'■.•' ^i^^i ) Osk'' ^. /i(j 0. EFFEIUERiDl E LAVORI deCzJì^. ty'd'^ùàUo d ^ncora^ai^?nenco LA SICILIA Tomo XIII. — Anno IV. CWa Cemiaio 4mo a (Diccmttc i8BS, PALERMO DALLA REALE STAMPERIA uDcccxxxr» ]P!£t]S9iV21®Sr]S "o sin da quel momento che ci venne io animo di compilare le siciliatìe Effemeridi, è stalo maisempre no- stro proponimento di eseguire ut)'opera , che ritornar pote'sse di alcun utile a questa patria carissima. Laonde pregammo d'allora i dotti tutti di Sicilia, onde contri- buire col valevole loro soccorso a questa intrapresa, e abba'ttendoci qua e colà a frugare per le biblioteche le nascose memorie della patria storia, dando ragione delle opere che appo di noi han veduta la luce e di talune di quelle d'Italia e d'altronde, e lamentando finalmente la perdita di que' vaiolosi che alla comune speranza ed alla gloria della patria son venuti meno, ci siamo afforzati maggiormente di dì in dì anco a frotile di que- gli ostacoli che in ogni cosa si sogliono incontrare tra mezzo. Le gravi scienze, e l'utile ed amena letteratura si son vedute vicendevolmente fìire splendida mostra nel nostioGiornale; laonde noi mentre da un canta saj»piamo grado e grazia sinceramente a quei che delle scritture loro ci sono stati cortesi, esortandoli perche in tale ge- nerosità perseverassero, confessiamo dall'altro eoa aperto animo che solo compenso alle nostre fatiche ci è ba- stato il vedere che queste Effemeridi non si sono te- nute in ispregio da' sapienti, che anzi con gentili ma- niere al nostro assunto ci hanno avvalorati. Dobbiamo però fare avvisali i nostri leggitori che non per nostra colpa, ma sì perchè al cominciar dell'anno 4 i834, terzo dell'opera, quando l'Effemeridi ai lavori del- l'Istituto d'Incoraggiamento si congiunsero, sotto il fa» vore del Governo, molto tempo s'indugiò a pubblicare il primo fascicolo, e sì ancora per altre imprevedute circostanze nostro malgrado ci è toccato di vedere molto a rilento pubblicarsi successivamente gli altri numeri; di guisa che col declinare del presente anno i835 an- cora avevamo per le mani l'ultimo numero del i834. Or siccome ufficio è del Giornale di presentare mano mano tutto ciò che cotidianamente succede nella lette- ratura, quel ritardo portava lo sconcio di veder pub- blicate ne' fascicoli, che ivan vedendo la luce, cose che mollo tempo poscia avvennero, e che con quella data nemmeno sospettarsi potea di dover elleno avvenire., Po- nendo a ciò mente, e vedendo che se un riparo non si fosse opposto, nello istesso errore continuati saremmo, abbiam divisato, tuttoché nostra volontà sarebbe di dare dodici numeri in un anno del nostro Giornale, di for- mare un grosso volume che l'anno i835 comprenda, in modo che al cominciare dell'entrante anno i836 po- tessimo pubblicare il numero [di gennaio, e così a cia- scun mese gradatamente un altro, ritornando le Effeme- ridi alla loro forma primitiva. Gli esempì di altri stra- nieii giornali ci han condotti a questo riparo, colla spe- ranza di non succedere più un simile ritardo. Ci è dolce a sperare altresì che le nostre cure indefesse e costanti vengano accolte da coloro che han cara questa terra, che ci è madre. I Direttori. DA GENNAIO SINO A DICEMBRE i835. SCIENZE ED ARTI MECCANICHE PARTE PRIMA OFFICIALE LAVORI DEL REALE ISTITUTO Elenca d^ Sodi Ordinam (*), Il Barone Bivona. Il Barone Palmeri. D. Giuseppe Russo Gervasi. Il Marchese Forcella. D. Giovan Battista d'Agostino. Il Gay. Ab. Francesco Ferrara. \\ Sig. Beniamino Ingham. Il Sig. D. Carmelo Tasca Mastrogiovanni D, Giuseppe Caminneci. D. Ignazio Sanfilippo. Il Principe di Villafranca, D. Ferdinando Malvica. Il Colouello Carlo Ferdinando Dolce. Il Barone Mauro Turrisi. Il Marchese di Gallodoro. Il Cav. Mariano Dominici. Il Sig. Enrico Drcchesler, D. Rosario Caruso. D. Salvatore Auleri. D, Benvenuto Pavin. D. Antonino Furitano. D, Camillo Camposlano, (*) Saran pubblicali nel venturo fascicolo gli allri Soci onorai t e corri- spoiidcuti. 6 SCIENZE ED ARTI Il Principe di Campofranco. L'Ab. Emraanuele Vaccaro. Il Principe di Trabia. L'Ab. Alessandro Gasano. Il Capitano Michele Fileti. Il Principe di Granatelli. Il Duca di Serradifalco. Il Cav. Paolo Cumbo. Tornata ordinaria dei 4 f^^^f^^io i835. Fatla lettura del processo verbale, venne richiamata l'attenzione del congresso sopra il rapporto del Decurio- nato di Palermo con cui proponeva di doversi pregar la clemenza del Re, che voglia rivocare il suo decreto di giugno i83i,col quale fu raddoppiato il dazio di tari cinque a tonnellata sulla immissione de' carboni esteri, augurandosi così di agevolare un ramo d'industria nazio- nale. Una simigliante propo'sta, emessa già altra fiata dal nostro Istituto, e cui diedero spinta valide ragioni della pe- nuria del momento, come anche alquante cause generali, aveva il consentimento d'una gran parte di soci , che sostenevano doversi stare all' anterior proposta dell' I- stituto. Cosi fautore del decurionale avviso era un di- scorso letto al proposito dal nostro socio onorario signor don Giuseppe de Martino. E come che varie gravissime riflessioni venivano fatte tuttavia da taluni altri soci, che alla esposta sentenza tornavan contrarie, ed assai quinci e quindi prolungavasi l'alterno ragionare, chiamata dal Presidente la votazione, a maggioranza assoluta dì sulTragi venne deciso di doversi, appoggiando il decU' rionale rapporto, slare all'antico proposto dell'Istituto; ma per ja scelta di nuove ragioni, che figliuole esser j)osson di circostanze novelle, e per altre utili veduto e novelli riguardi di maggior prosperità che aggiungersi potrebbero, venne a deliberarsi conseguentemente la ele- zione d'un comitato de' soci signor Barone Bivona, e don Ferdinando Islalyicn direttori d'ambe le classi, e MECCANICHE , 7 del professor Sanfilippo, perchè sulle stnblllte Irnccc, e sulla volala sentenza avessero a [nv novello r.ipporto al Reale Istituto nella prima vegnente tornala. Jniìendice. — Jl nostro socio ordinario signor don Camillo Canipostano, iu contrario alla testi; cennata de- liberazione dello Istituto, e domandò di esser fatta men- zione del suo negativo parere nel presente verbale; e riia deposto corroborato dalle sue ragioni per far parte degli alti dell'Istituto. Indi venne sciolto il consesso. Tornata ordinaria dei 20 febbraio iS35. Poiché il vcrbal processo dell' anterior tornata ven- ne Ietto, il socio signor Camillo Campostano richie- deva il Reale Istituto, clic il contrario parere d'un socio, che domandandolo al momento disila votazione, è auto- rizzato a f.ìrne tener conto dal Segretario generale nel "SUO verbal processo, venisse in quello trascritto conva- liilato da tutte le ragioni che lo slesso spinsero a noa conformarsi alla deliberazione in che la [)in parte con- venne. Ma riflettendo il lieale Istituto all' indole d'un ])rocesso verbale, che quella è appunto di narrar le de- liberazioni del corpo, e non di registrar tutte le discus- sioni, e le ideo moltij)lici degl'individui, determinò che le ragioni giustificanti il contrario voto fossero dal dis- senziente socio in iscritto consegnate al Segretario ge- nerale; e questi nel suo verbale, memorando l'avverso parere di colui aggiungerà d'averne in iscritto esibite le ragioni j)er far parte degli atti del Reale Istituto. Sancito il quale articolo, vennero lette le seguenti venerate ministeriali. Una dei 5 di febbraio num. Go5 colla quale ne si dava contezza come S. A. R. il Principe Luogotenente Generale di S. M, si era degnata di nominare soci ono- rali di (juesto Reale Istituto il vice-segretario don (Gi- rolamo Dotto, ed il segretario di classe don Salvatore Cacioppo. 8 SCIENZE ED ARTI Altra de' 4 «dicembre del passato anno mira. 660^ con che un sovrano rescritto veniva comunicato , pei* lo quale S. M. (D. G.) nel consiglio ordinario dei 3 novembre dello stesso anno, mutando l'articolo /\5 dei nostri reali statuti, ordinava, che nelle classi accadendo mancanza, od altro legittimo impedimento de' direttori, questi sieno rimpiazzali non più da' secretar! rispettivi delle classi, ma da' più anziani tra' soci che le classi medesime compongono. Altra de' 29 gennaio num. 433 trasmetteva un pro- getto del signor Riccardo Poppleton che alquante ri- flessioni raccljiude riguardanti il modo di promuovere l'agricoltura ed il commercio di questa parte de' Reali Domini, incaricando il Reale Istituto di prendere in grave considerazione l'esposto, e proporre alla sua volta con sollecitudine l'occorrente. In seguito di che, vista l'im- portanza del contenuto nel cennato documento, un co- mitato veniva eletto de' nostri soci signor Principe di Trabia, signor don Giuseppe Caminneci, e signor ca- valiere Paolo Cumbo, per ponderar le materie ed emetter colla commendata prestezza un parere. Con altro ministerial foglio dei 12 febbraio del cor- rente anno num. ^52 ne veniva rimesso per riferire un reclamo dei fabbricanti di seterie di Catania, li quali forte si dolgono de' venditori di seta che a questa, secondo asseriscono, com mesci no del canape. Però altro comitato fu del presidente scelto in persona dei soci direttore don Ferdinando Malvica, signor Pavin, signor Carapostano, cavaliere Cumbo, e signor Auteri per ese- guirne i lavori di preparazione. Altra ministeriale dei la dello stesso mese, num. '[744 portava richiesta di privativa per i5 anni sopra invenzione di macchina atta a fonder zolfo senza no- centi esalazioni. E questa dimanda fu trasmessa al già esistente analogo comitato. Altra dei 16 dello stesso mese num. 834, richiedeva di suo parere l'Istituto Reale sopra una dimanda altresì MECCANICHE 9 (li privativa falla da' signori Giuseppe Natale e Tom- maso Ausclrni, i quali iiilcndouo d'introdurre in Sicilia dei mulini a vapore per (juillc città ove d'acque si pa« lisca penuria. Ed il Reale Istituto, attesa la evidente utilità dello indicalo soggetto, deliberò di farsi loslamenle favorevole rap[)orlo al Governo, limitando però la pri- vativa da elargirsi a soli anni cinque. E rap])orlo altresì favorevole, e per lo stesso quin- quennio, deliberò il nostro real corpo sovra altra pri- vativa, cliitsia da' teste mentovali Natale ed Anselmi per introduzione in Sicilia di vetture a vapore sul ri- guardo stesso di ben conosciuta utilità, e ciò in riscontro ad altro riverito rainisterial foglio dei ig ancor di feb- braio num. loo'j, che sulla dimanda, che uè espunea^ ripercava il parere. Altra ministeriale de' 16 dello slesso mese num. 819 portava altra richiesta d'una privativa di armi i5, avan- zata dal signor Paolo Durand per la introduzione e per- fezionamento, in uno, di certa macchina atta a rafll- iiare lo zolfo con impiegarvi non che il grezzo mine^ lale, ma ben anco il così detto sterro di zolfo. E co- sinùtta dimanda, sulla quale il Governo il Reale Isti- tuto richiedea di parere, rimessa veniva alla nostra classe di civile economia. Una privativa altresì di anni i5 richiesta essendo slata dal signor Pietro Campanella da Messina per aver (atti dei miglioramenti al lambicco di Brosteret tali da consumare in distillazione continua salme 100 di vino per giorno, il Governo la dimanda rimettevane allo Istituto con ministeriale de' 9 dello stesso febbraio num. 6'y8, e lo esame di questo affare aflidalo venne regolar- mente alla com])elcnte classe dal Reale Istituto. Finalmente, siccome con due riverite ultime mini- steriali l'una de' 5 febbraio num. 604, e l'altra de' 9 del detto mese num. 722 rimetteva il Governo allo esame del Reale Istituto; colla prima alcuni pezzi di credulo carbon fòssile, cslratlo da cavameuti nel contado IO SCIENZE feD ARTI di Limlna di Messina più profondamente di quel clic si frcc nel 1828 ora praticali; e colla seconila delle mostre di iDarnio tolto da tre cave, in IMcssÌmìi pari- menti (alle, e fpiesle mostre aceonipagnale da lelazioni di esperii conoscitori; un comitato venne eletto per l'uno e IVItro aliare in peisona dei nostri soci signor barone Bivona, signor professor Fnritano, signor Ago- stino Gallo, e signor Fiancesco Gioclimaun j)er riferire ciò che sarra credulo da giudicarsene dopo le debile os- servazioni, per indi farne il Reale Istituto il sao rap- porto al Governo. Quella tornala chiudeva ultimamente un rapporto del direttore della civil classe don Ferdinando Malvica, il quale a nome di essa peisuadeva potersi accordare pri- vativa di anni cincjue colle aggiunte particolarità a' se- guenti oggetti, li quali egli, benché con diverse dimando, e da diveisi chiedenti avanzale, tutti comprendeva in «n solo rappoilo; cioè per ti'asniutarc il ferro in acciaio da Giusejipe Santoro, per macchina da estrarre lo zuc- chero dalla barbabietola da Salvatore de Pace, per ima fabbrica di solfato di soda da Ignazio l'urazzo. Finalmente per un meccanismo onde frenare l' impeto d'un cavallo che non senta più l'impero del freno pel signor Andrea IMangiaruva. Fd il Reale Istituto, buone trovando le ragioni di die questo favorevole collettivo giudizio della classe ve- niva afìòrzalo; a questo interamente conformatosi, ne ordinava di farsi al Governo il rapporto. Indi venne sciolto il consesso. T'ornata ordinaria dei i3 marzo dell'anno iS55. Appresso che il Reale Istituto ebbe ascoltalo la nar- razione dille cose deliberale nella sua prcccdenle tor- nala, ebbe data conoscenza di un veneralo ministerial f()glio de' 23 febbraio n. 1037 rimessoci dal Governo per riferire col parere sovra una dimanda di Onolrio MF.nCANlCHE 1 1 Colloca per una privativa in merito d'una sua inven- ziouOj con the più celere corso si dà alle navi di qua- lunque grandezza, e ciò senza pericolo di correr fortuna e senza ulteriore grave disj)enclio. Kitratto così il pro- messo giovamento, ai termini del rcal decreto venne deliberato di farsi il rapporto convenevole al Governo, con che venisse rassegnalo di potersi quel trovarnento graziare della privativa d'un quinquennio. Non così determinate essendo però le particolari uti- lità di eflcllo in altra dimanda di privativa, ma per dieci atuii avanzata da don Natale Ferrara da Messina, e dal Governo rimessa con ministeriale dei 28 febbraio num. 1034 per una macchina atta a tirar la seta con metodi che vagamente si caratterizzavano per più nc- conci, e migliori de' conosciuti, venne risoluto che anzi di deliberarsi ultimamente, venga il chiedente per mezzo della nostra Società economica di Messina invitalo ad esporre in che consistano gli elTetti di questo promesso suo miglioramento, senza parlar del meccanismo, se sovr'tsso voglia conservare il secreto; ed a dichiarare altresì se qnesla sua macchina quella siesta sia che espo- sta venne nella solenne mostra delle siciliane industrie, da noi fatta il passalo ultimo maggio. Con altra ministeriale dei 26 dello slesso febbraio num. 2044 ne veniva trasmessa una supplica del signor Medherst maggiore delle truppe di S. M. Britannica, perchè gli fosse consentila la immessione in Sicilia di alcuni cavalli arabi nell'isola di Malta comperati; ed il Reale Istituto deliberò ftivorevole rapporto, pnrchè adempialo venga dal ricorrente quanto sia scritto nel real decJelo di giugno i833 circa il permesso da darsi agli stranieri, che, dimorando in Sicilia, voglion far uso de' lor cavalli di straniera razza. Antonino Naccari, avendo portato a compimento una macchina idraulica, chiese al Governo un qualunque j)romodale soccorso; e intorno a questo, con suo mini- steriul foglio de' 26 dello slesso febbraio num. 2039 12 SCIENZE ED ARTI avendo il Governo commesso al Reale Istituto di rife- r\ie; venne da noi deliberato che s'invitasse il Naccari alla esibizione della sua niacchitia, onde poter dire, os- servatone J'uso ed i vantaggi, se ineriti la implorata mercede, e farne indi rapporto. Con ministeriale de' 2 marzo num. 8007 facevasi poi noto, come avvertilo veniva dal nostro regio con- sole di Nuova Joik, tornar di miglior conto a' nostri siciliani legni il navigar diritto per Filadelfia, ove, oltre lo spaccio che troverebbero più facile delle mercalan- zie che vi recano, sarebber nel caso d'accettare a mi- gliori coudizioni una maggior copia di oggetti, e mollo vantaggio vi troverebbero nelle spese da doversi fare, come ha fatto rilevare nel viaggio colà del nostro bri- gantino il Palladio. E questa utile conoscerjza venne statuito si pubblicasse pe' nostri giornali, e si comu- nicasse alle Economiche Società. Altra notizia ugualmente utile ci perveniva dalla slessa lònte del Governo con riverita ministeriale dei 9 marzo, num. 3i4o, quella cioè che S. M. l'Impe- ratore di tutte le Russie abbia ordinato di rendersi li- bera per lo corso di quest'anno l'impoitazione de' ce- reali ne' soli porti del Mar Nero, del Danubio, e del Mare d'Azofl- e di ciò venne ordinata la stessa pub- blicazione. L'ultimo minisferial foglio era de' 12 marzo, e se- gnato dal num. 3igi, con che don Giovanni Surdi uà premio richiedeva al Governo per un odametro da lui novellamente costrutto, e dalla cui applicazione alla geodesia possono, secondo l'asserto, ritrarsi degli inte- ressanti vantaggi. E perocché questi conoscer bisogna, come pure lo stesso strumento, per potersi decidere se degna cosa sia che venga rimeritalo della implorata grazia, venne ordinato d'invitarsi il chiedente alla espo- sizione del suo trovalo, per indi eseguirsi eoo aperta ragione il commesso rapporto. Appresso ciò una supplica di maestro Mariano Russo MECCANICHE l3 veniva riferita al Reali; Istiluto, con che imploravasi che per via dello stesso venga rassegnato al (joverno, che l'esponente da più temj)o si è ingtgqato di appli- care la l'orza del vapore a' mulini, e per conseguenza questi suoi già riusciti sforzi fosser tenuti presenti dal Governo, dovendo decidere sulla privativa chiesta da Tommaso Anselmo, e Giuseppe Natale sullo stesso sog- getto. E questa supplica venne deliberato di rassegnarsi al Goverfio per l'uso che converrebbe. Tre rapporti vennero letti appresso di ciò, uno dal socio ordinario professor Sanfilippo sopra la dimanda di privativa fatta dal signor Duiand per la raffineria dello zolfo, implorando a nome della classe di civile eco- nomiu pel chiedente una privativa di anni io. Ed il Reale Istituto, attesa la somma utilità di questa indu- stria, veniva in sentenza di farsi rapporto secondo la proposta. L'altro era dello stesso socio, a nome d'un comitato apposi la mt.'n te eletto, per la redazione delle ragioni da convalidare la stabilita sentenza dell'Istituto, che si ab- 'bia ad appoggiale l'anterior suo rapporto, perchè da: S. M. venga tolto il doppio dazio nel i83i messo sopra i carboni estiri, che in questa parte del Regna s'immettono, e ciò favorevolmente ancora venne deli- berato. 11 terzo parere venne letto dal socio ordinario pro- fessor Puritano, ed era in nome del comitato apposita- mente eletto sul creduto carbon fossile, rimesso da Mes- sina, e trovato nel contado di Li mina; ed essendola natura di questo minerale, che la commissione disegnava sotto il proprio nome di torba, molto utile alla combustio- ne, si proponeva di farne saggio comparativo col vero carbon fossile inglese nella loro applicazione al moto de' legni a vapore; e tanto rassegnarsi al Governo venne suuzionato. Quiodi 1' adunanza fu sciolta. l4 SCIENZE ED ARTI Tornata ordinaria dei 27 marzo iS35. 'Aprì questa tornata la lettura che die il| socio Se- gretario generale dello elogio storico, letterario ed eco- nomico del socio ordinario già vicepresidente del Reale Istituto barone Saverio Scrofani, mancato teste a' viventi con grave duolo e perdita della patria, e sj>ecialiriente di questo nostro real consesso. Finita la (|ual necro- logica dicerìa, venne data lettura delle seguenti rive- rite ministeriali cioè: Una de' 5 marzo del corrente anno num. 3o2i, con che per riferire distintamente col parere ne si riuiel- teva una supjìlica de' tintori di questa città, che implo- rano dal Governo il divieto della immessione in questi domini della bambagia colorata. E questa petizione ven- ne, per essere esaminata, rimessa alla Classe civile. Altra in data di questo marzo, num. 34o2, incari- cava il Reale Istituto di emettere un suo parere sopra una domanda di privativa che ha fatto per anni dieci il signor Tliicbaud per la introduzione d'un telaio mec- canico per opera di cui nel tempo stesso si fabbricano più pezzi di nastri rasati con fiori di vari colori ve- lali, sopra molla, ed altre diverse specie all'uso di Fran- cia. Ed il Reale Istituto, ponendo mente alla certa u- tililà della bisogna, deliberò unanimemente di potersi fare rapporto, rassegnando di potersi accordare al chie- dente la implorata privativa, ma solo per anni cinque. Un'ultima de' 16 dello stesso mese num. 33<)8, ne rimetteva per riferire altresì col parere una richiesta di privativa per un decennio, latta dal nostro socio cor- rispondente signor marchese Nunziante per lo stabili- mento nei Reali Domini di puriiieherie di zolfo , senza molestare alcun liibbricanle di simile industria, che vuol d'altri metodi, che quello non sie.no, far liberamente uso. Etl il Reale Istituto rimesse ciò alla Classe civile. Uii ufllcio teneva dietro .alle anzidette comunicazioni, MECCANICHE l5 con cui la Soclolà nostra economica di Trapani cliiedeva iiolizie e (Ictlaglio d'una trivella mineralogica presso la Soprantendenza di ponti e strade di questa capitale esi- stente, onde poter rilevare se Tosse agevole di farne una sinii"liante, ovvero un esalto modello per uso della so- cietà istessa, ora clie la clemenza del Re gliene aveva, con altre grazie , accordato lo acquisto. Di ciò venne data conoscenza , perche; il Presidente pratichi quanto e d'uopo per la soddisfazione della inchiesta. Un secondo uflicio era della Società economica di Ca- tania, la quale rimetteva il chiesto suo avviso sopra il progetto dell'avvocato Gurrilti per la irrigazione della piluia di Catania colle acque del Simeto; a tenore di che quella era stata dal nostro Reale Istituto interpel- lala. Ciò venne risoluto di mandarsi allo analogo esi- stente comitato per diilinilivamente eseguire il suo la- voro. Da ciò venendo ai lavori del Reale Istituto, il nostro socio onorario signor Agostino Gallo lesse a nome del coujilato, ond'egli fé' parte, il rapporto a quello com- inrs>o per lo esame delle mostre di marmo cavate ia ^Messina e dal Governo rimesseci. E nella certezza ia cui era il comitato d'esser quelle di buono e pregiato marmo, dovevasi sapere se una ne formassero le due cave onde quelle mostre si dicon tratte. Approvava il Reale Istituto di rassegnarsi queste opinioni del comi- tato al Governo, perchè ordinasse che la cennata in- dagine venga eseguita, non che dal comitato relatore della Società economica di Messina, ma eziandio dal- l'architetto provinciale, come quello che a tale uso sembra più adatto. Apjìfesso occupava il posto il socio ordinario pro- fessor Sanlilippo, e leggeva per la Civil classe un rap- porto intorno la privativa chiesta da' signori Zublin e couipagni per la immessione in questa parte dei Reali Domini di una parti',olar tintoria del rosso di Adriano- poli; alla quale la Classe avvisava di aversi a eoa- l6 SCIENZE ED ARTI sentirla dimanda per anni cinque; ed il Reale Istituto, ciò assentendo, deliberava si pregasse S.A.R. che ve- nisse abbreviato il termine della legge per dicadcr dal privilegio. Da ullimo succedeva il socio nostro onorario signor cavaliere Cuinbo a leggere un rapporto d'un comitato, di cui il detto relatore fu membro, con che si avvisava assai ulil cosa esser di rendersi efficace l'articolo delle leggi che voglion punita la frode che si commette nello scambio degli oggetti d'industria , provocando dal Go- verno l'applicazione d'una tenue multa di grana dieci al minimo e di venti al massimo per ogni matassa di seta che troverebbesi nella compera adulterata con delle fi- lamenta di canape , inganno di che si son fortemente doluti i fabbricanti di sete di Catania, come di cosa che quel ramo importante di commercio e d'industria posi- tivamente danneggi. La qual proposizione del comitato, appresso lunga discussione, venne con maggioranza asso- luta di suffragi dal Reale Istituto approvata. Indi venne sciolto il consesso. Tornata ordinaria de io aprile i835. Poiché fu falla al Reale Istituto la lettura delle de- liberazioni delle due precedenti tornate, gli venne data contezza delle seguenti riverite ministeriali; una de' 3o del prossimo passato marzo num. 364 che ne incari- cava di dare il nostro parere sopra la dimanda di mae- stro Mariano Russo, perchè le sue ragioni valgano ad ottenere una privativa per la introduzione di mulini a vapore avversoall'altra anteriore richiesta da'signori Giu- seppe Natale e Tommaso Anselmo, fatta per l'islcsso oggetto. £ ciò venne deliberalo di trasmettersi alla Classe civile. Altra de* 6 aprile num. 6799 portava il beneplacito di S. E. il funzionante da Luogotenente Generale di S. M. alla compera della collezione completa delle leggi del regno, per la quale avevaiu noi fallo rapporto. MECCANfCHÉ l'J Altra ur;iialmcnte del 6 api ile num. 3^44 accludeva pel R. Istillilo due rapporti di entrambe le camere con- sultive di commercio che sopra la dimanda di priva- tiva che Ignazio Dnrazzo ftce per la fabbrica del sol- fitto di soda, soda artificiale, sale di soda, ed acido mu- riatico, e per cui avevam noi fatto favorevol rappor- to , quella di Messina emetteva un contrario giudi- ciò, questa di Palermo un parere remissivo al R. Isti- tuto d'Incoraggiamento, della cui competenza credeva la bisogna. I quali rapporti leggendo, inferiva il no- stro cofisesso non venir destrutte le ragioni che appog- giavano la implorata privativa, cioè che quanto i chi- mici fanno di presente possono liberamente continuare anche introdotte le fabbriche di soda artificiale; e che questa, e non la naturale, essendo un estesissimo ramo di traflìco nell'estero, può la Sicilia dell'una avvantag- giandosi quanto alla coltivazione, dall'altra trarre pro- fitto circa il commercio, e quindi ad unanimità di suf- fragi deliberò l'Istituto di restar fermo alla sua ante- riore favorevol j)roposta. Con altro ministerial foglio de' g aprile num. 3845 approvando il Governo il divisamento dell'Istituto di aversi a fare sperimento del minerale combustibile di Messina nella sua applicazione a' legni a vapore, allo stesso ne abbandonava lo incarico. A. tal uopo delibe- rava il R. Istituto di richiedersi l'Intendente del cen- nato valle perchè ad apprestarne la materia ne rimetta da venti a trenta quintali. Altro dello stesso y aprile num. 3849 domandava parere dell'Istituto, sopra una supplica di don Ignazio Ligolti che implorava una privativa per la invenzione d'un modo certo onde render permanenti ne' drappi i colori di che vengono impressi. E questa dimanda venne sommessa alla disamina della nostra Classe civile. Finalmente perchè i fabbricanti di polvere di questa capitale si opposero alla dimanda di privativa che il sig. Mangiamva per il suo modo di fabbricarla aveva fatta. l8 SCIENZE ED ARTI e per cui il nostro Istituto aveva dato favorevole av- viso, il Governo con sua ministeriale de' (j aprile num. 3832 ne ingiungeva che tenuta presente l'opposizione fossimo tornati a riferire sullo stesso soggetto. Ed avendo il Mangiaruva proposto un confronto de' metodi degli opponenti col suo, onde poter giudicare se veramente sieno identici, come quelli asseriscono, ovvero s'ingan- nino, accettato a maggioranza di voli dal R. Istituto il partilo, restò deliberato d'invitarsi i ricorrenti a pre- senlar descritti i metodi con che essi fabbricano la loro polvere colle analoghe macchine, e ciò fatto nominasse il Presidente un comitalo, il quale, ascollato il ALingia- ruva, giudicasse gli uni e l'altro co' falli; indi avanzasse al Reale Istituto il debito rapporto. , Appresso ciò due gentilissime lettere de' nostri due soci corrispondenti sig, marchese d'Andrea, e sig. conte don Ferdinando Lucchesi-Palli portavano i più distinti e garbati ringraziamenti da' due prelodati illustri jier- sonaggi latti al R. noslro Istituto per averli questo ac- colti nel suo seno colla sopra indicata qualità. , Due I-apporti da ultimo venivanci dalla Classe rura- le, l'uno letto dal noslro socio ordinario sig. Principe di Granatelli, che molto maestrevolmente confutava la pretenzione de' cultori delle Api di Vizzini di aver tor- nati per questa gli antichi privilegi di uso, che go- devano in antiquo, e sbanditi oramai perchè avversi alla libertà, sicurezza e coltivazione de' fondi altrui. Alla qual dicerìa del prelodato socio unilormandosi tutto il Reale Istituto, deliberò che la presidenza avesse a farne al Governo l'analogo rapporto. L'altro veniva letto dal direttore della sopra indicata classe barone Bivona, il quale proponeva a nome di /quella, che ritenute le ragioni, dalla Economica Società di Trapani rassegnate, sulla utilità che produrre debbe necessariamente il lungo allitto de' lati-fondi; ma che non potendosi questo proporre pe' beni comunali, ostan- do l'art. 196 degli statuii dell'aiuniinistrazioue civile, MECCANICHE ' fQ c virtnta per lo contrario non essendo la locazione ilei fondi cicali slabilitncnli de' corpi morali laicali, e della Reale Azienda, ma ridolla da soli regolamenti ammi- «islralivi o da uso a soli tre anni, jier questi propo- neva la classe l'ampliazione de' limili della colonia e dotali allitli, fino a prendere il carattere ed il nome d'en- liteiisi temporanea, E questa proposizione bene discussa dal Reale Istituto veniva da ultimo approvata, iu se- guilo di che sciolta fu l'adunanza. P erbai processo delt ordinaria tornata dei a 4 aprile i835. Dopoché venne letto il verbal processo dell'ultima se- duta, e dall'Istituto approvato, si procedette alla lellu- la di alquanti i"oj;li e ministeriali; e tra questi tenne il priuio luogo quello segnato addì 23 aprile col nuni. .4085, die acchiudendo una su])plica di Antonio de Fi- lippi, tendente ad ottenere una privativa di anni dieci j)er istabilire iu Sicilia una fabbrica di lastre, campane, ed altri lavori di cristallo,' e vendita di tali oggetti, inculcava al Reale Istituto di prontamente riferire ; e qui discussa con accuratezza la petizione, vennero i soci ad unanimi voli in sentenza di rassegnarsi al Governo, che, attesa la utilità, che questa introduzione all'isola nostra arrecherebbe, alla chiesta privativa prontamente si annuisse, ma per la fabbricazione soltanto, non mai per la vendita di quei lavori, aOinchè lo spaccio degli esteri cristalli impedito non fosse; e fu per le peculiari ragioni che si andaron riflettendo, che venne stabilito di propoisi di accorciare a sei mesi il termine, fissato di un anno dal reale decreto di maggio 1824, per de- cadere dalla privativa, quante volte ad eR'elto nott por- tasse in (juel periodo la promessa fabbrica. Indi seguì la partecipazione di un real rescritto, con cui il Ministro Segretario di Stato per gli allàri di Si- cilia iu Napoli comuuicavu, che S. M. si era deijnulu aO SCIENZE ED ARTI accordare al signor Amadio Scroth urla privativa di cinque anni pel metodo novello di bagnare col vapore i panni di lana di ogni maniera, a coadizione die non debba nuocere a' modi fin oggi in vigore; ne toglier l'uso dello slesso nella fabbrica dei panni privilegiata al signor Barbier. E questo fu risoluto, clie per mezzo del no- stro giornale si mandasse alla pubblica conoscenza. Sì tenne anco lettura di una supplica a nome dei proprietari dei moluii di Sicilia, die il Governo ci ac- chiudeva in una ministeriale del i3 aprile, colla quale si facevano eglino a chiedere, che ne ai signori Natale td Anselmo, ne a maestro Mariano Russo, la implorata privativa s'impartisse per introdurre dei molini a va- jjore; sulla considerazione, ch'essi molto danno do- vrebbero agli interessi loro accagionare. E l'Istituto fu di parere, che si rimettesse alla Glasse civile, pur te- nerla presente nel rapporto da far sull'obbietlo. Dopo ciò fu sentila leggere la dimanda del principe di Palagonia , che chiedeva il permesso, onde inti|0- durre sei giumente estere ad oggetto di renderne mir gliori le razze, e venne, a norma dei casi simili, sta- bilito che fosse fatto al Governo favorevol rapporto?. Con altro foglio ministeriale S. E. il Funzionante da Luogotenente generale, ci significava di stare iu at- tenzione delle già provocate sovrane provvidenze sa l'abolizione proposta dal Decurionato di questa capitale del doppio dazio su i carboni esteri. Dopo di che sorgeva il socio onorario signor Di Mar- tino a leggere un suo discorso addizionale alla risolu- zione presa nell'ultima tornata dell'Istituto sopra il rap- porto letto a nome del comitato dal socio cavaliere Cum- bo, che proponeva l'applicazione di una multa alla frode che si commette dello adulterare le matasse di seta; e l'Istituto, dopo una lunga discussione, fu di avviso da una mano d'implorar l'articolo della legge, per come venne proposto dal cav. Cumbo; e dall'altra di ripeter la presideflj;a nel suo rapporto le espressioni dell'alloa- MECCANICr|E Ir tananuMilo tlcile inquisizioni, e tlcgli abusi, che ne pro- niariauo, come cej)j)i al cninincrcio; e per quanto riguarda le insinuazioni dei migliori modi di formar le matasse, come [)arte della istruzione, di cui si fa parola nella mozione del sig. Di Martino, che il Reale Istituto at- tendesse alla formazione di un analogo regolamento, fa- cendosene ora cenno nel rapporto da umiliarsi al Governo. Da ultimo il direttore della civil Classe sig. Malvica si i'ecc a leggere due rapporti in discarico di due afliiri, alla sua classe j)er lo esame ailidati. L'uno era sugl'in- 1oj)pi al commercio del nostio Regno con quello di Tu- nisi, che si dicevano esistervi dal console residente in quelle africane regioni; e il sullodalo direttore mostra- va, che i suggeriti consigli di quel console per istabi- lirsi colà delle case cotnrnerciali, e presso noi un laz- zaretto sporco ad espurgar le cuoia, e le lane sudicie, ed a jìcrlezioiiare i prodotti della nostra industria ma- nifatturiera , risultano male avvisati, come colui, che ignora le circostanze particolari, nelle quali la Sicilia attualmente si vede, e l'Istituto, si unitòrmò perfetta- mente alle riflessioni, che il sudetto sig. Malvica egre- giamente esponeva. Verteva l'altro sulle privative chieste dal sig. don Ignazio Ligotti palermitano, e da France- sco Chiaravel francese; il primo di essi pel modo da lui trovato onde render pernjanenti uei drappi i colori, che vi s' inìprimotio; il secondo [)er estendersi alla Sicilia quella già ottenuta per 5 anni nei Reali Domini conti- nentali j)er una fabbrica di carte dipinte all'uso di Mar- siglia , o per metter qui dei depositi di tali carte. E il citato sig. direttore proj)oneva con ponderate ragioni pel Ligotti una jjrivativa di 5 anni, e pel Cliiaravel si avvisava, die gli si debbe concedere, se una fabbrica qui erigesse delle nouìinate carte; e che negargliela asso- lutamente converiebbe, se il Chiaravel non intendesse di stabilire in Sicilia la fabbricazione di dette, ma bensì dei depositi per lo spaccio di quelle, che in Napoli fa lavorare. £ l'islilulo approvando un tuie avviso, aggiunse 2 32 SCIENZE ED ARTI anche per questo caso raccorciamento di sei mesi al ler- inine voluto dalla legge. Da ultimo il segretario generale invitava il Reale Isti- tuto a determinare i temi per le dissertazioni da coro- narsi nella esposizione del venturo anno i83C; e sopra la di lui proposta determinossi una prossima straordi- naria tornata per questo solo oggetto. ludi venne sciolto il consesso. Tornata ordinaria de 5 giugno i835. Diede cominciamento a questa seduta la partecipa- zione fatta allo Istituto dal signor Presidente delle se- guenti riverite ministeriali, cioè una de' ay a[)rile num. 4240, che commetteva all'Istituto di rassegnare il suo parere sul progetto inoltrato dal colonnello Pellegrino, onde si stabilissero in Sicilia i procacci dell'egual modo, che in Napoli trovansi attivati, e dai quali sommo van- taggio trarre si potrebbe dal Governo, ed utile ne risul- terebbe alla popolazione pel più facile trasporto delle mercanzie, e dei generi di ogni sorla, sua guida era la tarifìà già stabilita pe' procacci di quella parte de' Reali Domini, e per evitarsi le spedizioni per via di mare, le quali tanto pericolose risultano nella invernale stagione; ed ove fosse tal progetto applaudito, si stabilisse tutto il necessario, cioè si formasse una direzione generale, si scegliessero i direttori, l'agente contabile, il contro- loro, i capi d'olìicine, si formassero le istruzioni, si stabilissero i locali per lo ricevimento, e distribuzioni dei generi, si proponesse la costruzione dei tra] ni, l'ac- quisto dei muli, dei selloni, dei fornimenti, corde, in- cerate e simili, augurandosi il Pellegrino d'essere ia questa istituzione tenuto presente; su quale progetto de- liberava l'Istituto si dovesse al Governo rassegnare esser suo parere, che utile riconosceva il progetto del colonnello Pellegrino, ma che nello stato presente del nostro paese, iu cui poche strade rotabili trovansi costrutte, che il MECCANICHE ' a5 Gomnierciò interno languisce, clic rare sono le comu- nicjixioiji, clic il trasporto delle nostre mercanzie, le quali coiibisleudo per la iiiagj:;ior parte in prodotti del no- stro SJiolo, e non mai in manifatUiie, e per consef^uenza cesellilo di gran peso o voluminose, verrebbe ad am- iiionlare al triplo ed al (|uadruplo di quello, clie si ])aj5a per la via di mare; clie per ris])etto alle rimesse dei fondi regi dalle comuni ai ca[)Ovalli e da questi alla capitale, scopo principale di idi procacci, questo servizio presso noi vien esattamente eseguito e con la iiiassiiiia sicurezza dalle compagnie d'armi distrettuali, e da quelle, aucora delle valli, talché per questa parte di servigio nulla si potrebbe con tali procacci miglio- rare, sia per lispetloalla sicurezza, che alla speditezza del Irasjjorlo e simili, non credere l'Istituto di doversi di j)reserile mandare ad ctrello il menzionato ])i'ogetto. per- chè sicura perdita airecherebbe al GoYeroo, trattandosi, di sofliire una significante spésa senza Verunulilej ma potersi eseguire allorquando diverse dalle presenti sa- ranno le circostanze della nostra Isola. Allra riverita ministeriale dei 3o aprile num. 2261 commetteva all'Istituto di riferire col parere sul rap- |)prto dell'Intendente di Caltanissetta, con che provocava le opportune provvidenze, onde evitarsi la frode, che commelfevasi da quei mugnai per mezzo di alcuni cer- clu j)o.->ti nella ruota di quei molini coll'apparente pre- testo di ritenere lo liiiine, ma che in sostanza servì-' vano a defraudare gli avventori, trattenendo tra la ruota ed il (Cerchio alquanta farina, e l'Istituto venne in sen- tenza si dovesse al Governo rassegnare, di aver Irovat'ÒL ineiameute di pertinenza delle attribuzioni dell'Inten- tendenle, a cui si appartiene, la ])olizia in fòrza degli statuti dell'amministrazione civile, e quindi, il prevenire ie frodi ove l'asserta usanza fosse da lui per frode ri- conosciuta. Altro riverito ministerial foglio dei 4 maggio num. 4/|iQ sollecitava risliluto di russejjuurc il suo j»areru 24 SCIfiNlE ED ARTI sulle istante dei tintori di questa capitale, i quali si son fatti a dimandare, che si accrescesse il d»/io dei cotoni esteri colorati, che s'immettono in questi Rtali Domini; e questa ministeriale per sollecitarsi il corri- spondente rapporto, venne rimessa alla ci vi! Classe, a cui l'esame di tale dimanda era stalo precedentemente commesso. Alla detta civil Classe fu per deliberazione del Reale Istituto partecipata la riverita ministeriale de' 7 mag- gio num. 4499 che trattava del progetto dell'Inten- dente di Trapani per farsi l'acquisto della trivella, onde tentarsi lo scavamento dei pozzi artesiani, per trovare qualche sorgente d'acqua a quella popolazione bisogne- vole, e ciò all'oggetto che la nostra civil Classe sul pro- getto riferisse. Altra riverita ministeriale de' 7 scorso mese num. 4532 venne letta, e con questa nel rendersi inteso il Go- verno del poco felice risultato, che aveva ottenuto nello scorso anno la fatta piantagione delle patate in tutte le sette valli, commetteva all'Istituto di formare più pre- cise istruzioni sulla cultura di questo solano, ed i mezzi proponesse, che possano far conseguire l'oggetto della prospera cultura di questa pianta presso noi, e questa superiore determinazione deliberava l'Istituto si rimet- tesse alla Classe rurale per eseguire quanto nella stessa si prescrivea, ed il suo rapporto all'Istituto ne presen- tasse, indicando tutto ciò, che analogo alla commessa ella reputasse. Altra de' 7 del suddetto mese num. 1764 parteci- pava all'Istituto la declaratoria sul rendiconto delTara- ministrazione dei fondi di questo Reale Istituto per la scorsa gestione a tutto l'aiuio i833, della quale venne in sentenza questo Reale Istituto, doversi lare la par- tecipazione ai componenti di quel consiglio di ammini- strazione, cioè al socio barone Turrisi ex-tesoriere, ed ai signori don Ferdinando Malvica , e don Giuseppe Cammiuneci ex-compoueoti lo stesso. MECCANICHE 35 Con altra riverita ministeriale dei 7 suddetto mese num. 44^' rimetteva il Governo airistituto [)er ras- segnargli il suo avviso un rapporto di II' Intendente di Girgenli, la suppiiea di don Carlo Dichiara, e don Tommaso Pinlacuda, i quali in)ploravano , che fosse loro permesso io biugia mento de' solfi con la macchi- na da esso loro costrutta, e con che si fondono senza esaluzione di gas acido solforoso, il che loro era stato vietato da quel funzionario pir motivo, che tale mac- chiira simile a quella del sig. Durand riputavasi: e que- sta dimanda, col citato rapporto, fu dall'Istituto delibe- rato si rimtttesse ad un comitato composto da' signori Soci marchese Gallidoro, cav. abate Francesco Ferrara, e prof, don Ignazio Sanfilippo per esaminarla e di- scuterla, ed il corrispondente rapporto del iàtto esame all'Istituto presentare. Altro riverito ministerial foglio de' 7 maggio ultimo num. 4524 partecipava all'Istituto le osservazioni fatte al Governo dal Direttore generale de' Dazi Indiretti in- torno all'cSLUzione della metà del dazio sulla immissione de' zuccheri grezzi chiesta dal signor Florio, come age- volazione alla fabbrica dello rallinamento dello zucchero grezzo, ch'egli intendea stabilire in questa capitale, os- servando, che reso egli, il Florio, delle stesse consape- vole, aveva promesso di regolare in questa parte tale sua dimanda; e nel resfare inteso di ciò, deliberava l'I- stituto si partecipasse al Direttore della civil classe, per tenerne ragione nel rapporto da presentare sulla dimanda di privativa avanzata dall'onorevole nostro socio signor maichese Nunziante per simile rafiineria di zucchero. Venne fatta quindi lettura della riverita ministeriale de* 4 "faggio suddetto num. 4421, con che il Governo commetteva a questo R. Istituto lo incarico di riferire sul rapporto dell'Intendente di Girgenti del 7 aprile scorso, trattante della dimanda del sig. Giorgio Wood, ond'essergli permesso di far ardere due calcare de' solfi est! atti dalla sua miniera di Cassclli in ogni mese, aa- 26 SCIENZE ED ABTI clic ne' Icmjà vietali; sulla quale dimanda venne in sentenza questo R- Istituto doversi liseoufrare il Go- \ejno esponendo, clie non credeva doversi tal permesso accordare, imperocché polrebb'essere ciò di esempio ad ahre simili dimande; che non si era sicuro, che ne fa- cesse brugiare una sola, tostochè ne avesse ottenuto il permesso, mentre una era come a due, due come a tre e simili; che la precauzion presa, onde la direzione del gas (Salante non potesse nuocere alle limitroft*. pianta- gioni non era sicura, mentre questa dipendeva dal vento, che soffiava, e questo ad ogni momento poteva variare, e finalmente peiehè ciò risulterebbe in manifesta oppo- sizione alle dis])osizioni emesse dal Governo dietio i molliplici ricorsi degli agricoltori, e de' proprietari dei fondi a tali miniere propinqui. Altra riverita ministeriale degli 1 1 maggio suddetto lì,° 2615 partecipava all'Istituto l'avviso, che il Governo avea ricevuto dal regio console residente in Torino sulle vaiiazioni colà fatte nella tariffa doganale, per le quali crasi accresciuto il dazio sugli aranci, e i limoni, che quivi s'introducevano, e poiché questa notizia poteva ia- teressare i nostri trafficanti, fu deliberato da questo R. Istituto, che tale annunzio si comunicasse alle Società economiche, e per renderlo di pubblica ragione, nel no- stro giornale s'inserisse. Per le ministeriali poi del dì it suddetto mese nnm. 4654, num. 4^56, e num. 4689 maniléstavasi la su- j)eriore a[)provazione de' soci onorari, e corrisjìondenfi nominati dalla Società economica di Trapani-, di quei stati proposti da quella di Girgenti ; e de' nuovi fun- zionari, e soci si ordinari, che onorari, e corrispon- denti stali proposti da quella di Callanisselta; e fu de- liberalo di làrsene la sollecita comunicazione alle rispet- tive società per la di loro intelligenza. Altra ministeriale de' i4 maggio num. 4^86 com- metteva all'istituto l'incarico di jiferire su la dimanda eli Antonino Bugeja da Favara, il f^uale esponendo al MECCANICHE 27 Governo d'aver rinvenulo, vicino al faro di IMessìna al- cune niinitre di piombo, e di ferro, e di altri minera- li, nel rassegnarne al Governo i campioni al num. di 7, imploravane un guiderdone; sulla quale commessa venne in sentenza l'Istituto di rimettersi tali campioni, e l'in- carico dell'esame ad un comitato eletto, composto dai soci sig. cav. abb. Ferrara, sig. cav. Cumbo, e sig. Grcoliinann per eseguirne la disamina, e presentarne al- ristitulo l'analogo rapporto. • Per altra venerata ministeriale de' i4 suddetto mese rum. 47'0 ordinava il Governo all'Istituto di riferire sulla djujanda di privativa chiesta dall'onorevole nostro socio wg. marchese Nunziante per le purifìcherie dei zuccheri, ch'egli intendea stabilire ne' Reali Domini; e l'esame di questa petizione, per deliberazion presa dal R. Istituto, fu commesso alla nostra civil Classe, con incarico di tenere presente quanto il Governo aveva ma- nifestato sulla precedente supplica, per tale raffinaraeDlo, dal sig. Flojio inoltrala. Venne siniilmenle fatta lettura della ministeriale dei i4 suddetto moggio num. 47^5 che manifestava all'I- stJlulo, sul dubbio da lui elevato, non essere bisogne- vole alcuna dimanda di congedo ai soci dell'Istituto, e delle Società economiche, allorquando per propri affari loro occorrerà di allontanarsene; ma tale obbligo appar- tenersi soltanto agli impiegati presso le stesse, e di que- sta disj)osizione venne in sentenza l'Istituto farsi la cor- risj)ondcnte comunicazione alle Società suddette. Con riverita ministeriale de' aS suddetto maggio num. 4920 commelleva il Governo all'Istituto l'incarico di rassegnargli il suo parere sulla dimanda di privativa di aiuji 10 inoltrata dal negoziante inglese sig. Gio. Gior- gio Skurra^ di Messina per l'introduzione in questi Reali Domini del processo per la distillazione, e purificazione del carbon iòssile tanto utile per le ferrerie, per la fu- sione de' minerali, e simili; e questo R. Istituto con- siderando, che rintroduzioiie di questo processo rcudeasi 28 SCTF.NZE ET) ARTT ilei tulio nuova in quest'isola; che mricè di esso po- toansi attirare non che le mitiiorc di (i'rro, ed altri mi- nerali che in diversi punti di questa nostra isola esislo- no, ma sibbene quelle de' fòssili combustibili già di- scoperti, V. che ci fanno sperare di potersi il nero car- Lon fòssile ritrovare; venne in sentenza il R. Islilulo di rassegnarsi al Governo il suo favorevole avviso, perchè al postulante sig. Skurray la privativa di dieci anni si concedesse, vista l'importanza, e l'utilità, che potrebbe dall'introduzione di tal processo al nostro paese risultare. Venne similmente partecipata a questo consesso 1j mi- nisteriale de' 20 dello slesso mese num. 4974 ^^^ 1^ quale commetteva il Governo all'Istituto di riferire sulla dimanda di don Corrado Marano da Catania, il quale analogamente a quanto. alla Società economica di quel Talle precedentemente avea esposto, chudeva la con- cessione di talune facilitazioni, onde poter ingrandire, e migliorare la di lui fabbrica di pelli, e cuoi in quella esi- stenle; e questa disamina per deliberazione di questo R. Istituto fu commessa alla nostra ci vii Classe per for» marne il conveniente rapporto. Con altra venerata ministeriale de' 28 del citato mese num. 49/5 partecipava il Governo all'Istituto, che per ris])ello alle dimande del fiìJjbricante sig. Alhreeht ten- denti al miglioramento de' suoi tessuti, ed al maggiore spaccio de' medesimi, e da questo R. Istillilo al Go- \errio con precedente rapporto rassegnate; era stalo da S. M. determinalo, di tenersene conto nel raj>porto, che il Ministero di stato, relativamente al cabotaggio tra quella, e questa parte de' Reali Domini, era stalo in- caricato di sottomettere alla M. S. Finalmente con ministeriale di suddetto giorno^ e mese num. 497^ ci rendea consapevoli il Governo, di liseon- tro al rapporto rassegnato da questo R. Istituto, riguar- dante il suddetto cabotaggio, che validissima opposizione avendo incontrata le rimostranze, che da questo conses- so, e principalmente da quelle che daS, A. R. il Luo* MECCAMCHE Sj^ gotenoritc Generale erano siate falte sullo stesso, aveva la M. S. ordinato di commettersi io esame delle stesse al giudizio di una commessione airogt;etto nominata, onde in seguito poter emettersi dalla M. S. quelle so- vrane determinazioni, che in proposito, dietro il rap- porto della medesima, avrebbe giudicate convenienti, sulle quali partecipazioni fu deliberato di conservarsi le stesse in archivio. Vmendo poi a' lavori di questo R. Istituto, il Pre- sidente Fece conoscere i reclami a lui prodotti da' si- gnori Zublin e Lenzi, i auali si dolevano d'essersi ras- segnati al Governo nel rapporto concernente la conces- sion della privativa da loro chiesta per la introduzione della tintoria del rosso di Adrianopoli, d'essersi stabi- lita in quintali i/jO all'anno la quantità, che si era ac- cordata potesse tingere il sig. Coglitore, nel mentre che p<'r quantità assai minore si era tra le parti convenu- to, e poiché non trovavasi presente iu questa seduta il Direttore della civil Classe, tal esame venne rimandalo alla prossima tornata. In seguilo di tale mozione il nostro socio professore don Ignazio Sanfilippo lesse il rapporto da lui, per in- carico del sig. Direttore della civil Classe, compilalo sulla dimanda rassegnata al Governo dal nostro socio sig. Marchese Nunziante, onde sostener la privativa per le purilicherie dello zollo , che intendeva stabilire ia questi Reali Domini, ed in esso si proponeva a questo consesso il pareie della sua Classe di rassegnarsi favo- revole avviso, di potersi accordare al mentovato signor Marchese la chiesta privativa per io anni, senza che la jnedesima potesse ledere i diritti del sig. Durand, che j1 primo, e da molto tempo ne aveva fatta la di- manda ; e questo R. Istituto, approvando tal parere, venne in sentenza si riscontrasse il Governo di potersi accordare al prelodato sig. Marchese la chiesta priva- tiva di dieci anni per le rallinerie de' soli), senza che la stessa potesse arrecare pregiudizio a dritti del sig. 30 SCIENZE ED ARTI Durane!, ed a tutti quei metodi diversi slati già irifrodotti, o che potrauno nell'avvenire introdursi, ed esser diflereuti. Proponeva in fine il Presidente si rassegnasse al Go- verno di far conoscere, se privativa ancora esistesse pei pacchetti a vajjore; imperocché non più frequenti, sic- come prima, sono gli arrivi di siffatti legni in questo porto, malgrado, che tre n'esistano di conto re.^io, e due particolari , e che ne anco esteri si sono più ve- duti, i quali nell'anno scorso vi approdavano; e poiché arreca ciò grande svantaggio al traffico, ed al commer- cio, avvegnaché minor numero di passaggieri, si trasfe- riscono ad osservare il nostro paese, ed ancora meno frequenti si rendono le nostre comunicazioni, l'Istituto, lodando la mozione, venne in deliberazione si avanzasse al Governo l'analogo rapporto, esjionendo in esso tulle le ragioni state dal nostro Presidente annunziate. Quindi venne sciolto il consesso. Tomaia ordinaria de q6 giugno i835. Prese le mosse questa seduta dalla fatta partecipazione della riverita ministeriale de' a5 maggio. Interno, carico a, num. 4899, con che prescriveva il Governo all'Isti- tuto di riscontro al suo precedente rapporto degli ii aprile num. 494 ^^'^ ^ provvedere sulle istanze de' ilib- bricanti di seterie in Catania, onde fossero impedite le frodi, che dai venditori di seta si commettono; presen- tasse sul proposito un progetto di regolamento; su del quale incarico venne in sentenza questo Reale Istituto si rimettesse al comitato già eletto, e composto degli onorevoli soci direttore della ci vii classe sig. don Fer- dinando Malvica, sig. cav. òoii Paolo Cumbo, sig. Ca- millo Camposlano.sig. don Salvatore Auteri, e sig. Ben- venuto Pavin, affinchè, riunendosi presso il Presidente, tale lavoro eseguisse. Altra rivelila ministeriale degli 8 giugno, Interno, 2 carico num. 5 190 rimetteva all'Istituto la supplica di MECCANICHE 3l don Antonino Lamia;, con che implorava la privativa per una niaccliiua da lui inventala, che i'a muovere coti molla rajìidilà. una barca senza bisogno di remi, e di vele, ricevendo la sua fòrza motrice dalla leggierissima sjiiiita di un lagazzo; e questa dimanda analogamente ai sujieriore incarico di esaujinarla, e riferire, per de- liberazione dell'Istituto fu rimessa ad un comitato com- ]>oslo dai nostri soci sig. marchese Gallidoro, sig. Ca- ruso, sig. Drecksler, perchè ascoltando pria il postu- lante sig. Laurice suiroggetlo, fotta la debita disamina, airislitulo con rapporto riferisse. Venne fatta lettura di altro riverito ministerial fo- glio degli li suddetto mese Interno, carico 2, nura. 52)6 che partecipava all'Istituto le istanze del nego- ziante hancese sig. Santi Louis, introduttore in Sicilia della fabbrica de' turaccioli all'uso di Francia e di Spa- gna, perchè efficacissimi provvedimenti fossero dati per l'esecuzione del Real Decreto de' 17 settembre 1829, che vieta l'estrazione de' sugheri grezzi, ovvero che fosse imposto un dazio di ony 4 ^ quintale sulla estrazione de' medesimi, ed all'lslilulo commetteva il Governo di rifèriie sull'esposto. E questi accademici, dietro breve discussione, vennero in sentenza doversi al Governo ras- segnare, ch'esistendo realmente la mentovata legge, que- sta si dovesse eseguire, tuttavolta che velatamente, o manifestamente adempiuta non fosse; e quindi, che ap- partenendo al Governo il richiamare in vigore le leggi esistenti, si pregasse S. E. il Ministro funzionante da Luogotenente Generale affinchè a quelle autorità, cui la csecuzion della stessa può riguardare , ne inculcasse lo esalto adempimento, richiamando la medesima al suo pieno vigore. Con altra venerata ministeriale de' 22 giugno suddetto Interno, carico 2, uum. 5498 manifestava il Governo aUlstiluto, che prima di provvedere sulla dimanda dei sig. Ignazio Durazzo procuratore del sig. Baldassare Gros per la chiesta privativa di uuu fabbrica di soilulo di B^ SCIENZE ED ARTI soda, soda artificiale, sale di soda, ed acido muriatico, desiderava conoscere, in continuazione del rassegnalo, i rapporti de' ^'j del passato aprile nura. 44^i se mai dai chimici, e dai farmacisti in alcun luogo di quest'isola praticavansi de' processi per ottenere le sopraddette so- stanze, in guisachè, ove si accordasse la chiesta priva- tiva senza alcuna limitazione, po?rel)be sentirne danno l'altrui industria ; ed all'oggetto le debite informazioni prendesse, e riferisse; per il che venne in deliberazione questo R. Istituto alla civil classe si rimettesse per pren- dere le debite informazioni, ed alle Società economiche ancora per riferire sull'oggetto, onde si potesse definiti- vamente dall'Istituto il Governo riscontrare. Poscia venne letta l'altra riverita minisleiiale de' t5 suddetto mese num. 53'j^ con la quale si partecipava dal Governo all'Istituto, the S. M. il re N. S. (D. G.) erasi degnato nel consiglio ordinario di stalo dei i8 alag- gio scorso, accordare ai signori Amato Tais, e Giuseppe Senis la privativa di cinque anni per la sola costruzione delle macchine da fonder zolfo, con l'espressa condizione di non valere quante volle si conosca essere il mecca- nismo, o il metodo delle medesime quello stessa delle altre macchine, per le quali era stata accordìi la priva- tiva, non dovendo recar pregiudizio alle privative pre- cedentemente accordate, ne dovendo im])edire i processi attualmente in uso, od altri diversi che potranno inven- tarsi; della quale sovrana risoluzione venne in sentenza l'Istituto di farsi la corrispondente partecipa zifeiie agl'in- teressati. Altra riverita ministeriale de' aS giugno num. 5577 commetteva all'Istituto di manifestare al Governo il su» parere sulla dimanda di privativa avanzala dal nostro socio don Rosario Caruso per l'introduzione di una mac- china addetta a raflinare lo zolfo nou per anco cono- sciula iu Sicilia, la quale dà al minerale la forma si di canne, the di fiore di zolfo, con somma economia di combustibile, e di mano d'operai e «questa dimanda Mr.rCANlCHE 33 por Oclil)craiionc dell' Istituto venne rimessa alla civil diisse per i^rtsetitaiiie l'unalogo rapporto. Altra dimaiitin di privativa per rallitiare ì solfi grez- zi, in pielre, ed i« slcrri coiitcrieva la jiverila iniuislc- riale de' -5 suddetto mese, nuin. 5538 stala al Governo inoltrala dal sig. Gaetano Gout, il quale esponendo l'in- finito risparmio di spese del suo processo, chiedeva, che l'osse lo stesso esaminato, e venne deliberalo dall'Istitu- to, di avvisare il postulante Gout a j)ortarsi dal Presi- dente per rispondere a quei quesiti, che la di lui di- manda riguardassero, onde poter egli riferire alla propria tornata; in seguito provvedersi sul riscontro da rasse- gnare al Governo su tale commessa. In seguito venne riprodotta l'istanza de' signori Zu- blin, e Lenzi per rispetto alla quantità del cotone tinto in rosso all'uso di Adrianopoli, che col rapporto inol- trato al Governo erasi fissala in quintali •joo quali nel corso di 5 anni della loro privativa, potesse tingere il sig. Coglitore, allegandosi da parte loro 'essere stata questa Jn molta minor quantità stabilita ; e poiché ia quella passata seduta non trovavasi presente il sig. Di- rettore della civil Classe; questi oggi faceva all'Istituto conoscere, che male si avvisano i mentovati Zublin e Lenxi, imperocché nella indicala quantità erasi conve- nuta quella , che tra esso loro e Coglitore venne sta- bilita, e poiché taluno de' soci presenti faceva conoscere essere quantità eccedente, ed altri sosteneva il contra- rio, fu determinato di chiamarsi dal nostro Presidente il mentOAato sig. Coglitore, ed il sig. Antico a portarsi da lui, onde cercare di poter combinare i rispettivi loro interessi, e quindi far conoscere all'Istituto il resnlta- niento di queste transazioni per prendersi la corrispon- dente deliberazione. Volendosi poi procedere dal Presidente all'esecuzione del prescritto all'art. 98 e seguente del capitolo 9 del nostro stalulo, concernenti le memorie da coionarsi per concorso, dietro aver fatta lettura di num. 28 temi per ♦3*4 SCIENZE ED ARTI ilqcennate /«ewone, invilo i soci presenti a ^scegliere quei, che, infra i predetti 28 programmi, mis^liori si reputassero, ed i a cfFelti vennero infra tutti scelti i temi segnali col nura. 3 4 5 10 1 1 i4 16 i8 22, e a4, e siccome tre fra questi si dovevano scegliere a coaso^ iianza dello statuto; fu deliberato di passarsi, alla cor- jispondeute votazione dai 17; soci presenti; per il icliò fare furon dal Presidente nominali per squittinatori i spcì ordinari sig. Direttore don Ferdinando Malvica ^ _^ sig. abate Ferrara, onde le raccolte schede leggesse- jTO, a norma dell'art, la del capitolo 3 de' nostri sta- tuii; e fatta (juesta votazione, risultarono a maggioranza di voti i numeri 11 con io voti, quello segnalo di num. 32 con IO voti, e l'ultimo portante il num. 24 eoa 11 .volii Ciò fatto venne sciolto il consesso. ' // Presidente PRINCIPE DI VILLAFUANCA. // Segretario Generale Em3ianuele Vaccaro. Rijlessioni sul commercio interno ed esterno del re- gno delle due Sicilie del conte Ferdinando Luc- chesi-Palli DI Campofranco socio corrispondente del Reale Istituto. "^'Appressò quanto mi è venuto fatto di rilevare dai verbali processi del Segretario generale del Reale Isti- tulo di essersi in quel consesso di soci nelle tornate or- dinarie del passato luglio ragionalo e discusso sulla quì- stione del libero cabottaggio nelle due parli del regno; ed in seguito degli articoli sullo stesso assunto ripor- tati da' num. 21 22 e 23 del giornale di commercio di JNapoli, sia anche a me Iccilo di emettere sopra uà MECCANICHE 35 COSI rilevante argomenlo ìa mia qualunque siesi opi- nione, ludi reiincrò lo sguardo sopra una inlcressante veduta dell'esterno rouiuiercio del regno. P.utctiddci dall'idea principale , tlie gl'interessi dei particolari siono nella costaisle opposizione, e che di tutte le classi le une tendono a soverchiare le altre (quando lo j)ossano), altro mezzo non si rinviene onde com|)orre tante volontà., tante pretensioni, tante e sì. contrarie tendenze e desideri che una libertà illimitata di com- mercio, come l'unica, che possa aliarsi all'interesse co- mune della massa de' /^ue popoli: ed illimitala così che aver non debba veruil^'^.'jceezione , sotto nessun prete- sto o titolo; se non si Vuglia incorreiHi la taccia di dar preferenza ad una prfrte dello stalo, contro il ben essere dell'altio, il che tbmeuta le male intelligenze, e le an- tipatie, tanto scouvenevoli a popoli dallo stesso scettro corretti. Il commercio interno è il centro d'intorno al quale i capitali di ciascun paese circolano continuamente: iu- liitti esaminale il numero e la eslensione delle sue ope- razioni, e ne conoscerete la celerilà, in ragion diretta della quale sono più i benefizi, e l'incoraggiamento al- l'industria nazionale maggiore; piij minorazioni si avran- no di rischi, maggior popolazione occupata favorirà le produzioni; per conseguenza moltiplicati i cambi col- ì'eslero. Giustamente dunque Adamo Smith, e tanti al- tri economisti lo preferiscono ai commercio esterno. 11 libero movimento delle derrate è simile al movimenlo delle acque, che si livella da se stesso. IMa noi non siamo lontani dall'epoca, ove i governi più illuminati tialtavano le parti del loro impero come forestiere le une dalle altre, fermandole con delle barriere insormon- tabili, respingendo e molestando la circolazione de' loro prodotti; ed al lato di questi ostacoli alla circolazione, si vedevano de' privilegiali particolari che facevano il mouopolio. Tutte queste cause di miserie sono sj)arilc 36 SCIENZE ED ARTI in molti slati di Europa, e non s'ignora più che il rcòmnieicio interno deve godere della più grande liber- tà, ed uguaglianza, togliendo qualunque preferenza, e vantaggio, sotto qual si sia denominazione essa fosse: ma oggi stesso che la esperienza ha confermato le savie teo- rie, non tutti gli stati di Europa ne profittano, e molti go- verni restano attaccati alle vecchie pratiche, che sepa- rano gl'interessi de' popoli, uniti nelle stesse combina- zioni sociali; temono essi che la j)rosperità dcU'una nuoca alla prosperità dell'altra; obbliando che il commercio eccita l'industria di entrambe^pe come se nello stesso impelo la ricchézza di una fisite, non portasse la ric- chezza progressiva dell'altra, fc come se la ricchezza ge- nerale non fosse la più forte, e la più sicura garentia del governo, e del ben essere de' particolari. L'opinione degli scrittori, l'autorità della esperienza, ed i principi della ragione sono fra essi perfettamente di accordo su la necessità, ed i vantaggi della libertà illimitata, e la perfetta eguaglianza del commercio in- terno: e ogni dimostrazione ulteriore su questo riguardo sarebbe soverchia. Non v'è che l'ignoratiza che possa rifiutare questa dottrina, ne ad uso si volge se non per gli effètti d(?lle antiche, o delle false prevenzioni e ve- dute politiche. Contro tali avversari, la ragione è im- potente, senza credito e senza considerazione: il tempo solo la farà trionfare. Da principi sin ora esposti si deduce chiaramente clie il commercio del cabotaggio fra il regno di Na- poli e quello di Sicilia debba essere interamente liberò senza il minimo dazio o impedimento, sopra nessun pro- dotto sia agricolo o iiianifàtturiero, sotto qualunque ti- tolo o denominazione esso potesse essere; sia col nome di dogana, o di dazio di consumo, vai (pianto dire che da qualunque porto de' due regni, in qualsivoglia punto de' medesimi giunga una derrata o mercanzia, dev'es- sere sottoposta agli stessi diritti ugualoieute, qualora MECCANICHE Sj n' esistessero', lo agire diretlaiueole è contro ogni prin- cipio e diviene odioso (i). Qui cade in acconcio di notare che altro ostacolo assai più grave esiste per il commercio de' due regni che formano la nostra monarchia, e questo ostacolo è tale che paralizza il commercio esterno de' due regni; io parlo del trattato con l'Inghilterra, la Francia, e la Spagna, il quale non solo annienta il nostro commer- cio, ma ofFende direttamente la nostra agricoltura, ed è causa che non fa progredire molte delle nostre ma- nifatture: darò una idea della storia di questo nostro trattato ctratlo dall'opera del sig. M. L. R. del re- gno delle due Sicilie intitolata: Saggio politico sulla popolazione e le pubbliche contribuzioni^ impressa ia Napoli nel ^834", ed indi farò le mie ulteriori riflessioni. M L'atto del parlamento brittannico del 1G60 chiuse j porti di quel regno a' bastimenti esteri, se non erano carichi di prodotti del proprio paese. Gli stati di Eu- ropa, specialmente quelli che avevano delle colonie, co- minciarono ad adottare i medesimi principi; sotto l'in- fluenza di questo nuovo sistema si conchiuse un trat- tato di commercio in Madrid, fra l'Inghilterra, e la Spagna il *23 maggio del 1667. Il confessore della re- gina reggente Maria Anna d'Austria monsignor Nidhard ne fu il negoziatore, ed il commissario, il quale man- cando delle cognizioni necessarie di politica, e di com- mercio, avvenne che oltre de' favori accordati alle mer- canzie inglesi, concesse il famoso privilegio della ban- (i) Questi essciiiJo i veri e saldi principi della economica scienza, faceva già voti il Reale Istituto, in uu suo rapjiorto del pa'ìsalo anno i8.i4, che tali foss.scro le circoslauzc commerciali dello dne parti del regno, quanto una assoluta libertà vi si possa in ciò stabilire. Ma alquanti f'ondamuiitali pri- vilegi e privative in quell'altra parte ile' Reali Doniiuì rendendo schiavi più generi importanti di siciliana in.Iustria , e niun dazio poi aggravando la immessione fra noi de' napolitani oggetti, però pregava lo stesso R. istituto noi sopra ccnnalo rapporto il Governo, perchè sino al tempo in cui la cguaglian/a nella libertà assoluta del cabotaggio (come è ora qui dall'autore fgregianìente espressa) si potrà stabilire, vengano assimigtiate , od almeno conÌ modilieato le laiiffe della reciproca immessione, quanto alle n.>sfre pro- duzioni si dtissc qualche speranza di sostener la concorrenza di quelle di Na- |)oli, e luigliornr cosi colla JjiamaUi gara ed cmiiJaiiouc le nostre indu- strie—iV. dell' h'. i 38 SCIENZE ED ARTI dien, cioè l'esenzioni delle visite a bordo de' basHracnli spagnuoli ne' porti inglesi, e de' legni inglesi ne' porti de' domini spagnuoli. La Spagna e la Francia nelle paci di Aquisgrana , di Nimegue e di Ryswich richiamarono per gli affiiri di navigazione e di commercio il trattalo de' Pirenei, in virtù del quale si era convenuto che i sudditi del re di Francia negli stali della corona di Spagna, e vi- ceversa, dovevano essere trattati come sudditi della na- zione la più favorita , sebbene la pace de' Pirenei in novembre del 1669 fosse conchiusa, ciò non ostante i Francesi reclamarono sempre a lor favore le coiiseguenze del trattato di Madrid del 1667. 11 regno delle due Sicilie faceva parte della corona di Spagna, gl'Inglesi e i Francesi pretesero perciò nei porli di questi domini l'esenzione delle visite a bordo de' loro legni. Passati i due regni sotto il dominio di Carlo III di Borbone; quel monarca si convinse che il privilegio, di bandiera, non avendo altra base che il trattato di Madrid del 1667, non dovea esercilaisi in questi suoi regni. Ciò posto con l'editto del lySG si dichiararono insussistenti i privilegi della bandiera e furono interamente aboliti. Nel decennio i Francesi reclamarono nel porto di Na- poli il privilegio della bandiera. Murat non vide nes- sun fondamento alla dimanda, ed il paviglione francese venne sottoposto al rigore delle visite doganali, malgrado l'impero di Napoleone, e non si ebbe riguardo neppure a' legni da guerra appartenenti alla marina francese. Una uguale pretenzione fu rinnovata poi dagli Inglesi dopo l'armistizio del 3 febbraio i8i4; ma fu ciò in- fruttuosamente. Nel ritorno della real corte in Napoli si mantenne l'eguale contegno; ma il commercio inglese cominciò a reclamare quel privilegio. Ebbero luogo delle trattative, e la prima convenzione fu stabilita nel 26 settembre del 18 16. In seguito se ne finalizzarono delle altre con la Fraocia e la Spagna, e tutte venaero pubblicate mercè MECCANtrilR 39 la legge (Ili' 3o marzo 18 lÒ, e con questa rimasero perpeluaiiiente aboliti i privilegi, e le esenzioni tanto delle persone che delle bandiere , ed in compenso fu accordala una diminuzione del 10 per 100 sullo ani- luontarc delle imposizioni pagabili per le mercanzie e pro- dotti del regno unito della Gran Brettagna, dell'Irlan- da, della Francia, della Spagna, e delle rispettive co- lonie, possessioni, e dipendenze che s'immettono nel regno delle due Sicilie, w Da quanto si è istoricamente esposto, si conosce, clic il beuelìcio del 10 per 100 accordato alle tre nazioni è in coujpenso 0 sostituzione del privilegio di bandie- ra. Ora posto che verun diritto a tal privilegio noti v'era, come col non accordarlo si confessa, non [)uò tam- poco esistere diminuzione de' dritti Jogatiali. Inoltre proverò per principi di dritto pubblico, che una na- zione non è obbligata a mantenere trattati di già fatti allora quando essi sono in opposizione ai suoi veri in- teressi, e sono causa di sua rovina. Dippiù non possono esistere quei privilegi, dappoi- ché il trattato di Madrid del 1667, e quello de' Pi- renei con la Francia del iCSq parlano della Monar- chia Spagnuola, ed ora noi non facendo più parie della slessa, né potendola più fare per fondamenta! legge, quindi non possiamo essere obbligati a' trattati fatti da' Monarchi della Spagna con tale carailerc. Di falli noi non abbiamo allatto goduto de' vantaggi di tulli i trattati di commercio che avea la Spagna, perchè se- parati e formanti un regno a parte ed indipendente. Se la Monarchia Spagnuola avesse aumentato i suoi domini, naturalmente l'Inghilterra e la Francia avreb- bero voluto estendere il loro trattato su' medesimi, e con ragione perchè parte della Monarchia: nello slesso modo essendo noi cessati dall' esser parte della Spagna non dobbiamo esser tenuti a' suoi trattati. In ellèllo le colonie americane sono state forse obbligate a ri- S|jcllarc i trattati della loro madre patria allorquando 40 SCIENZE ED AUTI si sono separate? Cettaraente che no. Gli stessi Inglesi e Francesi hanno fatto de' trattati di commercio coti esse senza avere avuto riguardo a que' tra'itati che la Monarchia, quando ad esse era unita, aveva fitto an- tecedentemente. E le colonie medesime poi hanno avuto per base la perfetta uguaglianza di dritti delle nazioni contraenti. Il Bilgio che oggi viene di separarsi dal- l'Olanda è obbligato forse a' trattati fatti nell'epoca della unione? No: di fatti nuovi trattati formano il dritto pubblico di quella contrada, ed all'oggetto potn^i citare mille esempì, se l'amor della brevità me lo con- sigliasse, Carlo Ili (di F. M.) assai saggiamente quindi con il suo editto del 1^56 dichiarò insussistenti i pri- vilegi della bandiera, e rimasero perciò aboliti. Murat fece lo stesso a fronte di Napoleone; dunque resta sta- bilito che i privilegi accordati dal gabinetto di Ma- drid non erano obbligatori per noi dall'epoca della Mo- narchia separata. Altronde, i privilegi concessi col trat- trato di Madrid avevano per principio una reciprocanza, poiché i legni inglesi non erano visitali ne' porti della Monarchia Spagnuola come i legni che appartenevano ai sudditi componenti la Monarchia di Spagna, non erano visitati ne' porti della Gran Brettagna e sue di- pendenze. Ora gli abitanti del Regno delle due Sici- lie non godendo privilegio ne' porti brittanici , per- chè non parte della Monarchia di Spagna, con quale dritto gl'Inglesi potevano pretenderlo ne' nostri porli? L'obbligo era reciproco, e mancando una delle due parti contraenti, l'altra non vi polea essere obbligata. La stessa base del contralto ch'era la reciprocanza fa- ceva sì che non vi esisteva privilegio. Il trattato poi de' Pirenei con la Francia portava che i sudditi del Re di Francia negli stati della corona di Spagna, e viceversa, dovevano esser trattali come sudditi della nazione la più favorita; ne sembrami necessario repli- care le stesse cose per l'Inghilterra. Ora per altro non godendo noi nella Francia i dritti delle nazioni favo- rite, non possono i Francesi pretendere privilegi da noi. MECCANICHE 4 * In quanto alla Spagna nessun trattato gli accorciava si- mile privilegio, e non si sa con qual Lase si fosse am- messo un ribasso del io per loo su dritti doganali sur- rogalo ad un efimero privilegio non esistente. Provato adunque che a fronte della Monarchia del Regno delle due Sicilie non vi è l'obbligazione di mantenere il trat- tato di Madrid e de' Pirenei, ne segue che niun dritto havvi a reclamare gli obblighi inerenti a' trattati in quistioue, e ciò vien dimostrato dal manifesto del 1^56 e dalla tacita adesione delle potenze. La convenzione de* 26 settembre 1816 con l'Inghil- terra, e quella fatta in seguito con la Francia e la Spa- gna a' 3o marzo ii?i8 mancano di base. Ma si potrà dire i trattati sono sagri fra le nazioni, per cui le tre potenze, ad onta che prima non vantassero un dritto reale, di poi l'hanno acquistato in virtù della conven- zione del i8i8. Ciò non ostante sarà mia cura pro- vare, in forza de' più saldi principi di dritto pubblico, che allorquando una convenzione riesce perniciosa al Leu essere di una nazione si può amichevolmente an- nullare; ed inoltre che vero interesse delle nazioni con- traenti sia di non far caso della convenzione in quislioiic. E, come si disse, stabilito per principio di dritto pubblico, che allorquando una nazione si trova lesa Ile' suoi interessi, l'è permesso per via di amichevoli trattative liordinare e riformare gli articoli, che sono stati stipulali di comune consentimento. Il pubblicista Builamachi, dice » una nazione non deve solamente limitarsi alla conservazione degli altri siali, ma deve anche contribuire alla loro pertiezione per quanto è pos- sibile, quando i medesimi hanno bisogno di soccorso. Uno slato è più o meno perfetto secontlo che è atto ad ottenere il fine della società civile, cioè a procurare a' nazionali tutto ciò che loro manca per i propri bi- sogni, piaceri della vita, ed in somma per la loro fe- licità. Da questo facilmente si deduce che ogni nazione deve contribuire non solo a far godere ad un'altra de' propri vantaggi, ma renderla bea anche capace di 4^ SCIENZE ED ARTI procacciarseli da per se medesima». Con queste teorie cresce maf^giormenle a mio parere rargomoiilo allor- quando vogliasi provare che la preferenza rovinasse o danneggiasse gì' interessi della nazione amica. Piìi ac- concio e chiaro è ciò che sostiene il classico pubbli- cista Watlel: che non basta in vece una semplice le- sione o qualche discapito in un Iralfato a renderlo in- valido: ma al contrario, se gl'inconvenienti che si spe- rimentano menano a mina una nazione, il trattato per-' nicioso allo stato è nullo, e non obbligatorio. Le na- zioni non essendo meno obbligate de' particolari a ri- spettare i contratti, debbono sempre osservare l'ugua- glianza de* trattati; qualora per la circostanza de' tempi questa non fosse conservata, l'equità ci conduce a pre- sumere, che possa convenirsi alla riforma del trattato, e mettersi in eguaglianza. Se partiamo dal principio che debbo supporsi, quello cioè, che ogni Sovrano pro- curi il bene, ed il vantaggio del suo stato, non pos- siamo supporre quindi ch'egli abbia prestato il suo consenso per sottoporre il popolo ad una continua ed onerosa obbligazione. La più parte de' pubblicisti an- novera i trattati di commercio nel numero delle ma- terie favorevoli^ che vanno accettati cioè quando sono vantaggiosi a' contraenti, ed uniformi alle leggi natu- li. Ora se giusto quanto si è detto, è diritto che ogni nazione debba schivare con premura lutto ciò che pro- duce il suo danno; quindi noi abbiamo un uj^ual drit- to a poter pretendere lo scioglimento di un trattato che reca immenso danno al nostro commercio; tanto più che questo trattato manca del dato tempo, nel quale aver debba vigore: perocché esso contro l'usato non stabilisce epoca di durata: né è certamente giusto, che si debba imj)orre una condizione onerosa ad una na- zione per un tempo indclioifo. Sembra dunque che per lo mezzo di trattative si debba poter togliere un osta- colo così dannoso al nostro commeicio; infatti come è mai presumibile che legno di altra nazione, che non MECCANICHE 4^ gode il privilegio, venf;a ne' «ostri porti con rnerCcTnzie, mentre esso è soggetto ad un io per loo di più sul valore del carico imponibile? E come il commercio non e che un cambio, succede che la nazione, che non ])uò fornire nessun articolo per efìetlo del privilegio, non prende niente da noi; e chiara pruova della mia assertiva e lo stato de' nostri decerti porti. La massa del nostro commercio di estrazione è composta in mas- sima parte di generi agricoli per li quali siamo in con- correnza con molte altre contrade: cioè per le grana- glie col mar-Nero, l'Egitto, il resto dell'Italia, la Prus- sia, la Polonia, il Nord America ed altri; per li vini spiriti, ed acquaviti colla Francia, la Spagna, il Por- togallo, altre province d'Italia. Per gli olii coli' Asia minore, la Grecia, l'Isole Ioniche, la Spagna, il Por- togallo, le Marche, per quelli di migliori qualità col Gcnovesalo, la Toscana, e la Francia. Per le lane gran parte della Germania, la Spagna, la costa d'Africa, la Francia, l'Inghilterra, parte dell'Italia concoiiono superiormente; il Portogallo, la Grecia, le Fiandre jierfezionano di giorno in gioiiio le loro greggi. Per le sete l'Italia vi supera, per la quantità, e la qualità, il Bengal, la China, l'Asia minore, la Spagna e le Indie. Per gli altri generi agricoli secondari abbiamo sem- pre la concorrenza della Spagna, del Portogallo, del Mezzo giorno della Francia, della Grecia, l'Asia mino- re, l'Egitto e tutta la costa d'Africa. Pe'pesci salati, per quella sorta di cui facciamo un me» 'diocre smercio, siamo sempre in concorrenza eoo la Spagna, il Portogallo, la Dalmazia, la Grecia, e la Sardegna. Da ciò si vede a chiare note che noi dovremmo pro- curarci per quanto è possibile scujpre nuovi mercati per i generi sopra descritti, che sono i principali non che per gli articoli secondari. Il trattato de' 3o marzo 18 18, accordando un beneficio sì considerevole alle tre 44 SCTCNZE ED ARTI nazioni , resfringe sempre più le nostre relazioni con< le allre nazioni; perchè non potendo esse vendere a noi i loro prodotti per lo effètto del io per loo dippiù, che paga la loro bandiera, ne viene per ragione che non comprano i nostri prodotti, o devono fare il com- mercio ])er mezzo di una delle tre nazioni favorite, ecco un incaglio positivo a' cambi che si potrebbero fare. Infatti visitate i nostri porti e non troverete legni di allre nazioni, e da' registri doganali si vedrà quanti pochi legni della nostra real bandiera fanno spedizioni a' porti che non appartengono alle tre nazioni, eccet- tuati Livorno, e Genova, perchè porti franchi. Ecco la ragione della decadenza del nostro commercio , e per conseguenza della nostra agricoltura; quindi il decadi- mento del valore delle nostre proprietà; infatti dal 1818 in qua, chi non si accorge come le nostre proprietà sono dimezzate, come il nostro commercio è menoma- to? Né la nostra marina può avere gran sviluppo nel- l'alto che tutte le nazioni, per efft'lto di un principio di rap])rcsaglia, hanno aumentato a' nostri legni il drillo di tonnellaggio, di ancoraggio, e molti anche dritti do- ganali, dimodoché i nostri legni in tutto il continente americano pagano 125 soldi di dritti a tonnellata, men- tre gl'Inglesi, i Francesi, i Svedesi, gli Olandesi, i Danesi, i Romani e Sardi pagano 4 soldi, nel Nord America, ed in alcune contrade del Sud di quel continente, i no- stri vini, ed i nostri spirili pagano maggiori dritti dei Portoghesi e Francesi: ne' porti austriaci i nostri legni sono assoggettati a maggiori dazi degl'Inglesi, Francesi, Sardi, Romani, Olandesi ec, e in Olanda succede lo stes- so, ma ciò che deve fare maggior sensazione è che in Inghilterra, Francia, ed in Ispagna, i nostri legni pa- gano maggiori drilli di quelli che hanno un Iraltalo detto di rtciprocanza , oggi adottato da qiuisi tutte le nazioni. In questo stalo di cose, quale sviluppo può avere una marina, la quale, dovunque va, deve pagare dippiù? Quindi succede che per far viaggi deve contentarsi di WEtrGANICHBT 4^ noleggio più mite, gli equipaggi devono essere mal pa- gati, i bastimenti mal forniti. Gl'incoraggiaincnli clie la marina ha ricevuti da varie leggi dal 1823 in qua avrebbero dato un grandissimo sviluppo alla stessa, se non avesse trovati tanti ostacoli ne' porti esteri, per lo eflt'lfo del dritto di rappresaglia, che le altre nazioni liaimo usato verso di noi., come sopra feci osservare. Finalmente mi resta a provare come gli effetti di questo trattato del 1818, quantunque siano per noi per- niciosi , non sono vantaggiosi alle tre nazioni, e sono in opposizione a' principi da loro proclamali. Il pene- trante, e celebre Canning fu il primo, ch'elevando la sua voce nella legislatura inglese, proclamò primo che la perfetta uguaglianza e reciprocanza ne' drilli doga- nali, e di tonnellaggio, favoriva il commercio delle due nazioni contraenti; quindi l'Ingliillerra la ofliiva a tutte le nazioni, locchè fu abbracciato tosto da varie tra esse. Il gabinetto di Wasinglon proclamò lo slesso princi- pio, e tutt'i governi novellamente eretti nel continente di America lo hanno stabilito, di maniera che questo sistema oggi è in vigore in Anierica, in Inghilterra, Francia, Olanda, Belgico, Austria, Prussia, Svezia, Da- nimarca, Toscana, ed anche nello Stato Pontificio. Bi- sogna però avvertire, a scanso di equivoci, che per re- ciprocanza, ed eguaglianza di dritti non s'intende, che Je tariffe doganali debbono essere eguali, ma ben vero, che la mercanzia, sotto qualunque bandiera vien nel porlo, sia obbligata pagare senza alcun privilegio il dazio a norma della tarifià, come paga il legno nazionale: lo stesso per i dritti di tonnellaggio. Or chi non conosce che avendo noi un trattato per il quale siamo obbli- gati di dare una diminuzione di un io per 100 alle lie nazioni siamo fuori del sistema abbracciato da quasi tutte le nazioni commercianti? Qu^iidi anche la nostra marina ne deve soffrire, perchè i nostri bastimenti ne- gli altri porti, come sopra dissi, sono obbligali a più pesi. Il secondo principio di Cauoing è «quello che ri- 46 SCIENZE ED ARTI bassando la tariffa doganale, il prodotto della dogana aumenta. Si aprano i registri delle dogane inglesi e si vedrà, che il prodotto su* vini è duplicalo dachè il da- zio è minorato. Che negli Slati Uniti dachè si è mo- dificala la tariffa le dogane hanno triplicato gl'introiti delle finanze. 11 contrabbando cessa quando i dazi sono miti a beneficio delle finanze, e la nazione si demora- lizza di meno. In Inghilterra appena fu ammessa l'in- troduzione di stoffa, di sete estere, le sue fabbriche di sete si sono perfezionate, mentre durante la proibizione non si potevano mai migliorare; ed era per lo effetto della sicurezza, in cui vivevano i fabbricanti inglesi, di non avere la concorrenza degli esteri. Sembrami dun- que di avere esposto chiaramente che i principi dell'In- ghilterra, non che di molte altre nazioni, essendo la re- ciprocanza perfetta, sono in opposizione co' nostri trat- tali; quindi offrendo noi la reciprocanza non sarebbe difficile per via di alcune trattative annullare una con- venzione rovinosa per noi. Molto piìi che godendo que- sto privilegio le due nazioni più manifatturiere hanno fra esse una concorrenza che poco loro fa profittare del beneficio. Più, il paviglione spagnuolo ed il nazionale godono lo stesso beneficio, dunque poco può essere da parte loro il guadagno, somma da nostra parte la per- dila, perchè ci toglie il commercio con tutte le altre nazioni, e ci frappone una barriera con il sistema com- merciale abbraccialo quasi generalmente. Quindi bisogna far voti aflinchè il nostro clementis- simó Sovrano, nell'atto che proclama la libertà e l'ugua- glianza de' due regni , ne agguagli i dritti cosi nella immessione che estrazione interna da una parte, e dal- l'altra con la sua saggezza non lasci in vigore lo an- zidetto trattato con le tre nazioni, il quale ruina la no- stra agricoltura ed il nostro commercio. Ferdinando Lucchesi. MECCANICHE 4? Jiclazione topografica agraria economica del territo- rio (li Piana rimessa al R. Istituto da quella Coni- mes siane comunale. Il territorio della Piana è coniposfo di salme sette- conto circa della misura meirica , parie rampanti ste- rili, altre rampanti coitivi; e tutte le scoscese, ed i piani (come quelli, in cai la terra, trasportata dalle acque, risiede) lavorieri, q di mediocre qualità, costituiscono lo stalo di due ex-feudi Merco, e Dain-Digli, ai primi emigrali Greci Epiroti, dall'arcivescovo di Monreale, al- lora cardinale monsignor don Giovanni Borgia, concessi nel 1487. Questi due ex-feudi, che il nostro territorio compon- gono, dai nostri maggiori furono ripartili in num. sette contrade, alle quali imposero una denominazione greca analoga al suolo. Chiamaiono la prima Pizzuta la seconda Casalolto la terza Xerevulli la quarta Aigomisi la quinta Lasi Ja sesta Dingoli la settima Piano di s. Caterina e Pecora jo. Delle quali contrade la Commessione di seguilo rap- porta un breve saggio geologico. Ed in vero è desiderabile, che i nostri coloni, cono- scendo la natura del suolo, fossero più solleciti a van- taggiarne le produzioni. Le prime due contrade Pizzuta, e Casalotto, perchè contigue, sono composte dallo scoscendimento delle ter- re, derivate dalla montagna di tal nome. La natura di questi terreni costa di un composto di terra calcare, aluminosa, silicea; e perchè queste due contrade scendono al basso, la qualità del suolo, va 48 Scienze ed arti cambiando aspetto: mentrecchè, se nelle falde del monte predomina la terra calcare, questa cede alla terra sili- cea, ed indi nelle parti più basse diviene la superficie un composto di terra aluniinosa, silicea, calcare in certi putiti, ed in altri aluminosa, calcare, silicea, perchè in tale sito abbonda l'argilla di varianti colori tendenti al rosso , ed al giallo (esponendo prima la qualità della terra, che predomina nel suolo, a tenore del sistema dagli agricoltori abbracciato). La Pizzuta è soggetta ad un clima molto freddo, e rigido, per ritrovarsi in un sito il più eminente delle altre contrade di questo territorio, come quella, eh' è la prima a vestirsi di neve, e l'ultima a spogliarsi, scelta pertanto qual sito adatto per le nevere. La sua espo- sizione è volta all'Oriente, ma per la sua altezza i raggi solari poco la riscaldano, e ne' calori estivi nelle ore pomeridiane, per le ombre che scendono, gli abitanti ritrovano un sito assai comodo e ristorante. Gli anti- chi coprirono a vigneti queste falde della Pizzuta; ma per la pessima qualità dell'uva, che restava immatura, a giorni nostri non se ne ritrovano più. Vedonsi però surrogati degli alberi fruttiferi, che facilmente alligna- no, e fruttificano. I castagni, i fichi, i ciriegi ; come pure il pero, e il ucce producono squisite frutta. L'u- livo solamente, il quale, sebbene alligna, però non ce ne dà frutto, per la ragione che nella fioritura il freddo offende i delicati organi della fecondazione, e fa succe- dere l'aborto. Le terre vacue mollo si confànno alla se- mina de' cereali producendo ubertose ricoUe, Alcuni pos- sidenti di uliveti l'hanno svelto, e trapiantato in altre contrade, che sono esposte al mezzo giorno, e riparate dai venti boreali; essendosi ben conosciuto, che le Urve sono adatte al seminerio de' cereali, con l'avvicenda- mento de' legumi. Negli anni di riposo le praterie na- turali danno al bestiame un pascolo salubre, e pingue. La contrada Casalolto ritrovasi collaterale in un silo più basso. Le sue terre di sostanza uguali, sono SQlto> MECCANICHE 49 poste nd un clima meno rigido, ed assicurano una fer- tilità costante neiravvicendamcnto della ruota agraria. Li semincrì di queste due contrade Pizzuta, e Casalotto, godono il particolare vantaggio essere esenti di nebbie Ile' mesi e&tivi. È cosa n)olto nota quanto le nebbie ne' mesi di giu- gno, e luglio siano dannoso, come tempo in cui la spica va a granire; giacche; questa meteora altro non è, che iin auimasso di molecole acquee, S|)arse per l'aria, che investe la spica, ed il gambo; e mentre «juesl'umido risiede nelle biade, il passaggio dal freddo al caldo, aU l'apj);irir del sole, le apporta il gran danno, che alte- rando l'economia vegetabile, fa succedere l'aborto nella fioritura. Le contrade Xerevulli, Dingoli, e Lasi, si sieguono una appresso l'altra nelle loro alture, per via di una catena di monti di duro carbonato calcare, o di colline, molte delle quali sono prive di rupi, e formano la mag- gior estensione di queste contrade. La prima trae la sua denominazione dalla montagna clic la sovrasta, delta Xerevuni (correttamente Xerevulli) vocabolo greco, quanto a dire montagna arida, perchè tale è il suo aspetto, e si conosce da' Siciliani con la denominazione di Montagna di Carpinito. La seconda ha ritenuto l'antica denominazione Dain- Dingli, oggi accorciatamente Dingoli. La terza è sta- ta delta Lasi, per la faccia del suolo ispido, e den- so, e per le moltiplici colline che la compongono. La natura del suolo di queste contrade varia continuamen- te: le loro alture, possono dirsi un ammasso di dure pietre calcari. Le colline sono selciose, a strati frappo- sta l'argilla. Le parti basse un composto di tenace ar- gilla; mentre in altre, un suolo di brecciame siliceo frap- jiosto di terra quarzosa-argillacea con de' piriti di ferro. Questo suolo, sebbene non è adattabile in modo al- cuno ai scminerì, è ottimo per gli oliveti, ritrovandosi ia confacentc esposizione. Produce alberi poderosi , e 5o SCIENZE ED ARTI
  • sa base del fiore tiovansi uniti gli organi della fecondazione. La raccolta di quesfo prezioso genere dura lutto il mese di oltobre, per quanlo dura la fioritura: al terminare di qursto periodo, nella parie dei bulbo, nel coricino spuntano le piccole radicelte; mentre nella parte su- pcriore del bulbo s'alzano le foglie, o per dir meglio, e più adatta tamente, la chioma del croco. Che l'atmos- fera, ed il suolo di questo territorio proteggono la vc- gt lazione di questa pianta, io dimostra la grandezza del fiore, la lunghezza de' pistilli, la larghezza dello stemma, e la grossezza del bulbo di colore lucido au- rato nelle sue spoglie. La lunghezza della chioma, che s'innalza al di là di palmi tre, ed il colore verde scuro dell' istessa, anche ci assicura di non essere sog^ella ad alcutia malattia di quelle, che sogliono turbare l'eco- nomia delle piante. Il sorcio è l'unico nemico, che l'infèsta: questi spesso perforando il suolo corrode i bulbi, de' quali n'è veramente avido; ma a scanso di ciò, si sono inventate delle traj)pole. Finalmente il prodotto di questa pianta ci son)mi- nislra un eccellente aroma, ed un colore più vivodti- r estero. S^ SCIENZE ED AUTI Si c scoperto in ottobre scorso, clic i Lulbi anche vcg«ilano, e fioriscono, senza l'ajuto della terra e del- l'acqua; ma solamente con l'aria ristretta in una -stanza, ove chiusi si ritrovavano a caso. Questo avvcnimentp è utile a riferirsi. Rimasti quattro bulbi sopra un ta- volino, ai dieci di ottobre, l'aria fattasi più grave, un bulbo con somma sorpresa si vide fiorire , e gli altri in piena vegetazióne, da' quali, anche posteriormente, spuntarono degli altri fiori così vegeti e belli, come se fossero nutriti dalla terra e dall'acqua , e provve- duti degli organi sessuali della fecondazione, come quelli posti giù, e coltivati. Or, fatta matura considerazione, da questo fatto si ricava, che nelle radici bulbose si nota una vegeta- zione particolare, ed una circolazione di umori, tutta sua propria, mentre che non si osserva nelle altre. Un tempo si credeva, che la terra passasse in nu- trimento nelle piante, e che ne consumassero una quan- tità corrispondente al loro volume, ma poi, dopo le scoperte del salice di Bayle, si conchiuse, non essere la terra che un appoggio ed un mezzo di nutrimento, mediante il veicolo dell'acqua assorbita col mezzo del calorico, l'elTetlo del quale mette in moto la vegeta- lione, e che niente della terra rimanesse nelle piante. A giorni nostri si è conosciuto, che una piccola por- zione di materia terrosa, a parte delle altre materie, risiede, e ritrovasi nelle piante, come nelle graminacee de' cereali e nelle canne, la silicea. '''■] "'' , i, 1* Si è suscitato il dubbio, se la sóla terra' potesse alimentare una pianta, e farla prosperare sino a com- piere il seme. a Se l'acqua solamente, sema la terra potesse sér-, Tire sino al compimento della propria specie. , V 3° Finalmente se l'aria potesse, senza l'ajuto ^élle altre, far succedere le istesse funzioni. E primo, locchè si è creduto, che la sola terra non possa far vegetare, senza rajuto dell'altra, cioè dell'aC" MECCANICHE 59 qtia, ciò non si avvera. Le patate ci prestano un rsem- j)io, che possa rinnovarsi il bulbo anche senza il nu- trimento tirila terra, ed il soccorso thll' acqua. Dapoi- dir ciuesl' utile piaula, se col solo soccorso dell'aria, ri- stretta in una stanza vegeta, e nelle sue catinelle da l'embrione del bulbo, appoggiandosi queste, e copren- dosi di vinaccia e segature , compie perfettamente il bulbo, con maggior induzione, se sarà coperta dalla terra sohuncnte. Non è così l'acqua, che sebbene questo fluido con- tenga in se dei sughi nutritivi aeriformi, ed è capace ad allungare lo stelo del giacinto, e farlo fiorire, è in- capace pelò a far compiere il bulbo, o il seme. Così j)ure l'aria, che sebbene questa sola faccia ve- getare ie patate, e fiorire il croco, non potrà ulleiior- mcnte far proseguire le funzioni vegetali sino al com- ])imetjto della propria specie, meno che fosse coperto da un apj)oggio, come si disse. Non ostante ciò in tutti i casi suddetti non si può metter in dubbio, che la vegetazione fosse debole ed imperfetta. Che l'aria sia necessaria alle altre due sostanze è in- dnbitiibile; mentre ove manca questa, non v'è vege- tazione e vita, e lo dimostra ad evidenza quella pianta situata in una finestra, che si piega al di fuori per go- dere e della luce e dell'aria. Da quanto abbiamo esposto si dimostra, che in di- verse contrade restano delle terre incolte ed abbando- nate, perchè silicee, e non adatte al seminerio de' cereali. Or queste terre sarebbero al certo suscettibili a di- verse uiigliorie agrarie, e piantagioni. Jtrt. 1. 11 sommacco sarebbe da propagarsi, che sebbene vi siano de' possessori, che coltivano questa pianta, si potrebbe avanzare la sua coltivazione in queste terre abbandonate; mentre questa ])iàtjta vegeta bene nella terra fuciligna, giacche, come abbiàm dimostrato, la maggior parte di queste terre sono un composto di terra silicea, aluminosa a strati^ ed a Strali quarzoso- siliceo-argillosa. C)0 SCIENZE ED ARTI u^rf. s. Rllrovaiitlosi queste terre in buone esposi-» zioni, e riparate da' venti boreali, si potrebbero formare tlegli olivcli, praticando il nuovo metodo nelle pianta- gioni di questa pianta, lasciando allo il fusto dell'olivo, e non tagliarlo, come praticavasi prima, a fior di terra, o poco più alto. E da osservarsi, clic i piantoni dell'ulivo alti palmi tre sopra terra, subilo che appigliano, i piccoli rami, che all'uopo si lasciano, formano degli altri piccoli ra- mi, che danno del frutto in pochi anni, dilìtrenle as- sai dall'antico metodo; cosicché la pianta tenuta bassa doveva prima formare il fuslo, e di poi i rami, per cui trascorrevano anche anni i5 a frullificare. Questo e il motivo, che i nostri villici si spaventano a pro- pagare l'ulivo. In altri sili scovcrti piantarsi pofrebbero de* casta- gneti, pineti. E molto vantaggiosa la proprigazione del castagno, il quale ama un'atmosfera fredda. la queste nostre contrade, nel corso di anni dieci, darebbe il fiutlo, ed anche il legno utile per le costruzioni nelle fabbriche, e por gli utensili. Sarebbe adatta lissimo a bosco, la quercia, l'elice, il severo, l'olmo. La ghianda dovrà preferirsi sempre, quella di quercia, che cresce con più rapidità delle altre due; ma non perciò si dovrà tralasciare la propaga- zione degli alili alberi da foresta, di somma ulilità per la durezza del legno. Sommi vantaggi si traggono dal legno dell'olmo, come da quello della quercia. L'olmo e molto utile per l'arte del carrajo, e per le macchine idrauliche. Queste foreste si potrebbero guernire con delle gi- nestre, arbusto ottimo per il forno. Si propaga da per se slesso, uiedianle fespulsione che nel mese di luglio ]a veemenza del calore fa succedere. Il guscio caccia molto lungi il seme, che alle prime piogge facilmente appiglia, e profonda la radice. Fittone, s'introduce nel suolo, ed assicura la sua esistenza. Agli anni tre co- MECCANICHE Gì mincia a dar del Icgtio.^ si taglia sopra terra sul col- l«(lo delle radici, e da indi in poi non lia bisogno di alcuna cura, replicando l'incislorje a suo tempo. Le sponde de' lurrenli, e fiunjare, che si osservano spogliate di alberi acquatici, si potrebbero ornare di j)ioppi, salici, di borri, die spontaneamente, e rapi- d;imenle crescono, e trattengono le frane; giacche que- sta pianta ama i luoghi scoscesi per dove passa e tra- scorre l'acqua, dal quale prende il nome. La sua cre- scenza supera qualunque altra jjjanta acquatica. Le t«rre di colmata sarebbero anche suscettibili alla piantagione de' canneti, che possono assicurare all'agri- coltore un'annua rendita col loro prodotto. Questa piauta è neces.saria in questo nostro territorio, per li pali delle vigne. Da' villici viene trascurato questo ramo di cul- tura delle canne, sul pretesto, che non giunge allal- tezza vantaggiosa, come nelle parti calde. Il detiaro, che si estrae per la provvista di questi pali, mediante la coltivazione, formerebbe un risparmio nelle famiglie. Ancbe la soda potrebbesi introdurre. E noto, che con le ceneri di questo vegetabile, che si fondono in durissima pietra di color celeste, unita alla silice, si formano i vetri: ama un terreno pingue, nero, aluminoso, quarzoso. Nelle pianure di S. Caterina, e e del Pecoraro a confinare coU'exfeudo di Malanoce si ritrovano delle terre adattate. Il defunto conte don Fe- derico Mauzone in un suo fondo nominato Cavallaro n'esperimentò la cultura del Cali, Sai, Sol, Soda di Lm- neo, e si venne in chiaro, ch'è falso, che questa piauta progredi.sce solamente nelle parti marittime. Sulla vegetazione. L'atmosfera per la nostra alla situazione in questo territorio è molto fredda, ma di un freddo secco, e non umido. Avvicinandosi il mese di ottobre, tempo della semina, la vegetazione h viva^ ed il seme sparso, 6ai SCIENZE ED ARTI fra otto giorni, pullula, e nasce, lilrovanclosi ancora caldo il suolo, per la trascorsa està. All'avvicinarsi l'in- verno, la vegetazione intorpidisce, ed indi si riduce in- sensibile ed al nulla a tutto febbrajo per li geli e neve che abbondano , ed a ragione diccsi dagli agri- coltori, che la neve prima di natale è madre, e dopo è madrigna. Se in marzo il tempo si rassoda, la ve- getazione rinvigorisce, e le biade prosperano; se però marzo prosiegue piovoso, li semiuerì si diradono, e le hiade perdono i loro moitiplici; e perciò dagli agri- coltori siciliani si dice, che marzo conza e guasta. In aprile e maggio è vivissima la vegetazione, tempo nel quale iutalliscono e compiono il fusto le biade; ed a proposito passa per assioma fra i nostri villici, che i semiuerì in questo nostro freddo territorio crescono, compiscono, e maturano il prodotto fra due mefei. Ma intanto i contadini sono quasi tutti di parere, che bi- sogna seminar presto, per ottenere buone raccolte, per- chè postergando la semina, ratfreddato il suolo, il seme spunta fra quindici o venti giorni, e le radicette noa posson bene rassodarsi. Frattanto bisogna candidamente confessare, che non siamo in caso di poter proferire per giusta massima in questo nostro territorio una tale costumanza; giacche l'esperienza ci dimostra, che nelle annate rigide e piovose, le biade tardive riescono me-" glio assai delle primaticce. Or se si potesse dare all'agri- coltore la facoltà d'indovinare la qualità delle stagioni,' si vede bene quanto utile succederebbe. Dunque per evitare qualunque inconveniente bisogna non progredire molto la semina, ne di vantaggio postergarla, ove ab- bondano le terre forti ed argillacee. Le terre sciolte situate in declivio, non patiscono punto, allorché le piogge abbondano; giacche l'acqua a parte, che scorre subito, senza ritegno al basso, anche per la qualità del suolo si filtra, ed il vegetabile non soffre alterazione Jcuna. ' > - ' ; La vegetazione in queste colline è sempre più viva MECCAJ!nCHE 63 graduatamente, e le biade prosperano, e molto più quelle esistenti in una esposizione riparata da venti boreali. Sulla vegetazione degli alberi in questo territorio, , • ■ » Per sino a questo punto solamente si è parlato sulla vegetazione delle biade, ora però, volendo, dare quaU clie cenno della vegetazione degli alberi, diciamo, che àuesta è mollo difllrenle; e se alle biade il lieddo le reca danno, essendo eccessivo, a};li alberi non gli è di nocumento; anzi gli giova. Dapoicliè quanto più cresce l'inlensilà, più gli umori scendono al basso, e si ri- Concentrano nelle radici (ove ritrovano più calore, se- condo gli esperimenti falli da' riuomati agronomi) per poi con più veemenza gli umori raccolti ascendere nei rami, e lussoreggiare con saprabbondante rigoglio. ;: '■.■■■'. Il SugVindesti. ..lor.f^ 3 ,j2ui:j?. ,'!'.'-'■.' •• '-■ '•■• I nostri agricoltori poco conoscono l'arte d'indestare,> mentre tulli sono dedicati alla cura de' cereali. H solo pane , lo ripeliamo, è la loro p«emura. Pochi sono che si applicano a questo ramw d'industria agricola: è superfluo il, ripetere di quale giovamento ci sia l' in- deslo. E comjC niai si potrebbe avere una prodigiosa, diversità di frulla? il' modo facile di ollenerle? di prq^ pagarh;? tulio si riconosce: da questa bella invenzione.', Gl'indesti, che si praticano da' nostri contadini sono di quattro sole maniere, due a marza., e due ad occhio. ,1" A marza a legno spaccato» tagliando orizzontal- mente un alberello nella parte la più liscia, e vicino la ceppaja (luogo riconosciuto adattalo ed il più utile) dovrà essere il paziente, non più grosso in diametro di tre dita, si taglia perpendicolarmente, e nella spac- catura s'insinua la marza, tagliata a cono, ornala di tre gemme. 2°, Si usa a corona oe' tronchi di gran diametro, che 64 SCIENZE ED ARTI * non si possono fendere; allora tagliato il tronco oriz- zontalmente con una sega, s'insinuano le marze a co- rona, staccandosi la scorza con una penna d'osso, o di ferro, che s'insinua in quella parte che tocca il legno, e levandosi l'osso, subito si adatta nel forame la marza tagliata a penna da scrivere. Questi due indesti si un- tano, con della tenace argilla, e poi si ricoprono di terra, lasciando l'estremità delle marze a fior di teri'a. Questo modo d' indesiare da' nostri contadini s'incom'iri- cia nel mese di settembre, seguile le prime piogge, e si termina nel mese di marzo. 3° Ad inoculazione, questo modo si pratica nell'està, allorché l'albero va in amore, secondo dicono i con- tadini, ed allora la corteccia si stacca facilmente dal- l'alburno tagliato l'alberello, o il ramo, che si vorrà ìndestare, nella parte la più liscia gli si fa un'incisione nella scorza verticalmente poco più dell'occhio da in- serirsi, e staccala lateralmente la scorza, s'introduce la gemma, che dovià essere tagliata a scudo, con un poco di scorza a torno, si lega discretamente, senza ofFeii- dere l'occhio, e si cautela l'operazione, coprendola con delle pampine, lasciandosi parecchi giorni acciò i raggi solari non mortificassero l'inoculazione. 4° Finalmenle a cannello, che si pratica ne' piccoli ramoscelli della grossezza d'una penna da scrivere, at- taccato al tronco, o nella ceppaja dell'albero selvaggio. Si fanno nel ramo da indestarsi tre incisioni vellicali, e le strisce della scorza si lasciano pendenti. Scelto un ramo domestico di uguale diametro gli si fanno due incisioni circolari, restando in mezzo la gemma, e tor- cendo il ramo parecchie volle, si caverà un anello di scorza -> munito dell'occhio, che s'infilzerà nel pazien- te, e si farà scendere bel bello sino che sarà adattato nel selvatico ramo; allora si alzeranno le strisce, e si legherà l'indesto, e si ricoprerà come^opra si è detto, L'indeslo a cannello e il più adallato per il casta- gno, e l'ulivo, noa essendo .soggetto ad esser staccalo MECCANICHE 6S daìla furia de' venti. Alcuni usano con profillo iude- stare i niccoli rami dclli ributti della ceppa ja, ed al- lignati che sono tagliano l'albero del castagno, gl'in- desti per il concorso degli umori crescono rapidamente, e producono agli anni tre. Gl'indcsli nella promessa enairazione descritti, sono li più abbraccinli da tutti, e le altre invenzioni, altro non sono, che delle modificazioni^ derivate dalle so* pradelte operazioni. E necessario però confessare, che da' nostri coloni poco s'indesla, e per questo non si gode il vantaggio di avere altre frutta. S'indesla il pero, il fico, il ne- spolo; ma si tralascia l'ulivo, la vite, il castagno, il ci- riegio; e perciò mancano l'ottime castagne, le ulive da indolcire, le ciriegie a brama, le ptsche reali. Dedicati i nostri contadini interamente alla cultura de' cereali, non curano gli alberi fruttiferi, inesperti quindi restano dell'arte di rimondare, e noi non po- lendo avvalerci de' medesimi, nelle circostanze di ri- monda, siamo |)recisatl chiamare dai comuni vicini, per- sone abili in tal mestiere. Pochissimi, ed anche esteri, conoscono l'arte di ma- neggiare la roncola. Ci confermiamo su di ciò per le incisioni mai fatte, per le amputazioni non a propo- sito eseguite, ed in certi rami, che non dovrebbero es- sere tolti. Inabili finalmente si dichiarano a disporre un palco di rami bene adattato alla grandezza ed alla estensione, di modo che l'albero invece di essere age- volato eoa la rimonda, resta deformato ed afìlitto. 66 SCIENZE ED ARTI Bollettino de progressi economici. Miniera di Lignite in Lombardia i. —Aratro Grange i. — Ceneri di carbon fossile adoperate per ingrasso 3. — Seminagione de' cereali 4- — Trebbiatoio Herland 5. — Corde e tessuti di A- gave 6. — Macchina per gramolare il lino e la canapa 'j. — Istituto agrario di Meleto 8. — Strumenti agrari di Meleto 9. — Cartiere d'Inghilterra 10.^ Commercio librario tra la Fran- cia e l'Inghilterra 11. —Pianta erbacea per gli animali bovi- ni la. — Conservazione delle uve i3. — Nuova forza motrice per supplire al vapore i^. — Grano petunielie nero i5. — Na- vigazione a vnpore in Inghilterra 16. — Consumo del carbon fossile in Inghilterra 17. — Nuova maniera di stampe, del dot- tor Menici 18. — Carrozza a vapore per terra e per mare i^. —•Panno di stracci ao. 1. Miniera di lignite in Lombardia. » Il regno Lombardo-Veneto, per se slesso già non ricco di Combustibile agli usi domestici ed al servizio delle arti, e man- cante quasi di carbon fossile, ha fatto un assai interessante ac- quisto nello scuopi'imenlo di un filone di lignite che da alcuni anni si sta cavando a cura di una società nel territorio di Lef- fe, distretto di Caudino nella Provincia di Bergamo. La ricchezza di un tal filone, che è suddiviso in tre rami, l'uno sovrapposta all'altro frammezzo a stratificazioni argillose contenenti varie spe< eie di testacei marini, ne accerta di abbondante combustibile per assai lungo corso di anni. j» Oltre la destinazione a combustibile che si fa de' pezzi di un tal qual volume, pare siasi trovato modo di utilizzare anche i tritumi che si pi'oducono tanto nelle opere di scavo, quanto nei movimenti della lignite accatastata, collo impiegarli in uso di concime, spargendoli cioè sulli prati e sulle terre lavorative, «iccome impiegandoli appiedi de' gelsi e delle vili di nuova pian- tagione. Si prelenile anzi che le sperienze fin qui fattene abbiano usciti favorevoli resultamenti. Senza farcene mallevadori noi an- nunciamo questi avvenimenti nel desiderio che i fatti ripetuti ne guidino alla conferma. » ("Giorn. agr, Lom. Ven.) ~ 2. Aratro Grange, Sì reca in dubbio la perfezione dell'aratro Grange\ di cui si parlò altra volta in questo Giornale (num- 3o pag. 3o4). la uu MECCAMICHE 67 concorso d'arntri, che si tenne in Francia l'anno scorso, e nel «juale (loflici furono i prrrainti , l'aratro Grange appena vi fu compreso coinè Punflecinio in ranpo di merito. Molti fra i collivniori francesi illuminali ebbero a notare di eccedente coin()licaiioiie questo strumento*, nota che toglie certo al predio di fjualàivoglia meccanismo. Df Ile correzioni sono stale proposte da' signori Dombasle, Laa- rent, Hoffmaiin, Albert, e dallo stesso Grange, il quale gli ha tolto la immobilita della bure, che pure si riguardava come uà perfezionamento della prima invenzione. Potrebbero anclie fra noi esaminarsi i pregi e i difetti di que- sto anipse, essendosi già introdotto in Trapani per cura della So» cielà economica di quella vdllej ed importerebbe spiegare da dove provenj^a che tanto bene lo abbiano accollo i Toscani, e titillo utile Io abbiano ritrovato. 3. Ceneri di carbon fossile adoperate per ingrasso. Le ceneri del carbon fossile mescolate a buon» terra di orto^ vengono oggi usate come ingrasso delle viti; e dicesi che per Ire anni di seguito ne faccinno triplicare il prodotto senza stancare la pianta. Ailroode si sa che avendo esse la proprietà di seccare rapidamente le materie fecali , 1' agricoltore può trarne ottimo partilo mescolandole al limo, il quale per questo mezzo, in vece di doversi assoggettare ad una lenta e nocevole macerazione, pu- trii essere proutameute adoperato. 4- Seminagione dei cereali. Da qualtr'anni il signor Boquct, inslitutore a Dammartin, se- mina le biade invernali dal i5 giugno al i5 luglio, adoperando meta frumento e mela orzo nella proporzione in complesso di un ellolilro e mezzo per ogni ettare. L'orzo chiamato mulo vien pre» ferito peila maiuranza sua più precoce. Alla fine di settembre od a mezzo ottobre l'orzo essendo maturo e il frumento già gran» de, il sig. Boquet falcia alto 10 pollici da terra, ritraendo cosi copioso foraggio, ed una mezza raccolta di orzo. 11 frumento non tarda a rimettere, e tallisce vigorosamente nell'inverno. La ri- colla sua precoce è intanto piìi compiuta, in quanto le spighe assai gravi hanno generalmente quattro ranghi di grani. Il si- gnor Camillo Beauvais, agricoltore alle Bergeries reali, promise di provare quest'anno l'accennato modo di seminagione. Lo stesso sig. Boquet volle provare che un verme clie s'insi- nua nello stelo de' cereali al tempo della fioritura è la sola causa delie malattie, cui essi vanno soggetti, e che conosconsi sotto il 68 SCIENZE ED ARTI nome di negrone e di carie. Nel sistema suo di seminagione, il grano avendo già resa la spiga al momento in cui il verme svol- gesi dalla larva, non può rodere lo stelo, divenuto già troppo duro. Conchiude quindi che per se tornano inutili il calciuare e il bagnare di vetriolo i grani alPatto del seminarli, quantun- que vi abbia chi raccomandi questa pratica. 5. Trebbiatoio Herland. Una commessione composta de' signori Gen. Troraelin, Lozac, e Conte De-la-Iruglaye, riferì alla società d'agricoltura di Mor. laii intorno a un trebbiatoio inventato dal signor Heilaiid. Yn la stessa semplicità della macchina che divietò al sig Herland di renderla nota |)rima di avere ottenuto una ricompensa dal Go- verno, o di essere venuto a trattativa con alcun capitalista. E facilissima a costruirsi, non ha complicazione, e qualunque fai- legnarle di campagna può metterla insieme. Il prezzo suo è determinalo in 3o fianchi. Con alcun facile miglioramento le sarà data maggior precisione senza punto nuo- cere alla semplicità sua Lo spazio per farla operare non trapassa i sette od odo piedi quadrati , e può riporsi in un granaio od in una piccola capanna. La paglia di fi umento o d'orzo passata sotto la macchina, n'esce in buon essere, non triturata né dan- neggiata. Il grano cade sotto la macchina separato dalla paglia ed anco dalla pula, mondo di sabbia e di polvere. Se ne usa al coverto, e non richiede che poca forza; il tutto riducendosi a dare equabile movimento ad una leva che produce l'operazione di se- parare il grano dalla paglia. In otto ore un uomo sgrana circa Ire ettolitri di frumento mettendo anche in fasci la paglia. L'e- couomia di tempo e di braccia è indubitata. 6. Corde e tessuti di Agave. Da lungo tempo era nolo che in America ed anche in Ispa- gna mettevansi a profitto le fibre filamentose dell'anace ameri- cana (sic. Zabàra di gajoy o Sipala, o Fila di pitti), e dell'a- gave fetida, per fabbricarne corde e stoffe grossolane. Ma ciò noti parve che meritasse l'attenzione dell'industria europea. Un abile fabbricatore di Parigi, il sig. Pavj il giovine, sapendo che l'a- gave abbonda nel mezzodì dell'Europa e negli stabilimenti fran- cesi d'Affrica, si accinse a nuove prove, e perfezionò somma- mente la fabbricazione delle corde e de' tappeti d'agave. Pare che egli sottoponga all'azione di forti cilindri le foglie carnose e spesse di questa pianta, appena tagliate, facendone uscire tutto il suge, e non rimaueudo che i fìlameuti, i quali si lavano al- MECCANICHE % l'acqua corrente e si fanno bianchire sul prato. Ottiene di que- sto modo, senz'altro, un ammasso di fila di bel colore bianco argentino colla lucentezza delia seta, e di tal l'orza che quattro fila sostengono un peso di quaranta libbre. Le corde riescono assai f rti, e tornar possono di grande utilità alla m.Trina, e per rimorchi.ire e per molti altri usi, poiché lungi dall'allerarsi per la umiditii, vi guadagnano in forza. Costano quanto quelle di canapa, e riescono di un terzo più forti. Lo stesso Pavy fab- brica quantità di nastri, cordoni, triglie, cortine, imitanti inte- ramente la seta. Ma ciò che ottenne un gran successo sono i tapr peti, de' quali ven'ha de' rasati d'o;^ni colore e forma, e di quelli a pelo rialzato. Essi possono lavarsi; verdi, rassomigliano a' prati e S'.Tvono meravigliosamente a coprire banchi e tavoli, spezial- mente nelle case di villa e dovunque sia umidit'a, perchè rie- scono inalterabili e non patiscono gli insetti. j. Macchina da gramolare il lino e la canapa. I tentativi fatti da parecchi anni onde cavar la tiglia dalla canapa e dal Imo con macchine e senza far precedere la mace- razione, quantunque siano falliti, fece.-o nondimeno conoscere delle buone macchine per riuscire all'intento dopo la macerazio- ne. Ma costando queste moltissimo, si cercò di averne delle al- tre, istituite sugli stessi principi, a minor prezzo. Da poco tempo in Gt-rinania se n'è adottata una, inventata dal sig. Ruthe bor- gomastro d'Egeln, vicino a Magdebourg, la quale risponde bene, e non costa in paese che poco più di cinquanta franchi. Essa opera per via di tre cilindri scanalati, che un manubrio mette in movimento con poca forza. La canapa od il lino passando tra i cilindri è scavezzala e stritolata , e gli stecchi cadono io fratnmeiiti, mentre che la tiglia, resistendo, stendesi in regolari fi-ltucce. A fine di ottenere un bel prodotto, si gramola a due riprese diverse: dopo la prima gramolatura si sottopone la ca- napa e il lino alla scottola, si pettina e si lascia in riposo uno o due d'i, in un luogo secco e fresco; poi si fa passare una se- conda volta fra i cilindri, e cosi si afiina ; ed anche se la ca- napa o il lino sieno troppo corti per trattarli alla maciulla or- dinaria, se ne cava bene colla gramola del sig. Kuthe. I vantaggi che le si attribuiscono sono: i"^ costa poco , ed anche i piccoli coltivatori se la possono procurare; a" è semplice ed ogni fale- gname può costruirla , o per lo meno di leggieri accomodarla ove si guasti; 3° e solida e dura mollo; 4" occupa poco spazio; 5" riesce bene allo scopo; 6° rende maggior copia di tiglia, buona al commercio; 5* la tiglia spezzata è molto meno che all'ordi' 5 70 SCIENZE ED ARTI Ilaria gramola; 8*^ finalmente fa economia eli forza e di tempo, poiché uu fanciullo può farla andare, ed opera celcr^menle. (Ann. iTagr. di 3IilanoJ. S. Istituto agrario di Meleto. L'Istituto agrario di Meleto (Toscana) fondato dal sij. march. Ridolfi. è già aperto da più die un anno. Si può leggere, nel nuin. 34 del Giornale agrario toscano (pag. l3g). un jjrimo ar- Ijcolo iu cui il Ridolfi espone le sue scieniifiche vedute sull'edu- cazione che la ricevono gli alunni. Non dispiacerà a' nostri let- tori il seguente squarcio della circolare da lui diretta agli amici per la scella de' giovani che doveano esser piimi ad entrarvi. li ..... a lei mi rivolgo, o signore, onde voglia, proponendomi un giovane da lei reputalo idoneo, cooperare al mio disegno, e procurare nel tempo slesso alla provincia, a cui desso appartiene, ii vantaggio di possedere un giorno o l'altro un agricolloi e probo e istruito.» » Vorrei che ogni candidato fosse robusto di corpo, campa- gnolo di origine, d'età fra i dieci e i dodici anni circa, e giu- stificasse di avere avuto il vaiolo naiurale od essere stalo vacci- nato; dovrebbe portar seco un piccolo corredo indicalo in calce della presente, e di consimili oggetti partirebbe provvisto compilo rhe avesse la sua permanenza a Meleto, la quale necessariamente dovrebbe durare dieci anni, fermo però in me il diritto di con- gedarlo in qualunque tempo, quando me ne fosse dato giusto mo- tivo , che non ricuserei di far conoscere a chi avesse diritto o interesse a saperlo.» » Non accoglierei e non riterrei nessun giovane che puntuale niente non ricevesse o dai parenti o da qualche suo benefattore, paoli IO al mese, coi quali mi propongo di fargli trovare un mezzo importante di educazione. Di questo denaro vorrei che i giovani si assuefacessero à far buon uso, sia per provvedersi dei libri e degli strumenti indispensabili pei rispettivi studi, sia per formare in comune una piccola cassa destinata ad opere d'illu- minata beneficenza. E questi li deporrei alla cassa di risparmio, e' cos'i ne uscirebbe un nuovo capitale che aumentato coi frutti sarebbe a ciascuno restituito nel giorno in cui terminasse la sua dimora presso di me. Qualunque volta però un giovane mi ab- bandonasse per qualsivoglia causa, o io fossi costretto di conge* darlo per questi molivi, senza che avesse compili i dieci anni di permanenza, il capitale formato col deposito de' suoi avanzi sarebbe perduto per lui e anderebbe a vantaggio de' suoi com- pagni che puntualmente terminassero il loro impegno. » » Il vitto per questi giovani sarebbe frugale, ma sano ed ab- MECCANICHE 7 1 boDdanle; Tnlloggio modesto, ma comodo; il vestiario semplice, ma pulito. Il Ijivoio vorrebbe pur esso proporzionalo alle rispet- tive forze fisiciie, sareblie diretto a favorirne lo sviluppo, e ser- virebbe a piocurarmi qualche compenso per latte le spese di man- tenitiienlo » » L'islru^iolle sarebbe solida, positiva, rivolta a compartire quelle coi-nizioni agrarie, ammitiistralive, e civili, che occorrono ad un possidente, o a chi, come agente o come affittuario, vo- glia occuparsi di rustica economia.» » L'educazioiis in line avrebbe per iscopo nel suo insieme il conseguiiiifiiio di quelle virtù religiose e civili che formano la più bella dote dell'auiuio nostro. » q. Strumenli agrari di Meleto. Annessa all'Istituto agrario di Meleto è una fibbrlca di slru- mcnii rustici, de' quali ecco il catalogo a prezzi fissi. 1. Coltro Ridoìfì (i) Lire tose. loo. 2. Dello montalo alla Doinbnsle (2) 100. 3. Detto montalo alla Grange {i) 200. 4. Coltro Grange [^) «70. 5. Coltro Donibude (5) 80. 6. Estirpatore a cinque comeri(6) lijo. •j. Sarchiatore (7) ». So. (1) È ]ireftriliile pei lavori di dissorlamciitr) in luoghi difficili e tli sii- pcrlìcie in-fgoiarc. Esigo un paio di bovi robusti. (•2) È superiore ad ogni altro ne' luoghi già ridolli a coltura. Esige mi- nor forza. (3) Può servire in due modi , come il Coltro i , e come il Coltro 4 1 dauilo iti questo caso un lavoro più profondo del vero Graiigé. Tulli questi coltri hanno l'orecchio alla I.ambruschùii. (4) Ha il vauhiggio di lavoiarc senza fatica del bifolco, 2 quasi seiria CS" sere guidato. E utilissimo in grandi estensioni spogliate. (5) È il più kggcio di tulli i collri sudiletti , ila eccellente lavoro, se non si vogliano oilicpassare gli otto snidi di profondila. Ha orecchio di legno. In terre facili può lavorare anche con un paio di vacche. Tulli questi collri danno un lavoro che rappresenta quello che in tempi uguali si otterrebbe da iì o 3o vangatori in luoghi già ridotti a coltura. Ili luoghi da dissodarsi il num. i. odic un'economia molto niaggiore. (6) Slruinenlo eccellente peresignire i secoinii lavori dopo la coilratura, per distruggere le erbe nocive, ed alfcltuare la sementa di certe ])iaiile. lìa|i- prescnla il lavoro di tre coltri in tempo uguale. Esige nei casi ordinari un solo paio di bovi. (7) Il signor Dorabnslc stabilisce l'economia prodotta da quell'arnese no! sarchiare le diverse piante seminate in file dirimpetto alla slessa sarchiatura eseguita a mano, nella ]iropoizionc di i a 5. Nelle terre sottili l'uò agire con un sol boye ed anche con un sol cavallo. * 73 SCIENZE ED APTI 8. negatore (8) •ro. ^. Erpice a rombo (9). - . 80. 10. Raspa (10^ no, 11. Seminatore a cariula(^ii) ^o. 12. Inanelli |)er gli arnesi i, 5, 6, 7, ciascuno . io, 13. Ventilatore per grano, biade ec. (12) 100. i4- Poto^;^e (i3) io. 15. franga da orto e giardino (i 4) 8. 16. Zappa-bidente da orlo e giardino (i 5) .... 6. 1^. Rancliiatore da viali e strade (16) ...... 8. 18. Rastrello da giardino (ly) . 5. N.J], — Quelli die ordineranno conlemporanearnente il corredo de^li arnesi indispensabili per adoUare un ecoiioiriico e peife/.io- naio sisletna di cultura, e che si compone de! «luni. 1 o a o 5, secondo le circostanze locali, e del num. 6, t, 9 avvaijno gratis ì quattro occorrenti tranelli, L'uso della fabbrica è di ricevere il prezzo degli strumenti nell'atto della consegna, la quale si fa sul luof;o, ove occorrendo M mostreranno agire, o in Castel Fiorentino, Emj)oIi e Firenze, portando però a carico de' coaimillenli le spese d'imballaggio e di ti asporto fino a questi ultimi luoghi. La fabbrica non ga- rantisce dopo la fatta consegna i guasti che gli ai'oesi potessero soffrire in viaggio o nelle priate prove, (8) Questo arnese serve unicamente a tracciare le linee snllc quali si deb- bono fjirc dejlc sciiKiili da sarcliiarsi col surcliiutprc, (9) E arnese indispensabile nella colfiviizionc perfezionata. Serve a dare certi lavori pconoinici alla terra, a triturarla, a coprir semente, a sarcliiar grani, a ringiovanir prati ec. Esige un paio di bovi roliusli per i forti la- vori. (io) P di utilità immensa spccialniente unita al coltro in tutti i lavori nei quali si tratta di trasporti di terra a piccola distanza, come livellamento di jirati,^ cscavazioni di canali, costruzioni d'argini ec. (il) È utilissimo per scniinarc nei solclii o nei segni del rigatorp. Se dee cuoprirc il scine da per se occorrono due uomini per servirlo, o un ra- gazzo ed un giumento. I tranelli sono ulilissi|ni pel trasporlo sul lavoro de' respeltivi arnesi, clie di vcrsii mente bisogna portar sul carro, o sulla tn ggia, ove si sciupano fa- cilmente. (12) Maccliina eccellente per ispolverare e rinfrescare grani e biade senza muoverle di granaio, e da ii(lojir;irsi sull'jija quando manca la brezza, (|3) Arnese delja più gran sicurezza per clii lo maneggia, risparmia alle piante molte ferite, e dà molta sjjeditczza al lavoro, serve per viti, olivi, frutti ec. (14) C'5) (16) (17) Sono arnesi leggieri e di pttima foggia coi quali si eseguiscono i lavori meglio e più presto che coi ferri adoprati comunemente fra noi. Sono oHiiui j» r assuefare i giovani a lavorar la terra. Chiunque volesse in Sicilia far acquisto de' suddetti arnesi potrà far giun- gere la sua domanda nella libreria di Ant. Muratori, via Toledo u. 382. MECCANICHE 73 10. Cartiere iTInghiherrn. Prodotto delle cartiere inglesi. Anno i83u i832. i833. Ihnli il terra e Paese di Galles.... Libb. 51149069 S-zqaSoaG 55911774 Scozia 836q5o8 8886780 9088014 hianda 177J827 2179^63 1397080 Tolale 61275404 68909109 67397868 Dritti daziari riscossi sulla fabbricazione della carta. iS3u i83a. i833. Iiigliil terra e Paese di Galles... Lir.ster. 566o2!g 59oa5o GaspSS Scozia 9455g 100061 lonSfìG Irlauda 192x2 0.^300 26785 Totale 679800 714623 762274 Sino alla metk del secolo xviii la carta che fabbricavasi m Inghilterra era ben lungi dal bastare al consumo interno; o^gi i fabbricanti inglesi, oltre al soddisfare alle domande d^ll'inler- ijo, esportano da 2 a 3 milioni di libbre il cui valore ammonta a circa 100 mila lire sterline, e sulle quali il 'fisco peicepisce nn dritto di 38 mila lire a un incirca. La Francia eh? altra volta sovveniva alle richieste deiringhilterra, Oggi è costretta di (loinaudaile lu catta da stampe. 74 SCIENZE ED ARTI II. Commercio librario tra la Francia e V/nghihcrra, Tavola delle importazioni ed esportazioni di libri tra la Francia e Clnghillerra dal 1821 al i832. Anni. Esportazione dalla Francia Esportazione dall'Inghilterra per l'Inghilterra, per la Francia, 1821 Cliilogr. 811-27 franchi 407^34 Chil. 19086 fr. iioSjS 1821 84649 4'2543'2 20708 ... 1-22352 1828 99181 497333 16784 ••• 99226 1824 111221 561072 ...... 16408 ... 96412 J823 178366 914528 17632 ... 121453 1826 94479 ••..•.•• 66i353 19036 ... i32i44 1827 91949 48"54' 17641 ... 120493 1828 ..^ 116429 623491 i83o6 ... 124984 1829 103282 554770 21907 ... 147647 j83o 108897 554545 22714 ••• 154276 i83i 81598 418958 i5q62 ... 109856 i832 84954 435328 19682 ... i3i3i8 Secondo questa tavola, si può calcolare che il numero de' vo- lumi che ogni anno si esporlano dalla Francia per Tlnghillerra è circa 4^0 mila, mentre the la Fiancia non riceve dall' lo- gliilieira rhe 80 mila volumi all'anno. Ma la sproporzione ap- parente che vi ha in questo cambio d'idee tra le due nazioni che sono alla testa del progresso sociale, in lealtà non esiste; perchè, se ringhilleira dimanda alla Francia più di quj-llo che le spe- disce, ciò viene dall'esser la Francia l'organo del conunercio li- brario che la l'Inghilterra colla Germania e l'Italia, cosicché noa sono soliimeme i libri francesi quelli che la Fr.mcia suol man- dare alla Gran-Brettagna. Oltrecciò i tipografi francesi ristam- paiido sul continente le opere inglesi, possono venderle a miglior prezzo, e scemano cosi lo spaccio delle edizioni inglf^si: specula- zione che in Inghilterra non si può iiitraprendere per difetto di smercio. Se a queste considerazioni si aggiunge che le traduzioni di opere inglesi sono più frequenti in Francia di quel che sieno in Inghilterra le traduzioni delle francesi, si spiegherà ficilmenle la origine della differenza che esiste tra le esportazioni de' due paesi. 11. Pianta erbacea per gli animali boi'ini. Il sig. Claudio Horland di Firenze possiede una pianta di gran- dissima utilità per governare le bestie bovine tutto l'anno, quasi seuza interruzione, reudendo aunualaieme da 5o a 70 libbre di MECCANICHE 'j5 verdura, e occupnndo ciascuna pianta un solo biacclo quadro di terra da giano. Qursla pianta resiste a qualun(|ue stravaganza delle stagioni, essendosi Lene sperimentato che il clima toscano sembra erralo per la conservazione della medesima che resta fruttifera e vegeta jier il corso di dieci ^anni senza altra cura se non che di lapparla una volta l'anno. E questa della famiglia del Cardun- culus sgagenicse di Barberia , la quale sorpassa in rendita tutte quelle che si sono coltivate fino al presente pel uutrimento de« gli animali bovini. Questa pianta è anche squisita adoperandola si cotta che crnda per qualsiasi elegante tavola. Il suo fiore sei ve- meravigliosamente a coagolare il latte, sema dare al formaggio alcun callivo sapore; e può ricavarsi dal detto fiore anche qualche prezzo. Il seme serve ancora ad ingrassare in poco tempo il pollame, e non volendo servirsene a quest'uso, se ne può fare dell'olio per luui. i3. Consery azione delle uve. Si dice efficacissimo a conservar fresche le uve, il seguente me- todo. Depongasi in un barile nuovo un suolo di crusca, sul quale si collochino i grappoli, scelti ad acini non molto fìtti, in guisa però che non tocchino in nessun punto le pareti del barile. Poi si ricoprano di altro suolo di crusca, su cui tornisi a farne al- ti© di uva; e così a vicenda crusca ed uva , in sino a che il barile sia liempiulo. Allora lo si chiude, per quanto possibile, einieticamenle, e serbasi in luogo di temperatura dolce. — Còl- l'adoperare crusca di frumento bene seccala al forno, potransi conservale le uve per sei mesi. Su quest'articolo però dice il giornale di commercio di Napoli. )) Malamente si raccomanda la crusca pei la conservazione delle uve per rauluuno, mettendole fra due suoli alternativi di questa sostanza. Che quando una quantità di granelli si guasta, può for- marsi una fermentazione nella farina che resta ancora tra la cru- sca, sicché tutta l'uva può magagnarsi. E perchè niolti hanno cos'i perduta la loro provvisione d'inverno; noi raccomandiamo in preferenza l'uso della segalma di legno o della cenere, ina si l'una che l'altra stacciata e bene asciutta. )) Per avere nell'inverno le uve senza grinze e piene come se allora fosser colle, basta immergere i graspoli per quattro ©cin- que minuti nell'acqua tepida, l]is«gna aver cura di asciugarle fra due pannolini e preparare solo tanto che possa servire per un gior- no. Ma si può benanche lasciarle rafireddare in un luogo fresco, e fjrue uso in seguilo. » 76 SCIENZE ED ARTI 14. Nuova forza motrice per supplire al vapore. Lord Dundonald^ il quale si occupa con molto profitto di studi fisici e di considerazioni politiche e commerciali, lia ia- ve-ntato un liuovo mezzo ingegnosissimo per supplire, in gran par- te, l azione del vapore. Egli si serve per ciò di due casse erme- licameute chiuse e comunicanti tra loro. L'una contiene mercurio, e l'altra aria atmosferica. Allorc|uatido queste casse, le quali sono legale insieme con tuhi di comunicazione, provano una inclina- zione qualunque, il mercurio lascia la cassa più bassa. Da que- sto movimento risulla un volo assoluto nella cassa che racchiu- deva il mei curio, e un impulso dell'aria atmosferica nell'altra cassa. Questo è il voto e il pieno che si ottiene nella generazione e condensazione del vapore. Si può quindi utilizzare questa no- vella forza motrice al pari della potenza del vapore. Il minimo movimento in una nave, che contenesse questo nuovo apparecchio meccanico, produrrebbe immediatamente la trasmis- sione del mercurio da una cassa all'altra, e vi cagionerebbe al- terniitivamente il vólo e il pieno. Ma, in un tempo di perfetta calma e in un riposo assoluto della nave, la macchina di lord Dundonald rimarrebbe senza ef- fètto. Quindi è che questo abile meccanico no» propone la sua invenzione come un perfi-iio sostituto delle macchine a vapore, ma pensa che essa potrebbe servire di ausiliario eslremaniente utile nei tempi ordinari, allorché il mare ha un'agitazione qua- lunque (la più piccola basterebbe)- Sarebbero impiegale con tal mezzo le macchine a vapore in tempo di calma o di semicalma; e la novella forza motrice di lord Dundonald negli altri tempi, il che produrrebbe, egli dice, una grandissima economia di com- bustibile. Lord Dundonald ha riconosciuto per via di molte esperienze che ^5oo chilogrammi di mercurio posli in moto, alla ragione di 320 piedi il minuto danno una forza eguale a quella di cento cavalli. La forza slimaliva di un cavallo, nelle macchine a va- pore, solleva un peso di 16 mila chilogrammi, ad un piede di altezza, in un minuto. Chilogrammi i5 mila di mercurio darebbero una forza mo- trice eguale a quella di due macchine a vapore di 100 cavalli Tuna. il prezzo J»l mercurio è assai elevato, poiché mille chilogram- mi costano ordinariamente 200 lire sterline o b mila franchi. Quindi i ao mila chilogrammi di mercurio, necessari al nuovo apparec- chio di lord Dundonald^ per ottenere una forza motrice di 200 eavalli^ costerebbero ^5 a 100 mila franchi. Ma questa spesala- MECCANICHE 77 rtbbe fatta una volta per sempre, poiché il mercurio non au- drtbbe soggetlo a depcrdizioiie ne' suoi dondoliimeoli. La spesa del cotisuino del carboii fossile, per due macchine a vapore di loo cavalli fuua, monta a 1 5o mila franchi il seme- stre. La compra del mercurio, tieil'afiparecchio Dundonald^ noti costerebbe duii([ue al di là della somma necessnria a fornire il combustibile per sei mesi a due macchine a vapore di loo ca- valli: e questa spesa non sarebbe perduta come qut-Ua del con- sumo del combustibile, poiché il metallo rimarrebbe, e potrebbe essere eternamente impiegalo,© pure essere rivenduto quasi seuza perdita. Questa scoperta, che non ancora ha ricevuto un'applicazione sopra di una grande scala, merita l'alteiizion; de' meccanici. Non deve essere classificata fino ad ora se non tra le teorie brillan- ti, di cui la sola sperienza potrà dimostrare l'utilità. i5. Grano petunielle nero. Questo grano coltivato al Giardino delle piante in Parigi, è generahiiiuie ben poco conosciuto, e nondimeno n:erila l'aiten- lione de' coltivatori. Al vantaggio che gode di poter essere se- minalo a piimavera, si aggiunge quello di somminislrate uu pro- dotto molto superiore a quello de' nostri frumenti d'inverno. Il successo è anche sem[)re più certo, perchè non ha a sopportare l'influenza sovente pericolosa della Cattiva stagione. Esso è altresì preferibile ai grani di marzo per la sua paglia mollo più alta, ed egualmente succosa, e pei suoi grani che si tengono mollo me- glio nella loro pula. Qu"sta specie ha le spighe lunghe, grossissime, ben piene e gueinile di baibe nere di 4 a 5 pollici. Il grano è bellissimo e di forma rotonda. Tritato sotto i denti, sembra dare un;i gran quantità di f.irina. La sua epidermide è soitilissima, ciò chi lo rende mollo facile a macinare. Si è osservalo che siuora non è slato attaccato dalla cane. La sua coltura non differisce da quella degli allri frumenti J solamente bisogna seminarlo meno spesso, perchè ripullula mol- to. 1 vantaggi che presenta il grano di Petuniel ntro sono tali da impegnare i coltivatori amici del loro paese a propagarlo per sommetleilo a tutte le prove che possono dimostrare la sua uti- lità, ed indurre gli agronomi ad introdurlo nelle loro colture. Il Bon-jardinier dice che i numerosi saggi fatti in Francia sono ge- neralmente riusciti benissimo. Il giardino delle piante di Parigi ne ha ricevuto in diverse volte ed a diverse epoche, e tutte le seminagioni hanno dato ri- suliamcnli ideatici , senza mescolanza j e della più gran soddisfazione. ^8 - SCIENZE ED ARTI La direzione del Giornale di Coinniercìo di Firenze ha rìce- \uto una discreta quantità di questo giano e del grano gigante di S. Elena da servire per gli esperimenti. A Piacenza e a Mi- lano si vendono questi semi centesimi 80 Toncia, e la direzioue lo rilascia ivi a un paolo Toncia. 16. Navigazione a vapore in Inghilterra., Da un rapporto pubblicato di recente si hanno i seguenti ri- sultati circa l'aumento della navigazione a vapore nella Gran» Brettagna durante gli ultimi due aoai i832 e i833, non coia« presa la navigazione fluviale. I^el i833 viaggi di costa 11401 con tonnellate iGSioSg i832 10829 i5oi649 Aumento 10^2 15044" La navigazione per porti esteri fu Kel i833 di 'viaggi i3o6 con tonnellate 1 37921 i832 1112 9B146 Aumento ' ig4 3477^ L'amministrazione inglese delle poste impiega in oggi regolaf- mente 26 pacchetti a vapore, cioè 6 fra Liverpool e Dublino, ciascuno di 3oo toimellate e della forza di i4o cavalli — 6 fra Holyhead e Dublino, di 235 tonnellate, e della forza di 80 ca- valli— 2 fra Portpatrick e Donoghadee di no a i3o tounellale e forza di 4° cavalli — 3 fra Weymonlh e Guernsey e lersay di i54 a i65 tonnellate, e forza di 60 cavalli — 5 fra Dova-, Calais, e Ostenda di 110 tonnellate, e forza di 4o a 5o civalli. Tutti questi pacchetti fanno in un anno 22g3 viaggi nti quali consumano Soooo tonnellate di carbou fossile. Non succede quasi mai che q^uaicuao di questi pacchetti ritardi il auo arrivo. MECCANICHE 79 15. Consumo del carhon fossile in Inghilterra e Galles. Nelle nianifatlure tonnellate ^Sooooo Nelle case pailicolari 5:)coooo Esportazioui Soooooo 12000000 La tonnellata essendo composta di 1 000 libbre metriche risull» il totale cousuiuo iu libbre i54oooooo. 18. Nuova maniera di stampa del dottor Giuseppe Menici. Il sig. Menici divide in tre parti il processo che innpiega per formare la stam[)a. I. Per mezzo di vernice coppale, e polvere finissima di mar- mo compone una pasta , che distende sopra un piano, o di le- gno o di pietra in n>odo da farne uno strato eguale della gros- sezza di uno scudo. Divenuto secco, con della pomice, ne rende più eguale la superficie non solo, ma c|up1 sodile strato di ver- nice che si raccoglie alla superficie, e pregiudica al buon resultato. •1. Con penne egli scrive sopra questo piano da sinistra a de- stra, servendosi di una tinta composta di inchioslro da stampa e vernice coppale lasciandolo essicare per un giorno. 3. L'operazioue terza cousiste in bagnare il descritto apparec- chio con acido muriatico venale del commercio, dilulo con cin- que parli in peso d'acqua; cessata l'efiervescenza, che si sviluppa iu questa operazione, si separa per inclinazione il saturalo liqui- do, e si torna a ribagnare con nuovo acido 5 alternando questo andamento, fìnochè il carattere non sia divenuto rilevato quanto è grossa una moneta di paoli tre romani; quindi vi fa diversi getti d'acqua pura e bene spontaneamente essicato le da uno strato di vernice coppale. Ciica al modo d'impiegare questa slampa, il sig. Menici prende un loglio di carta già immersa nell'acqua, quasi grondante la distende sulla slampa, dipoi con un cuscinello di tela, o con un cilindretto di b gno foderalo a vari giri di tela, vi fa una leggera pressione, onde si vede comparire il già fatto carattere, per ade- pressione della carta bagnata nelle cavita della superficie che ri- cuopre. Disiende con molta parsimonia sopra altro cilinilretlo di 80 SCIÉRZE ED AftTl IpgDO, uoii mollo grave ricoperto di Jue strati clie uno è «li teìa fina di lino, e l'allro di seta ben serrala, una tinta quasi pulve* rulenta composta con mucilafigine di gomma, zucchero, C nera fumo, e fattolo girare sopra rappareccliiata carta con dolce modo egli ne ottiene la prima copia come le cento e le mille. xg. Carrozza a vapore per terra e pef mare- Un ingegnere americano, nominato Wisthon, a' miracoli delle carrozze a vapore ne aggiunse un nuovo, avendone ej^li fabbricato una che può rassomigliarsi ad un anfibio, peiocchè si può gio- varsi della medesima tanto per acqua che per mafe. Quando si vuole traghettare uu torrente, le quattro ruote restano immobili^ e mediante un meccanismo interno né soitono sul momento in loro vece quattro remi, che sospingono assai comodamente la car- rozza dall'una alTallra riva. La sua costruzione semplice e poco costosa ha la forma di un serpente alligatore, ossia di un coco» drillo. Si può assai di leggieri montarvi sopra e smontare. 20. Panno di stracci' Venne Stabilita nelle vicinanze di Leeds nell'Inghilterra, una singolare manifattura di lanificio. Le sue materie prime non sono che vecchi pezzi di stracci di panno, di flanella, e di ogni sorta di cenci di lana. Tutti gli anni portasi a quella fabbrica una enorme quantità di questi oggetti, il cui peso è di circa cinque milioni. Vengono tali stracci sottoposti all'azione d'una macchina, che li riduce allo stato quasi della lana, e quindi cardeggiati ven- gono frammisti a poca lana nuova, ed assieme a questa sono fi-* lati, e tessati; e giungesi con questo mezzo a fabbricare con qudle materie una specie di panno che non è ne molto forte, né mollo bello, ina però di piccolo valore, e viene adoperato a molti e dif- ferenti usi. Questa fabbrica non hi nessun oggetto fraudolento, nul- l'altro si è il suo scopo che di ottenere economicamente un pro- dotto di natura inferiore, ma utile, il cui prezzo è piccolo, perchè ^uel prodotto è formalo di materie che si consideravano i:iutdi' MECCANJCHE 8 1 Meal Istituto cC incoraggiamento di agricoltura^ artij e mestieri per la Sicilia. AVVISO. PiTScrivcntlosi all'articolo 98 del capitolo nono de- gli stiituli di questo R. Istituto d'Iijcoraf;giaiiMnto di aversi a distribuire ili ogni biennio, oltre i consutli premi stabiliti nello articolo 87 del capitolo ottavo, due. 3oo per premi di tre memorie da coiDnarsi per concorso, le quali debbono trattare del miglioramento di quei rami d'industria nazionale, che saran creduli più piolicui alla Sicilia; e poiché tal periodo anderà q compiersi nella prossima esposizione del venturo mag- gio i836, questo H. Istituto, sollecito dello adempi- mento di tal dovere, avendo rassegnato al Governo i temi del programma da pubblicarsi, e questi essendo stali già superiormente approvati con venerata mini- steiiale dei 10 del corrente mese, riparti mento dell'in- terno, carico 2 n. 7543 si aftielta a venderne avvisato il pubblico, affinchè chiunque volesse concorrere al con- seguimento di questo premio, potesse accingersi al la- voro, I temi di ehe dovjau traltave le rilLiite memo- rie sono i Seguenti, M 1. Quali sarebbero ì mezzi da praticarsi in Sicilia » per accrescere i più utili e vari rami dell'agricoltura; ?> e quali sarebbero nelle attuali circostanze i pù pro« »J pri ed adatti al vantaggio dell'isola? >j 2, A migliorar la condizione della Sicilia conviene » far capo delle arti e del commeicio cogli stranieri, V o del miglioramento della sua agricoltura? Nell'uno ■» e nelTaliro caso quali sono i principali ostacoli eco- » nomici da rimuovere, e quali i mezzi da mettere iti >,) opery per ottenere la nostra industria, >i 3. Come attenuare la spesa della produzione dei 82 SCIENZE ED ARTI » nostri grani duri, tanto accreditati in commercio, ia » modo che non si tema più la concorrenza degli slra- >j nieri, e si goda dello aumento della ricolta e della M migliorata condizione della derrata? ■» Le memorie scritte su questi temi, cogli analoghi modelli, o disegni di nuove macchine se vi avran luogo, dovranno esser presentate al segretario generale di que- sto R. Istituto, chiuse o aperte a loro piacere, ma senza nómi di autori, e segnate di un motto arbitrario, nel giorno 1 di aprile venturo i83G impreteribilmente, elasso il qual giorno non saranno più ricevute. Contemporaneamente presenteranno i concorrenti una scheda suggellata, nella quale sarà scritto il nome del- l'autore, e al di fuori sarà notato collo slesso motto apposto alla memoria. Queste memorie saranno rimesse alla classe rispettiva del R. Istituto, cui si apparterranno, e le schede conser- vate nella cassa con suggello. Le classi, fatto un severo esame di tutte le memorie, ne faranno in iscritto i corrispondenti rapporti, che verranno presentati alla generale unione dell'Istituto, il quale in un'altra sessione deciderà a voti segreti del loro merito, e del premio da conferirsi. In seguilo di tale rapporto sarà fissala la sessione ge- nerale in cui si coroneranno quelle memorie che avranno più soddisfatto ai programmi, e le altre che avran me- ritato Vaccessit. Sarà vietato di restituire, dietro la presentazione, al- cuna memoria al suo autore, che la dimandi. Al momento che sarà fatto il giudizio si apriranno quelle schede che avranno i corrispondenti molti delle memorie che avran meritalo il premio, e di quelle che avranno ottenuto Vaccessit e si pubblicheranno i nomi degli autori rispettivi, bruciando le altre schede nella stessa pubblica sessione. Con altro manifesto si appaleserà il giorno in cui verrà fatta la solenne distribuzione dei succenimti premi, MECCANICHE 83 tanto per essere presenti coloro che avran la gloria di essere coronali, quanto perchè a maggior solennità \i assista il colto pubblico. // Presidente PRINCIPE DI VILLAFRANCA. // Segretario Generale Emmànuele Vaccaro. Real Segreteria e Ministero di Stato ec.Ripartimento dell' Interno y 2° C urico , num. Sulla dimanda de' signori Giorgio Wood e compa» gni rappresentata dall'Intendente di Girgcnti con rap- porto del 1° aprile che tendeva ad ottenere il permesso di accendere in ogni mese nel tempo del divieto due fornaci di zolfo per esperimento del minerale che rica- vasse, l'Istituto d'Incoraggiamento ha avvisato non do- versi consentir questo sì pei danni che potrebbero tor- nare ai colli da un volume qualunque di gas acido sol- foroso cacciato da' venti, sì per l'esempio che si darebbe ai possessori di altre solfanarie a richieder la stessa li- cenza, sì perchè questa si potrebbe abbusare. Ond'è che S. E. il funzionante da Luogotenente Generale, conforme all'avviso di cotesto Reale Istituto, che conobbe ben fondato e prudente, ha risoluto nel Consiglio del 76 di non permettere il brugiamenlo, ne anche per una sola fornace nel tempo in cui è proibito per generalità ia tutte le solfanarie, secondo i regolamenti in vigore. Comunico ciò a cotesto Istituto per sua intelligenza. Palermo 29 giugno i835. Jl duca Sammartino. Per copia conforme // Segretario Generale Emmanuele Vaccaro. 84 SCIENZE ED ARTI JReal Segreterìa e Ministero di Stato ec. Ripartimento dell'Interno^ s° Carico^ mini. Eccellenza Da S. E. il Ministro Segretario di Stalo per gli af- fari di Sicilia in Napoli è stalo comunicato il seguente rescritto w Eccellenza — Il consiglio generale della valle di Paìernjo, prima di essergli venuto in legale notizia li Real Decreto dei 2i marzo j833, col quale fu au- mentato a ducali due a cantojo il dazio sui grani este- ri, che si rimettono in questa parte dei Reali Domini con bastimenti esteri, chiese dei provvedimenti atti ad impedire, che trasportandosi poi i sudetti grani esteri per cabotaggio in Sicilia, ove ne è proibita l'importa- zione, non restasse deluso l'oggetto del divieto. Incari- cata da S. M. la Consulta dei Reali Domini oltre il Faro di dare il suo avviso, la medesima ha considerato, che il sudetlo dazio di ducati due a cantajo corrisponde a ducati 5 per ogni salma di Sicilia, e quello di du- cati 3 equivale a due. 8 e gr. io, somraa che sorpassa il prezzo attuale dei grani. Ravvisando perciò la Con- sulla nell'aumento qui portato al sudetto dazio una in- diretta proibizione d'immettersi i grani esteri ha osser- vato, che il solo caso di venir qui introdotti in contrab- bando per la facilità, che ne offre la circostanza delle spiagge romane ai porti di questi Reali Domini, possa fare avvenire, che grani esteri sieno in cabotaggio tra- sportali da questa all'altra parte di regno, come le au- torità di Sicilia sostengono di essere avvenuto. Quindi è stata d'avviso incaricarsi i primari agenti finanzieri di Napoli, alfinchè inculcassero la più ascella vigilanza agf impiegati subalterni, onde impedire la clandestina introduzione in questa parte del regno dei grani esteri, e la esportazione iqdi dei medesimi per immettersi iu MECCANICHB 85 Sicilia. — S. M. cui ho ciò rassegnalo nel Consiglio or- dinario di Stato dei i4 del córrente si è degnata ap- provare le considerazioni, e l'avviso della Consulta su- detta. Nel Real nome lo partecipo a V. E. per l'uso conveniente di sua parte, nell'intelligenza di averne fatta la debita comunicazione al sig. Ministro delle Finanze, w Napoli 17 giugno i835. Ed io nel Real nome comunico ciò a V. E. per l'uso di risulta. — Palermo 6 agosto i835. Jl principe di Campqfranco. Per copia conforme // Segretario Generale Emmanuele Vaccaro. Società Economica della valle di Trapani. Trapani li 37 luglio i835. Eccellenza Dopoché ebbi l'onore di darle contezza con mio of- ficio del i3 marzo ultimo di num. 36 d'aver commesso in Firenze presso la fattoria di Mileto del chiarissimo marchese Ridolfi la costruzione di un erpice, e dell'a- ratro grange, mi faccio ora ad annunziarle con verace compiacimento d'esser già pervenuti a questa società i eennali rustici arnesi, i quali han riscosso la pubblica approvazione. In breve alcuni soci più esperti nelle cose agrarie andranno a farne gli esperimenti, e la società farassi un pregio nel tenerla istruita dei risultamenti , che saranno per ottenersi. Corrispondendo poi alle brame di codesto Reale Isti- tuto manifestatemi dall'E. V. con pregevole oflicio del 26 detto mese di num. 327, mi son già data la pre- mura di làr eseguire da uà accurato arlelice i modelli G 86 SCIENZE ED ARTI esattissimi degl'inclicati strumenti, die appena condotti a termine mi darò il bene di farle arrivare. L'importo degli stessi sino in questa comune è asceso ad once 28 i i4 giusta la specifica, die troverà acchiusa nel presente in conformità della fattura, che dall'inca- ricato mi è stata rimessa. Fra le spese però vi troverà l'È. V. una partita di once 6 27 per dazio e spese in dogana, che mercè l'opera del Reale Istituto io brame- rei, che potesse risparmiarsi alle limitate finanze di que- sta Economica Società. Non è nuovo l'esempio della esenzione di dazio per gl'introduttori di nuovi strumenti agrari, comecliè semplici particolari, ed io vivo sicu- ro, che se in tempo debito questa Società l'avesse ri- chiesta, le sarebbe stalo al certo concessa. Il non es- sersi però trovalo in codesta capitale da più mesi in- dietro il nostro incaricato, e perciò la mancanza di no- tizia circa l'acquisto degli strumenti in discorso, fece sì che arrivarono in cotesto porlo all'insaputa di tutti, e fu necessità pagarne il dazio d'immissione per poterli rimettere in questa. Ma non essendo consentaneo alle clementi vedute dell'augusto Legislatore il frapporre osta- colo alcuno su tutto ciò, che può tendere al migliora- mento della siciliana industria rurale, che forma lo scopo primario di nostra, santissima missione, io mi fo ardito nel pregar caldamente l'È. V. ad impetrare dal nostro saggio Governo la restituzione del dazio corrispósto da questa Società Economica per l'introduzione di due ru- stici arnesi, ad oggetto soltanto di farne conoscere col- l'esperienza l'utile ed i vantaggi, e servir di modello a coloroj che volessero adottarne l'uso, e la pratica. // Presidente LvjGi Barberi. Il Segretario perpetuo Cav. Benedetto Omodei. Per copia conforme Il Segretario Generale Emmanuele Vaccaro. MECCANICHE Sj Prolusione olla secJnta generale della Società Eco- nontica del valle di Callanis setta letta dal Presi' dente di quella il dì 3o maggio iS35. Se vi è ocjgetfo meritevole della comune riconoscenza nelle associazioni distinte tra di noi col nome di Acca- demie, lo e cei tamenle quello di dillbnder nel pubblico le utili coj^nizioni; e se tra queste avvene alcuna tenuta più delle altre a corrispondere a questo fine lodevolis- simo lo è certamente la vostra, ornatissimi Accademici, che figlia della saggezza di quel magnanimo Ferdinando li" eli e sovranamente ci rege, e destinata a comunicare ai semplici cultori della terra, ed ai manilàtturieri d'o- gni arte quelle verità fisiche per le quali e l'agricoltura, e le arti tutte possono esser portate al più alto grado di perfezione. E di fatto i progressi delle scienze non mai inditìèrenti al miglioramento della prosperità pub- blica e della privata economia ci svelano* de' fatti ignoti, e ci fanno più sensatamente avvertire su quelli che noi conosciamo, e con la face della verità e dell'evidenza guidano a miglior cammino la cieca pratica, che troppo spesso disprezzatrice delle discussioni, e delle novità, fi- data a se stessa ad altro non giunge che a render più riveriti nel volgo gli errori i più assurdi ed i metodi i più inconcludenti. Dopo i rapidi progressi delle scienze fisiche l'agricol- tura, le arti, e le manifatture, immensi vantaggi di continuo apportano alla Società in guisa che la più pic- cola scoperta sulle leggi della natura può diminuire la spesa pubblica e privata, cangiare i mezzi e l'andamento del comuìercio, ed alterarne i rapporti i più fondamen- tali; tale è il potere delle scienze, ed i servigi ehe que- ste prestano di continuo alla società, ma fra di loro è l'agricoltura, sono le arti, e le manifatture quelle elio dcvori ritraruc i maggiori vantaggi. 88 SCIENZE ED ARTI La verità e l'cstenzione degli oggetti che abbraccia l'agricoltura l'han di già resa una delie scienze le piìi vaste, e la pongono in contatto con tutte le altre an- cora, di modo che da esse per lo appunto si traggono i mezzi onde vieppiù perfezionarla; la fisica generale e particolare, la botanica, la mineralogia, l'astronomia, la geometria, la meteorologia, la chimica,, l'architettura civile, l'idraulica, le arti meccaniche tutte, o quasi tulle somministrano elementi preziosi all'agricoltura. L'arte, dice un celebre scrittore, non fa che eseguire la legge, la scienza è quella che la detta, per lo che la pratica non è altro se non che l'applicazione di quanto antecedentemente è slato dalle antecedenti meditazioni de' dotti osservato; e se al puro caso dobbiamo lasco- perla di alcuni fatti importantissimi, alle scienze ed a chi le coltiva siam debitori del ritrattone profillo. Vano ed erroneo è il ridire che l'isperienza supcia la scien- za, e che la pratica vale assai più d(;lla teoria, dapoi- chè se quella progredisce ciò addiviene perchè questa le segna il cammino che deve percorrere. Se più vicino al suo scopo trovasi colui, dice Ivard, il quale è for- nito delle pratiche cognizioni, gli errori però, ai quali lo espone l'assoluta mancanza di ogni teoria, gli fon sen- tire l'indispensabile necessità di quella: di più le sue cognizioni circoscritte nell'augusla sfera delle sue con- suetudini gli tolgono i vasti modi di confronto e ren- dono il suo cammino lenlo, e penoso. A])po gli antichi l'agricoltura era considerata come la più nobile e la prima occupazione dell'uomo, que- sta maestra delle arti fu degradala dai pregiudizi, e fu abbandonata la cultura della terra alla pura pratica to- sto che gli oggetti di lusso prevalselo a quelli di prima necessità; Plinio parlando de' Romani ci dice che quelli maneggiavan le sementi con la stessa diligenza con la quale maneggiavano le armi, e disponevano i loro campi al pari de' loro accampamenti; del che bisogna dedurne che senza una completa istruzione, ed una pjralica ih NECCANTCHE iSq luminata imposslMl si rnide di oltenrre scientifici pro- girssi lu'll'jij^ricolluia non solo ,, ina .nelle arti e nelle nianifallure ancóra. i . ■. n ■ A voi si addice, ornatissimi soci, toj^lier di mezzo quei traviati principi (he tanto diMino arrecano allo avanza- mento dell'agricoltura, delle arti, e delle manifallure. Prescelti dall'auj^usto Monarca a formare un centro da cui dipartir si devono le utili cO};nizioni sull'obbielto di tale saggia istituzione. Memori del giuramento prestato in mie mani il giorno di vostra inaugurazione, egli e tempo di coaipierne l'onorato incarico. Un locale pro- prio vi è slato donato dalla munificenza Sovrana mercè le j)remure del nostro socio don Andrea Vaccaro, fun- zionante allora da Intendente, e di cui ci è sempre cara la riuiemhranza , e cjueslo è oggi ridotto in istalo da servir bene ad un letterario consesso. Il vostro gabinetto è provveduto di macchine proprie per le meleoiologi- clie osservazioni, e mensilmente s'inviano al R. Istituto l'esatte osservazioni del peso dell'aria, del grado di tem- peratura dell'atmosfera, de' venti che sj/irano, della loro direzione e della loro forza, dello stalo del cielo, della quantità di pioggia che cade, e delle meteore che l'ac- compiigriano. La vostra biblioteca va crescendo di giorno in giorno, e le memorie di taluni di voi ne formano il più bèllo ornamento. Per nulla si è mancato dal R, Ltituto onde togliere quegli intoppi che si opponevano airatidameuto di questa società che fra le al Ire, per sua testimonianza, si è fin ora distinta. Il vostro zelo non sia per divenir meno giammai, e fedeli alla vostra pro- messa Corrispondete alle benefiche mire dell'augusto Mo- narca, che di sì utile istituzione ci fa grazioso douo. Abate EMiiAyvELE P'jcCjìiìo Direttore ed Editore per la parie dei lavori del Heale Istituto d'Incoraggiamento. 90 SCIENZE ED ARTI PARTE SECONDA. Lettera II. al eh. sig. Carlo Matteucci intorno al calore proprio delle piante ^ di D, Paoli {i). Di Pesaro 18 luglio i835. Pregiatissimo amico Se nuovamente mi fo a scrivervi intorno al calore proprio degli esseri organizzati, non è ora per oppoire nuove obbiezioni alle considerazioni vostre su cjuesto fenomeno della vita, ma bensì per comunicarvi alcuni miei pensamenti: i quali in principio dolcvami di non poter sovvenire di una qualche osservazione mia; ciò che mi era impedito dall'essere la stagione inoltrala di troppo, e m'immaginava taluni da istituirsi a miglior; agio. In seguito però ho dovuto convincermi che la scienza possiede già fatti bastevoli a convalidare quanta sembravami innanzi tratto potersi coiichiudere da talune considerazioni forsechè semplicemente teoretiche. Nella precedente mia Lettera io vi diceva che il con- siderare le diverse cause di produzione di calore e quelle che portano al suo disperdimento è quanto basta a spie- gare perchè in alcune classi di animali, sebbene in se contengano delle sorgenti di calore, la temperatura sia eguale, a quella dell'atmosfera. Ora egli mi pare che ciò possa estendersi eziandio alle piante. So che la loro tem- peratura poco diversa da quella dell'aere ambiente dalla maggior parte de' fisici si ascrive a tutt'altro : si con- siderano le funzioni delle piante incapaci a dar cagione _ (i) Pubblichiamo con sommo piacere questa scconcìa lettera imporlantis- sinia del Conte Paoli che fa seguito alla prima sul medesimo argomento , e che ci è stata dall'egregio autore indiri;6xata, onde le Eiiomcridi la ren- dessero di comune ragione. MECCANICHE 91 a veruna produzione di calore, eccctlo alcuni poclii ca- si; e le piccole dificrenze clic talvolta si osservano fra il calore di esse e quello dell'atmosfera si vogliono at- tribuire alla lenta propagazione del calore attraverso alla massa delle piante stesse. A questa sentenza pen- sano i signori Schulzer ed Haider condurre le osserva- zioni da cssoloro a tal fine istituite, avendo eglino ve- duto clic tanto il legno di una pianta viva, quanto quello di una pianta secca e dislaccata dal suolo, serbano una temperatura inedia rispetto a quella dell'ambiente. E poco diverso da questo è l'avviso di uno de' più dili- genti osservatori della fisica delle piante: il eh. Trevi- rames. Tien egli in generale che niun calore si svolga per la vita vegetale ; e di piìi asserisce che il calore proprio degli alberi, ammesso dall'Hunter, Schoepf, Sa- lomé, ed Ilermbstaedt, fu smentilo dalle osservazioni del Nau e del proprio fratello; i quali dimostrarono pro- venir questo dal suolo, al quale aderiscono gli alberi, e condurre a ciò la poca conducibilità del legno sul calore, che perciò tardamente si disperde. Che la poca conducibilità sul calore della fibra le- gnosa sia ciò che dà cagione a quanto si osserva nelle piante secche, siccome pensano i primi, è, per quanto a me sembra, il miglio) e avviso. Se però io a ragione dissenta da essi ove si tratti delle piante vive, lo giu- dicherete da quanto sono per dire; ne mi sgomenta lo stare contro di me quel vieto precetto delle scuole, che comanda l'ascrivere ad una sola ed identica causa gli efielti simili; precetto la cui fallacia ci viene spesso mo- strata dalla contemplazione delle cose naturali. Così la- scerò a voi il giudicare del valore delle ragioni che io credo potersi opporre quanto all'influenza della tempe- ratura del terreno su quella delle piante. Ora eccomi ad esporvi, e quanto più brevemente per me si potrà, quali considerazioni mi portino ad allon- tanarmi dall'opinione generale. Nelle piante hanno senza dubbio efTetto alcune azioni valevoli a produrre iu esse 92 SCIENZE ED ARTI un abbassararnlo eli temperatura; e poiché esse, come appunto viene dimostrato dalle osservazioni prcmenzio- nate, sono ben lungi dall'avere una temperatura costan- temente inferiore a quella de' corpi circoslanfi, questo solo ci presterebbe buon argomento per credere clic in esse esistano delle sorgenti di calore; imperocché, quan- d'anche volesse ammettersi col Trevirames l'influenza del suolo sul calore delle piante, questo non basterebbe a rendere ragione del fallo, non essendo a credersi che il terreno conservi sempre una temperatura superiore a quella dell'atmosfera ; di che mi riserbo a parlarvi qui a])presso. E questa induzione mia avrebbe, a mio credere, a tenersi per fondala abbastanza, quand'anche colali sorgenti di calore ci fossero del tutto ignote. Ma in vero se vorremo portare la considerazione nostra sulle azioni che costituiscono l'economia vegetale, ci sarà facile rinvenire alcune almeno di tali sorgenti. Una delle cause di disperdimento del calore che esi- ste nelle piante si è l'irradiazione. Credo superfluo il ricordare a voi i danni che risentono le j)iante nelle ijotli fredde e serene, in cui l'irradiazione h più che inai attiva; su di che, se la memoria non m'illude, mi sembra aver lette di belle considerazioni dell'Arago nél- YÀnnuaire pour Van i833 par le bureau des longi- iudes. Oltre di che si hanno alcune osservazioni del Guerin; che, confermando quanto già erasi fatto dai Wells, vide nel verno (24 gennajo 1827), mentre la temperatura dell'aria era a — 11", 3 cent., alcuni al- beri ed arbusti segnare al termometro li — i4°-,^ e — i5°: cioè avere una temperatura di — 3°, 5 più bassa dell'aria; lo che egli adduce appunto in prova degli ef- fetti dell'irradiazione e del raiireddamento ch'essa pro- duce nelle piante a cielo sereno. Qualche esempio che si avvicini a quello riferito dal Guerin può trovarsi nelle tavole delle osservazioni meteorologiche che si leggono ne' primi i5 volumi della Biblioteque Brilannique, però relativa seinpre a temperature meno basse. Uno MECCANICHE g'^ di questi, per tacere di paitctlii altri, si presenta nei piorni 19 Q 24 dictnibre 1796, jìrctidendo la irmpe- ralura osservata al levar dei sole, poicli»; in tali di la difiisreriza non è minore di 3", 2 e va fino a 5', 5", 3 e i)^. Egli è vero però che questo mese iàlesso nei giorni (3- 14 ofiìe un latto del tutto opposto, la. tem- jxratuia dtll'atniosftra discendendo al L. del sole fino a — io'',7, mentre quella dell'albero non va al di sotto di — 3". Il che può vtrisimilmente ascriversi all'essersi la temperatura dell'aria assai rapidamente freddata in que' giorni, forse pel vento di NE. che spirò costan- temente; freddura a cui non parteciparono così tosto le piante; ovvero alla consolidazione o congelazione dei succhi, siccome vedrete pensarla il Neufièr, favellandosi da lui di analoga osservazione. La causa piincipale però che agisce nelle piante per abbassarne la temperatura, si ù certo l'evaporazione che si opera alla loro superficie e segnatamente mercè delle loro fòglie. Voi conoscete le osservazioni dell' Hales e del Sennebier sull'evaporazione delle piante; voi sapete che il Woodward coiithiude da alcune sue osservazioni j)rc)tratte per undici settimane su di alcune piante, che in questo spazio di tempo si vaporizzò alla loro super- fìcie una quanlhtà poco meno che centupla del loro j)e- so. Certo non è a credersi che in tutte accada una sì grande evajwrazioiie; se anzi si sa che questa varia nelle divèrse classi di piaule, siccome lo latino conoscere le ricerche del Neutli^r; che ascrive ai carici, alle grami- nce, alle piante acquatiche, ed in generale, a quelle che abbisognano di molt'acqua, un'evaporazione più copiosa che nelle coriifere e negli arbusti a foglie coriacee e nelle piante succulenti. Al dire però di lui, iu breve esse traspirano l'acqua che contengono; la quale nelle liiglie delle j)ianle erbacee ascende da 65 a 70 e tal- volta fino a 88 per cento. Il Mirbel in fine non dubila nell'asserire che nel corso di poche ore di un giorno di estale pe' vasi di un albero passa e si disperde pev 94 SCIENZE ED ARTI l'evaporazione una quantità di linfa assai più conside- revole di quella che rimane quasi stagnante nella pianta medesima in tutto l'inverno. La traspirazione delle piante è dunque si abbondante, ch'essa non può a meno di produrre un sensibile abbassamento di temperatura; ed il Neuffer medesimo ascrive a questa causa, cioè all'ac- cresciuta evaporazione nella state, l'avere in quella sta- gione l'albero una temperatura inferiore a quella del- l'atmosfera. E se questo potè egli desumere dalle pro- prie osservazioni, altrettanto deducesi da quelle isti,tuite; a Ginevra e riferite nelle tavole suddette della Biblio- teca Britannica, colle quali si dice essere concordi le sue. In fatti se osservisi in esse la temperatura dell'at- mosfera e quella dell'albero ne' mesi di giugno, luglio e agosto degli anni 1796 a 1800, alle ore due pome- ridiane, epoca della maggiore evaporazione, si vede es- sere costantemente quella dell'albero inferiore di molto alla temperatura dell'atmosfera. Eccone i medi risulta- menti. iperatura 'albero. 3,o5 4,7^ 1,24 4,75 6,29 3,00 3,93 4,9S 1,81 3,37 4,45 • 3,48 5,83 7>»9 Temperatura dell'aria a /^ piedi di profondità. Ten. del, J796 Giugno ?5,7i Luglio 16,76 Agosto.- 17,90 1797 Giugno i3,62 Luglio i9>SS ••....••.• ■Agosto 19,33 ........^^».,^.,; 1798 Giugpo 16, 56 Luglio 17538 Agosto 18, o3 1799 Giugno i5,53 Luglio 17,45 Agosto 18,76 1800 Giugno ,. i5,i3 Luglio. Agosto, 20,47 20,43 MECCANICHE g5 Forse l'evoluzione [)ur iiticlic dell'ossi £;cno nel giorno, e dell'iicitlo cmbonico iJL'lla riotle potribbe menzionarsi fia le cause di disperdinienlo di caloie. Essa però, a mio credere, può al tulio trascurarsi siccome compen- sala dall'assorbiinenlo dtll'ossìgeno che si opera nella iioUe, e dalla produzione dell'acido carbonico, s'egli è a credersi, come io penso col Saussure e col Berze- lius, che iu fine l'aria conservi sempre la composizione medesima per quanto dipende dalle piante. Le azioni che risiedono nelle piante e che debbono dar cagione ad innalzamento di temperatura, sono, a mio credere, la capillarità che senza dubbio in parte concorre all'assorbimenlo delle loro radici; e molto piìi di questo le azioni chimiche che in esse si operano, lentamente sì, ma cerio senza intermissione ,. segnata- mente dalla j)rimavera al principiare dell'autunno, po- nendo mente al cangiamento di costituzione de' liquidi ed anche de' fluidi aeriformi che succhiano le radici; questi, e quelli prendendo la forma più o meno pros- siiiia alla solidità per formare il loro parenchima e la fibra legnosa. . Quanto all'azione capillare mi limiterò a ricordare ciò che si dice dal Puisson nella dottissima sua memo- ria sulle equazioni generali dell'equilibrio e del moto de' coi [)\, (Bull. Un. Se. matli. jiiin i83o, p 4 io), ponendosi da lui che ove un fluido venga a contatlo di un corpo solido , allo ad agire sulle sue molecole (e certo in questo caso debbesi ammettere una tale azione, imperocché ha eflètlo l'attrazione molecolare), questo fa che accada una compressione nel liquido; e ciò sa^ })ete, è (juaiito basta perchè abbia a svolgersi del calore.' Che l'azione chimica abbia veramente efft'tto nelle piante è quanto ci portano a credere i rimutamenti che in essi accadono, la nutrizione loro, la formazioue di tanti diversi jirincipì, il vedere sciolti in alcuni de' loro prodotti de' principi minerali, e per fino l'aculo silicico, sostanza fra le meno solubili. Ed egli può dirsi di più 9^ SCIENIE ED ARTI che le funzioni tutte della vita vefi;etale si riducono, ol- tre l'assorbimento, ad altrettante azioni cliimiclie; su di che non dirò più oltre trattandosi di cose che voi co- noscete. E tanto più credo dovermi passare di questo brevissimo cenno, dappoiché, non è ancor mollo, voi stesso, a proposito del calore animale e delle diverse cause che valgono a produrlo, aveste a scrivermi; come questa (l'azione chimica) senza calore? Ora immagi- neremo noi un'eccezione a questa legge per le sole })ian. te? Potrebbe forse oppormisi che, ammessi ancora co- tali rioiutamenli e le azioni chimiche da cui questi pro- cedono, considerata la poca energia della vita vegetale, segnatamente negli alberi, tulio ciò non costituisce che una causa debole troppo perchè essa possa credersi ido- nea ad elevare la loro temperatura: in somma a dare ad esse un calore proprio. Favellando a voi, non' mi farò qui forte su quello che ornai costituisce un canone della scienza: cioè che le cagioni che a noi sembrano tenuissime, se sieno incessanti, sono quelle che produ- cono i più grandi effetti. Dirò bensì che tali cagioni non sono sì lente come forse altri crede. Vi ho già ac- cennato di sopra le osservazioni del Woodward sulla traspirazione copiosissima delle piante. Fsse però riguar- dano piante erbacee, e perciò i risultamenti da essolui ottenuti sono cerio di molto superiori a ciò che si può credere delle piante in cui la vita è più lenta quanto lunga più. La traspirazione però debb' esser certo co- piosa anche in queste; ed il Seniiebier raccolse ne' due mesi di maggio e giugno 844 gl'ani'»» di materia tra- spirata da una vite. E ciò che così esala dalla super- ficie delle piante essendo una vera secrezione, basterebbe questo, quand'anche mancassero altre ragioni, a farci credere che la materia della traspirazione abbia sog- giaciuto a rimulamenti chimici. Questo però risulta evi- dentemente dalle osservazioni del j)redelto tìsico , cioè dalla natura di tale materia; ch'egli trovò contenere il carbonaio ed il soUato di calce, non che la mucilagioe MECCANICHE 97 cx\ mia resina. E non vi sembra egli che questo valga a fiir baslaufemcnte conoscere che le azioui chimiche che si operano per enlio alle piante non sono si lente come forse potrebbe credersi a prima giunta , se esse danno cagione ad una secrezione tanto copiosa? Ma egli mi pare che questo si scorga anche più convincente- mente vedendosi come in breve spazio di tempo una rovere, un olmo (parlo di quelle piante che abbiamo tutto dì sottocchio) riveslansi di un numero immenso di foglie e quindi di giovani rami. Altrettanto mostra l'abbondanza di alue, succhi che stillano dalle piante. Per esempio, V acer saccliunmim può somministrare nel corso di un giorno otto a dodici litri di liquore zuc- cherino. Quanto abbondante sia la raccolta che si (a di sostanze resinose da alcune specie di Pinus., Jlbies, ec, è ciò che voi sapete. E talvolta colali piodJzioni dell'economia delle piante si fa poco meno che istanta- neamente. Tale è quella trassudaztone di che pel mat- tino, sebbene assai di rado , si vedono coperte le fo- glie di alcune piante, che comunemente si conosce sotto il nome di manna (miellatfr.); tale la manna di Brian- fon. Non sono dunque sì tenui né sì lenti i rimutaraeuti e le azioni chimiche che si operano nelle piante, e tali che cid essi non possa ascriversi una qualche produzione di calore. Ed egli si vede aver questo realmente effetto in quelle piante che al momento della loro fioritura ma- uifestano ,un calore sensibile ai sensi ed ai termometro (Jruin italicuni; cordifblium, e^culentum^ inaculatuni^ cucurbita melopepo^ colocasia odora); locchè forse av- viene, cioè il calore in tal caso è sensibile anche ai sensi per essere le azioni chimiche alquanto energiche , ed oltre di questo ristrette ad una sola parte della pianta. Ed egli mi pare che ciò acquisti un maggior fonda- mento da questo, che un tale aumento di temperatura nel caladiuin piunatijìdum viene accompagnato dallo svolgimento del suo odore; che allora si fa maggiore, ed a tal segno che lo Schultz asserisce che l'aria del 98 SCIENZE ED ARTI luogo SI sentiva tutta impregnata di vapore ammonia- cale (Edimb. rew. Phil. Jour. n.^ 3i, pag. 89); fo che presta nuovo argomento per credere all'esistenza di azioni chimiche alquanto energiche. Colla quale opinion*^ si trova concordevole quella del Murrey, dal quale si tiene ciaschedun colore de' fiori delle piante sviluppare al momento della sua evoluzione una temperatura par- ticolare ; siccome egli ha creduto doversi conchiudere da esperimenti a tale effetto da essolui operati. Se adunque esistono nelle piante delle cause di pro- duzione di calore e di raffreddamento male avviseremmo noi considerandole, al pari de' corpi bruti, siccome es- seri che non hanno un calore proprio, e che più o meno prontamente si pongono in equilibrio di temperatura coi corpi circostanti a norma della loro conducibilità e calore specifico. In vece egli ha a credersi che le pre- détte azioni sieno presso che eguali da bilanciarsi fra loro fino ad un cierto punto; non nicgando però che le piante pur esse seguario la condizione di tutti i corpi: quella di risentire l' influenza de' corpi circostanti per essere o riscaldati ò freddati. Gli animali pure, in cui non può negarsi l'esistenza di uria sorgente interna di calore, hanno una più elevata temperatura nella state che nell'inverno, siccome potè assicuralrsene il Despretz (Eléin. de eh. torà. 2°, p. 5 16). Comechè io creda le cose fin qui dette essere baste- voli a mostrare che le piante veramente racchiudono in se una cagione di calore, che però viene or più or menò Rilanciato da cause opposte, il che senza dubbio fu quel- lo che portò la maggior parte de' fisici a credere che essi non godano dì un calore proprio; permettetemi che io mi trattenga alcun allró poco con voi per dirvi come egli sembri a me questa mia opinione, rispondere ài fatti che presentano 'le piante. Tornerò a tale effetto alle ricerche del Neuffèr: quelle ch'egli istituì in conferma degli esperimenti dell'IIalder, e che si dicono concoi- MECCANICHE 99 dcvol'i eoa quelle osserv.izioni liilte al Giardino Lotanico di Giucvia e riferite: nella Biblioteca brillanica. Prendendo il fisico predetto la temperatura di un pioppo durante l'intero anno i8a8, videsi da lui che ia temperatura dell'albero era a un di presso eguale a quella dell'ambiente nel mese di febbrajo; più alla nei mesi di marzo, aprile e ma};;gio; più bassa che quella del- l'aria ne' restanti mesi dell'anno. Al principiare del mese di gcnnajo l'albero aveva una temperatura di lo*^ mag- giore rispetto all'aria; ciò che da essolui si attribuisce al calore che si sviluppa per la congelazione de' su^hi acquosi del vegetale; il che certamente può almeno a- versi in conto di assai verisimile, come vi accennai di sopra. Ascrive egli poi alla accresciuta evaporazione nella stale l'avere in tale stagione l'albero una temperatura inferiore a quella dell'atmosfera; ed in ciò pure mi sem- bra doversi convenire con lui; anche di questo avendo già detto quanto occorre qui sopra. E in vero di ciò si trova la ragione nell'essere in quell'epoca dell'anno le piante tutte coperte di foglie e bene sviluppate, nel- l'azione de' raggi solari, nello stato igrometrico dell'a- lia. Quanto però alla temperitura dell'albero ne' mesi di marzo, aprile e maggio, non saprei seguire l'opi- nione di lui, che vorrebbe rinvenirne la causa, e nel perdere poco allora le piante per l'evaporazione, e nel ritener esse la temperatura media del suolo; la quale è alcun poco superiore, com'egli asserisce, a quella del- l'aria; ed ecco le considerazioni che mi portano a dis- sentire da lui. Che il suolo abbia in qutUa stagione una temperatura superiore a quella dell'atmosfera non pare a me che possa certo stabilirsi , come suol dirsi a priori; imperocché la ragione ci porta a credere al- l'opposto, che il calore lentamente penetri per entro al terreno mentre la stagione va intiepidendo; ed oltre a ciò gli strati inferiori , freddati nel verno precedente , debbono in qualche modo influire ad abbassare la tein- jjeratura de' più superficiali, e seguatumcnte di quelli tOO SCIENZE ED ARTI pe quali si estendono le radici degli alberi. E quando anche dalle osservazioni sue risultasse quanto egli dice della temperatura del suolo ne' mesi predetti, ciò che non si avverte nell'articolo in cui si rende conto delle sue ricerche (Edimb. rew. pIiiL Jour. n.° 17, p, i4u); anzi che trarne un principio generale, può credersi ciò dipendente dall'aver egli per avventura preso ad espe- rimentare sur uno di quei terreni che pel loro calore e pei la loro natura facilmente riscaldansi: in somma di quelli che perciò appunto si chiamano dagli agro- nomi terreni caldi. Ne ciò è senza verun fondamento; che i fatti anzi lo convalidano pienamente. Desumonsi questi dalle osservazioni menzionate di sopra, riferite udta Bibl. brit., di cui trascrivo qui i risultati medi Teroìometm all'om- Ternometro a 3 Tt^rmomeiro a 4 Terni, nel tron- Ira a 4 piedi di poli, di pro/im- piedi di prò fon- co di un grossa elevazione. dita nel suolo, dita nel suolo, castagno, ;96 (Lev. d. Sol.— 0,99) + >,99) , 4-1,60) irzo (a ore poni. -f- .'J,i9) -<- 2,71 f),GG) -H 4,97 2 n pom. -i- 2,73 2,76) -f 2,44 (Tram. d. S. i,()i) G,a5) 2,95) (Lev. d. S. + 3,07) -t-7,69) 4- 7.^2) rile (aorepom. i ' ,4?) "f" P><'7 "^Jj'g) -♦'12,75 ah pom. 4^7,25 9, ' 6) -J- 8,77 (Tr. d. S. 9,66) 14,3») 9,62) (L. d. S. 4- ;,oi) -f 10,42) +9^8) ggio(a li poni. 1 5,65) +10,59 i7,5o) -f-i4,4o 2h pom. io,5o 10,24)4-10,09 (Tr. d. S. 11,10) i5,3o) 10,44) 797 (L. d. S. 4- 0,21) -^ 2,73) -f 3,39) irzo (2 h pom. 6,97) -t- 4>" 7>87) + 5,95 2h pom. 3,3a 4>'^7) 4* 4>i^ (Tr. d. S. 5,1 5) 5,24) 4.73) (L. d. S. + 5,99) + 8,46) + 8,59) »nIe(2hpom. 12,07)4-8,97 14,72) +I2,i5 2 h pom. 7,49 9.79)'I-9>5i (Tr. d. S. 9,55) 13,27) io,i4) (L. d. S. + 8,84) 4-12,32) 4-10,80^ iggio(2 li pom. 14,99) +12,21 20,61)4-16,85 ah pom4 11,33 i i,32)-j-ii,22 (Tr. d. S. 12,79) 17>62) 11,53) 798 (L. d. S. + 0,53) + 3,86) -f. 4,20) ir;to (^2 li pom. 7,38) + 4>42 9>'3) 4* 7j°9 ^^ pom. 3,79 5,o4)4-«4»^ (Tr. d. S. 5,35) 8,27) 5,43) (L. d. S. + 4,59) 4- 8,57) 4. 8,36) )ri]c(ahpom. 12,37) + 8,95 i5;68) -f.i2,86 ah pom. 7,36 9,4/) 4" 9>^9 (Tr. d. S. 9,90) 14,32) io,o3) (L. d. S. + 7,5i) 4^ia,o6) -i-io,a8) iggio(2 h pom. 14, 53) +11,22 18,88) •|«i6,o3 ah pom. ii,'7 11 ,06) -J- io,S3 (Tr. d. S. 11,62) i7>i4) 11,35) 799 (L. d. S. + 0,99) -^ 4,00) a-xo (2 h poni. 6.94) + 4>44 7»^^ 4* 6,17 ah pom. 4*3,56 2 h p. 4- 5,94 (Tr. d. S, 5,39) 7,27) (L. d. S. + 3,61) 4- 5,63) )rilc (2 h j>oni. 8,a3)+6,i7 8.16)4-7,23 ah pom. 4* 4)^^ ^h p. 4-' G,3i (Tr. d. S. 6,67) 7,89) (L. d. S. + 6,81) 4*9,82) aggio(2 h poni. 12,70) +io,o5 i3,59) 4-i2,3i 2h pom. 4^6,88 ah p. .f. 9,43 (Tr. d. S. io,G5) i3,5i) 800 (L. d. S. — 0.20) , , , / I . / _.4 ,., > . , r' "'s 4- 2,70 ah pom. 4-4)12 ah p. + >j,o5 arxo (2 li poni. + 5,70) '' * ' 1 i i» « ^"•''(ah'pon,. "^,Ì:g3+-'55 ^,?;^^] 4-io,43 2 h pom. -^ 6,63 2hp.4-M,.8 "ee^^'-Fni. **'i5:56)+'=.75 "^Is'JiJ+'^.oa ah pom. 4-9,9. ^ h p. +.,,77 (:.:^o (■ ■ ^J..r* MECrANirHE lOI Dalle quali osservazioni possono dedursi le seguenti conclusioni: 1° Che il suolo, come si ha ragione di presumere ed all'opposto di (pianto asserisce il Ncufìèr, alla pro- fondità di 4 piedi, ne' mesi di marzo, aprile e mag- gio, serba costantemente una temperatura inferiore a quella dell'aria; e ciò non solo se si confrontino le os- servazioni prese alle due pomeridiane, ma eziandio se, quanto alla temperatura dell'aria, si tenga conto 'di quel- le che si riferiscono al levare ed al tramontare del sole; e cosisi abbia riguardo alla media temperatura del giorno; in questo caso ])resentandosi una sola eccezione (marzo I'JqG). Non parlo di quella che presentasi nel marzo 1800, poiché essendosi in quel mese presa la tempe- ratura dell'aria a due sole epoche del di, la uìedia no- tata nella tavola precedente risulta maggiore del dovere. 2" Che la temperatura delle piante, al contrario di ciò che crede il fisico predetto, non può credersi che sia sostenuta da quella del suolo, dappoiché questa ri- sulta sempre inferiore a quella dell'albero. Potrebbe credersi che il terreno più superficiale fosse quello che realmente influisce sulle piante; ma tosto che si ponga al confronto la temperatura dell' albero con quella indicala daf termometro a 3 pollici di profon- dità, si ha luogo a cangiare di avviso. Vedete in fatti che non v ha alcuna relazione costante fra l'una e l'al- tra. Nel mattino poco differiscono fra loro, ed il ca- lore dell'albero ora è maggiore ora è minore. Nelle al- tre due epoche del dì la temperatura del suolo aumenta notevolmente senza che un corrispondente accrescimento si osservi nella pianta. Ora la difìèrenza òdi 3*^ o 4**, ora molto maggiore; lino di 8'* e 9" alle due ore pomeri- diane (maggio i-jQ-^ ^79^)' ^ se per rendere ragione di ciò si })onesse in campo la poca conducibilità del le- gno, ci trarrebbe d'inganno il vedere che anche 7 ore dopo, sebbene la temperatura del suolo sostengasi molto elevata, quella dell'albero non soffre che tenuissimo au- 7 I02 SCIENZE ED ARTI tneuto; ciò die si scorge anche più evidentemente daile osservazioni giornaliere riportate nelle tavole predette. Se in vece si vorrà considerare la media temperatura del giorno, questo pure ne guiderà alla conchiusione me« desima, osservandosi talvolta una tenuissima diiferenza non maggiore di o",23 (marzo 1799), mentre in altri mesi essa ascende fino a 4" e 6*^ e più; e v'ha pure il caso che la temperatura dell'albero sia superiore a quella del suolo, siccome si vede nel mese di aprile i8oo, comechè in tal mese non si notino che le indi- cazioni del termometro al levar del sole ed alle a ore pomeridiane; lo che dà una media eccedente. Se que- ste considerazioni sono giuste, basteranno esse ad esclu- dere l'opinione del Neuffer, e quella non meno del Tre- virames e del Nau, che vi accennai in principio. E ve- dendosi d'altronde le piante serbare una temperatura su- periore al calore medio dell'atmosfera, tranne una sola eccezione (anche qui trascuro per la ragione accennata di sopra le osservazioni relative ai mesi di aprile e mag- gio del 1800), quanto io dissi di già sulle azioni chi- miche che hanno effello sopra tutto ne' mesi predetti: cioè mentre la vita delle piante si rianima e l'ascensione della linfa, la produzione de' sughi propri ee. ha luogo, e ciò che a mio credere rende plausibilmente ragione del fatto. Vediamo ora se i principi del Neuffer e del Trevi- rames, i quali suppongono la temperatura delle piante dipendere dalla temperatura del suolo e dall'evapora- zione, ci prestino il modo di spiegare quanto l'osserva- zione ne mostra in altre stagioni. Il primo di essi dice di aver trovato ne' restanti mesi dell'anno , cioè negli ultimi quattro che rimangono dopo di aver egli men- zionati il gennajo e il febbrajo e quelli di primavera e di estale, la temperatura delle piante inferiore a quella dell'aria. Potrebbe avvertirsi a tale proposito che, quan- tunque le sue osservazioni si dicano concordevoli con quelle riferite nella prima annata della Bibl. brit., iu MECCANICHE 1 o3 ciò nou combinano veramente; e quanto egli dice non sì avvera neppure ne' seguenti anni 1797 a 1799. La- scio anche qui a parte le osservazioni dell'anno 1800, per essersi presa la temperatura in sole due epoche del giorno. Ciò che però più importa si è il vedere se di questa più bassa temperatura delle piante relativamente all'aria, com'egli dice d'avere psservato, ovvero di quelle tenuissirae differenze, ora in più ora in meno, che fra queste due temperature si rilevano dalle tavole che ci hanno lasciate i lisici ginevrini, possa rendersi ragione co' principi loro. Ne' mesi di autunno, settembre, ot- tobre e novembre, e particolarmente negli ultimi due, le foglie, fino dal momento in cui incominciano a pro- vare quello stato che le dispone a cadere, per la po- chezza degli umori che si portano fino ad esse, assai debolmente possono perciò servire all'evaporazione. In quell'epoca dell'anno, e molto più dopo che le piante si sono spogliate delle loro foglie, manca quindi in esse la principale cagione di raffreddamento. D'altra parte la temperatura del terreno in quella stagione debb'es- sere superiore a quella dell'atmosfera, e perchè gli strati inferiori ritengono il calore concepito nella stagione pre- cedente, il quale va lentamente comunicandosi alla cro- sta superficiale; e perchè le piogge che di frequente bagnano il terreno, ancora arido, fanno ch'esso si ri- scaldi, secondo i principi del Pouillet. Ne' mesi pre- delti adunque, s'egli fosse vero che le piante traggono il loro calore dal suolo, dovrebbero esse manifestare una temperatura superiore a quella dell'aria; e tanto più che, mancando l'evaporazione, manca, come ho det- to, la cagione princijiale del disperdimento del calore; lo che non concorda nò colle osservazioni del Neuffer, ne con quelle de' fisici di Ginevra. E quello che io dico della temperatura del suolo deducendolo dalla teo- ria, viene confermalo ualle osservazioni di questi ulti- mi. Tutto questo potrete, se vi piace, verificare get- tando l'occhio sulle tavole ripetutamente mentovate; per I04 SCIENZE ED ARTI amore della brevità , essendo già quesla lettera sover- chiamente lunga, lasciando di riferire le osservazioni me- desime. Ed ivi troverete che il calore del suolo, sia a 3 poli., sia a 4 piedi di profondità, ne' rhesi autun- nali è sempre superiore a quello dell'aria e dell'albero, senza che ciò si veda avere alcuna influenza sulla tem- peratura di quest'ultimo. Secondo i miei principi b tem- peratura delle piante o inferiore, come -.iserisce il Neuf- fer, 0 poco diversa da quella dell'aere, siccome appare dalle osservazioni fatte al giardino di Ginevra, jìroviene e dulia cessata traspirazione ed evaporazione, e dall'es- sere cessate quelle funzioni, quelle azioni chimiche che io tengo essere la principale cagione del calore ielle piante; restando però una delle cause di raflreddamen- to: l'irradiazione. Se con questo possa rendersi conto della temperatura delle piante nella stagione predetta, e quale essa ci viene indicata dall'osservazione, è ciò che voi vedrete facilmente, anzi che io debba perdermi in lunghe parole. Forse vi accadrà di osservare, po- nendo mente alla temperatura dell'albero nel settembre, ch'essa in tal tempo, rispetto a quella dell'atmosfera, dovrebbe essere più bassa che ne' due mesi susseguen- ti, e ciò per essere allora non del lutto sospesa la tra- spirazione, che anzi le foglie servono tuttora, almeno in parte, alle loro peculiari funzioni. Rammentate però che nel mese stesso le funzioni interne delle piante an- ch'esse serbano una qualche energia, Si dice anzi dal Sennebier che dopo la metà d'agosto i fenomeni della vegetazione sembrerebbero far credere che la linfa ri- prenda il vigore della primavera, tinche poi sopra ven- gano le gelate autunnali. Darò fine a questa lunghissima lettera per parlare di una osservazione del Trevirames; una di quelle da cui egli deduce che il calore non si svolge dalla vita delle piante. Ricorda egli (Bull. Un. Se. nat. mai i83o pag. 257) de' cristalli di ghiaccio trovati sotto la cor- teccia del sambuco, della Syringa vulgaris^ della vi- BIECCANICHE 1 o5 to. Il Ncuflor pure riferisce d'aver trovalo il legno o pet" mct^lio dire i suglii ch'osso conlienc ghiacciati fino ad una certa prorondilù in parecchie piante; la quale nel Salix fra'^ilis era di 17,0 linee. Nella stagione del ghiaccio la vita è del tutto o quasi del tulio sospesa ne' vegetali: non più sensibile nutrizione, assorbimento ce. Non è dunque maraviglia se essi allora, come i corpi inorganici, si pongano ih equilibrio di tempera- tura. I pesci, i quali certamente godono di un calore proprio, coinè lo mostra il goder essi di una tempe- ratura più elevata del liquido in cui vivono, talvolta si trovano interamente ghiacciati, e senza che la loro vita sia estinta. Se ne ha un esempio in ciò che osser- vavd il cap. Franklin nella riviera Cooper-mine; che trovo de* pesci ghiacciati a modo da formare una massa .solida, facile a mettersi in pezzi colla scure, ma che pel calore riprendevano i niovimenti di vita. Vorrei che queste itiie riflessioni incontrassero l'ap- provazione vostra. Comunque però sia l'avviso vostro io l'apprezzerò egualmente, più che la lode piaceiidomi quanto può condurre a scopi'ire il vero; e dal vostro sapere e dall'amicizia vostra mi riprometto consigli che n^|?nino a questo. Chiunque menò discreto e gentile di voi mi direbbe forse: perchè tornare su di un projiosito già discorso da illustri fisici? So di correre un aringo in cui altri già fecero prova di sè ; ma egli mi è parso che quelli che stanno per l'opposta sentenza non ab- biano messo bastante attenzióne alle osservazioni de' fi- sici ginevrini; le quali, a mio avviso, contengono quanto basta aH'uopó. e so[)rà tutto ad escludere che le piante debbano al suolo il calore ch'esse talvolta manilestano superiore a quello dell'atinosilra; in che segnatamente essi si, Ibndatió. Colali osservazioni, olire che si debbono a sagacissimi investigatori delle coSe naturali, fuióno isti- tuite senza' alcuiia prevenzióne, perocché non inlese a sostenere veruna ipolesi o teoria preconcetta, protraile per cinaue interi anni; circostanze tutte che valgono a 106 SCIENZE ED ARTI dare ad esse molto valore. Ed ecco ciò che mi rese ardilo, a contradire la sentenza di molti altri. Abbiatemi sempre ec. Modo di stabilirsi in Sicilia prontamente e con fa- cilità banche di risparmio e di deposito^ e di far cessare le gravi usure nei piccoli pegni. Mentre non poche banche di ogni maniera sorgono lutlo dì ne' ricchi domini di Napoli, vana opera al certo non parrà il proporne una pella insulare di deposito e di risparmi, die, dipartendosi dai metodi comuni, pro- duca l'amore all'economia, ispiri intera fiducia, ed a cessare vaglia le gravi usure dei piccioli imprestiti a pegno. Chiamasi cassa di deposito una istituzione di- retta a ricevere denaro rimborsabile a volontà del de- positante, dando un tenue fruito; banca di risparmi, una cassa che riceva mensuali e setllraanili somme per re- stituirle a tempo e modo convenuto. Passiamo perciò a significarne i mezzi, perocché nelle cose economiche torna facile mettere avanti teorie, dif- ficile additare buoni partiti, difficilissimo metterli util- mente in atto. Suggerisco io adunque di darsi ai piiì ricchi monti di prestanza dell'isola facoltà di ricevere danari conie cassa di deposito, e come cassa di risparmi , pagando pei primi il tre, e pei secondi offrendo le, condizioni della banca frultuaria di Napoli. Questo mio pensamento di fermo dà un gran van- taggio sopra le solite banche alla da me ideata, per la grande verità, che poco costa lo aggiugnere ad un'opera esistente alcun che, all'indole sua conforme, molto il crearne una tutta nuova. I nostri monti di prestanza danno denaro al 5, solo MECCÀNICHE 107 quello eli Palermo al 6 per cento. Ricevendone al tre ne ottengono guadagno non tenue. Tutto questo guadagno io penso d'impiegarsi nella erezione di altri monti di ajuto per i piccioli pegni, da tenersi aperti in tutti i giorni, ed in certe ore in cui stan chiusi i monti ordinari. Con questa misura, sem- plice e vero, ma efficacissima, sparirebbe in un tratto il grande numero degli usurai (più della giusta misura ma- ledetti) che durar non possono prestatori a grandi, se ve n'ha, a moderate usure, ed il solo bisogno fa tal- volta picchiare non amate porte. Altro espediente corre alla mia mente per accrescere i capitali dei monti di pietà. In Sicilia vi ha grande quantità di legati a condi- zioni determinate che sino allo adempimento restano infruttuosamente nelle mani dei cassieri delle partico- lari opere. Per trarsene un profitto potrebbero passarsi nella cas- sa del monte di prestanza per darli, ricorso il tempo e verificata la condizione di legge. Con questo provvedimento, cresciuti i capitali, riesce più facile la erezione delle casse di ajuto da me cen- nate. Le proposte misure , parmi almeno, che, mentre ofTron facil modo ad un padre di famiglia, ad un uo- mo onesto, di provvedere agli urgenti suoi bisogni, fan che la santa mente dei pii testatori sia con esattezza e senza imbratto di vizio eseguita. Se i capitali crescessero tanto che soverclilassero il bisogno, si potranno aprire casse di sconto, e così dare a traverso a' prestatori di maggiori somme. S. V. lOb SCIENZE ED ARTI Siili iv efficacia^ ed inconvenienti delle fumigazioni nel Cholera-morlnis epidemico. Considerazioni del doti. ANTONINO Greco (ottobre i835). § I. Sin dalla più remota antichità ritenendosi qua- l'uua delle cause di malattia l'alterazione dell'aria, si cer- carono avidamente fjuei mezzi che opportuni credevansi a purificarla, ma tali mezzi, i quali non riducevaosi che alla semplice combustione di sostanze aromatiche, e re- sinose, ad altro non servivano che a mascherare il cat- tivo odore di talune emaoazioni, senza neutralizzare i ])rincipi da cui queste tiravano origine, anzi talvolta davan luogo a nuove combinazioni o esalazioni irritanti che aggravavano vieppiù il male. Fu il primo l'illustre Guyton-Morveau chimico di Bigione, che abbandonando i sudetti profumi ebbe ri- corso al gas c/orr», in quei tempi chiamiito acido mu- riatico ossigenato, owvvo anche spirito di sai marino dejlogisticato. Nello invei'uo del 1773, essendosi il suolo del cimitero di Digione coperto di durissimo e profondo strato di gelo, fu impossibile il seppellirvi i cadaveri, il perchè altro rimedio non si trovò, che di depositarli provvisoriamente nelle fossu sepolcrali della cattedrale; ma Sebbene dopo alquanti giorni levati già si fossero i cadaveri e trasportali entro il cimitero, pure la pu- trefazione era talmente Jnnoltrata, che la chiesa oe re- stò orribilmente infetta, tanto che, scappandone una mi- cidiale emanazione, i vicini abitanti n'ebbero a soffrire una mollale febbre epidemica; inutile riusci ogni sorta di jirofumi, il male imperversava: fu allora che il Guy- lon , invitato dalle autorità, praticò entro la chiesa i citati suffumigi di acido muriatico, ed in capo a quat- tro gioi'ni questa fu in istato di riaprirsi al culto di- vino, ed il morbo prontamente cessò. Ijieto allora il Guj^ion deircttcnuto successo propagò in cento modi il MECCANICHE ICQ SUO rìlrovalo, e sia d'allora (e son ormai 62 anni) non avvi chimico, non medico, non scolare che ignori il processo guiloniano; si prendan difatti io dramme di sai comune cotanto abbondante presso noi; 2 di ossido nero di manganese si mettano in una pentola di terra, vi si versino 6 dramme di acido solforico allungato con' 4 parli d'acqua, e si vedrà allo istante sviluppare il tanto desideralo gas: se questo vuol rendersi più intenso onde servire per ampia sala, si aumenti la proporzione degl'ingredienti, e si metta la j)entola sopra carboni ac- cesi. Ma quante rigorose cautele non richiedono tali fu- migazioni doriche! Basta il dire, che se il cloro viene- respirato la morte ne può esser la <;:onsegU(;nza: verità non sfuggita daJla mente di quei medici napolitani, che nel eom])ilare per ordine del Governo V Istruzione pra- tica sul Cìiolera- morbus ad uso delle truppe esclama- rono -v che tdli fumigazioni possono distruggere pronta- mente la vita in mezzo a vivissimo dolore» (pag- 29).- Bisogna, quindi che la stanza, che vuoisi d isin fetta re y fosse vuota chiusa, e spogliata di (jualsiasi mobile, e^ che ndn si ritorni ad abitare se non do])0 che la ope- razione disinfettante sia finita. Onde evitare i funesti accidenti j)rodotti sovente dal cloro fu dallo Smith pro- l>osto lacido nitrico, il >qnale làcilraenle si ottiene ver-t: sando sopra 4 dramme di sai nitro altrettanto di acido solforico; ma la virtù disinfettante di tali fumigazioni nitriche cede di molto alla sperimentata aziolie delle eloriche* > ' ^ - , . Che.vi siau dunque dei disinfettanti, ed in capo a tulli il doro non v'è chi lo contrasti-; ma assai s'in- gannerebbe colui, che credesse tai mezzi poter cóiivenire in ogni sorta di epideu)ia! Che per" nostra inala ven- tura, egli è da confessarsi ,, pochissimi essere qn(!Ì casi di epidcniia i quali posson venir combattuti dalle la- jnigazioni, e quelli solamente; reputo esserne susecltrbi- li, di cui permanente non ne è la causa: vediamolo col' raziocinio, proviamolo indi- col fallò. I 10 SCIENZE ED ARTI § II. Se una malattia sorprende contemporaoea mente nel medesimo paese un gran numero d'individui si chia- ma epidemia dal greco eVt sopra, e ^yi.uÒs popolo. Tutte le malattie, cui gli esseri viventi van soggetti, posson divenire epideraiclie; i catarri, le dissenterie, le diarree, le oftalmie, le febbri di ogni genere, le affezioni con- tagiose, ed esantematiche sogliono in certe epoche, e sotto date circostanze manifestarsi epidemicamente, e ne sia un esempio recentissimo la grippa, la quale noa e che un catarro bronchiale, e che, dopo di aver vi- sitato l'uno, e l'altro emisfero, ci tormentò nel i832, e i833. Le malattie epidemiche dunque non dilTeriscono es^- senzìalmente da quelle, cui l'uomo va di continuo sog- getto, altra differenza tra quelle, e queste non esiste se non clic nel numero delle persone affette. « Le cara- etère épidémique, dice Nacquart, ne constilue point un ordre particulier de maladies, mais il doit étre consi- derò seulement comme une forme, que toutes, cu le plus grand nombre peuvent revétir. » In ogni tempo si cercò di sapere quali mai fossero le condizioni o cause favorevoli alla manifestazione delle epidemie, ond'io, assieme al eh. patologo Rochoux, credo a quattro grandi categorie poter ridurre tali cause. 1 Alla cattiva alimentazione cui per qualche tempo un intero paese, una nave, un campo di soldati ec. sono stati costretti. 2° Ad infezione, ossia a quelle emanazioni, o efiluvi deleteri, che fuggono o dalla faccia della terra, o da acque stagnanti, o da corpi organici in putrefazione, o da affollamento di uomini. 3° Ad una costituzione, o influenza incomprensibile atmosferica, ad un quid divinum in aere laiitans nato o da nuovi, ed incogniti principi, a cui l'aria serve di veicolo, o da squilibrio nei suoi elementi sia gasosi , sia imponderabili. 4" Finalmente al vero contagio, ossia a quel Wm< ' ikECCAlf ICHK 1 1 1 sui generis^ che si comunica da un'animale che n'e af- fetto, o impregnato, ad altro, che pria non lo era. Vediamo in quale di queliti quattro generi di epide- mie convengono le fumigazioni. A. Nel primo taso quello della cattiva alimentazione Insista il supplil-e cibi di ottima' qualità, per debellare la c&usa dell'epidemia, ed in questa infruttuoso riusci- rebbe ogni sufitimigio. È. Nel secondo caso, quando cioè l'epidemia è sve- gliata da infezióne^ ossia da qualunque fomile delelere, e'putri(^o, potrassi mai sperare, che con fumigazioni si giunga a purificare una più o men grande quantità d'aria atmosferica, di cui non si e finora arrivato a co- noscere là natura dell'alterazione? Dato però e non pro- vato, che ciò possa verificarsi, in qual modo potrassi riparare all'aria sempre rientrante, io voglio dire a quella che sempre si rinnova? Ne vale il dire che a ciò si può rimediare mantenendo un perenne svolgimento di gas entro la sala, che vuoisi disinfettare; dappoiché o il gas che si sviluppa è in picciola dose, siccome richiede rigléne, ed allora non basta a neutralizzare le grandi masse atmosferiche, o questo è in grandissima quanti- tà, ed allora,' siccome si è già detto, esso arreca mille danni, e per fin la morie. Fa mestieri dunque pria di tulio allontanare la causa infettante, il centro cioè da cui partono tali cattive emanazioni, e indi purificare quell'aria, e quegli oggetti che rimasero infetti. Avrebbe mai jiotuto il Gujlon dissipare la febbre di Digione, se dalla cattedrale trasportato non si fosse preventiva- mente quel numero di cadaveri putrefalli , da cui il miasma emanava? Egli quindi non fece che purificare quella poc'aria, é quelle mura, le quali, abbenchè al- lontanata fosse la causa , pure erano impregnate del principio miasmatico; principio, che non solo per quelle fumigazioni, ma bensì per la ventilazione proccurala alla chiesa si disperse; e che indipendentemente delle fumigazioni disperso anche sarebbe slato o per la sola 1 I 2 SCIENZE ED AR:^' I Venulazione, o per yeplo impetuoso, o, per pioggia di- rotta ec. siccome si sa essere avvenuto in mille epiaeraie^ Notissima e quelì'oijServazione citata dall immortale Dupujtreu (i), il quale' ha veduto più, di , una volta, che se in una sala capace solo di 200 letti,, si aggiungeva un numero maggiore oi malati, cioè daj^ 22O ai 3iOp,,, bentosto l'aria si Viziiàva, ed un'epidemia cangretìos^, e di tifo si manifeslava fra quei maiali; ma che appena il numero di questi veniva grodafainenfe ridotto ai 200, si vedeva anche gradatamente indebolire, e spa/"ir§ e riìifezione, e l'epidemia (2). Ne il Dupu^;li'en j)'irU. di^, fumigazioni di sorla alcuna, ce può supporsi, che quel grancVuómo potesse parlarne, poiché sarépjbe ótato un delirio il disinfetlare) con suHumigi il vizio di (jueira- ria che riconosceva per causa indubitata 1 eccod elite nu- mero d^nfermi; bisognò dunque agirsi non sull'aria in- fetta, ma sulla proporzione dei Ietti, riducendoli al nj^r mero conveniente, cioè, ai 200, td allora on voja'i.t di- sparailre t odeur nauseabonde de l'air, la. pourrìturtì d'hopital^ et les fiÒK'res de mauvais cara,cière. Epperò son sicuro, che se dopo tale diminuzione di letti restato fosse per più giorpi entro la sala un morboso odore, il quale lion spariva liè per ventilazione, ne per net- tezza, ne per altri mezzi igienici, regalare sarebbe sialo il Ricorrere all'uso delle fumigazioni; il che forse pra.- licossi da quel gran clinico. . ' , ^ , ;,j c. Lo stesso è da dirsi j e con iiiaggiòr ragione per^ lo terzo caso quello cioè della cosiituziÒne p 'u\^\\G[.ìidi^ atmosferica, poiché vastissima, pcreime f?d arcana esseiida la causa di tale epidemia vano del lulto riescircbbe ogni ineschino tentativo di disinfczione^ ,^. _ , p. Ne meno, inefficaci finahuente saranno le funiigf)- (i) lìapjwrl sur une mémoire de Mr. Costa pag. 09 e 60. Questo itap- pailo e sia^o aiiclie inserito alla (ine della della Wiiiioiia di Mr. Co.-la , oIk; pòria per titolo De là non dóhtctgioii de Id'Jiòi^ó jaun^, ctc» Pa.r.is ìSì-j. *'- ' : ' . ■ ■■•' •• ■ ; i/';. ... i. • ; / - '!^ ">'■■ ..;W V. Opera di. Cp^ta cjtfjf ^pog, ■^^J^.^^iyi^i^l i;iOii;ytini' ' • tiìeccaniche 1 i3 zioiii nell'ullìmo caso, quando cioè rejjidemia riconósce per causa un vero contagio^ poiché, siccome si è det- to, tali fumigazioni non spiegando la loro chimica azione che sulle fetide emanazioni, di cui l'aria delle sale, o gli oggetti sono impregnati, cosi non varranno giam- mài ad eliminare dal corpo animale vivente le varie sorta di virus, 11 vainolo, la rogna, la sifillide, la rab- bia, la petecchia, la pustola maligna, la peste, e tutti i contagi, di cui gli esseri animati son travagliati, pas- seranno da un individuo all'altro, e faranno il loro re- golare corso, e talvolta saranno epidemiche ad onta di tutte le preconizzale fumigazioni. Ma dirà taluno, che come misura sanitaria e preservativa potrassi sperare, che le varie sorla di suffumigi vagliano a neutralizzare il virus degli oggetti contagiali, pria che il contagio comunicato si fosse ai sani. Al che rispondo, ciò non essere ancora provato, che anzi al dire di cento autori (Lassis, Lasserre, Costa, Rochoux, Chervin ec.) e dello stesso ultra-contagionisla Keraudren ces prélendus pr/r- fums ne possèdent aucune qualilé désinfeclante (i). Chi ci assicura di fallo, che tanti virus d'indole tra loro diversissima, e di natura incognita siano suscettibili d'es- ser neutralizzati da un solo agente chimico? Voglio pur non di meno per un istante accordare che ciò possa ve- rificarsi su tutti quegli oggetti che son capaci a subire ogni sorta di sciorinamento, di lozione, d'infusione, di fumigazione, e di afl'umicamento siccome vestiti, mer- canzie, utensili, bagagli, lettere ec. ma in qual modo, io domando, potrà .ciò praticarsi sugli uomini, ed ani- mali viventi? soffriranno essi tali esperimenti? » Le pro- cede de la déstruction (du foyer de l'infection) est'en- core bicn plus inexe'cutahle lorsqu'il est constituc par une masse d'indi vidus vivans^» dice il celebre Bouillaud all'art. Contagion Ae\ Dict. de Med. et de Chir. prat. V. 5 2)ag. 432. E dallallro cauto chi d assicura, che ui .niffirriiiqy t.jijh jir.iv*' '> * ••' ' {0 P. F. Keraudren Projél de l'èglèmèiti (ijantpourohfeci.de. p. 3i. Il4 SCIEIi^Z^ ED ARTI l'aceto e il cloro vadino direttamente ad eliminare i semi de' vari contagi, che si stanno nascosti entro l'in- tima trama animale? Felici noi se ciò potesse accadere, j^oicliè con una boccetta di cloro o di aceto in tasca noi saremmo d'ora innanzi per sempre guarentiti dalla malefica influenza di tanti contagi, cui si va incontro. Or se impossibile riesce l'opporre vantaggiosamente le fumigazioni a quel contagio eh e tuttora limitato a pochi oggetti, a pochi uomini, quanto più impossibile sarà il vincere, o evitare quello già appiccato e diffuso in un'injera contrada? »Ilyaloin,du reste, eutre la j)0ssibilité de désinfecter quelques hardes, et celle de désinfecler une contrce tout entière, par l'emploi des clilorures alcalins ì> conchiude il suUodato Bouillaud (pag. 433). Da tutto ciò che abbiamo dello resta dunque pro- vato, che le varie fumigazioni riescono eflicaci solo quando la causa dell'epidemia non sia perenne, o per niegiio esprimermi, quando, allontanato o distrutto preventiva- mente il fomite che la suscitava, non restano, che gli avanzi ossia quei principi infetti i quali non aspettano se non che una minima condizione per venire dispersi e distrutti, siccome rinnovamento d'aria, fumigazioni, ec. § III. Ma avviciniamo la nostra proposizione a quel micidiale morbo che minacciando d'invadere le contrade a noi vicine, funesta la nostra mente, e forma l'oggetto della universale attenzione; io parlo del cholera mor- bus^ il quale da più anni regna epidemicamente in tutto il mondo. E dirò a questo proposito, che secondo la stretta definizione ed il carattere delle malattie epide- miche io non approvo la ma realissima distinzione, che taluni fanno tra cholera, com'essi dicono, epidemico, e tra cholera contagioso, negando assolutamente al primo il carattere di contagio, ed al secondo quello di epide- mia: l'esser contagioso un male credo che non escluda l'idea essenziale della epidemia, siccome all'incontro l'es- ser epidemico non escluda l'idea del contagio. Sarebbe MECCANICHE I l5 più vicino al vero il Jirsi costituzionale (jueirepidemia, che si dubita esser cttgionata da vizio arcano dell atmo- sfera; e contagiosa (juella proprianieiile iriaalcriula da virus cotilagioso. L'epidemia dunque non è che la forma scilo cui il cholcra si presenta, mentre la causa da cui è mante- nuta può derivare o da contagio, o da costituzione at- mosferica, o da infezione, o da cattiva alimentazione; epperò da qualunque di tali cause dipenda io credo di avere palinalmente dimostralo, che vane, e forse anche dannose riescono le fumigazioni, perchè queste suscet- tibili non sono a distruggere la vera causa. Falso quindi è il precetto di quei medici che qual sicurissimo e mirabilissimo mezzo preservativo e cura- tivo ci danno i profumi di aceto, d'acido solforoso, d'a- cido nitrico, e spezialmente di cloro; ne ciò è esente di positivo inconveniente, imperocché riposando tran- quillamente l'ignaro pubblico sulla sorprendente virtù anticolerica dei vantati mezzi, trascura, anzi disprezza tutte le altre cautele igieniche, le sole capaci a vera- mente preservarci di un tanto flagello. A dir vero sembrommi dapprima incredibile, che da un canto si proclamasse per eccellenza contagioso il cho- lcra, e che dall'altro si assicurasse che basta poc'aria pura a distruggere il virus colerico, e che untando le mani di acelo, o di gas solforoso, o meglio ancora eoa fumigazioni guiloniane si resta immacolati, e rispettati dal terribile contagio. Che si predichi in favor delle fumigazioni da coloro, che la causa del cholera ripon- gono nelle putride emanazioni, di cui l'aria serve di vei- colo, la cosa sarebbe se non del tulio vera, certo meno erronea, ma che si pubblichi essersi trovato il vero pre- servativo dell'ideale contagio cholerico, e quest'esser l'a- ceto, e il cloro usali esternamente, io non so darmi pa- ce; né so persuadermi come possa chi ha due dramme di cervello prestarvi fede, e metleilo in opera. Né si creda che io voglia seder in scranna e farla 'l'l6 SCIENZE ED ARTI da maestro in faccenda di tanto interesse, che noe è isolamente fondato sul raziocinio il mio assunto, ma ben^i sul fallo sulla esperienza sulla autorità di cento scrit- tori. EU'è un'osservazione incontrastabile quella cioè di vedere, che in tutte le nazioni la credenza del conta- gio, e la speranza sulle fumigazioni, cammiiiando assic- liie, han quasi sempre preceduto l'arrivo del cholera; ma e la credenza e la speranza son finite appena l'e« 2>idemià si è manifestata. E tralasciando di minutamente riferire quanto si è praticato dai Governi e dalle cor- porazioni mediche in Russia, in Prussia, in Inghilterra, ed or di recente in Piemonte, ed in Toscana; io pre- ferisco rapportare quel che si osservò, e si scrisse dalla prima acc;;deraia medica di Francia. Leggasi in prova di ciò il Secondo Rapporto^ ed Istruzione pratica sul cholera- morbus di Parigi, redatto per domanda del Governo da una commissione di tale accademia in mag- gio i832 (i) epoca in cui vi regnava il cholera; ivi sul finire si grida contro w /e^ inconvénients de quelques preìendus pre'servniifs qui ont éléfort préconise's^ sic- come la canfora, le varie preparazioni di acelo, gli al- coolali, tutte le misture ec. « ma ecco le parole le piiì* definitive, e che fonno al nostro scopo w le fumigazio- ni, e principalmente quelle di cloro sotto tutte le forme han fallo del male, siccome tosse, anzielà di respiro, irritazioni alla gola, e d'un autre coté il sevait diffi- cile de citer des cas ave'rés de leur utilité propizila- ctique réele>3. E quesl'è poco, ecco in qu&l modo cou- cliiiide il rapporto «che si adoprino tali suffumigi nelle lati ine, nelle fogne, ed in tutti quei sili ove si formano cattive esalazioni, ed allora on agira d'une manière rationnelle^ dans le autres circo nstan ces ^ ni le vai- sonnement^ ni Vexpe'rience ii en sauraient justijler l'emploi ^:>. Wa questue una cóflchiusioue emanala dalla (i) Inserito nella Lancette /i'ajifaise 20 inag. iSSa, p. i5a, e acìJoiii: Jlcbdunidd. liiag, i83a, v. 7, !'• -17- MECCANICHE 117 bocca d'un sol medico; ma sanzionala dal più celebre corpo accademico, che in quel modo scrisse per organo d'un Gueneau-de-Mussy (presidente della Commissione), d'un Bielt, d'un Husson, d'un Chomel, d'un Andrai, d'un Bouillaud, e d'un Doublé (relatore) di quell'islesso Dou- blé, ch'essendo anche slato il relatore nel primo rapporto pubblicato parimenti per domanda del Governo in lu- glio i83i (i), non esitava a proporvi l'uso del cloro come mezzo preservativo, e che in questo secondo rap- porto ricredutosi di quanto aveva sperato e detto pria di sperimentare col fatto la cosa, canta la palinodia, e grida la croce centra ogni sorta di preservativi e spe- zialmente del cloro. Kè l'accademia medica di Parigi fu la prima o la sola a far cadere la sua sentenza contro le dette fumi- gazioni; cento autori di differenti nazioni anteriormente, e posteriormente ne predicarono l'inefficacia, e gl'in^ convenienti, jì Tulli i disinfetlanli e spezialmente il cloro ed i cloruri riescono infruttuosi nel cholera- mor- bus w disse Joehnichen nella sua Memoria sul cholera di Hussia (2). »3 La canfora ed i cloruri in geneiale han recato gravissimi inconvenienti, e non posseggono alcuna virtù preservativa m dice il eh. Roche nella sua Memoria sul cholera epidemico di Parigi (3). wf ri- medi preservativi e principalmente la canfora ed i clo- ruri vengono vantati dai farmacisti, ma i medici non vi han prestato fede, ec. » così dice Voisin nella sua Memoria sul cholera osservato all^ ospedale di san Luigi {/[). Il cel. Bouillaud nel suo bellissimo Trat' iato pratico, teorico, e statistico del cholera-morbus di Parigi (5) dichiarandosi contro le varie misure sa- nitarie sostiene » che la causa prima del cholera epide- (1) Rapport sur le cholera lu à l'Académic royale de mcdecine le 26, et 3o juillct i83i, pag. 197. (a) V, Bull, dvs scien. medie, janvier iSSl, pag, 56. ^3) V, Journ. Heidom. toni. 7, p. ij8i. (4) V. Ibidem tom. 8, p. 33. (5) Un voi. iu-8 di pag. 4^6 pubHicato in Parigi nel j83j. 8 Jì8 SCIENZE ED ARTI mico noa essendo nota, così streUaménte parlando, non esiste un vero trattamento preservativo (i)w. Ma, per non rendermi prolisso ammassando citazioni sopra cita- zioni, finirò col riferire ciò che si legge nel processo verbale della seduta dei io aprile i832 di sudetta ac- cademia niedica di Parigi; ivi si dice che « i signori Rochoux, Itard e moltissimi altri medici citarono vari funesti accidenti cagionati sopra diverse persone dai pre- tesi disinfettanti, e che il signor Gilbert rapportò che diversi ammalali dello spedale de' venerei, situati pres- so i vasi da cui syolgevasi il ploro, furono attaccati da bronchite w (i^, E ad onta di tanti tristi esempi, di tante autorità, qui fra noi non v'è slato finora alcuno, che alzando coraggiosamente la voce, richiamasse la comune intel- ]igen'(£a cof palesare e l'inefficacia e gì' inconvenienti di tanti pretesi preservativi, i quali solendo formare l'og- getto di traffico commerciale, vengono affidati ad ogni sorta di gente, che col maneggiarli incautamente ver- rebbe a ^offrirne danni elTettiyi! Non posso a questo proposito passar sotto silenzio quegli amuleti, quelle piastre di rame , quegli empiastri tenuti alla forcella dello stomaco (da taluno proposti, ma non ancor messi jn yefjdita) e con particolarità w quei cannelli di penne ripieni di mercurio, chiusi aireslremità qon cera di Spa- gna, cupili esattamente in un panno scarlatto, ed ap- jooggiati alla bocca dello stomaco » i quali venutici d'ol- tremare han trovato appo noi qualche favore, per cui già si vedon correre per le mani di tutti In una parola ben dice il sudetto rapporto dell'accademia di Parigi, allorquando decide, che tali mezzi posti in ven- dita sont un yéritable impót leve sur la credalitè pii^ bliqiie (Zy (i) V, Joiirn. Jlcbdom. tom. 8, p. 487, (■^) V. Ibidem toni. 7, ji. Sa. (3) V. Jouin, ficùdvm, toni. 7, p, 270, MECCANICHE Ilf) ^ IV, Ma pria «li niL'ller (ine a (jucslnilicolo erodo mio deljilo coiisagiaie poche pinolo coiilio il pridicaic che tahitii R|)ictalatnc'nlo fàimo sulla (-imiiiciifo coiila<^io- sità di'l cliolcia. Ed invero se le opinioni dei .medici sono tuttora divise, se allo incontro ànvi fatti e raf^ioni validissime dal canto di coloro che non lo credono con- tagioso, non sarebbe miglior ])arlilo il tacere su tale pun- to? Lascianio a chi ci governa, che nella sua saggezza jirovvcda in ogni maniera, acciocché il male non c'in- vada; (orse ciò non gioverà; ma noi non possia-mo che l)rolbijdamenle ammirarne la beneficenza; ma the i me- dici, i veri consolatori de' miseri inrermi, i medici, che meno coi farmaci, che colle parole dovrebbeio per loro istituto rasserenare, rassicurare la gente, i medici, di- co, gridino contagio! contagio!! a me pare, non che arroganza, imnioralilà; e cosi è difiilti: imperocché col diflbnderc nell'animo dei timidi tale idea tristissima, di- sperantissima, idea che fac ilmenle alligna, si è dato luogo in certi paesi, ove il cholera haSegnalo, a fuinstissi- mc conseguenze, a crinjinoso egoismo, essendosi il figlio negato a prestar sue cure al moribondo suo genitore, Ja madre ai figli, il fratello al fratello: ed i medici! finanche i medici, chi ])er vera credenza del contagio, chi per infame pretesto bau preso la fuga, abbandonando nella disperazione gl'infermi, i cui cadaveri putreiatti lian dato origine ad irrejiarabile tifo: Tylone serva di tristo esempio. Io dubito fortemente, che costoro, apprezzando quel- l'antichissimo proverbio r= l'uomo si muove più per ti- mor che per amove =: si sforzino a spargere panici ti- mori, e lugubri notizie, onde, magnilicando il pericolo d un inuuinenle disastro, possano coprire la loro igno- ranza, sjjingere la gente allo acquisto dei vantati rime- di, legittimare le loro pompose promesse, render più caro il loro servizio, e richiamare su di loro una ri- • compensa proporzionata all'esagerato pericolo del male, ed al coraggio apparentemente nioslrato, Oime! e nella 120 SCIENZE ED ARTI CC. natura dell'uomo il lasciarsi trascinare dal misterioso, dal meraviglioso, dal sorprendente, per cui non man- cano di coloro che gavazzando sulla pubblica calamità e credulità, la volgono a loro profitto coli' accreditare le chimere ed i pregiudizi, coli' ingigantire i malanni, e col promettere pronti riparli LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Memoria del prof. Vincenzio j4marelli intorno una corniola, rinvenuta in Roma presso la Casa di Augusto rappresentante Alessandro il Grande jiella battaglia sul Granico; posseduta dall'autore medesimo. Gemmae in arctum coacla rerum naturae majestas mulds nulla sui parte niirabilior, C, Plinio ir lib. xxs;vii Historiae NaturaU's. In una corniola detta dai Lalini con greco vocabolo, secondo Plinio, Phloginos o Crjsitis(i), si vede un guerriero vestilo all'eroica, che si gitta dal cavallo che gli è caduto sotto, e che con la mano sinistra si trae un dardo infitto nella corazza. La qualità della gemma è tale che laddove fosse di ogni incisione sfornita, sarebbe anche per se stessa di molto pregio. Commendevole n'è la forma, secondo Plinio il giovane, il quale, nel lib. 87 sez. 73 facendo la gradazione del merito di esse, dice: figura oblonga maxime probatur. Varie congetture si son fatte per l'interpretazione del- l'avvenimento che delle luogo all'incisione dell'anzidetta (i) Plinii sccundi Naturalis Historiae lib. 87, spz. 66 Phloginos, quetn et Crjsitcn vocant, ostreac Atticae adsimilata, invenilur in Aegypt».^ LETTERATURA CC. 121 gemma; ma niun dubbio si è mai elevato che riut!»glio di ei'sa, fallo con tanla precisione ed esattezza, non fosse uno dei migliori capilavori di greco artefice dell'aurea età: poiché gli Egizi, i Romani, e gli Etruschi non arrivarono mai a quella perfezione, che nell'accennata gemma si ammira. Dalla lettura poi di Plutarco, di Diodoro Siculo, di Quinto Curzio, e di Plinio, parmi che e del soggetto, e dell'artefice non poche notizie possano trarsi, onde ponderatamente congetturare sull'uno, e sull'altro. Qualora l'immagine del nostro guerriero si trovasse simigliante a qualche personaggio celebre dell'antichità; e qualora in rinomati autori si trovassero dei fatti, ia cui fossero espresse le circostanze, che negli atteggia- menti del guerriero si scorgono, potremo di leggieri avanzare delle conghietture per caratterizzarlo; poiché trattandosi di oggetti di rimota antichità, puossi di po- chissimi afièrmare con certezza, e della maggior parte, tracciandosi delle ricerche tra il bujo dei secoli, veraci distruttori dell'opere, e delle memorie dei mortali, al- tro che congetture corredate di sufficienti probabilità non possono emettersi dal labbro di colui, che di dili- genza, non di pomposi e seducenti apparati vuole me- ritar lode. Vari fatti di Alessandro Magno, che noi riporteremo all'oggetto, «esposti da Plutarco, da Quinto Curzio, da Diodoro Siculo, e da altri, unitamente a varie circo- stanze che lo caratterizzano particolarmente, mi fanno opinare, che Alessandro sia il personaggio sulla gemma effigiato. E se dall'opera si può venire in cognizione dell'artefice, osservando noi l'esattezza, la precisione, la regolarità delle parti, e la dilicatezza della incisione, potremo, oltre degli altri argomenti, che in seguito tes- ^ererao, congetturare con qualche fondamento che Per- gotele ne fosse l'autore. Si è perciò la predelta effigie confrontata con altre opere dello slesso artefice, esistenti in altri musei, mercè ì-22 LÉTTEnATUr.A le copie in zolfo, ed in gesso, ti»e in Ptoma si è avuto tulio l'agio di ojrscrvare; se ii'è anche doiriandato parere ai più valenti incisori di i2;eninie: i quali pi-ofessatido fjUL'slaiìe, ed al ])0f dei |»iltori conoscendo diversi siili de' Pergoteli, dei Dioscoridi, degli Alenioni, degli Apol- lonidi, dei Cronìj han pure che la fosse opera di Per- gokde opinato. Inoltre è pur troppo nolo, die Alessandro Magno, usando di quel nobile conlegno, e di quella sublime gran- dezza di spirilo, elle ben convenivasi al dnmator della Grecia, ai vincitore di Dario, al conqnislalorc dell'Asia, e delle Indie, non permise se non che agli artisti più rolt'bri di riirarlo, ossia ad Apelle in colori, a Lisippo in bronzi, a Policlelo in marmi, a Pergotelc in gem- me, vietandolo espressamente a tutti gli allrJ. Di fatti Orazio nella epistola i" lib. a*^ verso 240 così scrisse. jj EcUcla vetuit ne qiiis praeter Jpelleni — Fingerete (lui alias Lìsyppo ducerci aera — Forùs Alexundri vul- iuin siinulantia. ■>ì Quintiliano parlando di Lisippo disse: Qiiarn'òbrem etiam Jìexntider iìle Mdgnns ab uno Lfsippo , se Jhìgi voluti ut pingi ab Apelle. Plutarco ancora, par- lando di Lisippo nella vita di Alessandro, còsi si espres- se: w Questo artefice ne rappresentò con tutta diligenza l'cslensione del collo alquanto jiiegato alla j)arle sinistra, e la vivacità degli occhi, le quali cose soprattutto imi- late poscia venivano da molti." In clletli Garacal'Ia, che non poteva i'milare Alessandro nelle virtù, si studiò d'i- iiiilarlo abiKuio ne' difetti; sicché portava ancli'egli il collo piegato alla parte sinistra. ■ Plinio nel lib. 87 sez. 4^ dice* confihnat hnnc api- monem edictùm Jlexandrf Magni, quo vetuit in gem- ma ^ se ab alio 'scalpi, quaiw a Pirgotele non diibie clarissimo artis ejiis. Avendo noi fiUo conoscere di quanto merito fosse Pergolele, e che a lui solo era permesso n trarre in gem- ma Alessandro, passiamo ora a trarre dalla biografia ED Ann LIBERALI 123 (li questo slraorclinario personaggio quei falli, e quelle circostanze, clic sono analoghe al nostro proponimento. Tra i distintivi di Alessandro, io IrovO' in Plutarco, che egli portava un farsetto siciliano col cinto, e sopra di esso una doppia corazza. Jìiodoro Siculo dice clic: w La battaglia sul Cranico fu la prima , che i Macedoni facessero coi Persi , che iu essa, risplendè fuor di modo la virtù di Alessandro, essendo esso venuto alle mani con due grandissimi guer- rieri, ossia Spilridace, e Rasace suo fratello^ e che di questa battaglia ne riportò egli i contrassegni delle frec- ciate avute, una delle quali se n'era fitta nella corazza. w Plutarco riferendo le stesse circostanze cosi s'espri- me (i) ATiovria^iis /«sy' vifo 'Kf\y wTO'^rrv/^iSx rov^xpcnyios cv)(^eT fccrr\ ossia jacido sub Loricae compagine per- ciissus non accepit vulnus', e poco dopo soggiunge che: wSpitridace avanzatosi col cavallo da un lato ed assalitolo con prestezza, gli calò la barbarica scure sul capo, e gli fracassò il cimiero insieme con una delle d«e ale w cosicché al dir di Quinto Curzio nel lib. 8 il gran dito coperse col suo scudo Alessandro^ che com- Lattova col capo scoperto. ij Indi Plutarco stesso narra (2) che nel medesimo /atto d'armi, unitisi sopra un cerio colle quei Creci , ch€ militavano a mercede sotto i Persiani, Alessandro s'avventò il [)rimo in mezzo ad essi, dove perde il ca- vallo: Tov Ts nfitov o.'ito^c/Xkèi^ et eqUum amitiìt. ^Riportala vittoria Alessandro ordinò, che ai trenta- quatti'o uomini del suo esercito,, che vi perirono, fos- sero erette statue di rame, le quali furono. fatte da Li- sippo. Questa battaglia produsse vari cangiamenti di cese in fiivof di Alessandro, in .modo che anche-iSardi, che era il propugnacolo del dominio marittimo dea bar- .• . • _ i.;r. J.^4Jl' : ! .;• -i ; • ■ ; ;• i '- (i) Plulilivhi Chaer.innrnsis riurla extrint omnia grneco sermone, et Ia- lina iiilcrprelalidiie. Fi;iricfoj;li iGyg, loiu. i, pag, 672C fl'J Alexander prucliiiin in rijitt O runici. (?) Nillii jiiig. G73 ilcU'ahzìildUa edizione^ 124 LETTERATURA Lari gli si delle in iiiauo, e così fecero pure le allre ci uà. w Questo viene rapportato da Diodoro Siculo e da Quin- to Curzio. Fatti così memorabili meritavan bene di essere tra- mandali alla memoria dei posteri con qualche monu- mento; e se Alessandro ordinò che ai trentanualtro suoi soldati morti sul campo, fossero erette statue di rame ])er Lisippo, non è presumibile, che per lui stesso (na- turalmente ambizioso di gloria a segno da privarsi fi- nanche del sonno, per non lasciar trascorrere degli istan- ti, senza pensarvi o acquistarne) non si fosse falla ve- runa cosa, che avesse rinnovato la memoria di tali' av- venimenti; in cui al dir di Diodoro Siculo » risplendè fuor di modo la virtù di Alessandro. » E mai presumibile, che Lisippo stesso, Apelle, e Pergotele conoscendo da questo ordine di Alessandro il piacere di lui nel voler consacrare alla posterità un ri- cordo dei prodi morti nella battaglia del Cranico, se ne fossero poi stali colle mani alla cintola, e non aves- sero gareggialo d'impegno nel ritrarre Alessandro? cui, come supremo Duce, dovessi la gloria di quella vilto- riosa impresa, che era la prima fatta da lui in Asia. Pare dietro lutto ciò, che Pergotele nella surriferita gemma abbia voluto, come doveva, esprimere le cir- costanze più rimarchevoli nella persona di Alessandro, ossia la perdila del cavallo e la freccia fitta nella co- razza, come vedesi nella gemma: ciò non ostante il prode Macedone coll'indomabile suo coraggio, ad onta di tutte queste disavventure, strappandosi valorosamente il dardo dalla ferita, e slanciandosi con impetuoso ar- dore dal cavallo, che trafitto già gli mancava sollo, si avventa il primo contro de' Persiani, nonché quei Greci a loro soldo, che eransi ritirati sul colle, e decide della vittoria in suo favore. , ■\, L'industje artefice, con due sole figure diversamente alleggiate, cumulando insieme tutte le predette sfavo- ED ARTI LIBERALI 125 revoli, e perigliose circostanze, dà maggiore risalto al valor di Alessandro; e nella sola di lui mossa ci fa co- noscere in questo piccolo intaglielto tulio ciò, che gli avvenne di sinistro nella tanto famigerata battaglia sul Cranico. In ordine alla circostanza, clie Alessandro si strappa il dardo infitto nella corazza, ma in modo però, come dice Plutarco slesso, che non ne restò già ferito, è da potarsi, come fu cosa naturalissima a praticarsi da quasi tulli i guerrieri dtll'anlichità , ed Alessandro stesso il fece in tutte le battaglie ove ne fu colpito. Di fatti Quinto Curzio nel lib. 8° riferisce che nell'assedio di IVlazaga Alessandro fu colpito con una freccia, la quale gli si Jìccò a sorte nella polpa di una gamba ^ onde egli traendone il ferro fuora si fé' menare il cavallo..., w Rafiieddata poi la ferita^ e dtindogli molli spasimi disse, ><:he quantunque egli fosse riputalo figliuolo di Giove, nondimeno sentiva le punture del corpo infermo. m Inoltre nel lib 9° soggiunge, che nell'assalto della città degli Ossadraei, Alessandio ricevette un dardo che gli passò la corazza , e lo ferì un- poco sul fianco driitoy ed uscendogli molto sangue^, venne si meno die la mano destra non ebbe forza di cavarsi il dar- do dalla ferita Che sia questo il ritratto di Alessandro può agevol- mente conoscersi, ad onta della quasi impercettibile picciolezza della testa del nostro guerriero dai tratti marcati della sua fisonomia; poiché confrontatasi cort molte medaglie di Rodi di Apostonia e di Aco trovasi simigliantissima, e fra le altre con una d'argento esi- stente in Roma nel Musco Chircheriano; con un'altra impressa in Lucca per li Marescandoli; con un'altra in oro delineata sulla carta geografica della spedizione di Alessandro Magno, che forma parie dell'accuratissima Orbis Delineatio di Ilornio stampata in llaja nel i']^o. Si è pure confrontata con la testa di Alessandro, che esiste originale in Firenze, e che puossi comodamente 1 26 LETTERATURA osservare; giaccliè è stata impressa nei Principìi di di^ segni lialli dalle migliori statue ntiticlic, pubblicati ia Roma nel i'^86 da Volpato, e da Morghen. Mai a pre- scindere da tutti questi ritratti lontani, puossi meglio confrontare nel Real Museo Borbonico coi due busti di Alessandio in marmo, ereditali da Farnese, e partico- larmente colla statuetta equestre di Alessandro in bron- zo, riprovata in Ercolano, alla quale il nostro intagliefto e similissimo, nonché col mosaico, non ha guari rin- venuto nella casa del' Fauno in Pompei, rappresentante ii gran Macedone nello stesso fatto d'arme. Si osservi per tanto il mento alquanto prominente, il naso grandetto, la bocca semi-apeita, la fronte acuta, il scpiacciglio sporto in fuori, la ciera leonina, onde Alessandro fu cognominato il Leone di Tesprozia; in una parola tutta la ,conlbrmazTone della testa; inoltre il far- setto siciliano col cinto, e sopra di esso la doppia co* lazza , sulla quale si scorgono ancora le pieghe della; clamide tlofi.')tagfi per segno d'onore dalla città di Rodi, e di cui servivasi «ielle battaglie, V E osservabile più d'ogni altra cosa Festensione del collo alquanto piegato alla parte sinistra, che Plutarco dice t-ssere slato» soprallulto bene imitato da Lisippo, e éa molti. Merita poi una particolare attenzione la pelle di ti- gre sni cavallo; perchè Alessandro domatore delle In- die ^1 pari di Bacco ne indossò le divise, come i'ac« confa, Quinto Curzio, se j)ure non voglia, secondo Icr sli^sSo autore, credersi la pelle del leone ucciso da Ales- sandro nella caccia di Bazzaria; sebbene all'artista noir era ignoto, -che l'una e l'altra impresa fosser.o stale po- steriori a quella sul Cranico. IIjGIì artisti e gli archeologi, attesa la quasi deficienza de ritratti di Alessandro in intaglio, potranno giudicare di quanto pregio debba riputarsi la surriferita gemma, superiore di gran lunga al cammeo mutilo pubblicato dai Visconti; unic5^,nei^^i,o genere, perche nessun musco» ED ATITI LIIJER'ATLI I27 può vanlarD finora la simile, e per la qualllà dolla jìietra, e pr lo stalo intero in cui si trova, e ju-r l'a- zione clic rpprescnla uniforme alle relazioni degli sto- ricij e perissero un monumento equestre, che iDentre dà ad esse naggio'r lustro , ci òflre nelle sue parli la tììagnificenz;, l'eleganza, e la perfezione dei capilavori greci, e ci resenta il Gran Figlio di Filippo nella gior- nata del Clinico in un atleggiameuto tale, che a pri- nia vista na può non riconosccflsi. ' j'j DojTo fu ttk questo parmi, die con qualclie fondatnèhfa potiebbe coigetlurarsi , che Alessandro fosse il perso- naggio nella gemma espresso, e che Pergolele ne fosse l'autore. Il jogo dove fu ritrovato ha fatto a taluni anche opinae, che fosse' o|)ei*a di Diosconde, giacché sappiamo inquanto pregio ebbe Augusto le opere di costui, e coiosciam'o altresì che Augusto usava p^r sug- gello l*imma;irìe di Alessandro, forse per adattarsi alla comune credenza che chi ne portasse il ritratto jjrospjcra in tutto avr(bbe la fortuna. "'. ''/ ' .'. ',' i^^.V." Se altri j)ù' dilìj;erife, piif"iiccò'fl[b', è 'iiu'^ihv conb- scitore dèi frtlT" e di' m'onumef'li .antichi, con più va- lide jtruov'e 'j con pili solide ragioiii tesserà degli ar- gomenti più orti, e dimostrerà che altri sia i] soggetto della geuima; 'tHr^ftri l^artéfice, io lungi dal richiahnaf- niene, e lungi dal; risentirsene il mio amor proprio, ascriverò a mia gidna il confessare di essermi ingan- nato nelle mie ricerche, e l'esser (ratto di errore mt farà riputare Tuomo più felice del mondo, e grato fuor di modo a clii nel disinganno, e nella conosccoxa della verità mi sarà maestro e duce. RISTRETTO DELLA UUKOMA» Alessandro il Grande nella balfaglla sul Cranico fa colpito da un dardo nella corazzale non essendone re- slato ferito, Secondo Plutarco, se lo strappo da se slesso fuori, come egli fu solito praticare in simili circoslan- 128 LETTERATURA ze; quivi ancora egli perde il cavallo, cL trafitto gli cadde scilo; per lo che slanciandosi da eso si avventò contro i nemici. L'induslre artefice, con le due sole figuj incise nella gemma, di cui è parola nella precedente leraoria, cu- mulando insieme tulle sì fatte sfavorevoli trcostanze dà maggiore rilievo alla virtù di Alessandri, che trion- fandone col suo indomabile coraggio, riprta al fine la tanto contrastata vittoria. Che sia questo il ritratto di Alessandri si scorge dai tratti marcati della sua fisonomia e da qell'impctuoso ardore, che gli traspare dal volto e da ttto il suo ab- biglia mento riferito dagli storici. L'inarrivabile squisitezza dell'incisione nonché l'ele- ganza, e la grandiosità di tutte le sue pati, l'han fatto giudicare dai più valenti conoscitori uuo lei capilavori del famoso Pergotele; jìoichè a lui solo er permesso di ritrarre Alessandro in gemma. L'essersi rinvenuta in Roma presso h casa di Au- gusto ha fatto a taluni anche opinare chi fosse opera di Dioscoride; giacche ninno ignora quaito conto fa- cesse di costui Augusto, il quale usava per suggello l'ina- inagine di Alessandro. Finalmente, o Pergotele, e Dioscoride o chiunque altro ne fosse l'autore non può negarsi , che desso sia uno de' migliori capilavori greci dell'aurea età. ED ARTI LIBERALI T 39 Ilo Lettera su importanza di scrivere le vite de Lriu- reconsul. celebri della Sicilia, e sopra le cagioni^ per cui ^ ori negli andati tempi la giurisprudenza in Sirac.sa. All'erudito sig. don agostino Gallo, il presidine Francesco di Paola Avolio. Venrato amico Commencevole è il vostro inlendimer.lo di tessere le memorie dt valentuomini Siciliani obl5liati dui eh. ca- nonico Mon;itore nella sua Sicula Biblioteca. Io di ciò fatto da vo consapevole, estimando molto il prezzo di sì nobile faica, invoj^liato mi sono di essere in qualche parte vostrocoo[)eratore, avendo già incominciato a som- ministrarvi jualche notizia riguardante solamente a' Giu- reconsulti Sracusani dal Mongilore affatto ignorala , o pur sapula, ma abbisognevole di supplimento. Debitameite mi sono a questo intento rivolto; poiché la nostra st)ria letteraria non sembrami in questa parte compiuta. E per dir vero quanti nostri concittadini pre- stantissimi iella civile e canonica giurisprudenza, od in altre facoltà, autori di opere degne di perpetua laude^ sono mal ono-sciuti alla moderna gente? Laonde torna alla gloria lei regno che le reminiscenze loro compita- mente rivivessero; siccome giova bensì indagar le pre- cipue cagiooi, le quali contribuirono a rendere cotanti uomini valorosi e rinomati. Ho per certo che della dirittura e solidità della mia sentenza nessuno ne dubiti, ne che m'inganni, dove in- terviene il giudizio universale de' dotti. Si rechino alla mente le tante eiFemeridi letterarie dettate a questo ri- guardo in Germania, in Francia, in Russia, in Italia, che ne daranno altrui lucida prova: volgarissime sono quelle che portano il titolo: Ada Jureconsullorum: pub- blicate le prime l'atiuo 1734, e le seconde al 1738. l3o LETTERATURA. Scopo SÌ fatto hanno benanco in mira \4mcnìtates Jurìs Canonici di Giovanni Straucìiio ii, ^fsse l'anno 1764: la Bibliotheca Juris publici del ]\. sero scritta in tedesco, ed in fine le Deliciae Juridicaerhla in Ger- mania l'anno 1702 alla pubblica luce. E jP'anlo all'I- talia non mi par giusta cosa il trapassare lf*.loria della letteratura italiana del eh. Tiraboschi, ove-egli fatiche non lievi ebbe a durare, onde chiarire con dscernimenfo e con critica i destini della giurisprudenza e i fatti dei più eminenti legisti, che ne' secoli trasandati fecero lu- minosa comparsa nel bel paese, acciocché ron venissero i medesimi del>audati de' debiti onori. Mote altre cose si potrian dire sopra questo soggetto; ma lon volendo estendermi oltre i termini di una lettera , si lasciano. l{eslrinf;endomi adunque a quello che alla )iografia.dei nostri Giureconsulti si conviene, dico che acuue ne ab- biamo sia vile, sia elogi; ma non acqurab, ne com- piute. Primieramente a guardare in univtrsale, voi, amico mio, scorgete chiaro che notasi per lo più dallo scrittore il nascimento, l'indole dell'eroe, el i gradi si accennano cui fu ciascun di loro elevalo a giusto titolo o senza; sotto silenzio si passa spesse vollt, se n^ai i commessi uflici furon da esso dirittamente fa-niti, e qual giudizio ne riportò dal pubblico, giudice perspicace, se- vero, incorrotto. Ed oltre a questo se di qjalche libro fu autore il lodalo, non se ne fa dal suo encomiasfa conoscere evidentemenle l'importanza o la vanità. Im- perocché rimane dubbio se il composi tor dell'opera cose nuove esponendo, rischiarando le oscure, e gli errori altrui combattendo, abbia così giovalo alla civil sapien- za, ed alla ditl'usion de' lumi nella scienza che profes- sava. Dall'eimnciate leggi di critica niun biografo è fran- cato. Gran vanlaggio di poi in questo genere di com- ponimenti cavar si può dall'analisi dell'opere stesse de- gli autori, le cui rimembranze voglionsi debilamente dimostrare: Sunt et alii scr'ptores boni; sed nos ge- nera degusiainus^ non bibliothecas exculinmsj diceva KD ARTI LIBERALI l3r Quintiliano (L. x. C. i,). Ed io ho portato sompre ferma opinione circa alle memorie tic' Giureconsulti die mal si j)uò discernero il vero, se non se ne peschirio le cognizioni a dentro delle stesse optre loro. In que- sta guisa si condussero i valenti; siccome più esempli ne alloga il Tirabosclii, massime parlando di Antonio da Prato vecchio (i). Le cose veramente non si possono intendere iu altra lòrma chs con provare il lor sapore nascosto. Se oramai tali regole si fossero in questo proposito osservate da' nostri biografi, io noi so giudicare; che noQ sono un uomo di lettere; a che il lungo e retto intendere in questo genere di studi abbia la mente mia raUlnata. Pure latto sia che il canonico Rosario Gre- gorio, il nome del qu;ile ispira e comanda la riveren- za, desiderava benanco, malgrado delle biblioteche e degli elogi de' famosi legisti nazionali , di darsi opera che se ne illustrasseio le memorie, e peculiarmente di coloro, i quali allo studio del diritto pubblico siciliano si applicarono con singolare attenzione, e gl'inediti scritti di tal materia si raccogliessero (a). jÈ qllresì dovere del biografo delle prefale vite fer- marsi a rammentare la natura de' tempi, in cui vissero i soggetti da commendarsi, le condizioni dello sfato lo- ro, le vicissitudini, cui soggiacquero, gli onori che con- seguirono. Torna eziandio che nel raccogliere ed ordinare tali fatti si vendicasse la loro fama dall'offese e dall'ingiu- rie, e particolarmente di quelli che vengono a far da dottori; dove? in Sicilia. jNou è fuori di ogni conve- nienza al pari che se mai il censore travalicato abbia i termini della decenza, usando parole di sprezzo frc- jiienli, si ammonisca, e si faccia con aggiustate risposte j-iconoscere. Oltre a questo non mai cicco rispetto, nò (i) Stiiriu della Ivt. ilal., loin. ii, pnrte i, pag- Sqi. (a) Iiuruduziunc allo iiiuliu del drillo pubblico, p. 84 e 85, l32 LETTERATURA troppa fede prestar si dee a un morditore, quantunque dì allo carico si trovasse egli per avventura rivestito, avvenendo tal volta che credonsi persone di tal fatta più che gli altri in ogni cosa valere e sapere, dove di gran lunga sono sovente da molto meno. Io produco in mezzo il fatto avvenuto, non sono ancora molti lu> stri passati, sopra una scrittura legale di don Carlo di Napoli difensore del marchese Sortino(i), e l'acerba censura di don Saverio Simonetti, consultore del Go- verno di Sicilia conlra la medesima (2). Trattasi ivi dell'interpelrazione del capitolo del regno, che princi- ])ia volenies^ ove si dispone sulla successione de' feudi: ed aj)punto là quel napolitano legista non si fece co- scienza di francamente denominare il di Napoli il S an- dò Vaiiza de Comnnliloni, e che il busto di lui me- ritava di esser posto nello spedale de matti (3); bu- -slo innalzatogli a titolo di onore dal pubblico di quel- Finsigne metropoli; busto che venne quindi prosteso rotto in pezzi. Ma posto pur che in questo sia da con- cedere ciò, che a favore della ragion fiscale sostenne il Simonetti, non poteva egli giammai dannare e vitupe- rar così a gran torto un avvocato , che il suo cliente difendeva con ragioni tratte dalla storia, quantunque, non depurata dalla critica, o col soccorso delle svariate opinioni in materia feudale a que' tempi signoreggian- ti, alle quali si accordavano i tribunali. Per la qual cosa è da ammettersi come principio di etica sociale e forense che se mai accidente addiviene che un geloso sostenitor du' regi dritti per valide contraddizioni, e per avverse sentenze, che gli si oppongono, si turbi, e di zelo s'infuochi; niuno accidente però gli potrà concedere di svillaneggiare l'onorata memoria di un difensor delle pertinenze altrui non volgare, anziché segnalalo, ben- ché e' più non esistesse tra' viventi. (i) Concordia ira' dritti demaniali e baronali. (•2) Rimostranza sulla lii'ersione de' feudi in Sicilia al Regio Fisco. (.3) Ivi p. VI e TU. ED ARTI LIBERALI rl33 Olire a che il Siraonétti prese quivi cagione à'ìiX' vcire(i) contra monsignor arcivescovo Francesco Tor -sta, nome da anni cliiaro per le cure da lui spese alla riforma de' buoni studi, e per la sua dotlrina nella si- cula legislazione, di che ne die prova ne' suoi comenti a' capitoli del regno di Sicilia; ed appunto per questo il Simonetli lo sgrida; perchè ciò facendo^ così egli, pose la falce nella messe altrui^ volle parlar di ma- teria^ che o poco o niente intendea: lo taccia ezian- dio di aver citato a credenza il Barberio, .... e final- niente rompe contro i revisori de' libri, che delle pre- dette opere del Napoli e del Testa libera ne permisero la stampa; come se legge divina od umana Slatuito aves- sero di negarsi ad argomenti siflàtti la pubblica luce. Dalle premesse considerazioni fraditaiito arguite voi, amico mio, quanto acume d'intelletto, quanto animo moderato e alieno dalla maldicenza , ed onesta libertà di spirito addimandisi da chi vorrà mettersi a maneg- giar una tal pasta. Se mai di poi il biografo a queste prescrizioni ricusi di adattarsi, è da inferire che alie- nato egli è da ogni amore di verità ; meglio essendo allora che si muti del suo proponimento di comporre vite ed elogi. Qualunque siasi però la difficoltà dell'enunciato lavoro; quantunque radi sieno gl'inleiletti capaci a fornirlo nella divisala guisa, fa d'uopo proporlo incessantemente; af- finchè le gesta di que' nostri legisti, il cui merito venne iu vita esaltalo, e la fama raccomandata alla posterità, servissero di sprone e guida alla gioventù studiosa del giure. E massima che » per la memoria delle cose pas- sale fortissimamente si accende l'animo a virtude, e quella fiamma nel cuore delle valorose persone non si spegne fino a che la loro virtule non agguaglia alla fama e gloria de' loro maggiori, w Oggi mai è tempo che qualche parola facessi su la (i) Pag. XIX e x.v\. l34 LETTERATURA materia da svolgersi nell'ideato argomento, onde si man- dasse ad effetto. In prima ponete mente alla storia let- teraria d'Italia de' secoli xiii xiv e xv infìno al xvn per richiamarvi a memoria qua! fosse la condizione della f^iurisprudenza civile e canonica sì bene coltivata nel- l'italiclie università, in cui queste scienze si apparava- no, validamente protette da' principi ecclesiastici e dal rat'desimo Gerarca sommo della chiesa (i). Quanto a Napoli ed alla Sicilia volgete pure un guardo a' tempi, che regnò il magnanimo Alfonso, ponetevi sotto gli occhi il quadro che ne delineò Pietro Napoli Signorelli (2) , dove fa anche una sposizione precisa e chiara di taluni Giureconsulti siciliani, prodi nella cat- tedra e nel foro. Fra questi annovera Andrea Barbazza, competitore del famoso Alessandro d'Imola, ed Aurelio Giureconsulto il chiaro dice lo scrittor suddetto (3) che jiel i4^y fu con altri due chiamato a f^ienna dal- l'imperadore Massimiliano a leggere il dritto imperiale. Furono al pari conti a que' tempi altri siciliani le- gisti (continua egli) mentovati dal Mongitore e da al- tri scrittori, che non senza lode coltivarono la giuri- sprudenza comechè lontani dal soffrire senza svan- taggio il paragone de Cujacii e degli jégostini. E qui rammenta fra' più insigni Federico Imperadore, An- tonio Brugiano dottori di leggi palermitani, Pietro Gre- gorio, Francesco Safonte. Tra' Calanesi fa raenzion de- corosa di Girolamo Guerrero, Blasco Lanza, e di ta* Inni altri. Nou posso qui venirvi sponendo, per non essere in- finito, tutta la numerosa serie di dottori, i quali fecero luminosa comparsa nel foro siciliano e napolitano; ma a que' soli nnei concittadini mi rivolgo , che parvero degni di tempi migliori e nello studio delle leggi, ap- (i) Tiraboschi Storia della Letter. /., toni, v pag. 12Z C seg-, toro, vi pag, 37'2. (2) Ficende della coltura delle due Sicilie. (3) Ivi pag. 22-2, ED ARTI LIBERALI I 3d peliate dal Certaldese Novellatore, strada spinosa^monte aspro^ e poggio difficile^ furono rimunerali di meritali encomi da' coetanei, e da' futuri, alcuni de' quali ven- nero altresì in grazia de' principi regnanti. È da contarsi non secondo fra sì nobile schiera Gu- glielmo Perno di cospicua siracusana famiglia (i), disce- polo degno del dotto arcivescovo palermitano Ubertino de Marinis. Non vi ha chi ignori essere slato nella ra- gion feudale questo espertissimo legista siracusano, e specialmente nella spiegazione del suddetto capitolo vo- lentes, che ha riportato, fino a' giorni nostri encomi ed approvazioni da' prefati Dragonetti e Simonelti, còme colai, il quale, per quanto portava l'oscurità de tem- pi, in cui visse, dimostra di aver capita la materia. Profondità di giudizio, e conoscenza di leggi diede egli bensì a divedere ne' suoi cementi alle siracusane con- suetudini, e ne' suoi consìgli, a cui fece le aggiunte Federico Auria palermitano legista. Uguali commenda- zioni per l'oggetto medesimo conseguì Bernardo del Me- dico gran Giureconsulto: il Perno e il Medico secondo il Dragonetti (2) e il Simonelti (3) vissuti in quell'età furono gli antesignani e maestri della scuola feudale sicula. Procedendo ne' tempi successivi vienmi davanti Lo- dovico Monlalto, del quale nolai qualche particolarità nella mia memoria tempo fa dirizzatavi. Palesi sono i gradi luminosi, a che venne il Mon- talto in Ispagna e in Napoli promosso. Laonde non so capire come si fosse il chiaro nomo di lui trapassato dal Siguorelli. Non si debbo lasciar in dietro Bartolomeo Grandi qual giurista valente, al quale piacquero altresì gli studi a storia e a poesia pertinenti. Compose un erudito trat- tato intorno al sito, a' monti, a' fiumi, e così va discor- (1) Constant. GactaiiL Commcnt. in Gclusii II vUani, pag. 34- (a) Origine de feudi «e, pag. 2y2. (3) Ivi, pag. a..\xvi. l36 LETTERATURA rendo, della Sicilia. La suddetta opera restò manuscrit- ta, e per conseguenza perduta. Di ragione si ricordi parimente Antonio Montalto, bencbè per sentimento dei Mongitore fosse d'incerta pa- tria; nondimeno fra' siracusani celebri nella giurispru- denza il Mongitore lo ascrive. Da lui siamo istrutti dei carichi segnalati che nel secolo xvi egli occupò. Dettò eziandio un consiglio inserito nelle decisioni di France- sco del Castillo(i), e le allegazioni di questo Montalto nella causa di Roccella si citano dallo scriltor legale Mario Muta (2). Vincenzo Montana nato in Siracusa all'anno i634 adul- to recossi a Roma per apprendervi la facoltà legale, ove anni quattro soggiornò. Conseguì indi la laurea dotto- rale in Messina; ma poi appresso mutato consiglio si diede al mestiere delle armi; e benché avesse la pro- fession primiera tralasciata, si distinse nelle lettere; e i titoli dell'opere di lui possono leggersi nella Biblio- teca Mongitoriana. Mi è caro il comprendere in sì bel numero Giacomo Candido dottor di legge siracusano innalzato per pietà, e per dottrina dal potitefìce Paolo V al vescovado di Laccdogna nella Calabria (3). Fa mestieri che ricordi bensì Vincenzo Amodei noverato fra preclari legisti dal P. abate don \ ilo Amico nel Lessico (4)' toccar ancor bisogna Vincenzo Zummo, Cannarella, Giulio Cesare, ed Onorato Gaetani, fratelli riguardcvoli del eh, abate don Costantino Gaetani nel dianzi citato suo comenta- rio alla vita del papa Gelasio H. Di esso loro così e- sprimesi: Doctores celeberrimi^ et regH in regno Si^ ciliae consiUarii extitere. Di Onorato ho parlato an- ch'io in una lettera, non ancora impressa, intorno a' let- (1) Lib. I, dccis. 5i, pag. 285. Qa) In Capit. Regni Sicil., tom. 2, cap. 25, n. 7^. (i) Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, tom. i, parte IV, |)ag. 64j ed ivi paito vi, pag. i3 e 14. (4) Artic. Sjrac, pag. 3oo. ED ARTI LIBERALI ì'^J terali della famiglia Gaetaoi da Siracusa, clic vale di appendice all'cleganli memorie del conte Cesare Gaetani dettate dal duca Paolo Impellizzeri. Rimemorando tutti gì' illustri della patria mia dedi- catisi ne' tempi avvenire a si nobile professione, e che la gloria ne accrebbero, potrei di certo eccedere, se mi facessi a discorrere sopra ciascuno, di lalun de' quali per altro qualche scrittore ne tenne proposito. Quindi parrai poter bastare in esempio il fin qui detto che da voi mi è stalo conceduto di significarvi. Pur tuttavia confesso, che se i legisti nostri di elevato intendimento curato avessero fare di universal ragione le loro scrii" ture concernenti a gravi subbietti , non sarebbe rima- sto nella materia, che sto svolgendo, uo considerabile vóto. Che che ne fosse la cagione della passata negligenza, concepisco la dolce speranza che verrà ormai cotanto difetto supplito almeno dagli scrittori di cataloghi ra- gionati delle pubbliche librerie esistenti nella nostra ter- ra, e da' biografi; e se non m'inganno scorgo di essersi già data mano all'opera. Al canonico Francesco Strano bibliotecario cadde in concio nel suo catalogo ragionato della venlimilliana libreria di far parole di più Giurecon- sulti calanesi, autori di opere legali; accurate essendone le notizie da lui quivi raccolte. Forse altri utili libri per questo erano da aspettarsi da sì fatto letterato; se iu età non molto matura non avesse fornito il suo na- turai corso, per cui lasciò dolorosa memoria della sua morte. Tanto bene è da attendersi oggi giorno dal sig, Gaspare Rossi per la sua Biografia de letterati sici- liani; e mercè delle sue vaste conoscenze in tali assunti non vi ha timore che le sue fatiche riuscissero non sod- dijilacenti a* desideri de' dotti. Muovo ora sollecito il pabso a favellarvi delle cagioni, che fervidamente lo stu- dio della giurisprudenza ne' suddetti secoli a maraviglia promossero. Acciocché però tutte non le vada ricercando, per fare il ragionamento minore tre solamente rileva 1 38 LETTERATURA toccarne: una delle cause fu l'impegno de' magistrati municipali a somministrar mezzi convenevoli a' candi- dati a fin di progredire in questa facoltà : la seconda si è l'innalzamento de' tribunali, quando Siracusa era camera reginale: la terza il gran numero delle cause, le quali si jiiativano nella G. Corte vescovile, e la dot- trina de' vescovi nell'una e l'altra legge, che sedettero in questa onoranda cattedra. Della prima accennata cagione già entro in parola. E assai aperto, che il promuovere gli studi, ampliar le cognizioni delle scienze utili, e farle ne' propri paesi fiorire come supremo loro ornamento, e stato precipuo obbiello di savissimi moderatori delle genti, spenden- dovi perciò lunghe ed afìànnose sollecitudini. La storia nazionale conserva a questo rispetto efficaci stabilimenti contando luminosi personaggi suoi figli, ne' quali fu tanta liberalità e umanità, quanta in alcun altro in si- mile fortuna nato, si potrebbe desiderare. È indubitato al pari che l'aggrandimento delle lettere consiste di ogni individuale progresso; e di tanto sono benemeriti tutti coloro che allo avanzo e allo splendore concorrono. A. prova di che presfate, caro amico, intera fede, mercè di due esempli, che vi reco, alle mie alFermazioni. Un documento tratto dall'archivio senatorio di questa città, pubblicalo dal predetto canonico Gregorio ci fa sicuri che i regolatori della comunanza favoreggiar volendo nella propria terra le scienze salutari, leggi e medicine, si deliberarono di eleggere Perrello de Sardella eru- dito giovane, fornendolo dell'assegnamento di once sei annuali; onde recato si fosse a Bologna od altrove, ad apprendere la legale scienza (i). Non abbiasi in poco conto il suddetto a])[)uutamento , avverte il canonico Domenico Schiavo nella vita di Antonio Panormita (2), giacche essendo ne' prefati anni tenue il prezzo de' co- (l) Nel siidilctlo lungo pag. 216. (q) Ojntsc. Sicil., toni, vii, pag. 110. ED ARTI LIBERALI iSq mestibili, siccome ancora delle merci, e degli abiti, poteva chiunque, anche nobile, collo stipendio di once sei decentemente mantenersi. A simile deliberazione i ministri dello stesso coraunal reggimento divennero l'anno 1480 a prò di Giovanni Bonajuto, onde portarsi a Pisa ■per sì commendabile scopo. Intanto era quest'uso os- servato in Siracusa a piena e ben diretta istruzione de' giovani nelle piefate scienze. Non altrimenti avve- niva in Palermo infin dal secolo xiii regnando l'Im- peradore Federico IP, ove quell'augusto e quel senato tennero costante cosiffatto stile , che Iruttò la riuscita di più persone, tra le quali ve ne furono pel saper loro celebratissime, che il prenominato Schiavo ridusse a memoria (1). Si conceda per la seconda cagione che prosperar fece la legale facoltà nella patria mia, da che venne ella costituita a patrimonio delle regine di quella età. Rac- conterei cose vecchie e trite, se dicessi che quando Fe- derico III la Sicilia reggeva per rimunerare la fedeltà de' Siracusani, e per istabilire al tempo stesso un pe- culiar patrimonio a Costanza sua sposa, ie concedette al i36o Siracusa elevandola a capitale di molle città, e paesi, che tutti uniti formavano il suddetto patri- monio, denominalo con barbaro vocabolo camera re- giiuile. I nostri annali e le nostre vecchie prescrizioni addimostrano che presedeva un reggitore agli enunciati paesi, indipendente de' ministri del regno, godente un mero e mislo impero, esteso financo sopra ogni mili- tare e politico aftàre. Avea questo governatore a se sog- getti consiglieri, tribunale composto di giudici, maestri razionali, e ministri inferiori. A lui spettava la sovran- tendenza sopra lutti coloro, i quali ministravano ra- gione a' litiganti che portavano i richiami per cause civili e criminali alla loro superiore autorità. Di tal materia, da altri largamente spiegata, non dirò più. E (1) ]\lein. j>cì servire alla storia Icttcr, di Sic, parie ir, v- 3j e se e- l4o LETTERATURA ciò posto liflcltcte, pregiatissimo amico, cbe numero grande di controversie e di affari discutevansi a quei tempi appresso la siracusana magistratura. Quanta gente in. più classi divisa non ci vivea agiatamente, bisogne forensi, secondo il giudiciale ordine, maneggiando! Con- seguentemente animato dovette essere lo studio della giurisprudenza produttore di onori e di beni. Malgrado però tanti emolumenti che a Siracusa dalle dette pre- minenze derivavano, non poteva ella peggio stare, come di fatto slava. Conciossiachè l'illimitato potere di cjue' governatori erasi già convertito in istrumento di violenze, di pressure intollerabili, e d'ire anche ese- crande. La citià quindi in ciò bene avveduta porse incessanti doglianze ne' generali comizi del regno, il re supplicando, affinchè tolto le fosse quel giogo di ferro, quantunque scapilo grande dell'abolizione |iortar ne dovesse, e de' torli inferitile da quegli oggetti di pubblico vitupero non rimanesse inulta. Non invano andarono i suoi priegiii l'anno i536 o j537 sotto Carlo V° Imperadore; e cosi rientrando ella nel demanio quel tempo malvaggio per lei cessò. Per terza cagione dicevole a far ne' secoli xiv xv e XVI fiorire la civile e canonica ragione fra noi ascrivo io la vastità della diocesi siracusana composta di ri- guardevoli città , e di opulenti paesi al vescovo sog- getti, ed alla giurisdizione della sua curia, innanzi cui infinite contese si trattavano, non solamente dagli ec- clesiastici, ma da' semplici chierici, comechè conju- gati una con le loro famiglie. Di che ne conseguitò che incessante divenne lo studio de' codici civili e sacri: studio producitor fecondo di emolumenti e di onoranze; .sicché .potevasi dir Con Dante. » Per questo l'evangelio e i dottor magni » Spn derelitti, e solo a' decretali » Si studia SI, che pare a' lor vivagni. I rimasi avanzi delle librerie de' vecchi legisti si- racusani, i loro repertori, ed aringhe, a me palesi nella ED ARTI LIBERALt ì/^t giovinezza, ci cavano di dubbio, senza bisognarci per questo altra peculiare dimostrazione. Io intendo qui al- ludere a giureconsulti da me sopra richiamati debita- mente a memoria. Or clic potente incentivo in quello stato di cose essere non doveva il posto di assessore nel vescovile sinedrio? Quale ardore verso la scienza non ispirava la facilità di ottener poi per via di me- rito un luogo di onore ne' tribunali supremi di Pa- lermo? Venendo a quello che di significare per ultimo ho nell'animo, diiò che assaissimo contribuì a fomentar bensì ne' tempi precorsi le predette facoltà la dottri- na de' vescovi, e specialmente di coloro scelli dalla re- gia corte di Madrid, onde sedere in questa cattedra apo- stolica celebratissima. Furono eglino veramente uomini di grande intelletto, e di sottile ingegno, cavalieri per virtù e per nobiltà di sangue ragguardevoli, e caldi di carità, e perciò virtuosamente adoperavano, met- tendo negli anni del loro governo in esecuzione opere pietose tuttora laudate. E nel vero chi di somiglianti Jìcrsonaggi al reggimento delle chiese e delle diocesi non viene all'effelto di cose degne di lasciarne rimera- Lranza; meglio è che la fama gli taccia, od al piìi che se ne registrino i nomi nel catalogo delle persone, che vissero senza infamia e senza lode. Degl'indegni però l'obblio non ne copra le malizie, od arlilìciosa- nitnte le colori: di vile uomo è alto l'adulare e non esporre il vero a danno dellia storica integrità. Ritor- nando a' nostri sacri pastori degli andati secoli a chi non cagionerebbe maraviglie il racconto de' loro be- nefizi, in tornii generi di misericordia, se jiotrss'io per singolo riporlarveli? Lievemente adunque toccherò che il maggior numero di essi furono nelle umane e di- vine leggi addottrinati. 11 sapere di un Ordinario nella sua diocesi è un astro che splende: è un motore at- tivissimo, il quale di continuo si argomenta a prò dello stato, e del suo gregge. Per conio poi della pubblica istruzione uu sajnculc prelato e agli studiosi d'impulso, l4a LETTERATURA di Sgrido a' lenti, di conforto a' pusillanimi ed agli impotenti. Il che manifesto appare a chi le seguenti considerazioni riguarda. Consultate dunque meco il catalogo dei vescovi si- racusani dell'abbate Rocco Pirri (i), e vi leggerete che occupò al i38o la cattedra vescovile di Siracusa raon- sig. Francesce Dentice da Napoli, istruito in pili scienze, ma sopra ogni altro nel legale sapere. Napolitano an- ch'egli fu Giovanni III, ottimo giureconsulto reputato, ed alla delta sede debitamente promosso. Non posso altresì trasandare Francesco Tommaso de Herbes da Catania a tanta dignità l'anno 1887 assunto; sallo o- gnuno di essersi nello studio de' decretali renduto fa- moso. Fra il novero di tali vescovi nel 14^9 l^^g" giero II Bellomo siracusano cittadino della laurea dot- torale era eziandio insignito. Torna rimembrare ugual- mente Paolo Santafede da Aragona spellante all'epoca del 144^5 consigliere del re Alfonso, uditore della Rota Romana, pontefice di poi di questa chiesa, ha titolo di essere ascritto fra gli esimi giurisprudenti. Ebbe ancora nelle mani il governo della slessa chiesa infin dall'anno i5i8 Lodovico li Platamone siracu- sano, ch'era stato prima giudice ordinario nella patria, sua. Di costui fa, oltre il Pirri, menzione onorata il canonico Scobar nel suo trattato De rebus praeclaris Sjracusanis. Non procedo oltre , se prima non favello di Gil- berto de Isfar e Coriglies palermitano, il quale, sedendo in questo soglio vescovale, non volle multiplicare il numero de' canonici; ma statuì che tutti fossero dot- tori in teologia, e neUo studio de' decretali appieno versati (2). Che vi sembra di questo divisamento ag- giustato alle norme ecclesiastiche? Imperocché la di- stribuzione delle preminenze nella chiesa non vale, ne (1) Notit. Eccles. Syrac, toni, i, pag. Gaj). (•i) Pirri ivi, p;ig. 04^. ED ARTI LIBERALI ì^3 dcbbe apprestare un traffico di arbitrarie disposizioni a vantaggio di quelli che vivono in riposo la vita, inu- tili o per lontananza, o per poco ingegno al divino servigio. Chi non istenta, chi non suda nel lungo eser- cizio di virtù faticose, non ha titolo a cercare condi- zione più avventurosa e più alla di quella, in cui si ritrova. Non mai fia, quando venisse caso, che gridi giustizia a' dispensalori de' premi: ì^oi donale (loij vesse; essendo che in ogni poj)olo trovansi i primi >3 germi delle arti belle, i quali dove più e dove meno >3 si svilu])pano e crescono, giusta il clima la religione w il governo. Difatto le nazioni più selvagge, e (juelle » che hanno minori relazioni, e minor commerciò coi >j popoli colti, manifestano nondimeoo una tal quale idea l-Ob LETTBRATUnA » dell'arie di disegnare, cioè dell'imitazione, benché roz- >i za mente, gli oggetti della natura.» E qui il Gironi cita un passo di Win^kelmann, e cerca di dar novella vita al sistema di lui, che l'esperienza, e i progressi de' lumi han fatto conoscere fallace. Quindi calcando il nostro autore una via contraria interamente a quella che il Winckelmann calcò, e trovando, per le scoperte delle ineLope selhiundne^ verità nuove e santissime, nel che sta la somma della gloria, dimostrò erroneo, quanti altri noi fece mai, il vvinckelmanniano sistema. Laonde il Gironi queslo sostenendo, e di questo bello, facendosi, l'edilìzio, dal Serradifalco innalzato, ferisce; biasimando ch'egli abbia seguilo l'opinione, già forse di troppo in- valsa, sono parole sue, di tutta attribuire all'Egitto l'o- rigine dell'arte. Quindi reputando noi quest'opera una delle più belle glorie letterarie, di che la Sicilia possa .nenar vanto a' nostri tempi, ci crediamo in obbligo, 2ier amore della patria, gridare con aperta voce il vero, e cercar di trarre dall'inganno chi per avventura vi ibsse: ptrlochè l'opera stessa del nostro autore doviziosa messe ci presta di non legieri argomenti, avendo egli in mille guise svolto questo subbietto, e sapientemente su di esso ragionalo; dimanierachè a noi altro in ciò non rimane, die alle sue pagine ricorrere, ai fonti suoi e degli antichi attingere, e colle armi medesime ch'egli ci ha apprestato batterci. Egli è fuor di dubbio , che nei primi tempi della civiltà sieno esistili presso i popoli tutti del noslio globo i germi dell'imitazione, e che i primi saggi dell'arte lì- guiata abbiano presentato presso le diverse nazioni al- cuna simiglianza, che dal naturale progresso dello spi- rito umano proveniva. Dal che si crede che i consimili c^ralt^^ri, che in talune di queste arti si osservano non ])OSsonu tenersi come indizio sicuro di esser l'una dal- l'altrq derivata. Ma egli è del pari fuor di dubbio, che qtiesla .teoria generale vada pur soggetta a non poche eccezioni, e particolarmente Jiellc sculture, di che il Ser- ED Ann LTRRRALI ì6l raclifalco trattò: le quali non ])rcscntano solamente quei contrassegni, the annunziano i primi tentativi dell'arte, ma bensì taluni caratteri particolari, propri esclusiva- mente dejjli Egizi, siccome la situazione degli ocelli e delle orecchie, il taglio della bocca, e l'acconciatura dei capelli. Né parmi fondato sul vero quello che il Gi- roni asserisce, cioè che il tipo dedaleo, ossia quella noa ancora svincolata imitazione dell'uomo, si ravvisi noQ solo negli antichi monumenti dell'Egitto, della Grecia e deli' Etruria , ma in quegli ancora del Messico, del Perù, e delle Indie orientali, e perfino nelle sculture del medio evo, quando l'arte giaceva barbara ed infor- me. In»perciocchè in queste, di che egli ragiona, os- servasi l'arte che imita la natura imperfettamente e scon- ciamente, e quale in modo, e (jnale in altro: ma non mai modellata, e quasi direi coniata sopra un tipo, da cui, per la jeratica venerazione in Egitto stabilita, noti si potevano gli artefici allontanare. La natura era po- sta da fianco; il tipo jeratico serviva di norma e di modello a tutti. Quindi osservando noi nelle primitive sculture di Grecia non l'imitazione sconcia della natura, siccome osservasi nelle sculture del Messico, del Perù, delle Indie, e del medio evo, ma bensì l'imitazione per- fetta, e caratteristica di quel tipo egizio, che non è la natura imperfettamente e sconciamente imitata, ma una creazione dell'uomo, fatta a bella posta con caratteri tutti particolari; i quali sebbene prendessero le prime mosse dalla natura, pure nella natura non sono, ne possonsi dire in verun conto imitazione sconcia ed im- perfetta di essa, come direbbesi delle sculture del Perù, del Messico, delle Indie; imperciocché cel mondo non bavvi essere umano di quella forma. Difittli si osser- vino. Senza spirilo di sistema, le une e le altre, e si vedrà in quelle un tipo ideale, ed in queste un'informe imitazione dell'uomo, sì fattamente che non si j)OSsano insieme confondere. Ma quantunque a me ciò paja ve- rità sicura e lucidissima, pure è da arrogere cosa da 1 6a LETTERATURA trionfare di ogni dubbio, e che ampiamente si ri!eva, riandando le dotle pagine di quel volume. Impercioc- ché l'autore si studia di dimostrare esser l'arte greca dall'egizia derivala non già sulla similitudine di alcuni caratteri, ma colla scorta della storia, alla quale, essendo essa l'immagine della verità, è forza che ceda ogni più sottile argomentare, e chiunque, per tema di dire rnì in- gannai, non voglia nell'errore star saldo. E manifesto ad ognuno che la Grecia pria che rice- vesse degli stranieri i primi elementi del viver civile venne abitata da popoli, che dalle sponde del Danubio, ove j)er secoli dimoravano, verso l'occidente mossero, l'Europa invadendo; quindi perchè appunto givano er- rando in estranee terre, ed a guisa di cicogne, di cui parean seguire il costume, qua e là vagabondi si arre- stavano, vennero col nome di Pelasgi denominati. Strabone , Esichio, De Gebelin, Gillies, Larcher , Sckoell, ed altri sapientissimi in questa sentenza presso a poco tulli si accordano; Ma quello che a noi alta- mente interessa, e per cui abbiamo la grande autorità di Erodoto(i), Pausania(2), Clemente Alessandrino (3), Arnobio(4), si è che cotesti popoli, per lunghissime stagioni barbaramente vivendo , non distinguevano le loro divinità né per nomi, ne per attributi, ma le sim- boleggiavano con pietre e con travi, indicandole colla voce generica Theoi. Difatli Erodoto riferisce (lib. Il, cap. 4)i t^he gli Egizi furono i primi ad istituire i nomi delle dodici divinila, loro innalzando are e si- mulacri: cose tutte che poscia a' Greci comunicarono. Quel buon padre della storia chiaro afferma eziandio, e precisamente nel libro dell'Euterpe (cap. 5o e Sa), che quasi tutte le divinità della Grecia provenivano dall'E- gitto; il che viea confermato pure ia vari luoghi del (0 Lib, II, cap. 5. (■ì) Lib. 11, cap. 9 e Sa. (3) Strom. lib. I, in, \-ì. (4) Lib. IV, png. iChj. ED ARTI LIBERAI l63 primo libro delle sue eterne Memorie, Laonde Erodoto non solo, ma Pausania ancora (lib.II, cap. 5o, e lib. I, cap. 30) asserirono a buon dritto essere il greco culto dall'egiziano interamente derivato. E Pausania, Eusebio, ed altri gravissimi scrittori contestano solennemente, che non solo il cullo ed i nomi delle divinità, ma i simu- lacri eziandio passarono dall'Egitto «ella Grecia. Pau- sania stesso aggiunge(i), che le statue più antiche della Ellenia eran tutte di legno, ed egiziane; e tali furon certamente (siccome il Duca di Serradifalcn con ampio corredo di erudizione ci dimostra) l'Apollo Licio recato da Danao, la Venere Nicefora donata da Ipermestra, l'Erme di legno di Cccrope , il Bacco consecrato da Cadmo, le tre Afrodite donate da Armodia di lui mo- glie, la Diana di Perga, la Giunone di Samo, l'Apollo Patroo, la Pallade e la Diana taiirica, la Venere Cri. sia, la Diana di Efeso, e tante altre che luogo saria il ricordare. Finalmente Eusebio (Chronol. lib. Il), ed Isidoro (lib. Vili, cap. 3) affermano, che Cecrope fu il primo ad introdurre nella Grecia Tuso dei simulacri. Dalle quali cose apertamente si scorge che il nostro autore, :!Ìccome dicemmo, non poggialo solo alla simi- glianza de' monumenti , ma confortato dalla concorde testimonianza di tanti storici sapientissimi, si avvisò, che il culto i nomi ed i simulacri delle divinila, cioè a dire i primi elementi dell'arte figurata, fossero dall'Egitto venuti nella Grecia, ch'era di que' tempi ancora rozza ed oscura. Ma ciò non è tutto; e noi volgendo lo sguardo all'ar- tista pili antico della Grecia, a Dedalo, vedremo come la storia di lui venga sempre più a rafforzare l' argo- mento, che il Serradifalco con tanta dottrina, e tanto giudicio sostenne. (0 Lib. I, cap. 26 e 27.— Lib, II, cap, i.j.—Lib. IX, cip, u. l64 LETTERATURA. Nato quegli in Atene, si porta in Egitto ad apparare le- arti, e tornalo nella patria, vi riproduce, con lievis- sime modificazioni, tutto ciò che aveva quivi osservato. (Diod. lib. 1, e. I. — Paus. lib. I, e. 91). Ma quello eh' è singolare nella storia delle arti si è, che la ma- niera di lui ne si spense con esso , ne si migliorò dai successori; e videsi in Grecia per più secoli rimanere stazionaria, e dominare assoluta. Difatti nella So'' olim- piade l'arte era colà dedalea ancora, cioè bambina. La qua! cosa ricavasi dal vedere che gli artisti più cele- brati di quell'età, siccome Eudeo Dipeno e Scicli, av- vegnaché posteriori di nove cento anni all'ateniese ar- tefice, veggonsi pur notati, come figliuoli di lui: il che valeva a significare ch'essi appartenevano alla medesima scuola, onde fu che le loro opere venivano assimigliate alle più antiche dell'Attica. (Paus. lib. V, e, 17). In fine que' monumenti ricordati dal medesimo Pausania vengono a rafforzare mirabilmente il nostro assunto. Il primo è la statua eretta all'atleta spartano Eiitelida , vincitore nell'olimpiade xxxvin, il secondo è il simu- lacro in marmo di Arrachione innalzato nella piazza di Figalia verso la 53^ olimpiade, lavorati entrambi nello stile arcaico, ch'è il dedaleo: in effetto la descri- zione ch'egli ce ne ha lasciata le dimostra del tutto si- miglianti alle egiziane figure. (Paus. lib. VI, cap. i5, e lib. Vili cap. 4o)' Ma è anche da osservare che non fu il solo Dedalo, che recossi a studiar l'arte in Egitto, ma altri non pochi artefici, fra cui i famosi Teo- eie e Teodoro da Samo, seguiron l'esempio di lui. Quin- di, ritornando noi al primo concetto, ci è caro dire, che, senza ricorrere alla simiglianza di certi particola- ri, che pur chiaramente il progresso logico dell'arte vi manifestano, la sola storia basta a dimostrare, che i Greci o meglio i Pelasgi, pria dell'arrivo delle Colonie straniere, eran del tutto barbari ed incolti; ch'eglino ricevettero dai novelli abitatori i nomi , il culto , e i simulacri delle divinità; che le più antiche statue della ET) AUTl LIBERALI l65 Grecia eran di legno ed egiziane; che Dedalo recossi ad apparar l'arie in Egitto; che molli ne seguiron l'e- sempio; e cljc la maniera arcaica o dedalea, derivata dall'egizia, conscrvossi nella Grecia, per jeratica vene- razione, sino airolim[)iade ciinpiaiiU-sima, o verso (|uel torno. Laonde i famosi archtoloi^i Jiirt, Hammer, Bjt- li^er, Kreuser, Tliierscli, e tanti altri non esitarono ad affl-rmare che l'arte greca j)rocedeva dall'egizia. Quindi Ja scoperta delle m(;tope sclinuntine, opere uniche nel monilo, e preziose quante altre mai, facendo conoscere l'origine ed il progresso dell'arte, non che gli anelli che l'arte greca all'egiziana congiungono, mossero il gravis- simo sefino del nostro autore a sostenere questa senten- za. Il che fu fatto con tanta (ilosolìa , e tanto sapere da bandire per sempre ogni contraria ragione, e sta- bilire una verità ornai resa inconcussa. Ma per seguitare, la catena delle idee che mi si pre- sentano mi giova di ricordare, che sebbene l'arte elle- nica dall'Egitto derivasse, ed affinità avesse coi tipi colà fondati, si elevò pure in Grecia, per l'intelletto trascen- dentale di pochi uomini, a meta sì alta, che sarà sem- pre cagione di meraviglia e di stupore a tutte le genti. Imperciocché colpiron quelli la natura quasi nel suo cen- tro, gitlando le fondamenta di un tipo tale di verità, che dovesse servire di norma a tutte le generazioni av- venire, pur le arti imitatrici della natura. Egli è però fuor di dubbio che i monumenti dell'età periclea , in cui l'arte greca giunse al suo pieno splendore, ebbero in)[)resso un carattere di verginale bellezza. Or questa bcllezzj caratteristica, e propria de' greci monumenti, conservasi , per una serie di singolari circostanze, pura ed intatta in quelli della Sicilia. L'autore apre nel primo volume la scena con una bellissima inlroduzione. nella quale cotesto concetto mi- rabilmente sviluppasi. Imperciocché (mi piace di rileiiie le sue stesse parole) » avendo avuto le arti della Gre- w eia e della iìicilia uguale comiuciamcuto da Dedalo, li l66 LETTERATURA M giuusero alla loro perfezione in Grecia, per la bai- » taglia di Salamina, e sotto il governo di Pericle, ed 5J in Sicilia per la vittoria d'Imera, e sotto i regni di M Gelone, di Terone , e di Gerone primo, e fin nel- » l'ultima epoca del loro lustro: colà a' tempi del grande » Alessandro, e poscia in Alessandria per opera de' To- » loinei; e fra noi per le vittorie di Timoleonle, e più x> tardi sotto il governo del secondo Gerone. Glie se >i la Grecia, favoreggiata dagl'iuiperalori romani, e se- » gnalaraente dal generoso Adriano, vide i suoi mo- 5j numenti ristaurati e protetti, e la Sicilia, abbando- » nata alla rapacità de' Pretori e de' Proconsoli, quelli ;>j onde andava superba trascurati e negletti, pure que- w sfa circostanza medesima dà maggior pregio agli edi- w fici che ci rimangono; imperciocché vergini ancora, >i e non contraifàlti da mano straniera tuttavia si coii- w servano. w Dunque la Sicilia è il solo paese in Europa, che allo sguardo dei pensatori possa offerire monumenti, che le greche concezioni conservino nella loro primitiva pu- rezza, in guisa che luce tramandino sì viva e si nuova da diradare le tenebre che i primordii delle elleniche arti involgevano. Or discendendo alle singule cose che il presente vo- lume racchiude diremo che nella medesima introduzione mostrasi il valore de' siciliani edilìzi non tocchi dalla niano de' Romani comparalivauienle a quelli della Gre- cia , e si col[)iscono i rapporti della civiltà dell'uno e dell'altro paese. Siegue poscia un sunto della storia antica della Si- cilia, scritto con giudiziosa rapidità, ed iu istile vibrato ed elegante. Gli avvenimenti principali, di cui fu grande e san- guinoso teatro questa desiderata e combattuta terra, vi sono registrati nella massima parte, e ricordano da una banda la gloria della patria non so se più splendida o più maravigliosa, e dall'altra le atroci miserie, che per sì lunghe e svariate stagioni rafilissero e la straziarono. ED ARTI LIEEnALt 167 L'autore tocca sempre co» siciliano calore i falli che più l'isola onorano, e cerca, deslrej^giaiidosi con forando acume, di rilevare e di mettere nella luce die più bella torna le cagioni che li j)rodussero, e che più onorevoli sono per la Sicilia. La qual cosa senza oHeiidere la ve- rità diletta gli animi di quei che son nati su questo po- vero suolo, o che l'amauo e lo piangono, benché [lon vi appart(Mi<;ano, mentre prepara sagacemn^nte gli spi- riti a guardare con meraviglia le grandi opere di co- loro, di cui descrive i mirabili eventi, e ch'egli imprende ad illustrare. Pelasgica l'autore prova essere stala l'origine de* pri- mitivi popoli che vennero a porre stanza in Sicilia: cou chiare e l'orli pennellate dimostra i primordii della ci- viltà siciliana essere coevi a quei della Grecia, la quale ne' tempi medesimi non può vantare uomini, che so- praslino a' Siciliani nei vari rami dello scibile e delle arti. TI qual confronto, che risulta sì onorevole e si caro per l'isoia che ci è madre, osservasi costantemente se- guito nelle ulteriori vicende dei due paesi, in rapporto anche agli avvenimenti politici, e particolarmente ai più luminosi, a quelli cioè di Salamina, e d'Iiuera, che lau- ta parte della siciliana gloria racchiude. L'autore finalmente dà, con molto senno, termine al suo storico quadro in quell'epoca precisa, in cui, per la storia antica, ha termine parimente la prosperità della Sicilia, già divenuta latina provincia, e che più non en- tra nella scena del mondo, se non per le municipali mi- serie, che le romane catene vi apportarono. Dietro tal bellissimo" sunto, onde nulla manchi a que- sta grande fatica, siegue un quadro comparativo de' no- mi antichi e moderni delle città de' fiumi e de' monti dell'isola; affinchè si conosca a colpo d'occhio quali fu- rono le vetuste città, e a quali le presenti corrispondono, ov'eran quelle situate, e quali sono spente, e quali ri- sorte sotto altra denominazione. Qui giunto parmi coa- venevolc il ricordare una beila Carta aulica della Sicilia, l68 LETTERATURA che l'autore, con ponderalo consiglio, aggiunse alle sue tavole; acciocché la terra, di che alto si ragiona, si avesse tutta sotto gli occhi nel suo vetusto e primitivo stato. Alcuni han creduto che si sia l'autore ingannato nel fare due disparate città di Sifonia, e di Aquilia, men- tr'elle non sono che la medesima cosa. Io però credo che ciò non sia. Cluverio benché dicesse di non aver rinvenuto scrittore, che della fondazione di Xifonia ra- gionasse, ne sapesse fino a qual'epoca fosse ella esisti- ta, pure conlesta le sue rovine, ed asserisce che sopra di loro venisse poscia Augusta fabbricata. Il Massa però fa osservare che in ciò pienamente ingannossi quel va- lentissimo geografo: e l'inganno derivò dal supporre che il promontorio S. Croce, presso la città di Augusta, sia lo Xifonio degli antichi: il quale, siccome con validis- simi argomenti, e coll'autorilà degli antichi medesimi ha dimostrato Pietro Carrera, esiste là dove oggi chia- mano il Capo de' Molini ; presso di cui , soggiunge il medesimo Massa, dee Xifonia collocarsi. Al che si ar- roge che Teopoiupo, Slrabone, Stefano bizantino fra gli antichi, ed il Fazello, il Maurolico, il Bonfiglio, il d'A- mico, il Valentino, il Selvaggio, ed altri fra i moderni dell'esistenza di Xifonia in questo luogo ragionano, e si accordano. Che sia poi esistita Aquilia nel medesimo tempo di quella a me pare che sia fuor d'ogni dubbio. Imper- ciocché la tradizione, che in fatto di queste materie non è lieve cosa, e supplisce ai vuoti della storia, ci ha tra- mandato, che altre vestigie da quelle alquanto lontane e diverse furon quivi rinvenute; ed a me sembra giu- dizioso il ragionamento del Maurolico là dove attacca il Fazello, che volea che Aquilia venisse Culia chiama- ta; mentre è certo che Aquilia fu fabbricata, per ono- rare Aquilio, romano Console, che colà battè e disfece i servi. Dunque saggiamente ha l'autore adoperato nel distinguere i luoghi di queste due antiche città, tanto .nella cartcfj quanto nel quadro. Aci-Reale oggi sorge ED ARTI LIBERALI J 69 dove Aqullla sorgeva; Xifoijia fu fabbricata presso il jiromonlorio Xifoiiro, oggi Capo de' Molini, da Aci-Reale più mij;lia distante, ed ove allualmenle vedesi il pic- colo vill;ign;io della Gascna. Quello però che io credo non essere slato bene dal- l'autore nella Carta indicato si è il fiume Atneuano al presente Jiidicello; il quale scaturiva e scaturisce per en- tio Catania, siccome ne fan fede tutti gli antichi, e non già, sccotulo osservasi nella Carta, lunge da quella città quattro a cinque miglia, per mezzo giorno, presso il Simeto. Tuttavia è da osservare che l'A menano, siccome vogliono Serpetro, Arcangelo, e Maurolico, dipende dal Jago G arrida vicino Randazzo, e che per meati sotter- ranei ed occulti sbuca da un punto di Catania , e si gilla nel mar jonio. Ad ogni conto è mestieri che la scaturiggine di quel fiume venga situata nella Carta di- versamente di come sta. Un altro equivoco, se mal non veggo, è corso pure. L'autore nella cennata Carla colloca Phintia ove mirasi oggi Licata, e va benissimo; ma poscia nel quadro comparativo citando Gela nota ch'ella è forse Licata, e poi citando Phintia dice ch'ella è città d'incerto silo, ma probabilmente ov'è la moderna Licata. Certamente questa non può essere che nell'uno o nell'altro luogo; ma a me , per le ricerche degli eruditi , pare ornai fuor di dubbio, che là dove sorgeva Phintia ella surga, e che Gela s'innalzava, ov'oggi s'innalza Terranova: anzi puossi arrogere che l'autore medesimo nel suo quadro spiega l'antico fiume Gela qual fiume di Ter- ranova; diliitti quell'antica città chiamossi Gela appunto perchè presso questo fiume venne edificala: dunque non ha luogo il dire, com'ei poscia disse, che Gela è forse Licata. Riguardo poi al porto di Ulisse, eh' è situato nella baja, che oggi viene Lognina appellata, e che vorreb- besi da taluni che fosse nel sito, in che sono gli sco- gli de Ciclopi, io non saprei biasimar l'autore per questo 170 LETTERATURA fdtlo. Impercloccliè discordi sono in ciò gli scrittori; ne può dirsi che abbian questi o quelli assoluta ragione: laonde non cade in errore colui che si persuade di se- guire l'opinione dei primi, anziché quella dei secondi. Oggi però, e ci è carissimo il ricordarlo, il valente in- gegno di Lionardo Vigo in una sua memoria pubbli- cala da poclii giorni, ed intitolata ricerche sul porlo di Ulisse^ ha assunto di ])iovare, che non deesi vedere nella baja di Lognina, ma nel Capo dei Molini l'ulis- siano porto. A noi sembra bello ed ingegnoso quello scritto, e ci tireremmo dalla sua parte con grandissima voglia, se Omero su di cui egli si affida, non cel vie- tasse, e indietro non ci spingesse. Imperciocché dovrassi in buona fede confessare da chicchessia, che il viaggio, cui fa descrivere ad Ulisse quel supremo pittore deJle memorie antiche, sia un po' confuso e dubbio per lo manco, se pur non si stimi contrario a chi con tanta fi- ducia vi ricorre. Omero nel XII libro dell'Odissea narra che il tebano Tiresia, e la maga Circe aveano avvertito il suo eroe che schivar dovesse la Sicilia , l'amena Isola del Sole, di cui rallegra ogni vivente il raggio; perche, siccome Circe alfermava, il maggior de' guai l'avrebbe quivi incolto; ond'egli memore di {|ueiravviso deliberava di lasciare indietro quell'Isola sì malaugurata per esso lui: ma ciò non potè avvenire; che Euiiloco si opj)Ose chia- Uiando barbaro Ulisse, e rinfacciandogli, che per esser egli di forze abbondevole, e perchè mai non cedeva, e non era in lui fìbbia che non fosse di ferro, a' suoi con- tendeva di toccar terra, e di non parca cena sijI lido ri- storarsi: perlochè, facendo i comjiagni plauso al favellar di colui, Ulisse condiscese a prender terra, loro di- cendo: Giurale almeno, e col più saldo giuro Che se greggi troviarn, doviamo armenti, Kou sia chi spinto da stoltezza iuiqua, Giovenca uccida, o peco.eila offenda: Ma tranquilli di ciò pasteggerete, Cìxe in don yi porse la benigna Circe. E» ARTI LIBRRALI 17! Quelli giurarono , ed Ulisse fece ft-rmare la nave , e smontò coi com[\Tgni , per la prima volta in Sicilia. Or queste cose racconfruisi nel XII libro, e dopo di es- sere stato ritaccnse all'Isola Eolia, e alla città de' Le- strigoni, e alllsola di Circe: le quali cose narransi nel libro undccimo; mentre l'arrivo di lui alla mirabile isolelta, die sta incontro la terra de' Ciclopi, e l'avven- tura nella spelonca del ciclope Polifemo, che gli divorò sei de' suoi compagni, si raccontano nel nono libro, e succedono mollo innanzi ch'egli avesse vedutoCirce e Ti- resia, ed avesse udito il consiglio di loro a non andare in Sicilia, ove quegli poscia approdò, perchè i suoi compagni, come abbia m dello, mossi da Euriloco, si ammutinarono. Dunque quella singolare isolelta, che di conila ai Ciclopi siede, non pare esser l'isola di Trezza, perchè non pare, giusta il viaggio di Ulisse, e la guida omerica, che la terra de' Ciclopi, quella da Omero de- scritta, sia la Trinacria; e chiaro apparisce non inten- dere Omero per la terra de' Ciclopi l'Isola nostra. Si rileggano con freddo giudicio il nono, il decimo, fun- deciiiio, ed il duodecimo libro dell'Odissea, e si vedrà non fuor di luogo il mio dubitare. Quindi tulio ciò che si vuol ricavare da Omero, per islabilire nel ba- cino del Capo de' Moliui il porlo di Ulisse, cade ìq- teiamente, perchè Ulisse, secondo la storia omerica, sbarca per la prima volta fra noi dopo tulle le traver- sie che gli accaddero nella terra de' Ciclopi: le quali avvennero assai prima dello sterminio , clie Circe gli avea predetto, ed innanzi l'ammutinamento di Euriloco, per cui fu rilaceuse, come dicemmo, costretto a meller piede in Sicilia. lo desidererei veramente di parteggiare per quell'il- lustre e caro senno del Vigo, sì per.essere io siciliano, sì perchè mi duole il discordare da lui amico, e valen- tissimo; ma la verità dee vincere ogni privalo aflèlto; e potrà per avventura succedere, che la presente disa- mina non torni vana per l'avvenire. Ciò non pertanto 17^ LETTERATOBA da queste cose non si deduce, che il porlo contrastato sia nella baja di Lognina; no certo. Forse qualche stra- niero che ha visitato queste contrade, senza die amore del natio loco avesse potuto far velo al suo giudicio, ha traveduto la verità più che noi forse non l'abbia- mo: ma io in questo momento ne voglio ne so, senza tema d'ine;anno, avventurare un'opinione, che potrà esser fallace. Quello che io voglio, e che indubitalo mi sem- bra, si è che chi ha oggi situalo il porto di Ulisse in Lognina non è degno di essere dai dotti biasimato. Rispetto al fiume di Naro, io non so veramente se ben si faccia nominandolo Ipsa; e se l'Ipsa sia real- mente allato Girgenti: so però che tal quistione è in- trigatissima, che taluni filologi si sono aspramente bat- tuti, e che il vero per anco non riluce: quindi farà be- nissimo l'autore, se nel venturo volume, di Agrigento ragionando, si darà a (Wscalcve fundiius (^come fece pel Crimiso) di questo fiume sì combattuto, onde togliere i dubbi, e stabilire il giusto. L'eruditissimo Pancrazì, degno di grande riverenza per le sue dotte e laboriose fatiche, fa lungo ragionare intorno i fiumi dell'antica Agrigento; ma io non so se il giudicio di lui sia pari alla mole delle sue conoscen- ze; so certo che la quistione, dopo il mollo suo dire, rimane tuttavia involucrata. E quantunque egli balla for- lemenle il Cluverio, che l'Agraga, secondo lui, coH'Ipsa confuse; ciò non pertanto il trionfò non è suo; ed ignoro se invece di luce abbia sull'argomento maggior bujo cosparso. Aspettiamo dunque che il Serradifalco, le 0|)i- nioni di tutti, secondo suo costume, imparzialmente esaminando, sciolga col suo senno questo nodo, e non ci faccia su di esso mai più ritornare dubitando. Viene ora la storia particolare di Egesla. Ninno igno- ra, come nelle tenebre dei secoli remoti si perda l'o- rigine di quasi tutte le antiche città. Le favole le più assurde involgono nei veli del mistèro i primi periodi della loro esistenza: quindi molto si favoleggiò intorno KD ARTI LIBERALI 1^3 all'origine di Egcsla, cbe sedeva regina fra gli Eliini, e gran f'tima di se levò nel mondo. Il fallo j)erò sia, secondo le storiche tradizioni, che Egesto naie in Si- cilia da trojana donna, portatosi in Ilio, ove contro gli Argivi valorosamente combatte, ritornato dopo la di- struzione di quel famoso impero nella nativa terra, qui verso Lilibeo gillò le fondamenta di una città, cui diede il nome suo. La storia nulla dice dei primi secoli di sua esisten- za. Imperciocché ella comparisce sulla scena delle umane vicissitudini nella 5o" olimpiade, narrando Diodoro la vittoria, cbe in quest'epoca gli Egestani riportarono so- pra i Selitmnlini. A rej)ubbiica Egesla reggevasi; guerre crude e feroci con vana fortuna or con questo or con quel popolo so- stenne: ma battuta da Selinunte, chiese, assetala di fu- ribonda rabbia, soccorso allo straniero, e patteggiò con esso, la bbiflà della patria. Qui vennero allora e Greci ed Africani, che il conquisto di Sicilia agognavano, tra- vagliando e straziando per più tempo queste infelici eoa- trade. Videsi Seliuunle dallo straniero ferro dislrutla; le'noslre campagne grame ed insanguinate, violati i saa- tuari, tremebonde le madri, mai sicure le città, Sicilia scompigliala. iMa i nemici vìnti alla fin fine dal sìci- liano valore porlaro ai loro paesi la rimembranza ter- ribile di quaclo possa nn popolo, che per le paterne mura combalte. Egtsta pertanto rimase in odio a tulli, e coperta di vergogna pagò la pena del suo tradimen- to; perciocché soggetta ai barbari, che aveva invocati, pejdelle colla libertà lo splendore e le ricchezze, ed al- lorché volea scuotere il giogo dell'ahicana tirannide, squallida, qual'era divenuta, non ebbe vigore di farlo, e cadde in poter di quella più miseramente di pria. Un'altra sola cosa dirò; ed è bene che si dica in questi tempi di vertigine, e di mal sicuro consiglio. Nelle va- rie sciagure, cui Egesta soggiacque, per la sua truce condotta io verso la patria, evvi questa, che il suggella I'j4 LETTERATURA pose alle sue miserie. Agalocle reduce dall' Africa si - rammentò degli antichi misfatti di essa, e decise nel suo crudo pensiero, di spogliarla ed annientirla: quindi ordinò, feroce qual'era, che la più parte de' suoi cit- tadini, che allora (tanto era caduta la sua vetusta flo- ridezza!) non ascendevano che a soli dieci mila, in riva alla Scamandro si trucidassero, decretando che il nome le si cangiasse, e Diceapoli, o città della giustizia, fosse in avvenire denominata. Memorando esempio ai popò-' li, che la patria tradiscono, e nelle armi straniere con- fidano!!! I fati però non vollero eh' Egesta cancellata venisse interamente dalla faccia del Globo. Imperciocché trovasi il suo nome annoialo, siccome rileva il nostro mede- simo autore, n<'gl' itinerari romani, scritti nel terzo e quarto secolo. Difalti essa continuò a vivere per lunghe stagioni sotto la romana dominazione; e sebbene non si potesse determinare I epoca precisa in cui perisse, pur tuttavia, siccome il Serradifalco evidentemente ne pro- va, si può affermare, che uei tempi normanni sia ces- sata di esistere. Ecco la storia di questa famosa città, che rapidamente abbiam tocca. E mestieri però dire dalla parte nostra, che l'autore non ha trascurato di raccogliere, e con grande giudicio, tutto ciò che si poteva intorno all'egestano po- polo. Eccoci ora alla corografia, ed ai monumenti. Sedea Egesta sul dorso del monte Barbaro o Varvaro, che resta tre miglia lunge dal paese, che, con moresco vo- cabolo, Calatafimi si appella. Rieorda primieramente l'autore i laceri avanzi delle antiche sue mura, che in frantumi tuttavia si osservano: quindi si dà, con molta dottrina, a ragionare del silo, ove la città sorgeva, e delle segestane acque sì famose presso gli antichi, e sì riputate presso noi ancora. Egli seconda, e con molte acute ragioni convalida l'opinione del Fazello, che fu il primo a riconoscere nel fiume San Bartolomeo l'aa- ED Ann LIBERALI 17^ lieo Crimiso, attaccando il Cluverio, c1«e volca in quello lafliguiJire lo Scaiuantiro: ed il Serradifalco appoggiata alle autorità degli scrillori, con fi licissimo pensit:ro , dimosira che il San Bai lolonico prinìa Crimiso, e poi Scamandro si appellò; sicché falsa dei tutto torna la sentenza del Cluverio, che giudicò essere Crimiso il Be- lice, malgrado che questo scorra a venti miglia da Ege. sta lonlano. Or nuH'altro rimane di questa città se non che un tempio, ed un teatro: imjjonente è il primo, superbo il secondo nelle sue macerie stesse; il tempo che ha colpito questo in cento guise, non ha avuto forza di aLLalter quello. Esso, dice il Serradifalco, è di carat- tere maschio e semplicissimo, ed appartiene a quel ge- nere che i Greci denominarono exasiilo-peripiero: ha trentasei colonne doriche di peristilio, senza scanalature, disposte in modo che sei stanno su i lati minori, e quattordici, comprese le angolari, sulle ale. La sua base è vasta, essendo un parallelogrammo, lungo palmi 237, 3, e largo palmi 102, 8: diguisachè viene ad essere ujio de' monumenti più colossali dell'antichità. Esso peiò non fu mai conipiulo; e l'autore con gran corredo di artistiche cognizioni a meraviglia lo dimostra. Bellissimo è poi il ])('nsiero che svilujipa, penetrando nella cagio- ne, per cui finito non si trova questo tem[)io famoso. Opere di tal fatta non s'inlra[)rendono da popoli schiavi e iiiiseri: quindi la costruzione di esso rimonta all'epoca più fiorente del popolo egestano; cioè nei primi secoli del suo libero reggimento, ed innanzi che la bile coi Selinuntini fiera scoppiasse, e le guerre fra loro sangui- nose si rendessero: ma queste che furon la prima causa delle sventure che in seguilo l'oppressero, dovellero im- pedire che il tempio a compimento si portasse. Dun- que la forza e la ricchezza di Egesla fece concepire ed eseguire quell'ammiranda opera: le sciagure che le so- praggiunsero ne distolsero le inenti, e lo fecero rima- nere inconipiulo: perlochc l'autore pone l'epoca della ry6 LETTERATURA. sua costruzione pria degli anni 4^9 o 4i3 avanti l'era volgare. Qui ora nasce il desiderio di sapere a qual divinità veniva consacralo questo stupendo edificio: s'ignora. Im- perciocché ne la storia, né le tradizioni, uè l'analogia vi prestati tanto da afferrare il vero. Il Serradifalco, nemico delle chimere e delle visioni archeologiche, e non uso ad avventurare of)inioni alla cieca si è fatto ne' suoi studi un sistema di porre da banda le ipotesi e le congetture, che vi fìin si di so- vente creare delle bolle, e formare dell'archeologia un romanzo: egli chiama in soccorso gli antichi scrittori, che soli posson diradare il bujo che circonda i monu- menti degli avi; e quando gli vien meno l'cijuto loro, fa gran senno, e non come vero , ma come suo pone avanti il suo pensiere: diguisachè mancandogli il destro di poter, formare una plausibile congettura, cavata dalle circostanze, che gli obbietti accompagnano, allora, eoa gran sobrietà di giudicio, si è rimasto muto, e l'ha iàtla da storico. Così nel presente caso, egli non emette veruna opinione intorno al nume, cui questo tempio veniva dedicato. Imperciocché non ha elementi di nes- suna sorta, onde giungere a tal fine. Ma solo si limita a dimostrare, quanto sia fuor di ragione la sentenza di coloro che a Diana lo attribuivano: locchè fa con sì chiaro ragionamento, che appieno distrugge la contraria voce, e vittoriosamente ne trionfa. Eccoci al teatro. L'autore pria di parlare di quest'al- tra opera del popolo segestano , fa j)recedere la storia de' teatri, rimontando alla loro origine, e toccando i vari periodi delle loro vicende: e sebbene cose nuovo in ciò non dicesse, pure elle son dette in modo, che care novellamente ne tornano. Si dà poscia a discutere con artistica sapienza sulla vana forma de' teatri ro- mani e greci; ed il tutto va sempre corredando con am- pie autorità degli antichi, che sono la guida ed il so* slegno de' suoi pensamenti. ED ARTI LIBERALI 1^7 Il teatro egestano lia la forma di un semicerchio, i cui lati estremi prolurigansi palmi dodici pa ni lltla mente fra loro, e trovasi nelle parti accessorie costruito ìa maniera die presenta nell'insieme una fis^ura poligona: esso è appoggiato, per la metà quasi della stìa altezza, al pendio di una rupe, siccome sono quasi tutli i teatri dal greco genio innalzali. 11 diametro di esso è palmi 344) tli cui 6^ sono destinati alla laighezza dell'orche- stra, e 90, per ogtmno dei lati, ai sedili. L'autore ne fa una descrizione semplice si, ma minuta ed esattis- sima; d'onde si rileva ch'esso e perfellainenle di greca costruzione: il die viene rafforzato dall'essere (sono sue parole) privo del tutto di un portico superiore, del pari che i teatri tutti della Grecia sinora scoperti, al con- trario di quelli de' Romani, che ne andaron sempre decorati. Se dunque il modo (ei soggiunge) ond'è costrutto il r)Oi>lro teatro annunzia un'epoca antichissima; se la sua j)ianta, l'altezza del suo pulpito, la sua esposizione, l'es- sere addossato alla rupe, ed il vedersi spoglio del por- tico superiore, palesano dappertutto il fare dei Greci, scnjhra a noi non potersi dubitare, la sua costruzione doversi riferire ad un'epoca anteriore al domitiio dei Romani, ed anche pria dell'anno 409 innanzi l'era vol- gare, in che venuta meno la libertà di Egesla, e sog- getta al Servaggio degli Africani, ella perde ogni sorta eli floridezza e di splendore. Ma perchè esaminando alcune parli di esso, che sen- tono la romana maniera, potrebbe nascere a taluno il. desiderio di sapere in che modo il genio di questa tre- menda nazione vi avesse posta la mano, l'aulore con sagacissimo divisaraento rileva tal' idea, distinguendo le e])0clie del lavoio,ed annunziando (ripeto le sue slesse parole per non alterarne il concetto) che gli avanzi della scena, lutti spiranti la maniera romana, e l'essere al- cuni di loro non ancora compiuti, addimostrano come nell'età de' Rumaui alteudessero gli Egeslani a ricostruire 178 LETTERATURA. o ristaurare questa parte del loro teatro il quale poscia, per talune circostanze, di cui non ci è stala tra- mandata memoria, rimase imperfetto, secondochè dimo- strano i ruderi esistenti. Ecco tutto che Egesta risguarda, e che racchiude que- sto stupendo voluuie. Io ho cercato di ritiarne la fiso* nomia, come mcf^lio sapeva , e mi lusingo di non es- sere stato un infedele pittore. Solo mi rimane a dire delle tavole^ che sono bellissime ed elegantissime, couie quelle dell'antecedente volume, in guisa che l'edizione riesce sempre più ammiranda da qualunque parte si consideri. Prosiegua dunque l'autore la sua nobilissima impresa, che ne avrà gratitudine dai presenti, e laude ed onore dai posteri più lontani. Ferdinando Malvica. Tabiilarìiini Regine ac Imperialis Capellae Colle- giatae Divi Pelri in Regio panormitano Palalio Ferdinando II Regni lUrlusque Siciliae Regis jussu editurn^ ac noiis illustratum. Panormi ex regia ty- pographia i835, iu-iòl., pag. 292 eoa due tavole litografiche. La diplomatica, quest'arte o scienza come meglio vo- glia da alcuni appellarsi, che insegna a conoscere e ad apprezzare non che la storia, il dnlto, le costumanze e le peculiari leggi de' paesi, da inconlrastaijili docu- menti autentici e contemporanei detratti, mala fortuna La avuto in ogni tempo appo noi. Leggansi le facce ÒGlìUstoria letteraria del nostro illustre Scinà, e veggasi come i lavori de' nostri diploutatici o arsi,o deparsi, o malavventurati non hau potuto vedere la pubblica luce. Noi manchiamo, egli è vero, di un codice diplomatico che in se riuoisca le nostre svariale mene, codice ideato ED \HTI I-IBF.nAM 179 tlal Caruso e dall'Amico, ed iniziato dal Di Giovanili; abbiamo però, e possiamo gloriarci di averle, perchè pregiatissime, le opere dipinmaticlie del Pirri, del Vjo, dell' Inveges, deirAmico, del Mongilore, del Di Gio- vanni, del Gregorio. ImptMlanto questi celebrali scrit- tori noti poterono elevare il grande edifizio della di- plomatica nostra, ed altro non fecero che segnar la via perchè que' d'appresso li seguissero. «Solo piacemi, io dissi nella mia Memoria degli Arabi, pria di porre ter- mine, farvi riflettere die onorevoi cosa sarebbe per co- lui, che vago fra noi de' patii studi, ad illustrare si accingesse le glorie della nostra patria, e a rintracciare con assidue faliclie i fonti che quell'epoca risguardano; facendo rinascere la nostra diplomatica, ch'è quasi nulla; ricercando carte, e tabulari e concessioni che polverose giacciono ed igtiole negli archivi, tirando esempi dal Carusi, dai Di Giovanni, dai Gregorio; e mossi tutti da unanime desio di onorare la nostra classica terra, mostrare a tulle le nazioni esser noi nipoti ben degni di quegli avoli illustri e diligenti cultori delle più gra- vi, ed utili discijdme. w Tali cose io diceva nel l8J2 e l'Arcadico di Roma di me parlando faceva eco alle mie parole, ed i miei divisamenli applaudiva. Fu verso (|uel torno che il marchese Giuseppe Ruffo, sedente allora da Direttore nel Ministero di Casa Reale, mosso dalla vaghezza ch'egli ha di giovare all'incremento delle lettere, e persuaso che oggimai la diplomatica, ol- tre che essere uno studio necessariissimo pelle verità storiche civili e morali de' popoli, è uno de* saldi fon- damenti dell'archeologia, propose al Re il coordinamento dell'archivio della Cappella Palatina di Palermo, e quin- di fu ordinala la pubblicazione delle carte ivi contenu- te. Piacque al Monarca approvare quanto dal sagace Giuseppe Ruffo erasi divisato e ne commise la cura al beneticiale Luigi Garofalo(i) soggetto fra noi abbastanza (i) Ministero e Real Segictcria di Stato di Casa lU'al«. — Ecccllniia: S. M., cui Ilo rassegnato il foglio dcil'E. V. dclui dello scoi»o inarco, ha l8o LETTERATURA noto per le sue erudite fatiche, e che appieno corrispon- der poteva all'onorevol corainessa. Questo esempio assai giovò all'util disciplina che ravvivar si tentava perchè fin d'allora i merilissimi Arcivescovi di Palermo e di Monrealt; si adoperarono a far sì che i diplomi e le carte che polveiosi giacevano ne' loro archivii o in casso rinchiusi, vengano ora meglio ordinali e fatti di pub- blica ragione. Di questo solamente credo utile farli av- vertiti che nel coordinare e pubblicare i diplomi si e- stenda la loro diligenza sopra tutte interamejite le vec- clìie carte, siccome conservate si ritrovano ab antico nel- l'archivio, senza farne scelta o stimarne il valore e l'im- portanza; dapoicliè per questo medesimo di poco frullo e di breve interesse riusciti sono i diplomi lìubblicati delle chiese Palermitane e Monrealese dal Mongitore e dal Del Giudice, mentre l'uno quelli soltanto pubblicò che i poderi tisguardano, l'altro quelli che a suo credere stimò più utili; igi;oraiido ciò eh' è sialo dirittamente giudicalo dagli eruditi, non esservi carta degli andati tem- pi, comechè frivola apparisca, dalla quale alcuna profi- cuità non se ne possa ritrarre. Noi intanto applaudiamo di tutto l'animo il divisamenlo de' due merilissimi Ar- civescovi, e desideriamo caldamente che ciò fusse d'in- citamento e desiasse nobile emulazione ne' Prelati delle siciliane chiese, i di cui archivi debbon racchiudere noa poche dovizie iu fatto d'istoria e d'antiquaria. Ma venendo a discorrere della Caj)pella Palatina e del- l'opera teste pubblicata dal Garofalo noi deggiamo anzi ogni altro promulgare la vetustà e nobilezza di questa apjjrovato che si afflili al Beneficiale di cotesta Rcal Cappella Palatina don Luigi (iaioialo l'incarico di coordinare l'archivio de' dijiloiai originali dei Piiiicipi Normanni e Svevi e loro successori nella nuova stanza aggregala alla cennata Rcal Cappella; onde tali diplomi, previ i restauri di cui po- tranno aver bisogno, possano collocarsi ne' forzieri alla maniera della palco- gralia, ed osservarsi dai dotti che son vaghi di vederli ed interpetrarli. Nel Regal JVouie lo partecipa all'JK. V. per sua intelligenza, e perchè si serra disporre Jadempimcito. ^^iapuli 20 aprile 1 83 1 , Fincato — Marchese Ruffo. BD ARTI LIBBRAXT l8l Cappella , la quale fondata colla nostra monarchia dal primo re, arrichita di onori dagli augusti successori Nor- manni Svevi ed Aragonesi, e quindi tornata nell'antico lustro della depressione in cui si giacque, dagli austriaci e borbonici Sovrani può andar fastosa di se medesima per le prerogative di cui è adorna, come de' musaici e delle ricche pietre di cui si abbella che destano ma- raviglia e diletto agli artisti non che agli stranieri pe- ragralori. Ora è a sapersi che tra gli uffici stabiliti in essa, dai principi normanni insigne sopra tutto e di non lieve momento si è quello di tesoriero annesso ad uno dei maggiori canonicati del Capitolo, il quale per viemag- giormente decorarlo vollero i medesimi principi che del titolo di maestro , e dell'anello dottorale venisse adorno. A lui fu dato il carico non altrimenti che nelle chiese cattedrali di conservare non solo la sup- pellettile, e i volumi della liturgia sacra, ma sì bene tulli que* privilegi ed istrumenti che risguardar pote- vano in ogni modo la Cappella. Il perchè si osserva negli antichi inventari dell'epoche angioine ed aragonesi rassegnate, insieme ai sacri arredi e ai libri liturgici, tutte le antiche carte esistenti sotto la custodia del ca- nonico tesoriero e dopo la ristorazione della Cappella aver avuto i regi visitatori nelfatto del loro ministero particolare sollecitudine di far sì che fossero con tutta diligenza custodite le carte dell'archivio, commettendone, com'era per lo innanzi stato, la cura ad un canonjco ed al cantore. Era tutto ciò dirittamente disposto affin di mantenere illesi que' titoli, che avevano i sovrani con- ceduto e formavano la nobiltà della real Cappella. In- fatti Errigo e Federico svevi. Federico e Martino ara- gonesi sovrani di Sicilia per niun'altra ragione venner mossi ad ordinarne ai pubblici ministri l'adempimento e ad osservarne il contenuto che dall'aver avuto sotto gli occhi loro presentate dai canonici le carte originali medesime nelle quali eraa significate le sovrane largi- 13 1 8a LETTERATURA zioni e i titoli di onoranza, onde e li ratificarono so* lennemente e li confermarono per tutti qua' punti di preemineuza che in quelle erano espresse. Ne per di- versa guisa dopo il turpe avvilimento nel quale si giac- que la Ca|ipella reale, tu rialzata al primitivo lustro da Filippo d'Austria secondo di questo nome, ne Carlo della stirpe borbonica si deliberò a rivendicare il real diritto di libera collazione sopra tutti i benefici della Cappella Palatina , se non dall' aver riconosciuto per mezzo dei visitatori regii la legittimità de* titoli espressi nelle carte originali che esistono nell'archivio della real Cap- pella. A tale interesse arroga quello che non è da poco dello studio archeologico o politico, che, è già qualche tempo, con tutta ragione si è prtteso fare della diplomatica; lo che spinse que' pochi de' nostri che a tale disciplina si volsero a correre animosi quel difficil sentiero. Con tale intendimento Antonino d'Amico messinese, pria che nella eulta Europa avesse alcun' erudito osato non che di recare ad affetto ma d'immaginarlo, si fece a raccorrà e di sua mano a scrivere gli archivi de' Tempieri, degli Spedalieri, e di altri militari ordini instituiti nella Si- cilia; quelli del capitolo di Messina, non che l'archivio della real Cappella del Palazzo di Palermo, il quale con- servasi rimasto in penna nella pubblica libreria del Se- nato. Questa fu la prima compilazione fatta dei diplomi di essa Cappella, ed. è la sola rimasta sino ai nostri gior- ni, sendo che Rocco Pirri e il suo continuatore Anto- nino Mongitore , altro non preteser di darci , che una notizia della stessa Cappella appoggiata bensì alle vecchie carte originali che si sono citate ttidelmente ma non tra- scritte per intero com'esse nell'archivio si ritrovano. Pregevole è, non può negarsi, il manuscritto dell'A- reico sì perchè primo ad apprestar luce su quella pre- ziosa raccolta come pure perchè con qualche solerzia lavorato; ma pur non di meno in molte parti è desso monco, uh compilato esso è con quella diligenza che viea ED IRTI LIRERALI , , l83 Oggi ricliiesla in simiglianli lavori; la qual cosa fu be- n' avvertita nello scorso secolo da Domenico Schiavo, onde alcuni diplomi vi sopperì che vi mancavano, e di sua mano li aggiunse iiell'original manuscritto del- l'Amico; pure molti altri ne lasciò non solo de' latini ma quel che più monta degli Arabi e de' Greci. In tale stato d'imperfezione era l'archivio della real Cappella sino al lySS quando il viceré marchese Ca- raccioli ordinava al beneficiale Francesco Calcagno che Venissero i diplomi disposti ordinatamente in un'arma- dio; un anno dopo l'altro viceré Caramanico permise all'egregio Rosario Gregorio di studiare i diplomi scritti in lingua arabica, a fine di averne l'interpetrazione; ma ne quegli l'archivio ordinò, ne questi illustrò i diplo- mi. Se non che al principiar di questo secolo il pre- giato professore di lingua arabica in questa regia Uni- versità degli studi Salvatore Morso con molta perizia si fece ad iuterpetrare quanti esistevanvi diplomi ara- bici, la qual cosa eziandio praticò per i Greci voltando e gli uni e gli altri con lo stesso successo nel latino idioma. NuH'altro venne operato infino al i83i in cui fu af- fidata al nostro redattore la coordinazione non che la pubblicazione di que' diplomi. Nobile, spaziosa e ba- state illuminata stanza addisse il Re per servir d'archi- vio, non soggetta ad umido di sorta perchè alcun danno sofliir potessero i codici. Costrutto ivi un grande ar- madio con entro de' stratoi disposti l'un sopra l'altro, il Garofalo con molta sedulità ha svolto in essi e dispie- gato le pargaraene ed i codici in tutta la loro esten- zione, tramezzandole per una ben grossa carta, ed or- dinandole per serie cronologica. Onde agevol fosse poi il rinvenirle nel luogo stato loro assegnato ha egli disteso un ragionato indice aggiungendovi que' contras- segni che possan servire a riconosceile nell'armadio. Di- sposizione semplicissima e riputata dagli antiquari la più atta per disporre le antiche carte; norma imitala l84 LETTEn\TURA da' più grandi archivi d'Europa e segnatamente dall'Am- brosiana di Milano; non seguila, non so con quanta ra- gione, nell'archivio Cavense; e che rende facile a qua- lunque il poter osservare que' diplomi con ozio e che pienamente ha coronato il divisamenlo del Re e la va- ghezza degli eruditi sì nazionali che stranieri, fra' quali è da notarsi il celebre monsignor Angelo Mai. Se merita encomi il nostro Garofalo sulla bella guisa con cui prese a disporre l'archivio, non meno gliene si dovrebbero rendere pella solerzia e pella sedulità con le quali ne imprese la pubblicazione. Il lungo sonno che aveva dormito quell'archivio e l'incuria nella quale era esso tenuto, aveva logoralo o dispersi molti diplomi che annotali trovavansi negli antichi inventari. Agevole, però fu al Garofalo il manuscrilto dell' Aniico in cui trascritti ed esplicali rinvenne alcuni de' diplomi andati perduti; ed ei sensatamente divisò torli da qudlo per servire alla sua collezione, senclo fuor di dubbio, che quel regio storiografo dovè copiarli sulle carte originali allora esistenti. Alla serie de' diplomi scritti in perga- mena che terminano negli ultimi anni del secolo quinto- decimo vi aggiunse il nuovo divolgalore molli altri scritti in carta coniune, i quali se servono a formar parie dello stalo della Cappella, e che risguardano la costituzione del clero palatino, pur non di manco di verun'iuteresse riescono la più parte, perchè futili e vane cose com- prendono. L'intero volume in foglio mandato fuori dai regi tipi in se racchiude una forbita prefazione latina nella quale parte delle cose da noi già delle ed altre si annunziano, e ccniottantasetle documenti si divulgano. Io non diròdi essi un per uno, perchè, dei più pregiali, vari nostri scrittori, siccome il Pirri,il Di Giovanni, il Gregorio, il Morso, ne han discorso con pieno successo. Pregevole, a cagion d'esempio, quanto non mai, sono auei di- plomi del 1048 in cui si additano i capitoli ai sodali di S. Maria de' Ncupaltitesi nel tempio di S. Miche- ED ARTI LlBEnALI 1 85 le Invano alcuni hanno inlorsato l'aulenlicllà di que- sto pregiato diploma per togliere un argomento chiaris- simo ai sostenitori dell'esercizio del cullo pubblico di nostra religione nel tempo della dominazione de' Sa- laceni in Sicilia, dapoichè la forma dei caratteri l'at- testa chìarantente siccome scrittura dell'epoca normanna. Gli altri due del ii33 e i i4o risguardanti il primo la solenne concessione del diritto parrocchiale della Cap- pella reale fatta da Pietro arcivescovo e del Capitolo pa- lermitano a Roggero re; ed il secondo la dotazione della Cappella medesima con tutti i canonicati ed uflìcì sa- cri che devon servirla. Di questo diploma due copie conservansene nell'archivio, l'una in lettere d'oro scritte in elegante carta bambagina di color ceruleo violetto dal quale pendeva il sigillo d'oro. Pregevolissima è que- sta carta sì per la materia che per la manifattura, poi- ché dopo sette secoli ancor conserva l'interezza sua. Non può assicurarsi però d|onde un tal pregio derivi se dal cotone o dall'artifizio con cui è stata operata; certo è che due qualità di questa carta eranvi in quei tempi; l'una si corrompeva di leggieri ed alterava, onde leg- giamo nelle costituzioni di Federico (an. i23i, tit^^B), vietato l'uso ai pubblici notai, l'altra reggeva allo scor- rere degli anni intatta, e ciò proveniva più dalla qua- lità del cotone arabo o spagnuolo, che i Siciliani po- tevano acquistare pel commercio da loro intrattenuto cogli Arabi. L'altra copia dello stesso e scritta in pergamena. È da osservare in essa le soscrizioni originali de» magnati del regno, e de* prelati, che in quel tempo era uso di risiedere nella corte, e, in mezzo alle soscrizioni in due grandi segnature, sono nell'una il nome del re Rug- gero, e nell'altra di Ruggiero duca di Puglia primo- genito del re: Anfuso secondogenito di Ruggero duca di Napoli e principe di Taranto è segnalo il primo nelle soscrizioni. Tutte queste firme veggonsi espressate nella prima tavola litografica e ne formano il più hello or- l86 LETTERATURA. natnenlo; posciacliè appare, senza tema di fallire, che tutti costoro intervenuti alla gran solennità che volle Ruggero celebrare pella dedicazione della sua Palatina Cappella, nel diploma slesso di fondazione uscito in quel giorno soscriver fece i suoi figliuoli e tutti i graodi del regno che vi eran presenti. Ma fra i diplomi dell'archivio occupano il primo luo- go la buona parte di quelli normanni e svevi perchè scrini in due lingue arabica e greca, o arabica e latina, la qual cosa non fu sì facile rinvenirne alcuno al chia- rissimo Montfoucon; anzi volendo egli dare un saggio della peregrina forma di quella paleografia venne pub- blicando in tre tavole il privili gio dtlla dignità del Prolonobilissimafo concessa dal nostro re Roggero al- l'Aniira Crislodulo nella sua tanto celebre opera della Paleografia greca. Il quale diploma circa ad un seco- lo prima che divolgato l'avesse l'archeologo Maurino, lo era stato dal padre Giuseppe Maria Ma/zara gesuita da Scicli", e la sua versione nell'archivio palatino con- servasi sendo nelle note del divolgalore riferita. Altri non pochi diplomi e privilegi dell'tpoche nor- manna, sveva, aragonese e castigliana son degni ai ri- marco, non che de' due Federici, siciliani d'animo, e teneri del nostro decoro e della nostra gloria. Nò al- cuno vi ha certo che potrà riputare di poco interesse qualcuno de* diplomi dell'epoca aragonese,! quali altro Don sono che strumenti di vendile, e concessioni enfi- teuliche di terre case e giardini che formavan parte delia rogeriana dotazione; però chi attenta leggerà la' contenenza degh stromenii molte notizie saprà ritrarre intorno a queU'epoca sulla disposizione della nostra ca- pitale, descrivendosi esalt£;mente le strade, i confini il compartimento, la nomenclatura infine delle varie con- trade della città. 11 Garofalo ha premesso brevemente ad ogni diplo- ma l'argomento della materia che tratta per la più fa- cile ed intera intelligenza; ha pure aggiunto a pie dì ED ARTI LIBEn\LI 1 87 pagina alcune illustrazioni ailin di chiarire di tanto in tanto il linguaggio diplomatico, le parole della mezzana età, o l'allusione a qualche storico avvenimento; e l'ha arricchito pur anca di molte conoscenze e chiarigioui tratti qua e là dai nostri scrittori che di que' diplorai lian tenuto parola. Sommo prezzo di quest'opera sarà, siccome io mi avviso, il giovamento che la pubblica- zione dei presenti diplomi arrecherà alla paleografia greca e latina e all'archeologia, mentre le forme dei caratteri e alcune delle parole ìyì registrate non saprai di leg- gieri rinvenirle ne pure nelle pregiatissime opere del Montfaucon e del Du Gange; onde il nostro egreg;io pro- fessore Giuseppe Crispi è d'opinibne che potrebbe com- pilarsi dagli archivi siciliani una paleografia ed archeo- logia siciliana, la quale potrà di grande giovamento riu- scire per la interpetrazione e schiarimento delle nostre vecchie carte. JNull'allro noi crediamo d'aggiungere al fin qui detto sul pregio dell'opera che ci siamo dati, ad esaminare, il perchè ne lodiamo altamente il divotgatore; di que- sto solo vorremmo farlo avvertito che meno prodigo lo avremmo desiderato nella pubblicazione delle carte mo- derne e dei nostri tempi, che pochissimo o nulla di rag- guardevole racchiudono; e tuttoché, ove voglia risguar- darsi il particolare oggetto cui mirano, vengon essi a formare la costituzione ed il reggimento ecclesiastico della Cappella del Re: e che nel dare il saggio dei caratteri de' vari diplomi, anziché prenderli qua e là a brani e servirsi della litografia per pubblicarli, i piìi pregevoli per intero avesse latto trasportare diligentemente in ni- tide tavole di rame, come già fece il Gregorio nella sua collezione delle cose arabiche, prendendo partito dell'ottimo bulino del nostro Waincher o dell'altro no- stro messinese Aloisio che qui si trova al presente fis- sala sua stanza. La edizione del resto non è spregevole fc la onore a chi dal Sovrano fu incaricato di dirigerla. E però venuto ora a nostra cognizione che il Garofalo l88 LETTERATURA tiene in serbo e pronto per le stampe un Saggio sto- rico sulla Real Cappella Palatina di Palermo in due parli diviso, ove in una i musaici e le iscrizioni che l'adornano e nell'altra la liturgia la dotazione e le sue prerogative si divulgano, assai l'animo ci goderebbe se il Governo prendendo tutta quella premura che merita questo insigne monumento lasciatoci dal glorioso fonda- tore della siciliana monarchia si adoperasse pur'ancora alla pubblicazione di esso come già divisato avea Fran- cesco Re nel 1828, rendendo paghi siffattamente i voti degli amatori delle cose patrie, che lieti vauno per al- tro del Tabulano da noi lodalo. Scordi A. Degli Odierni IJficii della Tipografia e de Libri. Discorso Pratico ed Economico di Carlo Mele. Napoli dalla stamperia e cartiera del Fibreno i834^ Un voi. ìq-8*' picc. di pag. 179. Il non aver noi tuttavia annunziato ed encomiato co- me fa mestieri, ed all'egregio lavoro compete, quest'au- reo discorso del Mele potrebbe con molta ragione at- tirar su di noi un biasimo giusto e meritevole; ma il ritardo della divolgazione delle nostre dispense e vari inloppi che hanno arrestato per alcun ohe il corso del- l'opera nostra potranno per avventura ritornarci il pub- blico favore su di ciò condonandoci l'involontaria diffal- ta; avvengachè noi ci avevamo promesso di dirne alla distesa e sino a che le nostre forze ce lo avrebber per- messo, per la qual cosa avevamo già raccolte non po- che nozioni per quindi raccozzarne un ragionato arti- colo. Però quando vedemmo pubblicato negli Annali di Statistica (i) e riprodotto nello Stesicoro{a) il parere (1) FeLbrajo « marzo i835. (a) Voi. a, pag. ao6. ED ARTI LIBERALI l8g datone dal Rpmagnosi desistemmo subitamente dal di- visato proponimento e ci credemmo avventurosi oltre- misura di poter ripetere qualche idea di quell'immortal pensatore e capo-scuola italiano, e semplicemente accen- narne qualcheduna nostra. La scienza dell'economia che dilatata per vari rami comprende tutta l'umana convivenza, appo gli antichi quasi che ignorata, è pervenuta ai nostri giorni per o- pera dei tempi stessi che corrono (i quali hanno fatto accorti gli uomini stessi de' loro medesimi interessi e però ad apprenderne il miglioramento) a sì allo grado di perfezione che nulla resterebbe a desiderare, quante volte con que' santi ed inconcussi principi ogni stalo si reggesse. Fra tutte le economie quella civile, d'onde dipende il comodo vivere e con esso il progressivo in- cremento degli interessi del popolo, è quella the si affa agli interni reggimenti, salvo i rapporti che per le stra- niere corrispondenze può ella avere con quella parte di economia che detta politica tutte le esterne relazioni e i reciproci vantaggi fra nazione e nazione fra popolo e popolo in se preclude. Or questa salutevole disci])lina perchè sempre più proficua agli uomini ritornasse è d'uo- po avvicinarla alla pratica senza di che vana sarebbe ogni opera umana: nell'applicazione locale de' principi generali, nel sano ed avveduto accomodamento alle pe- culiari circostanze ed alle vicissitudini degli stati, nell'in- tero e leale esercizio di essi sta il grande di. questa scienza che per alleggiamento della società ha Dio destato nel- l'umano intelletto. Disseminata essa fra gli uomini ha prodotto rigogliose piante ed oia infiorata e rinverdita fa bella pompa di se. La numerosa schiera de* suoi eletti fra i quali Romagnosi primeggia ha sparso fiumi di sapienza civile, che delle loro acque pel mondo co- sparte han dissetato le aride menti, incivilita la terra, ed hanno rinsavito gli uomini e fattili consci di chi c- glino sono, e di quanto e di che posson esser capaci. Carlo Mele è di questa scuola, franco e sincero propa- igO LETTERATURA gatore di verità, amico degli uomini e del loro progres- so, savio estimatore dei razionabili sociali coordinamenti, vuole, agogna, pretende il bene con argomenti innega- bili ; e per tale lo giudica il Romaguosi quando dice il suo bbro pieno di verità, di maturo senno e di buone viste di stato. Tra i principi annunziati dal Ro- inagDOsi nell'articolo pel Mele questi noi ripetiamo per- chè vorremmo che sempre più venissero impressi nelle menti degli uomini, poiché vertono sullo spirito tutto dell'opera dell'A.; quale quello si è di divolgare sem- pre più le umane cognizioni per mezzo deli' istruzioa generale ed in ispecie della popolare. >j Ora è forse possibile, ei dice, di godere nei civili consorzi pace equità sicurezza senza una norma preco- nosciuta la quale illumini la mente, interessi il cuore e domini le coscenze? Quest'ufficio a chi appartiene? Certamente ad una istruzione adeguata alla verità nata dal tempo e dal reciproco commercio dei pensatori. L'istruzione del mondo , delle nazioni è cosa che noa può impunemente essere assoggettata a monopolio ne alla ferula dei banchi scolastici. S'è forse pensalo mai all'indole e alla portata di questa specie d'istruzione? Valutarla come merce è l'infimo è il più materiale rap- porto di lei. Salir conviene a più eminente veduta e riguardarla come un sublime e divino magistero, nel quale la suprema Provvidenza assume l'iniziativa e la direzione del precipuo motore dell'incivilimento fra le genti a lei predilette. Sottratta dalle superiorità locali essa tende da se stessa a diffondersi, ed altro non do- manda fuor che di essere diretta da savie amministra- zioni. Per tal modo essa presiede ai progressi di quelle persone immortali che appellansi civili consorzi!, d'al- tronde abilitati coi loro mezzi di comunicazione. Essi senza anche avvertirlo e spesso recalcitrando, sono tratti a scambievole commercio, e quindi ad accomunare il tesoro delle rispettive cognizioni. Per la qual cosa se rimangono comuuicajivi, non riescono in tutto vittime KD ARTI LIBEKALI |()I o delle male arti dell'oscurantismo o della trascurauza de' loro, direttori. Ciò che vi può essere di lussureg- giante di falso d'inopportuno, vien sommerso dall'onda irresistibile del tempo, onde rimangono o risorgono le vere ed utili cognizioni. Quest'ultima specie d'istruzione non si può dire deliberata e predisposta, ma dessa ap- porta la materia prima che viene elaborata ed appli- cala ed anche imitata dall'industria nazionale. Per lei si rapiscono alla fortuna migliaia di felici combinazioni e nell'atto che le genti meglio vengono conosciute, si armonizzano i rispettivi interessi e s'impara a rispet- tare ed a farsi rispettare.» Or su questi principi con molta sottil dottrina e eoa chiara evidenza e sposizione annunziati tesse il nostro A, la sua egregia tela: noi non sapremmo cosa più lo- dare sC; le verità il sapere o la locuzione di cui questo libro fa i)ella mostra; certo che chi difende il giusto ed il vero rade volle avviene che vada errato, ma il dettar l'argomento con alacrità di mente e dovizia di cognizioni non è dato a tutti. Il Mele con istile piano lucido esatto, come dice Romagnosi, in soli sei capi, divisi in brevi paragrafi, compresevi alcune obbiezioni e risposte, alle quali siegue una sennala conchiusione ed un'appendice de' libri che non trovansi vendibili ia Napoli, si dà a dimostrare il danno arrecalo al com- mercio ed alla civiltà di quel reame dal decreto sul nuovo, dazio dei libri dato in Verona addì iO no- vembre 1822. Tutti i paragrafi addimostrano come e <|uanto pesi questo gravoso balzèllo si sovra tutte le branche delle nazionali industrie e del commercio che sull'incivilimento del popolo e d'ogni classe della so- cietà; sensatissime sono le idee annunziate, adeguati che nulla più i divisamenti ed i rimedi proposti. Tulio il libro ci va oltremodo a cuore ed a genio. L'essere al fallo delle cose del mondo, il conoscere i progressi • dell'umana progenie, lo apprendere le vicissitudini che l'allegrano o l'attristano sono oggigiorno, per opera della 1C)2 ietteratuha crescente cl villa bisogni, necessità ineluttabili, e che per ogni dove si sentono, si pregiano e si esigono. Que- st'ufficio nobile generoso ed augusto hanno l'odierna ti- pografia ed i Hbri, il credere altrimenti è fallare, ed è cosa impossibile arrestare il progredimento de' lumi, o dar loro altra direzione di quella che i tempi loro af- figgono. È mestieri però che dai governi sapienti ed illuminati si adoperino essi ad alleggiameuto de' popoli, e lungi dal deviarli con intoppi e con ceppi, spesso dan- nosi sempre inopportuni, si voltino all'util generale e di tutte le classi, concedendo loro quello sfogo libero e sa- lutevole che per mille vie può e dee formare il carat- tere morale e la vera grandezza di un popolo. Or tutta la fisonomia che hanno la tipografia ed i libri negli attuali tempi si scorge nel solerle discorso del Mele. E noi non possiamo che tributargli il noslro sincero omaggio di lode e d'ammirazione, e con esso lui far voti perchè il supremo potere con la saviezza che gli è propria, conosciuta la verità nel suo puro e can- dido aspetto, venga riunovellando un sistema doganale riconosciuto oggimai incivile ed esiziale, e rifaccia insie- memenle con più maturo e ragionevol consiglio la legge che risguarda la revisione straniera, la censura patria, non che la stampa nazionale, acciò possa conciliarsi il pubblico comodo al generale interesse, e tutelare ad un'ora quel rispetto che si dee alla religione, alla sovranità e al buon costume, siccome in quasi che tutti gli altri slati italiani ed iu ispecie nella Toscana si avvera. ScoRDiA, ED ARTI LIBERAL! 1^3 In lode del B. SEBASTUffo P^alfrè. Elogio scrìtto e pronuiir zia/o in Palermo dal Can. Giuseppe Borghi. Panegirico nella commemorazione della morte di SjUTa Rosalia detto nella Chiesa Metropolitana di Palermo il giorno 4 *^'- tembre i835 dal Can. Giuseppe Borghi. Palermo presso Sal- vatore Barcellona i835. // Cholera- Morbus^ Terzine di Giuseppe Borghi. Tipografia del Giornale letterario i633. Nominanza chiarissima precedeva il Borghi quando qui grata giunse la novella che- egli divisava fra noi fissare sua stanza. Pur troppo eran qui noli la sua pregiata traduzione di Pindaro, i suoi Inni Sacri, i vari suoi discorsi inseriti negli Atti della Crusca, ed altre esquisile scritture di cui ha egli arricchito le italiane let- tere; e però tosto che qui pervenne vago ognun'era di conoscerlo non tanto che di sentirlo, e d'apprezzar la vaghezza del suo dire dal pergamo o nel liceo. Propizia si presentò la congiuntura, poscia- chè i padri Filippini intenti a solennizzare con ogni poiripa e de- coro la cerimonia della beatificazione del loro collega Sebastiano Valfrè in modo si adoperarono che al Borghi assumer fecero l'in- carico di dirne le lodi il secondo di dei triduo solenne, non più di cinque giorni dopo ch'egli n'ebbe contratto l'impegno. Ne la brev'ora che durò nel lucubrar quell'elogio ne potè menomare ,il pregio e smentire l'alta aspettazione che pur se ne aveva. Sacer- dote e cittadino egli ci mostrò il Valfrè, ognora seguendo la via della perfezione h nell'uno che nell'altro ministero col pieno adem- pimento dei reciproci doveri che quaggiù ci allacciano. Un bello esordio dispose l'animo e l'attenzione dello scelto uditorio che facea pressa nellelegante chiesa dell'OlivelIa; la quale attenzione si ac- civebbe di gran lunga nello ascoltare le descrizioni vivissime del £agramento della penitenza, del di festivo, del condannalo al capo, dell'iissedio di Torino, delle insigni virtù alla per fine di cui la candida anima del Valfrè si abbelliva. Generale fu l'incontro avuto in quel giorno dal Borghi, e se qualcuno fu sì dappoco da tenere il suo elogio per non ascetico e non scritturale dall'error suo rivenir dovette tostochè riflesse che è bea contemplare ed at- tenersi alle cose divine il mostrare in tutti i modi l'uomo perfetto per la pienezza della grazia di Dio; e che meritar non poteva la taccia d'ignorare le pagine sacre dell'amico e nuovo patto l'au- tore degl'iM/u' So/criy tuttoché d' interi tratti di latinità fornito jaou avesse il suo dire. Il secoiulo «aggio datoci nell'aringo oratorio dal Borghi si fu addì i:^4 LBTTERATCftA 4 settembre i835 nella nostra chiesa cattedrale le lodi annunciando di santa Rosalia nostra concittadina e padrona. E nel lodarla ei non s'intertenne ad enumerar cose ignorate o supposte; non ripetè le vaghe opinionidel Gaetani,delCascini, del Tornamira, dello Stil» tingo; ma non altro f'^^je che encomiarla pella sua vita eremitica, E eir illibatezza deira.igelioa sua persona, pell'immensa carità di >ip ch'era in lei, pei prodigi operati a pio della patria nell'e- stremo bisogno del 1624, per quelle cose in somma che ricor-. dateci dai nostri storici la fanno appo noi tener cara e riverita. Questo panegirico non è che. un tessuto di sacre dottrine de' profe- ti, d^gli apostoli e dei padri della chiesa le une alle altre cormesse con magistero non comune e nella nostra lingua voltate. Bellis- sima è la descrizione della. grotta del Pellegrino, come pur quelle della Quisquina, delle pene durale santamente da Rosalia in que- sta terra, non che del rinvenimento delle sue ossa dopo che venne a cessarela velenosa tabe clie aftlisse e desolòPalermo nel 1624? e l'apostrole pei timori or or destati fra noi dall'asiatico morbo. E del primo e del secondo elogio nulla diremo intorno alla lingua, per- chè vano ed ardimentoso sarebbe; diciamo però che se la natura lu prodiga al Borghi nel dotarlo di una facilia e di un'arte non comune nello scriver prettamente, nel che ugguagliato esser può, superato non mai, non pari lena gli die nel modo di comunicar le sue parole, posciachè la fievolezza della sua voce spesso il ; tra- disce, e fa SI che molti idegU ascoltatori xeslino delusi nelle loro speranze di ammirarlo'. ,! Però non solo ha dato il Borghi prove fra noi di forte sen- tire nella prosa e nell'oratoria particolarmente, ma pure non ha tralasciato di farci apprezzare il suo sommo valor poetico. La sua Ode alla Gioventù Siciliana^ l'Inno a Santa Rosalia già can- tato in queste annuali feste, le Terzine in morte del Graziosi ^ messi a stampa li primi nel Giornale di scienze ed arti, e le se- conde nelV Indagatore} gl'Inni a san Filippo JSeri , a san Ró- nnddo, a san Giuseppe^ die corrono in penna, mostrano piena- mente in lui il pregiato innografo dei nostri tempi, j1 seguace e l'emulalor del Manzoni, il poeta spontaneo e del tempo, li Cho- lera-niorbus questa lue pestilenziale che qual rovo velenoso covan- do sommessamente serpeggiò nelle italiane contrade, né molto da noi diiungossi, svegliò la fantasia del Borghi e gli porse il destro di dettare ahjuante terzine ripiene di venustà, di grazia, di leggia- dria, di aflètto e di forte sentire. Facili sono le idee ivi espresse, bene architettate le allegorie, al proposito indicate le apostrofi, •ennati i concetti, sparsa di fiori tutta la versificazione, ogni frase ogni tratto olezzante l'aurea scuola dei classici in Dante, e nelle lime ed in ispecie ne' trioufi del Petrarca attinti. Noi lodiamo di tutto l'animo il Borghi per q^uesle Terzine che scanno d'oggi ZD ARTI LIBERALI tgS mai tenute in onore ed a modello; e perchè una piti ampia ra- gione noi avessimo di pregiarlo, lo esorliamo a compiere il suo Alfieri alle tombe di Santa Croce , argomento tutto e somma- mente italiano, che gli tornerà certo di non poco decoro. Scorcia. Risposta ad un articolo dello Stesicoro contro il Poeta Roman' tico Dialogo di Salvatore Costanzo. Palermo tipografia del Giornale letterario i835, in-8 di pag. io. Noi gih parlammo non è guari del Poeta Romantico del Co- stanzo e ne diemmo quel saggio che credemmo meritarsi quel coràponimento; protestiamo ora anzi ogn' altra cosa che parlando della) risposta l'atia dalTA. ad un articolo contro il suo Dialogo non è «nostro divisamente far risorgere ire che noi vorremmo noti sopite ma estinte , però air incontro avversi come noi sfamo ai partiti ed alle nimicizie agogniamo di tutto l'animo che solo nel bene e rettamente lare le gare e le emulazioni si accendano-, del resto abbiamo un'opinione una fede letteraria che teniamo caris- sima ^ ne per questo meno estimiamo le opinioni altrui, poiché viviapio sicuri che la tolleranza assai giova ad affralellar gli uomini, e perciò a convincerli di quel vero che è uno, ma che per mille vie si può rinvenire. Basta per ora in quanto ad opinioni gene- rali; quale avviso poi porliara peculiarmente noi sulla disputa che agita le parti si vedrà da una nostra lettera che verrà divolgata nel medesimo Stesicoro^ nostro fratello, e che onora chi lo dirige non che l'egregia citta ove si pubblica. Costanzo dif nde la cosa sua (parlerem noi con quella sincerità che ci è solila): attaccato vivamente da un anonimo ne' principi asseriti non che nella persona era mestiere che egli si movesse a dilèsa; è vero s\ che il suo dialogo, pel quale ora si mena cos'i alto romore, è scritto con non poca acredine , ma non possiam dire lo stesso di questa sua risposta che noi reputiamo giudiziosa anzi che no sì ne' principi che nelle comprovazioni dettati; dice il Costanzo che l'A. dell'articolo mal di lui divisò dandolo per un qualche disseminalor di discordie fra i Siciliani, ed è per que- sto solo, e non già perchè egli voglia venire in voce di letterato per si basso lavoro, che prende la penna, però, che il piìi delle cose per lui annunziale dice essere slate altrimenti comprese dal- l'A. dall'articolo. Noi a dir vero non vorremmo qui farla da giu- dici, pria perchè da tanto non ci reputiamo, poi perche ci siamo ig6 LETTERATURA come già dicemmo anche noi provati nel medesimo argomento j aolo per non defraudare il vero non ci possiamo astenere dal ma- nifestare che se a giudizio assoluto ed illimitato voglia apprendersi l'opinione del Costanzo, attinta per ^avventura dal Monti, che gli Dei del paganesimo non verranno mai esclusi dalla bella poesia né in contrasto mai col gusto e linguaggio moderno, più assoluto ed illimitato giudizio crediam quello di proclamare la classica let- teratura per servile, garrula, vota, snervata, eunuca^ straniera come fa Tanonimo. Basta fin qui ne passerem più oltre: ciò valga siccome un an- nunzio di questa breve scrittura. Ninno più che noi ama e de- sidera la polemica franca e generosa , la discussione libera delle opinioni , la critica nobile leale sincera dei principi che giovar ponno airincremenlo morale e letterario, ed ugualmente ci son cari lutti coloro che indistintamente cospirano al bene generale} ma come ci son grate le discussioni, le polemiche, le critiche così di tutto il nostro meglio, e con quella forza che è in noi abor- riamo i personali dissidi, ne ci va mica a cuore quel vedere di- scendere a tenzone petto a petto nell'aringo, quali lottatori. o duel- latori,*i giovani letterati, cui l'amor della sapienza dovrebbe fare più accorti; quel venire alle prese, quel vilipendersi e svillaneg- giarsi, quell'accapigliarsi Tun l'altro, questo noi riputiamo alto poco nobile, e che punto non si afta colla gravità delle lettere: la rissa colla stampa è per noi molto meno decorosa della rissa armata, la quale può avere mille esili, ma ciò che già è impresso può ad ogni istante la coverta bile ed il narcoso aschio rianovel» lare. ■ ' Il perchè noi con tutto quel candido affetto che portiamo ai giovani nostri coevi ed a questa patria che ci è sominamenie di- letta, pel bene di essa li esorliamo ad abbandonare le particolari nimicizie, che disconvenevoli sono ad uomini bennati, ed a ser- virsi di queirintelletto che Dio ha loro dato al miglioramento di noi medesimi, dello stato morale del nostro paese e della lette- ratura in generale, ad illuminarci a rinsavirci. Che se poi si vo- gliano scrivere dialoghi si scelgano argomenti giovevoli e urba- namente si dettino, siccome già fecero Pietro Bembo, Sforza Pal- lavicino, Giuseppe Parini, e Antonio Cesari. ScORt>ÌA. ED ARTI LIBERALI 197 Delle nuove ed antiche Terme di Torre-annunciata^ Articolo in- serito nel fase. XI T degli yénnali Civili da R. Liberatore. Napoli i835, di pag. 56, eoa caria icnografica. In quesl' opuscolo che apparve prima, come scorgesì dal suo titolo, negli Annnli Civili di Napoli, si propone il chiarissimo autore di far conoscere la novella acqua die porta il nome del suo scopritore, S. E. il tenente generale marchese Nunziante, e di dare un cenno non rat-no della giacitura e qualiià degli strati vulcanici, che delle anticaglie le quali sotto di essi giacciono. A dieci miglia da Napoli in Torre-annunciata presso la sponda del mare a pie d'una rupe nel promontorio detto V Uncino per mezzo della trivella artesiana tre anni sono scaturì una copiosa fonte d'acqua semitermale e minerale, in cui, secondo l'analisi del prof. Ricci, è in gran copia predominante il gas acido carboni- co. Non tardò il lodato sig. lenente-generale ad applicarla agli usi medicinali con un nobile stabilimento che vi fondò, e salu« tarissima per molte e varie infermità si è sperimentata nel corso già d'un Irieimio , come attestano le numerose osservazioni rac- colte da' più valenti professori di medicina napolitani. Ma nel costruirvi l'elegante e grande edificio de' bagni, dovendo appia- nare il suolo ed aprirsi da Napoli a quel silo una comoda via, fu mestieri con ardimento roi»ano rompere a perpendicolo per jo palmi la rupe, anzi un monte, tagliarla, abbattei la, finché nacque veramente magnifica la via insieme con l'edificio-, e in questo taglio ed ahbaiiimento apparvero alcuni avanzi di anti- che fibbriche. Al che fattosi maggiormente animoso il savissimo scopritore, prosegui il cavamento, e vide sem[)re più aticrescere la scoparla delle anticaglie, talché visitate pocostaule da S. M. il Re N. S., fu dalla sua real munificenza ordinato che l'Acca- demia Ercolanese esaminasse e definissi tutto: ma non ess'indosi ancor pioff'rita sentenza da quella illustre Accademia, il sig. Li- beratore espone egli quanto venne fuori da que' cavameuti , e da il disegno da' luoghi siccome erano al cadere dell'anno i834- Quivi adunque all'estreme falde del Vesuvio dalla parte del Capo Uncino vegj^onsi a [liè drilo spaccato, messo giù allo scoperto, gli antichi avanii di fabbriche, le quali sopportano un terreno di varia altezza, fino a palmi ^5, la più gran parte del quale è un conglomerato vulcanico disposto a strati orizzoutuli. D.il che scorgesi esser quivi, come in Ercolano, le operazioni dell'uomo alternate con quelle della natura: esempi singolarissimi nella fi- sica e civile istoria, esclama a ragione il N. A., raassimamenle i3 igB LETTERATURA perchè il terreno di trasporto che racchiude reliquie di opere umane sia qui sotloposlo a solido strato; il che, scrive il celebre Brogniart, non si è ancora in nessuna parte rinvenuto. Pure uà altro fenomeno geologico richiama qui Tattenzione dell'osserva- tore. )) Esaminando le materie nella verlical superfìcie taj^liata, scorgonsi in alcuni punti in gr&n numero gusci di conchiglie ter- restri, i quali o per intero o in frammenti sono con éjuelle ma- terie frammisti ed impastati. Ma cresce la maraviglia in vedere a mezzo della costa, e propriamente 3o palmi al di sopra della base dello spaccato e 26 al di sotto della sua superficie, un tronco d'albero (^che il botanico sig. Gussone ha definito esser un pino) ancora nella sua naturai positura, ancora abbarbicalo cogli avanzi delle sue secolari radici al suolo in cui nacque.» Ne questa sola mirabil;! pianta rinvennesi, ma un'altra simile di là poco disco- sta ed altre ancor simili vegetali reliquie lungo la via presso il lido. Sopra tali numerosi strati e sulla superficie stessa del pre- sente suolo superiore stendasi l'estremità d'una maestosa corrente di lava, la cui spessezza maggiore è di circa 12 piedi, e la lar- ghczza di circa un quarto di miglio. Da lutti i falli distintamente esposti il sig. Liberatore conchiude che » le stratificazioni le quali ricoprono i soggetti ruderi , comech(3 tutte compoìle di materie vulcaniche, pure sembrano piuttosto l'opera dell'acqua che non quella del fuoco; ovvero, per parlare con più preciso linguag- gio, luron prodotte da alluvioni e non -da piogge di materie iu- coereuli versale dalla bocca del vicino vulcano.» Vedute COSI in breve le geologiche scoperte, seguiamo ora il N. A. anche rapidamente nelle archeologiche. Gli avanzi di ro- mani edifici, ivi apparsi, non altro erano che Terme, a cui servi- van le Slesse acque, che zampillavano allora a qutdla profondila, ov'era appunto l'antico suolo oggi scoperto» Bisogna leggere la esatta descrizione ch'ai ne fa, e guardar la carta icnografica an- nessa, per conoscere pienamente lutti i particolari dell'edificio; ma in generale gioveranno le parole seguenti. » Un vasto paral- lelogrammo era la figura di queste antiche Terme vesuviane, colla giunta di altre fabbriche esteriori, parte delle quali erano le stanze ed un pozzo — e parie una fila di botteghe, a fianco di mae- stosa strada, la quale si va ora votando. Questo parallelogranimo aver dovea due piani, siccome dalle volte cadute, da' musaici a quelle soprapposti e da altri indizi è facile dedurre.» Da più re- centi scavazioni poi sono venute fuori diverse stanze che non ad altro polean servire che a prender tre specie di bagno, cioè l'or^ dinario, quello a doccia od a spruzzi, ed il secco. Consacrata al primo era una capace stanza che ha d'un bel musaico il pa- vimento, e le pareli intonacale ed una fiata dipinte. Lungo sa- rebbe il catalogo delle cose ivi trovate: più di dieci marmorei ED ARTI LlBEKALt igc) pezzi di cornici di vari ordini d'aichitelliira, altri i4 pezzi piaui di marmi, alcuni de' <[uali colorati, gradini, soglie, frammenti di braccia apparlenenli a statue diverse, ed altri iVatitumi di mar- mo; molle colonnette di argilla, vari pezzi di vasi j e tegole e mattoni; diversi cristalli piani d'ottima qualità, e minuzzoli di tazze e cara!!'; copiosissime reliquie d'utensili ed attrezzi metal- lici; e finalnienle ossa d'animali in gran quantità, e lo scheletro d'un bambino ridotto in pezzi e contenuto in un vase coperto da un mattone. Alle quali cose tutte aggiungonsene alcune po- che, che serbano qualche scrittura in latini caratteri', cioè una lucerna, un pezzo di creta rossa, due rotti mattoni, ed una cor- rosa medaglia. Vedesi nf-lla creta, la quale è un frammento d'uà bacino o altro arnese, finissimo, una cartella in cui parve al N. A di leggere LVCINONI FLORI; dal che eg'i sospetta po- ter essere questo il nome del signor delle Terme , e in tal caso si sarebbero forse esse appellale Tenne No nie. La medaglia, ben- ché molto guasta, pure lascia ravvisare la testa d'un imperatore, con le sigle nel rovescio VOT. XX, e la leggenda nel dritto M AXIMIANVS, la quale ci fa rimontare in sino a' tempi di Massimiano Ercole collega di Diocleziano all'impero. Le opere del cavamento non sono intermesse, e nuove scoperte ci auguriamo dallo zelo e d;dla saviezza dell'illustre personaggio che ne assunse generosamente l'impresa, ed a cui la medicina, la geologia e l'archeologia si professano riconoscenti; mentre grato pur torna al pubblico il ragguaglio delle scoperte sinora fatte, che con notabile precisione e liudura dà il sig. Liberatore nel suo dolio opuscolo. Bald. Romano. aOO LETTERATURA. Demostene Olìntìache, ed orazione d'Isocrate a De- monico^ volgarizzate da Carlo Gemelli. — Se- conda edizione, Messina i835. Nella storia delle lettere, e della civiltà, clie talvolta si son viste disgiunte, e che convien adesso risguardare insieme perchè insieme esistono e si avanzano nel secol noslro, notar si ponno due modi di progresso. Il primo è il naturale sviluppo degli ingegni, successivo e certo ma lento; col quale pur si va innanzi quando cause politiche non imbarbariscano gli uomini , sia con una mutazione violenta verso il peggio, sia con uno igno- minioso letargo. L'altro modo rapidissimo e maravi- glioso nasce da privati esempi o da condizioni prospere, O' anche triste, ma produttrici di passioni pubbliche, e in generale dal concorso di tante circostanze che in un paese, in una età svegliano ad un trailo e rinvigori- scon gl'ingegni, e fanno che » Quel che in allrui pena » Tempo si spc:;de in qualche atto più degno » O di mano o d'ingegno » In qualche bella lode » In qualche onesto studio si converta » coràe pregava alla misera patria il Petrarca nella più nobile delle sue canzoni. Ed allora in pochi anni si fa l'opera dei secoli, e si scrivono le pagine più onorate Dei fasti delle nazioni. Or chi consideri l'amore per gli studi più utili e sodi che da cinque o sei anni a questa |»arte si è accresciuto in Sicilia non ostanti molle calamità; chi vegga la gio- ventù frequente ne' licei e nelle biblioteche, e tutta ri- volta alle oneste discipline; chi vegga coltivate le scien- ze, gii studi civdi, e le lettere, e perfezionata nella più parte la lingua e lo stile, e si accorga per tanti altri segni dei passi nostri in questa onorata strada, dovrà ED ARTI LIBERALI 301 rallegrarsi col paese che qui cominci un progredì meri lo letterario e civile più con forme al secondo modo che al primo. Messina cultrice sempre delie arti e delle scienze fa Leila prova in quest'agone di virtù ; ed oltre a tanti Talentuomini lunga pezza già conosciuti in patria e fuori, ella or vanta eletti giovani che cominciano ad illustrar con le opere loro se slessi e il nostro paese. Tra i quali a buon dritto va noverato l'egregio Carlo Gemelli autore delle versioni dal greco che si annunzia- rono a capo di questo articolo. Egli ha mostrato somma perizia in una lingua dotta e difficile, il cui studio ben si addice a noi prole di non oscure colonie greciie; ne lode minore gli si dee per la scella delle opere prese a volgarizzare: perchè le due prime orazioni son mo- dello di virile eloquenza popolana, e savie non meno che generose nel proposilo, e per l'arte ammirevolissime, e, a dire in una sentenza tutti i pregi, degni dt 1 sommo oratore d'Alene, e l'orazione d'Isocrate utile è anch'essa nello scopo morale e fiorita nel trattarlo, e bellissima tra gli scritti didascalici di que' tempi. Pura è poi la lingua, e lo stile della versione, commendevole iu tanto più in quanto la fedeltà all'originale primo pregio delle versioni tendeva sempre ad alterarlo e sforzarlo. E se noi non ci allarghiamo altrimenti nelle lodi del signor Gemelli è perchè basta il ricordar quelle ch'ei si eb- be per coleste versioni dal chiarissimo cavaliere Pietro Manzi. Noi ci promettiamo che il signor Gemelli, in- tendendo sempre ai begli studi, darà ai suoi fratelli di questa siciliana famiglia nuove occasioni di rallegrarsi onorandolo. Michele Amari. a03 LETTERATUnA PER LA MORTE DI VINCENZO BELLINI CANZONE DI MARIA GIUSEPPA GUACCI-NOBILE Quest'anima gentile, Che innanzi tempo s'è da noi partita, Questa rosa d'aprile Sul cespo rigoglioso impallidita, Questa leggiadra fonte D'armonia jiellegrina, Questa luce latina Che infiorò d'Alpe e di Pirene il monte, In quella' parte dove il Sol declina Chiude il suo viver santo, Ed a noi lascia eredità di pianto. Quantunque volte amore In jictto verginal puro discenda. Quante l'ingegno e il core D'alta vaghezza ed immortale accenda, Tante, candido spirto. Dal cielo, in che ti stai, Tuoi canti riudrai, E ti sarà ghirlanda il sacro mirto Fin dove il Sol saetta ardenti rai, O dove l'aspra neve Lo schiavo impara e l'Obi ondoso beve. Ov'è la dolce strada Che apristi, fuor d'ogni jirescritta usanza? Ahi quindi si digrada! Alù non vi ride più fior di speranza! ED ARTI LIBERALI 2o3 Altri l'usato volo Spieghi, del par che lice Ad ala imitatrice; Tu primo incedi ed animoso e solo; Poiché nell'alma tua, nido felice Di he' pensieri eletti, Sentivi un'armonia di casti affetti. Su l'ora a' buoni amica Deh quanto desiderio in cor ti scese! Certo la madre antica Pensavi, e l'aura del natio paese; Certo pe' verdi piani Di Sicilia dolente Erravi amicamente Co' tuoi cari lontani, E il primo amor ti si schiariva in niente Quando le luci illuse Una straniera man sola ti chiuse! Oh trista Italia, a cui non si concede Bagnar di pianti amari L'ossa de' figli a tutto il mondo chiari! ATENE RINATA ODE TRADOTTA DAL GRECO MODERNO. O figlia di Minerva, A nova vi la tu risorgi ahera, Un'ahra volta ti vediam regina, Patria d'eroi primiera. Ergi la testa dalla tua mina: Vincesti la proterva Fortuna, che l'avca ridotta a nulla, D'uomini un temi)o, e poi di belve culla. iao4 LETTERATURA 3. Te d'atroce servaggio Oscura nube involse; in te Macone Superbo sventolò Tempio vessillo Di stolta religione. Ma i cef>pi si spezzar,, torna tranquillo Di liberlade il raggio. Ancora torreggiar vedrai dai dumi Degne magioni d'uomini, e di numi. 3. AI par del Partenone (r) S'innalzan qui superbi tempi al Cielo, Dove offrirà suoi voti al suo Signore Caldo il fedel di zelo. Né più qual pria tra lo servii timore Geme il greco campione, Che la croce stringendo in un col brando Troncò la destra al Filisteo nefando. 4- Areopago novello "Ve là nell'alto come, appar sul colle, In cui Temi rinnova la staterà, Che a cielo aperto estolle (2), Dell'antica giustizia alma foriera, Come in un sacro ostello, Starassi a giudicar con equa libra I falli, che severa e scerne e cribra. 5. Altri Licei non meno Del prisco sorgeran chiari, e fastosi. AI vecchio di Stagira altri simili (3) Sofi verran famosi, Che fregiati d'ingegni alti e sottili Nutrirà Alene in seno; Atene, che di nuovo astro lucente Vedrà nel mondo e l'una e l'altra gente. (t) Tempio di Minerva dell'antica Atene. (2) Areopago significa poggio di Marte, Era sopra un Colle, e vi si giu- dicava a Cielo scoverto. ^ (3)Aristotele di Stagira daya le sue lezioni passeggiando nel Licèo. EO ARTI LIBERALI 205 6. La scuola d'Academo (i) Rinascer vegf^io. Ecco l'allere fronti Levano al sole i filalaiii e gli allori Lungo ad ameni fonli. Ecco gran turbe d'avidi uditori Di quel senno supremo, Come pendono intente dalla bocca, Che d'arcano saper fiumi trabocca. 7- Ecco tra gli edifici, Che nuovi vedi ed eleganti e belli, Come spicca la reggia di colui, Che tra i Giovi novelli Assiso sta tra l'Aquile di dui (2)} Che con felici auspici La Grecia regge, al di cui nome solo Umil s'inchina e l'uno, e l'aliro polo. 8. Ma guarda opra ammiranda (3) Là dove i nostri eroi ginccion sepolti In cerchio di colonne maestose Entro grand'urne accolli. Quasi in voto le lance portentose Pendono d'ogni banda. Com'enlri quivi un eco alto risuona » Più forti fur di quei di Maratona. » _ , 9- Eccelso monumento Della greca virlu! Tra le nazioni, Sebbene ora rinata, e quasi ia cuna, L'Eliade tu riponi, Che, se propizia seguirà fortuna, ; Aifìn sarà un portento; Vincerà nel saper la Grecia stessa, liè fia chi Qcl valor cozzi con essa. (i) Dal nome d'Academo prese la denominazione l'Accademia, in cui in- segnava Plutone i suoi scolari. Ivi erano boschetti di platani, e di altri al- beri, e vi scorrevano ruscelli. (2) Fra i tempi e gli edilizi, che si fabbricano in Atene divenuta oggi la selle del regno grrco, si edifica ancora il palazzo d'Olone, che si dice qui stare tra due Aquile, cioè tra la Moscovia perch'è di rito greco, e tra l'Austria perchè bavaro. (3) Tra le altre opere in Atene si costruisce UO Panteon ài quegli eroi, che pugnando morirono per ia Grecia. ao6 LETTEn\TURA. IO. Salve prole di Giove, Tu che ad Alene il nome desti, torna Torna, deh vieni nell'aulica sede Di nuovi pregi adorna. "Viriuie accresci alla cittade erede Di magnanime prove; Torna gran diva: un di (allo destino!) Ali'aer passerai di Costanlino. X. Sunti dei discorsi pronuinìatì neir Accademia dei Zelanti di Aci- Reale. Tornata pubblica ordinaria de' 2 gennaio i83j^. Si rassegnano vari doni presentati all'Accademia. 11 socio attivo sac. Anlonino Cali Sardo pronunziò un ragio- namento critico-storico sull'opera delle usure niaritliiTie e mer- cantdi scritta in latino, e liiointa De fiieiinre nautico A'\ Cje%\iv\- do Grassi cappuccino di Aci-Reale, nell'Accademia de' Zel.inli dello il Critico. L'oratore prende le mosse da una sentenza del- Tab. Melchior Cesarotti, con la quale predica le qualità essen- ziali de' lavori accademici essere l'importanza nella scelta delle materie, e piano concertalo e sistematico d'o|)erazioni. Pertanto egli si versa sovra argomenti che lo statuto espressamente inculca d'essere preferiti, e questi sono i municipali. Vien significando essere o'jbietlo dell'opera del Grassi la quislione, se mni mutuan- dosi denaro a chi naviga o va al mercato sia lecito prendersi delle usure fuori del caso d'un lucro che cessa o di un danno che si soffre: onde parlisce il suo ragionare ne' capi seguenti. Primo, dU una idea di ciò che per usura nel mutuo inlenJesi; secondo, come un lai contrailo riguardasi dalla legge della na- tura, dalle leggi civili, e dalla religione; e terzo finalmente esa- mina la celebre decretale di Gregorio IX Nai'iganti ce. caminando sempre sull'opera del Grassi da lui presa ad esame. Sviluppa nella prima parte le teorie sulla differenza del mu' tuo con la vendila con la permuta col comodalo e colla locazio- ne-, aggiungendo contro le usure l'autorilk di Platone Aristotile Catone Cicerone Plutarco Plauto Tacito Plinio Filone Giudeo ED ARTI LIBERALI 2O7 ed altri*, ai quali oppone la contraria opinione de' due Coccejo padre e figlio Noodt WolfTGrozio Sny Ilume Smith Motilesqui("u, e intende dimostrare essere lidso l'opinare di ([UPSt'ultimi, e se- condo ragione e verità quello de' primi. Rammenta secourio le leggi della natura non osservi dritto ad usura, che, abbenchè le leggi romane la permettessero sino al /2 per 100 i filosofi e i giureconsulti reclamano conlra l'ingiustizia. Rammenta le leggi ibere savojarde venete galle violarle e sino inOiggendo la pena di morte contro gli usurai; ne tralascia le leggi di Guglielmo il buono, Fedeiico secondo, e Ferdinando primo il cattolico contro gli usurai di Sicilia, ed infine come la legge di Dio di sagri ful- mini armala questa lupa espelle dall'Ovile di Cristo, Dopo del che esamina il vero senso della decieialc di Grego- rio iX centra gli usurai, e dimostra con gli argomenti del Grassi doversi leggere ed interpetrare secondo il senso ovvio Usunirius est censcììdiis e non come Gonzalez e Billuarl e Fagnano e Na- varro asseriscono. Pon termine al suo ragionare assennando la cittadinanza, essere l'opera del nostro accademico non inleriore a nissuna di tulle le alti e di simil sorla che da noi si studiano e si ammirano venule d'oliremare e oltrcn-onli e potersi dire nel suo genere classica-, per compiere la quale sudò molli anni e viag- giò alla capitale dell'orbe cattolico, ove fu sommamente onoralo e posto in predicamcnto di vescovo. Occupala la tribuna dal socio attivo Cristoforo Cosentino, pre- sentò egli il rapporto ordinatogli dall'Accademia sulle memorie chirurgiche del dottor Libra da Catania. Osservò sulla prima me- moria che ha per oggetto la rettificazione della lisciatura nella incisione dell'arteria jugulare, che la fasciatura quando è sem- plicemente contentii-a e non compressila non può produrre sini- stro alcuno, e che l'esempio de' neonati non è da addursi, av- vegnaché non è da stabilir confronto fra lo stringimento spas- modico del collo dell'utero, ed una tenue fasciatura-, l'esempio del giovane che divenne maniaco per tumori nati al collo non è applicabile, perchè la mania poteva nascere da tutt'altre cause che dal tumore. L'oratore accerta avere osservato ammalati con mucchi di glandole slrumose ai lati del collo e non esser maniaci. Kè l'esempio degli strozzati fa al caso; poiché non v'è corrispon- denza fra una fascia, leggiera per chiudere il bucolino dell'arte- ria incisa, ed una rudente e i due boja che violentemente spez- zano il capo dell'appiccalo. Fa conoscere non sempre nelle apo- plessie essere utile il salasso, come dimostra col traduttore di Stenz- zenschuvant, con lioirman con Sgomburg e Hortum, conchiudendo con Cornelio Celso che nelle apoplessie il salasso o uccide o ri- sana, qualche volta rilarda la morte, ed è l'unico remedio da cui può sperarsi salute. La modificazione proposta dal Libra per ao3 IBTTEBATtRA la legatura deirarlerìa incisa da eseguirsi con punti di sutara o con fitizella ad anello sona entrambe inutili; poiché parecchie volte egli stesso l'oratore dottor Cosentino ha praiticato questo salasso senza nessuna legatura. Così opecò su don Giovanni Mus- meci di Aci-Reale, don Vincenzo Rossi, donna Mitri;» Leonar- di, la sola che sia morta al professore: ma per tult' altre cause della flebotomia. Gli esempì addotti d.il Libra di un cavallo a cui non fu chiusa la vena, e della mula non sono adaitabili al caso deJrapopleliico, avvegnaché quelli stauuo in continua azio- ne, questo immobile. Nella sentenza delToralore concorre il Vies- seux, il quale insegua non esser necessaria la legatura. Parimenti il Cosentino rigetta il metodo proposto dal Libra per incidere la jugulare, osservando che gli esempi veterinari del bue e del cavallo non sono applicabili. Riguardo alla seconda memoria sulla estirpazione de' tumori cerebriforini è della stessa opinione del Libra, di non doversi ta- gliare quando sono interessati gl'integumenti, e riferisce che l'arn- nialato di cui è parola richiese più volle il sig. Cosentino noa che l'Assalini, il Bianchi oltre al Puliatti, e che tutti si nega- rono ad operarlo, e che solo la venalità e la temerità poterono spingere a tanto il professore che gli tolse la vita. Occupata la tribuna dal socio aitivo segretario della classe di lettere, arti e belle arti Antonino CA\ Sardo, fu letto da lui il rappoilo del presidente della classe delle scienze M;iriaiio di Mauro sul minerale ritrovato al Carpanello presentato all'Accademia dai fratelli Grassi Giuliano, ed a lui spedilo per cimentarlo con of- ficio del 5 settembre i833 num. 18. il socio attivo rapporta i caratteri fisici di quel minerale essere grigio di piombo semidu- ro, che decrepita all'azione del dardifiamma, e Ibndesi dando odor solforoso; esser composto di zolfo e piombo, e riconoscersi per solfuro di piombo lamelloso volgarmente galena compatta; rin- venirsi nelle montagne primordiali di transizione, e slralose. L'ar- gento nei pezzo esamiuato è in q^uaalità minima. Jl Segretario Generale LioBARDO Cav. Vigo. Tornata pubblica ordinaria del 6 febbraio j834- Rassegna di vari doni aIl'Accademia< — Si dà conto della cor- rispondenza. , Il socio aitivo Santoro Scuderi pronunziò un ragionamento sul- l'organografia vegetabile e sopra i principali sistemi di botanica — Esordio — Il regno vegetabile è stato senza fallo il primo cui l'uomo nello stato di selvatichezza diretti abbia i suoi studi, da ED ARTI LTBEIVÀLT aO^ esso traendo il socldisfacimento agrimperiosì luoi primi bisogni, restinzione della fame, il sostegno della vita. Progredendo alla ci- vilizzazione, e per gli usi slessi della vita e per diletto, lo studio delle piacile fu sempre in voga nelle nazioni tutte j e veggonsi neiranlicliiià, dei giardini di lussun-ggianle pompa per vaghezza di fiori, per odori piacevoli, per foglie perennemente verdeggianti. Lo studio poi delle mediche proprietà d^lle piante quello segui delPagricoltura, al diletto della coltura di esse accotnpagnatosi, e non mai è venuto meno sino ai nostri giorni; e celebri perlai riguardo Chirone, Esculapio, Achille sojio nella favola; Pittngo- ra, Ippocrate nella storia; e Gesnero, Dodoneo, Clusio e va via dicendo col nostro accademico, sino a Fabio Colonna ed al Mo- rison nel secolo xvii. La conoscenza però della fisica e notomia comparala vegetabile, frutto de' fatti, e delle osservazioni, opera può dirsi al certo dei moderni non degli antichi; e benemeriti in questa parte si sono, e piìi di tutti distinti Desfontaine, Bris- seau, Mirbel, Petit, Tovars; ai quali la intelligenza delle diverse disti ibuzioni de^li apparati organici nelle due grandi famiglie delle piante di monocotiledoni, e di cotiledoni, e l'idea più adeguata sugli usi de' loro diversi organi e la loro esatta struttura è al certo dovuta. Nella nostra patria questa scienza comunque interessante e de- liziosa non uscì a coltura come tutte le altre, anco le naturali, finche venne un nostro accademico, per molli sociali meriti di venerazione degnissimo don Giuseppe Reggio di cara e dolente memoria, che il primo diede opera ad un completo orto bota- nico secco. Ed animato da zelo per questa scienza, il primo le fondamenta gettò d'una flora sicola, facendo a proprie spese di- pingere molte fra le più rare nostie piante. Uomo insigne, di alta riconoscenza e di lagrime degno. Or il nostro accademico discorrente, dovendo nel progresso de' suoi lavori ragionare di nostre piante indigene, conforme dal nostro statuto si comanda, ha divisalo farsi snada al suo assunto, dando col presente suo in vero dolio discorso un sunto di ori;anografia vegetabile, e dei primari sistemi di botanica, dividendolo così in due partij a tale la maleria naturalrnenle portandolo Prima Parte. Se in propizie circostanze allidiarao alla terra un ovoletto di pianta, ossia il seme in cui come in miniatura una picciolissima pianta ritrovasi detta Corculuin da Cesalpino, mediante i suoi pori assorbenti succia quel tenue umido, e svilupfiasi quel mirabile fenomeno, si bene e minutamente descritto dal nostro accademi- co, per cui scendono sotlerra le sue radici, ed ergasi al sole colle sue foglie, di altro alimento nutrendosi, dal primo diverso, che le esterne membrane) ed il foro urabilicare gli penetrò. Molli sono 2ia LETTERATURA. gli organi concorrenti a questo sviluppo; ma dal nostro accade- mico sono i soli esaminali come necessari alla conservazione della specie, la radice cioè e le foglie, e quelli alla pmpagaiioQe ne-» cessar! che sono i fiori. La radice, sostegno della pianta, è di una serie di fibre o barbe lessuta. Nelle monocotiledoni il tessuto corrisponde a quello del fusto; non cosi nelle dicotiledoni, dove ha un'epidermide più densa e di color vario, e per altre particolarità distinguesi. Il tessuto della radice or è cellulare or fibroso, ma il cellulare come es- senziale alla vegetazione in tulle le piante ritrovasi; non cosi il fibroso. Ed il dottissimo Mirbd dietro accurate ricerche ha cre- duto poter conchiudere essere il fibroso una modificazione del cel- lulare, da particolari processi di vegetazione originato. 11 tessuto cellulare in forza del vegetale sviluppo si conrerte in plessi-fibroso, costituendo il cos\ detto apparato vascolare, ossia quelTunione di tubi o vasi, i quali in mille guise anastomizzan- dosi producono delle reti e dei fiscetti, che mediante i pori la- terali libero aprono il passaggio agli umori. Ma non trovandosi in tutte le piante tali vasi, il lor tessuto cellulare si è conside- ralo come vascolare, alle cui cellette si è dalq il nome di otricoli. Dalle radici hanno origine lutti gli ornamenti delle piante, le foglie cioè, i sostegni, le brallee, i cirri, i fiori, ed i frutti; ma il nostro accademico parla soltanto delle foglie, e dei fiori, es- senziali, come si disse, alla coiiservazioue e riproduzione della specie. Le foglie nate e prodotte da una espansione del fusto, da due epidermidi di tessuto distinto e reticolare vestite, e da una grau quantità di glandole parenchimalose, di lanugine coperte, colo.- rate per lo piìi in verde, e cangianti nel colore- secondo la loro vegetazione, iniziata, piena, o cadente, e ne' diversi periodi del- l'anno, leggiere, sottili, mobili, in supeificie disposte, sono il ricco e biiliante ornamento dei vegetabili e per quello sarà per esporsi, possono ben dirsi delle radici aeree. Desse formano uno spettacolo gralissimo nella natura: si immensa è la loro varietà, che Linneo nella sua filosofia botanica disse; Natura in nulla parie fuit tain polyniorpha quam in fuliis. E ammirabile il movimeuto di esse in alcune (liante, come nella pudica mimosa^ nella raris- sima dionea muscipula, iìx:\Vedyssaruni. gircws , detto dal Pleuk automatico^ ed una sgiaflialura, il calore, e lutto che può tgire sopri gii organi degli animali, agisce pure sopra tali piante sen- sitiva. Ma per quanto ammirabile n'è il fenomeno altrettanto ar- cana n'è la ragione. Non meno ammirabile è il sonno delle foglie, ossia quella lor positura mancando i raggi del giorno, ora cadente, ora che l'una foglia all'altra si combacia, ora che voltaosi all' indietro. Sono ED ARTI LIBERALI 3 I l le foglie di giovamento immenso alla respirazions animale, assor- bendosi il gas acido carbonico, necr-ssniio albi pianta ed esalanòo l'ossigeno, esposte ai faggi del sole. E giusta le osservazioni di Bonnet sopra le foglie di gelso bianco, tale assorbimento verifi- candosi per l'ejìidcrmide inferiore, e l'esalazione secondo Senebier ed altri, per la superiore, può ben diisi che le piante lianno nelle loro foglie gli organi respiratori al par degli animali. Continuazione delle foglie sono i fiori, spettacolo il più bril- lante elie offre la natura, per cui di piacere dolcissimo e puro ioebriansi dell'uomo i sensi. Siede il fiore, ed è fra membrane custodito, di colore simili alle foglie, dette calice: di esse in mezzo sta la corolla, quel secondo inviluppo che cuopre immediatamente gli organi della generazione, e distinguesi per lo suo brillante sm.dio, cli'è quanto la natura di più delicato e di elegante ha roluto riutiire e di infinitamente vario nelle forme e nei colori. Osservasi la florescenza annua e quella diurna; utile la prima per la indiòazione delie stagioni e di norma all'agricoltura per li suoi lavori; bellissima la seconda e costante nelle sue lef^gi non meno che la prima, sino a fornire ai dotti botanici gli elementi per la formazione d'un orologio a fiori, secondo, fra tante altre opere, (|nella di Linnìo titolata Horologiuia Florae. Ne insensi- bili sono i fiori ai meteorici fenomeni-, altri aprendosi a ciel se- reno, altri al tempesloso, altri all'umido, altri al secco. Ma quello che di osservazioni in essi e più d*gno si è il gran fenomeno della generazione al par degli esseri organici animati, e moltissimi fatti un tanto assunto dimostrano. Paragonansi da Linneo i loro stami, i loro pistilli, le loro borsette al cordone spermatico, al femineo vase, ai testicoli degli animali. In alcuni fiori il maschio e la femina sono riuniti, in altri separali: ed in quest'ultimi il trasporlo del polline , ossia di quella sottilissima polvere setninale, necessaria alla fecondazione, è a/lldata al vento O at;li inselli. Un fallo notabilissimo al proposto assunto si è quello che os- ser\fasi nella pianta a(|uatica, detta Kallisneria dioica. Vedesi in essa in tempo di sua pubertà, che la pianta femina raelle fuori la superficie delle acque, mediante un lunghissimo pedunculo spi- rai'", i suoi fimi, e nel medesimo tempo i fiori maschi si stac- cano spontaneamente dal breve loro peduncolo, nuotano nella su- perficie didl(! acque dove si aprono , e portati verso le femine spruzzati su di essi il loro polline; e compiuta questa nuziale fun zione, il pednncnlo spirale di nuovo si rilira nel fondo dell'ac- qua.— rienk Fisiol. Pafol. delle Piante. Seconda Parte. Ma per quanto diletto ed utilità forza lo sfuilio delle piante, quanto intensa vi si volgesse degli uoruini l' alteuzioue , la sola 313 LETTRATURA precisa, ben determinala e metodica conoscenza dì esse può dare alla botanica il luminoso ed importante titolo di scienza; e tal conoscenza non acquistasi al certo con una descrizione delle piante tutte senza alcun ordine o sistema; ed appena tollerasi nei dotti di rimola anli>;1iilà questa muncinza , perchè quei sommi delle loro sole medicinali propiieià occupavaiisi. Ed una universale confusione st;inte Timmcnso numero delle piante sino a presso ses- sanlumille, allo a sf;onientare rirrimngiiiazione la più fervida, ed a congelare il pili anlente entusiasmo, non aviebbe mancato di sepprllire nelToiilio i travigli di tanli uomini grandi, se fortu- natamenle non fossero sorli i due fratelli Bdliuini Giovanni e Ga-« spare, che ci diedero una comunque rozza impronta di sistema- tica disti ibuzione. Andrea Cesalpino poi insif;ne italiano e Con- rado Gessiier svizzero conobbero l'importanza di raccogliere dalle piante tulli i costanti e generali rapporti per dislribuiile in un jdelerminato numiro di classi* e dieiro i lavoti , precipuamente del primo, sulle parli della fruUificazioue, può ben dirsi, che la botanica da disordinala compilazione di particolari storie di piante elevossi al grado di scienza. Kè guari passò che il Tournefort, degnissimo della riconoscenza dei posteri per li laboriosi suoi botanici viaggi, si occupò a creare un metodo botanico fondalo sulle principali qualità della corolla e del frullo, che per la sua semplicità e felice applicazione ri- scosse l'applauso di un gran numero di botanici de' suoi tempi. E nota la sua divisione di lutle le piante in erbe, e suffrutici, ed in alberi ed aibusti; di tulle costituendo vcnlidue classi, nelle prime diciisselle comprendendosi l'erbe e sufl'rutici, e gli alberi, ed arbusti nelle cinque ultime. Linneo il gran mrestro dei naturalisti, il principe de' botanici; profittando dei lavori dei nostri italiani Camerario e Colonna, dietro innegabili esperienze, iaimensi studi, viaggi disastrosi per montagne e per boschi, a rendere più vasta la sua botanica eru- dizione intrapresi, osservando che per nessuna operazione dei ve- getabili sono SI costanti gli organi dalla natura preparali come per la riproduzione degli individui, pensò a dividerne le classi per la struttura, proporzione e numero degli slami e dei pistilli; e rappresentanilo nrglj stami gli organi generatori maschili, i fem- menili nei pistilli, siabili il suo meloiio sessuale, in ventiquattro classi distinto, che iiimiortale rese il suo nome. Ma comunque bello ed attraente, comunque sopra falli pog- gialo il linneano sistema, non lascia di sentire un poco dell'ar- tificio, e delle leggieri anomalie vi si sono da valenti botanici ravvisale. Perlochè IVIagnol e i due Jussieu, zio e nipote, un al- tro ne stabilirono tulio sopra rapporti naturali poggiato, e con ragione più uuiversalmeate aintnesso e distinto col nome di Jus- ED ARTI LIBERALI 2l3 sieu, come queglino che in piena luce il posero. Desso è fondato sull'abito intiero delia piatita: dapprima sopra l'embrione e suoi lobi o cotiledoni in quanto alla loro mancanza o esistenza, o al di loro numero, con dividere le piante tutte in tre grandi tribù, o famjf^lie di acotiledoni, monocotiledoni, e dicotiledoni: indi i suoi fiori se sono ermafroditi, ovvero diclini con esaminare la posizione degli stami rdaiivamenle al pistillo, considerando se sono Epigini, Ipogiiii, o Perigini; ne trascurando in fine la presenza o mancanza della corolla e questa se monopetala o polipetala. E qui il nostro accademico poco oltre individualizzando lo jussicano sistema pose fine al dotto ed animato suo discorso. E fu la tribuna occupata dal socio coll.iboratore dottor in me- dicina Sebastiano Tichera, giovine di liete speranze, il qualcuna sua memoria produsse su di una bronchite epidemica, detta vol- garmente Grippe, che nel precedente inverno i835 tutta la Si- cilia invase, e nel tempo islfsso nella nostra patria sviluppossi. L'epigrafe della memoria gi è la sentenza dell' Iloirmaii ; Ars medica Iota in obssn'alìonilnisj da cui movendo il giovane discor- rente, tesse lutto il suo ragionare, che pregevole nell'insieme può dirsi. Bene esposti sono nella prima parie i sintomi prodromi; saggio nella seconda il metodo Ji cura da lui tenuto: sente del- l'ipotetico [)erò e del vago (colpa della materia) la terza parte in cui delle cause in generale delle epidemie ragionasi. Limitasi la memoria agli effetti della epiijemia di cui è parola sopra i vecchi ed i cronici, un'altra essendone stata promessa dal discor- reate nel suo esordio, sopra i bambini. Il Segretario della Classe delle lettere funzionante da Segretario Generale Sàc. Antonino Cali Sardo. i4 3l4 LETTERATURA. Reclaxo, — • Ai Compilatori dello Stesicoro^ opera periodica^ che si pubblica in Catania. Signori Le ingiurie son le armi di chi ha torto. Botta Ub. xr. Ho letto le vostre poche vill.inissime parole inserite nel niim. di novembre i835 p. 58 del vostro Giornale sulla Memoria del sindaco patrizio di Aci-Reale per dimostrare la utilità di co- struirsi un porto sul Capo de' Molini. Predicare siciliana con- cordia e gentilezza, e poi adoperare, della penna invece, coltella stillanti snngue e veleno, sono modi di uomini i quali non amano uè gentilezza ne concordia. La maraviglia si accresce nolaUdo con quale cortesia e urbanità è dettata quella memoria, e come a Catania e a' suoi letterati siano generosamente ivi prodigali omnr;gi ed onori. Pertanto Tautore della Memoria si protesta che egli non risponderà alle censure che gli verranno indirizzate dai Calnnesii perchè conosce il frasario degl'insulti solo per condan- narlo e deriderlo, e da vero Siciliano duolsi con la comune pa- tria che fra noi esistano uomini, i quali possano pensare, e peg- gio stampare simili ribalderie , e invila i Giornali "dell' isola a pubblicare questa di lui dichiai azione. Aci-Reale 16 novembre 18 35. L'Autore della. Memoria. ANNUNZIO NECROLOGICO. Matteo Tondi esimio cultore della scienza geologico-selvana , ornamento d'Italia, non è pili. Il 17 di novembre i835, pel mio ritorno in Sicilia, porlavami a baciare le mani del venerabile mio amico più che maestro, e ricevere gli auguri, di un cuore tanto benevolo, quando il tristo silenzio della famiglia me ne an- nunzia la morie. Egli era spiralo alle tre dopo la mezza notte in un accesso di asma , malore che lo vessava da piìi anni, e che lo trascinò imraatuiamenie alla tomba. Nacque in settem- bre del 1762 a Sansevero in Capitanala provincia del regno di Napoli; fu educato in Pelrella a Molise dallo zio materno don Giovan Ballista Caanavina \ fallo adulto venne in Napoli per isludiare le scienze naturali e la medicina; versalo mollissinao ED AUTI Linf-KALl 2l5 nella chimica ne pubblicò un iraitUo in cui pel primo in^ Ita- lia fece comuni le idee del Lavoisi-r. Qui^sl' opera gli i'orniù un nome, e sullo la proiezione del {^l'ueral Parisi l'u s'itciilo dal Governo insieme ai sij^nori Lippi, Melograni, Fuicclii, S.ivaresi e llaniondini in Alemanna per isludiare la mineralogia. Piese quest'occasione per lare il giro di (|uysi tulla l'Europa j la Ger- mania la Francia la Spagna le Isole Brilaniclie fino l'Islanda luMo fu per lui un campo delle più minute ed accurate inda- ginij ritornalo in Napoli pieno di cognizioni, accompagnalo da una collezione singolare di rocce, e tossili, non che di modelli delle pili rinomate ed impenetrabili fabbriche, all'eslrazione e ma- nilatlura dei metalli inservienti, rendeva popolare le sue cogni- zioni, che non mai il mistero ebbe da lui gl'incensi che gli pro- iòndono giornalmente i semidotti, quando nelle vicenJe politiche del 1799 fu forzato ricovrarsi in Francia spogli.ito di tulio, che un'occiisione si cercava dagli invidi suoi comp;igni, per di rubar- gli la vistosa collezione, e cosi togliersi dinanzi l'oggetto della loro umiliazione. Ma il grand' uomo, come il Simonide della- favola, seco pollava lutto, e posto appena il piede in Francia gli fu af- fidato l'ordinamenlo del museo mineralogico di Parigi, fallo ag- giunto al cel. llaiiy dopo un concorso sostenuto; ivi pubblicò la classificazione delle rocce, e dandovi delle lezioni private della scienza ciie tanto egregiamente professava vi diinórò fino al iSii, epoca in cui venne chiamato in iNa[.oli per portare i suoi lumi uella nuova amministrazione delle acque e foreste col grado d'I- spetlor generale. In questa occasione pubblicò un volume sulla caccia e tre volumi sulla scienza selvana di cui ha tirato una se- conda edizione nel 1829 ad injinu;izione del ministro Amato da servire all'istruzione dei sindaci dei comuni. Con decreto del 26 luglio i8i5 fu eletto professore di oriliognosia ed oreognosia del- , l'università di Napoli; con altro del 26 agosto dello stesso anno fu crealo dal re Ferdinando I", conoscitore dell'alto suo merito, Direttore del musi o mineralogico, e confermato Ispettore di acque e foresi.^, e costituito uno dei membri della Commissione di pub- blica Istruzione. Il re Francesco 1" volle pur egli mostrare iu qual conto lo tenesse, e con decreto del 2S sciiembre 1829 'lo elesse cavaliere dell'ordine di Francesco 1°. Vari incarichi scien- tifici gli furono aJiidati, e fin dai 27 giugno i832 la fece da Di- rettore della canc(;lleria dell'università di Napoli. Dedito sempre a propagare i lumi , fu Ira i pochi per non dire il solo che abbia meglio di chiuixjue adempito alla no- bile missione-, tutti i suoi pensieri, tulle le sue facoltà fino al- l'ultimo momeulo di sua vita vennero là diretti; non incomodi, uou disagi furono ostacoli b.ìstanti a ritenerlo a rallentarlo ; u- guale seiupre si nelle pubbliche che nelle privale lezioni si Uo- 2l6 LETTERATURA vava in luì l'amico piuttosto che il maestro. Cogli occhi pieni ancora di lagrime di dolore e di riconoscenza ho schizzato que- sto breve annunzio attendendo da Napoli a momenti delle noli- zie su i particolari della sua vita, die nella fretta della mia par- tenza e nella recentissima perdila riuscir non mi potè altro cavare dall'addolorata famiglia, onde tessergli al più presto in Trapani un elogio storico ragionato dovuto alPeccelio suo merito: poiché ben parlano di lui abbastanza le opere di Oreognosia e di Orit- tognosia, di cui avremmo veduta la terza edizione, se la morie non ne recideva tosto lo slame; parlano inoltre per lui la scienza selvana, e l'opera sulla caccia. Testimonio eziandio del suo genio osservatore sono i due volumi inedili dei di lui viaggi in Ispa- goa, dettati in idioma francese che avea destinali per la istruzione degli Sp;igiiuoli •, ma quel che forma monumento delle positive incoolraslabili originali sue conoscenze si è la collezione in serie continua ordinata, ch'egli ha lasciata riposta in otto grandi ar- madi,costante di cinquemila trecento cinquantanove pezzi, la mag- gior parte colli sul luogo natale colle proprie mani, dlla quale 2200 pezzi appartengono alle rocce, e 3i5g sono del dominio del- 1 Oiitlognosia. Basta vederla, basta confrontarla colle più scelle esistenti in Europa, per decidere di qnal valore essa sia; se né chieggia a tutti i dotti viaggi.itori che l'invidiano e la desidera- no; ma egli caldo di amor pallio destinava qui sto frullo, di più di 5o anni di fatichi^, alla patria, e lo ficea servire alle lezioni private ed alle pubbliche, che imperfetto per quanto irnponente egli appnja si trova il pubblico museo di Napoli un tempo per^ liuenza di lui, e prima delle politiche vicende. Era suo desiderio che non uscisse dal regno tanto prezioso monumento (i). Onde tra- (i) Come lina prova eli quanto asserisco mi giova trascrivere la seguente Ifttira elle ho trov. ta origiiuile nelle sue carte: »I havc tlie pieasiire of making D.'' Tornii 's acquaintance in 1796 in London of svlnim I for- nied the l)igilc^t opinion as a, inincralogist and clicniist. His collectioa of niincrais , sixtecii boxes of wliich I examincd at M.'' Treiiibi's wa- rchou>e Cheapside LoiKJnn was the most valnahle I havc scen of engKsh rninerals. Upon giving niy opinion to severa! of iiiy frii nds we wcrc desi- rous of purcliasiiig the wlnde collection consisting of 32 Loxcs. I made him the foilowing propo>ùl, namely that provitled his 16 boxi s I haJ not seeil were found upon examii/alion equally valiiable, as those I had examined , I wniild pay him ii|iou the delivery of the whole collection six ihousand poiinds sti rling. The Doctor reliised to accede to iiiy proposti stating that had his cngageim nts periuiltcd him to make a scciind travi 1 in England Ireland an I Icclan I he shnuld bave no objeclions to havc furnished great Britain with a duplicate of his coilcction, but as this was not the case, /jii nature country and no olher country whatever should hai'e his collection. The Doctor inforins me 3 boxes of ininerals have been added niating in ali 35. I have no hesitatiou in dcclaring une^uivocally that, were the whol« ED ARTI LIBERALI 217 sportalo da questa idea redasse tra le crucianti ambasce dell'asma, Lei ceiinaio dell'anno scorso il cnlalogo rajjionalo dei pezzi succen- iiali, lusinii-andosi che il ministro dcll'lnierno ne avrebbe fallo acquisto come gli si facea speritre-, tale fatica penosa accelerò la sua morte senza ollenere il desialo scopo. Rimane all'erede suo ninoie tanto prezioso deposito, che, per mancanza di gusto fra noi per le scienze naturali, avremo fors- il vivissimo dispiacere di ve- der sortire dalle Sicilie e forse dall'Italia. Dopo tanti servigi alla scienza, do|)0 tanti travagli sostenuti, la sua salma giace negletta nella chiesa di s. Giuseppe degl' I- gnudi in iN'apoli, ove appena seguita l'autopsia cadaverica, di cui non ci è riuscito ollenere i particolari, fu sepolta senza alcuna funebre pompa. Prof. Alessio ScigliAni. of thcsc mincrals now in England, thcy -vcoultl bring a largcr sum tlian Ihat I onVifcl lo D.'' Tondi. In Engl.ind llicrc are several iiidivifluals who have madc partial cnllc- clions, liiit 1 Kriow of no pcrson whatever who has macie a general collc- ction. 1 -state lliis fact to lea(J to a convinclion of the supcrior vaine of D.'' Tondi 's colleetion whirh by haviiig bccn niade by a pcrson of the lìrst ability in niinoraligy. possessed the advantages arising not only froai arciiratc and scieiitiQc arrangement, bui also fioin choice seltclion. My am- bitiou Itads me to oblain tbr iny native country a similar colbction. I Itnow no man 1 should sooncr cinploy for tlùs purpose Ihan C" Tondi for as a man, scliolar, and acquainlance I rcspect and estcein hini as much as onc man caii rcspect and cslccm auothcr. Henry Grcy Macnab May 16 1802. Ruc de Bcaume 75G. Faubourg. S. Germain. Paris. a 18 LETTERATURA. Aliante Universale delle Cognizioni, 0 Tavole sinottiche conte- nenti la classificazione sistematica delle scienze-, e la classifi- cazione delle cognizioni umane secondo il metodo naturale, di Agatino LoNGO dottore in filosofa e medicina, professore di fisica sperimentale nella Regia Università degli studi di Ca- tania.) e socio di varie Accadenàe nazionali e straniere. MANIFESTO DI ASSOCIAZIONE. L'opera che noi annunziamo al Pubblico, e di cui siamo per imprendere la edizione, è uno di quei travagli che raccoiuandHUsi per se slessi. Dare il sistema intero dello scibile umano, passare a rassegna tutto ciò di cui si compone, costruirne le tavole si- nottiche, le quali siano una specie di proi(zioiie delle cose che rappresentano : ecco V oggetto che il eh. Autoie si propone in questo suo Atlante. Ivi non è smania d'innovazione, ivi non è un afictlato neologismo: le novità sono nelle idee, nelle clas- sificazioni, nelle divisioni, ne' rapporti; le materie, di che si oc- cupano le scienze, vi si trovano in tutta la loro integrila, e nelle loro più minule ramificazioni: ivi si conosce la perifeiia di ogni scienza, i suoi confini, le sue connessioni colle scienze limilrofe. Insomma, I'Atlante presenta per la Metodologia universale quasi gli stessi vantaggi che le carte corografiche olirono per lo studio della Geografia «aturale e politica. L'opera costa di diciollo grandi Tavole sinottiche, e de' Pre- liminari, ove dopo Vlntroduzione ed il Saggio di Metodologia, nel quale si porla uno sguardo critico su tutta la estensione del- l'impero scientifico diviso in otto sezioni, si soggiungono tre In- dici copiosissimi, l'ultimo de' quali contiene il Sistema naturale delle cognizioni umane, disposio, secondo i metodi naturali di classificazione, in Classi, Ordini, Tribù, Famiglie, Geneii, Spe- cie, e Varietà. È il primo tentativo che si è fatto in tal genere, e noi lasciamo ai nostri Lettori il giudicare quante meditazioni lia dovuto costare al suo Autore un'impresa di tal fatta. Il me- desimo se ne occupa da cinque anni indefessamente, ed ha con- sultato un gran numero di Opere si antiche che moderne, onde dal loro complesso ritrarre il succo più puro, e la più bella di- sposizione. Raccomandiamo all'amore de' Siciliani e de' colti abilatori della bella Penisola V Atlante scientifico universale del eh. Prof, Lougo, ED ARTI LIBERILI aiQ e ci auguriamo di essere animati per rendere di pubblico diritto un'Opera, clie possiamo con qualche compiacenza presentare alle straniere dotte nazioni. L'edizione sarà eseguita in foglio con variati caratteri nuovi, a bella posta fusi nel grande Stabilimento d'Incisione e Fonde- ria di Caratteri del signor F. Sol.';zzo e Società Industriale Par- te/iopea, in Napoli. La carta sarà quella chiamata Grand Royal Velina della Cartiera francese di Napoli. Le Tavole si imprime- ranno colla massima eleganza, esattezza, e correzione, ed avranno la impressione da un sol lato. I Preliminari saranno pure in fo- glio, e comporranno colle Tavole un sol volume di circa trenta logli • L'opera portela in fronte il ritratto dell'Autore, CONDIZIONI DELL'ASSOCIAZIONE. 1. L'associazione resta al piìi tardi apfrta per uu anno, a con- tare dal dr della pubblicazione del Manifesto. 2. Il prezzo per gli Associati e di ducali quattro ogni copia, pagabili al momento della consegna dell'Opera con adattata le- gatura, e con la covevia in istampa, che si daranno gratis. 3- Le firme degli Associati si apporranno al Manifesto, le quali s'intendono esser legali. 4- Il prezzo pe' non-associati , dopo chiusa l'Associazione, è fissato a ducati sei. 5. Si darà principio alla edizione, tosto che si avranno tre- cento Associati. 6. Compita l'associazione in 3oo soscriltori, volendo noi mo- strare la nostra gratitudine ai signori Associati, e dar prova del nostro disinteresse in questa impresa tutta onorifica, si tireranno a sorte due premi, l'uno di ducati sessanta, e l'altro di ducati trenta. Il primo premio apparterrà a quel nome che sarà estratto al cin(|u.intunesimo colpoj il secondo si dark a quel che rimarra l'ullimo. Il sorteggio si firà immediatamente dopo là stampa del- l'Opera, ed i premi si dispenseranno tre mesi appresso, numerandi dal giorno della sua pubblicazione. •j. Se il numero de' Sosciittori sarà più di trecento, si dark un terzo premio di ducati quindici: ed in questo caso il premio di ducati trenta si darà al penultimo, e quello di ducati quin- dici all'ultimo estratto a sorte, da dispensarsi come sopra. 8. La nota d'gli Associali verrà stampala in fine dell'Opera coU'ordine del Sorteggio. g. Le spese di trasporto, e di dazio all' estero, saranno a ca- rico degli Associati. IO. Le associazioai si ricevono: 230 LETTERATtRA. In Messina presso la Stamperia delTEclitore all'insegna di Haw rolìco, strada Corso num. Sag. In Palermo presso l-i Libreria degli Eredi Abbate dirimpetto la Regia Università degli studi; — presso la Libreria de' signori Soci Pedone e Muratoli all'insegna del Serpente;— • e presso la Libreria all'insegna di 31(11 via Toledo num. 219. In Catania presso la Libreiia del sig. Autonino la Porla. In Siracusa presso il Tipografo-Libraio sig. Domenico Com- ■parozzi. In Girgenti presso il sig. Raffaello Politi. In Trapani presso la Tipografia del sig. Pietro Colajannì. In Napoli presso la Libreria del sig. Saverio Starita strada Quercia nuo). i4, e Cisterna. dell'Olio iiutn. 36 e 3^^ — presso il sig. Luigi Fabbri strada Toledo num. I16; — presso il sig. Girard id. num. 17^; — e presso il sig. Gabriele Mosino/c?. num. 236. In Livorno presso la Libreria e Tipografia dei signori Fratelli Vignozzi. In Venezia' presso la Tipografia AlvisopoH. In Milano presso la Libreria e Tipografia del sig, Antonio Fontana. Nel resto delVItaliay a Parigi ed altrove, presso i distributori del Manifesto. Messina 1 maggio l83S. Tommaso Capra Editore. Ferdinando Malvica^ Prtnctpe vi Granatelli , Antonio Di Giovanni fihnA, agostino Gallo, Principe di Scor' dia, Abate Emmanuele Faccaro — Direttori ed Editori» ED ARTI LIRERALI 221 Appendice alla parte letteraria. Sonetto detto nelT accademia di scienze e lettere di Palermo^ il 6 dicembre i835. Sorgi Italia, e Bellini allo straniero Chiedi, e italica tomba gli prepara, Dei tuoi Grandi alla polve or questa cara Giungi, vanto novel non meno altero; Ahi jùù dònna non sei! l'asta e il cimiero In verga convertisti ed in tiara. Ma un impero ancor serbi onde sei cliiara Dell'arti e del saver serbi l'impero: L'ingegno eh' è rimaso ai figli tuoi Italia onora, e ciò ti fia salute, Che l'ingegno crear j)otrà gli Eroi, E dell'Italo Orfeo dai muti marmi Sorger potrà un'incognita virtute, Che tornar ti potrà prima fra l'armi. Principe di GranAtelli. »7 323 LETTERATURA Iscrizioni del Prof. Luigi Muzzi scritte per un^ Ac- cademia che doveasi di Vincenzo Bellini. Sulla porta esterna cademia che doveasi tenere in Bologna in onore ONORE A VINCENZIO BELLINI IL PIÙ CARO ARTEFICE D'ARMONIE CHE MORENDO SI GIOVANE FU UNO DE" MILLE AFFANNI D'ITALIA COME "VIVO FU UNO DE SUOI MILLE TRIONFI Porta della sala. NEI TENERISSIMI SUOI CONCERTI S'INDELIZIKO GL'INFELICI MORTALI E OBLIINO PER INTANTO LE LORO SVENTURE Parete di faccia sotto il ritratto. 3. VINCENZIO BELLINI NATO IN CATANIA MORTO PRESSO PARIGI NEL MDCCCXXXV DI TRENTATRE AI^NI IN PARI ETÀ' RAFFAELLO MORI PUR COMPIUTO DI GLORIA Sull'altre pareti, tre per ciascuna. 4- IN PERDITA COSI D0L0R05A OH QUANTE SUBLIMI VENUSTÀ- QUANTE ARMONICHE SQUISITEZZE PERDUTE! 5. EGLI FU ESEMPIO • CHE LA FALSA GLORIA NELLE ARTI NON OFFUSCA MA RISALTA LA VERA ED ARTI LIBERA.L1 2a3 6. BELLISSIMA LA SUA GIOVINEZZA MA Oli COME BELLISSIMA PIÙ A TANTO ONORE CONDOTTA 7- LE OPERE SUE MAGISTRALI E IL COMUN DESIUEUIO GLI SONO IMPEUIBILE MONUMENTO 8. ESPRESSE IN MODI PRELIBATISSIMI AMORE E TUTTI GLI AFFETTI CHE IN AMORE SI UNIZZANO 9- SEMBIANTI GENI MUOIONO ALTROVE MA NASCONO UNICAMENTE ALL ALMO SOLE D ITALIA IL CIELO SOLTANTO MOSTROLLO ACCIO' NON SEMBRASSE TERRENO QUEL CHE ERA CELESTE II. LACRIMARE E SOLENNIZZAR TANTO MERITO ANCHE IN TERRA STRANIERA FU ALTA DE QUORI NECESSITA' GII ALMENO LA SEGATIANA DESTRA FATTO AVESSE LA CARA SALMA A TUTTI E SEMPRE VISIBILE Sulla tomba. i3. L'ANIMA SOAVE GRAZIOSA - DI VINCENZIO BELLINI ALBERGO' IN QUESTE SPOGLIE SUE DEGNE TRENTATRE ANNI E DOPO INIZIA l^ A LA TERRA AI CONCENTI DEL PARADISO TORNO' AL FONTE DELL'ETERNE ARMONIE IL XXIII SETTEMB. MDCCCXXXV SEGUITA DA UN UiM VERSALE SOSPIRO O ANIMA CARISSIMA INEBRIATI LASSÙ NELL ALTRE DOLCEZZE CHE TI FU TOLTO LARGIRE AI MORTALI 334 BIBLIOGRAFIA SICILIANA. NOTIZIE statistiche sulla cittàl di Palci'ino raccolte negli anni i832 e i833 da Federigo Cacioppo di- rettore ilella statistica della capi- tale. Palermo presso Sahadore Barcellona ió'34 (puLblicate nei i83;j) di paq. ó'ó' in-S. L' ENCICLOPEDICO almanacco per l'anno )835, anno 4. Palermo tipogrufia tubale iii-16 di pagi- ne 108, ALMANACCO per l'agricoltore si- ciliano i83j, anno 2, Palermo presso i librai Pedone e Muratori iìi-16 di pag. 1/jS. ALMA N ACCO delle citili conoscenze per l'anno i83.ì, anno 1. Palermo presso i librai Pedone e Muratori in-16 di pag. i52. ALMANACCO del bil sesso per l'an- no i835, anno 4- Palermo tipo- grafia Abate, in-ì6 di pag. 106. CALENDARIO per l'anno i835, Palermo per Bernardo yirzì. CALENDAlilO per l'anno j835. Palermo della li. stamperia in-16. MEMORIE e rivelazioni di un)iaggio della corte imperiale rial 180.4 al l8;5, prima Iraihizionc italiiina. Palermo tipografia di Francesco Spampinato l8'ò4 <-' 1'^^^ ^om. 3 in-12 con 'ò tauide in rame, il 1 l'ol. di pag. 1JJ, il 2 di pag. i56. ed il '3 di pag. 20/f. MEMORIE e rivelazioni di un p;ig- gio della coite imperiale di Na- poleone del i8o3 al 181 5, prima vers. ital. Palermo lipragrafa A- hale iò'SS toni. ^ in-a il voi. -i di pag. 148, il 2 di pag. i35 il 3 di pag. 144 ^'^ '^ 4'^' l^'^ti- ''^9- SULLA MORTE di s. Rosalia versi sciolti del dolt. GiusEVi'E Selvag- gio. Palermo presso Francesco Spampinato i8'i5 in-i2 di pag. 8, LA PESCA poema di Oppiano Ci- LiCE tolto dagli esametri greci in endecasillabi italiani per Url>ano Lampredi. Palermo dal Gabinetto Tijiografico all' insegna di Meli ^(^3./ (pubblicato nel i835) /«-/a di pag. i3t. NOTIZIE della vita ed opere del P. Alessandro M. Bandiera Sancse de' servi di Maria. Palermo tipo, grafia di Francesco Spampinato i835 in-8 di pag. 7. GUGLIELMO il Buono, con>poni- nienlo tlrarauiatico.... pel giorno natale di S. M Ferdikanuo II ce. poesia di Francesco Arena- PitiMo. Messina dalla tipografia Fiumara i835, in-8 di pag- S. MEUITAZIONI sulla passione di Gesù Cristo del p. Alkonso Li- cuori, giiinlevi altre pie pratiche a giovamento particolare degl'in- , fermi e dei tribolati. Palermo presso Bernardo Virzl l835 in-l3 di pag. io6. BREVE METODO di esercizi spi- rituali, giunte varie canzonette di-^ vele, seconda edizione. Palermo per Bernardo F'irzl i835 in-i3 di pag. 64. PIANTO del peccatore a pie del Cro- cifisso coH'escrcizio divoto per te- nere comjiagnia a Maria Ss. deso- lata. Palermo per Bernardo F'iril l835 in. -18 di pag 64- COMi'ENDlO della vita del vcn. servo di Dio P, Luigi La Nuza della compagnia .di Gesù compo- sto dal P, G. A. Patricnani delia medesima compagina. Palermo per Bern. yirzì i835 in-18 di p. 30. ALLEGREZZE di Maria V. per la novena del s. lN;itjle e Iodi e prc- gliicic in onore di-1 di lei Ss. Sposo s. Gill^c])pc anialissinii genitori di Gesù Ci'i^i). Cit (mia presso Fran- cesco Pastore i8'ò5 iit-12 di p. iti. ISTIlUZiOlNl ed ordinazioni da os- servarsi |)a giustizia al niarelicsc (iianihatista Es|ilnga ca|iitaii di fregala. 3JeS' siila slaniperia di Toiniiiuso Ca- pra -lò'òi iii-S di pcg. £7. AL /).'■ G. Tit.nfciiiSji: ode del B.' P. Morello. ('JPa/tT/no i835J in-S di pag. 6. INNO il doilici gennaio, letto nel- raccaileuiiaPcIorilana in ricorrenza ilei lieto gioiiio natale di S. M. Feudi SaNuo 11 da Pietro Paolo Zappala'. Messina dalla stampe- ria Fiumara -tSÒS in-12 dip.ó'. SONEITI d'fe>sore di eloquenza in Lipari.... prece- duta da una lettera indiretta al chiariss. epigralì la siciliano cav. FunDiHA.fuò Malvica. Messina stamperia di Tommaso Capra. ì8j5 \ iiu8 di pag. Ili. 336 MEMORIA sul commercio della Si- cilia del conte don Ferdikando Lucchesi-Palli di Campofbanco, socio coriispondcnte del Hcal Isti- tuto. Palermo dalla reale stam- peria ió'35 iii-8 di pag. ao. RlNGUAZlAMtNTO alle vicende politiche d'Europa cstialto dall'o- peretta anonima, clic porta il ti- tolo:/ miei ringraziamenti. — Pa- lermo dalla tipografia di Filippo Solli i8'ò5 in-8 di pag. 16. MEMORIA pei signori don Dome- nico e don Vito Di Stefano con- tro i conjiigi Cioliiio e Di Paola. (Palermo iS35J iii-^di pag. 21. RAGIONI della signora iloniia Fran- cesca Li-Bassi contro don Giuseppe De-Simonc. Palermo per Fran- cesco Spampiitato iSàS iii-zj. di pag. s3. MEMOKlA per li signori Bartolo- meo ed Ignazio Pollina contra li fratelli La-Porta. (Palermo i8'ò5J iiì-4- MEMORIA del bar. don Giovan Ba- tista De Francliis. Palermo tipo. . grafia di Bernardo f^irzì i8ò5 ili. 4 di pag. 12. MEMORIA (dell'avv. AntoninoFer- Ro) per don Gaetano Galiiato Greco contro doli Gaetano Destro Bran- catlli. Palermo dalla tipografia d'i Filippo Solli i8'ó5 in-4di p. 3o. CENiNO sulia falsa teslimoniania, os- sia comciilo degli art. 18S a igj Cod. p. a espiisto da Gioseppe Mancuso. Palermo pi'esso Salva- tore Barcellona i8ò5 in-8 di p. g3. SCELTA collezione di opere italiane risguajdanti la Sicilia. Voi. tìi che coiiipreiule il fase. 2 del voi. 3 delle considerazioni sopra la sloria di Sicilia del can. Di GiiECoaio dalla pag. 97 a 276. OPEt'vE di C. Cornelio Tacito tra- dotte da BiìRtf. Dafaszkti con le g unte del Brotuìr tradotte da Pasiobe. Palermo, i^abinelto tipn- gnifico all'insegna del jMcli i8Z5 in-3 a due colonne di pag. y'JS. STO.tlA della decadenza e rovina dell'uiipero romano di En. Gibbo;» trad. dall'inglese. Palermo presso Lorenzo Dato inS a due colon- ne, il terzo volume di pag. 568 ed il quarto ed ultimo di p. jS8. COLLANA Economico-Poitatile di I opere italiane e straniere fase. 1 Ial i4 che comprendono i voi. I, II, Ut, IV, V e VI d.>lla Storia j d'Italia continuata da quella del Guicciardini sino al i 781) di Car- lo Botta. Palermo tipngrajia del giorn. le.tler. l8'ò5 in-18. STORIA d'Italia continuata da quella del Gricci ARiìlNl sino al 1789 ili Carlo Botta. Volume I e H Palermo stamperia Pedone e Mu- ratori i835 in-8 a due colonne con ritratto, il primo uoluine dì pag. XVI 470 e il secondodi pag, 5'òo. BIBLIOTECA portatilediopereclas- siclie italiane fase. a5 al 3o che cojiiprende i voi. XI, Xll, XIII, XIV, XV, e XVI, del^^^toria d'I- talia di Franc. GuicciAKDisiMa. miglior lizione ridotta dal jirof. GiovRosiNi. Palermo presso Gio- vaiibatista Giordano i8'ò5 in-8 di pag. 260, 2i2y 254, 182, iSo, e 246. CENNO sul matrimonio della glo- riosa vergine s. Filomena. Estratto da una più difl'usa relazione st.im- jiata in Roma ed in Napoli. Pa- lermo i8j5 in-16 di pug- 24. DIZIONARIO storico-mitologico di tutti i popoli del nionlo voi I, dl^t^•ihuiione iQ. Palermo tipngra- jia Spampinato tS'òS in-8 a due colonne con copiose ta^'ole colo- rale di pag. XXII e 8^3. SOPRA un quadro di Rallaello San- zio posseduto da' l'P. Filippini deirÓralorio in Palermo: Osserva- zioni slorico-eriliche di Agostino Gallo ec. Palermo tipografia Spampinato i833 in- 12 di pag. 22 con una tavola in rame. CORSO di studi normali, prima clas- se per gd inalfabcti di Pietro Gul- Li. Palermo tipogm/iu Spampi- nato i83S in-8 di pug. 55. RACCOLTA di brevi istruzioni so- pra alcune jiarti più difficili delln graiiiatica, cioè infiniti, gerundi, Earticiali, supini, participi, flistri- ulivi, orcliiiiili, partitivi. Palermo per Bernardo f^irzl iS'ó5 in-12 di pug. REGOLAMENTI delle regie pub- Llichc scuole (Ielle fionzclle di Broii- te istituite dal rev. sac. don Pie- tro Càlansa, e dirette dal sac. don Gactano Hizzo. Catania pres- so Carmelo Pastore id'05 iii-12 di png. 56, LEZlOiM diOriografia e diOrtnepia del .'.ac. Antomo Buacci. Palermo stamperia di l'rancesco Spampi- vato iS'òj in-l'-i di pag. 5fl . MANUALE della lingua italiana compilato da FRA^■c. Ambbosoli: prima edizione siciliana eseguita sulla terza edizione milanese dei- ranno I Say C'irrelta ed ain|iliata dall'autore. Palermo tipografia ALhaie ifi'35 in-12 di pug. à^o. LA CUCINA casareccia per istru- zione di chi ama unire al gusto la economia ce. Palermo presso la tipografia di De-Luca iò'iiS in-8 di pag. 6^. Sulla sesta parto della monografia digli agrumi del dottor FhaNciì- sco Arrosto , lettera critica di KlCCOLÒPllESTAKDnEAcllimicO-far- niicisla messinese. Palermo stam- peria Pedone e giuratori tSJS in-d di pag. l5. SECOlNlJUra|iporto depravagli della 1{. Accademia delle scienze medi- che di Palermo di Andrea Iìar,- BAcci segretario perpetuo ec. Pa- lermo stamperia Pedone e Mura- tori iSJó in-ò' di pag. 28. PIRETO LOGIA fisiologica o trat- tato delie i'ehhri considerato sullo spirito della novella dottrina me- dica di F. G. BoisiEAV tradotta ed annoiata sulla cpiarta edizione da Gaetano la Loggia voi. in. Palermo da' tipi di Bernardo F'irzl l8'ò5 in-8 di pag. jii. CENINI suli'origuie e sull'uso della conservazione de' cadaveri umani pronunciali nell'accademia Pahr- milana di scienze e belle lettere, nella tornata de' 18 fehhraio da Rocco SoLiNA dottore in mcUicina 327 ec. Palermo dalla tipografìa del Salii i835 in-8 di pag. iG, OSSERVAZIONI cliniche di due frammenti di medicina estcrnarnno- vo metodo di cura del dottor Pla- cido BocLiAnELH niedico chirurgo de' reali eserciti. Palermo dalla tipografia di Filippo SoUi 18.ÌS il 1-8 di pag. 2^. GIORNALE di scienze mediche per la Sicilia, compilato dal dott. Gae. TAWO Algeri-Focliaki ce. voi. I' e II. Palermo tipografia del Gior- nale Letterario i8'ò'j in-8 dt pag. 'd'io, e Ò26. GIORNALE Vaccino del dott. ia medicina Giuseppe Cutrona socio, e segretario perpetuo della Com- niissmno centrale di Vacciii.izione ce. volume IV. Palermo tipogra- fi a Spampinato i83jin-8dip. t66. GIORNALE di medicina jiratica por la Sicilia ded'ab. Carmelo Iosia dottore in lilosofix e iiiOiliciiia ec. Palermo gabinetto tipografico al- l'insegna di Meli i835 num. i di pag.. 1-j. DUBBJ sulla statistica di FbAncescci FERnARA impiegato nella direzione centrale della statistica di Sicilia. Palermo presso Francesco Spam- pinato iS'ò'j in-8 di pag. 42- PiÉGOLE comuni a tutte le congre- gazioni di spirito dirette da' PP. della Coinp. di Gesù. Palermo per Bernardo f^irzì 18 j5 in-iS dì pag. 'Ò2. COMPENDIO della vita di s. Fi- lipl") Neri lonilatore della Congre- gazione dell'Oratorio. Palermo so- cietÌL tipograjica i8j5 in-ii di pag. i/fO. NOIE caratteristiche di un giovine malcreato del sig. Gahltier. Pa- lermo per Bernardo Vivz'i 1835 in- 18 di pag. ^8. NOVISSIMA (litografia tascabi'e, ia molti luoghi emendata coH'agginnta
  • ANDo Barone. Mesnna, 'Stampe- ria di Tommaso Capra i835 in-8 di pag. xri e 120. DEMOSTENE oliutiacbe ed orazio- ne d'Isocrate, a Domenico volga- rizz;ile da Carlo Gkmelli. Mes- sina dalla statnperiaFiiimara iS35 iii-8 di pag. mi e 88. INTORNO le belle arti, e gli arti- sti fiorili in varie epnclie in Mes- sina. Ricercbc di Carmelo La Fa- rina ordinate in più lettere (estratto dallo S|ie'!atore Zancleo). Messi- na, stamperia Fiumara 1835 in-8 di pag. q3. STATlj'TI dell'accademia di scienze lettere ed arti di Aci-Rcale, Ca- tania per Salvatore Riggio i835 in-8 di pag. 10. OCCHIALI pe' fidenzati, ovvero car- ta topografica dell'isola del mari- taggio, nuovamente descritta da Raffaello Politi sul tipo di 3/k. Le JSoble. Girgenti iS35 in-S di pag. 1 j con una carta. GEOGRAFIA in verso ad uso dei giovanetti, disposta da Gioyahui Sanno e Paolo'Stbaho. Prima edi- zione con annolazioni (parte II). Jn Catania pe' torchi (li Fran- cesco Pastore jó'3^(|)ubblicato ucl i835) in-12 (li i>ag. '02. PER nostra Signora della Sacra Let- tera. Canzone di liiccAnoo MiT- CHELL. Messina , stamperia Fiu- mara id'ò5 in- 8 di pag. S. POESIE siciliane del dottor in me- dicina Carlo Amore da Modica. Voi. secondo. Palermo presso i librai Pedone e Muratori i8'ò5 in-i2 di pag. 2y6. ESAME |)u|j]j|ico che sotto gli an- ^ spici di S. E. Rev. Mons. Arci- vescovo don Giuseppe M. A mo- relli sosterranno nel di maggio J83tì i clierici studenti di fdosulia e mateniaticlic nel seminario di Si- racusa direlLi da Domenico Cur- zio de' pred. Siracusa per Giu- seppe Pappalardo iS'ò5 in-8 di pa- gine 13. LAMENTÌI di la vita umana com- posta di Petru F'jddoni palermi- tauu, in terza rima siciliana. In Palemiu di la stamparla di Solli iS'ò5 in-i8 di pag. 3o. POESIE di Emmanuele Garofalo rettore e professore di eloquenza nel real collegio Carolina delle Scuole Pie. Messina, stamperia Fiumara i835 in-12 di pag. 32. STORIA critica di Sicilia da' tempi favolosi insino alla caduta dell'im- pero romano divisa in quattro vo- lumi scriUa dal can. Giuseppe A- LEssi ce. Voi. 1 parte 1. Catania da' torchi de' fratelli Soluto id34 (pubblicata nel ì83j) in-4 di pa- gine 4iQ. STORIA generale della Sicilia del professore cav. A. F. Ferrara. Antiche belle arti del disegno. To- mo Vili. Palermo presso Lorenzo Dato iS3j in-8 di pag. 3io. SULLA sesta jìarle della monografìa degli agrumi del dottor Fuasce- ico Ahbo.^to, s^iconda lettera cri- tica di Miceor.ò Prestamirea cbi- iiiico-farmacista messinese ec. Pa- lermo stamperia Pedone e Giura- tori i8'à3 iii-S dì pag. 48. 329 IN LODE del b. Sebastiano Valfrd- cliigio scritto e pronunzialo in Pa- lermo ò) iti-8 di p. 8. CARTAGINE distrutta : rocma e pico di Domenico Castokina. To- mo primo. Catania presso Car^ meln Pastore iBj5 in-?idip. 120. IL SIGAEO: sestine di Carlo Gba- viNA princi]ie fli Valsavoja. Ca' tanta presso i fratelli Scinto l835 in-S di pap;. i'ò. A YlNt.ENZO Bellini : carme di Michele Bektolavi. Palermo ti- pognijìa del Giornale Letterario iii.jj in-S dì pili;. i3. IIN LOOK di s. Vincenzo de Paii- lis: carme di Niicoi.ò Cirino. Pa- lermo lipns;rafìa del Giornale Let- terario i'è'35 in-8 di pug. id. PER LE faustissime nozze di Ma. «angela linmirzi e Slancili con Francesco d'AnitrOsio de' principi di Marzano. (Ode di Nr colò Ci- bino). Palermo t'pogrnfìa del Giornale Letterario i835 »i-8 di pag. 7. LA BATTAGLIA de" nomi e dei verl)i: poemetto eroicomico d.el P. G1AJIPIETR0 Secchi della Compa- gnia di Gesù ec. Palermo per Ber- nardo VirzìiÒ'ò^ in-12 dii>ag. \6. SERMONI scelti di Ugo Blmr, ver- sione dall'inglese del canonico B. Bartelloni. Palermo tipografia ylhhaie i8j5 voi. 4 '"-12 d pri- mo di png- 17^, il secondo dipag. l6-j, il terzo clipag.j-j^, ed il quar^ to volume di pag. 1Ò2. YITA del b. Agostino Novelli. Pa- . lermo da' torchi di Ktrzì i835 ìn-\ 8 di p'ig. 7^. COMPENDIÒ della vita del b. Se- bastiano Valfiò della congregazio- ne dell'oratorio di Torino. Paler- mo società tipografica iS35 in-l8 di pag. is^. CSarà continuata). 33l DEL TOMO DECOIOTERZO. Pbefaziovb «•. pag> 3 SCIENZE ED ARTI MECCANICHE. PARTE I. OFFICIALE. — LAVORI DEL R. ISTITUTO. Elenco de' Soci ordinari m 5 Tornale ordinarie del Reale Istituto Emmanucle Taccaro . , m 6 Riflessioni sul commercio interno ed esterno del regno delle Due Si- cilie del conte Ferdinando Lucchesi-Palli di Campo franco socio cor- rispondente del Reale Istituto >j 34 Relazione topografica agraria economica del territorio di Piana rimessa al R ^6 Avviso del Reale Istituto d'Incoraggiamento « 8i Ministeriali al Reale Istituto. •....» 83 Rapporto della Società Economica della valle di Trapani al Presidente dell'Istituto « 85 Prolusione alla seduta generale della Società Economica del valle di Caltanissetta letta dal Presidente di quella il di 3o maggio i835. « Sj PARTE II. Lettera II. di Domenico Paoli al eh. sig. Carlo Mattcucci intorno il calore pj-oprio delle piante '' 9" Modo di stabilirsi in Sicilia prontamente e con facilità banche di ri- sparmio e di deposito e di far cessare le gravi usure ne' piccoli pe- gni. — Salvatore Vigo » 'O^ Suirinifiicacia ed inconvenienti delle fumigazioni nel Cholera- morbus epidemico — Considerazioni del dottor Antonino Greco (ottobre i835) >» io8 LETTERATURA ED ARTI LIBERALI. Memoria del prof. Vincenzo Amarelli intorno una corniola rinvenuta in Roma presso la casa di Augusto, rappresentante Alessandro il Grande nella battaglia sul Uranico posseduta dall'autore medesimo» 120 332 Lrttcra del Presidente Francesco di Paola Avello sull'importama di scrivere le vite rie' Giureconsulti celebri della Sicilia , e sopra le cagioni, per cui fiori negli andati tempi la giurisprudenza in Sira- cusa » 129 Elogio di Vincenzo Bellini scritto da Bernardo Serio " ^^ Le antichità di Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Serradifalco, socio di varie accademie. Voi. I. — Palermo tipografìa del Giornale letterario mdcccxxxiv. in-4° grande, di pag. VII d'introduzione, e i4o di testo; con carta della Sicilia an- tica, e XVI grandi tavole parte in litografia parte ia rame. — Fer- dinando Malvica n i58 Tabuluriuni Kcglae ac Iniperialis Capdlae Cojlcgiatae Divi Petri in Regio panorniitano Palatio Ferdinandi II Regni utriusquc Siciliae Rcgis jussu edituni, ac notis illustrutum. Panormi ex regia typografia l835 in-fol. p.lg. ^gi con due tavole litograliche. — Scordia . » 178 Degli Odierni Uficii della tipografia e de' libri. Discorso pratico ed economico di Carlo Mele. Napoli dalla stamiicria e cartiera del Fi- brcuo ) 834 un voi. in-8 picc. di pag. 179. — Scordia . . . » 188 In loiie del 13. Sebastiano Volfrè, Elogio scritto e pronunziato in Pa- lermo dal Can. Giuse|)])e Borghi, — Panegirico nella roiiimemora-. zione della morte di s;iiita Rosalia detto nella Chiesa MLtiojiolitana di Palermo il giorno 4 settembre 1 835 dal Can. Giuseppe Borghi, Palermo presso Salvatore Barcellona 'i835. — Il Cholera-uiorbus, ter- zine di Giuseppe Borghi. Tipografia del Giornale letterario 1 835. — Scordia 3) ig3 Risposta ad un articolo dello Stcsicoro contro il Poeta Romanico Dia- logo di Salvatore Costanzo. Palermo tipografia del Giornale lette- rario i835, in-8 di j)ag. 10. — Scordia 5» igS Delle nuove ed antiche Terme di Torre-annunciata, articolo inserito nel fase, xii degli Annali Civili da R. Liberatore. Napoli i835, di pag. 66 con carta icnografica BaMassare Romano .... « 197 Demostene Olintiache, ed orazione d'Isocrate a Demonico, volgarizzate da Carlo Geaulli. Seconda edizione, Messina iS35 Michele Amari.» 200 Per la morte di Vincenzo EeJiiiii, Canzone di Maria' Giuseppa Guac- ci-Nobile . . . * 3) 202 Atene rinata. — Ode tradotta dal greco moderno. — X. . . . jj 2o3 Sunti de' discorsi pronunziati ni iraccailemia de' Zelanti di Aci-Rcale.» 206 Reclamo — Ai Compilatori dello Stcsicoro, 0[;era periodica che si pub- blica in Catania • 3> 214 Annunzio nccrologico per Matteo Tondi. — Prof. AlessioSrigliaui . « ivi Programma. — Atlante Universale' delle cognizioni , o Tavole sinot- tiche contenenti la classificazione sistematica delle scienze, e la ckis- sificazione delle cognizioni umane, secondò 11 metodo naturale — di Agatino Loiigo dottore in filosofìa e medicina, professore di fisica sperimentale nella Regia 'Università degli' sliidì di' Catania, e socio di varie accademie nazionali e straniere » 218 Appendice alla parte letteraria. — Sonetto detto nell' Accademia di scienze e lettere di Palermo, il' 6 dicèmbre '1835 — Prìncipe' di Gra- natelli , . . jj 221 Iscrizioni del prof. Luigi. Muzzi scritte per un'Accademia che doveasi tenere in Bologna in onore di Vincenzo Bellini. ..... 3> 222 Bibliogralia siciliana 3> 224 appendice alla parte prima. — Risultamcnti delle tavole statistiche per la Sicilia [ireseiitate al Governo fino al i834,c comunicati ofll- cialmcutc al Reale Istituto d'Incoi'sggiainenlo. \'>.^ '^:v-i --l'i./ "^e f^l^ IsdtiUo (T IncoraggLcuìienù)). ITJPILIA UNO ^k^n^H '1 ■ < i|H»l».«».*. i2. 3f^tm N U M E Pl OSSERFAZJONJ (*) Questo quatJro non comprende, che una parte im- pert'ctta degli Stabilinienli di pubblica istruzione in Sicilia, iioii essendo ancora potuto riuscire alia Dire- zione Centrale di Statistica di poterlo completare, per gli Ostacoli che si sono frapposti. ieneft STATO ITORIO DI SANTO SPIRITO IN PALERMO Per Fanno 7ò'32. ) DI PALERMC Totale BIl'NIONE degli entrati ella ruota iV. 83'i » vita. maschi A-ij «■^7 1.9G femine 468 a3i 287 Totale 89.1 468 433 STATO |NATI, ATTACCATI E MORTI DA VAJUOLO utu 533 DALLA HO Tor-itE Prezzo Medio, Once 16798 IO Once 64300-2 04ice tari I 8 18 NA DI PAI < tn 0 H 77B 0 (=; P ;< N W co < cri P « T'orj*! E 4237 aa 10140 11 3i7 17 i84i i5 6oG6() 3 7437 9 i3al ■ili ■:>■■