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EFFEIUERiDl
E LAVORI
deCzJì^. ty'd'^ùàUo d ^ncora^ai^?nenco
LA SICILIA
Tomo XIII. — Anno IV.
CWa Cemiaio 4mo a (Diccmttc i8BS,
PALERMO
DALLA REALE STAMPERIA
uDcccxxxr»
]P!£t]S9iV21®Sr]S
"o sin da quel momento che ci venne io animo di
compilare le siciliatìe Effemeridi, è stalo maisempre no-
stro proponimento di eseguire ut)'opera , che ritornar
pote'sse di alcun utile a questa patria carissima. Laonde
pregammo d'allora i dotti tutti di Sicilia, onde contri-
buire col valevole loro soccorso a questa intrapresa, e
abba'ttendoci qua e colà a frugare per le biblioteche le
nascose memorie della patria storia, dando ragione delle
opere che appo di noi han veduta la luce e di talune
di quelle d'Italia e d'altronde, e lamentando finalmente
la perdita di que' vaiolosi che alla comune speranza
ed alla gloria della patria son venuti meno, ci siamo
afforzati maggiormente di dì in dì anco a frotile di que-
gli ostacoli che in ogni cosa si sogliono incontrare tra
mezzo. Le gravi scienze, e l'utile ed amena letteratura
si son vedute vicendevolmente fìire splendida mostra nel
nostioGiornale; laonde noi mentre da un canta saj»piamo
grado e grazia sinceramente a quei che delle scritture
loro ci sono stati cortesi, esortandoli perche in tale ge-
nerosità perseverassero, confessiamo dall'altro eoa aperto
animo che solo compenso alle nostre fatiche ci è ba-
stato il vedere che queste Effemeridi non si sono te-
nute in ispregio da' sapienti, che anzi con gentili ma-
niere al nostro assunto ci hanno avvalorati.
Dobbiamo però fare avvisali i nostri leggitori che non
per nostra colpa, ma sì perchè al cominciar dell'anno
4
i834, terzo dell'opera, quando l'Effemeridi ai lavori del-
l'Istituto d'Incoraggiamento si congiunsero, sotto il fa»
vore del Governo, molto tempo s'indugiò a pubblicare
il primo fascicolo, e sì ancora per altre imprevedute
circostanze nostro malgrado ci è toccato di vedere molto
a rilento pubblicarsi successivamente gli altri numeri;
di guisa che col declinare del presente anno i835 an-
cora avevamo per le mani l'ultimo numero del i834.
Or siccome ufficio è del Giornale di presentare mano
mano tutto ciò che cotidianamente succede nella lette-
ratura, quel ritardo portava lo sconcio di veder pub-
blicate ne' fascicoli, che ivan vedendo la luce, cose che
mollo tempo poscia avvennero, e che con quella data
nemmeno sospettarsi potea di dover elleno avvenire., Po-
nendo a ciò mente, e vedendo che se un riparo non si
fosse opposto, nello istesso errore continuati saremmo,
abbiam divisato, tuttoché nostra volontà sarebbe di dare
dodici numeri in un anno del nostro Giornale, di for-
mare un grosso volume che l'anno i835 comprenda, in
modo che al cominciare dell'entrante anno i836 po-
tessimo pubblicare il numero [di gennaio, e così a cia-
scun mese gradatamente un altro, ritornando le Effeme-
ridi alla loro forma primitiva. Gli esempì di altri stra-
nieii giornali ci han condotti a questo riparo, colla spe-
ranza di non succedere più un simile ritardo. Ci è dolce
a sperare altresì che le nostre cure indefesse e costanti
vengano accolte da coloro che han cara questa terra,
che ci è madre.
I Direttori.
DA GENNAIO SINO A DICEMBRE i835.
SCIENZE ED ARTI MECCANICHE
PARTE PRIMA OFFICIALE
LAVORI DEL REALE ISTITUTO
Elenca d^ Sodi Ordinam (*),
Il Barone Bivona.
Il Barone Palmeri.
D. Giuseppe Russo Gervasi.
Il Marchese Forcella.
D. Giovan Battista d'Agostino.
Il Gay. Ab. Francesco Ferrara.
\\ Sig. Beniamino Ingham.
Il Sig. D. Carmelo Tasca Mastrogiovanni
D, Giuseppe Caminneci.
D. Ignazio Sanfilippo.
Il Principe di Villafranca,
D. Ferdinando Malvica.
Il Colouello Carlo Ferdinando Dolce.
Il Barone Mauro Turrisi.
Il Marchese di Gallodoro.
Il Cav. Mariano Dominici.
Il Sig. Enrico Drcchesler,
D. Rosario Caruso.
D. Salvatore Auleri.
D, Benvenuto Pavin.
D. Antonino Furitano.
D, Camillo Camposlano,
(*) Saran pubblicali nel venturo fascicolo gli allri Soci onorai t e corri-
spoiidcuti.
6 SCIENZE ED ARTI
Il Principe di Campofranco.
L'Ab. Emraanuele Vaccaro.
Il Principe di Trabia.
L'Ab. Alessandro Gasano.
Il Capitano Michele Fileti.
Il Principe di Granatelli.
Il Duca di Serradifalco.
Il Cav. Paolo Cumbo.
Tornata ordinaria dei 4 f^^^f^^io i835.
Fatla lettura del processo verbale, venne richiamata
l'attenzione del congresso sopra il rapporto del Decurio-
nato di Palermo con cui proponeva di doversi pregar la
clemenza del Re, che voglia rivocare il suo decreto di
giugno i83i,col quale fu raddoppiato il dazio di tari
cinque a tonnellata sulla immissione de' carboni esteri,
augurandosi così di agevolare un ramo d'industria nazio-
nale. Una simigliante propo'sta, emessa già altra fiata dal
nostro Istituto, e cui diedero spinta valide ragioni della pe-
nuria del momento, come anche alquante cause generali,
aveva il consentimento d'una gran parte di soci , che
sostenevano doversi stare all' anterior proposta dell' I-
stituto. Cosi fautore del decurionale avviso era un di-
scorso letto al proposito dal nostro socio onorario signor
don Giuseppe de Martino. E come che varie gravissime
riflessioni venivano fatte tuttavia da taluni altri soci,
che alla esposta sentenza tornavan contrarie, ed assai
quinci e quindi prolungavasi l'alterno ragionare, chiamata
dal Presidente la votazione, a maggioranza assoluta dì
sulTragi venne deciso di doversi, appoggiando il decU'
rionale rapporto, slare all'antico proposto dell'Istituto;
ma per ja scelta di nuove ragioni, che figliuole esser
j)osson di circostanze novelle, e per altre utili veduto
e novelli riguardi di maggior prosperità che aggiungersi
potrebbero, venne a deliberarsi conseguentemente la ele-
zione d'un comitato de' soci signor Barone Bivona, e
don Ferdinando Islalyicn direttori d'ambe le classi, e
MECCANICHE , 7
del professor Sanfilippo, perchè sulle stnblllte Irnccc,
e sulla volala sentenza avessero a [nv novello r.ipporto
al Reale Istituto nella prima vegnente tornala.
Jniìendice. — Jl nostro socio ordinario signor don
Camillo Canipostano, iu contrario alla testi; cennata de-
liberazione dello Istituto, e domandò di esser fatta men-
zione del suo negativo parere nel presente verbale; e
riia deposto corroborato dalle sue ragioni per far parte
degli alti dell'Istituto.
Indi venne sciolto il consesso.
Tornata ordinaria dei 20 febbraio iS35.
Poiché il vcrbal processo dell' anterior tornata ven-
ne Ietto, il socio signor Camillo Campostano richie-
deva il Reale Istituto, clic il contrario parere d'un socio,
che domandandolo al momento disila votazione, è auto-
rizzato a f.ìrne tener conto dal Segretario generale nel
"SUO verbal processo, venisse in quello trascritto conva-
liilato da tutte le ragioni che lo slesso spinsero a noa
conformarsi alla deliberazione in che la [)in parte con-
venne. Ma riflettendo il lieale Istituto all' indole d'un
])rocesso verbale, che quella è appunto di narrar le de-
liberazioni del corpo, e non di registrar tutte le discus-
sioni, e le ideo moltij)lici degl'individui, determinò che
le ragioni giustificanti il contrario voto fossero dal dis-
senziente socio in iscritto consegnate al Segretario ge-
nerale; e questi nel suo verbale, memorando l'avverso
parere di colui aggiungerà d'averne in iscritto esibite
le ragioni j)er far parte degli atti del Reale Istituto.
Sancito il quale articolo, vennero lette le seguenti
venerate ministeriali.
Una dei 5 di febbraio num. Go5 colla quale ne si
dava contezza come S. A. R. il Principe Luogotenente
Generale di S. M, si era degnata di nominare soci ono-
rali di (juesto Reale Istituto il vice-segretario don (Gi-
rolamo Dotto, ed il segretario di classe don Salvatore
Cacioppo.
8 SCIENZE ED ARTI
Altra de' 4 «dicembre del passato anno mira. 660^
con che un sovrano rescritto veniva comunicato , pei*
lo quale S. M. (D. G.) nel consiglio ordinario dei 3
novembre dello stesso anno, mutando l'articolo /\5 dei
nostri reali statuti, ordinava, che nelle classi accadendo
mancanza, od altro legittimo impedimento de' direttori,
questi sieno rimpiazzali non più da' secretar! rispettivi
delle classi, ma da' più anziani tra' soci che le classi
medesime compongono.
Altra de' 29 gennaio num. 433 trasmetteva un pro-
getto del signor Riccardo Poppleton che alquante ri-
flessioni raccljiude riguardanti il modo di promuovere
l'agricoltura ed il commercio di questa parte de' Reali
Domini, incaricando il Reale Istituto di prendere in grave
considerazione l'esposto, e proporre alla sua volta con
sollecitudine l'occorrente. In seguito di che, vista l'im-
portanza del contenuto nel cennato documento, un co-
mitato veniva eletto de' nostri soci signor Principe di
Trabia, signor don Giuseppe Caminneci, e signor ca-
valiere Paolo Cumbo, per ponderar le materie ed emetter
colla commendata prestezza un parere.
Con altro ministerial foglio dei 12 febbraio del cor-
rente anno num. ^52 ne veniva rimesso per riferire un
reclamo dei fabbricanti di seterie di Catania, li quali
forte si dolgono de' venditori di seta che a questa,
secondo asseriscono, com mesci no del canape. Però altro
comitato fu del presidente scelto in persona dei soci
direttore don Ferdinando Malvica, signor Pavin, signor
Carapostano, cavaliere Cumbo, e signor Auteri per ese-
guirne i lavori di preparazione.
Altra ministeriale dei la dello stesso mese, num.
'[744 portava richiesta di privativa per i5 anni sopra
invenzione di macchina atta a fonder zolfo senza no-
centi esalazioni. E questa dimanda fu trasmessa al già
esistente analogo comitato.
Altra dei 16 dello stesso mese num. 834, richiedeva
di suo parere l'Istituto Reale sopra una dimanda altresì
MECCANICHE 9
(li privativa falla da' signori Giuseppe Natale e Tom-
maso Ausclrni, i quali iiilcndouo d'introdurre in Sicilia
dei mulini a vapore per (juillc città ove d'acque si pa«
lisca penuria. Ed il Reale Istituto, attesa la evidente
utilità dello indicalo soggetto, deliberò di farsi loslamenle
favorevole rap[)orlo al Governo, limitando però la pri-
vativa da elargirsi a soli anni cinque.
E rap])orlo altresì favorevole, e per lo stesso quin-
quennio, deliberò il nostro real corpo sovra altra pri-
vativa, cliitsia da' teste mentovali Natale ed Anselmi
per introduzione in Sicilia di vetture a vapore sul ri-
guardo stesso di ben conosciuta utilità, e ciò in riscontro
ad altro riverito rainisterial foglio dei ig ancor di feb-
braio num. loo'j, che sulla dimanda, che uè espunea^
ripercava il parere.
Altra ministeriale de' 16 dello slesso mese num. 819
portava altra richiesta d'una privativa di armi i5, avan-
zata dal signor Paolo Durand per la introduzione e per-
fezionamento, in uno, di certa macchina atta a rafll-
iiare lo zolfo con impiegarvi non che il grezzo mine^
lale, ma ben anco il così detto sterro di zolfo. E co-
sinùtta dimanda, sulla quale il Governo il Reale Isti-
tuto richiedea di parere, rimessa veniva alla nostra
classe di civile economia.
Una privativa altresì di anni i5 richiesta essendo
slata dal signor Pietro Campanella da Messina per aver
(atti dei miglioramenti al lambicco di Brosteret tali da
consumare in distillazione continua salme 100 di vino
per giorno, il Governo la dimanda rimettevane allo
Istituto con ministeriale de' 9 dello stesso febbraio num.
6'y8, e lo esame di questo affare aflidalo venne regolar-
mente alla com])elcnte classe dal Reale Istituto.
Finalmente, siccome con due riverite ultime mini-
steriali l'una de' 5 febbraio num. 604, e l'altra de' 9
del detto mese num. 722 rimetteva il Governo allo
esame del Reale Istituto; colla prima alcuni pezzi di
credulo carbon fòssile, cslratlo da cavameuti nel contado
IO SCIENZE feD ARTI
di Limlna di Messina più profondamente di quel clic
si frcc nel 1828 ora praticali; e colla seconila delle
mostre di iDarnio tolto da tre cave, in IMcssÌmìi pari-
menti (alle, e fpiesle mostre aceonipagnale da lelazioni
di esperii conoscitori; un comitato venne eletto per
l'uno e IVItro aliare in peisona dei nostri soci signor
barone Bivona, signor professor Fnritano, signor Ago-
stino Gallo, e signor Fiancesco Gioclimaun j)er riferire
ciò che sarra credulo da giudicarsene dopo le debile os-
servazioni, per indi farne il Reale Istituto il sao rap-
porto al Governo.
Quella tornala chiudeva ultimamente un rapporto del
direttore della civil classe don Ferdinando Malvica, il
quale a nome di essa peisuadeva potersi accordare pri-
vativa di anni cincjue colle aggiunte particolarità a' se-
guenti oggetti, li quali egli, benché con diverse dimando,
e da diveisi chiedenti avanzale, tutti comprendeva in
«n solo rappoilo; cioè per ti'asniutarc il ferro in acciaio
da Giusejipe Santoro, per macchina da estrarre lo zuc-
chero dalla barbabietola da Salvatore de Pace, per
ima fabbrica di solfato di soda da Ignazio l'urazzo.
Finalmente per un meccanismo onde frenare l' impeto
d'un cavallo che non senta più l'impero del freno pel
signor Andrea IMangiaruva.
Fd il Reale Istituto, buone trovando le ragioni di
die questo favorevole collettivo giudizio della classe ve-
niva afìòrzalo; a questo interamente conformatosi, ne
ordinava di farsi al Governo il rapporto.
Indi venne sciolto il consesso.
T'ornata ordinaria dei i3 marzo dell'anno iS55.
Appresso che il Reale Istituto ebbe ascoltalo la nar-
razione dille cose deliberale nella sua prcccdenle tor-
nala, ebbe data conoscenza di un veneralo ministerial
f()glio de' 23 febbraio n. 1037 rimessoci dal Governo
per riferire col parere sovra una dimanda di Onolrio
MF.nCANlCHE 1 1
Colloca per una privativa in merito d'una sua inven-
ziouOj con the più celere corso si dà alle navi di qua-
lunque grandezza, e ciò senza pericolo di correr fortuna
e senza ulteriore grave disj)enclio. Kitratto così il pro-
messo giovamento, ai termini del rcal decreto venne
deliberato di farsi il rapporto convenevole al Governo,
con che venisse rassegnalo di potersi quel trovarnento
graziare della privativa d'un quinquennio.
Non così determinate essendo però le particolari uti-
lità di eflcllo in altra dimanda di privativa, ma per
dieci atuii avanzata da don Natale Ferrara da Messina,
e dal Governo rimessa con ministeriale dei 28 febbraio
num. 1034 per una macchina atta a tirar la seta con
metodi che vagamente si caratterizzavano per più nc-
conci, e migliori de' conosciuti, venne risoluto che anzi
di deliberarsi ultimamente, venga il chiedente per mezzo
della nostra Società economica di Messina invitalo ad
esporre in che consistano gli elTetti di questo promesso
suo miglioramento, senza parlar del meccanismo, se
sovr'tsso voglia conservare il secreto; ed a dichiarare
altresì se qnesla sua macchina quella siesta sia che espo-
sta venne nella solenne mostra delle siciliane industrie,
da noi fatta il passalo ultimo maggio.
Con altra ministeriale dei 26 dello slesso febbraio
num. 2044 ne veniva trasmessa una supplica del signor
Medherst maggiore delle truppe di S. M. Britannica,
perchè gli fosse consentila la immessione in Sicilia di
alcuni cavalli arabi nell'isola di Malta comperati; ed
il Reale Istituto deliberò ftivorevole rapporto, pnrchè
adempialo venga dal ricorrente quanto sia scritto nel
real decJelo di giugno i833 circa il permesso da darsi
agli stranieri, che, dimorando in Sicilia, voglion far uso
de' lor cavalli di straniera razza.
Antonino Naccari, avendo portato a compimento una
macchina idraulica, chiese al Governo un qualunque
j)romodale soccorso; e intorno a questo, con suo mini-
steriul foglio de' 26 dello slesso febbraio num. 2039
12 SCIENZE ED ARTI
avendo il Governo commesso al Reale Istituto di rife-
r\ie; venne da noi deliberato che s'invitasse il Naccari
alla esibizione della sua niacchitia, onde poter dire, os-
servatone J'uso ed i vantaggi, se ineriti la implorata
mercede, e farne indi rapporto.
Con ministeriale de' 2 marzo num. 8007 facevasi
poi noto, come avvertilo veniva dal nostro regio con-
sole di Nuova Joik, tornar di miglior conto a' nostri
siciliani legni il navigar diritto per Filadelfia, ove, oltre
lo spaccio che troverebbero più facile delle mercalan-
zie che vi recano, sarebber nel caso d'accettare a mi-
gliori coudizioni una maggior copia di oggetti, e mollo
vantaggio vi troverebbero nelle spese da doversi fare,
come ha fatto rilevare nel viaggio colà del nostro bri-
gantino il Palladio. E questa utile conoscerjza venne
statuito si pubblicasse pe' nostri giornali, e si comu-
nicasse alle Economiche Società.
Altra notizia ugualmente utile ci perveniva dalla
slessa lònte del Governo con riverita ministeriale dei
9 marzo, num. 3i4o, quella cioè che S. M. l'Impe-
ratore di tutte le Russie abbia ordinato di rendersi li-
bera per lo corso di quest'anno l'impoitazione de' ce-
reali ne' soli porti del Mar Nero, del Danubio, e del
Mare d'Azofl- e di ciò venne ordinata la stessa pub-
blicazione.
L'ultimo minisferial foglio era de' 12 marzo, e se-
gnato dal num. 3igi, con che don Giovanni Surdi uà
premio richiedeva al Governo per un odametro da lui
novellamente costrutto, e dalla cui applicazione alla
geodesia possono, secondo l'asserto, ritrarsi degli inte-
ressanti vantaggi. E perocché questi conoscer bisogna,
come pure lo stesso strumento, per potersi decidere se
degna cosa sia che venga rimeritalo della implorata
grazia, venne ordinato d'invitarsi il chiedente alla espo-
sizione del suo trovalo, per indi eseguirsi eoo aperta
ragione il commesso rapporto.
Appresso ciò una supplica di maestro Mariano Russo
MECCANICHE l3
veniva riferita al Reali; Istiluto, con che imploravasi
che per via dello stesso venga rassegnato al (joverno,
che l'esponente da più temj)o si è ingtgqato di appli-
care la l'orza del vapore a' mulini, e per conseguenza
questi suoi già riusciti sforzi fosser tenuti presenti dal
Governo, dovendo decidere sulla privativa chiesta da
Tommaso Anselmo, e Giuseppe Natale sullo stesso sog-
getto. E questa supplica venne deliberato di rassegnarsi
al Goverfio per l'uso che converrebbe.
Tre rapporti vennero letti appresso di ciò, uno dal
socio ordinario professor Sanfilippo sopra la dimanda
di privativa fatta dal signor Duiand per la raffineria
dello zolfo, implorando a nome della classe di civile eco-
nomiu pel chiedente una privativa di anni io. Ed il
Reale Istituto, attesa la somma utilità di questa indu-
stria, veniva in sentenza di farsi rapporto secondo la
proposta.
L'altro era dello stesso socio, a nome d'un comitato
apposi la mt.'n te eletto, per la redazione delle ragioni da
convalidare la stabilita sentenza dell'Istituto, che si ab-
'bia ad appoggiale l'anterior suo rapporto, perchè da:
S. M. venga tolto il doppio dazio nel i83i messo
sopra i carboni estiri, che in questa parte del Regna
s'immettono, e ciò favorevolmente ancora venne deli-
berato.
11 terzo parere venne letto dal socio ordinario pro-
fessor Puritano, ed era in nome del comitato apposita-
mente eletto sul creduto carbon fossile, rimesso da Mes-
sina, e trovato nel contado di Li mina; ed essendola natura
di questo minerale, che la commissione disegnava sotto
il proprio nome di torba, molto utile alla combustio-
ne, si proponeva di farne saggio comparativo col vero
carbon fossile inglese nella loro applicazione al moto
de' legni a vapore; e tanto rassegnarsi al Governo venne
suuzionato. Quiodi 1' adunanza fu sciolta.
l4 SCIENZE ED ARTI
Tornata ordinaria dei 27 marzo iS35.
'Aprì questa tornata la lettura che die il| socio Se-
gretario generale dello elogio storico, letterario ed eco-
nomico del socio ordinario già vicepresidente del Reale
Istituto barone Saverio Scrofani, mancato teste a' viventi
con grave duolo e perdita della patria, e sj>ecialiriente
di questo nostro real consesso. Finita la (|ual necro-
logica dicerìa, venne data lettura delle seguenti rive-
rite ministeriali cioè:
Una de' 5 marzo del corrente anno num. 3o2i, con
che per riferire distintamente col parere ne si riuiel-
teva una supjìlica de' tintori di questa città, che implo-
rano dal Governo il divieto della immessione in questi
domini della bambagia colorata. E questa petizione ven-
ne, per essere esaminata, rimessa alla Classe civile.
Altra in data di questo marzo, num. 34o2, incari-
cava il Reale Istituto di emettere un suo parere sopra
una domanda di privativa che ha fatto per anni dieci
il signor Tliicbaud per la introduzione d'un telaio mec-
canico per opera di cui nel tempo stesso si fabbricano
più pezzi di nastri rasati con fiori di vari colori ve-
lali, sopra molla, ed altre diverse specie all'uso di Fran-
cia. Ed il Reale Istituto, ponendo mente alla certa u-
tililà della bisogna, deliberò unanimemente di potersi
fare rapporto, rassegnando di potersi accordare al chie-
dente la implorata privativa, ma solo per anni cinque.
Un'ultima de' 16 dello stesso mese num. 33<)8, ne
rimetteva per riferire altresì col parere una richiesta
di privativa per un decennio, latta dal nostro socio cor-
rispondente signor marchese Nunziante per lo stabili-
mento nei Reali Domini di puriiieherie di zolfo , senza
molestare alcun liibbricanle di simile industria, che vuol
d'altri metodi, che quello non sie.no, far liberamente uso.
Etl il Reale Istituto rimesse ciò alla Classe civile.
Uii ufllcio teneva dietro .alle anzidette comunicazioni,
MECCANICHE l5
con cui la Soclolà nostra economica di Trapani cliiedeva
iiolizie e (Ictlaglio d'una trivella mineralogica presso la
Soprantendenza di ponti e strade di questa capitale esi-
stente, onde poter rilevare se Tosse agevole di farne una
sinii"liante, ovvero un esalto modello per uso della so-
cietà istessa, ora clie la clemenza del Re gliene aveva,
con altre grazie , accordato lo acquisto. Di ciò venne
data conoscenza , perche; il Presidente pratichi quanto
e d'uopo per la soddisfazione della inchiesta.
Un secondo uflicio era della Società economica di Ca-
tania, la quale rimetteva il chiesto suo avviso sopra il
progetto dell'avvocato Gurrilti per la irrigazione della
piluia di Catania colle acque del Simeto; a tenore di
che quella era stata dal nostro Reale Istituto interpel-
lala. Ciò venne risoluto di mandarsi allo analogo esi-
stente comitato per diilinilivamente eseguire il suo la-
voro.
Da ciò venendo ai lavori del Reale Istituto, il nostro
socio onorario signor Agostino Gallo lesse a nome del
coujilato, ond'egli fé' parte, il rapporto a quello com-
inrs>o per lo esame delle mostre di marmo cavate ia
^Messina e dal Governo rimesseci. E nella certezza ia
cui era il comitato d'esser quelle di buono e pregiato
marmo, dovevasi sapere se una ne formassero le due
cave onde quelle mostre si dicon tratte. Approvava il
Reale Istituto di rassegnarsi queste opinioni del comi-
tato al Governo, perchè ordinasse che la cennata in-
dagine venga eseguita, non che dal comitato relatore
della Società economica di Messina, ma eziandio dal-
l'architetto provinciale, come quello che a tale uso
sembra più adatto.
Apjìfesso occupava il posto il socio ordinario pro-
fessor Sanlilippo, e leggeva per la Civil classe un rap-
porto intorno la privativa chiesta da' signori Zublin e
couipagni per la immessione in questa parte dei Reali
Domini di una parti',olar tintoria del rosso di Adriano-
poli; alla quale la Classe avvisava di aversi a eoa-
l6 SCIENZE ED ARTI
sentirla dimanda per anni cinque; ed il Reale Istituto,
ciò assentendo, deliberava si pregasse S.A.R. che ve-
nisse abbreviato il termine della legge per dicadcr dal
privilegio.
Da ullimo succedeva il socio nostro onorario signor
cavaliere Cuinbo a leggere un rapporto d'un comitato,
di cui il detto relatore fu membro, con che si avvisava
assai ulil cosa esser di rendersi efficace l'articolo delle
leggi che voglion punita la frode che si commette nello
scambio degli oggetti d'industria , provocando dal Go-
verno l'applicazione d'una tenue multa di grana dieci al
minimo e di venti al massimo per ogni matassa di seta
che troverebbesi nella compera adulterata con delle fi-
lamenta di canape , inganno di che si son fortemente
doluti i fabbricanti di sete di Catania, come di cosa che
quel ramo importante di commercio e d'industria posi-
tivamente danneggi. La qual proposizione del comitato,
appresso lunga discussione, venne con maggioranza asso-
luta di suffragi dal Reale Istituto approvata.
Indi venne sciolto il consesso.
Tornata ordinaria de io aprile i835.
Poiché fu falla al Reale Istituto la lettura delle de-
liberazioni delle due precedenti tornate, gli venne data
contezza delle seguenti riverite ministeriali; una de' 3o
del prossimo passato marzo num. 364 che ne incari-
cava di dare il nostro parere sopra la dimanda di mae-
stro Mariano Russo, perchè le sue ragioni valgano ad
ottenere una privativa per la introduzione di mulini a
vapore avversoall'altra anteriore richiesta da'signori Giu-
seppe Natale e Tommaso Anselmo, fatta per l'islcsso
oggetto. £ ciò venne deliberalo di trasmettersi alla Classe
civile.
Altra de* 6 aprile num. 6799 portava il beneplacito
di S. E. il funzionante da Luogotenente Generale di
S. M. alla compera della collezione completa delle leggi
del regno, per la quale avevaiu noi fallo rapporto.
MECCANfCHÉ l'J
Altra ur;iialmcnte del 6 api ile num. 3^44 accludeva
pel R. Istillilo due rapporti di entrambe le camere con-
sultive di commercio che sopra la dimanda di priva-
tiva che Ignazio Dnrazzo ftce per la fabbrica del sol-
fitto di soda, soda artificiale, sale di soda, ed acido mu-
riatico, e per cui avevam noi fatto favorevol rappor-
to , quella di Messina emetteva un contrario giudi-
ciò, questa di Palermo un parere remissivo al R. Isti-
tuto d'Incoraggiamento, della cui competenza credeva
la bisogna. I quali rapporti leggendo, inferiva il no-
stro cofisesso non venir destrutte le ragioni che appog-
giavano la implorata privativa, cioè che quanto i chi-
mici fanno di presente possono liberamente continuare
anche introdotte le fabbriche di soda artificiale; e che
questa, e non la naturale, essendo un estesissimo ramo
di traflìco nell'estero, può la Sicilia dell'una avvantag-
giandosi quanto alla coltivazione, dall'altra trarre pro-
fitto circa il commercio, e quindi ad unanimità di suf-
fragi deliberò l'Istituto di restar fermo alla sua ante-
riore favorevol j)roposta.
Con altro ministerial foglio de' g aprile num. 3845
approvando il Governo il divisamento dell'Istituto di
aversi a fare sperimento del minerale combustibile di
Messina nella sua applicazione a' legni a vapore, allo
stesso ne abbandonava lo incarico. A. tal uopo delibe-
rava il R. Istituto di richiedersi l'Intendente del cen-
nato valle perchè ad apprestarne la materia ne rimetta
da venti a trenta quintali.
Altro dello stesso y aprile num. 3849 domandava
parere dell'Istituto, sopra una supplica di don Ignazio
Ligolti che implorava una privativa per la invenzione
d'un modo certo onde render permanenti ne' drappi i
colori di che vengono impressi. E questa dimanda venne
sommessa alla disamina della nostra Classe civile.
Finalmente perchè i fabbricanti di polvere di questa
capitale si opposero alla dimanda di privativa che il sig.
Mangiamva per il suo modo di fabbricarla aveva fatta.
l8 SCIENZE ED ARTI
e per cui il nostro Istituto aveva dato favorevole av-
viso, il Governo con sua ministeriale de' (j aprile num.
3832 ne ingiungeva che tenuta presente l'opposizione
fossimo tornati a riferire sullo stesso soggetto. Ed avendo
il Mangiaruva proposto un confronto de' metodi degli
opponenti col suo, onde poter giudicare se veramente
sieno identici, come quelli asseriscono, ovvero s'ingan-
nino, accettato a maggioranza di voli dal R. Istituto
il partilo, restò deliberato d'invitarsi i ricorrenti a pre-
senlar descritti i metodi con che essi fabbricano la loro
polvere colle analoghe macchine, e ciò fatto nominasse
il Presidente un comitalo, il quale, ascollato il ALingia-
ruva, giudicasse gli uni e l'altro co' falli; indi avanzasse
al Reale Istituto il debito rapporto.
, Appresso ciò due gentilissime lettere de' nostri due
soci corrispondenti sig, marchese d'Andrea, e sig. conte
don Ferdinando Lucchesi-Palli portavano i più distinti
e garbati ringraziamenti da' due prelodati illustri jier-
sonaggi latti al R. noslro Istituto per averli questo ac-
colti nel suo seno colla sopra indicata qualità.
, Due I-apporti da ultimo venivanci dalla Classe rura-
le, l'uno letto dal noslro socio ordinario sig. Principe
di Granatelli, che molto maestrevolmente confutava la
pretenzione de' cultori delle Api di Vizzini di aver tor-
nati per questa gli antichi privilegi di uso, che go-
devano in antiquo, e sbanditi oramai perchè avversi
alla libertà, sicurezza e coltivazione de' fondi altrui. Alla
qual dicerìa del prelodato socio unilormandosi tutto il
Reale Istituto, deliberò che la presidenza avesse a farne
al Governo l'analogo rapporto.
L'altro veniva letto dal direttore della sopra indicata
classe barone Bivona, il quale proponeva a nome di
/quella, che ritenute le ragioni, dalla Economica Società
di Trapani rassegnate, sulla utilità che produrre debbe
necessariamente il lungo allitto de' lati-fondi; ma che
non potendosi questo proporre pe' beni comunali, ostan-
do l'art. 196 degli statuii dell'aiuniinistrazioue civile,
MECCANICHE ' fQ
c virtnta per lo contrario non essendo la locazione ilei
fondi cicali slabilitncnli de' corpi morali laicali, e della
Reale Azienda, ma ridolla da soli regolamenti ammi-
«islralivi o da uso a soli tre anni, jier questi propo-
neva la classe l'ampliazione de' limili della colonia e
dotali allitli, fino a prendere il carattere ed il nome d'en-
liteiisi temporanea, E questa proposizione bene discussa
dal Reale Istituto veniva da ultimo approvata, iu se-
guilo di che sciolta fu l'adunanza.
P erbai processo delt ordinaria tornata
dei a 4 aprile i835.
Dopoché venne letto il verbal processo dell'ultima se-
duta, e dall'Istituto approvato, si procedette alla lellu-
la di alquanti i"oj;li e ministeriali; e tra questi tenne
il priuio luogo quello segnato addì 23 aprile col nuni.
.4085, die acchiudendo una su])plica di Antonio de Fi-
lippi, tendente ad ottenere una privativa di anni dieci
j)er istabilire iu Sicilia una fabbrica di lastre, campane,
ed altri lavori di cristallo,' e vendita di tali oggetti,
inculcava al Reale Istituto di prontamente riferire ; e
qui discussa con accuratezza la petizione, vennero i soci
ad unanimi voli in sentenza di rassegnarsi al Governo,
che, attesa la utilità, che questa introduzione all'isola
nostra arrecherebbe, alla chiesta privativa prontamente
si annuisse, ma per la fabbricazione soltanto, non mai
per la vendita di quei lavori, aOinchè lo spaccio degli
esteri cristalli impedito non fosse; e fu per le peculiari
ragioni che si andaron riflettendo, che venne stabilito
di propoisi di accorciare a sei mesi il termine, fissato
di un anno dal reale decreto di maggio 1824, per de-
cadere dalla privativa, quante volte ad eR'elto nott por-
tasse in (juel periodo la promessa fabbrica.
Indi seguì la partecipazione di un real rescritto, con
cui il Ministro Segretario di Stato per gli allàri di Si-
cilia iu Napoli comuuicavu, che S. M. si era deijnulu
aO SCIENZE ED ARTI
accordare al signor Amadio Scroth urla privativa di
cinque anni pel metodo novello di bagnare col vapore
i panni di lana di ogni maniera, a coadizione die non
debba nuocere a' modi fin oggi in vigore; ne toglier l'uso
dello slesso nella fabbrica dei panni privilegiata al signor
Barbier. E questo fu risoluto, clie per mezzo del no-
stro giornale si mandasse alla pubblica conoscenza.
Sì tenne anco lettura di una supplica a nome dei
proprietari dei moluii di Sicilia, die il Governo ci ac-
chiudeva in una ministeriale del i3 aprile, colla quale
si facevano eglino a chiedere, che ne ai signori Natale
td Anselmo, ne a maestro Mariano Russo, la implorata
privativa s'impartisse per introdurre dei molini a va-
jjore; sulla considerazione, ch'essi molto danno do-
vrebbero agli interessi loro accagionare. E l'Istituto fu
di parere, che si rimettesse alla Glasse civile, pur te-
nerla presente nel rapporto da far sull'obbietlo.
Dopo ciò fu sentila leggere la dimanda del principe
di Palagonia , che chiedeva il permesso, onde inti|0-
durre sei giumente estere ad oggetto di renderne mir
gliori le razze, e venne, a norma dei casi simili, sta-
bilito che fosse fatto al Governo favorevol rapporto?.
Con altro foglio ministeriale S. E. il Funzionante
da Luogotenente generale, ci significava di stare iu at-
tenzione delle già provocate sovrane provvidenze sa
l'abolizione proposta dal Decurionato di questa capitale
del doppio dazio su i carboni esteri.
Dopo di che sorgeva il socio onorario signor Di Mar-
tino a leggere un suo discorso addizionale alla risolu-
zione presa nell'ultima tornata dell'Istituto sopra il rap-
porto letto a nome del comitato dal socio cavaliere Cum-
bo, che proponeva l'applicazione di una multa alla frode
che si commette dello adulterare le matasse di seta; e
l'Istituto, dopo una lunga discussione, fu di avviso da
una mano d'implorar l'articolo della legge, per come
venne proposto dal cav. Cumbo; e dall'altra di ripeter
la presideflj;a nel suo rapporto le espressioni dell'alloa-
MECCANICr|E Ir
tananuMilo tlcile inquisizioni, e tlcgli abusi, che ne pro-
niariauo, come cej)j)i al cninincrcio; e per quanto riguarda
le insinuazioni dei migliori modi di formar le matasse,
come [)arte della istruzione, di cui si fa parola nella
mozione del sig. Di Martino, che il Reale Istituto at-
tendesse alla formazione di un analogo regolamento, fa-
cendosene ora cenno nel rapporto da umiliarsi al Governo.
Da ultimo il direttore della civil Classe sig. Malvica
si i'ecc a leggere due rapporti in discarico di due afliiri,
alla sua classe j)er lo esame ailidati. L'uno era sugl'in-
1oj)pi al commercio del nostio Regno con quello di Tu-
nisi, che si dicevano esistervi dal console residente in
quelle africane regioni; e il sullodalo direttore mostra-
va, che i suggeriti consigli di quel console per istabi-
lirsi colà delle case cotnrnerciali, e presso noi un laz-
zaretto sporco ad espurgar le cuoia, e le lane sudicie,
ed a jìcrlezioiiare i prodotti della nostra industria ma-
nifatturiera , risultano male avvisati, come colui, che
ignora le circostanze particolari, nelle quali la Sicilia
attualmente si vede, e l'Istituto, si unitòrmò perfetta-
mente alle riflessioni, che il sudetto sig. Malvica egre-
giamente esponeva. Verteva l'altro sulle privative chieste
dal sig. don Ignazio Ligotti palermitano, e da France-
sco Chiaravel francese; il primo di essi pel modo da lui
trovato onde render pernjanenti uei drappi i colori, che
vi s' inìprimotio; il secondo [)er estendersi alla Sicilia
quella già ottenuta per 5 anni nei Reali Domini conti-
nentali j)er una fabbrica di carte dipinte all'uso di Mar-
siglia , o per metter qui dei depositi di tali carte. E
il citato sig. direttore proj)oneva con ponderate ragioni
pel Ligotti una jjrivativa di 5 anni, e pel Cliiaravel si
avvisava, die gli si debbe concedere, se una fabbrica qui
erigesse delle nouìinate carte; e che negargliela asso-
lutamente converiebbe, se il Chiaravel non intendesse di
stabilire in Sicilia la fabbricazione di dette, ma bensì
dei depositi per lo spaccio di quelle, che in Napoli fa
lavorare. £ l'islilulo approvando un tuie avviso, aggiunse
2
32 SCIENZE ED ARTI
anche per questo caso raccorciamento di sei mesi al ler-
inine voluto dalla legge.
Da ultimo il segretario generale invitava il Reale Isti-
tuto a determinare i temi per le dissertazioni da coro-
narsi nella esposizione del venturo anno i83C; e sopra
la di lui proposta determinossi una prossima straordi-
naria tornata per questo solo oggetto. ludi venne sciolto
il consesso.
Tornata ordinaria de 5 giugno i835.
Diede cominciamento a questa seduta la partecipa-
zione fatta allo Istituto dal signor Presidente delle se-
guenti riverite ministeriali, cioè una de' ay a[)rile num.
4240, che commetteva all'Istituto di rassegnare il suo
parere sul progetto inoltrato dal colonnello Pellegrino,
onde si stabilissero in Sicilia i procacci dell'egual modo,
che in Napoli trovansi attivati, e dai quali sommo van-
taggio trarre si potrebbe dal Governo, ed utile ne risul-
terebbe alla popolazione pel più facile trasporto delle
mercanzie, e dei generi di ogni sorla, sua guida era la
tarifìà già stabilita pe' procacci di quella parte de' Reali
Domini, e per evitarsi le spedizioni per via di mare,
le quali tanto pericolose risultano nella invernale stagione;
ed ove fosse tal progetto applaudito, si stabilisse tutto
il necessario, cioè si formasse una direzione generale,
si scegliessero i direttori, l'agente contabile, il contro-
loro, i capi d'olìicine, si formassero le istruzioni, si
stabilissero i locali per lo ricevimento, e distribuzioni
dei generi, si proponesse la costruzione dei tra] ni, l'ac-
quisto dei muli, dei selloni, dei fornimenti, corde, in-
cerate e simili, augurandosi il Pellegrino d'essere ia
questa istituzione tenuto presente; su quale progetto de-
liberava l'Istituto si dovesse al Governo rassegnare esser
suo parere, che utile riconosceva il progetto del colonnello
Pellegrino, ma che nello stato presente del nostro paese,
iu cui poche strade rotabili trovansi costrutte, che il
MECCANICHE ' a5
Gomnierciò interno languisce, clic rare sono le comu-
nicjixioiji, clic il trasporto delle nostre mercanzie, le
quali coiibisleudo per la iiiagj:;ior parte in prodotti del no-
stro SJiolo, e non mai in manifatUiie, e per consef^uenza
cesellilo di gran peso o voluminose, verrebbe ad am-
iiionlare al triplo ed al (|uadruplo di quello, clie si
])aj5a per la via di mare; clie per ris])etto alle rimesse
dei fondi regi dalle comuni ai ca[)Ovalli e da questi
alla capitale, scopo principale di idi procacci, questo
servizio presso noi vien esattamente eseguito e con la
iiiassiiiia sicurezza dalle compagnie d'armi distrettuali,
e da quelle, aucora delle valli, talché per questa parte
di servigio nulla si potrebbe con tali procacci miglio-
rare, sia per lispetloalla sicurezza, che alla speditezza
del Irasjjorlo e simili, non credere l'Istituto di doversi
di j)reserile mandare ad ctrello il menzionato ])i'ogetto. per-
chè sicura perdita airecherebbe al GoYeroo, trattandosi,
di sofliire una significante spésa senza Verunulilej ma
potersi eseguire allorquando diverse dalle presenti sa-
ranno le circostanze della nostra Isola.
Allra riverita ministeriale dei 3o aprile num. 2261
commetteva all'Istituto di riferire col parere sul rap-
|)prto dell'Intendente di Caltanissetta, con che provocava
le opportune provvidenze, onde evitarsi la frode, che
commelfevasi da quei mugnai per mezzo di alcuni cer-
clu j)o.->ti nella ruota di quei molini coll'apparente pre-
testo di ritenere lo liiiine, ma che in sostanza servì-'
vano a defraudare gli avventori, trattenendo tra la ruota
ed il (Cerchio alquanta farina, e l'Istituto venne in sen-
tenza si dovesse al Governo rassegnare, di aver Irovat'ÒL
ineiameute di pertinenza delle attribuzioni dell'Inten-
tendenle, a cui si appartiene, la ])olizia in fòrza degli
statuti dell'amministrazione civile, e quindi, il prevenire
ie frodi ove l'asserta usanza fosse da lui per frode ri-
conosciuta.
Altro riverito ministerial foglio dei 4 maggio num.
4/|iQ sollecitava risliluto di russejjuurc il suo j»areru
24 SCIfiNlE ED ARTI
sulle istante dei tintori di questa capitale, i quali si
son fatti a dimandare, che si accrescesse il d»/io dei
cotoni esteri colorati, che s'immettono in questi Rtali
Domini; e questa ministeriale per sollecitarsi il corri-
spondente rapporto, venne rimessa alla ci vi! Classe, a
cui l'esame di tale dimanda era stalo precedentemente
commesso.
Alla detta civil Classe fu per deliberazione del Reale
Istituto partecipata la riverita ministeriale de' 7 mag-
gio num. 4499 che trattava del progetto dell'Inten-
dente di Trapani per farsi l'acquisto della trivella, onde
tentarsi lo scavamento dei pozzi artesiani, per trovare
qualche sorgente d'acqua a quella popolazione bisogne-
vole, e ciò all'oggetto che la nostra civil Classe sul pro-
getto riferisse.
Altra riverita ministeriale de' 7 scorso mese num.
4532 venne letta, e con questa nel rendersi inteso il Go-
verno del poco felice risultato, che aveva ottenuto nello
scorso anno la fatta piantagione delle patate in tutte le
sette valli, commetteva all'Istituto di formare più pre-
cise istruzioni sulla cultura di questo solano, ed i mezzi
proponesse, che possano far conseguire l'oggetto della
prospera cultura di questa pianta presso noi, e questa
superiore determinazione deliberava l'Istituto si rimet-
tesse alla Classe rurale per eseguire quanto nella stessa
si prescrivea, ed il suo rapporto all'Istituto ne presen-
tasse, indicando tutto ciò, che analogo alla commessa
ella reputasse.
Altra de' 7 del suddetto mese num. 1764 parteci-
pava all'Istituto la declaratoria sul rendiconto delTara-
ministrazione dei fondi di questo Reale Istituto per la
scorsa gestione a tutto l'aiuio i833, della quale venne
in sentenza questo Reale Istituto, doversi lare la par-
tecipazione ai componenti di quel consiglio di ammini-
strazione, cioè al socio barone Turrisi ex-tesoriere, ed
ai signori don Ferdinando Malvica , e don Giuseppe
Cammiuneci ex-compoueoti lo stesso.
MECCANICHE 35
Con altra riverita ministeriale dei 7 suddetto mese
num. 44^' rimetteva il Governo airistituto [)er ras-
segnargli il suo avviso un rapporto di II' Intendente di
Girgenli, la suppiiea di don Carlo Dichiara, e don
Tommaso Pinlacuda, i quali in)ploravano , che fosse
loro permesso io biugia mento de' solfi con la macchi-
na da esso loro costrutta, e con che si fondono senza
esaluzione di gas acido solforoso, il che loro era stato
vietato da quel funzionario pir motivo, che tale mac-
chiira simile a quella del sig. Durand riputavasi: e que-
sta dimanda, col citato rapporto, fu dall'Istituto delibe-
rato si rimtttesse ad un comitato composto da' signori
Soci marchese Gallidoro, cav. abate Francesco Ferrara,
e prof, don Ignazio Sanfilippo per esaminarla e di-
scuterla, ed il corrispondente rapporto del iàtto esame
all'Istituto presentare.
Altro riverito ministerial foglio de' 7 maggio ultimo
num. 4524 partecipava all'Istituto le osservazioni fatte
al Governo dal Direttore generale de' Dazi Indiretti in-
torno all'cSLUzione della metà del dazio sulla immissione
de' zuccheri grezzi chiesta dal signor Florio, come age-
volazione alla fabbrica dello rallinamento dello zucchero
grezzo, ch'egli intendea stabilire in questa capitale, os-
servando, che reso egli, il Florio, delle stesse consape-
vole, aveva promesso di regolare in questa parte tale
sua dimanda; e nel resfare inteso di ciò, deliberava l'I-
stituto si partecipasse al Direttore della civil classe, per
tenerne ragione nel rapporto da presentare sulla dimanda
di privativa avanzata dall'onorevole nostro socio signor
maichese Nunziante per simile rafiineria di zucchero.
Venne fatta quindi lettura della riverita ministeriale
de* 4 "faggio suddetto num. 4421, con che il Governo
commetteva a questo R. Istituto lo incarico di riferire
sul rapporto dell'Intendente di Girgenti del 7 aprile
scorso, trattante della dimanda del sig. Giorgio Wood,
ond'essergli permesso di far ardere due calcare de' solfi
est! atti dalla sua miniera di Cassclli in ogni mese, aa-
26 SCIENZE ED ABTI
clic ne' Icmjà vietali; sulla quale dimanda venne in
sentenza questo R- Istituto doversi liseoufrare il Go-
\ejno esponendo, clie non credeva doversi tal permesso
accordare, imperocché polrebb'essere ciò di esempio ad
ahre simili dimande; che non si era sicuro, che ne fa-
cesse brugiare una sola, tostochè ne avesse ottenuto il
permesso, mentre una era come a due, due come a tre
e simili; che la precauzion presa, onde la direzione del
gas (Salante non potesse nuocere alle limitroft*. pianta-
gioni non era sicura, mentre questa dipendeva dal vento,
che soffiava, e questo ad ogni momento poteva variare,
e finalmente peiehè ciò risulterebbe in manifesta oppo-
sizione alle dis])osizioni emesse dal Governo dietio i
molliplici ricorsi degli agricoltori, e de' proprietari dei
fondi a tali miniere propinqui.
Altra riverita ministeriale degli 1 1 maggio suddetto
lì,° 2615 partecipava all'Istituto l'avviso, che il Governo
avea ricevuto dal regio console residente in Torino sulle
vaiiazioni colà fatte nella tariffa doganale, per le quali
crasi accresciuto il dazio sugli aranci, e i limoni, che
quivi s'introducevano, e poiché questa notizia poteva ia-
teressare i nostri trafficanti, fu deliberato da questo R.
Istituto, che tale annunzio si comunicasse alle Società
economiche, e per renderlo di pubblica ragione, nel no-
stro giornale s'inserisse.
Per le ministeriali poi del dì it suddetto mese nnm.
4654, num. 4^56, e num. 4689 maniléstavasi la su-
j)eriore a[)provazione de' soci onorari, e corrisjìondenfi
nominati dalla Società economica di Trapani-, di quei
stati proposti da quella di Girgenti ; e de' nuovi fun-
zionari, e soci si ordinari, che onorari, e corrispon-
denti stali proposti da quella di Callanisselta; e fu de-
liberalo di làrsene la sollecita comunicazione alle rispet-
tive società per la di loro intelligenza.
Altra ministeriale de' i4 maggio num. 4^86 com-
metteva all'istituto l'incarico di jiferire su la dimanda
eli Antonino Bugeja da Favara, il f^uale esponendo al
MECCANICHE 27
Governo d'aver rinvenulo, vicino al faro di IMessìna al-
cune niinitre di piombo, e di ferro, e di altri minera-
li, nel rassegnarne al Governo i campioni al num. di 7,
imploravane un guiderdone; sulla quale commessa venne
in sentenza l'Istituto di rimettersi tali campioni, e l'in-
carico dell'esame ad un comitato eletto, composto dai
soci sig. cav. abb. Ferrara, sig. cav. Cumbo, e sig.
Grcoliinann per eseguirne la disamina, e presentarne al-
ristitulo l'analogo rapporto. •
Per altra venerata ministeriale de' i4 suddetto mese
rum. 47'0 ordinava il Governo all'Istituto di riferire
sulla djujanda di privativa chiesta dall'onorevole nostro
socio wg. marchese Nunziante per le purifìcherie dei
zuccheri, ch'egli intendea stabilire ne' Reali Domini; e
l'esame di questa petizione, per deliberazion presa dal
R. Istituto, fu commesso alla nostra civil Classe, con
incarico di tenere presente quanto il Governo aveva ma-
nifestato sulla precedente supplica, per tale raffinaraeDlo,
dal sig. Flojio inoltrala.
Venne siniilmenle fatta lettura della ministeriale dei
i4 suddetto moggio num. 47^5 che manifestava all'I-
stJlulo, sul dubbio da lui elevato, non essere bisogne-
vole alcuna dimanda di congedo ai soci dell'Istituto, e
delle Società economiche, allorquando per propri affari
loro occorrerà di allontanarsene; ma tale obbligo appar-
tenersi soltanto agli impiegati presso le stesse, e di que-
sta disj)osizione venne in sentenza l'Istituto farsi la cor-
risj)ondcnte comunicazione alle Società suddette.
Con riverita ministeriale de' aS suddetto maggio num.
4920 commelleva il Governo all'Istituto l'incarico di
rassegnargli il suo parere sulla dimanda di privativa di
aiuji 10 inoltrata dal negoziante inglese sig. Gio. Gior-
gio Skurra^ di Messina per l'introduzione in questi Reali
Domini del processo per la distillazione, e purificazione
del carbon iòssile tanto utile per le ferrerie, per la fu-
sione de' minerali, e simili; e questo R. Istituto con-
siderando, che rintroduzioiie di questo processo rcudeasi
28 SCTF.NZE ET) ARTT
ilei tulio nuova in quest'isola; che mricè di esso po-
toansi attirare non che le mitiiorc di (i'rro, ed altri mi-
nerali che in diversi punti di questa nostra isola esislo-
no, ma sibbene quelle de' fòssili combustibili già di-
scoperti, V. che ci fanno sperare di potersi il nero car-
Lon fòssile ritrovare; venne in sentenza il R. Islilulo
di rassegnarsi al Governo il suo favorevole avviso, perchè
al postulante sig. Skurray la privativa di dieci anni si
concedesse, vista l'importanza, e l'utilità, che potrebbe
dall'introduzione di tal processo al nostro paese risultare.
Venne similmente partecipata a questo consesso 1j mi-
nisteriale de' 20 dello slesso mese num. 4974 ^^^ 1^
quale commetteva il Governo all'Istituto di riferire sulla
dimanda di don Corrado Marano da Catania, il quale
analogamente a quanto. alla Società economica di quel
Talle precedentemente avea esposto, chudeva la con-
cessione di talune facilitazioni, onde poter ingrandire, e
migliorare la di lui fabbrica di pelli, e cuoi in quella esi-
stenle; e questa disamina per deliberazione di questo
R. Istituto fu commessa alla nostra ci vii Classe per for»
marne il conveniente rapporto.
Con altra venerata ministeriale de' 28 del citato mese
num. 49/5 partecipava il Governo all'Istituto, che per
ris])ello alle dimande del fiìJjbricante sig. Alhreeht ten-
denti al miglioramento de' suoi tessuti, ed al maggiore
spaccio de' medesimi, e da questo R. Istillilo al Go-
\errio con precedente rapporto rassegnate; era stalo da
S. M. determinalo, di tenersene conto nel raj>porto, che
il Ministero di stato, relativamente al cabotaggio tra
quella, e questa parte de' Reali Domini, era stalo in-
caricato di sottomettere alla M. S.
Finalmente con ministeriale di suddetto giorno^ e mese
num. 497^ ci rendea consapevoli il Governo, di liseon-
tro al rapporto rassegnato da questo R. Istituto, riguar-
dante il suddetto cabotaggio, che validissima opposizione
avendo incontrata le rimostranze, che da questo conses-
so, e principalmente da quelle che daS, A. R. il Luo*
MECCAMCHE Sj^
gotenoritc Generale erano siate falte sullo stesso, aveva
la M. S. ordinato di commettersi io esame delle stesse
al giudizio di una commessione airogt;etto nominata,
onde in seguito poter emettersi dalla M. S. quelle so-
vrane determinazioni, che in proposito, dietro il rap-
porto della medesima, avrebbe giudicate convenienti, sulle
quali partecipazioni fu deliberato di conservarsi le stesse
in archivio.
Vmendo poi a' lavori di questo R. Istituto, il Pre-
sidente Fece conoscere i reclami a lui prodotti da' si-
gnori Zublin e Lenzi, i auali si dolevano d'essersi ras-
segnati al Governo nel rapporto concernente la conces-
sion della privativa da loro chiesta per la introduzione
della tintoria del rosso di Adrianopoli, d'essersi stabi-
lita in quintali i/jO all'anno la quantità, che si era ac-
cordata potesse tingere il sig. Coglitore, nel mentre che
p<'r quantità assai minore si era tra le parti convenu-
to, e poiché non trovavasi presente iu questa seduta il
Direttore della civil Classe, tal esame venne rimandalo
alla prossima tornata.
In seguilo di tale mozione il nostro socio professore
don Ignazio Sanfilippo lesse il rapporto da lui, per in-
carico del sig. Direttore della civil Classe, compilalo
sulla dimanda rassegnata al Governo dal nostro socio
sig. Marchese Nunziante, onde sostener la privativa per
le purilicherie dello zollo , che intendeva stabilire ia
questi Reali Domini, ed in esso si proponeva a questo
consesso il pareie della sua Classe di rassegnarsi favo-
revole avviso, di potersi accordare al mentovato signor
Marchese la chiesta privativa per io anni, senza che
la jnedesima potesse ledere i diritti del sig. Durand,
che j1 primo, e da molto tempo ne aveva fatta la di-
manda ; e questo R. Istituto, approvando tal parere,
venne in sentenza si riscontrasse il Governo di potersi
accordare al prelodato sig. Marchese la chiesta priva-
tiva di dieci anni per le rallinerie de' soli), senza che
la stessa potesse arrecare pregiudizio a dritti del sig.
30 SCIENZE ED ARTI
Durane!, ed a tutti quei metodi diversi slati già irifrodotti,
o che potrauno nell'avvenire introdursi, ed esser diflereuti.
Proponeva in fine il Presidente si rassegnasse al Go-
verno di far conoscere, se privativa ancora esistesse pei
pacchetti a vajjore; imperocché non più frequenti, sic-
come prima, sono gli arrivi di siffatti legni in questo
porto, malgrado, che tre n'esistano di conto re.^io, e
due particolari , e che ne anco esteri si sono più ve-
duti, i quali nell'anno scorso vi approdavano; e poiché
arreca ciò grande svantaggio al traffico, ed al commer-
cio, avvegnaché minor numero di passaggieri, si trasfe-
riscono ad osservare il nostro paese, ed ancora meno
frequenti si rendono le nostre comunicazioni, l'Istituto,
lodando la mozione, venne in deliberazione si avanzasse
al Governo l'analogo rapporto, esjionendo in esso tulle
le ragioni state dal nostro Presidente annunziate.
Quindi venne sciolto il consesso.
Tomaia ordinaria de q6 giugno i835.
Prese le mosse questa seduta dalla fatta partecipazione
della riverita ministeriale de' a5 maggio. Interno, carico
a, num. 4899, con che prescriveva il Governo all'Isti-
tuto di riscontro al suo precedente rapporto degli ii
aprile num. 494 ^^'^ ^ provvedere sulle istanze de' ilib-
bricanti di seterie in Catania, onde fossero impedite le
frodi, che dai venditori di seta si commettono; presen-
tasse sul proposito un progetto di regolamento; su del
quale incarico venne in sentenza questo Reale Istituto
si rimettesse al comitato già eletto, e composto degli
onorevoli soci direttore della ci vii classe sig. don Fer-
dinando Malvica, sig. cav. òoii Paolo Cumbo, sig. Ca-
millo Camposlano.sig. don Salvatore Auteri, e sig. Ben-
venuto Pavin, affinchè, riunendosi presso il Presidente,
tale lavoro eseguisse.
Altra rivelila ministeriale degli 8 giugno, Interno, 2
carico num. 5 190 rimetteva all'Istituto la supplica di
MECCANICHE 3l
don Antonino Lamia;, con che implorava la privativa
per una niaccliiua da lui inventala, che i'a muovere coti
molla rajìidilà. una barca senza bisogno di remi, e di
vele, ricevendo la sua fòrza motrice dalla leggierissima
sjiiiita di un lagazzo; e questa dimanda analogamente
ai sujieriore incarico di esaujinarla, e riferire, per de-
liberazione dell'Istituto fu rimessa ad un comitato com-
]>oslo dai nostri soci sig. marchese Gallidoro, sig. Ca-
ruso, sig. Drecksler, perchè ascoltando pria il postu-
lante sig. Laurice suiroggetlo, fotta la debita disamina,
airislitulo con rapporto riferisse.
Venne fatta lettura di altro riverito ministerial fo-
glio degli li suddetto mese Interno, carico 2, nura.
52)6 che partecipava all'Istituto le istanze del nego-
ziante hancese sig. Santi Louis, introduttore in Sicilia
della fabbrica de' turaccioli all'uso di Francia e di Spa-
gna, perchè efficacissimi provvedimenti fossero dati per
l'esecuzione del Real Decreto de' 17 settembre 1829,
che vieta l'estrazione de' sugheri grezzi, ovvero che fosse
imposto un dazio di ony 4 ^ quintale sulla estrazione
de' medesimi, ed all'lslilulo commetteva il Governo di
rifèriie sull'esposto. E questi accademici, dietro breve
discussione, vennero in sentenza doversi al Governo ras-
segnare, ch'esistendo realmente la mentovata legge, que-
sta si dovesse eseguire, tuttavolta che velatamente, o
manifestamente adempiuta non fosse; e quindi, che ap-
partenendo al Governo il richiamare in vigore le leggi
esistenti, si pregasse S. E. il Ministro funzionante da
Luogotenente Generale affinchè a quelle autorità, cui la
csecuzion della stessa può riguardare , ne inculcasse lo
esalto adempimento, richiamando la medesima al suo
pieno vigore.
Con altra venerata ministeriale de' 22 giugno suddetto
Interno, carico 2, uum. 5498 manifestava il Governo
aUlstiluto, che prima di provvedere sulla dimanda dei
sig. Ignazio Durazzo procuratore del sig. Baldassare Gros
per la chiesta privativa di uuu fabbrica di soilulo di
B^ SCIENZE ED ARTI
soda, soda artificiale, sale di soda, ed acido muriatico,
desiderava conoscere, in continuazione del rassegnalo, i
rapporti de' ^'j del passato aprile nura. 44^i se mai dai
chimici, e dai farmacisti in alcun luogo di quest'isola
praticavansi de' processi per ottenere le sopraddette so-
stanze, in guisachè, ove si accordasse la chiesta priva-
tiva senza alcuna limitazione, po?rel)be sentirne danno
l'altrui industria ; ed all'oggetto le debite informazioni
prendesse, e riferisse; per il che venne in deliberazione
questo R. Istituto alla civil classe si rimettesse per pren-
dere le debite informazioni, ed alle Società economiche
ancora per riferire sull'oggetto, onde si potesse definiti-
vamente dall'Istituto il Governo riscontrare.
Poscia venne letta l'altra riverita minisleiiale de' t5
suddetto mese num. 53'j^ con la quale si partecipava
dal Governo all'Istituto, the S. M. il re N. S. (D. G.)
erasi degnato nel consiglio ordinario di stalo dei i8 alag-
gio scorso, accordare ai signori Amato Tais, e Giuseppe
Senis la privativa di cinque anni per la sola costruzione
delle macchine da fonder zolfo, con l'espressa condizione
di non valere quante volle si conosca essere il mecca-
nismo, o il metodo delle medesime quello stessa delle
altre macchine, per le quali era stata accordìi la priva-
tiva, non dovendo recar pregiudizio alle privative pre-
cedentemente accordate, ne dovendo im])edire i processi
attualmente in uso, od altri diversi che potranno inven-
tarsi; della quale sovrana risoluzione venne in sentenza
l'Istituto di farsi la corrispondente partecipa zifeiie agl'in-
teressati.
Altra riverita ministeriale de' aS giugno num. 5577
commetteva all'Istituto di manifestare al Governo il su»
parere sulla dimanda di privativa avanzala dal nostro
socio don Rosario Caruso per l'introduzione di una mac-
china addetta a raflinare lo zolfo nou per anco cono-
sciula iu Sicilia, la quale dà al minerale la forma si
di canne, the di fiore di zolfo, con somma economia
di combustibile, e di mano d'operai e «questa dimanda
Mr.rCANlCHE 33
por Oclil)craiionc dell' Istituto venne rimessa alla civil
diisse per i^rtsetitaiiie l'unalogo rapporto.
Altra dimaiitin di privativa per rallitiare ì solfi grez-
zi, in pielre, ed i« slcrri coiitcrieva la jiverila iniuislc-
riale de' -5 suddetto mese, nuin. 5538 stala al Governo
inoltrala dal sig. Gaetano Gout, il quale esponendo l'in-
finito risparmio di spese del suo processo, chiedeva, che
l'osse lo stesso esaminato, e venne deliberalo dall'Istitu-
to, di avvisare il postulante Gout a j)ortarsi dal Presi-
dente per rispondere a quei quesiti, che la di lui di-
manda riguardassero, onde poter egli riferire alla propria
tornata; in seguito provvedersi sul riscontro da rasse-
gnare al Governo su tale commessa.
In seguito venne riprodotta l'istanza de' signori Zu-
blin, e Lenzi per rispetto alla quantità del cotone tinto
in rosso all'uso di Adrianopoli, che col rapporto inol-
trato al Governo erasi fissala in quintali •joo quali nel
corso di 5 anni della loro privativa, potesse tingere il
sig. Coglitore, allegandosi da parte loro 'essere stata
questa Jn molta minor quantità stabilita ; e poiché ia
quella passata seduta non trovavasi presente il sig. Di-
rettore della civil Classe; questi oggi faceva all'Istituto
conoscere, che male si avvisano i mentovati Zublin e
Lenxi, imperocché nella indicala quantità erasi conve-
nuta quella , che tra esso loro e Coglitore venne sta-
bilita, e poiché taluno de' soci presenti faceva conoscere
essere quantità eccedente, ed altri sosteneva il contra-
rio, fu determinato di chiamarsi dal nostro Presidente
il mentOAato sig. Coglitore, ed il sig. Antico a portarsi
da lui, onde cercare di poter combinare i rispettivi loro
interessi, e quindi far conoscere all'Istituto il resnlta-
niento di queste transazioni per prendersi la corrispon-
dente deliberazione.
Volendosi poi procedere dal Presidente all'esecuzione
del prescritto all'art. 98 e seguente del capitolo 9 del
nostro stalulo, concernenti le memorie da coionarsi per
concorso, dietro aver fatta lettura di num. 28 temi per
♦3*4 SCIENZE ED ARTI
ilqcennate /«ewone, invilo i soci presenti a ^scegliere
quei, che, infra i predetti 28 programmi, mis^liori si
reputassero, ed i a cfFelti vennero infra tutti scelti i temi
segnali col nura. 3 4 5 10 1 1 i4 16 i8 22, e a4, e
siccome tre fra questi si dovevano scegliere a coaso^
iianza dello statuto; fu deliberato di passarsi, alla cor-
jispondeute votazione dai 17; soci presenti; per il icliò
fare furon dal Presidente nominali per squittinatori i
spcì ordinari sig. Direttore don Ferdinando Malvica ^
_^ sig. abate Ferrara, onde le raccolte schede leggesse-
jTO, a norma dell'art, la del capitolo 3 de' nostri sta-
tuii; e fatta (juesta votazione, risultarono a maggioranza
di voti i numeri 11 con io voti, quello segnalo di num.
32 con IO voti, e l'ultimo portante il num. 24 eoa 11
.volii Ciò fatto venne sciolto il consesso. '
// Presidente
PRINCIPE DI VILLAFUANCA.
// Segretario Generale
Em3ianuele Vaccaro.
Rijlessioni sul commercio interno ed esterno del re-
gno delle due Sicilie del conte Ferdinando Luc-
chesi-Palli DI Campofranco socio corrispondente
del Reale Istituto.
"^'Appressò quanto mi è venuto fatto di rilevare dai
verbali processi del Segretario generale del Reale Isti-
tulo di essersi in quel consesso di soci nelle tornate or-
dinarie del passato luglio ragionalo e discusso sulla quì-
stione del libero cabottaggio nelle due parli del regno;
ed in seguito degli articoli sullo stesso assunto ripor-
tati da' num. 21 22 e 23 del giornale di commercio
di JNapoli, sia anche a me Iccilo di emettere sopra uà
MECCANICHE 35
COSI rilevante argomenlo ìa mia qualunque siesi opi-
nione, ludi reiincrò lo sguardo sopra una inlcressante
veduta dell'esterno rouiuiercio del regno.
P.utctiddci dall'idea principale , tlie gl'interessi dei
particolari siono nella costaisle opposizione, e che di
tutte le classi le une tendono a soverchiare le altre (quando
lo j)ossano), altro mezzo non si rinviene onde com|)orre
tante volontà., tante pretensioni, tante e sì. contrarie
tendenze e desideri che una libertà illimitata di com-
mercio, come l'unica, che possa aliarsi all'interesse co-
mune della massa de' /^ue popoli: ed illimitala così che
aver non debba veruil^'^.'jceezione , sotto nessun prete-
sto o titolo; se non si Vuglia incorreiHi la taccia di dar
preferenza ad una prfrte dello stalo, contro il ben essere
dell'altio, il che tbmeuta le male intelligenze, e le an-
tipatie, tanto scouvenevoli a popoli dallo stesso scettro
corretti.
Il commercio interno è il centro d'intorno al quale
i capitali di ciascun paese circolano continuamente: iu-
liitti esaminale il numero e la eslensione delle sue ope-
razioni, e ne conoscerete la celerilà, in ragion diretta
della quale sono più i benefizi, e l'incoraggiamento al-
l'industria nazionale maggiore; piij minorazioni si avran-
no di rischi, maggior popolazione occupata favorirà le
produzioni; per conseguenza moltiplicati i cambi col-
ì'eslero. Giustamente dunque Adamo Smith, e tanti al-
tri economisti lo preferiscono ai commercio esterno. 11
libero movimento delle derrate è simile al movimenlo
delle acque, che si livella da se stesso. IMa noi non
siamo lontani dall'epoca, ove i governi più illuminati
tialtavano le parti del loro impero come forestiere le
une dalle altre, fermandole con delle barriere insormon-
tabili, respingendo e molestando la circolazione de' loro
prodotti; ed al lato di questi ostacoli alla circolazione,
si vedevano de' privilegiali particolari che facevano il
mouopolio. Tutte queste cause di miserie sono sj)arilc
36 SCIENZE ED ARTI
in molti slati di Europa, e non s'ignora più che il
rcòmnieicio interno deve godere della più grande liber-
tà, ed uguaglianza, togliendo qualunque preferenza, e
vantaggio, sotto qual si sia denominazione essa fosse: ma
oggi stesso che la esperienza ha confermato le savie teo-
rie, non tutti gli stati di Europa ne profittano, e molti go-
verni restano attaccati alle vecchie pratiche, che sepa-
rano gl'interessi de' popoli, uniti nelle stesse combina-
zioni sociali; temono essi che la j)rosperità dcU'una nuoca
alla prosperità dell'altra; obbliando che il commercio
eccita l'industria di entrambe^pe come se nello stesso
impelo la ricchézza di una fisite, non portasse la ric-
chezza progressiva dell'altra, fc come se la ricchezza ge-
nerale non fosse la più forte, e la più sicura garentia
del governo, e del ben essere de' particolari.
L'opinione degli scrittori, l'autorità della esperienza,
ed i principi della ragione sono fra essi perfettamente
di accordo su la necessità, ed i vantaggi della libertà
illimitata, e la perfetta eguaglianza del commercio in-
terno: e ogni dimostrazione ulteriore su questo riguardo
sarebbe soverchia. Non v'è che l'ignoratiza che possa
rifiutare questa dottrina, ne ad uso si volge se non per
gli effètti d(?lle antiche, o delle false prevenzioni e ve-
dute politiche. Contro tali avversari, la ragione è im-
potente, senza credito e senza considerazione: il tempo
solo la farà trionfare.
Da principi sin ora esposti si deduce chiaramente
clie il commercio del cabotaggio fra il regno di Na-
poli e quello di Sicilia debba essere interamente liberò
senza il minimo dazio o impedimento, sopra nessun pro-
dotto sia agricolo o iiianifàtturiero, sotto qualunque ti-
tolo o denominazione esso potesse essere; sia col nome
di dogana, o di dazio di consumo, vai (pianto dire che
da qualunque porto de' due regni, in qualsivoglia punto
de' medesimi giunga una derrata o mercanzia, dev'es-
sere sottoposta agli stessi diritti ugualoieute, qualora
MECCANICHE Sj
n' esistessero', lo agire diretlaiueole è contro ogni prin-
cipio e diviene odioso (i).
Qui cade in acconcio di notare che altro ostacolo
assai più grave esiste per il commercio de' due regni
che formano la nostra monarchia, e questo ostacolo è
tale che paralizza il commercio esterno de' due regni;
io parlo del trattato con l'Inghilterra, la Francia, e la
Spagna, il quale non solo annienta il nostro commer-
cio, ma ofFende direttamente la nostra agricoltura, ed
è causa che non fa progredire molte delle nostre ma-
nifatture: darò una idea della storia di questo nostro
trattato ctratlo dall'opera del sig. M. L. R. del re-
gno delle due Sicilie intitolata: Saggio politico sulla
popolazione e le pubbliche contribuzioni^ impressa ia
Napoli nel ^834", ed indi farò le mie ulteriori riflessioni.
M L'atto del parlamento brittannico del 1G60 chiuse
j porti di quel regno a' bastimenti esteri, se non erano
carichi di prodotti del proprio paese. Gli stati di Eu-
ropa, specialmente quelli che avevano delle colonie, co-
minciarono ad adottare i medesimi principi; sotto l'in-
fluenza di questo nuovo sistema si conchiuse un trat-
tato di commercio in Madrid, fra l'Inghilterra, e la
Spagna il *23 maggio del 1667. Il confessore della re-
gina reggente Maria Anna d'Austria monsignor Nidhard
ne fu il negoziatore, ed il commissario, il quale man-
cando delle cognizioni necessarie di politica, e di com-
mercio, avvenne che oltre de' favori accordati alle mer-
canzie inglesi, concesse il famoso privilegio della ban-
(i) Questi essciiiJo i veri e saldi principi della economica scienza, faceva
già voti il Reale Istituto, in uu suo rapjiorto del pa'ìsalo anno i8.i4, che
tali foss.scro le circoslauzc commerciali dello dne parti del regno, quanto una
assoluta libertà vi si possa in ciò stabilire. Ma alquanti f'ondamuiitali pri-
vilegi e privative in quell'altra parte ile' Reali Doniiuì rendendo schiavi più
generi importanti di siciliana in.Iustria , e niun dazio poi aggravando la
immessione fra noi de' napolitani oggetti, però pregava lo stesso R. istituto
noi sopra ccnnalo rapporto il Governo, perchè sino al tempo in cui la
cguaglian/a nella libertà assoluta del cabotaggio (come è ora qui dall'autore
fgregianìente espressa) si potrà stabilire, vengano assimigtiate , od almeno
conÌ modilieato le laiiffe della reciproca immessione, quanto alle n.>sfre pro-
duzioni si dtissc qualche speranza di sostener la concorrenza di quelle di Na-
|)oli, e luigliornr cosi colla JjiamaUi gara ed cmiiJaiiouc le nostre indu-
strie—iV. dell' h'. i
38 SCIENZE ED ARTI
dien, cioè l'esenzioni delle visite a bordo de' basHracnli
spagnuoli ne' porti inglesi, e de' legni inglesi ne' porti
de' domini spagnuoli.
La Spagna e la Francia nelle paci di Aquisgrana ,
di Nimegue e di Ryswich richiamarono per gli affiiri
di navigazione e di commercio il trattalo de' Pirenei,
in virtù del quale si era convenuto che i sudditi del
re di Francia negli stali della corona di Spagna, e vi-
ceversa, dovevano essere trattati come sudditi della na-
zione la più favorita , sebbene la pace de' Pirenei in
novembre del 1669 fosse conchiusa, ciò non ostante i
Francesi reclamarono sempre a lor favore le coiiseguenze
del trattato di Madrid del 1667.
11 regno delle due Sicilie faceva parte della corona
di Spagna, gl'Inglesi e i Francesi pretesero perciò nei
porli di questi domini l'esenzione delle visite a bordo
de' loro legni. Passati i due regni sotto il dominio di
Carlo III di Borbone; quel monarca si convinse che
il privilegio, di bandiera, non avendo altra base che il
trattato di Madrid del 1667, non dovea esercilaisi in
questi suoi regni. Ciò posto con l'editto del lySG si
dichiararono insussistenti i privilegi della bandiera e
furono interamente aboliti.
Nel decennio i Francesi reclamarono nel porto di Na-
poli il privilegio della bandiera. Murat non vide nes-
sun fondamento alla dimanda, ed il paviglione francese
venne sottoposto al rigore delle visite doganali, malgrado
l'impero di Napoleone, e non si ebbe riguardo neppure
a' legni da guerra appartenenti alla marina francese.
Una uguale pretenzione fu rinnovata poi dagli Inglesi
dopo l'armistizio del 3 febbraio i8i4; ma fu ciò in-
fruttuosamente.
Nel ritorno della real corte in Napoli si mantenne
l'eguale contegno; ma il commercio inglese cominciò a
reclamare quel privilegio. Ebbero luogo delle trattative,
e la prima convenzione fu stabilita nel 26 settembre
del 18 16. In seguito se ne finalizzarono delle altre con
la Fraocia e la Spagna, e tutte venaero pubblicate mercè
MECCANtrilR 39
la legge (Ili' 3o marzo 18 lÒ, e con questa rimasero
perpeluaiiiente aboliti i privilegi, e le esenzioni tanto
delle persone che delle bandiere , ed in compenso fu
accordala una diminuzione del 10 per 100 sullo ani-
luontarc delle imposizioni pagabili per le mercanzie e pro-
dotti del regno unito della Gran Brettagna, dell'Irlan-
da, della Francia, della Spagna, e delle rispettive co-
lonie, possessioni, e dipendenze che s'immettono nel
regno delle due Sicilie, w
Da quanto si è istoricamente esposto, si conosce, clic
il beuelìcio del 10 per 100 accordato alle tre nazioni
è in coujpenso 0 sostituzione del privilegio di bandie-
ra. Ora posto che verun diritto a tal privilegio noti
v'era, come col non accordarlo si confessa, non [)uò tam-
poco esistere diminuzione de' dritti Jogatiali. Inoltre
proverò per principi di dritto pubblico, che una na-
zione non è obbligata a mantenere trattati di già fatti
allora quando essi sono in opposizione ai suoi veri in-
teressi, e sono causa di sua rovina.
Dippiù non possono esistere quei privilegi, dappoi-
ché il trattato di Madrid del 1667, e quello de' Pi-
renei con la Francia del iCSq parlano della Monar-
chia Spagnuola, ed ora noi non facendo più parie della
slessa, né potendola più fare per fondamenta! legge,
quindi non possiamo essere obbligati a' trattati fatti
da' Monarchi della Spagna con tale carailerc. Di falli
noi non abbiamo allatto goduto de' vantaggi di tulli
i trattati di commercio che avea la Spagna, perchè se-
parati e formanti un regno a parte ed indipendente.
Se la Monarchia Spagnuola avesse aumentato i suoi
domini, naturalmente l'Inghilterra e la Francia avreb-
bero voluto estendere il loro trattato su' medesimi, e
con ragione perchè parte della Monarchia: nello slesso
modo essendo noi cessati dall' esser parte della Spagna
non dobbiamo esser tenuti a' suoi trattati. In ellèllo
le colonie americane sono state forse obbligate a ri-
S|jcllarc i trattati della loro madre patria allorquando
40 SCIENZE ED AUTI
si sono separate? Cettaraente che no. Gli stessi Inglesi
e Francesi hanno fatto de' trattati di commercio coti
esse senza avere avuto riguardo a que' tra'itati che la
Monarchia, quando ad esse era unita, aveva fitto an-
tecedentemente. E le colonie medesime poi hanno avuto
per base la perfetta uguaglianza di dritti delle nazioni
contraenti. Il Bilgio che oggi viene di separarsi dal-
l'Olanda è obbligato forse a' trattati fatti nell'epoca
della unione? No: di fatti nuovi trattati formano il
dritto pubblico di quella contrada, ed all'oggetto potn^i
citare mille esempì, se l'amor della brevità me lo con-
sigliasse, Carlo Ili (di F. M.) assai saggiamente quindi
con il suo editto del 1^56 dichiarò insussistenti i pri-
vilegi della bandiera, e rimasero perciò aboliti. Murat
fece lo stesso a fronte di Napoleone; dunque resta sta-
bilito che i privilegi accordati dal gabinetto di Ma-
drid non erano obbligatori per noi dall'epoca della Mo-
narchia separata. Altronde, i privilegi concessi col trat-
trato di Madrid avevano per principio una reciprocanza,
poiché i legni inglesi non erano visitali ne' porti della
Monarchia Spagnuola come i legni che appartenevano
ai sudditi componenti la Monarchia di Spagna, non
erano visitati ne' porti della Gran Brettagna e sue di-
pendenze. Ora gli abitanti del Regno delle due Sici-
lie non godendo privilegio ne' porti brittanici , per-
chè non parte della Monarchia di Spagna, con quale
dritto gl'Inglesi potevano pretenderlo ne' nostri porli?
L'obbligo era reciproco, e mancando una delle due
parti contraenti, l'altra non vi polea essere obbligata.
La stessa base del contralto ch'era la reciprocanza fa-
ceva sì che non vi esisteva privilegio. Il trattato poi
de' Pirenei con la Francia portava che i sudditi del
Re di Francia negli stati della corona di Spagna, e
viceversa, dovevano esser trattali come sudditi della
nazione la più favorita; ne sembrami necessario repli-
care le stesse cose per l'Inghilterra. Ora per altro non
godendo noi nella Francia i dritti delle nazioni favo-
rite, non possono i Francesi pretendere privilegi da noi.
MECCANICHE 4 *
In quanto alla Spagna nessun trattato gli accorciava si-
mile privilegio, e non si sa con qual Lase si fosse am-
messo un ribasso del io per loo su dritti doganali sur-
rogalo ad un efimero privilegio non esistente. Provato
adunque che a fronte della Monarchia del Regno delle
due Sicilie non vi è l'obbligazione di mantenere il trat-
tato di Madrid e de' Pirenei, ne segue che niun dritto
havvi a reclamare gli obblighi inerenti a' trattati in
quistioue, e ciò vien dimostrato dal manifesto del 1^56
e dalla tacita adesione delle potenze.
La convenzione de* 26 settembre 1816 con l'Inghil-
terra, e quella fatta in seguito con la Francia e la Spa-
gna a' 3o marzo ii?i8 mancano di base. Ma si potrà
dire i trattati sono sagri fra le nazioni, per cui le tre
potenze, ad onta che prima non vantassero un dritto
reale, di poi l'hanno acquistato in virtù della conven-
zione del i8i8. Ciò non ostante sarà mia cura pro-
vare, in forza de' più saldi principi di dritto pubblico,
che allorquando una convenzione riesce perniciosa al
Leu essere di una nazione si può amichevolmente an-
nullare; ed inoltre che vero interesse delle nazioni con-
traenti sia di non far caso della convenzione in quislioiic.
E, come si disse, stabilito per principio di dritto
pubblico, che allorquando una nazione si trova lesa
Ile' suoi interessi, l'è permesso per via di amichevoli
trattative liordinare e riformare gli articoli, che sono
stati stipulali di comune consentimento. Il pubblicista
Builamachi, dice » una nazione non deve solamente
limitarsi alla conservazione degli altri siali, ma deve
anche contribuire alla loro pertiezione per quanto è pos-
sibile, quando i medesimi hanno bisogno di soccorso.
Uno slato è più o meno perfetto secontlo che è atto
ad ottenere il fine della società civile, cioè a procurare
a' nazionali tutto ciò che loro manca per i propri bi-
sogni, piaceri della vita, ed in somma per la loro fe-
licità. Da questo facilmente si deduce che ogni nazione
deve contribuire non solo a far godere ad un'altra
de' propri vantaggi, ma renderla bea anche capace di
4^ SCIENZE ED ARTI
procacciarseli da per se medesima». Con queste teorie
cresce maf^giormenle a mio parere rargomoiilo allor-
quando vogliasi provare che la preferenza rovinasse o
danneggiasse gì' interessi della nazione amica. Piìi ac-
concio e chiaro è ciò che sostiene il classico pubbli-
cista Watlel: che non basta in vece una semplice le-
sione o qualche discapito in un Iralfato a renderlo in-
valido: ma al contrario, se gl'inconvenienti che si spe-
rimentano menano a mina una nazione, il trattato per-'
nicioso allo stato è nullo, e non obbligatorio. Le na-
zioni non essendo meno obbligate de' particolari a ri-
spettare i contratti, debbono sempre osservare l'ugua-
glianza de* trattati; qualora per la circostanza de' tempi
questa non fosse conservata, l'equità ci conduce a pre-
sumere, che possa convenirsi alla riforma del trattato,
e mettersi in eguaglianza. Se partiamo dal principio
che debbo supporsi, quello cioè, che ogni Sovrano pro-
curi il bene, ed il vantaggio del suo stato, non pos-
siamo supporre quindi ch'egli abbia prestato il suo
consenso per sottoporre il popolo ad una continua ed
onerosa obbligazione. La più parte de' pubblicisti an-
novera i trattati di commercio nel numero delle ma-
terie favorevoli^ che vanno accettati cioè quando sono
vantaggiosi a' contraenti, ed uniformi alle leggi natu-
li. Ora se giusto quanto si è detto, è diritto che ogni
nazione debba schivare con premura lutto ciò che pro-
duce il suo danno; quindi noi abbiamo un uj^ual drit-
to a poter pretendere lo scioglimento di un trattato che
reca immenso danno al nostro commercio; tanto più
che questo trattato manca del dato tempo, nel quale
aver debba vigore: perocché esso contro l'usato non
stabilisce epoca di durata: né è certamente giusto, che
si debba imj)orre una condizione onerosa ad una na-
zione per un tempo indclioifo. Sembra dunque che per
lo mezzo di trattative si debba poter togliere un osta-
colo così dannoso al nostro commeicio; infatti come è
mai presumibile che legno di altra nazione, che non
MECCANICHE 4^
gode il privilegio, venf;a ne' «ostri porti con rnerCcTnzie,
mentre esso è soggetto ad un io per loo di più sul
valore del carico imponibile? E come il commercio
non e che un cambio, succede che la nazione, che non
])uò fornire nessun articolo per efìetlo del privilegio,
non prende niente da noi; e chiara pruova della mia
assertiva e lo stato de' nostri decerti porti. La massa
del nostro commercio di estrazione è composta in mas-
sima parte di generi agricoli per li quali siamo in con-
correnza con molte altre contrade: cioè per le grana-
glie col mar-Nero, l'Egitto, il resto dell'Italia, la Prus-
sia, la Polonia, il Nord America ed altri; per li vini
spiriti, ed acquaviti colla Francia, la Spagna, il Por-
togallo, altre province d'Italia. Per gli olii coli' Asia
minore, la Grecia, l'Isole Ioniche, la Spagna, il Por-
togallo, le Marche, per quelli di migliori qualità col
Gcnovesalo, la Toscana, e la Francia.
Per le lane gran parte della Germania, la Spagna, la
costa d'Africa, la Francia, l'Inghilterra, parte dell'Italia
concoiiono superiormente; il Portogallo, la Grecia, le
Fiandre jierfezionano di giorno in gioiiio le loro greggi.
Per le sete l'Italia vi supera, per la quantità, e la
qualità, il Bengal, la China, l'Asia minore, la Spagna
e le Indie.
Per gli altri generi agricoli secondari abbiamo sem-
pre la concorrenza della Spagna, del Portogallo, del
Mezzo giorno della Francia, della Grecia, l'Asia mino-
re, l'Egitto e tutta la costa d'Africa.
Pe'pesci salati, per quella sorta di cui facciamo un me»
'diocre smercio, siamo sempre in concorrenza eoo la
Spagna, il Portogallo, la Dalmazia, la Grecia, e la
Sardegna.
Da ciò si vede a chiare note che noi dovremmo pro-
curarci per quanto è possibile scujpre nuovi mercati
per i generi sopra descritti, che sono i principali non
che per gli articoli secondari. Il trattato de' 3o marzo
18 18, accordando un beneficio sì considerevole alle tre
44 SCTCNZE ED ARTI
nazioni , resfringe sempre più le nostre relazioni con<
le allre nazioni; perchè non potendo esse vendere a noi
i loro prodotti per lo effètto del io per loo dippiù,
che paga la loro bandiera, ne viene per ragione che
non comprano i nostri prodotti, o devono fare il com-
mercio ])er mezzo di una delle tre nazioni favorite, ecco
un incaglio positivo a' cambi che si potrebbero fare.
Infatti visitate i nostri porti e non troverete legni di
allre nazioni, e da' registri doganali si vedrà quanti
pochi legni della nostra real bandiera fanno spedizioni
a' porti che non appartengono alle tre nazioni, eccet-
tuati Livorno, e Genova, perchè porti franchi. Ecco la
ragione della decadenza del nostro commercio , e per
conseguenza della nostra agricoltura; quindi il decadi-
mento del valore delle nostre proprietà; infatti dal 1818
in qua, chi non si accorge come le nostre proprietà
sono dimezzate, come il nostro commercio è menoma-
to? Né la nostra marina può avere gran sviluppo nel-
l'alto che tutte le nazioni, per efft'lto di un principio
di rap])rcsaglia, hanno aumentato a' nostri legni il drillo
di tonnellaggio, di ancoraggio, e molti anche dritti do-
ganali, dimodoché i nostri legni in tutto il continente
americano pagano 125 soldi di dritti a tonnellata, men-
tre gl'Inglesi, i Francesi, i Svedesi, gli Olandesi, i Danesi,
i Romani e Sardi pagano 4 soldi, nel Nord America,
ed in alcune contrade del Sud di quel continente, i no-
stri vini, ed i nostri spirili pagano maggiori dritti dei
Portoghesi e Francesi: ne' porti austriaci i nostri legni
sono assoggettati a maggiori dazi degl'Inglesi, Francesi,
Sardi, Romani, Olandesi ec, e in Olanda succede lo stes-
so, ma ciò che deve fare maggior sensazione è che in
Inghilterra, Francia, ed in Ispagna, i nostri legni pa-
gano maggiori drilli di quelli che hanno un Iraltalo
detto di rtciprocanza , oggi adottato da qiuisi tutte le
nazioni. In questo stalo di cose, quale sviluppo può avere
una marina, la quale, dovunque va, deve pagare dippiù?
Quindi succede che per far viaggi deve contentarsi di
WEtrGANICHBT 4^
noleggio più mite, gli equipaggi devono essere mal pa-
gati, i bastimenti mal forniti. Gl'incoraggiaincnli clie
la marina ha ricevuti da varie leggi dal 1823 in qua
avrebbero dato un grandissimo sviluppo alla stessa, se
non avesse trovati tanti ostacoli ne' porti esteri, per lo
eflt'lfo del dritto di rappresaglia, che le altre nazioni
liaimo usato verso di noi., come sopra feci osservare.
Finalmente mi resta a provare come gli effetti di
questo trattato del 1818, quantunque siano per noi per-
niciosi , non sono vantaggiosi alle tre nazioni, e sono
in opposizione a' principi da loro proclamali. Il pene-
trante, e celebre Canning fu il primo, ch'elevando la
sua voce nella legislatura inglese, proclamò primo che
la perfetta uguaglianza e reciprocanza ne' drilli doga-
nali, e di tonnellaggio, favoriva il commercio delle due
nazioni contraenti; quindi l'Ingliillerra la ofliiva a tutte
le nazioni, locchè fu abbracciato tosto da varie tra esse.
Il gabinetto di Wasinglon proclamò lo slesso princi-
pio, e tutt'i governi novellamente eretti nel continente
di America lo hanno stabilito, di maniera che questo
sistema oggi è in vigore in Anierica, in Inghilterra,
Francia, Olanda, Belgico, Austria, Prussia, Svezia, Da-
nimarca, Toscana, ed anche nello Stato Pontificio. Bi-
sogna però avvertire, a scanso di equivoci, che per re-
ciprocanza, ed eguaglianza di dritti non s'intende, che
Je tariffe doganali debbono essere eguali, ma ben vero,
che la mercanzia, sotto qualunque bandiera vien nel porlo,
sia obbligata pagare senza alcun privilegio il dazio a
norma della tarifià, come paga il legno nazionale: lo
stesso per i dritti di tonnellaggio. Or chi non conosce
che avendo noi un trattato per il quale siamo obbli-
gati di dare una diminuzione di un io per 100 alle
lie nazioni siamo fuori del sistema abbracciato da quasi
tutte le nazioni commercianti? Qu^iidi anche la nostra
marina ne deve soffrire, perchè i nostri bastimenti ne-
gli altri porti, come sopra dissi, sono obbligali a più
pesi. Il secondo principio di Cauoing è «quello che ri-
46 SCIENZE ED ARTI
bassando la tariffa doganale, il prodotto della dogana
aumenta. Si aprano i registri delle dogane inglesi e si
vedrà, che il prodotto su* vini è duplicalo dachè il da-
zio è minorato. Che negli Slati Uniti dachè si è mo-
dificala la tariffa le dogane hanno triplicato gl'introiti
delle finanze. 11 contrabbando cessa quando i dazi sono
miti a beneficio delle finanze, e la nazione si demora-
lizza di meno. In Inghilterra appena fu ammessa l'in-
troduzione di stoffa, di sete estere, le sue fabbriche di
sete si sono perfezionate, mentre durante la proibizione
non si potevano mai migliorare; ed era per lo effetto
della sicurezza, in cui vivevano i fabbricanti inglesi, di
non avere la concorrenza degli esteri. Sembrami dun-
que di avere esposto chiaramente che i principi dell'In-
ghilterra, non che di molte altre nazioni, essendo la re-
ciprocanza perfetta, sono in opposizione co' nostri trat-
tali; quindi offrendo noi la reciprocanza non sarebbe
difficile per via di alcune trattative annullare una con-
venzione rovinosa per noi. Molto piìi che godendo que-
sto privilegio le due nazioni più manifatturiere hanno
fra esse una concorrenza che poco loro fa profittare del
beneficio. Più, il paviglione spagnuolo ed il nazionale
godono lo stesso beneficio, dunque poco può essere da
parte loro il guadagno, somma da nostra parte la per-
dila, perchè ci toglie il commercio con tutte le altre
nazioni, e ci frappone una barriera con il sistema com-
merciale abbraccialo quasi generalmente.
Quindi bisogna far voti aflinchè il nostro clementis-
simó Sovrano, nell'atto che proclama la libertà e l'ugua-
glianza de' due regni , ne agguagli i dritti cosi nella
immessione che estrazione interna da una parte, e dal-
l'altra con la sua saggezza non lasci in vigore lo an-
zidetto trattato con le tre nazioni, il quale ruina la no-
stra agricoltura ed il nostro commercio.
Ferdinando Lucchesi.
MECCANICHE 4?
Jiclazione topografica agraria economica del territo-
rio (li Piana rimessa al R. Istituto da quella Coni-
mes siane comunale.
Il territorio della Piana è coniposfo di salme sette-
conto circa della misura meirica , parie rampanti ste-
rili, altre rampanti coitivi; e tutte le scoscese, ed i piani
(come quelli, in cai la terra, trasportata dalle acque,
risiede) lavorieri, q di mediocre qualità, costituiscono
lo stalo di due ex-feudi Merco, e Dain-Digli, ai primi
emigrali Greci Epiroti, dall'arcivescovo di Monreale, al-
lora cardinale monsignor don Giovanni Borgia, concessi
nel 1487.
Questi due ex-feudi, che il nostro territorio compon-
gono, dai nostri maggiori furono ripartili in num. sette
contrade, alle quali imposero una denominazione greca
analoga al suolo.
Chiamaiono la prima Pizzuta
la seconda Casalolto
la terza Xerevulli
la quarta Aigomisi
la quinta Lasi
Ja sesta Dingoli
la settima Piano di s. Caterina e Pecora jo.
Delle quali contrade la Commessione di seguilo rap-
porta un breve saggio geologico.
Ed in vero è desiderabile, che i nostri coloni, cono-
scendo la natura del suolo, fossero più solleciti a van-
taggiarne le produzioni.
Le prime due contrade Pizzuta, e Casalotto, perchè
contigue, sono composte dallo scoscendimento delle ter-
re, derivate dalla montagna di tal nome.
La natura di questi terreni costa di un composto di
terra calcare, aluminosa, silicea; e perchè queste due
contrade scendono al basso, la qualità del suolo, va
48 Scienze ed arti
cambiando aspetto: mentrecchè, se nelle falde del monte
predomina la terra calcare, questa cede alla terra sili-
cea, ed indi nelle parti più basse diviene la superficie
un composto di terra aluniinosa, silicea, calcare in certi
putiti, ed in altri aluminosa, calcare, silicea, perchè in
tale sito abbonda l'argilla di varianti colori tendenti al
rosso , ed al giallo (esponendo prima la qualità della
terra, che predomina nel suolo, a tenore del sistema
dagli agricoltori abbracciato).
La Pizzuta è soggetta ad un clima molto freddo, e
rigido, per ritrovarsi in un sito il più eminente delle
altre contrade di questo territorio, come quella, eh' è
la prima a vestirsi di neve, e l'ultima a spogliarsi, scelta
pertanto qual sito adatto per le nevere. La sua espo-
sizione è volta all'Oriente, ma per la sua altezza i raggi
solari poco la riscaldano, e ne' calori estivi nelle ore
pomeridiane, per le ombre che scendono, gli abitanti
ritrovano un sito assai comodo e ristorante. Gli anti-
chi coprirono a vigneti queste falde della Pizzuta; ma
per la pessima qualità dell'uva, che restava immatura,
a giorni nostri non se ne ritrovano più. Vedonsi però
surrogati degli alberi fruttiferi, che facilmente alligna-
no, e fruttificano. I castagni, i fichi, i ciriegi ; come
pure il pero, e il ucce producono squisite frutta. L'u-
livo solamente, il quale, sebbene alligna, però non ce
ne dà frutto, per la ragione che nella fioritura il freddo
offende i delicati organi della fecondazione, e fa succe-
dere l'aborto. Le terre vacue mollo si confànno alla se-
mina de' cereali producendo ubertose ricoUe, Alcuni pos-
sidenti di uliveti l'hanno svelto, e trapiantato in altre
contrade, che sono esposte al mezzo giorno, e riparate
dai venti boreali; essendosi ben conosciuto, che le Urve
sono adatte al seminerio de' cereali, con l'avvicenda-
mento de' legumi. Negli anni di riposo le praterie na-
turali danno al bestiame un pascolo salubre, e pingue.
La contrada Casalolto ritrovasi collaterale in un silo
più basso. Le sue terre di sostanza uguali, sono SQlto>
MECCANICHE 49
poste nd un clima meno rigido, ed assicurano una fer-
tilità costante neiravvicendamcnto della ruota agraria.
Li semincrì di queste due contrade Pizzuta, e Casalotto,
godono il particolare vantaggio essere esenti di nebbie
Ile' mesi e&tivi.
È cosa n)olto nota quanto le nebbie ne' mesi di giu-
gno, e luglio siano dannoso, come tempo in cui la spica
va a granire; giacche; questa meteora altro non è, che
iin auimasso di molecole acquee, S|)arse per l'aria, che
investe la spica, ed il gambo; e mentre «juesl'umido
risiede nelle biade, il passaggio dal freddo al caldo, aU
l'apj);irir del sole, le apporta il gran danno, che alte-
rando l'economia vegetabile, fa succedere l'aborto nella
fioritura.
Le contrade Xerevulli, Dingoli, e Lasi, si sieguono
una appresso l'altra nelle loro alture, per via di una
catena di monti di duro carbonato calcare, o di colline,
molte delle quali sono prive di rupi, e formano la mag-
gior estensione di queste contrade.
La prima trae la sua denominazione dalla montagna
clic la sovrasta, delta Xerevuni (correttamente Xerevulli)
vocabolo greco, quanto a dire montagna arida, perchè
tale è il suo aspetto, e si conosce da' Siciliani con la
denominazione di Montagna di Carpinito.
La seconda ha ritenuto l'antica denominazione Dain-
Dingli, oggi accorciatamente Dingoli. La terza è sta-
ta delta Lasi, per la faccia del suolo ispido, e den-
so, e per le moltiplici colline che la compongono. La
natura del suolo di queste contrade varia continuamen-
te: le loro alture, possono dirsi un ammasso di dure
pietre calcari. Le colline sono selciose, a strati frappo-
sta l'argilla. Le parti basse un composto di tenace ar-
gilla; mentre in altre, un suolo di brecciame siliceo frap-
jiosto di terra quarzosa-argillacea con de' piriti di ferro.
Questo suolo, sebbene non è adattabile in modo al-
cuno ai scminerì, è ottimo per gli oliveti, ritrovandosi
ia confacentc esposizione. Produce alberi poderosi , e
5o SCIENZE ED ARTI
sa base
del fiore tiovansi uniti gli organi della fecondazione.
La raccolta di quesfo prezioso genere dura lutto il mese
di oltobre, per quanlo dura la fioritura: al terminare
di qursto periodo, nella parie dei bulbo, nel coricino
spuntano le piccole radicelte; mentre nella parte su-
pcriore del bulbo s'alzano le foglie, o per dir meglio,
e più adatta tamente, la chioma del croco. Che l'atmos-
fera, ed il suolo di questo territorio proteggono la vc-
gt lazione di questa pianta, io dimostra la grandezza
del fiore, la lunghezza de' pistilli, la larghezza dello
stemma, e la grossezza del bulbo di colore lucido au-
rato nelle sue spoglie. La lunghezza della chioma, che
s'innalza al di là di palmi tre, ed il colore verde scuro
dell' istessa, anche ci assicura di non essere sog^ella
ad alcutia malattia di quelle, che sogliono turbare l'eco-
nomia delle piante. Il sorcio è l'unico nemico, che
l'infèsta: questi spesso perforando il suolo corrode i
bulbi, de' quali n'è veramente avido; ma a scanso di
ciò, si sono inventate delle traj)pole.
Finalmente il prodotto di questa pianta ci son)mi-
nislra un eccellente aroma, ed un colore più vivodti-
r estero.
S^ SCIENZE ED AUTI
Si c scoperto in ottobre scorso, clic i Lulbi anche
vcg«ilano, e fioriscono, senza l'ajuto della terra e del-
l'acqua; ma solamente con l'aria ristretta in una -stanza,
ove chiusi si ritrovavano a caso. Questo avvcnimentp
è utile a riferirsi. Rimasti quattro bulbi sopra un ta-
volino, ai dieci di ottobre, l'aria fattasi più grave, un
bulbo con somma sorpresa si vide fiorire , e gli altri
in piena vegetazióne, da' quali, anche posteriormente,
spuntarono degli altri fiori così vegeti e belli, come
se fossero nutriti dalla terra e dall'acqua , e provve-
duti degli organi sessuali della fecondazione, come quelli
posti giù, e coltivati.
Or, fatta matura considerazione, da questo fatto si
ricava, che nelle radici bulbose si nota una vegeta-
zione particolare, ed una circolazione di umori, tutta
sua propria, mentre che non si osserva nelle altre.
Un tempo si credeva, che la terra passasse in nu-
trimento nelle piante, e che ne consumassero una quan-
tità corrispondente al loro volume, ma poi, dopo le
scoperte del salice di Bayle, si conchiuse, non essere
la terra che un appoggio ed un mezzo di nutrimento,
mediante il veicolo dell'acqua assorbita col mezzo del
calorico, l'elTetlo del quale mette in moto la vegeta-
lione, e che niente della terra rimanesse nelle piante.
A giorni nostri si è conosciuto, che una piccola por-
zione di materia terrosa, a parte delle altre materie,
risiede, e ritrovasi nelle piante, come nelle graminacee
de' cereali e nelle canne, la silicea. '''■] "'' , i,
1* Si è suscitato il dubbio, se la sóla terra' potesse
alimentare una pianta, e farla prosperare sino a com-
piere il seme.
a Se l'acqua solamente, sema la terra potesse sér-,
Tire sino al compimento della propria specie. , V
3° Finalmente se l'aria potesse, senza l'ajuto ^élle
altre, far succedere le istesse funzioni.
E primo, locchè si è creduto, che la sola terra non
possa far vegetare, senza rajuto dell'altra, cioè dell'aC"
MECCANICHE 59
qtia, ciò non si avvera. Le patate ci prestano un rsem-
j)io, che possa rinnovarsi il bulbo anche senza il nu-
trimento tirila terra, ed il soccorso thll' acqua. Dapoi-
dir ciuesl' utile piaula, se col solo soccorso dell'aria, ri-
stretta in una stanza vegeta, e nelle sue catinelle da
l'embrione del bulbo, appoggiandosi queste, e copren-
dosi di vinaccia e segature , compie perfettamente il
bulbo, con maggior induzione, se sarà coperta dalla
terra sohuncnte.
Non è così l'acqua, che sebbene questo fluido con-
tenga in se dei sughi nutritivi aeriformi, ed è capace
ad allungare lo stelo del giacinto, e farlo fiorire, è in-
capace pelò a far compiere il bulbo, o il seme.
Così j)ure l'aria, che sebbene questa sola faccia ve-
getare ie patate, e fiorire il croco, non potrà ulleiior-
mcnte far proseguire le funzioni vegetali sino al com-
])imetjto della propria specie, meno che fosse coperto
da un apj)oggio, come si disse. Non ostante ciò in tutti
i casi suddetti non si può metter in dubbio, che la
vegetazione fosse debole ed imperfetta.
Che l'aria sia necessaria alle altre due sostanze è in-
dnbitiibile; mentre ove manca questa, non v'è vege-
tazione e vita, e lo dimostra ad evidenza quella pianta
situata in una finestra, che si piega al di fuori per go-
dere e della luce e dell'aria.
Da quanto abbiamo esposto si dimostra, che in di-
verse contrade restano delle terre incolte ed abbando-
nate, perchè silicee, e non adatte al seminerio de' cereali.
Or queste terre sarebbero al certo suscettibili a di-
verse uiigliorie agrarie, e piantagioni.
Jtrt. 1. 11 sommacco sarebbe da propagarsi, che
sebbene vi siano de' possessori, che coltivano questa
pianta, si potrebbe avanzare la sua coltivazione in queste
terre abbandonate; mentre questa ])iàtjta vegeta bene
nella terra fuciligna, giacche, come abbiàm dimostrato,
la maggior parte di queste terre sono un composto di
terra silicea, aluminosa a strati^ ed a Strali quarzoso-
siliceo-argillosa.
C)0 SCIENZE ED ARTI
u^rf. s. Rllrovaiitlosi queste terre in buone esposi-»
zioni, e riparate da' venti boreali, si potrebbero formare
tlegli olivcli, praticando il nuovo metodo nelle pianta-
gioni di questa pianta, lasciando allo il fusto dell'olivo,
e non tagliarlo, come praticavasi prima, a fior di terra,
o poco più alto.
E da osservarsi, clic i piantoni dell'ulivo alti palmi
tre sopra terra, subilo che appigliano, i piccoli rami,
che all'uopo si lasciano, formano degli altri piccoli ra-
mi, che danno del frutto in pochi anni, dilìtrenle as-
sai dall'antico metodo; cosicché la pianta tenuta bassa
doveva prima formare il fuslo, e di poi i rami, per
cui trascorrevano anche anni i5 a frullificare. Questo
e il motivo, che i nostri villici si spaventano a pro-
pagare l'ulivo.
In altri sili scovcrti piantarsi pofrebbero de* casta-
gneti, pineti. E molto vantaggiosa la proprigazione del
castagno, il quale ama un'atmosfera fredda. la queste
nostre contrade, nel corso di anni dieci, darebbe il
fiutlo, ed anche il legno utile per le costruzioni nelle
fabbriche, e por gli utensili.
Sarebbe adatta lissimo a bosco, la quercia, l'elice, il
severo, l'olmo. La ghianda dovrà preferirsi sempre,
quella di quercia, che cresce con più rapidità delle altre
due; ma non perciò si dovrà tralasciare la propaga-
zione degli alili alberi da foresta, di somma ulilità
per la durezza del legno. Sommi vantaggi si traggono
dal legno dell'olmo, come da quello della quercia. L'olmo
e molto utile per l'arte del carrajo, e per le macchine
idrauliche.
Queste foreste si potrebbero guernire con delle gi-
nestre, arbusto ottimo per il forno. Si propaga da per
se slesso, uiedianle fespulsione che nel mese di luglio
]a veemenza del calore fa succedere. Il guscio caccia
molto lungi il seme, che alle prime piogge facilmente
appiglia, e profonda la radice. Fittone, s'introduce nel
suolo, ed assicura la sua esistenza. Agli anni tre co-
MECCANICHE Gì
mincia a dar del Icgtio.^ si taglia sopra terra sul col-
l«(lo delle radici, e da indi in poi non lia bisogno di
alcuna cura, replicando l'incislorje a suo tempo.
Le sponde de' lurrenli, e fiunjare, che si osservano
spogliate di alberi acquatici, si potrebbero ornare di
j)ioppi, salici, di borri, die spontaneamente, e rapi-
d;imenle crescono, e trattengono le frane; giacche que-
sta pianta ama i luoghi scoscesi per dove passa e tra-
scorre l'acqua, dal quale prende il nome. La sua cre-
scenza supera qualunque altra jjjanta acquatica.
Le t«rre di colmata sarebbero anche suscettibili alla
piantagione de' canneti, che possono assicurare all'agri-
coltore un'annua rendita col loro prodotto. Questa piauta
è neces.saria in questo nostro territorio, per li pali delle
vigne. Da' villici viene trascurato questo ramo di cul-
tura delle canne, sul pretesto, che non giunge allal-
tezza vantaggiosa, come nelle parti calde. Il detiaro,
che si estrae per la provvista di questi pali, mediante
la coltivazione, formerebbe un risparmio nelle famiglie.
Ancbe la soda potrebbesi introdurre.
E noto, che con le ceneri di questo vegetabile, che
si fondono in durissima pietra di color celeste, unita alla
silice, si formano i vetri: ama un terreno pingue, nero,
aluminoso, quarzoso. Nelle pianure di S. Caterina, e
e del Pecoraro a confinare coU'exfeudo di Malanoce si
ritrovano delle terre adattate. Il defunto conte don Fe-
derico Mauzone in un suo fondo nominato Cavallaro
n'esperimentò la cultura del Cali, Sai, Sol, Soda di Lm-
neo, e si venne in chiaro, ch'è falso, che questa piauta
progredi.sce solamente nelle parti marittime.
Sulla vegetazione.
L'atmosfera per la nostra alla situazione in questo
territorio è molto fredda, ma di un freddo secco, e
non umido. Avvicinandosi il mese di ottobre, tempo
della semina, la vegetazione h viva^ ed il seme sparso,
6ai SCIENZE ED ARTI
fra otto giorni, pullula, e nasce, lilrovanclosi ancora
caldo il suolo, per la trascorsa està. All'avvicinarsi l'in-
verno, la vegetazione intorpidisce, ed indi si riduce in-
sensibile ed al nulla a tutto febbrajo per li geli e
neve che abbondano , ed a ragione diccsi dagli agri-
coltori, che la neve prima di natale è madre, e dopo
è madrigna. Se in marzo il tempo si rassoda, la ve-
getazione rinvigorisce, e le biade prosperano; se però
marzo prosiegue piovoso, li semiuerì si diradono, e le
hiade perdono i loro moitiplici; e perciò dagli agri-
coltori siciliani si dice, che marzo conza e guasta.
In aprile e maggio è vivissima la vegetazione, tempo
nel quale iutalliscono e compiono il fusto le biade; ed
a proposito passa per assioma fra i nostri villici, che
i semiuerì in questo nostro freddo territorio crescono,
compiscono, e maturano il prodotto fra due mefei. Ma
intanto i contadini sono quasi tutti di parere, che bi-
sogna seminar presto, per ottenere buone raccolte, per-
chè postergando la semina, ratfreddato il suolo, il seme
spunta fra quindici o venti giorni, e le radicette noa
posson bene rassodarsi. Frattanto bisogna candidamente
confessare, che non siamo in caso di poter proferire
per giusta massima in questo nostro territorio una tale
costumanza; giacche l'esperienza ci dimostra, che nelle
annate rigide e piovose, le biade tardive riescono me-"
glio assai delle primaticce. Or se si potesse dare all'agri-
coltore la facoltà d'indovinare la qualità delle stagioni,'
si vede bene quanto utile succederebbe. Dunque per
evitare qualunque inconveniente bisogna non progredire
molto la semina, ne di vantaggio postergarla, ove ab-
bondano le terre forti ed argillacee.
Le terre sciolte situate in declivio, non patiscono punto,
allorché le piogge abbondano; giacche l'acqua a parte,
che scorre subito, senza ritegno al basso, anche per la
qualità del suolo si filtra, ed il vegetabile non soffre
alterazione Jcuna. ' > - ' ;
La vegetazione in queste colline è sempre più viva
MECCAJ!nCHE 63
graduatamente, e le biade prosperano, e molto più quelle
esistenti in una esposizione riparata da venti boreali.
Sulla vegetazione degli alberi in questo territorio, ,
• ■ »
Per sino a questo punto solamente si è parlato sulla
vegetazione delle biade, ora però, volendo, dare quaU
clie cenno della vegetazione degli alberi, diciamo, che
àuesta è mollo difllrenle; e se alle biade il lieddo le
reca danno, essendo eccessivo, a};li alberi non gli è di
nocumento; anzi gli giova. Dapoicliè quanto più cresce
l'inlensilà, più gli umori scendono al basso, e si ri-
Concentrano nelle radici (ove ritrovano più calore, se-
condo gli esperimenti falli da' riuomati agronomi) per
poi con più veemenza gli umori raccolti ascendere nei
rami, e lussoreggiare con saprabbondante rigoglio. ;:
'■.■■■'. Il
SugVindesti. ..lor.f^ 3 ,j2ui:j?.
,'!'.'-'■.' •• '-■ '•■•
I nostri agricoltori poco conoscono l'arte d'indestare,>
mentre tulli sono dedicati alla cura de' cereali. H solo
pane , lo ripeliamo, è la loro p«emura. Pochi sono
che si applicano a questo ramw d'industria agricola: è
superfluo il, ripetere di quale giovamento ci sia l' in-
deslo. E comjC niai si potrebbe avere una prodigiosa,
diversità di frulla? il' modo facile di ollenerle? di prq^
pagarh;? tulio si riconosce: da questa bella invenzione.',
Gl'indesti, che si praticano da' nostri contadini sono
di quattro sole maniere, due a marza., e due ad occhio.
,1" A marza a legno spaccato» tagliando orizzontal-
mente un alberello nella parte la più liscia, e vicino
la ceppaja (luogo riconosciuto adattalo ed il più utile)
dovrà essere il paziente, non più grosso in diametro
di tre dita, si taglia perpendicolarmente, e nella spac-
catura s'insinua la marza, tagliata a cono, ornala di tre
gemme.
2°, Si usa a corona oe' tronchi di gran diametro, che
64 SCIENZE ED ARTI *
non si possono fendere; allora tagliato il tronco oriz-
zontalmente con una sega, s'insinuano le marze a co-
rona, staccandosi la scorza con una penna d'osso, o di
ferro, che s'insinua in quella parte che tocca il legno,
e levandosi l'osso, subito si adatta nel forame la marza
tagliata a penna da scrivere. Questi due indesti si un-
tano, con della tenace argilla, e poi si ricoprono di
terra, lasciando l'estremità delle marze a fior di teri'a.
Questo modo d' indesiare da' nostri contadini s'incom'iri-
cia nel mese di settembre, seguile le prime piogge,
e si termina nel mese di marzo.
3° Ad inoculazione, questo modo si pratica nell'està,
allorché l'albero va in amore, secondo dicono i con-
tadini, ed allora la corteccia si stacca facilmente dal-
l'alburno tagliato l'alberello, o il ramo, che si vorrà
ìndestare, nella parte la più liscia gli si fa un'incisione
nella scorza verticalmente poco più dell'occhio da in-
serirsi, e staccala lateralmente la scorza, s'introduce la
gemma, che dovià essere tagliata a scudo, con un poco
di scorza a torno, si lega discretamente, senza ofFeii-
dere l'occhio, e si cautela l'operazione, coprendola con
delle pampine, lasciandosi parecchi giorni acciò i raggi
solari non mortificassero l'inoculazione.
4° Finalmenle a cannello, che si pratica ne' piccoli
ramoscelli della grossezza d'una penna da scrivere, at-
taccato al tronco, o nella ceppaja dell'albero selvaggio.
Si fanno nel ramo da indestarsi tre incisioni vellicali,
e le strisce della scorza si lasciano pendenti. Scelto
un ramo domestico di uguale diametro gli si fanno due
incisioni circolari, restando in mezzo la gemma, e tor-
cendo il ramo parecchie volle, si caverà un anello di
scorza -> munito dell'occhio, che s'infilzerà nel pazien-
te, e si farà scendere bel bello sino che sarà adattato
nel selvatico ramo; allora si alzeranno le strisce, e si
legherà l'indesto, e si ricoprerà come^opra si è detto,
L'indeslo a cannello e il più adallato per il casta-
gno, e l'ulivo, noa essendo .soggetto ad esser staccalo
MECCANICHE 6S
daìla furia de' venti. Alcuni usano con profillo iude-
stare i niccoli rami dclli ributti della ceppa ja, ed al-
lignati che sono tagliano l'albero del castagno, gl'in-
desti per il concorso degli umori crescono rapidamente,
e producono agli anni tre.
Gl'indcsli nella promessa enairazione descritti, sono
li più abbraccinli da tutti, e le altre invenzioni, altro
non sono, che delle modificazioni^ derivate dalle so*
pradelte operazioni.
E necessario però confessare, che da' nostri coloni
poco s'indesla, e per questo non si gode il vantaggio
di avere altre frutta. S'indesla il pero, il fico, il ne-
spolo; ma si tralascia l'ulivo, la vite, il castagno, il ci-
riegio; e perciò mancano l'ottime castagne, le ulive da
indolcire, le ciriegie a brama, le ptsche reali.
Dedicati i nostri contadini interamente alla cultura
de' cereali, non curano gli alberi fruttiferi, inesperti
quindi restano dell'arte di rimondare, e noi non po-
lendo avvalerci de' medesimi, nelle circostanze di ri-
monda, siamo |)recisatl chiamare dai comuni vicini, per-
sone abili in tal mestiere.
Pochissimi, ed anche esteri, conoscono l'arte di ma-
neggiare la roncola. Ci confermiamo su di ciò per le
incisioni mai fatte, per le amputazioni non a propo-
sito eseguite, ed in certi rami, che non dovrebbero es-
sere tolti. Inabili finalmente si dichiarano a disporre
un palco di rami bene adattato alla grandezza ed alla
estensione, di modo che l'albero invece di essere age-
volato eoa la rimonda, resta deformato ed afìlitto.
66 SCIENZE ED ARTI
Bollettino de progressi economici.
Miniera di Lignite in Lombardia i. —Aratro Grange i. —
Ceneri di carbon fossile adoperate per ingrasso 3. — Seminagione
de' cereali 4- — Trebbiatoio Herland 5. — Corde e tessuti di A-
gave 6. — Macchina per gramolare il lino e la canapa 'j. —
Istituto agrario di Meleto 8. — Strumenti agrari di Meleto 9.
— Cartiere d'Inghilterra 10.^ Commercio librario tra la Fran-
cia e l'Inghilterra 11. —Pianta erbacea per gli animali bovi-
ni la. — Conservazione delle uve i3. — Nuova forza motrice
per supplire al vapore i^. — Grano petunielie nero i5. — Na-
vigazione a vnpore in Inghilterra 16. — Consumo del carbon
fossile in Inghilterra 17. — Nuova maniera di stampe, del dot-
tor Menici 18. — Carrozza a vapore per terra e per mare i^.
—•Panno di stracci ao.
1. Miniera di lignite in Lombardia.
» Il regno Lombardo-Veneto, per se slesso già non ricco di
Combustibile agli usi domestici ed al servizio delle arti, e man-
cante quasi di carbon fossile, ha fatto un assai interessante ac-
quisto nello scuopi'imenlo di un filone di lignite che da alcuni
anni si sta cavando a cura di una società nel territorio di Lef-
fe, distretto di Caudino nella Provincia di Bergamo. La ricchezza
di un tal filone, che è suddiviso in tre rami, l'uno sovrapposta
all'altro frammezzo a stratificazioni argillose contenenti varie spe<
eie di testacei marini, ne accerta di abbondante combustibile per
assai lungo corso di anni.
j» Oltre la destinazione a combustibile che si fa de' pezzi di
un tal qual volume, pare siasi trovato modo di utilizzare anche
i tritumi che si pi'oducono tanto nelle opere di scavo, quanto
nei movimenti della lignite accatastata, collo impiegarli in uso
di concime, spargendoli cioè sulli prati e sulle terre lavorative,
«iccome impiegandoli appiedi de' gelsi e delle vili di nuova pian-
tagione. Si prelenile anzi che le sperienze fin qui fattene abbiano
usciti favorevoli resultamenti. Senza farcene mallevadori noi an-
nunciamo questi avvenimenti nel desiderio che i fatti ripetuti
ne guidino alla conferma. » ("Giorn. agr, Lom. Ven.) ~
2. Aratro Grange,
Sì reca in dubbio la perfezione dell'aratro Grange\ di cui si
parlò altra volta in questo Giornale (num- 3o pag. 3o4). la uu
MECCAMICHE 67
concorso d'arntri, che si tenne in Francia l'anno scorso, e nel
«juale (loflici furono i prrrainti , l'aratro Grange appena vi fu
compreso coinè Punflecinio in ranpo di merito.
Molti fra i collivniori francesi illuminali ebbero a notare di
eccedente coin()licaiioiie questo strumento*, nota che toglie certo
al predio di fjualàivoglia meccanismo.
Df Ile correzioni sono stale proposte da' signori Dombasle, Laa-
rent, Hoffmaiin, Albert, e dallo stesso Grange, il quale gli ha
tolto la immobilita della bure, che pure si riguardava come uà
perfezionamento della prima invenzione.
Potrebbero anclie fra noi esaminarsi i pregi e i difetti di que-
sto anipse, essendosi già introdotto in Trapani per cura della So»
cielà economica di quella vdllej ed importerebbe spiegare da
dove provenj^a che tanto bene lo abbiano accollo i Toscani, e
titillo utile Io abbiano ritrovato.
3. Ceneri di carbon fossile adoperate per ingrasso.
Le ceneri del carbon fossile mescolate a buon» terra di orto^
vengono oggi usate come ingrasso delle viti; e dicesi che per Ire
anni di seguito ne faccinno triplicare il prodotto senza stancare
la pianta. Ailroode si sa che avendo esse la proprietà di seccare
rapidamente le materie fecali , 1' agricoltore può trarne ottimo
partilo mescolandole al limo, il quale per questo mezzo, in vece
di doversi assoggettare ad una lenta e nocevole macerazione, pu-
trii essere proutameute adoperato.
4- Seminagione dei cereali.
Da qualtr'anni il signor Boquct, inslitutore a Dammartin, se-
mina le biade invernali dal i5 giugno al i5 luglio, adoperando
meta frumento e mela orzo nella proporzione in complesso di un
ellolilro e mezzo per ogni ettare. L'orzo chiamato mulo vien pre»
ferito peila maiuranza sua più precoce. Alla fine di settembre
od a mezzo ottobre l'orzo essendo maturo e il frumento già gran»
de, il sig. Boquet falcia alto 10 pollici da terra, ritraendo cosi
copioso foraggio, ed una mezza raccolta di orzo. 11 frumento non
tarda a rimettere, e tallisce vigorosamente nell'inverno. La ri-
colla sua precoce è intanto piìi compiuta, in quanto le spighe
assai gravi hanno generalmente quattro ranghi di grani. Il si-
gnor Camillo Beauvais, agricoltore alle Bergeries reali, promise
di provare quest'anno l'accennato modo di seminagione.
Lo stesso sig. Boquet volle provare che un verme clie s'insi-
nua nello stelo de' cereali al tempo della fioritura è la sola causa
delie malattie, cui essi vanno soggetti, e che conosconsi sotto il
68 SCIENZE ED ARTI
nome di negrone e di carie. Nel sistema suo di seminagione, il
grano avendo già resa la spiga al momento in cui il verme svol-
gesi dalla larva, non può rodere lo stelo, divenuto già troppo
duro. Conchiude quindi che per se tornano inutili il calciuare
e il bagnare di vetriolo i grani alPatto del seminarli, quantun-
que vi abbia chi raccomandi questa pratica.
5. Trebbiatoio Herland.
Una commessione composta de' signori Gen. Troraelin, Lozac,
e Conte De-la-Iruglaye, riferì alla società d'agricoltura di Mor.
laii intorno a un trebbiatoio inventato dal signor Heilaiid. Yn
la stessa semplicità della macchina che divietò al sig Herland
di renderla nota |)rima di avere ottenuto una ricompensa dal Go-
verno, o di essere venuto a trattativa con alcun capitalista. E
facilissima a costruirsi, non ha complicazione, e qualunque fai-
legnarle di campagna può metterla insieme.
Il prezzo suo è determinalo in 3o fianchi. Con alcun facile
miglioramento le sarà data maggior precisione senza punto nuo-
cere alla semplicità sua Lo spazio per farla operare non trapassa
i sette od odo piedi quadrati , e può riporsi in un granaio od
in una piccola capanna. La paglia di fi umento o d'orzo passata
sotto la macchina, n'esce in buon essere, non triturata né dan-
neggiata. Il grano cade sotto la macchina separato dalla paglia
ed anco dalla pula, mondo di sabbia e di polvere. Se ne usa al
coverto, e non richiede che poca forza; il tutto riducendosi a dare
equabile movimento ad una leva che produce l'operazione di se-
parare il grano dalla paglia. In otto ore un uomo sgrana circa
Ire ettolitri di frumento mettendo anche in fasci la paglia. L'e-
couomia di tempo e di braccia è indubitata.
6. Corde e tessuti di Agave.
Da lungo tempo era nolo che in America ed anche in Ispa-
gna mettevansi a profitto le fibre filamentose dell'anace ameri-
cana (sic. Zabàra di gajoy o Sipala, o Fila di pitti), e dell'a-
gave fetida, per fabbricarne corde e stoffe grossolane. Ma ciò noti
parve che meritasse l'attenzione dell'industria europea. Un abile
fabbricatore di Parigi, il sig. Pavj il giovine, sapendo che l'a-
gave abbonda nel mezzodì dell'Europa e negli stabilimenti fran-
cesi d'Affrica, si accinse a nuove prove, e perfezionò somma-
mente la fabbricazione delle corde e de' tappeti d'agave. Pare
che egli sottoponga all'azione di forti cilindri le foglie carnose
e spesse di questa pianta, appena tagliate, facendone uscire tutto
il suge, e non rimaueudo che i fìlameuti, i quali si lavano al-
MECCANICHE %
l'acqua corrente e si fanno bianchire sul prato. Ottiene di que-
sto modo, senz'altro, un ammasso di fila di bel colore bianco
argentino colla lucentezza delia seta, e di tal l'orza che quattro
fila sostengono un peso di quaranta libbre. Le corde riescono
assai f rti, e tornar possono di grande utilità alla m.Trina, e per
rimorchi.ire e per molti altri usi, poiché lungi dall'allerarsi per
la umiditii, vi guadagnano in forza. Costano quanto quelle di
canapa, e riescono di un terzo più forti. Lo stesso Pavy fab-
brica quantità di nastri, cordoni, triglie, cortine, imitanti inte-
ramente la seta. Ma ciò che ottenne un gran successo sono i tapr
peti, de' quali ven'ha de' rasati d'o;^ni colore e forma, e di quelli
a pelo rialzato. Essi possono lavarsi; verdi, rassomigliano a' prati
e S'.Tvono meravigliosamente a coprire banchi e tavoli, spezial-
mente nelle case di villa e dovunque sia umidit'a, perchè rie-
scono inalterabili e non patiscono gli insetti.
j. Macchina da gramolare il lino e la canapa.
I tentativi fatti da parecchi anni onde cavar la tiglia dalla
canapa e dal Imo con macchine e senza far precedere la mace-
razione, quantunque siano falliti, fece.-o nondimeno conoscere
delle buone macchine per riuscire all'intento dopo la macerazio-
ne. Ma costando queste moltissimo, si cercò di averne delle al-
tre, istituite sugli stessi principi, a minor prezzo. Da poco tempo
in Gt-rinania se n'è adottata una, inventata dal sig. Ruthe bor-
gomastro d'Egeln, vicino a Magdebourg, la quale risponde bene,
e non costa in paese che poco più di cinquanta franchi. Essa
opera per via di tre cilindri scanalati, che un manubrio mette
in movimento con poca forza. La canapa od il lino passando
tra i cilindri è scavezzala e stritolata , e gli stecchi cadono io
fratnmeiiti, mentre che la tiglia, resistendo, stendesi in regolari
fi-ltucce. A fine di ottenere un bel prodotto, si gramola a due
riprese diverse: dopo la prima gramolatura si sottopone la ca-
napa e il lino alla scottola, si pettina e si lascia in riposo uno
o due d'i, in un luogo secco e fresco; poi si fa passare una se-
conda volta fra i cilindri, e cosi si afiina ; ed anche se la ca-
napa o il lino sieno troppo corti per trattarli alla maciulla or-
dinaria, se ne cava bene colla gramola del sig. Kuthe. I vantaggi
che le si attribuiscono sono: i"^ costa poco , ed anche i piccoli
coltivatori se la possono procurare; a" è semplice ed ogni fale-
gname può costruirla , o per lo meno di leggieri accomodarla
ove si guasti; 3° e solida e dura mollo; 4" occupa poco spazio;
5" riesce bene allo scopo; 6° rende maggior copia di tiglia, buona
al commercio; 5* la tiglia spezzata è molto meno che all'ordi'
5
70 SCIENZE ED ARTI
Ilaria gramola; 8*^ finalmente fa economia eli forza e di tempo,
poiché uu fanciullo può farla andare, ed opera celcr^menle.
(Ann. iTagr. di 3IilanoJ.
S. Istituto agrario di Meleto.
L'Istituto agrario di Meleto (Toscana) fondato dal sij. march.
Ridolfi. è già aperto da più die un anno. Si può leggere, nel
nuin. 34 del Giornale agrario toscano (pag. l3g). un jjrimo ar-
Ijcolo iu cui il Ridolfi espone le sue scieniifiche vedute sull'edu-
cazione che la ricevono gli alunni. Non dispiacerà a' nostri let-
tori il seguente squarcio della circolare da lui diretta agli amici
per la scella de' giovani che doveano esser piimi ad entrarvi.
li ..... a lei mi rivolgo, o signore, onde voglia, proponendomi
un giovane da lei reputalo idoneo, cooperare al mio disegno, e
procurare nel tempo slesso alla provincia, a cui desso appartiene,
ii vantaggio di possedere un giorno o l'altro un agricolloi e probo
e istruito.»
» Vorrei che ogni candidato fosse robusto di corpo, campa-
gnolo di origine, d'età fra i dieci e i dodici anni circa, e giu-
stificasse di avere avuto il vaiolo naiurale od essere stalo vacci-
nato; dovrebbe portar seco un piccolo corredo indicalo in calce
della presente, e di consimili oggetti partirebbe provvisto compilo
rhe avesse la sua permanenza a Meleto, la quale necessariamente
dovrebbe durare dieci anni, fermo però in me il diritto di con-
gedarlo in qualunque tempo, quando me ne fosse dato giusto mo-
tivo , che non ricuserei di far conoscere a chi avesse diritto o
interesse a saperlo.»
» Non accoglierei e non riterrei nessun giovane che puntuale
niente non ricevesse o dai parenti o da qualche suo benefattore,
paoli IO al mese, coi quali mi propongo di fargli trovare un
mezzo importante di educazione. Di questo denaro vorrei che i
giovani si assuefacessero à far buon uso, sia per provvedersi dei
libri e degli strumenti indispensabili pei rispettivi studi, sia per
formare in comune una piccola cassa destinata ad opere d'illu-
minata beneficenza. E questi li deporrei alla cassa di risparmio,
e' cos'i ne uscirebbe un nuovo capitale che aumentato coi frutti
sarebbe a ciascuno restituito nel giorno in cui terminasse la sua
dimora presso di me. Qualunque volta però un giovane mi ab-
bandonasse per qualsivoglia causa, o io fossi costretto di conge*
darlo per questi molivi, senza che avesse compili i dieci anni
di permanenza, il capitale formato col deposito de' suoi avanzi
sarebbe perduto per lui e anderebbe a vantaggio de' suoi com-
pagni che puntualmente terminassero il loro impegno. »
» Il vitto per questi giovani sarebbe frugale, ma sano ed ab-
MECCANICHE 7 1
boDdanle; Tnlloggio modesto, ma comodo; il vestiario semplice,
ma pulito. Il Ijivoio vorrebbe pur esso proporzionalo alle rispet-
tive forze fisiciie, sareblie diretto a favorirne lo sviluppo, e ser-
virebbe a piocurarmi qualche compenso per latte le spese di man-
tenitiienlo »
» L'islru^iolle sarebbe solida, positiva, rivolta a compartire
quelle coi-nizioni agrarie, ammitiistralive, e civili, che occorrono
ad un possidente, o a chi, come agente o come affittuario, vo-
glia occuparsi di rustica economia.»
» L'educazioiis in line avrebbe per iscopo nel suo insieme il
conseguiiiifiiio di quelle virtù religiose e civili che formano la
più bella dote dell'auiuio nostro. »
q. Strumenli agrari di Meleto.
Annessa all'Istituto agrario di Meleto è una fibbrlca di slru-
mcnii rustici, de' quali ecco il catalogo a prezzi fissi.
1. Coltro Ridoìfì (i) Lire tose. loo.
2. Dello montalo alla Doinbnsle (2) 100.
3. Detto montalo alla Grange {i) 200.
4. Coltro Grange [^) «70.
5. Coltro Donibude (5) 80.
6. Estirpatore a cinque comeri(6) lijo.
•j. Sarchiatore (7) ». So.
(1) È ]ireftriliile pei lavori di dissorlamciitr) in luoghi difficili e tli sii-
pcrlìcie in-fgoiarc. Esigo un paio di bovi robusti.
(•2) È superiore ad ogni altro ne' luoghi già ridolli a coltura. Esige mi-
nor forza.
(3) Può servire in due modi , come il Coltro i , e come il Coltro 4 1
dauilo iti questo caso un lavoro più profondo del vero Graiigé. Tulli questi
coltri hanno l'orecchio alla I.ambruschùii.
(4) Ha il vauhiggio di lavoiarc senza fatica del bifolco, 2 quasi seiria CS"
sere guidato. E utilissimo in grandi estensioni spogliate.
(5) È il più kggcio di tulli i collri sudiletti , ila eccellente lavoro, se
non si vogliano oilicpassare gli otto snidi di profondila. Ha orecchio di
legno. In terre facili può lavorare anche con un paio di vacche.
Tulli questi collri danno un lavoro che rappresenta quello che in tempi
uguali si otterrebbe da iì o 3o vangatori in luoghi già ridotti a coltura.
Ili luoghi da dissodarsi il num. i. odic un'economia molto niaggiore.
(6) Slruinenlo eccellente peresignire i secoinii lavori dopo la coilratura,
per distruggere le erbe nocive, ed alfcltuare la sementa di certe ])iaiile. lìa|i-
prescnla il lavoro di tre coltri in tempo uguale. Esige nei casi ordinari un
solo paio di bovi.
(7) Il signor Dorabnslc stabilisce l'economia prodotta da quell'arnese no!
sarchiare le diverse piante seminate in file dirimpetto alla slessa sarchiatura
eseguita a mano, nella ]iropoizionc di i a 5. Nelle terre sottili l'uò agire
con un sol boye ed anche con un sol cavallo.
*
73 SCIENZE ED APTI
8. negatore (8) •ro.
^. Erpice a rombo (9). - . 80.
10. Raspa (10^ no,
11. Seminatore a cariula(^ii) ^o.
12. Inanelli |)er gli arnesi i, 5, 6, 7, ciascuno . io,
13. Ventilatore per grano, biade ec. (12) 100.
i4- Poto^;^e (i3) io.
15. franga da orto e giardino (i 4) 8.
16. Zappa-bidente da orlo e giardino (i 5) .... 6.
1^. Rancliiatore da viali e strade (16) ...... 8.
18. Rastrello da giardino (ly) . 5.
N.J], — Quelli die ordineranno conlemporanearnente il corredo
de^li arnesi indispensabili per adoUare un ecoiioiriico e peife/.io-
naio sisletna di cultura, e che si compone de! «luni. 1 o a o 5,
secondo le circostanze locali, e del num. 6, t, 9 avvaijno gratis
ì quattro occorrenti tranelli,
L'uso della fabbrica è di ricevere il prezzo degli strumenti
nell'atto della consegna, la quale si fa sul luof;o, ove occorrendo
M mostreranno agire, o in Castel Fiorentino, Emj)oIi e Firenze,
portando però a carico de' coaimillenli le spese d'imballaggio e
di ti asporto fino a questi ultimi luoghi. La fabbrica non ga-
rantisce dopo la fatta consegna i guasti che gli ai'oesi potessero
soffrire in viaggio o nelle priate prove,
(8) Questo arnese serve unicamente a tracciare le linee snllc quali si deb-
bono fjirc dejlc sciiKiili da sarcliiarsi col surcliiutprc,
(9) E arnese indispensabile nella colfiviizionc perfezionata. Serve a dare
certi lavori pconoinici alla terra, a triturarla, a coprir semente, a sarcliiar
grani, a ringiovanir prati ec. Esige un paio di bovi roliusli per i forti la-
vori.
(io) P di utilità immensa spccialniente unita al coltro in tutti i lavori
nei quali si tratta di trasporti di terra a piccola distanza, come livellamento
di jirati,^ cscavazioni di canali, costruzioni d'argini ec.
(il) È utilissimo per scniinarc nei solclii o nei segni del rigatorp. Se dee
cuoprirc il scine da per se occorrono due uomini per servirlo, o un ra-
gazzo ed un giumento.
I tranelli sono ulilissi|ni pel trasporlo sul lavoro de' respeltivi arnesi, clie
di vcrsii mente bisogna portar sul carro, o sulla tn ggia, ove si sciupano fa-
cilmente.
(12) Maccliina eccellente per ispolverare e rinfrescare grani e biade senza
muoverle di granaio, e da ii(lojir;irsi sull'jija quando manca la brezza,
(|3) Arnese delja più gran sicurezza per clii lo maneggia, risparmia alle
piante molte ferite, e dà molta sjjeditczza al lavoro, serve per viti, olivi,
frutti ec.
(14) C'5) (16) (17) Sono arnesi leggieri e di pttima foggia coi quali si
eseguiscono i lavori meglio e più presto che coi ferri adoprati comunemente
fra noi. Sono oHiiui j» r assuefare i giovani a lavorar la terra.
Chiunque volesse in Sicilia far acquisto de' suddetti arnesi potrà far giun-
gere la sua domanda nella libreria di Ant. Muratori, via Toledo u. 382.
MECCANICHE 73
10. Cartiere iTInghiherrn.
Prodotto delle cartiere inglesi.
Anno i83u i832. i833.
Ihnli il terra e Paese
di Galles.... Libb. 51149069 S-zqaSoaG 55911774
Scozia 836q5o8 8886780 9088014
hianda 177J827 2179^63 1397080
Tolale 61275404 68909109 67397868
Dritti daziari riscossi sulla fabbricazione della carta.
iS3u i83a. i833.
Iiigliil terra e Paese
di Galles... Lir.ster. 566o2!g 59oa5o GaspSS
Scozia 9455g 100061 lonSfìG
Irlauda 192x2 0.^300 26785
Totale 679800 714623 762274
Sino alla metk del secolo xviii la carta che fabbricavasi m
Inghilterra era ben lungi dal bastare al consumo interno; o^gi
i fabbricanti inglesi, oltre al soddisfare alle domande d^ll'inler-
ijo, esportano da 2 a 3 milioni di libbre il cui valore ammonta
a circa 100 mila lire sterline, e sulle quali il 'fisco peicepisce
nn dritto di 38 mila lire a un incirca. La Francia eh? altra
volta sovveniva alle richieste deiringhilterra, Oggi è costretta di
(loinaudaile lu catta da stampe.
74 SCIENZE ED ARTI
II. Commercio librario tra la Francia e V/nghihcrra,
Tavola delle importazioni ed esportazioni di libri tra la Francia
e Clnghillerra dal 1821 al i832.
Anni. Esportazione dalla Francia Esportazione dall'Inghilterra
per l'Inghilterra, per la Francia,
1821 Cliilogr. 811-27 franchi 407^34 Chil. 19086 fr. iioSjS
1821 84649 4'2543'2 20708 ... 1-22352
1828 99181 497333 16784 ••• 99226
1824 111221 561072 ...... 16408 ... 96412
J823 178366 914528 17632 ... 121453
1826 94479 ••..•.•• 66i353 19036 ... i32i44
1827 91949 48"54' 17641 ... 120493
1828 ..^ 116429 623491 i83o6 ... 124984
1829 103282 554770 21907 ... 147647
j83o 108897 554545 22714 ••• 154276
i83i 81598 418958 i5q62 ... 109856
i832 84954 435328 19682 ... i3i3i8
Secondo questa tavola, si può calcolare che il numero de' vo-
lumi che ogni anno si esporlano dalla Francia per Tlnghillerra
è circa 4^0 mila, mentre the la Fiancia non riceve dall' lo-
gliilieira rhe 80 mila volumi all'anno. Ma la sproporzione ap-
parente che vi ha in questo cambio d'idee tra le due nazioni che
sono alla testa del progresso sociale, in lealtà non esiste; perchè,
se ringhilleira dimanda alla Francia più di quj-llo che le spe-
disce, ciò viene dall'esser la Francia l'organo del conunercio li-
brario che la l'Inghilterra colla Germania e l'Italia, cosicché noa
sono soliimeme i libri francesi quelli che la Fr.mcia suol man-
dare alla Gran-Brettagna. Oltrecciò i tipografi francesi ristam-
paiido sul continente le opere inglesi, possono venderle a miglior
prezzo, e scemano cosi lo spaccio delle edizioni inglf^si: specula-
zione che in Inghilterra non si può iiitraprendere per difetto di
smercio. Se a queste considerazioni si aggiunge che le traduzioni
di opere inglesi sono più frequenti in Francia di quel che sieno
in Inghilterra le traduzioni delle francesi, si spiegherà ficilmenle
la origine della differenza che esiste tra le esportazioni de' due
paesi.
11. Pianta erbacea per gli animali boi'ini.
Il sig. Claudio Horland di Firenze possiede una pianta di gran-
dissima utilità per governare le bestie bovine tutto l'anno, quasi
seuza interruzione, reudendo aunualaieme da 5o a 70 libbre di
MECCANICHE 'j5
verdura, e occupnndo ciascuna pianta un solo biacclo quadro di
terra da giano. Qursla pianta resiste a qualun(|ue stravaganza delle
stagioni, essendosi Lene sperimentato che il clima toscano sembra
erralo per la conservazione della medesima che resta fruttifera e
vegeta jier il corso di dieci ^anni senza altra cura se non che di
lapparla una volta l'anno. E questa della famiglia del Cardun-
culus sgagenicse di Barberia , la quale sorpassa in rendita tutte
quelle che si sono coltivate fino al presente pel uutrimento de«
gli animali bovini.
Questa pianta è anche squisita adoperandola si cotta che crnda
per qualsiasi elegante tavola.
Il suo fiore sei ve- meravigliosamente a coagolare il latte, sema
dare al formaggio alcun callivo sapore; e può ricavarsi dal detto
fiore anche qualche prezzo.
Il seme serve ancora ad ingrassare in poco tempo il pollame,
e non volendo servirsene a quest'uso, se ne può fare dell'olio per
luui.
i3. Consery azione delle uve.
Si dice efficacissimo a conservar fresche le uve, il seguente me-
todo. Depongasi in un barile nuovo un suolo di crusca, sul quale
si collochino i grappoli, scelti ad acini non molto fìtti, in guisa
però che non tocchino in nessun punto le pareti del barile. Poi
si ricoprano di altro suolo di crusca, su cui tornisi a farne al-
ti© di uva; e così a vicenda crusca ed uva , in sino a che il
barile sia liempiulo. Allora lo si chiude, per quanto possibile,
einieticamenle, e serbasi in luogo di temperatura dolce. — Còl-
l'adoperare crusca di frumento bene seccala al forno, potransi
conservale le uve per sei mesi.
Su quest'articolo però dice il giornale di commercio di Napoli.
)) Malamente si raccomanda la crusca pei la conservazione delle
uve per rauluuno, mettendole fra due suoli alternativi di questa
sostanza. Che quando una quantità di granelli si guasta, può for-
marsi una fermentazione nella farina che resta ancora tra la cru-
sca, sicché tutta l'uva può magagnarsi. E perchè niolti hanno
cos'i perduta la loro provvisione d'inverno; noi raccomandiamo
in preferenza l'uso della segalma di legno o della cenere, ina si
l'una che l'altra stacciata e bene asciutta.
)) Per avere nell'inverno le uve senza grinze e piene come se
allora fosser colle, basta immergere i graspoli per quattro ©cin-
que minuti nell'acqua tepida, l]is«gna aver cura di asciugarle fra
due pannolini e preparare solo tanto che possa servire per un gior-
no. Ma si può benanche lasciarle rafireddare in un luogo fresco,
e fjrue uso in seguilo. »
76 SCIENZE ED ARTI
14. Nuova forza motrice per supplire al vapore.
Lord Dundonald^ il quale si occupa con molto profitto di
studi fisici e di considerazioni politiche e commerciali, lia ia-
ve-ntato un liuovo mezzo ingegnosissimo per supplire, in gran par-
te, l azione del vapore. Egli si serve per ciò di due casse erme-
licameute chiuse e comunicanti tra loro. L'una contiene mercurio,
e l'altra aria atmosferica. Allorc|uatido queste casse, le quali sono
legale insieme con tuhi di comunicazione, provano una inclina-
zione qualunque, il mercurio lascia la cassa più bassa. Da que-
sto movimento risulla un volo assoluto nella cassa che racchiu-
deva il mei curio, e un impulso dell'aria atmosferica nell'altra
cassa. Questo è il voto e il pieno che si ottiene nella generazione
e condensazione del vapore. Si può quindi utilizzare questa no-
vella forza motrice al pari della potenza del vapore.
Il minimo movimento in una nave, che contenesse questo nuovo
apparecchio meccanico, produrrebbe immediatamente la trasmis-
sione del mercurio da una cassa all'altra, e vi cagionerebbe al-
terniitivamente il vólo e il pieno.
Ma, in un tempo di perfetta calma e in un riposo assoluto
della nave, la macchina di lord Dundonald rimarrebbe senza ef-
fètto. Quindi è che questo abile meccanico no» propone la sua
invenzione come un perfi-iio sostituto delle macchine a vapore,
ma pensa che essa potrebbe servire di ausiliario eslremaniente
utile nei tempi ordinari, allorché il mare ha un'agitazione qua-
lunque (la più piccola basterebbe)- Sarebbero impiegale con tal
mezzo le macchine a vapore in tempo di calma o di semicalma;
e la novella forza motrice di lord Dundonald negli altri tempi,
il che produrrebbe, egli dice, una grandissima economia di com-
bustibile.
Lord Dundonald ha riconosciuto per via di molte esperienze
che ^5oo chilogrammi di mercurio posli in moto, alla ragione
di 320 piedi il minuto danno una forza eguale a quella di cento
cavalli. La forza slimaliva di un cavallo, nelle macchine a va-
pore, solleva un peso di 16 mila chilogrammi, ad un piede di
altezza, in un minuto.
Chilogrammi i5 mila di mercurio darebbero una forza mo-
trice eguale a quella di due macchine a vapore di 100 cavalli
Tuna.
il prezzo J»l mercurio è assai elevato, poiché mille chilogram-
mi costano ordinariamente 200 lire sterline o b mila franchi. Quindi
i ao mila chilogrammi di mercurio, necessari al nuovo apparec-
chio di lord Dundonald^ per ottenere una forza motrice di 200
eavalli^ costerebbero ^5 a 100 mila franchi. Ma questa spesala-
MECCANICHE 77
rtbbe fatta una volta per sempre, poiché il mercurio non au-
drtbbe soggetlo a depcrdizioiie ne' suoi dondoliimeoli.
La spesa del cotisuino del carboii fossile, per due macchine a
vapore di loo cavalli fuua, monta a 1 5o mila franchi il seme-
stre. La compra del mercurio, tieil'afiparecchio Dundonald^ noti
costerebbe duii([ue al di là della somma necessnria a fornire il
combustibile per sei mesi a due macchine a vapore di loo ca-
valli: e questa spesa non sarebbe perduta come qut-Ua del con-
sumo del combustibile, poiché il metallo rimarrebbe, e potrebbe
essere eternamente impiegalo,© pure essere rivenduto quasi seuza
perdita.
Questa scoperta, che non ancora ha ricevuto un'applicazione
sopra di una grande scala, merita l'alteiizion; de' meccanici. Non
deve essere classificata fino ad ora se non tra le teorie brillan-
ti, di cui la sola sperienza potrà dimostrare l'utilità.
i5. Grano petunielle nero.
Questo grano coltivato al Giardino delle piante in Parigi, è
generahiiiuie ben poco conosciuto, e nondimeno n:erila l'aiten-
lione de' coltivatori. Al vantaggio che gode di poter essere se-
minalo a piimavera, si aggiunge quello di somminislrate uu pro-
dotto molto superiore a quello de' nostri frumenti d'inverno. Il
successo è anche sem[)re più certo, perchè non ha a sopportare
l'influenza sovente pericolosa della Cattiva stagione. Esso è altresì
preferibile ai grani di marzo per la sua paglia mollo più alta,
ed egualmente succosa, e pei suoi grani che si tengono mollo me-
glio nella loro pula.
Qu"sta specie ha le spighe lunghe, grossissime, ben piene e
gueinile di baibe nere di 4 a 5 pollici. Il grano è bellissimo
e di forma rotonda. Tritato sotto i denti, sembra dare un;i gran
quantità di f.irina. La sua epidermide è soitilissima, ciò chi lo
rende mollo facile a macinare. Si è osservalo che siuora non è
slato attaccato dalla cane.
La sua coltura non differisce da quella degli allri frumenti J
solamente bisogna seminarlo meno spesso, perchè ripullula mol-
to. 1 vantaggi che presenta il grano di Petuniel ntro sono tali
da impegnare i coltivatori amici del loro paese a propagarlo per
sommetleilo a tutte le prove che possono dimostrare la sua uti-
lità, ed indurre gli agronomi ad introdurlo nelle loro colture. Il
Bon-jardinier dice che i numerosi saggi fatti in Francia sono ge-
neralmente riusciti benissimo.
Il giardino delle piante di Parigi ne ha ricevuto in diverse
volte ed a diverse epoche, e tutte le seminagioni hanno dato ri-
suliamcnli ideatici , senza mescolanza j e della più gran soddisfazione.
^8 - SCIENZE ED ARTI
La direzione del Giornale di Coinniercìo di Firenze ha rìce-
\uto una discreta quantità di questo giano e del grano gigante
di S. Elena da servire per gli esperimenti. A Piacenza e a Mi-
lano si vendono questi semi centesimi 80 Toncia, e la direzioue
lo rilascia ivi a un paolo Toncia.
16. Navigazione a vapore in Inghilterra.,
Da un rapporto pubblicato di recente si hanno i seguenti ri-
sultati circa l'aumento della navigazione a vapore nella Gran»
Brettagna durante gli ultimi due aoai i832 e i833, non coia«
presa la navigazione fluviale.
I^el i833 viaggi di costa 11401 con tonnellate iGSioSg
i832 10829 i5oi649
Aumento 10^2 15044"
La navigazione per porti esteri fu
Kel i833 di 'viaggi i3o6 con tonnellate 1 37921
i832 1112 9B146
Aumento ' ig4 3477^
L'amministrazione inglese delle poste impiega in oggi regolaf-
mente 26 pacchetti a vapore, cioè 6 fra Liverpool e Dublino,
ciascuno di 3oo toimellate e della forza di i4o cavalli — 6 fra
Holyhead e Dublino, di 235 tonnellate, e della forza di 80 ca-
valli— 2 fra Portpatrick e Donoghadee di no a i3o tounellale
e forza di 4° cavalli — 3 fra Weymonlh e Guernsey e lersay
di i54 a i65 tonnellate, e forza di 60 cavalli — 5 fra Dova-,
Calais, e Ostenda di 110 tonnellate, e forza di 4o a 5o civalli.
Tutti questi pacchetti fanno in un anno 22g3 viaggi nti quali
consumano Soooo tonnellate di carbou fossile. Non succede quasi
mai che q^uaicuao di questi pacchetti ritardi il auo arrivo.
MECCANICHE 79
15. Consumo del carhon fossile in Inghilterra e Galles.
Nelle nianifatlure tonnellate ^Sooooo
Nelle case pailicolari 5:)coooo
Esportazioui Soooooo
12000000
La tonnellata essendo composta di 1 000 libbre metriche risull»
il totale cousuiuo iu libbre i54oooooo.
18. Nuova maniera di stampa del dottor Giuseppe Menici.
Il sig. Menici divide in tre parti il processo che innpiega per
formare la stam[)a.
I. Per mezzo di vernice coppale, e polvere finissima di mar-
mo compone una pasta , che distende sopra un piano, o di le-
gno o di pietra in n>odo da farne uno strato eguale della gros-
sezza di uno scudo. Divenuto secco, con della pomice, ne rende
più eguale la superficie non solo, ma c|up1 sodile strato di ver-
nice che si raccoglie alla superficie, e pregiudica al buon resultato.
•1. Con penne egli scrive sopra questo piano da sinistra a de-
stra, servendosi di una tinta composta di inchioslro da stampa
e vernice coppale lasciandolo essicare per un giorno.
3. L'operazioue terza cousiste in bagnare il descritto apparec-
chio con acido muriatico venale del commercio, dilulo con cin-
que parli in peso d'acqua; cessata l'efiervescenza, che si sviluppa
iu questa operazione, si separa per inclinazione il saturalo liqui-
do, e si torna a ribagnare con nuovo acido 5 alternando questo
andamento, fìnochè il carattere non sia divenuto rilevato quanto
è grossa una moneta di paoli tre romani; quindi vi fa diversi
getti d'acqua pura e bene spontaneamente essicato le da uno strato
di vernice coppale.
Ciica al modo d'impiegare questa slampa, il sig. Menici prende
un loglio di carta già immersa nell'acqua, quasi grondante la
distende sulla slampa, dipoi con un cuscinello di tela, o con un
cilindretto di b gno foderalo a vari giri di tela, vi fa una leggera
pressione, onde si vede comparire il già fatto carattere, per ade-
pressione della carta bagnata nelle cavita della superficie che ri-
cuopre. Disiende con molta parsimonia sopra altro cilinilretlo di
80 SCIÉRZE ED AftTl
IpgDO, uoii mollo grave ricoperto di Jue strati clie uno è «li teìa
fina di lino, e l'allro di seta ben serrala, una tinta quasi pulve*
rulenta composta con mucilafigine di gomma, zucchero, C nera
fumo, e fattolo girare sopra rappareccliiata carta con dolce modo
egli ne ottiene la prima copia come le cento e le mille.
xg. Carrozza a vapore per terra e pef mare-
Un ingegnere americano, nominato Wisthon, a' miracoli delle
carrozze a vapore ne aggiunse un nuovo, avendone ej^li fabbricato
una che può rassomigliarsi ad un anfibio, peiocchè si può gio-
varsi della medesima tanto per acqua che per mafe. Quando si
vuole traghettare uu torrente, le quattro ruote restano immobili^
e mediante un meccanismo interno né soitono sul momento in
loro vece quattro remi, che sospingono assai comodamente la car-
rozza dall'una alTallra riva. La sua costruzione semplice e poco
costosa ha la forma di un serpente alligatore, ossia di un coco»
drillo. Si può assai di leggieri montarvi sopra e smontare.
20. Panno di stracci'
Venne Stabilita nelle vicinanze di Leeds nell'Inghilterra, una
singolare manifattura di lanificio. Le sue materie prime non sono
che vecchi pezzi di stracci di panno, di flanella, e di ogni sorta
di cenci di lana. Tutti gli anni portasi a quella fabbrica una
enorme quantità di questi oggetti, il cui peso è di circa cinque
milioni. Vengono tali stracci sottoposti all'azione d'una macchina,
che li riduce allo stato quasi della lana, e quindi cardeggiati ven-
gono frammisti a poca lana nuova, ed assieme a questa sono fi-*
lati, e tessati; e giungesi con questo mezzo a fabbricare con qudle
materie una specie di panno che non è ne molto forte, né mollo
bello, ina però di piccolo valore, e viene adoperato a molti e dif-
ferenti usi. Questa fabbrica non hi nessun oggetto fraudolento, nul-
l'altro si è il suo scopo che di ottenere economicamente un pro-
dotto di natura inferiore, ma utile, il cui prezzo è piccolo, perchè
^uel prodotto è formalo di materie che si consideravano i:iutdi'
MECCANJCHE 8 1
Meal Istituto cC incoraggiamento di agricoltura^
artij e mestieri per la Sicilia.
AVVISO.
PiTScrivcntlosi all'articolo 98 del capitolo nono de-
gli stiituli di questo R. Istituto d'Iijcoraf;giaiiMnto di
aversi a distribuire ili ogni biennio, oltre i consutli
premi stabiliti nello articolo 87 del capitolo ottavo,
due. 3oo per premi di tre memorie da coiDnarsi per
concorso, le quali debbono trattare del miglioramento
di quei rami d'industria nazionale, che saran creduli
più piolicui alla Sicilia; e poiché tal periodo anderà
q compiersi nella prossima esposizione del venturo mag-
gio i836, questo H. Istituto, sollecito dello adempi-
mento di tal dovere, avendo rassegnato al Governo i
temi del programma da pubblicarsi, e questi essendo
stali già superiormente approvati con venerata mini-
steiiale dei 10 del corrente mese, riparti mento dell'in-
terno, carico 2 n. 7543 si aftielta a venderne avvisato
il pubblico, affinchè chiunque volesse concorrere al con-
seguimento di questo premio, potesse accingersi al la-
voro, I temi di ehe dovjau traltave le rilLiite memo-
rie sono i Seguenti,
M 1. Quali sarebbero ì mezzi da praticarsi in Sicilia
» per accrescere i più utili e vari rami dell'agricoltura;
?> e quali sarebbero nelle attuali circostanze i pù pro«
»J pri ed adatti al vantaggio dell'isola?
>j 2, A migliorar la condizione della Sicilia conviene
» far capo delle arti e del commeicio cogli stranieri,
V o del miglioramento della sua agricoltura? Nell'uno
■» e nelTaliro caso quali sono i principali ostacoli eco-
» nomici da rimuovere, e quali i mezzi da mettere iti
>,) opery per ottenere la nostra industria,
>i 3. Come attenuare la spesa della produzione dei
82 SCIENZE ED ARTI
» nostri grani duri, tanto accreditati in commercio, ia
» modo che non si tema più la concorrenza degli slra-
>j nieri, e si goda dello aumento della ricolta e della
M migliorata condizione della derrata? ■»
Le memorie scritte su questi temi, cogli analoghi
modelli, o disegni di nuove macchine se vi avran luogo,
dovranno esser presentate al segretario generale di que-
sto R. Istituto, chiuse o aperte a loro piacere, ma senza
nómi di autori, e segnate di un motto arbitrario, nel
giorno 1 di aprile venturo i83G impreteribilmente, elasso
il qual giorno non saranno più ricevute.
Contemporaneamente presenteranno i concorrenti una
scheda suggellata, nella quale sarà scritto il nome del-
l'autore, e al di fuori sarà notato collo slesso motto
apposto alla memoria.
Queste memorie saranno rimesse alla classe rispettiva
del R. Istituto, cui si apparterranno, e le schede conser-
vate nella cassa con suggello.
Le classi, fatto un severo esame di tutte le memorie,
ne faranno in iscritto i corrispondenti rapporti, che
verranno presentati alla generale unione dell'Istituto,
il quale in un'altra sessione deciderà a voti segreti del
loro merito, e del premio da conferirsi.
In seguilo di tale rapporto sarà fissala la sessione ge-
nerale in cui si coroneranno quelle memorie che avranno
più soddisfatto ai programmi, e le altre che avran me-
ritato Vaccessit.
Sarà vietato di restituire, dietro la presentazione, al-
cuna memoria al suo autore, che la dimandi.
Al momento che sarà fatto il giudizio si apriranno
quelle schede che avranno i corrispondenti molti delle
memorie che avran meritalo il premio, e di quelle che
avranno ottenuto Vaccessit e si pubblicheranno i nomi
degli autori rispettivi, bruciando le altre schede nella
stessa pubblica sessione.
Con altro manifesto si appaleserà il giorno in cui
verrà fatta la solenne distribuzione dei succenimti premi,
MECCANICHE 83
tanto per essere presenti coloro che avran la gloria di
essere coronali, quanto perchè a maggior solennità \i
assista il colto pubblico.
// Presidente
PRINCIPE DI VILLAFRANCA.
// Segretario Generale
Emmànuele Vaccaro.
Real Segreteria e Ministero di Stato ec.Ripartimento
dell' Interno y 2° C urico , num.
Sulla dimanda de' signori Giorgio Wood e compa»
gni rappresentata dall'Intendente di Girgcnti con rap-
porto del 1° aprile che tendeva ad ottenere il permesso
di accendere in ogni mese nel tempo del divieto due
fornaci di zolfo per esperimento del minerale che rica-
vasse, l'Istituto d'Incoraggiamento ha avvisato non do-
versi consentir questo sì pei danni che potrebbero tor-
nare ai colli da un volume qualunque di gas acido sol-
foroso cacciato da' venti, sì per l'esempio che si darebbe
ai possessori di altre solfanarie a richieder la stessa li-
cenza, sì perchè questa si potrebbe abbusare. Ond'è che
S. E. il funzionante da Luogotenente Generale, conforme
all'avviso di cotesto Reale Istituto, che conobbe ben
fondato e prudente, ha risoluto nel Consiglio del 76 di
non permettere il brugiamenlo, ne anche per una sola
fornace nel tempo in cui è proibito per generalità ia
tutte le solfanarie, secondo i regolamenti in vigore.
Comunico ciò a cotesto Istituto per sua intelligenza.
Palermo 29 giugno i835.
Jl duca Sammartino.
Per copia conforme
// Segretario Generale
Emmanuele Vaccaro.
84 SCIENZE ED ARTI
JReal Segreterìa e Ministero di Stato ec. Ripartimento
dell'Interno^ s° Carico^ mini.
Eccellenza
Da S. E. il Ministro Segretario di Stalo per gli af-
fari di Sicilia in Napoli è stalo comunicato il seguente
rescritto w Eccellenza — Il consiglio generale della valle
di Paìernjo, prima di essergli venuto in legale notizia
li Real Decreto dei 2i marzo j833, col quale fu au-
mentato a ducali due a cantojo il dazio sui grani este-
ri, che si rimettono in questa parte dei Reali Domini
con bastimenti esteri, chiese dei provvedimenti atti ad
impedire, che trasportandosi poi i sudetti grani esteri
per cabotaggio in Sicilia, ove ne è proibita l'importa-
zione, non restasse deluso l'oggetto del divieto. Incari-
cata da S. M. la Consulta dei Reali Domini oltre il
Faro di dare il suo avviso, la medesima ha considerato,
che il sudetlo dazio di ducati due a cantajo corrisponde
a ducati 5 per ogni salma di Sicilia, e quello di du-
cati 3 equivale a due. 8 e gr. io, somraa che sorpassa
il prezzo attuale dei grani. Ravvisando perciò la Con-
sulla nell'aumento qui portato al sudetto dazio una in-
diretta proibizione d'immettersi i grani esteri ha osser-
vato, che il solo caso di venir qui introdotti in contrab-
bando per la facilità, che ne offre la circostanza delle
spiagge romane ai porti di questi Reali Domini, possa
fare avvenire, che grani esteri sieno in cabotaggio tra-
sportali da questa all'altra parte di regno, come le au-
torità di Sicilia sostengono di essere avvenuto. Quindi
è stata d'avviso incaricarsi i primari agenti finanzieri
di Napoli, alfinchè inculcassero la più ascella vigilanza
agf impiegati subalterni, onde impedire la clandestina
introduzione in questa parte del regno dei grani esteri,
e la esportazione iqdi dei medesimi per immettersi iu
MECCANICHB 85
Sicilia. — S. M. cui ho ciò rassegnalo nel Consiglio or-
dinario di Stato dei i4 del córrente si è degnata ap-
provare le considerazioni, e l'avviso della Consulta su-
detta. Nel Real nome lo partecipo a V. E. per l'uso
conveniente di sua parte, nell'intelligenza di averne fatta
la debita comunicazione al sig. Ministro delle Finanze, w
Napoli 17 giugno i835.
Ed io nel Real nome comunico ciò a V. E. per l'uso
di risulta. — Palermo 6 agosto i835.
Jl principe di Campqfranco.
Per copia conforme
// Segretario Generale
Emmanuele Vaccaro.
Società Economica della valle di Trapani.
Trapani li 37 luglio i835.
Eccellenza
Dopoché ebbi l'onore di darle contezza con mio of-
ficio del i3 marzo ultimo di num. 36 d'aver commesso
in Firenze presso la fattoria di Mileto del chiarissimo
marchese Ridolfi la costruzione di un erpice, e dell'a-
ratro grange, mi faccio ora ad annunziarle con verace
compiacimento d'esser già pervenuti a questa società i
eennali rustici arnesi, i quali han riscosso la pubblica
approvazione. In breve alcuni soci più esperti nelle cose
agrarie andranno a farne gli esperimenti, e la società
farassi un pregio nel tenerla istruita dei risultamenti ,
che saranno per ottenersi.
Corrispondendo poi alle brame di codesto Reale Isti-
tuto manifestatemi dall'E. V. con pregevole oflicio del
26 detto mese di num. 327, mi son già data la pre-
mura di làr eseguire da uà accurato arlelice i modelli
G
86 SCIENZE ED ARTI
esattissimi degl'inclicati strumenti, die appena condotti
a termine mi darò il bene di farle arrivare.
L'importo degli stessi sino in questa comune è asceso
ad once 28 i i4 giusta la specifica, die troverà acchiusa
nel presente in conformità della fattura, che dall'inca-
ricato mi è stata rimessa. Fra le spese però vi troverà
l'È. V. una partita di once 6 27 per dazio e spese in
dogana, che mercè l'opera del Reale Istituto io brame-
rei, che potesse risparmiarsi alle limitate finanze di que-
sta Economica Società. Non è nuovo l'esempio della
esenzione di dazio per gl'introduttori di nuovi strumenti
agrari, comecliè semplici particolari, ed io vivo sicu-
ro, che se in tempo debito questa Società l'avesse ri-
chiesta, le sarebbe stalo al certo concessa. Il non es-
sersi però trovalo in codesta capitale da più mesi in-
dietro il nostro incaricato, e perciò la mancanza di no-
tizia circa l'acquisto degli strumenti in discorso, fece sì
che arrivarono in cotesto porlo all'insaputa di tutti, e
fu necessità pagarne il dazio d'immissione per poterli
rimettere in questa. Ma non essendo consentaneo alle
clementi vedute dell'augusto Legislatore il frapporre osta-
colo alcuno su tutto ciò, che può tendere al migliora-
mento della siciliana industria rurale, che forma lo scopo
primario di nostra, santissima missione, io mi fo ardito
nel pregar caldamente l'È. V. ad impetrare dal nostro
saggio Governo la restituzione del dazio corrispósto da
questa Società Economica per l'introduzione di due ru-
stici arnesi, ad oggetto soltanto di farne conoscere col-
l'esperienza l'utile ed i vantaggi, e servir di modello a
coloroj che volessero adottarne l'uso, e la pratica.
// Presidente
LvjGi Barberi.
Il Segretario perpetuo
Cav. Benedetto Omodei.
Per copia conforme
Il Segretario Generale
Emmanuele Vaccaro.
MECCANICHE Sj
Prolusione olla secJnta generale della Società Eco-
nontica del valle di Callanis setta letta dal Presi'
dente di quella il dì 3o maggio iS35.
Se vi è ocjgetfo meritevole della comune riconoscenza
nelle associazioni distinte tra di noi col nome di Acca-
demie, lo e cei tamenle quello di dillbnder nel pubblico
le utili coj^nizioni; e se tra queste avvene alcuna tenuta
più delle altre a corrispondere a questo fine lodevolis-
simo lo è certamente la vostra, ornatissimi Accademici,
che figlia della saggezza di quel magnanimo Ferdinando
li" eli e sovranamente ci rege, e destinata a comunicare
ai semplici cultori della terra, ed ai manilàtturieri d'o-
gni arte quelle verità fisiche per le quali e l'agricoltura,
e le arti tutte possono esser portate al più alto grado
di perfezione. E di fatto i progressi delle scienze non
mai inditìèrenti al miglioramento della prosperità pub-
blica e della privata economia ci svelano* de' fatti ignoti,
e ci fanno più sensatamente avvertire su quelli che noi
conosciamo, e con la face della verità e dell'evidenza
guidano a miglior cammino la cieca pratica, che troppo
spesso disprezzatrice delle discussioni, e delle novità, fi-
data a se stessa ad altro non giunge che a render più
riveriti nel volgo gli errori i più assurdi ed i metodi
i più inconcludenti.
Dopo i rapidi progressi delle scienze fisiche l'agricol-
tura, le arti, e le manifatture, immensi vantaggi di
continuo apportano alla Società in guisa che la più pic-
cola scoperta sulle leggi della natura può diminuire la
spesa pubblica e privata, cangiare i mezzi e l'andamento
del comuìercio, ed alterarne i rapporti i più fondamen-
tali; tale è il potere delle scienze, ed i servigi ehe que-
ste prestano di continuo alla società, ma fra di loro è
l'agricoltura, sono le arti, e le manifatture quelle elio
dcvori ritraruc i maggiori vantaggi.
88 SCIENZE ED ARTI
La verità e l'cstenzione degli oggetti che abbraccia
l'agricoltura l'han di già resa una delie scienze le piìi
vaste, e la pongono in contatto con tutte le altre an-
cora, di modo che da esse per lo appunto si traggono
i mezzi onde vieppiù perfezionarla; la fisica generale e
particolare, la botanica, la mineralogia, l'astronomia,
la geometria, la meteorologia, la chimica,, l'architettura
civile, l'idraulica, le arti meccaniche tutte, o quasi tulle
somministrano elementi preziosi all'agricoltura.
L'arte, dice un celebre scrittore, non fa che eseguire
la legge, la scienza è quella che la detta, per lo che
la pratica non è altro se non che l'applicazione di quanto
antecedentemente è slato dalle antecedenti meditazioni
de' dotti osservato; e se al puro caso dobbiamo lasco-
perla di alcuni fatti importantissimi, alle scienze ed a
chi le coltiva siam debitori del ritrattone profillo. Vano
ed erroneo è il ridire che l'isperienza supcia la scien-
za, e che la pratica vale assai più d(;lla teoria, dapoi-
chè se quella progredisce ciò addiviene perchè questa
le segna il cammino che deve percorrere. Se più vicino
al suo scopo trovasi colui, dice Ivard, il quale è for-
nito delle pratiche cognizioni, gli errori però, ai quali
lo espone l'assoluta mancanza di ogni teoria, gli fon sen-
tire l'indispensabile necessità di quella: di più le sue
cognizioni circoscritte nell'augusla sfera delle sue con-
suetudini gli tolgono i vasti modi di confronto e ren-
dono il suo cammino lenlo, e penoso.
A])po gli antichi l'agricoltura era considerata come
la più nobile e la prima occupazione dell'uomo, que-
sta maestra delle arti fu degradala dai pregiudizi, e fu
abbandonata la cultura della terra alla pura pratica to-
sto che gli oggetti di lusso prevalselo a quelli di prima
necessità; Plinio parlando de' Romani ci dice che quelli
maneggiavan le sementi con la stessa diligenza con la
quale maneggiavano le armi, e disponevano i loro campi
al pari de' loro accampamenti; del che bisogna dedurne
che senza una completa istruzione, ed una pjralica ih
NECCANTCHE iSq
luminata imposslMl si rnide di oltenrre scientifici pro-
girssi lu'll'jij^ricolluia non solo ,, ina .nelle arti e nelle
nianifallure ancóra. i . ■. n ■
A voi si addice, ornatissimi soci, toj^lier di mezzo quei
traviati principi (he tanto diMino arrecano allo avanza-
mento dell'agricoltura, delle arti, e delle manifallure.
Prescelti dall'auj^usto Monarca a formare un centro da
cui dipartir si devono le utili cO};nizioni sull'obbielto di
tale saggia istituzione. Memori del giuramento prestato
in mie mani il giorno di vostra inaugurazione, egli e
tempo di coaipierne l'onorato incarico. Un locale pro-
prio vi è slato donato dalla munificenza Sovrana mercè
le j)remure del nostro socio don Andrea Vaccaro, fun-
zionante allora da Intendente, e di cui ci è sempre cara
la riuiemhranza , e cjueslo è oggi ridotto in istalo da
servir bene ad un letterario consesso. Il vostro gabinetto
è provveduto di macchine proprie per le meleoiologi-
clie osservazioni, e mensilmente s'inviano al R. Istituto
l'esatte osservazioni del peso dell'aria, del grado di tem-
peratura dell'atmosfera, de' venti che sj/irano, della loro
direzione e della loro forza, dello stalo del cielo, della
quantità di pioggia che cade, e delle meteore che l'ac-
compiigriano. La vostra biblioteca va crescendo di giorno
in giorno, e le memorie di taluni di voi ne formano
il più bèllo ornamento. Per nulla si è mancato dal R,
Ltituto onde togliere quegli intoppi che si opponevano
airatidameuto di questa società che fra le al Ire, per sua
testimonianza, si è fin ora distinta. Il vostro zelo non
sia per divenir meno giammai, e fedeli alla vostra pro-
messa Corrispondete alle benefiche mire dell'augusto Mo-
narca, che di sì utile istituzione ci fa grazioso douo.
Abate EMiiAyvELE P'jcCjìiìo Direttore ed Editore per la parie
dei lavori del Heale Istituto d'Incoraggiamento.
90 SCIENZE ED ARTI
PARTE SECONDA.
Lettera II. al eh. sig. Carlo Matteucci intorno al
calore proprio delle piante ^ di D, Paoli {i).
Di Pesaro 18 luglio i835.
Pregiatissimo amico
Se nuovamente mi fo a scrivervi intorno al calore
proprio degli esseri organizzati, non è ora per oppoire
nuove obbiezioni alle considerazioni vostre su cjuesto
fenomeno della vita, ma bensì per comunicarvi alcuni
miei pensamenti: i quali in principio dolcvami di non
poter sovvenire di una qualche osservazione mia; ciò
che mi era impedito dall'essere la stagione inoltrala di
troppo, e m'immaginava taluni da istituirsi a miglior;
agio. In seguito però ho dovuto convincermi che la
scienza possiede già fatti bastevoli a convalidare quanta
sembravami innanzi tratto potersi coiichiudere da talune
considerazioni forsechè semplicemente teoretiche.
Nella precedente mia Lettera io vi diceva che il con-
siderare le diverse cause di produzione di calore e quelle
che portano al suo disperdimento è quanto basta a spie-
gare perchè in alcune classi di animali, sebbene in se
contengano delle sorgenti di calore, la temperatura sia
eguale, a quella dell'atmosfera. Ora egli mi pare che ciò
possa estendersi eziandio alle piante. So che la loro tem-
peratura poco diversa da quella dell'aere ambiente dalla
maggior parte de' fisici si ascrive a tutt'altro : si con-
siderano le funzioni delle piante incapaci a dar cagione
_ (i) Pubblichiamo con sommo piacere questa scconcìa lettera imporlantis-
sinia del Conte Paoli che fa seguito alla prima sul medesimo argomento ,
e che ci è stata dall'egregio autore indiri;6xata, onde le Eiiomcridi la ren-
dessero di comune ragione.
MECCANICHE 91
a veruna produzione di calore, eccctlo alcuni poclii ca-
si; e le piccole dificrenze clic talvolta si osservano fra
il calore di esse e quello dell'atmosfera si vogliono at-
tribuire alla lenta propagazione del calore attraverso
alla massa delle piante stesse. A questa sentenza pen-
sano i signori Schulzer ed Haider condurre le osserva-
zioni da cssoloro a tal fine istituite, avendo eglino ve-
duto clic tanto il legno di una pianta viva, quanto quello
di una pianta secca e dislaccata dal suolo, serbano una
temperatura inedia rispetto a quella dell'ambiente. E
poco diverso da questo è l'avviso di uno de' più dili-
genti osservatori della fisica delle piante: il eh. Trevi-
rames. Tien egli in generale che niun calore si svolga
per la vita vegetale ; e di piìi asserisce che il calore
proprio degli alberi, ammesso dall'Hunter, Schoepf, Sa-
lomé, ed Ilermbstaedt, fu smentilo dalle osservazioni del
Nau e del proprio fratello; i quali dimostrarono pro-
venir questo dal suolo, al quale aderiscono gli alberi,
e condurre a ciò la poca conducibilità del legno sul
calore, che perciò tardamente si disperde.
Che la poca conducibilità sul calore della fibra le-
gnosa sia ciò che dà cagione a quanto si osserva nelle
piante secche, siccome pensano i primi, è, per quanto
a me sembra, il miglio) e avviso. Se però io a ragione
dissenta da essi ove si tratti delle piante vive, lo giu-
dicherete da quanto sono per dire; ne mi sgomenta lo
stare contro di me quel vieto precetto delle scuole, che
comanda l'ascrivere ad una sola ed identica causa gli
efielti simili; precetto la cui fallacia ci viene spesso mo-
strata dalla contemplazione delle cose naturali. Così la-
scerò a voi il giudicare del valore delle ragioni che io
credo potersi opporre quanto all'influenza della tempe-
ratura del terreno su quella delle piante.
Ora eccomi ad esporvi, e quanto più brevemente per
me si potrà, quali considerazioni mi portino ad allon-
tanarmi dall'opinione generale. Nelle piante hanno senza
dubbio efTetto alcune azioni valevoli a produrre iu esse
92 SCIENZE ED ARTI
un abbassararnlo eli temperatura; e poiché esse, come
appunto viene dimostrato dalle osservazioni prcmenzio-
nate, sono ben lungi dall'avere una temperatura costan-
temente inferiore a quella de' corpi circoslanfi, questo
solo ci presterebbe buon argomento per credere clic in
esse esistano delle sorgenti di calore; imperocché, quan-
d'anche volesse ammettersi col Trevirames l'influenza
del suolo sul calore delle piante, questo non basterebbe
a rendere ragione del fallo, non essendo a credersi che
il terreno conservi sempre una temperatura superiore
a quella dell'atmosfera ; di che mi riserbo a parlarvi
qui a])presso. E questa induzione mia avrebbe, a mio
credere, a tenersi per fondala abbastanza, quand'anche
colali sorgenti di calore ci fossero del tutto ignote. Ma
in vero se vorremo portare la considerazione nostra
sulle azioni che costituiscono l'economia vegetale, ci sarà
facile rinvenire alcune almeno di tali sorgenti.
Una delle cause di disperdimento del calore che esi-
ste nelle piante si è l'irradiazione. Credo superfluo il
ricordare a voi i danni che risentono le j)iante nelle
ijotli fredde e serene, in cui l'irradiazione h più che
inai attiva; su di che, se la memoria non m'illude, mi
sembra aver lette di belle considerazioni dell'Arago nél-
YÀnnuaire pour Van i833 par le bureau des longi-
iudes. Oltre di che si hanno alcune osservazioni del
Guerin; che, confermando quanto già erasi fatto dai
Wells, vide nel verno (24 gennajo 1827), mentre la
temperatura dell'aria era a — 11", 3 cent., alcuni al-
beri ed arbusti segnare al termometro li — i4°-,^ e
— i5°: cioè avere una temperatura di — 3°, 5 più bassa
dell'aria; lo che egli adduce appunto in prova degli ef-
fetti dell'irradiazione e del raiireddamento ch'essa pro-
duce nelle piante a cielo sereno. Qualche esempio che
si avvicini a quello riferito dal Guerin può trovarsi nelle
tavole delle osservazioni meteorologiche che si leggono
ne' primi i5 volumi della Biblioteque Brilannique,
però relativa seinpre a temperature meno basse. Uno
MECCANICHE g'^
di questi, per tacere di paitctlii altri, si presenta nei
piorni 19 Q 24 dictnibre 1796, jìrctidendo la irmpe-
ralura osservata al levar dei sole, poicli»; in tali di la
difiisreriza non è minore di 3", 2 e va fino a 5', 5", 3
e i)^. Egli è vero però che questo mese iàlesso nei
giorni (3- 14 ofiìe un latto del tutto opposto, la. tem-
jxratuia dtll'atniosftra discendendo al L. del sole fino
a — io'',7, mentre quella dell'albero non va al di sotto
di — 3". Il che può vtrisimilmente ascriversi all'essersi
la temperatura dell'aria assai rapidamente freddata in
que' giorni, forse pel vento di NE. che spirò costan-
temente; freddura a cui non parteciparono così tosto
le piante; ovvero alla consolidazione o congelazione dei
succhi, siccome vedrete pensarla il Neufièr, favellandosi
da lui di analoga osservazione.
La causa piincipale però che agisce nelle piante per
abbassarne la temperatura, si ù certo l'evaporazione che
si opera alla loro superficie e segnatamente mercè delle
loro fòglie. Voi conoscete le osservazioni dell' Hales e
del Sennebier sull'evaporazione delle piante; voi sapete
che il Woodward coiithiude da alcune sue osservazioni
j)rc)tratte per undici settimane su di alcune piante, che
in questo spazio di tempo si vaporizzò alla loro super-
fìcie una quanlhtà poco meno che centupla del loro j)e-
so. Certo non è a credersi che in tutte accada una sì
grande evajwrazioiie; se anzi si sa che questa varia nelle
divèrse classi di piaule, siccome lo latino conoscere le
ricerche del Neutli^r; che ascrive ai carici, alle grami-
nce, alle piante acquatiche, ed in generale, a quelle che
abbisognano di molt'acqua, un'evaporazione più copiosa
che nelle coriifere e negli arbusti a foglie coriacee e
nelle piante succulenti. Al dire però di lui, iu breve
esse traspirano l'acqua che contengono; la quale nelle
liiglie delle j)ianle erbacee ascende da 65 a 70 e tal-
volta fino a 88 per cento. Il Mirbel in fine non dubila
nell'asserire che nel corso di poche ore di un giorno
di estale pe' vasi di un albero passa e si disperde pev
94 SCIENZE ED ARTI
l'evaporazione una quantità di linfa assai più conside-
revole di quella che rimane quasi stagnante nella pianta
medesima in tutto l'inverno. La traspirazione delle piante
è dunque si abbondante, ch'essa non può a meno di
produrre un sensibile abbassamento di temperatura; ed
il Neuffer medesimo ascrive a questa causa, cioè all'ac-
cresciuta evaporazione nella state, l'avere in quella sta-
gione l'albero una temperatura inferiore a quella del-
l'atmosfera. E se questo potè egli desumere dalle pro-
prie osservazioni, altrettanto deducesi da quelle isti,tuite;
a Ginevra e riferite nelle tavole suddette della Biblio-
teca Britannica, colle quali si dice essere concordi le
sue. In fatti se osservisi in esse la temperatura dell'at-
mosfera e quella dell'albero ne' mesi di giugno, luglio
e agosto degli anni 1796 a 1800, alle ore due pome-
ridiane, epoca della maggiore evaporazione, si vede es-
sere costantemente quella dell'albero inferiore di molto
alla temperatura dell'atmosfera. Eccone i medi risulta-
menti.
iperatura
'albero.
3,o5
4,7^
1,24
4,75
6,29
3,00
3,93
4,9S
1,81
3,37
4,45 •
3,48
5,83
7>»9
Temperatura dell'aria
a /^ piedi di profondità.
Ten.
del,
J796 Giugno ?5,7i
Luglio 16,76
Agosto.- 17,90
1797 Giugno i3,62
Luglio i9>SS ••....••.•
■Agosto 19,33 ........^^».,^.,;
1798 Giugpo 16, 56
Luglio 17538
Agosto 18, o3
1799 Giugno i5,53
Luglio 17,45
Agosto
18,76
1800 Giugno ,. i5,i3
Luglio.
Agosto,
20,47
20,43
MECCANICHE g5
Forse l'evoluzione [)ur iiticlic dell'ossi £;cno nel giorno,
e dell'iicitlo cmbonico iJL'lla riotle potribbe menzionarsi
fia le cause di disperdinienlo di caloie. Essa però, a
mio credere, può al tulio trascurarsi siccome compen-
sala dall'assorbiinenlo dtll'ossìgeno che si opera nella
iioUe, e dalla produzione dell'acido carbonico, s'egli è
a credersi, come io penso col Saussure e col Berze-
lius, che iu fine l'aria conservi sempre la composizione
medesima per quanto dipende dalle piante.
Le azioni che risiedono nelle piante e che debbono
dar cagione ad innalzamento di temperatura, sono, a
mio credere, la capillarità che senza dubbio in parte
concorre all'assorbimenlo delle loro radici; e molto piìi
di questo le azioni chimiche che in esse si operano,
lentamente sì, ma cerio senza intermissione ,. segnata-
mente dalla j)rimavera al principiare dell'autunno, po-
nendo mente al cangiamento di costituzione de' liquidi
ed anche de' fluidi aeriformi che succhiano le radici;
questi, e quelli prendendo la forma più o meno pros-
siiiia alla solidità per formare il loro parenchima e la
fibra legnosa.
. Quanto all'azione capillare mi limiterò a ricordare
ciò che si dice dal Puisson nella dottissima sua memo-
ria sulle equazioni generali dell'equilibrio e del moto
de' coi [)\, (Bull. Un. Se. matli. jiiin i83o, p 4 io),
ponendosi da lui che ove un fluido venga a contatlo di
un corpo solido , allo ad agire sulle sue molecole (e
certo in questo caso debbesi ammettere una tale azione,
imperocché ha eflètlo l'attrazione molecolare), questo
fa che accada una compressione nel liquido; e ciò sa^
})ete, è (juaiito basta perchè abbia a svolgersi del calore.'
Che l'azione chimica abbia veramente efft'tto nelle
piante è quanto ci portano a credere i rimutamenti che
in essi accadono, la nutrizione loro, la formazioue di
tanti diversi jirincipì, il vedere sciolti in alcuni de' loro
prodotti de' principi minerali, e per fino l'aculo silicico,
sostanza fra le meno solubili. Ed egli può dirsi di più
9^ SCIENIE ED ARTI
che le funzioni tutte della vita vefi;etale si riducono, ol-
tre l'assorbimento, ad altrettante azioni cliimiclie; su di
che non dirò più oltre trattandosi di cose che voi co-
noscete. E tanto più credo dovermi passare di questo
brevissimo cenno, dappoiché, non è ancor mollo, voi
stesso, a proposito del calore animale e delle diverse
cause che valgono a produrlo, aveste a scrivermi; come
questa (l'azione chimica) senza calore? Ora immagi-
neremo noi un'eccezione a questa legge per le sole })ian.
te? Potrebbe forse oppormisi che, ammessi ancora co-
tali rioiutamenli e le azioni chimiche da cui questi pro-
cedono, considerata la poca energia della vita vegetale,
segnatamente negli alberi, tulio ciò non costituisce che
una causa debole troppo perchè essa possa credersi ido-
nea ad elevare la loro temperatura: in somma a dare
ad esse un calore proprio. Favellando a voi, non' mi
farò qui forte su quello che ornai costituisce un canone
della scienza: cioè che le cagioni che a noi sembrano
tenuissime, se sieno incessanti, sono quelle che produ-
cono i più grandi effetti. Dirò bensì che tali cagioni
non sono sì lente come forse altri crede. Vi ho già ac-
cennato di sopra le osservazioni del Woodward sulla
traspirazione copiosissima delle piante. Fsse però riguar-
dano piante erbacee, e perciò i risultamenti da essolui
ottenuti sono cerio di molto superiori a ciò che si può
credere delle piante in cui la vita è più lenta quanto
lunga più. La traspirazione però debb' esser certo co-
piosa anche in queste; ed il Seniiebier raccolse ne' due
mesi di maggio e giugno 844 gl'ani'»» di materia tra-
spirata da una vite. E ciò che così esala dalla super-
ficie delle piante essendo una vera secrezione, basterebbe
questo, quand'anche mancassero altre ragioni, a farci
credere che la materia della traspirazione abbia sog-
giaciuto a rimulamenti chimici. Questo però risulta evi-
dentemente dalle osservazioni del j)redelto tìsico , cioè
dalla natura di tale materia; ch'egli trovò contenere il
carbonaio ed il soUato di calce, non che la mucilagioe
MECCANICHE 97
cx\ mia resina. E non vi sembra egli che questo valga
a fiir baslaufemcnte conoscere che le azioui chimiche
che si operano per enlio alle piante non sono si lente
come forse potrebbe credersi a prima giunta , se esse
danno cagione ad una secrezione tanto copiosa? Ma egli
mi pare che questo si scorga anche più convincente-
mente vedendosi come in breve spazio di tempo una
rovere, un olmo (parlo di quelle piante che abbiamo
tutto dì sottocchio) riveslansi di un numero immenso
di foglie e quindi di giovani rami. Altrettanto mostra
l'abbondanza di alue, succhi che stillano dalle piante.
Per esempio, V acer saccliunmim può somministrare
nel corso di un giorno otto a dodici litri di liquore zuc-
cherino. Quanto abbondante sia la raccolta che si (a
di sostanze resinose da alcune specie di Pinus., Jlbies,
ec, è ciò che voi sapete. E talvolta colali piodJzioni
dell'economia delle piante si fa poco meno che istanta-
neamente. Tale è quella trassudaztone di che pel mat-
tino, sebbene assai di rado , si vedono coperte le fo-
glie di alcune piante, che comunemente si conosce sotto
il nome di manna (miellatfr.); tale la manna di Brian-
fon. Non sono dunque sì tenui né sì lenti i rimutaraeuti
e le azioni chimiche che si operano nelle piante, e tali
che cid essi non possa ascriversi una qualche produzione
di calore. Ed egli si vede aver questo realmente effetto
in quelle piante che al momento della loro fioritura ma-
uifestano ,un calore sensibile ai sensi ed ai termometro
(Jruin italicuni; cordifblium, e^culentum^ inaculatuni^
cucurbita melopepo^ colocasia odora); locchè forse av-
viene, cioè il calore in tal caso è sensibile anche ai sensi
per essere le azioni chimiche alquanto energiche , ed
oltre di questo ristrette ad una sola parte della pianta.
Ed egli mi pare che ciò acquisti un maggior fonda-
mento da questo, che un tale aumento di temperatura
nel caladiuin piunatijìdum viene accompagnato dallo
svolgimento del suo odore; che allora si fa maggiore,
ed a tal segno che lo Schultz asserisce che l'aria del
98 SCIENZE ED ARTI
luogo SI sentiva tutta impregnata di vapore ammonia-
cale (Edimb. rew. Phil. Jour. n.^ 3i, pag. 89); fo
che presta nuovo argomento per credere all'esistenza di
azioni chimiche alquanto energiche. Colla quale opinion*^
si trova concordevole quella del Murrey, dal quale si
tiene ciaschedun colore de' fiori delle piante sviluppare
al momento della sua evoluzione una temperatura par-
ticolare ; siccome egli ha creduto doversi conchiudere
da esperimenti a tale effetto da essolui operati.
Se adunque esistono nelle piante delle cause di pro-
duzione di calore e di raffreddamento male avviseremmo
noi considerandole, al pari de' corpi bruti, siccome es-
seri che non hanno un calore proprio, e che più o meno
prontamente si pongono in equilibrio di temperatura
coi corpi circostanti a norma della loro conducibilità e
calore specifico. In vece egli ha a credersi che le pre-
détte azioni sieno presso che eguali da bilanciarsi fra
loro fino ad un cierto punto; non nicgando però che le
piante pur esse seguario la condizione di tutti i corpi:
quella di risentire l' influenza de' corpi circostanti per
essere o riscaldati ò freddati. Gli animali pure, in cui
non può negarsi l'esistenza di uria sorgente interna di
calore, hanno una più elevata temperatura nella state
che nell'inverno, siccome potè assicuralrsene il Despretz
(Eléin. de eh. torà. 2°, p. 5 16).
Comechè io creda le cose fin qui dette essere baste-
voli a mostrare che le piante veramente racchiudono in
se una cagione di calore, che però viene or più or menò
Rilanciato da cause opposte, il che senza dubbio fu quel-
lo che portò la maggior parte de' fisici a credere che
essi non godano dì un calore proprio; permettetemi che
io mi trattenga alcun allró poco con voi per dirvi come
egli sembri a me questa mia opinione, rispondere ài
fatti che presentano 'le piante. Tornerò a tale effetto alle
ricerche del Neuffèr: quelle ch'egli istituì in conferma
degli esperimenti dell'IIalder, e che si dicono concoi-
MECCANICHE 99
dcvol'i eoa quelle osserv.izioni liilte al Giardino Lotanico
di Giucvia e riferite: nella Biblioteca brillanica.
Prendendo il fisico predetto la temperatura di un
pioppo durante l'intero anno i8a8, videsi da lui che
ia temperatura dell'albero era a un di presso eguale a
quella dell'ambiente nel mese di febbrajo; più alla nei
mesi di marzo, aprile e ma};;gio; più bassa che quella del-
l'aria ne' restanti mesi dell'anno. Al principiare del mese
di gcnnajo l'albero aveva una temperatura di lo*^ mag-
giore rispetto all'aria; ciò che da essolui si attribuisce
al calore che si sviluppa per la congelazione de' su^hi
acquosi del vegetale; il che certamente può almeno a-
versi in conto di assai verisimile, come vi accennai di
sopra. Ascrive egli poi alla accresciuta evaporazione nella
stale l'avere in tale stagione l'albero una temperatura
inferiore a quella dell'atmosfera; ed in ciò pure mi sem-
bra doversi convenire con lui; anche di questo avendo
già detto quanto occorre qui sopra. E in vero di ciò
si trova la ragione nell'essere in quell'epoca dell'anno
le piante tutte coperte di foglie e bene sviluppate, nel-
l'azione de' raggi solari, nello stato igrometrico dell'a-
lia. Quanto però alla temperitura dell'albero ne' mesi
di marzo, aprile e maggio, non saprei seguire l'opi-
nione di lui, che vorrebbe rinvenirne la causa, e nel
perdere poco allora le piante per l'evaporazione, e nel
ritener esse la temperatura media del suolo; la quale
è alcun poco superiore, com'egli asserisce, a quella del-
l'aria; ed ecco le considerazioni che mi portano a dis-
sentire da lui. Che il suolo abbia in qutUa stagione
una temperatura superiore a quella dell'atmosfera non
pare a me che possa certo stabilirsi , come suol dirsi
a priori; imperocché la ragione ci porta a credere al-
l'opposto, che il calore lentamente penetri per entro al
terreno mentre la stagione va intiepidendo; ed oltre a
ciò gli strati inferiori , freddati nel verno precedente ,
debbono in qualche modo influire ad abbassare la tein-
jjeratura de' più superficiali, e seguatumcnte di quelli
tOO SCIENZE ED ARTI
pe quali si estendono le radici degli alberi. E quando
anche dalle osservazioni sue risultasse quanto egli dice
della temperatura del suolo ne' mesi predetti, ciò che
non si avverte nell'articolo in cui si rende conto delle
sue ricerche (Edimb. rew. pIiiL Jour. n.° 17, p, i4u);
anzi che trarne un principio generale, può credersi ciò
dipendente dall'aver egli per avventura preso ad espe-
rimentare sur uno di quei terreni che pel loro calore
e pei la loro natura facilmente riscaldansi: in somma
di quelli che perciò appunto si chiamano dagli agro-
nomi terreni caldi. Ne ciò è senza verun fondamento;
che i fatti anzi lo convalidano pienamente. Desumonsi
questi dalle osservazioni menzionate di sopra, riferite
udta Bibl. brit., di cui trascrivo qui i risultati medi
Teroìometm all'om- Ternometro a 3 Tt^rmomeiro a 4 Terni, nel tron-
Ira a 4 piedi di poli, di pro/im- piedi di prò fon- co di un grossa
elevazione. dita nel suolo, dita nel suolo, castagno,
;96 (Lev. d. Sol.— 0,99) + >,99) , 4-1,60)
irzo (a ore poni. -f- .'J,i9) -<- 2,71 f),GG) -H 4,97 2 n pom. -i- 2,73 2,76) -f 2,44
(Tram. d. S. i,()i) G,a5) 2,95)
(Lev. d. S. + 3,07) -t-7,69) 4- 7.^2)
rile (aorepom. i ' ,4?) "f" P><'7 "^Jj'g) -♦'12,75 ah pom. 4^7,25 9, ' 6) -J- 8,77
(Tr. d. S. 9,66) 14,3») 9,62)
(L. d. S. 4- ;,oi) -f 10,42) +9^8)
ggio(a li poni. 1 5,65) +10,59 i7,5o) -f-i4,4o 2h pom. io,5o 10,24)4-10,09
(Tr. d. S. 11,10) i5,3o) 10,44)
797 (L. d. S. 4- 0,21) -^ 2,73) -f 3,39)
irzo (2 h pom. 6,97) -t- 4>" 7>87) + 5,95 2h pom. 3,3a 4>'^7) 4* 4>i^
(Tr. d. S. 5,1 5) 5,24) 4.73)
(L. d. S. + 5,99) + 8,46) + 8,59)
»nIe(2hpom. 12,07)4-8,97 14,72) +I2,i5 2 h pom. 7,49 9.79)'I-9>5i
(Tr. d. S. 9,55) 13,27) io,i4)
(L. d. S. + 8,84) 4-12,32) 4-10,80^
iggio(2 li pom. 14,99) +12,21 20,61)4-16,85 ah pom4 11,33 i i,32)-j-ii,22
(Tr. d. S. 12,79) 17>62) 11,53)
798 (L. d. S. + 0,53) + 3,86) -f. 4,20)
ir;to (^2 li pom. 7,38) + 4>42 9>'3) 4* 7j°9 ^^ pom. 3,79 5,o4)4-«4»^
(Tr. d. S. 5,35) 8,27) 5,43)
(L. d. S. + 4,59) 4- 8,57) 4. 8,36)
)ri]c(ahpom. 12,37) + 8,95 i5;68) -f.i2,86 ah pom. 7,36 9,4/) 4" 9>^9
(Tr. d. S. 9,90) 14,32) io,o3)
(L. d. S. + 7,5i) 4^ia,o6) -i-io,a8)
iggio(2 h pom. 14, 53) +11,22 18,88) •|«i6,o3 ah pom. ii,'7 11 ,06) -J- io,S3
(Tr. d. S. 11,62) i7>i4) 11,35)
799 (L. d. S. + 0,99) -^ 4,00)
a-xo (2 h poni. 6.94) + 4>44 7»^^ 4* 6,17 ah pom. 4*3,56 2 h p. 4- 5,94
(Tr. d. S, 5,39) 7,27)
(L. d. S. + 3,61) 4- 5,63)
)rilc (2 h j>oni. 8,a3)+6,i7 8.16)4-7,23 ah pom. 4* 4)^^ ^h p. 4-' G,3i
(Tr. d. S. 6,67) 7,89)
(L. d. S. + 6,81) 4*9,82)
aggio(2 h poni. 12,70) +io,o5 i3,59) 4-i2,3i 2h pom. 4^6,88 ah p. .f. 9,43
(Tr. d. S. io,G5) i3,5i)
800 (L. d. S. — 0.20) , , , / I . / _.4
,., > . , r' "'s 4- 2,70 ah pom. 4-4)12 ah p. + >j,o5
arxo (2 li poni. + 5,70) '' * ' 1 i i» «
^"•''(ah'pon,. "^,Ì:g3+-'55 ^,?;^^] 4-io,43 2 h pom. -^ 6,63 2hp.4-M,.8
"ee^^'-Fni. **'i5:56)+'=.75 "^Is'JiJ+'^.oa ah pom. 4-9,9. ^ h p. +.,,77
(:.:^o
(■ ■
^J..r*
MECrANirHE lOI
Dalle quali osservazioni possono dedursi le seguenti
conclusioni:
1° Che il suolo, come si ha ragione di presumere
ed all'opposto di (pianto asserisce il Ncufìèr, alla pro-
fondità di 4 piedi, ne' mesi di marzo, aprile e mag-
gio, serba costantemente una temperatura inferiore a
quella dell'aria; e ciò non solo se si confrontino le os-
servazioni prese alle due pomeridiane, ma eziandio se,
quanto alla temperatura dell'aria, si tenga conto 'di quel-
le che si riferiscono al levare ed al tramontare del sole; e
cosisi abbia riguardo alla media temperatura del giorno;
in questo caso ])resentandosi una sola eccezione (marzo
I'JqG). Non parlo di quella che presentasi nel marzo
1800, poiché essendosi in quel mese presa la tempe-
ratura dell'aria a due sole epoche del di, la uìedia no-
tata nella tavola precedente risulta maggiore del dovere.
2" Che la temperatura delle piante, al contrario di
ciò che crede il fisico predetto, non può credersi che
sia sostenuta da quella del suolo, dappoiché questa ri-
sulta sempre inferiore a quella dell'albero.
Potrebbe credersi che il terreno più superficiale fosse
quello che realmente influisce sulle piante; ma tosto che
si ponga al confronto la temperatura dell' albero con
quella indicala daf termometro a 3 pollici di profon-
dità, si ha luogo a cangiare di avviso. Vedete in fatti
che non v ha alcuna relazione costante fra l'una e l'al-
tra. Nel mattino poco differiscono fra loro, ed il ca-
lore dell'albero ora è maggiore ora è minore. Nelle al-
tre due epoche del dì la temperatura del suolo aumenta
notevolmente senza che un corrispondente accrescimento
si osservi nella pianta. Ora la difìèrenza òdi 3*^ o 4**, ora
molto maggiore; lino di 8'* e 9" alle due ore pomeri-
diane (maggio i-jQ-^ ^79^)' ^ se per rendere ragione
di ciò si })onesse in campo la poca conducibilità del le-
gno, ci trarrebbe d'inganno il vedere che anche 7 ore
dopo, sebbene la temperatura del suolo sostengasi molto
elevata, quella dell'albero non soffre che tenuissimo au-
7
I02 SCIENZE ED ARTI
tneuto; ciò die si scorge anche più evidentemente daile
osservazioni giornaliere riportate nelle tavole predette.
Se in vece si vorrà considerare la media temperatura
del giorno, questo pure ne guiderà alla conchiusione me«
desima, osservandosi talvolta una tenuissima diiferenza
non maggiore di o",23 (marzo 1799), mentre in altri
mesi essa ascende fino a 4" e 6*^ e più; e v'ha pure
il caso che la temperatura dell'albero sia superiore a
quella del suolo, siccome si vede nel mese di aprile
i8oo, comechè in tal mese non si notino che le indi-
cazioni del termometro al levar del sole ed alle a ore
pomeridiane; lo che dà una media eccedente. Se que-
ste considerazioni sono giuste, basteranno esse ad esclu-
dere l'opinione del Neuffer, e quella non meno del Tre-
virames e del Nau, che vi accennai in principio. E ve-
dendosi d'altronde le piante serbare una temperatura su-
periore al calore medio dell'atmosfera, tranne una sola
eccezione (anche qui trascuro per la ragione accennata
di sopra le osservazioni relative ai mesi di aprile e mag-
gio del 1800), quanto io dissi di già sulle azioni chi-
miche che hanno effello sopra tutto ne' mesi predetti:
cioè mentre la vita delle piante si rianima e l'ascensione
della linfa, la produzione de' sughi propri ee. ha luogo,
e ciò che a mio credere rende plausibilmente ragione
del fatto.
Vediamo ora se i principi del Neuffer e del Trevi-
rames, i quali suppongono la temperatura delle piante
dipendere dalla temperatura del suolo e dall'evapora-
zione, ci prestino il modo di spiegare quanto l'osserva-
zione ne mostra in altre stagioni. Il primo di essi dice
di aver trovato ne' restanti mesi dell'anno , cioè negli
ultimi quattro che rimangono dopo di aver egli men-
zionati il gennajo e il febbrajo e quelli di primavera
e di estale, la temperatura delle piante inferiore a quella
dell'aria. Potrebbe avvertirsi a tale proposito che, quan-
tunque le sue osservazioni si dicano concordevoli con
quelle riferite nella prima annata della Bibl. brit., iu
MECCANICHE 1 o3
ciò nou combinano veramente; e quanto egli dice non
sì avvera neppure ne' seguenti anni 1797 a 1799. La-
scio anche qui a parte le osservazioni dell'anno 1800,
per essersi presa la temperatura in sole due epoche del
giorno. Ciò che però più importa si è il vedere se di
questa più bassa temperatura delle piante relativamente
all'aria, com'egli dice d'avere psservato, ovvero di quelle
tenuissirae differenze, ora in più ora in meno, che fra
queste due temperature si rilevano dalle tavole che ci
hanno lasciate i lisici ginevrini, possa rendersi ragione
co' principi loro. Ne' mesi di autunno, settembre, ot-
tobre e novembre, e particolarmente negli ultimi due,
le foglie, fino dal momento in cui incominciano a pro-
vare quello stato che le dispone a cadere, per la po-
chezza degli umori che si portano fino ad esse, assai
debolmente possono perciò servire all'evaporazione. In
quell'epoca dell'anno, e molto più dopo che le piante
si sono spogliate delle loro foglie, manca quindi in esse
la principale cagione di raffreddamento. D'altra parte
la temperatura del terreno in quella stagione debb'es-
sere superiore a quella dell'atmosfera, e perchè gli strati
inferiori ritengono il calore concepito nella stagione pre-
cedente, il quale va lentamente comunicandosi alla cro-
sta superficiale; e perchè le piogge che di frequente
bagnano il terreno, ancora arido, fanno ch'esso si ri-
scaldi, secondo i principi del Pouillet. Ne' mesi pre-
delti adunque, s'egli fosse vero che le piante traggono
il loro calore dal suolo, dovrebbero esse manifestare
una temperatura superiore a quella dell'aria; e tanto
più che, mancando l'evaporazione, manca, come ho det-
to, la cagione princijiale del disperdimento del calore;
lo che non concorda nò colle osservazioni del Neuffer,
ne con quelle de' fisici di Ginevra. E quello che io
dico della temperatura del suolo deducendolo dalla teo-
ria, viene confermalo ualle osservazioni di questi ulti-
mi. Tutto questo potrete, se vi piace, verificare get-
tando l'occhio sulle tavole ripetutamente mentovate; per
I04 SCIENZE ED ARTI
amore della brevità , essendo già quesla lettera sover-
chiamente lunga, lasciando di riferire le osservazioni me-
desime. Ed ivi troverete che il calore del suolo, sia a
3 poli., sia a 4 piedi di profondità, ne' rhesi autun-
nali è sempre superiore a quello dell'aria e dell'albero,
senza che ciò si veda avere alcuna influenza sulla tem-
peratura di quest'ultimo. Secondo i miei principi b tem-
peratura delle piante o inferiore, come -.iserisce il Neuf-
fer, 0 poco diversa da quella dell'aere, siccome appare
dalle osservazioni fatte al giardino di Ginevra, jìroviene
e dulia cessata traspirazione ed evaporazione, e dall'es-
sere cessate quelle funzioni, quelle azioni chimiche che
io tengo essere la principale cagione del calore ielle
piante; restando però una delle cause di raflreddamen-
to: l'irradiazione. Se con questo possa rendersi conto
della temperatura delle piante nella stagione predetta,
e quale essa ci viene indicata dall'osservazione, è ciò
che voi vedrete facilmente, anzi che io debba perdermi
in lunghe parole. Forse vi accadrà di osservare, po-
nendo mente alla temperatura dell'albero nel settembre,
ch'essa in tal tempo, rispetto a quella dell'atmosfera,
dovrebbe essere più bassa che ne' due mesi susseguen-
ti, e ciò per essere allora non del lutto sospesa la tra-
spirazione, che anzi le foglie servono tuttora, almeno
in parte, alle loro peculiari funzioni. Rammentate però
che nel mese stesso le funzioni interne delle piante an-
ch'esse serbano una qualche energia, Si dice anzi dal
Sennebier che dopo la metà d'agosto i fenomeni della
vegetazione sembrerebbero far credere che la linfa ri-
prenda il vigore della primavera, tinche poi sopra ven-
gano le gelate autunnali.
Darò fine a questa lunghissima lettera per parlare di
una osservazione del Trevirames; una di quelle da cui
egli deduce che il calore non si svolge dalla vita delle
piante. Ricorda egli (Bull. Un. Se. nat. mai i83o
pag. 257) de' cristalli di ghiaccio trovati sotto la cor-
teccia del sambuco, della Syringa vulgaris^ della vi-
BIECCANICHE 1 o5
to. Il Ncuflor pure riferisce d'aver trovalo il legno o
pet" mct^lio dire i suglii ch'osso conlienc ghiacciati fino
ad una certa prorondilù in parecchie piante; la quale nel
Salix fra'^ilis era di 17,0 linee. Nella stagione del
ghiaccio la vita è del tutto o quasi del tulio sospesa
ne' vegetali: non più sensibile nutrizione, assorbimento
ce. Non è dunque maraviglia se essi allora, come i
corpi inorganici, si pongano ih equilibrio di tempera-
tura. I pesci, i quali certamente godono di un calore
proprio, coinè lo mostra il goder essi di una tempe-
ratura più elevata del liquido in cui vivono, talvolta
si trovano interamente ghiacciati, e senza che la loro
vita sia estinta. Se ne ha un esempio in ciò che osser-
vavd il cap. Franklin nella riviera Cooper-mine; che
trovo de* pesci ghiacciati a modo da formare una massa
.solida, facile a mettersi in pezzi colla scure, ma che
pel calore riprendevano i niovimenti di vita.
Vorrei che queste itiie riflessioni incontrassero l'ap-
provazione vostra. Comunque però sia l'avviso vostro
io l'apprezzerò egualmente, più che la lode piaceiidomi
quanto può condurre a scopi'ire il vero; e dal vostro
sapere e dall'amicizia vostra mi riprometto consigli che
n^|?nino a questo. Chiunque menò discreto e gentile di
voi mi direbbe forse: perchè tornare su di un projiosito
già discorso da illustri fisici? So di correre un aringo in
cui altri già fecero prova di sè ; ma egli mi è parso
che quelli che stanno per l'opposta sentenza non ab-
biano messo bastante attenzióne alle osservazioni de' fi-
sici ginevrini; le quali, a mio avviso, contengono quanto
basta aH'uopó. e so[)rà tutto ad escludere che le piante
debbano al suolo il calore ch'esse talvolta manilestano
superiore a quello dell'atinosilra; in che segnatamente essi
si, Ibndatió. Colali osservazioni, olire che si debbono a
sagacissimi investigatori delle coSe naturali, fuióno isti-
tuite senza' alcuiia prevenzióne, perocché non inlese a
sostenere veruna ipolesi o teoria preconcetta, protraile
per cinaue interi anni; circostanze tutte che valgono a
106 SCIENZE ED ARTI
dare ad esse molto valore. Ed ecco ciò che mi rese
ardilo, a contradire la sentenza di molti altri.
Abbiatemi sempre ec.
Modo di stabilirsi in Sicilia prontamente e con fa-
cilità banche di risparmio e di deposito^ e di far
cessare le gravi usure nei piccoli pegni.
Mentre non poche banche di ogni maniera sorgono
lutlo dì ne' ricchi domini di Napoli, vana opera al certo
non parrà il proporne una pella insulare di deposito e
di risparmi, die, dipartendosi dai metodi comuni, pro-
duca l'amore all'economia, ispiri intera fiducia, ed a
cessare vaglia le gravi usure dei piccioli imprestiti a
pegno. Chiamasi cassa di deposito una istituzione di-
retta a ricevere denaro rimborsabile a volontà del de-
positante, dando un tenue fruito; banca di risparmi, una
cassa che riceva mensuali e setllraanili somme per re-
stituirle a tempo e modo convenuto.
Passiamo perciò a significarne i mezzi, perocché nelle
cose economiche torna facile mettere avanti teorie, dif-
ficile additare buoni partiti, difficilissimo metterli util-
mente in atto.
Suggerisco io adunque di darsi ai piiì ricchi monti
di prestanza dell'isola facoltà di ricevere danari conie
cassa di deposito, e come cassa di risparmi , pagando
pei primi il tre, e pei secondi offrendo le, condizioni
della banca frultuaria di Napoli.
Questo mio pensamento di fermo dà un gran van-
taggio sopra le solite banche alla da me ideata, per la
grande verità, che poco costa lo aggiugnere ad un'opera
esistente alcun che, all'indole sua conforme, molto il
crearne una tutta nuova.
I nostri monti di prestanza danno denaro al 5, solo
MECCÀNICHE 107
quello eli Palermo al 6 per cento. Ricevendone al tre
ne ottengono guadagno non tenue.
Tutto questo guadagno io penso d'impiegarsi nella
erezione di altri monti di ajuto per i piccioli pegni, da
tenersi aperti in tutti i giorni, ed in certe ore in cui
stan chiusi i monti ordinari. Con questa misura, sem-
plice e vero, ma efficacissima, sparirebbe in un tratto il
grande numero degli usurai (più della giusta misura ma-
ledetti) che durar non possono prestatori a grandi, se
ve n'ha, a moderate usure, ed il solo bisogno fa tal-
volta picchiare non amate porte.
Altro espediente corre alla mia mente per accrescere
i capitali dei monti di pietà.
In Sicilia vi ha grande quantità di legati a condi-
zioni determinate che sino allo adempimento restano
infruttuosamente nelle mani dei cassieri delle partico-
lari opere.
Per trarsene un profitto potrebbero passarsi nella cas-
sa del monte di prestanza per darli, ricorso il tempo e
verificata la condizione di legge.
Con questo provvedimento, cresciuti i capitali, riesce
più facile la erezione delle casse di ajuto da me cen-
nate.
Le proposte misure , parmi almeno, che, mentre
ofTron facil modo ad un padre di famiglia, ad un uo-
mo onesto, di provvedere agli urgenti suoi bisogni, fan
che la santa mente dei pii testatori sia con esattezza
e senza imbratto di vizio eseguita.
Se i capitali crescessero tanto che soverclilassero il
bisogno, si potranno aprire casse di sconto, e così dare
a traverso a' prestatori di maggiori somme.
S. V.
lOb SCIENZE ED ARTI
Siili iv efficacia^ ed inconvenienti delle fumigazioni nel
Cholera-morlnis epidemico. Considerazioni del doti.
ANTONINO Greco (ottobre i835).
§ I. Sin dalla più remota antichità ritenendosi qua-
l'uua delle cause di malattia l'alterazione dell'aria, si cer-
carono avidamente fjuei mezzi che opportuni credevansi
a purificarla, ma tali mezzi, i quali non riducevaosi che
alla semplice combustione di sostanze aromatiche, e re-
sinose, ad altro non servivano che a mascherare il cat-
tivo odore di talune emaoazioni, senza neutralizzare i
])rincipi da cui queste tiravano origine, anzi talvolta
davan luogo a nuove combinazioni o esalazioni irritanti
che aggravavano vieppiù il male.
Fu il primo l'illustre Guyton-Morveau chimico di
Bigione, che abbandonando i sudetti profumi ebbe ri-
corso al gas c/orr», in quei tempi chiamiito acido mu-
riatico ossigenato, owvvo anche spirito di sai marino
dejlogisticato. Nello invei'uo del 1773, essendosi il suolo
del cimitero di Digione coperto di durissimo e profondo
strato di gelo, fu impossibile il seppellirvi i cadaveri,
il perchè altro rimedio non si trovò, che di depositarli
provvisoriamente nelle fossu sepolcrali della cattedrale;
ma Sebbene dopo alquanti giorni levati già si fossero
i cadaveri e trasportali entro il cimitero, pure la pu-
trefazione era talmente Jnnoltrata, che la chiesa oe re-
stò orribilmente infetta, tanto che, scappandone una mi-
cidiale emanazione, i vicini abitanti n'ebbero a soffrire
una mollale febbre epidemica; inutile riusci ogni sorta
di jirofumi, il male imperversava: fu allora che il Guy-
lon , invitato dalle autorità, praticò entro la chiesa i
citati suffumigi di acido muriatico, ed in capo a quat-
tro gioi'ni questa fu in istato di riaprirsi al culto di-
vino, ed il morbo prontamente cessò. Ijieto allora il
Guj^ion deircttcnuto successo propagò in cento modi il
MECCANICHE ICQ
SUO rìlrovalo, e sia d'allora (e son ormai 62 anni) non
avvi chimico, non medico, non scolare che ignori il
processo guiloniano; si prendan difatti io dramme di
sai comune cotanto abbondante presso noi; 2 di ossido
nero di manganese si mettano in una pentola di terra,
vi si versino 6 dramme di acido solforico allungato con'
4 parli d'acqua, e si vedrà allo istante sviluppare il
tanto desideralo gas: se questo vuol rendersi più intenso
onde servire per ampia sala, si aumenti la proporzione
degl'ingredienti, e si metta la j)entola sopra carboni ac-
cesi. Ma quante rigorose cautele non richiedono tali fu-
migazioni doriche! Basta il dire, che se il cloro viene-
respirato la morte ne può esser la <;:onsegU(;nza: verità
non sfuggita daJla mente di quei medici napolitani, che
nel eom])ilare per ordine del Governo V Istruzione pra-
tica sul Cìiolera- morbus ad uso delle truppe esclama-
rono -v che tdli fumigazioni possono distruggere pronta-
mente la vita in mezzo a vivissimo dolore» (pag- 29).-
Bisogna, quindi che la stanza, che vuoisi d isin fetta re y
fosse vuota chiusa, e spogliata di (jualsiasi mobile, e^
che ndn si ritorni ad abitare se non do])0 che la ope-
razione disinfettante sia finita. Onde evitare i funesti
accidenti j)rodotti sovente dal cloro fu dallo Smith pro-
l>osto lacido nitrico, il >qnale làcilraenle si ottiene ver-t:
sando sopra 4 dramme di sai nitro altrettanto di acido
solforico; ma la virtù disinfettante di tali fumigazioni
nitriche cede di molto alla sperimentata aziolie delle
eloriche* > ' ^ - , .
Che.vi siau dunque dei disinfettanti, ed in capo a
tulli il doro non v'è chi lo contrasti-; ma assai s'in-
gannerebbe colui, che credesse tai mezzi poter cóiivenire
in ogni sorta di epideu)ia! Che per" nostra inala ven-
tura, egli è da confessarsi ,, pochissimi essere qn(!Ì casi
di epidcniia i quali posson venir combattuti dalle la-
jnigazioni, e quelli solamente; reputo esserne susecltrbi-
li, di cui permanente non ne è la causa: vediamolo col'
raziocinio, proviamolo indi- col fallò.
I 10 SCIENZE ED ARTI
§ II. Se una malattia sorprende contemporaoea mente
nel medesimo paese un gran numero d'individui si chia-
ma epidemia dal greco eVt sopra, e ^yi.uÒs popolo. Tutte
le malattie, cui gli esseri viventi van soggetti, posson
divenire epideraiclie; i catarri, le dissenterie, le diarree,
le oftalmie, le febbri di ogni genere, le affezioni con-
tagiose, ed esantematiche sogliono in certe epoche, e
sotto date circostanze manifestarsi epidemicamente, e
ne sia un esempio recentissimo la grippa, la quale noa
e che un catarro bronchiale, e che, dopo di aver vi-
sitato l'uno, e l'altro emisfero, ci tormentò nel i832,
e i833.
Le malattie epidemiche dunque non dilTeriscono es^-
senzìalmente da quelle, cui l'uomo va di continuo sog-
getto, altra differenza tra quelle, e queste non esiste se
non clic nel numero delle persone affette. « Le cara-
etère épidémique, dice Nacquart, ne constilue point un
ordre particulier de maladies, mais il doit étre consi-
derò seulement comme une forme, que toutes, cu le
plus grand nombre peuvent revétir. »
In ogni tempo si cercò di sapere quali mai fossero
le condizioni o cause favorevoli alla manifestazione delle
epidemie, ond'io, assieme al eh. patologo Rochoux, credo
a quattro grandi categorie poter ridurre tali cause.
1 Alla cattiva alimentazione cui per qualche tempo
un intero paese, una nave, un campo di soldati ec. sono
stati costretti.
2° Ad infezione, ossia a quelle emanazioni, o efiluvi
deleteri, che fuggono o dalla faccia della terra, o da
acque stagnanti, o da corpi organici in putrefazione, o
da affollamento di uomini.
3° Ad una costituzione, o influenza incomprensibile
atmosferica, ad un quid divinum in aere laiitans nato
o da nuovi, ed incogniti principi, a cui l'aria serve di
veicolo, o da squilibrio nei suoi elementi sia gasosi ,
sia imponderabili.
4" Finalmente al vero contagio, ossia a quel Wm<
' ikECCAlf ICHK 1 1 1
sui generis^ che si comunica da un'animale che n'e af-
fetto, o impregnato, ad altro, che pria non lo era.
Vediamo in quale di queliti quattro generi di epide-
mie convengono le fumigazioni.
A. Nel primo taso quello della cattiva alimentazione
Insista il supplil-e cibi di ottima' qualità, per debellare
la c&usa dell'epidemia, ed in questa infruttuoso riusci-
rebbe ogni sufitimigio.
È. Nel secondo caso, quando cioè l'epidemia è sve-
gliata da infezióne^ ossia da qualunque fomile delelere,
e'putri(^o, potrassi mai sperare, che con fumigazioni
si giunga a purificare una più o men grande quantità
d'aria atmosferica, di cui non si e finora arrivato a co-
noscere là natura dell'alterazione? Dato però e non pro-
vato, che ciò possa verificarsi, in qual modo potrassi
riparare all'aria sempre rientrante, io voglio dire a quella
che sempre si rinnova? Ne vale il dire che a ciò si
può rimediare mantenendo un perenne svolgimento di
gas entro la sala, che vuoisi disinfettare; dappoiché o il
gas che si sviluppa è in picciola dose, siccome richiede
rigléne, ed allora non basta a neutralizzare le grandi
masse atmosferiche, o questo è in grandissima quanti-
tà, ed allora,' siccome si è già detto, esso arreca mille
danni, e per fin la morie. Fa mestieri dunque pria di
tulio allontanare la causa infettante, il centro cioè da
cui partono tali cattive emanazioni, e indi purificare
quell'aria, e quegli oggetti che rimasero infetti. Avrebbe
mai jiotuto il Gujlon dissipare la febbre di Digione,
se dalla cattedrale trasportato non si fosse preventiva-
mente quel numero di cadaveri putrefalli , da cui il
miasma emanava? Egli quindi non fece che purificare
quella poc'aria, é quelle mura, le quali, abbenchè al-
lontanata fosse la causa , pure erano impregnate del
principio miasmatico; principio, che non solo per quelle
fumigazioni, ma bensì per la ventilazione proccurala
alla chiesa si disperse; e che indipendentemente delle
fumigazioni disperso anche sarebbe slato o per la sola
1 I 2 SCIENZE ED AR:^' I
Venulazione, o per yeplo impetuoso, o, per pioggia di-
rotta ec. siccome si sa essere avvenuto in mille epiaeraie^
Notissima e quelì'oijServazione citata dall immortale
Dupujtreu (i), il quale' ha veduto più, di , una volta, che
se in una sala capace solo di 200 letti,, si aggiungeva
un numero maggiore oi malati, cioè daj^ 22O ai 3iOp,,,
bentosto l'aria si Viziiàva, ed un'epidemia cangretìos^, e
di tifo si manifeslava fra quei maiali; ma che appena
il numero di questi veniva grodafainenfe ridotto ai 200,
si vedeva anche gradatamente indebolire, e spa/"ir§ e
riìifezione, e l'epidemia (2). Ne il Dupu^;li'en j)'irU. di^,
fumigazioni di sorla alcuna, ce può supporsi, che quel
grancVuómo potesse parlarne, poiché sarépjbe ótato un
delirio il disinfetlare) con suHumigi il vizio di (jueira-
ria che riconosceva per causa indubitata 1 eccod elite nu-
mero d^nfermi; bisognò dunque agirsi non sull'aria in-
fetta, ma sulla proporzione dei Ietti, riducendoli al nj^r
mero conveniente, cioè, ai 200, td allora on voja'i.t di-
sparailre t odeur nauseabonde de l'air, la. pourrìturtì
d'hopital^ et les fiÒK'res de mauvais cara,cière. Epperò
son sicuro, che se dopo tale diminuzione di letti restato
fosse per più giorpi entro la sala un morboso odore,
il quale lion spariva liè per ventilazione, ne per net-
tezza, ne per altri mezzi igienici, regalare sarebbe sialo
il Ricorrere all'uso delle fumigazioni; il che forse pra.-
licossi da quel gran clinico. . ' , ^ , ;,j
c. Lo stesso è da dirsi j e con iiiaggiòr ragione per^
lo terzo caso quello cioè della cosiituziÒne p 'u\^\\G[.ìidi^
atmosferica, poiché vastissima, pcreime f?d arcana esseiida
la causa di tale epidemia vano del lulto riescircbbe ogni
ineschino tentativo di disinfczione^ ,^. _
, p. Ne meno, inefficaci finahuente saranno le funiigf)-
(i) lìapjwrl sur une mémoire de Mr. Costa pag. 09 e 60. Questo itap-
pailo e sia^o aiiclie inserito alla (ine della della Wiiiioiia di Mr. Co.-la ,
oIk; pòria per titolo De là non dóhtctgioii de Id'Jiòi^ó jaun^, ctc» Pa.r.is
ìSì-j. *'- ' : ' . ■ ■■•' •• ■ ; i/';. ... i. • ; / - '!^ ">'■■
..;W V. Opera di. Cp^ta cjtfjf ^pog, ■^^J^.^^iyi^i^l i;iOii;ytini'
' • tiìeccaniche 1 i3
zioiii nell'ullìmo caso, quando cioè rejjidemia riconósce
per causa un vero contagio^ poiché, siccome si è det-
to, tali fumigazioni non spiegando la loro chimica azione
che sulle fetide emanazioni, di cui l'aria delle sale, o
gli oggetti sono impregnati, cosi non varranno giam-
mài ad eliminare dal corpo animale vivente le varie
sorta di virus, 11 vainolo, la rogna, la sifillide, la rab-
bia, la petecchia, la pustola maligna, la peste, e tutti
i contagi, di cui gli esseri animati son travagliati, pas-
seranno da un individuo all'altro, e faranno il loro re-
golare corso, e talvolta saranno epidemiche ad onta di
tutte le preconizzale fumigazioni. Ma dirà taluno, che
come misura sanitaria e preservativa potrassi sperare,
che le varie sorla di suffumigi vagliano a neutralizzare
il virus degli oggetti contagiali, pria che il contagio
comunicato si fosse ai sani. Al che rispondo, ciò non
essere ancora provato, che anzi al dire di cento autori
(Lassis, Lasserre, Costa, Rochoux, Chervin ec.) e dello
stesso ultra-contagionisla Keraudren ces prélendus pr/r-
fums ne possèdent aucune qualilé désinfeclante (i).
Chi ci assicura di fallo, che tanti virus d'indole tra loro
diversissima, e di natura incognita siano suscettibili d'es-
ser neutralizzati da un solo agente chimico? Voglio pur
non di meno per un istante accordare che ciò possa ve-
rificarsi su tutti quegli oggetti che son capaci a subire
ogni sorta di sciorinamento, di lozione, d'infusione, di
fumigazione, e di afl'umicamento siccome vestiti, mer-
canzie, utensili, bagagli, lettere ec. ma in qual modo,
io domando, potrà .ciò praticarsi sugli uomini, ed ani-
mali viventi? soffriranno essi tali esperimenti? » Le pro-
cede de la déstruction (du foyer de l'infection) est'en-
core bicn plus inexe'cutahle lorsqu'il est constituc par
une masse d'indi vidus vivans^» dice il celebre Bouillaud
all'art. Contagion Ae\ Dict. de Med. et de Chir. prat.
V. 5 2)ag. 432. E dallallro cauto chi d assicura, che
ui .niffirriiiqy t.jijh jir.iv*' '> * ••' '
{0 P. F. Keraudren Projél de l'èglèmèiti (ijantpourohfeci.de. p. 3i.
Il4 SCIEIi^Z^ ED ARTI
l'aceto e il cloro vadino direttamente ad eliminare i
semi de' vari contagi, che si stanno nascosti entro l'in-
tima trama animale? Felici noi se ciò potesse accadere,
j^oicliè con una boccetta di cloro o di aceto in tasca
noi saremmo d'ora innanzi per sempre guarentiti dalla
malefica influenza di tanti contagi, cui si va incontro.
Or se impossibile riesce l'opporre vantaggiosamente
le fumigazioni a quel contagio eh e tuttora limitato a
pochi oggetti, a pochi uomini, quanto più impossibile
sarà il vincere, o evitare quello già appiccato e diffuso
in un'injera contrada? »Ilyaloin,du reste, eutre la
j)0ssibilité de désinfecter quelques hardes, et celle de
désinfecler une contrce tout entière, par l'emploi des
clilorures alcalins ì> conchiude il suUodato Bouillaud
(pag. 433).
Da tutto ciò che abbiamo dello resta dunque pro-
vato, che le varie fumigazioni riescono eflicaci solo quando
la causa dell'epidemia non sia perenne, o per niegiio
esprimermi, quando, allontanato o distrutto preventiva-
mente il fomite che la suscitava, non restano, che gli
avanzi ossia quei principi infetti i quali non aspettano
se non che una minima condizione per venire dispersi
e distrutti, siccome rinnovamento d'aria, fumigazioni, ec.
§ III. Ma avviciniamo la nostra proposizione a quel
micidiale morbo che minacciando d'invadere le contrade
a noi vicine, funesta la nostra mente, e forma l'oggetto
della universale attenzione; io parlo del cholera mor-
bus^ il quale da più anni regna epidemicamente in tutto
il mondo. E dirò a questo proposito, che secondo la
stretta definizione ed il carattere delle malattie epide-
miche io non approvo la ma realissima distinzione, che
taluni fanno tra cholera, com'essi dicono, epidemico, e
tra cholera contagioso, negando assolutamente al primo
il carattere di contagio, ed al secondo quello di epide-
mia: l'esser contagioso un male credo che non escluda
l'idea essenziale della epidemia, siccome all'incontro l'es-
ser epidemico non escluda l'idea del contagio. Sarebbe
MECCANICHE I l5
più vicino al vero il Jirsi costituzionale (jueirepidemia,
che si dubita esser cttgionata da vizio arcano dell atmo-
sfera; e contagiosa (juella proprianieiile iriaalcriula da
virus cotilagioso.
L'epidemia dunque non è che la forma scilo cui il
cholcra si presenta, mentre la causa da cui è mante-
nuta può derivare o da contagio, o da costituzione at-
mosferica, o da infezione, o da cattiva alimentazione;
epperò da qualunque di tali cause dipenda io credo di
avere palinalmente dimostralo, che vane, e forse anche
dannose riescono le fumigazioni, perchè queste suscet-
tibili non sono a distruggere la vera causa.
Falso quindi è il precetto di quei medici che qual
sicurissimo e mirabilissimo mezzo preservativo e cura-
tivo ci danno i profumi di aceto, d'acido solforoso, d'a-
cido nitrico, e spezialmente di cloro; ne ciò è esente
di positivo inconveniente, imperocché riposando tran-
quillamente l'ignaro pubblico sulla sorprendente virtù
anticolerica dei vantati mezzi, trascura, anzi disprezza
tutte le altre cautele igieniche, le sole capaci a vera-
mente preservarci di un tanto flagello.
A dir vero sembrommi dapprima incredibile, che da
un canto si proclamasse per eccellenza contagioso il cho-
lcra, e che dall'altro si assicurasse che basta poc'aria
pura a distruggere il virus colerico, e che untando le
mani di acelo, o di gas solforoso, o meglio ancora eoa
fumigazioni guiloniane si resta immacolati, e rispettati
dal terribile contagio. Che si predichi in favor delle
fumigazioni da coloro, che la causa del cholera ripon-
gono nelle putride emanazioni, di cui l'aria serve di vei-
colo, la cosa sarebbe se non del tulio vera, certo meno
erronea, ma che si pubblichi essersi trovato il vero pre-
servativo dell'ideale contagio cholerico, e quest'esser l'a-
ceto, e il cloro usali esternamente, io non so darmi pa-
ce; né so persuadermi come possa chi ha due dramme
di cervello prestarvi fede, e metleilo in opera.
Né si creda che io voglia seder in scranna e farla
'l'l6 SCIENZE ED ARTI
da maestro in faccenda di tanto interesse, che noe è
isolamente fondato sul raziocinio il mio assunto, ma ben^i
sul fallo sulla esperienza sulla autorità di cento scrit-
tori. EU'è un'osservazione incontrastabile quella cioè di
vedere, che in tutte le nazioni la credenza del conta-
gio, e la speranza sulle fumigazioni, cammiiiando assic-
liie, han quasi sempre preceduto l'arrivo del cholera;
ma e la credenza e la speranza son finite appena l'e«
2>idemià si è manifestata. E tralasciando di minutamente
riferire quanto si è praticato dai Governi e dalle cor-
porazioni mediche in Russia, in Prussia, in Inghilterra,
ed or di recente in Piemonte, ed in Toscana; io pre-
ferisco rapportare quel che si osservò, e si scrisse dalla
prima acc;;deraia medica di Francia. Leggasi in prova
di ciò il Secondo Rapporto^ ed Istruzione pratica sul
cholera- morbus di Parigi, redatto per domanda del
Governo da una commissione di tale accademia in mag-
gio i832 (i) epoca in cui vi regnava il cholera; ivi sul
finire si grida contro w /e^ inconvénients de quelques
preìendus pre'servniifs qui ont éléfort préconise's^ sic-
come la canfora, le varie preparazioni di acelo, gli al-
coolali, tutte le misture ec. « ma ecco le parole le piiì*
definitive, e che fonno al nostro scopo w le fumigazio-
ni, e principalmente quelle di cloro sotto tutte le forme
han fallo del male, siccome tosse, anzielà di respiro,
irritazioni alla gola, e d'un autre coté il sevait diffi-
cile de citer des cas ave'rés de leur utilité propizila-
ctique réele>3. E quesl'è poco, ecco in qu&l modo cou-
cliiiide il rapporto «che si adoprino tali suffumigi nelle
lati ine, nelle fogne, ed in tutti quei sili ove si formano
cattive esalazioni, ed allora on agira d'une manière
rationnelle^ dans le autres circo nstan ces ^ ni le vai-
sonnement^ ni Vexpe'rience ii en sauraient justijler
l'emploi ^:>. Wa questue una cóflchiusioue emanala dalla
(i) Inserito nella Lancette /i'ajifaise 20 inag. iSSa, p. i5a, e acìJoiii:
Jlcbdunidd. liiag, i83a, v. 7, !'• -17-
MECCANICHE 117
bocca d'un sol medico; ma sanzionala dal più celebre
corpo accademico, che in quel modo scrisse per organo
d'un Gueneau-de-Mussy (presidente della Commissione),
d'un Bielt, d'un Husson, d'un Chomel, d'un Andrai, d'un
Bouillaud, e d'un Doublé (relatore) di quell'islesso Dou-
blé, ch'essendo anche slato il relatore nel primo rapporto
pubblicato parimenti per domanda del Governo in lu-
glio i83i (i), non esitava a proporvi l'uso del cloro
come mezzo preservativo, e che in questo secondo rap-
porto ricredutosi di quanto aveva sperato e detto pria
di sperimentare col fatto la cosa, canta la palinodia, e
grida la croce centra ogni sorta di preservativi e spe-
zialmente del cloro.
Kè l'accademia medica di Parigi fu la prima o la
sola a far cadere la sua sentenza contro le dette fumi-
gazioni; cento autori di differenti nazioni anteriormente,
e posteriormente ne predicarono l'inefficacia, e gl'in^
convenienti, jì Tulli i disinfetlanli e spezialmente il
cloro ed i cloruri riescono infruttuosi nel cholera- mor-
bus w disse Joehnichen nella sua Memoria sul cholera
di Hussia (2). »3 La canfora ed i cloruri in geneiale
han recato gravissimi inconvenienti, e non posseggono
alcuna virtù preservativa m dice il eh. Roche nella sua
Memoria sul cholera epidemico di Parigi (3). wf ri-
medi preservativi e principalmente la canfora ed i clo-
ruri vengono vantati dai farmacisti, ma i medici non
vi han prestato fede, ec. » così dice Voisin nella sua
Memoria sul cholera osservato all^ ospedale di san
Luigi {/[). Il cel. Bouillaud nel suo bellissimo Trat'
iato pratico, teorico, e statistico del cholera-morbus
di Parigi (5) dichiarandosi contro le varie misure sa-
nitarie sostiene » che la causa prima del cholera epide-
(1) Rapport sur le cholera lu à l'Académic royale de mcdecine le 26,
et 3o juillct i83i, pag. 197.
(a) V, Bull, dvs scien. medie, janvier iSSl, pag, 56.
^3) V, Journ. Heidom. toni. 7, p. ij8i.
(4) V. Ibidem tom. 8, p. 33.
(5) Un voi. iu-8 di pag. 4^6 pubHicato in Parigi nel j83j.
8
Jì8 SCIENZE ED ARTI
mico noa essendo nota, così streUaménte parlando, non
esiste un vero trattamento preservativo (i)w. Ma, per
non rendermi prolisso ammassando citazioni sopra cita-
zioni, finirò col riferire ciò che si legge nel processo
verbale della seduta dei io aprile i832 di sudetta ac-
cademia niedica di Parigi; ivi si dice che « i signori
Rochoux, Itard e moltissimi altri medici citarono vari
funesti accidenti cagionati sopra diverse persone dai pre-
tesi disinfettanti, e che il signor Gilbert rapportò che
diversi ammalali dello spedale de' venerei, situati pres-
so i vasi da cui syolgevasi il ploro, furono attaccati
da bronchite w (i^,
E ad onta di tanti tristi esempi, di tante autorità,
qui fra noi non v'è slato finora alcuno, che alzando
coraggiosamente la voce, richiamasse la comune intel-
]igen'(£a cof palesare e l'inefficacia e gì' inconvenienti di
tanti pretesi preservativi, i quali solendo formare l'og-
getto di traffico commerciale, vengono affidati ad ogni
sorta di gente, che col maneggiarli incautamente ver-
rebbe a ^offrirne danni elTettiyi! Non posso a questo
proposito passar sotto silenzio quegli amuleti, quelle
piastre di rame , quegli empiastri tenuti alla forcella
dello stomaco (da taluno proposti, ma non ancor messi
jn yefjdita) e con particolarità w quei cannelli di penne
ripieni di mercurio, chiusi aireslremità qon cera di Spa-
gna, cupili esattamente in un panno scarlatto, ed ap-
jooggiati alla bocca dello stomaco » i quali venutici d'ol-
tremare han trovato appo noi qualche favore, per cui
già si vedon correre per le mani di tutti In una
parola ben dice il sudetto rapporto dell'accademia di
Parigi, allorquando decide, che tali mezzi posti in ven-
dita sont un yéritable impót leve sur la credalitè pii^
bliqiie (Zy
(i) V, Joiirn. Jlcbdom. tom. 8, p. 487,
(■^) V. Ibidem toni. 7, ji. Sa.
(3) V. Jouin, ficùdvm, toni. 7, p, 270,
MECCANICHE Ilf)
^ IV, Ma pria «li niL'ller (ine a (jucslnilicolo erodo
mio deljilo coiisagiaie poche pinolo coiilio il pridicaic
che tahitii R|)ictalatnc'nlo fàimo sulla (-imiiiciifo coiila<^io-
sità di'l cliolcia. Ed invero se le opinioni dei .medici
sono tuttora divise, se allo incontro ànvi fatti e raf^ioni
validissime dal canto di coloro che non lo credono con-
tagioso, non sarebbe miglior ])arlilo il tacere su tale pun-
to? Lascianio a chi ci governa, che nella sua saggezza
jirovvcda in ogni maniera, acciocché il male non c'in-
vada; (orse ciò non gioverà; ma noi non possia-mo che
l)rolbijdamenle ammirarne la beneficenza; ma the i me-
dici, i veri consolatori de' miseri inrermi, i medici, che
meno coi farmaci, che colle parole dovrebbeio per loro
istituto rasserenare, rassicurare la gente, i medici, di-
co, gridino contagio! contagio!! a me pare, non che
arroganza, imnioralilà; e cosi è difiilti: imperocché col
diflbnderc nell'animo dei timidi tale idea tristissima, di-
sperantissima, idea che fac ilmenle alligna, si è dato luogo
in certi paesi, ove il cholera haSegnalo, a fuinstissi-
mc conseguenze, a crinjinoso egoismo, essendosi il figlio
negato a prestar sue cure al moribondo suo genitore,
Ja madre ai figli, il fratello al fratello: ed i medici!
finanche i medici, chi ])er vera credenza del contagio,
chi per infame pretesto bau preso la fuga, abbandonando
nella disperazione gl'infermi, i cui cadaveri putreiatti
lian dato origine ad irrejiarabile tifo: Tylone serva di
tristo esempio.
Io dubito fortemente, che costoro, apprezzando quel-
l'antichissimo proverbio r= l'uomo si muove più per ti-
mor che per amove =: si sforzino a spargere panici ti-
mori, e lugubri notizie, onde, magnilicando il pericolo
d un inuuinenle disastro, possano coprire la loro igno-
ranza, sjjingere la gente allo acquisto dei vantati rime-
di, legittimare le loro pompose promesse, render più
caro il loro servizio, e richiamare su di loro una ri-
• compensa proporzionata all'esagerato pericolo del male,
ed al coraggio apparentemente nioslrato, Oime! e nella
120 SCIENZE ED ARTI CC.
natura dell'uomo il lasciarsi trascinare dal misterioso,
dal meraviglioso, dal sorprendente, per cui non man-
cano di coloro che gavazzando sulla pubblica calamità
e credulità, la volgono a loro profitto coli' accreditare
le chimere ed i pregiudizi, coli' ingigantire i malanni,
e col promettere pronti riparli
LETTERATURA ED ARTI LIBERALI.
Memoria del prof. Vincenzio j4marelli intorno
una corniola, rinvenuta in Roma presso la Casa
di Augusto rappresentante Alessandro il Grande
jiella battaglia sul Granico; posseduta dall'autore
medesimo.
Gemmae in arctum coacla rerum naturae
majestas mulds nulla sui parte niirabilior,
C, Plinio ir lib. xxs;vii Historiae NaturaU's.
In una corniola detta dai Lalini con greco vocabolo,
secondo Plinio, Phloginos o Crjsitis(i), si vede un
guerriero vestilo all'eroica, che si gitta dal cavallo che
gli è caduto sotto, e che con la mano sinistra si trae
un dardo infitto nella corazza.
La qualità della gemma è tale che laddove fosse di
ogni incisione sfornita, sarebbe anche per se stessa di
molto pregio. Commendevole n'è la forma, secondo
Plinio il giovane, il quale, nel lib. 87 sez. 73 facendo
la gradazione del merito di esse, dice: figura oblonga
maxime probatur.
Varie congetture si son fatte per l'interpretazione del-
l'avvenimento che delle luogo all'incisione dell'anzidetta
(i) Plinii sccundi Naturalis Historiae lib. 87, spz. 66 Phloginos, quetn
et Crjsitcn vocant, ostreac Atticae adsimilata, invenilur in Aegypt».^
LETTERATURA CC. 121
gemma; ma niun dubbio si è mai elevato che riut!»glio
di ei'sa, fallo con tanla precisione ed esattezza, non fosse
uno dei migliori capilavori di greco artefice dell'aurea
età: poiché gli Egizi, i Romani, e gli Etruschi non
arrivarono mai a quella perfezione, che nell'accennata
gemma si ammira.
Dalla lettura poi di Plutarco, di Diodoro Siculo, di
Quinto Curzio, e di Plinio, parmi che e del soggetto,
e dell'artefice non poche notizie possano trarsi, onde
ponderatamente congetturare sull'uno, e sull'altro.
Qualora l'immagine del nostro guerriero si trovasse
simigliante a qualche personaggio celebre dell'antichità;
e qualora in rinomati autori si trovassero dei fatti, ia
cui fossero espresse le circostanze, che negli atteggia-
menti del guerriero si scorgono, potremo di leggieri
avanzare delle conghietture per caratterizzarlo; poiché
trattandosi di oggetti di rimota antichità, puossi di po-
chissimi afièrmare con certezza, e della maggior parte,
tracciandosi delle ricerche tra il bujo dei secoli, veraci
distruttori dell'opere, e delle memorie dei mortali, al-
tro che congetture corredate di sufficienti probabilità
non possono emettersi dal labbro di colui, che di dili-
genza, non di pomposi e seducenti apparati vuole me-
ritar lode.
Vari fatti di Alessandro Magno, che noi riporteremo
all'oggetto, «esposti da Plutarco, da Quinto Curzio, da
Diodoro Siculo, e da altri, unitamente a varie circo-
stanze che lo caratterizzano particolarmente, mi fanno
opinare, che Alessandro sia il personaggio sulla gemma
effigiato. E se dall'opera si può venire in cognizione
dell'artefice, osservando noi l'esattezza, la precisione, la
regolarità delle parti, e la dilicatezza della incisione,
potremo, oltre degli altri argomenti, che in seguito tes-
^ererao, congetturare con qualche fondamento che Per-
gotele ne fosse l'autore.
Si è perciò la predelta effigie confrontata con altre
opere dello slesso artefice, esistenti in altri musei, mercè
ì-22 LÉTTEnATUr.A
le copie in zolfo, ed in gesso, ti»e in Ptoma si è avuto
tulio l'agio di ojrscrvare; se ii'è anche doiriandato parere
ai più valenti incisori di i2;eninie: i quali pi-ofessatido
fjUL'slaiìe, ed al ])0f dei |»iltori conoscendo diversi siili
de' Pergoteli, dei Dioscoridi, degli Alenioni, degli Apol-
lonidi, dei Cronìj han pure che la fosse opera di Per-
gokde opinato.
Inoltre è pur troppo nolo, die Alessandro Magno,
usando di quel nobile conlegno, e di quella sublime gran-
dezza di spirilo, elle ben convenivasi al dnmator della
Grecia, ai vincitore di Dario, al conqnislalorc dell'Asia,
e delle Indie, non permise se non che agli artisti più
rolt'bri di riirarlo, ossia ad Apelle in colori, a Lisippo
in bronzi, a Policlelo in marmi, a Pergotelc in gem-
me, vietandolo espressamente a tutti gli allrJ. Di fatti
Orazio nella epistola i" lib. a*^ verso 240 così scrisse.
jj EcUcla vetuit ne qiiis praeter Jpelleni — Fingerete
(lui alias Lìsyppo ducerci aera — Forùs Alexundri vul-
iuin siinulantia. ■>ì
Quintiliano parlando di Lisippo disse: Qiiarn'òbrem
etiam Jìexntider iìle Mdgnns ab uno Lfsippo , se
Jhìgi voluti ut pingi ab Apelle. Plutarco ancora, par-
lando di Lisippo nella vita di Alessandro, còsi si espres-
se: w Questo artefice ne rappresentò con tutta diligenza
l'cslensione del collo alquanto jiiegato alla j)arle sinistra,
e la vivacità degli occhi, le quali cose soprattutto imi-
late poscia venivano da molti." In clletli Garacal'Ia, che
non poteva i'milare Alessandro nelle virtù, si studiò d'i-
iiiilarlo abiKuio ne' difetti; sicché portava ancli'egli il
collo piegato alla parte sinistra. ■
Plinio nel lib. 87 sez. 4^ dice* confihnat hnnc api-
monem edictùm Jlexandrf Magni, quo vetuit in gem-
ma ^ se ab alio 'scalpi, quaiw a Pirgotele non diibie
clarissimo artis ejiis.
Avendo noi fiUo conoscere di quanto merito fosse
Pergolele, e che a lui solo era permesso n trarre in gem-
ma Alessandro, passiamo ora a trarre dalla biografia
ED Ann LIBERALI 123
(li questo slraorclinario personaggio quei falli, e quelle
circostanze, clic sono analoghe al nostro proponimento.
Tra i distintivi di Alessandro, io IrovO' in Plutarco,
che egli portava un farsetto siciliano col cinto, e sopra
di esso una doppia corazza.
Jìiodoro Siculo dice clic: w La battaglia sul Cranico
fu la prima , che i Macedoni facessero coi Persi , che
iu essa, risplendè fuor di modo la virtù di Alessandro,
essendo esso venuto alle mani con due grandissimi guer-
rieri, ossia Spilridace, e Rasace suo fratello^ e che di
questa battaglia ne riportò egli i contrassegni delle frec-
ciate avute, una delle quali se n'era fitta nella corazza. w
Plutarco riferendo le stesse circostanze cosi s'espri-
me (i) ATiovria^iis /«sy' vifo 'Kf\y wTO'^rrv/^iSx rov^xpcnyios
cv)(^eT fccrr\ ossia jacido sub Loricae compagine per-
ciissus non accepit vulnus', e poco dopo soggiunge
che: wSpitridace avanzatosi col cavallo da un lato ed
assalitolo con prestezza, gli calò la barbarica scure sul
capo, e gli fracassò il cimiero insieme con una delle
d«e ale w cosicché al dir di Quinto Curzio nel lib. 8
il gran dito coperse col suo scudo Alessandro^ che com-
Lattova col capo scoperto.
ij Indi Plutarco stesso narra (2) che nel medesimo
/atto d'armi, unitisi sopra un cerio colle quei Creci ,
ch€ militavano a mercede sotto i Persiani, Alessandro
s'avventò il [)rimo in mezzo ad essi, dove perde il ca-
vallo: Tov Ts nfitov o.'ito^c/Xkèi^ et eqUum amitiìt.
^Riportala vittoria Alessandro ordinò, che ai trenta-
quatti'o uomini del suo esercito,, che vi perirono, fos-
sero erette statue di rame, le quali furono. fatte da Li-
sippo. Questa battaglia produsse vari cangiamenti di
cese in fiivof di Alessandro, in .modo che anche-iSardi,
che era il propugnacolo del dominio marittimo dea bar-
.• . • _ i.;r. J.^4Jl' : ! .;• -i ; • ■ ; ;• i '-
(i) Plulilivhi Chaer.innrnsis riurla extrint omnia grneco sermone, et Ia-
lina iiilcrprelalidiie. Fi;iricfoj;li iGyg, loiu. i, pag, 672C fl'J Alexander
prucliiiin in rijitt O runici.
(?) Nillii jiiig. G73 ilcU'ahzìildUa edizione^
124 LETTERATURA
Lari gli si delle in iiiauo, e così fecero pure le allre
ci uà. w
Questo viene rapportato da Diodoro Siculo e da Quin-
to Curzio.
Fatti così memorabili meritavan bene di essere tra-
mandali alla memoria dei posteri con qualche monu-
mento; e se Alessandro ordinò che ai trentanualtro suoi
soldati morti sul campo, fossero erette statue di rame
])er Lisippo, non è presumibile, che per lui stesso (na-
turalmente ambizioso di gloria a segno da privarsi fi-
nanche del sonno, per non lasciar trascorrere degli istan-
ti, senza pensarvi o acquistarne) non si fosse falla ve-
runa cosa, che avesse rinnovato la memoria di tali' av-
venimenti; in cui al dir di Diodoro Siculo » risplendè
fuor di modo la virtù di Alessandro. »
E mai presumibile, che Lisippo stesso, Apelle, e
Pergotele conoscendo da questo ordine di Alessandro il
piacere di lui nel voler consacrare alla posterità un ri-
cordo dei prodi morti nella battaglia del Cranico, se
ne fossero poi stali colle mani alla cintola, e non aves-
sero gareggialo d'impegno nel ritrarre Alessandro? cui,
come supremo Duce, dovessi la gloria di quella vilto-
riosa impresa, che era la prima fatta da lui in Asia.
Pare dietro lutto ciò, che Pergotele nella surriferita
gemma abbia voluto, come doveva, esprimere le cir-
costanze più rimarchevoli nella persona di Alessandro,
ossia la perdila del cavallo e la freccia fitta nella co-
razza, come vedesi nella gemma: ciò non ostante il
prode Macedone coll'indomabile suo coraggio, ad onta
di tutte queste disavventure, strappandosi valorosamente
il dardo dalla ferita, e slanciandosi con impetuoso ar-
dore dal cavallo, che trafitto già gli mancava sollo, si
avventa il primo contro de' Persiani, nonché quei Greci
a loro soldo, che eransi ritirati sul colle, e decide della
vittoria in suo favore. , ■\,
L'industje artefice, con due sole figure diversamente
alleggiate, cumulando insieme tutte le predette sfavo-
ED ARTI LIBERALI 125
revoli, e perigliose circostanze, dà maggiore risalto al
valor di Alessandro; e nella sola di lui mossa ci fa co-
noscere in questo piccolo intaglielto tulio ciò, che gli
avvenne di sinistro nella tanto famigerata battaglia sul
Cranico.
In ordine alla circostanza, clie Alessandro si strappa
il dardo infitto nella corazza, ma in modo però, come
dice Plutarco slesso, che non ne restò già ferito, è da
potarsi, come fu cosa naturalissima a praticarsi da quasi
tulli i guerrieri dtll'anlichità , ed Alessandro stesso il
fece in tutte le battaglie ove ne fu colpito. Di fatti
Quinto Curzio nel lib. 8° riferisce che nell'assedio di
IVlazaga Alessandro fu colpito con una freccia, la quale
gli si Jìccò a sorte nella polpa di una gamba ^ onde
egli traendone il ferro fuora si fé' menare il cavallo...,
w Rafiieddata poi la ferita^ e dtindogli molli spasimi
disse, ><:he quantunque egli fosse riputalo figliuolo di
Giove, nondimeno sentiva le punture del corpo infermo. m
Inoltre nel lib 9° soggiunge, che nell'assalto della
città degli Ossadraei, Alessandio ricevette un dardo che
gli passò la corazza , e lo ferì un- poco sul fianco
driitoy ed uscendogli molto sangue^, venne si meno
die la mano destra non ebbe forza di cavarsi il dar-
do dalla ferita
Che sia questo il ritratto di Alessandro può agevol-
mente conoscersi, ad onta della quasi impercettibile
picciolezza della testa del nostro guerriero dai tratti
marcati della sua fisonomia; poiché confrontatasi cort
molte medaglie di Rodi di Apostonia e di Aco trovasi
simigliantissima, e fra le altre con una d'argento esi-
stente in Roma nel Musco Chircheriano; con un'altra
impressa in Lucca per li Marescandoli; con un'altra in
oro delineata sulla carta geografica della spedizione di
Alessandro Magno, che forma parie dell'accuratissima
Orbis Delineatio di Ilornio stampata in llaja nel i']^o.
Si è pure confrontata con la testa di Alessandro, che
esiste originale in Firenze, e che puossi comodamente
1 26 LETTERATURA
osservare; giaccliè è stata impressa nei Principìi di di^
segni lialli dalle migliori statue ntiticlic, pubblicati ia
Roma nel i'^86 da Volpato, e da Morghen. Mai a pre-
scindere da tutti questi ritratti lontani, puossi meglio
confrontare nel Real Museo Borbonico coi due busti di
Alessandio in marmo, ereditali da Farnese, e partico-
larmente colla statuetta equestre di Alessandro in bron-
zo, riprovata in Ercolano, alla quale il nostro intagliefto
e similissimo, nonché col mosaico, non ha guari rin-
venuto nella casa del' Fauno in Pompei, rappresentante
ii gran Macedone nello stesso fatto d'arme.
Si osservi per tanto il mento alquanto prominente,
il naso grandetto, la bocca semi-apeita, la fronte acuta,
il scpiacciglio sporto in fuori, la ciera leonina, onde
Alessandro fu cognominato il Leone di Tesprozia; in una
parola tutta la ,conlbrmazTone della testa; inoltre il far-
setto siciliano col cinto, e sopra di esso la doppia co*
lazza , sulla quale si scorgono ancora le pieghe della;
clamide tlofi.')tagfi per segno d'onore dalla città di Rodi,
e di cui servivasi «ielle battaglie, V
E osservabile più d'ogni altra cosa Festensione del
collo alquanto piegato alla parte sinistra, che Plutarco
dice t-ssere slato» soprallulto bene imitato da Lisippo,
e éa molti.
Merita poi una particolare attenzione la pelle di ti-
gre sni cavallo; perchè Alessandro domatore delle In-
die ^1 pari di Bacco ne indossò le divise, come i'ac«
confa, Quinto Curzio, se j)ure non voglia, secondo Icr
sli^sSo autore, credersi la pelle del leone ucciso da Ales-
sandro nella caccia di Bazzaria; sebbene all'artista noir
era ignoto, -che l'una e l'altra impresa fosser.o stale po-
steriori a quella sul Cranico.
IIjGIì artisti e gli archeologi, attesa la quasi deficienza
de ritratti di Alessandro in intaglio, potranno giudicare
di quanto pregio debba riputarsi la surriferita gemma,
superiore di gran lunga al cammeo mutilo pubblicato
dai Visconti; unic5^,nei^^i,o genere, perche nessun musco»
ED ATITI LIIJER'ATLI I27
può vanlarD finora la simile, e per la qualllà dolla
jìietra, e pr lo stalo intero in cui si trova, e ju-r l'a-
zione clic rpprescnla uniforme alle relazioni degli sto-
ricij e perissero un monumento equestre, che iDentre
dà ad esse naggio'r lustro , ci òflre nelle sue parli la
tììagnificenz;, l'eleganza, e la perfezione dei capilavori
greci, e ci resenta il Gran Figlio di Filippo nella gior-
nata del Clinico in un atleggiameuto tale, che a pri-
nia vista na può non riconosccflsi. ' j'j
DojTo fu ttk questo parmi, die con qualclie fondatnèhfa
potiebbe coigetlurarsi , che Alessandro fosse il perso-
naggio nella gemma espresso, e che Pergolele ne fosse
l'autore. Il jogo dove fu ritrovato ha fatto a taluni
anche opinae, che fosse' o|)ei*a di Diosconde, giacché
sappiamo inquanto pregio ebbe Augusto le opere di
costui, e coiosciam'o altresì che Augusto usava p^r sug-
gello l*imma;irìe di Alessandro, forse per adattarsi alla
comune credenza che chi ne portasse il ritratto jjrospjcra
in tutto avr(bbe la fortuna. "'. ''/ ' .'. ',' i^^.V."
Se altri j)ù' dilìj;erife, piif"iiccò'fl[b', è 'iiu'^ihv conb-
scitore dèi frtlT" e di' m'onumef'li .antichi, con più va-
lide jtruov'e 'j con pili solide ragioiii tesserà degli ar-
gomenti più orti, e dimostrerà che altri sia i] soggetto
della geuima; 'tHr^ftri l^artéfice, io lungi dal richiahnaf-
niene, e lungi dal; risentirsene il mio amor proprio,
ascriverò a mia gidna il confessare di essermi ingan-
nato nelle mie ricerche, e l'esser (ratto di errore mt
farà riputare Tuomo più felice del mondo, e grato fuor
di modo a clii nel disinganno, e nella conosccoxa della
verità mi sarà maestro e duce.
RISTRETTO DELLA UUKOMA»
Alessandro il Grande nella balfaglla sul Cranico fa
colpito da un dardo nella corazzale non essendone re-
slato ferito, Secondo Plutarco, se lo strappo da se slesso
fuori, come egli fu solito praticare in simili circoslan-
128 LETTERATURA
ze; quivi ancora egli perde il cavallo, cL trafitto gli
cadde scilo; per lo che slanciandosi da eso si avventò
contro i nemici.
L'induslre artefice, con le due sole figuj incise nella
gemma, di cui è parola nella precedente leraoria, cu-
mulando insieme tulle sì fatte sfavorevoli trcostanze dà
maggiore rilievo alla virtù di Alessandri, che trion-
fandone col suo indomabile coraggio, riprta al fine la
tanto contrastata vittoria.
Che sia questo il ritratto di Alessandri si scorge dai
tratti marcati della sua fisonomia e da qell'impctuoso
ardore, che gli traspare dal volto e da ttto il suo ab-
biglia mento riferito dagli storici.
L'inarrivabile squisitezza dell'incisione nonché l'ele-
ganza, e la grandiosità di tutte le sue pati, l'han fatto
giudicare dai più valenti conoscitori uuo lei capilavori
del famoso Pergotele; jìoichè a lui solo er permesso di
ritrarre Alessandro in gemma.
L'essersi rinvenuta in Roma presso h casa di Au-
gusto ha fatto a taluni anche opinare chi fosse opera
di Dioscoride; giacche ninno ignora quaito conto fa-
cesse di costui Augusto, il quale usava per suggello l'ina-
inagine di Alessandro.
Finalmente, o Pergotele, e Dioscoride o chiunque
altro ne fosse l'autore non può negarsi , che desso sia
uno de' migliori capilavori greci dell'aurea età.
ED ARTI LIBERALI T 39
Ilo
Lettera su importanza di scrivere le vite de Lriu-
reconsul. celebri della Sicilia, e sopra le cagioni^
per cui ^ ori negli andati tempi la giurisprudenza
in Sirac.sa. All'erudito sig. don agostino Gallo,
il presidine Francesco di Paola Avolio.
Venrato amico
Commencevole è il vostro inlendimer.lo di tessere le
memorie dt valentuomini Siciliani obl5liati dui eh. ca-
nonico Mon;itore nella sua Sicula Biblioteca. Io di ciò
fatto da vo consapevole, estimando molto il prezzo di
sì nobile faica, invoj^liato mi sono di essere in qualche
parte vostrocoo[)eratore, avendo già incominciato a som-
ministrarvi jualche notizia riguardante solamente a' Giu-
reconsulti Sracusani dal Mongilore affatto ignorala , o
pur sapula, ma abbisognevole di supplimento.
Debitameite mi sono a questo intento rivolto; poiché
la nostra st)ria letteraria non sembrami in questa parte
compiuta. E per dir vero quanti nostri concittadini pre-
stantissimi iella civile e canonica giurisprudenza, od in
altre facoltà, autori di opere degne di perpetua laude^
sono mal ono-sciuti alla moderna gente? Laonde torna
alla gloria lei regno che le reminiscenze loro compita-
mente rivivessero; siccome giova bensì indagar le pre-
cipue cagiooi, le quali contribuirono a rendere cotanti
uomini valorosi e rinomati.
Ho per certo che della dirittura e solidità della mia
sentenza nessuno ne dubiti, ne che m'inganni, dove in-
terviene il giudizio universale de' dotti. Si rechino alla
mente le tante eiFemeridi letterarie dettate a questo ri-
guardo in Germania, in Francia, in Russia, in Italia,
che ne daranno altrui lucida prova: volgarissime sono
quelle che portano il titolo: Ada Jureconsullorum: pub-
blicate le prime l'atiuo 1734, e le seconde al 1738.
l3o LETTERATURA.
Scopo SÌ fatto hanno benanco in mira \4mcnìtates
Jurìs Canonici di Giovanni Straucìiio ii, ^fsse l'anno
1764: la Bibliotheca Juris publici del ]\. sero scritta
in tedesco, ed in fine le Deliciae Juridicaerhla in Ger-
mania l'anno 1702 alla pubblica luce. E jP'anlo all'I-
talia non mi par giusta cosa il trapassare lf*.loria della
letteratura italiana del eh. Tiraboschi, ove-egli fatiche
non lievi ebbe a durare, onde chiarire con dscernimenfo
e con critica i destini della giurisprudenza e i fatti dei
più eminenti legisti, che ne' secoli trasandati fecero lu-
minosa comparsa nel bel paese, acciocché ron venissero
i medesimi del>audati de' debiti onori. Mote altre cose
si potrian dire sopra questo soggetto; ma lon volendo
estendermi oltre i termini di una lettera , si lasciano.
l{eslrinf;endomi adunque a quello che alla )iografia.dei
nostri Giureconsulti si conviene, dico che acuue ne ab-
biamo sia vile, sia elogi; ma non acqurab, ne com-
piute. Primieramente a guardare in univtrsale, voi,
amico mio, scorgete chiaro che notasi per lo più dallo
scrittore il nascimento, l'indole dell'eroe, el i gradi si
accennano cui fu ciascun di loro elevalo a giusto titolo
o senza; sotto silenzio si passa spesse vollt, se n^ai i
commessi uflici furon da esso dirittamente fa-niti, e qual
giudizio ne riportò dal pubblico, giudice perspicace, se-
vero, incorrotto. Ed oltre a questo se di qjalche libro
fu autore il lodalo, non se ne fa dal suo encomiasfa
conoscere evidentemenle l'importanza o la vanità. Im-
perocché rimane dubbio se il composi tor dell'opera cose
nuove esponendo, rischiarando le oscure, e gli errori
altrui combattendo, abbia così giovalo alla civil sapien-
za, ed alla ditl'usion de' lumi nella scienza che profes-
sava. Dall'eimnciate leggi di critica niun biografo è fran-
cato. Gran vanlaggio di poi in questo genere di com-
ponimenti cavar si può dall'analisi dell'opere stesse de-
gli autori, le cui rimembranze voglionsi debilamente
dimostrare: Sunt et alii scr'ptores boni; sed nos ge-
nera degusiainus^ non bibliothecas exculinmsj diceva
KD ARTI LIBERALI l3r
Quintiliano (L. x. C. i,). Ed io ho portato sompre
ferma opinione circa alle memorie tic' Giureconsulti die
mal si j)uò discernero il vero, se non se ne peschirio
le cognizioni a dentro delle stesse optre loro. In que-
sta guisa si condussero i valenti; siccome più esempli
ne alloga il Tirabosclii, massime parlando di Antonio
da Prato vecchio (i). Le cose veramente non si possono
intendere iu altra lòrma chs con provare il lor sapore
nascosto.
Se oramai tali regole si fossero in questo proposito
osservate da' nostri biografi, io noi so giudicare; che
noQ sono un uomo di lettere; a che il lungo e retto
intendere in questo genere di studi abbia la mente mia
raUlnata. Pure latto sia che il canonico Rosario Gre-
gorio, il nome del qu;ile ispira e comanda la riveren-
za, desiderava benanco, malgrado delle biblioteche e
degli elogi de' famosi legisti nazionali , di darsi opera
che se ne illustrasseio le memorie, e peculiarmente di
coloro, i quali allo studio del diritto pubblico siciliano
si applicarono con singolare attenzione, e gl'inediti scritti
di tal materia si raccogliessero (a).
jÈ qllresì dovere del biografo delle prefale vite fer-
marsi a rammentare la natura de' tempi, in cui vissero
i soggetti da commendarsi, le condizioni dello sfato lo-
ro, le vicissitudini, cui soggiacquero, gli onori che con-
seguirono.
Torna eziandio che nel raccogliere ed ordinare tali
fatti si vendicasse la loro fama dall'offese e dall'ingiu-
rie, e particolarmente di quelli che vengono a far da
dottori; dove? in Sicilia. jNou è fuori di ogni conve-
nienza al pari che se mai il censore travalicato abbia
i termini della decenza, usando parole di sprezzo frc-
jiienli, si ammonisca, e si faccia con aggiustate risposte
j-iconoscere. Oltre a questo non mai cicco rispetto, nò
(i) Stiiriu della Ivt. ilal., loin. ii, pnrte i, pag- Sqi.
(a) Iiuruduziunc allo iiiuliu del drillo pubblico, p. 84 e 85,
l32 LETTERATURA
troppa fede prestar si dee a un morditore, quantunque
dì allo carico si trovasse egli per avventura rivestito,
avvenendo tal volta che credonsi persone di tal fatta
più che gli altri in ogni cosa valere e sapere, dove di
gran lunga sono sovente da molto meno. Io produco
in mezzo il fatto avvenuto, non sono ancora molti lu>
stri passati, sopra una scrittura legale di don Carlo di
Napoli difensore del marchese Sortino(i), e l'acerba
censura di don Saverio Simonetti, consultore del Go-
verno di Sicilia conlra la medesima (2). Trattasi ivi
dell'interpelrazione del capitolo del regno, che princi-
])ia volenies^ ove si dispone sulla successione de' feudi:
ed aj)punto là quel napolitano legista non si fece co-
scienza di francamente denominare il di Napoli il S an-
dò Vaiiza de Comnnliloni, e che il busto di lui me-
ritava di esser posto nello spedale de matti (3); bu-
-slo innalzatogli a titolo di onore dal pubblico di quel-
Finsigne metropoli; busto che venne quindi prosteso
rotto in pezzi. Ma posto pur che in questo sia da con-
cedere ciò, che a favore della ragion fiscale sostenne il
Simonetti, non poteva egli giammai dannare e vitupe-
rar così a gran torto un avvocato , che il suo cliente
difendeva con ragioni tratte dalla storia, quantunque,
non depurata dalla critica, o col soccorso delle svariate
opinioni in materia feudale a que' tempi signoreggian-
ti, alle quali si accordavano i tribunali. Per la qual
cosa è da ammettersi come principio di etica sociale e
forense che se mai accidente addiviene che un geloso
sostenitor du' regi dritti per valide contraddizioni, e per
avverse sentenze, che gli si oppongono, si turbi, e di
zelo s'infuochi; niuno accidente però gli potrà concedere
di svillaneggiare l'onorata memoria di un difensor delle
pertinenze altrui non volgare, anziché segnalalo, ben-
ché e' più non esistesse tra' viventi.
(i) Concordia ira' dritti demaniali e baronali.
(•2) Rimostranza sulla lii'ersione de' feudi in Sicilia al Regio Fisco.
(.3) Ivi p. VI e TU.
ED ARTI LIBERALI rl33
Olire a che il Siraonétti prese quivi cagione à'ìiX'
vcire(i) contra monsignor arcivescovo Francesco Tor
-sta, nome da anni cliiaro per le cure da lui spese alla
riforma de' buoni studi, e per la sua dotlrina nella si-
cula legislazione, di che ne die prova ne' suoi comenti
a' capitoli del regno di Sicilia; ed appunto per questo
il Simonetli lo sgrida; perchè ciò facendo^ così egli,
pose la falce nella messe altrui^ volle parlar di ma-
teria^ che o poco o niente intendea: lo taccia ezian-
dio di aver citato a credenza il Barberio, .... e final-
niente rompe contro i revisori de' libri, che delle pre-
dette opere del Napoli e del Testa libera ne permisero
la stampa; come se legge divina od umana Slatuito aves-
sero di negarsi ad argomenti siflàtti la pubblica luce.
Dalle premesse considerazioni fraditaiito arguite voi,
amico mio, quanto acume d'intelletto, quanto animo
moderato e alieno dalla maldicenza , ed onesta libertà
di spirito addimandisi da chi vorrà mettersi a maneg-
giar una tal pasta. Se mai di poi il biografo a queste
prescrizioni ricusi di adattarsi, è da inferire che alie-
nato egli è da ogni amore di verità ; meglio essendo
allora che si muti del suo proponimento di comporre
vite ed elogi.
Qualunque siasi però la difficoltà dell'enunciato lavoro;
quantunque radi sieno gl'inleiletti capaci a fornirlo nella
divisala guisa, fa d'uopo proporlo incessantemente; af-
finchè le gesta di que' nostri legisti, il cui merito venne
iu vita esaltalo, e la fama raccomandata alla posterità,
servissero di sprone e guida alla gioventù studiosa del
giure. E massima che » per la memoria delle cose pas-
sale fortissimamente si accende l'animo a virtude, e quella
fiamma nel cuore delle valorose persone non si spegne
fino a che la loro virtule non agguaglia alla fama e
gloria de' loro maggiori, w
Oggi mai è tempo che qualche parola facessi su la
(i) Pag. XIX e x.v\.
l34 LETTERATURA
materia da svolgersi nell'ideato argomento, onde si man-
dasse ad effetto. In prima ponete mente alla storia let-
teraria d'Italia de' secoli xiii xiv e xv infìno al xvn
per richiamarvi a memoria qua! fosse la condizione della
f^iurisprudenza civile e canonica sì bene coltivata nel-
l'italiclie università, in cui queste scienze si apparava-
no, validamente protette da' principi ecclesiastici e dal
rat'desimo Gerarca sommo della chiesa (i).
Quanto a Napoli ed alla Sicilia volgete pure un guardo
a' tempi, che regnò il magnanimo Alfonso, ponetevi
sotto gli occhi il quadro che ne delineò Pietro Napoli
Signorelli (2) , dove fa anche una sposizione precisa e
chiara di taluni Giureconsulti siciliani, prodi nella cat-
tedra e nel foro. Fra questi annovera Andrea Barbazza,
competitore del famoso Alessandro d'Imola, ed Aurelio
Giureconsulto il chiaro dice lo scrittor suddetto (3) che
jiel i4^y fu con altri due chiamato a f^ienna dal-
l'imperadore Massimiliano a leggere il dritto imperiale.
Furono al pari conti a que' tempi altri siciliani le-
gisti (continua egli) mentovati dal Mongitore e da al-
tri scrittori, che non senza lode coltivarono la giuri-
sprudenza comechè lontani dal soffrire senza svan-
taggio il paragone de Cujacii e degli jégostini. E
qui rammenta fra' più insigni Federico Imperadore, An-
tonio Brugiano dottori di leggi palermitani, Pietro Gre-
gorio, Francesco Safonte. Tra' Calanesi fa raenzion de-
corosa di Girolamo Guerrero, Blasco Lanza, e di ta*
Inni altri.
Nou posso qui venirvi sponendo, per non essere in-
finito, tutta la numerosa serie di dottori, i quali fecero
luminosa comparsa nel foro siciliano e napolitano; ma
a que' soli nnei concittadini mi rivolgo , che parvero
degni di tempi migliori e nello studio delle leggi, ap-
(i) Tiraboschi Storia della Letter. /., toni, v pag. 12Z C seg-, toro, vi
pag, 37'2.
(2) Ficende della coltura delle due Sicilie.
(3) Ivi pag. 22-2,
ED ARTI LIBERALI I 3d
peliate dal Certaldese Novellatore, strada spinosa^monte
aspro^ e poggio difficile^ furono rimunerali di meritali
encomi da' coetanei, e da' futuri, alcuni de' quali ven-
nero altresì in grazia de' principi regnanti.
È da contarsi non secondo fra sì nobile schiera Gu-
glielmo Perno di cospicua siracusana famiglia (i), disce-
polo degno del dotto arcivescovo palermitano Ubertino
de Marinis. Non vi ha chi ignori essere slato nella ra-
gion feudale questo espertissimo legista siracusano, e
specialmente nella spiegazione del suddetto capitolo vo-
lentes, che ha riportato, fino a' giorni nostri encomi ed
approvazioni da' prefati Dragonetti e Simonelti, còme
colai, il quale, per quanto portava l'oscurità de tem-
pi, in cui visse, dimostra di aver capita la materia.
Profondità di giudizio, e conoscenza di leggi diede egli
bensì a divedere ne' suoi cementi alle siracusane con-
suetudini, e ne' suoi consìgli, a cui fece le aggiunte
Federico Auria palermitano legista. Uguali commenda-
zioni per l'oggetto medesimo conseguì Bernardo del Me-
dico gran Giureconsulto: il Perno e il Medico secondo
il Dragonetti (2) e il Simonelti (3) vissuti in quell'età
furono gli antesignani e maestri della scuola feudale
sicula.
Procedendo ne' tempi successivi vienmi davanti Lo-
dovico Monlalto, del quale nolai qualche particolarità
nella mia memoria tempo fa dirizzatavi.
Palesi sono i gradi luminosi, a che venne il Mon-
talto in Ispagna e in Napoli promosso. Laonde non so
capire come si fosse il chiaro nomo di lui trapassato
dal Siguorelli.
Non si debbo lasciar in dietro Bartolomeo Grandi
qual giurista valente, al quale piacquero altresì gli studi
a storia e a poesia pertinenti. Compose un erudito trat-
tato intorno al sito, a' monti, a' fiumi, e così va discor-
(1) Constant. GactaiiL Commcnt. in Gclusii II vUani, pag. 34-
(a) Origine de feudi «e, pag. 2y2.
(3) Ivi, pag. a..\xvi.
l36 LETTERATURA
rendo, della Sicilia. La suddetta opera restò manuscrit-
ta, e per conseguenza perduta.
Di ragione si ricordi parimente Antonio Montalto,
bencbè per sentimento dei Mongitore fosse d'incerta pa-
tria; nondimeno fra' siracusani celebri nella giurispru-
denza il Mongitore lo ascrive. Da lui siamo istrutti dei
carichi segnalati che nel secolo xvi egli occupò. Dettò
eziandio un consiglio inserito nelle decisioni di France-
sco del Castillo(i), e le allegazioni di questo Montalto
nella causa di Roccella si citano dallo scriltor legale
Mario Muta (2).
Vincenzo Montana nato in Siracusa all'anno i634 adul-
to recossi a Roma per apprendervi la facoltà legale, ove
anni quattro soggiornò. Conseguì indi la laurea dotto-
rale in Messina; ma poi appresso mutato consiglio si
diede al mestiere delle armi; e benché avesse la pro-
fession primiera tralasciata, si distinse nelle lettere; e
i titoli dell'opere di lui possono leggersi nella Biblio-
teca Mongitoriana.
Mi è caro il comprendere in sì bel numero Giacomo
Candido dottor di legge siracusano innalzato per pietà,
e per dottrina dal potitefìce Paolo V al vescovado di
Laccdogna nella Calabria (3). Fa mestieri che ricordi
bensì Vincenzo Amodei noverato fra preclari legisti dal
P. abate don \ ilo Amico nel Lessico (4)' toccar ancor
bisogna Vincenzo Zummo, Cannarella, Giulio Cesare,
ed Onorato Gaetani, fratelli riguardcvoli del eh, abate
don Costantino Gaetani nel dianzi citato suo comenta-
rio alla vita del papa Gelasio H. Di esso loro così e-
sprimesi: Doctores celeberrimi^ et regH in regno Si^
ciliae consiUarii extitere. Di Onorato ho parlato an-
ch'io in una lettera, non ancora impressa, intorno a' let-
(1) Lib. I, dccis. 5i, pag. 285.
Qa) In Capit. Regni Sicil., tom. 2, cap. 25, n. 7^.
(i) Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, tom. i, parte
IV, |)ag. 64j ed ivi paito vi, pag. i3 e 14.
(4) Artic. Sjrac, pag. 3oo.
ED ARTI LIBERALI ì'^J
terali della famiglia Gaetaoi da Siracusa, clic vale di
appendice all'cleganli memorie del conte Cesare Gaetani
dettate dal duca Paolo Impellizzeri.
Rimemorando tutti gì' illustri della patria mia dedi-
catisi ne' tempi avvenire a si nobile professione, e che
la gloria ne accrebbero, potrei di certo eccedere, se mi
facessi a discorrere sopra ciascuno, di lalun de' quali
per altro qualche scrittore ne tenne proposito. Quindi
parrai poter bastare in esempio il fin qui detto che da
voi mi è stalo conceduto di significarvi. Pur tuttavia
confesso, che se i legisti nostri di elevato intendimento
curato avessero fare di universal ragione le loro scrii"
ture concernenti a gravi subbietti , non sarebbe rima-
sto nella materia, che sto svolgendo, uo considerabile
vóto.
Che che ne fosse la cagione della passata negligenza,
concepisco la dolce speranza che verrà ormai cotanto
difetto supplito almeno dagli scrittori di cataloghi ra-
gionati delle pubbliche librerie esistenti nella nostra ter-
ra, e da' biografi; e se non m'inganno scorgo di essersi
già data mano all'opera. Al canonico Francesco Strano
bibliotecario cadde in concio nel suo catalogo ragionato
della venlimilliana libreria di far parole di più Giurecon-
sulti calanesi, autori di opere legali; accurate essendone
le notizie da lui quivi raccolte. Forse altri utili libri
per questo erano da aspettarsi da sì fatto letterato; se
iu età non molto matura non avesse fornito il suo na-
turai corso, per cui lasciò dolorosa memoria della sua
morte. Tanto bene è da attendersi oggi giorno dal sig,
Gaspare Rossi per la sua Biografia de letterati sici-
liani; e mercè delle sue vaste conoscenze in tali assunti
non vi ha timore che le sue fatiche riuscissero non sod-
dijilacenti a* desideri de' dotti. Muovo ora sollecito il
pabso a favellarvi delle cagioni, che fervidamente lo stu-
dio della giurisprudenza ne' suddetti secoli a maraviglia
promossero. Acciocché però tutte non le vada ricercando,
per fare il ragionamento minore tre solamente rileva
1 38 LETTERATURA
toccarne: una delle cause fu l'impegno de' magistrati
municipali a somministrar mezzi convenevoli a' candi-
dati a fin di progredire in questa facoltà : la seconda
si è l'innalzamento de' tribunali, quando Siracusa era
camera reginale: la terza il gran numero delle cause,
le quali si jiiativano nella G. Corte vescovile, e la dot-
trina de' vescovi nell'una e l'altra legge, che sedettero
in questa onoranda cattedra.
Della prima accennata cagione già entro in parola.
E assai aperto, che il promuovere gli studi, ampliar
le cognizioni delle scienze utili, e farle ne' propri paesi
fiorire come supremo loro ornamento, e stato precipuo
obbiello di savissimi moderatori delle genti, spenden-
dovi perciò lunghe ed afìànnose sollecitudini. La storia
nazionale conserva a questo rispetto efficaci stabilimenti
contando luminosi personaggi suoi figli, ne' quali fu
tanta liberalità e umanità, quanta in alcun altro in si-
mile fortuna nato, si potrebbe desiderare. È indubitato
al pari che l'aggrandimento delle lettere consiste di ogni
individuale progresso; e di tanto sono benemeriti tutti
coloro che allo avanzo e allo splendore concorrono. A.
prova di che presfate, caro amico, intera fede, mercè
di due esempli, che vi reco, alle mie alFermazioni. Un
documento tratto dall'archivio senatorio di questa città,
pubblicalo dal predetto canonico Gregorio ci fa sicuri
che i regolatori della comunanza favoreggiar volendo
nella propria terra le scienze salutari, leggi e medicine,
si deliberarono di eleggere Perrello de Sardella eru-
dito giovane, fornendolo dell'assegnamento di once sei
annuali; onde recato si fosse a Bologna od altrove, ad
apprendere la legale scienza (i). Non abbiasi in poco
conto il suddetto a])[)uutamento , avverte il canonico
Domenico Schiavo nella vita di Antonio Panormita (2),
giacche essendo ne' prefati anni tenue il prezzo de' co-
(l) Nel siidilctlo lungo pag. 216.
(q) Ojntsc. Sicil., toni, vii, pag. 110.
ED ARTI LIBERALI iSq
mestibili, siccome ancora delle merci, e degli abiti,
poteva chiunque, anche nobile, collo stipendio di once
sei decentemente mantenersi. A simile deliberazione i
ministri dello stesso coraunal reggimento divennero l'anno
1480 a prò di Giovanni Bonajuto, onde portarsi a Pisa
■per sì commendabile scopo. Intanto era quest'uso os-
servato in Siracusa a piena e ben diretta istruzione
de' giovani nelle piefate scienze. Non altrimenti avve-
niva in Palermo infin dal secolo xiii regnando l'Im-
peradore Federico IP, ove quell'augusto e quel senato
tennero costante cosiffatto stile , che Iruttò la riuscita
di più persone, tra le quali ve ne furono pel saper loro
celebratissime, che il prenominato Schiavo ridusse a
memoria (1).
Si conceda per la seconda cagione che prosperar fece
la legale facoltà nella patria mia, da che venne ella
costituita a patrimonio delle regine di quella età. Rac-
conterei cose vecchie e trite, se dicessi che quando Fe-
derico III la Sicilia reggeva per rimunerare la fedeltà
de' Siracusani, e per istabilire al tempo stesso un pe-
culiar patrimonio a Costanza sua sposa, ie concedette
al i36o Siracusa elevandola a capitale di molle città,
e paesi, che tutti uniti formavano il suddetto patri-
monio, denominalo con barbaro vocabolo camera re-
giiuile. I nostri annali e le nostre vecchie prescrizioni
addimostrano che presedeva un reggitore agli enunciati
paesi, indipendente de' ministri del regno, godente un
mero e mislo impero, esteso financo sopra ogni mili-
tare e politico aftàre. Avea questo governatore a se sog-
getti consiglieri, tribunale composto di giudici, maestri
razionali, e ministri inferiori. A lui spettava la sovran-
tendenza sopra lutti coloro, i quali ministravano ra-
gione a' litiganti che portavano i richiami per cause
civili e criminali alla loro superiore autorità. Di tal
materia, da altri largamente spiegata, non dirò più. E
(1) ]\lein. j>cì servire alla storia Icttcr, di Sic, parie ir, v- 3j e se e-
l4o LETTERATURA
ciò posto liflcltcte, pregiatissimo amico, cbe numero
grande di controversie e di affari discutevansi a quei
tempi appresso la siracusana magistratura. Quanta gente
in. più classi divisa non ci vivea agiatamente, bisogne
forensi, secondo il giudiciale ordine, maneggiando! Con-
seguentemente animato dovette essere lo studio della
giurisprudenza produttore di onori e di beni. Malgrado
però tanti emolumenti che a Siracusa dalle dette pre-
minenze derivavano, non poteva ella peggio stare,
come di fatto slava. Conciossiachè l'illimitato potere
di cjue' governatori erasi già convertito in istrumento
di violenze, di pressure intollerabili, e d'ire anche ese-
crande. La citià quindi in ciò bene avveduta porse
incessanti doglianze ne' generali comizi del regno, il
re supplicando, affinchè tolto le fosse quel giogo di
ferro, quantunque scapilo grande dell'abolizione |iortar
ne dovesse, e de' torli inferitile da quegli oggetti di
pubblico vitupero non rimanesse inulta. Non invano
andarono i suoi priegiii l'anno i536 o j537 sotto Carlo
V° Imperadore; e cosi rientrando ella nel demanio quel
tempo malvaggio per lei cessò.
Per terza cagione dicevole a far ne' secoli xiv xv e
XVI fiorire la civile e canonica ragione fra noi ascrivo
io la vastità della diocesi siracusana composta di ri-
guardevoli città , e di opulenti paesi al vescovo sog-
getti, ed alla giurisdizione della sua curia, innanzi cui
infinite contese si trattavano, non solamente dagli ec-
clesiastici, ma da' semplici chierici, comechè conju-
gati una con le loro famiglie. Di che ne conseguitò che
incessante divenne lo studio de' codici civili e sacri:
studio producitor fecondo di emolumenti e di onoranze;
.sicché .potevasi dir Con Dante.
» Per questo l'evangelio e i dottor magni
» Spn derelitti, e solo a' decretali
» Si studia SI, che pare a' lor vivagni.
I rimasi avanzi delle librerie de' vecchi legisti si-
racusani, i loro repertori, ed aringhe, a me palesi nella
ED ARTI LIBERALt ì/^t
giovinezza, ci cavano di dubbio, senza bisognarci per
questo altra peculiare dimostrazione. Io intendo qui al-
ludere a giureconsulti da me sopra richiamati debita-
mente a memoria. Or clic potente incentivo in quello
stato di cose essere non doveva il posto di assessore
nel vescovile sinedrio? Quale ardore verso la scienza
non ispirava la facilità di ottener poi per via di me-
rito un luogo di onore ne' tribunali supremi di Pa-
lermo? Venendo a quello che di significare per ultimo
ho nell'animo, diiò che assaissimo contribuì a fomentar
bensì ne' tempi precorsi le predette facoltà la dottri-
na de' vescovi, e specialmente di coloro scelli dalla re-
gia corte di Madrid, onde sedere in questa cattedra apo-
stolica celebratissima. Furono eglino veramente uomini
di grande intelletto, e di sottile ingegno, cavalieri per
virtù e per nobiltà di sangue ragguardevoli, e caldi
di carità, e perciò virtuosamente adoperavano, met-
tendo negli anni del loro governo in esecuzione opere
pietose tuttora laudate. E nel vero chi di somiglianti
Jìcrsonaggi al reggimento delle chiese e delle diocesi
non viene all'effelto di cose degne di lasciarne rimera-
Lranza; meglio è che la fama gli taccia, od al piìi
che se ne registrino i nomi nel catalogo delle persone,
che vissero senza infamia e senza lode. Degl'indegni
però l'obblio non ne copra le malizie, od arlilìciosa-
nitnte le colori: di vile uomo è alto l'adulare e non
esporre il vero a danno dellia storica integrità. Ritor-
nando a' nostri sacri pastori degli andati secoli a chi
non cagionerebbe maraviglie il racconto de' loro be-
nefizi, in tornii generi di misericordia, se jiotrss'io per
singolo riporlarveli? Lievemente adunque toccherò che
il maggior numero di essi furono nelle umane e di-
vine leggi addottrinati. 11 sapere di un Ordinario nella
sua diocesi è un astro che splende: è un motore at-
tivissimo, il quale di continuo si argomenta a prò dello
stato, e del suo gregge. Per conio poi della pubblica
istruzione uu sajnculc prelato e agli studiosi d'impulso,
l4a LETTERATURA
di Sgrido a' lenti, di conforto a' pusillanimi ed agli
impotenti. Il che manifesto appare a chi le seguenti
considerazioni riguarda.
Consultate dunque meco il catalogo dei vescovi si-
racusani dell'abbate Rocco Pirri (i), e vi leggerete che
occupò al i38o la cattedra vescovile di Siracusa raon-
sig. Francesce Dentice da Napoli, istruito in pili scienze,
ma sopra ogni altro nel legale sapere. Napolitano an-
ch'egli fu Giovanni III, ottimo giureconsulto reputato,
ed alla delta sede debitamente promosso. Non posso
altresì trasandare Francesco Tommaso de Herbes da
Catania a tanta dignità l'anno 1887 assunto; sallo o-
gnuno di essersi nello studio de' decretali renduto fa-
moso. Fra il novero di tali vescovi nel 14^9 l^^g"
giero II Bellomo siracusano cittadino della laurea dot-
torale era eziandio insignito. Torna rimembrare ugual-
mente Paolo Santafede da Aragona spellante all'epoca
del 144^5 consigliere del re Alfonso, uditore della Rota
Romana, pontefice di poi di questa chiesa, ha titolo
di essere ascritto fra gli esimi giurisprudenti.
Ebbe ancora nelle mani il governo della slessa chiesa
infin dall'anno i5i8 Lodovico li Platamone siracu-
sano, ch'era stato prima giudice ordinario nella patria,
sua. Di costui fa, oltre il Pirri, menzione onorata il
canonico Scobar nel suo trattato De rebus praeclaris
Sjracusanis.
Non procedo oltre , se prima non favello di Gil-
berto de Isfar e Coriglies palermitano, il quale, sedendo
in questo soglio vescovale, non volle multiplicare il
numero de' canonici; ma statuì che tutti fossero dot-
tori in teologia, e neUo studio de' decretali appieno
versati (2). Che vi sembra di questo divisamento ag-
giustato alle norme ecclesiastiche? Imperocché la di-
stribuzione delle preminenze nella chiesa non vale, ne
(1) Notit. Eccles. Syrac, toni, i, pag. Gaj).
(•i) Pirri ivi, p;ig. 04^.
ED ARTI LIBERALI ì^3
dcbbe apprestare un traffico di arbitrarie disposizioni
a vantaggio di quelli che vivono in riposo la vita, inu-
tili o per lontananza, o per poco ingegno al divino
servigio. Chi non istenta, chi non suda nel lungo eser-
cizio di virtù faticose, non ha titolo a cercare condi-
zione più avventurosa e più alla di quella, in cui si
ritrova. Non mai fia, quando venisse caso, che gridi
giustizia a' dispensalori de' premi: ì^oi donale (loij vesse; essendo che in ogni poj)olo trovansi i primi
>3 germi delle arti belle, i quali dove più e dove meno
>3 si svilu])pano e crescono, giusta il clima la religione
w il governo. Difatto le nazioni più selvagge, e (juelle
» che hanno minori relazioni, e minor commerciò coi
>j popoli colti, manifestano nondimeoo una tal quale idea
l-Ob LETTBRATUnA
» dell'arie di disegnare, cioè dell'imitazione, benché roz-
>i za mente, gli oggetti della natura.» E qui il Gironi
cita un passo di Win^kelmann, e cerca di dar novella
vita al sistema di lui, che l'esperienza, e i progressi
de' lumi han fatto conoscere fallace. Quindi calcando il
nostro autore una via contraria interamente a quella che
il Winckelmann calcò, e trovando, per le scoperte delle
ineLope selhiundne^ verità nuove e santissime, nel che
sta la somma della gloria, dimostrò erroneo, quanti
altri noi fece mai, il vvinckelmanniano sistema. Laonde
il Gironi queslo sostenendo, e di questo bello, facendosi,
l'edilìzio, dal Serradifalco innalzato, ferisce; biasimando
ch'egli abbia seguilo l'opinione, già forse di troppo in-
valsa, sono parole sue, di tutta attribuire all'Egitto l'o-
rigine dell'arte. Quindi reputando noi quest'opera una
delle più belle glorie letterarie, di che la Sicilia possa
.nenar vanto a' nostri tempi, ci crediamo in obbligo,
2ier amore della patria, gridare con aperta voce il vero,
e cercar di trarre dall'inganno chi per avventura vi
ibsse: ptrlochè l'opera stessa del nostro autore doviziosa
messe ci presta di non legieri argomenti, avendo egli in
mille guise svolto questo subbietto, e sapientemente su
di esso ragionalo; dimanierachè a noi altro in ciò non
rimane, die alle sue pagine ricorrere, ai fonti suoi e
degli antichi attingere, e colle armi medesime ch'egli
ci ha apprestato batterci.
Egli è fuor di dubbio , che nei primi tempi della
civiltà sieno esistili presso i popoli tutti del noslio globo
i germi dell'imitazione, e che i primi saggi dell'arte lì-
guiata abbiano presentato presso le diverse nazioni al-
cuna simiglianza, che dal naturale progresso dello spi-
rito umano proveniva. Dal che si crede che i consimili
c^ralt^^ri, che in talune di queste arti si osservano non
])OSsonu tenersi come indizio sicuro di esser l'una dal-
l'altrq derivata. Ma egli è del pari fuor di dubbio, che
qtiesla .teoria generale vada pur soggetta a non poche
eccezioni, e particolarmente Jiellc sculture, di che il Ser-
ED Ann LTRRRALI ì6l
raclifalco trattò: le quali non ])rcscntano solamente quei
contrassegni, the annunziano i primi tentativi dell'arte,
ma bensì taluni caratteri particolari, propri esclusiva-
mente dejjli Egizi, siccome la situazione degli ocelli e
delle orecchie, il taglio della bocca, e l'acconciatura dei
capelli. Né parmi fondato sul vero quello che il Gi-
roni asserisce, cioè che il tipo dedaleo, ossia quella noa
ancora svincolata imitazione dell'uomo, si ravvisi noQ
solo negli antichi monumenti dell'Egitto, della Grecia
e deli' Etruria , ma in quegli ancora del Messico, del
Perù, e delle Indie orientali, e perfino nelle sculture
del medio evo, quando l'arte giaceva barbara ed infor-
me. In»perciocchè in queste, di che egli ragiona, os-
servasi l'arte che imita la natura imperfettamente e scon-
ciamente, e quale in modo, e (jnale in altro: ma non
mai modellata, e quasi direi coniata sopra un tipo, da
cui, per la jeratica venerazione in Egitto stabilita, noti
si potevano gli artefici allontanare. La natura era po-
sta da fianco; il tipo jeratico serviva di norma e di
modello a tutti. Quindi osservando noi nelle primitive
sculture di Grecia non l'imitazione sconcia della natura,
siccome osservasi nelle sculture del Messico, del Perù,
delle Indie, e del medio evo, ma bensì l'imitazione per-
fetta, e caratteristica di quel tipo egizio, che non è la
natura imperfettamente e sconciamente imitata, ma una
creazione dell'uomo, fatta a bella posta con caratteri
tutti particolari; i quali sebbene prendessero le prime
mosse dalla natura, pure nella natura non sono, ne
possonsi dire in verun conto imitazione sconcia ed im-
perfetta di essa, come direbbesi delle sculture del Perù,
del Messico, delle Indie; imperciocché cel mondo non
bavvi essere umano di quella forma. Difittli si osser-
vino. Senza spirilo di sistema, le une e le altre, e si
vedrà in quelle un tipo ideale, ed in queste un'informe
imitazione dell'uomo, sì fattamente che non si j)OSsano
insieme confondere. Ma quantunque a me ciò paja ve-
rità sicura e lucidissima, pure è da arrogere cosa da
1 6a LETTERATURA
trionfare di ogni dubbio, e che ampiamente si ri!eva,
riandando le dotle pagine di quel volume. Impercioc-
ché l'autore si studia di dimostrare esser l'arte greca
dall'egizia derivala non già sulla similitudine di alcuni
caratteri, ma colla scorta della storia, alla quale, essendo
essa l'immagine della verità, è forza che ceda ogni più
sottile argomentare, e chiunque, per tema di dire rnì in-
gannai, non voglia nell'errore star saldo.
E manifesto ad ognuno che la Grecia pria che rice-
vesse degli stranieri i primi elementi del viver civile
venne abitata da popoli, che dalle sponde del Danubio,
ove j)er secoli dimoravano, verso l'occidente mossero,
l'Europa invadendo; quindi perchè appunto givano er-
rando in estranee terre, ed a guisa di cicogne, di cui
parean seguire il costume, qua e là vagabondi si arre-
stavano, vennero col nome di Pelasgi denominati.
Strabone , Esichio, De Gebelin, Gillies, Larcher ,
Sckoell, ed altri sapientissimi in questa sentenza presso
a poco tulli si accordano; Ma quello che a noi alta-
mente interessa, e per cui abbiamo la grande autorità
di Erodoto(i), Pausania(2), Clemente Alessandrino (3),
Arnobio(4), si è che cotesti popoli, per lunghissime
stagioni barbaramente vivendo , non distinguevano le
loro divinità né per nomi, ne per attributi, ma le sim-
boleggiavano con pietre e con travi, indicandole colla
voce generica Theoi. Difatli Erodoto riferisce (lib. Il,
cap. 4)i t^he gli Egizi furono i primi ad istituire i
nomi delle dodici divinila, loro innalzando are e si-
mulacri: cose tutte che poscia a' Greci comunicarono.
Quel buon padre della storia chiaro afferma eziandio, e
precisamente nel libro dell'Euterpe (cap. 5o e Sa), che
quasi tutte le divinità della Grecia provenivano dall'E-
gitto; il che viea confermato pure ia vari luoghi del
(0 Lib, II, cap. 5.
(■ì) Lib. 11, cap. 9 e Sa.
(3) Strom. lib. I, in, \-ì.
(4) Lib. IV, png. iChj.
ED ARTI LIBERAI l63
primo libro delle sue eterne Memorie, Laonde Erodoto
non solo, ma Pausania ancora (lib.II, cap. 5o, e lib. I,
cap. 30) asserirono a buon dritto essere il greco culto
dall'egiziano interamente derivato. E Pausania, Eusebio,
ed altri gravissimi scrittori contestano solennemente, che
non solo il cullo ed i nomi delle divinità, ma i simu-
lacri eziandio passarono dall'Egitto «ella Grecia. Pau-
sania stesso aggiunge(i), che le statue più antiche della
Ellenia eran tutte di legno, ed egiziane; e tali furon
certamente (siccome il Duca di Serradifalcn con ampio
corredo di erudizione ci dimostra) l'Apollo Licio recato
da Danao, la Venere Nicefora donata da Ipermestra,
l'Erme di legno di Cccrope , il Bacco consecrato da
Cadmo, le tre Afrodite donate da Armodia di lui mo-
glie, la Diana di Perga, la Giunone di Samo, l'Apollo
Patroo, la Pallade e la Diana taiirica, la Venere Cri.
sia, la Diana di Efeso, e tante altre che luogo saria il
ricordare.
Finalmente Eusebio (Chronol. lib. Il), ed Isidoro
(lib. Vili, cap. 3) affermano, che Cecrope fu il primo
ad introdurre nella Grecia Tuso dei simulacri.
Dalle quali cose apertamente si scorge che il nostro
autore, :!Ìccome dicemmo, non poggialo solo alla simi-
glianza de' monumenti , ma confortato dalla concorde
testimonianza di tanti storici sapientissimi, si avvisò, che
il culto i nomi ed i simulacri delle divinila, cioè a dire
i primi elementi dell'arte figurata, fossero dall'Egitto
venuti nella Grecia, ch'era di que' tempi ancora rozza
ed oscura.
Ma ciò non è tutto; e noi volgendo lo sguardo all'ar-
tista pili antico della Grecia, a Dedalo, vedremo come
la storia di lui venga sempre più a rafforzare l' argo-
mento, che il Serradifalco con tanta dottrina, e tanto
giudicio sostenne.
(0 Lib. I, cap. 26 e 27.— Lib, II, cap, i.j.—Lib. IX, cip, u.
l64 LETTERATURA.
Nato quegli in Atene, si porta in Egitto ad apparare
le- arti, e tornalo nella patria, vi riproduce, con lievis-
sime modificazioni, tutto ciò che aveva quivi osservato.
(Diod. lib. 1, e. I. — Paus. lib. I, e. 91). Ma quello
eh' è singolare nella storia delle arti si è, che la ma-
niera di lui ne si spense con esso , ne si migliorò dai
successori; e videsi in Grecia per più secoli rimanere
stazionaria, e dominare assoluta. Difatti nella So'' olim-
piade l'arte era colà dedalea ancora, cioè bambina. La
qua! cosa ricavasi dal vedere che gli artisti più cele-
brati di quell'età, siccome Eudeo Dipeno e Scicli, av-
vegnaché posteriori di nove cento anni all'ateniese ar-
tefice, veggonsi pur notati, come figliuoli di lui: il che
valeva a significare ch'essi appartenevano alla medesima
scuola, onde fu che le loro opere venivano assimigliate
alle più antiche dell'Attica. (Paus. lib. V, e, 17). In
fine que' monumenti ricordati dal medesimo Pausania
vengono a rafforzare mirabilmente il nostro assunto. Il
primo è la statua eretta all'atleta spartano Eiitelida ,
vincitore nell'olimpiade xxxvin, il secondo è il simu-
lacro in marmo di Arrachione innalzato nella piazza
di Figalia verso la 53^ olimpiade, lavorati entrambi
nello stile arcaico, ch'è il dedaleo: in effetto la descri-
zione ch'egli ce ne ha lasciata le dimostra del tutto si-
miglianti alle egiziane figure. (Paus. lib. VI, cap. i5,
e lib. Vili cap. 4o)' Ma è anche da osservare che
non fu il solo Dedalo, che recossi a studiar l'arte in
Egitto, ma altri non pochi artefici, fra cui i famosi Teo-
eie e Teodoro da Samo, seguiron l'esempio di lui. Quin-
di, ritornando noi al primo concetto, ci è caro dire,
che, senza ricorrere alla simiglianza di certi particola-
ri, che pur chiaramente il progresso logico dell'arte vi
manifestano, la sola storia basta a dimostrare, che i
Greci o meglio i Pelasgi, pria dell'arrivo delle Colonie
straniere, eran del tutto barbari ed incolti; ch'eglino
ricevettero dai novelli abitatori i nomi , il culto , e i
simulacri delle divinità; che le più antiche statue della
ET) AUTl LIBERALI l65
Grecia eran di legno ed egiziane; che Dedalo recossi
ad apparar l'arie in Egitto; che molli ne seguiron l'e-
sempio; e cljc la maniera arcaica o dedalea, derivata
dall'egizia, conscrvossi nella Grecia, per jeratica vene-
razione, sino airolim[)iade ciinpiaiiU-sima, o verso (|uel
torno. Laonde i famosi archtoloi^i Jiirt, Hammer, Bjt-
li^er, Kreuser, Tliierscli, e tanti altri non esitarono ad
affl-rmare che l'arte greca j)rocedeva dall'egizia. Quindi
Ja scoperta delle m(;tope sclinuntine, opere uniche nel
monilo, e preziose quante altre mai, facendo conoscere
l'origine ed il progresso dell'arte, non che gli anelli che
l'arte greca all'egiziana congiungono, mossero il gravis-
simo sefino del nostro autore a sostenere questa senten-
za. Il che fu fatto con tanta (ilosolìa , e tanto sapere
da bandire per sempre ogni contraria ragione, e sta-
bilire una verità ornai resa inconcussa.
Ma per seguitare, la catena delle idee che mi si pre-
sentano mi giova di ricordare, che sebbene l'arte elle-
nica dall'Egitto derivasse, ed affinità avesse coi tipi colà
fondati, si elevò pure in Grecia, per l'intelletto trascen-
dentale di pochi uomini, a meta sì alta, che sarà sem-
pre cagione di meraviglia e di stupore a tutte le genti.
Imperciocché colpiron quelli la natura quasi nel suo cen-
tro, gitlando le fondamenta di un tipo tale di verità,
che dovesse servire di norma a tutte le generazioni av-
venire, pur le arti imitatrici della natura. Egli è però
fuor di dubbio che i monumenti dell'età periclea , in
cui l'arte greca giunse al suo pieno splendore, ebbero
in)[)resso un carattere di verginale bellezza. Or questa
bcllezzj caratteristica, e propria de' greci monumenti,
conservasi , per una serie di singolari circostanze, pura
ed intatta in quelli della Sicilia.
L'autore apre nel primo volume la scena con una
bellissima inlroduzione. nella quale cotesto concetto mi-
rabilmente sviluppasi. Imperciocché (mi piace di rileiiie
le sue stesse parole) » avendo avuto le arti della Gre-
w eia e della iìicilia uguale comiuciamcuto da Dedalo,
li
l66 LETTERATURA
M giuusero alla loro perfezione in Grecia, per la bai-
» taglia di Salamina, e sotto il governo di Pericle, ed
5J in Sicilia per la vittoria d'Imera, e sotto i regni di
M Gelone, di Terone , e di Gerone primo, e fin nel-
» l'ultima epoca del loro lustro: colà a' tempi del grande
» Alessandro, e poscia in Alessandria per opera de' To-
» loinei; e fra noi per le vittorie di Timoleonle, e più
x> tardi sotto il governo del secondo Gerone. Glie se
>i la Grecia, favoreggiata dagl'iuiperalori romani, e se-
» gnalaraente dal generoso Adriano, vide i suoi mo-
5j numenti ristaurati e protetti, e la Sicilia, abbando-
» nata alla rapacità de' Pretori e de' Proconsoli, quelli
;>j onde andava superba trascurati e negletti, pure que-
w sfa circostanza medesima dà maggior pregio agli edi-
w fici che ci rimangono; imperciocché vergini ancora,
>i e non contraifàlti da mano straniera tuttavia si coii-
w servano. w
Dunque la Sicilia è il solo paese in Europa, che allo
sguardo dei pensatori possa offerire monumenti, che le
greche concezioni conservino nella loro primitiva pu-
rezza, in guisa che luce tramandino sì viva e si nuova
da diradare le tenebre che i primordii delle elleniche
arti involgevano.
Or discendendo alle singule cose che il presente vo-
lume racchiude diremo che nella medesima introduzione
mostrasi il valore de' siciliani edilìzi non tocchi dalla
niano de' Romani comparalivauienle a quelli della Gre-
cia , e si col[)iscono i rapporti della civiltà dell'uno e
dell'altro paese.
Siegue poscia un sunto della storia antica della Si-
cilia, scritto con giudiziosa rapidità, ed iu istile vibrato
ed elegante.
Gli avvenimenti principali, di cui fu grande e san-
guinoso teatro questa desiderata e combattuta terra, vi
sono registrati nella massima parte, e ricordano da una
banda la gloria della patria non so se più splendida o
più maravigliosa, e dall'altra le atroci miserie, che per
sì lunghe e svariate stagioni rafilissero e la straziarono.
ED ARTI LIEEnALt 167
L'autore tocca sempre co» siciliano calore i falli che
più l'isola onorano, e cerca, deslrej^giaiidosi con forando
acume, di rilevare e di mettere nella luce die più bella
torna le cagioni che li j)rodussero, e che più onorevoli
sono per la Sicilia. La qual cosa senza oHeiidere la ve-
rità diletta gli animi di quei che son nati su questo po-
vero suolo, o che l'amauo e lo piangono, benché [lon
vi appart(Mi<;ano, mentre prepara sagacemn^nte gli spi-
riti a guardare con meraviglia le grandi opere di co-
loro, di cui descrive i mirabili eventi, e ch'egli imprende
ad illustrare.
Pelasgica l'autore prova essere stala l'origine de* pri-
mitivi popoli che vennero a porre stanza in Sicilia: cou
chiare e l'orli pennellate dimostra i primordii della ci-
viltà siciliana essere coevi a quei della Grecia, la quale
ne' tempi medesimi non può vantare uomini, che so-
praslino a' Siciliani nei vari rami dello scibile e delle
arti. TI qual confronto, che risulta sì onorevole e si caro
per l'isoia che ci è madre, osservasi costantemente se-
guito nelle ulteriori vicende dei due paesi, in rapporto
anche agli avvenimenti politici, e particolarmente ai più
luminosi, a quelli cioè di Salamina, e d'Iiuera, che lau-
ta parte della siciliana gloria racchiude.
L'autore finalmente dà, con molto senno, termine al
suo storico quadro in quell'epoca precisa, in cui, per la
storia antica, ha termine parimente la prosperità della
Sicilia, già divenuta latina provincia, e che più non en-
tra nella scena del mondo, se non per le municipali mi-
serie, che le romane catene vi apportarono.
Dietro tal bellissimo" sunto, onde nulla manchi a que-
sta grande fatica, siegue un quadro comparativo de' no-
mi antichi e moderni delle città de' fiumi e de' monti
dell'isola; affinchè si conosca a colpo d'occhio quali fu-
rono le vetuste città, e a quali le presenti corrispondono,
ov'eran quelle situate, e quali sono spente, e quali ri-
sorte sotto altra denominazione. Qui giunto parmi coa-
venevolc il ricordare una beila Carta aulica della Sicilia,
l68 LETTERATURA
che l'autore, con ponderalo consiglio, aggiunse alle sue
tavole; acciocché la terra, di che alto si ragiona, si avesse
tutta sotto gli occhi nel suo vetusto e primitivo stato.
Alcuni han creduto che si sia l'autore ingannato nel
fare due disparate città di Sifonia, e di Aquilia, men-
tr'elle non sono che la medesima cosa. Io però credo
che ciò non sia. Cluverio benché dicesse di non aver
rinvenuto scrittore, che della fondazione di Xifonia ra-
gionasse, ne sapesse fino a qual'epoca fosse ella esisti-
ta, pure conlesta le sue rovine, ed asserisce che sopra
di loro venisse poscia Augusta fabbricata. Il Massa però
fa osservare che in ciò pienamente ingannossi quel va-
lentissimo geografo: e l'inganno derivò dal supporre che
il promontorio S. Croce, presso la città di Augusta, sia
lo Xifonio degli antichi: il quale, siccome con validis-
simi argomenti, e coll'autorilà degli antichi medesimi
ha dimostrato Pietro Carrera, esiste là dove oggi chia-
mano il Capo de' Molini ; presso di cui , soggiunge il
medesimo Massa, dee Xifonia collocarsi. Al che si ar-
roge che Teopoiupo, Slrabone, Stefano bizantino fra gli
antichi, ed il Fazello, il Maurolico, il Bonfiglio, il d'A-
mico, il Valentino, il Selvaggio, ed altri fra i moderni
dell'esistenza di Xifonia in questo luogo ragionano, e
si accordano.
Che sia poi esistita Aquilia nel medesimo tempo di
quella a me pare che sia fuor d'ogni dubbio. Imper-
ciocché la tradizione, che in fatto di queste materie non
è lieve cosa, e supplisce ai vuoti della storia, ci ha tra-
mandato, che altre vestigie da quelle alquanto lontane
e diverse furon quivi rinvenute; ed a me sembra giu-
dizioso il ragionamento del Maurolico là dove attacca
il Fazello, che volea che Aquilia venisse Culia chiama-
ta; mentre è certo che Aquilia fu fabbricata, per ono-
rare Aquilio, romano Console, che colà battè e disfece
i servi. Dunque saggiamente ha l'autore adoperato nel
distinguere i luoghi di queste due antiche città, tanto
.nella cartcfj quanto nel quadro. Aci-Reale oggi sorge
ED ARTI LIBERALI J 69
dove Aqullla sorgeva; Xifoijia fu fabbricata presso il
jiromonlorio Xifoiiro, oggi Capo de' Molini, da Aci-Reale
più mij;lia distante, ed ove allualmenle vedesi il pic-
colo vill;ign;io della Gascna.
Quello però che io credo non essere slato bene dal-
l'autore nella Carta indicato si è il fiume Atneuano al
presente Jiidicello; il quale scaturiva e scaturisce per en-
tio Catania, siccome ne fan fede tutti gli antichi, e non
già, sccotulo osservasi nella Carta, lunge da quella città
quattro a cinque miglia, per mezzo giorno, presso il
Simeto. Tuttavia è da osservare che l'A menano, siccome
vogliono Serpetro, Arcangelo, e Maurolico, dipende dal
Jago G arrida vicino Randazzo, e che per meati sotter-
ranei ed occulti sbuca da un punto di Catania , e si
gilla nel mar jonio. Ad ogni conto è mestieri che la
scaturiggine di quel fiume venga situata nella Carta di-
versamente di come sta.
Un altro equivoco, se mal non veggo, è corso pure.
L'autore nella cennata Carla colloca Phintia ove mirasi
oggi Licata, e va benissimo; ma poscia nel quadro
comparativo citando Gela nota ch'ella è forse Licata,
e poi citando Phintia dice ch'ella è città d'incerto silo,
ma probabilmente ov'è la moderna Licata. Certamente
questa non può essere che nell'uno o nell'altro luogo;
ma a me , per le ricerche degli eruditi , pare ornai
fuor di dubbio, che là dove sorgeva Phintia ella surga,
e che Gela s'innalzava, ov'oggi s'innalza Terranova:
anzi puossi arrogere che l'autore medesimo nel suo
quadro spiega l'antico fiume Gela qual fiume di Ter-
ranova; diliitti quell'antica città chiamossi Gela appunto
perchè presso questo fiume venne edificala: dunque non
ha luogo il dire, com'ei poscia disse, che Gela è forse
Licata.
Riguardo poi al porto di Ulisse, eh' è situato nella
baja, che oggi viene Lognina appellata, e che vorreb-
besi da taluni che fosse nel sito, in che sono gli sco-
gli de Ciclopi, io non saprei biasimar l'autore per questo
170 LETTERATURA
fdtlo. Impercloccliè discordi sono in ciò gli scrittori; ne
può dirsi che abbian questi o quelli assoluta ragione:
laonde non cade in errore colui che si persuade di se-
guire l'opinione dei primi, anziché quella dei secondi.
Oggi però, e ci è carissimo il ricordarlo, il valente in-
gegno di Lionardo Vigo in una sua memoria pubbli-
cala da poclii giorni, ed intitolata ricerche sul porlo
di Ulisse^ ha assunto di ])iovare, che non deesi vedere
nella baja di Lognina, ma nel Capo dei Molini l'ulis-
siano porto. A noi sembra bello ed ingegnoso quello
scritto, e ci tireremmo dalla sua parte con grandissima
voglia, se Omero su di cui egli si affida, non cel vie-
tasse, e indietro non ci spingesse. Imperciocché dovrassi
in buona fede confessare da chicchessia, che il viaggio,
cui fa descrivere ad Ulisse quel supremo pittore deJle
memorie antiche, sia un po' confuso e dubbio per lo
manco, se pur non si stimi contrario a chi con tanta fi-
ducia vi ricorre. Omero nel XII libro dell'Odissea narra
che il tebano Tiresia, e la maga Circe aveano avvertito
il suo eroe che schivar dovesse la Sicilia , l'amena Isola
del Sole, di cui rallegra ogni vivente il raggio; perche,
siccome Circe alfermava, il maggior de' guai l'avrebbe
quivi incolto; ond'egli memore di {|ueiravviso deliberava
di lasciare indietro quell'Isola sì malaugurata per esso lui:
ma ciò non potè avvenire; che Euiiloco si opj)Ose chia-
Uiando barbaro Ulisse, e rinfacciandogli, che per esser
egli di forze abbondevole, e perchè mai non cedeva, e
non era in lui fìbbia che non fosse di ferro, a' suoi con-
tendeva di toccar terra, e di non parca cena sijI lido ri-
storarsi: perlochè, facendo i comjiagni plauso al favellar
di colui, Ulisse condiscese a prender terra, loro di-
cendo:
Giurale almeno, e col più saldo giuro
Che se greggi troviarn, doviamo armenti,
Kou sia chi spinto da stoltezza iuiqua,
Giovenca uccida, o peco.eila offenda:
Ma tranquilli di ciò pasteggerete,
Cìxe in don yi porse la benigna Circe.
E» ARTI LIBRRALI 17!
Quelli giurarono , ed Ulisse fece ft-rmare la nave , e
smontò coi com[\Tgni , per la prima volta in Sicilia.
Or queste cose racconfruisi nel XII libro, e dopo di es-
sere stato ritaccnse all'Isola Eolia, e alla città de' Le-
strigoni, e alllsola di Circe: le quali cose narransi nel
libro undccimo; mentre l'arrivo di lui alla mirabile
isolelta, die sta incontro la terra de' Ciclopi, e l'avven-
tura nella spelonca del ciclope Polifemo, che gli divorò
sei de' suoi compagni, si raccontano nel nono libro, e
succedono mollo innanzi ch'egli avesse vedutoCirce e Ti-
resia, ed avesse udito il consiglio di loro a non andare
in Sicilia, ove quegli poscia approdò, perchè i suoi
compagni, come abbia m dello, mossi da Euriloco, si
ammutinarono. Dunque quella singolare isolelta, che di
conila ai Ciclopi siede, non pare esser l'isola di Trezza,
perchè non pare, giusta il viaggio di Ulisse, e la guida
omerica, che la terra de' Ciclopi, quella da Omero de-
scritta, sia la Trinacria; e chiaro apparisce non inten-
dere Omero per la terra de' Ciclopi l'Isola nostra. Si
rileggano con freddo giudicio il nono, il decimo, fun-
deciiiio, ed il duodecimo libro dell'Odissea, e si vedrà
non fuor di luogo il mio dubitare. Quindi tulio ciò
che si vuol ricavare da Omero, per islabilire nel ba-
cino del Capo de' Moliui il porlo di Ulisse, cade ìq-
teiamente, perchè Ulisse, secondo la storia omerica,
sbarca per la prima volta fra noi dopo tulle le traver-
sie che gli accaddero nella terra de' Ciclopi: le quali
avvennero assai prima dello sterminio , clie Circe gli
avea predetto, ed innanzi l'ammutinamento di Euriloco,
per cui fu rilaceuse, come dicemmo, costretto a meller
piede in Sicilia.
lo desidererei veramente di parteggiare per quell'il-
lustre e caro senno del Vigo, sì per.essere io siciliano,
sì perchè mi duole il discordare da lui amico, e valen-
tissimo; ma la verità dee vincere ogni privalo aflèlto;
e potrà per avventura succedere, che la presente disa-
mina non torni vana per l'avvenire. Ciò non pertanto
17^ LETTERATOBA
da queste cose non si deduce, che il porlo contrastato
sia nella baja di Lognina; no certo. Forse qualche stra-
niero che ha visitato queste contrade, senza die amore
del natio loco avesse potuto far velo al suo giudicio,
ha traveduto la verità più che noi forse non l'abbia-
mo: ma io in questo momento ne voglio ne so, senza
tema d'ine;anno, avventurare un'opinione, che potrà esser
fallace. Quello che io voglio, e che indubitalo mi sem-
bra, si è che chi ha oggi situalo il porto di Ulisse in
Lognina non è degno di essere dai dotti biasimato.
Rispetto al fiume di Naro, io non so veramente se
ben si faccia nominandolo Ipsa; e se l'Ipsa sia real-
mente allato Girgenti: so però che tal quistione è in-
trigatissima, che taluni filologi si sono aspramente bat-
tuti, e che il vero per anco non riluce: quindi farà be-
nissimo l'autore, se nel venturo volume, di Agrigento
ragionando, si darà a (Wscalcve fundiius (^come fece pel
Crimiso) di questo fiume sì combattuto, onde togliere
i dubbi, e stabilire il giusto.
L'eruditissimo Pancrazì, degno di grande riverenza
per le sue dotte e laboriose fatiche, fa lungo ragionare
intorno i fiumi dell'antica Agrigento; ma io non so se
il giudicio di lui sia pari alla mole delle sue conoscen-
ze; so certo che la quistione, dopo il mollo suo dire,
rimane tuttavia involucrata. E quantunque egli balla for-
lemenle il Cluverio, che l'Agraga, secondo lui, coH'Ipsa
confuse; ciò non pertanto il trionfò non è suo; ed ignoro
se invece di luce abbia sull'argomento maggior bujo
cosparso. Aspettiamo dunque che il Serradifalco, le 0|)i-
nioni di tutti, secondo suo costume, imparzialmente
esaminando, sciolga col suo senno questo nodo, e non
ci faccia su di esso mai più ritornare dubitando.
Viene ora la storia particolare di Egesla. Ninno igno-
ra, come nelle tenebre dei secoli remoti si perda l'o-
rigine di quasi tutte le antiche città. Le favole le più
assurde involgono nei veli del mistèro i primi periodi
della loro esistenza: quindi molto si favoleggiò intorno
KD ARTI LIBERALI 1^3
all'origine di Egcsla, cbe sedeva regina fra gli Eliini,
e gran f'tima di se levò nel mondo. Il fallo j)erò sia,
secondo le storiche tradizioni, che Egesto naie in Si-
cilia da trojana donna, portatosi in Ilio, ove contro gli
Argivi valorosamente combatte, ritornato dopo la di-
struzione di quel famoso impero nella nativa terra, qui
verso Lilibeo gillò le fondamenta di una città, cui diede
il nome suo.
La storia nulla dice dei primi secoli di sua esisten-
za. Imperciocché ella comparisce sulla scena delle umane
vicissitudini nella 5o" olimpiade, narrando Diodoro la
vittoria, cbe in quest'epoca gli Egestani riportarono so-
pra i Selitmnlini.
A rej)ubbiica Egesla reggevasi; guerre crude e feroci
con vana fortuna or con questo or con quel popolo so-
stenne: ma battuta da Selinunte, chiese, assetala di fu-
ribonda rabbia, soccorso allo straniero, e patteggiò con
esso, la bbiflà della patria. Qui vennero allora e Greci
ed Africani, che il conquisto di Sicilia agognavano, tra-
vagliando e straziando per più tempo queste infelici eoa-
trade. Videsi Seliuunle dallo straniero ferro dislrutla;
le'noslre campagne grame ed insanguinate, violati i saa-
tuari, tremebonde le madri, mai sicure le città, Sicilia
scompigliala. iMa i nemici vìnti alla fin fine dal sìci-
liano valore porlaro ai loro paesi la rimembranza ter-
ribile di quaclo possa nn popolo, che per le paterne
mura combalte. Egtsta pertanto rimase in odio a tulli,
e coperta di vergogna pagò la pena del suo tradimen-
to; perciocché soggetta ai barbari, che aveva invocati,
pejdelle colla libertà lo splendore e le ricchezze, ed al-
lorché volea scuotere il giogo dell'ahicana tirannide,
squallida, qual'era divenuta, non ebbe vigore di farlo,
e cadde in poter di quella più miseramente di pria.
Un'altra sola cosa dirò; ed è bene che si dica in questi
tempi di vertigine, e di mal sicuro consiglio. Nelle va-
rie sciagure, cui Egesta soggiacque, per la sua truce
condotta io verso la patria, evvi questa, che il suggella
I'j4 LETTERATURA
pose alle sue miserie. Agalocle reduce dall' Africa si -
rammentò degli antichi misfatti di essa, e decise nel
suo crudo pensiero, di spogliarla ed annientirla: quindi
ordinò, feroce qual'era, che la più parte de' suoi cit-
tadini, che allora (tanto era caduta la sua vetusta flo-
ridezza!) non ascendevano che a soli dieci mila, in riva
alla Scamandro si trucidassero, decretando che il nome
le si cangiasse, e Diceapoli, o città della giustizia, fosse
in avvenire denominata. Memorando esempio ai popò-'
li, che la patria tradiscono, e nelle armi straniere con-
fidano!!!
I fati però non vollero eh' Egesta cancellata venisse
interamente dalla faccia del Globo. Imperciocché trovasi
il suo nome annoialo, siccome rileva il nostro mede-
simo autore, n<'gl' itinerari romani, scritti nel terzo e
quarto secolo. Difalti essa continuò a vivere per lunghe
stagioni sotto la romana dominazione; e sebbene non
si potesse determinare I epoca precisa in cui perisse, pur
tuttavia, siccome il Serradifalco evidentemente ne pro-
va, si può affermare, che uei tempi normanni sia ces-
sata di esistere.
Ecco la storia di questa famosa città, che rapidamente
abbiam tocca. E mestieri però dire dalla parte nostra,
che l'autore non ha trascurato di raccogliere, e con grande
giudicio, tutto ciò che si poteva intorno all'egestano po-
polo.
Eccoci ora alla corografia, ed ai monumenti. Sedea
Egesta sul dorso del monte Barbaro o Varvaro, che
resta tre miglia lunge dal paese, che, con moresco vo-
cabolo, Calatafimi si appella. Rieorda primieramente
l'autore i laceri avanzi delle antiche sue mura, che in
frantumi tuttavia si osservano: quindi si dà, con molta
dottrina, a ragionare del silo, ove la città sorgeva, e
delle segestane acque sì famose presso gli antichi, e sì
riputate presso noi ancora. Egli seconda, e con molte
acute ragioni convalida l'opinione del Fazello, che fu
il primo a riconoscere nel fiume San Bartolomeo l'aa-
ED Ann LIBERALI 17^
lieo Crimiso, attaccando il Cluverio, c1«e volca in quello
lafliguiJire lo Scaiuantiro: ed il Serradifalco appoggiata
alle autorità degli scrillori, con fi licissimo pensit:ro ,
dimosira che il San Bai lolonico prinìa Crimiso, e poi
Scamandro si appellò; sicché falsa dei tutto torna la
sentenza del Cluverio, che giudicò essere Crimiso il Be-
lice, malgrado che questo scorra a venti miglia da Ege.
sta lonlano.
Or nuH'altro rimane di questa città se non che un
tempio, ed un teatro: imjjonente è il primo, superbo
il secondo nelle sue macerie stesse; il tempo che ha
colpito questo in cento guise, non ha avuto forza di
aLLalter quello. Esso, dice il Serradifalco, è di carat-
tere maschio e semplicissimo, ed appartiene a quel ge-
nere che i Greci denominarono exasiilo-peripiero: ha
trentasei colonne doriche di peristilio, senza scanalature,
disposte in modo che sei stanno su i lati minori, e
quattordici, comprese le angolari, sulle ale. La sua base
è vasta, essendo un parallelogrammo, lungo palmi 237,
3, e largo palmi 102, 8: diguisachè viene ad essere
ujio de' monumenti più colossali dell'antichità. Esso peiò
non fu mai conipiulo; e l'autore con gran corredo di
artistiche cognizioni a meraviglia lo dimostra. Bellissimo
è poi il ])('nsiero che svilujipa, penetrando nella cagio-
ne, per cui finito non si trova questo tem[)io famoso.
Opere di tal fatta non s'inlra[)rendono da popoli schiavi
e iiiiseri: quindi la costruzione di esso rimonta all'epoca
più fiorente del popolo egestano; cioè nei primi secoli
del suo libero reggimento, ed innanzi che la bile coi
Selinuntini fiera scoppiasse, e le guerre fra loro sangui-
nose si rendessero: ma queste che furon la prima causa
delle sventure che in seguilo l'oppressero, dovellero im-
pedire che il tempio a compimento si portasse. Dun-
que la forza e la ricchezza di Egesla fece concepire ed
eseguire quell'ammiranda opera: le sciagure che le so-
praggiunsero ne distolsero le inenti, e lo fecero rima-
nere inconipiulo: perlochc l'autore pone l'epoca della
ry6 LETTERATURA.
sua costruzione pria degli anni 4^9 o 4i3 avanti l'era
volgare.
Qui ora nasce il desiderio di sapere a qual divinità
veniva consacralo questo stupendo edificio: s'ignora. Im-
perciocché ne la storia, né le tradizioni, uè l'analogia
vi prestati tanto da afferrare il vero.
Il Serradifalco, nemico delle chimere e delle visioni
archeologiche, e non uso ad avventurare of)inioni alla
cieca si è fatto ne' suoi studi un sistema di porre da
banda le ipotesi e le congetture, che vi fìin si di so-
vente creare delle bolle, e formare dell'archeologia un
romanzo: egli chiama in soccorso gli antichi scrittori,
che soli posson diradare il bujo che circonda i monu-
menti degli avi; e quando gli vien meno l'cijuto loro,
fa gran senno, e non come vero , ma come suo pone
avanti il suo pensiere: diguisachè mancandogli il destro
di poter, formare una plausibile congettura, cavata dalle
circostanze, che gli obbietti accompagnano, allora, eoa
gran sobrietà di giudicio, si è rimasto muto, e l'ha
iàtla da storico. Così nel presente caso, egli non emette
veruna opinione intorno al nume, cui questo tempio
veniva dedicato. Imperciocché non ha elementi di nes-
suna sorta, onde giungere a tal fine. Ma solo si limita
a dimostrare, quanto sia fuor di ragione la sentenza di
coloro che a Diana lo attribuivano: locchè fa con sì
chiaro ragionamento, che appieno distrugge la contraria
voce, e vittoriosamente ne trionfa.
Eccoci al teatro. L'autore pria di parlare di quest'al-
tra opera del popolo segestano , fa j)recedere la storia
de' teatri, rimontando alla loro origine, e toccando i
vari periodi delle loro vicende: e sebbene cose nuovo
in ciò non dicesse, pure elle son dette in modo, che
care novellamente ne tornano. Si dà poscia a discutere
con artistica sapienza sulla vana forma de' teatri ro-
mani e greci; ed il tutto va sempre corredando con am-
pie autorità degli antichi, che sono la guida ed il so*
slegno de' suoi pensamenti.
ED ARTI LIBERALI 1^7
Il teatro egestano lia la forma di un semicerchio, i
cui lati estremi prolurigansi palmi dodici pa ni lltla mente
fra loro, e trovasi nelle parti accessorie costruito ìa
maniera die presenta nell'insieme una fis^ura poligona:
esso è appoggiato, per la metà quasi della stìa altezza,
al pendio di una rupe, siccome sono quasi tutli i teatri
dal greco genio innalzali. 11 diametro di esso è palmi
344) tli cui 6^ sono destinati alla laighezza dell'orche-
stra, e 90, per ogtmno dei lati, ai sedili. L'autore ne
fa una descrizione semplice si, ma minuta ed esattis-
sima; d'onde si rileva ch'esso e perfellainenle di greca
costruzione: il die viene rafforzato dall'essere (sono sue
parole) privo del tutto di un portico superiore, del pari
che i teatri tutti della Grecia sinora scoperti, al con-
trario di quelli de' Romani, che ne andaron sempre
decorati.
Se dunque il modo (ei soggiunge) ond'è costrutto il
r)Oi>lro teatro annunzia un'epoca antichissima; se la sua
j)ianta, l'altezza del suo pulpito, la sua esposizione, l'es-
sere addossato alla rupe, ed il vedersi spoglio del por-
tico superiore, palesano dappertutto il fare dei Greci,
scnjhra a noi non potersi dubitare, la sua costruzione
doversi riferire ad un'epoca anteriore al domitiio dei
Romani, ed anche pria dell'anno 409 innanzi l'era vol-
gare, in che venuta meno la libertà di Egesla, e sog-
getta al Servaggio degli Africani, ella perde ogni sorta
eli floridezza e di splendore.
Ma perchè esaminando alcune parli di esso, che sen-
tono la romana maniera, potrebbe nascere a taluno il.
desiderio di sapere in che modo il genio di questa tre-
menda nazione vi avesse posta la mano, l'aulore con
sagacissimo divisaraento rileva tal' idea, distinguendo le
e])0clie del lavoio,ed annunziando (ripeto le sue slesse
parole per non alterarne il concetto) che gli avanzi della
scena, lutti spiranti la maniera romana, e l'essere al-
cuni di loro non ancora compiuti, addimostrano come
nell'età de' Rumaui alteudessero gli Egeslani a ricostruire
178 LETTERATURA.
o ristaurare questa parte del loro teatro il quale
poscia, per talune circostanze, di cui non ci è stala tra-
mandata memoria, rimase imperfetto, secondochè dimo-
strano i ruderi esistenti.
Ecco tutto che Egesta risguarda, e che racchiude que-
sto stupendo voluuie. Io ho cercato di ritiarne la fiso*
nomia, come mcf^lio sapeva , e mi lusingo di non es-
sere stato un infedele pittore. Solo mi rimane a dire
delle tavole^ che sono bellissime ed elegantissime, couie
quelle dell'antecedente volume, in guisa che l'edizione
riesce sempre più ammiranda da qualunque parte si
consideri.
Prosiegua dunque l'autore la sua nobilissima impresa,
che ne avrà gratitudine dai presenti, e laude ed onore
dai posteri più lontani.
Ferdinando Malvica.
Tabiilarìiini Regine ac Imperialis Capellae Colle-
giatae Divi Pelri in Regio panormitano Palalio
Ferdinando II Regni lUrlusque Siciliae Regis jussu
editurn^ ac noiis illustratum. Panormi ex regia ty-
pographia i835, iu-iòl., pag. 292 eoa due tavole
litografiche.
La diplomatica, quest'arte o scienza come meglio vo-
glia da alcuni appellarsi, che insegna a conoscere e ad
apprezzare non che la storia, il dnlto, le costumanze e
le peculiari leggi de' paesi, da inconlrastaijili docu-
menti autentici e contemporanei detratti, mala fortuna
La avuto in ogni tempo appo noi. Leggansi le facce
ÒGlìUstoria letteraria del nostro illustre Scinà, e veggasi
come i lavori de' nostri diploutatici o arsi,o deparsi, o
malavventurati non hau potuto vedere la pubblica luce.
Noi manchiamo, egli è vero, di un codice diplomatico
che in se riuoisca le nostre svariale mene, codice ideato
ED \HTI I-IBF.nAM 179
tlal Caruso e dall'Amico, ed iniziato dal Di Giovanili;
abbiamo però, e possiamo gloriarci di averle, perchè
pregiatissime, le opere dipinmaticlie del Pirri, del Vjo,
dell' Inveges, deirAmico, del Mongilore, del Di Gio-
vanni, del Gregorio. ImptMlanto questi celebrali scrit-
tori noti poterono elevare il grande edifizio della di-
plomatica nostra, ed altro non fecero che segnar la via
perchè que' d'appresso li seguissero. «Solo piacemi, io
dissi nella mia Memoria degli Arabi, pria di porre ter-
mine, farvi riflettere die onorevoi cosa sarebbe per co-
lui, che vago fra noi de' patii studi, ad illustrare si
accingesse le glorie della nostra patria, e a rintracciare
con assidue faliclie i fonti che quell'epoca risguardano;
facendo rinascere la nostra diplomatica, ch'è quasi nulla;
ricercando carte, e tabulari e concessioni che polverose
giacciono ed igtiole negli archivi, tirando esempi dal
Carusi, dai Di Giovanni, dai Gregorio; e mossi tutti
da unanime desio di onorare la nostra classica terra,
mostrare a tulle le nazioni esser noi nipoti ben degni
di quegli avoli illustri e diligenti cultori delle più gra-
vi, ed utili discijdme. w Tali cose io diceva nel l8J2
e l'Arcadico di Roma di me parlando faceva eco alle
mie parole, ed i miei divisamenli applaudiva.
Fu verso (|uel torno che il marchese Giuseppe Ruffo,
sedente allora da Direttore nel Ministero di Casa Reale,
mosso dalla vaghezza ch'egli ha di giovare all'incremento
delle lettere, e persuaso che oggimai la diplomatica, ol-
tre che essere uno studio necessariissimo pelle verità
storiche civili e morali de' popoli, è uno de* saldi fon-
damenti dell'archeologia, propose al Re il coordinamento
dell'archivio della Cappella Palatina di Palermo, e quin-
di fu ordinala la pubblicazione delle carte ivi contenu-
te. Piacque al Monarca approvare quanto dal sagace
Giuseppe Ruffo erasi divisato e ne commise la cura al
beneticiale Luigi Garofalo(i) soggetto fra noi abbastanza
(i) Ministero e Real Segictcria di Stato di Casa lU'al«. — Ecccllniia:
S. M., cui Ilo rassegnato il foglio dcil'E. V. dclui dello scoi»o inarco, ha
l8o LETTERATURA
noto per le sue erudite fatiche, e che appieno corrispon-
der poteva all'onorevol corainessa. Questo esempio assai
giovò all'util disciplina che ravvivar si tentava perchè
fin d'allora i merilissimi Arcivescovi di Palermo e di
Monrealt; si adoperarono a far sì che i diplomi e le
carte che polveiosi giacevano ne' loro archivii o in casso
rinchiusi, vengano ora meglio ordinali e fatti di pub-
blica ragione. Di questo solamente credo utile farli av-
vertiti che nel coordinare e pubblicare i diplomi si e-
stenda la loro diligenza sopra tutte interamejite le vec-
clìie carte, siccome conservate si ritrovano ab antico nel-
l'archivio, senza farne scelta o stimarne il valore e l'im-
portanza; dapoicliè per questo medesimo di poco frullo
e di breve interesse riusciti sono i diplomi lìubblicati
delle chiese Palermitane e Monrealese dal Mongitore e
dal Del Giudice, mentre l'uno quelli soltanto pubblicò
che i poderi tisguardano, l'altro quelli che a suo credere
stimò più utili; igi;oraiido ciò eh' è sialo dirittamente
giudicalo dagli eruditi, non esservi carta degli andati tem-
pi, comechè frivola apparisca, dalla quale alcuna profi-
cuità non se ne possa ritrarre. Noi intanto applaudiamo
di tutto l'animo il divisamenlo de' due merilissimi Ar-
civescovi, e desideriamo caldamente che ciò fusse d'in-
citamento e desiasse nobile emulazione ne' Prelati delle
siciliane chiese, i di cui archivi debbon racchiudere noa
poche dovizie iu fatto d'istoria e d'antiquaria.
Ma venendo a discorrere della Caj)pella Palatina e del-
l'opera teste pubblicata dal Garofalo noi deggiamo anzi
ogni altro promulgare la vetustà e nobilezza di questa
apjjrovato che si afflili al Beneficiale di cotesta Rcal Cappella Palatina don
Luigi (iaioialo l'incarico di coordinare l'archivio de' dijiloiai originali dei
Piiiicipi Normanni e Svevi e loro successori nella nuova stanza aggregala
alla cennata Rcal Cappella; onde tali diplomi, previ i restauri di cui po-
tranno aver bisogno, possano collocarsi ne' forzieri alla maniera della palco-
gralia, ed osservarsi dai dotti che son vaghi di vederli ed interpetrarli. Nel
Regal JVouie lo partecipa all'JK. V. per sua intelligenza, e perchè si serra
disporre Jadempimcito.
^^iapuli 20 aprile 1 83 1 ,
Fincato — Marchese Ruffo.
BD ARTI LIBBRAXT l8l
Cappella , la quale fondata colla nostra monarchia dal
primo re, arrichita di onori dagli augusti successori Nor-
manni Svevi ed Aragonesi, e quindi tornata nell'antico
lustro della depressione in cui si giacque, dagli austriaci
e borbonici Sovrani può andar fastosa di se medesima
per le prerogative di cui è adorna, come de' musaici
e delle ricche pietre di cui si abbella che destano ma-
raviglia e diletto agli artisti non che agli stranieri pe-
ragralori.
Ora è a sapersi che tra gli uffici stabiliti in essa, dai
principi normanni insigne sopra tutto e di non lieve
momento si è quello di tesoriero annesso ad uno dei
maggiori canonicati del Capitolo, il quale per viemag-
giormente decorarlo vollero i medesimi principi che
del titolo di maestro , e dell'anello dottorale venisse
adorno. A lui fu dato il carico non altrimenti che
nelle chiese cattedrali di conservare non solo la sup-
pellettile, e i volumi della liturgia sacra, ma sì bene
tulli que* privilegi ed istrumenti che risguardar pote-
vano in ogni modo la Cappella. Il perchè si osserva
negli antichi inventari dell'epoche angioine ed aragonesi
rassegnate, insieme ai sacri arredi e ai libri liturgici,
tutte le antiche carte esistenti sotto la custodia del ca-
nonico tesoriero e dopo la ristorazione della Cappella
aver avuto i regi visitatori nelfatto del loro ministero
particolare sollecitudine di far sì che fossero con tutta
diligenza custodite le carte dell'archivio, commettendone,
com'era per lo innanzi stato, la cura ad un canonjco ed
al cantore. Era tutto ciò dirittamente disposto affin di
mantenere illesi que' titoli, che avevano i sovrani con-
ceduto e formavano la nobiltà della real Cappella. In-
fatti Errigo e Federico svevi. Federico e Martino ara-
gonesi sovrani di Sicilia per niun'altra ragione venner
mossi ad ordinarne ai pubblici ministri l'adempimento
e ad osservarne il contenuto che dall'aver avuto sotto
gli occhi loro presentate dai canonici le carte originali
medesime nelle quali eraa significate le sovrane largi-
13
1 8a LETTERATURA
zioni e i titoli di onoranza, onde e li ratificarono so*
lennemente e li confermarono per tutti qua' punti di
preemineuza che in quelle erano espresse. Ne per di-
versa guisa dopo il turpe avvilimento nel quale si giac-
que la Ca|ipella reale, tu rialzata al primitivo lustro da
Filippo d'Austria secondo di questo nome, ne Carlo della
stirpe borbonica si deliberò a rivendicare il real diritto
di libera collazione sopra tutti i benefici della Cappella
Palatina , se non dall' aver riconosciuto per mezzo dei
visitatori regii la legittimità de* titoli espressi nelle
carte originali che esistono nell'archivio della real Cap-
pella.
A tale interesse arroga quello che non è da poco dello
studio archeologico o politico, che, è già qualche tempo,
con tutta ragione si è prtteso fare della diplomatica;
lo che spinse que' pochi de' nostri che a tale disciplina
si volsero a correre animosi quel difficil sentiero. Con
tale intendimento Antonino d'Amico messinese, pria che
nella eulta Europa avesse alcun' erudito osato non che
di recare ad affetto ma d'immaginarlo, si fece a raccorrà
e di sua mano a scrivere gli archivi de' Tempieri, degli
Spedalieri, e di altri militari ordini instituiti nella Si-
cilia; quelli del capitolo di Messina, non che l'archivio
della real Cappella del Palazzo di Palermo, il quale con-
servasi rimasto in penna nella pubblica libreria del Se-
nato. Questa fu la prima compilazione fatta dei diplomi
di essa Cappella, ed. è la sola rimasta sino ai nostri gior-
ni, sendo che Rocco Pirri e il suo continuatore Anto-
nino Mongitore , altro non preteser di darci , che una
notizia della stessa Cappella appoggiata bensì alle vecchie
carte originali che si sono citate ttidelmente ma non tra-
scritte per intero com'esse nell'archivio si ritrovano.
Pregevole è, non può negarsi, il manuscritto dell'A-
reico sì perchè primo ad apprestar luce su quella pre-
ziosa raccolta come pure perchè con qualche solerzia
lavorato; ma pur non di meno in molte parti è desso
monco, uh compilato esso è con quella diligenza che viea
ED IRTI LIRERALI , , l83
Oggi ricliiesla in simiglianli lavori; la qual cosa fu be-
n' avvertita nello scorso secolo da Domenico Schiavo,
onde alcuni diplomi vi sopperì che vi mancavano, e
di sua mano li aggiunse iiell'original manuscritto del-
l'Amico; pure molti altri ne lasciò non solo de' latini
ma quel che più monta degli Arabi e de' Greci.
In tale stato d'imperfezione era l'archivio della real
Cappella sino al lySS quando il viceré marchese Ca-
raccioli ordinava al beneficiale Francesco Calcagno che
Venissero i diplomi disposti ordinatamente in un'arma-
dio; un anno dopo l'altro viceré Caramanico permise
all'egregio Rosario Gregorio di studiare i diplomi scritti
in lingua arabica, a fine di averne l'interpetrazione; ma
ne quegli l'archivio ordinò, ne questi illustrò i diplo-
mi. Se non che al principiar di questo secolo il pre-
giato professore di lingua arabica in questa regia Uni-
versità degli studi Salvatore Morso con molta perizia
si fece ad iuterpetrare quanti esistevanvi diplomi ara-
bici, la qual cosa eziandio praticò per i Greci voltando
e gli uni e gli altri con lo stesso successo nel latino
idioma.
NuH'altro venne operato infino al i83i in cui fu af-
fidata al nostro redattore la coordinazione non che la
pubblicazione di que' diplomi. Nobile, spaziosa e ba-
state illuminata stanza addisse il Re per servir d'archi-
vio, non soggetta ad umido di sorta perchè alcun danno
sofliir potessero i codici. Costrutto ivi un grande ar-
madio con entro de' stratoi disposti l'un sopra l'altro,
il Garofalo con molta sedulità ha svolto in essi e dispie-
gato le pargaraene ed i codici in tutta la loro esten-
zione, tramezzandole per una ben grossa carta, ed or-
dinandole per serie cronologica. Onde agevol fosse
poi il rinvenirle nel luogo stato loro assegnato ha egli
disteso un ragionato indice aggiungendovi que' contras-
segni che possan servire a riconosceile nell'armadio. Di-
sposizione semplicissima e riputata dagli antiquari la
più atta per disporre le antiche carte; norma imitala
l84 LETTEn\TURA
da' più grandi archivi d'Europa e segnatamente dall'Am-
brosiana di Milano; non seguila, non so con quanta ra-
gione, nell'archivio Cavense; e che rende facile a qua-
lunque il poter osservare que' diplomi con ozio e che
pienamente ha coronato il divisamenlo del Re e la va-
ghezza degli eruditi sì nazionali che stranieri, fra' quali
è da notarsi il celebre monsignor Angelo Mai.
Se merita encomi il nostro Garofalo sulla bella guisa
con cui prese a disporre l'archivio, non meno gliene
si dovrebbero rendere pella solerzia e pella sedulità con
le quali ne imprese la pubblicazione. Il lungo sonno
che aveva dormito quell'archivio e l'incuria nella quale
era esso tenuto, aveva logoralo o dispersi molti diplomi
che annotali trovavansi negli antichi inventari. Agevole,
però fu al Garofalo il manuscrilto dell' Aniico in cui
trascritti ed esplicali rinvenne alcuni de' diplomi andati
perduti; ed ei sensatamente divisò torli da qudlo per
servire alla sua collezione, senclo fuor di dubbio, che
quel regio storiografo dovè copiarli sulle carte originali
allora esistenti. Alla serie de' diplomi scritti in perga-
mena che terminano negli ultimi anni del secolo quinto-
decimo vi aggiunse il nuovo divolgalore molli altri scritti
in carta coniune, i quali se servono a formar parie dello
stalo della Cappella, e che risguardano la costituzione
del clero palatino, pur non di manco di verun'iuteresse
riescono la più parte, perchè futili e vane cose com-
prendono.
L'intero volume in foglio mandato fuori dai regi tipi
in se racchiude una forbita prefazione latina nella quale
parte delle cose da noi già delle ed altre si annunziano,
e ccniottantasetle documenti si divulgano. Io non diròdi
essi un per uno, perchè, dei più pregiali, vari nostri
scrittori, siccome il Pirri,il Di Giovanni, il Gregorio, il
Morso, ne han discorso con pieno successo. Pregevole,
a cagion d'esempio, quanto non mai, sono auei di-
plomi del 1048 in cui si additano i capitoli ai sodali
di S. Maria de' Ncupaltitesi nel tempio di S. Miche-
ED ARTI LlBEnALI 1 85
le Invano alcuni hanno inlorsato l'aulenlicllà di que-
sto pregiato diploma per togliere un argomento chiaris-
simo ai sostenitori dell'esercizio del cullo pubblico di
nostra religione nel tempo della dominazione de' Sa-
laceni in Sicilia, dapoichè la forma dei caratteri l'at-
testa chìarantente siccome scrittura dell'epoca normanna.
Gli altri due del ii33 e i i4o risguardanti il primo
la solenne concessione del diritto parrocchiale della Cap-
pella reale fatta da Pietro arcivescovo e del Capitolo pa-
lermitano a Roggero re; ed il secondo la dotazione della
Cappella medesima con tutti i canonicati ed uflìcì sa-
cri che devon servirla. Di questo diploma due copie
conservansene nell'archivio, l'una in lettere d'oro scritte
in elegante carta bambagina di color ceruleo violetto
dal quale pendeva il sigillo d'oro. Pregevolissima è que-
sta carta sì per la materia che per la manifattura, poi-
ché dopo sette secoli ancor conserva l'interezza sua. Non
può assicurarsi però d|onde un tal pregio derivi se
dal cotone o dall'artifizio con cui è stata operata; certo
è che due qualità di questa carta eranvi in quei tempi;
l'una si corrompeva di leggieri ed alterava, onde leg-
giamo nelle costituzioni di Federico (an. i23i, tit^^B),
vietato l'uso ai pubblici notai, l'altra reggeva allo scor-
rere degli anni intatta, e ciò proveniva più dalla qua-
lità del cotone arabo o spagnuolo, che i Siciliani po-
tevano acquistare pel commercio da loro intrattenuto
cogli Arabi.
L'altra copia dello stesso e scritta in pergamena. È
da osservare in essa le soscrizioni originali de» magnati
del regno, e de* prelati, che in quel tempo era uso di
risiedere nella corte, e, in mezzo alle soscrizioni in due
grandi segnature, sono nell'una il nome del re Rug-
gero, e nell'altra di Ruggiero duca di Puglia primo-
genito del re: Anfuso secondogenito di Ruggero duca
di Napoli e principe di Taranto è segnalo il primo nelle
soscrizioni. Tutte queste firme veggonsi espressate nella
prima tavola litografica e ne formano il più hello or-
l86 LETTERATURA.
natnenlo; posciacliè appare, senza tema di fallire, che
tutti costoro intervenuti alla gran solennità che volle
Ruggero celebrare pella dedicazione della sua Palatina
Cappella, nel diploma slesso di fondazione uscito in quel
giorno soscriver fece i suoi figliuoli e tutti i graodi del
regno che vi eran presenti.
Ma fra i diplomi dell'archivio occupano il primo luo-
go la buona parte di quelli normanni e svevi perchè
scrini in due lingue arabica e greca, o arabica e latina,
la qual cosa non fu sì facile rinvenirne alcuno al chia-
rissimo Montfoucon; anzi volendo egli dare un saggio
della peregrina forma di quella paleografia venne pub-
blicando in tre tavole il privili gio dtlla dignità del
Prolonobilissimafo concessa dal nostro re Roggero al-
l'Aniira Crislodulo nella sua tanto celebre opera della
Paleografia greca. Il quale diploma circa ad un seco-
lo prima che divolgato l'avesse l'archeologo Maurino,
lo era stato dal padre Giuseppe Maria Ma/zara gesuita
da Scicli", e la sua versione nell'archivio palatino con-
servasi sendo nelle note del divolgalore riferita.
Altri non pochi diplomi e privilegi dell'tpoche nor-
manna, sveva, aragonese e castigliana son degni ai ri-
marco, non che de' due Federici, siciliani d'animo, e
teneri del nostro decoro e della nostra gloria. Nò al-
cuno vi ha certo che potrà riputare di poco interesse
qualcuno de* diplomi dell'epoca aragonese,! quali altro
Don sono che strumenti di vendile, e concessioni enfi-
teuliche di terre case e giardini che formavan parte
delia rogeriana dotazione; però chi attenta leggerà la'
contenenza degh stromenii molte notizie saprà ritrarre
intorno a queU'epoca sulla disposizione della nostra ca-
pitale, descrivendosi esalt£;mente le strade, i confini il
compartimento, la nomenclatura infine delle varie con-
trade della città.
11 Garofalo ha premesso brevemente ad ogni diplo-
ma l'argomento della materia che tratta per la più fa-
cile ed intera intelligenza; ha pure aggiunto a pie dì
ED ARTI LIBEn\LI 1 87
pagina alcune illustrazioni ailin di chiarire di tanto in
tanto il linguaggio diplomatico, le parole della mezzana
età, o l'allusione a qualche storico avvenimento; e l'ha
arricchito pur anca di molte conoscenze e chiarigioui
tratti qua e là dai nostri scrittori che di que' diplorai
lian tenuto parola. Sommo prezzo di quest'opera sarà,
siccome io mi avviso, il giovamento che la pubblica-
zione dei presenti diplomi arrecherà alla paleografia greca
e latina e all'archeologia, mentre le forme dei caratteri
e alcune delle parole ìyì registrate non saprai di leg-
gieri rinvenirle ne pure nelle pregiatissime opere del
Montfaucon e del Du Gange; onde il nostro egreg;io pro-
fessore Giuseppe Crispi è d'opinibne che potrebbe com-
pilarsi dagli archivi siciliani una paleografia ed archeo-
logia siciliana, la quale potrà di grande giovamento riu-
scire per la interpetrazione e schiarimento delle nostre
vecchie carte.
JNull'allro noi crediamo d'aggiungere al fin qui detto
sul pregio dell'opera che ci siamo dati, ad esaminare,
il perchè ne lodiamo altamente il divotgatore; di que-
sto solo vorremmo farlo avvertito che meno prodigo lo
avremmo desiderato nella pubblicazione delle carte mo-
derne e dei nostri tempi, che pochissimo o nulla di rag-
guardevole racchiudono; e tuttoché, ove voglia risguar-
darsi il particolare oggetto cui mirano, vengon essi a
formare la costituzione ed il reggimento ecclesiastico della
Cappella del Re: e che nel dare il saggio dei caratteri
de' vari diplomi, anziché prenderli qua e là a brani e
servirsi della litografia per pubblicarli, i piìi pregevoli
per intero avesse latto trasportare diligentemente in ni-
tide tavole di rame, come già fece il Gregorio nella
sua collezione delle cose arabiche, prendendo partito
dell'ottimo bulino del nostro Waincher o dell'altro no-
stro messinese Aloisio che qui si trova al presente fis-
sala sua stanza. La edizione del resto non è spregevole
fc la onore a chi dal Sovrano fu incaricato di dirigerla.
E però venuto ora a nostra cognizione che il Garofalo
l88 LETTERATURA
tiene in serbo e pronto per le stampe un Saggio sto-
rico sulla Real Cappella Palatina di Palermo in due
parli diviso, ove in una i musaici e le iscrizioni che
l'adornano e nell'altra la liturgia la dotazione e le sue
prerogative si divulgano, assai l'animo ci goderebbe se
il Governo prendendo tutta quella premura che merita
questo insigne monumento lasciatoci dal glorioso fonda-
tore della siciliana monarchia si adoperasse pur'ancora
alla pubblicazione di esso come già divisato avea Fran-
cesco Re nel 1828, rendendo paghi siffattamente i voti
degli amatori delle cose patrie, che lieti vauno per al-
tro del Tabulano da noi lodalo.
Scordi A.
Degli Odierni IJficii della Tipografia e de Libri.
Discorso Pratico ed Economico di Carlo Mele.
Napoli dalla stamperia e cartiera del Fibreno i834^
Un voi. ìq-8*' picc. di pag. 179.
Il non aver noi tuttavia annunziato ed encomiato co-
me fa mestieri, ed all'egregio lavoro compete, quest'au-
reo discorso del Mele potrebbe con molta ragione at-
tirar su di noi un biasimo giusto e meritevole; ma il
ritardo della divolgazione delle nostre dispense e vari
inloppi che hanno arrestato per alcun ohe il corso del-
l'opera nostra potranno per avventura ritornarci il pub-
blico favore su di ciò condonandoci l'involontaria diffal-
ta; avvengachè noi ci avevamo promesso di dirne alla
distesa e sino a che le nostre forze ce lo avrebber per-
messo, per la qual cosa avevamo già raccolte non po-
che nozioni per quindi raccozzarne un ragionato arti-
colo. Però quando vedemmo pubblicato negli Annali di
Statistica (i) e riprodotto nello Stesicoro{a) il parere
(1) FeLbrajo « marzo i835.
(a) Voi. a, pag. ao6.
ED ARTI LIBERALI l8g
datone dal Rpmagnosi desistemmo subitamente dal di-
visato proponimento e ci credemmo avventurosi oltre-
misura di poter ripetere qualche idea di quell'immortal
pensatore e capo-scuola italiano, e semplicemente accen-
narne qualcheduna nostra.
La scienza dell'economia che dilatata per vari rami
comprende tutta l'umana convivenza, appo gli antichi
quasi che ignorata, è pervenuta ai nostri giorni per o-
pera dei tempi stessi che corrono (i quali hanno fatto
accorti gli uomini stessi de' loro medesimi interessi e
però ad apprenderne il miglioramento) a sì allo grado
di perfezione che nulla resterebbe a desiderare, quante
volte con que' santi ed inconcussi principi ogni stalo
si reggesse. Fra tutte le economie quella civile, d'onde
dipende il comodo vivere e con esso il progressivo in-
cremento degli interessi del popolo, è quella the si affa
agli interni reggimenti, salvo i rapporti che per le stra-
niere corrispondenze può ella avere con quella parte di
economia che detta politica tutte le esterne relazioni
e i reciproci vantaggi fra nazione e nazione fra popolo
e popolo in se preclude. Or questa salutevole disci])lina
perchè sempre più proficua agli uomini ritornasse è d'uo-
po avvicinarla alla pratica senza di che vana sarebbe
ogni opera umana: nell'applicazione locale de' principi
generali, nel sano ed avveduto accomodamento alle pe-
culiari circostanze ed alle vicissitudini degli stati, nell'in-
tero e leale esercizio di essi sta il grande di. questa scienza
che per alleggiamento della società ha Dio destato nel-
l'umano intelletto. Disseminata essa fra gli uomini ha
prodotto rigogliose piante ed oia infiorata e rinverdita
fa bella pompa di se. La numerosa schiera de* suoi
eletti fra i quali Romagnosi primeggia ha sparso fiumi
di sapienza civile, che delle loro acque pel mondo co-
sparte han dissetato le aride menti, incivilita la terra,
ed hanno rinsavito gli uomini e fattili consci di chi c-
glino sono, e di quanto e di che posson esser capaci.
Carlo Mele è di questa scuola, franco e sincero propa-
igO LETTERATURA
gatore di verità, amico degli uomini e del loro progres-
so, savio estimatore dei razionabili sociali coordinamenti,
vuole, agogna, pretende il bene con argomenti innega-
bili ; e per tale lo giudica il Romaguosi quando dice
il suo bbro pieno di verità, di maturo senno e di
buone viste di stato. Tra i principi annunziati dal Ro-
inagDOsi nell'articolo pel Mele questi noi ripetiamo per-
chè vorremmo che sempre più venissero impressi nelle
menti degli uomini, poiché vertono sullo spirito tutto
dell'opera dell'A.; quale quello si è di divolgare sem-
pre più le umane cognizioni per mezzo deli' istruzioa
generale ed in ispecie della popolare.
>j Ora è forse possibile, ei dice, di godere nei civili
consorzi pace equità sicurezza senza una norma preco-
nosciuta la quale illumini la mente, interessi il cuore
e domini le coscenze? Quest'ufficio a chi appartiene?
Certamente ad una istruzione adeguata alla verità nata
dal tempo e dal reciproco commercio dei pensatori.
L'istruzione del mondo , delle nazioni è cosa che noa
può impunemente essere assoggettata a monopolio ne
alla ferula dei banchi scolastici. S'è forse pensalo mai
all'indole e alla portata di questa specie d'istruzione?
Valutarla come merce è l'infimo è il più materiale rap-
porto di lei. Salir conviene a più eminente veduta e
riguardarla come un sublime e divino magistero, nel
quale la suprema Provvidenza assume l'iniziativa e la
direzione del precipuo motore dell'incivilimento fra le
genti a lei predilette. Sottratta dalle superiorità locali
essa tende da se stessa a diffondersi, ed altro non do-
manda fuor che di essere diretta da savie amministra-
zioni. Per tal modo essa presiede ai progressi di quelle
persone immortali che appellansi civili consorzi!, d'al-
tronde abilitati coi loro mezzi di comunicazione. Essi
senza anche avvertirlo e spesso recalcitrando, sono tratti
a scambievole commercio, e quindi ad accomunare il
tesoro delle rispettive cognizioni. Per la qual cosa se
rimangono comuuicajivi, non riescono in tutto vittime
KD ARTI LIBEKALI |()I
o delle male arti dell'oscurantismo o della trascurauza
de' loro, direttori. Ciò che vi può essere di lussureg-
giante di falso d'inopportuno, vien sommerso dall'onda
irresistibile del tempo, onde rimangono o risorgono le
vere ed utili cognizioni. Quest'ultima specie d'istruzione
non si può dire deliberata e predisposta, ma dessa ap-
porta la materia prima che viene elaborata ed appli-
cala ed anche imitata dall'industria nazionale. Per lei
si rapiscono alla fortuna migliaia di felici combinazioni
e nell'atto che le genti meglio vengono conosciute, si
armonizzano i rispettivi interessi e s'impara a rispet-
tare ed a farsi rispettare.»
Or su questi principi con molta sottil dottrina e eoa
chiara evidenza e sposizione annunziati tesse il nostro
A, la sua egregia tela: noi non sapremmo cosa più lo-
dare sC; le verità il sapere o la locuzione di cui questo
libro fa i)ella mostra; certo che chi difende il giusto
ed il vero rade volle avviene che vada errato, ma il
dettar l'argomento con alacrità di mente e dovizia di
cognizioni non è dato a tutti. Il Mele con istile piano
lucido esatto, come dice Romagnosi, in soli sei capi,
divisi in brevi paragrafi, compresevi alcune obbiezioni e
risposte, alle quali siegue una sennala conchiusione ed
un'appendice de' libri che non trovansi vendibili ia
Napoli, si dà a dimostrare il danno arrecalo al com-
mercio ed alla civiltà di quel reame dal decreto sul
nuovo, dazio dei libri dato in Verona addì iO no-
vembre 1822. Tutti i paragrafi addimostrano come e
<|uanto pesi questo gravoso balzèllo si sovra tutte le
branche delle nazionali industrie e del commercio che
sull'incivilimento del popolo e d'ogni classe della so-
cietà; sensatissime sono le idee annunziate, adeguati
che nulla più i divisamenti ed i rimedi proposti. Tulio
il libro ci va oltremodo a cuore ed a genio. L'essere
al fallo delle cose del mondo, il conoscere i progressi •
dell'umana progenie, lo apprendere le vicissitudini che
l'allegrano o l'attristano sono oggigiorno, per opera della
1C)2 ietteratuha
crescente cl villa bisogni, necessità ineluttabili, e che per
ogni dove si sentono, si pregiano e si esigono. Que-
st'ufficio nobile generoso ed augusto hanno l'odierna ti-
pografia ed i Hbri, il credere altrimenti è fallare, ed
è cosa impossibile arrestare il progredimento de' lumi, o
dar loro altra direzione di quella che i tempi loro af-
figgono. È mestieri però che dai governi sapienti ed
illuminati si adoperino essi ad alleggiameuto de' popoli,
e lungi dal deviarli con intoppi e con ceppi, spesso dan-
nosi sempre inopportuni, si voltino all'util generale e di
tutte le classi, concedendo loro quello sfogo libero e sa-
lutevole che per mille vie può e dee formare il carat-
tere morale e la vera grandezza di un popolo.
Or tutta la fisonomia che hanno la tipografia ed i
libri negli attuali tempi si scorge nel solerle discorso
del Mele. E noi non possiamo che tributargli il noslro
sincero omaggio di lode e d'ammirazione, e con esso lui
far voti perchè il supremo potere con la saviezza che
gli è propria, conosciuta la verità nel suo puro e can-
dido aspetto, venga riunovellando un sistema doganale
riconosciuto oggimai incivile ed esiziale, e rifaccia insie-
memenle con più maturo e ragionevol consiglio la legge
che risguarda la revisione straniera, la censura patria,
non che la stampa nazionale, acciò possa conciliarsi il
pubblico comodo al generale interesse, e tutelare ad un'ora
quel rispetto che si dee alla religione, alla sovranità e
al buon costume, siccome in quasi che tutti gli altri slati
italiani ed iu ispecie nella Toscana si avvera.
ScoRDiA,
ED ARTI LIBERAL! 1^3
In lode del B. SEBASTUffo P^alfrè. Elogio scrìtto e pronuiir
zia/o in Palermo dal Can. Giuseppe Borghi.
Panegirico nella commemorazione della morte di SjUTa Rosalia
detto nella Chiesa Metropolitana di Palermo il giorno 4 *^'-
tembre i835 dal Can. Giuseppe Borghi. Palermo presso Sal-
vatore Barcellona i835.
// Cholera- Morbus^ Terzine di Giuseppe Borghi. Tipografia del
Giornale letterario i633.
Nominanza chiarissima precedeva il Borghi quando qui grata
giunse la novella che- egli divisava fra noi fissare sua stanza. Pur
troppo eran qui noli la sua pregiata traduzione di Pindaro, i suoi
Inni Sacri, i vari suoi discorsi inseriti negli Atti della Crusca, ed
altre esquisile scritture di cui ha egli arricchito le italiane let-
tere; e però tosto che qui pervenne vago ognun'era di conoscerlo
non tanto che di sentirlo, e d'apprezzar la vaghezza del suo dire dal
pergamo o nel liceo. Propizia si presentò la congiuntura, poscia-
chè i padri Filippini intenti a solennizzare con ogni poiripa e de-
coro la cerimonia della beatificazione del loro collega Sebastiano
Valfrè in modo si adoperarono che al Borghi assumer fecero l'in-
carico di dirne le lodi il secondo di dei triduo solenne, non più
di cinque giorni dopo ch'egli n'ebbe contratto l'impegno. Ne la
brev'ora che durò nel lucubrar quell'elogio ne potè menomare
,il pregio e smentire l'alta aspettazione che pur se ne aveva. Sacer-
dote e cittadino egli ci mostrò il Valfrè, ognora seguendo la via
della perfezione h nell'uno che nell'altro ministero col pieno adem-
pimento dei reciproci doveri che quaggiù ci allacciano. Un bello
esordio dispose l'animo e l'attenzione dello scelto uditorio che facea
pressa nellelegante chiesa dell'OlivelIa; la quale attenzione si ac-
civebbe di gran lunga nello ascoltare le descrizioni vivissime del
£agramento della penitenza, del di festivo, del condannalo al capo,
dell'iissedio di Torino, delle insigni virtù alla per fine di cui la
candida anima del Valfrè si abbelliva. Generale fu l'incontro
avuto in quel giorno dal Borghi, e se qualcuno fu sì dappoco da
tenere il suo elogio per non ascetico e non scritturale dall'error
suo rivenir dovette tostochè riflesse che è bea contemplare ed at-
tenersi alle cose divine il mostrare in tutti i modi l'uomo perfetto
per la pienezza della grazia di Dio; e che meritar non poteva la
taccia d'ignorare le pagine sacre dell'amico e nuovo patto l'au-
tore degl'iM/u' So/criy tuttoché d' interi tratti di latinità fornito
jaou avesse il suo dire.
Il secoiulo «aggio datoci nell'aringo oratorio dal Borghi si fu addì
i:^4 LBTTERATCftA
4 settembre i835 nella nostra chiesa cattedrale le lodi annunciando
di santa Rosalia nostra concittadina e padrona. E nel lodarla ei
non s'intertenne ad enumerar cose ignorate o supposte; non ripetè
le vaghe opinionidel Gaetani,delCascini, del Tornamira, dello Stil»
tingo; ma non altro f'^^je che encomiarla pella sua vita eremitica,
E eir illibatezza deira.igelioa sua persona, pell'immensa carità di
>ip ch'era in lei, pei prodigi operati a pio della patria nell'e-
stremo bisogno del 1624, per quelle cose in somma che ricor-.
dateci dai nostri storici la fanno appo noi tener cara e riverita.
Questo panegirico non è che. un tessuto di sacre dottrine de' profe-
ti, d^gli apostoli e dei padri della chiesa le une alle altre cormesse
con magistero non comune e nella nostra lingua voltate. Bellis-
sima è la descrizione della. grotta del Pellegrino, come pur quelle
della Quisquina, delle pene durale santamente da Rosalia in que-
sta terra, non che del rinvenimento delle sue ossa dopo che venne
a cessarela velenosa tabe clie aftlisse e desolòPalermo nel 1624? e
l'apostrole pei timori or or destati fra noi dall'asiatico morbo. E del
primo e del secondo elogio nulla diremo intorno alla lingua, per-
chè vano ed ardimentoso sarebbe; diciamo però che se la natura
lu prodiga al Borghi nel dotarlo di una facilia e di un'arte non
comune nello scriver prettamente, nel che ugguagliato esser può,
superato non mai, non pari lena gli die nel modo di comunicar
le sue parole, posciachè la fievolezza della sua voce spesso il ; tra-
disce, e fa SI che molti idegU ascoltatori xeslino delusi nelle loro
speranze di ammirarlo'. ,!
Però non solo ha dato il Borghi prove fra noi di forte sen-
tire nella prosa e nell'oratoria particolarmente, ma pure non ha
tralasciato di farci apprezzare il suo sommo valor poetico. La
sua Ode alla Gioventù Siciliana^ l'Inno a Santa Rosalia già can-
tato in queste annuali feste, le Terzine in morte del Graziosi ^
messi a stampa li primi nel Giornale di scienze ed arti, e le se-
conde nelV Indagatore} gl'Inni a san Filippo JSeri , a san Ró-
nnddo, a san Giuseppe^ die corrono in penna, mostrano piena-
mente in lui il pregiato innografo dei nostri tempi, j1 seguace e
l'emulalor del Manzoni, il poeta spontaneo e del tempo, li Cho-
lera-niorbus questa lue pestilenziale che qual rovo velenoso covan-
do sommessamente serpeggiò nelle italiane contrade, né molto da
noi diiungossi, svegliò la fantasia del Borghi e gli porse il destro
di dettare ahjuante terzine ripiene di venustà, di grazia, di leggia-
dria, di aflètto e di forte sentire. Facili sono le idee ivi espresse,
bene architettate le allegorie, al proposito indicate le apostrofi,
•ennati i concetti, sparsa di fiori tutta la versificazione, ogni frase
ogni tratto olezzante l'aurea scuola dei classici in Dante, e nelle
lime ed in ispecie ne' trioufi del Petrarca attinti. Noi lodiamo
di tutto l'animo il Borghi per q^uesle Terzine che scanno d'oggi
ZD ARTI LIBERALI tgS
mai tenute in onore ed a modello; e perchè una piti ampia ra-
gione noi avessimo di pregiarlo, lo esorliamo a compiere il suo
Alfieri alle tombe di Santa Croce , argomento tutto e somma-
mente italiano, che gli tornerà certo di non poco decoro.
Scorcia.
Risposta ad un articolo dello Stesicoro contro il Poeta Roman'
tico Dialogo di Salvatore Costanzo. Palermo tipografia del
Giornale letterario i835, in-8 di pag. io.
Noi gih parlammo non è guari del Poeta Romantico del Co-
stanzo e ne diemmo quel saggio che credemmo meritarsi quel
coràponimento; protestiamo ora anzi ogn' altra cosa che parlando
della) risposta l'atia dalTA. ad un articolo contro il suo Dialogo
non è «nostro divisamente far risorgere ire che noi vorremmo noti
sopite ma estinte , però air incontro avversi come noi sfamo ai
partiti ed alle nimicizie agogniamo di tutto l'animo che solo nel
bene e rettamente lare le gare e le emulazioni si accendano-, del
resto abbiamo un'opinione una fede letteraria che teniamo caris-
sima ^ ne per questo meno estimiamo le opinioni altrui, poiché
viviapio sicuri che la tolleranza assai giova ad affralellar gli uomini,
e perciò a convincerli di quel vero che è uno, ma che per mille
vie si può rinvenire. Basta per ora in quanto ad opinioni gene-
rali; quale avviso poi porliara peculiarmente noi sulla disputa che
agita le parti si vedrà da una nostra lettera che verrà divolgata
nel medesimo Stesicoro^ nostro fratello, e che onora chi lo dirige
non che l'egregia citta ove si pubblica.
Costanzo dif nde la cosa sua (parlerem noi con quella sincerità
che ci è solila): attaccato vivamente da un anonimo ne' principi
asseriti non che nella persona era mestiere che egli si movesse a
dilèsa; è vero s\ che il suo dialogo, pel quale ora si mena cos'i
alto romore, è scritto con non poca acredine , ma non possiam
dire lo stesso di questa sua risposta che noi reputiamo giudiziosa
anzi che no sì ne' principi che nelle comprovazioni dettati; dice
il Costanzo che l'A. dell'articolo mal di lui divisò dandolo per
un qualche disseminalor di discordie fra i Siciliani, ed è per que-
sto solo, e non già perchè egli voglia venire in voce di letterato
per si basso lavoro, che prende la penna, però, che il piìi delle
cose per lui annunziale dice essere slate altrimenti comprese dal-
l'A. dall'articolo. Noi a dir vero non vorremmo qui farla da giu-
dici, pria perchè da tanto non ci reputiamo, poi perche ci siamo
ig6 LETTERATURA
come già dicemmo anche noi provati nel medesimo argomento j
aolo per non defraudare il vero non ci possiamo astenere dal ma-
nifestare che se a giudizio assoluto ed illimitato voglia apprendersi
l'opinione del Costanzo, attinta per ^avventura dal Monti, che gli
Dei del paganesimo non verranno mai esclusi dalla bella poesia
né in contrasto mai col gusto e linguaggio moderno, più assoluto
ed illimitato giudizio crediam quello di proclamare la classica let-
teratura per servile, garrula, vota, snervata, eunuca^ straniera
come fa Tanonimo.
Basta fin qui ne passerem più oltre: ciò valga siccome un an-
nunzio di questa breve scrittura. Ninno più che noi ama e de-
sidera la polemica franca e generosa , la discussione libera delle
opinioni , la critica nobile leale sincera dei principi che giovar
ponno airincremenlo morale e letterario, ed ugualmente ci son
cari lutti coloro che indistintamente cospirano al bene generale}
ma come ci son grate le discussioni, le polemiche, le critiche così
di tutto il nostro meglio, e con quella forza che è in noi abor-
riamo i personali dissidi, ne ci va mica a cuore quel vedere di-
scendere a tenzone petto a petto nell'aringo, quali lottatori. o duel-
latori,*i giovani letterati, cui l'amor della sapienza dovrebbe fare
più accorti; quel venire alle prese, quel vilipendersi e svillaneg-
giarsi, quell'accapigliarsi Tun l'altro, questo noi riputiamo alto
poco nobile, e che punto non si afta colla gravità delle lettere:
la rissa colla stampa è per noi molto meno decorosa della rissa
armata, la quale può avere mille esili, ma ciò che già è impresso
può ad ogni istante la coverta bile ed il narcoso aschio rianovel»
lare. ■ '
Il perchè noi con tutto quel candido affetto che portiamo ai
giovani nostri coevi ed a questa patria che ci è sominamenie di-
letta, pel bene di essa li esorliamo ad abbandonare le particolari
nimicizie, che disconvenevoli sono ad uomini bennati, ed a ser-
virsi di queirintelletto che Dio ha loro dato al miglioramento di
noi medesimi, dello stato morale del nostro paese e della lette-
ratura in generale, ad illuminarci a rinsavirci. Che se poi si vo-
gliano scrivere dialoghi si scelgano argomenti giovevoli e urba-
namente si dettino, siccome già fecero Pietro Bembo, Sforza Pal-
lavicino, Giuseppe Parini, e Antonio Cesari.
ScORt>ÌA.
ED ARTI LIBERALI
197
Delle nuove ed antiche Terme di Torre-annunciata^ Articolo in-
serito nel fase. XI T degli yénnali Civili da R. Liberatore.
Napoli i835, di pag. 56, eoa caria icnografica.
In quesl' opuscolo che apparve prima, come scorgesì dal suo
titolo, negli Annnli Civili di Napoli, si propone il chiarissimo
autore di far conoscere la novella acqua die porta il nome del
suo scopritore, S. E. il tenente generale marchese Nunziante, e
di dare un cenno non rat-no della giacitura e qualiià degli strati
vulcanici, che delle anticaglie le quali sotto di essi giacciono.
A dieci miglia da Napoli in Torre-annunciata presso la sponda
del mare a pie d'una rupe nel promontorio detto V Uncino per
mezzo della trivella artesiana tre anni sono scaturì una copiosa
fonte d'acqua semitermale e minerale, in cui, secondo l'analisi del
prof. Ricci, è in gran copia predominante il gas acido carboni-
co. Non tardò il lodato sig. lenente-generale ad applicarla agli
usi medicinali con un nobile stabilimento che vi fondò, e salu«
tarissima per molte e varie infermità si è sperimentata nel corso
già d'un Irieimio , come attestano le numerose osservazioni rac-
colte da' più valenti professori di medicina napolitani. Ma nel
costruirvi l'elegante e grande edificio de' bagni, dovendo appia-
nare il suolo ed aprirsi da Napoli a quel silo una comoda via,
fu mestieri con ardimento roi»ano rompere a perpendicolo per
jo palmi la rupe, anzi un monte, tagliarla, abbattei la, finché
nacque veramente magnifica la via insieme con l'edificio-, e in
questo taglio ed ahbaiiimento apparvero alcuni avanzi di anti-
che fibbriche. Al che fattosi maggiormente animoso il savissimo
scopritore, prosegui il cavamento, e vide sem[)re più aticrescere
la scoparla delle anticaglie, talché visitate pocostaule da S. M.
il Re N. S., fu dalla sua real munificenza ordinato che l'Acca-
demia Ercolanese esaminasse e definissi tutto: ma non ess'indosi
ancor pioff'rita sentenza da quella illustre Accademia, il sig. Li-
beratore espone egli quanto venne fuori da que' cavameuti , e
da il disegno da' luoghi siccome erano al cadere dell'anno i834-
Quivi adunque all'estreme falde del Vesuvio dalla parte del Capo
Uncino vegj^onsi a [liè drilo spaccato, messo giù allo scoperto, gli
antichi avanii di fabbriche, le quali sopportano un terreno di
varia altezza, fino a palmi ^5, la più gran parte del quale è
un conglomerato vulcanico disposto a strati orizzoutuli. D.il che
scorgesi esser quivi, come in Ercolano, le operazioni dell'uomo
alternate con quelle della natura: esempi singolarissimi nella fi-
sica e civile istoria, esclama a ragione il N. A., raassimamenle
i3
igB LETTERATURA
perchè il terreno di trasporto che racchiude reliquie di opere
umane sia qui sotloposlo a solido strato; il che, scrive il celebre
Brogniart, non si è ancora in nessuna parte rinvenuto. Pure uà
altro fenomeno geologico richiama qui Tattenzione dell'osserva-
tore. )) Esaminando le materie nella verlical superfìcie taj^liata,
scorgonsi in alcuni punti in gr&n numero gusci di conchiglie ter-
restri, i quali o per intero o in frammenti sono con éjuelle ma-
terie frammisti ed impastati. Ma cresce la maraviglia in vedere
a mezzo della costa, e propriamente 3o palmi al di sopra della
base dello spaccato e 26 al di sotto della sua superficie, un tronco
d'albero (^che il botanico sig. Gussone ha definito esser un pino)
ancora nella sua naturai positura, ancora abbarbicalo cogli avanzi
delle sue secolari radici al suolo in cui nacque.» Ne questa sola
mirabil;! pianta rinvennesi, ma un'altra simile di là poco disco-
sta ed altre ancor simili vegetali reliquie lungo la via presso il
lido. Sopra tali numerosi strati e sulla superficie stessa del pre-
sente suolo superiore stendasi l'estremità d'una maestosa corrente
di lava, la cui spessezza maggiore è di circa 12 piedi, e la lar-
ghczza di circa un quarto di miglio. Da lutti i falli distintamente
esposti il sig. Liberatore conchiude che » le stratificazioni le quali
ricoprono i soggetti ruderi , comech(3 tutte compoìle di materie
vulcaniche, pure sembrano piuttosto l'opera dell'acqua che non
quella del fuoco; ovvero, per parlare con più preciso linguag-
gio, luron prodotte da alluvioni e non -da piogge di materie iu-
coereuli versale dalla bocca del vicino vulcano.»
Vedute COSI in breve le geologiche scoperte, seguiamo ora il
N. A. anche rapidamente nelle archeologiche. Gli avanzi di ro-
mani edifici, ivi apparsi, non altro erano che Terme, a cui servi-
van le Slesse acque, che zampillavano allora a qutdla profondila,
ov'era appunto l'antico suolo oggi scoperto» Bisogna leggere la
esatta descrizione ch'ai ne fa, e guardar la carta icnografica an-
nessa, per conoscere pienamente lutti i particolari dell'edificio;
ma in generale gioveranno le parole seguenti. » Un vasto paral-
lelogrammo era la figura di queste antiche Terme vesuviane, colla
giunta di altre fabbriche esteriori, parte delle quali erano le stanze
ed un pozzo — e parie una fila di botteghe, a fianco di mae-
stosa strada, la quale si va ora votando. Questo parallelogranimo
aver dovea due piani, siccome dalle volte cadute, da' musaici a
quelle soprapposti e da altri indizi è facile dedurre.» Da più re-
centi scavazioni poi sono venute fuori diverse stanze che non ad
altro polean servire che a prender tre specie di bagno, cioè l'or^
dinario, quello a doccia od a spruzzi, ed il secco. Consacrata
al primo era una capace stanza che ha d'un bel musaico il pa-
vimento, e le pareli intonacale ed una fiata dipinte. Lungo sa-
rebbe il catalogo delle cose ivi trovate: più di dieci marmorei
ED ARTI LlBEKALt igc)
pezzi di cornici di vari ordini d'aichitelliira, altri i4 pezzi piaui
di marmi, alcuni de' <[uali colorati, gradini, soglie, frammenti
di braccia apparlenenli a statue diverse, ed altri iVatitumi di mar-
mo; molle colonnette di argilla, vari pezzi di vasi j e tegole e
mattoni; diversi cristalli piani d'ottima qualità, e minuzzoli di
tazze e cara!!'; copiosissime reliquie d'utensili ed attrezzi metal-
lici; e finalnienle ossa d'animali in gran quantità, e lo scheletro
d'un bambino ridotto in pezzi e contenuto in un vase coperto
da un mattone. Alle quali cose tutte aggiungonsene alcune po-
che, che serbano qualche scrittura in latini caratteri', cioè una
lucerna, un pezzo di creta rossa, due rotti mattoni, ed una cor-
rosa medaglia. Vedesi nf-lla creta, la quale è un frammento d'uà
bacino o altro arnese, finissimo, una cartella in cui parve al
N. A di leggere LVCINONI FLORI; dal che eg'i sospetta po-
ter essere questo il nome del signor delle Terme , e in tal caso
si sarebbero forse esse appellale Tenne No nie. La medaglia, ben-
ché molto guasta, pure lascia ravvisare la testa d'un imperatore,
con le sigle nel rovescio VOT. XX, e la leggenda nel dritto
M AXIMIANVS, la quale ci fa rimontare in sino a' tempi di
Massimiano Ercole collega di Diocleziano all'impero.
Le opere del cavamento non sono intermesse, e nuove scoperte
ci auguriamo dallo zelo e d;dla saviezza dell'illustre personaggio
che ne assunse generosamente l'impresa, ed a cui la medicina,
la geologia e l'archeologia si professano riconoscenti; mentre grato
pur torna al pubblico il ragguaglio delle scoperte sinora fatte,
che con notabile precisione e liudura dà il sig. Liberatore nel
suo dolio opuscolo.
Bald. Romano.
aOO LETTERATURA.
Demostene Olìntìache, ed orazione d'Isocrate a De-
monico^ volgarizzate da Carlo Gemelli. — Se-
conda edizione, Messina i835.
Nella storia delle lettere, e della civiltà, clie talvolta
si son viste disgiunte, e che convien adesso risguardare
insieme perchè insieme esistono e si avanzano nel secol
noslro, notar si ponno due modi di progresso. Il primo
è il naturale sviluppo degli ingegni, successivo e certo
ma lento; col quale pur si va innanzi quando cause
politiche non imbarbariscano gli uomini , sia con una
mutazione violenta verso il peggio, sia con uno igno-
minioso letargo. L'altro modo rapidissimo e maravi-
glioso nasce da privati esempi o da condizioni prospere,
O' anche triste, ma produttrici di passioni pubbliche, e
in generale dal concorso di tante circostanze che in un
paese, in una età svegliano ad un trailo e rinvigori-
scon gl'ingegni, e fanno che
» Quel che in allrui pena
» Tempo si spc:;de in qualche atto più degno
» O di mano o d'ingegno
» In qualche bella lode
» In qualche onesto studio si converta »
coràe pregava alla misera patria il Petrarca nella più
nobile delle sue canzoni. Ed allora in pochi anni si fa
l'opera dei secoli, e si scrivono le pagine più onorate
Dei fasti delle nazioni.
Or chi consideri l'amore per gli studi più utili e sodi
che da cinque o sei anni a questa |»arte si è accresciuto
in Sicilia non ostanti molle calamità; chi vegga la gio-
ventù frequente ne' licei e nelle biblioteche, e tutta ri-
volta alle oneste discipline; chi vegga coltivate le scien-
ze, gii studi civdi, e le lettere, e perfezionata nella più
parte la lingua e lo stile, e si accorga per tanti altri
segni dei passi nostri in questa onorata strada, dovrà
ED ARTI LIBERALI 301
rallegrarsi col paese che qui cominci un progredì meri lo
letterario e civile più con forme al secondo modo che
al primo.
Messina cultrice sempre delie arti e delle scienze fa
Leila prova in quest'agone di virtù ; ed oltre a tanti
Talentuomini lunga pezza già conosciuti in patria e
fuori, ella or vanta eletti giovani che cominciano ad
illustrar con le opere loro se slessi e il nostro paese.
Tra i quali a buon dritto va noverato l'egregio Carlo
Gemelli autore delle versioni dal greco che si annunzia-
rono a capo di questo articolo. Egli ha mostrato somma
perizia in una lingua dotta e difficile, il cui studio ben
si addice a noi prole di non oscure colonie greciie; ne
lode minore gli si dee per la scella delle opere prese
a volgarizzare: perchè le due prime orazioni son mo-
dello di virile eloquenza popolana, e savie non meno
che generose nel proposilo, e per l'arte ammirevolissime,
e, a dire in una sentenza tutti i pregi, degni dt 1 sommo
oratore d'Alene, e l'orazione d'Isocrate utile è anch'essa
nello scopo morale e fiorita nel trattarlo, e bellissima
tra gli scritti didascalici di que' tempi. Pura è poi la
lingua, e lo stile della versione, commendevole iu tanto
più in quanto la fedeltà all'originale primo pregio delle
versioni tendeva sempre ad alterarlo e sforzarlo. E se
noi non ci allarghiamo altrimenti nelle lodi del signor
Gemelli è perchè basta il ricordar quelle ch'ei si eb-
be per coleste versioni dal chiarissimo cavaliere Pietro
Manzi. Noi ci promettiamo che il signor Gemelli, in-
tendendo sempre ai begli studi, darà ai suoi fratelli di
questa siciliana famiglia nuove occasioni di rallegrarsi
onorandolo.
Michele Amari.
a03 LETTERATUnA
PER LA MORTE
DI VINCENZO BELLINI
CANZONE
DI MARIA GIUSEPPA GUACCI-NOBILE
Quest'anima gentile,
Che innanzi tempo s'è da noi partita,
Questa rosa d'aprile
Sul cespo rigoglioso impallidita,
Questa leggiadra fonte
D'armonia jiellegrina,
Questa luce latina
Che infiorò d'Alpe e di Pirene il monte,
In quella' parte dove il Sol declina
Chiude il suo viver santo,
Ed a noi lascia eredità di pianto.
Quantunque volte amore
In jictto verginal puro discenda.
Quante l'ingegno e il core
D'alta vaghezza ed immortale accenda,
Tante, candido spirto.
Dal cielo, in che ti stai,
Tuoi canti riudrai,
E ti sarà ghirlanda il sacro mirto
Fin dove il Sol saetta ardenti rai,
O dove l'aspra neve
Lo schiavo impara e l'Obi ondoso beve.
Ov'è la dolce strada
Che apristi, fuor d'ogni jirescritta usanza?
Ahi quindi si digrada!
Alù non vi ride più fior di speranza!
ED ARTI LIBERALI 2o3
Altri l'usato volo
Spieghi, del par che lice
Ad ala imitatrice;
Tu primo incedi ed animoso e solo;
Poiché nell'alma tua, nido felice
Di he' pensieri eletti,
Sentivi un'armonia di casti affetti.
Su l'ora a' buoni amica
Deh quanto desiderio in cor ti scese!
Certo la madre antica
Pensavi, e l'aura del natio paese;
Certo pe' verdi piani
Di Sicilia dolente
Erravi amicamente
Co' tuoi cari lontani,
E il primo amor ti si schiariva in niente
Quando le luci illuse
Una straniera man sola ti chiuse!
Oh trista Italia, a cui non si concede
Bagnar di pianti amari
L'ossa de' figli a tutto il mondo chiari!
ATENE RINATA
ODE TRADOTTA DAL GRECO MODERNO.
O figlia di Minerva,
A nova vi la tu risorgi ahera,
Un'ahra volta ti vediam regina,
Patria d'eroi primiera.
Ergi la testa dalla tua mina:
Vincesti la proterva
Fortuna, che l'avca ridotta a nulla,
D'uomini un temi)o, e poi di belve culla.
iao4 LETTERATURA
3.
Te d'atroce servaggio
Oscura nube involse; in te Macone
Superbo sventolò Tempio vessillo
Di stolta religione.
Ma i cef>pi si spezzar,, torna tranquillo
Di liberlade il raggio.
Ancora torreggiar vedrai dai dumi
Degne magioni d'uomini, e di numi.
3.
AI par del Partenone (r)
S'innalzan qui superbi tempi al Cielo,
Dove offrirà suoi voti al suo Signore
Caldo il fedel di zelo.
Né più qual pria tra lo servii timore
Geme il greco campione,
Che la croce stringendo in un col brando
Troncò la destra al Filisteo nefando.
4-
Areopago novello
"Ve là nell'alto come, appar sul colle,
In cui Temi rinnova la staterà,
Che a cielo aperto estolle (2),
Dell'antica giustizia alma foriera,
Come in un sacro ostello,
Starassi a giudicar con equa libra
I falli, che severa e scerne e cribra.
5.
Altri Licei non meno
Del prisco sorgeran chiari, e fastosi.
AI vecchio di Stagira altri simili (3)
Sofi verran famosi,
Che fregiati d'ingegni alti e sottili
Nutrirà Alene in seno;
Atene, che di nuovo astro lucente
Vedrà nel mondo e l'una e l'altra gente.
(t) Tempio di Minerva dell'antica Atene.
(2) Areopago significa poggio di Marte, Era sopra un Colle, e vi si giu-
dicava a Cielo scoverto.
^ (3)Aristotele di Stagira daya le sue lezioni passeggiando nel Licèo.
EO ARTI LIBERALI 205
6.
La scuola d'Academo (i)
Rinascer vegf^io. Ecco l'allere fronti
Levano al sole i filalaiii e gli allori
Lungo ad ameni fonli.
Ecco gran turbe d'avidi uditori
Di quel senno supremo,
Come pendono intente dalla bocca,
Che d'arcano saper fiumi trabocca.
7-
Ecco tra gli edifici,
Che nuovi vedi ed eleganti e belli,
Come spicca la reggia di colui,
Che tra i Giovi novelli
Assiso sta tra l'Aquile di dui (2)}
Che con felici auspici
La Grecia regge, al di cui nome solo
Umil s'inchina e l'uno, e l'aliro polo.
8.
Ma guarda opra ammiranda (3)
Là dove i nostri eroi ginccion sepolti
In cerchio di colonne maestose
Entro grand'urne accolli.
Quasi in voto le lance portentose
Pendono d'ogni banda.
Com'enlri quivi un eco alto risuona
» Più forti fur di quei di Maratona. »
_ , 9-
Eccelso monumento
Della greca virlu! Tra le nazioni,
Sebbene ora rinata, e quasi ia cuna,
L'Eliade tu riponi,
Che, se propizia seguirà fortuna,
; Aifìn sarà un portento;
Vincerà nel saper la Grecia stessa,
liè fia chi Qcl valor cozzi con essa.
(i) Dal nome d'Academo prese la denominazione l'Accademia, in cui in-
segnava Plutone i suoi scolari. Ivi erano boschetti di platani, e di altri al-
beri, e vi scorrevano ruscelli.
(2) Fra i tempi e gli edilizi, che si fabbricano in Atene divenuta oggi
la selle del regno grrco, si edifica ancora il palazzo d'Olone, che si dice
qui stare tra due Aquile, cioè tra la Moscovia perch'è di rito greco, e tra
l'Austria perchè bavaro.
(3) Tra le altre opere in Atene si costruisce UO Panteon ài quegli eroi,
che pugnando morirono per ia Grecia.
ao6 LETTEn\TURA.
IO.
Salve prole di Giove,
Tu che ad Alene il nome desti, torna
Torna, deh vieni nell'aulica sede
Di nuovi pregi adorna.
"Viriuie accresci alla cittade erede
Di magnanime prove;
Torna gran diva: un di (allo destino!)
Ali'aer passerai di Costanlino.
X.
Sunti dei discorsi pronuinìatì neir Accademia dei Zelanti
di Aci- Reale.
Tornata pubblica ordinaria de' 2 gennaio i83j^.
Si rassegnano vari doni presentati all'Accademia.
11 socio attivo sac. Anlonino Cali Sardo pronunziò un ragio-
namento critico-storico sull'opera delle usure niaritliiTie e mer-
cantdi scritta in latino, e liiointa De fiieiinre nautico A'\ Cje%\iv\-
do Grassi cappuccino di Aci-Reale, nell'Accademia de' Zel.inli
dello il Critico. L'oratore prende le mosse da una sentenza del-
Tab. Melchior Cesarotti, con la quale predica le qualità essen-
ziali de' lavori accademici essere l'importanza nella scelta delle
materie, e piano concertalo e sistematico d'o|)erazioni. Pertanto
egli si versa sovra argomenti che lo statuto espressamente inculca
d'essere preferiti, e questi sono i municipali. Vien significando
essere o'jbietlo dell'opera del Grassi la quislione, se mni mutuan-
dosi denaro a chi naviga o va al mercato sia lecito prendersi
delle usure fuori del caso d'un lucro che cessa o di un danno
che si soffre: onde parlisce il suo ragionare ne' capi seguenti.
Primo, dU una idea di ciò che per usura nel mutuo inlenJesi;
secondo, come un lai contrailo riguardasi dalla legge della na-
tura, dalle leggi civili, e dalla religione; e terzo finalmente esa-
mina la celebre decretale di Gregorio IX Nai'iganti ce. caminando
sempre sull'opera del Grassi da lui presa ad esame.
Sviluppa nella prima parte le teorie sulla differenza del mu'
tuo con la vendila con la permuta col comodalo e colla locazio-
ne-, aggiungendo contro le usure l'autorilk di Platone Aristotile
Catone Cicerone Plutarco Plauto Tacito Plinio Filone Giudeo
ED ARTI LIBERALI 2O7
ed altri*, ai quali oppone la contraria opinione de' due Coccejo
padre e figlio Noodt WolfTGrozio Sny Ilume Smith Motilesqui("u,
e intende dimostrare essere lidso l'opinare di ([UPSt'ultimi, e se-
condo ragione e verità quello de' primi. Rammenta secourio le
leggi della natura non osservi dritto ad usura, che, abbenchè le
leggi romane la permettessero sino al /2 per 100 i filosofi e i
giureconsulti reclamano conlra l'ingiustizia. Rammenta le leggi
ibere savojarde venete galle violarle e sino inOiggendo la pena
di morte contro gli usurai; ne tralascia le leggi di Guglielmo il
buono, Fedeiico secondo, e Ferdinando primo il cattolico contro
gli usurai di Sicilia, ed infine come la legge di Dio di sagri ful-
mini armala questa lupa espelle dall'Ovile di Cristo,
Dopo del che esamina il vero senso della decieialc di Grego-
rio iX centra gli usurai, e dimostra con gli argomenti del Grassi
doversi leggere ed interpetrare secondo il senso ovvio Usunirius
est censcììdiis e non come Gonzalez e Billuarl e Fagnano e Na-
varro asseriscono. Pon termine al suo ragionare assennando la
cittadinanza, essere l'opera del nostro accademico non inleriore a
nissuna di tulle le alti e di simil sorla che da noi si studiano e
si ammirano venule d'oliremare e oltrcn-onli e potersi dire nel
suo genere classica-, per compiere la quale sudò molli anni e viag-
giò alla capitale dell'orbe cattolico, ove fu sommamente onoralo
e posto in predicamcnto di vescovo.
Occupala la tribuna dal socio attivo Cristoforo Cosentino, pre-
sentò egli il rapporto ordinatogli dall'Accademia sulle memorie
chirurgiche del dottor Libra da Catania. Osservò sulla prima me-
moria che ha per oggetto la rettificazione della lisciatura nella
incisione dell'arteria jugulare, che la fasciatura quando è sem-
plicemente contentii-a e non compressila non può produrre sini-
stro alcuno, e che l'esempio de' neonati non è da addursi, av-
vegnaché non è da stabilir confronto fra lo stringimento spas-
modico del collo dell'utero, ed una tenue fasciatura-, l'esempio
del giovane che divenne maniaco per tumori nati al collo non
è applicabile, perchè la mania poteva nascere da tutt'altre cause
che dal tumore. L'oratore accerta avere osservato ammalati con
mucchi di glandole slrumose ai lati del collo e non esser maniaci.
Kè l'esempio degli strozzati fa al caso; poiché non v'è corrispon-
denza fra una fascia, leggiera per chiudere il bucolino dell'arte-
ria incisa, ed una rudente e i due boja che violentemente spez-
zano il capo dell'appiccalo. Fa conoscere non sempre nelle apo-
plessie essere utile il salasso, come dimostra col traduttore di Stenz-
zenschuvant, con lioirman con Sgomburg e Hortum, conchiudendo
con Cornelio Celso che nelle apoplessie il salasso o uccide o ri-
sana, qualche volta rilarda la morte, ed è l'unico remedio da
cui può sperarsi salute. La modificazione proposta dal Libra per
ao3 IBTTEBATtRA
la legatura deirarlerìa incisa da eseguirsi con punti di sutara o
con fitizella ad anello sona entrambe inutili; poiché parecchie
volte egli stesso l'oratore dottor Cosentino ha praiticato questo
salasso senza nessuna legatura. Così opecò su don Giovanni Mus-
meci di Aci-Reale, don Vincenzo Rossi, donna Mitri;» Leonar-
di, la sola che sia morta al professore: ma per tult' altre cause
della flebotomia. Gli esempì addotti d.il Libra di un cavallo a
cui non fu chiusa la vena, e della mula non sono adaitabili al
caso deJrapopleliico, avvegnaché quelli stauuo in continua azio-
ne, questo immobile. Nella sentenza delToralore concorre il Vies-
seux, il quale insegua non esser necessaria la legatura. Parimenti
il Cosentino rigetta il metodo proposto dal Libra per incidere
la jugulare, osservando che gli esempi veterinari del bue e del
cavallo non sono applicabili.
Riguardo alla seconda memoria sulla estirpazione de' tumori
cerebriforini è della stessa opinione del Libra, di non doversi ta-
gliare quando sono interessati gl'integumenti, e riferisce che l'arn-
nialato di cui è parola richiese più volle il sig. Cosentino noa
che l'Assalini, il Bianchi oltre al Puliatti, e che tutti si nega-
rono ad operarlo, e che solo la venalità e la temerità poterono
spingere a tanto il professore che gli tolse la vita.
Occupata la tribuna dal socio aitivo segretario della classe di
lettere, arti e belle arti Antonino CA\ Sardo, fu letto da lui il
rappoilo del presidente della classe delle scienze M;iriaiio di Mauro
sul minerale ritrovato al Carpanello presentato all'Accademia dai
fratelli Grassi Giuliano, ed a lui spedilo per cimentarlo con of-
ficio del 5 settembre i833 num. 18. il socio attivo rapporta i
caratteri fisici di quel minerale essere grigio di piombo semidu-
ro, che decrepita all'azione del dardifiamma, e Ibndesi dando odor
solforoso; esser composto di zolfo e piombo, e riconoscersi per
solfuro di piombo lamelloso volgarmente galena compatta; rin-
venirsi nelle montagne primordiali di transizione, e slralose. L'ar-
gento nei pezzo esamiuato è in q^uaalità minima.
Jl Segretario Generale
LioBARDO Cav. Vigo.
Tornata pubblica ordinaria del 6 febbraio j834-
Rassegna di vari doni aIl'Accademia< — Si dà conto della cor-
rispondenza. ,
Il socio aitivo Santoro Scuderi pronunziò un ragionamento sul-
l'organografia vegetabile e sopra i principali sistemi di botanica
— Esordio — Il regno vegetabile è stato senza fallo il primo cui
l'uomo nello stato di selvatichezza diretti abbia i suoi studi, da
ED ARTI LTBEIVÀLT aO^
esso traendo il socldisfacimento agrimperiosì luoi primi bisogni,
restinzione della fame, il sostegno della vita. Progredendo alla ci-
vilizzazione, e per gli usi slessi della vita e per diletto, lo studio
delle piacile fu sempre in voga nelle nazioni tutte j e veggonsi
neiranlicliiià, dei giardini di lussun-ggianle pompa per vaghezza
di fiori, per odori piacevoli, per foglie perennemente verdeggianti.
Lo studio poi delle mediche proprietà d^lle piante quello segui
delPagricoltura, al diletto della coltura di esse accotnpagnatosi,
e non mai è venuto meno sino ai nostri giorni; e celebri perlai
riguardo Chirone, Esculapio, Achille sojio nella favola; Pittngo-
ra, Ippocrate nella storia; e Gesnero, Dodoneo, Clusio e va via
dicendo col nostro accademico, sino a Fabio Colonna ed al Mo-
rison nel secolo xvii. La conoscenza però della fisica e notomia
comparala vegetabile, frutto de' fatti, e delle osservazioni, opera
può dirsi al certo dei moderni non degli antichi; e benemeriti
in questa parte si sono, e piìi di tutti distinti Desfontaine, Bris-
seau, Mirbel, Petit, Tovars; ai quali la intelligenza delle diverse
disti ibuzioni de^li apparati organici nelle due grandi famiglie delle
piante di monocotiledoni, e di cotiledoni, e l'idea più adeguata
sugli usi de' loro diversi organi e la loro esatta struttura è al
certo dovuta.
Nella nostra patria questa scienza comunque interessante e de-
liziosa non uscì a coltura come tutte le altre, anco le naturali,
finche venne un nostro accademico, per molli sociali meriti di
venerazione degnissimo don Giuseppe Reggio di cara e dolente
memoria, che il primo diede opera ad un completo orto bota-
nico secco. Ed animato da zelo per questa scienza, il primo le
fondamenta gettò d'una flora sicola, facendo a proprie spese di-
pingere molte fra le più rare nostie piante. Uomo insigne, di
alta riconoscenza e di lagrime degno. Or il nostro accademico
discorrente, dovendo nel progresso de' suoi lavori ragionare di
nostre piante indigene, conforme dal nostro statuto si comanda,
ha divisalo farsi snada al suo assunto, dando col presente suo
in vero dolio discorso un sunto di ori;anografia vegetabile, e dei
primari sistemi di botanica, dividendolo così in due partij a tale
la maleria naturalrnenle portandolo
Prima Parte.
Se in propizie circostanze allidiarao alla terra un ovoletto di
pianta, ossia il seme in cui come in miniatura una picciolissima
pianta ritrovasi detta Corculuin da Cesalpino, mediante i suoi pori
assorbenti succia quel tenue umido, e svilupfiasi quel mirabile
fenomeno, si bene e minutamente descritto dal nostro accademi-
co, per cui scendono sotlerra le sue radici, ed ergasi al sole colle
sue foglie, di altro alimento nutrendosi, dal primo diverso, che
le esterne membrane) ed il foro urabilicare gli penetrò. Molli sono
2ia LETTERATURA.
gli organi concorrenti a questo sviluppo; ma dal nostro accade-
mico sono i soli esaminali come necessari alla conservazione della
specie, la radice cioè e le foglie, e quelli alla pmpagaiioQe ne-»
cessar! che sono i fiori.
La radice, sostegno della pianta, è di una serie di fibre o barbe
lessuta. Nelle monocotiledoni il tessuto corrisponde a quello del
fusto; non cosi nelle dicotiledoni, dove ha un'epidermide più densa
e di color vario, e per altre particolarità distinguesi. Il tessuto
della radice or è cellulare or fibroso, ma il cellulare come es-
senziale alla vegetazione in tulle le piante ritrovasi; non cosi il
fibroso. Ed il dottissimo Mirbd dietro accurate ricerche ha cre-
duto poter conchiudere essere il fibroso una modificazione del cel-
lulare, da particolari processi di vegetazione originato.
11 tessuto cellulare in forza del vegetale sviluppo si conrerte
in plessi-fibroso, costituendo il cos\ detto apparato vascolare, ossia
quelTunione di tubi o vasi, i quali in mille guise anastomizzan-
dosi producono delle reti e dei fiscetti, che mediante i pori la-
terali libero aprono il passaggio agli umori. Ma non trovandosi
in tutte le piante tali vasi, il lor tessuto cellulare si è conside-
ralo come vascolare, alle cui cellette si è dalq il nome di otricoli.
Dalle radici hanno origine lutti gli ornamenti delle piante, le
foglie cioè, i sostegni, le brallee, i cirri, i fiori, ed i frutti; ma
il nostro accademico parla soltanto delle foglie, e dei fiori, es-
senziali, come si disse, alla coiiservazioue e riproduzione della
specie.
Le foglie nate e prodotte da una espansione del fusto, da due
epidermidi di tessuto distinto e reticolare vestite, e da una grau
quantità di glandole parenchimalose, di lanugine coperte, colo.-
rate per lo piìi in verde, e cangianti nel colore- secondo la loro
vegetazione, iniziata, piena, o cadente, e ne' diversi periodi del-
l'anno, leggiere, sottili, mobili, in supeificie disposte, sono il
ricco e biiliante ornamento dei vegetabili e per quello sarà per
esporsi, possono ben dirsi delle radici aeree. Desse formano uno
spettacolo gralissimo nella natura: si immensa è la loro varietà,
che Linneo nella sua filosofia botanica disse; Natura in nulla parie
fuit tain polyniorpha quam in fuliis. E ammirabile il movimeuto
di esse in alcune (liante, come nella pudica mimosa^ nella raris-
sima dionea muscipula, iìx:\Vedyssaruni. gircws , detto dal Pleuk
automatico^ ed una sgiaflialura, il calore, e lutto che può tgire
sopri gii organi degli animali, agisce pure sopra tali piante sen-
sitiva. Ma per quanto ammirabile n'è il fenomeno altrettanto ar-
cana n'è la ragione.
Non meno ammirabile è il sonno delle foglie, ossia quella lor
positura mancando i raggi del giorno, ora cadente, ora che l'una
foglia all'altra si combacia, ora che voltaosi all' indietro. Sono
ED ARTI LIBERALI 3 I l
le foglie di giovamento immenso alla respirazions animale, assor-
bendosi il gas acido carbonico, necr-ssniio albi pianta ed esalanòo
l'ossigeno, esposte ai faggi del sole. E giusta le osservazioni di
Bonnet sopra le foglie di gelso bianco, tale assorbimento verifi-
candosi per l'ejìidcrmide inferiore, e l'esalazione secondo Senebier
ed altri, per la superiore, può ben diisi che le piante lianno nelle
loro foglie gli organi respiratori al par degli animali.
Continuazione delle foglie sono i fiori, spettacolo il più bril-
lante elie offre la natura, per cui di piacere dolcissimo e puro
ioebriansi dell'uomo i sensi. Siede il fiore, ed è fra membrane
custodito, di colore simili alle foglie, dette calice: di esse in mezzo
sta la corolla, quel secondo inviluppo che cuopre immediatamente
gli organi della generazione, e distinguesi per lo suo brillante
sm.dio, cli'è quanto la natura di più delicato e di elegante ha
roluto riutiire e di infinitamente vario nelle forme e nei colori.
Osservasi la florescenza annua e quella diurna; utile la prima
per la indiòazione delie stagioni e di norma all'agricoltura per
li suoi lavori; bellissima la seconda e costante nelle sue lef^gi non
meno che la prima, sino a fornire ai dotti botanici gli elementi
per la formazione d'un orologio a fiori, secondo, fra tante altre
opere, (|nella di Linnìo titolata Horologiuia Florae. Ne insensi-
bili sono i fiori ai meteorici fenomeni-, altri aprendosi a ciel se-
reno, altri al tempesloso, altri all'umido, altri al secco.
Ma quello che di osservazioni in essi e più d*gno si è il gran
fenomeno della generazione al par degli esseri organici animati,
e moltissimi fatti un tanto assunto dimostrano. Paragonansi da
Linneo i loro stami, i loro pistilli, le loro borsette al cordone
spermatico, al femineo vase, ai testicoli degli animali. In alcuni
fiori il maschio e la femina sono riuniti, in altri separali: ed in
quest'ultimi il trasporlo del polline , ossia di quella sottilissima
polvere setninale, necessaria alla fecondazione, è a/lldata al vento
O at;li inselli.
Un fallo notabilissimo al proposto assunto si è quello che os-
ser\fasi nella pianta a(|uatica, detta Kallisneria dioica. Vedesi in
essa in tempo di sua pubertà, che la pianta femina raelle fuori
la superficie delle acque, mediante un lunghissimo pedunculo spi-
rai'", i suoi fimi, e nel medesimo tempo i fiori maschi si stac-
cano spontaneamente dal breve loro peduncolo, nuotano nella su-
perficie didl(! acque dove si aprono , e portati verso le femine
spruzzati su di essi il loro polline; e compiuta questa nuziale fun
zione, il pednncnlo spirale di nuovo si rilira nel fondo dell'ac-
qua.— rienk Fisiol. Pafol. delle Piante.
Seconda Parte.
Ma per quanto diletto ed utilità forza lo sfuilio delle piante,
quanto intensa vi si volgesse degli uoruini l' alteuzioue , la sola
313 LETTRATURA
precisa, ben determinala e metodica conoscenza dì esse può dare
alla botanica il luminoso ed importante titolo di scienza; e tal
conoscenza non acquistasi al certo con una descrizione delle piante
tutte senza alcun ordine o sistema; ed appena tollerasi nei dotti
di rimola anli>;1iilà questa muncinza , perchè quei sommi delle
loro sole medicinali propiieià occupavaiisi. Ed una universale
confusione st;inte Timmcnso numero delle piante sino a presso ses-
sanlumille, allo a sf;onientare rirrimngiiiazione la più fervida, ed
a congelare il pili anlente entusiasmo, non aviebbe mancato di
sepprllire nelToiilio i travigli di tanli uomini grandi, se fortu-
natamenle non fossero sorli i due fratelli Bdliuini Giovanni e Ga-«
spare, che ci diedero una comunque rozza impronta di sistema-
tica disti ibuzione. Andrea Cesalpino poi insif;ne italiano e Con-
rado Gessiier svizzero conobbero l'importanza di raccogliere dalle
piante tulli i costanti e generali rapporti per dislribuiile in un
jdelerminato numiro di classi* e dieiro i lavoti , precipuamente
del primo, sulle parli della fruUificazioue, può ben dirsi, che la
botanica da disordinala compilazione di particolari storie di piante
elevossi al grado di scienza.
Kè guari passò che il Tournefort, degnissimo della riconoscenza
dei posteri per li laboriosi suoi botanici viaggi, si occupò a creare
un metodo botanico fondalo sulle principali qualità della corolla
e del frullo, che per la sua semplicità e felice applicazione ri-
scosse l'applauso di un gran numero di botanici de' suoi tempi.
E nota la sua divisione di lutle le piante in erbe, e suffrutici,
ed in alberi ed aibusti; di tulle costituendo vcnlidue classi, nelle
prime diciisselle comprendendosi l'erbe e sufl'rutici, e gli alberi, ed
arbusti nelle cinque ultime.
Linneo il gran mrestro dei naturalisti, il principe de' botanici;
profittando dei lavori dei nostri italiani Camerario e Colonna,
dietro innegabili esperienze, iaimensi studi, viaggi disastrosi per
montagne e per boschi, a rendere più vasta la sua botanica eru-
dizione intrapresi, osservando che per nessuna operazione dei ve-
getabili sono SI costanti gli organi dalla natura preparali come
per la riproduzione degli individui, pensò a dividerne le classi
per la struttura, proporzione e numero degli slami e dei pistilli;
e rappresentanilo nrglj stami gli organi generatori maschili, i fem-
menili nei pistilli, siabili il suo meloiio sessuale, in ventiquattro
classi distinto, che iiimiortale rese il suo nome.
Ma comunque bello ed attraente, comunque sopra falli pog-
gialo il linneano sistema, non lascia di sentire un poco dell'ar-
tificio, e delle leggieri anomalie vi si sono da valenti botanici
ravvisale. Perlochè IVIagnol e i due Jussieu, zio e nipote, un al-
tro ne stabilirono tulio sopra rapporti naturali poggiato, e con
ragione più uuiversalmeate aintnesso e distinto col nome di Jus-
ED ARTI LIBERALI 2l3
sieu, come queglino che in piena luce il posero. Desso è fondato
sull'abito intiero delia piatita: dapprima sopra l'embrione e suoi
lobi o cotiledoni in quanto alla loro mancanza o esistenza, o al
di loro numero, con dividere le piante tutte in tre grandi tribù,
o famjf^lie di acotiledoni, monocotiledoni, e dicotiledoni: indi i
suoi fiori se sono ermafroditi, ovvero diclini con esaminare la
posizione degli stami rdaiivamenle al pistillo, considerando se sono
Epigini, Ipogiiii, o Perigini; ne trascurando in fine la presenza
o mancanza della corolla e questa se monopetala o polipetala.
E qui il nostro accademico poco oltre individualizzando lo
jussicano sistema pose fine al dotto ed animato suo discorso.
E fu la tribuna occupata dal socio coll.iboratore dottor in me-
dicina Sebastiano Tichera, giovine di liete speranze, il qualcuna
sua memoria produsse su di una bronchite epidemica, detta vol-
garmente Grippe, che nel precedente inverno i835 tutta la Si-
cilia invase, e nel tempo islfsso nella nostra patria sviluppossi.
L'epigrafe della memoria gi è la sentenza dell' Iloirmaii ; Ars
medica Iota in obssn'alìonilnisj da cui movendo il giovane discor-
rente, tesse lutto il suo ragionare, che pregevole nell'insieme può
dirsi. Bene esposti sono nella prima parie i sintomi prodromi;
saggio nella seconda il metodo Ji cura da lui tenuto: sente del-
l'ipotetico [)erò e del vago (colpa della materia) la terza parte
in cui delle cause in generale delle epidemie ragionasi. Limitasi
la memoria agli effetti della epiijemia di cui è parola sopra i
vecchi ed i cronici, un'altra essendone stata promessa dal discor-
reate nel suo esordio, sopra i bambini.
Il Segretario della Classe delle lettere funzionante
da Segretario Generale
Sàc. Antonino Cali Sardo.
i4
3l4
LETTERATURA.
Reclaxo, — • Ai Compilatori dello Stesicoro^ opera periodica^ che
si pubblica in Catania.
Signori
Le ingiurie son le armi di chi ha torto.
Botta Ub. xr.
Ho letto le vostre poche vill.inissime parole inserite nel niim.
di novembre i835 p. 58 del vostro Giornale sulla Memoria del
sindaco patrizio di Aci-Reale per dimostrare la utilità di co-
struirsi un porto sul Capo de' Molini. Predicare siciliana con-
cordia e gentilezza, e poi adoperare, della penna invece, coltella
stillanti snngue e veleno, sono modi di uomini i quali non amano
uè gentilezza ne concordia. La maraviglia si accresce nolaUdo
con quale cortesia e urbanità è dettata quella memoria, e come
a Catania e a' suoi letterati siano generosamente ivi prodigali
omnr;gi ed onori. Pertanto Tautore della Memoria si protesta che
egli non risponderà alle censure che gli verranno indirizzate dai
Calnnesii perchè conosce il frasario degl'insulti solo per condan-
narlo e deriderlo, e da vero Siciliano duolsi con la comune pa-
tria che fra noi esistano uomini, i quali possano pensare, e peg-
gio stampare simili ribalderie , e invila i Giornali "dell' isola a
pubblicare questa di lui dichiai azione.
Aci-Reale 16 novembre 18 35.
L'Autore della. Memoria.
ANNUNZIO NECROLOGICO.
Matteo Tondi esimio cultore della scienza geologico-selvana ,
ornamento d'Italia, non è pili. Il 17 di novembre i835, pel mio
ritorno in Sicilia, porlavami a baciare le mani del venerabile mio
amico più che maestro, e ricevere gli auguri, di un cuore tanto
benevolo, quando il tristo silenzio della famiglia me ne an-
nunzia la morie. Egli era spiralo alle tre dopo la mezza notte
in un accesso di asma , malore che lo vessava da piìi anni, e
che lo trascinò imraatuiamenie alla tomba. Nacque in settem-
bre del 1762 a Sansevero in Capitanala provincia del regno di
Napoli; fu educato in Pelrella a Molise dallo zio materno don
Giovan Ballista Caanavina \ fallo adulto venne in Napoli per
isludiare le scienze naturali e la medicina; versalo mollissinao
ED AUTI Linf-KALl 2l5
nella chimica ne pubblicò un iraitUo in cui pel primo in^ Ita-
lia fece comuni le idee del Lavoisi-r. Qui^sl' opera gli i'orniù
un nome, e sullo la proiezione del {^l'ueral Parisi l'u s'itciilo dal
Governo insieme ai sij^nori Lippi, Melograni, Fuicclii, S.ivaresi
e llaniondini in Alemanna per isludiare la mineralogia. Piese
quest'occasione per lare il giro di (|uysi tulla l'Europa j la Ger-
mania la Francia la Spagna le Isole Brilaniclie fino l'Islanda
luMo fu per lui un campo delle più minute ed accurate inda-
ginij ritornalo in Napoli pieno di cognizioni, accompagnalo da
una collezione singolare di rocce, e tossili, non che di modelli
delle pili rinomate ed impenetrabili fabbriche, all'eslrazione e ma-
nilatlura dei metalli inservienti, rendeva popolare le sue cogni-
zioni, che non mai il mistero ebbe da lui gl'incensi che gli pro-
iòndono giornalmente i semidotti, quando nelle vicenJe politiche
del 1799 fu forzato ricovrarsi in Francia spogli.ito di tulio, che
un'occiisione si cercava dagli invidi suoi comp;igni, per di rubar-
gli la vistosa collezione, e cosi togliersi dinanzi l'oggetto della loro
umiliazione. Ma il grand' uomo, come il Simonide della- favola,
seco pollava lutto, e posto appena il piede in Francia gli fu af-
fidato l'ordinamenlo del museo mineralogico di Parigi, fallo ag-
giunto al cel. llaiiy dopo un concorso sostenuto; ivi pubblicò
la classificazione delle rocce, e dandovi delle lezioni private della
scienza ciie tanto egregiamente professava vi diinórò fino al iSii,
epoca in cui venne chiamato in iNa[.oli per portare i suoi lumi
uella nuova amministrazione delle acque e foreste col grado d'I-
spetlor generale. In questa occasione pubblicò un volume sulla
caccia e tre volumi sulla scienza selvana di cui ha tirato una se-
conda edizione nel 1829 ad injinu;izione del ministro Amato da
servire all'istruzione dei sindaci dei comuni. Con decreto del 26
luglio i8i5 fu eletto professore di oriliognosia ed oreognosia del-
, l'università di Napoli; con altro del 26 agosto dello stesso anno
fu crealo dal re Ferdinando I", conoscitore dell'alto suo merito,
Direttore del musi o mineralogico, e confermato Ispettore di acque
e foresi.^, e costituito uno dei membri della Commissione di pub-
blica Istruzione. Il re Francesco 1" volle pur egli mostrare iu
qual conto lo tenesse, e con decreto del 2S sciiembre 1829 'lo
elesse cavaliere dell'ordine di Francesco 1°. Vari incarichi scien-
tifici gli furono aJiidati, e fin dai 27 giugno i832 la fece da Di-
rettore della canc(;lleria dell'università di Napoli.
Dedito sempre a propagare i lumi , fu Ira i pochi per non
dire il solo che abbia meglio di chiuixjue adempito alla no-
bile missione-, tutti i suoi pensieri, tulle le sue facoltà fino al-
l'ultimo momeulo di sua vita vennero là diretti; non incomodi,
uou disagi furono ostacoli b.ìstanti a ritenerlo a rallentarlo ; u-
guale seiupre si nelle pubbliche che nelle privale lezioni si Uo-
2l6 LETTERATURA
vava in luì l'amico piuttosto che il maestro. Cogli occhi pieni
ancora di lagrime di dolore e di riconoscenza ho schizzato que-
sto breve annunzio attendendo da Napoli a momenti delle noli-
zie su i particolari della sua vita, die nella fretta della mia par-
tenza e nella recentissima perdila riuscir non mi potè altro cavare
dall'addolorata famiglia, onde tessergli al più presto in Trapani
un elogio storico ragionato dovuto alPeccelio suo merito: poiché
ben parlano di lui abbastanza le opere di Oreognosia e di Orit-
tognosia, di cui avremmo veduta la terza edizione, se la morie
non ne recideva tosto lo slame; parlano inoltre per lui la scienza
selvana, e l'opera sulla caccia. Testimonio eziandio del suo genio
osservatore sono i due volumi inedili dei di lui viaggi in Ispa-
goa, dettati in idioma francese che avea destinali per la istruzione
degli Sp;igiiuoli •, ma quel che forma monumento delle positive
incoolraslabili originali sue conoscenze si è la collezione in serie
continua ordinata, ch'egli ha lasciata riposta in otto grandi ar-
madi,costante di cinquemila trecento cinquantanove pezzi, la mag-
gior parte colli sul luogo natale colle proprie mani, dlla quale
2200 pezzi appartengono alle rocce, e 3i5g sono del dominio del-
1 Oiitlognosia. Basta vederla, basta confrontarla colle più scelle
esistenti in Europa, per decidere di qnal valore essa sia; se né
chieggia a tutti i dotti viaggi.itori che l'invidiano e la desidera-
no; ma egli caldo di amor pallio destinava qui sto frullo, di più
di 5o anni di fatichi^, alla patria, e lo ficea servire alle lezioni
private ed alle pubbliche, che imperfetto per quanto irnponente
egli appnja si trova il pubblico museo di Napoli un tempo per^
liuenza di lui, e prima delle politiche vicende. Era suo desiderio
che non uscisse dal regno tanto prezioso monumento (i). Onde tra-
(i) Come lina prova eli quanto asserisco mi giova trascrivere la seguente
Ifttira elle ho trov. ta origiiuile nelle sue carte: »I havc tlie pieasiire of
making D.'' Tornii 's acquaintance in 1796 in London of svlnim I for-
nied the l)igilc^t opinion as a, inincralogist and clicniist. His collectioa
of niincrais , sixtecii boxes of wliich I examincd at M.'' Treiiibi's wa-
rchou>e Cheapside LoiKJnn was the most valnahle I havc scen of engKsh
rninerals. Upon giving niy opinion to severa! of iiiy frii nds we wcrc desi-
rous of purcliasiiig the wlnde collection consisting of 32 Loxcs. I made him
the foilowing propo>ùl, namely that provitled his 16 boxi s I haJ not seeil
were found upon examii/alion equally valiiable, as those I had examined ,
I wniild pay him ii|iou the delivery of the whole collection six ihousand
poiinds sti rling. The Doctor reliised to accede to iiiy proposti stating that
had his cngageim nts periuiltcd him to make a scciind travi 1 in England
Ireland an I Icclan I he shnuld bave no objeclions to havc furnished great
Britain with a duplicate of his coilcction, but as this was not the case, /jii
nature country and no olher country whatever should hai'e his collection.
The Doctor inforins me 3 boxes of ininerals have been added niating in
ali 35. I have no hesitatiou in dcclaring une^uivocally that, were the whol«
ED ARTI LIBERALI 217
sportalo da questa idea redasse tra le crucianti ambasce dell'asma,
Lei ceiinaio dell'anno scorso il cnlalogo rajjionalo dei pezzi succen-
iiali, lusinii-andosi che il ministro dcll'lnierno ne avrebbe fallo
acquisto come gli si facea speritre-, tale fatica penosa accelerò la
sua morte senza ollenere il desialo scopo. Rimane all'erede suo
ninoie tanto prezioso deposito, che, per mancanza di gusto fra noi
per le scienze naturali, avremo fors- il vivissimo dispiacere di ve-
der sortire dalle Sicilie e forse dall'Italia.
Dopo tanti servigi alla scienza, do|)0 tanti travagli sostenuti,
la sua salma giace negletta nella chiesa di s. Giuseppe degl' I-
gnudi in iN'apoli, ove appena seguita l'autopsia cadaverica, di cui
non ci è riuscito ollenere i particolari, fu sepolta senza alcuna
funebre pompa.
Prof. Alessio ScigliAni.
of thcsc mincrals now in England, thcy -vcoultl bring a largcr sum tlian
Ihat I onVifcl lo D.'' Tondi.
In Engl.ind llicrc are several iiidivifluals who have madc partial cnllc-
clions, liiit 1 Kriow of no pcrson whatever who has macie a general collc-
ction. 1 -state lliis fact to lea(J to a convinclion of the supcrior vaine of
D.'' Tondi 's colleetion whirh by haviiig bccn niade by a pcrson of the
lìrst ability in niinoraligy. possessed the advantages arising not only froai
arciiratc and scieiitiQc arrangement, bui also fioin choice seltclion. My am-
bitiou Itads me to oblain tbr iny native country a similar colbction. I
Itnow no man 1 should sooncr cinploy for tlùs purpose Ihan C" Tondi
for as a man, scliolar, and acquainlance I rcspect and estcein hini as much
as onc man caii rcspect and cslccm auothcr.
Henry Grcy Macnab
May 16 1802.
Ruc de Bcaume 75G.
Faubourg. S. Germain. Paris.
a 18 LETTERATURA.
Aliante Universale delle Cognizioni, 0 Tavole sinottiche conte-
nenti la classificazione sistematica delle scienze-, e la classifi-
cazione delle cognizioni umane secondo il metodo naturale, di
Agatino LoNGO dottore in filosofa e medicina, professore di
fisica sperimentale nella Regia Università degli studi di Ca-
tania.) e socio di varie Accadenàe nazionali e straniere.
MANIFESTO DI ASSOCIAZIONE.
L'opera che noi annunziamo al Pubblico, e di cui siamo per
imprendere la edizione, è uno di quei travagli che raccoiuandHUsi
per se slessi. Dare il sistema intero dello scibile umano, passare
a rassegna tutto ciò di cui si compone, costruirne le tavole si-
nottiche, le quali siano una specie di proi(zioiie delle cose che
rappresentano : ecco V oggetto che il eh. Autoie si propone in
questo suo Atlante. Ivi non è smania d'innovazione, ivi non
è un afictlato neologismo: le novità sono nelle idee, nelle clas-
sificazioni, nelle divisioni, ne' rapporti; le materie, di che si oc-
cupano le scienze, vi si trovano in tutta la loro integrila, e nelle
loro più minule ramificazioni: ivi si conosce la perifeiia di ogni
scienza, i suoi confini, le sue connessioni colle scienze limilrofe.
Insomma, I'Atlante presenta per la Metodologia universale quasi
gli stessi vantaggi che le carte corografiche olirono per lo studio
della Geografia «aturale e politica.
L'opera costa di diciollo grandi Tavole sinottiche, e de' Pre-
liminari, ove dopo Vlntroduzione ed il Saggio di Metodologia,
nel quale si porla uno sguardo critico su tutta la estensione del-
l'impero scientifico diviso in otto sezioni, si soggiungono tre In-
dici copiosissimi, l'ultimo de' quali contiene il Sistema naturale
delle cognizioni umane, disposio, secondo i metodi naturali di
classificazione, in Classi, Ordini, Tribù, Famiglie, Geneii, Spe-
cie, e Varietà. È il primo tentativo che si è fatto in tal genere,
e noi lasciamo ai nostri Lettori il giudicare quante meditazioni
lia dovuto costare al suo Autore un'impresa di tal fatta. Il me-
desimo se ne occupa da cinque anni indefessamente, ed ha con-
sultato un gran numero di Opere si antiche che moderne, onde
dal loro complesso ritrarre il succo più puro, e la più bella di-
sposizione.
Raccomandiamo all'amore de' Siciliani e de' colti abilatori della
bella Penisola V Atlante scientifico universale del eh. Prof, Lougo,
ED ARTI LIBERILI aiQ
e ci auguriamo di essere animati per rendere di pubblico diritto
un'Opera, clie possiamo con qualche compiacenza presentare alle
straniere dotte nazioni.
L'edizione sarà eseguita in foglio con variati caratteri nuovi,
a bella posta fusi nel grande Stabilimento d'Incisione e Fonde-
ria di Caratteri del signor F. Sol.';zzo e Società Industriale Par-
te/iopea, in Napoli. La carta sarà quella chiamata Grand Royal
Velina della Cartiera francese di Napoli. Le Tavole si imprime-
ranno colla massima eleganza, esattezza, e correzione, ed avranno
la impressione da un sol lato. I Preliminari saranno pure in fo-
glio, e comporranno colle Tavole un sol volume di circa trenta
logli •
L'opera portela in fronte il ritratto dell'Autore,
CONDIZIONI DELL'ASSOCIAZIONE.
1. L'associazione resta al piìi tardi apfrta per uu anno, a con-
tare dal dr della pubblicazione del Manifesto.
2. Il prezzo per gli Associati e di ducali quattro ogni copia,
pagabili al momento della consegna dell'Opera con adattata le-
gatura, e con la covevia in istampa, che si daranno gratis.
3- Le firme degli Associati si apporranno al Manifesto, le quali
s'intendono esser legali.
4- Il prezzo pe' non-associati , dopo chiusa l'Associazione, è
fissato a ducati sei.
5. Si darà principio alla edizione, tosto che si avranno tre-
cento Associati.
6. Compita l'associazione in 3oo soscriltori, volendo noi mo-
strare la nostra gratitudine ai signori Associati, e dar prova del
nostro disinteresse in questa impresa tutta onorifica, si tireranno
a sorte due premi, l'uno di ducati sessanta, e l'altro di ducati
trenta. Il primo premio apparterrà a quel nome che sarà estratto
al cin(|u.intunesimo colpoj il secondo si dark a quel che rimarra
l'ullimo. Il sorteggio si firà immediatamente dopo là stampa del-
l'Opera, ed i premi si dispenseranno tre mesi appresso, numerandi
dal giorno della sua pubblicazione.
•j. Se il numero de' Sosciittori sarà più di trecento, si dark
un terzo premio di ducati quindici: ed in questo caso il premio
di ducati trenta si darà al penultimo, e quello di ducati quin-
dici all'ultimo estratto a sorte, da dispensarsi come sopra.
8. La nota d'gli Associali verrà stampala in fine dell'Opera
coU'ordine del Sorteggio.
g. Le spese di trasporto, e di dazio all' estero, saranno a ca-
rico degli Associati.
IO. Le associazioai si ricevono:
230 LETTERATtRA.
In Messina presso la Stamperia delTEclitore all'insegna di Haw
rolìco, strada Corso num. Sag.
In Palermo presso l-i Libreria degli Eredi Abbate dirimpetto
la Regia Università degli studi; — presso la Libreria de' signori
Soci Pedone e Muratoli all'insegna del Serpente;— • e presso la
Libreria all'insegna di 31(11 via Toledo num. 219.
In Catania presso la Libreiia del sig. Autonino la Porla.
In Siracusa presso il Tipografo-Libraio sig. Domenico Com-
■parozzi.
In Girgenti presso il sig. Raffaello Politi.
In Trapani presso la Tipografia del sig. Pietro Colajannì.
In Napoli presso la Libreria del sig. Saverio Starita strada
Quercia nuo). i4, e Cisterna. dell'Olio iiutn. 36 e 3^^ — presso
il sig. Luigi Fabbri strada Toledo num. I16; — presso il sig.
Girard id. num. 17^; — e presso il sig. Gabriele Mosino/c?. num. 236.
In Livorno presso la Libreria e Tipografia dei signori Fratelli
Vignozzi.
In Venezia' presso la Tipografia AlvisopoH.
In Milano presso la Libreria e Tipografia del sig, Antonio Fontana.
Nel resto delVItaliay a Parigi ed altrove, presso i distributori
del Manifesto.
Messina 1 maggio l83S.
Tommaso Capra Editore.
Ferdinando Malvica^ Prtnctpe vi Granatelli , Antonio
Di Giovanni fihnA, agostino Gallo, Principe di Scor'
dia, Abate Emmanuele Faccaro — Direttori ed Editori»
ED ARTI LIRERALI 221
Appendice alla parte letteraria.
Sonetto detto nelT accademia di scienze e lettere
di Palermo^ il 6 dicembre i835.
Sorgi Italia, e Bellini allo straniero
Chiedi, e italica tomba gli prepara,
Dei tuoi Grandi alla polve or questa cara
Giungi, vanto novel non meno altero;
Ahi jùù dònna non sei! l'asta e il cimiero
In verga convertisti ed in tiara.
Ma un impero ancor serbi onde sei cliiara
Dell'arti e del saver serbi l'impero:
L'ingegno eh' è rimaso ai figli tuoi
Italia onora, e ciò ti fia salute,
Che l'ingegno crear j)otrà gli Eroi,
E dell'Italo Orfeo dai muti marmi
Sorger potrà un'incognita virtute,
Che tornar ti potrà prima fra l'armi.
Principe di GranAtelli.
»7
323 LETTERATURA
Iscrizioni del Prof. Luigi Muzzi scritte per un^ Ac-
cademia che doveasi
di Vincenzo Bellini.
Sulla porta esterna
cademia che doveasi tenere in Bologna in onore
ONORE
A VINCENZIO BELLINI
IL PIÙ CARO ARTEFICE D'ARMONIE
CHE MORENDO SI GIOVANE
FU UNO DE" MILLE AFFANNI D'ITALIA
COME "VIVO FU UNO
DE SUOI MILLE TRIONFI
Porta della sala.
NEI TENERISSIMI SUOI CONCERTI
S'INDELIZIKO GL'INFELICI MORTALI
E OBLIINO PER INTANTO
LE LORO SVENTURE
Parete di faccia sotto il ritratto.
3.
VINCENZIO BELLINI
NATO IN CATANIA
MORTO PRESSO PARIGI
NEL MDCCCXXXV
DI TRENTATRE AI^NI
IN PARI ETÀ' RAFFAELLO
MORI PUR COMPIUTO DI GLORIA
Sull'altre pareti, tre per ciascuna.
4-
IN PERDITA COSI D0L0R05A
OH QUANTE SUBLIMI VENUSTÀ-
QUANTE ARMONICHE SQUISITEZZE PERDUTE!
5.
EGLI FU ESEMPIO •
CHE LA FALSA GLORIA NELLE ARTI
NON OFFUSCA MA RISALTA LA VERA
ED ARTI LIBERA.L1 2a3
6.
BELLISSIMA LA SUA GIOVINEZZA
MA Oli COME BELLISSIMA PIÙ
A TANTO ONORE CONDOTTA
7-
LE OPERE SUE MAGISTRALI
E IL COMUN DESIUEUIO
GLI SONO IMPEUIBILE MONUMENTO
8.
ESPRESSE IN MODI PRELIBATISSIMI
AMORE E TUTTI GLI AFFETTI
CHE IN AMORE SI UNIZZANO
9-
SEMBIANTI GENI MUOIONO ALTROVE
MA NASCONO UNICAMENTE
ALL ALMO SOLE D ITALIA
IL CIELO SOLTANTO MOSTROLLO
ACCIO' NON SEMBRASSE TERRENO
QUEL CHE ERA CELESTE
II.
LACRIMARE E SOLENNIZZAR TANTO MERITO
ANCHE IN TERRA STRANIERA
FU ALTA DE QUORI NECESSITA'
GII ALMENO LA SEGATIANA DESTRA
FATTO AVESSE LA CARA SALMA
A TUTTI E SEMPRE VISIBILE
Sulla tomba.
i3.
L'ANIMA SOAVE GRAZIOSA
- DI VINCENZIO BELLINI
ALBERGO' IN QUESTE SPOGLIE SUE DEGNE
TRENTATRE ANNI
E DOPO INIZIA l^ A LA TERRA
AI CONCENTI DEL PARADISO
TORNO' AL FONTE DELL'ETERNE ARMONIE
IL XXIII SETTEMB. MDCCCXXXV
SEGUITA DA UN UiM VERSALE SOSPIRO
O ANIMA CARISSIMA
INEBRIATI LASSÙ NELL ALTRE DOLCEZZE
CHE TI FU TOLTO LARGIRE AI MORTALI
334
BIBLIOGRAFIA SICILIANA.
NOTIZIE statistiche sulla cittàl di
Palci'ino raccolte negli anni i832
e i833 da Federigo Cacioppo di-
rettore ilella statistica della capi-
tale. Palermo presso Sahadore
Barcellona ió'34 (puLblicate nei
i83;j) di paq. ó'ó' in-S.
L' ENCICLOPEDICO almanacco
per l'anno )835, anno 4. Palermo
tipogrufia tubale iii-16 di pagi-
ne 108,
ALMANACCO per l'agricoltore si-
ciliano i83j, anno 2, Palermo
presso i librai Pedone e Muratori
iìi-16 di pag. 1/jS.
ALMA N ACCO delle citili conoscenze
per l'anno i83.ì, anno 1. Palermo
presso i librai Pedone e Muratori
in-16 di pag. i52.
ALMANACCO del bil sesso per l'an-
no i835, anno 4- Palermo tipo-
grafia Abate, in-ì6 di pag. 106.
CALENDARIO per l'anno i835,
Palermo per Bernardo yirzì.
CALENDAlilO per l'anno j835.
Palermo della li. stamperia in-16.
MEMORIE e rivelazioni di un)iaggio
della corte imperiale rial 180.4 al
l8;5, prima Iraihizionc italiiina.
Palermo tipografia di Francesco
Spampinato l8'ò4 <-' 1'^^^ ^om. 3
in-12 con 'ò tauide in rame, il 1
l'ol. di pag. 1JJ, il 2 di pag. i56.
ed il '3 di pag. 20/f.
MEMORIE e rivelazioni di un p;ig-
gio della coite imperiale di Na-
poleone del i8o3 al 181 5, prima
vers. ital. Palermo lipragrafa A-
hale iò'SS toni. ^ in-a il voi. -i
di pag. 148, il 2 di pag. i35 il
3 di pag. 144 ^'^ '^ 4'^' l^'^ti- ''^9-
SULLA MORTE di s. Rosalia versi
sciolti del dolt. GiusEVi'E Selvag-
gio. Palermo presso Francesco
Spampinato i8'i5 in-i2 di pag. 8,
LA PESCA poema di Oppiano Ci-
LiCE tolto dagli esametri greci in
endecasillabi italiani per Url>ano
Lampredi. Palermo dal Gabinetto
Tijiografico all' insegna di Meli
^(^3./ (pubblicato nel i835) /«-/a
di pag. i3t.
NOTIZIE della vita ed opere del
P. Alessandro M. Bandiera Sancse
de' servi di Maria. Palermo tipo,
grafia di Francesco Spampinato
i835 in-8 di pag. 7.
GUGLIELMO il Buono, con>poni-
nienlo tlrarauiatico.... pel giorno
natale di S. M Ferdikanuo II
ce. poesia di Francesco Arena-
PitiMo. Messina dalla tipografia
Fiumara i835, in-8 di pag- S.
MEUITAZIONI sulla passione di
Gesù Cristo del p. Alkonso Li-
cuori, giiinlevi altre pie pratiche
a giovamento particolare degl'in- ,
fermi e dei tribolati. Palermo
presso Bernardo Virzl l835 in-l3
di pag. io6.
BREVE METODO di esercizi spi-
rituali, giunte varie canzonette di-^
vele, seconda edizione. Palermo
per Bernardo F'irzl i835 in-i3
di pag. 64.
PIANTO del peccatore a pie del Cro-
cifisso coH'escrcizio divoto per te-
nere comjiagnia a Maria Ss. deso-
lata. Palermo per Bernardo F'iril
l835 in. -18 di pag 64-
COMi'ENDlO della vita del vcn.
servo di Dio P, Luigi La Nuza
della compagnia .di Gesù compo-
sto dal P, G. A. Patricnani delia
medesima compagina. Palermo per
Bern. yirzì i835 in-18 di p. 30.
ALLEGREZZE di Maria V. per la
novena del s. lN;itjle e Iodi e prc-
gliicic in onore di-1 di lei Ss. Sposo
s. Gill^c])pc anialissinii genitori di
Gesù Ci'i^i). Cit (mia presso Fran-
cesco Pastore i8'ò5 iit-12 di p. iti.
ISTIlUZiOlNl ed ordinazioni da os-
servarsi |)a
giustizia al niarelicsc (iianihatista
Es|ilnga ca|iitaii di fregala. 3JeS'
siila slaniperia di Toiniiiuso Ca-
pra -lò'òi iii-S di pcg. £7.
AL /).'■ G. Tit.nfciiiSji: ode del
B.' P. Morello. ('JPa/tT/no i835J
in-S di pag. 6.
INNO il doilici gennaio, letto nel-
raccaileuiiaPcIorilana in ricorrenza
ilei lieto gioiiio natale di S. M.
Feudi SaNuo 11 da Pietro Paolo
Zappala'. Messina dalla stampe-
ria Fiumara -tSÒS in-12 dip.ó'.
SONEITI d'fe>sore
di eloquenza in Lipari.... prece-
duta da una lettera indiretta al
chiariss. epigralì la siciliano cav.
FunDiHA.fuò Malvica. Messina
stamperia di Tommaso Capra. ì8j5
\ iiu8 di pag. Ili.
336
MEMORIA sul commercio della Si-
cilia del conte don Ferdikando
Lucchesi-Palli di Campofbanco,
socio coriispondcnte del Hcal Isti-
tuto. Palermo dalla reale stam-
peria ió'35 iii-8 di pag. ao.
RlNGUAZlAMtNTO alle vicende
politiche d'Europa cstialto dall'o-
peretta anonima, clic porta il ti-
tolo:/ miei ringraziamenti. — Pa-
lermo dalla tipografia di Filippo
Solli i8'ò5 in-8 di pag. 16.
MEMORIA pei signori don Dome-
nico e don Vito Di Stefano con-
tro i conjiigi Cioliiio e Di Paola.
(Palermo iS35J iii-^di pag. 21.
RAGIONI della signora iloniia Fran-
cesca Li-Bassi contro don Giuseppe
De-Simonc. Palermo per Fran-
cesco Spampiitato iSàS iii-zj. di
pag. s3.
MEMOKlA per li signori Bartolo-
meo ed Ignazio Pollina contra li
fratelli La-Porta. (Palermo i8'ò5J
iiì-4-
MEMORIA del bar. don Giovan Ba-
tista De Francliis. Palermo tipo.
. grafia di Bernardo f^irzì i8ò5
ili. 4 di pag. 12.
MEMORIA (dell'avv. AntoninoFer-
Ro) per don Gaetano Galiiato Greco
contro doli Gaetano Destro Bran-
catlli. Palermo dalla tipografia
d'i Filippo Solli i8'ó5 in-4di p. 3o.
CENiNO sulia falsa teslimoniania, os-
sia comciilo degli art. 18S a igj
Cod. p. a espiisto da Gioseppe
Mancuso. Palermo pi'esso Salva-
tore Barcellona i8ò5 in-8 di p. g3.
SCELTA collezione di opere italiane
risguajdanti la Sicilia. Voi. tìi che
coiiipreiule il fase. 2 del voi. 3
delle considerazioni sopra la sloria
di Sicilia del can. Di GiiECoaio
dalla pag. 97 a 276.
OPEt'vE di C. Cornelio Tacito tra-
dotte da BiìRtf. Dafaszkti con
le g unte del Brotuìr tradotte da
Pasiobe. Palermo, i^abinelto tipn-
gnifico all'insegna del jMcli i8Z5
in-3 a due colonne di pag. y'JS.
STO.tlA della decadenza e rovina
dell'uiipero romano di En. Gibbo;»
trad. dall'inglese. Palermo presso
Lorenzo Dato inS a due colon-
ne, il terzo volume di pag. 568
ed il quarto ed ultimo di p. jS8.
COLLANA Economico-Poitatile di
I opere italiane e straniere fase. 1
Ial i4 che comprendono i voi. I,
II, Ut, IV, V e VI d.>lla Storia
j d'Italia continuata da quella del
Guicciardini sino al i 781) di Car-
lo Botta. Palermo tipngrajia del
giorn. le.tler. l8'ò5 in-18.
STORIA d'Italia continuata da quella
del Gricci ARiìlNl sino al 1789
ili Carlo Botta. Volume I e H
Palermo stamperia Pedone e Mu-
ratori i835 in-8 a due colonne
con ritratto, il primo uoluine dì
pag. XVI 470 e il secondodi pag,
5'òo.
BIBLIOTECA portatilediopereclas-
siclie italiane fase. a5 al 3o che
cojiiprende i voi. XI, Xll, XIII,
XIV, XV, e XVI, del^^^toria d'I-
talia di Franc. GuicciAKDisiMa.
miglior lizione ridotta dal jirof.
GiovRosiNi. Palermo presso Gio-
vaiibatista Giordano i8'ò5 in-8 di
pag. 260, 2i2y 254, 182, iSo,
e 246.
CENNO sul matrimonio della glo-
riosa vergine s. Filomena. Estratto
da una più difl'usa relazione st.im-
jiata in Roma ed in Napoli. Pa-
lermo i8j5 in-16 di pug- 24.
DIZIONARIO storico-mitologico di
tutti i popoli del nionlo voi I,
dl^t^•ihuiione iQ. Palermo tipngra-
jia Spampinato tS'òS in-8 a due
colonne con copiose ta^'ole colo-
rale di pag. XXII e 8^3.
SOPRA un quadro di Rallaello San-
zio posseduto da' l'P. Filippini
deirÓralorio in Palermo: Osserva-
zioni slorico-eriliche di Agostino
Gallo ec. Palermo tipografia
Spampinato i833 in- 12 di pag.
22 con una tavola in rame.
CORSO di studi normali, prima clas-
se per gd inalfabcti di Pietro Gul-
Li. Palermo tipogm/iu Spampi-
nato i83S in-8 di pug. 55.
RACCOLTA di brevi istruzioni so-
pra alcune jiarti più difficili delln
graiiiatica, cioè infiniti, gerundi,
Earticiali, supini, participi, flistri-
ulivi, orcliiiiili, partitivi. Palermo
per Bernardo f^irzl iS'ó5 in-12
di pug.
REGOLAMENTI delle regie pub-
Llichc scuole (Ielle fionzclle di Broii-
te istituite dal rev. sac. don Pie-
tro Càlansa, e dirette dal sac.
don Gactano Hizzo. Catania pres-
so Carmelo Pastore id'05 iii-12
di png. 56,
LEZlOiM diOriografia e diOrtnepia
del .'.ac. Antomo Buacci. Palermo
stamperia di l'rancesco Spampi-
vato iS'òj in-l'-i di pag. 5fl .
MANUALE della lingua italiana
compilato da FRA^■c. Ambbosoli:
prima edizione siciliana eseguita
sulla terza edizione milanese dei-
ranno I Say C'irrelta ed ain|iliata
dall'autore. Palermo tipografia
ALhaie ifi'35 in-12 di pug. à^o.
LA CUCINA casareccia per istru-
zione di chi ama unire al gusto
la economia ce. Palermo presso
la tipografia di De-Luca iò'iiS
in-8 di pag. 6^.
Sulla sesta parto della monografia
digli agrumi del dottor FhaNciì-
sco Arrosto , lettera critica di
KlCCOLÒPllESTAKDnEAcllimicO-far-
niicisla messinese. Palermo stam-
peria Pedone e giuratori tSJS
in-d di pag. l5.
SECOlNlJUra|iporto depravagli della
1{. Accademia delle scienze medi-
che di Palermo di Andrea Iìar,-
BAcci segretario perpetuo ec. Pa-
lermo stamperia Pedone e Mura-
tori iSJó in-ò' di pag. 28.
PIRETO LOGIA fisiologica o trat-
tato delie i'ehhri considerato sullo
spirito della novella dottrina me-
dica di F. G. BoisiEAV tradotta
ed annoiata sulla cpiarta edizione
da Gaetano la Loggia voi. in.
Palermo da' tipi di Bernardo F'irzl
l8'ò5 in-8 di pag. jii.
CENINI suli'origuie e sull'uso della
conservazione de' cadaveri umani
pronunciali nell'accademia Pahr-
milana di scienze e belle lettere,
nella tornata de' 18 fehhraio da
Rocco SoLiNA dottore in mcUicina
327
ec. Palermo dalla tipografìa del
Salii i835 in-8 di pag. iG,
OSSERVAZIONI cliniche di due
frammenti di medicina estcrnarnno-
vo metodo di cura del dottor Pla-
cido BocLiAnELH niedico chirurgo
de' reali eserciti. Palermo dalla
tipografia di Filippo SoUi 18.ÌS
il 1-8 di pag. 2^.
GIORNALE di scienze mediche per
la Sicilia, compilato dal dott. Gae.
TAWO Algeri-Focliaki ce. voi. I'
e II. Palermo tipografia del Gior-
nale Letterario i8'ò'j in-8 dt pag.
'd'io, e Ò26.
GIORNALE Vaccino del dott. ia
medicina Giuseppe Cutrona socio,
e segretario perpetuo della Com-
niissmno centrale di Vacciii.izione
ce. volume IV. Palermo tipogra-
fi a Spampinato i83jin-8dip. t66.
GIORNALE di medicina jiratica por
la Sicilia ded'ab. Carmelo Iosia
dottore in lilosofix e iiiOiliciiia ec.
Palermo gabinetto tipografico al-
l'insegna di Meli i835 num. i
di pag.. 1-j.
DUBBJ sulla statistica di FbAncescci
FERnARA impiegato nella direzione
centrale della statistica di Sicilia.
Palermo presso Francesco Spam-
pinato iS'ò'j in-8 di pag. 42-
PiÉGOLE comuni a tutte le congre-
gazioni di spirito dirette da' PP.
della Coinp. di Gesù. Palermo per
Bernardo f^irzì 18 j5 in-iS dì
pag. 'Ò2.
COMPENDIO della vita di s. Fi-
lipl") Neri lonilatore della Congre-
gazione dell'Oratorio. Palermo so-
cietÌL tipograjica i8j5 in-ii di
pag. i/fO.
NOIE caratteristiche di un giovine
malcreato del sig. Gahltier. Pa-
lermo per Bernardo Vivz'i 1835
in- 18 di pag. ^8.
NOVISSIMA (litografia tascabi'e, ia
molti luoghi emendata coH'agginnta
ANDo Barone. Mesnna, 'Stampe-
ria di Tommaso Capra i835 in-8
di pag. xri e 120.
DEMOSTENE oliutiacbe ed orazio-
ne d'Isocrate, a Domenico volga-
rizz;ile da Carlo Gkmelli. Mes-
sina dalla statnperiaFiiimara iS35
iii-8 di pag. mi e 88.
INTORNO le belle arti, e gli arti-
sti fiorili in varie epnclie in Mes-
sina. Ricercbc di Carmelo La Fa-
rina ordinate in più lettere (estratto
dallo S|ie'!atore Zancleo). Messi-
na, stamperia Fiumara 1835 in-8
di pag. q3.
STATlj'TI dell'accademia di scienze
lettere ed arti di Aci-Rcale, Ca-
tania per Salvatore Riggio i835
in-8 di pag. 10.
OCCHIALI pe' fidenzati, ovvero car-
ta topografica dell'isola del mari-
taggio, nuovamente descritta da
Raffaello Politi sul tipo di 3/k.
Le JSoble. Girgenti iS35 in-S
di pag. 1 j con una carta.
GEOGRAFIA in verso ad uso dei
giovanetti, disposta da Gioyahui
Sanno e Paolo'Stbaho. Prima edi-
zione con annolazioni (parte II).
Jn Catania pe' torchi (li Fran-
cesco Pastore jó'3^(|)ubblicato ucl
i835) in-12 (li i>ag. '02.
PER nostra Signora della Sacra Let-
tera. Canzone di liiccAnoo MiT-
CHELL. Messina , stamperia Fiu-
mara id'ò5 in- 8 di pag. S.
POESIE siciliane del dottor in me-
dicina Carlo Amore da Modica.
Voi. secondo. Palermo presso i
librai Pedone e Muratori i8'ò5
in-i2 di pag. 2y6.
ESAME |)u|j]j|ico che sotto gli an-
^ spici di S. E. Rev. Mons. Arci-
vescovo don Giuseppe M. A mo-
relli sosterranno nel di maggio
J83tì i clierici studenti di fdosulia
e mateniaticlic nel seminario di Si-
racusa direlLi da Domenico Cur-
zio de' pred. Siracusa per Giu-
seppe Pappalardo iS'ò5 in-8 di pa-
gine 13.
LAMENTÌI di la vita umana com-
posta di Petru F'jddoni palermi-
tauu, in terza rima siciliana. In
Palemiu di la stamparla di Solli
iS'ò5 in-i8 di pag. 3o.
POESIE di Emmanuele Garofalo
rettore e professore di eloquenza
nel real collegio Carolina delle
Scuole Pie. Messina, stamperia
Fiumara i835 in-12 di pag. 32.
STORIA critica di Sicilia da' tempi
favolosi insino alla caduta dell'im-
pero romano divisa in quattro vo-
lumi scriUa dal can. Giuseppe A-
LEssi ce. Voi. 1 parte 1. Catania
da' torchi de' fratelli Soluto id34
(pubblicata nel ì83j) in-4 di pa-
gine 4iQ.
STORIA generale della Sicilia del
professore cav. A. F. Ferrara.
Antiche belle arti del disegno. To-
mo Vili. Palermo presso Lorenzo
Dato iS3j in-8 di pag. 3io.
SULLA sesta jìarle della monografìa
degli agrumi del dottor Fuasce-
ico Ahbo.^to, s^iconda lettera cri-
tica di Miceor.ò Prestamirea cbi-
iiiico-farmacista messinese ec. Pa-
lermo stamperia Pedone e Giura-
tori i8'à3 iii-S dì pag. 48.
329
IN LODE del b. Sebastiano Valfrd-
cliigio scritto e pronunzialo in Pa-
lermo ò) iti-8 di p. 8.
CARTAGINE distrutta : rocma e
pico di Domenico Castokina. To-
mo primo. Catania presso Car^
meln Pastore iBj5 in-?idip. 120.
IL SIGAEO: sestine di Carlo Gba-
viNA princi]ie fli Valsavoja. Ca'
tanta presso i fratelli Scinto l835
in-S di pap;. i'ò.
A YlNt.ENZO Bellini : carme di
Michele Bektolavi. Palermo ti-
pognijìa del Giornale Letterario
iii.jj in-S dì pili;. i3.
IIN LOOK di s. Vincenzo de Paii-
lis: carme di Niicoi.ò Cirino. Pa-
lermo lipns;rafìa del Giornale Let-
terario i'è'35 in-8 di pug. id.
PER LE faustissime nozze di Ma.
«angela linmirzi e Slancili con
Francesco d'AnitrOsio de' principi
di Marzano. (Ode di Nr colò Ci-
bino). Palermo t'pogrnfìa del
Giornale Letterario i835 »i-8
di pag. 7.
LA BATTAGLIA de" nomi e dei
verl)i: poemetto eroicomico d.el P.
G1AJIPIETR0 Secchi della Compa-
gnia di Gesù ec. Palermo per Ber-
nardo VirzìiÒ'ò^ in-12 dii>ag. \6.
SERMONI scelti di Ugo Blmr, ver-
sione dall'inglese del canonico B.
Bartelloni. Palermo tipografia
ylhhaie i8j5 voi. 4 '"-12 d pri-
mo di png- 17^, il secondo dipag.
l6-j, il terzo clipag.j-j^, ed il quar^
to volume di pag. 1Ò2.
YITA del b. Agostino Novelli. Pa-
. lermo da' torchi di Ktrzì i835
ìn-\ 8 di p'ig. 7^.
COMPENDIÒ della vita del b. Se-
bastiano Valfiò della congregazio-
ne dell'oratorio di Torino. Paler-
mo società tipografica iS35 in-l8
di pag. is^.
CSarà continuata).
33l
DEL TOMO DECOIOTERZO.
Pbefaziovb «•. pag> 3
SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.
PARTE I. OFFICIALE. — LAVORI DEL R. ISTITUTO.
Elenco de' Soci ordinari m 5
Tornale ordinarie del Reale Istituto Emmanucle Taccaro . , m 6
Riflessioni sul commercio interno ed esterno del regno delle Due Si-
cilie del conte Ferdinando Lucchesi-Palli di Campo franco socio cor-
rispondente del Reale Istituto >j 34
Relazione topografica agraria economica del territorio di Piana rimessa
al R ^6
Avviso del Reale Istituto d'Incoraggiamento « 8i
Ministeriali al Reale Istituto. •....» 83
Rapporto della Società Economica della valle di Trapani al Presidente
dell'Istituto « 85
Prolusione alla seduta generale della Società Economica del valle di
Caltanissetta letta dal Presidente di quella il di 3o maggio i835. « Sj
PARTE II.
Lettera II. di Domenico Paoli al eh. sig. Carlo Mattcucci intorno il
calore pj-oprio delle piante '' 9"
Modo di stabilirsi in Sicilia prontamente e con facilità banche di ri-
sparmio e di deposito e di far cessare le gravi usure ne' piccoli pe-
gni. — Salvatore Vigo » 'O^
Suirinifiicacia ed inconvenienti delle fumigazioni nel Cholera- morbus
epidemico — Considerazioni del dottor Antonino Greco (ottobre
i835) >» io8
LETTERATURA ED ARTI LIBERALI.
Memoria del prof. Vincenzo Amarelli intorno una corniola rinvenuta
in Roma presso la casa di Augusto, rappresentante Alessandro il
Grande nella battaglia sul Uranico posseduta dall'autore medesimo» 120
332
Lrttcra del Presidente Francesco di Paola Avello sull'importama di
scrivere le vite rie' Giureconsulti celebri della Sicilia , e sopra le
cagioni, per cui fiori negli andati tempi la giurisprudenza in Sira-
cusa » 129
Elogio di Vincenzo Bellini scritto da Bernardo Serio " ^^
Le antichità di Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso
Pietrasanta Duca di Serradifalco, socio di varie accademie. Voi. I. —
Palermo tipografìa del Giornale letterario mdcccxxxiv. in-4° grande,
di pag. VII d'introduzione, e i4o di testo; con carta della Sicilia an-
tica, e XVI grandi tavole parte in litografia parte ia rame. — Fer-
dinando Malvica n i58
Tabuluriuni Kcglae ac Iniperialis Capdlae Cojlcgiatae Divi Petri in
Regio panorniitano Palatio Ferdinandi II Regni utriusquc Siciliae
Rcgis jussu edituni, ac notis illustrutum. Panormi ex regia typografia
l835 in-fol. p.lg. ^gi con due tavole litograliche. — Scordia . » 178
Degli Odierni Uficii della tipografia e de' libri. Discorso pratico ed
economico di Carlo Mele. Napoli dalla stamiicria e cartiera del Fi-
brcuo ) 834 un voi. in-8 picc. di pag. 179. — Scordia . . . » 188
In loiie del 13. Sebastiano Volfrè, Elogio scritto e pronunziato in Pa-
lermo dal Can. Giuse|)])e Borghi, — Panegirico nella roiiimemora-.
zione della morte di s;iiita Rosalia detto nella Chiesa MLtiojiolitana
di Palermo il giorno 4 settembre 1 835 dal Can. Giuseppe Borghi,
Palermo presso Salvatore Barcellona 'i835. — Il Cholera-uiorbus, ter-
zine di Giuseppe Borghi. Tipografia del Giornale letterario 1 835.
— Scordia 3) ig3
Risposta ad un articolo dello Stcsicoro contro il Poeta Romanico Dia-
logo di Salvatore Costanzo. Palermo tipografia del Giornale lette-
rario i835, in-8 di j)ag. 10. — Scordia 5» igS
Delle nuove ed antiche Terme di Torre-annunciata, articolo inserito
nel fase, xii degli Annali Civili da R. Liberatore. Napoli i835, di
pag. 66 con carta icnografica BaMassare Romano .... « 197
Demostene Olintiache, ed orazione d'Isocrate a Demonico, volgarizzate
da Carlo Geaulli. Seconda edizione, Messina iS35 Michele Amari.» 200
Per la morte di Vincenzo EeJiiiii, Canzone di Maria' Giuseppa Guac-
ci-Nobile . . . * 3) 202
Atene rinata. — Ode tradotta dal greco moderno. — X. . . . jj 2o3
Sunti de' discorsi pronunziati ni iraccailemia de' Zelanti di Aci-Rcale.» 206
Reclamo — Ai Compilatori dello Stcsicoro, 0[;era periodica che si pub-
blica in Catania • 3> 214
Annunzio nccrologico per Matteo Tondi. — Prof. AlessioSrigliaui . « ivi
Programma. — Atlante Universale' delle cognizioni , o Tavole sinot-
tiche contenenti la classificazione sistematica delle scienze, e la ckis-
sificazione delle cognizioni umane, secondò 11 metodo naturale — di
Agatino Loiigo dottore in filosofìa e medicina, professore di fisica
sperimentale nella Regia 'Università degli' sliidì di' Catania, e socio
di varie accademie nazionali e straniere » 218
Appendice alla parte letteraria. — Sonetto detto nell' Accademia di
scienze e lettere di Palermo, il' 6 dicèmbre '1835 — Prìncipe' di Gra-
natelli , . . jj 221
Iscrizioni del prof. Luigi. Muzzi scritte per un'Accademia che doveasi
tenere in Bologna in onore di Vincenzo Bellini. ..... 3> 222
Bibliogralia siciliana 3> 224
appendice alla parte prima. — Risultamcnti delle tavole statistiche
per la Sicilia [ireseiitate al Governo fino al i834,c comunicati ofll-
cialmcutc al Reale Istituto d'Incoi'sggiainenlo.
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(*) Questo quatJro non comprende, che una parte im-
pert'ctta degli Stabilinienli di pubblica istruzione in
Sicilia, iioii essendo ancora potuto riuscire alia Dire-
zione Centrale di Statistica di poterlo completare,
per gli Ostacoli che si sono frapposti.
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STATO
ITORIO DI SANTO SPIRITO IN PALERMO
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