali dovranno ri- porsi in due diflèrenti recipienti; in siffatta guisa si sarà sicuri di ottenere, un accertato rcsultamento, il quale al certo mancherebbe, qualora insieme si confondessero le uve buone colle cattive. Cade in acconcio il far osser- vare in questo luogo se si abbia a lasciare o torre il raspo nell'ammoslare l'uva: quando possa temersi, che il raspo comunichi troppa forza al vino, e che non con- servi la delicatezza e fragranza desiderata, quando pure per difetto della stagione l'uva si debba vendemmiare non perfettamente matura, allora dovrà torsi o tutto, o in parte: quando poi si potesse temere che la fer- mentazione fosse lenta e tarda, allora è necessario che si conservi; imperocché quantunque il raspo non con- tribuisca punto al principio zuccherino, ed all'arorao, tuttavolla in certi casi può servire come lievito (debo- lezza di alcuni vini, e serve ben anco di lievito prin- cipale nella fermentaiione, senza la quale non può aversi MECCANtCHS i5y un buon vino, e durevole, speciahuenle se le uve sleno tratte da luoghi umidi). Dall'analisi dell'uva «si è arrivato a riconoscere, che si compoue i" di una materia colorautc attaccata alla, buccia, 2" di una sostanza dolce acida che costituisce il sopratartrato di potassa, 3" di una materia zucche- rina cristallizzabile, dalla quale il vino trae la sua du- rata, forza e generosità, 4° di una sostanza liquida, ge- latinosa, dolce, incristalìizzabile, mercè la quale la ma- teria zuccherina passa alla fermentazione, e viea detta fermento, 5° del tessuto ceìlularq che contiene pure il fermento, e coo])era alla fermentazione. Or sebbene l'uva contenesse tutti i principi necessari per passare alia fer- mentazione vinosa, tultavolta peiò, restando isolati per come si rinvengono nella medesima, non perverrebb(.'ro a reagire gli uni su gli altri, l'uva si appassirebbe piuttosto, e la fermentazione non vi si deteimmerebbc giammai. Si è in effetto per mezzo della j^iggiatura e della spremitura che gli acini della stessa vengono squarciati in tutti i sensi , le sostanze mescolansi fra di loro, ne resulla una massa uniforme, frammista di lutti i princij)!, e così si rende atta a passare alla fer- mentazione. La piggiatura, sia ch'essa si faccia a pie' nudo, sia co' piedi armali di zoccoli di legno, deve farsi nelle ti- nozze poste sopra de' tini, ne' quali si dovrà verificare la fermentazione, e sarà tanto più perfetta, quanto gli acini dell'uva si rendono dell'intuito spogliati de' prin- cipi, che contengono. E di assoluta necessità che si facesse uso de' tini per ottenersi una completa fermentazione: si è col favore di questi che nell'intiera massa dell'uva piggiata si svi- luppa una sufliciente quantità di calorico, e la materia solida e liquida, il fermento, la sostanza zuccherina e colorante si ritrovano nella favorevole circostanza di agile gli uni su gli altri, e così vie maggiormente si sviluppa la cennata fermentazione. Si deve bensì av- l6ó Sr.lENZF, EJ> ARTt tei lire, die i tini fossero comptlen temente riempiti fra il volgere ili ao or« al più tardi, per non esporre la fermentazione ad essere disturbata con le uve che si fossero j)iggiate a più lunghi intervalli. Si richiede an- che di più, che mediante un'altra operazione che Jol- laiura si appello, la materia solida e liquida si fram- mischi in ogni senso , la temperatura si renda equa- bile in tutte le parti, e la fermentazione si esiegua per- fettamente, e senza alcuna interruzione. E perchè l'uso de' tini ptlla fermentazione riuscisse di sommo jirofitto, e non fosse soggetto a gravissimi inconvenienti, è d'uopo, che vi si adattasse un cojier- chio, che riunendo in se il vantaggio di non farvi ac- cedere l'aria atmosferica, la quale fa passare ad inace- tirsi le sostanze solide, che compongono il cappello del tino; e serve di veicolo a fare svolgere l'intiera massa del gas acido carbonico; servisse ben anco ad impedire la dispersione dell'alcool e dell'aromo, che costituiscono la parte essenziale del vino. A tal uopo vari coperchi si sono immaginati, sia quello di madamigella Gen>ais^ o quello modificato del Casbois, sia pure un coperchio di legname che lasci attorno di se due o più pollici di disianza, per dare l'uscita al gas acido carbonico, sarà sempre indispensabile che uno ve n'abbia, che potrà essere scelto dall' abilità di colui che presiederà a tali operazioni. I tini dovranno pria essere ben ripuliti, e le pareti essere intonacate di uno strato di calce, pria di porvi le live piggiate, affine di toglier loro una parte di acido: e la tinaia, ossia luogo ove i tini dovranno essere disposti a fermentare, deve essere in un luogo non distante dalla cantina, custodita dai venti, per non espone la fermen- tazione ad una temperatura variabile, richiedendosene una che costantemente si mantenesse fra il 12° al i-j*" grado del termometio di Reaumur: un calore più in- nalzato disporrebbe il fermento ad agire in sostanze al- tre che la materia zuccherina , ed il mosto passerebbe TURrCANlCIIE iGl ad inacetirsi, cà un grado minore Io prrcipitereLLc, e la fermentazione non si potrebbe eseguire completa- mente. Talvolta, anzi di sovente, avviene, cbe nelle nostre contrade per le stagioni molto contrarie l'uva si ver- rebbe a marcire, anziccliè, restando sulla propi ia vite, jiotcr pervenire alla perfetta maturazione; per lo che è mestieri accelerarne la vendemmia per quanto è pos- sibile. Il mosto ottenuto da un'uva sì imperfettamente matura , abbenchè fosse stato preparato con tutta la precisione delle operazioni di sopra enunciate, sempre però conterrà im' abbondante quantità di acqua, e di più della mucilagine e dell'acido ossalico. Per arrecare alla meglio opportuno rimedio a tali incovenienti bi- sogna aggiungervi al fluido suddetto una quantità pro- porzionata di zucchero, ò di mosto cotto, del solfato di calce, calcinato di recente e ben polverizzato , ed. un tantino di calce viva, parimente polverizzata, nella quantità di due dramme per ciascuna botte di mosto; in tal modo, accrescendosi la quantità della materia zuc- cherina, l'acqua eccedente viene ad essere portata al giusto grado che le compete per una favorevole fer- mentazione, e l'aggiunta del solfato di calce, e della calce jiroducoiio anche vari eiìetti , che tutti favoriscono la buona vinificazione; esse assorbono l'acqua soprabbon- dante, decompongono la mucilagine precipitandone la base, ed assorbono l' acido ossalico, prcci])ilandolo in ossalato di calce. Sembra che gli antichi avessero già praticato questo processo, poiché Plinio disse : Jfrica gjpso mitigai asperitaiem^ nec non aliquìbus pai iibus calce-, graecia argilla aut marmore, aut sale etc. Ma come portarsi l'acqua e la sostanza zuccherina al giusto punto che si ricerca per una favorevole fer- mentazione? Un istruraento è stato immaginato che Gleucometro ossia pesa mosto si chiama > per mezzo di cui conoscer si può la densità specifica de' difTorcnti mosti, paragonata a quella dell'acqua, vale a dire che 162' SCIENZE ED ARTI il mosto essendo tanto più pesante dell'acqua, quanto più di materia zuccherina, e di altre sostanze in se con- tiene, ne siegue che tanto meno il detto strumento s'im- merge nel liquido , quanto è maggiore la densità del liquido istesso, lo che viene determinato ed espresso in gradi sul detto strumento, lo zero esprimendo la densità dell'acqua pura e libera da ogni corpo disciol- to. L'es[)erienza c'insegna che i mosti di uve diverse, e misurati a varie epoche danno al pesa mosto una densità che va da 12 fino a' 20 gradi sotto zero, secon- do cioè la qualità dell'uva, la sua maggiore o minore maturità ec: i mosti di 20 gradi sono però pochissi- mi in confronto degli altri. Or conosciuti i due punti estremi che il mosto suol toccare in questo strumento, ne siegue che mediante il favore dello stesso si può al- l'uopo aggiungere quella quantità di acqua o di materia zuccherina, che si richiedono per portarlo al grado che sì crederà necessario, per aversi una buona fermenta- zione. Pur tuttavia non va egli esente da qualche in- cou veniente: ho detto, che oltre la materia zuccherina, molte altre sostanze si rinvengono nel mosto, che unite insieme tutte ne compongono il suo peso specifico; per cui si richiede molta intelligenza e sagacità dalla parte dello Sperimentatore, onde pervenire a conoscere con altri esperimenti e deduzioni la quantità reale della materia zuccherina, la principale sostanza ch'è necessaria per la buona riuscita de' vini; laonde per non essere que- sto uno strumento fàcile a poter essere maneggiato da tutti e particolarmente dagli agricoltori, o agenti di vi- gne, di sovente poco o niente istruiti, sarà senìpre ot- timo espediente quello di farvi predominare la materia zuccherina, perchè il vino costantemente riuscirà buono, essendo un fatto innegabile che ne' vini, ove predomina la materia zuccherina, ed ove questa ed il fermento sono stati nel giusto rapporto per convertirsi intiera- mente in alcool, questi vini non proveranno deteriora- mento di sorte alcuna, e che al contrario quando sono MECCANTCHE 1 63 deboli , poco fermentati , che contendono molto fer- mento, e non poche altre sostanze solide in soluzione, questi vini saranno soggetti a gravissimo deterioramen- ti, ed a molte aitie malattie. Mio intendimcnlo non è di far rilevare qui quale sia la causa eccitante della fermentazione, se sia l'ossi* geno dell'aria atmosferica, se l'elttlricità, o altro agente; quale sia l'influenza del fermento sulla materia zucche rina , e di questa sul fermento; d'onde abbia origine lo sviluppo del calorico e del gas acido carbonico nel- l'atto della fermentazione ; e finalmente quale azione esercitano nella medesima il sopra-tartrato di potassa e gli altri principi esistenti nel mosto. Tutte queste ricerche, comecché mirano alla teoria della fermenta- zione, giammai tornar potrebbero a profitto d'un pra- tico mezzanamente istruito sul modo di fibbricare il vino; quindi riuscirà più convenevole che s'insista su i pratici insegnamenti che additano la maniera più sicura come prepararlo. Il tempo della svinatura de' tini esige per essere precisato non poche avvertenze, e molte particolari con- siderazioni; i vini spumosi, quelli che hanno poca ma- teria zuccherina, e quei che si desiderano poco coloriti, dovranno restare poco tempo nel tino, dovranno re- starvi del pari poco tempo quei vini che si desiderano aromatici, che siano di massa molto voluminosa, e sot- toposti ad una temperatura elevata; si dovranno svi- nare tardi la contrario quando la materia zuccherina è predominante, ed il sugo più denso, quando si desi- derano vini da servire per la distillazione, quando la massa del mosto è piccola, la temperatura bassa, e si bramano vini coloriti. In ogni modo è cosa importante, che si svinasse quando il vino sarà divenuto chiaro, {3che si maligna da principio, s'imita in progresso, w e s'ammira cpiaiido l'uomo benemerito non vive più. w Così si è fatto sempre, w Su i mezzi di migliorare V industria manifatturiera^ e commerciale dello zolfo iti Sicilia. JMemoria e- conomica del socio corrispondente doit. Francesco ScAvoNE ; letta nella Società Economica di Ca- tania. Signori Dacché per vostra particolare bontà, e superiormente al mio merito , vi degnaste qual socio corrispondente aggregarmi a questo rispettabile corpo, che le paterne sollecitudini del Governo instituirono , ed ove sapien- temente e con ardore di patria carità dettate i lumi , e le teorie, che mirano ad elevare e sospingere la ci- vile e rurale economia della classica nostra terra, io lio considerato colla tenuità de' miei lumi, la condi- zione presente di nostra pubblica economia, e segnata- niente quella della valle famosa, cui la nostra solerzia dtbbe particolarmente estimare. A chi per avventura sente, anche un tantino, nelle scienze economiche è notissimo, che la lloridezza, e la prosperità degli stati, dairrgiicoltura , dalle arti, dal commercio interamente dipendono. reuetrali da queste pur troppo vere riflessioni, voi. MECCANICtìE 169 signor Presidente , raccomandaste eoa sommo zelo la piccola e la grande agricoltura, prima nutrice dell'uo- mo; ma i vostri voti furori caldissimi in favor del com- mercio, e delie manifatture, della introduziou delle mac- chine, degli ordegni, e dei nuovi ritrovati appo noi, onde svolgere dal nostro suolo il tesoro inestimabile delle produzioni, attivare così la ricerca dello stranie- ro, ed il cambio de' valori permutabili, frutto prezioso di ogni ragione d'induslria; ed esponendo le incoraggia- trici saviissime disposizioni del Governo, a tal'uopo e~ manate, invitaste i perspicaci Siciliani a stender solle- citi la mano operosa in prò della patria, a supplire ia fine coU'arte 0 coU'ingegno a' difetti accidentali dell'in- clemente natura. Or io che per la mia insufficienza trattar non posso con sode cognizioni V insieme delle commerciali e manifatturiere industrie, richiamo, egregi soci, la vostra illuminata attenzione sul traffico, che nell'attuale tempo fa la Sicilia nostra dello zolfo, co- me in altri tempi lo ha fatto, siccome quello che ad ambe le industrie appartiene. La nostra valle, e quelle del mezzo-giorno haa con- seguito , e ritraggono i maggiori guadagni da questo ramo d'industria, di cui partecipauo eziandio le pri- marie popolazioni, sia come residenza dei proprietari, delle miniere e degli speculatori, e sia come depositi, d'onde quello si esporta. E qual moto interno, quale attività non si osserva nella mano di opera, che lo cava dai visceri della terra, e lo manifattura; in quell'altra che lo trasporta ai depositi ; nella concorrenza in fine degli imprenditori che ne ricercano con avidità i luo- ghi di produzione? Quante famiglie, quante popolazioni avrebbero penuriato di tutto senza questa risorsa! Quanti proprietari, quanti speculatori sonosi,non dico arricchiti, ma certamente assai migliorati nelle loro fortune! Quanto danaro finalmente non ha fatto confluire in Sicilia, e nei tempi più bisognosi, quest'avventurosa ed animala ri- cerca dell' estero ! Questo prezioso minerale , che per 13 lyO SCIENZE ED ARTI quanto io so abbonda nell'isoia nostra, soprallutli i paesi del globo, di cui è ricca abbastanza la valle nostra ^ come doviziosa n'è quasi tutta la parte nieiidionaU della Sicilia, trovasi unito al gesso, al calcario-arcnario all'argilla blu ec. Esso, giusta le osservazioni geogno- stiche del solertissimo professore Carlo Gemmellaro , nostro socio, annida nei terreni e nelle montagne di calcari© terziario, i di cui fianchi formano degli spi- goli acuti e salienti; il piano superiore ha un aspetto di concavità, ed il gesso suol esservi abbondante, e que- sta formazione mostra il terreno come ondeggiante, sparso di piccole circolari e continuate elevazioni con valli am- pie e poco profonde, di cui esempio è il mezzo-giorno dell'isola. La topografia poi, o località speciali dello zolfo vanno conlrasegnate , oltre ai massi e superficie gessose, ed alle non discoste scaturigini di acque in gradi diversi idi o solforose, da certe vene a strati più o meno lunglii e larghi di gesso di un aspetto tutto particolare, di un bianco giallognolo, e piuttosto scuro, fragile, e leggiero, come un rottame terroso che sembra logoro dalle acque, ridotto spugnoso e senza traccia di cristaliz- zazione. E questo un gesso soprassatura to di acido sol- forico, il quale, stroppicciandosi contro un corpo duro, emana un odore forte di idrogeno solforato, e viene dai nostri zolfai chiamato brescale, e reputato come indizio dei banchi di zolfo, cui sta soprapposto; e non è raro tro- varsi nelle sue esterne porosità qualche granello di zolfo puro, e cristallizzato. Cavandosi in fatti in quei terreni, che nella loro superficie presentino tali apparenze, si trovano quasi con certezza gli strati, o almeno i filoni dd solfo e più o meno profondi, quanto questo bre- scale è più o meno fricabile, odoroso, calcinato, e co- me essi dicono fracido. Questi banchi o filoni, sono quasi sempre precednti dall'argilla blu, o marna turchina, chiamata dai zolfài ia//ii hinru, stimato generalmente come il precursore del solfo, talvolta incorporato eoa esso o da esso seguito, e dalia roccia calcare , o dal MECCANICHE I^I gesso cristallizzato in spati selenitici, assai belli, copiosi e lunghi, de' quali non è raro trovare dei lunghi ban- chi spaccati, che lo presentano vaghissimo in ambe le superficie. Nei cavi delle miniere poi che sono alle volle profondissime, spaziose e vaste, disposte come labirinti ed lii più ordini di piani, ove a lume di can- dela brillano assai vagamente le cristallizzazioni gessose e Selenitiche, sentesi un odore quasi soffocante d'idro- geno solforato, inislo al bituminoso, e distillano dalle volte numerose gocce di un umore limpido come l'ac- qua, ma cos'i acre, pungente, e caustico, da pertugiare gli abiti dei picconieri, e causticar loro le carni. Que- sta distillazione, più frequente in està, vien da essi ap- pellata p/'ilrro^ ed altro non è che acido solforico più o meno diluito nell' acqua, che ho fatto raccogliere, e l'ho trovato sulle prime insipido e chiaro, ma dopo un certo tempo, deponendo al fondo un sedimento ci- nericcio, si è ridotto così concentrato da non potersi saggiar colla lingua. Ho verificato tutte queste osser- vazioni, che sono in parte anche quelle dell'accuratis- simo, erudito e laborioso Barnaba la Via cassinese, no- stro socio nell'Accademia Gioenia, nelle sue perlustra- zioni geognostiche di Caltanissetta, in un piccolo fondo di mia propietà, ridotto] a miniera di zollo, ed in più altri di questo territorio, e sonmi state altresì confer- mate da' più abili lavorieri in questo genere di travagli. Cavato poi quel solfo grezzo dalle cennate caverne, in- corporato colle rocce, o terre che lo contengono, viene ripo.sto in "erte fornaci circolari, che chiamano carcare, di sette o otto palmi di diametro, e profonde cinque in sei palmi , scoperte al di sopra , e bucate inferiot* • mente da una parte all'innanti, ma tre palmi circa al di su del livello dello spiazzo delle fornaci. Colmata quindi la cajjacità di esse da quel materiale, cui si ap- picca fuoco per mezzo di certi ramoscelli pregni di zolfo in altre fusioni, la roccia si mette in combustione, ele- vando grandi colonne di fumo insopportabile a contro- ì'J'y. SCIENZE ED ARrr Tento, e svolgendo anche dei copiosi fiori di zolfo 8U- Llimato e purissimo, che si possono raccogliere altoruo la fornace, o situando contro il fumo dei grandi para* Tenti di carta. Si lascia poi bruciare il solfo per lunga ora, finche il materiale si abbassi alquanto dal primo livello, e indi, sturando il buco inferiore, si vede sboc- care il solfo fuso, che incanalato, anche in una foglia di aloe americana gabarra^ va a cadere in certe casse di legno con acqua dentro, in forma di parallellogram- rao, strette nel fondo, e più larghe nella bocca, che dicono gavite^ le quali essendo riempite si mettono a raffreddare, e se ne ricavano poi le masse dello zolfo della forma medesima della cassa, che va destinato ad arricchire il nostro commercio coU'estero. Ecco il metodo tecnico, o a meglio dire il mecca- nismo pratico, e materiale di questo importantissimo ramo d'industria manifatturiera in Sicilia, capace di somministrar largamente una produzione tanto preziosa, e così ricercata dalla Francia , dall' Inghilterra , dalla Russia, da tutta quanta in somma l'Europa, e dall'A- merica istessa ! Né ciò è da stupire ove riflettasi alla quantità di questo elemento sull'isola nostra, quasi tutta vulcanica, e combustibile, superiore a quella di qua- lunque altro paese di uguale estenzioue, ed agli usi così grandi ed estesi di questo fossile , e dei suoi prodotti per le arti, per la vita, perla guerra, fino a rimpiaz- zare quei della soda, e per qualch'alfro forse più gran- dioso, ed a noi ignoto lavorìo. Ma questo gran trafiico, che potrebbe esso solo valere molte sicule industrie , ed una sorgente inesausta di produzione, e di opulenza, per la imperfezione, e i difetti del sopra esposto me- todo pratico, risulta di fatto una debole risorsa, o al- meno di una importanza infinitamente minore a quella, cui natura il destinò, ove secondata fosse dall'opera della moderna civiltà. Lo spendio e le anticipazioni di tal metodo, non che la perdita della produzione, son così gravi da gcoroggiiire la maggior parte degl' intra- MECCANTCHE ' l'j'i prenditori, e lasciare intatti, o abbandonare infiniti punti, ove natura nascose il tesoro. In questo solo territorio più di 3o o 4o miniere potrebbero aprirsi, laddove 5 o 6 colline si veggono appena fumicare. Ed è questo Teramente a compiangersi per la qualità eccellente e purissima che talune di esse producono, e con partico- larità quella della contrada delta la Colla, stimata dal commercio fra le migliori di Sicilia, o singolare forse anco. Né questo è solo , ma a grande scapito della nazionale ricchezza, l'attività di questa industria è tem- poranea, passaggiera, e dirò cosi, a lontane riprese; im- perocché non sempre essendo i prezzi della ricerca pro- porzionati ai capitali investiti nella impresa, e al di- screto guadagno per lo meno, cui l'industrioso agogna, per necessità ne addiviene, che l'industria non può so- stenersi e durare perenne; locchè non sarebbe ove iti tutte le commerciali vicende, la ricerca e l'offerta po- tessero nei rispettivi valori armonizzarsi e combinarsi fra loro. Fra i vizi e le mende di più maniere in questa pra- tica, due sono le capitali e dannose pur troppo alla pro- duzione, le quali, se mal non mi appongo, meritano , illustri soci, tutta la vostra ingegnosa provvidenza, quella del centrale Instituto, e la benevole considerazione del Governo, onde correggerle, rettificarle, e darvi riparo, se vuoisi ottener lutto il bene da questa ricchissima in- dustria. Consiste la prima nell'aprire le cave, e fare le buche così allo azzardo, e senza una norma precisa per trovare il minerale a punto fisso, con grande moltipli- cazione del travaglio, e grave consumo della mano d'ope- ra. È il vero che la fisonomia delle montagne , ed i caratteri geogaostici indicano con certezza la presenza dello zolfo , come è vero altresì che il gesso e qualla modificazione di lui, chiamata brescale, pronnnzìano non lontana la sede del fossile, come sopra si è detto. Ma è vero del pari che nulla avvisa la infallibile e topica sua situazione, oud'è che si fanno degl'iiomeusi cava- 'l'^4 SriINZE CD A? -t menti, si eslraggono enormi mnssi di rocce eterogenee, senza arrivare alla bramata meta, fallendola talvolta di })Oco, si rovinano e schiantansi le vigne, gli alberi, le migliorie di più maniere già produttive e formate; e non è raro il caso che stanco l'itidustrioso di far fronte a spese sì gravi, si rilira con rammarico dalla intra- presa, lasciandovi la sua perdita già consumata, e spesso assai considerevole, e la naturale ricchezza in seno alla terra. E succede ancor di frequente che dopo non po- chi sudori e dispendi, rinvenoonsi, non già dei banchi copiosi di zolfo, atti a ristorare l'ansietà delfinduslria, ma sibbene dei filoni, degli strati superficiali, delle ma- gre solforose fioriture, ne])pure capaci a coprire le spese, ed a compensare i consumati valori; da che deriva lo scoraggiamento, l'abbandono e la perdita. A riparo di questi scapiti, sarebbe utilissima e ne- cessaria una macchina da scandaglio, uno strumento esploratore, che, introducendosi nei visceri della terra, sa])pia indicare con precisione, ed evidenza, i veri ter- mini geologici di quei luoghi che pongonsi a cimento, e di cui i tentati esperimenti potrebbonsi moltiplicare a piacere, pria di dar opera ai cavamenti, i quali mercè una tal guida riescerebbero sicuri ed assodati. Ne ciò è nuovo presso le civilizzate ed industriose genti; con- ciossiachè dicevami il conte 'Beffa Negrimi, nostro illu- stre socio gioenio, che in Francia, in Inghilterra, ed altrove, usasi per la metallurgica e per sondare le mi- niere di ogni ragione, ed i termini tutti territoriali, di un grande trapano, chiamato esploratore, cavo al di den- tro, il quale colla forte sua tempera, insinuandosi nel- l'interno dei terreni, trasporta seco quanto incontra, an- che di più solido e metallico, e fa esattamente cono- scere le qualità, o quantità dei minerali, dando norma e giudicio all'industria, onde dirigere i cavamenti e la mano d'opera. Qual prezioso servigio non recherebbe alla Sicilia l'introduzione di una macchina cotanto ab- Ireviatrice dei travagli delle zolfatare! Ho inteso al- tresì da qualclie ingegnerò, che ia SopraintenJenia di Ponti e Strade, possieda una macchina di tal natura, sebbene più in piccolo e di facile 'lanovra. che appel- pellano Tjivelia Gallica , mercè la quale si sondano i terreni delle strade carreggiabili , onde conoscerne ri- spettivamente la natura , ed apprezzarne i lavori nei piani di arte. La mirabile macchina artesiana finalmente, colla di cui prodigiosa colossale trivellazione si cavano i pozzi, o si fura alla terra l'acqua delle sue ime viscere, in- trodotta fino in America, e nella Russia, ove, secondo i pubblici fogli, nello scorso gennaio fu cavato in Riga il primo pozzo, e zampillavano acqua purissima ad al- cuni piedi sopra la terra, col mezzo della quale, e per opera dell'illustre, e coltissimo marchese Nunziante, tanto benemerito dell'industria, delle arti, e delle scien- ze economiche, fu in giugno i83i trovata in Napoli nel tenimento della torre dell'Annunziata, una sorgente di acqua ternio-uiinerale, utilissima per le sue virtù me- dicinali, e di cui si fanno grandi elogi nelle curagioni di varie malattie. Questa gran macchina si dice essere di già introdotta ed usata in Palermo, e ben si conosce quali risparmi e quali vantaggi per essa ritraggonsi creando, a così dire, un elemento là dove natura pa- reva averlo n'^gato. Or quali economici risparmi, quali immensi profitti non procaccerebbe una macchina di consimile effetto alle sopra descritte nell'industria produttrice dello zolfo! Quanti fondi, quanti valori non si garantirebbero dalla devastazione, e dal socquadio! Quanto travaglio, e quan- to spendio non si eviterebbe, indicando essa con pre- cisione la residenza degli zolfi! Quale incoraggiamento, e quale attività non prenderebbero gì' industriosi, tolta la crudele incertezza, ed il timore di andar falliti i son- tuosi lor tentativi! Ne mi si dica che simili macchine ed ordegni toglierebbero ad infiniti operai il travaglio e l'occupazione, che l'economia pubblicia vuole molti- I'j6 SCIENZE ED ARTI plicati, onde moltiplicar le susi.istenze, e con esse ìs pubblica prosperità. Imperocché, oltre ai vantaggi de- gl'istrumenti e delle macelline abbreviatrici del trava- glio, consecrati dalla scienza, e dall'unanime accordo di tutti gli economisti, egli è certissimo, che perfe- zionati i metodi , e minuite le spese di anticipazione nell'industria che ci occupa, così grado grado se ne mol- tiplicherebbero le imprese, e con egual latitudine, e permanenza se ne aumenterebbe la mano d'opera e l'oc- cupazione, e quindi il proporzionale augumento della produzione, e con ^ssa quel del commercio, e della ric- chezza, w Dall'estensione del mercato (diceva Smith) di- pende la copia del travaglio, w Gli è perchè gli Olan- desi hanno dei molini da segare il legname, ch'essi ne fanno spaccio presso d'ogni nazione (dice sapientemente un altro autore) e l'utilità delle macchine così in prò dell'imprenditore, che dell'operaio, potrebbe chiarirsi con infiniti esemjdi. Veduta dunque la somma utilità, e direi quasi, la eco- nomica urgenza di una macchina cosifìàtta, resterebbe a trattare su i mezzi, onde poterla acquistare e porla a profitto. Ma è ciò in che consiste la maggior diffi- coltà, avvcgnacchè una tale acquisizione potrebbe aver luogo o a spese dei particolari imprenditori, o per via di privative da accordarsi dal Governo agl'introduttori di essa, o finalmente a spese dei comuni, o dei capo- valli , i di cui territori ha voluto natura privilegiare di questo dovizioso ramo d'industria. Ma pochissimi, o nissuno degl'imprenditori, vorrebbono o potrebbono spendere il considerevole costo della macchina che sa- rebbe forse mestieri provvedersi dall'estero, e d'altronde i meno fortunati invidiar dovrebbero la sorte degli opu- lenti industriosi. La via delle privative sarebbe incerta, poiché, con- fessiamolo, imprese siffatte, sia pel ristagno del nume- lario nelle mani meno industri, od avare, sia per altre ragioni, son presso noi rarissime e quasi che nulle. Re- WKCr.ANICHE 177 sterebbe adunque l'ultimo espediente, quello di farle acquistare ai comuni, almeno a quelli di pingue patri- monio, come per la macchina da filar coione fu nel nostro capo-valle saviamente divisato, e già dal Gover- no, colmando i voti dell'esimio Intendente, della De- curia, i vostri, signor Presidente, e di tutti noi, beni- gnamente accordata; o allo stremo ai capo valli orien- tali, e meridionali dell'isola^ e ciò a spese del valle in- tero, e sopra i fondr provinciali: nel che a dire vero concorrer dovrebbe l'opera dei Municipi dei Consigli Generali delle valli, e finalmente la provvida, ed effi- cace autorità del Governo, dietro i progetti degli scien- ziati, che formano le società economiche, ed il centra- le Istituto. Così le macchine, di cui trattasi, in un nu- mero proporzionato ai bisogni dell'industria, diverreb- bero in certo modo di pubblica ragione, potendo ogni inlraprenditore locarsene l'uso, pagandone una discreta pigione a profitto delle comuni e provi ncie proprieta- rie, da destinarsi al risarcimento della spesa, e del con- sumo delle macchine; istesse, ed all'acquisto eziandio di nuove macchine, e strumenti, egualmente all'industria interessanti, che reputar si potrebbero come un capi- tale fisso della nazione. Il secondo gravissimo difetto di questa empirica e cicca pratica, assai più pernicioso del primo , poiché sperde e consuma, senza compenso, la produzione, con tanto dispendio ed affanno strappata alla terra, si è la combustione del solfo grezzo nelle fornaci, onde otte- nerne la fusione , di che sopra abbiamo distesamente parlato. Quell'incendio alla grand'aria di una considere- vole superficie di così violento combustibile, gli immensi globi di fumo che sollevansi nell'atmosfera, e che, spinti dai venti, a grandi strisce distendousi per lunghi tratti, l'odore forte e soffocante che tali zolfatare emanano , così molesto agli animali e mortifero alle piante, fanno chiaramente conoscere lo svolgimento grandissimo del gas solforoso, che mercè l'ossigeno dell'aria ha luogo in l'jS SCTEN7.F, ED VnTI quell'alto. Né ciò polrcbbt' succedere senza gravissima perdita del minerale, imperocché sappiamo dalla chi- mica, che il solfo è fusibile alla temperatura di i3o pr. circa; volatizzabilc ad un calor più elevato, cri- stallizzandosi in ottaedri, bruciante con fiamma leggiera e bluastra, se la combustione è lenta formando l'acido solforoso; e con fiamma bianca, se è rapida, producen- do l'acido solforico. Or tutte queste gradazioni di co- lore, avendo luogo nella combustione in parola, avve- gnaché verificasi e fusione e sublimazione (come appa- re dai fiori onde sopra si è ragionato) e svolgimento immenso di gas solforoso, i di cui vapori se passar si facessero nelle camere di piombo coH'aiuto del nitrato di potassa, darebbero al certo l'acido solforico, ne segue, che il solfo si forma con grave iattura di sé stesso, e che il mal augurato volgare processo distermina e sperde la maggior parte della produzione, a scapito grandis- simo deU'industre imprenditore, oltre alla impura qua- lità che ne risulla per la mescolanza di eterogenee so- stanze, e per gli accidenti dei tempi ventosi, umidi e piovosi, assai sfavorevoli alle combustioni; onde lo zolfo non di rado si ottiene arsiccio, fosco, di cattivo aspetto, e come dicono metallico. E fa gran meraviglia come nello stato presente di civiltà e di lumi, riparato non siasi un tanto danno, e provveduto in pari tempo non abbiasi al guasto dulie vicine campagne; locché ha dato luogo a molte leggi sulle disianze da osservarsi fra le combustioni e le migliorie , sul modo di cautelare i proprietari vicini dal pericolo dei loro fondi, sulla proi- bizione in fine di esse combustioni nei tempi dell'ulti- mo sviluppo e fruttificazioni dei cereali, e della clllo- rescenza , e germinazion delle piante; cose tutte che tarpano le ali all'mdustria, ed illaguidiscono la produ- zione. Un semplicissimo riflesso avrebbe dovuto avver- tire gl'imprenditori su questo punto, ed è che la fu- sione del solfo non ha bisogno del calore della com- Lustione, onde verificarsi, che occorre la prima e non MECCA NICHS I 7P la seconda per ottenersi il prodotto , che anzi debLe evitarsi quest'ultima per iscansare la perdita. Or mi si dice che qualche ingegnoso scienziato del nostro capo-valle, penetrato da queste verità, e bramoso di migliorare una industria di cosi alto momento, ab- bia ideato un processo, onde ottenere la fusione dello zolfo, evitando la combustione delle rocce e terre sol- foree, e che sottoposto lo avesse alla saviezza dell'Isti- tuto centrale o del Governo. Se ciò sia vero, i voti più caldi del mio cuore accompagnano un progetto, così al- tamente benemerito della sicula economica industria, augurandogli approvazione e felice successo. Il chiarissimo signore Antonino Furitono nella sua egregia opera di chimica filosofico-pratica, dice che appo noi si ottiene il solfo dalle rocce per mezzo della fu- sione, esponendole all'azione del fuoco dtnlro le calca- re, come sopra si è detto costruite. Si sepaia dalle terre, colle quali è mescolato, o dal rottame delle sol- forose rocce, per via della distillazione; ed a tale og- getto si pongono in vasi ben grandi di argilla cotta questi rottami o terre solforose, quasi fino a riempir- neli, o turandoli poi con coperchio ; indi in un dato numero si collocano in certi forni formati di mattoni a guisa di prisma rettangolare, chiamati galere,, più o meno spaziosi, a misura dei vasi che debbono conte- nere, e l<'rminati superiormente a volta cilindrica. Ad una estremità vi è la porta, per la quale introducisi il combustibile, all'altra una coppa più o meno elevata. I vasi dispongonsi nella grossezza delle pareti della ga- lera in modo, che il lor ventre sporga in fuori, e la parte superiore esca a traverso la superficie della volta. In certe aperture nelle parti superiori e laterali di essi, si adattano dei tubi anche di creta cotta, che introdu- consi in altri vasi copeiti, bucati al fondo e stanti so- pra una tinozza di legno piena di acqua. Così dispo- sto il tutto, e ben lata te le commessure, si riscalda il ibrnello, il solfo rapidamente si foade , si sublima, e l8o SCIENZE ED ARTI cola nelle tinozze, dove condensasi: terminata l'opera- zione si leva il residuo, e si procede a successive di- stillazioni. Ecco un esempio di fusione senza verun dispendio, e senza alcuuo de' disordini, che accompa- gnano le combustioni. Mi era ignoto un tale processo, poiché nelle zolfatare di questi dintorni non si usa, tran- ne quello del raffinamento per via della fusione, ridu- cendo lo zolfo in cilindri, o come dicono in telamo- 7/e, ricercato talvolta con ansietà dal commercio; ma tì ammiro accorgimento, economia, e sapere degli o- dierni lumi, e civiltà. Egli oltre che assicura all'in- dustria tutto il servigio produttivo della terra, previe- ne i danni e le gelosie delle possessioni vicine , rende inutile la legge delle distanze e delle proibizioni, e man- tiene sempre vivo il travaglio produttore, anche in seno alla più rigogliosa, feconda, e gentile vegetazione. Or quello che fassi colle terre e col rottame solfo- roso, perchè non praticarsi colle rocce e con tutto quel materiale che i nostri zolfai chiamano cataste , smi- nuzzandole e riducendole alla condizione di terre e di frantumi solforosi? Il valore di questo travaglio sarebbe certo infinitamente minore di quello che perdesi nelle combustioni. La sola quistione di qualche momento sarebbe il vedere, se il combustibile, necessario alla fu- sione, avrebbe un valore superiore al risparmio della produzione, che questo metodo viene a procacciare. Io non lo credo, per quanto lontano esser possa il legno da fuoco dai locali delle zolfatare , nf»n mancando al- trove da per tutto nei terreni gessosi delle siepaglie , delle fratte, e dei cesjaugli, che tolgonsi a cuocere il gesso, il quale Vendesi poi a buon mercato. Non dis- simulo però la mia brama di veder rettificato questo metodo con utili ed ingegnosi miglioramenti, atti a mi- nuirne le anticipazioni, semplificarne gli elementi, ab- breviarne il travaglio e cosi bandire oramai il processo fatale delle combustioni. A tale oggetto, illustri soci, oserei proporre di supplicare l'Istituto centrale, perchè MECCANICttE l8l dirigeudo le savie sue considerazioni su questo così gra- ve argomento tanto alla Sicilia proficuo, ed a norma degli statuti annessi al real decreto dei 9 novembre i83i,lo faccia segno e scopo dei programmi pel mi- glioramento della nostra industria, sul conto delle me- morie da coronarsi per concorso, non che delle meda- glie quasi premi d'incoraggiamento per le arti, e ma- nifatture; nmiliando l'occorrente al Governo, ai termini dell'art, «yo dei prelodati statuti, onde all'uopo giovarci di sua possente mano, ed in fine invitando i perspicaci siciliani, perchè, assottigliando il nativo acume dei loro ingegni, si segnalassero con memorie, modelli di macchi- ne, e strumenti, togliendo precipuamente di mira gli ordegni esploratori e di scandaglio, di cui sopra è di- scorso, onde non faccia d'uopo provvederli dall'estero, e quelli non meno interessanti della fusione, siccome i miglioramenti e le perfezioni di maggiore urgenza per la produzione dei zolfi ; ed assicurandoli eziandio che lo zelo e i loro dotti travagli, insieme ai loro nomi, saranno in proporzioni delle utilità che procurano, sot- toposti alla benigna considerazione del Re (D. G.) che promette ricompensarli, e consegnati alla gloria nazio- nale con onorevoli menzioni. Sono queste, ornatissimi soci, le riflessioni , che ho ruminato nella mente, ed i ferventi voti del mio cuore su quanto concerne l' industria manifatturiera e com- merciale dei zolfi, che io reputo vitale per la Sicilia nostra. Saranno esse forse dappoco per un tanto fine, come fievolissime e grette sono le forze dello ingegno mio. Ma se valgono, eruditissimi colleghi, ad incitare la vostra solerzia , attenzione e saviezza, e quella an- cora del sapientissimo centrale Istituto, avrò consegui- to il mio scopo, e mi credo ricompensato abbastanza, perchè insigne benefizio ne tornerà alla patria econo- mia; conciossiachè gli scienziati ed i filosofi sono , a così dire, il senno e la mente della industria; la pra- tica non può starsi senza la teoria, la scienza è la gaida if>2 scIE^ZE ED Ann della mano, e dell'arte, ma nissuria di esse Val molto senza il soccorso delle maccliitie e degristiunienti. Così disse il sommo Bacone, e la storia delle moderne ci- viltà cel conferma: Nec manus nuda^ nec intellectus sìbi permissus^ muìlum vaici; instrumentis ^ et auxi- liis res per/i citar; quibus opus est non minus ad in- tellectum quain ad inanum. PARTE SECONDA. Nuovo piano d'istruzione d'ideologia sperimentale di Giovanni Reglleas professore di auiitomia^ ^^ fi' siologia , e d' ideologia sperimentale in Catania. Catania i833. È a tutti nota la felice rivoluzione che il novum organum scientiaruni arrecò allo studio di molti ra- mi dell'umano sapere, e la riedificazione sin dalle fon- damenta dal divino Bacone promossa , e da vari im- mortali geni partitamente eseguita nell'astronomia, nella fisica , nella chimica , ed ultin)amente nelle mediche facoltà. Pure quantunque le scienze naturali l'una dopo l'altra si fossero così avviate nel sentiero del positivo, e vi avessero fatto de' grandi avanzamenti ; non era sperabile, che lo stesso abbia potuto praticare la me- tafisica, come quella che, per soggetto suo proprio aven- do delle cose esistenti, oltre al mondo sensibile , noa potrebbe delle astrazioni essere intieramente spogliata. Intanto il signor Reguleas professore in Catania, viva- mente penetrato dello spinto positivo del secolo pre- sente, entrò mll'intpegno di realizzare il progetto, in ap- parenza assai strano, di render concreta la scienza delle cose astiatte, e concepì un nuovo piano d'ideologia spe- rimentale, ch'egli espose in un discorso recitato nel pas- salo novembre nella gran sala comunale della sopra- detta città; discorso pieuo di sensatissime idee fisiólo- MECCANICHE l83 githe, e sul quale mi piace trattenere alcuni istauti il lettore, esponendogli in succinto i pensieri, die contie- ne quest'opuscoktto, e quelli che la sua lettera ha su- scitato nella mia mente. Il lavoro del dotto professor catanese presenta due parti ben disùnte; la prima destinata a mettere in chiaro lume tutti gl'incovenienti, i difetti, e gli errori de' me- todi comuni, usitali oggigiorno per fare apprendere l'ideo- logia a' giovani; e l'altra ad esporre un nuovo piano, ch'egli sostituisce all'antico sistema d'insegnamento. Egli fa vedere nella prima parte, che la logica data nelle scuole, è manchevole e difettosa, ne può far ben ragionare a chi noi sa, mentre all'inverso è atta colle forme sillogistiche a far disragionare chi naturalmente pensa giusto. Dipoi mostrando, che la ragione non è cosa distinta dalle facoltà intellettuali , ne ricava , che il felice sviluppo, ed il felice esercizio di queste facoltà costituisce la buona, e la retta razionabilità^ e che perciò la vera e sana logica risiede in quello studio, il quale disvela l'andamento, l'azione, la forza, e l'essenza delle facoltà dell'intelletto: cosicché non debba esservi iu UQ buon corso filosofico alcuno particolare studio di logica, ma questa dee derivare, quasi corollario, dal- l'esame dell'ideologia sperimentale. Ne men severo censore il signor Roguleas si mostra nella metafisica , di quello che non l'.abbiamo veduto nella logica. Da una parte V ontologìa dev'essere per lui affatto sbandita, perchè essa non si occupa, che del definire molte astrazioni della mente, e queste defini- zioni riescono del tutto inutili, o j^erchè si ha l'idea pratica, e quasi intuitiva di alcune di qutste astrazioni, com'è del principio di contraddizione; ovvero perchè si resta nella stessa ignoranza a lor riguardo, non ostante l'aiuto di queste definizioni, com'è per quella dell'essenza delle cose. La cosmologia poi non dovrebbe meno proscriversi 1 dallo iitudio dell'ideologia, nou essendo, «he una serie lS4 SCIENZF lìD ARTr lunga di vuoll, ed oscuri discorsi, e di quistiooi inter- miuabili, e sofisma liche, addette a dimostrare l'origine del mondo, il tempo, ed il modo di sua creazione, a provare la sua ottiinità e perfezione, a spiegare le sue leggi, ed altre cose, che, o non possono capire in in- telletto umano, o si appartengono ad altri rami delle nostre conoscenze. Inutile gli sembra ancora la teologia naturale per- chè l'idea di Dio, e de' divini attributi è sì scolpita ne' nostri cuori, ed è così intuitiva nello spettacolo del- l'universo, che non ha bisogno del corredo di metafi- sici argomenti per esser dimostrata. Quanto alla psicologia^ quella sua parte, che riguarda la natura dell'anima, la sua esistenza, e la sua immor- talità, deve affatto eliminarsi, come ripiena di vuote pa- role di sottigliezze scolastiche, per le quali la inesperta gioventù, lungi di concepir la verità, traboccherebbe fa~ cilmente nel puro materialismo. Ne quell'altra parte, che ha di mira le facoltà dell'anima, il loro numero, i loro rapporti, può meglio ammettersi, perchè, restando nel modo com'è trattata dai psicologi, cioè in astratto ed indipendentemente dell'organizzazione, non tende ad. alcuna positiva conoscenza, ed altro non è che un guaz- zabuglio di definizioni, d'ipotesi, e di raziocini vaghi. La proscrizione cade ancora snW etica non meno, che sulla logica, e la metafisica. L'etica, com'è insegnata nelle scuole è falsa, poiché è fondala sopra basi ideali ed astratte , né presenta , che una collisione continua tra un dovere e l'altro, una loro distribuzione viziosa, e rimedi, che riescono inopportuni a' disastri. lì vero dovere nasce dal diritto, e questo è fondato sopra gl'i- stinti. Quindi la vera etica deesi ricercar nella orga- ' nizzazione umana, e dee derivare qual corollario dalla, ideologia sperimentale. l Avendo in tal modo condannato nella prima pai te' il modo e l'ordine come .s'nisegna la filosofia dagli al- tri; il professor calauese passa nella seconda parte ad i MEGCANICrttt iSS esporre il suo nuovo piano d'ideologia, ch'ei raccoglie tutto in tredici articoli successivi. Vuol'egli partirsi da un principio cardinale, die l'anima, finche rimane dea- tro il corpo, è talmente da esso dipendente, che senza il suo soccorso non può mettere in esercizio alcuna sua facoltà. Per fare una esatta analisi dell'intendimento fa d'uopo conoscer pria l'organismo, e l'ideologista dee cominciar dall'anatomia per proceder con profitto uel suo studio. Da tal principio vuole in seguilo, che si passi a ben calcolare il carattere, che le facoltà men- tali vestono, secondo le modificazioni di età, sesso, tem- peramento, abitudine, regime, [)er poi passare agevol- mente alle anomalie della sensibilità, derivanti da uno stato morboso dell'organismo. Vuole intanto, che non si scenda a paragoni tra le operazioni della sensibilità nell'uomo, e le stesse negli altri animali, poiché la loro diversa organizzazione toglie ogni via di retta compa- razione. E siccome l'esercizio dell'intendimento è una parte dell'esercizio della vita, perciò consiglia, che si dia qualche idea della forza vitale, e del principio at- tivatore. Dietro questi preamboli passa il Reguleas allo studio delle facoltà dello spirito, ch'egli riduce a due, alla sensibililà, ad alla volontà, mentre la memoria ed il giudizio noa ricadono, che sul sentire, ne la notomia ci addimostra apparecchi organici speciali, che per quelle due solamente; l'uno apparecchio dalla periferia ci con- duce al centro, ed è composto dagli organi de' sensi, dai nervi sensoriali, e dal centro encefalico, e serve al sen- tire; l'altro apparecchio dal centro dirigesi alla peri- feria , e risulta dalla midolla encefalo-rachidiana, dai nervi motori, e dagli organi locomotori, ed espressivi, e serve al volere. Cominciando così dall'analisi della sensibilità, vuol che si facciano rilevare le principali leggi fisiologiche, che la concernono, ed in ispecie le seguenti: i" Dov'è lo stimolo, ivi è l'afllusso; 2" il maggior dolore oscura j3 \ 186 SCIEKZB ED ARTr l'altro; 3° 1 aumento della sensibilità in un organo si fa a spese di quella degli altri; 4" la sensibilità acci e- sciuta in uu punto s'irradia in altri punti con quello connessi; 5° finalmente quell'altra legge, che tutto h relativo nelle sensazioni alle circostanze individuali. Vuo- le appresso il Reguleas, che si passi all'esame degl'istinti, ossia delle disposizioni dell'organismo a manifestare certe iàcollà; li distingue in tìsici ed in morali, e li rapporta tutti ad un solo, cioè alla ricerca del piacere, ed alla fuga del dolore, e trova qui il luogo opportuno per parlar dell'altenzione, dell'associazione delle idee, o me- glio dell'associazione de' moti cerebrali, delle simpatie, ossia delle corrispondenze di tutti gli organi , e della imitazione, perchè queste facoltà son tutte istintive. Il loro studio è sorgente feconda di grandiosi corollari in politica, in etica, in logica, ed in morale. Do^po lo studio di queste facoltà, il Reguleas scende all'analisi della memoria cosi nominale , che retile^ e fa scrutinare i suoi fattori-^ i suoi distruttori.) e la sua sede. In seguito trova luogo a far parola del sonno, del sonniloquio, del sonnambolismo, e del magnetismo animale. Si è allora, che gli par tempo di parlar del giudizio, e solo fermasi all'analisi de' giudizi di un uomo, che ha tutti i suoi sensi in esercizio ; li distingue in semplici, e composti, e fa vedere come questi a quelli riduconsi, e tutu poi ricadono nelle sensazioni; e con- chiude la prima divisione della ideologia con parlar del raziocinio, della riflessione, della deduzione, e della percheità. La seconda divisione racchiude lo studio della vo- lontà, e qui, dopo aver fatto conoscere l'apparecchio destinatovi, dispone, che si cominci dallo scrutinare i desideri, facendoli lutti derivare dall'istinto fondamen- tale, che si è la ricerca del piacere, e la fuga del do- lore. Da' desideri scende alle passioni, e fa rilevare la loro dipendenza da' bisogni non soddisfatti; riduce tutte le passioni all'amor di bc, e non ripone la lor sede nel MECCANICflE 187 solo celebro, o ne' soli organi nutritivi, ma bensì m tutto l'organismo: conduce finalmente le passioni al gra- do di disperazione, e così trova luogo a ragionar del delirio, e della pazzia, che sono stati patologici, i quali spesse fiate riconoscono per causa delle fisiche lesioni del cervello. Egli allora crede bene adattato luogo a trattar delle idee, ed a valutare in tutta la estensione l'errore di Aristotele, che tutte le fa proventre da' sensi, e quell'altro di Platone, il quale tutte le considera in- nate. Finalmente chiude tutto il piano colla gramma- tica generale, e coH'esame dell'influenza, che hanno i segni, e specialmente le parole, sulle facoltà dello spirilo. Tal è il piano, che il sig. Reguleas chiama nuovo, e che merita invero questo nome, poiché nessuno an- cora l'ha realizzato, o per dir meglio n'ha fatto l'ap- plicazione ad un corso elementare d' ideologia. Però la dottrina professatavi non è nuova, ma è qutlla del profondo scrittor de' Rapporti^ e dell'acuto autore de- gli Elementi d' Ideologia. Troverebbe è vero alcuno di che incolpare il piano del professor catanese, recan- do in mala parte, che un uomo, il quale sul declina- re del i833 vuole elevarsi a giudice di tutti i filosoli antecessori, alcuna menzione non faccia delle novelle teorie, che sono apparse dal 1802 al giorno d'oggi, e non modifichi almeno il linguaggio in modo che se ne mostri informato. Potrebbe anche taluno sdegnarsi di veder privata l'ideologia di una feconda sorgente dì verità morali, col rinunziare al confronto dell'uomo co- gli altri animali; cosa nemmeno immaginata dal Caba- iiis medesimo, ch'ei tolse a suo modello. Potrebbe uu terzo non restar soddisfatto, che le facoltà dell'anima riducansi a due, senza tener conto di quanto bau dot- tamente dissertato contro la teoria di Tracy, intorno ai- sentire, numerosi fisiologi, e psicologisti. A costoro, che tali, od altre somiglianti cose dicessero, io risponderei francamente, che quantunque giuste, e ben fondate op- posizioni in apparenza fossero; pure non possono occu- i88 SCIENZE ED Ann par posio in questo luogo; imperocché il dotto calaucse non si propose in questa opeielta di esporre altro, che un Piano Generale cC Ideologia; ^ì quindi non potè, che cennaie le idee principali di quelle dottrine, che opina di adottare in un corso d'elementi. Bisognerebbe adun- que aspettar le sue lezioni, e, dietro il loro sviluppo, sarebbesi in diritto di dichiarare il suo torto, o la sua ragione. Non convien per ora decidere sulle idee particolari, ne devonsi slimare ben fondate quelle cri- liche, dove si giudica delle cose per anticipazione. Che se il solo enunciato, senza la convenevole dimostrazio- ne, bastasse per poter conchiudore della giustezza delle proposizioni", non solamente molte opinioni filosofiche sarebbero per assurde rig<;elfate, ma nemmeno avrebbe credenza lo stesso teorema , che si attribuisce a Pila- gora, uè quello, che fregiò la tomba del nostro Archi- mede; e la scoperta del Galilei sarebbe riguardata quale assurda, e trasreiidcntale, come quella che apertamente contraddice all'aj^p.-irenza de' sensi. Or io vado Ij'oppo a rilento nel credere, che il professor Reguleas, il quale dotto, ed erudito in tutto si manifesta, fosse all'oscuro di tutte le classiche opere, dopo Cabauis comparse in- torno alla fisiologia del sistema nervoso, e specialmente di quelle del tedesco cranioseopo ; come })ure di tutti I sistemi (iiosofici, che dopo Tiacy han formato novelle scuole ideologiche in Italia, in Alemagna, in Inghilterra, ed in Frai;cia. La prudenza perciò mi consiglia di at- tendere gli ulteriori travagli dell'espositore di questo pia- no. SperOj che com'egli tentò l'opera, così ancora la ese- guisca, e la porti a compimento', e sia per arricchire la scienza di un corso veramente completo. Nelle sue lezioni, ribattute forse le obbiezioni fatte a quei dotti se- natori francesi, vedremmo più luminose risorgere le ve- rità da costoro proclamate, e per ora credute false, o dilettose. In attenzione adunque di tai lavori sospendo il mio giudizio su' dettagli in particolare delle dottri- ne adottale, e mi limito solamente a far qualche con- MECCANICHE 189 siderazione sull'insieme del piano, giacche quest'insieme forma l'argonìento del pubblicalo ojjuscoletlo. Io non saprei lodare abbastanza il citato travaglio per quel pregio, che è sommo, di presentare tutta la scienza in concreto, e di ispirare un giusto orrore con- tro le astrazioni, che sono scaturigine ubertosa di er- rori, e di traviamenti; ma, vedendolo piutto lo un trat- tato di fisiologia del sistema sensitivo, anzicchè un trat- talo di ideologia, potrei forse riguardarlo qual dritto di rajìpresaglia, che la scienza fisiologica usa contro la metafisica ; giacche, siccome le idee trascendentali di questa tennero per lunga stagione inceppate le verità fisiologiche, e la psicologia si arrogò il dritto di stabi- lir de' dommi sulla manilestazione del pensiero, e de- gl'istinti ; cosi ora la fisiologia nel render la pariglia^ invadendo il regno degli psicologi, tutto ciò, che noti può ridurre ad esercizio di organi, ossia al suo domi- nio, sbandisce e liggelta. Io però che, oltrepassando l'ardua strada de' sistemi, e dell'osservazione, per espe- rienza mi son fatto cauto, e mi sono stabilila la hgge di non essere esclusivo nelle opinioni, mettendomi, per meglio giudicare, ad ugual distanza da' due estremi, veggo, o pa)rni vedere la ragione, ed il torto dall'una parte, e dall'altra, cioè dall'antico piaiio, seguito da' me- tafisici, e dal nuovo piano, proposto dal professor ca- tenese. Dall'un canto, s'egli è vero, che la psicologia ha di mira lo studio delle facoltà intellettuali, che (jueste fa- coltà sono parte della manifestazione della vita, ed han- no la loro material condizione nel sisteu)a nervoso; deesi pur convenire, che trattar non puossi d'ideologia, senza trattar di fisiologia, e che la prima dee ricever dal- l'altra le sue leggi, e la sua ragione. Così pure le tendenze, e gl'istinti, essendo attaccati a particolari apparecchi dell'organizzazione, uon puossi nemmeno trattar di etica senza trattar di fisiologi». Ma dall'altra parte l'uomo è naturalmente condotto IQO SCIENZE ED AìtTT a conoscere le cause prinae di tUIti i fenomeni, che os- serva, egli sente che pensa, e naturai talento lo spinge a ricercar qual sia la causa pensante; se questa è uu principio jiarticolare, distinto dal suo organismo, o se è l'organismo medesimo. Nel caso che arrivasse a dimo- strare a se stesso la esistenza di questo j^rincipio, na- turalmente diverrebbe vago della sua natura, e de' suoi attributi; vorrebbe sapere se resta superstite al corpo, o se muore con esso: ecco delle quistioni straniere af- fatto al fisiologo. Il signor Reguleas le recide dal suo piano, io non ne vedo il perchè. Così ancora l'uomo per lo stesso istinto vuole naturalmente elevarsi alla causa prima di tutte le cose; vuol sapere se questa causa è un essere distinto dal mondo visibile; nel caso affer- mativo vuol conoscerne gli attributi. Qui non c'entra affatto la fisiologia, ma non per questo, io credo, che il signor Reguleas abbia dritto di rigettar dal suo piano la teologia naturale. Che se la metafisica un tempo esercitò un impero tirannico sulla fisiologia, cosicché molti fatti fisiologici si ricusarono, perchè non andavan d'accordo con ceite male intese idee psicologiche, non perciò giustizia soffre, che la fisiologia, oggi, che ha rivendicato i suoi diritti, riduca l'altra in catene, e la spogli de' suoi, non ammettendo quelle ricerche, le quali ad organi, o ad esercizio d'organi non si riducono. Sem- pre si corre de' rischi, trasconendo i limiti da qualunque parte si trascorrano, ed i saggi si mantengono sempre in un giusto medio. La fisiologia , e la ideologia son due scienze sorelle, che si toccano in molti punti non per combattersi, ma all'incontro per abbracciarsi. Anzi giacche tutto il generoso impegno del Reguleas è quello di render concreta la ideologia, rifondendola nella fisio- logia, quindi io stimo pregio dell'opera il far rilevare, the cosa importa rifondere una scienza in un'altra, ossia lidurre la prima ne' limiti della seconda; e che si deve intendere per questa parola limiti in fatto di classifi- cazione delle scienze. Forse queste considerazioni gene- MECCANICHE IQI rali potranno giovarci a ponderare nel giusto punto di vista l'intrinseco valore del travaglio fatto dal dotto professor di Catania ; forse perverremo così a frenare i mordaci motti contro il prclodato professore, e ci per- suaderemo una volta, che la colpa è nella natura stessa del soggetto, o meglio nella ristretta sfera delle nostre conoscenze, e che l'uomo non potrà riuscir mai a scio- gliere il nodo se non col niezzo usato dal grande Ales- sandro. Or io, riguardando la cosa nel suo più grande, soti d'avviso , che una è , ed è stala mai sempre la vera scienza, quella, che accoglie la conoscenza di tutto l'uni- verso. Ma siccome le limitate facoltà di un solo indi- viduo non posson completamente in una volta abbrac- ciare sì vasto argomento , quindi lo spirito metodico dell'uomo è venuto a partirlo in tante porzioni, quanti riconobbe esser gli aspetti diversi^ sotto i quali lo potrà considerare. Ciascuno di questi aspetti divenne argo- mento di una scienza particolare, la quale agevolmente può esser coltivata da un solo individuo. Tutte le scien- ze prese insieme sono adunque delle divisioni [)ortate sopra un soggetto per se stesso unico, e queste divisioni, essendo le figlie dell' arte, e non trovando la loro ra- gione nella natura, non hanno delle vere linee di di- marcazione, che l'una dalle altre le separino, onde l'as- segnazione de' limiti nelle scienze è una violenza fatta alla natura, ed ha necessariamente qualche cosa d'ar- bitrario. Tai limiti non sono per me , che punti di contatto fra scienze affini, e questi non son ristretti in una sola linea , ma contengono una certe, cstenzione , dove non si potrebbe con precisione delcrminare al dominio di cui alcuni luoghi si appartengano, e dove due o più scienze possono spiegare le stesse pretensio- ni, e gli stessi diritti. Se fossero sentite queste verità, se tutte le scienze si considerassero quai membri di un sol corpo, allora la ragione umana si avanzerebbe con pie' sciolto a gran tratti nella carriera della verità; 1Q3 serrNZE kd Ann ma se all'incoutro volessero questi lìmiti considerarsi come reali, e costanti, se le scienze credessero godere di una esistenza indijiendente, se una scienza, per avere delle ricerclie in connine con un'allra, credesse che que- st'ultima fosse a lei tributaria , e dovesse ella dettar leggi nel regno altrui, allora lo spirilo umano, tarpate le ali, arresterebbe il suo corso, se pure non facesse un cammino retrogrado, dirigendosi verso l'errore: nel pri- mo caso le scienze a Alni, riunendo di concerto ad uno stesso punto i loro sforzi, si gioverebbero inutuamente; e nel secondo caso, combattendosi fia loro, si rechereb- bero a vicenda e scorno, e noia. Chi non ravvisa in quest'ultimo quadro, ciò che e passato per gran tempo, tra la ideologia, e la fisiolo- gia cerebrale? Esse l'una coH'allra si sono aceibamenle travagliate ; la metafisica ha tenuto per molli secoli oppressa la fisiologia sotto un giogo infame, e questa, svincolatasi ora dagl'ingiusti legami, cerca opprimere la superba rivale. Il danno è sialo di tulle e due, che un tempo lo studio delle facoltà intellettuali fu ridotlo a vane sottigliezze metafisiche., ed ora lo studio della filosofia si vuol restringere ad un puro gioco di orga- nizzazione. Per proceder con ordine in questa ricerca, io ciedo cosa ben fatta il fissare pria d' ogni altro i punti di contatto, che uniscono insieme le due scien- ze; e d'onde son nate le liti interminabili, le usurpa- zioni, ed il viaggio retrogrado dello spirito umano. La fisiologia fa conoscere l'organismo e le sue leggi; così fa conoscere gli organi sensoriali , intellettuali, e locomotori; e ne spiega il meccanismo: e la psicologia si parte da questo punto fier analizzare il pensiero, ma poi entra in ricerche di sua esclusiva pertinenza. La Ci- Biologia fa conoscere i bisogni, e gli strumenti, onde sentirli, e soddisfarli, come pure le varie tendenze, i vari istinti, e gli apparecchi organici, destinati alla loro manifestazione, e l'etica si parte da questo punto per guidare il morale d'ogn'individuo, oltrepassato qual puii ■ to s'impegna a sccpjire cciti doveri, a dettar certi pre- celti, dove le leggi deirorganizzazione sembra non eser* citassero veruna inarcata influenza. La fisiologia valuta l'azione de' vaii modiMcaloii sugli organi nostri , e la legislazione si parte da qui per islaLilir le regole come un popolo intiero possa, secondo le sue circostanze lo- cali, reggersi per vivere d'una maniera felice; ma poi diviene lutl'altro, e sarebbe ridicolo il voler ritrovare nelle più astratte leggi la scienza della vita. Or se questa per veder, che la psicologia, l'etica, la legislazione son fisiologia nel punto di lor partenza, volesse ritenerle entro i suoi limiti, non incepperebbe i loro voli, noir ritarderebbe i loro progressi? Ciò l»a voluto fare il signor Reguleas, e questo è il punto fondamentale, su cui disconvengo dal suo piano. Egli riggetta l'ontolo- gia perchè si limila a definire delle astrazioni. Mi piace lo scorgere dominante lo Sjjirito del positivo nelle pro- duzioni d'oggidì ; ma nel jnesente caso questo spirito mi sembra trojìpo severo. JNoi nel ri.giónare non faccia- mo ,che delle astrazioni continut^, e, come il Tracy l'ha dimostralo, astragghiamo nell'atto stesso che vo- gliamo essere il più concreti, Dietro di che sembrami sensata idea , che un ramo della scienza metafisica si occupi del modo come noi meglio potessiriìo esercitare quella facoltà, onde dalle idee concrete di oggetti par- ticolari ci eleviamo a formare l'idea astratta d(gli og- getti in generale; e del modo come potessimo mani- festare meglio queste idee a' nostri simili. Tranne certi abusi scolastici, che richiamano invero delle gravi mo- dificazioni,presentite saviamente dal dotto calanese, l'on- tologia adunque può restare, come parte della metafisica. Per rapporto alla cosmologia , non lievi riflessioni fa il Reguleas, e degne di essere apprezzate e ricevute da' dotti; ma non per questo mi sembra potergli con- cedere, che si abolisca questo ramo di filosofia, e credo miglior consiglio l'esporre in poche linee tutto ciò che di positivo presenta all'occhio l'insieme dell'universo, 1(^4 SCTENT.E ED ARTT il SUO ordine aminiiabilo , le sue leggi principali , e forse il chiudere colla ricerca della eternità, o tempo-, raneità della materia, tralasciando le vane ed insulse quistioni sul modo di sua creazione, e sul suo oUiiiiisnniO. IVon altrimenti vorrei, che fosser trattate la teologia naturale, e la psicologia. Quegli argomenti coi quali di una maniera tutta solida egli si fa a dimostrare a' gio- vani la esistenza di Dio, e dell'anima più estesamente esposti, ed aggiunti a poche, ma sane riflessioni sugli attributi dell'essere supremo, e dell'essere pensante, po- trebbero formare con tutta giustizia due rami d'ideo- logia sgombri, come il Reguleas li desidera, di tutte le scolastiche superfluità. Ne tampoco posso annuire al progetto di abolir del tutto la logica dallo studio della filosofia. Se m'appon- go nel riunire i raziocini del professore summentovato, credo poterli in questo raccogliere: «consistendo la ra- gione nell'esercizio delle facoltà intellettuali, un buon trattato fisiologico di queste facoltà contiene un trattato pratico di logica; per questo motivo essendo fusa nella ideologia non si dee trattar la logica in un luogo sepa- rato, w Ma se alcuno mi dicesse così: w la buona sa- lute consiste nell'esercizio normale di tutte le funzioni della macchina; dunque devesi eliminar l'igiene dalle mediche discipline, poiché un buon trattato di fisiologia e esso stesso una igiene pratica; w io non accoglierei con soddisfazione un tal linguaggio , ne alcuno certamente vi si accheterebbe. Ora al creder mio la logica non è, che la igiene delle facoltà intellettuali, e quindi dovras5Ì accogliere la esposizione metodica di alcune regole, che diriggano la ragione nel suo esercizio con quel mede- simo interesse, col quale sogliono accogliersi quei trat- tati, che c'insegnano il modo come dirigere su' noslri organi i modificatori in modo, che l'equilibrio non si rompa delle funzioni. Rifuggo però da tutte le sconce forme sillogistiche, delle quali il Reguleas ha ben cen- nato tutti gì' inconvenienti senza esagerarli; solamente MFXCANTCBE ig$ voglio scansare l'eccesso ojiposto di rigettare qualunque metodo di raziocinare, ridotto a modo di regola. Conchiudo da parte mia, che il lavoro del dotto pro- fessor di Catania è in sostanza molto pregevole, ma che intanto, agli occhi njiei , non va esente d'interessanti mende; che il suo merito princijiale è quello di ridur tutto a concreto ed a positivo, e'I suo principal difetto nel voler restringere la metafisica, più del dovere, col raccoglierla tutta ne' limiti della fisiologia; che però que- sto difetto è nella natura stessa, almeno relativamente a noi, che non possiamo stabilire con precisione i limiti di queste due scienze. Se in queste considerazioni ho colto il punto, o sono andato in fallo, io noi so, attendo che altri me ne av- verta; mi conforta però il pensare, che ho esposto in queste carte gl'ingenui miei sensi, ed il libero mio pa- rere avendo lodato ciò che veramente m'è sembrato de- gno di commendazione , ed avendo fatto qualche mia riflessione su ciò che non andava di pari colla mia ma- niera di pensare, senza perder niente di stima verso una persona, qual'è il signor Reguleas, di cui ammiro sempre la soda dottrina , ed apprezzo la generosa in- tenzione, Niccolò Cervello. 19^ LETTERATUKA LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Lettere di Lionardo Vigo a Ferdinando Malvica sopra una gita da Catania a Handazzo. darre i5 luglio iS33. Malvica mio Altri la natura fìsica, io vorrei indagare la morale di questo suolo, che mi vide nascere: ambe queste na- ture si slan esse sotto gli occhi di noi lutti, che ciechi o codardi nou le veggiamo, o flicciamo situbiaiite di non avvisarle. —Da Catania m'attende Randazzo, e da Randazzo il mio asilo di Ballo: vedrò gente e terre a me nuove: sentirò nuove imjoressioni, e mi varranno a destarmi dal letargo, in cui giaccio, e le dettando così nude, quanto nuda può correre le strade la verità, (che suole vestirsi, quando lascia l'oliiujìo, almeno di un velo, che adombra il bagliore della troppa sua luce), a voi le mando, fratello. Qui mi fermo e vi scrivo; ne mi fermerò senza scri- vervi. — Il mio viaggetto sarà allegro, se ha fede il pro- Terbio che il compagno fa buono il viaggio: mi soti io con Enrico Clarenza, giovanetlo di volontà, cuore e mente singolarissimi in tanto guasto di perversi costumi, che di presente dà opera alla storia dei tempi angio- vini, della palingenesi politica del I282,ed(lle guerre successive, sino alla pace generale; egli è quel dtsso di cui vi dee ricordare aver fatto cenno nella mia troppo officiosa, e infamata critica de' poeti catanesi(i). Da Catania a' miei focolari, che morte ha deserto, il tragitto fu lungo, faticoso, e gaio; poiché la carreg- (i) Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia fase, di dicembre l83a, pag. aio. ED ARTI LIBERALI 197 giala, la quale congiunge Aci a quella città, è di presso in naiglia in monte, mentre potrebbe essere di 8 ia piano. Che vi pare di questo qui prò quo? Sicilia e barbara ancora, le città limitrofe, invece di affratellarsi sempre più per connubi, avvicendar di commerci, e ogni sorta di socievoli nessi ogni bene si tur- bano, s'invidiano, solo per necessità, non mai per amore si visitano, ne dalle visite ritraggono amistanza, ma novello furore all'antica ira, perchè dai reciproci scherni non rifinano , e sono miserrimi ossessi da uà demonio, che li attossica, e rosicchia. Da tale triste condizione, vecchio retaggio, e cancro de' tempi feu- dali (che sarà spento allorquando assenneranno gli uo- mini essere tutti una famiglia, e per aggiungere a fe- licità dover essere il motto di riunione patria ed a- more^ e non altro) è provenuto che queste due flori- de sedi, da natura per sito arti bisogni colture con- giunte, i pregiudizi hanno partito; onde l'unica strada la qual meglio che altra, comodissima breve deliziosa utile, avrebbe potuto prima fisicamente vieppiù le rag- giungere, e poi moralmente; a dispetto quasi della vo- lontà dei Governo, ancora è incompiuta, e fors'anco non l'avremo unquemai; e in vece di volar le carrozze per piani orizzontali di men di 8 miglia, ad onta di ragione siamo astretti trascinarci per 17 sur una mon- tagna verso ponente, per ritornare al mare e all'oriente, d'onde siamo partiti, adontati vieppiù dallo spettacolo dolcissimo delle pianure marittime, che ne sottostanno — a che ne giovano le scienze se non ne civilizzano?... Alle ore 4 \ siamo in Aci-Reale: solitudine e son- no, una pattuglia, pochi fanali semispenti. — Questo popolo industre, abbattuto dalla fortuna, è degno di piìi lieti destini: ma il celibato estesissimo in ambi i sessi, il predominio tirannico dell'ignoranza fanatica, il non volgersi agli studi severi, il difetto di socievolezza, di un teatro, la selvatichezza delle donne, rendono ancora infruttuosi il liceo comunale, 0 l'accademia di scienze, I08 LETTERATURA e gli erculei sforzi di singolari cittadini di elevati spi- riti: arroge a questo la povertà, che s'indonna di tutte le famiglie per l'immensurabile crescente siciliana uni- versale miseria, e che prostra i cuori, e ne annulla le potenze. Da Aci a darre i campi sono ubertosissimi: l'uo- mo lottò con la natura selvaggia e la vinse: qui tutto è vita; i comodi sovrabbondano, l'agricoltura è perfetta. Questo è il giardino di Sicilia; mare, vigne, semina- ti, alberi fruttiferi d'ogni natura, boschi eterni foltis- simi, lave, valli, monti burroni e piagge d'ogni di- letto, acque e borgate e ville e casine e comuni e co- munelle sì avvicinate, che si toccano s'agvuppano, la proprietà in minuzzoli, amatissima, tutto in moto, po- polazione crescente, ogni dì feste di nozze e di batte- simo, rallegrate da strumenti ridde e canzoni, tutte et- nee, agiatezza universale , non un povero per i cam- pi , vecchi centenari che ancora si affaticano con la vanga o il pennecchio, sanità floridissima E d'on- de tutto ciò? Dalla terra e dal mare. Sì l'uomo in solcandoli entrambi con le carene e la marra, n'ha tratto tesori, occulti agl'ignavi, e dal loro seno quasi sono venuti Nicolosi , Pedara , Zaffarana , Bonaccorsi , Valverde, Viagrande, S. Antonio, Catena, Mascali, Ri- posto, Piedimonte,Liuguaglossa, Castiglione, Aci-Reale, Catania ec. e tante, e tant' altre popolazioni, che qui formano la gran famiglia degli etnei orientali, e che ne mostran vero essere stato altra volta Sicilia popo- lala il quadruplo di quanto è oggi giorno. Gravida di altissimo senno fu la favola de' denti seminati da Cadmo, — la terra dà tutto. Da Aci a Giarre, in questa placida notte d'està, i uostri villici viaggiando vansi canterellando canzoni di amore: n'abbiamo qualcuna raccolto: eccola; ili buon toscano farebbe la delizia di qualche poeta. ED ARTI LIBERALI IcJQ Vunia ewiii loiili, clii scurrissi Arretu(i) li 10(2) joiii, e ti lavassi; Vurria egsiri tazza, e lu rivissi, E vivenuu vivenuu ti vasassi(3)5 Vurria essiri lettu, e tu durmissi, Ed iu liuzolo ca ti cumrnigghiassi (4); Ma nautra^S) grazia, figghiuzza vurrissi, Essiri gioia clii 'nipettu(6) ti stassi. La taranlula('j) tessi e un sa pri cui, Sparma(8) li veli, e non li cogghi(9) mai, Passa la inusca pi li falli sui, Si 'mpidda(io) e spidda(]i), e non si spidda mai; Accussì(i2) sugnu, figghiuzza, cu vui Mi 'mpiddu e spiddu, e non mi spiddu mai: La tarautula, bedda, sili vui, E la musca sugn'iu(i3) ca(i4) c'incappai. Alfine ne avrete qualche altra. L'mguaglossa 16 luglio. Al ponfe di Menissale, abbandonando la strada pro- vinciale, rado buona, spesso mediocre, non rado pessi- ma, salgo la consolare egregia, ahbencliè erta, e la co- lonna milliaria segna 190: tante miglia sono lontano da voi, fiore degli ottimi! Trapasso Piedimonte per osservarlo al ritorno; (mi- glio 188) e in Linguaglossa mi fermo, perchè il sole è urente. — L'Etna ha già perduto l'aspetto maestoso,che mostra di fronte, e par gobbo e scontrafFatto : le cul- ture seguono le istesse; di nuovo sono i noccioleti si folti e verdeggianti che larghe falde di monte ricoprono e allegrano ; la popolazione decresce , i viveri peggio- rano, e rincarano; solo il cielo è l'istesso. — Linguaglossa è paese recentissimo: sorge nel fondo di vari monti che (i) Arrelu, dietro* (a) Li th , le tue. (3) F'asassi, Baciassi. (4) Cum- tnigghiassi, coprissi. (_!)) Nautra, un'altra. (6) 'lìlpettu, in petto. (;;) Tu. lantula, ragno. (8) S'parma, spiega, (g) Cogghi, raccoglie, (io) 'Mpidda, inviluppa, (n) Spidda, syiiuppa. (la) Accnssì, cosi. (i3) Sugn'iu, sono io. (i4) Ca, che. 30O LETTERATcnA la vallano da tramoutatia, oriente, occidente, rotti da poche valli; è tagliata cosi come caso volle ai temp feudali, che fu baronaggio di casa Bonanno: l'abitano presso quattro mila persone; V isitruzione pubblica , proietti, l'ospedale trascurati^simi; chiese, frati, preti pie dotazioni in copia; alla educazione pubblica sono ad dette once 7 all'anno: ed è ben giusto, co' risparuiì s meliora la Iristc condizione comune: oh quanto a pro- posilo la recita delia novellata morale del Gargallo sul- l'educazione! Visito l'ospedale: sull'ingresso è questa leggenda: 16 1 2 Segnorino f^ecchio fundatore di que- sto hospidale: gli anitnalali vi stanno come porci in bra- go, il puzzo è lale d'ammorbare i sani, ha di tutto difetto. Io strame in cui giacciono non vale il leta- maio del pezzente Giobbe. I proietti, le prigioni?... Peggio. — Paoliiii, francescani, e sin quei del triste poeta e buon santo d'Assisi Giovanni Moriconi, che chiamava fratelli, il sole, la luna, il vento, il fuoco, e sino le serpi, vivono lautamente la vita. Nella chiesa di quest'ultimi frati è un tabernacolo di legno, opera di Pietro Bencivinni da Polizzi , co- mincialo li 20 agosto 1708, e compiuto nel 1710 che alla baronessa S. Carlo di casa Speciale da Nicosia do- nante, costò once 100 (somma equivalente al ca])itale, il di cui frullo annuo è destinato alla istruzione d) tutta la comune! ), ed è opera tra le mirabili preziosa. Essa è partita in tre palchi; il disegno pule de' modi del Borromini; ma ricca di busti e slaluelle palmari di santi, profeti, virtù, cappuccini, e di ogni maniera ornati, e rabeschi e anifliali da stancare chi volesse nu- merarli, e da contentare i piìi sperti in arte per la maestria di come sono condotti. Un S. Giuseppe e un S. Antonino mi parvero sì perfetti e trabelli, che li desiderai locati in un gabinetto artistico^ e mi son certo che il nostro ottimo Gallo li maraviglit-rà in li veggendo, e proclamerà Iattura superiore alle forze dei suoi Baguaschi. Tanta perfezipne di scultura tra i bo- ED ARTI LIBERALI 201 sdii de' nevosi NebroJi, in secolo di decadenza per Tarli, fu un problema per me, che a solverlo mi porse la chiave il pensare essere quelle catene di sperlicate montagne in Sicilia, e che nulla è arduo al genio de' Si- ciliani d'ogni bello o trovatori o maestri. Notevoli al- quanto più del tabernacolo cennato, sono alcuni teschi di morti, spensolanti su le grate dei confessionili della raadrice chiesa, alle qtiab non è dato accostarsi i fe- deli, sensa essere respinti dall'orrore e ribrezzo delle tombe, ne posson confessare i peccati, sfuggendo quel- l'aspetto e quel coiitalto, che sur i teschi urtano gli occhi, e la fronte. Costume barbarissimo di stupida e fejoce tinta di pietà. Randazzo iy luglio Jeri all'ave, percossi da un rovescio di pioggia, che ri- versavasi a secchie, toccammo la gotica Randazzo. — La- sciata Linguaglossa, ne immergemmo ne' fronzutissimi noccioleti, che la coronano, làcendone più sempre di presso alle pinete etnee. Trottando nel mio sterzo ne si oiirivano all'occhio scene bellissime e affatto diverse: qui i'Onoboia, che con larghi serpeggiamenti al mare s'avvia, lì a destra sur un poggio Castiglione con a' piedi Francavilla, ove fu combattuta l'ultima bat- taglia tra gli stranieri per il possesso di questa non donna di provincie^ ma Là Malvagna sur una eulta eminenza, che sta a cavaliere al Mojo; ed a man- cina, qua Mongibello orrendo nel sublime della sua mae- stà; più su a destra Tripi l'antica Abaceiia, e in fondo fra le creste de' monti la metallifera Novara : a noi d'accosto salutiamo la Cuba^ tempio sacrato a Veneie dal popolo di Tissa, che per le parole di Tullio, vinse di venti secoli il silenzio, e sorgeva nei campi di Mal- vagna . La carreggiala costeggia i margini del territorio vul- C'iaico; onde a sinistra tulio e dal l'uoco, a destra tulio i4 20:i LETTÈRATUn.V jiiodoltu dall'acque; fjui lave, là conchiglie argilla; fjut campi mri, riiivcrdili riccamente d'ogni maniera d'aU Leri, vigneti, cereali e piante da bulbo, da baccello; lì campi binili biancastri: la strada e l'Onobola sepa- rano le colture, la natura delle terre, e divisano i co- stumi: qui si veste all'etnea, li alla messinese; e sino i dialetti hanno diversità, e massima ne hanno le pro- nunzie: questa è valle di Catania, quella di Messina; ma dal territorio di Giarre in avanti è diocesi dili'ar- civescovo pelorilano. Ancora parecchie comunità, e tutte quante le valli, non hanno unico centro per gli affari ci- vili ed ecclesiastici: cosi fra le altre e Caltanissetta sot- toposta al vescovo gergenlino, per cui l'istessa popolazio» ne per gl'atti civili dee aver ricorso al tribunale di una valle, per gli ecclesiastici al vescovo di un'altra, e sì pure pel sacerdozio, per le monacazioni, per lo sciogli* mento dei inatrimonii, per le dispense ec, e vedi che guazzabuglio, e che carteggio, e che viaggi, e che dop- pie spese dee soffrire la povera gente, se a Dio si lega, se nasce, se muore, se vuol l'amata donna sotto le col- trici justa jorinam concila tridentini! Il gran conte Ruggiero partì Sicilia mezzo all'araba, e mezzo come la guerra, 'e la politica gl'indisse; ma in 800 anni non si è dato in questo un passo in avanti, o si è dato smuc- ciando. Oggi il nostro Governo dà opera a correggere questo male ; ma se non saranno 7 i vescovi con un solo metropolitano, residente in Palermo, non otterrassi la semplicità desiderata e necessaria. Randazzo ancora non l'ho osservato: jeri lo tra- versai da un capo all'altro, cioè da Porta S. Maria a Porta S. Martino., ov'è la locanda: posso sol dir- vi essere gli edifizì per la piìi parte di lava nerissimi, come fossero case di carbone, le vie torte, il pofìolo rado, i frati i preti a dozzine, la città murata con molte porle, o buchi, (dicono essere 12), senza battenti per la più parte, e quelle mura, e i loro merli, che stanno in lenlenue, per riverenza di chi li guata s'iuchiuano e ED ARTI LlBERALt 10^ capilonibolano, e basta una spingarda a mandarle giù a baciare il sen della gran madre antica. L'albergo, ove abitiamo, è di buone mura, cattivi mobili, e pes- sivo servigio; chiedo calamaio, e carta chi sema ììutara? mi risponde una figura, che il prevosto di Fie- sole avrebbe scambiata, per la Ciutazza di monna Pie- carda; un amico me ne fornisce; ma son costretto sug- gellare le lettere con pane e zolfo, perchè non v'han- no ostie vendibili in tutto il paese. Passata la notte n\ compagnia delle filantrope creature, che allegrarono le viyilie del Baretti a Ciiitra in Portogallo, stamane corro a visitare quest'araba terra. Altra 18 luglio a 4 ore della notte. Ora vo' proprio rovesciare il sacco! Non potete immaginare quanto ho raccolto oggi, ama- tissimo don Ferdinando: ma non son mica sazio, di- ccane da capo: dato il terzo alla maledetta locandiera, tutto solo dò una scorribanda pel paese e m'imbatto in un Ruggieri, antica mia conescenza; con questa guida cereo, e trovo l'arcipiete Giuseppe Pibmari Emmanuele, la più dotta persona e gentile ch'io abbia qui cono- sciuto; e con lui tanto giro, e rigiro, e ciarlo e noto, e leggo, che posso significarvi le più recondite cose di Randazzo. Fatevi ad ascoltarmi. E credenza de' Raudazzesi, (come sostengono Fran- cesco Onorato Colonna de' duchi di Cesarò , il quale nel 1733 scrisse idea delle antichità di Randazzo m. s. conservalo da' cassinesi di Catania , e l'arciprete Plu- «lari nella sua storia municipale, che generosamente m'ha concesso di leggere mauuscritta), essere state qui di presso Tjracia 0 Tryracia., e Tir,icina sorta dalle sue rovine nella contrada di Ciaranibella; Tissa di cui sopra vi ho detto; Demna o Demona da cui fu il vaile cognominato presso il feudo di Cuzzardo; yilesa 20c| LETTIRATLRA o Jlesinn medi terranea, ov'è Rnndazzo nuovo; Tricola o Triocola nel Icrriloiio di Deinna bianca e Turano; il suo teali'o era inlalto sino al 1420, quando fu da Alfonso donato a' fiali di S. Maria di Gesù. Nella terza guerra servile furono tutte distrutte , e Della nova Triorala riuniti i dispersi popoli da Cesare 0«ta viario. Origina Filoteo il nome della città da 77- racia altrimenti Tiraciuin ^ d'onde Randncium : ma son certo che i noslri arabisti lo troverebbero di eti- mologia saracina, Triocala ebbe vescovi forse sin dal primo, ma certo dopo il quarto secolo dell'era. Qui iu (Hebus illis per la fortezza del sito, per la vicinanza di Messina, per le foreste di Mongibello, i principi noslri quasi lutti ebbero temporanea sede, le più illustri famiglie damicilio, e la nazione si è in parlamento adu- nata. Gl'imperiali da Carlo V lasciati nella Goletta nel )539, fuggitisi in arme, sacchcggiaiono Randazzo, gli aicliivi ne incesero; la moria negli anni iSyS 76 e 77, le tolse 36 nìila abitanti; il tempo, e più l'igno- ranza con tutta la genia, che la segue, e serve, l'iiaa ridotto uno scheletro; ma per darle il dovuto devesi confessare essere le sue ossa ancor degne di altissima con- siderazione, — Due altre parole sul generale: — qui chi non cibasi di pecorume, può mojiisi meglio che Ugo- lino nella torre di Pisa, e la carne di quelle male be- stie vai quanto il manso nell'oriente dell'iillna, e quan- do nelle grandi festività Dio concede a' miseri il man- so, costa quanto a Paleinio. L'oltimo Palineri (juante riflessioni, che come scintilla scoppiano da rovctite ferro, battuto all'incnduie, non farebbe qui so[)ia? V'ha mi teatro, ma chiuso; ma e meglio delle città, ove nou ve n'ha ne chiuso, ne aperto. La rendita pubblica è couiposta di un credilo con- tro lo stato di pochi censi, di dazi sul consumo; non tutta si esige, ne aggiunge gli esiti, e però la comune ogu'anno accumula debili. La pubblica istruzione è fio- rente, come in Linguaglossa: l'ospedale e chiuso allhllo ED ARTI LIRERAI.I 20J ])(;r risparmio, i proifHi ne nnioioiio quasi f{u;ui li ne nascono. lu mezzo a tanta vandnla barbarie sono cnltc, e gcìitili persone, educate in Talei ino (mi scm- Liano le eiisi del deserto); e tra esse è culiissiino l'ar- ciprete, dei quale farò sempre l'elogio, e un, la Piana canonico, e un Vagliasindi baione, e parecchi altri: Dia loio accresca volontà e vigore ad elevar la lor patria tristissima, e tornarla alla ])risca civiltà e gloria di f(uan- do sotto l'aragonese Federico versava il s;ingue a bene- licio del regno, e aieritava assemblarsi in parlamento Sicilia utlla sua chiesa di S. Nicolò. Come passeggiando Pom-pei ritorniamo con la nieiito ai tempi di Roma, percoriendo Randazzo, ne pai' es- sere a (juei del mille al i3oo e solo raaneanvi gli uo- mini armati di daghe, e vestiti di ])elle, e d'osso come Beliincion Berti, e le insegne dei bianchi, e de' neri a cre- deilo vero; poiché gli edilìzi, pochi tranne, son tutti di quella forma, e stagione. Oiidunque icudi con arme gen- tilizie di antichi baroni, archi acuti nelle volle, nelle porte, nelle finestre, puntellali da colonnette sottilissimo cilindriche a spira con capitelli di svariate sveltissime for- me, lavori di traforo, iscrizioni coeve alle cóse, e così via. Le mura della città sono del mille n;ttoppale in se- guito, ma oggimai abbandonate allatto. I iiibbricati no- velli ritraggono alternativamente dalle maniere di Pa- lermo, e di Catania ; ma non tutta la città segue un modo : in quel misto mi gode 1' animo il non vedere la così detta pietra bianca di Siracusa, della quale noi sfoggiatamente usiamo in vece dei macigni volcanici ; mentre fuso, anzi l'abuso di essa, ne rendendo tributari ad altro jiopolo, ne fa scegliere sconsigliatamente quel calcare, che non vale all'ornato, j)erchè in poco la ^ inuflà, le pioggie, i licheni l'annerano; non alla solidità perchè in se stesso fragilissimo, e perchè noi l'altac- chiamo in sottili lamine al muro. Molti fabbricati d'Aci, e Catania con calcare sira- cusano, non vogliono per solidità, maestà e bellezza; lu 2o6 lETTErw\TtiRA sola chiesa di S. Maria di lìauduizo d' alto in liasso edificata con dadi senza cemento, e con colonne di un S6Ìo pezzo di compattissima lava. Se io mi fossi archi- tello vi terrei un ampio amplissimo ragionare su la co- struzione interna , ed esterna di questa chiesa; ma la povertà del mio sapere scusa il silenzio. Vi assenno solo fjuella mole elevarsi con imponente massima gravità, e sveltezza, T artifizio essere sommo, e meritevole di servire di esempio a tutti i fabbricati di paesi nati so- pra le spalle dell'Etna. Il suo fronte e campanile di pietra calcare sono_araho normanni; i secoli l'hanno scassinato e corroso, e sembrano inresoluli da qual lato rovesciarsi, aspettando quasi il consiglio dei venti. I ca- nonici credono quell'antica opera anteriore al quinto se- colo, perchè prende aspetto della tribuna destinata in ffuella stagione ai pubblici penitenti; n)a la sua strut- tura e architettura affatto arabo normanna, l'iscrizione Magister Petrus Tignoso me fecìt in pietra arenaria, ancoia legibile, quel titolo, quel cognome, sconosciuti in quel secolo, non mi fanno ingozzar questo grifìò , che rostro e artigli mi si attaccano per l'esofago. Il Go- verno ha disposto la sua riedificazione; ma Dio tolga da noi la vergogna di veder seguito l' esempio della riedificazione dell'interno di questa chiesa, il quale era pur gotico, ed oggi è bestialmente barocco; e anzi mandi un buon sogno della porta di corno a quel sere archi- tetto, gli togliendo il ruzzo di farsi novatore: per me, in ciò unanime con tutti i più dotti e s|)erti, lo con- siglio a seguir l'operato della nostra R. Corte nel ri- costruire il duomo di Monreale, e l't'sterno di quel di Palermo, conservando così a Sicilia gl'invidiati suoi mo- numenti, i quali per l'epoca, ii> cui nacquero, sono pre- ziosi quanto quei di Selinup^e e di Agrigento per l'epoca greca. — E voce che un Lanzarotti architetto militare, abbia ricevuto incarico di conservare a' jìosteri quella preziosa reliquia del medio evo: ed io lo scongiuro a .serbare l'antico, che non ne può esser più dato da' mo- ED ARTI LIBERALI 20^ derni, invece di rovesciarlo per innalzarvi un monumen- to leslJiiiouio del suo saj)Cfe, del quale ha Sicilia. paie«s- cliie prove nelle sue opere, e può, quando che voglia, ajipalesarlo negli edifici di novella costruzione. Qui non si vuole ch'egli o altri innovi, ma solo conservi; guai se innova; il ìidicolo e la maledizione de' posteri lo jHuiiranno. — Scolpito sopra una lapide volcanica ester- namente sottoposta alla sagrestia leggesi: ANNO DOMINI MCCXXXVIIII ACTUM EST HOC OPUS. Questa madre chiesa, per donazione di una Giovan- nella de Guadiiis, morta nel i52/|, insieme ai suoi ca- noci, cappellani, amministratori, è straricca, e di quella pia conservano tutti i mobili, vestiti, utensili, come ar- mi, selle, ec. che nelle mani di Walter Scott, o di qualche suo imitatore, sarebbero un tesoro da fargli con- sumare un fiasco d'inchiostro; ma io non fo motto che d( 1 suo libro di contemplazione. Le nostre dame d'al- lora, in queste nevose creste al certo non volevano lite con l'abbiccì, e la ottuagenaria Giovannella , per non sapere leggere, contemplava un suo libretto d'avoiio figurato nella coperta di bassi rilievi, e nelle pagine di pitture di sacro argomento; così alla scrittura sup- pliva la semiologia. Questo libretto è degno di nota, e lo raccomando al nostro dolcissimo Gallo per la sua sto- ria delle arti siciliane. Qui sono notevoli un avanti altare d'oro e perle piccole, uguali, tersissime, ammucchiate lì come grano in aia. Una magna custodia argento tutta; è dono di Pietro d'Aragona del 1283, un'incensiere, una pisside, un calice di forma greca, ricco di antiche niiniatuie a smalto, un Gesù in croce di Giovanni Van-IIonbracken fiamingo, un S, Lorenzo, un marti- rio di S. Agata, attribuiti ad Onofrio Gabriello, un S. Sebastiano del iGi/j, attribuito a Daniele Monteleone, pittore a me ignoto; e sei egregi dipinti del nostro Ve- S08 LETTEIìATrR\ lasques, fìgiiranli una sagra iàiiiiglia, l'arinunziazione, r assunzione, Maria che vico coronala in cielo della triade, i martiri di S. Andrea, e di S. Filippo e Gia- como. Le parole e le immagini le più calde scolpite lucenti, sarebbero carboni spenti a fronte al vero, se adoperar le volessi a descrivere quelle tele: che manca al Velasques? Qui egli è Guido, Paolo, Michelangelo, BafTaele, e non oso dire di quanto avvicina quei solenni archimandriti dell'arte. — Bla oh Dio, come gli uo- irjini a tutto potere s'afFacendano a far tosto perire quei peiituri monumenti della nostra moderna gloria! Il quadro dell'y^i'e Maria è bucheralo; sulla manta d'un priucipal personaggio del martirio di S. Giacomo scende di sole raggio, quasi da specchio ustorio, che n'ha li- quefatto il colore, che s'è fuso e sparso per Io dij;into e Cn sopra la cornice. E due soli di quei quadri fu- rono in giudizio valutati once cinquemila! — In questa chiesa era un' Assunta, opera del 5oo sopra tavola di mirabile bellezza ; ma perchè vecchia buttaronla giù in umida 'chiesipula a infracidar presto, abbenchè la pertinace ancor si regga gaissima contro i tarli e la muf- fa, e alfine per disfarsene converrà adoperare il fuoco. — Vedo ovunque ardente bramosia di creare, e sprezzo insensato di mantenersi llorido il bene con ogni cura ottenuto. JNoi siamo un indovinello a noi stessi. ig luglio a i5 oie. Le carceri io non so visitare un paese senza versare una lagrima su le case di l'orza: l'orrore, la melanconia di quelle mura hanno un'arcana eloquenza pel mio cuore. — Queste sono un fortilizio del medio evo — tetre fuori, come entro: sulla porla è una grande aquila di marmo bianco; sono deserte: = quell'aquila abbandonata , quello spaventoso silenzio , quei ferii , quelle catene non parlano un linguaggio, che ravvicina più idee, più passioni, più secoli? ED AP.TI I.IPERALI D.Og L'atrio itcoikHIo dilla lortnra, i macigni per attor- cervi le corde, l'altissimo perno dello carrucole, tutto è vivo: dalle mie ossa salendo un fjcmito mi ricerca l'anima tutta, che conturbata riposa sulla immagine €li Beccaria, che vien l'ultima, ma la più dolce e ciua. — Cavati nell'umida pietra, su cui sorge l'ediiicio, sono tenebrosi sotterranei ])ertugi, che furono stanza agl'jm- putati: non sono cinque palmi lunghi, quattro alti: ai rinchiusi era negalo tutto, sin l'aria: concedeasi solo dalla pietà feroce un tozzo di pane, un bicchier d'ac- qua Poteansi scolpire su' catenacci, che li chiude- A^ano, le parole di morte della città dolente — fuggite ogni speranza. E poco che si aperse una di quelle buche; vi si rin- venne incadaverita una monaca forse imjiutata di sortilegio Ma come morì? chiedeva nel mio rac- capriccio al custode — se la scordarono forse; — forse! E si scorda vivo sepolto un'essere, il quale ha diritto alla vita quanto i malvagi stessi, che ivi lo chiusero ed ha grandi diritti alla pubblica coiiipassioue, perchè era infelice! Ricuso visitare la camera dei teschi (cannnira di li crozzi). — Ho bisogno vivissimo d'aria e di luce: ascen- do il palco superiore: respiro. — La vastità de' campi e del cielo mi solleva ; abbasso gli occhi sur un in- volto di cenci luridi di sangue : è il cadavere di un neonato, figlio dell'incesto, vittima del parricidio: il pa- dre lo ebbe dalla figlia, e nato lo diede di sua mano alla morte. — Questo gruppo di misfatti mi fece rab- brividire di raccapriccio: vedete quanto siamo civili! Quella nefanda azione mi richiamò l'idea della pena: tutti ignoravano l'esito del giudizio, e son pochi anni che fu il reato commesso ! — Non io delle pene capi- tali; ma perchè non subite, e non espiale nel luogo, ove si delinque? La tardità dei giudicati, l'eseguirsi le condanne ne' capovalli, ove s'ignoiano i fatti, rende di niuno elfctto l'ttiempio per il popolo, abbisognevole 2 IO LKTTKRATCRA di correzione; i paesani del reo lo ligiuirdano come ito altrove, i cittadini del capovallc comniiscMano l'ignoto. Sarebbe utilissimo tutte le condanne ca[)itali eseguirsi col primo grado di pubblico esempio. Nella mia patria non raro si delinque, e sono baldanzosi i tristi: ne una pena si espia in Aci da' non assolti, ed Aci è città fra le costumate costumatissiraa. ■A due ore di notte TI nome di Vincenzo Gaggini mi condusse alla chiesa di S. Nicolò, e meco avrei desiderato l'illustre storico di quell'illustrissimo scolpitole. Quando fui di fronte alla statua, grande quanto il vero e sedente in abiti pon- tificali alla greca, escita dalle mani di quel nostro con» nazionale, maravigliai sopra tutto i panni e l'aria della testa e gli estremi e la nobiltà impressa alla figura. Attribuiscono i canonici di quella collegiata a Vincenzo i bassi rilievi del ciborio ; ma io li reputo opera dei suoi scolari. Un'altra statua, (juanto il vero, di lui Hit- lura è nella capella di casa Fisauli, entro la chiesa di S. Maria di Gesù; ivi egli con forme, certo attinte in Paradiso, animò N. D. con in braccio il bambino sì vez- zoso, sì vivido che simile non uscì forse dalla mano di qualsivoglia dei greci padri. Ambi rpiesli lavori, come le madonne di Buccheri, e di Misterbinnco, non sono dal Gallo registrati tra quei del suo elogiato; onde io lo sollecito e consiglio a mozzar le lui;ghe, e visitar Si- cilia di palmo a palmo , e satisfare finalmente il co- mune ardentissimo voto di aver da lui una storia ge- nerale delle arti fra noi; storia ch'egli solo fra i vi- venti siciliani ha nerbo da compiere decorosamente, se attiverà fervoroso gambe, occhi, e braccia. Rimpetto alla statua del Gaggini è un crocifisso in legno, opera del 5oo: ne ignoro l'autore, uè lo battezzo per non ledere i dritti al pievano: non è opera volgare. In questa ex-cattedrale di S. Nicolò era un campanile ED Ar.TT MINERALI 211 vetustissimo, clie meritò eia Carlo V imperatore, vi- silaiicìo Raiidazzo, c.ìteiiarsi a spese nazionali, ma infra il (ioo l'ignavia de' nativi il f'e' perire, ed oggi nionu- meuto di liberale sapienza del principe, e di non so che pei Randazzesi esistono solo quelle catene. Nell'om- torio delle anime purganti della stessa chiesa è altro crocifisso, attribuito ad Onofrio Gabriello. Di fronte a questa chiesa nel centro del piano, che le si apre in- nanzi, sorge una marmorea statua di Randazzo di reo disegno e scultura, ed è bello non riguardarla, non ra- gionarne; tanto è meschina e goffa. JN'eU'altra collegiata madrice chiesa di S. Martino, (qui v'hanno tre collegiate madrici chiese, sei conventi, tre monasteri, e non un liceo!), sono notevoli il campa- nile gotico, tredici piccoli bassi rilievi nel frontespizio della chiesa: il battistero, il fonte dellacqua lustrale, il ciborio di marmo lavorato di traforo, e l'altare con- simile, che scommesso sta là in una buia carnei accia, ammonticchiato in pezzi, (e in sua vece si vede un mi- serabili; altare moderno, e veramente gretto, di marmo taorminese), una croce dono di Pietio d'Aiagona. Un'ad- dolorata appiè della croce con Gesù estinto su le gi- nocchia, pittura di presso quattro palmi sopra pietra, e forse a tempera, coeva ad Antouello; una nascila tk Maria soj)ra tavola, della quale se si voglia onorarne l'Anemolo, il costui nome vi merca; un angiolo custode attribuito ad Onofrio Gabriello, e un dipinto comico sacro d'ignoto, indice luminoso della latitudine delle zucche, che lo commisero, ed eseguirono. La tela figu- ra la celebrazione della messa, e gli eflietti mistici del sacrificio: in avanti è un morto sul cataletto in abiti da battuto, e molti fedeli in varie attitudini; aj^presso è l'altare col sacerdote in atto d'elevar l'ostia, e neil'istes- sa linea il purgatorio, e tra i vortici delle fiamme le anime, che si bruciano; ma quella del morto è da un'an- giolo ghermita, che più in aito in un'altra scena la con- duce a Maria, la quale nella quarta linea la presenta 212 LETTERATURA a Dio,, arcoin{Mgnata dagli angioli, e poi nella quinta ve- duta vassene in Paradiso. l edete il quadro di Lazzaro^ vi diranno tutti giun- gendo in Randazzo: anch'io lo vidi, e lo amuìirai; ma sovr'csso ho da notare alcun che — non pochi quadri qui sono attriliuili ad Onolrlo Gabriello, tra i quali è il Lazzaro risuscitato m questa chiesa di S. Martino; ma sono quasi tulli di stile, disegno, colorito, impasto e scuola diversi, e perciò sicuramente non sono opera sua tutti quanti. Se la memoria non mi tradisce, il Ga- briello da padre medico nacque al G isso vicino Messina liei 1616; fu scolare del Barbalunga in Sicilia, e in Koma del Pussino e del Berrettini: il suo stile fu spesso iiiani( rato; ornava le sue figure di nastri, merletti, gioel- li; fu singolare per l'armonia, l'accordo, la leggerezza delle sfumature; e finalmente dopo di aver peregrinato in Francia e in Italia, perchè prese parte nelle verti- gini politiche del 1674 morì in patiia a go anni: que- sto rapporta il Grosso Cacopardi nelle meniorie de' pit- tori messinesi; ma gli eredi di lui, che qui vivono, altramente aflérmano — Roberto Gabriello e Sardo me- dico come il padre, e fratello d'Onofrio, s[)0^ò il 2 di- cembre 1657 Giovann' Agata Citai otto da Randazzo, l'anno appresso iG5d Roberto vi chiamò Onofrio, e qui dipinse l'angelo custode replica di quello eseguito nella chiesa del convento dei Minimi di Messina, il Lazza- ro in S. Martino, la wS. Agata, e il S. Lorenzo in S. Maria, il crocifisso nella congregazione di S. Nicolò, il Rosario nell'oratorio annesso al convento di S. Do- menico, e quattro evangelisti figure pussincsche; che Onofrio convivea ancor col fratello nel 1679; e che Filippo Romeo erede di Giovanni Gabriello, nipote d'Onofrio, legò morendo il Lazzaro alla chiesa di S. Martino col peso di eseguirgli gratuitamente i funerali. Da ciò ne consegue o non esser vero che il Gabriello dopo il 1674 t-'i'^ fuori del regno, mentre sino al i^>7<) dimorava in Randazzo, o essere di certo erronea una F,D ARTI LlEER.\Lr 11 } delle due asserzioni; che il quadro di Lazzaro tu ' nel nulla, e per maggior lori» datino non avvisano tutti il baratro, di cui nell'imo iuiido ii giacciono. B;ista con- templare i monumenti artistici, le fondazioni ecclesia- stivlie, gli edilizi dei vari secoli, per avere una storia eloqueiitissima dell'andare dello spirito pubblico in uue- sta parte di regno. 2 1 luglio. Nella mia stanza qui lio notate parecchie iscrizioni con l'aiuto del Plumari arciprete; ma peichè tutte mu- nicipali, non le trascrivo. M'ha colpito nel venir qui aver in poche ore incontrato piij di 3.o vetture, e ol- tre loo carri, che muovono da Catania per Messina, e da questa per quella città, e in cinque giorni son da Kandazzo passati io carri soltanto; dei quali quattro con bozzoli, due con poponi, uno con caci, uno con ferro, e due vuoti, e una sola carrozza! La spesa di tante centinaia di migliaia d'once per costruire sopra i monti occidentali dell'Etna, la consolare è slata forse di pocc utile? Non oso afìermarlo : ma qui lutto è inerzia, là tutto vita. Sì tutto ivi è vita, e il paragone mi fa piìi cara la lena ove nacqui, e per avvicinarmele con la fantasia, non lo potendo per tutto questo giorno di persona, vi ripeto le canzoni vernacole, promessevi, raccolte dalle labbra stesse dei montanari dell'Oriente Sicilia. I. SuUa 'a'arcu d'amuri faUruvai(i), Amala sciamma(2} di li hruani nizzl(3). Di Tura ca U vati m'allignai, Mi dasti a lu me cori cuntinlizzi; ]Nisciu(4) lu suli e t'addianau(5) li rai, La luna n duiiau li so j;mcliizzi(6): Salutari t'avia mi lu scurdai Pii tarjtu taliari(7) ssi(8) biddizzii (l) T'aUvuvai, li Irovai. (i) Sciamma, (iainina. (3) Briwiii trfzzi, bion- de Ir. ecc. (\) NÌMu,l]scì. {^ì)A(Ii/uiiMu,AccciC. ((i)i/«/ic7iiizz', Bianchezze. (7) Taliari, Gu;u'dure. (8) óV/, Colente. 2l6 LETTI.RATL'R.V IL A la (lii?slra nun ti cci afFricciari, Ca l'omini di peiì'i fai juuiiri*, Ssa brutiua trizza non li la slrizzaii (i), Facci 'iia rosa e lussala piiiijiii('2). "Veni lu veiitu, e la fa snampin >ii(3), E chiù di roro la fa slrnluciii (4): Bedda qu;iiinu failiicci e stai a filari Cu rocchi li to amanti li li tiri! III. Villi vulari 'ii'atjuila 'ntra mari E l'ali mi paienu(5) li lo Irizzi; Aju saputi! (6) ca ti l'hai a laggiiiaii(7), E chi voi dati a Diu li io biddizzi". Ti preju raunach?dda non li laii; Si monica li fai ccliiù focu atlizzij E qu^li santu lu pò suppurlari Di stari 'ulra(8) la sala ssi biddizzi? IV. Si (ulta d'oru, li pedi d'argenlu, Fumana di biddizza ed albirintu, Lu lo pittuzzu è veru muuutnenlu, Porli pelri domanti (9) a lu to cialu(jo)', Occhi di ^ioja, la yucca è strumenlu, Li denti perii lu visu dipintu Si chiù b'^dda d'un suli quannu n^sci, Unuj(ii) isti(i2) a biddizzi, portauiicci. VI. Si facci (1 3) d'un'avoliu abbusciafu, Gigghia(i4) di 'na curdedda(i5) livanlina(iG), (1) Strizzar!, sirinare. (2) Pì/I7ìi'7«, Pendere. (ì) Spainpinari, Spampa- nale. (4) Atì'uluciri,risTplendeie. (j) Pdnnu, ,<;cinljrav.iiK). ((ì) ylju saputa, ho iriu-òo. (7) Tat^ghidvi, rtnd.io. (8)'iN£ra, denlio. (()) Doiiiaiiti , di.i- Dianti. (io) Ciiitit, cintola, (ii) Uniìi, dove, (iv) Isti, andasti. (i3) iS'i Jiiuci , MÌ facriu. (1^) Git^i^hia, Cijjlia. {i f)) C urdedJa , piccolo nastro. (16) Livuiitina, di Levante. ED ARTI LIBERILI 317 OccKi cchiìx(i) vivi d'un celu stifldalu, Nasidclu(2) di 'na 'niilica cannila (3), Vuccuzza (4) di un ane^ldu sigillatu(5), Coddu(6) di 'na cnirabba('7) cristallina, Peliu d'oru, ed aigeiitu arraccainatu (8)j QuHnnu la tua piisentia cainina Scarisci(9) rariu(io) sidd'è(ii) annuvulalu. VII. Ce" è lu pitturi ca si metti a cianriri(i2) 'Na beddà comu lia oun polli piacili viir. Stralucili cchiìi vui di 'na finici E notti e jornu v'adduiiiu la lampaj Biuidiltu dfJu(i3) maslru ca vi fici, Ma quannu fici a vui persi (i 4) 1^ stampa. IX. Si facci di 'na carta allegra visu, Si bedda ca ti ficiru li fati; Ninfa cullala (i 5) di lu Paradisuj Sì cumpagna di l'ancili beati: Cui voli rosi veglia a lu lo visu; Cci Dn'è(.6) di tullu teinpu spampinatij Cui nun t'ha vistu mai lu paradisa £edda vui 'atra ssu peltu lu partati. Quest'è la lingua in cui Atanasio d'Aci dettò la sto- ria della venuta eli re Giacomo in Catania nel 1287, la lingua di coloio che fuiou primi, e qui è tale e tanta fantasia ed evidenza, e luce d'immagini, cb' io ne disgrado qualsivoglia dei poeti antichi, e v' hanno (i) Cch'-ù, Più. (pi) Nasiddu, Vezzeggiativo di naso. (3) Cannila, Can- dela. (4) yuccuzza, Vezzi ggiativo di bocca. (5) Aneddu sigillutu, Anello «uggellalo. (()) Coddu, Collo. (7) Carrubba, Caraffa. (8) Arraccamatu, Ri- camato. (i))Scarisci, Divien chiaro, (io) Z'an'H, L'aria. (\iSidd' è. S'e- gli è. (i2)C'/a/iCir/, l'iangere. (i3) Z)(/«, Quel. (i^)Pem', Perdette. (i5)Ca- Lata, IJistesa. (16) Cct mi' è. Ve uè sono. »4* 2l8 LETTERATURA pensieri die abbiamo tanti secoli riputato originali dei classici italiani, e son patrimonio nostro. Merilano brcvu tomento, ma lo farò cpiando con altra mia vi terrò pro|JOsito dei poeti rustici^ dei quali vò raccogliendo notizie e versi; e se un giorno vedranno questi com- ponimenti la luce, per fermo saran meno in voce i canti rustici delle altre contrade italiane, di cui tante rac- colte vengou fuori in questa stagione: il nostro genio è iérace al pari del nostro suolo, sublime come l'Etna, luminoso come il sole, che ne rischiara: uè v' ha cui lo vinca in natura solo in arte in questi trali- gnali tempi! Piedemonte 22 luglio Date le spalle a Randazzo qui mi sosto un istante; ho percorso la terra; ma se ne traggi le carceri del- l' ex-barone, nulla hai da sogguardare anche di volo: ti ristorano, in manco di artistici monumenti, polle di acqua salubie, l'aspetto di fabbricati di nuova co- struzione, la miglior condizione dei viveri, e più che altro la vista del mare, e di tutto il littorale da Taor- mina ad Agosta, e delle Calabrie, che come per in- canto li sojgono innante = state sano. Tutto vostro LlONARDO V IGO. Inni Sacri del C. T. Mamiani della Rovere. Na- poli dai torchi del Tramater i833. Un piccolo vo- lume in-iG di pag. 87. Terenzio Mamiani della Rovere è nome caro all'Ita- lia. Egli mostra al presente in Parigi unitamente a Libri, ad Orioli, a Pellegrino-Rossi, che di benefiche: En ARTI LIBERALI mg e fruttuose piante non è scevra la bella penisola, e che tuttavia è madre feconda di non degeueri figli: l'Ate- neo della dotta capitale della Francia è lieto di aver Maraiaui nel suo grembo; e le sue lezioni di filosofia italiana sono ivi ascoltate con grande avidità, ed enco- miale: lieti plausi, che ci vengon tramandati da quei pubblici fogli, coronano le fatiche di quest'uomo illu- stre, ed egregio lo gridano pel modo come legge la scienza non solo, ma eziandio pel magistero col qua- le ne desume l'applicazion morale, che di essa dee farsi a dì nostri; e di quella, che gli avi nostri ne feano: conciossiacosaché presentando ne' suoi eruditi dettami, a guisa di tanti separati quadri, lo stato intellettuale e materiale degl' italici popoli, e le istorie narrando di essi dice in qual conto cotestoro tennero la scienza, qual incremento ebbe essa appo loro, quali furono le varie sue condizioni , quale il progredire , apprestando cosi le ragioni d'onde ne deriva in ogni tempo la continua supremazia dell'Italia pur'ancora in questo severo ra- mo dello scibile umano. Alla cultura di questa ardua disciplina unisce ezian- dio il Mamiani quella delle lettere amene, e della poesia in ispecie, e questi Inni sacri mostrano pienamente, che pura e limpida, che non mai, fu l'acqua ch'egli attiuse al fonte d'Ippocrene. Nessuno, per quanto io mi sappia, della continentale Italia prese a dettare versi di sacro argomento pria dei siciliani Francesco del Pozzo e Gregorio Morello ; i quali nei loro carmi ed inni di vario metro si mostra- rono, tuttoché non scevri di peccati gravissimi , tersi, eleganti e leggiadri poeti. Fioriron questi nel decimo- sesto secolo, nel quale eziandioi fra noi si distinse l'in- nografo Giano Vitale che non va in questa catagoria perchè latinamente poetò. D'allora in poi prevalse in Italia il gusto di encomiare i misteri o gli eroi di no- stra credenza: molti batteron questa via, ma allorquan- do surse Alessandro Manzoni rimasero gli altri ecclis- 230 . LETTERATURA sati: apparì ^opo Maniiani, ed auco fra la turba rifulse^ perchè si divertì dal Manzoni; canta questi gli augu- sti misteri, qu(gli alcuni campioni della noslra fede, le martiri, i jjatriarchi: Manzoni tratta que' divini sub- Lietti con odi diverse; Mamiani ne tesse l'elogio eoa robustissimi sciolti. Ambidue onorano l'Italia, perchè j loro versi, mentre che grandemente allettano per la loro dolcezza, tendono ad alto scopo, quale si è quello di richiamare gli animi pravi al vero culto, alla reli- gione degli avi nostri, e pella quale non poco sangue di martiri fu s])arso: e in ugual tempo, venerandone i divini misteri, contemplandone le bellezze, animare gli uomini alla riforma de' costumi, e far mostra nel tempo stesso (siccome Chateaubriand fece in Francia) che essa è la madre dell'uguaglianza, della civiltà e della li- bertà de' popoli. L'intero libretto, che noi con sommo gaudio ci diamo ad annunziare, comprende una bella ed affettuosa de- dica a due cugine dell'A.; un avvertimento al lettore, e sei inni; il primo è dedicato a S. Geltrud ', il se- condo ed il terzo a S. Raffaele, il quarto a S.Pelagia, il quinto a S. Agnese, e il sesto ai Patriarchi: tutti sono bellissimi, ed in essi l'A. ben chiaramente addi- mostra che s'egli è stato balestrato dall'avversa sorte, Kon i^accalo però d'alma e d'ingegno quest'inni dettò con un fuoco veramente italiano. r^obile e fiero è il suo sentire, ed a seconda dell'ar- gomento or incita gli animi ad alti sentimmti con is- degnare il vizio, api)i esentandolo nella pienezza delle sue turpitudini, or mano mano, raddolcendo con soave dolcezza, ti mostra l'angelica virtù delle divine vergini eroine, e con tenere e leggiadre dipinture te le appre- senta grandi in mezzo alle sventure, apostoli di verità in mezzo all'impero della menzogna, esemjìio di quanto di grande, e di quanto di sublime può ofìrire l'umauo spirilo, quando elevasi al di sopra della comuu corrut- KD ARTI LIBERALI 251 tela; onore eterno del sesso capace d'ogni morale e d'ogai intellettuale intelligenza , e perciò d'ogni niagnanima virtù . Tale il Mamiani ci addimostra Geltrude, Pelagia, Agnese: in mezzo a corrotte corti, ed a rotti costumi elleno immaculate restarono, non abbacinate dall' au- reola della falsa gloria, che in que' di prevalicar facea anco quegli esseri che natura fatto avea per migliori destini: fortunose donzelle, lo spirito d'abisso nulla potè su di voi, e il volere costante che vi animò, tornerà in sempiterno a vostra maggiore onoranza. Ne' due inni per Raffaele veggiarao encomialo il cara- pione del cielo, il Salvator di Tobia, il terrore di Sa- tana, ed ogni punto di essi verte su questi argomenti. 11 canto poi de' Patriarchi è sublime, quanto subli- me ne è l'argomento; l'innocuo primitivo sfato degli uomini, i di loro semplici costumi, le tranquille usanze, lutto in somma il |)lacido tenor di vita di quella beata età, vi sono con maestra mano pennelleggiati. Noi non passeremo a stretta disamina quest'Ioni per ammirare tutte le piculiari, e le generali bellezze di cui splendono; diciamo però ch'essi meritano l'universal gradimento, sì per l'inesauribile vena poetica, che per la vivezza, ed abbondanza d'immagini; le spesse e par- lanti similitudini, la franca versificazione, la solida dot- trina, che in essi costantemente si scorgono, danno all'A. un elevato seggio nel moderno italiano parnaso; che se poi volessimo dirne alcun che sulle lievissime pecche diremo di assai diverga e nobilissima tempra esser l'inno sui Patriaichi ai ])recedenti, non lasciando questi di essere pregevolissimi componimenti: ma quello ha più del divino, più dell'astratto, p;ù del sopranna- turale, e per servirmi delle parole d'un italiano, in esso regna un concetto filosofico: non più, come negli altri inni, nomi cristiani e poesia pagana, ma nomi ebraici, e poesia ebraica : qui è pittura fedelissima di Società infantile, società nomade^ e sulla fine respirasi un'aura affatto foriera di cristianesimo. 322 LETTERATURA. E per dire la somma delle cose non crediamo nl- tiimenti addimostrare all'A. la nostra ammirazione, se non se col trascrivere qui alcuni squarci degl'inni tutti. Parlando delle virtù di Geltrude, e dicendo come essa sottrarsi volea, ma indarno, dal mondano clamore, cosi si esprime: A celarla a tull'uomo ombra non valse D'eremitiche mura e il più secreto Recinto degli aitar, che tropico lungi Invia la grazia giovanil suo lume, Se virlude gli è scorta, e spesso indarno Le vaste arene d'ocèan profondo La conchiglia eritrèa, copron gelose. E dop?) che la madre caldatnente a lei parla per ani- marla a nobile connubio, ed ella reiteratamente ricusa, sì dice ti poeta : Solleciti consigli, accorte e blande Lusinghe, i doni, le preghiere, i caldi E iterali abbracciar fur nulla; e quale Indica gemma che il vigor respinge Di ferrea puma, o qual per entro al fuoco Intatto asbesto che il poter combatte Del nemico elemento, a simil guisa Nel suo saldo pensier resgea la virgo. La caccia, il rapporto degli studi pe' quali Geltrude coltivò lo spirito, e ii fine sono in questo inno degni di grandi encomi. Nel primo inno a Rafiatle a lui ri- volto dice: Narrerò qual fosti Prode contro gli abissi il dì che a piigu.'» Uscir le tetre armi di Stige e mille Informi Brinrei? Tu di Michele Compagno all'ire, il trionfnl vessillo Spieg'iisli, che a teiiibile cometa Sfolgorava siiti'ib', e una sanguigna Luce piovea sugli elmi d'oro ED ARTI LIBERALI 223 K (juindi narrando il caso di Tobia ripiglia nelle scgut'iili parole Scendea costui la dove basso e lento Scorre il Tigri allagato e tra fogliose Caijue s'avvolge allor che un fiero enorme Pesce sbucar ruirò dall'imo gorgo E avveiitarsegli contro. Assai tu fosti Di presso il lido con parole e sguardi Pronto nell'uopo, e a via cacciar la tema 11 iuadesti SI, ch'impelo fatto Nel inosno, l'abbrancò pronto alle fauci, Spaventevole a dirsi, onde ogni lena Troncogli a un punto e gli impedì far crollo: Perchè indarno attorcendosi e guizzando, Gik domo e lasso e boccheggiante a riva Trasciuollo; tagliato indi il capace Ventre, un arcano medicarne invenne Tra suoi visceri occulto, e portentosi Eflelti ne seguir Altre bellezze sonvi in questo e nell'altro inno a Raf- faele. In quello a S. Pelagia è assai bello questo tratto Qual sulle scene rimiriamo altera Figlia di re, d'argentee biMide ornala, L'are appressar del maritaggio, o quale Finse Grecia salir dall'Aniatusie Sponde la molle Dea nel mar concetta. Da vaghissime stole il sen precinta^ Licia cos\ d'una bella fastosa Sulle sponde Oronlée Pelagia apparve Pria che forza del ciel da mite umane Vanità la sciogliesse Nell'inno a S. Agnese questo squarcio è sublime Una fanciulla io sono Deserta d'ogni bene; entro i miei nudi Lari non vid'io mai lucido lampo Di ricchezze, o d'oiior chiuse divise. Ma ne il sangue plebeo, né di fortuna Nemica faccia può la nobii tempra Dell'animo disfar, che su dagli astri 224 LETTERATURA Leva il principio della sua si'^'iJezzaj E il raggio che dal sol nitido scende Serba ugual sua virtù, come che posi Or nelle gemme, or nel calcalo fango. L'inno a' Patriarchi, che sugli altri eccelle, molti tratti presenta di non comune merito; siccome ove parla per queste parole dei primi beatissimi tempi dopo la crea- zione ; Della recente genital sua forza Esuberando la natura, in tutto L'universo impnmea vigor stupenjo Di vita; torreggiavano le selve D'enormi Iroiirlii, ed una quercia sola Oinbracol sufliciente a numerosa Mandra ofteria, propaggini iufinitf»; Comechè senza aratro, in ogni zolla Meilean le biade, e ratto a meraviglia Cresceva in bosco ogni virgulto: pregai Di vergini fragranze erano i fiori; Tersissime le fonti, e saporose Le frutta piìx che mele. Avean nel core I figliuoli di Set voglie tranquille Di tutta p.'ice e vi dormivan l'ire E le cupidità, che audaci e stolte Con fremilo crudel vi fan tempesta. Ed in quell'altro in cui dice della tranquilla vita e del modo di giudicare d'allora in tai termini Con integro spirto E con libero sinno i maggiorenti Delle tribù rendean quivi suo dritto A ciascuno, e le insorte ire quetando, Le cagion rimovean de' lunghi piati: Quivi dei saciificì e delle nozze Gli ordini sLibilian, quivi de' sogni Sviluppavano il senso e degli augùri. O appien felici! e non avean monarchi Che alle bilance di giustizia il peso Iraponesser del brando: alcun non era, Che gridasse alle genti, il mio podae F.D ARTI LIEEMLI aaJ Voi siete e la mia messe, ia voi m'è a grado Stender la falce, e ii mio talento è legge. O fortunati! ne veruno ardiva Parlar nel nome del Signor»de' cieli, r^lè di j^emiue uè d'or fasciato il crine Serrar diceva, o disserrar l'Olimpo. Queste ed altre molte bellezze presentano gl'inni del Mantiaui; ne ciedendoci noi da tanto per giudicarli co- me essi raeritano, caldamente ne raccoinandiarao ai no- stri leggitori la lettura e lo studio. ScORDlA. Alla tomba di Teresa Lepri — Tributo dell' amici- c/zia — Roma dalla tipografia Salviucci i833. Uà volume iu-8° di pag. t)6. Piangere la perdita de' buoni fu sempre considerata opera santa e degna. Ed invero bellissima cosa è il vedere, ad ammaestramento delle genti, come l'esecra- zione pubblica o privata incalzi la memoria de' rei al di là dei sepolcro, e la copra col bruno manto dell'ob- blìo; e come il lamento privato o pubblico sparga di fiori e di mestizia la tomba de' buoni, mancati o alle virili domestiche o alle cittadine. Teresa Sernicoli ia Lepri fu moglie casta ed onesta, e meritò il lamento degli amici; i quali in questo libretto, non iscevro di buone cose, la deplorano, presentando un carme ed uti epigramma nella favella del Lazio; e sciolti, anacreon- tiche, elegie, decasillabi, terze rime, odi, canzoni, e iscrizioni italiane e latine; quindi è certo che i nomi del Borghi, del Missirini, del Muzzarelli, del Ferretti, del Ricci, del Rosani, dello Spada, del Belli, e di al- tri bravi, che in esso si appresentano , lo assicurano dall'obblìo. lo qui però vorrei manifestare un mio pensiero, che i5 326 LETTERATURA. roccasione stessa mi suggerisce, e che forse no» sarà ste- rile per l'avvenire. Credo che i'acleu) pimento a' proi)ri 'doveri non debba costituire un gran merito in una perso- na qualunque; e quindi non dovrebb'essere in fiiccia al mondo cagione di pubbliche lodi e di pubblici pianti. Qnal diflerenza farem noi dalle azioni che nulla costano agli uomini, e che ci vengono imposte da un dovere sa- cro ed eterno, a quelle magnanime, che richieggono gene- rosi sacrifizi, e domamento di passioni? Che si dirà dalle future generazioni se l'essere buon figlio, o buon padre, o moglie non iniqua, è tal cosa fra noi sì alta, che me- riti, con larghissimo encomio, di essere tramandata ai posteri? Deh non si confondano le idee, e si collochi ognuno nel luogo che gli è dovuto ! I tempi soli di sfrenate libidini possono trasmutare il dovere in vir- tù. Ecco sciolto l'enigma. E per questo appunto veg- giam'ora una schiera di ottimi ingegni deplorare la mor- te di Teresa Seruicoli, che fu ornata di alacre ingegno, e venne stimata buona amica, e buona moglie. In al- tri tempi non si sarebbero stampati libri per lei; oggi però sì, che la vera virtù è sj rara, che parve ad al- cuni proscritta. Ne Ciò io dico per allontanare l'idea, che le dome- stiche virtù non debbano essere argomento di elogi ; poiché ciò sarebbe in aperta contraddizione eoi miei principi stessi , che ho difeso e proclamato. Un uomo ch'è stato figho egregio, marito saggio, padre eccellen- te, e che ha cercato di formare uomini, malgrado ch'egli tutta la sua virtù nelle domestiche mura 1 accogliesse, inerita pure una pagina di lode nella storia civile di un popolo. Una donna che calpesta le vanità della vita, che si sdegna e fa fronte a tutte le lascivie dei tem- pi, e che nuli' altro pensiero volge se non quello di marito e di figli, cui ha nutrito col più caro affetto, ed ha educato colle cure le più prudenti e le più te- nere , dandosi loro interamente , e sacrificando i suoi piaceri e le sue delizie a quel solo piacere, e a quella V-.!> ARTI LTI1KR4.LI «ST sola delizia, che tutte ie delizie vince, di veder nei figli il proprio ristoro, e di attender da essi la propria gloria, è degna certamente costei di esser tramandala ai posteri, cade di modello e d'imitazione servisse. Tali elogi però debbono esser sempie in perfetta corrispon- denz,a colle virtù degli elogiati: l'uomo dotto, e l'uomo pubblico si elogia in un modo, l'uomo privato in un altro. Ma, in qualunque guisa ella sia, giustizia reclama, e l'utile della patria vuole, die le cose noa si confon- dano, e che il solo vero merito, che dalla sfera comune s'innalza si abbia il suffragio, ed il pubblico lamento. Se ciò non si facesse si peccherebbe innanzi alle genti, e giusto segno diverremmo all'ira de' buoni. Impercioc- ché i mali che ne deriverebbero non sarieno ne lievi ne pochi, e producitori sarebbero di altri mali più nu- merosi e più gravi. La vera virtù si sbigottisce e si arresta veggendosi posta a livello con quella che non e tale, o che è comune. Severi dunque pel bene del- la patria e degli uomini si dee essere nel dispensare elogi: ed io mi spingo più oltre: si lasci pure, nel dub- bio, non elogiato un uomo che meritava di esserlo , purché non si dia il triste esempio alle generazioni j)resenti e alle future di tributare encomi a quelli the nulla fecero nel mondo, e che vissero senza infa- mia e senza lodo. Ferdinando Malvica. Iscrizioni italiane del professore Melchior MrssiRisi. Palermo presso i hbrai Pedone e Muratori i834 in-4 di pag. 107. Non è dubbia che ealdo animo italiano appalesarono que' va- lorosi, clie pugnando con ogni possa contro l'ignoranza, e contro la superstiziosa venerazione degli usi antichi, richiamarono in voga già da non guari tempo in Italia la bella usanza di comporre le iscrizioni nel patrio linguaggio; che videsi ne' secoli andati nel(ft contrade siciliane, siccome con evidenza moslrò l'egregio signor Ferdinando Malvica nel suo discoiso de' sepolcu, e dell'epigrafi^ 2 28 Letteratura premesso alle sue iscrizioni italiane. £ di vero aLljiain noi oggi uua favella, che se non vince iu tiitlo le più belle veUisie, non rimane da meno, ma loro accanto si posa, giuliva del niLiiialo onore d'esser pregi:ita sopra quatite a di nostri vivano nt-irinci- ■vilimento de' popoli d'Europa. Laonde più cara ella ci d-bb'esse- re, e gelosi noi curar dovremmo di serbarla splendida, e di propa- garla colle opere, per metterla iu riverenza agli stranieri medesimi. Abbiamo solennissirao testimonio com'ella agevolmente si pieghi ad ogni maniera di scritture, siano gravi e profonde, amene e gentili, argute e sollazzevoli, e sempre con ottimo successo, nelle mani de' dotlij e in conseguenza potea di leggieri ancora flirsi valere alla nazionale epigrafia. L'usanza degli antichi e de'moderni popo- li,che in questo non bau trascurato il loro linguaggio, dovette S(^nza fallo slimolare fortemente grilaliani a non pretermettere il proprio. Perciò giusta lode sia data a Luigi Muzzi che fu primo a rimet- tere in fiore l'italica epigrafia, e a Pietro Giordani, Giulio Perii- cari, Giambattista Niccolini, Sebastiano Ciampi, Giamtìaliisla Zan- uoni, Ftrdinando Malvica, Giuseppe Manuzzi, Vincenzo Emiliani, ed altri molti, che più o meno vigorosamente hanno dato opera a diffonderla per ogni canto della bella penisola. Meritamente oggi possiamo collocare nel loro numero il pro- fessore Melchior Missirini forlivese, più fiate in queste nostre Effeme- ridi nominalo con lode, e chiaro in Italia pe' versi su i monu- menti delle belle arti, per la vita del Canova, pe' sermoni, e per altre opere. Queste sue iscrizioni veggono ora primamente la luce per le stampe palermitane, se ne togli otto che furono pubbli- cate nella Omologia di Perugia: e in esse l'autore, siccome ci av- verte in una noia posta nel fine, non essendo ancora fermate lo irorme della italica epigrafia, volle meglio tener da presso alla lorma ed al coslrutlo delle isciizioni latine, mettendosi avanti l'esempio di eccellenti scrittori, i quali hanno bastevolnienle di- mostrato, che il presente linguaggio d'Italia singoiar decoro si procaccia qualora va dietro all'indole dell'antico romano, donde esso fu ingenerato. Non si trovano in ([uesto volumetto iscrizioni sepolcrali, ma sì bene sono tutte onorarie, tra quelle scritte per celebrare la memoria di taluni grandi tra[iassati, ed altre a coni- mf^ndare proposte le virtù di alcuni viventi: non avendo riguardo ad uua contrada italiana più presto che ad un'.iltra, perchè sa- pea bene che unica famiglia compongliiamo tutti quanti i popoli che tra le Alpi e il Lilibeo siamo compresi, e che le buone e virtuose quahlìi, d'ogni maniera ch'elle siano, purché vengano in fiore in una, comecché picciolissiina, parte di questa bella e sven- turata Italia, debbono da tutti uiiiveisalmentc e in singoiar modo, essere tenute care e pregiate. Sincera gentilezza di cuore ajìpalesa iOYiauameule in questo il Missirini, e noi gliene tribuliamo lode, ED ARTI LIBERALI 3,P> a vedere con ispezielih com'egli ha saputo ritrarre brevemente .ni vavo, e con uno sflo conciso, e siv.nti fiate pieno dTTa! j.I.,..l.a , pecal.nr, preg, di ciascheduno. Bollo è l'uso che 1,, i.Mo ,1 Mn.s,run nel celebrare la v.rtù e ^1. studi dell' e, eR." donne, po.che non e uilicm solo degli uomini il dar onera ài n.gl,ovanìen,o della civdtà, ma si aLora del sesso femSe che pm dell altro abbisogna di forte sprone al ben f.re ' Ch. volesse dar nota al Missirini per aver lau.lato le'Virtù dei viventi senza fallo dovrebbe rimaner persuaso della convenrenza d, qu sto a veder Lanzi e Chesneau, i quaU, l'uno nelle sue od'- grah lat.ne, e l'altro nell'atlante d. stor'.a naturale, consacrarono delle iscn..on, ad vomun e donne, che di guel ,4po viveano, come ha fatto vedere ,1 s,.„or Malvioa nell'anzidetto discorso de sepolcr. e dell epigrafi I lodare la virtù dei viventi serve loro di debito pa.deraowe, agi altri di potentissimo stimolo ad opere gè- ncrose, alla umana condizione di mezzo valevole a mialjorarsi la- sciando le tristizie e tutte quante le magagne, e p.gl.a^ndo nobilis- snna tempera Per sagg.o delle italiane iscrizioni del Mi.sirini non altra recherò tranne quella per Pietro Giordani, eh» 1' Italia presente come grande scrittore ammira. PIETRO GIORDANI PIACENTINO d'alto INTENDtRE E SENTIRE DI MAGNAKIMA BILE PKu filosofia di pensieri e di parole DELLO SCRIVERE GENEROSO E CORRETTO PROMOTORE FRA 1 PRIMI: preclaro LAVORO d'iNGENTE ARGOMENTO DALLA FORZA DEL SUO INGEGNO E DAL SUO LIBERISSIMO DISPETTO L'iXALIA DOMANDA Bernardo Serio PRIMA RASSEGNA DI GIORNALI ITALIANI. Assai stollo è senza fallo l'avviso di coloro che tengono i gior- mb d. scienze, di letteratura, e di arti, siccome onere, non dico di pochissima «nessuna milita, ma dannose; e altrW, poco s ' no aduimoslrano taluni altri, che tutta assolutamente da essi "ò^ gl.ono fare, come da sua cagione, dipendere la gloria della civiltà Lfi sl"''T ' "" rP°'°- ^'" J'-"tuzio^,e di siffatti gior' «al, sia molto giovevole però al solleciicr avanzamento degli 23o LETTERATt^T^A siudì, non è chi non voglia persuadi isi, ove die b.idi, che. le originali opere, gli esperimenti paiticolari e continuali su i fatti, le opinioni, le scoverie, le invenzioni, non possono da un canto air allro di remole nazioni diffondersi, ed essere sottoposti alla conoscenza di ciascuno, e che niun prò ricavare potrebbesi dalle fatiche, le quali, per la lontananza del luogo dorè furono ese- guite, sarebbono per noi sconosciute, se non ci venisse dato l'agio di rinvenirle tutte accoppiate insieme in libri, che tostamente pro- pagandosi per ovunque, mostrassero raccolto in poco il progredi- mento cotidiano dell'umano sapere, e de' lavori f.ivellassero che in varie contrade si fanno, e di quei gentili, che al comune van- taggio si consacrano. Ecco qual dovrebb' essere l'importantissimo e generoso scopo dei giornali: onde tacciano gli sciocchi, che tuttodì vanno gridando con quanta più gagliarda voce loro è possibile, che per essi gli studiosi vengono ritraiti dalle gravi e profonde meditazioni per tener dietro alle bnie. Non è ciò vero, anzi ad opere grandi sono stimolati gli animi de' dotti col dolce sprone, che possano poscia esser conosciute ed aver plauso le fa- tiche loro in ogni parte*, e pia spezialmente animati vengono i giovani a lavorare, e a somministrar quelle scritture , che non potrebbono altrimenti far comparire al pubblico. E chi è mai colui che considerando in qual guisa e Monti, e Perticari, e Gior- dani, e Campagnoni^ e Brocchi, e Costa, e Breislak, e Gironi, e Biondi, e Cicognara, e Odescalchi, e Acerbi siano stali o inslilutori, o collaboratori in somiglianti giornali, e non ne veda subito la ma- nifesta importanza? Ed oltre agli anzidetti possono con molto vantaggio qui nominarsi coloro che tenevano in vigore nel pas- sato secolo i fogli periodici del Caffè, e singolarmente Pietro ed Alessandro Verri, Paolo Frisi, e il massimo Beccaria, l'autore di quell'Evangelio, come piacque al più grande storico italiano viven- te, a Carlo Botta, appellare l'opuscolo de' Delitti e delle Pene. Noa niego che possano farsi a tull'altro valere che a quello che il r(!lto uso comporta, e che in fatti per la maggior parte non racchiudano jioco degne, o meglio inutili cose, ma fa d'uopo garrire piìi presto l'abuso di taluni, che negare la verace utilitk di altri. Ora infi- nito è il numero de' giornali di scienze e di lettere che l'Italia presente ha veduto sorgere ed allignare nel suo grembo, e mano mano piìi altri io credo verranno in fiore col procedimento del tempoj ma mi è doloroso olirà misura il veder come pochi siano veramente degni di sincera commendazione, e che anzi la più parte sian biasimevoli, e meritino che i posteri nostri, dannandoli alTobblio, loro paghmo il debito guiderdone della inutilità. E noi veggiamo come sia breve la loro appariscenza e circoscritta Tiel giorno che vengono in luce, e che nel d'i che poscia succfde pili non se ne favella, passando ad essere proprietà de' pizzica- ED AKTr LITlf.RAM 2.3 f guoli per farne 1p camiciuole alle ucciuplie: secondo il proverbia fioreiiliuo usalo dal Monti per Jibri di cotal l'alta. Facci seona a questo projiosito la gioventù, che niuii frutto danno que' bre- vissimi ailiooli,in un istante solo composti, che le parole vuote di significazione si dileguano subito, che le pugne ridicolissirae per le inezie traggono al riso i saggi; e che strettissimo è il bi- sogno di por Tanimo alle gravi discipline, pria di scioperare il tempo, assai prezioso, dietro alle cose inutili. Questo da oggi mag- gior coraggio a taluni di battagliar coutro la utilità de' giornali. Si badi bene alla natura del noslro secolo che non amale frivolezze, ei che vorrebbe |)iìi presto che le cose gravi e severe siano messe in voga e in amore degli studiosi; e piìi singolarmente quelle ette facciano conoscere per quali acconce maniere si accrescano i mezzi da satisfare agevolmente i naturali bisogni, da migliorare l'indo- le morale de' popoli, che abitano le varie contrade del noslro globo , a volere che posria conseguentemente si traggano meno turbolenti i giorni del breve viver nostro. Questo non è spcoIo da ridere, come ognun vede, e che se tratto tratto vuoisi qualche ricreameoto per alleggiare la severità de' gravi studi, non è me- stieri perciò delle ciance, bastantemente adempiendo a tanto no- bile ufficio l'onorato esercizio delle amene lettere, e delle arti gentili. E se alcuni volessero addurre in esempio per loro scusa la gazzetta veneta dell'Osservatore del passato secolo, ove non sono altro che dialoghi favole novelle allegorie sogui, ed altre cotali piccole fantasie, darebbono assai chiaro argomento o di loro igno- ranza, o di loro perversità, nel non sapere o non volere scorgere ia quanta bella maniera Gaspare Gozzi sotto il velame di! tante fe- stevolezze e giocondit'a nascose ammaestramenti di pura morale, facendosi al tempo slesso censore e maestro de' costumi, che auda- va nelle azioni degli uomini continuamente osservando. Ma per non passar oltre in questo proemio, e anzi venire a quel che per ine si vuole dico, che se por la tanta moltitudine d'inalili gior- nali l'Italia presente nou può certo andare fastosa, ve ne sono taluni però, come ho detto avanti, che del danno la ristorano, ed io fra questi sceglierò alcuni, passandoli a rassegna con quel- l'ordine che mi si sono presentali dinanzi. // Progresso delle scienze delle lettere e delle arti. Opera periodica compdata per cura di G. R, anno 1^3-2 l833 e sei mesi del lò34' Napoli da torchi di Porcelli in-i^. Fervido il petto di generosa carità per l'utile degli uomini, e per l'avanz-Tnienio di ogni modo dell'umano sap-re, il cavaliere Giuseppe Ricciardi, figliuolo del chiarissimo conte di Camaldwli, concepì l'alio disegno di compilare un'opera, nella qaale ravviato 232 LETTERATURA fosse insieme tulfo ciò clie avesse potuto prespnfnrc lo sfato ! sscr nominati i lavori sulle divisioni del globo , e sulla civiltà del- l'abate Luigi Galanti, assai conosciuto per la sua geografia fisi- ca e politica, di cui rinviensi un lungo ed esalto giudizio, scritto da Ferdinando de Luca*, e più le fatiche sulla statistica del pro- fessore Cagnazzi che in cue articoli disgiunti preseetò-, e in- nanzi Tidca che s'ha presentemente di questa scienza, e la rego- la con cui oggidì si suole trattare, e Tuso al quale si fa servi- rcj e quindi un brevissimo cenno intorno gli abitanti della citta di Napoli. Non si devono passar sotto silenzio le cose prrtincnti a pubblica economia, e il discorso di Luigi Blanch dei vincoli che necessariamente stringono la domestica economia alla pubbli- ca, e dclPinfiuenza della prima sui jierfezionamentd morale; e gli altri tre, l'uno sulTinduslria considerata nelle sue aitineuze colla pubblica amministrazione del marchese Drogonetti, l'aliro de' pri- Milegì, privative, e sussidi nelle arti e manifaliure di Leo|)oldo Fabbroni Pelli, e ultin-nmente il terzo del sistema annonario del regno di Napoli. E tacerò infine per non esser lungo soveichia- mente, tante altre belle ed utili memorie che alle naturali scienze hanno rigaardo, alle economiche, alle morali Per la letteratura abbiamo i ctnui sugli studi storici, e intorno ad alcuni scrittori di rose italiche del medio evo del cavalier Giu- seppe de Cesare, e il discorso di Raffaele Liberatore per le rac- colte istonche pili necessarie a chi scrive storie d'Italia, e la rapi- da storia del tfalro antico e moderno sino a Gherardo de Rossi e a Monti di Giuscjipe E.icciaidi, e quella dt gl'impiovvisalori di Paolo Emilio Imbriani, e i cenni sullo stato della poesia italia. na nel ])resente secolo decimonono di Cesare Dalbono , e sugli studi archeologici, oltre a tante belle e giudiziose riviste di opere. Pe' scrini ad arte risguardanti non altro dirò che de' due di- scorsi l'uno di Francesco Maiia Avellino intorno alle prese.ili condizioni dell'ai chitettura in Italia, e l'altro intorno alle consi- derazioni sullo stalo della pittura storica di Filippo Riarsigli, per non dire di altre molte cose: perchè non mi è permesso allar- garmi più oltre su questo soggetto. Mi si comporti però che" ul- limameiUe io faccia due osservazioni, prima cioè che quelle con- diate storie sullo stato e le vicende delle scienze delle lettere e delle arli di leggieri possono valei't» a serbare in pronto le inr- morie di ogni maniera di severa e nobile Interatura, e quindi £^ far SI che chiunque volesse intendere a qualche parte dell'umano 234 LETTERATURV sa pere potesse vecler chiaro i procediijieiiii clip ha falli,eitj qiial puri' to riiiviensi: cosa mollo proficua a volere che si possa cavHrt» dove con maggior prò àpingere le successive investigazioni, per ampliare e migliorare quelle doUrine che gli avi nostri ci lasciarono. Sin- golare è la maniera, con cui sono scritti i discorsi di questo Pro* gresso e con bella proprietà ed eleganza-, e se pur qualcuno tanto severamente non sic!gua la purità italiana, quanto la piìi parte degli scrittori, a doppio ristora il male con tanta castigatezza de- coro e nerbo, e eoa tanta copia di gravi e nuovi pensieri, che leggiermente ti trovi spinto ad aver cara quella lettura. S' i buoni giornali presentano, come in verità fanno, argomenti bastevoli della coltura di una città, il Progresso ci assicura che Napoli fra le prime contrade italiane coltiva gli studi delle scienze delle lettere e delle arti. Sia lode perciò a Giuseppe Ricciardi che no- bilmente institui questa bella opera, e a lutti que' bravi che eoa lui all'impresa gagliardamente contribuiscooo. Giornale di belle arti e di tecnologia- Venezia dalla tipografìa dì Paolo Lanipato iii33 Jascicoli 8 dal mese di maggio. In una terra che cara è stata mai sempre alle più dilicate arti e gentili, di cui ha veduto germogliar nel suo grembo copiosis- simo numero di nobili e sovrani coltivatori, e che rimembra come appo di lei fu già un tempo l'industria d'ogni maniera pregiata e favorita, che avanzossi ogni altra contrada di Europa, uecessità volea, che fosse stata un'opera che non altro icopo avesse avuto tranne quello di rischiarare cotidianameiite le arti belle e le in- dustri'', acciocché queste via via nel primiero onore si ritornas- sero, e l'altre fossero poste alla riverenza di ciascheduno. Leopoldo Cicognara che caldo animo italiano chiudeva in petto, inteso al vantaggio di questa nostra beila penisola, i suoi giorni onorata- mente spese, e quando era in sull'estremo del suo vivere un gior- nale in Venezia istituì di belle arti e tecnologia, il quale racchiu- desse insieme quanto negli altri separatamente si trovasse, riguardo alle arti del disegno ed alle tecnologiche, e a quelle scienze donde loro direttamente s'ingenera una benefica influenza, aggiungendovi originali discorsi, ed altre notizie d'ogni ragione a quello scopo risguardanti. Laude somma si deve pertanto al senno del Cico- gaara ch'^ questa idea concep'i, afilne che le glorie italiane fos- sero messe in lume, e dell'architettura delia pittura della scultura e d'altre mille arti del disegno, e si provedesse in f|ualche modo al ristoramenlo delle industrie, per cui l'Italia nostra ora è ve- nuta meno. E già in sin dal mese di maggio del mille ottocento trentatiè diede comiiiciameoto al suo lavoro, che in due parti di- vise, secondo che al subbietlo singolarmente si conveniva. Le classi, ID ARTI LIBERALI 335 sJaLiliie s comporre la prima parie furono quattordici cioè, 1. Me- morie originali, ir. Esposizioni di belle arli , Ilf. Necrologie, •JV. Piivista di memorie inserite in all' e opere periodiche, V. Nuove invenzioni relalive alle belle arti, VI. Scoperte, VII. Nuovi la- vori e commissioni. Vili. Varietà nominazioni ec,,IX. Rivista bibliografica compendiata, X. Programmi premi accademici pri- viletiì ec, XI. Annunzi bibliografici, XU- Annunzi calcografi- ci, XIII. Annunzi di vario genere, XIV. BuUeltino bibliogra- fico. La seconda parte fu composta di undici classi cioè I. Me- morie originali. II. Esposizione d'oggetli d'industria III. Necro- logia. IV. Rivista di memorie inserite in opere periodiche. V, Memorie traile dai giornali. VI, Invenzioni e scoperte. VII. Va- rietà necrologie compendiate nominazioni. VIII. Rivista biblio- grafica compendiata. IX. Programmi premi accademici privile- gi. X. Annunzi. XI. Bulleltino bibliografico. Oltre a ciò varie tavole ornarono ambedue le parti del primo volume dfl giornale, undici di oggetti d'arti belle, e otto di mac chine e utensili. Non può dirsi quanto plauso tecesi per tutti i dotti di ogni dove d'Italia, e quante sincere commendazioni al Cicoguaia si dirizzarono, tra per lo eccellente fine che proponeasi, e per lo niaraviglioio successo che coronò le fatiche di lui. E veramente quaranta orisinali discorsi comprendono, per la j>arte delle arti belle, gli otto fascicoli, finora pubblicali, e gloriosi vanno pe' nomi degli autori , e di Cieognara, Chevalier, Diedo, Laz- zari, Missirini, Meschini, Mosconi, Neu-raayr, Pancaldi, Pasi- ni, Pozzana, Renati, Ricci, Sacchi, Sagredo, Selvatico, Zanetti ed altri. La parte della tecnologia, non ne ha nemmanco penu- ria, e per dir più preciso trenta ne racchiude, ove degne di alta considerazione sono cinque novelle invenzioni, che non si erano vedute avanti in alcun luogo poste in luce, e pregiasi ella dei nomi di Borguis, de Volpi, Gera, Giulii, fratelli Nardo ed al- tri. La morte del Cieognara però, con gravissimo dolore di tutti i buoni nel cinque marzo del mille ottocento trentaquattro av- venuta, dovea come ognuno immagiaa, opporsi al felice procedi- mento di quella importante intrapresa, e toglierla di mezzo. Ma se Cieognara il primo ne concepì l'alta idea, e gagliardamente la sostenne, Giovanni Minolto ha preso laudevolmente sopra gli omeri suoi il carico della continuazione. Dilla Ili pubblicò e dif- fuse per varie parti il manifesto di associazione pel mille ottocento trentaquattro, ove addimostra il disegno e la divisione del gior- nale, accoppiandovi in seguito l'indice generale del primo volu- me. Né pago di ciò, ad assicurarne l'ottima riuscita, e rutilila, ha scritto a' sommi dotti d'Italia, a volere che gli fossero larghi di soccorsi. Per far meglio vedere in quale stalo si trovi il gior- nale veneziano mi par convenevole cosa inserire qui la lettera j 236 LETTEPATl'nA colla quolp il Minclto vien fìngaudo tegvrgio nostro signor Fer- dinando Malvica a collaborai vi. Al Chiarissimo Signore Jl Signor FsKDiyjyPo Malvica a PALERMO Venezia il 20 giugno iS3^, Signore Che Vindusiria italiana languisca, che nostro malgrado doh- hiamo rapporto nd essa confessarci inferiori a straniere nazioni^ è cosa pur troppo assai nota, e che si potrebbe forse scusare ma non porre in dubbio. Se è quindi sacro dolere d'ogni uomo Varnar quella terra oi'e nacque, vi manca cerio chi non cerca per quanto sta in lui di riparare a di lei mali. Consultando quindi più la speranza di giovare che le mie deboli forze, assunsi t arduo ini pe- gno della redazione eli un giornale di tecnologia, confortato in sì ardita intrapresa dalla lusinga che quelli che in qualche modo delle arti industriali, 0 delle scienze affini , e particolarmente delle applicazioni eh esse si occupano vorranno in essa concorrere. Incominciatosi questo giornale col maggio dell anno scorso, ebbi la soddisfazione di vederlo accollo con bontà , e compalimentOy ed onoralo di dotti collaboratori, e di numerosi associati; né tra- scurai dal mio canto diligenza veruna per adempire al mio im- pegno quanto meglio potessi. Jl manifesto che qui le unisco è seguito dalT indice degli 8 fascicoli del iS33, dal quale, se Vopera non le è caduta tra le mani, potrei formarsi del piano di essa una qualche idea. Uscirà quanto prima il fascicolo di gennaio, e dappoi si pubblicheranno due fascicoli al nwie per riguadagnare il tempo perduto. Qurst opera periodica, qualunque siasi, è la sola in Italia che si occupi esclusivamente delie arti e de' mestieri, e contenga memorie originali relative a (ale argomento. Abbandonata alla pocliezza del redattore, non potrebbe riuscire che meschina cosa; pub invece tornare utilissima, se i dotti italiani le snran cortesi d^aiuto. E perei!) che a lei, che fra questi disiingucsi, mi rivolgo , acnò .coadiuvi a far sì che sorla buon /ine il mio progetto, avendo pre- sente pili il genende vantaggio che l'insufficienza di chi la prc- gn. Ove le piaccia al mio desiderio aderire In prego a voler fa'" ■ melo noto f acciò possa inviarle come a collaboratele i fascicoli ED Ann LinF.nAT.i a,)^ (jhe si andran pubblicando^ corninciaudo da qu:-l di gcnnuiu elei- ranno corrente. Conte vedrà dal manifesto qid unito tutto ciò che rii^itarda le. arti utili è dal giornale abbracciato^ ed anche quella fiarle che tratta delle teoriche di esse^ delle ncienze applicate., e della iloria e statistica industriale.) e coiìimerciale. Qualunque suo scruto quindi su tali argomenti .1 od anche la partecipazione di qualcln' fallo ad essi reiuliifo, sarà a me gratissinio ., e gioverei possentemente al buon andamento dell'opera. Colla lusinga di non vedere rigettata la mia preghiera ne an- ticipo il ringraziamento^ e me le raccomando di Lt Ossequiosissimo servitore OlOVAJVJSX MlIfOTTO. P. S. Le carte, lettere od altro che volesse inviarmi la prego spedirle (d mio nome prebso il signor Paolo Lam- pa lo in Venezia. Dopo tulio ciò fiicciam vuli, porche sempreppiìi aTaiizi rjuesla opera pre^!;iala, onde l'Italia prenda sicuro frullo di ^loiia e di sommo vantaggio, e il IMuiollo abbia altn-s'i onore, e la memo- ria del griinJe italiano, che priraainente la istituì, sia per la rico- lioscenza dei posteri di sempiterna fama esaltala. V industri nle., scelta di annunci di scoperte d^ invenzioni , e di ammaesirnrnenti utili a chiunque attende agli affari casarecci.^ alle faccende campestri., nUa pastorizia.., al governo degli ani- mali domestici., al giardinaccio., alla caccia., alla pesca., alle arti., alle inanifallure., al coìnmercio., alla statistica., dit-olgata perìodìcainente da Giuseppe Anionio llicei. In Napoli aella società filomatica. Dui mese di ottobre Jò'32 anno /ò'33 t>iiio a maggio /ò'3^. Dal titolo solamente di quest'opera periodica e dato a chiunque di leggieri ravvisarne la universale ulilila che ne può cavare ogni condizione di uomini. E di vero ella siegue la rnanitesta natura del nostro secolo, che ama meglio tutto ciò che possa mi^iioian- ed acori^scere di assai i mexii bastevoli a soddislare i multiplici bi- sogni della vita, oude, colla loro prosperila e grandcz/.a, di meno tristi e [)iìi felici giorni godano i popò!; diversi. Ciii jiotrebbe senza molto tempo e senza noia grandissima andar frugando tutte quan- le lo opere, che nelle mcivilile iiuzioni escouo fuoia alla luce del 2 38 LETTERATURA mondo, per ispìccaine ciò che più direitarnente alla sua condizione meglio si conviene. Oltrecchè non è possibil cosa avere dinanzi tutti i libri necessari, ella è altresì lunga faccenda sceverare quello che si conosce per più diretto utile, da tutt' altro che al proposito dou vale. Giuseppantonio Ricci, caldo del bene degli uomini, ha tolto sulle sue spalle il carico di ravviare insieme in questo giornale tutte quelle investigazioni che i dotti hanno fatte nelle scienza, e tutte le pratiche degli eccellenti artieri, che si appartengono ad ogni ragione d'industria, tanto domestica, che agricola, quanto ma- nifatturiera e commerciante. Tutti questi ammaestramenti e tutte queste norme, poste insieme possono con agevolezza far procedere innanzi le arti e i mestieri, perchè cosi uniti i lavori e le spe- rienze di ciascuno, singolarmente fatte, possono divenire utili a tutù e al grande scopo del perfirzionamento valere. Da una cosiftatta cotidiana raccolta di fatti di documenti d'invenzioni di scoperte ne traggono prò sicuramente ogni sorta di persone e gl'intrapreu- dilori d'industria e i meccanici artieri, e gli agricoltori, e i commer- cianti, e financo eziandio coloro che compongono le domestiche società. A tal fine il Ricci razzolando per entro ad una molti- tudine di opere e di giornali di scienze e d'industrie, non che d'Italia, ma si bene di Francia d'Inghilterra, e d'altronde, cava quello che di di in di per le altrui fatiche si rende pregevole, ma non trascura per nulla le invenzioni e le scoperte che utili •arebbono, e son pur venule nel corso de' secoli a rovinare nella ebliviosa dimenticanza. Omologia scientijico-letteraria di Perugia compilala da' signori Bruschi professore Domenico^ Marroni dottor Luigi , Martini professore Matteo^ Massari professore Cesare^ iVJezzanolte pro- Jtssore Antonio^ Polidori Filippo. Perugia tipografia Badaci da Vincenzio Bartelli editore anno i833. L'esempio di molte parti d'Italia stimolò fortemente i P>rugini a compilare un'opera periodica di scienze e di lettere, conoscendo a pieno qual vantaggio ne tornasse all'avanzamento del sapere ed alla gentilezza de' costumi. Kè prima altra se n'era voduta appo di loro che il Repertorio medieo-chirurgico". il quale venuto meno pe' casi umani, subitamente si divisò di sostituire un altro giornale, che avesse potuto sostenere degnamente il plauso del primo ed allargando le idee, innanzi circoscritte, si diede il titolo di Oniologia scientifico-letteraria di Perugia, che cominciò a farsi «li pubblica ragione in sin dal mese di gennaio del mille ottocento trentatrè. Fu ella divisa in due parti: si compresero nella pu- ma le scienze naturali mediche e matematiche, nella seconda le scienze morali la letteratura e le belle arti : iu sCjjuito soggiuu- \ ED ARTI LIBERALI sSc) cendo (lue riviste una òcieniifica, letleraria l'altra. Ceneralmente si scorge che questo giornale più presto delle lettere che delle scienze 5'JnteriÌL'iit^: non però trascura le une e le altre; e bene utile riesce la rivista scientifica , ove si la vedere il colidiano av;irizamenlo dell'agricoltura, dt-iranatomia, della botanica, della chimica, del- l'economi:!, iella farmacia, d Ila geografia, della geolof^ia e di tante altre gravi (?d importanti discipline. Noi due cose diremo ai compi- latori deirOiiiologia, per sincero afl'etto della lor faina e del van- taggio comune, e non per altro, prima cioè che più ad origiua- li discorsi abbiano riguardo, che maggiormente trattino delle scien- ze morali, che sono a questi giorui , non so per quali ragioni , neglette, e quindi che con più sollecitudine alla purezza ed al)a proprietà dello stile italiano si rafforzino , che non vale Tavere innanzi tratto nel proemio chiesta escusazione, che per la penuria del tempo un giornalista non può conseguire l'eccellenza del dire. Chi sprona i giornalisti a scrivere cosi furiosamente e senza veruna considerazione le cose loro? Niuno mai: e se non sono cose pensata- mente scritte e di bella dicitura, perchè farsi subito comparire alla luce? Senza che non debbo pretermettere una osservazione, cioè che nel numero terzo troviamo pubblicato un discorso del signor Fer- dinando JVIalvica intorno Parte di tradurre, e gl'italiani tradutto- ri. INoi sappiamo con sicurezza che l'autore non n'ebbe prima reruna cognizione, che non era quel discorso composto per darsi in luce, poiché grandissima parte ne trasfuse in una epistola a Baldassare Romano sopra di un volgarizz-aiw^nlo della poetica di Geronimo Vi'ia e dell'arie di tradurre, pubblicata in Palermo nel iSSa, e che finaltneute, sou già otto anni, non so per qual caso, rimase appo di Mezzanotte, a solo fine di conservarlo. Per tutte quante queste r.igioni sommamente duole al Malvica, che il Mezza- notte l'abbia fatto di pubblica ragione senza prima avvisamelo, per- chè avrebbe potuto egli riformarlo, e presentare le sue dottrine con- lormi a quelle delTauzideita epistola, la quale racchiude le Vi^reidee dell'autore, che col procedimento negli studi, e colle migliori osser- vazioni avea, siccome fanno i sinceri amatori del vero, riformate, come sarebbe, per dirne una fra tante, quella che riguarda Ossiiu. Avuto riguardo il Malvica a tutto ciò e a quella considerazione che potrebbesi,col v^jnir pubblicato da poco tempo questo discorso nella Oniologia di Perugia, tener per veri ed ultimi suoi seutinienti, quelli che esso comprende, quando sicuramente noi sono, che di otto anni addietro, dichiara al pubblico di non riconoscere per suo quel discorso. E anzi tostamente inviera per tale scopo al Mez- zanotte una lettera per inserirsi nel medesimo giornale, a voleie che i leggitori che prima videro il suo discorso, abbiano poscia un testimonio dell'accoglienza, da lui fattane, per averselo veduta pubblicare senza sua volontà e seuza sua cof;nizione. Bernardo Serio. 24o LETTER.VTORA Del Zihaldonei dcW Arcadico.) delle Effemeridi romane, delle Me- morie romane di utdichilà e belle, arti., degli Annali archeolo- gici-, della Rivista enri(lo/>edira di letteratura^ tecnologia ec, del Tiberino^ dell'Ape italiana, Roma pria della creazione dell'Arcadico aveva due giornali, le Effemeridi letterarie, e C Antologia; ma essi eraa giJi spenti da più tempo, quando quello comparve. Fu però uu anno innanli la sua pubblicazione, cioè nel 18 18, preceduto dallo Zibaldone., il quale venne sin dal programma, ch'era slato con poco accor- giinetilo disleso, aspramente attaccato. Ogni settimana ne usciva un foglio, ed i primi numeri non ebbero gran voga, per non essere quali richieggonsi dalla severità del presente secolo, che ha liscialo ai soli pedanti le vane parole, e si è rivolto alle cose. Ma essendo poscia venuto a dirigerlo quel venerando vecchio del M.irioltini, che per si lungo letnpo fu bers;ìglio della fortuna, e peri finalmente sotto il peso dell'eia e delle miserie, Io Zibal- done prese novello aspetto : quindi comparve di spirili lucia- neschi, col ridicolo sferzava , e con giudicio siiarso di sollaz- zevoli sali delle novelle cose s' iiilerleneva. Così per parecchi mesi , e poi mori. In questo tempo medesimo il Guailani , dotto antiquario dell'età nostra, stampava mensilmente un fasci- colo di due fogli in -4° che intitolava Memorie sulle antichità e belle arti di Roma, piene di atUi notizie, e di archeologico sa- pere. Quindi, correndo il i8ig, e stando sì fallamenle in Roma le letterarie faccende, nacque, sotto gli auspici di Giulio Perli- cari , r Arcadico , uno de' più l'iputali giornali della penisola 5 il quale si è sempre arricchito dei lavori dei dotti di molte Provincie italiane, ed ha latto conoscere particolarmente i pro- gressi della cultura dello stato pontificio. Esso è stato uno dei più poderosi campioni del classicismo : ai romantici ha fatto guerra e fiera ; talvolta coli' antologia fiorentina , con quel- l'Antologia che Italia piange e deplora, pugnò fortemente. Vin- se nella lotta particolare , perche la patria letteratura volea vergine conservare, sdegnandosi che venisse la straniera ad abi- tare la nostra terra , e ad imbastardire e corrompere le co- se nostre. Ma la fama dell'Antologia era gigantesca, e volava quai' aquila sopra tulli : ella non si smarriva nel perdere la causa del romanticismo , cui poco interesse metteva , perchè pili nobili , più estese, più utili eran "le mire sue. Impircioc- chè ella volea la civiltà vera della nazione, bramava dillon- dere la cultura iu tutte le cla5$i degli uomini, unire i dotti ED ARTI LIBERALI 2^1 agPiudotti, torre la benda dei pregiudizi ai bendai» patrizi, i'ar sorgere in ogni petto la carità della patria, e formare di tutti gì' italiani una famiglia sola e generosa. Ecco la missione su- blime deirAntologia! Onde ognun vede se le quistioni municipali, le discordi opinioni letterarie, e qualunque cosa di questa tempra debbasi gran fatto valutare a fronte di beni sì grandi e sì erculei. Quanto sia dunque barbara l'opinione di que' meschini, che tutto il sapere nella già vieta quislione del classicismo e del roman- ticismo racchiudono, cioè che la caduta dell'Antologia ha por- tato gran bene all'Italia, per non esservi più un Giornale che di proposito le idee romantiche sostenga, ognun sei vede, senza che io di tanto fango m'imbratti. Du.olmi pertanto nel pili vivo del- l'animo che alcun doltorone dell'università di Pisa vada conti- nuamente ai giovani sì maligne e stolte idee predicando, e si consoli con chiunque s'incontra, italiano o straniero che sia, di esser perita un'opera, donde scaturivano beni morali senza numero, e ch'era non di Toscana, ma d'Italia tutta decoro ed onore. E ritornando all'Arcadico in d'uopo arrogere, ch'egli fu già in- Golpato, e forse non a torto, di mancare nella parte delle scienze naturali: ma questa non è colpa sua, bensì dei tempi e degli studi di Roma: non tutto a tutti. Fu però notato ricco nella parte della filologia, ed in panicolariià dell'archeologia e delle belle arti, e savissimo in quella della critica. Esso in questi ul- timi anni è andato un po' lentamente, e si è posto in dietro di molti mesi: ma questi muli sono inevitabili nelle opere periodi- che, che contano una sì lunga vila e sì gloriosa, comd quella eh ei conta. Vylvcndico poco appresso del suo cominciare sve- glio 1 emulazione di taluni, i quali attesero a far sorgere a no- vella vita le spente Effi-meridi romane: ma queste, benché fos- sero pregevoli , non potendo pure sostenere la concorrenza di quello , come una merce all' arcadica inferiore , perirono dono due anni. ^ Fu creduto dai più, che colla morte del Perlicari, che avev.i r ^rc«<5?/co fondato e promosso, dovesse anche morire l'opera sua. Ma ciò non avvenne; poiché quello spirito gentilissimo del pesarese avea avuto l'accorgimento di associare alle sue fatiche uo- mini pieni di carità di patria, e di riputato valore: il .Principe Odescaldii, il Marchese Biondi, Girolamo Amati, Salvatore Betti furono i suoi primi compagni. Quindi il giornale aiìidato a SI fatti uomini non potea non progredire, ed in fama non so- sieneisi. Roma, sede delle belle arti, sapientissima in ogni ramo dell'antica grandezza 5 e madre augusta delle piii sublimi remi- niscenze, che possano scuotere ed ingrandire l'animo ed il pen- siero di un Italiano , Roma non priva di uomini magnanimi e gtiierosi, che piangono e san piangere sulle migerie dèlia tiavi» 16 a4^ LETTERATURA t^liata loro patria, moveva or questo or quello de' figli suoi per far conoscere i monumenti artistici, che uel suo gi'erabo si crea- vano, ed illustrare gli avanzi della potenza e della sapienza de- gli avi. Luigi Cardinali pensò nel 1824 di pubblicare in ogni anno un volume di 5oo e più p;igine, che intitolava Memorie romane di antichità e belle arti^ nul quale dava coiito, insieme ad una società di riputati ingegni, di tutto che nel corso dell'anno che finiva, erasi fatto colà in belle arti, o si scopriva di antichi mo' numenti. Meta bellissima fu dunque quella, che si propone- vano le romane jncniorie: ogni volume, ricco di rami , secon- do il bisogno , conteneva articoli bellissimi , che il merito dei Talenti artisti onoravano, il gusto correggevano, e gli spirili, presi alle leggerezze francesi, sulla strada del vero bello, che il Pan- teon, Vjdpollo di Belvedere, e la Trasfigurazione eminentemente ci additano e c'insegnano, senza mordacità conducevano. La morte però di alcuni de' più operosi collaboratori di questo giornale, e vari viaggi intrapresi dal Cardinali ne hanno in questi ultimi tempi sospeso la periodica pubblicazione. Altra opera di gran momento segui questa, e sorse nel iSay dal seno dtWJslituto di corrispondenza archeologica, che in quel- l'epoca stessa, da parecchi dotti stranieri e italiani, sotto la pro- tezione del principe ereditario di Prussia si fondava in Roma. 1 nomi del Gerhard, del Panolka, del Millingen, del Welker, e quelli dell'Avellino, dell'Iughirami , del Nibby, del Carelli, del Fea e di altri valenlissimi raccomaudaron tosto al mondo i lavori periodici delTlstitulo. Egli assunse fin dalla cenriala epo- ca l'obbligo, che ha fino al presente gelosamente mantenuto, di raccogliere le novelle scoperte , provenienti dagli scavi opera- ti, o dallo studio dei monumenti deirantiohilà classica, e rela- tive alle arti , alla topografia ed epigrafia antica. Quindi al terminar di ogni anno sou venuti alla luce gli zinnali archeolo- gici, che in tre pai ti si dividono: nella jirima si contengono de- scrizioni particolari degli scavi, de' monumenti finora trascurati o sconosciuti, e drgli accrescimenti dpi musei di antichità: nella seconda i ragguagli delle produzioni letterarie di soggetto archeo- logico: nella terza finalmente rjuplle illustrazioni (mi sto valendo delle parole adoperate dai medesimi dottissimi compilatori) che provenute dall'esame e dal paragone de' monumenti saranno anzi appoggiate a' documenti, che amplificale con semplici conghiet- ture. Alle quali gravissime cose gli egregi autori han fatto sem- pre seguire un rapporto generale, die ai medesimi annali hanno aggiunto, intorno i progressi e le vicende dell'archeologia: ne hanno trascurato di accompagnar l'opera loro di una raccolta di scelti monumenti inediti di architettura, scultura, pittura, e ED Ann i-[gerali 24-5 dì allre materie auliche, come sarebbero piante topogràfiche, re- staurazioni ragionate di monumenti distrutti o mutilali, e fac j/hh7ì epigrafici. Ma eglino poscia veggendo, nell'alta loro sa- viezza, ch'era mestieri per la gloria della scienza che professano, e l'utile del pubblico , di far eonosccre, senza ritardo veruno, quelle notizie archeologiche intorno alle scoperte che si andavan facendo, e che meritavano per l'importanza loro una sollecita pubblicazione, pensarono di metter fuori un hullettino mensile di uno a due fogli di slampa, onde ottenere fine sì utile e si ge- nerale. Ecco qual'è stata pel corso di cinque anni l'opera del- l' Istituto archeologico , che ha levato gran voce in Europa, per le dotte ed utili cose, che periodicamente ha contenute, ver- sando fra le nazioni civili una infinita di notizie e di lumi sulla storia, su i costumi, sulle leggi di que' Romani, che sbigotti- scono ed illuminano tuttavia il mondo cogl'informi resti della loro caduta potenza. Mentre queste cose in Roma si eseguivano venne a tatuai, che riputato nome godevano, il pensiero di formare una raccolta pe- riodica di scelti opuscoli letterari in prosa e in verso, editi ed ine- dili dei migliori scrittori che avesse Italia, o trapassati da poco o viventi. Lo scopo principale si era <[uello di porre sotto l'oc- chio del leggitore lo stalo attuale della nostra letteratura, riu- nendo in un corpo ciò che di migliore si avea nelle opere che avean mosso piìi grido. Ma questo progetto rimase nel solo pro- gramma, poiché la partenza da Roma di uno di quelli che con- cepito lo aveano lo fece morire nel oasceie. Venne però ad altri, poco appresso, l'idea, quasi afferrando il concetto dei primi, di pubblicare un'opera periodica, che sot- to il nome di discernitore voleauo intitolare, la quale raccoglier dovesse quanto di bello e di utile si trova negli scrittori antichi e moderni di ogni nazione i più rinomati, e ne' giornali si ita- liani che stranieri, per ciò che risguarda alla j?/osoy?a, alla let- teratura^ e alle belle arti. Voleano in ultimo porre una breve appendice, nella quale si annunziassero opere nuove e di pittura e di scultura, e libri recenti ; ed ove si dessero pure notizie di tutte le utili scoperte che di continuo si van facendo in ogni arte e scienza. Questo progetto si vide accolto da ognuno, e l'Antologia fiorenti- na,che sempre agevolava e promoveva le cose che all'utile dell'Ita- lia tendevano, fu sollecita ad annunziare il discernitore, e con fran- che e nobili parole animare all'impresa gli autori. Ma il fallo sia che alcune fortuite circostanze non fecero porre ia esecuzione la promessa, e svanirono le bcllissmie speranze. Ora in mezzo alle opere periodiche, di cui abbiam ragionato, e che di non lieve pondo debbousi riputare, si sou vcjiuli eziandio ^44 LETTERATURA a Roma pubblicando alcuni gioiuali in fogli volanti, e <3i sollaz- zevole spirito , quasi a ricreazione di più severi studi. Questi sono la cos'i della Rà'ista enciclopedica^ il Tiherino^e VyJpe ilnlia' na. Il primo, ch'è il pui antico fra questi, conteneva articoli di ogni genere di amenità, e talora dava anche conto de' nuovi libri , e delle patrie e delle straniere invenzioni. Ma gli sforzi di uno o di pochi , senza 1' aiuto alla fin line o de' governi o del pubblico, che le imprese letterarie sostengano, non possono conservar sempre la stessa energia, e vengon manco; quindi quel giornale, che fu, come lo Zibaldone^ cui voleva imitare, lasciato a se medesimo, non ebbe pili lena a sostenersi, e peri. Il secondo, fondalo da tre giovani architetti, nomati Falconieri Cajparoni e Servi, conta il secondo anno della sua esistenza; esso si propose nella sua islilnzione, seguendo le orme di altri giornali di questo genere, di richiamare le arti italiane sullo stu- dio dei vetusti monumenti 5 onde vi si sono illustrale alcune opere famose degli antichi, e si è dato conto di quelli dei moderni: vi si sono accennate 'le varie esposizioni artistiche che si sono fatte nelle citta, in cui le arti piìi fioriscono, e si onoranoj e vi ii annunziò anche quella che, non è guari tempo, avvenne in Roma nel locale medesimo, ove Canova faceva le sue grandi concezio- ni, eie eseguiva. Il Tiberino è da lodarsi partioolarraeate per le periodiche ed esatte notizie che ci ha date intorno la vita dei più illustri artisti che vivono, le opere che si van da loro ese- guendo, e i lavori delle accademie italiane. Alcuni letterati di polso lo hanno sostenuto, onorandolo coi loro nomi, e non isdegnando di scrivervi degli articoli; il Muzzarclli, a cagion d'esempio, v'inserì la sua canzone pel monumento che dovrassi innalzare a Torquato Tasso', ed ilMissirini acconsenti che venisse ivi puitblicato il suo ra- gionamento intorno la potenza del genio nelle belle arti; senza dir del Biondi, del B^tli, del Ferretti, del Poletli e di parecchi al- tri che han fatto lo stesso. Il terzo, eh' è 1' Ape italiana , e che intorno le belle arti, come il Tiberino^ esclusivamente si aggira, ne fa concepiie le più liete speranze ; poiché diretta dal marchese Melchiorri , e sostenuta dal Biondi e dal Pungileoni, non può non attingere lo scopo che si propone; difalti i numeri finora pubblicali ono- rano non poco i compilatori, perchè, lontani le mille miglia dalle esagerazioni e dalle scapeslralezze, sono pieni di sensata erudizione e di matura critica, facendo guerra ai moderni maestri dei zich- zach^ non con isfrenati avvenlamenli, ma con arte e con dolcezza. Ecco le vicende dei giornali di Roma dall'epoca in cui venne creato V Arcadico fino al giorno d'oggi. Prosiegua dunque l'eterna Città sempre più animosa il suo cammino, e rivendichi sé stessa da- grinfiniti torti che gli uomini e la natura le han fatto. Grande nelle ED ARTI •LIBERALI 2/\5 sue rovine, mostri sempre allo straniero, clie vi corre anelo afl ammaestrarsi, e dopo di essersi ammaestrato la insulta eia vilipen- de, gli antichi tesori che rinserra, e i novelli che ognora produce, e dell'ingiustizia di lui, magnanima, lo perdoni. F. Malvica. Sulla statua credula rappresentare Cleopatra. Carme di Bal- DASSAR Castiglione recato dal latino in versi italiani da Agostino Gallo. Osservazioni freliminari- La statua, alquanto più grande del naturale, di donna sopita in espressiva melanconia, con un aspide attorcigliato al braccio sinistro, che forma il soggetto di questo leggiadrissimo poemetto, ha meritato le considerazioni de' più dotti archeologi. Papa Giulio II la comprò nel i52i da Girolamo Maffei, al quale assegn?^ per anni quattro 4oo ducati d'oro, e per consi- glio forse dell'insigne architetto Bramante la fece collocare nel fondo del gran corridore, o via coperta di Belvedere in Roma. Che sia stala deslin;ita per decorare una foute, alla quale indi sia stata tolta l'acqua, rilevasi da' versi del nostro poeta. Si sa poi dal Visconti, che Clemente XIV la fece trasportare nel nuovo Museo. Sin da principio fu creduta rappresentar Cleopatra, e di questa opinione fu anche lo stesso Castiglione, indotto per av- ventura da quel passo di Dione, che rapporta, che l'immagine di quella famosa regina di Egitto, recata nel trionfo di Augusto, avea un aspide al braccio sinistro. Il Winckelman fu tra' primi ad attaccar questa opinione, scorgendo piuttosto in quell'aspide, anzi che il seguo distintivo di Cleopatra, l'ornamento femminile d'una armilla, usato dagli antichi in diverse statue di Dee, siccome puossi osservare iu quella della Venere Guidia, e della Pudicizia. Ei la credette quindi una Naj ade dormiente; e sebbene il signor Lens ne abbia sostenuta l'antica denominazione, pure fu attac- cato con opportune riflessioni dall' abate Fea. II dottissimo En- nio Quirino Visconti, comecché abbia seguito l'avviso del Winc- kelmaa nel credere che non rappresenti l'egizia regina, tuttavia per le seguenti valide ragioni non la credette però una Najade, ma beusi Arianna. Questa figura, dice egli, è troppo vestita per indicare una ninfa; oltre la tunica, e la sopravveste, le vediamo addosso ancora una coltre: è ornata di bei calzari, e contro il costume delle ninfe, ha ben anche il capo della coltre stessa ve- lalo. Kè il vestimento solo, ma le forme ancora della figura sembrano più dignitose di quelle, che non si addicono ad utia a46 LETTERATURA Najadc", e Tafia del volto, benché sopita, ci offre una certa ma- linconia, che ha tanto avvalorato l'opinione di coloro, che la deiiominarou dappria Cleopatra. Il perchè egli congetturò poter rappresentare Arianna, e ciò argomentò dalia nobiltà dell' abbi- gliamento, conveniente alla figlia di un re di Creta, dal decoro delle forme, proprie d'una eroina, che fu poi divinizzata, e dalla sua tristezza, confacevole ad un'amante tradita. Inoltre nel di- sordine delle vesti gli parve di scorgere le lunghe smanie, dopo le quali si dee supporre l'amante di Teseo caduta in sopore af- fannoso, e la coltre, che l'avvolge, dal mezzo in giù par deno- tare il talamo infido di Nasso. Queste congetture del Visconti furono indi, com'egli stesso riferisce, autenticate pressocchè col sugello dell'evidenza, essendosi dissotterrato in Lunghezza, podere de' duchi Strozzi , un basso rilievo che mostra la sorpresa di Bacco, allorché rinvenne in Nasso la bella Cretese abbandonata. La figura di costei nel basso rilievo è perfettamente conforme alla statua, di cui ragioniamo, sì per l'attitudine, che per la disposizion del panneggiamento. Questo confronto poi è avva- loralo dalla descrizione, che ci lasciò Pausania d'una pittura di Arianna, che esisteva in Atene, similmente immersa nel son- no, e da molli esempì recati da Reiske su Caritene, e da un passo di Catullo nel poemetto sulle nozze di Peleo, e Telide, iit cui descrive Arianna: Tristi dei'iclam lumina sonino- Il simulacro è riconoscttito dal Visconti come mirabile per la bellezza della composizione, per la nobilùi della figura che dorme , e per la espressione d'affanno, conservata nel sonno, e principalmente per la arlifiziosissiraa , e nuova disposizione de' panneggiamenli. A torto poi (riflette il Visconti), è incolpato l'artefice di poco va» lore dal Winckelman nello scolpirne la testa, la quale non è difettosa se non pei danni, che ha sofferti dal tempo. Qualun- que siasi però il soggetto di questa statua, e menate buone an- che le congetture del Visconti, che per altro hanno moltissima probabilità, che ha perduto ella mai del suo merito, come og- getto d'arte, cangiando di nome? E che han mai perduto i bel- lissimi versi del Castiglione, e que' men belli del Favorino, scritti espressamente per la medesima, nella supposizione che rappre- sentasse Cleopatra, or che piìx non la ra[»presenta agli occhi degli archeologi? Se essi furono creduti degni d'essere fatti incidere in marmo da Clemente XI, onde situarsi a' lati del simulacro, han meritato altresì di esser molte volte stampati , e di formar la delizia degli uomini di gusto, fra' quali e da tener conto del P. Giuseppe Piazzi, che sapendoli a memoria mi die' l'onorevole incarico di tradurli in metro italiano (i). (i) Vedi Visconti Museo Pio Clemeutino tom. n pag. aSo a 288 ciliz. di Milano i8iy. ED ARTI LIBERALI 247 Cenno sulla vita del Castiglione. Il conte Baldassar Castiglione nacque nel 1468 iu Casatico, villa della sua nobile famiglia, vicino Mantova-, compì i suoi pri- mi studi in Milano sotto Giorgio Merula, e Demetrio Calcondila, e fattosi da 11 a poco conoscere per li suoi talenti straordinari, godette della stima del marchese Gonzaga, e del duca Guidobaldo da Urbino, che il volle avere al suo servizio. Fu spedito amba- sciatore a diversi principi italiani, non che ad Arrigo YII d'In- ghilterra che il ricevette con distinte dimostrazioni di stima, e a Luigi XII re di Francia. Morto Guidobaldo passò a' servizi del nuovo ducaFrancesco Maria della Rovere; cui accompagnò in di- verse spedizioni militari, onde ne fu gratificalo nel i5i3 col dono del castello di Nm^ilara, due miglia lontano da Pesaro. Nel i5i6 sposò Maria Ippolita Torcila, faglia del conte Guido, e di Fran- cesca di Giovanni Bentivoglio, che si vide con dolore rapita da moi-le quattro anni appresso. Recatosi posteriormente in Roma, qual ambasciatore del marchese Federigo di Mantova per otte- nergli il generalato di santa chiesa, e coronate le sue fatiche da un felice successo, si legò ivi in amicizia co' più eleganti scrit- tori che colà fiorivano, e con particolarità col Bembo, e col Sa- doleto. Nel i522 si restituì in patria, e servì il suo principe nella guerra, che faceasi per cacciare i Francesi d'Italia. Invinto po- scia di nuovo in Roma, fu dal Pontefice Clemente VII mandalo Nunzio a Carlo V in Ispagna: ma caduto ingiustamente in sospetto del Papa, e travagliato da salute e da cordoglio, morì in Toledo nel i529.^gli scrisse elegantissime poesie Ialine, in cui sembra trasfuso le spinto del suo concittadino Virgilio; e in italiano versi e prose non meno eleganti. L'opera però che acquistogli raag gior lama si e quella che tratta del Cortigiano, e che p\iossi ri. guardare nella nostra lingua come un modello di stile forbito, scorrevo e, dignitoso, e senza affettazione e contorcimenti. Il poe- metto sulla statua di Cleopatra da potersi contrapporre a quello di isadoleto sul Laocoonte, che è stato da me parimenti tradotto, mento di venne inciso in marmo per ordine pontificio unita- mente a quello di Favorino sullo stesso soggetto, e di esser col- locato a lato di quel simulacro. Il Castiglione fu grande ama- tore delle belle arti, e sollecito ricercatore di antichi monumenti, e raccolse una ricca serie di cammei, di statue, ed altre anli- chiUi Quanto però alla sua opiuioue sulla statua da lui creduta di Cleopatra, che illustrò co' suoi versi, andò erralo, per le ra- gioni esposte nelle precedeuli osservazioni. ^48 letteratura Carmen- Marmore quìsquis in hoc saevis admorsa coliihris BrachiOy et aelernd torpentia lumina nocte Adspicis} invitarli ne crede occumbere leiho. Vtctores vetuere dia me ahrumpere tntam, Regina ut veherer celebri captiva triumpho; Scilicet et nuribus parerem serica latinis, Illa ego progenies tot ducta ab origine regum^ Quani Pharii coluit gens fortunata Canopi^ Delitiis fovitque suis Aegyptia tellus, ' -Atque Oriens omnis divàm. dignatus honore est. Sedulitasy pulchraeque necis generosa cupido Vicit vitae ignominiam, insidiasque tyranni» Liberlas nam parta nece est^ nec vincula sensiy Umbraque Tartareas descendi libera ad itndas^ Quod licuìsse mihi indignatus perfidus hostis^ Saevitiae insanis stimulis exarsit, et ird^ Wamque triumphali invectus Capitolia curru^ Insignes inter titulos, gentesque subactas Exlinclae infelix simulacrum duxit, et amens Spectaclo explevit crudelia lumina inani, Neu longaeva vetustas facti famam aboleret^ Aut seris mea sors ignota nepotibus essety Effìgien excadi spiranti e marmare jussity Testari et casus falum miserabile nostri. Quatn deindcf ingenium artiflcis miratus Julwì Egregium^ celebri visendum sede locauit Signa inter veterum heroum, saxoque pcrcnncs Supposuit lacrimas aegrae solatia mentis ^ ed arti liberali 249 Carme. Qual cha tu sii, che in questo marmo scorgi Me, che mostro a le braccia i crudi morsi Di fier colubro, e de l'eterna notte Torpenti i lumi, a, involontaria morte Non creder ch'io soggiacqui: i mesti giorni Vietommi a lungo il vincifor troncarmi, Onde cattiva al suo trionfo altero Strascinata ne andassi, e a le latine Nuore servissi, io già Reina, e germe Di tanti re per ordin lungo estremo, Cui del Fario Canopo avventurosa Già venerò la gente, e cui blandio L'egizio suol con sue delizie, e tutto L'oriente degnò di onor divini. Tenace voglia, e generosa brama Di bella morte l'onta de la vita Vinse, e le trame dal tiranno ordite; E quindi col perir la sospirata Acquistai libertà, ne la gravezza Soffrii de' ceppi, e liber'ombra scesi A le tartaree sponde. Alto disdegno D'un tanto ardire il perfido nemico Al cor sentio, e d'ira ardendo, a cieca Sevizie insana abbandonossi, ond'egU Sul carro trionfai recato intorno Al Campidoglio, borioso addusse Fra pompe altere, e popoli sommessi, Me non già viva ed infelice, il muto Mio simulacro, e stolto i lumi atroci Volle bear d'uno spettacol vano. E perchè tarda età del grande evento Non dileguasse il grido, ne a' remoti Posteri ignoto fosse il mio destino. In marmo impose che l'effigie mia Sculta spirasse ad attestar l'acerbo Caso fatale, ond'io mi giacqui estinta. Poscia del sommo artefice l'ingegno Giulio (i) ammirando, in rinomata sede L'egregio marmo espose a' simulacri D'eroi vetusti in mezzo, e umor perenne Quai lacrime, che son d'un egro core Dolce conforto, zampillar vi feo: Non perch'io plori la bramata morie (0 Papa Giulio II. 25o LETTERATURA. Optatae non ut deflerem gaudio mortis^ CNam mihi nec lacrinias lethali vipera morsu Excussit^ nec mors ullum inlulit ipsa timoremj Sed caro ut cineri, et dilecti conjugis umhrae Aeterna$ lacrimasi aeterni pignus amoris Maestà darem^ inferiasque inopesy et trislia dona. Has etiani tanien infensi rapuere Quirites. Ai tu Magne Leo, Divilm genus, aurea sub quo Saecula, et antiquae redierunt laudis honoresj Si te praesidium miseris morlalihus ìpse Omnipotens Pater aelhereo demisit Olympo, Et tua si immensae virtuti est aequa potestas^ Muni/ìcaque manu dispensas dona Deorum, Annue supplicibus votis, nec vana precari Me sine: parva peto; lacrimas Pater optime redde, Redde, oro, fletum, Jletus mihi muneris instar. Improba quando aliud nil jam fortuna reliquit. At Niobe, ausa Deos scelerata incessere lingua, Jnduerit licet in durum praecordia marmor, Flet iamen, assiduusque liquor de marniore manat. Vita mihi dispari vixi sine crimine, si non Crimen amare vocas, fletus solamen amantum est. Adde, quod afflictis nostrae jucunda coluptas Sunt lacrimae, dulcesque invitant murmurc somnos. Et cum exusta siti Jcarius canis arva perurit; Huc potuni veniunt volucres, circumque, supraque Frondibui insultant, tenero tum gramine laeta Terra viret, rutilantque suis poma aurea ramis. Htc ubi odoratuni surgcns densa nemus umbra Hespcridum dites truncos non invidet horlis. ED ARTI LIBERALI 25 1 E ne turbi il piacer col pianto mio^ (Che una lacrima sola a questi lumi L'angue non trasse col lelal suo dente Ne m'incusse timor la morte islessa) Ma perchè del consorte al cener caro, E a l'ombra amata offrissi mesta ognora D'eterno affetto, eterno pianto io pegno. Tristo dono, e feral scarso tributo! E pur quel pianto a me rapirò infesti I Quiriti^ ma tu celeste germe Magnanimo Leon(i), che gli alti onori De' tempi antichi rinnovando a noi Aurea eia sorger festi, ah! se in sostegno Degl'infelici l'inviò dal puro Olimpo in terra onnipossente il nume, E se pareggia a tua virtude immensa L'ampio poter, onde con larga mano Versi i favor superni, al voto mio Che supplice ti porgo assenti, e vano Non permetter che torni, io chieggio poco: Ottimo padre rendimi le lacrime, A me rendi quel pianto: avrommi a dono Plorar mai sempre; poiché rea fortuna NuU'allro mi lasciò. Niobe mira Che ardì gli Dei con scellerata lingua Provocar; benché il cor duro qual marmo Avesse, manda pur perenne linfa Da quel sasso; però dal suo diverso Fu il tenor di mia vita, i giorni io vìssi Senza delitto (se appellar non vuoi L'amar delitto). Almo sollievo il pianto È degli amanti, arrogi pur che il mio Con grata voluttà lenisce a' cuori Le angosce, e dolcemente al sonno invita Col flebil mormorio. E quand» poi L'icario Cane i sitibondi prati Brugia, qui a ber corrono i vispi auge!, E su e attorno fan stormir le frondi; Allor la terra di novelle erbette Lieta verdeggia, e splendon vaghi i pomi, Ciascun su i proprii rami, e denso d'ombre Qui allor s'innalza l'olezzante bosco, Che non invidia degli esperid'orli Il fresco rezzo alle frondose piante- ci) Papa Leone X. a52 LETTERATURA ANNUNZIO Nel varcalo giugno femmo noto al Pubblico nel n." 4© del Tele- grafo^ che il signor Carlo Gemniellaro, professore di storia naturale nella Università di Catania era stalo invitato alPassemblea de' Natu- ralisti, che dovranno riunirsi ai 18 del prossimo settembre in Stutt- gard. Or facciamo palese a tutti coloro, che hanno a cuore la patria gloria, ch'ei dopo essersi per pochi giorni trattenuto fra noi, è già partito per la sua onorata missione. La fama che lo precede ha fat- to nascere nell'animo de' dotti della società geologica di Francia il desiderio di conoscerlo. Della qual cosa tolto incarico il signor Ja- gar segretario dell'assemblea di Sluttgard, nel partecipare a Gem- mellaro cotal brama, gli ha indicato con lettera de' 4 luglio, afFiet- landolo al suo viaggio, qual via debba battere, per cui senza ritar- do possa trovarsi a Strasbourg luogo di unione della succennata società geologica, donde accompagnatosi a quei dotti di essa, che hanno avuto invito per V anzidetta assemblea di Stuttgard , ivi a tempo si recasse. Diciamo finalmente, che tra gl'importanti subbiettì di che si terra ragione in quell'assemblea, sarà materia di grave disamina ciò che concerne i crateri estinti del Val di Noto , poiché il professor Gemmellaro trovasi in disparita di opiaioui con il signor Hoffmann. V iS". Costanzo. Necrologie. Ignazio De-Contreras, che per amore alle lettere, e per coltura d'ingegno non fu ad alcuno secondo trs i valenti giovani, su cui le ulteriori s[jeranze ripongonsi della patria, compiè con non poco dolore de' buoni nel fior degli anni il corso di sua vita il dì dodici aprile di questo anno i834- Nato egli in Palermo a' 3 dicembre del i8o5 da onesti e civili parenti, ebbe, come e comune usanza tra noi, i principi della sua letteraria educazione nei collegi, ove cominciò a sentire una costan- te inclinazione alle lettere, trovando in esse il più dolce consolo della sua vita. La quale felice disposizione divenne in lui più forte e vigorosa allora quando uscito dai ceppi di un'ingrato e falso metodo d'insegnamento, lasciato libero nella scelta dei suoi studi, senli vivo il desiderio di rendersi utile alla società e di ve- dersi ascritto nel numero di quei benefattori degli uomini, che con le loro opere lianno procurato di togliere gli errori eie mi- serie dai suoi simili. Questa bella e generosa ambizione fu quella ED ARTI LIBERALI 353 che sempre lo diresse nei suoi studi, che diriltamente mirarano al bell'essere della società, e che furono sopraUutto la moral filoso- fia, e la politica economia. Conobbe egli però, prima che a tut. l'uomo dato si fosse a siffatte scienze, la necessitk di apprendere l'arte di ben esprimere i propri pensamenti, e quindi tutta veg- gendo l'importanza delle belle lettere a queste si rivolse. Una guida sicura trovò nell'insigne abate Francesco Nasce, che leggendo eloquenza e poesia latina e italiana nella R. Università di Paler- mo a se vedea trarre la più bella gioventù siciliana ad apprendere, ed a formarsi il bello e perfetto gusto, come a quegli che ben sapea e con la voce, e eon l'esempio infiammarla allo studio dei classici. A questo dotto professore si strinse tosto il De-Contreras, e quindi par che di altro in quel tempo occupato non si fosse, che della salutare lettura dei migliori esemplari , e spezialmente delle opeie del Boccaccio, di cui non seppe mai allontanarsi. E co- mechè un'anima avesse sortita poco inclinata alla poesia, pure, seguendo in tutto fedelmente gl'insegnamenti del maestro, non tra- lasciava di mostrarsene caldo cultore; imperciocché la poesia, ol- treché riguardava quel dotto uomo come un mezzo sicuro ad in- gentilire gli spiriti, ed a formare il cuore e la mente della gioven- tù, uno studio credeva necessario per fare un colto e leggiadro scrittore, siccome quello che giova a dar grazia, vigore, e leg- giadria allo stile, ed a formare in somma una colta ed animata prosa. E qui l'animo mi corre innanli pensando quanto male si avvisano coloro, che niun senso avendo al bello non si stancano giammai di mettere in voce questa arte divina, come inutile e pre- giudicievole al progredimento dello spirito umano, e senza rispet- tare le varie inclinazioni degli uomini, e senza conoscere il pre- gio di un ramo di letteratura, per cui sommi ingegni hanno col. to , e coglieranno gloriosi ed immortali allori, pretendono, e simili follie si odono spesso pur troppo, di dare un bando a sif- fatti studi come occupazioni di gente inutile, ed oziosa. Mi si perdoni questa escita, in cui la nausea di sentir sempre ripetere tali stoltezze mi è fatto venire. E ritornando al proposito nostro, diciamo, clie con si buone disposizioni, ed ottimi principi venia lutto finalmente il De-Contreras ad abbandonarsi a quelle utili e severe discipline, alle quali sentiasi dalla pi'opria natura chia- niatoj e non risparmiando né tempo, ne fatica, e quasi ad onta dei suoi tenuissimi mezzi di sussistenza, che costringevanlo ad ab- bracciare una lucrosa professione, senza aprir mai l'animo a qu?i geniali piaceri, di cui sempre suole esser vaga la gioventù, par che di alno non foss.' stalo sollecito che delle sue dilede appli- cazioni, alle quali consacrò i più bei giorni delia sua giovinezza. Vivendo egli dunque tulio solo, non Lsciava dj far sempre te- soro di belle ed utili cognizioni, ed osservando i diletti de'Ai 254 LETTERATURA uomini, e della società, non ligio, come egli ci lasciò scrino, alle altrui passioni, senza che il suo labbro avesse mai pronunzialo l'adulazione e la menzogna, osservando ora lo stato di miseria, io cui eran costretti graii parte dei suoi concittadini a langui- re, ora taluni inveterati e falsi metodi d'insegnamento, e di al- cune letterarie istituzioni, ed ora finalmente la ferocia e la cru- deltà di non pochi , cercava con le sue meditazioni di trovar modo come togliere siffatti perniciosi vizi dalla società. E quindi tra i vari lavori che in cosi verdi anni con molta fatica era giunto a compilare e che inediti ci sono rimasti(i), un volume di dispa- rati discorsi a corregimeuto di tali errori mandò egli fuori perle stampe nel i83o sotto il titolo di discorsi di pubblica utilità^ che per lo fine a cui vennero destinati, per l'erudizione di cui sono adorni, per la verità, di taluni principi, per la faciltà e leggiadria del dettato, meritarono a ragione di essere ricordali con onore non che di alcuni dei priucipali lellcrari giornali d'Italia , ma quel che è più di ollremonli, ch'esser sogliono severissimi nel giu- dicar di opere di moral filosofia. E quantunque l'autore non avesse sapulo proporre dei rimedi ne cosi adatti, ne così nuovi, ne cosi forti da pervenire al consegui- mento dei suoi fini, ed avesse mostrato nel tempo stesso leg- gerezza neir approfondire talune materie, incauto trasporto nel- l'adottare, e propagare taluni nuovi principi, e non ben ponde- rate opinioni, e anzi che maturità di giudizio quel troppo fer- vido calor di gioventù, che solo con gli anni, e con l'esperien- za si spegne, pure basterebbero ad onorare il suo spirilo le sole ricerche alle quali si volse, quella non volgare pazienza della fa- tica , e quel ch'è più quell'immensa brama di apprendere, che tutta preoccupandogli la mente, gli fece sinanco trascurare i mezzi di provvedere alla propria sussistenza. Si e "^vidc egli diflàlli, che poco giovano tra noi gli studi, e le lettere alle comodità della vita, quando vedutosi quasi privo di beni di fortuna, gli fu forza di cercare un'impiego onde rimediarvi. Ma pure insulil- cienti erano i mezzi, coi quali voleva al suo intento pervenire, imperciocché fidando su i propri meriti si espose piìi volle al ci- mento del concorso, ed ebbe a soflVire l'amaro scorno di vedersi a Jui preferite persone di uissun conto. Ma coraggioso affrontava l'avversa foituna, e mentre più propizia gliela vcgginmo arri- dere, avendo ottenuto u.i poslo tra gl'impiegati della Stalisti- . ca centrale di Sicilia, ed essendo stalo già chiamato alla com- (i) Tr.i' quali sono ad onore di lui (rnnnovernrsi nn Corso di hilUogra- J?a, elio nou potè pubblicar» per manciiiza di mezzi, un Corso di Jiloso- fia morule, due Istituzioni di dritto , e di procedura civile iiicompkic, e iìiiaimciitc un discorso sul perfezionamento della iiutwa fìsica dell'uomo, letto all'accademia di scienze lettere ed arti di Palermo, di cui egli era socio. ED ARTI LIBERALI 255 pilazione del giornale di scienze lettere ed arti, che già si era incominciato a far bello di alcuni suoi pregevoli articoli , ec- colo soggiacere all'estremo fato, uel fior della gioventù, e quasi in sul principio della sua letteraria carriera. A. D. G. M. Il dolore, elie attrista i buoni lorchè si veggon dalla morte rapiti quei sommi che non mai perder vorrebbono, viene alle- vialo in parte registrandone le virtìi, e carissima tenendone la rimembranza. Consacriamo perciò questo cenno al rispettabile dottor Antonino Gallo, che in lui un raro clinico perdemmo, un utile amico dell'inferma umanità. Nacque in S. Piero sopra Patti da Rosario, e Tecla Palazzo li i3 febbraio del i'j63. II genitore negoziante in pelli destina- va i suoi figli al medesimo traffico; ma un di lui zio paterno, che medicina professava sul luogo, e canonico era di quella col- legiata , osservando che il solo Antonino tra gli altri promettea pe' suoi talenti sicuro risultato negli studi, incoraggiò il ritroso nipote ad inviarlo di anni nove alla non distante Messina, poi- ché in patria niente si curava in allora della educazion lettera- ria (i). Apparò egli in quella città con ardore i precetti elemen- tari, li compi con successo da retorico, e d'anni quindici fé' ri- torno alla terra nativa. Vide cos'i l'affettuoso congiunto ben cor- rispondere il giovanetto alle sue premure, e volendone quasi di se far copia, già iniziavalo alla chiesa con gli ordini minori, ed alla medicina il preparava ei stesso, guidandolo ne' principi lo- gici e metafisici. Però nel più bello dell'istruzione quell'ottimo prete si morì, e '1 dolente allievo, sollecito della meta a cui di- retto avealo il suo benefattore, recossi a Palermo nel 1779, ove compi la filosofia, e poi da chierico qual era udì per un bien- nio teologia dommatica sotto il famoso Cari. Lasciò intanto 1' ecclesiastica carriera, e tratto con maggior forza dal genio all'arte salutare, entrò da giovane d'infermeria in questo spedale grande e nuovo nel 1783, frequentando in pari tempo i professori deW accademia Palermitana., e seguendo nclìe visite giornaliue il dottissimo Giambattista Meo. Istruito com'era abbastanza nelle mediche scienze, e fornito di spirito contempla- tore, di giudizio fermo, e di memoria tenace, ebbe in quello stabilimento la felice congiuntura di acquistarsi una pratica certa (i) Questo sacerdote di nome Antonino sentir dovca molto innanzi nelle mediche discipline, come rilevasi da tre grossi volurui manoscritti, ne' quali esposte si comprendono la teorica e la pratica de' suoi tei)i[>i con metodo, e in buon latino. Lo studente nipote , che li raccolse alla di lui morte, sempre cari li temie, ed oggi si conservano dal figlio Giambattista di uni- ta a paracchic cliniche scritture del proprio genitore. aOO LETTERATURA. ed eslesa, ed un occhio veramente speiiiuentato. Ottenne per si fatti meriti , previo concorso , la carica di terzo pratico fisico nel 1791 i sali a pratico maggiore nel 1799; e nel i8oo gli venne affidato con particolarità il reclusorio de' Proietti. Cir- condato il nostro clinico da centinaia d'infermi calcava di e notte con indicibile attività il medico sentiero, e, tuttoché i fatti non equivoci delle cure che inlraprendea dentro e fuori dell'ospedale parlato avessero di lui con onore, videsi non di manco defrau- dato spesse fiate della caiica di medico primario. Perlochè nel 1817, siccome stanco degli annosi servigi prestati, implorò mo- destamente il ritiro, che da S. A. R. il duca di Calabria, poi Francesco I, non gli fu accordato a causa che il suo allonta- namento reso avrebbe svantaggio all'ospedale^ e l'onorò del ti- tolo di medico maggiore straordinario. Finalmente nel marzo del 1826 a sessantalre anni dell'eia sua, e pesante di una vita labo- riosa, trascorsa in mezzo a' recinti di .ammalati e moribondi, fu eletto medico di prima classe. 11 Gallo conoscea da filosofo l'arte che professava, nemico era de' sistemi, e soltanto le tracce ippocratiche seguiva, e le pro- prie osservazioni. Ne' morbi acuti mollo confidava alle risorse naturali, ne' cronici però tutta spiegava l'energia del suo clinico sapere. Facile era nella diagnosi, semplice nel trattamento, mi- rabile nella prognosi. Singolare si rese soprattutto nelle raalallie delle donne e de' bambini, e peritissimo nei casi più difficili della scienza. Fu umile senza bassezza, e non conobbe adulazione, intrigo, interesse 5 serio di carattere, ma faceto nel conversarej benevolo amico, pietoso dei simili, amorevolissimo padre e consorte. Mor'i in Palermo li 6 giugno del i834 h'a le braccia del figlio Giam- baliista compagno indivisibile ne' mali suoi. Nella conventuale cliiesa di S, Teresa, ov'è sepolto, leggesi la seguente iscriziou?, com- posta dal valente abate Pizzuto. ANTONINO . GALLO EX • OPI'XDO . DIVI . PETRI , A . PACTIS AUTIS . MEDICAE IN . MAXIMO . PANIIORMI . NOSOCOMIO PKINCIPI FILIIS . AEGROTIS . AMIClS DILIGENTISSIME . CONSVLENTI JOHANNES . BAPTISTA PATill . SVO A . MDCCCXXXIV . Vili . ID . IVN. A . LXXI . M . Ili . D . XXIV VITA . FVNCTO P Dottor Rosario Belisi. ED ARTI LIBERALI 257 Nota Per tarlicolo sulla letteratura napolitana inserito nel fase icoln 27 delle Effemeridi. Nel num. l'j delle nostre Efrcmeridi venne alla pag. 3 16 irt- serito un brevissimo cenno sullo slato attuale della letteratura napolitana. Il titolo di cenno brevissimo giustifica abbastanza l'autore del- l'intendimento che si ebbe nel dettarlo. Egli volea all'ingrosso far conoscere alcuni di coloro che nel momento attuale coltivano le lettere in quella sapientissima citth: quindi ne duole che ab- bian quelle pagine destato l'ira di taluno coatro di lui, che ha infiniti titoli alla pubblica stima , per un amore di patria cal- dissimo, e per un affetto non volgare, ma sublime verso i suoi concittadini. Noi non vogliam rispondere a coloro che dicono avere il napolitano cenno denigrato agli occhi dei Siciliani la napolitana letteratura*, poiché ciò non è avvenuto, né avvenir potea io nessun modo , conoscendosi da noi pienamente quanto maschio sia il sapere di quel popolo, e di quanti sommi inge- gni sia ricco quel paese in ogni ramo delle umane conoscenze : ivi tuttora vive Giuseppe Capecc Latro., che solo potrebbe ono- rare una nazione ed un secolo per la sapienza e per la virtù sua patriarcale: ivi una schiera esiste di sommi ingegni, e di scienziati di solenne grido: ivi si respiran fresche tuttavia le aure, che respiravan Mario Pagano e Cirillo. Ahi chi oltraggiar potrebbe quella terra! Ma indipendentemente di ciò noi dispre- giar mai non sapremmo la virtude altrui, ed un sentimento di orgoglio sogliam porre nell' esaltarla ed apimirarla. Oh fossero tutti i Napolitani giusti verso noi, come noi siamo verso loro! Le pagine delle nostre periodiche scritture non si sono mai aperte per offuscare le napoletane virtùj e noi per lo contrario abbiam visto, con dolore, che si sono ammessi non rare fiate nei loro periodici fogli , articoli che le siciliane cose fieramente attacca- no. Noi no, non meritiamo, nei nostri errori medesimi, di es- ser conculcati e vilipesi da chicchessia; ma piuttosto pianti e com- passionati; che infelici siamo, ed il mondo in nostro favore gri- da, e degni di miglior sorte ci reputa. Quindi quanto ci dolgano gli odi e le ire municipali non abbiam voce che possa dirlo abbastanza; poiché vorremmo (e questi sono sempre i nostri voti più vivi) che fratelli questi due popoli divenissero , e che pen- •k 258 LETTERATURA siero ncITuuo mai non sorgesse di opprimere e di conculcare J'ahro. Oli fosse pur vero! venisse pur questo giorno! Intanto siamo autorizzati a manifestare che il brevissimo cenno sulla napolitana letteratura appartiene a Giuseppe Ricciardi, di- rettore del Progresso, figlio di quelTailissirao senno del Conte di Camaldoli, cui Napoli non solo, ma Italia tutta onora. Giuseppe Ricciardi con fatti, e non cou vane parole, ha mo- strato quanto ami la sua terra natale, e nel Progresso, che dk tanto lustro alla napolitana civiltà ha fallo sempre conoscere iu qual pregio tenga il valore dei suoi concittadini. Ingiusta dun- que e maligna è la taccia che ora gli si appone. Ricciardi non si prefìsse di scrivere ex-professo una memoria o un discorso sulla letteratura presente della sua patria-, bensì un rapido cenno che egli stesso imperfettissimo e superficialissimo chiamò, onde il nudo disegno della cosa vi presentasse; e quindi il suo divisamento non era quello di parlar di tutti i letterati, ma di alcuni; ne di ragionar delle opere, ma di indicarle. Ciò non pertanto è me- stieri dire ch'egli avrebbe meglio bramato che il suo cenno ci fosse servito di elementi a formar noi stessi un articolo più lungo e pili ragionato: ma noi senza altri materiali, e privi di cono- scenze peculiari al bisogno, failo non sapemmo; e perciò quello «{critto che avea una forma sua propria, e stava da sé solo, venne pubblicato nel modo medesimo, che fu a noi indirizzalo. Per la qual cosa egli oggi ne invila a far manifesto, che rimane saldo nelle opinioni enunciale: opinioni che emise, senza pretender che piacessero a tulli, e non come vere, ma come sue. Essendo poi nella stampa del combattuto articolo trascorsi vari errori, noi faremo un apposito errata-corrige, onde a lui non si appongano peccati che suoi non sono. Ecco quali cose abbiam creduto di not.ae a discarico nostro e del Ricciardi: il quale sicuro nella sua coscienza, della vtrilU sola va in traccia, e quindi, qual' anima gentile, non terne di emendarsi, tostochè gli si facian conoscere gli errori, in cui per avventura sia potuto inciampare. FiRDINANDO MALVICA. BIBLIOGRAFIA SICILIANA. MEMORIA di L. Nicoletti c F. Parlatore su di una membrana sierosa dell'occhio. Pultrmo dalla tipografia del giurnale Letterario lS34 in-8 di pag. 'Ò4. LETTERA chirurgica di Aktomno Fazino Ofiuas da Saiapurata dot- tore in medicina e chirurgia, di- retta al professore Placivo Por- TAL ec. Palermo presso Tommaso GraJJ'co -1804 iii-S di pag. 20. DIZIONARIO storico-mitologico di tutti i popoli del mondo compilato da Giovanni Pozzoli, Felice Ro- mani , e Antonio Peracchi sulle tracce di Noel, Milliii, La Poitc, Dupuis, Rahaud s. Etienne ec. Pa- lermo suimperia di Tommaso Oraf- JeoiS'ò'ò e iS'i/j. 6 fascicoli sin' ora pubblicati con figure color. DIZIONARIO universale della lingua italiana ed insieme di geografia (antica e moderna), mitologia, sto- ria (sacra politica ed ecclesiastica), biografia, antiquaria, storia n;itu- rale, marina, arte militale, arclii- tettma. meccanica, e di tutti i vo- caboli di origine greca, usati nella medicina, anatomia, chirurgia, far- macia, chimica, fìsica, astronomia, teologia, gluiisprudenza, e commer- cio. Preceduto da una esposizione grammaticale ragionata della lin- gua italiana di Carlo Ant.Vanzos. Tomo primo A. Palermo presso Salvadore Barcellona i834''^-4- J/ICTIOÌNNAIRE de phrases frau- »;aises avec la traduction italienne compose sur le dictionnairc de l'ac- cadeinie francaisc. Ouvrage Irès- iitile pour tous ccux qui vculent parler et écrirc correctement cet idioiue, avcc un abrégé des prin- cJpcs généraux de la languc fran- caisc, et des rcmarques sur l'ortho- graphic. Par Avenia. A Palerme chcz Ange Concole iSò-j- in-S. POESIE di vario genere dÀ cavalie- re Letterio Stagno ^ia Messina accademico Pèloiitano ordinario pastore arcade di numero ili Ro- ma. Parte i. Messina^ per Micliei {angelo Nobolo , ]S34 "'•/- d- pag, XII e q4. PAULI Figlioli elegia, cui Franci- scus Figlioli ejus frater siculuni addidit epigramma. Drepaiii typis Patri Colajanni, iS'ò4 in-8 di pag. 8. ELEMENTI di filosofia di Vincenzo Tedeschi Paterno Castello pro- fessore tli metafisica. "Volume secon- do. Catania da' torchi della II. Università degli S'tudiiy i83'3 in-8 di pag. CORSO completo d'Economia poli- tico-pratica. Opera dctinata a met- tere sotto gli occhi degli uomini di stato, de' proprietari d'immobili e de' capitalisti , de' dotti , degli agricoltori, de' manifattori, do' ne- gozianti, ed in generate di tutti i cittadini l'economia della società di G. Batista Say autore del tr;'- tato e del catechismo d'economia politica. Trailuzione dal francese. Tomo primo. Palermo, stamperia Pedone e 3Iuratori in-8 di pag. LE ANTICHITÀ' della Sicilia espo- sto ed illustrate per Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Seira- dil'alco socio di varie accademie. Voliniic II. Palermo presso Andrea Altieri i8'ò4 in-fog. con 3J tusfole in lama ed in litografa. DELLA dotti-ina oniiopatica del dot- tor Sam. Hahnemann: articolo cri- tico inserito dal dottor P. Jolly nel tomo X del Dizionario di Me- dicina e Chirurgia pratica pubbli- cato in Pai'igi nel i833 con note de! traduttore. Palermo presso i sodi Pedone e Muratori i834in-S di pag. 16. DE VENERABILI Eucliaristia car- mina libri quatuor cum notis , et animadversiouibus, auctore Andrea Catalano canonico et jiaroco me- tropolitanae ccclcsiae Montis Reg.i- lis. Panarmi typis Petri Nocera ìS33 , in-o voi. Il di pag. 1 13 , voi. Ili di pag. wc) e voi. If^ di pag. i4<). DISCORSO sulle indulgenze della Bolla (Iella Crociata di Sicilia reci- tato nella cattedrale di Palermo n uto dtU'iadustria uazionale. ago scif:kze ed arti Nel lavorare colla macchina di Cristien osservai, clic era per molti riguardi difettosa, che lasciava aderente ai filamenti ìa gomma resina, da cui spogliavansi con mollo stento, e fatica, e che avea perciò bisogno di venir migliorata; come rilevasi dal citato mio rapporto, diretto all'Intendenza. Non so, se i miei suggerimenti sono di accordo colle idee già poste in esecuzione dal signor Lorilliard; è certo però di averla egli portato all'ultima perfezione. Escono dalla macchina di costui i filamenti netti e belli, spogliati dalla lisca, e dalla gomma resina, atti in somma a filarsi (i). Conviene perciò di non pensarsi più alla macchina di Cristien, e di provvedersi il mio comune dell'altra del signor Lorilliard. Con l'introduzione di questa, ol- tre l'aumentarsi la quantità , e di migliorarsi la qua- lità dei filamenti , che tanto favorirebbero la nostra ricchezza, saremo liberali da quei vapori mal sani, che nel tempo della macerazione del lino infettano la no- stra atinosfera a spese della pubblica salute. Vero egli è, che per lo zelo, e per la vigilanza di ottimi citta- dini non si esiegue più questa operazione, come un tempo, dentro, o nei luoghi vicino all'abitalo, ma in siti distanti, e meno pericolosi; nondimeno la gran quantità di questo genere, che si produce nel territo- rio, e l'abbondanza delle acque sorgive, la quale in- vita i rustici dei paesi limitrofi a portarlo in questa per macerarlo; e quindi la quantità , e la durata dei maceratoi, non tralascia di oilenderci. E se dall'incre- mento, e dalla salute delle popolazioni deriva l'atti- vità, e l'energia dell'industria, non è utile soltanto, ma necessario per tutti , e specialmente per noi il sosti- tuire al processo della macerazione quello che si è re- centemente inventato. Non insisteremo più per la filanda del cotone ; il Governo ne approvò l'acquisto per il Capoluogo di que- (i) V. gli Elementi d'Igiene del sig. Londe png. 346. MECCANICHE 291 Sta provincia , la di cui prosperità riguardiamo come nostra. Ili vece di questa ne domandiamo un'altra, che può riguardan'si come il suppliinento di quella di Lo- rilliard, dalla quale riceve, ed alla quale dà gran gior vamento; cioè, la filanda del lino. Acquistandola, sic- come si trovano in questa e bravi tessitori, e telari di eccellente costruzione, ed in abbondanza i materiali necessari, e ben preparati per farla lavorare, avremo all'istante tutti quei preziosi tessuti di tal genere, che gli esteri introducono fra di noi a nostro grave iute- resse. L'istesse mire di economia , e di pubblica utilità m'inducono a domandare l'altra filanda della lana, per filare le nostre lane indigene; non già per fabbricare dei panni, pei quali forse atte non sarebbero, e per i quali il Governo accordò il privilegio esclusivo di anni cinque alla Società Barbler, ma per fabbricare baiette, lille, coverte da letto, sariche ec, oggetti di facile, e poco dispendiosa esecuzione, e nel tempo stesso di gran consumo , e profitto. Tale espediente accrescerebbe il valore delle lane prodotte dalle numerose nostre greg- gi: lane, che potrebbero soddisfare a tal destino, e che s'impiegano attualmente a formare vma specie di pan- no, con cui un selvaggio si contenterebbe appena di vestirsi. Non si dubita, mi si dirà, che l'introduzione di que- ste manifatture non sìa molto vantaggiosa, ed al nostro comune, ed alla nazione, e che merita quindi tutte le premure dall'autorità costituite: ma dove si troveranno i mezzi di acquistarle? e quello ch'è più, come fare in modo da non restare inoperose , come restò quella di Cristien, e che sieuo al più presto poste in attività? Per rispondere a tali quistioni proporrò quanto mi sembra più opportuno , restando in arbitrio del Go- verno di approvare, o no, 0 modificare i miei pensa- menti. Intendo frattanto di acquistarsi non già in nome del Comune; ma in nome del reclusorio di vergini, aga scienze ed akti che abbiamo in questa sollo titolo dello Spirito San- to. Avremo co-sì il doppio diletto di renderci utili in generale, e di sollevare dallo stato aflligeute, ove ri- trovasi quel pietoso stabilimento. Stanno al presente ivi rinchiuse quaranta miserabili donzelle dell'infima classe del popolo, che fuggono dal- l'indigenza delle loro famiglie per ritrovarne un'altra poco da quella differente. Le scarse rendite addette al reclusorio, delle quali appresso parleremo, ed i soc- corsi di alcune buone persone non sono stati mai suf- ficienti a darle mezzi di poter comodamente sussiste- re. Il solo desiderio di conservare la di loro innocen- za, evitando le insidie del libertinaggio, per poi an- dare a marito colla buona opinione di aver menato una "vita casta , le induce ad allogarsi , ed a dimorare in quel sacro ritiro. Da poiché, chi il crederebbe? sono costrette talvolta quelle sventurate, per isfamarsi,a scen- dere nel cortile a pascersi, come i bruti, di erbe sel- vatiche. La maggior parte di esse tiene appena di che cuoprire la propria nudità, e dorii7e sopra cenciosi, luridi strapuntini, sdraiati sul suolo delle camere. Que- sta miserabile condizione porla seco il difetto di col- tura; esse in fatti sanno maneggiare il fuso soltanto, eoa cui possono al più guadagnarsi qualche baiocco al giorno Dove si osserva questo spettacolo di com- passione? In Paterno. Li uno dei Comuni del regno i più ubertosità popolati; ed il di cui stato attivo su- pera molto io slato passivo! Non che il sensibde cuore dei Paternesi non sia stalo commosso all'aspetta di tante miserie, i di loro sforzi però per farle cessare sono stati sempre precari, efimcri, e mal diretti. Per- sone caritatevoli le hanno somministrato di quando in quando qualche limosina. I canonici Spadaro, Coni- glio, e Battiati le assisterono in tempo di loro vita con zelo, e le soccorsero con benignità; alcuni dei no- stri Sacerdoti le guidano per le strade della città per «Iteuere dalla canta dei fedeli qualche sovveuimento. MECCANICHE SqS Si ritrovano nondimeno sempre in una condizione pe- nosa, da cui non usciranno giammai, se non si pen- serà a dnrle mezzi efficaci e permanenti di sostenta- mento, che non potranno ottenere dalla tenue rendita annuale, che possiede il reclusorio, la quale si riduce alle infrascritte partite. Once quaranta circa annuali, assegnate dai pii fon- datori, sopra terre, vigne, e case; questa somma, come rilievo dallo stato discusso, dal Consiglio degli Ospi- zi rimesso alla Commissione per l'esercizio del 1827 e 1828, viene interamente assorbita dal mantenimentOv dell'Oratorio, e della sagrestia; sole once sei si accor- dano per limosina alle donzelle, le quali non le sono state pagate da molti anni. Once quaranta annuali assegnate dal comune per isti- pendio di una maestra di riccamo, per medicamento, e vitto delle ammalate. Tale rendita non si passa nelle mani della Commissione, e si paga direttamente all'a- romatario ed alla succennata maestra. Ognuno vede, che l'arte del riccamo è inutile dove regna l'estrema miseria ; le donzelle non han pensato , ne penseranno mai a valersene; sono continuamente occupate a soddi- sfare i più stretti bisogni di prima necessità, che esclu- dono sempre i divertimenti del lusso, incapaci nel no- stro comune a procacciarle un pezzetto di pane. la quanto al vitto da somministrarsi alle ammalate , mi si assicura , che neppure un brodo di legumi ha en- trato mai nelle loro bocche, e che tutto il denaro si paga sempre all'aromatario per medicamenti, i quali po- trtibbero ottenersi con picciolissima spesa. Il solo reale soccorso , che le donzelle ricevono , è quello dei PP. Benedettini, residenti in Catania, che somministrano mondelli due di frumento al mese per ognuna di esse : soccorso che unito al prodotto delle loro attuali fatiche noa può esimerle di menare vita stentala, e peouriosa. Vari sono stati i progetti avanzati, affla di miglio* 19 294 SCIENZE ED ARTI rare la sorte ili queste infelici. Il Consiglio degli O- spizi insinuava al Dccurionato di assegnarle once due- cento all'anno. L'attuale onesta Commissione propose la dotazione di buona quantità di terre, da guadagnarsi dalla comune nello scioglimento dei dritti promiscui , che va a finalizzarsi cogli eredi del fu Principe di Pa- terno. Nulla intanto si era conchiuso sino -a quest'anno 1834 quando i clamori dei buoni arrivarono a com- muovere il cuore del .Decurionato , e nel riformare lo stato discusso deliberò d'impiegare once cinquanta an- nuali alla sussistenza delle donzelle recluse, ed once duecento per una volta soltanto, all'oggetto di com- jirarae qualche macchina, e di collocarla dentro il re- clusorio, dando così ad esse occasione di fatica, e di iucro. Lasciarono intanto le once quaranta un tempo assegnatele nell'istesso infelice, sebbene in apparenza lodevole, destino di prima. Conosco troppo bene, che la ristrettezza di questi mezzi non è sufficiente a farci acquistare le macchine da me domandate, ed i materiali, dei quali abbiso- gnano, per mettersi in opera, ne di far cessare la mi- seria, del reclusorio. Come dunque potrà arrivarsi a conseguire il doppio intento d'introdurre le desiderate manifatture, e di prov- vedere alla prosperità del sacro ritiro? Ecco quanto io penso essere all'uopo opportuno. Progetto in primo luogo di non impiegarsi più le once quaranta, proprie del Conservatorio al manteni- mento dell'oratorio , e della sagrestia, e più tosto al- meno sino ad un certo tempo, ed unitamente ai cre- diti cumulati sopra questa rendita, alle fabbriche ne- cessarie per situarvi le macchine , e di convertire la sagrestia, e l'oratorio in ofliciue di lavoro. E perchè vacassero agli ulììzì di religione le donzelle, projiongo di aprirsi una comunicazione colla chiesa di s. Gae- tano, che sia a dieci j)assi distante dalle mura del re- clusorio.-Cou poca spesa potiebbe fabbricarsi in delta MECCANICHE 9g5i clliesa un coro, e due aperture per confesslonlli, e di- spensarle così dalle spese necessarie al culto religioso. Potrebbero all'istesso oggetto servire le once trenta circa annuali di messe nell'oratorio fondate: dappoiccliè celebrandosi la cotidiana messa nella chiesa di s. Gae- tano, ivi l'ascolterebbero. Le once quaranta dal comune pagate alla maestra di riccamo, ed all'aromatario, riguardate attualmente da tutti, come interamente perdute, dovrebbero ver- sarsi nelle mani dell'amministrazione del reclusorio, per impiegarle pria alle fabbriche succeunate , e poi a qualunque altro bisogno del medesimo. In secondo luogo projjongo di deslinai^si allo stesso oggetto tutti i legati per limosine, assegnati dai pii fon- datori a persone incerte Paternesi, come sarebbero le limosine, che si fanno nella chiesa detta il Monte di pietà, nella festa di santa Maria del Soccorso, l'altre nella chiesa madre per la festa di s. Vincenzo martire: quelle che facevansi ancora nel giorno di santa Domenica, nella chiesa dello stesso nome: e siccome questa chiesa trovasi attualmente diruta sin dai fondamenti, ciò che spendevasi allora per messe da celebrarsi può conver- tirsi ancora in soccorso del nostro stabilimento. Molti, e molti altri legati di tal natura potrebbero rinvenirsi, e mi riserbo di rintracciarli, qualora il Governo ap- proverà la indicata misura. Questi progetti incontrerebbero la difficoltà di non poter noi convertire ad altro uso i legati disposti dai fondatori in celebrazione di messe, e di altro, ne for- zare il patrono della chiesa di s. Gaetano, che dal fu canonico Gatto fu fabbricata, dotata, ed assoggettata al diretto patronato laicale ad accordarci la erezione del coro, e dei confcssionili sopraccennati; ma svanisce dell'intutto qualunque difficoltà , qualora s'implora, e si ottiene da S. M. la commutazione della volontà dei testatori. Ne può temersi giammai, che un Sovrauo emmentemente impegnato alla prosperità della nazione. 396 SCIENZE ED ARTI e generosamente inclinato alla beniGcenza , non igno- rando peraltro essere più accetti a Dio gli atti di mi- sericordia, che i sacrifizi, si negasse alle nostre cari- tatevoli domande. Questi espedienti solleverebbero senza meno il reclusorio, senza somministrare intanto mezzi sufficienti a provvederci delle macchine desiderate, e dei materiali necessari a farle lavorare. Ne bastano an- che a ciò le once duecento dal comune accordatele. Perciò in terzo luogo propongo, che si supplicasse il Governo, affin di commutare, nell'approvare le va- riazioni dello stato discusso del comune, le once cin- quanta annuali, assegnate al reclusorio, in capitale di once mille, pagabile come appresso diremo. Il coniune è creditore di once diecimila contro gli eredi del fu Principe di Paterno, e contro altre persone : cèdendo once mille di credito da esigersi a preferenza d'ogni altro per quell'utile oggetto, non .si priverebbe di una parte considerevole delle §ue rendite, che ad altri usi applicare potrebbe. Dall'altro lato le once cinquanta annuali non sarebbero, che un lieve soccorso alle don- zelle recluse, non potendo spettare ad ognuna di esse, se non un'oncia, e pochi .tari. Ed oltrecchè si può te- mere, che una tal somma non arrivasse al suo destino, come non hanno mai arrivato le once quaranta,' delle quali si fece parola , trovando nel suo cammino lar- ghe, e profonde bocche per divorarsele, atta non mi sembra alla natura del nostro stabilimento. Non sono destinati i reclusori, come i monasteri delle religiose al solo officio di esibire al pubblico 1' esennpio della cristiana perfezione, e di pregare l'Onnipotente per noi, e che perciò hanno bisogno di tirare dalle rendile per- petue il di loro sostentamento: sono ritiri, dove rin- chiudonsi donzello innocenti, per ricevere ed educazione morale non men, che per apprendere arti da rendersi utili a se stesse, alle famiglie, ed alla società, da cui sono soccorse, e per divenire un giorno buone madri, iuduslrioscj ed oneste. Questo fine non si ottiene a mio MECCA NTCHB ^97 avviso coli' annua rendila, e piuttosto, e più efiìcace- meote apprestandole mezzi di lucro per via della fa- tica. Per altro le once mille, impiegate, come io la penso, frutterebbero molto, e molto più delle once cinquanta annuali; le farebbero quindi vivere con agia- tezza, e cumulare un capitale da servirsene di dote, qualora fossero in circostanza di maritarsi. Unite queste once mille alle once duecento di sopra avremo un capitale disponibile di once mille, e due- cento, che non credo sufficiente al nostro oggetto: per un calcolo di approssimazione credo che l'erogazione da farsi ascenda alla somma di mille, e seicento. Ci man- cherebbero dunque once quattrocento. Queste once quat- trocento dovrebbero domandarsi dal monastero de' PP. di San Benedetto, residenti in Catania. Strana, ed inra- gionevole a primo colpo di occhio sembra la domanda; (Esaminiamone i motivi, e giusta, e plausibile la vedremo. Da molti inrefragabiii documenti, e dall'istoria di Ca- tania del P. Amico, abate un tempo del monastero in discorso, rileviamo essere stati fondati in Paterno sette monasteri sotto f ordine di S. Benedetto. Di questi sette coll'andare del tempo se ne formarono due, intitolato uno di S. Maria di Licodia , quartiero di Paterno, e l'altro di S. Nicolò l'Arena esistente ancora nel prin- cipato di Paterno. Finalmente nel secolo decimo sesto pensarono quei padri di ridurli in uno solo, che ricco così, e splendido divenne, e di trasferire la loro resi- denza in Catania. Non può dare senza meno ad essi questa traslocazione il diritto di non adempiere le di loro obbligazioni verso il comune, in cui furon fon- dati, molto più che i latifondi da essi posseduti, d'onde scaturisce la loro opulenza, sono nel suo territorio quasi interamente compresi. Riflettiamo di più non potersi mai supporre essere essi stati dotati da beni conside- revoli per farli vivi^re in ozio: si opporrebbe ciò di- rettamente al sacro loro istituto di povertà , e di pe- nitenza. Li affidarono ad essi gli uomini pietosi, per- 298 SCIENZE ED ARTI che li aveano in opinione di persone ripiene della più fervida e sublime carità cristiana, e per diffonderli nelle mani indigenti di quella contrada, ove dimoravano. E non vi è dubbio per regola generale, dovere eglino im- piegare in limosine il terzo delle loro rendite, il quale ascenderebbe a più di ventiquattro mila scudi all'anno. Si crede fra noi per tradizione, doversi , oltre al de- naro, spendere da essi salme trenta di frumento in ogni mese a quel pietoso iiitento. Difficile sarebbe l'appog- giar questi fatti con antiche scritture, molte» più per- chè i PP. Benedettini, abbandonando questo soggiorno, seco trasportarono gran parte degli archivi notarili, e parrocchiali E poi qual giovamento da questo appoggio ne risulterebbe? Vogliamo forse noi lottare di fi onte a fronte con la casa la più ricca della pro- vincia, e con gente riguardata come nostra benefattrice? Sebbene ci lagniamo di non versarsi fra noi tutte le limosine destinateci, e di vederle alle volte diminuile a segno di vedersi, come quasi intieramente sospese , nulla di manco non tralasciano di soccorrere continua- mente i nostri poveri. Nostra intenzione ella è soltanto d'implorare per mezzo dell'autorità ministeriale dalla loro ben nota carità il discreto sussidio dell'enee quat- trocento per una sola volta , ancorché se le volessero compensare colla sospensione delle limosine che deb- bono in denaro: ferme però sempre restando quelle in frumento appartenenti alle vergini recluse. E paie che tutto arrida a contentare questo nostro desiderio: la giu- stizia, té l'umanità parlano altamente in nostro favore; lo zelo, e l'equità del Ministero non tralascerà d in* terporsi per noi; la persona, che sta attualmente alla testa del Ministero possiede rette intenzioni, e senti- menti di giustizia, e di amore del simile; in somma Ja provvidenza ci ha posto in circostanze da non di- sperare dell'esito di questa domanda. Soggiungo finalmente essere mia opinione, che si diano la ailitto, e colle dovute cauzioni ad uomini iu- MErCANTCHE 299 rluslriosi le macchine, ed i materiali, tostoccliè saranno acquistali, a condizione di pagare a prezzi stabiliti la dovuta fatica alle donzelle lavoratrici, e di restituire nel fine del fitto tutto ciò che gli sarà consegnato, e nello stalo medesimo, che fu da loro ricevuto. Si evi- teranno così le mal versazioni, e le frodi, che potreb- bero accadere; e resterà, e resteranno sempre fermi ed illesi, il capitale impiegato, e gli ordegni introdotti. E per liberarci dalle formalità, dalle spese, e dalle lungherie, che seco porterebbero i regolamenti in vi- gore diretti al bene della pubblica beneficenza, desi- dero ancora, che S. M. dispensando a quanto si po- trebbe opporre, scelga, per via del Ministero di Sicilia, persona proba, intelligente, ed attiva, in ammistradore del reclusorio, jjer governarlo sintanto che si verificasse l'esecuzione dei progetti avanzati ; eh' è quanto adire, sintanto che si esigeranno le once 1600, se ne farà l'im- piego, e si conchiuderà il contratto del fitto, e ciò senza altra obligazione, che di dar conto del tutto al Mi- nistro dell'interno. Con questo solo espediente ottener potrassi un esito felice, pronto, e sicuro. Ecco i miei proponimenti; meritano, quali si sieno, mi lusingo, l'attenzione dei buoni, e della pubblica au- torità; percliè tendenti a favorire l'industria, e la pro- sperità nazionale, e del mio comune; ed a sollevare II- stituto caritatevole, che per l'adesso in lagrimevole stato ritrovasi. Ma che potrà la debole voce di persona, ran- nicchiata fra le strette mura del suo tugurio senza al- tro sostegno dell'ardente desiderio di vederli eseguiti, che la consuma! Mi rivolgo quindi a lei signor Presidente, ed a voi Soci ornatissimi, aliìn di tener modo, onde i miei voti siano agevolali, e protetti presso il nostro Istituto, e presso il Ministero. La vostra saviezza, l'amor vo- stro per il pubblico bene, e la considerazione accor- datavi dal Governo mi fanno sperare, quantunque volte li seconderete colla protezione vostra, che bisognano di vederli pienamente esauditi. Per altro merita Paterno 3oO SCIENZE ED ARTI la vostra condiscendenza, come rifletterete, che è dessa una delle più anliclie città dell'isola, popolosa, possi- dente, vasto territorio, applicata all'agricoltura ed alie arti; che ha lottato lungamente contro la tirannia feu- dale, nel mentre che ha conservalo fedele attaccamento, e la dovuta sommissione ai suoi legittimi regnanti, e sempre; che tiene stretta communicazione con Catania, dove vende tutti i suoi prodotti, e da cui compra tutto ciò, che ha bisogno di provvedersi; giacche la pense- rete senza meno, come io mi avviso, non poter bene prosperare una gran popolazione, quando è attorniata da misere po[iolazioni, ma più tosto quando da indu- striose, ed opulenti. Porrete mente ancora, che fu Pa- terno la prima ad introdurre in Sicilia la macchina di Cristien , ed i modelli della filanda del cotone ; e che a proprie spese, e col sudore dei figli suoi aprì una Strada , per cui , e per la prima volta arrivarono iu carrozza i Catanesi sino alla capitale. E se questi inci- tamenti non bastano, alla vostra umanità, virtù, e re- lig)one mi raccomando; e più a quel vostro sacro sen- timento di pubblica beneticenza, il quale aiiingit so- lium Jovis^ et coelestia tentai. Sunii de discorsi recitati nella Società economica di Girgenti il dì 3o maggio i834' 1° Discorso inaugurale del Pie\>. sig. Canonico don Raimondo Costa. In tal discorso breve sì, ma elegante, l'autore fé' co- noscere essere ingiusta l'accusa fatta da taluno alla no- stra patria cioè, che nel seminario agrigentino lo studio delle scienze naturali è tanto trascurato, che fa d'uopo liiòrmare ouniuameiile l'aDlico vizioso corso degli studi MECCANICHE 3oi ecclesiastid, innestandovi le sciente esatte, e naturali. Si esteso a ventilarne le pruove, facendo rilevare; \° die gli sludi teologici piucchè son vecchi , e si av- Ticinano alla fonte, dico coU'autore, tanto più son ve- nerandi, ed autorevoli, e che perciò non possono af- fatto riformarsi, se non che spogliandoli della sola parte scolastica. 2^ Che i giovinetti teologi debbono lodevol- mente ajtplicarsi agli sludi delle scienze naturali, ma in ciò, che basti a poter rintuzzare le obbiezioni dei nemici della cattolica religione, non però di proposilo, come si pratica nelle università. Concluse, laudando il Principe che ci governa per aver concesso un assoluto perdono a coloro che osarono di attentare alla sua sacra persona. s." Memoria del Rev. sig. don Giuseppe De-Castro socio ordinario della medesima Società. Il signor De-Caslro iniziò il suo discorso dal far ri- levare che il giorno anniversario dA Re, che si cele- brava, congiungeva il fasto del culto politico, e gli og- getti di pubblica prosperità, la pompa onomastica del Monaica, e i guiderdoni delle arti, l'omaggio del prin- cipe, e gli economici discorsi. Fermò quindi il suo ragionamento sulle manifatture, e propose di parlare delle sostanze di natura, e delle vicende, che per la man dell'uomo vengou soffrendo; degli usi postremi invalsi fra gli esteri, onde così, rag- gruppando le straniere conoscenze, sapere quante forme e quali prenda negli altri popoli ogni prodotto, che noi ricogliamo dal nostro terreno. In breve propose parlare sopra un certo colai commercio di straniere con- tezze , per raccogliere i mutamenti di sostanze da noi in altrove trasmesse. Cosa sembratagli utile per due capi; 1*^ per sapere se almpno per nostra opera possa- no avere i prodotti le quattro, o le cinqui; vicende, infra le dieci, e le venti, che lor danno gli stranieri 302 SCIENZE ED ARTI a loro conto: a' perchè in cotal modo si eviterà la pigrizia che tiene le città intormentite nel torpore, e nella ignoranza, si darà anima, e vita, e mossa alle arti, alle forze, alla diligenza, all'ingegno, ed alla fatica, A ciò fare stabilì i° alcuni principi conducenti al suo proposto. 2° Ributtò alcuni ghiribizzi di strani pensamenti , concludendo sull'importanza del commercio di notizie per metodo sopra quel tutto , che attorno alle cose nostre gli stranieri finno a svariati lavori. 3° Fé' conoscrre, che l'industria incoraggiata va a gran lena , che gli elementi di essa sono svegliatezza di animo, oggetti di lavoro, e conoscenza di mestieri. Qui le' una viva pittura delle sostanze, di cui abbonda ]a fertilissima nostra isola, fc' novero perciò del grano, della vile, dell'ulivo, del riscolo, della rubia, delle civaie, delle gomme, del mele, del bestiame, d(.l sel- vaggiume, del filuggello, del porfido, dclfagata, del corallo, dell'allume, del zolfo, de' metalli, dille acque minerali, e di quanto natura svolge nelle sue varia- te scene. * 4° Rassodò l'argomento colla storia delle nazioni. 5° Finalmente arguì concludendo co' dettami dei filosofi, e provò con Senofonte cinque essere le cause di ricchezza natura di siiolo^ sito, numero di abitanti^ industria, e governo, e che nulla è di ciò, che a sua posta non si goda Sicilia. 5.° Rapporto dato dal Segretario intorno i lavori della medesima Società. Fece il segretario pria d'ogni altro conoscere, che il secolo decimonono non cede al paralello de' precedenti; poiché le siciliane cose son giunte a tale, che scorrono già con vena costante riordinate, e rabbellite, sono gli spiriti abbattuti di già cretti, destata l'emulazione, ri- chiamata a vita l'attivila, e l'industria. MECCANICHE 33o S'internò quindi a dimostrare, che i soci, in nien di quei die comportava la brevità del ienipo, si sono inoltrati nella trattazion di parecchi utili argomenti tanto in materia agraria, che civile. Die' quindi un ristretto delia memoria dell'anno scorso del signor Canonico Costa, che si aggirava sui mtzzi generali, onde migliorar l'agricoltura, e le arti. Riepilogò l'altra memoria del capo della classe agra- ria signor Ciantro don Gaspare Nicastro, il quale dimo- strò , che la fatica è una delle primarie cagioni delle pubbliche ricchezze. Presentò poscia il riassunto d'una memoria tessuta dal dottor don Filippo Sferlazzas di Grotte socio corri- spondente di questa Società economica di Girgenti. Lo encomiò a buon dritto per la erudizione, di cui iie' mostra nel cemiato scritto, dandoci contezza d'uno strumento mett orologico, non inventalo già da lui, ma rianimalo, e rabbellito sulle tracce de' signori Giacomo, e Gio- vanni Bernoul , quindi del signor Canonico Gattoni, e del signor Haos celebre pella sua tipometria. Pose ia chiaro la natura, e l'indole dello strumento. Poco appresso descrisse le varie applicazioni falle dalla Società su i zolii, e vari modi di bruciarlo , e liqueBirlo. Trattò delle distanze legali circa i campi benefica- ti. Fé' vedere il bene, che dalla rubia tintoria dima- na: accennò le riflessioni latte dalla Società su i mezzi, onde occorrere alla miseria. Descrisse in fine le cure prese nel diramare le tre circolari concernenti la ge- nerale esposizione de' campioni nel 3o dei caduto pros- simo maggio. Concluse dando una idea della camera vulcanica del signor don Saverio Bentivenga di Sciacca, di cui fu ri- messo il disegno, intorno all'arsura de' zolfi, della cassa a mattoni del signor Barbagallo, e la caldaia del si- gnor Platania Giutiiida, soci amendue di Catania, come pure del fornello del signor don Giuseppe Mirone socio 3o4 SCIENZE ED ARTI corrispondente di quel valle, e così chiuse il suo rap- porto, rivolgendosi al signor Intendente, onde gli fosse piaciuto di rappresentiìre al Goveino le fatiche di que- sta Società nell'anno trascorso, per così detogcrsi, che ognun de' soci, per quanto gli è sfato possibile, si è prestalo, onde adenjpiere al proprio dovere. // segretario Gerlando Guarraci. Bollettino dì progressi economici. jérairo grange'. — Questo strumento che d( sto tanto rumore l'anno scorso, è ora descritto minutamente dal signor marchese Ridolfi , in una memoria inserita nel n.^ 29 del giornale agrario toscano. Il merito dell'in- venzione non è riposto già nella parte che dee tagliare ed arrovesciare le zolle; ma nel congegno del tiio. Ci si può adattare qualuijque vomere, il quale lavoreià più o men bene, secondo l'inciole propria; ma sempre lavorerà da se medesimo senza che la mano ddl'uomo tocchi l'arnese, fuorché alla testata del campo per volger corso soltanto. Oltre a questo piimario vantaggio, alili se ne rilevano dall'articolo del marchi se Ridolfì; e pre- cisamente quelli che in fatto di miglioramenti agrari costituiscono presso di noi il grande argomento di una cieca ed inesorabile opposizione. Lavorare, per esem- pio, la costa d'una collina vestita d'una prateria arti- ficiale di lupinella, e cosi ripida che quasi l'islrumento era sul j)unto di ribaltare peicorrendola per il traverso. Potersi colla più grande facilità temperare a piacere la larghezza e la profondità del solco, e conservare co- stantemente le dimensioni volute. Cimentarsi a rom- pere un sodo costante, una vecchia prateria, tin ter- reno per quanto si voglia conipatto , senza che la so- MECCANICHE 3o5 Udita del congegno ne risenta il menomo guasto. Qual- che inconveniente sembra che s'incontri in que' terreni che, per essere di natura poco omogenea, variano con- tinuamente di resistenza, o esibiscono or qua or là degli ostacoli nascosti, come pietre, radici, ec. Ma, osserva il Ridolfi , coloro che muovono questa dhfficoltà, con- vengono che nelle terre omogenee, e specialmente in quelle forti, ove appunto tutti gli strumenti aratori, già conosciuti, e tutti i bifolchi e più abili, difficilmente rie- scono a far buon lavoro, quello di Grange riesce a me- raviglia e non esige quasi nessuna assistenza dalla mano dell' uomo. Vi sono dunque molte localitàj, ove tutto intero il congegno può essere utilissimo; ve ne sono al- cune in cui bisogna semplificarlo, adottandone la sola parte fondamentale. Nell'uno e nell'altro caso il mec- canismo è tale, che rende leggerissimo e spesso nullo l'attrito delle ruote; sicché ci si trovano accoppiati tutti i vantaggi degli strumenti aratori composti a. tutti quelli de' seiìtplici. Ove poi al meccanismo Grange si adatti il vomere Ridolfi modificato dal Lambruschini, quello che oramai è conosciuto ed usato in più luoghi di Sicilia; si avrà uno strumento che soddisfaccia ugualmente alle domande della teoria, ed alle convenienze economiche del pratico agricoltore. Il titolo di Grange viene dal nome dell'inventore che è un garzone bifolco ad Harol ; il quale sapendo per prova quanto fatica costasse all'uomo il tenere in equi- librio, e dirigere nelle volute dimensioni un aratro, e l'impedire che scappi fuori dal suolo si die' tutto a cer- care uno strumento che lavorasse bene senza bisogno di essere sorretto e regolato dall'uomo. Venutone a capo e riscossane approvazione generale, ha voluto genero- samente rifiutare il diritto di privativa, dicendo: ho avuto in mira il risparmio d'una fatica , da me tante volte sopportata; avrò sempre caro che altri faccia me- glio di me. 3o6 SCIENZE ED AKTI Miglioramento ne molini da grano, — Erasi an- nunciato da' giornali di America , che, praticando un buco perpendicolare nella mola girante ad una distanza minore o maggiore dal suo centro, si viene a schivire che la farina si agglomeri o si riscaldi, qualunque sia la celerità colla quale si muove la macina'. Sen'è poi fatto l'esperimento in Francia da M. E. Gaudenet; ed è riuscito felicemente, w La macina, egli dice, prende aria per isbarazzarsi della farina, a misura che si pol- verizzi; il che la rende di eccellente qualità, ed atta a succhiare molt'acqua. w In Napoli l'architetto Domenico Pastorale ha ima- ginato e messo ad effetto di dar moto ad un molino colla sola gravità di un peso ; in virtù della quale una macina , per esempio di 60 libbre , vien mossa dal peso di 3o libbre, e con sufficiente velocità, vin- cendo tutti gli attriti che la composizione della mac- china presenta. Alessandro De-Sanna vi ha pure intro- dotto una nuova macchina per animare i molini colla gola forza della mano dell'uomo. Finalmente Gennaro Galbiati e Gabriele Longo , adoperano allo stesso og- getto una molla elastica, a somiglianza di quella degli orologi oscillatori. Ma i due molini che meritano un'attenzione parti- colare sono in Toscana sulla spalla destra dell'Arno; l'uno h\V Ellera^ distante cinque miglia da Firenze, l'altro assai più vicino in un luogo detto Sani Andrea. Entrambi si propongono di ottenere il maggiore e mi- glior lavoro possibile relativamente alla forza njotrice, di cui ciascuno può disporre; ed ottenerlo con econo- mia pe' ricorrenti, e profitto della speculazione. En- trambi provvedono alla ripulitura e sceglitura del grano, operazione preliminare che non solo tanto influisce sulla superiore qualità delle farine, ma procura anche all'a- gricoltore una semente sì bella, che non si ebbe cer- tamente fin qui, neppure col metodo dell'ammannare. Il primo, che appartiene ad un tale signor Richard, MECCANICHE 307 toglie a' granelli del frumento le loro bucce quasi in- tere, che si ottengono poi sotto la forma d'una crusca affatto priva di farina, ed iscaglie di straordinarie di- mensioni. Il chicco, così spogliato, rimane intero; e può subire una separata macinazione, e servire ad altri usi nella domestica economia. Quanto al secondo, da una accurata descrizione che ven'è nel n.° sS del gior- nale agrario toscano pag. 69, sappiamo che offre i se- guenti vantaggi: 1° Poter macinare con una forza motrice, comparati- vamente minore di quella che si richiede per ottenere lo stesso effetto nel sistema comune. 2*^ Poter regolare la forza motrice, naturalmente va- riabile per escrescenza o depressione dell'acqua, o del fiume, in tal modo che la macinazione non ne sia di- sturbata. 3° Ottener maggior prodotto in farina, con tempo, forza, e manodopera minore che nel sistema ordinario. 4° Impedire ogni alterazione nella farina, ottenen- dola assai meno del consueto riscaldata dalla macine. 5° Impedire che la farina si mescoli con sostanze eterogenee e contragga cattivi odori e sapori , prepa- randola tale da dare il miglior pane jjossibile. Proprietari di questa macchina sono i fratelli Vitali; che intrapresero de' viaggi per visitare quanto abbia la meccanica immaginato presso gli stranieri intorno a tal ramo d'industria; e, dopo un esame illuminato e maturo, crederono che fosse preferibile ad ogni altro questo loro meccanismo, inventato in Inghilterra e per- fezionato nell'America settentrionale, di dove ora viene a diflbndersi in Europa. In una città come Palermo che tanto pane consuma, un capitalista farebbe assai bene i suoi conti, se pen- sasse d'introdurre la stessa macchina. 3oS SCIENZE ED ARTI Nuove esperienze sul maggese^ e sulle rotazioni agrarie. — L' opinione che diede origine alla pratica del maggese, e che tuttora ne impedisce la soppressione, è fondata su di un fatto evidente, ma interpretato assai male. Da tempo immemorabile si è osservato che quan- do lo stesso terreno nutre per più anni di seguito la stessa pianta, di grado in grado sene scema la raccolta fino al segno da non potere più ripagare le spese della coltura. La gente di campagna sp'ega a modo suo questo fenomeno, dicendo che la terra s^ infiacchisce: e quindi l'uso di maggesarla, perchè riposi e riprenda vigore. Si è notato da' buoni agronomi che un campo te- nuto in riposo, non lascia di mandar su delle erbacce spesso rigogliosissime; dal che si è conchiuso che la spossatezza del terreno doveva essere relativa soltanto; giacche quel suolo che non si mostra faticato per pro- durre delle erbe spontanee, noi si mostrerebbe neppure ove gli si chiedesse una raccolta , differente da quella che più non potea portare. Si trovò difatto che avviene pe' vegetabili come per gli animali: il medesimo ge- nere di nutrimento non è idoneo a tulli; e là dove una pianta non ha di che vivere, un'altra trova copioso ali- mento. Quindi il metodo della ruota agraria, mercè di cui si è venuto al punto che non solamente ogni an- nata può dar la sua messe, ma eziandio in quattr'anni, per esempio, si ottengono cinque messi. Oggi si è fatto di più, M." Macaire sulle tracce la- sciate da Decandolle, Plenk, Humboldt, Brugmano, ha intrapreso una serie di esperienze , dalle quali risulta che una pianta, stando in un terreno, non solo assorbe gli alimenti di cui avrebbero bisogno le piante soprav- Vcgnenti della medesima specie; ma eziandio caccia via dalle radici alcuni escrementi, i quali sono sempre fu- nesti o per lo meno inutili al genere della pianta da cui provengono, e possono giovare più o meno agli altri generi. Nuovo lato di somiglianza tra i vegetabili e gli animali; perchè si sa che un animale Don può esser no» WECCAKICHE 3oQ drito (Ja' suoi propri escrementi, ma che spesso gli escre- menti di uno formano la sussistenza di un altro. Giova citare qualcuna delle esperienze di M/ Macair« perchè gli agronomi si muovano ad istituirne delle si- mili, variandole in tutti i sensi che fan di bisogno per cavarne delle conseguenze che possano tenere il luogo di verità definite. M.' Macaire prendea delle piante intieramente svi- luppale, ne lavava le radiche con una estrema dili- genza, ed asciugatele bene, le immergeva in fiaschi, mezzo pieni di acqua piovana, perfettamente pura. Là esse continuavano a sviluppare le loro foglie, a schiu- dere i loro bottoni, ad esercitare in somma le funzioni della loro vitalità. Esaminando, dopo qualche giorno quell'acqua; ci si trovavano, sia per mezzo dell'evapo^, razione, sia de' reattivi ordinari, varie sostanze straniere, evidentemente depositite dalle radici. L'acqua dunque veniva alterata dalla dimora del vegetabile; ma questa alterazione si potea spiegare in due modi. Potevasi at- tribuire ad una specie di macerazione, dipendente dal- l'azione del liquido, la quale sarebbe del pari avve-- r.uta se si fosse adoperata una radica morta; e potevasi poi riguardare come il resultato d'una secrezione attiva, propria solo di un vegetabile vivente, d'una funzione che doveva aver luogo del pari in mezzo all'acqua e nel seno della terra. Molti altri tentativi furono quindi eseguiti, e l'ipotesi degli escrementi vegetabili ne venne sempre meglio confermata. Bisognava però intraprendere un'altra serie di prove per rendersi utile questo principio nell'economia rurale, bisognava conoscere a quali piante giovassero meglio le materie escrementizie d'una data pianta. A tale scopo M. Macaire dirigeva le sue osservazioni, scegliendo sempre quelle piante che sono più comunemente ado- prate nell economia campestre, e facendo vivere l'una uell acqua impregnata degli escrementi dell'altra. Oc- cupandosi per esempio delle leguminose, potè notare 20 3 10 SCIENZE ED ARTI che perivano nell'acqua in cui erano vissuti individui della medesima specie; ma che quell'acqua serviva mirabilmente alla vegetazione di piante diverse. Così il frumento ci prosperava assai bene; e l'acqua, che s'era ingiallila dopo aver nutrito delle piante di fava, venia sbiadandosi nuovamente a misura che il depo- sito escrementizio della fava si volgeva in nutrimento del grano. Se gli agricoltori intelligenti volessero moltiplicare in più guise codeste osservazioni renderebbero in primo luogo un servizio alla fisiologia vegetale, scienza troppo incerta finora; e darebbero inoltre alla teoria degli av- vicendamenti agrari quel carattere di sicurezza, di cui non si può prescindere ove si tratti d'arrischiare un in- teresse qualunque. A proposito di ruote agrarie è utile ancora il rife- rire una maniera di esperimenti che propone il prof. Gazzeri nel n.° 26 del giornale agrario toscano, pag. 46. w Supporrò, egli dice, che lo sperimentatore, scelte dieci diverse specie di piante fra le più utili e d'uso più comune , voglia riconoscere per ciascuna di esse da quale delle altre nove specie sia più vantaggiosa- mente preceduta o seguitata in uno stesso terreno. Egli e evidente che si tratterà d'intraprendere novanta espe- rimenti. Io non pretendo che egli vi destini ed in gran parte sagrifichi, novanta campi, o novanta appezzamenti di terreno. Dovranno bastargli novanta vaselli da giar- dino, di mediocri dimensioni, capaci ciascuno di rice- vere tre semi di ciascuna delle specie prescelte, e di portarne e farne vivere le piante. Questi vaselli, oltre alla comodità che jiresentano in quanto sono mobili e menevoli, sono per l'uso proposto molto preferibili ad altrettanti piccoli compartimenti di terreno, che comu- nicando più o meno fra loro, o direttamente o indi- rellamentc, possono esercitare uno sull'altro qualche in- fluenza, cÌh! coiii])lichi o renda incerti i risullamenti. w w S<; ciascun vasello può in qualche modo rapprc- MECCANICHE 3 I r sentare un campo, ciascun terreno non può essere rap- jnescntalo che da se stesso. Si richiedono qui i ter- reni di dieci campi diversi, da ciascuno de' quali, dopo avervi vissuto, sono state mietute o colte le piante d'una delle dieci specie scelte a soggetto d'esperimento. » » Di ciascuno di questi terreni vorrei che si pren- desse una quantità di pigte^ o zolle contenenti i piedi delle piante recise unitamente alla terra aderente e pros- sima alle radici, e nella quale si trovano le sopra in- dicate materie escrementizie. La quantità di ciascuna delle dieci specie di terreni dovrebbe esser tale da poter- ne, dopo averla convenientemente triturata e mescolata, empire nove vaselli, opportunamente fognati e disposti, m 3j Ne risnlterebbero dieci serie ciascuna di nove va- selli pieni d'una specie di terra simile nei nove vaselli di ciascuna serie, diversa in quelle delle altre. In ognuno de' vaselli d'una stessa serie, e che contengono una stessa specie di terra, saranno posti tre semi, bensì in ciascuno diversi, cioè d'una delle nove specie di piante diverse da quella che avea precedentemente vegetato in quel terreno. » w Condotti convenientemente questi esperimenti, alla fine di essi ciascuna delle dieci specie di terreno, in ciascuna delle quali era stata preceduta da una delle altre nove specie. Ed i dieci diversi terreni, in cia- scuno de' quali aveva vegetato una delle dieci diverse specie di piante, avranno servito in seguito alla distinta e separata vegetazione di ciascuna delle altre nove, w w Quanto è verisimile che molti di questi esperimenti somministrerebbero risultati negativi o poco apprezza- bili, altrettanto è probabile e quasi sicuro, che da uà certo numero di essi si otterrebbero risultamenti di qualche importanza. Ne io pretendo che questi deb- bano aversi per definitivi. Ma parrai esser certo che uno sperimentatore premuroso ed intelligente, che da 3, 4 7 ^7 ^i'^ i 90 diversi esperimenti eseguiti abbia laccolto risultali notabilissimi , ed in qualche modo 3ia SCIENZE ED ARTI straordinari, o imprenderà egli stesso, o delermiaerà altri ad imprendere que' pochi esperimenti medesimi sopra campi o appezzamenti di terreno sufficienti ed atti ad una vera operazione agraria. Corse di cavalli. — S'è ultimamente riunito a Parigi il comitato della Società d^ incoraggiamento per miglio^ rare la razza dei cavalli, a fine di stabilire le basi del regolamento, secondo il quale dovranno dirigersi le ope- razioni della società. Tutti convennero che la grande superiorità dell'In ghilten a in paragone alla Francia, nel- l'allevare i cavalli di sangue puro, dev'essere attribuita all'influenza delle numerose corse che ogni anno han luogo in Inghilterra, come ancora agli incoraggiamenti che gli allevatori colà ricevono. La società francese dunque ha destinato la somma di franchi i5 mila, da convertirsi in vari premi di corse, che si doveano contendere nel mese di maggio ora scorso. JNon dovevano entrare ia lizza che cavalli di sangue puro, nati, ed allevati in Francia. Il comitato inoltre ha nominati de' commis- sari, incaricati di percorrere i dipartimenti, spezialmente quelli dell'AUa-Vienna e del Cantal, per raccogliere dei dati statistici dalla bocca de' proprietari stessi. Le corse furono con effetto eseguiti, come si può ve- dere da' vari giornali francesi. Banchi di previdenza. — Divulgate In Francia le casse di risparmio, si comincia adesso ad allargare il circolo delle loro utilità, associandovi l'istituzione de' banchi di previdenza. Le casse di risparmio fruttano il 4 P'^^' ^^^ all'an- no, e lasciano a' depositanti la facoltà di ritirare e dis- sipare in un giorno le economie di più anni. Questa facoltà manca ne' banchi di previdenza; dove il depo- sito si fa a termine fisso, il frutto è 6, 7, 8, 10, i5, o 20 per 100 all'anno; e cosi i depositanti sono for- zati ad una economia di cinque, dieci, quindici, q vtwli anni. Gli impieghi possono tarsi ancora ad uoa o più vite. Dieci persone, per esempio, delia stessa età depositano delle somme uguali. La rendita totale che ne risulta si divide dapprima in porzioni eguali. A misura che ì depositanti vengono a mancare, la loro rendita si di- vide Ira quelli che soppravvivono: di modo che all'ul- timo di essi tocca il decuplo della rendita, che godeva in principio. All'estinzione totale della compagnia, il capitale d'ogni depositante è restituito alla sua famiglia. Ognun vede quanto possa un tal sistema giovare al- l'economia privata di una famiglia. Il suo patrimonio si conserva, mentre la rendita di ciascuno de' suoi meni-, bri cresce col crescere dell'età loro. Toppe alla Brainah. — M. L. Huret ha recato importanti perfezionamenti nelle fermature alla Bra- mah. Egli è giunto a fare per le toppe più grosse delle chiavi s\ piccole, da potere ugualmente servire a una porta da magazzino, e ad un portafoglio. Fra di tanto la toppa di M, Huret è congegnata con tale delicatezza, che ne uncini^ ne chiavi adulterine, ne qualunque siasi arnese potrebbe aprirla. Il successo della sua invenzione è riuscito felicissimo: ed oramai uon v'è cosa più nota a Parigi che le fermature di M. L. Huret; il quale ha istituito a Vanvrès un grande stabilimento, dove si costruiscono espressamente casse , forzieri , e toppe di sicurezza. Il prezzo non alto di questi ingegnosi meccanismi ha sopra tutto contribuito a divulgarli: e se M. Huret vince tutti i suoi imitatori riguardo alla perfezione del- l'opera, non resta ne anco indietro per l'economia che sa mettere nelle spese di costruzione. Pochi oggetti d'arti han sofitirto tante contraffazioni, quante la toppa di M. Huret; ma basta aver visitato il suo magazzino per potere a prima giunta distinguere la copia dall'origi- nale. Con un mezzo semplice, e però poco costoso, M., Hti- riit applica la sua toppa alle casse già costrutte, e cos\ 3l4 SCIENTE ED ARTI CC. rende perfettamente irajiossibile la vidazione del segreto e l'involamento degli oggetti. Si conviene generalmente che la sua fermatura ha un merito superiore a qualunque altra delle diverse fermature alla Bramali eseguite in Francia, Le toppe a combinazioni di Regnier destarono un rumore gran- dissimo; e ci sono tuttavia de' negozianti che se ne fi- dano, illusi da' tanti pezzi meccanici che chiudono le loro casse. Pure qualche minuto di studio basta a un meccanico un poco abile per indovinare il segreto ed aprire la fermatura. PARTE SECONDA. LETTERATURA ED ARTI LIBERALL Sulla vita e le opere di Gì v seppe Logoteta. Me- moria del presidente Francesco di Paola-Avolio, (Continuazione ved. tom. IX, pag. 91). Numero XI. Moniium ad siculo s prò nomine regis canoni addendo. E inserito nel tomo 1° del suo Giornale ecclesiastico della Sicilia stampato in (Catania presso Pastore a pa- gina 198. Venne voglia al N. A. di qui ridurre a memoria il vetusto uso de' Cristiani d: pregare Iddio a bene de' regi, benché stati fossero adoratori degl'idoli ed avversari acerbissimi della religione cristiana. Questa pia osservanza risale infin da' Giudei, i quali contut- toché gementi nel babilonico servaggio, oiliirivan pure supplicazioni e voti a prò del re Nabuccodouosor, e di Baldassare figlio di lui. Ben chiaro è per questo nella LETTERATURA eC. 3l5 legge di grazia il passo di s. Paolo, scrivendo a Timo- teo. Gli altri testimoni che arreca egli, sono di Ter- tulliano, di Dionisio Alessandrino appresso Eusebio, di s. Giustino martire, di Arnobio , di s. Atanasio, di Ottato Milevitano, e di altri. Viene appresso a com- mendare questa consuetudine ben anco praticata dalla chiesa siciliana nella messa, la quale ebbe principio, a senno dell'autore, da' Normanni introduttori del rito gallicano, da che venne abolita la greca liturgia. La lòrmola dell'accennata preghiera e' ne riporta, di sin- golari e piacevoli nozioni ornando l'argomento. Alla fine, dopo avere accennato questo stesso uso della chiesa siracusana, e dopo la citazione di qualche decreto dei sinodi nazionali addotti a proposito di pigliarne docu- mento i ministri dell'altare, raccomanda loro di por- gere prieghi a Dio per la prosperità del nostro Mo- narca. Numero XIL Osservazioni sopra i iiteli della Bibbia* Sono anche esse comprese nel tomo i° del suddetto suo Giornale a pag. 96. Ha qui per intento il Logo- teta di parlare sopra l'origine delle interpunzioni., delle sezioni, e de' sommari, che ne' libri si pongono, non risalendone l'uso ad età rimotissime. E poi da sapere che fu questo lavoro messo in opera con pili studio nella Bibbia. » Avanti il ven. Cardinal Toramasi illustre siciliano, il nostro scrittore scrive così, non si sapeva in che modo fosse fatta una tal divisione de' sacri libri, uè che titoli fossero apposti nelle sezioni. Al nostro porporato si dee l'ordine di questa divisione in piìi sezioni; si danno i capitoli , o titoli a ciascuna sezione apposti ne' libri tanto dell'antico, quanto del nuovo testamento; e d'ogni libro sacro jH'ima si vedono distesi uno dopo l'altro i titoli d'ogni sezione, e poi tutti i principi delle sezioni 3l6 I.KTTERATCJIA medesime; ed alla fine è notata la Stichometria, o sia il numero de' versetti, ne' quali è diviso il libro. Fu ricevuta con somma approvazione quest'opera del C. Tomruasi...» Trapassa inoltre l'A. a tener discorso delle utilità, che dagli esposti lavori derivate uè sono. lufrUti il P. Sabatier si valse di queste fatiche del eh. Tom masi uella sua versione stampata in Reims nel 1748. Riassume il Logoteta gli altri ricavati vantaggi, mer- recchè per essi dimostrasi conlra gli Eretici l'antica credenza de' fedeli rispetto a molti principali punti della cattolica fede, siccome comprovano gli addottivi esempli. Si occupa sull'ordine de' tempi e sul ritrova- mento de' titoli, de' quali favellasi, non pretermettendo infine il parere che ne porta il Tommasi degno per supremo dono di essere agguagliato a' più esimi scrit- tori della chiesa. Numero XIII. Osservazioni sull'origine, decadenza, e risorgimento de* seminari. Si leggono nel tomo i** del detto Giornale, divise in tre paragrafi pag. 5 32 e 04' ^^ ^^"^o trasfuse tutte le più scelle notizie, che possedeva il nostro A, a do- vizia coU'assiduo rivolgere la storia e la disciplina eccle- siastica riguardo al buon regolamento de' se»:inari ve- scovili. Conciossiachè molto stavagli a cuore quello della Sua patria, il primo che fu dopo j1 concilio Tridentino innalzato; maggiormente che vi concorreva giusta, quan- to fu sopra accennato, molta gioventù della vasta un tempo siracusana diocesi, la quale fruiva de' probi é colti ecclesiastici in quel loco sacro alla pietà ed alle scienze instruili, e renduti già bene adatti ad ammae- strarne i numerosi abitatori. ED ARTI LIBERALI Zl'J Numero XIV. Giornale Ecclesiastico della Sicilia. Tomo I e IT, In Catania presso F. Pastore 1793 e 1794 in-S". Durò fatica il Logoteta a comporre questo giornale; acciocché con la diffusione di esso accrescimento rice- vesse l'istruzion de' chierici, e più esperti i medesimi divenissero al miglioramento degli studi, alla difesa della religione. Veramente in ordine ad apologetici argomenti compendiati vi sono i libri più pregevoli. Non vi si desidera qualche poesia a religiosi o morali subbietti concernente, ed è pur cosperso di letterarie amenità. Gradevole è difatto la lettera bibliografica del nostro pregiato amico dottor Luca Francesco La Giura diriz- zata al Logoteta , dove gli fa accurata sposizione dei codici sacri, che si conservano nella libreria del barone Astuto da Noto. Promesso ci aveva eziandio l'A. d'in- serirvi le notizie dicevoli agli avanzamenti, che fa di continuo la fede in diverse regioni della terra , e dei danni, cui, colpa degli errori e delle novità, frequen- temente soggiace. Voleva di più registrarvi le pastorali de' vescovi di gran momento, un sunto delle conferenze ecclesiastiche, e le memorie da fornire i siculi annali ecclesiastici. Questo Giornale non ebbe verun progresso, perchè scemarono i sussidi necessari alle spese della stampa. Di giusto sdegno pieno impercib lo scrittore rinunziò al suo proponimento. Non di rado succede al propagatore di lumi nelle cose utili, che tutto commel- tesi alla ventura. Rispetto al merito di quest'opera un valentuomo confessa che si avevano mercè di essa le notizie de libri più utili , e di questi si eccitava la vaghezza, ma gli estraiti eran leggieri, debolissimi i giudizi. Qui entra un'onesta risposta, «Senno è di un dotto italiano che la via meno incerta, meno inutile, e meno ÌD^iusta di esporre il proprio sentimento in tornò 3l8 LETTERATURA ad un'opera d'ingegno, è il discendere a' particolari e additare segnatamente quel che seml)ra difetto. w Sento io ancora a proposito che fornisca bene l'uf- ficio suo lo scrittore de* periodici fogli, facendo da presso conoscere le perfezioni e i difetti dell'opere che itrjprende ad annunziare; e talvolta non mal si conduce, nude la- sciando, semplici e sole, le compendiate relazioni alle menti de' lettori; onde provino eglino il piacere dol- cissimo di giudicarle di per se, e come loro è a grado. Numero XV. Ragionamento teologico- polìtico adattato alle presen- ti circostanze letto per V apertura degli studi del seminario vescovile di Siracusa. E inserito nel tomo 2° del detto suo Giornale a pa- gina 187 e segg. Era utile e conveniente a que' giorni che gli uomini rivestili di sacro carattere, adorni di scienza, e per costumi riguardevoli, protestassero a voce chiara, a voce alta che l'altare, e la suprema civile autorità sono i fondamenti di ogni sociale cdifizio. E perchè 1 empietà infingersi soleva in diverse guise a di- vertire i suggetti dalla legittima potestà, ed i fedtli dalla chiesa, non temendo anche per vezzo il prover- Liare le più adorabili e tremende dottrine; cosi impe- gnavasi il Logoteta ad infiammare la gioventìi desti- nata a servigio di Dio, affinchè operasse con grande studio all'apprendimento delle facoltà necessarie a co- noscere i fonti della miscredenza , ed a rintuzzarne i predicanti. Ogni parola di questo discorso è piena di nervo a stringere gli argomenti, ed atta a ben chiarire 1 evangeliche verità: verità io dico che più fulgide com- pariscono quando sono messe al rincontro degli errori. ED ARTI LIBERALI 3ig Numero XVI. Riflessioni Teologiche sopra V economia della Reden- zione: in Catania presso Francesco Pastore 1797 to- mo i" iu-8^ Bisognerebbe essere digiuno eli ogni perizia teologica, se taluno facesse leggier caso di questo libretto, il quale fa prova di essere stato lo spirito del nostro A. abbon- devolmenle nudrito e pasciuto delle sacratissime scrit- ture. E venendo a proposito è da notarvi la rimem- branza distinta di tutte le profezie, Voggetio, Varmonia^ e la divinità delle stesse. Il § undecimo ed ultimo è un breve ragionamento della pienezza della grazia della nuova alleanza. Tra pochi termini è ristretto il discorso, non leggiermente, ma posatamente: di modo clie la brevità non ti toglie il vero conoscimento delle gravi materie che toccate vi sono. Numero XVII. De jnre et ohli gallone capitali in delectu clericorum episcopali sede vacante. Panorrai ex Solliana typo- graphia 1801 tomo 1° in-8°. Cordoglio amarissimo e' sosteneva reggendo le chiese della siracusana diocesi piene oltre misura di persone inette, stolte, o perverse, che nel santuario tentavano per ogni via d'intrudersi, allorquando ad esso loro riu- sciva di trovarsi degli aditi clandestini, senza scelta, e senza farsi lungo sperimento itiel seminario dell'indole, dell'ingegno, e de' costumi de' medesimi. Tanto male accader soleva ne' tempi della sede vacante. A ciò il nostro A. insignito della dignità canonicale, riguardando in tal contingenza, scrisse il presente opuscolo, ove di- mostra la giurisdizione, che ha per questa scelta il ca- SaO lETTERATtJRA pitelo, essendo redova la chiesa a cagioii che il dotto collegio rappresenta l'antico presbiterio, e si è consi- gliere e cooperatore del vescovo. Necessario è adunque che locati venissero a sì degno officio dotti personaggi, e che particolarmente vi fossero prescelti i parrochi più prestanti nell'ecclesiastiche discipline, e da tutti ri- veritissimi nella stima. Fortifica ogni proposizione eoa sentenze di egregi scrittori senza perder di vista le auto- rità e gli esempli della stessa chiesa siciliana, e con singolarità della siracusana. Troppo acconcio divisa- mento di divulgarli fu questo del nostro A. allevato alle scuole delle scienze sacre: perchè avanti a noi una massima regnava appresso questo collegio, come è detto nelle memorie, che occupar dovessero que' seggi uomini solamente di chiaro sangue a tanto ministerio diputati esclusivamente, e che il semplice splendor de' natali sufficiente fosse a renderli degni del nominato posto. Questa massima rigogliosamente cresciuta e pronfonda- mente bajbicata intepidiva l'emulazion fervente negli studi; mercecchè il canonicato consideravasi come pri- mo grado di onore , da attribuirsi per conseguente a persone di paragonalo valore, i quali hanno menata vita travagliosa nella mistica vigna, ed in cofal guisa Penduti si sono ad ogni volgar condizione superiori; quindi sarebbe stalo merito di ragione antepoili ad ogni allio(»). Questa massima alla line fu quella ap- punto che cagionò, secondo che nelle memorie si è parlato de' litigi tra il ricordato vescovo Alagona, ed il capitolo: litigi, dico io, produttori di scandali e di danni alla chiesa, alla patria, a' più particolari per gl'immensi dispendi sostenuti dal vescovo, e da' membri (i) Parlando in generale si è creduta sempre necessaria e giusta la gra- duazione anche negl'impieghi civili, com'cU'c ordinata ne' militari, 11 ghe religiosamente osservandosi, niim potrebbe Icgittiniamente qdcrelarsi di una promozione fondata sopra servigi già fatti. Cotal metodo ai conta di tenersi nella China da tempo immemorabile. Gti osservatori tutti convengono clic » questo ordinamento si attribiiigc* la grande prosperità, alla quale • ■'• ED ARTI LIBERALI Sa^ concernente ad un lavoro del Logoteta sopra le Sici- liane parrocchie, invitanto il Sinesio mercè di esso gli uomini di lettere, e segnatamente i parrochi di tutta Sicilia a somministrare al N. A. lumi e documenti delle loro chiese. Ed acciocché se ne concepisca almeno l'idea, eccovi qui ristretto l'elenco. N.° I. De Paraeciìs SicuUs. § I. De divina parochorum inslitutioue. ^ 2. De parochorum subjectione jure divino eplsco- pis debita. § 3. De paraeciaruni insdtutione in Sicilia. ^ 4- De sicula disciplina in parochorum electione. § 5. De parochorum residentia jure siculo sancita. ^ ò. De praxi perpetua Laptismum admiaistrandi in paraeciis siculis. § 7. De siculo parochorum officio in praedicatione numquam intermisso. § 8. De disciplina missae paraecialis in Sicilia. ^ 9. De praxi servandi eucharistiam in siculis pa- raeciis. § 10. De jure siculo parochorum in confessionibus exopiendis. § lì . De ratione extremam unctionem in siculis pa- raeciis adniinistrandi. § 12. De sepultura paraeciali in Sicilia. ^ i3. De jurisdictione parochorum Siciliae in ma- triraonii administratione. § 14. De siculo parochorum jure in Synodo dioe- cesana. § i5. De oblationibus, ac decimis Siciliae parochis debitis. § 16. De scholis paraecialibus in Sicilia. § 17. De archiviis et sigillis paraeciarum Siciliae. SaS LETTERATURA § i8. De siculis parocliis pietate, ac doctriua illu- stri bus. § 19. De graecorum paraeciis in Sicilia, earumque disciplina. § 20. Anecdota de siculis paraeciis. Ho potuto avere solamente di quest'opera qualche sparuto squarcio. Il resto ha sofferto il leste narrato destino. Ebbi io cura a darne rageuasrlio , vivente il T 5 • • • Logoteta, a compilatori del giornale enciclopedico d'Ita- lia (tomo VII, p. 197), i quali applaudendo al sira- cusano teologo si augurarono di wveder presto alla luce questo nuovo saggio de' talenti e degli studi del sig. parroco Logoteta, che tanto ha contribuito e contribui- sce a serbar viva la fama dell'antica letteratura sici- liana.» Noti disconviene inoltre il dire che l'intimo fine di voler comporre la suddetta opera si fu per fare in total guisa riconoscere quanto sia il carattere di par- roco sopra ogni altio meritevole di un grande apprez- zamento a paragone di quelle dignità, le quali da' pe- riti di ragion canonica si appellano ventose. La pru- denza , tengo io, persuase a que' tempi il N. A. ad abbandonar l'impresa, riserbandosi in più convenevole stagione bene le sue promesse ottenere. N.° IL De protopapis Siculis. §. I. De antiqua protopaparum institutione. ^ §. 2. De ritu Graeco in Sicilia diu superstite. §. 3. De protopaparum origine et dignitate in Sicilia. §, 4- I^e prolopapa Syracusio. §. 5, De ])rotopapa Panormitano. §. 6. De protopapa Tiojenensi. 5. 7. De protopapa Messenensi. §. 8. De piolopapis in Sicilia. ^. 9. De protopapis siculis schismale numquitm fa«- datis. Sta fra le sue carte conservale nella libreria. i:n ARTI LTBE1ULI 320 N.^ III. Saggio degli studi sacri de Siciliani. §. 1. Sludì sacri de' Siciliani ne' primi tre secoli. §. 2. Scienze sacre coltivate da' Siciliani nel secolo IV e V. §. 3. Scienze sacre de' Siciliani nel secolo vi. §. 4- I Siciliani intenti agli studi sacri nel secolo VII e viir. §. 5. Discipline sacre coltivate da' Siciliani nel se* colo IX e X. §. 6. Letteratura ecclesiastica de' Siciliani nel secolo XI e XII. §. 7. Sacre scienze coltivate da' Siciliani nel secolo XIII e XIV. §. 8. Studi sacri de' Siciliani dal md sino al mdcc. §. 9. Letteratura sacra de' Siciliani nel secolo xviii. §. 10. Riflessioni pel miglioramento degli sludì sa- cri siciliani. La proposta materia è bella, e può essere Utile* Oh avesse il .N. A. bene la promessa servata! ma se altra- mente addivenne, a qualche altro nazionale sì laborioso argomento da quinci innanzi si converrebbe. Ricordare qui giova altresì che promise egli nel pre- citato suo libro de Sicilia ortliodoxia la continuazione dello stesso argomento incominciando dal nostro Re Carlo III in fino a Ferdinando I di felice ricordanza, onde porre così in veduta tutti i sovrani provvedimenti da loro jiubblicati a mantenere la chiesiastica disciplina e l'esterno decoro della religione. Un'istruzione stava egli ancora preparando secondo la mente de' PP. del Concilio Trentino ad uso degli allievi del seminario. Pure altre letterarie imprese di ciò lo disviarono. (Sarà continualo). 330 LF.TTERATtJRl Vellarte drammatica in Sicilia; Epitome di Pietro Lama Principe di Scorala. Il teatro non lia <ìa essere solamente divertimento, ma deLb'cssrre scuola, scuola da informar gli uomini alla virtù, da accendergli di sdegno contro il vizio, da sollevargli dal terreno lezzo òlla celeste purità, da nudrire l'angelica favilla, che è in lui, da rompere l'inde^^na scorza, che la soffoca e comprime. Botta Cont. del Gvicciardisi lib. L. Quel valoroso di Lionardo Vigo ima lettera, è già qualche tempo, indirigea a Franco Maccagnone principe di Granatelli sullo stato presente de' teatri e sull'arte drammatica in Sicilia (i). Il suo lavoro è dettato con sagacissima forza, e con viva carità di patria; però, ai nostri tempi soltanto limitandosi, i trascorsi per intero omette; e non già che essi sien iti scevri di personaggi, che quest'arte con qualche successo a coltivare si det- tero, perchè molti, se non eccelsero, certo assai si di- stinsero: laonde ò da credere, che se il Vigo di non altro parlò, che degli ultimi tre lustri, vi fu mosso dal- l'amor di brevità, che reputò convenire al titolo di let- tera che volle apporre al suo lavoro. Un tanto subbictto eccitò in me la volontà di dirne alcun che, non come fece il Vigo che con gravissimo senno il fece, ma almeno jier quanto meglio io mi sap- pia; il perchè riandando di volo le cose per lui dette, ed ammirandone gli alti pregi che lo adornano, rivol- gerò altrove i miei passi nell'ordir quest'Epitome. Con forti e vivissimi colori pennelleggia il Vigo sulle prime della sua pistola il quadro dello stato opulento dell'antica Sicilia; degno di grandi encomi egli è pella guisa come gli animi invita a riverire quei beati tempi; ma se mal non mi avviso, io desiderato avrei che iu- (i) Pjffemeridi scientifiche e htlerani per la Sicilia tona, vin, p- 109. ED ARTI LTBKRALI 33 1 fra i nomi venerandi.^ che egli addila della sublime epoca greca, de' poeti comici Epicarmo e Dinoloco, de' File- moni, del poeta mimico Sofrone, de' tragici Sosicle, Sositco, Archino, Carcino, si leggessero pure que' non meno di costoro venerandi, de' tragici Agatone da Len- tini, Alchimene da Megara, Archìa ed Empedocle di Agrigento, Asclepiade da Trogilo, Dionisio il vecchio, Apollodoro di Gela, Eudossio, Formio e Menecrate da Siracusa, e dei j)oeti mimici Rintone e Misone. Che non v'era allora sicula città senza teatro, come l'autor della lettera si esprime, oltre alle reliquie su- perstiti alla barbarie dei tempi in Tindari, in Catania, in Segesta, in Termini Imerese, in Taormina, in Acre, in Agrigento, in Palermo, ce lo contestano abbastanza un Marco Tullio, che chiamò Massimo il teatro di Siracusa, e un Diodoro Siculo, che pria di questo lo avea caratterizzato per il pia bello di tutti nell'intera Sicilia , ed altri scrittori coevi di quell'età ; età pre- clarissima in cui si estolse Sicilia ad utilissimo segno di civiltà. Ma oh quanto dall'epoca greca diverse si furono le vegnenti! Cicerone ammirò le grandezze siciliane, ma già decadute erano dallo ellenico splendore; smorte fa- ville di passata magnitudine accaloravano a stento le fervide siciliane menti, divenute da libere schiave, da padrone serve sotto la superba dominazione romana; i Bizantini e i Barbari ci tennero quale abbietto man- cipio; gli Arabi ci fecero in parte risorgere; i Nor- manni ci costituirono in ben formata monarchia. A nuova vita tornarono le lettere e le arti ai tempi nor- manni e svevi: mostrammo sotto gli Aragonesi quanto noi vagliamo e per valeggio e per animo nelle mili- tari discipline, ma ne in quelli né in questi tempi l'arte drammatica risorse, ne risorger potea, perciocché come sensatamente osserva il Vigo w per produrre sopra le scene i vizi e le virtìi degli uomini e farci maestri della società ft d'uopo dell'ajuto potente dell'universal 332 rETTRRATUnA civiJià:» di qual uso, non che in Sicilia, in Europa tutla allora mancavasi, perche il teatro, pieno di liii- dissime sozzure e di oscene sconvenevolezze, e dive- nuto sentina d'ogni lezzo negli ultimi (empi romani, decadde dal primo suo scopo , e fu tenuto a vile non solo, ma eziandio a grave peccato dai ministri della religion rivelata: perì allora nell'obblivione l'arte dram- matica; e non fu che nei secoli da noi non discosti che col risorgere delia civiltà intiodussesi in Europa nuova- mente il gusto ed il diletto pel teatro. Nobile e certa stanza non aveano sulle prime le tea- trali muse in Palermo , e le rappresentanze facevansi o nelle chiese, o ne' palazzi de' magnati, o nell'aula del senato: quindi in forma teatrale ridotta l'antica chiesa dello Spasimo fu questa aperta nell'anno i5']ò e vi si rappresentò la Santa Cristina del Liceo; ve- stita poi di più tersa lingua da Bartolommeo Sirillo ambo i)alermitani. Non si fu che nell'anno i6g3, sotto la vicereggenza del duca di Uzeda, che aprissi'al pub- j^lico il teatro di S. Cecilia, per le opere musicali an- ziché per le comiche allora destinato, con X Innocenza penitente^ ovvero la Santa Rosalia dramma di Vin- cenzo Giattini posto in musica da Ignazio Fucili di Pa- lermo entrambi. 11 teatro di S. Lucia o di S. Cate- rina, oggi Carolino, era destinato pei travaglini{\) che (i) Giacinto Giinnia napolitano (^Idea della storia dell'Italia letterata^ K.i]>oli per Mosca 1723, lem. i, raj). -22, ait.4, pag. 1 96), dice le seguenti parole, de' pcrsor.aggi giocosi introJotti dagli Italiani nelle moderne coni- jnedie ragionando: 3> Cosi da' moderni Italiani sono stati molti personaggi, o scioccli!, o ridicoli, o astuti, introdolti, come sono don Pasquale de' Ro- mani, le Pasquelle de' Fiorentini, i Tra\'ai;lini de' Siciliani, i Giovamudli de' Messinesi, il Giangurgolo de' Calabresi, il Pulcinella, il CoK'ielio e il Pascfiiaricllo tutti tre de' Napolitani ec. ce. La nostra commedia nazionale tra dunque allora conosciuta ollramare. Nelle aggiunte al Dizionario della Crusca (edizione di Venezia 1745 per Boscaglia pag. ^09) si dice alla voce ttavagUone «Personaggio ridicolo introdotto da' moderni Siciliani nella co- mica giocosa. Gimm. idea leti, I. 19(1.» Ma Gimma usa il termine di tra- vag/mi, come tutti i nostri, e non quello di travaglioni. Da questo errore di-Ila Crusca, ótc dovrcbbesi emendare; possianjo però dedurre, che ]iria della ni ^ sempre maggiore il troverai, quando le migliori specie de' grani dell'isola andrai ponderando. Ultimamente, dal prospetto delle spese abbisogaevoli a quei grani per venire a trovar lo spaccio nei porti del Mediterraneo, siccome l'autore stesso il trascrive, si raccoglie che non potrà vendersi uà tomolo di quei grani meno di tari ED Ar.Tf LIEF-RALI 355 tliciolto di Sicilia; e questo prezzo non sarebbe vera- mente da temersi nella concorrenza da' nostri frumenti. Tutte queste idee sono appoggiate su' fatti, ed è lecito a chi ne fosse vago il verificarne la certezza. Viene ap[)resso questo il chiaro autore assai dilet- tandosi della dolcissima idea di potere, anzi di dover tosto veder popolose e fiorenti quelle provincie , ora che quegli abitanti han dato un passo certo verso la ci- vilizzazione con avere a regolar coltura assoggettato quei terreni. Prima conseguenza del loro commercio pro- speroso sarà l'accrescimento della jDopolazione e de' ca- pitali; la popolazione sarà la prima consumatrice dei propri prodotti, e l'aumento de' capitali farà sì che aumenteranno i loro bisogni; s'introdurrà mano mano il desiderio di vivere più agiatamente, e da ultimo verrà il lusso che la somma di quei bisogni accresce e moltiplica. E qual fìa mai la conseguenza di sì bel- lissima idea? quella di veder quei popoli avidi e bi- sognevoli de' prodotti delle altre nazioni, e quindi coti quelle scambiare ilrafiìci, ed aumentarne il commercio. Ed oggi che è in verità conosciuto che il progresso di una nazione è causa efficace del progresso delle al- tre^ qual bene non potrebbe attendersene specialmente la nostra isola dal commercio attivo che intentare po- trebbe, meglio che mai siasi fatto, co' popoli di quelle ubertose legioni? E qual novella scena consolatrice que- sta idea non schiude allo sguardo dell'attento osservatore! Come le vergini contrade del nuovo mondo rivelarono a quei primi viaggiatori non più vista copia di abba- glianti tesori più che ne' preziosi metalli, a cui corse avidamente l'avarizia eurojiea, nella lussureggiante ve- getazione del suolo così liLCondo e fiorente, come se tistè avesse ricevuto la benedizione del suo Crea- tore; bella vegetazione che or forma la verace opu- lenza di tutti quei stati, e quei popoli che vi fanno un attivo commercio; della stessa maniera sarebbero quelle orientali contiadc per un commercio novello ed attivo, 356 LETTERATURA. che dalle specolatrici nazioni vi si potrebbe eseguice. Cominciando dalla Morea , costeggiando le isole del- l'Arcipelago, e le terre adjacenti d'Asia, d'Europa, Co- stantinopoli, e le contrade che si distendono lungo il ponto Euaino, inclusa la Crimea ed il Borislene , più di sette milioni d'uomini si contano secondo la bilancia del globo del conte Balbi, riportata dallo Scrofani, che potrebbero esser consumatori di gran quantità di pro- dotti del nostro suolo, che scambiar potrebbonsi eoa altrettanti loro prodotti così indigeni, come delle altre parti d'Oriente che verace ricchezza sarebber per noi, come realmente lo sono per le altre nazioni, che soa di noi più sollecite ad approfittarne. E qual luogo vi sarebbe mai piiì per noi opportuno di quello a' vastis- simi traffici? Felicissimo sito per tanti fiumi navigabili che il solcano, e perche una immediata corrispondenza schiude con tutti i popoli industriosi dell'Oriente e del Nord, e felicissimo ancor più per noi per la vicinanza della nostra isola, che sedendo regina in mezzo alle acque del mediterraneo, il centro potrebbe esser tra quelle genti, e le mercantili nazioni de' mari di Oc- cidente e Settentrione. Così che, secondo la bellissima idea del cennato Scrofani, anco la sòia nostra marineria mercantile volendo servire, se non aUro, come mezzo di trasporto delle merci di una in altra nazione sarebbe vena larghissima di ricchezza. Belli sono, leggieri, so- lidissimi i bastimenti che qui sotto i nostri occhi tutto dì si costruiscono; essi valgono gli americani stessi nella estrema loro eleganza, sì che le commercianti nazioni comprano i siciliani legni con avidità e piacere. Av- vezzi al mare sovra il cui lido nascono, e di esso va- ghissimi sono i nostri, che bea lo mostrarono le sici- liane flotte a' dì passati. Ricca di legni è ben la no- stra marina mercantile, avvegnaché giusta la statistica del passato anno contava la Sicilia mille novecento trenta legni mercantili, collettivamente di trcntanovemille set- tecento ottantanove tonnellate, ed altri grandissimi e ED ARTI LIBERALI SSj bellissimi se ne sono costruiti e si costruiscono questo anno. Di questi legni altri sono partiti pel Brasile (2 di 478 tonnellate) altri per gli Stati-Uniti (3 di "767) ed altri ancora pel Baltico (8 di 1611 collettiv.) Alta meraviglia è però il sentire che per Grecia e pel Bo- sforo nessuno, benché di Greci slessi e d'Inglesi ne ab- biano per colà i nostri porti veduto partire parecchi. Ed ora che un novello regno sorge in Grecia ed un rappresentante diplomatico da S. M. stabilitovi potrebbe proteggervi il nostro commercio; ora che legni a va- pore partono periodicamente da que' lidi per le sole spcidazioni commerciali e vengono a toccare i porti di Brindisi e di Messina; ora che tanti altri legni mer- cantili a vapore e nazionali e stranieri veggono i nostri porti di Sicilia e di Napoli, e' parrai la colpa piìi indegna di scusa quella de' nostri capitalisti che ap- presso colali considerazioni non volgonsi a questo com- mercio. Ahimè! gli altri ne approfittano con mollo successo. Una compagnia francese di Marsiglia già sta- bilivasi anni sono sull'istmo di Corinto, luogo attissimo per essere intermedio a que' territori e perchè domina i due mari che debbon percorrere i trafficanti; si sa quanti buoni jirogressi vi faccino Francesi ed Inglesi, i quali fino una grande flotta unita fanno stanziare ne' mari di Levante, non ad altro oggetto certamente che per far prender il disopra, e consolidarvi a pre- ferenza,di qualche altra temuta nazione il loro com- mercio; dippiù sappiamo noi che questo ha reso sem- pre potenti le famiglie e le nazioni, e vivissimi ne tenghiamo innanti agli occhi gli esempì ; sappiamo a di nostri che cade la nobiltà pili vetusta, e nobile di- viene il ricco, e ricco è l'operoso e diligente specola- tore; eppure è egli il più grave rammarico del nostro cuore il dover mirare i progressi prosperosi e crescenti che ad ognora fa lo straniero in ogni specie d'utilità e d'industria, ed il dover ciò noi contemplare oziosi e indolenti, come colui che freddamente legge le pa- 23 358 LETTERATURA gine d'una vecchia -storia! Qualunque sia per es- sere intanto l'esito efftittivo di queste idee, grazie sieno rese al conte Lucchesi, che anch'egli siflàtti buoni avvia- menti segna a questa sua terra natia, di concerto con quegli altri nostri ottimi ingegni, i quali quandocches- sia, riusciranno, spero, mercè i lor detti ardenti di patria carità, a svegliare gli sjsiriti, e far loro novel- lamente vivere i lieti giorni di quel buon tempo, ch'ori si chiama antico. Emmanuele Vaccaro. 1 " Osservazioni sul progetto della strada regia , che unir dee la provincia di Bari con quella di Lecce^ ossia a favore deU antica via Àppi a. Napoli nel ga- binetto bibliografico e tipografico i833, un voi. in 4°, di pag. 24 con carta idrografica ed itineraria. 52" Esame critico delle osservazioni sul ristabilimento del porto e sulla bonificazione deWaria di Brindisi date in luce dal signor Giuliano De Fazio. Na- poli dal gabinetto bibliografico e tipografico i834j un voi. in 4°> di pag. -74- La via pili celebre nei fasti dell'antica storia e cer- tarnente l'Appia: praeclarissima da Strabene nominata, è regina viarum da Stazio. Ella, dopo il variare di molti secoli, che tolsero a Roma l'antico suo splendore e la sua sovrana potenza , ferma e colpisce col suono del suo semplice nome le menti educale nelle eterne pagine di Livio e di Tacito. Oh quante sublimi remi- niscenze non isveglia! oh quante idne potenti non sono a quel nome collcgate! Ivi, trionfando, passavano i ro- mani duci, strascinando dietro ai loro carri i vinti so vrani della terra. Oh di quanti memorandi fatti non fu ella testimonio! oh quanti famosi accidenti ivi noti avvennero! Superbi erano i palagi che i'una e l'altra KD ARTI LIBEKALI 359 Laiitla fiancheggiavano: sontuosi i sepolcri de' cittadini più illustri che lunghessa si ergevano: tutto ricordava la potenza e la sapienza del romano popolo. Partiva 1' Appia via da porta Capena , traversava l'agro valdraao e le paludi pontine, toccava Capua, si prolungava a Benevento , ed a Brindisi finiva. Per- locliè dovendosi oggi fare dal R. Tesoro di Napoli una strada consolare che le due provincie di Bari e di Lecce lungo l'adriatico fra loro congiunga , e colle superiori Provincie e colla capitale le unisca, onde si avvivino quelle belle contrade, e più industri e più civili di- vengano, si soiio dai più saggi voti fervidissimi innalzati, p'irchè l'Appia via, che fu dagli antichi eoa tanta sa- pienza costruita, venga ripristinata. Difatti il libretto, di che sopra ponemmo il primo titolo, (lodevolissimo lavoro del deputato gratuito della città di Brindisi barone Francescantoaio Monticelli) tende a dimostrare, ch'è interesse del R. Tesoro, delle pro- vincie di Bari e di Lecce , e del commercio interno ed esterno, non che del governo generale dello stesso, che la strada regia, che unir dee con Lecce, siccome dicemmo, la provincia di Bari, passi da Monopoli per Egnazia a Brindisi. E siccome l'antica via Appia se- gna precisamente questo cammino, così sano ed avve- duto consiglio sarebbe quello di ripristinarla. Ciò non pertanto, ne duole il ricordarlo, il direttore de' ponti e strade, propose fin dal 1827 aò. suo ragguaglio ge- nerale sulle strade e bonifiche del regno ^ di abban- donare tra Bari e Lecce V Appia via^ e formarne una tutta nuova , portandola nelle parti mediterranee su i colli di Fasano, e su i monti di Ostuni, e di Caro- vigni', e poi per s. Vito e Mesagne farla giungere a Lecce. Pcrlochè il Monticelli veggendo che ora si attende con più calore all'idea di formarsi la cennata strada, e che l'annunziata proposta gira per le fantasie di molti, viene con dignità ed energia ad oppugnarla e a batterla. 36o LETTP:RA.TUnA. Noi non possiamo non fare eco alle ragioni chiare ed evidentissime che da una parte in favore dell' ^/;- pia via^ e dall'altra corìtro il noto progetto emette il nostro valoroso oppugnatore. Egli dimostra primiera- mente tutti i vantaggi che dalla ripristinazione di quella deriverebbero: quindi prova che più breve di 5 mi- glia sarebbe la strada da Monopoli a Lecce per Brin- dici, costando quella per Fasano, Osluni, san Vito ec. miglia 57, e questa 52. Inoltre piana tutta eia prima, montuosa la seconda. Onde si calcoli, ei dice, il tempo e la spesa per percorrersi ogni giorno, e da molti il tiansito non dirò di otto miglia (che tante a dir vero sarebbero) ma di sole cinque, che si potrebbero rispar- miare, e si vedrà l'enorme gravezza, che si darebbe alle comunicazioni, ed al commercio tra quelle due pro- vincie a tempo indefinito, eseguendosi il progetto della direzione. AI che si aggiunge che di dispendiosa costruzione e conservazione, per la sua montuosità, sarebbe cotesta via, e monotona incomoda noiosa: per lo contrario, senza prandi spese, tornerebbe fìicil mente a vita l'antica Jppia: deliziosa, perchè costeggia l'adriatico, e dritta piana agevole. Quindi l'autore fa rilevare (ed è bene che lo facciam i5oi puie) che il Tesoro dovrebbe far tredici miglia di strada nuova da Mcsagne a Squinzano, la quale si evi- terebbe interamente ristabilendo 1' Jppia , perchè da Brindisi a Lecce la strada è fatta a S])c:Se dei mercanti brindisini fino a s. Pier Vernatico, e può in breve giugncrc a Squinzano con altre tre miglia e mezzo di cammino, e in tutto con 5 miglia da s. Pietro giun- j^ei'à alla strada, che da Taranto mena a Lecce sotto Tre2)uzi. Risp;irniiare (egli aiioge) al Tesoro reale i3 miglia di strada è un vantaggio considerevole. Ma quello che dee interessare ogni buon cittadino in fjjvoie della costruzione della strada, che difendiamo, SI è che oggi, per mancanza di popolazione e di traf- ED ARTI LlBEllALl 36 1 fico, sono quelle contrade travagliate dal rnefitismo, e soggiacciono ad epidemiche infezioni. Ripristinala però Vj4j)pia via un gran movimento s'infonderebbe in quelle ])arti: i canali che oggi sono abbandonati, e che furon già addetti a portare le piovane al mare si curereb- bero; quindi a novella vita ritornerebbero luoghi fera- cissimi, e città degne di migliore destino. Perchè dun- que non seguire cotal divisamento? Perchè non secon- dare voti si santi e sì giusti? E possibile che le pas- sioni debbono tanto accecare le menti da far proporre cose contrarie agl'interessi del governo, e fatali ad in- tere popolazioni! E che han da fare Fasano ed Ostuni con Blindisi? con quella Brindisi che sì cara suona negli aurei volumi dei poeti e de' prosatori dell'antichità, e che per la sua topografica situazione, e pel suo porto magnifico potrebbe divenire l'emporio del commercio dell'Adriatico dell'Egeo e dell'Asia, oggi, siccome fu già da noi annunziato, che viene la Grecia rigenerata, e l'Egitto fa sforzi, per togliersi dal catalogo delle bar- bare nazioni. Come puossi mai dunque abbandonare una città che ha un porto splendidissimo, e che potrebbe dominare l'Adriatico tulio? La novella strada restituirebbe a Brin- disi gran parte della peidu'ta sua vita, e dareLbc gran- dissimo ristoro a tutta quella nobile e disgraziata pro- vincia. Preferire i monti alle pianure, ignoti e volgari comuni agl'illustri, un suolo meno fecondo al più fe- condo , chi non ha mare e porti a chi gli ha è cosa veramente che stringe il cuore , e preme dagli occhi amare lagrime per disdegno. Sì avverta però (e qui a noi dolcissimo torna il ri- peterlo) che il Monticelli la strada Appia difendendo, e gl'interessi di Brindisi favoreggiando, non intende che si neghino ai paesi indicati di sopra, e dalla di- rezione dei ponti e strade favoriti , una via mediter- ranea a loro comodo particolare da costruirsi a spese della provincia, anzi insiste, e coi con esso lui insi- 362 LETTERATURA. Stiamo, perdio vengano di strade provveduti non solo per la loro comunicazione vincendevole, come si ò pra- ticato per i luoghi montuosi fra Taranto e Bari, e fra i sassosi distretti di Gallipoli ed Otranto, ma anche desideriamo che tanto Ostuni, quanto Carovigni e san Vito sien provveduti delle strade traverse, che pur vi esistono mal formate ed incomode, onde con facilità e sicurezza ognuno di quei comuni, scendendo sulla strada regia, porti con agevolezza l'olio di Fasano, di Ceglie, di Ostuni ec. e qualunque altra derrata in Brindisi , per vendersi all'estero , o inviarli alla capitale , e ri- prendere da quel paese quei generi d'industria che so- gliono ritrarre (ed ab aeterno ritrassero) dagli stranieri. Dalle quali cose , che 1' autore con forza e maturo giudicio egregiamente espone, ognun vede ch'egli non è animato da quello spirito di municipio, che acceca spesso le menti più svegliate, e che vorrebbe coU'al- trui nocumento il bene proprio: bensì vien'egli spinto da un amore generale, forte desiderando che con dolci legami tutte le popolazioni del regno si con giungessero, onde, con un più facile scambio de' prodotti del loro suolo e della loro industria, agiate divenissero, e meglio si afliatellasscro, e più si conoscessero e si stimassero. Ma ingiustizia sarebbe che la consolare strada, che ci viene supremamente indicata dalla natura e dalla sapienza de' nostri avi non fosse più Vj4ppia. Brindisi è ob- bietto di grande momento; ed ingratitudine sarebbe l'ob- bliarlo, non che ignoranza dei sommi beni, che j)o- trcbbe cagionare alla prosperità del napolitano com- mercio. Il console di Grecia (residente in Napoli) ha, mentre scriviamo, chiesto al Governo dei privilegi pei legni corrieri a vapore di sua nazione, da certo Zarambeli costrutti; ed in cambio questi si è obbligato di far toc- care alle cennale navi (nei viaggi che intraprenderà per "l'oriente) Brindisi e Messina; onde relazioni commer- ciali slubiliic fra queste città e Smirne ed Alessandria ED ARTI LllìERALI 363 d'Egitto: tanto importante si repula Brindisi dagli stra- nieri! Laonde vergognoso egli ò che noi, che dovremmo essere i primi a sostenerlo, e all'antica floridezza farlo ritornare, gli facciam guerra, e fiera per annientirloy e farlo sparire dalla faccia del mondo, siccome i bar- bari, nelle loro feroci incursioni, solean fare delle più splendide città. Quindi egli è indubitato che se il governo colla consolare strada l'interno traffico ravvivasse, e collo spurgo de' suoi magnifici porti l'esterno commercio a vita rimettesse, quelle contrade opulentissime diverreb- bero, e l'intero regno ne risentirebbe i non lievi van- taggi. Come dunque possonsi pubblicare animosi scritti pieni di bile e di passione, per mettere il suggello alla minacciata distruzione di quella vetusta città, e dell'in- tera provincia, ch'è pure una delle più nobili e delle ' più feraci, che stieno sotto il Sole! Il secondo libro, di che sopra abbiam posto pure il titolo, ci fa conoscere tutto che si è fatto per giun- gere a questo sciagurato fine: e noi che prendemmo, non è guari tempo, in questi fogli medesimi (i), le di- fese della virtù conculcata , che misera e squallida si giaceva, ci crederemmo colpevoli innanti di noi me- desimi, se, nel suo bisogno maggiore, abbandonassimo l'aringo, in cui spontanei scendemmo. Laonde in esame prendendo il suddetto libro, tutta rileveremo l'ingiu- stizia di quelle scvitture, in che la distruzione di Brin- disi si è giurata. Verso il cadere del i83i vennero pubblicate in Na- poli e nelle provincie di Bari e di Lecce quattro me- morie: apparteneva la prima ai deputati di Ostuni; la seconda al signor Trincherà sacerdote del medesimo comune; la terza e la quarta al signor De Fazio. Le prime due hanno per oggetto di privar Brindisi della strada regia o consolare , di che già abbiam parlato; e le altre tendono a dichiarare non solo difficile, ma (') V. Effemeridi fase. 22, 364 LETTETI ATCR A impossibile qualunque ristorazioue del famoso porlo di questa disgraziata città. Il Monticelli, che, con animo generoso e di grande commendazione degnissimo, ha preso gratuitanunle le difese della sua misera patria, che lui riguarda come il suo più forte sostegno, è l'autore di questo secondo lavoro, cui ricco di seiijiata critica di verità di erudi- zione appare a chicchessia. Egli divide la sua memoria in due parti : esamina nella prima le osservazioni del De Fazio sul ristabili- mento del porto brindisino, e nella seconda quelle che la bonificazione dell'aria risguardano. 11 De Fazio asserisce primamente esser cosa difficilissi- ma e quasi impossibile la ristaurazione del porto, per la spesa e pel modo, e va cercando con testimonianze di provare esser l'aria di Brindisi mal sana per ingenito irreparabile vizio indipendente dalle paludi; onde pro- pone di mandarsi colà de' fisici, degli architetti, e degli economisti per esaminare se possibil fia che nel clima di Brindisi l'aere si migliori , in guisa che possa in- corare alla spesa dello ristabilimento dei suo porto. Quindi passa a dire che questo non sarà mai restituito a' naviganti, se non quando al canale di comunicazione col mare si voglia dare tutta o quasi tutta l'ampiezza assegnatagli dalla natura. Accenna poscia di volo i lavori di Giulio Cesare a danno della foce di comunicazione tra la rada ed il porto, e con un salto passa su i diciotto secoli da Ce- sare a Pigonati, senza parlar di altre vicende, suppo- nendo contro la storia, che i soli artifizi di Cesare pro- dussero l'interrimento di quella foce; ed immaginando che altri cavamenti fossero stati eseguili, arrogc, che V ul- tima escavazione fu fatta a dì nostri dal Pigonati. Combatte poi il progetto di prolungare il canale di Pi- gonati e di Pollio, e rilevando che al termine di detto canale vi debba essere una fossa o prisma triangolare, si spinge a voler dimostrare esser egli pericoloso a' na- viganti ch'entrano nel porto. ED ARTI LIBERALI 365 Alle quali cose il Monticelli osserva che i moli del Pigoiiati, checchessia di quella fossa, e le scogliere di Pollio non sono stali fin dal 1777 ad alcuno di no- cumento, perchè si elevano sul liviUo del mare, e sono visibili; e poi quel porto è preceduto da una rada am- plissima, nella quale si entra con ogni vento, e rijia- rata essendo dall'Isola di s. Andrea, e dalla forza ma- rittima del vento nord-est, presenta grandi tratti di mare sicuri dal naufragio a qualunque nave, ove può star tranquilla la notte , ed entrare nel giorno se la profondità del mare ne permette l'ingresso. Fissa il De Fazio l'ampiezza della duna a 1800 palmi, e la lunghezza apparente a 35oo, dicendo che poten- dosi fare tutta o quasi tutla sparire qu(sla immensa duna paralellepipeda,e l'altra sommersa di forma prisma- tica, le cose ritornerebbero come prima, riaprendo sla- bihuente il porto di Brindisi, riducendone la bocca allo stato in cui era al tempo innanti Cesare, perchè sco- perte queste dune a palmi 24 sott'acqua darebbero un volume di escavazione oltre a 3oo mila canne cube. Egli però a questo non si rimane, ma si spinge avanti, e cerca di far vedere la somma difficoltà di ottenersi: 1" per l'enorme spesa, che si richiede; 2" per la ce- lerità dell'esecuzione del lavoro, afliuchè il mare non . abbia l'agio di riempire le fatte escavazioni; 3° per la disagevolezza di condurre in sito d'aria mal sana, com'è Brindisi, un numero grandissimo di lavoratori, che fa- rebbe di bisogno. Per le quali cose il Monticelli, dopo di aver rilevato tutte queste gratuite asserzioni, e latto osservare che il De Fazio non ha potuto fare a meno di confessare, che riaprendosi tutla o quasi tutta l'antica foce non sa- rebbero di mestieri, per la conservazione del porto, di spese ulteriori; ma che, a suo sentii e, la difficoltà e quasi impossibilità nella forte spesa e nella esecuzione con- siste, discende con molto accorgimento a far notare, che egli (il De Fazio) non ha dato le dimensioni, per 3G6 LETTERATURA rifare tutta la foce naturale del porlo, o per rifarla in parte, forse per non trovarsi nella dura necessità di di- minuire il cavamento di 3oo mila canne cube. Quindi fa vedere che la lunghezza della duna apparente invece di 35oo palmi puossi ridurre a 2000 , e che perciò togliendo i5oo palmi dalle 3oo mila canne cube, che il De Fazio aggiunge alla lunghezza, il numero delle canne cube da cavarsi sarà non più di 3oo mila, ma di 168,750. Per la larghezza poi il nostro autore mo- stra evidentemente essersi dal suo oppugnatore a ca- priccio fissata. Imperciocché da tutti si sa che la foce a' tempi di Cesare non era jìaralellepipeda, ma a sponde inclinate; poiché dalla descrizione che ne lasciò Cesare medesimo ben si vede eh' eli' era assai angusta in un ])unto, e perciò larga nelle altre sue parti. E sebbene ijon possa esattamente determinarsi, tuttavia dalle carte del Pigouati si scorge, che la parte più profonda della foce con isponde a scarpa non aveva alla superficie una maggiore espansione di 600 palmi. Or se è vero, com'è verissimo, che Cesare restrin- se con i suoi argini quella foce nella sola parte pro- fonda, e questa fu navigabile sino al xv secolo, av- verrebbe , senza dubbio , che se si rifacesse una foce larga 600 palmi, potrebbe questa durar navigabile per i4 secoli, come accadde da Cesare in poi. E se pur si volesse credere ch'ella meno durasse, la spesa è sem- pre molto discreta, poiché il cavamento non potrà ec- cedere le 5o,25o' canne cube, meno il vuoto del ca- nale attuale, e quel che cadrà dalla sponda alla foce, che non può ne debb'essere paralcllcpipeda. Ma se in- vece di 24 palmi, come stabilisce il De Fazio, si vo- lesse il cavamento di 36, allora, per mettere a livello il fondo del canale col fondo del porto e della rada, la profondità sarebbe di 84,3^5 canne cube: e con tuttoché queste moltissimo potrebbero diminuire pel vuoto del canale attuale, e per le sponde che debbono esser tagliate a scarpa, pure uou se ne tiene alcun conto, ED ARTI LIBERA.LI Z6'J onde includere il cavamente de' bassi fondi del porto interno sino a 6 palmi di profondità; anzi per questo il ^Monticelli in seguito di ciò clic ha detto porta la somma delle canne cube del cavamente sino a cento mila. Ma, quakuique sia il cavamento a farsi , l'autore si volge ad osservare, che De Fazio non istabilisce la spesa necessaria per una o molte canne del cavamento medesimo nello stato attuale della tecnologia idraulica, contentandosi di avventurare un concetto che veramente fa ridere, cioè che la spesa sarebbe tale da potersi con essa costruire da capo non un solo ma più porti assai vasti. Laonde il Monticelli, per buttar giù questa scon- sigliata sentenza , fa osservare quanto grande sia la spesa per costruire un sol porto: recando in esempio, per l'antichità, quello di Ostia, costruito da Claudio imperatore, per cui, secondo Svetonio, questo principe impiegò 3o mila schiavi, ed undici anni di fatica; e pei tempi moderni reca in esempio il porto di Galli- poli 5 che risguarda il fatto medesimo del De Fazio. Imperciocché questi , per costruirlo a moli traforati , dimandò per venti piloni cento dodici mila ducati, senza le spese imprevedute, né quelle per gli artefici ed altro che abbisognasse, chiedendo a conto dalla cassa di quella provincia, e per quello che potrebbe sopravvenire, nel corso dell'opera, quaranta mila ducati all'anno. Dal che nasce che potendosi eseguire questo magnifico progetto in cinque o sei anni, la spesa con tai fondi non sarebbe minore di tre cento mila ducati, se pure alla calma del porlo bastasse una sola filza di piloni con le panconate; mentre De Fazio stesso ha adottato la teoria degli an- tichi, credendo vedere nella foce del porto di Miseno una doppia filza di piloni. E con tutto ciò potendosi il porto di Gallipoli eseguire di venti piloni di cin- quanta palmi l'uno per ogni Iato sarebbe sempre mi- nore di quello di Brindisi lungo due miglia da ponte a ponte, e Ire miglia circa tra rada e rada, avendo però la superiorità di una immensa rada, guernita di moli 368 LETTERATURA a trafori naturali, che serve di porto In una sua gran parte, ed è la sicurezza e l'accessibilità del vero porlo di Brindisi, per cui si rende maravigUoso a tutte le genti. Inoltre il Monticelli osserva che De Fazio non ha sta- bilito la spesa; ma egli avrebbe potuto almeno accennare il modo di eseguire il cavamento, che può essere i° coi sandali a cucchiaioni mossi da' servi di pena, come fece Pigonati; a'' con pontoni a ruote, come propose il prin- cipe di Cariati, per lo stesso porto; 3" coi pontoni a ruote, mosse da cavalli come si usava in Coppcnaghen; 4" colle macchine a vapore, come si usa in Inghilterra, in Barcellona, ed anche in Tunisi. Or qual'è il modo più economico, e che meglio giovi per l'intero cavamento di cento mila c;inne cube? Il Monticelli dice che al primo modo fu sostituito il se- condo, e a questo il terzo, pel quale, si coiido il pro- getto avanzato nel 1829 dal signor Bausan alla dire- zione di ponti e strade, la spesa si riduceva a quattro carlini napoletani per ogni canna di cavamento: al terzo modo fu poi sostituito il cava fango a vapore, per ri- sparmio nella spesa e nel tempo; j)erciò il quarto modo è più agevole e più economico degli altri. L'autore però a queste sole osservazioni non si rimane; ma fa eziandio vedere, dietro esatte relazioni avute dalla corporazione del genio idraulico, che coi cava fango a cucchiaioni o a ruote, addetti allo sterrimento del porto di Napoli e di quello di Castellammare, si estrae una canna cuba di fango sabionoso e pesante, e si trasporta in allo mare colla semplice spesa di undici a dodici carlini napoletani. Sicché per risiaurare stabilmente la foce di Brindisi, to- gliendovi i fetidi bassi fondi occorre la spesa di 120,000 ducati, per abbondare ne' calcoli. E qui l'autore aggiunge, che se anche bisognasse una spesa sì vistosa, il Governo non vi dovrebbe incontrar veruna difficoltà, per gl'infiniti vantaggi che ricaverebbe da Brindisi colla rista urazionc del suo porto: ed alle ED ARTI LlBEnALI SGq pagine 34? s^, 26 distesamente gli annovera, onde noi jjreghiamo i nostri lettori a consultarle. Egli principal- mente considera la idoneità singoiare del sito di Brindisi, per un attivo e ricco commercio marittimo, e come verrebbe a provvedersi alla fertilità di un terreno che comprende circa 5oo,ooo moggia, or pressoché incolto, ristorandone i porti, e risanando collo scolo delle acque stagnanti quella costa di novanta miglia di lunghezza. Finalmente l'autore nota pure, che il De Fazio, nelle difficoltà proposte, pel modo di fare le escavazioni delle dune, è contrario a se stesso e alla sua direzione; la quale sta sfangando il canale del Pigonati sin dal 1828 con un solo sandalo, e non è avvenuto alcun riempi- mento, che avesse resi inutili que' lavori. Difatti Pi- gonati vi lavorò tre anni, e PoUio otto o nove, e niun riempimento successe ne' vuoti fatti col sandalo in quella duna. Quindi nessun timore dovrebbe avere il De Fa- zio, anzi egli sarebbe in obbligo di conoscere che per la desiderata ed utile operazione che s'invoca, sei uo- mini bastano col cavafango a vapore, e non già cento o mille. Volgendo ora il pensiero alla seconda parte del libro, che ad esaminare imprendemmo, diremo che il De Fa- zio vuole ni Ila sua seconda Memoria provare, che dub- bia e mal sicura cosa è ripopolare Brindisi. Impercioc- ché questa città, oltre alla cattiva aria, prodotta dalle paludi del suo porto, soflre un difetto di clima nel repentino passaggio dal caldo al freddo. Il Monticelli però fa vedere ch'egli ha usato sinistra- mente delle autorità, e sostiene che liberata Brindisi dalle paludi tornerà ad esser salubre e popolata, come avvenne quand'era immune dal mefitismo , miglioran- dosi e rendendosi sano il suo clima, come quello di Bari di Taranto e delle altre città della Puglia, che sono li- bere dalle paludi, e soggette al medesimo passaggio dal caldo al freddo. Il De Fazio arroge che malsana fu sempre l'aria di 370 LETTERATURA Brindisi, e crede di provarlo col detto di Marco Tullio: gravitatem hujus coell vix substineo. Al che il Moq- ti celli acutamente oppone che ciò solo importa di essere slata l'aria grave, e non mal sana, dimostrando, con- forme i principi della fisica scienza , che può esservi un'aria più grave di un'altra, attesa la maggiore densità degli strati atmosferici de' luoghi più bassi, secondo che si osserva in tutta la Puglia, nella Costa dell'Adriatico, e in quella del Tirreno; e attesa altresì la maggior co- pia de' vapori ch'esalano, per la vicinanza delle acque. Ma un'aria grave non si è detta mai malsana , e che Cicerone non l'abbia intesa per tale, si prova dal fatto. Imperciocché nella prima lettera del lib. iv ad Attico fa sapere che portatosi da Durazzo parecchi dì a Brin- disi, ed ivi fatta venire da Roma TuUiola sua figlia, assistettero insieme all'anniversaria festa della fondazione di quella colonia nel mese di agosto, ch'è il mese più pernicioso nei climi non dico malsani, ma dubbi. E certo se l'aria di Brindisi fosse stata malsana, non avrebbe Ci- cerone per un semplice trastullo rischiata la sanità e la vita propria , e della gentile ed amata figliuola. Inoltre De Fazio, di ciò non contento, adduce un luogo di Cesare, il quale era stato a Brindisi coli' ar- mata, per nove giorni, nel tempo che inscguia Pom- peo, e ne partì senza lagnarsi dell'aria; e quindi vi si condusse altra fiata da Marsiglia, ivi radunando le le- gioni e la cavalleria , colle quali aveva conquistato le Gallie e la Spagna, per andar po?cia a combatter l'e- mulo in Farsaglia: nella quale occasione ei disse: gravis auiumnus per Apuliam circumqae Brundus'min ex saluberrlmis Galliae et Ilispaniac regioiilbus oinneni exercitum valetudine tentaverat. Al qual passo il Mon- ticelli nota, che Cesare forse colla voce circiun abbia voluto escludere Brindisi: ma se pure inclusa ve l'avesse egli è certo che dall'intero periodo che si cita altra con- seguenza che quella non si può ricavare. Impercioccliè Cesare da sperimentato generale volle indicare che la KD ARTI LIBERALI 371 raulazione precipitosa da un clima salubLerrimo e di aria fresca secca e legiera in un clima di aria più grave umida e caldissima fece infermare il suo esercito, ve- nuto colla massima celerità dalle saluberrime regioni delle Gallie e della Spagna. Ma il De Fazio, proseguendo sempre fieramente la stessa battuta , non contento di citare gli antichi , di- scende ai moderni, ed adduce in prima l'autorità di An- tonio Galateo, il quale asserisce che Brindisi, un tempo popolatissima, era spopolata j)er le guerre intestine, che si fecero due ricche e potenti famiglie; e per l'intern- j)erie dell'aria. Laonde il Monticelli risponde che il Ga- lateo dell'aria mefitica delle paludi intendeva ragionare, e di ciò la negligenza de' cittadini, cLe non avean dato libero corso alle acque, imputava. Quindi alle auto- rità che il De Fazio adduceva eziandio del Castiglione, del Pigonati, e dell'Aiidreini , che la cagione dell'in- salubrità dell'aria al repentino passaggio dal caldo al freddo riferivano, contrappone la saviissima idea che ciò si osserva pure in Napoli, in Aquila, in Foggia, in Altamura, ed in altre città saluberrime; le quali vanno soggette all'istcsso improvviso passaggio, per cui avvengono mali sporadici , ma non mai epidemici : e coll'autorità di Nicola Capasso mostra che anche Roma soffre l'istesso passaggio. Osserva inoltre che quando il De Fazio reca le pa- role del Pigonati, che nota esser morto in Brindisi il Langravio di Assia co' suoi seguaci non attende egli al motivo che ivi si spiega del subitaneo passaggio dal caldo al freddo nelle stagioni estive. Onde mostra colla storia, che a' tempi di Federico 11° e di Carlo di Angiò non poteva Brindisi essere spopolata, ne di aria mal- sana. Liipcrciocchè il primo vi dimorò a lungo, nel tempo medesimo die il Langravio colla sua flotta e coll'armata vi fabbricò il castello, vi stabilì la zecca, e la storia tace di qualunque male sofferto da nume- rosi eserciti, e dalle flotte: il secondo vi avea raduoato 372 LETTERATURA. pure l'esercito e la flotta , per passare a danno della Grecia e dell'Oriente sul fluire del secolo xiii ; e da Brindisi fece partire quaranta galere per impadronirsi del porto di Messina, a fine di punire i ribcUanli Si- ciliiini. (V. Francesco Capecelatro tom. 2, pag. 239). L'autore in seguito fa eziandio rilevare che De Fazio trascura ciò che Pigonati riferisce alla pag. 68 delle copiose malattie di tutta la provincia , per efietlo dei venti settentrionali che soffiarono costantemente da mag- gio, di guisachè non vi fu aria eccellente 0 luogo ele- vato che ne rimanesse privo. Quando poi il De Fazio si appoggia all'autorità di Thouvenel e di Michel, i quali, senza parlare di Brin- disi, sentenziarono che in generale tutte le maremme orientali d'Italia sono soggette al passaggio dal caldo al freddo, il Monticelli , che batte ognora poderosa- mente tutte le contrarie asserzioni, fa osservare che se questo fa colà più male del mefitisrao, la medesima cosa dovrebbe avvenire per tutta la Puglia, che allo stesso fenomeno va soggetta ; e pure non avviene af- fatto. Anzi in Roma, ove si osserva eziandio questo re- pentino passaggio, si crede, secondo le osservazioni del Lannisi, ch'egli sia quivi piuttosto di utilità che di nocumento. Or quello ch'è veramente deplorabile, nei fatti de- plorabilissimi che stiam nelle nostre pagine registrando, si è che il furor della passione acceca talmente i con- trari opinanti, che smarriscon la ragione che più chiara si vede e più diretta colpisce. L'antichità di Brindisi è un vero che non si è mai posto in dubbio da chicchessia: e pure oggi si fanno degli sforzi, tanta è l'ingiustizia degli uomini! per di- minuirgliela almeno in qualche parte non potendogliela distruggere interamente. Difatti il De Fazio, per giun- gere a questa meta, e cosi nulla lasciar d'intatto alla disgraziata Brindisi, dice che al tempo di Fabio Mas- simo, ella o non esisteva, o era villaggio appena na- ED ARTI LIBERALI 3^3 scente: in prova di che reca rautorilà di Polibio. Il Monticelli però fallace la dimostra, dimostrando che si è fatto dire a Polibio quel ch'egli non di^se mai, cioè che sotto l'anno 3° dell'ohm piade 143 ossia 545 di Roma non era per anco Blindisi edificata. E sic- come il De Fazio accortamente non cita la edizione ma ne riporta secche le parole: nec dum eniin con- dilum Brundushim; così il Monticelli fa rilevare che tal parole leggonsi nel primo frammento de' pezz/ scelti e cavati dal hb. x delle storie di Polibio, ove questi non assegna alcuna epoca della fondazione di Brin/lisi, che fu aggiunta dal De Fazio, e che secondo il cro- nologo Casaubono, che ha voluto seguire l'ordine sto- rico di Polibio, corrisponde all'epoca, in cui i Romani capitanati da Fabio riconquistarono Taranto, ch'era stata da Annibale occupata; mentre da un altro luo^^o au- tentico dello stesso storico si vede che Aulo Post*umio, che fu console di Roma nell'anno 52 1 secondo l'accu- rata cronologia del Sigonio, si portò in Brindisi eoa ventimila fanti e due mila cavalli. In conseguenza di che bisognò egli costruirvi e adunarvi moltissime navi necessarie a trasportare quell'armata a danno dogi' Il- lirici, che corseggiando il mare desolavano il commercio dell'Adriatico. Per le quali cose essendovi una flotta di tanta forza, ben si arguisce che non doveva essere un paesetto non nato, o appena nascente. Or le contraddizioni in che il Dor Fazio cade, nel- l'accecamento dell'odio suo contra la infelice Brindisi, son sì manifeste che nulla più. In un passo, a cagion d'esempio, una cosa avventura, e in un altro poco ap- presso solennemente la smentisce. Il Monticelli però non trascura di rilevarle, e nel suo libro, a periietuarne quasi la memoria, qua e là le registra. Il De Fazio asserisce che Brindisi, secondo Polibio, fu edificata nel 545 di Roma; e quindi riporta in una nota un passo del Mannert, che attesta avere i Romuui nell'anno 5*09 condotto in Brindisi una colonia. 34 3^4 LETTERATUBA In altro luogo poi afferma che la celebrità di Brin- disi venne meno al cader della repubblica romana: im- perciocché gl'imperatori si servirono di Miseno cpial porto militare pel mare inferiore e superiore, e mentre stavan facendo uso di quello di Brindisi l'abbandona- rono ed andarono a Ravenna, soggiungendo immedia- tamente, che nessuno degli storici parla di cotesto ab- bandono Dunque donde ha egli tratta cotal notizia? Perlochè il Monticelli alle pagine 5i e 5'j mostra esser questa una mera fantasia del tutto còntiaria alla verità della;, storia. Quindi scende a fiir conoscere quanto vani sieuo gli sforzi del De Fazio per diminuire a Brindisi la sua antichità: antichità concedutagli da Polibio, da Floro, da Patercolo, da Tito Livio, da Giustino, da Slrabone, da Silio Italico, daVegezio,e da moltissimi altri antichi e moderni. (V. le pag. 47 ^' 5io). Un'ultima cosa, e grande ancora, rimaneva al De Fazio, quella cioè di attaccare la gloria di Brindisi, come commerciante città. Alla quale impresa si accinge egli pure, e gratuitamente asserisce, che nessuno antico scrittore parla di essa, quale scala di commercio o em-^ porio di mercanzie, siccome sappiamo di Taranto , di Pozzuoli, e di Ostia. Laonde il Monticelli per abbat- tere l'ingiusta imputazione osserva primieramente, c-ìie colui non si è accorto dello scoglio, a cui rompeva per se medesimo; poiché egli ciò dice dopò di aver portata l'autorità di Polibio, il quale alla edificazione di Brin- disi attribuisce la minorazione del gran commercio an- tico di Taranto: quindi colla storia alle mani gli mostra la fallacia della sua sentenza , e il poco accorgimento ch'egli ebbe nell'anuunziarla (V. le pag. 53 e 54)- Finalmente De Fazio arroge che l'origine di Brindisi sia Cretense od Eloia, e che nessun frammento archi- tettonico avvi colà di antichissime fabbriche, né una mo- neta greca, mentre i musei ne sono di altre, rinvenute in Taranto Sibari Metaponto, a dovizia forniti. Or come si possou mai asserire con tanta franchezza ED ARTI LIBERALI 3^5 SÌ fftlte cose, che sono tutte contrarie alla verità? Onde il Monticelli dà in questo luogo sì fiero colpo al suo op- pugnatore, che noi temendo di poter diminuire la forza delle sue parole, por intero le ri[)orteremo. w Che l'origine di Brindisi (egli dice) sia Cretense, od Etola a che monta?' E falso però l'asserire che in Brindisi non avvi frammento architettonico di fabbriche antichissime, e che non si trovi una sola moneta greca, mentre i musei ne sono pieni di altre trovate in Taranto, Sibari, Metaponto ec. Imperciocché quanto ai frammenti architettonici diremo che il sig. De Fazio, se quando fu in Brindisi non fosse stato dominato dallo spirito di prevenzione, avrebbe osservato, oltre delle colonne, i resti di un antico e grande acquedotto, la chiesa del santo Sepolcro, costruiti à massi ciclopici e senza calce; avrebbe osservato il ritratto della statua di Ercole im- berbe colla clava e colla pelle di Leone, trovata presso la chiesa di s. Paolo nel 1762, con un deposito di mo- nete di argento, e che fu trasportata nel R. Museo sito allora in "Portici; e nei Museo del benemerito Arcive- scovo di Leo avrebbe veduto qualche capitello ed al- cuni avanzi di cornicioni e^ di bassi rilievi, una statua di Diana, e molte iscrizioni lapidarie; ed avrebbe sa- puto che in quel territorio frequentissimi trovansi gli antichi sepolcri, le pietre incise, le quali diconsi cor- niole; e che non meno di dodici palmi bisogna scen- dere sotterra per ritrovare il pavimento delle antiche strade bruiidisiue selciate di duri sassi',' le quali cose tutte smentiscono la di lui asserzione. Quanto poi al non trovarsi monete greche *(il che vai dire anteriori all'epoca della deduzione della' colonia) ci basterebbe, trasaiidando altre gravi testimonianze, il riferire la sola autorità del miracolo di tutta l'Europa letteraria^ il celeberrimo Mazzocchi, il quale nel Prodromo alle ta- vole di Eraclea, diatriba 1, cap. 5, sezione 4i dice: Cunique in coloidis italicis numisinato nulla feriri jnos Juerity ex eo intelligiinus plurimos illos Brand w 376 LETTERATURA sinorum nummos qui ternniur manibus omnium anno dix aniiquiores esse^ qucxl et fabrica rudìs ostendìt. Ma noi aggiungeremo che da Prospero Parisio , dal Gollzio, dall'Arduino, dal Gesnrro si rapportano me- daglie di bronzo della greca repubblica de' Brindisini, pria che fosse caduta in potere de' Romani, nelle quali da una parte si vede la testa di Ercole imberbe co- verta dalla pelle del Leone, dall'altra un uomo ignudo scoverto nella testa sedente sopra un delfino, nella si- nistra la lira, e secondo altri la cornucopia con (jueste greche lettere Brendesinon. » Dal qual passo ognuno scorge por se medesimo come smentita rimanga l'asserzione del De Fazio, e qual fede si debba prestare a tutto ciò che segna la distruzione di Brindisi; mentre le cose che più chiare scintillano, e che la mente e gli occhi di chiunque colpiscono, ven- gono o negate, o barbara m<^nte travolte. PtT ultimo è mestieri notare, che De Fazio leg- gendo in Pigonati la iscrizione di Lupo Protospata , Protospata Lupus hanc urbem struxit ah imo^ ch'è scolpita in una delle colonne milliarie, che doveano essere il termine della via Appia, dice, che per questo ebbe Polibio ad affermare nec dum erat condituni Brundusium^ e che la cennata iscrizione il passo di lui pienamente giustifica. La qual cosa è sì erronea, che non vi è umana carità che celarla possa. Imper- ciocché n)ille, auni, siccome il Monticelli ha osservato, dividono l'ejìoca di Polibio da quella di Lupo Proto- spata, che colui oggi vuole congiungere, e far che l'uno StMva all'altro di soslegn9. I'"tti sanno che i Protospati ebbero origine nella corte di Costantinopoli ai tempi degl'Imperatori cristiani. Oh quanto sarebbe stato meglio per la riputazione del De Fazio, se invece di scrivere tante stranezze e sì truci centra di un popolo infelice e di una città disgra- ziata, onde porre il suggello al loro totale esteruiuiio, si /osse, senza prender parte per alcuno, rimasto Irau-" quiiio osservatore, e mulo. En ARTI LIIìERALI 3^7 Per le rjunìi coso facendo noi da una parte altissimo jilauso al nobile divisamenlo del Monticelli, jnegliiam dairalfra il Cielo, acciocché finalmente venga fatta giu- stizia alla sconsolata Brindisi, e maligno vento più non soffi contro di essa, e tanti voti d'infelici non disperda, e tante iatiche di generosi uomini non distrugga. \ • Febdinando Malvica. Curzio tragedia di Vincenzo Amore. Messina presso Miche- langelo Nobolo 1834. II molto ardore che scalda alcuni nobili ingegni allo studio della drainmalica poesia, ci fa lieti di assai belle speranze di veder giungere quest'arte divina a quel grado di perfezione, a cui, è d'uepo il confessarlo, dopo tanti sforzi non è ancora potuta tra noi pervenire. E però non poca lode debbesi alla bella Messina, che sopra ogni altra citfa di Sicilia ne tien vivo il cullo, mercè le cure del Galani, dello Slagno, e dall'Amore di cui ci è toccato in sorte di ragionare. Egli, che fin dall'anno 182'^ camminando sulle orme deli' Alfieri avea molto promesso di se, trattando in giovanissimi anni, non senza qualche felice successo, il pugnai tli Melpomene, con piìi belli auguri mostrasi ora per la seconda fiala al pubblico con la tragedia di sopra annunciata. )) Si racconta che, nell'anno di Roma SgS, o per terremoto, o per altra cagion violenta, il mezzo della piazza si spaccò quasi in vasta spelonca a grandissima profondita , e che non si potè colmare quella voragine per quanta terra vi si gettasse dentro, pur adoprandosi ciascuno a portarvene, se per avviso celeste non si ebbe prima cercalo in che soprattutto consistesse la potenza del popolo romano. Perciocché questo era appunto, dicevano gl'indovini, ciò che si dovea consagrare in quel luogo se vole- vano che Ronia fosse eterna. Allora, dicesi, che M. Curzio, gio- vane distinto in guerra, riprendesse coloro che dubitavano, se aves- seio aliro bene più prezioso i Romani, che l'armi ed il valorcj e che fatto silenzio, guardando fiso i tempi degl'immortali dei, sovrastanti alla piazza e il Campidoglio, e le mani spo'gendo ora al cielo, ora agli dei infernali veiso queirara()ia bocca spa- lancata se stesso lor dedicasse; poscia montato so|y a un cavallo, quanto più avea potuto magnificamente guernito, si lanciasse ar- mato in quella voragine ec. » Cos'i da Livio nel settimo libro delle sue storie ci vien narrato Targomeuto delia tragedia che abbiamo alle mani, e quindi ognu- 3^8 LETTERATURA, no può ben da se stesso osservare, come l'autore lun^i fiì spi- rare orrore verso lo sfrenale passioni de^li uomiiii col presoiitare orrendi e memorandi delilti, ponendo in sulle scene una cosi magnanima azione, abbia voluto condurre gli uomini a virlù, infiammandoli al santo amore della terra n^tia. Questa generosa passione è quella in etreiti che regna in tutto il componimento. Essa campeggia in ogni atto, in ogni scena, da pertutto, e forma i caratteri di Curzio, di Claudio, e di Valerio. La quale cosa ha , secondo il mio sentir" , pro- dotto povertà di azione, mancanza d'intreccio, e per molta sem- plicità, pochissimo interesse, imperciocché la mancanza dei con- Iraposti, dee necessariamente produrre che il carattere del pro- tagonista, che sopratlutti vuol essere con vivissimi colori tratteg- gialo, debba uecessariamenle gli altri oscurare, rendendoli affatto deboli, e senza lume. Che divengono infatti Claudio e Valerio al cospetto di Curzio? Tutti, è vero, mostransi caldi di afi'elto per Roma; ma ai forti e generosi sensi dell'ultimo, quimlo non sembran deboli e imbelli i primi? Arrogi che quando lutti hanno lo stesso pensare, ed unico interesse, l'azione corre da se slessa li- bera, e senza intoppi, ed ecco nascere la mancanza del nodo, e dell'intreccio; ove al contrario, quando vi hanno dei caratteri di conlraposto, o, per dir meglio, quando vi ha l'antagonista, la favola sempre più si annoda, e lascia gli animi degli ascol- tatori, o dei leggitori, sempre incerti e sospesi sino all;\ fine. Ben si avvide di questo vero il nostro egregio poeta e alla ge- nerosità, e risolutezza di Curzio volle porre per argine la tene- rezza della moglie; ma questo tenero e gentile affetto ,, maneg- gialo cou molta grazia e delicatezza, e che giova in parte a temperare con la compassione, il terrore che regna in tutto il componimento, lanl'oltre, è forza il confessirlo, predomina l'a- nimo d'Icilia, che par che voglia chiuderle il cuore ad ogni al- tro sentimento, e forma di una don'ja romana, e di una moglie di Curzio, una delle nostre dame imballi e tiniidelte anzi che no- E chi non vede in quello sbalordimento ch'essa prova ora per la voragine che minaccia Roma, ora pel timore di. f)erdere il marito, e in quel desiderio di lasciare i patri l.iri p'd timor della vita, di cui continuamente ragiona , il coraggio delle ro» mane iTiatrone del suo petto bandito? talché io non mi sa|iTet dire se il rimedio fosse stato del male peggiore. IVla questi, mi si potrebbe rispondere, sono errori in cui il tema medesimo dovea far cadere l'autore. E questo si è appunto quel che io volea dire, che l'argomenti^ non era per se stesso tragediabile , ma da sce- gliersi più tosto per un carme, siccome con molto senno fe' nel sesto decimo secolo il famoso cardinal Sadoleto. A siflàtte riflessioni, soo d'aggiungersi queste altre. E prima- meute a me non sembra verisimile che Cuiuo ritornato in Roma) ED ARTI LIBERALI S^Q hi un mometilo in cui una iusolila e strugilricf; fl.imm.T la rovina minaccia della cilià, nulla sappia di ciò, anzi tranquillo, fd in- vaso dal dolce (lensiero di rialihracciare i dolci n.iii e la cara con- sorte si stia a ragionare, e ad esporre il cool'Milo, <^i che va preso Tanirao suo. Possibile che uiuno abbia incouuato per via, mentre Squillific e mrstc le Bomane madri Per le piibljliche piazze errano, e lunga Lasciano dietro se traccia di piantOé • Fiiggitivi i còHardi: sbigottito Degli eserciti il fiore; e al suol prostesi I tardi vccclii? Possibile che il chiaror della fiamma, che in mezzo al foro spaventosa si apri non siA giunto nel bujo della notte alla di lui vista, mentre gli occhi di tutti n'eran tocchi 7 Oh questa poi sembrami cosa non che inverisimile, ma impossibile ad av- verarsi! e che l'aulore avrebbe potuto facilissiinanietile evitare,' facendo ritornar Curzio dal campo alla trista nuova di quella» sciagura, e cos*i avrebbe certamente scansato un'altra descrizione della voragine, che è atLtto oziosa nell'atto secondo. . Kè tacerò che l'alto terzo sembrami una ripetizione dei due primi, die al (ulto è privo di azione, e che di altro non s' inter- liene, che della disperazione di Curzio per dover abbandonare il suolo natio. Il che si riduce ad una lunga declamazione, che dee necessariamente abbatter gli animi degli ascoltatori. E fiiialmenle 5on sapremmo lodare qu Ila catastrofe in siffrstlo modo sospesa, da lasciar col desiderio di vederla compiuta. Im- perciocché quello svincolarsi, che fa Curzio dille braccia della moglie, che con preghiere, ,e con bigrime cerca di disiorlo dal fiero, e sublime proposto, (ch'è una sc-na adorna di molte bel- lezze, e dei più bei fiori di po'^siaj f.repara , per dir così, la catastrofe, ma non la scioglie-, e quindi la fi'ie sublimissiina del- l'eroe romano non si raffredda , ma languidamente si apprende con quelle ultime parole d'Icilia. Ei fugge Jo moro., ' Ma questi, che a me sembran difetti, e che tali forse non sa- ranno, sono a dir vero compensati da tante bellezze che danno a divedere di che nobile ingegno sia il nostro egregio poeta for- nito, e di che felici produzioni sia egli capace. Quanta azione non racchiude il quarto atto? Quanto bello ed inatteso non è quel trailo in* cui Curzio imbrandendo il ferro e cingendo li lo- rica esorta i suoi concittadini a prender le armi e correre ad af- frontare i nimici, che giovandosi delle romane sventure erano già venuti ad assalite le mura della citta AUa vendetta, grida egli , Non a lacrime imbelli, e saa-a l'ora. Oh rabbia! ^ liu che ne fuggir da lioi^ia 38o LETTEKATUHA Ne il cUfadii) restarsi in Roiiih or possa? Lasciale i figli alle geniriili spose, Ogni arnese die bellico non sia Abbandonate. A voi primiero esempio Romani io dò. Da me ti scosta, o donna: Lasciami, vanne: il labro tuo non mandi Voce ai mio cor, che ad infierir noi vaglia; E se darmi di amor fida mostranza Or viioij se in questi perigliosi istanti Qualche cara dolcezza al cor recarmi; Se di restarti al fianco mio li estimi Tu degna ancor, va, corri, il braccio t'arma; Intorno intorno le assalite mura Seguimi, o donna, ove spergiura schiera A te il varco contese, ivi, se m'ami A' nostri ferri un altro ferro aggiungi. Nobilissimi sensi sodo questi e degni di un Romano e di un Curzio, che dovea col sacrifizio della propria vita liberar la patria da un terribile scempioj siccome anche degni di liberissimo spirto, e. della gravita del coturno, a me sembrano questi altri che TA. ha posto in bocca del suo protagonista Oh duro stato Dell'armi! Ma sollievo alto è per noi Il pensar per chi pugno. Io non combatto Per chi non amo: io non combatto, o sposa, Per chi fuor del periglio in ozio ride. Per la patria, per te, pel ciel, per Roma La morte aflronto, e se il periglio è nostro Nostro è il triónfo, e nostro il frutto.... Non è il mio cor cangiato. Né liber'uomo il cangia, amo pur'io Pace, ma no quella del vile, io voglio Preferir morte che opra, ad una vita Che nulla fa E correndo alT estremo fato quai ricordi lasciar poteva alla moglie più generosi di questi? Lasciami. Io tutto. Se tu vivi, non moro; avrai nei figli Una parte di me; vivi pei figli, All'amor tuo gli aflido; a lor del padre Spesso favella, e che sia patria insegna. E se vorrà destin perverso a Roma Cangiar lo stato, il pie non sciolgan mai • Alla lusinga di straniera terra; Scclgan catene qui, che dolce è pure Nella miseria dei nativi alberglii Contarne i mali, e in parità di affetti Trovar sollievo, e festeggiar di furto 11 terror dei ]>otenti. 11 cor, la mente, Spendan la vita a la comun salvezza, Che al sol volerla, ancor che invan si voglia, Giuria na torna; iu lor tutti trasfondi TI) ARTI LIBERALI 2SÌ' Qiioi forti sensi, che (lividori Uinto L'uoiii ilallo schiavo, in lor uon sorga al fine Una lacrima, un riso, un detto, un atto Che romano non sia Ne sapremmo abbastanza lodare il nerbo e la precisione di questa risposta che da l'eroe alla moglie, che gli chiede Lassa! Ma dimmi ahuon che far dcggio? Restar Partir , Curzio Sp< rar se Roma spera. Cader se cade Stupenda è la scena terza del quinto allo , e di un interesse ammirabile. Ben legato e pieno di anima nell'intuito il dialogo, e bene accomodalo al caraltere di Claudio quel riandare gli an- tichi costumi dei Romani, come ad uomo attempato si addice. Forte e vigoroso ci sembra lo siile, e tra l'imitazione dell'Al- fieri, e del Monii, ma che più al primo, che al secondo si av- vicini. Pura e nitida la favella, comechè non ci talenti la ri- petizione di talune voci e modi, ed una certa durezza e trasposi- zione alfieresca, che riesce a quando a quando un po' ingrata, siccome iu questi versi « » Io giuro e m tenda e in campo Replicar colpi su i Galli codardi. Distor quell'ostinato voler cupo ce. E qui mi stringo al giudicio di un nostro nobilissimo ingegno, il quale ragionando dell'Amore osservava peccarti spesso dì stentOy di ripetizione di vocaholi., di economia di mezzi, comecché non manchi di gagliardia di stile^ di nobiltà di tragica dizione^ e di nerbo e /orza di pensieri^ e di verso (i). Ma se la troppa imit.izione del grande Astigiano conduce, qualche fiata l'autore a lievissimi difetti, pure sempre piìi ci fa sperare di lui, il vedergli seguire la vera e sublime scuola di quel padre della italiana tragedia, che, per servirmi del detto di un solenne italiano, certi eunuchelti dei giorni nostri, pedissequi servili dei forestieri, t«nendoIo in dispregio tentano di macchiare la purità della iunlìana Melpomene (2). Prosiegua dunque l'Amore la si bene da luì incominciata car- riera, che ne avrà lode e gloria non poca, e noi congratulan- doci con esso lui vogliamo augurargli sempre più propizia la sorte, e quell'ozio, e tranquillità di spirito, di cui sono amiche le Muse, e che potentemente spingono gli animi generosi al ben fare. ANTONIO DI GlOVJNHI-MlRJ. (1) V. in queste Effemeridi tom. 5, la lettera di Lionardo Vigo al prin- cipe di Granatclli sullo stato presente dei teatri, e dell'arte drammatica in 'Sicilia. ('i) Botta Star, dltal, continuata da quella del Guicciardini lib. xii. 38'2 LETTERATUBA RIVISTA. Memoria del dottor Caiìmelo Mjkzella intorno ad un aneu- risma tra terzo medio ed inferiore della coscia destra, guarito dal professore Salvatore Mauzella padre con Callaccìaiura deir arteria iliaca esterna per F emorragia secondaria dopo la legatura della cri/ra/e. — Palermo Slam^ìeria FfMncesco Spain- pinaJ,o 1^34 in IJ") di pag. 28. I, : , . Lode eterna sia dovuta a quei Chirurgi siciliani, che per sode dollrine, e per grandi operazioni han saputo soffocare qupjla voce che altamente gridava, la chirurgia presso di noi nulla avere profittato delie fatiche dei Geni sublimi della Francia, delPIu- ghiiierra, e della nostra Italia. E a dir il vero nei tempi andati non la sola mancanza delle cliniche (che tuttora si desiderano) ma cento altre potentissime cagioni influivano a mantenere nella cieca ignoranza i nostri chiv rurgi: ora però e per l'abbondanza dei giornali, e per le cotiti- nue penegrinazioni della nostra gioventù, e per la crescenie ci- vilizzazione, grandi sforzi giornalmente si fanno, onde vincere tali ostacoli^ perlocchè se non al livello delle grandi nazioni, almeno al pari possiamo considerarci di qualche altra città , la quale , perchè ricca di ogni clinico istituto, leggi per lo innanzi dettava della medicina operatoria. Quai'è difatli quella grande operazione, che dai Chirurgi sici- liani non sia siala in questi ultimi tempi praticata? Si leggano i giornali nazionali; si leggano i rapporti pubblicati o dai me- desimi professori, o dai loro scolari; si leggiiuo le tante altre me- morie date di recente alia luce, e si vedrà di leggieri se per ec- cessiva carità di patria, o per puro amore del vero noi tali cose proclamiamo. ,. j., . , È dunque nostro desiderio , e lo manifestò prima di noi un chiarissimo professore (1), che i bravi Chirurgi siciliani raccolgano con ordine le storie delle loro operazioni, le vestano delle neces- sarie cognizioni, e le pubblichino, non mai siccome taluni ciar- latani, che a guisa di litanie ne riempiono le gazzette, ed i sup- plementi, ma nei giornali scientifici, ovvero sotto forma di me- morie, o di rapporti, onde servano di esempio ai colleglli, d'in- coraggimenlo agl'infermi, d'istruzione ai giovani, e palesino nel tempo slesso al mondo letterario lo stato in che si trova la scienza presso di noi. Lode dunque airesimio professore Salvatore Manzélla, che ai (1) Gorgone, Primo rapporto di osservazioni chirurgiche. ED ARTI LIBERALI 383 tanli casi da lui pubblicali ha voluto colla cennaJa memoria ag- piutij^enie ora un altro, la legatura cioè 'strnm(>nti per founare il lor cuore, e la mente alla co- noscenza della lingua latina, dell'aritmetica, e delia geografia e storia napolitiina tanto antica che moderna, ha inleso con solle- cita cura a far loro conoscere i piincipt e le proprietà dell'italico idioma in queste due operette, che ho di sopra notalo. Nel ca- techismo sviluppa le varie parli del discorso e della sintassi, nella guida poi agevola lo studio de' classici , giacche in un picciolo dizionario spiega il valore proprio de' vocaboli e modi che nello scrivere più di leggieri occorrono, rafl'orzan> 2.')2 Per Antonino Gallo. — D."" Rosario Delisi » a55 Per Pa<)lo Calascibetta. — Agostino Gallo » 390 Per l'abate Salvatore Li Volsi. — P. G » 3y2 Bibliografia » 127 e 209 !• ?>.'>, Vi <■ ■ ■ • , ■ fili