m f>m %Mi\ :^pWyORKBOTMICALGARP^ f IlilA nEDlCO-FABIIACEUTICi FLORA IIEDICO-FARIHACEIITICI COMPILATA ML DOTTORE IN MEDICIUA E CHIRURGIA FEI^ICE CASSOME T05I0 TERZO LIBRARY NEW YORK BOTANICAL GARDEN. TORINO ÌIPOGRAl'IA DI GIUSEPPE CASSONE 181-8 v\ 3 co 1 IO Cl FAMIGLIA 25^=^ OMBRELLllEìlE LIBRARY NEW YORK BOTANICAL OARDEIS. La famiglia delle Ombrellifere è una delle più anticamente felabilile. Appartiene essa alla classe delle dicotiledoni polipe- tale a stami ipoginii. Il suo nome è tratto dalla disposizione generale de' suoi fiori , che nel maggior numero dei generi formano altrettante ombrelle. Tali fiori, generalmente bianchi 0 gialli, presentano un calice intiero, ovvero con cinque denti, qualche volta persistente, in generale poco apparente, ade- rente coU'ovario infero, ed il cui lembo talvolta appena di- stinto presenta pel solito cinque piccoli denti : la corolla consta di cinque petali, disposti a foggia di rosa, inserti sopra il pistillo, ossia sopra il lembo d'una glandola che copre l'o- vario: questi petali sono cordiformi, oppure divisi sin quasi alla loro metà in due lacinie , i di cui margini si rialzano al di sopra, e sono per lo più eguali e più piccoli nei fiori del centro, che in quelli della circonferenza, i quali sono più grandi e spesse volte ineguali. Questi fiori hanno cinque stami al- terni coi petali ed inserii sopra la stessa parie in cui sta iu- serita la corolla ; cioè all'esterno di un disco epigino giallastro che fornisce la sommila dell'ovario : i loro filamenti sono ci- iindrici, alquanto curvati alla estremila, e portano delle an- tere ovoidi, biloculari, quasi diritte e segnate da piccoli solchi. Il loro ovario è semplice, a due cellette, aderente, e porla alla sua sommità un corpo glandoloso, sul quale si 6 innalzano due siili cilindrici per lo più persistenti, divergenti e portanti ciascuno uno stimma semplice. 11 frutto si com- pone di due gusci monospermi non apribili, che si separano l'uno dall'altro all'epoca della loro maturità. Ognuno di questi gusci è generalmente marcato da costole, da strisele o da appendici protuberanti a guisa di lamine che servono prin- cipalmente di caratteri per la formazione e la distinzione dei numerosi generi componenti questa famiglia naturale. I fiori, come dicemmo, stanno disposti ad ombrella; nella base di ogni ombrella , rinviensi in molli generi certa riunione di foglietle disposte in modo regolare, detta involucro; ed m- volmreUo quei piccoli involucri parziali che riscontransi sotto di ogni ombrella o divisione di questa: i fiori, per ultimo, sono ermafroditi, d'un colore bianco o giallo e qualche volta anche porporini, ne mai di diverso colore dei sovradetti: se ne trovano però alcuni posti ordinariamente nel centro del- lombrella, che sono maschi o sterili. Le loro foglie sono al- terne, picciuolate nella loro base con picciuoli membranosi dilatati alla base e vaginanli, generalmente frastagliate in un numero talvolta considerabilissimo di foglietle o di lacinie: esse sbucciano da bottoni conici, nudi, senza scaglie. Le piante di questa famiglia sono quasi tulle erbacee e nella massima parte vivaci nella radice; non si rinviene in esse ne alberi ne arboscelli, ma taluni sono arbusti poco alti: hanno un fusto diritto e cilindrico, per lo più striato 0 solcalo , vuoto nell' interno od anche empiuto di midollo. Questa famiglia, risguardata soUo l'aspetto medico, non pre- senta quella uniformila che si riscontra ne' suoi caratteri bo- tanici. Contiene pel fatto piante essenzialmente velenose, come le diverse specie di cicuta, di oenante, di fellandrio; alcuni medicamenti energici, ma non velenosi, quali sono Tassa fetida, la gomma ammoniaca, Topponace, i semi di cumino, di anice, di finocxihio e simili; per ultimo certi alimenti sani 7 \h\ usilatissimi , la carota per esempio, la pastinaca, il se- dano, il cerfoglio, il prezzemolo ed infiniti altri, come avremo occasione di vedere. Da questo generale abbozzo parrebbe risultarne, che tale famiglia, cui puossi citare come una delle più naturali nelle serie vegetabili, si sottraesse a quella legge di analogia delle proprietà mediche, che vedemmo essere generalmente la con- seguenza della uniformità dei caratteri botanici; ma l'esame più diligente dimostra, che tale diversità nel modo di agire delle Ombrellifere può essere ridotta ad alcune leggi gene- rali, e quindi riesce dessa più apparente che reale. Esaminando diffatti attentamente la chimica composizione delle Ombrellifere, scorgesi che le loro proprietà diverse pro- vengono da due principii di differente carattere, e quindi non esercitanti la stessa azione suireconomia animale. Uno di tali principii è resinoso, costituito tal fiata da una resina, tal altra da un olio volatile, che compartisce ai vegetali che lo con- tengono un odore aromatico e penetrante , certo saper caldo ed acre; l'altro è una materia estrattiva, spesso virosa e nau- seabonda: quindi alla presenza di uno fra questi due prin- cipii le piante della famiglia delle Ombrellifere vanno debi- trici delle loro proprietà. Così tutte quelle nelle quali esiste il principio resinoso, sono odorose, eccitanti, aromatiche, per niente venefiche, come l'anice, il cornino, il finocchio, il coriandolo, l'angelica ed analoghe: laddove all'opposto pre- domini il principio estrattivo, le Ombrellifere riescono nar- cotiche virose, e spesso assai deleterie, come lo provano le varie specie di cicuta , di cenante e simili. Arrogi che la diversità delle regioni in cui crescono le piante di questa famiglia sembra esercitare una particolare influenza sulla natura del principio che in esse predomina. Per tal guisa , quelle che crescono nelle regioni meridionali , tiei luoghi secchi e molto soleggiati , risultano specialmente aromalicbe, mcnlie il principio estrattivo, che dicemmo es-^ sere la parte attiva e venefica della cicuta , del fellandrio e d'analoghe si rinviene nelle specie che abitano le regioni fredde, i luoghi bassi ed umidi. . quanto poi alle Ombrellifere che servono di alimento, i-erveremo essere desse divenute proprie a servire di nu- trizione all'uomo in conseguenza dell'influenza che una lunga coltivazione esercitò sopra di esse; per questo modo la ca- rota, la pastinaca, il sedano, usciti dai nostri verzieri sono erbaggi di sapore dolce , zuccheroso , in cui il principio aro- malico riesce lievissimo, mentre che le slesse piante allo stato selvatico, invece di presentare queste radici grosse e carnose, quel sapore dolce piacevole, hanno radici sottili, quasi secche e di gusto acre ed aromatico insoffribile. Yentenat comprende in questa famiglia, che è la 2* della XII classe del suo Tableau ih règne vegetai, 43 generi, i quali vengono da esso divisi in quattro sezioni : 1° Le Ombrellifere che hanno le grandi ombrelle e le om- brellette ordinariamente nude; Pimpinella, Carum, Apinm, Anethum^ Smyrnium , Pastinaca, T/iapsia. 2° Le Ombrellifere a grandi ombrelle nude e ad ombrel- lette munite d'involucro; Seseli, Imperatoria, ChwrophijUum , Myrrhis, Scandix, Coriandrum, Aethusa, Cicataria, Phellandrium. 3" Le Ombrellifere colle ombrelle munite d'invoglio e le ombrellette d' involucello ; Oenanihe, Cumimm, Biihon, Siimi, Angelica, Ligusticum , Laserpitium , Heeracleum, Ferula, Peu- cedanum, Cac/iyris , Erilìimum, Athamanta, Felimim, Conium, Jhmmm, Ammi, Daucus, Caucalis, Tonlylium, Hasselquislia , Ar- tedia, Buplerum, Astrantia, Sanicula. 4° Le Ombrellifere anomale o false; Eryngium, Ilydroco^ tyle. (Nouveau Dict. d'IIìst. nat., t. xvi, pag. 3 3 '2). «*1*;, ^Jj-t^ ' '^>/r'''/^'^ ASSA l'KTlDA Assa foelida Bauli., pin. lib. 12, secl. 6. — Tonrn. class. 7, ombieHifere. — Fenilea assa foelida Lion., class. 3, penlandiia dìginia. — Jiiss., class. 12, Olii. 2, oinbrellilere. — Poirel, Fior. lueJ., l. 1, lab. 43. — Richard, Bot. iiied., t. 11 , p. 480. La pianta che fornisce questa gomma resina cresce nella Siria, nella Libia, nella Persia, nella Media; ma ove pro- spera meglio egli è, giusta quanto riferisce Ka^mper, che dei primi ce la descrisse e disegnò, nella villa di llerat, nel Ko- rasan e più particolarmente sui monti in vicinanza del ter- ritorio di Disgun. > La sua radice è vivace, grossa, fusiforme, spesso sem- plice, alcuna volta divisa inferiormente in due o tre branchi, nerastra esternamente, bianca all'interno, col colletto alquanto fuori terra, e coperto di fibre ritte, setacee, brunastre. Lo stelo che in Europa, ove la si coltiva solo nelle collezioni botaniche, non s'eleva che alFaltezza di due piedi, innalzasi a quella di tre o quattro nel suolo nativo : esso è annuo , leggermente striato, quasi nudo, inunito di alcuni rami- celli , di cui gli inferiori sono alterni , mentre i superiori mo- stransi verticellali. Le foglie, di cui la maggior parte nascono dal colletto delle radici, sono grandi, profondamente divise, più e più volte alate e terminale da foglinle strettissime e quasi sminuzzate. I fiori costituiscona vaste ombrelle com- poste di venti a trenta raggi , di cui ciascuno contiene una ombella emisferica sprovvista di collaretto, come lo è pure Fombella generale. Ciascun fiore presenta un calice superiore ed intiero; cinque petali ovali, piani ed eguali; cinque stami yiù lunghi della corolla e curvi internamente; un ovario hv' 40 fero sormontato da due stili: questo cangiasi in un friitió ovale-oblungo, compresso, segnato da due coste della lar- ghezza di tre linee saglienti , e formato da due grani piani applicati l'uno contro l'aìlro. L'Assa fetida, detta anche Zaffetica, chiamasi dai Francesi Jsa fètide, Fènde de Perse, Fènde fètide; dagli Spagnuoli Asa-fetida; dagli Inglesi Devil's dung ; dai Tedeschi Stecken- kraut, Stinkender Asund, Teufels Dreek ; dagli Olandesi Asa fcetida , Duivels-drek. Tulle le palli di questa pianta contengono, più o meno, un sugo molto fe- tido e talmente diffusilìile a segno da infeltar da lungi Talmosfera. Questo sugo sparso nello stelo, nelle l'oglie ed anciie nei semi, trovasi in cerio qual modo più abbondante nella radice, sì che basla tagliarla a fette per vedere tosto distil- lare Tumore bianco e fluido a guisa del latte, e prendere al conlallo delParia e sotto r influenza dei raggi solari una consisteuia solida ed un colore gialla- stro, rosso pallido o bleuastro. Raempfer, il quale espose il modo di fare la rsccolta del sugo iu discorso, [irovò che Tassa fetida di Herat, sebbene molle ed oleosa, non differisce da quella di Disgun , che è dura e secca, se non per le sostanze estranee. Non riferiremo i varii processi adoprati per laccogliere siffiilto sugo , e S(il ci limiteremo ad accennare il più comune, che consiste nel praticare sulla 6ue della bella stagione, cioè quando la pianta ha percorse tulle le fasi della ve- getazione, varie incisioni sulle diverse parli ed in ispecie sul colletto della radice. L'assa fetida viene recata in commercio in masse più o meno grandi costi- tuite da globelli aggrumali di un colore bianco sudicio, o giallo- rossiccio, ov- vero bruno con dei punti lucenti a seconda della sua maggiore o minore pu- rità; la più chiara e quella sparsa di maggiore quantità di macchie bianche sono' le più apprezzabili: ha una molle consistenza e gode di un sapore acre, ama- rognolo, bruciante, e sviluppa un odore agliaceo talmente forte e nauseante, per cui dai non medici trivialmente si chiama sterco del diavolo. Generalmente però in commercio dislinguonsi due sorta d'assa fetida: la prima prende il nome di assa fetida in lacrime; la seconda è quella che dicesi assa fetida in sorte: e queste differenze sono rimarcabili per il loro volume, per la loro purezza e il loro colore più o meno carico. L'assa fetida in lacrime è composta di piccole masse granulate di un culore bianco un poco oscuro, di una semitrasparenza, di un sapore piccante, di un odore iorle che ricorda quello dell'aglio: questa è la qualità principale che debbesi preferire negli usi farmaceutici. La qualità delta in sorte è in pezzi più voluminosi, composta di lacrime rotte e unite fra loro da una pasta brunaslra di consi- stenza meno secca, di colore più scuro e di odore più forte e più fetido. i I Tutlri queste dineienze siidicieulefiieiile sl.ihilile (lipenduiio molto ilal mo- ineiil» in cui è stnto tnitto il succo resinoso, e dal modo con cui venne estratto. Inoltre, idlorchè la temperatura dell'atmosfera è stala più elevata, l'evapora- zione deir umidità più pronta è più rapida ed il succo meno tempo esposto a contatto della luce; esso presentasi naturalmente in pezzi isolali e meno colo- riti. La seconda qualità al contrario, separata in una stagione più umida, offre delle masse più voluminose, meno secche, più colorile per l'azione della luce, e trovasi mescolala ad altri corpi che alterano la sua purezza. L'analisi chimica dell'assa fetida fornisce presso a poco i materiali slessi delle altre gomme resine. Secondo Pellelier, essa è costituita di Resina 65, 00 Gomma 19, U Bassorina . . . ^ . . . 11, Gfi Olio volatile 3, 60 Malato acido di calce. . . | n .10 Perdita i Totale. . .100, 00 Trovasi Tassa fetida qualche volta mescolala con pezzi di resina di qualità inferiore o con gomma ; la si trova ugualmente mescolata con sabbia e con altre sostanze inerti. Quando contiene gomme, la si riconosce bruciandola, mentre essa brucia con Gamma, e le gomme si carbonizzano senza infiammarsi: egli è perciò bene per gli usi farmaceutici di servirsi sempre della gomma in lagrime. L'udore agliaceo, spiacevole dell'assa fetida la rende per noi un medicamento assai riliultante, cosicché la si rinviene indicata dagli antichi autori , come già notammo, col nome di stercus diaboli. Ciò non pertanto gli abitatori del- l'Oriente, ed in ispecie i Persiani, lungi dal parteggiare per l'avversione che hanno gli Europei riguardo all'assa fetida, la mescolano in lutti gli alimenti) di cui forma essa, per loro avviso, uno dei condimenti maggiormente ricercati , e nei giorni festivi ne intonacano l'orlo delle loro coppe per compartire alle lor bevande maggior gusto e profumo. L'uso medico dell'assa fetida rimonta ad un'epoca la più rimota della me- dicina; ma gli antichi padri dell'arie salutare si sono servili di questa sostanza per soddisfare ad indicazioni curative ben differenti da quelle a cui vien essa impiegata dai moderni. Infatti osserviamo che Ipocrale si giovò dell'assa (elida nell'aborto; Dioscoride la prescrisse nell'itterizia, nella tosse ed in altre mor- bose affezioni degli organi respiratorii e vocali : Celso l'applicò egualmente alta cura delle malattie polmonali. Anche presso gli abitanti di quei paesi ove nasce la ferula assafetida viene il suo sugo usato nella colica, nell'idropisia, nella timpanitide. I medici europei, inoltre, hanno valutalo nell'assa fetida varie medicinali pro- prietà, e l'banDo qnh\iii applicale alla cura dei diversi morbi. Pringle ba le- ìi jMito iu pron conio la qualità anlicellica «lelPassa fetida. Boenhave olire allo aver conceduto a questo f;jrrnaco la proprietà nervina ed averlo prescritto in alleane malattie nervose, ne ha pure lodato l'uso contro le flatulenze ed in varie {"orme di asma; quindi esso lo colloca in cima a lutti i medicamenti antispa- smodici, e lo considera come il polenlissimo specifico di quelle svariate ma- lattie cotanto diflicili a descriversi e a medicarsi, indicate coi nomi di spasmi e di nevrosi; e quindi ne raccomanda l'uso e ne vanta gli egregi risullamenli contro gli attacchi isterici, T ipocoudriasi esimili. Le qualità purgative dell'assa l'elida sono slate prese eziandio in considerazione, ed in particolare modo da ^Vhylt , il quale asserisce eziandio d'averla sempre usala con felice esilo nel trattamento dell'asma. Nelle los'.i convulsive, nell'asma spasmodico, ed in qual- che altra affezione polmonale si è riconosciuta da altri medici vantaggiosa l'am- ininistrazione dell'assa fetida, seguendo l'esemi/io di Millar, il quale si giovavd della seguente ricelta: — faceva slemi)rare due dramme di assa fetida in un'oncia di acetilo ammoniacale, a cui aggiungeva tre oncie d'acqua distillata di menta; taceva prendere tale pozione a cucchiaiate ogni mezz'ora: — per adempiere alla slessa indicazione prescrisse egli spesso siCFalta sostanza in clistere. Questa è stala anche annoverala da qualche pratico nella serie dei rimedii emenagoghi, e quindi prescritta nella cura dell'amenorrea. Come rimedio diostruente se ne è pure fallo uso tanto internamente amministralo, quanto esternamente appli- calo; e rieuck loda assai l'applicazione del cataplasma coU'assa fetida e lo ri- sguarda come valevolissimo mezzo risolvènte dei tumori glandolare Finalmente non pochi medici hanno trailo partilo dal penetrante odore agliaceo di cui gode Tassa fetida, onde prescrivere questa sostanza nelle affezioni verminose. HofT- mann, WolGo e Rosenstein hanno immaginato la preparazione di varie masse pillolari antelmintiche, associando Tassa fetida alle sostanze purgative. Dice iu oltre Bergio, essersene servito con vantaggio per fugare parecchie febbri in- termiltenli , che resislellero agli amari ed anche alla china. L'adoprò Tedem con buon successo nella cura della gotta e della sciatica, affermando d'avere calmato più volle gli atroci dolori di siffatte malatlie. Dice infine Lange che jion solo pervenne a diminuire con essa i terribili accessi dell'epilessia, ma che in molli casi li fece interamente cessare. " Nell'odierna medicina l'uso deU'assa fetida non è esleso al trattamento ca- ralivo di tante variate malatlie, contro le quali fu dai medici antichi ammini- strala. I pratici moderni, seguendo le tracce di Sydenham , di Boerrhave, di Whytt e di altri, si giovano quasi unicamente deU'assa fetida nella cura di quelle neurosi che animeltono Tuso dei rimedii eccitanti volatili; quindi si hanno numerose storie di maialile nervose felicemente trattale colTassa fetida, la quale ha trionfato compiutamente di quel morbo contro cui è slata essa prescritta. Non \i è quasi forma di malallia nervosa in cui dai moderni pratici non si usi dei- Tassa fetida, poiché molte osservazioni si leggono negli annali medici e nei pro- spetti clinici degli ospedali, relalive a guarigioni ollenule colT interna sommi- nistrazione dell'assa fetida. Questa sostanza spiega lulta la sua attività medica- mentosa in alcune specie di apoplessia e di [>aralisi, in varii casi d'isterismo e d'ipocondriasi, iu diverse epilessie e convulsioni, ed anche in qualche specie di nevralgia. Senza occuparci nel riferire osservazioni particolari sarà bastevole 14 r indicare in un modo generale, clie l'azione la quale sxiluppa Tassa fellda nel sistema nervoso è l'azione eccitante, perchè da ciò ne consegue che in ogni caso morboso in cui la vitalità dell' encefalo e dei nervi si trovi in uno stato di depressione ed in cui sieno evidentemente infievoliti i vitali movimenti ner- vosi, possa costituire Tassa (elida un valevole mezzo per ricondurre le depresse o perturbate fuu:ioni nervose al loro convenevole grailo di normalità. " Non è perciò che i medici moderni si sieno limitati a prescrivere Tassa fetida nelle sole affezioni moriiose del sistema senziente, poiché apprezzano eziandio alcuna delle altre proprietà medicinali attribuite alTassa fetida dai padri antichi delTarte. Si liene intatti in qualche conto anche al dì d'oggi la sua proprietà antelmintica, la virtù carminativa di essa e l'attività medicinale che la medesima sviluppa contro alcune particolari malattie dell'apparato circola- torio e respiratorio. Quiri
  • ;iuhiu, pin., lih. 4, secf. 5.— Tourn., class. 7, Ombrellifere. — Heraclenm spbomlilium Linn., class. 3, pentandria digiiiia. — Juss., class. 12, orJ. 2, Ombrellifere. — Poirel, Fior, mecl., t. 2, lab. 66. Questa pianta è coraimissima lungo i nostri boschi, nei campi , nei prati , specialmente sotto i climi freddi e ne' suoli umidi, ove acquista maggiore sviluppo e rende meno buoni i pascoli ed i fieni. La sua radice vivace, fusiforme, car- nosa è imbibita d"un succo giallastro. Da questa s'eleva uno stelo, che perviene sotto favorevoli circostanze sino all'altezza d'un uomo ritto, cilindrico, cannellato, vuoto, velloso, ra- moso, e portante foglie alterne, grandi, amplessicauli, alate, a foglie lobate e frastagliate, d'un verde scuro nella super- ficie superiore, d'un verde pallido nella inferiore. I lìorì di- sposti ad ombelle terminali, sono generalmente bianchi, al- cune volte rossastri : l'ombella universale è vasta , e formata da numerosi raggi. Le ombelle che hanno per collaretto tre a sette foglie lineari sostengono fiori , che nella circonferenza sono irregolari e più grandi che quelle del centro. Questi sono composti di un calice superiore ed intiero, di cinque petali, di cinque stami più lunghi della corolla e d'un ovario in- fero sormontato da due stili. Il frutto consiste in due grani ovali, compressi, lisci, uno applicato all'altro. Lo Sfondiglio, detto anche Brancorsina germanica, chia- masi dai Francesi Berge, Famse Brancursine , Brancursine dcs AUemands; dagli Inglesi Cow-parsnep ; dai Tedeschi BarlHcli Deutscher Ba^renJdau ; dagli Olandesi Duitsch Becrcnìdaaiur ; dai Polacchi Barszez. Le diverse parti di questa pianta posseggono (pialilà difTerenli^sime e qn.isi opposte Tuiia dall'altra. La radice e la corteccia sono acri e suscettibili porsitio 16 iV infiarnroare ed esulcerar la cute: gli steli ed i |)icciuoli spogli del loro in>i- liippo corticale; rotti ed abbandonati per alcuni giorni su graticole forniscono un sugo mucilaginoso zuccherino. Posti poscia questi steli rotti in una tinozia piena d'acqua, dopo un mese ritirasi una massa di gusto acido assai piacevole; e se lasciasi fermentare e si sottoponga poscia alla distillazione, somministra allora uno spirito più forte che quello ottenuto coi cereali. Gli abitanti del Nord risguardano questa pianta come una delle più preziose piante alimentari. Essi fabbricano acquavite e birra. I Kamtschadali mangiano francamente la corteccia; i paesani russi e polacchi preparano con questa pianta un composto che chiamano barszex, analogo quasi al sauhraut dei Tedeschi. In alcune parli della Svezia risguardasi lo Sfondiglio come un rimedio fami- gliare contro la dissenteria, ed usano la decozione per bagni e per clisteri, come carminativa, aperiliva, antispasmodica, ecc. Appo noi suolsi applicare solamente le foglie e le radici sulle callosità. Diversamente non adoprasi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Foglia intiera, a. Fiore rogolare del centro dell'ombrella ingrossala. 3. Fiore irregolare della circonferenza dell'ombrella ingrossati. ^. Frullo de!U grossi zza naturale visto di fronte. 5. Frutto visto di lato. v^ 47 S I 0 S^^GH Sion sive apiiim p;iluslre foliis ol)liingi>. Riiiih., pin., lib. 4 , secl. 4. — Tournet., class. 7, Ombellilere. — Siimi angiislifuliuin Liiin., class. 3, peiitandria di- ginia. — Juss., class. l2,oi(l. 2, Oinbellil'eie. — Poiret, FI. med., l. 2, lab. 67. Questa pianta vivace, comiinissima nei climi caldi e tem- perati, alligna lungo i ruscelli, attorno ai fonti, nelle fosse acquatiche, sui margini degli stagni e simili. La sua radice è bianca, rampante, nodosa. Il suo stelo cilindrico, ramoso s'eleva all'altezza di un piede e più, e porta foglie alterne, semplicemente alate ; le inferiori composte di tre sino a quin- dici fogliole ovali serrate; le superiori più piccole, maggior- mente dentate ed alcune quasi laciniate. I fiori sono disposti ad ombelle peduncolate che escono dalle ascelle superiori delle foglie. La GoUeretta universale è formata di cinque o sei fo- gliole lanceolate , ineguali , la maggior parte pinnatifide. I cinque petali dei fiori sono bianchi, subcordiformi ; i cinque stami portano all'estremità dei loro filamenti antere rotonde ; il loro ovario è infero, munita di due stili corti: questo cangiasi in un fruito sferoide striato , composto di due grani piano-convessi, applicati l'uno contro l'altro. Il Sio, detto anche Gorgolestro , chiamasi dai Francesi Berle , Ac/ie (Verni ; dagli Spagnuoli Sion ; dagli Inglesi Upper , TVater-parsnep ^ Narrow-leaved skirrct ; dai Tedeschi Wasser- pastinahe , JFassereppigh ; dagli Olandesi Water-pastinake , Water-eppe. Il Sio della China {Siimi Ninsi Linn.) è coltivato per la sua radice tuberosa, fascicolata, biancastra, e gode alla China d'una grande riputazione come eccitante. 11 Sium nodiflocera Linn. è altra specie di Sio vivace che cresce abbondantemente nei luoghi acquatici dell'Europa. Esso Tom. UL % 48 ha un fusto fistoloso, prostrato, guernito di foglie alate a foglielte eguali lanceolate ; le ombelle sono sessili ed op- poste alle foglie. Questa specie, altre volte usata non solo come rimedio diuretico ma anche come emenagogo, non è quasi più in uso. Questa pianta s'avvicina moltissimo a quella «lell'Oppio acquatico, sia per le sue proprietà fisiche, che per le sue virtù inedìcamenlose. Le foglie, al dire di Macquart, sono leggermente acri, e quindi non si ponno mangiare in insalata. Il loro sugo e la loro decozione, sebbene di rado adoprati in medicina, go- dono fama d'antiscorbutici, febrifughi, aperitivi, emeuagoghi, diuretici. I semi hanno un odore aromatico ed uu sapore piccante proprio della maggior parte delle Ombellifere. SPIEGAZIONE DELLA TAYOLA I. Parte superiore dello stelo del Sic. 2. Foglii radicale. 3. Fiore intiero ingrossato. 4. Frutto della grossezza naturale. 5. Frutto ingrossato. ?0,'i 10 SISARO Sisarum Germanoiam Bauh., pin., lih. 4, sect. S. — Tourn., class. 12, ord. 2*, Ombellilere — Siiim Sisaruni Limi., peulandria diginia. — Juss., class. 12, ord. 2, Ombellilere.— Poiiet, Fior, nied., l. 2, lab- 115. La radice di questa specie di Sio, il quale vuoisi origi- nario della China, è composta da cinque a nove o dieci tu- berosità lunghe da sei a solle pollici, grosse quanto un dito, aneliate , tenere , facili a rompersi , bianche , disposte a fa- scicoli e terminate da radicole filiformi. I suoi steli sono no- dosi, striati, e s'elevano air altezza di due o tre piedi. Le foglie sono alterne, amplessicauli , alate, munite di cinque, sette 0 nove fogliole ovali , acute , sottilmente dentale sui margini, ed opposte, ad eccezione della terminale; le foglie florali sono terne. I fiori sono piccoli , bianchi , disposti ad ombelle terminali, i cui raggi variano mollo pel numero che spesse volte è assai considerevole. L' ombella generale non solo, ma anche le ombelle speciali sono munite alla loro base d' un collaretto formato da quattro o cinque fogliole semplici, lineari ed ineguali. Ciascun fiore presenta una co- rolla rosacea di cinque pelali eguali, subcordiformi : cinque stami più lunghi dei petali: un ovario infero, carico di due stili corti. 11 frullo consiste in due grani uniti , convessi e striati da un lato, piani dall'altro. 11 Sisaro chiamasi dai Francesi Chervi, Chervis, Chirovis , Girale; dagli Spagnuoli Chirivia ; dagli Inglesi Skirrel ; dai Tedeschi Zuchcrwnrzel ; dagli Olandesi Suikerworlcl^ Svikcry- woìiel; dagli Svezzesi Socker-rot. Il fogliame ed i Cori del Sisaro esalano nn odore s[iia(;evole, ma la sua ra- dice eccellenle gode d'una riimla/.ione aulicbissiuiii. Colli vaio per lo addietro nei 20 giardini, veniva imbandito persino nelle tavole regie. Tiberio, durante il siio soggiorno nell'Alemagua, trovò le radici di questa pianta così deliziose, cbe n'esigeva ciascun anno una certa quantità a mo' di tributo. Oggidì però anche Tuso alimentare di questa pianta è dimenticato. Questa radice, secondo Bergio, contiene amido simile a quello della palata, indipendentemente da una grande quantità di znccbero. Magrefl ne eslrasse Ire dramme da una libbra di ra- dice secca. Questa specie era altre volte usata norf solo come diuretica, ma anche come emenagoga ; e Boerravio la raccomanda alle persone affette da emottisi, da catarro polmonale cronico e da tisi. E Leyde consiglia agli individui attaccali dalle succitate malattie la decozione di questa radice, sia nell'acqua, che nel latte, nel siero e simili. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo del Sisaro. 2. Radice. 3. Foglia radicale. 4. Fiore intiero ÌDgrossato» 5. Frutto della grossezza aalurale. 6. Lo slesso ingrossato. 503 '^y^^/zr^^^c^^ 21. BUPLEURO Peifoliafa vulgalissima , sive arvensis Bnuh., pin., lib. 7, sect 5. — Bii[)leunim perfoliatum, rotiiuilirolium, aniuiiiin Tonni., class. 7, Onibellifeie — ■ Bu- pleunim rolundifoliurn Linn., class. 5, fienlandria digiiiia. — Juss., class. 12, Old. 2, Ombellifere.— Poiret, Fior, nied., t. 2, lab. 81. Quest'annua pianta, giusta quanto rimarca Lamark, è assai curiosa pel modo con cui lo stelo ed i rami perforano le foglie: essa è comunissima nei campi, e preferisce i terreni secchi e sabbiosi. La radice biancastra, dura, munita qua e là di radichctte sottilissime^ penetra nel suolo alla profondità di sei od otto pollici. Lo stelo, cilindrico, liscio, ramoso verso la sua metà, s'eleva all'altezza d'un piede e più, e porta foglie ovali, rotonde nella loro parte inferiore , armate d'una piccola punta alla loro sommità, glabre, d'un verde glauco, nervose, la maggior parte perfigliate o traforate dallo stelo, le inferiori semplicemente amplessicauli. 1 fiori sono disposti ad ombrelle terminali che mancano d'involucro universale. Le parziali sono composte di cinque fogliole ovali, giallastre inferiormente e piìi grandi delle ombrelle. Ciascun fiore presenta cinque pe- lali intieri , ricurvi , subcordiformi ; cinque slami terminati da antere sferoidi ; un ovario infero , sormontato da due stili piccoli e rovesciati. Questo cangiasi in un frutto rotondo, e consistente in due grani nerastri , piani da un lato, convessi e striati dall'altro. Il Bupleuro chiamasi dai Francesi Bupkure, Percefeuille , Oreille de lièvre; dagli Spagnuoli Bnpleyro; dagli Inglesi Tho- row-wax, ThoroiKjh-wax , Ilare s-ear ; dai Tedeschi Durch- wacìis, lìascncehrìcin ; dogli Olandesi llaazen-oor. Altre specie esistono di Bupleiuo, come il Bupleuro fal- ciforme, Bupleurum fakatum Limi.; - il Bupleuro d'Etiopia, Bupkumm fruticosum Limi., che conserva le sue foglie tutto Vanno; -il Bupleuro deforme, Bupleurum deforme Linn., no- tevole pel suo singolare fogliame, e via via. Qualora si mastichino le foglie di questa pìauta, risenlesi un senso cl^aspeiza; lo che indusse alcuni autori ad attribuirle proprietà medicinali; tra'quali cite- remo Selenander, Simon, Pauli , Welsch , Baecler, Chomel. 11 Bupleuro go- dette per Taddielro fama di vulnerario; e pretende Schulze, che le foglie coUe nell'aceto, ed applicate calde sui tumori glandolari, lì dissipano quasi per in- cantesimo. Però osservatori più scrupolosi , e meno creduli , non ottennero da questa pianta i predicati risultamentì dei succitati autori, e concordano oggidì tutti gli scrittori di materia medica nel considerare il Bupleuro quale pianta inerte, da non dover più figurare fra le sostanze medicamentose. Il Bupleuro falciforme, Bupleurum falcafum, indicato da Haller quale vulnerario ed antifebrifugo, è del pari in disuso. ^^^^^r^^^^S!^^* SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Stelo. 2. Radice. 3. Fiore intiero ingrossalo. ', Frullo dilla grosseria nilural' j. Lo slesso ingrussato. 'lOC ^^^%?' ^/^^y/^^ 2:ì CICITA MAGGIORE Cicuta major Baiih., pin., lib- 4, sect. 5. — Touin., class. 7, Oiiibellirere. — Conium maculatura Linn., class. 5, pentandiia digiiiia — Cicilia major Lam., Edo. meth. — Juss., class. i2, onl. 2, Oinliellifeie. — Poiiet, Fior, med., t. 3, lab. 120.— Saint-Hil., PI. de la Fr-, t. i, lab. 80 — Richard, Boi. med., 1. 11, pag. 469. Varie specie di piante appartenenti alla famiglia delle Om- bellate si trovano inchiuse nei trattati di materia medica sotto la generale denominazione di Cicuta; ed anche molli bota- nici hanno applicato questo stosso nome a diversi vegetali. Fra' quali Crantz, che volle unire al genere delle Cicute non poche piante ombellifere quasi tutte usate in medicina, le quali ad altri botanici è piaciuto collocare in altri generi. In questo articolo però intendiamo di occuparci della Cicuta mag- giore 0 maculata. Questa pianta è una delle più importanti a conoscersi, sia per la celebrità che essa acquistò per le sue proprietà ve- nefiche, sia a cagione della riputazione medica di cui varii pratici si sforzarono di farla brillare. E vaglia il vero, che tutti i medici e naturalisti dellantichità scrissero molte cose sulla Cicuta, e particolarmente le sue qualità velenose furono da questi assai rammentate. E sebbene incerto egli sia se il sugo di questa pianta, ovvero quello di altro vegetale vele- noso ed alla nostra Cicuta alfine o simile, abbia tratto a tragica morte i due distintissimi uomini Socrate e Focione, tuttavia non puossi negare che questa pianta fosse appo gli antichi Greci ed Ateniesi già tenuta per velenosissima. Checche ne sia di queste opinioni , egli è certo che la Cicuta maggiore è un vegetale essenzialmente velenoso; ma che per possedere tutte le sue proprietà va raccolto neire- n poca in cui i frulli incominciano a succedere ai fiori, mentre prima di tale momento il predominio dei fluidi acquosi ma- schera in singoiar modo la energia di codesta pianta: sembra inoltre certo che il clima eserciti un'influenza grande sopra questa pianta, e che, raccolta nelle contrade meridionali, sia incomparabilmente più attiva delKaltra che cresce nelle re- gioni del nord. La Cicuta maggiore è una pianta biennale assai comune in tutte le regioni temperate delF Europa, ove vegeta di pre- ferenza in quei terreni formati di rottami delle vecchie fab- briche, lungo le mura delle città e nelle esposizioni poco dominate dal sole. Dalla sua radice fusiforme, bianca, a fit- tone, si eleva uno stelo erbaceo cavo, cUindrico, ramoso, alto da tre in cinque piedi, glabro, leggermente striato, e segnato di macchie di un colore rossastro oscuro, special- mente nella sua parte inferiore. Questo porta foglie alterne, grandissime, Iripinnatc, a fogliette allungale, profondamente dentate; le inferiori glabre e talora macchiate. I suoi fiori bianchi formano grandi ombrelle nella parte superiore delle ramificazioni dello stelo, composte di circa dieci a dodici raggi , accompagnate da un involucro a quattro o cinque piccole fogliette lanceolate o riflesse, e cogli involucri par- ziali a tre fogliette ovali- acute, stese e rivolte allo stesso lato. Essi sono composti di cinque petali ineguali, curvi e cordiformi; di cinque stami e di due stili corti. Il frutto è una doppia achena offrente sopra ciascuna delle sue due metà laterali cinque coste sagllenli e crenellate, ciò che la fa apparire coperta di tubercoli. La Cicuta maggiore chiamasi dai Francesi Cigue grande , Ciguù', Cigm ordimire ; dagli Spagnuoli Cicuta; dagli Inglesi Common Hem look; dai Tedeschi Schierling , ErdscMerlmg ; daali Olandesi Scìtccrìwa. 25 Tiinto lo .•>leIo, c|iinnlu le foglie «lolla Cicilia ;,' impiegano in medicina, e queste parli .spirano un odore sonunamenle disaggradevole, slupelacienle, die da alcuni fu [>aragnnalo all'odore dei topi, da altri a quello delTorina dei gatti, e che s\ilu[ipasi sopiallullo all'epoca dell' infiorescenza, la quale Jia luogo nei climi tenipen.li ne' mesi di giugno e luglio: hanno un sapore in [irincipio al- quanto acie, indi amarognolo e non [loco ingrato. Questa pianta racchiude prima una quantità di sughi acquosi i:he ne diluiscono e mascherano i priu- cifiii deleteri!. Ingenerale la Cicuta, come già avvertimmo, ha tanto maggiore attitilà che la stagione fa fiiù calda e più secca; nei climi caldi d'Europa, come la Grecia, la Spagna, l'Il'dia, essa è un veleno assai più ageraii()ne: la esperienza clinica però ridusse al giusto valore quel §;rande ammasso di pratiche osservaiioni circa l'uso della Cicuta, cbe i clinici del passalo secolo hanno riferito; quindi dietro i risulta- nienli che dalle applicazioni mediche di (piesta pianta si ottennero sembra po- tersi coHesimio professore Bruschi stabilire che « la Cicuta sviluppa un'a- zione di contatto leggermente irritante; un'azione diffusiva torpente ed anti-eccitante diretta sulle proprietà vitali del sistema nervoso; ed un'a- zione in parte elettiva sull'apparato linfalico- glandolare.» « Che la pianta in discorso, continua il succitato Bruschi, induca qualche grado d'irritazione sulla parte con cui si pone a contatto, è dimostrato dal rossore e leggiera flogosi che si osserva esistere nello stomaco di quegli ani- mali, a cui siasi fatta prendere una quantità di sufjo o di estrallo di Cicuta, fino a produrre loro la morte; come pure è dimostrato, che questa pianta sjjiejja uu'aiione irritante, dallo s\ilup|)arsi una qualche eruzione cutanea in quelle parti esterne, sulle quali siasi applicato il cataplasma di Cicuta , o pre- parato col suo estratto, owero formalo unicamente colle sue higlie fresche pe- state. L'azione poi torpente ed anti-eccitante della Cicuta chiaramente si ap- palesa in quella serie di sintomi nervosi, i qu.di si manifestano in quegli ani- mali, nel di cui corpo siasi in qualsisia maniera introdotta questa pianta; noa meno che nelluomo a cui siasi amministrato qualche preparato della medesima, come medicamento, sempre però a jjrandi dosi. In ogni caso si veggono in- sorgere fenomeni indicanti uno stalo di depressione su tutte le funzioni orga- niche, che all'encefalo ed ai nervi appartengono; im[)erciocchè la Cicuta pro- duce abbattimento generale della forza muscolare, tremori convulsivi, moli vertiginosi, talvolta stupidezza congiunta ad inunobilità delle mend>ra , tal altra paralisi compiuta, perdita della vista, ed in somma tutti quei sintomi, che fanno conoscere trovarsi il sistema nervoso in uno stalo di sotto-eccitamento vitale, e che sono [uoprii alle piante virose , antieccitanti , ed in ispecial modo alle piante Sol.inacee. coll'azione delle quali ha moltissima analogia il modo di agire della Cicuta. Finalmente l'azione quasi elettiva, che questa pianta ap- porta sulle proprietà vitali del sistema linfalico-glandulare, si rende sensibil- mente palese per Talteramenlo di non poche funzioni organiche, proprie a questo ajij)aralu, e per lo svarialo andamento da essa occasionalo nelle secre- zioni, n^gli assorbimenti, e uell'esalazi-jui. 27 tt Poslo che il modo di agire della Cicuta lul vi\o organismo sia realmeiil« quello clie noi abbiamo le^lè indicato, sarà facile il dedurre, die male awi- sarono i medici del passato secolo, i quali >ollero approGllarsi della possanza medicamentosa di tale pianta, per soddislare ad uu numero quasi infinito d in- dicazioni curative, e prelesero quindi che la Cicuta potesse essere uu larmaco applicabile alla cura di presso che tulle le umane inlermilà. Basta leggere quanto Sforck ha scritto intorno alle mediche virlù della Cicuta, e basta conoscere quanto questo clinico illustre l'uso ne estendesse nella sua pratica, ond'essere persuasi che egli volle in \ero (ormare della Cicuta una universale panacea» lodando questo vegetabile più assai di quello che merita, ed esponendo le os- servazioni ed i falli con mollo spirito di prevenzione, e con non poca esage- razione. Per non dare a quest'articolo una grande e lors'anclie ino(iporluna estensione, noi non vogliamo riferire tjuello che il medico viennese scrisse in- torno alla Cicuta, e ci piace inviare i nostri lettori alla di lui opera originale ( Storck de Cicuta. Lìb. et ejusd. Stipi.) ove si leggono i risultamenti di ogni genere di esperienze fatte colla pianla in questione, le storie di molli e va- rialissimi moibi, coU'uso di questa quasi prodigiosamente guariti; ed i lauto pomposi elogi con cui il medesimo vegetabile è stato unmerilevolmenle e senza limili encomiato. Del pari non crediamo necessario occujiaici nell" indicare lutto ciò che alcuni medici della Germania, seguaci e partigiani dello Stoick, n>>u meno che altri medici di ogni na-ioue, hanno scritto sulle applicazioni meiliche della Cicuta, la quale è stala posta in opera contro mo4bi difTereiilissimi per essenza, per natura, e [)er forma. Chi bramasse avere esalta contezza di tutte le malattie, nella cura delle quali si è impiegata la Cicuta, e di tulli i medici i quali hanno prescritto questo rimedio in variatissimi casi morbosi, può con- sultare l'insigne o|)era del i1/»rrtìj', ove eslesamente si riieriscouo le cose an- zidette. Inlanlo slimiamo sia merito dell'opera T avvertire, che clinici di alla laura ebbero tulio l'ardimenlo di opporsi alle asserzioni di Stcrck e dei suoi proseliti, dimoslrando col raziocinio e colla sperienza, non essere la Cicuta dolala di tulle quelle multiplici e pregevoli virlù mediche, che in questa pianta si altamente vennero lodate. E senza tessere un lungo elenco dei nomi di quei medici che si opposero a Storck-, e ad ogni altro esageralo encomiatore della Cicuta, crediamo sia bastevole all'uopo nominare un De- Haen ed un Mailer. Il primo non ha dubitalo di asserire che questo vegetabile non è idoneo a sod- disfare lutle le indicazioni curative sotto le quali Storck lo aveva anunini- slrato, e che il numero delle malattie, alla guarigione delle quali può contri- buire la Cicuta, è di gran lunga inferiore a quella eslesa serid di morbi contro cui Storck l'amminislrò. Mailer poi ha lentalo, e non senza lelice riuscita, di limitare nei dovuti confini le proprietà medicinali della Cicuta , sulla qual pianla egli ha scritto una dissertazione ( Dubia Cicutae vexata DissJ-, che contiene in vero cose di non poco interessamento. u. Se si voglia adunque dare il giuslo peso ai falli relativi alle mediche ap- plicazioni della Cicuta, e riferiti da quei medici dieci prece»lellero, se piaccia concedere ad una tal pianta (juel vero poslo che in materia medica ad essa conviene; e se si debba in fine giudicare de' suoi effeUi medicinali senza en- tusiasmo e cui solo lume della osservazione e. della sperienza, si avrà luoyo a 2'8 convincersi che le più rnggnnnlevoli proprietà mediche «Iella Cicuta ilipendono dall'aiìone che qneslo vegetaliile s\ilup|)a sul sistema dei nervi, e su quello linfatico glonilulare; e che quindi questa pianta è quasi unicamente applicabile al Iratlanienlo curativo di alcune morbose afl'ezioni , proprie agli anzidetti due sistemi organici. In rifruardo alle nialallie ner\ose, si ha tutta ragione di sta- bilire che la Cicuta, siccome (ornila di azione anli-eccitante, possa con van- taggio impiegarsi contro lutti que' stali morbosi di sopraeccilamenlo vitale del- l'encefalo e dei nervi. Di fallo si hanno al dì d'oggi numerose osservazioni, le quali dimostrano, che la Cicuta spiega, contro alcime malattie nervose, quella stessa azione medicinale che è projiria alle fiianle Solanacee di cui abbiamo fallo parola nei precedenti articoli. Molli degli oilierni pratici impiegano perciò con ■decisa utilità l'estratto di Cicuta nella ciu-a -di tulle fjuelle infermila del sistema senziente, al Irattatnento curativo delle quali essi imf)iegherebbero eziandio con Tero vantaggio il Giusquiamo, lo Stramonio, ed il Solano nero. La proprietà «almante e sedante, chela Cicuta possiede, è ornai con tanta evidenza dimo- strala , che non può esservi clinico di lungo esercizio che non abbia firoprie osservazioni, da cui possa dedurre con certezza, che la Cicuta è in vero el- ficacissimo farmaco nel condurre a guarigione molle sfìecie di nevralgie, e coB tanta prontezza ed attivila, (juanta se ne ravvisa in altri rimedii sedanti e cal- manti. L'inglese Fofhergill rendette nolo di avere egli guarito alcuni indi- \idui aflelli da prosopalgia coH'amministiazione della Cicilia ; ed altri medici, i quali si sono fatti a seguire la di lui pratica , hanno ilei pari ottenuto un ^fuale l'elice successo, non solo nel trallnmenio curativo del morbo testò ram- ineutato, ma atiche di altre specie di nmialgie, tali come la nevralgia sopra- oi lutale, cognita comunemente sotto il nome di chiodo solare, la emicrania ricorrenle a periorli , la cardialgia abituale, ed i dohu'i uterini, che precedono ovvero acconqìagiiano la dilìicile mestruazione. ISella cura di tulli gl'indicati malori abbiamo [lur noi molte volle usato la Cicuta, e le nostre prescrizioni sono siale spesso seguite «la esito il più Ibrluiialo. IMè la pro|)netà calmante e sedante della Cicuta si osserva soltanto limitala a diminuire le sensazioni do- lorose esistenti nei nervi; ma vale eziandio a rionlinare gli abnormi movimenti nervosi, e quindi utilissimo si vede essere l'uso interno della Cicuta nel trat- tamento curativo deiri^teiismo, e di altre varie forme di convulsioni. La mania in fine, l'epilessia, e qualche specie di paralisi, sono del pari nel numero di quelle maialile nervose sanabili talvolta mediante ramministrazicme della Cicuta. "Intorno alTattività medicamentosa che la Cicuta spiega sul sistema linfatico- glandulare, e circa le a[iplicazioni mell>'7,in, ili cut esse gU'loDo iiellu stalo di salute, clip .s'iinpifga questa pianta, non solo per vincere grindiiiamenti "landulari di ogni penerà, ma se ne la nso eziandio per togliere plindiiramenli viscerali, ed in isjK'cie quelli dei visceri contentili nella cavila addominale: nelle così dette oslriiiioni di fegato e di milza, stati morbosi frequentissimi ad osservarsi, e i;he nel moderno linguaggio medico «ono con miglior senno distinti col nome di lente epaliti e spleniti; nella cura di tali morbosità è la Cicuta un rimedio ovvio a [irescri versi , eri alla pr^sciizione di esso s[)esso conseguita una cojn- piula guarigione delle malattie in discorso. Anche più vantaggiosa si stima dai pratici la Cicuta contro (piella morbosa condizione, in cui sovente si trovano le interne glandule mesenteriche, le quali indurate ed alterale, in forza di lenta flogosi da cui sono alitile, cessano daHoflicio loro, quindi la nutrizione viene meno, e lalrofia ed il marasmo ne succedono: questo terribile stato morboso, al quale iVequenleiiienle s )ggiacfiono grinlaiili , e che costituisce (]uella nialallia cognita col nume di tabe mesenterrca. si raffrena talvolta nel suo [)r()gres«,o, e talora si toglie del tulio meicè la Cicuta, amministrata a dosi reiterate, sempre crescenti , e per lungo tempo. In fine è d'uopo avvertire Don essere l'uso della Cicuta meno commendalo dai clinici , quale valevolis- simo mezzo curuli\o da porsi iu oliera in luUi quei casi nei quali l'a^lterazione morbosa delle glandule esterne ed interne non sia limitala soltanto al semplice iudurameulo, ma che bensì le glandule stesse si trovino sì fattamente degene- rate nella loro organizzazione, fino ad aversi nelle medesime quel particolare slato di malaltia che i medici cliiamauo scirrosità ; quasi di unanime consen- liinenlo i clinid riguardanrr lo scirro, come un morbo la di cui guarigione è solo sperabile d, illuso interno ed esterno della Cicuta, e considerano questo vegetabile (piale unico presidio terapeutico valevole all'uopo , quale rimedio anti-scirroso per eccellenza, e quale farmaco di assoluta azione specifica. In questo punto di clinica perù quasi tutti i pratici si fanno eco l'un Tallro alle vicendevoli ludi con cui esaltano la possanza medicinale che la Cicuta sviluppa contro gli scirri, al di sopra di qualunque altro cognito medicamento; avve- gnaché non siavi forse (sii;come di sopra accennammo) fra tanti encomiatori uno solo che possa vantarsi di avere in ogni incontro ottenuto la compiuta guarigione delle scirrosità glandulari, per opera della Cicuta , usata in qualsisia maniera. " Persuasi gli odierni medici, per le asserzioni di Sfnrck e di altri clinici del passalo secolo, die la (jicula spieghi realmente una rimarcabile azione salutare, usandone contro grinduramenli e le scirrosiià glandulari, e convinti da di- versi esili fortunati che hanno avuto le cure «legli induramenti d^lle glandule e degli scirri, mediante la Cicuta, non dubitano di applicare eziandio questo vegetabile al Inllamento curativo del cancro, incoraggiati a ciò (are dalle molle osservazioni in proposito, che ci lasciarono quei pratici i quali ci precedettero- La Cicuta adunque sì ritiene da molli anche al di d'oggi per un farmaco dotato di esimie virtù nel condurre a guarigione il cancro, e particolarmente quello elle ha la sua sede nelle mammelle e nell'utero, eia [imprietà anti- cancerosa della Cicuta non è da certi medici niente meno encomiala della qualità anli- scirrosa di cui si crede questa pianta fornity. 1 risuUamenli però oUenuli djll« cure anli cancerose, cosliluile unicamente rlall'uso interno ed esterno «Iella Cicuta, non furono per lo passato, siccome non sono al dì d'oggi, tali da indurre i pratici ad avere tutta la fiducia sulla pi.mta in questione, quale sicuro' ri- n>edio anti- canceroso: per mala sorte dell'inlelice umanità non è ancora di- mostrato da una numeiosa serie di lutti, che la Cicuta guarisca con certezza specificamente il cancro; ma questa micidiale malattia, ad onta dei tanti in- crementi nellarte medica, noti ha ancora un idoneo e sicuro larmaco per com- batterla, e la guarigione di essa è solo sperabile dal pronto sussidio della mano chirurgica. Non può negarsi che molte storie mediche attestino essere stata talvolta la Cicuta giovevole contro la malattia di che si tratta , ma del pari non può dubitarsi che anche altre sostarne nvedicamenlose siensi mostralo egual- mente \alevoli in al«un caso a distruggere le affezioni cancerose, tanto per- fettamente, quanto impiegando airuopo la Cicuta; ciò solo è bastevole a to- gliere a questo vegetabile la fama e la rinomanza di rimedio s[)ecifico contro il cancro; e noi non dubitiamo di asserire che non debba esservi medico eser- citato, il quale non abbia dovuto osservare nella sua pratica che la Cicuta non ha sempre corrisposto alle sue mire, qualora egli ne abbia usalo isolatamente, come rimedio anli-canceroso. Né quanto noi esponiamo manca di quel soste- gno che può fornirgli l'autorità di clinici ragguardevoli ; impercioi che noi pos- siamo tra gli altri valerci del nome di un yls-Bierckeny il quale im[)rese vi- gorosamente a coml»attere, e col ragionamento e colPosservazioiie, la preco- nizzata virtù anli cancerosa della Cicuta , ed anzi s'ingegnano di provare che questa pianta impiegata contro il cancro apporta più nocimento che utilità: di un Alibert, il quale con tutto il candore riferisce di non avere egli potuto giammai verificare con fatti positivi che la Cicuta, sebbene molte volte da lui impiegata, sia realmente un valevole farmaco da sperarne la cura radicale delle affezioni cancerose; non meno che la guarigione compiuta dell'induramento glandulare, e dello scino: e se da noi si volessero eziandio rammentare altri nomi di clinici autorevoli , che si sono dati ad op[)Ugiiare la proprietà anti- cancerosa della Cicuta, avremmo ben di che imf)inguare il pieseiite articolo. Non vogliamo però passare sotto sileuzJo, e ciò senza tema di renderci inu- tilmente prolissi, che un buon numero di medici asseriscono non essere la Ci- cuta uà rimedio vantaggioso nel trattamento curativo del cancro, perchè ad ottenere dall'uso interno di questa pianta un qualche buon successo , fa di me- stieri amministrarla pei" lungo tempo, aumentarne gradatamente la dose, giun- gere quindi a somministrarne una quantità eccedente; ed allora si perviene ad uu punto in cui essa agisce più come sostanza velenosa , che qual farmaco sa- lutare. In effetto si è osservato, che tanto il lungo uso della Cicuta, quanto la dose troppo elevata di questo medicamento, sono due circostanze, le quali inducono ben sensibili sconcerti nell'animale economia: gl'individui si fatta- mente curati risentono alcun poco le deleterie impressioni che loro apporta la Cicuta; imperciocché lo stomaco loro s'irrita, e notabilmente si altera nell'e- sercizio di sue (unzioni, ed una molesta dis{>ef)sia ed una penosa anoressia, ed altre turbe gastriche ne succedono: olire a ciò negl'individui stessi suole tal- volta la Cicuta fitaiioni , tremori, convulsioni, e spesso anche morirono. ■«^;si«©;;^;i&i^i^» SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Pjrle supiiiore dello stelo di Cicuta Maggiore. 2. Parte inferiore dello stelo. 3. Fiore iiiiitro ingrossato. 4. Frutto iutiero inglossalo. 33 CICUTA ÀCQLATICA Slum paluilre allenin» t'oliis senalis Touni. , class. 7, Ombellifere — Cicula viiosa Limi., class. 3, peiilaiidiia digiiiia. — Cicutaria aquatica Lam., Eucyc nielli. — Jiiss., class. 12, onl. 2, Oiiilìellifere. — Puiiet, Fior. lued., 1.3, tab. 120 òi.y.— Ridi , Bot. med., t. 2, pag. 472. La Cicuta acqualica è una pianta che alligna in vicinanza delle maremme e dei ruscelli, specialmcnle nell'Alsazia, nella Picardia, nella Bretagna e simili. Essa è eccessivamente ve- nefica, e forse più che la sovra descritta; quindi molti autori, fra' quali Linneo, riferiscono piuttosto a questa specie di Ci- cuta, anzi che alla maggiore, il tanto encomiato veleno de- gli antichi Gre(;i ed Ateniesi; che anzi, quest'ultimo autore atteso la sua grande potenza deleteria diedele il nome di Cicuta virosa. La sua radice è grossa, carnosa, biancastra, piena d'un succo latticinoso e giallastro, guernita di fibre numerose. Da questa s eleva uno stelo eretto, ramoso, striato, glabro, verde ed alto da due a tre piedi. Le foglie inferiori sono gran- dissime, tripinnate, a fogliette lanceolate, acute, strette, pro- fondissimamente ed irregolarmente dentate, in fine spesse volte confluenti alla base ; le foglie superiori hanno delle fogliette quasi lineari e dentate. I fiori sono bianchi, disposti ad om- brelle composte di dieci e dodici raggi di fiori piccoli , bian- chi, talvolta muniti di un involucro ad una sola foglia li- neare, e di involucri parziali a più fogliette, sovente più lunghe che le ombrellette; essi sono composti di cinque pe- lali ovali, intieri, quasi eguali, curvi alla sommith, di cincpui slami , di due stili. 11 frutto t; akjuanto curvo, ovale, com- posto di due semi convessi all' infuori, a cin(pie piccoli lati, 34 intierissimi , e non dentati o tubercolosi. — Fiorisce verso \ mesi di giugno e luglio. La Cicuta acquatica chiamasi dai Francesi Ciguè' aquatiqiie , Ciculaire aquatigue, Cigue virulente ; dagli Inglesi Water-Hem- loch; dai Tedeschi Wassersc/nerUny, Wuetterich, Wuetscherling ; dagli Olandesi Water-scheerling ; dagli Svezzesi Spangort. La Cicuta acquatica sviluppa un sapere acre, e maslicandola produce un senso «li bruciore permitnente «ella lingua e nelle fauci ; il suo odore è forte, spiacevole ed alquanto stupftfaciente. Alcuni scriUori assegnano quale fisica proprietà di questa pianta il conleaere un sugo giallo entro particolari follicoli , situali nella corteccia. I chimici moderni, per quanto è a nostra notizia, non hanno intrapreso alcun esatto saggio analitico sulla Cicuta acquatica; onde sui principii costitutivi di que- sta pianta nutPaltro si conosce se non quanto ha riferito Gadd : questi sottopose la Cicuta acquatica alla distillazione e ne ottenne un liquore di cui non indicò i precisi caratteri chimici, e si limilo soltanto ad accennare che un lai liquore ha il medesimo sapore ed odore, non meno che le stesse proprietà deleterie di cui gode la pianta che lo ha fornito. ISè più rimarcabili sono i saggi di chimica analisi sulla Cicuta che Wepfer ci presenta , sebbene siasi occupato di un tal ve- getale, esaminandolo sotto ogni rapporto. Quesl' autore , oltre al succo acre e giallo che racchiude la corteccia, rimarcò sulle scalfitture dei grossi steli, alcuni pic- coli agglomeramenli d'una materia bleuastra, trasparente, viscosa e leggermente acre. La Cicuta acquatica non è d'un uso molto esleso in medicina ; tuttavia può essa soddisfare a molte importanti indicazioni curative. Risulla di fatti da varie espe- rienze e da diverse osservazioni essere la Cicuta acquatica dotata di molta attività, ed idonea perciò a sviluppare rimarcabile azione nell' animale economia , azione più attiva che quella della Cicuta maggiore: varii medici Y hanno riguardata come efficacissima nei casi slessi nei quali questa si adopra. Seconda Bruschi , Tazione della Cicuta acquatica devesi considerare duplice; poiché resistenza di due particolari principii attivi è forza riconoscere in sifFatla pianta, l'uno di natura acre, V altro di natura virosa stupefacente; quindi giusta il suUodato autore la pianta in discorso esercita nel vivo organismo una azione di contallo irritante ed un'azione diffusiva anli-eccilante. Non taceremo ancora che il motivo principale per cui i medici si astennero mai sempre dall' uso interno di siffatto farmaco , egli si è la sola tema che questa pianta potesse sviluppare la sua troppo energica velenosità ; velenosità comprovatissima dagli esperimenti di Gmeliu, Gadd, Linneo, "Wepfer, Boerrha- ve, Schenk, Riedliu e molti altri osservatori. I fenomeni d'avvelenamenti che questa pianta esercita suU' animale economia, sono gli stessi, sebbene maggior- mente intensi che quelli della Cicuta maggiore: quindi venne da Orfila collo- cala Ira i veleni narcolico-acri. 35 La Cicuta acquatica, per ultimo, è commendata qual rimedio esterno in quei casi morbosi in cui trovossi vantaggiosa l' applicazione topica della Cicuta maggiore. SPIEGAZIO^E DELLA TAVOLA *=^gi^x> j. Parte superiore dellci,"8tclo*della Cicuta Acquatica, a. Foglia radicale. 3. Fiore inlieroèingrossato. ^. Frutto intiero dr-lla grossezza naturale. 5, Lo «lesso ingrossalo ma tagliato orizzoolalmente. CORIANDOLO Coriau(]rum inajus Baub., pia., lib. 4, sect. 5. — Tourn., dass. 7, Ombellilere. - Coiiandrium sativuni Lino., class. S, pentaudria digiiiia. — Jiiss. , cl.is^s. 12, Old. 2, Ombellifere — Poiret., Fior, med., t. 3, lab. 133. Questa pianticella vuoisi originaria d'Italia; ma la sua colti- vazione agevolissima la naturalizzò in Francia ed in quasi tutte le parti d'Europa, nelle meridionali in ispecie, ove ci'esce. naturalmente. La sua radice è annua, fusiforme, biancastra, mu- nita di alcune fibre e sormontata da un fusto ramoso, liscio, alta circa due piedi, e che porta foglie alterne, frastagliate in lobi strettissimi; le inferiori bipinnatifide. I fiori sono bianchi , o di rosa pallida, disposti ad ombelle terminali, a cinque od otto raggi, pili grandi alla circonferenza dell'ombrella, e sprovveduti d'un involucro generale; ad ogni ombrella parziale si vede un involucro parziale composto di quattro ad otto fogliette generali: questi sono composti d'un calice piccolissimo a cinque denti; di una corolla a cinque pelali curvi a mo' di cuore, più grandi nei fiori esteriori, irregolari; di cinque stami altenii coi petali. L'o- vario è aderente e sormontato da due stili e due stimmi. Il frutto è un diachene globoso separabile in due porzioni emisferiche. — Fiorisce nei mesi di giugno e di luglio. Il Coriandolo, chiamato, anche Coriandro, Cimandolo, appellasi dai Francesi Coriandre; dagli Spagnuoli CUardro, Culantro; dagli Inglesi Koriander ; dai Tedeschi Koriander, WazendUle ; dagli Svezzesi Coriander ; dai Polacchi Konjander, Koriandeze ; dai Russi Koriander, KUschnez; dai Chinesi Xe-Im-yu. Si da poi il nome di piccolo Coriandolo ad una specie chia- mata da Linneo Curiandrium testiculatum , rimarcabile per i suoi semi composti di due porzioni perfettamente sferiche. Questo è meno odoroso dell' altro. Tulta la pianta, quando è fresca, esala un odore di cimice, ma i semi colla disseccazione acquistano un odore ed un sapore si aggradevole, che i liquoristi ^y^tr-y Yr/z/^Z/r ^ ;V-7 lÒ artopraiiG come uno dei migliori aromi indigeni , ed i confellieri ne iah- bricano coiifelli; adopraosi inoltre come condimento e come aroniato princi- palmente nel Nord , ove se ne prevalgono anche taluni ad aromatizzare la birra; si mescolano pure colla pasta innanzi di tare il pane. Sottoposti i semi del Coriandolo alla distillazione , somministrano olio vo- latile giallo, a cui devesi la loro proprietà eccitante, e tutte le mediche virtù che dagli antichi medici loro allribuivansi. Imperocché essi godettero e go- dono tuttodì fama di corroboranti, carminativi, stomatichi e diuretici: e come tali sono commendati nella debolezza di stomaco, nell'atonia del canale dige- stivo e contro i flati. L' infusione di due dramme di coriandro entro un boc- cale di acqua bollente, costituisce una bevanda insieme diuretica e sudorifera. Pretendono eziandio alcuni autori averla adoprata con vantaggio contro certe febbri quartaiie: di rado però oggidì si ricorre a questa sostanza, la quale usasi solo alcime volte per correggere l'odore ed il gusto sovente insopportabile di alcuni purganti; e pretende Culleu che l'infusione di questi semi associata con quella della sena prevenga le coliche cui questo purgante vale a detei - minare. Per asserzione di Dioscoride e di Avicenna gli antichi consideravano il Co- riandolo quale pianta tossica, valevole a produrre gravissimi accidenti, come vertigini, sonnolenza, demenza e simili, accidenti, che secondo essi si appale- sano in ispecialità usando del Coriandro ancor fresco e pieno di succhi. Niuno autore moderno però comprovò siffatte proprietà deleterie; imperocché le as- serzioni di Dioscoride e di Avicenna, sebbene trovino appoggio in Mattioli, il quale dice di giammai usarle senza prima avere modiGcale o distrutte le sue proprietà deleterie per mezzo della macerazione nell' acéto, non che in Trago che raccomanda energicamente ai droghisli di non venderli al pubblico se non dopo d'averli fatto subire una analoga preparazione; e per ultimo in Gilibert, il quale asserisce d'avere lui stesso provati mal di capo, nausea e cardialgia dopo d'essere slato esposto per qualche tempo all' emanazione d' una data quantità ili Coriandro ; Intlavolta le esperienze di Alpino, Amato, Bauhin, Zwelfer, Lobel ed altri comprovano che in nessun modo possedoiio proprietà deleterie. Lo che sarebbe anche comprovato dal grande uso che di questi semi fauno gli Olandesi, gli Spaglinoli, gli Egiziani ed altri popoli, senza che ne provino il più che minimo inconveniente. Volendo prescrivere i semi di Coriandolo come carminativi e stomatici, la dose può essere di mezzo scrupolo ad una mezza dramma e quella del loro olio volatile di dieci a trenta goccie. I semi, per ultimo, entrano nella com- posizione d* acqua di mielissa composta , nella polvere digestiva di Charas eil in molti altri eiisiri. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i. Stelo di Coriandro 2. Fiore intiero della circonferenza dell'onibolla ingrossalo. 3. Fiore ingrossalo del cenilo dcU'umlj(.llj, ',. Frutto ingrossalo. 38 F 1 N U C C ri 1 O Foeuiculijm ilulce Bauh., pili., lil>. 4, sect. 4 — Touin., class. 7, Oiiiltellifere'.— ^ Anaelliiiin loeniculum Liiiu., class. 6, penlandria diginia — Jiiss., class 12, ovà. 2, Ombellil'ere.— Poiret, Fior, meil , l. 3, tal). 165. L' odore piacevole e particolare che esala il Finocchio basta per se solo a farlo distinguere dalle altre piante orabellifere di cui fa parie : esso cresce principalmente nei luoghi sassosi delle eonlrade meridionali d'Europa, in Grecia ed in Oriente. Dalla sua radice vivace, allungata, della grossezza d'un dito, s'innalza un fusto ramoso, superiormente liscio, assai glauco, cilindrico, alto da quattro a sei piedi , e guernito di foglie inguainanli e membranose alla base, decomposte in fogliette lineari fdiformi e quasi capillari. I fiori, di colore giallo, formano delle ombelle terminali , prive d'involucro e d'involucretti, ampie, con numerosi raggi allungatissimi, che sostengono ombelle corte ed aperte: essi sono composti d'un calice intiero; d'una corolla a cinque petali regolari; di cinque stami; d'un ovario aderente, sormontalo alla sua sommila da corpi glandolosi, da cui s'elevano due stili per- sistenti. Il frutto è un polachene lenticolare, compresso, nudo, formato da due parli aderenti piene da un lato , convesse dal- l'altro, segnate da cinque coste, dì cui ciascuna contiene un seme. Il Finocchio chiamasi dai Francesi Fenoiiil; dagli Spagnuolì ìlìnojo; dagli Inglesi Fennel; dai Tedeschi Fencliel; dagli Svezzesi- Fenkairl. Linneo, dietro Gasparo Bauhino, aveva indicato tre varietà nel Finocchio comune. Quella che è slata detta Finocchio dolce, cioè la descritta, forma senza dubbio una specie distinta , poi- ché la coltura non ne altera la proprietà: questa è la specie t y^ ^///^f^/yy'/p 89 ieoilivata in Italia sotto il nome di Finocchio o feiwcchio dolce o di Bologna (Targioni, Agricol. II ): si mangia iu insalata come il sedano. Il Finocchio storto è il Seseli tortiiosmn Linn., comune nei paesi caldi d'Europa, soprattutto nelle vicinanze di Marsiglia; dal che gli derivò il nome di Seseli Marsigliese. I suoi semi si adoprano Come aperitivi ed alessifarmaci, ed entrano nella composizione della teriaca. Il FiiioccLio dolce è dotato di un odore aromatico piacevolissimo, e d' un sapore zuccbero^o im poco acre. Esso esala da tutte le parli , ma è molto più sviluppato uelle foglie; ed ha la proprietà di manifestarsi più forte sotto la ilisseccaiione. 11 suo sapore dolce, arromatico, e piacevole trovasi sovrat- tutto nei semi , le cui mediche proprietà sono assai energiche. Secondo ri- ferisce Mattioli, nei paesi caldi, quando si tagliano gli steli, cola un succo ^ommo-resiuoso , che gli abitanti della Spagna occidentale raccolgono , lo rendono concreto sotto Tinfluenia dell'aria, e lo denominano gomma di fi- nocchio. Un'analisi perfetta del Finocchio fin ora, per quanto sappiamo, non venne instituila ; essa constatò però in questa pianta, come nella maggior parte delle ombellifere, lo presenta d'un olio volatile aromatico soavissimo, una piccola quantità d' olio grasso che rendesi fisso sotto l'aiione del freddo , uu estratto resinoso aromatico alquanto amaro, ed un estratto acquoso quasi i- nerte. Il Finocchio era già in uso appo gli antichi. Ippocrale Tadoprava per alti- iare la secrezione del latte. Gli Inglesi lo prescrissero lungo tempo nelle co- liche dei bimbi , sebbene Cullen dimostri non averne confidenia a tale ri- guardo. S'ammisero generalmente nel farmaco in discorso le proprietà di pro- vocare la secrezione dell'orina, d'eccitare lo scolo mestruo, di troncare il sin- ^'liioiio, di sedare i vomiti, e di guarire le febbri intermittenti. Vàiilossi pure il suo uio interiio onde attivare le funzioni digestive, espellere le flatuosità, ecc. Tutta volta, quando si voglia riflettere sul modo d'agire di questa' pianta aromatica, è facile il comprendeie che le virtù carminativa , stomatica , diu- retica, emenagoga, antispasmodica, risolutiva, febbrifuga e simili, tanto van- iate, sono ben lungi d'essere proprieté assolute d'un tale farmaco; tua bensì eSf'etli secondarii subordinati alla condizione degli organi, e che derivano im- mediatamente dall' eccitamento diretto che questo rimedio vale a determinare nell'animale economia; eccitamento, di cui, come nota Chaumeton, "se ne può fare un' idea esatta per l'impressione che determina sull'organo del gusto e su quello dell'odorato". Al dire inoltre del succitato autore, il finocchio è fuori di »lubbio capace a cond)attere la dispessia, la clorosi, la leucorrea ed iufge- uere le aUeiioui cacbelicLe; ma quando il |ierluilwuieuto delle funzioni di- 40 geslive, o r accumulaineiUo ilei gas iulesliuali souo il risultalo 0 Cuinlnum semine longiore Bnuh., p'm., lib. 4, secl. 4.— Foeuiculmn oiieiilale ^ ciin>ii)uni ilictum Touni., class. 7, OiiibeHilere.— Cnminum cyniiniìm Limi., cbss. 3, iienlandria diginia.— Juss., clais. l2, oid. 2, Ombellileie.- Poirel , Fior, iued., l. 3, lab. 142. L'odore vivo e penetrante dei semi di Cornino, il loro sa[)ore aromatico, fissarono l'attenzione dei più antichi botanici; poiché di essi fanno menzione sì Teofrasto che Dioscoride. Esso era già a quei tempi coltivato e riscontravasi frequentemente in Egitto, neir Asia minore, ove anche oggidì cresce spontanea- mente. Originario adunque il Comico delle contrade orientali, col- livasi presentemente ne' giardini d'Europa e soprattutto nei paesi settentrionali. Le sue radici sottili, allungate , quasi sem- plici, fibrose e biancastre, danno origine ad uno stek) ramoso e come dicotomo che s'innalza a più d'un piede, il quale è vellu- tato alla sua parte superiore, e porta delle foglie glabre, biter- nate, composte di fogliette ovali, lanceolate, tagliate in coreggie e presso che capillari. 1 fiori, talvolta bianchi e talvolta porpo- rini, formano delle ombrelle terminali , composte di un piccolo numero di raggi, sostenute da peduncoli opposti a quelli delle foglie , ed accompagnate d' un involucro e di involucrelti a tre 0 quattro foglie lineari: essi sono composti d'una corolla a cin- que petali quasi eguali, curvi all'indentro ed incavati alla som- mità; di cinque stami; d'un ovarÌD aderente sormontato da due stili e da due stimmi^. Il frutto eliselo, qualche volta un po' vel- loso secondo la varietà, e composto di due semi ellissoidi ap- plicati l'uno contro lallro e striati sul loro margine. Il Comino, detto anche Cimino, Cimiim, chiamasi dai Francesi Cumin; dagli Spagnuoli Comino; dagli Inglesi Cìmmin;{['à\ Tedeschi Moemischer, Kuemmely dagli Olandesi Komyn, Kmwjìh H Per l'oJoie forte, jiiomalico, j/iacevole che esalano, dovuto alla giaude quafl- tìtà d'olio volatile che òòtitengono, i temi del Coaiiuo, sotto il ia|)(>oilo delle proprietà mediche ponno essere rassomigliati ai trulli del finocchio sopra de- scritto, e di molte altre ombrellifere; ma siccome il loro odore è più pene- trante, essi son dotati di un' aiione stimolante più energica. Posti con ragione dagli antichi farmacologisti nella classe dei quattro semi caldi, essi sono realmente tonici e stimolanti, posseggono incoutrastabiiraenle le proprietà stomatica , carminativa , diuretica, sudorifica, emenagoga, risolutiva , che pur gode il finocchio, e convengono in tutti i casi in cui i semi di questo sono commendati; giova però avvertire che essendo dotali d'un' aiione più ec- citante, debbono perciò essere adoprati con maggiore prudenza. E specialmente la medicina veterinaria che ne fa un gran uso, associandoli, sotto torma di polvere e di elettuario, con estratti di genziana, di ginepro ed altri medica- menti tonici. Il famoso empiaslro di Cornino che ha goduto di tanta riputazione, e che applicasi ancora oggidì alcune volte suU'epigaslro per rimediare alla de- bolezza dello stomaco, è in gran parte composto di semi di questa pianta. Come alimento, i semi di Comi no sono applicati a diversi usi economici I popoli del Nord usano mettere del Cornino nel loro pane: si dice pure che gli Olandesi de uè servano per aromatizzare alcuno dei loro fonViaggi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Sielo di Coiiiiii'u. % Fiure intiero ingrossato. 3. Frullo intiero ingrossalo. f yt^/^//^r/r t /^r/^/^^/^f r 4.1 FElLANDlliO ACOIATICO •;^=§f=àK&*i«i* Cicutaria paliistiis leiioìfolia Bauh., |.in., lib 4, secl. 5. — rhellan.lriim. do.lo- liaei Tonili., class. 7, secl. 1, geu. 3.— Pbellaiidnum aqualicum Limi., pen- landria digiuia.— Juss., class. 7, sect. 12, oiel. 2, Oinbellilere.— Oeiianllié l.hellandimm D. C- Ricb., Bot. med., l.U, pag. 460. -Poirel , Fior, med., l. o, lab. 2Tl. Il Fellandrio forma, secondo Linneo, un genere particolare che alcuni botanici moderni, fra quali Laraarck, riunirono agli Oe~ nanti da cui realmente poco dislinguesi. Esso ne ditlerisce solo pei suoi fiori quasi tutti uniformi, tutti fertili, con quei del cen- tro più piccoli; mentre negli Cenanti i fiori della circonferenza sono sterili, i loro petali più grandi ed irregolari, le ombelle generali e parziali provviste d'un involucro a più fogliole. Questa pianta, che alligna frammezzo alle maree e sui margini dei ruscelli, ha la radice grossa, articolata, munita alle artico- lazioni d'un gran numero di radichette. 11 suo slelo è glabro, fisto- loso, alto uno 0 due piedi e sino a sei, cilindrico, strialo, cavo, del diametro talvolta di più di un pollice, ramificato verso la sua parte superiore, semplice inferiormente, ove risulta quasi nodoso. Le foglie sono grandi, decomposte in moltissime foglietto a lobi incisi e tagliati sottili sottili; si danno a vedere di colore verde carico e liscio. I fiori risultano piccoli, bianchi, disposti in una ombrella terminale, senza involucri, ma con involucretti composti di sei in otto foglieltc dispiegate, più corte dei peduncoli: e5si sono formati d' un calice privo dei piccoli cinque denti acuti ; d' una corolla a cinque petali cordiformi , alquanto curvi ; di cinque stami; d'un ovario aderente, sormontato da due stili. I frutti riescono ovali, lunghi e quasi prismatici, striali, coronali dai cinque denti pìccoli del calice, e da due stili che sono persi- sten li. 44 Il Fellandrio Acquatico , dello ticùtd delle maree , Clcu- iaria, Millefoglio acquatico, Finocchio acquatico, chiamasi dai Francesi Phelkmdre, Cicutaire de marais, Algue d'eau; dai Tede- schi Pferdesaamen ; dagli Inglesi Fine leaved, Water-hemlock ; dagli ^weizm Stackra; &ài Polacchi Kruszkamien-ziele ; dagH Ungheresi Vizi-kapor. Il Fellandrio Acquatico è piaula velenosa al pari di lutle le altre specie di Cicuta. Le sue foglie confricate tra le dita, tramandano cert'odore fienetraule aromatico che ha qualche analogia con quello del cerfoglio: lo slesso dicasi dei suoi frutti, i quali sviluppano un sapore caldo, acre, piccante ed analogo a quello di cui godono quasi tutti i semi delle piante ombellale. Questi sono la sola parte che adoprasi in medicina; sebbene secondo alcuni scrittori di far- macologia anche le foglie possano essere impiegate, possedendo esse le medesima proprietà terapeutiche che ai semi appartengono. Non si hanno che pochi ed inesatti saggi di chimica analisi di questi semi; solamente sì conosce contenere essi una quantità di olio volatile separabile mediante la distillazione; quest'olio è limpido, di un colore biondo chiaro, ha sapore piccante molto intenso e spande un odore forte, penetrantissimo, il quale eccita lo sternuto Egli « forse a quest'olio che debhesi attribuire tutta l'attività medicinale che essi valgono a spiegare Le virtù medicinali del Fellandrio furono già dagli antichi medici decan- tate; e queste vennero poscia confermate da varie applicazioni mediche dei semi in discorso, the ÀeT passato secolo fecero alcuni clinici: quindi ne vantarono Tefficacia nel vincere diverse umane infermità- Si lodò in questi semi la virtù antiscorbutica, disostruente, anti-piretica, litontrillica, diuretica, anti-cancerosa, becchica, anti-elica e va dicendo- Circa la loro attività nel dislru£!gere le afifezioni scorbutiche si hanno molle osservazioni appartenenti ai medici d''01auda, del Belgio, dell' Alemagna, nei quali paesi questi semi costituiscono un famigeratissimo mezzo onde guarire lo scorbuto- Pochissimi fatti poi dimostrano che il loro uso sia giovevole contro le ostruzioni dei visceri addominali; mentre per lo contrario gli esperimenti instituiti sulla proprietà febbrifuga di questi semi medesimi , furono mollo più conéiudenti. Kramper e specialmente Erustringo, fra i varii che storie di lebbri intermittenti riferirono debellate con quest'ultimo rimedio anti -piretico , questi semi considerano quale febbrifugo validissimo: che anzi, quest'ultimo, il quale sopra tale argomento pubblicò una dissertazione ex professo da molle espe- rienze, come dice, scollato, li preferisce alla china nel trallamento delle febbri intermittenti di qualsiasi tipo. Li j)rescriveva nella dose di una, due e anche quattro dramme date prima dell'accesso, e continuava la metà di questa dose per qualche tempo nei giorni di apiressia; sec'ondo quél pratico, sifTalto me- dicamento ha in particolare il vantaggio di uon cagionare mai quegli iugorga- 45 nìeuli ilei visceri aiMoniuinli che sussp^uì1;iiio lii Irequenle l'uso della china cotilinualn per qualche lenipo. AfFalto incoiichiuJenli si ravvisano essere i lenlalivi intrapresi jier dimo- strare, che i semi di fellandrio sieno valevoli contro la litiasi, tanto [ler im- pedire la genesi delle concrezioni calcolose, quanto per favorirne l'espulsione; aebbene non dulihie osservazioni dimostrino, che in realtà i semi del fellan- drio sono forniti della virtù di accrescere la secrezione delle orine, e (luimli possono essere utilmente impiegati nella cura delle idropi, ed in tutte quelle aflfezioui in cui è necessario richiamare un abbondante scolo di orina. Kè più valutabile della lilonlriltica è in pratica l'azione salutare dei semi in discorso, impiegati contro il cancro; e ciò che si narra da alcuni clinici in proposito non merita certamente di essere mollo calcolato. La pro[)rietà anticancerosa della pianta di che ci occupiamo è più manifesta da qualche buono efietlo ot- lemito dalla sua applicazione esterna, di (juello che sia dai risultamenti avuti dal suo uso interno: im|)erciocchè f;ià per lo addietro usavasi la sua esterna ap- ])licazione sulle contusioni, sulle ulceri, sui tumori, e vantavansi i suoi buoni eilelti risolutivi a riguanlo di queste affezioni. Le virtù becchica ed anli-elica di questi semi, per ultimo, non fu ignota ai medici antichi; poiché alcuni ne lodarono assai V efficacia loro nella cura del catarro cronico, dell'asma, deireinollisi, e della stessa tisi polmolare ; e varii clinici moderni si sono fatti ad encomiare principalmente il poteie medica- mentoso dei semi del (ellandrio contro l'ultima di qlieste malattie, ed hanno k,'ssì perciò instituite molte esperienze ad oggetto di persuadere i pratici che nei semi in questiona si ha veramente un buon riipedio per tiionfare della sempre fatale lisicliezza ulcerosa o tubercolare, ed in molte cliniche moderne si vantano dei fatti relativi a questo soggetto di terapeutica, come in varie recenti opa^e periodiche di medicina si leggono alcune osservazioni su questo punto di pratica, fra le quali havvi la seguente del dottore Freddi: " Appena il dottore Freddi intese enunciata dal chiarissimo professore Borila la facoltà conlrostimolante del fellandrio acquatico, e l'attività dei suoi semi in ispecie nella tisichezza, volle esperimenlarlo in quelle malattie ove era mag- t;iormente encomiato, vale a dire nei casi di suppurazione incipienti , qual ri- medio che sembra atto ad opporsi a codeste secrezioni morbose, dalle quali ne nascono poi irrimediabili scoucerli. Lo tentò quindi per la prima volta in una tisichezza sleuica incipiente, e ne ebbe un ottimo risultato; dappoi in una spu- ria, la quale come altre due tisichezze in primo periodo, tutte dipendenti da una stenica diatesi, fu guarita radicalmente. 41. Non solo poi egli lo trovò vantaggioso in siniili affezioni, ma di più in lutti i flussi, come eccellente farmaco per opporsi all'abrasione dei visceri pro- veniente dall'evacuazione del muco che li lubrica : quindi con tale rimedio vinse una cislirrea ostinata, calmò certe blenonagie, guarì alcune afTezioni ca- tarrali. Con un infuso poi di foglie dello slesso fellandrio , sì per bocca, che, alle volle, per clislero, diminuì il tenesmo, arrestò due dissenterie e qualche diarrea; ottenne pure notabile vantaggio in un vomito cronico. Coleste malattie erano tulle d'indole stenica ". Non tralascieremp per ultimo la questione che il chiarissimo professore Bruschi nieittì iu campQ a riguardo del farmaco iu discorso svilla sua proprietà aniif etica: « E questione, dice egli, se la proprielà anti-elica dei seuii di fellandrio sia particolare e specifica, ovvero se sia questa l' effetto di un'azione generale die questi semi sviluppano oell'animale economia; molti sono di quest'ultimo pa- rere, e riferiscono tulli i vantaggi ottenuti coll'uso dei semi di fellandrio nella cura della tisi, alla qualità virosa e depriniente di cui questi semi sono do- tati; di maniera tale, che pensano essere quesli semi giovevoli, al jiari di al- tre sostanze medicinali fornite della medesima qualità virosa e deprimente. Se l'esito delle cure anti-etìche operale coi semi del fellandrio ac(]uatico fosse co- stantemente felice, a poco monterebbe, se la efficacia di questo farmaco do- vesse ripetersi o da una azione speciale, ovvei'o da un modo di agire gene- rale; a malgrado però della soffrente umanità, i semi del fellandrio non sono un sicuro rimedio contro la lisi polmonare; e le osservazioni che si riferiscono all' uopo si trovano essere mollo incerte, ed i falli che si narrano non pos- sono considerarsi come decisivi. Noi ci troviamo in grado di asserire con tutta l'ingenuità, che abbiamo molte volte prescritto i semi di fellandrio agli indi- vidui affetti da tisichezza, ma non abbiamo giammai potuto verificare la loro tanto (lecantata virtù anti-elica ; imperciocché gli infermi a cui amministrammo questo novellamente proposto farmaco, uon ci hanno mostrato sotto l'uso di esso alcun segno di sensibile miglioramento- » In medicina , com» dissimo, adopransi qna«i sempre i semi; tuttavia alcuni usano anche le foglie: i prijn'^ si danno i» polvere o soli o collo xuccaro alla dose di sei od otto grani ogni due ore. L'infuso s'ottiene con un pugillo (^ foglie in una libbra di acqua fervente; tale infuso si può anche dftie in be- vanda ordinaria nelle mentovate malattie: il decotto dei semi si fa con due dramme fino a mezz'oncia di essi in una libbra d'acqua: questo medicamento si associa pel solilo al lichene, alla digitale e simili. Giova però avvertire con Brusdii di non somministrare agli ammalali una dose troppo generosa: per- chè è dimostrato da non equivoche sperienze, che queste possedono qualità de- leterie al pari dei semi di tutte le altre piante ombellate acquatiche. Questa pianta è pure sospetta ai bruti, poiché i buoi appena ne mangiano, e quasi tutti gli altri la lasciano; tuttavia i cavalli quando ne mangiano, per caso, cadono al dire di Peyrilhe in una paraplegia mortale che s'attribuì er- roneamente al cnrculio parapleticus, mseilo, che pone la sua dimora nello stelo del fellandrio. Da ciò sembra, che la sua azione s' eserciti sul sistema ^lervoso, e specialmente sul midollo spinale. SPIECÌAZIO^^E DETXA TAVOLA j, Stelo del Fellandrio Acqualiro. 2. Radice. 3. Fioro intiero ingrossai?,. 4, Frullo della graodeiza nalurale. 5. Lo slesso ingrossalo. y ' ////^;u//'//^ PETROSELINQ -*^«iì&3^èE»- Appinm liditense, pplroseliuiini vuìgn JJnuIi., pip-, lib. 4 , sect. 4. — Toiirn., class. 7, secl. l, ^yii %- — Apiii'.ini [lelrosflirniiii Limi., penlnndri:) «lifiiiiin. — Jii>e pelali e- guali, rotondi, curvi alla loro sommità ; d' un ovario aderente sormontato da due stili corti e da due stimmi. 11 frutto è ovale 18 0 globoso, composto di due semi convessi alVinfuori, segnali sul loro margini da cinque piccole nervature. Il Petroselino, detto anche Prezzemolo, chiamasi dai Francesi Persil; dagli Spagnuoli Perejil; dai Portoghesi Aipo; dai Tedeschi Petersilie; dagli Inglesi Parsley; dagli Olandesi Pelerselie; dai Da^ nesi Petersilie; dagli Svezzesi Petersilia; dai Polacchi PietrmzJia; dai Russi Petruschka; dai Calmucchi Talantaynai; dagli Armeni Niachur. Quasi tulle le parti di questa pianta esalano un? fragranza che ad alcuni piace assai, mentre altri non la ponno in nessun modo sopportare. Il loro sapore è caldo , piccante ed altpianto amaro ; esse contengono un principio gommq- resinoso, ed un olio volatile aromatico più abbondante nei semi che nelle al- tre parli ; la radice racchiude inoltre della fecola che le compartisce qualche cosa di dolce e la rende eziandio nutritiva. Tutte queste differenti parti della pianta in discorso esercitano un eccita- mento manifesto, e gli effetti particolari che loro si attribuiscono, sono sem- pre Teffetto della loro proprietà tonica dovuta all'olio volatile. Esse vengono tutte in uso medico, ma però raramente i medici le prescrivono: sono anno- verate Ira i farmaci diuretici e godettero qualche credito di rimedio risolvente, carminativo, litontrittico. Lobb ha fatto sul sugo e sulla decozione di questa pianta esperimenti; e poiché vide che le orinarie concrezioni tenute lungamcnle infuse in questo s>ugt) soffrire un qualche ammollimento, dedusse che valesse ad esercitare un'azione lilonlrittica; e siffatta opinione prese voga appo molti medici e molto più presso il volgo. La qualità poi di medicamento risolvente altribuitfl al prezzemolo lo ha fallo applicare alla cura degli ingorghi glaudolari, degli scirri, tanto ammini- strando la decozione all'interno, quanto usando esternamente i cataplasmi falli colle foglie di quella pianta : è pure proposto da qualche scrittore il prezze- molo nel trattamento curativo dell'illerizia: finalmente si loda nel semi di que- sto vegetale la proprietà carminativa, e s'impiegano anche dalle persone po- polari per estir|)are i pidocchi. Tulle queste proprietà non hanno in appoggio osservazioni tali , su cui si possa realmente riposare. In genere però possiede questa pianta tutte le proprietà delle altre ombellilere- Dietro Hannemau, Mariotte, Boyle ed Alston, Murray riferisce che le foglie del prezzemolo hanno occasionalo l'epilessia e l'oftalmia a persone che ne fe- cero uso. Questi fatti singolari avrebbero però bisogno d'essere confermati da nuove osservazioni, perchè l'esperienza dimostra il contrario. Dilatli, quesle foglie sono un condimento dei più volgari ed innocui. E però importantis- simo conoscerne peil'ellameiile i caralteri botanici, perchè si possono facilmente confondere con le foglie della Cicuta maggiore o minore. — Si estrae dalU dislillazioue dei semi un'acqua aromalica allre volle usala in medicina. / 49 Vo!eiìilp a|jproQll;ii»i iJelle reali o supiioite (j^iialjlà mediche del Preztemolo «i anuniui^U■a la decozione fatta colle radici e colle foglie di questa pianta alla dose di due o quattro graiume infuse in cinque ettogrammi d^acqua. SPIEGAZIO.NE DELLA TAVOLA. I. Stelo di Prezzemolo, a. Badice con una parte d'una foglia r.)dicate. 3. F'ore iiiliero iugrosiato. ^.Frutto intiero della grossezza naturale, .'i. Frutto ingrossa 6. Un altro tajgliato orizzoutaloieute. ì'ain. ni. PETROSELINO MARINO OenaDlhe aqniitica Bauli., pili,, lib. 6, sect. 5. — Touin., class. 7, sect 2, gei). 3. — Oeiiaiillie fibluloba Liiin., peiilamlria digiuia. — Juss., class. 12, Old. 2, OmbellilWe.— Poirel, Fior, iiied., t. S, tab. 2ot. Questa pianta, comunissima sui margini delle paludi, è note- vole per le sue foglio a picciuoli fistolosi. Le sue radici sono fi- brose, rampanti ed alquanto tubercolose alla loro origine: esse producono uno stelo grosso, cilindrico, fistoloso, glabro, ramoso, quasi nudo, allo un piede e mezzo circa. Questo porta foglie lunghe, due volte alate, molto liscie, con fogliolea piccole fras- tagliature acute; le fogliole delle foglie superiori sono semplici e lineari, i picciuoli sono lunghi, rotti e fistolosi. 1 fiori sono bian- chi, disposti in un' ombella composta ordinariamente di tre raggi, di cui ciascuno sostiene un' ombella piana, assai serrata. L'involucro universale manca il più delle volte o non ha che una sola fogliola; gli involucri parziali sono composti di più fogliole. Nelle ombelle i tìori del centro sono quasi sessili, mentre quelli della circonferenza sono sostenuti da lunghi pe- duncoli ordinariamente sterili. Essi sono composti di un calice a cinque denti piccoli ma persistenti ; di cinque pelali cordi- formi d'eguale grandezza nei fiori del centro, più grandi ed ir- regolari in quelli della circonferenza; di cinque slami; d"un o- vario aderente sormontalo da due stili e due stimmi. Il frutto offre una testa globosa, riccia per i denti del calice e degli siili persistenti, e si divide in due semi convessi striati da un lato , piani daUaltro. Il Pelroselino marino, detto anche Prezzemolo marino, Enante, Filìpemhi la, cìmmdi&ì dai Francesi Oenanthe, Filipendide, Persilcles marais; dagli Spagnuoli e Portoghesi Filipendula; dai Tedeschi 51 Bochrìge rebmdolde; dagli Inglesi ^ya^er drop-tcort; dagli Olan- desi Dritivclbloem; dai Danesi Vand-steenhrek. Rinviensi pure nei medesimi luoghi 1 "" YOenanlhe evocata, di- stinta per la forma delle sue ombeìle composte di raggi nume- rosi , quasi tutti della stessa lunghezza , sostenuti da ombelle serrate quasi sessili ; i suoi steli sono pieni d'un sugo giallastro, e le sue radici composte di tubercoli sessili, allungati, fascico- lati ; 2" VOenant/te pimpinelhides, a radici parimenti tubercoloso, le di cui foglie radicali sono due o tre volte alate, colle loro fo- gliole larghe e cuneiformi. Abbiamo per ultimo il Petroselino macedonico, Smyomjmim olusaslrum Linn., volgarmente nomato Prezzemolo di Macedonia, che cresce nei luoghi umidi del mezzodì d'Europa, e che ha ra- dice grossa , biancastra e bienne da cui elevasi un fusto ramoso alto presso che un metro, guernito alla sua base di foglie tri- ternate a fogliette ovali, ritondate, dentate e lobate; quelle della parte superiore sono semplicemente ternate ed a fogliette lan- ceolate. Le ombrelle dei fiori sono d'un bianco giallastro, e a questi fiori succedono alcuni frutti in forma di luna , canalali e nerastri. La radice del Petroselluo marino è inodora e d'un sapore analogo a quello della Pastinaca , colla quale viene spesso confusa. Nessuna chimica analisi venne fin ora instiluila sa d'essa; tuttavolla si sa clie contiene (ecula, e iorie anche una data quantità di zucchero unito ad un principio assai deleterio di natura ignota, che però sarebbe necessarissimo di conoscere. Questa radice, usata in medicina nei passati secoli, presentemente non più adoprasi , e la maggior parie dei moderni scrittori di materia medica non ne tanno menzione ; anzi sembra sia stala dedicata solo ai trattati di tossi- cologia, ove senza dubbio le sue virose proprietà le assegnano distinto grado. In latti essa è una delle sostanze le più deieleiie che si possa trovare ira i vegetali indigerù dei nostii paesi. I giorn^ili di medicina e le raccolte delle pra- tiche osservazioni sono piene di fatti d'avvelenamento a cui essa diede luogo su individui che si lasciarono illudere dalla sua apfiarenza , o la scambiarono colla radice di Pastinaca o cun altre radici nulrili\e. Egli è per questo che non solo individui, ma lamiglie iutiere perirono vittime di questa radice. Un calore bruciante nell'interno della gola e dello stomaco, alcune volle 5S iijitisee, ansieln e vornili, f>iù soventi la cardialgia, vertigini, il Jeliilo, il coma, e su certi inilividui marche r(»sse al viso, sulle braccia , sul petto, su altri e- inorragie iiasiìli, evacuaiioni aUiiie, ineleorismo, e sempre orribili e violenti convulsioni, sono per lo più i sinlonii che produsse la radice in discorso negli individui che ne Iranjjujiiarono. Il solo rimedio efficace contro tale avvele- namenlo è 1' ammini>trazioue d' un vomitorio, e quegli individui che po- terono vomitare generalnieuie guarirono, tutti gli altri soccombettero fra mezzo alle convulsioni. Tre soldati \ittime di questa radice essendo stati aperti, of- Iriinno un fluido bianco e spumoso nella bocca e lungo la trachea , i polmoni distesi ed i loro vasi pieni d'un sangue nero: sU d'un solo individuo si trovò la superficie di questi organi sparsa di macchie livide; su tutti lo stomaco era con- tralto su se slesso, assai infiammato, specialmente nel (ondo cieco e nella sua piccola curva, e conteneva molto muco; gli intestini erano distesi da gaz, ed i loro vasi sanguigni iniellalissimi. Questi fatti anatomici e pato- logi(;i provano che la radice in discorso esercita, a guisa dei veleni acri, una violenta irritazione sull' apparato digestivo e conseguentemente sul si- stema nervoso. Tuttoché velenosissima, veniva nei secoli passati, come già avvertimmo, adoprala in medicina. Dioscoride la somministrava quale diuretica nelle rileiiiioni d'orina; Taberua, Montano e Lubel la raccomandarono contro l'epilessia; Sennert contro le scrofole; e diversi autori antichi parlano dei suoi buoni efielli nella cura dell'asma; Panili contro la leucorrea; IVIer- catus nella dissenteria, e va ilicendo. Nessuno però adduce latti concbiu- denli ; e siccome abbiamo altri rimedii per le succitate affezioni, egli è prudente astenersi dalla prescrizione d'un farmaco di velenosissima azione, quale è la radice del Pelioselino marino. Questa radice disseccala e polverizzata venne prescritta alla dose di quattro grammi sospesi nel vino. Si potrebbe pure prescrivere la sua decozione o 1' estratto, ma non si conoscono ancora i limili delle dosi non essendo an- cora tali preparali stali esperimeutati. U Oenanthe crocata offie le slesse proprietà deleterie delPetroselino marino, Come, al dire di Roubieu, le posseggono tulle le radici del genere Enanle, ad ec- cezione òv^\'' Oenanthe piiìipiiwlloides, i cui tubercoli sono nutritivi, e che al ri- ferire di Decandolle sono vantaggiosamente adoprati come alimento in Angers sotto il nome di j'oiianettcs ed a Sauuiur sotto quello di mechons. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Pflroselino marino, a. Foglia radicata. ^ì. Fiore intiero ernnafrodilo del centro. 4. Fiore intiero sterile della circonft^reui». 5. Calice e pistillo. 6. Ombella coll'iiiTolucro. 7. Frullo. y^/^^c^ APPIO Appium paliislie et appinm officin.inim Baiih., pin., lili. 4, sect. 4. — T«»iirn., class. 7, Onibellifeie — Appitun graveolens Liiiri., class. 5, peulandria di- pinia.— Juss, class. 12, oid. 1 , OmbeHileie.— Poiiet, Fior, med., t. 1, tab. 4. Questa pianta bisannua cresce nei terreni umidi e paludosi di quasi tutta TEuropa, ed alligna pressoché in tutti i climi. La sua radice grossa, fibrosa, fusiforme, ramosa, rossastra esterna- mente, biancastra al di dentro, è alcune volte guernita di più tubercoli. 1 suoi steli assai numerosi e divisi in rami diffusi , si elevano all'altezza di due piedi: essi sono canalali, glabri, solcati e nodosi. Questi portano due sorta di foglie: le radicali sono op- poste, rossastre, canalate e come composte di due o tre paia di fogliole situate su d\in lato terminato da una fogliola impari ; quelle degli steli sono alterne, sessili, cuneifonni, dentate. I fiori sono composti d'ombelle terminali o laterali, di cui la maggior parte nascono dall'ascella delle foglie ; d una corolla a cinque pe- tali piccoli, disposti regolarmente a mo' di rosa, di colore bianco giallastro; di due stami, e d'un ovario aderente sormontato da due stili e da due stimmi. Il frutto consiste in due grani nudi, ovali, bigiastri, striati da un lato, piani dall'altro. L'Appio cl^iamasi dai Francesi Àche, Celeri de marais, Persil odorùnt; dagli Spagnuoli Apio comun; dai Teùesdù Eppich, Was- sereppich, Wilder sellei'ie ; dagli Inglesi Smallage ; é&QVi Olandesi Eppe , Epjmikriiid. Tulle le parli delTApiiio Iianno nn odore forle, aromalico, poco piacevole, un sapore leogeiinenle acre ed amaro. La radice, elio sonHniiii->tra un sugo giallastro, perde il sapore e Todore sullo il processo della disseccaiione. Essa è una delle ciixpie radici aperilive magjiiori , di cui ser\ivansi gli aniichi per debellare le oslruiioui \iscerali, e sliiiiolare gli organi urinarii. Ippocrale gli riconobbe già una siffatta proprietà, la quale viene ammessa anche da scrittori «li materia medica meao aiiliclii. Tourneforl corisiol-a di prendere sei oncie del sugo delle foglie d'Appio sul priticiino del parossismo delle febbri iutermillenti onde com- battere vaulaggiosamente queste l'ebbri. Baubin raccomanda lo s'esso sugo per detergere ed ammigliorare gli ulceri scorbutici, cacbetici, carcinomatosi. 1 semi contengono un olio volatile aromatico. La lii'iice detrApf>io fu per assai tempo credula sospetta; pare tuttavia che non abbio ([JiVità nucevoli L'Appio, per ultimo, la parte di molte preparazioni farmaceutiche, che godettero pel passato q\ialche fama, ma che oggidì andarono in disuso. Tali sono Vorvienlan, l'elettuario di psylliuin.W philonìiim ro- manum , le pillole dorate, la polvere litontrifica di Renan , la benedetta lassativa, V unguento modificativo d' Jppio e simili. «:^^^^^;^r:^^5^^» SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo di Appio. 2. Radice. 3. Fiore ingrossato. /(. Frullo ingrossalo. ?I5 ..^u^'^è^ 00 A N E T (ì AnelLuiH hortense Bauli., pin., lib. 4, secl. 4. — Tourn., class. 7, Ombelli fere. Anethura graveoleiis Liun-, class. 3, penlandiia iliginia. — Jass., class 12, orti. 2, Oinbellileie.— Poirel, FI. nied , t. 1 , lab. 26. Questa pianta annua, che cresce naturalmente nei campi della Turchia , del Portogallo , della Spagna , non che d' I- talia , coltivasi da tempi antichissimi negli orti. La sua ra- dice è bianca, fibrosa, fusiforme. Da (piesla s'eleva uno stelo alto un piede e mezzo circa, cilindrico, glabro, liscio, a strisele alternativamente bianche e rossastre, il quale porla foglie al- terne quasi tutte alate tre volte, a sottili frastagliature, con pic- ciuoli membranosi, ed abbraccia fusti alla loro base. I fiori sono costantemente gialli, rosacei, disposti ad orabelle doppie, semi-aperte, prive di involucri e situali alla sommità dello stelo: ciascuno di essi presenta cinque petali intieri, lanceo- lati, curvi air indentro; cinque stami, con antere rotonde; un ovario infero , sormontato da due stili corti. Il frutto è o- vale , compresso , diviso in due grani convessi , canaliculati da un lato , compressi dall' altro , ed attorniati da un pic- colo margine giallastro. , L'Aneto cliiamasi dai Francesi Anelli, Anet, Aneth odorant; dagli Spagnuoli Eneldo; dagli Inglesi Dille; dai Tedeschi DUI, Dille; dagli Olandesi Dille. Questo piccolo vegetale esala un oilore forte, penetrante, die in fjenere ri- sulla piacevole; ha un sapore vivo, piccante, aromatico. I suoi semi conten- gono, come quelli della maggior parte delle Ombellifere, un olio volatile giallo, il quale conserva affililo Fodore cai olezza la pianta , e che l'aciUnenle sotto l'azione del freddo rendesi fisso. L'Anelo ò una di quelle piante che somministrò tutte le sue parti a medici esperimenti, senza però che s'alibiano potuto avere quei vaclaggi che ripro- 5*3 mettevansi gli espeiimentatoti. Per l'olio volatile che tulle queste parti con- tengono lisuUano eccitanti come lo sono tulle le Ombellifere in genere; e si ponno adoprare in quelle circostanze in cui la maggior parte delle descritte vennero commendate. Questo rimedio era da Dioscoride usato quale anodino, e come tale riliensi da Murray. Anaiarbo lo commenda per aumentare il latte alle nulrici, e calmare le coliche prodotte dalle ventosità: egli indica la preparazione d"un olio grasso di fiori d'Anelo proprio 9 dissipare le febbri intermittenti, calmare i dolori isciatici e reumatici. L'infusione acquosa edulcherata slimola dolcemente l'apparato digestivo, fa- cilitando in tal mollo la digestione ; vuoisi che valga anche ad arrestare il singhiozzo ed i vomiti. Le foglie, i fiori ed i semi fiesti s'usano anche sotto forma di cataplasmi per risolvere i tumori indolenti ed inerti. La loro deco- zione s'inietta anche per clisteri in coso di meteorismo. Tutte le parti poi sono in uso come condimento sì sulle carni, che sul le- gumi. Cotte coi pesci, dice Gilibert, l'Aneto loro compartisce un gusto piace- vole nel mentre stesso che ne facilita la digestione. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo. 2. Radice. 3. Fiore ìdIìpto ingrossalo. 4. Frullo della grossezza naturala. 5. Lo stesso ingrossale. ^-^^4ij j t-^y^z/^'^/'^/'/y^^ ^/.^/'/V,'/^ 57 PIMPINELLA GRANDE «v^AArjìTA^^ Pimpinella magna Linn., class. K, penlandrin rliginia.— Juss., class. 12, ord. 2, OiubeUifeie.— Saiul-IIil., PUnt. do la Fr., t. 1, lab. 4o. Nei luoghi incolti, sui margini dei ruscelli alligna por lo più la Pimpinella grande , che mostrasi con steli ramosi, striali e cilindrici. Le sue foglie sono peziolate , semplici , ovali-ro- tonde, a tre lobi; quelle che trovansi inferiormente sono ter- nate, e le superiori alate e composte di cinque, sette o nove fogliole ovali, lobate e dentate. I fiori, tinti leggermente di un rosso purpureo o totalmente bianchi , sono disposti ad om- belle senza involucro od involucretto: essi sono composti di un calice intiero; d'una corolla formata di cinque petali rav- volti alla sua sommità, e come incavati, tra loro eguali ; di cinque slami inserti sul calice; d'un ovario aderente, sor- montato alla sua sommila da un corpo glandoloso d' onde escono due stili. Il frullo è un polachene che si divide al- l'epoca di sua maturila in due parti non separabili, di cui ciascuna racchiude un grano. Questo vegetale, che è vivace, s'eleva all'altezza di due a tre piedi circa; viene coltivalo nei giardini anche quale pianta d'ornamento, ove produce un bellissimo effetto pei suoi fiori d'un rosa tenero e pel suo fogliame d'un verde pia- cevole: si moltiplica separando i piedi, o seminando i suoi grani in una terra dolce e sostanziosa.- Fiorisce in luglio ed agosto. Questa pianticella chiamasi dai Francesi Bourgage à fleiirs rose, Persil de bone; dai Tedeschi Grosse bibemel; dagli Olan- desi Groote bevernel; dagli Inglesi The great burnet saxifrnge; dai Russi Tschernoi bedrcnetz. 58 Tutte le parti di questo vegetale, i semi in ispecie, erano anticamente ado- prate in medicina. Esse esalano uu odore analogo a quello del Prezzemolo coltivato: contengono pure un olio volatile a cui sono dovute le proprietà mediche che gli sì vollero attribuire, e servono agli usi stessi che il Telrose- lino ordinario. SPIEGAZIOISE DELLA. TAVOLA I. Stelo. 1. Foglia. 3. Fiore iolicro. 4. Pistilli. 5, Frutto. JJÈ '3 ^. >^^v 59 ANICE Anisum herbariis Bauh., pin., lib. 4, seet. H. — Apiura auisum diclum, semine suavoleate Tourn., class. 7, Ombellifere. — Pimpinella aniburn Liiin., class. 5, pentaiuliia dìpinia.— Juss., class. 12, ord. 2, Ombellifere. — Poirel, Fior. med., t. 1, lab. 29. — Rich, Boi. raed., t. ii , p. 436. Questa pianta cresce spontaneamente in Egitto, nella Tur- chia, in Ispagna, in Sicilia ed in alcuni altri paesi d' Italia, e coltivasi in varie province della Francia , specialmente nella Turenna, donde viene la maggior parte dei semi che adopransi in Francia ; sebbene quelli che derivano da Malta e da Spagna siano più stimati. La sua radice è sottile, fibrosa , bianca : essa dh origine ad uno stelo il quale non s'alza ordinariamente più di un piede, canaliculato, striato, pubescente, ramoso, che porta foglie al- terne, amplessicauli : queste sono di tre specie; le inferiori portano ciascuna alla estremità del loro picciuolo tre fogliole cuneiformi alla base, rotonde, dentate ed alquanto incise ai loro mar- gini: le foglie della parte mezzana dello stelo sono alate, ed hanno le fogliole più piccole e maggiormente incise: finalmente le foglie della sommità sono divise in varie frastagliature strette ed acute. I fiori sono piccoli , biancastri , disposti ad ombelle doppie, terminali, sotto cui trovansi spesso una o due fogliole lineari a guisa di collaretto. Ciascun fiore presenta cinque pelali ovali, alquanto cordiformi , disposti a mo' di rosa , e curvi leg- germente alla loro sommità; cinque stami liberi, i cui filamenti sostengono antere rotonde; un ovario infero, sormontato da due stili ritti cogli stimmi globosi. Il frutto è ovoideo, e composto di due piccoli grani d'un bigio verdastro, convessi, canaliculati sui margini, striati longitudinalmente, e coperti d'una peluria grigiastra fortissima. Questi chiamansi in commercio semenze d'anice. 60 Nei paesi dove l'Anice coltivasi in grande, fa d'uopt), giusta quanto asserisce Delaunay, innaffiare spesso il terreno, mas- sime nella stagione secca e durante il tempo della germi- nazione, perchè ama un terreno umido, ma esposto al sole. Alcune volte le radici gettano anche nel secondo anno, seb- bene sia generalmente una pianta annua. L'Anice chiamasi dai Francesi Anis; così pure dagli Spa- gnuoli; dagli Inglesi Anise; dai Tedeschi Anis, Anies; dagli Olandesi Anys. I semi «lelPAiiice. parte quasi unicamente adoprata in medicina, sono un con- sidereiole ogj;ello di coniinercio. Essi derivano in pian parte dalla Francia, ove, come dissimo, coltivasi in grande; ma i più stimali ci pervengono da Malia e da Alicante. Questi semi hanno un odore forte, aromatico, ed un sapore zuccheroso assai piacevole : il loro pericar[)io contiene in abbondanza ceri' olio volatile uiollo o(lor(jso, che si può ricavare mediante la distillazione, mentre ehe il •eme racchiude dell'olicj ^.-rasso. Quello che ci pioeurinmo collo spreniere l'intero frutto è un miscuglio di olio fìsso e di olio volatile. Questo che oHieosi puro [»er mezzo della distillazione diviene colla massima facilità concreto. L'Anice va riposto fra le sostanze essenzialmente stimolanti, perchè somma ri- sulta ratlivilà dell'olio essenzi;de contenuto nei suoi fruiti; e se dobbiamo pre- star fede alle asserzioni di Trew, una o due goccie di quesiolio val^'ono a fare morire un piccione, ed alcune goccie [)rod(issH'ro in un uomo il delirio subi- taneo, il quale non fu dissipato che mediaute l'uso degli emelici; tali afTermazioni però ci sembrano esagerate e ci darebbero quasi a credere esservi errore dal lato dell'esperimentatore, imperciocché l'esperienza dimostra che se ne può mangiare grandissima quantità senza patire il minimo incomodo. Determina l'Anice un senso di calore e ili eccitamento evidente nello stomaco, allorquando lo si prende nella dose d'uno scrupolo sino a mezza (Jramma; attiva le funzioni dij.'erenti sempre che lo stomaco sia atismo. 61 Soglionsi pure i semi ilell'Aiiice unire frequentemeote alle sostnnze purgative» sia per rendere meno spiacevoli il loro odore e sapore, sia per aunieutare l'aziouti dei purganti, stimolando il tubo intestinale. Della radice e delle foglie nou si fa in medicina uso che raramente; esse sono considerale come aperilÌNe e diuretiche; ponno servire come le radici e le foglie delle sovra de.Hcrille piante omhellifere in tutti quei casi in cui queste sono coiu- mendate , e si dej;giono prescrivere tanto iu infusione che in decoiione nelle me- desime dosi. I semi dell'Anice si ponno prescrivere in polvere alla dose di un denaro a mezza dramma; più comunemente però nei casi di flatulenza si prescrive Tintusioue lei- forme dei semi suddetti, ovvero il loro olio volatile alla dose di dieci a venti goccie. Lo stesso olio volatile .si suole talvolta associare in piccola dose alle sostarne purgative, onde imfjedire che queste producano irritazioni e tormini intestinali. Varie preparazioni farmaceutiche si fanno coi semi rteirAnice oltre Polio vola- tile e l'olio espresso enunciati. 1 . L'acqua distillata semplice. 2. L'acqua di- stillata composta, nella di cui preparazione i semi dell'anice sono riuniti a quelli di angelica. 3. IjU tintura alconlìca. 4. L'alcool anisato o wistrack, usitalissimo come bevanda mescolata all'acqua alla quatedà un colore lattiginoso o- palino. 5. Lo spirito di sale ammoniaco anisato, che si ottiene distillando uo miscuglio di sale ammoniaco , potassa , alcool e semi di anice , preparato van- tato nella cura dell'asma piluitosa e nel trattamento della colica flatulenta, am- ministrandola alla dose di dieci a trenta goccie. 6- // balsamo di solfo anisato risultante dalla digestione dell'olio volatile di anice sui fiori di solfo. Entrano pure i semi in discorso in molle altre composizioni farmaceutiche, come utW acqua carminativa, nell'acqua detta generale, nello spirito carminatii.'o di Silvio, ueW'elesir pettorale di ìVedel, nello sciroppo di l^e- lar, nel mitridate, nella teriaca ed in molli altri andati in disuso. Oltre le preparazioni farmaceutiche su citate, coU'olio volatile si preparano e- lesir e ratafià {iratissimi e varii altri liquori da tavola. I confettieri coprono questi stessi semi di zuccaro e ne preparano gli anici delti di Verdun. Ne' paesi del Nord se ne introduce nel pane e sino nei formaggi. Talvolta questi semi si trovano mescolati con sabbia o terra del loro colore. Si può fai:ilmenle riconoscere questa frode e separare coli' acqua i semi dalle so- stanze straniere, che essendo più It^gieri sopraunotano, mentre la terra pre- cipita nel fondo del liquido. I semi d' Anici inviati nei sacchi, si riscaldano qualche volta durante il tra- gitto; acquistano un odore di muffa, anneriscono; perdono del loro odore e del loro sapore; fa d'uopo rigettare quelli che hanno subito una tale alterazione o che fossero stali raccolti immaturi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Sitlo. 2. Radice con foglie radicali e caulinari. 3. Fiore intiero ingrossalo. 4 Frullo dulia grossezza ualurale, 5. Lu stesso ingrossalo. 62 ANGELICA Angelica saliva B;iuh., pio., lib. 4, sect. S. — Imperatoria saliva Tourn., class. 7, Ombellilere. — Angelica archanpelica Linn., class. S, pentancliia «liginia. — Juss., class. 12, old. 2, Oaibellifeie. — Poirel, Fior, rued., t. 1, lab. 27. L'Angelica è una pianta perenne che cresce in varie parti d'Europa, nella Lapponia, nella Norvegia, nella Svizzera, nella Si- lesia, nella contea di Birmingham in Inghilterra, ne' pascoli del- l'Alvernia, su' Pirenei, sulle Alpi e via via, e che coltivasi in molle altre parti per uso delle farmacie. Ma la più stimata è quella che viene dalla Boemia e dalla Spagna. La sua radice grossa, carnosa, bruna esternamente, bianca al di dentro, fusiforme e munita di alcune fibre, da origine ad uno stelo cilindrico, strialo longitudinalmente, incavato nell'in- terno, ramoso, il quale porta foglie grandi, alterne, due volte alale, composte di fogliole ovali, dentale sui margini a mo'di sega e spesso lobate, specialmente la terminale, coi picciuoli che le sostengono amplessicauli , per mezzo d'una guaina larghissi- ma, membranosa ed utricolata. I fiori, disposti in ombelle dop- pie alla sommila dello stelo, sono d'un colore giallo verdastro: ciascuno d'essi presenta una corolla regolare, rosacea, formata di cinque pelali intieri lanceolati , leggermente curvi alla loro sommila; di cinque slami liberi più lunghi dei pelali; d'un ova- rio infero, munito di due stili aperti e rovesciati all' infuori. Il frullo è oblungo, angoloso, solido, diviso in due grani nudi, applicati r uno contro l' altro, compressi su d'un lato che tro- vasi circondalo da un margine, convessi dall'altro su cui no- l;uìsi Ire striscio. w. 5 h y/YA! 63 Questa pianticella rendesi molto interessante , sia per la bel- lezza del suo portamento, che per l'odore che esala, e per ul- timo a causa deir utilità ch'essa arreca; quindi merita d'essere coltivata. Essa predilige i luoghi freddi ed umidi, come i mar- gini delle fosse e degli stagni. Seminando i suoi grani con molta diligenza tosto che sono pervenuti alla loro perfetta maturità, si ottengono bellissime piante che s'elevano sino all'altezza di tre piedi, cui però fa d'uopo tagliare nel mese di maggio qualora si voglia che la radice di questa pianta ordinariamente bisannua duri per tre anni.- Fiorisce verso la metà dell'estate, ma i suoi fiori sono di poca durata , stante che disseccano colla massima facililh. L'Angelica chiamasi dai Francesi Angéliqiie, Angélique des jardins ; dagli Inglesi Common garden^ Angelica; dai Tedeschi Angelika, Angelik, Engelwurz ; dagli Olandesi Angelika, En- gelwortel L'Angelica selvaggia od Angelica dei prati, Angelica sikeslris Linn., ha molta analogia colia descritta, sia nel suo portamento che nei caratteri botanici, ma è ben lungi dal possedere nello stesso grado le proprietà alimentari e medicamentose. Tutte le parti dell'Angelica vengono in uso medico , e la radice adoprasi anche quale alimento. Essa esala un odore che risulta piacevolissimo , ed ha sapore torte muschiato, alquanto acre ed amaro. Tanto l'acqua che l'alcool disciolgono da questa {)articoIari principi!, l'estrattivo gommoso ed il resinoso. Praticando su questa radice quando è fresca o sulla pianta viva parecchie inci- sioni, ne fluisce cerio succo lattiginoso, il quale si secca, si solidifica e for- ma una gotnrno-resina dotala nel massimo grado delle proprietà medesima delle parli da cui esce. Alcuui moderni medici hanno pure rinvenuto nella radice iu discorso V Iindiiia, sostanza particolare contenuta nella radice del- VJitnlìa Ileleniiivi Linn. Quella che trovasi sparsa in commercio ne viene recata secca dalle Alpi e dai Pirenei; secondo Guihur, una libhra di siffatta radice, assoggettala all'ana- lisi, dà i seguenti [)rincipii: l.olio volatile una dramma; 2. estratto alcoolico tre in quattro oncie; 3. eslratle acquoso dehole cinque in sei oncie. L'Angelica è siala senipre risguanlala come un eccellente rimedio di virili tonica, stomatica, calefacieule, e come tale partecipa realmente in generale delle G4 virtù di cui sono (k>tati i medicamenti di si fatta natura, ma siamo ben lungi dal credere che essa possegga poi tante virtù particolari che vollero gli anli- cLi medici assegnarle e per cui hanno fatto dare alla pianta il nome di erba degli angeli. Imperciocché non puossi a questo farmaco attribuire maggior pregio di quello che viene concesso agli altri aromatici. La radice somministrata a piccole dosi attica la digestione, in particolare «jualora lo stomaco si trovi in istato di atonia; deve adunque in questo caso es'.ere annoverata ha i medicamenti stomatichi. Se ne raccomanda eziandio Tuso nello scorbuto, nelle scrofole, nelle diverse >[)ecie di catarri cronici , in prin- cipalità quiitido sì latte malattie infestino individui deboli e di avaniata età : secondo Gilibert, essa è indicata in tutte le malattie acute e croniche che esi» gouo cordiali eccitanti, come sono le febbri intermittenti, l'anoressia, la para- lisi, la clorosi, l'amenorrea. Io ho, dice IVuel, prescritto spesso l'Angelica pol- veriuala alla dose d'uno , due a Ire grammi nelle cachessie , nelle dispessie , nelle affezioni mucose e catarrali, e penso con Costeo che essa potrebbe so- stituire il costa d'.Jrabìue , e co! professore ììildebrand che ella può sup- ))lue in molli casi la radice delltì serpentaria virginia e quella della con- trayerva. lo ho sempre constatati buoni effetti da un'eccellente bevanda che io preparava versando un litro d'acqua bollenlR su trenta grammi di radice d'Angelica tagliata in sottili pezzi, aggiungendo all'infusione quattro centiliiri di acquavite, un ettogramma di siroppo d'aceto ed alcune goccie d'olio volatile di cedro. L'odore ed il sapore aiomalici di essa rendono eziandio ragione delle viriti emenagoghe, diuretiche, sudorifiche e simili dagli antichi riconosciute nella ra- dice di Angelica. Slimolando in generale i diversi apparali dell'economia ani- male ta seutH'e in tal caso l'Angelica la sua azione particolarmente sopra uno di quegli apparati, sempre che siavi chiamata da qualsivoglia disordine; è questa per lo meno la maniera con cui Richaid spiega la medicazione spe- ciale esercitata secondariamente dai rimedii stimolanti. Lo stelo dell'Angelica viene a'ioprato quale medicamento meno spesso della radice; tuttavia qualora se ne formi una conserva confellamlolo nello zuc- chero cotto, ritiene il pi'oprio odore e sapore aromatici, la sua facoltà ecci- tante, e può essere somministrato con profitto all'oggetto ili rianimare le lun- zioni digerenti dello stomaco nella convalescenza di morbi lenti e cronici: si possono eziandio usare le foglie ed i fruiti dell'Angelica, che afìpalesauo eguali proprietà della radice e degli steli. 1 Ijappcmesi preparano coi boltoni dei fiori di questa [lianla bolliti nel siero di Renne, un estratto stomatico astringente, che può essere usato come la con- serva dello stelo. Coi semi componesi eziandio una tintura, un balsamo ed un estratto d'olio. La radice si sommini»lra in polvere nella dose di mezza sino ad una dramma in infusione a due dramme per ogni libbra di acqua ; la dose della conserva fatta cogli steli è da due dramme ad un' oncia: ed indipendentemente dei pro- dotti diversi che l'Angelica tornisce, fa pure parte di molte composizioni lar- maceutiche, come AAVacqiu di melissa, dell' acqua vulnerai ia, del balsamo 65 cnmendafore, dell'acqua friacale, dello spìrito carminativo di Silvio, della teriaca, (\eWL empiastro dìabntano e di molle altre fuori d'uso. L'Angelica inoltre, se co-^liluisce un raedicamento iudigeno preziosissimo, seb- bene in generale poco adoprato, non è dessa meno interessante per riguardo ai suoi usi economici; nella Lapponia in fatto, nella Norvegia e nell'Islanda ove questa pianta è assai comune, se ne mangiano i teneri germogli che sem- brano essere un alimento sanissimo. La sua radice assoggettata alla iermen- tazione somministra in copia cert'alcool di sapore ed odore che ricordano quelli della stessa pianta. Le bestie ricercano molto siffatto vegetale, il quale opera sopra di esse in- siememente come cibo e come medicamento. Il latte delle vacche, delle pe- core che ne usarono ha odore aromatico alquanto muschiato : essa vale , al dire di Poiret, anche ad aumentare il fetido odore che tramanda il becco. I più rinomati veterinari!, come Bourgclat, Yitet, Huzard, assegnano all'Angelica uq sito eminente nelle loro farmacologie. Dissimo che alcuni moderni medici rinvennero nella radice in discorso l'i- nulina che in maggior copia riscontrasi nell' inula heleniwn, nell' inula cam~ ^ana, nella datisca canabina ecc. Essa oltiensi nel modo seguente:— si fa bollire la radice d'enula con quattro volte il suo peso d'acqua, si passa il decolto bollente, si fa svaporare, si traila il residuo coll'acqua fredda, si decauta il li- quore e si trova al fondo un residuo granulato, cristallino, bianco e traspa- rente; si lava di nuovo con acqua fredda, si getta sopra un feltro e si fa dis- seccare.— L' inulina è solubile nell'acqua fredda e nell'alcoole a S0°; è solubile in uu quarto del suo peso nell' acqua a GO, allora dà a questo liquido un'apparenza mucilaginosa ; è solubile nella potassa: la soluzione è decomposta dagli acidi e l'inulina ne vien precifiitata. Trattata coli' acido nitrico, l'inulina si de- compone prontamente ; si svolge del gaz nitro'io e lurmasi dell' acido malico e ossalico. Sottomessa all' azione del calore, è fusibile un poco al di sopra di lOO . Posta sui carboni incandescenli si gou6ii , sparge un fumo bianco che ha odore di caramel, si volatizza in p;irte , lasciando per residuo del carbone. Messa a contatto coU'acido solforico allungalo con acqua e sol- toraessa all' azione del calore , fornisce una materia zuccherosa che con- serva un piccolo gusto amaro. Le proprietà che possiede la somigliano al- l'amido , dal quale jìer altro diversifica. Pelletier e Caventou hanno ri- marcato: 1. che l'inulina e l'amido si uniscono assieme; 2. che facendo bol- lire queste due sostanze nell' acqua , l' inulina resta in dissoluzione quando r amido vi predomina, e che al contrario si depone trascinando seco una certa quantità di amido , come si può riconoscere col mezzo dell' iodio ; 3. che per riconoscere l' inulina mescolata a molto amido , bisogna ver- sare dell' infusione di noce di galla nella decozione amidacea e iar ri- scaldare i liquori. Formasi allora un precipitato che non disparisce che \erso 100°, mentre, tome osserNÒ Thompson, se l'amido è puro si ridi- scioglie a 50°. L'inulina serve fin ora a nessun uso L' Angelica selvaggia , Jngelica silvestris Linn., citata di sopra, ado- prasi nella Svezia jier combattere le affezioni isteriche, ed alcimi pratici Tom. IH. 'ò 66 assicurano d' averla prescritta contro l'epilessia. 1 tintori riconoscono in qaesta pianta proprietà analoghe a quella della quercia. Damborney pre- parò colle foglie una tintura die imprime alle stoffe di lana un bel co- lore d" oro. ^^^J^t^^^^^t^t^ SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA r. Stelo d'Angelica, i. Foglia intiera. 3. Fiore intiero ingrossato. Jf. Frullo intiero della grandezta nalurale. 5. Parie distaccaka. 6. Frullo taglialo orizzonlalnieiile. 7. Kadice. <>i^?2 ^:y^i€^Jt^ ^^^at. 07 IMPERATORIA Imperatoria Bauh., pin., li!). 4, sect. 5. — Imperaloriii alpina maxima Toiirn., class. 7, secl. 4, gerì. 1. — Impeuaforia o>>tiiitliiiim Lini)., pentaiidria iJiginia. Juss., class. 12, Olii. 2, Omlìellileie. — Poiret, Fior, med., t. 3, lab. 200. L' Imperatoria, che serba molta analogia sia nel portamento che nei caratteri botanici con l'Angelica sovra descritta, cre- sce nella maggior parte delle regioni montuose dell' Europa temperata, nel mezzodì della Francia, in Isvizzera, neirAle- magna meridionale, in Italia, ma principalmente sulle Alpi. Essa predilige in genere i luoghi montuosi. La sua radice grossa , carnosa , marcata di rughe sa- glienti e di solchi profondi, anellari, è divisa in rami cilindrici e codati in diversi luoghi, dove sorgono le fibrille radicali: essa è formata internamente d'un parenchima carnoso e spesso, ed esternamente da un tessuto circolare di vasi proprii , ri- pieni di una specie di gommo-resina liquida odorosissima e ricoperta d'una scorza cinerea. Da questa s'eleva uno stelo vuoto, grosso, glabro, cilindrico, lungo da uno a due piedi, che porta foglie picciuolate, composte di tre fogliole larghe, trilobate e dentate; i picciuoli sono membranosi nella ])arte inferiore. I suoi fiori sono disposti in una grande ombella priva d'involucro, composta di ombellule che hanno per col- laretto alcune foglie strettissime, appena della lunghezza dei raggi. Ciascun fiore è composto di un calice cortissimo in- tiero e poco apparente; d'una corolla a cinque petali eguali curvi, incavati a mo' di cuore alla loro sommità; di cinque stami della lunghezza della corolla; di due stili aperti. Il suo frutto è oblungo, angoloso, solido, diviso in due grani nudi, applicati l'uno contro dell'altro, con un' ala membranosa che li circonda, e muniti sui loro lati di tre piccole coste. 68 L'Imperatoria, detta dai Francesi Impératmre, chiamasi dai Tedeschi 3feister-'wurz ; dagli Inglesi Master-ivort; dagli '0- landesi Meester-wortel ; dai Danesi Blesterurt; dagli Svezzesi Masterot. La radice dell'Imperatoria, che è la sola parte adoprata in medicina in i- stato fresco, ha sapore acre, amaro, dispiacevole; tagliala ne fluisce certo liquore latticinoso di colore bianco-giallastro, amaro, acrissiuio. Questa radice ne viene recala secca dalla Svizzera: in questo stato si mostra grossa come il dito, bruna e rugosissima all' esterno, di tessitura fibrosa e di colore giallo verdastro nell'in- terno : quando essa è fresca, fornisce moli' olio volatile sotto il [irocesso della distillazione, ma disseccala Io perde nella massima parte, e lungamente conser- vata scema assai di sue proprietà. Finora l'analisi non rilevò in siffatta radice che l'olio volatile su imlicato, un estratto spiritoso amaro ed acrissimo, valutato da Neiimanii ad una cinquan- tesima p;irte del suo peso, ed un estratto acquoso amaro e nauseoso, che se- condo Lewis oltrepassa della metà del suo peso. Sarebbe però necessario che qualche valente chimico ne intraprendesse nn'esatla analisi , perchè Ira tutte le Ombellifere la pianta in discorso è forse di quelle che potrebbero essere ma^j;iorniente utilizzate in medicina. Dopo TAngelica costituisce l'Imperatoria quella fra le Ombellifere indigene che possiede al maggior grado la proprietà stimolante. DifUitti essa, qualora venga masticala, agisce sulle glandole salivali e provoca secrezione abbon- dante di saliva; introdotta nello stomaco eccita l'azione di questo viscere, at- tiva la digestione ed irrita anche gli intestini a segno di provocare la secre- zione d'una grande quantità di gaz; e la sua influenza sui reni rendesi mani- festa per la maggiore secrezione d'orina. In alcuni casi la sua azione si porla specialmente sui vasi esalanti cutanei e ne risulta un aumento di traspirazione. Essa aumenta pine l' azione della membrana mucosa dei bronchi , attiva la secrezione mucosa di cui ella ne è sede e favorisce 1' espettorazione. Alcune volte agisce sull'utero e ne provoca lo scolo mestruo. Finalmente applicata sulle superficie prive di epidermide ravviva le ulceri sorde e deterge quelle atoniche. Stante l'azione sua stimolante sopra quasi tutti i sistemi dell' economia a- uimale fu quindi la radice dell'Imperatoria raccomandata quale carminativa, tonica, aperitiva, diuretica, espettorante e via discorrendo; ed usala nelle varie afTezioni in cui dovevasi ricorrere ad un eccitante. Secondo Lange, se ne usò con buon esito nel trattamento delle febbri intermittenti. Hofi'niann e molti altri medici l'usarono contro le flatuosità, le coliche flatulenti , l' inapfielenzii; Chomel asserisce d'avere ol tenuti sommi vantaggi dalla sua prescrizione nella ritenzione d'orina; Foresto la raccomanda contro l'isteri;.; Cullen la ccmsidera come un masticatorio utilissimo nell'odontalgia. Decker riferisce inoltre «l'averla amministrala con felice successo contro la paralisi della lii»{;iia ; e Samuel Panli 69 <;ompone\a colla polvere <^/^-' 7ri CAROTA Pastinaca leuuifolia silveslris Diosc. — Daucus officinaium Baiih-, pin., lib. 4, sect. 4.— Daucus vulgaiis Tourn., class. 7, Ombellileie.— D;iucus carola Lino., class. S, pentaiidiia diginìa. — Juss., class. 12, orti. 2, Ombellifere.— Poiiet , Fior. med. , t. 2, lab. 99. Questa pianta, che nello stato selvaggio cresce abbondante- mente nei prati, acquistò sotto la coltura grande ammigliora- mento, senza però che isuoi caratteri botanici siano stati essen- iialmente alterati. Quale tipo primitivo delle molte varietà, trovasi comunemente nei prati, sui margini dei campi, lungo le vie e simili. Allo stato selvaggio, la sua radice è biancastra, talvolta rossa, dura, coriacea, d'un odore forte e ponetrante, d'un sapore acre spiacevole; ma trapiantata negli orti, essa perde di sue qualitìi per acquistarne delle nuove : diventa ordinariamente d' un sol pezzo, perpendicolare, carnoso , di rado ramoso ed il suo colore fassi rosso-giallo o totalmente rossastro. Allora ha sapore dolce, zuccheroso, alquanto aromatico, ed il suo tessuto rendesi meno duro. Da questa radice s'eleva uno stelo erbaceo, ramoso , leg- germente solcato, munito di corti peli ed alto due o tre piedi, non che munito di foglie amplessicauli, grandi, molli, due o tre volte alale, colle loro fogliole a segmenti sottilissimi ed incise la- teralmente. I fiori sono bianchi , disposti in ombelle , composte d'una ventina di raggi ed accompagnale da un involucro for- mato di grandi fogliette pinnatifide a segmenti lineari. Queste ombelle, che trovansi piane durante la fioritura, si contraggono e rendonsi concave a misura che il fruito s'approssima alla matu- rità. Ciascun fiore compensi di una corolla a cinque petali bian- chi 0 rossastri, cordiformi; di cinque slami coi filamenti sormon- 74 tali da antere semplici; d'un ovario infero sormontalo da due corti siili : al centro dell' ombella vodesi soventi un fiore sterile di un colore porpora carico. 11 frutto è ovoideo, sparso di rigide punte, e si divide in due grani piani da un lato e convessi dal- l' altro. La Carola, delta anche Dauco, chiamasi dai Francesi Carotfe; dagli Spagnuoli Zanahorìa; dagli Inglesi Currot, BircFs nest ; dai Tedeschi Mochre, Mohrruebe, Vogelnest, Karotte; dagli Olandesi Peen Vogelnest Karole ; dagli Svezzesi Morot ; dai Polacchi Marchew. Ln iMilice ili C^i'otri r laucilnijinnsa e mollo miUitiva, ed è assai più ado- prala quale alimento che come inedicatrienlo, poicliè, come tutti ben sanno, costituisce uno dei nostri erbaggi maggioimetite piacevoli e salubii die si man- fjia or solo, or mescolato ad altre sostanze. MargrafF vi dimostrò la firesenza d'una quantità di zucchero assai considerevole per estrarlo con utilità ; assog- |;ettata alla fermentazione, somministra mollo alcool limfiidissimo. E una delie radici che, trattata colla potassa caustica e l'acido idro-clorico, hanno fornito a Biaconol dell'acido petico in abbondanza; ma quest'acido ottenuto drtlla Ca- rola La sempre un colore giallo, mentre quello prodotto , per esem|)io, dalla rapa è d'un bianco azzurrognolo e come opalino. Si ponno fare con quest'acido «Ielle gelatine vegetali molto aggradevoli, coH'aggiunta di alcune sostanze colo- ranti ed aromatiche. In quanto alle sue propiielà medicinali, ne send)ra sieno state desse in sin- golare modo esagerate da alcuni autori. Rosen, Vanden, Bosch la predicarono vermifuga; Lobb la volle litonlrifica; Sulzer, Michellis e Bouillon-Lagrange l'usavano sì internamente che esternamente per guarire gli ulceri j)Utridi scro- folosi, scorbutici e cancherosi. Non taceremo per ultimo che Areter dice di averla usata con felice successo contro 1' elefantiasi, e che Bridaul e De la Rochelle consideravano la radice in discorso come una vera panacea. Noi però opiniamo con Montègre che la Carola merita appena d'esser no- mala tra le piante medicinali, e conveniamo con Richard, che, ove si ponga mente all'odore penetrante, al sapore acre ed aromatico della radice di Carola selvatica, si troverà ragionevole che debba avere qualità alquanto stimolanti. Nò diventa poi impossibile riconoscere nella coltivata un'azione diversa da quella di tutte le altre sostanze vegetali emollienti. Comprendiamo per tal guisa come la sua polpa ajjplicata sui tumori ed ulceri dolorosissimi, non che
  • Tale vantaggioso risultalo ne sembra doversi con maggiore sicurezza attri- buire alle qualità emollienti della Carola, anzi che ad una pretesa sua virtù alili- canchero sa, come scrissei'o i succitati autori Sulzer, MicLellis, BuulUou- 75 Lagrange ed ;)ltii. Si applica iuoltre assai spesso la raschiatura della Carota cruda sulle screpolature che si lormano nelle diverse parti , specialmente nel- l'angolo delle ale del naso o della gola, e sul capezzolo delle mammelle delle donne che allattano. I frutti od i semi della Carola hanno odore aromatico, sapore caldo alquanto acre. Lolla dislillazioue ne ritrasse il succilato Bouillon-Lagraiige un olio vola- tile di colore giallo |iallido: il decolto di tali semi contiene un principio a- maro, del concino e del muriato di calce- Questi trulli, al pari di quelli di molte altre piante appartenenti alla medesima famiglia, sono alquanto eccitanti. La loro infusione calda aumenta la traspirazione cutanea e la secrezione del- l'orina. La dose è di due dramme infuse in due libbre di acqua. Talvolta sì somministra la polvere nella quantità di uno scrupolo fin ad una dramma. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo. ». Radice. 3. Fiore intiero ingrossato. /(. Frutto intiero ingrossato. 7() C A il V I Cuniiiiiim pratense, Carvi olHcinanini Bauli , pln. , lih. 4, sect. S. — Carvi cae^ialfiini Toiiiu., class. 7, Oiiil)ellilere. — Canitn carvi Limi., class. 5, peiitaiidria digiiiia. — Juss., class 12, orti. 2, Ornhellilere. — Poiret, Fior, lued., t. 3, lab. 102 — Ridi., Boi. med-, I. 2, pag. 4u8. Gli antichi naturalisti, non clie i medici greci e romani, fe- cero spesso menzione di questa pianta bisannua, poiché ella cresce specialmente nella Carie, provincia dell'Asia. Essa però è anche comunissima nelle praterie della Francia, d' Alemagna , d'Olanda, della Svezia, della Polonia: in genere cresce su quasi tutte le montagne d'Europa. Ixi sua radice è fusiforme, grossa quanto un pollice, bianca, munita di numerosissime fibrille, di sapore aromatico ed avente molta analogia con quella di Pastinaca. Da questa s' eleva uno stelo ritto, cilindrico, scanalato, alto da uno a due piedi, ramoso, e guernito di foglie, alterne, amplessicauli, due volte alate, con le fogliole pinnatifide a segmenti lineari ineguali: le radicali sono più grossolanamente frastagliate, e le loro fogliole più larghe si dividono solamente in lobi angolosi. I fiori sono disposti in om- belle terminali ; l'ombella universale è composta da otto a dieci raggi ineguali e munita d'un collaretto ad una sol fogliola lunga, setacea ; le ombelle sono corte, ramose e prive di collaretti; ed i cinque petali aperti a mo' di rosa sono un po' incavati alla loro sommità (1 ). I frutti risultano ovali , striati longitudinal- (1) Forse non hawi altra famiglia di piante di cui sia più difficile tracciar esattamente i caratteri generici quanto questa delle Oni- belli fere. Quindi quella grande diversità d'opinioni che regna fra i bo- tanici. Il Carvi per esempio, per cui Linneo stabili il genere Caruin cìie sino al dì d'oggi contiene una sola specie, è agli occhi di Roth un Ligitsticiira; Crantz ne fa un Apium; Boissieu propone di comprenderlo nel genere Pimpinella; Scopali e Lamark trovano che sarebbe più naturale fwrlo fra i Seseli; ecc . Z-^è^^i" . 77 mente e consistono in due grani bruni, posti limo su F altro, piani internamente e convessi sulla loro superficie esterna. Il Carvi, detto anche Caro, Cornino tedesco , chiamasi dai Francesi Carvi, Cimin des prés; dagli Inglesi Carawarl; dai Tedeschi Matlcnhiemmel , Gemeiner hiemmel, Wiesen-kiiemmel, Feldkuemmel; dagli Olandesi Karwey. La radice «lei Ciirvì, specialmenle quella flegli individui coltivati nei giar- dini, ove actinista notevoli animiglioramenti Hicendosi più voluminosa e succu- lenta, costituisce un alimento sano e piacevole aveflle molta rassomipliania colla Pastinaca, e gli abitanti del Noni europeo ne usano di frequente. Que- sta radice essendo assai aromatica, si impiegava altre volle come slimoi:ii)le e carminativa. Ma queste proprietà sono mollo più sviluppale nei sem", i quali e- rano stati posti dagli anticlii farmacologisti nel numero delle quattro sementi calde maggiori. Il loro odore è analogo a quello del Comino; ed i popoli del Nord usano mescolarli col pane per aiutare la digestione. Ai tempi di Dioscoride mangiavasi Ih radice di Carvi come quella della Pa- nacea; ed è forse questa stessa radice quella menzionata da Giulio Cesare sotto il rome di Chara, che veniva sminuzzata e mescolata al lattee ridolla snlto lor- raa di pane pei soldati di Valerio, e di cui i lìellicosi Germani ^el•\i\.lll^i |i>^r base d"una bevanda vinosa. I Tartari ed i Circassi preparano coi semi ili que- sla pianta una farina e focaccie che per essi sono ciho squisito e di prima necessità in alcune circostanze; ed i contadini Svezze^i e gli Alemanni con- discono con questi grani le loro minestre, il pane, il formaggio, e se ne ser- vono anche per aiomali/.zare Tacquavile ed altre spiritose l>evaiiiie. Difr,.lli essi contengono per la ventesima [)nrle del loro peso un olio essenziale etereo ed nn estratto mucoso zuccheroso. La infusione fii due dramme di frulli di Car\i fatta con un l)occale di acqua (oTma una bevanda leggermente eccitante, clie opera in ispecialilà sul sistema esalante. La polvere di <]uesti semi, somministrala fiu ad una dramma, lu talvolta adoprala profitlevolmeule nella cura dei vermi intestinali. Se ne usa pure in certe coliche nervose congiunte allo svilu|'[)0 tli molti g3Z nel tulio inlesliuale. Siflalle [iro[)rielà d'allronde sono comuni ai frulli o semi tiel mag- gior numero delle altre piante spetlauti alla famiglia delle Ombrellifere. ^, ^^^^^j^^ ^^^^ ^^^flr SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo 2. Radice. .'?. Foglia radicale. 4. Fiore intiero ingrossato. 5. l'iullu dt'Uj grossezza naturale. 6. I-rutto ingrossato. 78 , CERFOGLIO CaeropLilluiii salivum Bauh., pia., lib. 4, scct. 4. — Totirn., class. 7, Om- hellifeie. — • Scaudix ceiefolium Liiin., class. S, penlatidria digiiiia. — Jiiss., class, lo, Old. 2, Ombellifeie. — Poiret, Fior, med , t. 3, lab. l08.— Rich., Bot. med., t. II, pg. 473. Il Cerfoglio è una pianta annua che cresce naturalmente nelle contrade meridionali dell' Europa, e che si coltiva co- piosamente negli orti per usi culinari. Alligna anche in abbondanza nei campi della Grecia, e gli Ateniesi ne fa- cevano continuo uso, sebbene sia sorprendente, come osserva Sprengel, che Teofrasto non faccia menzione di questa pianta culinare. La sua radice è fusiforme, semplice, grossa quanto il dito pollice, rossastra esternamente e bianca all' interno, munita di numerose fd)rille. Da questa s'eleva uno stelo, eretto, ra- moso , leggermente striato , alto circa due piedi , che porta foglie alterne, abbracciacauli, due o tre volte alate, composte di fogliole corte e pinnatifide d' un verde chiaro ; lo foglie radicali sono portate su lunghi picciuoli, tripinnate, a fo- gliette ovali, incise e dentate. I fiori formano delle ombelle bianche , soventi laterali, a quattro o cinque raggi, circon- date da un involucro ad una o due foglietle ; e gli invo- lucri parziali situati alla base delle ombelle parziali sono composti di tre a quattro piccole fogliette : ciascun fiore pre- senta cinque pelali bianchi , aperti a mo' di rosa ; cinque stami coi filamenti sormontati da antere rotonde; un ovario infero sormontato da due stili persistenti. Il frullo è allun- galissimo, liscio, glabro, terminalo da due stili persistenti, ed è composto di due grani, piani da un lato, solcali dall'altro, nerastri nella loro maturila. 79 Il Cerfoglio, detto anche Cerafoglio, Perifoglio , chiamasi dai Francesi Cerfeuil; dagli Inglesi Chervil; dai Tedeschi Koerhel; dagli Olandesi Kervel; dagli Svezzesi Kijrfwel; dai Polacchi Tribula, Trzebida. Nello slato fresco il Ceifoglio esala un odore aromatico piacevolissimo; esso lascia nella lingua un sapore leggermente piccante ed analogo a quello dell'A- nice. I suoi teneri germogli sono assai mucilaginosi ed lumno minor odore aromatico, poiché questo rendesi sempre maggiore a misura che la pianta cre- sce. Siffatto odore aromatico lo si deve ad un olio essenziale di color giallo di solfo, di cui Torapson ebbe a comprovare V esistenza. Egli è perciò evidente che il Cerfoglio deve essere maggiormente attivo qualora lo si colga assai da vicino in ispecie all'epoca di sua fruttificazione , ■vale a dire allorquando esaurì i succhi acquosi che abbondevolmente conteneva mediante lo sviluppo dei suoi diversi organi. Siffatto odore però diminuisce considerevolmente sotto la disseccazione e Tebullizioue: si che ne rimane appena la traccia. Concordi risultano il maggior numero degli autori di materia medica nel celebrare le proprietà del Cerfoglio: lo considera Geoffroy quale rimedio po- tentissimo nelle idropisie essenziali, di quelle cioè non cagionate da certa al- terazione dei visceri contenuti nelle cavità splancniche. Dava egli il succo e- spresso dalle sue foglie nella dose di olio, dieci, dodici e fin venti oncie al giorno; talvolta stemprava tre o quattro oncie di questo sugo entro una lib- bra di vino bianco: siffatta bevanda si dà a divedere sommamente diuretica. Il decotto, che si (irepara facendo bollire per cinque minuti due manipoli di pianta fresca entro qualtro libbre di acqua, è meno usato e meno attivo, dacché la massima parie dei principii aromatici del Cerfoglio si dissipano, come già dissimo, mediante il calore. Entra quasi sempre il Cerfoglio nella preparazione dei succhi e dei brodi delle erbe, ai quali comunica un sapore alquanto aro- matico che maschera il loro gusto scipito. Desboisdi Rochefort, Gilibert, Haller, Balthazar, Ehrhart, Plenck, Rivière e molli autori pratici raccomandano V uso del succo di Cerfoglio contro gli ingorgamenti del fegato, contro la itterizia che spesso vi succede ; altri lo videro riuscire a bene negli ingorghi scrofolosi ed in particolare nel combat- tere la labe mesenterica, nel quale ultimo caso si applicano ad un tempo le sue foglie per cataplasma sopra Taddomine. Si usa inoltre lo slesso medicamento per facilitare lo scolo dei lochi del parlo e per dissipare la eufiaiione dolo- rosa delle mammelle nelle puerpere. Si possono eziandio applicare sopra di tali parti le sue foglie peste e ridotte in cataplasma. Dobbiamo per ultimo ricordare che cotesto medicamento fu celebrato quale vincitore «Ielle affezioni cancherose , e che il succitato Desbois di Ro. helort assicura che per riguardo alTefficacia sua deve porsi al paraggio della Cicuta, senza a\erne i danni. Sventuratamente codesta proprietà preziosa non è punto ci*|>rovata, come noi sono la mirili antietica esaltata da Langp , Hermann e 80 Baecler, e la proprielà anlifebbrifjga che alcuni autori gli vollero prodigare. Il Cerfoglio moscato [Scandix odorata Linn. ) che cresce nelle Alpi , ò air incirca fornito delle stesse proprietà deirantecerlente, sebbene sia adoprato meno di frequente. Si mostra vivace, molto più grande in tutte le sue parti e leggermente vellutato. Le sue foglie esalano un odore che ricorda quello dell'A- nice. 1 confettieri valgonsi di sua radice per aromatizzare alcuni liquori da tavola. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo. 2. Radice. 3. Fiorfi intiero ingrossalo. 4. Frutto ingrossato. 5. Frutto tal quale distaccasi nella maturità. ^kr-^-'iJl 12 h lì ' ^fif^^^V^* ^lé4^ 81 S A N 1 C U L A SAStSiifitfSifflA Aslranlia major Linn. , j)eiitaD(lria ilipinia , class, 5. — Juss. , class. 12, oifl. 2, Ombellileie — Sainl.-Hil., Plani, de la Frauce, t. 1, lab. 33. Cresce la Sanicula nei prati delle montagne ed in ispecìe dei Pirenei. La sua radice è grossa, ramosa, dura, rossastra. Da questa s' eleva uno stelo ritto, striato, alto due piedi circa , al- quanto ramoso, e munito di foglie palmate , a cinque divisioni, che si prolungano sino al picciuolo: ciascuna d'esse è trilobata alla sommila e dentata sui margini; le foglie radicali però sono molto più grandi e portate su picciuoli più lunghi. I fiori sono terminali, piccoli e disposti in numero di trenta o quaranta per ciascuna ombella, che rassomiglia ad un bel fiore raggiato ros- sastro 0 biancastro: essi sono muniti di un involucro composto da quindeci a venti fogliole acute ed altre nervature. Ciascun fiore presenta un calice a cinque divisioni, ed una corolla a cinque petali curvi ed a due lobi; cinque stami portati su lunghi filetti^ un ovario aderente e munito di due stili. Il frutto è ovoideo, sor- montato dal calice persistente e composto di due parli aderenti, di cui ciascuna è munita di cinque coste raggiate trasversal- mente e racchiude un seme.- Fiorisce dal mese di giugno sino a settembre. Si coltiva la Sanicula per ornamento dei giardini, attesoché le sue ombelle producono un piacevolissimo aspetto. Qualsiasi terra e qualsivoglia esposizione le convengono. Si moltiplica per mezzo dei suoi semi, oppure separandone alcuni piedi neli' au- tunno. Non soffre il freddo. Questa pianta chiamasi dai Francesi Astramje à (/mndes feuilles, e volgarmente Sanicle femelle ; dai Tedeschi Astranz, Oslranz, Der schivar ze saniket ; ih^Vi Inglesi The great black master worl; dagli Ungheresi Zapolza. Tom. III. 6 82 La Sanicula è una pianta vivace cbe serve più d'ornamento pei giardini che in medicina. Tullavolla la sua radice, la quale è acre ed aromatica, fu da alcuni medici adoprala come purgativa. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA j. Stelo. 2. Foglia. 3. Fiore ingrossalo. 4. Petalo. 5. Frullo della grandezza naturale. 6. Frutto ingrossalo. 83 E G 0 P 0 D l 0 Aegopodium poJagraria Limi., pentaiuliia diginia, class. 3. — Jiiss, class. 1? , orci. 2, OinbeUit'ere- — Saiut-Hil., Piaut. Je la Fiauce, Ioni. 2. Questa pianta cresce naturalmente nelle ajuole e nei prati umidi di tutta TEuropa. La sua radice è lunga, serpeggiante e difficile a distrursi. Da essa s' eleva uno stelo ritto , liscio , solcato, alto da sei ad otto pollici, ramoso e munito di due sorla di foglie ; le inferiori due volte ternate, e munite di fogliole pc- ziolate, ovali-acute e dentate sui margini ; le superiori sempli- cemente ternate, e composte di fogliole sessili o quasi sessili, strette ed acute. I fiori sono d' un colore bianco e disposti ad ombelle terminali, sprovviste d'involucro e d'involucretto;rom- bella è rara , composta d'una ventina di raggi. Ciascun fiore consta: d'un calice intiero; d' una corolla formata di cinque pe- tali intieri rovesciati verso la loro sommità in forma d'incavo e quasi eguali tra loro; di cinque stami molto più lunghi dei pe- tali, i cui filamenti portano antere rotonde; d'un ovario aderente, sormontato da due stili. Il frutto è ovale-oblungo , segnato da tre 0 cinque coste longitudinali e formato di due })arti aderenti che sono appunto i due semi, piani da un iato cui stanno tra loro aderenti, solcali nel lato libero. Fiorisce nei mesi di maggio, giugno e luglio , e coltivasi in qualche giardino ove abbellisce alquanto le sue ombelle; ma è così rustica che non occorre di eollivarla; anzi difficilmente si sradica, tanta è la facilità di moltiplicarsi da se. L'Egopodio, detto volgarmente Podagraria, chiamasi dai Fran- cesi Efjopode dcgoiìleiix , Petite mujèlique smwage ; dagli Spa- gnuoli Efjopodio ; dagli Inglesi Gout-weed , Ilerb-gerard; dai Tedeschi Geisfuss, Hindlauf; dai Russi Snit ; dai Polacchi Poda- (jrìjeznih; dagli Ungheresi Lud-khu-fu. 84 Gli antichi altribiHvaDo a questa pianta la virtù ó'i guarJre la gotta, onde il nome di Podagrarìa che conserva appo al volgo. - Sembra però che que- sta virtù non sia slata comprovata dai fatti, poiché di presente andò in disuso. Nel Nord la si mangia come pianta culinare. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo, a. Fiore intiero ingrossato. 3, Frutto. ^i!!^J^*^ 85 LIGUSTICO Lìgusticam levibliciim Lini»., class. 5, pentandria diginia.— Juss., class. 12, orJ. 2, Oiiibellifere.— Saiiit-Hil., Plant. . Stelo z. Foglia qmsi della grandeMa naturale. 3. Fiore intiero» 4, Frutto della grandezza naturale. 5. Frullo ingrossato. 87 P E U C E D A N 0 Peucedamim officinale Linu., class. 3, pentanJiia digiuia. — Juss., Ombelli- fere. — Peiicedamim paiisiense Saiut-Hil., Plaut. de la France, t. 3. Questa pianta cresce in molte parti d'Europa, ma special- mente nei dintorni di Parigi, a Meudon, e nelle foreste del Senar. Pretende Saint-IIilaire , che il Pmeedamwi ofpcmak Linn. differisca dal Peucedanum parisiense, perchè quello a- vrebbe i fiori gialli, mentre questo porla i fiori bianchi od alquanto rossastri. Checche ne sia , il Peucedano che imprendiamo a descri- vere è quello stesso che trovasi disegnato da Saint-llilaire, Plani, de la France, sotto la denominazione di Peucedanum pa- risiense. La sua radice cilindrica e biancastra internamente dà o- rigine ad uno stelo ritto, liscio, cilindrico e striato, alto tre piedi circa e munito di foglie peziolate tre volte alate, a fogliole lineari, intiere e strette; quelle della sommità dello pinnule sono situate tre assieme. I fiori sono disposti in om- belle assai grandi , emisferiche, alquanto rossastri prima della fioritura. Il loro involucro è composto di otto a dieci fo- gliole caduche, fine ed acute, e l'involucretto a più fogliole. Ciascun fiore componesi di un piccolo calice a cinque denti; d'una corolla di cinque petali eguali , curvi all' insù verso la loro sommità, che è stretta ed incavata ; di cinque stami più lunghi dei petali e con questi alterni; d'un ovario a- derente al calice e coronato da due glandolo frammezzo a cui trovansi due stili persistenti. Il frutto è un'achena com- pressa, striata e sottile sui margini. Si divide in due parli aderenti e monosperme. 88 11 Pciiceilano, dello anche Finocchio porcino, chiamasi dai Francesi Peucedane, Fenouil de poro, Qmue de pourceau; dai Te- deschi Haarstrang saufenchel, Hemengall; dai Danesi Svinfenkel; dagli Inglesi Sea sulpJmr-wort; dai Russi Wolosjanka, Stvinoi cJuvost; dai Boemi Gekrj-koren; dai Polacchi Wieprzyniec. La laJice tli questa fiianta, secoudo Sa'mt-IIilaire, è aromatica, e suolsi pre- scri\ere da alcuui medici parigini coutro T emicrania e l'anoressia sotto l'orma di polvere. La sua iufusiaiie vale ad eccitare e detergere gli ulceri atonici. SP!EGAZIO^E DELLA TAVOLA «. Sielo. a. Fofjlia. 3. Fiare iuJieso ingrossato. V Ombellttla. 5. FraUo. ^>^/Y/v/y^' /^//^i^/'//^/'/^ 89 T 0 II I) 1 L I ( J Tordiliiitn ofEcitiale Liiin., penlanJrla diginia , class. 5. — ■ Juss., Ombellifere. Saiiit-Ililaire, PI. de la France, t. 4. Alligna questa pianta nelle parti meridionali d'Europa, spe- cialmente nei campi e sui margini della Francia. La sua ra- dice è alquanto carnosa, fusiforme e cilindrica: essa da ori- gine ad uno stelo alto circa un piede, ramoso e coperto di alcuni poli quando la pianta cresce naturalmente in piena terra. Le sue foglie sono alate , a cinque , sette o nove fogliole scssili , ovali , incise e dentate. I fiori sono bianchi e disposti in ombelle ineguali : V involucro è composto di più fogliole semplici ed acute ; l' involucretto consta solo di tre fogliole quasi lunghe quanto Tombella e situate dallo stesso lato. Cia- scun fiore presenta un calice piccolissimo, a cinque denti; cinque petali cordiformì, curvi all' insù, d'eguale grandezza al centro del fiore, d'ineguale alla circonferenza, trovandosi inoltre esternamente un petalo lobato e dentato tra i due lobi ; cinque stami alterni coi petali, colle antere rotonde; un ovario aderente sormontato da due stili e da due stimmi. Il frutto è un'achcne orbicolare, compressa e munita d'un piccola margine sagliente colla forma d'un seme capitato. Questa pianta coltivasi anche negli orti botanici per uso della farmacia. Si moltiplica seminando i suoi grani in una terra sostanziosa. — Fiorisce nei mesi di luglio , agosto , set- tembre. Il Tordiglio chiamasi dai Francesi lordile ofjìcinal, Séséli de Créte, Fenouil tortu; dai Tedeschi Das drelikraut, Hirsch— mirt; dagli Inglesi T/ie officimi^ kart tvort; dagli Olandesi Gemen kielzmd. 90 Onesta pianta fu ^'^ ROBBIACEE « Famiglia di piante dicoliledoni , monopetali, epigini, a stami distinti, composta di vegetali esotici od indigeni, portanti fo- glie semplici, intiere, verticillate od opposte, e presentanti, in quest'ultimo caso, fra ogni paio di foglie una stipula di variabilissima forma. I fiori sono molto diversamente disposti, ora terminali, ora ascellari, disposti a corimbo, in ispica, a grappoli od in panicelo. Il loro calice aderisce al germe; il suo lembo è ripartito in quattro o cinque divisioni; la co- rolla riesce sempre monopetala, regolare, a quattro o cinque divisioni ; nella sua faccia interna presta essa l'attaccatura ad egual numero di stami ora inclusi ed ora prominenti, e s'in- serisce sull'ovaio , vale dire essa è epigina ; il germe che ri- sulla infero, coronato dal lembo del calice e da un disco epigino , è ora didimo a due cellette monosperme , ora a due od a maggior numero di cellette , contenenti ciascuna un va- riabile numero di uovicini. È tal germe sormontato da uno stile semplice o diviso nella sua parte superiore in altrettanti rami stimmatiferi quante sono le cellette nel germe. 11 fruito presenta molte modificazioni ; talvolta si compone di due gusci monospermi ed inapribili, come osservasi in tutte le nostre specie indigene, quali, ad esempio, la robbia de' tintori, il Si gallio ; altro volie consiste in una bacca o drupa contenente uno 0 più noccioli ; ed in qualche caso finalmente , è una capsula a due od a maggior nomerò di cellette , racchiu- dente ciascheduna molli semi. Nel regno vegetabile, poche sono le famiglie piìi interes- santi per la terapeutica delle robbiacee ; per far comprendere tutta questa importanza, ne basta qui rammentare che a tal classe di vegetali dobbiamo le varie specie di china, la ipe- cacuana , il caffè , la robbia de' tintori , la gomma-chino e molti altri prodotti. Rendesi questa famiglia osservabile per l'analogia delle piante che la compongono, sotto l'aspetto delle proprietà mediche che esse possedono. Per tal guisa, le corteccie del maggior numero delle robbiacee legnose, con- tengono principii astringenti ed amari , abbondantissimi nelle diverse specie di china, ma che, sebbene di differente na- tura, esistono pure in altri generi della stessa famiglia. Per simil guisa, le corteccie delle specie appartenenti al genere exostemma, riunite altre volte al genere cinchona di cui esso è uno smembramento , quella della portlandia Iiexandria , del maeronemiim corymbosum , della pycneya^ e di molti altri ve- getali esotici sono, in molte contrade del Nuovo-Mondo, so- stituite alle vere specie di china, di cui esse hanno pel fatto le proprietà. Le belle analisi di Pelletier e Caventou dimo- strarono che nelle corteccie del Perù il saper astringente di- pendeva da un acido particolare, detto acido chimco da Vau- quelin, mentre che l'amarezza era dovuta a due principii particolari di natura alcalina, da essi nominati chinina e cin- conina. Era pure interessante ricercare se questi principii non esistessero egualmente nelle altre cortecce della stessa fami- glia riputate febbrifughe. Tentò Pelletier questo nuovo lavoro, e riconobbe non esservi traccia veruna di chinina e di cin- conina nelle diverse specie del genere exoslemma, che per gran tempo aveva formato parte del genere cinchona, e le 03 cui specie conosconsi coi nomi di china piton, ciiina di santa Lucia e simili; mentre airopposto ne rinvenne traccie nella corteccia della porllandia esandria, nomata in America china di Cumana. Il sapor astringente delle robbiacee esiste in molte specie di gallio, e negli steli, nelle foghe della robbia e di alcune asperule ; in niun vegetale di tale famiglia però non acquista esso tanta forza quanto nella muclea gambir^ che cresce nelle Indie Orientali, e da cui si estrae quel succo concreto o gomma-resina conosciuta col nome di gomma-chino. Ma in questi diversi esempi l'astrizione dipende dal concino e dal- l' acido gallico , che formano quasi per intiero la gomma- chino, e quindi tale sostanza costituisce uno dei medicamenti più validamente astringenti. La radice di molte robbiacee som- ministra un principio colorante variamente abbondante, di cui la robbia, l'asperula e molte altre robbie erbacee ed a ra- dice vivace ne offrono esempio. Ma la proprietà maggior- mente osservabile posseduta dalle radici di certe robbiacee si è la loro azione emetica. Le vere specie d'ipecacuana, vale dire, l'anellata e la strisciala, e molle altre somministrate dai generi psychotria, richardsonia , vanno collocate in cima ai medicamenti emetici. Finalmente, in questa rapida enumerazione non dobbiamo passare sotto silenzio i semi del caffè , che divennero per noi oggetto di prima necessità. Lo squisito sapore e l'aroma del caffè non si trovano nello slesso grado nei semi di verun' altra pianta della medesima famiglia. Non di meno alcuni hanno con essi grande analogia sotto molti aspetti; quali sono in particolare quelli della psycliotria herbacea, che alla Giamaica vengono talvolta usati invece del caffè, ed in Europa gli altri del galium aparine L., che torrefatti hanno sapor astringente ed amaro piacevolissimo , ma che non rammentano per nulla l'aroma soave dei semi di Moka e di America. » (V. Diz. Mcd.) 9i Veiilenal compronde in questa famiglia, che è la 2* della XI classe del suo Tableau du règne vegetai, quarantatre generi sotto undici divisioni, cioè: 1 . Le Robbiacee aventi per frutto due semi e quasi sempre quattro stami ; foglie \ erticellate e fusti comunemente erbacei : Sher avelia, Asperula, Galkm, Cntcianella , \alantia, RuUa, Ansthospermum. 2. Le Robbiacee che per frutto hanno due semi ; quattro stami e rare volte cinque o sei; le foglie quasi sempre opposte, riunite da una guaina cigliata, ed i fusti ordinariamente er- bacei: Knoxia, Spcnnacoce, Richardia, Phyllk. 3. Le Robbiacee aventi per frutto una casella o una bacca biloculare e polisperma; quattro stami; foglie opposte; frutta erbaceo o fruticoso: Hedyotis, Oldelandia, Catesbea. 4. Le Robbiacee portanti una casella o una bacca bilo- culare e polisperma; cinque stami; foglie opposte e frutto spesse volte fruticoso: Randia, Rertheim, Mussaenda, Cin— chona, Rondeletia, Gcnipa, Gardenia, Portlandia. 5. Le Robbiacee a frutto casellare, biloculare, polispermo ,^ a sei stami, a foglie opposte ed a fusto fruticoso: Conta- renia , Hillia. 6. Le Robbiacee a frutto drupaceo o bacchiforme, bilo- culare , dispermo , a foglie opposte ed a fusto ordinariamente fruticoso: C/tomelia, Ixora, Antirhea. 7. Le Robbiacee a frutto ordinariamente bacchiforme, bi- loculare , dispermo , a cinque stami , a foglie opposte ed a fusto fruticoso : Chiococca , Psychotria , Coffea , Pa'deria. 8. Le Robbiacee il cui frutto è una bacca o drupa mol- tiloculare a concamerazioni monosperme; quattro, cinque o più stami ; foglie opposte ; fusto ordinariamente fruticoso : Laugeria , Erilhalis , Myonima , Pyrostria , Vangueria , 3Iat- ilìiola , Guetlarda. 9. Le Robbiacee il di cui frullo è una bacca moltilocu- 93 lare a concamerazioni polispcrme ; cinque o più slami ; logiie d'ordinario opposte; fusti erbacei o fruticosi: Uamelia. 4 0. Le Robbiacee a fiori qualche volta riuniti, ma più spesso aggregati sopra un ricettacolo comune, a foglie op- poste ed a fusti di rado erbacei: Mitchella, 3Iormda, Ce- phalanthus. 41.1 generi appartenenti alle Robbiacee ed il cui frutto è sconosciuto: Ferissa {Nouveau dkt. cVHist, mtur., tom. xx, pag. 331). ASPERELLA Aspnila cinanrSiica Bauli., pili-, lilt. 9, sect 1. — Rubeola vulgaris fjuailiì- l'olia laevis Tourn., class. 2, IiitiUKlihuliformi. — Asperula cyiiaiicliica Lina., class. 4, telraiidria monogiiiia. — Juss., class. 11, (iij///y<^^^<^ 97 I/Asperiila odorosa, Asperula odorala Limi., conosciuta col nome di Regina dei boschi, è una piccola pianta vivace a stelo ritto che porla foglie lanceolate, verticellate ad otto, varii fiori bianchi a mazzolino terminale. Essa è assai co- mune nei boschi. L'Asperula dei tintori , Asperula tinctoria Linn., è una specie egualmente vivace a steli dispiegati e diffusi, con foglie li- neari e strette. Essa somministra un colore analogo a quello della Robbia. Le qiialit.ì Gsiche e le proprietà medicinali dell' Asperula sono debolissime. Colle sue foslie preparavasi altre volte una tisana , non che gargarismi e ca- taplasmi che vole?ansi potenti per guarire l'angina; onde il suo nome di erba per la scheran-Ja. Opgidì per.ò si riconobbe che a questa [ìianta , come a molle altre , s'attribuisce male a proposilo un siffatto titolo. L'Asperula odorosa disseccata esala ceri' odore ambriaco piacevolissimo al- quauto simile a quello della fava tonca , lo che dà a sospettare in essa la presenza ilell' acido benzoico. La sua infusione acquosa è di colore rosso chiaro; ha sajìore aggradevole che ricorda quello del tè; riesce un poco aslriu- gente e tonica. Prescrivendola gli antichi come diuretica e diaforetica , la sua dose era di due in quattro dramme in infusione entro due libbre di acqua bollente. Al presente è, come la sovra descritta, quasi inusitata. Secondo Gmeliu, l'Asperella odorosa fornisce colla combustione più alcali di qualunque altra pianta. L'esame che ne fece Braconot non gli diede i ri- sultati di Gmelin, il quale, secondo opina Richard, gli avrà senza dubbio oltenuli da una pianta cresciuta sopra un terreno nitroso o che conteneva al- meno dei sali di potassa. La radice della maggior parte delle Asperula possiede la facoltà di tingere in rosso. SPIEGAZIONE DELLA TAVOL.i I. Slelo. 1. Badicc. 3. Fiore intiero ingrossalo. vt'Of^ iiiUern aporlo. "i. Frutto. Tom. ///. 98 SPERONELLA Aparioe vtilgaris Bauh., pin , 334. — Apariue viilgaiis semine minori ToiirD., class. 1 , sect. 9, gen. 2. — Galiiun apariue Linn., leirandria monoginia. — Juss., class. 11, Robbiacee. — Poiret, Fior, raed., 1.4, lab. 187. La Speronella è comune per ogni dove, nei campi, nelle aiuole, nei luoghi incolti dei giardini e simili: s'abbarbica a lutti i corpi che incontra, lo che le fece dare già fin da Dio- scoride il nome di Asperine. Le sue radici sono sottili, alquanto quadrangolari , munite di alcune fibre cprte sottili : esse danno origine a steli deboli , sottili , nodosi , teneri , tetragoni , della lunghezza di due o tre piedi , aspri sui loro angoli. Le foglie sono strette, lineari, alquanto ristrette alla loro base, pube- scenti nella superficie superiore , glabre nell' inferiore , spunto- nate alla sommità , riunite otto o dieci a mo' di verlicelU : Vangolo sagliente delle foglie è pure dotato di molte asprezze. I fiori sono numerosi , portati su peduncoli ascellari ramificali. Ciascuno d'essi consta d'un calice appena sensibile a quattro denti ; d'una corolla bianca , tonda , a quattro lobi ; di quattro stami ; d'un ovario infero a due lobi ; d'uno stilo bifido sor- montato da due stimmi globosi. I frutti sono capsule globose fortemente asperse di peli uncinali , non coronate però dal calice. Questa pianticella chiamasi dai Francesi Grateron; dagli Spagnuoli Aspergula, Amor del hortelano; dagli Inglesi Goose- grass; dai Tedeschi Kktlerdes lahìmmt; dagli Olandesi Klee- kruid; dai Danesi Snerre, Snerregnm ; dagli Svezzesi Snar- jegras, Snarpegras; dai Polacchi Spona , Oslvzijka; dai Russi Smolmja trama; dagli Ungheresi Ragadaìij. La radice di questa pianta vaccbiude una maleria colorante cbe arrossa Pacqua per meno della uiaceraiione. ^'ello sialo liescy offre uu sapore priiua v\SO '^' r >v/< /.^y/^<^<^' 99 leggermente amaro, quindi acre e piccaiile. Decandoìle osserva, che i grani torrelalti hanno un gusto analogo a quelli del catTè. La sua radice, al dire di Seimner, imprime un colore rosso alle ossa degli animali che uè mangiarono. Egli è forse per questo che Glissoa e Robert predicarono le virtù di questa radice contro la rachite. Onesta pianta venne inoltre commendata come diuretica, sudorifica, aperi- tiva, incisiva; e dietro sifialle proprietà, che però vogliono ancora essere constatate, seppure non sono immaginarie, Mayerne vantò questa pianta contro l'idropisia, Rai negli ingorghi della milza, Pauli contro i dolori del petto e neir ipocondriasi , Edvvars nella cura dello scorbuto e Gaspari contro le scrofole. Il sugo, di cui tanto gli steli che le foglie abbondano, amministrato ogni giorno in bevanda alla dose di un bicchiere ed applicato nello stesso tempo esternamente, venne presentato nella Biblioteca medicale (febbraio l8lo) come un rimedio efficace contro il cancro. Altri infine Io decantarono per la cura degli erpeti, della pleurisia e d'altre malattie tanto acute che croniche. È facile fiero l'osservare e conchiudere con Guersent e CuUen, che tutte queste proprietà sono piuttosto ipotetiche che reali. Imperocché nessun fatto realmente s'adduca onde puntellarle. La radice di questa pianta racchiude un colore rosso che può rendersi fisso sulle stoHe mediante alcuni mordenti. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Steto. 1. Fiore iutiero ingrossalo. 3, Pistillo. ). Fruito didimo della grossezza naturale. 5. Radice. 00 e W 0 (] E T T A Cruciala hirsula Bauh., piti., lib. 9, secl. 1- — Tomn.. cUss. 1 , G.n.in.pn forme.— Valanlia cruciata Liun., class. 23, polij^ainia nionoecia. — Ju^s., class. 11, orci. 2, Robbiacee — Puirel, Fior, ined., t. 3, uU. 139 — S..inl- Hilaire, Pl.de la Fraoce, t. 4. Si trova comunemente questa pianta nei nostri prati, sui margini delle strade, fra le siepi, nei boschi e simili. Le sue radici sono sottili, allungate, articolale, mediocremente fibrose. Da queste s'elevano steli ritti, quadrangolari, sem- plicissimi il più delle volle, lunghi otto, dieci e più pollici. Le loro foglie sono disposte a verticelli alquanto distanti Tuno dall'altro in numero di quallro disposti a croce in ciascun ver^ ticello, lunghe da sei ad otto linee, intiere sui margini, ovali , vellose e segnate da tre nervature. I fiori che nascono a pic- coli ciuffi nelle ascelle delle foglie, dun colore giallo, sono gli uni maschi e gli altri ermafroditi. Essi presentano un ca- lice piccolissimo quasi intiero ; una corolla monopetala a (juat- tro divisioni, terminate da un tubo cortissimo. Nei maschi gli stami sono tre o quattro, alterni colle divisioni della corolla, coir ovario abortito. Nei fiori ermafroditi si trovano quattro stami ed un ovario aderente sormontato da uno stilo e da due stimmi. Il frutto è formato da due piccole coccole ro- tonde riunite, di cui una sola ordinariamente perviene alla maturità : esso è coperto da foglie che si rovesciano dopo la fioritura, la quale succede durante la bella stagione. La Crocetta, detta uncha Petiimhrosa, chiamasi dai Fran- cesi Croisette, Valantia-Croisetle ; dagli Spagnuoli Cruciala, Valancia Crnzada; dagli Inglesi Crosswort; dai Tedeschi /ryr??/2- wur%, Kreulzkìmt; dagli Olandesi Kruls-workl , Kruidruid ^-«^?^»<<^j^^ 101 Sebbene sia stala la Ciocella decaulala per la guarigione di molle malallie, la iiiagjiiur fiarte però degli autori recenti di materia medica la giudicano poco degna di figurare tra le sostanze medicamentose. Tultavolta ricorderemo clie essa era tenuta come vulneraria ed astringente da Geoffroy; e che i contadini, secondo riferisce Cbomel, sogliono usarla vantaggiosamente nei prolassi inle- sliiiali dei bimbi, non die nelle ernie a cui questi vanno alle volte soggetti, afiplicaiido diretlameule l'erba pesta, o facendola bollire nell'acqua; ed alcuni somtiiiiiiblrano auche la sua decozione per bocca. Per ultimo rammenteremo cbe Spielmann osserva come la radice di questa pianta, del pari che quella di molle altre Robbiacee, ba la proprietà di co- lorire le ossa degli animali che ne Innno uso. ^^J^^.^;^^.^»;^ ¥ SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA L Stelo. ±. riadice. 3. Fiore ermafiodilo ingrossalo. /,. Fiore mascliió. 5. Fruito della grandezza iialiiralc. 6 Frullo ingrossalo. 7. Fruito lai quale riscontra-si .solo alcune volle. lui ROBBIA Rubia liDctonim saliva Banh., pio., lib. 9, secl. 1.— Touin., class. 1, Cartl panilorme — Rubia tinctorum Linn , class. 4, telramliia monoginia.— Juss j class. 11, Old. 2, Robbiacee — Poirel, Fior, med., t. 4, lab. 177.— Saiut- Hilaire, Pi. de la France, 1.2. Questa pianta vivace cresce spontaneamente nel mezzodì dell'Europa fra le aiuole ed i buscioni, sui vecchi muri e nei luoghi pietrosi ed incolti. Coltivasi in molti paesi, come nelle vicinanze di Avignone, nella Linguadoca, nell'Alsazia» nella Normandia^ nell'Olanda, ecc., pei numerosi ed impor- tanti usi della sua radice. La radice di questa pianta è assai grossa, ramosa, arti- colata, rampante e d'un colore bruno-rossastro esternamente. Da questa sbucciano molti steli , lunghi due o tre piedi , no- dosi , tetragoni , sottili , diffusi , armati di piccoli uncini sugli angoli , che la rendono molto ruvida al tatto. Le loro foglie sono lanceolate, sessili, verticellate, in numero di quattro o sei, d'un colore cinereo lucente, acute, e coperte pure di asprezze ai loro orli e sulla nervatura media. I fiori sono piccoli , situati su peduncoli ramosi che formano piccoli pa- nicoli ascellari laterali e terminali , e d'un colore giallo pal- lido: il loro calice è aderente e poco tisibile ; la corolla monopetala a quattro o cinque divisioni ovali-acute ed aperte; li stami in numero di quattro o di cinque sono inserti sulla corolla; l'ovario è aderente, globoso, didimo e sormontato da uno stilo bifido alla sua sommità. Il frutto e composto di due bacche rotonde, monospermi, ravvicinate: una di esse spesso abortisce. — Fiorisce nei mesi di giugno e di luglio. La Robbia, delta anche Rubia, chiamasi dai Francesi Ga- b ^. , >7^^v^ira r/i ^-^ 1 m rance : dagli Inglesi Mcuìder ; dai Tedeschi Swrherrwllia; , klapp, Grapp; dagli Olandesi Krap, Meekmp. La radice è Tunica parie che venpa ns;)ta, e riesce assai importante sia pp»- la terapeutica, che per le arti. Somministra essa pel fallo certo principio co- lorante rosso, Ireqnentissimamente adoprato nella tintura, non che alcune me- diche pro|)rietà. sebbene, a vero dire, queste ultime siano ben poca cosa a confronto del gran vantaggio che questa radice ha nelle arti. Come incontrasi in commercio, la radice di Robbia è cilindrica, strisciala, ricoperta d'un e[)idermide d'un bruno rossastro che si separa assai facilmente: sotto quest'epidermide vi è una corteccia di una o due linee di un rosso in- tensissimo. La parte legnosa è giallastra e non contiene il principio colorante che si ricerca in questa radice: manca quasi di odore, ed ha sapore amaro astiingente. Nella tintura in rosso fassi immenso consumo della radice in discorso. L.1 sua materia colorante solubile non solo nell'acqua e nell'alcoole, ma ben anco negli olii volatili, fissata sul coione, forma quel bel rosso di Andrinopoli che gli Orientali erano i soli in possesso di fabbricare, ma che venne imitalo dai nostri abili manifattori. Secondo Chardin che viaggiò in Persia, i Persiani spediscono nell'India grande quantità d'una tintura rossa stimatissima prepa- rata colla radice di Robbia che essi chiamano Rnubàs. E probabile che con questa tintura si tingano in rosso i famosi scialli di cachemire- L'uso della Robbia per tingere la lana e la seta d"un rosso vivo e perma- nente è scoperta piuttosto recente. E vogliono i Francesi che i signori Romin , tintori in Parigi, abbiano perfezionato con mollo buon esilo e profitto que- st'utile applicazione. Molti dotti si sono esercitali sulla Robbia. Rerihollel, "Walt, Chaptal, Haurs- manu, Gren,, Sobler, Mienlis, Rucholz, Dohn , Merimée, non the più re- centemente Knhlmann, Robiquet e CoUin, ed un illustre nostro patriota, sig Peretli , ed altri. Ruhlmann dimostrò in un'analisi pubblicata nel tomo xxiv degli Jnnali di chimica e fisica che la Robbia contiene: l.Una materia colorante rossa. 2. Una materia colorante gialla. 3. Legnoso. 4 Un acido vegetale. 5. Una inateria mucilaginosa. 6. Una materia vegeto-animale. 7. Gomma. 8. Zucchero. Ó. Materia amara. Ì0. Resina odorosa. 11. Diverse materie saline contenute tìel prodotto dell' incenerazione. Robiquet e Collin pervennero ad isolare la materia colorante rossa della Robbia alto slato cristallino, a cui diedero il nome di Alizarina. Questa pre- sentasi in cristalli di un rosso arancio, inodora, senza sapore, e si sublima facilmente: non è solubile nell'acqua fredda, ma bensì nella bollente: la sua soluzione è di un colore rosso, l'alcoole e l'etere la disciolgono in ogni pro- porzione. Il primo carico di Alizarina prende un bel colore rosa, mentre Teiere si colora in giallo dorato. L'Alizarina è solubile nell'olio di lino: gU tilcooli la disciolgotìo, e le sue soluzioni alcooline sembrano violette e ble'i ! (ì \ (jiiiiiido sono conceuliale: ;illuii{;;ite coiivenienlemenle , souo «l'im culuie rosso viuhiceo Colla soluzione «li allume aggiunta ad una soluzione di Alizailna , •; jiiecipitalu il miscuglio colla potassa, si produce una lacca di bella tinta rosa. {'er ottenere l'Alizarina gli autori succitati indicano il metodo seguente. Si prende la ìlolibia polverizzata, \i si aggiungono 3 o 4 parli di acqua fredda, e dopo otto o dieci minuti di macerazione si spreme il liquore Dopo alcune ore questo liquore si rappiglia in gelatina, la liiii7.e cdloranli, Tana rossa, l'allra ili color Ji rosa; ma per poco che si esa- mini il metodo col quale hanno ottenuto la prima, si vedrà ben presto unn essere questa allo stalo puro, ma sibbene un miscuglio delle due sostarne co- loranti. Ed intani, essi stessi dicono, che avendo messa la sostanza rossa in una storta al l'uoco, si è decomposta, somniiuislraiido tracce d'alÌ7aiina , "^o- slania colorante solida della robbia cosi chiamata da Robiquet e Colin, e con- siderata come una sostanza particolare. Io non farò che presentare i risnlla- menli ottenuti da differenti operazioni da me eseguite, da' quali si rileverà che le due sostanze coloranti esistenti nella robbia si possono se|)arare molto più facilmente che non è slatt) fatto finora dai chimici. «^ Seguendo il metodo proposto da Merimée, ho fatto bollire una libbra di robbia con acqua che teneva in soluzione due once di carbonato di soda , ed ho ottenuto un liquido di color rosso quasi di sangue, il quale, dopo essere sialo alquanto condensalo per mezzo dell'evaporazione col raffreddamento, si rafipigliò in forma di gelatina. Sopra questa ho versato delTacido solforico al- lungalo, col quale si formò un precipitalo a coagulo che montò alla superficie del liquido, ed il fluido da rosso ch'esso era divenne giallo. Ho separalo il precipitato a coagulo per mezzo di un pannolino e l'ho alcun poco lavato: aveva desso un color rosso sporco, era molle, si discioglieva nella potassa for- mando un liquido colorato rosso. Trattalo coll'alcoole, ho lascialo disciogliersi in parie formando un liquido coloralo rosso ed insolubile; è rimasta una so- stanza molle colorata in rosso scuro. Questa sembra poter essere l'acido pectico reso solubile dal carbonaio di soda messo a bollire colla robbia, e divenuto insolubile per l'aggiunta dell'acido .solforico, e che separandosi ha trascinato seco la parte colorante. Ma avendola trattala coll'alcoole, questo fluido ha disciolto la parte colorante ed insolubile, vi è rimasta una specie di gomma, che disciolla nell'acqua ha somministralo una gelatina pressoché eguale a quella che si ottiene dai licheni : perciò non può considerarsi tome acido pectico. Questa parte colorante che si è disciolla nell'alcoole, sarà quella fulva o ros- siccia chiamala da Rulman , ovvero quella rossa di Gaultier de Claubry e Persoz, od anche quella rosea dei medesimi? Io credo che nella soluzione al- coolica sianvi tulle due riunite, e che il carbonaio di soda sciogliendo la parte rossiccia, siccome inutile, secondo Merimée, per la formazione erienza mi propongo di fare, e sarà quella di tratiare anche col cai bone animale una soluzione d'alizarina falla nelTalcoole, distillare il medesimo se viene scoloralo, ed esaminare il residuo se vi rimarrà. Da questa sperienza mi lusingo dedurre qualche conseguenza importante a schiarimento del fatto ac- cennato. « 11 decoloiaraento della soluzione alcoolica d'alizarina ebbe luogo pronla- niente, e con piccole qiianlilà di carbone animale ottenuto dall'avorio, e non prepalato: l'alcool scoloralo lu fatto svaporare in capsula di porcellana, e per residuo dette qualche atomo di carbone trascinato dall'alcoole e passalo pei pori della carta emporetica, ed una sostanza salina, il cui sapore era salalo siccóme il sale comune. Fu disciollo questo residuo nell'acqua stillata, e versatosi sopra del nitrato d'argento si lormò un precipitato di cloruro d'argento. «t Ilo voluto anche s[ierimentare di quale elellricità fosse dotata l'alizarina. ed ho riconosciuto essere ^elettro-positiva come lo dimostreranno le sperienze che seguono, « Ilo preso un lubu tallo tome la lelleru V, e nel braccio cuniuiiii ante al 110 polo negativo di un afiparpfo eleltro-motoie, ho po^lo I;» soluzione di lacca colorala coli' alizarina falla coli" idrato di polassa ; iielT altro braccio del luboi ho messa dell'acqua stillala: dopo lo spazio di un'ora ho ritrovato il liquido del polo negativo un poco scoloralo, ed attaccato al filo metallico ho rinve- iiula una polvere nera la quale ho viconosciulo essere del carbonio. Al polo positivo l'acqua si mantenne limpida, ma allaccala all'esVremilà del filo me- tallico eravi una sostanza alquanto diafana di color verde nerafclro- Separata questa, e trattala coll'alcoole, si mostrò insolubile: fu messa allora in capsula di platino al fuoco, e divenne di color cinereo: messa nell'acido acetico vi si disciolse: versatavi sopra la soluzione d' idroferrocian.Mo di potassa, prese il color rofso di vino: colPammoniaca ha somministrato dell'allumina, mentre il liquido acquistò un colore alquanto azzurrognolo. Era questa sostanza un mi- scuglio di allumina e di ossido di rame. Ho preso ad esame il fenomeno, ed ho veduto che l'ossido di rame era provenuto dall' aver fallo uso inavverten- lemente di un filo di rame inargentato, e che l'allumiBa poteva essere stata trascinata dalla corrente elettrica per essere divenula elettro-negativa in ra- gione ch'era stala disciolta nella potassa : il carbonio rinvenuto al polo nega- tivo essere provenuto dalla decomposizione dell'alizarina, essendosi volatilizzati l'ossigeno e l'idrogeno, de' quali probabilmente la medesima sarà composta « Poco bassi a dire intorno all'azione terapeutica della radice in discorso. Essa faceva parte delle cinque radici maggiori; eatra nello sciroppo di artemisia, e se ne prepara un estratto. Fu anticamente vantata come diuretica, ernenagoga e successivameule contro l'illerizia e la rachitide, ma l'esperienza dei moderni non confermarono questi risultati, e quindi oggidì i medici ne abbandona- louo l'uso. Ciò che v'ha di positivo è la proprietà sua di colorire in rosso gli ossi, il latte e le urine degli animali, senza che gli altri tessuti partecipino di questo colore. Più gli animali sono giovani, più lacilmenle si colorano i loro ossi. Gibson riconobbe che in uu sol giorno si tingono in rosso gli ossi d'un pic- cione giovane, ed in tre giorni gli ossi acquistano un colore scarlatto carico, mentre ve ne vogliono 13 ne' piccioni adidli per tingere in rosso i loro ossi. Egli osservò parimenti che gli ossi più lontani dal cuore, sono quelli che lar- dano di più a colorirsi. Anche gli umori separali, come il latte, l'orina ecc., assumono egualmente il colore rosso: è poi meritevole di osservazione che gli altri tessuti dell'eco- nomia rimangono estranei a questo fenomeno fisiologico della Robbia , non eccettuali il periostio, i lendini e le aponeurosi. Negli uccelli però il becco e le squame che ricoprono le zampe partecipano del fenomeno del coloramento. Né possedè sifTatta proprietà soltanto la radice, ma anche i teneri germogli della pianta possono esercitare sul sistema osseo eguale influenza. Si [)relese che questa facoltà fosse comune alle piante tintorie della stessa famiglia, come VJsperula tinctoria, i Galllum molliigo e Gallium aspa- riìie, la Falantia cruciata., e che le altre sostanze colorate non f)roducono un simile fenomeno. L'esperienze di Gibson dimostrarono il contrario, cioè che gli ossi di alcuni animali vennero colorili ammiuisUando loro l'estralto di legno campeggio. MI Cerio I;t Robbia esigp per la sua coUivaiione un leireno soslaniioso , pio- JonJo, ben lavoralo, e la kì tnolliplica o divideriJo le sue radici, o per semi. lyia quamio si seiiiiuano, tosto che le giovani piante sono alle un piede circa, la d'uopo lilà fisiche dipendano dall' essere stata raccolta all'epoca della maturità della i/ianta, essa sembra dotata di proprietà più energiche che le altre sorta colla quali trovasi, sebbene di rado, mescolata nell'Ipecacuana di commercio. Se- condo Guibourt, TI ha una varietà d'Ipecacuana la quale presenta tutti i ca- ratteri dell'Ipecacuana grigia, ma la cui epidermide è rossastra. La variazione di colore che offre questa radice porta a credere che appartenga a\V Ipecacuana anellata rossa, la quale proviene da piante cresciute in un terreno migliore. 3° Ipecacuana anellata rossa Ricb., Ipecacuana grigio-rossa Lem., J^érat. — La sua superficie offre anelli simili a quelli della prima varietà, ma l'epidermide è d'un bruno rossastro, la .spezzatura resinosa e d'una tinta più o meno rosea. La sua amarezza è all' incirca uguale a quella della seconda Tarietà , cioè a dire alquanto maggiore di quella dell' Ipecacuana bruna. Il suo odore è meno forte quando si respira in massa, il suo sapore men nausea- bondo. Ordinariamente la corteccia dell'Ipecacuana rossa è cornea e semi- trasparente, carattere più visibile che nella prima varietà e che dipende dal colore meno carico della epidermide. Talvolta la sezione di questa corteccia è opaca , appannata e come amidacea : la radice offre proprietà meno attive. Gui- bourt osserva con ragione che la natura farinosa della corteccia non può for- mare una varietà distinta, poiché si rimarcano radici fK cai la sezione tras- versale è opaca o farinosa all'estremità inferiore, trasparente o cornea nella parte superiore. Onesta specie d'Ipecacuana fu analizzata da Pelletier sotto il nome di Cai licocca ipecacuanha. Ecco i risultati dell'analisi, dai quali si può dedurre ■che la varietà in quistione è un poco meno attiva dell'Ipecacuana bruna , seb- bene in commercio sia quanto questa abbondantemente sparsa. Parte corticale privata del suo midollo legnoso. Emetina 14 Materia grassa 2 Gomma 16 Amido 18 Legnoso 48 Perdila 2 Totale. . . . lOO 'U Ipecacuana striata poi, quale si vende in commercio, è formala di radici cilindracee, più di soventi semplici, della grossezza d'una penna da scrivere, allungate, poco ritorte, non rugose, ma segnate longitudinalmente, offrenti di distanza in distanza interruzioni circolari profonde. La loro spezza- tura è bruno-nerastra, leggermente resinosa; l'odore quasi nullo; il sapore scipito, senza amarezza né acredine. L'epidermide di un grigio rossastro sporco, che invecchiando prende una tinta nerastra e diviene anche affatto nera inter- namente: da ciò venne il nome A'' Ipecacuana nera datole da alcuni autori. La parte corticale è di una consistenza molle, facile a tagliarsi col eoltello 121 ytentJt spparnrsì flal legnoso. Il corpo l'^gnoso o midollo è giallastro, pprUmilo «riiii'inQuilà di buchi visibili colla lente. La semplice descriiioue sopra falla delle qualità Gsiche di questa pianta basta •A far concbiudere che essa possedè proprietà meno attive dell'Ipecacuana auel- lata. Gli antichi tarmacologisli , fra cui Leinery, non la riguardavano come un medicamento energico, poiché essi ne amministravano la polvere da una dramma e mena a tre dramme in infusione. Egli è probabilmente a cagione della in- feriorità universalmente riconosciuta delle sue proprietà che quest'Ipecacuana è assai rara in commercio. Pelletier ottenne dalla sua analisi fJourn. de pharm., V. 6, p. 203) ì seguenti risultali: Materia vomitiva 9 •'•> grassa 12 Legnoso, gomma, amido 79 Totale. . . . lOO Si prò per ultimo colWcare eziandio nel numero delle vere Ipecacuane la Ipecacuana bianca di Pison e Bergius, die non bisogna confondere colla ra- dice distinta da Lemery sotto il medesimo nome. Questa è prodotta da un apocino, Cynanchiim vomitorium, che viene in commercio sotto il nome di Ipecacuana falsa dell'isola di Francia. La radice della prima è quella di diCfereuli specie del genere Richardia di Linneo o Richardsania di Kunth, il quale appartiene pure alla famiglia delle Robbiacee. Si credette per mollo tempo che essa fosse prodotta dalla Paiola ipecaciianha Linn.; ma il dottore Gomez pubblicò nel l80l a Lisbona una dissertazione sulle Ipecacuane, nella quale stabili che l'Ipecacuana bianca era la radice della Rìchardsonia brasi- Uensis. Sainl-Hilaire e Martius al loro ritorno dal Brasile diedero notizie precise sulle piante che la producono, dalle quali risulta che \e Ricliardsonie rosea e scabra possedono radici emeliche, apparentemente le stesse che l'I- pecacuana bianca di Bergius. Guibourl propose di chiamare questa ipecacuana ondulata a cagione della sua superficie, che non è veramente anellata , vale a dire una parte incavata o concava da un lato corrisponde ad una parte convessa dall'altro, in maniera che il solco non gira interamente altorno alla radice come nell' Ipecacuana anellata. Questa ipecacuana varia in grossezza all' incirca come la Ipecacuana anellata: è grigia esternamente, d'un bianco fosco e farinosa all'interno, ed è provveduta d'un midollo legnoso. La sua spezzatura oflTre alla luce solare ed all'occhio nudo alcuni punti bianchi brillanti e periati che altro non sono luor- cbè grani di fecola; così la quantità di questa sostanza vi è molto abbondante secondo l'analisi di Pelletier. L' Ipecacuana ondulala , inoltre , è riconoscibile dall'odore non irritante che si accosta a quello della muffa. La sua azione vo- mitiva è meno forte di quella delle altre specie, poiché su lOO parti non contiene che 6 di materia vomitiva , 2 di materia grassa e pochissimo legnoso. Il principio attivo di tutte le suddescrilte specie d' ipecacuana consiste nel- Vemetina, la quale preparasi nel modo seguente: — S'introduce in un ma- Uaccio a lungo collo dell' ipecacuana ridotta in polvere ; vi si versa sopra 1?L> «lell'eleit!: si Liscia iiiacerni'e pi iinierameiile pi^r iloilici ore : dopo queslo tempo si purUi la leiiiperatura di .siffatto veicolo a 30"; si lascia raflieddare, lavasi Teiere e se ne mette delTatlro clie si la pure riscaldare; si decanta, si con- tinua quesl' operaxione finché T ipecacuana non ceda [>iù niente all'etere che si la so[ira ossa agire. Spogliata col mezzo dell'etere e sbarazzata intieramente di una materia grassa, odorosa, solubile in rpiesto veicolo, si tratta coll'al- coole, s'innalza la temperatura di tale liquido sino all' 8°; si mantiene per qualche tempo a questa temperatura, feltra.M la tintura alcoolica. Si aggiunge una nuova quantità di aicoole, si ripete la medesima operazione e si continua a trattarla fintantoché l' aicoole che ha soggiornato sull'ipecacuana esca senza colore: si riuniscono le tinture alcooliche, s'introducono in un bagnomaria di nn lambicco, e si procede alla distillazione per ritrarre la gran parte dell'al- coole impiegato. Si traila in seguilo il residuo della distillazione coli' acqua pura che discioglie l'emetina, lascia una materia avente analogia colla cera, ed una fiiccola quantità di materia grassa ch'era sfuggita all'azione dissolvente dell'etere: si feltra la soluzione acquosa, si mette il liquido feltrato in contatto con del sottocarbonaio di magnesia destinato a saturare l'acido gallico; si lascia per qualche tempo in contatto, poi si feltra; si lava il precipitato; si riuni- scono i liquori, si fanno evaporare a consistenza d'estratto; si estende l'eslratto in seguito in istrati minuti sovra dei piatti che si portano in una stufa riscal- data «la 30 a 30". Si termina in questa maniera la disseccazione dellemetina; si toglie dai piatti col mezzo d'un coltello, avvertendo di non [lerderne e che uon abbia tempo di attrarre l'umidità dell'aria, e s'introduce in un fiasco perletlamente chiuso. L'emetina ottenuta in questo modo presentasi sotto forma di scaglie trasparenti di color rosso giacinto: essa non ha odore rimarcabile, il suo sapore è amaro; è solubile nell'acqua, attrae l'umidità dell'aria e cade in deliquescenza. Questa emetina impura , conosciuta sotto il nome di enietina colorita, adoprasi quale medicamento. Alcune modificazioni al metodo descritto vennero proposte da Colmel e Thiel. Il modo di operare indicato dal primo larmacista di Parigi é il seguente: Si prende l'ipecacuana, si riduce in polvere e si spoglia coli' aicoole; si riuni- scono i liquori alcoo'iici, e si sottomettono alla distillazione, facendo evaporare a secchezza il residuo. Queslo si tratta coli' etere per privarlo della materia grassa odorosa: si discioglie poi nelTalcoole il residuo spogliato dall'etere e vi si unisce del sottocarbnnato di magnesia per privarlo dell'aciilo gallico; si fa evaporare fino a secchezza; si discioglie il yirodollo coH'acqua dislillata ; questa separa l'emetina dall'eccesso di sottocarbonato e dal gallalo di miignesia ; si feltra la soluzione acquosa ; si fa evaporare a consistenza di estratto, si stende sopra dei piatti, si porta alla stufa per terminare la disseccazione. Colmet ha [iure proposta la modificazione seguente, che noi crediamo di dovere far conoscere, dicendo peraltro che l'emetina così ottenuta mantiene un poco dell'odore nauseabondo dell' ipecacuana. Si tratta l'ipecacuana con acqua bollente, si lascia infondere; si ri()elouo le inlusioni, si riuniscono i liquori e riduconsi allo slato d'un estratto molle: si aggiunge a quest'estratto un po' di sotlocarbonalo neutro di magnesia e lassi eva|iorare sino a secchezza; si divide tale estratto in un mortaio di marmo e così diviso si getta nell'etere 123 lioiforico , ove si lascia sot^giornaie. Quando l'etere è saturalo si decanta e se Me uìelte delPàltio; cosi si opera successivamente tinche Teiere riesca senza colore: si riprende allora il residuo spoglialo dall'etere, sciogliendolo nell'al- coole caldo; si feltrano i liquori alcool ici , e si fanno evaporare sino a sec- chezza. Si tratta poscia con acqua fresca il residuo, la <]uale discioglie l'enie- tina; si feltra, si fa eviiporare e disseccare su piatti in una stufa, come abhianio (letto. Il metodo di Thiel poi, inserito nel Mag.des Pharm., avr. 1823, p- 79, consiste nel trattare l'ipecacuana con acqua fredda, servendosi a tale oggetto della macchina di pressione di Real, ed evafiorarc il liquido ottenuto, non che tratiare il residuo coll'alcoole rettificato. Questo metodo, secondo l'autore, tornisce uu'emetiua attivissima. L'uso della macciiina di pressione di Reni dovrebbe, al dire di Richard, essere |)iù spesso che non i adottato dai far- macisti; giacché tutti sanno che i medicamenti pcixlono della loro elìicacia restando |>iù lungamente esposti all'azione del calore. Preparazione deircmetina pura. — Questo metodo , che è una modifica- zione di quello impiegato per ottenere l'emetina colorila, consiste nel trattare la soluzione di emetina liquida colla magnesia caustica, |)iultoslochè col solto- carbonalG, e di portarla all'ebollizione. L'emetina si precipila colla magnesia iu eccesso; si raccoglie il precipitalo sopra un feltro; si lava con acqua fred- dissima ad oggetto di separare la materia colorante. Si fa disseccare il feltro, si toglie il precipitalo e riducesi in polvere, e si tratta coll'alcoole rettificalo. Questo veicolo discioglie l'emelina che si ottiene colla concentrazione del liquido. Se si vuole poi ottenere l'emetina purissima e assai bianca, si converte iu sale. Trattasi la soluzione acquosa salina con caibone animale lavalo coll'acido ia coìV emetina pura- — Iiiliisione di fiori di tiglio 96 parli; emelina pura discioila in quantità bastante d'acido nitrico 5 parti; sciroppo di allea 32 parli: da prendersi in cucchiaiate di quarto in quarto d'ora sino al romito. 3. Pozione vomitiva del codice. — Acqua stillata 288 parti; emetina co- lorila 2 parli,- sciroppo di capelvenere 320 parli: si faccia secondo l'arte. 4. Pastiglie coll'emetina colorita — Pastiglie pettorali di Magendie. — Zucchero 128 parli; emetina colorita 16 parti; mucilaggine di gomma dra- {ianle in quantità sufficiente: si facciano secondo l'arte pastiglie di nove grani. Queste pastiglie, che possono sostituirsi a quelle d'ipecacuana, si colorano in rosso con lacca carminata. Se ne amministra una ogni ora. 3. Pastiglie coll'emetina pura — Zucchero 128 [)arti: emelina pura parli 4. Si facciano con qnaulità sufficiente di mucilaggine delle pastiglie di 9 grani. 6. Sciroppo di emetina colorita- — Sciroppo di zucchero 300 parli; eme- lina coloiila 8 parli: si la disciogliere l'emelina in una piccola quantità d'acqua, si feltra la soluzione e si aggiunge allo sciroppo. Secondo Magendie, questo sciroppo può adoprarsi nelle medesime circostanze che lo sciroppo d'ipecacuana. 7. Sciroppo di emetina pura. — Sciroppo di zucchero 300 parli; emetina pura 2 parti: si scioglie l'emelina in un po' d'acido acetico e si aggiunge allo sciroppo la soluzione chiara ; si agita acciocché il miscuglio sia ben esalto. Questo sciroppo si adopra a cucchiai da caffè. L'energia dell'emetina esige che si amministrino queste preparazioni colla prudenza necessaria. JJei casi in cui questo prodotto si fosse amministralo in troppa quantità, bisogna far prendere all'ammalalo una decozione di noci di galla. Cavenlou dimostrò sopra se stesso l'azione di essa : dopo aver preso una dose di emetina più che bastante per farlo vomitare , egli neutralizzò la proprietà vomitiva prendendo del decolto di noce- li seguente metodo del Peretli per preparare l'emelina sembra il più eco- nomico: « Sopra la parte corticale dell'ipecacuana polverizzala io verso l'al- coole a 33° e a freddo ne fo l'infusione. Rinnovo la seconda ed anche la terza infusione coU'alcool , e distillo a bagnomaria le tinture riunite e feltrate sino a ricuperare quasi tulio lo spirito. Trullo il residuo della distillazione con acqua pura , mediante la quale si separa un poco di materia grassa. Il liquido cangia in rosso la carta tinta di tornasole. Sof.ra il liquido medesimo verso l'anmioniaca allungata sino a che non si produca più precipitato, badando di non eccedere nella dose dell'ammoniaca: dopo d'avere lavato e disseccalo ii precipitato, lo sciolgo nell'acido acetico: privo la soluzione del colore trat- tandola col carbone animale, e la scompongo di nuovo coll'aggiunla dell'am- moniaca. Il precipitalo, lavalo ed asciugalo, è precisamente l'emelina sotto l'aspetto di una polvere bianco-giallastra. « L'emelina ottenuta aveva il |)eso di quattro grani sopra un'oncia d'^ipe- cacuana in polvere da me adoprala. Questi stessi quattro grani disciolti nel- l'acido idroclorico, e la soluzione saggiala coli' idroferrocianato di potassa, ba 1^5 finto intlizii (Iella presenta del ferro, siccome ne ha dala ancora il li(|iiore acqueo in seguilo da me esploralo. In talli avendo istituito delle ricerche ul- teriori sul liquore acqueo ricavato dall'estratto alcoolico d'ipecacuana lavato con acqua, ho riconosciuto contenere delTenielina , acido gallico, zucchero, potassa ed ossido di ferro. Mi sono assicurato inoltre, che coi metodi esposti dagli autori, non escluso quello da me proposto, non può mai aversi tutta Temetina esistente neiri()ecacuana, pel motivo che questa sostanza forma delle combina- zioni solubili colPammoniaca, colla potassa, soda, calce, magnesia, e forse con molli altri ossidi metallici ; cosicché esaminando il liquido , dal quale si è se- parata Temetina, si trova sempre altra porzione di questa sostanza in combi- nazione colla base che si adopra per iscoprire i suoi sali. E se sopra il liquido dal quale è stata isolata remelina per mezzo della magnesia si versi un poco ili soltocarbonalo di potassa, >i avrà un precipitato di sollocarboualo di ma- gnesia. 11 liquido allora si svapori a siccità ed il residuo si traili coli' alcool; il liquore alcoolico si troverà contenere dello zucchero e deiremelina. Si faccia inoltre svaporare l'alcoole, ed d residuo si traili con un pece d'acido acetico allungato; a quesla soluzione si aggiunga tanto di ammoniaca che basti a sa- turare l'acido acetico, e si faccia riscaldare il liquido: col ratrreddamenlo si avrà altra porzione di emelina. Chiara adunque apfiarisce la lagione per la quale coloro che hanno operato sull'ifiecacuana, ed io stesso abbia tratto una tenue dose del principio attivo di questa raflice. » L'emelina , per ultimo, considerala giusta le sue proprietà chimiche va ri- posta tra gli alcali vegetabili, de' cui caratteri generali essa partecipa, dappoiché va fornita della proprietà di saturare gli acidi coi quali si combina. La eme- tina nel suo maggior grado di purezza si presenta sotto forma di polvere bianca , priva di odore, di sapore amaro dispiacevole; è poco solubile nell'acqua fredda; la bollente la slemjìra maggiormente, riesce fusibilissima dai 45 ai 48 gradi del termometro centigrado. E la emeliua solubilissima nelTalcoole; non si stempia rè nell'etere solforico né negli olii: tulli gli acidi distemprano la emetina, in jspecialità se sieuo in eccesso: i sali di emetina si cristallizzano didicilmenle: l'acido gallico, i gallali solubili, e la infusione di noce di galla precipitano la emetina dalle sue soluzioni acide, purché peraltro non esista nel liquore uu soverchio eccesso di acido. Gli ossalali ed i lartrali alcalini non la precipilauo punto dalle sue soluzioni; il qual carattere può servire a distinguerla dagli alcali di china. Il sotto-acetato di piondjo non precipita la emetina altro che nel caso in cui essa sia unita a notevole quantità di materia colorante. E l'emelina fortemente vomitiva: due grani di essa producono d'ordinario in un adulto lefrello di 36 grani d'ipecacuana. JLmctina indigena, della anche Fiolina. — Siffatta emelina è stata sco- perta da Boulay, nelle radici, nelle foglie, nei fiori e nei semi della Fiala odorala- Essa possedè i principali caratteri deiremelina tratta dall'ipecacuana: è del pari alcalina, si unisce agli acidi e torma dei sali; è appena solubile nell'acqua, solubilissima nellalcoole. Il metodo per ottenerla è stalo dato da Boulay. Ridotta in polvere la radice di viola , >i fa infondere nell'alcool finché questo eslragga lutto ciò che in essa é solubile, ripetendone le infusioni. Si riuniscono le tinture, si distillano, si fa evaporare vi residuo a consistenza d* 1 i,o esistilo. Oir^'ii" otiMlto ceMno'in >ii Iriilla con acqua (lìslillntn : s'impasta pp? separine reiuetiiia ilalla inaleria grassa e da una certa quanlì^à ili cloroGlla. Si' fa evaporare a dolce calore la soIii7Ìone acquosa, che contiene remelina unita all'acido malico, quando la soluzione è ridotta allo stalo di estratto: si spo{;Iiir siffatto estratto con alcoole assoluto, e la soluzione alcoolica trattasi con acido solforico debolissimo; si precipita Temetina da questa soluzione collia calce o colla magnesia caustica , od anche con carbonato di piombo in eccesso. Si rac- coglie il precipitato, si lava con acqua fredda e trattasi poi con alcoole. Si fanno evaporare le soluzioni alcooliche mescendole nel tempo dell'evaporazione. Con questo mezzo si ottiene la violina sotto forma di una polvere gialla che attrae un poco l'umiilità dell'aria. Per purificarla si abbandona coll'acqua stil- lata : la parte colorante si discioglie nell'acqua, e la violina resta insolubile sotto forma d'una polvere bianca che raccogliesi sur un feltro e si fa dissec- care. Dietro le esperienze di Orfila, la violina è attivissima e venefica: si può preparare un prodotto analogo all'emetina colorita, seguendo il metodo ora descritto e arrestandosi alla [.urificazione ce! mezzo deU'alcoole, dell'estratto della materia grassa e della resina verde. Dietro quelle fatte da Chomel, la \iolina può darsi alla stessa dose dell'emetina colonta, ma sembra unire alla proprietà vomitiva un'azione purgativa più pronimciata. Boulay è portato a credere che la violina si possa considerare come ima specie del genere emelina. La proprietà più eminente dell'Ipecacuana è certamente quella di cagionare il vomito; proprietà che dipende dal principio immediato, cioè dall'emetina. Tuttavolta ridotta in polvere e posta a contatto d'i una membrana mucosa opera diversamente giusta la dose cui viene somministrata : se la quantità ne sia poco considerabile, imprime agli organi coi quali la si pone a contatto un'azione tonica di variabile foiza , specialmente allorquando la loro eccitabilità naturale fa accidentalmente diminuita. Se all'opposto la si dia in dosi maggiori e la si applichi immediatamente sopra di una membrana mucosa , senza allungarla in qualche veicolo converaevole, opera essa allora quale irritante locale, e quindi costituisce un valido stranatorio ove sia colloc-ato a contallo dfeUa membrana pituitaria, e determina il vomito se venga introdotto nello stomaco. Talvolta inoltre la irritazione non si limita punto allo stomaco, ma si estende alle altre parti del tubo alimentare, e scorgevi la ipecacuana agire quale purgante. Ecco come s'esprime il cliiarissimo Bruschi a riguardo dell'azione di questo farmaco: « Noi, considerando in questa droga la primitiva sua virtù di pro- muovere l'eraesi, riguardiamo la sua prima azione come irritante: non vogliamo però tacere che i medici Dovalori italiani collocano l'ipecacuana nella classe dei controstimoli e come validissimo controsliraolanle la riguardano. Onde l'a- zione di prima impressione di questo farmaco è da rilenersi per irritante e perturbante: l'azione poi diffusiva è da riguardarsi come deprimente l'energia vitale del sistema nervoso e circolatorio. Finalmente è ormai una verità dimo- strata da reiterate osservazioni ed esperienze, che la radice d'ipecacuana svi- luppa un'azione sua propria o, come diciamo noi, elettiva e specifica sulle membrane mucose. Quindi è che i pratici soddisfare possono coli' ipecacuana varie indicazioni curative, approGltamlosi o dell'azione sua d' impressione,^ o di quella di diffusione, owcro della elettiva e s|icciGca. La proprietà irrilaule e pertuihanle renile in gei!e»:ile iiliic !*;i])|illc:i7.i()iit! iii'iri[tec.iciniii;i in Itilli (|iifi casi in cui si creile uece.s»;irio o dinvertiie i niovinìenli imluriili ileira|p[);ir;iU) iligerente proiliicendo Teniesi, ovvero di perlurlKire i nio\imeiili slessi indu- cendo senijjlicemenle leggero senso di nausea o di andwscia, ciò che può es- sere pur vanlaggioso in quei casi morbosi in cui si desiileri di stabilire nell'ap- parato digerente un centro di contro-irritazione. Il medico può egualmente giovarsi della virtù deprimente l'energia \ itale del sistema nervoso e cirrolatorio, posseduta dalT ipecacuana, per opporsi a certe particolari malatlie nervose di accresciuta nervea attivila, tali quali la mania, l'anniento preternaturale delle sensazioni , alcune specie di convulsioni , e per rap[)(jrlo al sistema circolatorio può essere impiegata contro le affezioni aneurismatiche, e contro altri morbosi sconcerti derivanti da troppo energica azione del cuore e delle arterie. InGtie è in potere del clinieo il valersi della ipecacuiina, avendo soltanto in mini Pazioue sua elettiva e specifica, e vinceie con questo farmaco non poche mor- bose affezioni tanto acute che croniche delle aienìbrane mucose, come catarri , profluvii e simili. ■» Una delle proprietà meglio comprovate di siffatto medicamento, come già notammo, si è certamente quella di determinare il vomito; anzi spesso viene adoprato per tale oggetto. Giova però avvertire, essere l'ipecacuana un eme- tico infedele anzi che no; lo che può dipendere specialmente dalla qualità cat- tiva di siffatto medicamento. Tale sostanza esotica è di gran prezzo: viene quindi talvolta soffislicata o mescolata con altre sostanze assai meno energiche ; ed allora quell'individuo il quale non avrà vomitalo con questa sostanza, ri- getterebbe prob.ibilmente collo stesso medicamento ove fosse [luro. Ed una tale falsificazione occorre assai irequenle. E valga il vera, riferisce Richard che in una libljja d' ipecacuana in polvere (Li esso stesso comperala da un droghiere e diligentemente analizzala non trovò traccia di emelina , ma sibbene certa so- stanza rossastra la quale si precipitava prestamente al fondo del vaso, e che riconobbe per chermes minerale. Spesso altresì adopraiisi cerli generi rl'ifie- cacuana i quali non contengono la stessa quantità di princi[>io attivo. Preleii- desi da alcuni pratici, che l'ipecacuana come vomitivo operi con maggiore certezza nella dose di sei grani ripetuta, che mediante una sola ddse fortissima. L'ipecacuana somministrata quale vomitivo agisce, secondo Richard, in due modi differenti: 1. semplicemente come evacuante; 2. come evacuante e deri- vativo ad un tempo. Venendo ora a discorrere delle particolari applicazioni mediche dell'Ipeca- cuana, faremo osservare come Marcgiave e Pison vantaiono i suoi maravigliosi effetti nella diarrea; affezione contro cui dappoi adofirossi sempre con profitto, allorqiuniio però la si seppe soiimiinistraie in condizioni favorevoli: inlatti, le diarree croniclie non solo, ma anche le acute, nel loro ultimo stadio restano facilmente vinte dall'uso della radice in discorso, e che (|uesta si è pure ac()ui- slala altissima rinomanza nel trattameulo della dissenteria e di (|uasi lutti gli intestinali profluvii muco-sierosi. Ebbe eziandio l'Ipecacuana molta fama nel trattamento della perllonilide che .so piaggi un gè dojio i locchi , come lo (;oni|'Hivaiu> le osservazioni in pn)[i(isiti> di Duulcet , niLilico dell'ospedale grande di Parigi: ed è del pari decisa l'a- \ ^28 i\i)iìv siM Rietlicaiiietilosa^ che esercita sugli organi della respirazione: per la qvtai cosa vanlaggiosaniente si prescrivono le refriille e reiterate dosi nei catarri cro- nici, nell'asma, neirultimo stadio delle acute peripneumonie, nonché nelle tisi incipienti , sebbene a riguardo di quest'ultima affezione faccia d'uopo osservare che certi catarri cronici polmonali impongono talvolta a grado tale da farceli' ri- j)Ular tisi oppm'e degenerazioni tubercolose del tessuto polmonale, mentre non sono che infiammazioni croniche dei bronchi; nelle quali sembra 1" ipecacuana principalmente agire facilitando la escrezione delle dense materie che accumu- lansi nei bronchi, e che mediante la loro presenza e l'angustia che cagionano diventano la causa della tosse che stanca così crudelmente gli ammalali. Siffatto medicamento opera probabilmente nella stessa guisa contro dell'ipertosse e del crup,, moibi contro cui lo si adopra assai di frequente, ma che, come saggia- mente osserva Richard, non. va risguardalo qual unico rimedio, siccome pur vollero alcuni autori. Né minore è il vantaggio che alcuni pratici hanno ritratto dal rimedio in discorso nella cura delle leueoiree e nei catarri vescicali ; nell'emottisi, giusta le osservazioni di A-asheim registrate nelle Memorie della Società di Copena- ghen, nonché in altre emorragie, come attestano il suKcilato A-asheiin e Bergio. nella loro Materia medica; nel calmare gli ostinati vomiti che accompagnano la passione iliaca, a sentimento di Schdoheyder; nell'amenorrea, attenendosi ad alcune osservazioni di Vandbrand; finalmente nelle malattie articolari, come la gotta ed il reumatismo. Fu eziandio lipecaciiana somministrata come enienagogo: vuoisi che le scosse da essa impresse nel momento del vomito in tutta l'animale economia rendano tale proprietà assai verosimile. Tultavolta siffatto incidente debbesi piuttosto considerare fortuito, né sembra prudenza medica il volerlo usare per uu tal fìue, mentre esistono altri farmaci d'un'emenagoga azione piùt decisa. L'Ipecacuana, per ultimo, venne amministrala in molte malattie febbrili. «E da sapersi, dice Bruschi, sul proposito che alcuni pratici distinti, fra i> quali merita di essere nominato Comparetti, hanno utilmente amministrato la> ipecacuana nelle febbri intermittenti eil in quelle che presentano lunga remit- tenza. Si può supporre che un tal farmaco possa riuscire non rare volte gio- vevole Delle febbri anzidette, perchè queste probabilmente sono talora sostenute- da una condizione patologica esistente nelle membrane mucose; ovvero ammet- tendo ancora che il fomite morboso, il quale dà luogo allo svilu[)po delle lebbri- jntermiltenti, esista in alcune delle parti componenti l'apparato nervoso; si potrà a buon diritto reputare utile l' ipecacuana nel vincere le febbri di pe- riodo, perchè abbiamo già accennato che questa droga diffonde l'azione sua al sistema dei nervi eziandio. Al trattamento delle febbri nervose si è pure utilmente prescritta l' ipecacuana , ed il dottore Teofilo di Cramer ha trovalo- in essa un sussidio contro le febbri sovraccennale somministrandola in quantità idonea a produrre soltanto nausea e non emesi. Prima di lui Schiffner, tro- vandosi nella circostanza di dover curare una febbre nervosa epidemica nello spedale di Yienua , rinvenne un notabilissimo vantaggio nell'araministrare ai suoi infermi 6 o 8 oucie di una pozione coidiale, in cui lurono mescolati 8 o lo grani di poUere d' ipecacuana ; della quale pozione somministrava epi' 129 ■crnlitainenle un cuccliiajo ogni due ore. Si è aacora lodala , al riff riie di Ali- bert , ramniinisliazione dell' ipecacuana nella lebbre puerperale , giusla le os- •.ervaiioni di Doacell " (che noi sopra abbiamo riferite). Circa al modo di prescrivere l'ipecacuana, giova avvertire che la dose di questa radice è variabile a seconda delle diverse mire del medico. Desiderando che sviluppi la sua forza emelica , fa d'uopo prescriverla da sei a quindici grani per gli adulti e da tre grani a sei pe' bambini in un semplice veicolo acqueo, amministrandola a riprese e ad intervalli di mezz'ora, finché abbia essa pro- dotto la desiderata emesi. Allorché poi si voglia prescrivere l'ipecacuana come contro-irritante, si amministra |>er l'ordinario in pillole alla dose di mezzo aprano a due, ripetuta ogni due ore. Sotto qualunque forma però si prescriva l'ipecacuana, fa di mestieri che questa radice siasi ridotta in polvere sottilis- sima, perchè in questo slato la di lei azione è più certa e sicura. Per prepa- rarla bisogna dapprima mondare diligentemente le radici, poi pestarle entro un mortajo di ferro. Mediante questa prima operazione si stacca lo strato corticale ■che risulta più friabile dell'asse: si rilira quest'ultimo, che è assai meno cai' livo, e si continua la polverizzazione. Cento parli di Iiuona ipecacuana anel- lata somministrano circa ottanta parti di sostanza corticale , la quale si riduce in polvere. La infusione, per ultimo, di una o due dranuiie d'ipecacuana pesta fatta entro dieci o dodici oncie d'acqua da pnendersi a riparlile dosi nel giorno, risulla efficace e forse meno spiacevole della polvere data sospesa in qualche liquido, come praticasi ordinariamente. Colla radice d'ipecacuana si formano varii farmaceutici preparali. La famosa polvere di Dower, composta di selle dramme di zucciiero e, secondo alcune larmacofiee, altrettanta do'e di soliato di potassa, due dramme d'ipecacuana td una di oppio. La tintura acquea , vinosa ed alcooìica d' ipecacuana : l'alcool e l'acqua sono i mestrui più adattali per discione il principio attivo dell'ipecacuana; quintli è che Jeromel propone di far digerire a caldo oncie quattro di ladice d'ipecacuana iu sedici di alcool retlificalissimo, e poi fare una seconda digestione in altre sedici oncie di acquavite, ed infine una terza di- gestione in sedici oncie d'acqua distillala: riunite le tinture si sottopongono alla distillazione per ritirare due libbre di alcool: il residuo si filtra e si serba all'uso. Lo sciroppo d ipecacuana ., che si prepara in diverse maniere, ma sempre mediante l'infusione acquosa od il maceramento alcoolico. Quello che si ottiene con quest'ultimo mezzo è assai più efficace del primo, e dovrebbesi {jeneralmente preferire : nella dose di una a due dramme può nei bambini de- terminare il vomito: questa dose però dovrebbe essere portata ad un'oncia per l'adulto. Secondo Bruschi, il metodo migliore sarebbe quello di Jeromel, che consiste nel mescolare a caldo sedici oncie di sciroppo semplice con due c- ciuolo o teme isolato. /y/Ty^^i^ ^yy/'<^/>^yy/-'^y'^'^<'^ r^niNA C0>DAM1XEA h»M- Cmtliona oftìciuslis Liiiu., peiilanilria inonoj;iiii;i. — Juss , cla»s. It, old. 2, Rubiaceae. — Cincboiia coiidamiuea llunib. et Bouipl — Poiret, FLr. ined , <. 3, lab. 288. Col nome di China vengono designate diverse coiieccie di «lolli alberi appartenenti al genere Cinchona , originarli del Perù e di altre parti deirAmerica meridionale, segnatamente ■delle regioni situate alla parte occidentale delle Ande, ed alcune specie anche nel Brasile. Quanto poi alle specie di China che crescono alle Antille e sul continente \icino a queste isole, sono desse alberi un po' diversi dai Cinchona, quantunque se ne abbiano confusi alcuni con essi. Formos- sene quindi il genere Exostemma, particolarizzato essenzial- inente da' suoi stami saglienti. Altre corteccie inoltre, conosciute sotto il nome di China, appartengono ai generi Cosmibuena, Portelandia, Macrocmmum , i quali spettano pure al genere delie Robbiacee ; ma altri ge- neri mollo lontani da questa famiglia, come il Mijroxyhm Perni fé rum , il Croton cascarilla, la Bomplandia trifoliata, la Quassia amarai , lo Strychnos pseudo-china e moki altri si no- marono Chine soltanto, perchè le une erano decisivamente amare, le altre amare e leggermente aromatiche. Fu La-Condamine accademico francese , il quale portossi sotto l'equatore per fare osservazioni relative alla figura della terra, che il primo descrisse e delineò nelle Memorie del- l'Accademia delle Scienze, l'anno 1738, l'albero che pro- duce questa preziosa sostanza, albero che ebbe poscia da Linneo il nome di Cinchona o/Jìcinalis nel -1 742 , il quale pensò cosi di dedicare il genere alla contessa di Cinchon, spa- :gnuola, che. come avremo occasione di far osservare in se- 132 guilo, vuoisi la prima che abbia sperimentati i felici elTetli di cui hanno profittato gli Europei. Ma bentosto conobbesi che l'albero descritto da La-Con- daniine non era il solo da cui traevasi la corteccia di China, e che varie altre specie del medesimo genere ne produce- vano di diverse sorta, le quali pervenivano in Europa sotto il medesimo nome e che in commercio trovavansi ordinaria- mente frammischiate. Quindi si rivolsero i botanici a deter- minare la specie di Cinchona; ed i medici, i farmacisti, non che i droghieri studiarono la diversità delle corteccie, sia ri- guardo alle loro fìsiche qualità, che alle loro mediche pro- prietà. Ma siccome questi studii non erano riuniti , ne risultò una grande confusione, che anche al dì d'oggi non venne per intero tolta, e che sussisterà finche un botanico istruito e ben conoscitore delle droghe avrà confrontato nello stesso paese delle Chine la sinonimia delle loro diverse sorta. Frammezzo però a tante varie e contraddittorie opinioni a riguardo della China, debbe la scienza risguardare come di un'eminente utilità le cognizioni forniteci da Mutis, direttore della spedizione botanica di Santa Fé di Bogota ; da Ruiz e Pavon , autori della Flora del Perù e del Chili , e da Zea e Tafalla loro successori ; sovratutto da Humboldt e Bompland , i quali da insigni botanici che erano, intorno al luogo ed ai diversi alberi che somministrarono la corteccia, tanto scrissero e con tanta accuratezza , da lasciar più poco a desiderare. Ne mancarono altri dotti Europei di fare uno studio spe- ciale della Chinologia, fra' quali citeremo particolarmente Lau-. beri, autore d"una dissertazione sul genere Cinchona; Rhode, che pubblicò una monografia dello stesso genere, non che Mérat e Guibourl che nella loro storia compendiata delle droghe semplici diedero le descrizioni delle corteccie di China usate in farmacia; e per ultimo Fee, che pubblicò nel Giornale di chimica-medica una concordanza sinonimica delle Chine, e. 133 nel suo Corso di storia naturale farmaceutica resposizione più particolarizzata delle cognizioni acquistate fino al di d'oggi su queste importanti corteccie. Si raccoglie impertanto dai lavori di questi egregi perso- naggi, che le varie specie di Chine sono alberi di diverse grandezze, a rami ritti, opposti, ed a fiori disposti in panicoli tirsiformi. Ogni fiore ha un calice aderente quinquedentalo ; una corolla infundibuliforme a cinque divisioni; cinque stami rinchiusi nell'interno del tubo. Il frutto è una capsula ovale, allungata , coronala dai denti del calice a due loculi che rin- chiudono varii semi membranosi agli orli. Questi alberi alli- gnano nei luoghi montuosi e ad altezze medie. Varie specie giungono a grande altezza; ma il maggior numero degli in- dividui perisce anticipatamente per la decorticazione che loro si pratica. Non daremo la descrizione di tutte le specie che produ- cono le Chine del commercio , ma solo di quelle che femmo disegnare, riservandoci però di tenere discorso delle princi- pali nella medica dissertazione che usiamo far seguire alla botanica descrizione. Parleremo frattanto della China Con- daminea. La Cincona Condami nea alligna nel territorio di Loxa , nelle montagne di Cajanuma, Uritucinga, Bogueron,, Villanaco e Moni , crescendo a considerevole altezza. Molti viaggiatori la ritrovarono anche a Guancabamba ed a Ayaraca; anzi as- sicura Bompland , che dall'albero che cresce in questi ultimi siti viene ricavata la più preziosa China-china , e che gli abitanti di queste contrade la tengono in sì gran prezzo, che appo loro viene chiamata col uomo di Cascarilla fina. Quest'albero s'eleva, come dissimo, ad una considerevole altezza e porta rami opposti coperti d'una corteccia ruvida, segnata da cicatrici e da fessure trasversali. Le sue foglie sono mediocremente picciuolate , opposte, ovali-lanceolate, acute, scabre su ambedue Io superficie, verdi nella superiore e verdo- pallide neir inferiore, accompagnate alla base dei picciuoli da due piccole slipule caduche. 1 fiori sono disposti in un pan- nicolo terminale co' suoi ramicelli tricolomi ed i suoi pedun- coli pubescenti, muniti alla loro base e verso la loro metà- di piccole brattee opposte ed acute. Il loro calice termina per cinque piccoli denti acuti : la corolla è della lunghezza d'un mezzo pollice circa , pubescente esteriormente , colle fi-asta- gliature più corte del tubo: le antere sono saglienti e l'ovario tomentoso. Onesto cangiasi in una capsula glabra, ovale-o- blunga, della lunghezza d"un mezzo pollice, d'un colore bruno, segnala da alcune linee più elevate, a due logge, che s'al- lontanano alla loro base , e contenente due semi rotondi ,, compressi e marginati. La China Condaminea chiamasi anche China-china fosca ^ China-china cinerizio , China-china Loxa , China officinale. Alla China in genere poi dassi il nome di Qiiina de Loja dai Por- toghesi ; Offìcinelìer chinahaum dai Tedeschi ; Peruvian bark— trce dagli Inglesi; Kinahoom dagli Olandesi; Kinalree dai Da- nesi ; Kinatraed dagli Svezzesi. Fra i pieiujsi meilicainenli «li clie si vanti arriohll.T la materia medica in linea di vegetali sostanze, non hav\i dubbio die debbesi annoverare la cor- teccia del Ferii; anzi essa è uno di qire" [loclii farmaci i quali spiegano ve- ramente nn' efficacia compro^atissima. Alla a fugare morbi die aliarle ribellf venivano dapprima slknali , ebbe a giusta ragione da GeofTioy il titolo di dnno di ima divinità, antidoto erculeo da OToilon, la miracoìosa dal Redi, Yamniirahile flall'Anglo Ippocrale. Se dagli scrittori di storia naturale (dice il Beraudi) si sta peritosi nel giu- dicare come mai gli Americani abbiano conosciuto nella corteccia del Perù della facoltà medicamentosa, cioè dall'avere veduto leoni travagliali da febbre andarsene ad abbocconare l'albero producente la corteccia, oppure, ciò che pare più consimile al vero, se l'abbiano appresa da quelli i quali nel calor «Iella febbre andavano ad abbeverarsi ad ampii stagni d'acqua ov'erano caduti molli pezzi di corteccia; tulli gli scrittori peiò conveiìgono in i allribuire a questo prÌDci[)io la virtù di tali corteccie. CniNE GIALLE — Queste corleccie sono più grosse delle chine grigie: la loro tessitura è fibrosissima, la loro amarezza molto più forte e d'un sapore astringente più pronunziato. Esse forniscono una polvere gialla od arancia, e contengono una sì grande quantità di sali a base di calce e di chinina, che precipilano istantaneamente la dissoluzione di sollato di soda. Il numero delle sorla di china gialla è poco considerabile, ma sono d'una I»9 pramie rmpoitanta. lofairi una «li queste è fra latte l« specie la |»iò ficqiieii- ttmenle aHoprata in medicina. Le principali sono: f Cìiìna caìisuya o gialla rea/e.— Questa specie si allrihuisce a qnella c'ìTìchona lancifoUa Mul. , nella quale entrano come varietà VangustìfoUa nitida e la lanceolata Rnii e Pavon. Il suo nome «li calisaya viene dalla provincia del Perù ove se ne racco«lie la mngoiore quantità. Le corleccie chia- male calisaya di Plancha, di Qiiilo, di Sanfa Fé da Lauberl sono sotto >arietà di china gialla reale ora provvedale ora non «l'epidermide, il che la fa dislineuere in due sorla commerciali: la china calisaya corticata e la china calisaya mandata. La china calisaya corticata varia nelle sne dimensioni dalla grossezza del dito fino a quella «li 2 a 3 pollici di diametro, lunga 3 o 4 pollici e talora nn piede e mezzo. Le piccole corleccie hanno Tepidermide minuta, mollo ru- gosa, screpolala trasversalraenle alFeslerno, di colore bruno alterato talvolta da crittogame parassite. Quest'epidermide è quasi sempre slaccata parzialmente in lastre della coiteccia projìiiamente delta, e lascia delle impronte trasversali. La corteccia è spessa di circa una linea, di color giallo oscuro internamente, d'una spezzatura molto fibrosa e d'un sapore amarissimo, non poco astringente. Le grosse corleccie hanno l'epidermide simile a quella delle piccole, ma molto più spessa, in conseguenza più rugosa e più profondamente scirpolala; ma le screpolature non penetrano sino alla corteccia propriamente della e non lasciano punto impressioni circolari. L'ppila falsa china si presenta ordinariamente in pezzi lunghi circa un piede , pialli nelle curteccie provenienti da grossi rami , più o meno ruololati quando sui giovani rami viene raccolta, rivestiti d'una epidermide il cui co- lore varia secondo quello delle piante crittogame che li rivestono ed offrono 143 alcune screpolature trasversali corrispomlenti a quelle del libro e clie seaihrauo essere eflello della disseccazione. Gli strati corticali souo di uua a tre linee, liaono un colore rosso pallido incarnato clie diviene più oscuro alTaria. La loro spezzatura è fibrosa internamente, fogliala all'esterno. Esaminata colla lente vi si scoprono tra le fibre ed i foglietti due materie gianellose, Tuna bianca e l'altra rossa, che danno alla corteccia un colore incarnato: in alcuni pezzi vedesi anche, vicino al bordo esterno, l'esudazione d'una materia gialla tra- sparente, gommosa e resinosa. Il sapore di questa corteccia è scipito, astrin- gente; il suo odore si accosta a quello del tannino e della china grigia. La polvere è rossa e fibrosa. Secondo Pelletier e Caventou , la china nuova con- tiene 1. una materia grassa, 2 un acido particolare chinico, 3. una materia resinoide rossa, 4- una materia tannante, 3. della gomma, 6. dell'amido, 7. della materia gialla, 8. una materia alcalescente in piccola quantità, 9. del legnoso Gruner credette d'avere scoperto un alcali, ma le sue sperieuze hanno d'uopo di essere ripetute per confermarne i risultati. China Pifaya. — Nel commercio inglese si dà questo nome alla corteccia conosciuta in Italia ed in Francia sotto il nome di china bicolore, che è quella sovra descritta. China Piton a di S. Lucia , piodotta dal cinchona florihitnda Linn., che trovasi in corleccie di varia lunghezza, rotolate, cilindriche, della gros- sezza del dito, ricoperta d'un'epidermide grigio-scura, minutissima, screpolata longitudinalmente, oppure oCfrenle delle macchie tubercolose bianche, talora fimgose. La parte corticale è minuta, leggiera, fibrosissima, facile a dislaccarsi e fendersi longitudinalmente. La sua spezzatura è d'un grigio giallastro, la sua superficie interna più o meno oscura , frammischiata di fibre bianche longitu- dinali; il suo odore è debole e nauseante, il suo sapore eccessivamente amaro, nn poco aromatico. Questa falsa china possiede qualità vomitive e purgative. Pelletier e Caventou non rinvennero traccia di china e di cinconina. Fourcroy dall'analisi della medesima ottenne 1. un piincipio gommoso di color bruno; 2. un principio colorante d'un bel rosso; 3. una materia cristallina giallastra poco solubile nell'acqua, che distillata produce dell'ammoniaca; 4. dei fiocchi bianchi giallastri; 3 una materia bruna estrattiva contenente dei sali di potassa e di calce; 6. del legnoso, contenente molto carbonato di calce. E Merelli dj Pavia, per ultimo, ebbe dall'analisi instituita su di questa corteccia 1. un estratto amaro ossigenabile; 2. del tannino; 3. un estrattivo mucoso; 4. della resina; 3. un principio analogo a quello del rabarbaro; 6. dell'acido malico libero; 7. dell'acido citrico combinalo colla calce. Né le fiilse chine sono le sole corteccie che adopransi per adulterare le vere chine, ma s'usano anche diverse altre corteccie. Dee perciò il farmacista stare bene in guardia e portar tutta la sua attenzione intorno alla scelta delle me- desime: imperocché si pretende persino che sieno state vendute delle chine rosse dopo d'essere state bollite nell'acqua , e che loro si abbia restituito un colore artificiale con dei legni di tintura. Questa frode è più facile che si possa rinnovare oggidì che si fa un uso tanto considere\ole di china e di cinconina. Quindi prima di acquistare una partita di chitìa, anche in(li|)endentemente dalle qualità esterne per le quali ^i riconoscono le chine false, dovrebbe il farmacisld Hi assicurarsi coiranalisi cbiinica delia quantità approssiioaliva di chinina o cin- conina ch'essa contiene, come appunto si assaggia un minerale per conoscere la quantità dei metalli preziosi che ne costituisce il valore. « Le corteccie di china, come s'esprime Richard, sono infatti delle specie di miniere, la cui ricchezza in principi! attivi è estremamente variabile. >> AlNALISI La ("ama che in genere s'attribuiva a questo medicamento per la sua virtù in troncare le febbri intermittenti, le lodi che lutti i medici prodigavano a siffatte corteccie, dovevano al certo indurre i chimici ad iolrapreuderne un'ac- curata analisi, come realmente avvenne. E primo Mautt vide nella chinacbina parli gommose e resinose unite a qualche sale alcalino che Geoffroy rinvenne più abbondante nelle parti gommose, che non nelle resinose. Murray sotto- scrivendo a Lewis vedeva nella corteccia molta resina, ed a quella attribuiva l'azione astringente della chinacbina sperimentala da Hales sulle arterie, non che da Irving. Poulletier de la Salle avendo poscia dimostrato che quell'estratto alcoolico di chinacbina, in allora consideralo come resinoso, era dall'acqua at- taccato e disciollo, per cui lo disse materia resini forme , additò la strada ad altri chimici, Buquetle e Cornette, i quali nell'anno 1"79 dalla cincìiona ohlungifolìa trattata con acqua calda rinvennero 1. un estrallo secco che in allora chiamavasi sale essenziale; 2. una materia resinosa che punto non ve- niva precipitala dall'acqua : 3. una materia insolubile di natura terrosa. Sanders, Vitet e Schol posteriormente a que' valenti, dimostrarono colle più accurate ana- lisi chimiche contenere la corteccia ben poca resina, ciò che fu confermato da Malet e Morelli , appunto perchè nella resina trovavano poca quantità di concino. Deschamps, incoraggiato dai tentativi di Fourcroy, inslituì nuove esperienze per cui trovò nella chinacbina anche combinala della calce con un acido che poscia Yauquelin scoperse essere il chinino. Seguin in particolari cementi osservò nella corteccia in discorso una sostanza analoga alla gelatina, sostanza da cui egli credea dipendere l'azione febbrifuga della corteccia. « Né si meravigli il lettore (scriveva l'esimio nostro Beraudi in un^ ottima sua dissertazione sulla chinacbina, e di cui seguiremo le traccie) se tanti e di- versi principii chimici, in analizzando la corteccia, trovarono i varii autori; poiché ei si raccoglie dalla lettura delle opere dei suddetti che or l'una or l'altra specie di chinacbina prendevano a cimento. Marabelli nella china gialla sco- perse acido citrico, acido gallico, del muriato di calce, di magnesia, del sol- fato e del nitrato di potassa, una sostanza estrattivo-resinosa, estrattivo-mucosa e sostanza legnosa. Cadet dalla chinacbina cinericia ottenne un estratto gom- moso ed uno resinoso, e volle di più che l' estratto acquoso contenesse acido gallico unito a qualche quantità di calce, ma nulla contenesse di concino: lestralto poi resinoso contenesse del concino, dell'acido gallico, nulla di calce e molta quantità di muriato di potassa. Yauquelin olire all'acido chinico trovò oella corteccia una materia solubile nell'acqua, una materia resiniforme non identica a tulle le specie di china , materia credula semplice dall'autore, ma trovala composta da Piali iiieJiaule le più paiienli esperienze peileiiouale da Heuss, dalle quali consta contenere la cbiuacliina 1. un principio amaro ciii- coni<:o ; 2. un rosso cinconico; 3- il cinconato di calce; 4. il concino; o il mucoso; 6. il legnoso. it Mancanti però ancora ed imperfette riteneva coleste analisi cliimicbe l'e- {iregio Laubert , e quantunque avesse egli trovato nella cbinacbina di Loxa 1- una materia verde di natura resinosa, 2. una materia gialla amaia solu- bile nell'acqua e nelPalcoole ma insolubile nell'etere, 3. una resina bianca cristallina, 4. un principio colorante, 5. gomma, 6. fecola, 7. acido libero, SPcbinato dì calce; conlutlociò si credeva non essere onninamente noti tutti i principali componenti la corteccia, allorquando Gomex di Lisbona trovò nella ijiinacbina un principio cristallizzabile bianco, die ei nomò cinconino. « Armaronsi di coraggio Pelletier e Caveutou, e dalla cbina cinerizia eslras- iero 1. la cinconina, sostanza d'una materia alcalina die nella corteccia maii- liensi unita all'acido chinico, 2. una materia grassa verde, 3. una materia co- lorante rossa poco solubile neiracqiia e nelTelere, 4. una materia colorante lossa solubile, la quale gode di tulle le proprietà che i cliimici allribuiscono al concino, 5. una materia gialla solubile nell'acqua, 0. un acido cbinico sco- perto da Vauqiielin, principio solubile mollo acido combinalo in parte colla calce, 7. della gomma, 8 una sostanza amilacea, 9 del legnoso. E dalla china- china gialla ottennero 1- una base saliGcabile diversa d»lla cinconina trovala nella corteccia cinerizia che chiamarono chinina, 2. una sostanza colorante gialla insolubile, 3. una materia colorante rossa solubile, 4. una materia grassa, J5. chinalo di calce, 6. sostanza amilacea, 7. sostanza legnosa, 8. materia co- lorante gialla. E finalmente rlalla chinachiiia rossa ebbero 1. della cinconina unita all'acido chinico, 2. della chinina unila al meilesimo acido, 3. del roseo cinconino, 4. una materia grassa, S. del chinalo di calce, 6. una sostanza ami- lacea , 7. una sostanza legnosa. « Il dottore Sertiirner pretese d'aver trovato nella corteccia del Perù nn nuovo alcalino principio o metalloide per virtù medica ancora più elHcace della chinina e cinconina, che amò chiamare chinoidina. Peiò il valente chimico Perelti non opina racchiudersi nella chinachina allri alcaloidi fuori di quelli già conosciuti , e porta opinione che la chinoidina di Sertiirner non sia che un miscuglio di chinina e cinconina con una sostanza di suo genere che in altre circostanze nomò sostanza resinoso glutinosa. La scoperta dell'errGre di Sertiirner devesi ascrivere ai chimici italiani Perelti e Fèrreri , e non mai sic- come pretendono i francesi ad Eniye di Londra. « I quali chimici esami da questi sommi uomini falli con lutto rigore del- l'arte e per l'Europa tutta rijieluli , quantunque pure nulla più afl'allo lascino desiderare, luttavolta non dobbiamo tralasciare di avvertire che tulle le specie di chinechine, al dire dell'Alibert, contengono una data quantità di ferro- Seguendo il metodo che ei ci descrive, ne abbiamo verificato la esistenza in lulle le specie, tranne nella chinachina bianca, la quale non ci diede indizio alcuno di questo metallo , ciò che forse orare il liquido da cui si è separata la chinina, e si tratta coli' alcoole a 30 gradi che discioglie lo zucchero e la mannite se il sale ne contenesse. Si riconosce la stearina trattando il solfato coH'acqna acidulata d'acido solforico: il solfalo di chinina si discioglie, la stearina re>ta indisciolta- Si prova la pre- senza àeWamido trattando coll'alcool che discioglie il solfato e lascia l'amido Se poi il solfato di chinina contiene acido borico, si tratta allora coll'alcool che brucia con una fiamma verde se il solfato trattalo contiene quest'acido. Quanto alla presenza AqW acqua che Barry asserisce essere talvolta, in Inghil- terra, di 40 per 1 00, si è riconosciuto che il solfato di chinina, seccato con- veiiienlemenle, non dee [lerdere colla disseccazione più di 8 a lO r>er l(iO, la disseccazione essendo fatta ad un dolce calore e continuata buon tempo. 2. Bisolfafo di chinina. Si è inoltre osservato che la chinina può com- binarsi in due porzioni coll'acido solforico, e risultarne perciò ilue sali distinti per la forma cristallina e per la solidità; quindi olire il suddescrilto solfato di chinina che sarebbe il neutro, havvi anche il solfato acido dello bisolfalo o soprasolfato di chinina ^ il quale è più solubile nell'acqua, atfetla la forma di prismi acidulari d'un volume maggiore che noi sono i cristalli di solfalo neutro. Questo sale formasi quando si aggiunge alla china che deve essere con- ilolla allo stalo di solfalo troppo acido solforico: allora esso resta uell'acciua madre mescolato al solfato di cinconina: si perviene a farlo cristallizzare ag- 15Ì «mii^fiiilo .il liquore un [ju' Ji elice, uJ aiiclie carbone auiiuule uoi» lavalo coll'acido itlioclowco. L'eccesso d'acido solloiico si conibiua alla calce aggiuul.» e a quella die esiste uel carbone animale allo sialo di carbonaio: vi ha lor- mazione di un solfalo di chinina, Irallando coli' acqua bollenle, lelliando e facendo crislalliizaie. Questo preparalo è più attivo del solfato ueulio. Secoudo Robiquel, il soprasolfalo in discorso conterrebbe: Acido solforico . . . l9 1 Chinina . . ■ ■ 63 5 Acqua 17 4 100 » 3. \S acefalo di chinina, sale che è iej;gernieute acido e che cristalliiii facilinenle iu aghi lunghi e larghi; è poco solubile a freddo, ma è solubilissimo nell'acqua bollenle. 4. tj"" idroclorato di chinina, sale ancora più solubile del solfato di chi- nina, ma meno dell' idrocloralo di cinconina, dal quale differisce pel suo aspello di iriadreperla; cristallizza in fiocchi arrotondali e, giusta Magendie, è com- posto di chinina lOO e 7,0862 d'acido idroclorico. 5. Il nitrato di chiniìia, che cristallizza dillicilmente. Tullavolta Desprelz, che l'ollenue, dice che i suoi ct-istalli sono prismi romboidali corti, iacliuali verso la loro base. 6- Il lar Irato di chinina, il quale presenta dei crislalli aghiformi, radiati, Setacei; il suo aspello si avvicina a quello dell'atuianto. 7. Il citrato di chinina, sale di un bianco Iranslucido il più bello. Esso {M'esenta tlei cristalli aghiformi, radiati, fascicolari; la luce (orma in essi un bellissimo irraggiamento; l'etere sollorico , tanto a caldo che a Ireddo, nella proporzione di 1,60 non ne scioglie una benché minima porzione; ralcot)le a freddo a gradi 38 Ìl2 scioglie il citrato nella proporzione di 1,80; lalcoole bollenle in quella di 1, 40. L'acqua distillala iVedda , nella quale alla dose di 4l8 si lasciò infuso un grano di citrato di chinina, non ne sciolse che circa un cenlesinio dì grano, e bastarono appena quattro ottavi d'acqua bollente a scioglierne un grano. Questo preparato è anche dei più usati in medicina. 8. Xj idrocianato di chinina, scoperto dal professore Bruiti di Ci emona e che il chimico Pezzina di Milano pri'|)arò uel modo seguente: — In un mor~ taio di vetro ha triturato ben bene tre denari di chinina pura cristallizzata ; iu esso ha versalo a riprese Ire oucie d'acido idrocianico medicinale della gra- vità specifica di 0,900, ha continuato la triturazione per circa mezz'ora ed ha versalo la soluzione tuttora torbida iu un'ampolla di cristallo che chiuse erme- licamenle: tenne questa soluzione per due giorni, agitamlo torteraente di tanto in lanlo, per cui l'alcali chiuico venne quasi totalmente disciolto, siche eisa presenlavasi appena torbida : fu filtrata per caria ed ha presentalo i se- i;iienli caralleVi : Lim[)ida , color pagliurino , odore forte di acido prussico , non cauìbiò il colore alla carta tinta col tornasole e della gravità specifica diO, 9l0. Dal sU esposto egli intende che ogni oncia d'acido idrociauico lenga in soluzione u« 152 denaro di cLiiiiu;i |jiira , siccome die il liquore filliulo corrispose perfellaineult; a! maleriale impiegalo. y. Li ìdro- ferro- cianato di chinina. La sua scoparla la dobbiamo al pro- fessore G. Berlazzi. Siffatto preparato puossi ottenere con diversi processi; il seguente, al dire delPaulore, è il più economico: Si prenda una parte di solfato di cliìnina, che triturata in un mortaio di vetro a modo di Gnissima polvere, si unirà ad una soluzione di una parte e mezza di prussiato di potassa ferruginoso in sei o selle parli d'acqua distillata. Rimescendo insieme bene queste sostanze nel detto mortaio, sì pongono dappoi in un'ampolla medicinale, che si espone a leggier fuoco, e si agita di quando in quando sintantoché il liquido giunga all'ebollizione. Ed è in questo mentre che la soluzione diviene limpida e che nel fondo ed alle pareti dell'ampolla si l'apprende una sostanza di colore giallo verdastro, di consistenza oleosa. De- cantato il liquido si lava questa sostanza con acqua distillata, onde separarla dal solfato di chinina indecomposto o dall' idrocianaio di potassa ferruralo e dal solfalo di potassa che vi potrebbero essere ancora uniti. Compiuta la lavatura e tolta l'acqua, si versa sopra l'indicala sostanza onde scioglierla dall' alcoole purissimo. Una temperatura non maggiore di 30 gradi del termometro di Reau- mur, opera la soluzione, la quale filtrata se torbidiccia dà coli' evaporamento una massa che confusamente cristallizza in aghi, e che in peso corrisponde a Ire quarte parli del solfato di chinina usato. Questa sostanza seccata ha un colore giallo verdastro, è di sapore amaris- simo, lasciando dapprima sentire quello della chinina ed in appresso dell'acido idrocianico; si lascia decomporre in parte dall'acqua, massime se calda, for- mando un sale solubile ed un altro insolubile. Sciogliesi coll'alcool freddo, ma specialmente nel bollente, e l'acqua ve lo precipita quasi per intiero. Le so- luzioni alcooliche di questa sostanza vengono precipitale in azzurro dai persati di ferro ed in bianco tentate coll'aramoniaca. Se si espongono siffatte soluzioni alcooliche ad una evaporazione troppo rapida, il sale si decompone svolgendo leggero odore di acido idrocianato, e lasciando per residuo un composto che; in parte è in cristalli mammiliferi di colore bianco, di sapore amarissimo, so- lubile nell'acqua e nell'alcoole, avente molti caratteri dell' idrocianaio di chi- nina; ed in parie a forma di crosta verdastra, di lieve sapore amaro, quasi insolubile e che sembra un cianuro di ferro. Si unisce la detta sostanza al solfalo di chinina e cristallizza allora in varie forme; è decomposta dagli acidi solforico, nitrico eil altri, svolgendo odoPe di mandorle amare, e formando un precipitalo giallastro insolubile nell'acqua, il quale, lavalo ed esposto a moderato fuoco, brucia come un piroforo, lasciando del carburo di ferro che si converte in perossido se il calore è forte. Se il detto precipitalo giallastro non è lavalo diligentemente coll'azione del fuoco, si fonde e si carbonizza senza abbruciare. Simili risullamenli si ottengono anche dal sale che sia stalo preparalo col puro acido idroferrocianico di Porrei e con la chinina , ma in questa circostanza il preparato ha i caratteri di un idro-ferro-cianaio o, giusta altri, d'un idre- cianato ferruralo di chinina. I dot- tori Cerioli e Zaccarelli furono Ira i primi che oe fecero la pratica applica- zione medica. 153 uso Appena In il t';iitii;ii:o peruviano inlrmloUo e divulgato iti Europa, furono preniuiQsi i medici di l'aine il so^'gello ri) tulli gli apparali oifraiiici ed il) plii\- i-i|ialii:i -.111 sistema iiervo-.() e circolatorio", Jella quale opinione ienihia es- veie pure il Berauili , che nella bella sua dissertazione sulla cliina-cliina par- lando di sì fatta azione s'esprime in questi termini: u per la quale è cajiace di troncate, prevenire, correggere quella intima segreta condÌAÌone patologica del nervoso sistema per cui questo sistema è capace di rijietere a dati inter- valli, a salti misurati, non pochi fenomeni nervosi, " non la rileva di più che Biuschi , il quale colla massima sem|)licità scrive che « daUiiisieme delie osservazioni fatte tanto dai medici del passato secolo , quanto da quelli del [ue- seiile, sembra potersi dedurre che la china imprime nello stomaco un'azione la (|uale si diffonde in tutta Tanimale economia , azione che si risguarda come particolare e specifica contro le malattie di periodo". Cdiitro le malattie di periodo aihinque esercita la china un'azione sui ge- neris, un'azione infinitamente benefica, un'azione che per certo è la pri- maria fra le proprietà niediche che un tale farmaco vale ad esercitare sul \i\o organismo. Ecco ([uanto si può stabilire, e nulla più. Ed egli è appunto a questa sconosciuta virtù antiperiodlca che deve la sua decantata fama la corteccia del Perù nel curare le febbri intermittenti. Io qual modo agisca, lo ripetiamo, s'ignora, e forse s'ignorerà per sempre, come s'ignora e s'ignorerà sempre la causa della perioilicità delle lebbri. Diffalli intorno alle febbri intermittenti si scrisse mollo da Ippocrate sino a noi, ed acremente si «lispiitò tra gli autori; ma sono essi lutti dissenzienti nello spiegare l'eziologia, la patogenia di un morbo che tanfo nelle trascorse età, quanto nello sialo attuale delle nostre cognizioni mediche, presenta all'occhio dell'osservatore, pel suo ritornare, pel suo sparire periodico senza alcuna nuova causa, pel suo rinnovarsi degli accessi, il più astruso ma insieme il più cu- rioso fenomeno. E quel che è più , coleslo morbo da lanle e sì diverse cause prodotto è così proteiforme, che mostrando talora un terribile e pericolosa sintomo, per cui pernicioso fu detto, se non è curato con questo sovrano rimedio, siccome esperienza insegna, non v'ha scampo, bisogna perdere la vita, come accadde a molti ed a molti. Quel venire e quel cessare periodicamente una febbre da lanle e sì varie cagioni prodotta, quel lasciar che fa l'accesso libero l'ammalalo per qualche Iratto di tempo, per cui lo diresti sanalo aCflilto dal morbo, promettendo nel medesimo giorno ed allora medesima di ritornare e talvolta anche più grave, desia nel patologo la più alla curiosità di penetrare un tanto arcano. Però la ualura lo custodisce, e lo custodisce sì che vedonsi i patologi andar tenlouì onde comprenderne l'origine, l'andamento, la cura; abbracciare contrarie o- pinioni, mille disparale teorie adottare, e paghi luUavia non uscire di loro vedere evidentemente in molte affezioni locali-, principalmente nelle ul- ceri dì cattivo carattere e nella gangrena umida delle differenti parti del corpo : in quest'ultimo caso opterà essa non solo determinando una specie di combinazione chimica che ritarda i progressi della putrefa- zione , ma inoltre ricomponendo le forze vitali delle parli viventi che circondano la gangrena e limitando cosi i suoi avanzamenti. 15G iiiediliizijiii t! di lanli lor sudori. Ed è Leue iiiuiliiuile pel iiiùdico no» pole/- «joinpieMdere come sotto l'influenza di un miasma o di alnioslericlie vicende t> sullo razione d'agenti diversi, ne nasca tal leblire che, a differenza delle alile, inleraietla, o periodicamente ricorra; il non poter comprendere come inutil- mente tentati purganti, salassi, pozioni antiflogistiche, liquori spiritosi ed altre medicine, quasi per incanto quella lebbre, ad of-ni larmaco refrattaria, \enga sanala dalla chinachina, e sorgano per essa gli ammalali sani e vigorosi da tale malattia, che già perchè perniciosa ne minacciava il più crudele disastro. die di fatto non consentano tra di essi i patologi circa la causa prossima della febbre intermittente, basta consultare i libri loro, si antichi che moderni, per convincersene; chi la pone in una condizione, chi in un'altra, ma nessuno finora sembra averla giustamente rilevala Né da tanto fu per anco sino al dì d'oggi la uolomia patologica, nonostante i suoi immensi progressi. E vaglia il ìero: nei cadaveri d'individui morti in forza di qualche febbre intermittente, tante e sì dissimili tracce di morbose condizioni si trovano, che rendono per- plesso il patologo a giudicare, se quelle tracce visibili effetto siéno o piuttosto causa della malattia slessa , oppure sieno estranee totalmente al processo su cui s'appoggia la lebbre periodica; quindi non è gran fatto, se i recenti, appog- giali massime alla notomia patologica, si veggono adottare disparate sentenze circa la patogenia e natura delle periodictie. Checche ne sia della condizione patoj^ogica delle febbri intermillenli, egli è però cèrto che il larmaco in discorso spiega una potentissima efficacia contro le medesime, e che pochi medicamenti hanno una proprietà così bene com- provala, ed il medico può ogni giorno nella pratica riconoscere l'efficacia sua contro te febbri di un tipo iiilermiltente: se [loi alcune eccezioni si presen- tano di tratto in tratto, esse non si oppongono alla regola generale ed altro non piovano il più delle volte che l'ignoranza del medico nell'amministrare (juesto rimedio: del resto, non havvi dubbio che per le febbri di tipo inter- niHleute la chinachina è fra tulli il rimedio più sicuro, e siamo lolalraenle d'avviso, che i tanti sitai succedanei propjosti, allorquando era difficilissimo procurarsi della china, non possono aìsolulameiite sostituirsi a questa preziosa corteccia. Un grandissimo numero di piante indigene, come vedemmo, possedè a dir vero delle proprietà febbrifughe, ma sotto questo rapporto non sono menomamente paragonabili alla china, poiché sembra dimostrato che non di- penda soltanto dal principio amaro di questa corteccia la singolare proprietà di guarire le malattie di tipo intermittente, ma piuttosto da qualche principio incognito inerente alla chinina ed alla cinconina. Prima d'amministrare la corteccia del Perù nelle affezioni di tipo intermit- tente, non havvi dubbio che fa di mestieri l'esaminare attentamente l'indole, il carattere, le concomitanze della febbre periodica e qualsiasi altra condi»- zione speciale dell'individuo affetto. Devesi perciò, come saggiamente osserva Bruschi , avere molto riguardo allo stato di semplicità della febbre prima di azzardare la prescrizione della china. E se nei primi accessi febbrili si mani- leslano sintomi proprii delle malattie flogistiche, e se si osservano sintomi di deciso gastricismo, se infine il fomite febbrile sia sostenuto da particolari con- gestioni ed Ostruzioni dei visceri addominali, fa d'uopo vinceie questi differenti' Voi stilli icii)ii)()si |iiini;i (li amminislrriie agli iiileimi la chinacliina. E perciò co- (niMiib'^iina la occasinne nel liallameiilo delle lelibii inleimilleiiti ili (ar pre- cedere il silasso , Penielico, i pmgauli ed i deostruenti salini, prima di dare la rebbrifiijja corteccia; se altramente si operasse, non lieve danno si arre- cherebbe ai maiali. Nelle sole febbri perniciose, le qnali [)resenlano un al- larmante appaialo di sintomi di grave importanza, e che pongono in ini- niinente pericolo la vita dell' infermo , può il medico senza esitanza alcuna iulrapreudere liiso della corteccia ed affidarsi con coraggio a quest'ancora salutare. Circa il tempo di amministrare il rimedio, il più sicuro si è quello inter- medio ira un accesso e l'altro, che i pratici chiamano slato d' inlermitlenza o apiressia, esclusi però i casi di febbre intermittente perniciosa in cui richiedeii pionlezza somma; quindi in questi casi occorre di amministrarlo sul declinare dell'accesso. Si è pure osservalo da medici francesi ed inglesi, the in alcune (ebbri intermitlenti epidemiche dominanti nelle colonie, la sola corteccia pe- ru\iana ei:i inetta a debellarle, ma che nlilissima riesciva se associala ad alili medicamenti, ed in ispecie agli amari, al sale ammoniaco e ad altri sali neutri, al rabarbaro, al tartaro slibiato ec. Intorno a questi raescugli però, che iisansi pure da molti dei nostri medici, fa d'uopo che eglino abbiano molto avvedi- mento e pers[)icacia. La virtù aniiperiodica della china non si spiega nelle sole febbri accessio- nali, ma manifesta essa eziandio una decisa azione sanatrice nelle malattie di jieriddo non febbrili. Alcune emicranie, alcune cefalalgie periodiche, il chiodo solare, altre specie di nevralgie, che si presentano con peiiodo costante, ogni sorta di dolore o di spasmo fieriodico sono liilte morbose affezioni alla giiaii- gione delle quali mirabilmente concorre la peruviana corteccia. Risulta altresì dall'osservazione dei buoni pratici che nel trattamento della maggior parie dei morbi periodici non febbiili è necessario abbattere soventi lo slato di eretismo e d'irritazione che vi può esistere, mercè le generali o locali emissioni san- guigne e mediante l'iimministrazione di appropriali rimedii sedativi e contro- irritanti, prima di affidarsi all'uso della china. Non pochi medici, inoltre, hanno esteso l'uso di questa corteccia anche alle febbri continue. Nelle cosi delle febbri putride, nelle maligne, nelle petec- chiali e nelle vajuolose, allorché l'eiuzione acc|uista carattere maligno ed al- l'improvviso sparisce, è siala amminislrata la china e se ne è altamente c<>- mendala l'utilità. Altri clinici degni pure di rinomanza veggono quasi sem[>re dannoso l'uso della corteccia peruviana nelle febbri continue, a meno che questo farmaco non sia amministralo nel secondo e terzo stadio di malallia, ed allora quamlo la febbre [iresenli! una lunga e decisa remittenza. Molli medici inglesi hanno atiche commendato l'uso della china nel trattamento della leb- bre gialla, sempre peiò a malattia alquanto innoltrala ed allorché si vegga dis- sipalo ogni slato di flogosi e d' irritazione. Altri pratici distinti lodano l'uso della corteccia in quelle febbri continue conosciute sotto il nome di nervose, e ne preconizzano la utilità quando tali febbri presentino lo stato di remit- tenza e sieno pervenute al secondo stadio. Del pari non pochi medici rile- pscotio d'avere ammini>.lrala con vantaggro la corteccia peruviana nello scoi- 1 58 buio e nelle fel»bn consurilive cacheliclie, specialmenle «ella lisi, in quei cnsi però in cui non esista un' apparente alleiaiione organica. Finalmente ognuno conosce Tuso che Tassi in generale dai medici e dai clii- rurgi della corteccia peruviana nella cura delle cancrene, tanto amminisliaia InternameLte, quanto esternamente applicata La china rossa come più astrin- gente è la più opportuna per un lai genere di applicaiione. Questa viene an- che da molti pratici proposta come eccellente rimedio nelle emorragie distinte dai merlici col nome di emorragie passive. Whylt osserva però che questo me- dicamento è più atto ad impeilire il ritorno delle emorragie passive, che a frenarne il corso quando esse esistono; è pure indicatissimo l'uso della china in quella rara e spaventosa malattia dislinla da Villan col nome di purpiira hernorragica e da Verlhof di morbus inurulosas, i di cui più allarmanti sintomi sono appunto le copiose emorragie che succedono per la bocca, per l'uretra, per l'ano, ed anche per le altre parti del corpo. Non ci diffonderemo ulteriormente sull'uso di tpiesto preziosissimo farmaco, non permetlemlolo lo sjìazio che nell'opera nostra deve occupare cotesto ar- ticolo. Chi desidera maggiormente svolli gli argomenti a tale riguardo, legga la bellissima , non che dottissima dissertaiione, intitolata Comentario della chiua-chiiia, del chiarissimo nostro Beraudi, troppo presto rajiilo ai progressi della scienza. I principii attivi della china sono, come dissimo, la chinina, la cinconina ed ì sali che (pieste sostanze alcaloidi formano cogli acidi. Quanto agli altri prin- cipii. sembra che essi non esercitino che un' azione secondaria estremamente debole. Quindi il solfato tli chinina e di cinconina , il citrato di chinina e di cinconina e tulli gli altri sali da noi enumerali ponno non solo sempre so- stituire la china in sostanza, ma vogliono a giusta ragione essere preferiti, sia per la loro maggiore efficacia in piccola dose, sia per essere di più facile am- ministrazione potendo anche ileterminarne la presa in maniera più precisa. Con ciò però, noi siamo ben lungi dal volere proscrivere la china in sostanza; anzi pensiamo con molli medici illuminati che l'uso della china in natura non delibasi interamente abbandonare, e che in alcuni casi sia bene preferirla ai suoi preparali salini, nei quali risiedono, a dir vero, le proprietà febbrifughe, ma che non agiscono certamente colla slessa efficacia se si amministrano sotto altre viste, p. es. come tonici, asiingenli, antisettici e va dicendo. II solfalo neutro ed il sollo-solfalo di chinina che si preferisce, come os- servammo, alla china pura , dato alla dose di cinque in sei grani, al dire di Guersent, produce nello stomaco, dopo un quarto o mezz'ora al più, certa sen- sazione di calore variamente gagliarda che incomincia dapprima verso il cardia, si propaga quindi nella regione epigastrica, di là in tutta la regione addo- minale e talvolta eziandio nel petto. E questa prima impressione locale pre- sto susseguila da boiborismi e svilupjio di gas per la bocca e per l'ano, tal- volta anche da coliche e da egestioni alvine, l quali fenomeni si associano al calore di lesta, ai battili arteriosi f)iù vivaci, non che all'acceleramenlo del polso. In alcuni casi vi si aggiunge cerla agitazione analoga a quella prodotta dal caffè. Il calore che si sparse per lutto il corpo in seguito alla deglutizione del I ao solfalo ili ciiiiiina o rinlioduzione di queste sostanze nello stomaco, probabilmente attesa la loro minore solubilità. Ogni qual volta, in- vece d"inghioHire ad un tratto sette in olio grani di si falli agenti medi- camentosi, si adoprino a frazioni nella copia di un grano ogni due ore, i fe- nomeni locali da essi introdotti sono assai più lievi ed anche appena sen- sibilr. Noi però neiramminislrazione del solfalo di chinina non abbiamo mai os- servati tanti sintomi di eccitamento quali vennero ilescrilti dai sucilati Gueiseut e Cavenlou; anzi ne abbiamo noi presi sedici grani in due ore, senza avere provato il minimo senso di iriilazione nel ventricolo e tanto meno nn ecci- tamento generale; quindi dietro l'esperienza nostra possiamo coscienziosamenle asserire, che il solfato di chinina, non che il cilralo e altri sali, non eserci- tano sul ventricolo che lurazione leggermente tonica se si vuole, e che i suoi effetti generali, se non si possono dire dt-piiinenti, sono anche tali da non po- terli dichiarare di stimolo. Che anzi , se dovessimo conchiudere dielio I' a- zione benefica manifesta che questi sali esercitano nel sistema cardio-vasale quando lro>asi in islato d'eccitamento universale, d'irritazione ed anche rii infiammazione, non potremmo a meno di consiilfiarli dolati d' un' azione dif- lusiva deprimente: e vaglia il vero che la clorosi, l'artrite, le affezioni reu- inaliche generali, non esclusa la golia slessa, hanno notevoli ammiglioiamenli dalla prescrizione generosa e continua di tali sali. Anzi molte volte noi l'ab- biamo usalo con grandissimo vantaggio anche nelle emottisi senza che queste manifestassero complicanza di periodicità. Degno d'osservazione è il fallo che siamo per narrare, del quale powanio avere schit^lla leslinionianza dal ravaliejti 1G0 Riberi. Uiui giovane in eia dì venliiii anni venne presa ria tenìbile einafe- niesi splancnica; un quarto d'ora od al più mezz'ora dopo ciascun salasso^ elle pialicavasi, questa sempre ripelevasi nella quantità di cinque, sei, otto oncia di sangue purissimo che sarebbe escito dalla vena incisa. Dopo T ot- tavo salasso ne rigettò 18 oncie ! Pralicaronsi il nono, il decimo, Tundeciino ed il duodecimo salasso e sempre rijielevasi rematrmesi. In consulto col su- citalo professore Riberi slimammo ili passare alla prescrizione del soll'alo di cliinina ad altissime dosi. Ne abbiamo piescrilto 40 grani da prendersi lungo il giorno, e siffatta dose venne ripetuta nel giorno dopo e susseguenti. L'am- malala ne prese in pochi giorni 'lOO grani <• risanò perfettamente. Sotto l'am- ministrazione di sì generose «losi di solfalo, anziché destarsi sintomi di stimolo, vedemmo dissiparsi quelli che esistevano. Imperocché Tamuialata era trava- gliala da gagliarda lebbre conlinua, la quale andò giadalamente dissipandosi dopo l'amministrazione del farmaco in discorso. Sicuramente, che laddove lo stomaco del maialo si tiovi in uno stalo di eccitamento nervoso o d'infiammazione, dilGcilmenie tollera la [iiesenza dei sali di chinina, anzi il più delle volte lì respinge col vuniilo, opinne rimane impressionalo in moilo penoso; ma ciò non è per causa del rimedio, sihbene del- l'organo che lo ricevo, il quale rimarrebbe del pari impressionalo nella slessa guisa da qualsivoglia farmaco iJolato di una proprietà deiirimente conosciulis- ^ima. Vidimo aumialali a non poter tollerare non solo pochi grani di tartralo neutro di potassa e di acetato di [lotassa, ma ne anche piccolissime dosi di acqua diitillata, di amandoile amare, e neppure alcuna goccia di sostanze mucilaginose. La condizione degli orgaui gastrici dell'ammalato e la loro tolleranza sono cose che deve tenere a calcolo il medico per la prescrizione di qualsiasi ri- medio , non esclusi i preparali di china. Negli individui di stomaco sano e poco il rilabile, appena i sali di chinina producono un effello sensibile al malato ed al medico; la qual cosa fa sì che certe persone tollerino talvolta trenta in qua- ranta grani di solfalo di chinina nello spazio di alcune ore senza patirne ve- runa alterazione valutabile; mentre che altri sono dolorosamente impressionali da solo quattro o cinque grani. A questa causa devesi in gran parte altribuire la differenza osservata nelle proprietà immediale della china in sostanza e de' suoi preparati, e negli efTelti terapeutici che ne derivano. Si affievolisce la impressione troppo gagliarda prodotta dagli alcali di china e dai loro sali, associandoli alle nmcilagini , all'amido, alla gonnna, alla mol- lica di pane od a sostanze quasi inerti , quali so«o la polvere di licopodio o di liquirizia, non che ila ultimo mescolandoli agli alimenti, ed anzi certi indi- vidui non possono tollerarli, che usando di siflalla precauzione. Rinveniamo diffatti certi correttivi assolutamente analoghi nella china in sostanza e negli estratti di china: l'amido invero, la gomma , il corpo legnoso, sostituiscono qui le sostanze che 1' arte associa a sali di chinina per attenuare la loro attività. La natura dunque, come saggiamente 'Ìa osservare Guersent, ne presenta già formato ciò che Parte c'insegna imitare. Varialissimi sono i modi di amministrare la china-china , molleiilici essendo le preparazioni che fare si sogliono con questa conteccia. Passi la chma in 461 sostanza e liJolta in polvere impalpal>ile 4r%^^e^ ^G9 Ou««.ta specie di cìticoua è quella tlie pl-otluce le corleccìe, che in coiu- iiiercio vengoiiu sotto la denumiuazione di cLina liayana, di cui trattammo parìmeiili nella medica dissertazione che viene in seguilo alia descrizione della cliìna condaminea. — La sua corteccia, quando è privata del suo epiderme, rassomiglia molto [alla China cannella, ed accostasi anche alla china liianc.1 di loxa. — Gurbourl cita come siuonimu di questa sorla la Cascarilla payha del commercio Spagnuolo. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA ■ .Branco di fiori deSla china pubrsceale. -l. Foglia. }. Corolla aperti. 4. Capiula. ilo CrilNA PÌTON -^^AruiPiRAA'^ Cinchonn florlNuniln Valli.— Roqu., Phytogr. rfiepert óel 1742: e la sua corteccia fa introdotta iu Francia da Radieu nel 1779. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Branco di citina Pilou. 2. Calice e pistillo, 3. Parje del tubo della corulla . alla cui base stantìo inserii cinque starai'. i}. Frullo intiero. 472 cxwk -5^^'3»$!*=<- Èvonyino sittiilis At'gypiiaco B;iuli. Più., lil». 11, ser.l. 5. — Colfea arabica/ Limi., class. 3 |)eulauedue siffatte sostanze, mentre le modifica e scema T una e l'altra. Esagerati furono nei varii tempi gli inconvenienti annessi all'uso abituale del caffè, e la gravezza degli accidenti che esso può determinare. Questa be- vanda, che i Persiani dicono slata inventata dall'Angelo Gabriele per rista- bilire la salute di Maometto, fu prima nell'Oriente più volle l'oggetto di discussioni ridicole e di severe difese. Già ad istanza dei medici Schair-Bog^ governatore della Mecca, fece pubblicare un solenne edillo, in cui proibivasi e di vendere e di bere il caffè sotto le pene che ordinariamente imporre si solevano ai trasgressori della legge religiosa: diversi mercanti dovettero in conseguenza di tale legge chiudere le botteghe di caffè che aveano aperte ; e tutto il caffè che ritrovavasi nei loro magazzini venne abbrucialo pubblica- mente E lutto che i sacerdoti presentassero diverse rimoslrauze al governa- tore, che dicevano questo editto troppo precipitato; ciò non ostante, un povero uomo che venne colto con una tazza di caffè , fu castigato colle basto- nale, e condotto pubblicamente per le strade e pei mercati della città sopra un asino. Il sultano d'Egitto incominciò poi in quel frattempo a prendere la difesa di questa bevanda condannata alla Mecca, e rivocò solennemente quell'editto. Anche in Costantinopoli, sotto il regno di Anmrat ni, venne vietato l'uso di questa bevanda dal Muftì, e furono chiuse tutte le botteghe; ma ciò piut- tosto per politica religiosa, essendo che gli Imani avevano preso ad accu- sarlo: ma essendo stato eletto un nuovo Muftì, tornò il caffè salire in gran credilo di bel nuovo, ed a divenire capo di lusso. Il gran visir KiiproU tornò a chiudere tulle le botteghe in cui se ne beveva. Da lungo tempo però, non solo in Costantinopoli, ma in tutto l'Oriente si beve il caflè; ed il gran visir stesso suole presentarlo agli ambasciatori che si recano seco lui a conferenza. Questa cerimonia invalse cotanto, che i ministri esteri, verso di cui non venisse praticata , lo riguarderebbero come un segno di raffredda- mento, e come pronostico indicante [irossima rottura L'istessa difficoltà che 1" iiitroiluzione di questa bevanda ha provato in Oriente sotto Amiirat e sotto Kuproli, l'ebbe ail incontrare in Inghilterra sotto Carlo II, il quale nel l67o fece chiudere tutte le botteghe da caffè: si dice per religione politica. 181 L'Ibli.T, la Francia e gli altri siali l'urono però più inodeiati iu riguardo di tale be^anda; e le coiilroversie si limilaroiio solo nel celo medico, prelen- dendolo alcuni conlraiia alla sanità, mentre altri pronunciano per l'opposto, e con entusiasmo, le sue \iilù salutari. Ma in mezzo a tutte queste contraddi- zioni Tnso del calTè prevalse; §d oof;idi tale gu-.to è generale in tutte le parli colari meglio facili: l'individuo si sente .'igilissimo, benissimo disposto e T immaginazione più viva, il pensiero più libero e più esaltato: infine appariscono prontissimi e perfetti i lavori tulli dello spirito e dell'immaginazione. Quanti dotti , quanti artisti e letterali furono debitori a questa bevanda, giustamente detta bibita intellctlualc, di una gran parte del proprio genio e della loro fortuna riescila I x Cantarono infatti i poeti inni in di lui onore, e creilono sia il vero nettare, e non mai si accingono al canto senza aver piglialo una chicchera di caffè; e a quando a quando tornano ad accendere la fantasia con altro caffè ; si di- rebbe quasi che sia un liquore fatato, apollineo. L'infuso del caffè assunto dopo il pranzo tacilila la digestione , la rende maggiormente sollecita; Digerii et crudam stomachis languenti bus escam , Plus iuvat a pasta qiiam iuvat ante cibimi ; ma è necessario che dal pranzo a questa bevanda vi sia un dato intervallo, perchè, preso subito dopo, piecipila la digestione coli' eccitamento che cagiona al ventricolo; ed iu alcuni individui è suscettibile a produrre nausee e cagio- nare vomiti. E poi da osservarsi che l'uso del caffè [«rima del pranzo deter- mina piuttosto l'inappetenza che provocare l'appetito. 1 dilferenti effetti indicali sono tanto più considerabili, qualora si osser- vano sopra individuo, il quale non usi abiluahneiite di tale bevanda. Agli ef- fetti annoverati aggiungonsi quasi sempre l'agitazione e l'insonnia compiuta, e qualche volta convulsioni; tuttoché il Redi, il quale si mostrò in prima acer- rimo nemico di questa bevanda, si che la chiamava porcheria fatta pei aa- leotti , e che cantava: Deverei prima il veleno, Che un bicchier che fosse |)ieno Dell' amaro e reo caffè; 182 coulessi ( dopo clie scemò la su;i nwersione e ne f;icea uso) die qunnJo voieva (joiiclliarsi il souuo , preuilea alla sera una cliicchera di caffè: fenomeno che alili provano al dire di molli autori. Bisogna per altro convenire, che in certe circostanze e per alcuni individui è il caffè [Miitloslo nocevole che utile. Per tal guisa le persone eminentemente nervose, nelle quali la sensibilità è assai esaltata ; gli uomini tormentati da ipocondria, o da afieiioiii emorroidali; infine tulli gli individui malmenati da qualche cronaca infiammaiione , devono diligentemente astenersi dall' uso di siflalta bevanda; ma quelli che hanno buona salute , un temperamento pitui- toso, le persone sedentarie e flegmatiche o che sono disposte alla pinguedine , possono lare uso moderato del caffè senza tema alcuna: Plus quoque phlegmatìcis et ìaxo carpare ahesis , Quam calidis, macris , mabilibusque quadrai. Ma anche l' uso moderato di questa bevanda richiede le sue modificazioni, a seconda dell' età , sesso, stagioni e coudizioni dell' individuo. Cosi i ragazzi, come dotali di somma mobilità e soggetti alle irritazioni del tubo intestinale , bisogna farli astenere , salvo nei casi in cui lo si dovesse somministrare com^e rimedio. La gioventù , come piuttosto abbondante di vigore , non deve abi- tuarsi. L' età virile e della vecchiaia , che si trovano nelle succitate condi- zioni , ponno , come dicemmo di sopra, usarne con moderazione; le donne, che in generale sono piuttosto dolale di temperamento nervoso , e perciò di più squisita sensibilità, debbono farne uso moderatissimo. Nella primavera e nelP ertale fa d' uopo essere più moderali per tale li- quido , che nell'autunno e nell'inverno: ed anche il benestante, quando si trova per qualsiasi causa in islato di orgasmo o d' esaltazione nervosa , deve assolutamente astenersi. Un liquore che esercita tanta infliienra sofra l'economia animale, che mo- difica cosi solidamente lo stalo dei nostri organi e della loro funzione , può divenire di grandissimo soccorso in molti disagi. Secondo Sennini, desso reca sollievo nell' emicrania e n^i mali di capo , su cui agisce con maggiore ener- gia : r uso ordinario di tale bevanda è un mezzo pressoché infallibile di pre- venire r apoplessia , la paralisi e la più parte delle malattie soporose, e serve a restare anche i cattivi effetti dell' oppio. Lo s' impiegò talvolta con profitto contro dell'asma; Margrave, Priiigel, Percival e Floyer presentano osser- vazioni di qualche inleressamenlo , comprovanti che il caffè giovò in questa malattia , e Richard lo osservò eccellente palliativo , il quale allontanava gli accessi di tal morbo, e ne diminuiva la gravezza. — Né tampoco è da esclu- dersi la tosse convulsiva , contro la quale Schengel ha osservalo essere utile r estratto od il decotto di caffè crudo ; ed osservazioni rettamente istituite hanno fatto conoscere vantaggiosa l'infusione del caffè tostato a limovere qualche nervose affezioni accompagnate da coma, sopore, stupidezza e torpore muscolare. Né si manca di storie mediche relative a melanconici ed ipocondriaci , i quali sono stali condoni a guarigione dall' uso reiterato del caffè: e persino 183 l' epilesiia , T isterismo, la palpilazioiie, il singhiozzo Launo trovalo sovente uel caffè un valevole medicamento. Maigrave riferisce averlo trovato utile nella gotta ; Zimmerman e Prospero Albino ed altri lo vogliono ottimo rimedio emmenagogo; e mollo può giovare nelP eccesso di pinguedine. Il dottore Amali annunciò un' interessante e pregevole applicazione del caffè. Egli fu avvertito del caso , che i vapori i quali si alzano dalla decozione del catfè tostato, giovano mirabilmente a condurre a guarigione le croniche oftalmie, come l'esperimento su se stesso; e provò, che le bagnature di de- cozione di caffè fatte agli occhi, allorquando la flogosi sia alquanto combat- tuta, è suscettibile di condurre a guarigione anche le oftalmie nei casi di esulcerazione od incipiente opacità della cornea. Che inCne cedono le oftal- mie croniche d'ogni genere, come le umide, le reumatiche, le angolari , le eresipelatose, ecc. Aggiungendo il succo di limone a codesta infusione assai carica , debella le febbri inlermiltenti , tutto che sia anche valevole a debellarle per se stessa come esperimenlarono Tompson , Avdon , Mannajonr , Rubini , Touelli , ed altri. Ed il dottore Grindel esperimento nell' istituto clinico di Dorpat in Russia, che i semi del caffè non torrefallo, che altri pratici riguardano |)iù essenzialmente tonici e capaci di essere sostituiti con proQlto alla china , vinse quasi sempre le febbri inlermiltenti , sebbene assai ostinate; e narra che iu più di 80 casi di febbri intermittenti , pochi ricalcitrarono all'azione del caffè non torrefatto; altri inGne, come Lanzoui, la somministrano con felice esito nelle diarree croniche e resistenti. E necessario però convenire, che se vantaggio può recare il di lui uso mo- derato in istato di salute, o la sua amministrazione adequata in caso delle suc- citate malattie, può eziandio essere nocevolissimo in caso di abuso. In fatto, tutti gli scrittori s' accordano nello stabilire che l' uso smodalo del caflè dà luogo ad altarazioni diverse a seconda delle varietà di temperamento , di sesso e dell'età degli individui; ma che costaulemenle per l'abuso del calle s'os- servano 1 sintomi seguenti : un senso di gravitazione , un tremito generale nei muscoli delle estremità inferiori e superiori , una qualche alterazione nella lacoltà visiva , un ostinato pervigilio , un orgasmo generale del sistema arte- rioso , simulante in qualche modo la reazione febbrile; in fine un aumento ben sensìbile nelle funzioni secretorie , per cui accresce la traspirazione cor- nea , e maggior copia di orina si secerne. Oltre alle generali indicate alterazioni, si hanno dall'abuso del caffè altri sintomi peculiari, ossia individuali, cotanlcf bene notati da varii dotti scrittori e diligentissimi osservatori. Linneo accenna che una grande quantità di caffè ingerita in ogni giorno per lungo tratto di tempo sviluppa la cefalalgia, spesse volle le vertigini e non di raro l'eruzione di un esantema nella faccia. Os- servò pure Rriger delle febbri scarlalinose , miliari e morbillari, le quali riconobbero unicamente per causa dell' immoderato bere del caftè. Yillis ne as- serisce che r uso soverchio del calfè aumenta pure il flusso emorroidale^ che induce dimagrimento di corpo, e che diminuisce negli uomini la forza gene- rativa. Finalmente a varii medici iu dato di osservare diverse malattie ori- ginate dall'abuso del caffè, come ipocondria , mancanza d' appetito, coliche, scorbuto, leucorree, ecc. e va dicendo. 184 Goacbiudiamo atlunque che l" uso moderalo del caffè uon è necessario, ma non è nocivo, usato anche abilualnienle ; che anzi può essere ulile , come abbiamo ili sopra comprovalo; che l'abuso può essere dannoso, come lo è r abuso di tulle le altre sostanze alimentari necessarie e credute innocenti. SPIEGAZIOJsE DELLA TAVOLA I. Braaco di caRe con frutto. 2. Corolla aperta. 3. Calici^ (> pistilluc 4. Frutti in cui si veggono i due semi. 5. Grano. 6. Lo stesso tagliato orizzontalmente. i8i FAMIGLIA ^y»'^ ARALIACEE. Famiglia naturale di piante cotiledoni polipetale , la quale da alcuni veniva confusa colle ombrellifere , ma che Ventenat ha saputo molto esattamente distinguere. I suoi caratteri sono di avere il calice col margine in- tiero 0 dentato, i petali e gli stami in numero determi- nato : lo stilo molteplice e gli stimmi semplici : il frutto , una bacca e qualche rara volta una casella moltiloculare a loggie monosperme ed eguaglianti il numero degli stili. II fusto di simil pianta è o arborescente, o frutticoso , o erbaceo; le foglie alterne, d'ordinario composte; i fiori pic- coli e quasi disposti ad ombrella. Questa famiglia somministra pochissimo interesse, qualora la si voglia risguardare solo dal lato medico. L' aralia del Canada , la cui radice viene in commercio sotto il nome di Ginseng, è Tunica pianta adoprata in medicina, sebbene oggidì abbia per- duto presso che tutta la fama medica di cui godeva nei tempi antichi. 186 Yentenat ha formato di queste piante la famiglia della xii classe del suo Tableau du règne vegetai, etc, nella quale ha compreso due soli generi, cioè VAralia ed il Panax (Nou- veau dict. d'Hist. nat., l. 1 1 , pag. 55). ^ù 187 ARALIA DEL CANADA {Ginseng) Anlia canadeuensis Tourn., class. 6, sect. 8, gen. 3. — Panax quinquefolium , Lino. Poligamia dioecia. — Juss. Aialiacee — Lamark — Rich. bot. ined. , t. 11, pag. 452. — Poir., Fior, med , t. 4, lab. 184. Se la grande riputazione di un medicamento, la fama che ottenne, ed i molti scritti di cui formò esso T argomento , fossero sempre sicuri indizii di sua utilità, niun altro potrebbe sotto tale aspetto gareggiare colla radice di ginseng. Nella China, nel Giappone ed in tutta la Tartaria, pel fatto, non evvi medicamento in cui si riponga cosi grande fiducia, e pel quale si professi tanta venerazione come per questo. Tutto il ginseng che si raccoglie, appartiene all'impera- tore a cui compete il diritto di farne commercio ; e quindi lo si vende a peso d' oro. Gli ambasciatori chinesi che ven- nero alla corte di Luigi xiv, recarono a questo monarca in presente delle radici di ginseng, quale produzione preziosis- sima del loro paese. Siffatta radice, volendo prestare fede agli abitanti dell' Asia orientale , ha la facoltà di rianimare le forze esaurite dall' età 0 dalle malattie, ne, secondo essi, ve ne esiste neppure una che non sia vinta dal suo uso. Fintanto che essa fu rara in Europa, si parteggiò quasi per cotesta opinione favorevole; ma dopo essere stato il ginseng scoperto nel nord dell' A- merica settentrionale, che lo si potè assoggettare a molte prove j si esaltarono meno le proprietà di tale sostanza. È il ginseng la radice del panax quinquefolium, che pre- tendeasi crescesse solo nelle grandi foreste della Tartaria; ma sappiamo oggidì che esso è comune nella Virginia, nel i88 Canada e nella Ponsllvania, e coltivasi pure in alcuni giar- dini d'Europa. Le sue radici sono carnose, fusiformi, della grossezza di un dito, rossastre al di fuori, giallastre al di dentro: spesso divise in due rami fusiformi, fornite alle loro estremità di qualche fibra minuta, di un sapore un po' acre e legger- mente amaro. Il suo stelo è alto circa un piede, nudo inferiormente, e porta verso la sua parte superiore tre fo- gliette picciuolate , verticellate , composte ciascuna di cinque foglie digitate ed ineguali. I fiori sono bianchi e formano una piccola ombrella semplice , terminale alla sommità dello stelo. Essi offrono un calice piccolissimo a cinque denti per- sistenti ; una corolla a cinque petali eguali ; cinque stami , due steli. A tali fiori tengono dietro i frutti compressi , car- nosi, a due cellette monospermi. La radice dell' aralia del Canada , conosciuto per ogni dove dell'Europa sotto il nome di Ginseng, chiamasi dai Francesi Ginsen e Ginseng, dai Chinesi Jin-chen, dai Giapponesi Hindsin, Dsindsom, dai Tartari Orkhoda. Il come di Ginseng è chloese; esso significa, dicesi, figura d'uomo, per- chè questa radice essendo soventi biforcuta, oQVe l'immagine grossolana delle coscie d' un uomo. Gli attribuiscono, come dissimo di sopra , i Chinesi proprietà talmente ma- ravigliose, che il solo udirle basta per tare rigettare a qualunque uomo ragio- nevole le opinioni favorevoli che si potrebbero formare sopra questo medica- mento; tanto più dopo d'aver letto ciò che ne hanno scriUo i missionari gesuiti che diedero prova in questo di un'eccessiva credulità. Tutto quello che dissero delle proprietà analitiche e afrodisiache del ginseng è slato rifiutalo dall' esperienza che vi ha fatto semplicemente conoscere alcune qualità toniche e stimolanti. Per altro il cieco entusiasmo dei Chinesi per questa radice fu portato a tal punto, che essi la pagarono a peso d'oro, a cagione della sua rarità nei loro paesi. E dopo che si scoprì nell'America settentrionale la pianta che la produce , gli Olandesi ne apportarono una grande quantità alla China , dove approfittando della credulità degli abitanti , vi guadagnarono delle somme con- siderabili. Oggidì il ginseng è ben decaduto dalla sua primitiva riputazione anche 189 presso i Cliinesi : niillameno è ancora prezioso per alcuni popoli. INessuua cosa liavvi nelle qualità fisiche capace di giustiGcare la otlenula riputazione. Bollila per alcun tempo nell'acqua perde il proprio sapore anìaro ed aroma- tico e diventa nutritiva, e solo sotto tale aspetto la si può risguardare come valevole a riauimaie le turze Essendo però tale farmaco rarissimo in com- mercio, e per solito anche in cattiva condizione, i medici lo sbandirono da gran lem[)o dalla loro pratica. 1 Cliiiiesi , dopo d'avere ben lavate e private le radici dalle Gbrille che nascono alla loro superficie, le fanno bollire alcuni minuti; in seguilo le av- viluppano in scatole di piombo, immerse in calce polverata, affinchè gli in- selli non [)ossano attaccarle. Volendone usare, si amministra iu [)olvere alla dose di mezzo dramma ad una e mezzo , ed in una dose doppia o tripla in infusione acquea o vinosa. SPIEGAZIONE DELLA. TAVOLA 1. Stelo. 2. Radice. 3. Fiore ermafrodilo. 4. Calice. 5. Lo stesso tagliato longitudinalniriile. 6. .Slame. 7. Fiore maschio. 8. Ombrella del fruito maturo, 9. Frutto laglialo. io. Seme isolalo. II. Seme t<>gliato verlicalmcnte. 12. Euibriotie isolato. i90 FAMIGLIA 28^^ Otàxut n Dtcauà.. — 9'5 Juss. DISSACEE. Famiglia naturale di piante dicotiledone monopetale, che hanno il calice semplice o doppio , la corolla regolare o irre- golare tubolata col lembo diviso ; stami in numero determinato colle antere biloculari, segnate da quattro linee; un solo stilo munito di uno stimma semplice , oppure diviso. Queste piante portano rare volte per pericarpio una casella ; ma invece i loro semi sono ordinariamente coperti o circondati dal calice. Il perisperma di questi è carnoso ; V embrione diritto ; i cotiledoni bislunghi, compressi; la radichetta superiore. Le piante dissacee sono ordinariamente erbe annuali o biennali, constano d'una radice fibrosa, ramosa, alcune volte mozzata; i loro fusti sono rotondi, per lo più soli, e por- tano i loro rami opposti: le foglie sbucciano dai bottoni conici sprovveduti di squame , e sono semplici, pennato-fesse, opposte, e qualche rara volta verticellale. I fiori quasi sem pre ermafroditi o terminali , sono alcuna fiata distinti ; ma per lo più aggregati, e poggiano sopra un ricettacolo ordi- nariamente peloso 0 pelaceo. Poco considerevoli risultano le proprietà mediche delle piante appartenenti a tal famiglia : certo sapore astringente ed amaro indusse ad adoprare alcuna specie di scabbiose come 191 leggermente toniche: in generale però le dissacee sono nella pratica medica poco usate. Ventenat comprende in questa famiglia, che è la prima del- l' undecima classe del suo Tableau du règne vegetai , sei generi sotto due divisioni. 1° Quelli a fiori aggregati: ill/bmirt, Dipsacus, Scabiosa, Knantia, 2° Quelli a fiori distinti: Valeriana foedia (Nouveau dici, d' Hist. nat, t. vii, pag. 133). Giova però avvertire che il genere Valeriana , il quale pure era stato collocato in questa famiglia da Juss. , venne dappoi da questi dotti, non che da altri autori moderni ritratto, e divenne il tipo di nuova famiglia, conosciuta col nome di Valerianee, di cui parleremo in seguito. /• 192 SCABBIOSA CAMPESTRE. Scabiosa pralensis hirsuta Bauh. pin., lib. 7, sect. 4. — Touru., class. 12, secl. 5, gen. t. — Scabiosa arvensis, Linn. letrandria monoginia, Juss. , class. 11, Old. 1, dissacee. — Puirel , Fior, med., t. 6, lab. 316. — Rich. bot. med., t. 1, jiag. 406. È la scabbiosa una pianta comunissima nei campi , nei prati , sugli orli delle strade , ed in genere nei luoghi incolti. Le sue radici sono corte , alquanto fibrose , quasi semplici , di mediocre grossezza ; da questa s' elevano steli ritti , alquanto fistolosi, cilindrici, poco ramosi, forniti leggermente di peli, lunghi due piedi circa. Le foglie sono opposte , peziolate ; le radicali ovali-acute, spesso intiere e dentate grossolanamente ai loro margini ; le altre alate e pinnatifide col lobo terminale quasi acuto , alquanto dentato , e tutte più o meno vellose e ci- bate. I fiori sono d' un rosso turchino , terminali , sostenuti da lunghi peduncoli striati, velosi. Ciascun fiore presenta un doppio calice; uno esterno membranoso o scarioso sui suoi margini, spesso disteso in una lamina campaniforme , peloso nella sua parte inferiore; uno interno che termina per un piccolo dilata- mento calloso, donde partono spesso cinque spine aperte a mo' di stella : una corolla tabulosa situata sul calice intorno a quat- tro 0 cinque lobi ineguali ; quattro o cinque stami aderenti alla base del tubo della corolla: un ovario chiuso nel calice interno; uno stilo ed uno stimma incavato. Tutti questi fiori sono riuniti in teste rotonde da un involucro comune a più fogliole poste su d' un ricettacolo peloso o scaglioso. La scabbiosa chiamasi dai Francesi scabieuse des champs, dagli Spagnuoli escabiosa, dai Portoghesi escabiosa dos champos, dagl'Inglesi fìeìd-scabious , dai Tedeschi skabiose, acker-skabiose, iJfì ■:p ^L^^a/'^k^tì' ////f/f/^^^ 193 •^agii Olaiuìosì ^ew."^» schi(rf(knml, dai Danesi skahios, skabiui , dagli Svczzesi nokekmedd, dai Polacchi dnjiakieiv polne , dai Kus«i (jìwuhmja tra iva. Il nome di scabbiosa dato a questa pianta è evidentemente derivato da scabbia, atteso che gli antichi credevano avere riconosciuto alcuna virtù nel trattamento «Iella rogna. Il professore Alibert però, che adoprò di frequente questo rime- dio, non gli riconobbe veruno di quei vantaggi che molti autori gli atlribui- rono : quindi al presente il decotto di foglie di scabbiosa è rare volte usato. Pel suo principio amaro e leggermente stilico, può benissimo esercitare una lai quale azione tonica sui nostri organi, ma ò sì debole, che non s' ha molto a sperare dalla sua amministraiione. Non taceremo però, come Uivino la ri- sguardasse eccellente bechico, e dotata perciò d'una grande utilità nell'empiema e nella lisi polmonare, nella qual ultima malattia specialmente, quando è per- venuta all'ultimo stadio, la commenda Boerrhaave. Ma sifTiilte asserzioni non sono appoggiate che a falli dubbiosi, e ad osservazioni incomplete: quindi siffatte virtù non sono accertate più di quello siano le risolutiva, detersiva, depura- tiva, antivenerea, consolidante , vulneraria, liloutrifica , e simili attribuitele da altri autori. Questa pianta in decozione può somministrarsi alla dose di un'oncia a due in una libbra d' acqua. Il suo estratto alla dose di una dramma. Il suo suco s' associa spesse volte alle piante che godono riputazione di depurative. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Parte luperioie dello stelo. 2. Va pezio di stelo con due foglie caulinari iufcricri, 3. Fiore della circouferenza con la sua scaglia. 4. Fiore del centro, 5. Frutto maturo coronato dal suo calice. Tfim. Ili 4 3 ^94 SCABBIOSA SUCCISA. Succisa sive morsiis diabuli, Baub. pio., lib. 7, sect. 4. — Succisa gl-abia^ Malth. — Scabios>a glabra, Boerh. — Scabiosa succisa , sive raoisus diabnl^ Linn. Telrandiia njoaoginia. — Juss. Dissacee. — Saint-Iiil , Plaut. rincipio astringente sovra citato. SPIEGAZIOJ^E DELLA TAVOLA 4- Scabbiosa atro-porporca. 2. Fiore iutiero aperto» 198 FAMIGLIA 2r^ VALERIANEE. Famiglia di piante dicotiledoni monopetale, composta dì piante erbacee portanti foglie opposte, di fiori nudi, disposti ordinariamente a corimbi od in pannicoli ramosi. Il loro calice, aderente col germe infero, ha il suo lembo semplicemente den- tato 0 ruotolato nell' interno , e formante un cercine circolare : la corolla è monopetala , tubulosa , talvolta gibbosa , speronata alla sua base ; il suo lembo risulta a cinque lobi più o mono ineguali ; il numero degli stami varia da uno a cinque ; il germe infero è uniloculare, sormontato da uno stilo semplice, il quale finisce in uno stimma spesso tripartito. Il frutto consiste in una achcna coronala dai denti del calice od in una piumetta formata dal lembo del calice, che si svolse. Questa famiglia si dislingue dalle dissacee, atteso i loro fiori nudi , non riuniti in capitello munito d'involucro e pel loro embrione mancante di endo- sperma. I due generi principali componenti questa famiglia , vale a dire le valeriane propriam^^nte delle , e le valeriane mangerec- cie sono dotate di proprietà differentissime ; per tal guisa le ra- dici vivaci delle prime hanno odore penetrantissimo, spiace- volissimo, sapore acre, amaro; mentre all'opposto le valeriane 1>99 siiaiigìereccie che risultano tutte piante annue, mostransi scipite e spoglie di proprielti attive. Questa famiglia non si compone che di pochi generi , fra i quali si deve osservare quello delle valeriane che le diede il nome , ed è anche il solo che fornisca prodotti impiegati in medicina. Juss. da prima aveva comprese le valeriane nella fa- miglia delle dissacee o dipsacee ; ma dappoi le separò facendone una famiglia distinta. Ventenat comprese , come vidimo , le valeriane nelle dis- sacee, e le ripose nella seconda divisione, in cui separa i sei g^eneri di questa famiglia (vedi Dissacee), 200 VALERIANA OFFICINALE. Valeiiaun sylveslris rtìnior, Bniih. più., lib. 4, secì. 6. — Tourri., class. 2", sect. 3, geo. 4. — Valeriana olficinalis, Lino. — Triandiia monoginia. — ■ Jiiss., class. Il, ord. 1. — Valeiianee. — Piiiret, Fior, med., t. 6, lab. 346. — Rièh., Bot. med:, t. 1, pag. 408. — Saint-Hil, Plani, de la France, l. 4. La molta attivitk medicamentosa, accordata dagli antichi alla valeriana, e confeumata anche da molti medici , si può dedurre' dal nome ad essa attribuito; poiché la voce valeriana deriva, a senso di alcuni scrittori , dal verbo valere, cioè stare in salute ; quasiché questa pianta contribuisca a mantenere il prospero stato di nostra macchina e sanarla dai suoi molteplici malori. Linneo però fa derivare il nome di valeriana da un tale re no- mato Valerio , il quale vuoisi il primo che abbia applicato questo vegetale all' uso medico. Le specie di questo genere annoverate e minutamente dai botanici descritte sono molte; ma a tre si riducono quelle che^ a preferenza si usano neir arte salutare, le quali, credesi comu- nemente dai più avveduti pratici, abbiano fra loro analoga elTi- cacia se non in eguale quantitìi: di queste sole terremo discorso. Che che ne sia, la valeriana è una grande e bella pianta er- bacea, che cresce abbondantemente nei luoghi montuosi e -sel- vaggi di varie parti dell'Europa, e che è stata rinvenuta anche nel Perù. Vegeta più comunemente nell'Italia, in ispecie nella Lombardia e nella Svizzera; ama i luoghi umidi e le vicinanze dei ruscelli. La sua radice è bianca, avente il tronco cilindrico, formato da un parenchima carnoso e d'un canale midollare lunghissimo ; il suo collo è corto, non che guernito di fibre nu- ^/é'icéx^a ///yc/^f<ìeff 201 meroi^c , filiformi e discendc.ili. Da questa s' ele^a ano slclo ciliiulrico, fistoloso, striato, d" un verde giallastro, ahjuanto ve- loso , alti) da (juallro a cinque piedi , semplice inferiormente , ramoso nella parte superiore. Le sue foglie sono opposte, alquanto distanti luna dair altra; le inferiori radicali sono lungamente peziolale, eie sui^riori quasi sessili, e tutte pinnatifide;le supe- riori però pinnate, a divisioni lanceolate, acute e quasi intiere. I fiori sono rossastri , alcune volte bianchi , leggermente odorosi , disposti a corimbi terminali, composti di rami opposti. Ciascuno d essi presenta un calice ruotolato all'infuori, aderente all'ovario : una corolla tubulosa infondibuliforme, munita d'un piccolo gon- fiamento laterale verso la base col limbo diviso in cinque parti quasi eguali, e tre stami saglienti inserti nella corolla; un ova- rio aderente , sormontato da uno stilo. I fruiti sono capsule ad una loggia, di cui ciascuna contiene un seme oblungo, cilin- drico, co<-oiìa!K> da un pennacchio. La Valeriana chiamasi dai Francesi Valeriane saumge, ofjìci- mk; dai Tedeschi Baklrian, o/ficineJler hahkian; dagli Inglesi Valerian, officinal mkrian ; dagli Olandesi Valenaan, wilde va- hriaan; dai Danesi Velundsurt; dagli Svezzesi VemlercU : dai Polacchi Kodks; dai Russi Marni ^ Balderjan, La radice è la sola parie dì questo vegetale che forma oggetto di rrtaterJa medica , e che si conserva nella iarmacia. Allo stato fresco è presso che ino- dora; ma colla disseecaiione acquista un odore forte, particolare, tetido, che piace singolarmente ai galli; il suo odore è dolciastro daftprima ed amarissimo in seguilo. Disseccata , e quale trovasi nelle farmacie , ha un colore bianco sudicio tendente al gialliccio; sviluppa, masticandola, un sapore caldo aro- matico, amarognolo, alquanto acre, e spande un odore pungente, canforato, assai penetrante e non poco spiacevole. E poco nota la chimica analisi della valeriana di qualunque specie. Al dire di Sangiorgio, dodici oncie della valeriana otìicinale sogliono rendere circ» tre oncie d'estratto acquoso ; e da sedici libbre il dottore Graberg, ha rica- vato colla distillay.ione un'oncia e meiza d'olio esseiriiale verdognolo, odoroso; ma senza sapore piiiicanle, che galleggiava sull'acqua. Tionisdorf (Biilletin de Pharriiacie, 1809, p. 209) che analizzò la radice in discorso, trovò che una libbra di radici fresche di valeriana coinponesi : 1. Di due dramme di fecola. '1. Di due oncie di un principio particolare solubile nell'acqua, insolubile nell'alcool precipitato dalle soluzioni metalliche, ma non dalla gelatina. 3. Di un'oncia e mezzo di certo estratto gommoso. 4. Di un' oncia di resina nera. 5. Di uno scrupolo d'olio volatile. 6. Di un' oncia e due scrupoli di principio legnoso. Secondo lo stesso chimico, sembra che 1' odore canforato ed il sapóre aro- malico provenga dall'olio volatile; 1' odor fetido ed il sapore acre spiacevole dalla resina , ed il sapore zuccheroso dall' estratto gommoso. Penlz scoperse nell' acqua di valeriana un acido che egli considerò come acido acetico: ma il succitato Trorasdorf si è assicurato che l'acido in di- scorso è un acido particolare, a cui diede il nome di J^alerianico , dotato delle proprietà seguenti. Quesl' è un liquido senza colore, limpido ed oleoginoso; il suo odore ha molla analogia con quello della radice di valeriana e del suo olio essenziale: «e diversifica però ed è forse più disaggradito. Diminuisce, allorché si com- bini l'acido con una base, ma non scompare mai interamente. 11 sapore di quest'acido è estremamente forte, acidissimo e ributtante; la particolare sensazione eh' esso produce sulla lingua vi persiste lungo tempo. Se l'acido è molto diluito, lascia, dopo mangiato, un sapore dolciastro, come larebbe un liquore zuccherino. La densità dell' acido oleoso a 26" 6" di pres- sione, ed a lOo centigrado, è eguale a 0,944; rimane liquido a — 21°; esso brucia senza residuo con una Gamma intensa; bolle al 132° sotto la pressione di 27" 6"; si discioglie in trenta parti di acqua al t2o. C. L' alcoole lo di- Scroglie in tutte le proporzioni. L'essenza di trementina, l'olio di olivo, a quanto sembra , non lo disciolgono. L' acido acetico , concentralo di 1,07 di densità , lo discioglie rapidamente ed in grande quantità. L' acido solforico lo ingiallisce a freddo, ed a caldo lo carbonizza sviluppandone l'acido solforoso. L'acido nitrico fumante agisce appena su di esso, ben anco se si distillano insieme ripetute volte. Si prepara l' acido valerianico , agitando l' olio essenziale di valeriana col carbonato di magnesia ed acqua; quindi si dislilla : allora passa un olio che non è più acido, ed il suo odore è meno forte di quello dell'olio primitivo. Si ag- giugne poscia l'acido solforico al liquido che rimane nella storia e si distilla di nuovo. Si può ancora saturare 1' acqua di valeriana col carbonaio di soda, decomporre la soluzione concentrala per mezzo dell' acido solforico diluito di altrellanlo peso d'acqua; il liquore distillalo è formalo di due strati, l'uno è l'acido valerianico oleoginoso, il quale contiene il trenta per cento di acqua, r altro una concentrala soluzione di acido valerianico. La composizione dell'acido valerianico secco determinala dallo Etllaig è h seguente: WS in aloflrti ili ceiitesiihl io C =: 76ì,37 0/1,8(5 18 II = 112,31 «J.34 3 O = 300.00 2o,oO 1176,68 100,60. L' ai;ido oleogiuo«o fliscioHo qu.iul'è possiliìle pure che rileiign H 2 O di più dell' acido secco. I vaieii.mali presentano le pro{irie:à seguenti : odore particolare, sapore dolce, retro lasciamio un sapore piccante; sono efflorescenti , deliquescenli , od inalterabili all' aria. Cristallizzano con maggiore o minore facilità, e rie- scono grassi al tatto; sono più solubili nelT acqua. Il calore ti decompone, e sviluppa dall'orlo una porzione dell'acido senza alterazione. Gli acidi l'orli st?parano 1' acido valerianico dalla sua combinazione , e quest' aci(k) decompone poi i benzoati ed i carboiyati- Usasi per medicina la radice secca , e devesi in generale preferire quella cbe si raccoUe nei luoghi meno umidi, alquanto montuosi e secchi, e quelli fra i piedi che non sono troppo vecchi. Credesi inoltre dai più avveduti pra- tici, che le radici delle tre specie di cui terremo discorso, abbiano fra loro analoga efìicaciii se non in eguale quantità. Egli è inoltre difficile, che nelle farmacie non si trovino confuse queste tre specie di radici, e qualche non ra- rissima volta Irovansi anco niescolate colla radice di ranuncolo, che più volle loro cresce vicino: e questo, siccome è ben noto, è veneGco, e perciò da evi- tarsi, se fia possibile- La valeriana è un medicamento di cui gli antichi medici ne facevano grande uso, come appare dalla seguente storia del dottore Carrara: " Aulico è ceitamenle 1' uso medico della valeriana, e credesi che non fosse ignoto ai primi padri dell' arte salutare. 11 primo a descriverla si hi Diosco- ride, e trovasi contrassegnata col nome di phii. Dioscoride parlò della phih subito dopo il nardo, perchè scorgeva in essa, come dice il Falloppio nella sua materia medica, tutte le condizioni dell'aroma. Sotto il nome ;)/;jt è opinione che se ne servisse Areteo. Plinio chiamollo silvesfrìs nardiis, ed annovera la pilli fra le varie specie di nardo; ne descrisse varie specie, e disse essere un principale ingrediente ilegli unguenti. Celso pure la propose come i^sciogliente diuretica e suppurativa. Congetturò Galeno che dovesse probabilmente conve- nire pei mali di fegato e di stomaco tanto per uso esterno che interno , e inoltre lasciò scritto: Vrhiam c'iet, morsiis stomachi sanat, in ventre oc intestinis consistentes fliixioncs desiccat, etc. (de sìrnpl. medie, facult. Uh.); e altrove la celebra da unirsi agli antidoli. Maggior numero ancora- di mediche proprietà le attribuirono gli Arabi , eil .4vicenna disse essere aperiliva e risolvente , atta ad impedire i reumi ; e confortalrice del cervello e del cuore, e pettorale; mondare i polmoni dal catarro , sciogliere le ostru- zioni dello stomaco, della milza e del fegato, e guarire l'itterizia, giovare nelle aposteme dell'attiro, e mitigarne gli eccessivi flussi di sangue, e alle- 2ÓÌ vi.'ire i dolori dei reni , e quel die è più miraliile, facit nasci pilos iii pdl- pebris. Credeviitio i Saraceni quest'ultima folai" Si , come i moderni Europei allre non dissimili. Un certo dottore Angelo Bolognini, in un suo libro me- dico chirurgico, copiando quasi per intiero Dioscoride ed Avicenna aggiunse, che questa radice, somministrata in certe da lui descritte (ormole , mitiga il dolor del lato nella pleurisia, e provoca i mestrui ; ina non pervenne alla sua massima celebrità, se non quando il botanico Fabio Colonna pubblicò quanto segue : Practer has vires plantae hiiic tributas addo et liane pro- pn'efatein jamditi in midtis atqiie in memetipso expertam , ut pulveris radicìs plantae hiijns spiintae ortae, extirpatae , àntequam caidem edat, cocìearli diniidium ciini vino, aqiia, lacte, aut alio quovis decenti succo, et aegroti cnmnmditate et aetate semel sumptuni aut bis epilepsia cor- reptos liberet Hanc exhibendani pueris , et praesertim iufantibus , qui hoc morbo facile laborant , quibus lacte propinandam puberem jussi , amicis dono dedi, qui deinde divino prius mimine fautore glorificato, pulvere huj'us plantae illis restitutani sanitatem affirmarent. Hoc et aliis adidtis nonnulUs w Sulla fede adunque, al dire di Saugiorgio , di quest' au- tore altronde gravissimo, l'uso di questa radice nel morbo coraiiiale si estese per tutta T Europa , e dura ancora a' giorni nostri", quantunque Jano Fianco, nel commento al capitolo della valeriana del Colonna, sembrasse aver molto iliminuito il pregio di quell'autore, dicendo: Caeterum non omnino hanc ìierbani tantum epilepsia convaluisse Fabium nostrum arbitror, sed va- riatione simul aetatis, et locorum caeterarumque rerum quas memorat Ilippocrates in aphorismis suis: aggiungendo esser Fabio probabilmente ricaduto nell' epilessia , poiché negli ultimi anni suoi era divenuto del lutto lituo, circostanza pur anco rimarcata nella sua vita. Coututtociò non venne diminuito il pregio della valeriana come antiepilettica, essendone dopo stala lodata da Lazzaro Riverio; e Domenico Panaroli uè istituì diverse esperienze con felice successo. Ma passando io sotto silenzio molti altri, osservo che il celebre Tissol, dopo aver citate le osservaiioni degli antichi, del Colonna, del Lentilio , del Marchant , del Chomel , del Silvio, del Tournefort , del- l' Mailer , dello Scopoli , del De Haen , dell' Hill , e di alcuni altri autori, conchiuse, che oltre l' esser giovevole ne' mali accompagnati da convulsioni, nella passione isterica, e negli insulti asmatici , " era persuaso che quando essa non guarisce V epilessia , ciò avvenga perchè il male è incurabile, e per- chè il vizio de' nervi nella loro origine è più forte de' rimedii «. Nell'erbario nuovo di Castore Duranti trovansi annoverate altre mediche virtù di questo vegetale, come a dire, conferisce ai morsi degli animali velenosi e a pre- servarsi dalla pestilenza^ caccia le ventosità , giova per le ferite delle in- teriora, ed esternamente usata, mitiga i dolori e le punture del capo, ed il suo vapore è giovevole pei tumori freddi dei testicoli. Lieuteaud , Murray , GeoCfioy, Spielmanu, Lemery, ed altri si ricopiano sulle traccie degli antichi, attribuendole alla cieca il più gran numero di proprietà medicinali. Lo slesso giudizioso CuUeu dice di essa radice: 'ili suo potere antispasmodico in gene- rale è mollo bene stabilito , ed io mi rimetto ai molli rapporti che si sono falli della sua efficacia mi sembra che in tulli i casi si dovrebbe darla ip dosi mnpgiori di quella in cui viene coraunemeute apprestai,!. In questo oiodu 10 r ho trovala (Vequeutenienie utile nell'epilessia, neirisleiia ed in altre spasniodiclie afFezioni. Essa mi sembra riuscir utile, ((uando venga sommini- strala io sostanza ; né io mai ho osservato mollo vantaggio della sua infusione neir acqua, sebbene V adoprassi in dosi grandi. " " Il celebre professore Carminali lasciò scritto : F^aleriana one (Apparatns medicaminium J la polvere della radice di valeriana in sostituzione della peruviana corteccia per tulli i malori pei qiiali ciuesta è indicata, e specialmente per le inteimillenli mede- sime, come si può vedere nell'opera citala. Dal maggior numero poi de' se- guaci delle moderne mediche teorie, si crede stimolante; ma il chiarissimo professor Siro Borda (uno dei più benemeriti cultori dell'arte salutare d'Italia, di cui serberò indelebile rimembranza, essendo egli stato uno Ira i primi miei precettori di pratica medica nell' Insubre Atene) ha provato colle sue accurate osservazioni essere controsliniolante, siccome lasciò anche scritto uell'applau- dilissima sua operetta sulla topografìa medica Pavese. Il chiarissimo dottore Pozzi scrive a questo proposito: f^aleriana eccitante permanente, e, se- condo alcuni, deprimente permanente. Opera principalmente sui nervi ' e pare abbia un piccolo che di narcotico; nell'epilessia, nelle febbri, nel- l'emicrania con intermittenza nelle affezioni spasmodiche, nei vermi. " Finalmente il Bertrandi, e gl'illuslri suoi cunìuieiilalori commendarono la valeriana in varie malattie d'occhi. Mudge ne ha sj)erimentalo l'etlicacia nella catalessi, ed il celebre mio maestro, professor Antonio Scarpa, la prescrive unita a varie altie sostanze nella cura dell' amaurosi. tt Riassumendo tulle le virtù dagli aulichi e dai moderni scrittori alla vale- riana attribuite, si dovrebbe conchiudere, che giova per ogni sorla di dolore di capo, ed in ispecie pei' l'emicrania, pei dolori d'orecchi e d'occhi, per la debolezza della vista , per 1' amaurosi , per la catalessi e simili j la crescere i jieli delle palpebre; che è utile nell' apoplessia , nelle paralisi ; guarisce l'e- pilessia, l'isterismo , 1' ipfiocoiidriasi ; conlorla lo stomaco , e ne calma il bru- ciore ; allevia le lualallie del legalo e della milza, di;l cuore , dei polaioui e dei l)ronclii ; f;tcilil;i 1' espsltoraiione ; calm;i i «lulori dell;i [ileiira sì fissi che ^a"lii' è biiuDa perla golta e per la sciatica; l'eprime le infianimazioiii degli inleslini , olvere alla dose di u\fi:tu danaro sino a mezza dramma per più \olle al giorno, sola o condiiuata con altre ^08 sostanze merlicaraentose, nervine, ecci!ì dell' Oriente. Le radici di questa specie di valeriana si distingnouo da quelle delia \ale- liaiia silvestre, sii fierchè presentano delle squanielle die (:o|-,iono le imtiie- rose barbe di esse, sia perchè hanno un colore più oscuro e sono coruiMle nella sommila da iiu giro di toglie, sia in ultimo percliè hanno uu safiore ed, odore più intenso. L'uso medico del nardo celtico , cotanto celebralo daj;li autori antichi ili materie mediche, può dirsi del tuito negligeiilato ; se questa radice si con- serva nelle officine farmaceutiche, ejjli è solo perchè costituisce uno dejL'li ingredienti della rinomatissima teriaca e di ipiaiche rdtro antico elelluario. Nondimeno le virtù medicinali della iiidicalji radice (lossono ritenersi come analoghe a quelle della valeriana selvatica. Presso i Turchi è tenuto in gran pregio il nardo celtico per aromatizzare i bagni; e molti pop.oli deirAfTiica ne formano unguenti per ispalmare la cute, profumarla, e ridonare, come es^i credono, la vigoria e la tonicità alle varie membra del corpo. Non taceremo finalmente che il nardo iiidico o spico nardo succitato, an/.i che essere la radice della valeriana jatamansi, prt'teuiloiio la maggior parie degli autori che sia prodotta da una graminacea molto abbondante nelle Iiidie, conosciuta dai botanici sotto il nome di Andropognn nardns. Il nardo indico quale trovasi iu commercio presenta un caudice sovente diviso in tre 0 quat- tro parti unite insieme, guernile di fibre brune diritte, che sono i Nesligi delle foglie radicali. -^^^l^^^8^ SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Slelo della valoriaiid celliia. z.Kadice. S13 FAMIGLIA 50^'^ CAMPANULACEE. bassi tal nome ad una famiglia di piante dicotiledoni hionopetale, che hanno per carattere un calice infero col lembo diviso; una corolla per lo più regolare, divisa anche essa nel lembo , inserita n?lla sommità del calice , e che di soventi marcisce : cinque stami ordinariamente inserti alquanto al di sotto della corolla, quasi sempre alterni ed in numero eguale alle divisioni della corolla: i loro fdamenli sono spesse volte allargali , squamiformi , conniventi attorno lo sfilo : le antere distinte e qualche volta riunite: Tovario è semplice, infe- riore al calice in tutta la sua estensione , e qualche fiata soltanto nella sua parte inferiore ; quesl' ovario è glanduloso alla sua estremità, porta un solo stilo munito di uno stimma semplice , ovvero diviso. Per pericarpio hanno una corolla » la quale mollo spesso è triloculare , qualche volta divisa in due , cinque o sei loggie , quasi sempre polisperme. I semi stanno attaccati ali" angolo interno delle loggie : hanno un pe- risperma carnoso ; l'embrione diritto, ^coi cotiledoni semi-cilin- drici a radichetta inferiore. Le piante appartenenti a questa famiglia sono generalmente erbacee, vivaci nelle loro radici , rare volle frutliscenli o suf- fruticose, e contengono un sugo lalleo. 1 loro fusti cilindrict 214 e ramosi portano delle foglie semplici; d'ordinario alterne, rare volte sinuose ; ma più spesso esse lernìinano con dei denti. Adanson però ha osservato, che queste foglie terminano con un piccolo tubercolo biancastro. I fiori di queste piante sono distinti e molto di rado aggregali in un calice comune, e prendono diverse disposizioni. Ventenat ha formato di questa famiglia, che è la quarta della nona classe del suo Tableau du Régne vegetai, dieci generi sotto due divisioni. 4 " Le campanulacee a fiori colle antere distinte : Michùu- xia , Canarina , Campanula , Trachelium , Roella , Phyteuma , Scaevoh, Goodenia. 2° Le campanulacee coi fiori ad antere riunite, Lobel- lia, Iasione {Noiweau Dici. dllisL nat., t. iv, pag. 177). Alcuni botanici però levarono da questa famiglia il genere Lobelia, e ne composero un ordine distinto sotto il nome di Lobeliacee. VA >y ^a ^^u m ?J5 CAMPANULA MEDIA. k:.piiiiciiliis excubeiiliis, B:uih. |>iti. 92. — Rapiioculus viilgaiis , Mallh. Carii- ji.iiiiila lajiiiiicuiuiiles. Limi. PeiiIuiJria iiuiiogiuia. — JuiS- Caiupaiiulacee, ISmìuI- Milane, Tlaut. Je la Frauce, l. 1. Questa pianta è comiinissima nei nostri campi non coltivati, nei colli, nei boscbi, frammezzo alle siepi e simili; coltivasi anche nei giardini. La sua radice è bienne , perpendicolare , bianchissima. Il suo stelo è cilindrico quasi liscio, un po' ramoso, alto due o tre piedi , e munito di foglie lanceolate cordiformi , portate da picciuoli corti e spesso sessili; le radicali stese sul suolo , allungate , un poco sinuose e vellutate ; le superiori ristrette , lanceolate , sessili , liscie , un poco discoste le une dalle altre. I fiori , situali in una specie di panicolo o spiga eretta alla parte superiore dello stelo , sono d' un colore turchino rossastro. Essi presentano un calice aderente al- l'ovario per la base, ed a cinque divisioni, spesso rove- sciate in fuori; una corolla monopetala campanulata e di- visa al suo lembo in cinque parli vellose ai loro margini: cinque stami coi filamenti larghi , ma uniti alla base ; un ovario aderente, con uno stilo sormontato da uno stimma trifide. Il frutto e una capsula turbinata, divisa internamente in tre loggie polisperme. — Fiorisce nei mesi di luglio e d'agosto La campanula raponcoloide chiamasi dai Francesi Campanule raipuncée; dagli Inglesi The netlle leaud beli jlower ; dai Tede- schi Die rapunz elarlige (jlokcnblume. La campanula media ( Campanula madia, Linn. ) è altra spe- cie di campanula che ha molta somiglianza colla descritta. I suoi fiori però trovansi sempre voltali all' in su, e sono d'uu colore! porporeo violetto. 216 La campanula trachelììo [Campanula t'raclielmm , Linn.) è pure una specie che altre volte usavasi in medicma come astringente, vulneraria, ed in ispecie contro le infiammazioni della gola. Ora non è più in uso. Questa pianla oon serve in meilicina, collivasi orJinariamenle negli orli per la sua radice, cbe in primavera è tenera, piccola e buona a mangiarsi in insalata. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA j. Stelo delia campmula media, 2. Calice, stami e pislillu. 3. Capsula lagUaSa longiludinalmenle. Capsula tagliata Irasversaimeate. '^iSJ^^ 2f1 L0BI':L1A AMISIFILITICA. Riipiinlium aniericmuiii , Toiirn., class. 3. sect. 2, gen. 2 — Ijobelia syplii- lilic.i, Limi. SinjjPiiisia iiioiiuijarnia. — Jiiss., class. 9, ord. 4 Campaimlacee. — Poiiet, Fior. meJ. t. 4, lab. 222- — Ridi., Boi. cneJ., (. 1, pa-. 340. É la lobelia antisifililica una pianta vivace, originaria del- l'America settentrionale, ma che coltivasi nei giardini d'Europa. La sua radice è fibrosa, d'un colore bianco gialliccio, del diametro ordinariamente di una linea e della lunghezza di due a tre piedi. Il suo stelo, che risulta diritto e semplice, può giungere air altezza di un piede e mezzo fin ai due piedi. Le sue foglie sono alterne, sessili, ravvicinate, lanceolate, sinuose e dentellate sui margini, leggermente pubescenti. I fiori, il cui colore e di un azzurro violetto, formano una lunga spica alle sommità del fusto. Essi presentano un calice ispido, angoloso, a cinque di- visioni akpianto ineguali : una corolla monopetala irregolare col tubo fesso sino alla base, col lembo a due labbra, a cinque lobi; due superiori, tre inferiori più grandi; cinque stami riuniti pei loro filamenti e per le loro antere : un ovario infero, uno stilo collo stimma ispido e bilobato. Il frutto è una capsula globosa, coronata dal lembo del calice a due valve ed a due loggie polispermi. Questa pianta chiamasi dai Francesi Lohélie sipìtyliticjiue, car- dinale hleue; dai Tedeschi Blaue hardinalshlume ; dagli Inglesi Blue cardinal' s flower; dagli Olandesi PokMge lobelia; dai Da- nesi Kopper-Lobellie. La lobelia sifililica è laUiginosa al pari del maggior numero delle allre piante apparlenenli alla famiglia ilelle campaniilacee; strofinata Ira le mani, spande odore alquanto \iroso. Gli abitanti del Canada adoprano da grai> 'eiupo la sua radice per guarire la sifilide; onde il suo nome di sifilitica; e questo medicameiilo, ili cui il segreto fu comperato e Ji\ulg:ilo in Einopa' vtTso il 1730, fu preflicato da Kalm e Linneo in Isvezia, ila Havermann in Alemanna e da Diipau in Francia. Ma soprallulto i medici americani accor- darono gran confidenza alle proprietà specifiche di questa radice. Siffalla radice, quale la si rinviene nel connnercio , è grossa quanto una penna da scrivere, o come il dito minimo, di colore grigio giallastro, con islrisc're longitudinali e trasversali, tanto ravvicinale, da compartirle un aspello squamoso, che alcuni autori paragonarono a quello della pelle della lucertola. Internamente i raggi midollari fendonsi di maniera, che essa sembra lormala di lamelle perpendicolari partenti dal centro verso la circonferenza. Il suo odore è leggermente aromatico ed il suo sapore alquanto acre e zuccheroso. DalTanalisi della radice in discorso di Boissel si ebbero i seguenti risuHali: 1. Materia grassa |>o osservare che una sifilitla andl(»gia sia solo [ler la pervinca maggioie nislica, vaio a ei quella cJie cresce in iLj)erta caintjaj,'na , e non già {ler la c((ltivala nei giardini. lni|»eioccliè è noto che la cuhivaiione (a il più delle volle cangiate di proprietà alia pianta coltivata. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Branco della pervinca maggiore. 2. Calice. .Corolta aperta, iu cui s'osserva i'iuseiiioue degli slafiii. 4. PiilìHo. 350 9^ • 225 PERVINCA MINORE, Clem.ilii Daf)IiQoiJ. 320. Questa piccola pianta fa rornamento dei boschi e dei luoghi montuosi ed ombreggiati di tutta l'Europa, ove fiorisce nel principio di primavera. Il bel colore de' suoi fiori e la preco- cità delia pervinca, di cui le fanciulle amano ornarsi, sono le qualità che la fecero dagli antichi riguardare come il simbolo della verginità. Al dire di Rauhin, in certe contrade dell' Etru- ria, usano di inghirlandare il capo delle vergini seppellendole, e praticasi di sospendere corone fatte di questa pianta alla porla delle case o delle ciltk, quando nelle cerimonie pubbli- che trattasi di ricevere qualche personaggio d'importanza. La sua radice rampante, fibrosa, manda varii fusti assai serraentosi, che prendono radici di distanza in distanza, guer- niti di foglie opposte portate su cortissimi pezioli , ovali , lan- ceolate, intierissime, coriacee e lucenti. I fiori sono solitarii nelle ascelle delle foglie , lungamente peduncolati e ordinaria- mente d'un bell'azzurro: il suo calice è diviso in cinque parti: la sua corolla tubolosa col lembo diviso in cinque lobi ottusa- mente tronchi, coli' orificio munito d'un margine sagliente: i suoi stami in numero di cinque, con filamenti larghi verso la loro sommità, portano antere ravvicinate non saglienli: lo stilo sostiene uno stimma composto di due parti , una superiore a mo'di testa, l'altra inferiore, colla forma d'uno scudo. Il frutto e un doppio follicolo allungato, brevissimo, contenente dei semi sprovveduti di piumella o pappo. Tom. IH lo m Coltivasi ne' nostri giardini una delle varietà a doppi fiori e di colori diversi: ve n'ha dei bianchi, dei porporini, di uri azzurro violaceo, de' scresciati di bianco o di giallo. Queste Varietà esigono poca cura per la loro coltivazione ; cresconcf facilmente in margotte , ed è frequentissimo vedere coprire il terreno colle loro foglie come d'un tappeto verde e lucente,- principalmente sotto gli alberi e nei luoghi esposti al nord. La pervinca maggiore, detta anche Vinca comune , Vinca per- vinca, Cenf occhio, chiamasi dai Francesi Pervenche, Violette des sorciers; dagli Spagnuoli Pervinca, Ilierba doncella ; dai Tedeschi Kleines sinngrunen, Jimgfernkrone ; dagli Inglesi Small, Periwin^ /;fe; dagli Olandesi Vinkoorde, maagdepalm; dai Danesi Sin- groen; dai Polacchi Barwinak. Le foglie della pervinca minore sono quasi spoglie «li ogni ofiore , rtia il loro sapore è amari^simo e mollo aslringeule: quest'ultimo sapore predomina anche quando le foglie sono disseccate: sembra esso dovuto a certa quantità di concino e d'acido gallico, tanto considerabile eziandio, da essere, giusta l'asserto di Decandolle , queste foglie adoperate con proGllo io alcune con- trade alla concia delle pelli. E la pianta in discorso nn medicamento tonico ed aslringetife, qualora sia' dato in piccola dose, ed altre voUfe aveva certa riputazione contro le emor-' ragie delle passive, vale a dire quelle non accompagnate da irritazione locale o generale. Nondimeno questo medicamento e oggidì in tal caso poco usato. Data la vinca in dose alquanto torte, opera come leggermente purgativa e diaforetica; e sotto questo aspello se ne fa in certa guisa un uso popolare, alloraquando dopo il parto, od al momento in cui vuoisi spoppare, proponesi ^tabilire certa derivazione al sangue che affluisce verso le mammelle per de- terminarvi la secrezione del lalle. Il decotto fatto con un'oncia di canna di Provenza e due dramme di foglie di vinca minore, forma uija lintUra assai di frequente usata. Per la slessa proprietà astringente, gli uni vantarono l'introduzione delle 5Ue foglie polverizzale, o solamente ruotolale nelle fos^e nasali per arrestare l'epistassi: altri attribuirono la slessa proprietà alla sua ilecozione presa pei* bocca, e la predicarono come validissimo farmaco (ler fermare il copioso flusso delle emorroidi è lo scolo soverchio dei mestrui. SitTatle proprietà però non sono tali da doverlesi prestar Gducia; imperoc-' elle s" osserva gioitiiiluiente che molle emorragif, in capo a qualche Ifmpui s'arrestano |ier le sole torze della natura : quindi non è iuori di pmposilo 227 altrihiiire l'arresto delle emorragie piuttosto alle forre della natura, che alla proprietà della pervinca in quei casi che venne prescritta. Questa pianta venne pure predicala utile contro gli scoli bianchi cronici, come le ernorr;if;ie, leucorree pri\e di dolore. Si fiuò usare anche la sua decoiione sotto torma di gargarismo. Le sue foglie, come amare e leggermente astiingfiili . sono iti molti luoghi adoprale in iniusione teiforme. Es'-e fanno parie delle erhe vulnerarie, che i ciarlatani ambulanti vendono al volgo sotto il nome di falltrank , come uno speciGco contro tutte le malattie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Viaca minore.*. Corolla. 3. Corolla aperta. 4. Stame ingrossalo. 5. Calice ed ovari» 6. Piilillo. 7. Frutto composto di foglie follicolari. 8. Seme. PERIPLOCA GRECA. ,.,vvifij"J'Aruv- Peiiploca greca, Linn. Pentandiia digiiiia. — Juss. , Apocinee. — Saiiil-HiJ. Plaut. de la Fiance, l. 3. Questa pianta, originaria della Siria e delle isole delia Grecia , è coltivata in molti giardini d' Europa. Il suo stelo s'eleva a trenta o quaranta piedi; esso è liscio, cilindrico, flessibile, e circonda ogni appoggio che incontra. I suoi rami, intralciati il più delle volte gli uni cogli altri, portano foglie opposte, picciuolate, ovali-lanceolate, intierissime sui margini, acute alla loro sommità , rotonde alla loro base e semi-lucenti nella superficie superiore. I fiori sono situati alle estremità dei rami in piccoli corimbi, di colore porporeo internamente e di un verde giallo alla sommila e quasi giallo al disotto: il calice è piccolo , persistente , diviso in cinque denti ovali-acuti : la corolla munita di certi peli è divisa in cinque lacinie alquanta carnose , allungale e lineari ; nel suo interno trovansi cinque filamenti stretti , della lunghezza dei petali , e curvi all' indentra verso la loro sommila: gli stami sono cortissimi e terminati da antere bilobate : Y ovario è composto di due parti , le cui som- mila allungate formano gli stili. A questi tengon dietro due ca- psule lunghe, cilindriche, curve, e unite alla loro sommità. Esse racchiudono semi piani, imbriccali , coronati da una lanu- gine di peli mozzi e d' un bel bianco. Questo arboscello è molto rustico , viene in tutti i terreni. Si moltiplica facilmente per margotte, e la flessibilità de'suoi ra- moscelli rendono questo mezzo molto facile. È bene sia posto al sole, perchè all'ombra non produce che pochi fiori. Fiorisce nel mese d" agosto. ^5, ry^t^^/iy-^^ /^/^ry/ 229 Quesla pianta chiamasi dai Francesi Périploce des jardins , e volgarmente Arbre de soie de Virgìme. Le foglie (li questa pianta sono pure amare ed astringenti, servono agli stessi usi che quelle delle sovra descritte apocinee. Esse sono però risguardale ftiuttosto come veleno onde uccidere i cani ed i lupi , che quale medicamento. V^J^^;^^^?SJSS« SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. stelo della periploca greca, i. Ciliee e pitlillo. 3, Pelalo distaccalo, muaito d'uà glameuto. 4- FeuUo- 230 CINANCO. Cy»;>nt;liiim raonspeliacum, Linn. Penlamlria icbe si disperdono in parte sotto la disec- caiione. Polla queilo nome, pt^rchè credevasi uno specilico contro i veleni. 0;igidi che non si conoscono più specifici nei senso ilegh antichi, la radice di cui si traila possiede solo propi ielà iiritaiili, capaci di provocare il vomito od e»acua' zioui alvine più o meuo ahbondanli. Gli abitanti di Liège prendono comunemente come leggiero vomitivo trenta o quaranta grani di loglie della pianta iu discorso, iiiiiiseiii un bicchi'^if >!'ai(iM.i. t-nine ratlcslano (vi^lo f Vill.i,i:-l. 236 Stabi, Diierr, Bergio, e molli altri pratici confermarono la proprietà idra- goga della asclepiade. " Alcuni autori, dice Gilbert, raccomandaDO l'uso di questa radice ; e la sua decoiione che noi abbiamo spesso prescritto ad alta dose, non produsse mai il benché minimo accidente; noi l'abbiamo trovato utile negli erpeti, nell'anasarca, nella clorosi e nella soppressione de' mestrui. Essa aumenta sensibilmente la secreiione delle orine: applicata esternamente deterge gli ulceri ed arresta il progresso del virus scrofoloso. Se l' essenza alessifarmaca e la polvere della squilla composta possedouo alcune virtù, esse la devono in parte alla radice del vincetossico , di cui è uno dei principali componenti- « Fenoglio pubblicò nel Journal de Pharmacie, 1825, un'analisi chimica della radice del vincetossico e rinvenne i seguenti componenti : 1. Materia vomitiva diversa dell'emetina. 2. Materia resinosa. 3. Mucilagine 4. Fecola. 5. Un olio grasso. 6. Un olio volatile. 7. Una gelatina analoga all'acido petico. 8. M.ilali di potassa e di calce. Come quasi tutte le apocinee, l' asclepiade è una pianta sospettosa e negli- gentata dal bestiame, ad eccezione delle capre che si pascolano della sommità de' suoi steli. I cavalli non ne mangiano se non affamali, e solo allorquando è presa dal gelo, che allora essa perde la maggior parte della sua acrimonia. Gli avvantaggi che questa pianticella offre all'economia rurale e domestica vennero segnalali da Sennini nel seguente modo: " Una coltura così facile e di così poco incomodo servirebbe a ferliliiiare terreni ingrati ed a procurare certi profitti. La lanugine selolo-.a aderente a mo' di piumelte ai semi del vin- cetossico bianco, è quanto mai alta non solo ad empiere i guanciali ed i ma- terassi, ma i suoi steli preparati alta guisa di quelli della canapa e del lino danno filo altrettanto buono. Esistono pochi vegetali che meno di esso siano delicati. I terreni pietrosi ed aridi, e le esposizioni le meno favorevoli con- vengono sempre per coltivare 1' asclepiade. Né questa sola si potrebbe coltivare per l'indicato uso economico; ma le molte altre specie di questo genere che furono vantate mollo per quantità non solo, ma per la finezza, l'elasticità, la mollezza del cotone setoloso che forniscono, come sono le sovra citate specie, cioè l'asclepiade fruticosa e quelle di Sìria , potrebbero esse benissimo sostituire il cotone. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Stelo (l'asclepiade. 2. Fiore intiero ingrossato. 3. Calice e pittillo. ij. Frullo o follicolo. 5. Grano isolalo. 6. Radica. "ìbh ^fèa^^'g^ ^y^-^^^^-^^ '^^^^^^;Ì^^^ 237 FAVA DI SANI ICNAZIO. Ignnlia amara. Lino., class. S, Pentamlrirt monojrinia. — Sirychnos , Juss. , class. 8, orti. 14, Apociuee. --Poirel, Fior, lued., t. 3, lab. 165. Un arbusto che nelle isole Filippine , sua patria , porta il nome di Igasur, somministra i semi detti nel commercio Noce pepita, Fava di Sant'Ignazio, denominazione che die- tro la riputazione, di cui godono nelle Indie, loro diedero i gesuiti spagnuoli, decorandoli così col nome del santo fon- datore del loro ordine. Andiamo doverosi al padre Camelli della loro conoscenza ed introduzione in Europa. Durante il suo soggiorno nelle Filippine, inviò egli a Rai, celebre botanico inglese dei mo- delli e mostre del vegetale, su cui raccolgonsi le fave di Sant'Ignazio; e nel 1699 ne fece Rai, insieme con Peti- ves, r argomento di una memoria, che inserì nelle transa- zioni filosofiche di Londra. Quindi Linneo il figlio descrisse nel suo supplimento \ arbusto in discorso col nome d' Ignatia amara, e lo collocò a lato del genere stryc/uws; ma gli au- tori moderni, ed in particolare Delamark, nel Dizionario botanico dell' Enciclopedia , ne fecero una specie di questo ultimo genere col nome di Sirychnos ignatia, e Jussieu e Decandolle lo risguardarono come atto a formare il tipo di una famiglia naturale distinta , sebbene mollo simile alle apo- cinee. I caratteri però che comporrebbero questo nuovo or- dine sono pur anco imperfettamente conosciuti. Ecco quelli posti da Delamark come caratteri essenziali. I suoi fiori offrono un calice a ciiKjue divisioni; una corolla tubolosa pure a cinque divisioni ; cinque stami ; una bacca unilocu- 238 lare coperta dì un inviluppo crostaceo o legnoso racchiudente più semi. La sln/chnos ignalin adunque, che è Tarbuslo producenle le fave di Sant'Ignazio, che trovansi in commercio, e che adopransi in medicina , presenta uno stelo legnoso , diviso in rami cilindrici ornati di foglie opposte quasi sessili, in- fiere, ovali, acuminate ed assai liscie. I suoi fiori sono bianchi, aggruppati allascella delle foglie superiori , e spar- gono odore piacevole, analogo a quello del gelsomino. Il loro calice è corto, campanulato, ed a cinque divisioni ot- tuse : la loro corolla è monopetala regolare , lunga e tubolosa ; parimenti a cinque divisioni. Ai fiori tengono dietro certi frutti ovali, lisci, grossi quanto un pugno; il loro pericarpio, duro e secco esternamente, contiene nel suo interno molti semi posti di mezzo a certa polpa carnosa, che riempie V interno del frutto. Varia mirabilmente la forma di codesti semi; essendoché ora è irregolarmente ovale, ora angolare; talvolta compressa. Diffe- risce per anco la loro grossezza da quella di un' avellanea fino all'altra di una piccola noce. La loro sostanza interna è dura, cornea , semi-trasparente , di colore brunastro : mancano di o- ilore , ma hanno sapore sommamente amaro. La fava di Sanf Ignazio, detta anche Noce pepita, chiamasi tlai Francesi Fève de Sttint-ìgnace ; dai Tedeschi Ignatimnbaum >' (dagl'Inglesi Jesuifs Dean; dagli Olandesi Sint Ignatius Boon. Il seme ili cai ci occupiamo è stalo introilotlo nella maleria medica europea ili seguito alle granili virtù ari esso attribuite dagriudiani, e più particolar- inciitc dagli abitanti delle isole Filippine. Questi popoli, al riferire di Ca- inellii», a cui, come dissimo, andiamo debitoii di questo farmaco, tengono in tallio conto le proprietà medicamentose della fava di Sant' Ignaiio , sino al ^Milito (li essere persuasi, cbe questa sia valevole a prevenire lo sviluppo delle •tnul.illie coiitajjiose , e conservare un perfetto stato di salute, portandola quale •aoiulelo attaccata al collo, ovvero alle vestimeula. 239 t^er ciò poi che rig'i.inl.i gli nsi meili<:i. jil' In(li;ini ritengono In fava di S.ml' l};iiaiio come mi Imori medicnnifiilo conlro il fjianchio delie tiieinbiH, Contro l'insolaiione e contro una specie di iieiindj^ia dii essi cliiamnta sotan. Inoltre credono che l'infusioue della l'ava di Sant'Ignazio nell'acqua fredda sia un antidoto universale verso ogni specie di >eleno; e nell'avvelenamento prodotto da morsicature di serpenti e di altri animali, aspergono la ferita Colla polvere dello slesso seme. Anche ili altre malattie usano gl'Indiani qiipsto farmaco, ed amministrano la sua infusione acquosa agl'individui ìrdermi per febbre accessionale, per dispessia , per dissenteria ed alle donne aflelte da malattie puerperali. In fine nelle Indie e nelle isole Filippine si costuma di formare con questa droga un'infusione oleosa, colla quale si ungono le ferite ad oggetto di condurle a pronta cicatrizzaiione , e si fanno fregaiioni sopra le esterne parti addolorale o [)rese da granchio La tanta fama di cui gode la fava di Sant'Ignazio negli anzidetti paesi è Btata in Europa divulgata sommamente non solo dai gesuiti , ma anche da varii medici e naturalisti viaggiatori, fra i quali, oltre il succitato Camellio e Rai, da Lsunerio, il quale ha tanto ilecanlalo questo rimedio ila «lucersi, se- condo lui, considerare quale universale panacea. Ad onta però del tanto credito, di cui questo farmaco gode nelle Indie, e ad onta delle tante cose scritte in favore suo dai sopiammenzionali medici, tuttavia poco numerosi sono i fatti che attestano in favore dell'ellicicia medi- camentosa di questo rinieilio, e poche sono le applicazioni mediche che di esso si fanno in Europei. E siccome l'azione sua che eseri:ila sul sistema ner- voso, azione altronde potentissima, proviene dalla stricnina, che è il prin- cipio attivo di siffatta sostanza , come lo provano le molte sperienze praticale in questi ultimi tempi, suolsi piuttosto questa prescrivere, op[ture la noce vomica, dotala d'analoga azione, come vedremo in seguilo. Pellelier e Caventou analizzarono la fava di Sant'Ignazio dopo d'averla raspata: 1. coli' etere che ne se[)arò certa materia grassa; 2. coli" alcool bol- Ifhle che estrasse cera ed una materi;i cristallina [larticolare ili grandissicna amarezza, fornita di evidentissime proprietà alcaline, capace di formare ?.ali , «ombinandoli cogli acidi, pochissimo solubile nell'acqua, datcliè gli abbiso- gnano per tal uopo 2oOO parti d'acqua bollente e 6666 parti d'acqua fredda. SilFalta sostanza Domossi stricnina, pel motivo che Pellelier e Caventou la rinvennero eziandio nella noce vomica e nel legno colubrino che apfiartengono pariint-nti al genere stricnos. Oltre la stricnina, vi si rinviene amido, gomma liessoriua ed un acido nuovo nomato igasitrico. Esiste la stricnina più abbondaiilemente nella fava di Sant'Ignazio che nella noce vomica, dappoiché un chilogramma della prima ne somministra do«lici grammi; mentre se ne ricavò soltanto quattro gramtui da un' eguale quantità di noce vomica. Quei pratici del passato secolo, i quali hanno profiltalo della fava di Sant' Ignaiio nella pratica medica, hanno amministralo questo nìedi"nlo »« 4>oUetes alia ibue di due grani per Ire o quattro volle al gnu no, quantità 240 gradatamente aumentabile sino a grani dodici. Altri clinici l'usarono pure in infiiiione acquea, la quale si prepara con dieci grani di polvere digerita in tre oncie d'acqua distillala, e tillrato il liquore, somminiilrasl agli inferrai epicraticamente nel corso di veuliquatlr'ore. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i.Br»oco della strychnos ignalia, i.Frutto inliere ridoltoalla metà di sua grandezza n»turalr. 3. Frullo tagliato orirxoutalmeDte. 4. Grano della gros»e«zd nalurale. 5. Lo tletio tagliato uella sua luDgbezxa. 6. Embrione itwialo. "^"i^^ >C' yy/i^^^^^-' NOCE VOMICA. JJiix ?omica officitiarum, Bauh. pio., lib. 12, secl. 6. — StryciiDos mix vo- mica, Lini). Penlandiia monoijiiiia. — Juss., class. 8, ord. 14 Apocinee. — Poiret, Fior, raed., t. 5, lab. 249. La noce vomica così chiamata in commercio, appunto perchè provoca il vomito, ma che per la sua forma potrebbesi paragonare ad una fava anziché ad una noce, è il frutto d'alberi che crescono in abbondanza nell' India , nel Malabar, nel Mada- gascar, nella Cocincina, o, come pretendono non pochi, nell'Egitto. E quantunque essa fosse conosciutissima nel com- mercio, luttavolta non si sapeva a qual genere di piante appar- tenesse. Sappiamo di fatto da Bauhino , che egli, per indagini che abbia fatto , non potè mai venire in cognizione dell' albero che produceva la noce vomica; fintantoché il Rheede, di ri- torno dagli intrapresi suoi viaggi dall' India, descrisse e disegnò nel suo Ilortus Mdaharicus , voi. 1, pag. 67, t. 32, l'albero a cui essa appartiene, sotto il nome di Canirum, datogli dagli abitanti del Malabar. A Linneo però non piacque cotesto nome , e condotto forse da non poche somiglianze, che vi hanno tra questa pianta e le solanacee, usando una parola greca, che Teofrasto e Dioscoride imposero a quell'erbacea pianta detta Solanum in latino, chiamò r albero che produce la noce vomica Strijchnos canirum , o Slrychnos mix vomica. Quest'albero è d'una grossezza mediocre, le sue radici ed il legno d' un' amarezza somma. I suoi rami si dividono e si sud- dividono in rami opposti , glabri, cilindrici, d'un colore cine- Tom. III. '10 242 reo. Le foglie sono mediocremenle picciuolate, opposte, glabre, coriacee, ovali, intiere, poco acute, e dotate di tre o cinque nervi. I suoi fiori sono disposti verso l'estremità dei rami in piccoli corimbi corti , pubescenti ; il loro calice è a cinque denti acuti: la corolla piccola, biancastra; le divisioni del lembo acute , rovesciate , più corte del tubo ; gli stami sono in numero di cinque. I frutti conosciuti eziandio col nome di Vomicaio^ di Fungo di Levante^ sono grossi quanto una me- larancia, e contengono, in una polpa carnosa, numerosi semi orbicolari , depressi , alquanto convessi da un lato, leggermente concavi dall'altro, attaccati per mezzo della loro faccia concava. Siffatti semi, larghi sei in otto linee, e grossi circa due in tre, sono coperti di una pelliccila grigiastra, liscia e quasi setacea. Sotto tale pelliccila rinviensi una mandorla dura e quasi cornea , di colore bianco sbiadato, talvolta presso che nera, e composta d'un endosperma contenente certo piccolo embrione dicotile- done. In medicina s' usano appunto siffatti semi. Vuoisi però por mente, che le noci vomiche, le quali si tro- vano nelle nostre officine, tutte non sono prodotte dall'albero Strychnos mx vomica, poiché molte ve ne hanno, le quali vengono dall' albero Modira canirum chiamato dal sovra detto Rheede, Canirum &à[ Crochet, e Slrychnos colubrina da Linneo. La noce vomica , detta anche Vomiciaio , Fiingo di Levante, chiamasi dai Francesi Noix vomique; dagli Spagnuoli Mataperros; dai Portoghesi Noz vomica; dai Tedeschi Kraehenaugen , Bre- chwss; dagli Inglesi Poison-nut; dagli Olandesi Braak noolen; dai Danesi Broaeknoedd; dagli Svezzesi Bafkaka; dagli Arabi Leiiz-alke. Secondo molti autori, furono i medici arabi che ci diedero a conoscere le proprietà deleterie della noce vomica. Si prelese molto tempo, che esse fos- sero veueGche soltanto per gli animali e non per l'uomo. 11 celebre botanico sviuero Giovanni Racchiuo fu il primo che s'ingegnò, mediante diretti ci- 243 «n«iti di conoscere la natura Ji tale veleno. Vide egli cfie eli animali asso»- gettati alia sua influenza perivano presto per fortissime convulsioni tetaniche. Siflalti cimenti furono poscia ripetuti da Gaertaner ed alcuni altri medici tedeschi che raffermarono il modo di agire di questa sostanza sopra l'economia animale. Non avevasi peranco seriamente tentato di applicare la noce vomica al trattamento delle umane infermità, allorquando Magendie e Dalile, in una memoria sugli effetti deW Upas tietatits , veleno potentissimo prodotto da una specie di stricbuos, richiamarono di nuovo P attenzione dei pratici sopra la noce vomica , dimostrando con molte esperienze operare amhedue siffatta sostanze, in pari modo producendo forti scosse nei muscoli del movimento volontario. Ma quantunque dalla più remota età fosse conosciuta la noce vomica , e dovesse per conseguenza farsi soggetto di analisi chimiche, tuttavolta prima di Neumann , il quale scrisse ottenersi da cotesta sostanza un estrallo acquoso e resinoso, appena nei libri medici troviamo fatta menzione dei principii, che nella noce vomica si contengono. Ritrovò nella noce vomica Scadérne dello zolfo, « Murray insegnava essere composta d' una grande quantità di principio gom- moso ed estratto amaro con una piccola quantità di resina amarissima. Ricavò Loss, oltre a questi principii, un olio di un color nero giallognolo. Junghanss pretendeva che lo spirito di vino alcoolizzato era rollimo mestruo per astrane i principii della noce vomica. Nei tempi più a noi vicini , dopo i progressi della chimica, assoggettò Bra- conot ad una severa analisi la noce vomica, e con ripetuti esperimenti potè ricavare che questa, contiene: 1. Una materia cornea vegetabile. 2. Una materia animale di ben poco saporft. 3. Una materia animale amarissima. 4. Un olio verdognolo butirriforme. 8. Fecola amilacea. 6. Fosfato di calce. 7. Un acido vegetabile combinato colla potassa. 8. Della silice. 9. Del fosfato e dal mudato di potassa. Sospettò però Chevreul della poca esaltezza della surriferita analisi , e dietro pure i progressi che aveva fatto la chimica , ne tentò una nel l8lO , dalla quale apprese essere questa sostania composta: 1. Di malato acido di calce. 2. Di una sostanza gommosa. 3. Di materia colorante. 4. Di sostanza amilacea. 8. Di principii salini, alcalini e terrosi. 6. Di una sostanza legnosa. 7. Di una piccola quantità di cera. Ma Decandolle avendo insegnalo che ad un solo principio si dovevano rapportare le salutari e le velenose doti di cui abbondano le stricnine, Pelletier • Gaventou ti persuasero, che siccome si scoperse in bea molte loslanie v«- 21 i getitbili, anche nsll.i noce vomica si conlenesse quel priiici('iii a cui essa va debitrice di sua veuefica e medicamentosa aiioue: ed in tal modo, j)ei- mt-zio di ripetuti esperimeuti e pazientissime osservazioni , diuostrarono couleiieie la noce Tomica: 1. Dna materia colorante gialla. 2. Dell'olio concreto. 3. Gomma. 4. Bassorina. a. Una sostanza amilacea. 6. Un po' di cera. 7. Un principio alcalino. E questo principio alcalino, rinvenuto non solo nella noce vomica, ma anche nella lava di sant'Ignazio, nelT upas lieutato, che chiamossi dapprima vaiiquelìria, e quindi stricnina, non trovasi nella noce vomica libera j tua bensì unita M'addo igasiirico. Si sa inoltre, per recentissime analisi fatte da illustri chimici, che la noce vomica, oltre i mentovali principii , contiene della fibrina vegetabile, ed il sopra igasurato di brucina e stricnina, come confermò Desmarest, e jier ul- timo del ferro, come confermano le esperienze del Gastaldi, eccitato ad ana- lizzare la noce vomica dall'egregio Beraudi, che, come avremo occasione di osservare in seguito, diede sulla noce vomica un'esimia memoria. L'acido igasurico, detto anche stricnino, è composto di ossigeno, idrogeno e carbonio, scoperto nel I8l8 da Pelletier e Caveutou nella noce vomica e nella fava di S. Ignazio, ove essi credono che esista combinato colla stricnina e colla brucina. E desso bianco, sotto forma di pìccoli aghi leggerissimi, so- lubili nell'acqua e nell'alcoole; cogli alcali minerali forma alcuni sali solubili. Lo stricnato di ammoniaca , che è egualmente solubile , produce un bel color verde smeraldo, sempre che lo si mescoli al solfalo di rame sciolto, e si de- pone un precipitato granelloso cristallino: esso non ha usi, e forma parte degli estratti alcoolici della noce vomica e della fava di S. Ignazio. La stricnina poi è bianca , trasparente allorquando essa potè cristallizzare lentamente ; in generale i cristalli sono pìccolissimi , sembrano essere prismi tetraedri terminati da piramidi a quattro facce abbassate. La stricnina non ha odore, ma il suo sapore è sommamente amaro; puossi anzi assicurare che niuna altra sostanza in tale qualità l'avvicina; dappoiché quell'acqua, la quale ne contenga riesce sensibilmente amara. " o o o o e o Sotto ai 500 gradi del termometro centigrado essa non comporta verutìa azione dal lato del calore, e rimane senza fondersi , e senza volatilizzarsi ; ad una temperatura maggiore si scompone, si gonfia e somministra ì prodotti proprii delle sostanze vegetabili azotate, che si depongono col fuoco. E la stricnina pochissimo solubile nell'acqua, occorrendone 6000 parli di acqua tiepida e 2500 dì bollente par isteraperarla ; si unisce agli acidi , e può formare, col maggior numero di essi, alcuni sali neutri diversamente solubili e cristallizzabili. Il solfalo neutro di stricnina cristallizza in cubi, e riesce soluJiile in circa 10 parli d'acqua; un eccesso di acido la rende poco solubile e capace di cristallizzare in aghi. 245 Anche il uitrato di stricnina cristallizza in aghi, i quali sono appianati, divergenti ed osseivahili per la loro lucentezza periata. Unendo l'acido solforico e l'acido nitrico alla stricnina, bisogna allunfrare questi acidi coli' acqua e saturarli prima di procedere all'evaporazione, impe- rocché, quando sono concentrati, esercitano sopra questa sostanza un'azione elementare che induce cert' alterazione nella sua natura. Se la stricnina con- tiene brucina, per quanto poca sia la sua quantità, diviene rossa coli' azione dell'acido nitrico concentrato. E la stricnina poco solubile nell' alcoole, specialmente a caldo, e cristallizza col freddamento. Violentissima si mostra l'azione dèlia stricnina e de' suoi preparati sopra la eco- nomia animale; dopo l'acido idrocianico, anidro ed alcuni virus animali, la cui natura non è per anco bene conosciuta , costituisce essa il più terribile veleno. I suoi effetti sono quegli stessi prodotti dall'estratto alcoolico di noce vomica con un grado di forza assai maggiore ; solo vi si avvicina l'upas lieu- tato in quanto che questo è di essa quasi intieramente composto ; basta un quarto di grano di stricnina per far perire un cane di grossa taglia con at- tacchi violenti di tetano ; sarebbe pericoloso somministrarne un grano ad un uomo ; non di meno in caso di paralisi , e generalmente in tutti quelli nei quali possono convenire i preparati di noce vomica, usasi con vantaggio della stricnina, i cui effetti sono più costanti, e possono essere più facilmente va- lutati ; si graduano inoltre le quantità a frazioni di grano amministrandola sotto forma di pìllole con mollica di pane o qualche conserva. Le pillole in- dicale nel formolario di Magendie hanno per eccipiente la conserva di cinor- rodone, e contengono un dodicesimo di grano di stricnina. Per ottenere la stricnina bisogna dapprima preparare un estratto alcoolico colla fava di s. Ignazio o la noce vomica , sciogliere questo estratto in molla quantità di acqua fredda per separare la materia grassa, trattare la soluzione colla magnesia pura ed in eccesso ; la stricnina abbandona allora l'acido che la rendeva solubile se si precipita colla magnesia ; lavasi il precipitato magne- siaco coU'acqua fredda, lo si dissecca mediante la stufa od a bagno-maria, e lo si tratta a ^arie riprese coU'alcoole concentratissimo , il quale scioglie la stricnina che rimane nel bagno-maria ; ma per averla purissima convien farla disciogliere o cristallizzare due o tre volte nell'alcoole ; le acque madri alcoo- liche ritengono la brucina. Altri processi si proposero per ottenere la stricnina , ma al dire di Pellelier sembra preferibile quello già descritto. Si suggeriva puri6care la stricnina coll'uso degli acidi e particolarmente dell'acido nitrico : se ne formano altrettanti sali , i quali ollengonsi bianchis- simi mediante il carbone animale e le ripetute cristallizzazioni ; si scompon- gono allora questi sali coll'ammoniaca , ed ottiensi cosi la stricnina in polvere bianchissima ; ma siffatta stricnina, indicata col nome di stricnina per pre- cipitazione ritiene sempre molta brucina quando proviene dalla noce vomica, ed è allora men attiva della stricnina cristallizzata, la quale ne contiene sem- pre soltanto quantità piccolissima. L'analisi elemdilare isliluilane ila Dumas e da Pelletler fece conoscere che 246 la ttricuioa è furnaala dì ' ^ carbonio 72,23 azoto 8,92 idrogeno 6,54 ossigeno 6,38 94,06. Varii alili melodi s'adoprano poi onde otlenere il succitato principio inr*- medialo. Noi ci limiteremo a citare quelli del Ferrari e del Perelli. Ecco quello del dottore Ferrari : si fanno bollire per due ore Ire lib- bre di noce vomica contusa in trenta libbre di acqua resa acidula con sei oncie di acido muriatico ; indi si cola il liquido per una tela , o straccio di crini. Il residuo deve essere bollito tre altre volle in egual modo, ed in e- guali quantità di acqua e di acido. Ai decotti uniti insieme e rafifreddali si aggiunge poco a poco, e sempre mescolando, un grande eccesso di calce: dopo due o tre giorni di riposo si decanta il liquido , ed il residuo pastoso si pone a sgocciolare sopra un feltro, indi seccalo riducesi iu polvere. Il liquido decantato deve essere acidulato leggermente coiracido muriatico , ma abbiasi Tavvertenza di non eccedere mollo in questo , affinchè non intac- chi il recipiente, quando viene concentrato : si fa bollire finché sia ridotto a poche libbre; e dopo raCTreddato, vi si unisce un eccesso di calce iu polvere. Dopo alcuni giorni di riposo si decanta il liquido, e si pone a sgocciolare sopra un feltro, il residuo si fa seccare, indi ridotto in polvere si unisce al- l'altro già polverizzato In vece dell'acido muriatico ho adoprato con pari successo Vacido solforico, colla diCTerenza però, che sulle tre libbre di noce vomica prescritta bastano tre once di quest'acido in venti libbre di acqua, e la bollitura devesi conti- nuare un'ora soltanto. Dopo si concentra il liquido reso acidulo , fino alla consistenza di siroppo, agitandolo sulla fine, atteso il deposilo che si forma. Al liquore raffreddalo si aggiunge poco a poco un eccesso di calce in polvere J dopo breve tempo si unisce alla massa il precipitato già polverizzato, indi si fa seccare il lutto, e si riduce in polvere. Il precipitato di calce e stricnina ottenuto coU'uno o coU'altro dei due acidi suesposti, viene tratto in un recipiente a bagno-maria per due'o tre volle coll'alcoole a gr. 37, ossia fino a tanto ehe abbia estratto tutta la sostanza amara. Riunite le digestioni alcooliche, si distillano a baguo-maria finché esce spirito. Terminata l'operazione, rimane nel lambicco un liquido giallognolo, torbido, amarissimo ed alcalino, che si decanta per l'uso di cui si parlerà in seguito. Desso è la stricnina imbrattala di materia colorante oleosa, che raf- freddandosi si aggruma, imli attrae rumidità dell'aria. Se questa viene trattata coU'alcoole a gr. 22 e freddo, si ottiene la stricnina pura, come insegnano i suoi scopritori Pellelier e Caventou. Due sono i metodi messi in pratica dal Perelli, e sono i seguenti : Per ottenere la stricnina pura mi sono servito dell'estratto alcoulico della noce vomica, l'ho disciollo pell'acqua stillala, e dopo avere separato la ma- teria grassa col meiio di un filtro, ho fatto bollire la soluiioue acquusu colla 247 !Tia»neiia jnira. Il precipitato formato è stato separato dal liquido, quindi ia- xuiato con acqua, slillato e messo a disseccare. Così ridotto, è stalo infuso iieli'a'.coole bollente e sul medesimo sono state ripetute più volle le infusioni con altre quantità di questo liquido. Le infusioni alcoolìche riunite insieme sono slate poste a distillare a bagno-maria fino ad avere tre quarti dell'alcoole impiegato. Il residuo fu versalo iu un vaso di porcellana, e dalla sua lenta evaporaiione procurala col calore della stufa si è ottenuto la stricnina in fonna di piccoli cristalli granulati di color bianco. Il liquido, dal quale fu- rono separati qiiesli cristalli, messo a concentrare, La deposto altra stricnina, meno pura però della prima, perchè unita ad un poco di materia grassa, Onde privarla di questa sostanza estranea fu disciolta nell'acido idroclorico, e trattata eoi carbone animale. Volendo quindi separare l'aciflo idroclorico dalla medesima, ho aggiunto al liquido della magnesia pura, ed iu questo la stric- nina si è di nuovo precipitala. Per averla cristallizzata basta allora scioglierla iielTalcoole, dal quale si separa per meno della sua lenta e spontanea evapo- razione , come si è dello di sopra. Si può ancora .impiegare l'ammoniaca invece della magnesia, come ho fallo in altra circostanza , per precipitare la stricnina dalla sua soluzione murialicai si ha sotto Ibrma di una polvere bianca, purché sia slata prima depurala col carbone animale. Sembra dunque che si possa ottenere la stricnina con un metodo mollo più breve e più economico di quello pubblicato da Pelletier e Caventou : ma re- sta a determinarsi se le quantità di stricnina che si hanno con ambidue questi metodi sieno le medesime. ^Itro metodo. — Ho distillata la tintura alcoolica di noce vomica sino a ricuperare i Ire quarti dell'alcoole. Ho versalo in seguito un poco di acqua stillata del lambicco, ed ho proseguito la distillazione, onde avere tulio lo spirilo. Ho travasalo il residuo dentro la taiz» di porcellana, e dopo il raf- Ireddamento ho separato il liquido dalla materia grassa. Cotesto liquido Ungeva in rosso la carta tinta di tornasole. Ho saturalo col ; l'acqua di calce l'eccesso dell'acido; dopo di che si è segregala una nuova porzione di materia grassa. Privala sempre più di detta materia ho aggiunto altra quantità di acqua di calce sino al totale scomponimento dell'igasurato di stricnina. Debbo avvertire che non si ecceda nel versamento dell'acqua di calce poiché , q uando questa è iu eccesso , scioglie di bel nuovo il precipitato che si è formalo . Separalo pertanto il precipitalo e lavalo , l'ho disciollo nell'acido sollorico ; ho scolorato il liquido col carbone animale, e quindi precipitalo la stricnina per mezzo dell'ammoniaca, avendo presente la slessa cautela leste accennata relativa m ente alla calce: ho lavato in fine la materia deposta, e l'b "isseccala per conservarla agli usi. La stricnina così preparata è sotto l'aspetto di una polvere bianca. Quando voglia aversi cristallizzata, si scioglierà nell'alcoole, e mediante una lenta èva* porazione di questo si avrà configurala in piccoli cristalli. La brucina è bia nca , cristallizza regolarmente in prismi obliqui a base co- stituita da un parallelogramma ; ha l'aspetto della madreperla ; sapore ama- rissìmo, alquanto acre e stitìco : >ì scioglie in cinquecento parli di acqua 248 bollente, ed in ottocento cinquanta di acqua fredda ; è solubilissima nell'e!- cool : i cristalli si ottengono dopo averla stemprata in siflatlo liquido. Assojr- geltata atl'aiione del fuoco, si tonde ad una temperatura su[)eriore di poco a quella dell'acqua bollente, ad una tem[)Pralura più alta si decompone e som- ministra i produlli delle materie Tegelabili non azotate. Forma la bruciua cogli acidi parecchi sali neutri, diversi da quelli prodoUi dalla stricnina; per tal guisa il sollato cristallizza in aghi delicatissimi, che sembrano essere prismi a quattro f.icce, si rassomiglia pel proprio aspetto al sollato di morfina , ma il suo sapore è infiuilamente più amaro ; è composto di lOO parti di brucina e di 9,697 di acido solforico ; può unirsi con un eccesso di acido. L'idroclo- rato di bruciua cristallizza in prismi a quattro facce terminale da uca super- ficie alquanto inclinala, ed è formato di lOO parli di brucina e di 6,310 di acido idroclorico. Il nitrato di bruciua con cristallizza , il quale carattere distingue essenzialmente la brucina dalla stricnina, il cui nitrato neutro cri- stallizza per mirabile maniera : l'eccesso di acido nitrico determina nel uitralo di brucina un bel color rosso ; i corpi disossigenali distruggono il colore, il quale fenomeno accade colla morfina e la stricnina : un maggior eccesso di acido nitrico, od il calore fanno passare questi Ire nitrati al giallo. Se allora vi si versi del proto-idrocloralo di stagno , bassi colla morfina e la stricnina certo preparalo di colore bruno sucido, mentre che colla brucina si ottiene un colore violetto bellissimo ed assai intenso. Abbiamo riputato cosa giove- volissima Io insistere sopra di tale carattere, che può servire a distinguere la brucina dalla morfina e dalla stricnina anche iu isialo salino. Possedè la brucina un'azione gagliardissima sopra la economia animale ; opera essa alla maniera della falsa angostura, ma con assai maggiore energia; la sua azione per altro risulta meno attiva di quella della stricnina nella proporzione dell' 1 al lOO ; occorsero quattro grani di brucina per uccidere un coniglio, il quale non avrebbe resistito a mezzo grano di stricnina: avendo assunto un cane mollo robusto tre grani di brucina, patì violenti attacchi di telano, ma non ne soccombette; la brucina, o più tosto l'eslratlo alcoolico della corteccia dell'angoslura falsa, potrebbe forse sostituire nella terapeutica l'estratto di noce vomica; avrebbe essa al certo un'azione analoga, senza presentare l'inconveniente di cotanto grande attività. Per ottenere la brucina, secondo Pellelier , si prepara Testratto alcoolico di angostura falsa ; lo si stempra entro certa quantità di acqua freddissima ; la si filtra per separare la materia grossa : si precipita la materia colorante me- diante l'acetato di piombo, l'eccesso di piombo per mezzo dell'idrogeno sol- foralo , e da ultimo la brucina coU'aiulo di una base alcalina : qui pnossi adoprare con felice esito la magnesia. Il precipitalo magnesiaco lavalo legger- mente e disseccalo vien trattalo coH'alcool che stempra la brucina, la quale si ricava quindi coll'evaporazione, siccome la bruciua è alquanto solubile, così conviene lavare di troppo il precipitato magnesiaco. La brucina per simile guisa procuratasi è, a dir vero, colorila, ma puossi vederla bianca, conver- tendola in ossalalo che si lava coll'etere allungalo di alcool in parli eguali, L'ossalato liberato dalla materia colorante viene decomposto da uu poco di magnesia , e si olliene la brucina purissima e priva di colore. 249 Secondo l'analisi falla da Pellelier , la briioina e composla di Carbonio 73, 04 Aiolo 7, 22 Idrogeno 6, S2 Ossigeno 11, 22 Totale 100, 00 La biucina cri-.tal!izi;ita viene considerala quale idrato formato di Acqua 21, 65 Brucina lOO I medici antichi e del |)assalo secolo applicarono la noce vomica al Iralta- mento curativo di molte malattie varie per indole e per forma. Cosi per niello (iella noce vomica sanò Wiewey un'epilessia ad ogni rimedio relralta- ria. Faloppio e Gemerò ne usarono contro il tifo pestilenziale, e "W edelio, Buchnero ed HoIFman la impiegarono vantaggiosamente nel trattamento delle febbri iulermittenli. Schulu credette essere il farmaco in discorso un buoa antidolo contro l'idrofobia ed un valevole rimedio, onde vincere certe parti- colari verminazioni. Junghanss lodò eziandio la virtù antelmintica della noce vomica, non meno che la projìrielà febbrifuga j e Wontin trovolla utile in certe peculiari affezioni dolorose del tubo dirigente. Haegstron ebbe ad osservare i ituoni effetti di sì fatto rimedio nella cura ilelle dissenterie. Wiel dice d'aver amministrala la noce vomica contro lo scorbuto, l'erpete, gli ulceri, il reuma- tismo, l'artritide, Tiilrope; finalmente anche nelle malattie nervose si som- ministrò la noce vomica, come ipocondriasi, mania, isterismo e simili. Tutte le osservazioni però, osserva saggiamente il professore Bruschi , dei sopraccitati clinici , non sono a portata di dare al medico pratico adeguati precelli, inlorno a quei casi morbosi contro i quali impiegare si possa con certezza e fiducia la noce vomica : e tutti i tentativi falli nei passati secoli onde delerminare la rara efficacia medicamentosa di un tal larmaco, poco tornano a vantaggio dell'arte. Era mestieri determinare col mezzo di accu- rati sperimenti il modo di agire della noce vomica e del suo principio attivo stricnina nell'economia animale ed abbisognava valutare con esattezza lutti gli effetti di un si energico agente terapeutico prima di azzardarne la prescri- zione in questa, ovvero in quella malattia, non con altra guida, che quella fornita da osservazioni isolate, spesso dubbie ed inesatte. E ne aveva ben ragione Bruschi : imperocché, come già più volle abbiamo fatto osservare, la medicina, figlia dell'osservazione , non può appoggiarsi a questi soli falli: ma molti()licati questi si richiedono e corredati di quel giusto ragionare, che nella cura dei morbi deve condurre il pratico ; tanto più a ri- guardo dei rimedii,così delti eroici, quale è il farmaco in discorso, intorno a cui non sarà mai abba>lanza raccotnandalo quanto scrissero a questo proposito Fuuiiiier e Vaydi : Ce reinède dangtreux à manier peiit ètre la cause d'accidens (rn/> (jravcs dans dvs maini />cu cxercées, et n'offre point assei despoir de le voir devenir ìicioiqiie, pour (juoi noiis ne serions d'avis de 250 le réle'giier pai mi la fonìe de ceux quii est prudcnt d' ahandnnnef. Nel secolo attuale però che si è adempito allo scopo lodevole ed utilissimo alia pratica medica di rilrarne Taiione dei medicamenti eroici per via di ogni modo d'esperienza praticata sugli animali, e sull'uomo stesso iu condizione di salute; che accuratissimi esperimentatori si sono dati a questo genere di van- taggiose indagini; mentre hassi cosi arricchito la terapeutica di falli imporlan- lissinii, si è resa meno pericolosa l'amministrazione dei medesimi ; sebbene debba il pratico sempre andare guardingo neirammiuislrarli. E per rapporto al farmaco di cui ci occupiamo, non si avrebbe al certo su di esso alcun che di positivo, se Orfila , Segalas, Desporles, Magendie , Joquier, Franchini, Demaresl, Guevia, BrofTerio e molti allri non avessero con variatissiraì esperiineuli sottoposti diversi animali vivi all'azione della noce vomica e della stricnina, introducendola nel vivo organismo per deglutizione, per l'esterno assorbimento e per l'iujezione nel sistema venoso, che troppo lungo sarebbe qui descriverli. Dai mezzi però esperimeutati dei sopra citali autori, risulta, che l'introduzione della noce vomica, non meno che del suo estratto alcoolico, e della stricnina è susseguita da pronta alterazione di certe funzioni proprie del sistema nerveo, alterazione che si appalesa per un'accresciuta mobilità nervosa. Imperocché gli animali sottoposti all'esperimento vanno soggetti a violenti moti convulsivi tonici, a stiramenti spasmodici degli arti e scosse tetaniche, ed in ultimo sono sorpresi da tetano universale, che a sollecita morte li conduce. Volendosi inoltre dagli indicali medici rintracciare quale specie di organica alterazione del sistema nervoso induca la noce vomica nel corpo vivente in- trodotto, sono eglino pervenuti a verificare scru[>olosameute, che il materiale attivo della noce vomica dirige elettivamente l'azione sua sopra lo spinale midollo, di cui altera la organizzazione, sviluppandosi considerabile irritazione; ed il più delle volte un manifestissimo stato di flogosi. Quest'irritazione o flo- gosi del midollo spinale si propaga eziandio ai tronchi nervosi, che dal mi- dollo derivano e si rende causa dei fenomeni sopra menzionati e dell'acirre- sciuto nervoso eccitamento. Del pari il risultamento delle sperienze dimostra, che in ogni circostanza e sotto ogni modo di applicazione avviene, che il principio attivo della noce vomica flogosizza il midollo spinale e fa perire gli animali pel tetano. Una sola differenza si trova nel tempo che intercede fra l'applicazione della noce vomica e la consecutiva morte degli animali •' quando il veleno è introdotto per la via dello stomaco , i sintomi si svilup- pano con qualche lentezza e gli animali si mantengono in vita per un tempo più lungo di quello, che si osservi, allorché il veleno sia stato applicato sulle parti esterne del corpo ed affidatane all'assorbimento l' introiluzione : prontis- sima poi è la morte, se la soluzione dell'estratto alcoolico di noce vomica ov- vero di stricnina si è introdotta per iujezione; sembra inoltre che le esperienze intraprese sugli animali colla noce vomica dimostrino, che il principio attivo di questo seme s'introduca nel torrente sanguigno per la via dell'assorbimento venoso, anziché per la strada dei vasi linfatici: in ogni maniera la stricnina non isviliippa la sua azione medicamentosa e deleteria , se non quando essa sia investita dal sangue, in modo che tanto gli effetti medicinali, (pianto • 251 «iiiloroi mortiferi prodotti dalla stricnina, dod'soho da ripetersi tini suo uo:>- t.iiio sopra i filamenti Der?osi,ma sì bene dalla sua miscela col sangue. Fi* ii^ilmenle è da conoscersi, che la noce vomica, l'estratto alcoolico di essa e la stricnina, ad eccezione della flogosi spinale , non lasciano altre alterazioni sensibili sugli organi interni di quegli animali periti in t'orza della velenosità di queste sostanze e che non si ravvisa tampoco una forte alterazione orga- nica in quella parte in cui la noce vomica o i suoi preparati sono stali posti a contatto ( Bruschi, Materia medica ). Onde esperimenlare maggiormente l'azione della noce vomica, intraprese su d'esso il nostro Beraudi alcuni cimenti in compagnia di cerio dottore Comi- setti nel 1829, incominciando da mezzo grano di noce vomica nel primo esperimento e portando la dose sino a sei grani nel sesto. Inviliamo il lettore il leggere sì fatta memoria tutta degna d'attenzione, la quale però tralasciamo di qui rilerire (ove, onde non dilungarci tanto, ved. Diz, scienze mediche, T. XXI, pag. 166 al9ì). Ecco come esso conchiude a riguardo dell'azione dinamica del farmaco in discorso §§ per quanto s'appartiene all'azione dinamica della noce vomica in islalodi sanità, abbastanza, come ce lo dimostrarono la .sijffusione del volto, la lingua fatta rossigna dall'indigestione del farmaco, l'aumentarsi dei battili del polso, abbastanza, dico, ci pongono in grado di potere asserire, che la noce vomica in islalo di sanità mostrasi eccitante e perciò essa possiede un'azione stimolante, incitante le forze vitali §§ quindi piò Slitto §§ l'incitante azione di questo farmaco viene ancora più messa in chiaro dalla storia di quell'uomo afifello da paralisi delle estremità, la quale veniva sostenuta da ben marcala debolezza del midollo sj/inale, paralisi ad ogni ri- medio refrattaria e curata col mezzo dell'eslrallo alcoolico della noce vomica, il cui uso fu suggerito dal professore Canlù ( Rep. med. chir. di Torino I8l6, pag. S69 ecc.)- Determinata per mezzo di accurati esperimenti l'azione che la noce vomica esercita nel vivo organismo, e conosciutosi che il principio attivo di essa agi- sce elettivamente nello spinale midollo e nei nervi da questo provenienti , si è tosto pensato dai medici di approGltarsi dell'eslrallo alcoolico di noce vo- mica e della stricnina nella cura di quelle morbose affezioni delle parli anzidette. Siamo debitori a Jouquier delle prime mediche applicazioni del priucipio attivo della noce vomica nella cura della paralisi. Si è osservato , che assog- gettando i paralitici all'uso della stricnina, si sviluppa nelle membrane paraliz- zale di tratto in tratto delle scosse tetaniche nei muscoli ; si desia nelle partì slesse prurito : e spesso avviene che nelle medesime parti apparisca sudore , ed abbia luogo lo sviluppo di una particolare eruzione cutanea. Si è del pari osservato essere un buon indizio di guarigione della paralisi, allora quando in seguito all'interna amministrazione dei preparati di noce vomica , le scosse lelauiche si manifestano molto intense ed a brevi intervalli , e viceversa vi sé poca speranza che la paralisi si risolva , allorché nel membro paralizzato non ' sviluppano né tremori, né sudori. Si è infine osservato cbo regolando prudentemente l'amministrazione dell'estratlo alcoolico di noce vomica, o della stricnina, si ha dopo due o tre settimane un notabile miglioramento nella ma- atlia e soventi una compiuta guarigione della paralisi. 252 Nelle recenti opere meJicfie non sono adunque rare le storie ili patralist ridotte a hiioii termine, mercè l'uso interno delTeslralto alcoolico di noce vomica, e della slriciiiua, che noi non le riferiremo a causa di brevità, in- viando il lettore alla succitata dissertazione deiresimio Beraudi , la quale nulla lascia a desiderare a tale riguardo: osserveremo solo col professore Bruscln che da tutto il complesso delle osservaiioui che si hanno sulPoggetlo che ci oc- cupa, risulla, che la stricnina è un eroico rimedio contro la paralisi, ma nel- rammiuislrazione di esso è di mestieri che il medico usi la più grande cautela e circospezione, affinchè le proprietà sommamente venefiche della stricnina non dieoo luogo allo sviluppo di sintomi funesti , e non arrechino grave danno agli infermi. In vista di ciò, i clinici più riservati , non negando alla noce vomica la quasi specifica attività nel risolvere le paralisi, raccomandano d'im- piegare più tosto il suo estratto alcoolico, anziché il materiale di esso. Circa poi agli eflPelti della stricnina, ed intorno alle avvertenze necessarie per l'applicazione medica di questa sostanza, merita d'essere letto un articolo del dottore Brofferio inserito nel Repertorio medico-chirurgico di Torino nel- l'anno 1823, a cui noi inviamo il lettore, onde non essere condotti a sover- chia prolissità su di tale argomento. La stricnina, come dissimo, è uno dei più energici veleni che si conosca nel regno vegetabile dopo l'acido idrocianico, ed opinano i tossologici , che questa sostanza alcaloide non agisca nell'economia animale né del lutto ana- logamente ai veleni acri , né tampoco assolutamente a guisa dei narcotici ; sembra loro probabile, che essa induca la morte, 1. perchè mescolata col sangue dà a questo delle qualità , per cui si rende il medesimo incapace a mantenere la vita; 2. perché apporta lo stato tetanico nei muscoli toracici, da cui consegue l'asfissia, causa prossima della morte. Ed osservarono inoltre, che l'avvelenamento prodotto dal principio deleterio dello strichnos introdotto per le vie digestive, non ha ancora un sicuro antidoto nella classe delle sostanze medicinali , e lutto al più si può avere ricorso a quei generali sussidi! tera- peutici, alti ad espellere pel vomito il veleno, prima che questo s'introduca nel torrente della circolazione. Se poi il veleno sia stalo assorbito, il che si paleserà col sopravvenire delle scosse tetaniche, in tal caso saranno da porsi in opera quei mezzi chirurgici applicabili nei casi d'asfissia , e fra questi non è da trascurarsi la tracheotomia, poiché con tale pratica si procura il libero ingresso ed egresso dell'aria dei polmoni e si acquista tempo per dirigere i mezzi dell'arte contro le alterazioni flogisliche che la stricnina induce nel niidollo spinale. Oude giovarsi delle virtù medicinali che possiede la noce vomica nella pratica , si può approfittare tanto del seme , quanto dei suoi farmaceutici pre- parati, non esclusa la stricnina. La noce vomica si amministra ridotta in polvere sotto forma pillolare alla dose di S a 13 grani per due o tre volte al giorno ; è ben raro però il caso in cui i medici amministrino la noce vomica in sostanza a preferenza de' suoi varii preparali. L'estratto acqueo, che non possiede molla attività medicamentosa, si può amministrare alla dose di quattro grani sino al denaro, mattino e sera. L'e- slrallo alcoolico , che e mollo allivo qualora sia ridotto allo stalo di perfetta 253 «poclieiia e con-ipqiietilempnle polverizzahile, si può f;irIo prendere in pillole ;ara colla noce moscala raschiala e premula 257 fri «lue piastre cuMe: otliensi ancora un olio più aromatico coli' espressione del inacis o dell' arlllo della noce mescala. Oaesl'olio era usalo altre volte pei nervi, e serviva a preparare il balsamo iiertale ed altri linimeoli sliino- lanli, che oggidì alcuni medici adoprauo ancora onde corroboiare , per mezzo d'unzioni, lo stomaco aflievolito. Secondo Bonastre, 300 parli di questa noce sono composte: 1. D'una nialeria bianca insoluliile (sleaiina) .... l20 2. Di materia butirrosa colorila solubile (elaina) ... 38 3. Di olio volatile 30 4. Di un acido 4 5. Di fecola 12 6. Di gomma (» 7. Di residuo lejjnoso o perdila 25)0 Totale . . . 500 Henry si lece poi ad analizzare il niacis, dalla quale analisi ottenne i se- guenti risultati : 1. Utia piccola quantità d'olio vol.ilile. 2. Molto olio fisso, odoroso, giallo, solubile nell'etere, insolubile nel- i'alcoole bollente. 3. Una quantità all'incirca eguale d'un altro olio fisso, odoroso, e colo- rato in rosso, solubile nell'etere e nell alcoole. 4. Una materia gommosa particolare, dotata di proprietà analoghe a quella dell' amilina e delia gomma, formante circa un terzo dei principii cosliluenli del macis. La noce moscata si considera più quale spezie ed aromalo, che come me- dicamento; la si adopra per aromatizzare certi alimenti, come le carni Ijian^ che ed i legumi , di cui essa agevola la digestione nel tempo stesso che ne rialza il sapore. Di rado la si somministra quale me e solo a motivo di sua energia, la quale non sembra essere per nulla dilTereiite da quella ilegli altri aromati. E dessa per fatto validamente stimolante qualora la si dia nella dose di alcuni grani, e diventa irritante, se la quantità ne sia maggiore. IjO stesso avviene ali" incirca del macis, che in alcune farmacie d'Italia viene sullo la denominazione di fiori di noce moscada: sembra che eserciti un'a- zione energica nello stomnco , sugli intestini, e nella maggiur [larle degli a[i- parati della ^ila organica; onde le sue virtù toniche, slimolanle, cardiaca, stomatica, emmenagoga e simili, tanto vantale dagli antichi, ed oggiili anche dal volgo. Quindi , dietro sifl'atle virtù piiilloslo vaniate che reali, fecero i medici dei tempi andati diveise mediche applicazioni in varii morbi della droga in discorso. La s'adoprò nell'anoressia, nell' inappetenza, onde attivare gli organi delia digestione; nella clorosi, nella golia atonica e nell'ipocon- driasi, onde favorire le secrezituii e combattere lo stalo di torpore che cre- devano andarvi associalo dell' ap[)aralo gaslro-euierico. Si vuole efficace contro il vomito spasmodico e contro cerli flussi del venire, che tengono probabil- taente al disordine della contrattilità organica degli intestini. La si prescrisse Tom, lì!, 1 7 1^58 sia per uso interno, die per esterno in unzioni e funiigaiiotii contro la para- lisi ; specialmente contro la paralisi dei muscoli della dpj;liilizioue. HofìTinann la cominenda contro tutti i lenomeni concomitanti della gravidanza; Cnlleu dice d'averlo prescritto con buon succesio contro le lebbri intermittenti associata air allume. Ecco quanto l'esimio Giacomi ni dice a liguardo nella noce moscata atlo- prata quale rimedio: "Narrano alcuni viajigiatori , cbe l'uccello del paradiso, sommamente avido della noce moscata, mangiandone, se ne inebria e muore. Fra noi si banno dalla noce moscata gli efletti degli altri aromi testé esami- nati. Id molta quantità porta vertigini, delirio, oppressione di petto, stupore, sonnolenza, insensibilità. Bontius, Lobel, Ainslie affermano cbe per l'uso un po'spiulo di questa sostanza si soffrono delle stasi sanguinee al cervello, e nelle ludie ove è l'amigliare l'abusarne ed osservavasi nascere frequentemente l'ebrietà, il sonno e l'apoplessia, cosa cbe vieu notata ancbe da Jevrein. " Concedesi anche a quesla droga unanimamente l'azione ipersleni?.zaute gastrica, la quale gareggia con quella del cinnamomo, e la vince eziamlio se si guardi ai suoi effetti sull'encefalo- Le malattie nelle quali per uniforme sentenza essa conviene, sono la ipostenicbe, segnatamente se affliggono il tubo intestinale. u II macis è frequentemente trascelto fra i correttivi pei riraedii ipersleniz- zanti. La dose del macis è da otto grani a mezzo dramma ; quello della noce moscata da cinque grani ad uno sciupolo. L'olio espresso non si us;i che j)e»- le esterne parli da farne fregazioni od unzioni semplici. L'olio essenziale di- stillato sia del macis, die della noce, potrebbe adoprarsi ad una, due ed uu- che quattro goccie in convenienti veicoli. » SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Branco di moscado. 2. Frutto aperto netta sua maturila. 3. Seme a cui si lulse il macis, 4. Seme taglialo per metà. i. Amawdwrla b. Aiiiaudolla divisa. FAMIGLIA 52^^ — -►fSì?-- — GEXZIANEE Famiglia naturale di piante dicotiledonie monopetale elio hanno un calice di un sol pezzo, persistente: una corolla rego- lare spesso marcescente , col lembo per lo piìi diviso in cinque parti, le quali alle volte sono oblique e di rado molto profonde. In mezzo e alla sommità della corolla esistono quasi sempre cinque stami colle antere variabili : l'ovario è semplice, qualche volta didimo e munito d'uno stimma semplice o lobato. Portano per pericarpio una casella semplice o didima, polisperma, com- munemente bivalva , unita o biloculare, coi margini delle val- vole piegati air indentro, e quasi avvolti nel frutto uniloculare , piani e settiformi nel frutto biloculare. Questa casella racchiude dei semi piccolissimi, ordinariamente inserti sui margini , o qualche volta sulle pareti delle valvole. In questo seme havvi un perisperma carnoso. L'embrione è diritto, sovente situato nel- lasse del perisperma : i cotiledoni semiciiindrici e corti e la radichetta quasi sempre inferiore. Il fusto di queste piante è sempre erbaceo, rare volte suf- fruticoso e porta delle foglie costantemente opposte , e quasi sempre sedenti ed intiere. I fiori per lo \mì dun beiraspetlo, 260 terminali ed ascellari, guarniti di foglie che sembrano brattee, stanno sulla pianta differentemente disposti. Questa famiglia è interessantissima, essendo le sue numerose specie tutte dotate di un principio amaro energico, in conse- guenza usale per la più parte in medicina. Siffatti , ella è pro- prietà caratteristica di tutte le genziane quell'amarezza schietta ed intensa che esiste in tutte le loro parti nelle foglie , cioè nello stelo e nella radice specialmente. Il genere genziana, che le diede il nome, è pure quello, le cui piante sono maggiormente commendabili per le loro proprietà mediche ed il principio amaro a cui, come vedremo, diessi il nome di Genzianino ; esso trovasi maggiormente sviluppato nelle radici, per cui siadopra singolarmente questa parte: e sebbene tutte le specie di Genziane, le quali , come osserveremo, godano pressoché delle stesse proprietà , tuttavia non poniio essere sosti- tuite alla genziana gialla che adoprasi quasi per ogni dove per esclusione. Adopransi pure le foglie e le sommilk fiorite di molte specie di erythraea col nome di [piccola Centaurea. Gli steli e le foglie ^e] memjanthes ])vesGr\\ orni con qmWi del trifoglio acquatico. Ma il trifoglio fìbrino menijanlhes irifoliata, quantunque dietro l'analo- gia delle sue virtù mediche ed a cagione di certi caratteri bo- tanici siasi collocato tra le Genziane, esso deve esserne allon- tanato, se si fa attenzione ad altri caratteri botanici più ira- portanti. L'Erijthraea Centaurimn h usata da lungo tempo come febbri- fugo sotto il nome volgare di Centaura minore. La SpujeUa marilandica, la radice di Chirayta che appartiene ad un genere affine alla Genziana sono dotate di proprietà simili. Ventenat unisce a questa famiglia che è la XVI dell' viij classe del suo Tableau du mjne végét. undici generi, che esso distingue sotto tre divisioni : 1 . Ouelli la di cui casella è semplice o uniloculare, Mewjdnthes^ Ni/mpluides, Gentiam, Saroihra, Stveria, Chlora. 261 2. Quelli della casella semplice, ma biloculare Exacum Li- sianthm, Chironia. 3. Quelli colla casella didima o biloculare Spigelia, Ophior^ rhizza {Nouveau Dici. Ilist. nalur. T. IX, p. 384). ■^^ èG2 GENZIANA MAGGIORE Gentiana major lutea Bauh. pin. lib. 3 sect. 5 — Toiim. Class. 1 cam- p:iDÌformi — Geiitiana lutea Lino. Class. 5 Pentatidria digiuia — Juss. Class. 8 Old. 13 Geuziauee — Poiret , Fior. ined. 1.4 Tab. 187 — Rich. Boi. med. T. I, pag. 310. La Genziana maggiore o Genziana gialla ella è non solo la prima, ma la più bella fra tulle le specie contenute nel genere. Essa è conosciuta dalla più remola antichità e secondo Plinio trae il nome da Genzio Re dell' lUiria. Abita non solo le alpi, ma anche le pianure assai basse di certe contrade d'Europa. In Francia per esempio trovasi in grande abbondanza suU'Jura, nel Vosges, nelle Cevennes e sovra tutto nelle montagne dell' Auver- gna e della Borgogna, nelle Alpi e nei Pirenei. La sua radice è perpendicolare , vivace , ramosa , di un giallo carico esternamente ; da essa nasce un fusto alto un metro e più, diritto, rotondo, fistoloso che porta delle foglie sessili op- poste ed incrociate ad angoli retti , ovali-acute , di un verde chiaro, un poco glauche, a cinque nervature; le inferiori che si chiamano radicali sono attenuate in una sorta di peziolo, in- tiere, però acute e segnate nella loro faccia inferiore di cinque in sette nervature paralelle e longitudinali. I fiori si mostrano grandi , gialli, aggruppati nelle ascelle delle foglie superiori che risultano sempre più piccole, e rappresentano una specie di spica interrotta. Il loro calice è membranoso, trasparente, pie- gato da un sol lato e steso longitudinalmente , a cinque denti corti, tubulati, ineguali. La corolla è gialla, rotata, a cinque ed alcune volte anche ad otto divisioni , allungate ed acute e senza lacinie ; gli stami in numero di cinque ed alcune volte di sole quattro, sono inserti sul tubo della corolla. L'ovario è sormon- tato da due stimmi quasi sessili. Il frutto è una capsula unilo- ryf/^^/^/^^^'' //C^^^^^'^ •^: 263 culare, bivalva, ovoide, fusiforme, che rinchiude dei semi numerosi, piani , membranosi agli orli ed attaccali lungo le su- ture delle valve. Fa d'uopo però considerare, che quella, che chiamasi radice in questa pianta, è piuttosto un caudice o fusto sotterraneo ; poi- ché sopra d'esso sono piantate le foglie dette radicali. Le ci- catrici delle foglie degli anni antecedenti sono visibilissime e non si può distinguere il collo o la linea di separazione tra il fusto e la vera radice. Secondo Richard , sulla struttura dell'or gano chiamato volgarmente radice nella Genziana , converrebbe distinguere, sotto il nome di peduncolo florale, la parte chia- mata fusto dagli autori , quella che porta le foglie superiori ed i fiori. La Genziana chiamasi dai francesi Gentiane, Gentiane Jaune, grande genliane, dagli Inglesi Genlian yelloiv gentian, dai Tedeschi Enzian , Gelher enzian , dagli Olandesi Gentiaan , dagli svezzesì Bayij-soeta. La genziana non cede in valore a quelle droghe amare esotiche che a caro preizo riliriaino (Jall'eslero. Usasi, come già dissimo, la sola radice, e viene in commercio sotto la forma d'una radice semplice, lunga, cilindrica, grossa un pollice e più di variabile lunghezza : ha colore giallo bruno all'esterno con rughe traversali e giallo più carico internamente. Manca quasi di odore: oppure questo risulta alquanto viroso ; il suo sapore riesce somniamenle e schiettamente amaro, e persiste alla lunga nella bocca. Molti chimici moderni si occuparono dell'analisi della genziana e fra questi citeremo particolarmente Hery, Caventou, Guillemin, e Jacqiiemin : vi rin- vennero essi certo principio amaro, che i due [)rimi di sì fatti chimici ri- sguardano come di natura degli alcali organici , dappoiché il suo sapore amaro viene neutralizzato dagli acidi , mentre per l'opf)Oslo si avviva mediante gli alcoli. Sì latto principio ebbe il nome di Genzianiiio. La radice di genziana inoltre contiene certa materia resino-oleosa analoga al cauticiuc , molla mucilagine e pochissimo zuccaro. Colla fermentazione se ne ritrae molto alcool, ma che conserva però certo sapore spiacevole. Siffatto, alcool sembra provenire piuttosto dalla decomposizione della mucilagine, che è in tanta copia, anzi che da (luelU dello zuccaro, che \i si trova in iscarsa porzione. Nelle alpi se ne prepara gran quantità ; e la genziana gialla vi divenne in 264 certi cantoni rarissima a motivo di questa preparazione, per lagnale s'inco- mincia ad usare eziandio la radice delle altre grandi specie di sì fatto genere ed in particolare quella della genziana porporina e della genziana puntata. Secondo l'analisi di Guillerain e di Jacquemin, il genzianino esiile in mag- gior abbondanza, e specialmente più puro, nelle radici delle piccole specie alpine, che nella genziana gialla: siffatto principio vi è meno mascherato dalla mucilagine, la quale abbonda, come si sa, in quest'ultima, mentre risulta in pochissima quantità nelle altre , e quindi la loro amarezza si fa sentire con maggior forza e precisione. Potrebbesi adunque sotto minor volume sommi- nistrare colla radice della genziana, acaule, verbi grazia, un medicamento più energico. Importa osservare, che i principii aUivi della genziana risultano egualmente solubili nell'acqua, nel vino, e nell'alcool. L'amarezza pura ed interna della genziana la fa riporre in cima ai nostri medicamenti tonici indigeni, atta perciò a ristabilire in ogni caso le abbattute lorze digerenti : convenientissimo adunque ne è l'uso nelle gravi dispepsie di ogni genere e nelle cachessie derivanti da diminuzione nella tonicità del si- stema gastro- enterico ; quindi si può la genziana amministrare in -vari casi di' affezioni scorbutiche, siGlitiche, strumose e clorotiche E pure la genziana un rimedio molto commendabile nelle abituali Qatulenze, nelle diarree cro- 1) che, ed aijcbe in altri generi di profliJ\ii mucosi: si è anche commendala Tam- x^ linislrazione della genziana per ottenere la guarigione dell'itterizia, della t]sc onia addominale, della podagra e vi è pur chi considera questa radice come dotata di forza vermifuga. Pu ^'noltre commendata nelle febri intermittenti semplici : prescrivonsi allora con vanti-'oc'o la infusione di mezzo fino ad un'oncia di tale radice entro una libbra di au'qna bollente, il vino preparato colla sua tintura alcoolica, il suo estratto. Tult^Tvia sì fallo medicamento, come osservò benissimo Cullen, di- venta di assai m'aggiore energia kiddove si associi altra sostanza ricca di con- cino ; per tal guis^a il mescugliV) di parti eguali di corteccia di quercia e di radice di genziana forma un medicamento essenzialmente ton ico , il quale io molte circostanze sostituì efficacemente j'uso della china. Rammenteremo per uliimo, che i chimi shi valgonsi in certi casi di piccoli frammenti di radice di genziana ben disseccala, che introducono nelle aper- tine fistolose, all'oggetto di opporsi al ravvicinnmento delle loro pareti. Sì fatta sostanza gonfiandosi a motivo dell'umidità, nelk quale si trova immersa, fa le veci della spugna preparata che si adopra pel sofito in simili circostanze. Importa poi osservare, non essere la genziana gialla l'unica specie di questo genere che posseda le proprietà da noi accennate ; ma che può' venire perfet- tamente sostituita da tulle le altre specie del genere, ed in particolare da tulle quelle, la cui radice è grossa , vivace. Noi terremo discorso delle 1 ni nei pali. La scoperta del genzianino che riunisce in sé solo tutte 1^ proprietà me- dicinali della genziana, fornisce un ultimo ed espediente mezzo di applicare questo rimedio alla pratica. Ciò non ostante, si preparano dai farmacisti 1 infuso, il decotto, la tintura alcoolica e l'estralto di genziana : quest'ultima prepara- zione viene più comauimenle prescritta dai niidici alla dose di uu danaro ad uno dramma- 265 In sostanza questa radice può essere somministrata sotto la forma di pillole da uno scrupolo ad una dramma. In infusione o decozione acquosa in un vei- colo approprialo. La radice di genziana polverizzata ed associata alle polveri di aristolochia rotonda e delie sommità di camedrio, di campesio e di centaura minore co- stituisce la tanto vantata polvere antiartrìtìca del duca di Portland. Entra inoltre nella maggior parte dei vini amari, nell'elesir stomachico di Editn- hiirgo , nella tintura stomachica di JVhytt, nella Teriaca, nel Mitridate, WfW Orvietan-, nel Diascordion, oeWopìato di Salomone, nella polvere vermifuga di Charas, e via via. SPIEGAZIO^E DELLA TAVOLA I. Stilo di Genziana, a Foglia radicale. 3. Fiore iattero. 4. Pislillo e calice. 5. Frutto, é. Lo stesso tagliato oriczon talmente. 6. Grano. 26G GENZIANA CENTAURA rienti;ina cenlaurinm Limi. PenlanJria diginia. — Jiis=. Genzianee — Chi- rouia pulchella Swavt — Saiut-Hil. Plant. de la Fraiice T. 2- Questa specie offre grandi variazioni, sia nel suo portamento, che nelle sue ramificazioni; loccliò determinò molti botanici a considerare come varietà, ed anche come specie distinte, alcune piante, che offrono leggiere differenze, giusta la natura del ter- reno ove crescono ; ma che probabilmente hanno la stessa origine. Lo stelo di questa genziana è alcune volte quasi semplice, e- levato sui margini dei boschi, a vece che nei luoghi paludosi esso rimane ramificato e basso. Le sue foglie sono opposte , sessili , ovali-oblunghe, acute, intiere nei loro margini e segnate da nervi longitudinali. I fiori d'un bel rosa ed alcune volte bianchi formano dei mazzetti eleganti piìi o meno ciuffosi. Essi sono disposti tre a tre sullo stesso peduncolo e ciascuno d'essi è munito dun pedicello cortissimo : il calice diviso in cinque parti sino verso la meta è della lunghezza del tubo della corolla, su cui s'applica : la corolla è monopetala, rotata e termi- nata da cinque divisioni: gli stami, in numero di cinque, sono inserti all'entrata del tubo della corolla e sono opposti alle sci divisioni: l'ovario è sormontato da uno stilo e da uno stimma a due lobi. Il frutto è una capsula a due logge formate dai mar- gini rientranti delle valve. Fiorisce nei mesi di luglio, d'agosto e di settembre: al- ligna in molte parti d'Europa e la si coltiva anche nelle scuole di botanica e di farmacia. La genziana centaura chiamasi dai Tedeschi Fieherkraut, rotJtcr avrin, dagli Inglesi The lesser centauri/, dai Russi solotnik pokwoì] dai Boemi czyntaria. 267 Questa pianta è spesso adoprala ia medicina : essa ^ode fama di vulneraria detersiva, apeiiliva e febiifuga. La si trova mescolala nelle erbe vulnerarie della Svizzera. Viene come la sovra descritta adoprata nelle febbri intermit- tenti ; anzi alcuni autori citano casi di febbri intermittenti restie alla china , guarite colla decozione della radice della pianta in discorso — serve inoltre agli usi stessi, che la genziana maggiore, e fa pure parte di molli medicamenti composti. -5^.g3*®5- SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo della genxiana cenlaura. ». CorolU sperU e slami. 3. Calice e pistillo. 268 GENZIANA CROCIATA ~'\AAArifiAAA^ Geniiana cruciata Limi. Pentamliìa digiiiia — Jiiss. Genzianee Saiiil- Hil. PlaiU. de la France, T- 2- Onesta pianta è originaria dei luoghi montuosi delle parti meridionali d'Europa. Coltivasi anche nei giardini , ma dilFicil- mente, amando i luoghi montuosi, e tanto più che è molto sen- sibile al freddo. 11 suo stelo s'eleva alto due piedi circa, cilindrico, verde o rossastro , per lo più serpeggiante alla sua base. Esso porta foglie ovali-lanceolate, acute, glabre, opposte, munite di nervi e formano per mezzo della loro riunione una specie di guaina che abbraccia lo stelo. I suoi fiori verdi esternamente , turchini internamente verso alla loro estremità , sono disposti a verticelli alla sommità degli steli : il verticello superiore è sempre munito d'un maggior numero di fiori, che non lo sono gli infe- riori; anzii fiori vanno sempre decrescendo dalla sommità verso la base; il loro calice molto più corto della corolla, tubuloso, è diviso alla sua estremità in quattro piccoli lobi ineguali : la corolla è monopetala, tubulosa, a quattro 'divisioni alquanto profonde, munite di quattro appendici, o piccole scaglie alterne, dello stesso colore che la divisione della corolla : gli stami in numero di quattro stamio inserti alla base della corolla, e sono opposti alle quattro scaglie coi loro filamenti gonfii verso la base. L'ovario è libero , sormontato da due stimmi. Il frutto consiste in una capsula ad una sola loggia con due valve. Fiorisce nei mesi di giugno e luglio : si moltiplica semi- nando i suoi grani, o separando le sue radici al secondo anno* La genziana crociata chiamasi dai Francesi Genziana croisettc, '>^>^^^^(i^i^((^''^ ^:^1^^li:^^!^^^!è^y' 209 dai Tedeschi A're>izenzian, fireuwurz, dagli Inglesi The cross-vvort Gentian , dagli Olandesi Madehjeer, dai Russi Sokolej, Pirelil , Questa pianta h. poco o niente adoperata in ineflicina. Tnllnvia, possedendo essa pure un principio amaro, può sostituire in parte !e sovra descritte specie. SPIEGAZIO^E DELLA TAVOLA I. Slelo dolla genziana crociala. 2. Catice aperto. i. Corolla aperta e stauii. l^- Oviiriu. GENZIANA AUTUNNALE Genliana pneumonanthe Lini). Peutandria digìnìa — Juss. Genziasee - Saint. Hilaire, Plani, de la Frauce, T. 2. Questa pianticella cresce naturalmente nelle praterie umide dimoile parti d' Europa e produce un bellissimo effetto sul principio dell'autunno, quando la terra incomincia spogliarsi della sua verdura, e che i fiori sono divenuti rari. 11 suo stelo s'eleva un piede circa, ritto, sottile, rossastro ; è quasi sempre semplice. Le sue foglie sono opposte, alquanto riunite alla loro base, lunghe, strette e presso che lineari. I suoi fiori sono di un bel colore turchino, situali alla sommità dello stelo nelle a- scelle delle foglie superiori in numero di due o tre ; essi pre- sentano un calice d'un sol pezzo , fesso in cinque parti verso la sua sommità: la corolla è monopetala, campanulata, frasta- gliata al suo limbo in quattro denti, tra' quali se ne trovano cinque più piccoli: gli stami in numero di cinque sono più corti della corolla ed inserti alla base del suo tubo; l'ovario è libero, non che sormontato da due stimmi. Il fruito consiste in una capsula a due logge, che racchiude più grani. Fiorisce nel mese di settembre ; ma è molto sensibile al freddo : si moltiplica seminando i suoi grani o trapiantandone le radici nel secondo anno. Ama i luoghi umidi , paludosi e meglio vicino alle acque, che scorrono nei giardini. Essa serve mollo ad ornarli. La genziana autunnale chiamasi dai Francesi Gentiann dau- tomne, dagli Inglesi The marsh Gcntian, dai Tedeschi Die laugen- blume, hlauer-iàrant , dagli Olandesi Kleine blaauwe gentian, dai Russi Gorcl.scfìafka Lugowrija, kuritsìija slejwfa. ^^^^^z'^;^^^ ^^^^/k^y/^^^/^y 271 Anche questa specie di geniiana è pocliissimo usata in medicina. Tuttavia, coutenendo anche essa il principio amaro, puossi adoprare come le altre specie per gli stessi usi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Geiiiiaaa d'autunno, i. Calice aperto. 3. Pistillo. 4. Corolla aperta e slami. 272 GEiNZIANA VERNALE Gentiana Bavarica Jacq. ol>s. 3, T- 7l, pag. li) — Verna major Toiirn. iiisl. 80 — Ericala Reo. spec- 73, lab. fiS, fig. 2 — Genliana verna Linn., Penlaudria diginia — Juss. Geniiauee. De Lana. T. 2. Ilerb. de TAna. La genziana vernale, cosi chiamala perchè fiorisce di pri- mavera, alhgna nelle alte montagne d'Europa, ove bavvi lo suolo umido e leggero. Coltivasi anche i>ei giardini per or.ia- mento: essa è vivace ; e la sua radice, quasi semplice e fibrosa, si divide verso la sua sommila, dando origine a molle gemme che si sviluppano a mo' di rosa producendo da quattro ad otto foglie persistenti , opposte, sessili, intiere, ovali-lanceolate, al- quanto acute e spesso tinte d' un colore porporino, come lo sono anche alcune volle gli sleli. Fra mezzo a queste sbucciano gli steli , che sono cilindrici , carnosi e muniti di quattro o sei foglie più piccole , serrate contro lo stelo , di cui le due e quattro ultime sono talmente ravvicinale al fiore, da sembrare brattee , oppure un primo calice. I fiori assai grandi , sempre solitari e terminali, sono composti: di un calice lungo, tubu- loso , gonfio verso la sua meta e terminato da cinque denti acuti; d'una corolla d'un bello turchino, monopetalo, il cui tubo più lungo del calice d'un giallastro nell'interno, è diviso in cinque parti ovali-acuti , d'un bel colore turchino, alla cui base si vede un'appendice d'un turchino pallido; di cinque stami ade- renti verso la mela della corolla ; d'un ovario allungalo e ter- minato da uno siilo, clie non oltrepassa il tubo della corolla, diviso alla sommila in due stimmi. 11 più delle volte la corolla non cade, ma solo si dissecca. Il frullo consiste in una capsula ad una sola loggia con due valve che racchiude alcuni semi. f % "' <-? V^- //V>i^. >^vV/r'<^ 273 Questa pianta chiamasi dai Francesi Gentìane printamièrc dagli Inglesi Sprmj genlian, dai Tedeschi FruhUngs entzian. La genii;ina vernale serve più tosto atl ornare i giardini coi suoi bei fiori turcliini, anziché alla metliciiia. Tuttavolla pei principio amaro che la sua radice contiene , può essere adoperata in quei casi , ove sono commendale le sovra descritte specie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i.Geiuiaua Temale. ». Foglie superiori, j. Corolla aperta. 4. PiiliUo. 7W///. ^g 274 GENZIANA ACAULE Gentiana acaulisJacq. Fior. ausi. 2,t. 136 - Vili DaiipFi 2. p. S23 gentiana graiirliflora Lamm. Dict. Enc. 2. p. 637 - Gentiana acaulis - Peulandria fligi- nia Lina.spec. 330 — VillJ spec. 1, p. 1340 — Delauu. Ileil). de la amai. T. 3, tab. 130 — Jijss. Genliauee. Questa specie di genziana è indigena delle nostre alpi e dei Pirenei e rinvicnsi nelle alpi d'Italia, d'Austria, e nella Siberia. 11 suo stelo che è cortissimo, onde il suo nome d'acaule, presen- tasi sotto diverse forme, secondo la natura del suolo, del clima e dell'età; lo che produsse varietà piìi o meno notevoli, che al- cuni autori presero per specie distinte. La sua radice, composta di fibre sottili , danno origine a più foglie, ovali-lanceolate, acute, ora più corte, ora più lunghe, sessili, glabre, come è tutta la pianta, lucenti, d'un verde oscuro sparse a mo' di rosa sul terreno. Fra mezzo a queste foglie s'eleva uno stelo, spesse volte più corto del fiore, altre d'eguale lunghezza, e persino più lungo, non che mancante in alcune varietà, massime in quelle che crescono sulle più elevate mon- tagne: questo stelo munito verso la sua metà d'un paio di fo- glie simili alle radicali, ma più piccole, portano alla sommità nn fiore lungo da otto linee a due pollici, d'un bleu oscuro, se- gnato internamente da cinque sti-iscie d'un giallo chiaro, screziato di macchie violacee : questo fiore, componesi d'un calice d'un sol pezzo, campanulato, angoloso, a cinque lobi, alquanto acuti, muniti alla sua base di due fogliole opposte, d'una corolla grande infundibuliforme, tre volte più lunga del calice col lembo diviso ni cin(jue parti: di cinque stami più corti della corolla con antere oblunghe ravvicinate e quasi riunite le une ^^ \ V V. '"^ ^-i Vw,^-^/^ , ^^/^y/r^ r^>^^y^^/^/^/r 275 alle altre : d'un ovario supero, allungato, fusiforme , sottile alla sua sommiti e terminato da due stimmi piani, semi-orbiculari e continui l'uno collaltro. 11 frutto è una capsula oblunga, semi- bifido , a due valve che s'aprono in alto , e che contengono più grani in una sol loggia. La genziana acaule coltivasi eziandio nei giardini quale pianta d'ornamento: ama i siti freddi, ed alligna difficilmente al di sotto di cento tesi d'elevazione; al contrario cresce sino al di sopra di Ì2I00 tesi: si moltiplica seminando i suoi grani o tra- piantando le sue radici d'inverno. La genziana acaule chiamasi dai francesi Gentiane à tige coiuie. La radice di questa pianta contiene pure un principio amaro, per cui può essere adoprala come le precedenti. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I, Genziana loule. a. Calice colla foglie clie gli slaano alla baie. 3. Corolla aperta cogli starni. 4. Pistillo. 5. Capsula. 6. Grano ingro(iat«. 276 MENIANTE NINFOIDEA — «^wee^H Wenyanlhes nympboides Lino. Pentandria moDoginia — Juss Genzianee Saint. Hil. Plani, de la Fran. T. 4. Tab. 9l. Questa pianta che alligna negli stagni ed in molli luoghi pantanosi deirEuropa , particolarmente della Francia, ha il suo stelo erbaceo, flessibile, articolalo, cilindrico, ed immerso nel- l'acqua. Le sue foglie ravvicinate, e quasi opposte, sono rotonde, cordiformi, intiere, e segnate superiormente da nervi ramosi , ed un po' saglienli. Esse sono sempre situate sulla superficie delle acque a guisa delle foglie della ninfea. I fiori nascono alle ascelle delle foglie su pedoncoli cilindrici e per mezzo della loro situazione su d'un punto comune, formano una specie d'ombrella semplice : essi sono composti di un calice a cinque divisioni glabre, lanceolate e più corte per lo meno della metà della corolla : questa è d'un colere giallo, a cinque petali ovali cigliati sui margini ; gli stami in numero di cinque sono al- terni coi pelali e più corti : l'ovario è unico , non che libero. Il frutto è una capsula solcata nella sua superficie, ovale-lan- ceolata, alquanto compressa, a due valve e ad una sol loggia : Essa racchiude molti grani disposti su due ordini ed inserti sui margini interni delle valve. 1 grani sono rotondi e cigliati sui loro margini. Questa pianta nomata prima ninfoidediì Tournefort, per causa della sua somiglianza con le ninfee , fu da Linneo collocata fra le menimti, dalla quale essa però differisce pel suo fruito e per l'inserzione dei suoi grani. Essa chiamasi dai Francesi Villarsia des marais , dagli In- glesi The fringed huck-hean, or icater-lihj , dai Tedeschi ì)ie see- rosen artige, Monasthshhme, oder zoltembhime, dai Russi Pawun, dai Giapponesi Nonatva. Uh 277 Questa pianta che oggidì è pochissimo adoperata in mediciDa godeva pel passato molta fama di autìscorbulica. Non vi sono fatti però che comprovano ia lei sififalle proprietà. SPIEGAZIONE DELLA. TAVOLA. .g. Mfuiante ninToidea. 2, Calice e pUtillo. 3. Corolla aperta. (,. Capsula intiera. 5. La stessa tagliata longitudiaalmeale. 6. Grano uolalo. 578 FAMIGLIA 53"^ Otà\t\t Dttaui. 90 -- 6\ Susi GELSOMINEE. -9^0^<^ Questa famiglia di piante la quale trae il proprio nome dal gelsomino , che ne forma parte, presenta caratteri facilissimi a comprendersi. I vegetali che la compongono sono ora alberi, ora, e più spesso, arboscelli ed arbusti , di foglie semplici opposte e pen- nate, di fiori ermafroditi o polìgami : la loro corolla è general- mente monopetala, talvolta per altro formata da molli pezzi di- stinti ; gli stami sempre in numero di due : il germe è libero, a due cellett>e, contenenti ciascuna due germetti : lo stilo risulta sormontato dallo stimma bifido. 11 frutto consiste, ora in una capsula a due cellette, ora in una bacca, o frutto carnoso di due od una sola celletta. I fiori dei gelsomini, generalmente disposti a grappoli , spargono quasi tutti piacevolissimo odore. In quanto alle proprietà medicinali di tale famiglia, esse non si mostrano uniformi , che in alcuni generi, mentre in altri presentano osservabilissime dissomiglianze. Per tal guisa da una parte il genere frassino si distingue pel sebo dolce e zuccheroso che contiene , ed il quale, estrallo mediante la sola incisione 279 degli steli, ed addensato all'aria , forma la manna. Il genere oliva Olea offre particolarità non meno singolare! La parte car- nosa del suo frutto contiene cerl'olio grasso e dolce assai ado- prato nelle arti, nell'economia domestica e nella terapeutica. La esistenza dell'olio grasso nel pericarpio dell'oliva costi- tuisce certo fatto unico nel regno vegetale : tale principio in vero, non si rinviene mai altro che nei semi. Riscontreremo maggiore uniformità nelle proprietà delle foglie delle gelsomi- nee, che hanno in generale sapore amaro, e talvolta astringente; ed in Auto, quella del frassino e dell'olivo contengono tanto concino da essere in qualche paese adoprate a preparare le pelli. Lo stesso è a dirsi della loro corteccia. Nei gigli le foglie ed i frutti hanno tanta amarezza, che il Cruvelhier li adoprò con felice esito per febbrifughi in sei casi di febbri intermittenti gravissime. Scorgerassi eguale analogia nei fiori delle piante componenti questa famiglia: hanno in vero quasi tutti odori penetranti pia- cevoli ; e la loro acqua distillata viene talvolta usata come ec- citante ed antispasmodica. Sembra certo, che nella China e nel Giappone si aromatizzi il Tè medianici fiori di olivo, vale adire deW'olea fragrans di Linneo. Ventenat comprende in questa famiglia che è la YI de Vili classe del suo Tableau du regn. veget. sei generi, cioè Chio- nanlìmsfileaphyìUrea, Mogormm, Jasmmim^ Ligiistrum [Nouv. dict. Uist.^atur. T. \\\ p. 297. Jussieu chiama col nome di gelsominee un'altra famiglia di piante che il succitato Ventenat denomina Liliacee, compren- dendo in questa famiglia che è la VI della terza classe del suo Tableau du regn. veget. ventiquattro generi che divide iìi tre se- zioni: cioè in asfodali\ in superbe, in alojdee ~ delle (juali avremo altrove occasione di discorrere. 280 FRASSINO Fraxinus excelsior Bauch pia. lib. II sect. 4 — Tourn. cbss. 18 alberi apetali — Fiaxiuus exceliior Linn. class. 23 puligaiuia dieoia — Ju^s clabs* 8 ord. 4 — Gelsominee — Poiret, Fior. nied. T. 3 lab. 132. Ornamenlo delle nostre foreste, rlvalizza il frassino cogli al- beri più alti ; cresce in breve tempo dal fondo delle valli sino alla sommità delle montagne in terreni leggieri, irrigali da ac- que correnti ; la sua ombra vuoisi nocevole non solo, ma mor- tifera per tutti i vegetali , che trovansi sotto la sua influenza ; sorraentato, allorquando è giovane, da altri alberi, non tarda a dominarli, e allora, tutto perisce e languisce al suo dintorno , effetto, che si attribuisce alle emanazioni deletrici del suo fo- gliame: d'altra parte lui stesso diviene preda dei cantaridi, che alcune volte l'attaccano in s\ gran numero da lasciargli appena tempo di svilupparsi. Variabile nelle diverse parti de' suoi fiori, il carattere essen- ziale di questo genere è particolarmente stabilito sul suo fruito. La specie di cui parliamo s'eleva altissima. Il suo tronco è ritto, sparso, serralo, sostenendo una testa d'una bella forma. Le sue foglie sono alate , quasi impari , composte di undici o tredici foglie, glabre, ovali-acute, dentate. I suoi fiori sono poligami ; gli uni maschii, sterili; gli altri ermafroditi, alquanto panicolati, dotati d'un calice piccolissimo, e privi di corolla: hanno cinque stami, ed uno stilo, con uno o due stimmi. L'ovario è piramidale nei fiori ermafroditi, accompagnali alla sua base da due piccoli stami. Il frullo consiste in una capsula oblunga, compressa, terminata da un'ala membranosa che racchiude spesso un sol seme. 11 frassino offre molle varietà notevoli che alcuni autori con- r >^^t^J^J^/^^ 281 vei-tirono in specie come il frassino ad una sol foglia, varietà causata forse dall'aborto delle due foglie inferiori : // frassino a legno aspro, il frassino a rami pendenti è d'uno aspetto pittoresco e via dicendo. Il frassino a foglie tonde fraxinm rolundifolia Beiamo frassino della manna essendo appunto esso che produce si fatta sostanza distinguesi per le sue foglie pedicellate, ovali-rotonde, a denti fini e regolari, ineguali alla loro base, colla foglia terminale più ottusa verso la estremità. Devesi però considerare che nei no- stri climi e con maggior ragione nelle contrade settentrionali dell'Europa, questo albero non produce manna, mentre che in Italia e particolarmente nel mezzodì della Toscana è questa la sola specie che vi si alleva jier codesto uso. Ci assicura Desfon- taines, che il frassino a fiori (fraxinus ornus Limi.) ed alcune altre specie forniscono parimenti della manna, specialmente nei paesi caldi. Il frassino comune chiamasi dai Francesi fréne, dagli Spa- gnuoli fresno, dagli inglesi ash, ash-lree, dai Tedeschi esche; eschenbanm, dagli Olandesi essenboom, dai Polacci eision. La corteccia del frassino giiggiaslia esternamenle. d'uQ liianco giallastro airinleruo è inodora, d'uu sapore amaro ed austero. L'acqua bolleute s'impa- dronisce del suo principio amaro. Le foglie fresche sono amare e lejffiernieute aceri)e. All'amarena del seme va unito un odore particolare. Il sugo che fluisce dal tronco e dai bronclii, al contallo dell'aria si addensa spontaneamente alla superficie delle sue foglie e df-lla corteccia e co^lituisce la manna : ma come abbiamo già fatto considerare, nei nostri climi e con magjjior raj;ione nelle contrade sellentrionali dell'Europa, cjueslo albero non produce manna, men- tre che nel mezzodì d'Italia in specie nella Toscana ne produce, sebbene a vero dire, sia la specie di frassino a foglie toiitra allora a piccole dosi , ed agisce liberando lo stomaco dalle tnuco- silà che vi si raccolgono, specialiueDie nei giovinetti, che rigellano con diffi- coltà alPeslerno il prodotto dell'espettorazione. Si soiiimiiiisira la uiaiiiia in modo semplicissimo tanto sola, che mescolata ad altre so>.lai)ie piiijjalive : si dà talvolta la manna solida, singolarmente se sia recentissima e delibesene prendere poco alia volta, come nei catarri bron- chiali. Spesso però la si prescrive sciolta, ma a freddo, giacché osservossi, che il calore s\iiii()pa od aumenta in essa il sapore nauseoso e dispiacevole : e quindi potrassi sciogliere in uno o fine biccliieri di emulsione aromalitiata , (j meglio in una infusione leggermente aromatica due oncie di manna puris- sima che si dividerà in due dosi : siffatto medicamento opera con lentezza e spesso passano cinque in sei oie , prima che produca il suo effetto. Di fre- quente si unisce la manna alle sostanze catartiche, quali sono il rabarbaro, la sena, i sali neutri e simili ; ma in tal caso adoprasi di preferenza la manna graisa , atteso la sua azione energica. Martin-solon fece molte esperienze intorno all'uso della mannite ed ebbe i seguenti risultati : 1. In un uomo affetto da colluvie gastrica un'oncia di mannite sciolta in due oncie d'acqua mosse lievi coliche, ed a capo di quattro ore un primo scarico alvino poco abbondante, poi un secondo due ore dopo il primo. La dimane si dovette porgere olio di ricino. 2. Una donna parimente bersagliata da gastricismo, da un'oncia di man- nite ebbe primieramente vomiti biliari, poi un'evacuazione di materia di egual natura, dodici ore dopo l'uso del rimedio; in capo di due di, un' altra oncia di mannite mosse «lue scaricamenti liquidi. 3. In una donna oppressa da cougeslioue cerebrale un'oncia di mannite ha sciolto sei volte il ventre. 4. Una giovine travagliata da pertinace stitichezza con minaccia di perito- nite, ebbe da un'oncia di mannite a capo di due ore due scariche addominali poco abbondanti, precedute da dolori di ventre : ricomparsa la stitichezza , si porse a capo di due giorni due oncie di manna allo scopo di paragonare nel medesimo individuo l'azione di questa sostanza con quella della mannite. L'in- ferma ebbe nel corso del giorno quattro abbondanti evacuazioni precedute da colichette. o. Ad una donna attaccata da ascite e che faceva uso di acqnavita si diede un'oncia di mannite , onde verificare se l'uso abituale di purganti drastici avrebbe annullala l'azione della mannite. Infatti nullo riuscì l'effetto di questa. 6 In una donna affetta da phlegmasia dolens, un'oncia di mannite pro- dusse alcuni lievi dolori intestinaU, ma niuna evacuazioni alvina. Il succitato Martin-solon inolire dice di aver impiegata la mannite alla stessa dose in altri casi con effetti analoghi a quelli osservati nei suddetti ammalati. La manna grassa fu qualche volta sofisticata da una composizione di zuc- chero e di miele mescolato con un poco di scamonea o resina di gialappa. Si tentò ancora ili imitare la manna in lagrime, vale a dire di comporre una iciiauiia bianca e secca con zucchero, uu poco di manna ed un ingre85 purgativo, il tutto bollilo e riilotto a cotisìsfenia conveniente ; mn egli è l;icile di bene ^riconoscere questa falsificazione al suo peso, alla sua durezza , alla sua trasparente bianchezza, ed al suo sapore, die differisce da quello della vera manna. Si diede inoltre il nome di manna a molte altre sostanze zuccherose che formansi sopra gli altri vegetali, ma che hanno molla analogia colla manna dei frassini. Le (ìrincipali sono : La manna di Brianzone così nomata perchè nei d'intorni di questa città cresce il inelzo Lan'x Eurnpaea D. C, Plnus Larix Linn., albero sulle cui foglie ritrovasi questa sostanza in piccoli ^rani rotondali egiallastri. Questa manna è poco purgativa ed al presente fuori uso. La manna /lìagi che si raccoglie sul hedisariim aìhaglii Linn. specie di foglio che cresce in Egitto, nella Nubia ed in altre parli dell'AOÌica setten- tridoale. Finalmente esistono altre sostanze dello sfesso genere indicale col nome di una, ma che però non sono usale in medicina. ma SriEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Tronco di Trassiao. a. Foglia. 3. Ramo di fiori. 4. Finrc injrossnio. 5. Capsula immatura tagliala nella sua luiighez/.a. 6. Capsula matura tagliala lungiludiualmeute. 7. Grano 'tagliato verticalmente. 286 OLIVO Olea sniifa Baah. pin. lib. 12 sect. 3. Tourn. class. 20 sect. 2 gen. 2 — Olea Europea Linn. diaDcliia rnouoginia — ■ Juss class 8 old. 4 Gelsominee — Poiret. Fior. med. T. 5 Tab- 254 — Rich. Bot. med. T. 1 p. 303. L'olivo Europeo non è già originario di questa parte dell'an- lico mondo ; ma bensì dell'Asia minore da dove venne tra- sportato , secondo i botanici , in Europa dai Focesi, circa sei cento anni prima dell'era volgare, allorquando questi fondarono Marsiglia, arricchendo questa regione di questo prezioso vegetale, che venne diffuso per tutta Italia, ove ai tempi di Tarquinio, cioè , un secolo dopo la fondazione di Marsiglia, non posse- devasi ancora, al dire di Plinio, ed ove tanto bene natura- lizzossi. La coltura deirolivo si perde nell'oscurità dei tempi ; egli è però certo, che questo albero era di gih celebrato anti- chissimamente per diversi usi economici, simbolici, o sacri. II più antico dei libri, la Genesi ne fa speciale menzione; poiché a tutti è noto, che una colomba fu portatrice d'un ramo d'olivo a Noè , quale segno della clemenza divina , dopo il diluvio. I favolosi Greci riferiscono l'origine deirolivo alla Dea della saggezza, onde Virgilio Georg. I: Oleaque Minerva Inventrix e narrano i poeti Greci , a riguardo dell'origine di quest'al- bero, che venuti Minerva e Nettuno a contesa, secondo gli uni per dare un nome alla città d'Atene, che Cecrope aveva fabbricato, secondo gli altri per fondare questa città, ripor- tarono la questione al supremo consiglio degli Dei , i quali nella loro infinita saggezza avrebbero deciso , che toccava darle 'Xù ^^y r//Y^ /^ 287 il nome colui dei due, che avrebbe prodotto una cosa di maggior utilità. Nettuno allora battè col di lui tridente la terra ed uscinne un cavallo, mentre Minerva fendendo la terra colla sua lancia fece sbucciare un olivo carico di fiori e di frutti: quindi a costei concesse il consiglio degli Dei il dritto. L'olivo fu sempre appo gli antichi il simbolo della pace, come lo è oggidì appo molle nazioni Europee ; ed il suo olio venne sempre adoprato nelle ceremonie religiose degli Ebrei, dei Greci , dei Romani ; e non solamente era una delle pre- ziose offerte che si facessero al Dio, ma per mezzo dell'olio imprimevasi un santo carattere sulla fronte dei loro sacerdoti e dei loro Re; e la stessa unzione è tuttodì in uso appo' il cristianesimo per consacrare i sovrani, i vescovi, i preti, i frati ecc. Che che ne sia, egli è però certo , che l'olivo è coltivato dalla più remota antichità e puossi con ragione dire , che esso è, non già come lo disse Columella, il primo degli alberi , olea prima omnium arborum est, ma bensì uno di quegli alberi, che recano maggior utilità al genere umano. Esso coltivasi abbondantemente nei dipartimenti delle Bocche del Rodano, dell' Hèrault, di Vaucluse, di cui forma una delle maggiori ricchezze. Vedesi di rado in piena terra al di là di una linea che si estendesse alla base dei Pirenei fra Narbona e Bagnéres di Luchon, ed attraversasse obliquamente il mezzo giorno della Francia, dall'ovest all'est, fm ai piedi delle alpi all'altezza del piccolo s. Bernardo. Tutte le parti del bacino del mediterraneo, poste al mezzo giorno di questa linea, si hanno il nome di regioni degli olivi. Al di là di tal linea siffatti alberi non possono essere coltivali con profitto in piena terra. Teme il gelo : quindi, nella regione della Provenza, ove si coltiva abbon- dantemente questo albero , ed ove produce il miglior olio, viene molto danneggiato dal rigore del freddo, che da alcuni anni fassì in questa regione sentire. 28S Nei nostri dipartimenti meriilionali , quest'albero non si eleva che all'altezza di quindici o venti piedi, mentre in Oriente ed in Grecia acquista un'altezza molto più considerevole. Il suo tronco inegualissimo dividesi in rami numerosi , eretti, guerniti di foglie opposte, lanceolate, strette, acute, a bordi ripiegati, intieri d'un verde secco al dissopra, biancastri, e come argentati al dissotto. 1 fiori sono piccoli della grandezza di quelli del ligustro, bian- castri, disposti in grappoli ascellari, accompagnati da brattee quamiformi : il loro calice è corto , non che a quattro denti. La loro corolla è pure a quattro divisioni : gli stami sono in nu- mero di due : l'ovario è supero , sormontato da uno stelo cor- tissimo, a stimma grosso ed a due lobi. I frutti od olive sono drupe più o meno elipsoidi, oblungale, verdi biancastre o vio- lacee secondo le varietà e contenenti un nocciuolo della me- desima forma, che la drupa, estremamente dura , a un sol lo- culo e ad un sol seme. Ordinariamente la più parte dei fiori non danno frutti , cosicché in un gruppo di 30 fiori due o tre frutti soltanto pervengono a maturezza. L'olivo chiamasi dai Francesi Oliver, dagli Spagnoli Olivo, dai Portoghesi Olivoira , dagli Inglesi Olivs-tree , dai Tedeschi Olivenbanm, dagli Olandesi Ohjthoom, dai Danesi Olielraee , dagli Svezzesi Oli-elrad, dai Polacchi Oliwa-drzewo , dai Russi Oliva. L'olivo odoroso, olea Fragans , Rumb. è un albero originaria della China e del Giappone. Si coltiva al presente nelle nostre aranciaje. Le sue foglie sono ovali, acute, opposte, coriacee, glabre, leggermente dentate sugli orli. I fiori sono bianchi o rosei, screziati, disposti in gruppi seminali: spandono soavis- simo odore. Pretendesi che di questi fiori i chinesi si servano per rendere aromatico il loro thè, mettendovi alternativamente di queste ultime foglie e fiori di olivo odoroso. Fi sa die le olive conlengono nelle loro diverse parli , principalmenle'nella loro |);tile c«riio^a, un olio fissoi cui usi «ono niolliplicalissimi, come Tediemo 289 in segnilo. La corteccia e le foglie di olivo il cui sapore è asprissirao, un poco amaro, furono proposte da Bidot , medico dell'ospedale militare di Lougwi come una delle migliori sostituiioni della china nelle febbri inlermillenti. Al- cuni saggi tentali nell'ospedale della carità , provarono che queste foglie ri- dotte in polvere avevano proprietà somiglianti a quelle della corteccia di quercia, della genziana, e degli altri medicamenti tonici indigeni. D'altro lato Larzalt medico ad Adge aveva anche egli impiegato queste foglie in luogo delia china ; ottenendone nei casi cancrenosi felicissimi risultamenti. Si fatto medicamento però non è tanto efficace come pretende il sucilato Bidot ; e sebbene codesto rimedio sia assai di frequente adoprato nella Proventa, tuttavia i pratici ne usano poco ; e la genziana, la corticcia di quercia, e molli altri sono tonici indigeni assai più attivi e di più sicura azione che non le foglie dell'olivo, che asserisca Larzalt. Per rischiarare l'opinione di alcuni sopra i principii attivi di queste foglie riferiremo i risultali di un analisi chimica comimicata da Pallas e Desgeuette medico militare all'ospedale di Pampelume. Le corteccie dell'olivo gli for- nirono 1. Una sostanza particolare sopra chiamata Vauquelina. 2. Un principio acido. 3. Una resina nera. 4. Un estratto gommoso. ^^ 5. Una materia colorante verde. " ' 6. Un idroclorato e un solfalo di calce. 7. Alquanto acido gallico. 8. Alquanto tannino 9. Una materia legnosa. Fluisce inoltre diilFolivo, specialmente nello stato selvatico, e nelle regioni più meridionali , certa gomma resina di colore bruno rossastra in lagrime ir- regolari od in masse variamente voluminose presentanti alcuni punti più chiari in guisa da rassomigliare al bengioino amigdaloide. La sua spezzatura è resinosa, conoide, di aspetto grasso. Celiala sui carboni accesi si gonfia , si fonde, e sparge un piacevole odore di vaniglia, Pellelier che 1' analizzò, la rinvenne composta di due sostanze, una avente molla analogia colle materie resinose l'altra approssimatesi alle gonnme, cui considera qual principio immedialo nuovo, al quale diede il nome di Olwilla- Comprovò egli inoltre, in questa gomma-resiua la esistenza dell'acido benzoico. L'oli\illa è un [)rincipio particolare; polverulento, rilucente, privo di odore, di sapore amaro, zuccheroso ed aromatico, solubile nell'acqua, nellalcoole, e negli olj fissi, e volatile mediante il calore, quasi insolubile in questi liquidi freddi, privo di azione sull'etere, solubile a freddo nell'acido nitrico, che si tinge in rosso carico , solubile negli alcali e precipitabile in fiocchi bianchis- simi, mediante il sollo acetato di piombo, allortpiando fu sciolto nell'acqua bollente : manca di usi : e lo si otlieue trattando la gomma di olivo coll'al- cool rellificato. Teoliiisto e Dioscoride fra' i Greci sono i primi autori nei quali si trovi memoria della gomma di olivo e Plinio in varii luoghi della sua storia na- Tom. ///. 11) 290 turale fa menzione «li questa sfessa lagrima; eil è singolare die in hitti i luojjhì dove Plinio fa menzione della lagrima deirolivo di Etiopia e di Arabia nOn palli giammai di quella che stillano gli olivi dell'Italia inferiore; lo che prova che egli ignorava questo fatto Ignoranza che devesi pure attribuire anche al Mattioli, che nel comentare il testo di Dioscoride , ove fa menzione della gomma in discorso, dà a dividere che ignorava prodursi la slessa lagrima degli olivi dell'Italia meridionale e di tutti i paesi di Europa posti alla stessa latitudine. Silvesfris seii aethiopicae alea lacryma licei nndtis polìeat viribiis : ejns (amen in Italicìs officinis millus ustis est .• neque qiiod ea ad nos afferatiir adhuc comperlum habeo. Serapione medico arabo fa pure menzione della resina degli olivi , che egli il primo comincia a chiamare gomma. Paolo Egineta infine per lacere di molli altri scrittori nelle sue opere mediche, parlando di molte droghe me- dicinali non dimentica la resina di olivo. Quindi da molti passi degli addotti antichi scrittori, non che d'altri autori di materia medica, rilevasi per certo che la gomma di olivo, ora riconosciuta Tera resina , era da essi adoprata come medicamento nei mali esterni della cute, dei denti , degli occhi, ed in qualunque caso
  • rima qualità. Si ottiene anche diluendo nell'acqua bol- lente la polpa delle olive, che ha servito a prepararne l'olio vergine j esso si riunisce alla superGcie da cui si trae. L'olio delle olive fermentate si prepara coll'espressione delle olive; è im- puro, contiene mucilagine e parenchima che ne intorbidano la trasparenza. Quest'olio è impiegato nelle arti ; sovratutto nelle preparazioni dei saponi or- dinarli , degli empiastri degli unguenti e simili : Secondo Braconnot l'olio di olive sarebbe composto di Materia liquida analoga alla elaina ... 72 Materia solida analoga alla stearina ... 28 Totale . . 100 Alcuni negozianti falsiGcano l'olio di oliva, allungandolo con altri oli. Que- sta frode si riconosce facilmente con un mezzo chimico indicato da Proust. Questo mezzo dipende dalla proprietà che ha il nitrato acido di mercurio di solidiGcare l'olio di oliva e lasciare quasi intieramente liquidi gli oli dei semi. Si iuuuu sciogliere a freddo sei parli di mercurio in selle e mezza d'acido ni- Iricoa 38 deirareoraetro di Beaume ; si unisce una parte di questa soluzione con 12 parti deirolio del commercio, agitando il miscuglio di tempo in tempo ; se l'olio d'olivo è puro, esso rappigliasi dopo alcune ore in una massa giallastra coperta d'una crosta bianca che non tarda a divenire solida. Se al contrario con- tiene una piccola quantità , un ventesimo per esempio d'oli di altri semi, il mi- scuglio rappigliasi , ma acquista una consistenza mollo minore. Finalmente se ne l'osse un decimo d'altri oli il miscuglio non prende più che quella consistenza che esso acquista col (leddo. La purezza dell'olio di oliva si riconosce anche con mezzi semplicissimi che non offiono per altro una certezza compiuta. Uno di questi consiste nell'agitare l'olio in una Gala rienijiila per metà. Se esso è puro, la sua superficie resterà perfettamente unita ; al contrario, se è mescolata con altri oli, resterà intorno alla superficie una fila di bollicine d'aria. Un altro mezzo consiste nel laffred- dare l'olio nel ghiaccio; se l'olio d'oliva è puro, esso si congelerà compiutamente in altro caso, resterà liquido totalmente, od in parte secondo la quantità degli oli estranei che contenesse. L'olio di olive è il migliore ed il pivi ricercato di tulli gli oli per l'uso della tavola e per la illuminazione; è pur desso che si adopra specialmente in tutte le prescrizioni medicamentose, come, linimenti , embrocazioni e simili. L'olio di olive gode duna proprietà evidentemente er^olliente , qualora venga applicato nella pelle e sulle superficie denudate, e laddove sia introdotto a piccole dosi negli organi digerenti. Si fatta projìrietà lo fa talvolta adoprare nel tratta- mento delle flegmasie del tubo intestinale, nelle coliche, diaree, dissenterie ed in particolare nel trattamento delle infiamazioni del petto. Dato in dose tiiagglore è lassativo; e siccome lo stomaco allora non lo digerisce, diventa quasi un corpo estraneo poco irritante che sollecita l'azione espulsive degli organi digerenti. Dato alia dose di una in due oncie,in una o meglio più volle, cagiona varie evacuazioni alvine, spesso senza calore, dolore ed altro segno d'irritazione. E usitatissimo nel caso di resistente stitichezza: reputasi eziandio vermifugo, e so- gliono, non senza ragione, le madri ad amministrarne ai ragazzi sotto tale scopo Finalmente adoprato ad alta dose per esempio ad alcune oncie per volta produce il vouiito, a motivo dell'impressione della massa sulla membrana mucosa, ed a cagione delle nausee che provoca , nausee le quali talvolta bastano per eccitare il vomito, sebbene preso in f)0ca quantità. Sotto questo as|)etto fu essodi Irequente somministrato nei casi di avvelenamento per sostanze acri e corrosive, special- mente delle sostanze vegetabili irritanti, degli acidi caustici ecc. Le olive conservate per alcun tempo nell'acqua salala perdono il sapore aspro e spiacevole che avevano al momento in cui si colsero. In tale stalo s'imbandi- scono nelle nostre tavole come condimento. Talvolta si fanno seccare, o si lasciano seccare sugli alberi slessi. Si mangiano conservate in tale guisi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Eliaco d'olivo. 2. llamicello di fiori, 3. Fiore inlicro ingroMato. Calice e pistillo. 5. Frullo tagliato orizzontalmente. 6. Doccìuolo taglialo traversalmcnte- Wl 293 GELSOMliNO COMUNE Jasminiini oPncin;!!»» Liiin. - DiaiiJiia raotioj;iiiia Jass. - Gelsoniine - Saint. Hilair. Plani, de la Frane. T. 2. Questa pianta originaria del Malabar naturalizzossi da più secoli in quasi tutta l'Europa, nella Provenza , ove i suoi fiori servono a comporre molti cosmetici. Il suo stelo sermentoso, s'eleva a dieci o dodici piedi. I suoi rami sono numerosi, verdi, sottili , e flessibili. Le sue foglie alate si compongono di fogliole a numeri impari : la superiore è molto più grande delle altre che sono sesseli sul pedoncolo alla sommità, ed è sostenuta su d'un corto pedicello. I fiori sono bianchi e disposti alla sommità dello stelo e dei rami : il loro calice è piccolo , corto e munito di cinque lobi lunghi e capillari : la corolla è monopetala, tu- bulosa alla base e terminata in cinque parti piane ed acute: Gli slami in numero di due, sono inserti sul tubo della corolla. L'ovario è libero, sormontato da uno stilo, e da uno stimma bilobato. Il frutto consiste in una bacca a due logge monospermi. Nei paesi freddi facilmente questa pianta perisce, ma è però raro che muoja la radice. Cresce in tutti i terreni, ma pre- ferisce un suolo leggero e caldo : si moltiplica facilmente per mezzo da suoi rami o de' suoi germogli : fiorisce dal mese di giugno sino ad ottobre. 11 gelsomino comune chiamasi dai Francesi Jasmin commim^ dai Tedeschi der Gemerne veisse jasmin^ dagli Inglesi , The corn- inoli ivhite jasmin, dai Portoghesi Gelsomino bianco, dai Chinesi Suhan hoa. 11 gelsomino comune poco o niente serve alla tneJecina. Il suo olio vola- tile è adiipialo come quello della viola per iVegazioui contro il reuma. Esso 294 è molto |ilò utile nell'iute «Iella profiiineri». In Pnnenxa axn» «lissìmo. col- livasi in abliondania : ogni mattino si raccolgono i fiori |>er j>.)rl;nli ai pro- Éuniieri, i quali preparano %arie poniate ed olii pel loro commercio. SPIEGAZIONE DELL4 TAVOLA ►fSW- I. Stelo del Geliomìno comune, i. Calice. 3. Pistillo, t,. Corolla aperta e «taisri. ^GS 205 GELSOMINO D'ITALIA ^asininnm hiimile Liim. - Diandria iiionugini.i — Juss. (ieUomitiee - Saiiil- llil. Plani, de la Fiauc. T. 2. Quesfarboscollo originario d'Italia, trovasi secondo (ìouaii anche nei dintorni di Monpellieri. 11 suo stelo s'eleva a quattro 0 cinque piedi : è leggermente angoloso e munito di moltissimi rami verdi, flessibili angolosi. Le sue foglie sono alterne, a tre 0 quattro ed anche cin(|ue fogliole ovali, verdi, liscie, ed in- tiere nei margini : la supcriore è ordinariamente più grande delle altre. I fiori di un colore giallo ed inodori, sono situali all'estremità dello stelo e dei rami : il loro calice è tuboloso, piccolissimo e munito di cinque leggieri denti : la corolla mo^ iiopetala, tubulosa, a lembo piano, diviso in cin(|ue lobi : gli stami in numero di due sono sessili alla sommità del tubo della corolla. 11 frutto è una bacca a due logge in ciascuna delle quali racchiudesi un grano arilloso. Questa specie sopporta benissimo il rigore del freddo, quando però non sia eccessivo ; in (juesto caso periscono parte de' suoi steli, ma manliensi viva la radice. Cresce in tulli i terreni, ma un suolo leggiero e caldo le conviene maggiormente. Si mol- tiplica per mezzo de' suoi rami o de' suoi getti e fiorisce dal mese di luglio a tulio settembre. Il gelsomino d'Italia, detto anche gelsomino giallo odoroso chiamasi dai Francesi Jasmin d'Italie^ dagli Spagnuoli Jazmhi ìiorro, dai Tedeschi dcr gelbe ztverfjjasmin, dagli Inglesi the ita- lian ijellow jasmin^ dagli Olandesi Laage jasmyn. Il gelsomino d'Italia che colllvasi più loslo per ornamento dei giardini; lauto più che durante rin\eruo raauliene la magijior parte delle »iie toglie , 296 serve agli slessi usi che il precedente. Solo essendo i suoi fiori meno odorosi da quelli della sovra descritta specie, vengono posposti nella t'abbricazione dei profumi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Gelsomino d'Italia, a. Calice e pistillo ingrossato. 3. Corolla aperta e slami. 297 FAMIGLIA 33^^ OwViut ^Y, Dtcaud. — SO Juss. ERICINEE Famiglia naturale di piante dicotiledoni monopetale , la di cui IVutlificazione è composta di un calice di un sol pezzo, per- sistente d'ordinario libero e profondamente diviso. La corolla è monopetala, qualche volta anche essa profondamente divisa, di rado inserta alTestremità del calice ; ma più di spesso at- taccala alla di lui base, ovvero sostenuta da una glandola cal- cinale, comunemente marcescente e durevole: stami in numero determinato, distinti, aventi la medesima inserzione della co- rolla; qualche volta, ma di rado attaccati alla parte inferiore. Questi stami hanno soventi le loro antene smarginate o l);fide alla loro base e come a due corni : ovario semplice, libero e rare volte infero; stilo conico estimma d'ordinario semplice. Il pericarpio quasi sempre capsulare e moltivalve è supero.o in- fero, moltiloculare e rinchiude molti semi. Esso è a valve setti- fere nel mezzo ed attaccate colla loi'o base all'asse o placenta centrale. I semi sono generalmente piccolissimi , hanno il peri- sperma carnoso, l'embrione diritto : i cotiledoni scììiì cilindrici qualche volta quasi fogliacei e la radichetla ordinariamente infera. Le piante di questa famiglia sono state chiamale bicorni 298 (Pianta hicornea veni) , a motivo delle loro antere per lo pili sormontale da due punte. Il loro fusto di rado erbaceo, ma più sovente legnoso, forma degli arboscelli ramosissimi. Le loro foglie sempre semplici sono alterne od opposte , oppure riunite tre 0 quattro a ciascun nodo in forma di verlicello. 1 fiori qual- che volta muniti di brattea e spesso di colore di carne o bian- castri con una tinta di rosso più o meno affettano diverse di- sposizioni. Questa famiglia costituisce la III de IX classe de Tableau du regne vegel. ecc. di Ventenat ed abbraccia nove generi sotto due divisioni. 1 . Quelli che hanno l'ovario libero Blaeria, Ey/ca, Andromeda^ Arhutus. Clethra, Pyrola, Gualtheria. % Quelli che hanno l'ovario infero o quasi infero Vaccimim. Finalmente quelli che hanno affinità col generi precedenti Em- pelrum ( Noveau dict. d'IIist. nalur, T. III pag. 1 oG. t^y 5 B ?.i^ S ^0 MIRTILLO Vilis Idea Baili), pin. lib. 12 secl- 3 — Tonni, class. 20 alhfri mono- |)clali — Vacciuuin inyililliis Liiiu. class 8 Ollaiidria moiiogiriia — Juss. class y Old. 3 Eiioiuee [Bmycres) Toiiel Fior .ned. T. 1, Tab. II. Il mirtillo è un sotfarboscoUo che cresce sponlaneamente nei boschi, e nei luoghi elevali della Francia, deirAllemagna , d'In- ghilterra; è sempre nello slato selvaggio, perchè molli abili giardinieri, specialmente xMoUer, fecero dei vari sforzi onde j)olerIo coltivare nei giardini. La sua radice legnosa, dura, sottile, propagasi comune- mente ad una considerevole distanza sotto terra essendo ram- pante. Il suo stelo si divide quasi alla sua base in rami e ra- moscelli che pervengono alKaltezza di due piedi circa : essi sono sottili, flessibili, angolosi e vestiti d'una corteccia verde. Le foglie che in questa specie non sono che della durata d'un anno, sono alterne, ovali, sottilmente dentate sui loro margini, verdi, glabre, e leggermente nervose nella superficie inferiore, non che sostenute da picciuoli cortissimi. I fiori che stanno disposti nelle ascella delle foglie, solitarii e sostenuti da corti pedoncoli, sono composti d'un calice superiore, intiero persistente duna corolla formata di cincjue petali strettamente uniti assieme da sembrare monopetala ed ofl'renli una tinta biancastra , ed^inche un porporino intenso, I frutti sono bacche rotonde della gi-os- sezza d"una marasca del colore di porpora nerastra quando sono maturi. Il mirtillo detto anche mortella chiamasi dai francesi Airelle mìjrt'dk, Airelle , airelle anguleme, dagli Spaglinoli, Aramlano 300 dagli Inglesi, Bilherry-shruh dai Tedeschi, Heidelbeerstrauch , dagli Olandesi Ueidelbezie-slruik. Molte altre specie di mirtillo esistono che diireriscono sola- mente per alcuni caratteri dal sovra descritto , ma che hanno con essi comuni proprietà. Tali sono: Il mir mio puntalo [mccinirm vitis idea Linn.) di cui terremo in seguito , discorso. Il mirtillo cannebergo [vaccinium oxicoccos Linn.) arbusto estre- mamente piccolo, i cui fusti esili e prostesisi stendono sulla su- perficie del suolo nei luoghi umidi e torbosi e particolarmente sui cespugli degli stagni. I suoi fiori sono piccoli, anellari, so- litari , rossi e peduncolati i suoi frutti rossi e succosi hanno uu sapore acido gradevolissimo. Non si usa che molto di rado. Sano specialmente le bacche ohe vengono adoprate nell'economia domestica nelle arti e nella medicina. Poco dopo alla loro maturità esse acquistano uq sapore aoidetto mollo piacevole. Virgilio le ha mollo celebrate vaccìnia nigra leguntiir efc- Gli abitanti delle campagne, le mangiano come rinfrescanti; ed il popolo deiringbilterra è quanto mai ghiotto di queste bacche, che suole anche mescolate al latte per ("are creme e simili pasticci. Pel loro principio astringente ed acidulo .questi frutti furono vantaggiosa- mente commendati nelle atFeiioui scorbutiche, nelle diarree e nelle dissenterie) ora si amministrano in frutto semplicemente, ora col loro sugo si preparano sciroppi e limonate oppnre si riducono sotto la forma di Roob. Molli medici, raccomandano questi frutti disseccali e polverizzali alla dose ili una dramma sino ad un'oncia ; quando appunto trattasi di sopprimere flu^si ^. nodali ; aliri comendano di pestarli ed aggiungendo del sale formarne così un cataplasma per applicare al seno delle puerpere; nella fiducia che vaglii ad au- menlare la secreziene del latte; e vaglia il vero, che il cataplasma così prepa- ralo ebbe il nome di antilatte Le bacche del mirtillo sottomesse alla fermentazione con una data quantità di zucchero, danno uu buoniisimo liquore vinoso. Gli albergatori usano di questi fruiti, sia per colorire che per fabbricare vini artificiali che poi smer- ciouo come naturali. Sì fatta proprietà colorante delle bacche in discorso, le rende utili nell'arte tintoria ed anche nella pittura. Le capre e i montoni mangiano le sommità degli steli, tal quale avvidità mentre i cavalli ed i buoi le negligentauo. Gli sleli non che le foglie pel loro principio astringente servono beuissimu alla concia delle pelle. Final- 301 mente le foglie dissecale, sono al dire di Villicb un eccellente succedaueo del the. SPIEGAZIONE DELLA TAYOLA I. Stelo di mirtillo. 2. Calice e pistillo. 3. Corolla intiera. 4. Slami e pistillo. 5. Slami isolato. 6. Frutto tagliato IraversaliuLMile. 302 UVA ORSINA «■'vvAAAfUvvv- Vilis id«'a faliis carnosìs et veluti pimctafis, sive idea Radis Diosc. — Bauli. [)iu- III). 12, secl. 3, Uva ursi Tonni, class. 20, alberi monupetali — Arbulus uva uisi Liiin. class. lO, Decaudria mooogiuia — Juss. class. 9, old. 3, Eiiciuee — Poirel. Fior. raed. T. 2, Tab. 82. L'uva orsina delta anche bussarofa arhuto h un piccolo arbu- sto che cresce nelle foreste delle montagne fra i vogi , le alpi e simili. Marray tracciò una lunga lista delle contrade si dell'an- tico, che del nuovo mondo, in cui vegeta l'arbusto in discorso. Queer lo raccolse in quasi tutte le provincie della Spagna, in nessuna parte però è comune, questo arbusto sempre verde predilige, secondo il succitato autore, il bel cielo della Castiglia, dell'Andalusia, dell' Estreraadura, dell'Aragona, ma cresce pa- rimenti nei paesi freddi e persino sul suolo ghiacciale della Si- beria. Comunissimo nelle pianure della Litonia, riscontrasi pure nelle montagne della Provenza e del Delfino. In genere prefe- risce i luoghi elevati , pietrosi , ombrosi e sterili. L'uva orsina ha steli deboli, ordinariamente striscianti, ra- mosi , glabri , lunghi da uno a due piedi ; i giovani rami sono rossastri e leggiermente pubescenti. Le sue foglie che formano la parte specialmente usata, sono piccole, obovali, assai ottuse, talvolta incavale alla sommità, intiere, rilucenti , al di sopra di color verde carico , molto sode e coriacee ; hanno tali foglie molta rossomiglianza con quelle del bosco, onde pervennero i nomi di bussarola o buserole imposto a questa pianta; sono prive di odore ed hanno sapore austero ed amaro. I fiori formano al- l'estremità dei rami corti grappoli, pendenti, d'una leggiera tinta porporina: ciascuno d'esso presenta un calice piccolissimo quin- quefido: una corolla monopetala , il cui margine è diviso in iy(? ^ #ìr7 a diremo con Bruschi vi sarebbe oggidi mai medico prudente, che attener si volesse all'indicala pratica dell'italiano riformatore del Brouianismo? La gomma gotta si può usare in polvere alla dose di sei a dodici gpani unita allo zucchero ed alla gomma arabica Ordinariamente la si prescrive sotto forma di [àllole. Puossi egualmente ammini-.trare mescolala con qualche sciroppo aromatico, ovvero disciolla nell'acqua coirintervento però della gomma arabica, acciò le di lei parti insolubili restino in uno stato di sospensione. Fa Osservare il succitato professore Bruschi che la gomma gotta unita al sotto carbonato alcalino di potassa o sai di tartaro, perde quasi del tutto la sua forza drastica ; e che associala al mercurio dolce perde la forza emetica e diminuisce sensibilmente la drastica. Entra questa materia in molti preparati officinali; citeremo le pillole idragoghe d\ Bornio l'elletliiario antiidropico di Charas l'estratto catollco di Sennert l'essenza catolica purgativa di Rholeiiio. l'elesire antelmintico di Spielmann ecc. La medicina veterinaria fa grandissimo uso di questa gomma resina ; come la pittura, cagione del suo bel colore giallo, che ha il vantaggio di dividersi all'infiuilo e combinarsi con altri corpi polverosi per formare le Lacche fine. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Branco della Cambogia gulta. a. Frullo taglialo travcrsalmente. 3. Grano intiero. 4. Grano in cui ai vede le mandorla. 317 FAMIGLIA 57«^ Ovìiue 61 \kcaniloW. -- \ò9 Avvis. CRASSULE Costituiscono le grassule una famiglia naturale di piante dicotileclonie che hanno un calice libero a divisioni in numero determinato. La loro corolla, rare volte monopetala, tubolosa o divisa, viene formata da petali inserti alla base del calice ed in numero eguale ed alterno colle di lui divisioni , tanti stami quanti sono i petali che alternano con questi; ovvero sono in doppio numero, ed allora la metà di essi sta inserita alla base del calice. Gli ovarii sono d'egual numero dei petali^ ovvero corrispondono a quello delle divisioni della corolla quando è monopetala ; stanno inferiormente riuniti alla loro base, ed o- gnuno di essi viene esteriormente circondato da una glandola 0 da una scaglia orbicolare, e terminano con uno stilo corto, munito di uno stimma semplice, adnato alla faccia interna dogli stili. Per pericarpi portano delle caselle che eguagliano in nu- mero gli ovarii, sono essi unilcoulari, polispermi, internamente bivalvi e ricchi udenti semi minuti, attaccati ai margini delle valvole stesse. Hanno questi l'albume carnoso, lembrione di- ritto e la radichetta inferiore. Le piante di questa famiglia hanno la radice ordinariamente 3i8 librosa e qualche volta tuberosa. Il loro fusto è erbaceo o suf- fruticoso quasi sempre ramoso, il quale s'innalza all'altezza di tre piedi circa , e porta delle foglie alterne , riunite alla loro base , e formanti un anello attorno ai rami. I fiori di rado de- clini sono disposti in corimbi e qualche volta in grappoli ter- minali. Tutti i vegetali in quest'ordine naturale riuniti sono rimar- cabili atteso le loro foglie grosse e carnose, il cui sapore fresco, od alquanto astringente è, secondo Richard, dovuto alla pre- senza dell'acido malico di cui Yauquelin dimostrò l'esistenza nel sempre vivo dei tetti : semper vivum tectoruiu. Questa famiglia altronde poco interessante sotto raspello medico , non presenta già vegetali pericolosi. Linneo nei suoi frammenti di metodo naturale ha dato lo stesso nome di succulente ad una famiglia di piante , in cui oltre a diverse altre, ha ancora comprese quelle che volgarmente si conoscono sotto il nome di piante grasse per esempio cactus^ portulacea, fasci fruga ecc. Yentenat che diede pure a queste piante il nome di succu- lenti { Plantes succulentes) unisce a questa famiglia che è la III della XIV classe del suo Tableau du regne vegetai ecc. otto ge- neri cioè Tillea, Crassula, Cotyledon, Rhodiola, Sedum semperm- mm, Seplas, Penthorum ( Nouveau Dict. d'Hist. natur. T. A XII pag.H3). 2fS A 7//f é''»//?U/l^/t/{^ a^C^Ù^y 319 SEMPREVIVO Sefliim inajas vulgare Baub. pinn. lib. 7, sect. 3 — Sedani ni.ijus, iiilw* i-escens Tourn. class. 6, sect. 6, gen. 1 , Semper vivuin Ipoloniin Limi. !).>- «lecandiia poliginia — Juss, class. 14, oid. 1. Crassule-- Poirel Fior, iiied. T-4,Tab. 208. 11 semprevivo dei tetti è una pianta comiinissima nei nostri climi, che cresce sopra i tetti, e vecchi muri, e le colline pietrose. In alcune contrade gode d'una specie di rispetto reli- gioso; ed i semplici e creduli abitatori delle campagne gli at- tribuirono la possanza di prevenire l'incantesimo ed i maletìcii delle pretese streghe. Ila radici di mediocre grossezza, serpeg- gianti, fibrose, alquanto ramilìcate. Il suo colletto è munito di foglie persistenti, serrate le une contro le altre a mo' di rosa : queste sono scssili, imbricate, tenere, carnose, ovali acute, li- scie su ambedue le superficie, citiate ai loro margini, spesso rossastre alla sommità, D[il loro centro s'eleva uno stelo ritto , velloso, lungo un piede e mezzo all'incirca, munito di foglie sparse: esso dividesi alla sua sommità in ramoscelli , curvi al- l'infuori, su cui stanno situati in forma di spighe, alcuni fiori quasi sessili , porporini , alquanto vellosi la maggior parte volli dallo stesso lato: essi offrono, un calice profondamente diviso in quindici fogliole acute, persistenti ; altretanti petali lanceolati , e da ventiquattro a trenta stami : gli ovari sono in numero di dodeci a quindici, e ciascuno d'essi trovasi accompagnato alla base da una scaglia nettarifera: gli stili sono semplici, e curvi aU'infuori. Da questi risultano altretante capsule uniloculari, aprentesi longitudinalmente al loro lato interno e racchiudenti semi disposti su d'un sol ordine, ed aderenti alla sutura di cia- .scuna capsula. 320 . 11 semprevivo dello dai Francesi Jouharde , grande jou^ barde, joubarde de Torts , chiamasi dagli Spagnuoli semprema de tejados, dai Portoghesi semprema, dai Tedeschi Haiiswurzet, grosser hauslauch , dagli Inglesi Common homeleek , dagli Olan- desi/7itM>/oo/.', dagli Svizzeri IIuuslox, dai Polacchi Bozcliodnik wielki, dai Russi Tchernox di koi , dagli Ungheresi //«-/ ^o/d'. Il semprevivo essila un odore appena sensibile. 11 suo sapore è ac(iuoso, aspro e slitico, ossia aslriiigenle dovuto alTacido aialico. Le sue foglie succose rac- chiudono in grande quantità questo sugo accidulo, e quasi salato. Quando vengono masticate producesi una senzazione di freschezza nella bocca, ed un notevole senso di ristrinjiimento, onde le loro proprietà rinfrescale , astringenti, detersive loro attribuite da molti autori. Facevasi anticametite uso rlel loro succo espresso nella dissenteiia, e nei rilassamenti intestinali, l corilailitii sempitci e creduli se ne servono alcune volle per curarsi delle febbri iutermillenti. Nes- suna osservazione esatta peiò constatò una tale elficacia. Oggidì il semprevivo non usasi che esternamente da alcuni nei casi di emorroidi, tagli, screpolature, risipole e simili. Già Galeno lo usava come astringente contro il flegmone e l'erisipola, e ne raccomandava rap[)licaiione nelle scottature. Scopoli e Rosenstein facevano uso del sugo di questa pianta associato al miele nelle alle dei bambini , e Bngle l'usava contro l'angina. Vaii Swieten adoprava la polpa contro le ragadi delle mamelle, e molti autori ne fecero vantaggiosamente applicazioni sotto forma di cataplasmi sui tumori emorra- darii. Entra nella composizione dell'unguento populeon del quale continuano a valersi i villici in grazia delle proprietà che le sono attribuite per tradizione. Il sugo espresso e depurato di questa pianta può essere amministrato in- ternamente alla dose di due oncie e più. Preparasi anche un sciroppo che è spesso ado{)rato nei colirii , nei gargarismi ed altre meilicazioni stiticht; ed astringenti. Basta pestare in uu mortaio le foglie per fare cataplasmi rinfre- scanti. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA -^B^5^ I. Pianta di Jpniprfvivo con foglie railicali. 2. Fiore inlìpro. 3. .^taine. ^. Friiltn. .S. capsula isolata, tagliala longitiidinalinciile. 6. Capsula isolòti intiera. 7. .Seme. 321 SOPUAMVOI.O Sedum TelepLiiiin Linit. — Decani]ri;i p(»iil:i;^iiiia - Ciasiiile Juss. Saint. Hil. Plai.t. .le la Frane. T. 4. Questa pianta che alligna nelle vigne e luoghi pietrosi di molte parti d'Europa, ha lo stelo rosso, carnoso, tenero, cilin- drico, ramoso alla sua sommità ed allo uno o due piedi. Le sue foglie sono ovali-acute , alquanto frastagliate ai margini , spesse e lucenti su d'arabo i lati. I suoi fiori ordinariamente biancastri o porporini, formano un corimbo serrato alla som- mità degli steli : il loro calice è a cinque divisioni : la corolla composta di cinque petali alterni colle divisioni calcinali : gli stami in numero di dieci , sono della lunghezza dei petali : gli ovarii in numero di cinque , hanno una piccola glandola alla loro base : questi si cangiano in altrettanti follicoli , oblunghi , leggermente curvi alla sommità, ed aprentisi per mezzo d'una fessura longitudinale internamente. I semi sono piccoli e nu- merosi. Questa pianta coltivasi nei giardini ove s'ottennero già molte varietà : essa è vivace e moltiplicasi facilmente seminando i suoi grani o separandone le radici. Cresce in quasi tutti i ter- reni ; ma nei magri prospera maggiormente. Fiorisce nei mesi di luglio e d'agosto. Il sopravivolo detto dai Francesi sedum reprise e volgarmente Lorpin, \ii reprise chiamasi "dai Tedeschi Die fette henne, schmeer- tvurz mndkraut , dagli Inglesi The orpine, or live long , dagli Olandesi *S^ kans urt, Tykblod, dai lìnssi Saigaschii , dai Polacchi JVronie maslo, dai Tartari Kantibaer. Tom. IH. 21 32S Oiiesla pianta gode fama di anodina, rinfrescante, vulneraria e risolufiva. Le sue foglie peste e colte s'usano dai cunladini sotto forma di cataplasma contro i patarecchii ed altri tumori. In breve, possedè le proj.rietà della so- vra descritta specie. Entra Dell'acqua vulneraria d'uso così universale presso molli chirurghi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo di sopraTÌTolo. i. Ovario munito delle glaiidolr. 3. Fiore iulier». 4. Frutto. 5, Capsula isolata ed aperta. 323 SEMPREVIVO ARACNOìDi:0 Senipervivum araciioideiiiu i>Jill. ilict n. 4 — Jacq. Au->t. app. p. ol , lai). 42 — Rnoir. vafù>. ^ ..fe''^ ,^y}'y//'/^^^/^ i^'?'^' ^■/^-^^'■m^i^ 325 SEMPRE VIVO GLUTINOSO Semperviviim glutinosum ait. Hort. kevv. voi. 2, pag. 147 — Willd. spec. 2, p. 931 — Jacq. hort. scheubi voi. 4. — Delaun. Herb. gen. de Tamat. T. 5. tab. 318 — Dodecandrìa poliginia Linn. "— Crassule Juss. — Il semprevivo glutinoso è originario dell' Isola Madera e coltivato in Francia da più di trentanni. Gli Inglesi furono i primi che possedettero sì fatta pianta ; essendo che, già sin dal 1777 trovavasi in alcuni dei loro giardini. Lo stelo di questa pianta è legnoso inferiormente, alto da sei pollici ad un piede circa : esso si divide in molti rami ritti , er- bacei, lunghi un piede circa e molto divisi nella loro parte su- periore. Le foglie situate alla base dei ramoscelli sono larghe, cuneiformi, grosse e carnose , a denti cibati, sui loro margini , la maggior parte serrate le une contro le altre , come i petali d'una rosa ; quelle della parte superiore dei ramoscelli sono piccolissime, concave da un lato, convesse dall'altro, viscose come i ramoscelli. I fiori sono gialli, numerosi, disposti nella parte superiore dei ramoscelli in molti grappoli unilaterali , bi- forcati e formanti spesso un largo panicelo. Il calice è mono- fillo, carnoso, più corto dei petali , persistente, ad otto o dieci denti : la corolla è composta di otto a dieci petali lanceolati , inserti nel calice , ed alterni coi suoi denti : gli stami in numero doppio dei petali ed inserti alquanto al di sopra di questi , hanno i loro filamenti lunghi quanto i petali , terminati da an- tere rotonde, a due logge. Gli ovarii sono superiori, oblunghi , acuti , disposti circolarmente in numero di otto o dieci. Ciascun d'essi è sormontato da uno stilo curvo all'esterno , terminato da uno stimma semplice e diviene una capsula oblunga, acuta, alquanto compressa nei lati , ad una sol loggia, che s'apre lon- 326 giiudinalmenle in due valve nel suo angolo interno , e che con- tiene molti grani oblunghi, aderenti nel margine di ciascuna valva. Questa specie di semprevivo coltivasi pure nei giardini per ornamento. Si moltiplica seminando i suoi grani o separando le sue radici. Ama una terra leggiera, ed è sensibile al freddo : si che d'inverno , fa d'uopo tenerla in serra. Il semprevivo glutinoso chiamasi dal Francesi Joubarde glutineuse. Quesla piauta è pure dotata d"uo sugo acidulo ed astringente e possiede tulle le proprietà che furono attribuite alle sovra descritte specie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Parte inferiore dello stelo, i. Stelo con fiori. ^Z:-//?/?'^^ /-W-^ ^r^c>€^/rhJ^ 327 ÌL SEMPREVIVO MOSTRUOSO Seilum reflexcutn raonstruosum Lob. icon. 378. - Seduin luteum Bauli, più. 283. Tomn. iust. 263. -- Seiliiiu reOexcutn Linn. spec 618 Decandria penlaginia - Classale Juss. - Wild, spec 2. pag. 764. - Lara. dici. eoe. 4, png. 631. - Delaun. Herb. gen. de l'amai. T. 2, Tab. 113. Questa specie di semprevivo è indigena ; trovasi nei luoghi secchi, sabbiosi ed aridi, sui vecchii muri e sui tetti. I suoi steli sono reflessi , cilindrici , curvi alla loro base e ritti nella parte superiore, alti da sei pollici ad un piede, e muniti nella loro lunghezza di foglie sparse, sessili semicilindriche, d'un verde glauco, prolungate in una piccola punta particolare, di- stanti negli steli fioriti, e molto ravvicinate nei rami che non portano fiori : le foglie inferiori di questi stessi rami sono volte all'indietro. I suoi fiori sono gialli , portati su corti pedoncoli , disposti dallo stesso lato , ed all'interno lungo i rami che ter- minano gli steli in una specie di corimbo : ciascun fiore è composto d'un calice monofilo, persistente, diviso sino alla metà in cinque parti piane ed acute; di cinque petali oblunghi, acuti , solcati longitudinalmente nella loro metà , in cui prima della fioritura sta situato lo stame opposto a ciascun petalo ; di dieci stami coi filamenti inserti alternativamente alla base di ciascun petalo , portante alla loro sommità antere alquanto al- lungate e cordiformi ; di cinque ovarii superiori , allungati , e sormontati da uno stilo corto e terminati da uno stimma sem- plice. Le capsule che tengono dietro ai fiori, sono oblunghe, compresse, acute, e contengono molti grani piccolissimi. Le parti dei fiori sono molto soggette a variare nel numero; ma in modo, che le divisioni del calice le quaU ponno aumen- 328 tare da cinque a dieci , corrispondono sempre ad un numero eguale dei petali e degli ovarii : per tal guisa quando il calice è a sei divisioni, lo che è frequentissimo , sonvi pure sei petali e sei ovarii : e se sonvi otto o dieci divisioni calcinali, si tro- vano anche otto o dieci petali , ed altrettanti ovarii. Quanto poi agli slami , essi sono sempre in doppio numero delle altre parti: vale a dire dieci stami per cinque petali, venti stami per dieci petali. Dissimo, che questa specie è indigena dei luoghi incolli , ma coltivasi anche per ornamento nei giardini ; ed è molto facile a coltivarsi, purché sia in una buona esposizione , e si bagni du- rante i grandi calori. La si moltiplica seminando i suoi grani, oppure dividendo le sue radici. Il semprevivo mostruoso chiamasi dai Francesi Orpin refléchi, ed anche volgarmente Trkpie madame, dagli Inglesi Yelloiv sto- necrop, dai Tedeschi Zuruchjehogenes sedum. Il semprevivo acre o semprevivo minore [sedum acre) h pure una pianta che appartiene allo stesso genere : cresce anche nei vecchii muri , nei luoghi secchi ed aridi di quasi tutta l Europa. Le sue radici sono sottili e rampanti : gli steli mediocramente ramosi : le foglie corte , quasi ovali , d'un verde chiaro. I fiori sessili d'un giallo vivo : li sugo di questa pianta La un sapore, piccaute e fu raccomandata contro le affezioni scorbutiche. Non è però molto in uso , essendo che possediamo molte altre piante antiscorbutiche di proprietà maggiormente comprovata. Il sugo del semprevivo acre, è acrissimo, sì che viene riposto tra i veleni acri. Fu per Taddielro usata in medicina nel trattamento di moltft malattie e specialmente in applicazione esterna sopra le ulceri , i cancri , 1 calli ; ma oggidì è affatto abbandonata : entra anche nella composiiiuiie dell'unguento populeon. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Foglie radicali e parie inferiore "dello stelo del semprevifo mostruoso. ». Parte superiore dello stelo. 3. Calice. 4. Dne petali e Ire stimi, 5. Ovario. ; 329 FAMIGLIA 37*'^ — -►ti;j«- — SCROFOLA RIE Famiglia di piante dicotiledoni monopetali ad inserzione ipogiua, ed il cui nome è tratto da quello elei genere scrofola- rie che può esserne riguardalo come il tipo. Richard nella sua botanica medica, riunì in un sol ordine le due famiglie de- scritte da Jussieu coi nomi dìpedicolari e scrofolarie, famiglie le quali non differiscono assolutamente Tuna dall'altra, se non che per la qualità inapribile della loro capsula. Le scrofolarie secondo le ammette Richard formano una fa- miglia naturale composta di vegetali erbacei, talvolta frulticosi; le loro foglie sono alterne od opposte , lo stelo cilindrico o qua- drato, i fiori, la di cui disposizione è variabilissima, hanno il calice monosepalo, persistente, a quattro o cinque divisioni di diversa profondità; la corolla riesce monopetala, irregolare, tal- volta a duo labbri digiunti o ravvicinali ; gli stami nel numero di quattro riescono didinamici ; di rado i due più piccoli ab- borliscono compiutamente. Il fruito consiste in una capsula a due cellette apprenlesi in generale in due valve , le quali ora apportano parte del tramezzo sulla loro faccia interna, come nella sezione delle pedicolari di Jussieu ; ora sono nude come 330 nelle vere scrofolarie : in alcuni generi la capsula si apre sol- tanto per mezzo di fori che mostransi sulla sommità d'ogni cel- letta. Le piante appartenenti a tale famiglia rendonsi in generale osservabili per l'odore più o meno spiacevole e come viroso che tramandano le loro foglie quando si confricano tra le dita; ma esiste poca uniformità nel loro modo di azione ; per tal guisa le radici di graziola, di scrofolaria hanno sapore amaro diver- samente spiacevole , ed operano specialmente come purgative ; l'enfrasia riesce leggermente astringente ed aromatica ; ma di tutte le piante di questa famiglia, non havvene più interes- sante della digitale purpurea, le cui foglie, come osserveremo, operano con tanta energia, ora, sopra le contrazioni del cuore, ora, sugli orgaui orinarli , e che in grandi dosi costituiscono un vero veleno. Le scrofolarie ebbero anche il nome d'i mascherate, personale : le piante a fiori mascherati costituiscono la III classe del me- todo di Tournefort che esso divide in cinque sezioni, avuto ri- guardo alla figura del fiore. Nel sistema sessuale di Linneo poi le suddette piante formano il II ordine, cioè l'ordine angiosperma della XIV classe , ossia della did inamia. Le piante a fiori mascherati finalmente si possono di leggieri distinguere da quelle a fiori labiati , in quanto che le prime anziché avere i due labbri , per lo più aperti , come si riscontra nelle labiate, li hanno invece chiusi e tra toro riuniti. Inoltre le mascherate portano un carattere più preciso e sicuro , il quale fa distinguerle dalle labiate, perchè in luogo di avere quattro semi nudi in fondo del calice, portano invece i loro semi rinchiusi entro ad una casella , la quale giunta che sia a perfetta maturità, si apre per lasciarli uscire. Ventenat unisce in questa famiglia, che è IX della viij classe del suo tableau chi regne vegetai ecc., ventidue generi che dì- vidonsi in tre sezioni. 331 '\ . Le mascherale a due stami soltanto Paederola , Utncaria, Pinguìcula. % Le mascherate a quattro slami didinamici ed a capsula uniloculari Limosella , VandeUia , Lindernia , Browallia. 3. Le mascherale finalmente a quattro stami pure didina- mici, ma portanti delle caselle biloculari. Erinus, Manuìea, Budlcja, Scoparla , Capraria, Haìleria , Scrophukma , Dodartia, Schwalbea, Linaria, Anlwrhinum , C/w'onne , Dujìlalis^ gratiola, Torcììia [Nouvenu Dici. d'Hist. nalur. T. XVI/[ pag. 53(3). 33^ SCROFOLAUIA Scrofularia aquatica major Bauh. pin. lib. 6, sect S. — Tourn. class. 3, sect. 3 gen. 3. — Scrofularia aquatica Liiiu. didiriamia angiosperma — Jnss. class. 9 ord. 6, scrofola rie — Poirel Fior. ined. T. 6, lav. 321 — Rich. bat. med. [i 2oò. La scrofolaria nasce sui margini del ruscelli unitamente alle altre piante acquatiche che contribuiscono all'ornamento di molti luoghi campestri. Elevasi per lo più coi suoi bei fiori bruno-rossi al dissopra della maggior parte delle altre piante. Trovasi spesso vicina alla scrofolaria nodosa , che facilmente di- stinguesi per mezzo delle sue radici non tubercolose, e per le sue foglie ottuse non che solcate. Imperocché la radice della scrofolaria acquatica è serpeggiante e presenta tratto tratto al- cuni enfiati nodosi , paragonati alle glandolo della regione cer- vicale, ingorgate negli individui maltrattati dalle scrofole; onde il suo nome di scrofolaria. Lo stelo è diritto , quadrato , leggermente ramoso , le foglie sono opposte, cordiformi, dentate, semplicemente solcate, un po' ottuse verso la loro sommità, verdi, glabre, piìi pallide nella superficie inferiore. I suoi fiori sono rossastri , alquanto ferru- ginosi; formano un grappolo terminale, interrotto, non che munito di piccole brattee , opposte , lanceolate , e sono dotati di peduncoli particolari più volte biforcati. Ciascuno di essi pre- senta un calice persistente a cinque lobi rotondi : una corolla quasi globosa a cinque lobi ineguali, quasi a due labbra, col tubo corto ed enfiato ; il labbro superiore orbicolare, bilobato, spesso munito d'una scaglia verso la metà ; l'inferiore a tre lobi con quello di mezzo curvo : quattro stami inclinati sul labbro inferiore ; uno stilo. Il frutto è poi una capsula bivalva , a due ?so %*^ 5 1*0' "'ì ^d ^i^c^^'ù^^^a> ' yéy^>ry€^/7:/y^ 333 loggie, rotonde, acuminate alla sommith, queste valve sono di- vise da un tramezzo doppio e contengono una grande quantità di piccoli semi. La scrofolaria chiamasi dai Francesi Scrofulariere, scrufidaìre acquai ique ,(\iì§,\[S\)ixgm\o\ì Scrofolaria acquatica; dai Portoghesi Escrofutlaria dos rios, dai Tedeschi Wasser - braunwurzel , dagli Inglesi Water figwort , dagli Olandesi PFater - speen - krnid. Tutte le parli della scrofolaria hanno odore spiacevole e quasi ^iroso, avente molla analogia con quella delle foglie del sambuco, qualora si confri- cano tra le dita non che un sapore sì amaro, acre e molto nauseoso. La scrofolaria godelle fama di anodina, risolutiva, carminativa, anlelmin- tica, sudoriBca , vulneraria e va diceudo : le si prodigarono elogi fastosi per la cura delle emorroidi , della scabia , delle affezioni scrofulose ed analoghe. TuUavolla conviene dire, che reali non si siano conosciute sì falle proprietà, essendo oggidì la scrofolaria quasi dimenticata dai pratici e dagli scriUori di materia medica. Sarebbe necessario inslituire nuovi esperimenti, onde com- provare le sue proprietà , essendo una pianta comunissima e perciò di facile acquisto. Le sue qualità fìsiche sembrano annunciare che possa essa agire suU'eco- nomìa animale a guisa degli amari tonici e leggermente eccitanti. Osservò Chaumeton che essa è suscettibile di purgare e ad alta dose di cagionare an- che il vomito : ed attribuisce alla sua facoltà di purgare l'espulsione dei vermi che sussegue alla amministrazione della medesima. Oggidì, come abbiamo già notato, riesce se non che raramente ammini- strata per uso interno, e solo da alcuni vecchii chirurghi sono usate le sue foglie sotto forma dì cataplasma sui tumori scrofolosi, sugli ulceri atonici, cancerosi e simili. Secondo Marchand le foglie di questa pianta mescolate colle foglie di sena tolgono alla decozione di quest'ultime il cattivo gusto che le è proprio senza alterarne le sue proprietà purgative. Internamente si può prescrivere la scrofolaria da due a quattro dramme in decozione con due hbbre d'acqua da prendersi lungo il giorno. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. stelo della scrofolaria acquatica, z. Foglia caulinare. 3. Calice e pistillo. 4. Corolla. 5. Corolla aperta in cui veggonsi gli stami. 6 Pistillo circondato dall'ovario da un lato, e dai corpi glandalosi dall'altro. 7. Frutto della grossezza naturale. 8. Lo stesso tagliato orizzonlalmente. 9. Grano della grossezza naturale. 10. Grano isolato. 334 DIGITALE PURPUREA Digitale purpurea Bauli, pio. sect. 6 — Digitalis purpurea Tourn. class. 3, personale — Digitalis purpurea Linn. class. \i , didiuamia angiosperma Juss. class. 8, ord. 7 scrofolarie. La digitale purpurea è fra la specie del suo genere la raag- giormenle interessante per riguardo alle sue proprietà. Essa è pianta bienne e cresce nei boschi montuosi di molte parli d'Eu- ropa, nei terreni sabbiosi e pietrosi ; coltivasi anche nei giardini quale pianta d'ornamento, ove fiorisce nei mesi di giugno e luglio. La sua radice che è fibrosa e brunastra , produce un ciuffo di foglie radicali brevemente picciuolate, ovali, acute, dentate, sinuose, biancastre, vellutate nella loro superficie in- feriore, e di colore verde chiaro superiormente: dal centro di queste foglie s'innalza uno stelo semplice , alto diciotto pollici in due piedi , portante foglie alterne , più piccole delle prece- denfi , quasi sessili , terminate da lunga spica di belli e grandi fiori purpurei, i quali sono pedicellati nell'ascella delle brattee fogliacee, vellutate, e che s'inclinano tutti dal medesimo lato. Essi constano di un calice profondamente diviso in cinque fo- gliole ovali: di una corolla monopetala, campanulata, panciuta, molto aperta, e che si mostra divisa nel suo lembo in cinque lobi rotondi colla sua faccia interna tigrata di piccole macchie nere, attorniate da un cerchio biancastro : di quattro stami, di cui due sono più corti , inserti alla base del tubo della corolla e muniti d'antere a due lobi : d'un ovario libero, conico, mu- nito di uno stilo semplice, e d'un solo stimma. Il frutto consi- ste in una capsula ovale, quasi conica, accompagnata dal ca- lice, a due cellette aprentesi in due valve all'epoca della loro maturazione. m /a/Y^i .r^-^dLy/'^/f^ffr 'r^/?<:'/f{r 335 Dissimo che la digitale purpurea è pure pianta d'ornamento e vaglia il vero, che trovasi quasi in ogni giardino. La si molti- plica seminando i suoi grani in una terra alquanto leggiera ed anche sostanziosa. Ottenutala una volta si propaga per se stessa Le giovani pianticelle non portano fiori che nel secondo anno. Se ne coltiva pure una varietà a fiori bianchi. La digitale purpurea detta anche digitella chiamasi dai Fran- cesi Digitale pourprée, dagli Spagnuoli Dedalena, dagli Inglesi Poxelove, purple fox-clove , dai Tedeschi Finzerkraut^ fingerhut, fingerutblime , dagli Olandesi Vingerchoedkruid. Le foglie della digitate porporca, che ai giorni nostri acquistarono molta celebrità nelTaite del guarire, sono la «ola parte di cui si prevale la tera- peutica. Non è poi però indifferente raccoglierle in ogni epoca dell'anno. Nella primavera in fatto crescono impregnate di troppi succhi acquosi e nel- l'autunno perdono , atteso i progressi della vegetazione la maggior parte della propria energia : quindi l'epoca più favorevole dell'anno per raccogliere le foglie della digitale è verso il mese di giugno e di luglio ; allorquando la pianta si trova nel suo massimo grado di foiza e di vigore, vale a dire nel momento della fioritura. Queste foglie disseccate con diligenza vanno conser- vate in luogo asciutto e preservate dal contatto dell'aria. E siccome poi si alterano prestamente, così deggionsi ogni anno rinnovare. Queste foglie hanno sapore debolmente amaro e cagionano nella gola un senso di acrezza che presto sviluppano. Alcuni autori , e fra questi Boerrhave, esagerarono l'acrezza di sì fatto vegetale, dicendo che induce nella bocca e nella gola una sensazione di bruciore , ed in qualche guisa di arsura L'analisi chimica della digitale lascia per anco bramare cose maggiori. Destouches e Bidaut de Villers ottennero dei prodotti che non servirono di alcun lume sul modo di azione della digitale, Essi distinsero come principi! immediati due sorta di estratti, l'uno acquoso, l'altro alcoolico tra loro ana- loghi ; una materia verde, che sebbene di natura oleosa pfecipilava in fondo del vaso un residuo insolubile composto di \arii sali a base di calce e di po- tassa ed alcune traccie di una materia alcalina carbonaia. Royer farmacista di Ginevra esegui poi la seguente analisi. Una libbra di digitale purpurea venne successivamente trattala coll'etere a freddo e ad un alta temperatura, l liquori filtrati avevano un colore giallo verdastro ed un sapore amaro. Evaporali a consistenza di estratto, il residuo offriva un'appa- renza resinosa r.he attraeva possentemente l'umido atmosferico, e un'amarezza insoportabile che cagionava una sensazione d'intorpimenlo nella lingna. Trat- tato coU'acqua stillala l'estrato etereo si disciolse in parte e l'allra parte si precipita, offrendo tutti caralteri della clorofila, La soluzione acquosa arrossava 336 la carta di tornasole indicando così la presenza di un acido formante dei sai- solubili uell'ossido di piombo e colle basi terrose o alcaline. La parte trattata col piombo fu evaporata a secchezza e ripresa coH'etere retliGcato, il quale si caricò del principio amaro separatosi dalla materia ; un'evaporazione susse- guente diede una sostanza bruna, la quale ripristinava in bleu la carta di tornasole arrossita. Per l'estrema sua deliquescenza questa materia non ha po- tuto cristallizzare. Rayer fassomioliò non di meuo agli alcali vegetali e la considerò come il principio essenzialmente attivo della pianta, dandoteli nome di digitalina. Altri chimici riconobbero ugualmente un principio alcaloide nella digitale purpurea. Un autore svedese citato nell'opera di Tompson euunziò la scoperta di questo principio. Pauguy pubblicò un metodo differentissimo da quello di Rayer col quale pretese d'aver isolato uu principio di natura alcalina cri- stallizzato che egli pure chiamò digitalina, il quale non rassomiglia punto a quello cui Rayer diede questo nome. Questo metodo, che per confessione dell'autore stesso richiedeva d'essere ripetuto, consisteva nel far bollire le fo- glie di digitale nell'acqua accidulala di acido solforico , concentrare il decolto e sottometterlo all'ebolizione con della magnesia calcinala; questa deve com- binarsi coU'acido unito al principio alcalino premuto nella digitale. Per iso- lare questo principio il residuo raCfreddalo e ben lavato, si trattò coll'alcoole retliQcato e bollente. Il liquido feltrato e concentrato lasciò deporre una sostanza bianca, inodora, di sapore acre, cristallizzata in aghi finissimi, insolu- bile nell'acqua, solubile nell alcoole e nell'etere. L'alcalinità di questo prin- cipio crisiallino era sensibilissimo nella carta di tornasole. Tanto nel passato, che nel presente secolo si hanno moltissimi medici, ' quali falli sì sono a studiare le medicinali proprietà della digitale, ad inve- stigare l'azione che questa vegetale svilnppa nell'animale economia, a deter- minare in quale apparalo organico quest'azione a preferenza si eserciti, e ad applicare una tal pianta alla cura di varie malattie ; e tanle cose si sono dette e tante si sono scritte, che chiunque volgesse in pensiero di riferire anche succintamente ciò che si è scrilto dai medici passali e viventi, avrebbe ben di che occuparsi e fare di ciò solo un grossissimo volume. Non potendo per ciò noi difFusamente estendersi sull'argomento che intra- prendiamo a trattare , ci limiteremo a riferire quanto il chiarissimo professore Bruschi scrisse su di esso, avendo questo sommo autore saputo egregia- mente compendiare quanto d'essenziale si possa dire sul farmaco in discorso, e a fare conoscere quanto su di esso opinarono altri recenti autori. Chi vuole riguardare la digitale come un rimedio , che unicamente esercita la sua azione sull'apparato digerente, perturbando i vitali movimenti dello stomaco e degli intestini, e conseguentemente come un rimedio irritante, e di analoga azione a quella degli emelici e catartici. Chi pretende di consi- derare nella digitale un farmaco fornito soltanto di un'azione di slimolo, e quindi credono, che i salutari effetti di questa pianta sieno tutti dovuti a quel potere stimolante che la medesima esercita sul cuore e sulle arterie : al- tri viceversa, e questi sono nel maggior numero, pensano che il modo di azione della digitale negli organi della circolazione sia quello di deprimerne 3.37 ^(ì infievolirne i vitali movimenti, e quin. 338 alle fnuci, all'esofago ed al venliicolo. L'azione poi deprimente della digilale, sia quest'azione un effetto secondario del potere irritante posseduto da questa pianta , siccome alcuni opinano , sia questa forza deprimente tutta idiopatica pel sistema nervoso, e sintomatica per gli organi della circolazione, siccome altri pensano ; sia infine quest'azione deprimente esclusivamente diretta alla vitalità del cuore e delle arterie, in modo che i sintomi nervosi si debbano soltanto considerare quali fenomeni consecutivi alla diminuita circolazione sanguigna , siccome altri medici credono , è certo che quest'azione deprimente delia digilale è sensibilmente provala dai sintomi seguenti : minoramento nelle pulsazioni arteriose, le quali nello stato fisiologico diminuiscono della metà, e nello stato patologico di tre quarti ; polso irregolare, intermittente, dicroio, debolezza muscolare; freddo all'estremità del corpo; pallore della cute; cefa- lagia ; vertigine ; dilatazione della pupilla ; offuscamento della vista ; amaurosi lemporaria ; tremori, convulsioni, talvolta toniche, e tal altra cloniche , e sudori freddi. L'azione infine secernente della digitale, ed iu più speciale modo la diuretica, è manifestamente palese nella pluralità dei casi, lauto nello stato fisiologico che palo'ogìco, in cui gli animali, essendo sottoposti all'in- fluenza di questa pianta, applicata o nella interna o nella esterna superficie del corpo, ha quasi sempre luogo un'abbondante secrezione ed eliminazione di orina, non meno che lagrimazione, scilivazione e sudore. Né i pochi saggi sperimentali fatti sugli animali col principio altivo della digilale, ossia Digi- talina, smentiscono la generale azione deprimente attribuita alla digitale stessa, poiché si è osservato, che injettando una piccola quantità di digitalina nelle vene dì un animale, questo è condotto a morte in breve tempo senza mani- festare particolare sofferimento ; il sangue di esso si mostra incapace al coa- gulo , ed è di un colore rosso pallido ; ed il cuore grandemente perde la sua forza contrattile- Tutto il complesso però degli enunciati sintomi non è sempre osservabile negli animali assoggettati in qualunque siasi modo all'azione della digitale ; anzi avviene talvolta che si ravvisino fenomeni contrarli ; e ciò ha luogo più particolarmente in riguardo ai moli della circolazione, i quali si veggono talvolta, per l'azione della digitale, sensibilmente aumentati. Questa circostanza, congiuntamente a qualche altra di eguale natura, ha forse indotto alcuni medici scrittori a considerare la digitale come un agente terapeutico fornito di azione stimolante, anzi ohe no. I medici francesi, e più particolarmente Broussais, hanno tentato di conciliare i falli colla teorica, ed hanno sta- bilito che i fenomeni di stimolazione, manifestali talora dalla digitale, non sono fenomeni dovuti ad una intrinseca azione di slimolo che essa eserciti nella economia animale, e che l'accresciuta pulsazione del cuore e delle ar- terie, la quale in alcun caso si osserva avvenire in seguito dell'applicazione della digitale al vivo organismo, non è un effetto diretto dell'azione di sti- molo che questo vegetale possiede; ma bensì un effetto indiretto, dovuto al sopreccitaraenlo e forte irritazione che produce la digitale negli organi con cui è posta a contatto, e principalmente colla mucosa gastro-enterica, iu cui sviluppandosi viva flogosi , qnesta determina, per organica simpatia, l'accre- scimento dei moti cardiaci ed arteriosi. Giù la luojo sopraltullo allorquando 339 'i:\ i!igitale si appliclii o su ili uno ìIkilìich j;i;i in isfato Ji iirilazione, o sì rimministii a largii dose, ovvero se ne continui a lungo raminlnisliaiione. Viceversa allorché sia flato d'iulrorlurre la digitale in un Tenlricolo sane», a modica dose, e per pochi giorni, si ha sempre per immediato di lei effetto una notabile diminuiione nei moli del circolo sanguigno. A noi sembra che questa opinione del dottrinante francese, seguita pure da altri medici fisiolo- gisti , sia non poco degna di riflessione, onde convenientemente applicare la digitale alla cura di quelle malattie otb essa è universalmente commendata. lenendo appunto a fare parola delle particolari malattie, alla guarigione delle quali si usa la digitale, ci piace in primo luogo di accennare che non pochi medici hanno amministrato questa sostanza medicamentosa nelle febbri- Si ha qualche osservazione comprovante che la digitale è stala utilmente pre- scritta iu alcun caso di febbre periodica; ma sono generalmente febbri con- tinue, e quelle d'indole flogistica, contro le quali viene più frequentemente amministrata la digitale. Le febbri che presso i clinici si conoscono col nome d'infiammatorie, o sinoche, cedono bene spesso al potere medicamentoso della digitale, che in alcun caso si rende un ottimo mezzo per menomare l'impeto del circolo sanguigno ed abbattere la flogosi (forse vascolare), unica causa immediata di tali febbri. Non però la cura delle febbri infiammatorie aflidar si deve totalmente all'uso della digitale, ma si rende necessario congiungere all'interna amministrar.ione di questo rimedio, ancbe un adeguato metodo Curativo antiflogistico, stabilito sulla flebotomia e sulla amministrazione d'idonei medicamenti refrigeranti. Quei clinici , che molto valutano il potere irritante che la digitale esercita nell'apparato gastro-enterico, si mostrano ben poco proclivi ad usare di questo farmaco nella cura delle febbri infiammatorie, alle quali per l'ordinario si associa una flogistica condizione del ventricolo, e forse anche dei sottoposti intestini. Broussais , e seco lui tulli i medici fi- siologisti francesi , si guardano assai bene di amministrare agl'infermi attaccali dalle febbri anzidette la digitale ; e se talvolta prescrivono questo medica- men1o , non ne prolungano giammai l'uso a molli giorni , temendo che possa la digitale sviluppare la flogosi gastro-enterica , ed esacerbare così il corso della malattia : vogliono perciò questi medici , che prima di decidersi ad am- ministrare la digitale nelle febbri in questione, debba porsi tutta Taltenzione allo stato del canale gastro-enterico, e che si amministri solo in quella cir- costanza in cui gli organi digerenti non mostrino la più piccola tr.iccia d'ir- ritazione ; e che si sospenda l'uso della digitale , tosto che questa irritazione apparisca. D'altronde quei medici i quali tengono più a calcolo nella digitale la forza deprimente che essa esercita negli organi addetti alla circolazione sanguigna, di quello che sia la di lei azione irritante, ne usano non solo in ogni febbre infiammatoria, ma anche in ogni organica infiammazione acuta, accompagnala da febbre, e più particolarmente contro le infiammazioni cere- brali e dei visceri toracici. Siccome è un fallo indubil.ito, chela digitale sviluppa un'azione deprimente sull'energia vitale del cuore e delle arterie , tosi se ne somministra in lutti quei casi morbosi in cui si osserva un esaltamento di vitalità negli organi Hr-lla circolaiione : una tale praiica è generalizzala presso quasi tulli i mediti; e(J appena aJ eisl ;u%enoa <ì\ soccorrere im qualche indixiiluo nioleslalo d;» inuormali pulsazioni del cuore o dei grossi vasi, che lesto al medesimo pre- scrivono la digitale, quale agente terapeutico il più idoneo a combattere il morboso stato di sopr'eccitamento dell'apparato circolatorio. Quantunque però nella jiluralilà dei casi riesca la digitale un buon rimedio contro la palpitazione, l'incipiente aneurisma interno e la lenta angioite , pure fa di mestieri usare di tutta la circospezione prima di sottoporre gl'infermi all'uso della digitale : i buoni ed avveduti pratici raccomandano cbe si porti attenzione sulla natura delle anzidette malattie, e che accuratamente si osservi la causa produttrice di esse. Non sempre le aumentale pulsazioni cardiache ed arteriose sono con- seguenza di un morboso accresciuto eccitamento, idiopaticamente sviluppalo nel cuore e nei vasi ; ma qualche non rara volta l'aumento delle pulsazioni di tali orc^ani è l'efFetto simpatico di una qualche condizione morbosa in altre parti esistente. Spesso, a modo di esempio, l'esaltamento di vitalità dell'ence- falo, e del sistema nervoso, eia cronica inBammazione dell'apparalo digerente, servono di per sé sole a mantenere una inuormalità nei moti degli organi addetti alla circolazione, e l'aumento di questi moti è del tutto simpatico: in sì fatto incontro l'uso della digitale riuscirà per avventura più nocevole cbe vantaggioso. Né meno avveduto deve essere il clinico Dell'amministrare la digitale a quegl'individui affetti da vizio organico del cuore e dei grossi vasi; poiché sovente si osserva, che in seguito alla somministrazione di questo farmaco, la condizione degli infermi si rende peggiore; e ciò forse a motivo di quell'azione irritante che la digitale sviluppa nell'apparato digerente , ov- vero in virtù di quell'azione perturbante che la medesima esercita sul sistema nervoso. Similmente l'azione deprimente della digitale sulla vitalità del sistema va- scolare ha condotto i pratici a valersi di questo vegetabile nella cura del- l'emorraoie ; ed un qualche numero di bene instituite osservazioni concorrono a dimostrare l'utilità della digitale. In tutte quelle emorragie in cui sia sen- sibile l'accresciuta energia vitale dei vasi sanguigni , potrà la digitale essere sempre amministrala con vantaggio , e sarà facile il vedere cessata una emor- ragia dopo l'araminislrazione di questo rimedio. Il potere diuretico , quasi generalmente accordato alla digitale, ha fatto applicare questa pianta al trattamento curativo delle idropisie: quindi l'idro- cefalo, l'idrotorace, l'idrope del pericardio, l'ascite e l'anasarca , sono malattie contro le quali prescrivono bene spesso i medici la digitale , sebbene non sempre con buon successo. Se dall'uso della digitale nella cura delle idropisie non si ha sempre un felice risultamento, ciò dipende tanto dalla natura della malattia, quanto dall'indole del rimedio. Moltissime sono le morbose cause che danno origine e mantengono le idropi ; e quindi queste malattie non sono suscettibili di essere in ogn'incontro condotte a guarigione coll'uso di un solo medicamento. Egli è vero, che nella maggior parte delle idropi riesce proficuo il promuovere un'abbondante secrezione di orina; ma é vero altresì cbe la digitale non si mostra sempre efficace nell'agire come rimedio diuretico; anzi alcuni medici negano del tutto un tale potere a questa pianta , e tra essi ci piace nomiaare il dottore Gerard. Quegli asserisce, il ^più gran numero di 341 quelle favorevoli osservaiioiii , d.ille quali risulta che la Jijjilale ha dissipato le idropisie, sono osservazioni relative a travasamenli liDlalici secondarli a vizi organici del cuore e dei vasi ; e conseguentemenle la digitale non La agito direttamente contro le idropisie, ma sì bene ha sviluppato la sua parti- colare azione medicamentosa contro le morbose alterazioni del cuore e dei vasi stessi. Inoltre, sogtjiunge il medico francese, che allorquando si è creduto osservare effetti diuretici in seguito della somministrazione della digitale pur- purea , non si è questo rimedio amministrato isolatamente, ma bensì associato alla Scilla, al nitro, ed altri sali neutri, ed in genere ai medicamenti ritenuti da lutti i pratici per diuretici. Anche Alibert non è propenso ad ammettere nella digitale purpurea l'azione diuretica, e dice di aver quasi sempre infrut- tuosamente prescritto questa pianta , nei casi in cui ha egli voluto soddisfare alla curativa indicazione di aumentare la secrezione della orina. Quei clinici puranco che non dubitano della facoltà diuretica della digitale, non ne am- mettono perciò l'uso in ogni specie d'idropisia, né io ogni periodo del morbo vogliono essi , che il rimedio in questione si usi soltanto nella cura di quelle idropi primitive, le quali non riconoscono per causa infarcimenti •viscerali, o altre organiche alterazioni : raccomandano inoltre che la digitale si amministri solo nell'incominciamento delPidrope, e non allorché questa malattia siasi da gran tempo sviluppala: stabiliscono infine che si debba desistere dall'ammi- uislrazione della digitale, quando questa cessi di agire come rimedio diuretico; ma che invece di aumentare la secrezione della orina sviluppa un'azione ir- ritante sul tubo gastro-enterico. Un tale fenomeno frequentemente si osserva, ed è perciò che avveduti clinici, ad oggetto di ovviare la gastrica irritazione, raccomandano di abbandonare l'uso interno della digitale e di porre in opera l'esterna applicazione di essa. La digitale introdotta per la via dell'assorbi- menlo cutaneo, non manca di sviluppare una energica azione suirapparato orinario e promuovere un'abbondante evacuazione di orina , che in alcun caso è anche più copiosa di quello che si osservi in seguito della interna aln- miuistrazione di questo farmaco. Il metodo adunque di applicare i medicamenti all'esterno proposto da Chrestien, e dai signori Lambert e Lesiur (Introd. VHi), può essere messo utilmente a profitto, anche in riguardo alla digitale, nella cura delle idropisie. Un'altra applicazione medica della digitale, commendata da varii clinici , è quella di usarne nella tisi polmonare, e si vantano guarigioni assolute di un morbo sì minaccioso, ottenute coll'uso della digitale. Anche in riguardo però a questo punto di pratica sono necessarie alcune limitazioni ; né credere si deve che ogni specie di tisichezza sia suscettibile di essere sanata colla digitale; né che tampoco questo vegetale possa amministrarsi in ogni stadio del morbo. Bacher riferisce la storia di alcune tisi polmonari complicate ad idrotorace ed anasarca , in cui la digitale trionfò perfettamente della malattia ; quindi è che le osservazioni di Bacher possono essere bene valutabili in casi analoghi, ma non possono servire a fissare il pratico precetto, che la digitale giovi cioè nella cura di ogni tisichezza. Hosack ammette pure nel trattamento curativo del morbo in questione l'uso della digitale, ma ne limita l'amministrazione nella sola circostanza di tisi incipiente, e riguarda la digitale nocevole allor 342 che si traili di applicarla alla cura della tisicheiia inoltrala - e quando sia già nel viscere affetto stabilita la suppurazione. Neuraanu non si allontana gran fatto dalla sopra espressa opinione Hosack , poiché riguarda, se non dannosa la digitale nello stadio suppurativo della tisi, almeno inutile: come pure ri- tiene frustanea raraministrazioue di questo rimedio contro le tisi tubercolari , ed in quelle consecutive ad emottisi : d'altronde Neumann ha osservalo essere sempre vantaggiosa la digitale in quella specie di tisichezza distinta con nome di tisi catarrale o piluitosa, che è quanto dire nel catarro cronico, o lenta bronchite. Darwin inoltre, e con esso lui molti medici inglesi, fra i quali Thomas, Drake, Jowler, ed in ispecialità Beddoer, proclamano la digitale un rimedio infallibile, quasi uno specifico contro questa crudele malattia. E secondo Beddoer Tuso di siffatto medicamento in tale circostanza è particolarmente fondalo nel diminuire esso sensibilmente la secrezione del muco bronchiale. Questi malati che usano, dice egli, di questi preziosi medicamenti, godono subilo certa calma benefica ; gli spuli dapprima abbondanti e marciosi , diven- tano più rari, ed affatto mucosi ; scema progressivamente la tosse, e scorgonsi presto a sparire qua' sintonti spaventevoli che avrebbero sollecitamente con- dotto al termine i pazienti. La speciale azione che si è credulo possedere la digitale sul sistema linfatico ha fatto commendare da alcuni medici l'impiego di questo farmaco nel tratta- mento curativo delle affezioni scrofolose. Van-Helmont , Haller, Beil, pre- sentano su questo soggetto di clinica delle osservazioni, le quali possono destare un qualche interessamento. I due primi sopracitati medici hanno sempre congiunto all'uso interno della digitale contro le scrofole, anche l'ap- plicazione locale de' cataplasmi preparati colle foglie fresche di questa pianta, ed asseriscono di avere con sì falli mezzi ottenuto non equivoci vantaggi. Huffeland, nel suo trattato della malattia scrofolosa, le prodigalizza egual- mente grandissimi elogi : cita egli molle osservazioni di malati cbe guarirono per essa prestamente, mentre pure sembravano condotti agli estremi. La di- gitale purpurea, dice egli^ va annoverata fra i mezzi antiscrofolosi maggior- mente eroici : contribuisce essa al risanamento del vizio radicale scrofoloso favorendo il riassorbimento; scioglie gli ingorgamenti glandolosi, in ispecialità qualora la si unisca ai mercuriali : dissipa le effusioni linfatiche e le idropisie scrofolose. È un eccellente mezzo contro l'asma e la tosse scrofolosa ; libera i polmoni eccitando la secrezione dei reni. La si adopra da ultimo con pro- fitto all'esterno applicandola sugli indurimenti glandolosi, tanto in fomenta- zione , quanto .sotto forma di unguento. È d'avvertirsi che in tulli quei casi in cui la digitale si è mostrala efficace per condurre a guarigione le affezioni scrofolose , è stalo questo rimedio sempre amministrato a piccole dosi e gradatamente aumentate, e se ne è prolungata l'araminislrazione per molto tempo. Varii medici hanno pure voluto approfittarsi di quell'azione deprimente ; che la digitale esercita sul sistema dei nervi; e quindi hanno tentalo disfarne un'utile applicazione anche per vincere alcune malaltie del nervoso apparato. L'epilessia è uno di «luei morbi della classe dei nervosi, che può essere su- 343 scetlibile Ji ^luarigione coll'uso della digitale, Broussais , e prima di lui (|iial- che altro meilico, ha ottenuto un Ijiion successo dalla sommiui>>liazìoiie della digitale contro l'epilessia , la quale è slata , mercè questo farmaco , ancLe compiutamente debellata. Si crede in generale, che a motivo di quella speciale attività che spiega la digitale sulla irritabilità muscolare, di cui grandemente diminuisce la forza, si renda questo rimedio utile nel sanare l'epilessia; bene inleso però , allorché questo morbo non riconosca per causa una qualche orga- nica alteraiione cerebrale. La stessa attività della digitale nel diminuire la ir- ritabilità muscolare, ha fatto opinare a qualche pratico , e fra questi al sopra- cilato Gerard, che il vegetale in questione potrebbe pure applicarsi eoo vantaggio al trattamento curativo del tetano, nella quale malattia sembra che la irritabilità muscolare sia fortemente esaltata: si propone, nei casi di letano, di usare la digitale tanto come interno rimedio, quanto come topico mezzo curativo ; non si hanno però osservazioni bastevoli a persuadere , che la di- gitale sia un efficace medicamento per sciogliere il tetano, o le tetaniche coa- vulsioni. Anche nel trattamento curativo della mania si applica talora con buon successo la digitale ; forse perchè diminuendo questo farmaco l'attività del circolo sanguigno, pone l'encefalo in coudizione tale da rendere meno intensi gli accessi maniaci: le poche osservazioni bensì che si hanno sul pro- posito, non autorizzano un clinico a molto conQdare sull'azione medicamen- tosa della digitale contro la manìa ; e questo rimedio potrà per avventura operare più una cura palliativa che radicativa del morbo anzidetto. Masson Crox le attribuisce grandissimi successi in questa malattia, e le sue pratiche osservazioni meritano certamente molta confidenza, essendo egli slato per più anni esclusivamente dedicato in un grande ospizio di pazzi allo studio ed alla cura di questi infelici : quindi egli parlando dei varii rimedii che si possono più o meno utilmente usare contro la pazzia, dice: dopo gli emelici, la digitale è quello fra tulli i rimedii da cui si pos'iano attendere effelti vantaggiosi; e per la pratica che io ne ho, non reputo incurabile alcuna mania , finché non è stata tentata la d-gitale a tali dosi da produrre sensibili effetti , particolarmente quando i polsi sono più forti e più frequenti del do- vere la digitale agisce meglio; e benché a dosi troppo ardite possa avere dei tristi effetti, egli è sempre facile guarentirsene cominciando da piccole dosi ed aumentandola per gradi. Finalmente ci piace accennare, che anche in altre malattie nervose si è dai pratici prescrittala digitale con qualche vantaggio; ma prima di affidare alla sola digitale la cura delle malattie proprie all'encefalo ed ai nervi, farebbe di mestieri avere più estesa conoscenza dell'azione che questo vegetale svi- luppa sull'apparato senziente , ed una più precisa nozione sulla natura delle morbose alterazioni a cui soggiace il sistema nervoso. Varie osservazioni inoltre si fecero del farmaco in discorso, or su una or su l'altra delle affezioni indicate comprovanti tutte chi più chi meno l'effica- cia d'un tale farmaco, fra le quali citeremo quelle di Fanzago e di Ra^ori inserte nel dizionario delle scienze mediche a cui rimandiamo il lettore. Si è già avvertito, che la digitale non manca di azione, ancorché essa venga applicata all'esterno : quindi le frizioni fatte colla tintura di digilale, 341 rupplicazioue ilei cotnplasmi formali colle foglie di questa pianta, ie iD}ezTom dei clisteri composti dairinlusione o decozioue delle foglie slesse, e le un- zioni con unguenti preparali colla polvere delle foglie di digitale unita al grasso, ovvero al sugno, sono tanti meni terapeutici valevolissimi ad impiegarsi nel trattamento curativo di quelle particolari malattie, al buon an- damento delle quali sia giovevole Tinterna amministrazione della digitale me- desima. L'arte di guarire troverà in molte circostanze morbose un pregevole sussidio Dell'usare la digitale eziandio come rimedio topico. Si è del pari accennato , che la digitale esercita nell'animale economia un'azione mollo intensa, e che sviluppa quei sintomi propri! ai vegetali venefici : ond'è , che il medie» può trovarsi nella occasione di dovere pre- slare gli opportuni soccorsi dell'arie ad individui, la di cui vita possa essere minacciala dall'azione deleteria della digitale. Una tale luttuosa circostanza esige, che il medico si giovi di tulli quei mezzi curativi , i quali riescono proficui nei casi di avvelenamento, prodotto dai veleni acri, alla qual classe appartiene senza fallo la digitale. Quindi l'uso interno degli emollienti, le esterne confricazioni sulla superficie del corpo , la moderata somministrazione di qualche sostanza aromatica ed alcoolica , sono in generale quei sussidii te- rapeutici [)iù all'uopo opportuni. Il modo di amministrare la digitale purpurea è mollo vario, e ben diversi sono i pareri dei medici sul trascegliere l'una o l'altra maniera per far pren- dere questo farmaco, il quale agisce diversamente, a seconda de' suoi diffe- renti preparali farmaceutici. Le foglie di digitale purpurea si amministrano agl'infermi in polvere, in decozione, in infusione, in tinture ed in estratti. La polvere si prepara colle foglie di digitale diligentemente disseccate all'om- bra, e si amministra alla dose di due grani a sei, unita a qualche estratto e ridotta in pillole, ovvero associala a qualche altra sostanza medicamentosa similmente polverizzala. I pratici hanno osservalo, che l'amministrare la digi- tale in polvere non è il miglior modo di somministrazione ; poiché essa svi- luppa con troppa attività il suo potere irritante, e meno energicamente la sua forza deprimente e diuretica : alcuni consigliano di combinare sempre la polvere delle foglie di digitale purpurea colla polvere di gomma arabica , onde quest'ultima sostanza raffreni in qualche modo l'azione irritante della prima. La decozione di digitale purpurea si prepara con tre dramme di foglie secche ed una libbra di acqua, e questa dose si amministra nel corso delle 24 ore : i medici rare volte si servono del decolto sopraccennalo , perchè si conosce che l'ebollizione minora alquanto rallivilà medicamentosa della digitale : in vista di ciò , l'infusione delle foglie di questa pianta nell'acqua bollente alla dose sopra espressa , viene generalmente preferita alla decozione. Colle foglie di digitale si preparano Ire varie specie di tintura; la vinosa cioè, 1 alcoolica e l'eterea. La prima si ottiene facendo digerire per 48 ore due once di foglie secche di digitale in 32 oncie di vino, e fiilrando il liquore dopo la dige- stione : il signor Mauoel de Paiva loda eminentemente la facoltà diuretica di questa linlura vinosa di digitale, della qusle amministra agli infermi una mezz'oncia, ovvero un'oncia, due o tre volle al giorno. La lintina alcoolic;» fii digitale si oltiene nel modo slesso della precedijnte , inipiegisulo p-^rò I;» 34r> «Jojipiii dose di foglie secche di digitale e d"idcool invece del ^iIlo : di qiie!>la tintura se ne amministra la dose di lO a 30 gocce iu opportuno veicolo, e per più volte al giorno. La digitale purpurea amministrata in tintura alcoolica perde alquanto della sua attività deprimente ; poiché Talcool, che agisce sli- molando, la diminuisce : in ragione di ciò molti clinici ritengono l'anzidetta tintura alcoolica per un preparato farmaceutico di aiione ibrida ed incerta : altri commendano di usare questa tintura in quei casi morbosi , in cui si de- sideri che la digitale non agisca come rimedio deprimente, ma soltanto come medicamento diuretico. I medici inglesi hanno proposto il preparato della Tintura eterea di digitale, alla cui formazione s'impiega una ottava di fo- glie secche di digitale ed un'oncia e mezza di etere nitrico : dopo la dige- stione di più giorni si filtra la tintura, e si amministra alla dose di 6 a 20 gocce in ogni due o tre ore : questa tintura è riguardata come efficacissima per promuovere abbondante secrezione di orina. Due estratti si preparano colle foglie di digitale, l'uno acqueo e l'altro alcoolico. Il primo si fa col solilo metodo degli altri estratti medicinali : generalmente però questo estratto è di uso limitatissimo, ed è poco energico nella sua azione medicamentosa. L'estratto alcoolico di digitale è mollo più attivo del precedente, ed è forse uno dei migliori preparati che fare si possa colla digitale: di questo estratto, diligen- temente preparato, se ne amministra la dose di un quarto a due grani ogni due 0 tre ore : quei pratici i quali si giovano frequentemente dell'estratto al- coolico di digitale, assicurano che es.«o spiega nell'animale economia tutta l'attività medicamentosa che possiede la digitale, senza indurre sensibile irri- tazione al ventricolo , e che è un preparalo di un'azione costante e bene de- terminata, ed è sopra tutto proposto nelle malattie del cuore e dei vasi quindi sarebbe più che desiderabile che si generalizzasse l'uso medico del- l'estratto alcoolico di digitale , e che i nostri farmacisti si occupassero della sua preparazione. Non vogliamo oramellere di accennare, che alcuni medici propongono eziandio l'amministrazione del sugo di digitale, tratto dalle foglie fresche di questa pianta ; ma per usare di questo sugo si richiede molta cir- cospezione onde calcolare sull'intensità della sua azione, che può talvolta es- sere più deleteria che salutare. '^^^M^^^'^ SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Sirie» AAXi di-(i,»l'. 2. F.iglia rilicilc. ,H. Cìrilli aporia. 4. Frutto taglialo orisiaiildliiirulc. 5. Graiiu iioljio. 346 DIGITALE A PICCOLI FIORI Digitalis pai'vlflora, Lam. — Didinamia anglosperraa, Linn. — Scrofolarie, Juss. — Personale, Saint. -Hilaire Plani, de la Fr. Iona. 2- Questa pianta è indigena dei Pirenei , delle alpi , dei terreni pietrosi e montagnosi ; coltivasi anche nei giardini quale pianta d'ornamento, e fiorisce nei mesi di giugno e di luglio. Il suo stelo s'eleva ritto all'altezza di due o tre piedi. Le sue foglie sono alterne, sessili, lanceolate, acute, dentate sui margini, dure e molto liscie. I fiori sono d'un colore giallo. Essi formano una lunga spica alla sommila degli steli: hanno un calice gla- bro, a cinque divisioni profonde ed acute: una corolla mo- nopetala col tubo leggermente gonfio verso la sua apertura, senza macchia di sorta internamente; col lembo diviso in cin- que lobi, di cui il più grande è munito di peli : quattro stami didimi ed inserti verso la meta del tubo della corolla : un ova- rio libero e sormonialo dallo stilo lungo quanto la corolla. Il fruito è una capsula acuta, divisa in due loggie da un tramezzo doppio, e racchiudente molli semi. La digitale a piccoli fiori chiamasi dai Francesi digitale a Pelites fleurs, dai Tedeschi del Gelbe fingerhut, gelbe glokcken, dagli Inglesi The kssenjellow fosx-gbee, dagli Olandesi Geel singer hoev. Le foglie di qnala specie di digitale Iianno UQ odore, e sapore analogo ai quelle delia sopra descrille specie ; ma finora non sono stale ben es|)erinien- late le loro proprietà mediche. Trovanti in cuinnKMcio alenile volle dicìcu- %Si .ÌzJ/^^//^i/jC 347 late colle foglie della digitale porporea; è bene il dislinguerle : la qaal cosa riesce facile, confrontandole. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo della digitale a piccoli 6ori. 2. Fiore intiero. 3. Corolla aperta e Itami. 4. Calice e pistillo. 5. Frullo taglialo trasversalmente. 3i8 DIGITALE IJNGUETTATA Di^'ifalis lingiv.'Uita -- S.iict-Hihiire, Pl;iut. i!e la France t. 2. — DliJliiamia atigiosperma, Limi. — Persouale, Veni. Auliniuee. Saiul.-Hilaire. Questa è una pianta rara anzi che no. Non si conosce ancora di qual luogo sia indigena, sebbene si trovi coltivata in molti giardini d'Europa. Saint-Hilaire dice d'averla rinvenuta in un giardino ove non fu seminata. Essa ha molta analogia colla di- gitale ferruginosa [Digitalis feìrugimsa, Linn.). Il suo stelo, alto circa due piedi, è ritto, non che leggermente angoloso, e porta foglie alterne, sessili, intiere, lanceolate, acute verso la sommità e rotonde alla base degli steli. I fiori sono disposti a spica, d'un colore porporeo ferruginoso. Essi sono composti di un calice a cinque divisioni profonde e vellutate esternamente, d'una corolla monopetala, a cinque denti, di cui una ha la forma di linguetta e molto più grande ; di quattro stami più corti della corolla che stanno inserti alla sua base. 11 frutto è una capsula a due logge che contengono più grani. Essa si moltiplica seminando i suoi grani giunti alla loro per- fetta maturità, verso la fine del mese di marzo. È piuttosto rustica e non richiede gran cura nel coltivarla. Fiorisce in ogni anno nei mesi di agosto e settembre. Può servire d'ornamento nei giardini, atteso i suoi bei fiori rossi ferruginosi. La digitale lingueltata chiamasi dai Francesi Digitale en lan- (jueltes. TuUe le pani
  • >aiio istituire su di essa a[)in)sili esperimenti. , SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Slelo. ». Foglia della base. 3. Calice e pislillo. l,. Capsula. 5. Corolla aperla e slami. 6. Capsula tagliata Iraversalinciile. 350 DIGITALE AMBIGUA DigUalis lutea magno flore. Bauli, pia. 224. — Eranlz. Ausf. p. 3ofi o!)s« 3. — Digitalis ocLroieuca, Jacq- Qor. Aust. 1, pag. 36, lab. 57. — D'g'~ taiis ambigua, Rolh.Cat. bot. 2, 29. — Willid tom. 3, p. 1. pag. 28o. — Di- gitalis ambigua, Linn.suppl. 280. — Didinamia aogiosperma, Juss. -- Scrofularie Personale, Veni. — Delaun, Herb. de ramai, tona. 1 , lab. 7. Questa bella pianta è molto comune nei boschi di quasi tutta Europa, specialmente dei boschi sabbiosi della Svizzera e del- l'Austria; porta fiori d'un colore giallo, molto più grandi che quelli della digitale porporea. Essa è vivace ; ma nel primo anno non produce che un ciuffo di foglie radicali, lanceolate acute, sottilmente dentate, verdi nella superfìcie superiore, più pallide, vellose e segnate da nervi saglienti nell'inferiore. Fra mezzo a questo ciuffo nel secondo anno s'elevano steli cilindrici, erbacei , vellosi , alquanto viscosi , ornati nella sua lunghezza di foglie alterne, sessili, e quasi amplessicauli della stessa for- ma e del medesimo colore delle altre , e terminati alla som- mità, da una spica di numerosi fiori, alterni, sostenuti da un corto peduncolo, che porta una brattea fogliacea ed acuta: essi sono composti di un calice a cinque divisioni lanceolate-acute e persistenti ; di una corolla grande, monopetala, a cinque denti, d'un bel colore giallo, segnato internamente da punti bruni di quattro stami, di cui due più corti, ma tutti aderenti alia co- rolla ; d'un ovario ovale , sormontato da uno stilo persistente biloculare, ma che alcune volte ha anche esternamente l'appa- renza d'avere quattro loggie. Il frutto è una capsula che con- tiene piccolissimi semi segnati da punti metallici e brillanti. La digitale ambigua chiamasi dai Francesi Digitale a ijran- desflews, dagli Ingksì Gerat tjellow fox-ylove , dai Tedeschi Blassfjelber fingerhul. i^aaa^ 354 Onesta specie di digitale serve più tosto per ornnre i giardini che per la medicina : tultavia le sue foglie sembrano dotate d'una tìiIù analoga a quelle flell.i digitale porporea , colla quale questa specie, tranne nel colore, serba molla analogia. SPIEGAZIOISE DELLA TAVOLA i^y I. Slelo di digitale ambigua, a. Foglia radicale. 3. Corolla aperu e stami. '). Capsula. 352 Dir. ITALE ACANTOIDE Digitalis Canariensis, Linn. spec. plani. -- Didinamia angiospermia 868 — Gesneria foliis lanceolatis, Hoil. Cliff. 3l8. — Digilalis acaiithoides, Coinniel. Hnrt. 2, p. lOo, tab. S3 — Herb. de ramai, lom. 1, lab. 8 — Sciololarie Juss. — Personale Veni. Plukenel e Commelin furono i primi a far menzione di questa bella pianta indigena delle Canarie, eolie assai bene prospera nei giardini , ove coltivasi quale pianta d'ornamento. Il suo stelo, sempre solitario, s'eleva all'altezza di cinque piedi circa , legnoso , cinereo , per lo più nudo e semplice nella parte inferiore, erbaceo, bruno, e fogliaceo nella parte superiore ove si ramifica in due o tre ramoscelli, muniti come la suddetta parte superiore dello stelo di foglie alterne, sessili, lunghe circa quattro pollici, lanceolate acute, dentate a mo' di sega, verdi e liscie nella superficie superiore , più pallide e vellose nell'in- feriore. Nel mese di maggio , l'estremith dello stelo e quella dei ramoscelli s'allungano in una spica lunga sette od otto pollici , semplice , ed alle volte accompagnata da una o due piccole spiche , che partono dalla base della prima. Esse sono formate da numerosi fiori alterni, orizzontali, assai grandi, ed alquanto simili a quelli dell'acanto. Essi sono composti di un calice a cinque divisioni lunghe , acute , persistenti : d'una corolla , d'un bel colore d'arancio, caduca , monopetala, a due labbra, di cui il superiore curvo e diviso in due lobi alla estremità , il quale prolungasi oltre l'inferiore il quale è diviso in tre lobi acuti ; di quattro stami, di cui due più corti, coi filamenti aderenti alla base della corolla, liberi nel rimanente, ma applicati al labbro superiore, di cui seguono la curvatura. Fra mezzo alle antere, '~^a/Jacéy r^f ^ca^/é 353 si vede lo siilo che è persistente ed appoggiato su d'una capsula ovale a due logge la quale si converte in fruito. La digitale aeanloide , detta anche digitale delle Canarie, chiamasi dai Francesi Digitale acanihoides ^ digitale des Canaries, dagli Inglesi Canari/ fox-gluve, dai Tedeschi Canarischer fin- gerhut. Questa specie di digitiile può sostituire le sopra descritte, possedendo presso a pi»co le medesime propriely. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA «. Stelo, a- Calice. 3. Corolla aperta. 4. Capsula aperta. io/??. ///. iiS GRAZIOLA Giatiola cetilauroiiles, Bauli, pin. lib. 276 - Gratiola officinalis, Lino^ Diandiia Qiouo"inia — Juss. Soioliilaiie. La graziola è una piccola pianta vivace che cresce nei luo- ghi umidi, sulle sponde degli stagni e dei ruscelli di quasi tutta l'Europa. Le sue radici sono bianche, rampanti, orizzontali, mu- nite di fibre che s'impiantano perpendicolarmente nella terra. I suoi steli sono coricati e serpeggianti nella sua base, raddri^i.- zati nella sua parte superiore, la quale è liscia, segnata di un solco longitudinale, interrotto ad ogni paja di foglie : essi per- vengono ordinariamente all'altezza di un piede e più. Le foglie sono opposte, sessili, semi-abbracciacauli, ovali, lanceolate, den- tate, e segnate da tre nervi longitudinali. I fiori vengono por- tati da peduncoli ascellari, dritti, solitarii, d'un bianco gialla- stro, alcune volte un po' porporino al loro lembo, lunghi da sei ad otto linee ; il loro calice è composto di cinque sepali lan- ceolati, acuti, ed accompagnati da due piccole brattee strette più lunghe del calice : la corolla è irregolarmente bilabiata col tubo alquanto curvo e col labbro inferiore barbuto interna- mente, non che diviso alla sua estremila in tre lobi eguali : il labbro superiore un po' incavato: gli slami in numero di quattro, didinami, di cui due sterili o rudimentarii sotto forma di brevi filamenti stanno aderenti alla parte interna della corolla: lo stilo è sormontato da due stimmi a due lamine. Il frutto è una capsula ovale a due cellette polispermi. La graziola, detta volgarmente Slanca cavallo, Grazia di Dio, gratia Dei, Erba del povero nomo, chiamasi dai Francesi Gra- mole officinale. Herbe dupauvre homme, dagli Spagnuoli Grac'ml% y)<^|///v/ <>/, Uf///<7/r 355 dai Tcdcsclii TVildaurin , goftesgna dentkniul, dagli Inglesi Hedge hìjssopo , dagli Olandesi (rer arrestare le emorragie. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo. 1. Calice. 3. Pistillo. 4. Corolla e slami. 5. Frullo lai-luto iu cui si vede l'inst-rzioiie dei semi. 'i \\ 't>aa wy(^^^ 3G1 BOCCA DI iUmE A:illiiiriiium m.iin'-. Limi. Didiuainia angiospeniia — l'ersouate Juss. — Sl-[1i1. Plani, de la Fr. Ioni. 3. Questa pianta alligna in molti luoghi incolti di quasi tutta l'Europa. I suoi steli s'elevano all'altezza di tre o quattro piedi , ritti , e quasi ramosi. Le sue toglie sono lanceolate , alquanto ottuse ed opposte sui ramoscelli. I fiori disposti a spiga sono ritti, grandi, d'un bel colore rosso o porporino col palagio giallo. Essi sono composti d'un calice a cinque divisioni pro- fonde: d'una corolla monopetala, a tubo lungo, gonfio, termi- nato da due labbra ; il superiore a due lobi, e Tinferiore a tre; ossa è munita alla sua base d'una protuberanza o gobba più 0 meno ottusa. Il frutto è una capsula a due logge , oblunga, perforata alla sommità da tre fori , paragonata alla testa d'un vitello e contenente una grande quantith di piccoli grani in- serti su d'un ricettacolo centrale. Questa pianticella, generalmente rustica, coltivasi mollo nei giardini ; s'adatta a qualsiasi terreno , ma preferisce un'esposi- sizione al mezzodì; si moltiplica per lo più da se con molta fa- cilità pei numerosi grani che lasciano cadere le capsule perve- nute alla maturità. La bocca di leone, detta anche volgarmente testa di vacca, gota di leone , gola di lupo , muso di bue , chiamasi dai Francesi Muflier des jardins, e volgarmente miifle de veau , mu/le de boeiif, de chien, queue de Uon, queue de loup, téle de veau, dai Tedeschi Orant oder laewen mani, der grosse dorant, dagli Inglesi The common snapdragon, the great calfjìiout, dagli Spagnuoli Becerra, antirriìw , dai Portoghesi Focinho de bczzerro, dai Danesi Laevc mule. 36*2 La bocca ili leone serve più lesto d'ornamento nei giardini che alla riié- dicina. Tuttavia gode, come la priecedeute specie , (ama di vulneraria e ri- solutiva. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i. Stelo. 2. Calice e pistillo. 3. Corolla e stami. 4. Capsula intiera. 5. Capsula tagliata. Ah: ^àì^ / 5' Vr aé c/a^(^ OCClìlO DI (JATTO AiiliruTiniim Oioniiiiin. Limi. Ditlin;inna angiosiieriiiia — rersoiiate Jiiss. -Si Hil. Piani, .le la Fi. Ioni. 3. Qiiosla piiinla cresce in quasi tulle le parli d'Europa. Essa ha le radici bianche e fibrose; lo stelo cilindrico alquanto ra-^ moso , alto un piede e mezzo all'incirca, liscio nella parte in- feriore e munito di alcuni peli nella parte superiore : porta foglie lineari, lanceolate, lunghe due pollici, segnate nel loro mezzo da nervi longitudinali alquanto saglienti ed alternativa-^ mente disposti: i fiori sono quasi se.ssili, ritti, alterni, solitarii , d'un colore rosso con alcune macchie giallognole: il loi'o calice è a cinque divisioni , lunghe quanto la corolla la quale è mo- nopetala, a due labbra, e gli stami in numero di quattro, di cui due più forti sono inserti sulla corolla. L'ovario è libeio e sor- montato da uno stimma semplice ; il frutto consiste in una capsula ovale rotonda : essa s'apre alla sommità per tre piccoli fori, che le danno quasi l'aspetto d'un cranio. L'occhio di gatto, sebbene comunissimo, coltivasi non per tanto in molti giardini come pianta d'ornamento, cresce in quasi tutti i terreni; ama però una esposizione piuttosto al mez-= zodi. La si moltiplica seminando i suoi grani pervenuti alla maturazione. L'occhio di gatto detto anche testa di morto, testa di majale^ di scimmia , cJiiamasi dai Francesi muflier nihicond e volgar- mente la téle de mori, la téle de cochon, de situje, Forange sau- vafje, toeildechat, dagli Spagnuoli Grondo, dai Tedeschi Orante dorant, taurant , dagli Inglesi the smalt torni, the tesser wild snap dragon, dagli Olandesi middelbaar leeuwebek, aapenkop. 364 Questa pianta serve agli usi stessi che le sovra descritte specie , e non sembra che la si debba risguardare curae velenosa , giusta quanto asserisce Linneo. Essa è oggidì poco o niente adoprata io medicina; serve piuttosto, come già si disse, ad ornare i giardini. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo. 2, Calice e pistillo. 3. Corolla iotiera. 4. Corolla aperta con stami. 5. Capsula munita dei calice. 365 FAMIGLIA 35"'^ Otimt \0\, Dttaui. — S6, 3uss. CICORIACEE Famiglia naturale di piante dicotiledoni monopetale , la di cui fruttificazione consta di un calice comune soggetto a va- riare nella sua forma o struttura ; di fiori tutti semiflosculosi ed ermafroditi colla lamina intiera o denterellata nel suo apice; di uno stimma con due divisioni rivolte in fuori ; di semi nudi, ovvero sormontati da un pappo ; di un ricettacolo ordinaria- mente nudo , ma qualche volta coperto di peli o pagliette. Le piante appartenenti a questa famiglia sono erbacee e quasi tutte lattiginose , ed il succo latteo che ne fluisce ò d'in- tensissima amarezza; compartisce alle piante che ne conten- gono grande quantità di certe proprietà attivissime ; per tal guisa la lattuga selvatica, e specialmente la lattuga virosa sono potenti narcotici ed il loro estratto si adopra qual succedaneo indigeno dell'oppio come avremo occasione di dimostrare. Il loro stelo qualche volta scapiforme porta delle foglie alterne , di sovente pennato-fesse od uncinale. I fiori, per lo più gialli, affettano differenti disposizioni e si schiudono al mattino, chiu- dendosi poscia verso il mezzogiorno- 36G Jussieu e dopo lui il maggior numero dei botanici diedero il nome di cicoriacee a questo gruppo spettante prima alla fa- miglia delle sìuantere ed indicalo dagli antichi autori col nomo di semi/Iosculosc; perciocché tutti i piccoli fiori d'uno stesso ca- polino sono semiflosculosi, ed il genere cicorea forma in certa guisa il tipo di quest'ordine che ne trasse il proprio nome. Imperocché due sorta di semiflosculi si osservano nelle pianto (ÌMg semi/losculose gli uni occupano tanto il disco, che il raggio dei fiori composti, come nelle cicoriacee, gli altri occupano soltanto il contorno come nei fiori raggiati. Ventenat comprende in questa famiglia, che è la V della X"* classe del suo Tableau du règne végélak, ventisei generi sotto quattro divisioni : 1 "" Annovera quei generi che hanno il ricettacolo nudo ed i semi senza pappo , Lampsana, Rhagadiolm. T Quelli col ricettacolo nudo ed i semi muniti di pappo semplice , Prenanthes , Chondrilla , Lacluca , Sonchus , Hiera-f cium, Crepis , Br epania, Hedipmis, Arnoseris, Hijoseris, Tara-^ xacum. 3^ Unisce quelli col ricettacolo nudo e coi semi aventi un pappo piumoso, Leontodon, Pieris,Helminlia, Scorzonera, Tra- gopogon, Urospermum. 4* Quelli col ricettacolo puleaceo o peloso e coi semi mu- niti di un pappo semplice o piumoso, Geropogon, Hypochaeris .^ Seriola , Andriala (Nouv. Bici. d'Hist. nalur. tom. V. i9] WS p ;. 3 4é^ . //V - , 367 CICORIA OFFICINALE Inlyhijs anpiistifoliiim. Bauli. Pin. lib. 3, sect. 6. — Tourn. class. 13 s^- tniOosculose. Cicoiium iiitybus. Liun. class. 19 , Siogenisia poligamia. — Juss, class, ly, orJ. 1, Cicoriacee. — Poiret. Fior. med. lom 3, lab. Il7. Questa pianta vivace cresce sempre in luoghi sterili e sui margini delle strade , ed il ricettacolo dei suoi fiori munito di pagliette la distingue dalla lattuga. La sua radice è lunga, fusi- forme , piena d'un sugo lattiginoso : ed i suoi steli sono ritti , mediocremente ramosi , glabri e striali. Le foglie alquanto vel- lose, più spesso glabre, alterne, sessili, allungate e più piccole a mano che s'avvicinano alla sommità degli steli. I fiori sono sessili , d'un bel bleu, alcune volte anche bianchi o rossastri , spesso riuniti due assieme lungo i rami e gli steli ; le scaglie del calice sono cigliate, le esterne corte, le interne strette, al- lungate; la corolla è composta di semiflosculi prolungati in una linguetta lineare troncata, a cinque denti alla sommità, racchiu- denti cinque stami colle antere riunite in cilindro a traverso d'uno stilo a due stimmi. I semi sono piccoli, angolosi, sor- montati da un piccolo orlo a cinque denti. La cicoria è coltivata in quasi tutti i giardini d'Europa sia per gli usi economici, che farmaceutici. In alcuni paesi è an- che coltivata in grande ; essa cresce facilmente in tutti i terreni, ama però la siccità, resiste ad ogni sorta d'intemperie, non te- mendo essa ne il freddo né il caldo. Per mezzo della coltura i suoi fiori variano di colore ;i suoi steli si rendono forti ed alti^ le sue foglie più ampie, non che più dolci e più piacevoli al gu- sto. In questo stato serve a tutti gli usi della cucina. Forse essa la-I prodotto le varie altre spècie di cui parleremo in seguilo. 368 La cicoria chiamasi dai Francesi Chicon'c , dagli Spagnuoli Ac/iù'ona, chicoria, dagli Inglesi Saecory, cichory , wild succory^ dai Tedeschi Zichorien, weg wart , hinllaeiifi, dagli Olandesi Cichonj, imlde cicJiory , bit, teste cichory , dagli Svezzesi fVoeg tvarda, dai Polacchi Podroznik. Tutte le sue parti hanno un sapore fresco, amaro, molto più pronuncialo nella pianta selvatica. Essa racchiude un sugo laltifiiuoso amaro e leggermente stitico a cui sembra doversi le virtù cotanto decantale dagli antichi , cioè la stomacica, la rinfrescante, la fondente, l'aperitiva, la risolutiva, la deco- struenle e va dicendo. Per la sua amarexia la cicoria, dice Geoffroy , corrobora le fibre rilassate dello stomaco, eccita l'appetito, coadiuva la digestione , purifica, e spesso facilita la traspirazione e Tespettoratione. Murray la crede utile neirillerizia, cachessia, melancolia , ipocondriasì , etisia e va dicendo; secondo altri pratici sarebbe slata adoprata vantaggiosamente nella tisi, nella angina, e nelle in- fiammaiioni di petto ; al dire di Vanswieten la radice in discorso avrebbe operato meravigliosamente nelle ostruzioni dei visceri e nelle malattie da queste dipendenti. Se si dovesse prestar fede ad alcuni osservatori, una donna iste- rica sarebbe guarita perfettamente sotto luso continuato d'un tal farmaco. La melanconia, l'ipocondriasi avrebbero ceduto all'uso della decozione della ra- dice e degli steli di questa pianta- Alcuni autori pretesero pure, che le sue foglie secche e polverizzate alla dose di quattro dramme, ripetute più volte nella giornata, abbiano prodotto i migliori effetti, nelle malattie della pelle, nella gotta, e nei reumatismi. Il suo sugo espresso e depurato, sia solo od imito a qualche sale purgativo, fu spesso amministrato con buon successo sul finire delle malattie di petto, e contro gli ingorghi dei visceri addominali associato al sale ammoniaco o ad altre sostanze eccitanti ; molti medici eb- bero a lodarsi d'averlo usato nelle febbri intermittenti. Coi fiori di cicoria, anticamente posti al rango dei quattro fiori cordiali , sebbene meno amari e più viscosi delle altre parti della pianta, preparavasi rei tempi andati un'acqua distillata presso che inerte , che venne per lungo tempo decantata come meravigliosa contro l'emorragia, l'ottalmia , ed altre malattie degli occhi. Coi semi pef ultimo, che costituivano uno dei quattro semi freddi minori., preparavasi pure un'acqua distillala , non che un olio dolce a cui gli antichi attribuivano qualità dolcificanti, emollienti e simili. Dal sunto surriferito scorgesi che gli antichi autori non furono avari nel prodigare alla cicoria le tante virtù che attribuirono a molte altre piante, ora più attive di essa , ma spesso anche più inerti. Checché ne sia, la cicoria, sebbene non sia un rimedio di meravigliosa ef- ficacia, egli è però tale che può benissimo recare giovamento grande nelle atonie del ventricolo, e convenire in tutti quei casi in cui sono commendati g li amori leggermente tonici, unica proprietà ad essa cui si possa a buondì- 369 ritto attribuire, de! resto possiamo concbiutlere con Alibert, essere esagerato tutto quauto si è scritto intorno alle proprietà della cicoria, sia per risolvere le osiruiioni , sia per debellare le (ebbri iutermilleDli, sia per vincere altre malattie, di cui gli autori non ci declinarono il nome. La radice di cicoria disseccata e convenevolmente torrefatta risulta amaris- sima. E nel tempo in cui la guerra continentale e marittima aveva enorme- mente innalzato il j.reizo delle derrate coloniali , si credette avere ia tal radice il miglior succedaneo del caffè: ma se la cicoria possiede la stessa amarezza «lei caffè, non presenta più minimamente quell'aroma e quel gusto soave che formano i distintivi caratteri del seme della mocca.Sì fatta preparazione, che jracora oggidì viene sotto il nome di caffè cicorea, è da alcuni spacciala buona per tulli i mali ; ma essenzialmente non può giovare che uell'alonia del ventricolo, come il sugo della pianta. Le tenere foglie, le quali, come abbiamo di sopra notato, sono amare, si mangiano comunemente in insalata; ed i coltivatori, facendo vegetare questa pianta all'ombra ed all'oscuro, la imbianchiscono e ia rendono più dolce. In tale slato dicesi volgarmente barba di cappuccino. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo di cicoria. 2. Fiore ermafrodito. 3. Frutto della grandezza naturale. 4. Seme ingrossato. Tom. IH. n ENDIVIA VOLGARE Inlybu» saliva latifoglia, sine endivia vnlgaiis. Baiih. 125. — Inlybvis sa- tiva maior, seu cicorium domesticum. I. B. 2 , lOll. Intybus sativum. Doil. — Endivia viilgaris. Morand His. hot. proci, plant, , pa^. 26. lab. x tììj — Linn- class. 19, singenisia poligamia eguale — Juss. class. lO ord. 1, Ci- coriacee. L'endivia volgare , altro non è che una varietà della sopra descritta specie che per mezzo della culturi, si rese più forte, più alta, con foglie più ampie ; ed i cultori, facendola vegetare all'ombra ed all'oscuro, la imbianchiscono e la rendono più dolce. In quest'ultimo stato forma un alimento di facile dige- stione, di cui puossi permettere l'uso ai convalescenti. Non occorre di qui descrivere i fisici caratteri, essendo gli stessi che nella sopra descritte specie ; con quelle modificazioni però, che abbiamo notato sul principio, e con altre ancora to- talmente dipendenti dal clima , dal suolo e dal genere di col- tura. Imperocché fra le piante che per mezzo della coltura al- terarono di molto la loro forma, vuoisi annoverare la cicoria ; quindi quelle varietà che s'osservano nei varii paesi. Sono poche le proprietà mediche che le piante coltivale ordinariamente posseggono , quindi servono piuttosto di alimento che di rimedio. In questo caso vuoisi annoverare l'endivia volgare, che, come lutti sanno, costituisce un alimento di tacile digestione, e se vuoisi anche rinfrescante, specialmente quando è colta j usasi a mangiarla piuttosto in insalata. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 4 I endivia volgare, i. Fiore. / '. / < ^^ù ^^r?a/ iva z ■/ei:'ai^aL^' 37 ENDIVIA RICCIUTA Iiityhus crispa. Bauh. 123. — lutybiis sativum, crispum. F. B. 2 tOll. — ìulybus ciispa. Lob. — Endivia crispa. Ger. — Eiitlivia Romana crispa. Cani. — Cicorium crispum. F. 497, Lina, class. 19, Singenisia poligamia eguale ■! — Juss. class, lo, ord. 1 Cicoracee. L'eudivia ricciuta la è pure una varietà della cicoria selva- tica sopra descritta, ottenuta per mezzo della coltura; essa ha foglie non solo piìi ampie che la sopra descritta specie, ma queste sono ricciute. Il suo stelo è più alto, più grosso , ed an- che più tenero. Coltivasi in quasi tutti gli orti , mangiasi cotta , e più comunemente in insalata. Quanto abbiamo dello deirindiria volgare, devesi intendere dr questa specie, ì\a riguardo alle sue proprietà mediche, che al suo uso come alimento. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i. Eodivia ricciuta. 2. Calice. 3. Fiore. 4. FrutliK 37-3 LAMPSANA Lampsana. DoJ. p. G/ìJ. Yiil. Icon. 6, lab XVIII. — L.inipsniia ilofwe- sllca. Bauh. I2i. — Iiìlylius sine endivia erecta , laclea. M. H. 3,oi. — Lam- psana comunis. Linn. Siugenesia puliganùa eguale clas*. 19- — Juss. class, lo» ord 1 Cicoracee. È la lampsana una pianta che ha molta analogia colle di- verse varietà di cicoria. Cresce sempre in luoghi sterili e sui margini delle strade. La sua radice non è fusiforme come nella cicoria, ma dividesi tosto in molte radici, le quali tosto si dividono in altre piìi piccole. I suoi steli s'elevano all'altezza presso a poco delle coriacee, ma più cubitali di questi; le sue foglie sono alterne , sessili , alquanto vellose , profondamente frastagliate , analoghe a quelle delle rape ; ed a misura che s'elevano si rendono piìi piccole e meno frastagliate ; anzi alia sommità degli steli sono quasi lineari. I fiori sono sessili , dun colore giallo e uniti spesso due assieme lungo i ramoscelli e gli steli: le scaglie del calice sono ciliate; le esteriori corte, le interne strette, allungate: la corolla è composta di semiflosculi prolungati in una specie di linguetta lineare tronca, a cinque denti alla sommità, e racchiudenti cinque stami: le antere sono riunite in un cilindro traversato da uno stilo a due stimmi. I semi sono piccoli, angolosi e sormontati da un piccolo mar- gine a cinque denti. La lampsana chiamasi comunemente pupìllaris^ radichetta selvatica , grespignoto amaro , erba da mammelle. ' - La lampsana era anticamente usata per (ìeteigere gli ulceri d'ogni sorta, ma specialmente le si attribuiva senza ragione la proprietà di fugare le esulce- rationi che accadevano alle mammelle delle donne; donde il nome volgare di ?iba da mammelle: di presente è inusitata. SPIEGAZIONE DELLA. TAVOLA \. S.lelo di larnpsana. i. Calice. 3. Fiore. 4. Seme. •^\ 'yr{ >j(t ^^é^/^i'(tga/a CtCOlllA OFnClNALE CiclioriiiiQ silveslre sine oIRcinaium. BhuIi. 133. — Cichorium silvestre pioli-.. Dod. p. 63o. — Iiitybus enaticuin. Pliu. — Siiigenesia poligamia eguale Liun. class. 19- — JuiS. class. lO, ord. 1 Licoracee. Questa specie di cicoria è comunissima nei margini delle strade non che nei luoghi incolti. Il suo stelo è ordinariamente alto due o tre piedi nello stato selvaggio ; coltivata però nei giardini, elevasi maggiormente. Esso è quasi cilindrico, fermo, ramoso e velloso inferiormente. Le sue foglie sono oblunghe , lanceolate, sinuose , non che glabre sulle superficie e velloso sul nervo mezzano. I suoi fiori sono ordinariamente d'un colore turchino, sessili sullo stelo, agglomerati ed accompagnati da piccole foglie lanceolate , acute e cibate : il loro calice comune od involucro è doppio: l'esterno più corto, a cinque fogliole aperte nella m.aturith: l'esterno a otto divisioni ritte; tutte que- ste fogliole sono munite di cibi sulla loro parte media: ciascuna corolla è a mo' di bnguetta ed a cinque piccoli denti aUa som- mità. Gli stami in numero di cinque sono riuniti dalle antere che circondano lo stilo, il quale è terminato da due stimmi curvi all'infuori : l'ovario è aderente ; cangiasi in un seme co- ronato . 11 ricettacolo è nudo , non che munito di alcuni peli sparsi. Questa specie di cicoria chiamasi dai Francesi Cicorie sau- vage, dagli Spagnuoli Almiron, dai Tedeschi Oder wilde weg- warte wegeweis , dagli Inglesi The wild endive or succory, dai Russi Zikorija. Questa specie di cicoria, die ha streUa analogia colla prima specie avanti dfebciilla, ieoyudo alcuni auluri sarebbe la alessa specie alquanto modificala 37i nelle sue forme «lai clima , dal suolo e simili e serve agli stessi usi die la pnm.1. Questa specie coltivata , di cui parleremo ia seguilo , è di uq gran uso fra le sostaaze alimentari. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Stelo, a. Frutto. 3. Seme. ^6C/rt/M !^a/i/l'^^ 37! CICORIA DOMESTICA Ciooiiuna salivum. Bnub. 123. — Cichorium domeslicum. Matlb. — Sativum Viiljjare. Park. — SÌDgenesia jioligaiuia eguale, Liuu. class. 19. — Juss. class lo, Old. 1 Cicoracee. La cicoria domestica, non è altro che la cicoria sovra de- scriUa modificata nelle sue fisiche proprietà dalla coltura; quindi non differisce dalla selvaggia , se non che nel fogliame il quale si svolge maggiormente ; cioè le foglie sono piìi ampie più grosse e più succose , ed alle volte anche lacinate , non che negli steli i quali s'elevano a maggiore altezza e sono più grossi che nella selvatica. I fiori si svolgono in maggiore quantità e sono anche più ampli e per conseguenza producono più semi. La cicoria coltivata, sebbene possa anche servire per Tuso medico , in quanto che contiene pure un principio amaro; tuttavia, il suo maggior consumo fasSi tome sostanza alimentare, specialmente iu insalata. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA i> Piìuta di cicoria domestica, ì. Fruito. 37G LATUCA VIROSA Lacluca silvestris odore viroso. Bauh. p. 123. — Lactuca agrestis. Lob. adv. 89. — Lactuca silvestris, anglicana. Camp. — Lacluca virosa. Linn. Siugene- sia poligamia eguale. — Juss. class. 10, ord. 1 Cicoiiacee. — Lacluca sali\a Poli-. FI. Med., t. 4, lab. 2l8. Questa pianta cresce nelle siepi , sui muri e lungo le strade dell'Europa temperata ; presenta radice bienne da cui s'innalza uno stelo diritto, glabro e glauco, cilindrico, alto tre o quattro piedi. Questo stelo porta foglie per meta amplessicauli, le inferiori grandissime , quasi intiere , sagittale , ottuse , coi nervi della faccia inferiore muniti di spine , le superiori più piccole, acute e pinnatifide. I fiori sono gialli, piccoli, for- manti una pannocchia lunga e ramosa. Il loro involucro è ci- lindrico, composto di foglietle lanceolate, embricate ed erette. I frutti, 0 falsi semi , hanno una pleuria setosa formata di peli bianchi di perla. Pensano alcuni botanici che dalla coltivazione di questa pianta siano risultate le varie specie di lattuga che al dì d'oggi se ne contano più di 150, le quali però si ponno riportare a quattro principali, che si perpetuano coi semi, e sarebbero : 1 " La lattuga saliva {lactuca salmi) di cui terremo discorso in altro articolo. % Lattuga cappuccina (/adisca saf/yacope/a/fl), con foglie infe- riori numerosissime, strette le une contro le altre, formanti una m Vj \ SZa:^iaa /C^i/7:kzy 377 ic^ta riloiidata; ({nelle deirinterno adaggiate, bianche o legger- mente giallastre , tenere e molto acquose. 3. La lattuga tonda (laduca saliva crispa)^ con foglie tagliate crescenti agli orli e non formanti una testa come nella varietà [)recedente, 4. La lattuga romana (laduca saliva lungi foglia), con foglie allungate, non gobbe ne ondulate, erette e formanti un insieme oblungo poco serrato. Tutte queste varietà adunque sarebbero, secondo alcuni bo- tanici, derivate dalla virosa, e le sue specie da narcotiche e vi- rose divennero da lungo tempo dolci e salubri, sovra tutto in quelle parli che non contengono sugo lattiginoso ed in cui sembra risiedere il principio attivo. La lattuga virosa, detta anche volgarmente lattuga velenosa, lattuga selvatica, chiamasi dai Francesi Lailue, dagli Spagnuoli Lachvga, dai Portoghesi Zé"//'?;/», dai Tedeschi Ziamo inoltre che usavano più irequeale- luente il Tridace, oggidì lattucario , che, come avremo occasione di vedere* oltieusi dalla lattuga coltivata e non già dalla selvaggia. Checché ne sia, è innegabile che l'estratto della lattuga virosa è più pos- sente che il lattucario in molte circostanze, e che gli effetti fisiologici da essa indotti sono in parte quelli che si osservano dopo l'amministraiione di alcune sostanze narcotico-acri. In dose alquanto elevata produce nausee, vomiti, ed evacuazioni alvine; inoltre vertigini ed ubbriachezza. Finalmente talvolta la copiosa diaforesi, ma con più costanza, il notevole aumento della secrezione orìnarìa. 378 La lattuga velenosa, oltreché è stata impiegata dai medici nel trattartiènlo carativo di quelle malattie contro cui si è prescritta la lattuga selvatica, ha tli più goduto molta fama, e la gode tuttora presso non pochi clinici, quale ■Valevole rimedio atto a guarire le affezioni glandalari. Né in verità si manca di osservaiioui pratiche, le quali dimostrano che la lattuga velenosa è real- mente efficace nel promuovere la risoluzione delle glàndule tumefatte, ancor- ché questa morbosa alterazione sia reffello di una predominante diatesi scro- folosa. Un'altra medica proprietà, che i pratici hanno potuto verificare nella pianta in questione, è la pioprietà sedante e calmante: quindi è che non po- chi moderni clinici si sono utilmente approfittali del sugo , ovvero dell'estratto acqueo di lattuga velenosa , nella cura di tutte le malattie tiervose in cui si abbia l'opportuna indicizione di deprimere l'aumentato nerveo eccitamento, e di riordinare gli abnormi movimenti vitali dell'encefalo e dei nervi: l'estratto della lattuga velenosa, amministrato alla dose di sei a dodici grani in ogni tre 0 sei ore, spiega in sì fatte condizioni morbose tanta efficacia medicinale da eguagliare quella che molti altri valevoli rimedii sedanti e calmanti svi- luppano. E per non omettere cosa alcuna su ciò che al dì d'oggi si conosce relativamente alle virtù mediche possedute dalla lattuga velenosa, slimiamo merito dell'opera di accennare, che in un giornale di medicina pubblicato in Pietroborgo si legge, essere l'uso dell'estratto di quesla pianta vantaggioso con- tro quella terribile e |)0C0 bene caratterizzala malattia che i pratici distin- guono con i nomi di Angina pectoris ovvero di Stenocardia. Se l'esperienza confermerà l'efficacia della lattuga velenosa nel condurre a guarigione l'accen- nato funestissimo morbo , polrà dirsi che la medicina d'oggi giorno abbia fatto l'acquisto di un pregevolissimo farmaco. La lattuga selvatica formava pure presso gli antichi medici un mezzo tera- peutico di qualche rinomanza ; imperciocché essi attribuirono a questa pianta una non dubbia virtù incidente risolvente, disostruente, e ne servirono quindi contro gl'induramenti del fegato, e contro le affezioni catarrali croniche; nei quali due casi morbosi aiqministravano la decozione, ovvero l'estratto di que- sta pianta. Si volle eziandio applicare la lattuga selvatica al trattamento cu- rativo della itteriiia, contro la quale malattia si credette giovevole tale pianta penile dotala di proprietà catartica; e qualche clinica osservazione ci di- mostra non essere slata la medesima del tutto inutile all'uopo. Alcune storie mediche si leggono ancora, dalle quali apparisce che la lattuga selvatica fu non poco stimata come rimedio idragogo e diuretico, che in conseguenza si è amministrata nei casi d'idropisia, non senza qualche alleviamento di sì fatto morbo. Senza però tenere in gran conto gli usi medici che della lattuga sel- vatica si fecero dagli antichi clinici , crediamo necessario d'indicare che re- centemente il dottore Hudellel ha annunzialo di avere vinto le febbri di pe- riodo, mediante 1 l'uso dell'estratto di lattuga, e sebbene questo medico non faccia chiaramente conoscere quale specie delle piante appartenenti al genere lactuca abbia servilo alle sue prescrizioni , pure sembia da tutte le apparenze che egli siasi approfittato della lattuga selvatica. Se ciò è vero, si deve ne- cessariamente convenire , che fra le applicazioni mediche fatte fin ora della pianta iu discorso, quella del dottore Iladellel é al cerio la più rimarcabiU: 379 a la più appfeizabile. Questo medico riferisce che l'estratto di lattuga si è mostrato a lui tante utile nel vincere le febbri di periodo, quanto qualunque altro cognito medicamento febbrifugo. Hudellet ha fatte le sue esperienze nella città di Bonges sopra 87 febbricitanti , ad ognuno dei quali egli ha ammini- strato l'estratto di lattuga alla dose di 4, 8 o 12 grani nel tempo della epi- lessia. Il medicamento, giusta quanto egli narra, non ha mancato mai di produrre l'effetto bramato, in modo che le febbri intermittenti, contro cui si è amministrato l'estratto di lattuga, sebbene fossero di tipo vario e di qualche intensità , non hanno perciò resistito alla possanza antifebbrile che l'estratto di lattuga possiede; anzi questo nuovo farmaco ha trionfato eziandio di alcuna febbre periodica, contro cui si erano iu prima usati infruttuosa- tneute i preparati di china. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Stelo, a. Fiore. 3. Frutto. 380 LATTUGA COLTiVATA Lactnca sntiv.i viilgaris non capitala. G- Bauh. 122. — Lacliica hortensià. Moian\ 232 233 r> 96 229 » 9 201 Bupleurum Rotundifoliuni « 21 203 Coffea Arabica »> 172 239 «213 Campanula Rapunculoides 5) 213 247 Dauciis Carota i> 73 221 Carum Carvi « 76 222 Scandix CerefoUiim ^ 78 223 Cinchona O/'ficinalis •» l3l 234 Cinchona Oblungifolia (Mi'i ) « 163 233 Cinchona Lanci folio (Mct ) v 166 236 Cinchona Pubescens i> 168 237 Cinchona Floribwida (Vhal.) « 170 238 « 363 Cicoreum Intybus » 367 291 Cicorewn Silvestre ('Bau.) ■» 373 293 Cicoreum Doinesticuin (Math.) « 373 296 Conium Maculatum » 23 206 (i)QiJiDdo'noa è ìuJicilo l'dulore dclU deaomiaazioQa Ulioii, s'iuteode sempre Lìddco 391 IToml italiani IVomi latini Pag. Tar. Cicuta Acquatica — Cicuta Virosa (Lmn). » 33 20'7 Giuancu — Cynancum Monspeliacum « 230 232 Cornino — Ctirnimtin Cyminum yt 41 210 Coibeziolo a lunghe foglie — Arhiitits Lungifolia » 309 273 Coriandolo — Coriandriiim Sativutn » 36 208 CRASSULE .... ^. 317 Croccili» — Falantia Cruciata » 100 231 Digilale Porporea — Digitaìis Purpurea T. 334 281 Dijjilale a piccoli fiori — Digitaìis Parviflora T) 346 282 Diuilale Lingueltala •»- Digitaìis Linguettata (Ait) » 348 283 Digitale Ambigua — Digitaìis Ambigua y> 365 284 Digitale Acantoide — Digitaìis Canariensis j. 332 285 DISSACEE .... y 190 « 83 Egopodio — JEgopodium Podagraria 22S Endivia Volgare -^ Endivia Fulgaris ^MoSiAftoJ >> 370 292 Endivia Ricciuta — Endivia Crispa (Geh.j ■n 372 293 ERICINEE .... » 297 T> 237 Fava di Si- Ignazio ■—• Ignatia Amara 235 Fellandrio Acquatico- ^^ Pheììandrium Aquaticum » 43 211 Finiiccliio — Anethum Fnenicuìwn » 38 209 Frassino -^ Fraximis Excelsior 1. 280 265 Galbano — Hubon Gulbanum y 70 220 GELSOMINEE . . . ^■278 y 293 Gelsomino Comune — Jasmimim Officinale 26'r Gelsomino d'Italia •^ Jasminum Humiie D 293 268 GENZIANEE . . . « 239 M 2r.2 Genziana Maggiore — Gentiana Lutea 238 Genziana Centaura — Gentiana Centaurium y 266 259 Genxiana Crociata — Gentiana Cruciata >) 268 260 Gentiana Autunnale — Gentiana Autumnalis i> 270 271 Genziana Vernale — Gentiana Fernaìis « 222 262 Genziana Acaule — Gentiana Acaulis « 274 263 Gomma Golia — Cambogia Gutta V 3J3 274 Graziola Officinale — Gratioìa Officinaìis >v 334 286r GUTTIFERE . . . M 311 « 67 Imperatoria — Imperatoria Ostruthiiun 219 Ipecacuana — Ipecacuana Annoiata >' 112 233 Lampsana — Lampsana Domestica (DoD.) » 370 294 Laltuca Virosa — Lacluca y irosa » 378 297 Lalluca Coltivata — Lactuca Sativa » 382 298 Ligustico — Legusticum Levisticum » 85 226 Liuiariu Volgare — AiUhirrinitni Volgare »357 287 IVoml ttaliaìii lipomi laiiiil Linaria Ciaiballaria Lohelia AntisiGlilìca IVIeniante Nìofuided IMìrlillo Noce Vomica Noce Moscai (a Occbio di Gatto OMBELLIFERÉ . Olivo Periploca Grea Pervinca Maggiore Pervinca Minore Petroselino Petroselino Marino Peucedano Pittitiìnellil Grande ROBBIAGEE . . Robbia Saiiìcola Sciibiosa Campestre Scabiosa Succisa Scabiosa atro-Porporea SCROFOLARIE . Scrofolaria Semprevivo Semprevivo Aracnoideo Semprevivo Glutinoso Semprevivo Mostruoso Sfondiglio Sio Sisaro Sonco Comiloe Sonco Aspro Sopra vi volo Sperouella Tordilio Uva Orsina TALERIANEE . Valeriana OlGciuale Valeriana Maggiore Valeriiiua Celtica Viucetouico - Anthirrinum Cimhallarta • Lohelia Anlisiphilitica - Menjranthes Nìmphoides - yaccinum myrtillus - Strychnos nux vomica - Myristica Officinalis '- Anthirrinum Orontitlm -• Oled Europea - Periploca Greca - Pervinca Major - Finca Minor - Jlppium Pelroseiinuni - Oennnthe Fistili osa - Peiicedanum Officinale - Pimpinella Magna ■ Ruhhia Tinctontm - Astrantia Major • Scabiosa Arnehsis • Scabiosa Succisa - Scabiosa atro- Purpurea Scrofularia Acjuatica Sempervivum lectorum Sedum Montaniim Semperviviim Glutinoswn i'\\-i. ■ Sempervivum Monstritosuni SteracleUm Sphondilium Sium Angus ti fai itim Slum Sisarum Suncus Communis Suncus Asper Sedum Telephiuttl Oalium Asparine Tordilium Officinale Arbutus uva Cirsi Valeriana Offirinalis f^aleriana Pini Valeriana Celtica Asclepias Finceto^icuni p.è. , Ifa». i> 359 28^ i> 217 248 « 276 264 y> 299 269 >» 241 25è « 25* 25r Ti 263 290 * 5 » 286 266 i) 228 251 » 223 249 * 223 2od » 47 212 * SO 213 » 87 227 i 57 216 T> 91 * 102 232 » 81 224 ■6 192 241 * 294 242 i* 196 243 * 329 » 332 280 a 319 273 « 323 277 ) 1. 325 27S T. 327 279 7. 15 203 IV 17 203 ■» 19 204 1» 398 29«J - 389 300 * 321 276 y> 98 230 j> 89 228 H 302 270 1^ 1i»3 1» 200 244 ■» 209 245 .. 211 2 '.6 y 234 23» New York Botanical Garden Library QK 99 .C294 v.3 gen Cassone, Felice/Flora medico-farmaceutic 3 5185 00057 0992 »y *